In punta di penna - Volume B

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V. Bruni | M. Italiano | M. Santacroce | L. Silvi

IN PUNTA DI PENNA

Manuale di comunicazione e scrittura

Laboratorio sui testi di uso scolastico

Laboratorio di scrittura creativa

Educazione civica e didattica orientativa

Scuola secondaria di secondo grado

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1. ANALISI DEL TESTO

La televisione è per Emilia «quella scialuppa in grado di tenerti a galla quando la tensione saliva». Quale figura retorica ha utilizzato l’autrice? Prova a spiegarne il significato.

2. SCRITTURA AUTOBIOGRAFICA

OBIETTIVO

ORIENTAMENTO Tu hai una scialuppa che ti tiene a galla nei momenti di difficoltà? Racconta la tua esperienza in un testo di almeno 10 righe.

COMPRENDERE PRODURRE

2 Scrivi l’emittente e il destinatario di ogni messaggio proposto nella seguente tabella.

Messaggio

1. «Per la giornata di oggi, tempo sereno o poco nuvoloso.»

2. «Il treno 8134 Frecciarossa è in partenza dal binario 15.»

3. «Un chilo di mele, per favore.»

4. «Aprite il libro a pagina 56.»

Emittente

Destinatario

3 Nelle seguenti coppie di frasi, che si riferiscono a contesti differenti, manca un termine che le accomuna ma che assume significati diversi: scrivi la parola mancante.

1. Hai visto quanti filari di ci sono nel mio orto? Si dice che il gatto abbia nove ..........................

2. Ho visto quel dolce al bancone e mi sono fatta prendere dalla Il fiume Colorado ha scavato l’immensa del Grand Canyon.

3. Il mio appartamento si trova al terzo ..........................

Il direttore ci spiegò il suo per battere la concorrenza.

4. Ho comprato i semi di per i miei canarini. Nell’antica Roma, mille passi equivalevano a un

4 PRODURRE Di seguito vengono descritte delle situazioni comunicative che coinvolgono un emittente e diversi riceventi, indicati tra parentesi. Scrivi un messaggio per ogni ricevente proposto.

1. Il professore di lettere si lamenta perché i suoi alunni studiano poco. (gli alunni/il dirigente scolastico/una collega)

2. Marco vuole andare al cinema. (gli amici/i genitori/addetto alla biglietteria)

3. La bibliotecaria consiglia gli ultimi libri acquistati. (a un utente adulto/a una collega/a un bambino)

2 SEGNI E LINGUAGGI

I SEGNI

possono essere sono costituiti da che può essere

naturali significato

possono essere organizzati in un per comunicare attraverso un

verbale

artificiali significante non verbale

codice lingua

LINGUAGGIO

altri segni (suoni, immagini, simboli, movimenti ecc.)

1. I segni

I segni sono elementi fisici, percepibili attraverso i cinque sensi, che rimandano a un’informazione. Sono dunque gli strumenti necessari di ogni comunicazione, in quanto è proprio attraverso i segni che possiamo comporre e trasmettere messaggi.

I segni possono essere classificati in base al senso che permette di percepirli.

Segni

Visivi Iconici: figure, disegni, immagini

Non iconici: gesti, movimenti, espressioni del viso, luci, colori

Acustici Suoni e rumori

Esempi

Cartello stradale “lavori in corso” Semaforo rosso

Squillo del cellulare

Tattili Segni che presuppongono un contatto fisico Abbraccio

Olfattivi Odori, profumi

Gustativi Sapori

Odore di pizza nei pressi di una pizzeria

Sapore di un alimento andato a male codice

Secondo Ferdinand de Saussure (1857-1913), fondatore della linguistica moderna, tutti i segni sono costituiti da un significante e da un significato

Il significante è l’elemento fisico, percepibile attraverso i nostri sensi, che trasmette il messaggio.

Il significato è il contenuto del messaggio, l’informazione a cui il significante rimanda.

SEGNO

Significante

Significato

La nascita di un bambino

Il rapporto tra significante e significato è arbitrario e convenzionale. Esso infatti nasce sulla base di una convenzione, cioè di un accordo fra coloro che partecipano alla comunicazione. È questo il motivo per cui, ad esempio, uno stesso oggetto assume nomi diversi nelle diverse lingue.

mela (italiano) pomme (francese)

I segni si distinguono in naturali e artificiali

apple (inglese) manzana (spagnolo)

apfel (tedesco)

Sono detti segni naturali (o indici) i fenomeni naturali, in quanto tali non intenzionali, che noi interpretiamo come segni, come ad esempio le nuvole grigie che annunciano l’arrivo di un temporale.

I segni artificiali sono invece il risultato di un’azione volontaria dell’essere umano Le parole, i gesti, le immagini, le note musicali sono tutti segni artificiali, creati allo scopo di trasmettere delle informazioni.

I segni artificiali vengono ulteriormente classificati in segnali, icone e simboli.

Segni artificiali Esempi

Segnali Segni di uso comune che all’interno di una data comunità hanno un significato immediato e facilmente interpretabile da tutti

Icone Immagini che rimandano con chiarezza al significato

Simboli Segni che rappresentano un’entità astratta

Luci dei semafori, la spia della lavatrice che ne indica il funzionamento, una mano che si apre e si chiude per salutare

Carte geografiche, disegni, parte della segnaletica pubblica e stradale

Note musicali, formule chimiche, segni matematici, lettere dell’alfabeto

Per trasmettere un messaggio è indispensabile usare segni di cui sia l’emittente sia il destinatario conoscano il significato.

Quando l’emittente compone un messaggio, organizza vari segni compiendo un’operazione di codificazione. Quando il ricevente comprende il significato di un messaggio, interpreta i segni, compiendo un’operazione di decodificazione.

Il sistema dei segni e delle regole che permettono la produzione e l’interpretazione di un messaggio è detto codice. Esistono codici diversi, come ad esempio:

• il codice lingua, i cui segni sono le lettere dell’alfabeto;

• il codice matematico, i cui segni fondamentali sono i simboli matematici;

• il codice musicale, i cui segni sono le note;

• il codice segnaletico stradale, costituito dai segnali stradali.

2. I linguaggi

La facoltà di comunicare attraverso codici è detta linguaggio

In base al codice utilizzato si distinguono due grandi categorie di linguaggio: verbale e non verbale.

Il linguaggio verbale è una facoltà specifica dell’essere umano e utilizza come codice la lingua, cioè un sistema di segni (lettere) organizzati sotto forma di parole.

È il sistema più ricco ed efficace per diversi motivi:

• è dotato di onnipotenza semantica, ossia può esprimere con chiarezza e precisione qualsiasi concetto, stato emotivo, situazione reale o immaginaria sia in forma orale che scritta;

• è l’unico in grado di spiegare il funzionamento degli altri codici e anche del proprio, in quanto capace di descrivere e analizzare le caratteristiche della lingua e le norme che la regolano;

• è caratterizzato dall’economicità, potendo comunicare ogni tipo di messaggio, dal più breve al più ampio, utilizzando un numero limitato di segni che si combinano variamente fra loro;

• è un sistema comunicativo aperto, in quanto il codice che utilizza, la lingua, si arricchisce sempre di nuove parole, rinnovandosi continuamente in relazione ai cambiamenti della società che la utilizza.

I linguaggi non verbali non utilizzano il codice lingua, ma altri segni come suoni, immagini, simboli, gesti e movimenti. Consentono una comunicazione immediata, ma, generalmente, possono esprimere messaggi molto semplici, concetti limitati, talvolta stati emotivi. Spesso i linguaggi non verbali necessitano di una spiegazione che può essere fornita solo attraverso il linguaggio verbale. Un esempio può essere il significato del pollice in su: questo gesto viene generalmente interpretato come segno di approvazione o accordo, tuttavia in alcuni Paesi del Medio Oriente acquisisce un significato diverso, assumendo una connotazione negativa.

RICONOSCERE COMPRENDERE

5 Collega ciascun significante al rispettivo significato.

1. Cartellino giallo

2. Indice della mano davanti alla bocca

3. Fischio del padrone al suo cane

4. Luce rossa del semaforo

5. Suono o vibrazione del cellulare

6. Cartello stradale tondo, sfondo blu con freccia a sinistra in bianco

7. Braccio ingessato

8. Saracinesca abbassata

9. Cartello con una sigaretta con una X sopra

A. Ordine di tornare

B. Fare silenzio

C. Fermarsi al semaforo

D. Il negozio è chiuso

E. Qualcuno sta chiamando

F. Obbligo di svolta a sinistra

G. L’arto è fratturato

H. Ammonizione di un calciatore

I. In questo luogo non si può fumare

6 Classifica i segni elencati in: visivi, acustici, olfattivi, gustativi, tattili.

Segni

Miagolio del gatto

Scritta in braille

Fotografia

Bacio sulla guancia

Campanello della bicicletta

Pietanza troppo salata

Cartello stradale

Alimento andato a male

PRODURRE

Visivo Acustico Olfattivo Gustativo Tattile

7 Traduci in linguaggio verbale i seguenti messaggi non verbali.

8 Esprimi in forma verbale le informazioni fornite dall’immagine a lato.

LE FUNZIONI DELLA LINGUA 3

LE FUNZIONI DELLA LINGUA

sono

referenziale o informativa referente

collegata all’

collegata al emotiva o espressiva emittente

collegata al

collegata al conativa o persuasiva ricevente

collegata al fàtica o di contatto canale

collegata al metalinguistica codice

poetica messaggio

1. Che cosa sono le funzioni della lingua

Comunicare è un’azione complessa, che nasce di volta in volta in rapporto allo scopo che si vuole raggiungere: si può comunicare per dare o chiedere un’informazione, per persuadere, ordinare, esprimere uno stato d’animo ecc. Lo scopo esiste prima del messaggio e in base ad esso l’emittente elabora il messaggio. La funzione è l’obiettivo che ha il messaggio prodotto dall’emittente. La forma del messaggio è direttamente influenzata dalla sua funzione.

Il linguista russo Roman Jakobson (1896-1982) individuò sei funzioni fondamentali della lingua, ciascuna collegata a un diverso elemento della comunicazione. Ogni funzione caratterizza determinati tipi di testi.

FUNZIONE INFORMATIVA O REFERENZIALE

Scopo: trasmettere informazioni

Elemento della comunicazione coinvolto: referente

Caratteristiche

Prevale l’oggettività, il distacco: di solito si usa la terza persona e il modo indicativo.

Tipi di testi Esempi

• Testi scientifici, manuali, testi storici, enciclopedie.

• Spiegazioni e istruzioni per l’uso.

• Descrizioni, cronache, notiziari.

• Verbali di assemblee, circolari, relazioni.

L’indicatore si accende al riscaldamento del forno.

Forti piogge, persistenti e ininterrotte, hanno causato tracimazioni di fiumi, allagamenti e frane. («Il Sole 24 Ore»)

Con la presente si comunica alle famiglie degli studenti delle classi 1aB e 2aB che per lunedì 7 aprile 2025 è stata programmata la visita guidata a Roma.

FUNZIONE EMOTIVA O ESPRESSIVA

Scopo: esprimere opinioni, emozioni e stati d’animo Elemento della comunicazione coinvolto: emittente

Caratteristiche Tipi di testi

Prevale la soggettività, l’espressione del proprio io: di solito si ricorre alla prima persona, si usano interiezioni ed esclamazioni, verbi, aggettivi e nomi legati all’esperienza emotiva dell’emittente.

• Lettere.

• Diari.

• Autobiografie.

Esempi

Cara Kitty, grandi notizie! accoglieremo un ottavo inquilino clandestino.

(Anna Frank, Il diario di Anna Frank)

Cara, amore, ho sempre un’apprensione quando apro una tua lettera e uno slancio enorme di gratitudine e amore leggendo le tue parole d’amore.

(Italo Calvino, Lettera a Elsa de’ Giorgi, 1955-58 ca.)

FUNZIONE CONATIVA O PERSUASIVA

Scopo: consigliare, convincere l’interlocutore a compiere una determinata azione o a comportarsi in un determinato modo Elemento della comunicazione coinvolto: ricevente

Caratteristiche Tipi di testi Esempi

Si trasmettono dei consigli che talvolta possono essere dati in maniera diretta, diventando degli ordini per cui si ricorre all’uso della seconda persona, ai modi imperativo e congiuntivo esortativo; altre volte si aggiungono forme di cortesia come per favore, per piacere e si sostituisce l’imperativo al condizionale.

• Leggi, ordinanze, divieti.

• Domande e richieste di lavoro.

• Discorsi politici.

• Messaggi pubblicitari.

• Rubriche di consigli, ricette.

• Prescrizioni mediche, inviti.

[...] è assicurato a tutti il diritto all’istruzione e alla formazione per almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo anno di età. (Legge n. 53/2003, art. 2 comma 1)

Si prega di gettare i rifiuti nell’apposito cestino.

«Potreste parlare uno alla volta, per favore?»

FUNZIONE FÀTICA O DI CONTATTO (fàtico deriva dal verbo latino fari, che significa “parlare”, quindi “tenersi in contatto con qualcuno”)

Scopo: verificare se il canale comunicativo è funzionante e dunque in grado di stabilire o mantenere il rapporto con il ricevente

Elemento della comunicazione coinvolto: canale

Caratteristiche

Si tratta di messaggi brevi che spesso servono solo ad aprire la strada alla comunicazione vera e propria.

Tipi di testi Esempi

• Saluti e formule di cortesia.

• Interiezioni e intercalari del discorso.

• Espressioni per mantenere viva l’attenzione degli interlocutori.

«Pronto, mi senti?»

«Tutto chiaro o devo ripetere?»

«Stai seguendo il filo del discorso?»

«Bene, direi che ci siamo!»

«Ci sentiamo domani!»

FUNZIONE METALINGUISTICA

Scopo: spiegare la lingua, le parole, le espressioni e il loro funzionamento (in questa funzione la lingua parla di sé stessa, quindi rappresenta sia il mezzo sia l’argomento della comunicazione)

Elemento della comunicazione coinvolto: codice

Caratteristiche

Vengono trattati aspetti della lingua come oggetto di studio, attraverso l’uso di un linguaggio tecnico.

Tipi di testi Esempi

• Dizionari, enciclopedie.

• Grammatiche, testi di semantica, di semiologia, di linguistica (testi che servono a spiegare la lingua dal punto di vista morfologico, sintattico, semantico ecc.).

• Testi di critica letteraria.

Il: articolo determinativo maschile singolare.

“Prìncipi” e “princìpi” sono due omonimi che si pronunciano però in modo diverso.

libro: s. m. [dal lat. liber -bri, che indicava originariamente la parte interna della corteccia che in certe piante assume aspetto di lamina e che, disseccata, era usata in età antichissima come materia scrittoria; di qui il sign. divenuto poi più comune]. (Treccani)

Soffi di lampi: è una sinestesia che associa la sensazione tattile a quella visiva, a sottolineare la brevità del bagliore dei fulmini.

FUNZIONE POETICA

Scopo: suscitare immagini ed emozioni suggestive grazie alla valorizzazione del linguaggio in quanto tale

Elemento della comunicazione coinvolto: messaggio

Risulta centrale non solo il contenuto ma anche la forma: è importante la scelta e l’organizzazione delle parole; nella poesia anche il ritmo e la sonorità. Si gioca con figure retoriche (come metafore, allitterazioni, assonanze), in cui le parole trascendono il loro senso letterale e aprono il significato a più interpretazioni.

• Testi letterari.

Né mai più toccherò le sacre sponde / ove il mio corpo fanciulletto giacque / Zacinto mia, che te specchi nell’onde / del greco mar […] (Ugo Foscolo, A Zacinto)

L’ira canta, o dea, l’ira di Achille figlio di Peleo, l’ira funesta che ha inflitto agli Achei infiniti dolori.

(Iliade, trad. it. M.G. Ciani, Marsilio, Venezia, 2003)

In molti testi la lingua assolve più funzioni contemporaneamente. In essi si può però riconoscere una funzione prevalente, cioè la funzione che predomina in base allo scopo fondamentale del messaggio. Esaminiamo il seguente esempio:

«Al cinema questa sera danno il film C’è ancora domani, sai, il film diretto e interpretato da Paola Cortellesi. Tutti quelli che l’hanno visto hanno detto che è bellissimo. Ti va di andarci? A me piacerebbe molto».

Questo testo ha una funzione conativa prevalente, in quanto il suo scopo principale è convincere il destinatario a vedere un film al cinema, e, in minor parte, una funzione informativa, in quanto l’emittente fornisce qualche informazione sul film.

9 RICONOSCERE COMPRENDERE Nel seguente brano sono evidenziate alcune parti. Indica qual è la loro funzione secondo la classificazione di Jakobson e motiva la tua scelta.

I sogni veri si costruiscono con gli ostacoli

Leo, studente liceale di 16 anni, ha un sogno che si chiama Beatrice, anche se la ragazza non lo sa ancora. Un pomeriggio, mentre sta andando da lei per consegnarle una lettera scritta di suo pugno, Leo fa un incidente in motorino e si ritrova in un letto d’ospedale. Chissà che fine ha fatto la lettera che aveva in tasca e chissà quanto dovrà restare in ospedale! E mentre pensa a tutte le volte che ha cercato di fare qualcosa, di realizzare un sogno senza riuscirci, riceve una visita inaspettata.

Entra il Sognatore. Non ci posso credere. Un professore che va a trovare un alunno in ospedale. Anzi, un supplente. Mi sento un re che tocca il cielo con un dito, o qualcosa del genere. Il Sognatore si siede accanto al letto e mi racconta della scuola, le interrogazioni, i compiti e qualcosa sul programma. Ormai siamo agli sgoccioli, le vacanze di Natale stanno per arrivare. Sulla lavagna sono comparsi i festoni argentati e Barba, il bidello con un barbone tanto lungo e folto che ci si potrebbero appendere le palle di Natale e le lucette, ha preparato il suo albero mezzo stecchito. Me l’immagino, mi spiace non essere lì, in uno di quei rari momenti in cui la scuola diventa divertente. Il Sognatore mi racconta che anche lui quando aveva la mia età si è spaccato un braccio giocando a calcio. Mi fa vedere la cicatrice che gli è rimasta dopo l’operazione. Io per fortuna non mi sono dovuto operare e non ero cosciente quando mi hanno rimesso a posto l’osso. Quanto dolore ti risparmi dormendo. Il problema è quando ti svegli.

Funzione: .........................................................................................

Funzione:

Funzione:

Comunque il Sognatore è proprio divertente, perché ti racconta le cose come farebbe uno qualunque. Cioè, lui è normale. Ha una vita come la mia. Mi racconta anche una barzelletta, che non fa ridere, ma io faccio finta perché non ci resti male. Mi chiede come va con il mio sogno e io gli spiego il punto a cui sono arrivato. E gli dico che tutto è andato in frantumi con l’incidente e poi non so se voglio continuare, perché ogni volta che mi ci metto succede qualcosa di male: prima Beatrice, ora io. Il Sognatore sorride e mi dice che questo fa parte dei sogni veri.

«I sogni veri si costruiscono con gli ostacoli. Altrimenti non si trasformano in progetti, ma restano sogni. La differenza tra un sogno e un progetto è proprio questa: le bastonate, come nella storia di mio nonno. I sogni non sono già, si rivelano a poco a poco, magari in modo diverso da come li avevamo sognati…»

Il Sognatore sta dicendo che sono fortunato a stare a letto con la schiena rotta! Non gli credo e gli dico.

«Non avevo dubbi.»

Ridiamo. Però lui mi spiega che se sto in quel letto è perché stavo facendo qualcosa di speciale, stavo realizzando il mio sogno portando la lettera. E se un sogno ha così tanti ostacoli vuol dire che è quello giusto. Gli brillano gli occhi. Quando lo saluto, mi sbaglio e lo chiamo Sognatore. Ride e aggiunge che lo sa che lo chiamo così. Se ne va e io mi mordo le labbra perché al Sognatore va bene tutto, anche i soprannomi. Chi l’ha detto che per avere autorità bisogna essere antipatici?

La visita del prof mi ha messo di buonumore: ho voglia di uscire da qui, di cenare con mamma e papà, portare Terminator a pisciare, suonare con Niko, studiare con Silvia, baciare Beatrice… Ma in fondo il Sognatore mi fa anche un po’ incazzare perché… mi fa rabbia ammetterlo... io voglio essere come un supplente sfigato di storia e filo.

(Alessandro D’Avenia, Bianca come il latte, rossa come il sangue, Mondadori, Milano, 2010)

Funzione:

Funzione: .........................................................................................

Funzione: (Pensa a cosa serve la risata nella situazione descritta.)

Funzione:

PRODURRE

10 Qui sotto sono riportate due delle parti evidenziate nel brano precedente. Inventa per ciascuna un seguito, in modo che nel primo caso la lingua abbia una funzione fàtica, nel secondo una funzione metalinguistica.

1. Entra il Sognatore. Non ci posso credere. Un professore che va a trovare un alunno in ospedale. Anzi, un supplente. Mi sento un re che tocca il cielo con un dito, o qualcosa del genere.

2. I sogni veri si costruiscono con gli ostacoli.

11 Leggi l’incipit della poesia Il sabato del villaggio di Giacomo Leopardi e modificalo in modo che abbia ogni volta una funzione prevalente diversa: informativa, espressiva, fàtica, conativa.

La donzelletta vien dalla campagna, in sul calar del sole, col suo fascio dell’erba; e reca in mano un mazzolin di rose e di viole, onde1, siccome suole, ornare ella si appresta dimani, al dì di festa, il petto e il crine2.

1. onde: con cui.

2. crine: i capelli.

Funzione informativa:

Funzione espressiva:

Funzione fàtica:

Funzione conativa:

2 Le varietà della lingua

Un testo per iniziare

Leggi il testo e svolgi le attività di riflessione.

In questo brano, tratto dall’autobiografia di Gavino Ledda, l’autore racconta il difficile ingresso nella vita militare, dove il più grande ostacolo non è la disciplina, ma il profondo disagio linguistico. Proveniente dalla Sardegna, Gavino si ritrova immerso in una realtà dove il suo sardo è incomprensibile e dove l’italiano è per lui una lingua quasi estranea. Questo isolamento linguistico lo rende incapace di esprimere i propri pensieri e di comunicare con gli altri, amplificando il senso di alienazione e di smarrimento.

Gavino Ledda (Siligo, 30 dicembre 1938) è uno scrittore italiano, studioso della lingua sarda. Ha insegnato glottologia nell’Università di Sassari.

I primi giorni furono per tutti un vero supplizio. Per me, però, fu ancora peggio. Ero abituato a quella libertà pastorale delle montagne che non ammette nel suo mondo né intrusi né ordini se non dalle sole forze della natura. Cinta di mura invalicabili la caserma mi sembrava un’immensa prigione. Non mi davo tregua. Andavo continuamente da una parte all’altra per i corridoi delle tre camere, interminabili labirinti. Una forza inconscia mi spingeva così ad aggirarmi solitario: le gambe appagavano la loro abitudine che avevano contratto nel percorrere le valli, ma nella mente era come se volessi trovare un varco per scappare. Più volte fui tentato di farlo. Ma una sentenza che ci avevano detto mi rintuzzava sempre: – Chiunque abbandona la caserma o non rientra nel tempo stabilito dal regolamento, viene considerato disertore: condannato e rinchiuso nelle carceri militari.

Altro che scappare. Fuggire sarebbe stato peggio di fare il bandito.

L’unico sfogo allora lo trovavo girovagando nell’impossibilità di poter fare conoscenza. Avevo ancora soggezione del prossimo. L’italiano non lo sapevo parlare che sillabicamente. Dovevo fare il balbuziente senza esserlo. Un vero smarrimento che trovava l’unico ripiego solo nei soliloqui desolati in sardo “pensato”, dentro quella divisa che mi faceva rabbrividire e che in un certo senso mi impastoiava. Le prime parole che imparai a pronunciare con una certa enfasi furono “signorsì” e “signornò”. [...] Il brusco scontro con la nuova vita mi rese ancora più diverso di quello che ero nei confronti degli altri. L’adattamento fu affannoso, come l’apprendimento dell’italiano. Spesso rasentò l’impossibilità e la disperazione. Il mio sardo lì non lo capiva nessuno. Io ero “muto” e senza una lingua: come un essere inferiore che non poteva esprimere quello che pensava. Per parlare allora dovevo fare più o meno come facevo a Baddhevrùstana nel silenzio del bosco dietro il gregge. Dovevo rientrare nel “mio” mondo che fortunatamente anche a distanza mi rapiva e mi distoglieva da quella desolazione. […]

(Gavino Ledda, Padre padrone. L'educazione del pastore, Mondadori, Milano, 2024)

Rifletti

Il rapporto tra l’italiano e i dialetti è una questione complessa che ha segnato profondamente la storia culturale e sociale dell’Italia. Per decenni, l’italiano è stato percepito come la lingua della formalità, dell’istruzione e dell’autorità, mentre i dialetti erano associati alla vita quotidiana e a un contesto più intimo e familiare. Dopo l’unità d’Italia, la progressiva diffusione dell’italiano come lingua nazionale ha creato una sorta di dicotomia: imparare l’italiano significava integrarsi nella vita pubblica e nel mondo del lavoro, parlare il dialetto voleva dire mantenere salde le proprie radici linguistiche e la propria identità. Oggi si assiste a un cambiamento: da un lato alcuni dialetti rischiano di scomparire con l’avvento delle nuove generazioni, dall’altro c’è una crescente consapevolezza dell’importanza di preservare questa ricchezza linguistica e culturale, promuovendo un bilinguismo che valorizzi tanto l’italiano quanto i dialetti locali. Qual è il tuo pensiero in proposito? Svolgi gli esercizi.

1. Scrivi un testo in cui rifletti sul tuo rapporto con il dialetto. Tu parli il dialetto oppure lo hai sentito parlare in famiglia o nella tua comunità? Che significato ha per te? Hai mai provato imbarazzo nel parlare il dialetto in contesti diversi da quelli familiari? In che modo l’uso del dialetto riflette il tuo legame con il luogo in cui sei cresciuto o cresciuta?

2. Scrivi un breve testo in cui rifletti sulle possibilità di preservare il dialetto tra le nuove generazioni. Pensi che il dialetto della tua regione o comunità abbia un futuro? Quali strategie o attività potrebbero essere messe in atto per garantire la conservazione e la salvaguardia dei dialetti?

Osserva la mappa dell’unità che stai per affrontare.

LE VARIETÀ DELLA LINGUA

La lingua cambia pag. 20

L’italiano nel tempo pag. 25

L’italiano nello spazio pag. 31

L’italiano nella società pag. 36

Le dimensioni fondamentali della lingua pag. 20

I canali linguistici pag. 21

L’evoluzione della lingua italiana pag. 25

L’italiano oggi pag. 26

L’italiano regionale pag. 31

I dialetti pag. 32

I registri linguistici pag. 36

I linguaggi settoriali o specialistici pag. 37

L’italiano dei giovani pag. 38

L’italiano dei nuovi media digitali pag. 39

LA LINGUA CAMBIA 1

cambia in base a LA LINGUA

all’italiano tempo

dal latino

dialetti spazio

italiano regionale

società

linguaggi settoriali

italiano dei giovani

italiano dei nuovi media digitali

registri linguistici

1. Le dimensioni fondamentali della lingua

canali linguistici

lingua scritta

lingua parlata

lingua trasmessa

digitata

orale

La lingua è un codice di segni che apprendiamo sin dall’infanzia e che utilizziamo in diverse modalità per comunicare.

Lo studio della lingua deve tenere conto di tre dimensioni fondamentali in cui essa si manifesta:

• dimensione temporale: la lingua è un “fatto diacronico” in quanto si svolge nel tempo, muta e si trasforma. Studiamo questa dimensione della lingua quando ci occupiamo della sua origine dal latino, della sua evoluzione attraverso le diverse epoche della storia, della distinzione tra italiano standard e neostandard, dei neologismi e dei prestiti linguistici;

• dimensione spaziale: la lingua muta nello spazio, in quanto risente a tutti i livelli (fonetico, lessicale, morfologico e sintattico) delle influenze territoriali e dialettali. Studiamo questa dimensione della lingua soprattutto quando ci occupiamo di italiano regionale e di dialetti.

• dimensione sociale: la lingua è un “fatto sociale”, in quanto si differenzia in rapporto alle situazioni comunicative, alle necessità dei gruppi sociali e degli ambiti settoriali in cui viene utilizzata. Studiamo questa dimensione della lingua quando ci occupiamo di registri linguistici, di linguaggi specialistici o settoriali, della lingua dei giovani e dell’italiano dei nuovi media.

1 COMPRENDERE Leggi i seguenti testi e indica quale dimensione (spaziale, temporale o sociale) influenza il modo in cui la lingua si manifesta.

Currado Gianfigliazzi, sì come ciascuna di voi e udito e veduto puote avere, sempre della nostra città è stato nobile cittadino, liberale e magnifico, e vita cavalleresca tenendo, continuamente in cani e in uccelli s’è dilettato, le sue opere maggiori al presente lasciando stare.

(Giovanni Boccaccio, Decameron, a cura di Cesare Segre, Mursia, Milano, 1966

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Impastæ quattr’etti de fænna gianca con l’ægua e ’n pö de sâ. Travaggiæ a pasta pe dexe menûti e lasciaela pozâ pe mêz’ôa. Dividei a pasta in doî tocchi e asc-ciannæ dôe sfeugge sotî. Unzéi un tiàn co’n pö d’êuio. Mettei a sfeuggia de pasta, mêzo chìllo de strachìn (o crescénsa) ben spantegòu e crovî con l’âtra sféuggia. Sigillæ tutt’ in gîo a-o bordo, unzéi co’n pö d’êuio e mettéi in forno bello câdo, pe chìnze menûti.

(iltigullio.com)

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Un calcolatore quantistico è un computer che utilizza le proprietà quantistiche della materia, come la sovrapposizione degli stati e l’entanglement, al fine di effettuare operazioni su dei dati. A differenza di un calcolatore classico, basato su transistori che operano su dati binari (codificati come bit, 0 o 1), il calcolatore quantistico opera con bit quantistici, o qubit, di cui lo stato quantistico può possedere più valori, o più precisamente un singolo valore quantistico che corrisponde simultaneamente a più valori classici.

(it.wikipedia.org)

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2. I canali linguistici

La lingua cambia anche in base ai mezzi di comunicazione o canali linguistici utilizzati.

Attraverso i classici supporti per la scrittura, come la carta, si realizza la lingua scritta. Grazie ad essa, emittente e destinatario possono comunicare anche se sono lontani nel tempo e nello spazio. L’uso della lingua scritta consente all’emittente un maggiore controllo della correttezza del messaggio, in quanto uno scritto può essere riletto e rielaborato diverse volte.

Il destinatario, da parte sua, può leggere il messaggio in maniera sequenziale o selettiva, ma non ha sempre la possibilità di chiedere spiegazioni all’emittente rispetto a quanto scritto.

La lingua scritta è particolarmente adatta per comunicare contenuti ampi e complessi, attraverso testi caratterizzati da una sintassi ipotattica e un lessico accurato. Ne sono un esempio gli articoli accademici o i documenti ufficiali.

Attraverso la voce si realizza la lingua parlata, che presuppone la compresenza di un emittente e di uno o più destinatari che possono ascoltare, chiedere spiegazioni e replicare.

La lingua parlata è sempre accompagnata da segnali non verbali (gesti, mimica facciale, posizione del corpo nello spazio) e può presentare pause, ripetizioni, correzioni spontanee o inflessioni regionali. In una conversazione spontanea è più frequente ricorrere a frasi brevi e sintatticamente meno articolate, espressioni idiomatiche, intercalari o termini colloquiali, mentre in esposizioni orali più formali il parlato si avvicina alla lingua scritta oppure può riprodurla con la lettura ad alta voce.

Attraverso i media tradizionali e nuovi (radio, televisione, telefono, computer ecc.) si realizza la lingua trasmessa.

Essa presenta dei tratti che la avvicinano allo scritto o al parlato e può prevedere o meno la compresenza di emittente e destinatario, il quale può ricevere e rispondere al messaggio nel momento in cui viene prodotto o in un momento successivo.

La lingua trasmessa può essere digitata (tramite tastiera) oppure orale.

La lingua trasmessa digitata è la lingua utilizzata per scrivere messaggi via sms o chat, ma anche e-mail, presentazioni, testi sul web e nei social | p. 128 |. Essa può essere arricchita da contenuti multimediali (immagini, audio, video).

La lingua trasmessa orale viene utilizzata negli audio e nei video diffusi in diretta o dopo essere stati registrati. Ne sono un esempio trasmissioni televisive, radio o su piattaforme online, webinar, podcast, messaggi vocali, chiamate telefoniche o via internet.

COMPRENDERE

2 Indica se le seguenti affermazioni si riferiscono alla lingua scritta (S) o alla lingua parlata (P).

1. Può essere utilizzata per la composizione di un romanzo. ( )

2. È accompagnata da gesti e altri segnali di comunicazione non verbale. (.......)

3. Il testo può essere letto in modo sequenziale o selettivo. ( )

4. Prevede sempre la presenza del destinatario. ( )

5. L’emittente può chiarire il proprio messaggio in base alle reazioni immediate del destinatario. ( )

6. Offre la possibilità di rielaborare e modificare un messaggio. ( )

7. Emittente e destinatario possono comunicare anche a distanza di tempo. ( )

3 Indica la modalità di uso della lingua più adeguata per comunicare i seguenti messaggi. Scegli tra lingua scritta (S), parlata (P) o trasmessa (T). In alcuni casi possono esserci più risposte.

1. Regolamento del condominio. ( )

2. Richiesta urgente di un’ambulanza. ( )

3. Invito a cena di un'amica. ( )

4. Contratto di affitto. ( )

5. Consiglio a un amico. ( )

6. Comunicazione dell’apertura di una nuova biblioteca. ( )

7. Iscrizione a un corso di teatro. (........................)

8. Comunicazione dell’orario di inizio del film in televisione. ( )

4 COMPRENDERE PRODURRE Scrivi il messaggio adatto ad ogni situazione proposta, facendo attenzione al canale comunicativo.

Situazione 1

Emittente: Noemi

Destinatario: la compagna di banco

Messaggio: proposta di andare sabato in pizzeria con gli amici

Canale: voce

Situazione 2

Emittente: Roberto

Destinatario: il professore di italiano

Messaggio: richiesta di chiarimenti su un compito da consegnare

Canale: e-mail

Situazione 3

Emittente: Giorgia

Destinatario: il gruppo di amici su WhatsApp

Messaggio: organizzazione di una festa a sorpresa per il compleanno di un amico

Canale: chat di gruppo

Situazione 4

Emittente: la dirigente scolastica

Destinatario: spettatori di una TV locale

Messaggio: invito a partecipare a un evento di beneficenza organizzato dalla scuola

Canale: annuncio televisivo su una TV locale

Situazione 5

Emittente: Gianni

Destinatario: il presidente di un’associazione culturale locale

Messaggio: richiesta di informazioni su un corso di teatro

Canale: telefono

5 PRODURRE Di seguito ti vengono forniti due brevi testi: uno è un testo scritto nato come tale, l’altro è la trascrizione di un testo parlato. Trasforma il primo in un dialogo orale informale, immaginando una conversazione tra amici, il secondo in un testo scritto formale.

In questi ultimi anni la tecnologia ha avuto un impatto significativo sulla nostra vita quotidiana. In particolare, l’uso degli smartphone è diventato sempre più diffuso e ha influenzato il modo in cui comunichiamo e gestiamo le nostre attività. Tuttavia, bisogna essere consapevoli dei rischi legati all’utilizzo eccessivo di questi dispositivi, come la dipendenza e la distrazione.

A: «Oh, hai visto quanta plastica c’è in giro? Dobbiamo fare qualcosa!»

B: «Sì, ormai è dappertutto. Anche nelle spiagge. Pensa che ci sono isole di plastica galleggianti.»

A: «Davvero? Non ne avevo idea. Bisogna iniziare a fare attenzione. Forse dovremmo riciclare di più.»

B: «Già, e usare meno plastica usa e getta. Anche piccoli cambiamenti possono fare la differenza.»

Lingua scritta
Lingua parlata

L’ITALIANO NEL TEMPO 2

LA LINGUA ITALIANA

cambia nel tempo cioè

latino volgare

volgari italiani

si è evoluta nel corso dei secoli e continua a trasformarsi

fiorentino come lingua letteraria Dante, Petrarca, Boccaccio

fiorentino delle classi medio colte Manzoni

lingua italiana nazionale

italiano standard lingua letteraria codificata dai grammatici

italiano neostandard

lingua flessibile con aspetti del parlato, arricchita da neologismi e prestiti linguistici

1. L’evoluzione della lingua italiana

La lingua italiana deriva dal latino volgare (vulgus, in latino, significa “popolo”), cioè parlato dalle popolazioni dell’impero romano, con diverse sfumature dovute alla provenienza e alla classe sociale di ciascun parlante. Questa lingua era dunque soggetta a mutazioni nel tempo e nello spazio, di pari passo con lo sviluppo della società.

Dopo la caduta dell’impero romano nel V secolo, il latino volgare si differenziò ulteriormente venendo a contatto con le lingue dei popoli che si insediarono nelle diverse aree della penisola italiana. Si svilupparono così i volgari italiani.

Nel XIII e XIV secolo, tra i volgari, il fiorentino si consolidò come lingua illustre, destinata alla scrittura delle opere letterarie, grazie ad autori come Dante, Petrarca e Boccaccio.

A partire dal Cinquecento, la necessità di affermare una norma linguistica si acuì e cominciarono a essere pubblicate le grammatiche e i vocabolari della lingua volgare italiana.

Nonostante la sua crescente importanza, la varietà di italiano fondata sul fiorentino letterario rimase una lingua destinata alla scrittura, mentre nel parlato si usavano prevalentemente le varietà di italiano locali. Intorno alla metà dell’Ottocento, Alessandro Manzoni tentò di risolvere il divario tra lo scritto e il parlato attraverso la revisione linguistica del suo celebre romanzo I promessi sposi. Giunta alla terza edizione, nel

1840-42, l’opera si presentava scritta nel fiorentino contemporaneo e vivo delle classi medio-colte. La lingua usata da Manzoni, quindi, superava il fiorentino letterario del passato, era una lingua adatta a ogni situazione e utilizzabile da una buona parte della popolazione, tanto che cominciò a essere studiata nelle scuole.

Con l’unità d’Italia (1861), l’esigenza di una lingua nazionale, cioè di un sistema linguistico valido sull’intero territorio del nostro Paese e utilizzabile nell’amministrazione e nell’istruzione, continuò a crescere. Attraverso un processo di unificazione e codificazione normativa, che fu portato a termine nel Novecento, si giunse così a una lingua italiana uguale per tutti, che poteva essere insegnata a scuola. In questo modo si è formato quello che si definisce italiano “standard”.

Con l’espressione italiano standard si intende la varietà di lingua le cui regole sono state codificate a ogni livello (fonetico, morfologico, sintattico, lessicale) e che rappresenta un modello di riferimento per comunicare in modo chiaro, preciso e formalmente corretto.

2. L’italiano oggi

L’italiano neostandard

Negli ultimi decenni accanto alla varietà standard è emerso un altro italiano definito “neostandard”, cioè un nuovo standard linguistico ormai ampiamente riconosciuto e accettato.

Questa lingua si caratterizza per essere utilizzata sia nello scritto sia nel parlato, in ogni contesto e da parlanti di ogni strato sociale e livello di istruzione.

Con l’espressione italiano neostandard si intende una varietà di italiano flessibile e in continua evoluzione che ha fatto propri numerosi aspetti del parlato, alcuni dei quali banditi dalla lingua standard fino a qualche tempo fa.

Ecco alcune delle caratteristiche che differenziano l’italiano neostandard dallo standard.

Aspetti fonetici

Aspetti morfologici

Sonorizzazione della s tra vocali, che si diffonde oltre i confini regionali.

• Uso dei pronomi: – lui, lei, loro come pronomi soggetto al posto di egli, ella, esso, essa, essi, esse; – gli per tutti i generi e numeri.

• Semplificazione dei dimostrativi:

– questo, quello sopravvivono, mentre codesto si perde, rimanendo solo nell’uso toscano e burocratico.

• Semplificazione del sistema verbale: – sostituzione del modo congiuntivo con l’indicativo nelle varie proposizioni subordinate.

• Uso di ci + verbo avere.

Rosa pronunciata con una s sonora anziché sorda.

Lei (Ella) è passata a trovarci.

Lì c’è Anna: gli (le) hai parlato?

Mostrami questo/quel (codesto) vestito! Penso che è (sia) meglio uscire.

Non ci ho voglia. (Non ho voglia.)

Aspetti morfologici

• Forme ridondanti:

– rafforzamento delle congiunzioni avversative come mentre invece; – ne rafforzativo.

• Uso del che polivalente:

– che generico in frase subordinata, con valore causale, consecutivo, finale ecc.;

– che relativo al posto delle forme introdotte da articoli (il quale, il cui) o preposizioni (del quale, di cui).

Mi pareva sincero, mentre invece (invece) è un bugiardo.

Di questo ne abbiamo già parlato. (Di questo abbiamo già parlato)

Mangia che (perché) ti fa bene.

L’anno che (in cui) ci siamo incontrati.

Aspetti sintattici

Aspetti lessicali

• Cambiamento frequente dell’ordine abituale degli elementi della frase (dislocazione): un elemento di rilievo (ad esempio l’oggetto) viene spostato e ripreso mediante un pronome (ad esempio un pronome oggetto lo, li, la, le).

• Prevalenza della paratassi sull’ipotassi.

• Preferenza di troppo al posto di molto.

• Uso intenso di prefissi come super- o iper- con valore superlativo.

• Utilizzo fuori misura di superlativi o diminutivi.

I compiti, bisogna farli. (Bisogna fare i compiti.) Non la voglio, la pizza. (Non voglio la pizza.)

• Espressione dai usata come interiezione di meraviglia e non come incoraggiamento.

• Piuttosto che usato con valore disgiuntivo al posto di o, oppure.

L’evoluzione del lessico: neologismi e prestiti

Troppo brava! (Molto brava)

Superbella, iperattento.

Carinissimo. Un attimino. Un minutino. Una firmetta.

Ma dai, non ci credo!

Per questa ricetta puoi usare gli spaghetti piuttosto che (oppure) le penne.

L’evoluzione dell’italiano ai nostri giorni è particolarmente visibile sotto l’aspetto lessicale. Nel tempo, infatti, il lessico di una lingua si espande per accogliere nuovi termini che servono ad esprimere nuovi concetti o a denominare nuove invenzioni. Per rispondere a questa esigenza, la lingua dispone di due mezzi in particolare: il neologismo e il prestito linguistico.

Le parole nuove che entrano a far parte di una lingua, arricchendone il lessico, sono dette neologismi (dal greco néos “nuovo” e lógos “parola”).

La formazione di un neologismo può avvenire in vari modi, soprattutto:

• per combinazione di elementi lessicali e morfologici già presenti nella lingua: ad esempio, ecoansia, dal prefissoide eco- e ansia, per definire la sensazione di disagio e paura legata alle possibili conseguenze del riscaldamento globale | p. 134 |, oppure armocromia, dalle prime sillabe di armonia e -cromia, per definire l’analisi del colore con lo scopo di valorizzare l’aspetto estetico di una persona, in base alle proprie caratteristiche cromatiche;

• per mutamento semantico, in seguito allo slittamento di significato di una parola già esistente: due esempi sono orchestrare per dire “organizzare” o navigare nel linguaggio informatico.

Particolari neologismi sono quelle parole nuove che entrano nel lessico da una lingua straniera.

Con l’espressione prestiti linguistici si indicano quei vocaboli appartenenti a lingue straniere (detti anche forestierismi) che sono entrati a far parte del lessico italiano.

I prestiti linguistici possono essere:

• non integrati, in quanto assimilati nella loro forma originaria: bar, film, sport, tennis, jazz, premier, western, foulard, hater;

• integrati, cioè modificati in base alle regole fonetiche e morfologiche della nostra lingua: bistecca (dall’inglese beefsteak), gilè (dal francese gilet), blu (dal francese bleu), rosbif (dall’inglese roastbeef).

L’ORIGINE DEI PRESTITI LINGUISTICI

I prestiti linguistici non sono solo un fenomeno attuale, ma hanno caratterizzato da sempre l’evoluzione della nostra lingua in seguito ai rapporti intercorsi con altre civiltà, alcune delle quali dominarono a lungo su estese zone dell’Italia. Vediamo alcuni esempi.

Origine

Germanica

(da popoli germanici come Goti e Longobardi)

Francese (da Franchi e Normanni)

Araba (dai popoli arabi)

Spagnola

(da popoli spagnoli come Aragonesi e Borboni)

Latina (parole ed espressioni recuperate dal latino)

Angloamericana (in particolare dopo la Seconda guerra mondiale, in seguito allo sviluppo tecnologico e industriale)

Esempi

• Nomi e verbi di uso comune come guancia, stinco, balcone, scherzare, spaccare.

• Nomi comuni come giardino, dardo, schiera, cavaliere, barone

• Verbi come guadagnare, guardare, abbandonare.

• Nomi di piante e prodotti come arancia, limone, carciofo

• Vocaboli relativi al commercio come dogana, magazzino, tariffa

• Vocaboli relativi alla navigazione come arsenale, darsena, libeccio

• Vocaboli (e concetti) relativi a varie discipline, come matematica (algebra, zero, algoritmo, cifra) e astronomia (almanacco, zenit).

• Vocaboli come baciamano, creanza, sfarzo, complimento, etichetta

• Termini marinareschi come baia, flotta, cala

• Vocaboli relativi alla guerra come parata, guerriglia

• Appellativi “negativi” come marrano, fanfarone, vigliacco, lazzarone.

• Latinismi come vizio, plebe, circolo, solido, scienza, repubblica, agenda.

• Espressioni in latino come gratis “senza pagare”, mea culpa “per colpa mia”, inter nos “fra noi, in confidenza”, pro capite “a testa”.

Bar, computer, derby, film, gin, hostess, manager, partner, plaid, pullman, relax, reporter, rock, sponsor, sport, stop, suspense, test, thriller, toast, tunnel, week-end, whisky.

Alcune parole sono talmente utilizzate nella nostra lingua che hanno dato origine a derivati, come: bar barista sponsor sponsorizzare manager manageriale

COMPRENDERE

6 Leggi le seguenti frasi e indica se sono riconducibili all’italiano standard (S) o all’italiano neostandard (N). Scrivi quale elemento della frase te lo fa capire.

1. Lui ha detto che verrà alla festa. ( ) ( )

2. Penso che sia meglio studiare di più. ( ) ( )

3. Non c’ho tempo per queste cose. (.......) (............................................................................................................)

4. Spero che arrivi in tempo. ( ) ( )

5. Sono passato a trovarla e gli ho dato il regalo per il suo compleanno. ( ) ( )

6. Di questo ne abbiamo già discusso. ( ) ( )

7. Ella amava leggere e dipingere. ( ) ( )

8. La casa, la acquisteremo appena avremo abbastanza soldi da parte. ( ) ( )

7 Nel seguente elenco distingui i neologismi (N), i prestiti (P) e le parole latine (L) ancora in uso. agrivoltaico ( ) – bar ( ) – gratis ( ) – roulette ( ) – meme ( ) – extra ( ) – armocromia ( ) – film ( ) – super ( ) – sponsor ( ) – star ( ) – iter ( ) – infodemia ( ) –western ( ) – deficit ( ) – pescetariano ( ) – buffet ( ) – curriculum ( ) – ecoansia ( )

8 Sottolinea con un tratto i prestiti integrati e con due tratti i prestiti non integrati. pullman – bistecca – shakerato – yacht – chattare – gilè – slip – sponsorizzare – test – stoccaggio – jazz – manager – dribblare – hater – manageriale – snobismo – foulard

9 Sottolinea le parole e le espressioni latine contenute nelle seguenti frasi.

1. Ho perso l’agenda e adesso non so come fare. 2. La quota di partecipazione alla gita è di settanta euro pro capite. 3. Mia sorella a Natale ha ricevuto molti regali e, dulcis in fundo, anche la felpa che desiderava da tanto. 4. Sono riuscito a risolvere il problema in extremis. 5. Sto cercando lavoro e ho mandato a tante aziende il mio curriculum. 6. Ti è piaciuta la pasta? Vuoi fare il bis? 7. Con l’acquisto di due prodotti, il terzo è gratis. 8. Fabrizio è veramente una persona sui generis. 9. È stato un matrimonio in pompa magna. 10. Le due atlete sono arrivate ex aequo al secondo posto.

COMPRENDERE PRODURRE

10 Le seguenti frasi sono scritte in italiano neostandard. Riscrivile in italiano standard, utilizzando forme grammaticali e sintattiche corrette secondo le norme grammaticali tradizionali.

1. Lui ci ha detto che non c’ha voglia di andare in vacanza quest’anno.

2. Quell’anno che hai preso l’influenza, non sei potuto venire alla festa della scuola.

3. Non c’ho più soldi, bisogna che ci organizziamo meglio.

4. I vestiti, bisogna provarli prima di acquistarli.

5. Penso che è meglio se chiamiamo subito il dottore.

6. Mentre stavi parlando, lui è arrivato all’improvviso.

7. Gli ho detto che la situazione sta peggiorando, ma lei non mi ha ascoltato.

8. Non lo voglio questo libro, l’altro mi piace di più.

11 Sottolinea le parole derivate da prestiti non integrati, indica da quali prestiti derivano e scrivi una frase con ciascuno di essi.

1. Non bluffare, ormai so tutto. ( ) 2. Questa crema è stata clinicamente testata, quindi usala tranquillamente. ( ) 3. Per aprire il file devi cliccare sulla sua icona. (...............................) 4. Sei di uno snobismo incredibile, e ti rendi antipatico a tutti. (...............................)

5. Tuo fratello fa il barista? ( ) 6. Questo link rimanda al filmato. ( )

7. La manifestazione è stata sponsorizzata da un supermercato. ( ) 8. Ultimamente la robotica sta compiendo dei passi avanti. ( ) 9. Devo formattare il computer a causa di un virus. ( ) 10. Vorrei un caffè shakerato. ( )

12 Spiega il significato delle seguenti espressioni latine ancora oggi in uso e formula una frase con ciascuna di esse.

ex aequo: una tantum: tabula rasa: qui pro quo: non plus ultra:

PRODURRE

13 In coppia, scrivete un testo di massimo 10 righe su un argomento a piacere utilizzando l’italiano neostandard, poi riscrivetelo utilizzando l’italiano standard.

14 Scrivi 5 neologismi e con ciascuno di essi formula una frase.

15 Indica un termine o un’espressione che abbia lo stesso significato dei seguenti prestiti non integrati, quindi scrivi un testo in cui ne compaiano almeno tre. defilé: quiz: weekend: camping: souvenir: boss: ferry-boat: layout: check-up: check-in: check-point:

3 L’ITALIANO NELLO SPAZIO

LA LINGUA ITALIANA

assume tratti specifici in ogni area geografica cioè

italiano regionale dialetti

varietà settentrionale

varietà toscana

varietà centrale

varietà meridionale

1. L’italiano regionale

dialetti italiani settentrionali dialetti centro-meridionali

La lingua italiana, oltre a evolvere nel tempo, cambia nello spazio assumendo tratti specifici in ogni area geografica e differenziandosi da una zona all’altra all’interno di una stessa area. Le varietà di italiano che ne derivano, dalle più colte alle più basse in relazione ai parlanti, sono indicate nel loro insieme con l’espressione di italiano regionale, dove per “regione” si intende un’area linguistica, non amministrativa, del nostro territorio.

L’italiano regionale è l’italiano specifico di ogni area linguistica regionale, che si differenzia sia dall’italiano in uso in altre aree sia dalla lingua nazionale.

Più precisamente, può essere descritto come una varietà linguistica intermedia tra l’italiano standard e il dialetto. Storicamente, infatti, l’italiano regionale è l’esito dell’adattamento della lingua nazionale ai diversi dialetti preesistenti.

In Italia si distinguono quattro varietà regionali principali:

1. settentrionale;

2. toscana;

3. centrale;

4. meridionale.

La seguente tabella illustra alcuni tratti fonetici, morfologici e sintattici tipici di queste varietà. Italiano regionale settentrionale

• Differente pronuncia delle vocali e, o aperte o chiuse: perchè, béne (tipico a Milano);

• Pronuncia del gruppo zz come se fosse ss (specialmente in Emilia): ragasso (ragazzo).

• Rafforzamento della negazione con mica: non lo sapevo mica

• Uso dell’articolo davanti ai nomi di persona anche maschile: il Luigi, il Luca.

Italiano regionale toscano

Italiano regionale centrale

Italiano regionale meridionale

• Pronuncia della c gutturale posta a inizio della parola o intervocalica aspirata come se fosse una h: la hasa (la casa).

• Pronuncia sc di c e g davanti alle vocali i ed e: diesci (dieci), vosce (voce).

• Uso del si con il verbo alla terza persona singolare che ha valore di prima persona plurale: noi si va (andiamo), noi si scrive (scriviamo).

• Pronuncia delle consonanti b e g doppie: subbito (subito), cuggino (cugino).

• Pronuncia del suono gl come se fosse ii: fiio (figlio), moie (moglie).

• Pronuncia del gruppo nd come se fosse nn: monno (mondo).

• Pronuncia debole della r doppia: tera (terra), guera (guerra).

• Troncamento dei nomi e dei verbi all’infinito: dotto’ (dottore), Luci’ (Lucia), di’ (dire).

• Pronuncia cc del gruppo tr (tipica in Sicilia): cceno (treno).

• Pronuncia e dela vocale a (tipica in Puglia): mere (mare).

• Uso del tempo passato remoto al posto del passato prossimo: ieri incontrasti Luca?

• Costruzione transitiva di verbi intransitivi: scendi il cane.

Le varietà regionali si differenziano anche a livello lessicale. Tali differenze riguardano soprattutto gli ambiti della cultura materiale e della vita quotidiana, come la famiglia, la salute, il lavoro, l’abbigliamento, il cibo e così via. Un classico esempio in ambito culinario è la compresenza di sinonimi come anguria (nord Italia), cocomero (Toscana e centro Italia) e melone o mellone d’acqua (sud Italia) per indicare lo stesso frutto.

I sinonimi che designano uno stesso referente in diverse zone del territorio italiano sono detti geosinonimi

2. I dialetti

I dialetti italiani sono lingue secondarie, usate in aree geografiche e contesti socio-culturali circoscritti.

I dialetti derivano tutti dal latino volgare, come l’italiano (che in origine era a sua volta un dialetto, il fiorentino); ciascuno di essi ha un proprio lessico e una propria grammatica.

Si dividono in due gruppi principali, separati da un confine ideale chiamato Linea La Spezia-Rimini:

• i dialetti italiani settentrionali, che a loro volta possono essere distinti in:

– dialetti gallo-italici, così chiamati perché propri di quei luoghi anticamente occupati dai Galli e che comprendono il piemontese, il lombardo, il ligure e l’emiliano-romagnolo;

– dialetti veneti, di cui fanno parte il veneziano, il veronese, il padovano-vicentino-polesano, il trevigiano-feltrino-bellunese, il triestino, e il veneto-giuliano;

– dialetti istriani (oggi parlati nella parte meridionale della penisola d’Istria, in Croazia).

• i dialetti italiani centro-meridionali, distinti a loro volta in:

– dialetti toscani, che comprendono il fiorentino, l’aretino, il senese e il pisano;

– dialetti mediani, di cui fanno parte il laziale, l’umbro, il marchigiano centrale e alcune aree dell’aquilano;

– dialetti meridionali intermedi, che includono il laziale e il marchigiano meridionali, l’abruzzese, il molisano, il campano, il pugliese, il lucano e il calabrese settentrionale;

– dialetti meridionali estremi, che comprendono il calabrese meridionale, il salentino e il siciliano.

16 COMPRENDERE I seguenti testi sono la trascrizione di frasi pronunciate in italiano regionale. Indica l’area geografica di ciascuna frase, scegliendo tra varietà settentrionale (S), toscana (T), centrale (C) o meridionale (M). Infine sottolinea l’elemento che ti ha permesso di identificare la varietà.

1. Il direttore non ti ha mica chiamato oggi. (........)

2. Noi si va tutti insieme a fare una passeggiata stasera. ( )

3. Ho incontrato mia cuggina proprio oggi. ( )

4. Scendi la chiave che sta sul tavolo. (........)

5. Ieri andai a vedere quel film al cinema. ( )

6. Luci’ è uscita e non tornerà presto. ( )

7. Fiio mio, se non ti sbrighi perdi il treno. ( )

8. Il Gianni è già andato via. ( )

GRAMMATICA NEI TESTI letteratura

Un tesoro segreto

Cala, che devi vede’ una cosa, vieni dietro alla rimessa, – mi aveva chiamato da sotto la finestra.

Sono scesa un po’ più tardi con Adriana e lui mi ha guardato storto.

L’ha mandata a comprargli le sigarette in piazza, il resto poteva tenerlo. […] – È ancora troppo bambina, non sa tenere il segreto, – ha detto quando lei ha svoltato l’angolo. – Mo aspettami qua.

È tornata presto, con quel suo modo sospettoso di guardarsi le spalle da una parte e dall’altra. Ha estratto da sotto l’ascella un sacchetto di velluto blu e si è inginocchiato a terra per aprirlo e mostrarmi il suo tesoro. Come sul banco di una gioielleria, ha allineato i pezzi sulla striscia di cemento che circondava la palazzina. Dovevano essere usati, la brillantezza appariva un po’ attenuata. Con le dita più delicate che poteva ha sciolto il groviglio tra due collane e le ha deposte una accanto all’altra. Alla fine ha ammirato compiaciuto la sua piccola esposizione di bracciali, anelli e catenine con o senza ciondolo, prima di girarsi verso l’effetto dello spettacolo d’oro su di me. Si è stupito di trovarmi zitta e preoccupata.

– Che ti piglia, non ti piacciono? – ha chiesto, alzandosi deluso.

LA

– Dove li hai presi?

Non li ho presi, mi c’hanno pagato, con questi, – si è giustificato con una smorfia da bambino offeso.

– Quelli valgono un mucchio di soldi. È impossibile guadagnare tanto in due giorni.

– I compagni miei prima che me ne andavo m’hanno voluto ringraziare. Io li avevo aiutati così, però senza niente.

– Adesso che te ne fai di quella roba? – ho insistito.

– Me la rivendo, – ed è tornato in ginocchio per raccogliere i gioielli.

– Sei matto? Se ti beccano con la merce rubata, finisci al riformatorio.

– Ooooh, ma che ne sai tu? Chi te l’ha detto che sono rubati, eh? – e si è voltato a mostrarmi due bracciali che tenevano nella mano tremante. Anche le narici gli fremevano sopra i baffetti nuovi.

– Sì, capisco. E poi mio padre fa il carabiniere, lo racconta sempre degli zingari che rubano nelle case – Mi è sfuggito così, sbagliavo ancora nel nominare i genitori adottivi.

– Scí, beata te, stai a pensa’ al padre carabiniere. Quello, tuo zio, manco si ricorda di te. Non viene manco a vede’ se ti ci trovi bene ecco al paese.

(Donatella Di Pietrantonio, L’Arminuta, Einaudi, Milano, 2017)

1. Sottolinea le parole o espressioni regionali e riscrivile in italiano standard.

2. Per quale motivo il ragazzo fa allontanare Adriana prima di mostrare il suo tesoro?

3. ANALISI DEL TESTO

Considera la frase «Anche le narici gli fremevano sotto i baffetti nuovi» (rr. 27-28). Che cosa ci fa capire questa frase? Che cosa ci dice del personaggio maschile e della ragazza che lo sta osservando?

4. Per quale motivo uno scrittore può scegliere di usare parole o espressioni regionali? Discutine con i compagni e l’insegnante.

PRODURRE

18 Trascrivi in italiano la seguente favola dello scrittore e poeta romano Trilussa (1871-1950).

La vorpe sincera

Dopo d’ave’ magnato una gallina, la Vorpe incontrò un Gallo; ma, invece d’agguantallo, lo salutò con una risatina.

“Co’ te – je disse – nun m’abbasta l’anima.

Ritorna a casa, ché te fo la grazia!”

“Dunque – je chiese er Gallo – sei magnanima?”

“Sì – je rispose lei – quanno so’ sazzia.”

(Trilussa, Cento favole, Mondadori, Milano, 1995)

19 Trascrivi in italiano il seguente brano, tratto da un racconto dello scrittore siciliano Andrea Camilleri (1925-2019).

La matina Cocò si susìva presto che ancora faceva scuro, appena il caffè Castiglione rapriva, entrava ed andava ad assittarsi a un tavolino, aspettando che arrivassero le briosce appena sfornate. Se ne mangiava due, bagnandole in un capace bicchiere di granita di limone, e dopo niscìva nuovamente per andare a seguire il lavoro degli attacchini. Tra bandi comunali e manifesti pubblicitari, non passava giorno che non spuntasse un avviso di morte listato di nero. In certe giornate fortunate gli avvisi erano due o tre e Cocò doveva pigliare nota degli orari e soprattutto delle chiese, che a Vigàta erano tante, dove si sarebbero tenute le funzioni.

(Andrea Camilleri, Un mese con Montalbano, Mondadori, Milano, 1998)

20 Scrivi un breve testo rispondendo a una delle seguenti domande:

– In che modo i dialetti influenzano l’italiano standard?

– Secondo te, i dialetti sono importanti per la conservazione dell’identità culturale di un luogo?

– Quali sono le principali differenze tra l’italiano regionale e l’italiano standard?

L’ITALIANO NELLA SOCIETÀ 4

LA LINGUA ITALIANA

si adatta al tipo di relazione fra parlanti, al contesto e al settore di riferimento cioè

tramite la scelta di dando origine a

registri linguistici

registro formale registro medio o standard registro familiare-colloquiale

1. I registri linguistici

linguaggi settoriali o specialistici

italiano dei giovani

italiano dei nuovi media digitali

La lingua non è solo uno strumento di comunicazione, ma anche un mezzo di connessione sociale. Ogni parola o espressione che scegliamo di usare dipende dal contesto comunicativo in cui ci troviamo, dalle relazioni che intercorrono tra i parlanti, dal settore specialistico a cui ci riferiamo. Le diverse situazioni e interlocutori, infatti, ci portano ad adattare il nostro modo di parlare, passando, per esempio, dai toni più formali a quelli più spontanei e informali.

Vengono chiamati registri linguistici i differenti stili o modi di esprimersi, di adattare cioè il linguaggio verbale alla situazione comunicativa e al rapporto esistente fra l’emittente e il ricevente.

I registri linguistici possono essere distinti in formale, medio o standard e familiare-colloquiale. La scelta del registro linguistico è molto importante ai fini dell’efficacia comunicativa e implica un’attenzione estesa a ogni aspetto della lingua: dalla scelta delle parole alla costruzione sintattica, dall’intonazione alle pause nella lingua orale e alla punteggiatura nella lingua scritta.

Nella seguente tabella vengono descritte le principali caratteristiche di ciascun registro.

Registro formale

• Tono impersonale e distaccato usato in situazioni ufficiali e pubbliche, tra persone che non si conoscono o fra le quali non esiste una particolare confidenza, con i superiori e le autorità.

• Lessico ricercato, colto, con uso di termini specialistici, se necessario.

• Stile elegante.

• Rigoroso rispetto delle regole grammaticali.

• Periodi complessi ed elaborati.

cambia nella società

Registro medio o standard

Registro familiarecolloquiale

• Tono personale ma non colloquiale, usato nella comunicazione quotidiana della vita sociale e lavorativa, tra persone che si conoscono, ma fra le quali non c’è un rapporto di familiarità.

• Lessico comune, facilmente comprensibile.

• Stile mediamente controllato.

• Rispetto delle regole grammaticali.

• Periodi semplici e lineari.

• Tono spontaneo e informale usato in famiglia, nei rapporti amichevoli e confidenziali.

• Lessico colloquiale, popolare e talvolta gergale.

• Stile semplice e colloquiale, con un uso libero del linguaggio.

• Rispetto delle regole grammaticali non sempre osservato.

• Periodi brevi, non lineari, talvolta anche incompleti.

2. I linguaggi settoriali o specialistici

La situazione in cui avviene una comunicazione condiziona anche il tipo di lingua che si usa, e in particolare il lessico: vi sono infatti settori dell’attività umana caratterizzati da linguaggi propri, detti settoriali o specialistici.

Alcuni linguaggi settoriali sono il linguaggio burocratico, il linguaggio della pubblicità, il linguaggio sportivo, i linguaggi tecnico-scientifici.

Il lessico di un linguaggio settoriale, rispetto alla lingua comune, è caratterizzato da vocaboli propri oppure da vocaboli d’uso corrente utilizzati con un significato diverso; ad esempio il termine “candela” nel linguaggio della meccanica indica il dispositivo di accensione dei motori a scoppio a combustione interna. Nei linguaggi settoriali, inoltre, sono presenti parole:

• provenienti dalle lingue straniere (in particolare dall’inglese) e assimilate nella forma originaria o in una forma adattata: ad esempio, vocaboli inglesi come counseling, insight, borderline usati nel settore della psicologia;

• composte con suffissoidi e prefissoidi, come nei termini medici cardiologia e ginecologia in cui si riconoscono il suffissoide greco -logia (“studio”) e i prefissoidi greci cardio- (“cuore”) e gineco- (“donna”).

Ecco tre esempi di testi scritti ricorrendo a linguaggi settoriali.

Linguaggio burocratico

Suffissoidi e prefissoidi Elementi derivati dal greco o dal latino che si comportano come suffissi o prefissi ma, a differenza di questi, hanno un proprio significato autonomo.

Linguaggio sportivo

Articolo 1

Le Indicazioni nazionali, allegate al presente decreto, sostituiscono le Indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati di cui agli allegati A, B, C e D del decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59, e le successive Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione di cui al decreto del Ministro della pubblica istruzione 31 luglio 2007.

(gazzettaufficiale.it)

Un gol nel primo tempo e altri due nella ripresa: Baldanzi si prende la scena come aveva fatto tre giorni fa; Esposito, firma una tripletta e l’Italia Under 21 piega la Norvegia

Quella conquistata in casa della Norvegia è per l’Italia Under 21 una vittoria che vale doppio. La tripletta di Baldanzi – in dubbio fino all’ultimo dopo l’infortunio rimediato contro San Marino – fa esultare il c.t. Carmine Nunziata, ma un altro regalo arriva dalla Lettonia, che ferma l’Irlanda sul 2-2.

(corriere.it, 10 settembre 2024)

Linguaggio medicoscientifico

Lo sviluppo dello scheletro inizia con la differenziazione di alcune cellule mesenchimali in cellule cartilaginee embrionali, da cui origina un modello cartilagineo, che, già a partire dal 3° mese di vita embrionale, viene in gran parte progressivamente sostituito da tessuto osseo, che non si forma direttamente dalle cellule cartilaginee ma si “sostituisce” ad esse, previa distruzione del modello preesistente.

(G. Canepa, G. Stella, Trattato di Ortopedia pediatrica, vol. I, Piccin Nuova Libraria, Padova, 2002)

3. L’italiano dei giovani

Alcune varietà dell’italiano sono legate all’età dei parlanti.

In particolare, si definisce italiano dei giovani la varietà della lingua che i ragazzi e le ragazze usano per comunicare tra loro.

Si tratta di un insieme di codici comunicativi informali e creativi attraverso i quali i giovani affermano la propria identità. Questo fenomeno linguistico è in continua evoluzione e riflette i cambiamenti sociali, culturali e tecnologici in atto.

L’italiano dei giovani si basa principalmente sull’italiano colloquiale informale, da cui derivano alcune espressioni come alla grande!, essere fuori (di testa), di brutto. Include inoltre vocaboli e strutture dialettali e gergali, prestiti non integrati (outfit, hipster, brand, rapper, sound ecc.) e termini appartenenti ai linguaggi settoriali e dei media che hanno assunto nuovi significati, come dribblare (evitare qualcuno), sclerare (perdere il controllo), formattare (ripulire la mente).

Gergo

Linguaggio utilizzato da un gruppo di parlanti per evitare la comprensione da parte di estranei.

Negli ultimi anni i linguaggi giovanili sono sempre più legati al mondo dei social e dei nuovi media digitali

IL GERGO DELLA GENERAZIONE Z

Il web e i social rappresentano per i giovani la più grande fonte di ispirazione per la formazione e la diffusione di neologismi. Di seguito riportiamo la spiegazione di alcune parole che fanno parte dell’attuale linguaggio giovanile e che probabilmente conoscerai.

Blastare

Dall’inglese to blast (distruggere), indica l’annientamento di un nemico in un videogioco. Nelle relazioni in Rete significa zittire, attaccare pubblicamente o nei social qualcuno che si pensa dica una palese sciocchezza.

Boomer

Con questo termine si identifica la generazione dei baby boomer (dall’inglese, “esplosione di nascite”), cioè dei nati negli anni del secondo dopoguerra, durante il periodo di forte incremento demografico, tra il 1946 e 1964. Questo appellativo viene usato spesso per indicare anche quelle persone che mostrano modi di pensare ritenuti superati.

L’espressione Ok, boomer! è nata di conseguenza per dare ragione, in una discussione online, a chi viene considerato, appunto, un boomer e metterlo a tacere.

Cringe

Tutto ciò che è cringe è imbarazzante. Questo termine inglese è molto utilizzato nello slang della Rete per indicare situazioni e atteggiamenti che suscitano disagio e imbarazzo.

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