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E 7,50
Il Principe Felice e altri racconti
Il libro è dotato di approfondimenti online su www.raffaellodigitale.it
Oscar Wilde
Oscar Wilde nacque a Dublino (Irlanda) nel 1854. Scrisse poesie, romanzi, commedie, racconti e fiabe narrate con tanta tenerezza. Viaggiò molto in Europa e in America. Morì a Parigi nel 1900.
I S B N 978-88-472-2517-6
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I CLASSICI
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Questo volume sprovvisto del talloncino a fronte è da considerarsi copia di SAGGIO-CAMPIONE,GRATUITO, fuori commercio. Esente da I.V.A. (D.P.R. 26-10-1972, n° 633, art. 2 lett. d).
Le fiabe che Oscar Wilde scrisse per i suoi figli sono fresche, delicate e piene di sentimento. I personaggi vanno da giganti a principi, a maghi, a usignoli. Ma chi legge il libro vi trova soprattutto la vita reale e vissuta, con le sue debolezze e i suoi aspetti oscuri. Per questo le fiabe presentate, adatte per piccoli e grandi, lasciano il segno nel lettore e non si dimenticano facilmente.
I CLASSICI
Oscar Wilde
Il Principe Felice e altri racconti Fiabe fresche, delicate e piene di sentimento
IL MULINO A VENTO
IL MULINO A VENTO Per volare con la fantasia
IL MULINO A VENTO
IL MULINO A VENTO Collana di narrativa per ragazzi
Editor: Paola Valente Coordinamento redazionale: Emanuele Ramini Approfondimenti e schede didattiche: Paola Valente e Emanuela Tarascio Team grafico: Benedetta Boccadoro Ufficio stampa: Salvatore Passaretta IIa Edizione 2016 Ristampa 7 6 5 4 3 2 1 0
2023 2022 2021 2020 2019 2018 2017 2016
Tutti i diritti sono riservati © 1997 Raffaello Libri Spa Via dell’Industria, 21 60037 - Monte San Vito (AN) www.raffaelloeditrice.it www.grupporaffaello.it e-mail: info@ilmulinoavento.it http://www.ilmulinoavento.it Printed in Italy
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È assolutamente vietata la riproduzione totale o parziale di questo libro senza il permesso scritto dei titolari del copyright.
Oscar Wilde
Il Principe Felice e altri racconti Traduzione di
Emanuela Tarascio
Illustrazioni di
Emanuela Orciari
Il Principe Felice S
u di un’alta colonna, la statua del Principe Felice dominava la città. Il Principe era tutto coperto di sottili foglie d’oro fino e aveva per occhi due zaffiri lucenti. Un grande rubino scintillava sull’elsa della sua spada. Era davvero molto ammirato da tutti. – È bello come una banderuola per il vento – osservò uno dei Consiglieri Comunali, che desiderava guadagnarsi la reputazione di intendersi d’arte – solo, non altrettanto utile – aggiunse, temendo che la gente potesse considerarlo privo di senso pratico, il che certo non era il suo caso. – Perché non sei come il Principe Felice? – chiese una saggia madre al figlioletto che piangeva perché voleva la luna. – Il Principe Felice non piange mai per nessun motivo.
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– Sono contento di vedere che al mondo esiste qualcuno veramente felice – borbottò un uomo deluso guardando la splendida statua. – Sembra un angelo – dissero gli Orfanelli uscendo dalla Cattedrale con le loro mantelline rosso vivo e i loro lindi grembiulini bianchi. – Che ne sapete voi? – disse il Professore di Matematica. – Non ne avete mai visto uno. – Ah! Sì, invece, in sogno – risposero i bambini. E il Professore di Matematica si accigliò diventando molto severo, perché non approvava che i bambini sognassero. Una notte volò sulla città una piccola Rondine. Le sue amiche erano volate in Egitto sei settimane prima, ma lei era rimasta indietro, perché si era innamorata di un bellissimo Giunco. L’aveva conosciuto all’inizio della primavera mentre planava verso il fiume inseguendo un grosso insetto giallo ed era stata così attratta dalla sua vita sottile che si era fermata a conversare con lui. – Potrò amarti? – disse la Rondine, che desiderava andare subito al sodo. Il Giunco le rivolse un profondo inchino. Così lei gli volò intorno, sfiorando l’acqua con le ali e formando delle increspature argentate. Era il suo modo di fargli la corte e durò per tutta l’estate. – Questa passione è ridicola – malignarono le altre Rondini; – quello non ha un soldo ed ha troppi parenti. E, davvero, il fiume era pieno di Giunchi. Poi, al giungere dell’autunno, volarono tutte via.
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Quando furono partite, la Rondine si sentì sola e cominciò a stancarsi del suo innamorato. – Non sa fare conversazione, e poi mi sembra un po’ leggero, sempre a civettare col vento. E infatti, quando il vento soffiava, il Giunco faceva le riverenze più aggraziate. – Ammetto che è portato per la vita domestica – continuò la Rondine, – ma io amo viaggiare e quindi anche mio marito dovrebbe amare i viaggi. – Vuoi venire con me? – gli chiese infine, ma il Giunco scosse il capo, tanto era attaccato alla sua casa. – Mi hai ingannato – gridò la Rondine. – Partirò per le Piramidi. Addio! E volò via.
Volò tutto il giorno, e la notte arrivò nella città. – Dove potrò alloggiare? – disse. – Spero che la città abbia fatto dei preparativi. Poi vide la statua sull’alta colonna. – Mi sistemerò qui – esclamò; – la posizione è ottima e c’è tanta aria fresca. E atterrò proprio ai piedi del Principe Felice. – Ho una camera d’oro – mormorò fra sé guardandosi intorno, e si preparò a dormire; ma proprio mentre stava
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ripiegando il capo sotto l’ala, le cadde addosso un’enorme goccia d’acqua. – Che strano! – esclamò. – Non c’è una sola nuvola in tutto il cielo, le stelle sono limpide e luminose, eppure piove. Il clima dell’Europa del nord è proprio orribile. Al Giunco piaceva la pioggia, ma era a causa del suo egoismo. Poi cadde un’altra goccia. – Ma a che serve una statua se non riesce a ripararmi dalla pioggia? – disse. – Dovrò cercarmi un buon comignolo! E decise di andarsene. Ma prima che avesse aperto le ali venne giù una terza goccia e, guardando in alto, la Rondine vide... Ah! Cosa vide? Gli occhi del Principe Felice erano pieni di lacrime e altre lacrime rigavano le sue guance dorate. Il suo viso era così bello al chiaro di luna che la piccola Rondine fu presa dalla compassione. – Chi sei? – chiese. – Sono il Principe Felice. – E allora perché piangi? – chiese la Rondine. – Mi hai inzuppata tutta! – Quando ero vivo ed avevo un cuore umano – rispose la statua, – non sapevo cosa fossero le lacrime, perché vivevo nel palazzo della Gioia, dove al dolore non è permesso di entrare. Di giorno giocavo con i miei compagni in giardino e alla sera guidavo le danze nel Salone.
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– Intorno al giardino – continuò il Principe – c’era un muro altissimo, ma non mi sono mai curato di sapere cosa ci fosse dall’altra parte. Tutto era così bello intorno a me! I Cortigiani mi chiamavano il Principe Felice e lo ero veramente, se il piacere è felicità. Così vissi e così morii. Ora che sono morto mi hanno messo quassù, così in alto che posso vedere tutte le brutture e le miserie della mia città; benché il mio cuore sia fatto di piombo, non posso fare a meno di piangere. “Come! Non è d’oro?” si domandò la Rondine. Era troppo beneducata per fare osservazioni ad alta voce.
– Laggiù – continuò la statua con voce bassa e melodiosa, – laggiù in una stradina c’è una povera casa. Una delle finestre è aperta e si vede una donna seduta ad un tavolo. Il suo volto è magro e stanco, le sue mani sono ruvide ed arrossate, bucate dall’ago, perché fa la ricamatrice. Sta ricamando passiflore su un abito di raso per la più bella fra le damigelle d’onore della Regina, da indossare al prossimo ballo di Corte. In un lettino, nell’angolo della stanza, giace malato il suo bambino. Ha la febbre e chiede delle arance. Sua madre non ha altro da dargli che acqua di fiume, così il bimbo piange. Rondine, Rondine, piccola Rondine, non le porteresti il rubino della mia spada? I miei piedi sono attaccati a questo piedistallo e non posso muovermi.
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