Il principe e il povero
Mark Twain
Mark Twain
Una delle avventure più divertenti della letteratura per ragazzi
Nacque nel 1835 in una piccola cittadina del Missouri. Nella vita fece molti lavori: cercatore d’oro, pilota di battelli, giornalista e poi scrittore. I suoi romanzi più famosi, “Le avventure di Tom Sawyer” (pubblicato in questa collana), “Il principe e il povero”, “Le avventure di Huckleberry Finn” e “Un americano alla corte di Re Artù”, gli diedero successo e ricchezza.
Londra, XVI secolo. Edward e Tom sono nati lo stesso giorno e si somigliano in maniera incredibile. Uno è il principe d’Inghilterra, costretto a studiare quattro lingue e a rispettare dall’alba al tramonto la noiosa etichetta di corte. L’altro vive di elemosine e di espedienti in uno dei quartieri più malfamati della città, tra un padre manesco, una nonna violenta e una mamma troppo remissiva. Cosa accade quando i due ragazzini si incontrano e decidono di scambiarsi i ruoli? Semplice: inizia una delle avventure più note e più movimentate tra quelle scritte da Mark Twain, che inseguendo Edward e Tom ci porta a spasso per le strade di Londra, ci trascina dalla stanza del re a una boscaglia frequentata da banditi, dalla sala delle udienze del palazzo di Westminster a una buia prigione. Alla fine della corsa, i due protagonisti saranno un po’ più grandi e più forti. Avranno imparato che tanto un re quanto un povero appartengono all’imperfetta e affascinante categoria del genere umano. A corredo del testo, un apparato finale di approfondimento delle tematiche, un fascicolo di comprensione del testo, una proposta operativa di schede interattive sul sito www.raffaellodigitale.it
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Online: approfondimenti e schede didattiche www.raffaellodigitale.it Questo volume sprovvisto del talloncino a fronte è da considerarsi copia di SAGGIO-CAMPIONE GRATUITO, fuori commercio. Esente da I.V.A. (D.P.R. 26-10-1972, n°633, art. 2 lett. d).
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Il principe e il povero Una delle avventure più divertenti della letteratura per ragazzi
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Il principe e il povero
Mark Twain
Mark Twain
Una delle avventure più divertenti della letteratura per ragazzi
Completano la lettura: Approfondimenti finali ascicolo di comprensione F del testo Schede interattive su www.raffaellodigitale.it
Collana di narrativa per ragazzi
Editor: Paola Valente Redazione: Emanuele Ramini Impaginazione: Giacomo Santo Ufficio stampa: Salvatore Passaretta
Ia Edizione 2014 Ristampa
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Tutti i diritti sono riservati © 2014
e–mail: info@ilmulinoavento.it http://www.grupporaffaello.it Printed in Italy
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Mark Twain
Il principe e il povero
Adattamento di Elena Frontaloni
Capitolo
1
La nascita del principe e del povero
Verso la metà del sedicesimo secolo, in un giorno d’au-
tunno, nacque nell’antica Londra, dalla povera famiglia Canty, un bambino che nessuno voleva: Tom. Nello stesso giorno, nella ricca famiglia inglese dei Tudor, veniva al mondo un altro bambino: Edward. Questo bambino era stato desiderato non solo dalla sua famiglia, ma dall’Inghilterra intera che lo aveva atteso da molto tempo, e aveva pregato Dio per la sua nascita. Ora che era arrivato, il popolo inglese era letteralmente impazzito di gioia. La gente si abbracciava, si baciava e festeggiava insieme, ballando e cantando. Di giorno, Londra era un vero spettacolo con bandiere che sventolavano dai balconi e dai tetti delle case e splendidi cortei che sfilavano per le strade; di notte, si ballava attorno a enormi falò. In tutta l’Inghilterra, insomma, non si parlava che del neonato Edward Tudor, principe del Galles, che dormiva tranquillo, avvolto in tessuti di seta e raso, ignaro del fatto che tutti i nobili della nazione lo assistessero e vegliassero su di lui. Nessuno parlava invece dell’altro neonato, Tom Canty, avvolto nei suoi miseri stracci, a parte la sua povera famiglia, turbata dalla nascita del piccolo.
5
Capitolo
2 L’infanzia di Tom
Passarono alcuni anni.
Le strade di Londra erano tortuose e sporche, soprattutto nel quartiere in cui abitava Tom Canty, non lontano dal London Bridge. Le case erano di legno con il secondo piano che sporgeva sul primo e il terzo molto arretrato sul secondo, e più alte erano e più si restringevano. Erano verniciate di rosso, blu o nero, a seconda del gusto del proprietario. Le finestre erano piccole, con vetri sfaccettati a forma di diamanti, e si aprivano verso l’esterno, proprio come le porte. La casa in cui viveva il piccolo Tom si trovava in una sudicia piazzetta chiamata Offal Court. Era piccola, squallida e fatiscente, ma gremita di un gran numero di famiglie povere e sventurate. I Canty occupavano una stanza al terzo piano. Il padre e la madre dormivano in una specie di lettiera in un angolo, mentre Tom, sua nonna e le sue due sorelle Bet e Nan avevano solo il pavimento a loro disposizione. Durante il giorno, le coperte e la paglia venivano ammassate in un angolo e la sera ognuno prendeva dal mucchio ciò che più preferiva per dormirci sopra. Bet e Nan avevano quindici anni ed erano gemelle. Erano sporche e vestite di stracci, profondamente ignoranti, ma dal cuore d’oro. La madre era come loro, mentre il padre e la nonna erano due demoni. Ogni occasione era buona per ubriacarsi e poi azzuffarsi tra di loro o prendersela con chiunque si trovasse nei paraggi. 6
L’infanzia di Tom
John Canty era un ladro di professione e sua madre una mendicante. Fra quei poveracci c’era anche un vecchio prete dall’animo buono che in segreto radunava i ragazzi attorno a sé per insegnar loro a camminare sulla buona strada. Padre Andrew, così si chiamava, aveva insegnato a Tom a leggere e a scrivere, oltre a un po’ di latino, e avrebbe fatto lo stesso con le sorelle, se queste non si fossero rifiutate per paura di essere derise dagli amici. Tutta Offal Court era un alveare, proprio come la casa dei Canty. Ubriachezza, baccano e risse erano all’ordine del giorno. Nonostante ciò il piccolo Tom non era infelice. Sicuramente non era una vita facile la sua, ma lui non se ne rendeva conto. Quando la sera tornava a casa a mani vuote sapeva che il padre imprecando l’avrebbe picchiato e che quella strega di sua nonna avrebbe fatto lo stesso. Ma sapeva anche che a notte fonda sua madre, a sua volta affamata, gli avrebbe portato furtivamente un tozzo di pane secco messo da parte, a cui lei stessa aveva rinunciato, pur sapendo che il marito, se l’avesse scoperta, l’avrebbe riempita di botte. In fin dei conti la vita di Tom non era poi così male, specialmente in estate. Mendicava il minimo indispensabile per risparmiarsi la razione serale di botte, in quanto la legge contro l’accattonaggio era molto rigorosa e le pene severe. Così trascorreva buona parte della giornata ad ascoltare vecchie fiabe e affascinanti leggende su giganti, fate, gnomi, geni, castelli incantati e splendidi re e principesse, che il buon Padre Andrew gli raccontava. Aveva la testa piena di queste immagini meravigliose e spesso la notte, nel buio del suo misero e fetido giaciglio di paglia, stanco, affamato e indolenzito per le botte ricevute, dava libero sfogo all’immaginazione dimenticandosi del dolore e delle pene e sognando di essere un principe vezzeggiato e coccolato nel suo palazzo reale. 7
Capitolo 2
Pian piano un desiderio cominciò a ossessionarlo giorno e notte: poter vedere con i propri occhi un principe in carne ed ossa. I personaggi dei suoi sogni erano così belli che iniziò a lamentarsi dei suoi abiti logori e sudici e a desiderare di essere pulito e ben vestito. Non per questo smise di giocare nel fango divertendosi come aveva sempre fatto, ma scoprì che poteva anche lavarsi e togliersi di dosso la sporcizia. Quelle letture e quei sogni finirono lentamente per cambiarlo. Così iniziò quasi senza accorgersene a comportarsi da principe. Il suo modo di parlare e i suoi atteggiamenti divennero cerimoniosi e raffinati e provocarono ammirazione e divertimento tra i suoi amici. La sua influenza su di loro crebbe tanto, giorno dopo giorno, che finì per essere considerato un essere superiore. Sembrava sapesse tutto! Faceva e diceva cose meravigliose e inoltre era così saggio e profondo! Tutto ciò che Tom diceva e faceva, veniva riferito dai ragazzi ai loro genitori così che pure questi iniziarono a considerare Tom Canty una creatura straordinaria, dotata di rari talenti. In poco tempo il ragazzo divenne un eroe per tutti quelli che lo conoscevano, eccetto per la sua famiglia, che non vedeva proprio niente di straordinario in lui. Un po’ alla volta, di nascosto, Tom riuscì a organizzare una vera e propria corte reale. Lui era il principe e i suoi migliori amici le guardie, i ciambellani, gli scudieri, le dame di corte e l’intera famiglia reale. Ogni giorno il finto principe veniva accolto con i solenni cerimoniali che Tom aveva appreso dalle sue letture romanzesche. E ancora Sua Altezza emanava decreti ai suoi fantastici eserciti, alle sue flotte e ai suoi viceré. Dopo di che Tom rientrava nei suoi stracci, elemosinava qualche spicciolo, mangiava la sua crosta di pane, subiva la sua dose quotidiana di ceffoni e infine si sdraiava su quella 8
L’infanzia di Tom
poca paglia sudicia che era il suo giaciglio e ricominciava a sognare le sue immaginarie prodezze. Quel suo desiderio di vedere prima o poi un vero principe cresceva sempre di più, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, fino ad assorbire ogni altra aspirazione e a diventare l’unica passione della sua vita. Un giorno di gennaio, durante il suo solito giro di accattonaggio, avvilito, si mise a vagabondare, a piedi scalzi e intirizzito dal freddo, osservando tutte le vetrine di leccornie e desiderando ardentemente di poter assaggiare una delle tante ghiottonerie esposte. Tornò a casa che era già buio. Era così bagnato, stanco e affamato che perfino il padre e la nonna ne ebbero compassione, tanto che gli diedero solo una sberla prima di spedirlo a dormire. Per molte ore il dolore, la fame, il chiasso e le imprecazioni provenienti dalla casa lo tennero sveglio, ma poi, come spesso accadeva, sognò di essere lui stesso un principe. Si muoveva tra nobili signori e gentili dame, e rispondeva agli omaggi della folla scintillante che si faceva da parte al suo passaggio. Quando la mattina dopo si svegliò, si rese conto che il sogno, ancora una volta, aveva messo ancora più in evidenza lo squallore della sua misera esistenza. E così, sopraffatto dall’amarezza e con il cuore a pezzi, scoppiò in lacrime.
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Capitolo
3 L’incontro di Tom con il principe
Tom si alzò affamato e uscì a stomaco vuoto, ma con
la mente ancora immersa nei meravigliosi sogni della notte precedente. Gironzolò per la città senza neanche far caso a dove andava. La gente lo urtava e alcuni lo insultavano, ma egli era troppo assorto nei suoi pensieri per accorgersene. Di lì a poco si ritrovò in un luogo molto lontano dove non era mai arrivato. Si fermò un attimo, poi continuò a camminare e oltrepassò le mura della città. Giunse in una via dove sorgevano case e grandi palazzi, residenza di nobili, dotati di immensi terreni che si estendevano fino al fiume. Continuò a camminare fino ad arrivare a un palazzo regale e maestoso: Westminster. Restò a bocca aperta di fronte a quell’immenso edificio con torri e bastioni imponenti, un enorme ingresso in pietra, il cancello a sbarre dorate e una schiera di giganteschi leoni in granito e altre figure e simboli della sovranità inglese. Stava forse per avverarsi il suo grande sogno? Forse quello era il momento giusto per sperare di vedere un vero principe in carne ed ossa. Ad entrambi i lati del cancello dorato c’erano due gigantesche sentinelle vestite con un’armatura d’acciaio. Dagli altri cancelli che si aprivano accanto all’entrata principale, entravano e uscivano magnifiche carrozze che, guidate da cocchieri, trasportavano gentiluomini. 10