Morgese, Festa, Altieri, Bruno, Da Ros, Melis, Conati, Tomatis e Frescura, De Marchi, Segré, Salmoirago, Facchini, Bordiglioni, Degl’Innocenti, Dompè, Detti, Rondinelli
O M A SI
NOI RO U T U F L I de fi s e l e r a cont c a r r e p mo e r v i Storie v i u in c o d n o m del
NOI SIAMO IL FUTURO
Editor: Patrizia Ceccarelli Coordinamento redazionale: Emanuele Ramini Progetto grafico: Gap/Simona Dell’Orto Coordinamento grafico: Mauro Aquilanti Illustrazioni: Erika De Pieri Ufficio stampa: Francesca Vici I Edizione 2019 Ristampa 5 4 3 2 1 0 2024 2023 2022 2021 2020 2019 Tutti i diritti sono riservati © 2019 Raffaello Libri S.p.A. Via dell’Industria, 21 - 60037 - Monte San Vito (AN) e-mail: info@grupporaffaello.it www.grupporaffaello.it e-mail: info@raffaelloragazzi.it www.raffaelloragazzi.it Printed in Italy È assolutamente vietata la riproduzione totale o parziale di questo libro senza il permesso scritto dei titolari del copyright.
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Morgese, Festa, Altieri, Bruno, Da Ros, Melis, Conati, Tomatis e Frescura, De Marchi, Segré, Salmoirago, Facchini, Bordiglioni, Degl’Innocenti, Dompè, Detti, Rondinelli
O M A SI
I O N O R U T U F L I de fi s e l e r a cont c a r r e p remo v i Storie v i u c in o d n o m l de
Illustrazioni di Erika De Pieri
Questo libro nasce per dare una risposta alle sfide, alle paure, alle incertezze che ci pone il futuro e desidera, soprattutto, restituire ai ragazzi la consapevolezza che il loro contributo è determinante per l’avvenire del pianeta: chiede loro un impegno, una responsabilità, ma anche l’orgoglio di sentirsi protagonisti della costruzione di un mondo nuovo. NOI SIAMO IL FUTURO vuole far sì che le nuove generazioni sentano che c’è speranza, che la loro forza propulsiva e ideale non è destinata a perdersi in un mondo sovrastato dall’impotenza di fronte all’enormità delle problematiche. Le parole di queste pagine vogliono essere un grido per risvegliare la voce dei giovani che tutto tende a quietare, in un’atmosfera di rinuncia che appare letale per lo sviluppo di personalità sane, di uomini liberi, di cittadini consapevoli. Il nostro libro vuole convincere le menti in crescita che non è utopia immaginare un mondo di giustizia, libero dalla fame e dalla povertà, popolato di individui diversi ma uguali nei diritti, paladini appassionati della bellezza del pianeta su cui vivono, nel rispetto della natura e della pace tra i Paesi che lo abitano.
La diffusione dei suddetti valori, da sempre al centro della “mission” della nostra Casa Editrice, ha trovato piena corrispondenza con i 17 goal proposti nell’Agenda 2030, documento attraverso cui l’ONU ha formalizzato le mete per la Terra da raggiungere nel prossimo decennio. È nata così l’idea di NOI SIAMO IL FUTURO, un libro che raccoglie 17 racconti di 17 scrittori aderenti all’associazione ICWA (Italian Children’s Writers Association). Abbiamo affidato alla bellezza e alla potenza delle storie, che alcuni tra i migliori scrittori italiani ci hanno donato, il compito di invitare i ragazzi a un gioco di squadra in cui ognuno è chiamato a fare la sua parte, per fare goal nella partita più importante e decisiva: quella per la costruzione di un mondo migliore. Patrizia Ceccarelli Direttrice Editoriale Raffaello Ragazzi
Il primo passo verso la soluzione di un problema è prenderne consapevolezza, conoscerlo, informarsi. Ed ecco che allora possono entrare in campo gli scrittori che spesso, di fronte alle ingiustizie e ai mali del mondo, si sentono impotenti e fremono per poter dare il loro contributo. Anche tra gli scrittori che si riuniscono in ICWA, Associazione degli Scrittori Italiani per Ragazzi, si discute spesso su come far sentire la propria voce, su come contribuire a un dibattito, per esempio sui diritti dei bambini violati in tutto il mondo e anche nel nostro Paese. Abbiamo così raccolto con interesse e gioia l’invito della Casa Editrice Raffaello di realizzare questa antologia che prende in esame i 17 obiettivi che l’Onu si è dato per il 2030 e che toccano tutti i settori dello sviluppo umano dove c’è ancora bisogno di fare un gran lavoro: si parla di ambiente, di vita negli oceani, di disparità di genere, di povertà, di educazione. Non è stato difficile suddividere tra di noi gli argomenti: ognuno ha una sua personale sensibilità nei confronti di un tema piuttosto che un altro e quello che, nell’Agenda 2030, era solo un enunciato di poche righe si è trasformato in un racconto dove per lo più protagonisti sono i bambini, gli stessi che popolano le nostre storie, quelli a cui questa antologia è rivolta.
Il lettore farà così un ideale giro del mondo, vivrà le emozioni dei personaggi, scoprirà realtà che prima ignorava, e tutto grazie alla magia dei racconti. E forse ne trarrà degli stimoli per poter fare la sua piccola parte nel proprio spicchio di realtà. Il nostro augurio è che questo libro raggiunga le mani di migliaia di ragazze e di ragazzi, nelle scuole, nelle biblioteche e nelle case, rendendoli più consapevoli, cittadini attivi del mondo, motore di quel cambiamento che possa un giorno far trionfare ovunque valori come l’uguaglianza, le pari opportunità, la salvaguardia della natura, la fine di ogni conflitto. Fulvia Degl’Innocenti Presidente ICWA
Nessuna società può essere felice se la maggior parte dei suoi componenti è povera e miserabile. Adam Smith
1 paisa, 5 paisa, 100 paisa Roberto Morgese
Una monetina! Una monetina da 1 paisa! Che vuoi che me ne faccia di una monetina di quel genere? Mi ha lasciato in mano una moneta da 1 paisa! Io me ne stavo lì addormentato, di fianco al tempietto. La mano destra era rimasta aperta in fondo al braccio teso, appoggiato sul ginocchio. Chissà se qualcuno prima ci aveva già messo dentro qualcos’altro. Non avrei mai potuto saperlo, visto che nel nostro paese tutto ciò che non riesci a metterti in tasca, e in fretta, può diventare magicamente del primo che passa e te lo porta via. In ogni caso una delle solite scimmiette dispettose si era messa a berciare vicino al mio orecchio. Forse anche lei stava litigando con qualche sua compare per accaparrarsi il resto di un dolcetto 9
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di sesamo e mandorle, abbandonato mezzo sbocconcellato da un pellegrino di passaggio. Così mi svegliai. Aprii gli occhi a fatica. Ero ancora mezzo intorpidito dal sole già alto che aveva tamburellato sulla mia testa con i suoi lunghi raggi. Qualche nuvoletta di terra si alzava intorno a me, fino a farmi confondere con la strada, che pareva sospesa a mezz’aria. Decine di persone mi passavano davanti ignorandomi, forse neppure mi vedevano tra quegli sbuffi d’ocra grigia e bianca. Mi chiesi come quella persona che aveva depositato sul mio palmo aperto la leggerissima sagoma metallica mi avesse distinto in mezzo agli altri. Feci appena in tempo a lanciarle uno sguardo di confusa gratitudine, intravvedendo la sagoma del suo volto in controluce, sovrastato dal solito cappello di paglia a falde strette. – Grazie signore! Reagii automaticamente, come un giocattolo metallico, di quelli che si fabbricano ancora in certi capannoni appena fuori città. Non quei divertimenti elettronici per i bambini occidentali, né per i figli dei nuovi ricchi indiani che viaggiano sulle loro auto scure per raggiungere ogni mattina la loro deliziosa scuoletta inglese. Piuttosto dei semplici pupazzi di ferraglia colorata, con una molla che li anima. Così mi sentivo ogni volta che davo segno di apprezzare ciò che mi veniva lasciato nel palmo della mano. Avevo una tecnica tutta mia: mentre molti dei miei compagni d’elemosina inseguivano ferocemente i passanti dall’aspetto più ricco, io preferivo starmene seduto, anche per pigrizia, nel mio angolino. Qualcuno prima o poi si sarebbe impietosito e avrebbe sganciato qualcosa. Andò così anche quella mattina. 10
1 paisa, 5 paisa, 100 paisa Coprendomi gli occhi con l’altra mano, focalizzai meglio lo sguardo. Non si trattava di un uomo, ma di una bellissima donna europea, che rise divertita alla mia frase di circostanza. Che cosa l’avrà spinta a dare proprio a me il suo piccolo dono? Aveva bellissimi capelli lisci e neri, raccolti in una coda dietro la nuca, la carnagione bianco latte e due occhi azzurro trasparente come gli zampilli di una fontana nei giardini sacri. – Prego piccino – commentò lei con un sorriso luminoso e un inglese cordiale ma incerto. Il volto beato sembrava carico di energia positiva. Ogni tanto passavano persone del genere da quelle parti: cercatori di spiritualità, quella che dicevano di non riuscire più a trovare nei loro paesi d’occidente. Io pure accennai un sorriso, anche se la leggerezza della moneta nel palmo mi insospettì da subito. I tristi dubbi diventarono poi quasi certezze quando, stringendo il pugno, capii che anche le dimensioni della generosità della donna si limitavano a un ben misero diametro e a un sottile spessore. Aprii le dita prudentemente serrate e sbirciai nel palmo. La turista si era già allontanata, per sua fortuna. Fu in quel momento che scoprii che ciò che avevo ricevuto ammontava nientemeno che a 1 paisa. Praticamente niente! Nulla! Zero! Dicono che lo zero lo abbiamo inventato noi indiani. Beh non proprio noi nel senso di io e i miei compagni di strada, i nostri antenati. Di sicuro io no di certo. Ma in quel momento almeno uno zero mi sarebbe piaciuto vederlo sulla superficie rotonda di metallo, di fianco all’inconfondibile cifra che sta all’inizio della 11
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numerazione. E invece zero era di fatto il potere d’acquisto di quel pezzetto di materiale tondo che tenevo miseramente in mano. Forse la persona che me l’aveva donato non era tanto forte in matematica. Io invece avevo dovuto diventarlo per calcolare a colpo d’occhio che cosa farci con ciò che ricevevo trascorrendo le mie giornate davanti al tempietto. E con 1 paisa non ci potevo fare assolutamente niente. Nemmeno comprare qualcosa da mangiare alle bancarelle sulla via: mi costava meno rubare e scappare come facevo spesso. Poi uno strettissimo spiraglio di sole filtrò tra le dita della mia mano e colpì il metallo, facendolo brillare per un istante. “È un segno” mi dissi, “il segno del mio karma. Forse il corso che la mia esistenza deve prendere è indicato da questo spiraglio di luce sopra l’asticella di quella cifra così vicina allo zero!” Carico di flusso positivo, mi guardai intorno. Ma la delusione tornò a farsi viva in me: la donna non aveva scelto me, ma aveva dato 1 paisa a ciascun bambino davanti al tempietto. Aveva lasciato una monetina nelle mani di ciascuno di noi cinque piccoli mendicanti che ci eravamo accaparrati da tempo quella striscia, in fondo non tanto redditizia. E ognuno dei pezzetti di metallo scintillava ora tra le dita degli altri come tra le mie. Probabilmente erano gli spiccioli rimasti dopo un recente cambio di valuta europea, in una lussuosa banca del centro. Mi accorsi che il mio stesso sguardo di mistica disillusione velava gli occhi dei compagni. Forse avevano avuto il mio stesso pensiero. Improvvisamente scoppiai a ridere nervosamente. – Ah ah ah. Una monetina da 1 paisa! Ah ah ah. Ma vi rendete conto? 12
1 paisa, 5 paisa, 100 paisa E gli altri pure si unirono al buonumore forzato, dettato solo dalla voglia di combattere il senso d’amarezza che si annidava in fondo al nostro cuore, affamato di cibo e di speranza. Seguii con lo sguardo la bella turista dall’elargizione misurata mentre saliva gli scalini del tempio. Non fu il mio desiderio di rivalsa nei suoi confronti a provocare il leggero sdrucciolamento del suo sandalo sulla pietra, levigata da tanti passi devoti. Fu piuttosto un caso, se davvero esiste, a farle prendere una dolorosa storta alla caviglia. Si guardò intorno e mi vide che la fissavo, ma mi trattenni dal ridere: non sarebbe stato rispettoso. Per quanto 1 paisa fosse ben poca cosa era pur sempre una briciola di generosità, un gesto gratuito e il valore di un gesto è sempre maggiore del suo prezzo. Un gesto può essere un inizio o una fine; una promessa o un rifiuto; una distrazione casuale o una precisa volontà. Un gesto può essere un messaggio da comprendere o una sentenza senza scampo. La donna aveva voluto distribuire qualcosa a ciascuno di noi. Mi sembrò quindi naturale mettere da parte il risentimento del mendicante deluso e aprirmi alla positività tipica della migliore tradizione indiana. Il mio nuovo atteggiamento, la diversa disposizione d’animo cambiò improvvisamente la mia visione della piccola porzione di vita alla quale stavo partecipando. Modificò in modo inaspettato l’interpretazione di quel singolare episodio, apparentemente banale, dandogli un senso più ampio, più profondo, più intenso. – Presto, datemi le vostre monetine – intimai agli altri quattro. – Neanche per sogno – mi rispose Kushi, – anche se vale pochissimo, poco non è niente. Perché non mi dai tu la tua così avrò 2 paisa. 13
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– E che cosa ci farai? – domandai. – Un gran bel niente! – rispose ridendo il mio amico, subito imitato dagli altri tre. – Appunto – cercai di far capire loro, – 1 paisa è niente… – E ti sembra che 5 paisa contino qualcosa? – s’indispettì Eshwar mettendomi la monetina davanti agli occhi. – 1 paisa è niente, ma 5 paisa… sono ancora niente! – Ci sono paesi là in occidente – aggiunse Japesh indicando in una direzione non ben precisa, come se si riferisse a un luogo poco distante, – dove con cinque monete piccole ci puoi comprare davvero qualcosa, ma qui … – concluse allargando le braccia. Abbassai la testa. Quant’era vero ciò che dicevano i miei amici. Poveri, senza soldi, quindi senza prospettive, ambizioni e desideri che non fossero quelli di riempire ogni giorno la pancia e di dormire sotto un riparo improvvisato, essendo ormai tutti senza famiglia. Nonostante questo, mi era balenata un’idea in testa e volevo provare a inseguirla. Ma dovevamo fare in fretta, prima che la turista uscisse dal tempio e riprendesse il proprio giro. – Avete ragione, ma proprio perché non ci perdereste molto, datemi i vostri paisa – li convinsi alla fine. Appollaiati ai margini della strada come le scimmiette sui gradini del tempio, i miei compagni di povertà si passarono le monetine da una mano all’altra. Esse tintinnarono dentro al loro palmo, fino a ricadere fiduciose nel mio. Non era certamente la somma più alta che avessi mai messo insieme chiedendo l’elemosina, ma quel giorno mi pareva che quei miseri centesimi di rupia, formassero un piccolo gruzzolo e che il minuscolo tesoro diventasse infinitamente più grande. 14
1 paisa, 5 paisa, 100 paisa Era infatti la prima volta che noi cinque univamo il ricavato della questua. – E adesso come hai intenzione di usarli? – chiese Rajiv un po’ divertito e un po’ incredulo. – Vedrai – risposi sorridendo furbescamente. Fino a quel momento ero rimasto seduto, confuso tra la polvere della strada. Raccolti finalmente gli altri quattro paisa mi alzai di scatto, avvolto dai raggi del sole che disegnavano la mia sagoma in controluce. Tirarsi su, ecco cosa avremmo dovuto fare e avremmo dovuto farlo insieme; unire le nostre deboli forze. Qualcosa di buono sarebbe sicuramente venuto fuori, forse una mancia più cospicua. O forse solamente un sorriso; ma il gesto di gratitudine della turista avrebbe comunque avuto più valore del denaro che avevamo ricevuto prima. Come ogni anno, io Kushi, Japesh, Eshwar e Rajiv veniamo in adorazione al nostro tempietto. Sembra che nulla da allora sia cambiato. Le vacche che attraversano placidamente la strada potrebbero essere esattamente le stesse di qualche anno fa, quando trascorrevo le mie giornate seduto con il palmo aperto, magari dormicchiando un po’. Le urla degli ambulanti che propongono le loro merci colorate risuonano degli odori e dei profumi, diffusi dalle grosse ceste piene di invitanti e semplici cibi tradizionali. Un soffio di vento talvolta mescola granelli saporiti di spezie al terriccio sollevato dai sandali dei passanti. I clacson dell’unico serpente di veicoli sgangherati di tutte le marche, strombazzano ai monelli che, ancora oggi, afferrano sulle bancarelle qualcosa da mettere sotto i denti e fuggono tra le imprecazioni poco devote dei venditori. 15
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Vestiti di un kamiz nuovo, acquistato per la ricorrenza, ognuno di noi cinque cammina in quel vivace frastuono tenendo per mano il proprio figlio. Abbiamo deciso di mantenere annualmente un appuntamento tutto nostro per celebrare il momento in cui riuscimmo a dare una svolta alla nostra vita. Non coincide con le tradizionali feste religiose, anche se compiamo gli stessi riti di offerta e di ringraziamento, con canti, preghiere e piccoli doni alla divinità del tempietto. Cade nel giorno in cui mettemmo insieme i nostri 5 paisa per liberarci dalla schiavitù della miseria. – Ma non è stato un cammino semplice e neppure breve – inizio a raccontare a mio figlio, come ogni anno – e non è neppure una storia breve. – Dai papà, racconta – mi incoraggia lui, che ha già ascoltato molte volte quel discorso. Mi fermo davanti al tempietto. Nonostante l’abito pulito mi siedo per terra come quando ero piccolo e comincio a parlare. – Dove ero arrivato? – fingo di non ricordarmi per prendere qualche secondo in più e controllare l’emozione che immancabilmente mi sale alla gola. – Alla bella signora che usciva dal tempio e le faceva male una caviglia – precisa mio figlio – e tu ti sei avvicinato a lei. – Mi ero già fatto dare gli altri 4 paisa dai miei amici. – Kushi, Japesh, Eshwar e Rajiv? – mi interrompe lui. Mi voltai a guardare per un istante gli altri giovani padri che, come me, raccontavano la medesima storia ai loro bambini. Cercai di ritrovare nei loro volti l’espressione ingenua e meravigliata di allora. Erano diventati ormai uomini, come me, ma il loro sguardo era lo specchio del mio: quello di chi ha conosciuto la miseria, senza farsi schiacciare dal suo carico di disperazione. 16
1 paisa, 5 paisa, 100 paisa – Proprio loro! – confermai – E con quelli mi ero precipitato alla prima bancarella di spezie. Il venditore non credeva ai suoi occhi, vedendo un bambino che gli chiedeva di acquistare foglioline sbriciolate di menta e curcuma macinata. Di solito era piuttosto bersaglio dei piccoli monelli che si divertivano a soffiare sulle montagnette di polveri colorate ben divise sopra il suo bancone, mescolandole. Io stesso qualche volta l’avevo fatto per divertirmi un po’. Spesi tutte le monetine per ottenere una manciatina per ciascuno degli ingredienti. Li impastai nel mortaio che l’uomo mi prestò, con un solo cucchiaino di olio di rosa. Era tutto ciò che potevo permettermi con quella somma e forse il venditore fu anche generoso con me. Ne ottenni un balsamo profumato e fresco. Adagiai il medicamento improvvisato al centro di una fascetta pulita di cotone, che l’uomo mi regalò. – E i tuoi amici che dicevano? – si diverte a domandarmi. – Guardavano e ridevano. Pensavano che io fossi diventato pazzo e che avessi sprecato non solo la mia ma anche le loro monetine. Ma io sapevo che cosa stavo facendo: usavo la pomata che la nonna mi applicava quando mi facevo una botta, giocando. Me la ricordavo bene, anche se la nonna era già scomparsa da un po’, perché la preparava sotto i miei occhi. – E poi? – si eccita sempre più lui, conoscendo già la fine. E poi… e poi… e poi… continuo a raccontare al mio bimbo che appoggia i suoi grandi occhi neri sopra i miei. Lui sa di essere figlio di un giovane imprenditore che in un qualunque giorno d’estate, poco più che bambino, ha deciso quale sarebbe stato il suo dharma nella vita, la sua retta azione nell’interminabile ciclo delle esistenze: lavorare onestamente per produrre unguenti secondo le antiche ricette della tradizione indiana, per portare sollievo ai dolori della gente. 17
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– E così la straniera… – Mi riconobbe all’uscita del tempietto e mi lasciò fare quando le feci capire che volevo fasciarle la caviglia slogata e dolorante, applicandole il miscuglio di erbe, spezie e olio essenziale. Lei sentì subito un tale sollievo che per ringraziarmi mi diede ben 5 rupie, cinque monete così, tutte insieme, non le avevo mai viste e ognuna valeva ben 100 paisa. Allora subito i miei amici si avvicinarono inchinandosi e facendole capire che anch’essi avevano contribuito; infatti reclamavano ora la loro parte. La donna divertita se ne stava andando quando, inaspettatamente, tornò indietro e… – E fu lei, che produceva pomate e medicine nel suo paese, che chiese a te e ai tuoi amici di lavorare per la sua azienda, di farne ancora di quel meraviglioso unguento – prosegue allora mio figlio. – E ci diede anche le rupie necessarie per cominciare. Da allora non abbiamo mai smesso di spedirle in Europa ciò che produciamo. Così, da 1 paisa, a 5 paisa a 100 paisa la nostra vita è cambiata. Dove c’era povertà è arrivato benessere. Così è cambiata la vita per noi, per le nostre famiglie e per tutti quelli che lavorano nella nostra piccola azienda. Ora gli operai impastano l’antica sapienza del nostro popolo con le erbe e le spezie, dentro ai moderni macchinari. I giovani contadini locali, producono le nostre materie prime. Gli anziani commercianti, vendono i nostri prodotti sui loro banchi. – Che bella storia – sorride il mio bimbo, mentre si rialza. – È la storia di un circolo che fa bene a tanta gente – gli spiego. – Sei stato bravo papà – mi abbraccia come sempre quando arriviamo alla fine. 18
1 paisa, 5 paisa, 100 paisa – Forse sono solamente riuscito a vedere la strada in mezzo alla polvere, per questo torno sempre a ringraziare al tempietto. Sicuramente qualcuno ha avuto fiducia in me e mi ha dato una mano. Saliamo la breve scalinata stretti l’uno all’altro. Appena prima di entrare mi fermo. Mi volto e guardo il punto in cui tendevo il braccio verso i passanti. Altri bimbi hanno preso il nostro vecchio posto. Torno indietro e dono a ciascuno una monetina da 1 paisa, che brilla per un istante nel loro palmo aperto.
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1 paisa, 5 paisa, 100 paisa Roberto Morgese............................9 Come un seme Enza Emira Festa............................................21 Un nome, una cosa Fabrizio Altieri.........................................31 Il treno per Timbuctù Rosa Tiziana Bruno.............................41 Voglio fare la Mister! Emanuela Da Ros.................................53 Il mezzo bicchiere d’acqua di Efrem Alberto Melis................63 Alberi a vento David Conati....................................................73 Prodotto Interno Lordo M.Tomatis - L. Frescura.....................85 Happy Road Vichi De Marchi..................................................99 Rosy dell’isola sospesa Chiara Valentina Segré.....................109 Nessuno vola solo Isabella Salmoirago..................................121 Tutti insieme siamo un mare Giuliana Facchini....................129 L’angelo verde Stefano Bordiglioni.........................................141 Un oceano di plastica Fulvia Degl’Innocenti.........................151 La pianta di limone Mara Dompè.........................................161 Lorenza e il ministro Ermanno Detti.....................................173 Il muro Sabrina Rondinelli.....................................................183
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