Roberto Morgese ato lleg uale an
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o m lo Il tu ntibul a
Serie
BLU
Per volare con la fantasia
Collana di narrativa per ragazzi
Editor: Paola Valente Coordinamento redazionale: Emanuele Ramini Allegato di comprensione sul bullismo: Roberto Morgese Coordinamento grafico: Mauro Aquilanti Team grafico: AtosCrea Ufficio stampa: Francesca Vici I Edizione 2019 Ristampa 7 6 5 4 3 2 1
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Roberto Morgese
Super Robin contro i bulli
Illustrazioni di
Francesca Galmozzi
Super Robin È notte nella metropoli totale. Nella fioca luce dei
lampioni un’ombra si aggira, silenziosa e svolazzante. La luna si riflette tra le pieghe del suo mantello e crea brevi riflessi. Lo strano personaggio passa furtivo da una zona oscura a una illuminata. Si muove con passo leggero, fulmineo. Sembra quasi sparire e ricomparire. Di chi si tratta? Un alieno? Un malfattore? Forse Babbo Natale in anticipo o in ritardo? Oppure siamo in pieno Carnevale? Nulla di tutto questo. Si tratta dell’unico, impavido, inarrestabile, indistruttibile e sempre presente Super Robin! Temuto dai gradassi di ogni specie, il magnifico supereroe è il difensore dei bullizzati, il nemico giurato dei prepotenti, l’unico vero ostacolo tra la vittima e l’aguzzino. Super Robin vigila tranquillo. La notte è il momento migliore per riposare, senza però perdere il controllo della situazione. Di giorno, ragazzi e bambini nelle scuole, nelle palestre, nei cortili, nei giardinetti, subiscono ingiustizie
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e vessazioni da parte di bulli di ogni genere. La missione di Super Robin è difenderli. La sua attività è frenetica, incessante. Interviene quando viene chiamato attraverso un collegamento di pensiero, “l’invocazione telepatica”, da parte di chi subisce il torto. E Super Robin non esita. Si precipita sul posto. Fissa i “cattivi” con sguardo gelido attraverso la maschera nera. Si rivolge loro con tono minaccioso: – È sotto la mia protezione. Guai a chi lo tocca: se la vedrà con me! Poi sparisce. Spicca un balzo verso il cielo, lasciando tutti a bocca aperta, mentre i prepotenti rinunciano all’istante ai loro antipatici progetti. Spesso scappano terrorizzati… in cerca di un bagno! Di notte è raro che ci sia bisogno del suo intervento, ma quella volta ode improvvisamente un richiamo… – E bravo il nostro Roberto, ancora con ‘sti disegnini. La frase di Bruno mi arrivò come una sberla sul collo, una di quelle che tra ragazzi ci si dà un po’ per gioco e un po’ per dispetto, insomma un sonoro “coppino”, la specialità di Bruno. O forse il colpo mi prese per davvero. Non saprei dirlo con certezza, perché quando il più terribile dei bulli della scuola (che purtroppo abitava nel mio
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stesso condominio) mi prendeva di mira, il cervello mi andava in panico. I pensieri si confondevano, la testa si annebbiava, il corpo mi si irrigidiva completamente mentre le gambe assumevano la consistenza della marmellata, e la voce, quelle poche volte che riuscivo a tirarla fuori dalla gola, era spezzata. Bruno Serpi, il coetaneo più terribile che si potesse mai incontrare. Il suo cognome era già un programma. Velenoso come i rettili e silenzioso come un alligatore pronto a mordere la sua preda. Infatti mi era arrivato alle spalle senza che neppure me ne accorgessi. Bruno Serpi, il terrore di tutti i bravi bambini anche per il suo aspetto. Dotato già di una traccia di baffi scuri sopra il labbro superiore, alto poco meno dello standard accettabile, ma tarchiato e muscoloso. Un piccolo Hulk, ma quando lo incontravi eri tu a diventare verde, non lui. Verde di fifa. A me succedeva regolarmente. Non riuscivo, infatti, a reagire alle sue prepotenze gratuite, soprattutto se a fare il coro alle prese in giro c’era il suo branco di scagnozzi. Non ero capace di affrontare da solo la situazione nella realtà. Meno che mai avrei potuto parlarne ai miei genitori, che si aspettavano da me prove di coraggio e spirito battagliero; chissà poi perché. Per questo non mi rimaneva che una sola strada da percorrere: rifugiarmi nella fantasia.
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– E come cavolo si chiama questo personaggio che disegni? ‘Sta specie di supereroe? – domandò lui ironico, osservando le strisce che stavo realizzando, sfruttando il tempo dell’intervallo in cortile. – Super Robin – tentennai. – Ah, è vero, sempre lui! – e proseguì – Robin, hai detto? – scoppiò a ridere e subito gli fecero eco le iene accompagnatrici. – Come l’aiutante inutile di Batman? O forse l’hai chiamato quasi come te? – proseguì ghignando malignamente.
Non so per quale motivo avessi dato proprio quel nome al personaggio fantastico delle mie vignette. Mi era venuto istintivamente tanti anni prima, così come mi era uscito dalla matita già con la maschera. Probabilmente non avrei saputo disegnarne il vero volto. I tratti che gli avevo attribuito mi ricordavano qualcuno ma non mettevo a fuoco di chi si trattasse. Del resto forse Bruno Serpi, detto “la serpe”, su questo aveva ragione. Poteva essere proprio quello il motivo per cui avevo involontariamente mascherato il supereroe fin dall’inizio: mi identificavo in Super Robin. Il mio personaggio, infatti, riusciva in tutto ciò che io non ero in grado di affrontare nella vita di tutti i giorni. Andava incontro a ogni genere di prova o di prepotenza come mamma e papà avrebbero voluto che io facessi. Super Robin era ciò che mi sarebbe tanto piaciuto essere nel mondo vero ma non sarei mai stato: un ragazzino che contrasta i bulli, addirittura li sfida. Che sa tenere testa alla “serpe”. Bruno aveva lo sguardo fisso sui miei disegni. Vedevo le sue pupille scure e scimmiesche muoversi velocemente sul foglio. Se non si fosse trattato proprio di lui, avrei pensato che gli piacevano le vignette e che le osservava con ammirazione. Ma un tipo come Serpi non provava sentimenti di quel genere nei confronti di niente e di nessuno. Né credo nutrisse davvero
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alcun rispetto verso i suoi subalterni. Quelli lo seguivano come cagnolini fedeli, nutrendosi delle briciole di panico che Bruno concedeva loro, dopo essersi rimpinzato della paura delle sue vittime. E la sua vittima preferita ero io. Non avevo mai capito il perché. – E pensi che esista davvero? – mi chiese a bruciapelo, riferendosi al personaggio dei miei schizzi. – N… no – esitai come se non fossi del tutto certo della mia affermazione. Credo di non essere mai stato così suonato da pensare che Super Robin, per magia, prima o poi sarebbe uscito dalle pagine del quadernino personale che stavo scarabocchiando, mentre mi raccontavo nella mente la sua storia. Proprio come stavo facendo quando ero stato interrotto dalla banda. Tuttavia mi sarebbe piaciuto. C’erano delle volte in cui sognavo a occhi aperti che il mio mega amico piombasse realmente davanti alla “serpe” dandogli una volta per tutte il benservito. Poi però mi riscuotevo e mi guardavo intorno, come se avessi paura che ci fosse davvero Bruno nelle vicinanze e avesse visto la nuvoletta delle mie fantasticherie, per farmela pagare amaramente. – Ma non hai ancora terminato il tuo disegno – riprese il bullo a denti stretti. Chi gli farai castigare questa volta? Non è che pensavi di prendertela con me, vero Robertino? – domandò a denti stretti.
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Sbiancai. E subito dopo diventai improvvisamente viola mentre l’effetto marmellata si impossessò delle gambe, spalmandole sulla scalinata del cortile. Bruno mi fissava da vicino. L’alito pesante mi intossicava il respiro e i baffetti neri catalizzavano il mio sguardo, insieme alla mano alzata pronta a “coppinarmi” inesorabilmente. Non aprii neppure la bocca ma scossi la testa, negando. – Meno male! – concluse interrompendo quei secondi di puro gelo nello stomaco. – L’avresti pagata cara. Poi si allontanò con la schiera di scagnozzi a fargli da contorno, mentre io rimasi lì a massaggiarmi il collo. Mi aveva davvero dato una sberla. Forse era la seconda.
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Bruno Serpi La sfortuna ha mille modi e infinite occasioni per
manifestarsi. A volte decide di accanirsi sulla stessa persona. Per esempio, me! Io e Bruno siamo stati compagni alla scuola materna. Ricordo benissimo che anche a quattro anni mi sembrava che avesse i baffi, infatti lo disegnavo con dei peletti sotto il naso e le maestre ridevano, quelle poche volte che vedevano il ritratto. L’unico che non trovava la cosa divertente era il mio compagno, che aveva deciso di stracciare ogni mio disegno in cui compariva. Poco male, sarebbe stato sufficiente non ritrarlo, ma quando le maestre chiedevano di illustrare il gioco in giardino, se per caso ci mettevo dentro pure lui, era un guaio. Arrivava al mio banchetto con il suo passo trotterellante, data la mole abbastanza robusta e concentrata in pochi centimetri d’altezza. Era già così! Afferrava il mio foglio con le manine tozze, lo accartocciava e lo riduceva in mille pezzi. Una volta aveva perfino provato a mangiarselo dalla rabbia. Poi mi fissava con aria di sfida. Non servivano le parole
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perché capissi le sue intenzioni: “Se lo dici alla maestra ti picchio”. Infine si allontanava, non prima però di avermi mollato il suo fatidico “coppino”. Da allora il mio collo è stato il suo bersaglio preferito. Naturalmente io non protestavo e mi massaggiavo la nuca. Neppure lo riferivo alle insegnanti e lui era talmente astuto da non farsi vedere da nessuno mentre agiva. Eppure c’erano delle volte che Bruno si sedeva di fianco a me a disegnare. All’inizio ero terrorizzato e non prendevo in mano neppure il pennarello. Quando però vedevo che non badava a me, mi facevo coraggio e iniziavo. Bisogna dire che il disegno è sempre stato il mio forte fin da piccolo. Le mie opere, quando si salvavano dalle zampette del piccolo compagno baffuto, ricevevano un sacco di complimenti sia dagli adulti sia dagli altri bambini. Per questo, da quando avevo quattro anni e sfogliavo i libri senza neppure saperne leggere la copertina, sognavo di essere io l’autore delle illustrazioni. Quel desiderio non l’ho mai abbandonato. Bruno, a volte, condivideva con me l’angolo del disegno al tavolino, un po’ riparato da altri mobiletti intorno. Prendeva un foglio, si sforzava di tirare fuori dal pennarello marrone, che usava sempre, qualcosa
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che assomigliasse a un bambino. Invece ne veniva fuori una specie di palloncino molto grosso con quattro fili, che avrebbero dovuto essere le braccia e le gambe. Io facevo finta di non accorgermi di che razza di sgorbio stesse producendo, ma lui si accaniva. Disegnava e intanto guardava il mio disegno. Poi strappava il proprio e ricominciava. Ogni tanto sbirciava dalla mia parte per prendere esempio. Niente da fare: riusciva a tracciare solo schizzi quasi incomprensibili. Alla fine si fermava e mi fissava con quei suoi occhietti duri. – Se vuoi ti disegno, così poi puoi copiare – mi scappava innocentemente dalla bocca. Mi mettevo all’opera, alzando ogni tanto lo sguardo verso di lui per ritrarlo. Ovviamente l’immagine che ne veniva fuori risultava abbastanza realistica, baffetti compresi. A quel punto scattava lo “stracciadisegno”. Non so se il motivo fosse l’invidia per le mie capacità da futuro illustratore oppure se non gli piaceva come lo raffiguravo. Ma lui era proprio così. Di tutto ciò non feci mai parola con i genitori, anche se tante volte mi vedevano entrare a scuola con un’aria decisamente preoccupata. Ne avevano pure parlato con le maestre, ma quelle li avevano rassicurati dicendo che andava tutto bene e che l’unico elemento strano rispetto al solito era che avevo cominciato a
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disegnare di meno. O meglio, mi vedevano nell’angolo dedicato a quella attività e notavano che avevo in mano i pennarelli, poi però i fogli disegnati non si trovavano. Chissà perché! Finalmente la scuola materna finì e mi preparai alla primaria incrociando le dita: speravo di non avere Bruno in classe con me. E così fu. Mamma e papà interpretarono il mio entusiasmo del primo giorno di scuola come la voglia di iniziare la nuova esperienza e di voler imparare tante cose nuove. Il motivo era un altro. Quando speravo di essermene finalmente liberato, feci una scoperta terribile: la famiglia Serpi si era trasferita proprio vicino a casa nostra! Abitando in un grande condominio a più scale, sarebbe stato inevitabile incontrarlo nel cortile comune. Lui stava nella palazzina A, io nella B. E difatti così accadde. I miei pomeriggi in cortile a giocare con gli altri bambini erano sempre a rischio di “coppino”. Iniziai a preferire l’inverno e l’autunno alla primavera, perché almeno ognuno se ne stava dentro casa propria e non rischiavo di ricevere il marchio sul collo. Oltre a quello, che faceva più male dentro che fuori, la cosa che mi dispiaceva era sentire che non avevo via di scampo; che la presenza di Bruno nel mio stesso
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caseggiato condizionava la mia vita. Inoltre, molto presto mi accorsi che, anche se non eravamo in classe insieme, frequentavamo comunque la stessa scuola e, prima o poi, le occasioni per incrociarlo non sarebbero mancate. È stato allora che ho inventato Super Robin. Al mio supereroe gliene ho fatte fare di tutti i colori per vendicarmi sulla “serpe”. L’ho disegnato mentre lo immergeva per metà in un enorme barattolo di marmellata, per fargli provare che cosa volesse dire sentirsi le gambe in quello stato. Oppure mentre veniva deriso da tutti per i suoi scarabocchi inguardabili. Insomma gli riservavo, con la fantasia, dei trattamenti davvero bruttini. So che non era una cosa molto bella, ma era l’unica via di fuga per non sentirmi completamente disarmato nei suoi confronti. A un certo punto anche mamma e papà si erano accorti che qualcosa non funzionava tra me e il bambino della scala di fronte. Sapendo di chi si trattava erano anche riusciti a fare luce sui miei timori del passato, alla scuola materna. Per questo mi avevano detto che avrei dovuto reagire, ma se preferivo sarebbero intervenuti loro, parlando con la famiglia. Io ho sempre implorato che non se ne occupassero, temendo poi il peggio.
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Serie BLU
Questo volume sprovvisto del talloncino a fronte è da considerarsi copia di SAGGIO-CAMPIONE,GRATUITO, fuori commercio. Esente da I.V.A. (D.P.R. 26-10-1972, n° 633, art. 2 lett. d).
Come può Roberto liberarsi dall’incubo di Bruno Serpi, il bulletto che lo tampina da anni, e dei suoi scagnozzi? Servirebbe un super-aiuto, quello di Super Robin! E se invece la strada giusta fosse quella di capirlo e di diventare suo amico? La decisione non è facile. E c’è sempre il rischio che a vendicarsi su Bruno si diventi a propria volta dei bulli, esattamente come lui. Tra buffe vignette e piani astuti, alla fine una soluzione antibullismo si riesce a trovare, forse. Una storia coraggiosa, per riflettere su una problematica sociale di grande attualità.
Roberto Morgese vive e lavora a Parabiago, insegnando nella scuola primaria e scrivendo libri per vari editori. È anche un formatore di maestri, giovani o già esperti. È appassionato di arte e di natura. Gli piace dare, quando può, il proprio contributo per il benessere sociale.
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