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FREEPRESS Mensile di cultura e spettacoli aprile 2016 n.16 ROMAGNA&DINTORNI

R O M A G N A & D I N T O R N I

APRILE 2016

Un fotogramma del documentario dedicato ai Marlene Kuntz che verrà proiettato anche a Ravenna nell’ambito della nuova rassegna Soundscreen, alla presenza della band

IL SUONO NELLO SCHERMO DAL NUOVO FESTIVAL TRA MUSICA E CINEMA AI CONCERTI PIÙ ATTESI ALL’INTERNO musica • teatro • libri • arte • cinema • gusto • junior IL RISTORANTE SUL MOLO DI MARINA DI RAVENNA La Trattoria Cubana ha le sue origini negli anni '70. Il ristorante è sempre stato gestito dalla signora Irma e dal signor Pino e dai figli che tutt'ora proseguono la tradizione famigliare. Cucina tipicamente romagnola con tantissime varietà di pesce dagli antipasti misti caldi e freddi, allo spaghetto allo scoglio con pasta fatta in casa, zuppa di pesce, paella valenciana e soprattutto la grigliata mista, la grigliata imperiale di crostacei, il fritto misto e tantissime altre gustose varietà di piatti e dolci di produzione propria.

PESCE AL CARTOCCIO È la Signora Irma ad inventare la vendita di pesce cotto per mangiarlo a casa o durante la passeggiata. Realtà che si è mantenuta nel tempo e che a tutt'oggi permette di acquistare tutti i piatti dall’antipasto al dolce e portarli via, oppure gustarli nel giardino o davanti al ristorante stesso.

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ISSN 2499-0205


FIERA INTERNAZIONALE DEL BIRD WATCHING Racchiude una rilevante novità l'ottava edizione della Fiera Internazionale del Birdwatching e del turismo naturalistico, che dal 29 aprile al 1° maggio prossimo, riaccenderà i riflettori su una miriade di eventi dedicati agli amanti della Natura e dell'escursionismo. Per la prima volta, alla rassegna organizzata da Delta 2000 ed inserita nel programma della “Primavera Slow”, che proseguirà sino al 26 giugno prossimo con iniziative, itinerari e laboratori alla scoperta del territorio, saranno protagonisti in modo unitario il Parco del Delta del Po ed il Parco Veneto. “Dopo la proclamazione di Comacchio a Città del birdwatching decretata lo scorso anno da Lipu – commenta il Sindaco Marco Fabbri -, questa alleanza tesa alla promozione unitaria del due territori del Parco è indubbiamente strategica per la crescita dell'economia turistica di un'area di pregio ambientale unico al mondo. Nel giugno del 2015 a Parigi i rappresentanti dei due Parchi, quello del Delta del Po e quello Veneto hanno partecipato insieme alla proclamazione del Grande Parco a tredicesima riserva della biosfera Mab Unesco. La fiera internazionale del birdwatching quest'anno si inserisce in un contesto di promozione e valorizzazione del territorio senza precedenti – conclude il Sindaco-. La grande sfida è proprio quella di trasformare l'eco-turismo nel traino principale della vacanza sul nostro territorio, nell'ottica di un auspicabile, ulteriore allungamento della stagione, oltre i confini canonici del periodo balneare.” Il birdwatching e la fotografia naturalistica sono gli elementi di punta della Fiera Internazionale del Birdwatching, che tra escursioni nel verde, iniziative culturali e laboratori didattici punta a catalizzare le attenzioni di visitatori e vacanzieri di tutto il mondo, con l'obiettivo di incrementare le presenze turistiche estremamente positive registrate lo scorso anno. “Nonostante sia venuta meno la quota di contribuzione della Provincia – dichiara il Presidente di Delta 2000 Lorenzo Marchesini -, ringraziamo il Comune di Comacchio per lo sforzo compiuto, in quanto, riconoscendo il valore indiscusso della manifestazione, si è fatto carico di finanziarla. Questa è un'edizione assolutamente ricca ed interessante per la qualità, ma anche per la quantità di eventi proposti – aggiunge Marchesini -, allo scopo da qualificare sempre più quest'area come capitale del birdwatching a livello internazionale. Tra le novità di quest'anno, si è pensato ad un evento speciale da realizzarsi nella Salina del Lido di Spina, per la quale il Comune di Comacchio sta portando avanti un importantissimo progetto di riqualificazione e di valorizzazione.” La Fiera Internazionale del Birdwatching è patrocinata dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, da Lipu, Federparchi, Legambiente, Birdlife International, Asferico, WWF ed Ispra.

Una giornata con la bici per attraversare le valli di Comacchio , tra la flora e la fauna dai colori e dalle varietà che lasciano incantato l’occhio, si arriva al ristorante circondato da lagune di pesca a due passi dalla pineta di Spina e dalle spiagge dell’ Adriatico. Lasciata la bicicletta ci si imbarca in motobarca per navigare tra canali lagunari e ammirare uccelli di ogni specie e colore, nel silenzio dei luoghi. Sbarco alla cittadina di Comacchio, tour a piedi della piccola Venezia, ammirando alcuni dei monumenti come: il Duomo, i Trepponti, l’Antica Pescheria, Palazzo Bellini, Ex Ospedale San Camillo …e i tanti ponti che collegano le isole che danno origine alla città di Comacchio. Fino al 26 giugno 2016, tutti i giorni SU PRENOTAZIONE

Delta Adventures: escursioni in Eco 4×4 off road Suggestiva escursione ambientale e naturalistica a bordo di fuoristrada Eco 4×4, un modo unico ed esclusivo per addentrarsi negli scenari ponte tra terra e acqua nel Parco del Delta del Po, che si estendono dalla Foce del Delta del Faro di Gorino in provincia di Ferrara, fino al versante sud delle Valli di Comacchio in provincia di Ravenna. Durante l’escursione si potranno osservare uccelli e altre specie di fauna selvatica in differenti ambienti. Una guida ambientale escursionistica accompagnerà gruppi di massimo 6 persone, dedicando loro la massima attenzione. Vengono forniti binocoli ad uso gratuito e, per i meno esperti, nozioni di fotografia naturalistica. Tutti i giorni SU PRENOTAZIONE

Tutte le informazioni sono disponibili sul sito www.primaveraslow.it


R&DCULT aprile 2016

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SOMMARIO

L’ EDITORIALE

• MUSICA Da De Gregori a Calcutta.......pag. 4e6

Arte e sport: non solo Pantani...

• TEATRO Intervista a Toni Servillo ..........pag. 14 • CINEMA Il festival SoundScreen.............pag. 18 • LIBRI A tu per tu con Evangelisti......pag. 20 • ARTE La nostra recensione dal Mar ..pag. 24 • JUNIOR Torna Puerilia a Cesena ...........pag. 28 • GUSTO Il racconto del buon vino.........pag. 30

Ora c'è anche una verità giudiziaria a stabilirlo. Il campione del ciclismo di Cesenatico fu fermato dalla Camorra che falsificò i risultati dell’antidoping segnando di fatto il punto di non ritorno della sua vicenda sportiva e umana. Ma prima di quella giudiziaria, c'era stata la verità del teatro. Quella raccontata nel Pantani delle Albe, tornato in scena anche quest’anno. Una verità “pasoliniana”, una verità così “italiana”, perché in un paese dove le sentenze tardano, la cultura può arrivare a fare questo, a ricostruire una verità propria più vicina alla realtà di qualsiasi cronaca giudiziaria. È accaduto con tanti romanzi (basti pensare a Lucarelli o a Carlotto), ora è successo anche a teatro. Una compagnia di Ravenna che racconta il campione di Cesenatico in uno scatto chissà se più o meno volontariamente identitario. Uno spettacolo che rafforza peraltro anche un legame sempre più forte tra due mondi che sono sempre stati limitrofi ma spesso paralleli, senza punti di contatto: l'arte e lo sport. La creatività contro l'agonismo, quasi che nello sport non vi fosse creatività e nella pratica teatrale e artistica non vi fosse il sudore della fronte e il tentativo di superare se stessi. Ora questo legame si sta rinsaldando con iniziative, mostre, spettacoli, libri, in una Ravenna Città dello sport europea (dopo che lo era stata Cesena nel 2014) con racconti che celebrano l'epica del gesto sportivo, il senso della squadra, la sconfitta e la vittoria in quel gioco che è sublimazione metaforica della vita. Ed è qualcosa da cui non potrà che arrivare qualcosa di buono: mescolare le carte, far diventare il campo da gioco palcoscenico e viceversa non potrà che portare a generazioni di sportivi e quindi di cittadini più consapevoli. Perché quando si è in grado di godere delle bellezze del teatro così come dello stadio si ha forse anche un'occasione in più per essere, banalmente, felici.

A RRII MI O R NA A L , D ED C AT O AG M IN NII TTO N A LO L O S MI M ITT I NG N G FE F E SSTT IV I VA E D IIC A TO GLL I A N TI T IEE RO R OI Si terrà in vari luoghi di Rimini dall’8 al 17 aprile la settima edizione dello Smiting Festival, incentrata sul tema dell’antieroe e dedicata in qualche modo anche a David Bowie (che verrà omaggiato in particolare domenica 17 dal cantautore Andrea Chimenti e dallo spettacolo “David-Bowie-Strasse” al teatro Novelli). Tra gli appuntamenti da segnalare anche l’8 aprile alla cineteca la premiazione dei Manetti Bros, con la proiezione del film “Song ‘e Napule”, e la “conversazione disegnata” sugli antieroi del fumetto con gli artisti Mabel Morri (di cui pubblichiamo in questa pagina un’illustrazione ispirata a Rimini) e Ausonia, il 9 aprile all’Enoteca del Teatro. Tutto il programma su www.smitingfestival.it e sulla pagina Facebook.

R&D Cult nr. 16 - aprile 2016

Autorizzazione Tribunale di Ravenna n. 1427 del 9 febbraio 2016 Editore: Edizioni e Comunicazione srl Via della Lirica 43 - 48124 Ravenna - tel. 0544 408312 www.reclam.ra.it Direttore Generale: Claudia Cuppi Pubblicità: direzione@reclam.ra.it tel. 0544 408312 - 392 9784242 Area clienti: Denise Cavina tel. 335 7259872

Amministrazione: Alice Baldassarri, amministrazione@reclam.ra.it Stampa: Centro Servizi Editoriali srl Stabilimento di Imola - Via Selice 187/189 - 40026 Imola (Bo) Direttore responsabile: Fausto Piazza Collaborano alla redazione: Andrea Alberizia, Federica Angelini, Luca Manservisi, Serena Garzanti (segreteria), Maria Cristina Giovannini, Gianluca Achilli (grafica). Collaboratori: Gloria Bernabini, Roberta Bezzi, Alberto Bucci, Matteo Cavezzali, Francesco Della Torre, Bruno Dorella, Matteo

Fabbri, Francesco Farabegoli, Nevio Galeati, Sabina Ghinassi, Enrico Gramigna, Giorgia Lagosti, Linda Landi, Fabio Magnani, Filippo Papetti, Guido Sani, Angela Schiavina, Serena Simoni, Elettra Stamboulis. Redazione: tel. 0544 271068 redazione@ravennaedintorni.it Poste Italiane spa Sped. in abb. post. D.L. 353/2003 (conv. di legge 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB C.R.P.- C.P.O. RAVENNA


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MUSICA

GRANDI EVENTI A RIMINI

DAI CAPITANI CORAGGIOSI BAGLIONI E MORANDI FINO AL TOUR DI CONCATO In aprile a Rimini alcuni mostri sacri della musica (più o meno) leggera italiana. Il 2 e il 3 arriva per due serate allo Stadium il tour “Capitani Coraggiosi” che vede sul palco – all’insegna ovunque del tutto esaurito – insieme Claudio Baglioni e Gianni Morandi, mentre sabato 30 al teatro Novelli (già sold out) si esibiranno gli Stadio, freschi vincitori del festival di Sanremo (foto al centro) e nella stessa serata in piazzale Fellini – a ingresso libero – Fabio Concato (a destra) apre il suo nuovo tour con ampio spazio ai vecchi successi.

di Francesco Farabegoli *

Ero già abbastanza fan di De Gregori quando sentii per la prima volta la cover di “Generale” fatta da Vasco Rossi. Fu uno dei momentichiave della mia formazione al trash italiano consapevole, un momento di quelli in cui la mia volontà mi spingeva verso il so bad it’s good. Avevo intorno ai 17 anni e una sera di tarda estate Canale 5 trasmise un concerto integrale del Blasco a San Siro. Il concerto si chiamava “Rock sotto l’assedio”, una sorta di manifestazione contro la guerra in Bosnia senza movimenti pacifisti coinvolti, «un concerto contro la guerra e contro tutte le guerre», secondo le parole del cantante (intervistato da Red Ronnie). Il quale, dalla stessa intervista, ammetteva di aver pensato di fare il concerto per poterlo aprire con una cover di “Generale”. Vi riporto anzi le parole esatte del KOM, che conosco praticamente a memoria (avevo registrato il VHS e continuavo a guardare la parte in cui parlava di “Generale”) e che potete trovare su Youtube: «“Generale” è una canzone meravigliosa come tutte quelle che ha fatto De Gregori ma mi sembrava che con “Generale” addirittura quando io ho pensato di fare il concerto “Rock sotto l’assedio” ho pensato che la cosa più bella era cominciare con “Generale” cioè quasi, capito, se non mi veniva l’idea di cominciare con “Generale” non avrei neanche fatto il concerto, capito, per assurdo, perché… geeeneeerale dietro la collina, capito? Perché è dietro la collina, capito? La guerra, capito? Questo vuole anche dire, ragazzi, la guerra è dietro la collina. Non è che voglio dire che dobbiamo andare a combattere per la Bosnia o non combattere per la Bosnia, voglio dire, è dietro la collina, capito? Ci sta la guerra buia ed assassina. E in mezzo al praaato c’è una contadina, e qui c’è la poesia, e io sinceramente scelgo la poesia». Fortunatamente l'ho potuta prendere sul ridere. Conobbi “Generale” ai boyscout, era una di quelle canzoni che qualcuno ogni tanto tirava fuori da cantare assieme. Per la mia mente di ragazzino era una canzone che parlava della guerra e di scopare le infermiere e nei dodici anni andava più che bene. Non è mai stato quel che si dice un pezzo di nicchia, ma i ragazzi con cui uscivo conobbero “Generale” per via della cover di

BASTONATE DI CARTA

De Gregori e i confronti impossibili

GRANDI EVENTI A CESENA AL CARISPORT ANCHE BIONDI, SILVESTRI E BRITTI Oltre a quello di venerdì 8 di Francesco De Gregori (di cui parla Farabegoli in questa pagina) in aprile al Carisport di Cesena sono in programma altri tre “concertoni”. Venerdì 15 l’appuntamento è con il tour di presentazione dell’ultimo album (“Beyond”, uscito l’anno scorso) di Mario Biondi, il celebre cantante dall’inconfondibile timbro caldo e profondo; il giorno dopo (sabato 16) sul palco del Carisport invece il noto cantautore romano Daniele Silvestri (nella foto) che ha da poco pubblicato il suo nuovo disco di inediti, “Acrobati”. Infine, il 30 aprile un altro cantautore romano, Alex Britti, che recupera la data cesenate inizialmente prevista, ma poi rinviata, in marzo.

Vasco Rossi. Sul serio. Credo di avere avuto perfino discussioni su questa cosa, voglio dire, ero già un po' fan di De Gregori in generale, avevo persino ascoltato un paio di dischi interi (Rimmel e il live Il bandito e il campione, che – ironia della sorte – contiene una cover di “Vita Spericolata”). In un mondo di adolescenti questa cosa bastava e avanzava per farmi dare dello sfigato, lo sapete come vanno le cose in questi casi. Odiavo Vasco Rossi, amavo De Gregori. Ero in minoranza. Loro mi sfottevano e compravano il biglietto per sfondarsi le orecchie al concerto di Vasco. Ecco, sembra folle a dirlo così ma Francesco De Gregori e Vasco Rossi sono praticamente coetanei. Il primo è nato nel ‘51, il secondo l'anno successivo. Il primo scrisse “Generale” a 26 anni. Il secondo a 43 anni non riusciva a spiegarne il testo in lingua italiana. Ed è vero che Vasco Rossi è pur sempre Vasco Rossi e che riempie gli stadi ad ogni data, ma tutto sommato ha questo alone di umanità a cui una persona si può relazionare e magari sentircisi pure meglio. Provateci: «Ha scritto le canzoni ma sbaglia i congiuntivi». Con De Gregori invece confrontarsi è impossibile. Come fai? Prendete me: ho quasi 39 anni, un lavoro da impiegato, una vita modesta. Il mio hobby è scrivere di musica, ad esempio oggi sto facendo questo pezzo su Francesco De Gregori. Quando lui ha compiuto gli anni che compirò io tra qualche mese, la sua carriera musicale era già quasi ventennale. Alice non lo sa esce che lui ha 22 anni. Come si fa a scrivere una canzone come “Alice” a 22 anni? Dove la prendi quella roba che sta dentro alla canzone? Incomprensibile. Io a 22 anni disegnavo (male) personaggi dei fumetti copiati di peso da Hulk, lui arrivava ultimo al “Disco per l’estate” (ed era molto vascorossiano ante litteram in questo). Il suo successo commerciale arrivò con Rimmel, che lui era già uno stagionato

24enne (io a 24 non sapevo nemmeno cosa fosse il rimmel, a parte il titolo di un disco e di una una canzone di De Gregori, forse ispirato a Rommel, il famoso generale tedesco – da cui la nota teoria secondo cui De Gregori scrisse “Generale” 5 anni prima di scrivere “Generale”). L’anno successivo al botto, dopo essere stato crocefisso da alcuni militanti di sinistra a un concerto milanese, annunciò la ferma intenzione di non suonare mai più in pubblico – e poi se la rimangiò a stretto giro, come un Kanye West della sua epoca. Quando scoperchiò gli stadi italiani con il tour Banana Republic assieme a Lucio Dalla, aveva 28 anni: io li ho compiuti nel 2005, e la più grande conquista di quell’anno fu l’apertura del mio primo blog. Unica consolazione: la carriera di De Gregori si è bruciata in fretta. Niente di buono se non in gioventù, il cantautore che non è mai riuscito ad uscire dall’impasse creativa in cui era caduto alla fine degli anni settanta. Scherzo. Nel 1982 Titanic, l’anno successivo La donna cannone: roba che mandava a scuola perfino il De Gregori del decennio precedente. Nel frattempo Vasco Rossi era diventato Vasco Rossi e tutto il cantautorato più vecchio era diventato cantautorato vecchio. De Gregori ha semplicemente continuato a esistere senza fare troppo chiasso e continuando a infilare dischi di successo. E sempre belli. L'ultimo è un cover album di Bob Dylan (il Vasco Rossi americano) uscito a fine 2015, che porterà dal vivo al Carisport di Cesena l'8 aprile. Forse ci vado. Ho sentito che c'è qualcuno dei miei amici del '95. Hanno mollato Vasco una decina d'anni fa e si sono presi una sbronza di De Andrè, Dalla, Battisti e De Gregori. Sfigati. * fondatore e autore di Bastonate, miglior sito musicale italiano alle ultime tre edizioni degli Oscar del web


MUSICA

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5 LEGGENDE DEL ROCK

UN DISCO AL MESE

L’imbarazzante confronto tra il pop del 1979 e del 2016 di Bruno Dorella *

Alberto Fortis “Alberto Fortis” (1979) Tutto inizia con una vocina stridula, tipo cartone animato, che dice “Vincenzo io ti ammazzerò, sei troppo stupido per vivere”. È il 1979, io ho 6 anni, e questo ritornello mi sembra la cosa più divertente del mondo. Chi è Vincenzo, che è così stupido che merita di morire, e chi è questo cantante che vuole ucciderlo? LA STORIA DEL PUNK A PINARELLA A me sembra una storia tipo i Puffi e Gargamella, ma Le leggende punk inglesi Buzzcocks sono impegnate in un tour più tardi negli anni realizzerò che si potrebbe trattare mondiale che celebra i 40 anni di carriera. Quattro le date italiane di una metafora più o meno razzista, l’uomo del Nord che esalta Milano e tra cui quella del 30 aprile al Barrumba di Pinarella di Cervia odia Roma (“Vincenzo dice che sei fredda, frenetica senza pietà, ma è cretino e poi vive a Roma e che ne sa”), concetto esplicitato subito nel brano di apertura dell’album “A Voi Romani”, che inizia nientemeno che con la frase “Io vi odio a voi romani, io vi odio a tutti quanti”. Le critiche non mancheranno, e costeranno piuttosto care al buon Alberto, che vede in parte comDAI FUZZTONES AI DREAM SYNDICATE promessa la sua carriera dopo queste canzoni, nonostante si sia in tempi in Al Sidro Club di Savignano un eroe del rock underground come Steve cui il leghismo deve ancora nascere, e sebbene lui adduca spiegazioni molto Wynn (a destra), leader degli storici Dream Syndicate, in concerto l’8 più blande a questi testi così duri: una metafora, contro il potere, un attacaprile (in apertura Moro & The Silent Revolution); a sinistra invece co a un discografico che lo aveva fregato. Nonostante questo, il disco è un Rudi Protrudi, leader di un’altra piccola leggenda, in ambito garage, enorme quanto meritato successo, che mi fa rimpiangere un’epoca in cui si come The Fuzztones: sarà al Sidro con il superprogetto surf Link poteva usare l’invettiva come forma d’arte (questi testi, per quanto ambiProtrudi & The Jaymen il 16 aprile. Al club di Savignano da segnalare gui e politicamente scorretti, sono poeticamente notevoli). Oggi un disco anche il concerto punk-rock del 6 aprile con i canadesi Isotopes come questo, ma anche come i primi di Vasco, sarebbe impensabile. Fortis è vocalmente dotatissimo, e basti il terzo capolavoro dell’album, “La Sedia Di Lillà”, a testimoniarlo. In questo brano vengono toccati con delicatezza e poesia finissima i L LIVE temi del suicidio, della malattia, del tradimento. Mentre di tutt’altra pasta è il divertissement FORTIS A RIMINI “Nuda e Senza Seno”, riuscitissima canzoncina RICORDI GREEN ON RED Alberto Fortis, di cui surreale. La band è mostruosa, con la PFM a parla Dorella qui a fiandominare la scena con arrangiamenti funamboL’americano Dan Stuart, leader degli co, sarà in concerto il 26 lici ma mai pesanti o invadenti, rendendo imbaindimenticati Green On Red, sarà il 15 aprile al Novelli di Rimini aprile al Boca Barranca di Marina Romea razzante il confronto tra un disco di pop italiano con il chitarrista romagnolo Antonio del 1979 ed uno (qualsiasi) del 2016. Gramentieri per una serata all’insegna del folk-roots americano * Batterista dei Bachi Da Pietra e degli OvO, chitarrista dei Ronin, membro della Byzanthium Experimental Orchestra, felicemente ex discografico, aspirante sommelier, orgoglioso ravennate d'adozione, in attesa della giornata di 48 ore per poter finire un paio di cose.

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MUSICA

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L’INTERVISTA

Calcutta e quei pezzi scritti «solo per litigare» Il nuovo fenomeno della scena pop-rock italiana. «Non mi aspettavo il successo ma mi sono venute canzoni radiofoniche» di Luca Manservisi

Edoardo D’Erme viene da Latina, non ha neppure 27 anni, fa musica da quando ne ha 18 senza che se ne fosse accorto praticamente nessuno. Fino all’anno scorso, quando ha pubblicato il secondo album con il suo nome d’arte, Calcutta, e niente è stato più come prima. Ora i locali in cui suona (in Romagna farà tappa solo al Bronson di Ravenna il 16 aprile) fanno il tutto esaurito, le sue canzoni passano alla radio, il primo singolo ha superato la soglia del milione di visualizzazioni su Youtube. Su Facebook spopolano i meme personalizzati sulla base dei testi delle sue canzoni, parlano di lui indistintamente Jovanotti, Linus, Selvaggia Lucarelli o Pierluigi Pardo, che essendo il conduttore delle principale trasmissione calcistica di Mediaset, ha pure comprato la sciarpa di “Mainstream”, quella che campeggia sulla copertina del suo ultimo disco (vedi foto qui a fianco). E così la sciarpa di Calcutta esiste, è vera. «Sì, ancora non credo che ne stiano producendo di false». E come ti è venuta quella copertina? «Quello con la sciarpa è il mio amico Gaetano (come il titolo del primo pezzo dell’album, ndr), è stata un’idea dei ragazzi di Bomba (Bomba Dischi, l’etichetta romana che ha prodotto il disco, ndr)» Da dove nasce invece il titolo “Mainstream”, che letto oggi sembra quasi una dichiarazione d’intenti? «Ho detto talmente tante bugie rispondendo a questa domanda, in questi mesi, che sinceramente non ricordo più la verita. Forse sono stati sempre i ragazzi di Bomba, forse invece ci ho pensato mentre stavo scrivendo i pezzi, che avevano un sapore così, un po’ più radiofonico rispetto a prima». Ecco, parlando di musica, il tuo primo album di ormai quattro anni fa, “Forse”, è sicuramente diverso. Ma in quelle canzoni registrate male e senza alcuna voglia di essere mainstream, riascoltate oggi, mi sembra ci sia anche il Calcutta di “Mainstream”... «Può essere, sì, ci può stare se vuoi dire che è come se gli avessi cambiato vestito...». I pezzi del tuo ultimo disco sono nati con questa intenzione? Di cambiare pelle? «Volevo fare appunto qualcosa di più radiofonico, ma le canzoni mi sono uscite naturali». C’è qualcuno o qualcosa che ti ha ispirato particolarmente? «Mentre scrivevo l’album mi sarebbe piaciuto riuscire a comporre con lo stile di Conor Oberst (il

Un dettaglio della copertina di Mainstream e, nel riquadro, Edoardo “Calcutta” D’Erme

cantautore folk-rock americano del progetto Bright Eyes, ndr), un flusso unico di musica e parole, con il suo trasporto. Poi c’erano altri che mi avevano influenzato, ma me li sono dimenticati...». I cantautori storici italiani che spesso vengono tirati in ballo per parlare del tuo ultimo album, invece? Rino Gaetano? «Non li ho mai ascoltati tanto, in realtà. Magari un po’ Battisti...». E la storia che saresti un fan di Cesare Cremonini? È vero che suonavi sue cover? «Massì, lui è bravo secondo me, facevo queste serate con le basi da karaoke, un po’ tutti ubriachi, io cantavo le sue canzoni, il pubblico strillava: tutto molto divertente...». Ma tu che hai suonato per tanti anni davanti a poco pubblico, com’è oggi fare concerti in locali sold out, davanti a mille persone? «Figo, sì è figo. Certo, anche più stancante. Io pensavo di fare un tour solo con tastiere e invece abbiamo messo su una band per cercare di riempire lo spazio di questi palchi improvvisamente grandi, senza troppo tempo per organizzarci». Ti aspettavi questo successo? «No». Ora, oltre che amato, sei però anche odiato, come capita spesso a chi ha anche solo qualche minima forma di successo nella scena indipendente italiana... «C’è perfino chi mi amava perdutamente e poi dopo un paio di settimane ha iniziato a odiarmi. Per alcuni rappresento davvero tutto il male del mondo. Un musicista, anche piuttosto famoso, non ricordo il nome però, ha invitato su Facebook ad ascoltare George Harrison, non “quella merda di

IL PROGRAMMA AL BRONSON

ANCHE

HINSON, BULAT, GIURATO, IOSONOUNCANE... Micah P. Hinson, Basia Bulat e, sotto, Iosonouncane: tutti e tre saranno al Bronson nel mese di aprile

Programma molto intenso quello dei concerti di aprile al Bronson di Madonna dell’Albero (Ravenna). Si parte il 2 con il rock psichedelico dei texani Holy Wave; mentre il 6 ecco The Winstons, power trio composto da tre longevi esponenti della scena indie-rock italiana (Lino Gitto, Roberto Dell’Era degli Afterhours ed Enrico Gabrielli dei Calibro 35) con in apertura l’americano Scott Yoder, frontman dei The Pharmacy. L’8 e il 9 due grandi protagonisti della scena alternativa italiana del 2015, rispettivamente Flavio Giurato e Iosonouncane (accompagnato dalla band e, in apertura eccezionalmente gli americani Kill The Vultures, progetto hip hop di culto). Il 12 torna al Bronson il cantautore folk-noir americano Micah P. Hinson mentre il 21 (dopo il concerto del 16 di Calcutta, vedi intervista in questa pagina) serata doom metal con i canadesi Blood Ceremony e i californiani Beastmaker. Grande curiosità per il concerto del 22 aprile: protagonista la cantantet, compositrice, chitarrista, suonatrice di autoharp e pianista americana Basia Bulat, per la sua unica data italiana. Il mese termina all’insegna della psichedelia con i britannici Gnod (23 aprile) e (il 28) con Phurpa, misterioso collettivo russo con la sua rivisitazione noise della musica tradizionale tibetana.

Calcutta”. Cioè, non ti fa ridere? Che c’entra George Harrison? Comunque l’importante è non prendersela, che altrimenti fai il gioco loro. Fortunatamente io non riesco a prendere sul serio quello che faccio, cioè suonare, che altrimenti poi si distorcerebbe la realtà». Qual è invece la realtà che racconti nelle tue canzoni? «Mah, i testi nascono a caso, sulla base dei cazzi miei, le persone coinvolte si contano su tre dita, cerco di usare un linguaggio molto confidenziale. Stop. Ho letto che i critici hanno scritto di testi generazionali, che parlano a tutti, non saprei. Certe volte quando mi intervistano sulle interpretazioni dei miei testi mi verrebbe da buttare giù il telefono, non immagini la rottura di coglioni...». Almeno però fammi domandare se ti interessa la politica: nei testi te la prendi con alcuni santini della sinistra come Celestini, e poi parli di svastiche, di campi rom in fiamme... «No, non mi interessa. Quelle cose le ho scritte perché la mia ex fidanzata era di quella sinistra radical chic, “ma era solo per litigare” (ride, avendo volutamente citato un passaggio della sua canzone, “Gaetano”, ndr), una sorta di gioco...». Lo sai che ora comporre il tuo prossimo disco sarà molto, ma molto, complicato con tutta l’attenzione che hai addoso? Ci hai mai pensato? Ci stai già lavorando? «Ogni tanto sì, ci ho pensato. Sarà più difficile ma non impossibile, dai. Sono anche un po’ più incentivato. Poi quando ci penso mi dico anche che al massimo la cosa più brutta che potrebbe succedere è che potrebbe fare schifo alla gente. Me ne farei una ragione...».


MUSICA

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7 ROCK E DINTORNI

AGENDA ROCK

Dal sold out di Max Gazzè fino alla Fuzz Orchestra

REVIVAL A PINARELLA CON I NECK DEEP

Panoramica sui concerti degli artisti della scena italiana: attesi anche nomi storici come Vallanzaska e Derozer

Il 9 aprile al Rock Planet di Pinarella concerto dei gallesi Neck Deep, considerati tra i pionieri del revival poppunk, e degli inglesi Creeper (horror-punk). In apertura altra band inglese, gli Wstr.

PUNK AL VELVET CON I DIRT RADICALS Venerdì 8 aprile serata punk al Velvet di Rimini con il concerto degli inglesi (con base anche a Singapore) The Dirt Radicals.

IL COUNTRY-ROCK DI GRAYSON CAPPS

A sinistra la vicentina Elli De Mon; a destra Umberto Maria Giardini

Oltre a nomi di punta come quelli del Bronson (vedi pagina a fianco) e a quelli locali segnalati a pagina 9, sono diverse, come ogni mese, le band della scena più o meno rock e più o meno alternativa italiana che passano dai club della Romagna anche in aprile. A partire da artisti più popolari come Malika Ayane (il 1 aprile al Vidia di Cesena) e Max Gazzè – la cui data del 2 aprile al Velvet di Rimini è già sold out ma che suonerà anche il 9 luglio in piazza a Sogliano sul Rubicone – e passando per pezzi di storia del rock italico come i Vallanzaska, che festeggiano i 25 anni di carriera all’insegna dello ska con un tour che toccherà anche il Rock Planet di Pinarella il 16 aprile. Hanno oltre due decenni di carriera alle spalle anche i vicentini Derozer, che porteranno il loro punk-rock al Vidia (il 2 aprile), mentre gli emiliani Raw Power, considerati i pionieri dell’hardcore in Italia, festeggiano addirittura i 35 anni di attività con un tour che li porta il 9 aprile al Sidro di Savignano.

Tornando ad atmosfere pop, il 2 aprile al Bradipop di Rimini seconda tappa del tour di presentazione dell’album d’esordio “Appena Sveglia” di Chiara Dello Iacovo: la ventenne cantautrice piemontese è nota per la sua fortunata esperienza all’ultimo Sanremo Giovani, dove ha vinto il premio della Sala Stampa Radio-Tv-Web “Lucio Dalla”. Lo stesso giorno, alla Rocca Malatestiana di Cesena, desta curiosità il concerto annunciato come “rock” per arpa della giovane torinese Cecilia Lasagno, in arte solo Cecilia. Sempre il 2 aprile ecco la psichedelia sperimentale dei veneti Bologna Violenta, che presentano al Sidro di Savignano il nuovo album “Discordia”, e l’indie-rock dei bolognesi Ofeliadorme al Wave di Misano Adriatico, dove poi il 24 aprile arriverà la Fuzz Orchestra nell’ambito del tour dell’acclamato ultimo album “Uccideteli tutti! Dio riconoscerà i suoi” che unisce noise a campioni audio di film d’epoca. E ancora: termina il 14 aprile al Caffè Zampanò di Cesena il tour di presentazione dell’album d’esordio

“Ultimi”, pop d’autore degli umbri Il Geometra; altro esempio di indie-pop, il giorno dopo (15 aprile) ai Bevitori Longevi di Forlimpopoli con il concerto dei veneti Edo e i Bucanieri, anche loro impegnati nella presentazione dell’album d’esordio. È ormai un piccolo veterano della canzone d’autore italiana, invece, Umberto Maria Giardini (ex Moltheni), in solo il 13 aprile al Diagonal Loft Club di Forlì. Arriva anche in Romagna il tour de Il Muro del Canto, band che propone una rivisitazione della musica popolare romana, con innesti rock e impostazione autoriale, con testi in romanesco: l’appuntamento è alla Rocca Malatestiana di Cesena il 25 aprile. Il 29 aprile, infine, al Boca Barranca di Marina Romea arriva la vicentina Elli De Mon, sorta di one-girl-band tra folk e rock. Folk-rock anche per Threelakes, progetto del mantovano Luca Righi, dal vivo il 10 aprile all’agriturismo Rio Manzolo di Brisighella.

Il cantautore folk-countryrock americano Grayson Capps sarà in concerto il 1 aprile al Boca Barranca di Marina Romea e il 4 al Treessessanta di Gambettola.

ANCHE I FENSTER AL MOOG Il 4 aprile il tour europeo del trio indie-pop di Newcastle Milky Wimpshake fa tappa al Moog di Ravenna che il 18 ospiterà invece il pop dei tedeschi Fenster.

SARA LOV DEI DEVICS A RAVENNA E FAENZA Il 4 aprile al Fargo di Ravenna e il 6 aprile al Clandestino di Faenza concerti dell’americana Sara Lov, ex Devics


R&DCULT aprile 2016

MUSICA

8 CONSIGLI D’AUTORE

Dai Pink Floyd all’amore-odio per i Muse di Jarred, The Caveman *

La band santarcangiolese Jarred, The Caveman consiglia nove dischi che l’hanno influenzata

Una tavola tratta da “Il mio nome è Ultras” di Andrea Zoli, in mostra nell’ambito del festival “Ingranaggi”

A continuazione ci permettiamo di consigliarvi i dischi che ci hanno accompagnato e formato ed influenzato negli anni. Alejandro consiglia: Roger Waters - The Pros and Cons of Hitch Hiking Roger Waters, uno dei primi personaggi che ho ammirato musicalmente, un'ammirazione quasi ossessiva. Una delle cose che più mi affascinavano di questo disco era il fatto di poterlo ascoltare come se fosse un film… C’era un filo conduttore che permeava dai tantissimi dettagli di fondo, un suono che si potrebbe dire tridimensionale. “Every Stranger’s Eyes” è stata la primissima canzone che ho imparato a suonare con la chitarra, lo spazio tra gli accordi mi dava il tempo sufficiente per cambiare la posizione delle dita. Volcano Choir - Repave Repave è il secondo disco dei Volcano Choir, una band formata da Justin Vernon (Bon Iver) insieme ai Collections of Colonies of Bees. Il disco richiama più Bon Iver che Unmap, il primo della formazione. Penso che Justin Vernon abbia talento da vendere, e non è che abbia fatto molto, nel senso che ha ancora tanto da offrire – sono fan da quando lo vidi nello show di David Letterman, nel quale suonava “Skinny Love”, e da allora è uno degli artisti che più ascolto, sopratutto in questo disco. “Dancepack” poi è un brano pazzesco. Crooked fingers - Dignity and shame Questo è il quarto disco della band creata da Eric Bachmann (“Archers of Loaf”), un disco concettuale che tratta la relazione tra il matador Manolete e l’attrice Lupe Sino. L’ho scoperto circa dieci anni fa, e grazie a esso mi si è aperto un intero mondo di musica non mainstream. Questo album, insieme a Mysterious Productions of Eggs di Andrew Bird, mi ha fatto capire che la grande musica esisteva ancora, bisognava solo cercarla più a fondo. Pink Moon - Nick Drake È stato uno dei primi dischi che ho comprato in Italia, ed è il terzo ed ultimo dell'artista, dura meno di 30 minuti nei quali sono presenti solo Nick e la sua chitarra… Per me è stata un'introduzione alle accordature alternative, in quanto nell'album credo che nessuna delle canzoni sia in quella standard. “A day once dawned, And it was beautiful(…)“ opening line di From the Morning, ancora oggi una delle mie preferite. Matteo consiglia: The Raconteurs - Broken boy soldiers Non è facile per me parlare di questo album. Semplicemente perché considero Jack White la personificazione di ciò che si intende col concetto di “fare musica”. La scelta di questo disco, quindi, indica proprio quel momento della sua carriera in cui si è imbattuto in altre menti geniali che, messe assieme, hanno dato vita ad un album incredibile e, più in generale, ad una delle più grandi rock band di sempre, dal mio punto di vista. Muse - Origin of symmetry I Muse sono una band che ho prima imparato ad amare e poi, successivamente, quasi ad odiare. Quasi, perché nonostante ormai abbiano dovuto accontentare troppa gente nei loro ultimi lavori in studio, quando hanno creato questo album non ce n'era quasi per nessuno. Particolare attenzione a quel capolavoro di “Citizen Erased” che, nonostante una durata effettiva di 7:21 minuti, scorre via leggera come una canzone che ne dura soltanto 2, di minuti. Seppur non rispecchino esattamente il mio modo di vedere la musica, data la loro perfezione compositiva ed esibitiva, considero la loro prima parte di discografia come un qualcosa che tutti, almeno una volta nella vita, dovrebbero ascoltare attentamente... magari anche più di una volta. Blind Pilot - 3 Rounds and a Sound Scoperto piuttosto di recente, questo disco per me rappresenta al meglio quello che una folk band dovrebbe fare; creare delle canzoni riuscitissime col solo utilizzo di 3 strumenti in croce. Perché una volta che ci sono quelle, poi si fa sempre in tempo ad aggiungere riempitivi, abbellimenti, mille strumenti e produzioni gigantesche, ma quello che conta realmente è la base di tutto. E in questo disco la base è meravigliosa. Luca consiglia: Cccp - Affinità-divergenze fra il compagno Togliatti e noi del conseguimento della maggiore età Sicuramente uno dei gruppi che più mi hanno segnato a livello musicale e personale sono stati i Cccp. Li ascoltai per la prima volta a 14 anni in un centro sociale di Santarcangelo, la loro prima canzone che sentii era la delirante “Emilia paranoica” che mi sconvolse non poco. Non riuscii ad ascoltarla fino alla fine, era troppo per me e per le mie orecchie. La ripresi poco tempo dopo comprandomi il cd in questione. Quella musica così fredda, apatica, a tratti quasi hard-core e a tratti liscio da balera, lontana da tutto quello che sentivo intorno, e quella voce così acida e nevrotica incutevano in me un senso di disagio; non era un disagio fastidioso ma, anzi, qualcosa che mi incuriosiva e mi attraeva. Pink Floyd - The Wall Non farò di certo una “recensione” su questo disco che tutti conoscono ma l’ho scelto perché è stato il primo disco che io ricordo di aver ascoltato. Avrò avuto sì e no 7/8 anni e mio babbo, grande appassionato dei Pink Floyd (soprattutto dell'era Waters), ricordo che lo metteva sempre su quel suo giradischi. Per me era e continua a essere un gran disco che tutt'ora ascolto e conservo molto gelosamente. Da Santarcangelo, i Jarred, The Caveman sono una band di folk-rock dalla chiare influenze americane. Hanno pubblicato lo scorso ottobre il loro disco d’esordio, recensito anche su queste pagine, “I'm Good If Yer Good”. A compilare la lista qui sopra sono i tre membri della band: l’argentino Alejandro Baigorri (chitarra e voce), Matteo Garattoni (contrabbasso) e Luca Guidi (batteria).

IL FESTIVAL

Mezzala e i Camillas dal vivo nelle aziende “Ingranaggi” è il festival che unisce due mondi apparentemente distanti: l'impresa e il concerto. Cinque appuntamenti di musica e arte (a ogni appuntamento una mostra di illustratori diversi) a ingresso gratuito, nelle aziende della Bassa Romagna. Si parte venerdì 1 aprile (ore 19) con la Mr Zombie Orchestra (tra jazz e “new liscio”) e le vignette di Flavio Montelli al Gruppo Cevico di via Fiumazzo 72, a Lugo. Venerdì 8 aprile (ore 18.30) nella sede di Alfiere Srl, a Fusignano, il cantautorato di Mezzala, da Genova, in accoppiata con le tavole del faentino Andrea Zoli; il 15 aprile (ore 18.30) ecco invece I Camillas (con le opere di Irene Penazzi) alla Fonderia Taroni di Alfonsine. In maggio il festival termina con i concerti di Le Pinne e Flavio Giurato.

LO SPETTACOLO

Vent’anni di rock al Testori di Forlì Un concerto-spettacolo su vent’anni di musica rock, quelli dal 1971 al 1991. Da The Who ai Nirvana, passando per i Pink Floyd o i Clash (nella foto), il professore universitario Francesco Giardinazzo esplora un capitolo fondamentale della storia del rock grazie all’ausilio sul palco di una vera e propria band (basso-chitarra-batteria), il Riot Power Trio. Un concerto orchestrato su un racconto che rievocherà, in maniera agile, le fasi e gli eventi storici principali che hanno caratterizzato non solo la musica ma anche la nostra vita collettiva. Appuntamento per il 5 aprile, dalle 21, al teatro Testori di Forlì.


MUSICA

R&DCULT aprile 2016

9 OMAGGI/1 LA BANDEANDRÉ E MERCADINI CANTANO “ANIME SALVE”

LA ROMAGNA IN TOUR Venerdì 8 aprile il Duo Bucolico, in versione “Banda”, presenta al teatro Petrella di Longiano il nuovo album, in uscita il 26 aprile e dal titolo “Cosmicomio”. Il Duo è composto dai cantautori romagnoli Antonio Ramberti e Daniele Maggioli ed esplora il linguaggio comico e l’improvvisazione tipica dei clown, producendo strane farse musicali all’insegna di un cantautorato dei paradossi e dell’assurdo.

AMATI, NIENTE E MARA ALLA ROCCA MALATESTIANA Alla Rocca Malatestiana di Cesena artisti romagnoli in concerto il sabato sera. Il 9 aprile appuntamento con il cantautore cesenate Andrea Amati; il 16 il progetto Niente di Mirko Paggetti; il 23 la cantautrice ravennate Mara.

IL DEBUTTO DEGLI ISTVAN CON I SAN LEO Il 27 aprile torna l’ormai tradizionale appuntamento annuale del Mama’s dedicato a Fabrizio De André. Sul palco del teatro Alighieri di Ravenna l’appuntamento è con il concertospettacolo “Anime salve”, omaggio all’ultimo album registrato in studio dal cantautore genovese. Protagonista la Bandeandré – collettivo ravennate con alle spalle quasi dieci anni di carriera interamente devota a “Faber” –, insieme al poeta, monologhista e narratore cesenate Roberto Mercadini (insieme nella foto).

Il 15 aprile al Bronson di Ravenna i forlivesi Istvan presentano il loro album di debutto, quasi del tutto strumentale, tra heavy, psych e doom. In apertura il postrock dei San Leo.

OMAGGI/2

Il 17 aprile il pop-psichedelico dei ravennati The Spacepony allo spazio Acrylico di Bagnacavallo.

I MORRIGAN’S WAKE RICORDANO LA RIVOLTA IRLANDESE DI PASQUA

LU SILVER A CESENATICO E PORTO FUORI

Per celebrare il centenario della rivolta irlandese di Pasqua, la storica band ravennate di musica celtica e irlandese Morrigan’s Wake terrà un concerto speciale – dal titolo “Bloody Monday” – al teatro Rasi di Ravenna. L’appuntamento – organizzato dal Mama’s Club – è per sabato 16 aprile dalle 21.

LA ROMAGNA IN CUFFIA

IL DUO BUCOLICO PRESENTA IL NUOVO DISCO

IL PROGETTO EXTRALISCIO A SAVIGNANO Il 6 aprile alla sala Allende di Savignano sul Rubicone concerto di eXtraLiscio, sorta di orchestra di liscio contemporaneo guidata da Mirco Mariani.

MIAMI & THE GROOVERS A CESENATICO Continua il tour all’insegna del rock & roll dei riminesi Miami & The Groovers che saranno il 6 aprile al Caffè degli Artisti di Cesenatico e il 30 al teatro comunale, sempre di Cesenatico.

GLI SPACEPONY AD ACRYLICO

Il rock and roll di The Lu Silver String Band farà tappa in aprile il 15 allo Sloppy di Cesenatico e il 29 al Barakka di Porto Fuori (Ravenna).

AL MOOG ARRIVANO RYF E FERMOIMMAGINE Al Moog di Ravenna spazio anche alle band della provincia: il 14 aprile RYF – progetto della ravennate Francesca Morello – presenterà il suo nuovo disco sadcore dal titolo “Love songs for freaks & dead souls”; il 24 invece spazio ai faentini FermoImmagine che stanno portando in tour il loro secondo album, “Frammenti”, all’insegna di un cantautorato electro-wave.

Teniamoci stretti questi Sunday Morning di Luca Manservisi Al primo ascolto, se non particolarmente attento, potrebbe passare inosservato. Troppe cose già sentite, inevitabilmente. E in effetti la mancanza di originalità è probabilmente l’unico difetto di questo album, difetto peraltro condiviso con buona parte delle uscite discografiche da diversi anni a questa parte, va detto. Uscito lo scorso maggio a distanza di quasi dieci anni dal promettente esordio, “Instant lovers” è invece una vera chicca per tutti gli appassionati di folk-rock e power pop americano, quello degli anni sessanta e settanta in particolare, con due nomi tutelari in particolare come Byrds e Big Star, almeno secondo chi scrive. Un genere tutto sommato classico, attualizzato con gusto, sulla scia di altre band come Galaxie 500 (nei pezzi più rallentati), Teenage Fanclub o, per restare in Italia, citando in alcuni casi una band di culto come gli Yuppie Flu. Ma seppur facilmente inquadrabile in una determinata categoria, il disco resta molto vario e mantiene così la tensione sempre alta, con una voce in grado di toccare diversi registri (anche quello simil-post-punk della trascinante “Johnny”, per dire), un lavoro di chitarre notevole e un suono davvero emozionante, almeno per gli appassionati del genere. Per fortuna, visti i precedenti, ora i Sunday Morning sono tornati con l’intenzione di restare. A ottobre – secondo quanto annunciato sui social network – pare infatti possa già uscire il seguito di “Instant Lovers”, per la neonata piccola etichetta dello staff del Bronson, che non si è lasciato sfuggire l’occasione di promuovere una delle band più importanti della sempre più vasta scena romagnola. Teniamocela stretta.


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MUSICA

10

HIP HOP

Salmo, come un B-movie Al Vidia il rapper sardo presenta l’ultimo “Hellvisback” di Filippo Papetti

Salmo è senza ombra di dubbio il rapper numero uno in Italia oggi, se teniamo presente il rapporto tra copie vendute, qualità intrinseca della sua musica e capacità di impattare sull'immaginario degli ascoltatori. Un rapper sardo, uscito dal nulla, con una maschera sul viso, che faceva roba simil-dubstep e piaceva così tanto ai ragazzini, poteva però dar l'idea di qualcosa di costruito a tavolino. Nulla di più sbagliato: il suo grande successo è invece il frutto di un lavoro durato anni, partendo da una piccola città come Olbia per arrivare ai palchi di tutta Italia, con un show tra i più potenti in fatto di hip hop italiano, per presenza scenica e capacità vocali. L'occasione per vederlo live nelle vicinanze è data dall'imminente concerto del 23 aprile al Vidia Club di Cesena, tappa romagnola del suo nuovo “Hellvisback Tour”. Il nome, com'è ovvio, rimanda al titolo del suo quarto album – Hellvisback, appunto – uscito da qualche mese e già disco di platino. Il gioco di parole dice tutto, Salmo prende una delle icone più amate e controverse della pop music e la inserisce nel suo mondo, pescando a piene mani da un certo tipo di estetica: la title-track ad esempio è una riuscitissima contaminazione tra rap e psychobilly. L'edizione speciale del cd inoltre è stata pubblicata in allegato ad un fumetto, scritto dallo stesso Salmo, che racconta del macabro incontro con Elvis Presley all'inferno, in una sorta di Paura e Delirio nella Selva Oscura. Una tematica alquanto bizzarra, che comunque non deve stupire, essendo il citazionismo in chiave horror una delle cifre stilistiche che da sempre contraddistinguono il rapper sardo, stemperata però da una buona dose di ironia in stile Robert Rodriguez, il regista di Dal tramonto all'alba e Machete (e proprio Machete Enterprise è il nome del collettivo di artisti fondato da fondato dal musicista). Secondo chi scrive Hellvisback è il disco migliore di Salmo, e non era affatto facile, essendo i precedenti dei veri e propri classici dell'hip hop italiano degli anni Dieci. La ricetta è più o meno la stessa: rap serratissimo basato su incastri e giochi di parole, beat potenti e sempre al passo con le ultime tendenze del momento, un immaginario che prende a piene mani dal mondo del punk-rock e affini (Salmo per anni ha suonato la batteria in vari gruppi hardcore) e la grandiosa capacità di utilizzare elementi fortemente iconici negli artwork e nei videoclip. La formula funziona perché è estremamente credibile, oltreché divertente. Ascoltare un disco di Salmo è come guardare un film di serie B, di quelli leggendari. Hellvisback non fa differenza e anzi spinge fortissimo sull’accelleratore: sono tredici brani molto compatti, ognuno però caratterizzato da un qualche elemento peculiare. Stupisce soprattutto la profondità degli arrangiamenti – cosa purtroppo spesso sottovalutata dagli artisti rap – e la capacità con cui Salmo è riuscito a fondere elementi rock sui beat hip hop, senza sfilacciature. Brano consigliato, la conclusiva “Peyote”, l'unico pezzo strumentale del disco, in cui Salmo suona la batteria. È un blues acidissimo in 6/8 con Bob Rifo dei Bloody Beetroots alla chitarra, una specie di viaggio psichedelico in Cadillac, nel deserto, che sfuma su una ghost-track tutta da ridere. Poco da aggiungere: Salmo è un grandissimo talento, e speriamo continui a essere così ispirato anche negli anni a venire.

L’illustrazione ispirata a Salmo è di Alessia Monti In basso, invece, una foto del rapper

OLTRE I TALENT SHOW BRIGA

PRESENTA IL SUO

“NEVER

AGAIN ” A

CESENA

Parte il 9 aprile il tour di Briga, il rapper classificatosi secondo ad “Amici di Maria De Filippi” l’anno scorso 2015. "Never Again", l'album d'esordio di Briga, è stato certificato disco di platino ed è noto anche per il duetto con Tiziano Ferro. Sarà in concerto al Vidia di Cesena sabato 16 aprile.

ALESSIO BERNABEI

INCONTRA I FAN A

SAVIGNANO

Il 25 aprile il cantautore Alessio Bernabei sarà al centro commerciale di Savignano per incontrare i fan e autografare le copie del suo debutto solista, “Noi siamo infinito”, in uscita l’8 aprile. L’ex frontman dei Dear Jack – gruppo pop divenuto famoso grazie alla partecipazione ad “Amici di Maria De Filippi” qualche anno fa – ha intrapreso la carriera solista sul finire del 2015 e al Festival di Sanremo 2016 ha presentato il primo singolo da solista.

I LANDLORD

ALLA

FELTRINELLI E, SUL

PALCO , AL

VELVET

DI

RIMINI

È uscito a fine marzo il primo disco dei riminesi Landlord, noti per aver partecipato all’ultima edizione del talent di Sky “X Factor” tra sonorità elettroniche e forma canzone classica. Lo presenteranno il 2 aprile incontrando i fan alla Feltrinelli di Rimini e in concerto invece il 16 aprile al Velvet, sempre di Rimini.

REGGAE DALLA GIAMAICA, ECCO ROD TAYLOR

AL

NUFF NUFF

DI

CESENA

Lo storico cantante reggae giamaicano Rod Taylor si esibirà dal vivo al Nuff Nuff club di Cesena. L’appuntamento è per sabato 6 aprile, a partire dalle 22.


MUSICA

R&DCULT aprile 2016

11 Actress

ELETTRONICA: AGENDA DAI PUGILE A DARDUST, FINO ALLA

FOLLIA DI

TOSSE GRASSA

Tra gli altri appuntamenti dedicati all’elettronica di qualità in Romagna da segnalare il 6 aprile la tappa al Diagonal Loft Club di Forlì del tour di Pugile, trio torinese dall’attitudine quasi free jazz. A fine 2015 è uscito il loro album d’esordio, “Round zero”. Il 16 aprile invece al Velvet concerto di Dardust, progetto di Dario Faini con cui ha da poco pubblicato "Birth". Registrato in Islanda, si divide tra una prima parte più pianistica e di ispirazione neoclassica e una più elettronica. Artista tra i più controversi e divertenti della scena indie nazionale, infine, la Tosse Grassa sarà in concerto al Wave di Misano Adriatico sabato 16 aprile per presentare il nuovo album “TG4”. La Tosse Grassa è lo pseudonimo dietro il quale si cela Vanni Fabbri: sul palco niente musicisti e strumenti musicali ma basi elettroniche per canzoni con testi senza censure e pudori.

CONTEMPORANEA

IL FESTIVAL

Tre giornate di musica elettronica e arte digitale a Ravenna: tra i protagonisti anche Actress Seconda edizione del festival Ca Loose 2016, una tre giorni di musica elettronica e arte digitale che si svolge a Ravenna nelle giornate del 29, 30 aprile e 1 maggio. Espansione del progetto Club Adriatico, è un festival anticonvenzionale sviluppato in diverse location del territorio, con epicentro ancora una volta all’ex magazzino di zolfo, Artificerie Almagià (zona Darsena). Al momento di andare in stampa il cartellone non è ancora completo, ma spicca il nome di Actress, pseudonimo del musicista elettronico inglese Darren J. Cunningham, che pubblica tra le altre per la prestigiosa Ninja Tune. Altri pro-

Lo storico Arditti Quartet a Forlì

tagonisti di caratura internazionale della tre giorni sono N.M.O. – progetto nato dalla collaborazione tra il sound artist norvegese Morten J. Olsen e il musicista spagnolo Rubén Patiño – Josey Rebelle, Beatrice Dillon, Kamixlo (tutto provenienti dal Regno Unito), la francese Nidia Minaj, oltre a esponenti italiani dell’elettronica di ricerca come Simbiosi e Herva. Seguiranno altri annunci, sulle pagine Facebook “C.A. Loose” e di “Club Adriatico”. Sabato 2 Aprile si terrà una preview del festival con il live dei Primitive Art al Planetario di Ravenna.

Area Sismica e rassegna Musica Nuova di Macerata hanno deciso di dedicare un progetto musicale a Stefano Scodanibbio, contrabbassista e compositore tra i più importanti degli ultimi trent’anni, morto nel 2012. L’appuntamento è all’Auditorium San Giacomo di Forlì, sabato 9 aprile (ore 21), con l’Arditti Quartet (qui sopra in una foto d’epoca), universalmente riconosciuto come uno dei quartetti più rappresentativi nel campo della musica (classica) contemporanea, che interpreterà e registrerà quattro composizioni di Scodanibbio, di cui tre mai incise. Fondato nel ‘74, il quartetto è guidato dal britannico Irvine Arditti.

ORDINE ARCHITETTI RAVENNA

Con il patrocinio di Comune di Ravenna

Con la collaborazione di Comune di Faenza

Comune di Cervia

Comune di Forlì

Comune di Cesena

ciclo di conferenze 2016

GIOVEDÌ 21 APRILE ORE 20

via Martoni, 54

Mauro Crepaldi

Mide Architetti

Copparo (FE)

Venezia

Aziende sostenitrici

Aziende partner


R&DCULT aprile 2016

MUSICA

12

JAZZ

Dal tango a Chet Baker Il programma di Crossroads

IL PERSONAGGIO

Dopo aver commosso Sanremo, Ezio Bosso a Rimini e Cervia Dopo aver emozionato l’Italia dal palco del Festival di Sanremo, da aprile il compositore e direttore d’orchestra piemontese Ezio Bosso – che dal 2011 convive con una malattia neurodegenerativa progressiva – sarà in tour in tutta Italia per presentare live in piano solo il suo disco “The 12th Room”. In Romagna sarà il 14 aprile al teatro Novelli di Rimini per una data già sold out, mentre è stata annunciata anche una data estiva (il 23 luglio) a Cervia.

IMPROVVISATA LO SCHLIPPENBACH TRIO

CON

EVAN PARKER

A

FORLÌ

Area Sismica (Ravaldino in Monte di Forlì) chiude la stagione il 30 aprile (ore 22.30) con forse quello che può essere considerato come il trio fondamentale della musica improvvisata, lo Schlippenbach Trio. Composto dai nomi più altisonanti del jazz europeo (Alexander von Schlippenbach al pianoforte, Evan Parker ai sassofoni e Paul Lovens percussioni), questa formazione ha ridefinito i canoni musicali che negli anni ‘60 erano per lo più importati dagli Usa, creando di fatto una nuova scuola, che ha originato il movimento free europeo.

Continua anche in tutta la Romagna il festival jazz Crossroads, a partire dalla travolgente vocalità della californiana Shayna Steele, in concerto il 10 aprile al teatro Comunale di Gambettola per poi proseguire il 15 (al teatro Corte di Coriano) con la giovane ed emergente voce di Chiara Pancaldi, che sarà sostenuta da una ritmica di grandi veterani come Kirk Lightsey e Marc Abrams. Appuntamenti di rilievo sul fronte pianistico, con un piano solo di Danilo Rea a cavallo tra Beatles e Rolling Stones (22 aprile, sempre a Coriano) e con il trio di Dado Moroni al quale si aggiungerà la voce di Karima (il giorno prima, il 21 aprile, al teatro comunale di Russi). Il 29 aprile la location sarà Villa Torlonia, a San Mauro Pascoli, con uno dei trombettisti di riferimento del jazz italiano, Paolo Fresu, in uno stimolante duetto col trombone di Gianluca Petrella. Un altro big della scena italiana, anche se argentino d’origine, è il sassofonista, compositore, arrangiatore e flautista Javier Girotto, che si esibirà con gli intramontabili Aires Tango in occasione della Giornata Internazionale Unesco del Jazz (il 30 aprile, al teatro comunale di Russi). L’altro trombettista di spicco del jazz italiano, Enrico Rava, sarà infine l’1 maggio al teatro Fabbri di Forlì – assieme al batterista Aldo Romano (in questa occasione anche cantante) – solista speciale di una produzione originale con l’Italian Jazz Orchestra diretta da Fabio Petretti per un omaggio a Chet Baker in grande stile, con un organico di vaste dimensioni, con tanto di archi. Una rapida segnalazione anche per l’omaggio a Ella Fitzgerald, nel ventennale della scomparsa, di lunedì 2 maggio, in programma in piazza del Popolo, a Ravenna, con 250 giovanissimi del progetto nelle scuole “Pazzi di jazz” e la partecipazione straordinaria di Paolo Fresu, Ambrogio Sparagna e Alien Dee: sarà una sorta di anteprima del festival Ravenna Jazz che andrà in scena, sempre nell’ambito di Crossroads, a partire dal 5 maggio e di cui parleremo sul prossimo numero di questo giornale.

Shayna Steele

AGENDA JAZZ FABRIZIO BOSSO

AL

SAX PUB

DI

LUGO

Tra i concerti di aprile del Sax Pub di Lugo da segnalare la presenza del trombettista Fabrizio Bosso, il 14, sul palco con Scala, Francesconi, Ghetti e Paolini.

MOZART

RIVISITATO DAL

TRIP SAXOPHONE QUARTET

“Mozart in jazz” è il titolo della serata di sabato 2 aprile al teatro Mentore di Santa Sofia. Sul palco il Trip Saxophone Quartet & Rhythm Section di Fabio Petretti.

TARENZI

IN SOLO E GLI

HOBBY HORSE

AL

PETRELLA

Sabato 30 aprile, al teatro Petrella di Longiano, piano solo di Roberto Tarenzi e a seguire gli Hobby Horse: tre dei più significativi rappresentanti della new wave jazzistica italiana (Dan Kinzelman a sax, clarinetti, flauti, tastiere, percussioni e voce; Joe Rehmer a contrabbasso, tastiere, voce e Stefano Tamborrino a batteria, percussioni e voce) tra free jazz, ambient e ispirazione rock.


MUSICA

R&DCULT aprile 2016

13 CLASSICA/2

Il London Brass, in concerto al teatro Bonci di Cesena venerdì 15 aprile

Il grande Uto Ughi all’Alighieri di Ravenna

CLASSICA/1

Alla riscoperta degli ottoni al Bonci Il celebre London Brass in un programma che è una summa della storia della musica Gli ottoni sono una famiglia di strumenti a fiato che la storia della musica ha realmente scoperto solo in tempi recenti. Quando si pensa ai concerti per corno di Mozart si rimane incantati dalla loro bellezza, così come il concerto per tromba di Haydn o per due trombe di Vivaldi, ma spesso si dimentica che sono stati scritti per strumenti che sono solo lontani parenti di quelli che oggi portano quel nome. Il progresso tecnico ha reso più performanti quegli strumenti che altrimenti rendevano l’esecuzione molto complessa e di difficile gestione. Grazie a queste evoluzioni i compositori ottocenteschi hanno potuto aumentare sempre più la letteratura di questa affascinante famiglia fino a rendere la sezione orchestrale non più un accessorio, ma una vera e propria necessità. A questo proposito basti pensare che dai due corni della prima sinfonia di Mozart, datata 1764, si arriva a ben ventiquattro elementi nella celebre Sinfonia dei Mille di Mahler, del 1910. È proprio grazie a questa progressiva valorizzazione della famiglia degli ottoni che cominciano a sorgere, dapprima le bande cittadine, e in seguito gruppi più ristretti che ricercano una dimensione più cameristica. Tra i gruppi che nel mondo perseguono questo ideale va annoverato sicuramente il celebre London Brass, in scena al teatro Bonci di Cesena venerdì 15 aprile alle ore 21. Il concerto si inserisce in un ciclo per la celebrazione del trentesimo anno di attività del complesso nato da una costola del famoso Philip Jones Brass Ensemble. Il programma che verrà eseguito nel teatro romagnolo

sarà una summa della storia della musica, vi saranno sia trascrizioni che brani scritti appositamente per questa formazione. Quasi ad onorare la loro ascendenza, il concerto si aprirà con Airs and Dances di John Dowland, uno dei più importanti compositori inglesi della storia, per poi viaggiare per tutta Europa avvicinandosi temporalmente sempre più ai giorni nostri. Giovanni Gabrieli, compositore veneziano, rappresenta uno dei punti di forza dell’ensemble e la Sonata Pian e Forte riporterà alle storiche sonorità che permeavano la Basilica di San Marco nel primo seicento. Un doveroso omaggio a Johann Sebastian Bach sarà l’esecuzione della celebre cantata Herz und Mund und Tat und Leben prima di ritornare alla terra di Albione con la tradizionale Greensleeves. Vivaldi è presente con un arrangiamento di Harvey dell’Inverno, mentre poi si salterà in Polonia con la Mini Ouverture di Lutosławski. Il programma proseguirà con la suggestiva Fanfare for St Edmundsbury di Britten e la Danza rituale del Fuoco tratta dal balletto El amor brujo dello spagnolo De Falla prima di un brano scritto dall’inglese Crosse appositamente per questo gruppo, Peace for Brass. Sarà con la Danza ungherese N.2 di Liszt che i “magnifici dieci” London Brass saluteranno la Romagna. Con questo concerto il pubblico cesenate potrà godere di un grande spettacolo che esporrà un’ampia varietà di stili e generi e che permetterà a qualunque ascoltatore di poter gustare i frutti di questa misteriosa ed affascinante forma d’arte chiamata musica. Enrico Gramigna

Ultimi tre appuntamenti, in aprile, per la rassegna “Ravenna Musica”, al teatro Alighieri, a cura dell’associazione Angelo Mariani. Giovedì 14 appuntamento con uno dei più rinomati e storici quartetti d’archi italiani, sulla scena internazionale da oltre 30 anni, il Quartetto di Venezia, che proporrà una triade di Quartetti di Beethoven, il n. 1 e il n. 3 dell’op. 18, seguiti dal Quartetto op.132. Il 22 aprile, un’altra compagine sinfonica italiana sarà ospite dell’Alighieri, la Filarmonica Marchigiana. Diretta da David Crescenzi, affiancherà il brillante violoncellista Alberto Casadei, vincitore di numerosi concorsi internazionali, nell’esecuzione del Concerto per violoncello e orchestra di Saint-Saens e del Notturno op. 19 di Cajkovskij, per concludere la serata con la celeberrima prima sinfonia di Beethoven. Infine, a chiudere la stagione sarà – il 28 aprile – uno dei più grandi violinisti di tutti i tempi, Uto Ughi, insieme alla formazione con cui collabora da più di 40 anni, I Filarmonici di Roma. Dopo l’esecuzione della Sinfonia K. 201 n. 29 di Mozart, darà prova del suo leggendario virtuosismo interpretando il celebre “Trillo del Diavolo” di Tartini e il Concerto per violino e orchestra n. 1 op. 6 di Paganini. Inizio concerti ore 20.30. Info: 0544 39837 0544 249244 e www.angelomariani.org.

CLASSICA/3 LA NONA DI BEETHOVEN CON LA SINFONICA DI SAN REMO Al teatro Diego Fabbri di Forlì venerdì 8 aprile l’Orchestra sinfonica di San Remo, l’Orchestra Maderna e la Corale Quadriclavio, dirette da Giancarlo De Lorenzo, propongono la Nona di Beethoven. Coinvolti anche, come voci soliste, i vincitori del Concorso lirico forlivese.

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14

TEATRO

L’INTERVISTA

Toni Servillo legge la «città-mondo» Napoli

Il grande attore al Bonci con testi degli autori partenopei. «Ricordo con grande emozione le prime commedie di De Filippo» di Matteo Cavezzali

È l’interprete più noto del teatro partenopeo contemporaneo. Con lo spettacolo “Toni Servillo legge Napoli” torna in teatro il premiatissimo mattatore interprete di grandi spettacoli come la “Trilogia della villeggiatura” di Goldoni e “Le voci di dentro” di Eduardo De Filippo oltre che di film come “La grande bellezza” vincitore del premio Oscar. Mercoledì 27 e giovedì 28 aprile (lo spettacolo era inizialmente previsto a marzo ed è stato rinviato) Toni Servillo sarà in scena al teatro Bonci di Cesena interpretando i grandi maestri del teatro napoletano: Salvatore Di Giacomo, Eduardo de Filippo, Ferdinando Russo, Raffaele Viviani, Mimmo Borrelli, Enzo Moscato, Maurizio De Giovanni, Giuseppe Montesano, Antonio De Curtis ovvero Totò e Michele Sovente. Napoli ha avuto un ruolo centrale nella cultura italiana, quale crede che sia la peculiarità della scrittura teatrale napoletana? «Innanzitutto la lingua, che di questa Città-Mondo è il segno più antico. Le mie radici sono ben ancorate al patrimonio di questa città che è stata ed è tuttora una capitale delle arti dello spettacolo in Europa e nel mondo. Napoli è tra le poche metropoli che pur presentando un esperimento sociale tra il centro e la periferia degno delle grandi città del mondo, resta un luogo dove la modernità nei suoi aspetti deteriori non è arrivata del tutto, dove, quando si passeggia, si incontra l’uomo. E questo per chi fa teatro è fondamentale». De Filippo è uno dei drammaturghi più importanti del '900, come ha saputo creare un teatro che fosse sia colto che popolare? «Eduardo è il più straordinario e forse l'ultimo rappresentante di una drammaturgia contemporanea popolare, dopo di lui il prevalere dell’aspetto formale ha allontanato sempre più il teatro da una dimensione autenticamente popolare. È l’autore italiano che con maggior efficacia, all’interno del suo meccanismo drammaturgico, favorisce l'incontro e non la separazione tra testo e messa in scena. Affrontare le sue opere significa insinuarsi in quell'equilibrio instabile tra scrittura e oralità che rende ambiguo e sempre sorprendente il suo teatro. Il profondo spazio silenzioso che c'è fra il testo, gli interpreti ed il pubblico va riempito di senso sera per sera sul palcoscenico, replica dopo replica». Viviani è considerato il più

Sopra una veduta di Napoli, sotto Toni Servillo

ruvido degli autori italiani, cos'era per lui la strada? «Per Viviani la strada coincide per il palcoscenico. Lo si può evincere anche da alcuni titoli della sua produzione drammatica. La strada si può considerare come un teatro all’aperto in cui il popolo forma un vero e proprio coro». Lei è cresciuto respirando i classici del teatro partenopeo, come hanno influenzato la sua decisione di fare l'attore nella vita? «Sono cresciuto in una famiglia di spettatori e di grandi appassionati di teatro e di musica

«Napoli è tra le poche metropoli dove quando si passeggia si incontra l’uomo E questo per chi fa teatro è fondamentale

»

che mi hanno trasmesso questa passione. Ricordo con grande emozione le prime commedie di Eduardo De Filippo viste, con i miei genitori e i miei fratelli, in teatro e alla televisione. Ho cominciato nella seconda metà degli anni Settanta, ancora da studente, insieme ad altri coetanei, in una piccola città come Caserta, e non mi sono mai più fermato. Ripeto spesso che per me il teatro è concretezza: costringe chi lo pratica a mettersi a nudo davanti a se stesso, a confrontarsi con i desideri e le frustrazioni, le ambizioni e le sconfitte. Un esercizio che ogni giorno porta la sua pena e la sua gioia». Dei testi che ha scelto per questo spettacolo quale è quello a cui è più legato? «A tutti. Senza, per questo, esprimere una preferenza posso però rivelarle che recito Litoranea, tagliente riflessione sulle contraddizioni e sul degrado di Napoli di Enzo Moscato, ininterrottamente dal 1991, quando costituiva il monologo finale di Rasoi, spettacolo-manifesto della prima fase di attività di Teatri Uniti, che ho diretto con Mario Martone». Quale di questi autori deve, secondo lei, essere ancora pienamente riscoperto dal teatro contemporaneo? «Fra gli autori drammatici, al di là dei contemporanei il cui lavoro è ancora in corso, senz’altro Raffaele Viviani è ancora un mondo da esplorare. Fra i più interessanti motivi di questa serata c’è anche quello di diffondere l’opera di un poeta assolutamente poco conosciuto come Michele Sovente, con cui concludo la sequenza dei brani con una lirica, in napoletano e in italiano che esemplifica perfettamente il senso di “Toni Servillo legge Napoli”».

AGENDA

A GAMBETTOLA IN SCENA RESISTENZA

E DISOCCUPAZIONE

Al teatro di Gambettola prosegue la stagione de “La baracca dei talenti”. Lunedì 25 aprile (alle 21) appuntamento di prosa con “Agenda Resistente” per la regia di Michele Zizzari. L’opera – in scena il giorno della Liberazione - è ispirata ai racconti della staffetta partigiana Elide Cenacchi, che nell’opera incontra un giovane poeta napoletano. Tra i due nasce una profonda amicizia, che dà vita a un intenso confronto culturale e generazionale. Venerdì 29 aprile (sempre alle 21) sarà la volta di un altro appuntamento di prosa: “Fuori Fuoco” portato in scena dal Teatro Onnivoro di Ravenna, per la regia di Matteo Cavezzali. Un monologo comico, ironico e anche drammatico che farà riflettere il pubblico sulla tematica della disoccupazione giovanile in Italia (nella foto).


TEATRO

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15 PPROSA

OPERA

Torna il Macbeth di Cristina Muti Mentre l’Aida di Verdi va in scena con 80 coristi e 20 ballerini La stagione lirica del teatro Alighieri di Ravenna si chiuderà venerdì 8 e domenica 10 aprile all’insegna di Verdi con l’allestimento di Macbeth prodotto da Ravenna Festival per la Trilogia Verdi-Shakespeare del 2013 con la regia di Cristina Muti ispirata ai lavori grafici di Alberto Martini. Il team creativo è formato da Vincent Longuemare (light designer), Davide Broccoli (visual designer), Ezio Antonelli (scene) e Alessandro Lai (costumi). In buca l’Orchestra Cherubini diretta da Nicola Paszkowski, mentre il Coro del Teatro Municipale di Piacenza è preparato da Corrado Casati. Al Bonci di Cesena il 25 aprile invece l’ambizioso progetto operistico firmato dal Coro Lirico M. Callas di Cesena: l’Aida di Giuseppe Verdi con 80 coristi, 20 ballerini, l’Orchestra Città di Ferrara, composta da 38 elementi, diretta dal M° Fabrizio Da Ros con la Banda di Cesena e un cast con solisti di fama internazionale, fra cui il soprano cesenate Raffaella Battistini.

IL MONDO NON MI DEVE NULLA Da giovedì 14 a sabato 16 aprile al Fabbri di Forlì va in scena Il mondo non mi deve nulla, di Massimo Carlotto, con Claudio Casadio e Pamela Villoresi. Foto di Federico Riva

MUSICAL

In scena a Cesenatico il nuovo spettacolo di Ndo: Radio ’50 rock’ n’ soul

IL PIRANDELLO DI LO CASCIO Al Bonci di Cesena va in scena il classico Questa sera si recita a soggetto di Luigi Pirandello nell’adattamento drammaturgico di Sandro Lombardi e Federico Tiezzi con, tra gli altri, Luigi Lo Cascio, dal 7 al 10 aprile.

Debutto per il nuovo spettacolo della compagnia romagnola Ndo (nella foto) per la direzione artistica di Ivan Boschi che cura la rassegna di musical del comunale di Cesenatico e da anni propone al pubblico spettacoli di musical. Da giovedì 7 a domenica 10 aprile, sempre al comunale di Cesenatico, porteranno infatti in scena Radio ‘50 Rock’ n’ soul, musical ispirato a temi musicali e costumi di quell’epoca ormai passata al mito nella storia del rock. E a Cesenatico sarà di scena di nuovo il musical domenica 24 aprile con lo spettacolo Il più Casino del Texas questa volta della compagnia Qaos.


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TEATRO

16 AGENDA LO STRANIERO DI CAMUS CON GIFUNI AL BONCI

Martedì 12 aprile e mercoledì 13 aprile al Bonci di Cesena alle 21 sarà in scena Lo straniero, un’intervista impossibile, tratto da “L’Etranger” di Albert Camus con Fabrizio Gifuni. Suoni G.U.P. Alcaro, ideazione e regia Roberta Lena, riduzione letteraria Luca Ragagnin.

ARCHIVIO ZETA

E PROIA AL CONTEMPORANEO DI RAVENNA

Per Scena Contemporanea al teatro Rasi di Ravenna sabato 9 aprile Archivio Zeta proprone la propria rilettura di Edipo Re mentre Francesca Proia il 29 aprile sarà nello spazio Vulkano a San Bartolo (alle 19 e alle 21) con il suo Dream Theory in Malaya.

L’INTERVISTA

«La voce libera la forza acustica della poesia» La poetessa e attrice Mariangela Gualtieri in scena al Bonci di Cesena con “Porpora, rito sonoro per cielo e terra” di Matteo Cavezzali

Poetessa e attrice di grande spessore, le sue parole dal 1983, quando assieme a Cesare Ronconi fondò la compagnia Valdoca, riecheggiano nei teatri di tutta Italia. Le sue poesie sono pubblicate nella più prestigiosa collana italiana, quella di Einaudi. Mariangela Gualtieri, dopo l’uscita de Le giovani parole, torna a teatro con Stefano Battaglia e la regia, scene e luci di Cesare Ronconi in Porpora, rito sonoro per cielo e terra dal 18 al 23 aprile al Teatro Bonci di Cesena. Che rapporto c'è tra la sua poesia scritta su carta e la voce che la recita? «Per me è lo stesso rapporto fra uno spartito e lo strumento che lo suona. La voce trasforma in onde sonore qualcosa che sta scritto sulla pagina e dunque libera la forza acustica della poesia che va ad aggiungersi alla forza semantica. La differenza è che con la voce, tutto il corpo partecipa, e non solo la mente, e il corpo è il grande esperto di gioia. Nel rito col pubblico i corpi vengono ad essere immersi in un particolare bagno acustico: le onde sonore rimbalza-

no dalle pareti e vi è una comunione vibratoria che è la stessa del canto. Si fa corpo comune, pur senza saperlo e a volte accade

«Con la voce tutto

il corpo partecipa e il corpo è il grande esperto di gioia

»

anche che ci sia un respiro comune, una comune anima». Stefano Battaglia ha lavorato con la musica su testi poetici di Rilke e di Pasolini, cosa l'aveva affascinata del suo modo di mescolare musica e parole? Come vi siete uniti in questo percorso? «Stefano è un musicista che ama infinitamente la poesia. Già questo non è un fatto scontato e anzi potrei dire che è la prima volta che incontro tanto approfondito ascolto della parola poetica da parte di un compositore e strumentista. Ed è anche un incredibile improvvisatore. Le due cose fanno di lui un compagno

prezioso, qualcuno che insieme a me riscrive al presente, compone al presente, in una comune riscrittura orale».

in oro puro: e sempre è questione di milligrammi, di millimetri, di quel poco poco che cambia il concatenamento delle molecole e fa

«C’è sempre un punto in cui abbiamo

bisogno di una parola di guarigione perché non smettiamo di essere feriti anche con la più futuribile tecnologia

»

Parole e musica sono due ambiti che hanno a che fare con il suono, che rapporto c'è invece con lo spazio (e quindi la vista)? Come ha lavorato con Cesare Ronconi per la scrittura scenica di questo lavoro? «Cesare sta entrando in punta di piedi in questo incontro a due voci. Sappiamo che la vista spesso si mangia l'udito, cioè che un impianto scenico visivamente troppo forte e movimentato potrebbe impedire la pienezza dell'ascolto, anziché favorirla. Dunque si sta muovendo in pieno rispetto del suono, come un alchimista che cerchi la formula segreta per far precipitare una sostanza

restare a bocca aperta». Oggi le parole scritte vivono il respiro breve di un cinguettio ingoiato dalla velocità innaturale di internet. Quale significato ha oggi scrivere poesie? Come difendere queste parole dal rumore del mondo? «La poesia appartiene all'ordine di grandezza del lievito, del sale, degli enzimi, cioè a potenze di cui basta una minima quantità per scatenare processi decisivi e salutari cambiamenti. E poi la poesia è parola che custodisce in sé il silenzio. Come nessun osservatore, guardando, può diminuire la bellezza di un'opera d'arte, così credo

che la poesia non tema il cinguettio frettoloso della contemporaneità. C’è sempre un punto in cui si ha bisogno di una parola di guarigione, perché non smettiamo di essere feriti, anche con tutta la più futuribile tecnologia. Non smettiamo di amare e di soffrire e in questi due casi - come in tanti altri - abbiamo fame e sete di parole vive, cariche, davvero parlanti. E la poesia ci viene in soccorso, ci fornisce parole che hanno il potere di non invecchiare, di non consumarsi». Nella sua ultima opera pubblicata da Einaudi ha dedicato una parte a Bruno Schulz, cosa la lega alla sua opera? Ha altri “maestri” a cui si sente legata? «Ho incontrato l’opera di Schulz molto tardi, ed è stato un incontro fatale, cioè carico di quella strana forza che ci fa credere che alcuni eventi siano lì per noi, ad aspettarci da ere, da sempre. La sua parola in prosa ha squarci di altissima poesia, e il modo in cui Schulz percepisce la realtà ha qualcosa di neonato - un neonato dotato di una parola alta - di favolistico e di tremendo insieme. Tre ambiti che sento anche miei».


TEATRO

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17 IL PROGETTO

DANZA CAROLYN CARLSON

IN SCENA AL

FABBRI

DI

FORLÌ

Sabato 30 aprile alle 21 al Fabbri di Forlì va in scena la Carolyn Carlson Company con Short Stories, Immersion per la coreografia e l’intepretazione dell’artista su musica originale di Nicolas de Zorzi e luci di Guillaume Bonneau, e Mandala con l’intepretazione di Sara Orselli su musica di Michael Gordon con i costumi Chrystel Zingiro, luci Freddy Bonneau, per una produzione Ater.

SIENI: LE SONATE DI BACH PER RACCONTARE I CONFLITTI RECENTI

A Rimini la compagnia Virgilio Sieni mercoledì 6 aprile va in scena al Teatro degli Atti con una coreografia e regia di Virgilio Sieni: Sonate Bach, musica J.S. Bach, “Tre Sonate per violoncello e pianoforte” (BWV 1027, 1028, 1029) con Ramona Caia, Giulia Mureddu, Jari Boldrini, Nicola Cisternino. Sono 11 coreografie che ci rammentano altrettanti avvenimenti tragici accaduti nei conflitti recenti: Sarajevo, Kigali in Rwanda, Srebrenica, Tel Aviv, Jenin, Baghdad, Istanbul, Beslan, Gaza, Bentalha, Kabul, raccolte intorno a 11 brani che compongono le 3 Sonate di Bach.

ECCO

GLI SGUARDI SUI GIOVANI AUTORI A

RAVENNA

“Giallo” e “Discorso giallo”: gli spettacoli di Fanny&Alexander su infanzia ed educazione Il progetto di Fanny & Alexander – che prevede la presentazione a Ravenna, all’interno della rassegna Scena Contemporanea, a pochi giorni di distanza l'uno dall'altro, degli spettacoli Discorso giallo (venerdì 15 aprile al Rasi alle 21) e Giallo (domenica 17 alle 19 e alle 21 al Rasi) – va a disegnare una parabola sul rapporto tra parola, educazione, infanzia e vita adulta da più prospettive al contempo. I due lavori fan parte dello stesso percorso condotto dal gruppo attorno all'idea di crescita dell'individuo e della comunità in seno a una questione pedagogica profondamente inscritta nella nostra storia. Da un lato Discorso giallo racconta dell'avvento della televisione nella costruzione democratica di un paese: il grande sforzo dell'alfabetizzazione, condotto dalla trasmissione Non è mai troppo tardi: protagonista il rapporto tra un popolo alle prese col desiderio della libertà culturale e la figura straordinaria di un maestro, Alberto Manzi. Nella parabola forse utopica qui sottesa si intrecciano punti nodali e cruciali che portano al deflagrare nello spettacolo di una spettrale contraddizione. E il maestro Manzi viene soppiantato sulla scena da una nuova figura nel contesto di una diversa trasmissione: è Sandra Milo coi suoi "Piccoli fans" a proiettare su di noi la lunga ombra di un'infanzia travisata, Lo spettacolo ci catapulta poi in un agone da talent show, dove si è tutti "amici" e la maestra è anche una strana madre, padrona di dare e togliere ai suoi numerosi figli-concorrenti. Da Manzi alla De Filippi, sta dunque a chi guarda ricostruire il filo esile di uno strano itinerario, fatto di molte domande più che di risposte e tutto rivolto alla luce istantanea che forse solo gli occhi del bambinoavatar dello spettacolo, inchiodato al suo sempiterno banco di scuola, riusciranno a proiettare ancora obliquamente sulle cose. È l'icona di Maria Montessori, "la signora delle mille lire" che ci conduce simbolicamente dal primo spettacolo al secondo, Giallo, una sorta di lezione fantastica di una maestra al gruppo degli spettatori là raccolti: a rispondere ai suoi appelli sono però molti invisibili bambini, le voci dei piccoli partecipanti dei laboratori condotti da Fanny & Alexander nelle scuole primarie di Ravenna e di Parma. Quei bambini sono alle prese con incontri straordinari: un animale misterioso da educare alle abitudini umane, una maestra che racconta loro storie spaventose, di menzogna, di ingiustizia, di paura. Ma forse l'incontro più forte resterà sempre quello con se stessi,

DOMENICA 3 APRILE La Compagnia “Amici del Teatro” di Cassanigo di Faenza presenta:

“PIPINÈ: STÖRIA DI UN BURATÈ” 2 tempi della compagnia - Regia Alfonso Nadiani

DOMENICA 10 APRILE La Compagnia dialettale C.D.T. “La Rumagnola”di Bagnacavallo presenta:

Domenica 3 aprile all’Almagià di Ravenna alle 17 ci sarà l’appuntamento “Sguardi sulla giovane danza d'autore”, sharing dei nuovi progetti coreografici di Barbara Berti (foto), Aristide Rontini, Lara Russo, Nuvola Vandini. Si tratta di un evento promosso da Anticorpi Giovani Danz’autori, un’azione di tutoraggio e accompagnamento alla creazione. Info: 3334217731.

CENERENTOLA

CHIUDE LA STAGIONE ALL’ALIGHIERI

“MÖRT UN PÊPA” 3 atti brillanti di Guido Lucchini - Regia Arturo Parmiani

DOMENICA 17 APRILE La Compagnia Teatrale Filodrammatica “Hermanos de Longiano” presenta:

“LA SUOCERA” 3 atti brillanti di Giusi Canducci - Regia Giusi Canducci

DOMENICA 24 APRILE La Cumpagnì Dla Zercia G.A.D. Città di Forlì presenta:

“INES, ADA, IDA E E’SU FRADËL” 3 atti di Giorgio Tosi - Regia Claudio Tura

DOMENICA 1 MAGGIO La Compagnia dialettale “La Broza” di Cesena presenta:

La stagione di danza del teatro Alighieri di Ravenna si conclude con la Cenerentola del Malandain Ballet Biarritz sabato 16 aprile alle 20.30 (in replica il 17 alle 16.30).

“E TESTAMENT” 3 atti di Antonio Guidetti - Regia Andrea Lelli


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CINEMA

LA NOVITÀ SOUNDSCREEN, FESTIVAL SU CINEMA E MUSICA CON (ANCHE) I MARLENE KUNTZ E LA BYZANTIUM EXPERIMENTAL ORCHESTRA A Ravenna è in arrivo un nuovo festival dedicato a Cinema e Musica, Soundscreen Film Festival , dall'11 al 16 aprile al Palazzo del Cinema e dei Congressi di Largo Firenze 1, tra i pochissimi in Italia e nel mondo. Il festival presenterà il suo evento centrale: il Concorso internazionale per lungometraggi. Una rosa di 10 film che rappresentano il meglio della recente produzione cinematografica e musicale. Tra le anticipazioni spiccano l'anteprima europea di Aladdin, opera psychedelic-kitsch del genio indie pop newyorkese Adam Green, con Macaulay Culkin e Devendra Banhart; God Help The Girl, il musical scritto e diretto da Stuart Murdoch dei Belle and Sebastian; Eden della regista Mia Hansen-Løve, che racconta ascesa e caduta di un DJ francese nella Parigi anni '90; dagli Usa il nuovo thriller-horror The Guest di Adam Wingard.A fianco sezioni parallele, omaggi ed ospiti speciali. Tra queste Panorama sulle nuove tendenze del cinema musicale italiano, con film inediti, eventi e incontri coi gli artisti italiani. Da Nel Paese Dei Coppoloni, documentario di Stefano Obino ambientato nei luoghi in cui l'ispirazione poetica di Vinicio Capossela è diventata realtà, a Numero Zero – alle radici del rap italiano di Enrico Bisi (proiezione in collaborazione col centro giovanile Cisim di Ravenna), sino a Complimenti Per La Festa di Sebastiano Luca Insinga, sui Marlene Kuntz e i 20 anni del loro mitico album d'esordio Catartica. La band piemontese eccezionalmente sarà in sala a presentare il film. Tributo a David Bowie: al grande Duca Bianco con i film nei quali fu attore protagonista: da L'uomo che cadde sulla Terra di Nicolas Roeg a Miriam si sveglia a Mezzanotte di Tony Scott, fino a Furyo – Merry Christmas Mr. Lawrence del grande Nagisa Oshima. Best of 2016: il festival ripropone il film Amy di Asif Kapadia, sulla vita di Amy Winehouse, premio Oscar 2016 come miglior documentario. Evento speciale Daft Punk Unchained: il nuovo documentario sul mitico duo francese che ha sconvolto il mondo d clubbing (foto). Soundscreen Sessions: conferenze e incontri su Cinema e Musica, curate dal critico musicale cinematografico Maurizio Principato, tra cui Quentin Tarantino: la musica rubata e David Bowie: l'attore che cadde sulla Terra. Evento satellite: giovedì 14 aprile, alle 20.30, Soundscreen propone una serata imperdibile con la sonorizzazione dal vivo di un grande classico del cinema muto: L'inferno del 1911. Il primo grande capolavoro ispirato alla cantica di Dante sarà accompagnato in sala dalla Byzantium Experimental Orchestra di Bruno Dorella - storico leader dei RONIN e membro di OvO, Ronin e Bachi da Pietra- e Nicola Manzan - violinista e produttore titolare del progetto Bologna Violenta. Il festival, per la direzione artistica di Albert Bucci, è promosso e organizzato dall'Associazione Culturale Ravenna Cinema in compartecipazione con il Comune di Ravenna – Assessorato alla Cultura, con il contributo della regione Emilia-Romagna e della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, in collaborazione con Bronson Produzioni.

L’APPROFONDIMENTO

David Bowie, l’attore che cadde sulla Terra Il grande musicista fu anche protagonista al cinema con la sua ambiguità, androginia, dualità vita/morte di Albert Bucci*

È in arrivo un nuovo evento di cinema a Ravenna: dall'11 al 16 di aprile al Palazzo del Cinema il nuovo Soundscreen Film Festival, da me diretto (perdonate il “conflitto di interessi”), dedicato ai film che hanno come protagonista la musica (per il porgramma c’è il box sopra da segnalare in particolare God Help The Girl scritto e diretto da Stuart Murdoch dei Belle and Sebastian; documentari quali Complimenti Per La Festa sui Marlene Kuntz ospiti a Ravenna per l'occasione e l'Oscar 2016 Amy sulla vita della cantante Amy Winehouse; oppur la sonorizzazione dal vivo de L'Inferno del 1911, primo capolavoro del cinema muto su Dante, eseguita dalla Byzanthium Experimental Orchestra). E mi preme soprattutto parlare di un grande attore scomparso di recente a cui sarà reso omaggio nel Festival, un grande attore che fu anche un grandissimo musicista: David Bowie, il Duca Bianco. Una carriera luminosa nel cinema, messa in secondo piano solo dalla sua genialità nella musica. Bowie incontrò il cinema nel 1967, come protagonista di un corto sperimentale dal titolo The Image, nelle sue stesse parole una «avanguardia underground in bianco e nero, su un pittore che fa un ritratto a un ragazzo, ma il ritratto prende vita e si scopre che è il cadavere di qualcuno. Non ricordo bene la trama... era terribile». Ma è nel 1975 che avviene la svolta. In quel periodo David Bowie era sull'orlo della fine: la cocaina e una dieta incosciente a base di peperoni e droga stavano per ucciderlo, tanto che la sua instabilità mentale e fisica vennero alla ribalta nel documentario della BBC Cracked Actor di quello stesso anno. Il regista inglese Nicholas Roeg, affascinato dalla sua fragile figura umana, lo volle a tutti i costi come protagonista de L'uomo che cadde sulla Terra, un cult dove Bowie interpretava di Jerome Newton, un alie-

Un fotogramma dal film L’uomo che cadde sulla Terra

no umanoide arrivato sulla Terra per studiarlo e per capire come salvare il suo pianeta morente a causa della siccità, ma che dovrà alla fine confrontarsi con la rapace e spietata avidità della razza umana. Una favola metaforica e visionaria perfettamente calzante per la figura androgina ed esoterica di Bowie, anche musicalmente già da sempre calato nella interpretazione di personaggi contro-figure di se stesso, da Ziggy Stardust ad Halloween Jack fino al dolente e crudele White Duke. La severa vita sul set, l’incontro con un personaggio così potente e metaforico dell’esistenza, salvarono e fecero rinascere Bowie dai suoi impulsi autodistruttivi. Da quel momento Bowie non sarebbe più stato solo una rockstar, ma anche un grande attore. L'annata mirabile rimane il 1982, quando uscirono Furyo - Merry Christmas Mr. Lawrence del grande regista giapponese Nagisa Oshima (celebre per L'impero dei sensi) e The Hunger -

Miriam si sveglia a mezzanotte di Tony Scott. In Furyo, ambientato in un campo di prigionia giapponese nel 1942 durante la II guerra mondiale, Bowie interpreta il soldato neozelandese Jack Celliers. Il campo è gestito dal capitano giapponese Yonoi (il musicista Ryūichi Sakamoto, autore anche della colonna sonora del film) insieme al crudele sergente Hara (il giovane Takeshi Kitano, all’epoca comico emergente della televisione giapponese), che ha una ferma convinzione nella disciplina, nell’onore e nella gloria e per il quale i prigionieri alleati sono dei codardi che si arrendono invece di suicidarsi. Ma l’incontro col soldato Cellers scatena in Yonoi pulsioni erotiche inconfessabili, una omosessualità che ha sempre dovuto rimuovere nell’implacabile rigore militarista dell’esercito. Di nuovo il tema dell’ambiguità, tipico di Bowie, insieme alla sua androginia e bisessualità, dove le opposizioni normale/anormale ed etero/omo si incastonano sul più assoluto scontro tra cultura diverse,

tra guerra e pace, tra vita e morte. Subito dopo, nello stesso 1982, uscì The Hunger (La fame), con la pessima traduzione italiana del titolo in Miriam si sveglia a mezzanotte. Il film è una memorabile love-story tra vampiri, dalle classiche tinte fosche e dove erotismo, bisessualità e morte si intrecciano, storia perfetta per la geniale ed elegante figura da mutante di David Bowie. Una storia quasi canonica per il genere vampyre: Miriam (Catherine Deneuve), antica vampiressa egizia, è soggetta a una inspiegabile maledizione: i suoi amanti vampiri maschi a un certo punto deperiscono e muoiono. Ed è così adesso per il suo amato John (David Bowie), che sta lentamente morendo. Il medico Sarah (interpretato da Susan Sarandon, la protagonista del Rocky Horror Pictur Show) cerca di trovare la salvezza per John, ma tutti entreranno nel vortice cupo della maledizione. Queste le migliori prove di David Bowie attore. Che non si limitano a questi tre film. Tra ruoli importanti e picco-

li camei, lo ricordiamo Re dei goblin in Labyrinth; Gigolò nell'omonimo film; Ponzio Pilato ne L’ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese; Andy Wharol in Basquiat di Julian Schnabel; scienziato in The Prestige di Christopher Nolan; cantante in Absolute beginners; e killer spietato del Far West nel paradossale Il mio west di Giovanni Veronesi, accanto a Leonardo Pieraccioni e Alessia Marcuzzi. Qui interpretava Jack Sikora, un killer che sfidava a duello nientemeno che Harvey Keitel: due mostri sacri a cui perdoniamo volentieri l'equivoco di questo film. *Albert Bucci (Ravenna, 1968) è direttore artistico del Ravenna Nightmare e del nuovo Soundscreen Film Festival. È stato docente di Sceneggiatura presso l'Università Iulm di Milano, e produttore esecutivo di spot pubblicitari. In una vita parallela, possiede anche una laurea in Fisica Teorica. (Il suo vero nome è Alberto, ma in effetti è meglio noto come Albert).


CINEMA

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CORTOMETRAGGI

CESENA QUANDO SULLO

Torna il festival Ricci con il nuovo premio “Made in Italy”

SCHERMO VA IL JAZZ CON

LOUIS MALLE

Lunedì 4 e martedì aprile si svolge al cinema San Biagio di Cesena la due giorni di Jazz on the Screen. Si comincia alle 17 con Jazz on a Summer’s Day di Aram Avakian e Bert Stern (85') con Louis Amstrong, Gerry Mulligan, Chico Hamilton, Chuck Berry, Thelonious Monk, mentre alle 21 sarà proietatto Ascensore per il patibolo (Ascenseur pour l'échafaud, Francia/1957) di Louis Malle, con colonna sonora di Miles Davis. Tratto da un romanzo di Noël Calef, il film di Malle rielabora in maniera strabiliante una trama noir. Su questa storia di tradimenti, omicidi progettati e commessi, il regista francese costruisce una melodia soffusa, aiutato dalla magistrale partitura jazz composta da Miles Davis, un mood che combacia perfettamente con le tinte cupe e minacciose del film. Si tratta dell'esordio di Louis Malle alla regia. La copia è restaurata da Gaumont. La pellicola sarà riproposta anche il giorno successivo alle 17, mentre alle 20.30 sarà proiettato Let’s get Lost (USA/1988) di Bruce Weber (120'), il documentario dedicato a Chet Baker. Pre Movie con djset ToffoloMuzik. Introduzione al film di Luigi Bertaccini. Interventi musicali di Enrico Farnedi e Marco Bovi. Un’iniziativa di Cesena Cinema con Across The Movies e Biblioteca Malatestiana.

Dal 27 al 30 aprile si terrà la diciassettesima edizione del festival Corti da Sogni - Antonio Ricci organizzata dal circolo Sogni di Ravenna. L’appuntamento è al teatro Rasi di Ravenna, in via di Roma, e l’ingresso a tutte le proiezioni è gratuito. La giornata finale del festival sarà sabato 30 aprile, quando ci saranno le Un fotogramma di “We can’t live without premiazioni e le proiezioni dei cosmos” (Russia) di Konstantin Bronzit, migliori cortometraggi. vincitore del premio Giuseppe Maestri Il festival ritorna confermando della scorsa edizione del festival Corti da Sogni e poi in corsa anche agli Oscar le sezioni in concorso e introducendo un premio dedicato al cinema italiano. Il “Made in Italy”, che fino all’anno scorso era una semplice menzione, è ora una sezione in concorso. Il migliore cortometraggio europeo si aggiudicherà l’European Sogni Award, mentre il miglior lavoro proveniente da oltre Europa sarà il vincitore della sezione Sogni d’Oro. Il Premio Giuseppe Maestri andrà al miglior cortometraggio di animazione, mentre il “Mitici critici” sarà assegnato da una giuria composta dagli studenti delle scuole medie. Il miglior videoclip si aggiudicherà invece AENZA Frequenze in corto. Verranno inoltre assegnate le menzioni Creatività in corto, per il lavoro più originale e Slow DOCUMENTARI E INCONTRI CON GLI AUTORI AL MASINI, TRA PRETI E GIOCOLIERI Food al miglior cortometraggio legato alle tematiche del cibo “buono, pulito e Prosegue al Masini di Faenza la rassegna “Il cinema della verità”. Mercoledì 6 aprile sarà la giusto”. volta di Angelita Fiore e del suo documentario Uomini proibiti, sulla storia di alcuni preti Per informazioni: www.cinesogni.it, sposati. L’incontro successivo avrà per protagonisti Adriano Sforzi, regista pluripremiato, che circolo@cinesogni.it, oppure pagina presenterà L’equilibrio del cucchiaino, un documentario biografico sulla storia del più grande, Facebook: “Circolo Sogni”. sfortunato e felice giocoliere di tutti i tempi: Alberto “Bertino” Sforzi (mercoledì 13 aprile).

F

LIDO ADRIANO DOCUMENTARIO SUL POLO SUD E CARTONI ANIMATI AL

Venerdì 1 aprile per la rassegna di documentari Altrove al Cisim di Lido Adriano alle 21 viene proiettato The great white silence (108’) di Herbert Ponting (Gran Bretagna, 1924). Sonorizzazione dal vivo del Collettivo La Melassa. Il documentario racconta, attraverso le riprese d’epoca originali, la spedizione Terra Nova (19101913) nel polo sud. Sabato 16 aprile alle 10 invece tornano la proiezioni per bambini con Taron e la pentola magica, Film Disney d’animazione (80′) di Richard Rich, Ted Berman (USA,1985).

A due passi dal Teatro Alighieri

CUCINA BIOLOGICA TOSCO-ROMAGNOLA, VEGANA, VEGETARIANA Un ristorante davvero unico, perchè propone le specialità della cucina toscana e romagnola, insieme ad una accurata selezione di piatti della cucina vegana e vegetariana. Tutto rigorosamente bio. Un connubio così perfetto, che mette d’accordo tutti (in famiglia), può nascere solo dalla condivisione e passione per il proprio lavoro della gentilissima Marina e del toscanaccio Franco. Anche il luogo è originale, una terrazza unica nel cuore della città, al primo piano dell’edificio dell’orologio di piazza del Popolo. È sufficiente salire qualche scalino per assaporare una cucina semplice e mai banale, porzioni abbondanti, senza esagerare, e ingredienti di qualità provenienti da agricoltura biologica. Gustate un ottimo pranzo o cena tutti i giorni all’insegna della genuinità, della tradizione e della cordialità.

CISIM

Ravenna Piazza Einaudi 1 - 1° piano Tel. 334 3339725 dietro Piazza del Popolo, Palazzo dell’Orologio Ristorante Verde Bio


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LIBRI

L’INTERVISTA

Quel sol dell’avvenire che sorse in Romagna

Tra letteratura e politica, Evangelisti ha concluso la trilogia che si svolge tra fine Ottocento e metà Novecento

di Federica Angelini

Valerio Evangelisti chiude con Nella notte le stelle ci guideranno l'imponente trilogia “Il sole dell'avvenire” in gran parte ambientata in Romagna (per alcune vicende si arriva a Bologna e Molinella, ma non oltre) in cui racconta il periodo che va dalla seconda metà dell’Ottocento alla fine della seconda guerra mondiale. Si tratta di un dettagliatissimo affresco storico che racconta la nascita del socialismo, della coscienza politica di classe, delle cooperative, del sindacato, fino, in questo terzo tomo, all'avvento del fascismo e al riscatto della Resistenza. Un lavoro enorme che dal 2013 ha impegnato il noto scrittore bolognese il quale è riuscito nella non semplice impresa di unire a una vicenda narrativa un certosino lavoro di ricostruzione storica, in un mix potente e senza precedenti. Valerio Evangelisti sarà ospite al Mama’s di Ravenna venerdì 1 aprile e al Prometeo di Faenza il 23 aprile. Valerio, il primo tomo nasceva da studi che avevi fatto per la tua tesi di laurea, come ti sei documentato invece per quest'ultimo? «In questo caso sono ricorso a una bibliografia gigantesca, fatta di volumi e libri disponibili a tutti, ma anche di materiali più difficili da reperire, come opuscoli e libri, ne ho la casa sommersa. Per esempio ho utilizzato un libro di quasi 2mila pagine di un abitante di Tredozio che ha impiegato quarant'anni a scriverlo, e se l’è autopubblicato, in cui racconta delle vicende tra Modigliana e Tredozio e Faenza. Per fortuna che la vostra biblioteca (di Ravenna, ndr) ha messo on line l'ultima annata della Romagna socialista. Per il primo e in parte per il secondo tomo è stato più semplice perché avevo conservato collezioni di giornali dell'epoca in microfilm a cui ero ricorso durante i miei studi e che mi sono stati utilissimi. Ma sì, sarebbe faticoso stilare una bibliografia davvero completa».

In tutta la trilogia hai scelto protagonisti che hanno incrociato le sorti politiche dell'epoca che vivevano senza essere in prima linea, offrendo così anche al lettore uno sguardo laterale e molto concreto. Ma come nascono? Come li hai resi compatibili e coerenti con il contesto dell’epoca nei loro comportamenti? «Li ho inventati basandomi su storie reali che avevo ascoltato, su vicende familiari realmente vissute. La mia stessa famiglia era politicamente molto composita, da parte di mia madre erano tutti socialisti, da parte di mio padre erano invece popolari, diciamo protodemocristiani. E ci sono stati anche zii o cugini squadristi. Una situazione per la verità piuttosto comune, molte famiglie erano divise...». Tra tutti, Destino è quello forse a cui spetta la sorte più avventurosa perché si trova a viaggiare tra gli esuli a Parigi e poi a finire a combattere nella guerra civile spagnola tra le file degli anarchici, peral-

«Qui il fascismo

ci mise più tempo ad arrivare e attecchì meno profondamente perché le lotte dei decenni precedenti avevano prodotto benefici concreti per le persone

»

tro in rotta con i socialisti... «Lui nasce in particolare da un libro intitolato Romagnoli antifascisti in esilio pubblicato negli anni 70 in cui c'è una larga sezione scritta dal cesenate Sigrifido Sozzi, figlio di un eroe della Resistenza, che ha dedicato al tema un saggio di cento e passa pagine. E L'Avanti che usciva in Francia (ce n'era anche uno “svizzero”) pubblicava le note di romagnoli andati a combattere in Spagna con tanto di racconto di una corrida (come nel romanzo stesso, ndr). L'ispirazione viene da lì». Dal tuo libro sembra emergere l’errore dei socialisti nel non volere rispondere con la violenza alla violenza fascista, negli anni Venti. Oggi c'è chi, come Mentana, dice che stiamo facendo lo stesso errore con i terroristi. Sei d'accordo? «No, non vedo sinceramente analogie. Il fascismo fu un fenomeno interno, che almeno in parte nasceva dalle file dei partiti di sinistra, il terrorismo mi sembra si muova su un terreno molto più ampio. L’errore che fecero i socialisti fu credere che lo Stato avrebbe difeso la legalità, mentre si trattò di una sorta di colpo di stato in cui nonostante il Parlamento fosse in maggioranza socialista, le Prefetture e le forze di polizia protessero i fascisti e lasciarono che i socialisti venissero massacrati. Massarenti, così come lo stesso Matteotti, commise un errore madornale nel farsi troppi scrupoli e gli altri ebbero gioco facile». Altro elemento che emerge con particolare nitidezza è che il fascismo comportò non solo una regressione in termini di diritti e di libertà individuali, ma anche di condizioni di vita ed economiche. «È così. Si torna indietro rispetto ai patti colonici che erano stati conquistati durante il biennio rosso. Vengono ripristinate mezzadrie sotto il 50 percento e le famiglie erano costrette a chiedere al padrone perfino il permesso di sposarsi, visto che quest'ultimo aveva la facoltà di decidere l'entità delle famiglie». La riflessione spontanea è che nessun diritto è acquisito per sempre e che ci sono momenti in cui si può regredire. Sul lavoro, se pensiamo alla stagione degli anni Settanta, si potrebbe dire che anche oggi assistiamo a una regressione... ma tu hai già deciso di non raccontarlo, giusto? «Non voglio parlare dell'oggi perché non mi ci riconosco, ormai sono rimasto fuori dal tempo, ma non voglio nemmeno parlare di ieri. Sono nato nel 1952 e non voglio trattare epoche coeve alla mia esistenza, non le valuterei con la dovuta distanza. Ma quello che dici è vero: non vedo certo un grande progresso, e mi

sembra si sia raggiunto molto meno di quanto si aspettava chi combatteva il fascismo. Io suggerisco riflessioni che mi auguro che il lettore faccia, ma non ho le soluzioni». Ma cosa vedi nell'orizzonte della sinistra di oggi? «Non molto, a dire il vero. Magari ci si potrebbe rallegrare dal fatto che i partiti comunisti sono una quindicina, sono ormai più i partiti dei comunisti. E mi sembra che i tentativi di rimettere insieme le varie realtà stiano fallendo uno dopo l'altro. Mi sfugge qualcosa della loro sostanza, mi sembra che ci sia il fascino della sigla, dell'appartenenza ma non un reale movimento alle spalle». Dalla trilogia viene però fuori che il male delle divisioni a sinistra risale alle stesse origini del movimento e in realtà non trova mai soluzione. «Sì è vero, nel secondo volume per esempio ci sono socialisti massimalisti e integralisti, chi mai potrebbe dirlo oggi, e invece era una corrente importante tra molte altre. E però allo stesso tempo c'era una grossa compattezza di classe negli strati subalterni e alla fine se c'era uno sciopero della Cgil vi si aderiva in massa, a prescindere dalle distinzioni. Oggi mancano addirittura gli scioperi. Manca una visione di cosa poter fare e di come agire che mi convincano del tutto. Ma io sono solo un osservatore». Ne Il sole dell'avvenire il movimento socialista tramite le cooperative e il sindacato riuscì a incidere molto concretamente nelle vite delle persone comuni, come i tuoi personaggi, che delle distinzioni tra correnti si interessavano ben poco... Cosa è rimasto oggi? «Beh, oggi le cooperative si può dire che abbiano trionfato, no? Hanno perfino un ministro! Anzi, abbiamo la sinistra al governo (anche se solo a dirlo mi scappa da ridere) che dice che c'è lavoro per tutti mentre le coop sembrano accettare una completa assimilazione con l'impresa capitalistica. E pensare che in origine non esistevano figure che non fossero soci, le cooperative erano nate esattamente per superare il lavoro salariato. Oggi è il socio la figura mancante, a meno che per socio non si intenda chi ha una tesserina per gli sconti. L’unica eccezione ormai sono alcune piccole cooperative di giovani, ma sono appunto realtà molto piccole». A proposito di confronti tra passato e presente. In campagna si aprivano le porte agli sfollati, ai profughi di allora in fuga dalla guerra. Perché oggi invece non siamo più capaci di fare una cosa simile? «Decenni di cinismo professato e propagandato hanno avuto il loro effetto. Oggi si sentono frasi che solo dieci anni fa non sarebbero state ammissibili. Si dice sempre che la sinistra è morta con la caduta del muro di Berlino, ma invece è scomparsa con la guerra nella ex Yugoslavia, quando si è deciso che la guerra poteva essere progressiva,


LIBRI

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21 FESTIVAL democratica, preventiva, lecita. A furia di guerre lecite, si spostano interi continenti e nessuno sa come rimediare, bisognerebbe ripensare tutto. E così scegliamo la via più facile, respingiamo. Perché la verità è che queste persone non sono ritenute essere umani: fattori marginali come l'appartenenza etnica o la religione diventano fondamentali per fare distinzioni». Eppure, in passato, nemmeno vent'anni di fascismo riuscirono a spegnere un'idea di solidarietà umana, soprattutto in Romagna. Racconti infatti che qui il fascismo ci mise più tempo e faticò maggiormente ad attecchire... «È vero, ma perché in Romagna c'era una società diversa, le cooperative erano serie, i lavoratori avevano avuto effettivi benefici dalle lotte straordinarie che avevano portato avanti. Il fascismo ha buttato giù le pareti ma qualcosa non si è spento. E appena è iniziata la lotta di Resistenza ha potuto contare su 4mila persone organizzate nei cosiddetti Gap che facevano attentati, ed è subito diventata di massa con brigate partigiane organizzate come veri eserciti. Gente capace di combattere la notte e il giorno dopo andare al lavoro. Questo perché qui il consenso al fascismo era stato labile e non così profondo come è stato altrove». Di questo c’è sufficiente memoria? «No, non credo proprio. La memoria viene coltivata solo dagli specialisti, per questo ho scelto di scrivere un romanzo e non un saggio». Come vedi l’ipotesi di un centro ricerche o di un museo del Fascismo a Predappio di cui tanto si dicute? «Dipende da cosa hanno in mente: se è un museo serio che non si presta al culto ma all’esame critico, allora perché

no? Il timore è che diventi un luogo di coagulo e di apologia, cosa di cui Predappio non ha proprio bisogno. Va chiarito qual è il comitato che si fa garante di una cosa del genere». Eppure tu non fai dei partigiani eroi senza macchia e senza paura. Non nascondi che ci furono vendette e processi alquanto sommari... «Mi ha sempre scandalizzato l'apologia del nuovo Risorgimento. Si è trattato di una guerra civile piuttosto selvaggia che andava raccontata e spiegata. Per fare un esempio, non si doveva negare che ci fosse stato un massacro di fascisti a Codevigo, ma andava fin dall'inizio accompagnato da una spiegazione. Preferendo star zitti, si rischia di trovarsi disarmati quando arriva il Pansa di turno. C'era una guerra in corso, i nemici si facevano sempre più sanguinari e c'era anche il ricordo di quello che era successo vent'anni prima, difficile dimenticare per chi aveva avuto un padre, un fratello ammazzato». Un'ultima domanda: come dobbiamo considerare Silvio Corbari? Un eroe o un matto? «Un romagnolo. Aveva il gusto dello scherzo, era coraggioso, usava un linguaggio da osteria e nello stesso tempo era un simbolo e una leggenda tanto che lo dovettero impiccare due volte per farlo morire, in piazza a Castrocaro e poi a Forlì. Direi quindi di metterlo tra gli eroi. Era un personaggio singolare, ma romantico, un Che Guevara». Ma se Corbari era un Che Guevara, il ravennate Bulow chi poteva essere? «Sarebbe stato Fidel Castro nel suo piccolo. Era uomo del partito che imponeva una disciplina ferrea e organizzò un esercito, molto diverso da Corbari, ma erano due comunisti entrambi. E due romagnoli».

LA

SESTA EDIZIONE DI

FAHRENHEIT 39

TRA DESIGN , EDITORIA E FOTOGRAFIA

Giunge alla sesta edizione Fahrenheit 39, il festival della ricerca e del design nell'editoria curato dall'Associazione Culturale Strativari, che l'8 aprile aprirà le porte delle Artificierie Almagià in darsena a RAvenna per una nuova tre giorni. Sotto la direzione artistica di Emilio Macchia, coadiuvato quest'anno nella curatela da Erica Preli e Stefano Faoro, Fahrenheit 39 continua il proprio percorso di ricerca sui temi del graphic design e dell’editoria contemporanea, con l'obiettivo di dare attenzione alle pratiche artistiche che indagano come mezzo espressivo l'oggetto libro. Ma quest'anno sotto la lente del festival non c'è solo il mondo dell'editoria, in qualche modo c'è anche il festival stesso e la sua storia come si evince anche dal titolo dell’edizione: “Work in progress”. Così nell'allestimento realizzato e concepito ad hoc dal gruppo di architetti doppioCM tutti i volumi raccolti e prodotti nelle precedenti edizioni, a cui si aggiungerà una selezione dei nuovi lavori realizzati nel 2015 e pervenuti allo staff attraverso un bando di selezione, saranno messi insieme in uno spazio comune di lettura e consultazione da frequentare a partire dalle 18 di venerdì 8 aprile. Sabato 9 invece sarà il giorno delle conferenze con due delle più importanti realtà nel panorama del graphic design europeo. Alle 16 apriranno gli Experimental Jetset, uno studio grafico di Amsterdam e a seguire il talk di Linda Van Deursen (nella foto): designer e fondatrice dello studio Mevis & Van Deursen. Gli incontri riprenderanno domenica 10 aprile alle 11.30 con le presentazione dei libri di Marcello Galvani “Di palo in frasca” edito da Edizioni del Bradipo e di Luca Gambi “Unexpected” (Quinlan) realizzate a cura di Osservatorio Fotografico. Nel pomeriggio, alle 15, riprenderanno le conferenze con CPRESS, progetto editoriale con sede a Zurigo curato da Christof Nüssli e Christof Oeschger e a seguire chiuderà il programma di questa edizione di Fahrenheit 39 Joachim Schmidt.

FIERA

INCONTRI

AL

A CESENA IL LIBRO DELLA ROMAGNA PALAZZO DEL RIDOTTO

IL FUMETTISTA DAVIDE REVIATI PRESENTA IL SUO “SPUTA TRE VOLTE ”

Il 2 e 3 aprile torna a Cesena la “Fiera del libro della Romagna” organizzato dalla casa editrice Historica all'interno del Palazzo del Ridotto. Circa 25 gli espositori per metà romagnoli. Molti gli eventi dalle 10 alle 20, orari di apertura della fiera, tra cui spicca quello con Gianluigi Nuzzi ed Ettore Gotti Tedeschi il 2 aprile alle 18 sul futuro della Chiesa Cattolica.

Giovedì 14 aprile alle 19.30 al Circolo Arci Dock61 di Ravenna Davide Reviati presenta "Sputa tre volte", il suo ultimo libro. A sei anni da “Morti di sonno”, il fumettista ravennate è tornato con un nuovo lavoro in cui racconta i sogni e le inquietudini dell'adolescenza attraverso la storia di tre amici. L'autore sarà intervistato dal regista Fabrizio Varesco.


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L’INTERVISTA

La sfida continua della traduzione

Parla Martina Testa, tra gli ospiti del convegno organizzato alla Classense di Ravenna di Gloria Bernabini

In occasione del convegno “Traduttore questo (s)conosciuto che si svolgerà alla Biblioteca Classense a Ravenna l’1 e il 2 aprile, abbiamo fatto due chiacchiere con Martina Testa, per anni direttore editoriale di minimum fax e che ora cura, insieme a Dario Matrone, la neonata collana Big Sur della casa editrice Sur. Testa, ospite del convegno a Ravenna, ha tradotto alcuni dei più importanti scrittori americani contemporanei tra cui David Foster Wallace, Jonathan Lethem e Cormac McCarthy. Martina, come sei diventata traduttrice? «Il mio percorso è stato un po’ anomalo, perché, avendo studiato lettere antiche, non avevo una formazione specifica. Verso la fine dell’università io e un gruppo di amici fondammo una rivista letteraria che si chiamava Elliot, di cui uscirono solo un paio di numeri. Nella redazione c’erano Marco Cassini di minimum fax e Simone Caltabellota di Fazi, case editrici che allora, negli anni ’90, stavano cominciando ad acquisire visibilità. Io non avevo nessuna esperienza, ma forse questi due editor riconobbero in me delle doti e mi proposero di fare letture traduzioni. Da parte mia, avevo acquisito competenza nell’ambito della scena letteraria americana facendo ricerche in maniera autonoma. A scuola non avevo studiato inglese, per cui avevo frequentato un corso pomeridiano e avevo iniziato a leggere libri e a vedere film in inglese. In una biblioteca dell’università arrivava il New Yorker e leggendolo avevo cominciato a praticare la letteratura americana contemporanea, tanto che poi, quando volemmo pubblicare racconti inediti nella rivista, io conoscevo già degli autori nuovi. Inoltre ero andata qualche volta negli Stati Uniti, dove bazzicavo librerie e ficcavo il naso qua e là. Alla fine degli anni ’90 io e un mio amico, Christian Raimo, venimmo a sapere che a minimum fax cercavano qualcuno per tradurre una raccolta di saggi di David Foster Wallace che poi uscì con il titolo Tennis, tv, trigonometria, tornado. Christian e io l’avevamo già letta e ci era piaciuta tantissimo, per cui chiedemmo di fare una prova di traduzione. Per riassumere, ho iniziato grazie a un bagaglio di conoscenze che mi ero costruita per curiosità personale. Secondo me è fondamentale, per un traduttore, essere curioso e attivo come mediatore culturale, avere un’attitudine alla ricerca e alla scoperta». Oltre a essere curioso e propositivo, quali sono le doti di un buon traduttore? «La cura e la precisione. Un traduttore non deve mai dare mai niente per scontato, deve fermarsi su ogni parola e riflettere, con un grande senso critico nei confronti del testo. Deve approfondire e farsi un sacco di domande. Il trucco sta nel cercare di restituire in

Martina Testa, foto di Luisa Romussi

«Vorrei sempre scomparire e che nessuno riuscisse a scorgere una mia voce nelle traduzioni» IL PROGRAMMA TRA GLI OSPITI ANCHE MANTOVANI E BOCCHIOLA Il convegno in Classense “Il Traduttore questo (s)conosciuto” si apre venerdì 1 aprile alle 15 con una serie di ospiti d’eccezione con Vincenzo Mantovani, Martina Testa, Luigi Civalleri, Massimo Bocchiola, Franco Nasi in un confronto presieduto da Andrea Asioli. Sabato 2 aprile alle 10 seconda sessione con Eugenio Baroncelli a presiedere, tra i relatori Ada Vagliani, Giovanni Nadiani, Bruno Berni, Federica Angelini, Claudia Tarolo. Info: segreteriaclas@classense.ra.it www.classense.ra.it

italiano tutto quello che l’autore ha messo nel suo testo, quindi non solo il significato delle parole, ma anche il ritmo della frase, il registro, il suono, eventuali allusioni ad altri testi. Bisogna avere molto scrupolo e un’attitudine un po’ ossessiva. Inoltre bisogna avere molto orecchio per l’italiano, affinché il testo tradotto suoni spontaneo. È molto importante, per esempio, saper rendere la spontaneità del parlato. I traduttori sono lavoratori della lingua e devono conoscere l’italiano in ogni sua sfumatura, per cui dovrebbero in primo luogo essere grandi lettori, e leggere soprattutto libri in italiano». Spesso si parla dell’invisibilità del traduttore. Come fa un traduttore a evitare che la traduzione non rispecchi un po’ il suo stile o il suo idioletto? «Questo in effetti è un problema. Io vorrei sempre scomparire e che nes-

suno riuscisse a scorgere una mia voce nelle mie traduzioni. D’altra parte è un po’ impossibile, perché ognuno di noi ha idiosincrasie, una propria lingua e modi di dire personali, per cui, per quanto si possa cercare di essere invisibili e umili e di entrare nella testa dell’autore, la mano del traduttore si vedrà sempre. In questo caso è utile la figura del revisore, di cui si parla poco. Le migliori traduzioni sono quelle che hanno alle spalle anche un attento revisore, perché se ci sono due teste pensanti, il lavoro sarà sicuramente migliore. Per esempio, io potrei aver usato espressioni che a me risultano familiari ma che potrebbero suonare strane al revisore. In questo dialogo, in questo scambio, il revisore ti dà una mano a cancellare un po’ di te stesso e ad avvicinarti ancora di più all’autore. D’altra parte, ti può aiutare anche nel caso contrario, se hai

ricalcato troppo l’originale». Queste sarebbero le condizioni di lavoro ideali. Oggigiorno molte case editrici tendono a risparmiare su nella filiera editoriale, affidando, per esempio, la revisione a persone senza esperienza. «Certo, io parlo dell’ecosistema perfetto dell’editoria, nel quale per ogni traduttore ci dovrebbe essere un revisore in grado confrontarsi con lui e con a disposizione il tempo necessario per condurre il suo lavoro. È raro, ma ci sono case editrici che lo fanno, e anche molto bene. Non sempre è così, perché per poter buttare fuori tanti titoli all’anno, a volte si prendono delle belle scorciatoie, poi però il lettore se ne accorge». Come procedi di fronte a un testo da tradurre che ti viene affidato, lo leggi sempre tutto prima di iniziare a tradurre? «No, non lo leggo tutto, perché non ne ho mai il tempo. Leggo le prime pagine per farmi un’idea della lingua, poi affronto il testo da vergine. Il mio metodo è fare una prima stesura molto accurata, risolvendo subito le difficoltà e i problemi di interpretazione. Affronto i problemi uno per uno, svolgo ricerche, scelgo con attenzione le parole e cerco di non lasciare nulla in sospeso. In seguito, nella fase di rilettura, punto a controllare la resa in italiano, che deve essere fluida e scorrevole. Rileggo mentalmente e ascolto il suono del testo, limo le ripetizioni e aggiusto le frasi che in italiano non filano». La traduzione è un’opera di mediazione tra lingue e culture diverse, e durante questo processo non sempre è possibile salvare tutti gli “ingredienti” di un testo. A cosa sei disposta a rinunciare in genere? «Mi scoccia sempre rinunciare a qualcosa, ma se proprio devo, rinuncio a certi riferimenti culturali, come il nome specifico di un piatto americano di cui non c’è un corrispondente italiano. In questo caso, uso un termine più generico. Se nel testo una madre prepara a suo figlio un dolce molto comune che si chiama “angel’s cake” e se il dato importante è il fatto che prepari una torta con le sue mani e non che si tratti di quel dolce specifico, mi sento libera, in questo caso, di usare un nome più generico, perché l’importante è che, se il lettore del testo originale si trova di fronte a una torta comunissima, il lettore italiano non si imbatta in un nome esotico. Questo è un mio modo di vedere, perché per altri la traduzione deve implicare un certo grado di straniamento, visto che il libro appartiene a un’altra cultura. Io ritengo invece che se un oggetto o un personaggio sono familiari al lettore originale, sia necessario riprodurre lo stesso effetto anche per il lettore italiano. Per fare un altro esempio, se nel testo c’è un personaggio che ha i capelli come un celebre annunciatore televi-

sivo degli anni ’50 conosciuto da tutti in America ma da nessuno in Italia, preferisco usare, anziché il nome dell’annunciatore, una perifrasi come: “Aveva un casco luccicante di capelli neri e ingelatinati”. Perderò la fedeltà all’originale, ma ricreerò per il pubblico italiano la stessa immagine, pur usando altri strumenti. Credo che ne valga la pena, altrimenti si crea un intoppo per il lettore e l’immagine non gli arriva». Tra gli autori che hai tradotto, quali sono quelli che ti hanno coinvolta di più emotivamente? «L’autore che mi ha coinvolto di più è stato David Foster Wallace. Ha una lingua complicatissima, uno stile molto particolare e personale, mi basta leggere dieci righe per riconoscerlo. Tradurlo è stata una grande sfida, che ha richiesto energia, sudore e fatica, ma il piacere che ho provato nel farlo è dovuto proprio a questo. La sua scrittura mi colpisce in primo luogo come lettrice, perché è profondamente umana, mi parla di me e di come ci si sente a stare al mondo al giorno d’oggi. Non è solo esibizionismo o virtuosismo fine a se stesso, ma è anche una scrittura di enorme sostanza. C’è tantissima verità umana in cui io mi riconosco: problemi, sensazioni, emozioni che trovo molto reali». Qual è invece un autore che non ti è piaciuto tradurre? «Il libro che ho fatto più fatica a tradurre e che mi ha lasciato più sensazioni sgradevoli è stato La strada di Cormac McCarthy. Non voglio togliere nulla alla qualità del romanzo, ma è un libro molto tetro, con pochissimi dialoghi e una lingua ripetitiva e ipnotica. Mi dava una sensazione di claustrofobia e anche di angoscia, perché traducevo la sera, in casa da sola, e mi sembrava di essere in un horror. Inoltre, al contrario di Wallace, McCarthy è molto essenziale, quindi c’era il rischio che in italiano la sua scrittura apparisse stentata. Per esempio, in inglese esistono moltissimi verbi di movimento, mentre in italiano, dopo aver usato “proseguirono”, “avanzarono” e “camminarono”, i verbi erano finiti. Anche per questo non fu facile, perché non sapevo come evitare di dare l’impressione di pochezza lessicale. Tornando a Wallace, Tennis, tv, trigonometria, tornado è stata invece una gatta da pelare perché è ricco di linguaggio tecnico, di gergo sportivo o relativo alla matematica, all’ingegneria e al cinema. Qualsiasi argomento trattasse, Wallace lo sviscerava con una precisione terminologica assurda e quindi il traduttore è chiamato a studiare molto per restituire in italiano la stessa precisione. Inoltre, Wallace usava un sacco di espressioni che non si trovano in nessun vocabolario e che nemmeno i parlanti inglesi conoscono, e questo rende difficile in primo luogo la comprensione dell’originale». Sei solita confrontarti con gli autori? «Sì, quasi sempre. Il rapporto con l’autore è molto importante per me, sono abituata a mandargli almeno


LIBRI

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una quindicina di domande perché solo l’autore può dirimere certi dubbi. Secondo me anche per l’autore è bello entrare in contatto con il traduttore, perché quando è tradotto in un’altra lingua, affida la sua scrittura alle mani di un’altra persona che non ha la sua stessa sensibilità, che la deve trasformare in una lingua che lui non conosce nemmeno, e credo che questo possa spaventare. A volte, di fatto, il traduttore fa notare delle piccole incongruenze nel testo che nessun altro aveva notato, perché è un lettore estremamente attento, più di un editor o di un correttore di bozze. E quando l’autore vede che il

della narrativa nordamericana, abbiamo deciso di creare una piccola collana che si occupasse di testi tradotti soltanto dall’inglese. È una collana molto eterogenea, perché comprende sia novità sia recuperi di titoli del Novecento che stanno a metà tra la literary fiction e la letteratura di genere. Inoltre ci sono dei titoli di saggistica, in particolare di musica, cinema e cultura pop in generale. Non ci mettiamo a tavolino a studiare le tendenze odierne, ma quello che pubblichiamo nasce dalle nostre passioni. E Carne viva è appunto un libro di cui mi sono innamorata. È la storia autobiografica di una donna che lavora

«L’autore che mi ha più coinvolto è stato David Foster Wallace, il libro che ho fatto più fatica a tradurre è invece “La strada” di Cormac McCarthy

»

traduttore è così minuzioso, secondo me si sente rassicurato, perché sa di aver messo il suo testo nelle mani di qualcuno che non lo prende sotto gamba». Qual è l’ultimo libro che hai tradotto? «Carne viva, l’esordio di una narratrice americana che si chiama Merrit Tierce. È il primo libro della collana Big Sur della casa editrice Sur. Sur si è sempre occupata di letteratura latinoamericana, ma quando io e il mio collega Dario Matrone abbiamo iniziato a lavorarvi, dal momento che le nostre competenze sono nell’ambito

come cameriera ed è anche uno spaccato della società americana, della divisione in classi e del mondo del lavoro contemporaneo. Ci sono molti libri che parlano di scrittori o artisti, mentre ce ne sono pochi che parlano di lavapiatti; io invece trovo molto interessante questa attenzione al mondo proletario. È un libro dalla scrittura apparentemente facile, ma estremamente potente, perché con una grande economia di mezzi riesce a trasmettere emozioni molto forti. Da lettrice mi ha appassionato tantissimo e sono stata molto felice di tradurlo».

FOIS E FERRACUTI A SANTARCANGELO Doppio appuntamento alla biblioteca di Santarcangelo con due grandi autori: Marcello Fois (in alto) sarà intervistato da Emiliano Visconti il 21 aprile, Angelo Ferracuti (qui sotto) sarà invece presente il 28

MATTEUCCI A RAVENNA VARESI A FORLì Rosa Matteucci sarà ospite a palazzo Rasponi a Ravenna alle 18.30 mercoledì 6 aprile a conclusione della rassegna Il tempo ritrovato con il suo romanzo Costellazioni familiari. Valerio Varesi presenta Lo stato d’Ebbrezza al Cosmonauta, Forlì, l’1 aprile.


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ARTE

LA RECENSIONE

Il ‘900 e il rapporto con il passato

Dentro la mostra ricca di spunti e opere “La seduzione dell’antico”, al Mar di Ravenna di Serena Simoni

Esiste un disegno dell’artista neoclassico Füssli che è quasi programmatico per una riflessione sull'antico: davanti alla rovine della classicità, i resti della statua colossale di Costantino a Roma, l’artista affranto si dispera per l’impossibile sfida di riattualizzare una grandezza finita per sempre, irraggiungibile: ciò porta con sé un senso di inadeguatezza per un confronto tutto già in perdita. La modernità, appartenente a qualsiasi epoca secondo lo sguardo di chi la vive, rappresenta una condizione di alterità insanabile rispetto al passato: alcuni dei neoclassici reagiscono come l’artista svizzero, con un sentimento struggente che la storiografia artistica e filosofica ha individuato nel termine di “malinconia”. Agamben ha scritto, ormai anni fa, pagine illuminanti sull’effetto di questa dimensione psichica e spirituale che sorge da un desiderio inappagato verso un oggetto irraggiungibile. Per Füssli, appunto, l’irraggiungibile oggetto del desiderio è la grandezza dell’arte classica, lo spirito degli artisti dell’età aurea. Attraverso il tempo, non tutti hanno reagito con altrettanto senso di perdita. C’è chi ha interrogato il passato considerandolo una semplice determinazione temporale aperta a qualsiasi interpretazione legittima, chi l’ha considerato un serbatoio di modelli a cui attingere con grande senso materiale e autolegittimazione di scelta; chi vi si è rivolto come a un padre accogliente che con l’autorevolezza che gli è propria sancisce la giustezza del ritorno; chi ha preferito tradire, come si tradisce chi si ama e che ritorna in forma fantasmatica in quella nuova via apparentemente così diversa, e fondamentalmente così uguale. Si potrebbe continuare, perchè la relazione col passato, connessa e avviluppata alla dimensione della memoria, è veramente uno dei punti fra i più complessi del pensiero umano. E quanto sfumata è la reazione/relazione con la dimensione del passato, altrettanto ricca è l’accezione della parola “passa-

In alto: Johann Heinrich Füssli, La disperazione dell'artista davanti alle rovine, disegno a seppia e sanguigna del 1778-80 circa; sotto a sinistra Bill Viola, Il quintetto del ricordo, 2000, video, 365.8 x 548.6 x 731.5, Rovereto, MART, Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto; a destra: Alberto Savinio, Il vecchio e il nuovo mondo, 1927, olio su tela, cm 81.3×115, Pordenone, Musei Civici

Non manca neppure

la riproduzione storica della Gioconda con i baffi di Duchamp, lo sguardo più ironico che si possa immaginare nella relazione “pesante” con la tradizione

to" che va dalla rovina alla statua classica, dalle opere del Rinascimento ad altre di un periodo preferito – magari il pre-Raffaello o il pre-Giotto –, da tutto ciò che è antico (e quindi marca una distanza temporale rispetto al presente) a quello che si interpreta invece come “tradizione” e che percepiamo come persistenza in contrasto a ciò che rappresenta “innovazione”, strappo, rottura. In questa straordinaria carambola di significati, posizioni, effetti, sentimenti e percezioni, quello che rimane di invariato è che in effetti tutto è frutto di interpretazione, che sia agita consapevolmente o no. E che anche questa sia una via ricca di sbagli e cadute è una realtà. Addirittura un tonfo, se pensiamo ad Heidegger, che in merito al passato indicava come fosse necessaria una interpretazione unita alla scelta dei propri eroi: nazisti, purtroppo per lui e per noi. La “Seduzione dell'antico” allestita al Mar e curata da Claudio Spadoni esplora il nesso con tutte queste variabili cercando giustamente di limitare il campo al '900, il secolo “breve” e senza certezze. La mostra è ricca di spunti e opere che rappresentano la variabilità delle posizioni prima elencate, ma anche chi si è già stancato con la presente introduzione può gustare le opere e le varie frequenze di pensiero, in modo del tutto legittimo. L'excursus si apre con la sezione “Quel non so che di antico e di moderno” in cui fa buon viatico il Vecchio e nuovo mondo di Savinio (1927), uno dei primi lavori pittorici dell'artista che mette in campo una dimensione interpretata del passato e dell'amicizia, due temi a cui alludono il ritratto del padre in piedi, tratto da una fotografia di famiglia, e il busto di Socrate. «Nulla è tanto popolato quanto la nostra solitudine» scriverà l'artista riferendosi all'attitudine condivisa di dedicarsi alle biografie per costruire un gruppo di paladini in difesa e onore di chi scrive. In altri disegni, gli amici verranno identificati in Paracelso, Nostradamus o Isadora Duncan ma l'espediente rimane il medesimo: costruire una rete di relazioni affettive e intellettuali che costellano

l'esistenza, rendendo meno difficile il tragitto univocamente in solitaria. La linea è condivisa dal fratello De Chirico di cui in mostra non sono i quadri della Metafisica - una strada di rottura con la tradizione che condivide con l’antichità lo stesso anelito malinconico e di perdita dei neoclassici, ma con l'assoluzione data da una modernità affascinata dall'immaginazione senza fili, dagli accostamenti inediti e fantasiosi che tanto adorano i Surrealisti: un guanto di gomma, una palla, un giocattolo, un treno, un orologio, il vuoto delle architetture. In esposizione sono invece i dipinti del periodo successivo, quello in cui De Chirico ricopia i grandi pittori del passato e la sua stessa produzione dei primi due decenni del secolo, talvolta in modo dichiaramente infedele. L'operazione può non piacere, galeotte le sirene del mercato, ma la posizione dell’artista mette in crisi la relazione col passato, concedendosi una dimensione atemporale - classica a cui è difficile credere. Vario e ricco è il nucleo di opere del terzo e quarto decennio del '900 con le sculture di Arturo Martini, i dipinti di Gino Severini e Ubaldo Oppi, in cui la classicità o l'arte del ’400 costituiscono più un richiamo formale per nitore e fermezza di costruzione che esplicita citazione. Il rappel à l'ordre è già iniziato e a nulla valgono i moniti alla libertà materiale e onirica dei Surrealisti: dopo le Avanguardie, che sia su spinta di adesione politica, che sia per stanchezza di sperimentazioni linguistiche, l’arte ha bisogno di prendere le proprie misure fra la realtà e la tradizione passata. Talvolta le citazione devono diventare omaggi dichiarati come nel casi di Virgilio Guidi nei confronti di Correggio, di Felice Carena per il concerto del Giorgione, di Marino Marini per Antonio Rossellino da Settignano, di cui il Giovanni Chellini del Victoria and Albert Museum di Londra sembra costituire un modello differenziato solo per età anagrafica. I generi della tradizione - nudo, natura morta, ritratto e paesaggio, figura sacra e mito - scandiscono la seconda e la quarta sezione della mostra, in cui la campionatura raccolta chiarisce la colonizzazione mentale che questi soggetti hanno provocato nell’immaginario collettivo, finendo per non essere esclusi neanche dal registro più eversivo delle Avanguardie. Un esempio fra molti è costituito dalla “Natura morta” di Gregorio Sciltian, un pittore armeno di adozione italiana che fin dal suo primo trasferimento nel Belpaese attrae la critica più attenta, Roberto Longhi fra i primi, per la capacità di riattualizzare la pittura fiamminga dopo un lungo magistero a confronto con il Rinascimento nostrano. Non si tratta di copiare ma di misurarsi con la tecnica, lo sguardo, la cultura del passato, cercando nell'orma lasciata da altri la misura del proprio piede. Sulla lapide della sua tomba a Roma farà scrivere che «L'unico vero e supremo scopo dell'arte della pittura è stato e sarà sempre quello di ottenere l'illusione della realtà», una frase che credo chiarisca come l’unica possibilità di colmare una distanza fra l'artista e la sua epoca sia affidarsi a un’illusione, a un velo di Maya che prende le forme della pittura del passato, giustificando in un gioco di


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riflessi quell'impossibile relazione col mondo. La sezione “Turbamenti barocchi” affronta una dimensione del passato intesa non solo come versione apollinea della classicità ma come accezione onnicomprensiva di epoche e temperie culturali diverse, fra cui “Ritorni al Seicento” che si esprimono nell'esuberanza di forme, colori, curvilinee ed eccessi materici. Segue poi la parte intitolata “Archeologie” in cui il tema della seduzione dell'antico si catalizza sul rapporto - visivo ma anche culturale - con la rovina classica, il resto scultoreo, la dimensione dello scavo e del disvelamento. Si comprende perchè siano in mostra alcune fotografie e disegni di progetti di Christo, che sollecita a pensare le forme velate dai suoi impacchettamenti, ad attivare la memoria visiva del passato e a recuperare tramite il gesto del sottrarre. In bianco e nero, tutte realizzate fra la metà degli anni '90 e il 2009, nettissime e pur sfuggenti sono le stampe fotografiche di Mimmo Jodice che raccoglie una varietà degli scatti tra le architetture ellenistiche di Pergamo e alcuni resti scultorei lavorati dal tempo e dal mare, chiarendo la persistenza su vari piani del passato nel presente. È questa la dimensione che si mantiene anche nelle ultime due sezioni Citazioni e L'attualità dell'antico - dove può ben figurare un Man Ray in rincorsa per raggiungere le tre Grazie di Raffaello o del torso della Venere pudica, presa però in una versione mutila e per questo ancora più silente e sottomessa. Qui non manca neppure la riproduzione storica della Gioconda con i baffi di Duchamp, lo sguardo più ironico che si possa immaginare nella relazione "pesante" con la tradizione. Oltre a Mattia Moreni, all'area pop italiana, ai citazionisti italiani e francesi

Man Ray, Venus restaurée, 1936, gesso, cm 77×42, Parma, Collezione privata A destra Marcel Duchamp, L’envers de la peinture, 1955, tessuto penna e collage, cm 73.5×48, Collezione privata

degli anni '80, ai Transavaguardisti, ad alcune presenze di Arte Povera, suggella la mostra un bel video di Bill Viola del 2000, dal titolo Il quintetto del ricordo, operato al rallenty con cinque attori ripresi a mezzobusto a cui viene richiesto di modulare il proprio regime espressivo dalla tristezza al dolore. Il lavoro parte dall'analisi di alcune versioni pittoriche antiche della

Deposizione, come quella di Rogier van der Weyden, per trasferire l'antica dimensione emotiva su un piano di attualità. Per quanto questo lavoro in particolare, e non solo questo, abbia ricevuto critiche accese per la tendenza a trasformare il prodotto digitale in puro “pittorialismo” e in un “tecnomisticismo” che mira all'intrattenimento spirituale, in realtà mi sembra che

M.M. PARRUCCHIERI unisex di Marisa Martini

l’artista austrialiano non giochi su molti fraintendimenti. A parte qualche risultato un po' teatrale o qualche fuga nello spettacolare in una parte della sua produzione, in questa opera la dimensione spirituale è nel modello pittorico che ispira Viola, non nel suo risultato a meno che lo spettatore non ve lo proietti, chiaramente - e l'appello dell'artista alla tradizione pittorica mi sem-

bra vada più nell'analisi di ciò che resta di una tradizione, di una dimensione estetica e soprattutto emotiva. E chiedersi ciò che resta mi pare sempre una buona domanda. La seduzione dell’Antico - Museo d’Arte della città di Ravenna - fino al 26 giugno 2016 - orari fino 31 marzo: ma-ve 9-18, sa-do 9-19 - da 1 aprile: ma-gi 918, ve 9-21 sa-do 9-19

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Gaetano-Gandolfi-Studiodi-teste-coll.-priv-1080x675 A destra tavola di Andrea Bruno, da “Cinema Zenit”

di Elettra Stamboulis

Partita come esperienza pilota nel 2014, la Biennale del Disegno di Rimini apre il 23 aprile con un atlante di mostre (ben 27) in cui si potranno ammirare più di 2mila opere che hanno come filo conduttore l'arte primitiva del disegno. Diventata adulta, la Biennale si estenderà fino a luglio, ridisegnando i “profili del mondo”. Il parallelo tra disegno e geografia è cosa ormai assodata: la sorella povera della storia altro non è che il disegno del mondo in una scala percorribile dall'occhio umano. Ma la geografia dell'immaginario ridisegnata da questo complesso atlante curato da molte mani, ma diretto dalla volontà percivace del curatore e assessore Massimo Pulini, è appunto un disegno del mondo che valica i confini storici, percorrendo strade che vanno dal disegno di Guido Reni, Guercino e Tiepolo, all'eretico Andrea Pazienza, alla scomoda Kiki Smith. Il rapporto tra classico e contemporaneo è messo a nudo (nel vero senso della parola) nel

RIMINI

L’atlante del disegno Torna la Biennale con 27 mostre: duemila opere esposte percorso espositivo che parte idealmente dal Museo della città e prosegue alla Far, Fabbrica d'arte di Rimini: proprio dal corpo nudo, cristologico, si snoda l'indagine che porta alla profilazione del paesaggio, delle sue estensioni che vedono ad esempio in Giuseppe Penone un disegnatore che utilizza lo strumento arcaicissimo della grafite sin dalla fine degli anni Sessanta come forma di “espressione metastorica”. Anche per chi quindi ha fatto del decadimento, dell’arte povera e transeunte, la cifra della propria poetica, il disegno nella sua povera essenza acquista una preziosa validità che travalica le polveri del reo tempo.

E certo il tempo è colpevole: ci vogliono alcuni giorni per poter godere appieno del labirinto vertiginoso di tutte e 27 le mostre incastonate nel programma, a cui si aggiungono eventi che si concentreranno soprattutto negli ultimi fine settimana di maggio. Per chi ricorda Rimini soprattutto per la sua vocazione vitellona, ecco i disegni erotici di Fellini, esposti per la prima volta in mostra, e realizzati per il film Casanova nel 1976: si tratta di un’esposizione particolarmente cruciale nell'anno delle celebrazioni pasoliniane. Difatti pochi ricordano che insieme a Salò e le 120 giornate di Sodoma, furono trafugate anche le pellicole del Casanova felliniano, che lui considerava il proprio capolavoro, e che era stato peraltro il film più costoso della sua carriera. Talmente costoso da farlo litigare con tre produttori, anche Grimaldi, l'ultimo che poi investirà svariati miliardi in questa imponente produzione con protagonista Donald Sutherland. L'attore dagli occhi “celestini da neonato”

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SANTARCANGELO (come disse il regista) venne alla fine scelto per la forte somiglianza con il disegno del profilo di Giacomo eseguito dal fratello Francesco Casanova. Ed ecco che il cerchio del disegno torna, scavalcando la marea del tempo, diventando motivo della selezione di un cast. Da segnalare la presenza nell’Ala Nuova del Museo del Cantiere Disegno che prosegue la missione anche di piattaforma contemporanea e di emersione di coloro che agiscono ora: non solo giovani, perché compare anche il nome di uno dei docenti più apprezzati dell'Accademia di Ravenna, Vittorio d'Augusta, tuttavia attivi perché limitrofi nello spazio, per contiguità di tematiche, per vicinanza di poetiche. Gli spazi sono autogestiti dai 45 artisti selezionati, un unicum anche dal punto di vista curatoriale, di questa originale kermesse. Per chi infine volesse visitare le mostre e partecipare in modo attivo in qualche modo alla sua realizzazione ecco il contest #my biennaleRN: raccontando le proprie emozioni, condividendo il proprio sguardo sulle opere e i disegni esposti sarà possibile avere l'ingresso gratuito. Ovviamente gli Igers, ovvero gli attivi su instagram, devono completare l'iscrizione preventivamente, collegandosi al sito nella pagina dedicata al contest e indicando la data in cui si vuole effettuare la visita. Inaugurazione: sabato 23 aprile. Per il programma completo consultare www.biennaledisegnorimini.it.

Souvenir d’Amérique, secondo atto di Cristallino

Un’opera di Luca Piovaccari in mostra a Santarcangelo per Souvenir d’Amérique

DISEGNO IL ‘900 GUARDA A PIERO DELLA ANCHE A CASTROCARO

FRANCESCA

Nel Padiglione delle Feste delle Terme di Castrocaro è visitabile una mostra collaterale a quella dedicata all’influenza di Piero della Francesca allestita ai musei di San Domenico di Forlì e dedicata al disegno dal titolo “Il '900 guarda Piero della Francesca. Disegno e colore nell’opera dei grandi maestri”. Il percorso della mostra inizia dall’opera Composizioni, di Pompeo Borra (in foto). L’esposizione prosegue con Giorgio De Chirico, Gino Severini, avanguardista “pentito” e poi ancora con Giorgio Morandi, del quale si ha un disegno del 1934, una Natura Morta d’ispirazione algidamente pierfrancescana. La Ragazza col mandolino (1923) di Felice Casorati introduce nelle atmosfere del Realismo magico. In mostra anche alcuni paesaggi di Ottone Rosai e le atmosfere straniate di Virgilio Guidi sono dipinte con un colore soffuso, un po’ Doganiere un po’ della Francesca. Un’evidente matrice futurista spicca poi nell’opera Il cavallo, disegno a carboncino del 1914 di Mario Sironi. Infine, un’indagine comparativa del tessuto artistico locale porta in mostra opere e disegni di Enzo Morelli, pittore colto, nato a Bagnacavallo, in provincia di Ravenna, e cresciuto tra Milano e l’Umbria, il quale si è costruito cercando e ammirando la natura con gli occhi di Piero. Fino al 17 luglio, orari: sabato e domenica dalle 10 alle 19 fino al 26 giugno; sabato e domenica dalle 18 alle 22 dal 2 luglio al 17 luglio. Aperto i festivi. Dal lunedì al venerdì aperto su appuntamento.

Un'emozione unica nelle oasi naturali del delta del Po Escursioni in barca alla foce del fiume, a bordo di piccole e silenziose imbarcazioni in partenza da Gorino e Volano… … ed escursioni in barca e in bicicletta nelle Valli di Comacchio, la dimora di fenicotteri, con visita agli antichi casoni da pesca. Per assaporare assaporare piatti piatti tipici tipici aa base base di di pesce pesce ee anguilla, anguilla, vi vi aspettia aspettiamo Per al ristorante Bettolino di Foce, nel cuore delle valli. Valli di Comacchio.

Ogni giorno, fino al 2 novembre Partenze giornaliere fino al mese di ottobre e su prenotazione nei mesi di dicembre, gennaio, febbraio PER INFO Tel./Fax 0533.81302 Cell 346.5926555 info@podeltatourism.it www.podeltatourism.it - Facebook: Po Delta Tourism

Il secondo atto di Cristallino. Luoghi per le arti visive ha inizio sabato 30 aprile con l’inaugurazione della mostra collettiva Souvenir D’Amérique, un progetto espositivo che nasce in rete con la seconda edizione della Biennale del Disegno di Rimini, dal 23 aprile al 10 luglio. La mostra è un’indagine attraverso le geografie umane, intendendo il paesaggio come cultura, civiltà, identità, come spazio anche politico - luogo le cui prospettive e i cui confini si innestano alle storie degli uomini, disegnando la mappa delle frontiere che attraversiamo ogni giorno alla ricerca di una heimat possibile, di nuove traiettorie per il nostro desiderio. Questa inaugurazione segna anche l’apertura della seconda parte del festival, che contempla diversi eventi che avranno luogo come sempre al Musas, Museo Storico Archeologico di Santarcangelo di Romagna. Uno di questi è fissato per domenica 15 maggio: un incontro con l’artista Roberto Paci Dalò, che vede la presentazione del suo ultimo libro, FILMNERO, pubblicato dall'editore d'arte Il filo di Partenope in occasione della mostra personale, a cura di Maria Savarese, presentata presso la Galleria Al Blu di Prussia di Napoli tra aprile e maggio. Domenica 19 giungo verrà invece presentato il catalogo che raccoglie gli atti delle due principali mostre collettive di questa edizione di Cristallino, La mostra Souvenir D’Amérique resterà aperta fino a domenica 17 luglio, data che segna anche la chiusura del festival.


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JUNIOR

CESENA

Puerilia: tra libri, teatro e infanzia Il progetto di Chiara Guidi della Socìetas dall’8 aprile all’1 maggio tra Malatestiana e Comandini Puerilia è il nome delle giornate teatrali che Chiara Guidi rivolge ai bambini, agli adolescenti, ai ragazzi e a chi sta loro vicino. Negli spazi del Teatro Comandini e della Biblioteca Malatestiana di Cesena, ogni anno, a primavera, accadono laboratori e corsi per chi è interessato alla relazione tra arte e scuola – attori, insegnanti di ogni ordine e grado, adolescenti e studenti universitari; dialoghi con pensatori, maestri e artisti; spettacoli per bambini e adulti, e pubblicazioni di libri dedicati alla relazione tra infanzia e teatro. L’attrice, drammaturga e regista della Societas, da sei anni a questa parte fa confluire in queste “giornate di puericultura teatrale” un percorso di ricerca intrapreso già da tempo. All’origine, negli anni Novanta, – con la creazione della Scuola Sperimentale di Teatro Infantile – l’attenzione si è rivolta ai bambini, coinvolti nel varco di quell’ “altro mondo” che il teatro dischiude e che l’infanzia conosce. Poi, negli anni, la condivisione dell’esperienza si è allargata agli insegnanti, agli attori, ai genitori, alla città. È nato allora il Metodo errante, sistema di laboratori e incontri rivolti ad attori e a docenti della scuola primaria. Il programma di Puerilia 2016 – che si terrà dall’8 aprile all’1 maggio – raccoglie tutte queste venature in una mappa di intrecci. «Quando il Teatro si pone di fronte a un bambino – afferma Guidi –, le sue domande sono messe a nudo da una conoscenza che non riguarda la parola. Puerilia invoca questa conoscenza, resa possibile dal gioco

A sinistra un’immagine da I paesi dei lombrichi, sopra la copertina del libro Buchettino edito da Orecchio Acerbo (l’editrice sarà tra gli ospiti del festival con Goffredo Fofi)

che l’attore e il bambino praticano: quello del fare, le cui regole non possono essere ricondotte alle strutture del mondo esistente, ma tentano un nuovo modo di ordinare e scoprire ciò che si conosce. Per il puro piacere dell’essere».Gli appuntamenti pubblici di Puerilia si aprono con il dialogo dal titolo Giovani senza cittadinanza, che si terrà venerdì 8 aprile alle 17 alla Biblioteca Malatestiana con Stefano Laffi, sociologo impegnato nella disami-

na di un mondo adulto che considera i bambini e i giovani come alibi, per sentirsi potente e credersi sapiente. Nello stesso giorno avrà inizio il primo laboratorio del Metodo errante che confluirà nell’allestimento di La terra dei lombrichi, in scena al Comandini da lunedì 11 a venerdì 15 e da lunedì 18 a venerdì 22 aprile per bambini e adulti (a partire dai 6/7 anni di età): lo spettacolo – ideato e diretto da Chiara Guidi, realizzato in collaborazione con Chiara Savoia – inizia fuori dal teatro, e i bambini vi entrano mischiandosi con gli attori; saranno coinvolti, tutti insieme, in un viaggio nell’aldilà, dove chi ha il coraggio di morire poi rinasce. Ispirato ad Alcesti di Euripide, La terra dei lombrichi è un’esperienza in cui il teatro, con la sua dimensione analogica, permette di elaborare la questione della morte come materia della vita (orari: l’11, il 12 e dal 18 al 22 doppia replica alle 9.00 e alle 10.30; dal 13 al 15 unica replica alle 10). In relazione a questo lavoro Puerilia pubblica un libro, aprendo così la strada a una collana di testi teatrali per bambini, a cura della stessa Guidi con Alice Keller che si sono avventurate nella trasposizione del teatro in parole e disegni su carta. L’altro spettacolo prodotto attraverso l’esperienza del Metodo errante è La pietra dello scandalo, ispirato a Macbeth di Shakespeare, ideato da Chiara Guidi in collaborazione con la compagnia di ragazzi di Essere primitivo. I bambini, entrando in platea, si ritroveranno al fianco di un Re che sta guardando uno spettacolo, nel quale a un Re succederà un altro Re: ciò che è finto (il Re) diventa metafora di ciò che è vero, e il teatro, mettendo in scena il teatro, diventa metafora della vita. In scena al Teatro Comandini con un debutto serale lunedì 25 aprile alle 20 e repliche mat-


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29 AGENDA tutine da martedì 26 a venerdì 29 aprile alle 10. Entrambi gli spettacoli hanno posti disponibili per il pubblico su prenotazione: 0547 25566, prenotazioni@societas.es. Incastonata in queste settimane è l’azione scenica realizzata attraverso il Corso di aggiornamento per insegnanti di ogni ordine e grado, condotto da Chiara Guidi, intitolato Sssssst… silenzio!, che – cominciato nello scorso febbraio – aprirà le porte al pubblico domenica 17 aprile alle 18.30, sempre al Teatro Comandini. I circa settanta docenti che vi partecipano sono coinvolti in un percorso dentro il silenzio come esperienza spaziale e sonora, dove il silenzio è azione. Di fronte ai bambini verrà messa in scena una piccola composizione che dilaterà il ritmo per collocarvi, all’interno, quei suoni deboli e piccoli a cui di solito non si presta attenzione. Il secondo dialogo di Puerilia – giovedì 28 aprile alle 17 alla Biblioteca Malatestiana – vede protagonisti Goffredo Fofi e Fausta Orecchio, di Orecchio Acerbo che ha pubblicato il volume Buchettino, tratto dallo storico spettacolo teatrale della Societas (ispirato all’omonima fiaba di Charles Perrault). Ultimo atto di Puerilia 2016 è il debutto di Fiabe giapponesi – Concerto per voce, percussioni, dispositivi di playback, strumenti elettroacustici, vibrafono e flauti, con Chiara Guidi, Giuseppe Ielasi, Enrico Malatesta e Natàn Santiago al Teatro Comandini sabato 30 aprile e domenica 1 maggio con doppia replica alle 17 e alle 21 – per bambini e adulti, a partire dai 6/7 anni d’età – lo spettacolo fa parte della rassegna Teatro Contemporaneo 2016 del Teatro Bonci di Cesena (biglietteria: Piazza Guidazzi, +39 0547 355959 info@teatrobonci.it - teatrobonci.it).

Il CANCRO ORALE è un cancro della bocca, che nella maggior parte dei casi coinvolge i tessuti delle labbra o della lingua, ma può localizzarsi anche sul palato, guance e gengive. L’80% dei pazienti colpiti da questa gravissima patologia può sopravvivere laddove si riesca ad attuare una politica di diagnosi precoce. L’esame per l’individuazione del carcinoma orale (carcinoma squamocellulare) richiede non più di 300 secondi e deve includere una anamnesi medica e dentale, un’accurata ispezione interna ed esterna della cavità orale, della testa e del collo, così come la palpazione dei siti specifici. I carcinomi della cavità orale anche se sono tumori poco frequenti (dal 4 al 5% di tutta la patologia maligna) sono molto importanti per il loro alto tasso di mortalità. In genere il tumore colpisce il sesso maschile e nel 95% dei casi i pazienti sopra i 40 anni di età. Inizialmente questo tipo di tumore può apparire sotto forma di lesioni potenzialmente cancerogene come le leucoplasie cioè placche di tessuto bianco alternate o meno a zone rosse (eritroplasie, più gravi) il più delle volte senza provocare dolore. Una volta invase le strutture profonde il carcinoma provoca intensa sintomatologia dolorosa. E importante ricordare che il carcinoma squamocel-

DA POLLICINO A PETER PAN: IN TEATRO Tra gli ultimi appuntamenti teatrali per ragazzi c’è Pollicino di Accademia Perduta in programma al Goldoni di Bagncavallo sabato 30 aprile alle 21, mentre il 2 aprile stessa ora e stesso teatro per Stefania e i giganti, sempre di Accademia Perduta. Spettacolo anche a Cotignola il 2 aprile al Binario con Peter Pan e i bambini perduti del Teatro delle forchette, mentre a San Leo alle 21 Storia di un bambino e di un pinguino del teatro Telaio

SPETTACOLO E LETTURE Prende il via il 3 aprile una serie di appuntamenti domenicali al Valtorto di Fornace Zarattini (Ravenna) con Tanti Cosi Progetti e Panda Project con spettacoli, letture e una merenda per più piccoli. Tra i titoli anche la lettura del “Gigante egoista” di Oscar Wilde (nell’immagine un’illustrazione) il 10 aprile e “Futbol” a cura di Tcp e Miro Strinati il 17 aprile. Per info e prenotazioni: 3388017819

MENGONE CONTRO TUTTI Per “Una Primavera di Burattini”, domenica 3 aprile alle 16.30 la compagnia Orsolini&Palmieri propone “Mengone contro tutti” a La casa delle Marionette di Ravenna

lulare metastatizza per via linfatica e non per via ematica e può presentarsi in tre forme: Ulcerata (forma più frequente) Infiltrante (prognosi peggiore perchè più difficile da diagnosticare ) Forma vegetante (più semplice da diagnosticare perché occupa spazio) I fattori di rischio sono il fumo, l’uso frequente di alcolici, l’uso di droghe, alcuni tipi di anemie, alterazioni di abitudini alimentari e dell’ habitat e alcuni virus come il papilloma. Se diagnosticato in tempo il range di sopravvivenza al carcinoma orale può aumentare del 50% nei 5 anni seguenti lo sviluppo della malattia. Come prevenzione è consigliabile effettuare controlli periodici presso uno studio dentistico, in modo da intercettare la malattia in fase iniziale ed evitare che la malattia avanzi. Dal momento che l’attività masticatoria può portare a molte variazioni a carico delle mucose (schiacciamento dei tessuti, tagli e ingestione di cibi e bevande bollenti) è di vitale importanza che un professionista si accerti di ogni tipo di ulcera, lesione o zona iperpigmentata che non migliori nel giro di due settimane. A cura del Dott. Maurizio Alfredo Ferrara Ruiz

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DEGUSTAZIONE GUIDATA

Ecco l'assaggio, in vari sensi, e il racconto del buon vino di Fausto Piazza

In vino veritas dicevano gli antichi esaltando il senso di autenticità dell'ebbrezza. Ma esiste la verità di un vino, ancor prima delle interpretazioni? Sono definibili una radice naturale e l'impronta di chi l'ha creato? E questa identità può essere svelata e raccontata? È l'arduo interrogativo dell'assaggiatore, del sommelier che indaga coi sensi nei meandri del vino per trarre un responso che si traduce in un carattere, forse inconfondibile. Roberto Gardini è uno che che lo fa da una vita – o si impegna a fare, visto che «l'umiltà – dice – è una delle virtù del mestiere. E non si finisce mai di studiare e imparare». Originario di Cervia ma per lavoro in giro per l'Italia e l'Europa fra hotel di lusso e ristoranti pluristellati, Gardini è maître, barman, sommelier magistrale dell'Ais, campione nazionale 1993 e fra i più rinomati in Italia. Negli ultimi anni è docente, per le sue competenze, all’Alma di Parma, la celebre Scuola Internazionale di Cucina che ha sede nella reggia di Colorno ed è presieduta da Gualtiero Marchesi. Fra l'altro Roberto è babbo di Luca, oggi anche più famoso del genitore, sommelier campione del mondo nel 2010, a trent’anni appena, con esperienze importanti nell'alta ristorazione: dall'Enoteca Pinchiorri di Firenze, al The Fat Duck di Londra fino al locale di Carlo Cracco a Milano. L'occasione di ascoltare all'opera Roberto Gardini è a Ravenna da Alex&Paul, il bar a vin nella centrale via De Gasperi, che recentemente ha proposto una serata di degustazione – guidata per l'appunto dal nostro sommelier – composta da cinque portate abbinate ad altrettanti vini selezionati d'eccezione. La regia della cena è di Giampaolo Gardini, anche lui sommelier e barman, gestore del locale che proprio questo aprile compie 30 anni di attività ed è il preferito in città dagli appassionati di vini di qualità, soprattutto per le sue originali degustazioni enogastronomiche. Giampaolo e Roberto sono cugini e non a caso: in questo senso la parentela – e lo stile con cui trattano vini ed abbinamenti – certo non è acqua. Il menù della serata prevede: appetizer con sformatino di zucca e porro abbinato a Rambela “Tenuta Uccellina” (Romagna); alici marinate con ventaglio di verdure e vinaigrette all'arancio abbinate a Trentino Doc, Domini Brut 2009 Abate Nero (Trentino); scrigni di burrata pugliese con olive taggiasche e basilico abbinati a Vermentino Numero Chiuso 2011 “Lunae” (Liguria); carré di vitello in crosta con pavé di patate e spinaci croccanti abbinato a Pinot Nero 2012 “Colombo” (Piemonte); roquefort e gorgonzola abbinati a Passito Sciacchetrà 2009 “Lunae”

(Liguria). I piatti sono preparati dal cuoco Michele Mini. Prima di iniziare la cena e centellinare, commentandoli, i vini in programma, Gardini introduce gli ospiti ai requisiti fondamentali dell'assaggio. «Quando affrontiamo un vino possiamo identificarlo raccogliendo certi indizi: il colore, i profumi, gli aromi, la struttura. È chiaro che questo metodo di assaggio si deve all'esperienza e alla sensibilità personale. Ma il vino è un prodotto della terra, in fondo è semplice. E il suo carattere andrebbe presentato, da chi fa degustazioni per mestiere, con semplicità, senza la necessità di scoprire o rivelare quello che non c'è. Una degustazione meditata – spiega Gardini – in pratica è un’analisi sensoriale che si può articolare in tre parti, in sequenza, con l’ausilio dei sensi della vista, dell’olfatto e del gusto. Si parte dall'analisi visiva che fondamentalmente ci fa capire dal

colore quale sia l'evoluzione di un vino. Quelli bianchi col passare del tempo, per un processo di ossidazione, mutano in un colore più cupo e profondo: da un giallo paglierino a uno dorato, fino al tono ambrato, quando ormai è vecchio. D’altra parte, i vini rossi con l’invecchiare perdono colore perché i polifenoli, i cosiddetti tannini, tendono a depositarsi naturalmente in fondo alla bottiglia. Per i rosé, va considerato che sono vini semplici, fragranti ma molto fragili: non hanno una lunga evoluzione per il metodo di lavorazione che prevede una breve macerazione del mosto con le bucce. Inoltre, c'è il mondo delle bollicine: champagne, spumanti, Franciacorta, dove oltre al colore fa testo l'effervescenza, il cosiddetto perlage, la trama delle bollicine che sprizzano dal fondo del bicchiere, la loro persistenza. Nei prodotIl sommelier ti di qualità le bollicine sono fini, marcate, Roberto Gardini all’opera. fitte e numerose. Se è italiano si tratterà di un vino prodotto col metodo classico che è stato a contatto per molto tempo sui lieviti. Una volta concluso lo sguardo sul colore si può rigirare il bicchiere – commenta Gardini – che non è per vezzo: serve a dare ossigeno al vino, prepara la fase olfattiva, ma è utile anche per osservare la densità, gli archetti che si formano nel calice, le cosiddette “lacrime” che ci possono svelare la struttura, la corposità di un vino». In seguito il sommelier passa all'analisi dell'olfatto. «Percepire un vino col naso non è facile visto che nessuno ci insegna normalmente ad annusare con precisione. A parte certe spiacevoli anomalie che possiamo individuare seppure non abbiamo un gran fiuto: ad esempio se sentiamo l'odore del tappo di sughero, quello di muffa, quello stantio di cattiva conservazione… Beh, dati questi sentori capiamo che quel vino è meglio non berlo. Ma è molto più sottile e complesso individuare profumi

Da 30 anni Dove la cultura del vino è protagonista

O G N I V E N E R D Ì DEGUSTAZIONE DI VINI CON PIATTI IN ABBINAMENTO R ober to Gardini sar à osp ite p er un p er cor so didatt ico sul la degus tazione del vino - TIENITI AGGI ORNATO

alex_and_paul

Alex & Paul

Bar con Ristorazione via Alcide De Gasperi 11, Ravenna - tel. 0544 34713


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31 fruttati o floreali, note speziate o tostate nel caso di vini affinati nel legno. Spesso i profumi si sovrappongono e serve esperienza, un certo allenamento del naso per distinguerli». Infine tocca al gusto vero e proprio. Con l'assaggio in bocca si valutano diverse caratteristiche fondamentali: la parte zuccherina o la secchezza, la forza dell'alcol, la “rotondità”, la “morbidezza”, la piacevolezza e la persistenza al palato. Per un vino bianco si misura la freschezza, cioè l'acidità. Per i rossi si stimano i tannini che danno astringenza. E poi sentiamo la parte sapida, minerale, che è importante. Attraverso le papille percepiamo la struttura e il corpo per poi arrivare alla qualità, al giudizio finale sul vino. Ma è pur vero che ogni persona ha il suo palato, ha un suo modo di percepire il vino. E anche nella degustazione professionale, pur considerando l'oggettività di certe caratteristiche di un vino, non si può prescindere da una componente di soggettività. Sono sensibilità ed emozioni individuali che non vanno prese in considerazione». Le riflessioni di Gardini rivolte ai commensali passano quindi a sfatare alcuni pregiudizi o sottovalutazioni, anche sullo stato dell’arte dell’enologia italiana. «È relativo il mito della celebrità dell’etichetta: se bevo un Sassicaia per forza deve essere buono. Ma chi l'ha detto? Se quel vino è ancora giovane, i tannini sono astringenti, l'acidità è eccessiva, manca di equilibrio… Spendete 150 euro e vi irritate pure, perché avete bevuto un vino che al momento della degustazione non era nelle condizioni ottimali. Spesso e volentieri vale la pena bere un vino meno blasonato ma autentico, che esprima l’anima di un territorio, cercando il miglior rapporto qualità-prezzo. Un vino pronto da bere, piacevole, rotondo, che ci fa sorridere e stare bene. Certo ci vuole un palato educato ma lasciatevi andare con fiducia alla vostra sensibilità e diffidate del sentito dire. Nonostante tanti luoghi comuni il vino non è solo una moda. Nel nostro Paese è un universo complesso e meraviglioso, strettamente legato alla grande cultura gastronomica delle regioni italiane, dove c'è ancora molto da scoprire e da perfezionare, fra innumerevoli vitigni, molti dei quali autoctoni e un’ampia produzione enologica di alta qualità. L'Italia oggi è il paese più importante del mondo per la vitivinicoltura, dopo vengono la Francia, la Spagna e il Nuovo Mondo. La nostra ricchezza in questo campo è determinata proprio dalla varietà che non ha paragoni per quanto riguarda vitigni e vini territoriali, che sono centinaia. Certo i francesi hanno una grande esperienza, soprattutto sul piano delle eccellenze e della capacità commerciale, ma possono vantare si è no una quindicina di vitigni. Noi per una vita abbiamo scimmiottato quello che facevano oltralpe poi ci siamo accorti delle nostre varietà e tipicità e, soprattutto, delle potenzialità del mercato enologico. Così possiamo competere con la Francia sul piano delle esportazioni globali, e siamo in vantaggio perché offriamo prodotti dal rapporto qualità/prezzo molto più interessanti. Pensate che per quanto riguarda certi vini importanti, di valore equiva-

una sera a cena con il rinomato Mettisommelier Roberto Gardini,

lente, se sono francesi possono costare fino a 4-5 volte di più! La cena inizia così, con una breve e puntuale conversazione di Gardini dedicata ad ognuno dei cinque vini stappati per la ghiotta occasione. E in apertura ci aspetta una vera e propria sorpresa. «Lo spumante Rambela (Tenuta Uccellina) – spiega il sommelier – è ricavato dalle uve Famoso, un vitigno tipico della nostra Romagna. Una regione che per diverso tempo è stata maltrattata come terra da vino ma recentemente ha fatto passi importantissimi nel verso della qualità. Non dimentichiamolo. E questo è un esempio che non ha nulla da invidiare a certo dilagante prosecco, anzi… Agli occhi è di un bel giallo paglierino luminoso, con brillanti bollicine. Esprime freschezza e pulizia, con punte fruttate e accenti floreali. Al palato è piacevolmente zuccherino con aromi di mela e pera. Un vino accattivante, ottimo come aperitivo». «Il Trento doc (Abate Nero) creato con metodo classico e 48 mesi sui lieviti, ha radici in una zona con una particolare vocazione per gli spumanti di qualità. Ha un colore dorato, luminoso, e le bollicine molto fini hanno una spinta che prelude a un vino di grande spessore. Emana un profumo intenso, fruttato e fragrante, aromi di pasticceria, tostatura e note agrumate, a tratti anche esotiche. In bocca rilascia una piacevole cremosità, è secco ma evoca una certa rotondità con dolcezze mielate, per finire lievemente salato. Un vino molto bilanciato che lascia una netta appetibilità sul palato. «Il Vermentino 2011 (Lunae) è un vino fermo originario del territorio fra Liguria e Toscana. Ha un colore vivo dorato, con una massa densa che evidenzia corpo e struttura compatta. Il profumo richiama subito la lavanda e un potpourri di erbe aromatiche ma emergono anche note dolci di vaniglia e di resina. E infine un richiamo minerale. Alla bocca è un vino sontuoso, rotondo, con aromi di pesca e albicocca, di grande impatto e persistenza. Anche se dotato di un corpo che si avvicina ai 14 gradi alcolici ha un notevole equilibrio e In basso, può evolversi pienamente». Giampaolo «Il Pinot Nero 2102 (Colombo) è un piemontese, affi(gestore del bar a nato in tonneau. Rosso granato, trasparente, ha un’ottima vin Alex&Paul) e Roberto Gardini. densità che lo rivela ricco e pieno. Al naso richiama intensi ed eleganti profumi fruttati di ciliegie e lamponi, spezie pungenti e sentori di torrefazione. All'assaggio troviamo tannini dolci ed evidente il frutto della ciliegia. All'impatto allarga il palato, in modo sferico e molto equilibrato anche nel contenuto di alcol. Un vino di grande personalità capace di invecchiare bene e sposarsi anche con corposi piatti di pesce». «Dulcis in fundo, il Passito Sciacchetrà 2009 (Lunae) è un vino ligure di limitata produzione, un vera chicca italiana. Di colore ambrato ha una spiccata densità oleosa. Al naso è strepitoso con odori intensi di frutta secca, confetture, tamarindo, caramello. Ampio e ricco, in bocca è dolce pastoso, alcolico ma sostenuto da note di freschezza. Un vino lunghissimo che sembra non finire mai, dotato di un’armonia che rasenta la perfezione. Da abbinare a biscotti e formaggi erborinati, un vino fuoriclasse da centellinare».

fra cinque piatti abbinati ad altrettante etichette italiane d'eccellenza. Alla scoperta delle emozioni che nascono dal bere bene e consapevole

OSTERIA MALABOCCA Piazza della Libertà 15 Bagnacavallo (RA) Tel. 0545 64468 www.malabocca.it Osteria Malabocca

L'Osteria Malabocca è un piccolo e confortevole locale a gestione familiare situato nella piazza principale di Bagnacavallo. Ci piace dire che la nostra cucina è priva di etichette, se non quella della "stagionalità", infatti i nostri menù cambiano con il mutare dei prodotti che la natura mette a disposizione, cercando di lavorarli nella maniera più semplice possibile. Tutto viene preparato giornalmente da noi, compresi le paste, i dolci e il pane. Roberto e Denise vi aspettano tutti i giorni escluso il mercoledì, mettendo a vostra disposizione un menù vegetariano, uno di pesce e uno di carne oltre ad una selezione di piatti dedicati ai sapori e ai profumi del territorio. Aperto dalle 12 alle 14,30 e dalle 19,30 alle 22,30

Chiuso il mercoledì

ANTICA TRATTORIA DEL TEATRO

Vi aspettiamo per gustare piatti tipici romagnoli, innovativi accostamenti di sapori e festeggiare insieme il nostro primo anno di attività Vicolo del Teatro, 6 - Lugo (RA) - Tel. 0545 900021 www.anticatrattoriadelteatro.it atdelteatro@gmail.com Antica trattoria del Teatro



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