Le meraviglie della scienza: la vita sott’acqua
venturose
oceani di plastica Beatrice Peruffo
avventurose avventurose
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Collana di narrativa per ragazzi
Editor: Paola Valente Coordinamento di redazione: Emanuele Ramini Ufficio stampa: Francesca Vici Team grafico: AtosCrea Copertina: Mauro Aquilanti Approfondimenti: Beatrice Peruffo Esperimenti: Beatrice Peruffo I Edizione 2019 Ristampa 7 6 5 4 3 2 1 0
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Beatrice Peruffo
oceani di plastica Illustrazioni di Marga Biazzi
BENVENUTA, SOCIA!
Il furgoncino filava via ballonzolando sulla strada tutta
buche e sassi e ogni avvallamento faceva letteralmente volare il piccolo caravan al seguito. – Attento nonno! Mi fa male il sedere! Era una ragazzina quella che protestava con voce sfinita. – Uh, che delicata… Nonno Paolo, un omone massiccio e voluminoso, a mala pena poteva allungare il collo perché incontrava subito il soffitto del veicolo. La sua folta barba bianca si sollevava e ridiscendeva a ogni ostacolo sulla strada malconcia. Guidava velocemente, d’altronde non vedeva l’ora di arrivare, dopo tante ore di viaggio. 5
– Anche io ho la schiena rotta, porta pazienza. Questo furgoncino ormai ha i suoi anni come me. Però ormai ce l’abbiamo fatta, vero socia? Il nonno scherzava, naturalmente, perché non aveva nessuna intenzione di separarsi né dal suo amato furgoncino né dal caravan con i quali aveva vissuto tutte le sue avventure. La piccola si lamentava, ma solo per finta. – Uffa, nonno, avevi detto che questa volta non sarebbe stato un viaggio lungo… La meta era una piccola comunità di campeggiatori dalle parti di Gibilterra, presso Tarifa, su una spiaggia abbandonata dove era concesso sostare con tende, piccoli caravan o camper. E il loro caravan era particolarmente piccolo. Marina, una ragazzina snella dai lunghi capelli rossicci e dal viso tondo, sedeva al fianco del nonno; aveva già iniziato a scorgere qualche tenda e a un tratto individuò una torretta con in cima una persona intenta a osservare con un lungo tubo. – Guarda là! Che cosa tiene in mano? Che cosa fa? Perché sta lassù? – strillava. Sapeva che, quando guidava, il nonno ci teneva a rimanere concentrato sulla strada. Tuttavia questa volta anche il nonno aveva voltato lo sguardo verso la torretta. – È un potente teleobiettivo. Anch’io ce l’ho sempre con me, non te lo ricordi? Lo utilizzo per osservare e fotografare da lontano. 6
Avvicinandosi a grande velocità, adesso vedevano molte tende sparpagliate sulla spiaggia; persone indaffarate andavano qua e là e numerosi bambini correvano gettando urla di felicità quando il loro aquilone prendeva il volo. Il vento infatti sferzava in modo violento. – Deve esserci un gran vento! Guarda quella tenda tutta piegata! E che ridere i capelli di quella ragazza: le vanno tutti sulla faccia. E quel bambino che ha appena perso il suo aquilone. La gonna di quella signora si è alzata – rideva Marina al riparo nel furgoncino. La stradina terminò in modo insolito di fronte al mare. Le ondate dell’oceano la ricoprivano per poi subito dopo farla ricomparire. A destra e a sinistra, centinaia di piccoli igloo apparivano tutti piegati dal fortissimo vento che spirava verso l’oceano. Pochi i caravan, nessun camper. – Fermati fermati! – pregò Marina in preda all’eccitazione. Il nonno frenò bruscamente proprio di fronte all’Oceano Atlantico. – Va bene, piccola impaziente, ecco fatto – disse appoggiandosi allo schienale del sedile e guardandosi attorno. Marina aprì la portiera, scese e infilò i piedi scalzi nella sabbia fresca. Respirò profondamente l’odore del mare e si avviò di corsa verso la risacca, mentre i suoi capelli erano sferzati dal vento. 7
Era sera e lo spettacolo era mozzafiato. – Nonno nonno! Vieni a vedere! – urlò, spostandosi i capelli dalla bocca e girandosi verso il furgoncino, mentre la maglietta le veniva quasi strappata dalla forza della folata. Il sole si era fatto rosso fuoco e stava raggiungendo l’orizzonte; la massa d’acqua appariva fiammeggiante, mentre il resto dell’oceano aveva preso un intenso colore blu. Anche il cielo partecipava allo straordinario tramonto, tingendosi di rosso, ma, a differenza dell’acqua, era strisciato da ditate di nuvole nere. Marina aprì la bocca per lo stupore e le si sgranarono gli occhi. – Non ho mai visto una cosa del genere! – mormorò. Raggiunta dal nonno, infilò la manina nella sua grossa mano e lo sentì urlare: – Benvenuta a Tarifa, sull’Oceano Atlantico, piccola! Ti trovi sulla costa occidentale del continente europeo e stai assistendo a un superbo tramonto – disse abbassandosi per farsi sentire, per poi rialzare le spalle e gongolare e sorridere beato sotto ai baffoni bianchi, mentre la sua camicia fiorita si gonfiava e si sollevava come una grossa vela. – E le sorprese non finiranno qua – aggiunse, ma così sottovoce che Marina non poté sentirlo, complice il vento che le assordava le orecchie. 8
Rimasero seduti sulla spiaggia per una decina di minuti, nonostante l’infrangersi delle ondate formidabili. Poi assistettero a un lungo, spettacolare crepuscolo. Il sole era sparito sotto la linea dell’acqua, ma la luce, che invadeva ancora la spiaggia, permise di compiere le operazioni per preparare la tenda igloo. – Adesso all’opera, socia! Io cerco una comoda posizione per il nostro caravan – disse il nonno. – E io cerco la fontana e i gabinetti! – disse Marina. Nonno Paolo si infilò a fatica dentro il caravan e iniziò a preparare la cena. – Oggi, cibo da veri campeggiatori! Minestrone di fagioli in busta, toast con formaggio e insalatona di pomodori freschi. Per dessert, abbondante cioccolata fondente in stecca. La sua voce si perse però tra i rumori del campeggio e Marina riuscì a sentirla solo perché, in quel momento, si trovava dentro al caravan in cerca delle ciabatte di gomma, del costume da bagno e del suo aquilone. Una corsa sulla spiaggia era quello che ci voleva prima di cena. Intanto la notte avanzava e anche le persone accampate attorno preparavano le loro cene; scorgendo i nuovi arrivati, ciascuno disegnava con le mani un ampio e amichevole gesto di saluto. Tutti eccetto uno: un ragazzo li fissava intensamente e con fare concentrato. 9
Si faceva fatica a distinguerne i lineamenti: aveva folti capelli, agitati dal vento, che gli coprivano metà della faccia. Marina lo aveva già notato prima e aveva provato disagio per non poter vedere i suoi occhi, che rimanevano nascosti dal ciuffo. – Gli occhi sono lo specchio dell’anima – diceva sempre la maestra della ragazzina. Anche la maglietta attillata del ragazzo era quasi strappata via dalle folate di vento, ma lui rimaneva ritto a osservarli in modo insistente. I saluti tra la gente intanto si moltiplicavano, nelle più diverse lingue: – Wellcome! Buena Tardas! Guten Abend! Ciao! Quelle persone provenivano evidentemente da tutta Europa. Ma che cosa faceva quella strana compagnia accampata su una spiaggia abbandonata? E perché nonno Paolo aveva accompagnato Marina proprio lì? – Non è il momento di fare domande, adesso! – le aveva risposto dopo cena il nonno, quasi spazientito. La stanchezza del viaggio infatti si faceva sentire, complice anche la luce tremolante della candela che creava un’atmosfera sonnolenta. Il ritmo della risacca completò l’opera: era proprio l’ora di entrare nell’igloo e di ficcarsi dentro al sacco a pelo, stretta accanto al nonno, che dormiva già con i piedi fuori dalla tendina. 10
Il vento stava intanto placandosi. Il russare dell’omone accompagnava ora il fragore dell’Oceano. Marina strinse forte Micia, la sua gattina bianca di peluche e chiuse gli occhi. – Buonanotte socio! – sussurrò.
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