
Marta Bartolucci
Marta Bartolucci
Con progettazione e unità di apprendimento
Marta Bartolucci
questa è casa mia dalla lettura della storia
un nuovo modo di raccontare
La parola kamishibai in giapponese significa “spettacolo teatrale di carta” e indica un particolare tipo di narrazione in cui la voce del narratore racconta una storia con l’aiuto delle immagini che scorrono insieme allo svolgimento della vicenda Questo modo di raccontare ha avuto origine nei templi buddisti in Giappone già dal 1100, dove i monaci utilizzavano gli emakimono – testo di una storia illustrata in orizzontale – per raccontare e spiegare storie di carattere morale a un pubblico analfabeta.
In Giappone, la tecnica del kamishibai ha ripreso forza negli anni fra il 1920 e il 1950. Il gaito kamishibaiya, cioè colui che narra, viaggiava in bicicletta da un villaggio all’altro e radunava bambine e bambini battendo due legnetti fra loro per annunciare il suo arrivo e l’inizio dello spettacolo.
Per assicurarsi un posto in prima fila era necessario acquistare caramelle dal narratore, e una volta che si era radunato un buon pubblico egli iniziava a raccontare le sue storie attraverso tavolette di legno illustrate. Spesso le storie avevano una sequenza a puntate, così da assicurarsi il pubblico per la volta successiva.
La tradizione del kamishibai è stata messa duramente in crisi con l’arrivo della televisione negli anni Cinquanta, ma negli ultimi anni è stata ripresa in Giappone sia nelle scuole sia nelle biblioteche.
Questa tecnica si può utilizzare per realizzare letture animate grazie alle quali chi ascolta può contemporaneamente vedere, proprio come se si stesse leggendo un libro.
La narrazione inizia quando le due porte del teatrino si aprono come un sipario. La storia è suddivisa in tavole illustrate dove sul retro sono scritti i testi
Ogni tavola verrà man mano estratta dal teatrino per permettere lo scorrimento della storia e, mentre bambine e bambini hanno modo di osservare le illustra zioni delle tavole, il narratore può leggere la parte di storia corrispondente all’immagine mostrata e al tempo stesso interagire con il pubblico.
Il kamishibai permette di avere un pubblico più ampio rispetto alla lettura di un albo illustrato, dal momento che le immagini sono visibili anche da maggiore distanza.
Durante la narrazione può essere presente anche una musica di sottofondo o effetti speciali particolari, a seconda di quello che si sta raccontando e dell’effetto che si vuole avere.
Le storie presentate possono essere di ogni tipo, anche se spesso si prediligono narrazioni che hanno una certa morale e quindi insegnano qualcosa a chi le ascolta.
spiegazione su come si utilizza il kamishibai.
Creare un’atmosfera di attesa
Utilizzare un tipo di lettura espressiva 5 1 2 3 4
Oscurare l’ambiente
Puntare una torcia sul kamishibai
Posizionarsi dietro al kamishibai così da nascondersi dalla vista del pubblico
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Io e la mia casa è un progetto innovativo che si avvale di uno strumento antico, il kamishibai, e si fonda sull’importanza dell’ascolto.
La finalità è quella di far sviluppare competenze relazionali positive attraverso le proprie esperienze personali.
La storia funge da gancio per aiutare bambine e bambini a comprendere l’importanza dei legami affettivi e del concetto di casa come contenitore affettivo ed emotivo. Attraverso semplici attività si sottolinea l’importanza di poter tornare a casa come rifugio-nido, dove si è accolti, accettati e soprattutto ci si sente protetti e sicuri.
Per ogni bambino e bambina, con la propria emotività, questo significa essere certi di fare esperienze fuori dal contesto familiare senza per questo perdere la certezza di poter sempre tornare.
In un primo momento, ciascun bambino ricerca un contenitore-casa, che rappresenta un modo per riunire i propri pezzi, prendere consapevolezza del sé e tendere a proteggersi. Successivamente, il contenitore-casa serve per definire ciò che accade dentro e ciò che accade fuori, dando a tutto questo un ordine ben preciso. Il concetto di casa-nido rappresenta il luogo in cui stare, con le sicurezze di cui bambine e bambini necessitano per sentirsi profondamente sereni e sviluppare fiducia nelle figure adulte che, in quel luogo, li attendono.
Obiettivi
Favorire lo sviluppo delle competenze relazionali.
Favorire la costruzione di rapporti empatici.
Promuovere un clima di scambio consapevole.
Riconoscere l’importanza della cura.
Prendere consapevolezza dell’importanza delle relazioni sociali.
Finalità
Il bambino gioca in modo costruttivo e creativo con gli altri, sa argomentare, confrontarsi, sostenere le proprie ragioni con adulti e bambini.
Il bambino sviluppa il senso dell’identità personale, percepisce le proprie esigenze e i propri sentimenti, sa esprimerli in modo sempre più adeguato.
Abilità
Capacità di sviluppare un’identità personale e di riconosce i propri stati d’animo e quelli degli altri.
Capacità di controllo e gestione dei sentimenti in modo adeguato.
Capacità di sviluppare il senso di appartenenza a un nucleo familiare, comprenderne le dinamiche relazionali e affettive.
Competenze Europee
5. Competenza personale, sociale e capacità di imparare a imparare.
6. Competenza in materia di cittadinanza.
Denominazione
Un’unità di apprendimento con la finalità di far comprendere a bambine e bambini l’importanza del concetto di casa come rifugio, luogo di cura e di protezione emotiva.
Competenze chiave europee
Campi d’esperienza prevalenti e trasversali
1. Competenza alfabetica funzionale I discorsi e le parole
5. Competenza personale, sociale e capacità di imparare a imparare Il sé e l’altro
6. Competenza in materia di cittadinanza Il sé e l’altro
8. Competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali
Abilità
Capacità di provare empatia e prendersi cura degli altri.
Capacità di negoziare con la capacità di creare fiducia e di essere in consonanza con gli altri, creando relazioni positive.
Capacità di riconoscere il senso di appartenenza con i compagni, gli insegnanti, gli spazi, i materiali, i contesti e i ruoli.
Capacità di comunicare in modo costruttivo in ambienti diversi, di mostrare tolleranza, di esprimere e di comprendere diversi punti di vista.
Prerequisiti
Fase di applicazione
Tempi
Metodologie
Risorse umane interne ed esterne
Strumenti
Valutazione
Immagini, suoni, colori – Il corpo e il movimento
Traguardi di sviluppo
Gioca in modo costruttivo e creativo con gli altri, sa argomentare, confrontarsi, sostenere le proprie ragioni con adulti e bambini.
Sviluppa il senso dell’identità personale, percepisce le proprie esigenze e i propri sentimenti, sa esprimerli in modo sempre più adeguato.
Gioca in modo costruttivo e creativo con gli altri, sa argomentare, confrontarsi, sostenere le proprie ragioni con adulti e bambini.
Ragiona sulla lingua, scopre la presenza di lingue diverse, riconosce e sperimenta la pluralità dei linguaggi, si misura con la creatività e la fantasia.
Conoscenza base della propria identità personale e familiare
Marzo
Tutti i giorni con orari estremamente flessibili
Circle Time - Storytelling - Didattica laboratorialeCooperative learning - Peer education
Tutti i docenti di ogni sezione
Materiale strutturato per la realizzazione delle attività in sezione - Materiale di recupero, non strutturatoMateriale digitale (tablet, computer, digital board…)Kamishibai
In itinere basata sull’osservazione sistematica dei bambini, sulla documentazione realizzata dagli stessi.
MICROPROGETTAZIONE
TEMPI: un mese.
CONFLITTO COGNITIVO: comprendere il concetto di casa come contenitore emotivo, luogo di cura e di relazione affettiva.
IMPOSTAZIONE INIZIALE DELL’INSEGNANTE: predisporre ambienti adatti alle attività proposte, idonei per facilitare l’attenzione e la collaborazione e per la realizzazione di brevi circle time a tema.
INPUT: racconto con il kamishibai, storia, video, sedute di psicomotricità.
INCORPORAZIONE: prendere consapevolezza dell’importanza delle relazioni affettive all’interno della propria casa; comprendere e rielaborare storie.
RIFLESSIONE: discussioni in gruppo su cosa ci piace e cosa no all’interno della nostra casa e chi c’è a casa come perno affettivo.
PRODUZIONE: realizzazione di differenti elaborati con la finalità di sviluppare la capacità di comprendere la propria relazione con l’ambiente familiare.
PAROLE CHIAVE:
emotività
rifugio
kamishibai
relazione positiva casa circle time peer education
affettività
educazione civica
VALUTAZIONE E VERIFICA:
• Osservare bambine e bambini in un contesto ludico strutturato.
• Osservare ciascun individuo in relazione con l’altro.
• Annotare come si relaziona in piccolo gruppo e in coppia.
• Osservare bambine e bambini nel gioco libero.
La peer education è una metodologia didattica di insegnamento “tra pari”, che comporta un radicale cambio di prospettiva nel processo di apprendimento, ponendo studenti e studentesse al centro di tale processo.
Questa metodologia prevede che, in un gruppo omogeneo per età ed esperienza, vengano individuati dei peer tutors, scelti e formati per avere ruolo di educatori. La figura del docente si pone in secondo piano e bambine e bambini diventano docenti l’uno per l’altro
I primi tentativi di peer education risalgono alla fine dell’Ottocento in Inghilterra, quando due studiosi, Joseph Lancaster e Andrew Bell, hanno tentato di rimediare al problema del sovraffollamento delle classi popolari e alla quasi totale assenza di docenti professionisti. In Italia, invece, Don Milani applicò questo metodo all’interno della scuola di Barbiana e questo gli permise di comprendere che a giovarne non erano solo gli studenti, bensì anche i docenti.
La peer education è strettamente connessa al metodo e ai materiali di lavoro pensati e realizzati da Maria Montessori. All’inizio del Novecento, infatti, con classi numerosissime affidate all’insegnamento frontale, Maria Montessori elaborò una metodologia fondata sul fatto che bambine e bambini potessero lavorare in autonomia, se sostenuti da materiali idonei e si trovassero in un ambiente consono. In questa metodologia, il focus sta nel gruppo dei pari, che costituisce una sorta di laboratorio sociale, in cui sviluppare dinamiche, sperimentare attività, progettare, condividere, migliorando l’autostima e le abilità relazionali e comunicative. Le figure che si vanno a creare in questo tipo di didattica sono due:
• il tutor, ovvero il bambino-guida, che ha il compito di guidare, spiegare, condurre il compagno o il resto del gruppo lungo un percorso di crescita e di apprendimento;
• l’alunno, che si trova gerarchicamente sullo stesso piano del tutor, ma che ne richiede in maniera informale l’aiuto o la guida. I tutor, decisi dai docenti, sono percepiti dal resto del gruppo come interlocutori pari grado. Utilizzano infatti lo stesso linguaggio del gruppo, delle compagne e dei compagni, e possono in qualche modo arrivare con maggiore efficacia da un punto di vista comunicativo
Guida – Progetto “Io e la mia casa. Cura e protezione emotiva” a cura di Marta Bartolucci
La guida offre consigli sull’utilizzo del kamishibai, propone attività legate alla peer education e sviluppa un percorso educativo-didattico, con progettazione e unità di apprendimento, per affrontare il tema della casa come rifugio-nido, luogo da cui partire per fare nuove esperienze e a cui tornare per sentirsi al sicuro.
Una storia per raccontare la possibilità di fare esperienze fuori dal contesto familiare, avendo la certezza di poter sempre tornare a casa propria.
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Non vendibile separatamente
• Team redazionale: Giulia Eusebi
• Team grafico: Mauro Aquilanti, Nicoletta Moroni
• Illustrazioni: Monica Bauleo
• Foto: iStockphoto, archivio Raffaello
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