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I CLASSICI
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Pinocchio
Carlo Collodi, pseudonimo di Carlo Lorenzini, nacque a Firenze nel 1826. Scrisse diversi libri, assai divertenti, destinati ai ragazzi. Il suo capolavoro, “Le Avventure di Pinocchio”, uscì a puntate dal 1880 sul “Giornale dei Bambini”; nel 1833 venne pubblicato in un unico volume e successivamente tradotto in altre lingue e letto in tutto il mondo.
Carlo Collodi
Questo volume sprovvisto del talloncino a fronte è da considerarsi copia di SAGGIO-CAMPIONE,GRATUITO, fuori commercio. Esente da I.V.A. (D.P.R. 26-10-1972, n° 633, art. 2 lett. d).
La storia di “Pinocchio”, ormai conosciuta da tutti, fa volare leggera la fantasia in una molteplicità di avventure sempre nuove. Il burattino piace perché passa all’improvviso da momenti di profondo scoramento all’entusiasmo più sfrenato; perché in un attimo trasforma il pianto in sorriso; perché si trova in ambienti e paesaggi sempre nuovi; perché è circondato da una grande varietà di personaggi, ora comuni, ora singolari, ora fantastici. Allora la storia di Pinocchio si legge di getto e chi l’ha letta non si stanca di rileggerla.
I CLASSICI
Carlo Collodi
Pinocchio
IL MULINO A VENTO
IL MULINO A VENTO Per volare con la fantasia
IL MULINO A VENTO
IL MULINO A VENTO Collana di narrativa per ragazzi
Editor: Paola Valente Redazione: Emanuele Ramini Ufficio stampa: Salvatore Passaretta Team grafico: Letizia Favillo 1a Edizione 2009 Ristampa 8 7 6 5 4 3
2020 2019 2018 2017 2016 2015
Tutti i diritti sono riservati © 2009 Raffaello Libri Srl Via dell’Industria, 21 60037 - Monte San Vito (AN) www.raffaelloeditrice.it www.grupporaffaello.it e-mail: info@ilmulinoavento.it http://www.ilmulinoavento.it Printed in Italy
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È assolutamente vietata la riproduzione totale o parziale di questo libro senza il permesso scritto dei titolari del copyright.
Carlo Collodi
Pinocchio
Riduzione e adattamento di
Giovanna Marchegiani Illustrazioni di
Manuela Santini
Uno strano pezzo di legno C’era una volta...
– Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno. Un bel giorno questo pezzo di legno capitò nella bottega di un vecchio falegname che tutti chiamavano mastro Ciliegia. Il falegname si rallegrò tutto e, dandosi una fregatina di mani per la contentezza, borbottò a mezza voce: – Questo legno è capitato al momento giusto: voglio servirmene per fare una gamba di tavolino. Detto fatto, prese subito l’ascia per cominciare a levargli la corteccia, ma quando fu lì per lasciar andare la prima asciata, rimase 5
col braccio sospeso in aria, perché sentì una vocina sottile sottile che disse raccomandandosi: – Non mi picchiare tanto forte! Figuratevi come rimase quel buon vecchio di mastro Ciliegia! Girò gli occhi smarriti intorno alla stanza per vedere da dove mai poteva essere uscita quella vocina e non vide nessuno. Guardò sotto il banco, e nessuno; guardò dentro un armadio, e nessuno; aprì l’uscio della bottega per dare un’occhiata anche sulla strada, e nessuno. – Ho capito – disse allora ridendo e grattandosi la parrucca; – si vede che quella vocina me la sono figurata io. Rimettiamoci a lavorare. Allora prese in mano la pialla, ma, mentre piallava in su e in giù, sentì la solita vocina che gli disse ridendo: – Smetti! Tu mi fai il pizzicorino sul corpo! Questa volta il povero mastro Ciliegia cadde giù come fulminato. 6
In quel momento qualcuno bussò alla porta. – Avanti, passate pure! – disse il falegname. Allora entrò nella bottega un vecchietto tutto arzillo, di nome Geppetto. – Buongiorno, mastro Ciliegia – disse Geppetto. – Stamattina m’è piovuta nel cervello l’idea di fabbricarmi un bel burattino di legno; ma un burattino meraviglioso, che sappia ballare, tirare di scherma e fare i salti mortali. Che ve ne pare? – Buona idea, compare Geppetto. Cosa posso fare per aiutarvi? – Vorrei un po’ di legno stagionato. Mastro Ciliegia, tutto contento, andò subito a prendere quel pezzo di legno che era stato la causa di tante paure. Geppetto ringraziò e se ne tornò a casa.
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La nascita di Pinocchio Appena entrato in casa, Geppetto prese
gli arnesi e si mise a fabbricare il burattino. – Lo chiamerò Pinocchio – disse fra sé. Gli fece subito i capelli, poi la fronte, poi gli occhi. Fatti gli occhi, figuratevi la sua meraviglia quando si accorse che gli occhi si muovevano e che lo guardavano fisso fisso. Dopo gli occhi, gli fece il naso; ma il naso, appena fatto, cominciò a crescere: e cresci, cresci, cresci, diventò in pochi minuti un nasone che non finiva mai. Il povero Geppetto si affaticava a ritagliarlo; ma più lo ritagliava e lo scorciava, e più quel naso impertinente diventava lungo. Dopo il naso, gli fece la bocca. La bocca non era ancora finita di fare, che cominciò subito a ridere e a canzonarlo. 8
– Smetti di ridere! – disse Geppetto impermalito. Allora la bocca smise di ridere, ma cacciò fuori tutta la lingua. Geppetto finse di non accorgersene. Dopo la bocca, gli fece il mento, poi il collo, le spalle, lo stomaco, le braccia e le mani. Appena finite le mani, Geppetto sentì portarsi via la parrucca dal capo. – Pinocchio!... ridammi subito la mia parrucca! E Pinocchio, invece di ridargli la parrucca, se la mise in testa rimanendovi sotto mezzo soffocato. Geppetto continuò il suo lavoro e, dopo le mani, gli fece i piedi. Quando ebbe finito di fargli i piedi, Geppetto prese il burattino sotto le braccia e lo posò sul pavimento della stanza per farlo camminare. Pinocchio non sapeva muoversi e Geppetto lo conduceva per mano per insegnargli a mettere un passo dietro l’altro. 9
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