L'inclusione a scuola - ESTRATTO

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Evelina Chiocca

L’inclusione

a scuola Vademecum sulle didattiche inclusive

∙ Normativa aggiornata al

Decreto Legislativo 96/2019 ∙ E sempi di attività didattiche per alunni con differenti gradi di difficoltà odelli di PDF, PEI e PDP ∙M



Evelina Chiocca

L’inclusione

a scuola Vademecum sulle didattiche inclusive


Redazione: Emanuele Palazzi, Raffaella Santoni Rilettura testi: Luca Brecciaroli, Silvia Civerchia Progetto grafico e impaginazione: Daniele Montalbini, Alessandra Coppola Copertina: Simona Albonetti Stampa: Gruppo Editoriale Raffaello Il Gruppo Editoriale Raffaello mette a disposizione i propri libri di testo in formato digitale per gli studenti ipovedenti, non vedenti o con disturbi specifici di apprendimento. L’attenzione e la cura necessarie per la realizzazione di un libro spesso non sono sufficienti a evitare completamente la presenza di sviste o di piccole imprecisioni. Invitiamo pertanto il lettore a segnalare le eventuali inesattezze riscontrate. Ci saranno utili per le future ristampe. Tutti i diritti sono riservati. © 2020 Raffaello Libri S.p.A. Via dell’Industria, 21 60037 Monte San Vito (AN) www.grupporaffaello.it info@grupporaffaello.it

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Indice 1. Le novità introdotte dal D.Lgs. 96/2019 Un nuovo approccio verso l’inclusione? La nuova certificazione e la nuova documentazione Il Profilo di Funzionamento • Applicabilità Il Piano Educativo Individualizzato (PEI) • I contenuti del PEI • I tempi per la stesura del PEI • I nuovi contenuti del PEI • Decreto attuativo art. 7 Iter per la richiesta delle ore di sostegno I nuovi gruppi GIT, Gruppo per l’Inclusione Territoriale • Composizione • Compiti Il nuovo GLI, Gruppo di Lavoro per l’Inclusione • Composizione • Compiti Continuità educativo-didattica Istruzione domiciliare • L’attivazione Misure di accompagnamento

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2. I BES: introduzione ed evoluzione della normativa In Europa In Italia • Alunni con disabilità • Alunni con Disturbi evolutivi Specifici di Apprendimento • Alunni con svantaggio socio-economico, linguistico, culturale • Alunni non italofoni

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3. Le diverse normalità Scuola: laboratorio permanente di ricerca educativa e didattica La responsabilità della scuola e la corresponsabilità dei docenti Il Piano per l’Inclusione La corresponsabilità educativo-didattica dei docenti e la programmazione Le strategie didattiche

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4. Gli studenti con disabilità La scuola è aperta a tutti: diritto allo studio  I principi pedagogici  La documentazione per l’integrazione degli alunni con disabilità  La certificazione di disabilità  Il Profilo Dinamico Funzionale  • Sintesi del Profilo Dinamico Funzionale  Il Piano Educativo Individualizzato  • La programmazione  • Le risorse e i gruppi per l’inclusione scolastica degli alunni con disabilità: le novità

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I nuovi gruppi per l’inclusione scolastica

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L’insegnante specializzato incaricato su posto di sostegno  • La cattedra mista  • L’assistente ad personam o assistente educatore o AEC  Valutazione del percorso  • Validità dell’anno scolastico  • Ammissione alla classe successiva  • Valutazione del percorso scolastico  • Ammissione all’esame di Stato  • Partecipazione alle Prove INVALSI  • Somministrazione delle prove standardizzate  • La prova d’inglese  • Ripetizione della prova in caso di assenza  • L’esame di Stato  • La certificazione delle competenze

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5. Gli studenti con DSA La classificazione dei disturbi  I DSA fra caratteristiche, disabilità e disturbo  Differenza fra difficoltà e disturbo  Stili di apprendimento e canali sensoriali  Per lo studio  Incidenza  La diagnosi  Il Piano Didattico Personalizzato  • Strumenti compensativi  • Misure dispensative  In classe c’è un alunno con DSA: ne parliamo?  DSA nella scuola secondaria di primo grado  Dislessia

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Disgrafia e disortografia  Discalculia  Didattica delle lingue straniere • Lingue straniere: la dispensa • Lingue straniere: l’esonero Valutazione del percorso scolastico   • Validità dell’anno scolastico  • Ammissione alla classe successiva  • Ammissione all’esame di Stato  • Partecipazione alle Prove INVALSI  • L’esame di Stato  • La certificazione delle competenze

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6. Gli studenti con svantaggio socio-economico, linguistico, culturale Difficoltà transitoria, grave e disturbo  Che cosa può fare la scuola   La svolta: garantire apprendimenti ed educazione a ogni alunno  Alunni con ADHD  Valutazione del comportamento

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7. Alunni con BES Il termine «BES»: una questione aperta  Il Piano Didattico Personalizzato (PDP) per alunni con BES  Contenuti del PDP  Valutazione del percorso  • Validità dell’anno scolastico  • Ammissione alla classe successiva  • Ammissione all’esame di Stato  • Partecipazione alle Prove INVALSI  • Le ultime indicazioni  • INVALSI, scuola in ospedale o servizio di istruzione domiciliare  • L’esame di Stato  • Le novità  • La certificazione delle competenze

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8. Alunni stranieri o non italofoni Chi sono gli alunni di origine straniera  A scuola  • La documentazione  • Il percorso scolastico

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Il Piano di Studi Personalizzato per gli alunni di origine straniera  Quali contenuti per il Piano di Studio Personalizzato (PSP)  La valutazione  • L’esame di Stato  • La certificazione delle competenze

Esempi di attività didattiche per alunni con differenti gradi di difficoltà

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1. Matematica e tecnologia Attività per studenti per i quali è riconosciuta la temporanea condizione di BES Attività per studenti con diagnosi di DSA Attività per studenti con disabilità 2. Storia e geografia Attività per studenti per i quali è riconosciuta la temporanea condizione di BES Attività per studenti con diagnosi di DSA Attività per studenti con disabilità 3. Italiano Attività per studenti per i quali è riconosciuta la temporanea condizione di BES Attività per studenti con diagnosi di DSA Attività per studenti con disabilità

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Modelli e materiali integrativi

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Riferimenti normativi

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Bibliografia

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Articoli

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Sitografia e articoli online

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• Norme a carattere generale  • Area disabilità  • Area DSA  • Area svantaggio e diverse normalità  • Area stranieri

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Le novità introdotte dal D.Lgs. 96/2019

Un nuovo approccio verso l’inclusione? In materia di inclusione scolastica, il Decreto Legislativo 7 agosto 2019, n. 96, ha apportato significative modifiche al precedente D.Lgs. 66/17, emanato «a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera c), della legge 13 luglio 2015, n. 107» il 13 aprile 2017. Con questo provvedimento vengono riscritti in buona parte aspetti organizzativi e procedurali, come pure riferimenti valoriali, rispettosi dei principi su cui si fonda la Carta costituzionale. Per il MIUR si tratta di un nuovo approccio verso l’inclusione, «un passo avanti decisivo per allineare l’Italia, già all’avanguardia nei servizi per gli studenti con disabilità, alla nuova visione internazionale dell’integrazione»1. Se l’intenzione era quella di allinearsi alla visione internazionale, allora il decreto soddisfa, in parte, tale presupposto; è infatti noto come l’esperienza inclusiva, così come la conosciamo, trovi applicazione soltanto in Italia, mentre negli altri Paesi le «classi comuni» sono riservate agli alunni cosiddetti «normodotati»2. Il D.Lgs. 96/19, però, non offre nuove visioni, dal punto di vista culturale e pedagogico, volte a rilanciare il processo inclusivo, così come in molti speravano. Alcuni passaggi, addirittura, lasciano trapelare una sorta di involuzione rispetto al cammino fino a oggi compiuto. Emblematici sono: • l’art. 7 che, per la prima volta, afferma che il Piano Educativo Individualizzato viene «elaborato e approvato» dal relativo Gruppo di lavoro, rendendo praticamente vana, per quanto concerne il quorum, la partecipazione della famiglia e/o degli specialisti; • l’art. 12, che detta il percorso per la formazione iniziale dei futuri docenti della scuola dell’infanzia e della scuola primaria: il provvedimento ripropone lo schema del «percorso aggiuntivo», mantenendo la maggior parte dei futuri docenti privi delle competenze necessarie per lavorare con tutti gli alunni della classe; • l’art. 14 che, al comma 3, consolida la delega dell’intero progetto inclusivo al solo docente incaricato su posto di sostegno, individuandolo come «unico docente della classe» al quale garantire la continuità, con la conseguente deresponsabilizzazione dei docenti curricolari; • l’art. 16 che, in relazione al servizio di istruzione domiciliare, conferma il docente di sostegno quale «unico insegnante dell’alunno con disabilità»3. Il provvedimento, i cui contenuti in ambito applicativo riguardano esclusivamente gli alunni certificati ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, 1 2

MIUR, «Inclusione, approvato il decreto in via definitiva. Nuove norme a favore degli alunni con disabilità», Comunicato stampa del 31 luglio 2019, in https://www.miur.gov.it/web/guest/-/inclusione-approvato-il-decreto-in-via-definitiva-nuove-norme-a-favore-degli-alunni-con-disabilita Cfr. CIIS (Coordinamento Italiano Insegnanti di Sostegno), (a cura di), Decreto sostegno: news, http:// www.sostegno.org/node/656

3 Per le disposizioni elencate devono ancora essere formulati i relativi decreti attuativi, che il provvedimento fissa in un periodo compreso fra i sessanta e i centottanta giorni dalla data del 12 settembre 2019, giorno dell’entrata in vigore del D.Lgs. 96/2019 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 28 agosto 2019).

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n. 104, al fine di promuovere e garantire il diritto all’educazione, all’istruzione e alla formazione (art. 2), modifica più di una procedura, attiva gruppi di lavoro e ridefinisce quelli introdotti dal D.Lgs. 66/17, cambia la documentazione e, fatta eccezione per i Gruppi di Inclusione Territoriale, per i quali sono stanziati circa 15 milioni annui, stabilisce che ogni proposta non comporti «nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica».

La nuova certificazione e la nuova documentazione La procedura di certificazione e la documentazione scolastica a favore degli alunni con disabilità sono interamente riviste dall’art. 5 del D.Lgs. 96/19, che, di fatto, ribalta il precedente provvedimento, riscrivendo quasi interamente quanto vi era previsto. La domanda di accertamento della «condizione di disabilità» viene presentata dalla famiglia all’INPS, insieme a un certificato «medico-diagnostico-funzionale», precedentemente predisposto dall’ASL, che contiene: • la diagnosi clinica; • gli elementi attinenti alla valutazione del funzionamento. Le commissioni mediche, che si occupano delle persone in età evolutiva, sono composte da un medico legale, che assume le funzioni di presidente, da altri due medici e sono integrate da un assistente specialistico o da un operatore sociale o da uno psicologo in servizio presso strutture pubbliche, individuati dall’Ente locale o dall’INPS; se i genitori lo richiedono, le commissioni mediche procedono all’accertamento della condizione di disabilità ai fini dell’inclusione scolastica, rilasciando la «certificazione di disabilità», ai sensi della legge 104/92. La certificazione viene presentata dalla famiglia all’equipe multidisciplinare dell’ASL, per la predisposizione del Profilo di Funzionamento, in cui sono definite le competenze professionali e la tipologia delle misure di sostegno e delle risorse strutturali utili per l’inclusione scolastica.

Vademecum

Il Profilo di Funzionamento

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Il Profilo di Funzionamento è redatto dall’equipe multidisciplinare dell’ASL, formata da uno specialista in neuropsichiatria infantile o da un medico specialista e da almeno due fra le seguenti figure: • un esercente di professione sanitaria nell’area della riabilitazione; • uno psicologo dell’età evolutiva; • un assistente sociale o un pedagogista o un esperto delegato in rappresentanza dell’Ente locale di competenza. Ai lavori dell’equipe partecipano i genitori dell’alunno, il Dirigente scolastico o un docente specializzato e, in base al principio di autodeterminazione esercitato nella massima misura possibile, anche lo studente con disabilità. Il Profilo di Funzionamento definisce: • le competenze professionali per le misure di sostegno; • la tipologia delle misure di sostegno; • le risorse strutturali utili per l’inclusione scolastica. Il Profilo di Funzionamento viene aggiornato al passaggio di ogni grado di istruzione


ed è propedeutico alla stesura del Piano Educativo Individualizzato e del Progetto individuale (di cui all’art. 14 della legge 328/2000).

Applicabilità Affinché il Profilo di Funzionamento sostituisca la Diagnosi Funzionale e anche il Profilo Dinamico Funzionale tuttora vigenti, ovvero affinché diventi operativo, è necessario attendere il Decreto Interministeriale che il Ministero della salute deve emanare, entro la metà di marzo 2020, di concerto con il MIUR e con i Ministeri del lavoro e delle politiche sociali, dell’economia e delle finanze e degli affari regionali e le autonomie. Questo decreto, che renderà applicativo quanto contemplato nell’art. 5, delineerà le linee guida contenenti i criteri, i contenuti e le modalità di redazione sia della certificazione di disabilità in età evolutiva, sia del Profilo di Funzionamento, tenuto conto della classificazione ICF dell’OMS.

Il Piano Educativo Individualizzato (PEI) Il PEI è «elaborato e approvato» (art. 7, comma 2, lettera a) dal GLO, Gruppo di Lavoro Operativo per l’inclusione scolastica, i cui componenti sono: • tutti i docenti della classe in cui è iscritto lo studente con disabilità; • i genitori dell’alunno con disabilità; • lo studente con disabilità «in età evolutiva», stante il principio di autodeterminazione4; • le figure professionali specifiche, interne ed esterne all’Istituzione scolastica, che interagiscono con la classe e con l’alunno con disabilità; • l’unità di valutazione multidisciplinare, nell’ambito del SSN (Servizio Sanitario Nazionale). Il GLO, fra i compiti che gli sono attribuiti, è chiamato a formulare una proposta di «ore di sostegno» e di ogni «altra misura di sostegno» ritenute essenziali ai fini dell’inclusione, facendo riferimento al Profilo di Funzionamento, con l’intento di verificare il processo inclusivo.

I contenuti del PEI Il PEI viene sì «elaborato» dal GLO, ma dallo stesso gruppo, per la prima volta, viene anche «approvato»; il che lascia intuire che chi partecipa alla sua definizione debba esprimere un parere «favorevole o contrario», riducendo il confronto a una mera opposizione fra favorevoli e contrari. Facile intuire come da questa impostazione sia la famiglia a uscirne sconfitta, rendendo vana quell’alleanza educativa fra le due agenzie formative da anni auspicata. Non sappiamo se il decreto attuativo dell’art. 7, riguardante il PEI, ricondurrà il legislatore a migliore interpretazione, associando ad «approvato» l’espressione «all’unanimità», considerato che nel testo non viene precisato se si tratta di votazione a maggioranza relativa o assoluta o, per l’appunto, se tale modalità sia vincolata al consenso condiviso da parte di tutti. 4 Al provvedimento pare essere sfuggito il fatto che l’età evolutiva inizia fin dalla più tenera età e questo implicherebbe, stante così la norma, che anche gli alunni della scuola dell’infanzia e della scuola primaria, come gli studenti della secondaria di primo grado, hanno diritto di partecipare attivamente ai lavori del GLO.

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I tempi per la stesura del PEI Un altro passaggio di dubbia interpretazione riguarda i tempi di elaborazione. Alla lettera g) del comma 2 dell’art. 7 è infatti scritto che il PEI è «redatto in via provvisoria entro il mese di giugno dell’anno scolastico in corso» e che, in seguito, tale documento dovrà essere approvato entro la fine del mese di ottobre; lo stesso comma, però, afferma che il PEI è redatto a partire dalla scuola dell’infanzia ed è aggiornato in presenza di nuove e sopravvenute condizioni di funzionamento della persona. È palese che si tratta di modalità fra loro contraddittorie: come predisporre stesure provvisorie a fronte di un documento che deve essere aggiornato? E come aggiornare un documento che viene scritto nuovo ogni anno? Anche su questo punto si dovrà attendere l’indicazione del MIUR, che sarà offerta da un apposito decreto applicativo, successivo all’adozione ufficiale del Profilo di Funzionamento (previo decreto interministeriale).

I nuovi contenuti del PEI Il PEI, coerentemente con quanto disposto dal D.Lgs. 66/17 come modificato dal D.Lgs. 96/19, è redatto in conformità a specifici criteri, di seguito elencati.

Il Piano Educativo Individualizzato Tiene conto

• Della certificazione di disabilità in età evolutiva ai fini

dell’inclusione scolastica;

• del Profilo di Funzionamento, ponendo particolare attenzione ai

facilitatori e alle barriere in esso descritti (comma 2, lettera b).

Individua (anche sulla base degli interventi di corresponsabilità educativa in capo all’intera comunità scolastica)

• Gli obiettivi educativi e didattici; • gli strumenti; • le strategie e modalità per realizzare un ambiente di

Esplicita

• Le modalità di sostegno didattico; • gli interventi di inclusione:

apprendimento nelle dimensioni: –  della relazione; –  della socializzazione; –  della comunicazione; – dell’interazione; – dell’orientamento; –  delle autonomie.

Vademecum

–  svolti dal personale docente nell’ambito della classe; –  svolti dal personale docente in progetti specifici; • gli (eventuali) interventi di assistenza igienica e di base, svolti dal personale ausiliario nell’ambito del plesso scolastico.

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Indica

• Le modalità di verifica; • i criteri di valutazione; • la valutazione in relazione alla programmazione individualizzata.

Formula

• La proposta del numero di ore di sostegno alla classe; • la proposta delle risorse professionali da destinare all’assistenza,

all’autonomia e alla comunicazione, secondo le modalità attuative e gli standard qualitativi previsti dall’accordo di cui al comma 5-bis dell’articolo 3.


Definisce

Gli strumenti per l’effettivo svolgimento dei percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento (alternanza scuolalavoro).

Assicura

• L’interlocuzione, nel passaggio tra i gradi di istruzione, tra i

È soggetto

A verifiche periodiche nel corso dell’anno: –  per accertare il raggiungimento degli obiettivi; –  per apportare eventuali modifiche e integrazioni.

docenti della scuola di provenienza e quelli della scuola di destinazione5; • (in caso di trasferimento): –  l’interlocuzione tra le istituzioni scolastiche interessate; –  la ridefinizione dello stesso sulla base delle eventuali diverse condizioni contestuali della scuola di destinazione.

Decreto attuativo art. 7 Nel decreto attuativo dell’articolo 7 riguardante il PEI, che avrebbe dovuto essere emanato entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del D.Lgs. 96/19, ma che necessita che vengano prima adottati la nuova certificazione e il Profilo di Funzionamento, il MIUR e il Ministero dell’economia e delle finanze forniranno puntuali indicazioni sulle modalità «per l’assegnazione delle misure di sostegno». Nello stesso provvedimento sarà fornito un «modello di PEI», elaborato dal MIUR, da utilizzare in tutte le scuole del territorio nazionale.

Iter per la richiesta delle ore di sostegno Il D.Lgs. 96/19, all’articolo 10, modifica anche l’iter per l’individuazione e l’assegnazione delle misure di sostegno. Esso stabilisce che il Dirigente scolastico, dopo aver preso visione di ciascun Piano Educativo Individualizzato e dopo aver raccolto le osservazioni e i pareri del Gruppo di Lavoro per l’Inclusione (nuovo GLI), si consulta con il Gruppo per l’Inclusione Territoriale (GIT) e, analizzate le risorse didattiche e strumentali e ogni altra forma di sostegno a disposizione della scuola, invia all’Ufficio Scolastico Regionale la richiesta complessiva dei posti di sostegno. Il numero di ore di sostegno richieste è finalizzato a «realizzare un ambiente di apprendimento favorevole allo sviluppo dell’autonomia» degli alunni con disabilità. Anche il GIT si esprime in merito, formulando un parere favorevole o difforme rispetto ai posti di sostegno indicati dal Dirigente scolastico. Non è ben chiaro, nella norma, se tale parere sarà comunicato direttamente al Dirigente scolastico o se, invece, sarà inoltrato unicamente al competente ufficio dell’USR di riferimento; probabilmente questo passaggio sarà chiarito dal decreto attuativo istitutivo dei Gruppi per l’Inclusione Territoriale. L’iter si conclude con l’assegnazione delle risorse alle singole scuole, da parte dell’USR, nell’ambito dell’organico dell’autonomia per i posti di sostegno. 5 Le «Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità», emanate dal MIUR il 4 agosto 2009 con Nota Prot. n. 4274, prevedono già forme di consultazione obbligatoria fra le scuole di ogni ordine e grado: «Relativamente al passaggio dal primo al secondo ciclo di istruzione o nei passaggi intermedi, è opportuno che i Dirigenti Scolastici coinvolti prevedano forme di consultazione obbligatorie fra gli insegnanti della classe frequentata dall’alunno con disabilità e le figure di riferimento per l’integrazione delle scuole coinvolte, al fine di consentire continuità operativa e la migliore applicazione delle esperienze già maturate nella relazione educativo-didattica e nelle prassi di integrazione con l’alunno con disabilità».

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Contestualmente il Dirigente scolastico, avendo sempre i singoli PEI come riferimento, inoltra agli Enti preposti la richiesta «complessiva», e non individuale, delle misure di sostegno ulteriori rispetto a quelle per la didattica; gli Enti interessati provvederanno all’erogazione delle risorse richieste, secondo modalità attuative e nel rispetto degli standard qualitativi, che dovranno essere definiti con specifico accordo in sede di Conferenza Unificata (cfr. art. 3, comma 5-bis, D.Lgs. 96/19).

I nuovi gruppi Il nuovo provvedimento riscrive buona parte dell’art. 9 del D.Lgs. 66/17, ridefinendo il GIT, Gruppo per l’Inclusione Territoriale, il GLI, Gruppo di Lavoro per l’Inclusione, e formalizzando il GLO, Gruppo di Lavoro Operativo, già descritto nel paragrafo del Piano Educativo Individualizzato.

GIT, Gruppo per l’Inclusione Territoriale In ciascun ambito territoriale, a livello di provincia o di città metropolitana, viene istituito un nuovo gruppo, il GIT che, di fatto, sostituisce l’attuale GLIP (Gruppo di Lavoro Interistituzionale Provinciale), già previsto dall’art. 15 della legge 104/92, a oggi funzionante, finché non sarà emanato il provvedimento che rende operativo il nuovo gruppo territoriale.

Composizione Il GIT, nominato tramite apposito decreto del direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale, è composto: • da un Dirigente tecnico o da un Dirigente scolastico (che coordina e presiede il Gruppo); • da un numero non definito di insegnanti, con riconosciute competenze in ambito di inclusione e nelle metodologie didattiche inclusive e innovative ed esperti in tema di Classificatori Internazionali dell’OMS, nello specifico ICF.

Vademecum

Per lo svolgimento di ulteriori compiti di consultazione e di programmazione delle attività, il GIT è integrato: • dai rappresentanti delle associazioni maggiormente rappresentative delle persone con disabilità nell’inclusione scolastica; • dai rappresentanti degli Enti locali e delle Aziende Sanitarie Locali.

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Compiti Il GIT (Gruppo per l’Inclusione Territoriale) Conferma o esprime un parere difforme Supporta le singole Istituzioni scolastiche

Agisce in coordinamento e collabora

In merito alla richiesta delle ore di sostegno inoltrata all’USR da parte di ciascun Dirigente scolastico del territorio. • nella definizione dei PEI secondo la prospettiva bio-psico-sociale; • nell’uso ottimale dei molteplici sostegni disponibili, previsti nel

Piano per l’Inclusione della singola Istituzione scolastica; • nel potenziamento della corresponsabilità educativa; • nel potenziamento delle attività di didattica inclusiva.

• con l’Ufficio Scolastico Regionale di riferimento; • con il GLIR, Gruppo di Lavoro Interistituzionale Regionale; • con il «nuovo GLI», Gruppo di Lavoro per l’Inclusione presente

in ciascuna Istituzione scolastica del territorio.

Il GIT diverrà operativo dopo la pubblicazione del decreto interministeriale, che sarà emanato di concerto dal MIUR e dal Ministero dell’economia e delle finanze, in cui saranno descritti, nel dettaglio: le modalità di funzionamento, la composizione, le modalità per la selezione nazionale dei componenti, eventuali ulteriori compiti che gli saranno attribuiti, nonché le forme di monitoraggio del suo funzionamento, la sede, la durata e la definizione di ulteriori funzioni per il supporto all’inclusione scolastica che potranno essergli assegnate.

Il nuovo GLI, Gruppo di Lavoro per l’Inclusione Il nuovo GLI, già operativo dal 1° settembre 2017 in sostituzione del GLHI (Gruppo di Lavoro sull'Handicap di Istituto), già presente nell’art. 15 della legge 104/92 e ora soppresso, viene integrato nei compiti e nella composizione dal nuovo provvedimento.

Composizione Il GLI è nominato e presieduto dal Dirigente scolastico ed è composto: • da docenti incaricati su posto curricolare; • da docenti incaricati su posto di sostegno; • da personale ATA (eventuale); • da specialisti dell’ASL territoriale; • da un rappresentante dell’Ente territoriale competente (che parteciperà alle riunioni del GLI nel momento in cui saranno da definirsi l’utilizzazione delle risorse destinate all’assistente, risorse di cui è competente l’Ente locale). La partecipazione del rappresentante dell’Ente territoriale competente sarà stabilita dagli accordi che l’articolo 3 del D.Lgs. 96/19 prevede al comma 5-bis; accordi che, al momento, non sono ancora stati definiti. In sede di redazione e di attuazione del Piano per l’Inclusione, il GLI si avvale della consulenza e del supporto degli studenti, dei genitori e può avvalersi anche del contributo dei rappresentanti delle associazioni delle persone con disabilità maggiormente rappresentative nell’inclusione scolastica a livello territoriale.

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Compiti Il GLI ha il compito di: • supportare il Collegio dei docenti nella definizione e nella realizzazione del Piano per l’Inclusione; • supportare i docenti dei Consigli di classe nell’attuazione dei PEI; • collaborare con il GIT per la realizzazione del Piano per l’Inclusione e del PEI (art. 9 comma 9, come modificato dal D.Lgs. 96/2019).

Continuità educativo-didattica Il tema della continuità educativo-didattica, a garanzia della qualità del sistema di formazione, si ripropone costantemente, trovando nella prassi difficile applicazione. La competenza dell’assicurazione della continuità educativo-didattica è demandata al Dirigente scolastico, il quale può avviare iniziative che prevedano programmi di miglioramento del servizio scolastico a favore degli alunni con disabilità (Linee guida del 2009). Il D.Lgs. 96/19 riprende il principio iscritto al comma 3 dell’art. 14 del D.Lgs. 66/17 e lo modifica rispetto ai destinatari: il destinatario di ulteriori contratti a tempo determinato per il successivo anno scolastico è un docente «specializzato», incaricato su posto di sostegno con contratto a termine. Per rinnovare la conferma, il Dirigente scolastico valuta l’interesse dell’alunno con disabilità e l’eventuale richiesta da parte della famiglia. La norma non è immediatamente applicabile, in quanto: • deve essere emanato il relativo decreto attuativo; • il titolo di specializzazione in possesso dei docenti, destinatari dei benefici indicati al comma 2, corrisponde al diploma che sarà conseguito con l’attivazione dei corsi di specializzazione per i docenti della scuola dell’infanzia e della scuola primaria, ancora da pianificare, previsti dall’art. 12 (Corso di specializzazione per le attività di sostegno didattico nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria); sono pertanto esclusi dagli effetti di questo comma i docenti della scuola secondaria di primo e di secondo grado.

Vademecum

Istruzione domiciliare

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Oltre alla scuola in ospedale, il MIUR individua anche forme di «proseguimento» del servizio scolastico presso il domicilio, in particolari situazioni; il servizio di istruzione domiciliare, finalizzato a garantire il diritto allo studio e, contestualmente, la tutela della salute, è attivato previa richiesta della famiglia. Il servizio è previsto per gli alunni impossibilitati alla frequenza per gravi motivi di salute, per un periodo, anche non continuativo, che non deve essere inferiore ai trenta giorni di lezione.


L’attivazione Dopo che la famiglia ha inoltrato richiesta del servizio di istruzione domiciliare, corredando la domanda con la documentazione sanitaria, le Istituzioni scolastiche, in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale, gli Enti locali e le Aziende sanitarie locali individuano azioni coerenti per garantire il diritto all’istruzione, avvalendosi anche di progetti attuabili attraverso l’uso delle nuove tecnologie. Il D.Lgs. 96/19 aggiunge due importanti modifiche, per la cui attuazione sarà emanato apposito decreto da parte del MIUR: la prima riguarda le modalità di svolgimento del servizio da parte dei docenti di sostegno impegnati nel servizio di istruzione domiciliare; la seconda, invece, ribadisce che da questo incarico «non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica»; le attività svolte in istruzione domiciliare, da quanto riportato nel provvedimento, non danno diritto a compensi aggiuntivi o ad altro tipo di riconoscimento (come, per esempio, lo spostamento scuola-domicilio e viceversa) per i docenti coinvolti.

Misure di accompagnamento Il Decreto introduce specifiche forme di accompagnamento rispetto alle nuove modalità di inclusione che lo stesso prevede, in modo da aiutare le scuole nella conoscenza e nell’applicazione delle nuove disposizioni. Le misure di accompagnamento si sostanziano in iniziative formative rivolte al personale scolastico, in attivazione di progetti a sostegno delle singole scuole. Quanto indicato in questo articolo, il n. 15-bis del D.Lgs. 96/19, sarà operativo previa emanazione di apposito decreto, in cui il Ministero espliciterà la composizione di un comitato, che avrà sede presso il MIUR, con il compito di dirigere e coordinare «le misure di accompagnamento» previste.

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I BES: introduzione ed evoluzione della normativa

In Europa In Europa la definizione di Special Educational Needs ha tratti distinti fra i Paesi membri, in quanto questi non hanno maturato una concezione condivisa al riguardo. Le stesse diverse condizioni di «bisogno» sono classificate in modo differente, per cui l’organizzazione scolastica e gli interventi differiscono al punto che in più Stati sono tuttora presenti scuole o classi speciali. Occorre tuttavia sottolineare che la distinzione sempre più specifica dei bisogni ingenera una differenziazione di azioni, orientate essenzialmente a «quel bisogno», con l’intento di offrire un’altrettanto specifica risposta e assicurare a ciascuno una didattica mirata agli individuali Special Educational Needs; in realtà, quella che «a prima vista può sembrare un’attenzione si rivela poi un mezzo di esclusione dai processi normali di apprendimento»6. Il concetto di Special Educational Needs è stato sviluppato in ambito anglosassone quando, per realizzare una «scuola per tutti», capace di soddisfare le richieste dei bambini con special needs congiuntamente a quelle di coloro che erano considerati nella media o eccellenti7, il governo laburista «dichiarò l’intenzione di porre fine alla selezione e al separatismo nell’educazione secondaria»8 attraverso le comprehensive schools, principio richiamato nel Rapporto elaborato nel 1978 dalla Warnock Committee9 a sostegno della scelta di percorsi educativi inclusivi nelle scuole ordinarie.

In Italia

Vademecum

Nella scuola italiana l’acronimo BES (Bisogni Educativi Speciali) è stato introdotto dalla Direttiva Ministeriale 27 dicembre 2012, «Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica». Richiamando i principi di integrazione scolastica, la Direttiva, nel riconoscere al modello italiano il merito di aver impedito il diffondersi di logiche di esclusione, affermando la «peculiarità inclusiva», e di aver evitato il rischio, derivante dal ricorso alle certificazioni, di rinchiudere in una «cornice ristretta» gli alunni con disabilità, invita ad adottare un approccio educativo coerente con l’apporto, sul piano culturale, del modello antropologico-sociale introdotto

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6 Medeghini R., Dalla qualità dell’integrazione all’inclusione. Analisi degli indicatori di qualità per l’inclusione, Editrice Vannini, Gussago (BS) 2006, p. 42.

7 Modesti M., La pedagogia speciale nel Regno Unito, in Lascioli A., (a cura di), Pedagogia speciale in 8 9

Europa: problematiche e stato della ricerca, Franco Angeli Editore, Milano 2013. Ibidem, Modesti M., p. 211. Modesti M. riferisce che molte delle idee inserite nel Rapporto sono state riprese da un libro del prof. Gulliford R., pubblicato nel 1971, dal titolo Special Educational Needs. L’espressione Special Educational Needs è al stata recepita anche dalla normativa inglese con la Education Act del 1981.


da ICF10. In questa prospettiva la definizione di BES, agganciata a una condizione transitoria, in assenza di certificazione specifica (ovvero prescindendo da preclusive tipizzazioni), si fonda sulla considerazione che un alunno, con continuità o per determinati periodi, può manifestare Bisogni Educativi Speciali, derivanti da differenti fattori, che richiedono alle scuole adeguate e personalizzate risposte. Una tal prospettiva richiama la corresponsabilità di tutti i docenti11, fondamentale per promuovere la cultura dell’inclusione. Nel chiarire la Direttiva Ministeriale 27 dicembre 2012, la circolare 6 marzo 2013, n. 8, esplicita alcune indicazioni operative in relazione agli «Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e all’organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica», ricordando che viene esteso a tutti gli alunni con difficoltà il diritto alla personalizzazione dell’apprendimento, così come sancito dalla Legge 53/2003. Ai Consigli di classe, che devono necessariamente deliberare l’attivazione di un percorso individualizzato e personalizzato della didattica per un alunno con Bisogni Educativi Speciali, è affidato il compito di valutare la congruenza in merito all’utilizzo di strumenti compensativi o il ricorso a misure dispensative, insieme a strumenti programmatici a carattere squisitamente didattico-strumentale. Il riconoscimento dell’alunno in condizione di Bisogno Educativo Speciale comporta la redazione di un Piano Didattico Personalizzato (PDP), al fine di «definire, monitorare e documentare», secondo principi di collegialità, di corresponsabilità e di partecipata cooperazione, le strategie d’intervento più idonee e i criteri di valutazione degli apprendimenti, nonché le progettazioni didattico-educative «calibrate sui livelli minimi attesi per le competenze in uscita, di cui moltissimi alunni con BES, privi di qualsivoglia certificazione diagnostica, abbisognano (C.M. n. 8, 6/3/13)». La presa in carico degli alunni con BES, naturalmente, richiede una solida alleanza e una concordata condivisione fra scuola e famiglia, impegnate su fronti differenti ma con gli stessi obiettivi educativi e formativi. Il PDP12 elaborato deve essere firmato non solo dai docenti della classe, ma anche dagli esercenti la responsabilità genitoriale e dal Dirigente scolastico o da un suo delegato. In assenza di certificazione o di diagnosi, il Consiglio di classe deve motivare opportunamente, verbalizzandole, le sue decisioni, assunte esclusivamente sulla base di considerazioni di carattere pedagogico-didattico. Sull’applicazione della Direttiva Ministeriale BES e, in particolare, sulla questione del riconoscimento della condizione di alunni con Bisogni Educativi Speciali è intervenuta la Nota Ministeriale del 22 novembre 2013, n. 2563. Partendo dalla più ampia accezione che la personalizzazione degli apprendimenti e la valorizzazione delle diversità, nella prospettiva dello sviluppo delle potenzialità di ciascuno, sono principi costituzionali a cui si conforma l’ordinamento scolastico italiano, la Nota richiama l’art. 4 del Regolamento sull’autonomia scolastica (D.P.R. 8/3/1999, n. 275), che prevede espressamente che ciascuna Istituzione scolastica, nell’esercizio della propria autonomia didattica, adotti forme di flessibilità e attivi percorsi didattici individualizzati «nel rispetto del principio generale dell’integrazione degli alunni nella classe e nel gruppo». 10 ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health), in http://www.who.int/classifications/icf/en/. In Italia è operativo il portale: http://www.reteclassificazioni.it/

11 Principio introdotto dalle Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, emanate dal MIUR il 4/8/2009, con Nota Prot. n. 4274.

12 In assenza di certificazione clinica o di diagnosi, il Consiglio di classe, al fine di evitare il rischio di un contenzioso, deve motivare le decisioni assunte sulla base di considerazioni pedagogico-didattiche, trascrivendo tali argomentazioni nel Registro dei Verbali.

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Anche il riconoscimento dello studente come destinatario degli interventi previsti in materia di BES viene rimodulato. Pur sottolineando che non è compito della scuola certificare gli alunni con Bisogni Educativi Speciali, è peculiare facoltà dei Consigli di classe individuare, anche sulla base di eventuali criteri generali stabiliti dal Collegio dei docenti, per quali alunni sia opportuno o necessario adottare particolari strategie didattiche, mediante percorsi di studio individualizzati e personalizzati, formalizzati nella redazione di un Piano Didattico Personalizzato, la cui validità rimane comunque limitata all’anno scolastico di riferimento. Anche in presenza di eventuali richieste presentate dai genitori o dagli esercenti la responsabilità genitoriale, accompagnate da diagnosi o relazioni sanitarie che non danno luogo ai benefici previsti per la certificazione di disabilità o di DSA, il Consiglio di classe mantiene la sua autonomia nel decidere se formulare o meno un Piano Didattico Personalizzato, avendo cura di verbalizzare le motivazioni della decisione assunta. In base alla normativa sin qui richiamata, il concetto di BES comprende: • soggetti con disabilità certificata in conformità alla Legge 104/92; • soggetti con disturbi evolutivi specifici13 inclusi nella Legge 170/2010; • soggetti con svantaggio socio-economico, linguistico, culturale.

Alunni con disabilità La persona con disabilità, come attesta la legge 5 febbraio 1992, n. 104, «presenta minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione» (art. 3, c. 1); nel caso in cui si determini la necessità di «un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità» (art. 3, c. 3). Il riconoscimento di alunni con disabilità è successivo alla valutazione dell’equipe multidisciplinare dell’ASL ed è dovuto sempre solo previa richiesta di valutazione da parte della famiglia (DPCM 185/2006). La formulazione della Diagnosi Funzionale, che il DPCM prevede sia realizzata secondo le classificazioni internazionali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ovvero ICD-10 e ICF, comporta per le Istituzioni scolastiche l’attivazione di specifiche risorse, come l’attribuzione alla classe di un docente specializzato per il sostegno, la fornitura di ausili e l’eventuale assegnazione di assistenti all’autonomia personale o alla comunicazione (art. 13, c. 3, Legge 104/92). Nella Diagnosi Funzionale deve essere indicata l’eventuale particolare condizione di gravità.

Vademecum

Alunni con Disturbi evolutivi Specifici di Apprendimento

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È riconosciuto dalla legge 8 ottobre 2010, n. 170, che i Disturbi evolutivi Specifici di Apprendimento (DSA) si manifestano in presenza di adeguate capacità cognitive e in assenza di patologie neurologiche e di disabilità sensoriali. Le caratteristiche che definiscono i DSA, determinate dalla Consensus Conference, sono la specificità e la discrepanza. 13 Per «disturbi evolutivi specifici», oltre ai Disturbi Specifici dell’Apprendimento, la Direttiva 27/12/12

intende: «i deficit del linguaggio, delle abilità non verbali, della coordinazione motoria, ricomprendendo – per la comune origine nell’età evolutiva – anche quelli dell’attenzione e dell’iperattività, mentre il funzionamento intellettivo limite può essere considerato un caso di confine fra la disabilità e il disturbo specifico».


La specificità riguarda un ben definito «dominio di abilità», che concerne le abilità scolastiche, mentre la discrepanza, criterio fondamentale per stabilire la diagnosi di DSA, è riferita alla differenza che intercorre tra l’abilità nel dominio specifico interessato (lettura, scrittura, calcolo), deficitario rispetto all’età e alla classe frequentata, e le capacità cognitive, che risultano adeguate all’età cronologica. I disturbi che interessano la lettura, la scrittura e il calcolo sono: • Disturbo di lettura (dislessia): si tratta di un disturbo specifico che si evidenzia con una marcata difficoltà nell’imparare a leggere, in particolare nella decodifica e nella decifrazione dei segni linguistici: correttezza e rapidità di lettura sono le evidenze che lo rendono palese; • Disturbi di scrittura (disgrafia e disortografia): si tratta di un disturbo della componente motoria della scrittura nei processi di realizzazione grafica, mentre la disortografia interessa i processi linguistici di transcodifica, condizionando, in tal senso, la scrittura; • Disturbo del calcolo (discalculia): si tratta di un disturbo specifico che si manifesta con una difficoltà negli automatismi del calcolo e nell’elaborazione dei numeri. Dislessia, disgrafia, disortografia, discalculia possono presentarsi separatamente o in comorbilità: il disturbo del calcolo, per esempio, può presentarsi in associazione con altri disturbi specifici (di lettura o di scrittura). La comorbilità può coesistere tra i DSA e altri disturbi dello sviluppo, come il disturbo del linguaggio o della coordinazione motoria o dell’attenzione, e tra i DSA e il disturbo emotivo del comportamento.

Alunni con svantaggio socio-economico, linguistico, culturale Per completezza, di seguito si richiama quanto indicato dalla Direttiva 27/12/2012, provvedimento nel quale sono raggruppati, con la definizione di «sotto-categorie», non solo gli alunni certificati con disabilità ai sensi della legge 104/92 e gli alunni con diagnosi di DSA, in conformità alla legge 170/2010, ma anche gli alunni con svantaggio socio-economico, linguistico, culturale, una terza sotto-categoria, afferente a un’area specifica, in cui confluiscono le maggiori casistiche e problematiche. Quest’area, riconosciuta come appartenente all’ambito dei Bisogni Educativi Speciali, per i quali la scuola pone in essere particolari attenzioni pedagogiche, non è propriamente chiara nella distinzione. Il richiamo ai «disturbi specifici» ricondurrebbe al gruppo degli alunni con diagnosi di DSA parte di coloro che appartengono all’elenco degli svantaggi: alunni con disturbi del linguaggio o della coordinazione motoria (disprassia) o con altre problematiche analoghe e severe, tali da compromettere il percorso scolastico (ad esempio, alunni con disturbo dello spettro autistico lieve, alunni con ADHD, Attention Deficit Hyperactivity Disorder, Disturbo da deficit di Attenzione e Iperattività, spesso in comorbilità con altri disturbi dell’età evolutiva, come il disturbo oppositivo provocatorio, il disturbo della condotta o dell’ansia o dell’umore, cui si aggiungono anche gli alunni «con funzionamento cognitivo limite o borderline»). I provvedimenti successivi alla Direttiva (la C.M. 8/2013 e la Nota Prot. 2563/2013) fissano la distinzione fra alunni «certificati», cioè alunni «con diagnosi», e gli altri alunni, quelli senza certificazione o per i quali sia stata presentata solo una relazione sanitaria o socio-sanitaria.

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Il riconoscimento della condizione di alunno con BES deve fare riferimento a elementi oggettivi, come per esempio una segnalazione dei servizi sociali o ben fondate considerazioni psico-pedagogico-didattiche verbalizzate dal Consiglio di classe. Per questi alunni, di fatto, la C.M. 8/2013 prevede il ricorso a tutte le forme di personalizzazione dell’apprendimento già espressamente enunciate dalla Legge 53/200314 e, secondo l’impostazione dei provvedimenti citati, la predisposizione eventuale di un PDP, la cui durata non può superare l’anno di riferimento.

Alunni non italofoni

Vademecum

Per gli alunni per i quali è riconosciuto uno svantaggio socio-linguistico e culturale, ovvero non italofoni, viene richiamata la necessità di dare risalto a interventi didattici inerenti all’apprendimento della lingua e «solo in via eccezionale» alla formalizzazione di un Piano Didattico Personalizzato, quale passaggio transitorio. Questa indicazione comprende anche gli alunni Neo-Arrivati in Italia (NAI). Per il potenziamento della lingua italiana, l’art. 5 del D.P.R. 89/2009 dispone che, nella scuola secondaria di primo grado, si possono utilizzare le due ore d’insegnamento della seconda lingua comunitaria.

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14 Per gli alunni con «Bisogni Educativi Speciali», invece, la Direttiva del 27/12/2012 stabiliva un

percorso individualizzato e personalizzato attraverso la redazione di un «Piano Didattico Personalizzato» (individuale o rivolto a tutti gli alunni con BES della classe), estendendo in tal modo i benefici, che la legge 170/2010 prescrive unicamente per gli alunni con diagnosi di DSA, a tutti gli alunni rientranti nella «categoria BES». Su questo punto ha fatto chiarezza la Circolare Ministeriale 6 marzo 2013, n. 8, apportando i dovuti correttivi; la Circolare richiama alla «personalizzazione dell’apprendimento», come fissato già dalla Legge 53 del 2003.


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Le diverse normalità

Scuola: laboratorio permanente di ricerca educativa e didattica La categorizzazione degli alunni, sintetizzata nell’acronimo BES, si è ampiamente diffusa in tutte le scuole italiane, raggiungendo un ampio consenso nella definizione e nelle pratiche, con un leggero spostamento rispetto al baricentro inclusivo. Le etichette, infatti, hanno indotto a creare spazi in cui raccogliere i «fra loro simili» piuttosto che a stimolare nuove e differenti modalità di interazione. Deviazione che non è sfuggita al MIUR che, nel maggio del 201815, ha richiamato la scuola al suo compito primario, sollecitando un confronto professionale capace di superare la tendenza a distinguere in categorie le specificità di ognuno, con il rischio di ridurre a meri adempimenti burocratici ciò che, invece, tiene conto della complessità, della eterogeneità e delle opportunità formative delle classi, in cui non bisogna separare «i capaci da quelli ritenuti scolasticamente meno capaci», bensì creare sintesi tali da riflettere la dinamicità e la vivacità di una società capace di scoprire nell’altro al tempo stesso «differenze e similitudini». E per rilanciare una didattica di qualità, cioè «fare scuola di qualità per tutti», il provvedimento ribadisce il ruolo primario dell’autonomia scolastica. La personalizzazione dei percorsi di insegnamento-apprendimento non significa dover parcellizzare gli interventi e, ancor meno, progettare percorsi differenti per ogni alunno della classe; la personalizzazione dei percorsi si traduce nel guardare alla classe come «realtà composita», in cui «mettere in atto molteplici modalità metodologiche di insegnamento-apprendimento, funzionali al successo formativo di tutti e di ciascuno». La scuola di qualità si realizza quale laboratorio permanente di ricerca educativa e didattica, in un processo continuo di miglioramento, in grado di rispondere, con professionalità competenti, alle sfide sempre più complesse che si presentano.

La responsabilità della scuola e la corresponsabilità dei docenti L’approccio alla conoscenza degli alunni da parte dei docenti supera l’idea dello stigma o dell’emarginazione, adottando una prospettiva antropologica bio-psico-sociale che descrive la persona com’è, ovvero evidenziandone le funzionalità e le capacità in rapporto al contesto di appartenenza e al livello di partecipazione alla vita sociale. Lo strumento di cui ci si avvale per questa descrizione del funzionamento è il Classificatore ICF16, che l’OMS raccomanda di utilizzare

15 Nota MIUR 17 maggio 2018, Prot. n. 1143, L’autonomia scolastica quale fondamento per il successo formativo di ognuno. 16 Il testo di ICF è stato approvato il 22 maggio 2001 dalla 54a Assemblea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, cfr. https://www.who.int/classifications/icf/en/

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congiuntamente all’ICD-11, in cui sono codificate le condizioni di salute17. Il Profilo di Funzionamento realizzato con il supporto del classificatore ICF consente di mettere a fuoco la condizione di BES, prescindendo da preclusive tipizzazioni. Potremmo focalizzare in questi criteri di classificazione i presupposti per un passaggio dal concetto di integrazione a quello più ampio di inclusione che, secondo Mac Ruairc, dovrebbe superare la logica del deficit, che rimanda ai Bisogni Educativi Speciali, arrivando a un approccio che si caratterizza per una prospettiva «della differenza», andando oltre anche alle pratiche strumentaliste (performance)18. In questa direzione si attua la strategia inclusiva della scuola italiana, nel porre cioè l’attenzione a ciascuno dei suoi alunni, considerato nella sua globalità e in relazione alle influenze dei fattori contestuali. E così nella scuola comune, la scuola di tutti, trovano ospitalità le molteplici diversità che rispecchiano l’eterogeneità della società stessa. È nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa (Legge 107/2015) che ciascuna Istituzione scolastica declina e attualizza, contestualizzandoli, i principi di inclusione. Nel PTOF sono descritti due piani, fra loro complementari: in una dimensione temporale storicamente attuale viene esplicitata l’offerta formativa della scuola, mentre una lettura in prospettiva delinea l’identità dell’Istituzione scolastica a conclusione del triennio di riferimento, possibile grazie ai processi di miglioramento che la singola scuola saprà darsi. Coerentemente con le Indicazioni Nazionali19, la scuola pone fra le sue azioni tanto l’inclusione degli alunni, con particolare attenzione a quelli che presentano Bisogni Educativi Speciali, quanto la differenziazione dei percorsi, attraverso interventi d’individualizzazione e di personalizzazione, sostenuti da proposte didattiche finalizzate a potenziare i processi inclusivi a favore di tutti gli alunni e a promuovere forme di accoglienza e di approfondimento su temi interculturali e sulla valorizzazione delle diversità. Fanno da sfondo le otto competenze chiave per l’apprendimento permanente20.

Vademecum

17 Classificazione statistica internazionale delle malattie e dei problemi di salute correlati, 11a Revi-

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sione (International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems, 11th Revision), in https://icd.who.int/en 18 Mac Ruairc G., La leadership educativa e il concetto di «Inclusione», School of Education, University College Dublin, 2013, in https://retedialogues.it/ 19 Decreto Ministeriale 16 novembre 2012, n. 254, Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione. 20 Acquisito che la conoscenza fa riferimento a uno o più contenuti disciplinari o derivanti dall’esperienza e che l’abilità corrisponde alle capacità possedute dal singolo nell’affrontare le situazioni o nel risolvere i problemi, la competenza è la sintesi di conoscenza e di abilità, a cui vanno aggiunte anche le attitudini. La competenza corrisponde, in sintesi, alla capacità di utilizzare in modo efficace le conoscenze e le abilità possedute da una persona, sostenuta dalle attitudini o propensioni personali che la caratterizzano, in situazioni concrete di vita.


Il Piano per l’Inclusione Con l’istituzione del Gruppo per l’Inclusione, il «Nuovo GLI» 21, è stato introdotto un nuovo documento da inserirsi nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa: il «Piano per l’Inclusione». Tanto il nuovo gruppo quanto il piano riguardano esclusivamente gli alunni con disabilità certificata ai sensi della legge 104/92, come recita il Decreto Legislativo 8 agosto 2019, n. 9622. Attuato nei limiti delle risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili (art. 8 del D.Lgs. 96/19), il Piano per l’Inclusione, che viene redatto da ogni Istituzione scolastica, puntualizza: • le modalità per l’utilizzo coordinato delle risorse a disposizione della scuola; • le modalità riguardanti l’uso delle misure di sostegno, determinate sulla base dei singoli PEI. Nel rispetto del principio di accomodamento ragionevole23, nel Piano per l’Inclusione sono declinate: • le modalità per il superamento delle barriere e per l’individuazione dei facilitatori presenti nel contesto; • le modalità per progettare e per programmare interventi di miglioramento della qualità dell’inclusione scolastica. Ai fini dell’inclusione scolastica, il Piano per l’Inclusione, insieme al PEI e al personale della scuola, è indicato come «strumento di garanzia» per la «continuità del progetto educativo didattico» (art. 14, c. 1). Il compito della redazione e dell’attuazione di questo Piano è affidato al Collegio dei docenti supportato dal «Nuovo GLI», il quale può avvalersi della consulenza dei genitori, degli studenti e dei rappresentanti delle Associazioni delle persone con disabilità maggiormente rappresentative nell’ambito territoriale in tema di inclusione scolastica. La definizione del Piano per l’Inclusione scolastica e il livello di coinvolgimento dei diversi soggetti nella sua predisposizione, così come nell’attuazione dei processi inclusivi, costituiscono due dei criteri sulla base dei quali l’INVALSI (Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione), che il decreto inclusione individua come l’Ente al quale affidare la predisposizione di protocolli per la valutazione dell’inclusione scolastica, definirà gli indicatori per la valutazione della qualità dell’inclusione scolastica (art. 4). 21 Il GLI (Gruppo per l’Inclusione) è stato istituito dal Decreto Legislativo 13 aprile 2017, n. 66, Norme

per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera c), della legge 13 luglio 2015, n. 107, successivamente confermato e riformato dal Decreto Legislativo 7 agosto 2019, n. 96, Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66, recante: «Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera c), della legge 13 luglio 2015, n. 107». 22 L’ambito di applicazione dei provvedimenti introdotti dal D.Lgs. 96/19 sono indicati al primo comma dell’art. 2: «Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano esclusivamente alle bambine e ai bambini della scuola dell’infanzia, alle alunne e agli alunni della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado, alle studentesse e agli studenti della scuola secondaria di secondo grado certificati ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, al fine di promuovere e garantire il diritto all’educazione, all’istruzione e alla formazione». 23 Per accomodamento ragionevole si intendono «le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo adottati, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali» (art. 2 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata il 13 dicembre 2006. La Convenzione è stata ratificata dall’Italia con la legge 3 marzo 2009, n. 18).

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La corresponsabilità educativo-didattica dei docenti e la programmazione

Vademecum

La dimensione inclusiva della scuola trova attuazione nella progettazione educativo-didattica e nella capacità dei docenti di assicurare «un insegnamento di qualità» a tutti gli alunni, tale da garantire, per ciascuno, il successo formativo (D.P.R. 275/99). Il ruolo formativo della scuola trova compimento nella formazione globale dell’alunno, promuovendo apprendimenti significativi, favorendo la socializzazione, la comunicazione e l’interazione fra i pari, potenziando la capacità di «imparare a imparare insieme». A tal fine risulta strategica la progettazione predisposta dal Consiglio di classe che tende a considerare l’alunno, indipendentemente dalle sue capacità, quale protagonista attivo del suo percorso. È compito di ciascun docente del Consiglio di classe partecipare alla programmazione delle attività didattiche rivolte agli alunni, definendo i singoli Piani Educativi Individualizzati (PEI) per gli alunni con disabilità, gli elementi costitutivi dei Piani Didattici Personalizzati (PDP) per gli alunni con diagnosi di Disturbo Specifico di Apprendimento, e le indicazioni operative per gli alunni identificati nell’area dello svantaggio; progettazioni e programmazioni che devono essere correlate alla programmazione della classe e che richiamano quell’unitarietà d’intenti che l’agire comune e condiviso richiede24. La cooperazione e la corresponsabilità del Consiglio di classe sono essenziali per la realizzazione di una scuola inclusiva, per la quale è ormai consolidato: «che non si dà vita a una scuola inclusiva se al suo interno non si avvera una corresponsabilità educativa diffusa e non si possiede una competenza didattica adeguata ad impostare una fruttuosa relazione educativa anche con alunni con disabilità»25. Agire secondo questi principi, significa promuovere azioni coerenti per attivare personali strategie, nel rispetto dei ritmi di ciascuno e sviluppando meccanismi di autoregolazione e di metacognizione, privilegiando l’attivazione di gruppi di apprendimento cooperativo. Secondo il principio di corresponsabilità, la progettazione didattica e l’organizzazione dei curricoli, strutturati in funzione dei differenti stili di apprendimento o del diverso profilo afferente sia alle capacità e alle potenzialità che alle attitudini cognitive, sono di competenza di ciascun docente, che opera in sinergia con i componenti del proprio Consiglio di classe, così come lo sono l’adattamento dei materiali e la scelta di efficaci strategie e di gestione delle attività d’aula, volte a favorire e potenziare gli apprendimenti. Operativamente la corresponsabilità implica anche il favorire un clima di classe positivo e l’individuare efficaci strategie didattiche.

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24 D’Alonzo L., Pedagogia speciale per preparare alla vita, Editrice La Scuola, Brescia 2006. 25 Linee guida del 4/8/2009, Prot. n. 4274.


Le strategie didattiche Gli insegnanti assumono comportamenti attenti nei confronti di ciascun alunno, accettando la diversità e valorizzando le individuali differenze, colte come opportunità di crescita e di sviluppo del gruppo-classe, favorendo quindi interazioni sociali positive e dinamiche relazionali significative, in cui il rispetto e la collaborazione costituiscano lo sfondo per un clima di classe positivo. Secondo una progettualità che abbia quale orizzonte l’attuazione di una scuola effettivamente inclusiva, le strategie e le metodologie da privilegiarsi sono coerenti con una didattica metacognitiva e laboratoriale, che si avvale di approcci cooperativi e collaborativi, attraverso l’apprendimento per scoperta, e ricorrendo anche ad attività in piccoli gruppi e al lavoro di coppia. Mediatori didattici, software, attrezzature informatiche e sussidi specifici contribuiscono ad attualizzare la proposta didattica, potenziata da un approccio alle tecnologie della comunicazione e dell’informazione e sostenuta dall’adattamento delle proposte didattiche in funzione delle potenzialità, delle capacità e del funzionamento di ciascun alunno. Ciò comporta una certa flessibilità, consentita dal Regolamento sull’Autonomia delle singole Istituzioni scolastiche, le quali concretizzano gli obiettivi nazionali in percorsi formativi funzionali alla realizzazione del diritto ad apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni, «riconoscono e valorizzano le diversità», promuovono le potenzialità di ciascuno adottando tutte le iniziative utili al raggiungimento del «successo formativo», nel pieno rispetto dei ritmi di apprendimento degli alunni. Fra le forme di flessibilità previste, le scuole possono attivare percorsi didattici individualizzati, coerenti con i principi generali dell’inclusione scolastica26.

26 Art. 4, Autonomia scolastica, del Decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, Regolamento recante norme in materia di Autonomia delle istituzioni scolastiche ai sensi dell’art. 21 della legge 15 marzo 1999, n. 59.

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Gli studenti con disabilità

La scuola è aperta a tutti: diritto allo studio Dagli anni Settanta del secolo scorso gli alunni con disabilità, allora ritenuti «non scolarizzabili» o confinati nelle scuole speciali, sono entrati di diritto nelle «classi comuni» e con loro anche gli studenti che, in virtù della Legge di riforma della scuola media27 del 1962, erano inviati alle classi di aggiornamento o a quelle differenziali. Un cambio di prospettiva epocale, che ha dato avvio a un processo irreversibile, rivolto a tutti gli alunni, indistintamente. L’integrazione scolastica da allora costituisce il punto fermo della cultura pedagogica della scuola italiana che, con quella scelta, ha concretizzato nella prassi i principi riconosciuti dalla Costituzione a ciascun cittadino. Per gli alunni con disabilità il diritto allo studio e all’educazione è garantito all’interno delle classi comuni in tutti gli ordini e gradi di scuola, dall’infanzia fino all’Università. Lo Stato, gli Enti locali, il Servizio Sanitario Nazionale, così come le singole Istituzioni scolastiche, sono impegnati nell’attivare misure di sostegno che consentano a ciascun alunno certificato in conformità alla Legge 104/92 di conseguire il successo formativo, previsto dal Regolamento sull’autonomia scolastica (D.P.R. 275/99). Nella scuola secondaria di primo grado, le azioni pedagogico-didattiche per assicurare il successo formativo a ciascun alunno sono affidate ai singoli Consigli di classe che, avvalendosi di una progettazione basata su metodologie e strategie didattiche personalizzate, portano a compimento quanto indicato dalla Legge 104/92 in tema di diritto all’educazione e all’istruzione: lo sviluppo delle potenzialità degli alunni con disabilità nell’apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione (art. 12 della Legge 104/92). Nelle classi comuni, in ambienti strutturati e organizzati, capaci di realizzare quella rete di intenti, di azioni e di pensieri, in una sinergia condivisa, insieme ai compagni vengono consolidate le basi per una piena e libera partecipazione alla vita sociale, abbattendo ostacoli o barriere culturali.

Vademecum

I principi pedagogici

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Nell’ambito del contesto scolastico, per sua natura educativo e formativo, la crescita individuale evolve nel rapporto con gli altri, in un sistema di relazioni con i coetanei la cui qualità e la cui ricchezza ne costituiscono il patrimonio fondamentale. Nella scuola, comunità educante per eccellenza, ogni alunno può sperimentare e costruire, attraverso l’interazione con i compagni o con l’adulto, conoscenze e abilità, agendo in quella zona che L.S. Vygotskij definisce «di sviluppo prossimale». 27 L’art. 12 della Legge 31 dicembre 1962, n. 1859, Istituzione e ordinamento della scuola media sta-

tale, recita: «Possono essere istituite classi differenziali per alunni disadattati scolastici», la cui composizione non poteva superare i 15 alunni. Contestualmente la legge anticipa la costituzione di classi differenziali per le quali sarebbero stati predisposti un apposito programma, differenti orari di insegnamento e un calendario apposito.


Secondo la teoria vygotskijana dell’apprendimento sociale esiste una zona intermedia fra ciò che lo studente è in grado di affrontare da solo e ciò che può «fare» attraverso l’interazione e l’aiuto degli adulti o del gruppo dei pari, i quali lo possono guidare nelle azioni e nelle scelte. L’intervento degli altri favorisce l’interiorizzazione o l’acquisizione di nuove conoscenze o abilità: le ricadute in relazione alle scelte didattiche sono significative, in quanto «al posto dell’individualismo competitivo che spesso caratterizza i nostri ambienti di apprendimento, la teoria vygotskijana della conoscenza propone l’ideale della comunità collaborativa; al posto dell’insegnamento trasmissivo, il metodo della ricerca condivisa e dell’esperienza dialogica»28. La dimensione pedagogica è ciò che accompagna tutti gli alunni e, in particolare, quelli con disabilità. Lo testimonia Itard nel suo incontro con «l’enfant sauvage» dell’Aveyron, il ragazzo trovato nella foresta al quale dà il nome di Victor; lo conferma Hellen Keller quando nel suo libro afferma: «Prima che la mia istitutrice venisse a me, io non sapevo di esistere»; lo ricorda V. Chiarugi che ritiene l’educazione lo strumento in grado di far acquisire il corretto comportamento. L.S. Vygotskij insiste sull’importanza dell’educazione per i disabili: «è molto importante non rinchiudere questi studenti in gruppi particolari, ma stimolare nella pratica il rapporto con gli altri», agendo anche sull’ambiente per renderlo favorevole e accogliente, oltre che stimolante. Da O. Decroly a É. Seguìn fino a Maria Montessori, dedicatasi all’educazione dei bambini con disabilità intellettiva, la pedagogia richiama all’impegno nei confronti di questi alunni. Alla base delle scelte pedagogico-didattiche inclusive vi è la convinzione, supportata oggi dai contributi delle neuroscienze, che ogni persona, stimolata e sostenuta, apprende. Il nuovo paradigma coinvolge anche l’ambito educativo. L’approccio neuro-scientifico contribuisce a sviluppare processi come la consapevolezza del proprio funzionamento mentale29, confermando la centralità dei processi mentali di relazione e di integrazione, necessari «per realizzare sviluppo e apprendimento»30. Su postulati di ordine pedagogico, supportati ora anche da apporti neuroscientifici e da un’attenta legislazione scolastica, si basano i presupposti che sostengono il processo inclusivo in atto nella scuola italiana, per la cui attuazione, per ciascuna area, la norma prescrive l’elaborazione di specifici documenti indispensabili per l’azione pedagogico-didattica dei docenti.

28 Bruzzone D., Il dialogo, in Guasti L., (a cura di), Apprendimento e insegnamento. Saggi sul metodo, Via & Pensiero, Milano 2002, p. 257.

29 Gomez Paloma F., (a cura di), Corporeità, didattica e apprendimento. Le nuove neuroscienze dell’educazione, Edisud Salerno, Salerno 2009.

30 Damiani P., Santaniello A., Gomez Paloma F., Ripensare la Didattica alla luce delle Neuroscienze, in

«Giornale Italiano della Ricerca Educativa», Pensa Multimedia Editore, anno VIII n. 14, giugno 2015, p. 89.

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La documentazione per l’integrazione degli alunni con disabilità I documenti necessari, ad oggi vigenti, sono: la Diagnosi Funzionale, il Profilo Dinamico Funzionale, il Piano Educativo Individualizzato-Progetto di Vita. Il recente Decreto Legislativo 96/2019, come riportato nella Gazzetta Ufficiale del 28 agosto 2019, n. 201: • non modifica l’art. 18 (Abrogazioni e coordinamenti) del Decreto Legislativo 13 aprile 2017, n. 66, il quale al comma 1 lettera b) prevedeva che a decorrere dal 1° gennaio 2019 fosse abrogato il Regolamento di cui al DPCM 23 febbraio 2006, n. 185; • prevede all’art. 16 (Modificazioni all’articolo 19 del Decreto Legislativo 13 aprile 2017, n. 66) che dal 1° settembre 2019 il Profilo di Funzionamento sostituisca la Diagnosi Funzionale e il Profilo Dinamico Funzionale (con conseguente soppressione del D.P.R. 24/2/1994). Tuttavia, affinché quanto previsto dall’art. 5 del D.Lgs. 96/19 venga applicato, è necessario che sia emanato il decreto attuativo.

Vademecum

Non potendo determinarsi un «vuoto normativo», tale da impedire la formulazione delle Diagnosi Funzionali e la documentazione prevista in ambito scolastico a favore degli alunni con disabilità (nello specifico il Profilo Dinamico Funzionale e il Piano Educativo Individualizzato, come descritti nel D.P.R. 24/2/94), in attesa dei nuovi provvedimenti attuativi di quanto specificato nel D.Lgs. 96/19, trova applicazione quanto fino a oggi previsto.

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Documento

Chi lo elabora

Quando

Contenuti/ Obiettivi

Norme di riferimento

Diagnosi Funzionale

Equipe multidisciplinare dell’ASL.

In sede di valutazione, su richiesta della famiglia.

Descrizione degli «otto assi» indicati nel D.P.R. 24/02/1994.

• DPCM 185/2006; • D.P.R.

Profilo Dinamico Funzionale (PDF)

GLHO o GLO, Gruppo di Lavoro Operativo, composto da: • tutti gli insegnanti della classe; • genitori o esercenti responsabilità genitoriale; • specialisti ASL.

Dopo la consegna a scuola, per la prima volta, della Diagnosi Funzionale. In seguito il PDF viene aggiornato a conclusione di ogni ciclo scolastico, o quando necessario.

La descrizione dell’alunno e gli obiettivi programmati per il medio-lungo periodo per ciascuno degli otto assi più quello per l’apprendimento.

• Art. 12 della

24/02/199431.

Legge 104/92;

• D.P.R.

24/02/1994;

• Linee guida,

Prot. n. 4274, del 4/08/09.32

31 La Diagnosi Funzionale è da predisporsi fino al momento in cui sarà adottato il Profilo di Funzionamento, mediante l’apposito decreto attuativo dell’art. 5 del Decreto Legislativo 66/2017 come modificato dal Decreto Legislativo 96/2019.

32 Anche il Profilo Dinamico Funzionale va elaborato finché non sarà adottato il Profilo di Funzionamento, ovvero finché non sarà attuativo il decreto interministeriale che fisserà i criteri di redazione della certificazione e del Profilo di Funzionamento, il documento che sostituirà la Diagnosi Funzionale e il Profilo Dinamico Funzionale.


Documento

Chi lo elabora

Quando

Piano Educativo Individualizzato - Progetto di Vita (PEI)

GLO, Gruppo di Lavoro Operativo, composto da: • tutti gli insegnanti della classe; • genitori o esercenti responsabilità genitoriale; • specialisti ASL; • (eventuale) assistente ad personam e/o altra figura professionale che interagisce con l’alunno con disabilità; • (eventuale) collaboratore scolastico o collaboratrice scolastica.

Viene elaborato per ciascun anno scolastico e contiene la progettazione per l’anno scolastico di riferimento.

Contenuti/ Obiettivi

Norme di riferimento

La descrizione • Art. 12 della dell’alunno Legge 104/92; (livello di • D.P.R. partenza), la 24/02/1994; programmazione • Linee guida, curricolare (che Prot. n. 4274, del nella scuola 4/08/09.33 secondaria di primo grado è «semplificata» ovvero «personalizzata») specificando, per ciascuna disciplina, le modalità di verifica e i criteri di valutazione, nonché gli eventuali ausili necessari.

La certificazione di disabilità La certificazione di disabilità è il presupposto per l’attribuzione all’alunno con disabilità delle misure di sostegno e di ogni altro supporto necessario. Dopo il riconoscimento della condizione di disabilità, in conformità all’art. 3 della Legge 104/92, la famiglia chiede all’equipe multidisciplinare dell’ASL la valutazione del figlio quale «alunno con disabilità», secondo quanto previsto dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 febbraio 2006, n. 185. L’equipe predispone un verbale di accertamento, contenente il termine di rivedibilità, sulla base del quale stila la Diagnosi Funzionale (DF), rispettosa dei criteri indicati dall’ICD-10 e dall’ICF34. Sempre nella DF, che la famiglia provvede a consegnare alla scuola, sono riportate le indicazioni per le risorse necessarie (docente per il sostegno, eventuale figura di assistenza all’autonomia e alla comunicazione personale, ausili o altro)35. Con riferimento a questo provvedimento il Dirigente scolastico chiede agli enti competenti le risorse necessarie. 33 A questi si aggiungono i recenti decreti legislativi, attuativi della legge 10/7/2015, i cui articoli, per essere applicati, prevedono l’emanazione di ulteriori e appositi provvedimenti: il Decreto Legislativo 66/17 come modificato dal decreto legislativo 96/19.

34 L’ICD-10 (Classificazione Statistica Internazionale delle Malattie e dei Problemi Sanitari Correlati. 10a Revisione) contiene la classificazione analitica e l’indice delle malattie; l’OMS suggerisce l’utilizzo congiunto di questo classificatore insieme all’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Salute e della Disabilità). L’approccio bio-psico-sociale di ICF pone il focus sull’interazione fra le capacità di funzionamento della persona e il contesto socio-culturale in cui ella vive. Questa nuova prospettiva, che consente di acquisire maggiori informazioni sulla persona, inserita nel suo contesto, favorisce la messa a punto di azioni mirate, volte a promuovere e sostenere con maggiore efficacia quel processo inclusivo sotteso e propulsore dei nuovi orientamenti.

35 Di seguito si riportano alcuni ausili didattici utilizzati dagli alunni con disabilità: gli strumenti Braille, la sintesi vocale, i video-ingranditori, i software didattici per l’apprendimento, i sistemi tecnologici per i non udenti, i sistemi informatici di facilitazione di testi, la personalizzazione della postazione, i sistemi tecnologici per la comunicazione e l’apprendimento (puntatore oculare), gli apparecchi informatici e/o multimediali per la personalizzazione della didattica, la tavoletta per la comunicazione Etran.

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Il Profilo Dinamico Funzionale Il Profilo Dinamico Funzionale (PDF) è il primo dei documenti elaborato dal GLHO o GLO, dopo la presentazione della Diagnosi Funzionale (DF); come recita il comma 5 dell’art. 12 della Legge 104/92, esso è propedeutico alla stesura del Piano Educativo Individualizzato (PEI). Prelude e, in parte, include quegli orientamenti che caratterizzano il classificatore ICF: riporta non solo la descrizione degli aspetti fisici e psichici dell’alunno con disabilità, ma anche le sue caratteristiche sociali e affettive, ponendo in rilievo sia «le difficoltà di apprendimento», derivanti dalla condizione di disabilità, sia «le capacità possedute che devono essere sostenute, sollecitate e progressivamente rafforzate e sviluppate nel rispetto delle scelte culturali della persona». Il documento, che è elaborato congiuntamente dai componenti del GLHO o GLO, dopo un primo periodo di inserimento scolastico dell’alunno, contiene gli obiettivi conseguibili in un tempo breve-medio (entro due anni circa) ed è aggiornato periodicamente a conclusione della scuola dell’infanzia, della scuola primaria, della scuola secondaria di primo grado e durante il corso di istruzione della scuola secondaria di secondo grado.

Sintesi del Profilo Dinamico Funzionale 1. Descrizione funzionale dell’alunno (ovvero «come è; quali capacità possiede; difficoltà presenti») 2. Analisi dello «sviluppo potenziale» nel breve-medio periodo, in relazione ai seguenti parametri: a. Cognitivo, esaminato nelle seguenti potenzialità: • livello di sviluppo raggiunto; • strategie utilizzate per la soluzione dei compiti propri della fascia di età; • stile cognitivo; • capacità di usare, in modo integrato, competenze diverse.

b. Affettivo-relazionale, esaminato nelle potenzialità: • dell’area del sé; • del rapporto con gli altri; • delle motivazioni dei rapporti; • dell’atteggiamento rispetto all’apprendimento scolastico, con i diversi

interlocutori.

c. Comunicazionale, esaminato nelle potenzialità:

Vademecum

• delle modalità di interazione; • dei contenuti prevalenti; • dei mezzi privilegiati.

30

d. Linguistico, esaminato nelle potenzialità relative: • alla comprensione del linguaggio orale; • alla produzione verbale; • all’uso comunicativo del linguaggio verbale; • all’uso del pensiero verbale; • all’uso di linguaggi alternativi o integrativi.



L’inclusione

a scuola Vademecum sulle didattiche inclusive

L’inclusione scolastica è il paradigma della cultura pedagogica della scuola italiana che, con questa scelta, ha garantito a ciascun cittadino un diritto sancito dalla Costituzione italiana. Il presente vademecum contiene la normativa in materia di didattica inclusiva aggiornata al Decreto Legislativo 96/2019, accompagnata da strategiche indicazioni didattiche e approcci possibili, offrendo in tal modo un panorama completo ed esaustivo, particolarmente utile per le figure professionali che operano in ambito scolastico. Il volume propone, inoltre, una serie di esempi di attività didattiche per alunni con differenti «capacità e potenzialità» e rende disponibili modelli per elaborare i documenti previsti dalla normativa oggi vigente (PDF, PDP, PEI, certificazione delle competenze) predisposti con impostazione culturale ICF. Il proposito è quello di fornire uno strumento di supporto agli operatori impegnati in interventi educativo-didattici a favore delle classi in cui sono presenti le «diverse normalità», promuovendo efficaci azioni pedagogiche. L’approccio alla conoscenza degli alunni da parte dei docenti supera l’idea dello stigma o dell’emarginazione, adottando una prospettiva antropologica bio-psico-sociale che descrive la persona com’è, ovvero evidenziandone le capacità e le potenzialità in rapporto al contesto di appartenenza e al livello di partecipazione alla vita sociale. Evelina Chiocca, insegnante specializzata, componente del direttivo CIIS (Coordinamento Italiano Insegnanti di Sostegno), docente a contratto presso l’Università del Molise nei corsi di specializzazione per il sostegno, formatrice e co-curatrice con l’avv. S. Nocera della rubrica FAQ di Edscuola, collabora con Enti istituzionali e con gruppi e associazioni di famiglie di alunni con disabilità. Ha curato Strumenti di supporto per studenti con disturbi specifici di apprendimento e deficit di attenzione e iperattività (Ed. Forum Media, Verona 2011); ha pubblicato Vademecum BES per il docente (Gruppo Editoriale Raffaello, 2018); La prova scritta relativa alla competenza di italiano (in AA. VV., «Le novità della prova INVALSI e dell’esame di Stato», Rizzoli Education, Milano 2018); La legislazione e Costruire una scuola inclusiva (in Bartolucci M., (a cura di), Come fare inclusione. Guida teorico-pratica per docenti di sostegno e di sezione, Gruppo Editoriale Raffaello, 2019).

www.raffaellodigitale.it www.raffaelloscuola.it

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