Ricordare Mauthausen Antisemitismo, razzismo, bullismo: diverse facce dell’intolleranza ieri come oggi
Vive a Bologna e insegna lettere nella scuola secondaria di primo grado. Ha frequentato un corso di giornalismo presso l’Università di Ferrara, ha compiuto molti viaggi che hanno ispirato i suoi romanzi. Ha pubblicato numerosi libri per ragazzi. Il suo sito è: patriziamarzocchi.com
La presenza del nonno, reduce del campo di concentramento di Mauthausen, la spinge alla ricerca delle radici della sua famiglia ebraica. È però tutto molto difficile perché il nonno non vuole parlare del passato. Emerge inoltre l’esistenza di un rancore profondo tra la famiglia di Mariangela e quella di uno strano ragazzo del paese, che lotta, assieme alle sorelle, contro un gruppo di bulletti razzisti. Un romanzo coinvolgente per riflettere sull’importanza della memoria storica.
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Online: approfondimenti e schede didattiche www.raffaellodigitale.it Questo volume sprovvisto del talloncino a fronte è da considerarsi copia di SAGGIO-CAMPIONE GRATUITO, fuori commercio. Esente da I.V.A. (D.P.R. 26-10-1972, n°633, art. 2 lett. d).
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788847 219670
Ricordare Mauthausen
Patrizia Marzocchi
Mariangela ha appena terminato con successo il primo anno del liceo, ha una famiglia benestante, frequenta una compagnia esclusiva, ha un’amica del cuore cui è molto legata. Non confida però a nessuno i suoi pensieri più intimi, tra i quali l’ossessione per il passato della sua famiglia di radici ebraiche. Improvvisamente, tutto il suo mondo crolla: la fabbrica del padre fallisce e la sua famiglia, ridotta in povertà, deve trasferirsi presso i parenti che vivono in campagna. Mariangela non trova il coraggio di confidarsi con gli amici e sparisce senza lasciare tracce. Odia tutto della nuova casa, del nuovo paese.
Patrizia Marzocchi
Patrizia Marzocchi
Patrizia Marzocchi
Ricordare Mauthausen Antisemitismo, razzismo, bullismo: diverse facce dell’intolleranza ieri come oggi
Antisemitismo, razzismo, bullismo: diverse facce dell’intolleranza ieri come oggi
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Collana di narrativa per ragazzi
Editor: Paola Valente Redazione: Emanuele Ramini Progetto grafico e copertina: Mauro Aquilanti Impaginazione: Giacomo Sano Disegno di copertina: Danilo Loizedda Approfondimenti e schede didattiche: Paola Valente Ufficio stampa: Salvatore Passaretta
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Tutti i diritti sono riservati © 2013
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Patrizia Marzocchi
Ricordare Mauthausen Antisemitismo, razzismo, bullismo: diverse facce dell’intolleranza ieri come oggi
Ad Amneris e Margherita, amiche di una vita.
Capitolo
1
Un annuncio sconvolgente
Mariangela
Fino all’avvenimento che cambiò tutto, ero una ragaz-
za molto fortunata. Forse. Appartenevo a una famiglia benestante, frequentavo il liceo classico per mia scelta, avevo un giro di amici esclusivo. Naturalmente mi lamentavo, ma esiste qualcuno che non lo faccia? Matilde, la mia amica del cuore che io chiamavo Matty, era l’esatto contrario di me, rappresentava tutto ciò che mi mancava. Era estroversa, pratica, intraprendente, solare, laddove io ero un po’ timida, incerta, passiva. Matty era l’anima del nostro gruppo e io la sua ombra, pertanto venivo tollerata. O almeno questa era la mia percezione. Comunque la mia vita scorreva su binari privilegiati: scuola, shopping, piscina (privata), vacanze in crociera e a Cortina. Nel silenzio profondo della mia camera, però, vivevo un’esistenza parallela e incomunicabile. Mi ponevo domande su tutto, senza mai riuscire a trovare risposte. Forse per questo leggevo molto, in modo quasi clandestino. Quando avevo cercato di parlarne agli amici, la risposta più benevola era stata uno sbadiglio. Avevo rinunciato. Fra le altre cose mi chiedevo perché le mie amiche passassero da un innamoramento all’altro e ne parlassero in continuazione, mentre a me non succedeva niente. O quasi: di recente era comparso Gianni nel nostro gruppo e nelle mie fantasie, ma il suo interesse nei miei confronti, se c’era, rimaneva molto ben nascosto. 5
Capitolo 1
Ultimamente, poi, ero coinvolta in un modo molto particolare da una vicenda che riguardava la storia famigliare: le nostre origini ebraiche. Mio nonno e i suoi genitori erano stati deportati in un campo di concentramento durante la seconda guerra mondiale. Era tornato solo mio nonno. Avevo provato a chiedere informazioni a mio padre che aveva scosso la testa: “È un argomento tabù, Mariangela, papà si è sempre rifiutato di parlarne. Non chiedergli niente quando lo vedi, mi raccomando”. Non c’era problema, mio nonno non lo vedevo mai. Almeno fino al momento della grande svolta. Avevo cominciato a leggere libri sull’argomento e la vicenda mi coinvolgeva sempre di più, in un modo doloroso e inspiegabile. Avevo persino fatto ricerche in internet, soprattutto attraverso facebook, per trovare lontani parenti, ma senza risultato. Francamente cominciavo a pensare che quella ossessione non fosse normale. Un intero mondo sommerso era blindato dentro di me. Non riuscivo a parlare a nessuno, nemmeno alla mia amica Matilde, di quelle mie emozioni, di quei pensieri che mi angosciavano, che tenevo chiusi nel segreto silenzio della mia camera. Quando le parole rimangono lì a contorcersi nella mente in qualche modo marciscono. Le parole hanno bisogno di uscire e trovare l’aria fresca della comunicazione. Poi arrivò l’evento che, come un vero terremoto, mandò tutto all’aria, portando in superficie le parti profonde e nascoste. Ho ritrovato un quaderno in cui avevo appuntato i fatti e i sentimenti di quell’estate torrida, così posso ricostruire tutto con una certa precisione. La vita può scorrere sempre uguale per lunghi anni, poi, all’improvviso, cambiare completamente in pochi giorni. 6
Un annuncio sconvolgente
In quel momento mi successe proprio questo: vidi una nuova realtà intorno a me e feci un tuffo nel passato che cambiò il mio presente e il mio futuro.
* * *
Si era ai primi di giugno, la primavera era scoppiata, l’anno scolastico si avviava alla conclusione e tutti pregustavamo l’estate in arrivo. A colazione mordicchiavo una fetta biscottata con marmellata di fragole e mi chiedevo se sarei stata interrogata in storia. Quasi quasi lo speravo anche se non lo avrei confessato nemmeno sotto tortura. La sera precedente ero rimasta in casa per studiare. Con Matilde, che aveva insistito un sacco perché uscissi, mi ero inventata un raffreddore. Nel Giro l’impegno scolastico è out. Si tratta di una compagnia chiusa, chiusissima, nella quale sono entrata solo grazie alla mia amica Matilde che conosco fin dalla scuola materna e che è decisamente più intraprendente di me. Lì dentro io sono l’unica a frequentare il liceo classico e non è facile far capire quanto sia impegnativa la mia scuola. Fingo di non studiare, sostengo di ricordare benissimo le lezioni, così si è diffusa la voce che ho una memoria prodigiosa. Non che questa sia una dote particolarmente popolare nel Giro, comunque è più accettabile della fama di secchiona. Mentre centellinavo la fetta biscottata mi chiedevo: Non è che io sia un po’ vigliacca? – Insomma, Mariangela, vuoi rispondere? – la voce petulante di mio fratello Giacomo mi ha raggiunto proprio in quel momento doloroso della mia riflessione. – Cosa vuoi? 7
Capitolo 1
– Prendiamo un gatto? – Ma che ne so? I genitori dovrebbero mettere al mondo i figli in rapida successione e non lasciare passare sette anni dall’uno all’altro, che poi la convivenza diventa ingestibile. – Chiedi a mamma e papà – ho detto più gentilmente. – Mamma non sa se papà è d’accordo, ho bisogno di un’alleata contro il tiranno! Il furbastro ha capito quale tasto toccare: ultimamente chiamo così nostro padre. Lo adoravo fino a un paio di anni fa, poi ho cominciato a contestarlo e ogni volta che parla mi irrita. E non va meglio con mia madre. Mi hanno pure portato da una psicologa che ha decretato che è inutile spendere soldi per una normalissima crisi adolescenziale. – Va bene, ti darò man forte – ho detto. Volevo vivere intensamente e fino in fondo la mia crisi adolescenziale e non intendevo lasciare perdere uno scontro con il tiranno. Improvvisamente mi sono resa conto del fatto che non lo vedevo dalla mattina precedente, una faccenda un po’ strana per come ero abituata. – A proposito dov’è finito papà? – ho chiesto a mamma che sonnecchiava con un’immensa tazza di caffè in mano. – Non so, pare che sia dovuto partire all’improvviso per lavoro. – Partire per dove? Mamma ha sbuffato: – Insomma, Mariangela, quanto sei irritante con le tue domande. Lo sai che non mi informa dei suoi affari... e in ogni caso torna oggi. Ho ricominciato a pensare ai fatti miei. La sera prima avevo anche finito di leggere L’amico ritrovato, il libro che parla dell’amicizia tra un ebreo e un, diciamo così, ariano, nella Germania nazista. Avevo pianto. 8
Un annuncio sconvolgente
Adesso avrei letto Se questo è un uomo. Sempre di nascosto, naturalmente. Il motivo della clandestinità non sono le origini ebraiche a cui non fa più caso nessuno, ma il fatto che legga. Nel Giro leggere è out. Quel giorno riflettevo su tutto questo. Si riproponeva la domanda: Non è che io sia un po’ vigliacca? – Mamma, vieni con me in piscina oggi? – ha chiesto mio fratello. Mamma stava sorseggiando il suo caffè e gli ha rovesciato addosso un immenso azzurro sguardo distratto. – A che ora? – Alla solita, ma’, alle cinque. – No, a quell’ora non posso, ho “il gruppo”. Viene Maria con te. Maria era la nostra domestica filippina, una specie di vicemamma. – Ma oggi ho la gara… – Bene, la vincerai di sicuro, sei il migliore! Lo sguardo azzurro si è allontanato e mio fratello non ha avuto il coraggio di insistere. Ha posato uno sguardo implorante su di me. Ho sbuffato e ho fatto finta di niente. Alle cinque del pomeriggio ci saremmo trovati tutti al bar davanti la scuola. Avevo già dato buca la sera prima, non avevo intenzione di rifarlo per una gara di nuoto tra bambini di otto anni. Me la sono presa con mamma: – Potresti anche lasciare perdere i tarocchi, una volta, per tuo figlio! – Per mio figlio lascerei perdere tutto – ha detto lei, piccata. – Per la sua vita, intendo, e anche per la tua. Ma qui non è in ballo la sopravvivenza di nessuno, mi pare. Oggi devo fare una relazione al gruppo e non intendo venire meno a un impegno per una semplice gara di nuoto che non dipende minimamente da me. 9
Capitolo 1
– Una relazione sui tarocchi? – ho chiesto con ironia. – Certo, si tratta di un’arte antica e io la sto studiando. E tu cerca di avere rispetto per gli interessi altrui, signorina. Rispetto per l’arte antica dei tarocchi, figuriamoci, non ne ho mai avuto mezzo. A scuola sono stata interrogata in storia e ho fatto un figurone. Al ritorno, prima di pranzo, mi ha telefonato Matilde. – Come stai, passato il raffreddore? – mi ha chiesto. – Un po’ meglio, oggi posso uscire… – Sei stata interrogata, poi? – Sì, me la sono cavata. – Ah, santa memoria prodigiosa, beata te. Oggi cambio di programma, tutti in piscina da Valeria. Ti vengo a prendere alle quattro: quella pizza di mia madre non mi fa uscire prima, dice che devono passare almeno due ore dal pranzo, secondo me è una stupidaggine, Valeria fa il bagno anche subito dopo mangiato e non le è mai successo niente… Alla parola piscina sono stata colta da un vago senso di colpa, comunque le ho detto che andava bene. A pranzo mi sono stupita di trovare mio padre, pensavo fosse in viaggio per affari. E poi lui non veniva mai a casa a mezzogiorno, rimaneva in fabbrica dalla mattina alla sera. Ripeteva sempre che se mia madre aveva avuto la fortuna di ereditare il mobilificio dal padre, lui aveva il dovere di gestirlo con tutte le sue energie e in tutte le ore disponibili. Aveva una faccia scura che non ricordavo di avergli mai visto. Non che mio padre sia una persona allegra, anzi, il senso dell’umorismo proprio non gli appartiene. Quando io faccio delle battute, dice che ho ereditato la vena ironica dalla sua famiglia, ma a quanto pare la trasmissione di questa caratteristica ha saltato una generazione, cioè lui. 10
Un annuncio sconvolgente
In ogni caso, prima aveva sempre un’espressione seria ma serena. Quel giorno era diverso. Un istinto mi suggeriva che non era il momento di introdurre il problema gatto, ma una sorta di inerzia mi ha impedito di farlo presente a mio fratello che infatti alla prima forchettata di spaghetti è partito all’attacco: – Pa’, io e Mariangela vorremmo prendere un gatto – ha detto con la bocca piena. – Si dice Mariangela e io – lo ha corretto mamma. Sentivo che tutto questo era totalmente inopportuno, ho avvertito una tale tensione che mi si è bloccata la digestione. Ho ingoiato gli spaghetti senza masticare e loro sono piombati nello stomaco senza passaggi intermedi. Mi sono piegata in due per il dolore. – Cosa ti succede? Bevi un bicchiere d’acqua – ha detto mamma. – Hai capito, pà? – ha insistito Giò. – Mariangela e io vogliamo un gattino! Papà ha continuato a mangiare in silenzio e forse anche mamma ha cominciato a chiedersi cosa stesse succedendo. – Come mai sei a casa oggi, Samuele? Papà non ha risposto e la preoccupazione si è fatta strada persino sul faccino paffuto di Giò. – Papà, è successo qualcosa? – ho chiesto dopo qualche minuto di masticazione silenziosa. Lui ha allontanato bruscamente il piatto, ci ha fissato uno a uno, con sguardo cupo, poi ha detto: – Sì, è successo che siamo rovinati. Completamente.
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Capitolo
2 Addio
In quel momento si è conclusa la mia prima vita, e tutti
i particolari di quell’ultima giornata mi si sono inchiodati nella memoria. Quello che è successo subito dopo, invece, veleggia in una nebbia fitta, come se a viverlo non fossi stata io, ma il mio fantasma. Certe letture che si fanno a scuola non hanno alcun senso sul momento, può capitare però che quelle oscure parole si illuminino improvvisamente di significato. Mi è successo con l’“Addio monti” de I Promessi sposi. La differenza è che lo struggente saluto di Lucia al suo paese avviene in un momento, mentre il mio è durato 18 giorni, ed è una faccenda che può seriamente logorare un sistema nervoso. Ogni attimo è stato un silenzioso addio. Addio alla cameretta silenziosa e protettiva dove ho liberato i pensieri più segreti. Addio alla vecchia scuola, ai vecchi compagni di classe, con i quali, a causa della mia esasperata lentezza, stavo appena cominciando a creare un legame. Se fossi rimasta, forse saremmo diventati amici. Persino i prof, dei quali mi sono tanto lamentata, mi sembrano una perdita dolorosa. Addio al Giro: i pomeriggi a fare shopping, la panchina, il bar, la piscina da Valeria che ha una meravigliosa casa in collina, aperta sempre a tutti noi, le domeniche pomeriggio in discoteca. Addio alla noia che mi prendeva in certi momenti, ma che ora mi sembra già un tesoro perduto. 12
Addio
Addio alla casa in centro, ai negozianti che conosco da quando ero bambina, al parco che ho percorso migliaia di volte assieme a Matilde, alle anatre del laghetto che stavo a osservare a lungo, come ipnotizzata, senza un motivo preciso. Addio alla paghetta generosa che ricevevo ogni settimana e mi permetteva di andare dal parrucchiere, dall’estetista, a fare shopping, al cinema senza mai dover chiedere. Addio a Gianni, che mi piaceva, ma non mi filava per niente. Speravo che prima o poi sarei riuscita a farmi notare… Matilde dice sempre che faccio troppo la difficile con i ragazzi ed era contenta che finalmente me ne piacesse uno, anche se le speranze di successo erano assai scarse. Addio soprattutto a Matilde, la mia grande amica Matty. Ci siamo conosciute alla scuola materna e non ci siamo mai più lasciate. Come farò senza di lei? Infinite volte in questi giorni ho aperto la bocca per raccontarle quello che mi sta succedendo e sempre l’ho richiusa: non ce la faccio. Sono una vigliacca. Adesso lei pensa che io stia per partire per la crociera e che poi la raggiungerò a Cortina, così come è successo ogni anno. Infine addio alla mia famiglia felice: la tensione e il rancore in casa sono una densa nube soffocante. Gli strilli della mamma si sono infranti sul muro di silenzio di papà; adesso nessuno parla. Non posso più esercitare il mestiere dell’adolescente antagonista: il tiranno è KO. Mio fratello sembra non capire e continua, solitario, ad ancorarsi alla vita precedente: parla di gare di nuoto e playstation. Nessuno gli risponde. Ho concluso brillantemente il mio primo e ultimo anno di liceo. Papà dice che dovrò cambiare scuola, ottenere un diploma che mi dia la possibilità di avere un lavoro al più presto, rinunciare all’università. Adesso siamo poveri. Me lo 13
Capitolo 2
ripete di continuo. Ha venduto tutto: casa, auto, gioielli, oro, mobili… Sono riuscita a tenermi il portatile e il cellulare solo perché nessuno si ricorda che li possiedo o più probabilmente perché se ne ricaverebbe ben poco. Adesso ci trasferiremo in uno sperduto paese in campagna, dove abitano i nostri parenti che ci ospiteranno. Papà è riuscito a tenere il fallimento della sua ditta sotto silenzio, ma la notizia si diffonderà presto. Succederà quando noi saremo già sepolti in quel paese, da parenti che nessuno dei miei amici conosce, nemmeno Matilde. Sparirò nel nulla, come un fantasma.
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Capitolo
3
Quattro figli combattivi Giorgio
Giorgio guarda suo padre con astio.
– Non è giusto quello che stanno facendo e tu lo sai! Sua madre alza gli occhi al cielo, mentre Lucia e le gemelline annuiscono con convinzione. Suo padre batte con violenza la mano sulla tavola. – Smettila con questa storia, stai coinvolgendo anche le bambine e tutti e quattro non capite niente di affari! – Io dico che c’è modo e modo di fare i soldi. La schiavitù è stata abolita da un pezzo! – Schiavitù, che esagerazione! – dice sua madre. – Ti avrei dovuto mandare all’asilo con tutti gli altri quando eri piccolo invece di lasciarti con tuo nonno che ti ha riempito la testa di storie immaginarie! I raccoglitori vengono pagati! – Quanto? Dai mamma, rispondi! – Quanto basta, figliolo! – Tutti… e dico tutti i proprietari di un qualche pezzo di terra in paese danno lavoro agli stagionali pagandoli in nero – rinforza il padre. – Ci sarà pure un motivo. – Se ci fosse il nonno, non ragionereste in questo modo – conclude Giorgio. – Il nonno è morto cinque anni fa, nel frattempo le cose sono cambiate. Adesso c’è la crisi. Lui sarebbe d’accordo. – Non credo proprio! – In ogni caso ci sono rimasti questa casa, la farmacia e il cognome nobiliare, ma non abbiamo più ricchezze né terreni, quindi non capisco di cosa stiamo a discutere. 15
Capitolo 3
– I problemi degli altri sono anche problemi nostri. Voi difendete i vostri amici aguzzini… – riprende Giorgio. – “Aguzzini”, andiamo, usa le parole a proposito! – Chi consumava lo zucchero prodotto nelle piantagioni nel XVIII secolo aveva forse le mani pulite rispetto alle sofferenze degli schiavi? I genitori boccheggiano nel tentativo di legare le fila del suo ragionamento. – È per questo che ti rifiuti di mangiare pesche, mele e pere? – chiede suo padre che è pervenuto al collegamento. – Certo! Io non consumo cibi raccolti col sudore degli sfruttati! – Ma quanto sei esagerato! – sbuffa sua madre. – Non è giusto sfruttare gli immigrati – dice la piccola Lucia. – Ecco vedi? – sbotta suo padre, – stai trasformando le mie figlie in piccole sovversive. – Noi ragioniamo con la nostra testa! – si indigna gemellina Uno. Papà le chiama Uno e Due da quando sono nate. In un primo momento non riusciva a distinguerle così aveva scritto un numero sulle manine. Adesso le riconosce benissimo, ma continua nello stesso modo. – Tu, papà, ci fai torto a considerarci delle mere imitatrici di nostro fratello – echeggia Due con quel suo tipico fare da intellettuale. Entrambi i genitori la guardano con gli occhi sgranati, non riescono a capire da dove attinga quel gergo così inadatto alla sua età. – A dieci anni, tesoro – le dice la madre, con gentilezza, – non si è ancora in grado di capire certe cose, anche se si è molto intelligenti. – Noi capiamo che i vostri amici fanno lavorare gli immigrati senza un contratto regolare – insiste Due. – D’accordo – conviene il padre – allora ascoltatemi bene, 16
Quattro figli combattivi
voi quattro che siete così esperti di diritti dei lavoratori. Se i proprietari facessero contratti regolari ai raccoglitori stagionali, in primo luogo guadagnerebbero pochissimo, ma – mette le mani avanti a prevenire le obiezioni, – questo a voi non interessa. Allora vi dico qual è il secondo punto: se dessero salari regolari, quel lavoro lo prenderebbe la gente del paese, perché c’è la crisi, anche se voi, angeli della giustizia, non ne avete ancora subito le conseguenze. In questo caso i vostri protetti rimarrebbero del tutto senza lavoro. Perché non andate a chiedergli cosa preferiscono? – È lo stesso ricatto che veniva fatto all’epoca della rivoluzione industriale – chiarisce Giorgio. – O accetti un salario da fame, o muori di fame. Sembra che siamo ritornati indietro di due secoli! Le sorelle non sanno bene cosa sia la rivoluzione industriale ma hanno colto il punto e annuiscono con convinzione. Suo padre allarga le braccia. – E io cosa ci posso fare? Poco dopo Giorgio su facebook scrive all’amica Giovanna: Non è che io non capisca il punto di vista dei miei, tra l’altro loro non c’entrano niente. Lavorano nella loro farmacia e stop. Noi mica siamo proprietari terrieri. Quello che mi infastidisce è che vorrebbero educarci all’indifferenza verso i problemi dei più deboli, al quieto vivere degli egoisti. Non è giusto. E poi qui in paese c’è un gruppo di bulletti che perseguita i figli degli immigrati. Tutto questo mi fa star male…
Sei troppo sensibile, Giorgio. Il tuo problema è quel paese lì, non è un posto adatto a te… 17
Capitolo 3
Vero, e adesso ho davanti tutta l’estate per “godermelo” fino in fondo. Niente vacanze: c’è la crisi e i miei non possono chiudere la farmacia con il rischio di perdere i clienti. Non ho uno straccio di amico qui e sarà un supplizio senza rimedio. Vieni a trovarmi uno di questi giorni, prima che io parta, dai! Vedo se riesco, notte. Giorgio spegne la connessione e si chiede se ha voglia di vedersi con Giovanna da soli. È carina e chiaramente sta aspettando che lui faccia la prima mossa. Ha splendidi occhi azzurri, è simpatica, intelligente. Poi c’è Paola: pure lei ha gli occhi azzurri e gli piace abbastanza. Adesso che la scuola è chiusa, se va a trovare una l’altra si offende. Incontrarle insieme non è una buona idea, così non fa niente. Perché si sente così indeciso?
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Capitolo
4
Tra galline e zanzare Mariangela
Sono atterrata tra galline e zanzare. In vita mia non ho
mai visto niente di più orribile di questo luogo nel mezzo del nulla: una piazzetta quadrata, circondata da qualche casa e da un’infinita campagna costellata di casolari isolati. Il viaggio è avvenuto in un silenzio che definirei glaciale se non fosse stato per il caldo soffocante. La “nuova” auto di papà non ha l’aria condizionata. Ha almeno dieci anni e arranca faticosamente. Mi fa quasi pena, avrebbe bisogno del riposo eterno del rottamatore. Mamma non rivolge più la parola a papà: è convinta che lui abbia distrutto quello che suo padre aveva costruito. Mio fratello, che sa essere così fastidioso, sembra catatonico. Quando siamo approdati nella casa dello zio, abbiamo ricevuto la prima accoglienza da un nugolo di zanzare tigre. Per loro io sono l’equivalente di una torta alla panna montata e cioccolata, così nel giro di pochi minuti mi sono ritrovata con il corpo ricoperto di bozzi rossi pruriginosi. Poi sono arrivate le galline che circolano liberamente nel cortile. Infine siamo stati accolti dai parenti: nonno, zio, cugino. Tutti maschi. Le uniche parole che ho sentito pronunciare da mia madre nel corso della serata sono quelle sussurrate a mio padre mentre io li seguivo per prendere possesso della mia camera: “Naturalmente ora Mariangela e io dovremo fare da serve a questa tribù di contadini maschi! Immagino che sia il pegno per l’ospitalità ai parenti poveri”. 19
Capitolo 4
Non basta dover lasciare tutto il mio mondo, rinunciare al liceo e all’università, non basta essere piombata nella miseria, ora dovrò fare la cameriera a cinque maschi, assieme a mia madre che in vita sua non ha mai fatto niente e che è totalmente priva di senso pratico. Mio cugino Francesco sembra Pel di Carota, come in quel racconto che ci ha fatto leggere la prof delle medie. Ha i capelli rossi, le lentiggini, gli occhi azzurri che sembrano perennemente stupiti. Ho il dubbio che sia un po’ ritardato. Questa sera comunque ha cucinato il nonno, lo zio ha apparecchiato e sparecchiato, mentre Francesco ha lavato i piatti. Naturalmente è andata così solo perché eravamo appena arrivati, nei prossimi giorni quelle mansioni toccheranno a mamma e a me. Se ne avessi voglia, riderei: immagino che razza di schifezze mangeranno questi poveri contadini. Sto per diventare una cenerentola di campagna, con la differenza che invece delle sorellastre ho un cugino tonto, un fratello fastidioso e nessuna possibilità di essere salvata dal Principe Azzurro. Adesso sono nella mia nuova camera. Ha il letto alto, come si usa in campagna, candide tendine ricamate, un vecchio comò e un armadio che deve risalire a qualche secolo fa. Forse è un pezzo di valore… Non c’è la scrivania, non è una stanza pensata per una studentessa. Ma io sarò ancora una studentessa? Papà dice che Giò e io siamo molto fortunati a possedere una camera a testa, in queste condizioni: la casa di nonno è molto grande. Sai che fortuna, non so proprio come ringraziare… Disfo la valigia e sistemo le mie cose. Dovrò tenere cari i vestiti che ho, non potrò comprarne per parecchio tempo. Non abbiamo più nulla, solo debiti. Quante volte ha ripetuto questa frase papà nell’ultimo mese? 20
Tra galline e zanzare
Lo so, Matty, non ti ho detto niente. Ho rimandato di giorno in giorno e alla fine sono partita senza confessarti quello che è successo. Avrei dovuto farlo almeno con te, l’amica della mia vita. Ma questa cosa qui non ce la faccio… Perdonami, sono una vigliacca. Di fronte al portatile e al cellulare che giacciono in fondo alla valigia mi paralizzo. Basterebbe accenderli e mi ritroverei in contatto con i miei amici, con Matilde, soprattutto. Sicuramente ci sono messaggi ovunque, nel cellulare e sulla mia pagina facebook. Sicuramente mi chiedono che fine ho fatto. Mi sono detta che, passato lo shock, avrei spiegato tutto a Matilde e che poi ci avrebbe pensato lei a diffondere la notizia. Prendo computer e cellulare, entrambi spenti, e li seppellisco in fondo all’ultimo cassetto del comò.
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Capitolo
5 All’ombra della quercia
Il nonno ha l’abitudine di sedersi tutti i giorni dopo pranzo
all’ombra di un enorme albero frondoso che mi hanno detto essere una quercia (la mia competenza in fatto di alberi è nulla). Prende un seggiolino pieghevole, lo porta nella zona centrale dell’ampia fascia di ombra e si siede lì, senza fare nulla. O meglio, fuma la pipa e guarda il cielo attraverso le fronde. È da un po’ che lo guardo per cogliere il momento giusto. Decido che ci siamo, afferro anch’io un seggiolino e mi piazzo vicino a lui. Dopo averlo fatto, chiedo ipocritamente: – Disturbo? Il nonno alza le spalle, e lo sguardo ceruleo che mi riversa addosso lascia intendere che in effetti sì, disturbo. Non sembra un nonno, intendo quelli che compaiono nei film o nei romanzi. Altro termine di paragone non ho perché il padre di mamma è morto quando ero piccola e non lo ricordo. Comunque quando uno pensa a un nonno, immagina un vecchio che adora i nipoti e fa carte false per stare con loro, per accontentarli. Questo Salvatore Pancaldi, dai folti capelli bianchi e gli occhi azzurri, dal fisico robusto e l’espressione perennemente corrucciata, sembra infischiarsene allegramente dei nipoti. Non mi lascio scoraggiare, solo mi chiedo da dove cominciare, per cui rimango un po’ anch’io a osservare il cielo attraverso le fronde della quercia. Frammenti di azzurro ballano tra le foglie, esaltati dai bagliori di sole che riescono a insinuarsi tra i rami. 22
All’ombra della quercia
– Sai… – esordisco e giuro che in questo preciso istante non ho idea di come continuerò. Infatti ammutolisco subito. – Vuoi sapere perché non ci sono donne in questa famiglia? – interpreta lui, continuando a guardare in alto. – Sì, ecco – dico fissando un punto a caso nella stessa direzione e intanto penso che se qualcuno ci osservasse penserebbe che abbiamo avvistato una navicella di marziani. – Dopo la morte di mia moglie, nove anni fa, mia nuora ha preferito andarsene. L’argomento è esaurito, dal suo punto di vista. – Non deve essere stato facile per tre uomini organizzarsi da soli. – Ci dividiamo i compiti. – Non parlavo solo… – Ognuno gestisce i suoi dolori senza scaricarli sugli altri. Chiuso: questo non è un nonno, è una cassaforte blindata. Lascio passare un po’ di tempo, abbandonandomi all’immobilità desolata di questa infinita campagna. Ho l’impressione di vivere in una sorta di eternità. Tutto è fermo, silente. A parte i grilli. Ma ci si abitua talmente al loro incessante frinire che sembra non esista più. Frinire: da dove arriva questa parola? Dalle elementari: le pecore belano, gli asini ragliano, i grilli friniscono… – Sto leggendo Se questo è un uomo di Primo Levi. Sono riuscita a stupirlo: si volta di scatto e mi rivolge uno sguardo allarmato. Sì, allarmato, ne sono sicura. – Perché mai una ragazzina dovrebbe interessarsi a un argomento così noioso? – rivolge di nuovo lo sguardo al cielo, ma la mano rugosa che stringe la pipa si contrae leggermente. – Sei la prima persona a cui lo dico – gli confido. – Cos’è, un segreto? – No, è che quello che leggo io non interessa a nessuno. 23
Capitolo 5
– Dovrebbe interessare a me? – Forse sì, tu sei ebreo. – Anche tuo padre lo è. – Lui non sa niente di niente. Dice che non ha alcuna importanza, dal momento che non è praticante. I tuoi genitori sono morti in un campo di concentramento, e anche tu ci sei stato, ne ho sentito parlare, ma nessuno ha saputo dirmi niente di più. – Non c’è niente altro da dire. – Ho fatto anche delle ricerche su internet per cercare i nostri parenti, ma non ho trovato niente, nessuno di quelli che ho contattato è ebreo. Mi scruta con un’ombra di stupore, poi accenna a un sorriso di scherno, o almeno così mi pare, ma non risponde. Continuo implacabile: – Ho letto un sacco di cose su Mauthausen. Era il peggiore tra i campi di sterminio, le persone che venivano portate lì erano destinate a morire. A Berlino avevano programmato che il tempo di sopravvivenza dei deportati dovesse essere di nove mesi, ma nella realtà era di meno. I deboli e malati venivano mandati nelle camere a gas appena arrivati, gli altri morivano di stenti nella cava, di fame e di freddo. I cadaveri erano bruciati nei forni crematori. Quando un comandante delle SS voleva uccidere un detenuto buttava il suo berretto contro il filo spinato e gli ordinava di andare a riprenderlo così le sentinelle gli sparavano. I kapò venivano scelti tra i criminali detenuti ed erano feroci con gli altri prigionieri, li uccidevano per una minima sciocchezza e… Mi blocco, rendendomi conto che tutte le parole chiuse nella mia testa per mesi ora stanno uscendo in modo disordinato e soffocante. – Se sai tutto, cosa vuoi da me? – chiede il nonno pacatamente. 24
All’ombra della quercia
– Tu ci sei stato… Mi rivolge uno sguardo cupo. – Non ho mai parlato a nessuno di questo – dice. – Sono passati più di sessant’anni, non pensi che sia ora di farlo? – No. – Vuoi portarti quell’esperienza nella tomba senza comunicarla a nessuno? – Sì. Rimaniamo a lungo in silenzio e pare che niente debba succedere. Mai più.
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Capitolo
6 Il ragazzo col passeggino
L’anno scorso di questi tempi ero a Cortina, ospite di Ma-
tilde. Avevo appena concluso la rituale crociera con la mia famiglia ed ero abbronzantissima, snella, carina, anche se un po’ bassa per i miei gusti. Adesso invece sono sempre bassa, ma bianca, molliccia, ingrassata, a causa di tutta quella cioccolata che ho ingurgitato negli ultimi tempi per dimenticare. Per fortuna Gianni non mi può vedere: già non mi filava prima, figuriamoci adesso. Lui è molto carino, ha gli occhi verdi, poi è interessante, anche se non parla molto. O forse proprio per quello, chissà. A Cortina sentivo su di me lo sguardo degli amici della montagna e ne ero compiaciuta, anche se in realtà non mi piaceva nessuno. Trascorrevo il mio tempo tra shopping, sauna e qualche passeggiata, poche a dire il vero, perché non trovavo mai nessuno che mi accompagnasse. A me piace camminare. Lo faccio ora, in questa campagna desolata, sotto un sole che alle dieci del mattino è già cocente. Ho ricevuto una buona dose di punture: di giorno ci sono le zanzare tigre, di notte quelle normali e a tutte io piaccio molto. Lo zio mi ha dato una lozione con cui cospargermi, ma non l’ho ancora usata: provo un certo gusto perverso nel sottopormi a un dolore fisico che mi distrae da quello spirituale. Questa mattina, quando ho aperto gli occhi e in un lampo ho ripreso coscienza della situazione, avrei voluto richiuderli. Per sempre. D’accordo, è un’idea melodrammatica, ma vedo nero. 26
Il ragazzo col passeggino
Abbiamo fatto colazione tutti insieme e le cose sono andate come sempre. Il nonno ha preparato, lo zio ha apparecchiato e sparecchiato, mio cugino Francesco ha lavato tazze e posate. Qui il primo pasto della giornata è piuttosto pesante: uova strapazzate, prosciutto, fette biscottate e marmellata, spremuta di pompelmo, latte, caffè. Io ho appena bevuto un sorso di latte e morsicato una fetta biscottata, mentre i nostri parenti di campagna si sono abbuffati allegramente. Papà e mamma continuano a non parlarsi. L’unico ad avere ritrovato la favella è mio fratello Giò. Ha subissato tutti di domande: se c’è una piscina, un campo giochi, se può usare il computer, se ci sono altri bambini nelle vicinanze. Papà gli ha fatto notare che qualsiasi attività scelga di svolgere deve essere gratuita. A me invece non importa un bel niente di niente. Di buono c’è che ancora nessuno ha chiesto a noi donne di fare le faccende di casa, ma immagino sia solo una questione di tempo. Papà e zio hanno parlato a proposito di un lavoro per papà, in campagna. Poverino, dovrà fare il contadino, non riesco proprio a vederlo con la zappa in mano, lui che dirigeva una fabbrica con cinquanta operai e che stava dodici ore al giorno in ufficio. Mamma è pallida, ha le occhiaie fino al mento, le labbra strette, quasi volesse serrare la bocca per impedire alle parole di uscire. Subito dopo colazione, sono uscita, scansando i tentativi di socializzazione di mio cugino, e ho cominciato a vagare a casaccio, inseguita dalle mie fan, le zanzare tigre. Ho imboccato un sentierino che costeggia un campo e ho camminato. Camminato e camminato. Forse devo stordirmi e con questo sole che mi batte in testa magari ci riesco. Non devo pensare a Cortina, alla crociera, alla sauna, alla piscina, al liceo. Addio. A me piaceva il liceo, mica solo per gli amici. Facevo 27
Capitolo 6
quella annoiata, come gli altri, quella che uffa i prof, quella che avrei ben di meglio da fare che stare sul libro di latino, quella che ho giusto dato un’occhiata al capitolo se mi becca sono fritta. Addio memoria prodigiosa. Mi resteranno i libri, quelli non me li toglierà nessuno; anche se non potrò comprarli, esistono sempre le biblioteche. Immagino che ce ne sia una persino qui. Immersa nei miei pensieri, ho continuato a vagare e non so più dove sono. Chissà come farò a ritrovare la strada del ritorno… Ecco, potrebbe essere una buona idea: smarrirsi per sempre nella campagna, vagare nell’afa estiva e nella nebbia invernale, fino all’oblio… Che stupidaggini mi vengono in mente, Matty! Tu rideresti di me, ne sono sicura, poi cercheresti di incoraggiarmi. Cosa potresti dirmi? Non mi viene in mente niente. Ah sì, forse: “Non scoraggiarti Mary, domani è un altro giorno e qualcosa ti inventerai di sicuro!” Cosa, Matty, cosa mi posso inventare in questo incubo? Sono sola e totalmente priva di iniziativa, tu mi conosci… Di fronte a me c’è un frutteto, di pesche, mi pare. I raccoglitori sono tutte persone di colore, non proprio neri, devono essere marocchini o tunisini. Che strano, non ci sono più contadini da queste parti? Osservando bene, però un bianco c’è: è un ragazzo moro, alto e allampanato. È a torso nudo e sta distribuendo acqua ai raccoglitori. Sarà il figlio del padrone del frutteto? Mi apposto dietro un albero e osservo la scena. Adesso tira fuori una bisaccia da uno strano carrettino, che sembra… ma sì è un passeggino per bambini. I raccoglitori gli si fanno intorno e lui distribuisce panini. Qualcuno gli dà una manata amichevole sulla spalla. Arriva un altro bianco, un tipo corpulento, 28
Il ragazzo col passeggino
e gli si rivolge in modo aggressivo. Il ragazzo gli tiene testa e discute animatamente. Anche i neri discutono, c’è un po’ di parapiglia, poi il vecchio dà un ordine secco e tornano tutti a lavorare. Il ragazzo raccoglie le sue cose e si avvia verso il sentiero spingendo il passeggino. Be’ è una faccenda davvero stravagante. Lo seguo da lontano, senza farmi scorgere. Il tipo attraversa la campagna, cammina con calma su quelle lunghe gambe sottili, e arriva vicino alla piazzetta del paese, poi si infila nel portone di una palazzina. Se non altro sono riuscita a tornare all’ovile.
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L’ingresso di un campo di concentramento
Per non dimenticare Approfondimenti storici Attualizzazione della tematica Proposte di lettura Filmografia
A cura di Paola Valente 139
Ciak ...
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La Shoah
La parola ebraica Shoah significa “disastro, catastrofe, distruzione” e designa lo stermino totale degli ebrei perpetrato dai nazisti tedeschi capeggiati da Adolf Hitler. Un’altra parola indica la persecuzione contro gli ebrei: pogrom, che deriva dal russo e vuol dire “devastazione”. Il popolo ebraico subì nei secoli innumerevoli pogrom: gli ebrei in quanto tali furono perseguitati in tutta Europa, scacciati, uccisi, usati come valvola di sfogo e capro espiatorio per la rabbia dei popoli. Nella Germania nazista questa persecuzione fu sistematica e disumana, attuata con lo scopo dichiarato di cancellare dalla faccia della terra tutta la razza ebraica, considerata inferiore, degenerata, impura.
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Cronologia della Shoah
1933 Adolf Hitler è nominato cancelliere della Germania. In luglio vengono sciolti tutti i partiti, rimane solo il partito nazista. Durante quest’anno agli ebrei sono progressivamente tolti i diritti di: – praticare l’avvocatura e la professione di giudice; – ottenere assistenza medica statale; – essere iscritti a club sportivi e alla Federazione Tedesca degli Scacchi; – cantare nei cori e accedere alle spiagge; – lavorare per la stampa non ebraica. Il 22 marzo, a Dachau, si inaugura il primo campo di concentramento la cui fondazione viene propagandata per impaurire la popolazione. Il 10 maggio, nelle principali città tedesche, sono messi al rogo i libri di autori ebrei e antinazisti. 1934 La stampa nazista accusa gli ebrei di complotto internazionale. Gli ebrei sono espulsi dall’esercito e non possono prestare il servizio militare. Inoltre per loro sono appesantite le tasse ed eliminati i sussidi di disoccupazione. 141
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La notte tra il 29 e il 30 giugno è detta “dei lunghi coltelli”: vengono assassinati tutti gli oppositori di Hitler. Viene aperto un altro campo di concentramento a Esterwegen. 1935 Gli ebrei non possono più esercitare la professione di scrittore e di musicista né commerciare in opere d’arte e in oggetti di antiquariato. Non possono passeggiare in gruppo e hanno panchine riservate, contrassegnate di giallo. In settembre, con la promulgazione delle leggi di Norimberga, gli ebrei sono privati di tutti i diritti civili e politici ed è loro proibito di sposarsi con gli ariani. 1936 Gli ebrei sono costretti a consegnare macchine fotografiche, radio, biciclette, macchine per scrivere, fonografi, dischi. I medici di origine ebraica non possono più lavorare negli ospedali pubblici. Viene aperto il campo di concentramento di Sachsenhausen. 1937 – ‘38 A Buchenwald è aperto un altro campo di concentramento. L’Austria viene annessa alla Germania e gli ebrei austriaci sono sottomessi alle leggi naziste. I beni patrimoniali degli ebrei vengono confiscati. Si aprono i campi di Flossenburg e di Mauthausen. Molte sinagoghe ebraiche vengono devastate e distrutte. Iniziano le deportazioni nei campi di concentramento a partire dagli ebrei polacchi. Tra il 9 e il 10 novembre 1938 avvengono le prime uccisioni di ebrei durante quella che sarà chiamata “la notte dei cristalli”: i nazisti assaltano e distruggono case, negozi e sinagoghe ebraiche. 142
Gli ebrei non possono più salire sui mezzi pubblici, frequentare le scuole, commerciare e possedere imprese, guidare automezzi e abitare in determinati quartieri. È proibito loro l’ingresso nei luoghi pubblici e di intrattenimento frequentati dagli ariani. In Italia, Mussolini, capo del partito fascista al potere, proclama le leggi razziali contro gli ebrei. 1939 Gli ebrei sono costretti a imporre ai neonati maschi il nome di Israel e alle femmine il nome di Sarah. Devono consegnare alle autorità tutti gli oggetti di valore in loro possesso. L’eutanasia per i disabili e per i malati di mente viene legalizzata e praticata in cinque città tedesche. La Germania invade la Polonia. Gli ebrei polacchi sono costretti a portare una stella gialla cucita sugli abiti per farsi riconoscere. Gran Bretagna e Francia dichiarano guerra alla Germania. Si aprono i campi di Ravensbruck e di Stutthof.
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1940 Si aprono i campi di concentramento e di sterminio di Auschwitz e di Gross-Rosen. A Varsavia, capitale della Polonia, gli ebrei sono rinchiusi nel ghetto. 1941 Iniziano le deportazioni di massa: gli ebrei, ma anche gli zingari, considerati “dannosi per la purezza della razza”, gli omosessuali, i Testimoni di Geova e altre minoranze vengono ammassati sui treni e condotti nei campi di concentramento. Ad Auschwitz si sperimenta il gas “Ziklon B” per uccidere in massa i deportati. I corpi sono bruciati nei forni crematori. 1942 In Polonia vengono aperti i campi di Belzec, Sobibor e Treblinka per la cosiddetta “soluzione finale” ovvero lo stermino sistematico e totale di tutti gli ebrei. 1943 Nel ghetto di Varsavia gli ebrei attuano una resistenza disperata contro i nazisti. A Roma viene rastrellato il quartiere ebraico e moltissimi ebrei italiani sono deportati ad Auschwitz. 1944 Gli Americani conquistano Roma e sbarcano in Normandia. Inizia così la lenta e sanguinosa liberazione dei Paesi occupati dai nazisti. 144
1945 Il 27 gennaio i Russi entrano nel campo di stermino di Auschitz e liberano i prigionieri rimasti in vita. Pi첫 tardi viene liberato anche il campo di Bergen-Belsen. Il 30 aprile Hitler si uccide nel bunker di Berlino. Gli ultimi campi di concentramento vengono liberati. La Germania nazista si arrende senza condizioni. Il 20 novembre, a Norimberga, iniziano i lavori del Tribunale Militare Internazionale per i crimini di guerra per processare gli aguzzini nazisti. Si calcola che, nei campi di concentramento, furono soppressi sei milioni di ebrei.
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Il nazismo
Il nazismo, detto anche nazionalsocialismo, fu un movimento politico fondato da Adolf Hitler in base all’ideologia della superiorità della razza, secondo la quale esisteva una razza umana superiore alle altre che poteva arrogarsi il diritto di dominare il mondo. I Tedeschi, che consideravano se stessi di razza “ariana”, la più elevata, ritenevano di dover proteggere la loro purezza razziale respingendo ai confini della società tutti coloro che non erano ariani. Fra questi, gli ebrei erano considerati i peggiori, feccia dell’umanità e nemici del popolo tedesco e per questo era necessario eliminarli. La purezza razziale e il domino del mondo dovevano essere realizzati e mantenuti per mezzo della conquista di uno spazio vitale. In altre parole, per mezzo della guerra e della sopraffazione.
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Adolf Hitler
Adolf Hitler nacque a Braunau, in Austria, nel 1889. Suo padre, che di mestiere faceva il doganiere, era un uomo duro e autoritario che si oppose alle aspirazioni artistiche del figlio. Adolf infatti desiderava diventare pittore ma fu respinto per ben due volte dall’Accademia delle Belle Arti di Vienna. A diciotto anni, orfano di entrambi i genitori, di carattere lunatico con manie di grandezza, cercò fortuna nella capitale austriaca dove visse di espedienti, di lavoretti (fece anche l’imbianchino), dormendo negli ospizi di carità. Coltivava però sogni di gloria e di affermazione e un po’ alla volta si convinse che gli uomini erano divisi in razze inferiori e superiori. I più forti avevano il diritto naturale di dominare i più deboli e la democrazia era una forma di governo degradata e odiosa. Secondo Hitler, gli ariani, progenitori dei popoli germanici, stavano sul gradino più alto delle razze umane. Erano perciò autorizzati a dominare il mondo sottomettendo quella parte di umanità destinata a servire o a essere sterminata. 147
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Espresse le sue idee in un libro, il “Mein kampf”, si trasferì in Germania e riuscì a raccogliere intorno a sé gruppi di nazionalisti fanatici raggiungendo un po’ alla volta i vertici del potere. Hitler era un oratore formidabile che riusciva, parlando e gesticolando, a ipnotizzare e a trascinare le folle. Diventò cancelliere per mezzo di regolari elezioni ma poi soppresse tutte le istituzioni democratiche instaurando in Germania un regime dittatoriale. Attraverso una propaganda martellante, plasmò la mente di milioni di persone che aderirono alla sua orribile ideologia.
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I simboli
Oltre ai veementi discorsi, alla propaganda e alla violenza, Hitler usò alcuni simboli per attrarre le masse e per affascinarle: – La croce uncinata o svastica, già conosciuta presso i popoli antichi come simbolo solare e adoperata da una setta tibetana che proclamava anch’essa idee razziste. – L’aquila, che richiamava la tradizione regale dei popoli germanici, l’unico uccello, secondo la mitologia, in grado di fissare il sole senza diventare cieco e capace di volare più in alto di tutti. – La corona, simbolo di gloria e di vittoria. Il saluto nazista faceva parte della ritualità: con il braccio destro disteso verso l’alto, si inneggiava al Fuhrer, il comandante supremo e ci si identificava in lui. Parate militari, riarmo dell’esercito, costruzione di opere pubbliche, disciplina, senso di appartenenza: tutto ciò faceva parte della dimostrazione di forza e di superiorità dei Tedeschi. Alla fine, tanto cieco fanatismo condusse allo scoppio della seconda guerra mondiale, all’istituzione dei campi di concentramento, allo sterminio di milioni di persone, alla devastazione in Europa e nel mondo.
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Ricordare Mauthausen
Indice 1 Un annuncio sconvolgente ............................................................ 5 2 Addio ............................................................................................................... 12 3 Quattro figli combattivi ................................................................... 15 4 Tra galline e zanzare .......................................................................... 19 5 All’ombra della quercia .................................................................... 22 6 Il ragazzo col passeggino ............................................................... 26 7 Resa dei conti ........................................................................................... 30 8 Strano momento ................................................................................... 35 9 All’ombra della quercia .................................................................... 38 10 Misteri ............................................................................................................ 40 11 Paola ................................................................................................................ 47 12 All’ombra della quercia .................................................................... 49 13 Nuovi amici? ............................................................................................. 52 14 Paola e Giovanna .................................................................................. 57 15 Serata infernale ...................................................................................... 60 16 Rissa ................................................................................................................. 63 17 All’ombra della quercia .................................................................... 67 18 Problemi domestici ............................................................................. 70 19 L’incontro .................................................................................................... 74 20 La panchina ............................................................................................... 76 21 All’ombra della quercia .................................................................... 79 22 Il piano ........................................................................................................... 85 23 A casa del nemico ................................................................................. 88 24 All’ombra della quercia .................................................................... 91 25 Ancora rissa ............................................................................................... 95 166
Ricordare Mauthausen
26 In caserma .................................................................................................. 98 27 All’ombra della quercia .................................................................... 101 28 Mare o montagna? ............................................................................... 105 29 Campagna ................................................................................................... 107 30 Rimproveri ................................................................................................. 113 31 La spedizione ........................................................................................... 116 32 Lettere ............................................................................................................ 119 33 L’incontro .................................................................................................... 122 34 All’ombra della quercia .................................................................... 128 35 All’ombra della quercia .................................................................... 133 36 Il mondo, internet e le stelle ........................................................ 137 Approfondimenti ................................................................................... 139
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