Viaggio nell'Arte - Volume B

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VIAGGIO NELL’

B

Claudio Cristiani

Vol. B + DVD

Patrimonio

B

Album

VIAGGIO NELL’

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MP3

Audiolibro

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VIAGGIO NELL’

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Vol. A + DVD

VIAGGIO NELL’ Storia Il linguaggio dell’Arte dell’Arte

A B

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PIANO DELL’OPERA

Claudio Cristiani

Questo volume, sprovvisto del talloncino a fronte (o opportunamente punzonato o ­altrimenti contrassegnato), è da considerarsi copia di SAGGIO-CAMPIONE G ­ RATUITO, fuori commercio (vendita e altri atti di disposizione vietati: art. 17, c. 2 L. 633/1941). Esente da I.V.A. (D.P.R. 26-10-1972, n° 633, art. 2 lett. d). Esente da bolla di accompagnamento (D.P.R. 6-10-1978, n° 627, art.4. n° 6).

Per il docente

Vol. BES + CD Audiolibro

Ed. compatta + DVD

Guida per il docente + DVD docente + CD Audiolibro MP3

ISBN 978-88-472-3041-5 ISBN 978-88-472-3042-2 ISBN 978-88-472-3043-9 ISBN 978-88-472-3044-6 ISBN 978-88-472-3045-3 ISBN 978-88-472-3046-0 ISBN 978-88-472-3047-7 ISBN 978-88-472-3048-4 ISBN 978-88-472-2953-2 ISBN 978-88-472-3036-1 ISBN 978-88-472-3038-5 ISBN 978-88-472-3040-8 ISBN 978-88-472-3049-1 ISBN 978-88-472-3050-7 ISBN 978-88-472-3051-4 ISBN 978-88-472-3037-8

Volume A + Volume B + Il mio Album da disegno + Il Patrimonio artistico delle Regioni italiane + DVD M.I.O. BOOK Volume A + Volume B + Il mio Album da disegno + DVD M.I.O. BOOK Volume A + Volume B + Il Patrimonio artistico delle Regioni italiane + DVD M.I.O. BOOK Volume A + Il mio Album da disegno + DVD M.I.O. BOOK Volume A + Il Patrimonio artistico delle Regioni italiane + DVD M.I.O. BOOK Volume B + Il mio Album da disegno + Il Patrimonio artistico delle Regioni italiane + DVD M.I.O. BOOK Volume B + Il mio Album da disegno + DVD M.I.O. BOOK Volume B + Il Patrimonio artistico delle Regioni italiane + DVD M.I.O. BOOK Volume B + DVD M.I.O. BOOK Il mio Album da disegno Il Patrimonio artistico delle Regioni italiane Edizione compatta + DVD M.I.O. BOOK Edizione compatta + Il mio Album da disegno + Il Patrimonio artistico delle Regioni italiane + DVD M.I.O. BOOK Edizione compatta + Il mio Album da disegno + DVD M.I.O. BOOK Edizione compatta + Il Patrimonio artistico delle Regioni italiane + DVD M.I.O. BOOK Volume per studenti con BES + CD Audiolibro MP3

€ 29,90 € 28,90 € 28,00 € 17,90 € 17,00 € 26,90 € 21,90 € 20,50 € 18,90 € 9,90 € 7,90 € 22,00 € 24,90 € 23,90 € 22,90 € 6,00

Storia dell’Arte

Codici per adozioni e pack vendita (modalità mista di tipo b - cartaceo e digitale)

• Valutazione delle competenze • Compiti di realtà • Art CLIL • Percorsi trasversali • Cittadinanza e beni culturali • Laboratori artistici • Idee guida e sintesi

Il corso è disponibile anche nella modalità di tipo c (solo digitale) su www.scuolabook.it Prezzo di vendita al pubblico

€ 18,90 w w w. g r u p p o raf f ae llo.it

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VIAGGIO NELL’

Claudio Cristiani

Storia Il linguaggio dell’Arte

A B


Le pagine «Anche tu artista», «Cittadinanza», «Verifica delle conoscenze», «Compiti di realtà» sono a cura di Maria Isabella Mariani. La sezione Art CLIL è a cura di Elena Assirelli e Alessandra Vetri. Coordinamento editoriale: Emanuele Pirani Redazione: Stefania Bigatti, Luca Brecciaroli, Emanuele Pirani, Raffaella Santoni, Lara Contigiani, Gabriella Giaccone Consulenza didattica: Olimpia Barolo, Roberta Conti, Roberta Del Federico, Simonetta Crescimbene Progetto grafico: Alessandra Coppola, Daniele Montalbini Illustrazioni: Ivan Stalio, Luca De Santis Impaginazione: Edistudio, Alessandra Coppola Copertina: Alessandra Coppola, Barbara Bonci Ritocco fotografico: Claudio Campanelli Cartografia: LS International Cartography Referenze fotografiche: Gianni Oliva, Fotolia, iStockphoto, Thinkstock, 123rf, archivio fotografico Gruppo Ed. Raffaello Coordinamento M.I.O. BOOK: Paolo Giuliani Ufficio multimediale: Enrico Campodonico, Paolo Giuliani, Claudio Marchegiani, Luca Pirani Le parti ad alta leggibilità di quest’opera sono state realizzate con la font leggimi © Sinnos editrice Stampa: Gruppo Editoriale Raffaello Il Gruppo Editoriale Raffaello mette a disposizione i propri libri di testo in formato digitale per gli studenti ipovedenti, non vedenti o con disturbi specifici di apprendimento. L’attenzione e la cura necessarie per la realizzazione di un libro spesso non sono sufficienti a evitare completamente la presenza di sviste o di piccole imprecisioni. Invitiamo pertanto il lettore a segnalare le eventuali inesattezze riscontrate. Ci saranno utili per le future ristampe. Tutti i diritti sono riservati. © 2018 Raffaello Libri S.p.A. Via dell’Industria, 21 60037 - Monte San Vito (AN) www.grupporaffaello.it info@grupporaffaello.it

È vietata la riproduzione dell’opera o di parti di essa con qualsiasi mezzo, comprese stampa, fotocopie e memorizzazione elettronica se non espressamente autorizzate dall’Editore. Nel rispetto delle normative vigenti, le immagini che rappresentano marchi o prodotti commerciali hanno esclusivamente valenza didattica. L’Editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare, nonché per eventuali omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti.

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Referenze iconografiche A. Dagli Orti/Scala, Firenze - Adagp Images, Paris, / SCALA, Firenze - AGF/Scala, Firenze - Alamy - Albright Knox Art Gallery/Art Resource, NY/Scala, Firenze Andrea Jemolo/Scala, Firenze - Andrea Jemolo/Scala, Firenze - su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - Ann Ronan/Heritage Images/Scala, Firenze - Archivi Alinari, Firenze - Art Media/Heritage Images/ Scala, Firenze - Art Resource/Scala, Firenze - Artothek/Archivi Alinari - Austrian Archives/Scala, Firenze - BAMSphoto/Scala, Firenze - Cameraphoto/Scala, Firenze - Christie’s Images Ltd/VG Bild-Kunst Bonn - Christie’s Images, London/ Scala, Firenze - DeA Picture Library, concesso in licenza ad Alinari - DeAgostini Picture Library/Scala, Firenze - Depositphotos - Digital Image Museum Associates/ LACMA/Art Resource NY/Scala, Firenze - Digital image, The Museum of Modern Art, New York/Scala, Firenze - Dreamstime - Fine Art Images/Heritage Images/ Scala, Firenze - Scala Firenze/Heritage Images - Scala, Firenze - Scala, Firenze/ bpk, Bildagentur fuer Kunst, Kultur und Geschichte, Berlin - Scala, Firenze/bpk, Bildagentur fuer Kunst, Kultur und Geschichte, Berlin - Scala, Firenze/Fondo Edifici di Culto - Ministero dell’Interno - Scala, Firenze/Luciano Romano - su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - Scala, Firenze/Luciano Romano/Fondo Edifici di Culto - Ministero dell’Interno - Scala, Firenze/Mauro Ranzani - Scala, Firenze/V&A Images/Victoria and Albert Museum, Londra - Scala,Firenze - su concessione Ministero Beni e Attività Culturali e del Turism - Scala,Firenze/Fotografica Foglia - su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - Fotolia - Getty Images - Iberfoto/Archivi Alinari - Istockphoto - Manuel Cohen/Scala, Firenze - Marie Mauzy/Scala, Firenze Mario Bonotto / Foto Scala, Firenze - Mark E. Smith /SCALA, Firenze - Marka Mary Evans/Scala, Firenze - Museo Nacional del Prado © Photo MNP / Scala, Firenze - Museo National Thyssen-Bornemisza/Scala, Firenze - Museum of Fine Arts, Boston. Tutti i diritti riservati/Scala, Firenze - Opera Metropolitana Siena/Scala, Firenze - Pediconi/Scala, Firenze - Photo Josse/Scala, Firenze Photothèque R. Magritte /Adagp Images, Paris, / SCALA, Firenze - Shutterstock Smithsonian American Art Museum/Art Resource/Scala, Firenze - Tate, London / Foto Scala, Firenze - The Metropolitan Museum of Art/Art Resource/Scala, Firenze - The Morgan Library & Museum / Art Resource, NY/Scala, Firenze - The National Gallery, London/Scala, Firenze - The Philadelphia Museum of Art/Art Resource/Scala, Firenze - The Print Collector/Heritage-Images/Scala, Firenze The Solomon R. Guggenheim Foundation/Art Resource, NY/ Scala, Firenze - The Trustees of the British Museum c/o Scala, Firenze - Thinkstock Photos - Werner Forman Archive/Scala, Firenze - White Images/Scala, Firenze


Presentazione Viaggio nell’Arte è un nuovo corso di Arte e Immagine di grande impatto visivo, innovativo e ricco di contenuti, attività e materiali. L'opera si compone di 4 volumi collegati tra loro:

Volume A: Il linguaggio dell’Arte Un innovativo manuale teorico e pratico per insegnare ai ragazzi a decodificare i messaggi visivi e a interagire con essi in modo attivo e critico. Comprende: la percezione visiva, i codici visivi, le tecniche, i temi operativi, la comunicazione visiva, i beni culturali. Gli argomenti trattati sono quelli tradizionali, ma si è voluta offrire una nuova prospettiva didattica che privilegia la creatività di ogni singolo alunno attraverso laboratori e compiti di realtà che stimolano la formazione di un personale modo di sentire, percepire e interpretare la realtà. Il volume offre inoltre uno sguardo inedito sul panorama dell’arte contemporanea e una sezione dedicata ai mestieri legati al mondo dell’arte.

Volume B: Storia dell’Arte Un affascinante viaggio nella Storia dell’arte, dalla Preistoria ai giorni nostri. Un volume ricco di curiosità storiche, confronti tra ieri e oggi, attività laboratoriali con rimandi alle tecniche del volume A, compiti di realtà e approfondimenti sul patrimonio artistico. La struttura delle lezioni consente anche di seguire percorsi trasversali di architettura, scultura e pittura.

Il mio Album da disegno Un vero e proprio album con 12 laboratori da realizzare utilizzando le più svariate tecniche, partendo dall’osservazione e dalla percezione della realtà. In ogni laboratorio ci sono collegamenti al Vol. B e alle tecniche e ai temi presenti nel Vol. A. Contiene Il mio museo, un compito di realtà speciale in cui i ragazzi indossano i panni di un direttore alle prese con l’allestimento di una mostra. Gli studenti dovranno riflettere e scegliere con attenzione gli adesivi delle opere d’arte da incollare nelle sale del museo.

Il Patrimonio artistico delle Regioni italiane Un grande atlante del patrimonio artistico nazionale, con cartografia illustrata, siti Unesco, proposte di viaggio, tradizioni popolari, attività operative e collegamenti con la Storia dell’arte.

Risorse digitali Audiolettura integrale a cura di speaker professionisti. Alta leggibilità e visualizzazione del testo modificabile, grazie al formato epub. Oltre 80 videolezioni sui vari periodi della Storia dell’arte, sulle opere e sugli artisti più importanti. Navigazione interattiva delle linee del tempo. Più di 80 gallerie fotografiche con numerose opere d’arte aggiuntive. Oltre 50 letture guidate delle opere d’arte, con esplorazione dei dettagli. Tanti collegamenti alle risorse del web. Esercizi interattivi e verifiche su Kahoot!: la piattaforma per sfidarsi in classe utilizzando i propri dipositivi elettronici personali in maniera sicura, coinvolgente e collaborativa. 16 videotutorial sulle tecniche artistiche a cura della YouTuber Ombretta Fusco, autrice del canale Arte per Te.

Guida per il docente Una guida a colori, ricca di materiali e risorse per la classe: programmazione triennale per competenze, compiti di realtà, idee per la flipped classroom, didattica CLIL, esempi di UdA, test d’ingresso, verifiche, laboratori aggiuntivi, modelli operativi. La guida contiene anche il Metodo di apprendimento progressivo del disegno e della pittura: un percorso triennale in 52 tavole, con suggerimenti e indicazioni operative. Frutto di un’esperienza didattica ventennale, questo metodo consente di raggiungere lezione dopo lezione risultati sorprendenti, anche con studenti che pensano di «non essere portati» per il disegno.

Volume per studenti con BES Tutte le lezioni di Storia dell’Arte e sui Codici visivi in versione semplificata, ad alta leggibilità, con esercizi dedicati e audiolettura specifica per DSA. Contiene il Glossario di Arte e Immagine in sei lingue: Inglese, Spagnolo, Francese, Romeno, Cinese e Arabo.

III


Com’è fatto il libro Il volume è diviso in 4 Moduli che corrispondono alle grandi scansioni cronologiche della Storia dell’arte, dalla Preistoria ai giorni nostri. I moduli raccolgono le 12 Unità, ciascuna delle quali affronta un periodo circoscritto della Storia dell’arte e si articola in una serie di Lezioni.

Apertura dell’Unità Una doppia pagina di grande impatto per inquadrare subito il tema e avere i giusti riferimenti spaziotemporali, grazie alla carta geografica e alla linea del tempo con in alto gli eventi storici e in basso le opere d’arte.

Didascalie Le opere più importanti di ogni lezione sono commentate con preziosi spunti di analisi e informazioni utili a ricostruire il contesto storico in cui furono realizzate.

Lezione Ogni lezione è contrassegnata in base al tipo di disciplina artistica affrontata, in particolare architettura, scultura o pittura. In questo modo è possibile orientare lo studio e seguire dei percorsi trasversali per osservare lo sviluppo nei secoli di una singola branca dell’arte.

CuriosArte Alla scoperta di fatti, personaggi e particolari curiosi della Storia dell’arte. Un box con informazioni interessanti ma poco note che catturano l’attenzione e aiutano a fissare i contenuti.

IV


Idee guida Un colpo d’occhio all’inizio di ogni Unità sui principali temi e sugli artisti che caratterizzano il periodo affrontato.

Ieri & Oggi Spunti interessanti e a volte sorprendenti per scoprire che l’arte contemporanea, e in particolare l’architettura, spesso recupera i modelli del passato, reinterpretandoli.

Disegni ricostruttivi Numerose illustrazioni dettagliate per osservare e analizzare gli antichi complessi architettonici all’epoca del loro massimo splendore.

Anche tu artista Numerose attività creative anche nel volume di Storia dell’Arte. Prendendo come modello le tecniche usate nel passato, viene spiegato ai ragazzi come realizzare, passo dopo passo, vasi, mosaici, rosoni, dipinti... Con rimando diretto alle tecniche artistiche spiegate nel volume Il linguaggio dell’Arte.

V


Com’è fatto il libro Ritratto d’artista La «carta d’identità» degli artisti più grandi, con una veloce spiegazione di perché li consideriamo così importanti all’interno della Storia dell’arte.

Leggere l’opera d’arte Un’analisi guidata, approfondita e puntuale dei capolavori dell’arte, visti da vicino.

Competenti in arte Attività operative utili a creare collegamenti tra i diversi periodi dell’arte. Richiamando alla memoria contenuti già studiati e confrontandoli con le nuove acquisizioni, diventa possibile individuare continuità, svolte, rotture e sviluppi all’interno del lungo cammino della Storia dell’arte. Vivi l’arte Idee, suggerimenti e informazioni pratiche per visitare i luoghi del patrimonio artistico italiano o per condurre ricerche mirate sul web.

Cittadinanza Una rubrica speciale per approfondire e valorizzare il patrimonio artistico e culturale italiano.

Competenze individuali Per ogni luogo da visitare viene proposta un’attività laboratoriale ispirata a situazioni di vita quotidiana. Ogni studente si metterà alla prova e potranno essere valutate le competenze coinvolte.

VI


Compiti di realtà Proposte operative molto articolate, pensate per lavorare in gruppo e mettersi alla prova in situazioni reali, nelle quali bisognerà applicare le conoscenze e le abilità acquisite durante il percorso triennale. Al termine di ogni compito vi è la possibilità di valutare le competenze coinvolte nell’attività.

DIDATTICA INCLUSIVA

BES

DIDATTICA INCLUSIVA

BES

In sintesi Sintesi schematiche di ogni Unità ed esercizi per la verifica delle conoscenze. Accesso facilitato ai contenuti grazie al carattere ad alta leggibilità e all’audiolettura scandita, specifica per DSA.

Verifica delle conoscenze Domande veloci sulle conoscenze e una lettura dell’opera d’arte da completare, alla fine di ogni Unità.

Glossario Più di cento termini specifici della Storia dell’arte raccolti, spiegati e tradotti anche in Inglese (CLIL).

Art CLIL Esercitazioni di Storia dell’arte in lingua Inglese.

VII


Com’è fatto il libro Le risorse digitali

essa e si

Viaggio nell’Arte ha una ricca dotazione di risorse digitali, disponibili sia per il docente che per gli studenti, che permettono di approfondire gli argomenti e di focalizzare i collegamenti disciplinari e interdisciplinari della Storia dell’arte. Inoltre offrono un ulteriore spazio di studio e progettazione per i percorsi di apprendimento degli studenti.

di

Videolezioni sui vari periodi della Storia dell’arte, sulle opere e sugli artisti più importanti.

Esercizi interattivi.

Gallerie fotografiche con numerose opere d’arte aggiuntive. Tanti collegamenti alle risorse web.

Letture guidate delle opere d’arte, con esplorazione dei dettagli.

Navigazione interattiva della linea del tempo.

Verifiche su Kahoot!, la piattaforma per sfidarsi in classe.

B.Y.O.D. (Bring Your Own Device) Le attività indicate con l’icona Kahoot! permettono di utilizzare i dispositivi elettronici personali dell’alunno durante l’attività didattica in classe in maniera sicura, coinvolgente e collaborativa.

STEP

DOCENTE

STUDENTE

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Clicca sull’icona Kahoot!

Scarica l’app Kahoot! sul tuo dispositivo

2

Condividi il PIN con gli studenti

Inserisci il PIN

3

Avvia l’attività

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VIII


Il M.I.O. BOOK è Multimediale Interattivo Open Il M.I.O. BOOK è l’innovativo testo digitale concepito per essere utilizzato in classe con la LIM e a casa dallo studente. Contiene già integrati tutti i materiali multimediali del testo e si aggiorna con materiali extra, scaricabili gratuitamente su www.raffaellodigitale.it (in linea con le direttive ministeriali).

DIDATTICA INCLUSIVA

DIDATTICA INCLUSIVA

BES

È possibile aumentare la dimensione del testo e modificare il font (tra cui leggimi © Sinnos editrice, appositamente studiato per i DSA) trasformandolo in MAIUSCOLO.

BES

PAGINA DA AGGIORNARE (Paolo Giuliani) Galleria immagini

Si può attivare la traduzione Sono raccolte di immagini in altre lingue di tutto il testo o di arricchite da didascalie. alcune parti. Questo strumento è particolarmente utile agli studenti stranieri, ma non solo.

DIDATTICA INCLUSIVA

BES

Ogni testo è stato BES letto, in tutte le sue parti, da speaker professionisti. Alcune parti sono facilitate, cioè sono audioletture lente e scandite per studenti con BES.

È ricco di contenuti digitali: raccolte di immagini, file audio e video, percorsi interattivi e interdisciplinari, esercitazioni e giochi.

DIDATTICA INCLUSIVA

Permette un’interazione continua tra utente e dispositivo, attraverso una ricca strumentazione per la scrittura e per la consultazione.

DIDATTICA INCLUSIVA

BES

DIDATTICA INCLUSIVA

BES

È «aperto» perché personalizzabile e integrabile con: • l’inserimento di appunti e segnalibri; • l a possibilità di allegare documenti, immagini, file audio e video; • l a possibilità di creare documenti (presentazioni, linee del tempo e mappe mentali). Inoltre è possibile condividere tutto il materiale con la classe.

È possibile aggiungere dei collegamenti a risorse multimediali esterne al libro (documenti, immagini, video, audio, web link).

IX


Indice

1

Modulo

U1

L’arte delle prime civiltà

Le prime manifestazioni artistiche Arte e civiltà

.....................................................................................................................................................................

Anche tu artista Dipingi come a Lascaux

................................................................................

4

Idee guida L’uomo nasce artista .................................................................................................................................................. 6

1. Il Paleolitico

Risorse digitali

Vol.

A

......................................................................................................

8 11

Cittadinanza Arte rupestre della Valcamonica ................................................................................................. 12

2. Dal Neolitico all’Età del bronzo

Arte e civiltà

................................................................................................

14

Ieri & Oggi Un dolmen... con piscina ........................................................................................................................................ 15 Leggere l’opera d’arte Stonehenge: il cerchio del Sole .............................................................................. 16

Idee guida Le civiltà dei grandi fiumi ................................................................................................................................... 18

3. La civiltà mesopotamica

Arte e civiltà

..........................................................................................................................

20

Leggere l’opera d’arte Lo Stendardo di Ur ................................................................................................................... 2 1

4. Gli Egizi: tombe alte fino al cielo

Architettura

............................................................................................

24

Ieri & Oggi La piramide del Louvre ................................................................................................................................................ 25

5. I grandi complessi religiosi

Architettura

.................................................................................................................

26

Ieri & Oggi Dall’Egitto a Washington ..................................................................................................................................... 2 7

6. La scultura egizia

Scultura

...............................................................................................................................................................

28

Leggere l’opera d’arte Il faraone e i simboli del potere regale ...................................................... 29

7. La pittura egizia

Pittura

.....................................................................................................................................................................

30

Leggere l’opera d’arte Nebamum: a caccia lungo il Nilo ...................................................................... 33 Anche tu artista Disegna come i pittori egizi

Vol.

A

..........................................................................................

35

Verifica delle conoscenze

In sintesi...

BES

..............................................................................................................................................................................................................

36

Lettura dell’opera d’arte: Un volto enigmatico ...................................................................................................................................... 3 7

X


Risorse digitali

U2

L’arte nel mondo greco

Idee guida Nascita e sviluppo della civiltà greca .............................................................................................. 40

1. Creta: la civiltà dei palazzi

.........................................................................................................................................

Arte e civiltà

......................................................................................................................

38

42

Leggere l’opera d’arte Il Palazzo di Cnosso ................................................................................................................. 43

2. L’arte, specchio di una civiltà elegante

Arte e civiltà

.......................................................................

44

Leggere l’opera d’arte La lotta con il toro ..................................................................................................................... 45

3. L’arte micenea

4. Dalla rocca all’acropoli

Arte e civiltà

..............................................................................................................................................................

Architettura

..............................................................................................................................

46 48

Ieri & Oggi L’architettura della democrazia .................................................................................................................. 48

5. Il tempio

6. Il teatro

..................................................................................................................................................................................

50

.....................................................................................................................................................................................

52

Architettura

Architettura

Anche tu artista Crea una maschera teatrale come i Greci Vol. A ............................................. 53 Cittadinanza Paestum: i templi della Magna Grecia ............................................................................... 54

7. Alla ricerca della perfezione e della bellezza

Scultura

..............................................................

56

Leggere l’opera d’arte Un discobolo perfetto .......................................................................................................... 58

8. La pittura vascolare

Pittura

........................................................................................................................................................

Anche tu artista Modella come i vasai greci

9. L’arte nell’Età ellenistica

Arte e civiltà

62

..............................................................................................

63

.........................................................................................................................

64

Vol.

A

Leggere l’opera d’arte Laocoonte: la forza e la disperazione ......................................................... 65 Verifica delle conoscenze

In sintesi...

BES

............................................................................................................................................................................................................

66

Lettura dell’opera d’arte: Nella Valle dei Templi .................................................................................................................................... 67

U3

L’arte etrusca e romana

....................................................................................................................................

Idee guida Dagli Etruschi alla civiltà romana

1. Le città degli Etruschi

Architettura

68

......................................................................................................

70

.......................................................................................................................................

72

2. Sculture in bronzo e in terracotta

Scultura

........................................................................................................

74

Leggere l’opera d’arte La rappresentazione di Apollo ............................................................................... 75

3. La vita dipinta nelle tombe

Pittura

..............................................................................................................................

76

Leggere l’opera d’arte Il banchetto nella Tomba dei leopardi ...................................................... 77

4. Roma, una città di marmo

Architettura

..................................................................................................................

78

Leggere l’opera d’arte Un anfiteatro «colossale» ................................................................................................ 82 Ieri & Oggi Nuovi anfiteatri .................................................................................................................................................................... 83

XI


Indice Risorse digitali

5. Acquedotti e terme

6. Le abitazioni private: domus e insula

7. La scultura a Roma

Architettura

Scultura

...........................................................................................................................................

Architettura

..........................................................................

..........................................................................................................................................................

8. Archi trionfali e colonne onorarie

Scultura

....................................................................................................

84 86 88 90

Ieri & Oggi Un arco a forma di cubo .......................................................................................................................................... 90 Leggere l’opera d’arte La colonna di Traiano ........................................................................................................... 9 1

9. La pittura e i mosaici

Pittura

....................................................................................................................................................

Anche tu artista Crea un mosaico come gli antichi Romani

Vol.

A

.........................................

92 95

Cittadinanza Pompei: tesori sotto le ceneri del tempo ........................................................................ 96 Verifica delle conoscenze

In sintesi...

Lettura dell’opera d’arte: Uno scrigno di marmo che celebra la pace ................................................... 99

Compito di realtà Costruiamo un mosaico... tra le classi ........................................................ . 100

2

Modulo

BES

................................................................................................................................................................................................................

Dall’Alto Medioevo all’arte gotica

U 4 L’arte nell’Alto Medioevo

98

..............................................................................................................................

. 1 04

Idee guida L’arte racconta la fede ............................................................................................................................................ . 106

1. L’arte dei primi cristiani

Arte e civiltà

............................................................................................................................

. 1 08

Leggere l’opera d’arte I simboli dei primi cristiani.......................................................................................... . 109

2. Gli edifici di culto

3. Lo splendore dell’arte bizantina

4. Ravenna: l’Oriente in Italia

Arte e civiltà

................................................................................................................................................. ............................................................................................

. 112

..............................................................................................................

. 114

Arte e civiltà

Arte e civiltà

. 110

Ieri & Oggi Il trencadÍs di GaudÍ .................................................................................................................................................... . 114 Leggere l’opera d’arte I cortei di Giustiniano e Teodora ....................................................................... . 116

5. L’arte islamica

6. Tra Longobardi e Carolingi

Arte e civiltà

.............................................................................................................................................................

Arte e civiltà

................................................................................................................

. 118 . 120

Leggere l’opera d’arte L’altare d’oro di Sant’Ambrogio ......................................................................... . 122 Anche tu artista Modella a sbalzo come Vuolvinio

XII

7. Un nuovo stile: il Romanico

Architettura

......................................................................

. 123

.............................................................................................................

. 124

Vol.

A


Cittadinanza Aquileia: arte e storia millenarie ................................................................................................ . 1 26 8. Le varianti del Romanico in Italia Architettura ......................................................................................... 1 28

9. Architettura e arte nei monasteri

10. La scultura a servizio della fede

.......................................................................................

. 1 32

.....................................................................................................

. 1 34

Architettura Scultura

Risorse digitali

Leggere l’opera d’arte La Genesi di Wiligelmo .................................................................................................... . 1 35

11. La pittura: alla ricerca dell’originalità

Pittura

.....................................................................................

1 38

Verifica delle conoscenze

In sintesi...

Lettura dell’opera d’arte: Come una regina del mare ..................................................................................... . 1 4 1

U5

BES

..............................................................................................................................................................................................................

L’arte gotica

. 1 40

........................................................................................................................................................................................

142

Idee guida La grandezza di Dio e la grandezza dell’uomo .............................................................. 144

1. L’architettura gotica

Architettura

.........................................................................................................................................

1 46

Ieri & Oggi La tensione verso l’alto ............................................................................................................................................. 149

2. Cattedrali con pareti di vetro

Architettura

.........................................................................................................

. 150

Leggere l’opera d’arte Le vetrate gotiche della Sainte-Chapelle ............................................. 152 Anche tu artista Realizza un rosone come nel Medioevo

3. Il Gotico in Italia

Architettura

Vol.

A

..................................................

......................................................................................................................................................

4. La scultura: riemerge la figura umana

Scultura

......................................................................................

. 153 . 154 . 156

Leggere l’opera d’arte I pulpiti di Nicola e Giovanni Pisano ........................................................... 160

5. La pittura: Cimabue, l’innovatore

Pittura

.......................................................................................................

Anche tu artista Dipingi su tavola come Cimabue

6. Giotto: natura, spazio e sentimenti

Pittura

. 162

......................................................................

. 163

................................................................................................

. 164

Vol.

A

Leggere l’opera d’arte Il bacio di Giuda ........................................................................................................................... 169

Cittadinanza Assisi, la Basilica Superiore e altri siti francescani ........................................ 1 70

7. Il Gotico senese

Pittura

........................................................................................................................................................................

. 1 72

Leggere l’opera d’arte Un soggetto laico: l’Allegoria del Buon Governo ................... 1 74

8. Il Gotico «internazionale»

Pittura

...............................................................................................................................

. 1 76

Verifica delle conoscenze

In sintesi...

BES

..............................................................................................................................................................................................................

1 78

Lettura dell’opera d’arte: Il Campanile di Giotto ............................................................................................................... 1 79 Compito di realtà Promuoviamo un museo sui social network .................................... 180

XIII


Indice

3

Modulo

Risorse digitali

Dal Quattrocento al Rococò

U 6 Il Quattrocento

.............................................................................................................................................................................

184

Idee guida Alla scoperta dei classici ................................................................................................................................... 186 1. Una città per l’uomo

Architettura

......................................................................................................................................

188

Cittadinanza Palazzo Ducale di Urbino: un palazzo a forma di città ..................... 190

2. Brunelleschi, il genio innovatore

Leggere l’opera d’arte La sfida della cupola di Santa Maria del Fiore .......................... 194

Architettura

.........................................................................................

Anche tu artista Disegna in prospettiva come Brunelleschi

192

........................................

195

................................................

196

Vol.

A

3. Leon Battista Alberti: l’architetto umanista

4. Il rinnovamento della scultura: Brunelleschi e Ghiberti

Leggere l’opera d’arte Due formelle a confronto ........................................................................................... 199

Architettura

Scultura

...................

198

5. Donatello: il realismo nella scultura

6. Le sculture in ceramica dei Della Robbia

Ieri & Oggi La terracotta dipinta .................................................................................................................................................. 202

Scultura

........................................................................................

Scultura

.........................................................................

Anche tu artista Modella la ceramica come i Della Robbia

200 202

..........................................

203

...........................................................................................................

20 4

Vol.

A

7. Masaccio: il pittore della svolta

Leggere l’opera d’arte La Trinità ................................................................................................................................................ 205

Pittura

8. La prospettiva in Paolo Uccello e Antonello da Messina

9. Beato Angelico e Piero della Francesca:

spiritualità e razionalismo

10. Andrea Mantegna: raffinato pittore di corte

Leggere l’opera d’arte Il ritratto del dolore ............................................................................................................... 2 1 3

Pittura

Pittura

...................

206

.....................................................................................................................................

Pittura

..........................................................

208 212

11. Sandro Botticelli: la ricerca del bello

Leggere l’opera d’arte La Primavera misteriosa .............................................................................................. 216

Pittura

12. I pittori fiamminghi: il gusto per i dettagli

......................................................................................

Pittura

.................................................................

214

218

Verifica delle conoscenze

XIV

In sintesi...

Lettura dell’opera d’arte: Il mistero della Resurrezione ........................................................................................ 2 2 1

BES

............................................................................................................................................................................................................

220


U7

Il Cinquecento

Risorse digitali ..............................................................................................................................................................................

Idee guida Il Rinascimento

.............................................................................................................................................................

1. Leonardo: il genio del Rinascimento

Pittura

............................................................................................

222

. 224 . 226

Leggere l’opera d’arte Un’Ultima Cena voluta dal Moro................................................................... 228

2. L’architettura nei grandi centri culturali

Architettura

..............................................................

. 2 30

Ieri & Oggi Dal Campidoglio a Expo 2015 ...................................................................................................................... 2 31 Anche tu artista Progetta una piazza come Michelangelo

3. Michelangelo e la scultura

Scultura

..........................................

2 33

...........................................................................................................................

. 2 34

Vol.

A

Leggere l’opera d’arte Un David perfetto scolpito nel marmo sbagliato .............. 2 35

4. Michelangelo e la pittura

Pittura

................................................................................................................................

. 2 36

Leggere l’opera d’arte La Volta della Sistina............................................................................................................ 2 37

5. Raffaello e l’armonia ideale

Pittura

........................................................................................................................

. 240

Leggere l’opera d’arte La Scuola di Atene ................................................................................................................ 242

6. Giorgione e la «scuola veneta»

Pittura

..........................................................................................................

rea un paesaggio con la pittura tonale come Giorgione Anche tu artista C

7. La pittura veneziana: Tiziano e Tintoretto

8. L’arte «di maniera»

9. L’architettura manierista

Cittadinanza La bellezza classica a Vicenza

Pittura

Scultura

Pittura

Vol.

A

. 244

.......

245

...................................................................

. 246

.......................................................................................................................

. 250

...................................................................................................................

. 254

Architettura

....................................................................................................

. 256

............................................................................................................................................................................................................

. 258

Verifica delle conoscenze

In sintesi...

Lettura dell’opera d’arte: Ritratti a confronto .......................................................................................................... 259

BES

U 8 Il Seicento e il Settecento

..............................................................................................................................

260

Idee guida L’arte di stupire ed emozionare ........................................................................................................... 262

1. Nasce un nuovo stile: il Barocco 2. Bernini, l’architetto dei papi

Architettura

Architettura

...............................................................................................

264

..........................................................................................................

266

Ieri & Oggi San Pietro: da Roma all’Africa.................................................................................................................... 267

3. Borromini e l’originalità delle forme 4. Le grandi regge e il Rococò

Architettura

Architettura

..............................................................................

268

................................................................................................................

2 70

Cittadinanza La Reggia di Caserta: una «Versailles italiana» ............................................. 2 72

XV


Indice Risorse digitali

5. Bernini scultore

Scultura

2 74

.................................................................................................................................................................

Leggere l’opera d’arte Un David in movimento.................................................................................................. 2 75

6. Caravaggio: la luce e la realtà

Pittura

....................................................................................................................

2 76

Leggere l’opera d’arte La Vocazione di San Matteo................................................................................. 2 80

7. I Carracci e Guido Reni: naturalismo e classicismo

8. La pittura olandese del «Secolo d’oro»

Pittura

9. Velázquez e il Barocco in Spagna

Leggere l’opera d’arte Las Meninas e la finzione del ritratto...................................................... 287

Pittura

10. Tiepolo: la pittura come illusione

Pittura

...........................................

282

.................................................................................

284

.........................................................................................................

286

Pittura

...................................................................................................

288

Leggere l’opera d’arte La Sala Imperiale di Würzburg............................................................................ 289

11. Il vedutismo veneziano

Pittura

........................................................................................................................................

Anche tu artista Riproduci... come i vedutisti del Settecento

Vol.

A

....................................

2 90 291

Verifica delle conoscenze

In sintesi...

Lettura dell’opera d’arte: Giuditta: un’eroina nell’arte ........................................................................................................... 293

Compito di realtà Oggi al museo vi guido io

4

Modulo

BES

292

............................................................................................................................................................................................................

294

...........................................................................................................

Dal Neoclassicismo all’arte contemporanea

U 9 Il Neoclassicismo e il Romanticismo

.......................................................................

298

Idee guida Dall’armonia all’esaltazione del sentimento .................................................................. 300

1. Il ritorno alle forme classiche: il Neoclassicismo

2. La scultura neoclassica

Scultura

Architettura

......................................

302

........................................................................................................................................

30 4

Leggere l’opera d’arte Le tre Grazie di Canova ............................................................................................... 306 Leggere l’opera d’arte Amore e Psiche ........................................................................................................................... 307

Cittadinanza Palazzo Milzetti a Faenza ..................................................................................................................... 308

3. La pittura neoclassica: David e Ingres

Pittura

......................................................................................

310

Ieri & Oggi L’assassinio di Marat ................................................................................................................................................... 3 1 1

XVI

4. I pittori del Romanticismo

Pittura

............................................................................................................................

314


Risorse digitali

Leggere l’opera d’arte Delacroix: l’eroismo del popolo .......................................................................... 315

5. Il Romanticismo storico in Italia

Pittura

............................................................................................................

320

Leggere l’opera d’arte Il bacio del patriota ............................................................................................................... 321

6. Francisco Goya: il ritratto della Storia

Pittura

Anche tu artista Racconta la Storia, come Goya

7. Il Realismo in Francia e in Italia

Pittura

........................................................................................

322

............................................................................

32 3

................................................................................................................

324

Vol.

A

Leggere l’opera d’arte Un dopo pranzo sotto il pergolato ............................................................. 32 7

Verifica delle conoscenze

In sintesi...

Lettura dell’opera d’arte: Il sublime e il Naufragio della Speranza ...................................................... 329

BES

............................................................................................................................................................................................................

U 10 L’Impressionismo e oltre

.............................................................................................................................

328

. 330

Idee guida L’arte si allontana dalle Accademie .............................................................................................. . 332

1. Architettura in ferro e vetro

Architettura

...........................................................................................................

2. Fra Ottocento e Novecento: l’Art Nouveau

Architettura

.....................................................

. 334 . 336

Ieri & Oggi L’eredità di Mucha ........................................................................................................................................................... 338

Leggere l’opera d’arte La Sagrada Familia ............................................................................................................... . 339

3. Il ritorno all’antico: Neoromanico e Neogotico

Architettura

......................................

. 341

Cittadinanza Torino, patria del Liberty italiano ............................................................................................ . 342

4. Rodin: dal classicismo alla modernità 5. Manet e Degas: oltre la tradizione 6. La nascita dell’Impressionismo

Scultura

.................................................................................

. 344

.................................................................................................

. 346

............................................................................................................

. 348

Pittura

Pittura

7. Claude Monet: l’«inventore» dell’Impressionismo

Pittura

.......................................

. 350

Leggere l’opera d’arte I papaveri: due quadri in uno ............................................................................... . 352

8. Renoir, i contorni della luce

Pittura

........................................................................................................................

. 354

Leggere l’opera d’arte Una domenica al Moulin de la Galette .............................................. . 356 Anche tu artista Dipingi la realtà come gli impressionisti

.............................................

. 357

.................................................

. 358

..........................................................................................................

. 3 60

9. Cézanne e il superamento dell’Impressionismo 10. Il Puntinismo e il Divisionismo

Pittura

11. Van Gogh: l’esaltazione delle emozioni

Pittura

Vol.

Pittura

A

.............................................................................

. 362

Leggere l’opera d’arte La quiete apparente di una Notte stellata ................................... . 364

XVII


Indice Risorse digitali

12. Gauguin: l’aspirazione a un mondo puro e incontaminato 13. La Belle Époque

........

. 366

....................................................................................................................................................................

370

............................................................................................................................................................................................................

372

Verifica delle conoscenze

In sintesi...

Pittura

Pittura

BES

Lettura dell’opera d’arte: Dipingere il «male di vivere» ........................................................................................... 373

U 11 Le Avanguardie

..........................................................................................................................................................................

374

Idee guida Nuovi linguaggi artistici .................................................................................................................................... 376 1. Una nuova architettura: il Bauhaus

Architettura

...................................................................................

378

........................................................................................................

380

..........................................................................................................................

382

2. Fra Razionalismo e Art Déco

3. L’architettura di regime

4. L’Espressionismo: la pittura dei sentimenti

Architettura

Architettura

Pittura

Anche tu artista Dipingi come gli espressionisti tedeschi

................................................................ Vol.

A

...............................................

384 387

Leggere l’opera d’arte La danza della vita ............................................................................................................... 388

5. Il Cubismo

6. Picasso: una ricerca continua

Leggere l’opera d’arte Guernica: una tragedia in bianco e nero

Pittura

.....................................................................................................................................................................................

Pittura

................................................................................................................... .......................................

390 392 393

7. Il Futurismo: un nuovo rapporto tra le forme e lo spazio

Leggere l’opera d’arte Boccioni: spazio, movimento, figure ....................................................... 397

Scultura

................

396

8. La pittura futurista

9. La reazione al Futurismo

10. Una «scuola» di artisti indipendenti

11. L’arte astratta

12. L’arte bizzarra di Dada

13. L’immobilità metafisica

14. Il Surrealismo

Leggere l’opera d’arte Le visioni di Magritte ......................................................................................................... 413

Pittura

........................................................................................................................................................

Scultura

.................................................................................................................................

Pittura

..................................................................................

398 4 00 402

Pittura ........................................................................................................................................................................ 40 4

Pittura

Nuove forme Pittura

...........................................................................................................................

406 408

....................................................................................................................................

.......................................................................................................................................................................

410

Cittadinanza Mart: la contemporaneità si fa museo ........................................................................... 414

XVIII

Verifica delle conoscenze

In sintesi...

BES

..........................................................................................................................................................................................................

416

L ettura dell’opera d’arte: La realtà del sogno ........................................................................................................................................................ 41 7


Risorse digitali

Il secondo Novecento e l’arte contemporanea U12

Idee guida Le Neoavanguardie ....................................................................................................................................................... 420

1. L’architettura: dalla ricostruzione al Postmoderno 2. La scultura, fra tradizione e modernità

Scultura

...............................

. 422

....................................................................................

. 428

4. L’Arte informale

Pittura

..............................................

. 430

......................................................................................................................................................................

. 432

Scultura

Leggere l’opera d’arte Pollock: l’azione e l’opera ............................................................................................... . 436

5. La Pop Art

Architettura

Leggere l’opera d’arte Henry Moore: fra realtà e astrazione .......................................................... 429

3. Le nuove frontiere della scultura contemporanea

. 418

..............................

Pittura

438

........................................................................................................................................................................................

Leggere l’opera d’arte Andy Warhol: la fabbrica delle immagini .......................................... . 440 Anche tu artista Ritrai con il colore come Warhol

Vol.

A

. 441

..........................................................................

6. Il Graffitismo

...........................................................................................................................................................................................................

442

7. L’Arte povera

.............................................................................................................................................................................................................

444

8. Land Art

Nuove forme

Cittadinanza Arte Sella: in Trentino la natura accoglie l’arte ................................................... . 448

9. Body Art, Performance e Happening 10. Installazioni e Arte concettuale 11. Video Art e Computer Art

446

....................................................................................................................................................................................

.................................................................................

. 450

.............................................................................................

. 452

....................................................................................................................

. 454

Nuove forme

Nuove forme

Nuove forme

Verifica delle conoscenze

In sintesi...

Lettura dell’opera d’arte: Proiettati verso il futuro ........................................................................................................... 457

Compito di realtà Costruiamo insieme Il Grande Quiz dell’Arte

Art CLIL

Vincent Van Gogh ....................................................................................................................................................................................................... 460

Pills of Modern Art ................................................................................................................................................................................................... . 462

BES

................................................................................................................................................................................................................

Glossario

Indice degli artisti

................................ .

.....................................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................

456

458

464 467

XIX


1

Modulo

L’arte delle prime civiltĂ

2


U1

Le prime manifestazioni artistiche

U2

L’arte nel mondo greco

Cromlech di Stonehenge,

U3

L’arte etrusca e romana

2800-1500 a.C., pietra arenaria. Piana di Salisbury (Regno Unito).


U1

Le prime

manifestazioni

artistiche Dove Maggiori siti archeologici di epoca preistorica

Stonehenge

Vestonice

Carnac Valcamonica

Lascaux Chauvet Lespugue Altamira

Balzi Rossi Filitosa

Les Mas d’Azil

Bisceglie

Su Nuraxi Barumini

Sfinge, 2590 a.C., pietra calcarea, 20 x 73 x 60 m. Giza. Tig

Euf

Ninive

ri

Quando

rate

X millennio a.C. Introduzione dell’agricoltura e dell’allevamento

Mari Babilonia

Saqqara BASSO EGITTO

Ur

Il Cairo Menfi

Giza

Ni

MESOPOTAMIA

Tell-el-Amarna lo

Deir el Medina

Karnak Luxor Assuan

Abu Simbel

4

ALTO EGITTO

Principali centri delle civiltà egizie e mesopotamiche

30 000 a.C.

20 000 a.C.

10 000 a.C.

circa 25 000 a.C.

23 000 a.C.

15 000-11 000 a.C.

Prime incisioni e pitture rupestri

Statuette di Veneri

Oggetti d’uso quotidiano scolpiti


.C.

.

Una domanda che ci si pone quando si inizia lo studio della storia dell’arte è: «Quando è nata l’arte?». La risposta è semplice: l’arte è nata con l’uomo. Fin dagli albori della propria storia, l’essere umano è un artista: pittore, scultore, danzatore e musicista. Lo dimostrano dipinti e sculture risalenti alla Preistoria che ancora, a distanza di millenni, stupiscono per la bellezza e sanno suscitare emozioni. Le prime grandi civiltà sorte nel IV millennio a.C. - quella mesopotamica, lungo i fiumi Tigri ed Eufrate, e quella egizia, lungo il Nilo - ci hanno invece lasciato testimonianze artistiche di valore eccezionale sia per il livello tecnico raggiunto sia per i significati attribuiti alle opere.

Il re Assurbanipal II sul suo carro e prigionieri elamiti (particolare di un frammento proveniente dal palazzo di Ninive), 645 a.C. ca., alabastro, 163 × 77 cm. Parigi, Musée du Louvre.

Menhir antropomorfo, IV-II millennio a.C., granito, h 200 cm ca. Filitosa (Corsica).

Il dio Anubi davanti al corpo mummificato del defunto, 1290-1224 a.C., affresco. Deir el-Medina,

Tomba del servitore Khaemtora. IV millennio a.C. Prime città-stato in Mesopotamia

3500 a.C. ca. Invenzione della scrittura

4000 a.C.

3000 a.C. ca.

XVIII sec. a.C.

Unificazione dell’Alto e del Basso Egitto

3000 a.C. dal 3500 a.C.

2580-2540 a.C. ca.

Monumenti megalitici

Piramide di Cheope

Primo Impero babilonese

2000 a.C. 2500 a.C. Stendardo di Ur

VII sec. a.C.

Regno assiro di Assurbanipal II

VI sec. a.C.

Secondo Impero babilonese

1000 a.C. 1990 a.C. ca.

Inizio costruzione dei templi di Karnak e Luxor

575 a.C. ca.

Porta di Ishtar a Babilonia

U1 - Le prime manifestazioni artistiche

5


Idee guida

L’uomo nasce artista

Le Idee guida ti serviranno a focalizzare i punti principali di un periodo artistico, a conoscere le persone che lo hanno caratterizzato e potranno orientare meglio il tuo studio dell’arte preistorica. 1

Tra arte e magia…

Le pitture parietali risalenti all’epoca del Paleolitico (il lungo periodo che va dalla comparsa dell’uomo sulla Terra alla nascita dei villaggi stanziali) per noi costituiscono le prime manifestazioni artistiche. Le pitture raffigurano per lo più scene di caccia in cui sono presenti varie specie di animali, come puoi notare in questa immagine, che riproduce una parete della Grotta di Lascaux, in Francia. Per molto tempo gli archeologi hanno pensato che quelle scene celebrassero eventi realmente accaduti di cui si voleva tramandare memoria, ma non è esattamente così... Esaminando più attentamente i soggetti raffigurati, gli studiosi hanno intuito che le pitture avevano in realtà una funzione che oggi definiremmo «magica» o «religiosa», quella di propiziare la buona riuscita della caccia.

Tori e cavalli, 15 000-14 500 a.C., pitture rupestri. Grotta di Lascaux (Francia).

6

2

…per dominare la natura

La caccia era un’attività rischiosa: i cacciatori potevano essere travolti e uccisi dagli animali. Il particolare qui illustrato (sempre dalla Grotta di Lascaux) mostra un uomo steso a terra che sta per essere calpestato da un bisonte. Per cercare di prevenire o scongiurare questi pericoli, i cacciatori dipingevano o incidevano nella pietra la figura degli animali che avrebbero incontrato e quanto sarebbe potuto accadere. L’atto di raffigurarli rafforzava la convinzione di poterli dominare: «trafiggerli» sulla parete della caverna era un gesto anticipatore di quanto sarebbe dovuto accadere nella realtà. La realizzazione di questi dipinti era probabilmente accompagnata da gesti rituali finalizzati a garantire il controllo sulle forze della natura.

Uomo e bisonte, 15 000-14 500 a.C., pitture rupestri. Grotta di Lascaux (Francia).


3

Propiziare la vita...

Durante il Paleolitico si sviluppò anche la scultura. Come la pittura, anch’essa aveva una funzione propiziatoria. Tra le prime statuette a essere realizzate vi furono le cosiddette Veneri, le cui forme femminili evocavano la fertilità. Erano quindi oggetto di particolare devozione e ad esse si fa risalire il culto della «dea madre», associato anche alla terra generatrice di vita.

4

...e custodire la morte

Nel Neolitico (l’epoca in cui l’uomo, da nomade, diventò stanziale) sorsero i primi complessi megalitici, che avevano per lo più funzione di tombe. Se ne trovano sparsi in tutta Europa, dal Galles alla Puglia, con caratteristiche molto simili. Questi complessi costituiscono importanti testimonianze del culto tributato ai defunti (almeno a quelli di un certo rango) e i primi segni di una civiltà che andava maturando all’interno delle comunità. La collocazione dei megaliti, infatti, suppone una capacità già evoluta di progettare e di organizzare il lavoro in gruppo per realizzare qualcosa di importante per tutta la collettività.

Tomba megalitica, 3000 a.C. ca. Keitum, sull’isola di

Sylt (Germania).

Preconoscenze

Venere di Willendorf, 21 000 a.C. ca., pietra calcarea, h 11 cm. Vienna, Naturhistorisches Museum.

Leggendo queste Idee guida, hai appreso che secondo gli studiosi le pitture rupestri erano realizzate prima della caccia e accompagnate da un rituale in cui si cercava di prevenire i pericoli e favorire la cattura o l’uccisione degli animali. Ugualmente, le statuette dette Veneri venivano conficcate nel terreno auspicando che la terra desse buoni frutti. Quelle che noi oggi riteniamo le prime testimonianze artistiche avevano dunque una funzione magica e propiziatoria. L’uomo ha abbandonato completamente il pensiero magico? Forse no. Pensa ad esempio al Capodanno, in cui, oltre al cenone che propizia abbondanza, in alcune città si brucia un fantoccio che rappresenta l’anno vecchio e si brinda a quello nuovo. E pensa ancora ai fuochi d’artificio con cui, in alcuni Paesi, si festeggia l’arrivo dell’estate! ella tua città si celebrano altre tradizioni? Quali? •N

U1 - Le prime manifestazioni artistiche

7


Arte e civiltà

1 Il Paleolitico

U1

La «Cappella Sistina» della Preistoria La Grotta di Lascaux, in Francia, nella regione sud-occidentale della Dordogna, è uno dei primi siti in cui sono stati rinvenuti, perfettamente conservati, dipinti e incisioni rupestri. Il luogo fu scoperto per caso, nel 1940, da un gruppo di giovani escursionisti che, calandosi nella grotta, si trovarono di fronte a immagini di una bellezza straordinaria, tale che la Grotta di Lascaux è stata definita «Cappella Sistina» della Preistoria.

Volta della Sala dei tori, 15 000-14 500 a.C.,

pitture rupestri. Grotta di Lascaux (Francia). Nella Grotta di Lascaux vi sono oltre 600 figure dipinte e altre 1500 incise sulle pareti di ambienti che si susseguono in una serie di gallerie e di «sale». Qui, circa 16 000 anni fa, gli uomini del Paleolitico hanno lasciato una testimonianza formidabile non solo della loro abilità nel tracciare figure ferme o in movimento, ma anche del loro gusto per il colore e della loro sensibilità.

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Tecniche e colori Le immagini che si trovano nella Grotta di Lascaux sono in parte dipinte e in parte incise nella roccia. Per realizzarle gli uomini del Paleolitico si servirono delle dita o di pennelli fatti con peli di animali, grazie ai quali riuscivano a creare le sfumature. I colori – predominanti il rosso, l’ocra e le tinte brune – erano ricavati da impasti di terre colorate, mentre i contorni neri erano tracciati con pezzi di carboni di legna bruciata. L’esecuzione di questi dipinti suppone anche una suddivisione e una specializzazione dei lavori: vi era chi procurava i materiali dai quali poi altri ricavavano i colori, e poi vi erano gli «artisti» veri e propri, che tracciavano e coloravano le figure sulle pareti. Per raggiungere le parti più alte della grotta si aiutavano con scale rudimentali ricavate dai tronchi degli alberi.

Competenti in arte

• O sserva le immagini su queste pagine e scrivi il nome degli animali che riesci a individuare.

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• S i tratta di animali che ancora oggi vengono cacciati dall’uomo? • I ndica sull’immagine gli animali che non sai identificare e confrontati con i tuoi compagni.


Le Grotte di Chauvet e di Altamira Sempre in Francia, ancora più antica della Grotta di Lascaux è quella di Chauvet (dal nome dello studioso Jean-Marie Chauvet, che la scoprì nel 1994). I dipinti che vi si trovano risalgono a oltre 30 000 anni fa e colpiscono per la straordinaria varietà di animali raffigurati e per il dinamismo che essi comunicano. Contemporanei a quelli di Lascaux sono invece i dipinti rupestri che si trovano nella Grotta di Altamira, nella Spagna settentrionale, a ridosso della costa atlantica. Anche in questo caso si tratta di un complesso di ambienti che si snodano per oltre 250 metri, nei quali sono raffigurati animali e cacciatori. Rinoceronti e cavalli, 30 000 a.C., pitture rupestri. Grotta Chauvet (Francia). Alcuni particolari dei dipinti nella Grotta Chauvet sono curiosi, ad esempio la presenza di rinoceronti, che noi siamo soliti collocare in Africa o in Asia, ma che evidentemente nel Paleolitico erano diffusi anche nella Francia meridionale.

Mani in una grotta In Patagonia, regione meridionale dell’Argentina, esiste una grotta che si chiama Cueva de Las Manos, «Grotta delle mani». Dall’immagine puoi facilmente renderti conto del motivo del nome. Le pareti di questa grotta, infatti, sono quasi interamente coperte da impronte di mani realizzate per lo più con la tecnica dello spruzzo in un periodo che risale a circa 13 000 anni fa. Talvolta esse si sovrappongono o sono accostate a immagini di animali, con un evidente riferimento alla caccia. Il colore predominante è il rosso, ricavato da minerali ferrosi come l’ematite. Impronte di mani, 11 000 a.C. ca., pitture rupestri. Cueva de Las Manos (Argentina).

CuriosArte

Piccoli e destrorsi Dalle impronte rimaste sulle pareti della Cueva de Las Manos si ricavano almeno due informazioni interessanti su coloro che millenni fa le hanno realizzate. Anzitutto essi erano destrorsi: le impronte sono quasi tutte della mano sinistra, il che significa che hanno usato la destra per distribuire il colore. In secondo luogo, erano di corporatura piuttosto minuta, perché le dimensioni delle mani sono simili a quelle di un ragazzo di 12 o 13 anni. Insomma, erano uomini e donne che per la loro grandezza erano molto simili a te.

U1 - Le prime manifestazioni artistiche

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Scultori per caso

Propulsore con uccello scolpito

La nascita della scultura rivela in modo chiaro come l’essere umano sia naturalmente portato a essere un artista. Inizialmente, infatti, scolpire significava modellare utensili di vario genere (ad esempio pugnali o punte per lance e frecce ricavati scheggiando pietre) che presto l’uomo iniziò ad abbellire. Il gusto per la decorazione degli oggetti di uso quotidiano è visibile nei propulsori, strumenti in osso che servivano per lanciare lontano pietre o aste, dunque impiegati soprattutto nella caccia.

(proveniente da Le Mas d’Azil), 18 000-14 000, corno di renna. SaintGermain-en-Laye, Musée d’Archeologie Nationale. I propulsori erano spesso modellati con figure di animali, come questo alla cui base è stato scolpito un uccello.

Arte per la vita L’evoluzione della scultura si manifestò anche nella realizzazione di opere che avevano un significato più profondo. Tutto ciò che aveva a che fare con l’inizio e la fine della vita (momenti che suscitavano grandi interrogativi e timori) iniziò ben presto a essere oggetto delle prime manifestazioni artistiche. Tra le sculture più antiche vi sono le «Veneri», figure femminili di dimensioni comprese fra i 5 e i 25 cm che servivano a propiziare la fertilità.

Venere di Vestonice, 27 000 a.C.

ca., argilla, h 11,4 cm. Dolni Vestonice (Repubblica Ceca).

Venere di Lespugue, 25 000 a.C. ca., avorio, h 15 cm ca. Parigi, Musée de l’Homme.

Venere di Grimaldi (proveniente dai Balzi Rossi, presso Imperia), 20 000 a.C. ca., steatite gialla, h 4,8 cm. Saint-Germain-enLaye, Musée d’Archeologie Nationale.

Alla donna, in quanto capace di generare figli, era fatta risalire simbolicamente l’origine dell’esistenza e per questo le parti del corpo direttamente coinvolte nella generazione (il ventre) e nel mantenimento della vita (il seno) erano esaltate e rappresentate in proporzioni esagerate e sproporzionate rispetto al resto della figura.

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Approfondisci sul vol. Pag. 80

Anche tu artista

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Dipingi come a Lascaux Ecco alcune foto di animali dipinti nella Grotta di Lascaux. Prendendo spunto da queste immagini, tu e i tuoi compagni potete riprodurre su una parete della vostra classe (opportunamente ricoperta con un foglio di carta piuttosto spessa) una pittura simile a quelle del Paleolitico.

1 Procurati i seguenti materiali: carta da pacchi, colla vinilica, carta velina bianca, carboncino, matita morbida, spugna, pennelli grandi, cibo o spezie che puoi recuperare nella cucina di casa.

2 Increspa della carta velina e incollala sulla carta da pacchi appesa alla parete come supporto per ricreare l’effetto di una grotta.

3 Ricava, come un vero uomo preistorico, i tuoi colori da altri materiali, ad esempio cacao, caffè, zafferano o altro suggerito dall’insegnante. Sciogli un po’ di queste polveri nell’acqua e tampona con la spugna o con pennelli grandi i colori ottenuti sulla superficie della tua «roccia», lasciando una colorazione di base chiara.

4 Con il carboncino disegna le figure stilizzate di alcuni animali, in modo che assomiglino alle pitture rupestri che hai appena conosciuto.

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Cittadinanza

Arte rupestre della Valcamonica

Cervi, 11 000 a.C. ca., incisioni rupestri. Valcamonica, Capo Di Ponte.

Guerrieri e animali,

III millennio a.C., incisioni rupestri. Valcamonica, Parco Archeologico Comunale di Seradina e Bedolina.

In una delle valli più estese della Lombardia, la Valcamonica, è raccolto un patrimonio ricchissimo di testimonianze millenarie risalenti ai primi abitanti di queste terre. Lungo l’intera vallata, estesa su ventiquattro comuni, si può passeggiare attraverso otto parchi archeologici e osservare centinaia di migliaia di figure incise nella roccia. Queste immagini, stilizzate e affascinanti, ci raccontano la storia delle prime civiltà umane. I soggetti, rappresentati con le tecniche della martellina (la pietra è picchiettata con una sorta di martello) e del graffito (incisione su pietra), sono scene di caccia, riti propiziatori, sacrifici e cerimonie religiose dei Camuni, antichi abitanti di quelle terre montane.

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Nel 1909, il geografo bresciano Walther Laeng fece la meravigliosa scoperta, segnalando le prime incisioni rupestri al Comitato Nazionale per la Protezione dei Monumenti. Successivamente, nel 1979, questo è stato il primo sito italiano ad essere inserito dall’UNESCO nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

Valorizzare il patrimonio Per tutelare, conservare e valorizzare la vasta area archeologica, nel 2008, in occasione del centenario della scoperta del sito, la Comunità Montana della Valcamonica ha ottenuto un grosso finanziamento dal ministero dei Beni Culturali per allestire il Parco degli incisori. Questo progetto ha consentito di creare e ampliare spazi attrezzati destinati alla fruizione del turismo, con l’istallazione di segnaletiche che mostrano chiaramente i vari percorsi, migliorando l’accesso ai parchi. Maggiori punti d’interesse della zona sono: • dal 1999, l’Archeopark di Darfo Boario, che propone in modo interattivo la ricostruzione degli antichi insediamenti preistorici; • dal 2014, all’interno della settecentesca Villa Agostani, nel centro storico di Capo di Ponte, il MUPRE (Museo Nazionale della Preistoria della Valcamonica), dove sono esposti i reperti che testimoniano la storia della civiltà camuna.


CuriosArte

Vivi l’arte

La misteriosa rosa della Lombardia

Se vuoi conoscere meglio l’arte rupestre della Valcamonica, puoi consultare i siti web sottoelencati; ti permetteranno di approfondire i contenuti di queste pagine e reperire preziose informazioni pratiche per una visita in quel luogo suggestivo.

Incisa novantadue volte, sempre in modo differente, la «rosa camuna» è un simbolo misterioso. Il suo significato è ancora sconosciuto, ma resta evidente dalle incisioni che aveva una gra nde importanza. Spesso viene raffigurata circondata di guerrieri che danzano, quasi volessero difenderla. Nel 1975, un gruppo di designer, tra i quali Bruno Munari, rielaborò graficamente il disegno della «rosa camuna», ricavandone un logo, una rosa camuna bianca su campo verde, adottato come simbolo della Regione Lombardia.

Rosa camuna, VII-I sec.

a.C., incisione rupestre. Valcamonica, Foppa di Nardo.

www.mupre.capodiponte.beniculturali.it www.archeopark.net www.vallecamonicaunesco.it/museo.php

Simbolo della Regione Lombardia.

Competenze individuali Immagina di essere uno studioso della Preistoria. Devi presentare una tua relazione a un convegno su Arte e cultura dei Camuni. Recupera fotografie di alcune incisioni rupestri in Valcamonica, risalenti ad epoche diverse. Puoi esporle su un cartellone o allestire una presentazione in PowerPoint. Sotto ogni immagine scrivi una breve didascalia che illustra il soggetto rappresentato. Puoi inoltre indicare in quale località si trovano i reperti illustrati su una cartina che potrai recuperare nei siti indicati in Vivi l’arte.

Scheda di autovalutazione e valutazione dell’insegnante sulle Competenze individuali Competenze coinvolte

Si orienta nello spazio e nel tempo e interpreta i sistemi simbolici e culturali della società.

Competenze chiave

Consapevolezza ed espressione culturale.

Penso di aver raggiunto questo livello A

B

C

D

L’insegnante mi ha assegnato il livello A

B

C

D

Livelli: A Avanzato; B Intermedio; C Base; D Iniziale

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Arte e civiltà

2 Dal Neolitico all’Età del bronzo

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Menhir, dolmen e cromlech Durante il Neolitico in diverse regioni europee gli esseri umani abbandonarono il nomadismo e iniziarono a vivere stabilmente in gruppi più o meno numerosi. A questo periodo risalgono i megaliti, grandi pietre che, a seconda della forma e dell’uso, vengono chiamate in modo diverso: •m enhir (nell’antica lingua bretone «pietra lunga»), grossi massi di pietra di forma allungata che venivano conficcati nel terreno. Potevano essere isolati, oppure collocati uno vicino all’altro. La loro funzione era quella di indicare la presenza di tombe oppure di segnalare un percorso sacro; • dolmen (nell’antica lingua bretone «tavola di pietra»), strutture costituite da due o tre menhir che supportano una tavola di pietra orizzontale. Erano edificati sopra tombe individuali o collettive scavate nella terra sottostante; • cromlech (nell’antica lingua bretone «circolo»), strutture complesse e di forma circolare, che servivano a delimitare un’area considerata sacra. Il cromlech più famoso, anche per le sue dimensioni, è quello di Stonehenge, in Gran Bretagna, di cui ci occuperemo in maniera più dettagliata nelle prossime pagine.

CuriosArte

Obelix e i menhir I fumettisti francesi Uderzo e Goscinny sono diventati famosi per avere inventato le avventure di Asterix e del suo inseparabile compagno Obelix. Uno dei compiti di Obelix è quello di trasportare sulla schiena dei grossi menhir, che spesso non raggiungono la destinazione voluta perché vengono prima scagliati, come enormi proiettili, contro i nemici. Queste avventure sono ambientate nel I secolo a.C., durante la guerra tra Galli e Romani. Ora, anche se è vero che nell’antica Gallia erano presenti i complessi megalitici risalenti al Neolitico, è escluso che nel I secolo a.C. qualcuno si desse ancora la briga di portare in giro dei menhir. Il compito assegnato al simpatico Obelix rappresenta quindi un anacronismo che non ha nulla a che vedere con la verità della storia dei megaliti.

Complesso megalitico, V-III millennio a.C. Carnac. Il lungo percorso (4 km in totale), segnato da circa 3000 menhir, a Carnac, nella Francia nordoccidentale, era probabilmente un percorso sacro, ma non è chiara la funzione dell’allineamento delle grandi pietre.

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Menhir antropomorfo,

IV-II millennio a.C., granito, h 200 cm ca. Filitosa (Corsica).


Il sistema trilitico I dolmen e i cromlech erano costruiti usando il cosiddetto sistema trilitico. Si tratta di una tecnica costruttiva basata sull’uso di tre pietre (raramente quattro), delle quali due verticali conficcate nel terreno (chiamate piedritti) ne sostengono una terza, posta in orizzontale sulla loro sommità (detta architrave). Se i piedritti e l’architrave sono ben posati, la struttura che ne risulta è solida e il peso viene scaricato verso terra in maniera equilibrata dando stabilità alla costruzione.

Schema ricostruttivo di struttura trilitica. Dolmen della Chianca, 3000 a.C. ca. Bisceglie. Al suo interno sono state rinvenute diverse sepolture.

Competenti in arte Lo sai che sul sistema trilitico si basano ancora attualmente semplici strutture architettoniche? Individua intorno a te, a parti re dall’appartamento in cui vivi, strutture costituite da un architrave sostenuto da due piedritti.

Ieri & Oggi

Un dolmen... con piscina Nel 2010 è stato inaugurato a Singapore un particolare grattacielo che si sviluppa su tre torri e somiglia molto a un dolmen del terzo millennio d.C. Si tratta del Marina Sands Bay, progettato dall’architetto canadese Moshe Safdie (1938), alto circa 200 metri, nel quale hanno sede hotel di lusso e persino un casinò. La piattaforma che lo sovrasta (e che richiama la forma di una nave), il cosiddetto Skypark, è lunga ben 340 metri e ospita una grandissima piscina, ristoranti, giardini pensili in cui si possono intrattenere fino a 3500 persone.

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Leggere l’opera d’arte

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Stonehenge: il cerchio del Sole Il complesso megalitico più famoso al mondo è il cromlech di Stonehenge, nell’Inghilterra meridionale. Costruito in fasi successive tra il 2800 e il 1500 a.C., era formato in origine da 30 megaliti, sulla cui sommità erano collocate delle enormi lastre in pietra. All’interno di questo «recinto sacro» c’erano cinque grandi triliti, altre pietre più piccole e una grande lastra chiamata pietra dell’altare, che serviva probabilmente come punto di osservazione del ciclo solare. Intorno al cromlech di Stonehenge vi erano altri anelli di pietre, buche e persino un fossato. Tutti questi elementi delimitavano un’area ben precisa. Il lungo viale d’ingresso era allineato in modo da coincidere con il punto in cui sorgeva il Sole nel solstizio d’estate. All’alba, la luce del Sole penetrava nel cromlech attraverso la Pietra di Heel e andava a colpire la pietra dell’altare. A partire da quel momento, facendo riferimento ad altri massi del complesso era possibile stabilire in modo preciso il succedersi dei mesi e delle stagioni. Le 56 buche scavate nel terreno, che si trovano lungo il fossato, indicano probabilmente il tempo stimato tra il verificarsi di due eclissi lunari.

Tutta l’area del cromlech era delimitata da un fossato. L’ampio spazio interno era considerato sacro.

Ogni anno veniva collocata una grossa pietra in una delle buche che circondano il complesso, spostandola di volta in volta in quella successiva: questa modalità permetteva di calcolare gli anni che intercorrevano tra un’eclissi lunare e l’altra.

Disegno ricostruttivo del cromlech di Stonehenge. Oggi solo una parte del cromlech di Stonehenge è rimasta intatta, ma le tracce sul terreno permettono una ricostruzione precisa del suo aspetto originario.

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Le dimensioni e le tecniche di costruzione. Le dimensioni di Stonehenge sono davvero notevoli. Il diametro del cromlech è di 100 metri, ma tutta l’area del complesso è molto più ampia. Il monolite più grande utilizzato è alto 9 metri e pesa circa 40 tonnellate. Tutte queste grandi pietre furono trasportate sul luogo facendole rotolare su tronchi di legno. Si tratta di pietra arenaria proveniente da almeno 30 chilometri di distanza. Per innalzare questi enormi massi, i costruttori ricorsero alla tecnica impiegata per i dolmen: scavavano grosse buche nella quali facevano scivolare la base della pietra e poi la raddrizzavano facendo uso di funi. Poi, costruendo una sorta di impalcatura costituita da diverse piattaforme in legno, issavano la lastra orizzontale. Si tratta di un lavoro che richiedeva molto tempo e molte persone!


Complessi megalitici nell’Età del bronzo

Cromlech di Stonehenge,

2800-1500 a.C., pietra arenaria, diametro 100 m. Piana di Salisbury (Regno Unito).

L’evoluzione dell’uomo è avvenuta con fasi e ritmi differenti nelle varie parti del mondo, per cui è possibile riscontrare costruzioni megalitiche in civiltà di epoche successive al Neolitico. L’esempio più vicino a noi è quello della civiltà nuragica, che fiorì in Sardegna a partire dal 1800 a.C. e si prolungò fino alla conquista romana, intorno al II secolo a.C. Le numerose grandi costruzioni in pietra sul territorio sardo risalgono quindi «all’Età del bronzo», epoca in cui l’uomo raggiunse un’elevata padronanza nella lavorazione dei materiali, testimoniata anche da interessanti manufatti artistici.

La civiltà nuragica sarda prende il nome dai nuraghe, costruzioni cilindriche organizzate su diversi piani che potevano raggiungere anche i 20 metri di altezza. Erano composte da grossi massi di pietra («nuraghe» deriva dalla parola sarda nurra, che significa «ammasso di pietre») sovrapposti senza l’uso di malta: una tecnica che si definisce «muratura a secco». I nuraghe erano integrati all’interno di un villaggio e avevano probabilmente una funzione di difesa della popolazione, che in caso di pericolo vi trovava rifugio. Nei villaggi più grandi potevano esserci anche più nuraghe, di diverse dimensioni. In questo caso si parla di complesso nuragico. Il più famoso e meglio conservato è quello di Barumìni, nella parte centromeridionale dell’isola. In quel sito, il nucleo principale risale al II millennio a.C.

Gruppo di due guerrieri,

VIII sec. a.C., bronzo. Cagliari, Museo Nazionale di Cagliari.

Molto probabilmente le statuette avevano una funzione religiosa: questo gruppo di bronzetti, che rappresenta guerrieri in atteggiamento di preghiera, è stato rinvenuto nel villaggio santuario ad Abini, in provincia di Nuoro.

La Pietra di Heel era punto di riferimento per stabilire il calendario solare.

La civiltà dei nuraghe

Complesso nuragico di Su Nuraxi (particolare),

II millennio a.C. Barumìni. Il sito archeologico è stato dichiarato dall’UNESCO Patrimonio Mondiale dell’Umanità nel 1997.

CuriosArte

Quale funzione avevano i nuraghe? Nei secoli sono state avanzate le ipotesi più diverse sulla funzione dei nuraghe. Erano semplici abitazioni oppure fortezze, torri d’avvistamento, luoghi di sepoltura, osservatori astronomici? In realtà si è scoperto che alcuni furono usati per scopi militari, in altri sono state rinvenute delle tombe oppure oggetti riconducibili a un impiego di tipo religioso. Così pure, alcuni sorgono in posizioni isolate, tali da far pensare a torri d’avvistamento, mentre altri, al centro di complessi più grandi, potrebbero essere identificati con la dimora del capo del villaggio. È possibile quindi che le antiche popolazioni sarde abbiano utilizzato la stessa tecnica costruttiva e lo stesso impianto architettonico per impieghi differenti.

Nuraghe di Sante Antine detto anche Sa domo de su Re («La casa del re»), 1800-1450 a.C. Torrealba.

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Idee guida

Le civiltà dei grandi fiumi

Le Idee guida ti serviranno a focalizzare i punti principali di un periodo artistico, a conoscere le persone che lo hanno caratterizzato e potranno orientare meglio il tuo studio dell’arte fiorita nelle grandi civiltà mesopotamiche e nell’antico Egitto.

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La religione...

L’arte dei Sumeri trova la sua prima ispirazione nella religione. Questo è un tratto caratteristico di tutte le civiltà antiche: statue di divinità, edifici sacri, oggetti di vario genere impiegati per il culto sono tra le espressioni artistiche più alte della storia dell’umanità. Al III millennio a.C., per esempio, risalgono le statuette dei cosiddetti oranti, interessanti reperti delle civiltà mesopotamiche.

...e il potere

Oltre alla religione, grande importanza ricopriva nell’arte delle prime civiltà e la celebrazione del potere regale. Accanto al tempio infatti sorgeva il palazzo del re, decorato con sculture che esaltano la figura del sovrano. In questa immagine del VII secolo a.C., scolpita su una parete del palazzo reale di Ninive, il re Assurbanipal II viene rappresentato sul suo carro da guerra, circondato da soldati e da persone del suo seguito. La sua statura, superiore a quella di tutti gli altri personaggi, sottolinea la sua importanza e l’alta corona è il segno inconfondibile della sua autorità.

Statuetta raffigurante Salim

(proveniente da Mari), 3000 a.C., alabastro. Damasco, National Museum of Damascus. Nelle statuette di oranti in alabastro colpisce la rappresentazione del volto: gli occhi grandi e spalancati, colorati con l’innesto di lapislazzuli, manifestano stupore di fronte alla divinità; l’espressione è sempre serena e fiduciosa.

Il re Assurbanipal II sul suo carro e prigionieri elamiti (particolare di un frammento proveniente dal palazzo di Ninive), 645 a.C. ca., alabastro, 163 × 77 cm. Parigi, Musée du Louvre.

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Un’arte per l’eternità

Lo stretto legame tra arte e religione, nella cultura egizia, è testimoniato dal culto riservato ai defunti. L’edificio-simbolo della civiltà egizia, la piramide, è una tomba destinata ad accogliere il corpo del faraone. Pitture, sculture di grandi e piccole dimensioni, persino oggetti di uso quotidiano di straordinaria bellezza sono stati rinvenuti nelle tombe dove avevano una funzione precisa: accompagnare il defunto nella sua vita nell’oltretomba.

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Statue colossali per celebrare il re-dio

Nelle civiltà mesopotamiche spesso la figura del sacerdote coincideva con quella del sovrano. In Egitto, invece, il faraone era egli stesso una divinità, incarnazione di Horus, figlio di Ra, il dio-Sole. Al faraone erano quindi attribuiti gli onori riservati a un dio e a lui venivano dedicate statue di ogni dimensione, comprese quelle cosiddette «colossali», cioè di eccezionale grandezza. All’ingresso del tempio di Abu Simbel si trovano quattro statue alte 20 metri che ritraggono Ramses II, il faraone che decise la costruzione del tempio dedicandolo... a se stesso.

Ingresso del tempio di Abu Simbel, 1260 a.C. ca. Assuan. Il tempio fu costruito per volontà del faraone Ramses II, che in questo modo volle divinizzare la propria persona.

Il faraone Ramses I tra le divintà Horus (a sinistra)

e Anubi (a destra), 1290 a.C., affresco. Luxor, Valle dei Re, Tomba di Ramses I.

Preconoscenze Nelle antiche civiltà, scultori e pittori esaltavano nei soggetti che rappresentavano gli aspetti fisici che permettevano di evidenziare il loro ruolo, la loro importanza e le loro caratteristiche più salienti: grandi occhi per vedere, grandi orecchie per ascoltare e dimensioni ciclopiche per sottolinearne l’importanza. • Secondo te, queste modalità di comunicazione sono adottate ancora oggi? Pensa ai tuoi supereroi preferiti, alla rappresentazione della figura umana nei fumetti e nel cinema di animazione: in quali personaggi riconosci una simile evidenza di caratteri?

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Arte e civiltà

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3 La civiltà mesopotamica

La ziggurat, centro della città sumera

Le offerte votive

La civiltà mesopotamica risale al IV millennio a.C. e venne fondata dai Sumeri. Qui vennero edificate le prime importanti città, ciascuna delle quali era autonoma (si parla infatti di città-stato) e sorgeva intorno alla ziggurat. La ziggurat era una grande piramide a gradoni costruita in mattoni che costituiva il centro religioso perché, alla sua sommità, era collocato il tempio dedicato alla divinità protettrice della città. Era inoltre il centro economico, perché al suo interno vi erano magazzini e depositi dove venivano conservati i prodotti agricoli; infine, era anche il centro culturale, perché alcuni ambienti erano riservati ai giovani che studiavano la scrittura per diventare scribi. Intorno alla ziggurat sorgevano le dimore dei sovrani e dei sacerdoti e, poco più distante, le più modeste abitazioni dei cittadini.

Gli scavi archeologici in prossimità dei templi mesopotamici hanno riportato alla luce piccole statue in alabastro o diorite: raffigurano persone in atteggiamento di preghiera, per questo vengono chiamate oranti. Si tratta molto probabilmente di offerte votive. La scultura aveva la funzione di sostituire la persona reale, che era occupata nelle faccende quotidiane, nelle azioni di culto da rendere alla divinità. Questi piccoli manufatti hanno anche un valore artistico. Le figure sono rappresentate frontalmente e appaiono piuttosto rigide, con particolari anatomici molto semplificati e spesso sproporzionati.

Alla sommità della ziggurat vi era un tempio al quale potevano accedere solo i sacerdoti.

Disegno ricostruttivo di ziggurat.

Le scale potevano essere una o più di una. Le scale centrali erano riservate ai sacerdoti.

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I gradoni consentivano di innalzarsi verso il cielo, sede della divinità.

La sommità della ziggurat era piatta. Era il luogo in cui i sacerdoti officiavano i riti e scrutavano il cielo e le stelle.


Leggere l’opera d’arte

Lo Stendardo di Ur Una delle testimonianze più interessanti dell’arte sumerica ci è data dal cosiddetto Stendardo di Ur, una scatola di legno di circa 50 cm di lunghezza e 22 di altezza. Risale al III millennio a.C. ed è stato rinvenuto in una tomba nella città di Ur. Ogni faccia della scatola è decorata con intarsi colorati inseriti su uno strato di bitume spalmato in modo uniforme sul legno. I due pannelli più lunghi dello stendardo riportano l’uno episodi di guerra, l’altro raffigurazioni che riguardano i festeggiamenti per la pace seguiti alla vittoria. Entrambi sono suddivisi in tre fasce sovrapposte, che vanno lette dal basso verso l’alto. Le immagini costituiscono una testimonianza importante non solo sotto il profilo artistico, ma anche dal punto di vista storico, perché permettono di conoscere alcune caratteristiche della civiltà sumerica. Le figure sono in conchiglia e madreperla (di colore bianco), lo sfondo è in lapislazzulo (blu), mentre le cornici sono realizzate in madreperla, lapislazzuli e corniole (rosso). Nel pannello dedicato alla pace (riprodotto sotto) è illustrato un banchetto imbandito per celebrare la vittoria militare. La figura del sovrano è facilmente riconoscibile, perché è più grande degli altri personaggi raffigurati.

Due coppieri servono da bere al re e agli altri invitati al banchetto.

Alcuni animali vengono condotti al sacrificio.

Carro militare (particolare del pannello raffigurante la guerra sullo Stendardo di Ur), 2500 a.C. Londra, British Museum. Nel pannello della guerra, scopriamo che i carri erano provvisti di ruote piene formate da due semicerchi uniti intorno al mozzo. Proprio la ruota è una delle invenzioni attribuite ai Sumeri e lo stendardo ce ne offre conferma.

Funzionari e capi militari festeggiano insieme al re. Tutti i personaggi sono raffigurati con il volto di profilo, il busto in posizione frontale, le gambe e i piedi ancora di profilo.

Servi (o schiavi di guerra) portano il bottino: si tratta di oggetti, ma anche di cibo e di animali.

Un musico suona la lira, una piccola arpa in uso presso i popoli mediorientali.

Le fasce sono divise da elementi decorativi.

Stendardo di Ur (pannello della pace), 2500 a.C.,

legno intarsiato, 50 × 22 cm. Londra, British Museum.

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Le città colorate dei Babilonesi Nella seconda metà del XVIII secolo a.C., le città-stato dei Sumeri furono conquistate dai Babilonesi, che fondarono il primo grande impero mesopotamico. Molti dei loro edifici, giunti fino a noi, testimoniano una civiltà ricca e fiorente, tesa a esaltare la grandezza di sovrani che per secoli estesero e consolidarono il loro dominio nella terra fra il Tigri e l’Eufrate. La città di Babilonia, capitale dell’impero, presentava edifici imponenti: alte ziggurat e palazzi diventati famosi per i loro giardini pensili, cioè costruiti su terrazzamenti. Quelle opere architettoniche lasciano supporre capacità di progettazione e tecniche costruttive di altissimo livello.

CuriosArte

«Una Babilonia!» L’espressione comune «è una Babilonia» indica una situazione confusa o di disordine. Il detto si rifà a un testo della Bibbia (Genesi 11, 1-9) secondo il quale, agli albori della storia, gli uomini parlavano tutti la stessa lingua. Quando però decisero di costruire una torre alta fino al cielo, Dio, sentendosi sfidato, li punì facendoli parlare lingue diverse e impedendo loro di intendersi. La confusione fu tale che i lavori per l’edificazione della torre cessarono. La torre era detta «di Babele»: Babel è il nome originale di Babilonia, quindi l’edificio è identificabile con la ziggurat Etemenanki (la più alta di quella città), la cui costruzione iniziò nel II millennio a.C. e proseguì fino ai tempi di Alessandro Magno (IV secolo a.C.) senza mai essere completata. Gli Ebrei la videro durante il loro esilio, rimasero impressionati dalle sue dimensioni ed elaborarono il loro racconto anche a partire dalle tradizioni sumeriche che la riguardavano.

Ziggurat di Etemenanki

(secondo un disegno ricostruttivo realizzato in Germania), 1902. Londra, Mary Evans Picture Library.

Porta di Ishtar di Babilonia, 575 a.C. ca., mattonelle di terracotta colorata e smaltata, 14,73 × 15,70 × 4,35 m. Berlino, Pergamonmuseum. Babilonia era circondata da mura possenti, nelle quali si aprivano otto porte monumentali come quella dedicata a Ishtar, dea dell’amore e della guerra. La porta è completamente ricoperta da mattonelle di terracotta trattate con una miscela colorata a base di vetro che ne rende lucida la superficie. Su un fondo blu brillante risaltano animali come leoni e tori, ma anche creature fantastiche sacre alle divinità. Nel 1930 questa famosa porta fu ricostruita nel Pergamonmuseum di Berlino con i materiali recuperati dagli scavi archeologici.

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Competenti in arte

L’arte a servizio del potere I sovrani babilonesi si servirono della scultura per manifestare il loro prestigio e il loro potere. Sulle pareti dei loro palazzi vennero scolpite grandi scene che ne esaltavano le gesta; fecero erigere statue e monumenti. Vi erano anche opere di dimensioni più piccole, come le stele, che avevano spesso come soggetto le imprese compiute dal sovrano, oppure riportavano iscrizioni con cui venivano fatte conoscere le leggi che i sudditi erano tenuti a rispettare.

L’immagine riportata qui ritrae il re assiro Assurbanipal II durante una battuta di caccia. Pare che quello della caccia fosse un soggetto molto apprezzato dagli Assiri, ma con un significato molto diverso rispetto a quello che abbiamo visto studiando l’arte preistorica.

Stele del Codice di Hammurabi, 1750 a.C., basalto, 225 × 65 cm. Parigi, Musée du Louvre. Questa famosa stele con le leggi di Hammurabi raffigura il re di fronte al dio della giustizia, Shamash.

Gli Assiri e la passione per la guerra Nell’VIII secolo a.C. Babilonia fu conquistata dagli Assiri, una popolazione di guerrieri che, al pari dei Babilonesi, si pose anch’essa in continuità con la cultura sumerica. L’arte assira è principalmente legata alla celebrazione dei sovrani e alle loro imprese militari. Numerosi sono i rilievi che descrivono battaglie, ritrovati soprattutto negli scavi archeologici di Ninive (oggi Mosul, in Iraq), antica capitale dell’impero assiro.

Assurbanipal II a caccia (proveniente dal palazzo di Ninive), 650-620 a.C., alabastro. Londra, British Museum.

Osserva l’immagine e rispondi: c he cosa vuole comunicare? la raffigurazione ha un significato magicoreligioso, oppure di altro tipo? quali differenze noti rispetto alle immagini delle pagine precedenti, riferite alle scene di caccia di epoca preistorica?

• • •

Prigionieri elamiti dopo la battaglia di Elam (particolare di un frammento

proveniente dal Palazzo di Ninive), 645 a.C. ca., alabastro, 163 × 77 cm. Parigi Musée du Louvre. Il rilievo celebra una grande vittoria del re Assurbanipal. Un particolare presente nell’immagine testimonia lo sviluppo tecnologico di quel popolo: la ruota non è più piena come quella sumera, ma a raggi, più robusta e leggera. Anche dal punto di vista artistico si nota un’evoluzione. Le persone sono ritratte completamente di profilo, con proporzioni più realistiche e con maggiore cura dei dettagli.

U1 - Le prime manifestazioni artistiche

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Architettura

U1

4 Gli Egizi: tombe alte fino al cielo

Le tombe: dimore per l’eternità Le testimonianze più importanti della civiltà egizia ci vengono dalle tombe e dai templi. Soprattutto i luoghi di sepoltura di sovrani, persone appartenenti a famiglie principesche o d’alto rango sono ricchi di reperti utili a ricostruire la vita quotidiana e la cultura degli antichi Egizi. Nella tomba si credeva che il defunto avrebbe proseguito la sua esistenza e perciò veniva sepolto insieme a oggetti di vario genere (da quelli di uso domestico a statue, armi e arredi), che gli avrebbero consentito di mantenere le abitudini che aveva avuto durante la vita terrena.

La piramide: una scala verso il cielo...

Pettorale

(proveniente dalla tomba del faraone Tutankhamon), 1325 a.C. ca., pietre preziose. Il Cairo, The Egyptian Museum.

Le tombe regali più importanti e famose dell’antico Egitto sono le piramidi. A questi imponenti edifici erano riconosciuti diversi significati simbolici. Tra i molti, vi era quello della scala che serviva per raggiungere il cielo: questo significato era attribuito soprattutto alle piramidi a gradoni, che furono le prime a essere edificate.

La piramide del faraone Gioser,

2660 a.C. ca., h 62 m. Menfi, Necropoli di Saqqara.

Necropoli di Giza,

XXVI sec. a.C. Il Cairo, Piana di Giza. Le piramidi più famose sono quelle che costituiscono il complesso funerario di Giza (nella foto qui a lato) dove, accanto a sepolture minori, sorgono quelle maestose e imponenti dei faraoni Cheope, Chefren e Micerino, costruite fra il 2620 e il 2500 a.C.

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...o un raggio di sole posatosi sulla Terra Più suggestiva, però, è l’identificazione della piramide con un raggio di sole che dall’alto, con la sua forma triangolare, si diffonde sulla Terra. Se si pensa che il faraone era ritenuto figlio del dio-Sole Ra, è affascinante pensare che dopo la morte egli continuasse a vivere dentro un raggio di sole.

Lastre di marmo disposte a intercapedine che scaricano il peso del soffitto ai lati della camera sepolcrale Galleria Camera del Re

La piramide più grande Tra le piramidi di Giza, la più grande è quella innalzata per il faraone Cheope. Fu costruita fra il 2580 e il 2540 a.C. circa, e in origine arrivava fino a 147 metri di altezza, mentre i lati della base misuravano intorno ai 240 metri. Oggi queste misure sono un poco ridotte a motivo dell’erosione e del venir meno degli strati di copertura. La struttura interna della piramide era molto complessa: oltre alla camera destinata ad accogliere il corpo del faraone vi erano cunicoli e passaggi segreti che servivano anche a scoraggiare i saccheggiatori di tombe. Poiché lo scopo principale della piramide era quello di conservare la mummia del sovrano, talvolta questa veniva nascosta in una camera segreta, in modo che non cadesse in mano ai profanatori.

CuriosArte

Un muro intorno alla Francia

Camera della Regina Entrata

Spaccato della piramide di Cheope.

Camera sotterranea

Pozzo

Ieri & Oggi

La piramide del Louvre Le piramidi hanno sempre esercitato grande fascino. Non è un caso dunque che, nel corso dei secoli, architetti e scultori si siano rifatti proprio a questa forma per costruire monumenti sepolcrali, piccoli templi o altri edifici. Tra gli ultimi progetti, il più originale è quello della piramide di vetro che sovrasta, come un grande lucernario, l’ingresso del Museo del Louvre a Parigi. Progettata dall’architetto statunitense Ieoh Ming Pei (1917), la piramide è stata inaugurata nel 1989 e fin da subito ha suscitato sia polemiche sia ammirazione.

«Dall’alto di queste piramidi, quaranta secoli vi guardano!». Così pare abbia detto Napoleone ai suoi soldati prima di intraprendere la battaglia delle Piramidi, il 21 luglio 1798. I secoli erano in realtà qualcuno in più...! Pare comunque che Napoleone avesse calcolato che i blocchi in pietra usati per costruire le tre grandi piramidi di Giza sarebbero stati sufficienti a formare un muro ininterrotto alto 3 metri intorno a tutto il confine della Francia. Per fortuna non le toccò, ma in Francia portò innumerevoli reperti che vi erano conservati. Oggi gran parte di questi si trovano al Louvre.

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Architettura

U1

5 I grandi complessi religiosi

La dimora della divinità Gli Egizi veneravano moltissimi dèi, ma gli edifici di culto più importanti erano quelli dedicati ad Amon-Ra, il dio-Sole. I templi erano considerati la dimora della divinità sulla Terra ed erano quindi edifici grandiosi e riccamente decorati. Si articolavano in una successione di cortili e grandi sale attraverso le quali si raggiungeva il luogo più sacro, ossia la cella dove era custodita la statua della divinità.

Pilone

Alcuni templi erano invece scavati nella roccia (ne è esempio il tempio di Abu Simbel a p.19) ma anch’essi erano strutturati in diversi ambienti. I luoghi di culto più importanti erano composti da numerosi edifici, fatti erigere dai faraoni che via via si succedevano sul trono. Il complesso religioso di Karnak, presso Tebe, ad esempio, si andò accrescendo lungo un periodo di 1600 anni, diventando, insieme a quello vicino di Luxor, il più imponente dell’antico Egitto.

Cortile interno

Vestibolo

Cella

Obelisco

Sala ipostila

Disegno ricostruttivo con spaccato del tempio di Karnak.

Sfinge Contrariamente alle piramidi, edifici massicci e pieni, i templi egizi si distinguevano per le altissime colonne che circondavano i cortili e sostenevano i soffitti delle ampie sale (perciò dette ipostile) dove avevano accesso i sacerdoti o il faraone. Tutti gli ambienti erano riccamente decorati e colorati con tinte brillanti.

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La grande Sala Ipostila di Karnak, illustrazione da una

I capitelli delle colonne potevano essere decorati in modi diversi. Vi erano quelli che riproducevano la pianta di papiro (1), quelli a forma di fiore di loto (2), oppure di palma (3) o, ancora, con la figura della dea Hator (4).

rivista di Arti grafiche di William Gamble, Penrose Pictorial Annual. Londra, 1908-1909.

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Competenti in arte

Statue colossali, sfingi e obelischi Oltre a onorare la divinità cui erano dedicati, i templi avevano anche la funzione di esaltare il sovrano che ne ordinava la costruzione e che vi veniva celebrato attraverso statue, iscrizioni, rilievi e dipinti. Ai lati delle porte monumentali che introducevano nel complesso religioso generalmente venivano innalzate statue di grandi dimensioni raffiguranti il faraone, ma vi erano anche altre importanti sculture, come le sfingi, figure dal corpo di leone e la testa umana (o di ariete, in altri casi), che avevano la funzione di custodire l’ingresso del tempio. L’obelisco è una delle componenti più caratteristiche dell’architettura egizia. Durante la plurimillenaria storia del Paese ne furono innalzati a centinaia, soprattutto nei complessi religiosi.

Molti obelischi dell’antico Egitto sono stati letteralmente razziati e si trovano oggi in diverse città d’Italia e d’Europa, a volte posti al centro di importanti piazze. La più alta concentrazione è a Roma, dove sono stati portati in epoca imperiale. Uno di essi, per esempio, risalente al VI secolo a.C. è alto ben 30 metri e si trovava nella città di Eliopoli (vicino al Cairo): fatto portare a Roma da Augusto, oggi è collocato nella piazza Montecitorio, di fronte al palazzo del Parlamento. Insieme all’insegnante, individuate gli altri 12 antichi obelischi di Roma. Ma fate attenzione, non tutti sono originali: alcuni sono delle copie fatte fabbricare dagli imperatori...

Obelisco del faraone Ramses II, XIII

secolo a.C., granito rosso, h 23 m. Luxor, Ingresso del tempio. L’obelisco era un simbolo di Amon-Ra, la divinità solare. La sua forma alludeva a un raggio di sole che congiungeva la Terra con il cielo. Ogni faccia di queste enormi stele in pietra era decorata con geroglifici che celebravano la grandezza del dio e la potenza del faraone che le aveva fatte innalzare.

Ieri & Oggi

Dall’Egitto a Washington Come le piramidi, anche gli obelischi hanno sempre esercitato un grande fascino e hanno alimentato l’immaginazione di architetti e artisti di ogni epoca. Quando gli americani decisero di edificare un monumento a George Washington nella città che porta il suo nome, la capitale degli Stati Uniti, l’architetto Robert Mills (1781-1855) progettò un obelisco di dimensioni straordinarie. La sua costruzione si prolungò, con diverse interruzioni, per 40 anni e quando fu inaugurato, nel 1888, con i suoi 169 metri di altezza era l’edificio più alto del mondo. Il primato fu però superato l’anno successivo, quando a Parigi venne eretta la Torre Eiffel (che supera i 300 metri).

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Architettura Scultura

U1

6 La scultura egizia

Una scultura «viva» Nell’antico Egitto, le sculture erano parti integranti delle strutture architettoniche. Potevano essere in granito o in pietra di altro tipo, a seconda dei luoghi e dell’importanza del soggetto rappresentato. Le statue, soprattutto, avevano un valore particolare, perché erano dotate di una forza vitale: in qualche modo rendevano presente la persona stessa che veniva raffigurata, sia che si trattasse del sovrano, sia che si trattasse di una divinità. Nelle tombe dei faraoni, addirittura, erano collocate diverse statue del defunto, cosicché, se per qualche motivo il suo corpo fosse andato perduto, la sua anima avrebbe potuto vivere attraverso quelle raffigurazioni.

Statuetta di schiava che filtra la birra, fine III millennio a.C. ca.

Firenze, Museo Egizio. Spesso venivano messe nelle tombe anche piccole sculture che raffiguravano servitori intenti alle attività più diverse: anch’essi avevano il compito di assistere il defunto durante la sua vita ultraterrena.

Statua del faraone Tutankhamon (proveniente dalla

I rilievi Oltre alle statue, grande importanza hanno i rilievi che si trovano sulle pareti dei templi e nelle tombe. Si tratta di sculture che non sempre hanno carattere celebrativo o religioso, ma talvolta presentano soggetti che ritraggono scene di vita quotidiana. Nei monumenti più grandi, come templi, tombe e obelischi, anche i geroglifici erano scolpiti e pure queste incisioni presentano l’accuratezza e la raffinatezza di vere opere d’arte. Anche le sculture in rilievo erano dipinte con tinte vivaci che contribuivano a rendere ancora più vivide le figure.

Cantanti e un suonatore d’arpa, XIV sec. a.C., rilievo. Tell el-Amarna, Tomba del sacerdote Meryra.

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tomba del faraone), 1325 a.C. ca., legno ricoperto di pece nera, bronzo e oro, h 163 cm. Il Cairo, The Egyptian Museum. La statua in legno è ricoperta di pece nera. L’abbigliamento e gli oggetti sono dorati mentre i sandali sono d’oro massiccio. Sono d’oro anche le orbite e le palpebre, mentre gli occhi sono realizzati con aragonite e ossidiana.


Leggere l’opera d’arte

Il faraone e i simboli del potere regale Tutta l’arte dell’antico Egitto è ricca di simboli, che accompagnavano soprattutto le raffigurazioni dei sovrani. Il faraone, infatti, in quanto ritenuto incarnazione del dio Horus, univa nella propria persona i simboli del potere a quello delle divinità. Osserviamo ad esempio, qui sotto, le rappresentazioni di Tutankhamon e di Amenofi III. Il faraone indossa il nemes, un copricapo di uso quotidiano, sul quale spiccano l’avvoltoio e l’ureo (il cobra), simboli rispettivamente della dea Nechbet, signora dell’Alto Egitto, e della dea Uadjet, signora del Basso Egitto. L’unione dei due simboli stava quindi a indicare la sovranità su entrambi i regni.

I due scettri erano simboli del potere politico e di quello economico.

La sovranità su entrambi i regni era espressa anche dalla doppia corona che univa quella bianca, simbolo del dominio dell’Alto Egitto, a quella rossa, che indicava la sovranità sul Basso Egitto.

Gli Egizi non portavano la barba, ma il faraone ne esibiva una finta (posticcia) durante le feste e le apparizioni pubbliche. Generalmente la portavano dritta, come simbolo di regalità. Il flagello (nekhekh) è lo scettro simbolo del dio Osiride.

Il pastorale (bastone tipico dei pastori), chiamato heca, indica il ruolo di guida del popolo, ma anche la signoria su tutto il bestiame dell’Egitto.

La barba posticcia ricurva verso l’alto era tipica del dio Osiride, signore dell’oltretomba, e in questo modo era riprodotta sull’effigie dei sovrani defunti.

Sarcofago d’oro del faraone Tutankhamon (particolare della parte

superiore del sarcofago interno contenente la mummia), 1325 a.C. ca., oro massiccio e pietre dure, h 187,5 cm. Il Cairo, The Egyptian Museum.

Amenofi III, 1350 a.C. ca., granito, 130 × 95 cm. Luxor, Luxor Museum.

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Architettura Pittura

U1

7 La pittura egizia

Uno stile rimasto invariato nei secoli Le testimonianze della pittura egizia sono giunte a noi soprattutto attraverso i dipinti rinvenuti nelle tombe e dimostrano la loro funzione religiosa legata al culto dei morti. Prevalgono le raffigurazioni delle divinità (soprattutto quelle legate all’oltretomba), ma sono frequenti anche scene di vita quotidiana. Gli Egizi credevano infatti che il defunto avrebbe proseguito la propria vita nella tomba, per questo motivo sulle pareti dei sepolcri sono riprodotti aspetti dell’esistenza terrena: dai momenti di svago al lavoro dei servitori.

Il dio Anubi davanti al corpo mummificato del defunto,

1290-1224 a.C., affresco. Deir el-Medina, Tomba del servitore Khaemtora. Sulla volta sono riportate scritte con i caratteri geroglifici, mentre sul fondo è raffigurato il dio Anubi, la divinità che presiede alla mummificazione, chinato sul corpo del defunto.

Contadini che raccolgono il grano, 1410 a.C., affresco. Sheikh Abd el-Qurna, Tomba TT69 dello scriba Menna.

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Approfondisci sul vol. Pag. 92

Anche tu artista

A

Disegna come i pittori egizi Il reticolato che vedi a sinistra è simile a quello che impiegavano i pittori egizi per calcolare le misure delle figure che dovevano riprodurre. Utilizzando lo stesso metodo di questo antico popolo e seguendo le indicazioni fornite sotto, prova anche tu a realizzare il disegno di una figura umana.

1 Procurati i seguenti materiali: foglio da disegno

2 Traccia sul foglio quadrettato il disegno a matita

quadrettato, foglio da disegno bianco, carta da lucido, matita, riga, fotografia con persone, caffè, colori acrilici, pennelli, pennarello indelebile nero e bianco.

del soggetto scelto, rispettando il canone che hai studiato. Tracopialo con la carta da lucido e riportalo sul foglio bianco.

3 Crea ora l’effetto del papiro stendendo con un pennello grande sul foglio bianco un velo d’acqua in cui hai preventivamente sciolto una goccia di caffè.

4 Quando lo sfondo è asciutto, procedi a colorare le figure con gli acrilici rosso, bruno, giallo, verde, blu e oro. Infine, con un pennarello indelebile nero, rifinisci i contorni delle figure tracciando una linea decisa. Puoi arricchire la composizione inventando pittogrammi e geroglifici da inserire ai lati del tuo disegno.

U1 - Le prime manifestazioni artistiche

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Verifica delle conoscenze

In sintesi…

NEL PALEOLITICO (30 000 - 10 000 a.C.) Pittura • pitture rupestri

Scultura • statuette dette Veneri

DIDATTICA INCLUSIVA

DIDATTICA INCLUSIVA

BES

BES

NEL NEOLITICO (10 000 - 4 000 a.C. ca.) Architettura • costruzioni megalitiche: menhir, dolmen, cromlech, nuraghe

Le prime manifestazioni artistiche IN MESOPOTAMIA (4 000 a.C. - VI sec. a.C.) Architettura • ziggurat con porte • mura ad arco

Scultura •d ecorazioni in terracotta smaltate • statuette di oranti • bassorilievi • stele

IN EGITTO (4 000 a.C. - VI sec. a.C.) Architettura • piramidi • templi

Scultura • s tatue colossali • sfingi • obelischi

Pittura • s cene religiose o di vita quotidiana su pareti o su papiro

1. Completa il seguente brano cerchiando l’alternativa corretta. Le prime manifestazioni artistiche risalgono al [Paleolitico / Neolitico]. Sulle pareti delle grotte erano dipinte o incise scene di [vita quotidiana / caccia]. Nelle grotte sono state ritrovate anche [colossali / piccole] statue dette Veneri, che erano simbolo di fertilità. Nel Neolitico i menhir e [gli obelischi / i dolmen] indicavano luoghi di sepoltura mentre i [cromlech / nuraghe] indicavano luoghi sacri. Le civiltà nate in Mesopotamia e in Egitto svilupparono grande abilità nell’architettura e nell’arte figurativa. La ziggurat è l’edificio più tipico della Mesopotamia: sulla sua cima sorgeva il [palazzo del re / tempio]. Gli antichi Egizi costruirono splendidi [templi / palazzi] per gli dei e tombe alte fino al cielo per i faraoni, chiamate [nuraghe / piramidi]. L’interno delle tombe egizie era dipinto con uno stile che [non cambiò / cambiò spesso] nei secoli. 2. Indica con P le opere preistoriche, con M le opere mesopotamiche e con E quelle egizie. 1. Sarcofago d’oro del faraone Tutankhamon; 2. Stendardo di Ur; 3. Venere di Willendorf; 4. Rinoceronti e cavalli nella Grotta Chauvet; 5. Complesso nuragico di Su Nuraxi; 6. Statuetta di orante; 7. Obelisco; 8. Porta di Ishtar; 9. Sfinge. 3. Indica con una crocetta le affermazioni corrette. 1. L’arte dei primi uomini aveva una funzione magica e religiosa. 2. Nelle pitture e incisioni rupestri non compare mai la figura umana. 3. Il cromlech di Stonehenge era probabilmente un osservatorio astronomico. 4. La Porta di Ishtar era la porta di accesso alla città di Ninive. 5. Il palazzo del re assiro Assurbanipal era coperto di rilievi che celebravano le sue imprese. 6. Le piramidi sono tombe rupestri. 7. Lo stile pittorico egizio rimase immutato per secoli.

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Regole precise per ritrarre la figura umana È interessante osservare che lo stile tipico della pittura egizia è rimasto pressoché invariato per oltre trenta secoli, rispondente a regole e misure che l’hanno reso inconfondibile. Esso veniva applicato sia dipingendo sulle pareti sia disegnando sui fogli di papiro o su qualsiasi altro supporto (legno, pietra ecc.). La figura umana, in particolare, doveva essere riprodotta secondo regole precise. Per questo gli Egizi elaborarono un canone che stabiliva in modo rigoroso le proporzioni e la posizione. Il faraone Ramses I tra gli dei Horus e Anubi, 1300 a.C. ca., affresco. Luxor, Valle

dei Re, Tomba di Ramses III. La figura doveva essere alta 18 quadretti e ogni quadretto doveva avere la dimensione del pugno di una mano. Il volto, dalla fronte al mento, doveva occupare 2 quadretti, il torso, dal collo all’ombelico, 5 quadretti, dall’ombelico al ginocchio altri 5 quadretti, dal ginocchio alla caviglia 5 quadretti e l’ultimo quadretto era per il piede, che doveva essere sempre raffigurato di profilo. Di profilo dovevano essere raffigurate anche le gambe e il bacino, mentre il torso, sino alle spalle, era ripreso di fronte. La testa tornava a essere di profilo, ma con l’occhio frontale.

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U1 - Le prime manifestazioni artistiche

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Colori brillanti e ricerca del realismo I pittori egizi amavano i colori brillanti e decisi. Molto usato era il rosso (che veniva ricavato dalle terre ricche di ferro), i colori bruni e i gialli (ottenuti dalle terre del deserto), il nero (da legno combusto), il bianco (dal carbonato di calcio), mentre il verde e il blu erano i colori più preziosi, ottenuti macinando lapislazzuli, malachite o minerali di rame. I contorni erano tracciati spesso con un colore più scuro, in modo da farli risaltare sullo sfondo chiaro. Le figure erano rappresentate sempre in modo abbastanza statico (anche quando sono in movimento) e appiattite sulle pareti, prive del senso della profondità. Tuttavia, i pittori egizi si sforzavano di dipingere con un certo realismo, soprattutto quando ritraevano gli animali o descrivevano qualche dettaglio particolare.

Due servitori portano cacciagione e altri prodotti per essere cucinati, 1398-1388 a.C., affresco. Sheikh Abd el-Qurna, Tomba TT52 dello scriba Nakht.

Un arpista cieco suona durante un banchetto, 13981388 a.C., affresco. Sheikh Abd el-Qurna, Tomba TT52 dello scriba Nakht. In questi dipinti della tomba dello scriba Nakht, sono raffigurati momenti di vita quotidiana. Nella rappresentazione del musicista cieco sono da notare la posizione inusuale del piede e i rotoli di grasso sull’addome: dettagli solitamente assenti nelle raffigurazioni ufficiali.

Competenti in arte Alcuni dettagli dell’arte egizia e di quella sumerica sembrano coincidere. D’altra parte, non bisogna dimenticare che le due civiltà – quella egizia e quella mesopotamica – furono contemporanee. Qui puoi vedere una parte dello Stendardo di Ur, che hai già avuto modo di analizzare a p. 21. Osserva le figure: la loro posizione, le proporzioni, i dettagli... Scrivi qui sotto le somiglianze che noti con le immagini che hai studiato in queste pagine:

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Leggere l’opera d’arte

Nebamum: a caccia lungo il Nilo Questo famoso dipinto (oggi conservato al British Museum di Londra) proviene dalla tomba di un funzionario vissuto intorno al XV secolo a.C., di nome Nebamum, che qui viene ritratto insieme alla sua famiglia mentre è impegnato a cacciare gli uccelli in una palude lungo il fiume Nilo. L’artista ha usato una vasta gamma di colori e ha saputo produrre bellissime sfumature. Le proporzioni dei personaggi sono rigorosamente inscritte nel canone tipico dell’arte egizia e tutta la scena suggerisce un senso di movimento e di vivacità notevoli. Inoltre, la varietà degli animali che vi è raffigurata fornisce importanti indicazioni sulla fauna che era possibile incontrare lungo le rive del fiume. Nebamum è raffigurato molto più grande della moglie e della figlia: questo era un espediente per sottolineare la maggiore importanza di un personaggio. Nella mano destra tiene tre uccelli che è riuscito a catturare.

Da un canneto di papiri si levano in volo alcuni uccelli, forse disturbati dal gatto, che sembra anch’esso impegnato nella caccia. Si distinguono poi diversi altri animali: oche, anatre, farfalle...

Nebamum e la famiglia navigano su una piccola barca fatta di giunchi. Sotto di essa si vedono nuotare dei pesci (tra cui un pesce palla), mentre sulla superficie dell’acqua galleggiano fiori di loto.

Lo scriba Nebamum a caccia di uccelli (proveniente dalla Tomba TT17 a Sheikh Abd el-Qurna), 1350 a.C., affresco. Londra, British Museum.

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La scritta in caratteri geroglifici descrive il soggetto del dipinto: «Nebamum si diverte e considera quanto è bella la vita nell’oltretomba».

Gli abiti indossati dalla moglie di Nebamum e i gioielli che tutti indossano rivelano l’elevato ceto sociale al quale apparteneva la famiglia.

La figlia di Nebamum con la mano sinistra cerca di raccogliere dall’acqua un fiore di loto, mentre con la destra si tiene alla gamba del padre per non cadere in acqua.

U1 - Le prime manifestazioni artistiche

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Lettura dell’opera d’arte

Un volto enigmatico

Verifica

delle conoscenze

La Sfinge, imponente statua monolitica eretta a protezione dell’accesso al tempio nella necropoli di Giza, è frutto della raffinata genialità egizia. La colossale costruzione (misura circa 20 metri di altezza, 6 di larghezza e 70 di lunghezza) è stata scolpita nella sporgenza di una roccia, un unico grande blocco di pietra calcarea, e rappresenta un essere zoomorfo: ha corpo di leone e testa umana. Il viso, misterioso, impenetrabile, dal sorriso enigmatico, riproduce probabilmente i lineamenti idealizzati di un faraone. Il massiccio corpo leonino, dalle lunghissime zampe anteriori, sebbene privo di armonia e proporzionalità, simboleggia chiaramente il potere del sovrano.

Sfinge, 2590 a.C., pietra calcarea, 20 × 73 × 6 m. Giza.

Osserva e rifletti.

1. A lle spalle della Sfinge ci sono le tombe dei faraoni. Da ciò puoi dedurre che le finalità dell’opera erano (puoi scegliere più di una risposta): funerarie decorative celebrative esortative

Per saperne di più 1 Intorno alla Sfinge sono sorte molte

leggende e miti: scoprili facendo una piccola ricerca nel web.

2 Nel linguaggio comune il termine sfin-

ge ha un particolare significato. Sai dire qual è e da che cosa è stato originato?

2. La Sfinge ha una posa (puoi scegliere più di una risposta): statica solenne dinamica composta 3. Quali elementi propri della raffigurazione del faraone individui nel volto della Sfinge? ............................................................................................................................................................... ............................................................................................................................................................... ............................................................................................................................................................... ...............................................................................................................................................................

U1 - Le prime manifestazioni artistiche

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U2

L’arte

nel mondo

greco

Dove

Paestum

Metaponto

Partenone, 447-432 a.C., marmo pentelico. Atene.

Pella

Crotone

Pergamo

Delfi Selinunte Agrigento

Olimpia

Micene

Quando

Atene

Epidauro Argo Tirinto Pilo Cnosso

Antiochia

Malia

Festo

2000 a.C. Principali centri della: civiltà minoica civiltà micenea Grecia classica Magna Grecia Grecia ellenistica

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Alessandria

1500 a.C.

1700 a.C. ca.

XV sec. a.C.

Inizio costruzione del Palazzo di Cnosso a Creta

Costruzione delle prime tombe a thólos a Micene


elle

ene

A partire dalla seconda metà del III millennio a.C. Creta divenne il centro di una fiorente civiltà, della quale rimangono importanti testimonianze soprattutto nei resti dei palazzi riportati alla luce nell’isola. Il declino e la fine della civiltà cretese coincisero con l’affermarsi della civiltà micenea, alla quale seguì quella greca, che durante il periodo di massimo splendore, intorno al V-IV secolo a.C., ha prodotto opere di straordinario valore artistico.

Maschera di Agamennone,

XVI sec. a.C., oro a sbalzo, diametro 20,5 cm. Atene, National Archaeological Museum.

Loggia delle Cariatidi, 420-406 a.C., marmo pentelico. Atene.

Servitori a un banchetto, 1500 a.C. ca., affresco. Creta, Palazzo di Cnosso. XII sec. a.C.

VIII sec. a.C.

VII-VI sec. a.C.

VI-IV sec. a.C.

fine IV-fine I sec. a.C.

Declino della civiltà micenea

Nascita delle póleis in Grecia

Età arcaica

Età classica

Età ellenistica

1000 a.C. 1300 a.C. ca. Porta dei Leoni a Micene

500 a.C. 447-432 a.C. ca. Costruzione del Partenone ad Atene

100 a.C. 445 a.C. ca.

III-I sec. a.C.

Doriforo di Policleto

Arte ellenistica

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Idee guida

Nascita e sviluppo della civiltà greca

Le Idee guida ti serviranno a focalizzare i punti principali di un periodo artistico, a conoscere le persone che lo hanno caratterizzato e potranno orientare meglio il tuo studio dell’arte greca.

1

Le civiltà dei re: Creta e Micene

La civiltà cretese è nota anche come «civiltà dei palazzi», a motivo dei grandi edifici costruiti fra il 2000 e il 1400 a.C. La loro grandiosità e la ricchezza testimoniano l’importanza attribuita al sovrano e alla sua funzione politica. Anche i resti della civiltà micenea fanno intuire la centralità della figura del re: a Micene e in altre città della Grecia, fra il 1600 e il 1100 a.C. il palazzo reale occupava una posizione privilegiata e le tombe dei monarchi erano costruzioni imponenti, al cui interno sono stati trovati oggetti preziosi di straordinaria bellezza.

Sala del trono, 1550-1450 a.C. Creta, Palazzo di Cnosso.

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2

La civiltà dei cittadini: la Grecia

In Grecia, a partire dall’VIII secolo a.C. si sviluppò una civiltà che privilegiava la dimensione pubblica della vita e la dignità dei cittadini. Il centro non era più costituito dal palazzo, ma dalla piazza (l’agorá) nella quale le persone si incontravano per discutere e prendere le decisioni più importanti. La vita politica era strettamente intrecciata con quella religiosa e culturale, che generalmente aveva il proprio spazio nella parte più alta della città (l’acropoli) dove sorgevano i templi più importanti e, accanto ad essi, i teatri, capolavori dell’architettura greca.

Resti dell’agorá con il tempio di Efesto,

V sec. a.C. Atene.


3

4

La ricerca della bellezza e della perfezione

L’espressione più alta dell’arte figurativa greca ci è data dalla scultura, nonostante gli esemplari originali giunti a noi siano pochi rispetto alle copie realizzate in epoca romana. Gli scultori greci dell’Età classica furono alla ricerca continua della bellezza e della perfezione nelle proporzioni. Le sculture, per lo più in bronzo, ritraevano divinità, eroi mitici, ma anche scene di guerra e atleti impegnati in gare sportive...

Dipingere la quotidianità

Le testimonianze della pittura greca sono andate in gran parte perdute. Rimangono le decorazioni dei vasi in ceramica che riproducono sia soggetti di carattere mitologico sia scene di vita quotidiana. Anche i pittori tendevano all’eleganza delle forme, alla proporzione delle figure e alla riproduzione il più fedele possibile della realtà.

Lezione di danza (particolare della decorazione di un

vaso greco), V sec. a.C., ceramica decorata a figure rosse. Lecce, Museo Provinciale S. Castromediano.

Un esemplare della Coppia dei corridori

(proveniente dalla Villa dei Papiri di Ercolano) II-I sec. a.C., copia romana di statua greca del IV sec. a.C., bronzo, h 118 cm. Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

Preconoscenze In ogni periodo storico l’uomo costruisce le abitazioni a propria misura e gli edifici di una civiltà raccontano il carattere del popolo che ne è l’artefice. Nelle raffinate decorazioni dei palazzi i pacifici Cretesi esaltavano la natura, la guerriera Micene era fortificata con possenti mura, mentre Atene aveva piazze in cui i cittadini potevano incontrarsi e discutere, e aveva edifici colorati e armoniosi. • Pensa ora ai luoghi pubblici della tua città: quali raccontano il carattere dei suoi abitanti? In quali piazze si svolge il mercato o si tengono i concerti? • Quali monumenti raccontano i personaggi e la storia della tua città? • Che cosa manca nella tua città perché tu la senta completamente tua?

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Arte ???????? e civiltà

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1 Creta: la civiltà dei palazzi

Le città-palazzo nell’isola della pace

Cnosso: il palazzo più famoso

Intorno al 2500 a.C. sull’isola di Creta, nel cuore del Mediterraneo, sorse una civiltà conosciuta anche come «minoica», dal nome del leggendario re Minosse. Essa era caratterizzata dall’edificazione di grandi palazzi (si parla addirittura di «città-palazzo») che comprendevano, oltre alla dimora del sovrano, anche luoghi di culto, magazzini dove erano stivate le riserve di cibo, botteghe e semplici abitazioni. Il palazzo cretese era dunque un centro politico, economico, religioso e in esso si svolgevano tutte le attività più importanti della comunità.

Grandi palazzi sorsero in diverse parti dell’isola di Creta; i più importanti erano a Cnosso, Festo e Manlia, ma il più famoso e meglio conservato è quello di Cnosso, costruito a partire dal 1700 a.C. Nel corso dei secoli successivi l’edificio venne progressivamente ingrandito, fino a raggiungere una superficie di oltre 20 000 m2. Intorno al cortile centrale si snodavano i numerosi edifici, tutti collegati l’uno all’altro con colonnati, corridoi, scalinate che seguivano le irregolarità del terreno. La civiltà dei palazzi continuò a prosperare fino al 1450 a.C. circa, quando fu stroncata da un violento maremoto che sconvolse l’isola di Creta provocando il crollo di molti edifici. Al cataclisma seguì poi l’invasione dell’isola da parte dei Micenei.

Ingresso all’ala est, 1550-1450 a.C. Creta, Palazzo di Cnosso. I Cretesi erano dediti soprattutto all’agricoltura e ai commerci e pare fossero pressoché estranei alle attività militari. A differenza delle altre grandi civiltà antiche, quella cretese era del tutto pacifica. Anche per questo motivo i palazzi erano privi di mura difensive e si aprivano verso l’esterno con eleganti colonnati o giardini pensili.

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CuriosArte

Un vero labirinto Secondo un mito antico, il re Minosse aveva fatto costruire a Creta un grande e inestricabile labirinto nel quale rinchiudere il Minotauro, una creatura mostruosa dal corpo umano e dalla testa di toro. Il Minotauro si cibava di carne umana e per nutrirlo venivano sacrificati ragazzi e ragazze provenienti anche da alcune città della Grecia continentale, come Atene. La parola labirinto deriva da lábrys, l’ascia bipenne, simbolo del potere regale; labrynthos era il luogo in cui era esercitato quel potere, quindi il palazzo del re. Possiamo dunque dedurre che il mitico labirinto del Minotauro non fosse altro che il Palazzo di Cnosso.


Leggere l’opera d’arte

Il Palazzo di Cnosso I resti del Palazzo di Cnosso furono scoperti nel 1900 dall’archeologo inglese Arthur Evans, che guidò le operazioni di scavo fino al 1935. In realtà, il palazzo era già stato riportato quasi completamente alla luce nel 1905, grazie all’opera di centinaia di sterratori e archeologi. Nei trent’anni successivi, però, Evans proseguì nell’opera di restauro degli edifici, talvolta decidendo per soluzioni non condivise dagli studiosi di oggi. Scelse ad esempio di ripristinare e completare gli affreschi dei quali restavano solo alcuni frammenti con criteri che lasciavano ampio margine alla creatività dei restauratori. La ricostruzione del Palazzo di Cnosso, così come la conosciamo oggi, è ancora in larghissima parte quella che fece Evans un secolo fa e permette di farsi un’idea di quello che doveva essere l’immenso complesso di edifici.

Il cortile centrale era il cuore del palazzo. In esso si svolgevano le celebrazioni religiose più importanti e le manifestazioni sportive che spesso avevano anch’esse un valore religioso.

Una vasta parte del palazzo era occupata dai magazzini. Su un ampio spiazzo si aprivano poi le botteghe e i laboratori degli artigiani.

Sul lato sud vi era un monumentale ingresso che introduceva agli edifici più importanti.

Disegno ricostruttivo del Palazzo di Cnosso.

Sempre sul cortile centrale si aprivano gli edifici dedicati al culto. Il più grande era un tempio strutturato su tre livelli.

Sul cortile centrale si affacciava l’edificio che accoglieva la sala del trono e altri ambienti di rappresentanza.

Le abitazioni si aprivano sull’esterno con logge, porticati e giardini pensili. Le colonne erano per lo più di colore rosso o nero e avevano una struttura molto semplice: prive di base, si allargavano leggermente verso l’alto.

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Arte e civiltà

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2 L’arte, specchio di una

civiltà elegante

Colori vivaci e stile naturalistico

Oggetti raffinati

L’abilità pittorica degli artisti cretesi è testimoniata dai dipinti rinvenuti nelle sale del Palazzo di Cnosso. In tutti sono stati impiegati tinte vivaci ed è assente la prospettiva: il senso di profondità viene reso in modo efficace attraverso un uso sapiente dei colori, benché privi di sfumature. Le pitture cretesi sono anche caratterizzate da una grande eleganza e da una straordinaria raffinatezza. Tutto sembra evocare uno stile di vita sereno.

Raffinatezza e cura dei dettagli caratterizzano anche i prodotti dell’oreficeria, le decorazioni del vasellame, oppure le statuette votive in ceramica smaltata, uniche testimonianze giunte fino a noi della scultura cretese.

Dea dei serpenti, XVI sec. a.C.

ca., ceramica smaltata, h 34,5 cm. Heraklion, Archaeological Museum. La statuetta in ceramica smaltata, alta circa 35 cm, ritrae una divinità femminile. I serpenti che stringe nelle mani e il gatto sulla sua testa simboleggiano probabilmente il suo ruolo di divinità dell’oltretomba.

Delfini (frammento proveniente dal Palazzo di Cnosso), XVI sec. a.C. ca., affresco. Heraklion, Archaeological Museum. I dipinti di Cnosso colpiscono anche per il loro stile naturalistico. Animali e piante sono riprodotti in modo semplice e lineare, ma al tempo stesso con una straordinaria cura dei particolari. I delfini e i pesci affrescati su una parete dell’Appartamento della regina suggeriscono anche un’idea di movimento e ricordano lo stretto legame che i Cretesi avevano con il mare.

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Competenti in arte Nel rappresentare la figura umana i Cretesi mostrano alcune somiglianze con l’arte egizia. Qui puoi vedere il Principe dei gigli, un dipinto (molto ricostruito) rinvenuto nel Palazzo di Cnosso e risalente al XIV secolo a.C. Confronta l’immagine con le raffigurazioni egizie alle pp. 30-32. Individua poi somiglianze e differenze riguardo a: p articolari anatomici (gli occhi, la forma degli arti e del busto...); colori impiegati; acconciatura, ornamenti; senso del movimento.

• • • •


Leggere l’opera d’arte

La lotta con il toro Uno dei dipinti più famosi rinvenuti a Cnosso è quello che riproduce la tauromachia, cioè la lotta con il toro. Si tratta di una sorta di gioco sacro che veniva eseguito durante alcune cerimonie religiose: prevedeva un abile esercizio di agilità con il quale giovani atleti (uomini e donne) si lanciavano contro l’animale superandolo con un balzo. Questa consuetudine conferma l’importanza attribuita al toro, animale sacro riprodotto spesso nei dipinti, negli elementi architettonici e in oggetti di vario genere. Il dipinto della tauromachia che vediamo in questa pagina ci consente di osservare, oltre ad alcune caratteristiche della pittura cretese che abbiamo messo a fuoco nella pagina precedente, altri interessanti particolari. Nota ad esempio la differenza dei colori impiegati per raffigurare gli uomini e le donne: i primi con un colore scuro (perché la loro vita si svolgeva prevalentemente all’aperto), le seconde con un colore quasi bianco (perché vivevano soprattutto all’interno delle case). Inoltre, la presenza di ragazze ammesse a questi giochi fa intuire che in quella società le donne godevano di un trattamento molto simile a quello riservato agli uomini. Una ragazza afferra il toro per le corna, rallentandone i movimenti.

Con un balzo acrobatico un ragazzo si afferra al dorso del toro e si dà una spinta per un ulteriore balzo per superare l’animale.

Pur nell’eleganza della figura, le gambe flesse della ragazza suggeriscono lo sforzo che sta compiendo per trattenere l’animale per le corna.

Vaso per uso rituale con testa di toro (proveniente

dal Palazzo di Cnosso), XVIII-XV sec. a.C., steatite con elementi di cristallo di rocca, madreperla e dorature. Heraklion, Archaeological Museum.

Un’altra ragazza si trova alle spalle del toro, pronta ad accogliere il giovane per agevolarne l’arrivo a terra.

Il fondo del dipinto è completamente azzurro: come altri dipinti cretesi, la scena non è inserita in un contesto preciso.

Il salto del toro (proveniente dal Palazzo di Cnosso), XV sec. a.C., affresco. Heraklion, Archaeological Museum.

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Arte ???????? e civiltà

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3 L’arte micenea

Le città-fortezza degli Achei

Porta dei leoni, 1300 a.C. ca. Micene. Questo ingresso monumentale che dà accesso alla città di Micene, prende il nome da due leoni (o leonesse) scolpiti nella grande lastra di pietra triangolare alta circa 3 metri che sovrasta la porta. Le teste dei leoni, andate perdute, erano rivolte verso coloro che entravano nella città, come ammonimento a chi intendeva compiervi azioni malvagie. Disegno ricostruttivo della città di Micene. Micene era costruita in posizione sopraelevata e circondata da una possente cinta di mura dette «ciclopiche» (1) perché, a causa delle loro dimensioni imponenti, si credeva fossero state edificate dai Ciclopi, giganti mitologici. Si tratta di mura alte fino a 12 metri con uno spessore di 6 metri, formate da grossi blocchi di pietra. Alla città si accedeva attraverso una porta 1 monumentale, la Porta dei leoni (2). All’interno delle mura vi erano il palazzo del re (3), le tombe reali (4), luoghi destinati al culto (5) e altre abitazioni (6), per lo più riservate al ceto aristocratico dei guerrieri e agli artigiani.

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6

Se i palazzi cretesi si caratterizzavano per l’assenza di mura difensive, alcune delle più importanti città sorte nella Grecia continentale, al contrario, presentavano una struttura simile a una fortezza. Gli Achei, costruttori e abitanti di queste città, erano un popolo di guerrieri, non di rado i vari centri urbani nei quali vivevano erano in lotta l’uno contro l’altro. L’esempio meglio conservato di queste città-fortezza è offerto da Micene, dove tra il 1400 e il 1100 a.C. si sviluppò la civiltà conosciuta come «micenea». Presentano lo stesso impianto urbanistico anche Tirinto, Argo e Pilo. I guerrieri achei sottomisero i Cretesi, ma assimilarono o conservarono alcuni aspetti di quella civiltà. Tracce dei contatti con la cultura minoica sono riscontrabili nei dipinti rinvenuti nelle case delle città micenee. I soggetti che vi sono rappresentati rispecchiano in pieno lo stile cretese, sia per la raffinatezza dei tratti sia per la scelta dei colori e per la ricerca del naturalismo.

3

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4

2


Le tombe a thólos Tipica dell’architettura micenea è la tomba a thólos, così chiamata per la caratteristica cupola conica (in greco cupola si dice thólos). La tomba ha infatti una pianta circolare che si sviluppa verso l’alto con file di pietre concentriche sovrapposte l’una all’altra fino a ottenere la forma di un cono. La sepoltura a thólos più famosa è il cosiddetto Tesoro di Atreo, appena fuori le mura di Micene. Costruita verso la metà del XV sec. a.C., deve il suo nome al re Atreo, mitico costruttore della rocca di Micene e padre di Agamennone, il re protagonista della conquista di Troia da parte degli Achei. Dalle nove tombe a thólos rinvenute poco distante da Micene e dalle sepolture reali che si trovano nel grande recinto circolare vicino all’ingresso della città, sono emersi i reperti più significativi dell’arte micenea: maschere funerarie in oro, coppe ornate con bellissimi rilievi, armi impreziosite con intarsi in materiali preziosi, gioielli di vario tipo... Maschera di Agamennone,

XVI sec. a.C., oro a sbalzo, diametro 20,5 cm. Atene, National Archaeological Museum. Tra i manufatti più famosi dell’arte micenea vi è la maschera funeraria attribuita ad Agamennone, ma che in realtà ritrae il volto di un sovrano vissuto almeno 300 anni prima. La maschera è lavorata con la tecnica dello sbalzo: la lamina d’oro veniva modellata attraverso battitura su una scultura in legno che riproduceva le fattezze del defunto.

Il drómos che conduce al Tesoro di Atreo (o Tomba di Agamennone), XV sec. a.C. Micene. Thólos

Camera laterale

Corredo funerario

Drómos

Le tracce della civiltà minoica Tracce dei contatti con la cultura minoica sono riscontrabili anche nei dipinti rinvenuti nelle case delle città micenee. I soggetti che vi sono rappresentati rispecchiano in pieno lo stile cretese, sia per la raffinatezza dei tratti, come pure per la scelta dei colori e per la ricerca del naturalismo.

Donna che regge nelle mani dei ramoscelli,

(particolare proveniente da una casa di Micene), XV sec. a.C., affresco. Nauplia, Archaeological Museum of Nauplion. Nel profilo del volto e nell’acconciatura sono individuabili affinità con gli stessi soggetti raffigurati nei palazzi cretesi.

Spaccato del Tesoro di Atreo. La tomba era generalmente scavata nel fianco di una collina, oppure coperta da un tumulo di terra e ad essa si accedeva attraverso una porta preceduta da un corridoio esterno, chiamato drómos. L’ambiente circolare del thólos era destinato a contenere il corredo funerario del defunto, il cui corpo era deposto in una piccola camera laterale.

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Architettura ????????

U2

4 Dalla rocca all’acropoli

La città, specchio della vita politica L’evoluzione dell’architettura e della struttura delle città si andò evolvendo di pari passo con le profonde trasformazioni di natura politica. A partire dall’VIII secolo a.C., infatti, si formarono in Grecia e lungo le coste dell’Asia Minore (l’attuale Turchia) diverse città-stato indipendenti (in greco pólis, al plurale póleis). Molte di queste città non erano più rette da un sovrano ma da un regime democratico, nel quale il governo era affidato ad assemblee di cittadini. Il centro della vita politica non era quindi il palazzo del re, ma la piazza (agorá) nella quale i cittadini si incontravano e prendevano le decisioni più importanti. Sull’acropoli, la parte più alta della città, sorgevano invece gli edifici legati ai culti religiosi, tra i quali il più importante era il tempio dedicato alla divinità protettrice della pólis. Nei pressi dell’acropoli generalmente sorgeva anche il teatro, nel quale si svolgevano rappresentazioni alle quali partecipavano tutti i cittadini. Altri importanti luoghi di aggregazione erano le palestre e lo stadio, situato nella parte bassa della città e nel quale si svolgevano gare sportive talvolta in onore degli dèi.

La tomba di Cècrope Un piccolo edificio vicino all’Erettèo custodiva la tomba di Cècrope, il mitico fondatore di Atene.

Ieri & Oggi

L’architettura della democrazia I regimi democratici occidentali hanno tratto ispirazione dalla storia di Atene, considerata un modello per tutte le più recenti democrazie. Il riferimento alla storia e all’organizzazione politica ateniese è reso evidente anche dalle strutture architettoniche che ospitano oggi le assemblee e gli altri organi di governo dei diversi Paesi. In questa foto, ad esempio, è riprodotto il palazzo dove ha sede la Corte suprema degli Stati Uniti, a Washington, costruito tra il 1932 e il 1935.

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L’Erettèo Agli dèi Atena e Poseidone era dedicato anche il tempio che conteneva la cella del mitico re attico Erettèo (da cui prende il nome). Composto da due edifici addossati l’uno all’altro, presenta sul lato rivolto verso il Partenone la Loggia delle Cariatidi, con caratteristiche colonne a forma di figure femminili.


Atene: il modello della pólis greca Tra tutte le città-stato greche, Atene fu quella che ebbe lo sviluppo politico e culturale più significativo. È infatti ad Atene che si consolidò la più importante forma di democrazia ed è sempre ad Atene che, nel periodo del suo massimo splendore – tra il VI e il IV secolo a.C. – si ebbe una straordinaria fioritura culturale. In quel periodo, la cosiddetta Età classica, furono realizzati meravigliosi capolavori, molti dei quali giunti fino a noi. Atene fu il punto di riferimento politico, culturale e artistico per molte póleis. La testimonianza più importante e suggestiva di quella stagione della vita politica ateniese è la stessa acropoli della città, i cui edifici erano, già nell’antichità, un modello per tutta la Grecia. Disegno ricostruttivo dell’acropoli di Atene.

La statua di Atena Di fronte ai propilei sorgeva una statua di Atena in bronzo, alta 7 metri, opera dello scultore Fidia, oggi andata perduta.

Il Partenone Il tempio più importante dell’acropoli è il Partenone, dedicato alla dea Atena Parthénos, «vergine», protettrice della città. È l’edificio meglio conservato. Venne fatto costruire da Pericle, che governò Atene nella seconda metà del V secolo a.C., nel luogo in cui sorgeva un altro tempio dedicato ad Atena, distrutto da un’invasione dei Persiani nel 480 a.C.

I l tempio ad Atena vittoriosa Il piccolo tempio dedicato ad Atena Níke («vittoriosa») è il primo edificio che attrae l’attenzione di chi arriva in cima alla strada che porta all’acropoli. Ricorda l’egemonia politica e militare acquisita da Atene su gran parte della Grecia.

I propilei All’acropoli si accede attraverso i propilei («davanti all’ingresso»): un monumentale portico preceduto da una scalinata che separava l’area sacra dal resto della città.

U2 - L’arte nel mondo greco

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Architettura ????????

U2

5 Il tempio

Il simbolo della civiltà greca Il tempio è l’edificio più rappresentativo della civiltà greca. Che fosse costruito su un’acropoli oppure parte di un santuario che comprendeva anche altri edifici dedicati a una divinità, rispondeva sempre a modelli architettonici precisi rimasti pressoché invariati nei secoli e che verranno ripresi anche dai Romani. Come presso altre civiltà antiche, il tempio era per i Greci la casa della divinità: al suo interno, il luogo più sacro era la cella (naós), che custodiva la statua del dio. Il perfetto equilibrio nelle proporzioni e l’attenzione al suo inserimento armonioso nell’ambiente circostante erano tratti caratteristici dell’architettura del tempio greco.

tempio in antis

tempio prostilo

Il frontone è composto da un timpano triangolare, normalmente decorato con delle sculture ad altorilievo e a tutto tondo, contornato da una cornice.

tempio anfiprostilo

La pianta del tempio andò evolvendosi nel La pianta del tempio andò evolvendosi tempo. DaDa semplice condue due colonne nel tempo. semplice cella cella con antistanti l’entrata, s i arricchì di un portico colonne antistanti l’entrata, asiquattro colonne, poi di un doppio portico arricchì di un portico a quattro e, infine,poi didiununcolonnato chee,circondava la colonne, doppio portico cella con unache doppia fila infine,anche di un colonnato circondava di la colonne. cella anche con una doppia fila di colonne. tempio periptero

Alla sommità del frontone era posta una statua o un’altra scultura decorativa chiamata acrotèrio.

Il tetto era sostenuto da travi in legno e coperto da tegole. Era l’elemento più fragile del tempio, soggetto a crolli, incendi e a un veloce deterioramento.

L’architrave, generalmente liscio, e il sovrastante fregio, generalmente decorato con bassorilievi, costituiscono la trabeazione del tempio e sorreggono il frontone e il tetto.

Individua quali sono le differenze dei templi greci rispetto a quelli mesopotamici ed egizi riguardo a struttura, collocazione e funzione.

Disegno ricostruttivo di un tempio greco.

L'antefissa è un elemento decorativo in terracotta dipinta collocato lungo la linea di gronda del tetto.

Le colonne sono l’elemento portante della struttura. Sono costituite da un fusto cilindrico che può essere scanalato e terminano alla sommità con un capitello che sostiene l’architrave. Il prònao è la parte del portico antistante l’ingresso della cella.

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Competenti in arte

Lo stilobate è la base del tempio sulla quale si innalzano le colonne e i muri della cella.

All’interno della cella si trovava la statua (o simulacro) della divinità alla quale era dedicato il tempio. In genere si trattava di una scultura di grandi dimensioni, che poteva essere composta di diversi materiali: marmo, avorio, oro...


trabeazione

fregio architrave capitello

abaco

colonna

Gli ordini architettonici voluta

trabeazione trabeazione

fusto Mentre la struttura del tempio rimase invariata per molti toro rispettando secoli – sempre trochilo criteri di armonia e simmetria base dell’insieme, nella costante ricerca delle proporzioni stilobate ideali – alcuni elementi che lo compongono hanno subito variazioni significative. Nel tempo si andarono sviluppando tre ordini (o stili) architettonici, che presero

cornice cornice fregio fregio triglifo architrave architrave

colonna colonna

capitello capitello

metopa abaco

abaco foglie di acanto

echino fusto fusto

il nome dai popoli che abitavano la Grecia: il dorico (introdotto dai Dori), usato a partire dall’VIII secolo a.C., lo ionico (caratteristico degli Ioni), sviluppatosi nel VI secolo a.C. nelle regioni dell’Asia Minore, e il corinzio, comparso nella città di Corinto alla fine del V secolo a.C. e diffusosi soprattutto nei secoli successivi.

Lo stile dorico È lo stile più antico e più semplice. Le sue caratteristiche sono: – colonne lisce o scanalate che si allargano verso il basso e prive di base; il fusto poggia direttamente sullo stilobate – capitello privo di decorazioni – architrave liscio – fregio ornato con metope (lastre quadrate o rettangolari scolpite) intervallate da triglìfi (lastre scanalate).

base stilobate stilobate

Tempio grande, V sec. a.C. Segesta.

trabeazione

cornice fregio architrave

colonna

capitello

abaco voluta

fusto toro

Lo stile ionico Mostra una maggiore raffinatezza e ha come caratteristiche: – colonne con scanalature più fitte e sottili; maggiormente slanciate, si allargano meno verso il basso e hanno una base tra il fusto della colonna e lo stilobate – capitello decorato con due volute laterali – architrave diviso in due o tre fasce – fregio continuo decorato con delle sculture.

trochilo

base

Tempio di Atena Nike, 427-424 a.C.

stilobate

trabeazione trabeazione

Atene.

cornice cornice fregio fregio triglifo architrave architrave

colonna colonna

capitello capitello

metopa abaco

abaco foglie di acanto

echino fusto fusto

Lo stile corinzio È lo stile più elaborato, derivato dal quello ionico: – colonne scanalate e sottili come quelle ioniche, ma in genere hanno fusto più alto; anche la base può essere più elaborata – capitello riccamente decorato con almeno una doppia fila di foglie d’acanto – architrave diviso in tre fasce – fregio continuo, in genere senza sculture.

base stilobate stilobate

Tempio di Zeus Olimpo, II sec. a.C. Atene.

U2 - L’arte nel mondo greco beazione

cornice fregio

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Architettura ????????

U2

6 Il teatro

Non era solo svago Il teatro ricopriva una grande importanza nella vita dei Greci e agli spettacoli assistevano gratuitamente tutti i cittadini. Non si trattava solo di un momento di svago; piuttosto, le rappresentazioni teatrali (tanto le tragedie quanto le commedie) avevano un altissimo valore formativo e culturale. Negli spettacoli venivano messi in scena gli eroi e le divinità della tradizione, riproponendo di volta in volta i miti intorno ai quali si era andata costruendo l’identità comune dei popoli greci che vi ritrovavano le proprie radici culturali e religiose. Per questo ogni pólis, come aveva un tempio dedicato alla divinità protettrice, aveva pure il proprio teatro, che doveva essere sufficientemente grande per accogliere un pubblico numeroso. Spesso era collocato vicino ai luoghi di culto.

Vedere e ascoltare I teatri greci erano strutture di forma semicircolare, generalmente scavate nel fianco di una collina. La loro forma era tale da consentire a tutti gli spettatori di vedere senza difficoltà ciò che veniva rappresentato e ascoltare chiaramente quanto dicevano i personaggi.

Teatro, 350 a.C. ca. Epidauro. Il teatro più famoso fin dall’antichità e meglio conservato fino a oggi è quello di Epidauro, costruito intorno alla metà del IV secolo a.C. Nonostante la grandezza (può accogliere fino a circa 15 000 persone!), le proporzioni sono perfette e l’acustica è tale da permettere di percepire persino i sussurri degli attori fin dall’ultima gradinata.

Disegno ricostruttivo di un teatro greco. Il pubblico si disponeva sulla gradinata all’interno della cavea. In prima fila vi erano dei seggi in pietra riservati alle persone più importanti.

L’orchestra era occupata dal coro, che recitava parti importanti delle tragedie e delle commedie greche, talvolta accompagnato da musicisti o danzatori.

Due corridoi laterali consentivano l’ingresso e l’uscita dal teatro.

Gli attori recitavano sul proscenio, dietro il quale vi era la scena, una struttura in legno o in pietra spesso decorata con pannelli mobili su cui erano dipinti soggetti utili a contestualizzare la storia che veniva rappresentata.

Ai piedi della cavea vi era un altare dedicato al dio Diòniso, protettore delle attività teatrali.


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Anche tu artista

A

Crea una maschera teatrale come i Greci

Nell’antica Grecia la recitazione teatrale era riservata ai soli uomini. Gli attori indossavano una maschera con le sembianze del personaggio rappresentato: donna, schiavo, vecchio, ragazzo ecc. La maschera serviva anche a comunicare, con le sue espressioni, i diversi stati d’animo: nelle commedie erano buffe o grottesche, mentre quelle indossate per le tragedie esprimevano dolore o disperazione. Erano costruite con materiali diversi (sughero, legno e persino terracotta), dipinte e spesso completate con una parrucca. La bocca era un grande foro che fungeva da megafono per agevolare l’acustica.

Maschera comica maschile, IV sec. a.C., terracotta. Taranto, Museo Nazionale.

Maschera tragica femminile , V sec. a.C., terracotta. Londra, British Museum.

Prova a realizzare anche tu una maschera di creta per rappresentare il personaggio di una storia che ti piace.

1 Procurati i seguenti materiali: creta per matrice scultorea, spatole per modellare, pellicola trasparente, colla vinilica, giornali, forbici, colori a tempera o acrilici, vernice trasparente, pennelli, bacinella abbastanza capiente.

2 Modella con la creta una testa di dimensioni reali, creando alcuni particolari grotteschi: puoi ingrandire il naso, deformare le orecchie… Quindi lasciala asciugare per una settimana.

3 Sulla maschera asciutta esegui poi il calco. Dopo aver disposto sulla testa modellata un foglio di pellicola, applicavi sopra diversi strati di piccoli pezzi di giornale imbevuti di colla e acqua, modellando le forme del volto.

4 Quando la carta sarà asciutta e rigida, stacca la maschera dal supporto in creta e taglia le frange in eccesso.

5 Pratica ora dei fori per gli occhi, la bocca, il naso e, in corrispondenza delle orecchie, due buchi in cui inserire un elastico o una fettuccia per indossare la maschera.

6 Colorala con i pennelli e gli acrilici e fissa poi i colori con un sottile strato di vernice trasparente. Ora la maschera è pronta e puoi utilizzarla anche per una recita a scuola.

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Cittadinanza

Paestum: i templi della Magna Grecia

Tempio di Hera, 530 a.C. ca., travertino. Paestum, Parco archeologico.

Il Parco Archeologico di Paestum, a sud del golfo di Salerno, è uno dei siti della Magna Grecia meglio conservati. È stato dichiarato Patrimonio dell’UNESCO dal 1998, insieme al Parco Nazionale del Cilento e al Vallo di Diano. La città fu chiamata originariamente Poseidonia dai Greci, primi abitanti del luogo, poi ribattezzata Paestum dai Romani. Nel Parco si possono osservare, in mezzo a una radura verdeggiante, i resti di tre maestosi edifici in stile dorico costruiti con travertino giallo: il Tempio di Hera, il più antico, il Tempio di Nettuno, il meglio conservato, e il Tempio di Cerere. Nei pressi del sito, si trova il Museo Archeologico Nazionale di Paestum, dove è conservata una delle più importanti collezioni italiane di reperti antichi. Tra le tante testimonianze artistiche di particolare interesse, troviamo esposta la celebre Tomba del tuffatore, scoperta nel 1968 nei pressi del sito archeologico e ora custodita all’interno del museo. Unico esempio pervenutoci di pittura arcaica greca in Magna Grecia, databile intorno al 470 a.C., l’opera consiste in una tomba a forma di cassa, formata da lastroni di pietra e chiusa con un coperchio. La particolarità di questa struttura funeraria è quella di presentare l’interno completamente affrescato. La scena del tuffo simbolico verso l’aldilà si trova sul coperchio della lastra centrale,

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mentre le pareti interne laterali sono dipinte con scene del simposio (dopo il banchetto gli invitati venivano intrattenuti bevendo e dedicandosi al canto, alla danza, al gioco).

Il tuffatore (dalla copertura interna della Tomba del tuffatore), 470. a.C. ca., pittura su lastra calcarea. Paestum, Museo Archeologico Nazionale.


Valorizzare il patrimonio

CuriosArte

In occasione dell’Expo di Milano, nel 2015, la Tomba del tuffatore, insieme ad altri magnifici esemplari di arte funeraria della Magna Grecia, è stata trasferita per alcuni mesi a Palazzo Reale, dove la Soprintendenza Archeologica, in collaborazione con l’Università di Milano e quella di Salerno, ha curato l’allestimento della mostra «Uomo, mito, paesaggio dalla Magna Grecia a Pompei». Il trasferimento, curato dell’Istituto Centrale del Restauro, ha garantito le misure di sicurezza necessarie per non danneggiare l’affresco. Questo evento ha rappresentato un’importante occasione per promuovere i siti campani, dando un particolare rilievo alle meraviglie del nostro Meridione.

Il gioco del Kottabos ai banchetti Dall’ossevazione degli affreschi nella Tomba del tuffatore possiamo ricavare informazioni sulle usanze dei Greci. In una scena, infatti, viene rappresentato il gioco del Kottabos, che consisteva nel far roteare con un dito la coppa da cui si beveva, lanciando le ultime gocce del proprio vino a centrare un bersaglio, costituito dalla coppa di un altro commensale.

Vivi l’arte I siti web sottoelencati, che rimandano al Parco Archeologico di Paestum e al suo museo, offrono l’opportunità di approfondire la conoscenza delle testimonianze artistiche della Magna Grecia e di reperire preziose informazioni pratiche per una visita ai luoghi presentati in queste pagine. www.museopaestum.beniculturali.it www.paestumsites.it www.infopaestum.it www.vivaticket.it/index.php?nvpg%5Bevento%5D&id_ show=50295

Simposio (particolare dall’interno della parete nord della Tomba del tuffatore, 470 a.C. ca., pittura su lastra calcarea. Paestum, Museo Archeologico Nazionale.

Competenze individuali Immagina di essere incaricato ad accompagnare un gruppo di turisti in visita al complesso monumentale di Paestum. Servendoti di una mappa e delle informazioni che potrai facilmente recuperare nei siti web indicati in Vivi l’arte, crea un programma dettagliato che preveda l’accoglienza agli ospiti, il percorso di visita, la sosta per il pranzo. Come una brava guida turistica, prepara un approfondimento sui monumenti che proporrai ai visitatori, in particolare il Tempio di Era, il Tempio di Nettuno, il Tempio di Cerere (o di Atena).

Scheda di autovalutazione e valutazione dell’insegnante sulle Competenze individuali Competenze coinvolte

Si orienta nello spazio e nel tempo e interpreta i sistemi simbolici e culturali della società.

Competenze chiave

Penso di aver raggiunto questo livello

L’insegnante mi ha assegnato il livello

Consapevolezza ed espressione culturale.

A B C D

A B C D

Livelli: A Avanzato; B Intermedio; C Base; D Iniziale

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Architettura Scultura

U2

7 Alla ricerca della perfezione

e della bellezza

Le prime sculture a tutto tondo La scultura greca si caratterizza per la continua ricerca della bellezza e dell’armonia delle forme, soprattutto nella raffigurazione a tutto tondo del corpo umano, che arrivò a essere ritratto in modo sempre più perfetto e naturale. Per raggiungere i risultati di perfezione che sono stati definiti «classici» furono necessari diversi secoli e le sculture in marmo più antiche giunte fino a noi testimoniano questa evoluzione.

Polimede di Argo, Bitone, 585

a.C. ca., marmo h 216 cm. Delfi, Archaeological Museum. Questo kouros presenta forme poco aggraziate: la testa appare piuttosto squadrata, il corpo è massiccio con una muscolatura imponente.

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Nell’Età arcaica, compresa tra il VII e il VI secolo a.C., prevaleva il modello del kouros, un giovane uomo ritratto nudo e in piedi che ricorda molto da vicino le statue egizie. La sua posizione infatti è statica e il volto ha lineamenti idealizzati. Nel corso degli anni e nei diversi territori del mondo greco, la produzione di kouroi si modificò però verso forme sempre più armoniche.

Kouros di Anavyssos, 530-520 a.C.

ca., marmo, h 194 cm. Atene, National Archaeological Museum. Il kouros rinvenuto ad Anavyssos, in Attica, è di qualche decennio posteriore. La figura è più proporzionata e le forme sono più morbide e aggraziate.

Kore, 520 a.C. ca., marmo, h 182 cm. Atene, Acropolis Museum. Frequenti erano le statue di kore, giovane donna coperta dal chitone, una tunica lunga fino ai piedi. Il corpo è quasi del tutto nascosto e la cura dei particolari si concentra sull’acconciatura e sulle pieghe della veste.


La conquista della perfezione Verso la metà del V secolo a.C. gli scultori greci arrivarono a definire un nuovo canone per la raffigurazione del corpo umano. Il modello della bellezza ideale venne individuato nel corpo dell’uomo giovane, poco più che adolescente, del quale erano messi in evidenza con cura i particolari anatomici.

1 2 3 4

Il canone di Policleto La scultura che esprime l’ideale della perfezione è il Doriforo, «portatore di lancia», dello scultore Policleto (attivo tra il 460 e il 420 circa a.C.). Secondo Policleto, l’altezza del corpo doveva essere pari a otto volte quella della testa. L’altezza del viso, a sua volta, doveva essere tre volte quella del naso. Oltre a queste misure, poi, tutti i particolari della muscolatura dovevano essere ripresi con estrema naturalezza e i movimenti del corpo resi in modo armonico.

5 6 7 8 Schema del canone di Policleto.

Competenti in arte Quello di Policleto è il secondo canone che incontriamo. Qui ti riproponiamo quello usato dai pittori e dagli scultori egizi, che hai avuto modo di conoscere a p. 31. C onfrontalo con quello di Policleto: quali differenze puoi riscontrare?

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Policleto, Doriforo (proveniente da Pompei), II-I sec. a.C., copia romana in marmo da originale in bronzo del 445 a.C. ca., h 212 cm. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. La statua originale in bronzo, andata perduta, ci è nota per le numerose copie in marmo fatte in epoca romana.

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Leggere l’opera d’arte

Un discobolo perfetto La statua del Discobolo, realizzata in bronzo dallo scultore Mirone (attivo soprattutto ad Atene tra il 480 e il 440 a.C. circa), è arrivata a noi in alcune copie di epoca romana. In questa pagina è riportata quella rinvenuta nella Villa Adriana, presso Tivoli, e conservata al British Museum di Londra. L’atleta vi è raffigurato mentre lentamente ruota su se stesso per raccogliere le forze necessarie a lanciare il disco. Nonostante lo scultore ritragga un momento preciso dell’azione compiuta dal discobolo, la statua esprime un grande dinamismo e trasmette una straordinaria sensazione di movimento, che si può cogliere meglio se la si osserva da diversi punti di vista. Inoltre, essa testimonia in modo efficace la ricerca della perfezione anatomica, della bellezza e dell’armonia cui tendevano gli artisti greci dell’Età classica. Nessuna emozione e nessuno sforzo sembrano invece trasparire dai lineamenti del volto.

Il busto piegato in avanti si torce per raccogliere le forze necessarie a lanciare il disco. La muscolatura dorsale è riprodotta con precisione e, nonostante venga sottolineato lo sforzo fisico, il gesto è compiuto con grande eleganza.

L’arco descritto dalle braccia aperte e dalle spalle si completa con la gamba sinistra, che si flette completando un semicerchio. La ricerca dell’armonia si integra con quella della perfezione nelle misure e nelle forme.

Mirone, Discobolo (proveniente da Villa

Adriana presso Tivoli), II sec. d.C., copia romana in marmo da originale in bronzo del 480-440 a.C. ca., h 170 cm. Londra, British Museum.

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Il volto non esprime sentimenti e non lascia trasparire lo sforzo. Prevale un senso di bellezza e di armonia.

I muscoli addominali sono descritti con grande realismo anatomico, sottolineando la torsione del busto in avanti.


Gli dèi e gli eroi del mito Fin dall’Età arcaica, le statue presso i Greci avevano prevalentemente funzione di carattere religioso. Si trovavano nei templi, oppure nelle tombe o nei santuari dove si svolgevano manifestazioni sportive panelleniche (che coinvolgevano cioè tutte le città della Grecia), come ad esempio le Olimpiadi che si celebravano nel santuario di Zeus a Olimpia. I soggetti che si ripetono con maggiore frequenza sono divinità ed episodi e personaggi legati ai diversi miti. Nei templi le sculture trovavano posto soprattutto nei frontoni (dove erano eseguite a tutto tondo) e nei fregi (dove invece erano realizzate con la tecnica del bassorilievo). Di straordinaria bellezza erano quelle del Partenone, realizzate da Fidia (attivo tra il 470 e il 430 a.C.), il più grande scultore della Grecia classica.

Fidia, Atena Parthénos, II sec. d.C., copia romana dell’originale in marmo del V sec. a.C., h 100 cm. Atene, National Archaeological Museum. La statua di Atena Parthénos crisoelefantina – cioè in oro e avorio – alta 12 metri era conservata nella cella del Partenone. Era costituita da una struttura in legno sulla quale erano applicate lamine d’oro e sottili placche in avorio. L’originale è andato perduto e di essa rimangono solo copie assai più piccole in marmo, di epoca romana.

Prassitele, Il dio Hermes con il piccolo Dioniso (proveniente dal

Tempio di Hera a Olimpia), 400-326 a.C. ca., marmo, h 213 cm. Olimpia, Archaeological Museum. La statua è uno dei rari esemplari di originali in marmo.

CuriosArte

Di tutti i colori... Le sculture in marmo che ornavano i templi, o che erano esposte nelle piazze o in altri edifici, non erano completamente bianche, come siamo abituati a vederle noi oggi. Erano invece dipinte con colori vivaci, che il tempo ha del tutto cancellato. Nel disegno che raffigura una ricostruzione del frontone orientale del Partenone è possibile farsi un’idea di come dovevano presentarsi le statue a tutto tondo che lo ornava-

no e che con i loro colori creavano bellissimi effetti di contrasto con il bianco delle cornici e delle colonne. Il frontone raffigurava la nascita di Atena dalla testa di Zeus. Le sculture sono andate quasi completamente perdute e ne sono rimasti alcuni frammenti, tra cui il carro del sole, ancora al suo posto (a sinistra) e la testa del cavallo del carro della luna (a destra), di cui è stata ricollocata una copia, mentre l’originale si trova al British Museum di Londra.

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Bellezza, bontà e coraggio La bellezza e l’armonia delle forme per i Greci erano strettamente legate a caratteristiche morali come la bontà e l’onestà. Bellezza e bontà, dunque, erano doti che si accompagnavano e la perfezione esteriore era una manifestazione delle qualità interiori. Anche il coraggio e l’eroismo trovavano espressione in statue che ritraevano guerrieri dal corpo perfetto, capace di trasmettere non solo la sensazione della forza fisica, ma anche un carattere determinato e fiero nell’affrontare il pericolo.

Guerrieri di Riace, V sec. a.C., bronzo, h 198 cm ca. ciascuno. Reggio Calabria, Museo Archeologico Nazionale. Un esempio di questo aspetto della scultura greca è possibile trovarlo nei Bronzi di Riace. I due guerrieri in bronzo, risalenti al V secolo a.C., non solo rispettano nelle proporzioni i canoni dell’arte, ma riflettono nella serena fierezza dello sguardo le qualità di coraggio e di umanità che si trovano esaltate anche nelle opere letterarie degli antichi Greci.

Non solo marmo o legno Accanto all’evoluzione nella tecnica rappresentativa, in Età classica si manifestò anche un’importante innovazione nell’uso dei materiali. I Greci, infatti, elaborarono una nuova modalità di lavorazione del bronzo che consentiva la realizzazione di statue di grandi dimensioni ma vuote al loro interno e quindi più leggere. Con questa tecnica, detta della fusione a cera persa, sono stati appunto scolpiti i due guerrieri di Riace. Il lavoro consisteva nel creare inizialmente una statua in creta, detta «anima», dotata di un’armatura al suo interno. La scultura era cotta in forno e poi ricoperta di cera. Con questa operazione si dava forma definitiva alla figura, perciò era richiesta una particolare attenzione e molta cura per i dettagli. Successivamente si applicavano tubicini, o «sfiatatoi», chiodi di sostegno e un ulteriore strato di creta che lasciava libere le buche dei tubicini. La statua era quindi nuovamente cotta in forno e la cera, sciogliendosi, colava via lasciando vuota un’intercapedine fra i due strati di creta in cui sarebbe stato colato il bronzo fuso. Una volta raffreddata, la statua veniva liberata dall’«anima» in terracotta e levigata in superficie.

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CuriosArte

Portati a galla con un pallone I Bronzi di Riace, universalmente riconosciuti tra i capolavori più preziosi dell’arte greca del V secolo a.C., sono stati trovati per caso il 16 agosto 1972 da un subacqueo dilettante che stava facendo immersioni nelle acque di fronte alla città calabrese di Riace. Attratto da un braccio che spuntava dal fondale marino a soli 8 metri di profondità, si accorse delle grandi statue che giacevano sepolte nella sabbia. Si poneva a quel punto il problema di come recuperare le sculture senza danneggiarle. Per riportarle a galla venne gonfiato un grosso pallone, al quale furono assicurate le statue liberate dalla sabbia. Fatto risalire lentamente in superficie, il pallone trascinò con sé prima l’uno, poi l’altro guerriero, permettendone il recupero. In seguito, furono necessari ben sette anni di lavoro per ripulire i due capolavori, prima a Reggio Calabria e poi a Firenze. Un ultimo restauro è stato compiuto fra il 2009 e il 2013.

Il laboratorio allestito all’interno del palazzo del Consiglio regionale della Calabria per l’ultimo restauro dei Bronzi di Riace.

U2 - L’arte nel mondo greco

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???????? Pittura

U2

8 La pittura vascolare

Le testimonianze della pittura greca

Le tecniche e i temi dell’arte vascolare

I dipinti che ornavano le case private e gli edifici pubblici delle póleis greche sono andati quasi completamente perduti. Importanti tracce sono rimaste in pochi affreschi rinvenuti in alcune tombe scoperte a Paestum (vedi pp. 54-55), risalenti al 480 a.C. circa. Per il resto, ci è possibile studiare la pittura greca solo basandoci su opere di carattere artigianale, come i vasi dipinti. Si tratta di manufatti di eccezionale bellezza, ma necessariamente diversi rispetto a quello che potrebbe essere, ad esempio, la pittura su una grande parete. Sugli oggetti, infatti, lo spazio su cui dipingere è poco e non permette di trattare grandi temi, le figure vengono tracciate in modo più essenziale e l’impiego di colori è limitato.

Come gli scultori, anche i pittori greci dell’Età classica usavano precisione ed eleganza nel descrivere le figure, e grande attenzione nel rendere gli effetti di movimento. Gli stili mutarono però con il tempo. Nell’epoca arcaica le decorazioni vascolari erano di tipo geometrico, ma a partire già dal VII secolo a.C. iniziarono a comparire temi tratti da racconti mitologici, scene di guerra, gare sportive e storie dalle quali era possibile ricavare importanti insegnamenti morali. A differenza della scultura, nei vasi greci è anche facile trovare soggetti legati alla vita quotidiana.

Scena di banchetto (particolare dall’interno della Tomba del tuffatore), 470 a.C., pittura su lastra calcarea. Paestum, Museo Archeologico Nazionale.

Eufronio, Cratere con figure rosse,

Anfora con motivi geometrici, 760 a.C.,

ceramica, h 155 cm. Atene, National Archaeological Museum.

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515 a.C. ca., ceramica, 45,7 × 55,1 cm. Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. Il vaso raffigura il trasporto del corpo di Sarpedonte, figlio di Zeus ed eroe della guerra di Troia. A partire dal 530 a.C., prevalse ad Atene l’uso di coprire i vasi con un fondo nero, lasciando libero lo spazio che dovevano occupare le figure, che venivano poi rifinite con sottilissimi tratti di colore nero. In questo modo era possibile descrivere meglio i dettagli e anche imprimere un maggiore senso di profondità e movimento.


Anche tu artista

Approfondisci sul vol. Pag. 100

A

Modella come i vasai greci Orlo Collo Ansa

I vasi greci avevano diverse forme, ciascuna delle quali era funzionale a un uso particolare. Nei disegni qui a destra puoi vedere le forme più ricorrenti. idria

Spalla

Pancia

cantaro

kylix

Vaso con lottatori a figure nere, VI sec. a.C.,

ceramica, Fiesole, Museo Archeologico. Nel VII e VI secolo le figure erano dipinte con il colore nero sul fondo di colore ocra della terracotta.

anfora

ritone

oinochoe

cratere

ariballo

Piede

Costruisci anche tu un vaso greco, per esempio un’anfora, con la tecnica del colombino, seguendo le indicazioni di seguito riportate.

1 Procurati i seguenti materiali:

2 Arrotola tra le mani la creta crean-

3 Crea la base

4 Circonda la base con il

creta o pasta modellabile rossa, forbici, una spatolina per modellare, pennelli (di cui almeno uno molto sottile), pellicola trasparente, colori a tempera nero e ocra rossa.

do tanti piccoli cilindri (detti «colombini») di varie lunghezze e con diametro di 1 cm. Preparane quanti ne ritieni necessari a costruire il tuo vaso, coprendoli via via con la pellicola trasparente, perché non asciughino troppo.

del vaso stendendo un cerchio piatto di creta (puoi definire la forma con un piattino per le tazzine da caffè).

primo colombino poi, inumidendo la creta, sovrapponi i colombini, allargando o stringendo la misura del diametro a seconda della forma che vuoi ottenere.

5 A mano a mano che sovrapponi i colombini, con la spatolina stendi delicatamente, dall’alto verso il basso, le superfici interne ed esterne del vaso e lascia seccare un po’ la creta.

6 Ricava poi due strisce di creta di 2 cm di larghezza e 15 di lunghezza, con uno spessore di 3 o 4 mm. Con queste forma le due anse dell’anfora, che applicherai ai lati del vaso inumidendo il materiale.

7 Quando la creta si sarà indurita, dipingi il vaso con un soggetto della mitologia greca. Usa una delle due tipologie di pittura degli antichi vasai greci: figure nere su fondo ocra o figure color ocra su fondo nero.

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U2 - L’arte nel mondo greco

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Arte ???????? e civiltà

U2

9 L’arte nell’Età ellenistica

La diffusione dei modelli greci Fra il III e il I secolo a.C. l’arte greca si andò diffondendo soprattutto grazie alle conquiste di Alessandro Magno (356-323 a.C.), il re macedone che, dopo avere conquistato la Grecia, ingrandì il proprio impero sino ai confini con l’India. Amante della cultura greca, Alessandro ne favorì la conoscenza nei territori del Mediterraneo orientale e in quelli asiatici da lui sottomessi. L’arte di questo periodo è chiamata «ellenistica», proprio a testimoniarne la derivazione diretta dalla Grecia, che in lingua greca si dice Elládes.

Espressione e movimento Rispetto ai modelli dell’Età classica, l’arte ellenistica mostra alcune differenze importanti. Anzitutto rivela una maggiore attenzione nel trasmettere le emozioni e i sentimenti. Alla perfezione dei corpi, dunque, si accompagna uno studio più approfondito dei gesti e delle espressioni dei volti, così da rendere in modo efficace le passioni, il dolore, il desiderio... Un’altra caratteristica tipica dell’arte ellenistica è il grande dinamismo che le figure riescono a esprimere, senza abbandonare l’armonia, l’esattezza delle proporzioni e l’eleganza tipiche delle statue greche. Galata morente, I sec. a.C., copia in marmo da originale in

bronzo del 230-220 a.C., 93 × 185 cm. Roma, Musei Capitolini. Nella statua del Galata morente l’uomo appare sfinito, piegato dallo sforzo della battaglia e dalla ferita mortale infertagli nella parte destra del costato. Il braccio destro sembra non reggere più il peso del corpo, mentre quello sinistro è appoggiato privo di forza sulla gamba. Il corpo è ritratto con impressionante cura dei dettagli anatomici (i muscoli, le vene...). Il volto e l’intera figura, a differenza dei modelli greci, esprimono la sofferenza per la sconfitta subita.

Nike (proveniente da Samotracia), 190 a.C., marmo, h 295 cm. Parigi, Musée du Louvre. Nella Nike di Samotracia è particolarmente evidente la resa del movimento. L’opera ritrae la dea alata della Vittoria (Nike), nel momento in cui si posa sulla prua di una nave per annunciare ai soldati la vittoria imminente. Lo scultore ha fissato proprio l’istante nel quale il piede destro si appoggia, mentre la gamba sinistra è ancora sollevata. Si capisce che il volo della dea non si è ancora del tutto concluso, infatti le vesti leggere, definite con eccezionale abilità, sono mosse dall’aria e, spinte all’indietro, aderiscono alla figura, lasciandone intravedere le forme, ritratte con grande accuratezza. Le ali dispiegate contribuiscono ad accentuare il dinamismo del corpo che, un poco sbilanciato in avanti, sta ritrovando l’equilibrio.

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Leggere l’opera d’arte

Laocoonte: la forza e la disperazione

Le caratteristiche della scultura ellenistica trovano piena espressione nel Laocoonte, un gruppo scultoreo che ci è giunto attraverso una copia marmorea di epoca romana. Questa imponente scultura, alta quasi 2 metri e mezzo, ritrae il momento drammatico in cui Laocoonte, sacerdote di Poseidone nella città di Troia, viene aggredito e ucciso insieme ai figli da due enormi serpenti marini. Il mito greco, Agesandro, Polidoro, Atenodoro, Laocoonte e i suoi figli, I sec. d.C., copia romana in marmo da originale in bronzo del 150 a.C. ca., h 243 cm. Città del Vaticano, Musei Vaticani.

Sul volto del figlio più piccolo appare la sofferenza e l’abbandono alla morte.

tramandato dal poeta latino Virgilio nell’Eneide, narra infatti che Laocoonte subì questa sorte per aver tentato di convincere i Troiani a non introdurre il cavallo di legno ideato da Ulisse entro le mura di Troia. La dea Atena, che proteggeva gli Achei, impedì al sacerdote di raggiungere lo scopo facendo uscire dagli abissi i serpenti i quali prima aggredirono i ragazzi e poi il padre, che cercava di salvarli. Il volto di Laocoonte esprime il dolore per la fatica di liberarsi dalle spire del serpente e per i morsi che sta ricevendo. La bocca semiaperta accentua il senso di disperazione in questa lotta senza scampo.

Il figlio più grande cerca di liberarsi dal serpente che, dopo essersi attorcigliato intorno a lui, sta mordendo il padre. Nel suo sguardo ci sono invocazione di aiuto, sorpresa, incredulità. L’anatomia e i tratti del volto rispondono ai canoni greci della bellezza maschile.

Il corpo di Laocoonte è possente e la sua grandezza è quasi sproporzionata rispetto ai corpi dei figli. I muscoli del corpo e la torsione del busto comunicano lo sforzo compiuto.

I serpenti si avviluppano intorno alle figure, intrecciati tra loro tanto da non poterli quasi distinguere l’uno dall’altro. Il muso che addenta il fianco di Laocoonte mostra un’espressione di crudele voracità.

La composizione è fortemente dinamica. L’impressione del movimento è data soprattutto dalle contorsioni della figura di Laocoonte e dalle volute e intrecci dei serpenti intorno ai corpi.

U2 - L’arte nel mondo greco

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Verifica delle conoscenze

In sintesi…

A CRETA (2 500 - 1 450 a.C. ca.) Architettura città-palazzo

Pittura s tile realistico • • c olori vivaci

DIDATTICA INCLUSIVA

BES

DIDATTICA INCLUSIVA

BES

A MICENE (1 400 - 1 100 a.C. ca.) Architettura c ittà fortificate m ura ciclopiche • t ombe a thólos • •

L’arte nel mondo greco NELLE PÓLEIS E IN MAGNA GRECIA (VII - fine I sec. a.C.) Architettura t empli di ordine: • dorico, ionico, corinzio • t eatri all’aperto di forma semicircolare

Scultura i n Età arcaica (VII-VI sec. a.C.): • koúros e kore, figure statiche e lineamenti idealizzati • in Età classica (VI-IV sec. a.C.): canone di Policleto, bellezza ideale e proporzioni perfette • in Età ellenistica (fine IV-fine I sec. a.C.): rappresentazioni realistiche, dinamiche ed espressive

• •

Pittura p itture vascolari in 3 stili: geometrico, figure rosse su fondo nero, figure nere su fondo rosso p oche testimonianze di affreschi

1. Completa il seguente brano cerchiando l’alternativa corretta. Nel mondo greco si succedettero diverse civiltà. Abbiamo testimonianze artistiche della civiltà cretese, di quella micenea ma soprattutto dell’arte sviluppatasi in Grecia e nelle sue colonie a partire dal [V sec. a.C. / VII sec. a.C.]. Quest’arte si è evoluta nel tempo ma [ha mantenuto / non ha mantenuto] sempre la ricerca della perfezione e dell’armonia. In architettura troviamo tre stili, detti [canoni / ordini]. Sono il dorico, lo ionico e il corinzio: essi si differenziano soprattutto nell’aspetto [dei capitelli / dell’abaco] e nella decorazione [della facciata / del fregio]. In scultura, in Età arcaica la figura umana (koúros e kore) era rappresentata [in movimento / statica] e con lineamenti del volto [idealizzati / espressivi]; in Età classica [Policleto / Mirone] definì un canone (regole) per raffigurare il corpo umano con proporzioni perfette e armoniche; in Età ellenistica venivano rappresentati anche i gesti e le espressioni del viso che trasmettono sentimenti. La pittura greca si è conservata soprattutto nella decorazione [delle tombe / dei vasi di terracotta]. 2. Indica con A gli elementi architettonici del tempio greco, con B quelli del teatro greco. 1. orchestra; 2. cavea; 3. abaco; 4. metopa; 5. proscenio; 6. triglifo; 7. trabeazione. 3. Indica con C le opere cretesi, con M quelle micenee e con G quelle greche. 1. Discobolo; 2. Il salto del toro; 3. Il Laocoonte; 4. Partenone; 5. Bronzi di Riace; 6. Porta dei leoni; 7. Tesoro di Atreo; 8. Palazzo di Cnosso.

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Lettura dell’opera d’arte

Verifica

delle conoscenze

Nella Valle dei Templi

Akragas, antico nome greco di Agrigento, nel V secolo a.C. era la più ricca città della Sicilia. Dell’antico splendore resta traccia nella Valle dei Templi, il museo a cielo aperto Patrimonio Mondiale dell’Umanità dal 1997. Lì è conservato, ancora integro, il Tempio della Concordia, così chiamato poiché, poco distante, è stata ritrovata un’iscrizione in cui si parla della «concordia tra gli agrigentini». L’edificio, a pianta periptera, cioè circondato da un portico sostenuto da colonne (vedi lo schema qui sotto), è in calcarenite locale. Costruito secondo regole precise, il tempio si integra armoniosamente con l’ambiente circostante. L’attenzione rigorosa degli architetti greci verso l’equilibrio delle forme è evidente anche nell’applicazione di certi accorgimenti tecnici, come ad esempio l’éntasis. Esso consisteva nel rigonfiare il fusto delle colonne a circa 1/3 dell’altezza, per eliminare l’illusione ottica che, da una certa distanza, fa sembrare la parte centrale della colonna più stretta rispetto alle estremità.

Tempio della Concordia, V sec. a.C., calcarenite. Agrigento,

Area Archeologica.

Osserva e rifletti.

1. O sserva la foto del tempio: a quale stile architettonico appartiene? Da che cosa lo deduci? 2. Osserva la pianta: questo tempio è periptero. Quante file di colonne presenta? Il prònao è unico? 3. Il fregio del tempio è composto da due elementi architettonici alternati (vedi la foto del particolare). Quali sono? Elencane i nomi e descrivili. 4. Questo tempio della Magna Grecia ti ricorda un edificio della madrepatria?

Pianta del tempio.

Osserva e indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.

Particolare del fregio del tempio.

1. L e colonne del Tempio della Concordia poggiano direttamente sullo stilobate. 2. Il timpano è riccamente decorato con motivi a bassorilievo. 3. Le colonne sono scanalate. 4. Sul capitello sono presenti due volute laterali. 5. Il triglifo è una lastra decorativa con scanalature che si trova sul fregio.

U2 - L’arte nel mondo greco

V F V F V F V F V F

67


U3

L’arte

etrusca e romana Dove Pantheon, 118-125 d.C. Roma.

Quando

Volterra

Londra

Tarquinia

Vulci

Cerveteri

Veio

VIII sec. a.C. Fondazione delle principali città etrusche

Milano Nîmes Segovia

Pompei Piazza Armerina

Leptis Magna

Siti romani di Età imperiale Siti etruschi

he

68

509 a.C.

Fondazione di Roma

Inizio dell’Età repubblicana a Roma

V sec. a.C.

Declino della potenza etrusca

Tessalonica

Roma Ercolano

753 a.C.

Efeso Atene

Antiochia

800 a.C.

600 a.C.

400 a.C.

Cesarea Alessandria

VII-VI sec. a.C.

Necropoli di Cerveteri e Tarquinia

II metà del IV sec. a.C. Chimera di Arezzo


Tra le antiche civiltà sorte nella Penisola italica durante il I millennio a.C., quella degli Etruschi ha lasciato le testimonianze artistiche più importanti e raffinate. Il suo prestigio fu tale da influenzare, almeno per i primi secoli della sua storia, la civiltà romana. L’arte romana assimilò anche i modelli greci, maturando però caratteristiche originali di cui è rimasta traccia in tutti i territori dell’impero.

Apollo di Scasato,

IV-III sec. a.C., terracotta. Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia.

Musico (particolare del Banchetto), 490-470 a.C., affresco. Tarquinia, Tomba dei leopardi.

Arco di Costantino, 312-315 d.C., cementizio e marmo, 21 x 25,70 x 7,40 m. Roma, via dei Fori imperiali.

C.

44 a.C.

lla

a.C.

à del a.C.

a di

Morte di Giulio Cesare

200 a.C. III sec. a.C. Bruto Capitolino

27 a.C.

Inizio del Principato di Augusto

14 d.C.

Morte di Augusto. Inizio dell’Età imperiale

0 9 a.C. Consacrazione dell’Ara Pacis a Roma

313 d.C.

​Editto di Costantino

200 d.C.

80 d.C.

90 d.C.

Inaugurazione del Colosseo

Arco di Tito

395 d.C.

Divisione dell’Impero romano

400 d.C.

113 d.C.

118-125 d.C.

212-216 d.C.

Colonna Traiana

Costruzione del Pantheon

Costruzione delle Terme di Caracalla

476 d.C.

Caduta dell’Impero romano d’Occidente

600 d.C.

U3 - L’arte etrusca e romana

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Idee guida

Dagli Etruschi alla civiltà romana

Le Idee guida ti serviranno a focalizzare i punti principali di un periodo artistico, a conoscere le persone che lo hanno caratterizzato e potranno orientare meglio il tuo studio dell’arte romana.

1

Gli Etruschi: dalle tombe un inno alla vita

Gli Etruschi avevano una visione gioiosa della vita. Lo si capisce dalle loro tombe, decorate con affreschi che ritraggono scene di banchetti, battute di caccia, gare sportive... Lo stile di vita di questo popolo ricco e raffinato ci è noto attraverso dipinti destinati a conservare, anche nella morte, la gioia e la spensieratezza che dominavano nella vita terrena. Anche quando si tratta di arte funeraria, dunque, l’arte etrusca era finalizzata a esaltare la vita e a prolungarne la bellezza dopo la morte.

Tomba dei leopardi (particolare), V sec. a.C,

affresco. Tarquinia.

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2

Grandi opere pubbliche testimoni della «civiltà romana»

A partire dall’Età repubblicana fino a tutto il periodo imperiale, i Romani costruirono a Roma e in tutti i territori conquistati imponenti opere pubbliche. Anfiteatri, acquedotti, terme monumentali e altre costruzioni testimoniano non solo l’ingegno degli architetti romani, ma anche la diffusione ovunque di uno stile di vita, abitudini e modelli culturali che permettono di parlare di una civiltà romana estesa dal bacino del Mediterraneo fino al Golfo Persico.

Pont du Gard, 19 a.C., acquedotto, h 49 × l 275 m.

Nîmes.


3

Scolpire l’interiorità

Gli scultori romani subirono fortemente l’influsso dei modelli classici, ma le loro opere hanno caratteristiche originali, soprattutto per quel che riguarda la ritrattistica, dove alla ricerca della perfezione anatomica e del naturalismo nella rappresentazione degli individui si accompagna il tentativo di trasmettere anche il carattere e le doti morali della persona. Anche nelle statue degli imperatori, dove la figura del sovrano veniva spesso idealizzata, gli scultori cercavano di trasmettere qualcosa della loro interiorità.

4

La pittura che «sfonda» le pareti

La pittura romana si distacca completamente dai modelli etruschi per acquistare tratti fortemente originali, in parte derivati dalla tradizione greca. Originale è, ad esempio, negli affreschi romani, l’uso della prospettiva per «sfondare» le pareti delle case e aprire lo sguardo su paesaggi o altre strutture architettoniche con effetti ottici sorprendenti.

Statua equestre di Marco Aurelio, 161-180 d.C., bronzo dorato, h 535 cm. Roma, Musei Capitolini.

Pareti decorate in IV stile, I sec. d.C., affresco.

Pompei, Casa dei Vettii.

Preconoscenze I Romani hanno conquistato il mondo arricchendolo di strade, ponti, terme, acquedotti, templi e altri edifici. uale testimonianza dell’Impero romano è presente sul •Q tuo territorio? n famoso proverbio popolare recita: «Tutte le strade •U portano a Roma». Si riferisce alle grandi vie consolari che attraversano il nostro Paese. Si chiamano: Aurelia, Cassia, Salaria, Flaminia, Appia. La maggior parte di esse ha però mantenuto soltanto il percorso tracciato dagli antichi Romani ed è stata ricoperta d’asfalto. Hai mai percorso una di queste antiche vie, magari per andare in vacanza? Puoi cercarle su una cartina stradale: oggi sono le strade statali numerate da 1 a 7!

U3 - L’arte etrusca e romana

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Architettura

U3

1 Le città degli Etruschi

Una civiltà urbana Le più antiche testimonianze della civiltà etrusca risalgono all’VIII-VII secolo a.C. In quel periodo, nel territorio compreso fra l’Arno e il Tevere sorsero centri come Populonia, Vetulonia, Tarquinia, Cerere, Chiusi, Veio. Nel VI secolo a.C., gli Etruschi estesero i loro possedimenti verso sud in Campania e verso nord in gran parte della Pianura Padana, dove fondarono Felsina l’odierna Bologna - Piacenza, Parma, Modena e Mantova. Quella etrusca, dunque, si caratterizzò fin da subito come una civiltà urbana, basata su città-stato indipendenti. Dopo il V secolo a.C. gli Etruschi furono assoggettati ai Latini e, più tardi, ai Romani, sui quali tuttavia esercitarono una fortissima influenza. Dagli Etruschi, infatti, i Romani acquisirono non solo la tecnica costruttiva dell’arco, ma anche l’organizzazione delle città lungo due direttrici principali (cardo e decumano) e alcuni aspetti fondamentali della religiosità.

Frontone

Struttura dell’arco a tutto sesto. Gli Etruschi furono i primi a utilizzare l’arco in tutto l’Occidente mediterraneo. L’arco a tutto sesto, cioè a forma semicircolare, distribuisce il peso delle costruzioni lungo la parti laterali della struttura, permettendo così di praticare ampie aperture anche lungo muri imponenti per altezza e spessore.

Porta dell’Arco o Arco etrusco,

IV-III sec. a.C. Volterra. L’arco che dà accesso al centro storico di Volterra risale all’VIII sec. a.C. Restaurato in età romana e durante il Medioevo, conserva ancora, seppure poco riconoscibili, tre teste di divinità etrusche. Statue acroteriali

Acroterio

Disegno ricostruttivo di un tempio etrusco. Il tempio etrusco, apparentemente simile a quello greco, era generalmente costruito in legno, con decorazioni in terracotta, soprattutto acroteri e antefisse, poste sulla sommità e lungo gli spioventi del tetto. Presentava tre piccole celle, poggiava su una base sopraelevata in pietra con una scalinata sul lato anteriore che conduceva al pronao sorretto da colonne lisce di stile detto tuscanico, simile a quello dorico.

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Antefisse

Colonna tuscanica

Scala d’accesso


Città dei vivi e città dei morti Le città etrusche erano circondate da possenti mura e nella parte più elevata sorgeva un tempio. I resti dei templi etruschi giunti fino a noi sono assai scarsi, soprattutto a motivo della deperibilità dei materiali impiegati (in prevalenza il legno). Ne abbiamo testimonianza dai resoconti di Vitruvio, un architetto romano vissuto nel I secolo a.C., e da rari modellini in terracotta che si sono conservati. A somiglianza delle città dei vivi erano strutturate le città dei morti, grandi necropoli nelle quali si trovavano decine o centinaia di tombe. Le tombe etrusche erano di diversi tipi: • a tumulo, ricoperte da una piccola montagnola di terra; • a ipogeo, ossia sotterranee, alle quali si accedeva attraverso un corridoio (drómos) o una scala; • a edicola, come una piccola casa dal tetto spiovente. Vi erano poi sepolture scavate nella roccia (soprattutto nel tufo, in Lazio). Le tombe potevano avere diversi ambienti e in genere conservavano anche vasi e suppellettili, come pure armi e gioielli, che vi venivano posti per accompagnare i defunti nella loro vita oltre la morte.

Pettine con sfingi (proveniente da

Marsiliana d’Albegna), VIII-VI sec. a.C., avorio, h 10 cm. Firenze, Museo Archeologico Nazionale.

Tomba a edicola, VI sec. a.C. Populonia, Necropoli del Casone.

Tomba dei rilievi (particolare dell’interno), IV sec. a.C. Cerveteri, Necropoli della Banditaccia. Alcune tombe riproducevano al proprio interno le abitazioni nelle quali gli Etruschi vivevano e non di rado presentavano in rilievo utensili e suppellettili di uso quotidiano.

U3 - Arte etrusca e romana

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Scultura

U3

2 Sculture in bronzo e in terracotta

Cavalli alati e chimere Le testimonianze più importanti della scultura etrusca riguardano opere destinate alla vita religiosa e ai culti funerari. Molte sono le statue votive in bronzo che fin dall’inizio della civiltà etrusca accompagnavano i riti pubblici e privati. Tra queste, famosa è la Chimera d’Arezzo. Di dimensioni più grandi erano gli acroteri, dei templi, dipinti con colori vivaci.

Chimera d’Arezzo,

II metà IV sec. a.C., bronzo, h 65 cm. Firenze, Museo Archeologico Nazionale. La chimera è una mostruosa creatura della mitologia greca con il corpo e la testa di leone, un serpente al posto della coda e una testa di capra sulla schiena. Qui è rappresentata sofferente per le ferite inflittele dall’eroe Bellerofonte.

Cavalli alati, IV sec. a.C. ca., terracotta.

Tarquinia, Museo Nazionale Etrusco. I maestosi Cavalli alati in terracotta che decoravano il monumentale santuario dell’Ara della Regina a Tarquinia, risalenti al IV secolo a.C., offrono un esempio straordinario dell’abilità raggiunta dagli artisti etruschi. In essi spicca, oltre all’eleganza, la precisione nella descrizione dei particolari anatomici, che denotano un chiaro influsso greco.

I sarcofagi La scultura era impiegata anche nell’arte funeraria. Inizialmente venivano decorati con piccole figure i canopi, vasi in bronzo o in terracotta destinati ad accogliere le ceneri dei defunti. A partire circa dal VI secolo a.C., si affermò l’usanza di inumare i defunti dentro sarcofagi in pietra o in terracotta. Sul coperchio il defunto era ritratto in posizione semisdraiata, da solo o in compagnia del marito o della moglie. Generalmente il contesto richiamato dalle sculture dei sarcofagi è quello del banchetto e l’espressione tranquilla che contraddistingue i volti rimanda alla convinzione di una vita ultraterrena serena e gioiosa. Sarcofago degli sposi, 520 a.C. ca., terracotta, 140 x 202 cm. Roma,

Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. Il sarcofago, proveniente dalla necropoli della Banditaccia a Cerveteri, reca ancora tracce dei vivaci colori che originariamente lo decoravano.

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Leggere l’opera d’arte

La rappresentazione di Apollo Apollo era una delle divinità che gli Etruschi avevano conosciuto attraverso i loro contatti con i Greci e che adattarono al proprio culto identificandola con il dio dei tuoni Aplu, o Apulo, ma forse anche con il dio della profezia, Suri. Sono giunte a noi diverse statuette votive raffiguranti Aplu/Apollo e due statue più grandi in terracotta, entrambe parte di edifici dedicati al culto. Si tratta di due sculture che testimoniano l’evoluzione della scultura etrusca la quale, venendo a contatto con i canoni tipici dell’arte greca, ne risulta influenzata e si modifica accogliendone le linee di sviluppo fino allo stile ellenistico. La prima scultura è detta Apollo di Veio, un acroterio che era collocato sulla sommità del tempio di Portonaccio, a Veio. È stata realizzata in un periodo compreso fra il 610 e il 590 a.C. probabilmente da uno scultore di nome Vulca, uno dei pochi artisti etruschi di cui ci è stato tramandato il nome. La seconda statua, invece, è il busto di Apollo che si trovava nel frontone del tempio dello Scasato, nei pressi di Civita Castellana, costruito tra la fine del IV e gli inizi del III secolo a.C.

Aruspici, VI sec. a.C.,

bronzo. Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. Questa statuetta votiva rappresenta un sacerdote nell’atto di fare offerte al dio.

Il volto di questo Apollo ha perso le caratteristiche tipiche delle sculture etrusche e risulta invece più vicino ai modelli ellenistici, come testimoniano la definizione dei capelli e i lineamenti morbidi.

I lineamenti del viso sono fortemente accentuati e caratterizzati da un sorriso sereno e al tempo stesso enigmatico.

L’impianto della statua ricorda i kuroi greci, ma in questo caso la posizione delle braccia suggerisce maggiore senso del movimento.

Il panneggio della tunica risulta più elaborato rispetto ai modelli greci e lascia intravvedere le forme del corpo. La posizione delle gambe contribuisce ad accentuare la dinamicità della figura.

La precisione nel descrivere i dettagli anatomici e le proporzioni del corpo corrispondono ai canoni della scultura greca della tarda Età classica.

Canopo in terracotta

(proveniente da Chiusi), VII sec. a.C., terracotta. Firenze, Museo Archeologico Nazionale.

Apollo di Scasato, IV-III sec. a.C., terracotta. Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia.

Apollo di Veio, 610-590 a.C.,

terracotta policroma, h 181 cm. Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia.

U3 - L’arte etrusca e romana

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Pittura

U3

3 La vita dipinta nelle tombe Una vita serena e spensierata

Scena di pesca (particolare), 520-510 a.C., affresco. Tarquinia, Tomba della caccia e della pesca. In questo dipinto, se pur non particolarmente raffinato, è possibile cogliere la ricerca del naturalismo nella descrizione degli animali e dei gesti compiuti dai pescatori con reti, lenze e arpioni. Persino lo scafo dell’imbarcazione è decorato e riproduce le fattezze di un pesce. Tutta la scena, con i suoi colori e il volo degli uccelli, trasmette un’impressione di dinamismo e vivacità. Esempi analoghi si trovano nella civiltà cretese: è probabile che gli Etruschi abbiano conosciuto quello stile attraverso i contatti con i Greci.

Mitologia greca su vasi etruschi Un’interessante testimonianza della pittura etrusca è anche quella che si trova nelle decorazioni vascolari, che riprendono temi tipici della mitologia greca. Le figure sono però disegnate in modo originale e nettamente distinto dai modelli greci, anche se è evidente il loro influsso. Anche i colori sono differenti e un tratto caratteristico della pittura vascolare etrusca è dato dalle figure che, seppure descritte con minore precisione, trasmettono un maggior senso di movimento. Vasi caratteristici della civiltà etrusca erano i buccheri, plasmati con argilla cotta in modo tale da fare acquisire all’impasto un caratteristico colore nero. Anfora con incisione di una biga

(proveniente da Vulci), V sec. a.C., bucchero. Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia.

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Idria ceretana con raffigurazione del rapimento di Europa, 530 a.C., argilla dipinta. Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia.

La pittura degli Etruschi ci è nota attraverso gli affreschi che si sono conservati nelle tombe. Sia le tombe a ipogeo sia quelle a tumulo presentano spesso al loro interno dipinti dai colori vivaci che ritraggono situazioni di festa o di svago, come banchetti, battute di caccia, danze e gare sportive. Gli Etruschi credevano in una vita ultraterrena durante la quale i buoni erano destinati a godere di un’eterna felicità, mentre ai malvagi venivano inflitte pene terribili da parte di spaventose creature demoniache. Le tombe riportano però le immagini di feste e divertimenti tanto amati in vita come auspicio per il defunto che quello sarebbe stato il destino che lo attendeva.

CuriosArte

Un tuffo nell’aldilà Un tema che talvolta ricorre nei dipinti funerari è quello del tuffo. Si tratta di un tuffo rituale e simbolico che segna il passaggio dalla vita terrena a quella ultraterrena. Questo dipinto, che si trova nella Tomba della caccia e della pesca di Tarquinia, precede di circa 50 anni quello più famoso della Tomba del tuffatore di Paestum testimoniando l’influenza che i rapporti commerciali tra i due popoli avevano anche sulla cultura.

Tuffatore (particolare), 520-510 a.C.,

affresco. Tarquinia, Tomba della caccia e della pesca.


Leggere l’opera d’arte

Il banchetto nella Tomba dei leopardi Tra i dipinti meglio conservati della civiltà etrusca vi sono gli affreschi che si trovano nella Tomba dei leopardi, nella necropoli di Monterozzi, a Tarquinia, risalente al 490-470 a.C. Sulla parete di fondo è rappresentata la scena di un banchetto: uno dei temi ricorrenti nell’arte funeraria etrusca. Quattro uomini e due donne, distesi a coppie su tre klínai (letti conviviali), sono intenti a conversare e a mangiare. Gli uomini sono raffigurati a torso nudo, mentre le donne indossano dei chitoni (tuniche senza maniche) chiari. Come I due spioventi del tetto della tomba sono decorati con un motivo a scacchi ricorrente nelle tombe etrusche e che richiama forse i padiglioni di stoffa usati per i banchetti all’aperto.

Due giovani nudi servono i convitati. Portano sul capo una corona di foglie ed entrambi reggono nella mano destra una brocca, l’olpe, usata per servire il vino.

abbiamo già avuto modo di osservare nella pittura cretese, gli uomini sono dipinti con un colore rosso bruno, mentre le donne sono dipinte di bianco. Il pittore, probabilmente etrusco, risente solo in parte dell’influsso greco. Vi è infatti grande cura dei dettagli, ma le figure, seppure vivaci, sono sproporzionate e appaiono a tratti rigide nei loro contorni. Nonostante ciò, sono da ammirare l’eleganza dell’insieme e la brillantezza dei colori che trasmettono un senso di leggerezza e di gioia.

La tomba prende il nome dai due leopardi dipinti sulla parete di fondo, sopra la scena del banchetto.

Sulla parete di destra sono raffigurati dei servi e dei musici che allietavano il banchetto. Qui è visibile un flautista.

Uomini e donne partecipano al banchetto in condizione di assoluta parità. Questo fatto, inconcepibile per i Greci, testimonia il riconoscimento del ruolo della donna all’interno della famiglia e della società etrusche.

Banchetto, 490-470 a.C., affresco. Tarquinia, Tomba dei leopardi.

U3 - L’arte etrusca e romana

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Architettura

U3

4 Roma, una città

di marmo

Capitale di un impero Lo storico romano Svetonio racconta che Ottaviano Augusto si vantava di «avere trovato Roma di mattoni e di averla lasciata di marmo». È vero infatti che quando Augusto conquistò il potere, nel 27 a.C., gli edifici di Roma erano quasi tutti costruiti con mattoni cotti al sole e sostenuti da intelaiature di legno, il che spiega anche i frequenti incendi che periodicamente devastavano la città. Augusto volle celebrare la potenza di Roma, ormai diventata capitale di un vasto impero, innalzando splendidi edifici pubblici in marmo: un’impresa che si prolungò anche oltre la sua morte, avvenuta nel 14 d.C.

Nel riquadro è indicato il dettaglio dei Fori nel momento della loro massima estensione. L’area più vasta era occupata dagli edifici fatti costruire dall’imperatore Traiano.

Una parte dei Fori imperiali come appaiono oggi.

Il foro, centro della vita politica e religiosa Tra la fine del I secolo a.C. e l’inizio del I secolo d.C. fu portato a termine il rifacimento del foro romano, con la costruzione di edifici monumentali. Il foro era la grande piazza (inizialmente di forma rettangolare) dove, come nell’agorá greca, si concentravano le attività economiche, politiche e amministrative della città. Era anche il centro religioso, nel quale si trovavano numerosi templi dedicati a diverse divinità. Nei secoli successivi, gli imperatori che si succedettero sul trono fecero innalzare via via edifici sempre più maestosi, i cui resti, in alcuni casi ancora ben conservati, sono giunti fino a noi. Si venne così a creare una vasta area nota come Fori imperiali.

Ricostruzione di Roma in Età imperiale (particolare), plastico. Roma, Museo della Civiltà Romana.

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Disegno ricostruttivo e planimetria di basilica romana.

Basiliche ispirate all’agorá greca La basilica era uno degli edifici più importanti del foro. Struttura tipica dell’architettura romana, può essere considerata uno sviluppo dell’agorá greca e dei portici che la circondavano: era infatti il luogo in cui i cittadini si incontravano per i dibattiti pubblici, sbrigavano i loro affari e dove veniva amministrata pubblicamente la giustizia. La basilica era un edificio coperto di pianta rettangolare e poteva svilupparsi anche su tre piani, con loggiati aperti sull’esterno. Era composta da un’aula centrale fiancheggiata da navate laterali, divise da colonne e pilastri che, nelle basiliche a più piani, sorreggevano i livelli superiori. Le due estremità dell’aula rettangolare potevano concludersi con due vani di forma semicircolare chiamati absidi.

U3 - L’arte etrusca e romana

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Un tempio innovativo

Dall’arco alla cupola

I templi romani riprendevano in genere il modello etrusco. A differenza dei templi etruschi, però, erano costruiti in marmo e in pietra e le colonne erano per lo più in stile dorico o corinzio. Del tutto originale, invece, è il Pantheon, il tempio fatto costruire dall’imperatore Adriano tra il 118 e il 125 d.C. nel quale erano venerate tutte le divinità dei popoli conquistati dai Romani. L’edificio, a pianta circolare, è stato concepito dagli architetti come uno spazio inscritto in un’enorme sfera, con una cupola che alla sua sommità si apre in un grande lucernario, anch’esso rotondo, che diffonde luce in tutto il tempio. L’altezza dell’edificio, pari a 43,3 metri, corrisponde esattamente al diametro della cupola. All’esterno, nel pronao, e all’interno, la struttura è sorretta da alte colonne in stile corinzio.

Gli edifici romani di età imperiale furono progettati all’insegna della grandezza e della maestosità. Alla base di quelle imponenti costruzioni c’è il perfezionamento della tecnica di costruzione dell’arco appresa dagli Etruschi. Dall’arco, i Romani derivarono infatti altre strutture architettoniche che consentivano di realizzare strutture solide e grandi: la volta a botte (ottenuta con l’unione di più archi in successione), quella a crociera (che risulta dall’incrocio di due volte a botte) e la cupola (generata dalla rotazione dell’arco intorno all’asse di simmetria).

Volta a botte

Schema ricostruttivo del Pantheon.

Volta a crociera

Cupola

CuriosArte

La cupola più grande La cupola del Pantheon, con i suoi 43,3 metri di diametro, è ancora oggi la più grande del mondo fra quelle costruite in muratura. La stessa cupola della Basilica di San Pietro ha un diametro interno di circa 42 metri e quella della Basilica di San Paolo, a Londra, di 31 metri. Ma la vera curiosità non sta nella grandezza della cupola, quanto nei sistemi e nei materiali impiegati per costruirla. La cupola, infatti, è stata realizzata in calcestruzzo, un’amalgama di calce, acqua e sabbia con l’aggiunta di scaglie di pietra, colato in una grandissima armatura in legno e il suo spessore diminuisce mano a mano che si avvicina al lucernario. Così, alla base il suo spessore è di 5,2 metri, mentre in corrispondenza dell’apertura è di appena 1,4 metri. Inoltre, mentre alla base l’amalgama del calcestruzzo contiene materiali più pesanti, come i mattoni, salendo ha materiali leggeri come il tufo e la pietra pomice. Tutto ciò contribuisce a far sì che la cupola sia resistentissima alla base e molto leggera alla sua sommità. Questo è uno dei motivi per cui si regge in piedi da quasi 2000 anni!

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A teatro come i Greci Caratteristici dell’architettura e della civiltà romana sono i circhi, i teatri e gli anfiteatri. Il teatro richiamava nell’impianto quello greco: cavea semicircolare, orchestra, scena e proscenio. L’unica differenza di rilievo era data dal fatto che la cavea non era scavata nel fianco di una collina, ma si reggeva su strutture in muratura sorretta da una serie di arcate sovrapposte. Questo edificio, quindi, poteva trovare posto in qualsiasi luogo, anche nel centro di città collocate in luoghi pianeggianti. Come in Grecia, in teatro venivano rappresentate commedie, tragedie, spettacoli di danza e di musica. Gli spettacoli avevano una funzione educativa ed erano perciò gratuiti, così da permettere a tutti di parteciparvi. Ricostruzione del Teatro di Marcello, plastico. Roma, Museo della Civiltà Romana. Il teatro voluto da Giulo Cesare, e dedicato al nipote Marcello, fu inaugurato nel 13 a.C.

Circhi e anfiteatri I circhi e gli anfiteatri ospitavano invece spettacoli più orientati allo svago e al divertimento. Il circo si sviluppava molto in lunghezza: l’arena, circondata da gradinate dove prendeva posto il pubblico, era divisa in due da una sorta di barriera in muratura chiamata spina, che poteva essere decorata con statue, obelischi o altre sculture celebrative. Qui si svolgevano soprattutto le corse dei cavalli e manifestazioni sportive di vario genere. Il circo più grande dell’antichità era il Circo Massimo di Roma, che poteva contenere ben 250 000 spettatori.

Gli anfiteatri erano invece edifici di forma ellittica che nell’impianto erano risultato dell’accostamento di due teatri: da qui il nome anfiteatro, che letteralmente significa «doppio teatro». Lì si svolgevano i giochi dei gladiatori, uomini armati di spade chiamate gladium che dovevano combattere tra loro oppure affrontare animali feroci come tigri, leoni, orsi... Si trattava di spettacoli sanguinosi, dove i gladiatori (per lo più schiavi appositamente addestrati per questo tipo di spettacoli) spesso perdevano la vita. Gli anfiteatri più grandi erano dotati anche di impianti idraulici che permettevano di inondare l’arena e simulare battaglie navali.

Ricostruzione del Circo Massimo, plastico. Roma, Museo della Civiltà Romana.

U3 - Arte etrusca e romana

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Leggere l’opera d’arte

Un anfiteatro «colossale» L’Anfiteatro Flavio, meglio noto con il nome di «Colosseo», è l’anfiteatro più grande costruito in epoca romana. Fu voluto dall’imperatore Vespasiano nel 72 d.C., ma venne inaugurato solo nell’80 d.C. da Tito, entrambi della dinastia dei Flavi. Il nome Colosseo è dovuto al fatto che venne costruito accanto a una grandissima statua di Nerone (detta «colosso di Nerone»). Di forma ellittica, come tutti gli anfiteatri, era però particolarmente sviluppato verso l’alto, con un’altezza complessiva che originariamente era di 52 metri (oggi ridotta a 48,5). Ha un perimetro di 527 metri e gli assi dell’ellisse misurano 187,5 e 156,5 metri. Le sue gradinate permettevano di accogliere fino a 70 000 spettatori. Nel Colosseo si svolgevano soprattutto combattimenti cui prendevano parte i gladiatori e battaglie navali. Non è vero invece, come erroneamente a volte si crede, che vi furono martirizzati i cristiani, soprattutto durante la persecuzione di Nerone, nel 64 d.C., anzitutto perché in quell’anno il Colosseo non era ancora stato costruito e poi perché per eventi di questo tipo erano utilizzati i circhi.

Anfiteatro Flavio (Colosseo), 80 d.C. Roma. I pilastri che sorreggono le arcate sono rinforzati con semicolonne che si rifanno a tre diversi ordini: al primo livello sono in stile tuscanico, nell’intermedio ionico e in quello superiore in stile corinzio.

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I blocchi di marmo che componevano le gradinate sono scomparsi: asportati nel corso dei secoli per costruire altri edifici. Sono però rimasti visibili i grossi muri di sostegno, percorsi internamente da gallerie che davano accesso alla cavea.


I muri perimetrali del Colosseo sono costituiti da tre arcate sovrapposte, sovrastate da un alto muro pieno. Anticamente, nelle due arcate superiori erano collocate delle statue in bronzo, andate perdute. Alla sommità del muro erano posti pali che servivano a reggere una copertura in stoffa che riparava gli spettatori seduti sulle gradinate: il velarium.

Ieri & Oggi L’arena è rimasta senza copertura e sono visibili i corridoi e gli ambienti sotterranei che accoglievano i depositi, le gabbie degli animali e gli ambienti dove i gladiatori attendevano il momento del combattimento. Sono anche visibili le condutture idrauliche che servivano a convogliare nell’anfiteatro l’acqua necessaria per le battaglie navali.

Nuovi anfiteatri L’impianto architettonico dell’anfiteatro romano ha ispirato la costruzione dei moderni stadi in tutto il mondo. Il campo di calcio ha preso il posto dell’arena, ma la forma ellittica, le gradinate e i sistemi di accesso sono rimasti pressoché invariati. Uno degli stadi più recenti che ripete lo schema dell’anfiteatro romano è lo Stadio Olimpico di Londra, costruito nel 2012 in occasione delle Olimpiadi.

U3 - L’arte etrusca e romana

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Architettura

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5 Acquedotti e terme

Ponti per trasportare l’acqua I Romani hanno costruito molti ponti per attraversare i fiumi (primo fra tutti il Tevere, intorno al quale è sorta Roma) e per trasportare l’acqua da un luogo all’altro: gli acquedotti. Gli uni e gli altri si assomigliano, perché in entrambi i casi sono state impiegate strutture ad arco. Gli acquedotti, in particolare, sono costituiti da sequenze di archi che si snodano anche per molti chilometri, così da convogliare l’acqua dalle sorgenti o dai fiumi fino alle città. Acquedotto romano,

I-II sec. d.C., granito. Segovia.

Gli acquedotti erano strutture complesse che per essere realizzate e richiedevano competenze diverse, dall’architettura all’ingegneria idraulica. L’acqua partiva da una diga, subito incanalata e fatta scorrere con una pendenza costante fino alla destinazione. Questo comportava a volte la costruzione di viadotti e ponti che potevano raggiungere anche i 15 metri di altezza. Lungo il tragitto

Le terme: ovunque e per tutti L’acqua che veniva convogliata nelle città serviva anche ad alimentare le terme, edifici nei quali si trovavano grandi vasche con acqua calda e fredda, saune, ambienti per rilassarsi... L’abitudine di usare le terme si diffuse in tutto l’Impero romano. Naturalmente vi erano edifici differenti a seconda dei ceti sociali cui appartenevano coloro che li frequentavano. Per le persone più facoltose, che potevano permettersi di passarvi molto tempo, gli impianti termali comprendevano anche palestre, portici sotto i quali passeggiare e conversare e persino biblioteche e negozi. Per coloro che appartenevano ai ceti più poveri le terme erano poco più che bagni pubblici, utili comunque per un momento di pausa e per garantire l’igiene personale. Terme di Caracalla (veduta aerea dei resti), 212-216 d.C. Roma. Questo edificio costituisce l’esempio più imponente di impianto termale del mondo antico.

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potevano esserci sifoni che permettevano all’acqua di superare le depressioni più profonde, dove non era possibile costruire ponti: l’acqua veniva fatta precipitare a una velocità fortissima, che le forniva la spinta necessaria a risalire fino a raggiungere il viadotto o il canale successivo e così proseguire il viaggio fino al serbatoio di distribuzione, posto alla fine del percorso.


Un antico centro benessere In Età imperiale le terme divennero veri e propri capolavori di architettura e di ingegneria idraulica. All’esterno si presentavano come dei grandi palazzi, mentre all’interno raccoglievano una varietà di costruzioni che andavano dai colonnati alle piscine, dalle ampie sale coperte da cupole agli eleganti ambienti riscaldati che servivano come sauna. La permanenza nelle terme prevedeva il passaggio da vasche d’acqua fredda (frigidarium) ad altre di acqua tiepida (tepidarium) e infine calda (calidarium). Vi erano poi palestre e piscine dove le persone potevano allenarsi e nuotare.

Poiché alle vasche si accedeva completamente nudi, vi erano ambienti separati per le donne e per gli uomini. Tutto questo poneva la necessità di avere impianti di riscaldamento efficaci, in grado di garantire la giusta temperatura dell’acqua e delle sale. Un sofisticato sistema di caldaie portava il calore in una sorta di intercapedine sotto i pavimenti (ipocausto). Così l’acqua delle vasche veniva riscaldata secondo le diverse gradazioni desiderate. Lo stesso sistema permetteva di portare a temperature elevate gli ambienti destinati alla sauna. Spogliatoio femminile delle terme, I sec. d.C. Ercolano. Degno di nota e ben conservato è il pavimento del locale.

Ipocausto

Ipocausto nelle terme di Cesarea,

II metà del I sec. a.C. Israele.

Caldaia

Calidarium Frigidarium

Piscina all’aperto

Disegno ricostruttivo di terme romane.

Tepidarium

Spogliatoio

Palestra

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Architettura

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6 Le abitazioni private:

domus e insula

Le case dei Romani

La casa dei ricchi: la domus

Oltre alle opere di edilizia pubblica, i Romani hanno lasciato testimonianze significative anche degli edifici destinati all’uso privato. Le tipologie principali di abitazione privata erano due: la domus e l’insula. Esisteva poi un altro tipo di abitazione, la villa, che però era meno diffusa: si trattava di una casa collocata fuori dalla città, di dimensioni molto grandi, che poteva essere la residenza estiva di famiglie particolarmente ricche (e persino dell’imperatore). In epoca tardo-imperiale, la villa divenne anche il centro di vere e proprie aziende agricole nelle quali lavoravano schiavi e servi.

La domus era l’abitazione cittadina dei ceti più ricchi, nella quale viveva di norma una sola famiglia, insieme ai servi e agli schiavi. Era costruita in muratura ma non mancavano colonne, pavimenti e finiture in pietra e in marmo. Gli ambienti che la caratterizzavano erano spesso decorati con sculture, affreschi e mosaici. Ogni domus aveva una quantità di ambienti variabile, ma sempre tale da permettere una vita comoda e agiata. Nella ricostruzione presente in questa pagina è evidenziata la struttura tipo della domus romana.

Le camere da letto, dette cubicola, erano in genere piccole e situate lungo l’atrio, disposte su uno o due piani.

Al piano terra potevano trovare posto anche uno studio o una biblioteca.

Il tetto a tegole dell’atrio spioveva verso il compluvio, una vasca poco profonda che raccoglieva l’acqua piovana. Quando superava un certo livello, l’acqua veniva convogliata in una cisterna sotterranea.

In un giardino circondato da un portico chiamato peristilio si trovavano una o più fontane. Impianti idraulici sofisticati portavano acqua corrente negli ambienti della domus.

Disegno ricostruttivo di una domus.

La domus disponeva di un giardino interno compreso nella cinta muraria che circondava tutta la casa. La domus si apriva direttamente sulla strada, ma l’ingresso all’abitazione vera e propria era preceduto da un disimpegno che introduceva all’atrio.

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La cucina era in genere molto ampia e dotata di una dispensa dove venivano raccolte soprattutto le anfore e gli orci con olio, vino e altri cibi non deperibili.

Intorno al portico vi erano ambienti destinati ad accogliere e a intrattenere gli ospiti.

La sala da pranzo era chiamata triclinium, dal nome dei letti sui quali i Romani, come i Greci e gli Etruschi, stavano semicoricati per mangiare.


Abitare in appartamento: l’insula L’insula era un edificio simile ai moderni condomini e poteva raggiungere anche quattro piani sovrapposti. Era costruita in muratura e in legno e i diversi piani avevano caratteristiche differenti. L’insula, infatti, ospitava persone appartenenti a ceti sociali diversi, dai commercianti che godevano di un certo benessere a individui di condizioni più modeste, anche se non indigenti.

Disegno ricostruttivo di un’ insula.

L’acqua usata per impieghi domestici veniva rovesciata fuori dalla finestra... guardando che sotto non ci fosse nessuno!

Gli abitanti dell’insula attingevano acqua dalle fontane vicine.

Gli appartamenti al primo livello sopraelevato avevano ambienti più ampi e spaziosi, mentre gli appartamenti posti ai piani superiori erano più stretti e angusti. Sulla strada si aprivano botteghe, taverne o depositi di merci. Le insulae erano collocate in zone della città piuttosto affollate ed erano addossate l’una all’altra lungo strade più o meno strette e le condizioni igieniche erano in genere piuttosto precarie.

Le finestre non avevano vetri ma imposte di legno. Durante l’inverno gli abitanti si riparavano dal freddo chiudendo le imposte o applicando alle finestre pellicce o coperte.

Al pianoterra si aprivano botteghe e taverne. Gli ambienti erano spesso soppalcati per conservare derrate alimentari.

Ai piani più alti vi erano gli alloggi più modesti, occupati dalle persone più povere.

Al primo piano vi erano gli appartamenti migliori, con i soffitti più alti e meglio arieggiati.

Dove non esistevano impianti fognari sotterranei gli scoli scendevano lungo le strade e per attraversarle bisognava passare su alcune pietre appositamente rialzate.

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Scultura

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7 La scultura a Roma Ritratti pubblici e ritratti privati I Romani hanno lasciato numerose e significative testimonianze della loro scultura, di cui veniva fatto ampio uso sia a livello pubblico sia nella più ristretta dimensione privata. In entrambi i casi, grande spazio ebbe la ritrattistica, con alcune differenze significative. Nelle statue e nei busti dei personaggi pubblici importanti (generali, imperatori, senatori ecc.) destinati a essere esposti e ammirati da tutti, vi era la tendenza a mostrare un’immagine idealizzata, che esaltava le virtù morali, il coraggio, la perfezione. I ritratti che si trovavano nelle case private si distinguono invece per il loro realismo e per la fedeltà alle sembianze originali.

Testa di Lucio Cecilio Giocondo, 27-14 d.C., bronzo, h 35 cm. Napoli, Museo Archeologico Nazionale. Questo busto offre un esempio tipico di ritrattistica privata. Lucio era un facoltoso banchiere e alla sua morte un liberto (uno schiavo liberato) che gli era affezionato gli volle dedicare un ritratto. Il viso segnato da profonde rughe, le orecchie sporgenti e la vistosa verruca sulla guancia non lasciano dubbi sulla fedele corrispondenza al volto dell’uomo. L’espressione del volto denota intelligenza e gli occhi sottili fanno intuire una certa furbizia.

La cura dei dettagli

Togato Barberini, I sec. a.C., marmo,

h 165 cm. Roma, Centrale Montemartini. Questa statua ritrae un aristocratico romano di Età repubblicana con i busti degli antenati che venivano esposti in particolari occasioni e che erano oggetto di venerazione.

Gli scultori romani subirono fortemente l’influsso dei modelli greci ed ellenistici, che in molti casi furono studiati e copiati fedelmente. Ne sono dimostrazioni evidenti la cura posta nella resa dei particolari anatomici e l’attenzione nella definizione di elementi come le acconciature e i panneggi Dioscuride, Gemma augustea, 12 d.C. delle vesti, nelle statue a figura intera onice scolpita, 23 x 19 cm ca. come nei busti. Un’abilità straordinaria gli Vienna, Kunsthistorisches Museum. artisti romani dimostrarono anche nella Il cammeo è un capolavoro dell’oreficeria rappresentazione di scene affollate di romana e raffigura nella parte superiore il personaggi e nella produzione di manufatti trionfo di Augusto seduto sul trono, nella parte inferiore una scena di vittoria militare. di piccole dimensioni come i cammei.

CuriosArte

Gli antenati al funerale I ritratti degli antenati conservati nelle case dei nobili romani erano inizialmente ottenuti modellando un calco di cera direttamente sul volto del defunto. In questo modo veniva realizzata una vera e propria maschera che ne riproduceva fedelmente le fattezze. Le maschere erano conservate gelosamente e quando un membro della famiglia moriva venivano indossate dai parenti durante il funerale: in questo modo, non solo i discendenti ancora in vita, ma, simbolicamente, anche gli antenati partecipavano alla cerimonia. Da questa usanza antica derivò la consuetudine di avere ritratti il più possibile fedeli all’originale e, di conseguenza, lo scrupoloso realismo nelle sculture in bronzo e in marmo. L’uso della maschera funebre, comunque, sopravvisse e ancora per molti secoli ne furono realizzate per conservare il ricordo fedele dei volti di personaggi illustri.

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Maschera funeraria di uomo, 25 d.C. ca.,

stucco dorato e dipinto. New York Brooklyn Museum.


L’attenzione a cogliere il carattere I ritratti di epoca romana oltre alle fattezze fisiche cercavano di restituire anche il carattere del personaggio che rappresentavano. L’espressione del volto, lo sguardo, la posizione del capo... erano tutti elementi che venivano curati con particolare attenzione. Persino la scelta e l’accostamento dei diversi materiali (bronzo, marmi colorati, pasta di vetro utilizzata per modellare gli occhi ecc.) servivano ad accentuare questo aspetto. Bruto Capitolino, III sec. a.C., bronzo, h 69 cm. Roma, Musei Capitolini. La tendenza a cogliere i tratti interiori dei personaggi si manifestò molto presto nella ritrattistica romana: nel busto in bronzo del Bruto Capitolino, risalente all’inizio III secolo a.C., colpisce l’intensità dello sguardo.

Competenti in arte Nelle loro opere gli scultori romani amavano rifarsi ai modelli della Grecia classica. Questo appare particolarmente evidente in alcune sculture, come l’Augusto di Prima Porta, decisamente simile al Doriforo di Policleto, che abbiamo conosciuto a p. 57. Nella statua di Augusto la proporzione tra l’altezza della testa e quella del corpo è di 1:7 anziché 1:8 come nel Doriforo. Tuttavia, poiché la statua era posta su un piedistallo e doveva essere guardata da sotto in su, la percezione visiva riportava alle proporzioni del canone classico. Osserva le due statue: i n che cosa si somigliano? a nche se rivestito dell’armatura, quali particolari anatomici della statua di Augusto sembrano combaciare perfettamente con quelli del Doriforo? p are davvero, come qualcuno ha osservato, che la statua di Augusto sia semplicemente un «Doriforo vestito»?

• • •

Scultura e propaganda politica In Età imperiale la scultura venne ampiamente usata dai Romani con fini propagandistici per assicurare ai protagonisti della vita politica e militare ammirazione e consenso. Le statue degli imperatori innalzate in tutto l’impero (talvolta di dimensioni colossali) erano ispirate ai modelli classici e la figura del sovrano appare idealizzata: perfetta nelle proporzioni, ripresa in atteggiamenti solenni e con il volto (per lo più giovane) segnato da un’espressione che ne sottolinea l’autorevolezza e la decisione. Augusto di Prima Porta, 12-8 a.C., copia

in marmo da originale in bronzo andato perduto, h 204 cm. Città del Vaticano, Musei Vaticani.

Policleto, Doriforo (proveniente da

Pompei), II-I sec. a.C., copia romana in marmo da originale in bronzo del 445 a.C. ca., h 212 cm. Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

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Scultura

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8 Archi trionfali e colonne onorarie

Gli archi di trionfo

Le colonne onorarie

L’arco non fu impiegato dai Romani soltanto in moltissime tipologie di edifici pubblici e privati, ma anche per celebrare le vittorie degli imperatori e dei generali che tornavano dalle campagne militari, ai quali veniva tributato l’onore del trionfo. I comandanti, insieme ai loro soldati, percorrevano il foro tra la folla acclamante, fino a passare sotto l’arco innalzato in loro onore. Questi archi erano costruiti in muratura e ricoperti di marmi nei quali erano scolpite le imprese militari più importanti compiute dai vincitori. Una volta celebrato il trionfo, essi restavano a memoria delle conquiste romane e contribuivano a esaltare la grandezza di Roma.

Un altro modo per ricordare i trionfi militari era quello di innalzare nel foro altissime colonne sulle quali venivano scolpiti bassorilievi che illustravano le gesta compiute dall’imperatore. Si tratta di sculture che si sviluppano a coclide, ossia a spirale intorno a tutto il fusto della colonna, dal basso verso l’alto, come una sorta di enorme striscia di fumetti. Le immagini raffiguravano i successi ottenuti e l’eroismo dimostrato dal sovrano, in modo da suscitare ammirazione e consolidare il consenso dei cittadini nei suoi confronti.

Ieri & Oggi

Un arco a forma di cubo Nel 1989 fu inaugurato a Parigi un grandioso monumento chiamato Grande Arche de la Fraternité («Grande arcata della Fraternità»), noto anche, semplicemente, come «Grande Arco» o «Arcata della Défense», dal nome del quartiere dove sorge. Si tratta di una costruzione imponente, alta 110 metri, larga 112 e profonda 108. La prima cosa che colpisce di questo arco è che di fatto è un cubo quasi perfetto, svuotato al suo interno e ricoperto esternamente da candido marmo di Carrara. Il fatto che un cubo venga chiamato arco è già di per sé strano. Ma l’idea veramente originale dell’architetto danese che lo progettò, Johann Otto von Spreckelsen, sta nel suo significato. Rispetto ai tanti archi edificati nei secoli per celebrare le guerre, Spreckelsen propose un arco consacrato a esaltare la fraternità e gli ideali umanitari. Buona idea! Allora, a un arco innalzato per ricordare il valore della pace anziché esaltare le imprese di una guerra, si può perdonare di essere a forma di cubo anziché di arco a tutto sesto.

Arco di Tito, 90 d.C., marmo, 15,4 × 13,5 m. Roma, Foro Romano. Terminato nove anni dopo la morte dell’imperatore, l’Arco è stato eretto per ricordare la vittoria di Tito nella guerra giudaica, celebrata con un trionfo nel 71 d.C.

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Leggere l’opera d’arte

La colonna di Traiano La Colonna Traiana venne fatta innalzare dall’imperatore Traiano all’inizio del 113 d.C. nell’omonimo foro a Roma. Ideatore dell’opera fu probabilmente l’architetto Apollodoro di Damasco. La colonna, alta quasi 30 metri, è rivestita da una fascia a spirale lunga circa 200 metri nella quale sono rappresentate 155 scene che si susseguono con un ritmo ininterrotto, animate da oltre 2500 figure. Le scene si riferiscono alle vittoriose campagne militari condotte da Traiano fra il 101 e il 106 d.C. in Dacia, l’attuale Romania. Vi sono rappresentate battaglie, cerimonie religiose, marce e attraversamenti di fiumi... insomma, tutto ciò che può accadere durante una guerra. La colonna aveva lo scopo di ricordare le vittorie dell’imperatore, ma era anche un monumento funebre; infatti, nel basamento fu approntato un vano che avrebbe dovuto accogliere le ceneri di Traiano. L’interno della colonna è vuoto e una scala a chiocciola permette di salire fino alla sommità, dove anticamente si trovava una statua di Traiano, andata poi perduta e sostituita nel XVI secolo con una statua di san Pietro.

Colonna Traiana, 113 d.C., marmo, h 29,78 + 10,72 m di basamento; circonferenza 3,83 m. Roma, Foro di Traiano.

L’altezza della Colonna Traiana, 30 m (quasi 40 se si includono il piedistallo e la statua in cima), equivalente a un palazzo di 8 piani: è la stessa della collina che esisteva in quel luogo e che l’imperatore fece sbancare per edificare il foro che porta il suo nome.

Un prigioniero dacio viene condotto di fronte all’imperatore. Alle sue spalle infuria la battaglia.

I soldati romani si apprestano a sbarcare. Traiano è raffigurato insieme ai suoi generali, mentre organizza le truppe. Traiano, raffigurato in piedi su un piedistallo, riceve un’ambasciata.

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Pittura

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9 La pittura e i mosaici

La pittura si distacca dai modelli etruschi Le domus dei Romani e gli edifici pubblici più importanti erano decorati al loro interno con pitture che ricoprivano completamente le pareti. Per fissare i colori veniva usata la tecnica dell’affresco: i pigmenti, mescolati a sostanze collose, erano applicati su uno strato di intonaco ancora fresco, che asciugando li incorporava definitivamente favorendone la conservazione più a lungo. I resti più importanti della pittura romana, provenienti soprattutto dagli scavi di Ercolano e di Pompei, mostrano un decisivo distacco dai modelli etruschi e un avvicinamento a quelli greci. Assai diffusa doveva essere anche la pittura su tavola, della quale però ci sono giunte scarse testimonianze, anche a motivo della deperibilità dei supporti in legno su cui era realizzata.

Giardino (particolare con rose e

uccello), 30-35 d.C., affresco. Pompei, Casa del Bracciale d’Oro.

Precisione, naturalismo e profondità spaziale Le espressioni pittoriche, come quelle scultoree, sono improntate a uno spiccato naturalismo e a una scrupolosa precisione nel definire i dettagli, soprattutto per quanto riguarda i soggetti di carattere figurativo. Dai dipinti ritrovati a Ercolano e a Pompei emerge anche una ricerca della prospettiva: le figure non sono più schiacciate su una sola dimensione, come per esempio nella pittura cretese o in quella vascolare greca, ma iniziano ad acquistare spessore attraverso l’uso delle sfumature e il modo di trattare i drappeggi delle vesti. La raffigurazione di scorci di paesaggio e di architetture crea invece effetti di profondità. Fregio del triclinio (particolare), I sec. d.C., affresco. Pompei, Villa dei Misteri.

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I quattro stili della pittura romana Nei dipinti romani e soprattutto in quelli tornati alla luce a Pompei e a Ercolano, realizzati a partire dal II secolo a.C. fino al I secolo d.C., è possibile distinguere quattro stili differenti. Essi sono riferibili a diversi periodi, ma non di rado sono presenti insieme nei dipinti del quarto stile (I sec. d.C.). Pareti decorate in I stile (provenienti

dalla Casa dei Grifi), II-I sec. a.C., affresco. Roma, Antiquarium del Palatino. Il primo stile, o «stile dell’incrostazione» (II-I sec. a.C.), è uno stile semplice, non figurativo, che si rifà a modelli greci ed ellenistici. Imita cornici e zoccoli in pietra e lastre di marmo colorato, attraverso l’uso di stucchi (da cui deriva il nome «a incrostazione») e un trattamento a cera che rende più brillanti e lucidi i colori.

Parete decorata in II stile, fine

del I sec. a.C., affresco. Ercolano, Collegio degli Augustali. Nel secondo stile, o «stile architettonico» (I sec. a.C.-I sec. d.C.), emerge il senso della prospettiva. Sulle pareti vengono dipinte strutture architettoniche che ampliano gli spazi e talvolta si aprono su paesaggi esterni dando l’impressione di uno sfondamento delle mura domestiche.

Parete decorata in III stile, I sec. d.C.,

affresco. Pompei, Casa di Marco Lucrezio Frontone. Il terzo stile, o «stile ornamentale» (metà del I sec. d.C.), presenta riquadri, talvolta incorniciati da motivi architettonici, con soggetti mitologici oppure scorci di paesaggi. Si ispira alla pittura greca e ne fornisce testimonianza. Tra i motivi ornamentali sono presenti anche candelabri, tralci di vite, foglie ecc.

Pareti decorate in IV stile, I sec. d.C., affresco. Pompei, Casa dei Vettii. Il quarto stile, o «stile dell’illusionismo prospettico» (I sec. d.C.), riprende e arricchisce i due precedenti accentuando la prospettiva e lo sfondamento su ampi paesaggi esterni, incorniciando spesso i riquadri con tendaggi o motivi tipici del secondo stile. Presenta colori vivaci e il cosiddetto «rosso pompeiano».

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I mosaici

Cura dei dettagli come nella pittura

Un’arte decorativa molto apprezzata dai Romani era quella dei mosaici, impiegati per decorare pareti e, soprattutto, pavimenti. Si trattava di una tecnica piuttosto laboriosa e costosa: per questo motivo, grandi mosaici si trovano solo nelle abitazioni delle persone più ricche o in alcuni edifici pubblici. Il mosaico veniva realizzato collocando piccoli pezzi di pietra, di pasta di vetro o di ceramica smaltata di diversi colori, chiamati «tessere», su una parete o una qualsiasi superficie dall’intonaco ancora fresco. Le tessere avevano forme diverse e venivano disposte seguendo un modello disegnato su un altro supporto o tracciato direttamente con un carboncino sulla superficie destinata ad accogliere il mosaico. Potevano essere raffigurati i soggetti più diversi, dai semplici motivi geometrici fino alle complesse scene di caccia o agli episodi storici o mitologici.

Nonostante la tecnica impiegata non permetta di definire con la precisione consentita dalla pittura i dettagli e le sfumature, certi mosaici colpiscono per l’accuratezza con cui sono stati riprodotti i soggetti. I mosaicisti più abili sapevano rendere con estrema precisione sia i contorni delle figure sia gli effetti luminosi.

Amorini pescatori (particolare), IV sec. d.C., mosaico.

Scena di sacrificio, I sec. d.C., mosaico. Roma, Museo

Nazionale Romano.

CuriosArte

I tre occhi di Polifemo I mosaici romani di Villa del Casale sono tra i meglio conservati giunti fino a noi. A partire dal 1950, gli scavi archeologici hanno riportato alla luce 3500 m2 di pavimentazione a mosaico geometrico e figurativo. Tra i soggetti raffigurati vi sono anche episodi mitologici, talvolta con particolari molto curiosi... È il caso dell’episodio di Ulisse e il ciclope Polifemo, tratto dall’Odissea. Nel poema si dice che il ciclope avesse un occhio – l’unico – in mezzo alla fronte. Gli artisti, però, abilissimi mosaicisti ma non attenti lettori, hanno interpretato il testo pensando a un terzo occhio. Così, il Polifemo rappresentato negli appartamenti padronali della villa risulta avere ben tre occhi!

Ulisse e Polifemo (particolare), IV sec. d.C., mosaico. Piazza Armerina, Villa Romana del Casale.

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Piazza Armerina, Villa Romana del Casale. Nei mosaici, come nella pittura e nella scultura, è evidente la ricerca del naturalismo. La Villa del Casale, nei pressi di Piazza Armerina, in Sicilia, conserva ad esempio scene di caccia e di pesca nelle quali gli animali sono resi con straordinario realismo.


Approfondisci sul vol. Pag. 108

Anche tu artista

A

Crea un mosaico come gli antichi Romani

La realizzazione di un mosaico richiedeva molto tempo, perché le tessere dovevano essere posizionate una ad una con grande precisione, scegliendole di volta in volta secondo il colore e la forma. Un mosaico che doveva coprire il pavimento di una stanza di medie dimensioni poteva essere composto anche da 100 000 tessere! In alcuni casi, l’opera veniva preparata «in laboratorio», per essere in un secondo momento collocata nella sede definitiva. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, il mosaico veniva realizzato direttamente sul posto. Queste raffinate decorazioni dovevano essere particolarmente resistenti, soprattutto quelle che ricoprivano i pavimenti, poiché le persone ci camminavano sopra. Ancora di più dovevano esserlo quelle impiegate nelle terme, per rivestire pavimenti e pareti: in questo caso, dovevano sopportare anche l’umidità. Il fatto che così tanti mosaici siano arrivati ben conservati fino a noi, comunque, sta a significare che i Romani erano davvero molto abili nel realizzarli.

Pavimento con motivi geometrici, 212-216 d.C., mosaico. Roma, Terme di Caracalla. Seguendo le indicazioni di seguito riportate, prova anche tu a comporre un piccolo mosaico.

1 Procurati i seguenti materiali: foglio da disegno, matita, cartoncino dello spessore di almeno 2 mm, mattarello, gesso in polvere, stucco, colla vinilica, colori a tempera vinilica, fissativo, pennelli, alcune ciotole di plastica, carta vetrata, stampo in gomma con griglie.

4 Versa il composto ottenuto in diversi

stampi, facendo attenzione a ripulire gli interstizi con una spugna umida.

2 Traccia sul foglio da disegno uno schizzo del mosaico che vuoi realizzare (puoi limitarti ai contorni, oppure abbozzare anche i colori). Per iniziare, è meglio scegliere un motivo geometrico; successivamente, copialo sul cartoncino.

3 In una bacinella di plastica inizia a preparare il composto per le tessere, mescolando acqua tiepida, colla vinilica e gesso.

Con il mattarello, stendi sul cartone uno strato di stucco di circa 2 mm poi, mentre è ancora fresco, appoggiaci sopra le tessere, esercitando una piccola pressione con il dito. Lavora su piccole porzioni di cartone per volta, per evitare che lo stucco secchi troppo presto. A mano a mano leva con uno strofinaccio le sbavature di 5 Quando il liquido sarà solidificato, stucco, poi con i pennelli dipingi a temestrai con attenzione le tessere dallo pera il tuo mosaico. Infine, per garantire stampo, quindi provvedi a renderle lisce maggior durata al colore, spruzza il macon la carta vetrata a trama fine. nufatto con il fissativo.

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Cittadinanza

Pompei: tesori sotto le ceneri del tempo

Veduta degli scavi di Pompei. Uno dei pochi luoghi al mondo capace di emozionare e far sentire il visitatore parte di una storia millenaria è Pompei. Lungo le sue antiche vie, il tempo sembra essersi fermato a poco prima di quel fatidico giorno dell’anno 79 d.C., in cui la città fu sepolta da ceneri e lapilli fuoriusciti dal Vesuvio. I resti degli edifici, delle ville ricche di decorazioni e affreschi ci fanno assaporare e rivivere la vita quotidiana degli antichi Romani, che venivano in questi luoghi a villeggiare. Ci sono voluti duecento anni per far rinascere dalle ceneri quello che, nel 1997, è stato dichiarato dall’UNESCO Patrimonio Mondiale dell’Umanità. La scoperta del sito risale al XVIII secolo e gli scavi furono avviati dal re di Napoli Carlo di Borbone. Successivamente, nel 1861, l’archeologo Giuseppe Fiorelli prese una decisione molto innovativa: mentre fino a quel momento tutti i reperti riportati alla luce venivano collocati nei musei, Fiorelli pensò di lasciarli sul posto, aprendo così Pompei ai visitatori. Inoltre, facendo colare del gesso nelle intercapedini create nella cenere dalla decomposizione dei corpi delle persone, portò alla luce i calchi delle vittime di quella tragedia.

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Impluvium, II sec. a. C. Pompei, Casa del fauno. La statua in bronzo che raffigura un fauno (divinità dei boschi), posta al centro di un impluvium decorato con preziosi mosaici, dà il nome a uno degli edifici più vasti di Pompei (3000 m2 ca.): la Casa del fauno.

Uomo seduto, calco in gesso di una vittima dell’eruzione. Pompei, Palestra Grande.


Valorizzare il patrimonio

Competenze individuali

Dopo anni di incuria, grazie alle iniziative legate al Grande Progetto Pompei promosso dal Governo italiano, in collaborazione con diverse associazioni, sono stati previsti circa 48 interventi per il restauro di diversi ambienti del sito e durante il 2015 alcune di queste iniziative sono giunte a conclusione. Il progetto coinvolge anche migliaia di studenti, impegnati in laboratori di alternanza scuola-lavoro, al fine di sviluppare competenze nei diversi settori e rendere pienamente consapevoli le nuove generazioni della straordinaria ricchezza rappresentata dal nostro patrimonio archeologico.

CuriosArte

Affreschi sonori A sud della Palestra Grande è stata posizionata una mostra permanente degli affreschi di Moregine, ritrovati nel 1959 nell’omonima località fuori le mura di Pompei. Queste superbe pitture parietali raffigurano triclini con immagini delle Muse e del dio Apollo. La visita agli affreschi è resa più emozionante dal Gioco delle risonanze, un sistema di strutture vibranti in acciaio cortèn e inox che crea particolari effetti sonori.

Tu e la tua classe dovete allestire l’«open day» alle quinte elementari. Ecco un’idea che coinvolge più discipline: porterete i bambini alla scoperta di Pompei, indagando sulla vita degli abitanti e sull’arte. Per costruire una lezione accattivante, ciascuno di voi svilupperà un aspetto particolare da presentare agli ospiti. Ti offriamo una traccia da sviluppare; l’insegnante assegnerà a ognuno le domande a cui dovrà rispondere consultando la mappa presente all’indirizzo web: http://pompeiisites.org/allegati/PiantadegliscavidiPompei-PlanoftheexcavationsofPompeii.pdf. • URBANISTICA Quale forma aveva la città? Quante porte conducevano ad essa? Quali erano le vie più importanti? Ricerca immagini e informazioni sugli elementi del paesaggio urbano comuni alle nostre città moderne: la forma delle botteghe di «street food», le strisce pedonali, gli annunci elettorali. • EDILIZIA Quali tipologie di costruzioni sono state rinvenute nel sito? Consultando la mappa, quale tipologia di edifici pubblici trovi maggiormente presente? Negli edifici privati, quali tecniche decorative e quali materiali sono maggiormente usati?

Vivi l’arte Una visita a Pompei è sicuramente utile per conoscere meglio la vita, i costumi, l’arte e l’architettura romana in Età imperiale. Consultando i siti web sottoelencati, puoi fare questo viaggio virtuale alla scoperta dei tesori estratti dalle ceneri, oppure organizzare un viaggio vero e proprio grazie alle informazioni pratiche che vi puoi reperire. www.pompeiisites.org www.pompei.it/ www.youtube.com/watch?v=W30UvakY5p4 www.pompei.net/archeologia www.pompeiitaly.org/it/scavi-di-pompei/le-botteghe

Scopri le vie, gli edifici e i luoghi pubblici di Pompei visualizzando questa mappa, e la relativa Legenda, nel sito sopracitato.

Scheda di autovalutazione e valutazione dell’insegnante sulle Competenze individuali Competenze coinvolte

Si orienta nello spazio e nel tempo e interpreta i sistemi simbolici e culturali della società.

Competenze chiave

Consapevolezza ed espressione culturale.

Penso di aver raggiunto questo livello A

B

C

D

L’insegnante mi ha assegnato il livello A

B

C

D

Livelli: A Avanzato; B Intermedio; C Base; D Iniziale

U3 - L’arte etrusca e romana

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Verifica delle conoscenze

DIDATTICA INCLUSIVA

In sintesi…

BES

DIDATTICA INCLUSIVA

BES

L’arte etrusca e romana IN ETRURIA, ATTUALE TOSCANA E POSSEDIMENTI CIRCOSTANTI (VIII - VI sec. a.C.) Architettura • città fortificate so dell’arco •u a tutto sesto • templi in legno • necropoli

• • • •

Scultura s tatue votive acroteri canopi sarcofagi

Pittura affreschi • tombali

A ROMA E NELL’IMPERO ROMANO (VIII sec. a.C.) •

• • • • • • •

Architettura uso dell’arco a tutto sesto, della volta a botte, della cupola a cquedotti t erme t eatri a nfiteatri c irchi b asiliche t empli

Scultura copie in marmo • di statue greche • b usti e statue di personaggi pubblici, idealizzati • b usti e statue di privati, con volti realistici

Pittura a ffreschi in 4 • stili • mosaici pavimentali e parietali

1. Completa il seguente brano cerchiando l’alternativa corretta. Gli antichi Romani appresero [dai Greci / dagli Etruschi] l’uso, nell’edilizia, [dell’arco a tutto sesto / del sistema trilitico]. La tecnica fu applicata in moltissime strutture architettoniche e da essa deriva l’invenzione della [cupola / colonna onoraria]. La più famosa è quella del tempio chiamato [Partenone / Pantheon]. I Romani furono anche eccellenti scultori e pittori. Il modello di riferimento della scultura era l’arte [etrusca / greca], ma i Romani diedero anche grande spazio alla ritrattistica. Le statue ufficiali di personaggi pubblici dovevano esprimere virtù morali, perciò i lineamenti del volto raffigurato erano [idealizzati / realistici]; i ritratti destinati a uso privato, invece, erano più [realistici / idealizzati] e [fedeli al / lontani dal] modello. Negli edifici pubblici romani, come le terme, e nelle ricche [domus / insulae] si sono conservati affreschi e mosaici che rivelano grande attenzione per i dettagli [fantastici / naturalistici] e il senso della prospettiva. 2. Indica con una crocetta le affermazioni relative all’arte etrusca. 1. Le città non erano fortificate. 2. I templi erano costruiti in marmo, perciò molti sono tuttora ben conservati. 3. Le statuette votive erano prevalentemente in bronzo o in terracotta. 4. Le necropoli erano strutturate come le città dei vivi. 5. Le necropoli conservano ricche testimonianze di questa civiltà. 6. Gli affreschi tombali rivelano una concezione di vita pessimistica. 7. I canopi erano vasi scolpiti che contenevano le ceneri dei defunti. 3. I ndica con una crocetta le costruzioni romane che utilizzano l’arco a tutto sesto e/o la volta a botte. 1. Circo; 2. Anfiteatro; 3. Acquedotto; 4. Basilica; 5. Colonna onoraria; 6. Arco di trionfo.

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Verifica

Lettura dell’opera d’arte

delle conoscenze

Uno scrigno di marmo che celebra la pace L’opera si trova oggi in un luogo poco distante dalla collocazione originaria, nei pressi del Mausoleo di Augusto, all’interno del moderno padiglione appositamente costruito su progetto dell’architetto Richard Meier, nel 2006.

Ara Pacis Augustae, 9 a.C., marmo. Roma, Museo dell’Ara Pacis.

L’Ara Pacis (Altare della Pace) fu commissionata dal Senato per celebrare la pace che Augusto aveva instaurato su tutto l’impero, garantendo un periodo di grande prosperità. L’imponente monumento è costituito da un recinto marmoreo di forma quadrangolare, al cui interno si trova l’altare, in una posizione sopraelevata. Una ricca decorazione scultorea ricopre sia l’esterno sia l’interno del recinto, secondo lo stile augusteo, frutto della fusione di diverse tendenze artistiche: classicismo greco, ellenismo, arte romana. La decorazione esterna occupa due registri (fasce): nella parte inferiore vediamo motivi vegetali (foglie di acanto, fiori, frutta) e animali (insetti e uccelli); in quella superiore, figure della storia e delle tradizioni romane.

Disegno ricostruttivo dell’Ara Pacis. In origine, tutte le decorazioni erano vivacemente colorate. Oggi, grazie all’utilizzo di moderne tecnologie, è possibile proiettare sulle sculture luci colorate, che ci mostrano come l’opera doveva presentarsi un tempo.

Osserva e rifletti.

1. S ulla decorazione del primo registro dell’Ara Pacis, puoi vedere le foglie di acanto: a quale stile architettonico greco fanno riferimento? 2. Osserva le riproduzioni dell’Ara Pacis colorata: quali tinte prediligevano i Romani (tenui, accese, sfumate, monocromatiche...)?

U3 - L’arte etrusca e romana

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Compito di realtà

Costruiamo un mosaico... tra le classi

Una classe quinta della Scuola Primaria verrà a conoscere la vostra scuola. In quell’incontro vi sarà chiesto di coinvolgere i bambini in un laboratorio artistico finalizzato alla creazione di un mosaico polimaterico. Dovrete quindi progettare un soggetto da realizzare che sia rappresentativo di una caratteristica dell’arte delle prime civiltà, e organizzare il laboratorio con tutti i materiali e gli strumenti necessari.

Fasi di lavoro L’attività si compone di due fasi, ognuna delle quali prevede le azioni elencate sotto. FASE 1 - Progettare il soggetto 1. Dividete in tre gruppi i bambini della Scuola Primaria: ciascun gruppo sceglierà il tema del mosaico ispirandosi a soggetti (animali, figure umane, decorazioni geometriche, elementi della natura) e caratteristiche dell’arte (rappresentazione realistica, stilizzata o idealizzata) dalla Preistoria all’epoca romana. 2. Aiutate gli alunni della Primaria a inventare una forma da dare al soggetto scelto, quindi riflettete con loro sui materiali (anche di riciclo) da utilizzare per realizzarlo. 3. Ogni gruppo preparerà un progetto da presentare al resto della classe: disegnate su un foglio in formato A4 le figure del vostro ipotetico mosaico, annotando a margine quali oggetti e quali colori occuperanno l’immagine, così da evidenziare materiali e strumenti necessari, offrendo al tempo stesso un’idea del prodotto finito. 4. Terminati i progetti, esaminateli insieme all’insegnante, quindi con i bambini votate quello più accattivante o che si presti meglio ad essere realizzato. 5. Stabilito il lavoro da fare, a tutti verrà assegnato un compito ben preciso: un gruppo riporterà il disegno del soggetto su un grande cartellone; un altro si occuperà del reperimento di materiali e strumenti; il terzo, infine, scriverà un breve testo sulla tecnica del mosaico (in che cosa consiste e in quali culture ha trovato spesso applicazione) e sull’aspetto dell’arte antica che il soggetto vuole evidenziare. Questo testo esplicativo sarà incollato sul cartellone, sotto al disegno. FASE 2 - Allestire il laboratorio Con i docenti individuate lo spazio della scuola dove collocare il laboratorio. Su un grande tavolo centrale (o più banchi avvicinati) disponete il cartellone con il disegno insieme a colori, colla, forbici... insomma, tutto quanto sarà utile al lavoro. Stabilite quindi quanti bambini si potranno avvicendare intorno al tavolo per realizzare via via parte del mosaico.

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Tempo di lavoro: due lezioni.


Compito di realtà

Prima di valutare le competenze che dovresti avere acquisito, poniti alcune domande alle quali dovrai dare risposte chiare ed esaustive.

1. Sei concentrato o tendi a distrarti? Quali strategie puoi mettere in atto per concentrarti sul lavoro che devi eseguire? Spiegale. 2. Ti ha interessato l’attività proposta? Che cosa ha stimolato la tua curiosità a imparare? In alternativa, tu come avresti proposto l’attività? Fai una breve descrizione. 3. Come puoi mettere in atto quello che hai imparato di Storia dell’arte e spenderlo praticamente in questa attività?

Ora valutati! 1. Hai avuto difficoltà?

SÌ NO

perché .....................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................................................................................................... ...............................................................................................................................................................................................................................................................................................

2. Ti ha stimolato lavorare con i compagni a un progetto comune?

SÌ NO

perché .....................................................................................

............................................................................................................................................................................................................................................................................................... ...............................................................................................................................................................................................................................................................................................

Indica come hai maturato i tuoi apprendimenti, compilando la seguente tabella, dove evidenzierai il livello che pensi di aver raggiunto in ciascuna competenza. Riporta, quindi, a fianco il giudizio dell’insegnante. In questo modo ti renderai conto dei tuoi progressi. Valutazione delle competenze coinvolte Possiede un patrimonio organico di conoscenze e nozioni di base ed è allo stesso tempo capace di ricercare e di organizzare nuove informazioni. Si impegna in nuovi apprendimenti in modo autonomo.

Penso di aver raggiunto questo livello

Competenze chiave Imparare ad imparare.

L’insegnante mi ha assegnato il livello

A

B

C

D

A

B

C

D

Ha cura e rispetto di sé e degli altri come presupposto di uno stile Competenze sociali e di vita sano e corretto. È consapevole della necessità del rispetto di una civiche. convivenza civile, pacifica e solidale. Si impegna per portare a compimento il lavoro iniziato, da solo o insieme ad altri.

A

B

C

D

A

B

C

D

Ha spirito di iniziativa ed è capace di produrre idee e progetti creativi. Si assume le proprie responsabilità, chiede aiuto quando si trova in difficoltà e sa fornire aiuto a chi lo chiede. È disposto ad analizzare se stesso e a misurarsi con le novità e gli imprevisti.

Spirito di iniziativa. A

B

C

D

A

B

C

D

Si orienta nello spazio e nel tempo e interpreta i sistemi simbolici e culturali della società.

Consapevolezza ed espressione culturale.

A

B

C

D

A

B

C

D

In relazione alle proprie potenzialità e al proprio talento si esprime negli ambiti che gli sono più congeniali: motori, artistici e musicali.

Consapevolezza ed espressione culturale.

A

B

C

D

A

B

C

D

Livelli: A Avanzato; B Intermedio; C Base; D Iniziale

Compito di realtà

101


2

Modulo

Dall’Alto

Medioevo

all’arte gotica


U4

L’arte nell’Alto Medioevo

a Il drappiere

U5

L’arte gotica

(particolare della Vita di san Giacomo Maggiore), fine XII sec., vetrata. Chartres, Cattedrale di Notre-Dame.


U4

L’arte

nell’Alto

Medioevo

Dove Dove

Principali centri con testimonianze di: arte paleocristiana arte bizantina arte islamica arte longobarda e carolingia arte romanica

Catino absidale, 538-545, mosaico. Ravenna, Basilica di San Vitale.

Quando

Vezelay

380

Autun Monza Cluny Cividale del Friuli Aquileia Milano Conques Parma Modena Ravenna Pisa Roma

Trani

Editto di Tessalonica: il cristianesimo è religione ufficiale dell’Impero romano

Caduta dell’Impero romano d’Occidente

493

Gli Ostrogoti di Teodorico invadono l’Italia

Costantinopoli

200 d.C.

Palermo

Cordoba

476

400 d.C

Granada

319 Gerusalemme

104

Inizio della costruzione della Basilica di San Pietro

metà del V sec. Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna


goti ico

L’arte del Medioevo si caratterizza anzitutto come arte cristiana la quale però, fino all’inizio del IV secolo, non poté esprimersi liberamente a causa dell’ostilità che, soprattutto a Roma, circondava la nuova religione. Si assiste invece al suo rapido sviluppo a partire dal 313 con l’Editto di Milano, che riconosce la libertà di culto. In Oriente nasce l’arte bizantina, mentre in Occidente, dopo la caduta dell’Impero la civiltà romana si fonde con le culture dei popoli germanici, dando vita a espressioni artistiche particolari, come quelle dei Longobardi e dei Carolingi, entrambe comunque segnate dagli influssi bizantini. Solo a partire dal X secolo si andrà affermando uno stile nuovo e originale, il Romanico, che rivalutando i modelli classici li rielabora dando nuovo impulso all’architettura, alla scultura e alla pittura.

Colonna dello zodiaco, II metà del XII sec., pietra. Souvigny, Musée de Souvigny.

527-565

568

Giustiniano imperatore d’Oriente

I Longobardi invadono l’Italia

600 d.C. 530-547 Costruzione della Basilica di San Vitale a Ravenna

771-814

Regno di Carlo Magno

800 d.C.

843

Fine dell’Impero carolingio

962

Ottone I imperatore del Sacro Romano Impero Germanico

1054

Scisma d’Oriente

1099

Prima crociata

1155-1190

Regno di Federico Barbarossa

1000 d.C.

532-562

786-804

1063

Completamento della Basilica di Santa Sofia a Costantinopoli

Costruzione della Cappella Palatina di Aquisgrana

Inizio della ricostruzione della Basilica di San Marco a Venezia

1200 d.C. 1172 Inizio della costruzione del Duomo di Monreale

U4 - L’arte nell’Alto Medioevo

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Idee guida

L’arte racconta la fede Le Idee guida ti serviranno a focalizzare i punti principali di un periodo artistico, a conoscere le persone che lo hanno caratterizzato e potranno orientare meglio il tuo studio dell’arte altomedievale. 1

Lo splendore dopo le persecuzioni

Gli edifici di epoca paleocristiana sono inizialmente semplici e spogli, ma a partire dal IV secolo sorgono ovunque chiese e battisteri dalle dimensioni anche imponenti. Alcuni di questi edifici sono decorati con preziosi mosaici, come le basiliche di Costantinopoli e di Ravenna, dove si trovano alcune tra le espressioni più elevate dell’arte bizantina. Lo stile dei mosaici si scosta dalla tradizione romana: la sacralità prevale sul naturalismo e le figure, che ritraggono per lo più soggetti religiosi, appaiono irrigidite nella loro eleganza, appiattite su pareti dorate e sulle quali anche gli elementi della natura appaiono appena stilizzati.

Catino absidale, VI sec. d.C., mosaico. Ravenna, Basilica di Sant’Apollinare in Classe.

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21

Di fronte a Dio

L’architettura delle chiese romaniche è tutta tesa a favorire il raccoglimento e la preghiera. Al loro interno la luce è soffusa, le linee sono sobrie ed essenziali: nulla deve distrarre il fedele dall’intima unione con il divino. Anche i mosaici o gli affreschi che ricoprono le pareti delle grandi cattedrali hanno lo scopo di elevare l’anima dell’uomo verso il mistero di Dio.

Cattedrale di San Nicola (interno), XII sec. Trani.


31

Scolpire la fede

La scultura romanica ha soprattutto la funzione di trasmettere i contenuti della fede e di aiutare i fedeli a meditare e a pregare. I portali, i pulpiti, i capitelli e tutti gli elementi che si fondono con le strutture architettoniche delle chiese e dei monasteri, come pure le statue a tutto tondo, propongono soggetti tratti da episodi narrati nella Bibbia, vite dei santi, temi di carattere morale... In questo sforzo di diventare una «Bibbia scolpita» aperta alla lettura di fedeli per lo più analfabeti, la scultura romanica inizia a distaccarsi dai modelli bizantini, dando ai corpi un maggiore senso del volume e arricchendosi di accenni alla natura e al paesaggio.

41

La pittura, ancora fedele alla tradizione bizantina

Come la scultura, anche la pittura ha una funzione didattica, orientata a istruire i fedeli e a sostenerne la fede. Rimane però ancorata alla tradizione bizantina, ripetendo gli schemi tipici dei mosaici, con figure rigide, quasi stilizzate, poco o per nulla espressive. Prevalgono gli affreschi, ma inizia a farsi largo, soprattutto in Toscana e in Umbria, l’uso di dipingere su tavole di legno. In questo genere di pittura, i crocifissi si distinguono per la loro originalità: pur rimanendo legati ai modelli bizantini, se ne distaccano in parte nel modo di ritrarre la figura del Cristo, che appare isolata e non nel contesto delle tradizionali scene di crocifissione.

Alberto Sotio, Crocifisso, XII sec., tempera su tavola. Spoleto, Cattedrale di Santa Maria Assunta.

Preconoscenze

Portale e lunetta con Gesù in trono che benedice gli apostoli, XII sec. Vezelay, Basilica di Sainte Marie Madeleine.

Gli antichi cristiani hanno dovuto professare la loro fede di nascosto per tre lunghi secoli. In seguito architetti e artisti hanno creato le prime chiese con facciate semplici e poco evidenti ma, all’interno, questi luoghi erano ricchi di immagini e di simboli. I segni della cristianità, a volte, sono comuni ad altre culture: la croce, ad esempio, veniva rappresentata, con altri significati, dai Maya e dagli antichi Egizi. onfrontandoti con i compagni, indica quali, tra i se•C guenti simboli cristiani, conosci: pesce colomba croce ancora agnello nave pavone palma ssi costituivano le cifre di un codice iconografico •E con cui comunicare la propria fede: tu dove li hai veduti? In una chiesa? In una antica catacomba o una cripta sotterranea? Ne ricordi il nome?

U4 - L’arte nell’Alto Medioevo

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Arte e civiltà Architettura

U4

71 L’arte dei primi

cristiani

Le prime espressioni dell’arte cristiana Nei primi tre secoli della sua storia, il cristianesimo venne fortemente osteggiato dalle autorità romane e a più riprese i cristiani subirono violente persecuzioni. A Roma, dove fino a tutto il III secolo d.C. il cristianesimo riuscì a diffondersi in una condizione di clandestinità, i cristiani si riunivano per pregare nelle case private oppure nelle catacombe, gallerie sotterranee scavate nel tufo dove venivano inumati i defunti. In quei luoghi si trovano alcune espressioni artistiche legate alla nuova religione. Complessi catacombali sono presenti anche in altre città, come per esempio Napoli (catacombe di San Gennaro). Gli storici usano definire «paleocristiana» l’arte cristiana del periodo che va dalle origini fino al VI secolo d.C. e che conobbe il massimo splendore tra il IV e il VI secolo.

Galleria con loculi, II-V sec. d.C. Roma, Catacombe

di Priscilla. Le catacombe avevano talvolta una struttura complessa, con diversi corridoi che si intersecavano e potevano prolungarsi anche per chilometri. Le Catacombe di Priscilla, scavate fra il II e il V secolo d.C., sono lunghe complessivamente 13 chilometri. Al loro interno si trovano anche vere e proprie camere funerarie (cubicoli) che contenevano le sepolture di una stessa famiglia. I loculi scavati nelle pareti entro i quali venivano posti i corpi erano chiusi con mattoni o lastre di marmo che spesso venivano decorate con incisioni o iscrizioni che riportavano il nome del defunto.

Le pitture delle catacombe Nelle catacombe sono stati rinvenuti molti affreschi che riproducono scene tratte dall’Antico e dal Nuovo Testamento, ma anche soggetti profani. Gli stili e i colori utilizzati sono quelli diffusi negli edifici di Età imperiale. I dipinti decoravano i cubicoli di famiglie aristocratiche o facoltose, dove i defunti venivano posti in nicchie sormontate da una piccola volta semicircolare. Altri affreschi si trovavano in ambienti simili a piccole cappelle dove i fedeli si incontravano per pregare e per ricordare i martiri (cioè coloro che erano stati perseguitati e uccisi a causa della loro fede). Uccelli con coppa di frutta, I-IV sec.

d.C., affresco. Roma, Catacombe di San Sebastiano. I colori vivaci e il realismo delle figure sono simili a quelli degli affreschi di Pompei o Ercolano. È il caso, per esempio, dei dipinti che decorano alcune pareti delle Catacombe di San Sebastiano (I-IV sec. d.C.). In quello che ritrae due uccelli che prendono della frutta da una coppa, è possibile notare l’abilità nel riprodurre la trasparenza del vetro o la leggerezza delle piume, con i loro diversi colori.

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Leggere l’opera d’arte

I simboli dei primi cristiani I cristiani dei primi secoli fecero ampio uso di simboli nelle raffigurazioni di carattere religioso. Questi infatti erano comprensibili solo ai credenti e a coloro che erano almeno iniziati alla fede, quindi, negli anni in cui la Chiesa era perseguitata permettevano di rappresentare alcuni contenuti fondamentali del cristianesimo senza correre il rischio di venire scoperti.

Alcuni soggetti erano addirittura riconducibili alla mitologia greca e romana e dunque non attribuibili al cristianesimo se non per coloro che erano in grado di interpretarli secondo quella precisa chiave di lettura. L’uso dei simboli rimase comunque sempre radicato nell’arte cristiana, proprio perché esprimono, attraverso immagini visibili, realtà di natura spirituale.

Pesce con cesta di pani,

Colomba, II-V sec. d.C., pittura su lastra tombale. Roma, Catacombe di Priscilla. La colomba evocava diverse immagini simboliche: l’anima che vola verso il cielo dopo la morte; lo Spirito Santo; la salvezza dell’umanità dopo il Diluvio universale.

Il buon pastore, III sec. d.C.,

Ancora con pesci, III sec. d.C., incisione su lapide. Roma, Catacombe di Priscilla. Sulle lapidi, spesso compare un’ancora, simbolo che allude alla salvezza, ma richiama anche da vicino la forma della croce.

III sec. d.C., affresco. Roma, Catacombe di San Callisto. La parola greca che indica il pesce, ichthús, veniva usata come l’acronimo dell’espressione, tradotta, «Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore». In alcune raffigurazioni al pesce è associato anche il pane, con allusione sia all’eucaristia sia al miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci.

affresco. Roma, Catacombe di San Callisto. Il buon pastore è uno dei simboli più conosciuti di Gesù e si rifà direttamente al testo del Vangelo di Giovanni nel quale egli dice di se stesso: «Io sono il buon pastore» (Gv 10, 11). Questa figura era un soggetto caro anche ai Greci, per i quali rappresentava la cura e l’amore verso gli altri.

Monogramma XP, III secolo

d.C. ca., incisione su lapide. Città del Vaticano, Museo Pio Cristiano. Il nome di Cristo era scritto con un monogramma formato dalle due lettere greche X (chi) e P (rho), iniziali di Christós, intrecciate tra loro. In alcuni casi sui lati erano tracciate anche le lettere alfa e omega (prima e ultima lettera dell’alfabeto greco), poiché nel libro dell’Apocalisse Cristo indica se stesso come principio e fine di tutte le cose (Ap 21, 6).

Pavone, II-V sec. d.C., affresco. Roma,

Catacombe di Priscilla. Il pavone è simbolo di immortalità, perché gli antichi pensavano che la sua carne fosse incorruttibile. I cristiani ne fecero il simbolo della risurrezione e della vita eterna.

U4 - L’arte nell’Alto Medioevo

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Arte e civiltà

U4

2 Gli edifici di culto

Presbiterio

Dalla basilica romana alla basilica cristiana Nel 313 d.C., con l’Editto di Milano, l’imperatore Costantino stabilì che tutti gli abitanti dell’Impero romano erano liberi di professare liberamente la propria religione. Da quel momento i cristiani poterono praticare anche pubblicamente la propria fede e iniziarono a costruire i primi edifici, chiese e battisteri, nei quali riunirsi per pregare e celebrare i sacramenti. Le prime chiese vennero innalzate sul modello delle basiliche romane: grandi aule divise in tre o cinque navate adatte ad accogliere un gran numero di persone. Tra le prime basiliche sorte a Roma, la più imponente fu quella fatta costruire dallo stesso Costantino a partire dal 319 nel luogo dove era stato sepolto l’apostolo Pietro, sul colle Vaticano, e a lui dedicata.

Catino absidale

Arco trionfale

Abside

Navata centrale

Transetto Navate laterali Soffitto a capriate

Quadriportico

Ingresso

CuriosArte

«Pietro è qui» Al posto della basilica fatta costruire da Costantino è stata edificata, a partire dal Cinquecento, l’attuale Basilica di San Pietro. Dell’antica chiesa essa ha mantenuto l’orientamento e la posizione dell’altare, perché fin dai primi secoli del cristianesimo si diceva che proprio in quel luogo era stato sepolto l’apostolo Pietro. Ma è davvero così? Nel 1939, durante i lavori di scavo sotto la basilica per realizzare la tomba di papa Pio XI, venne riportata alla luce una vasta necropoli. Alcune sepolture sono disposte a raggiera intorno a una tomba sormontata da un piccolo monumento funebre detto «trofeo», con i resti di un graffito che reca la scritta: «Petr.... eni»: «Pietro è qui». All’interno sono stati rinvenuti frammenti di ossa di un uomo di circa 60 anni, risalenti al I secolo d.C. Il tutto esattamente sotto il grande Altare della Confessione. Questi indizi inducono a credere che Pietro fu veramente sepolto lì.

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Disegno ricostruttivo della Basilica di San Pietro. La Basilica di San Pietro rappresentò un modello per le successive basiliche cristiane. Rispetto alle basiliche romane, che avevano l’ingresso sul lato lungo, quelle cristiane presentavano uno o più portali sul lato corto. A ridosso della facciata era collocato un portico, detto nartece, sotto il quale si fermavano a pregare le persone non ancora battezzate, non ammesse alle funzioni. Nelle basiliche più grandi il nartece delimitava un cortile di forma quadrata, prendendo il nome di quadriportico. Al fondo della basilica era collocato il presbiterio con l’altare dove si celebrava l’eucaristia. Ad esso si accedeva attraverso un arco, detto arco trionfale perché celebrava il trionfo di Cristo sulla morte. Dietro il presbiterio poteva svilupparsi l’abside (come nelle basiliche romane), chiusa in alto da un catino, una calotta dalla forma di un quarto di sfera, decorata in genere con dipinti o mosaici.


Le diverse forme degli edifici cristiani L’impianto basilicale non fu l’unico usato per costruire edifici di culto. Si svilupparono anche altre strutture su pianta a forma di croce (latina, greca, commissa), oppure a pianta circolare, esagonale o ottagonale. Queste ultime erano usate soprattutto per i battisteri, che avevano al centro il fonte battesimale, dove le persone venivano immerse nell’acqua per ricevere il battesimo.

pianta a croce greca

pianta a croce latina

pianta a croce commissa

pianta ottagonale

La scultura La scultura paleocristiana si riferisce quasi esclusivamente a sarcofagi o bassorilievi di soggetto religioso. Più rare sono le statue a tutto tondo: la loro diffusione era limitata perché si temevano manifestazioni idolatriche tipiche del mondo pagano, dove le statue erano venerate come divinità. L’uso dei sarcofagi era invece abbastanza diffuso tra i cristiani dei primi secoli, ma era riservato alle persone più ricche. Inizialmente erano posti nelle catacombe, mentre più tardi trovarono collocazione anche nelle chiese. I sarcofagi, secondo la tradizione alessandrina e romana, erano decorati con rilievi che illustravano episodi della Bibbia ed erano ricchi di elementi simbolici, caratteristici dell’iconografia cristiana. Sarcofago di Giunio Basso (lato frontale),

359 d.C., marmo, 243 × 141 cm. Città del Vaticano, Museo del Tesoro di San Pietro. Uno degli esempi meglio riusciti di sarcofago paleocristiano è quello di Giunio Basso, un ex console romano convertitosi al cristianesimo. Le scene dell’Antico e del Nuovo Testamento, disposte su due registri, sono separate l’una dall’altra per mezzo di colonnine che si richiamano direttamente ai modelli classici. Lo stesso gusto classico rivelano le figure che si rifanno direttamente alla tradizione classicistica di Età imperiale.

U4 - L’arte nell’Alto Medioevo

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Arte e civiltà

U4

3 Lo splendore

dell’arte bizantina

La nuova capitale dell’Impero Quando nel 324 Costantino decise di trasferire la capitale da Roma a Bisanzio – l’antica città greca situata sul Bosforo che da lui prese il nome di Costantinopoli – inaugurò un’imponente opera di ricostruzione della città. Diede così impulso allo sviluppo di una nuova espressione artistica, detta «bizantina», frutto dell’incontro fra diverse tradizioni. La costruzione dei nuovi edifici civili e religiosi era da poco iniziata quando Costantino morì, nel 337, e proseguì per due secoli ad opera dei suoi successori.

L’oro e la luce di Santa Sofia Il monumento più grandioso giunto pressoché intatto fino a noi dai tempi degli imperatori bizantini è la Basilica di Santa Sofia. Fatta edificare come chiesa da Giustiniano, è diventata moschea dopo la conquista dei Turchi nel 1453 ed è stata infine trasformata in museo dopo il 1935. La costruzione di Santa Sofia si prolungò per trent’anni, dal 532 al 562, e Giustiniano, non badò a spese. Si narra che lo stesso imperatore, quando vi entrò dopo la fine dei lavori, sia rimasto stupefatto per l’altezza dell’edificio (56 metri), lo splendore dei mosaici d’oro e la ricchezza dei marmi che la ricoprivano, andati in parte perduti nel corso dei secoli.

Basilica di Santa Sofia (esterno),

532-562 d.C. Istanbul. I quattro minareti sono stati aggiunti dopo la trasformazione della chiesa in moschea.

112 112

Basilica di Santa Sofia (interno), 532-562 d.C.

Istanbul. L’impianto di Santa Sofia si rifà alla basilica romana, ma la distribuzione dello spazio è tutto in funzione della grande cupola centrale, tanto da dare l’impressione di trovarsi in un edificio a pianta circolare. Oltre a questa particolarità, colpiscono gli effetti di luce che si creano grazie alle numerose finestre. I fasci di luce si vanno a riflettere sulle pareti dorate, creando un senso di leggerezza che pervade tutta la struttura. Di straordinario effetto è la corona di finestre sulle quali si erge la cupola, che la fanno quasi sembrare sospesa nel vuoto.


I due stili dei mosaici bizantini Una delle caratteristiche più evidenti dell’arte bizantina è l’uso del mosaico, già ampiamente diffuso a Roma. I mosaici realizzati a Costantinopoli tra il IV e il VI secolo mostrano due diversi stili: • le immagini ufficiali e di carattere religioso hanno figure quasi prive di volume e di profondità, schiacciate su un fondo composto con tessere in vetro ricoperte d’oro che esprimono nella loro brillantezza la luce della divinità. I personaggi hanno atteggiamento ieratico, cioè solenne e composto; • le decorazioni di abitazioni private, palazzi e altri edifici pubblici, come le terme, sono improntate a uno spiccato naturalismo; l’uso dell’oro è limitato, le figure riacquistano volume ed è posta moltissima cura nella resa dei dettagli.

Competenti in arte La tradizione del mosaico, di derivazione alessandrina, da Roma si andò via via diffondendo in tutti i territori dell’Impero, tanto che i mosaicisti che lavorarono, per esempio, alla Villa del Casale a Piazza Armerina erano di origine nordafricana. I Bizantini portarono questa tecnica a livelli ancora più elevati. Osserva i tre mosaici riportati qui di seguito e confrontali attentamente con gli altri due in pagina. Non ti sarà difficile riconoscere quello che si trova nella Basilica di Santa Sofia, ma quale degli altri due è collocato nel palazzo imperiale dell’antica Bisanzio e quale nella Villa del Casale? Q uali sono gli elementi che distinguono i tre mosaici e che cosa invece li accomuna?

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Madonna con il Bambino fra gli imperatori Costantino e Giustiniano, V sec. d.C., mosaico. Istanbul, Basilica di Santa Sofia. Costantino, a destra, offre la nuova città, Costantinopoli; Giustiniano, a sinistra, presenta un modello della chiesa di Santa Sofia.

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Bambini su un dromedario, (particolare di decorazione del portico), V sec. d.C., mosaico. Istanbul, Palazzo imperiale. Qui è possibile osservare la resa naturalistica delle figure e il loro volume.

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Arte e civiltà

U4

4 Ravenna: l’Oriente in Italia

Tra Oriente e Occidente Ravenna divenne nel 402 d.C. la capitale dell’Impero romano d’Occidente. Ebbe però sempre stretti rapporti con l’Oriente, soprattutto negli anni in cui vi pose la propria residenza Galla Placidia (391-450 ca.), figlia dell’imperatore d’Oriente Teodosio I e madre dell’imperatore d’Occidente Valentiniano III. A partire dagli anni intorno al 430, Ravenna iniziò ad arricchirsi di splendidi edifici in stile bizantino. Tra questi, il Mausoleo di Galla Placidia, il cui interno è interamente ricoperto di mosaici nei quali è possibile vedere la fusione fra la tradizione classica romana e quella bizantina.

Mausoleo di Galla Placidia, Buon Pastore, V sec. d.C., mosaico. Ravenna. Nel mosaico che raffigura il Buon Pastore, la solennità e la compostezza della figura del pastore/Cristo vestito d’oro (simbolo della divinità) si uniscono al volume che la figura acquista grazie alla sua posizione non irrigidita e al drappeggio sciolto e morbido del mantello. Ancora più in linea con la tradizione classica è il realismo con cui vengono raffigurati le pecore e il paesaggio circostante, che sostituisce il fondo oro tipico dei mosaici bizantini a soggetto religioso.

Ieri & Oggi

Il trencadís di Gaudí I mosaici non hanno mai smesso di essere utilizzati nel corso dei secoli, anche se in maniera decisamente ridotta a partire dal XV secolo, quando nelle arti figurative prevalse la pittura a fresco o su tela. Hanno conosciuto però una forte ripresa tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento grazie alla corrente artistica dell’Art Nouveau. Tra gli esponenti più originali di questa corrente fu l’architetto spagnolo Antoni Gaudí (1852-1926), che operò soprattutto a Barcellona. Nelle sue

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realizzazioni, che vanno dalle case private alle fontane e agli arredi dei parchi pubblici fino alla grandiosa basilica della Sagrada Familia, egli fece ampio uso del mosaico, reinterpretato nella tecnica del trencadís, che consiste nella composizione di frammenti irregolari di ceramica colorata fissati con un intonaco bianco. È una particolare forma di mosaico che si fonde completamente con gli elementi architettonici, assecondandone le forme. Questa fusione è visibile in quasi


L’epoca d’oro di Ravenna Dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente, nel 476, Ravenna divenne la capitale del Regno dei Goti con Teodorico e in seguito – con la riconquista della penisola da parte dell’imperatore Giustiniano – sede dell’esarca, il funzionario imperiale incaricato di governare i territori della penisola rimasti sotto il controllo bizantino. Tra il V e il VI secolo vennero costruiti a Ravenna edifici di straordinaria bellezza, come le Basiliche di San’Apollinare Nuovo, Sant’Apollinare in Classe e San Vitale, i Battisteri degli Ariani e degli Ortodossi, tutti decorati con mosaici in stile bizantino. Qui le figure tornano a essere prive di rilievo e come stilizzate, quasi sempre collocate su un fondo d’oro piatto e uniforme. La Basilica di San Vitale è l’edificio che più di tutti, a Ravenna, si ispira allo stile bizantino, anche per la sua struttura a pianta circolare (particolarmente diffusa in Oriente) e per la presenza dei pulvini, realizzati sicuramente da maestranze orientali. Costruita fra il 530 e il 547, al suo interno è completamente rivestita di mosaici e marmi pregiati. Corteo dei martiri

(particolare), V-VI sec. d.C., mosaico. Ravenna, Basilica di Sant’Apollinare Nuovo. Nei mosaici di Sant’Apollinare Nuovo i mosaici che corrono lungo i due lati della navata principale, con i cortei delle vergini e dei martiri, presentano figure appiattite su un fondo oro privo di profondità, con volti inespressivi e tutte simili fra loro nella posizione ieratica e solenne.

Una caratteristica dell’architettura bizantina, che è possibile notare nella Basilica di San Vitale, è il pulvino, un elemento a forma di piramide tronca rovesciata posta sopra il capitello, decorato a traforo, che sostiene l’arco.

tutte le creazioni di Gaudí e risulta particolarmente originale nei comignoli della Casa Batlló (1905-1907) e in molte parti della Sagrada Familia (iniziata nel 1882 e non ancora conclusa), dove il mosaico trencadís è utilizzato per ricoprire ampie superfici anche all’esterno della chiesa, come pinnacoli e portali, dove sono spesso riprodotti in forma moderna anche simboli antichi del cristianesimo. Tutte le architetture di Gaudí colpiscono per l’originalità delle forme e la vivacità dei colori impiegati nelle decorazioni.

Antoni Gaudí, Comignoli di Casa Batlló, 1905-1907, trencadís. Barcellona.


Leggere l’opera d’arte

I cortei di Giustiniano e Teodora Fra i mosaici della Basilica di San Vitale spiccano i due cortei dell’imperatore Giustiniano e di sua moglie Teodora, collocati nelle due pareti laterali dell’abside. Si tratta di cortei liturgici, che ritraggono il sovrano nell’atto di portare all’altare il pane e il vino per la celebrazione dell’eucaristia. La presenza di que-

Giustiniano è scortato da un gruppo di soldati e da due dignitari di corte. In primo piano è posto uno scudo con il monogramma di Cristo .

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sti due cortei e il modo con cui sono rappresentati i sovrani sottolineano il forte legame che in Oriente univa la Chiesa al potere politico. Le figure sono stilizzate e i volti si somigliano, a eccezione di Giustiniano, Teodora e il vescovo Massimiano, per i quali il mosaicista ha eseguito un vero e proprio ritratto.

L’imperatore Giustiniano è ritratto al centro della scena. La sua testa è circondata da un’aureola, a significare la sacralità della sua persona in quanto sovrano investito del suo potere da Dio stesso. Anche la corona e il manto di porpora stanno a indicare la sua dignità regale. Porta in mano una cesta con il pane per l’eucaristia.

Le figure sono collocate su un fondo d’oro privo di qualsiasi elemento che dia profondità alla scena.


Tra le persone che compongono il seguito di Giustiniano è indicato esplicitamente il vescovo Massimiano, che svolgeva il suo ministero a Ravenna negli anni in cui regnava l’imperatore.

Il corteo di Teodora è più vivace e colorato. Le figure sono ancora schiacciate e prive di rilievo, ma sono collocate all’interno di una struttura architettonica che contestualizza la scena e contribuisce a dare un minimo senso del volume.

Corteo di Teodora, 546-548 d.C., mosaico, 540 × 547 cm. Ravenna, Basilica di San Vitale.

Come Giustiniano, anche Teodora porta i simboli della regalità: il manto color porpora e la corona. Pure il suo capo è circondato dall’aureola. Porta in mano una coppa con il vino da offrire per la consacrazione. La sua figura è posta al centro di una struttura architettonica: una cupola o il catino di un’abside.

Sull’orlo del mantello di Teodora è ricamata in oro la scena dei Re Magi che portano i loro doni a Gesù, come l’imperatrice porta le offerte per la celebrazione eucaristica.

Le dame che accompagnano Teodora sono vestite in modo colorato e raffinato e si muovono in uno spazio sovrastato da un prezioso tendaggio.

Corteo di Giustiniano, 546-548 d.C., mosaico, 540 × 547 cm. Ravenna, Basilica di San Vitale.

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Arte e civiltà

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5 L’arte islamica

Una nuova religione e una nuova civiltà Uno stile composito e originale Nel VII secolo una nuova religione, l’islam, venne fondata da Muhammad (italianizzato in Maometto) nella regione della Penisola arabica. Da lì essa si estese, nell’arco di due secoli, a tutto il Medio Oriente, nelle regioni settentrionali dell’Africa, nella Penisola iberica e in Sicilia, dando vita a un vasto impero e a una nuova grande civiltà.

La civiltà islamica si caratterizza come civiltà urbana e nelle città si trovano i monumenti più significativi della sua arte. Le espressioni artistiche fiorite all’interno dell’islam sono caratterizzate dalla reinterpretazione originale di diversi stili che influì in maniera significativa anche sull’arte occidentale. In Europa ne rimangono tracce, oltre che nei territori direttamente sottomessi alla dominazione islamica, come la Spagna e la Sicilia, in edifici di città come Venezia e Pisa, che intrattenevano con gli Arabi rapporti di natura commerciale, esponendosi così anche a contaminazioni di tipo culturale. Nella Spagna dominata dagli Arabi fin dall’inizio dell’VIII secolo furono costruiti splendidi edifici che assimilano elementi dell’arte romana, orientale e bizantina, in una fusione del tutto particolare.

Grande Moschea, 784. Cordoba. La moschea di Cordoba si presenta al suo interno come una selva di 856 colonne in stile egiziano (in origine erano 1293) divise in 9 navate. Gli archi a tutto sesto vanno però restringendosi verso il basso, acquistando la forma tipica degli archi persiani. L’interno della cupola (a destra) davanti al mihrab (la nicchia che indica la direzione di La Mecca, verso la quale i musulmani si rivolgono durante la preghiera) è stata progettata e decorata da architetti e artigiani bizantini.

Vietato raffigurare uomini e animali Il libro sacro dell’Islam, il Corano, vieta espressamente di riprodurre immagini di uomini e di animali, per evitare forme di idolatria. Di conseguenza, gli edifici musulmani sono stati sempre decorati con motivi geometrici o floreali che hanno preso il nome di «arabesco». Queste decorazioni erano realizzate spesso in ceramica colorata, un materiale molto usato nell’architettura islamica.

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Palazzi da Mille e una notte L’architettura islamica non si è espressa solo nelle moschee. Ovunque sultani e califfi vivevano in splendidi palazzi che presentavano lo stesso tipo di decorazioni arabesche delle moschee. Uno tra gli esempi meglio conservati è ancora in Spagna, nella cittadella dell’Alhambra, a Granada (Andalusia), costruita a partire dall’XI secolo, ma i cui edifici più importanti risalgono al XIV secolo. L’Alhambra era la sede dell’emiro ed è facile immaginare lo sfarzo in cui egli viveva insieme alla sua corte. In edifici come questo sono ambientati i racconti delle Mille e una notte, uno dei capolavori della letteratura islamica medievale. Cortile dei leoni, XIV sec. Granada, Palazzo dell’Alhambra. Il Cortile dei leoni, uno dei luoghi più famosi e significativi del palazzo, presenta un impianto architettonico che ricorda i cortili interni della domus romana o il chiostro di un monastero. Su di esso si affacciano le stanze private dell’emiro e delle sue concubine. Gli archi sono sorretti da ben 124 colonne. La fontana al centro risale all’XI secolo e fu donata da un visir ebreo. I 12 leoni che la sorreggono simboleggiano le 12 tribù del popolo d’Israele.

Cupola della moschea di Masjid-i-Shah, 771. Isfahan (Iran). La cupola ha una tipica forma a bulbo. Alla base, a coronamento del tamburo, nella fascia di colore blu si distinguono decorazioni grafiche con frasi del Corano.

CuriosArte

Salvato dai re cattolici Quando nel 1492 si concluse la Reconquista della Spagna da parte dei re cattolici, Granada fu l’ultima città musulmana a essere espugnata. L’Alhambra fu trasformata in palazzo reale dei re cattolici Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia e in questo modo non solo si salvò dalla distruzione, ma venne conservato pressoché intatto anche nei secoli successivi. Altri palazzi e moschee edificati dai musulmani furono invece distrutti nelle guerre che portarono alla cacciata degli Arabi dalla Penisola iberica dopo secoli di dominazione, durante la quale l’attuale Spagna aveva conosciuto un’eccezionale fioritura economica e culturale.

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Arte e civiltà

U4

6 Tra Longobardi e Carolingi

I Longobardi e l’influsso bizantino Fra il VII e il IX secolo il dominio bizantino in Italia si andò via via indebolendo e vaste porzioni della penisola furono occupate prima dai Longobardi e poi dai Franchi guidati da Carlo Magno. I Longobardi erano una popolazione nomade di stirpe germanica che si insediò in Italia a partire dalla seconda metà del VI secolo. Le testimonianze dell’architettura e della scultura longobarde sono legate per lo più a opere di carattere religioso e risentono dell’influsso bizantino. Le architetture e le sculture meglio conservate si trovano in Friuli, a Cividale, una delle città longobarde più importanti.

Figure prive di volume

Anche la scultura longobarda risente fortemente degli schemi tipici dell’arte bizantina. Le figure presentano caratteristiche analoghe a quelle dei mosaici: sono statiche, prive di profondità, non sono inserite in un contesto realistico.

Tempietto longobardo (particolare dell’interno), 760 d.C. ca. Cividale del Friuli, Oratorio di Santa Maria in Valle. L’edificio a pianta rettangolare presenta una ricca decorazione in stucco con evidenti influssi bizantini. I modelli tipicamente orientali si notano nell’arco sopra il portale della controfacciata scolpito con grappoli d’uva, foglie e tralci di vite e nelle sei statue di sante che lo sovrastano. Questo forte influsso orientale si spiega con il fatto che Cividale era parte del dominio bizantino prima dell’arrivo dei Longobardi ed è molto probabile che questi ultimi ne abbiano assimilato la cultura.

Competenti in arte

Adorazione dei Magi (pannello laterale dell’Altare del duca Ratchis), 734-744, pietra d’Istria, h 90 cm. Cividale del Friuli, Museo Cristiano. In questo pannello dell’Altare del duca Ratchis, che ritrae l’Adorazione dei Magi, le figure sono prive di volume e le posizioni che assumono sembrano quasi innaturali. L’anatomia dei corpi scompare sotto gli abiti che paiono rigidi pur nell’abbondanza delle pieghe; i visi sono inespressivi, persino duri. I pochi elementi naturali (l’albero sulla sinistra, le piante alla base) sono appena abbozzati. Estremamente raffinato è invece il motivo ornamentale che fa da cornice al rilievo.

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Osservando questo gruppo di tre sante in stucco, collocate nella controfacciata dell’Oratorio di Santa Maria in Valle, si può avere l’impressione di fare un salto indietro di secoli nella Storia dell’arte. Le figure sono ritratte frontalmente e anche quella più a destra, che sembra accennare una posizione di profilo, pare quasi bloccata: solo le mani e lievemente le spalle suggeriscono un movimento verso il lato. I panneggi delle vesti nascondono completamente le figure, gli occhi sono sproporzionati. Q uali elementi puoi ritenere simili a espressioni artistiche del passato? T rovi somiglianze, per esempio, con sculture della tradizione greca o di altre epoche?

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I tesori dei Longobardi

Architetti e orafi dell’Età carolingia

Tra le espressioni più importanti dell’arte longobarda vi sono i manufatti in oro e pietre preziose, veri e propri capolavori di oreficeria. Croci, custodie per gli evangeliari (libri con i testi delle Sacre Scritture usati nelle liturgie), reliquiari (contenitori usati per conservare le reliquie dei santi), corone e gioielli di vario genere. Molti di questi oggetti sono conservati oggi a Monza, nel Museo del Duomo, e alcuni di essi sono riconducibili all’epoca della regina Teodolinda (VIVII secolo), che diede inizio all’edificazione della chiesa. Tutti colpiscono per l’estrema raffinatezza nella lavorazione, per la preziosità delle gemme e dei cammei che vi sono incastonati e per la lucentezza e i colori degli smalti.

L’influenza dell’arte bizantina era sentita anche alla corte di Carlo, il re dei Franchi destinato a diventare nell’anno 800 imperatore del Sacro Romano Impero. Uno degli esempi più importanti dell’architettura carolingia è la Cappella Palatina, un edificio a pianta ottagonale sormontato da una cupola ricoperta da un mosaico realizzato nel 796 seguendo i canoni dello stile bizantino. Sempre durante il regno di Carlo e dei suoi successori si sviluppano nelle diverse regioni dell’Impero importanti scuole di oreficeria alle quali è dovuta la realizzazione di alcuni capolavori di incredibile bellezza.

Evangeliario di Teodolinda,

603 ca., oro, smalto, cammei, pietre preziose, 34,1 × 26,5 cm. Monza, Museo del Duomo.

Cappella Palatina

(cupola), 786-804 d.C., h 31 m × diametro 16 m. Aquisgrana.

CuriosArte

La Corona ferrea e il chiodo della Croce Uno degli oggetti più famosi e significativi custoditi nel Duomo di Monza è la cosiddetta Corona ferrea, usata per incoronare i re Longobardi e in seguito molti sovrani che hanno assunto il titolo di re d’Italia. Gli ultimi ad averla cinta sono stati Napoleone I, nel 1805, e Ferdinando I d’Austria, nel 1838, mentre non fu mai utilizzata dai Savoia. La corona presenta caratteristiche riconducibili all’oreficeria longobarda e per lungo tempo si è ritenuto che la sua realizzazione fosse stata voluta dalla regina Teodolinda. La sua origine in realtà rimane incerta: alcuni la fanno risalire a Costantino, che vi avrebbe fatto montare un chiodo di ferro (da cui il nome della corona) ritenuto essere stato usato per la crocifissione di Gesù.

Corona ferrea, V-XI sec. d.C., argento e oro, gemme, smalto cloisonné, 15 × 5,5 cm. Monza, Museo del Duomo.

In realtà, un’analisi compiuta nel 1993 ha rivelato che la lamina che tiene insieme le sei placche d’oro impreziosite da smalti, perle e pietre preziose non è di ferro, bensì d’argento. Inoltre, pare sia stata applicata verso la metà del XIV secolo, per rinforzare la corona dopo il furto di due placche, mai più ritrovate. Il fatto che manchino due delle otto placche originarie spiegherebbe anche le dimensioni ridotte della corona: il diametro misura appena 15 cm e ha costretto alcuni sovrani a ricorrere a degli stratagemmi per mantenerla ferma sul capo. Carlo V, che la cinse nel 1530, la fece collocare su un copricapo a forma di cono, mentre l’ultimo a usarla, Ferdinando d’Asburgo, la fece montare all’interno di una corona più grande.

U4 - L’arte nell’Alto Medioevo

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Leggere l’opera d’arte

L’altare d’oro di Sant’Ambrogio L’opera più importante di oreficeria carolingia eseguita in Italia è l’altare d’oro conservato nella Basilica di Sant’Ambrogio, a Milano. Per un certo tempo, si è pensato che l’altare dovesse essere una sorta di grande reliquiario destinato ad accogliere le spoglie del santo vescovo Ambrogio, patrono della città. In realtà, il corpo del santo è conservato nella cripta sottostante ed è visibile attraverso uno sportello che si apre nel retro dell’altare. L’altare fu realizzato da un orafo che ci tenne a firmare la propria opera, contrariamente a quanto accadeva a quei tempi, quando il nome degli artisti non veniva quasi mai menzionato. L’artefice di questo capolavoro si chiamava Vuolvinio. La fascia a sinistra di chi guarda illustra le scene dell’infanzia e alcuni miracoli di Gesù.

L’altare ha una struttura in legno, interamente rivestita di lamine in oro e argento lavorate a sbalzo. Sulle lamine sono stati poi applicati smalti e incastonate pietre preziose di vario tipo. La parte anteriore, dove sono raffigurate scene della vita di Cristo, è interamente in oro, mentre i lati e la parte posteriore, che riporta episodi della vita di sant’Ambrogio, sono in argento e argento dorato. Qui esamineremo nel dettaglio il lato d’oro che, per quanto più prezioso, pare sia stato eseguito in larga parte da discepoli di Vuolvinio, al quale si deve invece integralmente la parte in argento.

Le due fasce laterali sono divise in sei formelle, ciascuna delle quali rappresenta un episodio della vita di Gesù. Su entrambe le fasce i riquadri vanno letti da destra verso sinistra e dal basso verso l’alto.

La parte centrale dell’altare è occupata da una grande croce nella quale è raffigurato Cristo in trono. I quattro bracci riportano i simboli degli evangelisti, mentre i riquadri che la circondano sono occupati dalle figure degli apostoli, divisi in gruppi di tre.

La fascia a destra di chi guarda riporta le scene della predicazione e della morte e risurrezione di Gesù.

Vuolvinio, Altare di Sant’Ambrogio, 824-859, legno, lamine in oro e argento, smalti, gemme, 220 × 122 × 85 cm. Milano, Basilica di Sant’Ambrogio.

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Approfondisci sul vol. Pag. 102

Anche tu artista

A

Modella a sbalzo come Vuolvinio Le formelle che compongono l’altare d’oro di Vuolvinio sono state realizzate con la tecnica dello sbalzo, procedimento molto usato fin dall’antichità, come hai potuto apprendere osservando ad esempio la maschera funebre di età micenea (p. 47). La tecnica consiste nel modellare una lamina di metallo abbastanza sottile esercitando incisioni o pressioni sul retro. In questo modo si lavora una figura «in negativo» che, una volta terminata, viene rifinita nei dettagli sul verso diritto. Lo sbalzo necessita quindi strumenti di precisione, come ceselli e punzoni, e richiede una grande abilità, soprattutto per ottenere figure molto precise nei particolari. A lavoro concluso, si può riempire il rovescio con cera, gesso o altri materiali che, indurendosi, impediscono deformazioni della lamina.

Ora prova anche tu a eseguire una formella con la tecnica dello sbalzo.

1 Procurati i seguenti materiali: una lamina di rame, un foglio di cartoncino, una candela, una matita, spatole per lavorare la pasta modellabile, uno stuzzicadenti, uno strato di gommapiuma o altro materiale morbido.

2 Con la matita disegna sul foglio di rame la figura che vuoi sbalzare, delineando bene i contorni.

4 Una volta sbalzata tutta la figura, gira la lamina e vedrai la forma in rilievo. Puoi ora curare i dettagli, usando spatole più sottili, uno stuzzicadenti o altro oggetto appuntito. Bada a non esercitare una pressione troppo forte, altrimenti il rilievo rientra!

5 A lavoro ultimato, gira di nuovo la lamina sul retro e fai colare dalla candela uno strato di cera all’interno delle parti concave, per evitare che si deformino. Quando la cera si sarà ben solidificata, incolla la lamina sul cartoncino.

3 Adagia il foglio di rame sulla gommapiuma o su un altro supporto morbido, quindi, con una piccola spatola, esercita delicatamente una pressione nella parte del disegno che deve essere posta in rilievo.

6 A questo punto, la formella sarà

pronta per essere appesa oppure, unita ad altre, per formare una composizione più grande, come nel caso dell’altare di Vuolvinio.

U4 U3 - L’arte - Arte nell’Alto etruscaMedioevo e romana

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Architettura

U4

7 Un nuovo stile: il Romanico

Il Romanico: lo stile della rinascita

L’epoca delle cattedrali

A partire dai primi decenni dell’XI secolo l’Europa conobbe un periodo di grande fioritura economica, artistica e culturale. Circa l’arte e la cultura, come abbiamo avuto modo di vedere, a partire dall’epoca bizantina fino a quella carolingia non sono mai mancate espressioni artistiche di altissimo valore e di straordinaria bellezza. Tuttavia, la maggiore disponibilità di risorse economiche permise di investire denaro ed energie in nuove costruzioni sia religiose sia civili e questo stimolò lo sviluppo, a partire dall’inizio dell’XI secolo fino a tutto il XII, di uno stile nuovo: il Romanico. Il termine, usato per la prima volta all’inizio del XIX secolo, mette in luce la somiglianza con l’arte romana e la ripresa dei modelli classici caratteristici di questa corrente artistica.

Lo stile romanico ha trovato la sua massima espressione nell’architettura di carattere religioso. All’interno dei centri urbani, che dopo l’anno Mille ebbero un grande sviluppo, vennero costruite le prime grandi cattedrali, veri e propri centri religiosi e civili della città. Il cantiere allestito per l’edificazione della chiesa cattedrale – talvolta parte di un intero complesso che comprendeva anche la torre campanaria e il battistero – era chiamato «fabbrica» e in esso si trovavano per lavorare insieme architetti, scultori, incisori, orafi, pittori... Per questo motivo la costruzione di una cattedrale coinvolgeva tutta la comunità cittadina e diventava occasione di crescita artistica e culturale per l’intera città. Nelle campagne sorsero invece abbazie e pievi non meno preziose e che, anzi, in molti casi costituiscono testimonianze altissime dello stile romanico.

Cattedrale di Santa Maria Assunta, 1074-1178. Parma. La facciata è costruita secondo la struttura detta «a capanna».

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Duomo di San Ciriaco, 996-1017. Ancona. L’architettura presenta un esempio tipico di facciata detta «a salienti».


La chiesa romanica Le chiese romaniche presentano alcune caratteristiche comuni: • mura perimetrali robuste e spesse; • impiego dell’arco a tutto sesto; • facciata a capanna, oppure a salienti, o turrita; • finestre di piccole dimensioni, che favorivano un ambiente adatto al raccoglimento e alla preghiera; • uso di pilastri per sostenere ampie volte a crociera;

Il rosone è una grande finestra di forma circolare con cornici e piccole colonne disposte a raggiera.

d ecorazioni pittoriche e scultoree che avevano principalmente una funzione didattica. Vi erano poi elementi che variavano a seconda dei luoghi, come ad esempio i materiali impiegati per la costruzione (che andavano dal mattone ai vari tipi di pietra o di marmo), oppure l’accentuazione di alcuni caratteri tipici di certe regioni, perché il Romanico si sviluppò in tutta Europa con varianti talvolta significative.

Il tiburio è una struttura poligonale coperta da un tetto a spioventi. Al suo interno può presentare una copertura a forma di cupola.

Il matroneo è una galleria posta sopra le navate laterali, dalla quale le donne assistevano alle celebrazioni.

Il coro è lo spazio del presbiterio destinato ai religiosi che vi si riunivano per la preghiera liturgica.

Le lesene sono pilastri che hanno funzione decorativa e servono a dividere gli spazi.

Le finestre possono essere monofore (una sola apertura), bifore (divise a metà da una colonnina), trifore (divise in tre parti) o a forma circolare (oculo).

I contrafforti sono pilastri addossati alle pareti esterne per rinforzare i muri e sorreggere le volte.

Il presbiterio può essere rialzato: sotto di esso si trova in genere la cripta, un ambiente che conservava spesso tombe e reliquie di santi.

Spaccato di una chiesa romanica.

Il protiro è un’edicola sorretta da due colonne che talvolta poggiano su statue di leoni detti stilofori, cioè «portatori di colonne»; è antistante il portale.

La facciata può essere alleggerita da logge cieche (murate) oppure percorribili all’interno.

Le navate sono separate da pilastri che sostengono le campate. Le campate sono coperte da una volta a crociera, risultato dell’incrocio di due volte a botte, sostenuta da quattro pilastri.

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Cittadinanza

Aquileia: arte e storia millenarie

Basilica di Santa Maria dell’Assunta, XI-XIII sec. Aquileia. L’attuale Basilica Patriarcale di Aquileia, risalente all’anno Mille, fu ricostruita ben quattro volte, sovrapponendo ogni nuovo edificio al precedente. L’imponente struttura e gli scavi archeologici, dal 1998 entrati a far parte del Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO, rappresentano un prezioso connubio di arte e storia. La chiesa che vediamo oggi è tipicamente romanica, con alcuni particolari eseguiti nelle epoche successive. Il primo edificio di culto venne fatto costruire dal vescovo Teodoro, in seguito all’Editto di Costantino che nel 313 d.C. concedeva libertà di culto a tutti coloro che vivevano nell’Impero, quindi anche ai cristiani. Gli ambienti sono decorati con mosaici e affreschi. Il prezioso mosaico pavimentale policromo, risalente al IV secolo, fu scoperto solo nel Novecento, quando venne rimossa la pavimentazione successiva. La pregevole decorazione ricopre una superficie di circa 750 m2.

Uccello su ramoscello fiorito

(particolare), IV sec. d.C., mosaico pavimentale. Aquileia, Basilica di Santa Maria Assunta. L’immagine è simbolo della vita paradisiaca che attende chi si affida alla parola di Dio.

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Scorcio della navata di destra della basilica con mosaici pavimentali.


Valorizzare il patrimonio La Fondazione Aquileia è un organismo che opera in accordo con Stato e Regione, occupandosi di favorire lo sviluppo del turismo culturale, oltre che della gestione delle attività di conservazione e restauro dei beni del sito friulano. Tra le iniziative, va segnalato il «Piano di rilancio per il biglietto unico di Aquileia», un progetto che dal 2013 favorisce il soggiorno dei turisti nella città, per esempio offrendo la possibilità di un biglietto scontato che permette la visita a tutti i musei e al sito archeologico. Un’altra operazione, realizzata nel 2011 dalle Amministra-

Vivi l’arte

CuriosArte

Come a Gerusalemme! Nella navata laterale sinistra della basilica si trova una curiosa struttura circolare che riprende elementi della Basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme. La costruzione, che risale all’XI secolo, si chiama appunto Santo Sepolcro. Al suo interno si trova una tomba sulla cui lastra di copertura è presente un foro. Pare che anticamente, il Venerdì Santo, attraverso quel foro venissero riposti nel sarcofago l’ostia santa e una croce, simboleggiando con quel rito la deposizione di Cristo nel sepolcro.

Santo Sepolcro, XI sec. Aquileia, Basilica di Santa Maria Assunta.

zioni locali, in collaborazione con la Fondazione, è finalizzata al rilancio e alla riqualificazione di un’area archeologica conosciuta come «Sudhalle» (la zona meridionale). Si è provveduto a riportare alla luce i circa trecento metri quadri di mosaici pavimentali, risalenti al V secolo e fino a quel momento non fruibili ai visitatori. I resti musivi sono stati inseriti in una struttura a forma di parallelepipedo, costruito con tutti i materiali della tradizione. Il visitatore si può concentrare sull’opera, annullando la percezione geometrica dello spazio. L’innovazione ha avuto molteplici riconoscimenti fino all’ultimo della Triennale di Milano-Architettura nel 2015.

Un viaggio ad Aquileia è l’occasione per vivere da vicino sia l’arte romana, che hai studiato nell’Unità precedente, sia quelle paleocristiana e romanica. I siti web indicati illustrano tutte queste opportunità e forniscono informazioni pratiche per una visita alla cittadina e al suo straordinario patrimonio artistico. www.aquileia.net www.turismofvg.it/Siti-Archeologici/Area-archeologicadi-Aquileia www.fondazioneaquileia.it www.museoarcheologicoaquileia.beniculturali.it www.museoarcheologicoaquileia.beniculturali.it/index. php?it/136/museo-nazionale-paleocristiano

Competenze individuali Prendendo esempio dal «Piano di rilancio per il biglietto unico di Aquileia» prova a immaginare come promuovere il turismo nel tuo territorio. Quali luoghi d’arte e del paesaggio meritano di essere visitati secondo te? Crea su un cartoncino uno speciale «Biglietto unico» relativo alla tua città o alla tua provincia, indicando a quali musei, monumenti e parchi dà accesso. Prova anche a ideare un logo apposito.

Scheda di autovalutazione e valutazione dell’insegnante sulle Competenze individuali Competenze coinvolte

Si orienta nello spazio e nel tempo e interpreta i sistemi simbolici e culturali della società.

Competenze chiave

Consapevolezza ed espressione culturale.

Penso di aver raggiunto questo livello A

B

C

D

L’insegnante mi ha assegnato il livello A

B

C

D

Livelli: A Avanzato; B Intermedio; C Base; D Iniziale

U4 - L’arte nell’Alto Medioevo

127


Architettura

U4

8 Le varianti del Romanico in Italia

Il severo Romanico lombardo Lungo tutta la penisola italiana e nelle isole, tra l’XI e il XIII secolo sono state costruite tantissime chiese romaniche. Accanto alle caratteristiche che le accomunano, è possibile notare differenze anche notevoli, determinate da diversi fattori come i materiali da costruzione locali o i rapporti culturali e commerciali che le diverse città intrattenevano con il resto dell’Europa, o addirittura con l’Oriente. In Lombardia, ad esempio, è possibile notare un Romanico sobrio, che impiega per la costruzione prevalentemente il mattone e la pietra.

Basilica di Sant’Ambrogio, 1080. Milano. Esempio significativo del Romanico lombardo è la Basilica di Sant’Ambrogio, a Milano. La facciata a capanna, divisa da grandi arcate a tutto sesto, è preceduta da un ampio quadriportico, che in Età comunale era usato anche per le assemblee cittadine. I materiali impiegati sono la pietra e il mattone e tutta la struttura risulta al tempo stesso elegante e semplice. La medesima semplicità si trova anche nell’interno (a sinistra), caratterizzato da ampie campate sorrette da pilastri in pietra e archi a tutto sesto in muratura.


Lo splendore di San Marco a Venezia Caratteristiche del tutto diverse presenta la Basilica di San Marco, a Venezia. Edificata a partire dall’XI secolo, ma terminata solo nel corso del XIV, manifesta in modo chiaro i legami storici, culturali ed economici che la città intratteneva con l’Oriente.

Basilica di San Marco,

(interno) 1063-1300 ca. Venezia. L’interno della basilica è completamente ricoperto di mosaici a fondo d’oro e marmi preziosi, secondo la tradizione bizantina. La cupola centrale, con la serie di finestre che si susseguono alla base, richiama da vicino (anche se in dimensioni assai più modeste) quella di Santa Sofia (p. 112).

Basilica di San Marco

(esterno), 1063-1300 ca. Venezia. Quando nel 1063 venne deciso di costruire la basilica attuale, furono fatti venire a Venezia architetti e artigiani bizantini. Questi scelsero di usare per la chiesa una pianta a croce greca che ripete quella della chiesa dei Santi Apostoli a Costantinopoli, fatta edificare da Giustiniano cinque secoli prima, e di usare, sia per l’interno sia per l’esterno, decorazioni tipiche dello stile orientale. L’edificio è sormontato da cinque cupole: una più grande al centro, circondata da quattro minori poste ognuna sopra ciascun braccio. Nel complesso, la basilica impressiona per la leggerezza e la ricchezza delle forme.

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I modelli classici della Toscana Le chiese e le cattedrali romaniche della Toscana si distinguono per l’impiego di marmi che sottolineano le forme geometriche alla base degli schemi architettonici, secondo i modelli classici.

Cattedrale di Santa Maria Assunta, 1063-

1092. Pisa, Piazza dei Miracoli. La cattedrale di Pisa e gli edifici che la circondano (battistero, torre campanaria e camposanto) si ispirano ai modelli romani nell’impiego di archi a tutto sesto. Non mancano però richiami all’architettura bizantina e musulmana (come per esempio la cupola), dovuti ai contatti che la città intratteneva con l’Oriente.

Basilica di San Miniato al Monte

(facciata), XI-XII sec. Firenze. Anche il rigoroso classicismo geometrico di San Miniato al Monte è tipico degli edifici romani. I cinque portali fanno pensare a una struttura a cinque navate e richiamano le antiche basiliche paleocristiane; in realtà le navate sono solo tre, come si intuisce dalla parte superiore, con i due salienti che corrispondono alle due navate laterali. La parte superiore della facciata, fino al frontone, richiama un tempio classico.

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L’architettura nell’Italia meridionale Bizantini, Longobardi, Normanni e musulmani hanno lasciato tracce della loro cultura nelle regioni dell’Italia meridionale e l’architettura romanica ne porta chiaramente le tracce. In Puglia, per esempio, si incontrano chiese che uniscono la sobrietà tipica del Romanico lombardo agli influssi bizantini. In Sicilia, invece, i sovrani normanni che si insediarono nell’isola a partire dal 1061 promossero la costruzione di edifici nei quali si mescolano la tradizione bizantina e islamica.

Cattedrale di Santa Maria Nuova

(esterno), 1172. Monreale. All’esterno, la sobria facciata (sopra) richiama i modelli nordici, mentre le bellissime absidi della cattedrale (a destra) sono decorate con archi incrociati, disegni geometrici ed effetti colorati chiaramente di derivazione arabo-musulmana.

Cattedrale di Santa Maria Nuova

(presbiterio e abside), 1172, decorazioni di mosaici in oro. Monreale. La cattedrale di Monreale è l’esempio meglio riuscito di questa mescolanza di stili: l’impianto è tipico della basilica paleocristiana, mentre l’interno, completamente ricoperto di mosaici su fondo oro, è bizantino, così come il soggetto di Cristo Pantocratore («Signore del Creato») raffigurato nel catino absidale. Nell’uso degli archi a ogiva è invece visibile l’influenza araba.

U4 - Arte nell'alto Medioevo

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Architettura

U4

9 Architettura e arte

nei monasteri

Le abbazie benedettine In epoca romanica sorsero numerosi monasteri, luoghi nei quali comunità di monaci o di monache vivevano seguendo uno stile di vita codificato in una «regola». A partire dall’VIII secolo vennero fondate in tutta Europa comunità monastiche ispirate alla Regola di san Benedetto da Norcia (480-547). I monasteri benedettini presero il nome di «abbazie» perché coloro che vi vivevano erano sottoposti

Il dormitorio era vicino alla chiesa, in modo da favorire gli spostamenti dei monaci per i momenti di preghiera durante la notte. Poteva essere costituito da un unico grande ambiente, oppure suddiviso in piccole stanze chiamate «celle».

all’autorità e alla guida spirituale di un superiore chiamato «abate». Le abbazie sorgevano per lo più in luoghi isolati e variavano molto per dimensioni e struttura, ma avevano caratteristiche comuni dovute al particolare regime di vita che i monaci erano tenuti a osservare. In particolare, dovevano favorire le attività principali cui si dedicavano: la preghiera e il lavoro.

Lo scriptorium, unito alla biblioteca, era il luogo in cui i monaci lavoravano alla riproduzione dei libri e si dedicavano allo studio.

La chiesa abbaziale era il cuore del monastero. Al suo interno, uno spazio piuttosto ampio era riservato al coro, dietro il presbiterio, dove i monaci si riunivano per la preghiera comune.

Nel chiostro, un grande porticato di forma quadrata era uno dei luoghi usati per la meditazione e la preghiera.

Sul chiostro si affacciavano anche il refettorio, dove i monaci consumavano i pasti, la sala capitolare, dove si tenevano le riunioni comunitarie, e l’abitazione dell’abate, che spesso si componeva di diverse stanze.

L’intera abbazia era circondata da una cinta muraria che, oltre a delimitare lo spazio interno del monastero, aveva anche funzione difensiva.

Disegno ricostruttivo di una abbazia benedettina.

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I novizi, cioè coloro che si preparavano a entrare a far parte della comunità monastica, prima di esservi ammessi alloggiavano in un edificio a parte.

In alcune abbazie era presente anche un mulino ad acqua.


P

I capitelli romanici

U4

Competenti in arte

Un’attenzione tutta particolare meritano i capitelli posti a coronamento di colonne, pilastri, lesene... Sono infatti, l’espressione più evidente dell’inesauribile creatività degli artisti medievali, della loro fantasia e della loro abilità tecnica. In una chiesa romanica, o in un chiostro, o in una sala capitolare, non accade quasi mai che vi siano due capitelli uguali tra loro. Anche quando riportano semplici rilievi ornamentali (come foglie o motivi geometrici), sono comunque tutti differenti l’uno dall’altro.

Rispetto all’uso dei capitelli, il Romanico si scosta decisamente dall’arte classica greca e romana, il cui modello verrà ripreso nel Rinascimento e nel Neoclassicismo, quando si tornerà a una ripetizione, nei motivi ornamentali, delle colonne e dei pilastri. C onfronta, nelle foto qui sotto, la successione di colonne nel Tempio di Hera e le colonne che arricchiscono il Chiostro romanico. Quale caratteristica risulta più evidente?

Capitello con muratori al lavoro,

fine XI sec., bassorilievo in calcare. Conques, Chiesa abbaziale di Sainte-Foy.

I soggetti scolpiti sui capitelli possono essere religiosi (rappresentazione di episodi tratti dall’Antico e dal Nuovo Testamento), oppure animali fantastici, o la raffigurazione di mestieri o di momenti di vita quotidiana.

Capitelli dorici, VI sec. a.C., pietra calcarea. Metaponto, Tempio di Hera.

Capitello con vendemmia

(proveniente dalla chiesa abbaziale di Moutiers-Saint-Jean), 1120-1125, bassorilievo in calcare. Parigi, Musée du Louvre. Soggetto ricorrente è quello dei mesi associato ai diversi mestieri legati all’agricoltura e ai segni dello zodiaco.

Capitello con lotta tra Giacobbe e l’angelo, XII sec., bassorilievo in calcare. Vezelay, Basilica di SainteMarie-Madeleine.

Capitelli istoriati, XI sec., pietra. Burgos,

Chiostro dell’abbazia di Santo Domingo de Silos.

U4 - L’arte nell’Alto Medioevo

137


Pittura

U4

11 La pittura: alla ricerca

dell’originalità

L’aderenza ai modelli bizantini Contrariamente all’architettura e alla scultura, che lentamente si distaccano dai modelli bizantini, la pittura romanica conserva invece, soprattutto in Italia, una maggiore vicinanza ai canoni orientali. Questo è dovuto al fatto che la tradizione pittorica bizantina aveva continuato a sopravvivere, soprattutto attraverso i mosaici, mentre l’architettura e la scultura erano di fatto regredite a livelli piuttosto rozzi. Gli affreschi presenti nelle chiese romaniche sono andati quasi completamente perduti a motivo della scarsa resistenza dell’intonaco sui quali erano stati dipinti. Di conseguenza, non sono molte le testimonianze della pittura tra il X e il XIII secolo giunte fino a noi.

Cimasa

Crocifissi trionfanti e sofferenti Oltre agli affreschi (diffusi soprattutto nell’Europa e nell’Italia settentrionale) e ai mosaici (presenti soprattutto nell’Italia meridionale e in Sicilia), in Toscana e in Umbria si affermò la pittura su tavola di legno. Il soggetto più diffuso era il crocifisso, dipinto secondo due tipologie: • il crocifisso trionfante, in cui Cristo, sebbene già con la ferita nel costato inflitta dopo la morte, appare vivo, elegantemente composto e senza alcun segno di sofferenza: è un Cristo già risorto, a testimoniare il trionfo sulla morte; • il crocifisso sofferente, invece, rappresenta un Cristo morto, con gli occhi chiusi e il capo reclinato. Entrambi questi modelli si rifanno alla tradizione bizantina e ne conservano, per esempio, il fondo dorato. Il primo è più antico e caro all’élite colta e raffinata, il secondo, più recente, è di matrice popolare. Opere di questo genere, dette anche «croci monumentali» erano solitamente collocate sotto l’arco trionfale o sopra la parete scolorita che in alcuni casi divide il presbiterio dalla Piede (o Calvario) navata centrale della chiesa.

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Gli eletti (particolare del Giudizio universale), XII sec., affresco. Capua, Abbazia di Sant’Angelo in Formis. Le figure dei dipinti romanici somigliano molto a quelle dei mosaici: sono appiattite sul fondo, prive di volume e quasi del tutto inespressive. I colori sono però più vivaci e il fondo oro tipico dei mosaici è talvolta sostituito da paesaggi molto stilizzati.

Terminale

Crocifisso, 1175-1200, tempera

Scomparto

su tavola, 377 × 231 cm. Firenze, Galleria degli Uffizi. Nei crocifissi toscani e umbri Cristo appare isolato dal contesto della crocifissione. Altri personaggi sono dipinti, secondo criteri precisi, nelle singole parti di un tabellone. Nel piede (o Calvario) sono talvolta riportati un teschio o riferimenti al supplizio della croce; nei terminali o negli scomparti sono quasi sempre presenti la Madonna e san Giovanni, insieme a figure o temi legati alla Passione di Gesù, mentre nella cimasa ci sono in genere scene della risurrezione o dell’ascensione di Gesù.


Centri economici...

...e culturali

Ciascun monastero doveva essere del tutto autonomo dal punto di vista economico e, di conseguenza, aveva in parte anche le caratteristiche di un’azienda agricola. Solitamente, infatti, l’abbazia si trovava al centro di vasti possedimenti agricoli di sua proprietà, dove i monaci lavoravano insieme ai contadini che erano al loro servizio. Tutto ciò che veniva prodotto veniva portato nei magazzini dell’abbazia, dove si trovavano anche le stalle e i laboratori artigianali nei quali alcuni monaci lavoravano come fabbri, falegnami, maniscalchi ecc.

Non tutti i monaci si dedicavano alle attività agricole o artigianali: alcuni, particolarmente appassionati allo studio, diventavano intellettuali di altissimo livello. La presenza di queste figure fece sì che in molte abbazie vi fossero una biblioteca e uno scriptorium nel quale i monaci detti «amanuensi» copiavano a mano i libri allo scopo di poterli conservare e studiare. Era una consuetudine piuttosto diffusa tra le abbazie benedettine scambiarsi libri da copiare, in modo da potere arricchire sempre di più i propri depositi. Nelle biblioteche delle abbazie non vi erano solo volumi di carattere religioso, ma anche testi di filosofia, di astronomia, di matematica... e persino di botanica e di medicina, utili ai monaci specializzati nella cura dei malati, che con le erbe medicinali coltivate negli orti del monastero preparavano i loro farmaci.

Una struttura separata dagli ambienti dove abitavano i monaci accoglieva magazzini, stalle, officine, laboratori artigianali per la fabbricazione di utensili e strumenti di lavoro.

Alcuni edifici erano destinati a ospitare anche persone esterne alla comunità. La foresteria era il luogo in cui veniva offerta ospitalità ai «forestieri», in genere pellegrini. Anche l’infermeria era aperta agli abitanti delle campagne circostanti, che potevano avere bisogno di farsi curare.

All’abbazia si accedeva attraverso un portale che poteva essere più o meno imponente; in alcuni casi comprendeva una torre di guardia ed era sempre sorvegliato da almeno uno o due monaci.

La biblioteca del monastero (dall’opera di Rabano Mauro

L’universo), 1023, miniatura. Montecassino, Biblioteca Statale del Monumento Nazionale di Montecassino.

Abbazia di Farfa, Rieti. L’abbazia di Farfa esisteva già ai tempi di Carlo Magno, ma raggiunse il massimo splendore all’inizio del XII secolo, con possedimenti vastissimi tra Lazio, Umbria e Toscana. A quel periodo risalgono le costruzioni in stile romanico conservatesi fino a oggi.

U4 - L’arte nell’Alto Medioevo

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Scultura

U4

10 La scultura

a servizio della fede

La rinascita della scultura Dopo l’Età romana imperiale, la scultura venne poco praticata in epoca bizantina e carolingia. A partire dall’XI secolo, invece, si assiste a una rinascita diffusa in tutto il territorio europeo, con caratteristiche differenti a seconda delle diverse regioni. La scultura divenne parte integrante dell’architettura, usata per impreziosire portali, lunette, facciate, capitelli o elementi del ciborio, il baldacchino posto sopra l’altare maggiore delle basiliche e delle cattedrali.

Le figure emergono dalla pietra La scultura romanica introduce alcune importanti novità rispetto ai modelli bizantini. Le figure non sono più schiacciate contro il fondo e quasi del tutto prive di volume, ma riprendono spessore, pur rimanendo stilizzate: non rivelano particolari anatomici e hanno volti ancora privi di espressione. In misura inferiore rispetto ai rilievi, fanno di nuovo la loro comparsa le sculture a tutto tondo, in marmo, in pietra o in legno, usate non più soltanto come elemento integrante dell’architettura. Uomini, santi, angeli ecc. non sono più collocati in una dimensione priva di qualsiasi riferimento spaziale e temporale, ma in un contesto reso riconoscibile da elementi della natura o del paesaggio.

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Madonna col Bambino,

1150-1200, calcare, h 111,7 cm. Parigi, Musée du Louvre.

Giudizio Universale, 1130, pietra, 670 × 360 cm. Conques, Chiesa abbaziale Sainte-Foy, lunetta del portale. La lunetta sopra il portale dell’abbazia della Sainte-Foy, nel Sud della Francia, è una delle opere più rappresentative della scultura romanica. Raffigura un Giudizio Universale nel quale Gesù, seduto in trono al centro e circondato da ben 142 figure, separa i buoni, posti alla sua destra (dove la scena appare più armoniosa e ordinata), dai malvagi, alla sua sinistra (dove prevale il disordine e un contorto groviglio di figure). Il Giudizio Universale era spesso riprodotto sui portali delle chiese romaniche o all’interno sulla parete di controfacciata per ricordare al fedele che entrava o usciva dalla chiesa che i suoi comportamenti sarebbero stati giudicati da Dio nell’ultimo giorno.


La funzione didattica delle sculture romaniche I soggetti e i temi della scultura romanica hanno sempre una funzione precisa, che è quella di comunicare ai fedeli i contenuti della fede e favorire la devozione e la preghiera. Gli uomini e le donne del Medioevo, in larghissima parte analfabeti, trovavano in queste raffigurazioni uno strumento per istruirsi e per meditare. Perciò, a meno che non si tratti di cornici o fregi a motivi geometrici, le opere degli artisti romanici riproducono quasi sempre scene tratte dall’Antico o dal Nuovo Testamento, episodi delle vite di santi e profeti, o immagini tese a trasmettere messaggi di carattere morale. Persino quando sono illustrati i mestieri o i segni dello zodiaco (anche questi all’interno di edifici dedicati al culto), l’intento è quello di riportare ogni aspetto della vita dell’uomo all’interno di una dimensione religiosa.

Gislebertus, Impiccagione di Giuda,

1130 ca., pietra. Autun, Musée de Saint Lazare. Anche il vastissimo repertorio di animali e creature mostruose e fantastiche che ornano non solo i capitelli ma anche basamenti di colonne, pulpiti, pareti interne ed esterne delle chiese aveva una funzione precisa. Queste figure, con il loro significato simbolico, dovevano indurre i fedeli alla riflessione: per esempio, potevano incutere timore per le pene infernali e scoraggiare dal compiere peccati.

Leggere l’opera d’arte

La Genesi di Wiligelmo

Colonna dello zodiaco,

II metà del XII sec., pietra. Souvigny, Musée de Souvigny.

Dio Padre è ritratto all’interno di una mandorla, simbolo della divinità, secondo la tradizione bizantina. A differenza delle figure bizantine, però, qui vi è meno rigidità: gli angeli sono quasi piegati dallo sforzo compiuto per sostenere la mandorla, il che rende il corpo di Dio tutt’altro che immateriale...

La cattedrale di Modena, uno dei capolavori dell’architettura romanica, ospita le opere di uno dei più grandi scultori del Medioevo: Wiligelmo, vissuto tra l’XI e il XII secolo. Al primo decennio del XII secolo risalgono i rilievi che si trovano sulla facciata della chiesa. In origine queste grandi lastre in marmo scolpito erano collocate all’interno, sopra il presbiterio, e solo in un secondo tempo, durante una delle tante fasi di ristrutturazione, sono state murate nella facciata. Esse rappresentano, nell’ordine, la creazione di Adamo ed Eva, la cacciata dal Paradiso Terrestre, la vicenda di Caino e Abele, la storia del Diluvio universale. Ogni pannello va letto da sinistra verso destra e le scene che vi sono raffigurate costituiscono una sequenza che potremmo paragonare a un grande fumetto. È evidente la funzione didattica di queste sculture: come in una grande Bibbia scolpita nel marmo, i fedeli dovevano trovarvi raffigurati gli eventi fondamentali legati alla creazione e ai primi momenti della storia dell’umanità. Analizziamo in questa pagina il pannello con la creazione di Adamo ed Eva.

Wiligelmo, Storie della Genesi (particolare),

1099-1106, bassorilievo su pietra, 100 × 282 cm. Modena, Cattedrale di San Geminiano.

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Dio crea Adamo dalla terra. La somiglianza tra il volto di Dio e quello di Adamo serve a rendere evidente al fedele il fatto che secondo la Bibbia l’uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio.


CuriosArte

Stranezze dei bestiari medievali Le figure di animali più o meno mostruosi o reali scolpiti dagli artisti medievali si rifanno a modelli ben precisi e riportati in libri estremamente rigorosi, detti «bestiari». Si tratta di opere che parlano di bestie delle quali si sapeva o si immaginava l’esistenza e contenevano informazioni che a noi suonano un po’ strane. Vi si può trovare scritto, per esempio, che il cervo vive mille anni, oppure che il caprone ha sempre la febbre e il suo sangue è così caldo che perfora i diamanti, o ancora che lo struzzo è un animale simile a un cammello capace di ingoiare qualsiasi cosa, compreso il metallo... L’intento di coloro che li hanno scritti era quello di attribuire un significato simbolico preciso a ogni animale. Così, dunque, l’unicorno, di cui si fantasticava l’esistenza, era simbolo di Cristo, perché solo una fanciulla vergine (come la Vergine Maria) poteva avvicinarlo; la scimmia, invece, ha un connotato negativo, perché sembra un’imitazione dell’essere umano, ma non lo è, e il diavolo è stato definito «la scimmia di Dio» perché imita Dio senza mai riuscire a essere come lui.

Da una costola di Adamo Dio crea Eva. Adamo intanto dorme sulla riva di un ruscello, che richiama le acque primordiali della Creazione.

I corpi sono tozzi e pesanti, molto diversi da quelli tipici dell’arte bizantina. Iniziano a essere tracciati i primi particolari anatomici. Ancora fatica a emergere il senso del movimento, ma le figure presentano una maggiore scioltezza.

Dama con unicorno inseguito da due cacciatori (dal Bestiario Worksop di Lincoln o York), 1170 ca. New York, The Pierpont Morgan Library & Museum.

L’uomo e la donna scelgono di mangiare il frutto dell’albero del bene e del male. Dio è assente, compare invece il serpente, che la Bibbia identifica con il diavolo. Da notare la scomposta voracità con cui Adamo si nutre del frutto.

Eva offre ad Adamo il frutto che Dio aveva comandato di non mangiare e ne prende un altro dalla bocca del serpente che l’ha indotta a disubbidire.

U4 - L’arte nell’Alto Medioevo

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Un genere particolare di pittura: le miniature Un’altra tipologia di pittura tipica dell’Età medievale, fiorita in epoca carolingia e romanica, è quella della miniatura. Era praticata dai monaci che affiancavano il lavoro degli amanuensi nello scriptorium ed erano specializzati nella decorazione dei testi con immagini di dimensioni molto piccole, inserite per esempio nella lettera iniziale di un paragrafo (capolettera), e che per essere realizzate avevano bisogno di una cura estrema. Inizialmente le miniature erano di colore rosso: la tinta era ricavata da un minerale, il minio, da cui deriva il loro nome. Successivamente, però, queste decorazioni divennero sempre più elaborate e colorate (prevalevano il blu, l’indaco, il giallo, il verde e il nerofumo), a volte erano persino impreziosite con sottili foglie d’oro. Le miniature non venivano impiegate solo per abbellire i testi religiosi, ma anche per illustrare opere della letteratura greca o latina, canzonieri, testi scientifici, per esempio di anatomia, di astronomia o di botanica... In questi casi, le miniature potevano raggiungere dimensioni più grandi e occupare anche un’intera pagina.

Il trovatore Perdigon mentre suona il violino (da una copia del Canzoniere

provenzale realizzata a Venezia e Padova), XIII sec., capolettera miniato. Parigi, Bibliothèque Nationale de France.

Competenti in arte

I due crocifissi riprodotti su questa pagina rappresentano un esempio di crocifisso trionfante e uno di crocifisso sofferente. I ndividua per ciascuno la tipologia cui appartiene e completa la didascalia inserendola al posto dei puntini. O sserva le differenze tra i due crocifissi, cercando di individuare gli elementi che contribuiscono a esprimere da un lato il trionfo e la vittoria sulla morte e dall’altro la sofferenza.

• •

...

Giunta Pisano, Crocifisso

............................................... ,

1230-1240, tempera su tavola. Assisi, Museo di Santa Maria degli Angeli.

Guglielmo, Crocifisso

............................................... , 1138, tempera su tavola. Sarzana, Cattedrale di Santa Maria Assunta.

U4 - L’arte nell’Alto Medioevo

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Verifica delle conoscenze

In sintesi…

DIDATTICA INCLUSIVA

BES

DIDATTICA INCLUSIVA

BES

L’ARTE DEI PRIMI CRISTIANI (I - VI sec. d.C.)

L’ARTE BIZANTINA (IV - VI sec. d.C.)

L’ARTE ISLAMICA (VIII - XIV sec. d.C.)

L’ARTE LONGOBARDA E CAROLINGIA (VII - IX sec. d.C.)

Architettura Scultura Pittura e difici di b assorilievi i mmagini • • • con valore culto con soggetti simbolico religiosi

Pittura t ecnica del • mosaico ad alto livello

Architettura r eintepretazioni • di stili diversi

Scultura n otevole sviluppo • dell’oreficeria

L’arte nell’Alto Medioevo IL ROMANICO (XI - XII sec. d.C.) Architettura • chiese possenti e robuste •u so dell’arco a tutto sesto e della volta a crociera • finestre piccole

Scultura • e lemento integrante dell’architettura • f unzione didattica • f igure rozze e inespressive

Pittura • funzione didattica di affreschi, pittura su tavola di legno, miniature

1. C ompleta le seguenti frasi con la parola corretta, scelta fra le seguenti: carolingia, mosaici, chiese, pittura su tavola, Wiligelmo, cristiane, facciate, volume, Vuolvinio, islamiche, figure, motivi geometrici, bassorilievi, romanica, longobarda, catacombe, crocifisso, bizantini, architettonici 1. Le prime chiese .............................. furono costruite sul modello della basilica romana. 2. I ............................. su sarcofagi paleocristiani sono in stile classico, ma rappresentano scene dell’Antico e del Nuovo Testamento. 3. Le immagini dipinte nelle ............................... dai primi cristiani simboleggiano contenuti della loro religione. 4. I ............................... bizantini che decorano le ............................... presentano ............................... senza ............................... su uno sfondo d’oro. 5. Nelle decorazioni ............................... prevalgono ............................... e floreali. 6. I dominatori arabi reinterpretarono in modo originale stili ............................... diversi. 7. I dominatori longobardi assimilarono stili architettonici e scultorei romani e ................................ 8. Cividale del Friuli è un importante centro dell’arte ............................... 9. Un capolavoro dell’oreficeria ............................... è l’altare di ............................... 10. Un capolavoro della scultura ............................... è il bassorilievo della Genesi di ............................... 11. Il soggetto più diffuso nella ............................... di legno è il ............................... 12. Ci sono diversi tipi di ............................... romaniche: a capanna, a salienti, turrite. 2. I ndica con una crocetta le chiese romaniche che presentano un influsso bizantino o arabo. 1. Basilica di Sant’Ambrogio a Milano; 2. Cattedrale di Santa Maria Nuova a Monreale; 3. Duomo di San Ciriaco ad Ancona; 4. Cattedrale di Santa Maria Assunta a Pisa; 5. Basilica di San Marco a Venezia.

140


Verifica

Lettura dell’opera d’arte

Come una regina del mare

La Cattedrale di San Nicola Pellegrino a Trani fu costruita intorno al XII secolo per ricordare la morte di san Nicola avvenuta in quel luogo. Mirabile esempio di architettura medievale pugliese, collocato in posizione isolata a breve distanza dalla costa, l’edificio sembra essere sospeso sull’acqua. Il materiale di costruzione, la pietra locale di tufo calcareo color rosato-bianco ne esalta l’effetto scenografico. La cattedrale, a tre navate, con un massiccio transetto rivolto verso il mare, è caratterizzata da un ingresso rialzato. Il portale è affiancato da due leoni stilofori. Intrecci vegetali alternati a motivi geometrici scolpiti ornano il parapetto della facciata, rivelando l’influenza dell’arte islamica. Sculture zoomorfe, di epoca più tarda, arricchiscono il rosone centrale. Pregevoli sono le 32 formelle in bronzo sbalzato che ricoprono il portale. Furono realizzate nel 1175 da Barisano di Trani e presentano figure bibliche, santi e immagini profane con valore simbolico, incorniciate da decorazioni anch’esse di gusto islamico. Il campanile che fiancheggia l’edificio fu costruito successivamente, nel XIII secolo: è caratterizzato alla base da un’apertura a sesto acuto che favorisce la circolazione nella piazza circostante.

delle conoscenze Cattedrale di San Nicola Pellegrino (facciata), 1143-1200 ca., tufo calcareo. Trani.

Osserva e rifletti.

1. O sserva la foto della Cattedrale di Trani e individua lo stile architettonico. Da quali elementi strutturali lo puoi dedurre? 2. Rileggi la descrizione della cattedrale: riesci a intuire su quale pianta è stata edificata? a croce greca a croce latina circolare 3. Indica la tipologia corretta della facciata: a capanna a salienti

Per saperne di più

Barisano da Trani, Formelle del portale (particolare), 1175, bronzo. Trani, Chiesa di San Nicola Pellegrino.

1 Conosci il significato dell’espressione «leoni stilofori»?

Eventualmente fai una ricerca sul dizionario o in internet. 2 Barisano da Trani, autore delle formelle del portale, fu un artista molto apprezzato. Ricerca in internet altre opere da lui realizzate e scopri analogie e differenze con quelle della Cattedrale.

U4 - L’arte nell’Alto Medioevo

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U5

L’arte

gotica

Dove Salisbury Amiens Parigi

Reims

Colonia Strasburgo

Westminster Abbey (facciata nord), 1245. Londra.

Chartres

Quando Verona Venezia Padova Pistoia Pisa

Firenze

Assisi Siena Orvieto Fossanova Castel del Monte

Principali centri dell’arte gotica

142

1088

1122

Fondazione Il concordato dell’Università di Worms pone 987 di Bologna fine alla lotta per le investiture In Francia sale al trono la dinastia dei Capetingi

1000 1100 1127 Inizio della ricostruzione della Basilica di Saint-Denis


All’inizio del XII secolo, mentre in tutta Europa stanno giungendo a piena maturazione le espressioni artistiche dello stile romanico, in Francia compaiono i primi esempi di architettura gotica, che presenta caratteristiche nuove e originali. In breve tempo il nuovo stile si andrà affermando negli altri Paesi europei e influenzerà anche la scultura e la pittura, portando al definitivo distacco dai modelli bizantini già iniziato nelle espressioni più tarde dell’arte romanica.

Eugène Viollet-le-Duc, Chimère, metà XIX sec., pietra. Parigi, Cattedrale di Notre-Dame.

L’incoronazione di spine, 1242-1248, vetrata. Parigi, Sainte-Chapelle.

Duccio di Buoninsegna, Maestà, 1308-1311, tempera su tavola, 370 × 450 cm. Museo dell’Opera del Duomo.

1220-1250

1223

Regno di Federico II di Svevia

Papa Onorio III approva la Regola dei francescani

1300 Papa Bonifacio VIII indice il primo Giubileo della storia cristiana

1309-1377 Cattività avignonese. Epidemia di peste

1200 1300 1400 1163

1178

Inizio della costruzione della Cattedrale di Notre-Dame a Parigi

Benedetto Antelami, Deposizione

1248 Termina la costruzione della Sainte-Chapelle a Parigi

1280-1290

1290-1295

1303-1305

1338-1340

1423

Cimabue, Maestà di Santa Trinità

Giotto, Crocifisso di Santa Maria Novella

Giotto dipinge la Cappella degli Scrovegni a Padova

Ambrogio Lorenzetti, Effetti del Buon Governo in città e in campagna

Gentile da Fabriano, Adorazione dei Magi

U5 - L’arte gotica

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Idee guida

La grandezza di Dio e la grandezza dell’uomo Le Idee guida ti serviranno a focalizzare i punti principali di un periodo artistico, a conoscere le persone che lo hanno caratterizzato e potranno orientarti meglio nello studio delle caratteristiche del Gotico. 1

Guardare verso il cielo

Si dice che di fronte alle grandi cattedrali gotiche, così alte e imponenti, ci si senta «piccoli». È vero, ma contrariamente a questa prima impressione, lo scopo di questa architettura non è di fare sentire l’essere umano piccolo, quanto piuttosto di elevarlo verso una dimensione spirituale più «grande». All’esterno come all’interno, infatti, le chiese gotiche sono concepite con l’intenzione di catturare lo sguardo e trascinarlo in alto, verso il cielo, cioè verso Dio.

Cattedrale di Notre-Dame (facciata), 1211-1275.

Reims.

21

Figure in movimento

Rispetto alla rigidità tipica delle figure romaniche, nei rilievi e nelle statue gotiche si nota una ripresa del movimento e una maggiore scioltezza nelle figure. I volti riprendono espressione, i panneggi degli abiti tornano a dare volume ai corpi, riemergono i particolari anatomici e il gusto per i dettagli. Anche i paesaggi non sono più solo stilizzati, ma riacquistano forma e spessore, contribuendo a dare profondità alla scena.

Giovanni Pisano, Presentazione al tempio e fuga in Egitto (particolare del pulpito), 1301-1310, marmo. Pisa, Cattedrale di Santa Maria Assunta.

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31

Dipingere l’uomo: emozioni, volume, prospettiva Nella pittura, come nella scultura, si assiste a un ritorno ai modelli classici. Una svolta in questo senso è rappresentata da Cimabue, il quale si sforza di rendere le emozioni dei personaggi e cerca di dare volume alle figure attraverso una maggiore attenzione alla prospettiva. Su questa linea si muoveranno gli artisti successivi, tra i quali soprattutto Giotto: nelle sue opere i corpi acquistano un’espressività e una plasticità particolari.

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L’attenzione al paesaggio e alla natura

I pittori italiani del periodo gotico dedicano grande attenzione anche al paesaggio e alla natura. Sono quindi alla ricerca di una maggiore aderenza alla realtà nel raffigurare alberi, animali, colline... Anche le figure umane vengono ritratte con precisione all’interno del contesto più ampio che non fa semplicemente da sfondo, ma acquista un valore e una dignità propri.

Ambrogio Lorenzetti, Effetti del Buon Governo in città e in campagna (particolare), 1338-1340, affresco. Siena, Palazzo Pubblico.

Preconoscenze

Giotto, Ultima cena (particolare), 1303-1305, affresco. Padova, Cappella degli Scrovegni.

L’arte romanica e l’arte gotica hanno caratteristiche differenti e, per alcuni aspetti, opposte. La chiesa romanica ha mura robuste, pareti spoglie e avvolge nella penombra chi vi entra e la percorre ma, alla fine del tragitto, giunti all’abside ci mostra la luce che illumina l’altare. La chiesa gotica è altissima e luminosissima, le maestranze vi creano un ambiente che rimanda il pensiero a una foresta pietrificata. • Se hai avuto occasione di visitare una di queste differenti architetture comunica ai compagni le sensazioni e le emozioni che hai vissuto. Confrontatevi: quale dei due edifici predispone al raccoglimento e quale coinvolge i sensi con luce e colori? Quale infonde sicurezza e quale suscita stupore?

U5 - L’arte gotica

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Architettura

U5

1 L’architettura

gotica

Sulle torri della facciata, che svolgono anche la funzione di torri campanarie, o in altri punti della struttura si innalzano le guglie, che contribuiscono a slanciare l’edificio verso l’alto.

L’abate Suger e la nascita del Gotico Gli esordi dell’arte gotica vengono fatti risalire all’intuizione e al genio di un monaco francese, Suger, abate dell’abbazia di Saint-Denis, poco distante da Parigi. Nel 1127 Suger avviò la ristrutturazione della chiesa dell’abbazia, che accoglieva le tombe dei re di Francia. Nelle intenzioni di Suger queste innovazioni architettoniche, che proiettano l’attenzione verso l’alto ed esaltano la luce, avrebbero dovuto creare un’atmosfera tale da favorire nei fedeli l’aspirazione al congiungimento con Dio.

Anche i pinnacoli, guglie di dimensioni più piccole, contribuiscono a esaltare la verticalità della struttura.

I rosoni delle chiese gotiche hanno grandi dimensioni e si trovano sia sulla facciata sia nei transetti.

Deambulatorio (scorcio), 1140 ca. Parigi, Basilica di Saint-Denis. L’abate Suger decise alcune importanti innovazioni a partire dal coro, dove fu progettato un doppio deambulatorio le cui volte sono sostenute da una vera e propria «selva di colonne». Da queste partono archi a sesto acuto e, dai quattro angoli dei capitelli, altrettanti archi trasversali le cui nervature si incrociano nelle campate ogivali. Nelle pareti del deambulatorio si aprono grandissime finestre chiuse da vetrate che permettono alla luce di penetrare nell’edificio assumendo sfumature colorate di grande effetto.

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I portali presentano profonde strombature scolpite con statue in rilievo.


La chiesa gotica La chiesa abbaziale di Saint-Denis divenne presto un modello seguito in gran parte dell’Europa e, a partire dalle innovazioni introdotte da Suger, andarono maturando tra il XII e il XIV secolo le caratteristiche tipiche dello stile gotico, che è possibile visualizzare nel disegno qui sotto. Sono ancora presenti gli elementi architettonici delle chiese romaniche, ma reinterpretati e in alcuni casi accentuati. Rosone del transetto nord, 1140 ca. Parigi, Basilica di SaintDenis.

Nelle pareti della chiesa si aprono grandi finestre (bifore, trifore o quadrifore) chiuse da vetrate colorate.

Lungo la navata centrale si aprono delle gallerie sopraelevate, derivate dai matronei delle chiese romaniche.

La volta a crociera è formata da quattro archi a sesto acuto che poggiano su colonne o pilastri. Al di sopra, il tetto della chiesa è sostenuto da una struttura di legno a capriate.

Gli archi rampanti, all’esterno, sorreggono il peso dei pilastri portanti all’interno della chiesa e lo scaricano sui contrafforti sottostanti.

Nella parte absidale si aprono cappelle disposte a raggiera, dette «cappelle radiali».

La parte del presbiterio è circondata da un deambulatorio.

Il transetto risulta ridotto e più avanzato rispetto a quello delle chiese romaniche. In questo modo viene dato più spazio al presbiterio e al coro.

Spaccato di una chiesa gotica.

Come la chiesa romanica, anche quella gotica può dividersi al suo interno in 3 o 5 navate.

I pilastri sono composti da un fascio di colonne più piccole e per questo motivo sono detti «a fascio».

U5 - L’arte gotica

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Facciate e guglie slanciate verso il cielo Anche all’esterno le chiese gotiche esprimono in maniera forte lo stesso slancio verso l’alto. Le facciate si protendono verso il cielo, spesso prolungate da torri che terminano in una cuspide sottile. Pinnacoli e guglie spuntano ovunque dando ancor più l’idea di una struttura architettonica che pare essere progettata per staccarsi da terra. Come all’interno, prevale un senso di leggerezza e la luce si distribuisce tra le sculture che ornano le pareti esterne, con effetti che esaltano le forme di elementi architettonici come i portali e le grandi finestre.

Trascinati in un’altra dimensione Nel momento in cui si varca il portale e si entra in una chiesa gotica, gli occhi sono naturalmente portati verso l’alto. Gli archi a sesto acuto, lo slancio delle colonne che si prolungano in fasci di colonnine più piccole, l’altezza delle volte a crociera...: tutto costringe ad allontanare l’attenzione da ciò che sta in basso e a concentrarla su ciò che sta intorno e sopra di sé, in uno spazio che trascina in una dimensione superiore.

Cattedrale dei Santi Pietro e Maria

(navata centrale), 1248. Colonia.

Cattedrale di Notre-Dame (facciata), 1220. Amiens.

Cattedrale di Notre-Dame (abside),

1163-1344. Parigi.

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L’arco a sesto acuto Una caratteristica peculiare e sempre riconoscibile dell’architettura gotica è costituita dall’uso dell’arco a sesto acuto, che contribuisce ad aumentare l’effetto della verticalità e a slanciare l’intera struttura verso l’alto. Questo particolare tipo di arco è stato usato tanto negli edifici religiosi (chiese, monasteri ecc.) quanto in quelli civili, come i palazzi cittadini e i castelli (come vedremo nelle prossime pagine).

Ieri & Oggi

La tensione verso l’alto Nel corso della storia l’architettura ha espresso in modi diversi la tensione dell’essere umano verso l’alto. Se le chiese gotiche richiamano alla necessità di elevare il proprio spirito verso Dio, altri edifici dichiarano l’esigenza dell’essere umano a superare se stesso e a sfidare il cielo. Possiamo leggere così la sfida a realizzare edifici sempre più alti, dai primi grattacieli sorti negli Stati Uniti all’inizio del XX secolo fino al Burj Khalifa di Dubai, inaugurato nel 2010, che con i suoi 636 metri d’altezza (830 con le antenne) e i suoi 160 piani è oggi il grattacielo più alto del mondo. Guardandolo, è impossibile non pensare alle guglie tipiche delle architetture gotiche...

Cattedrale di Notre-Dame (guglie), XIII-XVI sec. Rouen.

Burj Khalifa, 2010, h 636 m. Dubai. Chiostro della Cattedrale della Beata Vergine Maria (archi a sesto acuto), XIII-XIV sec. Salisbury.

U5 - L’arte gotica

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Architettura

U5

2 Cattedrali con pareti di vetro Luce e leggerezza La presenza di ampie finestre rende l’architettura gotica molto leggera: non più muri pieni e quasi privi di aperture che con la loro pesantezza sembrano opprimere i fedeli, ma pareti che si aprono in magnifiche vetrate colorate. Questa leggerezza richiama la gioia e la felicità che derivano all’essere umano nel suo elevarsi verso Dio. I fasci di luce colorata che invadono le navate a tutte le ore del giorno ricordano la presenza luminosa di Dio che è vicino a ogni uomo.

Le finestre gotiche

Cattedrale di Notre-Dame, 1015-1439. Strasburgo. Iniziata nel 1015 in stile romanico, la chiesa è stata in seguito rimaneggiata fino a diventare uno dei capolavori dello stile gotico.

Le finestre che compaiono nell’architettura gotica – oltre al rosone – riprendono lo schema a bifora o a trifora già incontrato nell’architettura romanica, assumendo però la tipica forma ogivale, dovuta all’impiego dell’arco a sesto acuto. Nel corso dei secoli, la struttura delle finestre gotiche si è andata modificando e impreziosendo, come è possibile vedere dagli esempi riportati qui sotto. Le componenti ornamentali servivano anche a offrire una cornice alle vetrate rilegate a piombo utilizzate per chiudere le finestre. Rosone gotico

Bifora del XIII secolo

Trifora del XIV secolo

Trifora del XV secolo

Rosone del transetto, 1220 ca., vetro dipinto. Amiens, Cattedrale di Notre-Dame.

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Le vetrate La riduzione della superficie delle pareti in muratura nelle chiese gotiche limitò notevolmente lo spazio tradizionalmente destinato ai cicli pittorici della Biblia pauperum, che avevano lo scopo di istruire i fedeli. Questa funzione venne assunta dalle vetrate, che quasi sempre riportano scene dell’Antico e del Nuovo Testamento o delle vite dei santi. Le ampie finestre, oltre a favorire l’ingresso della luce nelle chiese, assolvevano anche l’importante compito di comunicare attraverso le immagini che vi erano dipinte i contenuti della fede. La loro realizzazione era frutto di un lavoro lungo e complesso, che richiedeva da parte degli artisti la stessa attenzione ai particolari e ai simboli impiegata per creare i quadri e gli affreschi. L’incoronazione di spine, 1242-1248, vetrata. Parigi, Sainte-

Chapelle. Il valore simbolico della luce, che filtrando dalle vetrate rimanda alla presenza luminosa di Dio, si unisce alla funzione didattica delle immagini rappresentate, dando vita a vere e proprie opere d’arte. Nelle vetrate della Sainte-Chapelle a Parigi, per esempio, sono raffigurati cicli iconografici che riproducono scene dell’Antico e, come questo, del Nuovo Testamento.

Carlo Magno con il vescovo Turpino e guerrieri, XII sec.,

Il peccato originale, 1242-1248, vetrata. Parigi, Sainte-

Chapelle. L’episodio è ispirato all’Antico Testamento.

vetrata. Chartres, Cattedrale di Notre-Dame. Le finestre illustrano anche soggetti che hanno a che fare con la storia della Francia e che hanno talvolta lo scopo di esaltare la dinastia regnante e le gesta dei sovrani.

U5 - L’arte gotica

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Leggere l’opera d’arte

Le vetrate gotiche della Sainte-Chapelle Uno scrigno di luce Nel 1241, circa un secolo dopo l’inizio dei lavori per la chiesa di Saint-Denis, il re di Francia Luigi IX (1214-1270) decise di fare costruire una grande cappella nel palazzo reale, dove custodire alcune reliquie che aveva acquistato dall’imperatore d’Oriente. Tra queste vi era la corona di spine posta sul capo di Gesù e un frammento della croce sulla quale morì. La cappella venne terminata nel 1248 e costituisce una delle espressioni più significative dell’architettura gotica. Strutturata su due livelli, la parte inferiore era destinata ad accogliere i nobili di rango più umile che abitavano nel palazzo, mentre quella superiore era utilizzata dai sovrani e dalla loro corte come cappella privata. Qui la volta azzurra, punteggiata di stelle color oro, è sostenuta da pilastri sottili che fanno come da intelaiatura alle vetrate alte fino a 15 metri che costituiscono le vere e proprie pareti dell’edificio. Entrando nella Sainte-Chapelle si ha l’impressione di essere letteralmente avvolti dalla luce e di trovarsi in una sorta di gigantesco scrigno di vetro colorato. Sulle 15 grandissime vetrate sono rappresentati ben 1134 episodi ispirati all’Antico e al Nuovo Testamento, mentre sul grande rosone della facciata (del diametro di 9 metri) sono raffigurate scene tratte dall’Apocalisse.

Abside della Sainte-Chapelle (interno), 1241-1248. Parigi, SainteChapelle. L’alta volta stellata della Sainte-Chapelle, sorretta dai sottili pilastri e dalle arcate a sesto acuto che fanno da cornice alle grandi finestre. In primo piano, la struttura destinata ad accogliere le reliquie della Passione di Gesù.

Un immenso reliquiario di vetro

Cappella inferiore della Sainte-Chapelle (interno),

1241-1248. Parigi, Sainte-Chapelle. La cappella inferiore presenta finestre di dimensioni ridotte: è quindi poco luminosa e il gioco di luci è assai limitato. Ha comunque un suo fascino per la brillantezza dei colori e dei costoloni dorati che mettono in evidenza le caratteristiche dell’architettura gotica.

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Il possesso delle reliquie portava fama e rispetto: per questo molti erano disposti a investire grosse somme per averle. Il re di Francia Luigi IX, che venne addirittura proclamato santo, spese per acquistare la corona di spine di Gesù ben 135 000 libbre d’oro: una cifra astronomica, soprattutto se si pensa che la costruzione dell’intera cappella destinata a ospitarla costò 40 000 libbre. Ad essa, poi, furono aggiunte altre reliquie della Passione di Gesù, acquistate per cifre inferiori, ma sempre molto alte. Durante la Rivoluzione francese la Sainte-Chapelle fu saccheggiata e molte reliquie disperse. La corona di spine è conservata tutt’oggi nella cattedrale parigina di Notre-Dame. Le vetrate originali, invece, si sono conservate intatte per l’80% circa, anche perché durante la Prima e la Seconda guerra mondiale vennero tolte e messe al sicuro. Seppure di dimensioni ridotte, anche all’esterno la Sainte-Chapelle esprime in maniera completa tutte le caratteristiche dell’architettura gotica, con i pinnacoli e la guglia che svetta sottile verso il cielo.


Approfondisci sul vol. Pag. 110

Anche tu artista

A

Realizza un rosone come nel Medioevo La realizzazione delle vetrate gotiche, vere opere d’arte, coinvolgeva diverse professionalità. Ecco illustrate le varie fasi di questa complessa lavorazione:

1 L’artigiano fabbricava lastre

2 I pittori disegnavano su un

3 Sui pezzi di vetro tagliati

di vetro di vari colori ruotando velocemente una bolla incandescente ottenuta dalla fusione nel forno della pasta di vetro.

cartone le immagini. Il bozzetto prevedeva che le figure fossero composte da pezzi di vetro di forme e colori differenti.

secondo il modello prefissato venivano dipinti i contorni e i dettagli delle figure con un impasto di colore grigio.

4 Una volta dipinti, i vetri venivano poi cotti in un forno, per rendere la pittura indelebile e resistente.

5 Dopo la cottura, i pezzi di vetro venivano uniti con listelli di piombo, saldati insieme per unire le giunture.

6 La vetrata così ottenuta veniva inserita in un telaio in ferro che aveva la stessa forma della finestra in cui sarebbe stata collocata.

Vuoi realizzare anche tu un rosone? Maneggiare il vetro è pericoloso, tagliarlo è difficile, rilegare i pezzi con il piombo è decisamente fuori della nostra portata, ma con altri strumenti e supporti potrai creare qualcosa di molto simile alle vetrate gotiche.

1 Procurati i seguenti materiali: carta velina di colori diversi, uno o più fogli da disegno, cartoncino nero, un pastello di colore bianco, una matita, un paio di forbici, taglierino, colla.

2 Su un foglio da disegno con la matita disegna la decorazione di un rosone (misura del raggio 16 cm), seguendo le indicazioni della simmetria radiale dividi il cerchio in sei spicchi, quindi decorane uno.

4 Elimina con le forbici le parti che dovranno contenere il «vetro». Incolla la carta velina colorata sul retro del cartoncino, in corrispondenza delle sagome che hai ritagliato.

3 Tracopia su carta da lucido il disegno dello spicchio e riportalo sul cartoncino nero per sei volte in modo tale che il motivo sia ripetuto ritmicamente su tutte le parti del rosone. 5 Otterrai così un pannello che, applicato a una finestra, darà un effetto simile a quello delle vetrate gotiche!

U5 U5- -L’arte Arte gotica

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Architettura

U5

3 Il Gotico

in Italia

Più spazio e meno verticalità Dalla Francia, lo stile gotico si diffuse rapidamente in tutta l’Europa centrosettentrionale, in Inghilterra, nella Penisola iberica e in Italia, dove fu usato inizialmente nelle abbazie dei monaci cistercensi (originari della Francia) e poi adottato dai nuovi ordini mendicanti, domenicani e francescani. In Italia il Gotico assunse caratteristiche in parte diverse da quelle delle chiese francesi e tedesche, anche a motivo della permanenza dei modelli della tradizione classica. In particolare, le chiese italiane: • sono meno slanciate verso l’alto e mostrano maggiore equilibrio nel rapporto fra altezza e larghezza, talvolta con il ricorso alla navata unica, che produce un senso di maggiore spazialità; • hanno grandi finestre decorate con vetrate policrome, ma di dimensioni ridotte rispetto a quelle del Gotico francese, e conservano anche ampie superfici murarie, occupate da cicli pittorici; • dimostrano maggiore sobrietà nelle decorazioni.

Cattedrale di Santa Maria Assunta (facciata), 1310-1330 ca. Orvieto.

Una grande varietà di stili Naturalmente non mancano eccezioni rispetto a queste caratteristiche e occorre tenere presente che il nuovo stile in Italia varia molto a seconda delle diverse regioni e dei differenti periodi. Esemplare è il confronto tra le foto in questa pagina. Accanto alla sobrietà dell’abbazia cistercense di Fossanova, uno tra i primi esempi di Gotico italiano, troviamo la ricchezza del duomo di Orvieto, considerato uno dei capolavori più significativi di questa tendenza architettonica.

Abbazia di Fossanova (interno), XII-XIII sec. Priverno.

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Palazzi e castelli In Italia il Gotico ha trovato espressione non solo nelle chiese ma anche nei palazzi pubblici e nei castelli. A partire dall’inizio dell’XI secolo nella penisola rifiorirono i centri urbani e soprattutto nel Nord e nel Centro si andarono costituendo i Comuni, il cui simbolo diventò proprio il palazzo pubblico, centro del potere politico e luogo nel quale veniva amministrata la giustizia. Al suo interno ampi saloni ospitavano le riunioni dei diversi consigli e le assemblee pubbliche, trovavano posto uffici e persino appartamenti privati destinati ad accogliere il podestà, il priore o altri magistrati cittadini. Si tratta quindi di edifici complessi, nei quali si sviluppano moduli architettonici diversi a seconda delle funzioni degli ambienti: saloni con soffitti altissimi, stanze di dimensioni modeste con volte a crociera piuttosto basse... Le regioni meridionali, invece, rimasero estranee all’esperienza comunale, ma conobbero la fioritura di un’espressione del Gotico del tutto originale nei numerosi castelli fatti costruire da Federico II di Svevia, tra i quali il più famoso è Castel del Monte, in Puglia.

Palazzo Pubblico, 1297-1310 ca. Siena. Questo Palazzo è una delle espressioni più riuscite del Gotico italiano applicato all’architettura civile.

Duomo di Santa Maria Nascente, 1386-1892. Milano. La facciata del Duomo di Milano venne completata solo nel 1813. Per questo motivo, oltre allo stile gotico, reca anche tracce dei successivi stili neoclassico e persino barocco.

Castel del Monte (ingresso), 1240 ca. Andria. Nel portale e nella finestra che lo sovrasta sono individuabili alcune caratteristiche tipiche dello stile gotico.

U5 - L’arte gotica

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Scultura

U5

4 La scultura: riemerge

la figura umana

Accolti da angeli e santi Entrare in una chiesa gotica, dunque, è un invito a elevare l’anima verso Dio. Perché questa «elevazione» non sembri impossibile, è importante che ciascuno sia consapevole di non essere solo, ma «accompagnato» da chi ha già compiuto lo stesso cammino. È per questo che i portali delle chiese gotiche sono ornati con sculture di angeli, santi, personaggi dell’Antico e del Nuovo Testamento che accolgono i fedeli al loro ingresso, facendoli sentire parte di una comunità che già vive presso Dio. A volte sono anche raffigurati episodi della vita di Cristo, oppure anche rappresentazioni del Giudizio universale... Tutto deve servire a introdurre in uno spazio pervaso dal divino.

I re e le regine d’Israele, 1145-1155 ca.,

rilievi. Chartres, Cattedrale di Notre-Dame. Le figure sembrano essere parte delle colonne, schiacciate contro di esse, quasi prive di rilievo. Le forme umane risultano appena accennate, coperte da abiti anch’essi ridotti a increspature della pietra, e sono prive di espressione.

La figura ritrovata Nei portali delle cattedrali gotiche, come pure nelle nicchie dei palazzi, le sculture risultano essere un elemento importante. Tuttavia, a differenza di quanto accadeva in precedenza con lo stile romanico, le figure acquistano una maggiore autonomia rispetto ad altre componenti architettoniche: si staccano dalle colonne e, anche quando sono addossate a una parete, non sono più parte integrante della struttura. Questo attribuisce alle sculture gotiche una maggiore plasticità: si riscoprono dettagli anatomici e riemerge l’armonia delle forme. L’esempio più noto che permette di visualizzare questa differenza è il confronto fra il gruppo scultoreo I re e le regine d’Israele, su una facciata in stile romanico della cattedrale di Chartres, e l’Annunciazione e la Visitazione nello strombo del portale maggiore della cattedrale di Reims. Portale centrale della facciata, 1220 ca. Amiens, Cattedrale di Notre-Dame.


Gli abiti rivelano il corpo Un ulteriore richiamo alla tradizione classica è evidente nell’importanza che viene nuovamente data ai panneggi delle vesti, che vengono usati dagli scultori per rivelare le forme del corpo, accompagnandone e sottolineandone i movimenti.

Giovanni Pisano, Madonna col Bambino

Annunciazione, 1230 ca., rilievi. Reims, Cattedrale di Notre-Dame. Nelle statue di Reims, le figure acquistano spessore e si staccano dalle colonne mostrando anche nei tratti dei volti una personalità e una fisionomia precisa.

(detta anche Madonna della cintola), 1312 ca., marmo, h 69 cm. Prato, Cattedrale di Santo Stefano. Nella Madonna col Bambino di Giovanni Pisano conservata nel duomo di Prato, madre e figlio sembrano quasi giocare. Alla fluidità dei movimenti si accompagna anche una più marcata espressività nei volti: resta ben poco della rigidità tipica dei modelli bizantini, rimasti ancora per tanto tempo in uso anche nell’arte romanica.

Anche gli angeli sorridono I volti delle statue gotiche tornano ad avere uno sguardo. Rispetto alle sculture romaniche, che proprio nei volti mostravano una certa fissità e una ieraticità impenetrabile, il Gotico imprime una nuova vitalità nelle espressioni e nei gesti.

Competenti in arte

Angeli, 1225-1250 ca., rilievi. Reims, Cattedrale di Notre-Dame, facciata occidentale. Sulla facciata della Cattedrale di Reims compaiono persino angeli sorridenti, scolpiti all’inizio del XIII secolo, che sembrano volere incoraggiare a una visione più gioiosa della fede. Tra quelli che vediamo riprodotti qui, quello a sinistra sembra quasi ammiccare divertito, mentre in quello a destra è possibile notare il particolare dei denti che si intravedono attraverso le labbra socchiuse.

Cerca nel libro le immagini delle sculture dell’Età classica greca e romana e trova elementi di somiglianza con le sculture gotiche che vedi su queste pagine. Q uali elementi tra quelli che gli scultori gotici volevano riprendere dalla tradizione classica ti paiono meglio riusciti a partire da queste immagini?

U5 - L’arte gotica

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Da Antelami a Pisano: corpi in movimento La scultura gotica si caratterizza, oltre che per una maggiore attenzione all’anatomia dei corpi e all’espressività delle figure, anche per la dinamicità delle forme. Il passaggio al nuovo stile è stato graduale ed è avvenuto nel corso di più anni. Diversa, per esempio, è la Deposizione di Benedetto Antelami (1150-1230), che si trova nella Cattedrale di Parma, dalla Crocifissione di Giovanni Pisano (1250-1315), scolpita nel Pulpito della Chiesa di Sant’Andrea a Pistoia.

La ripresa dei modelli classici Tutti gli elementi della scultura gotica sottolineati fin qui suggeriscono una ripresa dei modelli classici. Per questo motivo i volti paiono ispirati al realismo della ritrattistica romana, segnati però da una maggiore espressività: mostrano talvolta gioia (come nel caso degli angeli di Reims), altre volte inquietudine, stupore... Anche il movimento si inserisce in questa dinamica e contribuisce a comunicare sentimenti. È il caso, per esempio, del senso di rapimento che non solo il volto, ma anche la posizione dei corpi riesce a trasmettere nel Monumento funebre a Margherita di Brabante di Giovanni Pisano.

Benedetto Antelami, Deposizione, 1178, marmo, 110 × 230 cm. Parma, Cattedrale di Santa Maria Assunta. Con Antelami siamo agli esordi dello stile gotico: le figure sono segnate da una certa rigidità e i dettagli anatomici risultano ancora molto trascurati; emerge però già una più attenta ricerca nella definizione dei panneggi delle vesti e nella resa dei movimenti. È interessante, per esempio, sulla destra, la personificazione della religione ebraica alla quale un angelo china a forza la testa in segno di sottomissione di fronte a Gesù.

Giovanni Pisano, Crocifissione (particolare

del Pulpito), 1300 ca., marmo. Pistoia, Chiesa di Sant’Andrea. Giovanni Pisano scolpisce una scena densa di movimento ed è attento alla plasticità dei corpi chiaramente riconducibile ai modelli classici.

Giovanni Pisano, Monumento funebre a Margherita di Brabante, 1313-1314, marmo, 150 cm ca. Genova, Museo di Sant’Agostino.

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CuriosArte

Arte e cartoni animati Non tutti sanno che il famoso regista e creatore di cartoni animati Walt Disney (1900-1966) era un buon conoscitore della Storia dell’arte. Quando era sedicenne si iscrisse all’Art Insitute of Chicago, dove frequentò alcuni corsi. In seguito, questa sua passione per l’arte divenne una fonte di ispirazione per molte delle sue opere, tra queste, il film Biancaneve e i sette nani, del 1937. Nel film la figura della regina Grimilde riproduce in maniera abbastanza precisa la statua di Uta di Ballenstedt, vissuta fra il 1000 e il 1046, ritratta insieme al marito nella cattedrale di Naumburg, in Germania. Curiosamente, come la regina cattiva di Biancaneve che nella favola si trasforma in una strega, anche Uta fu accusata di stregoneria. Nonostante le sue nobili origini fu sottoposta a processo: risultò innocente e scampò al rogo, ma la sua storia fu sempre avvolta da un alone di mistero.

La Regina Grimilde, 1937, fotogramma del film d’animazione Biancaneve della Walt Disney.

Maestro di Naumburg, Uta di Ballenstedt,

Quasimodo con Esmeralda, 1996, fotogramma dal film d’animazione Il gobbo di Notre-Dame della Walt Disney.

Eugène Viollet-le-Duc, Chimère, metà XIX sec., pietra. Parigi, Cattedrale di Notre-Dame.

1260 ca., arenaria dipinta. Naumburg, Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo.

Il riferimento al mondo dell’arte è rimasto una caratteristica nei film della Walt Disney anche in tempi recenti. Nel Gobbo di Notre-Dame, del 1996, il protagonista Quasimodo vive tra le guglie della cattedrale e ha come amici tre simpatici e litigiosi gargoyles, con i quali intavola divertenti discussioni riguardanti le sue vicende sentimentali... I gargoyles sono sculture che raffigurano personaggi fantastici, spesso di fattezze mostruose, che ornano le cattedrali gotiche e che talvolta si rifanno alla tradizione dei bestiari medievali. Nella Cattedrale di Notre-Dame i gargoyles sono numerosi, alcuni hanno funzione di doccione per lo scarico delle grondaie, altri invece sono semplicemente elementi ornamentali. Non tutti, però, sono originali. La grande maggioranza di essi è stata aggiunta nel XIX secolo, durante un’operazione di restauro della chiesa seguita dall’architetto Eugène Viollet-le-Duc. Quindi, nell’epoca medievale in cui è ambientato Il gobbo di Notre-Dame, i suoi amici gargoyles non potevano ancora esserci a fargli compagnia...

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Leggere l’opera d’arte

I pulpiti di Nicola e Giovanni Pisano In Italia Nicola Pisano (1220-1284) e suo figlio Giovanni (12481315) furono i principali interpreti della scultura gotica. A Nicola, in particolare, si deve la fusione del nuovo stile gotico con gli elementi tipici della tradizione classica: alla sua scuola si formò, oltre a Giovanni, anche un altro protagonista del Gotico italiano, Arnolfo di Cambio (1240-1310). Nicola e Giovanni hanno lasciato testimonianze eccezionali della loro arte, tra le quali due pulpiti, uno nel battistero di Pisa e un altro nella Chiesa di Sant’Andrea a Pistoia.

Simili ma diversi I due pulpiti, realizzati a 40 anni di distanza l’uno dall’altro, sono molto simili, sia per le dimensioni sia per la forma, come pure identiche sono le scene ritratte nei pannelli della balaustra. Si differenziano invece per lo stile: quello di Nicola appare più sobrio e misurato, mentre quello di Giovanni è percorso da una maggiore dinamicità.

Nel pulpito di Nicola i pannelli della balaustra sono chiusi tra sottili colonne in marmo colorato, mentre in quello di Giovanni gli spigoli ritraggono figure di profeti e sibille. I basamenti di 4 delle 7 colonne che reggono il pulpito di Nicola riproducono leoni che appaiono statici, mentre nell’opera di Giovanni queste figure (sempre 4 su 7) si differenziano e assumono posizioni e movimenti diversi: • un leone che azzanna un cavallo, simbolo della vittoria di Gesù sull’Anticristo; • una leonessa che allatta i piccoli, simbolo della Chiesa che accoglie e nutre i fedeli più poveri; • una statua raffigurante Adamo piegato dal peso della colonna, come l’uomo è piegato dai suoi peccati; • al centro un gruppo raffigurante un’aquila (simbolo della vittoria del bene sul male), un leone alato (simbolo della risurrezione di Cristo) e un grifone (simbolo della doppia natura umana e divina di Gesù).

Nicola Pisano, Pulpito, 1255-

1260, marmo, h 350 cm. Pisa, Battistero di San Giovanni.

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Giovanni Pisano, Pulpito, 1298-1301, marmo, h 455 cm. Pistoia, Chiesa di Sant’Andrea.


Natività a confronto I pulpiti di Nicola e Giovanni Pisano presentano entrambi nella balaustra esagonale cinque pannelli scolpiti in altorilievo con i medesimi soggetti: Natività, Adorazione dei Magi, Strage degli innocenti, Crocifissione e Giudizio universale. I pannelli sono simili anche nell’impianto e nella rappresentazione delle figure, ma presentano alcune differenze di stile: le sculture di Nicola, anche se ormai chiaramente influenzate dal Gotico francese,

Maria esprime stupore e indica se stessa con un moto di incredulità di fronte all’annuncio dell’angelo. Entrambe le figure appaiono solenni e monumentali.

In basso è raffigurato il bagno a Gesù Bambino. Il Bambino, di cui sono andate perdute la parte superiore del busto e la testa, è seduto dentro la tinozza in una posizione tipica di un ragazzino più grande.

Nella parte di destra è raffigurato l’annuncio degli angeli ai pastori: gli angeli di Nicola sono quasi statici nella loro compostezza e anche i pastori rivelano movimenti piuttosto rigidi.

Maria sembra quasi ignorare il Bambino ed è ritratta come una matrona romana elegantemente coricata su un triclinio. L’espressione del volto appare forse un po’ distaccata.

Nicola Pisano, Natività (pannello del Pulpito), 1257-1260, marmo. Pisa, Battistero di San Giovanni.

appaiono più rigide e statiche rispetto a quelle di Giovanni, che lascia maggiore spazio all’espressione dei sentimenti e a gesti improntati a maggiore naturalezza. Possiamo cogliere queste differenze confrontando i pannelli della Natività. Entrambi illustrano quattro momenti diversi: a sinistra l’annunciazione, al centro la nascita di Gesù, a destra l’annuncio degli angeli ai pastori, alla base il bagno del Bambino.

I personaggi di Giovanni sono meno maestosi e più espressivi: l’angelo ha gesti contenuti, mentre Maria si ritrae timorosa di fronte all’annuncio.

Gli angeli esprimono un gran movimento, che viene ripreso anche dai pastori.

Giovanni raffigura il Bambino proprio come un neonato, sia nelle proporzioni sia nella posizione, sorretto dalla donna che con l’altra mano controlla la temperatura dell’acqua, compiendo un gesto familiare e spontaneo.

Maria è ritratta in un modo che al tempo stesso esprime la fatica di sollevarsi (la mano destra afferra un lembo del manto che la copre quasi per prendere forza) e la cura nei confronti del Bambino, che con la mano sinistra sembra accarezzare e coprire.

Giovanni Pisano, Natività (pannello del Pulpito), 1298-1301, marmo. Pistoia, Chiesa di Sant’Andrea.

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Pittura

U5

5 La pittura: Cimabue, l’innovatore

Alla ricerca della profondità

Ricerca anatomica e sfumature

Sappiamo poco intorno alla vita di Cimabue, il cui vero nome era Cenni di Pepo (o Bencivieni di Giuseppe). Nacque intorno al 1240 e si formò a Firenze, dove svolse gran parte della sua attività. Fu però chiamato a dipingere anche ad Arezzo, ad Assisi, a Roma e a Pisa. La prima opera di Cimabue giunta fino a noi è il crocifisso della Chiesa di San Domenico ad Arezzo, dipinto in un periodo compreso tra il 1265 e il 1270. Fin da subito la sua pittura appare innovativa, prendendo le distanze dalla tradizione bizantina, che irrigidiva le figure appiattendole sulla tavola in una imperturbabilità quasi senza espressione. I personaggi delle opere di Cimabue sembrano «veri», hanno volume, sono inseriti in uno spazio dove è evidente la ricerca della profondità e fanno trasparire dai volti e dai gesti sentimenti ed emozioni che vengono comunicate a chi guarda.

Le figure dipinte da Cimabue rivelano anche una scrupolosa ricerca anatomica. Questo particolare è visibile soprattutto nei crocifissi, dove si assiste a un’evoluzione nella definizione dei dettagli grazie all’uso delle sfumature. In queste opere il volto di Cristo appare segnato da una grande sofferenza e anche il corpo sembra torcersi per il dolore: tutti particolari assenti nell’iconografia bizantina.

Cimabue, Maestà di Santa Trinità, 1280-1290, tempera su

tavola, 425 × 243 cm. Firenze, Galleria degli Uffizi. La Maestà di Santa Trinità rivela la ricerca di profondità. La Madonna con il Bambino è seduta su un trono che ha una spiccata struttura tridimensionale, accentuata dall’uso del semicerchio. La posizione degli angeli – disposti anch’essi in modo semicircolare – delinea diversi piani spaziali e rafforza il senso della profondità. La figura della Vergine, che appoggia i piedi su due diversi gradini del trono, suggerisce spazialità e movimento; lo stesso effetto è dato dalla posizione dei piedi del Bambino, collocati anch’essi su due piani differenti. Il trono poggia su tre nicchie che, a loro volta, si trovano in una posizione leggermente avanzata rispetto ad esso e che acquistano maggiore profondità grazie alle quattro figure di profeti poste al loro interno.

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Cimabue, Crocifisso (qui fotografato prima

dell’alluvione del 1966), 1280 ca., tempera su tavola, 448 × 390 cm. Firenze, Museo dell’Opera di Santa Croce. Nel Crocifisso della Chiesa di Santa Croce è possibile notare, oltre alle espressioni di sofferenza che segnano i volti, la precisione nelle proporzioni e un tratto estremamente delicato. I dettagli anatomici sono sottolineati da sfumature che ammorbidiscono molto la figura e accentuano il senso di profondità. Il chiaroscuro è usato sapientemente anche nel panneggio del velo che circonda la figura di Gesù, che in alcuni punti risulta quasi trasparente.


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Approfondisci sul vol. Pag. 92

Anche tu artista

Dipingi su tavola come Cimabue

Cimabue, Madonna col Bambino in trono circondata dagli angeli, 1280 ca., tempera su tavola, 424 × 276 cm. Parigi, Musée du Louvre.

Nel dipinto riprodotto a lato, Cimabue ha fatto uso di una tecnica pittorica molto frequente nelle botteghe artistiche medievali: la tempera su tavola. Queste lavorazioni erano eseguite nelle botteghe, vere e proprie scuole dove lavoravano numerosi artigiani e apprendisti. In ogni caso, al maestro erano riservate, oltre alla stesura del progetto, le operazioni più importanti da svolgere nella realizzazione del dipinto. Il supporto ligneo veniva preparato utilizzando pezzi di stoffa leggerissima, fissata alla tavola con vari strati di gesso e colla, così da ottenere una superficie abbastanza elastica. Successivamente, dopo aver reso liscio il gesso, si disegnava il soggetto con un carboncino. Nel frattempo, altri collaboratori preparavano i pigmenti di colori diversi, macinando le tinte in appositi mortai. L’artista, dopo aver dipinto la tavola, provvedeva alla doratura. Stendeva le foglie d’oro sulle parti prima preparate con il bolo (colore rosso che serviva da base), infine venivano realizzati i particolari e i ritocchi con leggere e precise pennellate di colore.

Ora prova anche tu a dipingere su tavola.

1 Procurati i seguenti materiali:

2 Stendi uno strato di cementite

3 Disegna, con un leggero tratto a

tavoletta di compensato, cementite, carta vetrata, matita, colori a tempera, vari pennelli, colore oro, fissativo.

sulla tavola di compensato e, quando è asciutta, leviga la superficie con carta vetrata.

matita, il tuo soggetto (puoi inventarlo o riprendere un particolare da un dipinto di Cimabue).

4 Passa ora su tutto il disegno un leggero strato di tempera diluita.

5 Colora il disegno creando effetti di chiaroscuro (pensa al punto da cui proviene la luce e utilizza sempre questo riferimento).

6 Impreziosisci il soggetto dipingendo lo sfondo con una tempera color oro, quindi definisci i contorni e i particolari con un pennello sottile. A lavoro ultimato, spruzza uno strato di fissativo brillante, che donerà lucentezza al dipinto.

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Pittura

U5

6 Giotto: natura, spazio

e sentimenti

Giotto impara la lezione di Cimabue Le innovazioni introdotte da Cimabue sono state recepite pienamente dal suo allievo più famoso, Giotto di Bondone (1267 ca.-1336). Poco più che ventenne, Giotto dipinse un crocifisso per la chiesa fiorentina di Santa Maria Novella, nel quale alcuni particolari spingono ancora più in là gli elementi di novità appresi dal maestro. Giotto è considerato il più grande pittore italiano del periodo gotico e la sua opera ha influenzato in maniera decisiva gli artisti anche nei secoli successivi. Giotto, Crocifisso, 1290-1295, tempera e oro su tavola, 578 × 406 cm. Firenze, Chiesa di Santa Maria Novella. Il Cristo di Giotto appare ancora più realistico di quello di Cimabue: le proporzioni sono più precise e le braccia, non più perfettamente allineate ai bracci della croce, fanno intuire il peso del corpo che sprofonda in avanti e verso il basso come appare dalla curvatura dell’addome ottenuta con l’uso delle sfumature. Il corpo di Cristo è completamente abbandonato nella sofferenza, in una posa del tutto naturale.

CuriosArte

Quando l’allievo supera il maestro Giotto entrò come apprendista nella bottega di Cimabue ancora ragazzo. Sull’incontro fra il pittore ormai famoso e il suo allievo sono state tramandate diverse storie, in parte frutto della leggenda. Lo scultore Lorenzo Ghiberti, per esempio, racconta che un giorno Cimabue, passeggiando nei pressi di Firenze, vide un ragazzino che disegnava una pecora su una pietra. La pecora era ritratta in modo tanto accurato che Cimabue ne rimase colpito e si offrì di prenderlo con sé per insegnargli a dipingere. Probabilmente l’episodio è frutto della fantasia, ma vero è che Giotto, nella bottega di Cimabue, rivelò uno straordinario talento e in pochi anni non solo si rese autonomo dal maestro, ma lo superò in bravura. Ad attestare questo vero e proprio «sorpasso» è anche Dante Alighieri, il quale nel Canto XI del Purgatorio (dove egli colloca Cimabue, tra i superbi), ai versi 94-96 scrive:

Credette Cimabue ne la pittura tener lo campo, e ora ha Giotto il grido, sì che la fama di colui è scura. Insomma, forse non è proprio vero che Giotto ha oscurato la fama di Cimabue, ma è certo che l’allievo ha superato il maestro.

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Stampa che illustra Cimabue mentre osserva Giotto che disegna una capra. Londra, Mary Evans Picture Library.


Ritratto d’artista nome Giotto di Bondone nato nel 1267 ca. a Colle di Vespignano (FI) morto nel 1337 a Firenze attività pittore e architetto Fu grande perché...

. ..partendo dalla rottura con l’arte bizantina operata dal suo maestro Cimabue, seppe rinnovare profondamente la pittura italiana, all’insegna di una rappresentazione più fedele alla realtà. Con un sapiente uso del colore conferì volume ai corpi, con la prospettiva intuitiva suggerì la profondità dello spazio e con l’attenzione alla gestualità e all’espressione dei volti comunicò la psicologia dei personaggi.

Giotto, Cappella degli Scrovegni (veduta dell’interno dall’altare verso la controfacciata), 1303-1305, affresco, 30 × 8,5 × 12,5 m. Padova.

I grandi cicli pittorici: laboratori di novità Come abbiamo avuto modo di vedere, le chiese gotiche in Italia mantennero ampie superfici murarie, a differenza di quelle che è possibile trovare in gran parte del resto d’Europa. Su di esse continuarono a essere dipinti grandi affreschi, che impegnarono i migliori artisti dell’epoca e le loro scuole. Per questo, proprio l’Italia può essere considerata il luogo di maggiore fioritura della pittura gotica e i grandi cicli pittorici di Assisi (Basilica Superiore di San Francesco), Padova (Cappella degli Scrovegni) e Firenze (Santa Croce, Cappella Peruzzi) costituiscono un vero e proprio «laboratorio» di idee e di novità introdotte da Giotto nel linguaggio pittorico.

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Basilica Superiore di San Francesco (interno), XII sec. Assisi. L’arco a sesto acuto tipico del Gotico francese si accompagna a vetrate di dimensioni piuttosto contenute e a pareti sulle quali trovano spazio i cicli pittorici dipinti da Giotto.

Rappresentare la realtà Uno dei tratti principali della pittura di Giotto è la capacità di rappresentare in maniera fedele la realtà. Questo accade sia quando si tratta di raffigurare gli esseri umani (per i quali è posta sempre grande attenzione ai dettagli anatomici delle figure, agli abiti, alle espressioni dei volti e alla gestualità), sia nella riproduzione dei paesaggi (dove la natura viene rappresentata con grande realismo) o dei contesti cittadini, in cui è facile riconoscere anche edifici tutt’oggi esistenti. Esempi di come Giotto si sforzasse di ritrarre in maniera precisa e puntuale i paesaggi sono i primi due affreschi che compongono il ciclo della vita di san Francesco, nella Basilica Superiore di Assisi, proposti in queste pagine.

Giotto, Omaggio di un uomo semplice,

1290-1295 ca., affresco, 230 × 270 cm. Assisi, Basilica Superiore di San Francesco. Assisi è perfettamente riconoscibile nella descrizione puntuale dei palazzi e del tempio di Minerva. I personaggi sono ritratti con una particolare attenzione alle vesti, che testimoniano la moda del tempo.

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Giotto, Il dono del mantello, 1290-

1295 ca., affresco, 230 × 270 cm. Assisi, Basilica Superiore di San Francesco. In questo affresco colpisce non solo il realismo con cui viene raffigurato il paesaggio, ma anche la precisione con cui è riprodotto il cavallo, dipinto nell’atto di abbassare il capo per brucare l’erba.

Le figure riprendono volume Nell’impegno teso a rappresentare in modo fedele la realtà, anche il volume dei corpi e degli ambienti vengono resi con una cura particolare. Le figure e gli oggetti non appaiono più come schiacciati e ridotti alle due dimensioni di altezza e larghezza, ma acquistano profondità e si inseriscono in spazi più proporzionati. Le figure dipinte da Giotto mostrano volumi quasi scultorei, sottolineati dai panneggi delle vesti e dalla posizione del corpo. Giotto, Nozze di Cana, 1303-1305,

affresco, 200 × 185 cm. Padova, Cappella degli Scrovegni. Nella scena delle Nozze di Cana la sposa, ritratta al centro, pare davvero una statua nella sua plasticità. Il maestro di tavola che assaggia il vino è reso in tutta la rotondità del suo fisico, curiosamente simile alle anfore che stanno davanti a lui.


Spazio ai sentimenti La resa psicologica dei personaggi è sicuramente un altro aspetto fondamentale dell’opera di Giotto, al quale abbiamo già accennato ma che merita di essere ripreso e sottolineato, anche perché è bene notare che per raggiungere il suo obiettivo egli non si limita soltanto a definire le espressioni dei volti, ma coinvolge

tutta la persona e la sua collocazione nello spazio. In questo modo, l’organizzazione stessa dello spazio, la composizione dei contesti nei quali si collocano i personaggi, l’uso delle diverse tonalità di colore sono concepiti in maniera da descrivere e trasmettere sentimenti ed emozioni.

Giotto, Compianto sul Cristo morto, 1303-1305, affresco, 200 × 185 cm. Padova, Cappella degli Scrovegni. Nel Compianto sul Cristo morto, Giotto mette in campo un campionario di gesti, espressioni, posizioni differenti, tesi tutti a rimarcare la drammaticità dell’evento. Anche l’essenzialità del paesaggio circostante contribuisce a dare spazio alla manifestazione intensa del dolore per la morte di Gesù.

Competenti in arte Confronta le opere di Giotto che trovi in questa lezione con quelle dell’arte bizantina (pp. 112-117). Elenca qui di seguito le differenze che riesci a cogliere rispetto a:

• p rofondità: • v olume dei corpi: • a derenza alla realtà:

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• c olori: • e spressività delle figure:

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Leggere l’opera d’arte

Il bacio di Giuda Nella Cappella degli Scrovegni, tra gli episodi che illustrano gli ultimi momenti della vita di Gesù, Giotto ha affrescato anche quello della sua cattura. Il pittore ha come «fotografato» il momento nel quale Giuda accosta il proprio volto a quello di Gesù per baciarlo. Intorno a loro, una folla di persone si agita compiendo gesti a tratti scomposti, che sottolineano la drammaticità del momento.

Le espressioni dei volti, la posizione e i gesti dei diversi personaggi, l’uso dei colori e degli effetti di chiaroscuro: tutto contribuisce a mettere in evidenza i sentimenti e le emozioni dei protagonisti della scena. Gli sguardi sono concentrati sul gesto che Giuda sta per compiere: tutti sono ripresi di profilo, oppure addirittura di schiena e obbligano anche l’osservatore a fare convergere la propria attenzione sui due protagonisti.

I volti di Gesù e Giuda si trovano al centro della composizione. Lo sguardo di Gesù è intenso e sereno e punta direttamente negli occhi di Giuda. Giuda invece appare con il volto deformato e i suoi occhi solo in apparenza puntano quelli di Gesù. In realtà il suo sguardo sembra perso nel vuoto.

Le torce illuminano da dietro la persona di Giuda e la luce si riflette sul suo mantello creando un effetto di chiaroscuro che dà volume a tutta la sua figura.

I bastoni che vengono agitati in alto rivelano il movimento del folto gruppo di soldati di cui si vedono solo gli elmi scuri.

Un uomo suona il corno: è un particolare che non è narrato nei Vangeli. Il corno era usato per chiamare a raccolta il popolo in momenti importanti.

Pietro con un coltello taglia l’orecchio al servo del sommo sacerdote, Malco.

Un uomo, ripreso di spalle, trattiene per il mantello un personaggio fuori campo, probabilmente uno degli apostoli che sta tentando di fuggire.

Giotto, Il bacio di Giuda, 1303-1305, affresco, 200 × 185 cm. Padova, Cappella degli Scrovegni.

Il mantello di Giuda si apre fino a contenere quasi tutta la persona di Gesù, che ne risulta avvolto. I due personaggi sembrano isolati dal resto della scena.

Caifa, il sommo sacerdote, collocato in primissimo piano, indica Giuda e Gesù. Il gesto è indirizzato sia ai soldati, che devono arrestarlo, sia a chi guarda il dipinto.

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Cittadinanza

Assisi, la Basilica Superiore e altri siti francescani

Basilica di San Francesco (esterno), 1171-1255. Assisi. Assisi, già definita da papa Giovanni Paolo II «Capitale della pace e del dialogo», è una meta obbligata per tutti coloro che vogliono immergersi in una realtà in cui fede e arte si fondono intimamente. Il fascino di questo antico borgo viene espresso in maniera particolare dalla Basilica di San Francesco, senza dimenticare tuttavia gli altri numerosi siti francescani. Il complesso della basilica, all’interno del quale hanno lavorato i più grandi artisti del Trecento, è composto da due chiese sovrapposte: quella Inferiore, che risale al 1228-1230, e quella Superiore, realizzata fra il 1230 e il 1253. Proprio quest’ultima contiene il ciclo degli affreschi giotteschi, che narrano la vita del santo di Assisi. Sotto alla chiesa Inferiore si trova la cripta, costruita dopo il ritrovamento (nel 1818) della tomba di san Francesco, nascosta nella roccia. Nel 1300 furono aperte tre cappelle sulla parete settentrionale della Basilica Inferiore, per contenere sepolture di nobili ed esponenti del clero, tra cui la Cappella della Maddalena, anch’essa affrescata da Giotto. A 4 km dalla Basilica di San Francesco, all’interno della Chiesa di Santa Maria degli Angeli, si trova il piccolo santuario della Porziuncola, così chiamato perché sorgeva su una limitatissima porzione di terreno. La piccola chiesa, originaria del IV secolo, fu restaurata dallo stesso Francesco nel 1200 e qui il santo volle essere portato quando sentì avvicinarsi il momento della fine.

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La Porziuncola, IV sec. d.C. Assisi, Basilica di Santa Maria degli Angeli.

Giotto, Noli me tangere (particolare), 1307-1308, affresco. Assisi, Basilica Inferiore, Cappella della Maddalena. Il titolo dell’affresco (in latino) si riferisce alle parole rivolte da Gesù risorto a Maria Maddalena: «Non trattenermi...».


Valorizzare il patrimonio Nel 1997, dopo il terribile terremoto che arrecò gravissimi danni al complesso di Assisi, da tutto il mondo furono inviate donazioni per consentire di mettere in sicurezza e restaurare le parti lesionate dal sisma. La volta della Basilica Superiore era sfigurata da due enormi squarci, che avevano distrutto circa 180 m2 di affreschi risalenti alla fine del Duecento. I tecnici delle Soprintendenze, in collaborazione con i restauratori dell’Istituto Centrale del Restauro di Roma, unitamente a tantissimi volontari, attuaro-

no il cosiddetto «Cantiere dell’utopia». Lo sforzo straordinario e i risultati conseguiti in breve tempo furono eccezionali. Infatti nel 1999, prima dell’inizio del Giubileo del 2000, i lavori erano stati conclusi, grazie anche all’uso di tecnologie avanzatissime, che riportarono la volta all’antico splendore. Le immagini, ricostituite recuperando con infinita pazienza e professionalità tutti i frammenti, sono state ricollocate al loro posto. Contemporaneamente, con un’apposita gomma è stata ripulita tutta la superficie affrescata, eliminando la spessa patina di polvere che vi si era depositata e ridonando ai dipinti l’originale colorazione.

CuriosArte

Un demone nella nuvola Da secoli turisti e studiosi di arte visitano e ammirano gli affreschi giotteschi della Basilica Superiore di Assisi. Solo pochi anni fa, nel 2011, la storica Chiara Frugoni ha però notato un particolare abbastanza curioso. Nella ventesima scena che illustra la vita di san Francesco, in una nuvola appare un profilo con naso adunco e due corna scure. Le fattezze sarebbero quelle di un demone che, secondo una credenza medievale, abitava nel cielo per ostacolare la salita delle anime. Se il significato di questa presenza nell’affresco resta però ancora oscuro, è invece certo che la scoperta assegna a Giotto il primato di dipingere nuvole con fattezze umane. Dopo di lui, quasi duecento anni dopo, anche Andrea Mantegna, nel San Sebastiano, delineerà un cavaliere tra le nuvole.

Vivi l’arte

Competenze individuali

La città di Assisi contiene uno straordinario patrimonio artistico che puoi esplorare nei siti web sottoelencati. Ti forniamo anche un indirizzo web in cui puoi esaminare dettagliatamente gli affreschi assisiati di Giotto.

Il crollo della volta della Basilica di San Francesco ad Assisi, provocato dal sisma del 26 settembre 1997, ebbe grande risonanza. Avvalendoti anche delle tue competenze nelle lingue straniere, ricerca sul web quanto di questo fatto fu riportato dai giornali stranieri. Elabora un testo scritto commentando l’importanza data all’evento e riflettendo sul significato di “Patrimonio Mondiale dell’Umanità”.

www.luoghi-da-vedere-in-italia/cosa-vedere-in-umbria/ itinerario-per-visitare-assisi-in-1-giorno-o-in-unweekend_2550 www.geoplan.it/luoghi-interesse-italia/monumentiprovincia-perugia/cartina-monumenti-assisi www.assisisantachiara.it/la-basilica www.assisiweb.com/assisi_it.html www.gliscritti.it/gallery3/index.php/album_009?

Scheda di autovalutazione e valutazione dell’insegnante sulle Competenze individuali Competenze coinvolte

Si orienta nello spazio e nel tempo e interpreta i sistemi simbolici e culturali della società.

Competenze chiave

Consapevolezza ed espressione culturale.

Penso di aver raggiunto questo livello A

B

C

D

L’insegnante mi ha assegnato il livello A

B

C

D

Livelli: A Avanzato; B Intermedio; C Base; D Iniziale

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Pittura

U5

7 Il Gotico senese

Duccio di Buoninsegna Duccio di Buoninsegna (1255-1319 ca.) è considerato il caposcuola della pittura gotica senese, maestro di artisti come Simone Martini, Ambrogio e Pietro Lorenzetti. Contemporaneo di Cimabue, Duccio sembra risentire maggiormente dell’influenza del Gotico francese e

tedesco: ha maggiore cura dei dettagli, usa colori più raffinati e linee più morbide, ma al tempo stesso pare dare meno volume ai corpi. Come Cimabue, però, è orientato alla ricerca del naturalismo e si sforza di fare trasparire dai volti e dai gesti i sentimenti dei personaggi. Duccio di Buoninsegna, Maestà, 1308-1311, tempera

su tavola, 370 × 450 cm. Museo dell’Opera del Duomo. Nella Maestà dipinta per il Duomo di Siena, Duccio crea un effetto di spazialità attraverso l’ampio trono sul quale è seduta la Vergine con il Bambino in braccio. Anche gli angeli e i santi disposti intorno al trono su più file dovrebbero dare il senso della profondità, ma di fatto le figure risultano ancora schiacciate sul fondo dorato.

Simone Martini L’erede più noto e più rappresentativo dell’arte di Duccio è Simone Martini (1284-1344). La raffinatezza dei colori e la fluidità della linea collocano questo pittore nel pieno della tradizione gotica d’Oltralpe, ma lo differenziano da quella più tipicamente italiana di Cimabue e di Giotto.

Simone Martini e Lippo Memmi, Annunciazione, 1333, tempera su tavola, 184 × 210 cm. Firenze, Galleria degli Uffizi. Le linee che definiscono le figure appaiono eleganti e delicate, ma i personaggi mancano di profondità. Il mantello svolazzante dell’angelo e le ali ancora aperte suggeriscono il movimento, come se questi si fosse appena posato a terra, ma il suo corpo si distacca a fatica dal fondo oro. I dettagli dei fiori, del marmo del pavimento, del ramo di ulivo, degli intarsi sul seggio nel quale si ritrae la Vergine con un libro aperto in mano sono realistici, ma il fondale d’oro riporta tutta la scena in una dimensione separata dalla realtà. La posizione della Vergine e l’espressione del suo volto rivelano un senso di timore e di sorpresa di fronte all’annuncio dell’angelo, le cui parole sono riportate nello spazio che lo separa da Maria. Pressoché inespressivi rimangono invece i due santi posti ai lati della scena, separati anche dalle sottili colonnine della struttura gotica che fa da preziosa cornice al dipinto.

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Ambrogio e Pietro Lorenzetti Nelle opere di Pietro Lorenzetti (1280-1348) e di suo fratello Ambrogio (1290-1348), anch’essi allievi di Duccio, è più evidente l’influenza di Giotto, soprattutto per quanto riguarda lo studio dello spazio e il volume dei corpi.

Pietro Lorenzetti, Natività della Vergine, 1335-1342, tempera su

tavola, 187 × 182 cm. Siena, Museo dell’Opera Metropolitana. La disposizione delle figure su piani differenti e convergenti verso il centro, gli elementi architettonici, come le volte a crociera e l’arco che, a sinistra, lascia intravedere altri edifici, creano una prospettiva di influenza giottesca.

Ambrogio Lorenzetti, Presentazione al Tempio,

1342, tempera su tavola, 257 × 168 cm. Firenze, Galleria degli Uffizi. Il susseguirsi di piani diversi che si snodano dalle figure in primo piano, poste a semicerchio per aumentare l’effetto della profondità, fino alla finestra in stile gotico collocata in fondo all’edificio, crea un effetto tridimensionale. Le figure riprendono lo stile giottesco e mostrano una plastica monumentalità. Negli sguardi e nei dettagli degli abiti e degli intarsi si scorge la ricerca di un certo realismo, mentre scarsa è la sensazione di movimento.

U5 - L’arte gotica

173


Leggere l’opera d’arte

Un soggetto laico: l’Allegoria del Buon Governo Fra il 1338 e il 1340 Ambrogio Lorenzetti fu impegnato a dipingere un ciclo di affreschi lungo le pareti della Sala del Consiglio dei Nove, nel Palazzo Pubblico di Siena. Il soggetto questa volta era laico: quattro grandi dipinti, due raffiguranti le allegorie del buono e del cattivo governo e altri due con gli effetti del buono e del cattivo governo. L’obiettivo dei committenti, che erano i membri del Consiglio dei Nove, era quello di esaltare l’amministrazione buona e virtuosa dei Consiglieri

Il campanile e la cupola della cattedrale di Siena sono riprodotti fedelmente. Il fatto che siano rappresentati così piccoli serve a dare il senso dello spazio dilatato nel quale si inscrivono tutti gli edifici, che sono posti su piani diversi e sovrapposti per accrescere l’impressione della profondità.

Un piccolo corteo scorta una nobildonna a cavallo. I dettagli degli abiti e delle finiture dei cavalli sono resi c on estrema precisione.

174

– che dal 1287 venivano periodicamente eletti alla guida della città – e ispirare il loro operato secondo i princìpi del bene comune. Al contrario, gli affreschi raffiguranti l’allegoria e gli effetti del cattivo governo dovevano distogliere i governanti da qualsiasi tipo di ingiustizia e corruzione, mostrandone le disastrose conseguenze (miseria, guerre...). Negli affreschi di Ambrogio Lorenzetti si nota una cura attentissima dei dettagli e dei particolari. Seguendo l’esempio di

Un gruppo di muratori è al lavoro su un tetto. Le loro piccole dimensioni servono a rendere la distanza rispetto alle figure in primo piano.

Un gruppo di giovani donne si allieta nella danza, dando un’idea di serenità, accanto alla laboriosità espressa dalla bottega del calzolaio.

Accanto alle case signorili con i tetti merlati e alle torri vi sono abitazioni più modeste, dove fervono le attività commerciali.

La presenza di contadini in città con i loro prodotti testimonia lo stretto rapporto che esisteva tra la città e il contado circostante.


Giotto, egli ricrea fedelmente il contesto cittadino di Siena e riproduce con un realismo impressionante la campagna che circonda la città. In questo scenario fatto di case, torri, chiese, colline, campi e casali si muovono uomini e donne intenti alle attività più diverse e animali ritratti in maniera fedele al reale anche nelle proporzioni. L’attenzione ai dettagli si manifesta in moltissimi particolari curati con estrema precisione: abiti, strumenti musicali, accon-

ciature, suppellettili... Anche le scene di devastazione presenti nell’affresco che ritrae gli effetti del cattivo governo (andato in parte perduto) sono rese con una crudezza del tutto aderente alla realtà. I colori, l’uso di toni chiari oppure cupi, la presenza o l’assenza di luminosità sono tutti strumenti impiegati per veicolare i messaggi che l’artista intende trasmettere. In queste pagine osserviamo più da vicino uno degli affreschi intitolato Effetti del Buon Governo in città e in campagna.

Ambrogio Lorenzetti, Effetti del Buon Governo in città e in campagna, 1338-1340, affresco, 200 × 770 cm. Siena, Palazzo Pubblico.

Il paesaggio ritrae le colline senesi con le loro vigne e i grandi casali.

Due cavalieri, accompagnati dai loro cani, escono dalle mura della città per una battuta di caccia.

Nelle pianure vi sono campi coltivati nei quali sono all’opera i contadini, che abitano nei villaggi di campagna.

Un gruppo di contadini trasporta grano e animali verso la città. Da notare il contadino che vi conduce una cinta senese, un particolare tipo di suino caratteristico della zona di Siena.

In lontananza si scorge un borgo adagiato sulle colline. Anche in questa parte del dipinto è forte il senso dello spazio e della profondità.

I contadini ritratti nel dipinto svolgono lavori che in realtà si compiono in stagioni diverse: semina, raccolta, aratura, trebbiatura, battitura del grano... In questo Lorenzetti si distacca dal naturalismo per esprimere la ricchezza e la laboriosità che sono effetti del Buon Governo.

U5 - L’arte gotica

175


Pittura

U5

8 Il Gotico «internazionale»

La pittura delle corti A partire dagli ultimi decenni del Trecento fino a circa la metà del Quattrocento si andò sviluppando in molte parti d’Europa un particolare stile conosciuto come «Gotico internazionale», o «Gotico cortese», perché ha trovato espressione soprattutto nelle corti reali e signorili. Uno dei centri del nuovo stile fu ancora l’Italia, dove l’esaurirsi dell’esperienza comunale portò nel corso del XIV secolo alla nascita delle Signorie e quindi al diffondersi di numerose corti, ciascuna delle quali desiderosa di manifestare la propria ricchezza e il proprio splendore. I maggiori interpreti di quest’arte in Italia furono Gentile da Fabriano (13701427) e Pisanello (1395-1455).

I committenti: nobili e borghesi I committenti delle opere erano soprattutto nobili e signori che nell’affidare un incarico agli artisti chiedevano loro anche di rappresentare soggetti precisi, spesso di natura non religiosa, ma che si rifacevano alla vita di corte (balli, tornei, battute di caccia...). In un secondo momento il giro dei committenti si allargherà anche a molti esponenti della ricca borghesia cittadina, desiderosi di competere con gli aristocratici nello sfoggio di ricchezza e raffinatezza. Maestro del Castello della Manta, I ringiovaniti (particolare

della Fontana della Giovinezza), 1420 ca. Saluzzo, Castello della Manta, Sala Baronale.

176

Pisanello, San Giorgio e la principessa,

1433-1438, affresco, 223 × 620 cm. Verona, Chiesa di Santa Anastasia.


Uno stile ricco ed elegante Le caratteristiche del Gotico internazionale nella pittura sono comuni alle diverse regioni d’Europa e sono riconducibili ad almeno quattro elementi: • la particolare eleganza nella definizione delle forme; • la preziosità nelle decorazioni e nei materiali impiegati; • l’uso di tonalità chiare e spesso di colori vivaci; • la cura nella definizione dei particolari. Gentile da Fabriano, Adorazione dei Magi, 1423,

tempera su tavola, 173 × 220 cm. Firenze, Galleria degli Uffizi. Nell’Adorazione dei Magi di Gentile da Fabriano, commissionata dal ricco mercante fiorentino Palla Strozzi, la raffigurazione unisce il tema religioso alla rappresentazione cortese: i Magi sono rappresentati come tre signori medievali e il loro seguito si presenta come un vero e proprio corteo di caccia, con cani e falconieri. La straordinaria raffinatezza, la cura dei dettagli anche minimi e l’atmosfera quasi fiabesca del dipinto ne fanno uno dei capolavori del Gotico internazionale.

Non solo pittura... ...ma anche architettura. La stessa preziosità ed eleganza sono riscontrabili negli edifici pubblici e privati costruiti secondo lo stile del Gotico internazionale. Ne sono un brillante esempio molti palazzi veneziani, tra i quali spicca la Ca’ d’Oro, di proprietà del mercante Marino Contarini, che a partire dal 1421 ne volle fare una delle residenze più splendide della città. Ca’ d’Oro, iniziata nel 1421. Venezia, Canal Grande. Il nome della casa deriva non solo dalla straordinaria ricchezza degli elementi architettonici ma anche dal fatto che alcune parti della facciata erano letteralmente ricoperte con decorazioni in oro, andate ormai perdute. La forma delle finestre e delle logge è in stile gotico, ma alcuni elementi richiamano l’architettura orientale, a testimoniare gli stretti legami economici e culturali di Venezia con Paesi di religione e cultura araba.

U5 - L’arte gotica

177


Verifica delle conoscenze

In sintesi… L’arte gotica

NEL NORD EUROPA (inizio XII - inizio XV sec.) • • •

Architettura c hiese elevate in altezza u so dell’arco a sesto acuto a lti pilastri a fascio e volte a crociera a mpie vetrate molto colorate

Scultura statue con: • p iù volume a • rmonia • s enso del movimento • e spressività dei gesti e dei volti

IN ITALIA (inizio XII - inizio XV sec.) Architettura • varietà di stili •m inor slancio in altezza • s obrietà nelle decorazioni •p areti con meno finestre e maggior spazio per cicli pittorici

Scultura • s tesse caratteristiche dello stile nordeuropeo • maggiori scultori: Benedetto Antelami; Nicola e Giovanni Pisano; Arnolfo di Cambio

Pittura •a ttenzione ai dettagli e alla realtà • prospettiva intuitiva • maggiori pittori: Cimabue; Giotto; Duccio di Buoninsegna; Simone Martini; Ambrogio e Pietro Lorenzetti; Pisanello; Gentile da Fabriano

1. Completa il seguente brano cerchiando l’alternativa corretta. L’architettura gotica si sviluppò dalle innovazioni introdotte dall’abate Suger nel 1127 nell’abbazia di [Saint-Denis / Chartres] in Francia. Le sue principali caratteristiche sono: sviluppo in altezza; alti pilastri composti da più colonne che reggono volte a [botte / crociera] formate da archi a [tutto sesto / sesto acuto]; grandissime finestre chiuse da vetrate vivacemente dipinte con scene [dell’Antico e del Nuovo Testamento / mitologiche], che avevano una funzione [di insegnamento / solo decorativa]. All’esterno lo slancio verso l’alto è sottolineato da alte torri campanarie, da guglie e pinnacoli. I portali presentano profonde strombature arricchite da [pitture / sculture]. Le cattedrali gotiche italiane sono [meno / più] slanciate. Inoltre alcune presentano un apparato decorativo molto [ricco / sobrio], come l’abbazia di Fossanova, oppure particolarmente [ricco /sobrio], come il duomo di Orvieto. 2. Indica con una crocetta le affermazioni relative all’arte gotica. 1. Lo slancio verticale della cattedrale invita l’uomo a guardare verso il cielo, verso Dio. 2. La cattedrale ha muri pieni e massicci. 3. La luce che inonda la chiesa accentua la leggerezza dello spazio e ricorda la presenza di Dio. 4. Le sculture presentano più dettagli anatomici e minor rigidità. 5. I pittori italiani dedicano attenzione alla rappresentazione del paesaggio e della natura. 6. Gentile da Fabriano e Pisanello furono i maggiori interpreti del Gotico cortese. 3. Indica con S le sculture e con P i dipinti. 1. Duccio di Buoninsegna, Maestà; 2. Benedetto Antelami, Deposizione; 3. Ambrogio Lorenzetti, Effetti del Buon Governo in città e in campagna; 4. Pietro Lorenzetti, Natività della Vergine; 5. Giotto, Il bacio di Giuda; 6. Nicola Pisano, Natività; 7. Giovanni Pisano, Madonna col Bambino.

178


Lettura dell’opera d’arte

Verifica

delle conoscenze

Il Campanile di Giotto

A Firenze, accanto alla Cattedrale di Santa Maria del Fiore, sorge un campanile, detto «di Giotto» poiché fu progettato e iniziato dall’artista nel 1334. Alla sua morte la costruzione fu seguita, prima, da Andrea Pisano, poi da Francesco Talenti fino al termine, nel 1359. La torre, alta circa 85 metri, è impreziosita da una ricchissima decorazione scultorea alternata a tarsie di marmi policromi. Bifore e trifore alleggeriscono la struttura, conferendole uno slancio ancora maggiore verso l’alto. I rilievi e le sculture sulle pareti del campanile sono frutto di un grande progetto iconografico di Giotto realizzato con rara maestria da Andrea Pisano. La complessa decorazione presenta episodi biblici, la descrizione delle attività umane, i corpi celesti che influenzano l’esistenza degli individui, le Virtù che ne fortificano la volontà, le Arti che ne nutrono la mente, infine i Sacramenti che li avvicinano a Dio. Tutte le sculture sono ora custodite all’interno del Museo dell’Opera del Duomo, sulla torre sono visibili invece le copie.

Campanile di Giotto

(veduta), 1334-1359, marmo policromo, h 85 m. Firenze.

Andrea Pisano, La tessitura

(formella del campanile), 1336-1348, marmo, 86x75 cm. Firenze, Museo dell’Opera del Duomo.

Osserva e indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. Osserva e rifletti.

1. Q uale tipologia di pianta presenta il Campanile di Giotto? 2. Indica sulla foto la posizione, rispettivamente, delle bifore e delle trifore. 3. Gli archi sulle pareti della torre sono: arco a sesto acuto a tutto sesto 4. La formella decorativa di Andrea Pisano (di cui ti presentiamo il particolare) è scolpita: a tutto tondo a bassorilievo ad altorilievo 5. Perché, secondo te, le decorazioni scultoree originali sono conservate all’interno del Museo dell’Opera del Duomo e sostituite da copie?

1. I l campanile si presenta con una struttura tozza e massiccia.

V F

2. Si evidenzia un forte verticalismo caratterizzato dalla prevalenza dei vuoti sui pieni.

V F

3. L’edificio presenta dei rosoni istoriati con vetrate policrome.

V F

Completa il testo inserendo le seguenti parole al posto giusto. marmi • ogivale • gotico • scultoree • classico • realismo Lo stile architettonico del campanile è .................................................. , come evidenziato dalla forma ........................................................................... delle finestre. Le decorazioni .............................................................. sono rappresentate con maggior ............................................................ . Tipicamente toscano è l’uso dei ........................................................... che colorano e ripartono le forme con un rigore ..................................... .

U5 - L’arte gotica

179


Compito di realtà

Promuoviamo un museo sui social network

Immaginate di dover promuovere un museo di arte romanica o gotica della vostra città, o di un centro a voi vicino, utilizzando le nuove tecnologie: valorizzerete il patrimonio artistico del vostro territorio attraverso una pagina Facebook.

Fasi di lavoro L’attività si compone di due fasi, ognuna delle quali prevede le azioni elencate sotto. FASE 1 - Raccogliere ed elaborare informazioni per realizzare un progetto 1. Dividetevi in gruppi e raccogliete per prima cosa informazioni sul museo che volete promuovere: indirizzo, orari, giorno di chiusura, numero di telefono, prezzo dei biglietti, notizie storiche sulla sua fondazione e sulle opere che vi sono raccolte (tipologia ed epoca). 2. Dopo aver scelto il nome della pagina in cui inserirete le informazioni raccolte, ricercate un’immagine di «copertina» ispirandovi al patrimonio conservato nel museo: deve essere accattivante, perché vi rivolgete soprattutto a un pubblico giovane. 3. Preparate i testi da inserire nella pagina utilizzando una forma semplice e d’impatto: dovrete invitare alla visita con frasi convincenti. 4. Raccogliete foto della collezione del museo, scegliendo quelle che possano più facilmente incuriosire il potenziale fruitore. 5. Create un piccolo video da inserire nella pagina proponendo, con vostre brevi spiegazioni, un percorso virtuale attraverso alcune sale. 6. Gruppo dopo gruppo, presentate al resto della classe e all’insegnante i materiali raccolti e un vostro progetto. FASE 2 - Creare la pagina Facebook Valutate insieme il progetto più convincente, alla cui realizzazione lavorerete dividendovi i compiti: un gruppo si occuperà di curare l’aspetto grafico dei testi e delle foto e un altro reperirà in internet informazioni o tutorial sulla creazione effettiva della pagina Facebook.

180

Tempo di lavoro: tre lezioni.


Compito di realtà

Prima di valutare le competenze che dovresti avere acquisito, poniti alcune domande alle quali dovrai dare risposte chiare ed esaustive.

1. Sei concentrato o tendi a distrarti? Quali strategie puoi mettere in atto per concentrarti sul lavoro che devi eseguire? Spiegale. 2. Ti ha interessato l’attività proposta? Che cosa ha stimolato la tua curiosità a imparare? In alternativa, tu come avresti proposto l’attività? Fai una breve descrizione. 3. Come puoi mettere in atto quello che hai imparato di Storia dell’arte e spenderlo praticamente in questa attività?

Ora valutati! 1. Hai avuto difficoltà?

SÌ NO

perché ......................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................................................................................................... ...............................................................................................................................................................................................................................................................................................

2. Ti ha stimolato lavorare con i compagni a un progetto comune?

SÌ NO

perché ......................................................................................

............................................................................................................................................................................................................................................................................................... ...............................................................................................................................................................................................................................................................................................

Indica come hai maturato i tuoi apprendimenti, compilando la seguente tabella, dove evidenzierai il livello che pensi di aver raggiunto in ciascuna competenza. Riporta, quindi, a fianco il giudizio dell’insegnante. In questo modo ti renderai conto dei tuoi progressi.

Valutazione delle competenze coinvolte

Penso di aver raggiunto questo livello

Competenze chiave

L’insegnante mi ha assegnato il livello

Utilizza con consapevolezza e responsabilità le tecnologie per ricerca- Competenze digitali. re, produrre ed elaborare dati e informazioni, per interagire con altre persone, come supporto alla creatività e alla soluzione di problemi.

A

B

C

D

A

B

C

D

Possiede un patrimonio organico di conoscenze e nozioni di base ed è allo stesso tempo capace di ricercare e di organizzare nuove informazioni. Si impegna in nuovi apprendimenti in modo autonomo.

Imparare ad imparare. A

B

C

D

A

B

C

D

Ha cura e rispetto di sé e degli altri come presupposto di uno stile di vita sano e corretto. È consapevole della necessità del rispetto di una convivenza civile, pacifica e solidale. Si impegna per portare a compimento il lavoro iniziato, da solo o insieme ad altri.

Competenze sociali e civiche.

A

B

C

D

A

B

C

D

Ha spirito di iniziativa ed è capace di produrre idee e progetti creativi. Si assume le proprie responsabilità, chiede aiuto quando si trova in difficoltà e sa fornire aiuto a chi lo chiede. È disposto ad analizzare se stesso e a misurarsi con le novità e gli imprevisti.

Spirito di iniziativa. A

B

C

D

A

B

C

D

Riconosce e apprezza le diverse identità, le tradizioni culturali e religiose, in un’ottica di dialogo e di rispetto reciproco.

Consapevolezza ed espressione culturale.

A

B

C

D

A

B

C

D

Si orienta nello spazio e nel tempo e interpreta i sistemi simbolici e culturali della società.

Consapevolezza ed espressione culturale.

A

B

C

D

A

B

C

D

Livelli: A Avanzato; B Intermedio; C Base; D Iniziale

Compito di realtà

181


3

Modulo

Dal

Quattrocento

al Rococò


U6

Il Quattrocento

U7

Il Cinquecento

Raffaello Sanzio, Madonna del Belvedere,

U8

Il Seicento e il Settecento

1505-1506, olio su tavola, 113 x 88 cm. Vienna, Kunsthistorisches Museum.


U6

Il

Quattrocento Dove Bruges

Principali centri artistici del Rinascimento

Sandro Botticelli, Nascita di Venere, 1484 ca., tempera magra su tela, 172 x 278,5 cm. Firenze, Galleria degli Uffizi.

Padova Milano Mantova

Venezia Ferrara

Firenze Siena

Urbino Pienza

Quando

1423-1425 Guerra tra Firenze e Milano

1402 Giovanni Maria Visconti duca di Milano

Roma Napoli

1400 1425 1409

Palermo

184

Donatello, David

1420

Inizio dei lavori per la Cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze

1426-1428 Masaccio, TrinitĂ


Nel corso del Quattrocento si assiste a un radicale rinnovamento dell’arte e all’inizio della grande stagione del Rinascimento. In tutte le manifestazioni artistiche il ritorno ai modelli classici si unisce alle innovazioni che interessano soprattutto la definizione dei volumi e degli spazi, attraverso uno studio sempre più preciso e scrupoloso della prospettiva. Alle ricerche di carattere tecnico si accompagnano anche gli sforzi per trasmettere emozioni e sentimenti e per fondere il naturalismo classico con lo spiritualismo cristiano.

Lorenzo Ghiberti, Autoritratto (scolpito

nella Porta Nord del Battistero), 1403-1424, bronzo dorato. Firenze, Museo dell’Opera del Duomo.

Leon Battista Alberti, Cattedrale di Santa Colomba o Tempio Malatestiano, 1447-1503, Rimini.

5

1450

1453

1454

1469

1492

1494

1498

e

Francesco Sforza duca di Milano

Caduta di Costantinopoli

Pace di Lodi

Matrimonio tra Isabella di Castiglia e Alfonso d’Aragona. Lorenzo il Magnifico signore di Firenze

Scoperta dell’America. In Spagna termina la Reconquista

Discesa di Carlo VIII in Italia

Savonarola condannato a morte

1450 1475 1500

428

io,

1434

1441-1445

1474-1475

1475-1478

1482 ca.

Jan van Eyck, Ritratto dei coniugi Arnolfini

Beato Angelico, Affreschi del convento di San Marco

Antonello da Messina, San Girolamo nello studio

Mantegna, Cristo morto

Botticelli, La Primavera

U6 - Il Quattrocento

185


Idee guida

Alla scoperta dei classici Le Idee guida ti serviranno a focalizzare i punti principali di un periodo artistico, a conoscere le persone che lo hanno caratterizzato e potranno orientarti meglio nello studio dell’inizio di una grande stagione artistica e culturale italiana: il Quattrocento. 1

L’uomo al centro

Il Quattrocento è il secolo dell’Umanesimo, il grande movimento culturale che influenzerà tutte le manifestazioni artistiche del Rinascimento italiano. Esso prende nome dalla riscoperta della letteratura classica e dalla centralità assegnata all’uomo, rivalutato soprattutto per le sue doti di intelligenza e per le proporzioni perfette del suo corpo, che ne fanno la «misura di tutte le cose».

Leonardo da Vinci, Uomo di Vitruvio, 1490 ca.,

inchiostro, 35 × 26 cm. Venezia, Museo dell’Accademia.

186

21

I modelli classici nell’architettura

L’architettura del Quattrocento abbandona gli elementi tipici del Gotico (guglie, archi a sesto acuto...) e si ispira direttamente ai modelli classici. Artisti come Brunelleschi e Alberti progettano e realizzano edifici con proporzioni armoniche ed equilibrate, inseriti in un tessuto urbano nel quale gli spazi vengono ridisegnati in modo razionale e funzionale.

Leon Battista Alberti, Chiesa di Santa Maria Novella (facciata), 1458-1478. Firenze.


31

L’autonomia della scultura

Nel corso del Quattrocento la scultura riacquista autonomia rispetto all’architettura. Infatti, se nel Romanico e nel Gotico essa era intesa soprattutto come parte integrante degli elementi architettonici, a partire dall’inizio del XV secolo e per tutto il Rinascimento aumenta la produzione di sculture a tutto tondo in marmo, in bronzo e in terracotta. Con artisti come Donatello, l’attenzione viene riportata sulla figura umana che, in linea con la cultura umanista, diventa il soggetto privilegiato delle rappresentazioni, con una rinnovata attenzione all’aspetto psicologico dei personaggi.

41

La pittura, tra razionalità e interiorità

Gli artisti, che operano principalmente nell’ambito delle corti signorili, sono anche intellettuali: nei loro dipinti applicano le regole della matematica e della geometria e usano simboli appartenenti alla cultura classica. La pittura rinascimentale privilegia non solo la perfezione formale e l’uso sempre più rigoroso della prospettiva, ma anche il realismo e la resa del carattere psicologico dei personaggi.

Donatello, Madonna col Bambino,

1446-1453, bronzo, h 159 cm. Padova, Basilica di Sant’Antonio.

Piero della Francesca, Battesimo di Cristo, 1450 ca.,

tempera su tavola, 167 × 116 cm. Londra, National Gallery.

Preconoscenze Studiando il Medioevo abbiamo incontrato la figura del committente che pagava l’artista perché realizzasse un’opera, magari condizionando lo stile dell’autore. Nel Rinascimento nasce la figura del mecenate che finanzia il lavoro dell’artista e lo protegge; Cosimo de’ Medici permetterà a Brunelleschi di realizzare la Cupola del Duomo di Firenze credendo

in un’impresa che sembrava impossibile. Oggi colui che sostiene iniziative culturali e sociali si chiama sponsor. • Sei a conoscenza dell’azione di un committente o mecenate che abbia agito, in passato, nel tuo territorio? E, nel presente, di uno sponsor? Di chi si tratta? Quali opere ha finanziato?

U6 - Il Quattrocento

187


Architettura

U6

1 Una città per l’uomo

Alla ricerca della città ideale Nel corso del Medioevo le città si erano andate sviluppando in maniera disordinata, senza un progetto complessivo. Vi era generalmente una piazza sulla quale si affacciavano i più importanti edifici religiosi e civili e, intorno ad essa, le abitazioni sorgevano in modo spontaneo. A partire dal Quattrocento, gli spazi cittadini iniziano a essere nuovamente progettati secondo uno schema preciso, che privilegia la funzionalità e l’eleganza.

Luciano Laurana, Città ideale, 1480-1490,

tempera su tavola, 67,5 × 239,5 cm. Urbino, Galleria Nazionale delle Marche. Le grandi piazze sono delimitate da edifici dalle proporzioni misurate e armoniche, spesso disposti in maniera rigorosamente simmetrica; le strade ampie e dritte disegnano isolati e quartieri di forma regolare che ricordano da vicino le antiche città romane.

Pienza: la città del papa Uno degli esempi più significativi di «città ideale» realizzati nel corso del Quattrocento è il centro di Corsignano. In questo borgo toscano nacque il grande studioso umanista Enea Silvio Piccolomini, diventato papa nel 1458 con il nome di Pio II. Il pontefice decise di fare della propria città natale – che da lui prenderà il nome di Pienza – un esempio dell’architettura rinascimentale e chiese all’architetto Bernardo Rossellino (1409-1464) di elaborare il progetto. Su una piazza di forma trapezoidale si affacciano la cattedrale, sul fondo, e, in modo perfettamente simmetrico, il Palazzo Piccolomini (a destra) e il Palazzo vescovile (a sinistra). Anche il disegno del lastricato contribuisce a mettere in risalto la simmetria degli edifici e a concentrare l’attenzione sulla chiesa, centro di tutto il complesso che comprende anche il Palazzo dei priori posto di fronte alla piazza.

Bernardo Rossellino, Piazza Pio II e Cattedrale di Santa Maria Assunta, 1459-1462. Pienza. La pianta della piazza di Pienza (sopra) e una fotografia della medesima piazza (a destra).

188


Il palazzo-cittadella di Urbino Un esempio del tutto diverso di città rinascimentale è costituito da Urbino. Qui il duca Federico da Montefeltro (1422-1482) fece costruire a partire dal 1454 il Palazzo Ducale, che egli voleva più bello di tutte le altre residenze principesche d’Italia. Nell’arco di circa trent’anni, diversi architetti si avvicendarono nella progettazione e nella realizzazione del palazzo, che assunse le caratteristiche di una cittadella. Luciano Laurana, Palazzo Ducale, 1455-1485 ca. Urbino. In primo piano la facciata con i torricini, sullo sfondo il campanile e la cupola della cattedrale. 1 7

Pianta del Palazzo Ducale di Urbino.

4 6

5

2

3

Il Palazzo Ducale, privo di mura ma somigliante a una fortezza, si impone sul centro abitato circostante, sul quale troneggia con la facciata fiancheggiata dai due eleganti torricini 1 . Un’altra facciata si apre invece sulla piazza 2 , collocata sul lato opposto che fiancheggia la cattedrale 3 . Al suo interno l’edificio comprende, oltre agli appartamenti ducali 4 e ai saloni di rappresentanza 5 , un cortile d’onore 6 e un giardino pensile 7 .

Chiese e palazzi monumentali Nelle città quattrocentesche furono innalzati maestosi palazzi, che avevano anche lo scopo di esaltare la grandezza e la ricchezza della famiglia che vi abitava. Imponenti e ricche dimore vennero costruite anche da famiglie appartenenti sia al ceto aristocratico sia a quello borghese, in forte ascesa. Oltre ai palazzi, in tutte le città più importanti furono erette anche numerose chiese o ne vennero ampliate e completate di antiche, secondo il nuovo stile rinascimentale.

CuriosArte

Di chi è il palazzo più grande? A Firenze nel Quattrocento la competizione tra le famiglie più ricche e importanti era spietata. Pitti, Strozzi, Medici, Rucellai, Ricciardi...: tutti facevano a gara nel costruire i palazzi più grandi e più belli, che ancora oggi possiamo ammirare. Tra questi merita attenzione Palazzo Pitti, fatto costruire a partire dal 1440 da Luca Pitti. I Pitti erano storici rivali della famiglia Medici e, secondo il racconto di Giorgio Vasari, Luca chiese a Filippo Brunelleschi di realizzare per lui l’edificio che Cosimo de’ Medici aveva rinunciato a costruire perché troppo grande e sfarzoso. In aggiunta, pretese che le finestre della facciata fossero più grandi del portone d’ingresso del palazzo di Cosimo. Per portare a termine il palazzo i Pitti si indebitarono così tanto che alla metà del Cinquecento, ancora oppressi dai debiti, furono costretti a venderlo... ai Medici!


Cittadinanza

Palazzo Ducale di Urbino: un palazzo a forma di città

Luciano Laurana, Palazzo Ducale, 1455-1485. Urbino. Disegnato dall’architetto Luciano Laurana, sullo splendido scenario naturale delle verdi colline marchigiane, l’imponente palazzo di Urbino è stato così descritto da Baldassar Castiglione nella sua opera Il Cortegiano: «d’ogni oportuna cosa sì ben lo fornì, che non un palazzo, ma una città in forma di palazzo esser pareva». Patrimonio Mondiale dell’Umanità dal 1998, Urbino divenne, per volere di Federico da Montefeltro, una delle corti più

raffinate e intellettualmente attive del Rinascimento, una vera e propria «città ideale». Moltissimi letterati, musicisti e artisti dell’epoca si formarono in questo luogo. Fra i tanti, possiamo ricordare Raffaello Sanzio, che nacque in questo ameno borgo dove ancora oggi si può visitare la sua dimora. Dal 1912, il Palazzo Ducale è sede della Galleria Nazionale delle Marche e ospita numerosi capolavori della Storia dell’arte italiana. Luciano Laurana, Cortile di Palazzo Ducale, 1466-1472. Urbino.

Raffaello Sanzio, La Muta, 1507, olio su tavola, 64 × 48 cm. Urbino, Galleria Nazionale delle Marche.

190


à

Valorizzare il patrimonio

Vivi l’arte

Lo Studiolo era il luogo dove Federico amava immergersi nella lettura e nella riflessione, al ritorno dalle sue lunghe campagne militari. L’ambiente è interamente ricoperto di tarsie lignee (decorazione realizzata con minuti pezzi di legno), raffiguranti gli interessi del duca: le armi, gli strumenti musicali, il mappamondo, i codici miniati... Nei disegni di questi soggetti, opera dei maggiori artisti fiorentini dell’epoca, sono applicati gli studi prospettici, sviluppati proprio in quegli anni. La parte superiore della piccola stanza era originariamente decorata con ventotto ritratti di uomini illustri, oggi divisi tra la Galleria Nazionale delle Marche e il Museo del Louvre di Parigi. Questi personaggi rappresentano le menti più illustri di tutti i tempi, con le quali idealmente Federico si confrontava. Nel 2015, un’importante mostra ha restituito per alcuni mesi all’antico splendore il prezioso scrigno d’arte di Federico da Montefeltro: dopo 400 anni, lo Studiolo ha ripreso la sua veste originaria, riappropriandosi di tutti i ritratti che un tempo ne decoravano le pareti.

Lo Studiolo del Duca, 1473-1476. Urbino, Galleria Nazionale delle Marche.

Competenze individuali Immagina di essere incaricato della progettazione di un depliant che invogli i turisti a visitare il Palazzo Ducale di Urbino. Dedicando molta attenzione alla grafica e alla scelta delle immagini, fai una presentazione sintetica della storia e degli ambienti di Palazzo Ducale. Completa l’ultima facciata del pieghevole con informazioni pratiche che puoi recuperare nei siti web indicati in Vivi l’arte.

Urbino, con il suo Palazzo e la ricca Galleria, ti offre una straordinaria immagine del Rinascimento italiano. Puoi approfondire gli aspetti che hanno reso a questa cittadina l’inclusione nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità visitando i siti web sottoelencati. www.palazzoducaleurbino.it www.gallerianazionalemarche.it www.youtube.com/watch?v=q_aiZWIUz_8 w ww.italia.it/it/idee-di-viaggio/siti-unesco/urbino-ilcentro-storico.html

CuriosArte

Scale e biblioteche che tornano a vivere Attiguo al palazzo sorge un imponente torrione, progettato dall’architetto Francesco di Giorgio Martini su commissione del duca di Urbino. La grande struttura elicoidale, contenente la cosiddetta «scala a lumaca», permetteva al duca di raggiungere a cavallo il palazzo. Per anni questa parte dell’edificio venne lasciata all’incuria e riempita di detriti ma, per fortuna, nella seconda metà del Novecento un accurato restauro ha reso di nuovo agibile il complesso, ora utilizzato come sede di attività culturali. Nel 2010, invece, è stata la tecnologia digitale a ridare vita alla Biblioteca del Palazzo Ducale. L’artista visuale Paolo Buroni ha infatti creato una biblioteca virtuale con scaffali su cui sono collocate le immagini scansionate dei preziosi testi miniati del signore di Urbino, custoditi ormai da tre secoli nella Biblioteca Apostolica del Vaticano. I volumi virtuali possono essere estratti con un semplice gesto della mano e sfogliati con un movimento del braccio: la più importante collezione di codici miniati del Quattrocento del duca di Urbino è ora nella prima biblioteca touchless al mondo!

Scheda di autovalutazione e valutazione dell’insegnante sulle Competenze individuali Competenze coinvolte

Si orienta nello spazio e nel tempo e interpreta i sistemi simbolici e culturali della società.

Competenze chiave

Penso di aver raggiunto questo livello

L’insegnante mi ha assegnato il livello

Consapevolezza ed espressione culturale.

A B C D

A B C D

Livelli: A Avanzato; B Intermedio; C Base; D Iniziale

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Architettura

U6

2 Brunelleschi, il genio innovatore

Da Firenze a Roma per studiare gli antichi Filippo Brunelleschi (1377-1446) fu il più geniale e audace architetto del Quattrocento. Inizialmente, però, si impose all’attenzione dei fiorentini come scultore; nel 1401 partecipò al concorso indetto dal Comune per la realizzazione del portale nord del Battistero di Firenze con la formella del Sacrificio di Isacco. L’incarico di scolpire la porta venne assegnato a Lorenzo Ghiberti, e Brunelleschi, nel 1402, si recò a Roma per studiare l’arte antica. Per circa due anni egli analizzò edifici e monumenti dell’Età imperiale documentando i suoi studi anche attraverso disegni. La necessità di tracciare immagini tridimensionali su un foglio con la maggior precisione possibile lo stimolò a elaborare, con studi matematici e di geometria, il metodo della prospettiva lineare.

Disegnare in prospettiva Già nell’antichità, e poi nel Medioevo con Giotto, vi erano stati tentativi di rendere in modo efficace l’aspetto tridimensionale dello spazio. Brunelleschi perfezionò quei tentativi attraverso l’applicazione di modelli geometrici più precisi e rigorosi. Per prima cosa, definì un punto di vista (quello dell’osservatore o dell’artista che deve riprodurre la scena): in quel punto, detto punto di fuga, convergono le linee prospettiche (o linee di fuga) che regolano la proporzione degli spazi e delle figure tracciate. Con questo sistema i soggetti più vicini vengono raffigurati più grandi e quelli più lontani con dimensioni progressivamente ridotte, nel rispetto delle proporzioni e creando contemporaneamente un effetto di profondità. L’importante innovazione, che Brunelleschi perfezionò dopo il 1415, venne descritta in modo preciso da Leon Battista Alberti nel suo libro Della pittura (1435-1436) e adottata da tutti i pittori e gli scultori del Rinascimento. Masolino da Panicale, Guarigione dello storpio e resurrezione di Tabita, 1424-1425, affresco, 260 × 599 cm. Firenze, Cappella Brancacci. Le linee prospettiche tracciate sul dipinto di Masolino mostrano l’applicazione delle regole brunelleschiane.

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Ritratto d’artista nome Filippo Brunelleschi nato nel 1377 a Firenze morto il 15 aprile 1446 a Firenze attività orafo, scultore, ingegnere e architetto Fu grande perché...

. ..elaborò il metodo della prospettiva lineare, basato su regole matematiche e geometriche per rappresentare lo spazio suggerendone la tridimensionalità. Applicando le tecniche costruttive apprese dallo studio dei monumenti dell’antica Roma, progettò edifici con proporzioni armoniche ed equilibrate e ideò la Cupola del Duomo di Firenze, la sua opera più geniale, un vero e proprio capolavoro di ingegneria.

I modelli classici nell’architettura Lo studio dei modelli classici influenzò in modo decisivo Brunelleschi, che nei suoi edifici utilizzò gli stessi criteri di armonia, di simmetria e di equilibrio. Filippo Brunelleschi, Spedale degli Innocenti (portico),

1419-1445. Firenze. Il primo esempio della ripresa dei modelli classici lo si può trovare nel portico dello Spedale degli Innocenti, un orfanotrofio costruito a Firenze tra il 1419 e il 1445. Nel portico della facciata, l’architetto riprende l’arco a tutto sesto tipico della tradizione romana, le colonne in stile corinzio, anch’esse molto usate dai Romani, e il timpano di derivazione classica che corona le finestre. Dallo schema della struttura appare chiaramente il rigore delle proporzioni che fanno di questo edificio un esempio di perfezione formale.


La Sagrestia vecchia: una cupola sul cubo perfetto Tra il 1422 e il 1428 Brunelleschi fu impegnato nella costruzione della Sagrestia vecchia della Chiesa di San Lorenzo, a Firenze. La costruzione si fonda su figure geometricamente perfette, come il cerchio e il quadrato, che hanno anche un chiaro significato simbolico. Il quadrato richiama i quattro Vangeli, il cerchio è simbolo di perfezione e compiutezza. L’interno della cupola, simbolo della volta celeste, diviso in 12 spicchi, richiama i 12 apostoli. Tutti questi elementi architettonici sono posti in evidenza con l’uso della pietra serena di colore grigio. Filippo Brunelleschi, Sagrestia vecchia di San Lorenzo (interno della cupola), 1422-1428. Firenze.

Competenti in arte

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Schemi della struttura della Sagrestia vecchia. Il corpo della sagrestia è un cubo perfetto, sopra il quale si innalza una cupola semisferica il cui diametro è esattamente quello delle circonferenze inscritte nelle facce del cubo. Il modello di riferimento al quale si ispirò Brunelleschi è il Pantheon di Roma.

Prima di Brunelleschi, altri pittori non avevano ignorato l’importanza della prospettiva. Quello che mancava era un calcolo scientifico, basato su un rigoroso metodo geometrico. Spesso, inoltre, le proporzioni dei personaggi erano dettate da criteri differenti, per esempio la maggiore o minore importanza attribuita a determinate figure. Osserva questo affresco di Giotto. Che cosa puoi notare riguardo alle proporzioni delle diverse figure? Esiste un punto di fuga? Da che cosa è dato il senso della profondità? Confrontalo con il dipinto di Masolino a p. 192: quali differenze puoi riscontrare?

• • • •

Giotto, L’omaggio di un uomo semplice a Francesco,

1290-1295, affresco. Assisi, Basilica Superiore di San Francesco.

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Leggere l’opera d’arte

La sfida della cupola di Santa Maria del Fiore Nel 1418 Filippo Brunelleschi venne incaricato di costruire la cupola della cattedrale di Santa Maria del Fiore, a Firenze. La chiesa, progettata in stile gotico da Arnolfo di Cambio (1240-1310) e ormai ultimata, era di dimensioni notevoli. Il diametro previsto per la cupola posta all’incrocio fra la navata e i transetti era di 43 metri interni e il tamburo destinato a sorreggerla si trovava a un’altezza di circa 60 metri da terra. Queste misure rendevano impossibile costruire armature in legno (cèntine) in grado di sorreggere la struttura a mano a mano che veniva realizzata, per essere poi tolte a costruzione ultimata, come accadeva per cupole più piccole. Per rimediare a questo problema, Brunelleschi ideò un sistema di costruzione nuovo, basato ancora una volta sullo studio della cupola del Pantheon, a Roma. Per innalzare la cupola di Santa Maria del Fiore, Brunelleschi progettò una cupola doppia: una interna, più piccola e robusta, che avrebbe dovuto sorreggere quella esterna, più grande. Il posizionamento dei mattoni a spina di pesce avrebbe consentito alla cupola più piccola di reggersi da sola durante la costruzione e di sostenere quella più grande. L’intera struttura risultava alleggerita dalla presenza di un’intercapedine (uno spazio vuoto) tra le due cupole. All’esterno, la cupola è divisa in otto spicchi, separati l’uno dall’altro da costoloni in marmo bianco che ne esaltano lo slancio verticale, un altro degli aspetti originali che la differenziano dalle cupole realizzate fino a quel momento, a calotta semisferica. Per sollevare i materiali necessari alla costruzione, lo stesso Brunelleschi inventò delle grandi macchine, antenate delle attuali gru. I lavori iniziarono nel 1420 e proseguirono fino al 1436. La lanterna, alta 21 metri e iniziata nel 1446, pochi mesi prima della morte di Brunelleschi, fu collocata solo nel 1461. Con essa, la cupola raggiunge un’altezza complessiva di 114 metri da terra.

Filippo Brunelleschi, Cupola di Santa Maria del Fiore, 1418-1436,

diametro esterno 54 m, diametro interno 43 m, h 114 m. Firenze.

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La lanterna posta alla sommità della cupola raccoglie la spinta dei costoloni e copre il lucernario da cui penetra all’interno la luce.

Il tamburo ottagonale sostiene la cupola e ne scarica il peso sui contrafforti sottostanti.

Gli spicchi esterni corrispondono alle otto vele interne in cui è divisa la cupola. L’intercapedine tra le due cupole alleggerisce la struttura.

Spaccato della cupola di Santa Maria del Fiore.


Approfondisci sul vol. Pag. 55

Anche tu artista

A

Disegna in prospettiva come Brunelleschi Non è facile disegnare su un foglio (supporto di tipo bidimensionale) un soggetto tridimensionale del quale bisogna, quindi, riprodurre anche la profondità. Le regole della prospettiva, elaborate in maniera scientifica nel corso del Rinascimento a partire da Brunelleschi, servono a far percepire all’occhio di chi guarda le tre dimensioni (altezza, larghezza e profondità) proprie di ogni oggetto esistente nella realtà.

Prova anche tu a ritrarre un paesaggio seguendo quelle regole.

3 Segna il punto di fuga sulla linea d’orizzonte, dopo aver deciso da quale punto di vista osservare la scena: se il punto di vista sarà centrale, quello di fuga sarà collocato al centro della linea orizzontale, se guardi la scena da sinistra, il punto di fuga sarà posizionato a destra, viceversa, se guardi la scena da destra sarà posto a sinistra.

1 Procurati i seguenti materiali: un foglio da disegno, una matita, una squadra, colori a scelta.

2 Scegli l’immagine di un paesaggio che intendi riprodurre. Traccia sul foglio la linea d’orizzonte, ossia la linea immaginaria che separa la terra dal cielo. Devi riprodurla in corrispondenza dell’altezza dell’occhio di chi osserva il paesaggio.

4 Traccia ora le linee di fuga facendole convergere verso il punto di fuga scelto.

5 Disegna ora gli elementi del paesag- 6 Infine, colora il tuo disegno con la gio (alberi, case, strade...), rispettando tecnica che preferisci. le proporzioni suggerite dalle linee. Così facendo, gli oggetti più vicini appariranno più grandi, mentre si andranno rimpicciolendo a mano a mano che si avvicineranno al punto di fuga. Sarà proprio questo variare delle proporzioni a dare il senso della profondità dello spazio.

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Architettura

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3 Leon Battista Alberti:

l’architetto umanista

Un uomo di scienza e di lettere

Tra Genova e Roma

Leon Battista Alberti (1404-1472) è l’esempio dell’umanista colto, esperto di discipline diverse (dalla matematica alla musica), che si dedica all’arte considerandosi non un artigiano (come accadeva nel Medioevo), ma un intellettuale che applica le diverse conoscenze svolgendo anche attività di architetto, scultore e pittore. Alberti fu autore di importanti trattati sull’architettura, sulla scultura e sulla pittura, ai quali si ispirarono i più grandi artisti del Rinascimento. In essi raccolse il frutto dei suoi studi sulle opere dell’antichità romana, ai quali unì l’esposizione ordinata e scientifica delle tecniche applicate alle arti. Tra queste, le teorie sulla prospettiva lineare elaborate da Brunelleschi.

Se Brunelleschi, a parte la breve parentesi romana, visse e lavorò sempre a Firenze, Leon Battista Alberti – nato a Genova da una ricca famiglia fiorentina esule per motivi politici – soggiornò in diverse città italiane, tra cui Bologna, Venezia, Padova, Ferrara, Roma, Rimini, Mantova e la stessa Firenze. In tutte queste città egli studiò e lavorò, lasciando preziose testimonianze della sua arte, ispirata ai modelli classici. Leon Battista Alberti, Cattedrale di Santa Colomba o Tempio Malatestiano, 1447-1503. Rimini. Il Tempio Malatestiano di Rimini, progettato nel 1447 su commissione di Sigismondo Malatesta, signore della città, è la prima opera architettonica di Leon Battista Alberti, ed è già un capolavoro. Si tratta in realtà della ristrutturazione di una chiesa francescana preesistente, che l’architetto trasformò ispirandosi alle forme del tempio classico (da cui deriva il nome con cui la chiesa è diventata famosa). La facciata, rimasta incompiuta, riproduce nella struttura quella di un tempio, mentre il portale principale risulta inscritto in un grande arco che ricorda gli archi trionfali romani.


Le chiese di Mantova Altri esempi significativi dell’architettura di Leon Battista Alberti sono anche a Mantova, città nella quale l’artista lavorò presso la corte dei Gonzaga. Qui egli progettò due chiese importanti: San Sebastiano (dal 1460) e Sant’Andrea (dal 1470). Entrambe le chiese presentano facciate che, come nel Tempio Malatestiano, si rifanno alla tradizione classica.

Architetto della famiglia Rucellai A Firenze Leon Battista Alberti lavorò soprattutto a servizio della famiglia Rucellai. Da questa ebbe l’incarico di progettare e realizzare il palazzo di famiglia (Palazzo Rucellai) e di completare la facciata della chiesa gotica di Santa Maria Novella, rimasta incompiuta fin dal Trecento. Leon Battista Alberti, Palazzo Rucellai, 1446-1451. Firenze. La struttura interna dell’edificio (con le sale di rappresentanza al primo piano, gli appartamenti della famiglia al secondo e gli ambienti destinati ai domestici nel sottotetto) e la facciata a bugnato (cioè con pietre sporgenti dette «bugne») divennero il modello di molti palazzi rinascimentali in tutta Italia.

Leon Battista Alberti, Chiesa di Santa Maria Novella

(facciata), 1458-1478. Firenze. I lavori per il completamento della facciata di Santa Maria Novella iniziarono nel 1458. Alberti aprì un grande portale ad arco e decorò il resto della facciata con motivi geometrici quali il triangolo, il rettangolo, il quadrato e il cerchio, che richiamano significati di natura religiosa e filosofica. Egli riuscì a unire la bicromia tipica delle chiese medievali fiorentine con il nuovo stile quattrocentesco, senza rinunciare ai modelli classici, come si può notare nella parte più alta, che sembra riprodurre la facciata di un tempio, con un grande timpano triangolare.

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Scultura

U6

4 Il rinnovamento della scultura:

Brunelleschi e Ghiberti

La gara che apre il Quattrocento

Ghiberti: il rinnovamento dell’antico

La storia della scultura del Quattrocento si apre con una gara indetta a Firenze nel 1401. Il vincitore sarebbe stato incaricato di realizzare il portale nord del Battistero: un’opportunità di guadagno, ma soprattutto una preziosa occasione per imporsi all’attenzione dei fiorentini. Il soggetto da rappresentare nella formella per il concorso era Il sacrificio di Isacco, un episodio biblico narrato nel libro della Genesi (capitolo 22, versetti 1-14). Molti scultori parteciparono alla competizione, alcuni dei quali già famosi (come Jacopo della Quercia) e altri più giovani e meno noti, come Filippo Brunelleschi e Lorenzo Ghiberti (1378-1455). La vittoria toccò a Ghiberti e Brunelleschi, deluso, pochi mesi dopo partì per Roma per studiare le antichità classiche.

Lorenzo Ghiberti era figlio di un orefice molto famoso a Firenze e proprio nella bottega del padre iniziò l’apprendistato. Fin da giovane frequentò gli ambienti umanisti e la sua arte si orientò da subito al rinnovamento dei modelli classici, applicato a soggetti tipici della tradizione cristiana. Tuttavia, le opere realizzate nei primi due decenni del secolo risentono ancora, almeno in parte, degli influssi gotici. L’evoluzione di Ghiberti verso uno stile pienamente rinascimentale avviene negli Lorenzo Ghiberti, anni successivi ed è testimoniato Autoritratto (scolpito nella Porta Nord del Battistero), dalle formelle realizzate per 1403-1424, bronzo dorato. la Porta del Paradiso del Firenze, Museo dell’Opera Battistero di Firenze, realizzata del Duomo. tra il 1425 e il 1452. Qui l’artista risulta attento anche all’uso della prospettiva, assumendo le regole stabilite da Brunelleschi e la tecnica dello stiacciato inventata da Donatello (p. 200).

Lorenzo Ghiberti, San Giovanni Battista,

1412-1416, bronzo, h 268 cm. Firenze, Museo di Orsanmichele. La statua di San Giovanni Battista scolpita tra il 1412 e il 1416 per la Chiesa di Orsanmichele riprende chiaramente i canoni classici nel panneggio della veste, che però nasconde qualsiasi particolare anatomico. Il volto è rifinito in modo preciso in tutti i particolari, ma privo di un’espressione intensa, mentre la posizione del busto richiama esplicitamente modelli gotici.

Lorenzo Ghiberti, L’incontro fra Salomone e la regina di Saba (formella della Porta del Paradiso del Battistero),

1425-1452, bronzo dorato. Firenze, Museo dell’Opera del Duomo.


Leggere l’opera d’arte

Due formelle a confronto Confrontiamo qui le due formelle presentate da Brunelleschi e Ghiberti al concorso fiorentino del 1401. La scena rappresentata riprende il momento del racconto biblico in cui un angelo interviene fermando Abramo che sta per sacrificare il figlio Isacco, indicandogli poi un ariete da uccidere al posto del ragazzo. È facile rendersi conto che le due opere presentano differenze importanti. La sensazione generale è che nella formella del Ghiberti vi sia la descrizione di un fatto che accade in un luoa

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go preciso, definito con cura anche nei minimi particolari; la scena sembra ripresa in un momento di sospensione ed è resa compatta dalla presenza del paesaggio sul quale si stagliano i personaggi. Brunelleschi invece pone tutta l’attenzione sui protagonisti del racconto, che si muovono in modo quasi convulso in uno spazio vuoto, creato dai loro gesti; il dinamismo dà alla formella un carattere di novità assente in Ghiberti il quale rimane più in linea con il classicismo rinascimentale. b

Lorenzo Ghiberti, Il sacrificio di Isacco, 1401, bronzo dorato, 45 x 38 cm. Firenze, Museo Nazionale del Bargello.

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Filippo Brunelleschi, Il sacrificio di Isacco, 1401, bronzo dorato, 45 x 38 cm. Firenze, Museo Nazionale del Bargello.

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1 La figura di Abramo in Ghiberti a è più composta e distante, mentre in Brunelleschi b sembra avventarsi sul figlio: con una mano gli piega all’indietro la testa mentre con l’altra è pronto ad affondare il coltello nel collo del ragazzo.

2 Isacco è per Ghiberti a immobile come una vittima rassegnata, definito in modo perfetto in tutti i dettagli anatomici come una scultura greca o ellenistica; in Brunelleschi b i particolari del corpo sono appena accennati, il ragazzo non pare volere subire il colpo e le sue gambe suggeriscono l’intenzione di un balzo per sfuggire alla presa di Abramo.

3 L’angelo di Ghiberti a è ritratto mentre interviene dall’alto con un gesto per fermare Abramo, mentre quello di Brunelleschi b si lancia su Abramo, afferra con forza la mano dell’uomo e contemporaneamente indica l’ariete, dando alla scena un ulteriore senso di movimento.

4 I servi nella formella del Ghiberti a sono ritratti in una posa composta ed elegante, nell’atto di conversare; in quella del Brunelleschi b , le due figure sui lati sono ripiegate su se stesse e una delle due si toglie una spina dal piede, riprendendo un motivo caro ai classici.

CuriosArte

Come andò veramente quella gara? Sul risultato della gara del 1401, che assegnò a Lorenzo Ghiberti l’incarico di realizzare la Porta Nord del Battistero di Firenze, sono da sempre circolate voci discordanti. Un biografo di Brunelleschi scrisse che i due scultori furono giudicati a pari merito, ma siccome proprio Brunelleschi si rifiutò di realizzare la porta insieme a Ghiberti, il lavoro fu affidato completamente a quest’ultimo. Altri hanno insinuato che Ghiberti abbia vinto grazie alla posizione privilegiata del padre, ricco e famoso orefice fiorentino. Insomma, sarebbe stato raccomandato... Ghiberti, invece, sostenne sempre di avere vinto con un consenso unanime e senza nessun appoggio. Certo è che tra Ghiberti e Brunelleschi la competizione non finì mai e i due furono sempre in pessimi rapporti.

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Scultura

U6

5 Donatello: il realismo nella scultura

Perfezione classica e realismo «popolare» Quando nel 1402 Filippo Brunelleschi si recò a Roma, portò con sé un giovanissimo e promettente scultore: Donatello (1386-1466). Il ragazzo, che fino a quel momento aveva lavorato nei cantieri dei monumenti gotici fiorentini, trascorreva il tempo in cerca di ispirazione tra gli edifici un po’ cadenti dei quartieri più popolari romani. Ebbe comunque la possibilità di assimilare perfettamente i modelli classici, che ripropose nelle sue opere, nelle quali però è possibile rintracciare anche l’elemento «popolare», rimasto sempre una delle caratteristiche della sua arte. Donatello, Maddalena penitente,

1453-1455, legno, h 188 cm. Firenze, Museo dell’Opera del Duomo.

L’espressione dei volti Un elemento sempre presente nelle sculture di Donatello è l’intensità dell’espressione dei volti, sempre segnati da un grande realismo. È così nel volto del Monumento equestre al Gattamelata di Padova, che è considerato la più classica tra le sue sculture, ispirata alla statua di Marco Aurelio del Campidoglio (p. 71). Ma è così anche nella statua della Maddalena penitente scolpita per il Battistero di Firenze, che pare non avere nulla di classico: i dettagli anatomici scompaiono quasi completamente e la drammaticità della figura è tutta concentrata nel gesto della preghiera e nel viso scarno che solo apparentemente è triste, mentre rivela una straordinaria serenità.

Lo «stiacciato» Donatello, impressionato dalle idee sulla prospettiva di Brunelleschi si pose il problema di come tradurle nel rilievo. Trovò la soluzione nella tecnica dello stiacciato (o «schiacciato»), dove la prospettiva viene resa attraverso il susseguirsi di diversi piani spaziali, definiti da una variazione minima nello spessore delle figure scolpite in rilievo. I soggetti in primo piano hanno uno spessore maggiore, mentre nei piani successivi il rilievo diminuisce, evidenziando così il senso della profondità. Donatello, Monumento equestre a Erasmo da Narni, detto Il Gattamelata,

1443-1453, bronzo, 340 × 390 cm. Padova, Piazza del Santo.

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Due David Per le sue sculture Donatello usò materiali diversi: marmo, terracotta e bronzo. A lui, in particolare, si deve la riscoperta del bronzo per le sculture a tutto tondo, privilegiato dagli scultori greci e pressoché dimenticato negli ultimi secoli. La sua evoluzione verso il classicismo, sia nella scelta dei materiali sia nello stile, è offerta dal confronto tra due statue di David, scolpite da Donatello a distanza di vent’anni l’una dall’altra. Donatello, David, 1409, marmo, h 191 cm. Firenze, Museo del Bargello. Il David del 1409 presenta ancora tracce dello stile gotico, ma la posizione del corpo e il viso richiamano le sculture greche e romane. Il volto mostra un’espressione di risolutezza e di coraggio.

Donatello, Banchetto di Erode, 1423-1427, bronzo,

60 × 60 × 0,2 cm. Siena, Battistero. Nel Banchetto di Erode un forte senso di profondità è dato dal disegno del pavimento, dal tavolo e dai giochi di luce prodotti dai movimenti delle figure e dai panneggi degli abiti della scena in primo piano, in cui la testa del Battista è portata a Erode. Dietro, altre due scene, scandite dal susseguirsi delle strutture architettoniche, presentano un rilievo sempre minore, fin quasi ad appiattirsi sul fondo. L’effetto che ne deriva è del tutto paragonabile a quello della prospettiva lineare nelle opere pittoriche.

Donatello, David (prima del restauro), 1440 ca., bronzo dorato, h 158 cm. Firenze, Museo del Bargello. Il David in bronzo risponde ai modelli classici anche se il corpo sembra sbilanciato da un lato, appoggiato su una spada troppo pesante per un ragazzino dal fisico di preadolescente. Nel volto non vi è niente di eroico, ma qualcosa di malinconico e pensoso, con un velo di compiacimento per l’impresa compiuta.

CuriosArte

Un contadino in croce Quando Donatello scolpì il Crocifisso ligneo per la Chiesa di Santa Croce a Firenze, il suo amico Brunelleschi gli rimproverò di avere «messo in croce un contadino», perché non aveva rispettato le proporzioni ideali. In realtà Donatello non ignorava assolutamente le proporzioni classiche, ma voleva che la sua opera trasmettesse la concreta fisicità del corpo di Gesù e la sua sofferenza. Il crocifisso scolpito da Brunelleschi qualche anno più tardi è invece sicuramente più «classico».

Donatello, Crocifisso,

1406-1408, legno policromo, h 168 cm. Firenze, Basilica di Santa Croce.

Filippo Brunelleschi, Crocifisso, 1410-1415, legno policromo, h 170 cm. Firenze, Basilica di Santa Maria Novella.

U6 - Il Quattrocento

201


Scultura

U6

6 Le sculture in ceramica

dei Della Robbia

Tra scultura e pittura Un particolare tipo di scultura, che conobbe grande successo a partire dall’inizio del Quattrocento e per buona parte del Cinquecento, fu quello delle ceramiche policrome. L’arte della terracotta era praticata fin dall’antichità, ma fu Luca della Robbia (1400-1482) – discepolo di Brunelleschi e di Donatello – che riprese e perfezionò una lavorazione già nota agli Egizi e ai Babilonesi (vedi la Porta di Ishtar, p. 22). La forma in terracotta, una volta asciutta, veniva rivestita con una patina di vari colori uniti a sabbie silicee, usate anche per la produzione del vetro (da qui il nome di ceramica «invetriata»), e ossido di piombo. La cottura a forno fissava definitivamente i colori, rendendo la terracotta lucida e brillante. Questa tecnica univa in sé scultura e pittura e si prestava a completare oppure ornare elementi architettonici, favorendo così una felice integrazione fra le tre arti.

Colori brillanti La bottega di Luca della Robbia si specializzò nella produzione delle ceramiche e proseguì la sua attività per oltre un secolo grazie ad Andrea (1435-1525) e ai suoi figli Giovanni (1469-dopo 1530) e Girolamo (1488-1566). Le terrecotte robbiane arrivarono in Francia alla corte di Francesco I, guadagnandosi fama internazionale. Inizialmente le ceramiche erano caratterizzate dal colore blu per lo sfondo e dal bianco per le figure in rilievo. Successivamente, Giovanni impiegò una gamma molto più vasta di colori, sempre molto intensi, decisi e brillanti, e rappresentò scene di una complessità sempre maggiore.

Andrea della Robbia, Putto in fasce, 1487, ceramica invetriata. Firenze, Spedale degli Innocenti. È uno dei tondi in terracotta che ornano il loggiato esterno dello Spedale degli Innocenti di Brunelleschi, integrandosi perfettamente nella struttura architettonica.

Ieri & Oggi

La terracotta dipinta L’arte della ceramica, e in particolare della terracotta invetriata, è stata praticata nel corso dei secoli da grandi artisti per realizzare sculture a tutto tondo, rilievi o basi su cui dipingere. Un grande artista italiano contemporaneo che ha realizzato molte sculture con questo materiale è Lucio Fontana (1899-1968): in molte delle sue opere può essere rintracciata un’ispirazione ai capolavori dei Della Robbia.

Giovanni della Robbia, Presepe,

1521, ceramica invetriata, 307 × 200 cm. Firenze, Museo Nazionale del Bargello.

Lucio Fontana, Crocifissione,

1950 ca., ceramica.


Approfondisci sul vol. Pag. 100

Anche tu artista

Modella la ceramica come i Della Robbia

A

La produzione di opere con la tecnica della ceramica invetriata divenne per i Della Robbia una sorta di «industria di famiglia». Quando nel 1448 morì Marco della Robbia, fratello maggiore di Luca, questi adottò i suoi sei figli, tra i quali vi era Andrea, all’epoca appena tredicenne, che iniziò a lavorare a bottega con lo zio. I due realizzarono insieme importanti capolavori, come la Cappella del Cardinale del Portogallo, nella Basilica di San Miniato al Monte a Firenze. Nel 1470 Andrea decise di rendersi autonomo e avviò una produzione di ceramiche su larga scala facendo uso di stampi. Questo permetteva di realizzare in poco tempo diverse copie di una stessa opera, accrescendo così i guadagni. L’introduzione degli stampi non poteva trovare d’accordo Luca, per il quale invece ogni opera doveva essere unica e irripetibile.

Ora prova anche tu a realizzare un calco in gesso, decorandolo poi alla maniera dei Della Robbia.

1 Procurati i seguenti materiali: stam-

pini di diverse forme, in plastica o in silicone (come quelli da cucina che si trovano in commercio), gesso, acqua, spatolina, bacinella, colori per ceramica a freddo, pennelli.

2 Unisci l’acqua e il gesso nella ba-

cinella, in una proporzione di 1 a 2,5. Mescola delicatamente fino a ottenere un composto liscio.

4 Lascia asciugare le formine negli stampini per 24

ore, poi tirale fuori con delicatezza.

3 Versa con attenzione negli stampini

l’impasto ottenuto, cercando di eliminare le bolle d’aria con una spatolina (questa operazione deve essere fatta velocemente poiché l’impasto tende a indurirsi) quindi lascia che il composto si solidifichi.

5 Con i colori per ceramica a freddo, utili perché si avvicinano un

poco all’effetto delle ceramiche invetriate, decora le forme ottenute con il gesso, cercando di utilizzare le colorazioni e i decori tipici dei Della Robbia. Puoi creare dei motivi in bianco e azzurro oppure aggiungere del verde o del giallo.

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Pittura

U6

7 Masaccio: il pittore della svolta

Il superamento del Gotico internazionale Se Brunelleschi rinnovò con una svolta decisiva l’architettura e la scultura, Masaccio (1401-1428) è di fatto considerato l’iniziatore della pittura rinascimentale. Tommaso di ser Giovanni (detto Masaccio) giunse a Firenze da San Giovanni Valdarno nel 1418, periodo in cui la pittura era ancora influenzata dal Gotico internazionale. Qui egli aprì una bottega e iniziò a dipingere alcune opere in cui appare evidente il distacco dai modelli gotici e un’adesione piena alle innovazioni introdotte da Brunelleschi e Donatello, con i quali probabilmente entrò direttamente in contatto. La pittura di Masaccio è caratterizzata da uno spiccato naturalismo. I personaggi ritratti sono inseriti in un contesto reale, presentano una forte fisicità e i loro visi sono estremamente espressivi. Altro aspetto notevole è la ricerca della prospettiva, che in parte si rifà a Giotto e in parte alle regole brunelleschiane. Masaccio, Tributo della moneta, 1424-1426,

affresco, 255 x 598 cm. Firenze, Cappella Brancacci. Il Tributo presenta un racconto evangelico con un’originale composizione temporale. Nella scena centrale Gesù e gli apostoli vengono fermati alle porte di Cafarnao da un gabelliere che chiede la tassa per il tempio di Gerusalemme. Gesù invita Pietro, con il gesto del braccio, a recuperare la moneta dalla bocca del pesce che avrebbe trovato nel lago vicino (scena a sinistra). A destra Pietro consegna la moneta al gabelliere. La rappresentazione è resa con realismo, evidente nel deciso chiaroscuro dei drappeggi e sulle gambe del gabelliere, nelle ombre dei corpi sul terreno, nella visione prospettica delle aureole. Il punto di vista è sul volto di Cristo e la disposizione a semicerchio degli apostoli aumenta il senso di profondità spaziale.

Masaccio, Cacciata dal Paradiso terrestre

(particolare), 1424-1426, affresco. Firenze, Cappella Brancacci. Adamo si copre il volto in segno di vergogna e di sconforto, mentre l’espressione di Eva trasmette angoscia e dolore. I corpi sono descritti con attenzione ai dettagli anatomici. Il loro movimento, a tratti sgraziato, attribuisce dinamicità a tutta la scena e contribuisce a esprimerne la drammaticità.


Leggere l’opera d’arte

La Trinità Fra il 1426 e il 1428 Masaccio affrescò nella Chiesa di Santa Maria Novella la sua ultima opera e forse la più famosa: la Trinità. Qui il pittore applica in maniera rigorosa le regole della prospettiva lineare di Brunelleschi, ricostruendo lo spazio in modo da offrire il senso della profondità. In questo dipinto il Il soffitto della cappella entro la quale è ambientata la scena definisce la profondità spaziale della composizione, con un soffitto voltato a botte dipinto secondo le regole della prospettiva resa evidente dal disegno dei riquadri (lacunari).

Le figure del Padre, di Gesù e dello Spirito Santo, simboleggiato dalla colomba bianca, non rispettano le regole della prospettiva e, anche se su un piano arretrato, sono di dimensioni maggiori. Questo sta a indicare che le verità della fede rimangono immutabili e sono superiori all’uomo.

La composizione è simmetrica e i personaggi sono disposti in modo da creare una perfetta alternanza nel genere e nel colore degli abiti. Tutti i personaggi acquistano volume grazie al drappeggio delle vesti e all’uso del chiaroscuro.

realismo tipico di Masaccio passa in secondo piano, per lasciare posto alla solennità delle figure e trasmettere il senso dell’immutabilità del mistero che viene rappresentato. L’impianto dell’opera si articola sulla ripetizione della figura geometrica del triangolo, che è il simbolo della Trinità. Il corpo del Cristo è definito con precisione anatomica e al tempo stesso appare teso e sofferente. È chiaro il riferimento al Crocifisso di Donatello (p. 201).

Il punto di fuga è collocato dove si uniscono i piedi di Gesù, sulla linea d’incontro degli sguardi dei due committenti. I piedi di Dio Padre, invece, sono posti sulla stessa linea che unisce gli sguardi di Maria e Giovanni.

I committenti dell’opera, in ginocchio in primo piano, hanno le stesse dimensioni di Maria e Giovanni, ai lati della croce. Si tratta di una novità, perché generalmente i committenti erano ritratti con dimensioni inferiori.

Il punto di vista è collocato in modo da attrarre lo sguardo verso l’alto, dove sono indirizzate le linee di fuga.

Alla base dell’affresco è dipinto un sarcofago con uno scheletro sopra il quale è scritto: «Io fui già quel che voi siete e quel ch’io son voi ancor sarete», che ricorda all’uomo la precarietà della sua vita e indica la fede nella risurrezione.

Masaccio, Trinità, 1426-1428, affresco, 317 x 337 cm. Firenze, Chiesa di Santa Maria Novella.

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Pittura

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8 La prospettiva in Paolo Uccello

e Antonello da Messina

Paolo Uccello: tra scultura e pittura Nei primi decenni del Quattrocento operava a Firenze anche un altro artista impegnato a studiare e ad applicare nella pittura le regole della prospettiva: era Paolo di Dono (1397-1475), diventato famoso come «Paolo Uccello» per la sua abilità nel dipingere questo genere di animali. Fra il 1407 e il 1414 Paolo si formò insieme a Donatello nella bottega di Lorenzo Ghiberti e probabilmente collaborò alla lavorazione della Porta Nord del Battistero. Questa esperienza nel campo della scultura gli fu utile per lo studio della costruzione prospettica.

La «prospettiva naturale» Ancora legato per certi particolari delle sue opere allo stile del Gotico internazionale, Paolo Uccello era anche estremamente attento nella ricerca di nuove modalità per definire lo spazio. Oltre alla prospettiva lineare, che suppone un unico punto di fuga, egli sperimentò anche la «prospettiva naturale», che prevede diversi punti di fuga all’interno della stessa scena. Molte opere di Paolo Uccello portano tracce delle sue sperimentazioni e a volte colpiscono per alcuni particolari che sembrano incoerenti.

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Paolo Uccello, Disarcionamento di Bernardino della Carda (particolare del

trittico Battaglia di San Romano), 1438, tecnica mista su tavola, 182 x 323 cm. Firenze, Galleria degli Uffizi. La scena del Disarcionamento di Bernardino della Carda, uno dei pannelli del trittico della Battaglia di San Romano, è costruita su almeno due piani. Il primo piano rappresenta l’affollata scena della battaglia, dove il senso di profondità viene dato dalle lance dei cavalieri e dalla posizione dei cavalli, che si muovono in maniera scomposta accentuando il senso della prospettiva. Al centro, la lancia che colpisce Bernardino disarcionandolo taglia in due la composizione. Dietro la battaglia si apre un’altra scena, sulla quale si svolge una battuta di caccia alla lepre. Uomini e animali risultano però completamente sproporzionati sia rispetto al primo piano sia rispetto al piano della campagna: insieme ai colori in parte irreali, sono elementi che richiamano lo stile gotico internazionale.


Antonello da Messina: le diverse tradizioni della pittura Antonello da Messina (1429/1430-1479) compì la sua prima formazione artistica nella natale Sicilia, ma durante vari spostamenti nella penisola (a Napoli, a Reggio Calabria, a Roma, in Toscana e a Venezia) fu attento ad assimilare il meglio delle tradizioni che incontrava e a studiare gli stili che nei primi decenni del Quattrocento stavano maturando nel Nord Europa. La sua pittura è caratterizzata da una grande cura dei dettagli, tipica della pittura fiamminga (pp. 218-219), unita a un’attenzione tutta particolare per l’espressione dei volti e al carattere psicologico dei personaggi rappresentati. Originale è la sua costruzione della prospettiva realizzata attraverso l’uso del colore e della luce. Quest’aspetto, anch’esso influenzato dalla scuola pittorica nordeuropea, lasciò un’impronta decisiva nella pittura veneziana.

Antonello da Messina, Annunciata, 1475, olio su tavola, 45 x 34,5 cm. Palermo, Galleria Regionale di Palazzo Abatellis.

Antonello da Messina, San Girolamo nello studio,

1474-1475, olio su tavola, 45,7 x 36, 2 cm. Londra, National Gallery. Nel San Girolamo nello studio lo spazio è determinato dalle diverse intensità della luce che illumina i piani di cui è composta la scena. San Girolamo, noto nella tradizione cristiana per avere tradotto la Bibbia in latino, è raffigurato nel suo studio nei panni di un colto umanista del Quattrocento. Tutto è rappresentato con grande realismo: la figura del santo, i libri, l’architettura, il paesaggio che si intravvede dalla finestra sullo sfondo... Le linee prospettiche sono rintracciabili nel disegno del pavimento, ma sono i giochi di luce resi attraverso l’uso di diverse tonalità di colore e che seguono queste stesse linee a determinare la profondità degli ambienti che compongono la scena.

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Pittura

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9 Beato Angelico e Piero della

Francesca: spiritualità e razionalismo

Beato Angelico: ritrarre la bellezza divina Nella prima metà del Quattrocento fu attivo a Firenze il frate domenicano Giovanni da Fiesole, divenuto famoso con il nome di Beato Angelico (1395 ca.-1455) sia per la bellezza «angelica» delle sue opere sia per la santità della sua vita. Contemporaneo di Masaccio e Paolo Uccello, l’Angelico risente ancora in maniera piuttosto vistosa della tradizione tardogotica, anche se le sue opere testimoniano uno studio accurato della prospettiva e i soggetti sono collocati all’interno di uno spazio realistico. Tratti peculiari dei suoi dipinti, tutti di carattere religioso, sono la bellezza e la gentilezza che caratterizzano i personaggi, con le quali egli vuole trasmettere la serenità e l’armonia della vita spirituale. Fondamentale è l’utilizzo della luce molto chiara, simbolo della luce divina.

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Beato Angelico, Annunciazione, 1441-1445, affresco, 230 × 321 cm. Firenze, Convento di San Marco. Fra il 1441 e il 1445 il Beato Angelico dipinse numerosi affreschi nel Convento di San Marco a Firenze. Ciascuna delle celle dei frati fu affrescata con un episodio del Nuovo Testamento o una Crocifissione, allo scopo di favorire il raccoglimento e la meditazione. Da queste opere emana infatti una forte atmosfera spirituale, ottenuta con l’eleganza delle forme e l’uso delle sfumature. Allo stesso tempo, vi è in esse una scrupolosa attenzione alla prospettiva, un sapiente dosaggio delle luci e un impiego del chiaroscuro per definire il volume dei corpi anche attraverso i panneggi delle vesti, secondo gli insegnamenti di Giotto e di Masaccio.


Piero della Francesca, protagonista alla corte di Urbino Piero della Francesca (1416 ca.-1492) operò nelle più importanti corti italiane. Fra il 1469 e il 1472 soggiornò a Urbino, accolto dal duca Federico da Montefeltro. Proprio in quegli anni Federico era impegnato a fare della propria corte uno dei centri culturali più prestigiosi della

penisola e Piero della Francesca ne fu protagonista, sia come intellettuale sia come pittore. Qui egli dipinse opere importanti come la Flagellazione di Cristo, i Ritratti di Federico da Montefeltro e Battista Sforza, la Pala di Brera e la Madonna di Senigallia.

Piero della Francesca, Ritratti di Battista Sforza e Federico da Montefeltro, 1465-1472, tempera e olio su tavola, 47 × 33 cm ciascuna tavola. Firenze, Galleria degli Uffizi.

CuriosArte

Perché sempre il lato sinistro? Federico da Montefeltro si faceva sempre ritrarre di profilo e mostrando il solo lato sinistro del volto, come nella Pala di Brera (p. 210) e nei ritratti su questa pagina di Piero della Francesca e Pedro Berruguete. Per quale motivo? Egli aveva perso l’occhio destro durante un torneo e perciò il lato destro del volto era deturpato. Anche la particolare forma del naso è una conseguenza di quell’incidente. Per ampliare il campo visivo dell’unico occhio rimastogli, Federico decise di farsi limare la parte superiore del setto nasale. Non ne guadagnò certo a livello di estetica, ma probabilmente era utile soprattutto in battaglia per vedere un poco meglio... Pedro Berruguete, Federico da Montefeltro con il figlio Guidobaldo,

1475 ca., tempera su tavola, 137 × 75,5 cm. Urbino, Galleria Nazionale delle Marche.

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Il rigore matematico di Piero della Francesca Piero della Francesca era uno studioso umanista. Egli applicò alla pittura le proprie vaste conoscenze, soprattutto di tipo matematico e geometrico, costruendo i suoi dipinti secondo un impianto estremamente preciso. Nelle sue opere, inoltre, sono sempre presenti elementi simbolici e richiami teologici che ne testimoniano l’elevato livello culturale.

Piero della Francesca, Pala di Brera, 1472 ca., tempera e

olio su tavola, 248 × 170 cm. Milano, Pinacoteca di Brera. La Pala di Brera, commissionata dal duca Federico di Montefeltro (raffigurato inginocchiato in primo piano), evidenzia l’incontro fra perfezione geometrica, uso della luce e rimandi alla vasta cultura umanista di Piero della Francesca. Il dipinto è strutturato in modo rigoroso sulle figure del quadrato e del cerchio. Altrettanto preciso è il calcolo della prospettiva: il punto di fuga è collocato all’altezza degli occhi della Vergine, che è in linea con gli occhi dei sei santi che la circondano, mentre i quattro angeli alle spalle si collocano su un piano diverso. Molti i simboli presenti: la conchiglia della semicupola sullo sfondo indica in Maria la nuova Venere, simbolo della bellezza eterna; l’uovo di struzzo rappresenta la perfezione divina, ma qui è in posizione leggermente sfalsata rispetto all’asse che taglia perfettamente a metà il quadro per sottolineare che nella fede qualcosa sfugge alla razionalità umana; il Bambino è addormentato, come prefigurazione della morte che lo attende; la collana di corallo rosso che porta al collo rimanda al sangue che verserà sulla croce, ma anche alla salvezza che egli porterà attraverso quella morte.

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Piero della Francesca, Flagellazione di Cristo, 1455-1460, tempera e olio su tavola, 59 × 81,5 cm. Urbino, Galleria Nazionale delle Marche. La Flagellazione di Cristo presenta una prospettiva molto rigorosa dentro un rettangolo dalle proporzioni perfette, secondo il rapporto della «sezione aurea» già noto fin dall’antichità. L’immagine risulta divisa in due parti: l’evento principale è posto a sinistra verso lo sfondo, a destra tre uomini vestiti in abiti quattrocenteschi sono in primo piano e colloquiano tra loro indifferenti nei confronti di quanto accade in secondo piano. Ancora non si hanno delle spiegazioni certe sul significato di una composizione così particolare. Una delle ipotesi è che il personaggio al centro del gruppo in primo piano possa essere identificato con un angelo che cerca di far dialogare l’Occidente con l’Oriente.

Competenti in arte La ricerca della «divina proportione» è una costante nelle opere di Piero della Francesca. L’artista la raggiunge applicando le regole del rapporto aureo e inscrivendo la composizione dei suoi dipinti in figure geometriche. Hai potuto rilevare questo aspetto nella Pala di Brera ora osserva il Battesimo di Cristo e prova a identificare tu le forme geometriche del quadrato e del cerchio che compongono l’opera. E videnzia le figure con colori diversi. Traccia quindi la linea mediana della composizione: quali figure attraversa? Le figure hanno un significato simbolico? Quale?

Piero della Francesca, Battesimo di Cristo, 1450 ca.,

tempera su tavola, 167 × 116 cm. Londra, National Gallery.

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Pittura

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10 Andrea Mantegna:

raffinato pittore di corte

Alla corte dei Gonzaga Andrea Mantegna (1431-1506) visse gran parte della sua vita alla corte di Mantova, dove arrivò nel 1460 chiamato dai Gonzaga, signori della città. Nei dipinti del Castello di San Giorgio, in particolare nella Camera degli Sposi, egli celebrò la grandezza della dinastia, esaltandone la ricchezza e lo splendore. Andrea Mantegna, Oculo della volta della Camera degli Sposi, 1465-1474 ca., affresco.

Mantova, Castello di San Giorgio. Sul soffitto della Camera degli Sposi è presente un oculo dipinto, cioè la finta rappresentazione di un’apertura circolare verso un cielo limpido. Applicando le regole prospettiche l’artista creò l’illusione di una balconata da cui si affacciano alcuni personaggi. Dalle aperture del parapetto fanno capolino anche i volti dei bambini.

Le novità del Quattrocento e lo studio dell’antichità Ancora giovanissimo, il Mantegna si era formato come pittore a Padova e a Ferrara dove aveva conosciuto Paolo Uccello e Donatello. A Mantova, poi, operò negli stessi anni in cui era presente in città anche Leon Battista Alberti. Dai maggiori artisti rinascimentali egli apprese quelli che diventeranno i tratti caratteristici della sua pittura: un uso preciso e rigoroso della prospettiva, una perfetta definizione delle figure e una particolare raffinatezza nella descrizione dei dettagli. A tutto questo, Mantegna aggiunse una spiccata passione per l’antichità classica greca e romana, che emerge in molte delle sue opere.

Andrea Mantegna, La corte di Ludovico III Gonzaga, 1465-1474 ca., affresco. Mantova, Castello di San Giorgio, Camera degli Sposi.

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Leggere l’opera d’arte

Il ritratto del dolore Una delle opere più famose di Andrea Mantegna è il Cristo morto, un dipinto su tela eseguito fra il 1475 e il 1478, oggi conservato presso la Pinacoteca di Brera, a Milano. Si tratta di un’opera molto particolare, dalla quale il pittore non volle mai separarsi e che fu acquistata dal cardinale Sigismondo Gonzaga poco dopo la morte dell’artista. Mantegna fa un uso ardito della prospettiva, adottando la tec-

nica dello scorcio, così chiamata perché «accorcia» le figure accentuando al massimo l’effetto prospettico. Ciò contribuisce a concentrare l’attenzione sui dettagli del corpo di Gesù, che sono descritti addirittura con una certa crudezza, come per esempio i fori dei chiodi nelle mani e nei piedi. La drammaticità della scena è espressa dai tre volti ritratti in alto a sinistra, ed è accresciuta dal contrasto fra luce e ombra che la pervade tutta.

I volti di Maria e Giovanni sono schiacciati in un angolo. Dietro di loro si intravede appena una parte del volto disperato della Maddalena.

Il corpo di Gesù è posato su una lastra di marmo e sembra una scultura in pietra. Anche il colore utilizzato contribuisce a trasmettere la sensazione di rigidità.

Entrambe le mani di Gesù sono dipinte in una posizione tale da mettere in evidenza i fori dei chiodi, che producono un vero e proprio squarcio nelle carni. Il lenzuolo che copre il corpo di Gesù presenta un panneggio anch’esso simile a una scultura e accresce la plasticità della figura.

Andrea Mantegna, Cristo morto, 1475-1478, tempera a colla su tela, 68 × 81 cm. Milano, Pinacoteca di Brera.

I piedi, posti in primo piano di fronte allo spettatore, sono il punto da cui partono le linee di fuga che guidano lo sguardo a percorrere tutto il corpo del Cristo, fino al volto.

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Pittura

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11 Sandro Botticelli: la ricerca del bello

Alla scuola di Filippo Lippi Sandro Botticelli (1445-1510) è considerato uno dei maggiori esponenti della felice stagione culturale fiorita alla corte del signore di Firenze Lorenzo de’ Medici, detto «il Magnifico» (14491492). Giunto al potere nel 1469, Lorenzo raccolse intorno a sé i più importanti artisti, letterati e filosofi del suo tempo, facendo della propria corte il centro propulsore della nuova stagione artistica e culturale del Rinascimento. Nato a Firenze, Botticelli si formò a Prato presso la bottega di Filippo Lippi (1406-1469), da cui assimilò la predilezione per la bellezza espressa in figure e volti perfetti, che rimandano a una serena dimensione soprannaturale.

Tra religione e mito Oltre ai soggetti religiosi, Botticelli dipinse temi di carattere mitologico, nei quali trovò espressione la cultura umanista che si respirava alla corte del Magnifico. I tratti fondamentali della sua pittura sono la ricerca della bellezza ideale, la linea precisa e pulita, una straordinaria cura nella descrizione dei dettagli e la scelta di colori luminosi. A questi, si uniscono la scrupolosa attenzione sia alla prospettiva sia al naturalismo classico, che nelle opere di carattere religioso si fonde con lo spiritualismo cristiano.

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Ritratto d’artista Alessandro Filipepi, detto Sandro Botticelli nato l’1 marzo 1445 a Firenze morto il 17 maggio 1510 a Firenze attività pittore

nome

Fu grande perché...

...dal maestro Filippo Lippi apprese la perfezione

formale. Accolto poi alla corte del Magnifico, divenne interprete della cultura umanistica: dipinse soggetti mitologici e allegorici — pur senza abbandonare quelli sacri — ricercando sempre la bellezza ideale, attraverso la grazia, la leggerezza e l’eleganza che distinguono il suo tratto stilistico.

Sandro Botticelli, Nascita di Venere, 1484 ca.,

tempera su tela, 172,5 × 278,5 cm. Firenze, Galleria degli Uffizi.


La pittura allegorica e celebrativa Facendo riferimento al patrimonio della cultura classica, Botticelli dipinse anche molte opere di carattere allegorico, nelle quali un’idea o un concetto vengono espressi attraverso l’uso di figure particolari. Come altri pittori che vivevano presso le corti dei signori rinascimentali, inoltre, anche Botticelli dipinse opere che celebravano i signori della città. Sandro Botticelli, La Calunnia, 1495 ca., tempera su tavola,

62 × 92 cm. Firenze, Galleria degli Uffizi. In un ambiente dall’architettura in stile classico, il re Mida, con le orecchie d’asino, tende la mano verso la Calunnia. Questa si avvicina accompagnata da un uomo incappucciato vestito di nero, che impersona il Rancore; in una mano tiene una torcia, che però non produce luce (simbolo della falsità) e con l’altra trascina

per i capelli il Calunniato che è nudo perché indifeso. Dietro al re Mida, Sospetto e Ignoranza instillano il dubbio nelle sue orecchie, mentre le due giovani che accompagnano la Calunnia rappresentano il Tradimento e l’Inganno. La vecchia vestita di nero è figura del Rimorso, che appare però impotente, mentre si volge verso la Verità che indica con la mano il Sole, da dove può venire la luce vera che contrasta la falsità.

Sospetto e Ignoranza Tradimento e Inganno

Re Mida Verità

Rimorso Calunniato

Calunnia

Rancore

Sandro Botticelli, Adorazione dei Magi, 1475 ca., tempera su tavola, 111 × 135 cm. Firenze, Galleria degli Uffizi. Nell’Adorazione dei Magi vengono rappresentati alcuni tra i personaggi più importanti della famiglia Medici (alcuni dei quali già morti quando il quadro fu dipinto), insieme a membri di spicco della corte fiorentina. Tutti sono raffigurati in vesti raffinate e sfarzose e l’intera scena è un’esaltazione dell’eleganza e della ricchezza della corte medicea, che però si inchina in adorazione di fronte a Gesù, nato povero e nudo nella capanna diroccata.

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Leggere l’opera d’arte

La Primavera misteriosa La Primavera nel giardino di Venere Tra le opere più famose di Botticelli vi è La Primavera, un grande dipinto su tavola (205 × 314 cm), realizzato intorno al 1482 su commissione di Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, cugino di Lorenzo il Magnifico. Si tratta in realtà di un dipinto allegorico nel quale sicuramente sono nascosti molti significati, che dovevano essere chiari ai contemporanei e ai committenti, ma che non sono più altrettanto evidenti per noi, a oltre cinque secoli di distanza. Anche in questo caso, Botticelli si ispira alla cultura umanista del suo tempo e, in particolare, a una composizione poetica di Angelo Poliziano, un letterato che viveva alla corte dei Medici, che nei suoi versi si rifaceva a sua volta ai miti narrati dagli autori antichi. Protagonista dell’opera sarebbe però non la Primavera, bensì Venere, che nel quadro occupa la posizione centrale. La dea sarebbe rappresentata mentre entra nel suo giardino e questo episodio è collocato immediatamente dopo la sua nascita, illustrata in un altro famoso quadro di analoghe dimensioni (dipinto però su tela) commissionato anch’esso da Lorenzo di Pierfrancesco.

Un giardino di aranci fuori dallo spazio e dal tempo La scena è ambientata in un giardino di aranci colmi di frutti, che fanno da sfondo alla scena lasciando intravedere un cielo di colore azzurro e pochi particolari di un paesaggio molto in lontananza. Il frutto dell’arancio è simbolo di fertilità e la sua presenza in modo così massiccio è dovuta al fatto che l’opera fu commissionata da Lorenzo di Pierfrancesco in occasione del proprio matrimonio. Dietro la figura di Venere si apre una sorta di portale fra gli alberi, che suggerisce il varco d’ingresso nel giardino. Il prato è cosparso da una quantità di fiori dipinti con estrema precisione, fra i quali sono riconoscibili fiordalisi, viole, papaveri, ranuncoli, e molti altri: pare che in questo giardino Botticelli abbia ripreso circa 500 specie botaniche, molte delle quali hanno un preciso significato simbolico. Si tratta di un ambiente irreale, quasi privo di profondità, che si colloca in uno spazio fantastico e fuori dal tempo, come accade solitamente per le rappresentazioni allegoriche o mitologiche. Tutte le figure sono perfette e lasciano trasparire grazia e bellezza sia nelle forme sia nei movimenti. Anche i veli che avvolgono le figure femminili trasmettono un senso di leggerezza e di eleganza, ma fanno anche percepire un’atmosfera quasi incorporea. La lettura del dipinto deve essere fatta da destra verso sinistra. Sandro Botticelli, La Primavera, 1482 ca., tempera grassa su tavola, 205 × 314 cm. Firenze, Galleria degli Uffizi.

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Il dio Mercurio scaccia le nuvole con il caduceo. Questo gesto può simboleggiare sia la volontà di mantenere intatta per sempre la Primavera, sia quella di svelare il vero amore rappresentato da Venere.

Le tre Grazie, compagne di Venere, vestite con veli sottilissimi, danzano con estrema eleganza intrecciando le dita delle mani.


Cupido, personificazione dell’amore passionale, sta per scagliare una delle sue frecce contro una delle tre Grazie.

Al centro della scena si trova Venere, dea della bellezza, che rappresenta l’amore spirituale.

Flora, personificazione della Primavera, è rivestita di un meraviglioso abito fiorito, porta sul capo una ghirlanda e cosparge il giardino di fiori.

Zefiro, vento primaverile, compare in tutta la sua forza piegando gli alberi e abbraccia la ninfa Clori.

Fecondata dall’amore di Zefiro, Clori si trasforma in Flora e dalla sua bocca iniziano a uscire dei fiori.

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Pittura

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12 I pittori fiamminghi:

il gusto per i dettagli

Una nuova scuola pittorica Negli stessi anni in cui in Italia venivano poste le basi che avrebbero portato alla fioritura dell’arte rinascimentale, nelle Fiandre (tra l’Olanda e il Belgio), prese avvio una scuola pittorica destinata ad avere grande successo e a influenzare gli stessi artisti italiani. Questa scuola è detta «fiamminga» dall’olandese Vlamingen, nome del gruppo etnico e linguistico prevalente in quella regione.

La cura per il dettaglio e l’uso della luce Una delle caratteristiche più importanti dei pittori fiamminghi è la straordinaria accuratezza con cui vengono resi i dettagli anche più piccoli. Tutto viene descritto con estremo realismo e con una evidente aspirazione alla perfezione, dai volti ai gioielli, ai disegni delle stoffe. La cura del dettaglio ha un valore simbolico sempre presente nei dipinti fiamminghi. Uguale attenzione viene data all’uso della luce, che è usata sia per definire la profondità degli ambienti, sia per dare corpo e volume alle figure, sia anche per esaltare l’abilità nel riprodurre il panneggio delle vesti.

Jan van Eyck, Madonna del cancelliere Rolin, 1435, olio su tavola,

66 × 62 cm. Parigi, Musée du Louvre. La Madonna del cancelliere Rolin è stata dipinta da uno dei maggiori pittori fiamminghi del Quattrocento: Jan van Eyck (1390-1441). La figura della Vergine, monumentale nel suo mantello rosso, è resa comunque leggera dalle sfumature dei colori e dal movimento del panneggio; la corona che le vien posta sul capo dall’angelo sembra quasi uscire dal quadro con la sua concretezza. La penombra dell’interno e la luminosità del paesaggio sullo sfondo – descritto con grande meticolosità – accrescono il senso dello spazio e in tutti i particolari si nota il gusto per il dettaglio reso con estrema precisione.

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Competenti in arte Tra i pittori italiani del Quattrocento Antonello da Messina fu quello forse maggiormente influenzato dagli artisti fiamminghi. Confronta la Madonna del cancelliere Rolin con il San Girolamo nello studio che trovi a p. 207, dipinto circa 40 anni dopo. Puoi notare alcuni elementi che accomunano i due quadri, per esempio il panneggio della veste della Madonna e di san Girolamo, l’uso della luce, persino il disegno del pavimento e la presenza in entrambi i dipinti di un animale simbolico, il pavone. P uoi individuare altri elementi di somiglianza?


I colori brillanti e la pittura a olio Un altro particolare che colpisce delle opere fiamminghe è la luminosità dei colori. Questo effetto venne ottenuto con la tecnica della pittura a olio. Anziché utilizzare acqua o albume d’uovo per impastare la polvere dei pigmenti, i pittori utilizzarono olio di lino, oppure di noci o di papavero. I colori così ottenuti, una volta stesi sulla tavola o sulla tela, oltre a risultare più brillanti asciugano più lentamente, permettendo all’artista di intervenire applicando diversi strati e realizzare così trasparenze, sfumature ed effetti cromatici che la pittura a tempera rende più difficili.

La ritrattistica Un genere molto praticato dai pittori fiamminghi del Quattrocento era quello del ritratto. Numerosi sono quelli dipinti dai due maggiori artisti del tempo, Jan van Eyck e Rogier van der Weyden (13991464). Dai ritratti emerge una grande attenzione non solo a descrivere con realismo la fisionomia dei soggetti, ma anche a cogliere nell’espressione del volto il loro carattere psicologico e i loro sentimenti.

Rogier van der Weyden, Ritratto di Isabella del Portogallo, 1450 ca., olio su tavola,

46 × 37,1 cm. Los Angeles, Getty Museum.

Jan van Eyck, Ritratto dei coniugi Arnolfini, 1434,

olio su tavola, 82 × 59,5 cm. Londra, National Gallery. Il Ritratto dei coniugi Arnolfini di Jan van Eyck è considerato uno dei capolavori della pittura fiamminga. Questa tavola, di dimensioni modeste, condensa tutte le caratteristiche fondamentali della scuola nordeuropea. L’uso della luce, distribuita in modo da definire il volume delle figure e la profondità degli spazi, l’accuratezza dei dettagli, anche nei particolari più piccoli, come lo specchio, dove sono riflessi di spalle i coniugi e, di fronte a loro, altre due figure che si affacciano nella stanza. Tutta la scena, inoltre, è cosparsa di una quantità di simboli. Per esempio, l’unica candela accesa richiama la luce della fede cristiana, una caratteristica dei coniugi che emerge dalla cornice dello specchio, che riproduce scene della Passione di Gesù. Il cagnolino è segno della fedeltà coniugale, come pure le arance, sotto la finestra, sono augurio di fertilità. Il ricco abbigliamento e l’arredamento della stanza rivelano il ceto sociale elevato al quale appartengono i personaggi e sono dipinti con estrema cura.

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Verifica delle conoscenze

In sintesi… Mappa Il Quattrocento

ETÀ DELL’UMANESIMO • ha inizio in Italia • riscopre i classici • rivaluta l’uomo Architettura • e difici con proporzioni armoniche ed equilibrate •p rogettazione razionale delle città • maggiori architetti: Filippo Brunelleschi; Leon Battista Alberti

Scultura s tatue a tutto tondo in marmo, • bronzo, terracotta • cura dei dettagli anatomici • resa dell’aspetto psicologico dei personaggi • resa della prospettiva con la tecnica dello stiacciato • maggiori scultori: Filippo Brunelleschi; Lorenzo Ghiberti: Donatello

Pittura perfezione formale • • prospettiva lineare • realismo • r esa dell’aspetto psicologico dei personaggi •p erfezionamento della tecnica a olio nelle Fiandre •m aggiori pittori: Masaccio; Paolo Uccello; Antonello da Messina; Beato Angelico; Piero della Francesca; Andrea Mantegna; Sandro Botticelli

1. C ompleta le seguenti frasi con la parola corretta, scelta fra le seguenti: naturale, Masaccio, Urbino, Firenze, stiacciato, Brunelleschi, fiamminga, lineare, scorcio, ideale, Sandro, Alberti, Messina, Mantegna, Mantova, Piero 1. L ’Umanesimo e l’arte rinascimentale nacquero e si svilupparono alla corte dei più potenti signori italiani, come i Medici a Firenze, i Gonzaga a .............................., i Montefeltro a ............................... 2. Filippo .............................. progettò l’innovativa cupola del Duomo di Santa Maria del Fiore a ............................... 3. L eon Battista .............................. descrisse in un trattato il metodo della prospettiva .............................. inventato da Brunelleschi; questo metodo fu applicato dai pittori rinascimentali. 4. Donatello applicò la prospettiva lineare nei suoi bassorilievi, usando la tecnica dello ............................... 5. . ............................. è considerato il primo vero pittore rinascimentale; Paolo Uccello applicò la «prospettiva ..............................» inserendo più punti di fuga nella stessa scena; .............................., invece, fu maestro dello «..............................». 6. L e opere di .............................. della Francesca presentano composizioni razionali e ricche di immagini simboliche. 7. Antonello da .............................. fu influenzato dalla pittura ............................... 8. I dipinti di .............................. Botticelli rivelano una costante ricerca della bellezza ............................... 2. Indica con una crocetta quali dei seguenti luoghi o edifici furono progettati nel Quattrocento. 1. Cattedrale di Notre-Dame a Chartres; 2. Spedale degli Innocenti a Firenze; 3. Chiesa di Santa Maria Novella a Firenze; 4. Basilica di San Francesco ad Assisi; 5. Pienza; 6. Palazzo Ducale di Urbino. 3. Indica con B le opere di Botticelli e con D quelle di Donatello. 1. La Primavera; 2. Banchetto di Erode; 3. Nascita di Venere; 4.

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Maddalena penitente.


Lettura dell’opera d’arte

Verifica

delle conoscenze

Il Mistero della Resurrezione Nella seconda metà del Quattrocento, Piero della Francesca affrescò nel Palazzo del Popolo del paese natale, Borgo Sansepolcro, la Resurrezione. L’artista rappresentò Cristo che emerge dal sepolcro: maestoso, con grandi occhi fissi nel vuoto, il corpo segnato dalle ferite e in mano un vessillo con la croce, simbolo della Resurrezione; ai piedi del sarcofago i soldati di guardia addormentati. Il dipinto ha profondi significati simbolici. La luce rosa dell’alba che illumina il paesaggio, sullo sfondo dell’opera, rappresenta la vittoria della Resurrezione. L’imponente figura del Salvatore, ormai vittorioso sulla morte, si colloca come elemento di separazione tra il mondo dei vivi, simboleggiato dal paesaggio estivo e rigoglioso sulla destra, e quello dei morti, spoglio, invernale, sulla sinistra. In basso, i soldati immersi nel sonno rappresentano la vita terrena ignara di tutto ciò che si colloca al di là della realtà percepita dai sensi. Nel soldato senza copricapo l’artista ha raffigurato se stesso: la sua testa tocca l’asta del vessillo e ciò forse allude a un contatto con il Divino che gli infonderà ispirazione. L’intera composizione è costruita con una prospettiva dal basso per evidenziare il sarcofago. L’artista, distaccandosi da una consolidata tradizione, lo ha dipinto chiuso, non aperto, come se Cristo fosse uscito attraverso la pietra. Con questa scelta Piero intende sottolineare il mistero di un evento che si colloca molto al di là delle umane esperienze.

Piero della Francesca, Resurrezione, 1450-1463, affresco, 225 × 200 cm. Sansepolcro, Museo Civico.

Osserva e rifletti.

1. Piero della Francesca utilizza le regole della prospettiva centrale? 2. Indica sull’immagine dove passa la linea dell’orizzonte e dove cade il punto di fuga. 3. L’artista colloca le figure all’interno di un triangolo perfetto: individuane il vertice. 4. In quest’opera l’artista rivela un attento studio della realtà? 5. Ai lati del soggetto, Piero della Francesca rappresenta due colonne con capitelli corinzi. Questo dettaglio rivela la predilezione degli artisti dell’epoca per un particolare periodo storico e culturale. Quale? 6. Quali elementi del paesaggio simboleggiano la Resurrezione di Cristo? 7. Quale elemento innovativo introduce l’artista nella rappresentazione del sarcofago di Cristo?

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U7

Il

Cinquecento

Dove Vicenza Milano

Venezia

Michelangelo Buonarroti, Creazione di Adamo (particolare della volta), 1508-1512, affresco. CittĂ del Vaticano, Cappella Sistina.

Firenze

Quando

Urbino Sansepolcro Volterra Roma

1500 1501-1504

Michelangelo, David Principali centri di sviluppo artistico

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1517

1521-1544

Lutero affigge le 95 Tesi sulla porta della Chiesa di Wittenberg

Guerre tra Francesco I e Carlo V

1510

1520

1530

1503-1506

1506 ca.

1508

1518

Leonardo da Vinci, La Gioconda. Raffaello, Sposalizio della Vergine

Giorgione, La tempesta

Michelangelo, inizia la Volta della Cappella Sistina. Raffaello, Stanze Vaticane

Tiziano, Assunta


Durante il Cinquecento, il Rinascimento arrivò alla sua maturazione piena. Appartengono a questo secolo alcuni dei più grandi capolavori della Storia dell’arte, che raggiunse la sua massima espressione con Leonardo da Vinci, Michelangelo Buonarroti e Raffaello Sanzio. Già a partire dai primi decenni del secolo, tuttavia, iniziarono a manifestarsi segnali di un superamento dei canoni tipicamente rinascimentali con la corrente del Manierismo, che ebbe tra i suoi massimi esponenti artisti come Palladio per l’architettura, Giambologna per la scultura, Veronese e Pontormo per la pittura.

marmo, h 410 cm. Firenze, Galleria dell’Accademia.

Giorgione, La tempesta, 1506 ca., olio su tela, 73 × 82 cm. Venezia, Galleria dell’Accademia.

Andrea Palladio, Villa Capra (detta «La Rotonda»), 1566-1570 ca. Vicenza.

544

1534

1540

ra co I V

Enrico VIII fonda la Chiesa anglicana

Nasce la Compagnia di Gesù

o, ta

Michelangelo Buonarroti, David, 1501-1504,

1530

1545-1563 Concilio di Trento

1540

1555

1556-1598

1558-1603

1559

1579

Pace di Augusta

Filippo II re di Spagna

Elisabetta I regina d’Inghilterra

Pace di Cateau-Cambrésis

Nascita delle Province Unite

1550

1560

1570

1526-1534

1536-1541

1545-1554

1562-1566

1563

Palazzo Te a Mantova

Michelangelo, Giudizio Universale

Cellini, Perseo

Tintoretto, Ritrovamento del corpo di san Marco

Veronese, Le nozze di Cana

1580 1600

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Idee guida

Il Rinascimento Le Idee guida ti serviranno a focalizzare i punti principali di un periodo artistico, a conoscere le persone che lo hanno caratterizzato e potranno orientarti meglio nello studio del Rinascimento. 1

Classicismo e innovazioni nell’architettura

L’architettura cinquecentesca si ispira ai modelli classici, anche se appare talvolta più ricca ed elaborata. Negli edifici si ricerca la simmetria e viene privilegiato lo schema a pianta centrale, tanto per gli edifici religiosi quanto per quelli privati, come testimoniano le ville progettate da Palladio. Gli spazi interni sono riccamente decorati con dipinti che accentuano la monumentalità o impreziosiscono gli ambienti con sorprendenti effetti scenografici.

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Tra perfezione e interiorità

Con Michelangelo Buonarroti la scultura raggiunge il vertice della perfezione dal punto di vista formale, tanto da costituire un modello per tutti gli artisti successivi. Accanto alla bellezza delle figure, al rigore delle proporzioni e alla precisione anatomica, Michelangelo intende comunicare anche l’interiorità dei personaggi che rappresenta e il tormentato contrasto tra la materia e la forma, tra la dimensione umana e quella spirituale. Tutto questo trova espressione nel «non finito», che non deve essere confuso con l’incompiuto.

Michelangelo Buonarroti, Schiavo giovane, Andrea Palladio, San Giorgio Maggiore, 1566-1610. Venezia.

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1525-1530, marmo, h 256 cm. Firenze, Galleria dell’Accademia.


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Il percorso della pittura

Nel Cinquecento i più grandi capolavori della pittura rinascimentale appaiono in continua evoluzione, manifestando stili diversi. Nell’arco di mezzo secolo assistiamo al passaggio dalle atmosfere sfumate di Leonardo alla monumentalità scultorea di Michelangelo, dai colori vivaci e dalle linee precise e i contorni definiti di Raffaello alle tonalità cupe di Giorgione, che costruisce figure usando il colore, fino all’ultimo Tiziano, dove i contorni delle figure sembrano quasi perdersi. Anche il carattere psicologico dei personaggi varia dai «moti dell’animo» ricercati soprattutto da Leonardo alla serenità intrisa di delicata bellezza di Raffaello. Raffello Sanzio, Madonna della seggiola, 1514, olio su tavola, diametro 71 cm. Firenze, Galleria Palatina.

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L’arte «alla maniera» dei grandi

Leonardo, Michelangelo e Raffaello influirono in modo decisivo sugli artisti del Cinquecento. Architetti e scultori trovarono il loro modello in Michelangelo, mentre tutti e tre divennero punto di riferimento per i pittori, che nelle loro opere spesso fusero insieme le caratteristiche dell’uno e dell’altro, giungendo a risultati originali spesso di grande valore. Tra i manieristi, cioè coloro che ispirarono le loro opere «alla maniera» dei più grandi artisti del secolo, ci sono architetti come Palladio, scultori come Giambologna, pittori come Tintoretto, Veronese e Pontormo. Tutti, però, non si limitarono a imitare: seppero elaborare un proprio stile del tutto personale, tanto che il Manierismo per molti aspetti crea le premesse per il superamento dell’arte rinascimentale.

Preconoscenze Il Cinquecento è considerato il periodo più ricco e originale dell’arte italiana. Sicuramente hai già sentito nominare Leonardo, Michelangelo e Raffaello: essi hanno realizzato opere geniali che turisti da tutto il mondo vengono ad ammirare in Italia. • Se sfogli le pagine di questa Unità ti renderai conto di quanto ti sono familiari le opere di quest’epoca: esse sono state rielaborate in numerose pubblicità, sono state riprese dalla TV e dal cinema e alcune sono state persino usate nei videogiochi. Quali riconosci? Dove le hai vedute?

Pontormo, Visitazione, 1528-1530 ca., olio su tavola, 202 x 156 cm. Carmignano, Chiesa dei Santi Michele e Francesco.

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Pittura

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1 Leonardo: il genio del Rinascimento

Ritratto d’artista nome Leonardo da Vinci nato 15 aprile 1452 a Vinci (Firenze) morto il 2 maggio 1519 ad Amboise (Francia) attività scienziato, ingegnere, pittore, architetto, scultore Fu grande perché...

...indagò molti ambiti del sapere con l’osservazione dei fenomeni naturali e la sperimentazione, giungendo a esiti spesso geniali. Affrontò le arti figurative con lo stesso approccio scientifico: nei suoi dipinti la figura umana è indagata nei movimenti e nelle espressioni che riflettono i moti dell’animo, il paesaggio è rappresentato con la prospettiva aerea per rendere la profondità dello spazio.

La scienza per l’arte Leonardo da Vinci (1452-1519) è tra le personalità più significative del Rinascimento e sicuramente l’esempio più rappresentativo dell’intellettuale che spazia con la propria intelligenza in tutti i campi del sapere. Leonardo infatti non fu solo un artista, ma dedicò larghissima parte del proprio tempo a studi di matematica, geometria, fisica, ingegneria, architettura, meccanica, anatomia, botanica, ottica... Ognuna di queste discipline fu approfondita in maniera puntigliosa, come è testimoniato dalle centinaia di pagine contenenti appunti e disegni giunte fino a noi. Dai suoi dipinti traspare sempre un’eccezionale attenzione a tutti gli aspetti del mondo naturale, sia che si tratti di dipingere un paesaggio sia che si debba descrivere il movimento di un animale o l’espressione di un volto... Leonardo da Vinci, Studi di anatomia - Anatomia superficiale della spalla e del collo, 1510-1511 ca.,

Leonardo da Vinci, San Girolamo penitente, 1480 ca., olio su

tavola, 103 × 75 cm. Città del Vaticano, Pinacoteca Vaticana. Nell’incompiuto San Girolamo del Vaticano, tutte le conoscenze anatomiche di Leonardo sono impiegate per rendere la tensione interiore di un uomo che da un lato è tormentato dal senso del proprio peccato, dall’altro guarda fiducioso verso Dio sicuro del suo perdono.

disegno a penna su carta preparata in tinta rossa. Castello di Windsor, Royal Borough Museum Collection.

I moti dell’animo Gli approfonditi studi anatomici sul corpo umano compiuti da Leonardo, nei quali sono messi in evidenza i muscoli, le articolazioni e la struttura delle diverse parti, non servivano solo a scoprire il segreto dei movimenti e a cogliere la naturalezza delle forme. Grazie a essi, egli riuscì a rendere con estrema efficacia anche i caratteri psicologici e le emozioni dei personaggi che rappresentava. Leonardo descrive nei volti i «moti dell’animo»: gioia, disperazione, ira, serenità, angoscia... Per Leonardo, lo studio di ciò che è materiale e corporeo serve a descrivere ciò che è spirituale e interiore.

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CuriosArte

Di chi è quel ritratto? Circa l’identità della donna ritratta da Leonardo nel dipinto La Gioconda sono state avanzate le ipotesi più svariate o bizzarre. Alcuni la identificherebbero con Lisa Gherardini, moglie del nobile mercante fiorentino Francesco del Giocondo (da cui il nome Monna Lisa con cui è più comunemente indicato il quadro). Il fatto che Leonardo non volle mai separarsi da quest’opera ha alimentato nei secoli dubbi e leggende, come quella (in realtà inverosimile) secondo cui si tratterebbe di un ritratto «al femminile» dello stesso Leonardo. Alcuni studiosi hanno infatti notato stretta somiglianza tra la forma del viso della donna e quella dell’Autoritratto del pittore in età avanzata.

L’uso dello sfumato Caratteristica tipica dei dipinti di Leonardo è l’uso che egli fa dello sfumato. Si tratta di una tecnica che Cimabue aveva iniziato a usare per meglio definire i dettagli e che consente di rendere in maniera più delicata il passaggio dalle parti illuminate a quelle in ombra. Leonardo usa questa tecnica in modo del tutto originale soprattutto per «sfumare» i contorni delle figure che da un lato sembrano fondersi con il paesaggio circostante, dall’altro ne emergono acquistando via via spessore e luminosità.

La prospettiva aerea Gli studi di ottica e l’osservazione della realtà condussero Leonardo a dipingere la profondità dello spazio utilizzando la tecnica della prospettiva aerea, basata su un uso particolare della luce. Con l’aumentare della distanza, i colori si fanno sempre più chiari e si attenuano i contrasti fra luce e ombra. Inoltre, i contorni delle figure più in lontananza risultano meno definiti.

Leonardo da Vinci, Autoritratto, 1515 ca., sanguigna su carta. Biblioteca Reale, Torino.

Leonardo da Vinci, La Gioconda, 1503-1506,

olio su tavola, 77 × 53 cm. Parigi, Musée du Louvre. Il celebre dipinto conosciuto con il nome di Gioconda rappresenta uno splendido esempio dell’uso dello sfumato. I lineamenti della donna sono estremamente morbidi ed essa sembra avvolta dal paesaggio che le fa da sfondo. Nel paesaggio, reso con la prospettiva aerea, lo sfumato fonde i diversi elementi: le rocce con le acque e le montagne con il cielo.

Leonardo da Vinci, Annunciazione, 1472-1475, tempera e olio su tavola, 98 × 217 cm. Firenze, Galleria degli Uffizi. Nell’Annunciazione, la scena in primo piano obbedisce alle regole della prospettiva centrale, ma il paesaggio in lontananza è reso con la prospettiva aerea. A mano a mano che ci si allontana, l’aria sembra avvolgere tutto in un colore azzurro tenue che rende i contorni indefiniti e li confonde con il cielo. Nota le due montagne poste sullo sfondo del dipinto: la prima, più vicina, ha contorni definiti e un colore più naturale, quella più lontana ha lo stesso colore delle nubi che ne avvolgono la sommità e pare immersa in una nebbia che ne rende vaghi i contorni.

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Leggere l’opera d’arte

Un’Ultima Cena voluta dal Moro Nel corso della sua vita Leonardo soggiornò in diverse città. Si formò a Firenze, alla bottega del Verrocchio, uno dei pittori più importanti della città. Fu poi a Milano, a Mantova, a Venezia, a Roma e infine in Francia, ospite del re Francesco I, dove morì.

Un rapporto privilegiato con Milano Con la città di Milano, tuttavia, egli ebbe un rapporto privilegiato e i quasi 20 anni in cui vi risiedette stabilmente, tra il 1482 e il 1500, furono tra i più fecondi della sua vita di artista. Nel 1495, ricevette dal duca Ludovico Sforza, detto «Il Moro», Pietro si protende verso Giovanni. Secondo il racconto del Vangelo, vuole che chieda a Gesù chi è la persona cui si riferisce (Gv 13,24).

Giovanni, solitamente raffigurato con il capo posato sul petto di Gesù, secondo il racconto del Vangelo, si scosta per ascoltare Pietro, lasciando Gesù isolato.

l’incarico di dipingere un’Ultima Cena (o Cenacolo) nel refettorio del convento domenicano di Santa Maria delle Grazie. Questa opera riassume in sé tutte le caratteristiche della pittura leonardesca. Purtroppo, però, Leonardo non affrescò la parete, ma decise di usare metodi che potessero garantirgli la possibilità di ripassare più volte le figure per realizzare l’effetto dello sfumato, come se si fosse trattato di un dipinto su tela, o su tavola. Le scelte adottate si rivelarono dannose per la conservazione: Leonardo terminò il dipinto nel 1498, ma già pochi anni dopo alcune parti iniziarono a scrostarsi e oggi l’Ultima Cena è in vari punti irrimediabilmente compromessa.

Tommaso punta il dito verso l’alto. Lo stesso dito che vorrà mettere nelle piaghe lasciate dai chiodi nelle mani di Gesù.

Giacomo Maggiore spalanca le braccia con un gesto di sorpresa e con uno sguardo che esprime indignazione.

Giuda era solitamente rappresentato da solo in disparte. Qui invece è nel gruppo insieme a Pietro e a Giovanni, i due apostoli più intimi di Gesù. Tiene in mano il sacchetto con i denari ricevuti per il tradimento. Non sembra sorpreso, ma pare interessato a quello che Pietro sta dicendo a Giovanni.

L’apostolo seduto all’estremità della tavola è Bartolomeo, che si alza in piedi e si protende in avanti, con un gesto impetuoso.

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Giacomo Minore allunga una mano verso Pietro, per richiamare la sua attenzione.

Andrea allarga le mani in un gesto con il quale sembra rivendicare la propria innocenza.

Sola al centro della scena, la figura di Gesù è inscrivibile in un triangolo equilatero, simbolo della Trinità. Il volto è sereno, le labbra semichiuse dopo avere pronunciato le parole: «Uno di voi mi tradirà». Con le mani indica il pane, il suo corpo, di cui gli apostoli sono invitati a cibarsi.


«Uno di voi mi tradirà» Nella sua Ultima Cena, Leonardo decise di «fotografare» il momento nel quale Gesù rivela agli apostoli che uno di loro sta per tradirlo, come è narrato nel Vangelo di Giovanni. L’annuncio, del tutto inatteso, scatena una reazione immediata negli apostoli, disposti intorno alla tavola in gruppi di tre: i loro gesti e le espressioni dei volti manifestano stupore, sorpresa, indignazione... Leonardo si sforza di cogliere e rendere manifesti i «moti dell’animo» di ciascun personaggio. Solo Gesù, al centro, è del tutto sereno e sembra non essere per nulla turbato dal movimento che si sta producendo intorno a lui. Il volto di Filippo è addolorato e dubbioso. Con le mani indica il petto, forse domandando: «Sono forse io?».

Prospettiva centrale e prospettiva aerea Matteo con il movimento delle sue braccia pare volere riportare l’attenzione sulla figura di Gesù, mentre parla con Taddeo e Simone lo Zelota.

La composizione presenta sia la prospettiva centrale (che ha il proprio punto di fuga nel volto di Gesù) sia quella aerea, con la quale viene reso il paesaggio che si intravede dalle finestre che si aprono sulla parete di fondo. Osservando il dipinto si ha l’impressione che la scena si svolga in uno spazio reale che prolunga la grande stanza del refettorio. Impressione accresciuta dal fatto che la luce che illumina i personaggi proviene da sinistra, in corrispondenza delle finestre realmente esistenti sulla parete vicina.

Gli arazzi appesi alle pareti e il soffitto a cassettoni raccolgono le linee di fuga e contribuiscono a dare il senso della prospettiva, facendo dell’ambiente in cui si svolge la scena una scatola prospettica che dà a chi guarda l’illusione che la sala del refettorio si prolunghi nella stanza del cenacolo.

Taddeo e Simone lo Zelota discutono animatamente fra loro. Si interrogano circa quello che hanno appena ascoltato. Anche Taddeo con la sua mano sembra indicare Gesù, mentre Simone compie un gesto con il quale pare dica di non avere capito a che cosa Gesù si stia riferendo.

La tavola è riccamente imbandita con una quantità di cibi e nell’insieme ha l’aspetto di una grandiosa opera di natura morta. Il pane (che nell’Ultima Cena è il pane eucaristico) è presente su tutta la tavola, ma è poi possibile individuare pesci (simboli di Cristo) e frutti. La tovaglia e le stoviglie sono finemente lavorate. Alla base del dipinto, pochi anni dopo la sua realizzazione venne aperta una porta (oggi murata) che metteva direttamente in comunicazione il refettorio con la cucina del convento.

Leonardo da Vinci, Ultima Cena, 1495-1498, tecnica mista su muro, 460 × 880 cm. Milano, Refettorio di Santa Maria delle Grazie.

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Architettura

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2 L’architettura nei grandi

centri culturali

La continuità con il Quattrocento

Roma: nuova capitale del Rinascimento

L’architettura del Cinquecento si sviluppò in continuità con quella del secolo precedente, soprattutto nel costante riferimento all’antichità romana. Le città capitali delle più importanti signorie si confermarono vivaci centri culturali e facevano a gara nel contendersi i migliori artisti.

Il rinnovamento delle arti che nel Quattrocento aveva interessato le maggiori corti italiane toccò gradualmente anche Roma, uscita dalla crisi politica ed economica causata dal trasferimento del papato ad Avignone, tra il 1309 e il 1377. A partire da Martino V (1417-1431), i papi diedero avvio a un’opera di vera e propria ricostruzione che portò Roma ad essere il centro culturale e artistico più importante del Cinquecento. I più grandi architetti, scultori e pittori della penisola realizzarono chiese, monumenti, palazzi e diedero un nuovo volto alla città modificandone l’assetto viario e creando nuove piazze. Tra gli architetti più famosi vi fu Donato Bramante (1444-1514). Studiando l’arte antica egli progettò edifici a pianta centrale (famoso è il tempietto di San Pietro in Montorio) che influenzarono artisti come Raffaello Sanzio e Michelangelo Buonarroti, anch’essi chiamati da papa Giulio II a portare Roma all’antico splendore.

La Sagrestia nuova a Firenze A Firenze, i Medici commissionarono la realizzazione della Sagrestia nuova di San Lorenzo a Michelangelo Buonarroti (di cui parleremo più diffusamente nelle pagine successive), già famoso come scultore e pittore. Questo primo progetto reca in sé già tutti gli elementi caratteristici dell’architettura di Michelangelo, come se l’artista vi fosse giunto dopo un lungo percorso di maturazione.

Competenti in arte La Sagrestia nuova di San Lorenzo progettata da Michelangelo è simmetrica alla Sagrestia vecchia di Brunelleschi (p. 193): ha le stesse dimensioni e la stessa pianta quadrata, ed è coperta da una cupola emisferica. Tra la realizzazione dell’una e dell’altra trascorsero però 50 anni ed è possibile cogliere importanti differenze. Anche l’interno della cupola è diverso. Sebbene entrambe di impianto semisferico, quella di Brunelleschi è ribassata a ombrello, mentre quella di Michelangelo sfrutta tutta l’altezza e i lacunari che si restringono verso l’alto accentuano il senso di slancio. Q uali altre differenze puoi individuare tra le due sagrestie e le rispettive cupole?

Michelangelo Buonarroti, Sagrestia nuova di San Lorenzo (veduta dell’interno), 1519-1527. Firenze. L’ambiente, seppure di dimensioni ridotte, appare grandioso e solenne, con la presenza di nicchie, mensole e timpani. Le pareti sono interamente ricoperte di marmo e stucco bianco, con nervature e lesene in stile corinzio realizzate in pietra serena che sottolineano la suddivisione degli spazi e gli elementi architettonici. Lungo le pareti laterali sono collocati i monumentali sarcofagi con le tombe di Giuliano e Lorenzo de’ Medici.

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Michelangelo Buonarroti, Sagrestia nuova di San Lorenzo (veduta dal basso dell’interno della cupola), 1519-1527. Firenze.


Il nuovo Campidoglio di Michelangelo Nel 1537 papa Paolo III chiamò a Roma Michelangelo, che già aveva lavorato presso la corte pontificia per gli affreschi della Cappella Sistina (p. 237). Questa volta, però, il pontefice volle sfruttare il suo talento di architetto, affidandogli il rifacimento della piazza del Campidoglio: lì Paolo III volle fosse ricollocata la statua equestre di Marco Aurelio (p. 71), come segno di continuità tra il mondo antico e la civiltà cristiana. Michelangelo lavorò al cantiere della piazza fino alla morte. Il suo progetto fu poi seguito fedelmente dagli architetti successivi.

Ieri & Oggi

Dal Campidoglio a Expo 2015 Il disegno tracciato da Michelangelo sulla pavimentazione della piazza del Campidoglio ha ispirato la forma dell’Albero della Vita, la struttura in legno e acciaio alta 37 metri simbolo del Padiglione Italia a Expo 2015. Il richiamo a uno dei luoghi più famosi e importanti del Rinascimento è stato voluto per sottolineare la continuità con quella meravigliosa e feconda stagione della cultura italiana, che ha contribuito a plasmare l’identità non solo dell’Italia ma di tutta l’Europa. Quest’opera imponente, ideata da Marco Balich (direttore artistico del Padiglione), è insieme scultura, edificio e monumento. Collocato al centro di un piccolo bacino d’acqua (il Lake Arena), con i suoi giochi di luce e musica l’Albero è stato protagonista delle serate di Expo 2015.

Michelangelo Buonarroti, Piazza del Campidoglio,

1537-1564. Roma. Lo spazio a disposizione era ridotto e Michelangelo studiò una disposizione dei palazzi tale da far assumere alla piazza una forma trapezoidale e farla apparire più grande. La genialità di Michelangelo sta nell’avere calcolato le proporzioni in modo che, dopo aver salito la maestosa scalinata, si abbia l’illusione di avere di fronte una piazza rettangolare, più grande di quanto sia in realtà. All’effetto di dilatazione contribuisce anche il disegno della pavimentazione, di forma ellittica, al cui centro, sopra una stella, si innalza il monumento a Marco Aurelio.

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Una cupola per la nuova Basilica di San Pietro Mentre Michelangelo era a Roma per il rifacimento della piazza del Campidoglio, il cantiere più importante della città era da anni quello della fabbrica per la costruzione della nuova Basilica di San Pietro, in Vaticano. I lavori erano iniziati per volontà di papa Giulio II (1503-1513) e diversi architetti e artisti di primissimo piano si avvicendarono nella sua realizzazione: Donato Bramante, Raffaello Sanzio, Giuliano da Sangallo. Nel 1546, dopo la morte del Sangallo, Pio III affidò a

Michelangelo la conduzione del cantiere e lo incaricò di progettare la cupola che avrebbe dovuto innalzarsi esattamente sopra la tomba dell’apostolo Pietro. Michelangelo, che all’epoca aveva già 70 anni, si lanciò con entusiasmo nell’impresa. Fece piazza pulita di tutti i progetti che negli anni si erano sovrapposti l’uno all’altro creando confusione e rielaborò il primitivo progetto a pianta centrale del Bramante, concentrandosi poi interamente sulla cupola.

Michelangelo Buonarroti, Cupola della Basilica di San Pietro

(esterno), 1556 ca. Città del Vaticano. La cupola di Michelangelo si innalza su un alto tamburo nel quale si aprono 16 finestre, divise tra loro da doppie colonne dalle quali si dipartono i 16 costoloni che si raccolgono tutti nella lanterna posta alla sommità. A differenza della cupola di Brunelleschi, quella di Michelangelo appare più gonfia e sembra esplodere nello spazio circostante, dando un effetto di maggiore imponenza. La realizzazione della cupola proseguì per molti anni dopo la morte di Michelangelo e si concluse solo nei primi anni del Seicento. Con il diametro interno di circa 42 metri e i 117 metri di altezza dal pavimento fino alla base della lanterna (che è alta a sua volta 18 metri), la cupola di Michelangelo superò in grandezza quella di Brunelleschi, di cui lo stesso Michelangelo, però, disse di aver progettato «la sorella più grande, ma non più bella».

Pianta della Basilica di San Pietro elaborata da Michelangelo.


Approfondisci sul vol. Pag. 50

Anche tu artista

A

Progetta una piazza come Michelangelo Durante il Rinascimento la piazza tornò a essere valorizzata come uno dei luoghi più importanti e significativi della città, centro di aggregazione e di scambio culturale. A partire dalla seconda metà del Quattrocento e fino a tutto il Seicento, le piazze furono progettate dai più importanti e famosi architetti, e abbellite con edifici e monumenti di grandissimi artisti. Prova anche tu a progettare la tua piazza. • Quali dimensioni e quale forma dovrebbe avere? • Dove si dovrebbe aprire (in centro, in periferia...)? • Quale funzione dovrebbe avere all’interno del tessuto urbano? • Quali edifici dovrebbe ospitare?

Dopo avere risposto a queste e ad altre domande che possono venirti in mente pensando a una piazza, delinea anche tu un progetto su un foglio da disegno.

1 Procurati i seguenti materiali: foglio da disegno 35 × 50, matita, riga, squadra, compasso, colori a tua scelta tra acquerelli o matite colorate.

2 Sul foglio da disegno traccia in pianta la forma che dovrà avere la tua piazza (rotonda, quadrata, ellittica), poi decorala con un modulo ritmico per il disegno della pavimentazione (prendi ispirazione da quello di Piazza del Campidoglio).

4 In basso a destra del foglio, crea una legenda con le diverse piante degli edifici e relativa didascalia. Puoi anche corredare la legenda con un disegno delle facciate.

3 Su questa pianta indica poi dove vorresti fossero realizzati gli edifici, in relazione alla funzione che hai deciso per la «tua piazza» (centro commerciale, culturale, di ritrovo).

5 Colora il tuo disegno con acquerelli molto sfumati o con le matite colorate. Potrai incollare il tuo progetto e quello dei tuoi compagni su un cartellone, che appenderete in classe, con il titolo La piazza ideale.

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Scultura

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3 Michelangelo e la scultura

L’importanza della scultura

Ritratto d’artista

Come altri artisti rinascimentali, Michelangelo era un uomo di vasta cultura: oltre che architetto, scultore e pittore, fu anche poeta e filosofo. La scultura fu sempre per lui l’espressione artistica privilegiata, attraverso la quale poteva comunicare appieno la propria tensione spirituale. Non a caso, una delle sue opere più famose, compiuta fra i 23 e i 24 anni, è la Pietà oggi conservata in Vaticano; e ancora a una pietà (la Pietà Rondanini, l’ultima delle quattro che scolpì durante la sua vita) stava lavorando quando morì, nel 1564. Tra queste due sculture ci sono delle differenze che mettono in luce tutto il percorso artistico e spirituale di Michelangelo.

Statue «non finite» Per Michelangelo, la statua da scolpire era già presente nel blocco di marmo, come imprigionata dentro di esso: lo scultore doveva soltanto liberarla, farla emergere nella sua perfezione. Nello stesso modo, l’uomo deve disfarsi degli aspetti più materiali della sua vita, perché la dimensione spirituale possa liberarsi ed esprimersi. Talvolta questo processo di liberazione avviene in modo sofferto. Michelangelo ha così lasciato alcune statue in uno stato di incompiutezza, di «non finito», proprio per esprimere questo tormentato rapporto tra materia e forma, tra corpo e anima.

Michelangelo Buonarroti nato il 6 marzo 1475 a Caprese (Arezzo) morto il 18 febbraio 1564 a Roma attività scultore, pittore, architetto, poeta

nome

Fu grande perché...

...realizzò opere di altissimo livello in diverse discipline. In architettura seguì la sobrietà e l’equilibrio dei modelli classici; in scultura, l’arte da lui prediletta, riuscì meglio a trasmettere le tensioni emotive e l’evoluzione del suo percorso religioso; in pittura creò figure scultoree suggerendo i volumi con linee precise e colori brillanti.

Michelangelo Buonarroti, Pietà Rondanini,

1552-1564, marmo, h 195 cm. Milano, Castello Sforzesco. Nella Pietà Rondanini appare il tormento dell’artista. Il dolore è reso in modo drammatico dai visi appena abbozzati. L’andamento verticale e curvo trasmette la sensazione della precarietà e della fragilità umana e comunica emozioni che forse nessun’altra opera di Michelangelo è in grado di esprimere.

Michelangelo Buonarroti, Pietà vaticana, 1498-1499,

marmo, 174 × 195 cm. Città del Vaticano, Basilica di San Pietro. La Pietà vaticana colpisce per la perfezione delle forme e la bellezza dei volti. Tutta l’opera trasmette, insieme alla sofferenza, serenità e fiducia nella volontà di Dio. La scultura è iscritta in un triangolo che la rende monumentale e obbliga a una visione frontale.


P

Un’infinita gamma di espressioni Nella pittura di Michelangelo tutto è reso con estrema precisione e il dramma dei sentimenti si coglie nella posizione dei corpi e nelle espressioni dei volti. Come Leonardo, Michelangelo è attento a cogliere i «moti dell’animo».

Michelangelo Buonarroti, Giudizio Universale, 1536-1541, affresco, 13,7 × 12,20 m. Città del Vaticano, Cappella Sistina. Nel Giudizio Universale che domina la parete di fondo della Cappella Sistina, Michelangelo dipinge sui volti dei personaggi le emozioni più diverse. All’espressione intensa e «terribile» del Cristo Giudice, che si accompagna all’ampio gesto compiuto con il braccio destro alzato, si contrappone il viso dolce della Vergine, che pare volere distogliere lo sguardo per non assistere al giudizio di condanna. Intorno a loro, decine di personaggi comunicano con la posizione dei corpi e i loro visi serenità, disperazione, sorpresa, angoscia, crudeltà, dolore... Tutta la composizione è segnata da un forte dinamismo e da un movimento circolare dal basso verso l’alto che si raccoglie nel gesto del Cristo, il quale con il suo braccio sembra raccogliere tutta la scena e prepararsi a scagliare i dannati verso l’Inferno.

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Pittura

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5 Raffaello e l’armonia ideale

La perfezione della pittura Raffaello Sanzio nacque a Urbino nel 1483 e fin da piccolo fu introdotto nella bottega del padre pittore, per poi passare a quella del più noto Perugino (1446-1523). Ancora giovanissimo, egli si mise in luce per il proprio talento, che maturò straordinariamente nell’arco di pochi anni. Le sue opere mostrano l’influenza di Leonardo e Michelangelo, e si distinguono per l’armonia, le proporzioni perfette e la straordinaria bellezza delle figure e dei volti.

CuriosArte

Il ramo fiorito Nello Sposalizio della Vergine, accanto alla figura di Giuseppe è ritratto un gruppo di giovani abbigliati secondo la foggia del Cinquecento, che tengono in mano un ramoscello. Questo particolare si riferisce a un racconto dei vangeli apocrifi (quelli non riconosciuti come autentici dalla Chiesa), dove si narra che ai molti pretendenti di Maria venne dato un ramo secco: solo il ramoscello tenuto dall’uomo prescelto da Dio sarebbe fiorito, indicando così quale sarebbe stato lo sposo della Vergine. Nel dipinto di Raffaello, l’unico ramoscello fiorito è quello di Giuseppe, e il ragazzo in primo piano, riconosciuta la sconfitta, spezza il proprio con il ginocchio. È da notare, comunque, come anche questo gesto non esprima irritazione o ira, ma è compiuto con estrema grazia, secondo lo stile tipico del pittore.

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Raffaello Sanzio, Sposalizio della Vergine, 1504, olio su tavola, 170 × 117 cm. Milano, Pinacoteca di Brera. Già nello Sposalizio della Vergine, dipinto da Raffaello quando era appena più che ventenne, si notano tutte le caratteristiche dalla sua pittura. Anche se ispirata a un’analoga opera di Perugino realizzata negli stessi anni, l’opera ha una sua originalità: tutti i contorni sono definiti con linee precise; l’uso rigoroso della prospettiva, resa con il disegno della pavimentazione e dalle dimensioni delle figure, distingue chiaramente i diversi piani. Soprattutto, però, risaltano i colori caldi e brillanti, l’eleganza e la grazia dei movimenti che nulla tolgono al naturalismo della raffigurazione. I volti di tutti i personaggi sono pervasi da un senso di grande serenità.


Leggere l’opera d’arte

Il volto di David ha un’espressione intensa. Il giovane ha la fronte aggrottata: sta valutando l’avversario gigantesco che deve affrontare, il filisteo Golia. Non manifesta timore, perché è sicuro dell’aiuto di Dio.

Tutti i dettagli del corpo testimoniano una conoscenza approfondita dell’anatomia: i muscoli, le vene in rilievo, le articolazioni dei polsi... L’insieme comunica eleganza e armonia e al tempo stesso forza e solidità.

La posizione delle gambe richiama quella delle statue classiche (per esempio, il Doriforo di Policleto a p. 57).

Competenti in arte Confronta il David di Michelangelo con le due sculture di Donatello che rappresentano lo stesso soggetto (p. 201). Noterai che per alcuni aspetti si richiama a quella in marmo, mentre per altri a quella in bronzo. S ei in grado di rilevare somiglianze e differenze? T ra gli aspetti psicologici che emergono dall’opera di Michelangelo, che cosa puoi sottolineare rispetto alle sculture di Donatello?

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Un David perfetto scolpito nel marmo sbagliato Nel 1501 venne affidato a Michelangelo il compito di scolpire una grande statua del David da collocare su uno dei contrafforti esterni dell’abside di Santa Maria del Fiore. Fin qui nulla di eccezionale, se non la particolare posizione che avrebbe dovuto avere la statua e le sue notevoli dimensioni: oltre 4 metri d’altezza. Inoltre, l’enorme blocco di marmo da utilizzare era parecchio rovinato: tagliato male e già lavorato da altri due artisti che l’avevano abbandonato proprio per la cattiva qualità della pietra. Michelangelo accettò la sfida e dopo circa tre anni di lavoro consegnò alla città un’opera meravigliosa e perfetta. I fiorentini decisero di collocarla davanti a Palazzo Vecchio, dove tutti avrebbero potuto ammirarla da vicino. In effetti il David di Michelangelo rappresenta la più alta manifestazione del naturalismo rinascimentale e dell’assimilazione dei modelli classici: ogni dettaglio anatomico del corpo è reso con estrema precisione, l’espressione del volto è intensa e lo sguardo comunica concentrazione e decisione. La sproporzione ravvisabile nella grandezza del capo e del busto rispetto alle gambe è dovuta a un accurato studio prospettico che teneva conto della collocazione originaria della statua, che sarebbe stata vista dal sotto in su, a una certa distanza. Dalla posizione dell’osservatore, il David sarebbe parso di proporzioni perfette.

Michelangelo Buonarroti, David, 1501-1504, marmo, h 410 cm. Firenze, Galleria dell’Accademia.

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Pittura

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4 Michelangelo e la pittura

Dipinti come sculture La predilezione di Michelangelo per la scultura si manifesta anche nelle sue opere pittoriche. Il modo di dipingere le figure, con i loro volumi e i giochi di luce, richiama infatti direttamente le immagini scolpite. Dipingendo, l'artista impiega la stessa attenzione per i dettagli anatomici, la medesima cura nel riprodurre i panneggi delle vesti, usati nella realizzazione delle statue. Michelangelo Buonarroti, Sacra Famiglia (Tondo Doni), 1505-1506, tempera su tavola, diametro 120 cm. Firenze, Galleria degli Uffizi. La composizione mostra in primo piano la Sacra Famiglia, mentre in secondo piano sono ritratti alcuni giovani nudi. Il senso di profondità nel quadro è dato dalle dimensioni delle figure e dallo spazio che occupano i corpi in primo piano. Questi presentano un grande dinamismo, tutto imperniato sulla figura di Maria che si volge indietro per abbracciare Gesù, il quale a sua volta si protende verso la madre. Tutta la scena sembra muoversi «a spirale» dal basso verso l’alto e il corpo di Giuseppe contribuisce a dare solidità e stabilità al tutto. Tanto le figure in primo piano quanto quelle in secondo piano sono descritte con grande naturalismo e precisione anatomica: la tensione dei muscoli ricorda il David (terminato appena l’anno prima), mentre il panneggio delle vesti sui quali si distribuisce con intensità diversa la luce richiama la Pietà del Vaticano.

Gli stili pittorici di due grandi artisti Se si confrontano i dipinti di Michelangelo con quelli di Leonardo, si nota immediatamente una differenza importante. Mentre Leonardo ricorre allo sfumato per descrivere le figure e fa uso della prospettiva aerea per dare profondità alle sue opere, Michelangelo non solo affida la profondità dei suoi dipinti al volume dei corpi che tratta come fossero sculture, ma fa uso di linee precise e colori brillanti, marcando in modo deciso anche i contrasti del chiaroscuro. Michelangelo Buonarroti, Sibilla Delfica (particolare della Volta),

1508-1512, affresco. Città del Vaticano, Cappella Sistina.

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Leggere l’opera d’arte

La Volta della Sistina Nel 1508 il papa Giulio II incaricò Michelangelo di affrescare la volta della Cappella Sistina. Le pareti dell’edificio, fatto costruire tra il 1475 e i 1481 dal papa Sisto IV (da cui prende il nome), erano già state riccamente dipinte da artisti come il Perugino, Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio e Luca Signorelli. La volta, invece, che ha una superficie di quasi 500 metri quadrati, era ancora quasi priva di decorazione.

Un’impresa colossale Su quella immensa superficie, Michelangelo progettò di illustrare alcuni episodi dell’Antico Testamento e di inserire anche moltissimi personaggi della Bibbia, dando particolare risalto ai profeti. Insieme a essi volle rappresentare le sibille, le profetesse della tradizione pagana, anch’esse coinvolte nel misterioso progetto di Dio.

Tutti questi soggetti sono posti all’interno di un’architettura completamente dipinta dall’artista, arricchita dalla presenza di giovani nudi (gli Ignudi) di ispirazione classica. L’impressione che si ha guardando la volta, quindi, è quella di trovarsi di fronte a dipinti collocati entro cornici scolpite.

Figure scultoree e colori brillanti Gli affreschi della Cappella Sistina furono completati fra il 1508 e il 1512 e in essi sono riscontrabili tutte le caratteristiche della pittura di Michelangelo. Le figure, perfettamente delineate, hanno impresso un senso di movimento e mostrano la plasticità e il volume tipico delle sculture. Le posizioni che assumono i corpi permettono all’artista di descrivere nel dettaglio i particolari anatomici e i colori sorprendono per la loro vivacità.

Michelangelo Buonarroti, Volta della Cappella Sistina, 1508-1512, affresco, 13 × 36 m. Città del Vaticano.

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La struttura della Volta I dipinti della Volta sono organizzati in tre registri: • in un primo registro sono riprodotte le storie centrali, tratte dal libro della Genesi; • un secondo registro, intermedio, comprende i profeti e le sibille; • il terzo registro è dato dalle vele e dalle lunette sottostanti, nelle quali sono raffigurati gli antenati di Cristo. Infine, i pennacchi laterali illustrano momenti cruciali della storia del popolo di Israele. Altri episodi biblici sono contenuti nei medaglioni.

FOTO © MUSEI VATICANI

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La «scuola» fiorentina Verso la fine del 1504 Raffaello si trasferì a Firenze, dove erano presenti in quel momento sia Leonardo sia Michelangelo, insieme a molti altri importanti artisti. I quattro anni trascorsi nella città dei Medici furono importanti per la sua formazione, poiché ebbe modo di studiare da vicino sia le opere del primo Rinascimento sia quelle più mature. Da Leonardo, Raffaello apprese soprattutto la tecnica della composizione che permetteva di collocare le figure nello spazio e l’uso della prospettiva aerea, ma non fece propria l’attenzione ai «moti dell’animo», preferendo mantenere espressioni improntate a dolcezza e serenità. Più sensibile, invece, si dimostrò verso la ricchezza cromatica, i chiaroscuri e il dinamismo delle figure tipici di Michelangelo. La Madonna del cardellino, dipinta durante il soggiorno fiorentino, testimonia l’assimilazione, da parte di Raffaello, della lezione dei due grandi artisti.

Raffaello a Roma Nel 1508, quando aveva appena 25 anni, Raffaello fu chiamato a Roma da papa Giulio II, che gli affidò numerosi e gravosi incarichi. Tra questi, la decorazione di alcune stanze del suo appartamento privato nei Palazzi Apostolici, a pochi metri dalla Cappella Sistina in cui negli stessi anni avrebbe lavorato Michelangelo. In seguito, nel 1514, papa Leone X gli affidò anche la conduzione del cantiere per la costruzione della nuova Basilica di San Pietro in Vaticano.

Raffaello Sanzio, Madonna del cardellino, 1506, olio su tavola, 107 × 77 cm. Firenze, Galleria degli Uffizi.

Ritratto d’artista nome Raffaello Sanzio nato nel marzo o aprile 1483 a Urbino morto il 6 aprile 1520 a Roma attività pittore, architetto

Fu grande perché...

...seppe unire in modo molto personale gli insegnamenti pittorici dei grandi maestri del suo tempo, Leonardo e Michelangelo, creando opere di grande grazia, armonia ed equilibrio. Da Leonardo apprese la tecnica compositiva e della prospettiva aerea, da Michelangelo la ricchezza cromatica e il dinamismo. Prettamente raffaelleschi sono invece la dolcezza e la serenità emanata dai volti dei personaggi ritratti.

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Leggere l’opera d’arte

La Scuola di Atene Tra le opere più famose dipinte da Raffaello a Roma vi è la Scuola di Atene, che occupa un’intera parete della cosiddetta Stanza della Segnatura, la biblioteca privata di Giulio II. Tutta la scena è collocata all’interno di un’architettura monumentale di gusto classicheggiante, dove lo spazio si sviluppa in una serie di arcate a tutto sesto che danno il senso della prospettiva. Le pose e la plasticità delle figure, la precisione delle linee insieme all’uso di intensi chiaroscuri ricordano Michelangelo, ma Raffaello toglie qualsiasi drammaticità alla scena che, inondata di luce, riproduce tutti i temi della sua pittura. Una delle particolarità di questo affresco sta anche nel fatto che molti tra i personaggi raffigurati, protagonisti del pensiero occidentale tenuti in maggiore considerazione dalla cultura rinascimentale, hanno il volto di artisti e scrittori contemporanei a Raffaello e persino di Raffaello stesso. Al centro vi sono Platone e Aristotele, i più grandi pensatori greci. Il gesto che entrambi compiono con la mano destra costituisce una sintesi visiva del loro pensiero. Platone (nel cui volto è possibile scorgere il ritratto di Leonardo) punta il dito verso il cielo, perché egli rivolse la propria riflessione al «mondo delle idee» e alle realtà superiori. Aristotele (che ha il volto di Bastiano da Sangallo), invece, tende la mano verso terra, a indicare la sua attenzione per lo studio della realtà e l’importanza attribuita all’esperienza.

Raffaello Sanzio, Scuola di Atene, 1509-1511, affresco, 500 × 770 cm. Città del Vaticano, Palazzi Apostolici.

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Epicuro è il ritratto del pittore Fedra Inghirami. Accanto a lui, compare un bambino, il cui viso è quello del piccolo Federico Gonzaga, futuro duca di Mantova.


Raffaello ha dipinto il proprio autoritratto come Apelle, pittore della Grecia antica.

Eraclito, altro importante filosofo, ha il volto di Michelangelo.

Euclide, matematico, ha il volto di Bramante, ed è raffigurato mentre disegna con un compasso.

Zoroastro, filosofo orientale al quale era attribuita la fondazione dell’astronomia, è raffigurato con in mano un globo celeste e ha il volto del poeta Baldassarre Castiglione.

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Pittura

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6 Giorgione e la «scuola veneta»

L’ispiratore: Giovanni Bellini

La pittura tonale di Giorgione

In Veneto, e in particolare a Venezia, durante il Cinquecento si sviluppò una corrente pittorica originale all’interno del Rinascimento. Ispiratore della «scuola veneta» fu il veneziano Giovanni Bellini (1430-1516). Una delle sue più importanti caratteristiche è l’uso della luce e del colore per definire le figure, i volumi e gli spazi del paesaggio ritratto come sfondo in molti suoi dipinti.

Il vero fondatore della «scuola veneta» è però considerato Giorgio Zorzi da Castelfranco, detto «Giorgione» (1477-1510). Proseguendo la ricerca avviata da Bellini, egli inventò la pittura tonale, così chiamata perché basata sulle tonalità di colore usate per dipingere persone e paesaggi direttamente sulla tela, senza disegni preparatori e senza prima tracciare i contorni delle figure. Le figure, quindi, non hanno contorni netti e i colori sembrano sfumare l’uno nell’altro con morbidezza. Sempre attraverso diverse tonalità di colore vengono rese le variazioni della luce atmosferica, i volumi e gli spazi.

Giovanni Bellini, Madonna col Bambino, Giovanni Battista e una santa, 1500-1504, olio su tavola, 54 × 76 cm. Venezia, Galleria dell’Accademia.

Competenti in arte Confronta La tempesta di Giorgione con la Madonna del cardellino di Raffaello, a p. 241. I due dipinti sono stati realizzati nello stesso anno, il 1506, da pittori entrambi molto giovani. Quali diversità puoi notare? Per esempio, sottolinea le differenze riguardo a: u so della luce; t onalità dei colori; c aratteristiche del paesaggio; d efinizione dei contorni; s entimenti che l’intera composizione riesce a trasmettere.

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Giorgione, La tempesta, 1506 ca., olio su tela, 73 × 82 cm. Venezia, Galleria dell’Accademia. In questo dipinto allegorico, dal significato non del tutto chiaro, il vero protagonista della scena è il paesaggio alle spalle del giovane e della donna in primo piano. Il fulmine che irrompe nel cielo cupo crea diverse tonalità di colore blu e illumina gli edifici e la natura circostanti, dando profondità a tutta la composizione. Le figure sono state modellate con il colore. Seppure i contorni non siano netti, sono molto ben definiti i dettagli della vegetazione, degli edifici più vicini e dell’abito indossato dal giovane.


Approfondisci sul vol. Pag. 90

Anche tu artista

A

Crea un paesaggio con la pittura tonale come Giorgione Nel dipinto La tempesta di Giorgione, hai constatato quanto peso visivo sia dato al paesaggio e in particolare al cielo con la tempesta incombente sul profilo della città, quello che oggi chiamiamo skyline. Prendendo spunto da quell’opera, puoi realizzare anche tu lo skyline di una città con uno sfondo paesaggistico alla maniera del pittore veneto.

Prova a dipingere con il pennello, direttamente sul foglio, senza prima disegnare le figure, usando diverse tonalità di colore e sottolineando gli effetti cromatici e luministici.

1 Procurati i seguenti materiali: foglio da disegno, fotocopia di uno skyline, colla stick, forbici, pennelli, spugna, colori a tempera o acquerelli.

2 Ritaglia la fotocopia in bianco e nero di uno skyline, quindi attaccala con la colla stick al margine inferiore del foglio da disegno.

4 Senza tracciare alcun disegno, dipingi lo sfondo con forme o colori di tua fantasia. Stendi i colori con il pennello e sfumali utilizzando dei piccoli pezzi di spugna.

3 Prepara ora più ciotoline con diverse tonalità di colore.

5 La spugna può essere utile anche a schiarire alcune zone: impregnala di colore bianco e tampona con leggeri tocchi le parti in cui vuoi intensificare la luminosità.

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Pittura

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7 La pittura veneziana:

Tiziano e Tintoretto

Tiziano: il più grande Tiziano Vecellio (1488 ca.-1576) fu allievo sia di Bellini sia di Giorgione e, nel corso della sua lunga vita, si affermò come il più grande pittore veneziano del Rinascimento. Egli proseguì sulla strada tracciata da Giorgione, facendo uso della pittura tonale e perfezionando la fusione tra le figure e il paesaggio. Tuttavia, nella sua vasta produzione è possibile notare alcune importanti variazioni rispetto allo stile del suo maestro. In molte opere, per esempio, le figure sono delineate con precisione, i colori si fanno più vivaci e la composizione assume persino una certa teatralità, come è possibile notare nella pala dell’Assunta, dove domina il colore rosso tipico della pittura veneziana.

Tiziano Vecellio, Assunta, 1518, olio su tela, 690 × 360 cm. Venezia, Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari.

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Tiziano Vecellio, Amor sacro e Amor profano, 1514, olio su tela, 118 × 279 cm. Roma, Galleria Borghese.

La disgregazione della forma Negli anni Sessanta del Cinquecento, Tiziano aveva raggiunto l’apice del successo e della fama, anche grazie alla sua intensa attività di ritrattista dei personaggi più importanti del tempo. Fu proprio a partire da quel periodo che egli iniziò a usare una nuova tecnica, che si poneva al di fuori del gusto classico rinascimentale. Rimane il ruolo fondamentale della luce, che illumina le figure in primo piano contrastando fortemente con fondi dipinti a tinte fosche. Le pennellate però si fanno sempre più rapide, i contorni delle figure diventano imprecisi, i dettagli perdono nitidezza. Si tratta di uno stile che rispecchia il tormento interiore dell’artista, il quale arriva ad avere un rapporto quasi fisico con le sue opere, sulle quali addirittura applica talvolta il colore direttamente con le dita. Tiziano Vecellio, Incoronazione di spine,

1570-1576, olio su tela, 280 × 182 cm. Monaco, Bayerische Staatsgemäldesammlungen. In quest’opera, realizzata da Tiziano negli ultimi anni della sua vita, le figure sembrano appena abbozzate, i dettagli si perdono, i colori tendono al cupo eccetto l’abito dell’uomo di spalle, in primo piano. Le fiamme del lampadario, realizzate con lunghe pennellate, accentuano il senso di movimento di una scena già fin troppo convulsa. In tutto questo, emerge l’aspetto psicologico dei personaggi, dal doloroso abbandono della figura di Cristo alla foga quasi rabbiosa dei soldati che lo percuotono.

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L’originalità di Tintoretto Un altro grande pittore veneziano fu Jacopo Robusti, detto «Tintoretto» (1518-1594). Fortemente in competizione con Tiziano, del quale probabilmente invidiava il ruolo di pittore ufficiale della Repubblica di Venezia, Tintoretto elaborò uno stile che, pur rifacendosi sempre alla scuola di Bellini e Giorgione, esalta la complessità e la teatralità delle composizioni. Altre importanti caratteristiche delle opere di Tintoretto sono l’importanza sempre più decisiva assunta dall’impiego della luce e l’uso di prospettive molto profonde. La luce, in particolare, viene usata per creare forti contrasti di chiaroscuro, che servono ad accrescere la drammaticità della scena oppure, altre volte, ad accentuarne il dinamismo. L’uso dei colori a olio contribuiva ad accrescere l’effetto di luminosità.

Tintoretto, Ultima cena (particolare), 1594, olio su tela, 365 × 568 cm. Venezia, Basilica di San Giorgio Maggiore.

Tintoretto, Ritrovamento del corpo di san Marco, 1562-1566,

olio su tela, 405 × 405 cm. Milano, Pinacoteca di Brera. L’originalità di Tintoretto è ben rappresentata nel Ritrovamento del corpo di san Marco, una delle opere della maturità dell’artista. La prospettiva, che ha il proprio punto di fuga sulla sinistra, è molto profonda e si dispiega in tutta la lunghezza del corridoio, sottolineata sia dal disegno del pavimento, sia dal susseguirsi delle arcate e dei sarcofagi addossati alla parete di destra. San Marco appare tre volte nel dipinto: in piedi a sinistra, in primissimo piano, con un ampio gesto del braccio rivela il luogo dove si trova il suo corpo, che viene calato per essere deposto a terra, sopra un tappeto, a sinistra. La luce sottolinea sia la drammaticità del momento in cui il corpo del santo viene composto sul tappeto sia il dinamismo delle figure poste sulla destra. Lì un indemoniato, trascinato a forza verso il santo per essere liberato, si aggrappa a una figura femminile che pare sul punto di perdere l’equilibrio.

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Tintoretto, Il miracolo di san Marco (particolare), 1548, olio su tela, 415 × 541 cm. Venezia, Galleria dell’Accademia.

Competenti in arte

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Nel Ritrovamento del corpo di san Marco è presente un riferimento esplicito a un quadro che abbiamo già incontrato e che rappresenta una delle espressioni più originali della prospettiva rinascimentale. Sai dire di quale opera si tratta? D opo che l’avrai individuata, osservala con attenzione. Noterai che Tintoretto nella ripresa di quel dipinto ha introdotto alcune variazioni, per esempio rispetto all’uso della luce, al tono dei colori, alla simmetria. Sai cogliere e spiegare queste differenze?

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Scultura

Pittura

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8 L’arte «di maniera»

Tintoretto e il Manierismo Tintoretto può anche essere considerato uno dei più originali esponenti del Manierismo, una corrente artistica che si manifestò già nella prima metà del Cinquecento. Il nome si rifà allo stile di pittori che dipingevano «alla maniera» dei grandi protagonisti del Rinascimento italiano, in particolare Leonardo, Michelangelo e Raffaello. In realtà, i manieristi introdussero anche molte novità, che portarono all’evoluzione e poi al superamento dello stile rinascimentale. In Tintoretto la pittura «di maniera» si coglie dall’assenza di simmetria nelle composizioni, dal comparire di improvvisi lampi di luce, dal fatto che i personaggi sono ritratti come se si muovessero su un palcoscenico e dal trasferimento di scene di carattere religioso in un contesto di popolare quotidianità.

Il Manierismo in Toscana: Rosso Fiorentino... In Toscana il Manierismo trovò i suoi maggiori interpreti in Giovan Battista di Jacopo, detto «Rosso Fiorentino» (1493-1540) e Jacopo Carrucci, detto «Pontormo» (14941557). Rosso Fiorentino unì la sensibilità tipicamente michelangiolesca per la ricerca anatomica e la posizione delle figure con la grazia e l’armonia proprie di Raffaello. L’uso delle tonalità coloristiche e le atmosfere cupe sono tipiche della pittura di maniera, come pure l’atteggiamento dei personaggi rappresentati.

Rosso Fiorentino, Deposizione, 1521, olio su tavola, 333 × 196 cm. Volterra, Pinacoteca comunale.

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Rosso Fiorentino, Deposizione, 1528, olio su tavola, 270 × 201 cm.

Sansepolcro, Chiesa di San Lorenzo. La Deposizione di Sansepolcro offre un esempio dell’arte di Rosso Fiorentino. Tutta l’attenzione è focalizzata sulla Vergine che tiene in grembo il Cristo morto, in una posizione che ricorda da vicino la Pietà vaticana di Michelangelo. Qui però i sentimenti risultano intensamente drammatici e anche le altre figure esprimono dolore e addirittura disperazione. Il volto demoniaco che compare in secondo piano, accanto alla scala, accentua l’atmosfera quasi tetra che domina la scena. La cupezza della composizione è appena rischiarata dalla luminosità degli abiti delle quattro figure che si chinano sul corpo irrigidito e scuro di Cristo.

...e Pontormo Anche Pontormo subì l’influsso di Michelangelo e Raffaello. Nei suoi dipinti egli unisce la monumentalità delle figure, di derivazione chiaramente michelangiolesca, alla delicatezza dei tratti e alla serenità delle espressioni tipiche di Raffaello. Tende però a usare nelle sue opere colori più freddi e i suoi dipinti non presentano l’atmosfera drammatica che si trova in altri manieristi. Egli, inoltre, fa ampio uso di disegni, non improvvisa le figure con il colore direttamente sulla tela. Di maniera, invece, sono le posizioni dei personaggi, con la loro teatralità.

Pontormo, Deposizione, 1526-1528, olio su tela, 313 x 192 cm. Firenze, Chiesa di Santa Felicita. Nella Deposizione di Santa Felicita sono presenti tutti i principali elementi della pittura di Pontormo. Il dolore viene espresso in modo composto dai personaggi, dipinti in modo scultoreo secondo la maniera michelangiolesca; solo la Vergine appare veramente turbata. Il corpo di Gesù è abbandonato tra le braccia di due giovani il cui volto non pare segnato né dal dolore né dallo sforzo: la loro espressione sembra quasi distaccata. La luce intensa illumina in modo quasi artificiale i colori freddi degli abiti, tra cui domina l’azzurro, con le sue diverse sfumature. Nel complesso, tutto il dipinto trasmette l’idea di un’atmosfera quasi irreale. Tipicamente raffaellesca è, oltre alle espressioni composte dei volti, la precisione delle linee e dei panneggi.

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Il Manierismo di Veronese

La scultura di «maniera»: Cellini

Tra i pittori della scuola veneta, tuttavia, il più grande interprete del Manierismo può essere considerato Paolo Caliari, detto «Veronese» (1528-1588). Le sue opere sono spesso di dimensioni grandissime, occupano intere pareti all’interno di ville patrizie, oppure sono dipinte a olio su enormi tele destinate a palazzi nobiliari, chiese o monasteri. La pittura del Veronese è caratterizzata dalla luminosità dei colori, dallo sfarzo delle scene, quasi sempre ambientate in contesti che richiamano l’architettura classica. Le figure sono rese con grande naturalismo e con estrema cura per i particolari, come è possibile notare nella grande tela delle Nozze di Cana, destinata al refettorio dell’abbazia benedettina di San Giorgio Maggiore, a Venezia.

Nella scultura, la «maniera» seguita dagli artisti più capaci e creativi fu quella del Buonarroti. Le sculture di Michelangelo, soprattutto quelle dell’età giovanile, perfettamente rifinite in ogni parte e rispondenti ai canoni classici, costituirono un modello per tutti gli artisti successivi. Tra i più famosi e capaci vi fu Benvenuto Cellini (1500-1571), orafo e scultore. Le opere di Cellini riprendono sia i temi sia gli stili classici e si caratterizzano per la perfezione delle forme e delle proporzioni e la cura dei dettagli.

Veronese, Le nozze di Cana, 1563, olio su tela, 670 × 990 cm. Parigi, Musée du Louvre.

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Giambologna: dalle Fiandre alla corte dei Medici Un altro orafo divenuto scultore, prima di opere in bronzo e poi in marmo, fu Jean de Boulogne, originario delle Fiandre e conosciuto con il nome italianizzato di «Giambologna» (1529-1608). Le opere di Giambologna mostrano uno stretto rapporto con i modelli antichi e in molti casi è evidente l’assimilazione della maniera michelangiolesca. Per questo motivo è ricordato come uno dei maggiori esponenti del Manierismo cinquecentesco. Giambologna, Ratto delle Sabine, 1581-1583, marmo, h 410 cm. Firenze, Piazza della Signoria, Loggia dei Lanzi. Il Ratto delle Sabine, collocato sotto la Loggia dei Lanzi, esprime un grande dinamismo e richiama da vicino l’ellenistico Laocoonte (p. 65). Il gruppo è ricavato da un solo blocco di marmo. La sua caratteristica è quella di offrire all’osservatore molteplici punti di vista, nessuno dei quali può essere ritenuto quello privilegiato. Al contrario, ogni angolazione pone in risalto i diversi personaggi con le loro espressioni, i loro sentimenti, i loro movimenti.

Benvenuto Cellini, Perseo,

1545-1554, bronzo, h 319 cm (con piedistallo). Firenze, Piazza della Signoria, Loggia dei Lanzi. Il Perseo è una statua in bronzo commissionata a Cellini da Cosimo I de’ Medici. Ritrae l’eroe greco che, secondo il mito, decapitò Medusa, una creatura mostruosa dal cui capo spuntavano serpenti. La realizzazione del Perseo rappresentò una sfida dal punto di vista tecnico: Cellini volle fondere una statua di grandi dimensioni (più di 3 m di altezza) in un solo getto. L’opera richiese 10 anni per essere portata a termine, ma rappresenta uno dei capolavori del Rinascimento tardo. Collocato originariamente quasi di fronte al David, il Perseo lo richiama per la perfezione del corpo, l’orgoglio che traspare dallo sguardo, l’armonia dei movimenti.

CuriosArte

Quante storie per la Fontana del Nettuno Appena giunto a Firenze, nel 1552, Giambologna partecipò a una gara per la realizzazione della Fontana del Nettuno, in Piazza della Signoria. Gli andò male e il vincitore fu il fiorentino Bartolomeo Ammannati. Il modello di Giambologna, tuttavia, fu molto apprezzato a Bologna e dieci anni più tardi la città gli commissionò la realizzazione della statua in bronzo per un’altra Fontana del Nettuno, situata nei pressi di Piazza Maggiore. La scultura fu immediatamente considerata un capolavoro ed è oggi uno dei simboli più amati della città, tanto che la casa automobilistica bolognese «Maserati» si è ispirata al suo tridente per il proprio logo. La statua di Ammannati, invece, scolpita in un enorme blocco di bianchissimo marmo di Carrara, non fu altrettanto apprezzata dai fiorentini, che la soprannominarono «Il Biancone». Pare che fin dalla sua inaugurazione circolasse il motto «Ammannato, Ammannato, quanto marmo tu hai sciupato»... Anni dopo, per abbellire la vasca della fontana, Giambologna fu incaricato di scolpire alcune statue in bronzo raffiguranti le divinità marine. Oggi quelle del Giambologna sono le statue più ammirate della fontana.

Giambologna, Nettuno, 1562-1564, bronzo, h 320 cm. Bologna, Piazza del Nettuno.

U7 - Il Cinquecento

253


Architettura

U7

9 L’architettura manierista

Giulio Romano L’architettura del Cinquecento si sviluppò in continuità con quella del secolo precedente, soprattutto nel costante riferimento all’antichità romana. A Mantova, presso la corte dei Gonzaga, operò per oltre vent’anni, dal 1524 al 1546, l’architetto e pittore Giulio Romano (1499-1546). Fu lui a realizzare, tra il 1526 e il 1534, Palazzo Te, uno tra gli edifici più rappresentativi del Cinquecento. Costruito poco fuori Mantova, il palazzo era stato voluto espressamente dal duca Federico II come luogo di svago e di divertimento e tutto, all’esterno come all’interno, doveva servire a intrattenere la corte in un clima di tranquillità e spensieratezza. Le sale interne del palazzo sono affrescate dallo stesso Giulio Romano e dai suoi allievi. Alcune di esse sono state concepite per creare sorprendenti effetti illusionistici, attraverso una sapiente integrazione di architettura e pittura. Giulio Romano, Sala dei Giganti, 1530-1536. Mantova, Palazzo Te. Nella Sala dei Giganti, l’episodio della punizione inflitta ai Titani da parte degli dèi è descritta in modo terrificante. L’ambiente è costruito in modo che lo spettatore si senta parte della scena e abbia l’impressione che i muri stiano per cadergli addosso. Giulio Romano, Palazzo Te (facciata sul giardino

interno), 1526-1534. Mantova. Tutto l’impianto dell’edificio è rigorosamente simmetrico e ispirato all’architettura classica.

254


Lo stile classico di Palladio In Veneto dominò la figura di Andrea di Pietro della Gondola, detto «Palladio» (1508-1580). Come tanti altri artisti del suo tempo, egli soggiornò per lunghi periodi a Roma, studiando i monumenti antichi. In effetti, gli edifici progettati da Palladio sono tutti ispirati ai modelli classici, anche se non mancano di un tratto di originalità dovuto alla maturazione dello stile rinascimentale.

Andrea Palladio, Basilica Palladiana, 1559 -1614. Vicenza. La Basilica Palladiana di Vicenza è tutta impostata in un susseguirsi di serliane. La serliana è un elemento architettonico costituito da un arco a tutto sesto sorretto da due colonne affiancate già utilizzata in epoca romana e bizantina. Tipica di Palladio, invece, è la balaustra che corona l’edificio, decorata con statue che ne accentuano la preziosità e l’eleganza.

Le ville di campagna della nobiltà veneta Lo stile palladiano si impose presto come una sorta di «moda» tra l’aristocrazia veneta, tanto che l’architetto divenne famosissimo per le sue ville. Se ne contano in tutto trenta, concentrate soprattutto intorno a Vicenza. Tutte rispettano un rigoroso impianto classico e nelle facciate spesso viene riprodotta la struttura di un tempio greco con colonne in stile ionico. Sono circondate da ampi giardini e nell’insieme trasmettono un misurato senso di eleganza, di equilibrio e di armonia. Andrea Palladio, Villa Capra (detta La Rotonda), 1566-1570 ca. Vicenza.

Andrea Palladio, Villa Foscari (detta Malcontenta), 1556-1566 ca. Mira.

U7 - Il Cinquecento

255


Cittadinanza

La bellezza classica a Vicenza

Andrea Palladio, Teatro Olimpico (veduta interna), 1580-1584. Vicenza.

Nelle sue architetture Andrea Palladio ha cercato di elevare i bisogni degli uomini, di ispirare loro una maggiore opinione di sé, di rivelare loro tutto il bello di una nobile esistenza. Con queste parole Goethe, nei suoi ricordi ottocenteschi del Viaggio in Italia, ha descritto le opere dell’artista veneto. L’ultimo capolavoro del Palladio, il Teatro Olimpico, si trova a Vicenza. La città raccoglie tantissime opere dell’artista, che ha caratterizzato in modo inequivocabile l’architettura di quel territorio favorendo, nel 1994, la sua inclusione tra il Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Il Teatro, nel 1580, era stato commissionato a Palladio dall’Accademia Olimpica, istituzione culturale composta dai più grandi intellettuali dell’epoca. Fu inaugurato dopo la morte dell’architetto, nel 1585. Per progettare il primo e il più antico teatro coperto in muratura esistente al mondo, Palladio prese spunto dai modelli dei teatri romani descritti da Vitruvio. Realizzata con stupefacente creatività, l’opera testimonia come l’architettura sia la massima espressione del linguaggio classico. Entrando nell’edificio, si ha l’impressione di trovarsi nell’ambiente aperto dei teatri greci. Il soffitto, dipinto con un cielo denso di nuvole e sprazzi di celeste, accentua nel visitatore

256

Proscenio del Teatro Olimpico. questa sensazione. L’imponente proscenio è formato da un arco trionfale e due aperture laterali, che immettono sulla scena. Nei registri superiori si aprono le nicchie contenenti le statue dei fondatori dell’Accademia; ancora più in alto, si trova una serie di metope riccamente decorate con motivi classici e raffiguranti le imprese di Ercole. Dal suddetto proscenio, partono, disposte a raggiera, le «vie di Tebe», sette scenografie interamente in legno, eseguite con un raffinato effetto illusionistico dal grande architetto vicentino Vincenzo Scamozzi, in occasione della cerimonia inaugurale del teatro. Di fronte, troviamo la cavea, formata da quattordici gradini. Il Palladio, al fine di ovviare a problemi di spazio, ha progettato questa zona del teatro in forma ellittica, abbandonando la tradizionale struttura semicircolare, cara ai canoni dell’architettura classica.


Valorizzare il patrimonio

CuriosArte

Fondata nel 1555 da intellettuali per confrontarsi e discutere su argomenti legati alla musica, all’arte e alle lettere, oggi l’Accademia Olimpica, in collaborazione con l’Amministrazione comunale, organizza, in estate, spettacoli e concerti che si tengono nel giardino attiguo al teatro. Al fine di migliorare la fruizione di questo spazio, è stato realizzato un nuovo, avanzato impianto di illuminazione che rende ancora più suggestivo l’ambiente, rispettando nel contempo le peculiari caratteristiche del sito. Infine, allo scopo di far conoscere a un pubblico sempre più vasto le iniziative del teatro, verrà realizzato anche un nuovo sito internet nel quale saranno riportate notizie storico-architettoniche inerenti il sito palladiano. Oltre a ciò, è prevista una nuova sezione dedicata alle varie manifestazioni artistico-culturali che stanno conoscendo ormai da anni una fama internazionale.

In battello tra le ville di Palladio

Vivi l’arte Un viaggio nel territorio veneto alla scoperta delle ville palladiane consente di apprezzare l’armoniosa integrazione tra architettura e natura. Visita i siti web sottoelencati per apprezzare le suggestioni di un tour tra Vicenza e Venezia ed, eventualmente, organizzare una gita in quei luoghi utilizzando le informazioni fornite.

Oggi è possibile visitare le dimore progettate da Andrea Palladio, di cui ben ventiquattro fanno parte del Patrimonio Mondiale dell’Umanità, navigando da Padova a Venezia lungo la riviera del Brenta. Il viaggio si effettua su un battello chiamato «Burchiello», come le imbarcazioni veneziane del Settecento utilizzate dagli aristocratici per spostarsi dalla città alle ville di campagna attraverso il Naviglio. Una guida illustra ai turisti le bellezze dei luoghi e fa conoscere le ville palladiane più prestigiose in cui si fa sosta: Villa Foscari, detta «la Malcontenta», Villa Widmann e Villa Pisani. Durante questa «piccola crociera» della durata di una giornata, è possibile vedere i caratteristici ponti girevoli e cinque chiuse, o «ascensori d’acqua», che permettono al battello di scendere o risalire il dislivello del naviglio, a volte anche di dieci metri. Il viaggio termina nella splendida Piazza San Marco a Venezia.

http://villevenetetour.it/itinerario.aspx www.battellidelbrenta.it www.sitiunesco.it/?p=19 www.veneto.eu/m3-patrimonio-unesco www.italia.it/it/idee-di-viaggio/sitiunesco/vicenza-e-le-ville-palladiane.html

Il Burchiello sul Naviglio di fronte a Villa Pisani.

Competenze individuali Immagina di essere un moderno cantastorie giunto, nei suoi vagabondaggi, a Vicenza. Ma perché recitare nelle piazze proprio lì, dov’è il primo teatro coperto, in muratura, della storia? Attira allora il tuo pubblico nel Teatro Olimpico di Andrea Palladio e cattura la sua attenzione recitando con vivacità e creatività aneddoti e curiosità sulla costruzione di questo edificio. Prepara a questo scopo il tuo monologo scritto e fatti consigliare dall’insegnante di musica una colonna sonora adatta alla messa in scena di questo «teatro sul teatro».

Scheda di autovalutazione e valutazione dell’insegnante sulle Competenze individuali Competenze coinvolte

Si orienta nello spazio e nel tempo e interpreta i sistemi simbolici e culturali della società.

Competenze chiave

Penso di aver raggiunto questo livello

L’insegnante mi ha assegnato il livello

Consapevolezza ed espressione culturale.

A B C D

A B C D

Livelli: A Avanzato; B Intermedio; C Base; D Iniziale

U7 - Il Cinquecento

257


Verifica delle conoscenze

In sintesi…

Il Cinquecento

RINASCIMENTO (primi decenni del secolo) • Italia centro di sviluppo e diffusione • Leonardo, Michelangelo, Raffaello modelli di riferimento per tutti gli artisti

MANIERISMO (verso metà secolo) arte «alla maniera» dei grandi artisti rinascimentali • e voluzione e superamento dello stile rinascimentale •

Pittura Architettura Scultura p rospettiva aerea e s immetria ed p erfezione • • • tecnica dello sfumato equilibrio classici formale in Leonardo raggiunta da • edifici a pianta centrale Michelangelo • figure scultoree e colori brillanti in •m aggiori Michelangelo architetti: Bramante; • purezza stilistica e colori vivaci in Raffaello; Raffaello Michelangelo •p ittura tonale della «scuola veneta»

Architettura Scultura • e ffetti • « maniera» di scenografici e Michelangelo illusionistici in in Cellini e Giulio Romano Giambologna • c lassicismo di • accentuazione Andrea Palladio del dinamismo

Pittura • « maniera» di Michelangelo e Raffaello in Rosso Fiorentino e Pontormo • teatralità in Tintoretto e Veronese

1. Completa le seguenti frasi con la parola corretta, scelta fra le seguenti: Michelangelo, Andrea Palladio, corpo umano, Tintoretto, colori brillanti, contrasti di chiaroscuro, Vicenza, pittura tonale, Tiziano, Veronese, tecnica compositiva, paesaggio, effetti scenografici 1. L e sculture di .............................. realizzate con la tecnica del «non finito» esprimono i tormenti spirituali dell’artista. 2. L ’osservazione attenta del .............................. permise a Leonardo di descrivere meglio, nei suoi quadri, anche i «moti dell’animo» del personaggio ritratto. 3. Nei dipinti di Raffaello notiamo la .............................. di Leonardo e i .............................. di Michelangelo. 4. N ella .............................. figure e .............................. assumono forma sulla tela con la stesura di diverse tonalità di colore. 5. I l fondatore della «scuola veneta» fu Giorgione, ma il più grande e più famoso interprete fu ............................... 6. Le ville di .............................. rispecchiano l’armonia, l’eleganza e l’equilibrio classici. 7. .............................. realizzò affreschi e dipinti di grandi dimensioni, con stupefacenti ............................... 8. Nei dipinti di .............................. la luce crea forti .............................., che accrescono la drammaticità della scena o ne accentuano il dinamismo. 9. A .............................. fu costruito il primo teatro coperto. 2. Indica con la lettera M le opere di artisti manieristi. 1. Rosso Fiorentino, Deposizione; 2. Tiziano Vecellio, Incoronazione di spine; 3. Benvenuto Cellini, Perseo; 4. Giovanni Bellini, Madonna col Bambino, Giovanni Battista e una santa; 5. Tintoretto, Il miracolo di san Marco.

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Verifica

Lettura dell’opera d’arte

delle conoscenze

Ritratti a confronto

Raffaello, ventenne, si recò a Firenze desideroso di confrontarsi con Michelangelo e Leonardo. Lì ebbe l’occasione di eseguire molti ritratti a esponenti dell’aristocrazia mercantile fiorentina, applicando in modo personale gli insegnamenti dei due maestri. Un esempio significativo è dato dal confronto fra il Ritratto di Maddalena Strozzi di Raffaello e la famosa Gioconda di Leonardo. Osservando i due ritratti e rispondendo alle domande riuscirai a individuare in che modo Raffaello ha interpretato l’arte di Leonardo.

Osserva e rifletti.

1. Qual è l’elemento comune ai due ritratti più evidente? la scelta dei colori la posa delle due donne la prevalenza del paesaggio sulla figura l’espressione enigmatica della donna 2. Quale dei due artisti ha voluto evidenziare l’appartenenza del personaggio a un ceto elevato? Attraverso quali elementi? 3. Quale dei due artisti ti pare abbia voluto indagare maggiormente i sentimenti del personaggio? 4. Sulla base delle precedenti risposte, rifletti sulla funzione attribuita da Leonardo e da Raffaello al genere del ritratto.

Osserva e attribuisci a ciascuna opera le sue caratteristiche stilistiche.

Ritratto di Maddalena Strozzi

Raffaello Sanzio, Ritratto di Maddalena Strozzi, 1506, olio su tavola, 63 × 45,7 cm. Firenze, Galleria Palatina.

La Gioconda Entrambe

1. I lineamenti del viso sono definiti con precisione.

2. I contorni della figura e del paesaggio sono nitidi.

3. Sullo sfondo è rappresentato un paesaggio in prospettiva.

4. Il paesaggio è dipinto con la tecnica dello sfumato.

5. La donna sembra avvolta dal paesaggio.

6. Il paesaggio in lontananza è molto luminoso.

7. L’attenzione per i dettagli è accentuata.

8. I colori sono corposi e disposti con un sapiente accostamento di toni caldi e freddi.

9. La stesura del colore crea un effetto materico: sembra di percepire la morbidezza dei tessuti.

Leonardo da Vinci, La Gioconda, 1503-1506,

olio su tavola, 77 × 53 cm. Parigi, Musée du Louvre.

U7 - Il Cinquecento

259


U8

Il Seicento e il

Settecento Dove Amburgo

Londra

Amsterdam Delft Anversa

Andrea Pozzo, Gloria di Sant’Ignazio, 1621-1694,

affresco, 17 x 36 m. Roma, Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola.

Würzburg

Quando

Monaco

Versailles

Salisburgo

1618-1648

Milano Bordeaux

Torino Genova

Guerra dei trent’anni

Venezia

Firenze Caserta Lecce

Napoli

260

1600 1625 1650 167 1599-1602

Palermo Principali centri dell’arte barocca e rococò

Luigi XIV re di Francia

Bologna

Roma Madrid

1643-1715

Noto

Caravaggio dipinge le tele per la Cappella Contarelli

1615-1616 Guido Reni, Atalanta e Ippomene

1626-1650

Costruzione della Chiesa di Sant’Ignazio a Roma

1646-1651

1656

Gian Lorenzo Bernini, Estasi di santa Teresa

Diego Velázquez, Las Meninas. Gian Lorenzo Bernini inizia il Colonnato di Piazza San Pietro


Il termine «barocco» iniziò a essere usato nella seconda metà del Settecento per indicare tutte le manifestazioni culturali e artistiche (quindi anche musicali, letterarie ecc.) del periodo compreso fra il XVII e il XVIII secolo. La sua origine è incerta: potrebbe derivare dal portoghese barroco, termine con il quale veniva indicata una perla di forma irregolare, o anche dal francese baroque, che significa «bizzarro», «strano». In entrambi i casi, è evidente che lo stile barocco doveva sembrare davvero stravagante rispetto all’equilibrio misurato dell’arte rinascimentale.

Gian Lorenzo Bernini, David, 1623-1624, marmo, h 170 cm. Roma, Galleria Borghese.

Caravaggio, Canestra di frutta, 1599, olio su tela, 47 × 62 cm. Milano, Pinacoteca Ambrosiana.

Francesco Borromini, Sant’Ivo alla Sapienza, 1642-1660. Roma.

1682-1725

1683

1688-89

1740-1780

1756-1763

1762-1796

Pietro il Grande zar di Russia

I Turchi vengono sconfitti alle porte di Vienna

Gloriosa rivoluzione in Inghilterra

Maria Teresa imperatrice d’Austria

Guerra dei sette anni

Caterina II imperatrice di Russia

1675 1700 1725 1750 1775 1800

uez,

il

etro

1661

1740-1745

1751-1752

1752

Inizio della costruzione della Reggia di Versailles

Canaletto, Bacino di San Marco

Giambattista Tiepolo dipinge la Sala Imperiale a Würzburg

Inizio della costruzione della Reggia di Caserta

U8 - Il Seicento e il Settecento

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Idee guida

L’arte di stupire ed emozionare Le Idee guida ti serviranno a focalizzare i punti principali di un periodo artistico, a conoscere le persone che lo hanno caratterizzato e potranno orientarti meglio nello studio delle diverse manifestazioni artistiche del Seicento e della prima metà del Settecento.

1

L’arte di meravigliare: il Barocco

Gli edifici progettati a partire dalla fine del Cinquecento nel nuovo stile barocco privilegiano la monumentalità e l’eleganza di forme che risultano più ricche ed elaborate rispetto a quelle rinascimentali. Scopo degli architetti, soprattutto nella progettazione di piazze, regge e palazzi, è creare scenografie suggestive in grado di suscitare meraviglia e stupore. Nel Settecento lo stile barocco si evolve verso le forme ancora più ricercate e sfarzose del Rococò, apprezzato soprattutto nelle nuove regge delle corti europee.

Bartolomeo Bolli, Palazzo Litta (facciata), 1752-1763. Milano.

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Non solo stupore

Gli stupefacenti effetti dell’architettura barocca sono creati anche grazie a una perfetta integrazione fra architettura, scultura e pittura. Questi espedienti vengono usati anche nella costruzione e nella decorazione delle chiese, dove la teatralità e gli effetti scenografici non sono ricercati solo al fine di suscitare meraviglia, ma usati anche per trasmettere ai fedeli gli insegnamenti della dottrina cattolica, in opposizione all’eresia protestante.

Chiesa dei SS. Apostoli (navata centrale),

1611-1638. Napoli.


3

Perfezione e teatralità

La scultura barocca trova il suo esponente più importante in Gian Lorenzo Bernini. Egli tiene come punti di riferimento i modelli classici ed ellenistici e le sue statue sono perfette nelle forme. A volte, però, stupiscono per le posizioni originali e talvolta ardite dei personaggi. Altre volte le sue sculture assumono atteggiamenti teatrali, soprattutto se inserite in un contesto architettonico nel quale contribuiscono a esaltare gli aspetti scenografici.

4

Le diverse manifestazioni della pittura

La pittura del Seicento e del Settecento ha seguito percorsi diversi in Italia e in Europa: dal realismo di Caravaggio, esaltato da un uso originale della luce, al classicismo dei Carracci; dalle atmosfere familiari e semplici di Vermeer alla sfarzosa teatralità di Rubens, fino alle vedute di Canaletto... Nelle dimore aristocratiche e nelle chiese, poi, la pittura si fonde con l’architettura per creare sorprendenti effetti scenografici, in sintonia con gli ideali dello stile barocco.

Gian Lorenzo Bernini, Monumento funebre di Urbano VIII, 1628-1647, marmo, bronzo dorato,

legno. Città del Vaticano, Basilica di San Pietro.

Preconoscenze L’arte del Seicento è altamente scenografica: il suo scopo è stupire, meravigliare e comunicare forti emozioni, unendo spesso in un’unica opera architettura, pittura, scultura e decorazione. • Oggi ci sono eventi o spettacoli in cui si usano luci, colori, coreografie, scenografie; pensa ad esempio ai grandi concerti, agli spettacoli teatrali e ad alcuni grandi eventi sportivi. Hai visto, dal vero o in TV, alcuni di questi momenti? Quali forme artistiche sono state utilizzate?

Caravaggio, Deposizione, 1602-1603, olio su tela, 300 × 203 cm. Città del Vaticano, Pinacoteca Vaticana.

U8 - Il Seicento e il Settecento

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Architettura

U8

1 Nasce un nuovo stile: il Barocco La fine del Rinascimento Negli ultimi decenni del Cinquecento l’architettura iniziò a evolversi secondo forme nuove. Già Michelangelo, nella Sagrestia nuova di San Lorenzo e nel vestibolo della Biblioteca Laurenziana, a Firenze, aveva iniziato a introdurre elementi innovativi come le linee curve. Novità che Palladio avrebbe utilizzato superando con un sobrio manierismo il rigore formale tipico del Rinascimento. Vero punto di svolta verso una nuova tendenza architettonica è considerata la Chiesa del Gesù di Roma. Nella facciata progettata nel 1571 da Giacomo della Porta (1535-1602), a partire da una sintesi di classicismo e Manierismo, la monumentalità delle curvature introduce al nuovo stile chiamato Barocco.

Giacomo della Porta, Chiesa del Gesù (facciata), 1571-1584. Roma.

Le caratteristiche dello stile Barocco È difficile individuare con precisione tutte le caratteristiche dell’architettura barocca, che si sviluppò nell’arco di quasi due secoli in tutta Europa assimilando tradizioni diverse e manifestando differenze talvolta marcate rispetto alle diverse regioni. In generale, tuttavia, gli edifici barocchi si distinsero ovunque per: • le forme plastiche e le composizioni complesse; • l’uso delle linee curve; • la ricchezza delle decorazioni e la forte integrazione fra architettura, scultura e pittura; • l’uso della luce; • il ricorso a effetti scenografici e illusionistici. Giuseppe Zimbalo, Basilica di Santa Croce (facciata), 1549-1695. Lecce.

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L’architettura a servizio della fede

Orazio Grassi, Chiesa di Sant’Ignazio (interno), 1626-1650. Roma.

Nell’architettura religiosa, lo sviluppo del Barocco conobbe una forte accelerazione dopo la conclusione del Concilio di Trento (1563), che cercò di contrastare il dilagare della Riforma protestante avviata da Martin Lutero fin dal 1517. La Chiesa di quel tempo trovò il nuovo stile adatto per comunicare ai fedeli i contenuti della «vera fede». Per esempio, se i protestanti negavano la presenza reale di Cristo nell’eucaristia, le chiese barocche esaltarono in ogni modo l’altare e il tabernacolo, luoghi della consacrazione e della conservazione del pane eucaristico. Rispetto alla pianta centrale privilegiata nel Rinascimento, si tornò alla pianta a croce latina, con un’ampia navata centrale, a volte addirittura con un’unica grande aula, adatta ad accogliere i fedeli che venivano ad ascoltare la predicazione dei sacerdoti. Questo fu lo schema seguito per la costruzione delle chiese dei Gesuiti – l’ordine religioso più impegnato nel contrastare la Riforma protestante – che costituirono un modello per le chiese barocche in tutta Europa. Ne sono un esempio sia la Chiesa del Gesù sia quella dedicata a Sant’Ignazio, entrambe a Roma.

CuriosArte

La cupola che non c’è Nel 1626 i Gesuiti diedero inizio alla costruzione di una chiesa dedicata al fondatore del loro ordine, sant’Ignazio di Loyola. L’edificio, a croce latina, è imponente e il progetto prevedeva che all’incrocio con il transetto sorgesse una grande cupola del diametro di 17 metri. La cupola, però, non venne realizzata. I motivi non sono chiari: pare che gli abitanti degli edifici circostanti protestassero per l’ombra che avrebbe gettato sulle loro case; qualcun altro avanzò l’ipotesi che, per quanto i Gesuiti fossero ricchi, alla fine mancarono i soldi... Fatto sta che, ancora nel 1680, al posto della cupola vi era una calotta priva di decorazioni. Fu allora che il pittore

gesuita Andrea Pozzo (1642-1709) decise di dipingere una cupola finta, che però creasse l’illusione di essere vera. Il risultato della sua opera fu uno sbalorditivo effetto illusionistico, o trompe l’oeil (espressione che in francese significa «inganna l’occhio»). Vista dal basso, la cupola sembra reale, come reale pare persino la luce che filtra dalla finta lanterna. Tuttavia, vi è un solo punto nella navata della chiesa (segnalato sul pavimento) dal quale l’effetto si produce in modo perfetto. Se ci si sposta, l’impressione si riduce, fino a svanire completamente quando si giunge sotto la finta cupola.

Andrea Pozzo, Cupola della Chiesa di Sant’Ignazio, 1685 ca. Roma.

265


Architettura

U8

2 Bernini, l’architetto dei papi

Roma capitale del Barocco

Un Barocco «classico»

Nel corso del Seicento e del Settecento proseguì, e anzi si intensificò, il lavoro di ricostruzione e abbellimento di Roma intrapreso dai pontefici nel secolo precedente. Ovunque sorsero chiese, palazzi, fontane e piazze in stile barocco, con eccezionali effetti scenografici. Protagonista di questo rinnovamento fu Gian Lorenzo Bernini (15981680), architetto e scultore che per tutta la sua vita rimase al servizio dei papi, contribuendo a fare della città la capitale del Barocco.

Bernini fu educato allo studio degli artisti classici e rinascimentali dal padre, anch’egli scultore e pittore piuttosto rinomato. Il riferimento alla tradizione classica è sempre presente nelle sue opere, declinato nelle forme tipiche del Barocco. Egli predilige le linee curve e l’uso delle decorazioni, senza però mai eccedere, mantenendo un equilibrio e una misura che rendono le sue opere un esempio di pulizia formale, pur nella grandiosità che spesso le contraddistingue.

Gian Lorenzo Bernini, Cupola della Chiesa di Sant’Andrea al Quirinale (interno), 1658-1678.Roma. Gian Lorenzo Bernini, Baldacchino, 1624-1635, bronzo.

CuriosArte

Città del Vaticano, Basilica di San Pietro. Un esempio dello stile di Bernini è il Baldacchino che si erge sopra l’altare maggiore e la tomba di san Pietro, nella basilica vaticana, sotto la cupola di Michelangelo. L’opera fu commissionata da Urbano VIII nel 1624. Il baldacchino, fuso in bronzo, nonostante le gigantesche dimensioni (è alto 29 metri) appare di una straordinaria leggerezza. Quattro colonne tortili (a spirale), alte 11 metri, sostengono la copertura. Sono decorate con foglie di alloro (simbolo di vittoria e di vita eterna), api (che campeggiano nello stemma di Urbano VIII) e lucertole (simbolo di fede e resurrezione). Alla sommità di ogni colonna si trova un angelo alto quasi 4 metri; dietro gli angeli si dipartono le eleganti volute a dorso di delfino che si raccolgono a sorreggere il globo sormontato dalla croce, che rimanda alla signoria di Cristo sul mondo.

Quello che non fecero i barbari... Per la realizzazione del Baldacchino di San Pietro fu necessaria un’enorme quantità di bronzo, che il papa decise di recuperare facendo fondere un gran numero di statue antiche. Finirono così nelle fornaci del papa inestimabili capolavori dell’arte antica, dei quali è rimasta qualche copia in marmo. La distruzione di opere d’arte fu tale che all’epoca i contemporanei coniarono il detto: «Quello che non fecero i barbari, lo fecero i Barberini», alludendo alla famiglia di Urbano VIII, i Barberini.

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Il colonnato di San Pietro L’opera architettonica più imponente realizzata da Bernini è il grande colonnato antistante la Basilica di San Pietro, voluto da papa Alessandro VII nel 1656. Fin dal 1622 la chiesa era stata completata con la monumentale facciata disegnata da Carlo Maderno: si trattava ora di dare una sistemazione alla piazza che il papa voleva grandissima per raccogliere i fedeli. Gian Lorenzo Bernini, Piazza San Pietro, 1656-1667. Città del Vaticano. Bernini decise di realizzare un ampio colonnato di forma ellittica collegato alla basilica attraverso due raccordi che disegnano un sagrato a forma di trapezio avente per base maggiore la lunga facciata. Le 284 colonne di ordine dorico, disposte su quattro file, sono sormontate da un architrave sul quale sono collocate 162 gigantesche statue di santi. Idealmente, i due bracci del colonnato simboleggiano l’abbraccio con il quale la Chiesa accoglie i pellegrini e tutta l’umanità. La piazza è stata concepita per sollecitare in coloro che vi entravano una sensazione di stupore e di meraviglia e la forma ellittica contribuisce ad accrescere l’impressione di una dilatazione dello spazio. La sorprendente scenografia, minuziosamente studiata da Bernini, era accentuata dal fatto che originariamente si arrivava alla piazza dopo avere percorso le piccole strade tortuose dell’antico quartiere detto Spina di Borgo. Una volta superata la Spina, ci si trovava all’improvviso all’ingresso della piazza, con il colpo d’occhio sulla basilica sormontata dalla cupola di Michelangelo. Questo effetto sorpresa è venuto meno da quando, nel 1936, l’antico quartiere fu abbattuto per aprire via della Conciliazione, che congiunge la piazza con Castel Sant’Angelo.

Ritratto d’artista nome Gian Lorenzo Bernini nato il 7 dicembre 1598 a Napoli morto il 28 novembre 1680 a Roma attività pittore, scultore, architetto

Ieri & Oggi

San Pietro: da Roma all’Africa Nel 1990, in Costa d’Avorio (Africa), il papa Giovanni Paolo II ha consacrato una chiesa la cui architettura ricalca quella della Basilica di San Pietro a Roma, colonnato compreso. Si tratta della basilica che sorge a Yamoussoukro, dedicata alla Madonna della Pace. È stata progettata da un architetto libanese, Pierre Fakhori, e per costruirla sono stati fatti arrivare marmi dall’Italia e dalla Spagna. L’intero complesso, che comprende diversi edifici che si estendono su una superficie di 30 000 metri quadrati, fa di questa chiesa il più grande luogo di culto cristiano, anche se al proprio interno può accogliere «solo» 7000 persone (contro le 60 000 della Basilica di San Pietro). La cupola, più bassa rispetto a quella della basilica romana, con la grande croce posta alla sua sommità la supera di diversi metri, arrivando a un’altezza di 158 metri. Il portico comprende 128 colonne, alte 21 metri. La chiesa accoglie al proprio interno la vetrata più grande del mondo, realizzata in Francia: ben 7763 metri quadrati. Per realizzare la struttura sono stati spesi circa 300 milioni di dollari: una cifra enorme, soprattutto se si pensa che la Costa d’Avorio è un Paese in via di sviluppo, dove i cattolici sono circa 300 000 su una popolazione complessiva di 10 milioni di abitanti.

Fu grande perché...

...realizzò per i papi opere grandiose ed elaborate che suscitavano meraviglia e stupore, secondo lo stile e gli intenti del Barocco. In architettura privilegiò le linee curve e gli effetti scenografici, pur mantenendo l’equilibrio proprio dell’arte classica.

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Architettura

U8

3 Borromini e l’originalità delle forme Edifici piccoli ed effetti scenografici Un altro architetto che ebbe grande fortuna a Roma durante il Seicento fu Francesco Borromini (1599-1667). Giunto a Roma dal Canton Ticino, Borromini lavorò inizialmente alle dipendenze di Bernini. La sua fortuna iniziò con Innocenzo X (1644-1655), successore di Urbano VIII, che gli affidò la costruzione di numerosi edifici, ponendolo così in una situazione di astiosa rivalità nei confronti del suo maestro. Borromini era un architetto molto capace e fantasioso, che amava realizzare edifici di dimensioni non grandi, ma sorprendenti e originali per le loro forme, che spesso trasmettono un’insolita sensazione di movimento. L’andamento concavo e convesso delle facciate e il continuo mutare delle forme spezzano definitivamente la regolarità classica presente ancora in Bernini. Ne è un esempio la chiesa romana di San Carlo alle Quattro Fontane, con la facciata composta da elementi diversi, i cornicioni ondulati e la cupola ellittica, caratterizzata dalla decorazione a cassettoni di forme diverse e dall’impiego della luce che crea vivaci giochi di chiaroscuro. Francesco Borromini, Sant’Ivo alla Sapienza, 1642-1660.

Roma. Molto originale è la cupola poligonale della Chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza, con la lanterna che si slancia verso l’alto in una raffinata forma a spirale. L’impressione che si ha guardando la lanterna è che tutto l’edificio sia come risucchiato verso il cielo con la fluidità delle sue linee. La piccola chiesa, con la facciata concava, è stata costruita in fondo al cortile dell’antico palazzo rinascimentale dell’Università della Sapienza ed è stata progettata in modo che i due porticati laterali, anziché creare l’idea di uno spazio angusto, accrescessero l’effetto scenografico dell’insieme.

Competenti in arte Confronta la cupola della Chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane, che vedi qui a fianco, con quella della Chiesa di Sant’Andrea al Quirinale, a p. 266. Individua gli aspetti comuni e le differenze. Esplicita inoltre perché entrambe, nonostante le diversità, corrispondono alle caratteristiche dello stile barocco. Francesco Borromini, Cupola della Chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane, 1665-1667. Roma.

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La Chiesa di Sant’Agnese

Piazza Navona: lo scontro tra due rivali

Uno degli edifici più suggestivi realizzati da Borromini è la Chiesa di Sant’Agnese in Piazza Navona. Ricevuto l’incarico a progetto già avviato, nel 1653, Borromini ridisegnò la facciata, dandole un’impostazione concava, in modo da mettere meglio in evidenza la cupola in tutta la sua altezza. Decise poi di distanziare i due campanili, nei quali pure prevalgono le linee curve tipiche dello stile barocco, riprese anche nelle due cuspidi coniche rimodellate per dare maggiore morbidezza alle forme. Il progetto di Borromini venne a sua volta in parte modificato dagli architetti che lo sostituirono nella conduzione dei lavori, ma l’impianto della chiesa rimase invariato.

Piazza Navona è una delle piazze barocche più belle e scenografiche di Roma. A renderla tale contribuirono i maggiori architetti dell’epoca, Bernini e Borromini, chiamati da papa Innocenzo X a ristrutturare l’enorme spazio che in epoca romana aveva ospitato lo stadio di Domiziano. A Bernini venne affidata, nel 1648, la realizzazione della suggestiva Fontana dei fiumi. Borromini, come hai letto nel paragrafo precedente, nel 1653 ricevette invece l’incarico di costruire la chiesa dedicata a Sant’Agnese, cappella privata annessa al palazzo della famiglia Pamphilj, da cui proveniva il papa. In quegli anni, la concorrenza tra i due artisti era tanto accesa da far nascere curiose dicerie. La più nota vede nella rappresentazione dei fiumi Nilo e Rio della Plata, che si trovano rivolti verso la chiesa, l’irrisione di Bernini nei confronti dell’opera del rivale, di cui prevedeva il crollo. In realtà la Fontana dei fiumi fu scolpita prima della chiesa, ma è vero che lo scultore giudicava la facciata di Sant’Agnese instabile a motivo della forma concava.

Il monumento rappresenta i fiumi dei quattro continenti allora conosciuti – il Danubio (Europa), il Nilo (Africa), il Gange (Asia) e il Rio della Plata (America) – sormontati da un obelisco egizio su cui è scolpito lo stemma araldico di Innocenzo X. La funzione era quella di glorificare il potere del papa e della Chiesa sul mondo intero.

Francesco Borromini, Sant’Agnese in Agone, 1653-1672.

Gian Lorenzo Bernini, Fontana dei Fiumi, 1648-1651. Roma.

Secondo alcune dicerie il Rio della Plata avrebbe il braccio sollevato per ripararsi dalla caduta della facciata della chiesa.

Il Nilo si coprirebbe gli occhi con una benda per non dovere assistere al rovinoso spettacolo del crollo della chiesa.

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Architettura

U8

4 Le grandi regge e il Rococò

Il Barocco dei re L’architettura barocca, naturalmente, non interessò solo le chiese, anche se furono gli edifici religiosi quelli nei quali i progettisti poterono esprimere maggiormente la propria fantasia e il proprio estro. Le famiglie nobili continuarono a gareggiare nella costruzione dei palazzi più splendidi e il nuovo stile

si prestava molto a suscitare ammirazione e meraviglia. A partire dalla seconda metà del Seicento, il Barocco venne utilizzato per la costruzione di regge sontuose, nelle quali la ricchezza delle decorazioni si univa all’eleganza degli ambienti.

Castello (veduta dal parco), 1661-1751. Versailles. Il primo grande esempio di reggia barocca fu il Castello di Versailles, fatto costruire da Luigi XIV poco fuori Parigi. L’edificazione della reggia si prolungò per decenni a partire dal 1661 e la decorazione interna risultò impressionante per i dipinti, gli stucchi, i marmi e gli ori impiegati. All’esterno, la reggia è circondata da un enorme parco con grandiose fontane dalle quali si liberano fantastici giochi d’acqua.

Le regge italiane Tra la fine del Seicento e per tutto il Settecento, molte regge ispirate a Versailles vennero costruite in Europa. In Italia i Savoia fecero costruire la reggia di Venaria Reale e affidarono all’architetto Filippo Juvarra (1678-1736) la ristrutturazione della palazzina di caccia di Stupinigi (1729-1733). Quest’edificio è uno degli esempi più significativi di architettura barocca non religiosa. La struttura si articola intorno a una grande sala centrale di forma ovale, dalla quale si diramano quattro bracci nei quali sono collocati gli appartamenti. Gli ambienti interni, decorati in modo sfarzoso, sono invece arredati nello stile rococò che si stava affermando all’epoca. La reggia più grandiosa è però quella di Caserta (che potrai conoscere nelle pp. 272-273), voluta dal re di Napoli Carlo III di Borbone e progettata da Luigi Vanvitelli (1700-1773), allievo di Juvarra.

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Filippo Juvarra, Salone centrale, 1729-1733. Nichelino,

Palazzina di caccia di Stupinigi. La scenografica sala centrale riceve luce dalle ampie vetrate che si affacciano sui giardini.


Dal Barocco al Rococò

Dai palazzi alle chiese

Le regge in stile barocco si distinguevano per la ricchezza delle decorazioni interne, che nel corso del Settecento divennero ancora più estrose e scenografiche, inaugurando un nuovo stile, il Rococò. La nuova tendenza artistica fiorì in Francia e dal francese prese il nome: rocaille era il particolare miscuglio di pietre e conchiglie usato per creare ambientazioni fantastiche nei giardini e nelle grotte artificiali. Il Rococò, diffusosi presto in tutta Europa, privilegia le dorature, le cornici, gli stucchi, le ceramiche e le porcellane, l’uso degli specchi e l’impiego di colori come il verde pallido e il rosa, fino a dare la sensazione di un’esagerata artificiosità.

Affermatosi come stile predominante nelle corti, il Rococò venne impiegato anche nell’architettura religiosa. Se ne trovano esempi significativi ovunque nelle chiese settecentesche, laddove la ricchezza dei committenti permetteva l’impiego sovrabbondante di materiali preziosi. Nelle chiese cattoliche dell’Europa centrosettentrionale il Rococò venne usato ancora per esaltare la grandezza del cattolicesimo rispetto alla Riforma luterana, talvolta giungendo a eccessi fin troppo vistosi.

Brocca e vassoio, 1740-1756 ca., porcellana di Vincennes. Firenze, Museo degli Argenti. Lo stile rococò si estese anche agli arredi e alle suppellettili dei palazzi.

François de Cuvilliés il Vecchio, Sala degli specchi,

1734-1739. Monaco di Baviera, Castello di Nymphenburg, Padiglione di Amalienburg.

Balthasar August Albrecht, Altare, 1745-1754. Baviera,

Santuario di Wies.

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Cittadinanza

La Reggia di Caserta: una «Versailles italiana»

Veduta del giardino della Reggia di Caserta. In primo piano la Fontana di Venere e Adone

(1784-1789), di Gaetano Salomone.

La spettacolare dimora settecentesca, realizzata dall’architetto Luigi Vanvitelli, è un capolavoro dell’architettura barocca italiana, oggi inserito tra i Patrimoni dell’UNESCO. Fu voluta nel 1752 dal re delle Due Sicilie Carlo di Borbone per stupire gli ospiti stranieri, immergendoli in una dimora che, per fasto e magnificenza, non temesse il confronto con le altre corti europee del tempo. Il prezioso gioiello architettonico è circondato da 120 ettari di terreno, sul quale sono stati realizzati sia il giardino all’italiana sia quello all’inglese. Il primo presenta un’impostazione geometrica ed è solcato da una lunga via d’acqua, il «Canalone», con vasche, cascate e fontane, impreziosite da meravigliose sculture raffiguranti personaggi mitologici. Il secondo si pone come spazio più naturale, dove tuttavia, al suo interno, per volontà del sovrano, vennero ricostruiti alcuni ambienti di Pompei con reperti originali provenienti dal sito archeologico, che proprio in quegli anni stava ritornando alla luce. Luigi Vanvitelli, Teatro di corte, 1756-1768. Reggia di Caserta. Il teatro di corte è un vero gioiello dell’arte rococò. Ogni palco è decorato in maniera diversa, con fiori, conchiglie, putti e raffigurazioni di soggetti mitologici, il tutto volto a celebrare la magnificenza del sovrano.

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Il giardino all’inglese, particolare del laghetto con la statua di Venere.


Vivi l’arte La consultazione dei siti sottoelencati ti consentirà di apprezzare uno dei capolavori del Barocco italiano e di conoscere l’architetto che volle competere con i progettisti di Versailles. Potrai anche recuperare informazioni per organizzare una visita alla Reggia di Caserta. www.reggiadicaserta.beniculturali.it www.italia.it/it/idee-di-viaggio/siti-unesco/ caserta-la-reggia-e-il-parco.html www.treccani.it/enciclopedia/luigi-vanvitelli_(Enciclopedia-dei-ragazzi)

Luigi Vanvitelli, Carlo Vanvitelli, Reggia di Caserta (particolare facciata), 1752-1845 ca.

CuriosArte

Valorizzare il patrimonio

Un bagno all’avanguardia

Spesso la Reggia è stata al centro di dibattiti a causa dello stato di degrado nel quale ha versato per decenni e per le conseguenti precarie condizioni in cui venivano accolti i turisti. Dal 2014 il sito sta acquistando una notevole rilevanza: considerato Museo di particolare interesse nazionale, è stato trasformato in un Istituto dotato di Autonomia Speciale, con un proprio bilancio. Il nuovo direttore, con grande dedizione, sta puntando alla rinascita della Reggia, non solo con interventi di ordinaria amministrazione ma anche con progetti finalizzati a valorizzare al meglio questo straordinario patrimonio artistico.

Competenze individuali Metti a frutto le tue competenze di storico e di ricercatore curioso e attento per ricostruire una giornata vissuta nella reggia. Il frutto della tua ricerca sarà una presentazione in PowerPoint, o un cartellone con immagini e didascalie, che metta in luce i costumi di vita a corte tra Sei e Settecento, e il contesto architettonico e artistico. Puoi aiutarti con una visita virtuale alla Sala del trono, al Salone di Alessandro, alla Sala Ellittica, alla Biblioteca, al Salone da ballo ecc. navigando nei siti web elencati in Vivi l’arte. Non trascurare le attività che venivano svolte all’esterno del palazzo: continua la tua esplorazione con una escursione tra fontane monumentali e le piante del giardino all’italiana e di quello all’inglese.

La sala da bagno della regina è un piccolo ma delizioso ambiente, arricchito di preziose decorazioni. Tra i particolari più curiosi troviamo un bizzarro sistema di aperture realizzate con specchi veneziani, grazie ai quali la sovrana poteva osservare, senza essere vista, quello che accadeva nella stanza attigua e nel viale principale del parco. I Borboni avevano un concetto avanzato dell’igiene personale, rispetto ad altre famiglie reali del tempo. Infatti, accanto alla preziosa vasca da bagno scolpita in alabastro e ricoperta di rame dorato, la regina aveva fatto mettere un bidet, accessorio ancora sconosciuto all’epoca.

Bagno della regina (particolare), XVIII sec. Reggia di Caserta.

Scheda di autovalutazione e valutazione dell’insegnante sulle Competenze individuali Competenze coinvolte

Si orienta nello spazio e nel tempo e interpreta i sistemi simbolici e culturali della società.

Competenze chiave

Penso di aver raggiunto questo livello

L’insegnante mi ha assegnato il livello

Consapevolezza ed espressione culturale.

A B C D

A B C D

Livelli: A Avanzato; B Intermedio; C Base; D Iniziale

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Scultura

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5 Bernini scultore

La meraviglia della scultura

L’intensità dei sentimenti

Prima ancora che architetto, Gian Lorenzo Bernini fu scultore e proprio a lui si devono le opere più significative della scultura barocca. I corpi, perfetti nella definizione dei particolari anatomici, sono ritratti quasi sempre in movimento, molto spesso in posizioni teatrali e audaci, tese a suscitare la meraviglia in chi li osserva. Il dinamismo delle figure e i volti espressivi dei personaggi richiamano in modo evidente le opere ellenistiche.

Un’altra caratteristica tipica delle opere di Bernini è l’intensità dei sentimenti che traspare dai volti dei personaggi. Uno degli esempi più significativi lo si trova nell’Estasi di santa Teresa. La scultura è inserita in una cappella concepita come una sorta di teatro, nel quale si assiste all’esperienza mistica della santa.

Gian Lorenzo Bernini, Apollo e Dafne, 1622-1625, marmo, h 243 cm. Roma, Galleria Borghese. La statua Apollo e Dafne, scolpita da Bernini poco più che ventenne per il cardinale Scipione Borghese, è ispirata alle Metamorfosi di Ovidio. Apollo, innamorato della ninfa, cerca di afferrarla ma questa, per sfuggirgli, si trasforma in una pianta di alloro. Lo scultore ritrae il momento culminante della scena: i piedi di Dafne si mutano in radici, la corteccia avvolge il corpo, mentre dalle mani e dai capelli spuntano rami e foglie. I corpi si tendono con grazia ed eleganza (quasi in una danza), e tutta la composizione è pervasa da un forte dinamismo, reso non solo dalla torsione delle figure protese verso l’alto, ma anche dal drappo svolazzante che circonda il corpo di Apollo. Bernini rivela una straordinaria capacità di ricavare dal marmo forme perfette e di definire la consistenza dei diversi materiali: la ruvidezza della corteccia, la morbidezza della pelle dei due giovani e la leggerezza del tessuto.

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Gian Lorenzo Bernini, Estasi di santa Teresa,

1646-1651, marmo e bronzo. Roma, Chiesa di Santa Maria della Vittoria. La scultura rappresenta ciò che la stessa Teresa aveva scritto del suo incontro mistico con Dio: «La mia anima si riempiva di un’intensa luce, mentre un angelo sorridente mi colpiva il cuore con una freccia, colmandolo d’amore». Tutto il corpo della santa, adagiato su una nuvola, trasmette un senso di abbandono totale. L’espressione del volto di Teresa mostra la santa trasportata in un’altra dimensione. L’angelo sorride con tenerezza e con un gesto elegante scosta la veste della donna per trafiggerle il cuore con la freccia.


Leggere l’opera d’arte

Un David in movimento Tra il 1623 e il 1624 Bernini realizzò, sempre per il cardinale Scipione Borghese, una statua del David (conservata presso la Galleria Borghese, a Roma). Il giovane è raffigurato nel momento in cui raccoglie lo slancio per scagliare con la fionda la pietra contro Golia. Tutto il suo corpo è teso nello sforzo, che si esprime anche nell’espressione del volto, e la torsione del busto attribuisce alla figura un’impressione di grande movimento, che differenzia la scultura barocca da quella rinascimentale. La posizione di David ricorda quella del Discobolo di Mirone (p. 58), ma rispetto alla statua greca la figura è meno composta e il dinamismo più accentuato.

Il volto di David (probabilmente un autoritratto del Bernini) è contratto nello sforzo e gli occhi sono fissi sul bersaglio.

La posizione del busto, piegato sul fianco destro, indica il momento in cui il giovane raccoglie le forze per scagliare la pietra con la fionda che tiene tesa fra le due mani.

Gian Lorenzo Bernini, David, 1623-1624,

marmo, h 170 cm. Roma, Galleria Borghese.

Tutta la muscolatura è descritta con grande realismo anatomico e la forza si concentra tutta nella gamba destra, che sostiene il peso del corpo e costituisce il perno sul quale ruota tutta la figura.

Competenti in arte Confronta il David scolpito da Bernini con quello realizzato da Michelangelo oltre un secolo prima (p. 235). Osserva, per esempio: l a posizione del corpo; l ’espressione del volto; i dettagli anatomici. Che cosa differenzia la statua di Michelangelo, ritenuta una delle più alte espressioni della scultura rinascimentale, da quella di Bernini, che raccoglie in sé gli elementi tipici del Barocco?

• • •

Ai piedi del giovane si trova l’armatura di Saul, che David decide di non usare perché troppo pesante. In realtà la sua nudità simboleggia la fiducia riposta completamente in Dio. Accanto all’armatura vi è una cetra, lo strumento suonato da David, richiamo allo stemma della famiglia Borghese.

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Pittura

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6 Caravaggio: la luce e la realtà

Un artista rivoluzionario

La realtà della «natura morta»

Michelangelo Merisi (1571-1610), detto Caravaggio dal nome della cittadina lombarda in cui nacque, fu il primo grande pittore del Seicento. La sua vita spericolata e avventurosa lo portò a lavorare in diverse città, ma fu soprattutto a Roma, dove rimase dal 1594 fino al 1606, che egli lasciò le sue opere più importanti, realizzate anche grazie alla protezione e all’incoraggiamento del cardinale Francesco Maria Bourbon del Monte. Caravaggio si presentò subito come un artista rivoluzionario. In opposizione al Manierismo, egli elaborò uno stile del tutto originale, basato su un uso particolare della luce e sulla rappresentazione fedele della realtà. Il suo modo di dipingere influenzò la pittura per lungo tempo e diede inizio a una scuola di artisti che furono detti caravaggeschi.

Giunto a Roma poco più che ventenne, Caravaggio si mise in luce per la sua abilità nel dipingere nature morte, cioè oggetti inanimati, per lo più frutti, fiori, ortaggi, libri e strumenti musicali, ma anche oggetti di uso quotidiano. Si trattava di un genere ritenuto di poco conto rispetto alle più importanti rappresentazioni religiose o mitologiche. Tuttavia, la sua straordinaria abilità nel riprodurre la realtà lo rese popolare presso molte famiglie nobili e influenti uomini di Chiesa, così da ottenere commissioni anche per opere con soggetti diversi.

Caravaggio, Canestra di frutta, 1599 ca., olio su tela, 47 × 62 cm. Milano, Pinacoteca Ambrosiana. La Canestra di frutta fu realizzata su commissione del cardinale Bourbon del Monte, forse per essere donata al cardinale milanese Federico Borromeo. Tutto in questo piccolo quadro è curato con estrema precisione, dagli intrecci del cesto di vimini fino alle sfumature dei colori dei frutti e ai riflessi di luce sugli acini d’uva. Il dipinto ha anche un significato simbolico. Tra i frutti, alcuni mostrano i primi segni di corruzione, come la mela in primo piano; ugualmente, tra le foglie ve ne sono alcune evidentemente avvizzite: sono rimandi alla fragilità e alla caducità della vita umana, destinata a declinare dopo la breve stagione della giovinezza.

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Ritratto d’artista Michelangelo Merisi detto il Caravaggio nato il 29 settembre 1571 a Caravaggio (BG) morto il 18 luglio 1610 a Porto Ercole attività pittore

nome

Fu grande perché...

. ..creò uno stile pittorico rivoluzionario, caratterizzato in primo luogo da forti contrasti tra luce e ombre. La luce è la vera protagonista di scene rappresentate con estremo realismo: illumina dettagli, accentua le espressioni dei volti e conferisce intensità emotiva. La fedeltà al vero è sempre presente nei soggetti raffigurati: dalle nature morte ai personaggi sacri, scelti dal pittore fra la gente comune.

Uomini e donne reali Caravaggio dimostrò la stessa attenzione per la realtà in tutte le sue opere, comprese quelle di carattere religioso. Il contesto in cui sono ambientate le scene è spesso ispirato ad ambienti popolari e alla vita quotidiana delle borgate romane. Il pittore sceglieva i suoi modelli tra la gente del popolo anche per rappresentare personaggi sacri. Caravaggio, San Girolamo scrivente, 1605-1606, olio su tela, 112 × 157 cm. Roma, Galleria Borghese.

Caravaggio, Madonna dei pellegrini, 1604-1606, olio su tela, 260 × 150 cm. Roma, Chiesa di Sant’Agostino in Campo Marzio. La figura della Vergine è evidentemente ispirata a quella di una popolana: non ha nulla delle aristocratiche Madonne ancora presenti nei dipinti dei manieristi. Gli abiti sono semplici e i due pellegrini verso i quali volge lo sguardo sono ritratti con estremo naturalismo: sono chiaramente affaticati per il lungo cammino compiuto, vestiti in modo dimesso e persino sporchi; osserva i piedi dell’uomo in primo piano.

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Caravaggio, Morte della Vergine,

1604, olio su tela, 369 × 245 cm. Parigi, Musée du Louvre. Un grande realismo compare anche nella tela che rappresenta la morte della Vergine. Persino i sentimenti vengono resi in modo naturale: non vi è teatralità, anzi, la scena lascia trasparire un’atmosfera di silenziosa intimità. I volti degli apostoli esprimono una sofferenza tutta interiore; i gesti sono misurati: Giovanni, dietro il capo di Maria, appoggia sulla mano il viso pervaso da una profonda tristezza; Maria Maddalena, in primo piano, si piega su se stessa quasi a custodire per sé la propria disperazione. Il corpo della Vergine, illuminato da un fascio di luce, è adagiato su una tavola di legno, totalmente abbandonato alla morte, scomposto e illividito.

CuriosArte

Una vera morta per modella? Quando Caravaggio presentò la Morte della Vergine ai padri carmelitani della chiesa romana di Santa Maria della Scala, che avevano commissionato il quadro, ricevette uno sdegnato rifiuto. La figura della Madonna suscitò disappunto per la posa scomposta del corpo, il colore terreo del volto, il ventre gonfio e i piedi ritratti nudi oltre l’altezza della caviglia. Circolò persino la voce (non si sa se fondata) che il pittore avesse usato come modello il cadavere di una donna affogata nel Tevere. L’opera, rifiutata dai carmelitani, venne acquistata dal duca di Mantova Vincenzo I Gonzaga.

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L’evoluzione nell’uso della luce Molti studiosi hanno sottolineato che nelle opere di Caravaggio la vera protagonista è la luce. Il particolare uso dei contrasti chiaroscurali che è possibile notare nelle opere più famose, tuttavia, è frutto di un’evoluzione durata anni. Nelle prime tele, infatti, la luce si distribuiva in maniera diffusa, seppure con sfumature diverse, illuminando i personaggi e il paesaggio circostante. In un secondo tempo, a partire soprattutto dai primissimi anni del Seicento, tutto cambia. Il paesaggio scompare, lo sfondo diventa scuro, in alcuni casi addirittura nero; fasci di luce tagliano la tela in diagonale e illuminano i personaggi, ne esaltano la corporeità e ne rivelano la psicologia, accentuando l’intensità delle espressioni dipinte sui volti. I forti contrasti fra luce e ombra contribuiscono a creare effetti di forte drammaticità capaci di coinvolgere emotivamente l’osservatore, che ne rimane colpito.

Caravaggio, Riposo durante la fuga in Egitto, 1596, olio su tela, 135,5 × 166,5 cm. Roma, Galleria Doria Pamphilj.

Caravaggio, Martirio di san Matteo,

1600-1601, olio su tela, 323 × 343 cm. Roma, Chiesa di San Luigi de’ Francesi. Nel Martirio di san Matteo la luce investe i personaggi in primo piano, i quali si stagliano su un fondo buio, di cui si nota solo l’altare davanti al quale il santo stava celebrando la messa prima di essere gettato a terra. I fasci di luce servono a definire i dettagli dei corpi in movimento e a dare il senso della profondità. Soprattutto, però, contribuiscono a fare risaltare le espressioni dei volti: la ferocia del carnefice al centro del dipinto, intorno al quale ruota tutta la scena, lo spavento dell’uomo alla sua sinistra e il terrore del ragazzo che fugge via urlando. I contrasti chiaroscurali danno a tutta la scena un forte effetto drammatico. I due personaggi seminudi in primo piano, anch’essi illuminati da un fascio di luce radente, si ritraggono spaventati, quasi a volere uscire dalla tela. Si tratta di un effetto usato spesso da Caravaggio, che tende a coinvolgere direttamente lo spettatore.

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Leggere l’opera d’arte

La Vocazione di san Matteo Nel 1597 Caravaggio ricevette l’incarico di dipingere tre grandi tele per la Cappella Contarelli, nella Chiesa di San Luigi de’ Francesi, a Roma. I soggetti dovevano essere ispirati alla storia dell’apostolo Matteo, per onorare il cardinale francese Mathieu Cointrel (italianizzato in «Contarelli»), sepolto nella chiesa. Il ciclo di pitture – le prime di Caravaggio destinate a essere esposte in pubblico – comprende una pala d’altare nella quale san Matteo è raffigurato mentre, ispirato dall’angelo, scrive il suo Vangelo (Ispirazione di san Matteo); una tela laterale raffigurante la Vocazione di san Matteo e, di fronte, un’altra grande tela con il Martirio di san Matteo (p. 279). La prima opera a essere compiuta, tra il 1599 e il 1600, fu quella della Vocazione di san Matteo. Qui, per la prima volta, Caravaggio usò la luce per fare risaltare i visi con le loro espressioni, i gesti delle mani e parti delle figure, lasciando il resto della composizione avvolto nella penombra. Matteo è identificato con l’uomo al centro del gruppo che indica se stesso con il dito, come a dire: «Indichi proprio me?». Nel momento in cui viene chiamato, egli svolge l’attività di pubblicano, cioè di esattore delle tasse per conto dei Romani.

Tra i cinque esattori delle tasse, solo Matteo sente la chiamata di Cristo. I due più giovani sembrano osservare la scena da spettatori, mentre gli altri due non sollevano neppure lo sguardo. Si tratta di un richiamo alla dottrina cattolica del libero arbitrio, negata dai protestanti: Dio si rivolge a tutti, ma sta alla libertà di ciascuno decidere se prestargli ascolto o rifiutare la sua parola.

I personaggi seduti al tavolo sono vestiti con abiti del Seicento. Questo dettaglio contribuisce a rendere la scena attuale e ad accentuarne il realismo.

Caravaggio, Vocazione di san Matteo, 1599-1600, olio su tela, 322 × 340 cm. Roma, Chiesa di San Luigi de’ Francesi.

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La luce che illumina la scena non proviene dalla finestra dipinta sulla parete di fondo, ma da destra, in corrispondenza della vera finestra sopra l’altare che illumina la Cappella Contarelli. Questo espediente contribuisce a suscitare nell’osservatore la sensazione di trovarsi di fronte a una scena reale. La luce simboleggia anche la Grazia di Dio che illumina gli uomini.

La figura di Gesù è quasi completamente in penombra. Risaltano solo il volto e la mano che si tende a indicare Matteo. La mano ricorda da vicino (anche se speculare) il particolare della mano di Adamo dipinta da Michelangelo nella Cappella Sistina. Per la dottrina cattolica, Gesù è il «nuovo Adamo» venuto a salvare l’umanità segnata dal peccato compiuto dal «primo Adamo».

Pietro riprende il gesto di Gesù. Si tratta di un modo per riaffermare il ruolo primario dell’apostolo e, di conseguenza, quello del papa, suo successore. In tempo di Controriforma, era necessario confermare la dignità e l’autorità del pontefice.

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Pittura

U8

7 I Carracci e Guido Reni:

naturalismo e classicismo

I Carracci e i modelli rinascimentali Tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento, altri pittori presero le distanze dal Manierismo, percorrendo però strade diverse rispetto a Caravaggio. A Bologna, i fratelli Carracci, Agostino (1557-1602) e Annibale (1560-1609), fondarono nel 1583 l’Accademia degli Incamminati, nella quale venivano ripresi i modelli del Rinascimento. Tra questi, Raffaello rappresentava il punto di riferimento privilegiato, a motivo del suo elegante classicismo.

Il naturalismo e le scene di genere Alla ripresa del classicismo, i Carracci accompagnano uno studio accurato della realtà, ispirata a un rigoroso naturalismo. Nella loro scuola essi insegnavano ai discepoli il disegno dal vero e incoraggiavano a dipingere paesaggi o a rappresentare le cosiddette «scene di genere», come le raffigurazioni di interni o le nature morte. Nella produzione di Annibale Carracci sono frequenti temi ispirati alla vita quotidiana e a contesti popolari riprodotti con spiccato realismo.

Annibale Carracci, La bottega del macellaio, 1585, olio su tela, 185 × 266 cm. Oxford, Christ Church Picture Gallery. Annibale Carracci, Pietà con san Francesco e Maria Maddalena,

1602-1607, olio su tela, 277 × 186 cm. Parigi, Musée du Louvre. Nella Pietà con san Francesco e Maria Maddalena i riferimenti a Raffaello sono evidenti nell’eleganza delle figure e nell’espressione addolorata ma serena e composta dei volti. La figura di Cristo, perfetta nella sua bellezza classica, è ben lontana dal realismo che è possibile trovare nelle opere di Caravaggio le quali, negli stessi anni, suscitavano a Roma reazioni contrastanti di apprezzamento e rifiuto. Sul fondo vi è un paesaggio che pure ispira armonia e serenità: anche questo elemento è tipico della pittura dei Carracci.

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Il classicismo di Guido Reni Alla scuola dei Carracci si formò Guido Reni (1575-1642), uno dei più grandi esponenti del classicismo seicentesco. Nonostante l’ammirazione per Raffaello, egli studiò a lungo anche le opere di Caravaggio, di cui parve apprezzare soprattutto il naturalismo. Le opere di Guido Reni, per lo più di soggetto religioso o mitologico, riflettono ideali di bellezza e armonia tipici degli artisti rinascimentali, distaccandosi definitivamente dagli eccessi dei manieristi. La luce si diffonde sulle figure con effetti di chiaroscuro che però non raggiungono l’intensità che è dato trovare nei dipinti di Caravaggio.

Guido Reni, Assunzione della Vergine, 16161617, olio su tela, 442 × 287 cm. Genova, Chiesa del Gesù. La parte superiore del dipinto, più luminosa, è segnata da una maggiore armonia nei gesti delle figure. La parte inferiore, invece, meno illuminata e dove emergono con più decisione i chiaroscuri, è più movimentata e i gesti dei personaggi riflettono lo stupore e l’agitazione per l’evento di cui sono testimoni.

Guido Reni, Atalanta e Ippomene, 1615-1616, olio su tela, 192 × 264 cm. Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte. Il dipinto che raffigura la gara fra la ninfa Atalanta e Ippomene è uno dei maggiori capolavori di Reni. Il racconto mitologico narra che Atalanta, imbattibile per la sua velocità, promette di sposare l’uomo in grado di superarla in una gara di corsa. Il giovane Ippomene, perdutamente innamorato di lei, riesce a vincere grazie a uno stratagemma: lascia cadere a terra tre mele d’oro e, mentre la ninfa si china a raccoglierle, la supera. Questo è il momento fissato da Reni, che ritrae i due giovani in una scena segnata da un grande dinamismo e, contemporaneamente, improntata a un’estrema eleganza. La grazia dei movimenti, la bellezza dei corpi e la leggerezza dei drappi che li circondano contribuendo ad accrescere il senso di movimento ricordano la Nascita di Venere e La Primavera di Botticelli.

U8 - Il Seicento e il Settecento

283


Pittura

U8

8 La pittura olandese

del «Secolo d’oro»

I pittori della ricchezza Tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, l’Olanda e le altre sei province dei Paesi Bassi settentrionali si resero indipendenti dalla dominazione spagnola, dando vita alla Repubblica delle Province Unite. Alla conquista dell’autonomia politica si accompagnarono un formidabile sviluppo economico dovuto ai sempre più estesi traffici commerciali e un’altrettanto straordinaria fioritura artistica e culturale, tanto che gli storici sono soliti parlare del Seicento olandese come del «Secolo d’oro». Protagonisti di questa felice stagione della pittura furono Pieter Paul Rubens (1577-1640), Rembrandt van Rijn (1606-1669) e Jan Vermeer (1632-1675). Essi privilegiarono soprattutto soggetti profani come ritratti, nature morte, paesaggi e scene di vita quotidiana. Più limitati, invece, i dipinti di carattere religioso, perché la religione calvinista, preponderante in Olanda, scoraggiava le raffigurazioni sacre.

I chiaroscuri di Rembrandt Rembrandt è considerato il più importante pittore olandese del Seicento. La sua vastissima produzione è estesa a tutti i soggetti: paesaggi, temi mitologici, storici e religiosi. Ad Amsterdam, dove aprì una bottega, conobbe grande fortuna come ritrattista. Amava molto anche ritrarre se stesso: di lui ci sono giunti circa cento autoritratti. Rembrandt fa spesso uso del chiaroscuro, ricorrendo talvolta a un uso scenografico della luce, prendendo spunto da Caravaggio. I personaggi da lui ritratti sono rappresentati in modo realistico ed egli cerca sempre di coglierne la psicologia nei volti come nei gesti, riprodotti in modo spontaneo. Importante è anche la cura per i dettagli tipica della tradizione fiamminga.

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Le atmosfere intime di Jan Vermeer

Jan Vermeer, La cuoca (o La lattaia), 1659 ca.,

olio su tela, 46 × 41 cm. Amsterdam, Rijksmuseum.

Jan Vermeer (il vero nome è Johannes van der Meer) privilegiò scene di vita quotidiana, che hanno come protagoniste per lo più donne intente alle più svariate attività domestiche: dalla cucina, al cucito, allo studio di uno strumento musicale. Quello di Vermeer è un mondo intimo, appartato, ma vivace nei colori e nelle luci, con frequenti chiaroscuri ed effetti di trasparenza. Nelle figure, nei volti e nei gesti è possibile trovare sempre una sensazione di genuina semplicità e una cura minuziosa nella definizione dei dettagli.


La teatralità di Rubens Alle atmosfere intime e domestiche di Vermeer si contrappone la sfarzosa teatralità delle opere di Pieter Paul Rubens, il più barocco tra i pittori olandesi del Seicento. Di religione cattolica, Rubens nacque in Germania e viaggiò molto, soprattutto in Italia, prima di stabilirsi definitivamente ad Anversa. In Italia realizzò molti quadri a soggetto religioso, ma egli prediligeva temi storici, mitologici o allegorici, che rappresentava in scene quasi sempre affollate: i personaggi sono disposti come su un palcoscenico, oppure presentati in movimenti vorticosi. Il cromatismo varia dalla presenza di colori vivaci con effetti di contrasto all’uso di un solo colore in una gamma vastissima di sfumature. Rubens divenne anche il ritrattista più ricercato e meglio pagato presso tutti i regnanti d’Europa. Rispetto a Rembrandt e a Vermeer, che per tutta la vita dovettero lottare contro le difficoltà economiche, alla sua morte Rubens non era solo famoso, ma anche sfacciatamente ricco. Rembrandt, I sindaci alla corporazione dei lanaioli di Amsterdam,

1662, olio su tela, 191,5 × 279 cm. Amsterdam, Rijksmuseum.

Competenti in arte Il dipinto di Rubens riprodotto in questa pagina esprime in modo eloquente tutti i temi principali dell’arte barocca che abbiamo riscontrato analizzando l’architettura e la scultura. Riscoprili rispondendo alle domande. Q uale effetto si propone di suscitare l’artista nello spettatore? Q uali sono le forme tipicamente barocche che puoi individuare nel quadro? L a posizione dei corpi delle divinità marine hanno qualche parallelo nella scultura?

• • •

Pieter Paul Rubens, L’arrivo di Maria de’ Medici a Marsiglia, 1622-1625, olio su tela, 395 × 295 cm. Parigi,

Musée du Louvre. La grande tela raffigura l’arrivo di Maria de’ Medici in Francia per sposare il re Enrico IV. In alto, la futura regina e le sue dame, i cui corpi scompaiono dentro i sontuosi vestiti, sbarcano dalla nave come se si presentassero sul proscenio di un teatro. Enrico quasi cade ai piedi della sposa in un inchino esageratamente cerimonioso, abbassando verso terra lo scettro regale. Nella metà inferiore del dipinto, i corpi nudi delle divinità marine prorompono scomposti. Le torsioni dei corpi, i movimenti audaci, i colori vivaci e cristallini contrastano fortemente con le pose quasi artificiali e le tonalità grigio-perla dominanti nella parte superiore del quadro. A congiungere le due parti sono lo sfarzoso scafo della nave e il colore rosso dei drappi, con i ricercati effetti di chiaroscuro. Il cavaliere vestito di nero pare osservare la scena come uno spettatore a teatro.

U8 - Il Seicento e il Settecento

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Pittura

U8

9 Velázquez e il

Leggere l’opera d’arte

Barocco in Spagna

Lo specchio sul fondo riflette le figure del re e della regina poste fuori dal quadro, di fronte alla scena che viene rappresentata.

Velázquez: naturalismo e celebrazione della nobiltà Diego Rodrigo de Silva y Velázquez (1599-1660) è considerato il più grande pittore spagnolo del Seicento. Ancora bambino frequentò le botteghe di alcuni tra i più importanti pittori di Siviglia, la sua città natale, e in breve tempo ottenne un enorme successo, tanto che a soli 24 anni era già pittore di corte presso i reali di Spagna, a Madrid. Ammiratore dei pittori italiani del Cinquecento (in particolare di Tiziano), Velázquez, come quasi tutti i pittori spagnoli del Seicento, fu molto influenzato dal realismo e dai forti contrasti fra luce e ombre di Caravaggio. L’influsso caravaggesco è evidente soprattutto nelle opere giovanili, come nella Vecchia che frigge le uova, dipinta quando aveva appena 18 anni. I numerosi ritratti e i dipinti celebrativi eseguiti per la corte spagnola sono improntati a un rigoroso naturalismo e grandissima attenzione viene sempre posta nel rendere il carattere psicologico dei personaggi. Diego Velázquez, Vecchia che frigge le uova, 1618,

olio su tela, 100,5 × 119,59 cm. Edimburgo, National Gallery of Scotland.

Gli abiti dei personaggi in primo piano, elaborati ed eleganti, contrastano con l’austerità dell’ambiente e con il vestito nero del pittore.

Tutto nel quadro è descritto con grande realismo: i lineamenti e le espressioni dei volti, le acconciature, i dettagli degli abiti, con le loro soffici pieghe, i fiori che ornano i capelli e il vestito di Margherita... persino il pelo del cane dà una sensazione di morbidezza. Il chiaroscuro contribuisce a mettere in risalto i particolari e, soprattutto, i capelli biondi e la luminosità del vestito della principessina.

Francisco de Zurbarán, il controriformista Molto influenzato da Caravaggio e dai pittori italiani del secondo Cinquecento fu anche Francisco de Zurbarán (1598-1664). Per tutta la vita egli si dedicò a opere di carattere religioso, eseguendo anche grandi cicli pittorici nei quali venivano celebrate figure di santi o erano affermati i temi fondamentali della dottrina cattolica, in opposizione alla Riforma protestante. I personaggi ritratti da Zurbarán sono spesso collocati su un fondo scuro, che esalta la tensione drammatica; i contrasti di luce e ombra sono talvolta violenti e le figure sono ritratte con realismo. Molta cura egli pone anche nella resa dei dettagli: nelle nature morte, come nei particolari delle vesti, la minuziosa descrizione dei particolari ricorda da vicino la pittura fiamminga.

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Francisco de Zurbarán, Le tentazioni di san Girolamo, 1639, olio su tela, 235 × 290 cm. Guadalupe, Monastero de Nuestra Señora.


te

Las Meninas e la finzione del ritratto Nel 1656 Velázquez dipinse un quadro davvero spettacolare. L’opera è caratterizzata da una certa giocosità e da un’originale rapporto tra realtà e finzione, in sintonia con lo stile barocco. La scena ritrae ciò che si presenta agli occhi del re e della regina di Spagna, in posa di fronte al pittore. I sovrani sono quindi spettatori di ciò che accade nello studio dell’artista, dove sono presenti anche l’infanta Margherita (vestita di bianco, al centro), accompagnata da due damigelle (le meni-

nas, che danno il titolo al quadro) e a due compagni di giochi. Il re e la regina, pur essendo collocati fuori dal dipinto, sono rappresentati dentro di esso riflessi nello specchio, sul fondo della stanza. I personaggi ritratti, compreso Velázquez, sembrano guardare lo spettatore, ma in realtà i loro sguardi sono rivolti ai sovrani che, nella finzione del dipinto, sono di fronte a loro e a loro volta li osservano.

Al centro della rappresentazione, perfettamente illuminata, è l’infanta Margherita, figlia del re Filippo IV. All’epoca aveva 5 anni, benché abbigliata come un’adulta.

La composizione è illuminata da due fonti di luce che creano un gioco di chiaroscuri: la grande finestra a destra e la porta sul fondo della stanza, dalla quale si affaccia un personaggio.

La prospettiva è definita dai quadri appesi alle pareti e dalle sfumature di luce che si diffondono sul soffitto. La porta sul fondo, aperta su un altro ambiente, amplia il senso dello spazio.

A destra sono ritratti i compagni di giochi della principessa: una nana, un bambino e un cane. Il realismo della scena è reso anche dal gesto del bambino che infastidisce con un piede l’animale, dal muso imbronciato. Dietro di loro, nella penombra, stanno una monaca e un frate.

Diego Velázquez, Las Meninas, 1656, olio su tela, 318 × 276 cm. Madrid, Museo del Prado.

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Pittura

U8

10 Tiepolo: la pittura come illusione

Il maestro dell’illusione In Italia la pittura barocca trova la sua massima espressione con Giambattista Tiepolo (1696-1770). Nato e formatosi artisticamente a Venezia, ancora giovanissimo si dedicò allo studio di pittori come Tintoretto e Paolo Veronese. Fin dalle sue prime opere, Tiepolo si distinse per l’uso di colori brillanti e di toni luminosi. Soprattutto, però, egli si mise in luce per la sua inventiva e la sua fantasia

nel riprodurre soggetti storici e mitologici secondo il più genuino stile barocco, nel quale la pittura si fonde con l’architettura creando sorprendenti effetti scenografici. In breve tempo, Tiepolo divenne uno dei pittori più ricercati sia dalle famiglie aristocratiche veneziane, che gli commissionarono la decorazione dei loro palazzi, sia da ecclesiastici che gli chiesero di realizzare grandiosi dipinti per le volte delle chiese. Giambattista Tiepolo, Sala da ballo (veduta della parete

destra), 1746-1747. Venezia, Palazzo Labia. Nel salone da ballo di Palazzo Labia, a Venezia, la pittura di Tiepolo si integra perfettamente con l’architettura, tanto che a un primo sguardo non si riesce a cogliere quali siano gli elementi architettonici reali e quali siano invece quelli creati con l’uso della prospettiva. Su uno dei lati della sala, ad esempio, è raffigurato Il banchetto di Antonio e Cleopatra, in uno spazio che sembra una dilatazione dell’ambiente. Le scale che salgono verso la tavola sembrano reali, come reali appaiono a un primo sguardo le colonne, i cornicioni e gli elementi architettonici che circondano le finestre. Tutto è invece frutto dell’abilità del pittore nel creare illusioni ottiche.

Il banchetto di Antonio e Cleopatra

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Leggere l’opera d’arte

La Sala Imperiale di Würzburg Tiepolo non lavorò solo a Venezia. La sua fama si diffuse in tutta Europa e venne chiamato da più parti per decorare le residenze aristocratiche. Alla fine del 1750 fu incaricato dal principe vescovo della città tedesca di Würzburg, in Baviera, di decorare alcune parti della sua residenza, progettata trenta anni prima dall’architetto Balthasar Neumann. Tiepolo affrescò la volta dello scalone monumentale e la Sala Imperiale, nella quale illustrò alcune scene tratte dalla vita di Federico Barbarossa, l’imperatore che nel Medioevo aveva elevato alla dignità principesca i vescovi di Würzburg. I dipinti si inseriscono perfettamente nell’architettura, impreziosita da stucchi dorati ed elementi decorativi tipici del Rococò e ogni scena dilata lo spazio della sala con effetti illusionistici. Giambattista Tiepolo, Volta della sala Imperiale con Il matrimonio di Federico Barbarossa e di Beatrice di Borgogna, 1751-1752, affresco. Baviera, Residenza di Würzburg.

Un tendaggio dorato viene sollevato da due putti, come fosse un sipario, accentuando così l’effetto scenografico della composizione.

L’uso della prospettiva dilata illusoriamente lo spazio. L’architettura del dipinto si pone in continuità armonica con quella dello spazio reale.

I colori del dipinto sono chiari e brillanti e contribuiscono ad accentuare la luminosità della sala.

La scena è ricca e sfarzosa, ma non richiama il contesto medievale in cui si svolse realmente l’evento (nel 1156). L’ambientazione infatti è rinascimentale, mentre i personaggi sono abbigliati secondo la moda settecentesca.

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Pittura

U8

11 Il vedutismo veneziano

Le vedute perfette di Canaletto Nel corso del Settecento si diffuse il genere pittorico del vedutismo, che aveva come soggetto paesaggi o spazi urbani più o meno ampi. Questo genere si sviluppò soprattutto a Venezia ed ebbe il suo maggiore interprete in Giovanni Antonio Canal, detto Canaletto (1697-1768). Nei dipinti di Canaletto, piazze, canali, palazzi, chiese, scorci delle calli sono ripresi con estrema precisione fin nei minimi particolari. I personaggi che popolano i suoi quadri sono ritratti in occupazioni quotidiane e atteggiamenti naturali: nessuno è in posa e le scene sono prive di teatralità. Persino le condizioni atmosferiche vengono rappresentate in tutte le loro variazioni, attraverso un uso attento della luce con la quale il pittore riesce anche a restituire l’atmosfera calma e silenziosa della laguna. Canaletto dipingeva per lo più dal vivo e per cogliere i dettagli con maggiore precisione non di rado faceva uso della camera ottica.

Canaletto, Bacino di San Marco, 1740-1745, olio su tela, 53 × 70 cm. Milano, Pinacoteca di Brera.

CuriosArte

I primi souvenir per i turisti Molto spesso i quadri di Canaletto finivano imballati insieme ai bagagli di aristocratici o facoltosi borghesi che se li portavano a casa al termine di un soggiorno più o meno lungo nella città lagunare. Nel corso del Settecento, infatti, iniziò a diffondersi in Europa la moda del Grand tour: un viaggio compiuto soprattutto dai giovani rampolli delle famiglie più ricche che toccava le principali capitali europee e città italiane come Roma, Firenze, Milano, Napoli e, naturalmente, Venezia. Canaletto e altri vedutisti, come Francesco Guardi (1712-1793), produssero una quantità di vedute destinate proprio ai turisti, come fossero veri e propri souvenir.

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Giuseppe Bertini, Francesco Guardi mette in vendita i suoi quadretti in Piazza San Marco, 1892, olio su tela, 140 × 223 cm. Milano, Galleria d’Arte

Moderna.


Approfondisci sul vol. Pag. 84

Anche tu artista

Riproduci... come i vedutisti del Settecento

A

Molti vedutisti del Settecento utilizzarono la camera ottica, uno strumento già noto almeno fin dal Rinascimento e usato, tra gli altri, da Caravaggio e Vermeer. Il funzionamento della camera ottica (o camera oscura) è semplice: la luce che, attraverso un piccolo foro, entra in un ambiente scuro, proietta sulla parete opposta l’immagine capovolta di ciò che si trova davanti al foro. Facendo uso di lenti e specchi, l’immagine è portata nel suo verso naturale e poi resa più nitida con la messa a fuoco. Se l’immagine è proiettata su una tela o su un foglio, all’artista non rimane che tracciare i contorni descritti dalla proiezione, procedendo in un secondo tempo alla colorazione. Proprio nel XVIII secolo questa invenzione venne perfezionata realizzando camere oscure di dimensioni ridotte, tali da poter essere trasportate e utilizzate all’aperto, consentendo così ai pittori di vedute di dipingere in modo fedele i paesaggi. Con l’utilizzo di un metodo simile a quello della camera ottica, prova anche tu a riprodurre un’immagine a tua scelta.

1 Procurati i seguenti materiali: proiettore, immagine o fotografia, foglio di carta 35 × 50 cm, matita o carbonci-

2 Posiziona su un videoproiettore un’immagine che vuoi riprodurre e proiettala sul foglio 35 × 50 appeso

no, colori a cera.

a una parete dell’aula.

3 Ripercorri sul foglio i contorni dell’immagine scelta con la matita o con il carboncino.

4 Stacca il foglio dal muro e rifinisci l’immagine con i colori a cera, ricreando le opportune sfumature per ottenere un’immagine fedele alla realtà. In alternativa, puoi stendere il colore in modo più creativo e irreale, secondo quello che ti ispira la tua fantasia.

U8 - Il Seicento e il Settecento

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Verifica delle conoscenze

In sintesi…

DIDATTICA INCLUSIVA

DIDATTICA INCLUSIVA

BES

BES

Il Seicento e il Settecento BAROCCO (fine XVI - metà XVIII sec.) • ha inizio a Roma • trasmette dottrina cattolica attraverso effetti scenografici e la teatralità Architettura • l inee curve, forme plastiche e complesse • integrazione di architettura, scultura, pittura • maggiori architetti: Francesco Borromini; Gian Lorenzo Bernini

Scultura • massima espressione con arte di Bernini: modelli classici ed ellenistici, posizioni ardite e originali, teatralità

Pittura in Italia: nei Paesi Bassi: • Caravaggio (realismo, • Rembrandt (ritratti, particolare uso del uso scenografico chiaroscuro) della luce) C arracci e Reni • • Vermeer (vita (naturalismo, quotidiana, cura dei classicismo) dettagli) • Tiepolo (illusionismo, • Rubens (teatralità) colori brillanti e in Spagna: luminosi) • Canaletto (vedute • Velázquez (ritratti celebrativi della di scorci urbani e corte) paesaggi) • Zurbarán (drammaticità)

ROCOCÒ (prima metà XVIII sec.) • si sviluppa nei grandi palazzi aristocratici europei Architettura, Scultura, Pittura • accentuazione delle forme ricercate, estroverse, sfarzose • largo impiego di materiali preziosi

1. Completa il seguente brano cerchiando l’alternativa corretta. La principale caratteristica del [Manierismo / Barocco] è quella di suscitare stupore e meraviglia. Le forme [sobrie / grandiose] e [eleganti / stupefacenti] delle chiese avevano lo scopo di colpire i fedeli, comunicando loro i principi e la grandezza della Chiesa di Roma. All’architettura s’integravano perfettamente [i mosaici / le decorazioni in stucco], la scultura e la [pittura / musica] creando [effetti scenografici / atmosfere austere]. Un esempio è costituito dall’Estasi di santa Teresa di Gian Lorenzo Bernini. All’inizio del Settecento, gli elementi più [eccentrici / rinascimentali] e [sfarzosi / austeri] del Barocco furono accentuati dallo stile rococò, che caratterizzò soprattutto le decorazioni, gli arredi e le suppellettili delle grandi regge [di tutta Europa / austriache]. 2. Indica con una crocetta le affermazioni corrette relative alla pittura di Caravaggio. 1. Modelli per i personaggi religiosi delle opere di Caravaggio furono frati o suore. 2. Caravaggio dipinse esclusivamente nature morte. 3. Le nature morte contengono significati simbolici. 4. Il contrasto tra luce e ombre accentua la drammaticità delle scene dipinte.

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Lettura dell’opera d’arte

Verifica

delle conoscenze

Giuditta: un’eroina nell’arte

Il quadro che vedi in questa pagina fu dipinto da Artemisia Gentileschi (1593-1653), in un tempo in cui alle donne era data poca libertà d’espressione. Pittrice di eccezionale talento, Artemisia ha saputo amalgamare e reinterpretare le diverse tendenze stilistiche dell’epoca. Nelle sue opere è evidente l’influenza dell’arte di Caravaggio, soprattutto per il crudo realismo, l’uso del colore e il contrasto luce-ombra. Sono proprio questi i tratti che emergono in Giuditta e Oloferne. L’opera descrive un episodio biblico tratto dall’Antico Testamento: Giuditta, eroina ebrea, per salvare il suo popolo seduce e decapita il comandante dell’esercito nemico Oloferne. La scena presenta un’importante novità tematica: molti altri artisti hanno rappresentato questo soggetto inserendo la serva come semplice spettatrice, Artemisia invece rende anche questo personaggio protagonista dell’azione. In questa scelta è evidente la volontà di sfidare le convenzioni sociali del tempo e di affermare la dignità delle donne.

Osserva e rifletti.

1. Osserva attentamente l’opera e individua gli elementi che caratterizzano la pittura del Seicento. Quali elementi, in particolare, riconducono all’arte di Caravaggio? 2. Il realismo è preponderante in quest’opera. Da quali particolari lo evinci? 3. Quali particolari ti appaiono maggiormente dettagliati? 4. Nel dipinto è evidente il desiderio dell’artista di coinvolgere l’osservatore. Quale elemento della descrizione ti ha colpito maggiormente? Perché?

Osserva e indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.

1. L’effetto di profondità è determinato dal paesaggio V retrostante le figure. 2. La drammaticità dell’evento V è descritta con cruda realtà. 3. La luce taglia la tela e si concentra sui personaggi, esaltandone V la corporatura. 4. Il dipinto è raffigurato V in piccole dimensioni. 5. I soggetti rappresentati hanno un significato simbolico. V

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Per saperne di più

Artemisia Gentileschi, Giuditta e Oloferne, 1614-1620, olio su tela, 199 × 162 cm. Firenze, Galleria degli Uffizi.

L’episodio biblico soggetto di questo dipinto è molto presente nella tradizione iconografica. Anche Caravaggio ha realizzato una tela intitolata Giuditta e Oloferne. Svolgi una ricerca in internet e scopri affinità e differenze tra le due opere.

U8 - Il Seicento e il Settecento

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Compito di realtà

Oggi al museo vi guido io

Durante il viaggio d’istruzione organizzato dalla vostra scuola, il programma prevede la visita a una famosa pinacoteca. A voi è offerta un’opportunità divertente: anziché ricorrere a una guida che vi illustri le opere, potrete immedesimarvi in quel ruolo. Preparatevi dunque a descrivere ai vostri compagni i dipinti che si trovano nella pinacoteca, in particolare quelli del Quattrocento, del Cinquecento e del Seicento.

Fasi di lavoro L’attività si compone di due fasi, ognuna delle quali prevede le azioni elencate sotto. FASE 1 - Selezionare le opere da illustrare 1. Consultate insieme il sito della pinacoteca e individuate nella collezione l’elenco delle opere realizzate nei tre secoli studiati durante l’anno (Quattrocento, Cinquecento, Seicento). 2. Dividetevi in gruppi assegnandovi un certo numero di opere di competenza. Se la collezione della pinacoteca è sufficientemente ricca, potete dividervi in tre gruppi, ciascuno dei quali lavorerà su uno specifico secolo. 3. Compilate per ciascun quadro una scheda in word corredata di foto e di una breve lettura dell’opera. Stampate i file e riunite le pagine in una piccola cartella a formare un vademecum a cui ricorrere in caso veniate colti dal «panico» davanti al pubblico... 4. Studiate bene gli argomenti, preparandovi a presentare due o tre opere a testa. Se la vostra aula è dotata di LIM, allenatevi all’esposizione davanti alla proiezione dell’opera scelta. FASE 2 - La presentazione Arrivati alla pinacoteca, come dei veri e propri Museum operator, sarete pronti per illustrare ai professori e ai vostri compagni le meraviglie esposte.

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Tempo di lavoro: due lezioni.


Prima di valutare le competenze che dovresti avere acquisito, poniti alcune domande alle quali dovrai dare risposte chiare ed esaustive.

Compito di realtà

1. Sei concentrato o tendi a distrarti? Quali strategie puoi mettere in atto per concentrarti sul lavoro che devi eseguire? Spiegale. 2. Ti ha interessato l’attività proposta? Cosa ha stimolato la tua curiosità a imparare? In alternativa, tu come avresti proposto l’attività? Fai una breve descrizione. 3. Come puoi mettere in atto quello che hai imparato di Storia dell’arte e spenderlo praticamente in questa attività?

Ora valutati! 1. Hai avuto difficoltà?

SÌ NO

perché ......................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................................................................................................... ...............................................................................................................................................................................................................................................................................................

2. Ti ha stimolato lavorare con i compagni a un progetto comune?

SÌ NO

perché ......................................................................................

............................................................................................................................................................................................................................................................................................... ...............................................................................................................................................................................................................................................................................................

Indica come hai maturato i tuoi apprendimenti compilando la seguente tabella, dove evidenzierai il livello che pensi di aver raggiunto in ciascuna competenza. Riporta, quindi, a fianco il giudizio dell’insegnante. In questo modo ti renderai conto dei tuoi progressi. Penso di aver raggiunto questo livello

L’insegnante mi ha assegnato il livello

A B C D

A B C D

Possiede un patrimonio organico di conoscenze e nozioni di base ed è allo Imparare ad imparare. stesso tempo capace di ricercare e di organizzare nuove informazioni. Si impegna in nuovi apprendimenti in modo autonomo.

A B C D

A B C D

Ha cura e rispetto di sé e degli altri come presupposto di uno stile di vita sano Competenze sociali e corretto. È consapevole della necessità del rispetto di una convivenza civile, e civiche. pacifica e solidale. Si impegna per portare a compimento il lavoro iniziato, da solo o insieme ad altri.

A B C D

A B C D

Ha spirito di iniziativa ed è capace di produrre idee e progetti creativi. Si assume le proprie responsabilità, chiede aiuto quando si trova in difficoltà e sa fornire aiuto a chi lo chiede. È disposto ad analizzare se stesso e a misurarsi con le novità e gli imprevisti.

A B C D

A B C D

Riconosce e apprezza le diverse identità, le tradizioni culturali e religiose, Consapevolezza ed in un’ottica di dialogo e di rispetto reciproco. espressione culturale.

A B C D

A B C D

Si orienta nello spazio e nel tempo e interpreta i sistemi simbolici e cultura- Consapevolezza ed li della società. espressione culturale.

A B C D

A B C D

Valutazione delle competenze coinvolte Utilizza con consapevolezza e responsabilità le tecnologie per ricercare, produrre ed elaborare dati e informazioni, per interagire con altre persone, come supporto alla creatività e alla soluzione di problemi.

Competenze chiave Competenze digitali.

Spirito di iniziativa.

Livelli: A Avanzato; B Intermedio; C Base; D Iniziale

Compito di realtà

295


4

Modulo

Dal

Neoclassicismo

all’arte

contemporanea


U9

Il Neoclassicismo e il Romanticismo

U 10

L’Impressionismo e oltre

U 11

Le Avanguardie

Paul Cézanne,

U 12

Il monte SainteVictoire visto da Les Lauves, 1905-1906,

Il secondo Novecento e l’arte contemporanea

olio su tela, 60 × 73 cm. Mosca, Pushkin Museum of Fine Arts.

297


U9

Il Neoclassicismo e il

Romanticismo Dove San Pietroburgo

Eugène Delacroix, Il massacro di Scio, 1824,

olio su tela, 417 x 354 cm. Parigi, Musée du Louvre.

Cherbourg

Dresda Parigi

d’Indipendenza delle colonie americane

Vienna

Besançon

298

1776 Dichiarazione

Barbizon Ornans

Madrid

Quando

Berlino

Londra

Milano

1787

1789

1793

Costituzione Scoppia la degli Stati Rivoluzione Uniti francese d’America

La Francia diventa una repubblica

1775

Faenza Firenze Livorno Roma Napoli Centri del Neoclassicismo Centri del Romanticismo Centri del Realismo

1776-1778

1784

1793

Costruzione del Teatro alla Scala di Milano

Jacques-Louis David, Giuramento degli Orazi

Inizia la costruzione del Campidoglio di Washington D.C.


ncia a una blica

Antonio Canova, Venere italica,

L’arte neoclassica si caratterizzò come ricerca dell’armonia, della semplicità e della bellezza basata sull’imitazione dei modelli dell’antichità greca e romana. Nei primi decenni dell’Ottocento, al Neoclassicismo si oppose il Romanticismo, che oltre a rivalutare la dimensione dell’interiorità e dei sentimenti, si accompagnava soprattutto in Italia all’impegno civile e politico. Di lì a poco, l’attenzione sempre più spiccata nei confronti della realtà quotidiana e la maggiore sensibilità nei confronti di problematiche sociali portarono allo sviluppo del Realismo.

1804-1812, marmo, h 172 cm. Firenze, Galleria Palatina.

William Turner, L’incendio del Parlamento inglese (16 ottobre 1834), 1834 o 1835, olio su tela,

92 x 123 cm. Filadelfia, Philadelphia Museum of Art.

Silvestro Lega, Il pergolato (o Un dopo pranzo), 1868, olio su tela, 94 x 74 cm. Milano, Pinacoteca di Brera.

1796-1797

1804

1814-1815

1820-1821

1830-1848

1831

Campagna napoleonica in Italia

Napoleone imperatore dei francesi

Restaurazione. Sconfitta di Napoleone a Waterloo

Moti insurrezionali in Europa

Filippo d’Orléans re dei francesi

Moti Moti insurrezionali insurrezionali in Italia in Europa

1800

1825

1848

1851-1870

1861

Luigi Napoleone Bonaparte imperatore

Nasce il Regno d’Italia

1850

1875

1812-1817

1814

1817 ca.

1830

1834 (1835)

1859

1862-1864

1866

Antonio Canova, Le tre Grazie

Francisco Goya, 3 maggio 1808: fucilazione

Caspar David Friedrich, Viandante sul mare di nebbia

Eugène Delacroix, La libertà guida il popolo

William Turner, L’incendio del Parlamento inglese (16 ottobre 1834)

Francesco Hayez, Il bacio

Honoré Daumier, La carrozza di terza classe

Giovanni Fattori, La rotonda Palmieri

U9 - Il Neoclassicismo e il Romanticismo

299


Idee guida

Dall’armonia all’esaltazione del sentimento

Le Idee guida ti serviranno a focalizzare i punti principali di un periodo artistico, a conoscere le persone che lo hanno caratterizzato e potranno orientarti meglio nello studio di un secolo in cui un rinnovato gusto per l’equilibrio e l’armonia classica lascia il posto alle manifestazioni delle passioni. 1

Eleganza e sobrietà nell’architettura

Nella seconda metà del Settecento l’architettura abbandonò le forme complesse e talvolta eccessivamente sfarzose del Barocco e del Rococò per tornare a uno stile più sobrio ed elegante, ispirato ai modelli greci e latini. La svolta neoclassica interessò non soltanto la costruzione di nuovi edifici, pubblici e privati, ma anche la riorganizzazione degli spazi cittadini, come piazze e giardini, che vennero ripensati e ridisegnati in maniera più razionale e adeguati alle esigenze della popolazione.

Pietro Bianchi, Basilica di San Francesco di Paola, 1816-1846. Napoli, Piazza del Plebiscito.

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L’imitazione degli scultori antichi

Nella scultura si esprimono in maniera compiuta gli ideali del Neoclassicismo teorizzati dallo studioso tedesco Johann Joachim Winckelmann, secondo il quale «l’unica via per divenire grandi e, se possibile, inimitabili, è l’imitazione degli antichi». L’imitazione dei modelli greci è perseguita in maniera evidente, anche se non tutti gli scultori interpretano nello stesso modo l’ideale di «nobile serenità e quieta grandezza» delle statue antiche. Canova, il maggiore esponente della scultura neoclassica, oltre a rappresentare la perfezione delle forme, imprime nelle figure un misurato ed elegante senso di movimento e fissa nei volti espressioni capaci di comunicare sentimenti. Antonio Canova, Ebe, dea della giovinezza e coppiera degli dei, 1793-1799,

marmo, h 157 cm. Berlino, Nationalgalerie.


3

Dipingere per insegnare

La pittura del Neoclassicismo fa propri gli ideali di perfezione e di ritorno all’antico tipici della scultura. I soggetti a carattere religioso, ancora diffusi in età barocca, quasi scompaiono, mentre si moltiplicano le opere di tipo storico o mitologico. In particolare, viene ricercato il valore educativo delle rappresentazioni, che devono trasmettere insegnamenti di carattere morale capaci di elevare gli animi. I modelli classici vengono impiegati anche nella ritrattistica e nei dipinti che celebrano la vita e le imprese di personaggi come Napoleone, che avrà come pittore ufficiale il più importante esponente della pittura neoclassica: Jacques-Louis David.

4

Jacques-Louis David, Morte di Socrate, 1787, olio su tela, 129,5 × 196,2 cm. New York, Metropolitan Museum of Art.

Il ritorno alle emozioni del Romanticismo e il Realismo della vita quotidiana

Contro un Neoclassicismo privo di calore e di sentimenti forti e cristallizzato nell’imitazione dell’arte greca e romana, nella prima metà dell’Ottocento si affermò un nuovo movimento culturale e artistico che esaltava le emozioni e la spontaneità creativa e trovò nella pittura una delle sue espressioni privilegiate: il Romanticismo. I pittori romantici si avventurarono nelle rappresentazioni di tutti gli aspetti della vita umana: dai temi storici e mitologici alla dimensione del sogno, dalla descrizione di paesaggi dominati da atmosfere nebbiose e fantastiche alle più concrete scene di vita quotidiana. Alla rappresentazione della vita quotidiana, soprattutto dei suoi aspetti più umili, si dedicarono i pittori che diedero vita al Realismo, una corrente pittorica nella quale trovarono spazio anche temi legati alla denuncia delle ingiustizie sociali.

Preconoscenze

Caspar David Friedrich, Coppia che contempla la luna, 1818-1825, olio su tela, 34 × 44 cm. Berlino, Nationalgalerie.

Nelle pagine di questa Unità apprenderai che nell’Ottocento nacquero correnti e movimenti culturali molto differenti tra loro: Neoclassicismo, Romanticismo e Realismo. In essi si riscontra però un elemento comune: l’artista diventa cronista del suo tempo. David ritrae Marat assassinato e le gesta eroiche di Napoleone, mentre Goya rende pubblico il violento episodio della fucilazione del 3 maggio 1808. Altri artisti rendono presenti gli «invisibili», gli uomini e le donne dei ceti più umili che, fino allora, l’arte ufficiale non amava ritrarre. ’artista oggi può ancora esprimere, at•L traverso le sue opere, una denuncia delle ingiustizie sociali oppure una critica nei confronti del potere politico? Conosci artisti contemporanei che fanno riferimento all’attualità?

U9 - Il Neoclassicismo e il Romanticismo

301


Architettura

U9

1 Il ritorno alle forme classiche:

il Neoclassicismo

Bellezza, sobrietà e funzionalità A partire dalla seconda metà del Settecento, l’architettura tornò a ispirarsi ai modelli tipici dell’antichità greca e romana. Abbandonate le forme eccessivamente elaborate e a volte persino frivole e bizzarre del Barocco e del Rococò, gli architetti andarono alla ricerca di linee pulite ed essenziali, con le quali esprimere un ideale di bellezza in cui la perfezione si accompagnasse alla semplicità. Il Neoclassicismo fiorì contemporaneamente in diverse parti dell’Europa, dalla Spagna fino alle grandi capitali dell’Est, come San Pietroburgo, Varsavia o Budapest, mostrando caratteristiche analoghe ovunque, perché comuni erano i modelli di riferimento. Altri aspetti fondamentali dell’architettura neoclassica sono la razionalità e la funzionalità: gli spazi venivano organizzati in modo da essere prima di tutto adatti per la funzione cui erano destinati.

Architettura e ideali politici Il Neoclassicismo si affermò non solo in Europa, ma anche in America e in particolare negli Stati Uniti. Qui, l’imitazione dell’architettura classica assunse anche il significato di un ideale legame con la democrazia greca (modello di tutte le democrazie occidentali) e con la civiltà romana.

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Philipp Daniel Boumann, Palazzo Bellevue, inaugurato nel 1786. Berlino.

William Thornton e successivi architetti, Campidoglio, 1793-1863. Washington D.C. Il palazzo del Campidoglio a Washington D.C., sede dei due rami del Congresso degli Stati Uniti (le camere dei deputati e dei senatori), fu progettato in stile neoclassico da William Thornton (1759-1828) nel 1793 e ultimato solo nel 1863. Nel nome rievoca uno dei colli sui quali sorse l’antica Roma e nella facciata ricorda in modo evidente un tempio greco. La cupola attuale, sulla quale svetta una statua della Libertà, è frutto di progressivi ampliamenti; la versione definitiva, completata nel 1863, richiama da vicino quella della Cattedrale di San Paolo, a Londra, che a sua volta è ispirata a modelli rinascimentali.


Neoclassicismo e Illuminismo Tra gli edifici costruiti in stile neoclassico vi furono anche teatri, ospedali, musei e biblioteche. Gli ideali illuministici che si andarono diffondendo nella seconda metà del Settecento, infatti, stimolarono la fondazione di nuove istituzioni dedicate alla cultura o destinate ad assolvere un servizio a favore della società. In Italia, per esempio, furono molti i teatri costruiti secondo gli schemi neoclassici: il Carlo Felice a Genova, La Fenice a Venezia, il Teatro Massimo a Palermo, il Teatro Sociale a Mantova... Giuseppe Piermarini, Teatro alla Scala, 1776-1778, Milano. Il Teatro alla Scala di Milano, progettato da Giuseppe Piermarini (1734-1808), è uno tra i primi e più famosi esempi di teatro neoclassico. La facciata è divisa in tre parti. Nella parte più bassa si susseguono sette arcate, dove si aprono altrettante porte, e presenta una lavorazione a bugnato che richiama i palazzi rinascimentali; in corrispondenza delle tre arcate centrali si apre una piccola galleria, sotto la quale un tempo transitavano le carrozze. Nella parte centrale, semicolonne e lesene in stile corinzio delimitano spazi sobriamente decorati con semplici festoni in stucco e nei quali si aprono le finestre e le porte che danno accesso al terrazzo sopra la galleria, ciascuna delle quali è sormontata da un timpano triangolare. Un’imponente trabeazione priva di decorazioni la separa dalla parte superiore, coronata da un frontone ornato da un bassorilievo che raffigura Apollo, dio della musica, su un cocchio trainato da cavalli.

Competenti in arte La facciata del Teatro alla Scala presenta diversi riferimenti ai modelli classici, molti dei quali riportano alla memoria anche edifici rinascimentali che si rifacevano ai medesimi schemi. Sai individuarli? Confronta questa immagine con quelle che trovi nelle Unità dedicate all’architettura greca e romana e al Rinascimento: q uali elementi sono tipici dell’architettura classica? q uali elementi Piermarini ha ripreso dagli architetti rinascimentali (per esempio Brunelleschi o Leon Battista Alberti)? confrontando questo edificio con le ville progettate da Palladio che trovi a p. 255, quali somiglianze puoi notare?

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U9 - Il Neoclassicismo e il Romanticismo

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Scultura

U9

2 La scultura neoclassica

«Nobile semplicità e quieta grandezza» Nel 1755 lo studioso tedesco Johann Joachim Winckelmann (1717-1768) pubblicò un libro dal titolo Pensieri sull’imitazione delle opere greche nella pittura e nella scultura, nel quale esaltava le sculture greche per la «nobile semplicità e una quieta grandezza, sia nella posizione che nell’espressione». Le statue greche comunicano infatti la nobiltà interiore attraverso le posizioni composte e la quiete dei volti, privi però di sentimenti. Gli scultori neoclassici avrebbero quindi dovuto imitare quelli greci, arrivando alla stessa perfezione formale e alla medesima serenità imperturbabile. Uno dei più fedeli interpreti delle indicazioni di Winckelmann fu il danese Bertel Thorvaldsen (1770-1844). Nelle sue sculture i personaggi hanno pose semplici ed eleganti, le forme sono perfette e dai volti non traspaiono sentimenti o turbamenti di nessun tipo. Bertel Thorvaldsen, Adone, 1808-1832, marmo, h 182 cm. Monaco, Neue Pinakothek.

Ritratto d’artista nome Antonio Canova nato l’1 novembre 1757 a Possagno (Treviso) morto il 13 ottobre 1822 a Venezia attività scultore e pittore Fu grande perché...

. ..seppe interpretare in modo personale il ritorno agli antichi canoni classici. Ricercò la perfezione e la rappresentazione della bellezza ideale senza privare le sue figure di umanità. Raffigurò personaggi mitologici e a lui contemporanei in pose semplici ed eleganti, ma originali. I tratti dei volti, seppur privi di imperfezioni, quindi ideali, sanno trasmettere sentimenti e serenità.

Canova: perfezione e sentimento Antonio Canova (1757-1822) è considerato l’artista più rappresentativo della scultura neoclassica. Egli, tuttavia, non si limitò a imitare le opere degli antichi. Trattando i temi della mitologia (o della storia antica) e ritraendo persone viventi, seppe unire alla semplicità e all’eleganza delle pose una spiccata originalità. A differenza di quanto raccomandato da Winckelmann, Canova tese alla bellezza ideale riuscendo però a trasmettere calore e un senso di movimento. I volti delle sue statue non sono inespressivi, ma comunicano sentimenti e rivelano il carattere psicologico dei personaggi. Per lui «quiete» non è imperturbabilità, ma una serena delicatezza con cui si manifestano i moti dell’animo. Antonio Canova, Dedalo e Icaro, 1778-1779, marmo, h 220 cm. Venezia, Museo Correr.

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Ritratti: bellezza e personalità Canova divenne famoso anche come ritrattista, soprattutto a servizio della famiglia Bonaparte. Nelle statue di Napoleone I, la figura dell’imperatore è idealizzata e scolpita secondo le regole del canone greco. Anche nei ritratti, infatti, Canova era attento a ricercare la perfezione delle forme correggendo, dove serviva, le imperfezioni, ma al tempo stesso imprimeva nei volti i tratti distintivi della personalità del soggetto rappresentato. Antonio Canova, Paolina Bonaparte ritratta come Venere vincitrice, 1804-1808, marmo bianco, 92 × 200 cm. Roma,

Galleria Borghese. La figura della donna (sorella di Napoleone I) è perfetta e la posa estremamente elegante. La leggera torsione del busto toglie l’impressione di rigidità, trasmettendo piuttosto una sensazione di morbidezza. Sicuramente Paolina, per quanto fosse bella, non era perfetta come in questa statua, dove lo scultore ha idealizzato la sua figura. Tuttavia, il viso è sereno ma non inespressivo: rivela un tratto della personalità della donna, indipendente e sicura di sé.

Il realismo di Lorenzo Bartolini Dopo Canova, lo scultore italiano più rappresentativo del Neoclassicismo fu Lorenzo Bartolini (1777-1850). Rispetto a Canova, però, Bartolini privilegia uno stile improntato a un maggiore realismo. La differenza tra Canova e Bartolini, quindi, consiste nel fatto che mentre il primo ricerca il bello ideale, il secondo persegue un tipo di bellezza più aderente alla realtà, che viene osservata e studiata con estrema attenzione. Le sue figure mostrano una grande naturalezza, sia nelle pose – più normali e spontanee – sia nell’espressione dei volti. Tutto questo senza venir meno all’eleganza, alla raffinatezza e alla cura per i dettagli tipiche della tradizione neoclassica.

Lorenzo Bartolini, Tomba della Principessa Sofia Zamoyski Czartoryski, 1837-1844, marmo rosa, 350 × 130 cm. Firenze, Basilica di Santa Croce.

Lorenzo Bartolini, La Fiducia in Dio, 1836, marmo, h 93 cm. Milano, Museo Poldi Pezzoli.

U9 - Il Neoclassicismo e il Romanticismo

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Leggere l’opera d’arte

Le tre Grazie di Canova Quello delle Grazie è un tema ricorrente nell’arte neoclassica, ma era caro anche agli artisti rinascimentali: l’abbiamo già incontrato, per esempio, nella Primavera di Botticelli (pp. 216-217). Secondo la mitologia greca, le Grazie erano figlie di Zeus e i loro nomi variavano a seconda delle tradizioni proprie delle diverse città. Secondo Esiodo

(VIII-VII sec. a.C.), che nei suoi scritti ha tramandato i miti dell’antica Grecia, le Grazie erano tre: Aglaia (Splendore), Eufrosine (Gioia) e Talia (Prosperità). Canova fu il primo scultore neoclassico a scolpire le Grazie (terminate nel 1817) e lanciò una vera e propria sfida riguardo allo stile tradizionale di rappresentarle.

Canova ritrae tre giovani donne unite in un abbraccio che trasmette intimità e calore. L’inclinazione delle teste e la posizione delle braccia e delle mani danno vita a movimenti sinuosi, che hanno in sé anche qualcosa di seducente.

Gli sguardi comunicano un’intesa profonda, sono espressivi, partecipi, quasi complici. Le labbra semiaperte danno l’impressione che le Grazie stiano sussurrando qualcosa l’una all’altra. Insieme all’accuratezza dei particolari (come le ciocche di capelli mosse, quasi scomposte), sono dettagli che suggeriscono un misurato realismo.

Tradizionalmente la figura centrale nel gruppo delle Grazie era rappresentata di spalle, tanto nella pittura (come in Botticelli) quanto nella scultura. Canova introduce un’innovazione ritraendo le Grazie tutte di fronte. Il senso di unione delle figure è accentuato dal velo che avvolge i loro corpi. La composizione risulta compatta e armonica in tutte le sue parti.

Antonio Canova, Le tre Grazie, 1812-1817,

marmo, h 182 cm. Londra, Victoria & Albert Museum.

CuriosArte

Perché esistono due copie delle Grazie di Canova? Canova iniziò a scolpire le Grazie nel 1812 su commissione di Josephine de Beauharnais, la prima moglie di Napoleone Bonaparte. Alla morte dell’ex imperatrice, nel 1814, l’opera non era ancora ultimata e l’inglese John Russel, duca di Bedford, si offrì di acquistarla. Il figlio di Josephine, Eugenio, non volle però rinunciare alla scultura e nel 1817 onorò l’impegno della madre e acquistò

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la statua che oggi è esposta al Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo. Poiché, però, Canova non voleva deludere il duca di Bedford, fece subito una copia delle Grazie identica a quella realizzata per Josephine, che il nobile inglese collocò nella sua residenza e che oggi si trova al Victoria & Albert Museum di Londra.


Leggere l’opera d’arte

Amore e Psiche Nel 1787 il colonnello inglese John Campbell commissionò a Canova una scultura che doveva avere per soggetto un tema assai noto nell’antichità classica, ma poco rappresentato: il bacio tra Amore e Psiche narrato nelle Metamorfosi di Apuleio. Secondo il mito, Psiche, una bellissima ragazza mortale, diviene sposa del dio Amore, al quale può restare unita a patto di non conoscerne l’identità. Per questo motivo il dio rimaneva con lei solo di notte, nascondendo il proprio volto nell’oscurità. Un giorno, però, la ragazza, decise di illuminare il volto del giovane che giaceva con lei. Amore, sentendosi ingannato, si allontanò da Psiche, che disperata iniziò a vagare per le città della Grecia in cerca dello sposo. Giunse al tempio di Venere, madre di Amore, alla quale chiese perdono per avere ingannato il figlio. La dea decise di sottoporre la

ragazza a diverse prove, tra le quali quella di scendere negli Inferi per chiedere alla dea Proserpina un poco della sua bellezza. Psiche, per curiosità, aprì il vaso affidatole da Proserpina, che però conteneva un sonno destinato a durare per sempre. Stava per cadere addormentata quando lo stesso Amore venne in suo aiuto e con un bacio riuscì a rianimarla. Canova coglie il momento nel quale Amore e Psiche stanno per baciarsi, uniti in un tenero abbraccio. La scultura è talmente perfetta e le figure tanto belle che lo scrittore francese Gustave Flaubert, vedendola, non riuscì a trattenersi dal baciare Psiche su un braccio dicendo poi: «Ho baciato la bellezza stessa».

Antonio Canova, Amore e Psiche (Psiche rianimata dal bacio di Amore), Amore viene rappresentato nel momento in cui, terminato il volo, si china su Psiche. Le ali, sollevate verso l’alto, imprimono alla figura un senso di movimento e fanno percepire l’urgenza di baciare la ragazza prima che cada addormentata.

Canova coglie il momento nel quale Amore solleva Psiche per baciarla. Tuttavia, il bacio rimane come sospeso e questo aumenta la sensazione di desiderio e di passione che traspare dai volti.

1787-1793, marmo, 155 × 168 cm. Parigi, Musée du Louvre.

Le figure sono unite da un morbido abbraccio che, insieme all’incrocio degli sguardi, lascia intendere tutta la passione amorosa dei due giovani.

Il corpo di Psiche, adagiato a terra, si tende nello sforzo di abbracciare Amore, del quale però riesce appena a sfiorare la testa. La figura della ragazza è pervasa da un senso di totale abbandono.


Cittadinanza

Palazzo Milzetti a Faenza

Felice Giani, Il carro di Apollo preceduto dall’Aurora (particolare della volta), 1802-1805, affresco. Faenza, Palazzo Milzetti, Salone ottagonale.

Il rinato interesse per l’equilibrio e l’armonia del mondo classico, che contraddistinse la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, ebbe particolare rilievo a Faenza, che divenne uno dei maggiori centri del gusto neoclassico italiano. Palazzo Milzetti, oggi sede del Museo Nazionale dell’Arte Neoclassica, fu per secoli illustre dimora di prestigiose famiglie nobili di Faenza. I lavori per la costruzione dell’edificio furono avviati nel 1792 dai conti Milzetti che affidarono il progetto architettonico prima a Giuseppe Pistocchi, poi a Giovanni Antonio Antolini. Gli interni si integrano meravigliosamente con le forme neoclassiche dell’architettura esterna. Le pareti delle stanze sono riccamente decorate con pitture a tempera e pregiati rilievi in stucco, opera degli artisti Felice Giani e Gaetano Bartolini. Esempio di grande raffinatezza è lo splendido salone delle feste, dove anche gli arredi si uniformano al decoro dell’ambiente: le consolle (tavolino sagomato da appoggiare alle pareti), con i sostegni a forma di lira e i divani con i braccioli a forma di delfino sono eseguiti con laccature bianche e decorazioni dorate, espressione dello stile impero della coeva epoca napoleonica. Il soffitto è dipinto con episodi dell’Iliade realizzati, come tutte le altre decorazioni pittoriche, dall’artista Felice Giani e dalle maestranze della sua bottega. Felice Giani, Gaetano Bartolini, Salone delle feste o Galleria di Achille, 1802-1805, Faenza, Palazzo Milzetti. Sottili rilievi di arabeschi in stucco incorniciano il luminosissimo salone delle feste dalle cromie bianco-avorio e oro.

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Valorizzare il patrimonio Il MIC (Museo Internazionale della Ceramica di Faenza) viene considerato tra i più importanti scrigni dell’arte ceramica mondiale. Non a caso, custodisce le più belle ceramiche italiane dal Medioevo all’Ottocento, oltre a preziose raccolte risalenti al periodo ellenistico, all’antico Oriente, alla civiltà islamica e precolombiana. Non vengono trascurati i manufatti moderni e contemporanei, ai quali è dedicata un’ampia sezione. Questo polo museale va ricordato anche perché, dal 1963, ogni due anni, bandisce un Concorso internazionale sulla ceramica artistica, iniziativa grazie alla quale il museo ha costantemente arricchito la propria collezione con manufatti provenienti da tutto il mondo. La valenza culturale di questa istituzione è stata evidenziata anche dal particolare riconoscimento accordato dall’UNESCO nel 2000 quale Monumento testimone di una Cultura di Pace. Si tratta di un’onorificenza assegnata al museo perché, grazie alla sua ricchissima collezione di ceramiche, provenienti da tutto il mondo e da ogni epoca, è diventato portatore di uno straordinario messaggio di pace fra i popoli, in nome dell’arte e della cultura.

CuriosArte

Sorseggiando cioccolata... Percorrendo gli ambienti di Palazzo Milzetti, il visitatore entrerà in un salottino dal soffitto decorato e arredato con una stufa in ceramica e un tavolo in palissandro con intarsi in avorio. Qui, i proprietari s’intrattenevano con gli ospiti presumibilmente sorseggiando cioccolata, tè o caffè, le bevande esotiche che proprio nel Settecento iniziarono a diffondersi presso la nobiltà. A testimonianza di ciò è anche la ricca produzione di vasellame in ceramica, che a Faenza si è sviluppata nella Manifattura Ferniani. La compagnia di nobili, artisti e intellettuali che si ritrovava in salotti come questo, però, non godeva soltanto delle esotiche bevande: quel contesto era un’occasione di scambio di idee sulla cultura, sulla politica, sull’economia... Proprio a Faenza, tra Sette e Ottocento, si incontrarono esponenti del mondo della politica e artisti neoclassici, come Felice Giani e Giovanni Antonio Antolini, attivi a Palazzo Milzetti. Nell’incontro di questi personaggi si può vedere quel connubio fra arte e ideali patriottici da cui sarebbe nato il Risorgimento italiano. L’espressione artistica divenne, dunque, veicolo di libertà, svolgendo un ruolo fondamentale nella maturazione della coscienza civile delle classi sociali più illuminate del Paese.

Vivi l’arte Per approfondire come l’arte neoclassica si sia affermata con esiti così alti in quell’angolo di Romagna, puoi consultare i seguenti siti web, dove troverai notizie, immagini e informazioni per organizzare un viaggio a Faenza. www.palazzomilzetti.jimdo.com/percorso-multimediale-multimedia www.beniculturali.it/mibac/opencms/MiBAC/sito-MiBAC/Luogo/MibacUnif/ Luoghi-della-Cultura/visualizza_asset.html?id=153361&pagename=157031 www.micfaenza.org www.comune.faenza.ra.it/Citta/Da-vedere-in-citta

Competenze individuali

Manifattura Ferriani, Piatto e fondina con decorazione a ghianda, metà XVIII

Immagina che a Faenza, in Palazzo Milzetti, sia in programma una ricostruzione storica per commemorare la fondazione di questo edificio. A te viene chiesto di creare i bozzetti dei costumi che verranno indossati dai figuranti. Ispirati agli abiti e ai gioielli in stile impero di moda alla corte di Napoleone.

sec., ceramica. Faenza, MIC.

Scheda di autovalutazione e valutazione dell’insegnante sulle Competenze individuali Competenze coinvolte

Si orienta nello spazio e nel tempo e interpreta i sistemi simbolici e culturali della società.

Competenze chiave

Penso di aver raggiunto questo livello

L’insegnante mi ha assegnato il livello

Consapevolezza ed espressione culturale.

A B C D

A B C D

Livelli: A Avanzato; B Intermedio; C Base; D Iniziale

U9 - Il Neoclassicismo e il Romanticismo

309


Pittura

U9

3 La pittura neoclassica:

David e Ingres

La svolta neoclassica di Jacques-Louis David Anche la pittura rimase influenzata dalle nuove tendenze neoclassiche e l’artista che meglio le seppe esprimere fu il francese Jacques-Louis David (1748-1825). Dopo una prima formazione ancora di impronta barocca, tra il 1775 e il 1780 David soggiornò a Roma, dove ebbe modo di studiare l’arte antica, quella rinascimentale e le opere di artisti più recenti, tra cui Caravaggio, dal quale

rimase maggiormente influenzato. Colpito dagli scritti di Winckelmann, dopo il periodo romano impresse una svolta decisiva alla propria pittura, sposando in pieno gli ideali del Neoclassicismo. Convinto che l’arte dovesse avere una funzione educativa, David privilegiò soggetti tratti dalla storia antica, dai quali era possibile ricavare un insegnamento morale.

Jacques-Louis David, Giuramento degli Orazi, 1784, olio su tela, 330 × 425 cm. Parigi, Musée du Louvre. Il Giuramento degli Orazi si riferisce a un episodio della guerra modo preciso grazie agli studi compiuti dal pittore. Le posizioni tra Roma e Albalonga (VII sec. a.C.): le sorti del conflitto vennero dei personaggi conservano un atteggiamento teatrale tipico dello affidate all’esito di un duello fra tre fratelli romani (gli Orazi) stile barocco, che qui serve a enfatizzare il valore del coraggio e tre fratelli dello schieramento avversario (i Curiazi). La tela e del patriottismo che il quadro vuole esprimere. Le donne e il rappresenta il momento in cui gli Orazi giurano di fronte al padre bambino ritratti sulla destra sono chiaramente angosciati per di combattere fino al sangue per la salvezza della città. quanto sta accadendo, ma i volti risultano poco espressivi, a L’opera è la prima di David in stile neoclassico: l’ambientazione eccezione di quello del bambino, che osserva la scena con un è chiaramente antica, come pure lo sono gli abiti, rievocati in misto di curiosità e di paura.

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La morte del rivoluzionario Marat Oltre ai temi legati alla storia antica, David si dedicò anche a ritrarre personaggi ed eventi a lui contemporanei. Uno dei dipinti più famosi di questo genere è quello ispirato alla morte di Marat, uno dei protagonisti della Rivoluzione francese, assassinato nel 1793 per mano di una donna, Charlotte Corday d’Armont. Jacques-Louis David, Marat assassinato,

1793, olio su tela, 162 × 125 cm. Bruxelles, Musées Royaux des Beaux-Arts de Belgique. Marat venne ucciso a pugnalate nella vasca da bagno, dove trascorreva molte ore per cercare sollievo dal fastidio provocatogli da una grave malattia della pelle. David lo ritrae accasciato verso l’esterno della vasca; nella mano destra stringe ancora la penna con la quale stava scrivendo, mentre nella mano sinistra tiene un foglio scritto da una donna di nome Charlotte, che era riuscita a essere ricevuta con la scusa di dovergli consegnare una richiesta d’aiuto. Tutto il quadro mostra una chiara influenza caravaggesca, sia per quel che riguarda la distribuzione della luce sia pure per la posizione del corpo di Marat, che ricorda il Cristo della Deposizione (p. 263). L’espressione serena del volto, invece, è di chiara derivazione neoclassica: per nulla segnata dal dolore, trasmette piuttosto un senso di quiete.

Ieri & Oggi

L’assassinio di Marat Il quadro nel quale David ritrae l’assassinio di Marat ha ispirato molti artisti successivi, che ad esso si sono rifatti in modo più o meno esplicito. Tra questi, Pablo Picasso ha, nella sua immensa produzione, un dipinto che appare fortemente debitore nei confronti del pittore francese. Il quadro si intitola La donna con il pugnale ed è del 1931. La figura di Marat riprende quella di David, con il braccio appoggiato fuori dalla vasca, ma nella composizione di Picasso è presente anche Charlotte come una sagoma spaventosa che trafigge con un piccolo pugnale l’uomo, quasi scomparso sotto di lei. Il sangue, pressoché assente nel dipinto di David, qui scorre copiosamente e si va a unire al colore rosso della bandiera francese, sulla destra del quadro.

Pablo Picasso, La donna con il pugnale, 1931, Parigi, Musée Picasso.

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Pittore ufficiale di Napoleone David partecipò attivamente agli eventi della Rivoluzione francese, mostrando di condividere gli ideali dell’Illuminismo. In seguito, però, subì il fascino di Napoleone, che lo volle presso di sé come pittore ufficiale tra il 1799 e il 1815. I quadri che ricordano i momenti più importanti della vita dell’imperatore sono improntati ai modelli neoclassici: prevalgono l’eleganza, l’idealizzazione della figura di Napoleone come comandante vittorioso, artefice della grandezza della Francia. Nel dipinto che lo ritrae mentre valica il passo del Gran San Bernardo (realizzato in ben 4 copie), è dichiaratamente celebrato come erede di grandi condottieri come Annibale e Carlo Magno, i cui nomi compaiono scolpiti sulla roccia insieme a quello di Bonaparte.

Jacques-Louis David, Bonaparte valica il Gran San Bernardo, 1803,

olio su tela, 261 × 221 cm. RueilMalmaison, Château de Malmaison.

CuriosArte

Un museo per i «sopravvissuti» A J.L. David si deve un grande contributo nella creazione di uno dei primi musei pubblici del mondo. Eletto deputato della Convenzione nazionale, il pittore propose di inventariare i tesori artistici salvatisi dalla rabbia del popolo contro la monarchia, durante la Rivoluzione. Questi sarebbero stati conservati ed esposti nell’antico palazzo dei re di Francia, il Louvre, che da quel momento avrebbe assunto una funzione educativa. Il Museo fu inaugurato il 10 agosto 1793 e presto divenne il più importante d’Europa, anche per lo speciale interessamento di Napoleone che vi portò reperti rari ed eccezionali dai luoghi conquistati nelle sue campagne militari.

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Ingres: tra Neoclassicismo e Romanticismo Un altro importante esponente della pittura neoclassica fu Jean-Auguste-Dominique Ingres (1780-1867). Allievo di David fin dal 1796, Ingres ricercò nelle sue opere la perfezione formale e la minuziosa cura dei dettagli attraverso la rivalutazione del disegno. Grazie alla sua capacità di restituire in maniera eccezionalmente fedele le fattezze delle persone, Ingres conobbe presto una grande fortuna a Parigi, soprattutto come ritrattista. Tuttavia, ancor più di Canova nella scultura, i personaggi dipinti da Ingres non sono impassibili e distaccati: sui loro volti sono dipinte espressioni così intense che molti hanno pensato a questo artista come a una sorta di punto di contatto fra Neoclassicismo e Romanticismo.

Jean-Auguste-Dominique Ingres, Madame Moitessier,

1856, olio su tela, 190 × 92 cm. Londra, National Gallery.

Guardando al maestro Nel 1806 Ingres si recò a Roma, dove rimase affascinato dalle opere di Raffaello, che divenne per lui un punto di riferimento privilegiato. Del grande artista rinascimentale egli assimilò l’uso delle linee pulite e l’eleganza delle composizioni. Alcuni dettagli delle opere del pittore

francese sono vere e proprie citazioni del maestro rinascimentale italiano. L’acconciatura e il turbante della donna ritratta nel quadro intitolato La grande odalisca, per esempio, riprendono in modo quasi identico quelli della Fornarina di Raffaello.

Raffaello Sanzio, La fornarina (particolare),

1518-1520, olio su tavola, 85 × 60 cm. Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica.

Jean-Auguste-Dominique Ingres, La grande odalisca, 1814, olio su tela, 88,9 × 162,56 cm. Parigi, Musée du Louvre.

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Pittura

U9

4 I pittori del Romanticismo

I primi pittori romantici: Géricault e Delacroix La pittura romantica si affermò inizialmente in Francia, dove la rivalutazione del sentimento e delle emozioni si contrappose al freddo razionalismo illuminista ormai in declino. Théodore Géricault (1791-1824) trasse spunto per le sue opere sia da eventi di cronaca sia da scene di vita militare o di vita quotidiana. Nelle sue opere si trovano espressi i temi tipici del Romanticismo, resi con effetti chiaroscurali

spesso violenti e attraverso un uso del colore con il quale riesce a trasmettere in modo realistico il senso del dramma e dell’orrore causato dalla guerra e dalla crudeltà umana. Eugène Delacroix (1798-1863), amico ed erede di Géricault, rappresentò attraverso la forza espressiva del colore e del chiaroscuro la varietà dei sentimenti e delle passioni, privilegiando nelle sue tele soggetti storici, religiosi o suggeriti dai suoi viaggi in Africa e in Asia.

Théodore Géricault, La zattera della Medusa, 1818-1819, olio su tela, 491 × 716 cm. Parigi, Musée du Louvre. La zattera della Medusa è considerato il capolavoro di Géricault. La grande tela illustra un fatto realmente accaduto nel luglio del 1816: il naufragio della nave Medusa e la vicenda dei naufraghi sopravvissuti dopo essere rimasti in mare aperto per giorni su una zattera, prima di essere avvistati e raccolti da un’altra imbarcazione. La scena è rappresentata con un crudo realismo, dominano i toni

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cupi e i colori freddi usati per rendere il colore livido dei cadaveri, mentre gli effetti di chiaroscuro servono a mettere in risalto le figure e ad accentuare i sentimenti disegnati sui volti: dolore, rassegnazione, paura, speranza... Il cielo tempestoso si illumina simbolicamente sopra la nave che compare all’orizzonte e che salverà i naufraghi.


Leggere l’opera d’arte

Delacroix: l’eroismo del popolo I soggetti di carattere storico cari al Neoclassicismo sono tra quelli maggiormente rappresentati anche dai pittori romantici, che però li trattano in modo del tutto diverso. All’eleganza solenne e statica dei quadri neoclassici essi sostituiscono scene molto movimentate. I personaggi sono ritratti in momenti di estrema drammaticità, in cui i sentimenti e le passioni si manifestano in maniera dirompente nei volti e nei gesti, esaltati dal colore e dalla luce. Nella parte sinistra del quadro si distinguono due uomini. Uno, con indosso una camicia bianca, impugna una sciabola e tiene una pistola infilata nella cintura dei pantaloni: simboleggia il popolo. Un altro, con giacca e cappello a cilindro, simboleggia la borghesia, anch’essa impegnata nella rivoluzione.

L’esempio più famoso di questo genere di pittura, che celebra il patriottismo e il coraggio, è offerto dal quadro di Eugène Delacroix intitolato La libertà guida il popolo. Il grande dipinto ricorda il successo della rivolta popolare che nel luglio del 1830 rovesciò il regime autoritario di Carlo X e pose sul trono il «re borghese» Luigi Filippo d’Orléans. Quest’opera è diventata un simbolo della stagione segnata dalle rivoluzioni liberali che esplosero in tutta Europa tra il 1820 e il 1848. Al centro del quadro, una donna innalza con la mano destra il tricolore francese e con la sinistra impugna un fucile. Indossa il berretto frigio, tipico dei rivoluzionari, e simboleggia sia la libertà sia la Francia stessa, che ha riconquistato la libertà. Il cielo ha un colore cupo, illuminato da bagliori innaturali. Sullo sfondo, anche la città di Parigi è avvolta dal fumo. Un ragazzo, chiaramente di estrazione popolare, avanza impugnando due pistole.

Tutta la composizione è caratterizzata da un forte senso di movimento: uomini e ragazzi avanzano decisi, una donna si alza da terra. Nella parte inferiore della tela, un rivoluzionario seminudo e due uomini in uniforme giacciono morti in primo piano, illuminati da un fascio di luce che sale poi a illuminare gli altri personaggi. Gli effetti di chiaroscuro servono a evidenziare meglio le figure e ad accentuare l’effetto drammatico.

Eugène Delacroix, La libertà guida il popolo, 1830, olio su tela, 260 × 325 cm. Parigi, Musée du Louvre.

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I paesaggi di Constable... In Inghilterra i pittori romantici si mostrarono interessati soprattutto alla natura e ai sentimenti che essa è in grado di suscitare. Un paesaggio brumoso, un mare in burrasca, una notte di luna piena...: sono questi i soggetti preferiti di artisti come John Constable (1776-1837) e William Turner (1775-1851). Constable divenne famoso per i suoi quadri che ritraggono i paesaggi della campagna inglese, con personaggi intenti ai più svariati lavori agricoli. I colori variano a seconda delle atmosfere che il pittore vuole riprodurre: brillanti in giornate soleggiate, cupi per descrivere un cielo nuvoloso, tenui se devono illustrare un’alba o un crepuscolo... Le figure sono sempre riprodotte con grande realismo, frutto di lunghe ore passate a tracciare disegni e schizzi dal vero. Possono essere definite con precisione, oppure dipinte con pennellate più rapide: sempre, tuttavia, lo scopo è quello di trasmettere sentimenti e suscitare stati d’animo.

John Constable, Flatford Mill, 1816-1817, olio su tela, 101,7 × 127 cm. Londra, Tate Gallery.

...e gli spettacolari colori di Turner Diversa è la pittura di William Turner, che nella sua vastissima produzione alternò stili diversi, tutti però caratterizzati da un uso originale del colore e della luce. La preoccupazione di Turner non era quella di

descrivere in maniera precisa le figure e i particolari, ma di coinvolgere emotivamente lo spettatore attraverso la rappresentazione di spettacolari fenomeni naturali, come burrasche e naufragi, oppure gli incendi. William Turner, L’incendio del Parlamento inglese (16 ottobre 1834), 1834 o 1835, olio su tela, 92 × 123

cm. Filadelfia, Philadelphia Museum of Art. Nella tela che raffigura l’incendio del Parlamento inglese (avvenuto nella notte tra il 16 e il 17 ottobre 1834), protagonista è il divampare violento delle fiamme che si rispecchiano nelle acque del Tamigi. Il colore bianco del ponte, che domina nella parte destra del dipinto, aumenta il contrasto con il cielo plumbeo, illuminato dal fuoco e invaso dal fumo grigio. I personaggi appena abbozzati nell’angolo a destra assistono stupefatti alla scena, come l’osservatore, colpiti dalla forza dei colori che rimandano alla potenza dell’elemento naturale. Dove il fuoco imperversa, le forme sembrano fondersi nelle sfumature rosse e gialle delle fiamme e anche le sagome delle torri della cattedrale di Westminster appaiono all’orizzonte come due lingue di fuoco.

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Friedrich: l’uomo di fronte alla natura In Germania, uno dei più importanti esponenti del Romanticismo fu Caspar David Friedrich (1774-1840). Anch’egli, come Turner, intese rappresentare la forza e la maestosità della natura, ma lo fece in modo più sereno e pacato. Uomo profondamente religioso, Friedrich vedeva nella natura l’impronta di Dio e uno strumento per elevarsi verso di lui. Le scene che egli rappresenta sono spesso frutto dell’immaginazione e hanno un significato simbolico, trasmettono un senso di mistero e invitano alla meditazione.

Competenti in arte Nei dipinti di C.D. Friedrich come Viandante sul mare di nebbia e Coppia che contempla la luna (che hai visto a p. 301) i personaggi sono presenze scure poste di fronte al paesaggio. Ne vediamo le spalle ma non i volti e le espressioni: queste silhouette ci appaiono quindi come personaggi anonimi. Perché, secondo te, l’artista opera questa scelta?

Caspar David Friedrich, Viandante sul mare di nebbia, 1817 ca.,

olio su tela, 74,8 × 94,8 cm. Amburgo, Hamburger Kunsthalle. Possiamo immaginare assorto e meditabondo, anche se ripreso di spalle, l’uomo che nel quadro intitolato Viandante sul mare di nebbia è fermo in piedi su uno sperone roccioso, intento a contemplare lo spettacolo di una natura grandiosa e misteriosa. L’immagine trasmette un senso di quieta solitudine e l’uomo appare in dialogo con la natura, con se stesso e con Dio.

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Gli incubi di Füssli... Orrore e paura suscitano le opere dello svizzero Johann Heinrich Füssli (1741-1825). Füssli non fu estraneo alle suggestioni provocate dalle opere dell’antichità classica, che egli ebbe modo di osservare e studiare durante un lungo viaggio in Italia durato un intero decennio, fra il 1770 e il 1779. Tuttavia, le opere antiche suscitavano in lui sentimenti di smarrimento e tristezza, e non richiamavano la serenità e la quieta grandezza, come negli artisti neoclassici. Questo senso di inquietudine trovò spazio in molte opere di Füssli, nelle quali egli rappresenta scene di incubi e sogni che rivelano i sentimenti più nascosti e paurosi dell’animo umano. Anche i quadri nei quali sono rappresentati temi della mitologia classica, oppure ispirati a opere letterarie come quelle di William Shakespeare, sono sempre dominati da un’atmosfera fantastica e irreale che suscita un certo turbamento. Johann Heinrich Füssli, L’incubo, 1790-

1791, olio su tela, 75,5 × 64 cm. Francoforte, Goethe Museum. Una giovane donna giace su un letto in una posizione che evoca tormento e agitazione, mentre sopra di lei incombono due figure mostruose. Tutto il quadro ha qualcosa di spettrale: il corpo della ragazza è di un pallore cadaverico, gli occhi del cavallo simili a due palle di fuoco, la figura mostruosa posata sul ventre della donna...

...e il simbolismo visionario di William Blake Del tutto particolare fu invece la produzione di un altro artista romantico inglese: William Blake (1757-1827). Poeta e pittore visionario, i suoi dipinti e le sue incisioni (con le quali illustrò anche libri come la Bibbia e la Divina Commedia) sono ricchi di simboli e comunicano attraverso le immagini e i colori un complesso e talvolta tormentato mondo interiore. Le scene che rappresenta sono spesso inquietanti e non sempre facili da comprendere. Blake fu uno dei maggiori interpreti dello spirito romantico: esaltò la libertà e la forza del sogno e dell’immaginazione, fino ad affermare che «l’immaginazione non è uno stato mentale: è l’esistenza umana stessa».

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William Blake, L’angelo del Bene e l’angelo del Male, 1795-1805 ca., acquerello, 44,5 × 59,4 cm. Londra, Tate Gallery.


Un nuovo approccio alla natura: i preraffaelliti Un differente rapporto con la natura, non più ritenuta ostile e nemica, fu ricercato dalla Confraternita dei preraffaelliti. La corrente artistica, riconducibile all’alveo del Romanticismo, nacque in Inghilterra verso la metà dell’Ottocento con William Holman Hunt (1825-1910), Dante Gabriel Rossetti (1828-1882) e John Everett Millais (1829-1896). I preraffaelliti intendevano tornare a un’arte più vicina allo stile tardomedievale o del primo Rinascimento, comune agli artisti che avevano preceduto Raffaello (da qui il loro nome), ritenuto colpevole di avere idealizzato la natura, per esaltare una forma astratta di bellezza. Distaccandosi dall’arte accademica, i preraffaelliti realizzavano invece opere più vicine alla realtà e dipingevano ritraendo dal vero i loro soggetti. Non di rado rimanevano ore all’aria aperta per riprodurre un paesaggio o elementi della natura, come faranno di lì a poco anche gli impressionisti.

La Bibbia, la letteratura, il Medioevo e i temi sociali I preraffaelliti trattarono temi diversi tra loro, ma tutti con il medesimo stile. Molto presenti sono i soggetti ispirati a episodi della Bibbia, oppure a opere letterarie, con una spiccata preferenza per quelle di Dante Alighieri e di William Shakespeare. Cercarono di riprodurre le atmosfere del Medioevo: la componente a volte fiabesca o epica, come nel caso dei romanzi cavallereschi e quelli del ciclo di Re Artù. Non mancò neppure l’attenzione per i confronti di temi sociali o addirittura politici, con opere che ritraggono persone comuni in contesti domestici, di lavoro o in altre situazioni di vita reale. In tutte queste opere è possibile notare una cura eccezionale nel riprodurre la realtà in tutti i suoi dettagli, anche i più piccoli (i panneggi e la preziosità delle vesti, le acconciature, i fiori, gli arredi... del Medioevo) con una precisione che richiama da vicino la tradizione fiamminga. Tutti i preraffaelliti, poi, furono veri cultori della bellezza, sia maschile sia femminile. In questo, su tutti spicca Dante Gabriel Rossetti, molto ricercato anche come ritrattista.

Dante Gabriel Rossetti, Pia de’ Tolmei, 1868-1880,

olio su tela, 105,4 × 120,6 cm. Lawrence, Spencer Museum of Art.

CuriosArte

La modella nella vasca da bagno L’Ofelia raffigurata da J.E. Millais è l’eroina, morta per annegamento, del dramma Amleto di Shakespeare. Si racconta che l’artista, per rendere più realistica la figura della donna, fece posare nella vasca da bagno per molte ore Elizabeth Siddal, detta Lizzie, moglie di Dante Gabriel Rossetti e, a sua volta, pittrice e poetessa. La modella si buscò una bruttissima bronchite e Millais fu costretto a risarcire le costose spese dei farmaci.

John Everett Millais, Ofelia, 1851-1852,

olio su tela, 76 × 115,5 cm. Londra, Tate Gallery.

U9 - Neoclassicismo e Romanticismo

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Pittura

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5 Il Romanticismo storico in Italia

Le opere d’impegno politico di Francesco Hayez In Italia la pittura romantica si caratterizzò soprattutto per il suo carattere storico, fortemente orientato a sostenere gli ideali patriottici del Risorgimento. L’esponente più significativo di quello che venne chiamato «Romanticismo storico» fu Francesco Hayez (1791-1882), pittore che dal 1822 visse a Milano, insegnando all’Accademia delle Belle Arti di Brera. A Milano Hayez entrò in contatto con alcuni fra i protagonisti più importanti del movimento risorgimentale, appartenenti per lo più alla ricca borghesia colta e all’aristocrazia illuminata della città. Alle lotte per l’indipendenza dell’Italia Hayez offrì il proprio contributo attraverso opere che, evocando alcuni particolari episodi della storia, esaltavano i valori della libertà e l’orgoglio nazionale e invitavano all’impegno civile e politico.

Ritratto d’artista nome Francesco Hayez nato il 10 febbraio 1791 a Venezia morto il 21 dicembre 1882 a Milano attività pittore Fu grande perché...

. ..con la sua opera pittorica diede un forte contributo alle lotte per l’indipendenza italiana. I soggetti dei suoi quadri, ambientati nel Medioevo, nascondevano un invito all’impegno civile e politico, esaltando i valori della libertà e dell’orgoglio nazionale. Questa aderenza agli ideali risorgimentali fece di Hayez il maggiore esponente del cosiddetto «Romanticismo storico».

Francesco Hayez, Meditazione sulla storia d’Italia, 1851,

olio su tela, 90 × 70 cm. Verona, Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea.

Francesco Hayez, I Vespri siciliani, 1846, olio su tela, 225 × 300 cm. Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna. I Vespri siciliani è uno degli esempi più significativi dell’attualizzazione in chiave patriottica di un fatto accaduto nel passato. La rappresentazione fa riferimento all’insurrezione scoppiata in Sicilia contro i dominatori francesi della dinastia degli Angiò, la sera del 30 marzo 1282. Il comportamento oltraggioso di un soldato angioino nei confronti di una giovane palermitana, nell’ora della celebrazione liturgica dei vespri, fece scoppiare la rivolta e portò alla cacciata degli stranieri dall’isola. Hayez rappresenta il momento in cui la donna sviene tra le braccia dello sposo, mentre il francese, colpito a morte dall’uomo con la spada sguainata, si accascia a terra ai piedi della coppia. Dipinto nel 1846, il quadro era un chiaro incitamento alla rivolta contro la dominazione austriaca.

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Leggere l’opera d’arte

Il bacio del patriota Nella prima metà dell’Ottocento, in tutto il Lombardo-Veneto le opere di carattere figurativo, come pure quelle letterarie, musicali e teatrali, erano sottoposte a un rigido controllo da parte delle autorità austriache, preoccupate dal diffondersi delle idee liberali. Per aggirare la censura, Hayez ambientò le sue opere a soggetto politico nel periodo medievale. Dopo che l’Illuminismo aveva screditato il Medioevo come un periodo di decadenza, il Romanticismo ne rivalutò le manifestazioni culturali e artistiche, riconoscendovi anche il tempo nel quale si erano andate definendo le identità nazionali e le tradizioni dei diversi popoli. Lo stretto legame tra Medioevo e Risorgimento italiano si venne a creare in

L’accostamento di azzurro, bianco e rosso allude al tricolore francese. L’abbraccio, in questo caso, starebbe a significare l’alleanza tra il Regno di Sardegna e la Francia di Napoleone III stipulata proprio nel gennaio del 1859.

L’ombra visibile sul fondo rivela la presenza di una terza persona che sta osservando la scena. Alcuni studiosi interpretano la figura come il simbolo della morte che attende il giovane.

modo spontaneo e coinvolse non solo le arti figurative, ma anche la letteratura e il melodramma. Il quadro più famoso di Hayez, simbolo stesso del Romanticismo storico, è Il bacio, dipinto nel 1859, alla vigilia della Seconda guerra d’indipendenza e degli eventi che avrebbero portato, nel 1861, alla nascita del Regno d’Italia. L’opera (di cui in seguito vennero fatte altre due versioni) a un primo sguardo raffigura solo un bacio appassionato tra due amanti, ma nelle intenzioni di Hayez rappresenta l’addio alla donna amata da parte di un patriota in procinto di partire per andare a combattere ed è ricca di particolari simbolici.

L’architettura e gli abiti indossati dai due protagonisti del quadro suggeriscono un’ambientazione medievale.

I colori presenti nel quadro hanno un chiaro valore simbolico: il rosso della calzamaglia e il verde nel risvolto del mantello del giovane uomo, insieme al bianco nel vestito della donna richiamano il tricolore italiano. L’azzurro era il colore araldico della dinastia Savoia. Dunque, il bacio potrebbe anche significare l’unione tra l’Italia e i Savoia.

Il piede del giovane, posato sul gradino, indica che si tratta di un bacio d’addio: egli è in procinto di partire per andare a combattere.

Francesco Hayez, Il bacio, 1859,

olio su tela, 112 × 88 cm. Milano, Pinacoteca di Brera.

U9 - Il Neoclassicismo e il Romanticismo

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Pittura

U9

6 Francisco Goya:

il ritratto della Storia

Goya: il ritrattista del re In Spagna il più grande pittore vissuto fra la seconda metà del Settecento e i primi decenni dell’Ottocento fu Francisco Goya (1746-1828). Lavorando come incisore, oltre che come pittore, egli affrontò tutti i temi più importanti, da quello religioso e mitologico a quello storico e politico, passando anche attraverso rappresentazioni visionarie tipiche del Romanticismo. Goya, però, divenne famoso soprattutto come ritrattista per la sua abilità nel riprodurre con estremo realismo anche i particolari più minuti (abiti, gioielli, acconciature...) e per la capacità di interpretare fedelmente, anche attraverso l’uso della luce e del colore, il carattere psicologico dei personaggi. La sua celebrità crebbe ancora a partire dal 1789, quando venne nominato pittore di corte dal re di Spagna Carlo IV di Borbone.

Il dramma della storia Lo stile pittorico di Goya andò evolvendo nel corso degli anni: dai tratti precisi e dalle linee ben definite, egli passò a un tipo di pittura caratterizzato da pennellate più rapide e da contorni più sfumati. In questo modo egli dipinse opere soprattutto di carattere storico-politico che esprimevano un’intensa drammaticità, nei quali denunciò le ingiustizie e le violenze di cui fu testimone.

Francisco Goya, Maria Luisa di Parma, regina di Spagna, fine XVIII sec., olio su tela, 202 × 124 cm. Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte.

Francisco Goya, 3 maggio 1808: fucilazione, 1814, olio

su tela, 66 × 345 cm. Madrid, Museo del Prado. Nel quadro intitolato 3 maggio 1808: fucilazione, Goya rappresentò uno dei momenti più drammatici della rivolta scoppiata a Madrid contro i francesi che, guidati da Napoleone, avevano occupato la Spagna. Tutti coloro che parteciparono alla ribellione furono condannati a morte e Goya, nella sua tela, raffigurò l’istante in cui i soldati aprono il fuoco per giustiziare gli insorti. L’intero dipinto è pervaso da un senso di drammaticità: la luce che emana dalla grande lanterna illumina i personaggi mettendone in evidenza i volti e i gesti. I contorni delle figure sono imprecisi, i colori del paesaggio e delle divise dei soldati sono cupi. Tutto contribuisce a coinvolgere emotivamente l’osservatore.

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Approfondisci sul vol. Pag. 104

Anche tu artista

A

Racconta la Storia, come Goya

In tutte le epoche gli artisti hanno rappresentato soggetti di carattere storico: dai Sumeri agli Egizi fino ai nostri giorni, passando attraverso pittori come David e Goya. Sono però diversi i modi con cui si può raffigurare un evento: creare una sorta di fotografia, oppure ricreare una certa atmosfera e comunicare i sentimenti che esso ha suscitato facendo ricorso a un particolare uso del colore o alla disposizione delle figure. Hai potuto osservare come Goya ha rappresentato gli eventi del 3 maggio 1808 a Madrid; qui accanto puoi vedere come quel dipinto ha ispirato un altro pittore spagnolo, Pablo Picasso, nel denunciare il massacro della popolazione di Sinchon, in Corea, nel 1950, durante una rivolta anticomunista. Il confronto tra le due opere ti permette di evidenziare modalità diverse per comunicare dolore e denunciare l’atrocità di un atto di guerra.

Pablo Picasso, Massacro in Corea, 1951, olio su tela, 109,5 × 209,5 cm. Parigi, Musée National Picasso.

Illustra anche tu un fatto di cronaca, non necessariamente drammatico come gli eventi raccontati da Goya e Picasso, cercando di trasmettere il sentimento che ha suscitato in te, oppure il messaggio che vuoi comunicare a partire da esso.

1 Usa le tecniche e i materiali che ritieni più utili: puoi dipingere su vari supporti (carta, stoffa, legno, pietre, lamine di metallo...), oppure realizzare forme con materiali di recupero.

2 Scegli un’immagine (fotografia o fotogramma) che illustra un fatto di cronaca, drammatico o positivamente significativo, che ti ha particolarmente colpito.

3 Rielabora l’immagine con i materiali e gli strumenti di tua scelta, mettendo in evidenza i particolari per te più significativi. Puoi realizzare un disegno, un collage, un plastico, un puzzle... Mai porre limiti alla fantasia!

U8 - Il Seicento e il Settecento

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Pittura

U9

7 Il Realismo in Francia e in Italia

Dipingere il quotidiano Intorno alla metà dell’Ottocento si sviluppò in Francia un nuovo movimento artistico: il Realismo. Caratterizzato dalla rappresentazione della realtà delle persone più umili, esso traeva ispirazione anche dalle rivendicazioni avanzate in quegli anni da tutti coloro che appartenevano ai ceti sociali più disagiati. Molte opere realiste acquistano talvolta un significato di denuncia delle condizioni di povertà, o addirittura di miseria, in cui viveva gran parte della popolazione nelle città e nelle campagne. Fondatore del Realismo fu Gustave Courbet (1819-1877), che in molte sue opere rappresentò momenti di vita quotidiana, oppure scene di lavoro in contesti contadini. I personaggi e le atmosfere create da Courbet con l’uso dei colori non vogliono comunicare sentimenti, ma fare percepire la realtà di un’esistenza semplice, talvolta faticosa, ma raramente sofferente. Nessun altro obiettivo, insomma, se non quello di «fotografare» la realtà, di raccontarla senza la preoccupazione di interpretarla.

Gustave Courbet, Contadini di Flagey al ritorno dalla fiera, 1850, olio su tela, 206 × 275 cm. Besançon, Musée des Beaux-Arts et d’Archéologie.

Gustave Courbet, Funerale a Ornans, 1849, olio su tela, 315 × 668 cm. Parigi, Musée d’Orsay. Una delle opere più famose di Courbet è il Funerale a Ornans, una grandissima tela che rappresenta un rito funebre nel cimitero del paese natale dell’artista. Il soggetto fu ritenuto sconveniente dai critici e dagli accademici dell’epoca, e oltretutto dipinto con una tecnica approssimativa, con particolari appena abbozzati. I personaggi – contadini del luogo e alcuni membri della famiglia di Courbet – sono ritratti in modo estremamente realistico sia nel loro abbigliamento sia nelle espressioni dei volti. Tutto ciò fu qualificato come «volgare», ma proprio questi aspetti fanno del dipinto il vero manifesto del Realismo francese.

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Daumier: la satira e la denuncia sociale Artista del tutto originale fu Honoré Daumier (1803-1879). Noto soprattutto per le sue incisioni satiriche, egli denunciò in modo pungente, anche se ironico, le ingiustizie e le disuguaglianze sociali presenti nella Francia di metà Ottocento. I suoi dipinti, sempre ispirati a contesti di povertà, trasmettono un senso di cupa tristezza. I lineamenti dei personaggi ritratti spesso vengono alterati, persino in modo grottesco, sia per accentuare aspetti di particolare disagio e sofferenza, sia per mettere in risalto i lati meno nobili del carattere delle persone. Honoré Daumier, La carrozza di terza classe, 1862-1864 ca., olio su tela, 65 × 90

cm. New York, Metropolitan Museum of Arts.

I contadini di Millet Jean-François Millet (1818-1875) rivolse la sua attenzione soprattutto al mondo contadino, che ritrasse nei suoi aspetti più concreti e quotidiani. I paesaggi e i contesti rurali, gli animali e le persone raffigurate nelle loro occupazioni (anche le più umili) sono ripresi con straordinaria aderenza alla realtà. Anche dove sono rappresentati il duro lavoro nei campi e gli interni di abitazioni talvolta squallide, le atmosfere sono sempre pervase da una grande serenità e non di rado i colori vivaci conferiscono alle tele di Millet una leggerezza che sembra contrastare con la pesantezza della vita contadina.

Jean-François Millet, La nascita del vitello,

1864, olio su tela, 81,1 × 100 cm. Chicago, Art Institute of Chicago. Le spalle incurvate e gli sguardi rivolti verso terra dei contadini trasmettono il senso di un’esistenza faticosa e difficile. Anche la magrezza della vacca dietro di loro e tutta la scena dice la povertà della loro vita. Tuttavia, l’atmosfera non è cupa e le due bambine sull’uscio di casa, impazienti di vedere il vitellino appena nato, restituiscono la sensazione di una vita domestica nonostante tutto gioiosa.

U9 - Neoclassicismo e Romanticismo

325


Il Realismo in Italia: i Macchiaioli In Italia il Realismo si affermò più tardi rispetto alla Francia e con caratteristiche del tutto originali. Il primo circolo di realisti italiani si formò a Firenze, al Caffè Michelangelo, dove si incontravano pittori come Giovanni Fattori (18251908), Telemaco Signorini (1835-1901) e Silvestro Lega (1826-1895). Tutti questi artisti si opponevano al Neoclassicismo e al Romanticismo non solo per quanto riguardava i temi da rappresentare, ma anche per la tecnica che decisero di adottare nelle loro opere. Essi, infatti, dipingevano «a macchia»: i contorni delle figure non erano definiti dalle linee, ma attraverso contrasti di macchie ottenute con effetti di chiaroscuro e con il colore. Nel 1862, durante un’esposizione tenutasi a Firenze, i pittori del Caffè Michelangelo vennero definiti da un giornalista, in modo dispregiativo, «macchiaioli». In seguito, essi stessi decisero di identificarsi proprio con questo nome, per ribadire il loro punto di vista: la percezione che si ha della realtà è data da macchie di colore chiare e scure che colpiscono i nostri occhi e sono queste macchie a definire le figure.

Telemaco Signorini, Il ponte sull’Affrico a Piagentina, 1863-1864, olio su tela, 30,2 × 24 cm. Collezione privata.

Giovanni Fattori Una delle personalità di maggiore spicco nel gruppo dei Macchiaioli fu Giovanni Fattori, che fin dal 1859 aveva usato la pittura «a macchia» per dipingere alcuni quadri a soggetto militare (un tema privilegiato nella sua produzione).

Giovanni Fattori, La rotonda Palmieri, 1866, olio su tavola, 12 × 35 cm. Firenze, Galleria d’Arte Moderna. Il piccolo quadro rappresenta lo scorcio di uno stabilimento balneare sul lungomare di Livorno, dove un gruppo di donne è raccolto sotto un tendone. La composizione può essere suddivisa in fasce di diverso colore (la spiaggia, il mare, un promontorio, il cielo bianco

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lattiginoso, il tendone giallo ocra) sulle quali si stagliano le figure, definite anch’esse da macchie di sfumature cromatiche diverse accostate in modo da esaltare gli effetti chiaroscurali. Tutto è ridotto a macchia: persino i volti non hanno lineamenti.


Leggere l’opera d’arte

Un dopo pranzo sotto il pergolato Il quadro di Silvestro Lega intitolato Il pergolato, o Un dopo pranzo, del 1868, è considerato uno dei capolavori del Realismo italiano e dell’arte dei Macchiaioli in particolare. La tela ritrae una serena scena domestica ambientata sotto il pergolato di una dimora borghese di campagna. Tre donne e una bambina siedono sotto un pergolato in un pomeriggio Il pergolato è ottenuto con una quantità di macchie in varie tonalità di verde che richiamano la forma delle foglie.

La luce che filtra tra le foglie del pergolato si riverbera sul pavimento del terrazzo, dando luminosità alla metà inferiore del dipinto.

estivo, cercando ristoro dalla calura. Una quarta donna, una domestica, si avvicina per servire il caffè. Il dipinto è realizzato con la tecnica tipica delle macchie di colore stese sulla tela per dar vita alle figure e definire i chiaroscuri, con una particolare attenzione anche alla prospettiva.

Il paesaggio è descritto con colori realistici, distribuiti con macchie di diverse tonalità che definiscono i differenti tipi di vegetazione e le gradazioni di luci e ombre.

La prospettiva è resa attraverso i disegni del pavimento e le macchie di colore che definiscono le ombre, sempre più piccole mano a mano che si avvicinano alla fine del pergolato.

Silvestro Lega, Il pergolato (o Un dopo pranzo), 1868, olio su tela, 94 × 74 cm. Milano, Pinacoteca di Brera.

L’ombra della domestica si allunga sul pavimento, lasciando intendere un’ora del pomeriggio vicina al tramonto.

Anche i fiori sono resi con piccole macchie di colori diversi.

U9 - Il Neoclassicismo e il Romanticismo

327


Verifica delle conoscenze

In sintesi…

Neoclassicismo

DIDATTICA INCLUSIVA

BES

Romanticismo

TRA SETTECENTO E OTTOCENTO r ivalutazione della razionalità e • dell’armonia classiche

NELLA PRIMA METÀ DELL’OTTOCENTO • rivalutazione del sentimento, delle passioni e dello spirito patriottico

Architettura • modelli dell’antica Grecia • s obrietà ed eleganza • r azionalità e funzionalità

Pittura soggetti: • natura (Constable, Turner, Friedrich) • incubi e visioni (Füssli e Blake) • fatti di cronaca drammatici (Géricault, Delacroix) • episodi storici, libertà e orgoglio nazionale (Goya, Hayez)

Scultura Pittura classicismo s oggetti • • storici o • perfezione formale mitologici m aggiori • • funzione scultori: educativa Thorvaldsen; • maggiori Canova; pittori: Bartolini David; Ingres

DIDATTICA INCLUSIVA

BES

Realismo NELLA SECONDA METÀ DELL’OTTOCENTO attenzione a realtà quotidana • • interesse per problematiche sociali Pittura • r appresentazione della vita quotidiana di persone umili (Courbet e Millet) • satira e denuncia sociale (Daumier) • scene domestiche e quotidiane, tecnica del colore «a macchia» (Signorini, Fattori, Lega)

1. Completa il seguente brano cerchiando l’alternativa corretta. L’arte di fine Settecento-inizio Ottocento fu influenzata dalle teorie di [Johann Joachim Winckelmann / Canova]. Lo studioso esaltava la perfezione formale, [il dinamismo / la compostezza] e la serenità imperturbabile delle sculture [etrusche / greche]. Il nuovo interesse per la cultura e l’arte antica diede vita al [Neoclassicismo / Romanticismo]. Uno dei maggiori artisti [neoclassici / romantici] fu Antonio [Canova / David]. [David / Canova] realizzò sculture formalmente perfette ma anche dotate di una certa espressività e di un senso del movimento che le rende originali. 2. Indica con una crocetta le affermazioni corrette. 1. La pittura romantica si affermò inizialmente in Francia; i primi pittori furono Géricault e Delacroix. 2. I pittori romantici rappresentano i soggetti di carattere storico con scene ricche di movimento ed effetti di chiaroscuro che esaltano la drammaticità degli eventi descritti. 3. I dipinti romantici di carattere storico presentano un’eleganza solenne e statica. 4. Turner rappresentò la natura curando in modo preciso e dettagliato i particolari. 5. Viandante sul mare di nebbia è un dipinto di Friedrich. 6. Francesco Hayez sostenne gli ideali del Risorgimento attraverso scene ambientate nel Medioevo. 3. Indica con una crocetta le opere caratteristiche del Realismo. 1. Théodore Géricault, La zattera della Medusa; 2. Antonio Canova, Amore e Psiche; 3. Telemaco Signorini, Il ponte sull’Affrico a Piagentina; 4. Gustave Courbet, Funerale a Ornans; 5. Honoré Daumier, La carrozza di terza classe; 6. Francesco Hayez, Il bacio.

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Lettura dell’opera d’arte

Verifica

delle conoscenze

Il sublime e il Naufragio della Speranza Le opere di Caspar David Friedrich rappresentano il senso di meraviglia misto a timore e di inadeguatezza che l’uomo prova di fronte alla grandiosità della natura, che i filosofi definirono «il sublime». I soggetti sono i paesaggi della natura nei quali il pittore romantico rivive le ansie, i desideri, le paure e gli interrogativi che agitano il suo animo inquieto. Il mare di ghiaccio, anche chiamato Naufragio della Speranza, mostra l’impressionante immagine di un relitto imprigionato e stritolato dai ghiacci. Fonte d’ispirazione furono i resoconti di William Edward Parry sulle spedizioni polari alla ricerca del passaggio a Nord-Ovest (la rotta che collega l’Oceano Atlantico al Pacifico attraverso il Mar Glaciale Artico). La nave distrutta rappresenta la fragilità dell’uomo di fronte alla potenza delle forze naturali e probabilmente anche il suo correre verso una meta da cui non vi è ritorno. Nel dipinto l’uomo non è visibile: protagonista è la sola natura che qui, per la drammaticità dell’evento, ricorda la «Natura matrigna» di Leopardi.

Osserva e rifletti.

1. Come è rappresentato il «mare di ghiaccio»? una distesa piatta un ammasso di blocchi 2. Quali linee prevalgono nella definizione degli elementi? spezzate curve 3. Riesci a distinguere la nave naufragata? Dove? 4. Quali colori usa il pittore? Sono caldi o freddi? 5. Quali sensazioni suscita in te la vista di questo dipinto? 6. Pittori, letterati e musicisti romantici fecero proprio il concetto filosofico del sublime. A tuo giudizio, Friedrich riesce a comunicare questo suo sentimento? Attraverso quali elementi? Caspar David Friedrich, Il mare di ghiaccio, 1823-

1824, olio su tela, 96,2 × 126,9 cm. Amburgo, Kunsthalle.

U9 - Il Neoclassicismo e il Romanticismo

329


U10

L’Impressionismo e

oltre

Dove Claude Monet, Gare Saint Lazare, 1877, olio su tela, 75,5 × 104 cm. Parigi, Musée d’Orsay.

Londra

Giverny Pont Aven

Argenteuil

Vienna

Parigi

Torino

Quando

Milano

Arles Saint Tropez

Firenze

1861-1865

Guerra di secessione americana

1850 1860 187

Barcellona

1851

Centri dell’Impressionismo Centri del Puntinismo e del Divisionismo Centri del Post-Impressionismo Centri dell’Art Nouveau

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Palermo

Prima Esposizione Universale a Londra

1865-1877 Giuseppe Mengoni, Galleria Vittorio Emanuele II a Milano


La seconda metà dell’Ottocento fu caratterizzata da un fiorire di sensibilità e di stili diversi, che spesso si trovarono in opposizione con l’orientamento tradizionale e conservatore delle Accademie. Nella pittura si affermò la rivoluzione portata dall’Impressionismo e dagli artisti che addirittura lo superarono approdando a linguaggi ancora più innovativi e originali. Grandi novità si produssero anche nel campo dell’architettura, grazie soprattutto all’impiego dei materiali che le moderne tecnologie mettevano a disposizione.

Paul Cézanne, Natura morta con mele e un vaso di primule, 1890 ca., olio su tela, 73 × 92,4 cm.

New York, Metropolitan Museum of Art.

Gustave Gurrschner, Lampada con conchiglia di Nautilus, 1899. Richmond, Virginia Museum of Fine Arts.

1870

Napoleone III sconfitto a Sedan

Gustav Klimt, Il bacio, 1907-1908, olio su tela, 180 × 180 cm. Vienna, Österreichische Galerie Belvedere.

1871

1875

1891

1894-1917

Roma capitale del Regno d’Italia. Nascita dell’Impero tedesco

In Germania nasce il primo partito socialista

Leone XIII pubblica la Rerum Novarum

Nicola II zar di Russia

1870 1880 1890 1900 1910

ni,

1872

1876

1886-1889

1889

1896

1901

1904

Claude Monet, Impressione, levar del sole

Pierre-Auguste Renoir, Ballo al Moulin de la Galette

Costruzione della Torre Eiffel

Vincent Van Gogh, Notte stellata. Esposizione Universale a Parigi

Paul Gauguin, Te tamari no atua (Nascita di Cristo figlio di Dio)

Giuseppe Pellizza da Volpedo, Il Quarto Stato

Rodin, Il pensatore (fusione in bronzo)

U10 - L’Impressionismo e oltre

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Idee guida

L’arte si allontana dalle Accademie Le Idee guida ti serviranno a focalizzare i punti principali di un periodo artistico, a conoscere le persone che lo hanno caratterizzato e potranno orientarti meglio nello studio dell’arte della seconda metà dell’Ottocento. 1

Tra innovazione e nostalgia del passato

Nella seconda metà dell’Ottocento i progressi raggiunti nel campo della tecnica e dell’ingegneria permisero di arrivare a soluzioni innovative nell’ambito dell’architettura. Nella costruzione degli edifici comparvero originali strutture ottenute con l’impiego di materiali come il ferro, la ghisa, l’acciaio e il vetro. A queste innovazioni si accompagnarono anche l’elaborazione di stili completamente nuovi, come l’Art Nouveau, o ispirati al passato, come il Neoromanico e il Neogotico.

2

Il nuovo dall’antico

Nel secondo Ottocento il processo di rinnovamento della scultura assunse manifestazioni diverse, sia nei soggetti sia nei linguaggi utilizzati: dall’imitazione dei bronzetti antichi rinvenuti negli scavi archeologici (divenuti una vera e propria moda), alle opere talvolta più complesse e originali di grandi dimensioni da destinare alle piazze delle città, soprattutto di soggetto storico o civile. La vera svolta nella scultura avvenne però con il francese Auguste Rodin, che reinterpretò in maniera del tutto originale i modelli classici e rinascimentali.

Otto Wagner, Ankerhaus, 1893-1895. Vienna.

Auguste Rodin, L’eterna primavera, 1884, marmo, 66,6 cm. Filadelfia, Philadelphia Museum of Art.

332


3

Cogliere l’impressione

La pittura del secondo Ottocento è rappresentata soprattutto dalle opere degli impressionisti, attenti a cogliere e riprodurre l’impressione suscitata in loro dai diversi soggetti, in momenti e in condizioni di luce differenti. La luce trasforma i paesaggi con i loro colori, sfuma le figure, esalta i movimenti, cambia di istante in istante la percezione che si ha della realtà. Tutto questo è presente nei quadri degli impressionisti, dipinti con una tecnica particolare capace di esaltare le suggestioni create dal colore.

Pierre Auguste Renoir, Donna con parasole in giardino, 1875, olio su tela, 54,5 × 65 cm. Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza.

4

Oltre l’Impressionismo

Artisti come Cézanne, Van Gogh e Gauguin, che all’inizio della loro attività aderirono all’Impressionismo, in seguito maturarono sensibilità diverse e affinarono uno stile del tutto originale e personale. Pur mantenendo alcune caratteristiche tipiche della pittura impressionista, per altri aspetti ne presero le distanze. Per loro, come per altri, si parla in modo generico di «post-Impressionismo», anche se è impossibile identificare un movimento con caratteristiche comuni.

Vincent Van Gogh, La chiesa di Auvers, 1890, olio su tela, 94 × 74 cm. Parigi, Musée d’Orsay.

Preconoscenze L’Accademia di Belle Arti è un’istituzione che, fino a metà Ottocento, pochi osavano mettere in discussione. Un artista che era ammesso alla scuola lavorava duramente senza mai contraddire i suoi maestri. Negli ultimi anni del XIX secolo, invece, nacque la figura dell’artista autodidatta, che si unisce ad altri per confrontarsi con uno stile libero e innovativo. Monet, Degas, Renoir, Van Gogh sono alcuni degli artisti che seguirono un percorso antiaccademico e probabilmente almeno uno di questi nomi ti è familiare. itieni che la stretta osservanza di regole consolidatesi nel tempo sia una garanzia per la realizzazione di grandi opere, •R oppure finisca per il costituire un limite all’espressione di un sentire più consono ai tempi in cui vive l’artista?

U10 - L’Impressionismo e oltre

333


Architettura

U10

1 Architettura in ferro e vetro

Nuovi modelli architettonici Nel 1851 l’architetto inglese Joseph Paxton (1803-1865) realizzò a Londra il Crystal Palace, destinato a ospitare la prima Esposizione Universale della storia. L’imponente struttura copriva una superficie di 84 000 m2 ed era priva di muri portanti: alti e sottili pilastri in ferro costituivano una sorta di intelaiatura nella quale erano montati pannelli in ghisa e vetro fabbricati in serie, con i quali vennero realizzate le pareti e la volta che copriva un’ampia parte del palazzo. Le pareti perimetrali risultavano così completamente in vetro, mentre gli spazi espositivi interni erano divisi in cinque ampie navate. Il Crystal Palace costituì, già da solo, l’attrazione più importante di un’Esposizione Universale voluta per raccogliere e mostrare i risultati delle moderne tecniche industriali. Andò distrutto in un incendio, nel 1936.

Veduta interna del Crystal Palace,

1851, stampa. Parigi, Biblioteca Nazionale.

Le gallerie italiane In Italia la più importante costruzione realizzata secondo il nuovo stile architettonico è la Galleria Vittorio Emanuele II a Milano. Progettata dall’architetto Giuseppe Mengoni (1829-1877), la galleria è formata da due bracci incrociati lunghi 196 e 105 metri. Gli edifici che compongono il corpo sono stati disegnati in un elegante stile che ricorda i palazzi rinascimentali, mentre la copertura a volta è interamente costruita in ferro e vetro. Al centro si innalza una grande cupola che arriva a un’altezza di 47 metri. La Galleria Vittorio Emanuele II fu progettata con l’intenzione di farne un luogo nel quale i cittadini potessero incontrarsi, passeggiando tra grandi ristoranti e negozi raffinati. Sul suo esempio, sono state costruite in Italia altre gallerie analoghe, sia per funzioni sia per impianto architettonico: le più simili sono la Galleria Umberto I a Napoli e la Galleria Mazzini a Genova.

Giuseppe Mengoni, Galleria Vittorio Emanuele II,

1865-1877. Milano.

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Nascono i grattacieli

La Torre Eiffel Nel 1889, per un’altra Esposizione Universale, a Parigi venne costruita una torre in ferro e ghisa che in quel momento, con i suoi 300 metri, era l’edificio più alto del mondo: la Torre Eiffel. Ottomila tonnellate di travi e tiranti in metallo sono tenuti saldamente ancorati a terra da quattro pilastri di cemento che affondano per 15 metri nel terreno. Progettata dall’ingegnere da cui prende il nome – Gustave-Alexandre Eiffel (1832-1923) – la torre non aveva altra funzione se non quella di essere esibita come la dimostrazione concreta del progresso tecnico che aveva permesso di innalzare una struttura tanto audace quanto elegante. Inizialmente i parigini non l’apprezzarono granché, ritenendola una sorta di «mostro» in ferro nel cuore della città. I visitatori, invece, ne rimasero conquistati e alla fine dell’Esposizione la torre non fu smontata, come era stato previsto, ma rimase al suo posto, diventando uno dei simboli più amati della capitale francese.

Strutture in metallo iniziarono a essere impiegate anche per la costruzione di edifici adibiti ad abitazioni e uffici. Negli Stati Uniti, l’architetto Louis Sullivan (1856-1924) progettò verso la fine dell’Ottocento quelli che allora erano considerati i primi «grattacieli». Erano palazzi di 1015 piani (non paragonabili ai grattacieli attuali!) nei quali una struttura portante in metallo, più leggera e agile rispetto a quelle in cemento, consentiva di aprire ampie finestre senza rinunciare alla solidità della costruzione.

Gustave-Alexandre Eiffel, Torre Eiffel, 1886-1889. Parigi.

Louis Sullivan, Bayard-Condict Building, 1897-1899.

New York, Manhattan. Il Bayard-Condict Building, progettato nel 1897 e inaugurato nel 1899, si innalza con i suoi 13 piani nel cuore di New York. Nella facciata è facile intuire la struttura in acciaio che la sorregge, ricoperta in cotto decorato. Ricche di ornamenti in cotto sono anche altre parti dell’edificio, in particolare le finestre dell’ultimo piano, nelle quali sono ben individuabili i pilastrini tipici delle strutture in ferro o acciaio di quel periodo.

U10 - L’Impressionismo e oltre

335


Architettura

U10

2 Fra Ottocento e Novecento:

l’Art Nouveau

Linee morbide ispirate alla natura Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento nacque in Francia un nuovo stile architettonico e artistico, l’Art Nouveau (Arte Nuova), che in breve tempo si affermò con nomi diversi nei più importanti Paesi europei. L’architetto francese più importante fu Hector Guimard (1867-1942), divenuto famoso non solo per gli edifici da lui progettati, ma soprattutto per gli arredi urbani parigini, come gli originali ingressi alle stazioni della metropolitana. Tipiche dell’Art Nouveau sono le linee morbide e ondulate, che spesso si intrecciano formando motivi ispirati al mondo vegetale, come rami, tralci, foglie e fiori.

Gustave Gurrschner, Lampada con conchiglia di Nautilus, 1899. Richmond,

Virginia Museum of Fine Arts. Le caratteristiche dell’Art Nouveau si ritrovano anche nelle cosiddette arti applicate, finalizzate alla produzione di mobili, suppellettili di vario genere e persino gioielli. Questi oggetti venivano realizzati con i materiali più diversi (dal legno al vetro colorato, dai tessuti ai metalli preziosi), lavorati con estrema raffinatezza.

Il Modernismo di Gaudí in Spagna In Spagna, e in particolare nella Catalogna, il nuovo stile artistico venne chiamato «Modernismo» ed ebbe il suo massimo esponente nell’architetto Antoni Gaudí (1852-1926). Gli edifici di Gaudí presentano linee morbide e arrotondate e sono caratterizzati dalla fusione tra architettura ed elementi decorativi, che possono essere sculture, dipinti o mosaici realizzati con tecniche particolari, scelte per esaltare i colori, sempre brillanti e vivaci. Antoni Gaudí, Casa Batlló (particolare della facciata), 1904-1906. Barcellona.

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Hector Guimard, Ingresso della stazione della metropolitana di Abbesses, 1899. Parigi.


Architettura

U10

3 Il ritorno all’antico:

Neoromanico e Neogotico

L’attenzione verso il Medioevo Negli stessi anni in cui molti architetti si dedicavano a progettare edifici completamente nuovi non solo per il tipo di materiali impiegati, ma anche per la struttura e le forme, altri traevano ispirazione da stili risalenti al Medioevo, dando vita al Neoromanico e al Neogotico. I motivi di questo ritorno al passato erano diversi. Anzitutto, era ancora ben vivo lo spirito romantico, che rivalutava il patrimonio culturale e le atmosfere medievali. In Italia, poi, questa ripresa alimentava gli ideali del movimento risorgimentale e contribuiva a fare riscoprire le radici dell’identità nazionale. In altri casi ancora, il ritorno al Medioevo costituiva una reazione contro gli sconvolgimenti e i turbamenti provocati dallo sviluppo industriale e da una modernità che suscitava entusiasmo ma anche inquietudine.

Angelo da Cassano d’Adda, Chiesa di San Francesco d’Assisi (facciata neogotica), 1899. Ancona.

Costruzioni e ricostruzioni Architetti italiani, come Camillo Boito (1836-1914) e Alfredo D’Andrade (1839-1915), e francesi, come Eugène-Emmanuel Viollet-le-Duc (1814-1879), non solo progettarono nuovi edifici in stile neoromanico e neogotico, ma ristrutturarono edifici medievali, talvolta intervenendo in maniera poco rispettosa delle forme originali o addirittura aggiungendo elementi fino ad allora assenti.

Scorcio della cinta muraria e delle torri di Carcassonne.

L’esempio più famoso è il restauro della città fortificata di Carcassonne, nella Francia meridionale, operato da Viollet-le-Duc tra il 1852 e il 1879. L’intervento sollevò perplessità per la quantità e il tipo di interventi di ricostruzione, che hanno prodotto alla fine un borgo medievale «artificiale». Analoga operazione, peraltro, venne fatta dall’architetto Luca Beltrami (1854-1933) nel restauro del Castello Sforzesco di Milano.


Cittadinanza

Torino, patria del Liberty italiano

Leonardo Bistolfi, Manifesto dell’Art Nouveau per la Prima Esposizione Internazionale di Arte Decorativa Moderna, 1902. Torino.

Durante i primi anni del Novecento, la città di Torino assunse una nuova fisionomia architettonica. A determinare il cambiamento contribuì l’Esposizione Internazionale d’Arte Decorativa Moderna, che si svolse proprio nel capoluogo piemontese nella primavera del 1902. Nella suggestiva cornice del Parco del Valentino vennero allestiti meravigliosi padiglioni in stile Liberty, provenienti da diversi Paesi europei, da Stati Uniti e Giappone con l’intento di promuovere il concetto di bello in architettura, nell’arredamento e nelle arti applicate. L’Esposizione ebbe grande successo e sicuramente contribuì a diffondere il principio secondo cui eleganza e bellezza devono avere anche un carattere pratico e industriale. Oggi non si ha più traccia, se non in fotografia, di quelle strutture fieristiche, ma a testimonianza della straordinaria stagione del Liberty torinese rimane l’architettura di molte residenze borghesi sorte a inizio secolo nelle aree di espansione della città. Proprio nel 1902 l’architetto Pietro Fenoglio (1865-1927), uno dei maggiori organizzatori dell’Esposizione Internazionale, progettò una sua abitazione privata ai confini del centro storico di Torino. L’edificio, oggi noto come Casa Fenoglio-La Fleur (includendo il nome del suo secondo proprietario), è costituito da tre piani fuori terra e una mansarda, con pareti esterne dipinte di rosa, celeste e verde pastello. Sua principale caratteristica è la torretta angolare, arricchita da bow windows, cioè da finestre non allineate al muro ma sporgenti secondo un piano ad arco orizzontale. Le finestre sono impreziosite da coloratissime vetrate in stile Tiffany e da inferriate in ferro battuto decorate con sinuosi arabeschi floreali, in perfetto stile Liberty.

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Pietro Fenoglio, Casa Fenoglio-La Fleur (il bow window), 1902. Torino.

Pietro Fenoglio, Casa FenoglioLa Fleur (vetrata), 1902. Torino.

U10 - Impressionismo e oltre

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Il Liberty in Italia In Italia l’Art Nouveau prese il nome di «Liberty», o «Stile floreale», e si affermò in maniera decisa solo all’inizio del Novecento, dopo l’Esposizione Internazionale d’Arte Decorativa Moderna tenutasi a Torino nel 1902. Le architetture in stile Liberty sono caratterizzate da linee spesso molto elaborate e da fregi disposti lungo porte, finestre e balconi, sempre ispirati alla natura (rami, foglie, fiori...). In alcuni casi, gli stessi temi sono ripresi sulle facciate con mosaici o dipinti dai colori vivaci. Le città italiane che recano le maggiori testimonianze del Liberty sono Milano, Torino e Palermo. Milano, in particolare, conobbe uno straordinario sviluppo di questo stile tra fine Ottocento e inizio Novecento: molti palazzi della ricca borghesia e diversi edifici pubblici furono realizzati secondo la nuova tendenza, valendole il titolo di «capitale del Liberty». Una vera esplosione vi fu nel 1906, quando la città fu sede dell’Esposizione Universale e l’Art Nouveau, nella sua versione italiana, divenne la cifra dell’eleganza milanese.

Giuseppe Brega, Villino Ruggeri, 1902-1907. Pesaro.

Ernesto Basile, Salone, 1899.

Palermo, Grand Hotel Villa Igieia. Gli architetti che progettavano edifici in stile Liberty non di rado si preoccupavano anche di curare gli arredi interni con mobili e oggetti, vetrate, specchi e dipinti o mosaici per ornare le pareti nello stesso stile. Ne risultavano ambienti improntati a un’estrema raffinatezza e a una preziosa eleganza, espressione di una società borghese che viveva gli agi e la spensieratezza di quella che venne definita la Belle Époque, l’«Epoca bella».

Giovanni Battista Bossi, Casa Galimberti (particolare della facciata), 1903-1905. Milano.

U10 - L’Impressionismo e oltre

337


Lo stile inconfondibile di Alfons Mucha L’Art Nouveau si espresse anche nella pittura e nell’arte decorativa. Accanto ad artisti di primo piano, come il pittore francese Henri de Toulouse-Lautrec (p. 370), vi furono altri che si dedicarono, non senza talento, alla realizzazione di cartelloni pubblicitari, manifesti per spettacoli teatrali, calendari, copertine di riviste ecc. Tra questi, uno dei più rappresentativi fu senz’altro il ceco Alfons Maria Mucha (1860-1939), il quale divenne uno dei più ricercati pittori e decoratori del tempo, tanto in Europa quanto negli Stati Uniti. La produzione di Mucha è sterminata e comprende tutti i generi di illustrazione, dai manifesti ai pannelli destinati ad appartamenti privati ed edifici pubblici. La sua arte è caratterizzata da un’estrema raffinatezza nel definire figure quasi sempre femminili, contornate da motivi floreali o geometrici che a volte vanno a costituire vere e proprie cornici. Dopo la Prima guerra mondiale, quando la Cecoslovacchia divenne uno Stato indipendente, Mucha fu incaricato di disegnare persino francobolli e banconote.

A sinistra: Alfons Maria Mucha, Sarah Bernhardt nel

ruolo di protagonista del dramma La signora delle camelie, 1906, manifesto pubblicitario.

A destra: Alfons Maria Mucha, Copertina per il calendario, 1901. Mosca, Pushkin Museum of Fine Arts.

Ieri & Oggi

L’eredità di Mucha Quando Mucha morì, nel 1939, la sua arte era già tramontata e le sue opere vivaci e luminose erano considerate superate, come del resto lo erano anche le altre espressioni tipiche dell’Art Nouveau. A partire dagli anni Sessanta del Novecento, tuttavia, molti grafici e illustratori incominciarono a ispirarsi allo stile di Mucha per disegnare manifesti pubblicitari o locandine di spettacoli di vario genere. Tra i più famosi si può ricordare il canadese Bob Masse (1945), autore di numerosi poster disegnati per pubblicizzare concerti di rock star. La produzione di Masse è chiaramente debitrice dello stile dell’Art Nouveau, ma alcuni suoi manifesti sono proprio una reinterpretazione non solo dello stile, ma anche dei soggetti realizzati da Mucha.

Alfons Maria Mucha, La danza (da un ciclo di pannelli decorativi dedicati alle arti), 1898.

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Bob Masse, Manifesto pubblicitario per un concerto di Bob Dylan e Paul Simon, 1999.


Leggere l’opera d’arte

La Sagrada Familia Nel 1882 iniziarono a Barcellona i lavori per una nuova grande chiesa voluta dal re Alfonso XII: la Sagrada Familia. Nonostante i progetti fossero già da tempo stati ultimati, quando nel 1883 Antoni Gaudí fu incaricato di sovrintendere i lavori, egli ridisegnò completamente l’edificio, facendone un’originalissima sintesi modernista, di cui egli era uno dei massimi esponenti. Per quarant’anni Gaudí si dedicò alla costruzione della Sagrada Familia, che alla sua morte era ancora ben lontana dall’essere compiuta. Pur essendo stata consacrata nel 2010 da papa Benedetto XVI, si stima che essa non verrà ultimata prima del 2026. In effetti, il progetto della chiesa si andò sviluppando nel corso degli anni fino a raggiungere non solo dimensioni, ma anche caratteristiche tali da richiedere un tempo lunghissimo per la sua realizzazione: innumerevoli sono le sculture e le decorazioni disegnate da Gaudí nelle forme morbide e sinuose che richiamano anche elementi naturali tipiche del Modernismo, sia all’interno sia all’esterno dell’edificio.

I portali e le finestre sono chiaramente di ispirazione gotica, con gli archi a sesto acuto la cui forma viene ancora più proiettata verso l’alto.

Nonostante le dimensioni e l’imponenza, l’alternarsi di parti piene e vuote e lo slancio verso l’alto conferiscono all’edificio un senso di leggerezza. Anche questa è una caratteristica che è frequente trovare nelle cattedrali gotiche.

DA COMP

Antoni Gaudí, Sagrada Familia, inizio 1883.

Barcellona.

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Le quattro guglie, altissime, richiamano l’architettura gotica. Tuttavia, la loro struttura e la loro decorazione, con ceramiche colorate e forme morbide, sono tipiche dello stile modernista di Gaudí.

I portali e la facciata sono decorati con sculture che ripetono i soggetti tipici delle cattedrali medievali, come santi e angeli. Anche l’Incoronazione della Vergine, che sovrasta il portale centrale, è un soggetto che ricorre spesso sulle facciate delle cattedrali antiche.

DA COMPRARE

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CuriosArte

Valorizzare il patrimonio

Un salto nel tempo Verso fine Ottocento, un imprenditore di origine svizzera volle far costruire a Collegno, presso Torino, un complesso residenziale intorno al suo cotonificio. Nacque così, su progetto dell’architetto e ingegnere Pietro Fenoglio, il villaggio Leumann con una sessantina di edifici in stile Liberty, una chiesa e una scuola. Con la chiusura del cotonificio, negli anni Settanta del Novecento, il villaggio continuò a vivere: le abitazioni, divenute proprietà del comune di Collegno, ospitano alcune famiglie e l’Associazione Amici della Scuola Leumann promuove iniziative culturali, sociali e ricreative per salvaguardare questo splendido esempio di edilizia industriale trasformata in arte.

A partire dalla metà del XIX secolo, vennero organizzate periodicamente le Esposizioni Universali, destinate a divenire non soltanto una vetrina del profondo progresso tecnologico allora in atto, ma anche occasione di confronto fra le nazioni nel campo del commercio, della cultura, della scienza. La Prima Esposizione Universale, tenutasi a Londra nel 1851, venne accolta come l’espressione di un’era dominata dalla pace e dal benessere. Un’esposizione in sintesi è una manifestazione in cui i Paesi partecipanti mostrano loro prodotti, espressione della loro cultura, delle loro tradizioni e delle innovazioni scientifico–tecnologiche. Generalmente, gli allestimenti di un’esposizione non hanno carattere permanente, ma non mancano lasciti destinati a durare nel tempo. Un esempio emblematico è la Tour Eiffel, simbolo dell’Esposizione Universale di Parigi, nel 1889.

Vivi l’arte Se vuoi scoprire le molteplici testimonianze che fanno di Torino la capitale del Liberty, consulta i siti web sottoelencati: vi troverai mappe, notizie e informazioni per raggiungerli, e video e foto per visitarli da casa. www.torinoinsolita.it/sito_torinoliberty/index.

php?sez=torinoliberty www.italialiberty.it/wp-content/uploads/2013/12/ArtNouveau-a-Torino.pdf www.guidatorino.com/leumann www.greenme.it/viaggiare/ europa/italia/piemonte/17831

Pietro Fenoglio, Abitazioni in stile liberty, 1875-1907. Collegno, Villaggio Leumann.

Competenze individuali Immagina di lavorare a fianco di Louis Comfort Tiffany, nella New York del primo Novecento. Ti è affidata la creazione di una lampada da tavolo. Per poterla progettare in perfetto stile Liberty metti in atto per prima cosa le tue competenze digitali ricercando in internet immagini delle collezioni Tiffany. Ispirandoti ad esse disegna un progetto della lampada che vuoi realizzare. Poi con l’aiuto e i suggerimenti dell’insegnante di Tecnologia realizza un modellino tridimensionale utilizzando materiali di riciclo.

Scheda di autovalutazione e valutazione dell’insegnante sulle Competenze individuali Competenze coinvolte

Si orienta nello spazio e nel tempo e interpreta i sistemi simbolici e culturali della società.

Competenze chiave

Penso di aver raggiunto questo livello

L’insegnante mi ha assegnato il livello

Consapevolezza ed espressione culturale.

A B C D

A B C D

Livelli: A Avanzato; B Intermedio; C Base; D Iniziale

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Architettura Scultura

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4 Rodin: dal classicismo

alla modernità

Il fascino di Michelangelo Il francese Auguste Rodin (1840-1917) è considerato il più grande scultore del secondo Ottocento. Fin da giovane, egli manifestò di non volersi allineare agli orientamenti classici, tanto da venire respinto per ben tre volte consecutive dalla Scuola di Belle Arti di Parigi. Nel 1875, durante un viaggio in Italia, Rodin rimase affascinato dalle opere di Michelangelo Buonarroti, soprattutto dal «non finito» tipico di molte delle sue sculture. Tornato in Francia, si dedicò ad approfondire la resa plastica delle superfici e i contrasti di luce che era possibile ottenere dall’alternanza tra le superfici grezze e quelle levigate. Auguste Rodin, Danaide, 1889-1890,

marmo, 36 × 71 × 53 cm. Parigi, Musée Rodin.

Auguste Rodin, Il pensatore, 1880-1904, bronzo, 98 × 145 cm. Parigi, Musée Rodin. L’opera più famosa di Rodin è Il pensatore. La storia di questa statua è particolare: pensata fin dal 1880 come parte della Porta dell’Inferno, monumentale portale in bronzo per il Museo di Arti Decorative di Parigi, ispirato all’Inferno dantesco, doveva rappresentare la figura del poeta che scruta dall’alto il mondo dei dannati. Il modello per la porta era alto circa 70 cm, ma in seguito Rodin ne fece una statua in gesso di dimensioni più grandi, che venne fusa in bronzo solo nel 1904. Alla nuova imponente scultura, alta 2 metri, fu imposto un nuovo nome (Il pensatore, appunto) e nel 1906 l’opera fu acquistata dalla città di Parigi grazie a una sottoscrizione pubblica.

Competenti in arte Il pensatore testimonia l’influsso esercitato su Rodin sia dall’arte antica sia da Michelangelo: in essa, infatti, sono espliciti i riferimenti a due opere che l’artista poté vedere durante il suo viaggio in Italia: il Torso del Belvedere e la statua di Lorenzo de’ Medici duca di Urbino (noto anche come Il pensieroso). Osserva le tre immagini. C he cosa puoi dire del Pensatore di Rodin riguardo alla definizione dei particolari anatomici, confrontando la statua con il Torso del Belvedere? Che cosa può significare, nel Pensatore, l’accentuazione così forte nella muscolatura? C onfrontando l’espressione del Pensatore con quella di Lorenzo de’ Medici, che cosa puoi notare? Q uali altre somiglianze o differenze sei in grado di individuare fra le tre statue?

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Il disegno e lo «stato spirituale» Prima di realizzare una scultura, Rodin eseguiva molti disegni di modelli dal vivo, ritraendoli da diverse angolature, cercando di cogliere non solo la perfezione delle forme anatomiche, ma soprattutto lo «stato spirituale» che gli interessava interpretare. Nella sua produzione, Rodin privilegiò la rappresentazione del nudo, prendendo ispirazione anche in questo dalla scultura michelangiolesca. Molte sono le opere dedicate al tema dell’amore, nelle quali cercò di infondere una grande espressività, che è possibile cogliere da qualunque angolazione le si guardi.

Auguste Rodin, Il bacio,

1888-1889, marmo, 181,5 × 112,5 × 117 cm. Parigi, Musée Rodin. Il gruppo intitolato Il bacio è un esempio della straordinaria capacità di Rodin nel descrivere il sentimento di trasporto e la passione, sia attraverso la posizione delle figure sia mediante l’intensità che traspare dalle espressioni dei volti.

CuriosArte

Tanto perfetto da sembrare un calco

Michelangelo Buonarroti, Ritratto di Lorenzo de’ Medici duca di Urbino (particolare della tomba), 1531-1534, marmo, 175 × 80 cm. Firenze, Sagrestia Nuova di San Lorenzo.

Apollonio, Torso del Belvedere, I sec. a.C. Città del Vaticano, Museo Pio-Clementino.

Nel 1875 Rodin lavorò a una scultura di nudo maschile a grandezza naturale (circa 181 cm di altezza), che venne fusa in bronzo ed esposta alla mostra nazionale del Salon di Parigi nel 1877 con il titolo L’età del bronzo. La scultura colpì particolarmente gli osservatori, sia per la vitalità che sprigiona sia per la reinterpretazione in chiave del tutto originale e moderna di un soggetto classico come il nudo maschile. Tuttavia, qualcuno insinuò che una statua tanto perfetta sarebbe stata realizzata su un calco totale da un modello vivente. Rodin negò questa accusa gravissima e portò come testimoni altri scultori suoi amici. Alla fine, fu provato che non vi era stato nessun calco e lo Stato francese acquistò l’opera che oggi si trova al Museo Rodin di Parigi, riconoscendone l’eccezionale valore. Negli anni successivi Rodin produsse altri esemplari della statua, oggi sparsi in vari musei del mondo. Auguste Rodin, L’età del bronzo, fusione del 1925, bronzo, 170,2 × 60 × 60 cm, 1875-1877. Filadelfia, Rodin Museum.


Architettura Pittura

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5 Manet e Degas: oltre la tradizione

Lo «scandaloso Manet» Il realismo di pittori come Courbet e Daumier e l’intensità emotiva di Goya influenzarono l’opera di Édouard Manet (1832-1883). Cresciuto artisticamente non nelle accademie ma in circoli e botteghe indipendenti, fin dalle sue prime opere Manet mostrò di volere prendere

le distanze dalla tradizione, sia per i linguaggi utilizzati sia per i soggetti anticonvenzionali o addirittura provocatori. Nel suo modo di dipingere, egli eliminò quasi completamente i chiaroscuri, facendo invece uso di colori contrastanti con i quali definiva i contorni delle figure.

Édouard Manet, Colazione sull’erba, 1863, olio su tela, 208 × 264

cm. Parigi, Musée d’Orsay. Quest’opera può essere considerata «di rottura» rispetto alla tradizione accademica. Il dipinto, improntato a un forte realismo, è privo di chiaroscuri e molti particolari (come il fogliame, alcuni dettagli della natura morta e il fondo) sono appena accennati con pennellate veloci. Anche l’effetto prospettico è reso in maniera essenziale, attraverso la disposizione degli alberi su diversi piani spaziali. Si avverte, invece, un forte contrasto di colori: la figura della donna ritratta nuda in primo piano spicca per la sua luminosità e contrasta fortemente con l’abito scuro dei due uomini. Analogo effetto suggerisce l’altra figura femminile, vestita di bianco, che si bagna in uno specchio d’acqua. Oltre a destare perplessità per la tecnica impiegata, il quadro suscitò scandalo per il nudo di donna riprodotto con estrema naturalezza in un contesto di quotidianità, senza nessun tipo di idealizzazione e al di fuori dei consueti soggetti mitologici o storici nei quali normalmente erano raffigurati i nudi.

CuriosArte

Un salone per gli «esclusi» Ogni anno, a Parigi, si svolgeva la mostra nazionale d’arte del Salon, nella quale i giovani artisti avevano l’occasione di esporre le loro opere e farsi conoscere dal grande pubblico. Partecipare, però, non era facile, perché occorreva superare la severa selezione di una giuria composta da insegnanti dell’Accademia delle Belle Arti molto legati alle regole della tradizione, che tendevano a escludere i pittori che si dimostravano più innovatori. Nel 1863 i giurati del Salon rifiutarono oltre 4000 opere e tra queste vi erano la Colazione sull’erba di Manet e i

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dipinti di altri giovani artisti, come Claude Monet, che in seguito divennero famosi come i più importanti esponenti dell’Impressionismo. L’imperatore Napoleone III, tuttavia, decise di mettere in mostra le opere escluse in un’altra esposizione, che venne chiamata Salon des Refusés «Salone dei Rifiutati». Anche qui, però, le opere escluse non riuscirono a essere apprezzate e, anzi, in molti casi furono aspramente criticate pure dal pubblico, ancora impreparato, come i critici e gli accademici, ad accogliere nuove espressioni artistiche.


Lo stile moderno di Degas Edgar Degas (1834-1917), contrariamente a Manet, fin dal 1855 fu ammesso a frequentare l’Accademia delle Belle Arti di Parigi, ma ben presto si allontanò anch’egli dagli orientamenti della tradizione. La svolta, nel percorso pittorico di Degas, fu segnata dall’incontro con i Macchiaioli italiani, intorno al 1858, e dalla successiva frequentazione del circolo di pittori indipendenti che di lì a poco avrebbero dato vita alla corrente dell’Impressionismo. Degas sperimentò tecniche diverse, per esempio fece molto uso del pastello (come nella Ballerina in verde, qui di fianco), che spesso usava insieme alla pittura a olio o alla tempera. Ugualmente originale fu il suo modo di riprendere le figure: dall’alto verso il basso o dal basso verso l’alto, oppure con una prospettiva in diagonale molto ravvicinata. Questa originalità riguardo al punto di vista sarà l’elemento che più lo distinguerà anche nella sua adesione all’Impressionismo.

La predilezione per la danza: pittura e scultura Fin da giovane Degas amò rappresentare scene di vita quotidiana, ma ebbe una vera predilezione per temi legati alla vita del teatro e in particolar modo al mondo della musica e della danza. Le ballerine divennero il suo soggetto preferito, che egli ritrasse più volte con le tecniche più diverse, fino a sperimentare particolari forme di scultura nella quale erano usati insieme differenti materiali.

Edgar Degas, Ballerina in verde, 1877-1879, pastello e tempera su carta, 64 × 36 cm. Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza.

Edgar Degas, Piccola ballerina di quattordici anni, 1921, bronzo, garza e satin, h 98 cm. Boston, Museum of Fine Arts. Un’opera di Degas diventata molto famosa è la Piccola ballerina di quattrodici anni, alta circa un metro, che l’artista realizzò in cera dipinta e completò con il tutù in tulle, un corpetto in tessuto giallo, le scarpette di raso e un nastro che raccoglie dietro la schiena una chioma di capelli veri. La scultura, presentata nel 1881, colpì il pubblico per il suo realismo, suscitando anche critiche. Dopo la morte dell’artista, del modello in cera vennero fuse alcune copie in bronzo (come nell’immagine qui a fianco), che furono anch’esse completate con alcune componenti in tessuto.

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Architettura Pittura

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Calaude nascita Monet: dell’Impressionismo l’«inventore» 6 7 L

L’esposizione nello studio di Nadar Il 1874 può essere individuato come la data di nascita del movimento pittorico più rivoluzionario e suggestivo dell’Ottocento. In quell’anno, la giuria del Salon parigino escluse dalla manifestazione le opere di un gruppo di artisti (tra i quali anche Degas), i quali decisero di esporre ugualmente i loro quadri nello studio di Nadar (18201910), famoso pioniere delle nuove tecniche fotografiche. Fra i dipinti in mostra da Nadar vi era anche una tela di Claude Monet intitolata Impressione, levar del sole, che fu disprezzata dai critici, i quali etichettarono Monet e gli altri pittori, in modo denigratorio, come «impressionisti». Questi ultimi non rifiutarono questa denominazione, anzi la assunsero per definire se stessi e il nuovo movimento artistico al quale diedero vita: l’Impressionismo.

Claude Monet, Impressione, levar del sole, 1872, olio su tela, 48 × 63 cm. Parigi, Musée Marmottan Monet.

Cogliere la prima impressione In effetti, a fondamento della pittura degli impressionisti vi era la volontà di catturare e fissare l’impressione provata in un momento particolare, per restituirne l’atmosfera insieme alle sensazioni che esso aveva suscitato. Per questo motivo, i soggetti che si trovano nei loro quadri rimandano a luoghi frequentati abitualmente: le strade e le piazze della città, i caffè e i ristoranti, i teatri, i paesaggi di campagna... Anche le persone sono quelle comunemente incontrate: uomini e donne di estrazione borghese, oppure di condizioni più umili, come stiratrici e lavandaie, ma anche prostitute e ubriachi... Non vi era però in tutto questo nessun tipo di impegno sociale, nessun intento educativo: solo la volontà di fissare una percezione legata a un incontro, a un paesaggio, a un contesto particolare, il desiderio di trasmettere un sentimento o un’impressione, appunto.

Edgar Degas, Al caffè (o L’assenzio), 1875-1876, olio su tela, 92 × 68 cm. Parigi, Musée d’Orsay.


La pittura «en plein air » e le suggestioni della luce Gli impressionisti mostravano nelle loro opere sensibilità, attenzioni e talvolta anche tecniche che li distinguevano l’uno dall’altro. Tuttavia, vi erano alcune caratteristiche che li accomunavano: una di queste (con l’eccezione di Degas e Manet) era la predilezione per la pittura all’aria aperta, in francese «en plein air». Mettendosi a dipingere un paesaggio dal vero, spesso portavano a compimento un quadro nell’arco di una giornata, senza disegni preparatori o schizzi, ma distribuendo fin da subito i colori sulla tela. Un altro aspetto che li accomunava era la continua ricerca per rendere nel modo migliore possibile gli effetti creati dalla luce, che si può considerare la vera protagonista delle opere impressioniste. Lo stesso soggetto veniva talvolta rappresentato più volte nelle diverse ore della giornata, e anche in condizioni meteorologiche differenti, così da cogliere tutte le sfumature e gli effetti creati dalla luce.

Camille Pissarro, Avenue de l’Opera, sole, mattina d’inverno, 1898, olio su tela, 73 × 92 cm. Reims, Musée des Beaux-Arts.

Colori puri e pennellate libere Gli impressionisti usavano spesso colori puri, senza mescolarli sulla tavolozza, e non diluiti per creare effetti di chiaroscuro, che nelle loro opere mancano del tutto. Persino le ombre risultano colorate, realizzate con gli stessi colori della parte in luce. I colori erano usati anche per delineare le forme delle figure, quasi sempre prive di contorno. L’innovazione tecnica più importante introdotta dagli

impressionisti, tuttavia, riguardava il modo di stendere i colori sulla tela, con pennellate lunghe o piccoli tocchi, ma in ogni caso in maniera non uniforme. Un modo di dipingere non tollerabile per i tradizionalisti delle accademie. E ancora una volta, nell’applicare i colori sulla tela, venivano ricercate le sfumature luminose, i giochi di luce e ombra resi però sempre in maniera tenue, senza contrasti violenti.

Berthe Morisot, Giorno d’estate, 1879 ca., olio su tela, 46 × 75 cm. Londra, National Gallery.

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Pittura

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7 Claude Monet: l’«inventore»

dell’Impressionismo

Claude Monet: «dipingere la bellezza dell’aria» Claude Monet (1840-1926) è considerato l’«inventore» dell’Impressionismo. Fu lui il vero e prorio leader dei primo gruppo di pittori che si dichiararono «impressionisti» (tra i quali Renoir, Degas, Pissarro, Morisot, Cézanne) ed è lui che ancora oggi, più di tutti, ne rappresenta lo spirito. A partire dalla passione per la pittura all’aperto e per la continua ricerca degli effetti provocati dalla luce che trasformava i paesaggi, gli

edifici e persino l’aria. In una lettera del 1890, indirizzata allo scrittore Gustavo Geoffroy, scrisse: «Non voglio altro che dipingere la bellezza dell’aria». Per tutta la vita Monet non si stancò mai di studiare e ricercare: per questo motivo la sua pittura mostra un’evoluzione continua della tecnica e una varietà incredibile di soggetti.

Claude Monet, Il giardino dell’artista a Giverny, 1900, olio su tela, 81,6 × 92,6 cm. Parigi, Musée d’Orsay.

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Impressioni della cattedrale di Rouen A partire dal 1890, Monet si dedicò soprattutto a realizzare delle «serie» – come quella della cattedrale di Rouen o quella, ancor più famosa, delle ninfee – nelle quali per anni studiò il medesimo soggetto in diverse condizioni di tempo e di luce. Tra il 1893 e il 1894 egli realizzò una serie di trenta tele dedicate alla rappresentazione della facciata della cattedrale di Rouen, nelle quali volle registrare, come in una sorta di reportage fotografico, le variazioni dei

colori in relazione alle differenti ore del giorno, o in giornate che presentavano condizioni meteorologiche diverse. Serie come quella della cattedrale di Rouen dimostrano come la percezione della realtà è condizionata dal continuo mutare della luce e del movimento. Così, di uno stesso «oggetto», si possono ricavare impressioni diverse anche a ogni istante, perché diverse sono le condizioni che si creano in ogni momento.

Claude Monet, La cattedrale di Rouen, pieno sole, armonia in blu e oro, 1892-1893, olio su tela, 107 × 73 cm. Parigi, Musée d’Orsay.

Claude Monet, La cattedrale di Rouen, al tramonto, 1894, olio su tela, 100 × 66 cm. Mosca, Pushkin Museum of Fine Arts.

Claude Monet, La cattedrale di Rouen, tempo grigio, 1894, olio su tela, 102 × 74 cm. Rouen, Musée des Beaux-Arts.

U10 - L’Impressionismo e oltre

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Leggere l’opera d’arte

I papaveri: due quadri in uno Nel 1873, nella campagna di Argenteuil, a nord di Parigi, Monet dipinse uno dei suoi quadri più famosi: I papaveri. A prima vista, il dipinto sembra semplicemente ritrarre la passeggiata di una donna e di un bambino in un campo di papaveri, con un normale paesaggio sullo sfondo. In realtà, il quadro risulta come «sdoppiato» e in esso il pittore riprende le stesse persone (sua moglie Camille e suo figlio Jean) due volte: in alto a sinistra, sulla linea dell’orizzonte, e in primo piano. In questo modo Monet voleva fare percepire non solo lo scorrere del tempo nel quale si dispiega la passeggiata, ma anche il mutare della luce tra un momento e l’altro. Anziché dipingere due quadri di una serie (come per la cattedrale di Rouen), dipinse in un unico quadro lo stesso soggetto in tempi diversi, con colori differenti. L’obiettivo cui intendeva arrivare è comunque lo stesso: mostrare come cambia la percezione della realtà al mutare del tempo e della luce.

I contorni delle figure sono come diluiti, mentre tutta l’attenzione è rivolta ai colori: il verde degli alberi contrasta con il rosso dei papaveri, ottenuti con delle semplici pennellate e picchiettature di colore rosso sul verde indistinto del prato.

I protagonisti della scena, dipinti due volte durante il percorso della loro passeggiata, tracciano una diagonale che taglia in due la struttura del quadro.

Claude Monet, I papaveri, 1873, olio su tela, 50 × 65 cm. Parigi, Musée d’Orsay.

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La linea dell’orizzonte taglia il quadro in orizzontale ed è demarcata dagli alberi. La parte del dipinto sopra l’orizzonte è caratterizzata dal cielo luminoso, mentre nella parte inferiore si concentrano i colori.

Sul prato di papaveri, la luce cambia lungo la diagonale dall’alto (più scuro) verso il basso (più chiaro). Anche gli abiti dei due personaggi cambiano colore schiarendosi: il cambiamento della luce ne muta la percezione.

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Architettura Pittura Architettura

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Cenoir, laude iMonet: contornil’«inventore» 87 R dell’Impressionismo della luce

Impressione e concretezza Pierre-Auguste Renoir (1841-1919) fu tra i primi non solo ad aderire al gruppo degli impressionisti, ma a determinare, insieme a Monet, le linee guida del movimento artistico. Anch’egli nel 1874 espose nello studio di Nadar un dipinto intitolato Il palco, che è, sia per il tema trattato sia per la tecnica utilizzata, un dipinto in tutto e per tutto impressionista. Nel 1881, però, egli si recò in Italia, dove rimase affascinato dalle opere di Raffaello. A partire da quel momento, la pittura di Renoir si caratterizzò, rispetto agli altri impressionisti, per una più spiccata attenzione alla definizione dei contorni delle figure e per una maggiore concretezza nei soggetti rappresentati.

Pierre-Auguste Renoir, Il palco, 1874, olio su tela, 80 × 64 cm. Londra, Courtauld Institute Galleries.

Pierre-Auguste Renoir, Due ragazze al pianoforte, 1892, olio su tela, 116 × 90 cm.

Parigi, Musée d’Orsay. Nella tela Due ragazze al pianoforte, commissionata dallo Stato francese per il Museo del Lussemburgo, l’uso del colore per definire le variazioni delle luci e delle ombre, le pennellate ora lunghe ora limitate a un semplice tocco sulla tela (come si vedono nella tenda o sullo sfondo) rispecchiano la tecnica impressionista. I contorni delle figure in primo piano, però, risultano delineati con precisione, come i profili delle due giovani, la spalliera della sedia o il portacandele del pianoforte.

CuriosArte

Pennelli legati alle mani Renoir conobbe, ancora vivente, uno straordinario successo e la sua produzione è vastissima. A partire dai primissimi anni del 1900, l’artista iniziò a soffrire di una grave forma di artrite reumatoide alle mani e ai piedi, tanto da essere costretto su una sedia a rotelle. Egli tuttavia non rinunciò a dipingere e, poiché la malattia gli impediva di stringere i pennelli tra le dita tremanti e deformate, se li faceva lega-

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ata o, ci te

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ome o il

Pierre-Auguste Renoir, La colazione dei canottieri, 1880-1881, olio su tela, 130 × 175 cm. Whashington, The Philips Collection.

re alla mano. In questo modo, riuscì a eseguire opere bellissime, tra cui uno dei tanti quadri dedicati al tema delle bagnanti (che amava ritrarre fin dai primi anni della sua attività). Terminato solo poche settimane prima di morire, il dipinto esprime ancora una grande vitalità attraverso la bellezza delle forme e la luminosità dei colori. Pierre-Auguste Renoir, Le bagnanti, 1918-1919, olio su tela, 110 × 60 cm. Parigi Musée d’Orsay.

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Leggere l’opera d’arte

Una domenica al Moulin de la Galette I quadri di Renoir trasmettono quasi sempre una sensazione di serenità e di gioia. Non di rado vengono rappresentate scene di svago e di divertimento, ma anche quando il soggetto del dipinto è il tranquillo interno di una casa borghese, oppure un paesaggio di campagna, l’atmosfera è pervasa da un senso di tranquillità e di pace che traspaiono dalle espressioni dei volti o dalle tonalità dei colori. Nel quadro intitolato Ballo al Moulin de la Galette, Renoir rappresentò un momento di festa nella piazzetta davanti a Tutta la composizione è improntata a un grande dinamismo, accentuato dai contorni sfumati delle figure, ottenuti con piccole pennellate di colore.

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un vecchio mulino trasformato in un ristorante, in cima alla collina di Montmartre, dove nelle domeniche di primavera si incontravano per ballare ragazzi e ragazze, artisti e studenti, in un contesto variegato e popolare. Il dipinto è stato realizzato in parte dal vero e in parte in studio e pare che per cogliere gli effetti di luce che si producevano sulla piazza Renoir avesse affittato una casa poco distante dal locale, in modo da potervisi recare di frequente.

La luce non proviene da un punto preciso, ma filtra fra gli alberi producendo chiazze luminose che si riflettono sulle persone.

Il senso della profondità è dato dal modo con cui vengono rappresentate le figure e dall’accostamento di colori di tonalità diverse. I personaggi in primo piano sono più grandi e meglio definiti nei contorni, mentre mano a mano che si va verso il fondo, le figure perdono i loro lineamenti, riducendosi a macchie di colore.

Pierre-Auguste Renoir, Ballo al Moulin de la Galette, 1876, olio su tela, 131 × 175 cm. Parigi, Musée d’Orsay.

La scena è sovraffollata, ma tra i personaggi in primo piano sono riconoscibili alcuni amici dell’artista che chiacchierano tranquillamente intorno al tavolo.


Anche tu artista

Approfondisci sul vol. Pag. 130

A

Dipingi la realtà come gli impressionisti Come Monet riuscì a rappresentare in tanti modi diversi la cattedrale di Rouen, così fece con il laghetto delle ninfee vicino alla sua villa a Giverny: queste serie possono essere paragonate a tanti scatti fotografici dello stesso soggetto in tempi diversi. Non è un caso che Monet abbia usato questo espediente proprio negli stessi anni in cui si stava diffondendo la fotografia, che si è poi affermata come una vera e propria arte, dimostrandosi adeguata anche a fissare impressioni da comunicare. A sinistra: Claude Monet, Stagno con ninfee a Giverny, 1899, olio su tela, 89,2 × 93,3 cm. Filadelfia, Philadelphia Museum of Art. A destra: Claude Monet, Stagno con ninfee, armonia verde, 1899, olio su tela, 89,5 × 93 cm. Parigi, Musée d’Orsay.

Prova anche tu, attraverso un dipinto, a comunicare la tua percezione della realtà, con i suoi cambiamenti e le sue trasformazioni, come facevano gli impressionisti.

3 Dividi ora il foglio da disegno in quattro parti con due rette perpendicolari, in modo da formare quattro spazi di ugual misura.

1 Procurati i seguenti materiali: fotocamera digitale, foglio da disegno 35 × 50 cm, matita, colori a tempera, pennelli di diverse misure.

4 In ciascun riquadro riproduci, con un sottile tratto a matita, le linee essenziali del paesaggio fotografato.

2 Scegli un luogo all’aperto che ti è caro o suscita in te emozioni. Scatta quattro fotografie di questo stesso paesaggio, in altrettanti momenti della giornata e con fenomeni atmosferici diversi (mattino, sera, con il sole, con la pioggia): lo stesso paesaggio si rivelerà sempre diverso.

5 Dai ora forma al paesaggio nelle diverse situazioni temporali e/o atmosferiche con veloci pennellate di colore a tempera puro, alla maniera dei pittori impressionisti.

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Architettura Pittura

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9 Cézanne e il superamento

dell’Impressionismo

Il recupero di forme «solide»

Dalla forma all’essenza

Paul Cézanne (1839-1906) è considerato uno dei primi artisti che, prendendo le mosse dall’Impressionismo, lo superarono, approdando a esiti differenti. All’Impressionismo egli aderì in pieno tra il 1872 e il 1877, ma successivamente sentì l’esigenza di recuperare una maggiore solidità e concretezza delle forme, costruendole in base a precise figure geometriche (la sfera, il cubo, il cono, il cilindro...) e marcandone in maniera più precisa i contorni. Questo passaggio è visibile confrontando due dipinti che rappresentano soggetti simili, come quelli riprodotti in questa pagina.

Cézanne intendeva non fermarsi all’impressione che si ricava dall’osservazione di un soggetto, ma raggiungerne l’essenza, intesa come la sua realtà più profonda. In questo senso egli superò l’Impressionismo e ricercò la sostanza delle cose attraverso la luce, i volumi, gli spazi. Questi, nel suo percorso artistico, si fecero sempre più «solidi» e concreti, non più sfumati e indefiniti.

Paul Cézanne, La casa dell’impiccato, 1873, olio su tela,

55 × 66 cm. Parigi, Musée d’Orsay. La casa dell’impiccato fu dipinto nel 1873 e appartiene al periodo impressionista di Cézanne. Qui le forme paiono sfumate, anche se già emerge una maggiore attenzione rispetto ai volumi, descritti facendo uso del colore, come si nota nel modo di dipingere le case.

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Paul Cézanne, Tornante a Montgeroult, 1898, olio su tela, 81,2 × 66 cm. New York, Museum of Modern Art. In un quadro del 1898, Tornante a Montgeroult, le case hanno precise forme geometriche e presentano contorni definiti da linee scure, all’interno delle quali il colore è steso in maniera più uniforme. Diverse sono anche le pennellate con cui sono dipinti il cielo e gli alberi: non più piccoli tocchi, ma ampie macchie di colore che contribuiscono a fare risaltare i volumi.


Paul Cézanne, Natura morta con mele e un vaso di primule,

1890 ca., olio su tela, 73 × 92,4 cm. New York, Metropolitan Museum of Art. Un esempio del superamento dell’Impressionismo operato da Cézanne si nota nella rappresentazione della natura morta, che il pittore dipinse molte volte. Nel dipinto qui riprodotto, i frutti sono ripresi dall’alto in tutta la loro solidità geometrica, costruita attraverso l’uso del colore. La disposizione dei frutti e degli oggetti serve a dare il senso della profondità, resa anche attraverso le pieghe della tovaglia bianca, che ha una consistenza quasi scultorea. Pure lo spazio circostante è composto geometricamente, come appare dall’angolo della stanza, definito in maniera precisa attraverso l’accostamento netto di due tonalità di colore.

Colori e luce della Sainte-Victoire Come Monet, anche Cézanne riprodusse alcuni soggetti numerose volte, allo scopo di coglierli nella loro concretezza di colore e luce. Il soggetto più ripetuto fu la montagna della Sainte-Victoire, nella Francia meridionale, che egli dipinse continuamente nel corso della sua vita, soprattutto negli ultimi anni.

Paul Cézanne, La Sainte-Victoire, 1897-1898, olio su tela, 81 × 100,5 cm. San Pietroburgo, Hermitage.

I numerosi quadri della Sainte-Victoire testimoniano l’evoluzione della pittura di Cézanne, che negli ultimi anni privilegia il colore e la luce, senza però mai perdere la forma. Anzi, proprio attraverso l’uso del colore e le pennellate ampie e forti la forma acquista una concretezza e una solidità ancora maggiori.

Paul Cézanne, Il monte Sainte-Victoire visto da Les Lauves, 1905-1906, olio su tela, 60 × 73 cm. Mosca, Pushkin Museum of Fine Arts.

U10 - L’Impressionismo e oltre

359


Architettura Pittura

U10

10 Il Puntinismo e il Divisionismo

Il Puntinismo francese... In Francia la ricerca sul colore e sulla luce avviata dagli impressionisti si sviluppò dando vita a un nuovo movimento artistico: il Puntinismo (o Neoimpressionismo). Iniziatore fu Georges Seurat (1859-1891), il quale studiò in modo scientifico gli effetti ottici che si possono ottenere attraverso l’accostamento di colori. Egli iniziò così a dipingere i suoi quadri adottando una tecnica del tutto particolare: accostava l’uno all’altro sulla tela piccolissimi punti di colore puro che, visti a distanza, si fondono insieme, dando l’effetto di sfumature e nuove combinazioni cromatiche. Pur riprendendo soggetti tipici dell’Impressionismo, il Puntinismo di Seurat fissa le figure in composizioni prive di movimento e di spontaneità. I suoi quadri testimoniano una rigorosa ricerca della perfezione formale e degli effetti cromatici, ma non suscitano sentimenti e non restituiscono le impressioni e le suggestioni dell’artista. Un altro protagonista del Puntinismo francese fu Paul Signac (1863-1935), amico di Seurat, dal quale rimase fortemente influenzato. Le opere di Signac, però, si distinguono per le pennellate più ampie, che suggeriscono un’atmosfera più vibrante e un maggiore senso del movimento.

Georges Seurat, Una domenica pomeriggio sull’isola della Grande Jatte, 1883-1885, olio su tela, 207,6 × 308 cm. Chicago, The Art Institute.

Paul Signac, La boa rossa. Saint-Tropez, 1895, olio su tela, 81 × 65 cm. Parigi, Musée d’Orsay.


...e il Divisionismo italiano In Italia il Puntinismo venne ripreso da artisti come Giovanni Segantini (18581899) e Giuseppe Pellizza da Volpedo (1868-1907), fondatori del Divisionismo. Anche questi pittori non mescolavano i colori, ma li applicavano divisi sulla tela, creando effetti ottici analoghi a quelli ottenuti da Seurat e Signac. A differenza degli artisti francesi, però, essi non usavano punti, bensì filamenti di colore ottenuti con pennellate più ampie e con i quali riuscivano a creare atmosfere più luminose e meno statiche. Di Segantini sono noti i soggetti ispirati alla vita campestre o alpina, dipinti dal vero, mentre Pellizza da Volpedo si dedicò maggiormente a temi di carattere sociale, ritraendo scene nelle quali erano illustrate le condizioni di vita dei lavoratori.

Giovanni Segantini, Pascoli di primavera, 1896, olio su tela, 98 × 155,5 cm. Milano, Pinacoteca di Brera.

Giuseppe Pellizza da Volpedo, Il Quarto Stato, 1901, olio su tela, 293 × 545 cm. Milano, Museo del Novecento. Il quadro di impegno sociale più famoso di Pellizza da luminosità. Tutti marciano in modo deciso in avanti, verso Volpedo, realizzato con la tecnica del Divisionismo, è Il un tempo nel quale saranno riconosciuti i loro diritti. Si quarto stato, una grande tela nella quale è raffigurata la allontanano quindi da un passato oscuro (come la penombra marcia di un gruppo di lavoratori in sciopero. Il dipinto ha che caratterizza la parte superiore del quadro) per andare però anche un significato simbolico, reso evidente dalle incontro a un futuro più luminoso (come appaiono in piena posizioni assunte dai personaggi e dai diversi gradi di luce le figure in primo piano).

U10 - L’Impressionismo e oltre

361


Architettura Pittura

U10

11 Van Gogh: l’esaltazione

delle emozioni

Alla ricerca della luce e del colore Vincent Van Gogh (1853-1890) iniziò a frequentare l’Accademia delle Belle Arti di Bruxelles nel 1880, ma un anno dopo lasciò gli studi e ritornò in patria, dove cominciò a disegnare e a dipingere da autodidatta scene tratte dalla vita quotidiana dei contadini e dei minatori olandesi. Nel 1886 andò a vivere a Parigi e l’incontro con le opere di Monet, Renoir e Seurat impresse una svolta decisiva al suo modo di dipingere, nel quale decise di esaltare le luci e i colori. Nel 1888 si trasferì ad Arles, nel Sud della Francia, dove tra il 1888 e il 1889 realizzò i suoi quadri più belli, che raffigurano paesaggi luminosi dipinti en plein air, ma anche ambienti e oggetti legati alla vita quotidiana, o persone che incontrava e con le quali cercava di instaurare rapporti di amicizia, nonostante il suo carattere introverso.

Vincent Van Gogh, Il ponte di Langlois,

1888, olio su tela, 59 × 74 cm. Otterlo, KröllerMüller Museum.

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Ritratto d’artista Vincent Van Gogh nato il 30 marzo 1853 a Zundert (Paesi Bassi) morto il 29 luglio 1890 a Auverssur-Oise (Francia) attività pittore

nome

Fu grande perché...

...seppe comunicare con intensità e immediatezza i sentimenti e le emozioni che lo agitavano. I colori e l’andamento delle pennellate furono i mezzi per esprimere una personalità inquieta e introversa, ma lo stile, particolare e inconfondibile, fu il frutto di lunghe elaborazioni. Traendo spunto dalle opere impressioniste, Van Gogh sperimentò assiduamente il modo per comunicare la sua visione della realtà.


Vincent Van Gogh, La camera di Van Gogh a Arles nel 1889, 1889, olio su

tela, 57,3 × 73,5 cm. Parigi, Musée d’Orsay.

Comunicare i sentimenti Tormentato da disturbi mentali che lo condurranno ancora giovane al suicidio, Van Gogh intese la pittura come il modo privilegiato (forse l’unico a sua disposizione) per esprimere i propri sentimenti e le proprie emozioni, che traspaiono anche dagli sguardi intensi dei suoi numerosi autoritratti. I quadri di Van Gogh riflettono anzitutto i suoi stati d’animo e denotano una corrispondenza tra la natura in essi rappresentata e l’interiorità dell’artista: dalle atmosfere più luminose e solari dei giorni in cui si sentiva sereno e forse felice, a quelle più cupe, dipinte nei momenti di solitudine e disperazione. La tecnica usata da Van Gogh è inconfondibile e si differenzia vistosamente dagli impressionisti. Egli dipingeva usando lunghe pennellate che spalmano sulla tela colori pastosi, assumendo forme e direzioni differenti a seconda del soggetto rappresentato. Anche i colori servono sempre a descrivere uno stato d’animo e nei suoi quadri predominano spesso i gialli, i verdi, i blu e gli azzurri, usati in tutte le loro diverse sfumature.

U10 - L’Impressionismo e oltre

363


Leggere l’opera d’arte

La quiete apparente di una Notte stellata Nel 1889 Van Gogh ebbe una forte crisi nervosa, dovuta probabilmente anche alla decisione dell’amico Gauguin di lasciare Arles, dove per un breve periodo avevano lavorato insieme. Intuendo il pericolo derivante dai suoi disturbi mentali, il pittore decise di farsi curare in una clinica psichiatrica a Saint-Remy-deProvence. Là rimase per circa un anno, dedicandosi soprattutto alla pittura en plein air nella campagna intorno all’ospedale. A quel periodo risale uno dei suoi maggiori capolavori, intitolato Notte stellata. Il dipinto raffigura la veduta dalla stanza di Van Gogh in una notte di primavera, probabilmente fra maggio e giugno. Non si tratta però di una riproduzione fedele del panorama, perché sono presenti elementi che si rifanno chiaramente ai ricordi dell’artista. Il quadro, quindi, è stato eseguito in parte dal vero e in parte ripreso successivamente. Con i suoi colori contrastanti, i toni a tratti cupi oppure luminosi, il paesaggio solo in apparenza è tranquillo: in realtà trasmette l’inquietudine e i dolorosi stati d’animo vissuti dall’artista in quel tormentato periodo della sua esistenza.

Gran parte del quadro è occupato dal cielo, dipinto con ampie pennellate che si intrecciano e si sovrappongono con diverse tonalità di blu e di azzurro.

Il cipresso mosso dal vento si eleva come una fiamma che si agita verso il cielo. È una figura che evoca inquietudine e getta un’ombra scura su tutta la composizione.

Vincent Van Gogh, Notte stellata, 1889, olio su tela, 72 × 92 cm. New York, Museum of Modern Art.

364


La falce di luna, in alto a destra, rischiara con la sua luce la vallata sottostante.

Le stelle somigliano a palle di fuoco attratte in un vortice. I piccoli tocchi di colore ravvicinati con cui sono dipinte trasmettono una sensazione di vibrante tremolìo.

L’andamento vorticoso delle pennellate suggerisce l’idea che l’aria sia percorsa dal vento, come si intuisce anche dal movimento dell’albero sulla sinistra.

La cuspide del campanile, tipica delle chiese olandesi, indica che nel quadro sono presenti anche ricordi e nostalgie dell’infanzia.

U10 - L’Impressionismo e oltre

365


Architettura Pittura

U10

12 Gauguin: l’aspirazione a un

mondo puro e incontaminato

Alla ricerca della semplicità Paul Gauguin (1848-1903) fu per tutta la vita animato da una continua e sempre insoddisfatta ricerca, che lo portò a viaggiare moltissimo e a sperimentare diversi modi di dipingere. Anche i soggetti che troviamo nei suoi quadri sono i più svariati: da quelli religiosi a quelli che ritraggono gli indigeni di Tahiti e di Hiva Oa, nella Polinesia francese (arcipelago a est dell’Australia). Inizialmente attratto dagli impressionisti, verso la fine degli anni Ottanta lasciò Parigi e si trasferì in un piccolo villaggio rurale della Bretagna, Pont-Aven, alla ricerca di un contesto di vita più semplice. Qui egli sperimentò un nuovo tipo di pittura e si allontanò dall’Impressionismo. I suoi quadri sono caratterizzati da forme piatte, semplificate, ottenute stendendo sulla tela il colore puro, senza effetti di luce e ombra, e per questo sono quasi del tutto privi di prospettiva. Vi è comunque nei dipinti di Gauguin una grande forza espressiva e anch’egli, come Van Gogh, utilizzò i colori per esprimere le proprie emozioni.

Paul Gauguin, Buongiorno, signor Gauguin, 1889, olio su tela,

113 × 92 cm. Praga, Národní Galerie. Gauguin si raffigura nel momento in cui torna a casa dopo una giornata di lavoro. La natura che lo circonda e i gesti semplici, come il saluto della donna al suo passaggio, rappresentano ciò che egli ricercava e amava. I colori, gli alberi spogli, la figura dimessa del pittore trasmettono però una sensazione di tristezza e di solitudine: all’epoca egli era infatti oppresso dai problemi economici.

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Essenzialità e colore Le opere più famose di Gauguin, nelle quali il suo stile si esprime nel modo più maturo, sono quelle realizzate prima a Thaiti e poi a Hiva Oa, a partire dal 1891. In quelle terre egli trovò finalmente il contatto diretto che aveva sempre desiderato con una cultura semplice e «primitiva» come quella degli indigeni, nonostante la presenza di contaminazioni europee dovute alla colonizzazione francese. Il soggetto preferito di Gauguin erano le donne tahitiane, che egli dipinse ripetutamente in situazioni differenti. Quasi sempre sono inserite in un contesto naturale, per sottolineare l’armonia tra l’essere umano e una natura lussureggiante, che si rivela anche nelle espressioni serene dei volti. In questi quadri, solo in parte dipinti dal vero e in molti casi eseguiti a memoria durante gli intervalli di soggiorno a Parigi, si consolida definitivamente lo stile pittorico di Gauguin. Le figure sono riprese nei loro tratti essenziali, i colori decisi, accostati senza sfumature, servono anche a definire la profondità e a trasmettere le sensazioni dell’artista.

Paul Gauguin, Nave Nave Moe (Acqua deliziosa), 1894, olio su tela, 74 × 100 cm. San Pietroburgo, Hermitage.

Competenti in arte Il soggetto del «buongiorno all’artista» è suggerito a Gauguin da un quadro di Gustave Courbet del 1854, che porta lo stesso titolo. Gauguin si differenzia però nello stile pittorico e nel modo di rappresentare se stesso, il proprio interlocutore e il contesto circostante. Confronta i due quadri. Q ual è la differenza nell’atteggiamento dei due artisti? N el quadro di Courbet, chi si rivolge al pittore? In che modo? Q uale posto occupa il paesaggio nel quadro di Courbet? In quali rapporti sembra stare l’artista rispetto a esso? Q ual è la differenza di atmosfera tra i due dipinti? Q uale dei due dipinti trasmette maggiormente le emozioni e lo stato d’animo dell’artista?

• • • • •

Gustave Courbet, Buongiorno, signor Courbet, 1854, olio su tela, 129 × 149 cm.

Montpellier, Musée Fabre.

U10 - L’Impressionismo e oltre

367


Spiritualità e realtà Tra le opere di Gauguin ve ne sono alcune che hanno un chiaro riferimento religioso, altre sono ricche di elementi simbolici che rimandano a una dimensione profondamente spirituale. Nel paesaggio bretone egli ambientò soggetti come la crocifissione e la deposizione di Gesù; in Polinesia dipinse quadri che ritraggono forme di devozione pagana e altri ispirati alla religione cristiana, alla quale gli abitanti delle isole erano stati convertiti. Anche l’ambientazione dei soggetti sacri tradizionali, tuttavia, è sempre calata nel contesto degli indigeni e non mancano riferimenti alla loro più antica tradizione culturale e religiosa.

Paul Gauguin, Da dove veniamo? Che cosa siamo? Dove andiamo?, 1897, olio su tela, 139 x 374,5 cm. Boston, Museum of Fine Arts. Vi sono opere nelle quali, più che in altre, Gauguin rivela i propri sentimenti e la propria condizione interiore. Una di queste esprime già nel titolo il tormento e le domande che l’artista si pone in un momento particolarmente difficile della sua vita: Da dove veniamo? Che cosa siamo? Dove andiamo? Nel marzo del 1897, Gauguin fu gettato nello sconforto dalla notizia della morte della figlia Aline. Dentro di lui si posero in modo prepotente domande circa il senso della vita, che volle esplicitare in questo grande quadro pieno di figure simboliche. Gauguin racconta di avere dipinto il quadro nell’arco di un mese e di esso esiste un solo disegno preparatorio. Sono presenti elementi che richiamano le tradizioni religiose indigene (la statua azzurra a sinistra), ma anche, secondo alcuni interpreti, dei riferimenti alla Bibbia, come l’albero della scienza del quale vengono colti i frutti che rimanda all’albero della conoscenza del bene e del male del Paradiso terrestre. Le figure ritratte sono tipiche della pittura di Gauguin e sono presenti, nella stessa posizione, anche in altre opere.


Paul Gauguin, Te tamari no atua (Nascita di Cristo figlio di Dio), 1896, olio su tela, 96 × 128 cm. Monaco di Baviera, Neue Pinakothek. Nel quadro intitolato Te tamari no atua (Nascita di Cristo figlio di Dio) Gauguin rappresenta il tema classico della Natività in un contesto tipicamente tahitiano. Maria, ritratta in primo piano con le fattezze di una donna indigena, dorme su un letto coperto da un luminoso lenzuolo giallo. Gesù è accudito da un’altra donna, mentre sullo sfondo è rappresentata la grotta, secondo l’iconografia classica della Natività, con l’unica variante dei due buoi accanto alla mangiatoia. Accanto a Maria si innalza un totem dipinto, che richiama le antiche credenze tahitiane: la fede cristiana conviveva con le tradizioni religiose del popolo polinesiano. Tutta la scena trasmette un senso di quieta familiarità, un’atmosfera semplice che doveva essere di quotidiana normalità per le famiglie tahitiane care all’artista.

U11 - Le avanguardie

369


Architettura Pittura

U10

13 La Belle Époque

Toulouse-Lautrec: il «cronista di Parigi» Henri de Toulouse-Lautrec (1864-1901) apparteneva a una delle famiglie aristocratiche più note e facoltose della Francia. Fin da giovane decise di dedicarsi all’arte e, giunto a Parigi nel 1882, entrò ben presto in contatto con l’ambiente degli impressionisti e degli artisti che frequentavano i ritrovi di Montmartre. Da subito, Toulouse-Lautrec mostrò di prediligere gli ambienti della vita mondana parigina, in un periodo in cui la città era particolarmente vivace e sfavillante: la cosiddetta «Belle Époque». Nelle sue opere, egli rappresentò la vita dei teatri e dei locali più alla moda di Parigi, senza tuttavia disdegnare i bassifondi e i luoghi più emarginati della città, che egli amava frequentare a motivo della sua indole trasgressiva.

Pittura e litografia Toulouse-Lautrec amava riprendere ballerine, attori, artisti del circo...: tutti i soggetti in movimento erano per lui una fonte di ispirazione. Le sue pennellate vivaci e rapide stendevano sulla tela colori uniformi con i quali riusciva a suggerire la profondità dello spazio. Tutte le sue opere offrono un senso penetrante della realtà, che egli voleva descrivere senza fermarsi alla prima impressione, ma studiando e meditando per renderla il più possibile espressiva. In questo Toulouse-Lautrec supera decisamente gli impressionisti. Alla produzione pittorica, egli unì anche quella delle litografie a colori, realizzate per locandine e manifesti che dovevano pubblicizzare i locali parigini. In queste opere affina un linguaggio essenziale ma estremamente incisivo e proprio le litografie di Toulouse-Lautrec diventeranno uno dei simboli della Belle Époque, avvicinandolo anche allo stile tipico dell’Art Nouveau.

Henri de Toulouse-Lautrec, Manifesto per il cabaret «Divan Japonais», 1893, litografia a quattro colori su carta

tessuto, 81 × 62,3 cm. New York, Metropolitan Museum of Art.

Henri de Toulouse-Lautrec, Al Moulin Rouge: la danza, 1890,

olio su tela, 115 × 150 cm. Filadelfia, Philadelphia Museum of Art.

370


ta rt.

Klimt e la «Secessione viennese» Gustav Klimt (1862-1918) fu il massimo esponente della pittura dell’Art Nouveau (che in Austria, e soprattutto a Vienna, prese il nome di «Secessione»). Formatosi secondo un’impostazione piuttosto tradizionale alla Scuola di Arti e Mestieri del Museo artisticoindustriale di Vienna, Klimt esordì come decoratore, ottenendo subito un certo successo. Aderì nel 1897 alla «Secessione viennese», diventandone subito uno dei maggiori interpreti e affermandosi come ritrattista di donne appartenenti ai ceti più ricchi.

Il «periodo d’oro» di Klimt Lo stile di Klimt acquistò l’originalità del tutto inconfondibile che lo rese famoso a partire dal 1903, anno in cui, dopo un viaggio a Ravenna, rimase folgorato dallo splendore dei mosaici bizantini e dai loro fondi dorati. Da quel momento e per diversi anni molti quadri di Klimt, dai ritratti alle composizioni di carattere simbolico, saranno caratterizzati da un massiccio impiego di oro, che in alcuni casi finirà con l’occupare gran parte della tela. Su di esso, egli traccia disegni estremamente raffinati e dai colori vivaci, di forma geometrica o floreale. Delle figure umane, appiattite sullo sfondo, emergono pochi dettagli (come le mani e i volti), dipinti sempre con grande naturalismo. Nonostante l’atmosfera irreale che circonda i personaggi di Klimt, colpisce la sensualità che si sprigiona dai loro volti e dai loro gesti, come, per esempio, nel dipinto intitolato Il bacio, uno dei più famosi dell’artista.

Gustav Klimt, Ritratto di Emilie Flöge, 1902, olio su tela, 181 × 84 cm. Vienna, Historisches Museum der Stadt.

Gustav Klimt, Il bacio, 1907-1908, olio su tela, 180 × 180 cm. Vienna, Österreichische Galerie Belvedere.

U10 - L’Impressionismo e oltre

371


Verifica delle conoscenze

In sintesi…

DIDATTICA INCLUSIVA

BES

DIDATTICA INCLUSIVA

BES

L’Impressionismo e oltre NELLA SECONDA METÀ DELL’OTTOCENTO • movimenti che si allontanano dalle Accademie • nuove tecniche pittoriche Pittura in Francia: pittura en plein air, effetti della luce, colori puri • Impressionismo: (Monet, Degas, Renoir, Pissarro) • Puntinismo: accostamento di piccoli punti di colori puri e complementari (Seurat, Signac) • Post-impressionismo: ricerche indipendenti (Van Gogh, Gauguin, Cézanne) in Italia: • Divisionismo: accostamento di tratti di colore puro (Pellizza da Volpedo, Segantini)

TRA OTTOCENTO E NOVECENTO • progresso tecnologico • nostalgia del passato Architettura • impiego di ferro, ghisa, acciaio, vetro • strutture originali • nuovi stili: Art Nouveau, Neoromanico, Neogotico

Scultura • r innovamneto dei soggetti e dei linguaggi • reinterpretazione originale dei modelli classici e rinascimentali in Rodin

1. Completa il seguente brano cerchiando l’alternativa corretta. L’Impressionismo è il movimento artistico più [tradizionale / rivoluzionario] dell’Ottocento. Gli artisti che ne fecero parte si erano [allontanati dall’ / avvicinati all’] insegnamento delle Accademie. A loro interessava fissare sulla tela l’impressione di un momento particolare e comunicare le atmosfere e le sensazioni vissute. La maggior parte di questi artisti amava dipingere [nello studio / all’aperto] cercando di cogliere tutti gli effetti possibili creati dalla luce nelle diverse ore del giorno o in diverse condizioni atmosferiche. [Rivoluzionaria / Tradizionale] fu soprattutto la tecnica: colori stesi [puri / molto diluiti] con pennellate [precise / veloci e non uniformi], figure quasi sempre [ben delineate / prive di contorno], [assenza / giochi] di chiaroscuro. 2. Completa le seguenti didascalie di opere post-impressioniste con il nome dell’autore corretto, scegliendolo tra quelli indicati qui di seguito: Vincent Van Gogh, Paul Cézanne, Paul Gauguin 1. .............................., La Sainte-Victoire, 1904. 2. .............................., Notte stellata, 1889. 3. .............................., Nave Nave Moe (Acqua deliziosa), 1894. 3. Indica con una crocetta le caratteristiche tipiche dell’Art Nouveau. 1. Utilizzò linee morbide e ondulate. 2. Fu molto applicato nell’illustrazione di manifesti, cartelloni pubblicitari, copertine… 3. Le facciate dei palazzi sono molto sobrie. 4. Non si affermò in Italia.

372


Verifica

Lettura dell’opera d’arte

delle conoscenze

Dipingere il «male di vivere»

La grande intuizione del pittore olandese Van Gogh fu quella di rappresentare i soggetti alla luce dei propri sentimenti. In Campo di grano con corvi, che fu probabilmente l’ultimo dipinto da lui realizzato, emergono chiaramente tristezza, disperazione e solitudine. La linea dell’orizzonte taglia la tela, evidenziando un cielo che si sta preparando alla tempesta. Al di sotto, vediamo un inquietante volo di corvi su un campo di grano, le cui spighe sembrano vorticosamente agitate dal vento. Anche il colore, energico e vibrante, definisce, con la sua corposità, il tormento dell’artista, il suo «male di vivere». In un campo come questo, quello stesso anno, l’artista si toglierà la vita. Vincent Van Gogh, Campo di grano con corvi, 1890, olio su tela, 50,5 × 100,5 cm. Amsterdam, Van Gogh Museum.

Osserva e completa il testo inserendo le seguenti parole al posto giusto. sentiero • metafora • irregolari • morte • diramazioni • corvi • immagini Van Gogh rappresenta un campo di grano con pennellate ....................................................................................... e vorticose, che trasmettono un senso di inquietudine. Le ............................................................ sono deformate. Sul campo volano i ......................................................................... , come un triste presagio di ....................................................................................... . Tra le spighe si perdono le ......................................................................... del ................................................................. . Anche questo dettaglio può essere visto come ...................................................................................... della vita che,

per l’artista, non conduce da nessuna parte, se non al destino finale della morte.

Osserva e rifletti. 1. In che modo il colore comunica i sentimenti? 2. Come è steso il colore da Van Gogh? con campiture uniformi con pennellate lunghe e pastose 3. Quali sono le tonalità usate nel dipinto? Questi colori sono ricorrenti in altre opere di Van Gogh che conosci? 4. Il segno (la texture) è espressione dell’istintività dell’artista. Quali sensazioni trasmette a te il particolare tratto di Van Gogh?

U10 - L’Impressionismo e oltre

373


U11

Le Avanguardie

Dove Oslo

San Pietroburgo

Mosca

Berlino

Londra

Colonia

Milano Nizza Madrid

Figueres Barcellona

Principali centri di innovazione artistica

374

Vienna

Zurigo Ferrara Bologna Firenze Roma

1910-1917 1904-1905

Primo messaggio radiofonico

Monaco

Parigi

Quando 1900

Praga

Bruxelles

Pablo Picasso, Studio con testa di gesso, 1925, olio su tela, 97,9 × 131,1 cm. New York, Museum of Modern Art.

Rivoluzione messicana

Guerra russo-giapponese

Odessa

1900 1893

Edvard Munch, L’urlo

1907

Pablo Picasso, Les demoiselles d’Avignon

1910 1909

Filippo Tommaso Marinetti pubblica il Manifesto del Futurismo

1910

Henri Matisse, La danza


Dopo la Prima guerra mondiale, si fece strada la consapevolezza del fatto che la storia aveva compiuto una svolta decisiva ed era definitivamente iniziata l’età che siamo soliti chiamare «contemporanea». Anche le arti furono influenzate in maniera decisiva da questa nuova percezione e si moltiplicarono i movimenti artistici detti di «Avanguardia». Erano movimenti che in vari modi «rompevano» con le tradizioni del passato, aprendosi a nuove prospettive, con risultati talvolta sconvolgenti e tali da creare disorientamento.

Le Corbusier, Villa Savoye, 1930-1931, Poissy.

Constantin Brancusi, Mademoiselle Pogany, 1913,

bronzo, 44 × 22 × 32 cm. New York, Museum of Modern Art.

7

1914-1918

e

Prima guerra mondiale

1917

1913

Umberto Boccioni, Forme uniche della continuità nello spazio

1922

Rivoluzione d’ottobre in Russia

Nasce l’Unione Sovietica. Ascesa di Mussolini in Italia

1920 1918

Giorgio De Chirico, Le muse inquietanti

1919

Walter Gropius fonda il Bauhaus

1924-1953

Stalin governa la Russia

Piet Mondrian, Trafalgar Square, 1939-1943, olio su tela, 145,2 × 120 cm. New York, Museum of Modern Art.

1929

1933

Inizia la «Grande crisi» economica

Ascesa di Hitler in Germania

1936-1939

Guerra civile spagnola

1930 1930-1931

Le Corbusier, Villa Savoye

1931

Salvador DalÍ, La persistenza della memoria

1936-1937

Frank Lloyd Wright, Casa Kaufmann

1939-1945 Seconda guerra mondiale

1940 1937

Pablo Picasso, Guernica. Inizio costruzione del Palazzo della Civiltà Italiana

U11 - Le Avanguardie

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Idee guida

Nuovi linguaggi artistici

Le Idee guida ti serviranno a focalizzare i punti principali di un periodo artistico, a conoscere le persone che lo hanno caratterizzato e potranno orientarti meglio nello studio dell’arte del primo Novecento. 1

Una nuova architettura «razionale»

Dopo la fine della Prima guerra mondiale gli architetti abbandonarono quasi completamente lo stile dell’Art Nouveau. Nella costruzione degli edifici furono applicati criteri legati alla razionalità e alla funzionalità, nella ricerca di un nuovo tipo di bellezza all’insegna dell’essenzialità e priva di decorazioni. Allo stesso tempo, venne cercato un rapporto più equilibrato con l’ambiente naturale o con il contesto urbano all’interno dei quali le nuove costruzioni si inserivano. Sempre più vennero impiegati materiali come il vetro e il cemento armato, che consentivano soluzioni architettoniche robuste e innovative.

Le Corbusier, La Città Radiosa, 1945. Marsiglia.

2

La tensione verso il futuro

La scultura di inizio secolo risultò fortemente segnata dal movimento culturale del Futurismo, che esaltava il dinamismo, la velocità e il progresso industriale. Vi furono però anche artisti che non nutrivano la stessa fiducia nella tecnologia e nello sviluppo, anzi, ne denunciavano i rischi; altri, invece, si mossero nella direzione di un recupero dei modelli classici. Anche in questi casi, però, essi ricercarono il «nuovo», sperimentando nuove tecniche e nuovi linguaggi.

Umberto Boccioni, Antigrazioso, 1950-1951, fusione in bronzo di un calco in gesso del 1913, h 60 cm ca. New York, Museum of Modern Art.

376


3

Le nuove strade delle Avanguardie

Nel primo Novecento fiorirono diverse correnti pittoriche di Avanguardia. Ogni nuova corrente, volta alla rottura con la tradizione, pose l’accento su un aspetto diverso: dal dinamismo tipico del Futurismo alla capacità di cogliere la realtà da diversi punti di vista tipica del Cubismo; dall’Espressionismo, che fece della pittura il linguaggio privilegiato per comunicare i sentimenti e gli stati d’animo dell’artista, fino al Dadaismo, ironico e dissacrante.

Pablo Picasso, Ritratto di Dora Maar, 1937,

olio su tela, 92 × 65 cm. Parigi, Musée National Picasso.

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Un diverso modo di vedere e comunicare la realtà

La pittura del primo Novecento fu caratterizzata da un nuovo rapporto tra gli artisti e la realtà, che essi rappresentarono in maniera del tutto originale. Addirittura, Avanguardie come l’Astrattismo e il Surrealismo, seppure con obiettivi e risultati assai differenti, restituirono rappresentazioni della realtà apparentemente assurde, senza senso, o almeno tali da renderla irriconoscibile. Di fatto, invece, furono tentativi per arrivare a coglierne l’essenza più profonda, con un linguaggio che potesse essere comprensibile a tutti, come la musica e la poesia.

Vasilij Kandinskij, Cielo blu, 1940,

olio su tela, 100 × 73 cm. Parigi, Musée National d’Art Moderne, Centre Pompidou.

Preconoscenze Tra Ottocento e Novecento la nascita di nuovi e originali movimenti artistici fu influenzata dal progresso scientifico e in particolare dalla messa a punto della tecnica fotografica. Ciò esautorerà gli artisti dall’obbligo di rappresentare il vero in modo impeccabile: alcuni soffriranno la perdita di quella funzione, altri si serviranno della nuova invenzione, altri ancora, con genio e audacia, creeranno le cosiddette «Avanguardie storiche». I colori e le forme non dovranno più rappresentare ciò che si vede, ma ciò che si vuole esprimere. uesto è un tema ancora oggi attuale? Ti invitiamo a fare una riflessione, con i tuoi compagni, su quali tecnologie oggi •Q in uso abbiano influito sui linguaggi dell’arte.

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Architettura

U11

1 Una nuova architettura: il Bauhaus

Una scuola «democratica» Negli anni successivi alla fine della Prima guerra mondiale, gli architetti sperimentarono linguaggi fortemente innovativi rispetto al passato e coerenti con le esigenze poste dai progressi del nuovo secolo. Una decisa rottura si produsse rispetto all’Art Nouveau e ancor più rispetto agli stili che riprendevano esplicitamente tradizioni antiche. Fin dal 1919 Walter Gropius (1883-1969) fondò in Germania una scuola di architettura, arte e design nella quale insegnanti e studenti collaboravano insieme allo studio e alla progettazione: la Bauhaus. L’idea di fondo di Gropius era che l’architettura dovesse contribuire a migliorare la vita delle persone e che tutti potessero avere accesso ad arredi e oggetti di uso quotidiano prodotti su scala industriale, nei quali la funzionalità fosse unita all’arte. Il perseguimento di questo obiettivo e lo spirito di collaborazione tra docenti e studenti facevano del Bauhaus una scuola «democratica».

Copertina della rivista «bauhaus»,

n° 1, vol. 3, 1929. La rivista pubblicava i risultati delle ricerche e le novità proposte dalla scuola fondata da Gropius.

Razionalità e funzionalità Gli edifici progettati dalla scuola Bauhaus erano ispirati ai princìpi che si stavano facendo strada non solo in Europa, ma anche negli Stati Uniti e che diedero vita al cosiddetto «Movimento moderno». Le costruzioni destinate a ospitare abitazioni o uffici dovevano rispondere a criteri di razionalità e funzionalità: gli spazi erano quindi adeguati a soddisfare le esigenze pratiche di coloro che li avrebbero abitati per viverci o per lavorarvi. Walter Gropius, Sede del Bauhaus. Edificio con aule e laboratori, 1925-1929. Dessau.

Walter Gropius, Sede del Bauhaus, Palazzina con gli alloggi per gli studenti, 1925-1929, Dessau. Lo stesso edificio che ospitò la scuola Bauhaus a Dessau tra il 1926 e il 1933 può essere considerato un esempio di questo ideale architettonico. Progettato dallo stesso Gropius, aveva forme rigorosamente geometriche, locali di grandezza adeguata al tipo di attività che erano destinati ad accogliere e ampie finestre che illuminavano gli ambienti nei quali insegnanti e studenti lavoravano insieme. Vi era poi anche una parte residenziale, che ospitava gli appartamenti per i docenti e alloggi più piccoli per gli studenti.

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L’invenzione del design

CuriosArte

Alla scuola di Gropius viene fatta risalire anche la nascita del design, inteso come l’ideazione e la produzione su scala industriale di oggetti di uso quotidiano che, oltre a essere pratici e poco costosi, erano realizzati secondo un disegno artistico originale. Anche gli oggetti di design progettati dal Bauhaus rispondevano a criteri di funzionalità e semplicità geometrica.

Marcel Breuer, Modello B3, 1926-1927, acciaio nichelato, cuoio e ferro filato. New York, Museum of Modern Art. Un esempio tipico è la poltrona Modello B3, progettata da Marcel Breuer (1902-1981). Abbandonata completamente l’idea della tradizionale poltrona imbottita, Breuer disegnò un’intelaiatura leggera interamente costituita da tubi in acciaio, tra i quali sono tese fasce di tessuto che formano il sedile, lo schienale e i braccioli. La forma della sedia, estremamente sobria, richiama quella di un cubo e gli elementi che la compongono sono esclusivamente quelli necessari a svolgere la sua funzione.

Erich Dieckmann, Orologio da tavolo,

1931. Weimar, Fondazione Weimar Classics.

Da Modello B3 a Poltrona Vasilij Breuer progettò la poltrona Modello B3 nel 1925. In quegli anni, egli aveva studiato l’impiego dei tubi in acciaio per la costruzione di biciclette che vennero prodotte dalla Adler. Convinto che gli stessi tubi potessero essere impiegati anche per la costruzione dei mobili, si fece piegare da una ditta specializzata i tubi di cui aveva bisogno e costruì personalmente la poltrona che aveva disegnato. Quando il famoso pittore Vasilij Kandinskij, che insegnava al Bauhaus, vide il prototipo, lo volle per il salone di casa sua. In seguito, la poltrona venne commercializzata con il sostegno di una campagna pubblicitaria che ne esaltava la comodità, la funzionalità, l’elasticità e persino l’igiene. La Modello B3, però, conobbe un enorme successo di vendite negli anni Sessanta, quando un produttore italiano, Dino Gavina, convinse Breuer a cedergli i diritti di produzione e la mise in commercio con il nome di Poltrona Vasilij, ricordando l’ammirazione mostrata da Kandinskij per quel semplice oggetto d’arredamento.

Marianne Brandt, Teiera, 1924. New York, Museum of Modern Art.

Herbert Bayer, Pubblicità per la poltrona Modello B3 di Breuer, 1927.

New York, Museum of Modern Art.

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Architettura

U11

2 Fra Razionalismo e Art Déco

Il Razionalismo di Le Corbusier

L’Espressionismo di Mendelsohn

L’impianto razionale degli edifici progettati nell’ambito del Bauhaus diede avvio al movimento architettonico noto come «Razionalismo», di cui uno dei più importanti interpreti fu l’architetto francese Charles-Edouard Janneret, più comunemente noto come Le Corbusier (1887-1965). Gli edifici ideati da Le Corbusier sono semplici e squadrati, senza decorazioni, improntati a uno stile di pura essenzialità. I materiali privilegiati erano il cemento armato (talvolta lasciato nel suo colore naturale, altre volte dipinto semplicemente di bianco) e il vetro, usato per le ampie vetrate «a nastro» presenti soprattutto nelle ville. Tra le caratteristiche ricorrenti in molti edifici di Le Corbusier vi erano quelle di essere sospesi su pilastri sottili (pilotis) e di avere una copertura piana sulla quale venivano realizzati giardini pensili.

In Germania, prima dell’avvento del nazismo, si affermò nell’architettura la corrente espressionista, caratterizzata dalla vivacità delle forme, talvolta fantasiose, anche se non prive di razionalità, e comunque rigorosamente funzionali. Uno tra gli architetti più noti dell’Espressionismo tedesco (che si sviluppò soprattutto in ambito pittorico) fu Erich Mendelsohn (1887-1953), il quale progettò originali edifici come la Torre Einstein, dalle linee morbide ed eleganti che richiamano Gaudí. La torre, che ospita alla sommità un piccolo osservatorio astronomico, conteneva al suo interno un efficientissimo laboratorio nel quale venivano svolti esperimenti basati sulle teorie del celebre scienziato tedesco Albert Einstein.

Erich Mendelsohn, Torre Einstein,

1919-1923. Potsdam.

Le Corbusier, Villa Savoye,

1930-1931. Poissy.

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L’architettura organica di Wright

L’Art Déco nell’architettura

Negli Stati Uniti l’architetto Frank Lloyd Wright (18671959) fondò quella che egli stesso chiamò «architettura organica». Si trattava di un tipo di architettura che integrava gli edifici nell’ambiente circostante, senza sconvolgerlo e al tempo stesso prendendo spunto da esso per modellare la costruzione.

Sempre negli Stati Uniti, alla fine degli anni Venti si affermò nell’architettura una tendenza già presente in Europa a partire dal 1925, quando a Parigi si tenne l’Esposizione Internazionale di Arti Decorative e Industriali Moderne: l’Art Déco. Si trattava di uno stile che si caratterizzava per l’uso di materiali come acciaio e alluminio, legno laccato ed ebano e che prediligeva forme segnate da linee curve o a zigzag o a scacchi, oppure somiglianti a raggi solari. Negli Stati Uniti, lo stile Art Déco venne impiegato in architettura da William van Alen (1883-1954) per la costruzione del Chrysler Building, un grattacielo di 77 piani alto 319 metri che sorge nel cuore di New York. Gli elementi Art Déco sono ben individuabili nella parte superiore dell’edificio, con gli archi decorati a raggiera, e nella guglia in acciaio inossidabile alta ben 38 metri.

William van Alen, Chrysler Building,

1928-1930. New York.

Frank Lloyd Wright, Casa Kaufmann, 1936-1937. Pennsylvania, Bear Run. Il più importante esempio di edificio integrato con l’ambiente progettato da Wright fu la Casa Kaufmann (conosciuta anche come «Casa sulla cascata»), costruita in un bosco della Pennsylvania e sospesa sulla cascata di un piccolo torrente. La casa è composta da terrazze sovrapposte, chiuse da grandi vetrate che creano continuità fra l’interno e l’esterno della villa. Anche le pietre impiegate per rivestire pareti e pilastri in cemento armato e per realizzare i pavimenti interni provengono dal bosco e sono abilmente integrate nella struttura. L’edificio viene quindi a fondersi con la natura come parte di un unico organismo e da qui deriva il nome di «architettura organica».

CuriosArte

Il record del grattacielo più alto Quando Walter P. Chrysler, fondatore della famosa casa automobilistica americana, commissionò a William van Alen la costruzione del Chrysler Building, voleva che il grattacielo fosse il più alto del mondo e che lo restasse per un bel po’ di tempo. Per questo motivo, fece aggiungere al progetto iniziale ben 10 piani. In seguito, lo stesso van Alen ottenne il permesso di collocare in cima all’edificio una guglia in acciaio alta circa 38 metri, passando da 281 a 319 metri d’altezza. Il grattacielo venne inaugurato nell’ottobre del 1929, ma l’orgoglio di Chrysler per il fatto di possedere il grattacielo più alto del mondo durò poco: un anno dopo venne inaugurato l’Empire State Building, più alto di venti piani e che, con una guglia di 62 metri, arrivava a 443 metri d’altezza. La delusione di Chrysler fu tale che si rifiutò di pagare a van Alen l’ultima rata del compenso che gli doveva. Peccato non fosse ancora vivo nel 2005, quando una commissione di architetti e critici d’arte giudicò il Chrysler Building il grattacielo più bello di New York: forse avrebbe finalmente saldato il conto rimasto in sospeso con l’architetto che l’aveva progettato...

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Architettura

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3 L’architettura di regime

L’architettura, strumento di propaganda politica I regimi totalitari saliti al potere dopo la Prima guerra mondiale – stalinismo in Unione Sovietica, fascismo in Italia e nazismo in Germania – fecero dell’architettura uno dei principali strumenti di propaganda politica. In Italia, tra il 1922 e il 1943, venne affidato agli architetti il compito di esaltare, attraverso grandiose opere pubbliche, la potenza del fascismo e del suo leader, Benito Mussolini. Si andò così affermando l’architettura detta «littoria», il cui stile era il risultato dell’unione tra l’ispirazione ai modelli classici, che dovevano richiamare la grandezza di Roma, e i criteri tipici del Razionalismo.

Uno stile semplice e grandioso L’architettura fascista si distingue per le linee semplici e geometriche; nelle costruzioni più importanti le proporzioni sono spesso notevoli e anche gli spazi interni molto vasti, tali da trasmettere un’idea di grandezza e di potenza. Sempre, comunque, tutto è progettato nel rispetto dei princìpi di razionalità e funzionalità.

Paolo Mezzanotte, Palazzo della Borsa, 1929-1932. Milano.

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Giovanni Guerrini, Ernesto Lapadula e Mario Romano, Palazzo della Civiltà Italiana, 1937-1940. Roma. Uno dei maggiori esempi di architettura fascista è il Palazzo della Civiltà Italiana, a Roma, nel cuore della grande area destinata ad accogliere l’Esposizione Universale del 1942, mai realizzata a causa della guerra. Il palazzo è imponente e squadrato e le grandi arcate (54 per ciascuna delle quattro facciate) ricordano esplicitamente il Colosseo (da cui il nome di Colosseo quadrato con il quale è pure conosciuto l’edificio), così da rendere evidente il collegamento tra il regime fascista e la gloria imperiale di Roma. Il suo impianto è però di impronta rigorosamente razionale.


Le città «fasciste» Il regime fascista non si limitò a progettare singoli edifici: gli architetti a servizio di Mussolini furono incaricati di costruire dal nulla intere città nelle zone che nei primi decenni del Novecento vennero bonificate, soprattutto in Lazio. Fu il caso di città come Littoria (oggi Latina), Pomezia, Aprilia, Sabaudia: centri costruiti secondo i criteri del Razionalismo architettonico, con un impianto rigorosamente geometrico ed estremamente funzionale in tutte le sue componenti. La città di Sabaudia, forse l’esempio meglio riuscito di città fascista, divenne famosa come la «perla del Razionalismo».

Gino Cancellotti, Chiesa della Santissima Annunziata, 1933-1934. Sabaudia.

Il progetto di Berlino secondo Hitler Anche Hitler fece ampio uso dell’architettura come strumento di propaganda politica, non solo per gli edifici pubblici, ma anche per le scenografie allestite per le grandiose adunanze organizzate dal regime. L’architetto più famoso della Germania nazista fu Albert Speer (19051981), al quale Hitler affidò la progettazione della «nuova Berlino», con edifici che avrebbero dovuto esprimere la grandezza e la potenza del «Reich millenario». Per esempio, era prevista la costruzione di un maestoso edificio chiamato Sala del popolo (o Sala della gloria), sormontato da una cupola del diametro di circa 250 metri (6 volte il diametro della cupola di San Pietro!) e alta 200 metri. Nessuno di questi edifici fu realizzato, a causa dello scoppio della guerra, e anche la nuova Cancelleria fatta costruire da Hitler venne distrutta dai bombardamenti nel 1945. L’unico edificio progettato da Speer ancora esistente è lo Stadio Olimpico costruito per le Olimpiadi del 1936.

Albert Speer, Progetto dei palazzi del governo di Berlino (particolare), 1939-1940, plastico in gesso.

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Architettura Pittura

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4 L’Espressionismo:

la pittura dei sentimenti

Comunicare il mondo interiore Il movimento dell’Espressionismo nacque nei primi anni del Novecento come reazione all’Impressionismo. Gli artisti, detti «espressionisti», puntavano infatti non tanto a riprodurre le impressioni suscitate in loro dalla realtà circostante, quanto piuttosto a comunicare all’esterno i propri stati d’animo, i propri sentimenti e il proprio mondo interiore.

I primi segnali di un orientamento epressionista erano già presenti in Van Gogh e in Gauguin. Tuttavia, il vero precursore e ispiratore del movimento fu Edvard Munch (1863-1944), il quale dichiarò di volere mostrare nelle sue opere «esseri viventi che respirano, sentono, amano e soffrono».

Edvard Munch, L’urlo, 1893, olio su tela, 91 × 74 cm. Oslo, Munch Museum. L’urlo, il quadro più famoso di Munch, illustra un’esperienza personale dell’artista, che egli narra nel suo diario, rivelando il significato del dipinto e dei suoi colori: «[...] era l’estate del 1893. Era una serata piacevole [...] e io passeggiavo insieme a due amici all’ora del tramonto. [...] Improvvisamente, ho sentito un urlo che attraversava la natura. Un grido forte, terribile, acuto, che mi è entrato in testa, come una frustata. Subito l’atmosfera serena si è fatta angosciante, simile a una stretta soffocante: tutti i colori del cielo mi sono sembrati stravolti, irreali, violentissimi. [...] Anch’io mi sono messo a gridare, tappandomi le orecchie, e mi sono sentito un pupazzo, fatto solo di occhi e di bocca, senza corpo, senza peso, senza volontà, se non quella di urlare, urlare, urlare... Ma nessuno mi stava ascoltando: ho capito che dovevo gridare attraverso la pittura, e allora ho dipinto le nuvole come se fossero cariche di sangue, ho fatto urlare i colori. Non mi riconoscete, ma quell’uomo sono io».

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Un «Ponte» tra il vecchio e il nuovo Nel 1905 un gruppo di giovani artisti fondò a Dresda, in Germania, il movimento Die Brücke, «Il Ponte». Ad esso aderirono pittori come Erich Heckel (1883-1970), Ernst Ludwig Kirchner (1880-1938) e Karl Schmidt Rottluff (1884-1976). Il loro scopo era quello di gettare un ponte tra l’arte tedesca contemporanea e un nuovo modo di dipingere. Intendevano così soddisfare la profonda esigenza di autenticità che avvertivano ed esprimere liberamente i loro sentimenti e le loro tensioni spirituali. Le figure dipinte dagli artisti del Ponte sono essenziali, i colori restituiscono atmosfere spesso cupe, frequenti sono gli effetti di contrasto e i passaggi talvolta bruschi da una tonalità all’altra, che evocano il disagio e la ribellione di questi giovani artisti rispetto a una società dominata dagli ideali borghesi. Inoltre, essi provavano insofferenza verso il clima culturale e politico di stampo conservatore e repressivo imposto alla Germania dal kaiser Guglielmo II. Ernst Ludwig Kirchner, Potsdamer Platz, 1914, olio su tela, 200 × 150 cm. Berlino, Neue Nationalgalerie. Kirchner spesso ritrae donne della borghesia in abiti eleganti ma dai volti simili a maschere che accentuano lineamenti duri e inespressivi. È chiaro l’intento di ridicolizzare la classe borghese, ma soprattutto egli vuole mettere in evidenza l’abbruttimento provocato dalla civiltà industriale, che ha fatto prevalere il profitto rispetto a valori di carattere spirituale. Tutto questo si esprime attraverso la scelta di colori accostati in modo da esaltare l’effetto drammatico.

Il Cavaliere Azzurro Un altro nuovo movimento nacque in Germania, a Monaco, nel 1911 e prese il nome di Der Blaue Reiter, «Il Cavaliere Azzurro». Tra gli esponenti più importanti vi furono Franz Marc (1880-1916) e Vasilij Kandinskij, che diedero questo nome al movimento semplicemente perché amavano il blu e i cavalli. Gli artisti che aderivano al Cavaliere Azzurro Franz Marc, Grandi cavalli blu,

1911, olio su tela, 181 × 105 cm. Minneapolis, Minneapolis Institute of Arts. I cavalli di Marc intendono esprimere la purezza e l’innocenza che l’uomo aveva ormai perduto.

pensavano che l’arte servisse a esprimere temi di tipo spirituale e Marc, in particolare, si sforzò di comunicare un sentimento di purezza e naturalezza. Per questo amava dipingere animali: egli riteneva che essi vivessero in modo più autentico e naturale rispetto agli uomini, soprattutto in anni in cui il mondo si avviava verso la Prima guerra mondiale.


La pittura «selvaggia» dei Fauves Non tutti gli artisti espressionisti intendevano, con la loro arte, esprimere i propri tormenti e le proprie angosce personali. Vi furono anche molti che vollero comunicare anche gioia e amore per la vita. In Francia, fin dai primissimi anni del Novecento, si formò il gruppo dei Fauves («Belve»), al quale aderirono artisti come Henri Matisse (1869-1954), André Derain (1880-1954) e Albert Marquet (1875-1947). Iniziarono a essere chiamati così a partire dal 1905, quando, al Salon d’Automne di Parigi di quell’anno, la sala dove erano esposte le loro opere fu definita da un critico «una gabbia di belve». In effetti, i colori vivaci, quasi aggressivi, le forme semplificate, dipinte in modo quasi istintivo, talvolta addirittura spremendo il tubetto direttamente sulla tela, davano l’idea di un’arte per certi versi «selvaggia». Tutta questa esuberanza di colore serviva a esprimere l’intenso rapporto positivo che questi pittori avevano nei confronti della vita e del mondo che li circondava.

André Derain, Le due chiatte, 1906, olio su tela, 80 × 97,5 cm. Parigi, Musée National d’Art Moderne, Centre Pompidou.

Matisse: i colori della gioia L’artista più importante della corrente dei Fauves fu Henri Matisse, che riuscì a ottenere un grande successo personale anche dopo lo scioglimento del gruppo, già nel 1908. La pittura di Matisse rimane, nei decenni successivi al fauvismo, una pittura serena, che esprime sentimenti di pace interiore e di gioia di vivere. Egli privilegia i colori vivaci e le atmosfere luminose del Sud della Francia, dove soggiornò per lunghi periodi e dove si trasferì definitivamente nel 1917. Le opere di Matisse si caratterizzano per i colori brillanti, ricchi di contrasti vivaci, dove le forme, semplificate e appiattite sullo sfondo, non sono intese a rappresentare in modo fedele la realtà ma a trasmettere lo stato d’animo dell’artista, che traspare anche nei soggetti più semplici, come un vaso con dei pesci rossi.

Henri Matisse, I pesci rossi, 1912,

olio su tela, 147 × 98 cm. Mosca, Pushkin Museum of Fine Arts.

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Anche tu artista

Approfondisci sul vol. Pag. 92

A

Dipingi come gli espressionisti tedeschi

I dipinti che vedi qui riprodotti sono accomunati da una rappresentazione deformata della realtà, tipica dei pittori espressionisti tedeschi: visi trasformati in maschere, incapaci di provare emozioni, corpi spigolosi dai lineamenti taglienti; colori irreali, spesso accesi e violenti per trasmettere all’osservatore una sensazione di angoscia e disperazione. I soggetti rappresentati costituiscono una denuncia degli orrori e dei disagi della vita moderna: la mancanza di valori, la guerra, il fumo, l’alcol.

A sinistra: Otto Dix, Invalidi di guerra che giocano a carte, 1920, olio e collage su tela, 110 × 87 cm. Berlino, Neue Nationalgalerie. A destra: Ernst Ludwig Kirchner, Il bevitore o autoritratto, 1915, olio su tela, 119 × 89 cm. Norinberga, Germanisches Nationalmuseum.

Prova anche tu a rappresentare uno dei problemi di oggi rifacendoti allo stile dei pittori espressionisti.

1 Procurati i seguenti materiali: tela, 2 Prova a riprodurre sulla tela la fotogra- 3 Infine, colora con gli acrilici usando colori acrilici, pennelli e scegli una foto fia che hai scelto, deformando l’immagine tinte irreali, colori complementari acceche per te rappresenta una delle gravi a tuo piacimento, semplificando le forme, si e violenti. problematiche che affliggono la nostra rendendole taglienti e spigolose. società. Puoi anche ispirarti a un episodio di cronaca.

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Leggere l’opera d’arte

La danza della vita Il quadro intitolato La danza, del 1910 (una prima versione, con colori più smorzati, fu dipinta nel 1909), è considerato uno dei capolavori di Matisse, l’opera che testimonia il pieno raggiungimento di uno stile inconfondibile. Vi sono rappresentate cinque figure che danzano in cerchio, in posizioni che suggeriscono un dinamismo molto accentuato. È completamente assente la prospettiva intesa in senso rinascimentale e solo la posizione delle figure, appiattite sullo sfondo, suggerisce la dimensione della profondità. Tutta la composizione è caratterizzata dal forte contrasto ottenuto dall’accostamento dei tre colori blu, verde e rosso. La varietà nei movimenti dei corpi agili e flessuosi, ripresi come fossero staccati da terra, contribuisce a trasmettere un senso di leggerezza e di serenità: sono gli effetti che l’artista voleva riprodurre, comunicando la gioia della vita, che viene da lui paragonata a una danza continua.

Le figure sono dipinte con un rosso dalla tonalità calda e marcata. Le forme sono stilizzate, definite con contorni scuri dal tratto rapido e piuttosto sommario. All’artista non interessa la precisione anatomica, ma trasmettere il dinamismo e la sensazione di leggerezza.

Henri Matisse, La danza,

1910, olio su tela, 260 × 391 cm. San Pietroburgo, Hermitage.

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Il cerchio non è chiuso: vi è un’impercettibile apertura e la tensione della figura che si protende tutta in avanti per afferrare la mano di quella che la precede aumenta il senso del movimento.


Il cerchio si staglia su due campi di colore verde e blu, nettamente distinti l’uno dall’altro. Il verde, che identifica la terra, e il blu, che rappresenta il cielo, si integrano completamente con il rosso delle figure danzanti, esprimendo così la piena armonia tra la vita dell’uomo e l’universo.

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Architettura Pittura

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5 Il Cubismo

La realtà vista da tutti i punti di vista Il movimento Fauves si esaurì presto, nel 1908, quando già a Parigi era emersa un’altra corrente destinata ad avere maggiore successo: il Cubismo. Suoi iniziatori furono Pablo Picasso (1881-1973) e Georges Braque (1882-1963), i quali nel 1907 cominciarono a lavorare insieme a Parigi. Inizialmente, essi si ispirarono alle forme geometriche di Cézanne, dando una forma solida e concreta agli oggetti rappresentati. Successivamente, però, andarono oltre, cercando di riprodurli secondo tutti i punti di vista dai quali potevano essere osservati. Fu questa la prima fase del Cubismo vero e proprio, il «Cubismo analitico» (1909-1912).

Pablo Picasso, Donna con chitarra, 1911, olio su tela, 100 × 65 cm. New York, Museum of Modern Art. Lo scopo dei cubisti non era riprodurre la realtà in maniera fedele, così come l’occhio era in grado di coglierla, bensì offrire un’elaborazione di essa filtrata attraverso gli «occhi della mente», che si sforzano di coglierne la totalità. Inoltre, Picasso e Braque intendevano anche restituire la sensazione di movimento che un osservatore compie quando si sposta intorno a un oggetto per coglierne tutte le sfaccettature. Il risultato era una vera e propria scomposizione della realtà, raffigurata cogliendone le diverse «facce» e i differenti piani, articolati nei solidi geometrici già cari a Cézanne (cubi, cilindri, tronchi di cono...). Per questo motivo alcuni critici definirono in modo ironico questo modo di dipingere con il nome di «cubismo».

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La svolta cubista Come abbiamo visto, a partire dal 1907 Picasso iniziò il suo percorso cubista. Si trattò di una svolta quasi improvvisa, che si rese evidente in un’opera diventata famosa: Les demoiselles d’Avignon. I colori sono ancora quelli del «Periodo Rosa», ma per la prima volta le figure appaiono riprese da diversi punti di vista e compaiono in modo chiaro le forme geometriche e le linee spezzate usate nella descrizione dei corpi, i quali risultano però ancora ben riconoscibili. È anche possibile notare l’influsso del Primitivismo (p. 400) e il fascino esercitato su Picasso dall’arte africana, come testimoniano i volti delle due figure sulla destra, che sembrano delle maschere.

Pablo Picasso, Les demoiselles d’Avignon,

1907, olio su tela, 244 × 233 cm. New York, Museum of Modern Art.

Nuovi stili per descrivere la realtà Durante tutta la sua lunga vita (morirà a 91 anni nel 1973), Picasso non si stancò mai di sperimentare e ricercare nuovi linguaggi anche nella scultura, nell’incisione e persino come ceramista. Dopo la Prima guerra mondiale, tornò a una pittura più in linea con l’arte classica e rinascimentale, nella quale le figure riprendono il loro aspetto naturale. Anche i colori utilizzati nel periodo Blu e in quello Rosa continuano a essere impiegati ma con la funzione di rappresentare il reale: l’azzurro del mare o il colorito roseo di un corpo nudo. Successivamente, Picasso continuerà a progredire rielaborando stili diversi, sempre con l’intento di cogliere la realtà in tutte le sue sfaccettature (e quindi mai abbandonando del tutto le suggestioni cubiste) ed elaborando nuovi tipi di approccio nella resa delle forme e nell’uso dei colori, con un’arte che rimarrà sempre eccezionalmente espressiva. Pablo Picasso, Famiglia sulla riva del mare,

1922, olio su tela, 17,6 × 20,2 cm. Parigi, Musée National Picasso.

Pablo Picasso, Donne di Algeri,

1955, olio su tela, 114 × 146,4 cm. New York, Collezione Ganz.

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Scultura

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7 Il Futurismo: un nuovo rapporto

tra le forme e lo spazio

L’Avanguardia in Italia In Italia, nei primi decenni del Novecento, si affermò la corrente culturale e artistica del Futurismo, così definita per la prima volta dal poeta Filippo Tommaso Marinetti, che nel 1909 pubblicò il Manifesto del Futurismo. Il Futurismo esaltava il progresso industriale, la velocità, il movimento, con una visione ottimistica verso il futuro che giungeva a svalutare il passato in tutte le sue manifestazioni. Proprio questa tensione e questo sguardo protesi «in avanti» fecero del Futurismo la prima «Avanguardia» del XX secolo, diffusasi in breve tempo non solo in Europa ma in tutto il mondo, dall’Argentina all’Unione Sovietica. Il movimento futurista interessò diversi ambiti, dalla letteratura alla musica, dal teatro alle cosiddette «arti applicate» (per esempio gli oggetti d’arredamento) e persino la moda. Tuttavia, esso trovò nella scultura e nella pittura i suoi luoghi d’espressione privilegiati.

Boccioni e la scultura futurista Nell’ambito della scultura, l’esponente più importante del movimento futurista fu Umberto Boccioni (1882-1916), che nel 1912 pubblicò il Manifesto tecnico della scultura futurista. Le forme scolpite, secondo Boccioni, devono dilatarsi nello spazio che le circonda, fondersi con esso facendolo diventare parte di sé attraverso un alternarsi di piani convessi e concavi. Le figure devono perdere i loro contorni e assumere la forma del movimento.

Filippo Tommaso Marinetti, Zang Tumb Tumb. Adrianopoli ottobre 1912. Parole in libertà,

1914. New York, Museum of Modern Art.

Umberto Boccioni, Sviluppo di una bottiglia nello spazio, 1913,

bronzo argentato, 38,1 × 60,5 × 32,7 cm. New York, Museum of Modern Art.

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Il «Cubismo sintetico» Un’eccessiva scomposizione delle figure, però, rischiava di renderle incomprensibili e troppo astratte. Così, tra il 1912 e il 1914 Picasso e Braque tentarono una ricomposizione delle immagini, seppure semplificata, in grado di restituire una maggiore corrispondenza con il soggetto rappresentato, attraverso piani più larghi. Iniziò così il periodo del «Cubismo sintetico». I colori utilizzati dai due artisti erano piuttosto smorzati e variavano sempre tra il grigio, gli azzurri o i verdi spenti, con effetti chiaroscurali ottenuti soprattutto con l’uso del marrone e del nero. Questa povertà cromatica era voluta, per far sì che l’attenzione dell’osservatore fosse tutta orientata sulle forme, senza lasciarsi distrarre dal colore.

Georges Braque, Il viadotto all’Estaque, 1908, olio su tela,

59 × 72,5 cm. Parigi, Musée National d’Art Moderne, Centre Pompidou.

Georges Braque, Donna con chitarra,

1913, olio e carboncino su tela, 130 × 73 cm. Parigi, Musée National d’Art Moderne, Centre Pompidou.

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Pittura

U11

6 Picasso: una ricerca continua

Prima del Cubismo

Ritratto d’artista

Nato a Malaga, in Spagna, nel 1881, Picasso iniziò a disegnare e a dipingere ancora giovanissimo e studiò nelle accademie di Barcellona e di Madrid. Nel 1901 tenne la sua prima mostra a Parigi: i quadri esposti risentivano ancora molto dell’influsso del Realismo e dell’Impressionismo, sia per quel che riguarda i soggetti sia pure nella tecnica utilizzata.

Pablo Picasso, Vecchio ebreo con figlio, 1903,

nome Pablo Picasso nato il 25 ottobre 1881 a Malaga (Spagna) morto l’8 aprile 1973 a Mougins (Francia) attività pittore, scultore, litografo Fu grande perché...

. ..dominò la scena artistica del Novecento sperimentando mezzi e modalità diverse per comunicare la sua visione della realtà. La ricerca espressiva che lo rese famoso fu il Cubismo, un linguaggio che gli consentiva di rappresentare la realtà da più punti di vista. Successivamente elaborò anche efficaci linguaggi per denunciare le violenze e le ingiustizie presenti nella società.

olio su tela, 125 × 92 cm. Mosca, Pushkin Museum of Fine Arts. Nel cosiddetto Periodo Blu (1901-1904) Picasso ritrasse scene di vita quotidiana, persone emarginate e povere, usando colori freddi come l’azzurro, il blu, il viola. I personaggi hanno figure allungate, volti emaciati e scarni e trasmettono un senso di drammaticità, se non addirittura di tristezza e sofferenza.

Pablo Picasso, Suonatore d’organo di Barbarie, 1905-1906,

olio su tela. Zurigo, Kunsthaus. Il «Periodo Rosa» (19051906) rivela la predilezione per tinte più calde come il rosso, il marrone, l’arancione. I soggetti appartengono al mondo del circo, oppure sono persone semplici ritratte in contesti di vita quotidiana, ma tutti con espressioni malinconiche o pensierose, come nel Suonatore d’organo di Barbarie, dove il vecchio e il bambino, seppure vicini, guardano in direzioni opposte, ciascuno assorto nei propri pensieri.

Competenti in arte Fino almeno al 1901 la pittura di Picasso fu influenzata dalle opere dei realisti e dagli impressionisti francesi. Confronta il quadro Il Moulin de la Galette, qui a fianco, con l’opera di Renoir Ballo al Moulin de la Galette a p. 356. Q uali somiglianze noti riguardo al soggetto rappresentato? Q uali colori usano i due artisti? Q uali somiglianze o differenze individui rispetto alla tecnica impiegata, al modo di rendere la profondità e la prospettiva?

• • •

Pablo Picasso, Il Moulin de la Galette, 1900, olio su tela, 88,2 × 115,5 cm. New York, Solomon R. Guggenheim Museum.


Leggere l’opera d’arte

Guernica: una tragedia in bianco e nero Guernica è l’opera più famosa di Picasso e quella più drammatica e sconvolgente. Quando decise di dipingerla, l’artista viveva a Parigi e stava progettando una grande tela commissionatagli dal governo repubblicano spagnolo, che avrebbe dovuto rappresentare la Spagna all’Esposizione Internazionale del 1937. Nel 1937 la guerra civile spagnola era iniziata già da oltre un anno e il generale a capo dello schieramento nazionalista, Francisco Franco, poteva contare sull’appoggio dei regimi totalitari di Hitler e Mussolini. Il toro rappresenta la forza bruta della guerra che irrompe sulla scena da una porta e travolge ogni cosa. È raffigurato in maniera mostruosa, come mostruosa è la violenza scatenata dai nazisti.

Una donna piange tenendo in braccio il suo bambino morto. Tutta la disperazione è concentrata nel volto della donna, mentre il viso del bambino è inespressivo.

La mano di un braccio mutilato impugna una spada spezzata accanto alla quale vi è un fiore. È il simbolo di una speranza che può ancora fiorire nonostante la guerra e la morte.

La piccola città di Guernica, nel Nord della Spagna, non era teatro di combattimenti, tuttavia approfittando dello stato di guerra, l’aviazione nazista decise di usarla come esperimento per valutare gli effetti di un bombardamento aereo su un obiettivo civile. Il 26 aprile 1937 una squadra di bombardieri tedeschi rase al suolo la città. Quel giorno era giorno di mercato e per le strade vi era molta gente che, colta di sorpresa dall’attacco, non riuscì a trovare rifugio. La strage di civili, soprattutto donne e bambini, fu terribile.

Un uomo giace a terra morto, forse decapitato. Gli occhi sbarrati sembrano fissare l’osservatore e comunicare incredulità per quello che è accaduto.

Al centro della scena un cavallo trafitto da una lancia si muove in modo scomposto. È simbolo del popolo spagnolo travolto dalla guerra.


Quando Picasso apprese la notizia del bombardamento di Guernica rimase sconvolto e decise che all’Esposizione Internazionale avrebbe offerto proprio la rappresentazione di quell’evento. Nella grande tela Picasso non ritrae il bombardamento: non ci sono aerei, non case diroccate o soldati, e neppure vi è del sangue. Solo figure di uomini e animali straziati, che con le loro posizioni scomposte e tormentate esprimono dolore e angoscia.

Gli unici colori presenti sono il nero, il bianco e il grigio, usato in una quantità di gradazioni diverse, per creare e trasmettere l’effetto della tragedia e della morte. Nel quadro non c’è prospettiva e tutte le figure, prive di profondità, sono appiattite sul fondo scuro. Lo stile usato si rifà al Cubismo, che permette di ritrarre contemporaneamente momenti e punti di vista diversi, scomponendo le immagini così da accrescere la sensazione di drammaticità. La composizione è anche densa di valori simbolici, che è possibile cogliere negli animali e negli oggetti raffigurati.

Pablo Picasso, Guernica, 1937, olio su tela, 349 × 777 cm. Madrid, Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía. Una donna si protende in avanti reggendo una lampada a olio che insieme alla lampada elettrica illumina la scena, svelando l’orrore della guerra. Ha dipinta sul volto un’espressione sconvolta e incredula.

Una donna si trascina verso il centro del dipinto, una gamba sembra staccata dal resto del corpo.

Una donna fugge dalla sua casa in fiamme. Le braccia e lo sguardo rivolti verso l’alto richiamano la figura della Maddalena presente nelle rappresentazioni della crocifissione.


Leggere l’opera d’arte

Boccioni: spazio, movimento, figure

Competenti in arte Il tema della corsa, uno degli sport praticati durante i giochi sacri come le Olimpiadi, era spesso rappresentato nella scultura greca. Ecco l’esempio di una statua di corridore che hai già visto a p. 41.

Nel suo Manifesto tecnico della scultura futurista, Boccioni scriveva: «Rovesciamo tutto, dunque, e proclamiamo l’assoluta e completa abolizione della linea finita e della statua chiusa. Spalanchiamo la figura e chiudiamo in essa l’ambiente». Tutto questo egli lo realizzò concretamente nella più famosa delle sue sculture, intitolata Forme uniche della continuità nello spazio, del 1913. Il soggetto rappresentato è un uomo in corsa, ma le parti del corpo diventano quasi irriconoscibili: si prolungano nello spazio attraverso forme che vogliono dare la sensazione del movimento. In effetti, tutta la figura può apparire come un ingranaggio in movimento e il suo aspetto cambia continuamente, con il variare del punto di vista dell’osservatore.

Un esemplare della Coppia dei corridori

(proveniente dalla Villa dei Papiri di Ercolano) II-I sec. a.C., copia romana di statua greca del IV sec. a.C., bronzo, h 118 cm. Napoli, Museo Archeologico Nazionale.

L’alternanza di pieni e di vuoti e di superfici concave e convesse crea effetti di chiaroscuro che variano continuamente, accentuando il senso di dinamismo.

Il susseguirsi di piani convessi e concavi secondo l’intenzione dell’artista integra completamente la scultura con l’ambiente circostante.

Se si guarda la figura da destra (come in questa fotografia), il torso sembra vuoto, ma se lo si osserva da sinistra, esso appare pieno. Questo particolare sottolinea il rapporto della figura con lo spazio circostante.

Le deformazioni delle gambe suggeriscono l’idea della scia che il loro movimento lascia nello spazio.

Confronta quest’opera con la statua di Boccioni. I n quale modo le due statue suscitano la sensazione di movimento? Trovi che una delle due la trasmetta più intensamente? Perché? Q uali elementi accomunano le due statue e quali le differenziano, a parte la resa del dettaglio anatomico pressoché assente nell’opera di Boccioni?

• •

Nonostante i particolari anatomici siano pressoché completamente trasformati, le gambe fanno intuire una muscolatura potente, che imprime un movimento vigoroso e deciso, trasmesso dall’intera scultura.

Umberto Boccioni, Forme uniche della continuità nello spazio, 1949, fusione in bronzo di calco in gesso del 1913, h 126,4 cm. Milano, Museo del Novecento.

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Pittura

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87 La pittura futurista

Un’esplosione di colore e di movimento I temi fondamentali del movimento futurista vennero ripresi nella pittura sempre con una particolare attenzione al movimento, espresso anche attraverso un uso intenso ed «esplosivo» del colore. Giacomo Balla (1871-1958), nel suo Manifesto del colore, pubblicato nel 1918, dichiarava che «La pittura futurista italiana, essendo e dovendo essere sempre più una

esplosione di colore non può essere che giocondissima, audace, aerea, elettricamente lavata di bucato, dinamica, violenta, interventista». A questo criterio rispondono le sue opere e quelle di Umberto Boccioni, il quale oltre che scultore fu anche uno dei più importanti protagonisti del Futurismo pittorico.

Umberto Boccioni, La città che sale, 1910, olio su tela, 199,3 × 301 cm. New York, Museum of Modern Art. Nel dipinto intitolato La città che sale la rappresentazione della città che cresce, nella parte alta del quadro, con gli edifici in costruzione e le ciminiere fumanti, richiama l’esaltazione del progresso industriale tipica del Futurismo. Tuttavia, il vero protagonista del dipinto è il vortice di colori caldi e brillanti con cui sono dipinte le figure degli operai al lavoro e i cavalli (simbolo

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dell’avanzata incontenibile del progresso), in un susseguirsi di linee curve e oblique. Tutto in questa grande tela esprime forza, energia, vitalità, movimento... Non importa che le figure si fondano le une con le altre perdendo i loro contorni; anzi, proprio questa indeterminatezza contribuisce ad accrescere gli effetti che l’artista intendeva creare.


Riprodurre il movimento L’attività pittorica di Giacomo Balla si concentrò sullo studio del movimento e in particolare sulla registrazione della realtà in movimento secondo le regole dell’ottica. Si potrebbe dire uno «studio scientifico» attraverso il quale tentò di cogliere il dinamismo dei corpi, in stretta relazione con la luce. In questo egli fece riferimento anche agli esperimenti fotografici svolti alla fine dell’Ottocento da ÉtienneJules Marey, inventore della cronofotografia, cioè della possibilità di scattare rapide sequenze di immagini fotografiche per ritrarre soggetti in movimento.

Étienne-Jules Marey, Soldato che cammina, 1886, cronofotografia.

Giacomo Balla, Ragazza che corre sul balcone,

1912, olio su tela, 125 × 125 cm. Milano, Museo del Novecento. Nel quadro intitolato Ragazza che corre sul balcone, Balla riproduce lo spostamento di una ragazza come in una sequenza di scatti fotografici o come nei fotogrammi di un film, ripetendo in posizioni impercettibilmente diverse le stesse forme. In questo modo, guardando l’opera nel suo insieme, si produce la sensazione del movimento e della velocità, data anche dalla scelta dei colori e dal modo di disporli sulla tela sotto forma di piccoli tasselli. L’effetto ottenuto può essere paragonato alla cronofotografia di Marey intitolata Soldato che cammina, dalla quale forse il pittore prese spunto.

La città del futuro Gli ideali dell’architettura futurista sono stati concretizzati solo nei disegni di un giovane e brillante architetto, Antonio Sant’Elia (1888-1916). Gli edifici da lui immaginati sono strutture in cemento, acciaio e vetro, con forme audaci che all’inizio del Novecento potevano apparire avveniristiche ma che poi, nel corso del secolo, sono state in parte riprese e realizzate. La «città futurista» di Sant’Elia, dunque, poteva essere intesa dai suoi contemporanei semplicemente come una «città del futuro», nella quale erano già in qualche misura affrontati problemi e abbozzate soluzioni (come quelle riguardanti il problema della circolazione stradale) che possiamo cogliere come attuali nelle nostre città.

Antonio Sant’Elia, La città nuova. Case e gradinate con esecuzione dei quattro piani stradali, 1914, disegno.

Collezione privata.

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Scultura

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9 La reazione al Futurismo

Contro i pericoli della società contemporanea Negli stessi anni in cui si andavano affermando ovunque gli ideali del Futurismo, vi erano anche artisti che guardavano agli aspetti meno positivi del progresso e i pericoli che da esso potevano derivare all’individuo e alla società. Tra questi un ruolo fondamentale ebbe l’austriaco Raoul Hausmann (1886-1971), insegnante al Bauhaus e poi uno dei maggiori esponenti del Dadaismo. Dopo la Prima guerra mondiale, Hausmann denunciò con la propria arte i rischi di una fiducia eccessiva nel progresso e nella tecnologia, che egli aveva visto utilizzata per la costruzione delle prime armi di distruzione di massa, come le mitragliatrici, o per la creazione dei letali gas tossici. Raoul Hausmann, Testa meccanica. Lo spirito della nostra epoca, 1919, manichino da parrucchiere in legno e materiali vari. Parigi, Musée National d’Art Moderne, Centre Pompidou. Nell’opera Testa meccanica. Lo spirito della nostra epoca, Hausmann montò su una testa di manichino diverse componenti meccaniche – un regolo, meccanismi di orologio, la custodia di un cilindro a stampa, il metro di un sarto e persino un bicchiere telescopico militare – fino a rappresentare un essere umano che, protagonista di un progresso sempre più travolgente e vorticoso, ha ormai perduto la propria personalità e la propria umanità. Questa scultura, divenuta una delle icone del Novecento, rappresenta il pericolo, per l’uomo, di essere dominato dalla tecnologia e dalle macchine.

Brancusi e il Primitivismo All’inizio del Novecento Parigi divenne luogo d’incontro di molti giovani artisti che seppero trovare nella pittura come nella scultura linguaggi nuovi, talvolta frutto di una rivisitazione di stili delle epoche precedenti. Il rumeno Constantin Brancusi (1876-1957), per esempio, con le sue sculture si ispirò al Primitivismo, una corrente culturale che, al contrario del Futurismo, diffidava della modernità e sperava in un (impossibile) ritorno alla vita primitiva. Le figure scolpite da Brancusi nei primi decenni del Novecento sono ridotte all’essenziale, come nell’arte primitiva, prive di realismo e con lineamenti appena accennati. Constantin Brancusi, Mademoiselle Pogany, 1913, bronzo, 44 × 22 × 32 cm.

New York, Museum of Modern Art.

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Constantin Brancusi, Il bacio, 1916, calcare, 58,4 × 33,7 × 25,4 cm. Filadelfia, Philadelphia Museum of Art.


Lo stile inconfondibile di Modigliani Amico di Brancusi, a Parigi, fu l’italiano Amedeo Modigliani (1884-1920), che rimase anch’egli influenzato dal Primitivismo. Le sue sculture, tuttavia (come del resto le sue opere pittoriche), risultano essere del tutto originali e denotano caratteristiche inconfondibili. Le sue famose Teste, scolpite nella pietra o nel legno, presentano lineamenti essenziali che vagamente ricordano le sculture egizie, con colli e nasi esageratamente allungati e gli occhi a mandorla.

A sinistra: Amedeo Modigliani, Testa di donna con la frangia, 1912, bronzo con patina nera, h 50,2 cm. Collezione privata. A destra: Amedeo Modigliani, Testa di donna, 1912, intaglio diretto su pietra da costruzione. Parigi, Musée National d’Art Moderne, Centre Pompidou.

Arturo Martini e la critica alle Avanguardie Critico dell’arte di avanguardia, di cui Parigi rappresentava il centro, fu l’italiano Arturo Martini (1889-1947), che operò soprattutto a Milano. Martini si mosse verso un recupero delle forme classiche e del naturalismo, riscoprendo la tradizione dell’arte etrusca e romana, che egli rivisitò in modo originale e con un linguaggio attuale. Le sue figure mostrano spesso corpi allungati e volti appena abbozzati e, anche quando sono rese nei loro tratti più essenziali (tanto da renderlo vicino al Primitivismo), sono comunque molto espressive e trasmettono sempre una sensazione di vitalità. Arturo Martini, La Pisana, 1929-1930, terraglia patinata chiara. Firenze, Museo Novecento, Collezione Della Ragione. La Pisana, pure richiamandosi a una perfezione classica, con tratti del volto simili a quelli di una statua etrusca, conserva una sua spontaneità nel gesto di abbracciare il cuscino e un realismo che la fa apparire come una donna vera abbandonata serenamente al sonno.

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Pittura

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10 Una «scuola» di artisti indipendenti

La «Scuola di Parigi» Brancusi e Modigliani furono anche tra i maggiori interpreti di quella che venne definita la «Scuola di Parigi». Nella capitale francese, considerata all’inizio del Novecento il cuore pulsante della cultura europea, incominciarono a riversarsi artisti provenienti da tutto il mondo. Molti di loro si stabilirono nel quartiere di Montparnasse che, insieme a Montmartre, luogo privilegiato degli impressionisti, divenne un importante luogo di incontro e di fermento artistico. Non si deve tuttavia identificare la Scuola di Parigi con un movimento o una corrente artistica dotata di connotati precisi e coerenti. Tutt’altro: in essa confluirono pittori e scultori che non si riconoscevano nelle Avanguardie che abbiamo conosciuto finora e «parlavano» i linguaggi artistici più diversi. Ad accomunarli era la predilezione per i temi tipici dell’arte figurativa: ritratti, nature morte, paesaggi... e la reinterpretazione di stili fioriti in altre epoche. Come nella scultura, Amedeo Modigliani fu uno dei maggiori esponenti della Scuola di Parigi anche nel campo della pittura, insieme al russo Marc Chagall (1887-1985).

L’essenzialità di Modigliani Giunto a Parigi nel 1906, Modigliani non solo strinse amicizia con Brancusi, ma entrò in contatto anche con Picasso, Braque e Matisse, che incisero fortemente sulla sua formazione artistica, avvenuta in Italia prima a Firenze e poi all’Istituto delle Belle Arti di Venezia. Il suo stile pittorico, però, presenta una forte originalità, che ripropone alcune caratteristiche del linguaggio usato anche nelle sculture: le figure che appaiono nei numerosi ritratti dipinti da Modigliani sono spesso allungate, soprattutto nei colli e nei volti e ricordano da vicino le teste scolpite (p. 401). Le linee sono ben marcate, a volte definite con un tratto più scuro, e danno spesso un’impressione di staticità e di essenzialità che è possibile riscontrare nell’arte primitiva africana. Anche i colori sono fissati sulla tela in modo energico, ma sono piatti e uniformi: risultano privi degli effetti di chiaroscuro e dei contrasti troppo forti tipici dei Fauves.

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Amedeo Modigliani, Anna Zborowska, 1917, olio su tela, 130,2 x 81,3 cm. New York, Museum of Modern Art. Di nobili origini polacche, Hanka (Anna) Cirowska conobbe e sposò a Parigi il poeta e mercante d’arte Léopold Zborowski, amico di Modigliani per il quale Anna posò come modella in numerosi dipinti. In questo ritratto sono presenti i più importanti elementi della pittura dell’artista: la figura allungata, soprattutto nel collo e nel volto, è appiattita sullo sfondo, nel quale i cuscini su cui è appoggiata suggeriscono debolmente l’idea del volume. Gli occhi a mandorla, completamente neri, si accompagnano alle linee scure che tracciano con morbidezza i lineamenti del volto, che spicca insieme alle mani per la sua luminosità sul fondo nel quale sono visibili lunghe pennellate. La forma del volto richiama le sculture di Modigliani ispirate all’arte primitiva.


Chagall e la poesia del mondo interiore Uno stile completamente diverso è invece quello di Marc Chagall, che nelle sue opere pare ispirarsi alla favola e al sogno. L’artista era nato a Vitebsk, una città della Bielorussia (all’epoca parte dell’Impero russo) popolata in prevalenza da ebrei, come la famiglia dello stesso Chagall. I temi della religione ebraica, le atmosfere e i paesaggi tipici della sua terra ricorrono spesso nelle sue opere. Giunto a Parigi nel 1910, all’inizio la sua arte fu influenzata dal Cubismo, dal quale ricavò la possibilità di porre le figure su piani diversi, e dal Fauvismo (in particolare da Matisse) per l’uso di colori non naturalistici. Chagall, però, impiegò questi linguaggi in modo del tutto originale secondo le esigenze di una pittura orientata a esprimere i sentimenti e il mondo interiore. I suoi quadri sono popolati da simboli e soggetti che sembrano quasi «galleggiare» in un tempo e in uno spazio indefiniti, nei quali prevale un’atmosfera che evoca un senso di poesia e di nostalgia per la propria terra e le sue tradizioni.

Marc Chagall, Io e il villaggio, 1911, olio su tela, 192 x 151,5 cm. New York, Museum of Modern Art.

Marc Chagall, Ebreo rosso, 1915, olio su cartone, 100 x 80,5 cm. San Pietroburgo, The State Russian Museum. La figura dell’ebreo si impone chiuso, le mani e le scarpe di colori monumentale in primo piano: una differenti – alludono alla complessità figura scura, vivacizzata dalla lunga dell’animo umano. Le case sullo barba rossa, che somiglia a una sfondo, che si stagliano su fondo fiamma, oppure a una macchia di giallo con colori che richiamano il sangue: simboli dell’orgoglio ma Fauvismo, evocano l’architettura anche del dolore che hanno da delle case russe. Nel semicerchio sempre accompagnato la storia che incornicia i tetti delle abitazioni, del popolo ebraico. Gli elementi di sono riprodotti brani della Bibbia con dualità e di contrasto presenti nella la scrittura ebraica. figura – un occhio aperto e uno

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Pittura

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11 L’arte astratta

La negazione dell’arte figurativa Intorno al 1910 alcuni artisti intrapresero un percorso che li avrebbe portati ad abbandonare la raffigurazione della realtà così come essa appare. Essi si concentrarono su quella che ritenevano essere la sua dimensione più profonda, che poteva essere espressa anche solo tracciando delle linee, oppure figure geometriche o semplici accostamenti di colore. Paesaggi, oggetti, persone divennero irriconoscibili nelle loro opere, che per questo motivo vennero definite «astratte», perché astraevano, cioè risultavano separate, lontane dalla realtà concreta. In questo modo, attraverso segni liberi e creativi, accompagnati a colori anch’essi non corrispondenti all’immagine reale, l’artista avrebbe potuto comunicare direttamente all’anima di ogni essere umano.

Vasilij Kandinskij, Paesaggio, 1913,

olio su tela. San Pietroburgo, Hermitage.

Kandinskij e l’Astrattismo lirico Vasilij Kandinskij (1866-1944) può essere considerato il fondatore dell’Astrattismo. Insegnante al Bauhaus e attivo nel Cavaliere Azzurro (p. 385), proprio a partire dall’esperienza di quel movimento pittorico, egli arrivò a pensare che l’arte serva unicamente a esprimere la vita interiore. Secondo Kandinskij,

le linee e i colori nella pittura erano come le note per la musica e le parole per la poesia, con le quali l’artista comunica i propri sentimenti e l’essenza profonda delle cose. Proprio per questo riferimento alla poesia e alla musica l’Astrattismo di Kandinskij è detto «lirico». Vasilij Kandinskij, Cosacchi, 1910-1911, olio su tela, 94,5 × 130 cm. Londra, Tate Modern. Il dipinto intitolato Cosacchi rappresenta un combattimento militare. Le linee scure e tormentate evocano la confusione e il trambusto di una battaglia, ma le forme sono talmente lontane dalla realtà che risulta quasi impossibile comporre la scena. Con un po’ di attenzione è però possibile cogliere i singoli elementi. A destra, i tre quadratini rossi rappresentano i colbacchi dei cosacchi, due dei quali portano in mano una lancia nera. Sopra di loro uno stormo d’uccelli neri si alza in volo sopra un fortino stilizzato. L’artista prende spunto da una scena concreta per esprimere il proprio tormento interiore (espresso attraverso l’uso del nero e di colori freddi) di fronte alla violenza della guerra, rappresentata anch’essa nella sua essenza di disordine e rumore. L’arcobaleno, tuttavia, allude forse a una speranza di pace.

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Le semplificazioni astratte di Paul Klee

L’Astrattismo geometrico di Mondrian

Lo svizzero Paul Klee (1879-1940) fu, oltre che pittore, anche poeta e musicista. Fu tra i primi ad aderire all’Astrattismo, ma rispetto a Kandinskij egli conservò un maggiore legame con la realtà, che reinterpretò in maniera personale attraverso l’uso del colore e di linee essenziali. Caratteristiche delle opere di Klee sono la semplicità, il tocco quasi «infantile» di alcune figure che rimanda a una visione fantastica della realtà. Egli usò indifferentemente linee morbide oppure geometriche, e talvolta si trovano nelle sue opere astratte particolari realistici stilizzati, riferiti a soggetti che evocavano nell’artista ricordi o sensazioni importanti. Klee sperimentò diverse forme di linguaggio pittorico. Le sue opere sono però sempre pervase da una grande vitalità e da un uso del colore che privilegia i toni caldi.

Un altro artista che si dedicò all’arte astratta elaborando un proprio stile inconfondibile fu l’olandese Piet Mondrian (1872-1944). A partire dagli anni immediatamente successivi la Prima guerra mondiale, Mondrian iniziò a dipingere usando forme rigorosamente geometriche, dando vita al cosiddetto «Astrattismo geometrico». Nelle sue tele compaiono linee rette, verticali e orizzontali che, incrociandosi, disegnano quadrati o rettangoli. I colori utilizzati sono per lo più quelli puri – nero, bianco, giallo, rosso e blu – stesi in modo uniforme. Ne risultano composizioni ordinate, armoniose nella distribuzione dei colori e nelle forme: una ricerca di equilibrio che può essere compresa anche come reazione agli orrori della guerra. I quadri di Mondrian sono frutto di uno studio rigorosissimo delle proporzioni e degli spazi che accolgono i colori secondo schemi tutt’altro che semplici.

Paul Klee, Prestigiatore (o Gioco di prestigio), 1927, olio e acquerello su stoffa su cartoncino, 49,7 × 41,7 cm. Filadelfia, Philadelphia Museum of Art.

Piet Mondrian, Trafalgar Square, 1939-1943, olio su tela, 145,2 × 120 cm. New York, Museum of Modern Art.

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Nuove forme

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12 L’arte bizzarra di Dada

Dada: il non-senso Tra il 1916 e il 1917, nel pieno del primo conflitto mondiale, a Zurigo (città della neutrale Svizzera) un gruppo di artisti, in prevalenza francesi, fondò un nuovo movimento artistico: Dada (da cui deriva «Dadaismo»). «Dada» è una parola priva di senso, allude al balbettìo tipico dei bambini ancora incapaci di parlare, e proprio il non-senso e l’ironia dissacrante sono gli strumenti che i dadaisti intendevano usare per manifestare la loro avversione per una tradizione culturale e artistica che aveva condotto l’umanità nell’abisso della Prima guerra mondiale. Le opere dadaiste appaiono spesso assurde, frutto del caso, a volte per nulla «belle» nel senso classico della parola, prive di significato, come può essere un metronomo sulla cui lancetta viene applicata la fotografia di un occhio e al quale è assegnato il titolo Oggetto indistruttibile (o Oggetto da distruggere). Eppure, per gli artisti che aderirono al movimento dadaista anche questo ha un senso: in questo modo essi intendevano operare un cambiamento rivoluzionario nella società e nella cultura, stimolando la nascita di nuovi stili di vita e di pensiero. Le loro ambizioni si dimostrarono fragili e il Dadaismo si esaurì nell’arco di pochissimi anni, lasciando però un’impronta decisiva nella storia dell’arte.

Man Ray, Oggetto indistruttibile (o Oggetto da distruggere),

1923, assemblaggio metronomo e foto, 22,5 × 10,7 cm. New York, Museum of Modern Art.

L’ironica irriverenza di Duchamp Uno degli esponenti di maggiore spicco del Dadaismo fu il francese Marcel Duchamp (1887-1968). Duchamp era convinto che l’artista non dovesse necessariamente dimostrare la sua abilità (peraltro, egli fu ottimo pittore e scultore), ma essere in grado di suscitare il pensiero e la riflessione da parte dell’osservatore. Le opere di Duchamp appartenenti al periodo dadaista, quindi, risultano essere provocatorie, ironiche fino al punto da diventare irriverenti, come nel caso della stampa della Gioconda di Leonardo alla quale, con una penna, aggiunge barba e baffi. Che cosa intendeva comunicare compiendo questa operazione? Semplicemente che l’arte del passato non deve essere ritenuta «sacra» e che gli schemi artistici ereditati dagli antichi possono essere sovvertiti, o almeno superati in vista di qualcosa di nuovo.

Marcel Duchamp, L.H.O.O.Q., 1919,

ready-made, 19,7 × 12,4 cm. New York, Collezione privata.

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Il ready-made Sempre a Duchamp si deve l’invenzione del ready-made, che ebbe grande fortuna anche oltre l’esperienza di Dada. Il ready-made, che letteralmente significa «pronto all’uso», consiste nel prendere a caso un oggetto di uso comune, eventualmente modificarlo in maniera più o meno sensata (in questo caso si parla di «ready-made rettificato») e riproporlo al pubblico come opera d’arte. Così, per esempio, può accadere per una ruota di bicicletta montata su uno sgabello, oppure per un ferro da stiro reso inservibile con l’applicazione di alcuni chiodi sulla piastra e intitolato Regalo... A questo punto, però, l’opera d’arte non è l’oggetto in sé, ma il gesto stesso dell’artista che, attraverso quell’oggetto, vuole provocare l’attenzione e la riflessione del pubblico, inducendolo a vedere la realtà con occhi diversi e aprendo a prospettive differenti da quelle ritenute scontate. Quali? Neppure i dadaisti lo sapevano: importante era liberare la mente per renderla pronta ad accogliere il «nuovo». Oltre a Duchamp, significativo fautore del readymade fu lo statunitense Man Ray (1890-1976), il quale compì importanti esperimenti anche in campo fotografico.

Man Ray, Regalo, 1921, copia dell’originale realizzata nel 1958. New York, Museum of Modern Art.

Marcel Duchamp, Ruota di bicicletta, 1913, copia dell’originale andato perduto realizzata nel 1951. New York, Museum of Modern Art.

CuriosArte

Le strane scelte di Mr. Mutt Per comprendere fino a che punto il movimento Dada fosse anticonformista e anticonvenzionale, basta considerare il gesto di Duchamp di elevare al rango di opera d’arte un oggetto sicuramente né bello né... nobile. Nel 1917 egli espose Fontana: un orinatoio rovesciato che neppure firmò con il proprio nome, ma con lo pseudonimo di «R. Mutt», una ditta che produceva sanitari. In questo modo, Duchamp voleva portare alle estreme conseguenze il concetto secondo il quale l’opera d’arte non è il prodotto unico di un artista. Di fronte alle critiche anche feroci che suscitò il suo originale ready-made, egli dichiarò: «Non è importante se Mr. Mutt abbia fatto la fontana con le sue mani o no. L’ha scelta... e scegliendola ha creato un nuovo modo di pensare quell’oggetto».

R. Mutt (Marcel Duchamp), Fontana, 1917, copia dell’originale

realizzata nel 1950. Filadelfia, Philadelphia Museum of Art.

U11 - Le Avanguardie

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Pittura

U11

13 L’immobilità metafisica

Oltre la realtà Agli sviluppi artistici del movimento futurista si oppose, in Italia, la corrente che prese il nome di «Metafisica». I pittori metafisici dipingevano scene completamente immobili che non di rado si rifacevano proprio a quei modelli classici rifiutati dai futuristi, per esempio attraverso l’uso della prospettiva o anche riproducendo statue e architetture dell’Età antica o rinascimentale. «Metafisica» è una parola greca che significa «oltre la fisica», cioè «oltre le cose concrete». In effetti, i pittori metafisici prendevano spunto da elementi reali – che talvolta riproducevano anche in modo molto realistico – e li collocavano in un’atmosfera irreale e misteriosa, dove assumevano un significato nuovo, che andava oltre la realtà concreta.

L’indecifrabile pittura di De Chirico Fondatore del movimento metafisico fu Giorgio De Chirico (1888-1978), il quale fin dal 1910 dichiarò la propria volontà di contrastare le Avanguardie, proponendo un recupero in chiave contemporanea dell’arte classica. Tuttavia, benché l’arte di De Chirico si ispiri a soggetti classici, in essa non vi è realismo, né nelle figure rappresentate, né nei colori impiegati, né nella resa della prospettiva. La realtà appare un pretesto per dare corpo all’immaginazione e alle suggestioni dell’artista, le cui opere risultano alla fine indecifrabili ed enigmatiche, per certi versi anche inquietanti. Giorgio De Chirico, Le muse inquietanti, 1918, olio su tela, 97 × 67 cm. Milano, Collezione privata. Le muse inquietanti presenta molti elementi tipici della pittura di De Chirico. La scena appare immobile, sospesa nel tempo, in un luogo irreale. Sul fondo è riprodotto in modo preciso il castello estense di Ferrara, ma accanto a uno stabilimento industriale con due ciminiere che non ha riscontro nella realtà. In primo piano sono raffigurate due statue che richiamano l’arte classica, ma hanno teste di manichini. Insieme ad esse, come su una sorta di palcoscenico, sono collocati oggetti di cui non si riesce a intuire il significato: solidi variamente colorati, una maschera che richiama l’arte africana e una sorta di gigantesco bastoncino di zucchero. Sulla destra, in ombra, si vede la riproduzione di una scultura greca. La piazza (una delle tante «piazze d’Italia» dipinte dall’artista) è ricoperta da un tavolato di legno che disegna linee di fuga in contrasto con quelle degli edifici che si trovano sul lato destro del dipinto, oppure con quelle del solido colorato in primo piano. L’opera è indecifrabile e trasmette un senso di angoscia che è possibile spiegare con il fatto che fu dipinta subito dopo la fine della Prima guerra mondiale.

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La svolta metafisica di Carrà

Morandi e le nature morte

Al movimento della Metafisica aderì anche Carlo Carrà (1881-1966), uno degli esponenti di spicco del Futurismo. Carrà incontrò De Chirico a Ferrara nel 1917, dove era ricoverato in un ospedale per i traumi psicologici subiti durante la sua esperienza di soldato al fronte. Ormai disilluso rispetto agli ideali futuristi, trovò nella pittura di De Chirico l’ispirazione per una svolta del proprio stile pittorico e contribuì in prima persona alla formulazione dei princìpi del nuovo movimento. Dopo le prime opere chiaramente influenzate da De Chirico, Carrà elaborò uno stile personale, nel quale le scene sono ambientate in spazi reali, la prospettiva si rifà in maniera più rigorosa a quella rinascimentale e le figure, pur nella loro fissità, risultano espressive; i colori e le atmosfere suggeriscono forse malinconia, ma non angoscia. Carrà rimase legato al movimento metafisico fino al 1922, dopodiché si dedicò ad altre ricerche e ad altri linguaggi espressivi.

Una breve parentesi metafisica ebbe anche Giorgio Morandi (1890-1964), come Carrà proveniente dall’esperienza futurista. Morandi metafisico dipinse soprattutto nature morte, caratterizzate da forme perfettamente delineate (bottiglie, sfere e altri solidi geometrici, teste di manichino...), che proiettano ombre accuratamente studiate. Le composizioni di Morandi sono ordinate, di impianto tradizionale, con una prospettiva precisa e trasmettono un senso di quiete piuttosto misteriosa. La gamma di colori utilizzata è estremamente limitata e nonostante questo le sue opere non mancano di poesia.

Carlo Carrà, Le figlie di Lot, 1919,

olio su tela, 111 × 80 cm. Rovereto, Museo di Arte Moderna e Contemporanea.

Giorgio Morandi, Natura morta metafisica con squadra, 1919, olio su tela, 56,5 × 47 cm. Milano, Pinacoteca di Brera.

U11 - Le Avanguardie

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Pittura

U11

14 Il Surrealismo

Dal Dadaismo al Surrealismo Prendendo le mosse dal Dadaismo, nel 1924 alcuni artisti – molti dei quali provenienti da quel movimento – fondarono a Parigi una nuova corrente, il Surrealismo. Si trattò dell’ultimo movimento di Avanguardia del primo Novecento che, iniziato in campo letterario dall’opera del poeta André Breton (1896-1965), interessò, oltre alla pittura, pure la musica e il teatro. Le opere dei surrealisti possono apparire assurde, o per lo meno bizzarre; tuttavia, contrariamente a quelle dada, non avevano lo scopo di provocare gli osservatori. L’arte surrealista non voleva essere irreale o astratta, ma intendeva esprimere una realtà che andava ricercata nel pensiero, o, come scrisse Breton, nel «funzionamento reale del pensiero, con l’assenza di ogni controllo esercitato dalla ragione», quindi una «realtà superiore» (una super-realtà, o super-realismo). Su questa linea si mossero pittori come il tedesco Max Ernst (18911976), il belga René Magritte (1898-1967) e gli spagnoli Joan Miró (1893-1983) e Salvador Dalí (1904-1989).

Max Ernst, Gala Eluard, 1924, olio su tela, 81,3 × 65,4 cm. New York, Metropolitan Museum of Modern Art.

Max Ernst, La foresta, 1927–1928, olio su tela, 96,3 × 129,5 cm. Venezia, Collezione Peggy Guggenheim.

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L’ispirazione del sogno Il Surrealismo traeva la propria ispirazione dal sogno e dalle esperienze psicologiche che in quegli anni erano oggetto di studio da parte di Sigmund Freud. Nel suo libro intitolato L’interpretazione dei sogni, egli sosteneva che i desideri e i pensieri più profondi dell’uomo emergono alla coscienza e si rendono comprensibili attraverso il sogno. Proprio il sogno, dunque, diventa oggetto di rappresentazione insieme ai temi legati all’amore e alla liberazione dalle convenzioni sociali. I pittori surrealisti sono tutti a loro modo originali e per molti versi affascinanti. Salvador Dalí, anche con il proprio stile di vita, risultò essere il più stravagante. I suoi quadri presentano oggetti, animali ed esseri umani deformati, situati in luoghi che a volte suggeriscono il sogno o, addirittura, il delirio. Guardando un dipinto di Dalí si ha la netta percezione che l’artista abbia lavorato con la mente completamente libera da censure o costrizioni, lasciando emergere in pieno anche le sue ansie e le sue angosce.

Salvador Dalí, La persistenza della memoria, 1931,

olio su tela, 24 × 33 cm. New York, Museum of Modern Art. Ricorrente, nelle opere di Dalí, è la sua ossessione per il trascorrere del tempo. La espresse più volte rappresentando orologi «molli», come se fossero «pezzi di formaggio fuso» (come disse l’artista stesso), per indicare che la percezione del tempo è relativa, varia a seconda delle persone e di quello che esse vivono. Altre volte, invece, gli orologi esplodono, a indicare l’angoscia che viene dal tempo che passa.

U11 - Le Avanguardie

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Miró: dal realismo figurativo al Surrealismo Joan Miró aderì al Surrealismo negli anni Venti del secolo scorso quando, giunto a Parigi da Barcellona, rimase subito affascinato dal nuovo movimento artistico, fino a diventarne uno degli esponenti più rappresentativi. Abbandonò così il precedente linguaggio improntato a un forte realismo, in parte influenzato dal Cubismo. Il passaggio avvenuto nell’arte di Miró può essere osservato nel confronto tra due opere: una rappresentazione del paese di Montroig (a destra), al quale il pittore era molto affezionato, risalente al 1919, e il successivo Paesaggio catalano (sotto), dipinto tra il 1923 e il 1924. Nel primo quadro si avverte il contrasto tra il forte realismo con cui sono descritti gli edifici del borgo – fra i quali spicca, imponente, la chiesa – e la campagna in primo piano, a tratti stilizzata e ricca di elementi che paiono quasi decorativi. Sono già presenti elementi grafici come le linee di colore giallo che ricorreranno anche nelle opere successive. Nel complesso, tuttavia, si avverte con evidenza l’impianto figurativo del dipinto. Tutto questo non esiste più nel secondo dipinto, dove la svolta surrealista è ormai consumata: tutte le componenti del paesaggio sono ridotte a pochi segni, difficilmente intuibili.

Joan Miró, Montroig. Villaggio e chiesa, 1919,

olio su tela, 72 × 90 cm. Collezione Jacques e Natasha Gelman.

Joan Miró, Paesaggio catalano (Il cacciatore),

1923-1924, olio su tela, 64,8 × 100,3 cm. New York, Museum of Modern Art. Il quadro è popolato da una quantità di forme geometriche e di linee che richiamano in modo astratto figure e oggetti. Anche il cacciatore catalano è solo vagamente riconoscibile dalla pipa che sporge da una faccia triangolare nella quale si riconoscono un occhio, dei baffi, la barba, mentre il resto del corpo è tracciato con poche linee ondulate o spigolose. Nulla a che vedere con la figura perfettamente rappresentata del contadino nel paesaggio di Montroig. Il lungo cono nero con la fiammella in cima rappresenta il fucile. Altri simboli rimandano alla figura femminile, come la figura rotonda a destra: nell’Europa mediterranea erano molto diffusi i miti legati alla fertilità e alla donna-madre. Altri simboli rimandano ancora alla vitalità della terra catalana. In basso a destra la scritta sard richiama la tipica danza catalana chiamata «sardana», oppure la «sardina», importante risorsa economica per l’economia dei pescatori ma anche altro noto simbolo di fertilità.

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Leggere l’opera d’arte

Le visioni di Magritte Magritte era un uomo che si interrogava in continuazione circa il senso dell’esistenza umana e il significato della realtà, ed era convinto che la pittura fosse lo strumento migliore per avvicinarsi alle risposte che andava cercando. Solo avvicinarsi, però, perché riteneva che arrivare a una risposta completa e definitiva fosse impossibile. Proprio per dire questa impossibilità, egli dipingeva immagini che sembrano assurde e creano sconcerto. I quadri di Magritte paiono addirittura ingannare chi li osserva, quasi uno scherzo, con immagini che non sembrano avere nessuna logica e titoli che non hanno nulla a che fare con quello che è rappresentato. Ma la domanda che egli ci pone con le sue opere è: «Dove sta l’inganno? Nel dipinto, oppure nel Nel quadro vi è una sovrapposizione di due piani: quello del bosco e quello della cavallerizza. Ciascuno dei due elementi, preso separatamente, appare ben definito (contorni, volumi, prospettiva, colore...) e realistico. L’immagine nel suo insieme, invece, disorienta e porta oltre la realtà.

La scena risulta essere coerente fino al quarto albero da sinistra. La sovrapposizione compare con il quinto albero che, pur essendo arretrato rispetto alla cavallerizza secondo la prospettiva con cui è dipinto il bosco, la copre.

René Magritte, La firma in bianco,

mondo, così come noi siamo abituati a vederlo e a rappresentarlo?». Le visioni di Magritte prendono spunto da una realtà concreta e quotidiana, come la passeggiata a cavallo che troviamo nel quadro intitolato La firma in bianco. La scena appare reale, ma al tempo stesso la realtà si rivela e si nasconde in modo inaspettato, i piani si sovrappongono e sorge spontanea la domanda: «Che cosa dovrebbe essere visibile e che cosa nascosto?». Magritte scrisse a proposito di quest’opera: «Le cose visibili possono essere invisibili. […] Nella Firma in bianco, la cavallerizza nasconde gli alberi e gli alberi a loro volta la nascondono. Ma il nostro pensiero comprende sia il visibile sia l’invisibile». Magritte vuole portare l’attenzione dell’osservatore sul rapporto che esiste nella mente umana tra la realtà e la rappresentazione. Se noi osserviamo l’immagine della cavallerizza, la vediamo rappresentata in modo frammentario, ma noi sappiamo bene che essa possiede nella realtà una sua compattezza e una sua unità. E ugualmente accade per il bosco.

Il cavallo risulta essere inspiegabilmente spezzato dall’immagine dello sfondo che viene portata in primo piano. In seguito, la figura riprende la sua coerenza, coprendo il terzo albero da destra.

1965, olio su tela, 81 × 65 cm. Washington D.C., National Gallery of Art.

U11 - Le Avanguardie

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Cittadinanza

Mart: la contemporaneità si fa museo

Ingresso del museo, Rovereto, Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto.

Rovereto, città trentina ricca di tradizioni storiche, ospita dal 2002 il Mart (Museo d’Arte Moderna e Contemporanea). Si tratta di un innovativo polo culturale concepito come luogo ideale di incontro e fruizione dell’arte, con un ampio spazio dedicato alle Avanguardie del Novecento, in particolare al Futurismo. L’edificio che ospita il museo, progettato dall’architetto Mario Botta (1943), è un’affascinante struttura in cui moderne soluzioni ingegneristiche si fondono con continui richiami all’architettura classica. Basti pensare all’enorme cupola in vetro e acciaio chiaramente ispirata al Pantheon romano, senza dimenticare la caratteristica piazza principale che richiama l’agorá greca, idealmente intesa come luogo di incontro, comunicazione, scambio. Il Mart non è solo un museo, ma un centro in cui si tengono attività didattiche e di ricerca, mostre temporanee, eventi internazionali, spettacoli, all’insegna di una ricchezza culturale indispensabile per comprendere e vivere i percorsi lungo i quali si muove l’arte contemporanea. Fortunato Depero, La toga e il tarlo, 1914, cartone e legno. Rovereto, Mart.

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Valorizzare il patrimonio Il Mart aderisce all’Education Day, accattivante proposta che coinvolge numerose realtà museali, lanciata dall’Associazione Nazionale dei Musei Italiani di Arte Contemporanea. Il museo oggi non deve essere inteso come uno sterile contenitore di oggetti, un luogo chiuso custode della memoria, bensì come un luogo vivo, aperto alla crescita, all’integrazione e all’inclusione sociale. Non a caso, l’ICOM (International Council of Museums), organizzazione internazionale dei musei e dei professionisti museali associata all’UNESCO, nel definire il significato del termine museo si è espressa con queste parole: «Il museo è un’istituzione permanente aperta al pubblico, che compie ricerche sulle testimonianze materiali e immateriali dell’uomo [...] le comunica e soprattutto le espone, a fini di studio, di educazione e di diletto». Questa è appunto l’ottica che guida le attività proposte dal Mart (laboratori, conferenze, visite guidate, Happening) così come da molte altre istituzioni italiane. Un altro esempio, fra gli altri, è l’esperienza del Museo Tattile Statale Omero, nato nel 1993 e ospitato presso la Mole Vanvitelliana di Ancona. Unico in Italia n e l suo genere, questo centro culturale favorisce un originale approccio all’arte grazie alla percezione tattile, venendo incontro, in questo modo, a tutti coloro che sono privi della vista.


CuriosArte

Vivi l’arte

La casa diventa museo

Puoi organizzare un viaggio virtuale o reale alla scoperta dell’arte contemporanea visitando il Mart nei siti web sottoelencati.

Il Polo Museale del Mart comprende, tra le sue sedi espositive, anche la Casa d’Arte Futurista Depero, espressione della volontà di liberare l’arte dagli angusti confini dei musei e dei circoli culturali, per aprirla al futuro, al progresso, all’innovazione tecnologica, in linea con i dettami del Futurismo. Fortunato Depero, nel 1919, creò nella sua stessa abitazione, il primo nucleo della Casa d’Arte Futurista, progettandola come un vero e proprio laboratorio di arte applicata. Insieme alla moglie, Depero volle imprimere una svolta storica all’idea stessa di museo, nell’intento di meravigliare, stupire il visitatore. L’eclettico e poliedrico artista realizzò con fantasia dipinti, disegni, tarsie in panno, grafiche, mobili, giocattoli. Geniale inventore di straordinari sistemi comunicativi, aprì strade innovative anche nel teatro. Con i Balli plastici creò marionette che, nell’ottica del dinamismo plastico proprio del Futurismo, si muovono e ballano con gesti meccanici. In questa creazione, l’antica e giocosa arte delle marionette si coniuga con le innovative idee di velocità e di progresso, proprie di una realtà industrializzata e moderna. La creatività dell’artista trentino si espresse anche nel mondo della pubblicità. Nel 1932, ad esempio, ideò l’originale bottiglia a forma di tronco di cono del Bitter Campari e ne creò i manifesti pubblicitari.

www.mart.tn.it www.visitrovereto.it/scopri/musei/mart-rovereto www.youtube.com/user/MartRovereto

Competenze individuali Immagina che la direzione del Mart abbia bandito un concorso per organizzare una mostra antologica su Fortunato Depero (1892-1960) che fu pittore, scultore, designer e pubblicitario. Presenta l’elenco e le fotografie delle opere che vorresti fossero esposte, tra dipinti, manifesti, giocattoli. Immagina anche quali opere presentare in ogni sala e secondo quale logica (cronologica o tematica).

Fortunato Depero, Balli plastici ,

1918, manifesto pubblicitario. Collezione privata.

Fortunato Depero, Bitter Campari, 1926,

Fortunato Depero, Giostra lampadario, 1923-1924, legno

olio su tela, 100 × 70 cm. Collezione privata.

verniciato. Rovereto, Mart.

Scheda di autovalutazione e valutazione dell’insegnante sulle Competenze individuali Competenze coinvolte

Si orienta nello spazio e nel tempo e interpreta i sistemi simbolici e culturali della società.

Competenze chiave

Penso di aver raggiunto questo livello

L’insegnante mi ha assegnato il livello

Consapevolezza ed espressione culturale.

A B C D

A B C D

Livelli: A Avanzato; B Intermedio; C Base; D Iniziale

U11 - Le Avanguardie

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Verifica delle conoscenze

In sintesi…

DIDATTICA INCLUSIVA

BES

DIDATTICA INCLUSIVA

BES

Le Avanguardie MOVIMENTI DI ROTTURA CON IL PASSATO (I metà XX sec.) Architettura Scultura • Scuola del Bauhaus: • Futurismo: idea del interazione di movimento (Boccioni) architettura, arte e • Ricerche design (Gropius) indipendenti: • Razionalismo: essenzialità e ritorno funzionalità ed a vita primitiva essenzialità (Le (Brancusi), forme Corbusier) essenziali e allungate • Architettura organica: (Modigliani), integrazione con essenzialità e ambiente circostante recupero del (Wright) classicismo (Martini) • Art Decó: forme curve, a zigzag, a scacchi o a raggiera (van Alen) • Architettura di regime: funzionalità e imponenza (Guerrini, Lapadula, Mezzanotte, Speer)

Pittura Nuovi linguaggi • Espressionismo: espressione di tensioni • Dada: assemblaggio spirituali (Munch, Keckel, Kirchner, o riuso di oggetti, Rottluff) e amore per la vita (Matisse, intenti ironici Derain) e provocatori • Cubismo: realtà da più punti di vista (Duchamp) (Picasso, Braque) • Futurismo: esaltazione del progresso (Boccioni, Balla) • Astrattismo: forme lontane dall’immagine concreta (Kandinskij, Klee, Mondrian) • Metafisica: figure reali in atmosfere irreali e misteriose • Surrealismo: sogno, esperienze psicologiche, funzionamento del pensiero (Ernst, Magritte, Miró, Dalí) • Scuola di Parigi: ricerche indipendenti, atmosfere da favola (Chagall), essenzialità, staticità e primitivismo (Modigliani)

Completa il seguente brano inserendo correttamente il nome dei movimenti artistici, scegliendolo fra i seguenti: La Metafisica, Dadaismo, Il Futurismo, Il Surrealismo, L’Espressionismo, Il Cubismo, L’arte astratta Nei primi decenni del Novecento si moltiplicarono i movimenti artistici detti di «Avanguardia». Molto diversi tra di loro, si allontanarono però tutti dalla tradizione. .............................. esaltò il progresso e il dinamismo sia in scultura sia in pittura. .............................. volle rappresentare la realtà da più punti di vista contemporaneamente. .............................. privilegiò la comunicazione dei sentimenti e degli stati d’animo dell’artista attraverso forme semplificate e un uso libero dei colori. Alcuni artisti manifestarono in questo modo le proprie inquietudini, altri, detti Fauves, la gioia di vivere. .............................. ricercava la dimensione profonda della realtà attraverso semplici linee o figure geometriche, o anche solo attraverso l’accostamento di colori. .............................. riproponeva raffigurazioni realistiche ma in scene irreali, misteriose e talvolta inquietanti. .............................., prendendo le mosse dal .............................., un movimento provocatorio che privilegiò il «non-senso», volle esprimere il funzionamento del pensiero.

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Verifica delle conoscenze

Lettura dell’opera d’arte La realtà del sogno Lo spagnolo Joan Miró fu tra i più vivaci esponenti del Surrealismo. Il dipinto che vedi in pagina fa parte di una serie intitolata Costellazioni che ha per soggetto la visione del cielo. In questa Étoile matinale, o Stella del mattino, Miró esprime la sua visione dell’ordine cosmico, dipingendo una realtà celeste infinita, da cui emergono vaghe forme che evocano la terra e il cielo. Immagini oniriche fluttuano sulla tela senza un ordine definito. Lo sfondo diventa un contenitore di forme semplici, leggero ed evanescente, in cui compaiono, come sospesi, minuscoli esseri che sembrano scaturiti dall’immaginario dei bambini. Non a caso, Miró sosteneva che «l’arte dei bambini è la manifestazione più fertile della mente». Il pittore creava di getto ispirandosi al sogno e alla fantasia, senza controllo della ragione per fare posto al mondo dell’inconscio.

Joan Miró, L’étoile matinale, 1940, tempera, guazzo e pennarello su tela, 38 × 46 cm. Barcellona, Fundatió Joan Miró.

Osserva e rifletti. 1. La composizione presenta simmetria e un punto focale? 2. Le figure sono ben definite o stilizzate?

3. L’intera superficie dipinta è composta da forme morbide e fluttuanti? 4. Quali colori predilige Miró nel dipinto? primari

secondari

complementari

5. La composizione, nel suo insieme, trasmette l’atmosfera inquietante delle opere di altri artisti surrealisti che hai studiato?

Osserva e indica le caratteristiche riconducibili a Miró e al Surrealismo. L’artista supera la razionalità rappresentando il sogno e la follia. L’artista fa dell’amore, inteso come fulcro della vita, il soggetto principale delle sue opere. L’artista rappresenta la realtà in modo molto dettagliato. L’arte esprime la liberazione dell’individuo dalle convenzioni sociali. I grandi pittori del Rinascimento sono modello di riferimento.

U11 - Le Avanguardie

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U12

Il secondo

Novecento e l’arte contemporanea Dove Londra

Berlino

Parigi Milano Bilbao Barcellona Madrid

Andy Warhol, Mao, 1973, acrilico e inchiostro su tela, 176 × 136 cm. Chicago, The Art Institute.

Praga Vienna Venezia

Quando

Roma

1950-1953 1948

San Francisco Los Angeles

New York Pechino

New Orleans Dubai

Tokyo

Shanghai

Principali centri di sperimentazione artistica

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Nascita dello Stato d’Israele

1955

Nascita del Patto di Varsavia

1940 1950 1 1949

Brasilia

Guerra di Corea

Alberto Giacometti, Tre uomini che camminano

1950-1961

Giò Ponti, Grattacielo Pirelli

1952

Jackson Pollock, Convergence


La Seconda guerra mondiale rappresentò, come nel caso della Grande Guerra, un evento sconvolgente, che lasciò una traccia profonda nelle arti figurative. A partire dagli anni Sessanta del Novecento e fino a oggi, nuovi slanci creativi hanno portato alla nascita di moltissimi movimenti artistici, che hanno rivoluzionato non solo le forme e i linguaggi, ma anche il modo stesso di intendere l’arte. Francis Bacon, Studio dal Ritratto di papa Innocenzo X di Velázquez, 1953, olio su tela,

53 x 118 cm. Des Moines, Des Moines Art Center.

Andy Warhol, Campbell’s Soup, Serie I, Black Bean, 1968,

serigrafia su carta, 89,2 x 59, 1 cm. Londra, Tate Gallery. 1957

Nasce la Comunità Economica Europea

Jackson Pollock, Convergence, 1952, olio su tela,

241,9 × 399,1 cm. Buffalo, Albright-Knox Art Gallery.

1961

1975

1989

1991

2001

Costruzione del Muro di Berlino

Fine della guerra in Vietnam

Caduta del Muro di Berlino

Fine dell’Unione Sovietica

Attentato alle Torri Gemelle

1960 1970 1980 1990 2000 1956

Richard Hamilton, Ma che cos’era che rendeva le case di una volta così diverse, così affascinanti?

1962

1970

1971-1977

1978

1997

2004-2010

Andy Warhol, Gold Marilyn Monroe

Robert Smithson, Spiral Jetty

Richard Rogers e Renzo Piano, Centre George Pompidou

Charles Moore, Piazza Italia

Frank Owen Gehry, Museo Guggenheim di Bilbao

Skidmore, Owings & Merrill, Burj Khalifa

U12 - Il secondo Novecento e l’arte contemporanea

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Idee guida

Le Neoavanguardie Le Idee guida ti serviranno a focalizzare i punti principali di un periodo artistico, a conoscere le persone che lo hanno caratterizzato e potranno orientarti meglio nello studio dell’arte contemporanea. 1

Le nuove frontiere dell’architettura

A partire dalla fine della Seconda guerra mondiale fino a oggi l’architettura si è espressa nelle forme e con gli stili più diversi: dalla ripresa del Razionalismo, al ritorno ai modelli classici e rinascimentali, fino alle più ardite costruzioni rese possibili anche dall’uso dei nuovi strumenti informatici. Agli esordi del XXI secolo, tuttavia, le sfide che gli architetti si trovano ad affrontare sono quelle legate all’esigenza di una maggiore integrazione fra edifici e ambiente e alla necessità di realizzare strutture ecosostenibili.

Jørn Utzon, Sidney Opera House, 1973. Sidney.

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Le Neoavanguardie nella scultura...

La scultura del secondo Novecento ha espresso molteplici indirizzi e, soprattutto negli ultimi decenni, ha seguito sperimentazioni decisamente originali. C’è anche stato chi ha voluto riportare l’attenzione sulla tradizione, reinterpretandola in chiave contemporanea, chi ha raccolto e sviluppato gli stimoli delle avanguardie, inaugurando movimenti detti di «Neoavanguardia» e chi invece ha intrapreso strade del tutto nuove.

Alberto Giacometti, Camminando velocemente sotto la pioggia, 1949, bronzo, 45,2 × 76,2 × 15,2 cm. New York, Museum of Modern Art.


3

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...nella pittura...

Anche nella pittura sono fioriti gli orientamenti più svariati, che hanno dato vita a correnti artistiche che si sono collocate in una posizione di «rottura» rispetto alla tradizione e anche alle Avanguardie che avevano caratterizzato la prima metà del secolo. Movimenti come l’Arte informale, la Pop Art o il Graffitismo sono espressione di sensibilità diverse che, integrandosi tra loro, suggeriscono un modo nuovo di intendere l’arte figurativa tra XX e XXI secolo.

...e oltre

Nella seconda metà del XX secolo si sono sviluppate nuove forme d’arte che risultano a volte sorprendenti. Performance, Happening, installazioni... a volte possono lasciare perplessi per i contenuti che vogliono trasmettere e i modi usati per farlo. Sono però testimonianza di una vitalità artistica che prosegue nel suo cammino, sperimentando strade sempre nuove, in molti casi destinate a esaurirsi nell’arco di breve tempo, ma che comunque vale la pena esplorare.

Anselm Kiefer, Censimento, 1990, acciaio, piombo, fotografie, 415 × 570 × 800 cm. Berlino, Hamburger Bahnhof.

Preconoscenze

Jackson Pollock, Luce bianca, 1954, olio, vernici, smalti e alluminio su tela, 122,4 × 96,9 cm. New York, Museum of Modern Art.

Siamo arrivati ai giorni nostri e l’arte attuale ci mostra forme molteplici e codici in continua trasformazione, secondo le esigenze di ciò che definiamo «villaggio globale». L’arte esce dai musei e riveste i muri delle città, diviene «liquida» e fluisce nel web. È espressione di molte culture condivise e di altrettante forme espressive: teatro, musica, danza... quali manifestazioni d’arte contemporanea hai po•A tuto assistere? Vi sono graffiti nella tua città? Tra i video e le foto che hai visto sui social, come Instagram, Pinterest o Twitter, vi sono testimonianze artistiche?

U12 - Il secondo Novecento e l’arte contemporanea

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Architettura

U12

1 L’architettura: dalla

ricostruzione al Postmoderno Gli anni della ricostruzione Durante la Seconda guerra mondiale molte fra le città più importanti, in Italia come in altri Paesi europei, furono devastate dai bombardamenti. A partire dal 1945 iniziò, quindi, un’imponente opera di ricostruzione, anche se con mezzi economici inizialmente limitati. In molti casi i nuovi edifici furono progettati riprendendo gli schemi del Razionalismo, talvolta però senza tenere conto del contesto urbanistico nel quale erano inseriti, spesso stravolgendo l’identità dei centri storici. Tra gli anni Cinquanta e Settanta del Novecento, in Italia, la maggiore ricchezza dovuta al cosiddetto «miracolo economico» permise di investire maggiori quantità di denaro nell’edilizia pubblica e privata. Vennero realizzati progetti di grande valore, dovuti ad architetti come Pier Luigi Nervi (1891-1979), Giò Ponti (1891-1979) e Renzo Piano (1937), che operarono su scala mondiale. A Giò Ponti si deve il Grattacielo Pirelli, a Milano (alto 127 metri, con 32 piani; progettato nel 1950 e costruito fra il 1956 e il 1961), anch’esso ispirato ai criteri del Razionalismo e divenuto uno dei simboli della ricostruzione e del rilancio economico della città e dell’Italia. Giò Ponti, Grattacielo Pirelli, 1950-1961, h 127,10 m. Milano.

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Non solo grandi opere: l’edilizia popolare Contemporaneamente furono avviati anche importanti piani di edilizia popolare, soprattutto nelle periferie delle grandi città. In molti casi, però, unità abitative di grandissime proporzioni (come il Corviale a Roma) o interi quartieri (come lo Zen a Palermo o Scampìa a Napoli) sorsero senza un piano di sviluppo dei servizi. L’impiego di materiali di scarsa qualità, inoltre, portò in breve tempo a situazioni di degrado e di abbandono, cui si accompagnarono fenomeni di emarginazione sociale di vario genere. Questi fatti misero in luce un aspetto importante, che è stato preso in maggiore considerazione negli ultimi decenni: l’architettura, oggi più che mai, ha un impatto decisivo sulla qualità della vita e sullo sviluppo sociale.

Studio BBPR, Torre Velasca, 1958, h 106 m. Milano.

Quartiere di Scampia,

(veduta aerea). Napoli. In primo piano sono visibili le cosiddette «Vele», palazzi di edilizia popolare costruiti fra il 1962 e il 1975 e divenuti simbolo del degrado architettonico e sociale della città di Napoli.

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L’architettura high-tech A partire dagli anni Settanta del Novecento, iniziarono a farsi strada correnti architettoniche che privilegiavano l’impiego delle nuove tecnologie e dei nuovi materiali che il progresso metteva a disposizione. Fu il caso dell’architettura high-tech, sorta in Inghilterra verso la fine degli anni Sessanta per opera di un gruppo di giovani architetti tra i quali spiccava Richard Rogers (1933). Gli edifici high-tech presentano strutture realizzate in ferro e acciaio visibili anche all’esterno e pareti quasi completamente realizzate in vetro. Anche all’interno le strutture portanti sono leggere e costruite talvolta con pannelli mobili che consentono di modificare la grandezza degli ambienti in relazione alle necessità del momento. Questo tipo di architettura è stato impiegato quasi esclusivamente per la costruzione di edifici pubblici come musei, biblioteche, centri culturali..., ma ha ispirato negli anni seguenti anche altre realizzazioni. Una delle più note è la Hong Kong & Shanghai Bank a Hong Kong (1979-1986), progettata da un altro degli iniziatori della high-tech, Norman Foster (1935).

Competenti in arte

• •

Edifici nei quali veniva fatto ampio uso di vetro e strutture in metallo erano già stati realizzati fin dall’Ottocento. R icordi alcuni esempi? Quali erano le loro caratteristiche? R ispetto a quei primi «esperimenti», l’architettura high-tech presenta alcune novità: sapresti indicare quali?

Norman Foster, Hong Kong & Shanghai Bank (veduta interna), 1979-1986. Hong Kong.

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Richard Rogers e Renzo Piano, Centre George Pompidou, 1971-1977. Parigi. Uno dei primi esempi di architettura high-tech, rimasto tutt’oggi fra i più rappresentativi, è il Centre Georges Pompidou di Parigi. Progettato da Richard Rogers e Renzo Piano e costruito fra il 1971 e il 1977, è sede di un importante museo d’arte contemporanea e accoglie numerose iniziative culturali. Gli spazi interni, liberi e ampi, possono essere adattati a seconda delle diverse esigenze. Proprio per liberare e rendere «elastiche» le parti interne, tutte le strutture portanti e persino gli impianti sono stati collocati all’esterno, con abili e interessanti soluzioni di design, come la scala mobile, interamente coperta da una struttura in vetro, che attraversa con una linea a zig zag tutta la facciata dell’edificio.

L’architettura postmoderna Verso la fine degli anni Settanta del secolo scorso iniziò a emergere un nuovo orientamento, detto «Postmoderno» perché sorto in opposizione al «Movimento moderno». Non possiamo parlare, in questo caso, di un «movimento» vero e proprio, perché gli architetti postmoderni, presenti soprattutto negli Stati Uniti e in Europa, sperimentarono percorsi differenti. Tutti, però, cercarono di prendere le distanze da un Razionalismo e da un funzionalismo esasperati, mescolando talvolta stili diversi. Nelle strutture portanti, come anche nelle decorazioni (completamente abbandonate dai «modernisti»), furono usati elementi ispirati ai modelli architettonici derivati dall’antichità e dal Rinascimento, come colonne, timpani, fregi..., talvolta reinterpretati in chiave moderna e realizzati in marmo, pietra ecc., oppure con nuovi materiali come acciaio, cemento armato e vetro.

Charles Moore, Piazza Italia, 1978. New Orleans. Il complesso architettonico Piazza Italia, progettato e realizzato a New Orleans nel 1978 da Charles Moore (1925-1993), è considerato il primo esempio compiuto di architettura postmoderna. Commissionato all’architetto dalla comunità italoamericana della città, questo ampio spazio è tutto strutturato come un’enorme fontana, che forse intende ricordare la Fontana di Trevi, a Roma. Vi sono raccolti gli ordini dell’antica Grecia (dorico, ionico e corinzio), ma anche il tuscanico e il composito (una sintesi dell’ordine ionico e del corinzio) tipici dell’architettura romana. Troviamo poi anche ripreso il tema del colonnato di forma circolare, distribuito su diversi livelli.

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Il Decostruttivismo Il Decostruttivismo fu una corrente architettonica che intese distinguersi in modo deciso rispetto al Postmoderno. Gli architetti decostruttivisti rivoluzionarono l’architettura a partire dalla sua precisione geometrica, progettando edifici con volumi irregolari, «fluidi», e linee che a volte sembrano avvolgersi su se stesse. Anche i materiali impiegati sono i più diversi: dal cemento armato, al vetro, fino ai pannelli di titanio e zinco impiegati dall’architetto Frank Owen Gehry (1929) per ricoprire le pareti dalle forme sinuose e curve del Museo Guggenheim di Bilbao o della Walt Disney Concert Hall di Los Angeles. Frank Owen Gehry, Museo Guggenheim,

1997. Bilbao.

CuriosArte

Il museo e gli animali I volumi irregolari del Museo Guggenheim di Bilbao e l’uso di materiali come titanio e zinco richiamano in modo esplicito il mondo animale. Frank O. Gehry afferma infatti di essersi ispirato alle squame dei pesci nel progettare le «scaglie» di titanio che si riflettono, iridescenti, nel fiume che vi scorre accanto. Figure animali accolgono anche il visitatore agli ingressi. Nella foto in alto, sulla sinistra, puoi individuare Maman («Mamma»), scultura in bronzo alta 9 metri, creata da Louise Bourgeois (1911-2010), a ricordo della madre, tessitrice e restauratrice di arazzi abile come un ragno. L’altro ingresso è «presidiato» da Puppy «Cucciolo», un «cagnolino» alto 13 metri e ricoperto di circa 70 000 fiori di stagione, creato da Jeff Koons (1955).

L’informatica a servizio dell’architettura Oggi gli architetti fanno ampio uso degli strumenti informatici nella progettazione degli edifici e questo permette loro di realizzare strutture estremamente audaci. L’uso di questi nuovi mezzi risulta essere decisivo non tanto per quel che riguarda le forme e il disegno, quanto piuttosto per l’elaborazione dei calcoli estremamente complessi indispensabili per la realizzazione di strutture che proprio per le loro forme, insieme alla mole spesso imponente, hanno bisogno di una fase di progettazione scrupolosamente accurata. Le nuove tecnologie hanno permesso di costruire grattacieli sempre più alti e dalle linee più sorprendenti. A Dubai, nel 2010 è stato inaugurato il Burj Khalifa, che con i suoi 160 piani e gli 830 metri circa d’altezza è oggi l’edificio più alto del mondo.

Studio Skidmore, Owings & Merrill, Burj Khalifa, 2004-2010, h 829,8 m. Dubai.

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Architettura ecosostenibile... La nuova frontiera dell’architettura contemporanea è rappresentata dalla ricerca di innovazioni architettoniche ecosostenibili, cioè rispettose dell’ambiente.

Stefano Boeri e altri, Bosco verticale,

2008-2014, h 112 e 80 m. Milano. A Milano nel 2014 è stato inaugurato il Bosco verticale, un complesso residenziale composto da due torri alte 112 e 80 metri, dotate di terrazze «verdi» che ospitano in totale oltre 2000 tipi di piante diverse a seconda dell’esposizione al sole, così da consentire di godere della vegetazione durante tutto l’anno. La superficie complessiva di questi moderni giardini pensili corrisponde a circa 2 ettari di foresta «cittadina». Nel 2015 il «Bosco verticale» si è aggiudicato il premio come «grattacielo più bello e innovativo del mondo» da parte del Council on Tall Buildings and Hurban Habitat.

...e architettura dinamica La ricerca nel campo dell’architettura prosegue in modo rapido e, ancora una volta a Dubai, l’architetto italo-israeliano David Fisher (1949) sta progettando la Da Vinci Tower, un «grattacielo rotante» ecosostenibile ispirato ai criteri dell’architettura dinamica. Si tratta di un edificio alto 420 metri con appartamenti in grado di ruotare cambiando orientamento. La torre, quindi, cambierebbe continuamente aspetto, a seconda delle scelte dei singoli proprietari. Le turbine eoliche e i pannelli solari situati sull’edificio sarebbero in grado di soddisfare il bisogno energetico di tutti gli appartamenti e avanzerebbe anche un surplus di energia pulita da rivendere.

David Fisher, Modello che illustra alcune delle possibili fasi di trasformazione della Da Vinci Tower.

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Scultura

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2 La scultura, fra tradizione

e modernità

Giacometti: reinterpretare la tradizione

Manzù: la tradizione fuori dall’accademia

Uno degli scultori più significativi vissuti fra il primo e il secondo Novecento fu lo svizzero Alberto Giacometti (1901-1966). Dopo avere compiuto varie sperimentazioni nell’ambito delle Avanguardie – in particolare nel movimento surrealista – a partire dagli anni Quaranta Giacometti si orientò verso un recupero della tradizione. Nelle figure sottili e allungate di molte sue sculture è evidente l’ispirazione all’arte etrusca.

Un altro scultore che si pose in dialogo con la tradizione fu l’italiano Giacomo Manzù (1908-1991). Pur avendo insegnato, prima della Seconda guerra mondiale, nelle accademie di Milano e di Torino, egli rifiutò di irrigidirsi negli schemi imposti da quel mondo, ispirandosi alla tradizione in modo del tutto originale. La svolta nell’arte di Manzù avvenne tra il 1947 e il 1964, quando egli fu impegnato, insieme ad Alfredo Biagini, nella realizzazione della Porta della morte per la Basilica di San Pietro. Qui emerge in modo chiaro lo stile di Manzù, con il realismo che caratterizzerà le sue opere successive, insieme alla forte tensione espressiva delle figure, cariche di emozioni e di sentimento.

Alberto Giacometti, Tre uomini che camminano,

1949, bronzo, 76,5 × 33 × 32,4 cm. New York, Metropolitan Museum of Art. Giacometti scolpì soprattutto il bronzo, che appare però sempre «grezzo», grumoso, ruvido, non rifinito. Le figure sono stilizzate, spesso appena abbozzate e prive di dettagli anatomici, rigide eppure cariche di dinamismo. Comunicano l’idea di un essere umano «corroso» e inquieto, che deve in qualche modo ricostituire la propria immagine in un’epoca – il secondo dopoguerra – nella quale molte certezze sono cadute e il mondo vive con insicurezza angosciante l’era atomica appena iniziata.

Giacomo Manzù, Porta della morte (particolare), 1947-1964, bronzo, 765 × 365 cm. Città del Vaticano, Basilica di San Pietro.

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Leggere l’opera d’arte

Henry Moore: fra realtà e astrazione Uno dei maggiori protagonisti della scultura del XX secolo fu l’inglese Henry Moore (1898-1986). Attento studioso delle opere antiche e rinascimentali, neppure ignorò i movimenti di Avanguardia, primo fra tutti il Cubismo. A partire dai linguaggi maturati nel corso delle epoche e delle civiltà (comprese quelle che diremmo «primitive»), egli elaborò un tipo di scultura che, muovendo dalla realtà, approdava a forme vicine all’astrazione. Lo stesso Moore dichiarò apertamente: «Le mie sculture diventano meno figurative, meno ricalcate sulle apparenze visive, e dunque direbbero alcuni più astratte. Ma solo perché io credo che ciò mi consenta di presentare il contenuto psicologico e umano delle mie opere con la più

La figura umana è estremamente semplificata e richiamata in modo esplicito solo da pochi elementi, come la testa, decisamente piccola in proporzione al resto del corpo. All’artista non interessano le proporzioni, ma comunicare attraverso le forme una sensazione di equilibrio e di armonia.

grande forza e la più grande sincerità possibile». Moore privilegiò la rappresentazione della figura umana, spesso in sculture di grandi dimensioni realizzate con materiali «tradizionali» come il bronzo, la pietra e il legno. Si tratta di statue perfettamente levigate e con forme morbide e ondulate tra le quali si sviluppano giochi di luci e ombre che trasmettono una sensazione di vitalità e dinamismo. Tutto questo è visibile nell’opera Figura giacente. Forme interne ed esterne. Si può ritrovare qui una figura di donna (che nella posizione può richiamare la Paolina Bonaparte di Canova, vedi p. 305) dalla fisionomia estremamente semplificata e ridotta a un alternarsi di pieni e vuoti.

La scultura, con i suoi volumi e l’alternanza di pieni e di vuoti, si pone in relazione con lo spazio circostante, che in parte occupa e in parte accoglie dentro di sé. L’ambiente che la circonda è parte integrante dell’opera: questo aspetto è particolarmente evidente nelle sculture collocate in spazi aperti.

In questo corpo umano semisdraiato (posizione ricorrente nelle sculture di Moore), l’artista vuole porre in evidenza le due dimensioni dell’uomo: quella esteriore e quella interiore, spirituale.

Henry Moore, Figura giacente. Forme interne ed esterne, 1951, bronzo e legno, 33 × 52 × 17 cm. Londra, Arts Council Collection.

La superficie, perfettamente levigata, permette alla luce di distribuirsi creando effetti di chiaroscuro che da un lato mettono in evidenza le forme e dall’altro accentuano il senso di movimento.

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Scultura

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3 Le nuove frontiere della

scultura contemporanea

Le sculture in movimento di Alexander Calder Un approccio del tutto originale alla scultura fu quello dello statunitense Alexander Calder (1898-1976), inventore della cosiddetta «arte cinetica». Calder approdò a questo tipo di scultura partendo da giocattoli mobili che egli iniziò a costruire per guadagnarsi da vivere durante il suo soggiorno parigino, nel 1926. A Parigi frequentò diversi esponenti delle Avanguardie, tra i quali Duchamp e Mondrian. Dopo l’incontro con Mondrian, Calder decise di dedicarsi all’arte astratta, proprio attraverso le sculture cinetiche. Si tratta di opere realizzate con lamine di metallo colorato di forme diverse, attaccate a fili d’acciaio e fluttuanti nell’aria, che Duchamp per primo chiamò «mobiles». L’abilità dell’artista sta nel costruire una struttura che, pur modificando la propria configurazione formale a ogni minimo refolo d’aria, mantenga intatti l’armonia e l’equilibrio.

Alexander Calder, Quattro direzioni, 1956, alluminio verniciato e filo di ferro, 104,1 × 203,2 × 213,4 cm. New York, Metropolitan Museum of Art.

L’illusione della realtà: l’Iperrealismo Rispetto agli artisti orientati all’Astrattismo, la scultura del Novecento conobbe anche correnti che, all’opposto, realizzarono opere improntate a un estremo realismo: super o iper-reali. L’Iperrealismo nacque negli Stati Uniti verso la fine degli anni Settanta come estremizzazione della Pop Art (p. 438) e con l’intenzione di rappresentare la realtà esattamente come appare, nel modo più fedele possibile e senza interpretazione. Particolarmente impressionanti sono le sculture iperrealiste che raffigurano esseri umani colti nella loro quotidianità: persone comuni ritratte in contesti e occupazioni del tutto ordinari. Le statue, ricavate da calchi di persone reali (quindi a grandezza naturale), sono realizzate in resine e materiali sintetici, con l’applicazione di capelli veri e abbigliate con indumenti che si possono acquistare in qualsiasi supermercato. L’Iperrealismo, tuttavia, non offre una rappresentazione della realtà, ma l’illusione della realtà, o meglio, l’illusione di qualcosa di vero e reale, che però tale non è, perché anche le statue più perfette non sono esseri umani reali. Di questo erano ben consapevoli gli esponenti che aderirono a questo movimento, tra i quali i più importanti furono Duane Hanson (1925-1996) e John de Andrea (1941).

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Duane Hanson, Donna che mangia, 1971, resina poliestere, fibra di vetro, policromo in pittura a olio, abiti, tavolo, sedie e accessori, grandezza naturale. Washington D.C., Smithsonian American Art Museum.


Lo spirito geometrico di Arnaldo Pomodoro Di tutt’altro orientamento è l’italiano Arnaldo Pomodoro (1926), che riproduce nelle sue opere la perfezione di solidi geometrici come la sfera, il cilindro, il cubo... Si tratta per lo più di sculture in bronzo di grandi dimensioni, destinate soprattutto a spazi esterni, come piazze e parchi. La superficie lucida, sulla quale si specchia l’ambiente esterno, crea una sorta di continuità fra la scultura e lo spazio circostante, interrotta da parti variamente lavorate ancora con forme di solidi geometrici che sembrano descrivere un altro aspetto della realtà. Anche nelle opere di Pomodoro è percepibile una sorta di «dialogo» tra l’interno e l’esterno, tra la dimensione esteriore e quella interiore. Arnaldo Pomodoro, La grande prua. Monumento funebre a Federico Fellini, 1993-1994, bronzo, 375 × 375 × 270 cm. Rimini, Cimitero Monumentale.

Arnaldo Pomodoro, Sfera con sfera, 1990, bronzo, diametro 300 cm ca. Città del Vaticano, Musei Vaticani, Cortile della Pigna. Il dialogo tra la dimensione interiore e quella esteriore emerge in maniera evidente nelle numerose sfere realizzate dall’artista; quella qui riprodotta si trova nel Cortile della Pigna all’interno dei Musei Vaticani. Sulla superficie perfetta e liscia si apre uno squarcio dai contorni irregolari, tormentati, che rivela l’interno della sfera. A questo punto, l’opera sembra assumere l’aspetto di un enorme ingranaggio meccanico e nello stesso tempo si scompone in un gioco di luci e ombre che cambiano continuamente a seconda del punto di vista da cui la si osserva. Lo stesso osservatore vi ritrova il proprio riflesso deformato ed è sollecitato a riflettere sulla propria immagine e sul rapporto con la propria «sfera» interiore.

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Pittura

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4 L’Arte informale

Dalla forma al gesto Negli anni successivi alla Seconda guerra mondiale, molti pittori espressero nelle loro opere i turbamenti provocati dal conflitto e al tempo stesso l’angoscia per un futuro che la contrapposizione tra i Paesi occidentali e il Blocco sovietico rendeva ancora incerto. Questa inquietudine si manifestò soprattutto negli Stati Uniti con la nascita dell’Espressionismo astratto, un movimento che raccoglieva al proprio interno linguaggi e orientamenti molto diversi tra loro, tutti però tesi a fare dell’arte astratta un modo per aiutare gli artisti a esprimere i propri sentimenti. La rappresentazione della figura umana deformata è, ad esempio, il linguaggio scelto da Willem de Kooning (19041997) e da Francis Bacon (1909-1992) – a p. 419 puoi

Willem de Kooning, Donna I,

1950-1951, olio su tela, 193 × 147 cm. New York, Museum of Modern Art. In questo ritratto di donna, di Willem de Kooning, emerge il tormento dell’artista, impresso sulla tela con pennellate forti, rapide, scomposte, verrebbe da dire «rabbiose». Sono queste, insieme ai colori utilizzati, che imprimono aggressività e drammaticità alla figura, priva di qualsiasi rigore formale e che nei tratti del volto accentua i sentimenti d’angoscia che il pittore voleva esprimere.

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osservare il suo Studio dal Ritratto di papa Innocenzo X di Velázquez – per comunicare rabbia, tormento, disperazione. Un tratto comune degli espressionisti astratti era l’importanza accordata al gesto, ossia all’azione spontanea compiuta dall’artista nel momento in cui realizzava la sua opera (Action Painting, «Pittura d’azione»), senza badare alla forma che ne poteva scaturire. Proprio per la poca importanza attribuita alla forma o addirittura a motivo della sua scomparsa, il movimento dell’Espressionismo astratto è anche noto, soprattutto in Italia, con il nome di «Arte informale».


Gli «sgocciolamenti» di Jackson Pollock L’artista più importante dell’Espressionismo astratto statunitense fu Jacskon Pollock (1912-1956). Nel corso del suo lungo percorso pittorico (iniziò a dipingere ancora adolescente) egli usò diversi linguaggi e aderì con slancio al movimento dell’Action Painting, di cui sono testimonianza opere come Guerra, del 1947. Alla fine degli anni Quaranta del Novecento, però, Pollock arrivò a escludere completamente dai propri quadri la componente figurativa, dedicandosi alla tecnica che lo rese famoso: il dripping, espressione che significa «sgocciolamento». I colori (non più pitture a olio, bensì vernici, polveri e inchiostri) venivano fatti sgocciolare da pennelli, bastoni di legno, oppure direttamente dal recipiente sulla tela o su altri supporti (come gesso o tavole di legno) collocati sul pavimento. Altre volte la tela era appesa al muro e i colori vi venivano letteralmente lanciati contro. Né il pennello né nessun altro strumento, però, toccava la tela o gli altri supporti usati: il risultato era esclusivamente frutto dei gesti dell’artista che lasciava cadere il colore secondo l’ispirazione del momento. I movimenti di Pollock venivano in qualche misura recepiti all’interno delle sue opere che, in effetti, trasmettono un senso di grande dinamismo.

Jackson Pollock, Guerra, 1947, inchiostro e matite colorate, 52,4 × 66 cm. New York, Metropolitan Museum of Art.

Il Color Field di Mark Rothko Un altro linguaggio tipico dell’Arte informale è il Color Field, usato dal pittore statunitense di origini lettoni Mark Rothko (1903-1970). Color Field significa letteralmente «campo colorato» e in effetti i quadri di Rothko – quasi tutti di grandi dimensioni – presentano poche e ampie campiture di colori diversi e talvolta contrastanti. Esclusivamente a questi colori è affidato il compito di comunicare all’osservatore le emozioni provate dall’artista nel momento in cui dipingeva. Gli accostamenti cromatici erano scelti con cura da Rothko, che a volte impiegava molto tempo per realizzare un’opera. Inoltre, i colori erano distribuiti sulla tela in leggeri strati sovrapposti, in modo da ottenere anche sottili sfumature e senso della profondità. I bordi sfumati e indefiniti hanno indotto alcuni studiosi a qualificare le opere di Rothko come «vibranti» e «pulsanti». Si tratta comunque di un’arte che lascia ampio spazio alle risonanze che l’opera riesce a suscitare nell’osservatore, e a tutto ciò che essa è in grado di comunicare a livello di sentimenti e immaginazione. Mark Rothko, Numero 5/Numero 22, 1950, olio su tela, 297 × 272 cm. New York, Museum of Modern Art.

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Jean Fautrier e le incrostazioni di colore In Europa l’Arte informale ebbe uno dei maggiori rappresentanti nel francese Jean Fautrier (1898-1964). Nelle sue opere la forma si va via via dissolvendo a partire dagli anni Quaranta del XX secolo, per lasciare spazio a un linguaggio che fa del colore l’elemento espressivo. Contrariamente a Rothko, però, Fautrier distribuiva il colore sulla tela quasi incrostandola con strati grumosi, talvolta aggiungendovi anche altri materiali, come colla, intonaco e addirittura segatura. Per questo motivo egli è anche considerato un precursore dell’Informale materico che incontreremo tra poco.

Jean Fautrier, Testa d’ostaggio n. 7, 1944, olio su tela,

35 × 27 cm. Collezione privata. Fautrier ha lasciato nella serie delle Teste d’ostaggio una testimonianza drammatica degli orrori della guerra, vissuti direttamente dall’artista partecipando alla Resistenza francese contro l’occupazione nazista. I volti sono deformati fino a dissolversi nel colore e trasmettono tutta l’intensità del dramma sofferto.

Lucio Fontana e la ricerca dello spazio In Italia l’Arte informale ebbe in Lucio Fontana (18991968) uno dei suoi rappresentanti più originali. Fontana sperimentò nel corso del suo lungo percorso artistico tecniche diverse, approdando infine, dopo la Seconda guerra mondiale, a un linguaggio che privilegiava la ricerca dello spazio. L’arte di Fontana è basata sul gesto e si traduce nell’atto di bucare ripetutamente la tela, oppure di tagliarla con una lama affilata, aprendovi squarci attraverso i quali la dimensione della profondità irrompe nell’opera e lo spazio entra a far parte della composizione. «Spazialismo» è il nome della corrente artistica inaugurata da Fontana, nella quale il colore perde la propria importanza e l’obiettivo diventa quello di realizzare in campo pittorico la tridimensionalità, non solo bucando o forando le tele, ma anche applicandovi sopra altri materiali.

Lucio Fontana, Concetto spaziale. Attesa, 1960, tela, strappi e garza, 100,3 × 80,3 cm. New York, Museum of Modern Art.

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Alberto Burri e l’Informale materico L’Arte informale si espresse in una corrente artistica che fece dei materiali non solo un mezzo espressivo, ma il soggetto stesso dell’opera d’arte. Già in parte anticipata da Fautrier, questa tendenza trovò piena realizzazione in Italia con Alberto Burri (1915-1995). Burri impiegava nelle sue opere i materiali più diversi (tele di sacco, pezzi di stoffa, oppure di legno o di ferro, catrame, plastica fusa, bottoni...), in genere già logori e consumati e, per questo, portatori di un vissuto e di una storia. A volte, con una fiamma ossidrica fondeva la plastica su un supporto, lasciando che si modellasse spontaneamente. Alberto Burri, Sacco e oro, 1953,

sacco, acrilico e stoffa, 86 × 100 cm. Città di Castello, Fondazione Palazzo Albizzini, Collezione Burri. Con opere di questo tipo Burri voleva esprimere la sofferenza vissuta durante la guerra, quando fu internato in un campo di prigionia in Texas e, come medico, curò le ferite di altri prigionieri. Il rosso, spesso presente nelle sue opere, richiama il sangue, mentre i buchi e gli strappi prodotti nei sacchi o in altri materiali evocano lacerazioni che non sono solo del corpo, ma anche e soprattutto dello spirito.

Giuseppe Capogrossi e il ripetersi di segni uguali Un altro esponente dell’Arte informale, che prima della Seconda guerra mondiale aveva avuto un certo successo come pittore figurativo, fu Giuseppe Capogrossi (19001972). Dopo la guerra, egli iniziò a dipingere quadri nei quali alcuni elementi grafici (famose le sue «sigle trine», paragonabili a forchettoni) si ripetono secondo scansioni ritmiche variabili. L’impressione è che con un solo segno, Capogrossi voglia comporre frasi sempre diverse usando un linguaggio artistico semplice ed essenziale, nel quale domina il colore nero steso in modo mai materico su fondi chiari.

Giuseppe Capogrossi, Superficie 210, 1957,

olio su tela, 206,4 × 160 cm. New York, Solomon R. Guggenheim Museum.

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Leggere l’opera d’arte

Pollock: l’azione e l’opera Con la tecnica del dripping, le macchie e i filamenti di colore «piovono» sulla tela a partire dal gesto compiuto dall’artista. Decisivo, quindi, è proprio questo muoversi del pittore sopra e intorno alla tela, con la quale ha un contatto privo di mediazioni. Il colore cade in modo che neppure il pittore può determinare fino in fondo e questo suggerisce una dimensione di libertà dell’opera d’arte frutto dell’imprevedibilità e del caso.

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Lo stesso Pollock descrisse il modo con cui realizzava i suoi quadri: «[La tela] preferisco appenderla al muro o posarla sul pavimento, perché ho bisogno della resistenza di una superficie dura. Sul pavimento mi sento più a mio agio, più vicino, più parte del quadro; posso camminarci intorno, lavorarci da quattro lati diversi, essere letteralmente dentro il quadro [...] che ha una sua vita e io non cerco che di farla venire fuori. [Così] si


stabilisce uno stato di pura armonia, di spontanea reciprocità, e l’opera riesce bene». Per capire fino in fondo un’opera di Pollock, quindi, bisognerebbe aver visto il pittore in azione. A questo scopo proponiamo l’opera intitolata Convergence accompagnata da una foto dell’artista mentre realizza uno dei suoi quadri: è insieme alla foto che l’opera va letta e compresa.

Rudy Burckhardt, Pollock al lavoro, 1950, fotografia. Washington D.C., Smithsonian Institution.

Con un pennello Pollock lasciava sgocciolare il colore sulla tela, stando sopra di essa. L’artista poteva anche muoversi intorno alla tela, facendovi cadere il colore da ogni lato.

La tela è posata sul pavimento: questa era la posizione preferita da Pollock per eseguire le sue opere, perché poteva muoversi intorno ad esse liberamente e dare libera espressione alla sua ispirazione, facendo sgocciolare il colore in qualsiasi punto.

I colori cadono sulla tela seguendo il movimento dell’artista, ma vi si dispongono in maniera casuale. Il quadro risulta così essere frutto della sovrapposizione dei colori fatti sgocciolare dal pittore, secondo la sua ispirazione del momento. La tela, o qualsiasi altro supporto, può completamente scomparire dietro il colore, oppure rimanere scoperta in alcune parti.

Jackson Pollock, Convergence, 1952, olio su tela, 241,9 × 399,1 cm. Buffalo, Albright-Knox Art Gallery.

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Pittura

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5 L a Pop Art

Arte e cultura di massa Negli anni Cinquanta del Novecento, a Londra, un gruppo di artisti decise di assumere come forma di arte espressioni tipiche della «cultura di massa» come la pubblicità, il cinema, la televisione, i fumetti... Nacque così il movimento della Pop Art (abbreviazione di Popular Art, «Arte Popolare»), fautore di un tipo di arte rivolta a tutti e a tutti comprensibile, in contrapposizione ad altre forme artistiche (come l’Arte informale) il cui significato rimaneva oscuro, oppure erano inaccessibili sotto il profilo economico. Successivamente, negli anni Sessanta, questo movimento artistico si diffuse ovunque e conobbe negli Stati Uniti uno straordinario successo.

La critica alla società dei consumi Contemporaneamente, la Pop Art si tradusse anche in una critica nei confronti del consumismo sfrenato che pareva avesse preso il sopravvento in larghe fasce della popolazione. Questo era stato possibile grazie al benessere sempre più diffuso in seguito al «boom economico» che a partire dalla metà degli anni Cinquanta aveva interessato l’Europa e gli Stati Uniti. Tom Wesselmann, Natura morta n. 30,

1963, olio, smalto, vernice, collage di annunci pubblicitari, fiori di plastica, bottiglie, vetri e metalli stampati, 122 × 167,5 × 10 cm. New York, Museum of Modern Art. La Pop Art si allontanava da qualsiasi astrattismo e riportava l’attenzione su oggetti concreti, con uno stile di rappresentazione estremamente realistico. Anche le tecniche impiegate erano alla portata di tutti: fotografia, collage, stampa... Lo scopo era quello di offrire maggiore consapevolezza della realtà e indurre a considerarla da nuovi punti di vista.

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Richard Hamilton, Ma che cos’era che rendeva le case di una volta così diverse, così affascinanti?, 1956,

collage, 26 × 24,8 cm. Tubinga, Kunsthalle Tübingen. Il collage di Richard Hamilton (1922-2011) qui riprodotto, da molti considerato la prima opera di Pop Art, rappresenta di fatto una parodia delle immagini pubblicitarie con cui è costruito: ritagli di giornali e riviste che pubblicizzano beni di consumo.


Roy Lichtenstein e il fumetto «artistico»

Andy Warhol: la star della Pop Art

L’artista che più di tutti prese spunto dai fumetti fu lo statunitense Roy Lichtenstein (1923-1997). Egli, addirittura, realizzò le sue opere proiettando le strisce di alcune famose storie a fumetti su grandi tele, ripassando poi i contorni e colorando secondo la tecnica propria del fumetto. Egli mantenne persino la «retinatura» dovuta alla stampa che, una volta ingrandita, lascia intravedere i puntini neri che contribuiscono a definire l’immagine. La vignetta, estrapolata dalla storia, assume agli occhi dell’osservatore un aspetto nuovo e può addirittura cambiare di significato. L’obiettivo di Lichtenstein era proprio quello di svelare come fosse facile, nella nuova cultura di massa, manipolare i mezzi d’informazione e trasmettere messaggi perlomeno ambigui.

Il vero protagonista della Pop Art, divenuto egli stesso l’artista-simbolo del movimento, fu lo statunitense Andy Warhol (1928-1987). Dopo gli studi come pubblicitario, lavorò inizialmente per importanti riviste come «Vogue». Ben presto, però, egli rivolse la propria inesauribile creatività alla rielaborazione di manifesti pubblicitari, fotografie, oggetti di uso quotidiano... In questo modo egli intendeva riproporre al pubblico americano, in maniera al tempo stesso originale e ripetitiva, una realtà cui tutti si erano ormai abituati, costringendo a vederla come se fosse la prima volta e a osservarla con occhi diversi. Soggetti importanti delle opere di Warhol erano anche personaggi del mondo della politica, della cultura e dello spettacolo, di cui egli riprese talvolta la medesima immagine in maniera ossessiva, variandone la cromia e le sfumature. Per i suoi ritratti, Warhol usò fotografie pubblicate su riviste e quotidiani, passando poi dalla fotografia alla tela con la tecnica della serigrafia. Andy Warhol, Campbell’s Soup, Serie I, Black Bean, 1968, serigrafia su carta,

89,2 × 59, 1 cm. Londra, Tate Gallery.

Roy Lichtenstein, Donna che fa il bagno, 1963,

olio su tela, 173,3 × 173,3 cm. Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza.

Ritratto d’artista nome Andy Warhol nato il 6 agosto 1928 a Pittsburg (Stati Uniti) morto il 22 febbraio 1987 a New York (Stati Uniti) attività pittore, scultore, regista, produttore cinematografico Fu grande perché...

...per la sua inesauribile creatività divenne simbolo della Pop Art. Rielaborò sulla tela, soprattutto con la tecnica della serigrafia, manifesti pubblicitari, fotografie di oggetti d’uso quotidiano e di personaggi noti. L’originalità e la ripetitività con cui proponeva i suoi soggetti provocavano l’attenzione del pubblico, costringendolo a guardare con occhi diversi la realtà a cui era abituato.

Andy Warhol, Michael Jackson, 1984, serigrafia su tela, 75,6 × 65,4 cm. Washington D.C., Smithsonian American Art Museum.

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Leggere l’opera d’arte

Andy Warhol: la fabbrica delle immagini Il soggetto più ripetuto da Andy Warhol fu il ritratto dell’attrice americana Marilyn Monroe (1926-1962), di cui egli realizzò numerose varianti attraverso l’uso della serigrafia. Proprio la tecnica della riproduzione in serie allontanava Warhol dal concetto di opera d’arte intesa come creazione unica, frutto dell’ispirazione irripetibile dell’artista. D’altra parte, il nome stesso che Warhol diede allo studio nel quale lavorava insieme ai suoi collaboratori, The Factory («La Fabbrica»), indicava in modo esplicito il tipo di arte

Il fondo d’oro, che richiama le icone bizantine, allude probabilmente alla straordinaria importanza di cui godeva l’attrice nell’immaginario del popolo americano, ammirata e celebrata come una «diva».

Dalla foto originaria, che era a mezzo busto, Warhol isola il volto, stampandolo con la tecnica della serigrafia.

Il rosa del volto contrasta fortemente con il giallo dei capelli, che a sua volta si staglia in modo netto sul fondo oro. Il sorriso sembra più simile a una smorfia, non comunica gioia: Warhol voleva dichiarare la tristezza, la solitudine e la fragilità che si nascondevano dietro l’immagine pubblica (gioiosa e brillante) dell’attrice.

Andy Warhol, Gold Marilyn Monroe,

1962, inchiostro, vernice e acrilici su tela, 211 × 145 cm. New York, Museum of Modern Art.

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che egli aveva in mente: un’arte che aveva il carattere della produzione di massa, accessibile a tutti e popolare, Pop Art, appunto. L’opera intitolata Gold Marilyn Monroe («Marilyn su fondo oro») è il primo ritratto dell’attrice realizzato da Warhol poco dopo la morte della diva, avvenuta in circostanze misteriose il 5 agosto 1962. Ad esso ne seguirono innumerevoli altri, ma già qui si trovano elementi che ricorreranno anche nelle riproduzioni successive.


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Anche tu artista

A

Ritrai con il colore come Warhol Come puoi vedere nei ritratti di Marilyn Monroe qui riprodotti, Warhol presenta più volte la stessa immagine con gli stessi colori, ma variandone la distribuzione e le sfumature. In questo modo il volto dell’attrice appare via via trasformato: un’ombra sull’occhio modifica lo sguardo, l’accentuazione del rosso sulle labbra cambia il sorriso, oppure lo spegne del tutto... Con questo espediente l’artista ricerca le sfumature della personalità complessa di Marilyn, smontando l’immagine scontata e del tutto omologata che aveva di lei il pubblico americano (cioè di una donna bellissima, ricca, famosa, desiderata...). Andy Warhol, Four Marilyns, 1962, serigrafia, 73 × 53 cm. Collezione privata.

Realizza anche tu una serie di ritratti come quelli di Warhol, «giocando» con i colori, al fine di modificare le espressioni del soggetto.

1 Procurati i seguenti materiali: alcune fotocopie del ritratto di un personaggio famoso, fotografia digitale, colori a cera o altre tipologie di colori a tuo piacimento.

2 Scegli la fotografia di un personaggio (attore, attrice, leader politico, cantante…) che ritieni interessante oppure scatta tu stesso una foto a un soggetto su cui vuoi lavorare.

3 Riproduci il ritratto su un foglio e fanne almeno 4 o 6 fotocopie. In alternativa, puoi intervenire su una fotografia in formato digitale, utilizzando un programma per ritoccare le immagini, come Photoshop.

4 Colora ciascuna copia del ritratto variando i colori o la loro distribuzione, mettendo in rilievo, di volta in volta, aspetti diversi del volto, pensando soprattutto al messaggio che vuoi comunicare.

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Pittura

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6 Il Graffitismo

Vandalismo o una nuova forma di arte? Negli anni Settanta del Novecento si andò affermando prima negli Stati Uniti e poi nel resto del mondo una nuova forma di espressione figurativa, del tutto spontanea e anticonvenzionale. Si trattava di disegni o dipinti che venivano realizzati spesso con bombolette di colore spray sulle pareti esterne dei palazzi delle città, nelle stazioni e sui vagoni della metropolitana, o sui muri di luoghi ritenuti per qualche motivo significativi. Le immagini evocavano per lo più il linguaggio dei

fumetti, ma non mancavano soggetti anche più crudi o drammatici. Coloro che li realizzavano, detti writers, intendevano esprimere contenuti molto diversi: gioia, angoscia, contestazione, denuncia delle ingiustizie, protesta, oppure anche semplice esibizione e autoaffermazione personale... Per un certo tempo, queste manifestazioni vennero ritenute gesti di teppismo e un chiaro segno di disagio sociale, ma vi fu chi cercò di valorizzarle attribuendo ad esse un valore espressivo e morale. Graffiti raffiguranti la Statua della Libertà. Questi dipinti furono realizzati sulla parte occidentale del Muro di Berlino negli anni Settanta del Novecento.

Banksy, Parking, 2010, graffiti. Los Angeles, 908 S. Broadway.

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I graffiti artistici di Keith Haring A partire dagli anni Ottanta del secolo scorso si cominciò a parlare, a proposito di questi dipinti, di Graffiti Art, o, in italiano, Graffitismo. Molti graffiti furono «strappati» e venduti, mentre il linguaggio tipico della pittura sui muri fu usato anche per dipingere su tela o su altri supporti. Alcuni writers iniziarono a essere considerati veri e propri artisti. Famosi furono gli statunitensi Jean-Michel Basquiat (1960-1988) e Keith Haring (1958-1990), entrambi frequentatori della Factory di Warhol. Haring, in particolare, si segnalò per il suo stile inconfondibile: colori vivaci e figure semplici – sempre però caricate di un valore simbolico – con le quali comunicare messaggi di tipo sociale e culturale.

Keith Haring, Retrospettiva.

CuriosArte

Gadget per la vita Ti sarà sicuramente capitato di vedere le figure disegnate da Haring su magliette, tazze o altri gadget. Questo artista morì nel 1990 a soli 32 anni di AIDS, ma ha voluto e saputo incanalare la sua creatività in immagini vivaci e colorate che sono di fatto un inno alla vita. A sostegno della vita operò anche con scelte molto «pratiche». Negli anni Ottanta del Novecento inaugurò il Pop Shop: la vendita dei gadget con le immagini delle sue opere gli consentiva infatti di dare supporto economico ai bambini in difficoltà e combattere la diffusione dell’AIDS, opera che ancora oggi viene perseguita dalla Keith Haring Foundation.

Tazza Keith Haring.

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Nuove forme

U12

7 L’Arte povera

L’Arte povera in Italia Tipicamente italiano è un tipo di manifestazione artistica divenuta famosa con il nome di Arte povera. Anche in questo caso si tratta di un tipo di arte popolare, realizzata con materiali poveri e a volte persino riciclati. Stracci, legno, bottiglie vuote, pietre, lampade al neon, scarti di vario genere... diventano materiale utile a realizzare composizioni che si pongono come contestazione di un’arte raffinata, comprensibile a pochi, costosa e d’élite. Nata fra Torino, Milano e Genova alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso, l’Arte povera ha avuto tra i suoi maggiori interpreti Mario Merz (1925-2003), Michelangelo Pistoletto (1933), Pino Pascali (1935-1968) e Alighiero Boetti (1940-1994). Mario Merz, Senza titolo (Triplo igloo), 1984. Roma, Museo nazionale

delle Arti del XXI secolo.

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Pino Pascali, Ponte, 1968, lino d’acciaio e filo, 800 × 100 × 90 cm. New York, Museum of Modern Art.


La contestazione della società contemporanea L’Arte povera – che un critico definì arte «di guerriglia» – si caratterizzò anche come movimento di aperta contestazione contro la società contemporanea, dominata dal consumismo. Da qui l’idea di usare materiali di recupero e di realizzare opere «minimali», cioè semplici e alla portata della comprensione di tutti.

Alighiero Boetti, Mappa del Mondo, 1989,

ricamo su tessuto, 117,5 × 227,7 × 5,1 cm. New York, Museum of Modern Art.

Michelangelo Pistoletto, Venere degli stracci, 1974,

copia di un’opera del 1967, gesso e stoffa, 212 × 340 cm. Londra, Tate Gallery. La Venere degli stracci di Pistoletto esprime in pieno i princìpi dell’Arte povera. Di fronte alla riproduzione in gesso di una statua classica, raffigurante la dea della bellezza, sta la bruttura di una montagna di stracci. In realtà anche la statua, ormai riproducibile in serie – non fatta di materiali nobili come il marmo o il bronzo, ma in gesso – sembra posta sullo stesso piano degli stracci e, come essi, priva di valore. La composizione induce a riflettere sul valore della bellezza, sulle contaminazioni che la possono intaccare, sul significato dell’arte. Essa, però, si presenta anche come critica nei confronti di una società consumista che fa del «rifiuto» un simbolo negativo del proprio benessere.

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Nuove forme

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8 Land Art

Arte e natura Alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso, alcuni artisti diedero vita alla Land Art («Arte del territorio»), una corrente che si proponeva di creare opere d’arte intervenendo direttamente sulla natura. Le opere venivano realizzate con i materiali più diversi: vetro, cemento, catrame, oppure pietre o altri oggetti prelevati direttamente dal territorio su cui gli artisti lavoravano. I rappresentanti più famosi di questo movimento furono gli statunitensi Robert Smithson (1938-1973) e Walter De Maria (1935-2013) e l’inglese Richard Long (1945). Le espressioni artistiche che si rifanno alla Land Art sono le più svariate e si collocano in luoghi disabitati o almeno poco frequentati, e in genere spiccano per le grandi dimensioni. Si va dagli specchi conficcati nella sabbia di una spiaggia alla colata di catrame in un dirupo (Smithson), dai grandi cerchi concentrici realizzati con blocchi di pietra lavica (Long) fino ad alti pali di metallo conficcati nel terreno (De Maria).

Richard Long, Kilkenny Circle, 1984, pietra, diametro 270 cm. New York, Museum of Modern Art.

Robert Smithson, Spiral Jetty, 1970. Utah, Grande Lago Salato. L’opera di Land Art più famosa è la Spiral Jetty di Smithson: una grande spirale che si protendeva come un molo nelle acque del Grande Lago Salato (nello Utah), realizzata con tonnellate di terra e pietre. La spirale è stata progettata accuratamente e dopo la sua realizzazione è divenuta a tutti gli effetti parte dell’ambiente che la ospita, soggetta a trasformarsi insieme al resto del territorio circostante, secondo il variare delle condizioni meteorologiche e i fenomeni di erosione. Oggi, a quasi 50 anni dalla sua realizzazione, a causa dell’innalzamento delle acque risulta essere già sommersa e visibile solo dall’aereo.

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Gli «impacchettamenti» di Christo e Jeanne-Claude

Passeggiare a pelo d’acqua

Un particolare tipo di Land Art è quello dei coniugi statunitensi Christo Vladimirov Yavachev (noto come Christo, 1935) e Jeanne-Claude Denat de Guillebon (1935-2009). Insieme, a partire dalla fine degli anni Sessanta del Novecento, essi iniziarono a «impacchettare» elementi del paesaggio naturale, opere d’arte, edifici. Tra il 1968 e il 1969, con 56 km di tessuto plastico bianco e corde impacchettarono un tratto di costa australiana (Little Bay); in seguito, con la stessa tecnica, impacchettarono vari monumenti, tra cui il Pont Neuf di Parigi e il palazzo del Reichstag di Berlino. Lo scopo di queste operazioni sta nel sollecitare una nuova percezione dell’ambiente, dei monumenti e degli edifici che, una volta impacchettati, assumono un aspetto completamente diverso. Si crea così dapprima un effetto di richiamo, dettato dalla curiosità, e in seguito una vera e propria riscoperta. Nel momento in cui gli imballaggi vengono tolti è possibile cogliere aspetti nuovi che erano passati inosservati a causa di uno sguardo reso sempre più superficiale dall’abitudine.

Nel 1970 la coppia di artisti concepì l’idea di realizzare una passerella che consentisse di camminare a pelo d’acqua, ma solo nel 2009 Christo trovò il luogo ed ebbe i permessi per realizzare la sua installazione temporanea. L’ambientazione scelta è stata il Lago d’Iseo e la passerella galleggiante, lunga oltre 4 km, ha collegato il comune di Sulzano, in provincia di Brescia, a Monte Isola dal 18 giugno al 3 luglio 2016, richiamando frotte di turisti. The floating piers, questo è il nome dell’installazione, era costituita da elementi combinati come un puzzle e ricoperti da un tessuto giallo-arancio. Lo spessore digradante ai lati della passatoia offriva l’emozionante impressione di camminare quasi sull’acqua.

Christo e Jeanne-Claude Denat de Guillebon, Il Reichstag impacchettato, 1995. Berlino.

Christo, The floating piers, giugno-luglio 2016, installazione temporanea sul Lago d’Iseo.

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Cittadinanza

Arte Sella: in Trentino la natura accoglie l’arte

Patrick Dougherty, «Tana libera tutti», 2011, salice intrecciato. Val di Sella.

L’intuizione della Land Art va colta nova, è l’unica fonte di illuminazionella scelta di fare arte nella natune di questa galleria a cielo aperto. ra e con la natura, non sfruttandola, Il bosco che accoglie il parco permetbensì collaborando con essa al fine te al visitatore di immergersi in uno di realizzare opere che sono frutto, spettacolo artistico meraviglioso e contemporaneamente, dell’artista sempre mutevole, dove gli anni, le e della natura stessa. Il significato stagioni e i cambiamenti atmosferiprofondo di queste creazioni, olFrançois Lelong, Sole, 2008, sezioni di tronchi ci caratterizzano le opere d’arte in tre che in una spiccata sensibilità continuo divenire, per effetto degli di pino Douglas scortecciati. Val di Sella. ecologista, sta nella capacità di inagenti naturali. teragire con l’ambiente, riconquistando quel rapporto con la Alla rassegna di opere d’arte sul territorio si affiancano numenatura che era venuto meno con l’affermarsi della civiltà in- rose attività di intrattenimento: spettacoli all’aperto, concerti, dustrializzata. Vengono così abbandonati gli spazi espositivi rappresentazioni teatrali. tradizionali, prevedendo anche il deterioramento fisiologico dell’opera stessa. Valorizzare il patrimonio Arte Sella è un emozionante percorso di circa tre chilometri all’aperto, tra arte e natura, ai piedi del monte Armentera, nel- Il territorio della Valsugana, dove si trova la Val di Sella, oltre la Val di Sella, in Valsugana, provincia di Trento. Questo pro- che da Arte Sella, è valorizzato dal Simposio internazionale getto, chiamato anche «Contemporary Mountain», è nato nel di scultura Luci ed ombre del legno che avviene ogni anno, 1986 da un gruppo di persone mosse dal desiderio di dare una dal 2002, nella valle del Tesino. Durante l’ultima settimana risposta forte alle problematiche di natura ambientale. Artisti del mese di luglio, artisti di tutto il mondo si riuniscono per provenienti da tutto il mondo hanno così creato il primo parco le vie dei piccoli centri della valle per scolpire un’opera d’arte d’Europa dove arte e natura convivono in uno splendido con- nel tronco di un albero alto circa 2 metri. L’atelier a cielo aperto permette ai passanti e ai visitatori di nubio ecologico. Le opere d’arte si caratterizzano per l’uso creativo di sassi, osservare da vicino l’operare degli artisti, donando un’immafoglie, rami, tronchi che hanno un proprio ciclo vitale inserito gine ancor più suggestiva a quei luoghi pittoreschi. Ai tre vinnel contesto naturale. L’artista inizia l’opera; la natura stessa citori viene offerta la possibilità di esporre le loro creazioni in la definisce. La luce solare, espressione della vita che si rin- alcune mostre collettive italiane.

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CuriosArte

Una cattedrale vivente Giuliano Mauri (1938-2009), uno dei maggiori rappresentanti italiani dell’arte ambientale, ha lasciato in Val di Sella una delle testimonianze più imponenti della sua creatività. Si tratta di una maestosa struttura sorretta da 420 colonne contenenti piante di carpino. Significativa appare la scelta dell’artista di inserire le ancor giovani piantine, destinate negli anni a crescere e a sostituire le originarie strutture, che nel tempo si saranno degradate. L’opera richiama alla mente una cattedrale gotica, composta da tre navate di circa 12 metri d’altezza con una copertura di 1120 metri di superficie. La cattedrale di alberi vivi, vera e propria scultura organica, è in continua evoluzione e rappresenta simbolicamente il legame tra cielo e terra. Le diverse stagioni ne mutano l’aspetto, suscitando profonda meraviglia e coinvolgimento sensoriale in chi vi si immerge. Giuliano Mauri, Cattedrale Vegetale, 2001, piante di carpino. Val Sella.

Competenze individuali

Vivi l’arte

Immagina che un’associazione ambientalista voglia mettere in rete tutti gli interventi di arte, dal XVI secolo ad oggi, realizzati in forma di giardino, siano essi opere di Land Art o no. A te viene affidata la ricerca per creare un archivio fotografico. Puoi iniziare dal Parco dei Mostri di Bomarzo per continuare con il Giardino dei Tarocchi di Niki de Saint Phalle, il Giardino di Daniel Spoerri ecc. Recupera quante più foto ti è possibile e corredale di didascalia. Ordinale poi secondo un criterio cronologico. Buon lavoro!

Se la presentazione di Arte Sella in queste pagine ti ha incuriosito, puoi approfondire l’argomento e raccogliere informazioni per una visita del luogo, consultando i siti web sottoelencati. www.artesella.it www.visitvalsugana.it/it/cosascoprire/arte-sella-valsugana/artesella_2118_ids/ www.youtube.com/ watch?v=qMB9i8vRQ1M www.luciedombredellegno.it

Simone Moschino, Echidna e due leoni

(particolare), XVI sec., basalto. Bomarzo, Parco dei Mostri.

Niki de Saint Phalle, L’oracolo, 1996, acciaio,

cemento, vetro, specchi, ceramica colorata. Capalbio, Giardino dei Tarocchi.

Scheda di autovalutazione e valutazione dell’insegnante sulle Competenze individuali Competenze coinvolte

Competenze chiave

Si orienta nello spazio e nel tempo e interpreta i sistemi simbolici e culturali della società.

Consapevolezza ed espressione culturale.

Penso di aver raggiunto questo livello A

B

C

D

L’insegnante mi ha assegnato il livello A

B

C

D

Livelli: A Avanzato; B Intermedio; C Base; D Iniziale

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Nuove forme

U12

9 Body Art, Performance

e Happening

Body Art: l’artista come opera d’arte Un artista non solo può realizzare opere d’arte, ma egli stesso si può proporre, con la propria persona, come tale. Si parla in questo caso di Body Art: all’interno di uno spazio museale o in qualsiasi altro contesto, l’artista può presentarsi di fronte al pubblico nei modi più diversi, facendo del proprio corpo e dei gesti che compie una sorta di «scultura vivente». MANCA FOTO

La Performance A partire dagli anni Sessanta del Novecento, molti artisti decisero di esprimersi di fronte al pubblico attraverso delle performance, ossia esibizioni. L’artista poteva essere coinvolto direttamente, oppure limitarsi a indicare ad altre persone, dette «performers», come disporsi e muoversi nello spazio, quali gesti compiere ed eventualmente che cosa realizzare concretamente. Nella performance non vi è interazione con il pubblico, che si limita a osservare.

Jorge e Lucy Orta, Fabulae Romanae. Myth maker, 2012, body art. Roma.

Yves Klein durante una Performance del 9 marzo 1960,

fotografia.

Yves Klein, ANT 84. Antropometria senza titolo, 1960, performance.

Nizza, Musée d’Art Moderne et d’Art Contemporain. Una delle prime performance fu quella del francese Yves Klein (1928-1962), che nel 1960 iniziò a realizzare le sue «antropometrie», alle quali egli attribuiva il significato di «traccia di vita». Seguendo le sue indicazioni, di fronte al pubblico, due modelle cosparse di colore blu (l’unico che a un certo punto decise di usare nelle sue opere) strofinavano i loro corpi sulla tela, mentre un’orchestra di archi suonava la Monotone Symphony, composta dallo stesso Klein nel 1949 e articolata su una sola nota continua.

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Marina Abramovic, The artist is present, 14 marzo-31

maggio 2010, perfomance. New York, Museum of Modern Art.

Marina Abramovic (1946) dal 14 marzo al 31 maggio 2010 si è presentata al pubblico del Museum of Modern Art di New York in una performance di grande impatto emotivo. Immobile per 7 ore ogni giorno su una sedia, fissava lo sguardo davanti a sé in un dialogo muto con chi le si sedeva di fronte, provocando spesso coinvolgimento e forti emozioni.

Quando anche il pubblico viene coinvolto: l’Happening L’Happening, a differenza della Performance, prevede la partecipazione del pubblico e qualche tipo di interazione con l’artista e i performers, anche semplicemente sotto forma di dialogo. Iniziatore fu Allan Kaprow (1927-2006), che organizzò il primo evento – intitolato 18 Happening in 6 parti – nel 1959.

Questi eventi possono essere realizzati in qualsiasi luogo e sono di fatto una sorta di miscuglio di teatro, arte e vita reale. Possono comprendere anche musica, giochi di luce o proiezioni di filmati. Si tratta di una forma di arte che può risultare molto vitale, soprattutto se può contare sulla partecipazione attiva da parte del pubblico.

Competenti in arte

CuriosArte

Beuys e la lepre morta Uno degli Happening più curiosi mai realizzati fu quello del tedesco Joseph Beuys (1921-1986): nel 1965 egli entrò in una galleria d’arte di Düsseldorf con il capo cosparso di miele e sottili foglie d’oro, uno sci al piede e una lepre morta fra le braccia. Seduto su una sedia, si mise a spiegare alla lepre e al pubblico le varie opere. Il titolo dell’Happening era Come spiegare i quadri a una lepre morta. Beuys spiegò anche che, come artista, egli aveva il compito di esprimere a tutti i suoi pensieri, perché dai suoi pensieri nascevano le sue opere. Il fatto che la lepre che aveva in braccio – con la quale continuava a parlare – non potesse ascoltare quello che stava dicendo, esplicitava la difficoltà di comunicare con altri i pensieri più profondi. In effetti, egli disse una volta: «L’unica cosa che mi preme è il colloquio con la gente: l’arte mi interessa solo nella misura in cui mi dà la possibilità di comunicare, di stimolare».

Una forte sensibilità ecologista spinse Beuys a ricercare la perduta armonia tra uomo e natura con azioni e riti collettivi che gli hanno valso anche l’appellativo di «sciamano dell’arte». Tra questi riti ricordiamo l’Happening realizzato in Italia nel 1972 intitolato Difesa della natura. In quell’occasione Beuys, seguito da molti giovani provenienti da tutta Europa, mise a dimora 7000 piante nel territorio di Bolognano (Pescara) per restituirvi la biodiversità originaria. L’impegno di Beuys ha ispirato altri artisti? Sembrerebbe di sì: nel 2011 Michelangelo Pistoletto ha fatto un intervento di Land Art in una radura del bosco di san Francesco, vicino ad Assisi, piantando 121 ulivi alla ricerca di «un nuovo equilibrio planetario». S fogliando le pagine di questa Unità hai individuato interventi artistici che ritieni siano creati per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle sorti del nostro pianeta?

Joseph Beuys, Come spiegare i quadri a una lepre morta, 1965, fotografia dell’happening a Düsseldorf.

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Nuove forme

U12

10 Installazioni e Arte concettuale

Le installazioni e il rapporto con il pubblico Negli ultimi decenni del Novecento si andò affermando anche la particolare forma artistica dell’installazione. Si tratta di un’opera generalmente tridimensionale, di grandezza variabile, costruita con i materiali più diversi, che viene collocata (cioè «installata») in uno spazio nel quale può essere osservata e a volte addirittura fruita dal pubblico. In alcune installazioni, infatti, si può entrare, sia fisicamente sia azionando dispositivi sonori o video, che coinvolgono direttamente lo spettatore, sollecitandolo in modi diversi.

Domenico Paladino, Montagna di sale, 2011,

installazione, 350 × 100 cm. Milano, Piazza del Duomo. In Italia, negli ultimi anni, Domenico Paladino (1948) ha realizzato alcune tra le installazioni più suggestive. La Montagna di sale, costruita nel 1990 come scenografia per La Sposa di Messina di Friedrich Schiller rappresentata a Gibellina, in Sicilia, fu poi duplicata ed esposta prima a Napoli, in Piazza del Plebiscito, e poi a Milano, in Piazza Duomo. Si tratta di un’installazione del diametro di 30 metri e dell’altezza di circa 15, ricoperta completamente di sale e dalla quale «emergono» 30 cavalli in bronzo (uno dei soggetti ricorrenti nelle opere di Paladino). L’opera assume significati diversi a seconda della collocazione. Nell’allestimento di Gibellina, i cavalli rappresentavano la forza primordiale che ha guidato la rinascita della città, dopo il terremoto del 1968 che la distrusse completamente. Nella sua versione milanese, oltre a collocarsi nell’ambito di una grande mostra dedicata a Paladino a Palazzo Reale, l’installazione testimoniava il legame tra il Nord e il Sud dell’Italia nel 150° anniversario dell’unificazione dell’Italia.

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Michael Heizer, Levitated Mass, 2012, diorite, granito e calcestruzzo, 1067 × 13 889 × 66 cm. Los Angeles, Los Angeles County Museum of Art.

I diversi tipi di installazione Le installazioni possono essere definitive e pensate esclusivamente per l’ambiente in cui sono inserite (per esempio un museo, ma anche una piazza), oppure prevedere di essere smontate e spostate e, in certi casi, riadattate in base ai nuovi spazi. Vi sono poi anche installazioni create per un evento particolare, cessato il quale perdono il loro significato e quindi vengono eliminate o riproposte in spazi museali come semplice testimonianza storica.

L’Arte concettuale Spesso le installazioni si rifanno anche alla corrente dell’Arte concettuale, secondo la quale l’idea che l’artista vuole esprimere è ciò che veramente conta. La sua espressione concreta è secondaria e, al limite, può anche non esserci o essere operata da altri. L’opera d’arte, quindi, si può materializzare in qualcosa che solo nel titolo richiama il concetto che l’artista vuole trasmettere: può essere un’installazione con sedie appese al soffitto, oppure un bidone di alluminio che contiene una linea ideale di una certa lunghezza.

Piero Manzoni, Linea lunga 1000 metri, 1961, cilindro di metallo cromato, contenente rotolo di carta con linea di inchiostro che segna tutta la sua lunghezza, 51,2 × 38,8 cm. Museum of Modern Art, New York. Bruce Nauman, Collera bianca, pericolo rosso, rischio giallo, morte nera, 1984, acciaio, acciaio laccato e alluminio, 159,4 × 546,4 × 487,7 cm. New York, Museum of Modern Art.

U12 - Il secondo Novecento e l’arte contemporanea

453


Nuove forme

U12

11 Video Art

e Computer Art

La TV come una tela A partire dagli anni Cinquanta del XX secolo, la trasmissione di immagini attraverso la televisione sollecitò la reazione da parte di un gruppo di artisti, che diedero vita alla Video Art. Essi realizzarono opere attraverso l’uso di monitor televisivi nei quali gli effetti erano ottenuti trasmettendo spezzoni di film, di pubblicità, oppure immagini a circuito chiuso. L’esponente più importante della Video Art fu lo statunitense di origine sudcoreana Nam June Paik (1932-2006), il quale arrivò a dire di usare lo schermo TV come fosse la superficie di una tela, «con la precisione di Leonardo, la libertà di Picasso, il colore di Renoir, la profondità di Mondrian, la violenza di Pollock». La Video Art, insomma, come sintesi delle espressioni pittoriche più significative della Storia dell’arte.

Uomo e tecnologia Nelle sue opere Paik si dimostrò per certi versi anche profetico nel dire quanto sarebbe stato determinante l’influsso dei nuovi mezzi tecnologici sulla vita dell’uomo. Alcune sue composizioni realizzate con l’assemblaggio di diversi monitor hanno volutamente la forma di un essere umano, che assume le sembianze di un robot, o di una sorta di automa ipertecnologico. Così è nell’opera intitolata Baby High Tech, del 1986, nella quale l’artista prevedeva una sorta di identificazione delle nuove generazioni con gli strumenti tecnologici.

Nam June Paik, Baby High Tech, 1986, Video Art, 203 × 108 × 51 cm.

Nam June Paik, Superstrada elettronica, 1995, installazione

video a circuiti chiusi a 49 canali, componenti neon, acciaio e componenti elettronici, 457,2 × 12 222 × 121,92 cm. Washington D.C., Smithsonian American Art Museum. Si può forse intuire l’importanza attribuita da Paik alla Video Art osservando una delle sue opere più famose: un’installazione intitolata Superstrada elettronica. In una grande riproduzione della carta politica degli Stati Uniti, i confini dei diversi Stati sono realizzati con tubi al neon che richiamano le insegne dei motel che si trovano lungo le strade americane, mentre i monitor ripetono in posizioni e formati differenti immagini diverse per ciascuno Stato.

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Il computer nell’arte Come è accaduto per l’architettura (p. 426), negli ultimi decenni il computer è diventato lo strumento più innovativo impiegato in tutti i campi della produzione artistica. La Computer Art (o Digital Art) permette realizzazioni sorprendenti, che vanno dalla creazione di immagini con particolari software (come la grafica vettoriale) al fotoritocco, fino alla creazione di effetti speciali visivi o di un ambiente «artistico» dentro al quale il pubblico può muoversi.

La Game Art: un «testamento artistico» Un’ultima frontiera dell’arte, legata alla Computer Art è quella che è stata già chiamata «Game Art», cioè quella generata dai videogame. Si tratta di una tendenza per noi difficile da capire, ma non del tutto incomprensibile se si pensa a quello che è accaduto, per esempio, alla fotografia, al cinema o al fumetto: partiti da un uso finalizzato allo svago o anche a scopi di utilità pratica, hanno finito con l’essere considerati, in alcuni casi, vere espressioni artistiche. La Game Art interessa le schermate digitali, l’iconismo simbolico, la grafica di alcuni videogame diventati storici. Come afferma un famoso studioso: «I giardino zen suprematista di Pong (Atari 1971), l’insostenibile leggerezza di Space Invaders (Taito 1977), il corridoio vettoriale di Star Wars (Atari 1983), il flusso inarrestabile di pixel di Tetris (di Alexej Pazhitnov 1985) non sono semplice “modernariato” figurativo ma testamento artistico di un’epoca recente». Pipilotti Rist, Riversa il tuo corpo all’esterno. 7354 metri cubi, 2008, installazione multimediale, 7354 m3 ca. New York, Museum of Modern Art.

Mengbo Feng, Long March. Restart, 2008, installazione di videogame, 2438 × 609,6 cm ca. New York, Museum of Modern Art.

U12 - Il secondo Novecento e l’arte contemporanea

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Verifica delle conoscenze

In sintesi…

DIDATTICA INCLUSIVA

BES

DIDATTICA INCLUSIVA

BES

Neoavanguardie NUOVI LINGUAGGI (II metà XX - inizio XXI sec.) Architettura • Razionalismo postbellico (Nervi, Giò Ponti, Piano) • Postmoderno: recupero e reinterpretazione del decorativismo sulle strutture portanti (C. Moore) • Architettura hi-tech: uso di ferro, acciaio, vetro e pannelli mobili per divisioni interne (Rogers, Foster) • Decostruttivismo: volumi irregolari, linee fluide, uso di cemento armato, acciaio, vetro, titanio e zinco (Gehry) • Architettura ecosostenibile: uso di materiali e soluzioni rispettose dell’ambiente (Boeri, Fisher)

Scultura R icerche individuali: • reinterpretazione della tradizione (Giacometti, Manzù, H. Moore); interazione tra solidi geometrici e ambiente (Pomodoro) • A rte cinetica: strutture mobili in metallo e acciaio (Calder) • I perrealismo: estremo realismo, rappresentazione della quotidianità (Hanson)

Pittura Arte informale o • Espressionismo astratto: tendenze che privilegiano il gesto dell’artista sulla forma (De Kooning, Pollock, Rothko, Fautrier, Burri, Fontana) • Pop Art: «cultura di massa» soggetto d’arte e oggetto di critica sociale (Lichtenstein, Warhol) linguaggio • Graffitismo: espressivo della pittura su muri metropolitani trasferito su tela (Basquiat, Haring)

NUOVE FORME E NUOVI MODI DI INTENDERE L’ARTE (II metà XX inizio XXI sec.) rte povera (Merz, •A Pascali, Pistoletto, Boetti) • L and Art (Smithson, De Maria, Long, Christo) • B ody Art (Orta) P • erformance (Abramovic, Klein) • H appening (Beuys) • I nstallazioni (Paladino, Heizer) • A rte concettuale (Manzoni, Nauman) • V ideo Art (Paik) C • omputer Art e Game Art

Completa il seguente brano con le parole corrette, scelte fra le seguenti: Fontana, Giacometti, Happening, Graffitismo, informatici, Rothko, Pop Art, pittura, Pomodoro, Alexander, Performance, architetti, Jackson, scultura, ecosostenibili, Manzù, Body Art, Land Art Negli ultimi decenni gli ............................ hanno potuto progettare costruzioni molto singolari e ardite, grazie agli strumenti ............................, e prestando sempre più attenzione a soluzioni ............................ Dalla metà del secolo scorso ad oggi, nel campo della ............................ sono emerse le sperimentazioni di Alberto ............................ (che trasse ispirazione dall’arte etrusca), Giacomo ............................ (che reinterpretò la tradizione in modo originale), Henri Moore (che realizzò figure umane molto semplificate) e Arnaldo ............................ con i sui solidi geometrici in bronzo. Negli Stati Uniti si sono sviluppati l’Arte cinetica di ............................. Calder e l’Iperrealismo. In ............................ i movimenti più significativi sono stati quelli dell’Arte informale, in particolare l’Action Painting di ............................ Pollock, il Color Field di ............................, l’Informale materico di Burri e lo Spazialismo di .............................. Il maggior interprete della ............................, Andy Warhol, rielaborò manifesti pubblicitari e foto di personaggi famosi in innumerevoli copie serigrafiche. Con Haring il ............................ fu elevato a forma d’arte e di comunicazione sociale. Un nuovo modo di intendere l’arte spinge oggi altri artisti a creare opere con materiali poveri o riciclati (Arte povera), intervenendo direttamente sull’ambiente (............................) oppure utilizzando le nuove tecnologie (Video Art, Computer Art, Game Art). Altri ancora, invece, propongono se stessi come opera: scultura vivente nella ............................, esibendosi davanti a un pubblico con le ............................ o esibendosi interagendo con il pubblico nell’............................

456


Lettura dell’opera d’arte

Verifica delle conoscenze

Proiettati verso il futuro

Nel 2015 Milano ha ospitato l’Esposizione Universale (EXPO), proponendo il tema della lotta allo spreco alimentare e del diritto al cibo. Intorno a questo nucleo tematico, riassunto nel motto «Nutrire il Pianeta. Energia per la vita», si sono ritrovate più di centoquaranta nazioni. Gli organizzatori hanno dato vita a una suggestiva scenografia di padiglioni disposti lungo due assi principali, il Cardo e il Decumano, che, evocando la pianta degli accampamenti romani, ricordano la storia millenaria d’Italia. Lungo il tracciato del Cardo è stato edificato Palazzo Italia, su progetto dello Studio Nemesi&Partners. L’imponente architettura (9000 metri quadrati) è l’unica opera permanente e, insieme all’Albero della Vita, rappresenta sia l’innovazione sia la tradizione italiana. Il modernissimo edificio si presenta come una sorta di «foresta urbana»: all’esterno un intreccio di linee, di zone vuote e piene ricorda le ramificazioni di un bosco, mentre la copertura a vela evoca l’immagine delle morbide fronde degli alberi, rimandando quindi al concetto di arte nel territorio, alla Land Art. Significativo è anche l’utilizzo dei materiali ecosostenibili. L’involucro esterno dell’edificio è costituito da un cemento biodinamico in grado di trattenere agenti inquinanti e liberare l’aria dallo smog. La copertura è invece realizzata con vetro fotovoltaico che assorbe la luce e la trasforma in energia.

Per saperne di più

Osserva e indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.

1. L a «foresta urbana», rappresentata sulle mura di Palazzo Italia, richiama le tematiche proprie della Land Art. 2. L’Expo è un’esposizione permanente. 3. Le pareti esterne del Palazzo sono in gran parte ricoperte da texture. 4. La distribuzione delle strutture secondo lo schema del Cardo e del Decumano riprende un concetto dell’urbanistica greca. 5. L’Expo milanese rispetta l’obiettivo di utilizzare materiali riciclabili e strutture riutilizzabili. Studio Nemesis&Partners, Palazzo Italia per Expo Milano 2015. Rho.

V F V F V F

V F V F

1 Palazzo Italia è stato progettato se-

condo i princìpi architettonici del XXI secolo, che prevedono la realizzazione di strutture ecosostenibili. Nel testo abbiamo indicato alcune delle soluzioni ecologiche di questo edificio. Ricerca le altre in internet. 2 Innovazione tecnologica e tradizione hanno caratterizzato l’intero allestimento dell’EXPO. Sei a conoscenza di altre strutture architettoniche presenti nel Padiglione Italia? Quali richiami alla tradizione artistica italiana sono presenti in essi?

U11 - Le avanguardie

457


Compito di realtà

Costruiamo insieme Il Grande Quiz dell’Arte

In previsione del ripasso che dovrete svolgere per prepararvi all’esame di Stato, organizzate una gara tra squadre per studiare la Storia dell’arte in modo divertente.

Fasi di lavoro L’attività si compone di due fasi, ognuna delle quali prevede le azioni elencate sotto. FASE 1 - Preparare i quiz 1. Dividetevi in due gruppi con ugual numero di componenti. 2. Selezionate gli argomenti di Storia dell’arte affrontati durante l’anno scolastico (ciascun gruppo dovrà occuparsi di una parte diversa del programma per avere alla fine un quadro complessivo dell’intero percorso) e scegliete le opere più rappresentative. 3. Incollate la foto di ogni opera scelta su un cartoncino rigido, tipo grande carta da gioco (formato 20 × 15 cm), ed elaborate su di essa almeno due domande che scriverete sotto all’immagine. Ogni quiz dovrà prevedere, per ogni domanda, quattro opzioni di risposta, delle quali una soltanto sarà quella esatta. Riportate le due risposte corrette, per la verifica del risultato, sul retro della scheda. Ciascuna squadra realizzerà almeno 2 schede per ogni suo componente. FASE 2 - La gara Una volta preparato il gioco, composto da più schede diverse, ogni gruppo proporrà le domande agli avversari e viceversa, dando il via alla gara vera e propria. Vincerà il gruppo che avrà risposto esattamente a un numero maggiore di domande.

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Tempo di lavoro: quattro lezioni compresa la gara.


Compito di realtà Prima di valutare le competenze che dovresti avere acquisito, poniti alcune domande alle quali dovrai dare risposte chiare ed esaustive. 1. Sei concentrato o tendi a distrarti? Quali strategie puoi mettere in atto per concentrarti sul lavoro che devi eseguire? Spiegale. 2. Ti ha interessato l’attività proposta? Cosa ha stimolato la tua curiosità a imparare? In alternativa, tu come avresti proposto l’attività? Fai una breve descrizione. 3. Come puoi mettere in atto quello che hai imparato di Storia dell’arte e spenderlo praticamente in questa attività?

Ora valutati! 1. Hai avuto difficoltà?

SÌ NO

perché ......................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................................................................................................................................... ............................................................................................................................................................................................................................................................................................... ............................................................................................................................................................................................................................................................................................... ...............................................................................................................................................................................................................................................................................................

2. Ti ha stimolato lavorare con i compagni a un progetto comune?

SÌ NO

perché ......................................................................................

............................................................................................................................................................................................................................................................................................... ............................................................................................................................................................................................................................................................................................... ............................................................................................................................................................................................................................................................................................... ...............................................................................................................................................................................................................................................................................................

Indica come hai maturato i tuoi apprendimenti, compilando la seguente tabella, dove evidenzierai il livello che pensi di aver raggiunto in ciascuna competenza. Riporta, quindi, a fianco il giudizio dell’insegnante. In questo modo ti renderai conto dei tuoi progressi. Valutazione delle competenze coinvolte Utilizza con consapevolezza e responsabilità le tecnologie per ricercare, produrre ed elaborare dati e informazioni, per interagire con altre persone, come supporto alla creatività e alla soluzione di problemi.

Penso di aver raggiunto questo livello

Competenze chiave Competenze digitali.

A B C D

L’insegnante mi ha assegnato il livello A

B

C

D

Possiede un patrimonio organico di conoscenze e nozioni di base ed è allo Imparare ad imparare. stesso tempo capace di ricercare e di organizzare nuove informazioni. Si impegna in nuovi apprendimenti in modo autonomo.

A

B

C

D

A

B

C

D

Ha cura e rispetto di sé e degli altri come presupposto di uno stile di vita sano e corretto. È consapevole della necessità del rispetto di una convivenza civile, pacifica e solidale. Si impegna per portare a compimento il lavoro iniziato, da solo o insieme ad altri.

A

B

C

D

A

B

C

D

A

B

C

D

A

B

C

D

Competenze sociali e civiche.

Si orienta nello spazio e nel tempo e interpreta i sistemi simbolici e cultura- Consapevolezza ed li della società. espressione culturale.

Livelli: A Avanzato; B Intermedio; C Base; D Iniziale

Compito di realtà

459


Art CLIL

Vincent Van Gogh 1 This is a self-portrait by Vincent Van Gogh. Learn about his life by re-arranging the frame in the correct order.

a

Gauguin joined him in Arles, but they got on badly. When Gauguin left, Van Gogh cut his ear.

i In 1880 he went to Brussels to study, supported by his brother, Theo.

b

Four years later, in 1873, he moved to London, where he worked for the same company until 1875, when he moved to the Paris branch of the firm.

h Unfortunately in 1876, he started suffering from depression and was dismissed. After that he became a missionary among poor coal miners in Belgium and started making drawings of peasant life until he finally decided to devote himself to painting.

c Later on, he developed his own postimpressionist style and started to use brighter colours to express his feelings. In 1888 he moved to Arles, in the south of France.

g In 1869, at the age of 16, he started working as a clerk for an art-dealer company. Through his job he came into contact with the world of art.

d

Theo also helped Vincent when he arrived in Paris in 1886. Here Van Gogh was influenced by the Impressionists and the design of Japanese prints.

e

Vincent Van Gogh was born in Holland in 1853. His childhood was happy but he was a solitary and moody boy.

f After that his mental health got worse and worse and he killed himself in 1890. Van Gogh was born in 1853.

2 Read Van Gogh’s biography. In pairs, use the timeline to practise reporting it orally. 1853

460

1869

1873

1875

1880

1886

1888

1890

In 1869 he started working for an art-dealer company.


LEZIONI CLILL

IMPRESSIONISM

3 Read the text.

This term comes from a hostile review of Monet’s painting Impression: Sunrise, after an exhibition of new artists like Monet, Degas, Pissarro and Renoir, held in Paris in 1874. Today it refers to the first avant-garde art movement which started in France in the 1860s. It was new both for its subject matter and for its technique. In fact, it portrayed landscapes and scenes of the modern urban life. Moreover, the technique was characterized by the use

of bright, pure, ready-made colours, often complementary colours which were juxtaposed to enhance each other. These were applied through rapid brushstrokes by artists who started painting outdoors. Impressionist painters were also interested in the way we perceive what we see and they tried to convey this experience: when looking at a landscape for instance, the details seem to blend into a mass of light and colour.

hich of these paintings by Van Gogh shows the influence of Impressionism? 4 W Explain why by making a list of the Impressionist features you recognize in the painting.

Title: The Potato Eaters Type of painting: oil on canvas Measurements: 82 x 114 cm Artist: Vincent Van Gogh Nationality: Dutch Date: 1885 Art Gallery: Amsterdam, Rijksmuseum

Title: Souvenir de Mauve Type of painting: oil on canvas Measurements: 73 x 59.5 cm Artist: Vincent Van Gogh Nationality: Dutch Date: 1888 Art Gallery: Otterlo, Kröller-Muller Müseum

5 Pair work. In turns, ask and answer about the two paintings in Exercise 5. What’s the title of the first/second painting?

How big is it? What type of painting is it?

Who painted it?

What nationality is the painter?

Where can you see it?

When was it painted?

Art CLIL

461


Art CLIL

Pills of Modern Art 1 Look at the paintings and match the title. Check with your teacher.

The Scream

1. .....................................................................

Les Demoiselles d’Avignon

2. .....................................................................

The Son of Man

3. .....................................................................

2 A museum guide is giving information about these paintings. Listen and complete. Artist:

Artist:

Artist:

Pablo Picasso ..................................................................

Edvard Munch ..................................................................

RenĂŠ Magritte ..................................................................

Date: ......................................................

Date: ......................................................

Date: ......................................................

Portrays:................................................

Portrays:................................................

Portrays: ...............................................

..................................................................

..................................................................

..................................................................

..................................................................

..................................................................

..................................................................

..................................................................

..................................................................

..................................................................

Art movement: ...................................

Art movement: ...................................

Art movement: ...................................

3 Work in groups: imagine you are museum guides - use your notes to explain the three paintings to the rest of the class. Describe one painting each. Begin with these sentence starters:

462

This is a painting by...

It portrays...

This art movement developed in...

It was painted in...

It is typical of...

It focused on...


4 Read the text.

PABLO PICASSO (1881 - 1973) I’m Pablo Picasso, a Spanish painter. I experimented many styles and art forms during my life and approached different art movements. Historians normally divide my production of more than 22 000 works into two main periods - the “blue” one and the “rose” one, according to the use I made of colour. I developed Cubism and this is one of the most famous Cubist paintings, Guernica. It is a mural-size oil on canvas depicting the bombing of Guernica, Spain, by German and Italian warplanes on April 26th 1937, during the Spanish Civil War. Guernica is a small village in Spain’s Basque region and it was considered the core of the Republican Resistance movement in the North. I was commissioned by the Spanish Republican government to paint a mural for the Paris International Exposition in 1937. This was the result a black, white and grey mural. The colours I used express pain, chaos and the lifelessness of war; the posture of the bodies expresses protest; the flaming buildings and walls stand for the destructive power of war; the broken sword represents the defeat of the people during the attack on Guernica. Guernica is certainly a reminder of the tragedies of war, and has become an anti-war symbol.

Did you know?

5 Tick True (T) or False (F). 1. 2. 3. 4. 5. 6.

All Picasso’s works are Cubist works. Picasso painted Guernica when he was 56. It is a small painting. Guernica depicts the bombing of a Spanish town. Guernica celebrates war. Picasso used black, white and grey to express life.

T T T T T T

F F F F F F

ould you be able to report Picasso’s words? Read the text 6 W again, close your book and try!

During Fascism in Spain Picasso requested that Guernica be sent to the Museum of Modern Art in New York. He said that the painting should be returned to Spain only after the fall of Fascism. After General Franco’s death in 1981, the painting was sent to Madrid where it is displayed at the Reina Sofia Museum.

Art CLIL

463


Glossario A

Abaco [ingl. Abacus] Elemento di una colonna, a forma di parallelepipedo, posto tra il capitello (v.) e l’architrave (v.). Abside [ingl. Apse] Struttura a pianta semicircolare o poligonale presente nelle antiche basiliche romane e nelle chiese cristiane all’estremità di una navata. Acropoli [ingl. Acropolis] Parte alta delle città greche in cui venivano edificati gli edifici di culto più importanti. Acroterio [ingl. Acroterium or acroterion] Scultura che, negli antichi templi, veniva collocata a scopo decorativo al vertice e agli angoli del frontone (v.). Agorá [ingl. Agora] Piazza delle città greche, centro della vita politica e commerciale. Altorilievo [ingl. High relief] Scultura su pietra o marmo in cui gli elementi si staccano notevolmente dal piano di fondo. Anfiprostilo [ingl. Amphiprostyle] Tempio greco con colonne davanti ai due lati corti. Anfiteatro [ingl. Amphitheater] Edificio di forma ellittica o circolare, tipico dell’architettura romana, risultato dall’accostamento di due teatri e destinato soprattutto a spettacoli gladiatori. Antefissa [ingl. Antefix] Elemento decorativo, solitamente in terracotta dipinta, collocato lungo la linea di gronda dei tetti dei templi greci ed etruscoromani. Ara [ingl. Altar] Altare in pietra sui cui, nei templi romani, venivano compiuti i sacrifici agli dei. Arabesco [ingl. Arabesque] Decorazione a motivi geometrici o floreali, spesso realizzate in ceramica colorata, tipica dell’architettura islamica. Architrave [ingl. Architrave] Trave orizzontale che poggia su colonne, su pilastri o su piedritti e sostiene le strutture soprastanti. Arco [ingl. Arch] Struttura architettonica la cui parte superiore è curvilinea e poggia su colonne o pilastri. Può essere: • a tutto sesto [ingl. Round arch], quando la curvatura è semicircolare; • a sesto acuto (o a ogiva, o ogivale) [ingl. Pointed Arch], quando è formato da due archi che si toccano ad una estremità formando un angolo acuto. Caratterizza l’architettura araba e quella gotica; • rampante [ingl. Flying buttress], quando appoggia su due altezze diverse all’esterno di edifici gotici scaricando il peso dei pilastri sui contrafforti.

464

Arco trionfale [ingl. Triumphal arch] Nell’architettura romana è il monumento, spesso istoriato, costituito da una o tre aperture ad arco, costruito per celebrare il trionfo in guerra di un generale. Nelle basiliche cristiane è la grande apertura ad arco che collega la navata centrale all’abside. A tutto tondo [ingl. Full relief] è detto di scultura lavorata su tutti i lati così da poter essere osservata da più punti di vista.

B

Basilica [ingl. Basilica] Edificio composto da una grande sala rettangolare, divisa da file di colonne che, in epoca romana, era destinato a tribunale e a mercato. [ingl. Cathedral] Il termine indica anche le chiese paleocristiane costruite su quel modello. Bassorilievo [ingl. Low relief] Scultura su pietra o marmo in cui gli elementi emergono poco dal piano di fondo. Battistero [ingl. Baptistery] Edificio sacro a pianta centrale (circolare, poligonale, quadrata), in cui venivano celebrati i battesimi. Bifora [ingl. Double-arched window] Finestra con una colonnina centrale che separa due aperture. Bugnato [ingl. Ashlar] Rivestimento esterno di un edificio costituito da conci di pietre sporgenti (bugne). Busto [ingl. Bust] Scultura che ritrae una persona dalla testa al petto, spesso senza le braccia.

C

Calcestruzzo [ingl. Concrete] Amalgama di calce, acqua e sabbia con aggiunta di scaglie di pietra. Calco [ingl. Mold] Impronta ricavata facendo aderire cera, argilla o gesso a un rilievo: la forma così ottenuta permette di realizzare copie dell’oggetto originale. Campata [ingl. Bay] Spazio della navata di una chiesa compreso tra i quattro pilastri su cui poggia la volta a crociera. Canone [ingl. Canon] Sistema di regole che stabilisce i rapporti e le proporzioni ideali per la costruzione di un edificio o per la rappresentazione pittorica o scultorea della figura umana. Canopo [ingl. Canopic jar] Vaso, spesso decorato con figure antropomorfe in cui, nell’antico Egitto, venivano conservate le viscere della mummia e, presso gli Etruschi, le ceneri di un defunto.

Capitello [ingl. Capital] Elemento architettonico posto tra il fusto (v.) della colonna e l’architrave (v.) o l’arco (v.); presenta forme e decorazioni diverse a seconda dell’ordine architettonico a cui appartiene. Capriata [ingl. Truss] Struttura portante a forma di triangolo isoscele che ha la funzione di reggere il tetto di un edificio; nelle antiche chiese era in legno. Cariatide [ingl. Caryatid] Statua con figura femminile impiegata come colonna. Catino [ingl. Conch] Volta dell’abside a forma di quarto di sfera. Cavea [ingl. Cavea] Spazio semicircolare del teatro greco e romano costituito dalle gradinate destinate agli spettatori. Cella [ingl. Cella] Nei templi, locale interno accessibile solo ai sacerdoti e contenente la statua della divinità a cui l’edificio era dedicato. Chiaroscuro [ingl. Chiaroscuro] Tecnica pittorica o effetto che, attraverso la variazione di toni chiari e scuri, crea il volume delle figure. Chiave di volta [ingl. Archstone] Pietra a forma di cuneo che viene collocata al centro di un arco o alla sommità di una volta per mantenere in equilibrio tutte le altre pietre. Chiostro [ingl. Cloister] Cortile o giardino interno a un monastero, circondato da un portico. Colonna [ingl. Column] Elemento architettonico verticale, solitamente a base circolare, con funzione di sostegno o anche solo decorativa. Concio [ingl. Ashlar] Blocco di pietra squadrato utilizzato nell’edilizia. Controfacciata [ingl. Counterfaçade] Parete interna della chiesa in corrispondenza della facciata. Contrafforte [ingl. Buttress] Pilastro addossato al muro esterno di un edificio come rinforzo e per sorreggere le volte. Cornice [ingl. Cornice] nell’architettura classica, parte più alta e sporgente della trabeazione (v.), che corre intorno all’intero edificio e sulla facciata, delimitando il timpano (v.). Coro [ingl. Choir] Spazio della chiesa, dietro all’altare maggiore, riservato ai religiosi che cantavano parti della liturgia. Costolone (o nervatura) [ingl. Rib] Elemento portante e sporgente nella parte interna delle strutture a volta (v.). Cripta [ingl. Crypt] Ambiente delle chiese, posto al di sotto del presbiterio, in cui si conservano tombe o reliquie di santi.


Cromlech [ingl. Cromlech] Struttura preistorica composta da grandi blocchi di pietra disposti in circolo a delimitare un’area sacra. Cupola [ingl. Dome] Copertura a volta di un edificio generata dalla rotazione di un arco intorno all’asse di simmetria.

D

Deambulatorio [ingl. Ambulatory] Corridoio che, nelle chiese gotiche, fiancheggia il coro e permette l’accesso alle cappelle disposte a raggiera lungo l’abside. Dripping [ingl. Dripping] Tecnica pittorica che consiste nel far gocciolare il colore sulla tela o altro supporto senza toccare quella superficie con pennelli o altri strumenti. Dolmen [ingl. Dolmen] Struttura megalitica costituita da due o tre pietre verticali, menhir (v.), che ne sostengono una orizzontale. Drómos [ingl. Dromos] Corridoio di accesso alle tombe micenee, dette thólos (v.).

E

Echino [ingl. Echinus] Elemento del capitello dorico posto tra il fusto (v.) della colonna e l’abaco (v.): presenta profilo curvilineo e forma svasata verso l’alto. En plein air [ingl. In the open air] Espressione francese che indica la pittura dal vero all’aria aperta.

F

Facciata [ingl. Façade] La parte frontale di un edificio in cui generalmente si apre l’ingresso principale. Nelle chiese si distinguono: • facciata a capanna [ingl. Gabled Façade], quando gli spioventi del tetto seguono una sola linea discendente; • facciata a salienti [ingl. Façade with salients], quando gli spioventi seguono un’inclinazione più alta in corrispondenza della navata centrale e una più bassa in corrispondenza delle navate laterali. • facciata turrita [ingl. Turreted façade], quando è affiancata ai lati da due torri. Foglie di acanto [ingl. Acanthus leaf] Decorazione tipica del capitello corinzio che prende a modello le foglie larghe e frastagliate della pianta di acanto. Formella [ingl. Tile] Lastra di legno, metallo, marmo o altro materiale inserita su pareti, soffitti, porte o pavimenti a scopo ornamentale.

Foro [ingl. Forum] Piazza delle città romane in cui si svolgeva la vita politica, amministrativa, commerciale e religiosa. Fregio [ingl. Frieze] Nell’architettura classica è la parte della trabeazione (v.) posta tra l’architrave (v.) e la cornice (v.). Ha funzione decorativa e può presentarsi come fascia continua oppure costituita dall’alternarsi di metope (v.) e triglifi (v.). Frontone [ingl. Pediment] Elemento architettonico posto sulla sommità della facciata del tempio greco e romano, costituito da un timpano (v.) triangolare delimitato da una cornice (v.). Fusto [ingl. Shaft] Parte della colonna compresa tra la base e il capitello (v.).

G

Guglia [ingl. Spire] Elemento architettonico di forma conica o piramidale molto allungata e con funzione decorativa di pilastri, contrafforti, campanili.

H

High-tech [ingl. High tech] abbreviazione di High technology «Alta tecnologia», indica l’uso di processi industriali moderni e sofisticati.

I

In antis [ingl. In antis] Aggettivo riferito a tempio greco con pronao chiuso ai lati dal prolungamento delle pareti della cella e davanti al cui ingresso sono poste due colonne. Installazione [ingl. Installation] Insieme di oggetti e forme espressive assemblati all’interno di uno spazio espositivo. Ipogeo [ingl. Hypogeum] Costruzione sotterranea utilizzata soprattutto come sepoltura.

L

Lanterna [ingl. Lantern] Elemento terminale di una cupola, provvisto di finestre che diffondono la luce all’interno dell’edificio. Linea dell’orizzonte [ingl. Horizon line] Nella rappresentazione prospettica è la linea orizzontale su cui cade il punto di fuga. Lesena [ingl. Pilaster strip] Pilastro o semicolonna addossato a un muro, con funzione decorativa. Loggia [ingl. Loggia] Costruzione, o parte di un edificio, aperta verso l’esterno, con archi sostenuti da colonne.

M

Mandorla [ingl. Mandorla] Motivo ornamentale a forma di mandorla in cui sono dipinte o scolpite le figure di Cristo o della Vergine. Matroneo [ingl. Women’s gallery] Galleria, presente nelle chiese paleocristiane e romaniche sopra le navate laterali, da cui le donne assistevano alle celebrazioni religiose. Mausoleo [ingl. Mausoleum] Sepolcro monumentale che prende il nome dalla grandiosa sepoltura eretta per il re Mausolo di Alicarnasso nel IV sec. a.C. Menhir [ingl. Menhir] Lunga pietra conficcata verticalmente nel terreno per indicare il luogo di una sepoltura o segnalare un percorso sacro. Metopa [ingl. Metope] Spazio quadrangolare dipinto o scolpito a rilievo che si alterna ai triglifi nel fregio del tempio greco. Miniatura [ingl. Miniature] Tecnica pittorica usata per ornare o illustrare testi con figure molto ridotte. Il termine indica anche dipinti di piccolo formato. Modulo [ingl. Criterion] Unità di misura scelta convenzionalmente per stabilire il rapporto tra le varie parti di un edificio o di una scultura. Monofora [ingl. Single lncet-window] Finestra con una sola apertura. Mosaico [ingl. Mosaic] Tecnica impiegata per decorare pavimenti e pareti attraverso l’accostamento di piccoli pezzi di pietra, di pasta di vetro o ceramica smaltata.

N

Nartece [ingl. Narthex] Atrio porticato delle basiliche paleocristiane che ospitava i fedeli non ancora battezzati e perciò non ammessi in chiesa. Navata [ingl. Aisle] Spazio longitudinale che, nelle basiliche romane e nelle chiese cristiane, è delimitato da colonne o pilastri. Necropoli [ingl. Necropolis] Sito in cui gli scavi archeologici hanno portato alla luce un complesso di sepolture dell’epoca pre-cristiana. Nervatura, v. Costolone.

O

Obelisco [ingl. Obelisk] Monumento egizio a forma di prisma a base quadrangolare che si riduce progressivamente verso l’alto. Oculo [ingl. Oculus] Finestra di forma circolare.

Glossario

465


Glossario R

Orchestra [ingl. Orchestra] Nel teatro greco, spazio di forma circolare inserito tra la scena e le gradinate, in cui recitavano danzatori e cantori. Ordine [ingl. Order] Sistema architettonico che definisce la forma e i rapporti proporzionali degli elementi che costituiscono un edificio.

Rilievo [ingl. Relief] Scultura su pietra o marmo in cui gli elementi emergono dal piano di fondo, in modo accentuato (altorilievo) o meno accentuato (bassorilievo). Rosone [ingl. Rose window] Grande finestra circolare con cornici e piccole colonne in pietra disposte a raggiera.

P

S

Pala [ingl. Altarpiece] Dipinto su tavola di grandi dimensioni, posto generalmente sopra l’altare della chiesa. Peristilio [ingl. Peristyle] Giardino interno delle case greche e romane circondato da un portico colonnato. Pianta [ingl. Drawing] Disegno architettonico in sezione orizzontale di un edificio o parti di esso visti dall’alto. Piedritto [ingl. Direct bearing] Elemento architettonico verticale su cui poggia un arco, una trave o una volta. Pigmento [ingl. Pigment] Sostanza di origine vegetale o animale che, amalgamata a gomme o oli, colora per sovrapposizione una superficie. Pinnacolo [ingl. Pinnacle] Guglia di dimensioni più piccole. Presbiterio [ingl. Presbytery] Parte della chiesa, al termine della navata (v.) centrale, in cui è collocato l’altare maggiore. Pronao [ingl. Pronaos] Portico con colonne antistante la cella (v.) nei templi greci e romani. Propilei [ingl. Propylaea] Portico monumentale all’ingresso di un’area sacra. Prostilo [ingl. Prostyle temple] Tempio greco con quattro o più colonne disposte in un’unica fila davanti alla cella (v.). Protiro [ingl. Prothyrum] Piccolo atrio addossato alla facciata delle chiese romaniche, coperto da una volta (v.) sorretta da colonne. Pulpito [ingl. Pulpit] Nelle chiese cristiane è la struttura sopraelevata destinata alle letture liturgiche e alla predicazione.

Q

Quadriportico [ingl. Four-side portico] Portico che delimita il cortile quadrato antistante la basilica paleocristiana; il termine è usato anche per indicare il cortile stesso.

466

Sarcofago [ingl. Sarcophagus] Cassa sepolcrale di legno, terracotta o marmo, spesso dipinta o decorata a rilievo. Scorcio [ingl. Foreshortening] Rappresentazione prospettica di un oggetto posto su un piano obliquo rispetto a chi guarda. Serigrafia [ingl. Silk-screen printing] Tecnica di stampa a colori in cui l’inchiostratura avviene attraverso un tessuto di seta reso impermeabile nelle parti che non devono essere stampate. Sfumato [ingl. Sfumato] Particolare tecnica del chiaroscuro che crea un effetto di volume molto morbido graduando il colore dai toni più scuri a quelli più chiari. Stiacciato [ingl. Stiacciato] Particolare bassorilievo con piani via via più appiattiti in modo da creare un effetto prospettico. Stilobate [ingl. Stylobate] Basamento di pietra su cui poggiano le colonne del tempio greco. Stiloforo [ingl. Column-bearing] Elemento, spesso a forma di leone accovacciato, che funge da base a una colonna.

T

Tamburo [ingl. Drum] Elemento architettonico di forma poligonale o cilindrica, su cui poggia una cupola. Tavola [ingl. Panel painting] Supporto di legno dipinto dopo essere stato trattato con adeguate sostanze fissative. Thólos [ingl. Tholós] Costruzione destinata soprattutto a sepoltura, con pianta circolare e copertura formata da blocchi di pietra sovrapposti in modo concentrico così da formare una cupola. Tiburio [ingl. Dome cladding] Struttura poligonale che copre esternamente la cupola (v.) di una chiesa. Timpano [ingl. Tympanum] Spazio triangolare racchiuso dalla cornice del frontone (v.).

Toro [ingl. Torus] Elemento ornamentale convesso che costituisce la base di una colonna. Trabeazione [ingl. Entablature] Struttura architettonica orizzontale del tempio greco composta da architrave (v.), cornice (v.) e fregio (v.). Ha la funzione di sostenere il tetto. Transetto [ingl. Transept] Navata che, nella chiesa a croce latina, interseca trasversalmente il corpo principale e longitudinale dell’edificio. Trifora [ingl. Three-light window] Finestra divisa in tre aperture da due sottili colonne. Triglifo [ingl. Triglyph] Elemento decorativo presente nel fregio del tempio dorico, costituito da un riquadro con tre scanalature verticali che si alterna alle metope. Trittico [ingl. Triptych] Dipinto composto da tre tavole unite da cerniere. Trochilo [ingl. Trochilus] Elemento ornamentale concavo compreso tra due listelli piani, presente alla base delle colonne ioniche e corinzie.

V

Vela [ingl. Rib vault] Ciascuno dei quattro spicchi triangolari che risultano dall’intersezione delle due volte a botte (v.) che formano quella a crociera (v.). Volta [ingl. Vault] Copertura di un ambiente di forma arcuata. Può essere: • a botte, quando è generata da più archi a tutto sesto in successione; • a crociera [ingl. Groin vault], quando è ottenuta dall’incrocio di due volte a botte.

Z

Ziggurat [ingl. Zikkurat or ziggurat] Grande piramide a gradoni sulla cui sommità sorgeva un santuario.


Indice degli artisti A

Abramovic, Marina 451 Agesandro 65 Alberti, Leon Battista 185, 186, 192, 196, 197, 212, 303 Albrecht, Balthasar August 271 Ammannati, Bartolomeo 253 Angelo da Cassano d’Adda 341 Antelami, Benedetto 142, 158 Antolini, Giovanni Antonio 308, 309 Antonello da Messina 185, 206, 207, 218 Apelle 243 Apollodoro di Damasco 91 Arnolfo di Cambio 160, 194 Atenodoro 65

B

Bacon, Francis 419, 432 Balich, Marco 231 Balla, Giacomo 398, 399 Banksy 442 Barisano da Trani 141 Bartolini, Gaetano 308 Bartolini, Lorenzo 305 Basile, Ernesto 337 Basquiat, Jean-Michel 443 Bayer, Herbert 379 BBPR 423 Beato Angelico (Giovanni da Fiesole, detto) 185, 208 Bellini, Giovanni 244, 246, 248 Beltrami, Luca 341 Bernini, Gian Lorenzo 260, 261, 263, 266, 267, 268, 269, 274, 275 Berruguete, Pedro 209 Bertini, Giuseppe 290 Beuys, Joseph 451 Biagini, Alfredo 428 Bianchi, Pietro 300 Bistolfi, Leonardo 342 Blake, William 318 Boccioni, Umberto 374, 376, 396, 397, 398 Boeri, Stefano 427 Boetti, Alighiero 444, 445 Boito, Camillo 341 Bolli, Bartolomeo 262 Borromini, Francesco 261, 268, 269 Bossi, Giovanni Battista 337 Botta, Mario 414 Botticelli, Sandro (Alessandro Filipepi, detto) 184, 185, 214, 215, 216, 237, 283, 306 Boumann, Philipp Daniel 302 Bourgeois, Louise 426 Bramante, Donato 230, 232, 243 Brancusi, Constantin 375, 400, 401, 402 Brandt, Marianne 379 Braque, Georges 390, 391, 402 Brega, Giuseppe 337 Breuer, Marcel 379 Brunelleschi, Filippo 186, 187, 189, 192, 193, 194, 195, 196, 198, 199, 200, 201, 202, 204, 205, 230, 232, 303 Burckhardt, Rudy 437 Buroni, Paolo 191 Burri, Alberto 435

C

Calder, Alexander 430 Canaletto (Giovanni Antonio Canal, detto) 261, 263, 290 Cancellotti, Gino 383 Canova, Antonio 299, 300, 304, 305, 306, 307, 313, 429 Capogrossi, Giuseppe 435 Caravaggio (Michelangelo Merisi, detto) 260, 261, 263, 276, 277, 278, 279, 280, 282, 283, 284, 286, 291, 293, 310 Carrà, Carlo 409 Carracci, Agostino 263, 282 Carracci, Annibale 263, 282 Cellini, Benvenuto 223, 252, 253 Cézanne, Paul 297, 331, 333, 350, 358, 359, 390 Chagall, Marc 402, 403 Christo (Yavachev, Christo Vladimiros, detto) 447 Cimabue (Cenni di Pepo, detto) 143, 145, 162, 163, 164, 165, 172, 227 Constable, John 316 Courbet, Gustave 324, 346, 367 Cuvilliés il Vecchio de, François 270

D

D’Andrade, Alfredo 341 Dalí, Salvador 375, 410, 411 Daumier, Honoré 299, 325, 346 David, Jacques-Louis 298, 301, 310, 311, 312, 313, 323 De Andrea, John 430 De Chirico, Giorgio 375, 408, 409 De Kooning, Willem 432 De Maria, Walter 446 Degas, Edgar 333, 346, 347, 348, 349, 350, 461 Delacroix, Eugène 298, 299, 314, 315 Della Porta, Giacomo 264 Della Robbia, Andrea 202, 203 Della Robbia, Giovanni 202, Della Robbia, Girolamo 202 Della Robbia, Luca 202, 203 Della Robbia, Marco 203 Denat de Guillebon, Jeanne-Claude 447 Depero, Fortunato 414, 415 Derain, André 386 Dieckmann, Erich 379 Dioscuride 88 Dix, Otto 387 Donatello 184, 187, 198, 200, 201, 202, 204, 205, 206, 212, 235, 305 Dougherty, Patrick 448 Duccio di Buoninsegna 143, 172, 173 Duchamp, Marcel 406, 407, 430

E

Eiffel, Gustave-Alexandre 335 Ernst, Max 410 Eufronio 62

F

Fakhori, Pierre 267 Fattori, Giovanni 299, 326 Fautrier, Jean 434, 435 Feng, Mengbo 455 Fenoglio, Pietro 342, 343 Fidia 49, 59

Fisher, David 427 Fontana, Lucio 202, 434 Foster, Norman 424 Francesco di Giorgio Martini 191 Friedrich, Caspar David 299, 301, 317, 329 Füssli, Johann Heinrich 318

G

Gaudí, Antoni 114, 115, 336, 339, 340, 380 Gauguin, Paul 331, 333, 364, 366, 367, 368, 369, 384, 460 Gehry, Frank Owen 419, 426 Gentile da Fabriano 143, 176, 177 Gentileschi, Artemisia 293 Géricault, Théodore 314, Ghiberti, Lorenzo 164, 185, 192, 198, 199, 206 Ghirlandaio, Domenico 237 Giacometti, Alberto 418, 420, 428 Giambologna (Jean de Boulogne, detto) 223, 225, 253 Giani, Felice 308, 309 Giorgione (Giorgio Zorzi da Castelfranco, detto) 222, 223, 225, 244, 245, 246, 248 Giotto di Bondone 143, 145, 164, 165, 166, 167, 168, 169, 170, 171, 172, 173, 174, 179, 192, 193, 204, 208 Gislebertus 135 Giunta Pisano 139 Goya, Francisco 299, 301, 322, 323, 346 Grassi, Orazio 265 Gropius, Walter 375, 378, 379 Guardi, Francesco 290 Guerrini, Giovanni 375, 382 Guglielmo 139 Guimard, Hector 336 Gurrschner, Gustave 331, 336

H

Hamilton, Richard 418, 438 Hanson, Duane 430 Haring, Keith 443 Hausmann, Raoul 400 Hayez, Francesco 299, 320, 321 Heizer, Michael 453 Hunt, William Holman 319

I

Inghirami, Fedra 242 Ingres, Jean-Auguste-Dominique 310, 313

J

Jacopo della Quercia 198 Juvarra, Filippo 270

K

Kandinskij, Vasilij 377, 379, 385, 404, 405 Kaprow, Allan 451 Keckel, Erich 385 Kiefer, Anselm 421 Kirchner, Ernst Ludwig 385, 387 Klee, Paul 405 Klein, Yves 450 Klimt, Gustav 331, 371 Koons, Jeff 426

L

Lapadula, Ernesto 375, 382 Laurana, Luciano 188, 189, 190

Indice degli artisti

467


Indice degli artisti Le Corbusier (Charles-Edouard Janneret, detto) 375, 376, 380 Lega, Silvestro 299, 326, 327 Lelong, François 448 Leonardo da Vinci 186, 222, 223, 225, 226, 227, 228, 229, 236, 239, 240, 241, 242, 250, 259, 405, 454 Lichtenstein, Roy 429 Lippi, Filippo 214 Long, Richard 446 Lorenzetti, Ambrogio 143, 145, 172, 173, 174, 175 Lorenzetti, Pietro 172, 173

M

Maderno, Carlo 267 Maestro del Castello della Manta 176 Maestro di Naumburg 159 Magritte, René 410, 413, 462 Manet, Édouard 346, 347, 349 Mantegna, Andrea 171, 185, 212, 213 Manzoni, Piero 453 Manzù, Giacomo 428 Marc, Franz 385 Marey, Étienne-Jules 399 Marquet, Albert 386 Martini, Arturo 401 Martini, Simone 172 Masaccio (Tommaso di ser Giovanni, detto) 184, 204, 205, 208 Masolino da Panicale 192, 193 Masse, Bob 338 Matisse, Henri 374, 386, 388, 402, 403 Mauri, Giuliano 449 Meier, Richard 99 Memmi, Lippo 172 Mendelsohn, Erich 380 Mengoni, Giuseppe 330, 334 Merz, Mario 444 Mezzanotte, Paolo 382 Michelangelo, Buonarroti 222, 223, 224, 225, 230, 231, 232, 233, 234, 235, 236, 237, 239, 240, 241, 242, 243, 250, 251, 252, 259, 264, 266, 267, 275, 281, 344, 345 Millais, John Everett 319 Millet, Jean-François 325 Mills, Robert 27 Miró, Joan 410, 412, 417 Mirone 58, 275 Modigliani, Amedeo 401, 402 Mondrian, Piet 375, 405, 430, 454 Monet, Claude 330, 333, 346, 348, 350, 351, 352, 354, 357, 359, 362, 461 Moore, Charles 419, 425 Moore, Henri 429 Morandi, Giorgio 409 Morisot, Berthe 349, 350 Moschino, Simone 449 Mucha, Alfons Maria 338 Munari, Bruno 13 Munch, Edvar 374, 384, 462 Mutt, R. (Marcel Duchamp) 407

N

Nadar 348, 354 Nauman, Bruce 453 Nervi, Pier Luigi 422

468

Neumannn, Balthasar 289

O

Orta, Jorge 450 Orta, Lucy 450

P

Paik, Nam June 454 Paladino, Domenico 452 Palladio, Andrea (Andrea di Pietro della Gondola, detto) 223, 224, 225, 255, 256, 257, 264, 303 Paolo Uccello (Paolo di Dono, detto) 206, 208, 212 Pascali, Pino 444 Paxton, Joseph 334 Pei, Ieoh Ming 25 Pellizza da Volpedo, Giuseppe 331, 361 Perugino 237, 240 Piano, Renzo 419, 422, 425 Picasso, Pablo 311, 323, 374, 375, 377, 390, 391, 392, 393, 394, 395, 402, 454, 462, 463 Piermarini, Giuseppe 303 Piero della Francesca 187, 208, 209, 210, 211, 221 Pipilotti Rist (Elisabeth Charlotte Rist, detta) 455 Pisanello 176 Pisano, Andrea 179 Pisano, Giovanni 143, 144, 157, 158, 160, 161 Pisano, Nicola 160, 161 Pissarro, Camille 349, 350, 461 Pistocchi, Giuseppe 308 Pistoletto, Michelangelo 444, 445, 451 Policleto 39, 57, 89, 235 Polidoro 65 Polimede di Argo 56 Pollock, Jackson 418, 419, 421, 433, 436, 437 Pomodoro, Arnaldo 431 Ponti, Giò 418, 422 Pontormo (Jacopo Carrucci, detto) 223, 225, 250, 251 Pozzo, Andrea 260, 265 Prassitele 59

R

Raffaello, Sanzio 183, 190, 222, 223, 225, 230, 232, 240, 241, 242, 243, 244, 250, 251, 259, 282, 283, 313, 319, 354 Ray, Man 406, 407 Rembrandt van Rijn 284, 285 Reni, Guido 260, 282, 283 Renoir, Pierre-Auguste 331, 333, 350, 354, 355, 356, 362, 394, 454, 461 Rodin, Auguste 331, 332, 344, 345 Rogers, Richard 419, 424, 425 Romano, Giulio 254 Romano, Mario 382 Rossellino, Bernardo 188 Rossetti, Dante Gabriel 319 Rosso Fiorentino (Giovan Battista di Jacopo, detto) 250, 251 Rothko, Mark 433, 434 Rottluff, Karl Schmidt 385 Rubens, Pieter Paul 263, 284, 285

S

Safdie, Moshe 15 Saint Phalle, Niki de 449 Salomone, Gaetano, 272 Sangallo, Bastiano da 242 Sangallo, Giuliano da 232 Sant’Elia, Antonio 399 Scamozzi, Vincenzo 256 Segantini, Giovanni 361 Seurat, Georges 360, 361, 362 Siddal, Elizabeth 319 Signac, Paul 360, 361 Signorelli, Luca 237 Signorini, Telemaco 326 Skidmore, Owings & Merrill 426 Smithson, Robert 419, 446 Sotio, Alberto 107 Speer, Albert 383 Spoerri, Daniel 449 Spreckelsen, Johann Otto von 90 Sullivan, Louis 335

T

Talenti, Francesco 179 Thornton, William 302 Thorvaldsen, Bertel 304 Tiepolo, Giambattista 261, 288, 289 Tiffany, Louis Comfort 343 Tintoretto (Jacopo Robusti, detto) 223, 225, 246, 248, 249, 250, 288 Tiziano Vecellio 223, 225, 246, 247, 248, 286 Toulouse-Lautrec, Henri 338, 370 Turner, William 299, 316, 317

U

Utzon, Jørn 420

V

Van Alen, William 381 Van der Weyden, Rogier 219 Van Eyck, Jan 185, 218, 219 Van Gogh, Vincent 331, 333, 362, 363, 364, 366, 373, 384, 460, 461 Vanvitelli, Carlo 273 Vanvitelli, Luigi 270, 272, 273 Vasari, Giorgio 189 Velázquez, Diego Rodrigo de Silva y 261, 286, 287 Vermeer, Jan (Johannes van der Meer, detto) 263, 284, 285, 291 Veronese (Paolo Caliari, detto) 223, 225, 252, 288 Verrocchio 228 Viollet-le-Duc, Eugène 143, 159, 341 Vitruvio 73, 256 Vulca 75 Vuolvinio 122, 123

W

Wagner, Otto 332 Warhol, Andy 418, 419, 439, 440, 441, 443 Wesselmann, Tom 438 Wiligelmo 135 Wright, Frank Lloyd 375, 381

Z

Zimbalo, Giuseppe 264 Zurbarán, Francisco de 286


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ISBN 978-88-472-3041-5 ISBN 978-88-472-3042-2 ISBN 978-88-472-3043-9 ISBN 978-88-472-3044-6 ISBN 978-88-472-3045-3 ISBN 978-88-472-3046-0 ISBN 978-88-472-3047-7 ISBN 978-88-472-3048-4 ISBN 978-88-472-2953-2 ISBN 978-88-472-3036-1 ISBN 978-88-472-3038-5 ISBN 978-88-472-3040-8 ISBN 978-88-472-3049-1 ISBN 978-88-472-3050-7 ISBN 978-88-472-3051-4 ISBN 978-88-472-3037-8

Volume A + Volume B + Il mio Album da disegno + Il Patrimonio artistico delle Regioni italiane + DVD M.I.O. BOOK Volume A + Volume B + Il mio Album da disegno + DVD M.I.O. BOOK Volume A + Volume B + Il Patrimonio artistico delle Regioni italiane + DVD M.I.O. BOOK Volume A + Il mio Album da disegno + DVD M.I.O. BOOK Volume A + Il Patrimonio artistico delle Regioni italiane + DVD M.I.O. BOOK Volume B + Il mio Album da disegno + Il Patrimonio artistico delle Regioni italiane + DVD M.I.O. BOOK Volume B + Il mio Album da disegno + DVD M.I.O. BOOK Volume B + Il Patrimonio artistico delle Regioni italiane + DVD M.I.O. BOOK Volume B + DVD M.I.O. BOOK Il mio Album da disegno Il Patrimonio artistico delle Regioni italiane Edizione compatta + DVD M.I.O. BOOK Edizione compatta + Il mio Album da disegno + Il Patrimonio artistico delle Regioni italiane + DVD M.I.O. BOOK Edizione compatta + Il mio Album da disegno + DVD M.I.O. BOOK Edizione compatta + Il Patrimonio artistico delle Regioni italiane + DVD M.I.O. BOOK Volume per studenti con BES + CD Audiolibro MP3

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Storia dell’Arte

Codici per adozioni e pack vendita (modalità mista di tipo b - cartaceo e digitale)

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