L'antica Roma - Le più belle leggende

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Nadia Vittori

L' ANTICA

ROMA Le più belle LEGGENDE



Per volare con la fantasia

Collana di narrativa storica per ragazzi


Editor: Paola Valente Coordinamento redazione: Emanuele Ramini Approfondimenti e schede didattiche: Paola Valente Impaginazione: Valentina Mazzarini Progetto grafico copertina: Mauro Aquilanti Illustrazioni: Mauro Marchesi Ufficio stampa: Francesca Vici I Edizione 2018 Ristampa 6 5 4 3 2 1 0

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Nadia Vittori

L' ANTICA

ROMA

Le più belle LEGGENDE




PARTE PRIMA

Le origini di Roma

Le piĂš belle leggende

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UNA NUOVA CITTÀ Le leggende che parlano delle origini di Roma sono numerose, ma la maggior parte di esse risalgono a sette secoli dopo la fondazione della città. Non vanno lette quindi come se fossero racconti storici, ma tenendo ben presente che i Romani, giunti al massimo della loro grandezza, desideravano soprattutto poter vantare un’origine accettabile agli occhi del mondo. I miti che parlano dei primi anni di vita della città cercano soprattutto di dimostrare che la nascita di Roma era voluta dal Fato e che i fondatori della città avevano origini divine.


Questo accade per esempio nella leggenda di Enea, che ci è stata raccontata nell’Eneide dal grande poeta romano Virgilio. Enea riuscì a stento a salvarsi fuggendo da Troia in fiamme e iniziò un lungo viaggio destinato a portarlo verso una ricca e fertile terra indicata dal Fato. Giunse infine nel Lazio dove sposò Lavinia e dove fondò la città di Lavinium. Il figlio Ascanio fu invece il fondatore di Alba Longa e i suoi successori diedero origine alla dinastia da cui, dopo varie generazioni, nasceranno Rea Silvia e i suoi figli Romolo e Remo.


REA SILVIA

Molti anni dopo la fondazione della città, ad Alba

Longa regnava Numitore, un uomo buono e giusto, molto amato dai suoi sudditi. Suo fratello Amulio era invece ambizioso e malvagio ed aspirava al trono di Alba Longa. Per realizzare i suoi piani doveva però eliminare Rea Silvia, figlia di Numitore, molto bella e dolce. Un giorno Amulio pensò di avere finalmente trovato la soluzione ai suoi problemi. Andò alla Reggia, dove abitava suo fratello, e gli propose di far divenire Rea Silvia nuova sacerdotessa del tempio. – Quale maggiore onore per la nostra famiglia? Se nominerai tua figlia, il popolo ti acclamerà! – concluse furbescamente Amulio.

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– Ma è una fanciulla così giovane… non vorrei farle passare la vita chiusa nel Tempio… – rispose Numitore perplesso. Alla fine però si fece convincere e condannò Rea Silvia ad una vita senza matrimonio, né figli. La povera ragazza accettò obbediente il comando del padre e iniziò così la sua vita al Tempio. Un giorno, mentre si recava alla fonte come sua abitudine, venne scorta dal dio Marte che passava per caso di lì e che, vedendo una fanciulla così bella, s’incuriosì. – Qual è il tuo nome? – le disse. – Sono una Vestale, non posso fermarmi a parlare con un uomo… – Ma io non sono un uomo – rispose prontamente il dio. – Sono Marte, e quindi puoi rispondermi senza timore. Alla giovane non parve vero poter parlare con qualcuno e, per un po’ di tempo, s’intrattenne con lui. La stessa cosa avvenne per i giorni successivi, finché un mattino il dio Marte le parlò con aria solenne: – Voglio sposarti, Rea Silvia. Mi accetteresti come marito? La giovane rispose con le lacrime agli occhi:

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– Lo farei volentieri, ma non posso. Il mio sacerdozio mi proibisce il matrimonio. Se non rispettassi la legge, sarei messa a morte in un modo orribile: verrei murata viva, senza più rivedere la luce del sole. – Ma la tua è una legge valida solo per i mortali. Io sono un dio e le vostre leggi non hanno alcun potere su di me! Ogni giorno i due si vedevano in segreto alla fonte. Un brutto giorno però il dio non si presentò al solito appuntamento. La giovane aspettò per alcune ore, ma invano. Tornò il giorno dopo e l’altro ancora: di Marte nessuna traccia. La povera ragazza capì allora che il potente dio si era stancato di lei. Nel frattempo si era accorta di aspettare un figlio e dovette confessarlo alla sua superiora, la Vestale Massima, che andò immediatamente a riferirlo ad Amulio. L’ira del fratello del re fu terribile. – Hai commesso un gravissimo sacrilegio! – le urlò. – Non appena tuo figlio nascerà, sarai condannata ad essere murata viva! A nulla valsero le lacrime della ragazza, a niente servì spiegare del matrimonio avvenuto in segreto con il dio: la condannata non ebbe appello!

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Quando arrivò il momento del parto, nacquero due bellissimi gemelli. L’infelice madre fece appena in tempo a vederli, che subito venne catturata e imprigionata in un sotterraneo, buio e profondo. L’unica porta di accesso venne murata con calce e mattoni: per la povera Rea Silvia non c’era più speranza. Più nessuno poteva vederla, ad eccezione di una Vestale.

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