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FREEPRESS Mensile di cultura e spettacoli marzo 2016 n.15 ROMAGNA&DINTORNI

R O M A G N A & D I N T O R N I

MARZO 2016

Una foto scattata durante le prove di “Romeo e Giulietta” del Balletto di Toscana Jr, in scena il 12 e 13 marzo all’Alighieri di Ravenna

A PASSO DI DANZA DALLA CLASSICA AL CONTEMPORANEO: UN MESE DI SPETTACOLI IN ROMAGNA ALL’INTERNO musica • teatro • libri • arte • cinema • gusto • junior

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ISSN 2499-0205



R&DCULT marzo 2016

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SOMMARIO

L’ EDITORIALE

• MUSICA Da Battiato alla Michielin..........pag. 4

Il museo di Predappio? Senza nostalgici

• TEATRO Miller secondo De Capitani ..........pag. 16 • CINEMA Filo diretto con Berlino........pag. 18e19 • LIBRI Il fenomeno Distefano.............pag. 20 • ARTE Piero a Forlì: la recensione............pag. 24 • JUNIOR Il museo diffuso in Valmarecchia ..pag. 28 • GUSTO I tortelli alla lastra ...................pag. 30

Era forse inevitabile e per certi versi auspicabile: la notizia che a Predappio dovrebbe nascere una sorta di museo-centro studi sul fascismo ha scatenato più di una polemica. La cittadina natale del Duce, nel cuore della Romagna, già oggi luogo di un pellegrinaggio che definire solo folcloristico sarebbe forse riduttivo, con i negozi di souvenir che vendono fermacarte con il busto di Mussolini o cappellini inneggianti al Fascio e il cimitero preso d’assalto durante alcune ricorrenze dell’anno, potrebbe dunque rischiare di diventare definitivamente la capitale di un turismo politico fatto di reduci e nostalgici del dittatore? In nome del dio denaro – si chiedevano alcuni – saremmo pronti anche a questo? A placare le acque è intervenuto l’assessore regionale alla Cultura Massimo Mezzetti che ha definito i confini del progetto. «Non un museo statico, ancor meno nostalgico e rievocativo, ma un centro vivo di riflessione, studio, documentazione e divulgazione contro tutte le forme di dittatura». E ha aggiunto: «Sono almeno tre anni che, come Regione, stiamo ragionando con Anpi nazionale, regionale e provinciale, con l’Istituto storico per la Resistenza e gli enti locali intorno a un progetto storicoculturale. Un progetto che, partendo dal recupero dell’immobile dell’ex Casa del Fascio, ne faccia un centro di studi internazionali sul fascismo e contro tutti i totalitarismi. Un progetto che ancora non ha una copertura finanziaria dal momento che dovrà concorrere, come altri, ai bandi europei». In realtà notizie recenti parlano di un impegno diretto da parte del governo a finanziare l’opera che dunque non sarà appunto un inno al fascismo. E, speriamo sinceramente, nemmeno l’ennesimo monumento ai partigiani senza se e senza ma. Non sarebbe male un luogo di vera riflessione, lucida e forte di decenni di democrazia. Un luogo dove capire le ragioni profonde di quel che accadde in Italia nei primi anni del Novecento, dove la lettura – necessariamente di parte, perché necessariamente democratica – non diventi tuttavia né retorica né patinata. Un luogo dove, insomma, non trovino casa i nostalgici di nessun tipo, ma le persone, soprattutto tra le nuove generazioni, che devono trasformare quella memoria per approntare il bagaglio necessario a un futuro di sempre maggiore distanza dai totalitarismi e dagli orrori a essi connessi, in primis l’uso della violenza per piegare gli avversari e le leggi razziali. Sì, lezioni che oggi potrebbero risultare quanto mai utili a leggere la contemporaneità.

I M O MI NI MO M IXX A R IM I M IIN Termina a Rimini la tournèe italiana dei Momix, la celebre compagnia teatrale di balleriniacrobati, creata e diretta dall’americano Moses Pendleton L’appuntamento è per il 5 e 6 marzo al 105 Stadium con lo spettacolo “Opus Cactus”.

R&D Cult nr. 15 - marzo 2016

Richiesta iscrizione il 27/01/2016 Registro stampa al Tribunale di Ravenna Editore: Edizioni e Comunicazione srl Via della Lirica 43 - 48124 Ravenna - tel. 0544 408312 www.reclam.ra.it Direttore Generale: Claudia Cuppi Pubblicità: direzione@reclam.ra.it tel. 0544 408312 - 392 9784242 Area clienti: Denise Cavina tel. 335 7259872

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Farabegoli, Nevio Galeati, Sabina Ghinassi, Enrico Gramigna, Giorgia Lagosti, Linda Landi, Fabio Magnani, Guido Sani, Angela Schiavina, Serena Simoni, Elettra Stamboulis. Redazione: tel. 0544 271068 redazione@ravennaedintorni.it Poste Italiane spa Sped. in abb. post. D.L. 353/2003 (conv. di legge 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB C.R.P.- C.P.O. RAVENNA


R&DCULT marzo 2016

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MUSICA Un’illustrazione di Francesco Farabegoli ispirata a Franco Battiato

GRANDI EVENTI A CESENA ALEX BRITTI

ARRIVA AL

CARISPORT

Oltre a quello di Battiato il 3, l’altro grande concerto di marzo del Carisport di Cesena si terrà venerdì 18. Sul palco Alex Britti, noto al grande pubblico per la sua vena leggera ma apprezzato anche dagli esperti di rock e blues per le sue doti chitarristiche.

FRANCESCA MICHIELIN, DA SANREMO

AL

VIDIA

Al Vidia di Cesena arrivano due vincitori del celebre talent show di Sky “X Factor”. Il 12 marzo sarà la volta di Michele Bravi (trionfatore nel 2013); il 25 invece Francesca Michielin (nella foto), vincitrice nel 2011 e arrivata seconda all’ultimo Festival di Sanremo.

ANTICIPAZIONE: AL VIA IL TOUR DI MALIKA AYANE La data zero del nuovo tour della celebre cantautrice Malika Ayane si terrà a Cesena: l’appuntamento è al Vidia venerdì 1 aprile. di Francesco Farabegoli *

Sono nato nel ’77 e questa con Battiato è una cosa un po’ sfortunata: gli anni più recenti l’hanno visto annaspare tra una carriera politica stroncata sul nascere, il leggendario e bruttissimo videoclip “Fermiamo la pirateria digitale” realizzato nel 2012 con gente tipo Ron e Caterina Caselli nel disperato tentativo di arginare la piaga dei download illegali (come se le vendite di Ron stessero venendo massacrate da quelli che scaricano i dischi su Soulseek) e album che a volte erano anche molto buoni ma non è che abbiano proprio scoperchiato il mercato discografico. Credo si possa affermare con una certa sicurezza che il momento più chiassoso della carriera di Battiato, da quando ci sono io, sia l’uscita del singolo “La cura”. Fu una canzone di immenso successo, e pare che anche oggi quando Battiato suona dal vivo sia la canzone che si becca il boato più grosso e gli applausi più convinti. Quando passa alla radio ci sono insospettabili a cui si accendono gli occhi per la passione, qualcuno ti dice di ascoltare bene il testo, qualcun altro sostiene sia la canzone più profonda e romantica della storia della musica italiana. Io ho qualche difficoltà con queste interpretazioni perché il mio primo ricordo nitido legato a “La cura” fu una notte a metà anni novanta (il singolo era caldo nei negozi) in cui mio fratello si presentò ubriaco in camera mia e mi prese a cuscinate per venti minuti urlando SUPERERÒ LE CORRENTI GRAVITAZIONALI. Ora, io e mio fratello a quei tempi eravamo persone piuttosto strane, e qualcuno potrebbe chiedersi perché lo sto costringendo a sentir raccontare questa cosa. La ragione, in realtà, è la più venale di tutte: ho promesso ai tizi di R&D di consegnare un pezzo su Franco Battiato, e

BASTONATE DI CARTA

Battiato e le correnti gravitazionali IL CONCERTO IL 3

MARZO AL

CARISPORT

DI

CESENA

CON

ALICE

Farà tappa il 3 marzo al Carisport di Cesena (tutto esaurito) il tour di Franco Battiato in compagnia di Alice (insieme qui sopra in una foto storica), che tornano insieme dopo le collaborazioni degli anni Ottanta per un concerto che li vedrà sia con set separati che cantare insieme per ripercorrere i frutti del loro sodalizio. Ad accompagnarli sarà l’Ensemble Symphony Orchestra diretto da Carlo Guaitoli e composto dallo stesso Guaitoli (direzione e pianoforte), Angelo Privitera (tastiere e programmazione), Davide Ferrario e Antonello D’Urso (chitarre), Andrea Torresani (basso) e Giordano Colombo (batteria).

io di Franco Battiato non so nulla. A dire il vero si tratta di un mezzo paradosso, perché ascolto musica da tanti anni, anche musica italiana, anche cantautori italiani, anche cantautori italiani di quegli anni lì, e se uno è interessato a questa roba non è possibile non avere mai a che fare con Battiato. E non è che lo snobbo, anzi, ho comprato una decina di dischi suoi (Fetus, Pollution, Clic, L’era del cinghiale

bianco, La voce del padrone, Gommalacca, quello con dentro “La cura” che non mi ricordo come si chiama, Fleurs3, ho preso persino Joe Patti’s Experimental Group) e li ascolto abbastanza regolarmente da sapere grossomodo dove si trovano nella mia collezione di dischi. CHIOSA: questa credo di doverla spiegare. Voi come li tenete i dischi? Ecco, io li tengo peggio di voi. Sono sicuro, comunque li teniate io li tengo peg-

gio di voi. Sono perlopiù impilati in colonne di Cd senza custodia, sparsi in tre stanze diverse di casa mia, più una consistente porzione (circa metà del totale) ammucchiati in uno scaffale Ivar (quelli componibili con le assi grezze che vendono a Ikea) nella mia vecchia cameretta a casa di dei miei, assieme a una buona parte di custodie. Senza contare quei quadernoni che usano anche i dj e i vani sportello della mia macchina, dove ho imboscato all’incirca altri 200 dischi. Ecco, visto lo stato della mia collezione e qualche inevitabile problema dovuto alle dimensioni generali, direi che non ascolto mai l’ottanta per cento dei dischi che possiedo. Il restante venti per cento è composto da dischi che metto sul lettore almeno una volta l’anno. I dischi che ascolto con frequenza molto ridotta si perdono all’interno della collezione saltando da un posto all’altro senza che io abbia la minima idea di dove cazzo siano finiti. Fino al 2006 poteva essere un problema, oggi se mi voglio ascoltare gli Alog o Rino Gaetano attacco soulseek e mi scarico il disco (generando pirateria e video di Battiato che cita Stibb Jobbs). Rimane una collezione itinerante di pochissime centinaia di Cd che, se mi viene la scimmia di ascoltarli, ricordo più o meno dove li ho appoggiati. FINE CHIOSA. Ecco, i dischi di Battiato stanno dentro l’ultima selezione, i dischi che non ho ancora perso e che magari li vedo e dico miiizzega (qualunque cosa significhi questa parola), il che vuol dire che passano nei miei lettori con una certa frequenza, specie per il genere di cui stiamo parlando. Si può dire anzi che ascolto una volta Battiato per ogni volta che ascolto qualsiasi altro cantautore italiano a lui accostabile, compresa gente che tutto sommato ascolto spesso, tipo Dalla o De Gregori o (brr) IL FABER. Però, insomma, non lo conosco. Non ho ben chiaro come è passato da una fase all’altra, non mi ricordo i

nomi dei pezzi, credo di essere d’accordo con lui nel preferire l’uva passa a Vivaldi, ma non mi sono davvero fermato a riflettere su questa cosa. E quindi credo di non averlo capito, o almeno di non averlo capito quanto lo ha capito Morgan. E la dimensione francobattiato di Morgan mi esalta: ammetterete esserci qualcosa di profondamente battiatiano nell’autoproclamarsi tra i massimi conoscitori di Battiato al mondo, e ammetto che il mio ammettere di non conoscerlo è almeno in parte un modo per prendere un po’ di distanza intellettuale da Morgan Bluvertigo. Ma dall’altra parte sono sincero: ho passato mesi della mia vita ad ascoltare Battiato in modi insoddisfacenti, situazioni anche molto carine di sciallo in macchina con La voce del padrone a palla e un buon compagno di viaggio con cui parlare di figa e/o commentare i testi. Anzi, considero La voce del padrone il car album definitivo tra quelli prodotti in Italia, e se qualcuno mi obbligasse a scegliere direi che è questo il mio Battiato preferito, quello che a suo dire si prostituiva per la grana. Ecco, questa è la sua dimensione che preferisco, ed è probabile che a Battiato non piaccia essere considerato un cantante da macchina, una specie di Bruce Springsteen all’amatriciana, quindi per paradosso un Vasco Rossi molto più vascorossiano dell’originale – è probabile anzi che se si trovasse a leggere queste righe s’incazzerebbe a morte e proverebbe ad intrufolarsi nottetempo a casa mia per prendermi a cuscinate urlando SUPERERÒ LE CORRENTI GRAVITAZIONALI. Nel caso, prego il sig. Battiato di contattare la redazione di R&D Cult, la quale fornirà il mio indirizzo di casa in privata sede assieme a qualche indicazione per trovare la chiave imboscata fuori dal mio appartamento. * fondatore e autore di Bastonate, miglior sito musicale italiano alle ultime tre edizioni degli Oscar del web


MUSICA

R&DCULT marzo 2016

5 I PROTAGONISTI DEL ROCK CANTATO IN ITALIANO NADA E I DIAFRAMMA DI “SIBERIA” Al Bronson di Ravenna il 19 marzo Nada presenta il suo ultimo album; il 27 invece i Diaframma di Federico Fiumani proporranno integralmente il loro “Siberia” (a destra la copertina), a 32 anni dall’uscita di quello che è finito pure al settimo posto nella classifica di Rolling Stone dei 100 migliori dischi italiani di tutti i tempi. Da segnalare al Bronson anche il live del 12 marzo dei Tre Allegri Ragazzi Morti con Adriano Viterbini, chitarrista dei Bud Spencer Blues Explosion, e il 10 marzo il live di Sorge, nuovo progetto di Emidio Clementi dei Massimo Volume.

AVVOLTOI E MARLENE Il rock d’autore dei Marlene Kuntz (foto in alto) sarà protagonista il 19 marzo al Velvet di Rimini per il tour del loro nuovo album. La storica band beat bolognese Gli Avvoltoi (foto qui a sinistra) suonerà al Sidro di Savignano l’11 marzo.

CESARE BASILE Venerdì 11 marzo al cinema-teatro Verdi di Forlimpopoli concerto folkrock di Cesare Basile, targa Tenco e premio Mei 2015.

PLAN DE FUGA Il gruppo rock bresciano Plan de Fuga, molto noto all’estero, sarà in concerto il 19 marzo al Bradipop di Rimini. Presenteranno il loro primo disco cantato in italiano.

* * Rimborso attraverso ricariche mensili per un totale di 60€ sulla tua Sim Ricaricabile Vodafone


R&DCULT marzo 2016

MUSICA

6 CONSIGLI D’AUTORE

AGENDA

Dieci dischi da ascoltare di notte, in macchina, parcheggiati

DA AUSTRALIA E CILE AL BRONSON Due gli appuntamenti con band estere in marzo al Bronson: l’11 marzo sul palco i Boy & Bear, una delle band più popolari d’Australia, che presenta il nuovo disco rockpop Limit Of Love; il 31 invece The Holydrug Couple, tra i portabandiera della sorprendente scena di rock psichedelico cilena.

di Francesco Giampaoli *

GLI AMERICANI SIN ROPAS AL FARGO Martedì 1 marzo al Fargo di Ravenna il duo alt-folk americano Sin Ropas; lunedì 7 marzo invece appuntamento con i francesi Stranded Horse. Concerti alle 18. A sinistra Francesco Giampaoli; a destra Giovanni Truppi, che sarà in concerto a Bagnacavallo domenica 6 marzo.

LILIES ON MARS A FORLÌ E RAVENNA Le Lilies On Mars, duo dream-pop italiano al femminile operativo da anni a Londra, saranno in concerto il 2 marzo al Diagonal di Forlì e il giorno dopo al Moog di Ravenna.

DUE LIVE DI HUGOMORALES Dieci dischi da ascoltare in macchina, parcheggiati, di notte. Quando avevo circa vent’anni le macchine dei miei amici avevano tutte degli ottimi impianti per ascoltare musica, la domenica dopo aver giocato a calcio si andava al ristorante, spesso in cima a qualche monte e dopocena si ascoltava musica aspettando di digerire. Questi sono alcuni dischi che hanno o avrebbero assolto egregiamente tale compito. 1. Perrey - Kingsley - The In Sound From Way Out! Pionieri dell’elettronica di consumo, in questo disco del ’66 usano sintetizzatori e suoni elettronici preregistrati, allora tutt’altro che comuni, per comporre brani con melodie e armonie tra il classico e il popolare. Il risultato sono delle surreali vignette musicali che a me ricordano la genialità di La Linea di Osvaldo Cavandoli, fumettista italiano, loro contemporaneo. 2. Harry Belafonte - The Belafonte Song Book Artista e performer straordinario, la perfezione e l’eleganza del canto sono al servizio delle profonde radici musicali da cui attinge. La musica popolare nelle sue espressioni più alte ha la funzione di essere catartica e rituale, in questo Belafonte è il sacerdote ideale. 3. Nina Simone - At Newport Stesso discorso ma al femminile, Nina Simone è la sacerdotessa ideale. 4. Duke Ellington - Duke Ellington & John Coltrane Questo è un incontro fra giganti, la cosa curiosa è che il disco suona molto leggero e facile. Fondamentalmente la formazione comprende i due leader con le rispettive ritmiche, contrabbasso e batteria, che si avvicendano nei brani. Di tutto si può fare a meno tranne che di un bassista e un batterista di sound. 5. Jimmy Giuffre - Western Suite Formazione cameristica senza batteria con Jim Hall alla chitarra e Bob Brookmeyer al trombone che fanno da contrappunto a Giuffre al clarinetto e sax in una originalissima rilettura “bianca” del jazz afroamericano. L’ho visto spesso dal vivo nei primi anni novanta, musicista raffinato nella scelta di melodie, arrangiamenti e sonorità mai scontate, sempre alla ricerca del rischio e della imprevedibilità pur mantenendo sempre il fuoco sulla narrativa musicale. 6. Mulatu Astatke - Éthiopiques 4 Forse è il disco che ho ascoltato di più negli ultimi anni, c’è una magia indecifrabile in questi suoni registrati in Etiopia a cavallo del millenovecentosettanta. 7. Lou Red - New York Non c'è bisogno di dire molto. Un disco che comprai sia in vinile che nell’allora nuovo formato Cd Audio. Anche Berlin è un disco che si ascolta più che volentieri. 8. Maarten Altena - Rif Contrabbassista e compositore visionario nord europeo a cavallo tra la musica contemporanea e l’improvvisazione radicale. La musica è ben scritta e tiene costantemente con il fiato sospeso, grande ispirazione ed urgenza espressiva. Grande esempio di come anche i nuovi linguaggi più estremi possano essere molto godibili non solo a livello intellettuale. In questo ottetto suona anche Michael Moore che con Han Bennink e Ernst Reijseger fece una serie di concerti memorabili a Ravenna negli anni novanta con il Trio Clusone. 9. Paolo Conte - Concerti Il primo suo disco che ho ascoltato moltissimo è questo. Ho letto da qualche parte che Conte dice che fa sempre molta fatica a scrivere le parole e un tempo pensava di non esserne addirittura in grado, forse ho letto male. 10. Eric Dolphy - Out to Lunch! Questo disco stavo per dimenticarlo, volevo mettere il primo album omonimo dei Roxy Music ma poi ho pensato che Out to Lunch lo abbiamo davvero ascoltato molto di notte, parcheggiati. Nato a Faenza nel 1970, musicista, compositore e produttore, Francesco Giampaoli ha fondato insieme ad Andrea Scardovi l’etichetta Brutture Moderne “per convogliare pensieri ed energie”. Colonna portante di Sacri Cuori e Classica Orchestra Afrobeat ha inoltre pubblicato tre dischi solisti: A Caso (2009), Mi Sposto (2011), Danza Del Ventre (2013).

IL PERSONAGGIO

Giovanni Truppi, tra libertà e politica, Moresco e De André Il suo album omonimo dell’anno scorso – passato troppo sotto silenzio – è stato senza dubbio uno dei migliori dischi italiani del 2015. Un disco a tratti geniale, sarcastico, politicamente scorretto, ispirato – come ha dichiarato in fase di realizzazione – dagli scritti di Moresco, Pasolini e perfino dal Libro Rosso di Jung, ma che nella sua anarchia, nella sua verbosità, nella sua “stranezza”, non è stato in grado di far uscire Giovanni Truppi dalla nicchia della scena rock italiana in cui è purtroppo nascosto già da alcuni anni (il suo album d’esordio è del 2010). Nel Ravennate grazie ai concerti organizzati in particolare dal collettivo Antartide, Truppi è già in qualche modo noto da alcuni anni e domenica 6 marzo (all’aperitivo dalle 18.30) tornerà da quelle parti per un concerto allo spazio Acrylico di Bagnacavallo, reso ancor più imperdibile dalla presenza sul palco anche di un altro originale cantautore, il romagnolo Giacomo Toni. Giovanni, la prima cosa che balza agli occhi (e alle orecchie) ascoltando il tuo ultimo disco in particolare è la totale libertà, compositiva ed espressiva. Si tratta di una scelta mirata o di semplice spontaneità? «Questa relativa libertà che sono riuscito a conquistarmi segue un lungo periodo nel quale mi sono dedicato molto alle regole della canzone, che tuttora devo dire che mi appassionano». Pur non essendolo apertamente, il tuo lavoro è secondo me anche molto politico, a partire dalla Lettera a Papa Francesco. Quale deve essere il ruolo di un artista in questo senso? «La ritengo una questione personale, l’importante è aggiungere qualcosa che valga la pena a tutto quello che già esiste. Per quello che mi riguarda riesco meglio a fare canzoni parlando di cose che mi stanno a cuore e la politica – in senso ampio – mi sta a cuore». Ti senti come una scheggia impazzita nella scena musicale italiana? «No, non mi sento una scheggia impazzita, nel bene e nel male. Forse perché per me non c’è niente di pazzo in quello che scrivo». Quali sono gli artisti che più ti hanno formato? «Tutto il cantautorato “classico” italiano, con De André e Conte in primis, Gianfranco Marziano (cantante e scrittore salernitano di culto, ndr), George e Ira Gershwin, Bach e Mozart...». Luca Manservisi

Il cantautore

napoletano dal vivo a Bagnacavallo con Giacomo Toni

Hugomorales, nuovo progetto lo-fi pop del songwriter romano Emiliano Angelelli, sarà in concerto il 7 marzo a Ravenna nell’ambito della rassegna DayOff in via Mazzini 66 e il 19 marzo al circolo Bevitori Longevi di Forlimpopoli.

POST-ROCK AL SIDRO Il 26 marzo al Sidro di Savignano concerto dei 64 Slices Of American Cheese, con il loro post-rock interamente strumentale.

IL MILANESE CALVINO ALLO ZAMPANÒ Il 31 marzo fa tappa a Cesena (caffè Zampanò) il tour di presentazione dell’album di debutto di Calvino, nome d’arte del cantautore milanese Niccolò Lavelli.

LA ONE MAN BAND DAGLI USA Il 29 marzo fa tappa alla Vigna Porta Santi di Cesena il tour europeo della one man band american Wild Raccoon, tra garage rock e surf music.

PSICHEDELIA SPAGNOLA A CESENA Fa tappa il 16 marzo a Cesena (al Magazzino Parallelo) il primo tour italiano degli spagnoli Fogbound per una serata all’insegna del rock psichedelico anni 60.

CONNY OCHS AL TAMLA Il 21 marzo al Tamla di Cesena concerto del cantautore folk-doomnoir tedesco Conny Ochs.

ELISABETH CUTLER AL MARIANI Il 3 marzo la compositrice e chitarrista americana Elisabeth Cutler in concerto al Mariani di Ravenna tra folk e blues.

DAL BELGIO, GLI ALASKA GOLD RUSH Al Moog di Ravenna il 16 marzo la rock band belga Alaska Gold Rush.


MUSICA

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7 ROCK E DINTORNI

LA ROMAGNA IN CUFFIA

C’è una Romagna che suona (e ascolta)

Il sorprendente Urali: folk-metal, quasi pop

Panoramica su dischi e concerti. I Saluti da Saturno live per l’otto marzo La scena romagnola in ambito rock e dintorni – come cerchiamo di testimoniare ogni mese nel nostro piccolo con la rubrica qui a fianco – non è mai stata forse così viva e prolifica. Basterebbe elencare gli artisti “nostrani” in tour nel solo mese di marzo, per esempio. Qui ci limitiamo a segnalare alcune nuove uscite e i concerti già in programma nelle province di Ravenna, Rimini e Forlì-Cesena, partendo dal frizzante rock-duo al femminile cesenate Io e la Tigre – di cui abbiamo parlato sullo scorso numero – che presenteranno il loro disco d’esordio 10 e 9 il 4 marzo al Bronson di Ravenna. Lo stesso club ospiterà venerdì 18 un altro release party, quello di Danza macabra dei ravennati Arcana 13, una delle nuove realtà italiane che affondano le proprie radici nel doom/occult rock con un immaginario legato alle pellicole horror italiane cult degli anni 60 e 70. Altra nuova uscita discografica è quella di R.Y.F., progetto solista della cantautrice veneta (ma ormai ravennate d’adozione) Francesca Morello. L’album si chiama Love Songs for Freaks & Dead Souls ed è stato pubblicato da Brutture Moderne: in marzo parte il tour che toccherà il 26 il Lughé di Lugo. Restando in zona, il faentino Mattia Zani, in arte Dulcamara, presenterà il suo album Indiana il 9 marzo al teatro Binario di Cotignola nell’ambito della rassegna “Andar per nebbie” che poi il 23 ospiterà i debuttanti Niente (da Rio Salso, nell’appennino forlivese) con il loro disco Mete. Per loro da segnalare anche le date del 2 marzo al Moog di Ravenna e dell’11 alla Vecchia Stazione di Forlì. A Faenza, al circolo Prometeo, il 5 marzo arriva Capvto, il progetto elettronico della cantautrice pugliese, ma romagnola d’adozione, Valeria Caputo: il nuovo disco si chiama” Supernova” Altro nuovo album è quello dei ravennati Hernandez & Sampedro, si intitola Dichotomy e sarà un nuovo viaggio nel rock di ispirazione americana: dopo l’anteprima al teatro di Cervia, in marzo lo presenteranno in tour il 18 all’Aurora di Ravenna e il 26 al Diki Diki di Santo Stefano (sempre Ravenna). Un particolare “concerto illustrato” è quello invece in programma a Mercato Saraceno il 18 marzo, a Palazzo Dolcini: protagonisti i cesenati Opez con il loro rock strumentale ispirato dal deserto americano (è dell’anno scorso il loro esordio Dead dance). Atmosfere americane anche con i Jarred, The Caveman, il cui album d’esordio folk-pop I'm Good If Yer Good ha raccolto consensi un po’ ovunque (anche qui) e che suoneranno in marzo dal vivo il 17 al Caffè Zampanò di Cesena. Classico rock’n’roll con i veterani Miami & The Groovers, da Rimini, che continuano il tour di presentazione del loro ultimo The Ghost King: appuntamenti il 4 marzo all’House of rock di Rimini, il 6 alla Tana del Luppolo di Gabicce Mare e l’11 al teatro Socjale di Piangipane (Ravenna). Al Magazzino Parallelo di Cesena l’11 marzo mini festival con band punkrock da tutta Europa, tra cui anche i Ricordi?, da Bellaria, mentre il 18 marzo al Sidro di Savignano l’appuntamento è con il release party dell’album

di debutto di The Lu Silver String Band, il progetto dell'ex cantante cesenate degli Small Jackets. Tornando a Ravenna, all’Almagià il 25 marzo nell’ambito del festival di Around The Rock sul palco due nomi di spicco della scena cittadina: Mara, cantautrice che ha da poco pubblicato per Brutture Moderne il suo secondo album Ottobre ‘66 (e che sarà in concerto anche il 4 marzo al circolo Aurora, sempre a Ravenna) e i rocker dalla chiara influenza british The Doormen, che continuano nel tour di presentazione del loro terzo disco, Abstract [ra]. Alla Rocca Malatestiana di Cesena continuano i sabati sera in musica del “Salotto del custode”, bella vetrina anche per artisti romagnoli. E così il 5 marzo toccherà a Dimitri Sillato (da Massa Lombarda) con il suo progetto solista di musica d’avanguardia Rooms and Time per pianoforte, tastiere, elettronica e violino; seguirà il 12 il concerto dei riminesi Gli Orsi (new folk) e il 19 di Frei, cantautore di Bagno di Romagna del giro Aidoru che presenta il suo terzo disco, Evolution.

Un concerto degli Opez in uno scatto di Eleonora Rapezzi.

Presentato in anteprima a Faenza in febbraio, il disco d’esordio de Gli Scontati (duo composto da Giacomo Toni e Lorenzo Kruger dei Nobraino, nato per omaggiare Paolo Conte e approdato ora al primo album d’inediti) verrà portato in tour in marzo: da segnalare la data dell’11 al Locura di Misano Adriatico. Infine ecco in extremis l’annuncio – poche ore prima di andare in stampa – del concerto a ingresso gratuito dell’8 marzo al teatro Binario di Cotignola dei Saluti da Saturno del multistrumentista romagnolo Mirco Mariani per la festa della donna. (lu.ma.)

di Luca Manservisi Capisco bene che non possa invogliare all’ascolto descrivere questo album come un disco di folk apocalittico, ispirato dal doom metal, e che parla nei testi (in inglese) «dell'impossibilità di conoscere un essere umano nella sua interezza». Il fatto è che in realtà è pure abbastanza corretta, come definizione. Ma per fortuna c’è dell’altro. Dietro ad alcune chitarre distorte e bassissime che ricordano in effetti certo metal rallentato, si celano in ogni canzone (oltre a struggenti chitarre acustiche) melodie e scelte stilistiche che lo fanno andare in tutt’altra direzione, fin quasi pop verrebbe da dire, facendo diventare questo disco davvero una bella sorpresa nonché forse un unicum perlomeno della scena romagnola che cerchiamo di raccontare numero dopo numero anche in questa nostra rubrica. Il disco in questione si intitola Persona ed è il secondo lavoro sulla lunga distanza di Urali, progetto del riminese Ivan Tonelli, attuale chitarrista dei Cosmetic. Insieme a lui, in varie vesti, Michael Barletta, Steve Strovmik, Andrea Muccioli e Dimitri Reali, che probabilmente sono riusciti a dare al tutto un tocco ancor più particolare: dalle improvvise percussioni (il resto del disco ne è privo) di “Mary Anne (The Tailor)” alla chitarra acustica addirittura latineggiante di “LZ (A year of living dangerously)” fino ai giochi tra canali di destra e di sinistra di “Frances (A new neighbour)”, ispirati ad Arthur Russell che lo stesso Tonelli definisce come «un genio, non meno dei Beatles, di Bach o Beethoven». C’ha ragione, e anche questa sua dichiarazione conferma la caratura internazionale di un piccolo (nella durata) album da conservare.


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MUSICA

8 HIP HOP/1

TRIP HOP

Il rapper che fa il venditore in Russia... Parla il bolognese Brain, tra gli ospiti del festival Under a Ravenna

TRICKY A CESENA Uscito in quest’inizio 2016 col nuovo progetto “Skilled Mechanics” e fresco della ritrovata collaborazione con i Massive Attack, Tricky sarà in concerto a Cesena. L’appuntamento con il celebre artista inglese, tra i protagonisti della scena trip hop degli anni novanta, è per sabato 5 marzo al Vidia

Francesco Spatafora, meglio noto come Brain, è uno dei maggiori rapper della scena bolognese di seconda generazione, uno dei tanti “regaz” cresciuti seguendo le orme dei vari Sangue Misto, Neffa e Joe Cassano e approdato infine a uno stile personale, prima con il gruppo Fuoco Negli Occhi e poi da solista, con una serie di dischi e mixtape che l'hanno imposto come uno dei rapper undeground più rispettati della penisola. L’occasione per scambiare quattro chiacchiere con lui è data dall'imminente pubblicazione del suo nuovo album – fuori l'8 marzo – e dalla partecipazione a “Under Festival Vol.3”, una due giorni di hip hop organizzata da Il Lato Oscuro della Costa e Cisim, che si terrà a fine marzo al Bronson di Ravenna (vedi box). Partiamo subito parlando di Under Festival: se non sbaglio gli anni scorsi eri anche nell'organizzazione. «Sì, ero uno degli art director del festival, se così si può dire. Under è nato tre anni fa da un'idea mia e di Moder (de Il Lato Oscuro della Costa, ndr.) per dare spazio ad alcuni artisti con cui eravamo in connessione e che secondo noi meritavano più visibilità. All'epoca c'era grande unità di intenti e questo sicuramente ha portato buoni frutti: si era venuto a creare proprio un bel team di lavoro e amicizia. Oggi le cose sono un po' cambiate, ognuno ha intrapreso il proprio percorso e i vari impegni della vita di tutti i giorni hanno un po' scombinato le L PROGRAMMA cose. C'è da dire però che i nomi su DUE GIORNATE UNDER(GROUND) AL BRONSON cui avevamo punCON BASSI MAESTRO, LORD BEAN, NIGHT SKINNY... tato all'epoca si sono rivelati tutti La terza edizione del festival di rap underground “Under”, nonovalidi e stanno stante sia organizzata sempre dallo staff del Cisim di Lido Adriano riscuotendo il sucquest’anno si terrà al Bronson di Madonna dell’Albero (Ravena), il cesso che meritano. 25 e il 26 marzo a partire dalle 22. Tra i protagonisti – oltre a Brain Una scommessa che intervistiamo in questa pagina – Claver Gold, Night Skinny, vinta, insomma». Lord bean, Johnny Marsiglia, Bassi Maestro, Moddi MC, Dj Lugi Sarai comunque aka Boogie Lou, Dj Trix aka Nababbo, Brain Fno, Lord Madness, sul palco, a presenKenzie, JohnnyRoyofficial, Capsicum Set, Blo/B, Mastino, Apoc, tare il tuo nuovo Mattak, Funky Nano, Soulcè, Sphera... disco. Mi incuriosisce il titolo, Leocadia, il nome di tua moglie. albergo, e nel mezzo di una crisi Come mai questa scelta? famigliare ed esistenziale, è stato piuttosto problematico, e queste «È il nome che rappresenta più esperienze per forza di cose mi di ogni altro quello che ho passato hanno cambiato». nell'ultimo periodo della mia vita. Non ti sei sentito un po' Non è un disco d'amore: è un troppo esposto ad affrontare disco di ansia. Due anni fa infatti argomenti così delicati in fase io e mia moglie siamo entrati in di scrittura? crisi dopo otto anni insieme, e «In realtà di veramente esplicito siamo andati vicinissimi al divorc'è molto poco. Ho cercato più che zio, con nostra figlia ancora piccoaltro di elaborare tutte le varie la e tutto quello che ne sarebbe emozioni contrastanti, trasfigupotuto conseguire. Poi mettici che randole nel rap. Entro un certo il mio vero lavoro – faccio il venditore – ha preso una piega molto livello infatti ritengo sia fondapiù seria e mi sono ritrovato a mentale, per un artista, mettere la viaggiare tantissimo, all'estero, propria vita nell'arte. Altrimenti principalmente in Russia. Vivere non è arte, è un'altra cosa. Fai questa sorta di pendolarismo, pasconto inoltre che quasi tutte le sando molto tempo da solo, in strofe sono state scritte in una

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HIP HOP/2 PARTE AL VIDIA IL TOUR DEL RAPPER ROMANO GEMITAIZ Parte l’11 marzo dal Vidia di Cesena il nuovo tour di Gemitaiz. Il rapper romano presenterà il suo nuovo album, Nonostante tutto, uscito in gennaio. Album che vanta collaborazioni con molti famosi colleghi della scena rap italiana, da Fabri Fibra a Guè Pequeno, da Madman a Emis Killa.

IL MARCHIGIANO CLAVER GOLD IN MARZO ANCHE A RIMINI Sabato 12 marzo il trentenne rapper marchigiano Claver Gold (all’anagrafe Daycol Orsini) si esibirà dal vivo alla Casa Madiba di Rimini. Si tratta del tour di presentazione del suo nuovo album Melograno – diciassette tracce interamente composte insieme al duo di produttori Kintsugi – che toccherà il 26 marzo anche Ravenna nell’ambito del festival del Cisim al Bronson (vedi box in questa pagina).

Un ritratto grafico di Brain realizzato dallo stesso Filippo Papetti, che firma anche l’intervista

condizione mentale non proprio lucidissima. In albergo da soli è una noia mortale, e i russi bevono di brutto: non potevo certo essere da meno... (risate, ndr). Il disco è stato scritto così». Il rap – non senza buone ragioni – viene spesso considerato un genere musicale da ragazzini. In Leocadia invece tratti tematiche molto più adulte e complesse. Ti sei posto il problema di come questo possa essere recepito dai tuoi fan più giovani? «Bella domanda. In effetti no, non mi sono posto il problema; e se devo essere sincero – e con tutto il rispetto per i fan – non mi interessa neanche. La mia faccia è sempre quella, il mio stile è sempre quello. Però questo disco è venuto fuori così, di getto. Anzi, spero che chi mi segue lo faccia non solo per ascoltare uno che rappa velocissimo o fa mille incastri. Credo sia interessante seguire il percorso di crescita anche personale di un artista. A mio parere, e proprio perché Leocadia è un disco sia di hip hop che di vita, questo è il mio album migliore, sono molto soddisfatto. E spero venga recepito». Filippo Papetti


MUSICA

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9 UN DISCO AL MESE

Quel campione di ferocia pietra miliare del grindcore Usa

L’Hypercolor trio, in concerto all’Area Sismica

di Bruno Dorella *

AVANGUARDIA

Martusciello e il figlio di Ligeti all’Area Sismica Serata di alto livello di musica elettroacustica e improvvisata all’Area Sismica di Ravaldino in Monte (Forlì), domenica 6 marzo grazie al concerto (alle 18) del trio napoletano formato da una figura storica della scena come Elio Martusciello (elettroniche) affiancato dai due contrabbassi dei giovani Renato Greco e Umberto Lepore. Classe 1959, musicista e compositore, Martusciello insegna musica elettronica al conservatorio di Napoli e ha collaborato con musicisti di spicco tra cui Lawrence D. “Butch” Morris, Mathieu Chamagne, Alvin Curran, Evan Parker, oltre a studiare fotografia con Mimmo Jodice e arti visive con Carlo Alfano, Armando De Stefano e Rosa Panaro. Domenica 20 marzo, sempre alle 18, all’area sismica arriva invece l’Hypercolor trio del batterista Lukas Ligeti. Austriaco, ma di discendenza ungherese e attualmente residente negli Stati Uniti, porta avanti un cognome dal notevole peso: è infatti figlio di uno dei compositori più influenti del Novecento, György Ligeti. Insieme a lui sul palco per una serata di musica improvvisata – tra jazz-rock, punk fusion, noise e contemporanea – Eyal Maoz (chitarra) e James Ilgenfritz (basso), anche all’elettronica.

ELETTRONICA ALL’ALMAGIÀ

IL LONDINESE

RANDOMER

Sabato 5 marzo all’Almagià di Ravenna torna la serata mensile del Club Adriatico dedicata al clubbling e alla musica elettronica. Protagonista sarà il dj e producer londinese Randomer.

AL

PLANETARIO

RICCARDO SINIGAGLIA

Giovedì 3 marzo torna la rassegna Paradoxes che unisce musica, effetti e light design sotto la volta stellata del planetario di Ravenna. Protagonista dell’appuntamento di marzo il compositore di musica elettronica Riccardo Sinigaglia.

ALEX NIGGEMANN

AL

MEET COMPACT CLUB

Sabato 5 marzo al Meet Compact Club di Cervia (alle Indie di via dei Cosmonauti) ospite d’eccezione sarà Alex Niggemann, producer tedesco impegnato in questi mesi in un tour mondiale.

DALLA GERMANIA

AL

DIAGONAL: EXCHAMPION

Serate dedicate all’elettronica anche al Diagonal di Forlì: il 9 marzo l’italiano White Raven, il 30 il tedesco Exchampion.

Terrorizer “World downfall” (Earache Records, 1989) Il mese scorso vi ho parlato del fascino della musica in cassetta, e nel farlo ho avuto un imperdonabile lapsus, attribuendo il seminale album World Downfall agli Extreme Noise Terror anziché ai veri padri di cotale esempio di brutalità: i Terrorizer. L’errore si spiega con l’assonanza tra i due gruppi, che oltretutto fanno parte della stessa scena e sono attivi negli stessi anni. Colgo però l’occasione per ovviare, e vi presento questo campione di ferocia. World Downfall esce nel 1989, due anni dopo l’atto di nascita ufficiale del grindcore (Scum dei Napalm Death, 1987), ed un anno dopo un’altra pietra miliare del genere (Reeks Of Putrefaction dei Carcass, 1988). Se i due importanti predecessori sono inglesi, i Terrorizer sono probabilmente il primo gruppo grind di una certa levatura dagli Usa, e sono anche i primi a richiamarsi direttamente alla tematica sociale antisistema del punk e del crust. Per chi non frequenta le fetide lande di questo sottogenere, per grindcore si intende più o meno una forma ultraveloce ed estrema (sia nella musica che nei contenuti) del metal, con una forte influenza dall’hardcore e dal punk. World Downfall ne è un esempio mirabile: registrazione a bassissima fedeltà, tematiche apocalittiche e di critica sociale tagliata con l’accetta, laddove ad esempio i Carcass si rifugiavano nello splatter anatomico. Alcuni titoli valgano ad esempio: “Enslaved by Propaganda”, “Fear Of Napalm”, “After World Obliteration”, “Infestation”, “Dead Shall Rise”.. E via così in allegria. L’inizio è pura mitologia: un crescendo di chitarre megadistorte che annunciano molto chiaramente l’ecatombe che sta per compiersi. All’epoca, una vera doccia di terrore che si compie in pochi secondi. D’altronde la copertina, il classico collage ultrapunk di violenze, cadaveri, polizia in bianco e nero, non annunciava nulla di più soft. Per la cronaca, il gruppo, al contrario di alcuni dei loro colleghi che sono ancora oggi molto attivi, avrà vita tormentata, pubblicando solo 3 album ed un paio di raccolte di demo, e annunciando svariati scioglimenti e reunion nel corso degli anni, senza mai ottenere la stessa micidiale efficacia di questo esordio, ma contribuendo ad alimentare un mito underground. * Batterista dei Bachi Da Pietra e degli OvO, chitarrista dei Ronin, membro della Byzanthium Experimental Orchestra, felicemente ex discografico, aspirante sommelier, orgoglioso ravennate d'adozione, in attesa della giornata di 48 ore per poter finire un paio di cose.


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MUSICA

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CLASSICA: L’INTERVISTA

CLASSICA: IL DUO

Quel “genio” di Nazzareno Carusi tra musica, Sanremo e politica: «Oggi prevalgono nani, disonesti e spacconi» di Enrico Gramigna

Un genio. Così Franco Scala, fondatore della celebre Accademia pianistica internazionale di Imola, ha definito Nazzareno Carusi. Celanese di nascita e ravennate per amore, il “Washington Post” ha scritto che la sua è un'arte mozzafiato. Maestro per chiara fama nella stessa Accademia imolese e per concorso al Conservatorio di Adria, Carusi ci ha concesso un’intervista nella quale si dimostra invero un uomo coltissimo, spiritoso e dall’oratoria ammaliante. Quest’anno Ravenna la vedrà protagonista di due appuntamenti della rassegna Mikrokosmi, della quale da diversi anni è ospite fisso. Il primo sarà domenica 13 marzo, alla Sala Corelli del teatro Alighieri. «È facile per me essere ospite fisso dei Mikrokosmi. La direttrice è mia moglie. E se mi apprezza lei è una buona cosa, no? (Ride, ndr)». Certo. E il programma? «Francesco Paolo Tosti, nel primo centenario della morte. Le sue romanze sono capolavori. Con me ci sarà Valentina Cortesi, voce pop-jazz straordinaria». Una voce pop-jazz per Tosti? «Perché no? Le romanze sono canzoni. Anche i lieder. (Poi aggiunge, con il tono del presentatore di Sanremo, ndr) Di Tosti/D’Annunzio: ‘A vucchella. Canta Valentina Cortesi. Al pianoforte Nazzareno Carusi. E spesso, non qui a Ravenna però, a noi si aggiunge la tromba di Fabrizio Bosso». Un altro jazzista, quando lei suona regolarmente con grandi musicisti classici. Invece con Bosso siete i “Due per aria”. «Ci divertiamo. La musica ha mille sfaccettature e così ne cogliamo alcune del tutto inaudite». Il 20 marzo sarà sul palcoscenico, sempre per i Mikrokosmi, con lo scrittore Pietrangelo Buttafuoco per il “Notturno a Shakespeare”. Anche questo un omaggio, a quattro secoli dalla morte. «Ho raccolto Sonetti shakespeariani e pagine proprio di Buttafuoco, da Il dolore pazzo dell’amore (Bompiani, 2013, ndr). Poi li ho intessuti con Beethoven e Berio, Bach, Chopin, Satie e Morricone, Schumann, Schubert e Musorgskij, brani presenti nel mio disco Notturno (Emi, 2008, nrd). È un recital emotivo, di musica e parole ma senza intenzioni narrative, che evoca semplicemente un’eco dei moti del cuore». Lei è un pianista eccellente e un musicista di altissimo valore, ha detto il Maestro Muti. Ma è stato anche una firma al curaro su quotidiani e settimanali, in ultimo Panorama. Cosa l’ha portata a scrivere? «Non sono un giornalista. Volevo dire la mia e l’ho detta. Poi sono guarito». Però ogni tanto ci ricasca, e non solo in campo musicale. Nella politica, per esempio, dove non risparmia nessuno. «L’uomo è un animale politico, diceva Aristotele. E non si può tacere sullo scempio che ci opprime e che ha tante cause, ma forse la prima è che non siamo più capaci di riconoscere meriti e grandezze al di là delle differenze ideali. Prenda la morte di Piero Buscaroli, l’altro ieri (lunedì 15 febbraio, ndr), un titano della storia e della storia della musica in particolare, uomo di destra radicale. I suoi volumi su Bach e Beethoven, per dirne solo due, sono rivoluzionari e imprescindibili. Ebbene, in pochissimi l'hanno ricordato. Una vergogna conformista e cieca. E badi, non solo di sinistra. Fino a trent'anni fa potevamo ancora vedere, e commuoverci, il missino Giorgio Almirante entrare nella sede del Partito Comunista per inchinarsi alla salma di Enrico Berlinguer. E ad accoglierlo sulla porta c'erano Nilde Jotti, che di Palmiro Togliatti non fu la moglie ma era la vedova, e Giancarlo Pajetta, comandante della Resistenza col nome di Nullo. Erano giganti. Oggi prevalgono quasi sempre e ovunque nani, ignoranti, disonesti e spacconi. Una schifezza umana e culturale senza fine». Un’ultima domanda. Frivola. Sulla sua pagina Facebook, che ha più di 30mila fan, lei ha commentato il Festival di Sanremo. Quindi lo ha seguito? «Certo. Come qualche volta seguo le partite della Nazionale di calcio al bar Fizz vicino casa. Mi sono piazzato sul divano con moglie, figli e amici del cuore collegati in internet». Lei, Domenico Nordio, Davide Cabassi... «C’era pure Francesco Libetta. Eravamo quattro amici al bar, come quelli di Gino Paoli». Vi ho seguiti. In un post lei ha scritto che Beppe Vessicchio (notissimo arrangiatore e direttore di canzoni) è il Riccardo Muti del pop. Un tizio le ha chiesto, con una punta evidente di veleno, se vale il contrario… «Era più evidente la punta di frustrazione. Comunque, io ho dato del Padreterno a un genio. Il contrario sarebbe riduttivo». Punto? «Punto».

Bahrami e Rea, quattro mani per il Bach perduto Ramin Bahrami e Danilo Rea, due pianoforti e quattro mani per un omaggio all’imponente eredità musicale di Johann Sebastian Bach: mercoledì 9 marzo, al Teatro Fabbri di Forlì, in prima mondiale, i due pianisti terranno un concerto dedicato alla produzione per tastiera meno conosciuta del compositore tedesco. “In Bach?”, questo il titolo del progetto di Bahrami e Rea, è un viaggio musicale in cui la musica classica di Bahrami si sposa con le incursioni jazz di Rea, uno dei più importanti pianisti jazz italiani.

CLASSICA: LA RASSEGNA

CLASSICA: AGENDA

Da Padova a Salisburgo: tanti big all’Alighieri

AL ROSSINI LA TOSCANINI TRA POULENC E SATIE

Il cartellone di “Ravenna Musica” a cura dell’associazione Mariani prosege al teatro Alighieri il 2 marzo con l’esibizione di Leonidas Kavakos, unanimemente ritenuto violinista di raro talento. In duo con uno dei suoi partner più celebri, il pianista Enrico Pace, eseguirà composizioni di Szymanowski e Richard Strauss. Il 14 marzo ad allinearsi sul palcoscenico saranno i componenti dell’Orchestra di Padova e del Veneto che sotto la bacchetta di Marco Angius eseguiranno la Sinfonia dell’opera Luisa In alto Cristina Zavalloni Miller di Verdi, la prima sinfonia di Qui sotto Nazzareno Mahler e le Folk Songs di Luciano Berio Carusi in una foto con la partecipazione del mezzosoprano di Cesare Bellafronte Cristina Zavalloni, cantante celebre anche per il suo repertorio jazz. Il 17 marzo Patrizio Serino, primo violoncello del Maggio Musicale Fiorentino, Anton Dressler, clarinettista apprezzato per “intonazione superba, morbidezza e varietà nel fraseggio”, e Boris Petrushansky, celebre pianista e didatta, docente dal 1990 dell’Accademia Pianistica di Imola, si presenteranno in trio per interpretare brani di Beethoven, Brahms, Zemlinsky. Il 23 marzo sarà la volta di uno dei migliori complessi da camera del mondo la Salzburg Chamber Soloists insieme al loro fonNFO datore, direttore e violino solista Lavard Skou-Larsen. PER MIKROKOSMOS La Sinfonia KW 124 di ANCHE CARAMIELLO Mozart, l’amabile Sinfonia n. 44 di Haydn e il brillante Oltre ai due appuntamenti Concerto per violino, piadi cui si parla nell’intervista, noforte e orchestra d’archi la rassegna di Mikrokosmos di Chausson compongono in marzo ospita domenica 6 la proposta musicale di queil pianista napoletano sto raffinato ensemble, che Francesco Caramiello. I conriunisce i migliori allievi del certi si tengono alle 11 alla Mozarteum a musicisti già sala Corelli del teatro affermati a livello internaAlighieri di Ravenna. zionale.

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Venerdì 25 marzo al Rossini di Lugo la Filarmonica Arturto Toscanini, con il direttore JeanLuc Tingaud, per una serata speciale con il soprano bolognese Anna Caterina Antonacci, interprete d'eccezione de La voix humaine (La voce umana) di Francis Poulenc. Integrano il programma la Sinfonietta sempre di Poulenc e due trascrizioni d'autore di note pagine pianistiche di Erik Satie: Claude Debussy per Gymnopedie 1 e 3 e Darius Milhaud per Jack in the box.

L’EX ENFANT PRODIGE MILENKOVICH A FORLÌ E CESENA

Già enfant prodige di caratura internazionale, premiato come Artista serbo del secolo (2002) e Brand Personality of the Year (2010), Stefan Milenkovich è un violista unico, noto in tutto il mondo. Sarà per due concerti in Romagna in marzo. Venerdì 18 al teatro Bonci di Cesena salirà sul palco insieme agli archi del conservatorio Maderna per un programma che prevede brani di Bach, Mozart e Dvorak. Lunedì 21 marzo sarà invece alla chiesa di San Giacomo (complesso di San Domenico) di Forlì sempre con l’orchestra Maderna e un programma tra Bach e Mozart.


MUSICA

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JAZZ/1

JAZZ/2

Riparte “Crossroads”

Rosalia De Souza sarà protagonista a Massa Lombarda e Bagnacavallo.

Da Rava a Fresu: in marzo live in tutta la Romagna Ripartita il 27 febbraio in Emilia, la 17esima edizione del festival Crossroads – organizzato come sempre da Jazz Network – porterà il grande jazz e tutte le sue derivazioni anche nei teatri della Romagna con decine di concerti fino a giugno. Nel mese di marzo terrà uno dei suoi tre concerti in programma nella rassegna Enrico Rava, il più emblematico dei trombettisti nazionali, che sarà protagonista di un intenso duetto con la pianista Rita Marcotulli (25 marzo, Massa Lombarda, Sala del Carmine) Anche Paolo Fresu, l’altro trombettista di riferimento assoluto del jazz italiano, sarà protagonista più volte con altrettanti progetti: in marzo lo si potrà ascoltare in duo col bandoneonista Daniele di Bonaventura (mercoledì 2, Fusignano, Teatro Moderno) e ancora in duo, questa volta col pianista serbo Bojan Z (23 marzo, Rimini, Teatro degli Atti). Il jazz italiano passerà a Crossroads 2016 con molte altre proposte. Un grande classico come il duo formato da Gianluigi Trovesi e Gianni Coscia sarà preceduto da una insolita novità che affianca la fisarmonica di Coscia alle parole del semiologo Paolo Fabbri (4 marzo, Rimini, Teatro degli Atti); una cantante di grande notorietà come Maria Pia De Vito sarà in duo col contrabbassista Ares Tavolazzi a Santarcangelo (31 marzo, Teatro Supercinema). Assai variegata anche la presenza di ’EVENTO artisti statunitensi. In marzo ci sarà l’entertainment swingante di Johnny O’Neal (anche, fuori da NOA CON ERRI DE LUCA A RAVENNA “Crossroads”, l’11 marzo alla rassegna jazz del Petrella di Longiano), pianista-cantante dal grande passato Noa, nome d'arte e da poco riemerso dopo lunghi anni di oblio (giovedì di Achinoam Nini, cantante israelo17, Solarolo, Oratorio dell’Annunziata). yemenita di fama Oltre a seguire con curiosità la ‘deriva’ degli stili, mondiale, sarà in Crossroads esplora anche geografie alternative alla concerto con la classica rotta Italia-Usa: ci sarà per esempio anche il sua band al teatro Brasile, rappresentato dalla cantante Rosalia De Alighieri di Raven Souza, special guest del trio Jazz à la Mode (8 na, martedì 1 marzo, Massa Lombarda, Sala del Carmine) e dal marzo. Ad accomCello Samba Trio del violoncellista Jaques pagnarla in questo Morelenbaum (14 marzo, Bagnacavallo, Teatro viaggio tra musica e letteratura ci sarà lo scrittoGoldoni); e la Finlandia, col suono pastoso e cool del re Erri De Luca, con cui ha collaborato in passasax di Timo Lassy (18 marzo, Fusignano, to in un omaggio alla canzone napoletana. Auditorium Corelli). Info: 0544 405666, www.crossroads-it.org.

A CESENATICO TRA ROTA E LOUIS ARMSTRONG Termina in marzo la rassegna Jazzenatico con concerti alle 21.30 al teatro comunale di Cesenatico. Il 4 marzo appuntamento con un gruppo tutto al femminile, la Nino Rota Ensemble, cinque jazziste che omaggeranno alcuni dei brani più celebri della storia del cinema, ispirandosi al grande compositore italiano Nino Rota. Ultimo concerto di Jazzenatico è quello con il quintetto del trombettista e cantante Guido Pistocchi per un un tributo al grande Louis Armstrong. Info e prenotazioni: tel. 0547 79274.

AL BELLEVILLE DI RIMINI FATTORI E I LOCOMARKET Venerdì 25 marzo termina la rassegna della Jar del Belleville Jazz Club di Rimini con una serata in collaborazione con Urbino Jazz Club: in concerto il quartetto Locomarket, composto da Denis Fattori alla tromba, Carmine Ioana alla fisarmonica, Jacopo Mezzanotti alla chitarra e Alex Gorbi al contrabbasso.

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ALLO ZINGARÒ DI FAENZA ANCHE CHICCO CAPIOZZO Tra gli appuntamenti di marzo dello Zingarò di Faenza da segnalare mercoledì 16 il concerto del quintetto di Chicco Capiozzo, batterista che si è imposto nel panorama jazz-soul internazionale. Il 2 marzo invece prima del concerto del progetto Fresh Frozen appuntamento con la presentazione del dizionario italiano del jazz di Flavio Caprera.

PROGRAMMA MARZO-APRILE Per info: tel. 389.6697082 cisim.lidoadriano@gmail.com www.ccisim.it


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TEATRO AGENDA DANZA

Un momento di “Romeo e Giulietta”.

RITMI SPAGNOLI PER MEDITERRANEO ALL’ALIGHIERI DI RAVENNA Sabato 5 marzo al teatro Alighieri di Ravenna va in scena la Compañia Española de Danza "Miguel Ángel Berna" con lo spettacolo Mediterraneo, con Miguel Ángel Berna, che cura anche coreografia e regia con orchestra e canti tradizionali dal vivo, una produzione del Centro Aragonés de Danza Zaragoza.

MITICOTANGO DA GARDEL A PIAZZOLLA CON LA PASIONES COMPANY Sabato 5 marzo al teatro della Regina di Cattolica coreografie di Adrian Aragon e Erica Boaglio su musiche di A. Piazzolla, F. De Andrè, E.S. Discepolo, C. Gardel, M. Mores, J.C. Cobian per Miticotango della Pasiones Company con esecuzione musicale del quintetto I Fiori Blu.

L’INTERVISTA

BOLERO ED ELECTRICITY (MA PURE CENERENTOLA) TRA LUGO E CATTOLICA

La “signora del balletto”: «La sfida? Far sì che i teatri siano pieni»

Doppio appuntamento con la danza contemporena al teatro Rossini di Lugo a marzo. Venerdì 11 la Mm Contemporary Dance Company propone La sagra della Primavera e Bolero su coreografie di Enrico Morelli e Michele Merola. E ancora il contemporaneo sarà di scena poi sabato 19, sempre alle 20.30, con Electricity di Evolution Dance Theatre con regia e coreografie di Anthony Heinl che la sera prima, il 18, sarà invece in scena al Teatro della Regina di Cattolica. Sempre al Rossini, poi, giovedì 24 l’appuntamento è invece con la danza classica e il Balletto di Milano che propone Cenerentola.

di Roberta Bezzi

Conversare con Cristina Bozzolini, da molti definita la “Signora del Balletto”, è come ripercorrere un pezzo fondamentale della storia della danza italiana. Classe 1943, dopo esser stata prima ballerina del Maggio Musicale Fiorentino, a lei si deve il Balletto di Toscana oltre che un radicale rinnovamento nella didattica e nella danza contemporanea. Dopo una parentesi al Balletto di Roma, oggi mette tutta la sua esperienza, competenza e passione al servizio dell’Aterballetto e della Compagnia giovanile Junior Balletto di Toscana. E proprio quest’ultimo, di cui fanno parte venti elementi tra i 17 e i 21 anni, sarà protagonista della stagione di danza del Teatro Alighieri di Ravenna, sabato 12 marzo alle 20.30 e domenica 13 alle 15.30, con il contemporaneo Romeo e Giulietta, sulle note di Sergej Prokof ’ev. Bozzolini, a quale storia si è ispirato il coreografo Davide Bombana? «A quella di due giovani innamorati di oggi, realmente esistiti: Bosk Brkic o e Admira Ismic, ribattezzati i Romeo e Giulietta di Sarajevo. Lui serbo, lei musulmana, sono stati uccisi durante la guerra nella ex Jugoslavia nel maggio del 1993, durante l’attraversamento sotto il ponte del fiume Vrbanja, mentre tentavano di fuggire dal macello di Sarajevo, dall’inferno della Bosnia, dalla follia dell’intera area dei Balcani. Falciati da una raffica di colpi, proprio mentre stavano per entrare nel territorio controllato dai serbi. I loro corpi abbracciati furono abbandonati al sole per otto giorni, perché non si riusciva a ottenere l’assenso dei belligeranti a un cessate il fuoco che ne consentisse il recupero».

A colpire il pubblico sarà dunque l’umanità dei due protagonisti… «Sì, la nostra è una versione umana e non politica, con la speranza che tragedie così non si ripetano più. Anche se tuttora accadono episodi che hanno dell’incredibile, l’integrazione è oggi un processo che non può più essere fermato. Lo spettacolo colpirà il pubblico perché è molto ballato e perché presenta una gestualità molto contemporanea. I pezzi non sono proposti nell’ordine tradizionale. Si inizia infatti con la danza della tristezza della madri che trovano i due corpi a terra. La narrazione è ben leggibile e anche i costumi, originali, sono stati pensati per catturare l’attenzione di chi guarda». Dal 2008 è anche direttrice artistica dell’Aterballetto. Cosa ha portato il suo ingresso alla compagnia? «Con Mauro Bigonzetti l’Aterballetto era una compagnia d’autore. Il mio desiderio è di portare contributi di innovazione, far conoscere nuovi coreografi ed esplorare. Apprezzo infatti tutta la danza contemporanea, purché sia di qualità. L’Aterballetto ha dei danzatori straordinari, bravissimi tecnicamente e dotati di grande apertura mentale: con loro posso proporre sia la danza contemporanea che il balletto contemporaneo, due cose diverse ma sulla stessa linea di ricerca, avanzamento e scoperta. Ormai sono tre anni che Bigon-

zetti non crea più per la compagnia e in questo tempo abbiamo già accumulato un bel repertorio di autori diversi, sia italiani sia stranieri. Penso di avere già fatto un bel percorso ma lo voglio approfondire perché Aterballetto vuol dire andare avanti, non fermarsi». Nella sua intensa carriera di cosa va più fiera? «Di aver dato un grande contributo alla coreografia italiana, dandole la possibilità di esprimersi. Ma penso anche ai danzatori perché li amo molto: quando lavoro li scelgo non solo perché sono bravi ma perché sono persone in gamba, con la mentalità giusta». Ha ancora una sfida da lanciare a se stessa? «La sfida è di far crescere ancora di più la coreografia italiana e far sì che i teatri siano pieni. Finché avrò le energie e la passione mi batterò perché la danza in Italia venga considerata come le altre arti e perché i teatri ci seguano, non solo noi, ma tutte le persone che si danno da fare per la danza. Mi piacerebbe che il pubblico andasse a teatro non solo per divertirsi ma anche per imparare, per scoprire, com’è successo a me negli anni ‘70, quando c’erano tante compagnie che proponevano cose nuove. Vorrei sentire una maggiore partecipazione, una complicità tra pubblico e artisti, e che ci fosse una consapevolezza di quanto è difficile costruire balletti di qualità».

In scena all’Alighieri

i “Romeo e Giulietta di Sarajevo” in fuga dall’inferno della guerra

LA PASSIONE DI CRISTO CON LA RBR DANCECOMPANY AL GOLDONI Danza anche al Goldoni di di Bagnacavallo alle 21 di domenica 13 marzo con la RBR Dancecompany (regia di Cristiano Fagioli) con The Man - Passion of the Christ.

LE ACROBAZIE DEL DUUM DEI AL DIEGO FABBRI DI FORLÌ

SONICS

Martedì 15 marzo, danza aerea e acrobatica con i Sonics per uno spettacolo creato e diretto da Alessandro Pietrolini dal titolo Duum, mix di tecnica e poesia, gesto atletico e arte, ha risposto dappertutto con applausi a scena aperta e ovazioni.

ARTEMIS DANZA CON TRAVIATA A FAENZA E CON TOSCA X AL NOVELLI DI RIMINI Al teatro Masini di Faenza giovedì 17 marzo alle 21 è di scena Traviata con la compagnia Artemis Danza, coreografia di Monica Casadei, che sarà di scena anche domenica 20 marzo al Novelli di Rimini (alle 21) con Tosca X, su musiche naturalmente di Puccini.

BALLETTO CIVILE CON BEFORE BREAK/2 RESIDENZA A LONGIANO Giovedì 24 marzo alle 21, al teatro Petrella di Longiano il Balletto Civile propone Before Break/2, con ideazione e coreografia Michela Lucenti, suoni Maurizio Camilli. Spettacolo frutto di una residenza artistica, questo lavoro indaga sullo stato che precede la rottura. Partendo dal corpo la ricerca è condotta con danzatori che provengono dalla break, ma lentamente si vira verso una riflessione contemporanea sull'oggi, alla posizione dell'artista che se consapevole e onesta deve inevitabilmente schierarsi oltre che resistere.

ANATOMIA AL RASI PER SCENA CONTEMPORANEA Giovedì 31 marzo alle 21, al teatro Rasi di Ravenna per la stagione di Scena Contemporanea sarà in scena Anatomia di Simona Bertozzi/Francesco Giomi/Enrico Pitozzi/Antonio Rinaldi.


TEATRO

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L’INTERVISTA/2

I vent’anni dei Kataklò in un Puzzle: tra evergreen e nuovi progetti Vent’anni, questo il traguardo raggiunto dalla compagnia indipendente Kataklò Athletic Dance Theatre, nata dalla creatività ed energia produttiva di Giulia Staccioli. Il suo stile, molto apprezzato sia in Italia sia all’estero, è una perfetta fusione di danza, atletismo acrobatico, mimica, humor, suoni, luci e costumi, in cui trovano spazio sessioni di improvvisazione che sollecitano la sperimentazione e l’innovazione. Giulia Staccioli, cosa è cambiato in questi vent’anni? «Siamo stati i primi ad abbinare il gesto atletico e la danza, a presentare lavori in sospensione fino a quel momento legati solo all’arte circense e portare ex atleti sul palcoscenico. Con testardaggine sono andata avanti e con curiosità, ho cercato contaminazioni con tutti i generi della danza, ma anche con lo yoga e le arti marziali. Un’evoluzione che si evince anche dalle generazioni di artisti che si sono susseguiti nel tempo, dotati di grande poliedricità. Quello che all’inizio era un lavoro più fisico e ginnico, è diventato oggi più coreografico ed espressivo». Fra i tanti spettacoli portati in giro per il mondo, a quale si sente più legata? «Ognuno di loro ha dentro di sé

Uno scatto da “Puzzle” foto di Palestra Digitale_LEGG.

«Stiamo lavorando

per riallestire Play per una lunga tournée in Brasile in occasione delle prossime Olimpiadi

»

un pezzetto di vita. Non posso dimenticare il primo, Indiscipline del 1996, ma anche Play del 2008, la chiave che ci ha aperto la porta dei teatri e ora un evergreen che continua ad avere successo. All’epoca fu un azzardo perché mostravamo come applicare alla danza altre discipline sportive». Siete in tournée con Puzzle che il 5 marzo sarà al teatro

Bonci di Cesena. Cosa si può aspettare il pubblico? «È un lavoro nato cinque anni fa, in un momento di cambiamento della compagnia e dell’apertura di una nostra Accademia di formazione. È una tela bianca che si può riempire di tanti colori diversi. È una composizione corale e poliedrica, realizzata attraverso l’accostamento di coreografie storiche che hanno fatto grande la compagnia e ideazioni dei danzatori stessi che sono stati liberi di creare. Un invito per lo spettatore di lasciarsi contagiare dalla passione e dalla creatività». Come seleziona i ballerini per la compagnia? «Il cast dei Kataklò è oggi formato da otto danzatori, anche se può contare sulla disponibilità di una ventina di giovani diplomati nella nostra Accademia che prevede un triennio di specializzazione. L’asticella della qualità è sempre più elevata, ed è fortemente correlata a quella della poliedricità. Fondamentale è anche la giusta predisposizione mentale che porta a dare sempre il meglio, senza mai avere scuse». Guardando al futuro, prossimi progetti? «In occasione delle Olimpiadi di Rio de Janeiro, stiamo preparando un riallestimento di Play. Torneremo infatti per una lunga tournée in Brasile, dove già siamo stati in passato. Sarà un modo di parlare di sport al di là della competizione. Nell’autunno 2016 avremo poi il debutto di una nuova sperimentazione, probabilmente intitolata Eureka, con in scena personaggi particolari. Sarà una sfida interessante…». (ro. be.)


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TEATRO

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PROSA/1

«Il teatro è l’antidoto alla società di massa» Intervista a Elio De Capitani. Il suo Morte di un commesso viaggiatore è in scena a Rimini e Ravenna di Matteo Cavezzali

Risponde al telefono una voce registrata. Una voce da attore, impostata, calma, profonda. «Al momento non siamo in casa, potete lasciare un messaggio». Chiedo di poter parlare con lui al nastro magnetico della segreteria e alla fine risponde. «Buongiorno sono Elio De Capitani, metto sempre la segreteria. Non si sa mai chi può chiamare». Al momento De Capitani con il Teatro dell’Elfo è in scena con Morte di un commesso viaggiatore di Arthur Miller che sarà al Novelli di Rimini dal 15 al 17 marzo e a Ravenna al teatro Alighieri dal 19 al 22 marzo. In Italia la drammaturgia anglo-americana del ‘900 non è stata molto amata da chi fa teatro, lei invece ha messo in scena molti testi contemporanei americani e inglesi. Come mai i suoi colleghi non amano questa drammaturgia? «C’è da dire che in generale il teatro contemporaneo, fin da quando abbiamo iniziato, non guardava alla drammaturgia contemporanea, se non a testi autoprodotti dalle compagnie stesse. Noi fin dal 1982 invece ci siamo occupati di drammaturgia contemporanea. Abbiamo lavorato molto sui testi di Rainer Werner Fassbinder, che in Italia è considerato soprattutto come regista cinematografico, ma che è un vero e proprio drammaturgo con una produzione di oltre cento testi teatrali. Siamo stati i primi in Italia a portare in scena Botho Strauß. Poi dalla drammaturgia tedesca siamo passati a quella francese e nell’ultimo periodo siamo arrivati a quella angloamericana. Cerchiamo di seguire i paesi in cui sono accadute delle cose». In che senso? «Negli anni ’90 quando è andato in scena Angels in America di Tony Kushner sull’Aids e l’omosessualità non si poteva ignorarlo, come è successo poco dopo quando è esploso il fenomeno Sarah Kane con Blasted nel ‘95. Da lì è iniziata l’esplorazione di quella drammaturgia angloamericana risalendo fino a Tennessee Williams, Arthur Miller e credo che presto faremo anche O’Neill». Come si è inserito in questo percorso Morte di un commesso viaggiatore? «Molti mi dicevano che era un testo troppo conosciuto, un titolo logoro, ma è un testo che all’epoca non era stato compreso fino in fondo. Non c’è bisogno di renderlo contemporaneo perché sembra scritto oggi. Noi abbiamo solo tagliato il diamante per farlo splendere della sua stessa luce». Che cosa non era stato compreso di questo testo nel ’49? «Non è solo la storia della fine del sogno americano, come si pensava allora, ma è soprattutto la vicenda di un uomo che vende se stesso. È la menzogna continua che è necessaria per creare un’immagine di sé nella società: se crolla l’immagine crolla anche l’individuo. All’epoca il personaggio di Miller era visto come un caso isolato e particolare, invece oggi siamo tutti diventati commessi viaggiatori che devono vendere sé stessi». Dal punto di vista scenico l’elemento centrale del vostro allestimento sembrano le allucinazioni… «Molte scene di Miller sono sempre state rese sulla scena, e al cinema, come se fossero flashback. Invece si tratta di vere e proprie allucinazioni. Con la scenografia e le luci abbiamo reso queste scene veri sogni-incubi di una vita liquida». Un testo che parla di società di massa e anticipa ciò che sarebbe avvenuto. «Il teatro è proprio l’antidoto alla società di massa. In teatro il pubblico è dal vivo in sala. Deve stare in uno spazio circoscritto, quindi è per pochi, per questo non è mai di massa. Parla con le persone che sono lì in quel momento, e queste persone possono vedere sé stesse e le proprie aberrazioni rappresentate. Se ci pensi è un assurdo: un uomo recita e finge, ma in quella finzione è più vero di quella persona che lo osserva dalla platea, che recita il ruolo di “commesso viaggiatore” nella vita, forse senza nemmeno saperlo». L’immaginario del commesso però è segnato da diversi film, quindi da un’arte della società di massa... «Al cinema il testo non ha ancora trovato una realizzazione che ne renda la potenza. John Malkovich fece una grande interpretazione del personaggio di Biff nel film di Schlondorff, ma accanto a lui Dustin Hoffman non era in parte recitando il ruolo del commesso viaggiatore, era troppo giovane per quella parte di un anziano affaticato dalla vita. Rese quel ruolo un carattere, non si può interpretare un protagonista facendone un carattere». Lei come ha scelto gli attori per i ruoli? «Ho seguito le loro reali biografie. Ho scelto attori che avessero attraversato nella vita difficoltà simili a quelle dei protagonisti. Biff è interpretato da Angelo Di Genio che ha avuto vicende familiari complesse e mi ha confessato di aver detto a suo padre le stesse cose che Biff dice al suo. Io e Cristina Crippa, che nella vita siamo sposati, interpretiamo una coppia. Ovviamente è un matrimonio diverso dal nostro, ma utilizziamo in scena il nostro stesso lessico familiare fatto di gesti, di silenzi e di sguardi». Come mai Ferdinando Bruni, suo eterno compagno, non è con lei in questo spettacolo? «Non solo non c’è, ma gli ho fregato lo spettacolo. Venivo da un anno duro in cui avevo dovuto risolvere le questioni amministrative del Teatro dell’Elfo Puccini e in cui avevo recitato per 249 serate. Volevo trovare un nuovo progetto che mi appassionasse, ma non avevo avuto nemmeno il tempo per pensare a un’idea. Un giorno Bruni è venuto da me e mi ha chiesto se volevo fare il protagonista nel suo commesso viaggiatore. Io gli ho detto che era un’ottima idea, ma che io avrei fatto anche la regia, senza di lui». E lui come l’ha presa? «All’inizio ci è rimasto malissimo, poi quando ha visto lo spettacolo è stato felice di come è venuto e di avermelo lasciato. D’altra parte lui mi aveva fregato La tempesta quando la volevo fare io». Insomma vi fregate continuamente spettacoli a vicenda… «All’Elfo abbiamo tra noi una forte competizione, ma sempre in una maniera molto sportiva...». (questa intervista è pubblicata anche su “Palcoscenico”, annuario dei teatri della provincia di Ravenna, edito sempre da Reclam)

Elio De Capitani in una foto di scena.

CESENATICO

Corrado Tedeschi è il Volpone Il 22 marzo alle ore 21 al teatro Comunale di Cesenatico andrà in scena Corrado Tedeschi con Volpone, il capolavoro di teatro classico scritto da Ben Jonson. Si tratta del terzo appuntamento della stagione di prosa organizzata dal Comune di Cesenatico in collaborazione con Teatro Europeo Plautino, “Plautus Festival” e Comune di Sarsina.


TEATRO

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PROSA/2

COMICO

Da Boccaccio a Strindberg, da Pantani alle grandi figure femminili del ‘900

DOPO SANREMO, VIRGINIA RAFFAELE

Come sempre variegata l’offerta sui palcoscenici della Romagna, dove a marzo tuttavia la prosa sembra lasciare spesso la scena alla ricerca o alla danza, pur offrendo al pubblico l’occasione di spaziare tra grandi classici e testi e allestimenti più contemporanei. In tema di classici, spicca al Comunale di Cervia, l’8 e 9 marzo, un adattamento teatrale di Mastro Don Gesualdo, romanzo del maestro verista della letteratura italiana Giovanni Verga, che va in scena con Enrico Guarneri per la regia di Guglielmo Ferrio. All’Alighieri di Ravenna, invece, è inserito nella prosa un spettacolo che si distingue per la carica ironica, pur rifacendosi al più grande classico del teatro inglese: il 16 marzo va infatti in scena, reduce da un successo che lo ha già portato in quasi tutte le altre città romagnole, Tutto Shakespeare in 90 minuti con Alessandro Benvenuti e Nino Formicola. Libera rilettura contemporanea di un testo del passato, addirittura medievale, è quella al Novelli di Rimini il 9 marzo e poi al Fabbri di Forlì da giovedì 10 a domenica 13 marzo: Stefano Accorsi diretto da Marco Balsamo è protagonista di uno spettacolo ispirato al Decameron del Boccaccio; una Produzione Nuovo Teatro. E si rifà invece addirittura al grande teatro greco la proposta del teatro Testori di Forlì, il 2 marzo, quando porta in scena Edipo Re di Archiviozeta, la compagnia fondata da Gianluca Guidotti ed Enrica Sangiovanni. Un classico contemporaneo è invece quello di scena al Bonci di Cesena dal 10 al 13 marzo, Il sindaco del rione Sanità per la regia di Marco Sciaccaluga in una coproduzione tra Teatro Stabile di Genova e Teatro Stabile di Napoli. E alla cultura partenopea, sempre al Bonci, è dedicato anche lo straordinario reading di Toni Servillo su Napoli con testi di Salvatore Di Giacomo, Eduardo de Filippo, Ferdinando Russo, Raffaele Viviani, Mimmo Borrelli, Enzo Moscato, Maurizio De Giovanni, Giuseppe Montesano, Antonio De Curtis (Totò), Michele Sovente, martedì 15 e mercoledì 16 marzo. Sempre al grande teatro classico è la chiusura di marzo al Bonci con l’ultimo spettacolo di Luca Ronconi, Danza macabra, tratto dall’opera di August Strindberg. Ma non manca la scelta anche sul fronte dei testi contemporanei. Nella città capitale dello sport 2016, Ravenna, torna in scena all’Alighieri lo spettacolo che la storica compagnia del Teatro delle Albe ha dedicato al grande campione di Cesenatico: Pantani (il

L’evento/1 Il 31 marzo arriva al Bonci l’ultimo lavoro di Luca Ronconi: “Danza Macabra” di di August Strindberg nella traduzione e adattamento di Roberto Alonge con Adriana Asti, Giorgio Ferrara, Giovanni Crippa. In scena fino al 3aprile.

AL

MASINI

Reduce dal trionfo sul palcoscenico del Festival di Sanremo, Viriginia Raffaele va verso l’ennesimo tutto esaurito al teatro di Masini di Faenza dove il 10 marzo sarà in scena con il suo show antologico Performance, con i personaggi che l’hanno resa famosa.

MATTI DA SLEGARE AL FABBRI DI FORLÌ

9 e il 10 marzo alle 20). A Russi, invece, giovedì 10 marzo è la volta di Variazioni enigmatiche di Eric Emmanuel Schmitt con Saverio Marconi e Gian Paolo Valentini per la regia di Gabriela Eleonori, allestito al Comunale, dove il 22 marzo va in scena anche Diamoci del tu di Norm Foster con Anna Galliena e Enzo De Caro. Il 18 marzo a Cotignola, al teatro Binario, è in cartellone Eva, diario di una costola con Rita Pelusio. Sempre nel Ravennate, ma a Conselice al Comunale, sabato 19 sarà invece la volta di Alessandra Schiavoni con Alessandra Frabetti ne La fine di tutte le cose. Al Masini di Faenza il mese si chiude invece con Ottavia Piccolo in uno spettacolo che affronta i temi della contemporaneità e del lavoro: 7 minuti scritto dall’attrice (dal 22 al 24 marzo). E un’altra grande interprete femminile chiude la stagione anche del teatro Dragoni a Meldola: Lucrezia Lante della Rovere interpreta O sono Misia, L’ape regina dei geni, ispirato dalle memorie di Misia Sert di Vittorio Cielo, una galleria di ritratti al femminile delle donne che hanno fatto la storia del ‘900 (il 2 marzo).

FORLÌ

Al Diego Fabbri di Forlì torna il teatro comico mercoledì 30 marzo alle 21 con Matti da slegare di Axel Hellstenius, nella versione italiana della commedia diretta da Gioele Dix per Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano in coproduzione con Mismaonda. La storia racconta di come dopo parecchi anni vissuti in una struttura psichiatrica protetta dove sono diventati amici, Elia e Gianni vengano “promossi” e mandati dal sistema sanitario a vivere da soli in un appartamento nel centro della città. Si tratta di un esperimento e di una prova molto importante per loro: dovranno provare a inserirsi nella società civile e dimostrare di saper badare a se stessi.

L’evento/2 Il 15 e il 16 marzo al Bonci di Cesena va in scena un reading di Toni Servillo dedicato a Napoli.

A due passi dal Teatro Alighieri

CUCINA BIOLOGICA TOSCO-ROMAGNOLA, VEGANA, VEGETARIANA

PA S Q U A D O M E N I C A 2 7 M A R Z O

Il viaggio di Rocco Papaleo nella musica Martedì 22 marzo al Diego Fabbri di Forlì, va in scena Buena Onda di Rocco Papaleo e Valter Lupo con Giovanni Esposito e gli altri musicisti del gruppo. Continua il viaggio di Papaleo e dei suoi compagni attraverso il teatro canzone, questa volta fino ai confini del mondo.

MENU VEGETARIANO

MENU VEGANO

ANTIPASTO Uova in camicia su letto di misticanza e carciofi croccanti

ANTIPASTO Torta salata con pomodori secchi e formaggio vegano

PRIMO Cappelletto con punte di asparagi e salmone

PRIMO Lasagna alle verdure di stagione vegana con tofu affumicato

SECONDO Insalata di pere, radicchio, gorgonzola e noci

SECONDO Tofu caramellato con semi di sesamo e verdure di stagione

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TEATRO

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RICERCA

RIMINI DA PASCAL RAMBERT A PAOLO GRAZIOSI, PASSANDO PER I BIG ACTION MONEY

Fibre Parallele tra esordio e ultimo spettacolo

Un marzo intensissimo quello del Teatro degli Atti di Rimini (nella programmazione del Novelli) che porta in scena spettacoli che mescolano e sperimentano linguaggi diversi. Si comincia mercoledì 2 marzo con Illusioni di Big Action Money, un testo di Ivan Vyrypaev per la traduzione e regia di Teodoro Bonci del Bene: quattro anziani di 84 anni scoprono di non sapere chi sia la persona con la quale hanno vissuto tutta la vita. All’illusione dei personaggi corrisponde quella degli spettatori, che continuano a inseguire un filo logico non cronologico. Si prosegue domenica 6 marzo (al Novelli) quando va in scena uno spettacolo con testo, regia e coreografia di Pascal Rambert dal titolo Prova, incentrato sulla scrittura e sull’atto creativo. Pascal Rambert, direttore di T2G, teatro parigino che lavora sulla creazione contemporanea, autore, regista e coreografo, è stato insignito per questo testo del Premio Emile Augier per la letteratura e la filosofia. Lunedì 7 marzo si torna al Teatro degli Atti per lo spettacolo di Marco Cortesi e Mara Moschini Rwanda (produzione MC teatro civile) dedicato al genocidio più veloce e sistematico della storia dell’umanità. Si finisce poi il 22 marzo con Paolo Graziosi e il suo Edipo in compagnia scritto e diretto da Alberto Bassetti.

BELLARIA EURIDICE E ORFEO DI IN SCENA ALL’ASTRA

Due immagini dagli spettacoli 2 (Due), a sinistra, e La beatitudine, a destra

La pluripremiata compagnia barese Fibre Parallele sarà in Romagna per due date nel mese di marzo. A Cattolica infatti, al teatro della Regina, il 22 marzo presenta lo spettacolo con cui esordì nel 2008 2 (due), una sorta di incubo splatter costruito sui brutali racconti di noti assassini, uno fra tutti Luigi Chiatti. La domenica precedente, invece, a Ravenna, sempre Fibre Parallele porterà al Rasi, per la stagione “Scena Contemporanea”, l’ultima produzione: La beatitudine, di cui gli autori scrivono: «È una storia di una coppia che non riesce a generare e di una madre e un figlio indissolubilmente legati da una malattia. Questa è la storia di un mago pastore che illude gli uomini che la fantasia possa risolvere i problemi della realtà. Questa è la storia di un unico essere umano in tutte le fasi della sua esistenza, dal primo passaggio nell’età adulta alla vecchiaia. Questa è una giostra della vita, spazio unico e nero in cui i personaggi si muovono, si incontrano, si amano, si odiano e si ammazzano». Uno spettacolo di Riccardo Spagnuolo e Licia Lanera, i due fondatori della compagnia. Lanera è anche regista e e inteprete – anche di 2 (Due) – e nel 2014 ha ottenuto il Premio Duse, “menzione d’onore attrice emergente”, il Premio Virginia Reiter come migliore attrice under 35 e il Premio Ubu, “nuovo attore, attrice o performer under 35”.

VALERIA PARRELLA

A Bellaria, al teatro Astra, mercoledì 23 marzo va in scena una rivisitazione del mito Euridice e Orfeo di Valeria Parrella con Michele Riondino, Federica Fracassi, Davide Compagnone, Raffaella Gardon.

RAVENNA AL RASI L’INATTESO E LA NON-SCUOLA In scena al Rasi di Ravenna per Scena Contemporanea anche Anna Amadori con l’Inatteso, dramma scritto da Fabrice Melquiot (nella foto). A marzo sempre al Rasi si svolgeranno i debutti della non-scuola, i laboratori tenuti dal Teatro delle Albe/Ravenna Teatro nelle scuole di Ravenna e dintorni.


TEATRO

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17 CATTOLICA&FORLÌ PIPPO DELBONO TRA LE ORCHIDEE E

PASOLINI

Al teatro Regina di Cattolica martedì 1 marzo va in scena Orchidee (nella foto) di e con Pippo Delbono e con Dolly Albertin, Gianluca Ballarè, Bobò, Margherita Clemente, Ilaria Distante, Simone Goggiano, Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Gianni Parenti, Pepe Robledo, Grazia Spinella. Venerdì 18 marzo invece, sempre Delbono porterà sul palco del Diego Fabbri di Forlì La rabbia, lo spettacolo dedicato a Pier Paolo Pasolini con in scena, tra gli altri, anche Luxuria. Uno spettacolo del ‘95 dedicato alla vita e all’opera dello scrittore.

FAENZA ALCANTARA E I QUADRI DA SHAKESPEARE AL RIDOTTO Alle 21 di lunedì 7 marzo il ridotto del teatro Masini di Faenza ospita la compagnia Alcantara con lo spettacolo La Tempesta – Quadri da William Shakespeare, con la drammaturgia di Lorella Barlaam e la regia di Damiano Scarpa e Anna Rita Pizzioli. L’incontro con Shakespeare rappresenta una tappa importante nel pluriennale cammino, umano ed artistico, dell’affiatato gruppo di undici attori con disagio mentale e di comunicazione del Laboratorio PsicoSociale Alcantara, assieme allo storico nucleo di educatori/attori che a ogni edizione si arricchisce di nuovi partecipanti e contributi. Per approdare agli incanti del celebre testo shakespeariano il Laboratorio Psicosociale si è questa volta confrontato con Alessandro Serra, regista della compagnia Teatropersona che conduce un’interessante ricerca fra corpo dell’attore e composizione dell’immagine.

CESENA

LONGIANO

Lus, storia di una veggente e guaritrice

I vicini di Fausto Paradivino al Petrella

Martedì 1 marzo al Bonci di Cesena va in scena un concerto di Ermanna Montanari, Luigi Ceccarelli, Daniele Roccato su un testo di Nevio Spadoni: Lus - La ricerca. Una produzione del Teatro delle Albe che riportano sulla scena un monologo dialettale che vede protagonista Bêlda, veggente e guaritrice delle campagne romagnole di inizio Novecento, riprendendo la linea tracciata con l’indimenticato Alcina.

Giovedì 3 marzo alle 21 al Petrella di Longiano, il Teatro Stabile di Bolzano porta in scena I vicini di Fausto Paravidino, che ne è anche regista, con Iris Fusetti, Davide Lorino, Fausto Paravidino, Sara Putignano, Monica Samassa. Residenza del Petrella, si tratta di «una pièce sulle nostre paure immaginarie, sulle nostre paure reali, su noi stessi, sugli altri, su noi stessi e gli altri, sui vicini lontani, sulla guerra».


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CINEMA

CONTROCINEMA

La verità antropologica di Gianfranco Rosi Su Fuocoammare, il film-documentario che ha vinto l’Orso d’oro a Berlino parlando di Lampedusa

Più vicino

a Herzog che a Michael Moore, è un regista dell’assoluto

di Albert Bucci*

Questo mese di marzo offre la nuova edizione di “Per Non Morire di Televisione”, rassegna del documentario d'autore, in programma al Palazzo del Cinema di Ravenna, in largo Firenze, nei weekend dell’11 e 12 e 18 e 19 marzo. E da pochi giorni un documentario italiano è assurto alla gloria internazionale. Lo saprete già, parlo di Fuocoammare di Gianfranco Rosi, film che racconta del dramma dei migranti in arrivo su poveri barconi a Lampedusa, e della vita quotidiana sull'isola, film che ha vinto l'ultimo Festival di Berlino perchè, leggendo la dichiarazione della giuria presieduta da Meryl Streep «con la compassione che esprime verso i suoi personaggi unita alla sua forza cinematografica nel combinare una questione politica a un racconto squisitamente artistico, coraggioso e struggente, Gianfranco Rosi ci ha spiegato quanto può agire un documentario quando è così urgente, immaginativo e necessario». Fuocoammare sembrerebbe partire da un altro recente film, Terraferma di Emanuele Crialese del 2012, sempre sul

Rosi vuole «trovare la verità nelle cose attraverso la forza delle

immagini cinematografiche». Attenzione, il passaggio non è banale: dire che la verità delle cose si trova attraverso il cinema significa smentire tutta l’estetica classica del documentario realista dramma dei migranti in arrivo sulle prime isole siciliane davanti alle coste africane. Ma è solo un'impressione, così come non si può ridurre il film di Rosi a una “convenzionale” denuncia delle tragedie umane di questo tempo. Già nelle sue precedenti opere Below the sea level e Sacro Gra (vincitore di Venezia 2013), Rosi sembra cercare una sua personalissima e unica visione del cinema, una sua poetica dell'assoluto per la quale il genere documentario è il più adatto ed efficace, ma solo dopo averlo reinterpretato e rielaborato in qualcosa di diverso. Infatti, come ha ripetuto anche a Berlino, Gianfranco Rosi vuole «trovare la verità nelle cose attraverso la forza delle immagini cine-

matografiche». Attenzione, il passaggio non è banale: dire che la verità delle cose si trova attraverso il cinema, significa smentire, per certi versi, tutta l'estetica classica del documentario realista. Significa che il cinema di Gianfranco Rosi vuole essere Antropologia Cinematografica, che il documentario con lui è diventato un genere narrativo complesso, d'avanguardia, che si ispira senza problemi alla storia del Cinema. Perché Fuocoammare non è un film di strazianti sentimenti sensazionalistici, non cerca mai la facile commozione o una momentanea indignazione. La vita di Lampedusa offre sì la quotidianità di un ragazzino figlio di pescatori; di famiglie che mandano le dediche radiofoniche attraverso l'unico dj

dell'isola; della Marina Militare che attende, quasi fatalisticamente, il prossimo barcone da soccorrere; del medico che ha curato i primi soccorsi in questi anni; dei profughi sbarcati e salvi; e dei profughi che non sono sopravvissuti. Ma queste storie coesistono su uno sfondo culturale che ricorda tantissimo la lirica lezione del Neorealismo italiano, storie più vicine a capolavori come La terra trema di Luchino Visconti e Stromboli (Terra di Dio) di Roberto Rossellini che a ogni reportage di pseudo-attualità. Il documentario non è più confinato al puro realismo, non è più succube del dato giornalistico, perchè ambisce a trovare l'Assoluto nella Realtà, anche contaminandola con piccoli elementi di finzione, con inquadrature elaborate e meditate, con visi di donne appena

sbarcate che sembrano provenire da quadri del Rinascimento, con possenti navi militari quasi struggenti nelle loro missioni, con il canto corale di un gruppo di africani che raccontano, quasi in un gospel, la loro Odissea attraverso il deserto del Sahara prima e il mare Mediterraneo poi. Gianfranco Rosi è, in questo, più vicino a Werner Herzog che a Michael Moore: lo sforzo di immergersi per più di un anno tra le famiglie di Lampedusa nella loro esistenza legata al Mare, di seguire le missioni di salvataggio, sempre identiche e sempre tragiche – senza mai commentare nulla, lasciando che il flusso delle immagini e delle storie ipnotizzi lo spettatore e gli attori non professionisti – lo rende sicuramente non un documentarista del presente, bensì un grandissimo regista dell'Assoluto. *Albert Bucci (Ravenna, 1968) è direttore artistico del Ravenna Nightmare. È stato docente di Sceneggiagtura e Tecniche della Narrazione alla Iulm di Milano e produttore esecutivo di spot pubblicitari televisivi. Possiede anche una laurea in Fisica Teorica. Il suo vero nome è Alberto, ma in effetti è meglio noto come Albert.


CINEMA

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19 FAENZA FILIPPO VENDEMMIATI AL RIDOTTO CON MENO MALE È LUNEDÌ A sinistra: La giuria 2016 della sezione Panorama al festival del cinema di Berlino con Tiziano Gamberini (a sinistra). A destra: un fotogramma del film vincitore della sezione Panorama.

DEL

MASINI

Secondo appuntamento con la nuovissima rassegna “Il Cinema della Verità”, interamente dedicata al docufilm con importanti e pluripremiati registi e opere di questo particolare ambito della “settima arte”, proposta al Ridotto del Teatro Masini di Faenza. Ospite, mercoledì 2 marzo alle 10 e alle 21, sarà Filippo Vendemmiati che presenterà il suo documentario Meno male è lunedì, Premio Touring Club Italiano all’ultima edizione del Festival Internazionale del Cinema Documentario Premio Marcellino De Baggis di Taranto.

RICCIONE LA TESTIMONIANZA DAL FESTIVAL

Dalle sale d’essai della Romagna a Berlino Tiziano Gamberini di Cinemaincentro nella giuria della sezione Panorama «Fukushima mon amour è un’opera d’arte assoluta, è poetica e ci ricorda che la vita è un sogno e che è unica, e va vissuta da ciascuno come tale. [...] Il film ci insegna come da due differenti culture possa scaturire la forza di affrontare il proprio passato e guardare con ottimismo al futuro. È un forte messaggio di rinascita per le persone e per le cose, per le comunità in cui viviamo, per la natura e la terra che ci accoglie e ci abbraccia». È con queste motivazioni che il film della regista tedesca Doris Doerrie che racconta una storia tra due donne, una giovane tedesca e un’anziana giapponese, a Fukushima, si è aggiudicato il premio della sezione Panorama al Festival di Berlino 2016, una sezione dedicata al cinema d’essai, a film da ogni parte del mondo che difficilmente hanno la forza commerciale di essere poi doppiati e distribuiti per il grande pubblico. Eccezion fatta, appunto, per il vincitore. E a decretarlo, c’era una giuria composta come sempre da esercenti di sale d’essai in Europa in cui quest’anno compariva – insieme al tedesco Richard Nüsken e alla polacca Ewa Kujawinska – anche Tiziano Gamberini, presidente del circuito Cinemaincentro che gestisce una sala a Imola, due a Faenza

(il Sarti e l’Italia) e una a Ravenna (il Mariani) e che fa parte della Fice (la Federazione Italiana Cinema d’Essai). E proprio la Fice ha indicato il gestore romagnolo come possibile membro per l’Italia, una candidatura subito accettata dall’organizzazione del festival. Così Tiziano Gamberini ha trascorso cinque giorni a guardare una media di cinque film al giorno, per un totale di trentatre pellicole. «Abbiamo visto un panorama davvero vastissimo con produzioni che vanno dal Kazakhistan alla Corea, davvero una cinematografia mondiale e non è stato facile scegliere. Abbiamo cercato di ottenere una short list cercando di pensare anche a film che possano trovare effettivamente un pubblico, per quanto selezionato, nelle sale europee». Gamberini racconta di una sorprendente unanimità nello scegliere il film vincitore, alla fine di un’esperienza «molto bella e devo dire molto stimolante – ci racconta – anche perché ho incontrato due compagni di giuria con i quali sono entrato subito in sintonia». E così, ecco la pellicola in bianco e nero che la giuria internazionale ha scelto e che, tra tutte quelle in gara, avremo più possibilità di vedere nei mesi a venire. (fe. an.)

I mùm sonorizzano l’esordio di Billy Wilder Una delle band più influenti della scena folk-elettronica incontra un maestro del cinema del Novecento. Con le melodie lievi e ritmate, la mescolanza di elettronica e strumenti tradizionali, i múm si sono affermati sul finire degli anni ‘90 come una novità folgorante del panorama internazionale e, insieme a Björk e ai Sigur Rós, hanno contribuito al successo planetario della musica islandese. Oggi si cimentano con un classico del cinema e ridanno vita alla prima opera scritta dal grande Billy Wilder che esordì come sceneggiatore nella Germania della Repubblica di Weimar, scrivendo il film d’esordio di Robert Siodmak e Edgar G. Ulmer, Gente di domenica (1930): una vera gemma, che chiude la stagione del cinema muto tedesco. I múm sonorizzano dal vivo il film con un’originale partitura elettronica in un’anticipazione del 23° Riccione TTV Festival. Il 5 marzo allo Spazio Tondelli di Riccione.


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LIBRI

L’INTERVISTA

Il secondo romanzo di Distefano, la nuova stella dell’editoria

BIOGRAFIA NOME ITALIANO, COGNOME ANGOLANO E LA PELLE NERA DA AFRICANO: LA STORIA DI UN RAPPER (RAVENNATE) DIVENUTO SCRITTORE DI SUCCESSO

di Matteo Cavezzali

Un anno e mezzo è un tempo breve. Un anno e mezzo fa Antonio Dikele Distefano era un ragazzo che scriveva brevi testi su Facebook e voleva scrivere un libro. “Il tempo ritrovato” e il Caffè Letterario di Ravenna gli pubblicarono il prima raccolta di testi che divenne subito un oggetto cult tra i ragazzi. Oggi è un autore che con Fuori piove, dentro pure, passo a prenderti, edito da Mondadori, ha venduto più di 100 mila copie. Il secondo libro è uscito il 16 febbraio e si intitola Prima o poi ci abbracceremo (Mondadori). Il secondo libro è sempre il più difficile, sei nervoso? «Sì. In questi giorni ho fatto le prime presentazioni a Bologna e Milano e ho visto che c’era più gente che a quelle di Fuori piove, speriamo sia un buon segno. La prossima settimana usciranno i primi dati di vendita. Vedremo…» Cosa c’è di diverso in questo tuo secondo romanzo rispetto al primo? «È meno fast food. È un viaggio in treno di un ragazzo che va verso Milano per incontrare la sua ex. Credo sia più “romanzo”:

«Anche in questo mio nuovo lavoro c’è molto

di autobiografico: per cominciare è ambientato in treno, un luogo che ho frequentato tantissimo girando l’Italia per promuovere il primo libro

»

ha un inizio e una fine, è meno frammentato. Ci vuole un po’ più tempo perché prenda piede, credo, ma poi rimarrà più a lungo». Il primo romanzo era molto autobiografico, quanto c’è di autobiografico in questo? «C’è molto. Per cominciare è ambientato in treno, un luogo che io ho frequentato tantissimo l’anno scorso per girare per l’Italia con la promozione del libro. Praticamente ho vissuto tre mesi sul treno». Nel libro parli molto della famiglia… «Sì, anche questo è un aspetto molto autobiografico. Il protagonista ha una madre che parte e lo lascia, questa storia parla molto di me». Il tuo caso letterario è

esploso tramite Facebook, come è cambiato il tuo modo di usare i social da allora? «I dati dei miei social sono in crescita. Continuo ad anticipare brani del libro, anche se alcuni dicono che non bisognerebbe farlo. Per me funziona, e poi non riesco a non farlo…» Quanto ne hai anticipato su Facebook? «Il trenta per cento, circa». I molti commenti che arrivano agli estratti del libro che pubblichi su Facebook come influenzano la tua scrittura? Modifichi la storia seguendo i consigli dei lettori? «No, ho visto che è meglio non leggerli. Solo dopo, quando il libro è consegnato, torno indietro e leggo cosa avevano scritto nei commenti, ma preferisco non farmi influenzare».

Se vivi a Ravenna e hai meno di 25 anni conosci sicuramente Antonio Dikele Distefano. Figlio di due emigrati dalla Angola, Antonio nasce in un piccolo ospedale del Nord Italia. Sua madre voleva dagli un nome italiano, come gesto d’amore per questo nuovo paese che li accoglieva, ma non conoscendo nessun nome italiano chiese al medico che l’aveva fatta partorire «Comment t'appellestu?», «come ti chiami?»: Antonio. Così Antonio crebbe nella piccola Ravenna con quel nome italiano, quel cognome che pareva italiano (ma che in realtà è un cognome portoghese imposto dai coloni in Angola), ma con la pelle nera di un vero africano. Forse furono il razzismo subito alle scuole e la povertà vissuta in quegli anni a far crescere in lui la voglia di riscatto, quel gran desiderio di voler dimostrare di valere qualcosa che ancora si porta addosso. Ancora giovanissimo tentò, con un discreto successo, con la carriera di rapper diventando discepolo di Moder e del Lato Oscuro della Costa al Cisim di Lido Adriano, prendendo il nome d’arte di Nashy. Poi provò la via della recitazione con la non-scuola facendo lo spiritello nel Sogno di una notte di mezza estate di Marco Martinelli. Poi provò a mescolare musica, rap, recitazione e i primi esperimenti di scrittura con il progetto Primavera Araba, che, assieme al chitarrista Nazir Gallala, portò in giro per le scuole superiori. Ricordo bene quando venne da me e mi raccontò la sua storia. Io organizzavo gli incontri al Caffè Letterario e gli dissi che le storie che mi aveva raccontato era molto affascinanti e che doveva scriverle, lui mi rispose che lo aveva già fatto. Così la volta dopo venne con una serie di racconti scritti da lui. Li leggemmo io e Giorgio Pozzi, editore di Fernandel, dandogli alcuni consigli e aiutandono a pubblicare il suo primo libro autoprodotto. Grazie al tam-tam su facebook il libro andò a ruba, a quel punto Mondadori si accorse che Distefano poteva fargli comodo e gli propose un contratto per la collana young-adult. E adesso esce il secondo libro, e la storia prosegue… (ma. ca.)

Come vedono questo tuo uso massiccio dei social i tuoi colleghi scrittori? «Questo è strano, io non conosco altri scrittori. Non ho rapporti, nessun altro autore mi ha mai scritto. Non mi considerano uno scrittore. Ti faccio un esempio: un po’ di tempo fa Saviano ha postato un articolo in cui c’era l’elenco degli scrittori più seguiti suoi social e io non c’ero. C’erano molti autori meno seguiti di me, che vendono se gli va bene tremi-

la copie, e io non c’ero». Come mai, secondo te? «Perché non mi considerano uno scrittore, ma credo che dopo questo libro molti cambieranno idea». Sta già scrivendo il prossimo? «L’ho già finito. Uscirà a fine anno, sempre con Mondadori, ma con questo libro voglio cambiare strategia, non ne anticiperò nessun brano sui social, se ci riesco…»


LIBRI

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RAVENNA

SAVIGNANO

Il tempo ritrovato: da Ivan Cotroneo a Rosa Matteucci L’ultima tranche di appuntamenti per la rassegna di incontri letterari dal titolo “Il tempo ritrovato”, organizzata da Matteo Cavezzali, che tra l’autunno e l’inverno ha portato a Palazzo Rasponi a Ravenna autori come Corrado Augias, Michela Murgia e Gianrico Carofiglio, si apre con la collaborazione con “ScrittuRa festival” e con Clara Sanchez, una delle più apprezzate scrittrici spagnole, il 4 marzo (vedi box). Lunedì 7 marzo il giornalista Rai Davide De Zan, presenta invece il suo volume Pantani è tornato (Piemme), inchiesta sui misteri legati alla morte del campione romagnolo, in collaborazione con Ravenna Città dello Sport 2016. Giovedì 10 marzo il geologo e divulgatore scientifico Mario Tozzi presenterà invece Tecnobarocco (Einaudi) per smascherare i rischi dell’eccesso tecnologico della nostra epoca. Martedì 15 marzo lo scrittore e regista Ivan Cotroneo, autore di film come La kryptonite nella borsa, presenta Un bacio romanzo-manifesto contro l’omofobia, assieme agli attori del film che uscirà nelle sale a marzo. Mercoledì 23 marzo Graziano Graziani di Rai Radio3 presenterà l’Atlante delle micronazioni (Quodlibet) in cui racconta delle più piccole e dimenticate nazioni del mondo, collezionando casi strani e suggestivi. “Il tempo ritrovato” si concluderà con Rosa Matteucci, una delle grandi autrici italiane edite da Adelphi, che il 6 aprile presenterà Costellazione familiare. Tutti gli incontri sono a Palazzo Rasponi, in via Luca Longhi 9, a Ravenna, dalle 18.30.

Il Bello mondo di Mariangela Gualtieri Domenica 13 marzo il cinema teatro Moderno di Savignano ospita Mariangela Gualtieri, una delle voci più importanti della poesia contemporanea. In Bello mondo l’autrice cuce versi tratti da Le giovani parole (Einaudi 2015), ma inserisce anche poesie da raccolte precedenti. Regia di Cesare Ronconi.

RIMINI PARLA CON LEI: INCONTRI CON LE AUTRICI IN GAMBALUNGA In occasione dell’8 marzo, la biblioteca Gambalunga di Rimini organizza un ciclo di incontri dal titolo “Parla con lei. Dialoghi con le autrici”. Dopo l’avvio con Michela Marzano a febbraio, si prosegue domenica 6 marzo: alle 17.30 nelle sale antiche della biblioteca Alba Piolanti, con la collaborazione di Laura Falqui (specialista in arti visive), riscoprirà le figure femminili del casellario politico di Forlì nel suo Sovversive. Donne della provincia di Forlì schedate nel casellario politico centrale (Il Ponte Vecchio editore, 2015). Si prosegue sabato 12 marzo, alle ore 17.30, con la psicologa Alessandra Pauncz, che parlerà della sua esperienza nel centro di ascolto per uomini maltrattanti, a partire dal suo ultimo libro Da uomo a uomo. Uomini maltrattanti raccontano la violenza (Erickson, 2015). Venerdì 18 marzo Ritanna Armeni parla del suo ultimo libro Di questo amore non si deve sapere. La storia di Inessa e Lenin (Ponte alle Grazie, 2015). Infine, sabato 2 aprile, Thomas Casadei e Orsetta Giolo presenteranno la raccolta di saggi Donne, diritto, diritti. Prospettive del giusfemminismo (Giappichelli, 2015).

RICCIONE

L’ANTEPRIMA CLARA SANCHEZ PER “SCRITTURA FESTIVAL” Clara Sánchez è la più letta scrittrice spagnola e sarà a Ravenna per l’anteprima di “ScrittuRa Festival” venerdì 4 marzo alle 18.30 a Palazzo Rasponi. Ha raggiunto la fama mondiale con il bestseller Il profumo delle foglie di limone, in cima alle classifiche di vendita per oltre due anni. Con Garzanti ha pubblicato anche La voce invisibile del vento e Entra nella mia vita. È l'unica scrittrice ad aver vinto i tre più importanti premi letterari spagnoli: Alfaguara nel 2000, Nadal nel 2010 e Planeta nel 2013 con Le cose che sai di me. La meraviglia degli anni imperfetti, il suo ultimo romanzo, è appena uscito in italiano edito da Garzanti. L’autrice dialogherà con Matteo Cavezzali.

Lucarelli e la buffa storia della censura Allo spazio Tondelli di Riccione giovedì 24 marzo va in scena L’opera buffa della censura di e con Carlo Lucarelli, Marco Caronna (voce, chitarra, percussioni) e Alessandro Nidi, pianoforte. Si tratta di una prima assoluta. Un viaggio semiserio tra le musiche che hanno osato lo sberleffo al regime tra due musicisti e uno scrittore in fuga.


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L’AUTORE

Marco Marsullo tra autobiografia, ironia e voglia di raccontare storie

di Gloria Bernabini

Il 18 marzo, alle 21, la rassegna letteraria “Caratteri d’inverno”, promossa dalla cooperativa Archimedia, porterà a Forlì Marco Marsullo, giovane scrittore napoletano che ha da poco pubblicato con Einaudi Stile Libero il suo terzo romanzo, I miei genitori non hanno figli. L’incontro si terrà al Cosmonauta, che lo scorso settembre ha ospitato la prima edizione di Caratteri d’autore, un festival dedicato alla narrativa di genere che ha poi dato vita a “Caratteri d’inverno”, un ciclo di incontri mensili accompagnati dalle degustazioni offerte dai Poderi dal Nespoli. Marco Marsullo, dopo l’esordio con Einaudi Stile Libero che nel 2013 ha pubblicato Atletico Minaccia Football Club, si è confermato autore di successo con L’audace colpo dei quattro di rete Maria che sfuggirono alle Miserabili Monache. I suoi romanzi sono caratterizzati da una comicità quasi grottesca e da uno stile fresco e irriverente. Mentre nel primo libro Marsullo dava vita alla figura di un maldestro e sfortunato allenatore di provincia alla guida di una scalcagnata squadra di calcio, nel secondo

raccontava le avventure di un variopinto gruppo di vecchietti in gita a Roma che scappano dalle suore dell’ospizio per occupare la sede di Rete Maria. Nell’ultimo romanzo, invece, l’autore prende il punto di vista di un ragazzo diciottenne e ne racconta il disagio dovuto alla scelta dell’università e al difficile rapporto coi genitori separati, i quali, concentrati come sono su se stessi e alle prese con le loro nuove vite, pretendono che il figlio capisca da solo cos’è meglio per il suo futuro. Abbiamo chiesto allo scrittore come mai, per questo romanzo, ha deciso di cambiare argomento, pur mantenendo la vena comica e il tono leggero e ironico che lo contraddistinguono. Marco, I miei genitori non hanno figli è il tuo primo romanzo in parte autobiografico, e forse l’ultimo, come tu stesso affermi. Perché hai sentito l’esigenza di parlare di un argomento più intimo rispetto a quelli dei tuoi precedenti romanzi? «Il libro è nato in accordo con la casa editrice: avevamo voglia di raccontare la famiglia, ma dal punto di vista di un ragazzo diciottenne e, visto che la mia storia familiare è piuttosto diver-

tente, ho colto la palla al balzo. Ne è risultato un viaggio diverso, forse più introspettivo, ma non si tratta di una biografia in senso stretto, anzi, il dato autobiografico non è quello più significativo all'interno del romanzo». Nel libro ti confronti con la generazione degli adolescenti di oggi. Come sei riuscito a trovare la voce di un ragazzo di 18 anni, dal quale ormai ti separa qualche anno? «Da un lato ho ascoltato l’adolescente che sono stato e dall’altro ho fatto lavorare la fantasia. Alla fine scrivere romanzi non è altro che questo». Come sono nati i personaggi dei tuoi altri romanzi? C’è comunque qualcosa di autobiografico anche in loro? «No, ma di sicuro c’è qualche tic, qualche mania che ho potuto osservare in me o nelle persone che conosco o che ho incontrato nella vita. I personaggi nascono perché ci sono; le storie sono ovunque e per me poterle raccontare è un grande privilegio». Il tema de I miei genitori non hanno figli è quello attualissimo della famiglia, e ciò che emerge è, tra le altre cose, il silenzio che spesso domina i rapporti familiari. Cosa rispondi a chi vede nelle

Il giovane scrittore sarà

ospite a Forlì, per “Caratteri d’inverno”, il 18 marzo

unioni civili e nella stepchild adoption una minaccia alla “famiglia tradizionale”? «Il concetto di famiglia "tradizionale" va quanto meno rivisitato e aggiornato. Dal mio punto di vista non esiste alcuna minaccia, e credo sia necessario, anche in sede istituzionale, osservare ciò che succede nel mondo con maggiore curiosità. Per avere un mondo migliore è d’obbligo stare al passo coi tempi». “Caratteri d’inverno”, che ti ospita a Forlì, è dedicato alla narrativa di genere, e in particolare al noir, all’umorismo, allo storico e al fantasy. Quali sono le tue letture e i tuoi generi narrativi preferiti? E i tuoi maestri di scrittura? «Non ho un genere preferito. Niccolò Ammaniti è l’autore italiano che prediligo, e con lui Diego De Silva, Aldo Nove e Francesco Abate. Inoltre, leggo molto gli americani, che guardo con curiosità, perché mi sembra che godano di una maggiore libertà di scrittura. Prendendo esempio da loro, mi piacerebbe scrivere molte storie che invece, qui in Italia, non si ritengono (ancora) vendibili. Ma alla fine, alzare l'asticella è l'unica cosa che mi diverte».


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FILOSOFIA/1

FILOSOFIA/2

I grandi raccontati dai grandi

GIOVANNI SIRONI A FORLÌ PER PARLARE DI HUNGER GAMES

Torna la rassegna di Misano. Si comincia con Sini, atteso anche Galimberti Si alza il sipario venerdì 4 marzo sull'ottava edizione della rassegna letterario-filosofica promossa dalla biblioteca comunale di Misano Adriatico al cinema teatro Astra sotto la regia del direttore Gustavo Cecchini. Sei appuntamenti sempre alle 21 fino all’8 aprile, con altrettanti protagonisti del pensiero contemporaneo italiano. Si comincia venerdì 4 con il filosofo Carlo Sini che apre la rassegna parlando di Infiniti universi e mondi di Giordano Bruno, il pensatore che nel XVI secolo pagò con la vita la propria lungimiranza nel comprendere la portata della rivoluzione “copernicana” e del “nuovo infinito”. Di questa grandiosa rivoluzione, ancora in cammino, le opere scritte a Oxford e a Londra da Bruno, e in particolare De l'infinito, universo e mondi (1584), sono tuttora un documento entusiasmante e profetico. Venerdì 11 marzo ci sarà invece Marcello Veneziani a parlare di un libro dalle mille letture possibili: Il libro dell'inquietudine di Fernando Pessoa. L'opera contiene le centinaia di riflessioni del più celebre eteronimo dell’autore, Bernardo Soares, raccolte in maniera disordinata e “aperta”, in una sorta di “zibaldone”. Venerdì 18 marzo salirà sul palco dell'Astra il filosofo Umberto Curi con Alcesti di Euripide. Rappresentata nel 438 a.C., Alcesti è la più antica fra le tragedie di Euripide a noi pervenute. Ispirata a un mito di cui si narra anche nel Simposio di Platone, essa mette in scena una storia d'amore che ha per protagonisti il re di Tessaglia Admeto e la sua sposa Alcesti. L'incontro sarà preceduto da una introduzione in versi di e con Mariangela Gualtieri. Il venerdì successivo sarà la volta di Umberto Galimberti a introdurre La gaia scienza di Friedrich Nietzsche. Nell'agosto del 1881, in Engadina, «6000 piedi al di là dell’uomo e del tempo», Nietzsche ebbe la folgorazione dell’«eterno ritorno», il vero mistero filosofico della sua vita. Ed è di questo periodo l’elaborazione della Gaia scienza, libro che «rivela da cento segni la prossimità di qualcosa di incomparabile». Fra i temi trattati, l’aspirazione alla vittoria spirituale contro la tirannia del male e il prevalere del pessimismo insieme a una forza interiore che permette di affrontare la vita nella sua globalità. Venerdì 1 aprile, il filosofo Diego Fusaro si misurerà con Il trattato del ribelle di Ernest Junger, manuale del pensiero non omologato e dell'indocilità riflessa. Si chiude venerdì 8 aprile con Renzo Paris che traccerà un ritratto inedito di Pier Paolo Pasolini attraverso una sua celebre opera teatrale: Affabulazione. Dice Paris: «Sono stato amico di Pasolini dal 1966 al 1975. Pasolini mi regalò una versione di Affabulazione dove aveva cassato piu di seicento versi, parte dei quali li ho dati a Walter Siti e sono nel “Meridiano” Mondadori dedicato al teatro pasoliniano. Nel mio libro – Pasolini ragazzo a vita – edito dalla Elliot racconto gli alti e bassi dell'amicizia, comprese le incomprensioni sulla sua poesia contro gli studenti del 1968 e poi racconto il Pasolini piccolo borghese, non il borgataro, quello deluso di tutto, ripercorrendo i luoghi romani ma anche quelli del primo archivio Pasolini che Laura Betti e io mettemmo insieme, raccontando le estati al Circeo con i grandi del cinema e della letteratura, da Moravia a Bertolucci. Ci sono poi i viaggi a Nuova Delhi e in Kenia. Certo Pasolini è un gigante amato in tutto il mondo. Inframmezzerò notizie sulla sua vasta opera con i ricordi personali, come l'ultimo, avvenuto qualche mese prima della morte, in cui trasportammo insieme una poltrona d'epoca per il film Salò».

La statua dedicata a Giordano Bruno, a cui sarà dedicato il primo appuntamento della rassegna.

Giovanni Sironi è il relatore del secondo appuntamento del ciclo di incontri di filosofia dedicati al tema dell’horror “Philososphy of Horror. Pensare al di là dell’umano” curata da Giacomo Foglietta e che si svolge alla biblioteca comunale Aurelio Saffi (corso della Repubblica 78) a Forlì. Il tema della conferenza è quanto mai attuale, il titolo è infatti: Hunger Games. Un tributo al godimento.

FILOSOFIA/3 BENCIVENGA NARRATORE ALLA ROCCA DI LUGO Lunedì 21 marzo al Salone Estense della Rocca di Lugo (Ravenna), per la rassegna Il caffé letterario, arriva Ermanno Bencivenga, filosofo e saggista che nel corso del tempo ha scritto di logica formale, storia della filosofia, etica, filosofia politica. In questo caso arriva però nelle vesti di romanziere per presentare il suo Il giorno in cui non tornarono i conti (Viareggio, MdS Editore, 2015). Introduce Patrizia Randi Si tratta di un romanzo in cui Bencivenga guida per mano il lettore e svela i meccanismi del pensiero e della percezione della realtà che ci condizionano, ci illudono e ci forniscono molto spesso dati errati su noi stessi e sulla realtà circostante.

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Doppio appuntamento in Romagna per Guido Catalano con il suo Grand Tour – Poesie curative per anime giulive, antologia delle sue opere tra il romantico e l’ironico. Le date sono quelle del 2 marzo al Bronson di Ravenna e del 5 marzo a Coriano al teatro. In entrambi i casi biglietti a 10 euro.


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ARTE

A sinistra: Piero della Francesca, “Madonna della Misericordia”, 1445-1462, olio su tavola. Museo Civico, Sansepolcro. A destra: Felice Casorati, “Ritratto di Silvana Cenni”, 1922. Collezione privata, Torino.

LA RECENSIONE

Da Piero a Casorati: visita alla mostra di Forlì tra epigoni e traditori del genio di Sansepolcro di Serena Simoni

La Madonna della Misericordia di Piero della Francesca e la Silvana Cenni di Felice Casorati sono a tutti gli effetti gli estremi significativi della mostra in corso ai Musei di San Domenico di Forlì, dedicata al grande maestro prospettico toscano – se non il monarca, almeno un principe del Quattrocento italiano – e ai suoi influssi sull'arte attraverso i secoli, fino ad arrivare a quella indagine capillare che numerosi artisti italiani dedicarono alla sua opera fra gli anni '20 e '30 del '900. La Silvana Cenni di Felice Casorati, una grande tela eseguita nel 1922, chiude praticamente il percorso espositivo rendendo chiaro quanto l’analisi dell’artista piemontese dovesse a Piero: una cromia giocata su poche tonalità controllate e opalescenti, e una geometria spaziale perfetta a cui il cervello si aggrappa come all'ultimo respiro. Poco

importa che il punto vita della Cenni sia talmente stretto da pregiudicare la sopravvivenza della donna: quel respiro a cui si alludeva è una funzione metaforica dell'occhio che rimbalza dal semicerchio della scollatura della donna all'ovale della sua blusa bianca, dal rettangolo della finestra che inquadra la figura alle rette perpendicolari del soffitto di legno agli oggetti sparpagliati prospetticamente a terra. Casorati è forse l'unico che abbia pienamente compreso la potenza del genio di Sansepolcro, le regole del suo lavoro – prospettiva e luce – e i suoi esiti finali. Molti epigoni si sono limitati a riprendere quel sistema geometrico di resa tridimensionale scaturito da un'interpretazione razionale del mondo, altri hanno invece compreso l'analisi di una luce naturale di origine fiamminga che per una strada diversa è in grado di costruire lo spazio. Pochi invece, e fra questi è Casorati, hanno sospinto la rappresen-

tazione in un'atmosfera rarefatta dove al mondo è sottratta ogni possibilità di vita ma a cui è donata in cambio l'eternità. C'è chi ha ricordato in passato come Piero della Francesca può essere venuto in contatto con la filosofia del contemporaneo Nicola Cusano, il che spiegherebbe come la conciliabilità degli opposti – una luce naturalissima e una contraddittoria geometria pervasiva – costituisca l'unica strada possibile per la rappresentazione del divino. Forse questa non è l'ultima meta spirtituale di Casorati, ma la sua pittura rag-

Si avvicina più alla pittura

del maestro chi, fra i pittori, meglio lo tradisce. Come Donghi e Capogrossi

giunge un effetto spiazzante, determinato proprio dalla coesistenza armoniosa di queste contraddizioni. L'esito è altissimo e, mi dispiace, non accessibile a tutti: la seconda parte della mostra si sviluppa quindi per mostrare i riecheggiamenti – veri o presunti – di Piero della Francesca in numerosi artisti italiani, puntando decisamente ad alcuni veristi e al gruppo dei Macchiaioli, poi alla generazione di artisti attiva fra gli anni '20 e '30. Per quanto riguarda i primi – fra cui ricordiamo presenti alcuni dipinti di Silvestro Lega, Odoardo Borrani e Telemaco Signorini – direi che la tesi di un richiamo a Piero non è del tutto convincente: la luce naturale è il punto di partenza dell'estetica del gruppo ma nel senso di un'aderenza profonda alla verità della visione. Nulla di più lontano da Piero della Francesca, che – come si diceva – non mostra nessun interesse verso il contingente, ad eccezione del

fattore luce come elemento antitetico. Forse vi si avvicinano maggiormente le ambientazioni pacate e silenziose di Lega, ma la sua lucida descrizione della realtà assomiglia più alla sospensione di un attimo che ad un un'uscita dal mondo. In mostra, a piano terra, si dimostra come l'artista toscano fosse stato completamente dimenticato dopo la grande stagione del Rinascimento maturo e come questo paradossale oblio venga interrotto da alcuni artisti e intellettuali stranieri nel corso dell'Ottocento. Sono quindi gli affreschi di Piero ad Arezzo a convergere gli interessi di un artista tedesco come Johann Anton Ramboux, vicino al gruppo dei Nazareni nella prima metà del XIX secolo, o quelli del francese Charles Loyeux, che li copia a grandezza naturale verso la fine dell'Ottocento. Occorre invece aspettare il circolo londinese di Bloomsbury – nelle figure di Roger Fry e Duncan Grant – e le illuminazioni di un lituano naturalizzato statunitense, ma profondamente italiano per cultura e biografia, come Bernard Berenson, per restituire agli studi la vera dimensione della grandezza di Piero della Francesca. L'approdo di questa riscoperta in


ARTE

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25 Italia all'inizio del '900 incrocia l'attento sguardo di Roberto Longhi e da qui in poi il definitivo recupero è cosa nota. Longhi è figura centrale della cultura italiana del Novecento e nessuno poteva o può non tenere in conto il suo giudizio: l’ambiente artistico italiano postavanguardista lega la scoperta del toscano alle necessità di un linguaggio monumentale dalle radici “italianissime”, come voleva la cultura fascista. La purezza di Piero e la tecnica dell'affresco incontrano i favori di un'estetica che doveva spiegare la grandezza del genio nazionale, illustrandola su grandi pareti con soggetti adeguati e dettati dal potere. Difficile vedere affinità con Piero se non tangenziali nelle opere di Ferruccio Ferrazzi e Pino Casarini o negli esponenti del gruppo “Novecento”: si tratta di citazioni letterali o riprese di aure sospese, di geometrie precise e luci fredde che si limitano a esplorare un insieme di regole visive. A parte la pittura di Casorati che vive delle stesse contraddizioni volute da Piero, si avvicina più alla pittura del maestro toscano chi – fra i pittori – meglio lo tradisce. È il caso di Antonio Donghi – di cui sono in mostra tre dipinti eccezionali – che dimentica la luce pierfrancescana sostituendola con un'altra innaturale, ottenendo comunque lo stesso l'immagine di un mondo slittante fra reale ed eternità; è ancora il caso del Temporale (1933) di Capogrossi, che rinuncia alla definizione pittorica e alla luce naturale, ma restituisce un’immagine sospesa, ambigua, in cui la geometria sembra costituire la possibile via di fuga dal mondo. Il rimando all'esperienza di Morandi – anch'egli in mostra con alcune tele di proprietà di Roberto Longhi – è quasi scontato. Ma per tutti questi grandissimi autori – Donghi, Capogrossi, Morandi, Guidi, Funi – e per la loro produzione degli anni Trenta, occorre ricordare che ben oltre a Piero c'erano state le esperienze (indimenticabili

A sinistra: Giovanni Bellini, “Pietà”, cimasa della Pala Pesaro, 1471-83, Roma, Pinacoteca Vaticana. A destra: Giuseppe Capogrossi, “Il Temporale”, 1933, Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea, Roma.

In mostra capolavori che da soli valgono un giro ai Musei di San Domenico

anche per i ciechi, sordi e muti) delle Avanguardie e, soprattutto, della Metafisica e del Surrealismo. De Chirico è in mostra a Ferrara, ma è più vicino in linea di spirito a molti di questi dipinti di quanto lo siano in linea d'aria quelli di Piero. Rimane il fatto che a Forlì è possibile vedere opere antiche e moderne – spesso in relazione diretta, se pure ricca di fraintendimenti, con alcune opere di Piero – prestate eccezionalmente da collezionisti privati e musei europei e d'oltre Oceano. Interessanti sono ad esempio alcuni piccoli esemplari di

Seurat – un altro "traditore" che ha compreso la fuga verso l'eterno del maestro di San Sepolcro – e due grandi dipinti di Puvis de Chavannes – Le ballon e Le pigeon (1870, 1871) – che respirano la stessa sospensione del tempo, l'inattualità del gesto e del corpo, trasformandosi in un puro esercizio di intelletto così gradevole rispetto a tante sciatterie del Simbolismo. E per chi non fosse interessato alla linea critica che esplora i conti fra i dare e gli avere tra le opere di Piero della Francesca in mostra – poche ma eccezionali, come la Sant'Apollonia della

National Gallery di Washington DC o la Madonna con Bambino di Newark – e gli artisti delle generazioni successive fra Otto e Novecento, rimane più di un motivo per andare a vedere questa mostra: incentrata non solo sulla figura del grande artista toscano, le sale dispongono una serie di opere di artisti precedenti e contempoeanei – Domenico Veneziano, Paolo Uccello, Andrea del Castagno, Beato Angelico – e altri che a lui sono direttamente debitori fra Romagna, Marche, Emilia, Roma e Venezia, come il Palmezzano, Cristoforo da Lendinara, Francesco del Cossa, Ercole de' Roberti, Bartolomeo della Gatta o Antoniazzo Romano. Se alcune di queste opere sono state mal scelte – non tanto per gli influssi, indiscutibili, ma perché talvolta restaurate

da manine che andrebbero mozzate prima dei danni – è pur vero che ci sono capolavori a breve distanza che da soli valgono un giro ai Musei di San Domenico. Uno fra tanti, Giovanni Bellini con le due Pietà prestate da Rimini e dai musei Vaticani, che pur partendo dalle stesse domande di Piero della Francesca sulla consistenza naturale della luce esemplificano una ricerca dall'esito contrapposto: l'umano – troppo umano – ricordava e ancora riporta dolorosamente al tempo che scorre. “Piero della Francesca. Indagine su un mito”, Forlì, Musei San Domenico, fino al 26 giugno; orari: Ma-Ve 9.30/19, Sa-Do e festivi 9.30/20; Chiuso il lunedì. Info: mostrefondazioniforli.it.

Con il patrocinio di ORDINE ARCHITETTI RAVENNA

Comune di Ravenna

Con la collaborazione di Comune di Faenza

Comune di Cervia

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PITTURA #665 Yellow #2 (Yellow on Black), 2012 (dettaglio).

Di Sughi in Sughi: intervista a Mario, figlio d’arte di Alberto di Elettra Stamboulis

Che cosa significa fare l’artista ed essere figlio d’arte? Non sono tanti quelli che osano questa strada, troppo forte il rischio del confronto. Sempre alle spalle la paura del nome del padre o della madre. Eppure per secoli l'arte è stata fatta da genealogie e non da singole personalità: tuttavia nello scorcio dell'ultimo secolo e in questo nuovo millennio il connubio crea sospetto. Lo abbiamo chiesto a Mario Sughi, figlio di Alberto Sughi, storico pittore originario di Cesena e uno dei massimi esponenti della generazione degli anni '50 e del dopoguerra, per il quale fu coniata la definizione di realismo esistenziale: artista a sua volta, vive però da decenni a Dublino. Di solito i genitori reagiscono malamente quando i figli decidono di fare gli artisti. Come la presero i tuoi genitori? «A mia mamma piaceva quello che facevo, non ha mai recriminato sulle mie scelte. Ero più io che cercavo altre strade per non entrare in gara con mio padre. Di fatto ho recuperato il rapporto con Sughi (ne parla sempre indicandolo per cognome, ndr) quando sono partito e mi sono stabilito in Irlanda. Tuttavia lui mi ha sempre incoraggiato, non è mai stato castrante. Ma per me c'era una distanza, una differenza sostanziale. Lui era molto serio, aveva un’adesio-

ne totale al suo lavoro. Noi eravamo ragazzi, più scanzonati, dissacratori. All’inizio quando ero ancora a Roma collaborai anche con il Male, sai Vincino, Vauro quel giro lì. Io insomma ero e mi sento più leggero... Non ho mai pensato che nelle mie opere ci fosse un'operazione di verità, di istanza sociale. Che ci fosse un messaggio... Sughi lo faceva, la pittura per lui era messaggio. Per me questo non accade quando dipingo: posso parlare con te per ore e analizzare dove va questo mondo, ma quando disegno la mia preoccupazione è strettamente legata all'immagine. Per Sughi no: lui ha disegnato la classe dirigente, ha fatto una pittura umanista... Certo, c'è un fenomeno di scelta inconscia che io faccio che andrebbe indagato, perché colgo certi aspetti e non altri. Ma non è un percorso intenzionale. Ci sono certo anche punti di contatto tra noi: ad esempio il confronto con la storia dell'arte». E come è stato per te arrivare alla scelta di diventare artista? Un via diritta o contorta? «Diciamo che sono uno che ha cercato in tutti i modi di evitarlo. Sì, da bambino e ragazzo disegnavo con Sughi nel suo studio. Lui mi diceva: “Ah, sei bravo” e poi mi faceva vedere come si mescolano i colori, le campiture degli acquerelli. Ma era più una cosa tra padre e figlio. Tuttavia le mie scelte erano state altre: avevo

lasciato Cesena al seguito della famiglia nel 1961 e ho finito il liceo classico a Roma, mi sono laureato in Storia e poi sono andato a Dublino nel 1987... avevo 27 anni. Dovevo fare un dottorato in Storia e non sono più tornato. In realtà questo distacco mi ha permesso di liberarmi e invece di fare lo storico ho trovato lavoro come disegnatore con degli archeologi. Disegnavo le mappe, gli artefatti. Ho trovato un linguaggio diverso. Ho cominciato a usare il disegno digitale e quella è stata la mia cifra». Non è mai tardi per imparare a suonare il piano… Ma cosa fare se ci arrivi tardi all'arte? «Ha degli svantaggi, questo va detto. Certe cose andrebbero fatte nei tempi giusti, un percorso artistico lineare prevede che intorno ai trent'anni tu sia abbastanza maturo. Io che non rientro in questa fascia d'età sono uscito dalla competizione su certi requisiti. Allo stesso tempo ha dei vantaggi, ti permette una libertà di scelta che diversamente sono sfizi... Una strada casuale o tardiva ti permette di entrare e uscire da certi schemi senza agitazione, panico, ansia da prestazione. È come la wild card nello sport: sei fuori dal regolamento, ma puoi partecipare lo stesso, e non è detto che non sia entusiasmante. Il mio lavoro è veramente una fonte da cui deriva la mia forza. Se tu sei self confident (asserti-

Comacchio si anima in primavera con un ricchissimo calendario di eventi dedicati alla Primavera SLOW del Parco del Delta. Gli appuntamenti che partono dal 19 marzo sono i seguenti: Una giornata con la bici per attraversare le valli di Comacchio, tra la flora e la fauna dai colori e dalle varietà che lasciano incantato l’occhio, si arriva al ristorante circondato da lagune di pesca a due passi dalla pineta di Spina e dalle spiagge dell’ Adriatico. Lasciata la bicicletta ci si imbarca in motobarca per navigare tra canali lagunari e ammirare uccelli di ogni specie e colore, nel silenzio dei luoghi. Sbarco alla cittadina di Comacchio, tour a piedi della piccola Venezia, ammirando alcuni dei monumenti come: il Duomo, i Trepponti, l’Antica Pescheria, Palazzo Bellini, Ex Ospedale San Camillo …e i tanti ponti che collegano le isole che danno origine alla città di Comacchio. Dal 19 marzo al 26 giugno 2016, tutti i giorni SU PRENOTAZIONE Delta Adventures: escursioni in Eco 4×4 off road Suggestiva escursione ambientale e naturalistica a bordo di fuoristrada Eco 4×4, un modo unico ed esclusivo per addentrarsi negli scenari ponte tra terra e acqua nel Parco del Delta del Po, che si estendono dalla Foce del Delta del Faro di Gorino in provincia di Ferrara, fino al versante sud delle Valli di Comacchio in provincia di Ravenna. Durante l’escursione si potranno osservare uccelli e altre specie di fauna selvatica in differenti ambienti. Una guida ambientale escursionistica accompagnerà gruppi di massimo 6 persone, dedicando loro la massima attenzione. Vengono forniti binocoli ad uso gratuito e, per i meno esperti, nozioni di fotografia naturalistica. Dal 19 marzo tutti i giorni SU PRENOTAZIONE Sicuramente l’evento principale della rassegna sul territorio di Comacchio sarà l'ottava edizione della Fiera Internazionale del Birdwatching dal 29 Aprile al 1 Maggio 2016, sul territorio di Comacchio i riflettori saranno puntati su una miriade di eventi dedicati agli amanti della Natura e dell'escursionismo.


ARTE

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#584 The passage of time, 2011

Oggi Mario Sughi vive a Dublino ed espone

in Europa, ma sta lavorando con la sorella per aprire nel 2016 un centro dedicato al padre e al suo lavoro

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vo) ce la puoi fare, la self confidence non te la comperi domattina. Sarà un lavoro più genuino, più naturale, ma vero». Sei quindi un autodidatta, un po' come tuo padre... «Sì, il disegno nello studio con Sughi è stato sicuramente incoraggiante, mi correggeva un po', fai le pennellate più lunghe, acquarello con acquarello... Tuttavia vedi io ho studiato Storia all'università, ma anche lì mi sento autodidatta. Alla fine sei sempre solo con i tuoi libri e il tuo archivio, e nessuno te lo insegna a mettere insieme i pezzi di storia. Così è con il disegno». Ora lavori non solo nella tua patria di elezione, ma anche in altri paesi... «Sì, l'ultima mostra l'ho fatta ad Aberdeen con un pittore scozzese. Una doppia personale... è bello fare le cose in due. Aprono le letture, le persone entrano e vedono un dialogo, non un lavoro che si guarda allo specchio. Sia in Scozia che in Irlanda, come nella provincia inglese, c'è un clima molto vivace per l'arte. Ma questa vivacità non la vedi quando vai in certe gallerie d'arte, la vedi quando hai occasione di parlare con i ragazzi che incontri in una mostra o al pub, c'è un interesse vero. È strano che invece il clima galleristico rimanga invece impermeabile a quest'aria e le gallerie a Dublino mostrino soprattutto un'arte tradizionale. Molto astratto non nuovo, di maniera. Un figurativo decorativo. Sicuramente c'è una grande alfabetizzazione artistica: accanto al Trinity College gli studenti vanno a riposarsi in galleria, che è gratuita e accogliente. Se l'arte la vedi, ti entra dentro». In particolare hai rapporti

ottimi con la Germania... «Sì, in Germania ho la galleria con cui lavoro da più tempo e che sostanzialmente ha creduto nel mio lavoro per prima. Sicuramente questo ha a che fare anche con il clima economico: sono stato alla fiera di Karlsruhe recentemente e c'era un clima più euforico, maggiore disponibilità economica. La recessione in Italia si sente moltissimo e nel nostro lavoro è istantaneamente percepibile. Ad Aberdeen ad esempio c'è disponibilità perché c’è un po’ di petrolio... Però la situazione italiana non la capisco. Seguo ad esempio molti musei e gallerie italiane su Twitter, si divertono a fare tweet basati sul nulla e non custodiscono la collezione. Chiacchierano, non riflettono... Ma forse sono troppo lontano». So che stai anche lavorando con tua sorella sull'archivio di tuo padre... «Ah sì. Abbiamo trovato un edificio perfetto a Forlì per collocare in sede definitiva la collezione di quadri, la documentazione, le fotografie, la biblioteca di Sughi. È uno spazio grande e che permette un uso ibrido, di archivio ed esposizione e contiamo di aprirlo su prenotazione e al pubblico a metà 2016. Incrociando le dita tra maggio e giugno. Siamo all’opera con Serena per completare l'archiviazione e la certificazione, poi contiamo di organizzare se non vere e proprie mostre, perlomeno valorizzare questo lascito attraverso la collaborazione con enti e istituzioni. Siamo ovviamente in contatto con un pool di critici e storici dell'arte». E qui ritroviamo la doppia natura di Mario, storico e artista, che a lungo si è firmato nerosunero, proprio per non confondersi con Sughi senior. http://www.nerosunero.org/#/


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ITINERARI

L’Alta Valmarecchia? Un (eco)museo Un viaggio per famiglie da Pennabilli a Poggio Berni, da Torriana a Sant’Agata Feltria di Sabina Ghinassi

Uno degli eventi più interessanti degli ultimi anni, in termini di turismo, è il fenomeno del Museo Diffuso o eco-museo, un museo dinamico, fluido, per niente ingessato o irrigidito in schemi esclusivamente conservativi. Citando lo storico e archeologo Hugues De Varine che iniziò a parlarne all’inizio degli anni Settanta. «Un ecomuseo è qualcosa che rappresenta ciò che un territorio è, e ciò che sono i suoi abitanti, a partire dalla cultura viva delle persone, dal loro ambiente, da ciò che hanno ereditato dal passato, da quello che amano e che desiderano mostrate ai loro ospiti e trasmettere ai loro figli. Un tal processo si costruisce gradatamente, con alti e bassi. L’ecomuseo non è un museo, è ovunque e può morire se la gente non ne ha più bisogno». Nel museo diffuso possono esserci opere d’arte straordinarie, antiche o contemporanee, ma anche tracce di usi e costumi di un territorio; nel museo diffuso possono esserci testimonianze di macrostoria e microstoria. Si tratta di una strategia museale sempre più usata in Nord Europa e in America Latina, dove è lo specchio di un radicamento etico e sociale che valorizza, attraverso una cura collettiva,

Uno scorcio del museo del calcolo a Pennabilli

Un ecomuseo è un luogo lento e solidale, presuppone

un’esperienza continua da parte di una comunità e una cura e una tutela in grado di tracciare un filo diretto tra generazioni

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il bene culturale anche in assenza di grandi risorse finanziarie. La Romagna è piena di ecomusei, piccoli ma estremamente belli, sorprese preziose destinate a diventare un Terzo Luogo di incontro tra generazioni diverse, dove bambini, genitori e nonni possono scoprire cose interessanti, ritrovare e trasmettere esperienze. Sono luoghi da tutelare e, soprattutto, da visitare, anche se c’è un piccolo biglietto d’ingresso da pagare, perché il più delle volte, è comprensivo di visita guidata e laboratori e consente, a chi lo gestisce, di poter sopravvivere. L’Alta Valmarecchia, da più di un decennio, si è costituita in Rete – ReMus è l’acronimo – ed ospita un vero e proprio Museo diffuso, abbracciato dolcemente dal confine illusorio tra Marche e Romagna. Qui tra riminese, cesenate e pesarese, è un susseguirsi di piccole presenze straordinarie: si può partire dai Museo/Mulino Sapignoli di Poggio Berni, passare dal Natè – Museo della tessitura e dall’Osservatorio Naturalistico di Torriana, dal Museo Etnografico, dal Museo Storico Archeologico, dal Museo del Bottone e da quello del Gazzòt (che raccoglie attrezzi storici per uccelli ed animali da cortile) di Santarcangelo di Romagna, dal Museo Civico Archeologico di Verucchio, attraversare il Museo delle Conchiglie e soffermarsi sulle memorie di Casa Panzini a Torriana, spingendosi sino al Museo del Pane di Maiolo, a Sulphur, il Museo Minerario di Perticara, a Mateureka, Museo della Matematica di Pennabilli, per poi entrare negli


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29 AGENDA I TRE PORCELLINI A GAMBETTOLA Sabato 5 marzo alle 17 Tanti Cosi Progetti porta al teatro di Gambettola il pluripremiato (e amatissimo dal pubblico) spettacolo dal titolo I tre porcellini. Una rilettura della classica fiaba inglese con attori e pupazzi.

IL DIARIO SEGRETO DI POLLICINO LETTO IN NOTTURNA Una lettura nel silenzio della notte (per adulti e bambini) da Philippe Lechermeier con Teatro Patatlò, il 5 marzo alle 21 al teatro Turroni di Sogliano al Rubicone dal titolo Il diario segreto di Pollicino. Un’immagine del museo ricavato all’interno della rocca di origini medievali di Sant’Agata Feltria con la consulenza del noto pedagogista Antonio Faeti.

scenari interattivi della Rocca delle Fiabe, progettata dal pedagogista Antonio Faeti a Sant’Agata Feltria. Senza dimenticare la presenza di Tonino Guerra sia a Santarcangelo (Museo nel Mondo di Tonino Guerra) sia a Pennabilli (Museo il Mondo di Tonino Guerra e l’itinerario I Luoghi dell’anima). Tonino Guerra è, attraverso le sue scelte etiche e poetiche di artista, uno dei genius loci di questo lembo di territorio, insieme al pedagogista cesenate Gianfranco Zavalloni, l’autore di La pedagogia della lumaca. Per una scuola lenta e solidale. Un ecomuseo è appunto lento e solidale – come la pedagogia di Zavalloni –, presuppone un’espe-

rienza continua da parte di una comunità (a cominciare da quella scolastica), una cura e una tutela che, in qualche modo, riescono a tracciare un filo diretto tra generazioni diverse, allargando lo sguardo alla sperimentazione, alle contaminazione, aprendosi alla relazione e al cambiamento. Un cambiamento nell’uso, nell’esperienza e nella memoria del territorio che diventa non solo “locale” ma aperto a ciò che di più rilevante accade nel mondo e che, in quanto tale, può agire per strade insolite, magari coinvolgendo negli allestimenti artisti (ad esempio Claudio Ballestracci alla Casa Museo Panzini o l’Associazione Calligraphie al Musas), dedicando piccole mostre

temporanee a temi particolari: al Mateureka di Pennabilli è allestita ora una mostra sull’Antico Egitto e, sino allo scorso dicembre, si poteva ammirare una piccola rassegna sulla meravigliosa matematica e filosofa alessandrina Ipazia. Un museo che continua ad essere vissuto e abitato come bene collettivo da parte di una comunità accogliente e attenta, nella quale cittadini e amministrazione scelgono di agire insieme. Cosa che, in questi tempi bui, è una risorsa da preservare. Informazioni sull’intera rete dei musei, orari di visita ed eventi: http://www.cultura.provincia.rimini.it, sezione Musei.

LE METAMORFOSI DI OVIDIO A MISURA DI BAMBINO Sabato 12 marzo al teatro di San Leo a Pietracuta va in scena, scritto e interpretato da Pietro Piva, lo spettacolo Metaformosi. Cinque favoe di uomini che si trasformarono in cose, tratto dalle Metamorfosi di Ovidio, prodotto da Accademia Perduta.

IL GIRO DEL MONDO IN 80 GIORNI? SI FA A MELDOLA Sabato 19 marzo alle 21 al teatro Dragoni di Meldola in programma lo spettacolo, dal grande classico di Jules Verne: Il giro del mondo in 80 giorni, con Daniel Lascar, Claudio Dughera, Claudia Martone; regia di Luigina Dagostino per la Compagnia Teatro Ragazzi e Giovani

LA STANZA DEI GIOCHI ARRIVA A FAENZA Sabato 19 marzo alle 21 alla Casa del Teatro di Faenza, va in scena La stanza dei giochi, spettacolo vincitore Premio Scenario Infanzia 2014 per la regia e drammaturgia di Marta Abate e Michelangelo Frola, con Elio Ciolfi e Emma Frediani e la Produzione ScenaMadre.

ENNIO MARCHETTO A SANTA SOFIA Domenica 13 marzo il trasformista Ennio Marchetto porta in scena al Teatro Mentore di Santa Sofia Carta canta, spettacolo adatto anche a un pubblico di ragazzi.

TRE DOMENICHE AL MULINO DI AMLETO Al Mulino di Amleto di Rimini, in via Castoro, numerosi gli appuntamenti nelle domeniche di marzo alle 16.30 si succederanno gli spettacoli Nuvole di e con Francesca Sancisi, Il volo delle Rondini di Giampiero Pizzol e Le avventure di Pallotto di e con Ute Zimmermann.

Un'emozione unica nelle oasi naturali del delta del Po Escursioni in barca alla foce del fiume, a bordo di piccole e silenziose imbarcazioni in partenza da Gorino e Volano… … ed escursioni in barca e in bicicletta nelle Valli di Comacchio, la dimora di fenicotteri, con visita agli antichi casoni da pesca. Per assaporare assaporare piatti piatti tipici tipici aa base base di di pesce pesce ee anguilla, anguilla, vi vi aspettia aspettiamo Per al ristorante Bettolino di Foce, nel cuore delle valli. Valli di Comacchio.

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GUSTO

IL PIATTO DELLA TRADIZIONE

Quel tortello nato come street food Una ricetta del Casentino tramandata di generazione in generazione per secoli di Giorgia Lagosti

Il Tortello alla Lastra è una tipicità gastronomica originaria delle montagna tra Romagna e Toscana, nello specifico del Casentino. Per storia e modalità di consumo, rappresenta uno di quelle preparazioni che da cibo di strada, da street food come si direbbe oggi, è diventato un “nobile” cibo da tavola. Elaborato nella preparazione ma semplice e confortante nel gusto, è frutto della singolare capacità della gente contadina di montagna di saper diversificare e combinare la monotonia dei pochi alimenti a disposizione in una ampia varietà di cibi dal gusto e dal sapore unici. La ricetta (con tutte sue le varianti territoriali e familiari del caso) è stata tramandata di generazione in generazione e si è conservata fino ad oggi. Nella pratica, si impasta sul tagliere di legno farina di grano tenero con latte intero o acqua, sale, bicarbonato e un pochino di strutto. Poi si lavora la massa a mano, a lungo fino ad ottenere un palla morbida, molto docile e liscia. Dopo un paio di ore di riposo, si passa all’azione con il matterello e si stende fino ad ottenere una sfoglia sottile, molto sottile. Su una sua metà viene infine distribuito il ripieno (solitamente

i origini antichissime, questo piatto è stato D verosimilmente importato da popolazioni barbariche La cottura sulla lastra, infatti, meglio si adattava alle esigenze di chi doveva continuamente spostarsi

a base di patate), si copre con la metà rimasta scoperta e, servendosi della sprunella, prima si chiude il bordo esterno e poi si ritagliano dei rettangoli, anche irregolari. Per la cottura, in passato, i tortelli alla lastra venivano appoggiati su una lastra di pietra serena (arearia) resa incandescente dalle braci del focolare. Perché la pietra serena? Beh, non era certo una scelta casuale: con la sua particolare ruvidità, donava al tortello un sapore e colore caratteristici. Oggi invece, nell’impossibilità di reperire una piastra di pietra o il focolare per scaldarla, ci si può accontentare di un testo di terracotta o di ghisa o ancora di una padella dal fondo ampio e antiaderente. La fonte di calore sarà ovviamente il fornello a gas. Sul ripieno si potrebbe divagare per ore, tanto varie sono le versioni: gli ingredienti di base sono certamente le patate, il formaggio grattugiato e la noce moscata. Poi c’è che aggiunge un uovo (anche se occorre fare attenzione perché si corre il rischio di non riuscire a cucinarlo a dovere), chi la ricotta di pecora per ottenere morbidezza e cremosità, chi semplicemente del burro, chi guanciale o pancetta scottati in padella, chi cipolla, chi rosmarino, chi un soffritto di verdure, chi pecorino. Insomma le varianti sono mille, tutte plausibili, tutte giuste, tutte derivate da consuetudini familiari che conferiscono loro valore e carattere di ufficialità. Poi, insieme alle patate o in loro completa sostituzione, all’interno del tortello alla lastra può

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GUSTO

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31 LA RICETTA

AGENDA

INGREDIENTI PER LA PASTA 1 chilogrammo di farina 0, 2 cucchiai di strutto (circa 50 grammi), 20 grammi di sale marino integrale, latte fresco e intero fino ad ottenere un impasto molle ma lavorabile (circa mezzo litro), 2 cucchiaini di bicarbonato (o una bustina di lievito per torte salate)

INGREDIENTI PER IL RIPIENO DI PATATE E GUANCIALE 1,5 chilogrammi di patate lessate (rigorosamente con la buccia!) e schiacciate, 150 grammi di guanciale saltato in padella e sgrassato (fantastico di Mora Romagnola), 200 grammi di ricotta di pecora, gli aghi di un rametto di rosmarino, 350 grammi di parmigiano reggiano grattugiato, abbondante noce moscata, sale marino integrale, pepe macinato al momento INGREDIENTI PER IL RIPIENO DI CAVOLO E PANCETTA 1 chilogrammo di patate lessate (rigorosamente con la buccia!) e schiacciate, 200 grammi di pancetta saltata in padella e sgrassata, mezzo cavolo verza in fettine molto fini e cotto in padella con olio e vino bianco, 200 grammi di ricotta di pecora, sale marino integrale, pepe macinato al momento, qualche fogliolina di salvia

INGREDIENTI PER IL RIPIENO DI ZUCCA E PATATA 1 chilogrammo di patate lessate (rigorosamente con la buccia!) e schiacciate, 1 chilogrammo di polpa di zucca cotta in forno fino a che non è morbida e poi schiacciata, 100 grammi pancetta (saltata in padella con l’aglio e l’olio), 3 spicchi d’aglio, olio extravergine di oliva, 3 cucchiai di prezzemolo tritato, 250 grammi ricotta di pecora, 500 grammi parmigiano reggiano grattugiato, sale marino integrale, pepe macinato al momento noce moscata.

entrare il cavolo (verza, cappuccio o nero) o la zucca: ingredienti certamente stagionali e reperibili sono in inverno i primi e in

autunno la seconda, erano in passato le varianti più consuete. Le origini storiche del tortello, sono antichissime perché i docu-

menti ci dicono che è stata importata dalle popolazioni barbariche provenienti dall'Oriente dopo la caduta dell'Impero Romano: la tecnica di cuocere un impasto sopra la pietra scaldata sul fuoco evidenzia infatti la condizione nomade di chi la usava. In fondo, trovare una lastra di pietra da arroventare in loco era nell’antichità sicuramente più semplice e comodo che portarsi appresso dei recipienti per la cottura in acqua. Se poi consideriamo che sulle montagne fra Romagna e Toscana era frequente il fenomeno della transumanza stagionale delle greggi, e quindi il fenomeno del nomadismo, è facile capire perché questa tecnica si sia mantenuta fino a un recente passato. I viaggi di trasferimento avvenivano all'inizio della stagione calda, per andare in cerca di zone fresche dove poter trovare dei pascoli verdi per il bestiame. All'inizio della stagione fredda poi, si transumava nuovamente verso la pianura più calda e sicura e tutto ciò avveniva tramite sentieri disseminati di “stazioni di posta” battezzate a ripari e forniti di focolari: qui la lastra non mancava mai. Riguardo invece all'uso della patata nel ripieno, è da considerare che quando questo tubero venne introdotto nella zona, all'inizio del XIX secolo, divenne rapidamente un insostituibile alimento, sia per le caratteristiche gastronomiche sia per la presenza di terreni molto adatti a questa coltura che permettevano di ottenere con costi bassissimi un prodotto di elevata qualità.

LA

FESTA D’LA

L'Osteria Malabocca è un piccolo e confortevole locale a gestione familiare situato nella piazza principale di Bagnacavallo. Ci piace dire che la nostra cucina è priva di etichette, se non quella della "stagionalità", infatti i nostri menù cambiano con il mutare dei prodotti che la natura mette a disposizione, cercando di lavorarli nella maniera più semplice possibile. Tutto viene preparato giornalmente da noi, compresi le paste, i dolci e il pane. Roberto e Denise vi aspettano tutti i giorni escluso il mercoledì, mettendo a vostra disposizione un menù vegetariano, uno di pesce e uno di carne oltre ad una selezione di piatti dedicati ai sapori e ai profumi del territorio. Aperto dalle 12 alle 14,30 e dalle 19,30 alle 22,30

Chiuso il mercoledì

A

POGGIO

TORRIANO

A Poggio Torriana (Rimini) in piazza San Rocco torna nel lunedì di Pasqua la sagra, altrimenti detta "Festa d'la Ligaza", che riprende la tradizione della merenda di pasquetta. Nei ristorantini del paese e dei dintorni i visitatori potranno degustare piatti della cucina tradizionale romagnola accompagnati dal Sangiovese.

GLI

ANTICHI SAPORI A

CATTOLICA

Durante il periodo pasquale, dal 25 al 28 marzo a Cattolica si tiene la Fiera degli Antichi Sapori dove si potranno gustare dai piatti ai prodotti tipici della tradizione contadina con un'attenzione particolare ai prodotti Dop di ogni regione. Completano la manifestazione una serie di iniziative culturali e di approfondimento.

A MORCIANO

LA FIERA DI

SAN GREGORIO

A Morciano di Romagna si ripropone la fiera di San Gregorio, con il clou il 12 marzo, con l’atmosfera e l'ambientazione tipiche della vita di campagna di un tempo. Oltre alla tradizionale mostra-mercato di cavalli, bovini, ovini e animali da cortile e prodotti della pastorizia, vi si potranno gustare e acquistare prodotti tipici della Valconca come l'eccellente olio extravergine d'oliva, che ha ottenuto la Denominazione di Origine Protetta, il vino e il saporito formaggio pecorino. Dal 5 al 13 marzo.

LA

SEPPIA IN FESTA A

PINARELLA

In piazza Premi Nobel a Pinarella di Cervia, nel centro commerciale, torna la fiera di San Giuseppe, con la tradizione della cucina marinara negli stand gastronomici allestiti nel Centro Commerciale di Pinarella, dal 16 al 20 marzo.

“Grotta e Vinci”

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Cucina tipica e specialità di mare

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