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FREEPRESS Mensile di cultura e spettacoli febbraio 2016 n.14 ROMAGNA&DINTORNI

R O M A G N A & D I N T O R N I

FEBBRAIO 2016

Giulio Paolini, “Mimesi” (1975), calchi in gesso: tra le opere in mostra a Ravenna dal 20 febbraio

TRA ANTICO E MODERNO LE GRANDI MOSTRE DI FORLÌ E RAVENNA: DA PIERO DELLA FRANCESCA A PICASSO ALL’INTERNO musica • teatro • libri • arte • gusto • junior • cultura d’impresa

P R E S T O

I N

L I B R E R I A

Ravenna Disegnata di Paolo Bolzani La nuova guida di Ravenna al tratto Le meraviglie di Ravenna come non si erano mai viste. In 45 eleganti disegni architettonici, le facciate e i particolari dei monumenti e degli edifici storici della millenaria città d'arte. Completano l’edizione bilingue italiano e inglese cenni storici e 11 percorsi turistici urbani.

• Redazione tel 0544 271068 • redazione@ravennaedintorni.it • Pubblicità tel. 0544 408312 • info@reclam.ra.it

GGIO € 0,08 PIA O MA COPrezzo

ISSN 2499-0205



R&DCULT febbraio 2016

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SOMMARIO

L’ EDITORIALE

• MUSICA Arrivano Consoli e Negrita .....pag. 4-5

Diritti gay, la cultura insegna...

• TEATRO Parla Marco Paolini .....................pag. 13 • CINEMA Il nuovo film di Tarantino.........pag. 18 • LIBRI Il “primo” Eraldo Baldini..........pag. 20 • ARTE Tempo di grandi mostre ..............pag. 24 • JUNIOR La Rocca Malatestiana ................pag. 28 • GUSTO I vitigni autoctoni ....................pag. 30

Partendo dall’idea che la cultura è tante cose mescolate e che le forme artistiche di cui cerchiamo di parlare in questo giornale non sono una cosa altra rispetto alla nostra vita quotidiana e alla nostra coscienza di cittadini, ecco che viene quasi spontaneo dire un paio di banalità sul dibattito che sta agitando l'Italia in questo inizio 2016: la legge sulle unioni civili, cui si collegano l'idea di famiglia e di matrimonio e via discorrendo. Ora, banalità per la verità forse non sono, se è vero che la prima proposta legislativa in merito risale al 1986 e che siamo rimasto l'unico paese di quella che era la vecchia Europa occidentale senza una legge in merito. Eppure, banalità dovrebbero esserlo. Le coppie gay sono una realtà, i cittadini gay non devono essere discriminati, come nessun cittadino deve esserlo. Peraltro nel mondo della letteratura, del teatro, della musica, la faccenda dell’omosessualità come elemento di “dibattito” è superata da tempo ormai. Il pianeta intero ha pianto la dipartita di David Bowie, che sulla questione dei generi ha giocato e ha sfidato il pubblico. Del resto, il mondo dell’espressività artistica è quello del limite, della sperimentazione, del fuori dalle righe e quindi qui ormai da tempo l’omosessualità non è più nemmeno ormai un tema vero, in sé e per sé. Ciò che conta è la sessualità, forza vitale intrinsecamente connessa alla creatività e all'espressione di sé, ma che sia omo o etero o transgender, pari fa. Per artisti e spettatori. Ciò che conta è l’esplorazione, la ricerca del sé e di un'identità sempre più complessa da costruire in un mondo in rapido mutamento che non può che essere foriera di interrogativi e risposte inattese. Dunque, non si può che essere felici di una mobilitazione davvero massiccia per riconoscere pari diritti (che poi veramente in Italia pari comunque non sono) a tutti. E allo stesso tempo, non si può che auspicare al più presto una riflessione profonda di tutto ciò, ponendo a tutti interrogativi importanti sulla procreazione, la genitorialità, e via discorrendo. Qui si tratta di prefigurare il futuro cercando di capire il presente. E come sempre i linguaggi della creatività possono essere di grande conforto. Leggere Ben Lerner per credere.

T EA E A TTRR O: O : AL A L V IA IA L A S T AG A GII ON O NE A NC H E A SA A NO N CH S A VVII GN G NA NO Fresco vincitore del Premio Ubu nella categoria “nuovo attore/attrice o performer”, allievo di Luca Ronconi e noto anche per il suo lavoro sul grande schermo con registi come Bellocchio, Ciprì e i fratelli Taviani, Fabrizio Falco (nella foto) apre domenica 7 febbraio – con uno dei testi più acclamati del nuovo teatro inglese, “Cock” di Mike Bartlett – la nuova stagione del teatro Moderno di Savignano. In febbraio l’altro appuntamento è per sabato 20 con in scena invece Flavio Insinna, attore versatile e popolare presentatore di Rai Uno, con una performance tratta dal suo romanzo “La macchina della felicità” in cui il pubblico interagisce liberamente con l’attore e con La Sua Piccola Orchestra diretta dal maestro Angelo Nigro. Info: www.cinemateatromoderno.it.

R&D Cult nr. 14 - febbraio 2016

Richiesta iscrizione il 27/01/2016 Registro stampa al Tribunale di Ravenna Editore: Edizioni e Comunicazione srl Via della Lirica 43 - 48100 Ravenna - tel. 0544 408312 www.reclam.ra.it Direttore Generale: Claudia Cuppi Pubblicità: direzione@reclam.ra.it tel. 0544 408312 - 392 9784242 Area clienti: Denise Cavina tel. 335 7259872

Amministrazione: Alice Baldassarri, amministrazione@reclam.ra.it Stampa: Centro Servizi Editoriali srl Stabilimento di Imola - Via Selice 187/189 - 40026 Imola (Bo) Direttore responsabile: Fausto Piazza Collaborano alla redazione: Andrea Alberizia, Federica Angelini, Luca Manservisi, Serena Garzanti (segreteria), Maria Cristina Giovannini, Gianluca Achilli (grafica). Collaboratori: Roberta Bezzi, Alberto Bucci, Matteo Cavezzali, Francesco Della Torre, Bruno Dorella, Matteo Fabbri, Francesco

Farabegoli, Nevio Galeati, Sabina Ghinassi, Enrico Gramigna, Giorgia Lagosti, Linda Landi, Fabio Magnani, Guido Sani, Angela Schiavina, Serena Simoni, Elettra Stamboulis. Redazione: tel. 0544 271068 redazione@ravennaedintorni.it Poste Italiane spa Sped. in abb. post. D.L. 353/2003 (conv. di legge 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB C.R.P.- C.P.O. RAVENNA


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MUSICA

di Francesco Farabegoli *

Avete mai sentito parlare di quella pratica comunemente detta 5 random facts about XXX? Consiste nel raccontare cinque cose a caso su XXX, slegate tra loro, non necessariamente le più interessanti né le più utili. È una forma letteraria frequentata nell’ultimo decennio dai blogger, che in genere sono poco eruditi ed usano la gabola dei random facts perché sono gli only facts che conoscono di una data cosa / persona. Ok, questo articolo avrà un titolo scelto dalla redazione di R&D Cult e l’informale sottotitolo “5 random facts about me & Carmen Consoli”. FACT 1: non ho mai posseduto un disco originale di Carmen Consoli. Non la disprezzo come artista, non è la mia cantante preferita di sempre ma non sono infastidito dalla sua musica come lo sono, non lo so, da quella di Jovanotti o dei Nomadi, di cui possiedo dischi. Anzi: non possiedo nemmeno CD masterizzati di Carmen Consoli, niente, zero. Questa cosa rende Carmen Consoli un’anomalia statistica sotto ogni aspetto. Voglio dire, io sono un appassionato di musica, ok? Non proprio un collezionista terminale, ma un buon appassionato; possiedo migliaia di CD originali e migliaia+migliaia di CD masterizzati. Centinaia di questi dischi mi sono guardato bene dall’ascoltarli, ma li possiedo comunque, ho sentito il bisogno di averli, ho cliccato burn nei primi anni duemila. Che so, Kenny G, i Queen, roba hair metal, cantanti tradizionali siciliane, fusion casuale, musica etnica, Buddha Bar, new age, Disneymania, tutto. Nominatemi un qualsiasi artista a cui vi farebbe schifo venire associati, che vi vergognereste a morte se il vostro/a partner vedesse comparire nella vostra collezione di dischi, CJ Lewis, Bieber, Shaggy, XTina o quello che volete: io ce l’ho. In certi casi ho persino pagato soldi per avere dischi originali, così, per le ragioni più disparate (umore del momento, inquadrabilità del suddetto artista in ottica trash, vedere che faccia fa il negoziante se gli porto il disco di Pink insieme a quello di Merzbow). OK? Ok. Ecco, in tutte queste migliaia di dischi che ho comprato o masterizzato o doppiato o ricevuto in omaggio a scopo recensione non c’è MAI stato un CD di Carmen Consoli, non ho mai sentito il bisogno di ascoltare una sua canzone o pensato che forse un giorno avrei potuto sentire il bisogno. Eppure: FACT 2: ho ascoltato tutti i suoi dischi, eccezion fatta per l’ultimo. I dischi fino a Stato di necessità li conosco a menadito, so quali sono i miei singoli preferiti, posso citare qualche pezzo che non è andato singolo ma che inserirei in un ipotetico best of Carmen Consoli da me curato (che so, “Geisha”, “Per niente stanca”, etc). La ragione è che per un certo periodo frequentavo un bar con un gruppo di amici che era anche un gruppo di studio Carmen Consoli. Andavano ai concerti, ascoltavano i dischi, li suonavano al bar, commentavano i testi e la chiamavano amichevolmente LA CARMEN come se fosse un’opera lirica umana o la parrucchiera del paesello. Avete presente l’amico flippato coi Marlene che cercavate di evitare al liceo, prima di diventare voi stessi l’amico flippato coi Marlene Kuntz da evitare? Ecco, La Carmen è i miei Marlene Kuntz, l’artista intellettuale, quello coi

Carmen Consoli

BASTONATE DI CARTA

Cinque cose a caso su Carmen Consoli cinefili spregevoli quasi quanto noi. Ecco, il mio cinema preferito a Cesena è un multisala che dal 2000 al 2012, anno in cui ho tolto le tende dalla città, ha passato “Parole di burro” all’intervallo di ogni proiezione. Provate a considerare la cosa secondo una prospettiva storica: due volte alla settimana, per quattro settimane, per dieci mesi all’anno. Se i miei calcoli si avvicinano al vero, significa che ho ascoltato 960 volte “Parole di burro” al cinema, senza contare tutte le altre volte che l’ho ascoltata (nel 2000 non ero ancora uscito dal giro di amici di cui sopra).

IL CONCERTO IL 20 FEBBRAIO A CESENA Nell’ambito del tour “Carmen a teatro”, Carmen Consoli si esibirà al Carisport di Cesena sabato 20 febbraio alle 21.

testi e le chitarre affilate, quello che l’ascolti per essere intelligente. Poi magari arrivavo io, stoppavo il CD e mettevo i Meshuggah per far vedere di essere ancora più intelligente, ricevendo in cambio i giusti ceffoni che meritavo. FACT 3: Carmen Consoli ha scritto e inciso la canzone che ho ascoltato più volte

in vita mia, tra quelle che non possiedo. Questo non è un vero e proprio calcolo matematico, è più un’impressione a cui sono arrivato ad un certo punto della mia vita. Sono stato anche io, come voi, un giovane appassionato di film, di quelli che vanno al cinema tre/quattro volte a settimana anche a costo di presentarsi da soli o in compagnia di altri

FACT 4: non ho mai visto Carmen Consoli dal vivo. Questo in effetti non sarebbe tutto ‘sto ché, nel senso, chi se ne frega. Considerando tuttavia il fatto che i miei amici fossero così flippati con La Carmen e l’abbiano vista qualche decina di volte, e io mi lamentassi con loro che non venissero mai a vedersi un concerto con me, è abbastanza assurdo. Tra le volte che pisciai il concerto delLa Carmen ce n’è anche una in cui la mia morosina dell’epoca, la mia prima fidanzatina, decise di andare a vedere il concerto assieme ai miei amici e venne bombardata di domande sulla nostra vita sessuale a cui, non so bene perché,

decise di rispondere. Avete la più pallida idea di cosa significhi avere 21 anni in un paesino di mille persone e i tuoi amici al bar sanno qualcosa della tua vita sessuale? Brr. FACT 5: Carmen Consoli ha scritto e registrato la miglior canzone anni 2000 che dà il titolo a un film italiano tratto da una canzone. Questo forse è un concetto fumoso. Avete presente il genere cinematografico “film italiano tratto da una canzone”? Tipo Notte prima degli esami o Come tu mi vuoi o Baciami ancora o La prima cosa bella (l’unico film buono in questa categoria, siamo onesti). Ecco, secondo me L’ultimo bacio è la miglior canzone uscita negli anni duemila da cui un film italiano prende il titolo, o con lo stesso titolo del film dentro cui sta. Il che in sostanza la mette in gara con Baciami ancora di Jovanotti e credo nient’altro, quindi sì, insomma, è un fact un po’ debole. Il giorno 20 febbraio La Carmen suonerà al Carisport di Cesena. Ci vediamo nel pogo. * fondatore e autore di Bastonate, miglior sito musicale italiano alle ultime tre edizioni degli Oscar del web


MUSICA

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ROCK

METAL TRA DEATH E BLACK AL WAVE DI MISANO

Dai Negrita ai Subsonica, la scena italiana torna nei club della Romagna Ancora una volta i palazzetti e i club della Romagna sembrano essere palco privilegiato per la scena rock italiana. In febbraio, per esempio, al Vidia di Cesena i Negrita faranno addirittura due concerti. La storica band toscana, con alle spalle oltre vent’anni di carriera e quattro dischi di platino, ha infatti aggiunto una data alla luce dei continui sold out di questo suo ultimo tour: al Vidia suoneranno così il 27 (concerto già tutto esaurito) e anche il 29 febbraio. Altro concerto molto atteso dai rispettivi fan è quello del 12 febbraio al Velvet di Rimini: sul palco i torinesi Subsonica, campioni di incassi in particolare negli anni novanta, tornati con il loro poprock dalle sfumature elettroniche nel 2014 con il disco “Una nave in una fortesta”, che ora stanno promuovendo con un tour nei club italiani. Sarà molto pieno anche il Bronson, a Ravenna, per il concerto di una delle band più importanti della scena rock alternativa italiana, Il Teatro degli Orrori, in concerto il 20 febbraio. E il suo carismatico leader, Pierpaolo Capovilla, sarà al Bronson anche venerdì 5 con Bunuel, il nuovo progetto condiviso con Franz Valente (batterista sempre de Il Teatro degli Orrori), Xabier Iriondo degli Afterhours e addirittura Eugene S. Robinson,

Al Wave Club di Misano Adriatico (Rimini) due serate dedicate agli appassionati di metal. Il 6 febbraio l’appuntamento in particolare è con il filone “death” con gli emiliani The Modern Age Slavery e i pesaresi Nightland. In apertura gli storici rappresentanti romagnoli del metal estremo, Crawling Chaos. Il 21 febbraio invece, riflettori più sul mondo “black” o post-black metal con gli austriaci Harakiri For The Sky (e in apertura i connazionali Anomalie), oltre ai romani Shores Of Null, agli abruzzesi Selvans e ai riminesi Deadly Carnage.

Da sinistra in senso orario Paolo “Pau” Bruni dei Negrita; Pierpaolo Capovilla de Il Teatro Degli Orrori e Samuel dei Subsonica

EXTREMA E ATROCI PINARELLA DI CERVIA

A

voce dei californiani Oxbow. Altro “debutto”, al Bronson, il 26 febbraio: sul palco Sorge, un progetto di musica elettronica nato nel 2014 da Emidio Clementi, leader dei Massimo Volume e scrittore, e Marco Caldera, produttore, musicista e tecnico del suono. Infine, il mese del club ravennate terminerà sabato 27 con il ritorno dei Perturbazione, la storica formazione pop-rock torinese impegnata nel tour del nuovo album “Le storie che ci raccontiamo”, uscito il 22 gennaio per Mescal.

Al Rock Planet di Pinarella sabato 13 febbraio appuntamento con Gli Atroci, storica band bolognese di heavy metal demenziale, sul palco con un trucco pesante che rende irriconoscibili i suoi membri. Serata “pesante” poi il sabato successivo, 20 febbraio, con i veterani della scena heavy metal/thrash italiana, gli Extrema. Ad aprire, altre quattro band (della scena locale) all’insegna dell’hard & heavy metal: Beergasm, Underneath, Red*Max e Noiseed.

LEZIONE-CONCERTO LA STORIA DELLA MUSICA COI FLEXUS A LONGIANO Domenica 7 febbraio al teatro Petrella di Longiano una vera e propria lezione-concerto con gli emiliani Flexus. La band accompagnerà il pubblico in un itinerario musicale raccontato e suonato interamente dal vivo, partendo dalle radici del blues americano d’inizio secolo e attraversando cinquant’anni di cambiamenti musicali, culturali e sociali. Un viaggio con strumenti originali che tocca fra gli altri: Bessie Smith, Bill Haley, Elvis, Chuck Berry, Adriano Celentano, The Beatles, Bob Dylan, Jimy Hendrix, The Rolling Stones, The Doors, Pink Floyd.

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MUSICA

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CONSIGLI D’AUTORE Cinque dischi per chi ha una vita difficile... Cambiamo leggermente il format di questa nostra rubrica di “consigli d’autore” concedendo una maggiore libertà al duo forlivese M+A, che ha preferito limitarsi a cinque veloci segnalazioni che speriamo possano ugualmente essere stimolanti per i nostri lettori appassionati – in questo caso in particolare – di musica pop.

DARK

Venerdì 26 febbraio al Vidia di Cesena concerto dei Kirlian Camera (nella foto), storica band darkwave fondata nel 1980 da Angelo Bergamini, sperimentatore e pioniere della scena synthpop italiana. In apertura gli Ash Code.

di Michele Ducci (M+A) *

FOLK-POP

Tra i concerti al Diagonal Club di Forlì, da segnalare quello folk-pop del 17 febbraio del duo tedesco Sea + Air, composto dal compositore Daniel Benjamin e da sua moglie Eleni Zafiriadou, clavicembalista e ballerina

M+A

Sono cinque dischi per chi ha una vita difficile e cerca una visione – una melodia – abbastanza folle e disperata da dirsi felice. Non c’è un criterio di scelta. Parto dai Beach Boys – e mi riferisco alla biografia di Wilson – perché contengono in nuce la mia teoria secondo cui chi fa musica triste ha una vita più o meno appagata, mentre chi fa musica felice ha una guerra in campo esistenziale. Si prende tutto, dai ragazzini ai tempi andati: che questo filo sia o no nell’intenzioni degli artisti poco importa. Beach Boys - “Pet sounds” (1966) Suoni degli animali, suoni come anima dei mali. Lorentz - “Kärlekslåtar” (2014) Nonostante sia un fisico, fa ottima musica pop. Years & Years - “Communion” (2015) Nel film (quello di fantascienza del 1989 diretto da Philippe Mora, ndr) si parla di rapimenti alieni, nel disco gli alieni sono all’incirca del 1990. Petite Meller - “Milk Bath” (2016) (sulla fiducia) Il latte unisce l’infanzia alla morte. (Il disco della chiacchierata cantautrice ex modella francoisraeliana deve ancora uscire, ndr) Justin Timberlake - “Justified” (2002) Come una voce possa rendere inutile un testo. L’esistenza è una voce che non dice una parola e ne canta sempre una sola. * Gli M+A sono un duo forlivese di musica pop ed elettronica nato nel 2009. Il gruppo è formato da Michele Ducci, 24 anni, e Alessandro Degli Angioli, 27 anni, ed è noto probabilmente più all’estero che in Italia grazie al successo in particolare del loro secondo album, “These days”. Nel 2014, grazie alla vittoria ad un concorso con oltre 120 band, è stata la prima e finora unica band romagnola a salire sul palco di uno dei festival rock più prestigiosi al mondo, quello di Glastonbury, in Inghilterra. Gli M+A stanno registrando in questi mesi il loro terzo album.

DREAM POP Tra i concerti del Sidro Club di Savignano da segnalare il dream pop della danese Emma Acs insieme ai norvegesi The Inbred Family (nella foto) il 12 febbraio Il 3, invece, appuntamento con il fuzzgarage rock dei tedeschi Daily Thompson

INDIE-ROCK Sono fratello e sorella, sono francesi e hanno circa quarant’anni in due Si chiamano Ropoporose e sono il nome nuovo della scena indie-rock europea, richiamando gente come Sonic Youth o Blonde Redhead. Suoneranno in Romagna l’8 febbraio al Moog di Ravenna e il 9 alla Vigna a Porta di Cesena


MUSICA

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7 UN DISCO AL MESE

La musica in cassetta: se è estrema rende il doppio di Bruno Dorella * Una delle illustrazioni del disco degli O_R_k

ROCK

A Ravenna in febbraio anche il supergruppo con membri di King Crimson e Porcupine Tree Si chiamano O_R_k e sono il nuovo gruppo di nientemeno che il batterista (negli ultimi vent’anni) dei King Crimson, l’americano Pat Mastelotto, e del bassista (da oltre trent’anni) dei Porcupine Tree, l’australiano Colin Edwin. Due membri delle due storiche band progressive inglesi che si sono messi al servizio di Carmelo Pipitone dei siciliani Marta Sui Tubi e Lef, nome d'arte del cantante Lorenzo Esposito Fornasari, stretto collaboratore di Giovanni Lindo Ferretti. Un supergruppo che ha da poco pubblicato – sulla spinta di una campagna crowdfunding su Muricraiser – il suo primo album “Inflamed Rides” che ora sta portando in tour in Europa. L’unica data in Romagna sarà quella del 13 feb-

braio al Bronson di Madonna dell’Albero (Ravenna), che in questo mese propone anche altri appuntamenti di caratura internazionale (i concerti dei gruppi italiani a pagina 5), a partire da domenica 7 con gli americani Golden Void (psichedelia dalla California) e Holy Sons (progetto noir-folk-ambient parallelo agli Om) e il compositore di culto olandese di musica contemporanea Jozef Van Wissem. Il 10 altro gruppo di culto, i Singapore Sling, collettivo psichedelico islandese che arriva al Bronson in collaborazione con il Sidro Club, mentre il 19 sarà la volta del cantautore svedese Daniel Norgren. Info: www.bronsonproduzioni.com e 333 2097141.

Se siete stati al vostro ipermercato preferito e non avete trovato un lettore cd... Se state pensando di comprarvi un giradischi perché il vinile è tornato di moda... Se state ancora prendendo confidenza con Spotify... Beh, siete comunque indietro. La nuova tendenza è quello che non ti aspetti: la cassetta. Il mercato hipster, guidato da etichette trendy come Burger Records, ha riportato in auge questo formato obsoleto. In realtà la cassetta ha un grande fascino artigianale, lontano dall’impalpabilità del cloud e dalla bulimia del torrent. L’immaginario hip hop vuole il ghetto blaster su ogni marciapiede. Se avete visto il recente documentario sugli N.W.A. concedetevi il gusto di ascoltare Straight Outta Compton col suono giusto. Con le sue frequenze tagliatissime, la cassetta non ha alcuna pretesa di alta fedeltà, e perciò è particolarmente adatta a stili musicali molto aggressivi. La gabber o l’hardcore techno su cassetta trasformeranno la vostra cucina in un capannone occupato dei primi anni 90. La compilation Industrial Strength in questo senso è imbattibile. Personalmente i generi che più mi danno soddisfazione in questo formato sono l’harsh noise ed il crust. Il primo è una versione estrema del rumorismo di matrice elettronica, spesso “suonato” con macchinette e pedalini di qualità infima. Dal più noto Merzbow fino ai nomi più oscuri e underground come Government Alpha e Bastard Noise: mettete il nastro, schiacciate il tasto play. Seguirà una sorta di massaggio cerebrale o, se la cosa non funziona, il più insopportabile mal di testa. Per quanto mi riguarda, mi rilassa più di un trattamento shiatsu. Per crust invece si intende la versione più cruda del punk, quella nata in seguito alla diaspora che ha portato gruppi come i Crass a staccarsi dal lato più commerciale del genere, per dar vita ad un movimento genuinamente politico. Tra le cassette più truci, quelle che vi faranno sentire nella cucina di una casa occupata olandese mentre vi preparano il tofu, cito a bruciapelo World Downfall degli Extreme Noise Terror, Arise! degli Amebix, War Crimes dei Doom, Why dei Discharge. Insomma, se è estremo, se è registrato male senza la patina fighetta del lo-fi, se è marcio, in cassetta renderà il doppio. E se avete più di 40 anni e da qualche parte avete ancora le vostre C-90 di Battiato, Genesis, Alice In Chains o qualunque cosa ascoltaste prima dell’avvento degli mp3, fatevi un favore: tiratele fuori e lasciatevi andare al ricordo di quell’estate.. Sì, proprio quella. Quella in cui avreste voluto che la vostra vita rimanesse così per sempre. * Batterista dei Bachi Da Pietra e degli OvO, chitarrista dei Ronin, membro della Byzanthium Experimental Orchestra, felicemente ex discografico, aspirante sommelier, orgoglioso ravennate d'adozione, in attesa della giornata di 48 ore per poter finire un paio di cose.


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MUSICA

8 ELETTRONICA/1

RAP

C.A. LOOSE E IL NUOVO SUONO SUDAFRICANO AL VALTORTO

CAMEO AL TEATRO VERDI

MURUBUTU AL CISIM, TRA HIP HOP E LETTERATURA

Il 19 febbraio (dalle 23) come anteprima del festival C.A. Loose appuntamento al Valtorto di Ravenna per una serata dedicata alle nuove sonorità elettroniche di Durban, in Sudafrica, un suono oscuro e viscerale che è stato definito Gqom. Protagonista a Ravenna sarà Nan Kolè, dj italiano residente a Londra, che ha creato insieme al sudafricano Lerato Phiri la Gqom Oh! records con l’intento di sostenere i giovani producer di Durban.

Il 6 febbraio torna la serata Cameo al teatro Verdi di Cesena con alcuni dj e artisti esponenti della scena elettronica underground italiana come Ayarcana (nella foto) e Sciahri.

Sabato 27 febbraio al Cisim di Lido Adriano live di Murubutu, rapper emiliano fondatore e voce del collettivo reggiano La Kattiveria (che lo accompagnerà anche a Lido). La sua musica è definita “rap di ispirazione letteraria” o “letteraturap” e lo rende particolarmente originale in Italia grazie alla sua abilità appunto di miscelare il rap, la letteratura, la storia e la saggistica.

ELETTRONICA/2

Space is the place, i “paradossi” del Planetario Una rassegna di musica unica nel suo genere, tra fumo, laser, onde sonore e costellazioni in movimento di Filippo Papetti

“Paradoxes” è uno dei segreti meglio custoditi della scena musicale romagnola, una rassegna di musica elettronica (e non solo) unica nel suo genere, e di caratura internazionale. Si svolge così: il Planetario di Ravenna – proprio la sala con lo strumento ottico per la proiezione della volta celeste – diventa lo stage del concerto. Si sprofonda nel buio e si rimane in contemplazione della musica e delle stelle; con il fumo artificiale, i laser e le vibrazioni delle onde sonore ad aggiungere una dimensione ulteriore al tutto. Giunta al quinto anno, e con ormai venticinque esibizioni alle spalle, la rassegna nasce dagli sforzi congiunti tra l’associazione culturale Orthographe e l'etichetta indipendente Presto?! Records, con l'imprescindibile collaborazione di Marco Garoni dell'Associazione Ravennate Astrofili Rheyta, che si occupa di pilotare in tempo reale il movimento delle costellazioni. Il rapporto tra musica e spazio è uno dei topos classici della pop-culture del Novecento, da Sun Ra a David Bowie passando per mille altri ancora, e viene indagato qui in maniera inedita e trasversale. La direzione artistica della parte musicale è infatti a cura del cesenate Lorenzo Senni, uno dei musicisti elettronici italiani più conosciuti e rispettati all'estero, fondatore di Presto?! e autore di dischi notevoli in ambito avant (se vi interessa approfondire, reperite “Quantum Jelly”, uscito nel 2012 sotto Editions Mego, un vero capolavoro). Lo stesso Senni si è esibito nelle due occasioni in cui “Paradoxes” è stato ospitato fuori città, prima al Großplanetarium di Berlino e poi all’Ulrico Hoepli di Milano, il planetario più grande d'Italia. Ma la musica è solo uno degli elementi dello show, il cui punto di forza è senza dubbio la compenetrazione tra questa e le suggestioni a livello visuale. Di

La bella illustrazione qui sopra ispirata alle serate della rassegna Paradoxes è stata realizzata da Michele Papetti

queste se ne occupa Alessandro Panzavolta, regista del gruppo teatrale Orthographe, co-ideatore della rassegna e instancabile sperimentatore in tutto ciò che ha a che fare con la luce. Lo spazio è il luogo – per così dire – del silenzio assoluto, e il paradosso è tutto qui. I vari musicisti che sono stati chiamati a suonare live si sono dovuti quindi confrontare con questo assunto di partenza, e con i vincoli dettati dalla specificità non solo acustica dell'ambiente. La sfida però è anche per l'ascoltatore, che si ritrova immerso in una nebulosa di contraddizioni e deve lasciarsi andare al flusso. La data del 14 febbraio – no, non c'entra nulla San Valentino – si preannuncia in questo senso come un qualcosa di molto particolare. Un set tutto acustico di due sassofoniste di grande talento, la danese Mette Rasmussen e l'italiana Virginia Genta, che si rirtroveranno per la prima volta a suonare in duo, per un'esibizione basata sull'esplorazione sonora degli inganni auditivi che confondono l'orecchio e disorientano la psiche, in un vortice interstellare di dissonanze estatiche. Mette Rasmussen è stata definita dal mensile americano Downbeat – praticamente la bibbia del Jazz – la “young scandinavian saxophone sensation” e nonostante la giovane età vanta un'esperienza di tutto rispetto a livello internazionale. Virginia Genta non è da meno, una “monster saxophone player”, per citare le parole di Henry Rollins, il controverso ex-vocalist dei Black Flag. Se cercate un'esperienza sonora che travalichi il tipico ascolto casalingo o in macchina o ai concerti, “Paradoxes” è quello che fa per voi. D'altronde, come diceva Sun Ra, Space is the Place, oggi come ieri. Informazioni sulla pagina Facebook “Paradoxes” e sul sito internet http://www.orthographe.it.


MUSICA

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9 AGENDA ROCK E DINTORNI

NUOVE USCITE

TUTTA LA “VIOLENZA” DEI MORKOBOT A SALUDECIO

IO e la TIGRE, leggerezza da Mtv

I lombardi Morkobot – due bassi e batteria per un sound violento interamente strumentale, tra psichedelia, noise e metal – saranno in concerto il 7 febbraio al circolo Arci Albini di Saludecio (Rimini).

di Luca Manservisi

VALE & THE VARLET AL PROMETEO DI FAENZA Il duo elettro-folk-pop bolognese al femminile Vale & The Varlet presenta il disco d’esordio “Believer” in concerto sabato 20 febbraio al circolo Prometeo di Faenza.

ALLA ROCCA MALATESTIANA LA SCAPIGLIATURA E MORO Continua la rassegna di concerti del sabato sera alla Rocca Malatestiana di Cesena. Da segnalare in particolare le date del 6 febbraio con la canzone d’autore dei cremonesi La Scapigliatura, e del 27 con il pop-rock alternativo di Moro & The Silent Revolution.

IL DEBUTTO DI MÉSICO AL COSMONAUTA DI FORLÌ Il 5 febbraio al Cosmonauta di Forlì concerto di Mésico, nome d’arte del cantautore Paolo Mazzacani (già Tempelhof), che presenta il suo primo disco, uscito il 18 gennaio, dal titolo “A Long Betrayal” e che vede la partecipazione di Gionata Mirai (Il Teatro degli Orrori) e Stefano Pilia (In Zaire, Massimo Volume).

IL POST-HARDCORE DEI MARNERO AL GROTTAROSSA DI RIMINI Il 19 febbraio al Grottarossa di Rimini concerto dei bolognesi Marnero. La band post-hardcore presenterà l’ultimo album “La malora”.

LA ROMAGNA IN CUFFIA

Urali presenta Persona a Santarcangelo e Cesena È uscito a inizio gennaio “Persona”, il nuovo e secondo album di Urali, progetto tra il folk-cantautorato e il metal del riminese Ivan Tonelli, chitarrista dei Cosmetic. Due le tappe romagnole del tour partito dal Velvet a inizio anno: l’11 febbraio all’Ottavino di Santarcangelo e il 17 al Magazzino Parallelo di Cesena.

LA NOVITÀ

Radio Melody è tornata Dal lunedì al sabato sul web Sono iniziate in gennaio le programmazioni di “Melody box”, la striscia radiofonica dove lo staff originale di Radio Melody si alterna alla conduzione dal lunedì al sabato dalle 22 alle 24 su www. radiogarbino.it. Dopo le iniziative più sporadiche dei mesi scorsi, è tornata così ufficialmente la storica radio cesenate che negli anni ottanta arrivò ad essere la più ascoltata in Romagna nonostante il suo target di pubblico fosse chiaramente legato alla musica rock alternativa, o perlemono lontana

da logiche prettamente commerciali. Ora gli storici dj ritornano, con la stessa filosofia: si tratta di Luigi Bertaccini, Matteo Bocca, Matteo Bosi, Antonio Fabbri, Magnus, Marco Turci e la new entry Luca D’Altri. Tutti i programmi sono e saranno disponibili in podcast sul sito di Radio Garbino e nei vari profili social dei conduttori e di Melody. E intanto proseguono le serate a tema e le feste di Radio Melody: la prossima il 27 febbraio all’Area Sismica di Ravaldino in Monte (Forlì).

Aurora Ricci canta, suona la chitarra e si fa chiamare semplicemente IO. Barbara Suzzi suona la batteria con una maschera sugli occhi e si trasforma nella TIGRE. Già noto da queste parti anche solo per questo suo nome bizzarro, il giovane duo al femminile cesenate ha pubblicato lo scorso 10 dicembre – su Garrincha Dischi – il suo album d’esordio. Si chiama “10 e 9” e sono una trentina di minuti tra rock senza troppi fronzoli e alcune ballate in punta di chitarra. Qualcuno le ha definite pure punk, per via di alcuni pezzi più tirati, ma in realtà IO e la TIGRE sono, sin dalla loro immagine, molto pop. E lo si prenda come un complimento. La musica delle due brilla infatti innanzitutto per la sua immediatezza, voce aggraziata, accordi semplici, testi in italiano quasi adolescenziali ma con un certo gusto e originalità. Un’estetica molto da indie-rock alternativo (ma neanche troppo) anni ottanta-novanta, musicalmente parlando. Quando va bene, infatti, ad ascoltarle tornano alla mente i mai troppo lodati Beat Happening, quando va male pure i Prozac+. In alcuni momenti più riflessivi Cristina Donà. In altri la Nada più rock. Alcuni pezzi, inutile far finta di nulla, ti si appiccicano addosso (per il sottoscritto per esempio succede con “L’appuntamento” e “Lentamente”) altri soffrono di certi cliché del genere, ma in generale l’album funziona. Nella sua grande leggerezza e senza troppe pretese, va detto. Una mezzora di divertimento che per esempio ti può far venir voglia di andare a vedere IO e la TIGRE dal vivo. E che ti fa pensare che forse abbiano sbagliato epoca: vent'anni fa un passaggio su Mtv non glielo toglieva nessuno. E all’epoca non era mica poco.


R&DCULT febbraio 2016

MUSICA

10 JAZZ/1 GIROTTO E FERRA AL PETRELLA DI LONGIANO Venerdì 19 febbraio al Jazz Club del teatro Petrella di Longiano appuntamento con due musicisti di caratura internazionale come Javier Girotto (sassofono, clarinetti, flauto) e Bebo Ferra (chitarra). Il duo presenterà il nuovo progetto musicale, nonché disco, Kaleidoscopic Arabesque.

JAZZ/2 FABRIZIO BOSSO

ALLA

CORTE

DI

CORIANO

Al teatro Corte di Coriano appuntamento con il jazz il giorno di San Valentino con I Musicanti di Croma e una serata sulla “Love song” e giovedì 25 febbraio con il quartetto Alessandro Fariselli con tanto di ospite d’eccezione come Fabrizio Bosso alla tromba.

JAZZ/3 LA James Carter, atteso al teatro di Cesenatico

LA RASSEGNA

Anche Concato suona a Jazzenatico Si parte il 4 al Comunale con il jazzista americano James Carter Tutto pronto per la terza edizione di “Jazzenatico”, rassegna jazz in programma al teatro comunale di Cesenatico sotto la direzione artistica di Fabio Nobile e Alessandro Fariselli. Il primo appuntamento è per giovedì 4 febbraio con James Carter e il suo Organ Trio: il tenorista colosso del jazz americano di oggi, ai sassofoni, sarà accompagnato da Gerard Gibbs all’organo hammond e da Alex White alla batteria. In febbraio si proseguirà venerdì 19 con una serata in cui il jazz incontra la musica d’autore italiana. Grande prota-

L’EVENTO

gonista Fabio Concato, affiancato per l’occasione dal trio del pianista Paolo Di Sabatino (con Marco Siniscalco al basso e Glauco Di Sabatino alla batteria). Ad affiancare il cartellone di concerti principale (che proseguirà in marzo) anche la rassegna “JazzenaticOff ” in alcuni locali di Cesenatico: il 12 febbraio lo StandardTrio con Massimo Greco e Roberto Siroli si esibirà all’Osteria del Lago, il 26 febbraio invece il Jazz Manouche Trio sarà protagonista alla Piccola Corte. Inizio concerti ore 21.30 (info e prenotazioni allo 054779274 dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 13).

RASSEGNA DI FEBBRAIO DELLO ZINGARÒ

Lo storico Jazz Club dello Zingarò di Faenza prosegue ogni mercoledì. Il 3 febbraio appuntamento con il trio del chitarrista Angelo Lazzeri che presenta il suo nuovo progetto tra psichedelia, swing e sonorità afro e blues. Il 10 riflettori sul progetto Arka-Ira (con la cantante Elisa Ridolfi, Massimo Valentini ai sassofoni e Hilario Baggini a voce e strumenti etnici a corde e a fiato); il 17 composizioni originali e un omaggio ai grandi del jazz e agli standard a cura del quartetto del pianista Marco Ponchiroli; infine, il 24, un altro quartetto con la tromba di Giacomo Uncini e la chitarra di Carlo Petruzzellis tra tradizione, richiami etnici e moderna elettricità.

JAZZ/4

La cantante Laquidara al Belleville

AVANGUARDIA ALL’AREA SISIMICA TRA CAGE E IL SAX DI GEBBIA All’Area Sismica di Ravaldino in Monte (Forlì) il 14 febbraio (alle 18) il percussionista cesenate Enrico Malatesta terrà una lezione-concerto che vuole indagare la relazione tra suono, strumento e spazio nella manifestazione musicale, traendo liberamente ispirazione da alcune composizioni per interprete solo di John Cage. Il 21 febbraio (sempre alle 18) invece concerto del sassofonista Gianni Gebbia che ha concepito un nuovo solo nel quale ispirazioni provenienti dal passato e dalla musica antica si incontrano con la musica contemporanea e l’improvvisazione.

WORLD DAI SUPERMARKET

Gino Paoli con Danilo Rea al Socjale Tra gli eventi del venerdì (sempre con cappelletti nell’intervallo) del teatro Socjale di Piangipane (Ravenna), da segnalare la serata del 12 febbraio “Due come noi che…”, nuovo progetto di Gino Paoli (nella foto) e Danilo Rea a base di voce e pianoforte, tra jazz e canzone d’autore.

ALLA

GRECIA

AL

MAMA’S

Tra gli appuntamenti musicali del sabato al Mama’s Club di Ravenna, da segnalare il 6 febbraio il concerto (orientato più verso il rock) dei Supermarket con la loro “world music romagnola” interamente strumentale; il 20 quello dedicato alla Grecia degli Evì Evàn, divenuti riferimento del rebetiko in Italia con il loro “blues d’Oriente” e il 27 una serata dedicata al flamenco con Giulio Cantore e Almadira.

Continua la rassegna del Belleville Jazz Club di Rimini sotto la direzione artistica e gestione di Jar – JazzAroundRimini. In febbraio l’appuntamento è per il 12 febbraio (ore 22) con la cantante e compositrice pluripremiata siciliana Patrizia Laquidara – nota soprattutto per le sue interpretazioni del repertorio portoghese e brasiliano – e il pianista Alfonso Santimone. I due musicisti nel pomeriggio prima del concerto terranno un seminario di canto e musica popolare.


MUSICA

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JAZZ/5

CLASSICA IN ROMAGNA

Avishai Cohen e Al Di Meola: due big al Bonci

Tra orchestre e grandi pianisti Gli appuntamenti a Ravenna e a Lugo, mentre a Forlì saltano le etichette...

Al Di Meola

Lunedì 1 febbraio al teatro Bonci di Cesena concerto del trio dell’israeliano Avishai Cohen, considerato uno dei più grandi bassisti al mondo. Porta in concerto alcune delle sue composizioni originali e dei nuovi arrangiamenti, presentando i pezzi dell’ultimo album, “From Darkness”. Mercoledì 24 sul palco del Bonci salirà quello che viene considerato tra i migliori chitarristi jazz in circolazione, l’italo-americano Al Di Meola. Con alle spalle una carriera quarantennale, 3 dischi d'oro e 6 milioni di copie vendute, Di Meola presenterà il nuovo album “Elysium”, con pezzi storici di Lennon e McCartney, il Tango di Piazzolla e nuove composizioni.

Entra nel vivo a Ravenna al teatro Alighieri la stagione dell’associazione Mariani che il 13 febbraio ospita l’Orchestra Leonore, sotto la direzione di Daniele Giorgi, con musicisti provenienti da ogni parte d’Europa che hanno fatto parte di formazioni come la Lucerne Festival Orchestra, i Berliner Philharmoniker, la Mahler Chamber Orchestra per un programma tutto dedicato a Schumann, tra cui il Concerto per violoncello e orchestra, con la parte di solista affidata all’affermato Alban Gerhardt. A impreziosire il cartellone due recital pianistici tenuti da due fuoriclasse internazionali: Federico Colli (che il 18 febbraio proporrà un ampio programma da Bach a Franck attraverso Schumann e Brahms) e l’argentino Nelson Goerner, che il 29 febbraio sarà l’interprete di celebri pagine di Chopin e Debussy. Il 22 invece musica da camera con l’Europa Galante, gruppo acclamato in tutto il mondo per le sue interpretazioni del grande repertorio barocco e classico su strumenti d’epoca. Restando a Ravenna, continuano le domeniche mattina in musica alla sala Corelli del teatro Alighieri nell’ambito della rassegna della scuola di musica Mikrokosmos: da segnalare il 7 febbraio il duo formato dal soprano Damiana Mizzi e dal chitarrista Massimo Felici; il 21 febbraio l’omaggio a Edith Piaf del Rare Duo e il 28 un altro duo pianoforte-voce (questa volta un omaggio a Francesco Paolo Tosti nel primo centenario della morte), ossia il pianista di

L’orchestra Leonore

caratura internazionale Nazzareno Carusi e la cantante pop/jazz Valentina Cortesi. Al teatro Rossini di Lugo l’appuntamento di febbraio con la stagione concertistica è per venerdì 5: sul podio della Filarmonica Arturo Toscanini ci sarà il direttore d'orchestra britannico David Angus, specialista d'opera (oggi è il direttore musicale della Boston Lyric Opera), ma anche raffinato interprete del repertorio sinfonico. Sullo spartito una delle più belle Sinfonie di Antonin Dvorak, la n. 7 in re minore op. 70, considerata la sua opera più romantica. In apertura invece si potrà ascoltare Vatel,

melologo del compositore milanese Marco Tutino, per voce recitante e orchestra, su testo di Angelo Callipo. A Forlì invece l’appuntamento è di quelli senza dubbio originali, lunedì 1 febbraio al teatro Fabbri, con il Quintetto Bislacco e la loro “Musica senza etichette”. Si tratta di una formazione composta da cinque musicisti provenienti da alcune delle più prestigiose orchestre internazionali che sorprende l'ascoltatore con piccole citazioni ed esilaranti gag musicali. In programma musiche di Bach, Bernstein, Morricone, Mozart, Rossini e Strauss.

Otto incontri/confronti fra protagonisti esperti ed emergenti della progettazione contemporanea con tavola rotonda

Edizione 2016 a Ravenna e in Romagna

GIOVEDÌ 11 FEBBRAIO Albergo Cappello - Ravenna

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MUSICA

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L’INTERVISTA

L’omaggio al popolo armeno dell’artista che prendeva il tè a casa di John Cage... Il riminese Roberto Paci Dalò, «anarchico strutturalista», tra i vincitori del Premio Napoli 2015 In dicembre ha ricevuto all’Auditorium Rai del capoluogo campano il Premio Napoli, tra i più prestigiosi riconoscimenti per la cultura e la lingua italiana, che di fatto ne ha celebrato la carriera. Nato a Rimini 54 anni fa, Roberto Paci Dalò è un compositore, regista e artista visivo di fama internazionale che può vantare, tra le altre cose, una sorta di amicizia pure con John Cage. A Napoli è stato premiato per il suo ultimo progetto, 1915 The Armenian Files. Si tratta di un film, una mostra, un’opera radiofonica, un concerto multimediale e dall’11 dicembre anche di un vero e proprio disco – in coproduzione con l’Ambasciata della Repubblica d’Armenia in Italia – che mescola elettronica, voci, strumenti acustici, ritmi e trame sonore tratte da materiale d'archivio, registrato dal vivo a Vienna durante una puntata del programma Kunstradio negli studi della Orf, la radio nazionale austriaca. Roberto, da dove nasce l'interesse verso il popolo armeno? «L’Armenia è nel mio cuore fin dagli anni Ottanta. Il primo incontro è stato con il regista Sergei Parajanov. Una rivelazione. Ho creato nel tempo una serie di opere (musicali, cinema, teatrali, visive, ndr) che riflettono sull’universo armeno da pià aspetti ma la matrice Parajanov permane. Nel 2015 è ricorso il centenario del Genocidio compiuto dal governo ottomano: 1.500.000 armeni sono stati deportati e sterminati a partire dal 1915. Al di là dei centenari – che solitamente non mi interessano molto – tutto concorreva a creare qualcosa di simbolico proprio in questo momento». Che tipo di lavoro c’è dietro al disco? «Ho lavorato sul mio archivio armeno, i miei “armenian files”, unendolo ai materiali creati e raccolti sul campo durante il 2015, tra cui le riprese fatte a Bourj Hammoud, la “città armena” – qualcosa come 150.000 abitanti – di Beirut. Il sito del progetto è anche una sorta di aggregatore dove inserisco man mano materiali non solo miei. Fonti che mi sembra interessante diffondere per sapere in maniera trasversale cosa è successo». L’album resta comunque molto interessante anche dal punto di vista esclusivamente musicale, qual era il suo obiettivo? «Lavorando come faccio di solito in più media si pone sempre il problema del linguaggio, dell’approfondimento e della coerenza. Mi spiego: un disco significa, appunto, un disco. Non altro. Un disco deve tenere conto della musica, del suo pubblico, della percezione all’interno di un contesto ben preciso con un suo vocabolario. Fare un film è altra cosa, così come realizzare una mostra». Come sono nate le collaborazioni?

«Chi arriva in Romagna rimane strabiliato, ma è un luogo chiuso» «Per 1915 The Armenian Files ho voluto lavorare con amici che stimo molto per creare qualcosa di inaudito. Per questo l’electronic wizard Stefano Spada aka Light Parade, Fabrizio Modonese Palumbo e Julia Kent (che mi hanno permesso di inserire chitarra elettrica e violoncello) e – last but not least – Boghos Levon Zekiyan che mi ha donato la sua voce per far risuonare i testi di Daniel Varoujan (poeta armeno torturato e ucciso a 31 anni nell'agosto del

1915 da un gruppo di ufficiali turchi, ndr). Levon è un amico di famiglia, ci conosciamo da una ventina d’anni, la registrazione è di qualche anno fa e precede il suo attuale incarico come Arcivescovo di Istanbul (nominato da Papa Francesco)». Allargando lo sguardo alla sua carriera, come si intrecciano forme d'arte così diverse tra loro? «Con Giardini Pensili (il gruppo teatrale da lui fondato che nel 2015 ha festeg-

Ristorante • pizzeria • pub • disco showchef • cabaret • musica dal vivo

Sabato 13 febbraio Cena col comico

BEPPE BRAIDA Terza serata in compagnia dei comici di Zelig Prevendita diretta al locale o al numero 348 7046583 Via San Vitale | Albergone, n. 27 Bagnacavallo (RA) Tel. 0545 61574 - Cell. 348 7046583 www.maisonbarcelona.com Maison Barcelona

giato trent'anni di vita, ndr) ho potuto nel tempo realizzare progetti anche complessi nati grazie alla collaborazione tra persone provenienti da discipline diverse. Il teatro – inteso come spazio fisico e mentale – è per eccellenza il luogo dell'incontro tra le arti. Da sempre. Se penso alla forza immaginifica e mediale del teatro barocco non posso non considerare come alcune delle invenzioni dell'epoca siano ancora alla base delle messe in scena di oggi (o almeno delle

mie). La costruzione quindi di architetture percettive. Il mio lavoro non è “multimediale”, al contrario. Esso è mono medium perché ciascun medium ha suoi codici e modalità. E ciascun medium ha un pubblico con una conoscenza della sua grammatica». È soddisfatto del riscontro che ottiene il suo lavoro? È difficile fare un certo tipo di musica, in Italia, fuori da ogni logica commerciale? «Certamente è un lavoro di nicchia ma c’è da dire che, almeno in Italia, è sufficiente non apparire in televisione per essere di nicchia. Presento i miei progetti in festival, teatri e musei conosciuti come anche in posti minuscoli e spazi occupati. Questo movimento tra luoghi istituzionali e indipendenti è per me vitale e nutre l’attivista che è in me. Penso che l'arte sia sempre un processo anche politico. Lo dico da anarchico strutturalista. Credo sia importante confrontarsi con tanti mondi e tanti contesti. Poiché vivo di un lavoro che mi sono inventato e dove generalmente ho carta bianca per fare le mia pazzie posso dire di essere davvero felice». Qual è il suo rapporto con la Romagna? «Sono nato a Rimini ma sono cresciuto a Tremosine del Garda, un paesino di 500 abitanti in cima al lago. Dopodiché sono rientrato in Romagna e ho studiato al Liceo artistico di Ravenna mentre studiavo musica in varie scuole seguendo il mio maestro di clarinetto Renzo Angelini. Ho vissuto anni a Roma, Napoli e soprattutto a Berlino, con Vancouver la mia città del cuore, dove ho passato lunghi periodi. Insomma, inevitabilmente in Romagna faccio un po’ l’antropologo guardandola dall’interno e dall’esterno allo stesso tempo. La vedo come una regione metropolitana – dal diametro di Città del Messico per capirci – con una forte mobilità. In Romagna si guida molto e ci si sposta con facilità per vedere spettacoli, concerti, mostre, film. È , da questo punto di vista, molto nordamericana e ciò mi piace parecchio. Diciamo che l’interfaccia Romagna è praticamente perfetto. Chi la visita, temporaneamente rimane strabiliato per la convivialità, il calore, le persone. Altra cosa è trasferircisi. A mio avviso è un luogo chiuso, arroccato. È difficile approfondire veramente i rapporti e la cosiddetta “integrazione” è ardua». Quali sono gli artisti che l’hanno più influenzata e con i quali è stato utile lavorare? «John Cage è stato il mio maestro. A New York era lui che mi portava in giro a sentire concerti oppure a casa sua chiacchierando e bevendo una tazza di tè. Ed era sempre lui che veniva a sentire i miei concerti all’Experimental Intermedia, the place in town, il mitico loft di Phill Niblock nella Spring Street. Ho una lista infinita di artisti che amo e ho anche la grande fortuna di essere amico e collega di alcuni di quelli che più mi ispirano e con i quali lavoro. Cito tra gli altri Rupert Huber, Scanner, Philip Jeck, Robert Lippok, Adriana Borriello, David Moss, Luca Aquino, Gabriele Frasca, Guido Guidi, Kronos Quartet, Fred Frith, Alvin Curran, Terry Riley, Tom Cora, Stefano Scodanibbio, Scanner, Sacri Cuori, Andrea Felli, Paolo Rosa, Yasuhiro Morinaga, Patrizia Valduga, Giorgio Agamben, Predrag Matvejevic', Levon Zekiyan. Non potrei desiderare di meglio». Luca Manservisi


TEATRO

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Marco Paolini in scena

IL PERSONAGGIO

Marco Paolini, il teatro e la potenza di Jack London L’attore in scena a Cesena con Ballata di uomini e cani. «Portare in scena racconti brevi è un esercizio di disciplina» di Matteo Cavezzali

Marco Paolini è uno dei più magistrali attori-narratori contemporanei. Da solo sulla scena, anche senza scenografie e con luci quasi assenti, riesce con il solo uso delle parole a creare e disfare mondi. Con Ballata di uomini e cani rilegge Jack London in uno spettacolo composto da tre storie che dopo essere stato al teatro Goldoni di Bagnacavallo sarà in scena al Bonci di Cesena il 20 e il 21 febbraio. Come mai ha deciso di ritrovare Jack London, quello che è stato un eroe della sua infanzia? «Leggendo London da adulto mi sono accorto di quante cose non avevo capito leggendolo da ragazzo, mi sono accorto di quanto è potente il suo messaggio e il suo stile. Mi piace tutto ciò che ha scritto, come giornalista e come scrittore, sento che gli è passato attraverso la pelle». Cosa la affascina della scrittura di London? «Mi affascina che London se ne freghi completamente dello stile letterario del tempo e della ferocia della critica. Per questo viene amato dal pubblico e snobbato dalla critica. Mi piace il suo non fermarsi alle cose che ha. Accetta lavori scomodi come fare l’inviato nella guerra russo-giapponese. È indisciplinato, salpa con il mare in tempesta per raggiungere il fronte, mentre i suoi colleghi stavano dove gli indicava l’esercito giapponese. Gli altri si limitavano a non indispettire i giapponesi, al contrario di lui. Memorabile il suo viaggio nei quartieri degradati di Londra da cui nasce Il popolo degli

abissi, che esce dopo I miserabili e Il capitale di Marx, ma riesce a raccontare agli americani che cos’è una metropoli. Non è minimamente paragonabile alla Londra che ci si immaginava in quegli anni, ma è una analisi personale e sociale con cui si cala personalmente negli inferi della città vivendoli in prima persona. È il London socialista che non è mai pago di dare fastidio». Chi porta avanti oggi questa sua modalità di scrittura? O crede che quella strada si sia persa? «Non si è persa, ma oggi l’inviato non è più organico al giornale. È un volontario che va come un disperato a cacciarsi in situazioni di guerra, senza avere alcuna tutela dell’editore. Però è ancora una potente figura romantica. Ci sono molti giovani cronisti oggi in Libia e in Siria. La lezione di London non è da confinare in un passato nobile, ma è ancora viva». Come è stato confrontarsi in scena con racconti brevi? «È un esercizio di disciplina. Finire e ricominciare una storia più volte nello stesso spettacolo è una sfida nuova per me». Lei è attore, ma anche autore dei suoi spettacoli. Come si è cimentato nella riscrittura di London? C’era il timore di toccare le sue parole o si è concesso la libertà di reinterpretarlo? «La libertà bisogna prendersela. Altrimenti si è dei matti. Qualsiasi opera letteraria portata sulla scena va riscritta, per la salute del pubblico. Altrimenti diventa un libro parlante, che è una noia mortale. Non è il lettore

il mio referente, che non troverà mai quello che si aspetta in uno spettacolo o in un film, perché ha un legame profondo con l’autore e vede di cattivo occhio la tua mediazione. I casi di grandi film tratti dalla letteratura sono rari, e accomunati da un tradimento dell’opera letteraria». Lei ha definito questo suo lavoro “un canzoniere teatrale”, in che senso? «Il linguaggio che abbiamo scelto è quello della ballata. Ci siamo ispirati all’immaginario della frontiera americana, ma senza rimanere schiavi dell’immaginario western. L’ispirazione musicale viene da varie parti d’Europa, c’è anche Verdi. Verdi era molto presente nella cultura di quel tempo, come scrive Walt Whitman nel suo Foglie d’erba, che cita tra le canzoni popolari cantate nelle strade d’america e suonate dalle bande anche le arie di Rossini e di Verdi». Lei è stato definito il principale autore di teatro di narrazione, strada molto emulata dopo il successo del Vajont… «Io non l’ho mai chiamato così. Gli altri lo chiamano così. Certo

se sei da solo in scena fai fatica a dialogare, diventa un io narrante con cui lo spettatore familiarizza. È come il coro greco, ma fatto da una sola persona». Negli ultimi anni mi pare però che il “teatro di narrazione”, come lo chiama la critica, abbia meno emuli, è così? «Non so se stanno calando i narratori, ma potrebbe essere un buon segno. Vorrebbe dire che si torna a fare teatro di compagnia, che è faticoso, ma dà soddisfazione. La regola dell’attore da solo è un po’ misera. Andare in scena da soli è difficile, non si può dare per scontato che funzioni, o che se è funzionato in passato possa funzionare ancora». Quindi è più complicato da soli che in gruppo? «Per l’attore si complica sicuramente essere soli in scena, ma si semplifica la regia. Da solo governo meglio la situazione. Ci deve però essere una motivazione che va giustificata di volta in volta, non può essere un teatro povero per scelta ideologica. Io lo faccio perché mi accorgo che funziona meglio togliendo che aggiungendo. Però mi capita anche di vedere grandi allestimenti e di pensare “bello! Perché non ci ho pensato!” e mi rispondo “forse è perché ero concentrato sulle parole più che sulla scena?” Non lo so». Visti i tempi che corrono forse il teatro povero diventerà il nuovo orizzonte per tutti… «Beh, accettare una logica di mercato è già perdere. Vuol dire adeguarsi ai tempi in maniera stupida. Bisognerà trovare la strada per aggirare lo spauracchio del pareggio di bilancio».


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TEATRO [CONTEMPORANEO]

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IL CONSIGLIO

Castiglioni e il silenzio di Dio

Operazione Atarax: un esordio al Rasi da tenere d’occhio

Al teatro Petrella di Longiano il 12 febbraio alle 21 va in scena il progetto di Silvio Castiglioni (una produzione Celesterosa/I Sacchi di Sabbia) Il silenzio di Dio tratto da testi di Silvio D’Arzo/Fëdor Dostoevskij, con la drammaturgia di Andrea Nanni e la regia di Giovanni Guerrieri. Uno stesso silenzio, il silenzio di Dio, risuona sia in Casa d’altri (tratto dal racconto di Silvio D’Arzo) sia in Domani ti farò bruciare (ispirato a I fratelli Karamazov di Fëdor Dostoevskij). Alla sommessa domanda di una vecchia che vorrebbe togliersi la vita, fa eco la furente requisitoria di un demone che vorrebbe incarnarsi. Castiglioni dà voce, corpo e profondità al tormento del dubbio che devasta l’uomo davanti a un Dio tragicamente silenzioso.

FORLÌ

Ipotesi per un’Orestea Sabato 20 febbraio alle 21 sul palco del Diego Fabbri di Forlì va in scena Darling (Ipotesi per un’Orestea) di Ricci/Forte Performing arts ensemble, per la regia di Stefano Ricci. Uno spettacolo che rifacendosi a Eschilo mette insieme genesi e ipercontemporaneo, Artaud e l’hard rock dei Led Zeppelin, sovrapposizioni intertestuali sonore e fisiche, tutte tese a scansionare una lisergia che, dicono gli autori: «serva da bussola per rintracciare traiettorie». Una produzione Romaeuropa, Festival e Snaporazverein in coproduzione con Théâtre MC93, Bobigny/Festival Standard Ideal, CSS Teatro stabile di innovazione del FVG, Festival delle Colline Torinesi.

RIMINI

Il teatro sul fare teatro oggi Al Teatro degli Atti di Rimini venerdì 12 febbraio va in scena Be normal! Daimon Project del Teatro Sotterraneo, con Sara Bonaventura e Claudio Cirri. Una riflessione sulla generazione dei trentenni, sul senso del fare teatro oggi, scrivono infatti gli autori: «Se dovessimo fare uno spettacolo teatrale ci sarebbero due attori più o meno trentenni, un maschio e una femmina, sarebbero italiani, persone comuni, e dovrebbero farsi un gran culo sulla scena, provare in ogni modo a fare non si sa bene cosa, il pubblico dovrebbe provare pietà per loro, poi per se stesso, poi tutto andrebbe sempre peggio, sarebbe un disastro, e forse potremmo farla finita per sempre con la domanda “Certo, teatro – ma di lavoro?”».

DOVE FINIRÀ?

Difficile credere che il “trailer” dello spettacolo Operazione Atarax, di Teatro Onnivoro, andato in scena a dicembre a Ravenna a Palazzo Rasponi possa essere stato davvero scritto a giugno 2015 e non a fine novembre, dopo l’attentato del Bataclan. Eppure pare proprio così. Gli spettatori sono stati fatti accomodare in un memorial dove si celebrava l’ultima missione di un’astrovane dell’Occidente civilizzato che trasportava nello spazio prigionieri politici islamici, i nemici cattivi, in quel fatidico 11 dicembre 2097 in cui qualcosa di irreparabile accadde e i membri dell’equipaggio furono trucidati. Da un futuro nemmeno troppo remoto, veniamo così a sapere che nel corso del secolo vari attentati e una vera e propria guerra ha più o meno ridisegnato i confini e gli equilibri del mondo. L’effetto sullo spettatore è assicurato, grazie al testo dalle forti venature ironiche con tocchi di surrealtà (cifra questa ricorrente nel lavoro della giovane compagnia Onnivoro e del loro autore Matteo Cavezzali) ma con un radicamento fortissimo con l’attualità. Bravissima Jenny Burnacci nella parte della guida che accompagna i visitatori. E se il “trailer” – chiamamo così quella che per la verità è stata una performance di una ventina di minuti che ha lasciato il pubblico piuttosto stranito – è in qualche modo un assaggio dello spettacolo vero e proprio che andrà invece in scena al teatro Rasi nella stagione Scena Contemporanea di Ravenna il 10 e l’11 febbraio, allora Operazione Atarax potrebbe essere un esordio su questo palcoscenico da tenere d’occhio, dove si parte da un radiodramma per farne – ci anticipa uno dei protagonisti, Massimiliano Rassu (in scena con Antonio Maiani) – un novello Ubu, un’inedita riflessione sul male che prende spunto da un testo del grandissimo Friedrich Dürrenmatt per una riscruttura che lo cala nell’attualità anche più di quanto, pare, fosse stata l’intenzione iniziale dell’autore. (fe. an.)

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TEATRO [CONTEMPORANEO]

R&DCULT febbraio 2016

15 LA RECENSIONE

FAENZA

Un monologo per raccontare l’abisso del gioco d’azzardo

Il Mozart dei Sacchi di sabbia Al Ridotto del Masini di Faenza prosegue la stagione di teatro contemporaneo con l’ensemble de I sacchi di sabbia che porta in scena mercoledì 17 febbraio il Don Giovanni di W.A. Mozart, un progetto di Giovanni Guerrieri, Giulia Solano e Giulia Gallo. Lo spettacolo è un’esecuzione a cappella di una riduzione strumentale del Don Giovanni da parte di una piccola corale. I sei che la compongono non sono però musicisti, ma attori che hanno costruito la loro partitura “recitando” la musica di Mozart, imitando una versione del Don Giovanni eseguita da Karajan nel 1986. Dalla recitazione “del suono”, dal tentativo di riprodurre il rumore dello strumento, si arriva a una pionieristica versione dell’opera di Mozart.

Pulito, rigoroso, diretto, profondo. Lo spettacolo del teatro delle Albe Slot Machine (che l’anno scorso abbiamo visto sotto il titolo Il giocatore), di Marco Martinelli, è un monologo che porta in scena un personaggio delle nostre terre che diventa universale. Non c’è giudizio morale, ma una discesa nell’abisso che comincia con le corse dei cavalli e si trasforma in qualcosa di irreversibile nell’alienazione delle macchinette. Non c’è nemmeno pietismo verso un uomo che mente, inganna, deruba i propri genitori incapace di uscire da quella discesa agli inferi di cui è in qualche modo, a tratti confusamente, consapevole ma non pentito. C’è la solitudine di un uomo evidenziata dall’efficace gioco di specchi e riflessi sulla scena, una scena spoglia che vede appunto un solo, bravissimo Alessandro Argnani muoversi tra pochi colori scuri dove l’unico squarcio è rappresentanto da un simbolico verde. Uno spettacolo che pone domande, mette in luce contraddizioni, costringe a riflettere coinvolgendo chi lo guarda e denuncia una realtà senza mai cedere alla tentazione dell’invettiva, senza mai diventare “a tesi”, restando dentro una narrazione che funziona dall’inizio alla fine (certo, non sorprende in alcun punto perché la vicenda è segnata e necessariamente ineluttabile), capace di tramutare un’esperienza individuale in un momento collettivo da cui scaturisce consapevolezza e da cui si esce con uno sguardo più lucido su un tema di cui rischia di sfuggire la portata sociale e politica a chi ha la fortuna di non averci a che fare direttamente in alcun modo. Il tutto peraltro viene riprosto (dopo essere stato a Rimini il 30 gennaio) nella cornice di Vulkano, a San Bartolo nei pressi di Ravenna, che si conferma come un nuovo luogo prezioso per il teatro cittadino. La vicinanza, il limitato numero di posti, contribuiscono in modo non banale a creare un’intimità forte tra attori e spettatori di cui lo spettacolo beneficia sicuramente. Da non perdere, insomma, né da spettatori, né da cittadini. In scena da venerdì 5 a domenica 14 febbraio alle 21, riposo dall’8 all’11 compresi. Domenica ore 16. Federica Angelini

RAVENNA

E’ Bal: le Albe e il dialetto Da martedì 23 a domenica 28 febbraio, nello spazio VulKano di San Bartolo, nei pressi di Ravenna, per la stagione Scena Contemporanea va in scena E’ Bal, testo di Nevio Spadoni. Con questo spettacolo Roberto Magnani del teatro delle Albe prosegue il suo percorso di ricerca che si inserisce nel lavoro trentennale delle Albe sull’uso del dialetto come lingua di scena. In questo “divertissment o gioco linguistico”, che racconta la storia di Ezia, donna emarginata della campagna romagnola il cui andare in cerca assomiglia a una folle danza solitaria, Magnani dialoga con Simone Marzocchi, trombettista e compositore.

CATTOLICA

Tra arte circense e surrealtà Sabato 6 febbraio al teatro della Regina di Cattolica, una serata tra teatro e circo con Bianco su Bianco, scritto e diretto da Daniele Finzi Pasca, con Helena Bittencourt e Goos Meeuwsen. Si tratta di uno spettacolo teatrale e clownesco interpretato da due attori con una grande esperienza circense. La storia è raccontata da un’attrice e da un tecnico di scena che, supportandola in modo maldestro, l’aiuta a comporre immagini che portano il pubblico in un mondo surreale, dove la luce respira amplificando le emozioni, costruendo geometrie e paesaggi semplici e allo stesso tempo sorprendenti. Uno spettacolo dove l’estetica della compagnia si misura con la vertigine della semplicità, che in questo caso sarà piena di piccole sorprese.

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R&DCULT febbraio 2016

TEATRO

16 COMICO

DAL COSTUME ALLA SATIRA POLITICA: RIDERE AL FEMMINILE Comico al femminile, da sinistra: Paola Minaccioni in Io sono qui al Comunale di Cervia il 12 e il 13 febbraio al teatro di Coriano; Virginia Raffaele con Performance il 15 febbraio all’Alighieri di Ravenna e il 16 al Fabbri di Forlì; il volto noto di e la voce scomoda di Sabina Guzzanti ne Come ne venimmo fuori al Godoloni di Bagnacavallo il 19 febbraio.

PROSA

CLASSICI

Amore, arte, etica e lavoro Un variegato cartellone che va da Pinter a Sciascia fino a testi contemporanei Il febbraio della prosa romagnola inizia al teatro Comunale di Cervia, il 6 e il 7, con la commedia contemporanea I suoceri albanesi con Frencesco Pannofino ed Emanuela Rossi (nella foto) per sorridere di cosa consideriamo progressismo e su cosa sia il pregiudizio. Ironia e garbo anche al teatro Binario di Cotignola, sempre nel primo sabato di febbraio, alle 21 quando va in scena Vecchia Sarai tu! di e con Francesco Brandi, un trittico sulle generazioni e il tempo che passa. E sempre per chi è in cerca di leggerezza a fine mese invece l’appuntamento è al Rossini di Lugo con Vincenzo Salemme il 27 e il 28 febbraio. Toni decisamente meno lievi quello dell’acclamato (e talvolta discusso, come tutti gli innovatori) Antonio Latella che è interprete, regista e autore di Ti regalo la mia morte, Veronika, uno spettacolo liberamente ispirato alla poetica di Fassbinder in scena il 16 e il 17 febbraio all’Alighieri di Ravenna, alle 21. Al Masini di Faenza invece il 19 febbraio (repliche fino al 21), arriva a teatro un grande personaggio della storia della pittura: Modigliani con Marco Bocci, in scena anche sabato 27 febbraio al teatro Astra di Bellaria. E ancora all’Alighieri arriva come una sorta di involontario omaggio al grande regista Ettore Scola, recentemente scomparso, lo spettacolo Una giornata particolare con Giulio Scarpati e Valeria Solarino. Il grande teatro inglese del Novecento protagonista allo Spazio Tondelli di Riccione: Ambra Angiolini, Francesco Scianna, Francesco Biscione diretti da Michele Placido portano in scena “Tradimenti”, una delle opere più note del premio Nobel Harold Pinter. «La storia di quegli anni (gli anni sessanta, ndr) parla – dice il regista – , e non solo per me, di amori finiti, ma soprattutto di tradimenti politici, ideologici e sociali. Ecco, sì, forse questo testo si può leggere non solo come la fine di una storia d’amore più o meno grande, ma anche come un totale fallimento di un’utopia rivoluzionaria che voleva migliorare e cambiare il pensiero occidentale. E, proprio come nel testo di Pinter, anch’io, che facevo parte di quella generazione, mi ritrovo oggi di nuovo punto e accapo». Dall’11 al 14 febbraio al Bonci di Cesena si torna invece ai contemporanei con lo spettacolo diretto da Alessandro Gassmann con Ottavia Piccolo dal titolo 7 minuti, un testo che entra in fabbrica per affrontare il tema dei diritti. E Gassmann firma la regia anche dell’adattamento teatrale

LELLO ARENA

È L’AVARO

L’avaro di Molière con Lello Arena andrà in scena martedì 2 febbraio alle 20.45 al Comunale di Russi.

IL

GABBIANO DI

CECHOV

ALL’ALIGHIERI

Il Piccolo teatro di Milano e LuganoInscena portano al teatro Alighieri di Ravenna il grande classico di Cechov, Il gabbiano, martedì 9 e mercoledì 10 febbraio, un testo eterno sul tema dell’amore e della libertà.

TUTTO SHAKESPEARE

IN NOVANTA MINUTI

Uno spettacolo che è ormai diventato un classico e che prende spunto dal teatro classico inglese per eccellenza, quello del Bardo. Tutto Shakespeare in novanta minuti realizzato nella versione italiana da Alessandro Benvenuti e Nino Formicola, e che appunto compendia le opere del grande drammaturgo in un’ora e mezza di spettacolo, sarà in scena al Comunale di Cervia il 25 e il 26 di febbraio.

I RUSTEGHI

(a firma dello scrittore Maurizio de Giovanni) Qualcuno volò sul nido del cuculo di Dale Wasserman, dall’omonimo romanzo di Ken Kesey che sta circolando un po’ per tutti i teatri della Romagna e che dal 25 al 28 febbraio sarà al Fabbri di Forlì. Dal 13 al 15 febbraio, al Novelli di Rimini ci si interroga invece sui temi dell’etica e della politica con il testo di Sciascia L’onorevole nell’adattamento e regia di Enzo Vetrano (anche inteprete) e Stefano Randisi. E sempre al Novelli, dal 19 al 21 febbraio arriva invece Il sindaco del Rione Sanità il testo di Eduardo de Filippo portato in scena da Eros Pagni che si è aggiudicato il premio “Le maschere del teatro 2015” come miglior attore.

MUSICA L’OMAGGIO DI BEPPE FIORELLO DOMENICO MODUGNO

A

Lo spettacolo di Giuseppe Fiorello, tra musica e teatro, dedicato a Domenico Modugno Penso che un sogno così... (regia di Giampiero Solari, musiche dal vivo da Daniele Bonaviri e Fabrizio Palma) sarà in scena al Fabbri di Forlì l’11 e il 12 febbraio (e poi il 5 e il 6 marzo), mentre a Rimini al Novelli dal 5 al 7 febbraio. Omaggio a Modugno è anche Volare di e con Gennaro Cannavacciuolo a Russi il 23 febbraio.

DI

GOLDONI

A

CESENA

Dal 25 al 28 febbraio al teatro Bonci di Cesena va in scena la commedia di Carlo Goldoni I Rusteghi, per la regia di Giuseppe Emiliani in una produzione del Teatro Stabile del Veneto - Teatro Nazionale che dirige per questo allestimento un gruppo di attori veneti “specializzati” nel repertorio del grande commediografo.

IL CYRANO

SECONDO

FERRINI

A

RIMINI

Martedì 23 febbraio alle 21 il Teatro Novelli propone il grande classico francese Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand nella traduzione, adattamento e regia di Jurij Ferrini.

IL RICORDO LE FOSSE ARDEATINE NEL RACCONTO DELLE DONNE Martedì 2 febbraio alle 21, al Teatro degli Atti di Rimini, va in scena Tante facce nella memoria a cura di Mia Benedetta e Francesca Comencini (anche regista), con testi liberamente tratti dalle registrazioni di Alessandro Portelli per raccontare sei storie di donne partigiane e non che nel '44 vissero l'eccidio delle Fosse Ardeatine, feroce rappresaglia dopo il tragico attentato di via Rasella del 23 marzo 1944.


TEATRO

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17 DANZA/1

MANNINO, MANERA E UN SALONE DI BELLEZZA Da sinistra: gli irriverenti danzatori de Les Ballets Trocadero de Montecarlo in scena all’Alighieri con un trittico di classici il 21 febbraio; danza contemporanea il 6 febbraio al Bonci di Cesena con Lego, la nuova coreografia di Giuseppe Spota per Aterballetto (in scena anche a Russi il 16 febbraio con Cahier de la danse); al Fabbri di Forlì invece il 23 febbraio è in scena My Contemporary Dance Company con Carmen/Bolero.

OPERA

DANZA/2

Il turco di Rossini all’Alighieri

DAI SONICS

Con l’orchestra Luigi Cherubini diretta da Di Stefano Per la stagione di danza e opera di Ravenna Manifestazioni, al Teatro Alighieri di Ravenna, il 5 e 7 febbraio va in scena l’opera Il turco in Italia, dramma buffo in due atti di Gioacchino Rossini (libretto di Felice Romani) che, oltre all’Alighieri stesso vede coinvolta la Fondazione I Teatri di Piacenza e come coproduttori il Teatro Comunale di Ferrara e quello di Treviso. Dirige Giovanni Di Stefano mentre la regia è firmata da Federico Bertolani. Suona l’orchestra Cherubini con il coro del Teatro Municipale di Piacenza.

Foto di repertorio: un allestimeno de Il turco in Italia Pesaro, Rossini Opera Festival

AL

DON CHISCIOTTE

DI

EUGENIO SCIGLIANO

Al Masini in scena il 26 e 27 febbraio i Sonics con il loro spettacolare Duum, mentre il 19 febbraio saranno di scena al Bonci di Cesena con Meraviglia. E spettacolari promettono di essere anche le Magic Shadows della compagnia Catapult in scena allo Spazio Tondelli di Riccione il 28 febbraio. Danza anche a Coriano, il 6 febbraio, con la Compagnia Sisma TD ne Il Mio Tempo. Giovedì 18 febbraio invece su coreografia di Eugenio Scigliano va in scena Don Q Don Quixote de la Mancha (foto) con musiche classiche spagnole e componimenti del finlandese Kimmo Pohjonen in una produzione Aterballetto.


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CINEMA

CONTROCINEMA

Il magnifico western shakespeariano di Tarantino The Hateful Eight, l’atteso ottavo film del grande regista americano, in tutte le sale a partire dal 4 febbraio di Albert Bucci*

4 febbraio 2016: esce in Italia The Hateful Eight, l'ottavo e nuovo film di Quentin Tarantino. E vi dirò subito che, come ogni film di Tarantino, anche questo è un capolavoro imperdibile, un western che segnerà la storia del Cinema. Un po’ di trama, solo l'essenziale, per non svelare nulla della suspence narrativa: Un rigido inverno del Wyoming pochissimi anni dopo la fine della guerra civile negli Stati Uniti, con le sue ferite e lacerazioni ancora aperte e sanguinanti. A bordo di una diligenza, il cacciatore di taglie John Ruth, detto anche Il Boia (Kurt Russell), sta scortando la sua prigioniera Daisy Domergue (Jennifer Jason Leigh) nella città di Red Rock, dove sarà impiccata. Lungo la strada si scatena una feroce tormenta di neve e a loro si uniscono un altro cacciatore di taglie, l’afro-americano Marquis Warren (Samuel L. Jackson), che aveva combattuto senza scrupoli con le truppe del Nord contro gli schiavisti, e Chris Mannix (Walton Goggins), il futuro sceriffo di Red Rock, che a sua volta aveva combattuto la guerra, ma dalla parte del Sud. La tempesta costringe i quattro a fermarsi in un rifugio-emporio dove ad accoglierli, anziché la proprietaria e loro vecchia amica Minnie, trovano l’aiutante di Minnie e altri tre clienti: un vecchio generale sudista e razzista (Bruce Dern); un silenzioso bovaro (Michael Madsen); e il loquacissimo nuovo boia di Red Rock (Tim Roth). La tempesta bloccherà per qualche giorno le otto persone nel rifugio... La colonna sonora originale, già lo saprete, è di Ennio Morricone; e la voce narrante fuori campo che commenta la storia, nella versione originale, è quella di Quentin Tarantino. The Hateful Eight non è semplicemente un western, come dice lo stesso Quentin Tarantino: «Certo: ci sono una diligenza, un saloon da tipico film western con sparatorie, duelli, brutti ceffi molto inaffidabili e sfide all’ultima pallottola. E c’è anche una donna che prepara un caffè». Non può essere un semplice western perché Tarantino non si è mai limitato a scegliere un genere narrativo, ma lo ha sempre rielaborato secondo stilemi che oscillano tra la classicità della tragedia greca (Le iene) e la narrativa postmoderna più sperimentale alla Elmore Leonard (Pulp Fiction). Quest’ultimo The Hateful Eight, già nella struttura narrativa, si rifà alla classicità. Diviso in sei capitoli con un “intermezzo”; rispettoso

tempo (Morricone ha avuto solo un mese per consegnare la musica) e un po’ perchè, come dice lo stesso Morricone: «Non mi piace ripetermi. Se Quentin avesse voluto qualcosa di simile a Sergio Leone, gli avrei detto di no, perché saremmo stati entrambi criticati per aver riproposto ciò che è passato».

Da Agatha Christie

a Marlowe, da Carpenter a Sartre, in questo film nichilista ci sono tutte le magnifiche ossessioni dell’autore di Pulp Fiction

dell’unità di spazio e di tempo (i personaggi si muovono in una stanza chiusa e isolata dalla tormenta); girato nel formato 70mm dei grandi classici del cinema: The Hateful Eight è un’opera contemporanea profondamente ispirata dalla Storia del Cinema, come tutta la filmografia di Tarantino. Un western che di primo acchito sembra rispettoso delle sue origini e a esse vuole ispirarsi (una struttura più vicina a Un dollaro d'onore di Howard Hawks e a Mezzogiorno di fuoco di Fred Zinnemann, che all'amatissimo Sergio Leone), ma

che evolve subito in un geniale e imprevedibile mix tra l’enigma della camera chiusa e conseguente meccanismo a eliminazione dei Dieci piccoli indiani di Agatha Christie, la claustrofobia filosofica di A porte chiuse di Jean Paul Sartre e, per ammissione diretta di Tarantino, il suo primo film Le iene e soprattutto La cosa di John Carpenter. Non a caso la colonna sonora di Morricone comprende anche alcune composizioni create nel 1982 per La cosa ma che poi non sono confluite nella versione definitiva, un po’ per mancanza di

Quanto alla violenza, da sempre elemento essenziale del cinema di Tarantino, il primo riferimento sono i western di Sam Peckinpah come Il mucchio selvaggio, ma dietro i quali emerge qualcosa di più arcaico e ancestrale: la violenza assoluta e primordiale del teatro elisabettiano, da Christopher Marlowe al magnifico Shakespeare, così visibili nella teatralità di un film chiuso in una stanza-teatro e nella cura pittorica e manierista di ogni inquadratura, così espliciti nei lunghi dialoghi esistenziali in cui gli odiosi otto personaggi conversano sul senso della vita e della giustizia, del fato e del destino, prima di precipitare come animali nella spirale di una violenza necessaria e ineluttabile, come nelle più alte tragedie di Shakespeare. E dunque The Hateful Eight è molto più di una storia di cowboys: è un dolente e cinico western nichilista dentro il quale ritrovare tutte le magnifiche ossessioni di Tarantino per la Storia, il Cinema, il Teatro e la Letteratura. In due cinema italiani, il film uscirà anche in versione 70mm, più lunga di 15 minuti e più spettacolare delle copie digitali normali. Uno dei due cinema è il Lumière di Bologna, dove andrò sicuramente per rivedere questo capolavoro, e dove, se potete, consiglio a tutti voi di vederlo. *Albert Bucci (Ravenna, 1968) è direttore artistico del Ravenna Nightmare. È stato docente di Sceneggiagtura e Tecniche della Narrazione alla Iulm di Milano e produttore esecutivo di spot pubblicitari televisivi. Possiede anche una laurea in Fisica Teorica. Il suo vero nome è Alberto, ma in effetti è meglio noto come Albert.La rassegna


CINEMA

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GAMBELLARA (RA)

FAENZA CINEMA DELLA VERITÀ AL MASINI CON “IN VIAGGIO CON RICCARDO

Cinema a km zero: proiezioni in osteria con Marco Muller Cinema Km Zero” è una nuova rassegna a cura di Marco Müller – già direttore del festival di Pesaro, Rotterdam e Locarno, della Mostra del Cinema di Venezia, del Festival del Cinema di Roma e ora programmatore di eventi in Cina e Svizzera – che ha individuato in quattro artisti della scena cinematografica italiana la lungimiranza di uno sguardo “a chilometro zero”. Le opere dei quattro artisti, vincitori di premi e frequentatori di festival internazionali, saranno mostrate nella sala restaurata del Circolo IX Febbraio di Gambellara (Ravenna) in quattro appuntamenti a partire dalla fine di gennaio 2016. Sarà un'occasione per mostrare agli avventori dell'Osteria del Pancotto (all’interno del circolo) e agli appassionati del cinema d'autore, delle opere girate nel territorio di provenienza degli artisti stessi, e ispirate a un rapporto col territorio fortissimo, centrale, genuino. Tutti gli artisti, ad eccezione di Raffaele Andreassi, deceduto nel 2008 e il cui film apre la rassegna il 29 gennaio, saranno presenti in occasione della proiezione delle loro opere e sarà possibile dialogare con loro al termine della proiezione. In particolare il programma a febbraio prevede Alberto Fasulo con Rumore bianco il 5 febbraio e il 6 febbraio Alice Rohrwacher con Le meraviglie. E la presenza dello stesso Muller a dialogare con gli artisti. Proiezione 5 euro. Cena-buffet+proiezione 15 euro. Tessera Endas 7 euro.

TERZO”

Novità per la stagione 2016 del Ridotto del teatro Masini di Faenza con una rassegna interamente dedicata al docufilm, “Il Cinema della Verità”, che sarà sviluppata in sei appuntamenti in cui saranno presentate pluripremiate opere, già ospitate in importanti festival internazionali, realizzate da giovani ma già affermati autori e registi italiani di questo particolare genere cinematografico. Il primo appuntamento prevede la presentazione del documentario In viaggio con RiccardoTerzo, realizzato da Gianni Cannizzo e incentrato sulla messinscena dello spettacolo teatrale Insanamente RiccardoTerzo di Roberta Torre al Piccolo Teatro Studio di Milano avvenuta a novembre 2013. In viaggio con RiccardoTerzo è quindi la narrazione appassionata delle prove e dei retroscena che hanno accompagnato la realizzazione dello spettacolo teatrale fortemente voluto da Roberta Torre e da lei costruito mescolando le esperienze di attori e pazienti psichiatrici. Mercoledì 24 febbraio alle 10 e alle 21. Ingresso gratuito.

Marco Muller sarà al Pancotto di Gambellara, Ravenna, nel primo week end di febbraio

CESENA TORNA ACROSS THE MOVIE: FILM, MUSICA LIVE (DA APPINO A GIACOMO TONI) E ANCHE DJ-SET DOPO LA PROIEZIONE Ritorna per l’ottavo anno la rassegna cinematografica Across the movies, al cinema Eliseo di Cesena. La rassegna è interamente dedicata alla musica e propone, alle 21, documentari storici, biopic ed ogni tipologia di film in cui la musica è protagonista con la particolarità (dalle 19.30) di una introduzione dedicata all’artista protagonista della serata curata da Luigi Bertaccini e musicisti ospiti a reintepretare dal vivo brani degli artisti che appariranno sullo schermo. Novità di questa edizione, l’aftermovie party a La Cantera con dj set a tema, dopo la proiezione. Dopo la prima serata, giovedì 28 gennaio, dedicata a Janis Joplin, si prosegue giovedì 4 febbraio con The Wrecking Crew (regia di Denny Tedesco, con Brian Wilson, Sonny & Cher, Frank Zappa, Usa 2008 – 101 min). Dalle ore 19.30 aperitivo nel foyer del cinema Eliseo con intervento musicale dal vivo di Antonio Gramentieri and Friends e al termine della proiezione Aftermovie party a La Cantera: dj set Marco Turci: “Set the record straight”. L’11 febbraio è in proiezione Kurt Cobain Montage of Heck (regia di Brett Morgen, con Kurt Cobain, Dave Grohl, Courtney Love, Krist Novoselic, Usa 2015 – 135 min), live di Appino, Francesco Motta, Andrea Ruggiero e Aftermovie party con dj set Lappa: “Smell like love buzz”. Il 18 febbraio è la volta di What Happened, Miss Simone? (regia di Liz Garbus, con Nina Simone, Malcolm X, Martin Luther King – Usa 2015 – 101 min) con musica live di Eloisa Atti & Giacomo Toni e aftermovie party con dj set ToffoloMuzik: “The Wild Blue”. Giovedì 25 febbraio viene proiettato Daft Punk Unchained (regia di Hervé Martin-Delpierre, con Thomas Bangalter, Guy-Manuel De Homem-Christo - Francia 2015 – 85min.) con Alessandro Piatto (N.O.I.A.) dal vivo prima e, a seguire, il dj set ToffoloMuzik: “Unhumans” a La Cantera.


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LIBRI

L’INTERVISTA

Eraldo Baldini, venticinque anni da scrittore Ristampato l’ormai introvabile romanzo che consacrò lo scrittore ravennate a livello nazionale, “Bambine” di Matteo Cavezzali

Persone misteriosamente scomparse, efferati serial killer, paura e mistero sono stati gli ingredienti dei primi romanzi del ravennate Eraldo Baldini, che negli anni ’90 è stato tra i più venduti autori di noir in Italia, che ha poi sperimentato varie altre cifre stilistiche e che molti conoscono per la sua attività di antropologo e profondo conoscitore della cultura e della tradizione romagnola. Lo incontriamo nel momento in cui torna in libreria con la riedizione di Bambine, grazie all’editore ravennate Fernandel. Un giallo, appunto. Come mai il pubblico ama così tanto i libri gialli? «Da una parte c’è il bisogno di esorcizzare delle paure, l’esigenza di circoscriverle in una storia che ha un principio e una fine, diversamente dai fatti di cronaca che hanno un inizio e raramente hanno fine. Nella realtà il pericolo rimane, l’ordine non viene ristabilito. Nel giallo la frattura invece viene ricomposta, nel noir non è detto che venga ricomposta, ma viene messo in luce questo cono d’ombra». Appassionano però anche i casi irrisolti… «In quelli c’è una componente auto-salvifica, è il pensare: “fortunatamente non è toccata a me”, cosa che in realtà non è mai scontata… e in aggiunta c’è un pizzico di voyeurismo». È tornato in libreria in questi giorni “Bambine”, il libro che venti anni fa la fece conoscere al grande pubblico e che era da tempo introvabile, peraltro tutto ambientato a Marina di Ravenna. Soddisfatto? «Sono molto legato a quel libro. È stato il mio primo vero romanzo. Prima avevo scritto solo racconti. Ed è stato anche il primo libro che ho pubblicato per una casa editrice nazionale nel vero senso della parola. Allora Theoria era una bella casa editrice che puntava su nuovi giovani autori. Allora forse ero ancora nella categoria giovane… quasi». Cosa ricorda di quegli anni? «C’era un gran entusiasmo. A Theoria ci lavoravano con editor come Severino Cesari che poi passarono a Einaudi aprendo la collana Stile Libero dove hanno portato autori come Carlo Lucarelli e Giampiero Rigosi. Era quel gruppo che allora si frequentava molto attorno a Lucarelli e che creò la rivista Incubatoio 16. Quella prima rivista informatica che uscì in soli tre numeri... Per l’epoca eravamo avanti. Erano i primi anni ’90. Io

non avevo ancora internet a casa… » Quindi non la poteva leggere? «No, andavo a leggerla da Lucarelli». Venti anni dopo com’è cambiata la scena letteraria? «Nascono ancora esperienze editoriali nuove, ma allora si avvertiva un gran fermento, che oggi non sento più. O forse lo avvertivo io perché stavo iniziando… Riuscire a pubblicare per un editore nazionale mi diede il senso e la speranza che quella cosa dello “scrivere” poteva diventare un mestiere». Anche questo libro parte da una storia vera… «Sì, è la storia vera della morte di un mio amico in mare e della sua bambina, che oggi ha 27 anni... Mi sentivo, e mi sento ancora, molto vicino a lei, come se per lei fossi un po’ una figura paterna. La scrittura iniziò in un periodo difficile della mia vita. Avevo divorziato nel ’91, era venuto un tumore a mio padre e poi la perdita del mio caro amico... Una serie di situazioni dolorose che sentivo il bisogno di sfogare raccontando. Ne venne fuori questo libro». I lettori oggi sono diversi da

quelli degli anni ’90, come si aspetta che reagiranno? «È una generazione diversa di lettori. È un vecchio libro, scomparso da anni, ma di fatto è un libro nuovo per chi non l’ha mai letto. La storia non è una storia che invecchia, perché è una storia di solitudine, di una vita che ha perso il filo e su questo smarrimento si innesta un noir. È stato uno dei primi libri sui serial killer scritto in Italia ed è ambientato a Ravenna e nei lidi ravennati». Oggi non scrive più noir, come mai? «Il giallo e il noir allora mi piacevano molto, a un certo punto me ne sono allontanato e non ne ho più scritti. Il mio era un noir antropologico più che basato sul crimine. Adesso non ne leggo più e non mi appassitone nemmeno seguire i casi in tv. Forese ho fatto indigestione, di libri e serie tv, è un continuo… e io mi sono stufato». Per Longo, sempre di recente, ha pubblicato Il richiamo di Ravenna, La città e i suoi dintorni secondo i visitatori stranieri (1800-1960), cosa affascinava i visitatori di questa città? Anche i suoi mistero? «Dall’inizio dell’800 a metà del ‘900 il viaggio non era più il Grand

«Negli anni Novanta c’era un grande entusiasmo, eravamo un gruppo che si frequentava spesso e fondammo una rivista on line. Io non avevo nemmeno ancora internet in casa, per leggerla andavo da Carlo Lucarelli

»

Tour ma gli intellettuali viaggiavano per conoscere. Ravenna non era una meta classica, ma aveva un suo richiamo, soprattutto dopo che era stata scelta da Byron per un lungo e denso soggiorno. Ravenna era considerata “antichissima” ancor più di Roma. Era la città di Dante. Città unica al mondo a mostrare testimonianze di un periodo che aveva lasciato poco dietro di sé: il passaggio dalla romanità al periodo dei “barbari”. Gli stranieri sentivano anche il fascino della natura di questa città orfana del mare, in questo scenario cupo e molto evocativo della pineta e delle paludi. Silenziosa e abbandonata dalla storia».


LIBRI

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RAVENNA

LUGO UN FEBBRAIO TRA POESIA E MUSICA IN CHIUSURA MICHELA MARZANO

Augias, Raimo, Verasani e Scurati a Palazzo Rasponi Nella bellissima cornice di Palazzo Rasponi, in centro a Ravenna, la rassegna di incontri letterari curata dall’associazione Onnivoro e Matteo Cavezzali “Il tempo ritrovato” ha in programma un febbraio con nomi di sicuro interesse. Tutti gli incontri iniziano alle 18.30. Si comincia lunedì 1 febbraio parlando di scuola (ma, c’è da scommettere, non solo) con Christian Raimo, autore del libro per Einaudi Tranquillo prof, la richiamo io, nato dalla sua pagina Facebook dove con ironia e sagacia aveva iniziato a scrivere quasi brevi racconti di un docente (come effettivamente Raimo è) in cerca di conferme da parte degli studenti, incapace di percepirsi nella propria pochezza e che metteva in luce invece la maturità e la saggezza degli studenti. Raimo è intellettuale, collaboratore della rivista Internazionale, editor di Minimum Fax. Mercoledì 3 febbraio sarà invece la volta di Corrado Augias, nome che non ha bisogno di presentazioni e che a Ravenna parlerà del suo libro Le ultime diciotto ore di Gesù Cristo. Mercoledì 17 febbraio sarà invece la volta della raffinata scrittrice bolognese Grazia Verasani e del suo Senza ragione apparente (Feltrinelli). Una nuova indagine di Giorgia Cantini che si muove questa volta nel mondo dell’adolescenza per scoprire le ragioni del suicidio di un diciassettenne. Infine, martedì 23 l’ospite sarà uno scrittore pluripremiato (si è aggiudicato il Campiello ed è stato finalista anche dello Strega) sempre al centro dell’attenzione mediatica e delle pagine culturali dei giornali: Antonio Scurati parlerà del suo romanzo Il tempo migliore della nostra vita (Bompiani).

Nell’ambito della rassegna “Caffè Letterario” di Lugo, venerdì 5 febbraio Emilio Pasquini introdotto da Arnaldo Bruni, all’hotel Ala d’Oro di Lugo, presenta il suo Il viaggio di dante. il 12 febbraio alle 21, al Salone Estense della Rocca di Lugo, Valerio Varesi presente Lo stato di ebbrezza (Milano, Frassinelli, 2015) una parabola umana che è metafora della storia politica dell’Italia degli ultimi quarant’anni. Il 19 febbraio, ma all’Hotel Hotel Ala d'Oro alle 21, inizia una serie di incontri dedicati alla musica con Giovanni Bietti Mozart all’opera (Bari, Laterza, 2015) introdotto da Giovanni Emiliani. Domenica 21 febbraio alle 18, sempre all’Ala d’Oro (ingresso a 15 euro con cena a buffet) “Musica e Poesia I poeti del cuore raccontati attraverso i loro versi e la Musica di grandi compositori. Poulenc, Schuloff e Wisława Szymborska”, con il trio Colarelli, Baldi, Bezziccheri e la voce di Patrizia Randi. Mercoledì 24 faebbraio alle 21 (hotel Ala d’oro) Domenico Randi introduce la giornalista Giuseppina Manin che presenta il suo Nel giardino della musica. Sabato 27 con un tema di grande attualità: Michela Marzano infatti interviene sulla questione delle famiglie omosessuali, delle donne e del “gender” parlando del suo libro Papà, mamma e gender, (Torino, Utet , 2015).

Antonio Scurati

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AGLI ITINERARI LETTERARI DELL’EX LAVATOIO

Michela Murgia sarà anche l’ospite della serata della serie “Scritto e soffritto”, cena con l’autore, da Ghigo a Cesena, sempre a cura di Emiliano Visconti

Nella sala dell’ex Lavatoio di Morciano di Romagna tornano gli “Itinerari letterari” della domenica pomeriggio, sempre alle 16.30, curati da Emiliano Visconti. Si comincia il 7 febbraio con Andrea Bajani e il suo fortunato La vita non è in ordine alfabetico (Einaudi), mentre il 14 sarà la volta di Michela Murgia con il suo romanzo Chirù (Einaudi) che mette al centro una vicenda sentimentale ma con una forte valenza politica: il rapporto maestra/allievo di vita tra una trentottenne e un diciottenne. Il 21 febbraio sarà la volta di Fabio Stassi con il suo volume dedicato ai personaggi letterari che hanno fatto la storia della letteratura e sono diventate vere e proprie icone, se non archetipi della nostra civilità. Infine, il 28 febbraio chiude il ciclo Tiziano Scarpa, già premio Strega, con il suo attesissimo romanzo uscito in libreria a gennaio: “Il brevetto del geco”.

L'Albergo Cappello occupa uno dei più interessanti edifici del Rinascimento a Ravenna, il Palazzo Bracci del 1470

L'osteria offre un ampia selezione di vini locali e nazionali; ogni giorno dalle ore 18 un raffinato aperitivo con vini in degustazione.

Il ristorante propone una cucina del territorio personalizzata dello chef, menu raffinati di stagione con specialità di carne e pesce. In una cornice di grande charme ideale per un matrimonio intimo, per banchetti e cerimonie.

L’albergo dispone di 7 camere, tutte originali, dall'arredo classico e ricercato, con pavimenti in legno e soffitti impreziositi da travi a vista, affreschi d'epoca e lampadari in vetro di Murano.


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A sinistra un’immagine del poetico zombie di Tim Burton nel film La sposa cadavere. A destra un fotogramma del film Io sono leggenda, tratto dall’omonimo romanzo di Richard Matheson

L’INTERVISTA

La filosofia dello zombie per andare oltre l’umano Rocco Ronchi aprirà il 5 febbraio alla biblioteca Saffi un cliclo di incontri dal titolo “Philosophy of Horror” di Gloria Bernabini

trattati come morti viventi da chi invece li dovrebbe ospitare. La metafora zombie spiega infatti la percezione che abbiamo dell’altro: quando l’altro è radicalmente diverso noi lo Prende il via il 5 febbraio alla Biblioteca Saffi di Forlì Philosophy of Horror – pensare spogliamo della sua umanità e individualità, confinandolo in una terra di nessuno dove al di là dell’umano, un ciclo di conversazioni sulla filosofia del postumano, del preuma- non è né vivo né morto. Dal punto di vista psicologico ed etico lo zombie si situa in una no e del non umano organizzato dall’associazione culturale Praxis. Protagonista del dimensione di soglia tra la vita e la morte che oggi il progresso tecnico e scientifico ha reso molto più frequente. La medicina ci perprimo incontro è il filosofo forlivese Rocco mette infatti di prolungare la nostra esistenRonchi, autore di Zombie Outbreak. La filosoza, ma creando molto spesso condizioni di fia dei morti viventi edito dalla casa editrice soglia, nelle quali non si può più stabilire con Textus de l’Aquila. Il ciclo di conferenze, ci racchiarezza se c’è vita o se c’è morte». conta il professor Ronchi, è l’occasione per preLo zombie è dunque una vittima o un sentare i testi di “Filosofia al presente”, collana carnefice? da lui diretta per la piccola e coraggiosa Textus, «Entrambe le cose. Lo zombie è innanzitutil cui filo rosso è proprio la riflessione sul postuto la vittima perfetta, perché nei suoi confronmano, oltre che per offrire un’anticipazione ti non si ha alcun genere di scrupolo morale: della terza edizione della scuola di filosofia nei film e nella letteratura sugli zombie il diritPraxis, organizzata dall’omonima associazione to a distruggerli è un diritto assoluto. Da quedi cui Ronchi è presidente, che si terrà a Forlì sto punto di vista lo zombie è la creatura più dal 28 al 30 luglio e tratterà il tema “Tecnica e maledetta e perduta che ci sia, mentre da un natura”. altro punto di vista si presenta come il carneProfessor Ronchi, che cos’è la filosofia fice perfetto, cioè il carnefice che non ha antidel postumano? Si può dire che perde la doto. Gli zombie sono inarrestabili, rappredimensione antropocentrica che ha semsentano la minaccia assoluta, contro cui non pre dominato la riflessione filosofica? c’è possibilità di difesa, la minaccia al princi«Sì, la filosofia contemporanea è attraversapio stesso del mondo. Gli zombie e l’apocalista da una forte tendenza critica nei confronti se vanno di pari passo». della centralità della figura umana e prova a Tornando all’associazione degli zompensare al di là dell’umano, in consonanza con bie con i migranti, la filosofia ci può aiuun’esigenza più generale, dettata anche daltare a trovare una via verso una convil’attualità, di ripensare la natura al di fuori del venza con quelle che molti percepiscono paradigma antropologico, libera dall’impronL PROGRAMMA appunto come masse anonime e minacta umana». ciose? La riflessione sul post umano è in un UN INCONTRO AL MESE FINO A GIUGNO TRA CYBORG E FANTASMI «La filosofia ci insegna che la ricerca della certo senso condotta anche dalla fantaverità si fa solo attraverso il dialogo e che scienza e dall’horror. Gli appuntamenti della rassegna vedono Giovanni Sironi parlare di “Hunger quindi la presenza dell’altro è indispensabile. «La fantascienza e l’horror forniscono Gambes, un tributo al godimento” venerdì 18 marzo, Franscesco Giusti con Da questo punto di vista la filosofia ci può molto materiale alla riflessione filosofica, per“Cantare la morte” venerdì 1 aprile, sabato 7 maggio invece si parla di “Cyborg e essere d’esempio, se non d’aiuto, poiché ci ché permettono di lavorare su delle situazioni la vita” con Daniele Poccia e si chiude il 3 giugno con Giacomo Foglietta e “I fanmostra che soltanto attraverso il rapporto tra di carattere sperimentale e di condurre quindi tasmi di William James”. Sempre alla biblioteca Aurelio Saffi in Corso della le differenze è possibile la creazione di un vero degli esperimenti del pensiero. Nel ciclo Repubblica 78 alle 17.30. sapere». Philosophy of Horror partiamo dalla metafora Per concludere, quali sono le sue letzombie, passando da quella del cyborg, per ture preferite, nell’ambito della narraticontinuare con riflessioni più tradizionali, va? Frequenta spesso i generi horror e fantascientifico? come le dimensioni parapsicologiche e spettrali dell’esperienza». «A dire il vero la mia conoscenza di questo universo è mediata dal cinema, anche perCi parli dunque della figura dello zombie: perché la filosofia sente il bisogno ché il mondo zombie è soprattutto cinematografico. A differenza di altre figure, come di esplorare questo argomento? «I morti viventi sono diventati protagonisti dell’immaginario contemporaneo, una quella del vampiro, nato in ambito letterario, lo zombie nasce immediatamente al cinepresenza pervasiva non soltanto nel cinema, ma anche nel fumetto, nella televisione e ma, quindi il suo luogo deputato è l’immagine. Nel corso del primo incontro proveremo nei videogiochi, e durante il primo incontro cercheremo di capirne il motivo. Perché i a discutere proprio della consustanzialità tra lo zombie e l’immagine, di questa strana morti viventi sono entrati così prepotentemente nel nostro immaginario, a quale esigen- omogeneità e complementarietà che rende il morto vivente un perfetto eroe cinematoza corrispondono? Le spiegazioni sono tante: dal punto di vista sociologico e antropolo- grafico, e oggi anche televisivo. Per quanto riguarda la narrativa in generale, invece, gico è facile vedere nella figura dello zombie una metafora dei larghi strati di popolazio- devo dire che tendo a leggere poca narrativa contemporanea. Se ho in mano della ne che attraversano i confini alla ricerca di condizioni di vita migliori e che spesso sono narrativa è quasi soltanto classica»

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IL BANDO

IL SAGGIO

RaFestival in cerca di idee Vanoli e il sentimento per raccontare Dante del Mediterraneo

Al fine di celebrare e valorizzare in maniera unica e innovativa il profondo legame tra Dante Alighieri e la città che fu il suo “ultimo rifugio”, Ravenna Festival e il Comune di Ravenna (in collaborazione con la sede ravennate dell’Università di Bologna, l’Istituzione Biblioteca Classense, la Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, Dante 2021 e il Centro Dantesco Francescano) promuovono un bando internazionale dal nome “Giovani artisti per Dante”, volto a selezionare delle proposte artistiche che valorizzino la figura dell’esule poeta, l’identità di Ravenna come “città dantesca” e la restituzione performativa dell’opera dell’Alighieri. Gli spettacoli prescelti dovranno durare dai 30 ai 40 minuti e saranno prodotti da Ravenna Festival, che li inserirà nel programma ufficiale dell’edizione 2016, andando a creare una sorta di rassegna nella rassegna: le esibizioni avranno luogo dal 13 maggio al 12 luglio, alle ore 11, presso gli Antichi Chiostri Francescani situati nella cosiddetta “zona del silenzio”. Al bando possono partecipare artisti, gruppi, associazioni di performer e cultori di Dante la cui maggioranza dei componenti sia di età inferiore ai 30 anni. Le domande devono essere presentate in forma digitale all’indirizzo direzione@ravennafestival.org entro e non oltre le 12 del 28 febbraio. Per maggiori informazioni visitare il sito www.ravennafestival.org.

L’INIZIATIVA

Una città di amore e passione Visita guidata e letteraria a Ravenna per San Valentino

La tomba di Dante, una delle tappe della visita “amorosa”

Un’occasione quanto mai romantica per scoprire il lato più “passionale” dell’antica città dei mosaici. Nel giorno di San Valentino, infatti, a Ravenna è possibile partecipare a una visita guidata del centro città tutta incentrata su questo tema. L’ideatrice è la guida Manuela Farneti che ci ha anticipato quale sarà il percorso, con una fortissima impronta letteraria. La partenza è alle 15 dallo Iat di Palazzo Rasponi delle Teste in piazza Kennedy, ora chiusa per lavori e a cui si accede da via Luca Lunghi. Da lì si prende la direzione di Piazza del Popolo per introdurre il quadro storico della Signoria dei Polentani a cui apparteneva quella Francesca da Rimini immortalata da Dante nell’inferno nell’abbraccio con l’amante. E di lei la guida parlerà soprattutto durante la sosta alla Tomba di Dante per approfondire anche come la sua figura sia cambiata nei secoli, da peccatrice lussuriosa a simbolo di libertà per i patrioti risorgimentali. E qui verrà accennato anche all'amore non corrisposto del nobile ravennate Nastagio degli Onesti per una fanciulla, vicenda descritta da Boccaccio in una delle novelle del Decamerone e ambientata nella pineta ravennate. In piazza San Francesco, davanti alla targa che ricorda il soggiorno di Lord Byron, ci racconta Farneti, «parlerò della passione che lo legò a Teresa Guiccioli e del suo soggiorno di due anni a Ravenna». La passeggiata terminerà in piazza Garibaldi davanti al monumento dell’Eroe e al bassorilievo che lo ritrae insieme ad Anita, donna dalla passione e dal coraggio leggendario che gli fu accanto per circa dieci anni fino alla morte, il 4 agosto 1849 a Mandriole. Info: Ravenna Incoming c/o Iat Ravenna, Palazzo Rasponi dalle Teste. Tel. 0544 482838 - 35404; email: visiteguidate @ravennaincoming.it.

Un viaggio sentimentale promette di essere fin dal sottotitolo, e un viaggio sentimentale è ciò che effettivamente è questo libro di Alessandro Vanoli (Quando guidavano le stelle) uscito per Il Mulino. Una navigazione, anzi quattro navigazioni, che portano il lettore a scoprire con l’autore il Mediterraneo in un sovrapporsi di epoche e geografie. Docente universitario, Vanoli, già autore di altri volumi come Andare per l’Italia araba, qui sfodera una penna da vero narratore e divulgatore tanto da usare anche i grandi eventi storici come fondali per dar la parola a personaggi, che siano personaggi reali o inventati poco importa, che diventano di volta in volta altrettanti “virgili” per il lettore, ovverosia guide per capire appunto il sentimento di un luogo in un dato momento storico. E così si partedall'Egeo dal Pireo con Platone e l’Egeo al tempo di Ulisse per approdare all’Alessandria di Tolomeo e poi a Cartagine, negli ultimi suoi giorni da capitale, prima di approdare a Ostia. E poi, ancora, da Betlemme per attraccare nella Costantinopoli erede di Roma e alle Colonne d’Ercole, mentre le nuove religioni monoteiste conquistano le terre che si affacciano sul mare e si arriva fino all'Andalusia di Cid El Campeador e alla Genova delle Repubbliche marinare. A Venezia si approda nel 1495 e ad Ancona ci fermeremo ad ascoltare i presunti racconti di un mercante bolognese in attesa di imbarcarci per Cipro. Palermo, Napoli, i bastimenti da Genova diretti negli Stati Uniti sono le tappe del declino del Mediterraneo, durante la quarta navigazione che si chiude ai giorni nostri, a Ravenna. In questo solcare mari ed epoche scopriamo colori, odori, sapori, parole, sogni, aspettative, scontri filtrati attaverso secoli di storia. Ad accompagnarci è un narratore che è anche uno studioso e che non lesina i ricordi personali e reclama un suo spazio, rifiutandosi di scomparire dietro le storie che racconta. Questa sua presenza funge anche da ponte per il continuo spostamento tra ciò che fu e ciò che è e rende quasi tangibile come sia oggi impossibile scindere i nodi che legano al passato questo mare di cui ora spesso parliamo soprattutto per raccontare di fughe, profughi, morti, naviganti della disperazione. Di questo mare che oggi tanti vogliono trasformare in una barriera lì a dividere Oriente da Occidente, più ancora che il Sud dal Nord. Eppure c’è un faro che Vanoli offre per rileggere la storia e soprattutto affrontare l’oggi: Oriente e Occidente non sono due entità delineate e separate, anzi di più, in questo mare Oriente e Occidente non esistono. Ma forse abbiamo perso consapevolezza di ciò, così come di ciò che questo mare ha dato e può dare. O questo sembra dire l’approdo finale nell’unica città della costa romagnola che viene toccata, quella Ravenna contemporanea che ha ormai però girato le spalle al mare pur custodendo i tesori venuti dall’aldilà dell’Adriatico e oltre. Un finale amaro per un libro capace di stimolare riflessioni su questioni come identità, cultura, appartenenza e allo stesso tempo di regalare il piacere di una fuga dal qui e ora (almeno per le prime tre navigazioni) senza concessioni al nostalgico o al retorico ma senza rinunciare, appunto, al sentimento. Alessandro Vanoli sarà a Casa Melandri, in via ponte Marino, a Ravenna, il 5 febbraio alle 18. (fe. an.)

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FORLÌ

INFO UTILI ORARI E NUMERI

La fortuna di Piero della Francesca Opere di cinque secoli a confronto per indagare un «mito» ai Musei San Domenico Inaugura il 13 febbraio l’attesissima mostra “Piero della Francesca, indagine su un mito” ai Musei San Domenico di Forlì, che resterà aperta fino al 26 giugno. La mostra, che non mancherà di richiamare migliaia di visitatori, nasce per raccontare il rispecchiamento tra critica e arte, tra ricerca storiografica e produzione artistica nell’arco di più di cinque secoli rispetto a un artista la cui fortuna ha attraversato varie fasi. «Alcuni dipinti di Piero, scelti per tracciare i termini della sua riscoperta, costituiscono il cuore dell'esposizione. Accanto ad essi figurano in mostra opere dei più grandi artisti del Rinascimento che consentono di definirne la formazione e poi il ruolo sulla pittura successiva», si legge nella presentazione. Per illustrare la cultura pittorica fiorentina negli anni trenta e quaranta del Quattrocento, che vedono il pittore di Sansepolcro muovere i primi passi in campo artistico, saranno presenti opere di Domenico Veneziano, Beato Angelico, Paolo Uccello e Andrea del Castagno, esponenti di punta della pittura post-masaccesca. Ma la mostra vuol dar conto anche dei primi riflessi della pittura fiamminga, da cogliere negli affreschi del portoghese Giovanni di Consalvo. Gli spostamenti dell'artista tra Modena, Bologna, Rimini, Ferrara e Ancona determinano l’affermarsi di una cultura pierfrancescana nelle opere di artisti emiliani come Marco Zoppo, Francesco del Cossa, Cristoforo da Lendinara, Bartolomeo Bonascia. Importanti sono i suoi influssi nelle Marche su Giovanni Angelo d'Antonio da Camerino e Nicola di Maestro Antonio; in Toscana, con Bartolomeo della Gatta e Luca Signorelli; e a Roma, con Melozzo da Forlì e Antoniazzo Romano. Ma l'importanza del ruolo di Piero è stata colta anche a Venezia, dove Giovanni Bellini e Antonello da Messina mostrano di essere venuti a conoscenza del suo mondo espressivo. La mostra dà conto della nascita moderna del suo "mito" anche attraverso gli scritti dei suoi principali interpreti: da Bernard Berenson a Rober to Longhi. La riscoperta ottocentesca di Piero della Francesca è affidata ai disegni di Johann Anton Ramboux alle copie del ciclo di Arezzo eseguite da Charles Loyeux, fino alla riscoperta inglese del primo Novecento, legata in particolare a Roger Fry, Duncan Grant e al Gruppo di Bloomsbury, di cui fece parte anche la scrittrice Virginia Woolf. «Il fascino degli affreschi di Arezzo sembra avvertirsi nella nuova solidità geometrica e nel ritmo spaziale di Edgar Degas - dicono ancora i curatori. Un simile percorso di assimilazione lo si ritrova in pittori sperimentali e d’avanguardia come i Macchiaioli. Echi pierfrancescani risuonano in Seurat e Signac, nei percorsi del postimpressionismo, tra gli ultimi bagliori puristi di Puvis de Chavannes, le sperimentazioni metafisiche di Odilon Redon e, soprattutto, le vedute geometriche di Cézanne». La sua opera è tenuta come modello da pittori che ne apprezzano di volta in volta l'astratto rigore formale e la norma geometrica. La fortuna novecentesca dell’artista è raccontata confrontando, tra gli altri, gli italiani Guidi, Carrà, Donghi, De Chirico, Casorati, Morandi, Funi, Campigli, Ferrazzi, Sironi con fondamentali artisti stranieri come Balthus e Hopper che hanno consegnato l’eredità di Piero alla piena e universale modernità. La mostra è a cura di Antonio Paolucci, Daniele Benati, Frank Dabell, Fernando Mazzocca e Paola Refice.

INFO UTILI ORARI E NUMERI Info e prenotazioni: Orari fino al 31 marzo: martedì - venerdì 9-18, sabato e domenica 9-19. Chiuso il lunedì. La biglietteria chiude un’ora prima. aperture festive 9-19 Pasqua, Lunedì dell’Angelo, 25 aprile, 1° maggio, 2 giugno. Sede: Mar, via di Roma, 13 Ravenna. Tel. 0544 482477/482356

Renato Guttuso,” La stiratrice e ragazzo di Caravaggio”, 1974, olio su tela, Varese, Fondazione Francesco Pellin

Info e prenotazioni: 199.15.11.34 dal lunedì al venerdì 9-18; sabato 9-12, chiuso nei festivi. Orari di visita: da martedì a venerdì: 9.30-19; sabato, domenica, giorni festivi: 9.30-20. Lunedì chiuso (28 marzo e 25 aprile apertura straordinaria). La biglietteria chiude un’ora prima La visita è regolamentata da un sistema di fasce orarie. La prenotazione è obbligatoria per gruppi e scuole ed è consigliata per i singoli. Sede: Musei San Domenico, Piazza Guido da Montefeltro, 12, Forlì.

Piero della Francesca, “Madonna della Misericordia”, 1445-1462, olio su tavola. Museo Civico, Sansepolcro

RAVENNA

Il Novecento e il fascino dell’antico (anche nelle avanguardie) Inaugurazione il 20 febbraio per la mostra antologica al Mar con opere di Picasso, Duchamp, De Chirico Vernice invece il 20 febbraio al Mar di Ravenna per la grande mostra allestita dal museo nel 2016 e curata da Claudio Spadoni: La seduzione dell’antico - Da Picasso a Duchamp, da De Chirico a Pistoletto (fino al 26 giugno). La mostra esamina quanto insopprimibile sia stato il richiamo dell'antico lungo tutto il Novecento. Il secolo che all'insegna del “nuovo” ha visto le avanguardie dei primi decenni e quindi le neoavanguardie del secondo dopoguerra, protagoniste della scena artistica internazionale, e alle quali anche la critica, musei, fondazioni e un mercato sempre più determinante, hanno rivolto le maggiori attenzioni. Questa mostra, ripercorrendo la storia del secolo scorso con uno sguardo diverso, mira a documentare artisti e vicende che testimoniano l'attenzione all' “antico” non solo degli artisti che non sono stati partecipi delle ricerche e delle trasgressioni delle avanguardie, ma anche di molti che senza rinnegare la loro appartenenza a movimenti, gruppi, tendenze innovative, hanno attinto, in modi diversi, alla memoria storica. In mostra dunque si trovano opere che vanno da De Chirico, Morandi, Carrà, Martini, Casorati, al periodo cruciale del “ritorno all'ordine” fra le due guerre, col Novecento di Margherita Sarfatti e Sironi figura dominante, fino al cosiddetto Realismo magico, ma anche alle versioni diversissime del 'neobarocco', da Scipione a Fontana a Leoncillo; figure come Guttuso e Clerici, quindi la stagione della Pop Art, con Schifano, Festa, Angeli, Ceroli, e quindi, nel pieno dell'Arte Povera, Paolini e Pistoletto. E ancora, da Salvo ad Ontani, da Mariani a Paladino. Con una presenza rilevante di stranieri quali Duchamp, Man Ray, Picasso, Klein, per citare solo pochi nomi.


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SANTARCANGELO DI ROMAGNA

FORLÌ SABBAGH

Dalla trincea al crepuscolo I nuovi eventi di Cristallino al Musas Continuano gli eventi della ricca programmazione di Cristallino, curato dall’Associazione Calligraphie, al Musas di Santarcangelo di Romagna. Dopo l’indagine su La Fondazione di Raffaello Baldini attraverso una serie di opere site specific di dieci artisti differenti e due visite eccentriche, ora la riflessione si sposta su «una ricognizione della condizione umana, passando attraverso le esperienze traumatiche dei conflitti dell'ultimo secolo e la progressiva reificazione sociale e culturale che ha contraddistinto la modernità»: è la morale quindi a essere raccontata. Ad accompagnare il pubblico sono due artisti, Claudio Ballestracci e Erich Turroni, che – il primo il 23 gennaio scorso, il secondo il 7 febbraio con vernice alle 18 – costruiscono due interventi destinati ad essere “abitati” da questi pensieri, ad aprirsi a relazioni di prossimità con i visitatori, con i loro sguardi. Ballestracci in Godo nel sentire che state tutti bene - progetto per il “Memoriale del contemporeaneo”, crea un’installazione ispirata al centenario della prima guerra mondiale, raccogliendo in una serie di teche lettere e cartoline scritte dai soldati semplici al fronte, raccolte nel libro Verificato per censura di Giuseppe Bellosi e Marcello Savini, di cui sono esposte le versioni originali, concesse dalla Biblioteca Malatestiana di Cesena. I testi sono accompagnati da alcune registrazioni audio, ambientate con i rumori e suoni tipici di una trincea, e da qualche oggetto di uso quotidiano sul fronte, tratto dalla collezione di Bruno Zama e Angelo Nataloni. I file audio di tutte le vetrine sono diffusi contemporaneamente in modo da percepire una specie di coro intimo e confuso, così come spesso ci è dato coglierlo nei forzati assembramenti umani. In occasione della vernice Dany Greggio e Atto Andrea Alessi si sono

In mostra opere

di Claudio Ballestracci e di Erich Turroni relazionati con l’opera attraverso un’azione performativa. Erich Turroni mette in scena con Carsico uno spazio con opere a parete e alcune installazioni, dove prende corpo una sorta di elegia dell’umano, raccolta sotto il segno di una

Scopri la casa del mese su

condizione postuma, di un crepuscolo. Una condizione che si profila come qualcosa di rassegnato in una distanza incommensurabile, chiuso nella perfetta dolorosità di un commiato. Durante la vernice sarà presentato il catalogo monografico sulle ultime opere di Erich Turroni, con testi di Gian Ruggero Manzoni. Ritorna, quindi di nuovo, sotto il segno della sperimentazione del pensiero la riflessione “cristallina” sulla contemporaneità, sulle sue fratture, sulle sue illuminazioni, attraverso una prassi estetica multidisciplinare che rappresenta un’azione costruttiva, e possibile, sul mondo. Sabina Ghinassi

E ALTINI DOPPIA PERSONALE TRA FOTOGRAFIA E SCULTURA

La galleria Marcolini ospita, con vernice il 6 febbraio alle 18, la doppia personale Dpi – Darkness per Inch. Denominatori comuni della mostra sono il corpo e il colore nero indagati da due artisti, il fotografo Mustafa Sabbagh e la scultrice Milena Altini, che hanno spesso intrecciato una dialettica tra le loro produzioni. In questi spazi Sabbagh porta una serie di fotografie di Madonne con Bambino e Pietà contemporanee, deliberata citazione dall’iconografia classica. Sabbagh, italo palestinese e giordano di nascita, è stato definito è tra gli 8 fotografi più importanti del panorama nazionale contemporaneo e alterna la collaborazione con magazines come The Face e Vogue alla carriera di artista (The Grass Grows ad Art Basel 2014, NIRVANA, Musée de design et d'arts appliqués contemporains , Lausanne). Altini, faentina di origine e con un carnet di importante esposizioni alle spalle, presenta Waiting Souls, un gruppo scultoreo nel quale prende corpo un’indagine plastica focalizzata sulla pelle e sugli involucri, affascinante e di grande impatto emotivo. (sa. ghi.) Galleria Marcolini: via francesco marcolini 25/A - 47121 Forlì, Orari: mercoledì e giovedì, dalle 16.30 alle 19.30; venerdì e sabato, dalle 10 alle 13 e dalle 16.30 alle 19.30; visitabile anche su appuntamento. Info: +39 388 3711896 - nfo@galleriamarcolini.it

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Anteprima 11 febbraio - Albergo Cappello Ravenna


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CESENA Nowhere Landscapes, una nuova geografia dello sguardo a cinque Prosegue fino al 7 febbraio, alla Galleria Comunale d’Arte Palazzo del ridotto la mostra Nowhere Landscapes - Per una nuova geografia dello sguardo, curata da Sabina Ghinassi dell’Associazione Culturale di Volontariato RavennArte e che fino al 31 gennaio ha coinvolto anche la Biblioteca Malatestiana con esposizioni e incontri. La mostra è un attraversamento del paesaggio tramite lo sguardo e l’opera di cinque artisti differenti come generazione, scelta espressiva e radice culturale: Mauro Pipani, Giorgia Severi, Angela Corelli, Gloria Salvatori, Gerardo Lamattina. «La mostra – spiega la curatrice – si lega al disagio sociale del non riconoscersi nella propria pelle che caratterizza il nostro tempo, dove al bisogno di appartenenza si mescola contemporaneamente il bisogno di essere altrove o semplicemente altro da sé. La ricerca poetica degli artisti punta un modo nuovo di essere oltre a quello del luogo in cui è dato vivere per aprirsi a un sentire più autentico in grado di viaggiare dentro di sé, nonostante i limiti o cercando di superarli. È un invito a superare gli schemi quotidiani per riconoscere i frattali della realtà e intuire l’infinito possibile a partire dal semplice, una ricerca quasi terapeutica in grado di intuire lo spazio laddove sembra non esistere più, accettandone la fatica e trasformandola in qualcosa di nuovo, di altro, a cui appartenere empaticamente». I linguaggi degli artisti in mostra sono differenti. Angela Corelli, costruisce paesaggi interni che diventano il cahier de vie del suo sguardo e delle sue esperienze dentro il mondo. Gerardo Lamattina è un videomaker e artista che lavora sul tema del paesaggio con lo sguardo e la disposizione del Flaneur. Mauro Pipani produce opere nelle quali il paesaggio ritorna come scrittura interiore e fortemente emozionale, lavorando per sedimentazioni di parole, pensieri, materie. Giorgia Severi agisce sul territorio liminale tra land art e l’intervento concettuale. Infine Gloria Salvatori lavora con disegni e fotografia a una narrazione intima dove il paesaggio si fa incontro emozionante. In particolare il Ridotto con i suoi ampi spazi, ospita la seconda sezione, quella dedicata a progetti site specific e alle installazioni. La mostra è accompagnata da un catalogo edito in collaborazione con le Edizioni Calligraphie presentato il 31 gennaio nell’Aula Magna della Biblioteca Malatestiana.

Gerardo Lamattina, “Installazione audiovideo”, 2015-2016 Formato HD 720P

FAENZA

I giusti dell’Emilia-Romagna al Mic Il primo riconosciuto in Italia è il romagnolo Ezio Giorgetti di Bellaria Fino al 28 febbraio al Mic, Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, è visitabile la mostra storicodocumentaria organizzata grazie alla collaborazione del Museo Ebraico di Bologna che ha reso disponibili 17 pannelli, che raccontano le storie di 54 "Giusti tra le Nazioni" che hanno operato nel territorio dell’EmiliaRomagna. Con l’attivazione del Giorno della Memoria si sono sempre ricordate direttamente più le vittime della Shoah che non le numerose persone e organizzazioni che si sono prodigate, in Europa e in Italia, per la salvezza degli ebrei. In tutti questi cinquant’anni sono stati riconosciuti "Giusti tra le nazioni" 20.000 persone di cui 400 italiani e tra questi 54 in Emilia-Romagna. I Giusti dell’Emilia-Romagna sono stati in gran parte persone semplici, umili, spesso contadini o gente di montagna. Alcuni erano impiegati o artigiani (Guido Morganti era un sarto), o commercianti (i coniugi Muratori); si annovera tra questi anche un Maresciallo dei Carabinieri (Osman Carugno), un magistrato (Pellegrino Riccardi pretore a Fornovo di Taro), una infermiera crocerossina (Luisa Minardi). Il primo Giusto riconosciuto in Italia è stato, nel 1964, il romagnolo Ezio Giorgetti di Bellaria.

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ARTE

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27 RAVENNA SCATTI

DI IMPERMANENZE PER FERMARE L’EFFIMERO

Fino al 10 febbraio alla galleria Lilith di via di Roma a Ravenna è visitabile la collettiva di fotografia “Impermanenze”. Ogni artista è stato invitato a proporre una sua visione del tema e a raccontare attraverso un'immagine e un testo un particolare riferimento al carattere impermanente del nostro mondo e del nostro tempo. Info: lilithstudiogallery@gmail.com www.lilithstudiogallery.com.

La foto in mostra di Adriano Zanni

RIMINI

L’anarchia comunitaria di quegli young dogs Portrait of the artist as a young dog, fra Bologna e la Romagna 1985/1995. È questo il titolo della mostra che inaugura il 6 febbraio alle 18 a Rimini, alla F.a.r. (fino al 29 febbraio) curata da Gino Gianuizzi e Danilo Montanari. «Ci sono periodi storici, luoghi e artisti che a volte concorrono a determinare una felice congiunzione. Tale è per noi quanto accadde tra Bologna e la Romagna tra la fine degli anni ’80 e i primi ’90 del novecento – dicono i curatori –. Artisti che trovarono un linguaggio comune e un atteggiamento di curiosità, voglia di sperimentare, a volte di giocare con l’arte. Una sorta di laboratorio diffuso che vide in Roberto Daolio in particolare, ma non solo lui, un attento osservatore, un fiancheggiatore e complice, e mai il critico ufficiale. Una specie di anarchia comunitaria di monelli dell’arte (young dog ha tra l’altro questa accezione). Artisti che di lì a poco avrebbero intrapreso percorsi diversi, alcuni verso la fama internazionale, altri più rinchiusi nella loro ricerca, altri ancora dispersi in diversi campi della vita. Il percorso si muove tra Bologna, con la galleria Neon di Gino Gianuizzi, Ravenna con le Edizioni Essegi e la 420WB di Danilo Montanari, Palazzo del Diavolo a Forlì, poi Rimini, Imola, Castel San Pietro con il lavoro di Mauro Manara…». La mostra allestita negli spazi della Far di Rimini - accompagnata da un libro di testimonianze dell’epoca – intende indagare gli esordi di un gruppo di giovani artisti, sottolinearne alcuni aspetti comuni e evidenziare per ognuno di loro le peculiarità che già lasciavano intravedere quali sarebbero stati gli sviluppi della loro ricerca artistica. In occasione della mostra verrà pubblicato un volume con testi dei curatori e alcuni scritti di Roberto Daolio. Artisti: Sergia Avveduti, Gianfranco Beghi, Francesco Bernardi, Bertozzi & Casoni, Raniero Bittante, Maurizio Cattelan, Gianluca Codeghini, Cuoghi Corsello, Emilio Fantin, Patrizia Giambi, Giardini Pensili (Roberto Paci Dalò, Isabella Bordoni), Mala. Arti Visive, Eva Marisaldi, Maurizio Mercuri, Giancarlo Norese, Alessandro Pessoli, Antonella Piroli, Leonardo Pivi, Marco Samoré, Tommaso Tozzi, Maurizio Vetrugno, Cesare Viel, Luca Vitone, Alberto Zanazzo.

Sopra: Maurizio Cattelan Stadium, 1991 opera costituita da un calcetto che ospita undici giocatori per parte, utilizzato nella performance che Cattelan fece nel 1991 alla Galleria Comunale d'Arte Moderna di Bologna, dove il team A.C. Forniture Sud, costituito da 11 immigrati nordafricani sponsorizzati dalla scritta RAUSS sfidavano un gruppo di Italiani bianchi. Raniero Bittante La rivoluzione dei corpi singolari, 1990/93 Sculture in lattice gonfie d’aria, persone, gomma, resina, pigmenti, nylon, lunghezza totale 13 metri. Installazione sulla disgregazione delle ideologie che una volta costituivano un orizzonte politico, i visitatori venivano legati alle sculture e alle strutture in resina mediante cinghie di nylon. Viafarini, Milano 1993


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JUNIOR

CESENA

IL PROGRAMMA LE DOMENICHE CON MERENDA

Aidoru: la nuova vita della Rocca 90mila presenze annue per una programmazione pensata anche per famiglie di Elettra Stamboulis

Cosa succede se una pedagogistapaesaggista, Roberta Magnani, e un musicista compositore polistrumentista, Dario Giovannini, si mettono in testa di ridare vita a una Rocca storica? Accade alla Malatestiana di Cesena, dove dal 2012 l'associazione Aidoru gestisce questo spazio: il risultato è che dalle 22mila presenza annue sono passati a 90.000. Come sia successo l'abbiamo chiesto proprio a Roberta. Come siete arrivati in tre anni di gestione a moltiplicare le presenze come i pani e i pesci? «Diciamo che è stato un po' il cuore del nostro progetto. Volevamo utilizzare il luogo per moltiplicare l'offerta. Prima c'era un'associazione che sostanzialmente gestiva le visite guidate. Che c'erano, ma ovviamente erano indirizzate a chi già era interessato all'aspetto storico artistico della Rocca. Noi abbiamo ampliato lo spettro, presentando un progetto al Comune indirizzato ai turisti, ai giovani, alle famiglie, alle scuole. Questo spazio, che è composto da un parco di quattro ettari e dalla storica Rocca, è diventato così uno spazio in cui si può ancora fare la visita diciamo ordinaria, ma a questa si aggiunge la visita Lumen Malatesta che è un percorso performativo e narrativo a lume di lanterna con degustazione, particolarmente indicato per le famiglie. Sempre per un pubblico di più giovani ci sono poi i laboratori dal grano alla piadina o Cappuccetto Rosso o l'attraversare il

bosco dei segreti. Si tratta di un percorso performativo attraverso gli spazi, inseguendo la fiaba... L'idea è di fare un’esperienza, non solo vedere ed ascoltare. La strategia sta funzionando: ogni domenica i 40 o 50 posti a seconda della proposta sono sempre esauriti. Ed è successo tutto quasi naturalmente». E per quelli che più piccini non sono? - Lo spazio è pensato ovviamente anche per gli adulti, è un luogo di spettacolo a 360°. C'è il punto ristoro, c'è la musica, c'è il teatro oppure le iniziative artistiche per raccolta fondi come quella dell'11 febbraio per sostenere il centro culturale Meque che opera in Colombia. Oppure ancora il Salotto del custode, un luogo e una programmazione per ascolti e aperitivi fuori dal comune, in uno spazio accogliente...D'estate il wellness nel parco e la musica nella corte. Questa vostra programmazione ha previsto anche un aumento di organico? È stata quindi anche un'operazione che ha creato nuove professionalità? «Assolutamente sì. Dalle 4/5 persone iniziali siamo passati a 15 persone che, tra l'altro, a parte specifiche professionalità come il barista, sono multitasking. Fanno i grafici, gli attori, ma anche l'amministrazione. Sono tutte sotto i 30 anni». Avete avuto un modello in testa quando avete presentato il proget-

to all'amministrazione cesenate? «Sono state due le fonti di ispirazione. Una la Germania. Viaggiando in quel paese ci siamo appassionati di questi luoghi che sanno avere un'accoglienza versatile, dove chiunque si sente a casa. È a proprio agio chi arriva con il cane, è a proprio agio chi ha il bambino, il turista riservato e colto...ci sono quindi meccanismi e dispositivi di accoglienza pensati per tutti. Dai bagni pensati ad accogliere chiunque (e qui mi scappa la

ma anche leggere i libri che sono a disposizione in consultazione libera. E nessuno se li porta via, perché capisce che fa parte della nostra azione di ospitalità, e quindi perché rovinarla? L'altra era proprio questa nostra volontà specifica di fare un luogo disponibile a chiunque perché non difficile, non ostico, non per pochi. E i numeri ci confermano che non abbiamo sbagliato». Tra poco la convenzione scadrà, cosa ne pensa il Comune del vostro

Tre gli appuntamenti domenicali per le famiglie a febbraio alla Rocca di Cesena: il 14 dalle 16.30 alle 18, ci sarà Roberto Fabbri in “… Così come sei!”. Un bancone pieno di attrezzi, un grande portone in una stanza da falegname: è la casa di Eli, lo scultore del legno, che produce continuamente nuove marionette che vanno a popolare il mondo. Il 21 febbraio sarà invece la volta di Lumen Malatesta, Percorso a Lume di Lanterna, un’esperienza narrativa ed esplorativa con lanterne alla scoperta della Fortezza Malatestiana con Cristina Lentini e Lorenzo Bigiarini, oggetti di scena Michele Montalti. Il 28 febbraio, infine, dalle 16.30, “Cappuccetto rosso o l’attraversare il bosco dei segreti", nuova versione per interni. Esperienza interattiva itinerante (fra gioco e racconto) nel Museo di Storia dell’Agricoltura e nel Parco della Rimembranza o Camminamenti interni. Prenotazioni allo 0547 22409 tramite sms al 347 7748822.

Un’immagine dal Cappuccetto Rosso all’interno della Rocca, una performance site specific ora anche in versione invernale

risata, che la questione sembra secondaria invece ormai in Italia sembra centrale: Roberta coglie il mio sorriso e dice Eh, sì, hai capito, no?). C'è un'illuminazione che ti permette di essere rilassato,

operato? «Per il momento sono molto soddisfatti, certo ancora la convenzione non è stata rinnovata, ma il nuovo assessore sembra molto interessato

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alle nostre attività». Che cosa ti piacerebbe ci fosse che ancora non c'è, quali pezzi di progetto ancora vi mancano per essere diciamo completi? «Ecco, un buon progetto paesaggistico per il Parco della Rimembranza. L'area verde dell'accoglienza è ancora carente e potrebbe creare uno scenario veramente magico. Capisco che può essere impegnativo, ma quando ci penso...» Devo dire che non stento a crederle, essendo anche una paesaggista ed avendo come Aidoru una particolare propensione all'azione nel paesaggio, viene da pensare che con questa ulteriore tessera potrebbe essere una Romagna diversa, meno divertimentificio senza contenuti, più divertimento con il cervello e la bellezza. Il programma di febbraio e tutte le informazioni sul sito www.roccamalatestianadicesena.it.


GUSTO LA RASSEGNA

Proseguono a Bertinoro i “Pomeriggi del Bicchiere”, nelle domeniche di febbraio, tra musica, arte e poesia, cultura ed enogastronomia. Gli incontri hanno inizio alle 15.30 e terminano con degustazioni. All’ex seminario di Bertinoro l’appuntamento (accompagnato sempre anche da musica dal vivo) è per domenica 7 febbraio con Graziano Pozzetto che presenta il suo libero “Frutti dimenticati. Frutti indimenticabili – Tradizione, biodiversità e cucina” (edizione Il Ponte Vecchio); domenica 14 con Gian Ruggero Manzoni con “Briganti, saracca & archibugio” (edizione Il Ponte Vecchio); domenica 21 con Roberto Mercadini (nella foto) con il suo “Rapsodie Romagnole”. Domenica 28, invece, il ciclo si conclude a Fratta Terme, al Grand Hotel Terme della Fratta, con il celebre scrittore ravennate Eraldo Baldini che perlerà del suo libro “I riti del nascere in Romagna”. Seguirà “Swing and Blues”, gruppo di fiati e ritmica diretto da Alessandro Fariselli.

L’ATTRAZIONE

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LA FESTA

I pomeriggi del bicchiere a Bertinoro con Pozzetto, Baldini e musica live

FIERE/1

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A Bellaria punti ristoro e molto altro per Apollonia Sabato 6, domenica 7 e martedì 9 febbraio torna a Bellaria Igea Marina la Fiera di Sant’Apollonia in onore della patrona con eventi, musica, mercatino, luna park e naturalmente gastronomia. Il centro della città si anima con anche punti gastronomici per un evento che si ripeterà in via eccezionale anche nel weekend di San Valentino.

FIERE/2 DELLA BIRRA , A

RIMINI

Da sabato 20 a martedì 23 febbraio si terrà alla fiera di Rimini “Beer Attraction”, l’evento internazionale organizzato da Rimini Fiera dedicato alle specialità birrarie, birre artigianali, tecnologie, attrezzature e materie prime. La manifestazione si rivolge a tutti gli operatori professionali della filiera. Sabato e domenica l’ingresso è aperto anche al pubblico degli appassionati e dei degustatori.

LA

PRIMA MANIFESTAZIONE NAZIONALE SULL’IDENTITÀ ROMAGNOLA , A

CESENA

Si chiama “Sono Romagnolo” ed è la prima fiera nazionale dell’identità romagnola, un evento dedicato a sapori, cultura e tradizioni del territorio. Tante sagre, iniziative e prodotti tipici in un unico evento che si terrà nel weekend dal 26 al 28 febbraio nei padiglioni fieristici di Cesena, con ingresso gratuito. I padiglioni della fiera saranno suddivisi per aree tematiche: la “Piazza di Romagna”, dove saranno presenti gli stand sagre, con protagonisti gli eventi del territorio; il settore Produttori, in cui i migliori produttori gastronomici, le cantine e le attività di artigianato proporranno i loro prodotti; la Strada dei Mestieri, in cui verranno rappresentati i mestieri di una volta. Infine, il settore enogastronomia presenta: l’Area Ristorazione, in cui sarà possibile degustare i piatti tipici che vengono proposti durante le feste, un ricco menu che spazia dai prodotti del mare a quelli dell’entroterra; la Strada dei Vini, per degustare i migliori vini locali; la Strada della Birra, con birre artigianali locali da assaggiare.

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GUSTO

FRA I FILARI E IN CANTINA

Dalle colline alla pianura di Romagna, è qui che rinascono le viti dimenticate di Fausto Piazza

Macina chilometri per tutta la Romagna, dalle colline alla bassa, fino ai confini della riviera, sempre fra i campi delle adorate vigne, per vedere come crescono, che frutti danno, e poi in cantina, ad accompagnare il vino che nasce. Marisa Fontana, bagnacavallese, è da tempo un’istituzione nel mondo del vino anche oltre i confini della regione, e non c’è operatore del settore, dal contadino al sommelier che non la conosca o non abbia collaborato o semplicemente scambiato un parere o un’opinione con lei . Una laurea in agronomia, una in enologia e una grande esperienza, letteralmente sul campo, fanno parte del suo curriculum professionale, ma dal carattere di Marisa emerge soprattutto una grande passione per l’uva e una particolare inclinazione per la ricerca e la sperimentazione. Soprattutto legata alle varietà autoctone del nostro territorio, a volte dimenticate e in certi casi in via d’estinzione. Marisa, non è per caso che è nata sotto una vite? «Beh diciamo che sono figlia di contadini... e quindi conosco l’ambiente fin da piccola. Ma nessuno, a partire dai miei genitori, pensava per me ad un futuro fra i campi. A dire il vero ho fatto il Liceo Classico ma poi mi sono iscritta ad agraria a Bologna, e ho studiato con il professor Cesare Intrieri, innamorandomi così definitivamente della viticoltura. Ho fatto il percorso per una tesi sperimentale e una borsa di studio prima della laurea, poi sono andata a “farmi le ossa” a Tebano... Quando si parla di sviluppo del know how della vitivinicoltura romagnola vien sempre fuori Tebano, di cosa si tratta? È un centro di formazione e ricerca sul campo sostenuto da consorzi di produttori, operatori del settore enologico e la facoltà di agraria di Bologna. Per l’Università è un legame diretto e concreto con le esigenze della produzione agricola e alimentare, per le imprese agricole e il settore del vino in genere un’opportunità di orientare le scelte e migliorare la qualità dei prodotti. A Tebano vi sono terreni e una cantina per testare e sperimentare impianti e vinificazioni. Diversi laureati e ricercatori universitari si sono perfezionati e hanno fatto esperienza in quel centro. Fra i migliori enologi che oggi operano a livello nazionale molti sono passati per la cantina sperimentale di Tebano». Quindi è passata anche lei per quella cantina e ha deciso che

L’agronoma ed enologa Marisa Fontana

oltre alla coltura delle viti le interessava anche l’enologia... Non ero ancora troppo impegnata professionalmente e avendo ancora un po’ di tempo ho deciso che sarebbe stato utile capire anche qualcosa di più e di meglio sul vino. Così ho preso anche una laurea in enologia. Ma non sono un'enologa in senso stretto, mi occupo più di viti che di vino, però mi interessa avere a disposizione il quadro complessivo. Quando devo decidere di raccogliere l'uva per fare un buon vino devo anche sapere cosa succede dopo. Diciamo che sono una specie di anello di congiunzione fra la vigna e la cantina». Vista la sua esperienza ci racconta com'è cambiato e come sta cambiando il rapporto fra produttori ed esperti come lei di

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vigne e di cantina? Come si è passati dal vino "fai da te" del contadino al vino di alta qualità, pulito e buono? «Direi che questa relazione è cambiata molto, e in positivo. Sicuramente i rapporti fra esperti e produttori si sono sviluppati e sono divenuti sempre più stretti e saldi. Si sono accorciate le distanze. C'è maggiore interscambio di esperienze e si è rafforzata una certa fiducia reciproca. Chi da tempo ha scelto di fare vino di alta qualità qui in Romagna si è affidato spesso anche a consulenti esterni, che portavano magari un'esperienza di tipo internazionale. Ma recentemente fra i vitivinicoltori si è fatta largo la convinzione che lavorare con esperti locali, che conoscono bene il territorio, può meglio valorizzare i loro prodotti. Perché è fondamentale il rapporto sinergico fra vitigno e territorio e bisogna lavorare su questo fattore per ottenere risultati eccellenti. Peraltro la tecnica enologica se vuole raggiungere obbiettivi più che soddisfacenti non può prescindere dall'origine dell'uva. E di questo i produttori sono sempre più consapevoli. L'intervento dei esperti ha innalzato quindi la qualità dei vini del nostro territorio. Si sono fatti dei passi molto importanti e si arrivati così a prodotti notevoli». Parlando di vini del territorio, e magari pensando al Sangiovese si prefigura la zona collinare, ma la Romagna è costituita anche di una vasta pianura, dove si è sempre coltivata la vite. È vero che a valle non si ricavano grandi vini? «In linea di massima, in Romagna, abbiamo due vitivinicolture parallele, per l’appunto in collina e in pianura. Nel primo caso abbiamo caratteristiche dei terreni e microclimi che favoriscono una certa qualità potenziale, in pianura d'altra parte abbiamo la possibilità di una maggiore produttività a fronte di caratteristiche qualitative tendenzialmente più mediocri. Ma pensare che da vigne di pianura non si possano ottenere buoni vini è un pregiudizio… Recentemente, ad esempio, mi sono occupata di vigne anche vicino al mare, nel litorale ferrarese. Si tratta di originari terreni sabbiosi su cui crescono i vitigni autoctoni del cosiddetto Bosco Eliceo. Purtroppo sono vitigni molto particolari su cui si è lavorato troppo poco. Sono viti e vini antichissimi ma purtroppo sono stati trascurati e ora rischiano di scomparire o restare marginali, almeno sul piano economico. In quelle aree coltivabili certe pro-


GUSTO

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31 duzioni vivaistiche e colture orticole ed estensive permettono molta più redditività dei terreni a scapito della vite. Questa resiste si e no su un'area complessiva di 100 ettari, alquanto residuali. Ma le vigne in pianura crescono bene, eccome, e possono anche donare ottimi vini, basta crederci e valorizzarle». Lei ha lavorato molto sui vitigni autoctoni, anche di pianura, ci racconta altri casi? «Un esempio, emblematico per gli esiti positivi, è la rinascita e l’evoluzione del Bursôn su cui si lavora nel territorio di Bagnacavallo da più da vent'anni. È un vino dal carattere originale che ha al pari estimatori e detrattori ma ormai è un prodotto “maturo”, ben sperimentato sia in vigna che in cantina. E oggi può essere confrontato per le sue qualità intrinseche anche con vini rossi importanti, ben più noti e blasonati, a livello nazionale. Altri casi su cui si sta lavorando con impegno sono la Lanzesa, tipica dell'area pedecollinare fra Faenza e Ravenna. Un vitigno piuttosto coltivato in passato, pian piano scomparso per il fatto che produce grappoli piuttosto piccoli e, fra i bianchi di pianura, nel tempo i coltivatori hanno preferito sostituirlo con il Trebbiano, più generoso d'uve. In realtà, la Lanzesa è una varietà interessante, versatile e produce un ottimo mosto. Recentemente ho lavorato ad un impianto di Lanzesa nel faentino per produrre uno spumante di Romagna. Poi va citato in tema di rilancio un altro antico vitigno, la Rambela, le cui tracce risalgono addirittura in uno scritto di metà del Quattrocento. La Rambela – noto e iscritto al registro nazionale come Famoso già con il rango di Igt – è stato da poco rivalutato da alcuni produttori del Consorzio Bagnacavallo. Anche per la territorialità, può essere considerato una specie di alter ego del Bursôn sul fronte dei bianchi. Dopo alcune prove in cantina, trovata la tecnica di vinificazione più adatta, oggi la Rambela si propone come uno spumantino con note aromatiche che ricordano il moscato, ben riuscito e molto apprezzato». Inoltre, fra i redivivi, o sarebbe meglio dire fra gli inediti o poco sfruttati dalle nostre parti, anche se non si può parlare di autoctoni, va menzionato l’incrocio Manzoni di Riesling e Pinot bianco, varietà creata negli anni ‘30 del Novecento ma per molto tempo ignorata. Recentemente ha cominciato a diffondersi anche in Romagna, con notevole soddisfazione. Come nel caso di due giovani produttori della zona di Bertinoro, che con il Manzoni bianco vinificato in purezza hanno ottenuto una grande gratificazione in termini di qualità di prodotto. Anch’io sto seguendo un nuovo impianto di questo vitigno nel faentino, vedremo con quali risultati, ma sono ottimista...». Ma c'è anche qualche vitigno antico o della tradizione che invece non è possibile recuperare o valorizzare più di tanto? Un vitigno e un vino autoctono può avere un certo successo quando riesce a inserirsi in un minimo di circuito commerciale, insomma a interessare i consumatori e ad essere economicamente sostenibile. La Canéna è un’esempio in senso limitativo. Si tratta di un vitigno tradizionale legato al territorio di Russi e alla sua cultura popolare, su cui si

L'Osteria Malabocca è un piccolo e confortevole locale a gestione familiare situato nella piazza principale di Bagnacavallo. Ci piace dire che la nostra cucina è priva di etichette, se non quella della "stagionalità", infatti i nostri menù cambiano con il mutare dei prodotti che la natura mette a disposizione, cercando di lavorarli nella maniera più semplice possibile. Tutto viene preparato giornalmente da noi, compresi le paste, i dolci e il pane. Roberto e Denise vi aspettano tutti i giorni escluso il mercoledì, mettendo a vostra disposizione un menù vegetariano, uno di pesce e uno di carne oltre ad una selezione di piatti dedicati ai sapori e ai profumi del territorio. Aperto dalle 12 alle 14,30 e dalle 19,30 alle 22,30

Chiuso il mercoledì

onversazione con Marisa Fontana, Cesperta di viticoltura ed enologia, che, con passione e competenza sul campo, da anni sperimenta e valorizza il recupero di vitigni autoctoni per creare nuovi vini eccellenti

è cercato di costruire un progetto di recupero e valorizzazione. Di fatto è un vino consumato prevalentemente in fase di fermentazione, che si evolve e non si riesce a mantenere stabile per lungo tempo. Solitamente la Canéna è bevuta subito dopo la vendemmia, in occasione dell’antica Fira di Sett Dulur, abbinata ad un altro prodotto tipico di quel territorio: il Bél e Còt. Inizialmente si presenta dolce al palato poi, in pochi mesi, diventa secco, molto acido, fino a degenerare. Così abbiamo messo a punto una tecnica per la sua stabilizzazione in bottiglia, che funziona ma non garantisce comunque una lunga durata. E quindi la Canéna come si diceva resta un prodotto di nicchia, circoscritto ad una tradizione, ad un evento temporale e ad un luogo unico, con prospettive di commercializzazione molto limitate fuori da questi contesti». Ebbene, che livello di temerarietà, che coraggio imprendito-

riale deve avere un agricoltore per dedicare i suoi terreni alla coltivazione di vitigni come quelli di cui abbiamo parlato? «Una buona dose di incoscienza ci vuole.. A dire il vero, per quanto riguarda il recupero delle vecchie varietà solitamente si compie un notevole lavoro di analisi preliminare, per cercare di capire la bontà di questi vitigni anche in termini enologici. Con il polo di Tebano abbiamo fatto una serie di piccoli progetti non solo sulle piante ma anche sul versante della vinificazione. E questa sperimentazione è ad uso e consumo dei produttori. Per cui, in effetti, sono sempre disponibili elementi di valutazione per misurare la dimensione dell'investimento e il rischio d'impresa». A quanto ci dice anche in Romagna si possono creare buoni spumanti, che peraltro sono sempre più di moda fra i consumatori. Ma non era il Nord Est il regno delle bollicine? «Qua da noi si possono fare buoni spumanti, eccome, ma non possiamo certo competere con l’esperienza e le tecnologie a disposizione nell’area vocata storicamente allo spumante. D’altra parte le uve di Famoso di cui parlavo prima vengono spumantizzate in Veneto. Perché il risultato è migliore e i costi abbordabili. Per ottenere quei risultati in Romagna bisognerebbe fare investimenti tecnologici e professionali per ora non proprio convenienti...». Però in futuro se gli spumanti romagnoli saranno sempre più apprezzati si realizzeranno pure le cantine in grado di produrli... «Chi lo può dire... Dipende, soprattutto se le uve riguardano piccoli produttori. L’utilizzo di cantine per conto terzi vale la pena, a mio parere, anche per altre tipologie di vino. Riguarda essenzialmente la dimensione produttiva. Il problema non è fare una cantina in sé, perché una volta attrezzata poi ci vuole il cantiniere esperto, inoltre bisogna affrontare consistenti costi di manutenzione. Un piccolo e bravo coltivatore è meglio se si concentra sulla cura della vigna e sul ricavare buona uva, delegando la produzione del vino ad affidabili poli di vinificazione e confezione per conto terzi. Magari, successivamente, può investire qualcosa nella commercializzazione del vino che ha imbottigliato. Insomma lungo la filiera vitivinicola non sempre è bene impegnarsi e investire su tutto. In diversi casi conviene lasciare fare a chi è più esperto, competente e attrezzato». A proposito di marketing, qual è l’immagine che emerge della Romagna del vino? «Sicuramente questa attività è in difetto. La Romagna del vino non si è mai saputa vendere abbastanza bene. Anche se nell'ultimo decennio un po’ tutti gli operatori del settore si sono resi conto dell’importanza del problema dandosi molto da fare per recuperare il tempo perduto. Forse si tratta di retaggi del passato che fatichiamo a superare, come l’avere privilegiato la quantità alla qualità, alla varietà, all’identità. E forse abbiamo anche qualche carenza nel riuscire a raccontare con profondità e passione il nostro mondo del vino: il territorio, il clima, il saper fare in vigna e cantina».

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