FREEPRESS Mensile di cultura e spettacoli febbraio 2017 n.25 ROMAGNA&DINTORNI
R O M A G N A & D I N T O R N I Un dettaglio di una delle opere in mostra a Forlì: “Les confidences” di Tamara de Lempicka (1928, olio su tela)
FEBBRAIO 2017
L’ARTE DECORATIVA AL VIA LA GRANDE MOSTRA DI FORLÌ ALL’INTERNO musica • teatro • libri • arte • cinema • gusto • junior
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ISSN 2499-0205
R&DCULT febbraio 2017
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SOMMARIO
L’ EDITORIALE
• MUSICA Intervista a Bugo ......................pag. 4
Saviano e il costo della cultura
• TEATRO L’epica dello sport con Buffa ...pag. 12 • CINEMA La rassegna di film e rock .......pag. 18 • LIBRI Il graphic journalist Costantini..pag.20 • ARTE La grande mostra di Forlì ........pag.25 • JUNIOR A teatro in famiglia .................pag. 29 • GUSTO Un anno da Masterchef ...........pag. 30
Saviano alla fine verrà in Romagna, di certo a Forlì, ma anche Cesena si è fatta avanti (e Ravenna peraltro gli ha dato una cittadinanza onoriaria anni fa che non è mai venuto a ricevere). Non sappiamo quando, ma sappiamo per certo che non ci sarà una biglietto da pagare. Né un libro da comprare. La polemica infuriata nelle ultime settimane di gennaio l’ha messo in chiaro: tutti, a cominciare da Saviano, hanno improvvisamente preso le distanze dall’idea che il costo per il viaggio dell’autore e per chi organizzava il tutto potesse essere ricavato da una percentuale sui libri (essendo l’organizzatore un libraio). C’è chi l’ha difeso, il suddetto librario, come Michela Murgia, chi l’ha criticato aspramente, chi ha criticato la scuola: non si possono obbligare i ragazzi a comprare i libri. Anche se questa è per la verità prassi piuttosto diffusa e consolidata, anche se la scuola in realtà ti obbliga eccome a comprare libri e anche ad altre spese extra che però, evidentemente, non scandalizzano altrettanto. Il sospetto che ci sia anche molto di politico in questa vicenda e che se al posto di Saviano ci fosse stato, la buttiamo là, Jonathan Franzen il problema non si sarebbe posto è forte. Ora, senza entrare più di tanto in una polemica complicata e sfaccettata, si può comunque osservare come di nuovo ci si stia dividendo su un tema da sempre complicato assai: soldi e cultura. Quanto deve costare la cultura? Quale cultura può costare? Chi dovrebbe pagarla? Il pubblico, il privato? E se un benefattore avesse regalato cinquecento copie del libro di Saviano ai ragazzi del liceo di Forlì nessuno avrebbe avuto niente da dire? E anche: organizzare eventi è un mestiere che richiede tempo e impegno? Come lo quantifichiamo? Quanto siamo disposti a spendere? Quanto spazio si può dare al volontariato e alla buona volontà di chi magari può accontentarsi della gloria perché non ha bisogno di guadagnarsi da vivere e lo fa come utile e pregevole passatempo? Ogni occasione è buona per porsi soprattutto quest’ultima domanda. Che la cultura non dovrebbe avere a che fare con il censo, nel mondo che piacerebbe a noi.
LO STORICO LIVE DI CESENA IN UN ALBUM TARGATO SONY Il progetto “That’s Live” realizzato dallo staff del Rockin'1000 e che ha avuto il suo culmine nel concerto dell’estate scorsa della più grande rock band di sempre allo stadio Manuzzi di Cesena (davanti a 14mila persone) è diventato anche un vero e proprio album. Pubblicato per la RCA Records (divisione della Sony), l’album si intitola “THAT’S LIVE – The Biggest Rock Band On Earth live in Cesena 2016” e contiene i 17 brani suonati dai 1000 musicisti, passando dai Nirvana ai Led Zeppelin, da Jimy Hendrix agli AC/DC, dai Beatles a David Bowie fino, naturalmente, ai Foo Fighters, da cui è partito tutto il progetto.
R&D Cult nr. 25 - febbraio 2017
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Fabbri, Francesco Farabegoli, Nevio Galeati, Sabina Ghinassi, Enrico Gramigna, Giorgia Lagosti, Linda Landi, Fabio Magnani, Filippo Papetti, Guido Sani, Angela Schiavina, Serena Simoni, Elettra Stamboulis. Redazione: tel. 0544 271068 redazione@ravennaedintorni.it Poste Italiane spa Sped. in abb. post. D.L. 353/2003 (conv. di legge 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB C.R.P.- C.P.O. RAVENNA
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MUSICA L’INTERVISTA
di Luca Manservisi
Tra i nomi storici della scena rock alternativa italiana, Cristian Bugatti, 43 anni compiuti la scorsa estate, è ancora lo stesso Bugo con cui si poteva scambiare due chiacchiere a inizio anni Duemila al meeting delle etichette indipendenti: un po’ cazzone, presuntuoso quel tanto che basta, poco incline ai compromessi. Nel frattempo ha sfiorato il successo, quello vero, pubblicato cinque album per una major importante come la Universal e uscito pian piano dalla cerchia dei beniamini della critica, non senza traumi. È tornato con un nuovo album solo l’anno scorso, dopo un silenzio discografico lungo cinque anni (alcuni di questi vissuti in India con la moglie): ottavo lavoro sulla lunga distanza, si chiama “Nessuna scala da salire” ed è uscito in aprile per la storica Carosello Records. Nelle sue ultime battute, il tour di presentazione passa anche dalla Romagna, il 4 febbraio al Bradipop di Rimini. Ne abbiamo approfittato. Bugo, come stanno andando i concerti? «Siamo una band bella rodata, facciamo ancora la nostra porca figura...». Chi sono oggi, dopo un lungo silenzio, i tuoi fan? «Sono i migliori del mondo, innanzitutto. Poi ci sono quelli che mi seguono dall’inizio, altri nuovi, ma non mi hanno abbandonato, anche perché in realtà anche senza un nuovo album ho fatto un tour anche nel 2013, ma mica si può essere sempre presenti, si deve anche far venire voglia alla gente di venirti a sentire. Questo presenzialismo diffuso di questi tempi mi infastidisce...». Perché aspettare invece cinque anni per un nuovo disco? «Mi ero rotto le palle di molte cose. Ho continuato a scrivere canzoni, ma la libertà ha un prezzo, che ho dovuto pagare. Io sono sempre stato un artista alla mano, poche pippe, fuori dalle mode, controcorrente: tutto questo al sistema dà fastidio...». Si legge in rete che ti avrebbero dato fastidio in particolare alcune stroncature del tuo penultimo disco, quelo di una svolta electro-
Bugo e «il prezzo della libertà» Il cantautore milanese a Rimini. «Faccio quello che voglio e questo al sistema non piace...»
GLI ALTRI LIVE ANCHE GLI AVVOLTOI AL BRADIPOP
aver perso l’occasione buona per ottenere il successo vero, quello che riempie i palazzetti? «Dopo “Contatti” (nel 2008, ndr) la mia popolarità era a un livello piuttosto alto e con un altro album così nei palazzetti ci sarei finito. Ma non si tratta di un’occasione persa, non mi interessava. Ho preferito sperimentare, come sempre, inseguendo la mia libertà, che è un po’ la mia ossessione...». Cosa ne pensi della nuova scena italiana, quella che porta al successo da un giorno all’altro band o artisti come Calcutta, i Cani, Thegiornalisti? «Penso che se la raccontano tra di loro ma non sono nulla, che sono parte di una scena stantia dove cercano tutti la stessa formula, che non mi interessa. Sarà che ho sempre amato il rock e ho sempre pensato che il rock deve scuotere, mentre loro sono solamente pop, come mentalità, molto diversa dalla mia... Basterebbe pensare, per esempio, alla potenza di un personaggio come Bruno Dorella (di Bachi da Pietra, OvO e Ronin, scopritore di Bugo ai tempi della sua etichetta discografica nonché autore di una rubrica fissa sul nostro giornale, vedi pagina 8, ndr) per far sparire tutti loro...». Su Facebook ti sei scagliato anche contro i rapper italiani... «I rapper italiani non sono nulla, non esistono, litigano per ricoprire una parte, fanno solo delle cagate, i comunisti col Rolex (l’album di Fedez e J-Ax, ndr)? Ma che cazzo è questa roba qui? Se questa è musica moderna, io voglio essere un primitivo con la clava!».
«I nuovi eroi
Oltre a Bugo – intervistato in questa pagina – al Bradipop di Rimini in febbraio saranno in concerto l’11 il Duo Bucolico (cantautorato demenziale, da Rimini), il 18 i Soviet Soviet (post-punk da Pesaro) e il 25 Gli Avvoltoi (beat da Bologna).
pop... «Diciamo che l’ambiente più alternativo-snob non ha accettato questa impronta precisa e radicale presa nel mio percorso. Questo è andato in India, dicevano, e si è rincoglionito. Neanche mi chiedevano più interviste per farmi spiegare, quasi tutti erano prevenuti. Sembrava uno scandalo che Bugo avesse fatto una “canzone d’amore”, tanto per dire. Queste cose inevitabilmente mi hanno colpito, è stato un flusso negativo arrivato in un momento invece per me positivo. A tutto questo si sono sommate le lungaggini burocratiche con la Universal e i tempi tecnici per trovare una nuova etichetta. Almeno tutta questa esperienza mi ha fatto capire che il mondo del rock alternativo italiano non è importante: sono solo quattro rincoglioniti...».
un cazzo, voglio lavorare per chi vuole farmelo fare. Musicalmente in questo disco non mi sono posto limiti di genere. anche se credo che il prodotto abbia un insieme sonoro omogeneo, a partire dalla scelta di inserire tre strumentali, non così frequente in ambito rock». Dentro c’è anche molto Vasco Rossi, un personaggio che in pochi in Italia sono riusciti a citare senza diventarne una cover band. Mi spieghi come mai? «Certo: sono tutti snob, in Italia abbiamo un personaggio che secondo me è un mito del rock ma non vediamo l’ora di insultarlo per la cover dei Radiohead. Sono d’accordo, fa cagare quella cover, come altre cose, ma credo che gli artisti italiani che hanno fatto la storia vadano valorizzati. Personalmente sono stato molto chiaro fin dall’inizio, ho dichiarato i miei eroi: Beck è un mito (agli esordi era il paragone più diffuso, ndr), Vasco mi è sempre piaciuto, anche se questo non è stato accettato da tutti». Parte della critica in effetti pare essere rimasta ferma, per così dire, al tuo disco folk del 2004, “La gioia di Melchiorre”... «Anche i miei vecchi fan, quelli che non mi seguono più, ma io non rifarò mai un disco per fare contento qualcuno: l’artista deve essere libero. E io mi sento un artista. Chissà, magari tornerò a fare cose acustiche, l’elettronica che accompagna più o meno le canzoni di questi ultimi album è una parentesi della mia carriera: tornero al rock, al folk, e poi io sono nato col blues...». Hai avuto l’impressione a un certo punto della tua carriera di
della scena italiana se la raccontano Quanto snobismo contro Vasco...
Da qui un altro album in cui te ne freghi, del rock alternativo... «Non ho scale da affrontare, lo dico nel titolo, significa in pratica fottetevi tutti, faccio quello che voglio. Ho sempre fatto quello che volevo, musicalmente parlando». E in effetti, potrà piacere o meno, ma ascoltando il disco l’impressione che emerge è la tua totale libertà espressiva, era quello che ti eri posto come obiettivo? «Dopo un lungo silenzio mi sono voluto proporre per quello che sono: un ragazzo semplice, in fondo, non ho grandi menate da mostrare, voglio essere libero, anche se lavoro dentro un mercato discografico che ha delle regole e per cui non lo si può essere del tutto. Ma non voglio far parte della cosiddetta musica indipendente, non me ne frega
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RASSEGNE AL SALOTTO DEL CUSTODE (NON SOLO) RAFFAELE
AL SIDRO ARRIVA GIORGIO POI E GRAMENTIERI LEGGE DYLAN
IL TOUR DI ADDIO DI GARBO PASSA ALLO SPAZIO TONDELLI DI RICCIONE
CONCIORTO AL KINOTTO, PONZIO PILATES A LIDO GERARDO BALESTRIERI AL TEATRO SOCJALE
Prosegue alla Rocca Malatestiana di Cesena la rassegna dedicata alla musica d’autore e indipendente italiana “Il salotto del custode”. In febbraio l’appuntamento è per il 4 con il cantautore milanese Cesare Livrizzi; l’11 con la serata dedicata (anche) a David Bowie a cura del riminese Giuseppe Righini, che presenterà anche il suo album “Houdini”; il 18 con la cantautrice rock cattolichina Crista e il 25 febbraio con l’indie-pop di Cassandra Raffaele, nota anche per la sua partecipazione a X Factor. Inizio concerti ore 21.30, dopo l’aperitivo.
Al Sidro di Savignano in febbraio da segnalare il 15 il “release party” di Dome la Muerte, progetto del toscano Domenico Petrosino – figura di culto della scena rock’n’roll italiana – prettamente strumentale e ispirato alle colonne sonore spaghetti western. Il 25 invece uno dei nomi nuovi della scena rock-pop italiana, il romano Giorgio Poi in uscita con Bomba Dischi con le sue canzoni “malinconiche e psichedeliche”. Rassegna nella rassegna, il 7 febbraio secondo appuntamento di “Lettori musicali” con reading di musicisti: sarà il turno di Antonio Gramentieri dei Sacri Cuori, che leggerà alcuni stralci del "Diario del rolling thunder. Dylan e la tournée del 1975" di Sam Shepard.
Allo Spazio Tondelli di Riccione prosegue la stagione musicale: domenica 5 febbraio il cantautore milanese Garbo (foto), tra i nomi di punta della new wave italiana, festeggia 35 anni di carriera nell’ambito del tour di addio all’attività concertistica. Il 18 lo Spazio Tondelli propone invece “Un mare di ruggine”, doppio concerto folk-rock di Brace – riccionese di nascita e bolognese di adozione, fondatore di Tafuzzy Records – e del modenese Setti.
Continuano le rassegne musicali dei circoli del circondario ravennate. Al circolo Arci Kinotto di Borgo Masotti solito programma originale: da segnalare tra gli altri almeno il Conciorto (5 febbraio), spettacolo/concerto sull’orto, con Biagio Bagini (autore) e Gian Luigi Carlone (fondatore della Banda Osiris). Anche al Cisim di Lido Adriano il 4 febbraio serata fuori dagli schemi con i ravennati Johnny & Mongo e i riminesi Ponzio Pilates; il 10 concerto dark wave dei napoletani Ash Code (per la serata “Paint it Black party”) mentre venerdì 24 in collaborazione con l’etichetta Brutture Moderne Giacomo Toni canta Enzo Jannacci, mentre il cantautore siciliano Cappadonia e i romagnoli Visioni di Cody presentano i loro album. Infine, al teatro Socjale di Piangipane, serata raffinata il 10 con il trio del cantautore e polistrumentista Gerardo Balestrieri.
MUSICA
R&DCULT febbraio 2017
5 ELETTRONICA/1
TORMENTONI
Seth Troxler e Ryan Elliott in Romagna L’11 febbraio sarà una serata d’eccezione per gli amanti di house e techno: al Cocoricò di Riccone sarà in consolle infatti l’americano Seth Troxler (nella foto), tra i dj e producer più famosi al mondo. In apertura l’olandese William
Djoko, nome emergente della scena internazionale, mentre il resto della serata sarà curato da Moho. E la stessa sera al Meet Club di Cervia (presso le Indie) l’appuntamento è con un altro dj di fama mondiale, l’inglese Ryan Elliott.
ELETTRONICA/2 Rovazzi va “a comandare” a Novafeltria Autore dei due tormentoni “Andiamo a comandare” e “Tutto molto interessante”, tra rap e pop demenziale, Fabio Rovazzi sarà ospite l’11 febbraio della Jolly Disco di Novafeltria.
RAP/1 IL
FENOMENO
SFERA EBBASTA
ALL’ONYX
Il 25 febbraio fa tappa a Ravenna il tour di Sfera Ebbasta, nome d’arte di Gionata Boschetti, giovane rapper di Cinisello Balsamo divenuto una piccola star in rete, idolo dei più giovani. L’appuntamento è alla discoteca Onyx di Godo.
RAP/2 KMAIUSCOLA E 16 BARRE
A
LIDO ADRIANO
Il 25 febbraio al Cisim di Lido Adriano concerto di rap underground con i Kmaiuscola, collettivo marchigiano tra hip hop e dancehall, e i veneti 16 Barre.
Fa tappa al Club Adriatico il tour italiano di Lorenzo Senni Fa tappa anche in Romagna – oltre che in “capitali” come Torino, Venezia, Firenze, Roma e Napoli – il mini tour italiano del cesenate Lorenzo Senni (nella foto - da noi intervistato nei mesi scorsi), primo artista italiano a pubblicare per la prestigiosa Warp records con cui ha debuttato lo scorso novembre con “Persona”, Ep acclamato dalla critica mondiale. L’appuntamento con la trance di Senni è per l’11 febbraio al Club Adriatico di Ravenna (all’Almagià).
DANCE
ELECTRO & DINTORNI Al Diagonal i debutti di Valli e Vallicelli ELETTRONICA & WORLD CAPIBARA
E IOSHI A
CESENA
Serata elettronica con tante contaminazioni il 17 febbraio alla Rocca Malatestiana di Cesena con Capibara – producer romano cresciuto con l’hip hop che propone un’elettronica vestita di futurismi garage, ritmi urbani e suggestioni afro – e Ioshi, progetto tra reggae ed elettronica del friulano Federico Mazzolo, fondatore e batterista dei Mellow Mood.
Roshelle di X Factor al Kojak
SARATHY KORWAR
Finalista a X Factor, Roshelle sta ottenendo un grande successo nella “vita reale”, con tanto di disco d’oro per il suo primo singolo. Dal vivo in Romagna, il 18 febbraio al Kojak di Porto Fuori (Ravenna).
Dopo l’appuntamento del 2 con il nuovo progetto dei Musicanti di San Crispino, il Clandestino ospita il 18 febbraio il compositore e percussionista Sarathy Korwar. Nato negli Stati Uniti, cresciuto in India ed attualmente residente a Londra, proporrà un mix tra musica etnica, jazz ed electro.
A
FAENZA
Riparte in febbraio la programmazione del Diagonal di Frolì. Mercoledì 8 l’appuntamento è con il forlivese Matteo Vallicelli, primo italiano messo sotto contratto dalla label di culto di Brooklyn Captured Tracks, oggi batterista di The Soft Moon, che ha dato spazio alla sua inedita anima elettronica nell'esordio "Primo" in uscita il 3 febbraio. Altro debutto solista, quello di Pieralberto Valli dei forlivesi Santo Barbaro, con un pop elettronico minimale che presenterà al Diagonal il 15 febbraio. Infine, il 22 febbraio elettronica solo accennata nella synth-wave dei Regata.
R&DCULT febbraio 2017
MUSICA
6 CONSIGLI D’AUTORE
LA RASSEGNA
Sei colonne sonore di culto, tra b-movies, psichedelia e Morricone
HECKER A SAVIGNANO Prima edizione a Savignano sul Rubicone per “Acielocoperto”, mini rassegna di tre concerti che anticipa il festival estivo “acieloaperto”: in febbraio l’appuntamento è per sabato 4 alla Chiesa del Suffragio con il cantautore poprock e pianista berlinese Maximilian Hecker
di Christopher Angiolini *
Ho finalmente deciso di accettare la sfida dei “consigli d’autore”. Il principale ostacolo da superare è stato quello di individuare il tema, il filo conduttore che avrebbe dovuto tenere assieme le mie scelte. Per evitare incontrollabili divagazioni, mi sono quindi imposto di restringere il campo a quel centinaio di vinili che tengo a portata di “braccio” del mio Technics 1200. In quel mucchio si trovano gli ultimi acquisti, gli ultimi ascolti o gli album che mi riprometto di riascoltare “prossimamente”. Nella suddetta pila c’erano ben sei colonne sonore, una delle mie tante passioni, per cui ho optato per questo sentiero, fatto di epifanie e tante piccole storie tra cinema e musica. Gli album di cui vado a parlare hanno tutti motivo di essere ricordati per un proprio valore oggettivo, allo stesso tempo, ad uno sguardo più attento, è sorprendente vedere come possano davvero tenersi l’un l’altro attraverso una serie quasi infinita di rimandi. Procediamo in ordine cronologico e partiamo con The Wild Angels (1966). Un film sugli Hells Angels di Roger Corman, il grande maestro dei b-movies, con Peter Fonda e Nancy Sinatra. Si tratta di una serie di brani che fotografa con precisione i canoni musicali della west coast dei sixities, tra surf e proto garage composti da un allora giovanissimo Mike Curb ed eseguiti quasi tutti da Davie Allan and the Arrows. I due si erano conosciuti alle scuole superiori e, mentre Curb farà carriera come discografico e politico, il secondo diventerà una figura di culto tra i chitarristi di mezzo mondo per essere stato tra i primissimi, e proprio con questo album, a spingere al massimo il sound del pedale Fuzz della sua chitarra, influenzando generazioni di musicisti che ancora oggi fanno uso massiccio di questo effetto simbolo di una certa idea di rock: superfuzz bigmuff, come titolavano i Mudhoney. Il film, presentato al festival di Venezia, divenne oggetto di un piccolo culto che sopravvive ancora oggi, mentre il main theme della colonna sonora scalò le classifiche di Billboard rimanendoci per ben 17settimane. La nota più curiosa però ci rimanda a Mike Curb, un personaggio davvero tutto da scoprire, che oltre a ricoprire il ruolo di vice governatore della California tra il 1979 e il 1983, sarà anche l’autore della “sigla” della vincente campagna elettorale di Ronald Reagan nel 1980. Sarà poi sempre il poliedrico Curb ad affidare agli Electric Flag di Mike Bloomfield la colonna sonora di The Trip (1967), un altro film culto del solito Roger Corman, con la sceneggiatura di un allora giovanissimo Jack Nicholson, scelto proprio per la sua esperienza con l’Lsd, tema portante del “viaggio” in questione. Mike Bloomfield era reduce dalla storica esperienza con Bob Dylan che si esibì per la prima volta in elettrico sul palco del Newport Folk Festival sconvolgendo per sempre le fondamenta della musica folk. Registrò inoltre le parti di chitarra sul mitico ed epocale Highway 61 Revisited. Dopo questa esperienza Bloomfield decide di proseguire per la sua strada e forma The Electric Flag, An American Music Band di ben nove elementi, che esordirà proprio cimentandosi con la colonna sonora di The Trip. Uno straordinario “viaggio” negli abissi del rock, tra psych suite, jazz, be pop, momenti impro e rivisitazioni della tradizione americana. Li ritroveremo poi nella colonna sonora di Easy Rider. Arriviamo così al 1970 con Zabriskie Point, il controverso capolavoro “americano” di Michelangelo Antonioni, massacrato all’epoca sia dalla critica che dal botteghino. Oggi il film è un vero e proprio culto, ma la colonna sonora forse anche di più: il regista aveva infatti scelto i Pink Floyd per accompagnare le sue immagini lisergiche e la sua visione della controcultura statunitense, per poi ripensarci in fase di montaggio e scartare gran parte del materiale, sostituendolo con Jerry Garcia e i suoi Grateful Dead, The Kaleidoscope John Fahey, The Youngbloods, Patty Page e Roscoe Holcomb. Qui il livello dei protagonisti è davvero altissimo, una vera e propria carrellata di vibrazioni hippies che nella versione finale del film vede anche l’aggiunta di un brano dei Rolling Stones e uno di Roy Orbison, che poi non verranno inclusi sul vinile per motivi di diritti d’autore. Oggi è finalmente possibile recuperarne una versione aggiornata con tutti i brani che i Pink Floyd avevano composto per la pellicola. Gli stessi Pink Floyd che qualche anno dopo rifiuteranno la chiamata di Dario Argento costringendolo a ripiegare sugli sconosciuti Goblin di Claudio Simonetti per Profondo Rosso (1975), che diventerà, anche grazie al suo tema principale, un successo planetario. Passiamo così a Suspiria (1977), capolavoro di Dario Argento di nuovo in team con Claudio Simonetti, il quale toccherà il punto più alto della sua carriera artistica. La felice intuizione di Argento fu quella di voler passare a un suono più moderno che accompagnasse il nuovo corso del suo cinema sempre più contaminato dal fantastico e dal soprannaturale, un sound che ruotasse attorno all’uso di nuovi macchinari, come i synth analogici, in particolare il Moog di cui Simonetti faceva uso abbondante. Sia il film che la colonna sonora segnano un punto di non ritorno per la storia del cinema horror e delle musiche per il grande schermo, introducendo temi ancora attualissimi se pensiamo, ad esempio, ai chiari riferimenti di Neon Demon, l’ultima fatica di Nicholas Winding Refn, e la relativa colonna sonora ad opera di Cliff Martinez che omaggia apertamente le musiche dei Goblin. Arriviamo così ai giorni nostri, all’ultimo vinile che mi capita tra le mani, quello che raccoglie in sé tutta l’essenza del cinema e delle Musiche Da Film. 2015: The Hateful Eight, l’ultimo capolavoro di Quentin Tarantino con la colonna sonora originale composta per l’occasione dal maestro dei maestri Ennio Morricone, il quale, dopo anni di corteggiamenti, cede alle lusinghe del re del pulp. Doppio vinile, che in versione deluxe esce per la Thirdman di Jack White, il quale affianca le musiche del maestro con un suo brano. Lo stesso fa Roy Orbison, che ritorna per la seconda volta in questo nostro viaggio. Continuando ora nel percorso a ritroso potrei proseguire dicendo che lo stesso Tarantino avrebbe dovuto interpretare il ruolo del suo idolo Roger Corman nel biopic a lui dedicato, oppure ancora dicendo che sempre lo stesso Tarantino aveva partecipato alla consegna dell’Oscar alla carriera per Michelangelo Antonioni nel 1995, mentre, facendo un altro passo indietro, possiamo ricordare che Ennio Morricone (in persona) si era occupato della colonna sonora dei primi tre film di Dario Argento. A mio avviso, poi, la “chicca” dell’album è quel traditional australiano “Jim Jones At Botany Bay“ cantata magistralmente da Jennifer Jason Leigh, pizzicando quella Gibson da museo che verrà poi letteralmente distrutta da Kurt Russell qualche attimo dopo, credendo fosse solo una copia di scena. * Emanuele ‘Cristopher’ Angiolini, classe 1972, è da sempre legato alla scena musicale del territorio, prima come dj e discografico, poi come direttore artistico. Nel 2003 fonda Bronson Produzioni con cui ha portato Ravenna nella mappa dell’indie-rock mondiale grazie all’attività dell’omonimo club di Madonna dell’Albero e a quella del bagno HanaBi, a Marina di Ravenna. Dirige festival di caratura internazionale come “Beaches Brew” e “Transmissions”.
Chris Angiolini
LA ROMAGNA IN TOUR I NOBRAINO
A
RIMINI
Il tour italiano a supporto del nuovo disco dei riccionesi Nobraino arriva anche nella loro Romagna: il 10 febbraio l’appuntamento è all’Altromondo di Rimini.
UNA
SERATA PER GLI
AMYCANBE
I ravennati Amycanbe sono stati derubati della loro strumentazione a Caserta, durante il tour. Un danno inestimabile che, complice il web, ha fatto partire una sorta di gara di solidarietà che si concretizza in un evento in programma il 3 febbraio al Loco Squad di Milano Marittima, aperto per l’occasione, con concerti ed esibizioni e in particolare un’asta a favore della band con in palio oggetti e altro donati da artisti e imprenditori.
I COMANECI
AL
BAR LENTO
La cantante degli Amycanbe (vedi sopra) Francesca Amati prosegue anche nell’altro suo progetto, Comaneci: l’11 febbraio saranno in concerto al Bar Lento di Rimini.
TORNANO I COSMETIC L’11 febbraio al Grottarossa di Rimini release party del nuovo disco dei riminesi Cosmetic (noisepop), “Core”.
TONI ANCHE NEL RIMINESE Oltre che al Cisim il 24 (vedi pag. 4), il cantautore forlivese Giacomo Toni in febbraio sarà in tour con altre due date in Romagna: il 3 all’Harissa di Rimini e il 19 alla Tana di Gabicce.
Uno scatto del concerto di Bari postato su Facebook dai Nobraino nell’ambito del tour di presentazione del nuovo disco che arriverà il 10 febbraio a Rimini
LA ROMAGNA IN CUFFIA
Il grande debutto dei Cacao di Luca Manservisi Probabilmente tra i dischi più interessanti usciti nel 2016 nell’intera Penisola, “Astral” è il debutto sulla lunga distanza dei Cacao, (volutamente) misterioso duo ravennate – con tanto di una gestione “social” quanto meno bizzarra – composto in realtà da due volti noti della scena rock underground italiana, Matteo Pezzi alla chitarra e Diego Pasini al basso, entrambi negli Actionmen ma a loro agio da tempo anche lontano dalla musica “violenta”; Pasini, per esempio, anche in pianta stabile nei Ronin. E l’influenza degli stessi Ronin da una parte e dei Sacri Cuori probabilmente dall’altra (non per niente co-produce anche Francesco Giampaoli, che pubblica il disco per la sua etichetta Brutture Moderne), è evidente nei brani più melodici, finanche romantici del lotto, peraltro forse i meno riusciti. Il meglio i Cacao lo danno invece quando i ritmi si fanno più sincopati, quando il suono (sempre piuttosto minimale) tende al kraut, quando giocano a destrutturare più che a costruire, quando inseriscono pure qualche elemento inquietante (“High Hitler”, già dal titolo, per esempio, tra gli apici del disco). Facendo un passo indietro è bene ricordarlo: i Cacao fanno musica interamente strumentale, giocata su una continua relazione tra basso e batteria, toccando vari registri, dal blues desertico fino a pulsazioni elettroniche accennate (penso a un altro pezzo da novanta del disco come i sei minuti di “A8”). Forse non hanno ancora ben chiara in testa la linea da intraprendere in maniera più decisa, ma non è un difetto tale da intaccare la riuscita di un album di livello internazionale, sperando non resti solo un episodio isolato nelle carriere dei due. Il 23 febbraio i Cacao suoneranno al Diamond di Gabicce
MUSICA
R&DCULT febbraio 2017
7 In primo piano Page Hamilton con i suoi Helmet dopo il ritorno sulle scene rock
«Li guardavi
e pensavi: questi sono come me, hanno la mia faccia, i miei vestiti
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BASTONATE DI CARTA
Quella fotografia degli Helmet di Francesco Farabegoli *
Se sfogliate una rivista o un sito di musica e guardate le fotografie dei gruppi, sono tutte impostate sullo stesso concetto, a metà tra alta fedeltà e concettualismi da manuale introduttivo del rock. Questo gruppo è cattivo, quest’altro è oscuro, quest’altro è tormentato, quest’altro fa musica allegra, tutti sono più o meno fighi. Quando mi fermo a pensarci torno sempre con la memoria a una foto degli Unsane scattata da Richard Kern. Si tratta di una foto che stava in quasi tutti gli articoli che venivano scritti sul gruppo (non tantissimi, ok); Kern poi è diventato famoso per servizi a modelle e pornostar, ma quella foto ritrae tre ragazzi seduti o accovacciati su uno sfondo bianco. Hanno magliette spappolate, berretti da baseball, scarpette con il fondo rovinato. Le loro facce non dicono niente di particolare. Che musica suonano? Non si sa. Chi dovrebbe ascoltarli? Boh. Era una specie di scelta: le foto viaggiavano con le press kit, la foto che mi dicevi di pubblicare era indicativa del modo in cui volevi apparire, o non apparire. La prima foto degli Helmet che ricordo di aver visto ritrae quattro persone (Peter Mengede, Henry Bogdan, Jon Stanier, Page Hamilton) di fianco a un muro, ragionevolmente a New York. La foto è in bianco e nero, i musicisti sorridono, quello in primo piano ha dei pantaloncini a mezza gamba, un paio di persone hanno il berretto. La foto non dà nessun indizio immediato su che musica possano suonare le persone ritratte: nessuno dei quattro sembra farsi il trip del rock’n’roll, nessuno sembra un tossico allo stadio avanzato, nessuno ha addosso i segni di chissà quale trauma infantile. Al limite si può pensare a un concetto un po’ meno appariscente: probabilmente è musica pensata in un contesto urbano, magari è roba piuttosto sobria ed essenziale. Una cosa che colpisce l’occhio è che si tratta di musica fatta da gente più o meno comune, una cosa che negli anni di cui stiamo parlando è ancora piuttosto rivoluzionaria – e fa la differenza. Li guardavi e pensavi: questi sono come me, hanno la mia faccia, i miei vestiti, ecco. I dischi che abbiamo ascoltato, nel bene o nel male, ci hanno definito come persone quanto i libri che abbiamo letto o i film che abbiamo visto, le persone
ROCK
Al Bronson anche Toy, Faccini e la leggenda Pop Group Gli Helmet di cui parla Farabegoli nell’articolo principale saranno al Bronson di Madonna dell’Albero (Ravenna) il 25 febbraio. Ma in febbraio al club ravennate spicca soprattutto la presenza del Pop Group di Mark Stewart, mercoledì 8, tra le band più innovative in ambito post punk degli anni ottanta. Tra gli altri concerti del mese da segnalare le americane Death Valley Girls il 18, gli inglesi Toy il 23 e il cantautore Piers Faccini il 24.
che abbiamo conosciuto, i posti dove abbiamo vissuto. Per quelli che ci hanno segnato di più, spesso abbiamo sentito il bisogno di reperire qualche informazione che andasse oltre alla musica in sé: la biografia dei musicisti che l’hanno inciso, i posti dove sono stati registrati, gli eventi che hanno portato a questo o quel testo, eccetera. Che ne so, a me piacciono abbastanza i Pearl Jam e so un sacco di cose su dove è stato registrato quel disco o quell’altro, in che stato d’animo erano il cantante e il bassista, eccetera. Con altri gruppi non è dato avere queste informazioni, un po’ perchè non frega a nessuno e un po’ perchè la storia che ci sta dietro non è così interessante. Arrivi nel posto, hai qualche canzone, ne scrivi un paio sul momento e alla fine hai una pizza con una dozzina di pezzi che poi qualche scoppiato si degnerà di immettere sul mercato. Tocca ai singoli appassionati ricostruire la storia usando pezzi d’informazione raccattati in giro alla meno peggio. Per quanto riguarda i miei dischi preferiti, sono finito pian piano a immaginare certe cose della mia biografia personale come una parte integrante della storia musicale di quegli album, e in fondo è quello che li rende così speciali, una specie di
immortalità artistica ad personam. Il primo disco degli Helmet che ho ascoltato si chiama Born Annoying. Lo trovai in cassetta originale in un negozio di dischi a Cesena che si chiamava Francolini. Costava tanti soldi ma avevo letto qualcosa del gruppo, e avevo visto le foto, così l’ho portato a casa e l’ho messo su. L’anno può essere il ‘96. Il disco non era proprio un disco, in realtà: era una specie di raccolta di singoli e b-side con qualche inedito o boh, nella copertina a ventaglio c’è qualche informazione su dove sono stati registrati i pezzi. Metto su il lato A e mi cascano le palle: una canzoncina registrata un po’ così, una voce legnosa che biascica cose a caso, niente di interessante. Poi il nastro va avanti e inizia un’altra canzone che si chiama “Rumble”, che invece non ha le parole ed è velocissima e fa SBRANG SBRANG per tutto il tempo. Tengo il nastro nel lettore e vado avanti fino alla fine: i pezzi hanno tutti un suono un po’ diverso l’uno dall’altro perchè è una raccolta, ma c’è tanta roba in mezzo che mi esalta. È un disco fatto di musica, non particolarmente complesso ma nemmeno elementare. È roba fatta per suonare compatta e tutta assieme, con qualche assolo strano di chitarra, pochissime
parti cantate. I due pezzi migliori sono gli ultimi due: la cover di un gruppo che non conosco (Killing Joke) e la stessa canzone che c’è all’inizio, suonata cinque anni dopo al doppio della velocità con il cantante che urla come un pazzo. Nel ‘96 ascolto musica pesante da diversi anni e ho già tanti eroi, ma alla fine di quel disco ho addosso una sensazione che non ho mai avuto prima. Da quel momento son passati vent’anni, e da quel disco è partita un sacco di roba. Ho scoperto che l’etichetta che l’ha pubblicato, Amphetamine Reptile, è la miglior etichetta rock mai esistita. I gruppi sono quasi tutti come gli Helmet, musica dritta e senza stronzate coi suoni crudi. Gli Helmet hanno esordito nel ‘90 ed erano un po’ gli intellettuali del giro AmRep: dal vivo suonavano dritti e precisissimi, tiravano come dei treni e umiliavano chiunque suonasse con loro. Di lì a poco l’industria del rock alternativo esplose e gli Helmet andarono a finire sotto major: un successo di pubblico e critica continuo. All’atto pratico il loro sodalizio durò una decina d’anni e ci ha regalato quattro dischi-capolavoro: Strap It On, Meantime, Betty e Aftertaste. E il migliore di tutti, la raccolta di singoli/rarità/riregistrazioni Born Annoying: uno dei dischi della vita. Peter Mengede se ne andò dopo Betty e fondò i discreti Handsome; gli altri hanno lavorato come turnisti e insegnanti di musica. Il batterista John Stanier è diventato roba caldissima a metà anni duemila con i Battles, formati assieme ad altra gente del giro noise; poco dopo Page Hamilton ha rimesso in circolazione la sigla Helmet come una specie di progetto solista allargato, assieme a tre carneadi. Dei dischi nuovi non voglio nemmeno sentir parlare, ma dei loro concerti non me ne perdo uno. Christopher del Bronson, fanatico della prima ora, li ha chiamati a suonare subito dopo la reunion. Il prossimo (vedi box), se non erro, sarà il loro quarto concerto a Ravenna. * fondatore e autore del blog musicale “Bastonate”
ROCK BROKAW
AL
FARGO
Il 7 febbraio alle 21 torna al Fargo di Ravenna con il suo progetto solista Chris Brokaw: chitarrista, vocalist e batterista della scena slowcore americana, già membro fondatore di Come e Codeine.
P4TM
AL
MAZAPEGUL
Il 4 febbraio alla birreria Mazapegul di Civitella di Romagna concerto dei vicentini Polar For The Masses (punk-rock).
HORROR METAL DOYLE AL ROCK PLANET
Il 18 febbraio data da non perdere per gli amanti dell’horror punk al Rock Planet di Pinarella con il concerto di Doyle, il nuovo progetto dell’omonimo chitarrista fondatore dei Misfits.
I LIVE DEL WAVE Metal in chiave horror anche al Wave di Misano: il 4 febbraio sul palco i milanesi Scream Baby Scream, il 18 i toscani Deathless Legacy.
PUNK & METAL
Al Vidia i milanesi Destrage, Punkreas e Cattive Abitudini
Al Vidia di Cesena il mese di febbraio parte all’insegna del metal, sabato 11, con i Destrage, storico gruppo milanese che passa dall'alternative al death metal, dal progressive al mathcore. Si prosegue poi all’insegna del punk rock: il 17 febbraio sul palco i veneti Cattive Abitudini (hardcore melodico) e il 25 un pezzo di storia dello ska-punk italiano, i Punkreas (nella foto), che hanno già festeggiato i primi 25 anni di carriera e stanno portando in giro il loro ultimo album, uscito l’anno scorso, “Il lato ruvido”. Da segnalare poi la serata speciale del 24 febbraio, in occasione del carnevale, con live a partire dalle 18 e fino alle 4 di notte con band locali e non solo. Tra gli altri: San Leo, X-Mary, Mombu Mombu, Testadeporcu, Johnny & Mongo e Ponzio Pilates.
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MUSICA
8 AVANGUARDIA
Il gigante Fred Frith, con il suo nuovo trio Un mostro sacro della scena dell’avanguardia rock mondiale, domenica 19 febbraio (dalle 18) all’Area Sismica di Ravaldino in Monte (Forlì). Si tratta dell’inglese Fred Frith, a questo giro alle prese con il suo progetto più recente, tendente al jazz, un trio basico composto dalla sua chitarra, basso e batteria, con il quale ha registrato nel 2016 l’acclamato “Another Day in Fucking Paradise”, edito dalla Intakt Record. I suoi compagni di avventura sono due giovani della Bay Area, dove Frith vive da qualche anno: il bassista Jason Hoopes e il batterista (ma anche compositore e videomaker) Jordan Glenn. Frith da un trentennio sviluppa innumerevoli progetti e collaborazioni ed è tra gli ultimi campioni dell’anticommercialismo musicale. Impossibile descrivere compiutamente l’intero percorso artistico di questo musicista iperprolifico: dagli Henry Cow agli Art Bears, Tense Serenity, Skeleton Crew, Massacre, Curlew, Aksak Maboul, Material, Cosa Brava, a composizioni in solo e collaborazioni con artisti del calibro di Brian Eno, Laurie Anderson, Robert Wyatt, Linsday Cooper e Gavin Bryars e con gruppi quali Violent Femmes, The Resident, Swans, Naked City e molti altri: il suo nome compare in oltre 400 album.
UN DISCO AL MESE
Qualcosa di nuovo (e divertente) tra jazz, funk e citazioni metal di Bruno Dorella *
Ottone Pesante - Brassphemy Set In Stone (2016) Appena gli Ottone Pesante sono usciti allo scoperto, vari mondi musicali si sono mobilitati nel passaparola: tre tizi che suonano veramente bene si sono messi a fare heavy metal, ma al posto della chitarra e del basso ci sono tromba e trombone. Apriti cielo. Metallari, jazzisti curiosi, avanguardisti e sperimentatori di ogni genere e tipo si sono messi sulle tracce di questi eretici. A me è sembrata subito un’idea geniale, ma non sono stato l’unico a pensarla così. I ragazzi erano già stati prenotati da molti locali per suonare live questo bizzarro mostro “brass metal”. Hanno cominciato subito a macinare concerti, e abbiamo così scoperto che i tre sono vecchie conoscenze di quel bellissimo mondo musicale che possiamo definire trasversale. Gente brava, dai gusti ampi e la mente aperta, capace di spaziare in generi diversi. Per quel che mi riguarda, tutte caratteristiche che mi fanno drizzare le antenne. Francesco Bucci, Paolo Raineri e Simone Cavina (quest’ultimo poi sostituito dall’altrettanto poliedrico Beppe Mondini) sono musicisti preparatissimi, capaci di suonare jazz, ska, funk, metal, hardcore, avanguardia, grazie alla loro grande sensibilità, oltre che ad una tecnica che li rende richiestissimi session men. E quindi, come funziona questo metal senza basso e chitarra? Funziona che il trombone fa il basso e la tromba fa la chitarra? Un po’ sì, ma non solo. Ovviamente i timbri sono talmente diversi che le carte in tavola risultano comunque un po’ sparigliate. Qualche effetto ben dosato rende i due strumenti più intercambiabili di quanto sembri. Diminuisce un pochino la potenza distorta garantita dagli strumenti a corde e si restringe un po’ lo spettro di frequenze, ma aumentano le possibilità di armonizzazione della sezione fiati, laddove spesso invece il basso fa da semplice terreno di appoggio per le chitarre. Il tutto risulta, oltre che davvero nuovo (e questo, nel 2017, non è da sottovalutare), anche molto divertente. Non trovo molti termini di paragone, se non negli Zu o nei Mombu, ma si tratta di progetti con intenzioni molto diverse (più granitici e meno legati al metal gli Zu, vicini all’Africa i Mombu), o in alcune vecchie gemme del periodo sperimentale di Roy Paci (prima o poi ne parleremo), o in generale a tutta la musica heavy suonata col sax, dai 2Bad ai Naked City. Ma qui è proprio la citazione metal suonata dai fiati a fare la differenza. Cioè, è proprio un disco che “parla” di più a chi conosce un po’ il metal, e che potrà quindi apprezzare tutte le citazioni e le gag legate agli stilemi del genere contenute in questo disco. Ma credo che anche chi non mastica metal potrà apprezzare i voli dei fiati in “Apocalips” o gli intrecci ritmici di “Torture Machine Tool”, così come l’assalto senza prigionieri della combo inziale “Brutal” / “Nights Blood”. Quello che sembrava un gioco è diventato una cosa seria, se avete occasione andateli a vedere dal vivo. * Batterista dei Bachi Da Pietra e degli OvO, chitarrista dei Ronin, membro della Byzanthium Experimental Orchestra, felicemente ex discografico, aspirante sommelier, orgoglioso ravennate d'adozione, in attesa della giornata di 48 ore per poter finire un paio di cose.
IL CONCERTO
GLI OTTONE A FORLÌ CON I CARNERO Di ritorno da un tour europeo, gli Ottone Pesante saranno in concerto il 2 febbraio alla birreria Oltremodo di Forlì insieme ai forlivesi Carnero (math-punk), che presenteranno il nuovo disco.
JAZZ & DINTORNI DRAKE E I DIGITAL PRIMITIVES ALL’AREA SISMICA Oltre a Frith (vedi sopra) all’Area Sismica di Ravaldino un altro mostro sacro si esibirà in solo il 12 febbraio (alle 18). Si tratta dell’americano Hamid Drake (foto a sinistra), considerato forse il più grande batterista jazz del presente. Il 26 febbraio alle 18 invece all’Area Sismica i Digital Primitives, trio della scena di improvvisazione newyorkese formato dal sassofonista Assif Tsahar e dal musicista e costruttore di strumenti musicali Cooper-Moore (foto a destra), spesso partner in duo, a cui si aggiunge Chad Taylor.
JACK WALRATH AL PETRELLA Tra i più quotati trombettisti americani contemporanei, Jack Walrath sarà con il suo quartetto europeo (Tonolo al piano, Abrams al basso e Beggio alla batteria) in concerto il 9 febbraio al Petrella di Longiano, dalle 21.30
TORNA “FIATO AL BRASILE” Non solo jazz, come sempre, alla sesta edizione di “Fiato al Brasile”, festival in programma dopo un’anteprima in Finlandia dal 18 febbraio tra conferenze, incontri e musica dal vivo. I concerti sono in programma dal 20 al 27 febbraio nel Faentino, tra Zingarò, Osteria della Sghisa, Mic, Biblioteca, Pinacoteca e Santa Maria Vecchia. Tra i protagonisti (nel programma ancora ufficioso al momento di andare in stampa) i brasiliani Nando Araujo (nella foto) e José Gustavo Julião de Camargo.
MUSICA
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9 PROTAGONISTI/1
WORLD & JAZZ
A Rimini Gino Paoli con Danilo Rea
GINEVRA DI MARCO OMAGGIA MERCEDES SOSA A GAMBETTOLA
Fa tappa il 17 febbraio al teatro Novelli di Rimini “Due come noi che…” il progetto di Gino Paoli e Danilo Rea, un concerto voce e pianoforte che vedrà duettare insieme uno dei più grandi interpreti della canzone d’autore italiana e uno dei più creativi pianisti jazz di oggi. Si andrà dai grandi classici nazionali e internazionali a incursioni nella canzone d’autore napoletana.
JAZZ DIODATI A BERTINORO
Ginevra Di Marco, una delle voci femminili italiane più belle e amate, massima esponente della world music e nuovo folk italiano, ex voce femminile del Consorzio Suonatori Indipendenti (C.S.I.) fa tappa venerdì 10 febbraio alle 21 al teatro di Gambettola con lo spettacolo dedicato alla grande cantante argentina Mercedes Sosa, dove ripercorre i momenti importanti della carriera de “la Negra” cantando le più belle canzoni da lei interpretate.
L’8 febbraio alle 20.45 all’enoteca bistrot Colonna di Bertinoro appendice dell’Artusi Jazz Festival con il live del quintetto del chitarrista Francesco Diodati
LE VOCI DEL PASSATO DI AMARCANTO A BELLARIA
PROTAGONISTI/2
Concato si dà al jazz per due sere a Cervia Il 23 e il 24 febbraio al teatro Comunale di Cervia per due date consecutive Fabio Concato in concerto. Sarà un viaggio attraverso il repertorio dei suoi successi, riproposto in chiave jazz, con gli arrangiamenti e l'accompagnamento del trio composto dal pianista Paolo Di Sabatino, Marco Siniscalco al basso e Glauco Di Sabatino alla batteria.
Venerdì 10 febbraio alle 21.15 al teatro Astra di Bellaria Igea Marina va in scena il nuovo spettacolo dell’ensemble riccionese Amarcanto: il progetto “Terre di canto” vuole valorizzare le voci del passato e le tradizioni musicali di popoli diversi.
SARAH McKENZIE AL BONCI Giovane e con solo tre album alle spalle, la cantante australiana Sarah McKenzie è già definita dalla critica una delle nuove signore del jazz: il 4 febbraio sarà in concerto al piano alle 21 al Bonci di Cesena, accompagnata da un trio chitarra-contrabbasso-batteria.
TRA FOLK E TANGO AL MAMA’S DI RAVENNA
BOLTRO A CESENATICO
Musiche dal mondo il sabato sera al Mama’s di Ravenna: in febbraio da segnalare il 4 “Kairòs” tra folk e world; l’11 la serata argentina con le Tangominas e il 25 l’etno-jazz dei No Mads.
Il 15 febbraio al teatro di Cesenatico anteprima di Jazzenatico con il progetto Jazz Inc. del trombettista Flavio Boltro
LA
CANADESE BUSH AL TEATRO DI PIANGIPANE
Al teatro Socjale di Piangipane (Ravenna) il 17 febbraio concerto dedicato ai grandi compositori americani (da Gershwin e Ellington) della cantante canadese Lauren Bush, accompagnata dal trio jazz di Luca di Luzio.
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MUSICA
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IL PERSONAGGIO/1 Bruno Canino e il pianoforte: a Forlì una sintesi della storia della musica di Enrico Gramigna
La nota astronomica vuole che le città intorno al 40° parallelo mostrino allo zenit Vega, la quinta stella più luminosa del firmamento boreale. Essa altro non è che l’astro più importante della costellazione della Lira, che la mitologia riconduce allo strumento del mitico cantore Orfeo. A questo punto si può definire caso o influenza benevola, tuttavia proprio la città di Napoli si trova in questa particolare circostanza stellare. Nel corso dei secoli il capoluogo campano è stato, analogamente alla stella, il faro della costellazione musicale europea, e quindi mondiale come diceva lo scrittore de Brosses, tanto che nel Settecento la città ebbe la possibilità di godere dei talenti espressi da ben LASSICA: AGENDA quattro Conservatori che si fusero nel corso del tempo in A FORLÌ ANCHE I 20 ANNI quello che ora è chiamato San DELL’ORCHESTRA BRUNO MADERNA Pietro a Majella. Proprio in questo istituto fu insegnante Oltre al recital di Bruno Canino, al teatro Diego Fabbri per quasi un trentennio di Forlì la stagione musicale entra nel vivo in febbraio Vincenzo Vitale che diede con due appuntamenti con l’Orchestra Bruno nuova vita alla scuola pianistiMaderna di Forlì che venerdì 3 festeggia i suoi primi ca napoletana ed ebbe tra i suoi vent’anni con musiche di Glass, Capogrosso, studenti musicisti quali Gerswihn, Bernstein (Stefano Bezziccheri al pianoforte, Riccardo Muti e Michele Carlo Boccadoro direttore) mentre sabato 25 ci si spoCampanella. sta alla Chiesa di San Mercuriale dalle 21 sempre con Erede di questa stessa scuola la Maderna, questa volta accompagnata dal coro San è anche il celebre pianista Paolo e Cappuccini per il Requiem K626 in re minore napoletano Bruno Canino che di Mozart (direttore Filippo Maria Bressan). sarà sul palco del teatro Diego Fabbri di Forlì mercoledì 8 febA CESENA IL CONSERVATORIO braio alle ore 21. CON I PIANISTI PIERANUNZI E PROSSEDA Il pubblico romagnolo potrà godere le esecuzioni di brani che sono entrati nel repertorio personale del musicista campano: egli, infatti, è stato uno dei più importanti esecutori del repertorio novecentesco, eseguendo con assiduità musiche di Ferruccio Busoni, Alfredo Casella, Luciano Berio e KarlHeinze Stockhausen, aiutando quindi la diffusione di musica innovativa. Sempre seguendo la scia della musica d’avanguardia, il teatro forlivese riecheggerà delle note di Giovanni Sollima, noto al grande pubblico non solo come violoncellista, ma anche come compositore. Martedì 28 febbraio al teatro Bonci di Cesena l’Orchestra del Conservatorio Maderna di Cesena si Certamente nel baule persoesibisce con i noti pianisti Gabriele Pieranunzi e nale di un titano della tastiera Roberto Prosseda (nella foto) in un progetto dedicato quale Canino è, non possono a Mendelssohn. Nell’altra parte della serata gli archi mancare brani del repertorio del Maderna suoneranno Cajkovskij, diretti da Paolo precipuamente pianistico che Chiavacci. affondano le radici nella storia stessa dello strumento. Saranno quindi le note di A CESENATICO IL DUO DI VIOLE Domenico Scarlatti e di Muzio E L’OMAGGIO A ITALO CAIMMI Clementi (delle cui opere il maestro Vitale fu grande divulEntra nel vivo la stagione di musica classica anche al gatore) a completare la serata teatro comunale di Cesenatico: venerdì 3 febbraio il forlivese che vivrà quindi con duo di viole da gamba composto da Rosita Ippolito e due anime, la prima più classiAntonello Mostacci con musiche di Couperin, Marais, ca e la seconda più d’avanBoismortier; il 17 febbraio concerto omaggio a Italo guardia. Caimmi con Pierluigi Di Tella al pianoforte e Pino La Romagna sarà, dunque, Ettorre al contrabbasso. per una sera, al centro di una sintesi della storia della musica pianistica che abbraccerà gli estremi stessi del repertorio per lo strumento nato dal genio padovano di Bartolomeo Cristofori e che vedrà protagonista assoluto sul palco forlivese Bruno Canino, uno dei più importanti cantori del secolo.
C
Gli altri eventi del mese al teatro di Forlì nel box dentro l’articolo
IL PERSONAGGIO/2
Il Borghese Gentiluomo di Peppe Servillo Richard Strauss e il suo capolavoro “Il Borghese Gentiluomo” ispirato da Molière sarà grande protagonista il 28 febbraio al teatro Rossini di Lugo con l'Ensemble Berlin, ossia i solisti dei Berliner Philharmoniker, uniti all'estro attoriale di Peppe Servillo, il frontman degli Avion Travel. Del testo sacro del teatro classico, Servillo ha fatto una personale riduzione, privilegiando le partiture e scegliendo per sé il ruolo di trait d'union di voce narrante, di alcuni personaggi comprimari e del protagonista. Nell’interscambio tra parola e musica viene fuori un racconto fatto di allusioni colte, supportato da una musica che, non a caso, appare divertita e sa giocare con le citazioni, da Verdi a Wagner, alle turcherie di maniera. Le musiche eseguite dall'Ensemble Berlin saranno quelle di Richard Strauss, nella elaborazione di G. Braunstein per gruppo strumentale di dieci strumenti.
MUSICA
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CLASSICA/1
All’alighieri un viaggio da Praga a Budapest Al via l’attesa stagione ravennate a cura dell’associazione Mariani. Tra gli ospiti anche Alessandro Carbonare LA RASSEGNA
CLASSICA/2
IL QUARTETTO ACCADEMIA E CABASSI PER MIKROKOSMI
In febbraio a Ravenna parte anche la rassegna Mikrokosmi della scuola Mikrokosmos, diretta da Barbara Valli, la domenica mattina alle 11 al ridotto del teatro Alighieri. Ad aprire le danze, il 5 febbraio, lo storico Quartetto di Sassofoni Accademia (foto), poi due appuntamenti con i migliori allievi della prestigiosa Accademia Pianistica Internazionale di Imola (il 12 e il 19 febbraio) mentre il mese si chiude il 26 con il recital dell’acclamato pianista milanese Davide Cabassi.
A BAGNACAVALLO L’OMAGGIO A BACH DI ACCADEMIA BIZANTINA
Il celebre clarinettista Alessandro Carbonare, atteso il 23 febbraio all’Alighieri di Ravenna
Al via al teatro Alighieri di Ravenna (inizio concerti alle 20.30) la tradizionale stagione di classica molto attesa dagli appassionati di “Ravenna Musica”, a cura dell’associazione Mariani. L’inaugurazione è in programma giovedì 2 febbraio e sarà affidata alla Prague Sinfonia Orchestra guidata dal suo direttore principale, il maestro Christian Benda, ospite dei più famosi teatri del mondo. Il programma, per la maggior parte dedicato a Mozart, prevede il Concerto per pianoforte e orchestra K. 595 del salisburghese, dove la parte di solista sarà sostenuta dal pianista ventiduenne Alexander Gadjiev,vincitore della XXX edizione del prestigioso Premio Venezia. L’8 febbraio sul palcoscenico dell’Alighieri ci saranno i componenti dell’Orchestra da Camera di Ravenna, diretta dal suo fondatore e direttore, il ravennate Paolo Manetti. Tutto beethoveniano il programma della serata con la Sinfonia n. 2 e il Concerto
n. 1 per pianoforte orchestra, che vedrà la parte solistica affidata ad Andrea Bacchetti, talentuoso pianista che dopo il suo debutto a 11 anni con i Solisti Veneti, ha intrapreso una brillante carriera con esibizioni in Italia e all’estero. Il 23 febbraio sarà la volta della Franz Liszt Chamber Orchestra, prestigiosa compagine europea fondata nel 1963 da ex studenti della Franz Liszt Music Academy di Budapest. In più di mezzo secolo di attività l’orchestra si è costruita una reputazione internazionale eccezionale, con concerti in più di 50 paesi nel mondo. Affiancherà Alessandro Carbonare, primo clarinetto dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma, solista nel celebre Concerto per clarinetto e orchestra K. 622 di Mozart. La rassegna proseguirà poi con altri sette concerti (sui prossimi numeri del giornale). Info: www,angelomariani.org.
Martedì 28 febbraio torna al teatro Goldoni di Bagnacavallo l’appuntamento con la prima stagione di classica curata da Accademia Bizantina. Sarà la stessa Accademia a salire sul palco sotto la direzione di Ottavio Dantone (anche al clavicembalo nella foto) per una serata dedicata a J.S. Bach e ai suoi Concerti per Clavicembalo. Inizio alle 21.
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TEATRO LO SPETTACOLO
Il riscatto del rugby: Mar del Plata in tournée Arriva in tournée in Romagna lo spettacolo prodotto da Accademia Perduta Mar del Plata. Gli angeli del rugby da un testo di Claudio Fava, regia di Giuseppe Marini con Claudio Casadio, Giovanni Anzaldo, Fabio Bussolotti e molti giovani attori. Una storia di rugby e di riscatto nell’Argentina di Videla, ispirato a una vicenda realmente accaduta. In scena al Masini di Faenza dal 6 all’8 febbraio, dal 9 al 12 al teatro Diego Fabbri di Forlì e all’Alighieri di Ravenna il 21 e 22 febbraio.
L’INTERVISTA
L’epica eroica dello sport con Buffa Il noto giornalista sportivo sul palco a Forlì e Rimini per raccontare le Olimpiadi del ‘36 di Andrea Alberizia
Recitare in uno spettacolo teatrale era l’ultima cosa che ancora non aveva spuntato in una lista scritta da adolescente con dieci cose che avrebbe voluto fare nella vita. C'è riuscito a gennaio del 2015 quando a Milano è andato in scena Le Olimpiadi 1936: lo spettacolo che vede sul palco Federico Buffa, il celebre affabulatore che ha conquistato il pubblico con le sue “Storie Mondiali” trasmesse da Sky. A maggio del 2016 è stato a Ravenna e ora sarà a Forlì (21 febbraio al Fabbri) e Rimini (sabato 4 febbraio al Novelli). Alla vigilia della prima di Milano parlava del timore per non essere un attore... «Troppo gentile con timore, facciamo terrore che è molto più vicino alla realtà». D'accordo, terrrore. C'è ancora o intanto è diventato un attore? «Attore non lo posso diventare mai ma il terrore è diluito in timore». Che cosa c'è voluto per diluirlo? «Sono stato addestrato da Caterina Spadaro e Emilio Russo, i due registi. Partono dal presupposto che a questo punto attore non posso diventarlo e mi fanno lavorare sulla voce e su come prendere le luci, le due cose che posso provare a imparare meglio». La prima volta a teatro da spettatore andò portato da suo padre... «Quando sono entrato in scena la prima volta credo di aver provato una sensazione semi irripetibile e ho pensato a mio padre che non c'è più, che è l'uomo che mi ha fatto amare il teatro, e a che emozione sarebbe stata per lui vedermi su un palco. Ma forse non avrei retto io l'idea che lui fosse a guardarmi quindi abbiamo tenuto un contatto di altro tipo. Però sono felice
che quello che lui mi ha insegnato ad amare in qualche modo sia entrato nella mia vita». Lo spettacolo nasce quando i registi la contattano... «Mi hanno chiesto se volevo fare qualcosa dopo aver visto un episodio di Storie mondiali e l'idea di Berlino 1936 è mia. È venuta fuori una forma ibrida in cui io sono due personaggi, un narratore che sa tutto e un personaggio realmente esistito, il comandante del villaggio olimpico che verrà destituito e morirà suicida». Perché il comandante del villaggio? «Come ha brillantemente detto Russo il personaggio di Furstner è il personaggio della drammaturgia della sconfitta. L'ha scelto perché l'ha trovato adatto, un personaggio che fa pensare con la scrittura molto potente di Russo». Gli sportivi protagonisti di quella olimpiade si rendevano conto di che significato ci fosse dietro a quell'evento? «Gli sportivi non sono mai particolarmente lucidi, sono lì per gareggiare. Tranne ovviamente quelli come il koreano della maratona che corre con il nome giaponese: quello si rende conto perché si accorge di quello che succede a casa sua e se non può competere per la sua nazione ma con un nome giapponese per i giapponesi, cioè gli esseri umani che odia di più al mondo, lui è una persona conscia». Dovremmo aspettarci o pretendere che gli sportivi, in generale, siano più lucidi nel modo di comportarsi in certi momenti storici? «Impossibile rispondere. Cosa dovevano fare i giocatori italiani nel Mondiale 1934? Cosa doveva fare Vittorio Pozzo nel '34 se non allenare la squadra nel miglior modo possibile?
La storia la scrive chi ha vinto e lui ha vinto due Mondiali e una Olimpiade, è nettamente il più grande allenatore della nazione. Avrebbe dovuto essere ricordato per sempre, è scandaloso che non abbia uno stadio dedicato a lui. Quindi vuol dire che vuoi farne un fatto politico. Cosa avrebbe dovuto fare, l'eroe? Non può farlo, nessuno lo farebbe. Molto semplice guardarlo adesso ma bisogna guardarlo quando succede. Certo ci sono anche i casi del centravanti della nazionale cilena che si rifiuta di stringere la mano a Pinochet o il ritiro di Carrascosa dall'Argentina: ci sono atleti che si sono opposti e hanno dimostrato più coraggio di altri ma non me la sento di guardare indietro a un atleta che non l'ha fatto». Cosa rende particolare Berlino 1936? «È la perfezione dell'organizzazione tedesca. I tedeschi organizzano due olimpiadi in un anno perché fanno anche quella invernale, oggi sarebbe impensabile. Tante cose che loro hanno fatto in quelle olimpiadi poi sono diventate il paradigma organizzativo e ispirante di tutte le olimpiadi a seguire. Nessuno aveva mai pensato all'idea di portare la fiaccola dalle rovine dell'antica Grecia fino al luogo dell'Olimpiade. Fu Goebbels che pensò a questo per la prima volta. In più è la prima kermesse mondiale con una finalità di propaganda. L'idea è di Mussolini nel '34 con il Mondiale però i tedeschi portano tutto a vertici impensabili». Evento sportivo come propaganda di regime. L'opinione pubblica degli spettatori se ne rendeva conto? «Penso proprio di sì. Anche se poi, nell'analisi storica mi permetto di far notare come i tedeschi siano riusciti
ad aggirare l'aspetto propagandistico per come lo percepiamo ex post. Di fatto alla fine gli americani che dovrebbero boicottare non boicottano e realmente quell'olimpiade non è stata mai neanche vagamente boicottata. Eppure i venti di guerra nel '36 erano più che evidenti, le leggi di Norimberga sono già promulgate. Si riesce ad aggirare il boicottaggio che oggi sarebbe del tutto normale ma all'epoca non l'aveva mai fatto nessuno e, grazie alla perfidia infinita di Goebbels, riescono a far sembrare le cose diverse da quelle che erano». Qualche altro evento sportivo fra qualche anno ci sembrerà diverso da quello che era? «Sinceramente il Mondiale del '78 gli argentini cominciano a raccontarselo un po' diverso. Gli atleti vogliono vincere, vogliono consegnarsi alla storia dello sport. Ti dicono “ma noi non ce ne accorgevamo”, in realtà non volevi accorgertene. Kempes non saluta Videla al momento della premiazione dopo aver vinto il Mondiale, dirà “eh ma c'era un milione di persone”, e poi postumo dirà “no, no, non volevo stringere la mano all'uomo che insaguinava il mio Paese”. Però sono dette dopo queste cose, non nell'immediatezza». Poi però i boicottaggi arrivarono per davvero. «Le olimpiadi di Mosca vengono boicottate perché l'Unione Sovietica ha invaso l'Afghanistan nel '79 e più di 60 nazioni boicottano. Poi il blocco sovietico boicotta Los Angeles 84 e da lì si è compreso che lo sport invece dovrebbe avere un'altra valenza e quindi il comitato olimpico ha gestito le Olimpiadi come un invito alla democratizzazione: alla fine lo sport anche se è corrotto, ed è più che mai corrotto e lo vediamo tutti i giorni, è l'unica
forma che abbiamo per ricomporre le frizioni e le frazioni fra gli uomini». Insomma togliamo di mezzo la retorica dello sport sano e pulito? «Dai non scherziamo, lo sport è corrottissimo, lo è sempre stato ma adesso è arrivato ai punti di rottura. Il doping ha ovviamente inciso tanto, i soldi hanno inciso tanto». Nonostante tutto la passione sportiva sopravvive. «Perché comunque gli appassionati amano il gioco e non si fermano, il gioco è attraente, la gente vuole vedere il gesto. Nel '94 la Fifa obbliga praticamente Maradona a venire a giocare il Mondiale negli Stati Uniti ma poi lo bastona facendo quello che doveva fare e il giorno dopo nel Bangladesh gli studenti non fanno gli esami perché gli hai tolto il giocatore più importante del mondo. Il calcio noi lo vediamo da questo angolo di occidentali che l'hanno sempre avuto ma nel mondo il calcio è l'esperanto del pianeta, lo vedono e lo giocano i monaci in Bhutan. Non lo puoi fermare perché ha un valore che va al di là del fatto che come tutto lo sport è palesemente corrotto». Berlino 1936 è la storia di Owens, una storia unica che ha uno spazio importante nello spettacolo. Ma quali sono le altre storie di sport che hanno grande potenza? «Ce ne sono quotidianamente, comqe quelle degli atleti portatori di handicap che sono degli eroi. Oppure basta pensare alla passione che le donne persiane hanno per il calcio da vedere e da giocare. E la difficoltà di potersi esprimere. A Udine mi è capitato di vedere una squadra iraniana che giocava col velo, che deve essere anche scomodo, ma non le fermi... e le italiane giocavano in braghe corte. Tutte queste vicende umane dimostrano che il mondo dello sport, che sia corrotto o no, resta il più bel mondo possibile perché le storie di sport con forte connotazione individuale umana sono le storie più belle in cui ci riconsociamo. Il motivo per cui siamo qua».
R&DCULT febbraio 2017
TEATRO
13 PROSA E LETTERATURA
ATTUALITÀ
L’ora di ricevimento a Lugo e Cesena
Il casellante
Attualità protagonista della scena nelle stagioni di prosa romagnole a cominciare da L’ora di ricevimento (Banlieu) con Fabrizio Bentivoglio ambientato in una scuola di una periferia francese durante appunto l’ora in cui l’insegnante incontra genitori e tutori degli allievi mettendo in risalto tutte le contraddizioni sociali che caratterizzano questo ambiente. Il testo è di Stefano Massini, la regia di Michele Placido, le musiche originali di Luca d’Alberto. In scena al Rossini di Lugo dal 2 al 5 febbraio e al Bonci di Cesena dal 9 all’11.
Mercoledì 8 febbraio al Novelli di Rimini va in scena Il casellante, applaudito spettacolo tratto da un divertente e struggente racconto di Andrea Camilleri. In scena anche Moni Ovadia
PROSA LA
DIVINA
SARAH
RIVIVE A
CERVIA
D’Annunzio segreto
Al Comunale di Cervia il 4 e 5 febbraio La divina Sarah con Anna Bonaiuto (nella foto) dedicato all’indimenticata Sarah Bernhardt, attrice letteralmente osannata anche dal grande Mark Twain.
L’APPARENZA
INGANNA SECONDO
SERGIO LOMBARDI
A
Venerdì 3 febbraio al Dragoni di Meldola va in scena il D’Annunzio segreto: drammaturgia di Angelo Crespi, regia di Francesco Sala, con Edoardo Sylos Labini
RUSSI
La “pazza”
Martedì 14 febbraio al Comunale di Russi va in scena lo spettacolo di Thomas Bernhard L’apparenza inganna con Sergio Lombardi per la regia di Federico Tiezzi.
TORNA
LA
CLASSE DI
FERRO A
CONSELICE
Sorelle Materassi
Martedì 14 febbraio al Comunale di Conselice è la volta di un classico come Classe di ferro di Aldo Nicolaj riproposto dal regista Giovanni Anfuso.
RAOUL BOVA E CHIARA FRANCINI
IN
DUE
Allo Spazio Tondelli di Riccione il 24 febbraio La pazza della porta accanto con Anna Foglietta nei panni di Alda Merini.
A
FAENZA
Al Comunale di Russi il 27 febbraio va in scena Le sorelle Materassi di Aldo Palazzeschi con Lucia Poli e Milena Vukotic.
Dal 17 al 19 febbraio al Masini di Faenza si toccherà il tema della coppia e di ciò che le sta intorno in Due, spettacolo che vede in scena Raoul Bova e Chiara Francini.
COMMEDIA
IL
CALENDAR GIRLS
BACIO DI
BARBARA
DE
ROSSI A CORIANO
RIVIVE L’ARTE DI
MODIGLIANI
Dal 23 al 26 febbraio al Fabbri di Forlì va in scena lo spettacolo ispirato alla vita dell’artista Modigliani. Lo interpreta Marco Bocci.
COMICO PINTUS
MILF IN
TRE DATE
Tre le date romagnole di Pintus con il suo Ormai sono una milf: il 3 febbraio al Novelli di Rimini, il 20 al Fabbri di Forlì e il 21 al Masini di Faenza.
ITALIAN BEAUTY
DI
LEONARDO MANERA
Leonardo Manera con il suo Italian Beauty, di cui è autore e interprete, sarà protagonista il 24 febbraio al teatro Pazzini di Verucchio.
UNA DONNA
MISERIA&NOBILTÀ Sopra: Anna Bonaiuto Sotto: Pintus
IN SCENA AL
LACEROCONFUSA A
COTIGNOLA
Al Binario di Cotignola il 10 febbraio Grazia Scuccimarra porta in scena il suo monologo Sono una donna laceroconfusa.
TESTORI
Il nuovo allestimento del grande classico Miseria&Nobilità di Elsinor Centro di Produzione Teatrale va in scena al teatro Testori di Forlì l’1 febbraio.
FILOMENA MARTURANO
DIVENTA UN
REGINA
Mercoledì 1 febbraio approda al teatro della Regina di Cattolica la fortunata commedia di Tim Firth Calendar Girls con Angela Finocchiaro e la regia di Cristina Pezzoli. Ispirato a un fatto realmente accaduto.
Sabato 18 febbraio al teatro Corte Coriano Barbara de Rossi e Francesco Branchetti sono protagonisti de Il Bacio.
A FORLÌ
ARRIVA AL TEATRO DELLA
SECONDO
LILIANA CAVANI
Mercoledì 8 febbraio al teatro della Regina di Cattolica va in scena Filumena Marturano di Eduardo de Filippo interpretato da Mariangela D’Abbraccio e Geppy Gleijeses per la regia di Liliana Cavani.
L’AMORE (OMOSESSUALE O NON) MIGLIORA LA VITA Al teatro Dragoni di Meldola il 13 febbraio è in programma L’amore migliora la vita con Ettore Bassi ed Edy Angelillo, testo e regia di Angelo Longoni, per ridere e riflettere sul tema dell’omosessualità.
SPIRITO
ALLEGRO CON
LEO GULLOTTA
Leo Gullotta è protagonista della commedia Spirito Allegro di Noel Coward per la regia di Fabio Grossi, un classico riletto con novità tecnico stilistiche come il videomapping. In scena il 27 febbraio al Goldoni di Bagnacavallo.
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TEATRO
14 DANZA/3
DANZA/1
Carmen, El Traidor Al Rossini di Lugo, il Balletto di Siena, porta in scena la moderna rilettura di un classico, Carmen, El Traidor, venerdì 17 febbraio
La Giselle del Balletto di Roma Il 3 febbraio al teatro Bonci di Cesena va in scena Giselle, spettacolo in due atti del Balletto di Roma sotto la direzione artistica di Roberto Casaratto, con le coreografie di Itamar Serussi Sahar e Chris Haring/Liquid Loft, musiche originale ispirate alla partitura di Adolphe Adam.
DANZA/2 PIXEL: TRA HIP
Marteì 28 febbraio la Spellbound Contemporary Ballet sarà sul palco del Diego Fabbri di Forlì con l’applaudito e fortunato Pa | Ethos HOP E MONDO VIRTUALE
Il 4 e 5 febbraio all’Alighieri di Ravenna sarà la volta della Compagnia Käfig diretta da Mourad Merzouki in Pixel, uno spettacolo dove l’energia della danza hip-hop incontra l’illusione del mondo virtuale.
GLI
Pa | Ethos
ILLUSIONISTI DI
AENIGMA
IN INDACO
Gli Aenigma, illusionisti della danza, portano in scena un allestimento che coniuga danza e tecnica con speciali effetti video: Indaco. Coreografie di Cristiano Fagioli, Alessandra Odoardi, Ylenia Mendolicchio. Al Masini di Faenza lunedì 13 febbraio.
Rain Dogs + Bliss Il 19 febbraio alle 21 al teatro Novelli di Rimini Aterballetto porta il distico firmato da Johan Inger Rain Dogs (su musiche di Tom Waits, foto sotto) e Bliss (su musiche di Keith Jarrett)
TEATRO
R&DCULT febbraio 2017
15 MUSICA
MASCHERE
IL ROCK BAZAR DI COTTO E DONÀ AL COMUNALE DI CONSELICE Domenica 26 febbraio al teatro comunale di Conselice va in scena lo spettacolo Rock Bazar con Massimo Cotto (voce narrante) e Cristina Donà a voce e chitarra. Un viaggio attraverso i grandi della musica rock del Novecento interpretati dalla cantautrice Donà in un racconto del noto conduttore radiofonico, dj, giornalista.
TRASFORMISMO ARTURO BRACHETTI AL CARISPORT CON SOLO
OPERA
La Cenerentola di Rossini “disegnata” da Lele Luzzati La Cenerentola di Gioachino Rossini è in programma per il 17 e il 19 febbraio al teatro Alighieri di Ravenna. Si tratta di un capolavoro, rappresentato per la prima volta al Teatro Valle di Roma nel 1817, che manca dall’Alighieri dal 1921, e che è anche un omaggio al grande scenografo e illustratore genovese Lele Luzzati, nel decimo anniversario della scomparsa. Suoi, infatti, i costumi e i bozzetti a cui sono ispirate le scene create da Enrico Musenich. Capace di usare con maestria e uno stile personalissimo ogni sorta di materiale, Luzzati è stato il colto interprete di mondi fantastici, la cui immediatezza ed espressività ne hanno fatto uno degli artisti più ammirati del nostro tempo. Questa nuova messa in scena della Cenerentola, per la regia di Aldo Tarabella, vedrà sul podio Erina Yashima, giovane direttrice d’orchestra selezionata nella prima edizione dell’Italian Opera Academy del maestro Riccardo Muti e ora sua assistente alla Chicago Symphony Orchestra. In buca l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, protagonista di tutte le opere della stagione 2016-17. L’appuntamento, sospeso fra il ricordo di una grande tradizione del teatro italiano e lo straordinario talento di una nuova generazione di artisti, non mancherà di conquistare il pubblico con la trasposizione operistica dell’amatissima fiaba di Charles Perrault.
Il 13 febbraio al Carisport di Cesena arriva il nuovo spettacolo, Solo, del celebre trasformista Arturo Brachetti impegnato in una lunga tournée. In questo show Brachetti apre le porte della sua casa, fatta di ricordi e di fantasie, senza luogo e senza tempo in cui il sopra diventa il sotto e le scale si scendono per salire.
La vita secondo la Familie Flöz a Cattolica Il 25 febbraio al Teatro della Regina a Cattolica va in scena la compagnia berlinese Familie Flöz con Infinita, uno spettacolo sui grandi passaggi della vita dalla nascita fino alla morte e tutto ciò che è universalmente comico attraverso le loro tipiche maschere e un linguaggio che mescola mimo, teatro di figura, danza, clownerie e improvvisazione.
MUSICAL
ARTE E MUSICA
IL DEBUTTO DI MEMPHIS AL COMUNALE DI CESENATICO
SGARBI
Dal 23 al 26 febbraio la Compagnia N.D.O.- New Dance Organization di Ivan Boschi porta in scena un nuovo musical, Memphis, al teatro comunale di Cesenatico. Ispirato a fatti realmente accaduti nei locali sotterranei di un night club a Memphis nel 1950, il musical racconta la fama e l’amore proibito per la musica black di un dj radiofonico che vuole cambiare il mondo e di una cantante in cerca della sua grande occasione.
E IL RIVOLUZIONARIO
CARAVAGGIO
Al teatro Mentore di Santa Sofia sabato 25 febbraio Vittorio Sgarbi sarà la voce narrante in Caravaggio. Violino ed elettronica sono di Valentino Corvino, la scenografia video di Tommaso Arosio, regia e luci di Angelo Generali. Il celebre critico d’arte condurrà il pubblico attraverso la vita e la pittura rivoluzionaria di Michelangelo Merisi in uno spettacolo teatrale arricchito da musiche originali.
R&DCULT febbraio 2017
TEATRO
16 Dopo essere stato a Cesena a novembre, Franco Branciaroli torna con il suo Macbeth a Ravenna, all’Alighieri, dal 9 al 12 febbraio. Questa intervista è già comparsa su Palcoscenico, la rivista annuale dedicata alle stagioni nei teatri della provincia di Ravenna,edita da Reclam.
Franco Branciaroli nei panni di Macbeth. Foto di Umberto Favretto
di Matteo Cavezzali
Franco Branciaroli è un attore come non se ne trovano più molti. Lavora sul palcoscenico da quarantasei anni ed ha interpretato tutti i personaggi più importanti del teatro classico. Al centro del suo lavoro c’è la parola. Nella sua lunga carriera ha interpretato molti dei testi di Shakespeare in cosa si distingue Macbeth nel lavoro di attore? «È il più difficile di tutti. Si dice che il Macbeth sia un testo “che porta male”, e molti pensano che si intenda a questioni di cabala o superstizione, ma in realtà il motivo è che mettendo in scena il Macbeth è drammaticamente probabile fare un fiasco. Non c’è nessun attore che è diventato famoso per la sua interpretazione del Macbeth, è un testo con cui si cimentano attori già affermati e spesso ci inciampano. Il grande Ruggero Ruggeri, che aveva interpretato tutti i testi di Shakespeare, abbandonò il Macbeth dopo poche repliche perché disse che era un testo “che non riusciva a sentire”. Credo che alcuni attori del periodo di Shakespeare abbiano messo mano al testo perché è scoordinato e in cui i personaggi non hanno psicologia. Tolstoj diceva «non capisco perché Shakespeare sia considerato un grande, visto che i suoi personaggi mutano improvvisamente senza ragione». Macbeth è questo alla massima potenza». Insomma con questo allestimento si è messo nei guai da solo… «Il Macbeth va fatto. Anche fallire fa parte della sfida del teatrante. È il più affascinante dei testi di Shakespeare e probabilmente il più famoso, grazie anche a molti adattamenti musicali come quello di Verdi, che Amleto non ha avuto. Un attore lo deve fare. Lo avevo già interpretato da giovane, ma questa volta è venuto meglio. È un testo che non si può fare da giovani». Da dove è partito per questa regia del Macbeth? «Non c’è una regia. È fatto alla elisabettiana. C’è solo la recitazione. Non è un adattamento in cui Macbeth va in motocicletta o è un migrante. So che spesso si fa, ma Shakespeare non ha bisogno di aiuti. Queste cose confondono e basta. Se tu aggiungi significati a un testo già così complesso si finisce con non capire nulla». Lei sostiene che il pubblico ha molti stereotipi sulla figura di Macbeth, in che senso? Macbeth non è un uomo assetato di potere. In Scozia l’erede del re non era il figlio, ma il congiunto più valoroso. Quindi il trono spettava a Macbeth che aveva sedato la rivolta. Il re invece nomina erede il figlio, giovanissimo e senza meriti militari. Di fatto è Macbeth che viene usurpato. Macbeth e Lady Macbeth in realtà sono due brave persone, che vengono possedute dagli spiriti. Bisogna credere in queste cose per capire il testo. Gli
L’INTERVISTA
Il Macbeth elisabettiano di Franco Branciaroli adattamento «Nonin ècuiunMacbeth
spiriti trasformano Lady Macbeth in un uomo togliendole il latte dal seno. Macbeth viene così “ripartorito”: è lui il vero non nato da donna… Quando loro ottengono il potere gli spiriti se ne vanno e loro riprendono coscienza di ciò che hanno fatto. Lei si suicida, lui abbraccia il nulla. Non il potere, ma la distruzione di tutto. La battuta che dice è “Sono stanco del sole, vorrei che la struttura del mondo si sgretolasse”. Diventa un super nichilista. “Shakespeare nostro contemporaneo” recita il titolo di un famoso saggio di Jan Kott, cosa rende Macbeth nostro contemporaneo? È il nulla. È proprio questo nichilismo. Macbeth è un uomo che sta
CLASSICI/1
male nel mondo, come lo è anche Romeo. Lo spettatore pensa al Macbeth crudele, cosa che non è, e quindi non si accorge di questo aspetto più profondo. Kott innesta Macbeth sulla filosofia di Heideger, Macbeth si vuole autodistruggere. Io ne ho capito solo metà di quel saggio, ma ho capito dove voleva arrivare: Macbeth è un uomo che vuole distruggersi da solo. Lei ha lavorato con molti dei grandi del ‘900 come Carmelo Bene, Luca Ronconi, Giorgio Strehler, Michelangelo Antonioni, Giovanni Testori. Quale ha segnato di più il suo lavoro di attore? Come lavoro tecnico è stato
va in motocicletta oppure è un migrante: se aggiungi significati a un testo già così complesso si finisce con non capire nulla
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CLASSICI/2
IL BORGHESE GENTILUOMO SECONDO SOLFRIZZI Dal 24 al 26 febbraio il classico di Molière Il borghese gentiluomo interpretato da Emilio Solfrizzi sarà in scena al teatro Rossini di Lugo per la stagione di prosa.
IL PREZZO DI MILLER AL NOVELLI DI RIMINI Dall’11 al 13 febbraio Il prezzo di Arthur Miller, un classico del novecento americano, sarà al Novelli di Rimini. Interpreti principali sono Umberto Orsini e Massimo Popolizio. Il testo analizza con lucidità e amara compassione le conseguenze della crisi del ‘29 e della Depressione.
Il Giulio Cesare di Alex Rigola a Cesena Dal 23 al 26 febbraio al teatro Bonci di Cesena va in scena il Giulio Cesare di William Shakespeare adattato e diretto dal catalano Alex Rigola (fino al 2016 direttore della sezione teatrale della Biennale di Venezia, ora del Teatros del Canal a Madrid) con Michele Riondino nei panni di Marco Antonio e Maria Grazia Mandruzzato a simboleggiare il potere politico di Giulio Cesare.
Ronconi, ma non esiste “il maestro”. Servono persone che ti facciano capire i mezzi che hai. Questo fece con me Ronconi. Il periodo con Testori invece fu un’esperienza rara. Un drammaturgo che scrive per te “ad personam” non capita spesso in Italia. Sono stato molto fortunato e da ognuno di loro ho preso quello che mi serviva». È vero che iniziò a recitare per evitare il servizio militare? «Verissimo! Ai miei tempi c’erano 18 mesi di leva obbligatori. Avevo venti anni! Non so se mi spiego. L’università l’avevo lasciata, ma seppi che c’era una scuola che permetteva di slittare il militare perché equiparata all’Università. Era la scuola di recitazione del Piccolo Teatro di Milano». Come è cambiato il teatro da quando ha iniziato? «Il teatro non è mai cambiato. È sempre lo stesso. Stiamo vivendo una paranoia dove il teatro dei “giovani” - che in realtà hanno ormai cinquanta anni, ma fanno ancora finta di essere giovani - credono di fare teatro senza attori professionisti, ma con attori improvvisati, performer… Pensano che basti salire su un palco e tirarsi giù le mutande per fare teatro. Io sono di una generazione modernista, novecentesca che sprofonda nel testo. Quando dissero a Peter Brook “maestro, c’è questo nuovo autore che scrive dei testi eccezionali, dovrebbe fargli la regia” e lui rispose “sì, ma è bravo quanto Shakespeare?”, e loro “ma no, però…”. “e allora cosa ce ne frega, facciamo Shakespeare”. Il teatro non è sempre grande, ha dei periodi di splendore. Il teatro produce drammaturghi in alcuni periodi, come Eschilo, Sofocle e Euripide poi c’è il periodo di Moliere, Racine, Corneille e il più recente è quello di Beckett, Ionesco e Pirandello. Dopo questa triade qui c’è un periodo di morte del teatro». Quindi la grande drammaturgia è legata a un dato momento e luogo? «Esattamente. Shakespeare si è trovato al posto giusto al momento giusto, se fosse nato in Italia non sarebbe diventato Shakespeare. L’Inghilterra dell’epoca era un paese rozzo, che invidiava l’Italia che era grande per la pittura, la poesia, la musica. In Inghilterra c’era solo il teatro. Il genio di quest uomo si è dovuto applicare all’unica forma artistica che c’era». Che consigli darebbe ai giovani che si avvicinano adesso al teatro? «Di non farlo. Se vogliono fare gli attori per diventare famosi e ricchi gli consiglio di fare telenovelas. Non sto scherzando. Il teatro è un’arte marginale per emarginati. Oggi per fare teatro bisogna essere degli emarginati, come Rimbaud o Baudelaire, bisogna avere la volontà di stare ai margini».
TEATRO
R&DCULT febbraio 2017
17 CONTEMPORANEO Letizia Forever Al Comunale di Predappio il 4 febbraio il Teatrino Controverso con Letizia Forever di Rosario Palazzolo con Salvatore Nocera, pluripremiato spettacolo del 2014
Antologia di S. a Rimini Il progetto Antologia di S., già presentato a Santarcangelo come installazione, diventa uno spettacolo teatrale dove dalla registrazioni si racconta l’intera Santarcangelo Il 24 febbraio agli Atti di Rimini.
La vita agli arresti di Aung San Suu Kyi Dal 28 febbraio al 1 marzo nuove repliche a Ravenna dell’ultimo spettacolo del Teatro delle Albe Vita agli arresti di Aung San Suu Kyi di Marco Martinelli con Ermanna Montanari
Il ballo Al Ridotto del Masini di Faenza, sabato 25 febbraio, in scena Il ballo, uno spettacolo di Daria Paoletta e Francesco Niccoli tratto da Irène Némirovsky.
Amore Mercoledì 1 febbraio la compagnia Scimone/Sframeli sarà di scena al Rasi di Ravenna con Amore, di Spiro Scimone.
Strategie fatali
Mad in Europe
I Il 7 febbraio Marco Foschi, Paolo Mazzarelli, Lino Musella sono in scena al Fabbri di Forlì con Strategie fatali, foto di Marco Parollo
Il gruppo Mad in Europe il 25 febbraio a Gambettola, al teatro Comunale, con lo spettacolo omonimo che si è aggiudicato il premio Scenario 2015. In scena Angela Dematté
IL PREMIO
ORDINE ARCHITETTI RAVENNA
Con la collaborazione di Con il patrocinio di
Comune di Ravenna
Comune di Faenza
Comune di Cervia
Comune di Forlì
Comune di Cesena
A Elena Bucci anche l’Ubu (dopo il Duse) Il prestigioso Premio Ubu 2016 per la migliore attrice è stato assegnato a Elena Bucci, delle Belle Bandiere di Russi (Ravenna), per gli spettacoli La locandiera, La Canzone di Giasone e Medea, Macbeth Duo, Bimba. Inseguendo Laura Betti. L’attrice si era da poco aggiudicata anche il premio Duse 2016.
IL MENTALISTA
Venerdì 24 febbraio
ore 18.30
Presentazione della rassegna di conferenze.
FUORI ABBONAMENTO THE GAME: TORNA
INCONTRI A PIÙ VOCI SULLA PROGETTAZIONE: STORIA, ESTETICA, ESPERIENZE
TESEI
ALL’ALIGHIERI
Il mentalista più noto d’Italia, il forlivese Francesco Tesei, torna al teatro Alighieri di Ravenna con The Game il 6 febbraio alle 21 con uno spettacolo fuori abbonamento.
Confronto fra esperti sul progetto di Legge Regionale sulla tutela e l’uso del territorio. c/o Albergo Cappello via IV Novembre 41 - Ravenna
R&DCULT febbraio 2017
18
CINEMA
CONTROCINEMA
CESENA
Per un sabato d’essai, in centro
La musica sul grande schermo e dal vivo
A Ravenna da Dolan ai fratelli Dardenne, passando per Ford e Mungiu Un fotogramma da Animali notturni
di Albert Bucci*
Per il mese di febbraio, il sabato sera è la serata protagonista al Palazzo del Cinema di Ravenna, con la rassegna Sabati d'Essai e poi con Contaminazioni Femminili, eventi del progetto Ravenna Screen: l'occasione per rivedere nel centro storico della città dei mosaici alcuni grandi film di questi ultimi mesi. Dopo il magnifico biopic Genius sulla vita dell'editor Maxwell Perkins (Colin Firth) del 28 gennaio, il 4 febbraio arriva È solo la fine del mondo dell'enfant terrible canadese Xavier Dolan (Gran Premio della Giuria a Cannes 2016), veemente attacco alla famiglia nelle sue modalità più piccolo-borghesi. Dopo 12 anni, il giovane scrittore Louis ritorna dalla sua famiglia d’origine, ma la parabola del figliol prodigo si trasforma in un sofferto, vitale e sanguinante delirio psicotico che porterà all'inferno ogni possibile relazione umana, in un gioco di melodramma esistenziale tra Fassbinder e Cassavettes. Si prosegue sabato 11 con il Leone d'Argento di Venezia 2016, Animali notturni del regista e stilista americano Tom Ford. Un’affermata gallerista d'arte, che vive un’esistenza patinata ma vuota con un marito che la tradisce, riceve dall'ex-marito, che non vede da 20 anni, il manoscritto di un romanzo appena finito: un violento noir carico di sangue e desolazione, la feroce storia di una vendetta primordiale che si inserisce, come fantasia ironica, nella sua vita. Il 18 febbraio è la volta di un altro vincitore di Cannes 2016, come miglior regia, il rumeno Un padre, una figlia di Cristian Mungiu. Un medico costretto a una grigia esistenza dentro un matrimonio fallito e una città sempre più piccola, spera che la sua giovane e brillante figlia possa finalmente
partire per studiare all’estero e realizzare le sue degne ambizioni. Ma la ragazza è vittima di un’aggressione e tutto il progetto rischia di fallire. I sogni si scontrano con la realtà: e la morale su cui si è costruita un’intera esistenza, vacilla di fronte al cinismo del mondo e a ciò che va fatto in nome del bene. Infine, sabato 25 febbraio il capolavoro La ragazza senza nome dei fratelli Dardenne. Una sera, dopo aver chiuso le pratiche giornaliere, Jenny, una giovane dottoressa medico di base di un quartiere degradato di Liegi, sente suonare alla porta, ma non risponde. Il giorno dopo, una ragazza africana non identificata è stata trovata morta nelle vicinanze. Si tratta di colei a cui Jenny non ha aperto la porta. Sul corpo non sono stati trovati documenti. Da quel momento Jenny, dilaniata dal senso di colpa, cercherà in tutti i modi di sapere qualcosa in più su quella ragazza senza nome, per non farla scomparire per sempre come se non fosse mai vissuta. La colpa è il tema centrale di questa detection neorealista, una colpa che diventa sociale perché è prima di tutto individuale, dove non ha senso parlare della sordità dell'Europa e dei popoli se non si parte dalla dolorosa consapevolezza che già noi, semplici e piccoli esseri umani, siamo sordi alla storia e alle persone che incontriamo – o evitiamo di incontrare. *Albert Bucci (Ravenna, 1968) è direttore artistico del Soundscreen Film Festival e consulente alla selezione del Ravenna Nightmare. È stato docente di Sceneggiatura presso l'Università Iulm di Milano, e produttore esecutivo di spot pubblicitari. In una vita parallela, possiede anche una laurea in Fisica Teorica. (Il suo vero nome è Alberto, ma in effetti è meglio noto come Albert).
RAVENNA
Film “cult” e cena gourmet: la rassegna del Mariani
Un fotogramma de La ragazza del mondo
Torna nel cinema del centro di Ravenna, il Mariani di via Ponte Marino, la formula “2 days cult movie”, cena e cinema a 14 euro ogni lunedì e martedì con menù fisso proposto di volta in volta da I passatelli (sempre all’interno del Mariani Lifestyle) prima del film, con proiezione unica alle 21 e il martedì la presenza in sala di un critico o di un protagonista del film. Il 6 e il 7 febbraio sarà l’occasione di vedere L’amore rubato di Iris Braschi, libertamente ispirato al romanzo di Dacia Maraini. Il 13 e il 14 febbraio il premio Osella per la miglior sceneggiatura del 2011 Alps di Yorgos Lanthimos, mentre il 20 e 21 febbraio La ragazza del mondo (il 21 sarà presente in sala il regista Marco Danieli), chiude invece il celebre Robinù di Michele Santoro, il 27 e 28 febbraio.
Un fotogramma dal film sui Beach Boys
Torna la rassegna tra cinema e musica di Cesena dal 2 febbraio alla multisala Cinema Eliseo di Cesena. Ogni giovedì dalle 19.30 aperitivo nel foyer a cura di Cinecaffè Cesena: in diretta UniRadio Cesena “Across The Radio” con introduzioni di Luigi Bertaccini e a seguire una pellicola per riscoprire sul grande schermo i grandi della musica con interventi musicali dal vivo e a seguire un party. Si comincia con The Beatles: EIGHT DAYS A WEEK, regia di Ron Howard. Con John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e l’intervento musicale di Lorenzo Kruger e Alfredo Nuti Dal Portone. Al termine della proiezione Aftermovie party a La Cantera: dj set ToffoloMuzik: “Searching for the walruses”. Giovedì 9 febbraio sarà la volta di Love and Mercy – The Beach Boys, regia di Bill Pohlad, con John Cusack, Paul Dano, Elizabeth Banks, Paul Giamatti. L’intervento musicale dal vivo sarà di Andrea Cola (Sunday Morning) mentre per l’aftemovie party ci sarà il dj set di Ale Franchini: “Endless summer”. Il 16 febbraio sarà la volta di CBGB - The Story con regia di Randall Miller. Con Alan Rickman, Rupert Grint, Malin Akerman, intervento musicale dal vivo di Dome la Muerte & Band (Not Moving), al termine della proiezione Aftermovie party a La Cantera con il dj set Marco Turci " Too Much Too Soon: from C.B.G.B.'s to Punk Rock”. Martedì 21 febbraio sarà proiettato Gimme Danger – Iggy And The Stooges per la regia di Jim Jarmusch con Iggy Pop, Ron Asheton, Scott Asheton, Dave Alexander, intervento musicale dal vivo di Angela Baraldi e Andrea Ruggiero, al termine della proiezione afterparty a La Cantera, dj set ToffoloMuzik: “The iguana's call”. La rassegna si chiude giovedì 2 marzo con Oasis: supersonic, con la regia di Mat Whitecross. Con Noel Gallagher, Liam Gallagher, Paul Arthurs, l’intervento musicale dal vivo dei Tunguska e al termine della proiezione Aftermovie party a La Cantera: dj set Andrea Guagneli Guagno “The glory years of cool britannia”.
CINEMA
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FAENZA
AGENDA
Il cinema della verità si vede a teatro
PER IL SAFER INTERNET DAY LO AL SAN BIAGIO DI CESENA
AND
BEHOLD
In occasione del Safer Internet Day, martedì 7 febbraio alle 20.30 al cinema San Biagio di Cesena sarà proiettato il documentare di Werner Herzog Lo and Behold - Internet il futuro è oggi. Che cos’è internet oggi? Che ruolo ha nelle nostre vite e come influirà sul nostro futuro? Werner Herzog, con la stessa curiosità e immaginazione allenata ai quattro angoli del globo, dall’Amazzonia al Sahara, dal Polo Sud all’outback australiano, si lancia questa volta nell’esplorazione del mondo digitale contemporaneo, in dieci tappe che analizzano ciascuna una delle numerose facce del web e delle sue meraviglie, tra robotica e hacking, nuovi fenomeni psicologici e dinamiche sociali, rischi e possibilità.
I
GRANDI CLASSICI RESTAURATI A PALAZZO DI MERCATO SARACENO
Ritorna al Ridotto del teatro Masini di Faenza la rassegna “Il Cinema della Verità” che si sviluppa in appuntamenti serali ad ingresso gratuito, programmati da gennaio a maggio (e organizzati dall’amministrazione comunale di Faenza e Accademia Perduta/Romagna Teatri in collaborazione con Cineclub “Il Raggio Verde”, Cinemaincentro, Società Cooperativa di Cultura Popolare, Sunset Studio di Forlì e con associazione D.E-R Documentaristi Emilia-Romagna). Il grande schermo montato nella sala dei Cento Pacifici proietterà, in questa seconda edizione, opere ospitate in importanti festival internazionali, realizzate da giovani o già affermati autori e registi non solo italiani. Dopo Cotignola il paese dei giusti di Nevio Casadio, a febbraio arriva, del regista ucraino Sergei Loznitsa, presentato fuori concorso alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica La Biennale di Venezia 2016, Austerlitz (foto), ispirato all’omonimo romanzo di W.G. Sebald dedicato all’Olocausto. Il film si concentra sui visitatori di questo luogo del ricordo creato sull’area di un precedente campo di concentramento (mercoledì 15 febbraio). A seguire ci saranno poi nei mesi successivi le proiezioni di: Una su Tre di Claudio Bozzatello, documentario che si basa sulle deposizioni di donne che hanno subito violenze dai propri “uomini” (8 marzo); Portami via di Marta Cosentino, un’intima fotografia della metamorfosi nella vita di una famiglia siriana (mercoledì 29 marzo); I Ricordi del Fiume di Gianluca e Massimiliano De Serio, che ritrae gli ultimi mesi del Plaz (12 aprile); ad aprile si vedrà Ridendo e Scherzando di Paola e Silvia Scola che è un inedito ritratto del grande regista Ettore Scola (26 aprile). La rassegna, infine, si concluderà con un docu-thriller L’Uomo che non cambiò la Storia la storia vera di un professore universitario antifascista, Ranuccio Bianchi Bandinelli, che si ritrova a dover fare da cicerone ad Hitler durante la sua visita a Roma nel 1938 (10 maggio).
DOLCINI
Due gli appuntamenti di febbraio a palazzo Dolcini, a Mercato Saraceno, con altrettanti classici restaurati dalla Cineteca di Bologna. Il 13 febbraio alle 21 sarà proiettato il capolavoro di Tod Browning, Freaks, mentre il 27 febbraio, sempre alle 21 sarà la volta di Sherlock Jr e The Kid di Charlie Chaplin e Buster Keaton - versione restaurata dalla Cineteca di Bologna.
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LIBRI
L’INTERVISTA
Graphic journalist per i diritti umani I disegni di Gianluca Costantini sono noti nel mondo, scelti da Amnesty e censurati da Erdogan li e indirizzi censurati». Ci sono altri italiani? «No, ci sono molti profili twitter e il mio blog, con l’immagine per cui mi accusano dal governo (vedi foto, ndr). Dopo il colpo di Stato hanno potuto fare quello che volevano». Da quanto non vai in Turchia? «Io non ci posso più andare. Ci sono andato un anno e mezzo fa e adesso è quasi certo che mi mandino a casa». E per te questo è un punto di onore, no? «Sì, però mi dispiace un po’ perché è il mio posto preferito, dove andavo spesso. Però è vero che questa reazione dimostra che i disegni hanno dato fastidio, hanno funzionato. E non è detto che non succeda altrove, non è che sono molto amato dai sauditi, dagli iraniani o da quei governi lì. Anche in Barhein non credo sarebbero contenti di vedermi arrivare all’areoporto». Però non hai mai avuto probledi Federica Angelini
Quando lo incontriamo nel suo studio, in pieno centro a Ravenna, ha da poco pubblicato due pagine su Il Corriere della Sera per illustrare, con una giornalista, i contenuti del rapporto Oxfam sulla distribuzione della ricchezza nel mondo. «Un fatto raro – ci racconta Gianluca Costantini – per un giornale. Al massimo di solito chiamano per un inserto, nelle pagine del giornale vero e proprio non capita quasi mai». Costantini, classe 1971, ravennate di nascita, è una firma internazionale dell’illustrazione e di quello che si chiama graphic journalism, in prima linea nel denunciare i regimi, nel difendere prigionieri poltici in tutto il mondo con il suo lavoro, ed è anche docente all’Accademia di Belle Arti della città dei mosaici. Cura settimanalmente una rubrica di satira sul settimanale free-press R&D - Ravenna&Dintorni edito da Reclam, ma ha all’attivo collaborazioni con le maggiori testate italiane e non solo e numerosi libri. L’ultimo è la raccolta di una serie di ritratti di poeti. Cominciamo da qui, dal tuo ultimo libro, Le cicatrici tra i miei denti... «Sì, è nato da Nazin Hikmet, un poeta che viveva sulla propria pelle la lotta e l’arte. Poi ho cominciato a disegnare alcuni di questi cosiddetti rivoluzionari romantici e poetici. E mi è sempre più sembrato che dessero vita a un’unica grande storia. Ho cominciato dal ’700 e ne è venuta fuori una mappatura dei poeti e non solo, perché c’è qualche musicista, e c’è Che Guevara, un rivoluzionario “puro”, che però scriveva». E tutti sono uniti da questa idea della militanza... «Sì, c’è chi l’ha vissuta più personalmente, ci sono poeti che sono stati
perseguitati e incarcerati, come quelli del Nordafrica, e poi ci sono quelli più celebrati come gli americani, che non hanno fatto una vera rivoluzione ma hanno portato avanti idee politiche, penso alla Beat Generation, a gente come Ginsberg che scendeva in piazza contro la guerra. E ho trovato un editore eroico, Nda Press, riminese, che ha voluto pubblicarlo». La militanza è anche un tratto del tuo lavoro che sembra sempre più preponderante, negli anni. «Sì, è nata nel 2004 quando poi ho iniziato a disegnare anche su R&D e ho cambiato modo di disegnare. Prima facevo più inchieste storiche, da allora invece ho iniziato a occuparmi sempre di più di diritti umani. Avevo bisogno di fare qualcosa di più». Essere artista quindi non ti bastava e non ti basta? «È un po’ noioso, per me. Soprattutto per i tempi che viviamo, trovo poco utile fare l’artista da mostra in galleria. E anche il libro dei poeti è una ricerca che fa capire che è sempre stato così, non è che gli artisti sono sempre stati quelli dentro ai musei. Sono quelli che stanno in mezzo a tutti gli altri. Quando poi ho cominciato a pubblicare disegni on line, e poi con l’arrivo dei social network, si è ampliato ancora di più il potere di utilizzare l’arte per la denuncia». Tu usi Twitter, dove sei seguito da 56mila persone, perché non Facebook? «Facebook non è adatto alle battaglie politiche quanto lo è Twitter dove sono effettivamente seguito e alcuni miei disegni sono stati twittati più volte arrivando anche a 300mila visualizzazioni...». Una popolarità che ti è costata anche la censura in Turchia la scorsa estate. Cosa è sucesso
A sinistra: il ritratto di Erdogan censurato dal governo turco; in alto a sinistra una delle immagini del progetto su Aleppo; in alto a destra Gianluca Costantini con l’artista Ai Weiwei
esattamente? «Sulla Turchia lavoro da quando c’è stata #OccupyGezi e ho seguito la questione del sud con i curdi dopo che è iniziata la guerra in Siria. Da quando Erdogan ha iniziato a voler cambiare la Costituzione, non l’ho mai mollato. E pochi giorni dopo il fallito colpo di stato, la scorsa estate, il governo mi ha denunciato. Alcuni miei contatti turchi hanno iniziato a dirmi che non si vedva più il mio blog e compariva un messaggio che diceva che era stato chiuso dal governo. Sono in una lista di trentasette profi-
mi, Erdogan a parte? «No, perché vivo in un altro paese. Mentre i disegnatori turchi ne hanno avuti moltissimi e alcuni di loro adesso sono in carcere, per non parlare di quelli di altri Paesi. I disegnatori sono sempre il nemico numero uno dei regimi». Perché? Secondo te il disegno arriva là dove altre forme espressive non arrivano nella comunicazione? «Di certo arriva molto velocemente. Non c’è nemmeno bisogno di saper leggere per capirlo. Il disegno dà
più fastidio di altre forme d’arte, da sempre, per la sua immediatezza. In Russia è vietato disegnare Putin. Anche perché noi parliamo tanto della Turchia, ma ci sono posti anche peggiori... Penso alla Cina, a tanti stati africani, o sauditi. Del resto la Turchia esce da un colpo di Stato, cosa credi che avrebbero fatto gli italiani al loro posto? O se avessere vinto gli altri?». Ma c’è un modello di tutela dei diritti umani? Noi siamo un modello? Gli Usa? «No, gli Usa proprio no, poi chissà adesso cosa faranno. Noi non siamo il modello di niente, non facciamo parte dei peggiori, ma sono davvero pochi i governi buoni». Tu però di Italia ne disegni assai poca... «È vero, a parte Ravenna... La verità è che ormai so più di altri paesi che d’Italia, ogni tanto mi capita di fare qualcosa per Internazionale, ma non è la norma...» Come trovi i tuoi soggetti? Mi dicevi che ti arrivano anche sollecitazioni a volte... «Sì, è una cosa che mi dà molta soddisfazione. Mi capita che mi scrivano parenti di persone in carcere per chiedere di disegnare per loro, per denunciare l’arresto di un loro caro, o che mi scrivano per ringraziare». Come dicevi, scegli spesso mondi lontani da qui, zone di frontiera. Come vedi il successo commerciale di un Kobane Calling di Zerocalcare? «Ne ho letto dieci pagine e ho mollato: troppo leggere, troppo facili, non mi interessa, non mi piace molto il suo modo di disegnare. Che sia utile, che abbia fatto arrivare a molti questi argomenti può essere, ha fatto leggere le probablatiche curde a tante persone, che però non so se l’abbiano fatto per quel motivo o più perché fa ridere». Chi leggi e chi segui? «Altri disegnatori che fanno cose on line che mi interessano molto. C’è per esempio Carlos Latuff che è stato anche nostro ospite (al festival Komikazen, ndr), e poi c’è Khalid Albaih, ma anche artisti di altre arti, non solo fumettisti». Charlie Hebdo è di nuovo al centro della polemica, dopo Amatrice, con la vignetta sulla tragedia della neve nel centro Italia. Eppure due anni fa dopo l’attentato eravamo tutti
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21 RAVENNA “Charlie”. Cosa ne pensi? Ed è cambiato qualcosa per i disegnatori dopo quella strage a Parigi? «No, magari alcuni disegnatori hanno più timori, ma quello fu un attacco alla libertà di espressione nella sua totalità. Io sono sempre dalla loro parte, anche su Amatrice, anche adesso. Loro sono sempre stato contro tutto e tutti. Erano un simbolo e sono stati colpiti solo per quello dai fratelli Kouachi». Ma esiste un problema con l’Islam per i disegnatori? «Sì, esiste. Esiste per la verità anche con altre religioni, penso alla Russia con l’ortodossia. Ma di certo è un
reso conto che la gente non capisce bene cosa facesse Wikileaks e lui non è un personaggio amato come Snowden, anche per le false accuse di stupro che gli hanno montato contro in Svezia...». Stai lavorando a un nuovo libro? «Sì, una raccolta di storie di graphic journalism, ma è difficile fare un libro che non sia una storia unica, un po’ come succede nei racconti». Una definizione di graphic journalism facile facile? «Giornalismo disegnato, a fumetti. In Italia è ancora spesso considerato una cosa accessoria dai grandi giornali. L’unica eccezione è stata Pagina 99 finché c’è stato Luigi Spinola, con cui ho lavorato». Libri, giornali e poi la rete. Che rapporto hai con il diritto d’autore? «Le cose che metto in rete sono fatte per essere libere, purché non le vada a prendere senza nemmeno chiederlo qualcuno come Repubblica o il Corriere (è successo in entrambi i casi con Regeni e Charlie Hebdo, ndr), cioé qualcuno che ha un ricavo dalla vendita del suo prodotto. La proprietà artistica infatti resta anche senza la Siae. Ma se lo utilizza un’associazione che si occupa di quel tema o un gruppo di attivisti allora non c’è problema, sono fatte apposta». Uno dei tuoi ultimi lavori più toccanti è stato quello sulla Siria... «È piaciuto molto e l’ha utilizzato anche Amnesty International e per me ovviamente non c’è alcun problema, anzi, mi fa piacere».
«Mi scrivono parenti
di persone in carcere per motivi politici per chiedermi di disegnare per loro
»
argomento sensibile che rischia di offendere le persone». È un problema che ti poni? «Io non offendo quasi mai, a parte i ravennati e a parte Erdogan. Ma in generale io difendo anche i terroristi, per cui non chiedo certo la pena di morte. Ho fatto dei disegni per Saddam, per farti un esempio. Le persone sono persone. Ho fatto un fumetto sui fratelli Kouachi uscito sul Courrier International in Francia in cui non prendo una posizione, racconto le loro vite fino all’attentato». All’attivo hai anche molti libri, tra cui una storia di Assange uscita prima di film, documentari o romanzi... «Sì, è un libro del 2011 che sono contento di aver fatto anche se non è andato bene come gli altri. Mi sono
Al Tempo ritrovato anche Tahar Ben Jelloun con Il terrorismo spiegato ai nostri figli Il Tempo Ritrovato incontra Scritture di Frontiera per un febbraio intenso di iniziative curate da Matteo Cavezzali. Mercoledì 1 febbraio a Palazzo Rasponi il giornalista sportivo e sociale, critico feroce dei mali dei nostri giorni, Oliviero Beha guiderà alla sopravvivenza pratica e intellettuale nella giungla del presente in cui è difficile essere giovani con Mio nipote nella giungla (Chiarelettere). Lunedì 6 febbraio Stefano Liberti parlerà de I signori del cibo (Minimumfax): «Da dove viene ciò che mangiamo? Una strepitosa inchiesta giornalistica alla scoperta dei meccanismi del sistema alimentare fatto di grandi interessi, che spesso non corrispondono ai nostri». Giovedì 9 febbraio sarà la volta di Scrittura di Frontiera con l’autore e musicista franco-ruandese premio Goncourt giovani Gael Faye che in Piccolo paese (Bompiani) racconta la storia della sua vita tra le guerra civile in Rwanda e le banlieue parigine. Giovedì 16 febbraio il più importante scrittore nordafricano, Tahar Ben Jelloun (nella foto), sarà a Ravenna per tenere l’incontro Il terrorismo spiegato ai nostri figli (La Nave di Teseo). Per la prima volta in Italia Jelloun parlerà di terrorismo la mattina con i ragazzi delle scuole e il pomeriggio alle 18 a Palazzo dei Congressi in un incontro gratuito aperto al pubblico. Mercoledì 22 febbraio si torna a Palazzo Rasponi con il giallista Carlo Lucarelli e il suo Intrigo Italiano (Einaudi). Info: www.iltemporitrovatoravenna.it
VERUCCHIO MARIA PAIATO
LEGGE
FLAIANO
AL TEATRO
PAZZINI
“Una e una notte” è i ll titolo dello spettacolo teatrale che il 4 febbraio si tiene al teatro Pazzini di Verucchio con Maria Paiato che legge Ennio Flaiano (ingresso intero: 15 euro).
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L’INTERVISTA
Miro Gori, poeta, ex sindaco e seminatore di dubbi Di poesia, cinema, identità romgnola tra Pascoli e Fellini: a colloquio con uno dei grandi cantori della Romagna di Matteo Cavezzali
Poeta e politico, cinefilo e filosofo. Gianfranco Miro Gori è un personaggio che sfugge agli schemi, vulcanico agitatore culturale e prolifico cantore della romagnolità dalla sua San Mauro Pascoli. Che cos’è per lei l’identità di un territorio? «L’identità tradizionale non deve essere un modo per guardare indietro, ma per vedere avanti. Non significa guardare la base del campanile, ma la sua cima». Lei è anche autore di una rubrica sul “lessico sanmaurese”, cos’è? Come si parla a San Mauro Pascoli? «A San Mauro ci sono due cose: le scarpe e la poesia diffusa. Lo aveva però già detto Pascoli nel 1911. Così scrivo questa rubrica per San Mauro Pascoli News, da cui ho tratto anche un libro: Il nostro paese, minilessico illustrato della sammauresità». Secondo lei si ha memoria dei grandi artisti romagnoli come Pascoli e Fellini, o ce li stiamo dimenticando? «Credo che Pascoli sia il fondatore della romagnolità e Fellini ne sia stato il grande divulgatore Urbi et Orbi. Io mi sono imbattuto in loro per motivi biografici visto che sono di San Mauro, come Pascoli, e ho lavorato alla cinete-
BIO/BIBLIOGRAFIA SAGGISTA, FONDATORE DELLA CINETECA, PRESIDENTE DI SANMAUROINDUSTRIA Classe 1951, Gianfranco Miro Gori ha fondato la Cineteca del Comune di Rimini nel 1986, dirigendola fino al 2012. Tra i primi a dedicarsi in Italia ai rapporti tra cinema e storia, si è occupato del regista Federico Fellini, dello sceneggiatore e poeta dialettale Tonino Guerra, del musicista Secondo Casadei e del poeta Giovanni Pascoli. Dal 2004 al 2014 è stato sindaco di San Mauro Pascoli. Tra le sue pubblicazioni un romanzo Senza Movente e quattro raccolte di poesie in dialetto (Strafócc, Chiamami Città, Rimini, 1995; Gnént, Pazzini, Verucchio, 1998; Cantèdi, Mobydick, Faenza, 2008; E cino, la gran bòta, la s-ciuptèda, Fara, Rimini, 2014). Tra i saggi più recenti, entrambi per Il ponte vecchio: Il ritorno annunciato. Pascoli e San Mauro: poesia fatti persone luoghi, con Rosita Boschetti e Piero Maroni (2015) e Le radici di Fellini. Romagnolo del mondo (2016). Miro Gori è presidente di Sanmauroindustria associazione che organizza anche l’iniziativa culturale del 10 agosto a San Mauro Pascoli in cui ogni anno viene “processato” un personaggio storico, un periodo, un evento.
ca di Rimini, città di Fellini. Credo siano due figure che destano ancora molto interesse. Sono due personaggi nati in provincia, ma che non sono affatto provinciali! Sono romagnoli che non parlano solo a noi romagnoli, ma al mondo intero. Romagna di Pascoli
LUGO
La scuola secondo Benedetta Tobagi e i libertini di Benedetta Craveri Tra gli incontri del Caffè Letterario di Lugo (programma completo su caffeletterariolugo.blogspot.it) venerdì 17 febbraio, alle 21 al Salone Estense della Rocca di Lugo sarà ospite Benedetta Tobagi (nella foto) con il La scuola salvata dai bambini (Milano, Rizzoli, 2016) in cui l’autrice racconta le piccole e grandi gesta degli allievi e dei loro maestri che sanno come “accompagnarli senza imbrigliarli, senza condizionarli, senza togliere dalle loro ali di farfalla la polvere sottile che consente di prendere il volo”. Lunedì 20 febbraio, sempre alle 21 ma all’hotel Ala d'Oro sarà invece la volta di Benedetta Craveri con Gli ultimi libertini (Milano, Adelphi, 2016) in cui si racconta di come sfruttando le qualità migliori della loro casta – «la fierezza, il coraggio, l'eleganza dei modi, la cultura, lo spirito, il talento di rendersi gradevoli» –, il duca di Lauzun, il conte e il visconte di Ségur, il duca di Brissac, i conti di Narbonne e di Vaudreuil e il cavaliere di Boufflers non furono soltanto maestri nell'arte di sedurre, ma da veri figli dei Lumi ambirono ad avere un ruolo nei grandi cambiamenti che si preparavano.
Gianfranco Miro Gori
e Amarcord di Fellini, assieme - a livello più popolare - a Romagna Mia di Casadei sono i capisaldi dell’immaginario romagnolo. Questi artisti hanno inventato la nostra tradizione. Pascoli diceva che “fare letteratura significa intrecciare i ricordi” e proprio di ricordi si nutre la sua poesia, come il cinema di Fellini». Si fa abbastanza oggi per ricordare queste radici? «Non c’è un fervore eccezionale, ma ci sono persone che organizzano iniziative interessanti. Non dobbiamo ricordarli per dire “guardate noi romagnoli come siamo bravi”, ma prenderli ad esempio per capire come la nostra terra possa parlare molto al di là dei confini territoriali». I giovani conoscono ancora Fellini? «Dall’ultimo film di Fellini sono trascorsi più di venticinque anni. Il cinema e il modo di fruirlo sono molto cambiati. Inoltre le occasioni di vederlo al cinema o in televisione non sono tantissime, ma è un problema che va oltre a Fellini, ma è legato alla conoscenza della storia del cinema, che è un’arte dimenticata. Ad esempio è ancora meno conosciuto Rossellini che ha fatto due film come Roma città aperta e Paisà che sono la storia della nostra nazione. Il problema è che nella scuola gli audiovisivi non vengono considerati materia di studio, come la letteratura o la matematica, mentre hanno una importanza fondamentale nella nostra cultura». Lei però sta facendo la sua parte in quest’’opera di divulgazione...
«Sto andando in giro a presentare il mio libro Le radici di Fellini romagnolo del mondo (Il Ponte Vecchio) e ho altri progetti. Sto scrivendo alcuni monologhi dedicati all’omicidio di Ruggero Pascoli, il padre del poeta Giovanni Pascoli per il 150 esimo anniversario della sua uccisione. Nello spettacolo una medium rievoca i protagonisti della vicenda: l’assassinato, il presunto killer, la vedova, e i figli Giacomo e Margherita e alla fine il presunto mandante. Sarà scritto in endecasillabi e verrà messo in scena con alcuni attori e un piccolo coro». Vede oggi eredi di questi grandi artisti che ha citato? «Al livello di Pascoli e Fellini non ne vedo, però ci sono bravissimi artisti. Oggi in Romagna credo che gli ambiti in cui c’è maggior produzione culturale siano la poesia, con autori come Giovanni Nadiani, recentemente scomparso, Claudio Spadoni o Giuseppe Bellosi e il teatro». Lei ha ricoperto ruoli politici, come si combina la poesia con il potere? «Ho sempre pensato che la teoria vada sposata con la pratica. Credo ad esempio che la miglior critica cinematografica sia quella che organizza rassegne, retrospettive, festival, promuove la creazione di film, non quella che scrive o studia in solitudine. Da questo punto di vista la mia attività di assessore e poi di sindaco è stata il prolungamento di questo pensiero. Certo per fare il sindaco non ci si può occupare solo di cultura, ci sono mole altre cose di cui preoccuparsi, come le buche nelle strade o sistemare un parco, ma tutto parte da una visione che si ha della città». Ci sono oggi sindaci poeti? «Mi vuoi mettere nei guai? Diciamo che ci sono alcuni che hanno creatività, altri meno… Per fare il sindaco ci vuole un progetto. Come con tutto… Ci riesci? Non ci riesci? Questo dipende dalla situazione oggettiva, in parte dal caso, ma l’importante è inseguire il progetto che ci si è prefissati». Quando si è ritirato dalla politica ha detto che avrebbe fatto il “Consulente filosofico”. Che consiglio filosofico darebbe a chi si occupa di cultura? «La funzione di chi si occupa di cultura è porre delle domande, creare dei dubbi. Anche organizzando iniziative ed eventi. Sono esterrefatto dalla rapidità eccezionale che ha preso oggi la facilità di sparare giudizi e di avere certezze inappellabili. L’approccio filosofico alla vita è invece essere seminatori di dubbi».
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CESENATICO/1 GUIDO CATALANO TOUR AL TEATRO COMUNALE Sabato 18 febbraio il teatro comunale di Cesenatico ospita una tappa del nuovo tour di Guido Catalano, il poeta e amato autore di versi tra l’ironico e il divertente, tratto dall’ultimo libro di poesie Ogni Volta Che Mi Baci Muore Un Nazista (Biglietti su prenotazione: associazione Mikra, 349 5384058).
CESENATICO/2 STAND-UP PHILOSOPHY TRA SATIRA E FILOSOFIA
Quattro incontri all’Ex Lavatoio Le domeniche di febbraio sono dedicate alla letteratura, nella sala dell’ex Lavatoio di Morciano con altrettanti incontri organizzati da Emiliano Visconti. Tutti hanno inizio alle 17. Si comincia il 5 febbraio con Paolo Nori e la sua ultima fatica Undici treni, uscita per Marcos y Marcos, con il suo personalissimo stile di scrittura impregnata di oralità. Il 12 febbraio si parla di Turchia e Armenia con Antonia Arslan, mentre il 19 febbraio sarà la volta della bolognese Grazia Verasani e il suo Lettera a Dina dedicato al tema dell’amicizia al femminile. Chiude la rassegna il premio Campiello 2014 Giorgio Fontana con Un solo paradiso.
ConSonanti è una rassegna in cui Roberto Mercadini ospita sul palco del Teatro Comunale di Cesenatico altri artisti, attori, poeti, filosofi e che l’11 febbraio alle 21 vedrà protagonista Riccardo dal Ferro (Rck DuFer), noto youtuber italiano e docente di scrittura creativa, che interpreta il suo Stand-up Philosophy! monologo teatrale che mette insieme satira e filosofia.
CESENA
PREDAPPIO
Alla Malatestiana si parla di dignità con l’ex ministro Giovanni Maria Flick
UNO SPETTACOLO DEDICATO A PIER PAOLO PASOLINI
Due gli appuntamenti da non perdere alla biblioteca Malatestiana di Cesena a febbraio: venerdì 17 alle 17 in Aula Magna il giurista e accademico, ex ministro e presidente emerito della Corte Costituzionale, Giovanni Maria Flick esporrà un “Elogio della Dignità” per il ciclo “Parole chiave”. Mentre il 19 febbraio sempre alle 17 in aula magna un nuovo appuntamento in “compagnia del dialetto”con l'associazione culturale "Te ad chi sit è fiòl" che lavora per non perdere le radici del dialetto cesenate cercando di proporre sempre appuntamenti che valorizzino la lingua locale: ospite sarà Agostino Lugaresi (Cesena) con letture di Maurizio Cirioni e Francesco Gobbi e commento critico di Marco Magalotti per un omaggio a Giovanni Nadiani.
Il 25 febbraio alle 21 al teatro Comunale di Predappio va in scena uno spettacolo tra prosa, video e letteratura dedicato a Pier Paolo Pasolini e firmato dal Teatro delle Fochette con la regia di Massimiliano Bolcioni dal titolo Pasolini 41, partitura per Attori, Musicisti e Immagini Sonore, parole suoni immagini “prese a prestito” da lettere,canzoni, poesie, articoli di giornale sceneggiature. Info e biglietti: 0543 1713530.
Struttura con 2000 mq di giardino Arredo lussuoso Parti comuni video sorvegliate Personale qualificato Struttura autorizzata dall'Ausl Via Reale n.303 - Alfonsine (Ra) - Tel. 0545 869706
www.villareale303.com
villareale303@libero.it
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LIBRI
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Da sinistra: la sala dell’unicità di Dio; la sala dedicata all’Ebraismo; la sala dedicata al Cristianesimo; la sala dedicata all’Islam
BERTINORO
Un museo interreligioso su ciò che unisce Ospitato nella cisterna del ‘500 e nelle segrete della rocca, il nuovo allestimento del 2015 è molto incentrato sul monoteismo di Elettra Stamboulis
Siamo tutti pronipoti di Mosè. E forse più che delle differenze, sarebbe il caso di tornare a parlare di analogie, luoghi e valori comuni, percorsi fatti insieme. Il Museo interreligioso di Bertinoro ci invita nel suo nuovo allestimento, rivisitato nel 2015 al cui centro c'è l'esperienza del monoteismo, a riflettere su ciò che ci unisce, piuttosto che su quello che divide. Il monoteismo inteso nelle sue tre espressioni: l’ebraismo, il capostipite, il cristianesimo, ovvero il figlio che vuole essere padre e che si emancipa, ma senza un interesse alle sue numerose accezioni, l’Islam, come nipote tardivo, ma non per questo meno vicino. Il termine interreligioso è proprio la chiave di volta di questo particolare luogo, ospitato nella cisterna del '500 e nelle segrete medioevali della Rocca non lontana da Cesena. Un luogo inusuale: non è un museo di Storia delle religioni, non è neanche un museo che nasce da una collezione di oggetti sacri, da una esperienza in qualche modo della tradizione. È invece una scommessa innanzitutto del mondo accademico. L'idea nacque nel 1995 da un accordo tra atenei: Bologna, Thessaloniki, Tunisi, Ankara, Heidelberg, Gerusalemme, la Pontificia Università Gregoriana e l’Università Pontificia Antonianum. Era l'epoca, che sembra ormai lontana, in cui uno dei leit motiv era ricreare un asse del Mediterraneo, favorire il dialogo e la collaborazione sul bacino del Mar Bianco, come viene chiamato dagli arabi e dai turchi. Ovviamente ci fu anche un sostegno politico importante, in particolare del senatore della Dc Leonardo Melandri, a cui ora il Museo dedica un premio. Poi ci furono i tempi per fare maturare idea, luogo, progetto, e nel 2004 aprì i battenti. Ora, in tempi sicuramente cambiati per la percezione della questione della fede, tempi in cui convivono due Papi, per dire, questo luogo è sicuramente cruciale come contesto di riflessione, come accesso alle
questioni nodali. Quesiti e risposte che si incrociano e che allo stesso tempo dividono, ahimè, gli uomini e le donne di fedi diverse. Serigne Mbacké, un cosiddetto marabutto, della confraternita sufi senegalese dei Murid, ha vinto il premio nel 2012 e dell'esperienza del museo ha detto: «Durante i miei numerosi viaggi in tutto il mondo, come musulmano ho camminato sulle orme dell’ebreo e del cristiano, alzando la bandiera della condivisione, ma in nessun altro luogo ho trovato tante testimonianze artistiche che ripercorrono, nei tempi e in un pic-
colo spazio, l’incrollabile volontà degli uomini di vivere un destino comune». E destino comune è sicuramente la traccia che ha seguito chi ha pensato questo originale percorso espositivo, che si apre sulla ricostruzione del Sancta Sanctorum, in cui si può vedere una copia dell’arca dell'allenza e sentire l'odore dell'incenso, in un'esperienza multisensoriale che permette, attraverso gli approfondimenti multimediali, di chiarire dubbi e fugare paure e pregiudizi. Oltre alle ricostruzioni della sezione “Radici storiche”, c'è la parte “Monographica”, in cui dalle origini
comuni si passa agli elementi che costituiscono l'ideantità di ciascuna comunità. È sicuramente la parte più interessante dal punto di vista artistico, con l'acquaforte di Rembrandt e il Sarcofago dogmatico, un interessante sepolcro dell'epoca costantiniana, che mette su pietra i dettami del dogma di Nicea. Questa cassa in pietra calcarea, divoratrice di cadaveri (è il significato etimologico della parola sarcofago...) ci racconta dell'inizio del cristianesim, di come nasca la Chiesa con una guida non più fatta di elementi singoli, comunità a volte poco accettate o addirittura
perseguitate, ma come una religione che si struttura su regole gerarchiche, su interpretazioni non più discutibili. E infine la sezione Monoteismo in cui, attraverso la ricostruzione delle figure di Mosè, Gesù e Maometto gli allestitori si pongono l'obiettivo di “affrontare la questione della presenza di Dio nella storia”. Un quesito hegeliano direi... Certo, per noi agnostici, atei e miscredenti, lo spazio sembra limitato: la parola Verità coniugata a quella di esperienza siedono vicine in questo luogo. E certo per chi non ha mai trovato risposte in un percorso di tipo religioso l'eco di questo museo può apparire flebile. Forse che non credere al politeismo egizio rende meno coinvolgente una visita al Museo di Torino? È proprio nella conoscenza e nell'incontro che si fonda il principio del relativismo, che non significa rinuncia alla conoscenza dell'altro. Paul Veyne sosteneva “che il mestiere dello storico consiste nel dare alla società in cui vive il senso della relatività dei suoi valori”. Per un occhio non legato a nessuna della fedi monoteistiche di cui si sperimentano visioni, testi, simboli, questo è il risultato primario. Ma ancor più interessante è forse l'esito per chi pensa di conoscere la propria fede, dimenticando le altre. In tempi di oscurantismo e propaganda violenta, in cui il massimo che si può auspicare è il buon senso, bisogna ritornare alla profonda conoscenza che può essere uno schermo protettivo verso le derive fondamentalistiche di ogni genere. Far conoscere le storie, le esperienze, i contesti religiosi che hanno determinato la storia di questa Europa zoppa e di questo Mediterraneo al cui centro oggi c'è un muro, potrebbe senz'altro contribuire a togliere qualche muro dentro di noi. Museo Interreligioso di Bertinoro Via Frangipane, 6 47032 Bertinoro Tel. 0543 446598; e-mail: musint.bertinoro@gmail.com Da martedì a domenica: 10-13 e 14:30-17:30. Lunedì: Chiuso.
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MUSEI SAN DOMENICO
A Forlì vernice per l’Art déco all’italiana
Mentre a Ravenna, conclusa l’epoca della direzione artistica di Claudio Spadoni, si attende di conoscere la futura sorte del Mar, ai musei di San Domenico a Forlì sta per inaugurare, l’11 febbraio, un’altra grande mostra destinata a richiamare visitatori e a far parlare di sé da qui a giugno. Il tema scelto quet’anno è infatti la produzione artistica italiana ed europea negli anni Venti e si intitola appunto Art Déco Gli anni ruggenti in Italia. Il successo di questo momento del gusto va riconosciuto nella ricerca del lusso e di una piacevolezza del vivere, tanto più intensi quanto effimeri, A sinistra, Gio Ponti messa in campo dalla borghesia Mano della fattucchiera europea dopo la dissoluzione, nella 1930-1935, porcellana Grande guerra, degli ultimi miti Sesto Fiorentino, ottocenteschi. Dieci anni sfrenati, Museo Richard-Ginori “ruggenti” come si disse, della grandella Manifattura di Doccia de borghesia internazionale, mentre la storia disegnava, tra guerra, rivoA destra: Mario luzioni e inflazione, l’orizzonte cupo Cavaglieri, Piccola russa, 1919-20, olio su dei totalitarismi. La relazione con il tela. Collezione privata. Liberty, a cui era dedicata la mostra del 2014 ai Musei San Domenico, che lo precede cronologicamente, fu dapprima di continuità, poi di superamento, fino alla contrapposizione. La differenza tra l’idealismo dell’Art Nouveau e il razionalismo del Déco appare sostanziale. L'idea stessa di modernità, la produzione industriale dell’oggetto artistico, il concetto di bellezza nella quotidiadelle biennali internazionali di arti NFO UTILI nità mutano radidecorative di Monza oltre dell’expo calmente: con il di Parigi 1925 e 1930 e di DALL’11 FEBBRAIO AL 18 GIUGNO superamento Barcellona 1929. Il fenomeno Déco Informazioni e prenotazioni: tel. 199.15.11.34, artdeco@civita.it e www.mostradecoforli.it. Orario Call Center: dal della linea flessuoattraversò con una forza dirompenlunedì al venerdì: 9-18, sabato: 9-12, chiuso nei festivi; orario di visita da martedì a venerdì: 9.30-19; sabato, sa e asimmetrica te il decennio 1919-1929 con arredomenica, giorni festivi: 9.30-20. La biglietteria chiude un’ora prima. Lunedì chiuso, tranne 17 e 24 aprile e 1 maglegata a una condi, ceramiche, vetri, metalli lavorati, gio. La visita è regolamentata da un sistema di fasce orarie. La prenotazione è obbligatoria per gruppi e scuole cezione simbolista tessuti, bronzi, stucchi, gioielli, ed è consigliata per i singoli. Intero 12 euro, ridotto 10 euro. nasce un nuovo argenti, abiti impersonando il vigore linguaggio artistidell'alta produzione artigianale e co. La spinta vitalistica delle avanguardie storiche, la rivoluzione industriale sostituiscono al mito della natura, lo spirito della macchina, le geometrie degli ingranaggi, le forme prismatiche dei gratVia Baldini, 22 taceli, le luci artificiali della città. Nell’ambito di una riscoperta CESENATICO recente della cultura e dell’arte negli anni Venti e, segnatamente, di quel Via dei Gemelli, 4 particolare gusto definito “Stile CERVIA 1925”, dall’anno dell’Esposizione PERSONALITÀ universale di Parigi dedicata alle VIVACI CONTRASTI Via de Gasperi, 37 Arts Décoratifs, da cui la fortunata formula Art Déco, che ne sancì STILE RAVENNA morfologie e modelli, nasce l’idea di CREATIVITÀ questa mostra. Il gusto Déco fu lo SEMPLICITÀ stile delle sale cinematografiche, delle stazioni ferroviarie, dei teatri, dei transatlantici, dei palazzi pubbliUn total look pieno di colore, ci, delle grandi residenze borghesi: si che con un piccolo tocco trattò, soprattutto, di un formulario personale è capace stilistico che ha influenzato a livelli di suscitare emozione diversi tutta la produzione di arti decorative, dagli arredi alle ceramianche a che, dai vetri ai ferri battuti, dall'oreficeria ai tessuti alla moda negli anni Venti e nei primissimi anni Trenta, così come la forma delle automobili, la cartellonistica pubblicitaria, la scultura e la pittura in funzione decorativa. La mostra allestita a Forlì e curata da Valerio Terraioli (comitato scientifico presieduto da Antonio Paolucci) ha una declinazione soprattutto italiana, dando ragione
Una mostra che mette in luce qualità e originalità delle arti decorative moderne negli anni Venti
I
San Valentino
proto industriale e contribuendo alla nascita del design e del “Made in Italy”. La richiesta di un mercato sempre più assetato di novità, ma allo stesso tempo nostalgico della tradizione dell'artigianato artistico italiano, aveva fatto esplodere negli anni Venti una produzione straordinaria di oggetti e di forme decorative: dagli impianti di illuminazione di Martinuzzi, di Venini e della Fontana Arte di Pietro Chiesa, alle ceramiche di Gio Ponti, Andlovitz, dalle sculture di Wildt, Martini e Andreotti, alle statuine Lenci o alle originalissime sculture di Tofanari, dalle bizantine oreficerie di Ravasco agli argenti dei Finzi, dagli arredi di Buzzi, Ponti, Lancia, Portaluppi alle sete preziose di Ravasi, Ratti e Fortuny, come agli arazzi in panno di Depero. Non si è mai allestita in Italia una mostra completa dedicata a questo variegato mondo di invenzioni. Obiettivo dell’esposizione è mostrare il livello qualitativo, l'originalità e l'importanza che le arti decorative moderne hanno avuto nella cultura artistica italiana connotando profondamente i caratteri del Déco anche in relazione alle architetture e alle arti figurative: la grande pittura e la grande scultura. Sono qui essenziali i racconti delle opere di Galileo Chini, pittore e ceramista, affiancato da grandi maestri, come Zecchin e Andlovitz, che guardarono a Klimt e alla Secessione viennese; le invenzioni del secondo futurismo di Depero, Balla e Mazzotti; i dipinti, tra gli altri, di Severini, Casorati, Martini, Cagnaccio di San Pietro, Bocchi, Bonazza, Bucci, Marchig, Oppi, Metlicovitz..
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L’EVENTO
Dentro l’atelier dei fratelli Turroni Nuovo appuntamento di Cristallino, festival divenuto itinerante alla terza edizione di Sabina Ghinassi
Continua la serie di appuntamenti della Terza edizione di Cristallino, il Festival di arti visive multidisciplinare, progettato dall’associazione Calligraphie di Cesena e coordinato dalla critica e curatrice Roberta Bertozzi. Quest’anno Cristallino si è spostato dal Musas di Santarcangelo e si è fatto nomadico, continuando tuttavia a seguire il pensiero espresso nel suo manifesto di intenti: «Cristallino è l’ipotesi di un luogo. Un luogo qualificato dal costruirsi provvisorio di una comunità, nel senso più arcaico del termine: koiné, un insieme di persone che sceglie di mettersi in gioco per iniziare a sillabare una lingua comune, un comune desiderio…. L’appartenenza che cerchiamo non passa per scopi pratici, valori ideali o una figuratività condivisa: essa è incitata soltanto dall’urgenza di riprendere di nuovo possesso del nostro presente, di abitarlo concretamente, di popolarlo di figure e miti». Sono le parole di Roberta Bertozzi che, nella terza edizione, parte dalle riflessioni del sesto numero di Edel, sesto numero della rivista cahier di Calligraphie, dedicata interamente alle Architetture del suono. L’obiettivo è questa volta quello di aprire prospettive inedite rispetto al concetto di “opera” e di “figuratività”, grazie a un campo d’indagine che, dal primo appuntamento di quest’edizione del festival, ha raccontato le potenzialità del suono inteso come dispositivo adatto alla costruzione dell’immagine e della visione. Così gli spazi, cioè gli atelier degli artisti, sono diventati anche il teatro animato da progetti sonori, pensati in relazione a quei luoghi, a quelle poetiche e a quelle opere, in una sorta di ipotetico incontro/relazione/racconto: il 27 novembre il laboratorio alchemico di Francesco Bocchini Bocchini si è accompagnato alla “Cena sul ring” dei The Faccions, mentre lo spazio “irresistibilmente Kitch” di Salvatori si è unito, il 18 dicembre, a 80 MESH La forma del suono, il progetto sperimentale acustico visuale curato da MARTE Associazione Culturale, sviluppato da Alessio Buttazzoni e coordinato da Daniele Torcellini, nato da un’idea del gruppo di artisti musivi CaCO3. Per ultimo il terzo appuntamento, negli studi di Giorgia Severi e Marcantonio Raimondi Malerba (v.box) lo scorso 22 gennaio è stato affiancato da Fiume Verticale, l’installazione sonora di Barachetti-Ruggeri. Così Cristallino, un luogo transgeografico e fortemente connotato a livello culturale, animato da un desiderio di ricezione e accoglienza, è diventato ora un cahier de vie scritto da tante voci, identità, immagini diverse, una sorta di Superluogo Culturale– non nell’accezione di Marc Augé ovviamente. Un superluogo culturale che si snoda attraverso molte delle realtà creative più intense che costellano un ampio lembo di territorio, vicino (anche se non sempre, come nel caso di 80 MESH e della
L’atelier di Erich Turroni
LA PUNTATA PRECEDENTE NEGLI
STUDI DI
GIORGIA SEVERI
E
RAIMONDI MALERBA
In-Studio 3- ABORIGENO / SELF CONTAINER, a Cesena ha aperto al pubblico gli studi di Giorgia Severi e di Marcantonio Raimondi Malerba, accompagnati dalla “cura” di Roberta Bertozzi e dal suono di “Fiume Verticale” di Barachetti/Ruggeri. Al centro della ricerca di entrambi gli artisti sta l’elemento naturale, ma se nell’opera di Malerba la natura diventa spunto di rivisitazione ironica del rapporto che intratteniamo con essa, nei lavori di Giorgia Severi si carica di una riflessione ambientalista e sociale. Severi è nomadica/transumante e predilige paesaggi e luoghi ad alto “indice di vulnerabilità” (come il progetto Country, co-creato con artisti della Comunità Aborigena durante un lungo progetto relazionale in Australia). Di lei scrive Bertozzi: “… Ciò che risalta nelle sue opere sono esattamente le nervature di un ambiente fisico, le sue textures, le analogie strutturali e spaziali di cui è composto: in una parola, la sua trama…il paesaggio come imprinting, declinato secondo l’impressione sensibile (e qui il termine sensibile va inteso estensivamente) che possiamo riceverne: attraverso quella reciprocità, quella “corrispondenza di amorosi sensi” che esso riesce a instaurare con l’uomo.” Self Container è invece lo studio dell’artista/designer Malerba, fucina dove lui crea e pensa oggetti e pensieri divergenti, luogo di nascita di sculture neo dadaiste e di best seller nel settore design, come la Monkey Lamp prodotta da Seletti diventata ormai un’icona per il design addict internazionale. (sa. ghi.)
squadra di MARTE) alla Via Emilia. Il 26 febbraio alle 17.30 In- Studio 4 aprirà le porte del grande atelier di Verter Turroni ed Erich Turroni per Antropologia Fossile, in Via Viole, n 128/130 a Gambettola (FC), con la guida della scrittrice e poetessa Franca Fabbri e accompagnamento della performance sonora “Anticlima” del duo “paleo-antropotronico” TIR. Le antropologie fossili di Verter ed Erich Turroni si sviluppano in un percorso affine, fortemente evocativo, spesso comunicante, collaborativo nella multidisciplinarietà e allo stesso tempo distinto negli orizzonti e nei principali campi d’azione. Verter, il maggiore dei due fratelli, sta raggiungendo ottimi risultati nel settore del design, con Il Laboratorio dell’Imperfetto in team con Emanuela Ravelli, grazie alla produzione di oggetti in vetroresina di grande fascino ispirati alla natura, esposti, tra l’altro, all’ultima edizione di Maison&Object a Parigi. Erich si muove invece in un’area più marcatamente artistica, sperimentando di frequente la contaminazione tra il linguaggio plastico, quello pittorico e il video. «Lo scavo, l’abrasione, la scarnificazione, praticate da Turroni nelle sue figure, nei suoi corpi, non possono non richiamare la pratica ossessiva, quasi maniacale adottata dall’artista svizzero (NdR: Giacometti), in processi logoranti di composizione e spoliazione, costruzione e distruzione-a volte fino ad esiti estremi- dell’opera plastica come di quella pittorica» ha scritto in occasione di una sua personale Claudio Spadoni, per spiegare l’attitudine profonda alla qualità della scultura dell’artista cesenate. Non resta quindi che andare a raccogliere alcune dei suggerimenti di questi artisti e del suono che avvolgerà, dentro il grande spettacolo condiviso nel pomeriggio del 26 febbraio, il loro spazio di narrazione.
LA RASSEGNA
Cinque film scelti da cinque docenti per cinque artisti
La prima dei cinque artisti chiamati a partecipare
Ha preso il via a gennaio e prosegue nei prossimi mesi la nuova iniziativa dell’associazione ravennate Mirada che ha chiesto a cinque docenti dell'Accademia di Belle Arti di Ravenna di indicarci ciascuno un film che per loro aveva avuto un particolare significato, che aveva in qualche modo contribuito a creare la loro poetica o visione del mondo. I film sono proiettati ogni domenica durante la quale, sempre al cinema Astoria, inaugura anche una mostra di un artista che ha fatto parte del progetto Ram, chiamato a interpretare con il proprio occhio un progetto espositivo dedicato al film in visione all'Astoria. Dopo Sara Vasini, che ha inaugurato il progetto con l'istallazione ispirata a Donne senza uomini di Shirin Neshat, film scelto da Maria Rita Bentini, domenica 12 febbraio alle 18.30 inaugura la mostra di Nicola Baldazzi ispirata a Paris, Texas (scelto da Alberto Giorgio Cassani), mentre il 12 marzo toccherà a Miriam Dessì con Il cielo sopra Berlino, di Wim Wenders scelto da Andrea Chiesi; il 9 aprile sarà la volta di Viktor Fotso con il suo lavoro sulla visione scelta da Leonardo Pivi: Francofonia, di Aleksandr Sokurov. Chiude Maria Ghetti, il 7 maggio con il lavoro su The Danish Girl di Tom Hopper scelto da Paola Babini.
EVENTO REALIZZATO IN COLLABORAZIONE CON ASSOCIAZIONI, SCUOLE, PARROCCHIE, E VOLONTARI DEL COMUNE DI COMACCHIO. AREA SOSTA CAMPER.
CARNEVALE SULL’ACQUA
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SPETTACOLI
A teatro in famiglia, da Rosaspina a Pollicino Panoramica sulle rassegne della Romagna: allo Spazio Tondelli il Rinoceronte disegnato in tempo reale da Gek Tessaro Entrano nel vivo le rassegne di teatro per famiglie in tutta la Romagna nel mese di febbraio. Ecco una panoramica su alcuni degli eventi da non perdere. PROVINCIA DI RAVENNA A Ravenna ultima domenica a Vulkano (San Bartolo), con tanto di tè, pasticcini e laboratorio, il 5 febbraio alle 15.30 con Cip Cip Bau Bau della compagnia Cta di Gorizia, spettacolo dai 3 ai 10 anni con figure, oggetti e piccoli pupazzi, liberamente ispirato a una delle fiabe popolari italiane rilette da Italo Calvino che racconta la storia di un ragazzo che imparerà a comunicare con gli animali. La rassegna prosegue poi al teatro Rasi di Ravenna sabato 11 alle 17 con Pierino e il lupo di Garraffo Teatro Terra (teatro d’attore e videomapping, dai 4 ai 10 anni) e sabato 18 sempre alle 17 con Rosaspina del Teatro del Piccione (teatro d’attore e figura, dai 4 ai 10 anni - in scena anche il 19 febbraio alle 16 al Rossini di Lugo), mentre il 25 febbraio (ore 17) al Rasi torna “Artebebé” per i più piccoli con la compagnia messicana Teatro al Vacìo che propone Close. Parallelamente, sempre a Ravenna, prosegue all’Almagià (spettacoli alle 16.30) la rassegna del Teatro del Drago “Le Arti della marionetta”. Il 5 febbraio è la volta di uno spettacolo di danza contemporanea adatta anche a bambini a partire dai 5 anni, Col naso all’insù dell’Associazione Sosta Palmizi. Il 19 febbraio si torna al teatro più classico con la compagnia Gioco Vita e lo spettacolo Il Cielo degli Orsi mentre il 25 si festeggia il Carnevale con i burattini del Teatro del Drago. Il Cielo degli Orsi è in programma anche al teatro comunale della vicina Russi, domenica 26 febbraio, mentre il 5 l’appuntamento è con Il tenace soldatino di piombo (spettacoli alle 16). Passando a Faenza, l’ampio cartellone dedicato ai bambini e alle famiglie del teatro Masini si chiuderà domenica 12 febbraio alle 16, con La gallinella rossa di Tanti Cosi Progetti, uno spettacolo sulla collaborazione, l’amicizia, la tenacia, l’anticonformismo. Stesso giorno e stessa ora, sempre a Faenza, ma alla Casa del Teatro, per Out, spettacolo frutto di un progetto interregionale di residenze artistiche. E il 26 febbraio alle 116 Claudio Casadio tornerà sul palcoscenico del Masini con Pollicino, una delle più longeve, fortunate e premiate produzioni di Accademia Perduta, un’occasione per confrontarsi con il sentimento della paura. PROVINCIA DI FORLì-CESENA Al teatro Fabbri di Forlì la rassegna per famiglie termina con lo spettacolo di circo contemporaneo di domenica 5 febbraio (ore 16) Just Another Normal Day: il Collettivo 320Chili mette in scena un mondo interiore‚ dove gli oggetti appaiono e scompaiono dalla scena‚ sono manipolati e trasfor-
Giorgio Scaramuzzino in “Ganda [...]”, atteso a Riccione; sotto Claudio Casadio in “Pollicino”, in scena a Faenza
ARTE A SANTA SOFIA
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FEBBRAIO LA MOSTRA
“CARISSIMO PINOCCHIO”
Sarà possibile visitare fino al 20 febbraio (il sabato e la domenica o su prenotazione al 333 7091879) la mostra “Carissimo Pinocchio” alla galleria Vero Stoppioni di Santa Sofia. In esposizione opere di artisti ed illustratori di fama e di parte della raccolta di Maria Teresa Berdondini (collezionista) che vanta oltre 1.700 pezzi conservati in decenni di passione verso il burattino.
LA CURIOSITÀ
Anche a Ravenna l’università per bambini Arriva anche a Ravenna “Unijunior”, lezioni nelle aule del Campus, tenute da veri docenti universitari, ma per bambini tra gli 8 e i 14 anni. Gli argomenti trattati saranno molti: chimica, archeologia, ingegneria, oceanografia, biologia, architettura, sociologia e conservazione dei beni culturali. Sono 12 le lezioni in programma fino ad aprile, a partire dal 4 febbraio al Palazzo dei Congressi di Largo Firenze. “Unijunior” è inoltre già attiva nelle sedi universitarie di Forlì-Cesena e Rimini.
L’iscrizione è gratuita (tutte le info on line sui siti dell’università), fatta eccezione per una quota assicurativa.
mati. Con Francesco Sgrò e Pino Basile, musiche di Pino Basile. Sempre a Forlì, ma al teatro Il Piccolo, prosegue la rassegna per i più piccoli con Il brutto brutto anatroccolo a cura di Proscenio Teatro (dai 4 ai 10 anni), spettacolo, giocato tra attori e pupazzi, che reinventa la nota fiaba danese (il 12 febbraio), e domenica 19 con Hansel e Gretel dei fratelli Merendoni, in cui la celebre fiaba viene raccontata dagli ultimi eredi di una antica famiglia di burattinai italiani. Inizio ore 16. Ben tre spettacoli in febbraio invece al teatro Dragoni di Meldola: si parte sabato 4 alle 21 con Jack e il fagiolo magico di Accademia Perduta (dai 4 ai 10 anni), antica fiaba popolare inglese messa in scena da due attori, sotto la regia di Claudio Casadio; il sabato successivo sempre alle 21 tra teatro d’attore, clownerie e magia ecco L’infanzia del mago della compagnia Ca’ Luogo d’Arte; sabato 25 (ore 21) fa tappa anche a Meldola La gallinella rossa di Tanti Cosi Progetti. PROVINCIA DI RIMINI L’evento principale è senza dubbio allo Spazio Tondelli di Riccione, domenica 12 febbraio alle 16.30. Si tratta dello spettacolo Ganda, un rinoceronte molto particolare: tra verità e leggenda si racconta la storia di un rinoceronte arrivato per ventura sulle coste liguri e reso celebre dal ritratto che ne fece il pittore e incisore tedesco Albrecht Dürer. A raccontarla è Giorgio Scaramuzzino, attore, regista, padre letterario del drago Gerardo e autore con Altan di spettacoli che hanno per protagonista la Pimpa. Sul palco lo affianca uno dei più importanti illustratori italiani, Gek Tessaro, vincitore del premio Andersen 2010. Lo spettacolo (dai 5 anni) è una produzione dello storico Teatro dell’Archivolto di Genova. Al teatro degli Amici di Bellaria Igea Marina domenica 5 Febbraio alle 16.30 la compagnia Crest porta in scena “La bottega dei giocattoli”, in cui ad animarsi è un’intera bottega di giocattoli, che finisce per assumere le sembianze di una vera città (teatro d’attore e danza, consigliato dai 3 anni). Nell’ambito della rassegna di Arcipelago Ragazzi da segnalare il 5 febbraio alle 17 alla sala Il Lavatoio di Santarcangelo lo spettacolo per attori “Un amico accanto” della compagnia lombarda Mattioli (dai 3 ai 7 anni). Infine, torna la rassegna per ragazzi al teatro di San Leo a Pietracuta. In febbraio l’appuntamento è per sabato 18 alle 21 con “Storia tutta d’un fiato”, spettacolo pluripremiato della compagnia Fontemaggiore tratto da un racconto di Roberto Piumini, e che racchiude in sé il dinamismo del teatro d’attore con molti riferimenti anche al linguaggio dei clown (dai 4 ai 10 anni).
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L’INTERVISTA
Dall’ambulatorio alla cucina attraverso la tv La fisioterapista ravennate Erica Liverani racconta un anno da Masterchef tra show cooking in giro per l’Italia e voglia di sperimentare: «È cambiato il mio lavoro ma non la mia vita» di Andrea Alberizia La 31enne Erica Liverani ha lasciato il lavoro di fisioterapista a Ravenna per entrare nella cucina di Masterchef. Dopo la vittoria ha proseguito ai fornelli girando l’Italia tra show cooking e presentazioni del suo libro di ricette. Per la puntata finale, trasmessa il 3 marzo 2016, il Comune organizzò un maxi schermo al centro sociale Baronio dove era presente anche la concorrente (foto dalla sua pagina Facebook)
Quando era una teenager, alla fine degli anni 90', sapeva tutto dei Backstreet Boys e oggi si ritrova dalla parte opposta, una sorta di pop star della cucina, incontrando sconosciuti che sanno tutto di lei perché ha vinto un talent culinario. E le fa strano se qualcuno si ricorda la sua esatta battuta in una precisa puntata dello show. Ma ormai ci ha fatto l'abitudine. La 31enne Erica Liverani di Conventello, minuscola frazione in provincia di Ravenna, è la quinta Masterchef italiana, titolo assegnato a marzo 2016 dalla nota trasmissione in onda il giovedì su Sky Uno. La trasmissione della sesta edizione (già registrata nel corso dell’estate) è iniziata a Natale e si concluderà nelle prossime settimane: quattro i romagnoli selezionati tra i venti della masterclass. E noi abbiamo intervistato la romagnola che ha saputo conquistare i quattro giudici: Carlo Cracco, Bruno Barbieri, Joe Bastianich, Antonino Cannavacciuolo. Erica, è in onda la sesta edizione di Masterchef, lo scorso 3 marzo veniva trasmessa la finale della quinta edizione con la sua vittoria. Le è cambiata la vita da allora? «Pensavo che Masterchef mi avrebbe stravolto tutta la vita e in
effetti all'inizio è stato un po' così invece rimani quello che eri, restano le vere amicizie che ti eri fatto prima di entrare in cucina. Il bilancio è estremamente positivo ma oggi posso dire che ho semplicemente cambiato lavoro». Quindi non farà più la fisioterapista... «Non escludo niente. Ho preso quella laurea con fatica e impegno ma adesso faccio altro perché ho avuto la possibilità di fare qualcosa che mi piace e mi da motivazioni. Però non si sa mai». Ci racconta cosa ha fatto in questi mesi? «Sono stata più seduta in auto che su una sedia - ride Erica -, mi sarò fatta 100mila km in giro per l'Italia,
comprese Sicilia e Sardegna, per partecipare a eventi, soprattutto show cooking. Già solo questo per me è stato bellissimo, ero come una bambina in gita perché quando ero piccola la mia famiglia non poteva permettersi di viaggiare molto. In alcuni viaggi sono venuti anche i miei genitori». Tutto pianificato dalla produzione di Masterchef ? «No, finita la stagione la produzione ti saluta e da lì devi arrangiarti. All'inizio ho provato a fare da sola con la promozione del libro di ricette organizzata dalla casa editrice. Poi ho capito che non sapevo proprio come muovermi in questo mondo, non sapevo proprio come valutare le proposte e mi sono rivolta all'agenzia Realize Networks di Milano, la stessa che segue lo chef Bruno Barbieri. Sono loro che hanno gestito tutto, è il loro mestiere e con l'assistenza giusta è più facile evitare di farsi ingannare dai tanti farabutti che ci sono in giro». Dopo la vittoria disse che aveva ancora molto da studiare in cucina. Ha fatto i compiti? «Qualcosa sì ma non c'è stato molto tempo per farlo. E anche a livel-
LA NUOVA EDIZIONE QUATTRO
DALLA
ROMAGNA
PER I
100MILA
EURO
La sesta edizione di Masterchef può contare su una corposa rappresentanza romagnola: quattro cuochi amatoriali su venti finalisti selezionati tra alcune migliaia di aspiranti. In palio 100mila euro. Da Rimini arriva Valerio Braschi, 18enne liceale autodidatta ai fornelli: sogna di lavorare con Barbieri. Da San Marino arriva Cristina Nicoli, 26enne tirocinante avvocato e notaio discendente di una famiglia di notai e avvocati: sogna un ristorantino sul Titano. Da Cesena arriva Alves Pedriali detta Lalla, pensionata 61enne: ha imparato da mamma a cucina ma è stata la prima eliminata del programma. Da Predappio arriva Roberto Perugini, 37enne operaio: la sua scuola di cucina sono state la mamma e la suocera.
AL CIRCOLINO
INFORMAZIONE PROMOZIONALE
Cucina della tradizione, prodotti locali e ottimi vini da degustare e anche acquistare Ha riaperto l’Osteria al Circolino con Butèga di via Ravegnana con la nuova gestione della chef Maria Chiara Turchetti Una cucina con ingredienti di alta qualità e in linea con la migliore tradizione italiana, un ambiente accogliente, semplice e curato e la possibilità di acquistare prodotti locali, tipicità italiane e ottimi vini. Potrebbe essere questo il biglietto da visita dell’Osteria con Butèga al Circolino di via Ravegnana 677, vicina a Roncalceci e a pochi km da Ravenna, che riparte – dallo scorso 10 novembre – con la nuova gestione della chef Maria Chiara Turchetti. «Questo è il luogo ideale per il progetto che avevo in mente da tempo – afferma la titolare –. Una struttura tipica, nel cuore della Romagna, che già conoscevo perché ci avevo lavorato per un periodo. Uno spazio ampio e circondato dalla campagna, in cui mangiare qualcosa in tutta tranquillità, con la possibilità di stare anche all’aperto nell’ampio giardino durante la bella stagione». Ha alle spalle un’esperienza nel settore di oltre vent’anni e, dopo essere stata in giro per l’Italia, ha gestito per alcuni
anni l’Osteria Dumandò di Villanova di Bagnacavallo. Oggi, in questa nuova avventura nel mondo della ristorazione, è affiancata da un collaboratore che ha una professionalità complementare alla sua, più esperto del comparto commerciale. L’Osteria Al Circolino propone una carta che cambia ogni giorno, per garantire la massima freschezza, genuinità e qualità delle materie prime. «La nostra è una cucina di terra e mare – spiega –, con piatti a base di carne e pesce, ma senza dimenticare le immancabili paste fatte in casa per recuperare i sapori di una volta. Il grande rispetto per la tradizione non esclude però originali rivisitazioni e contaminazioni per conferire ai piatti un tocco innovativo. Anche la pasticceria fresca è realizzata nella cucina dell'Osteria e quella secca, in vendita anche nella Butèga, è prodotta da artigiani dolciari. Non manca un'attenzione particolare alla gelateria con il famoso tartufo nero prodotto dal maestro gelataio del
Bardante di Pizzo Calabro. Per offrire ai clienti una golosa coccola finale». Entrare all’osteria è un’esperienza sensoriale a tutti gli effetti, che appaga il gusto ma anche la vista, in quanto – dopo aver ammirato l’ampio spazio verde – si entra in una sala dall’atmosfera intima e familiare, con un bel camino, un grande tavolo al centro, e tanti tavoli attorno e due credenze alle pareti. Uno stile “riscaldato” dal legno in noce degli arredi e delle travi del soffitto e dal color crema delle pareti, su cui spiccano alcune frasi di celebri scrittori. Nella Butèga si possono comprare alcuni prodotti tipici italiani rigorosamente artigianali, con particolare attenzione ai sapori calabresi fra cui fichi lavorati Colavolpe, liquori artigianali Manfredi, liquorizia pura 100% Dop, conserve vaticane di Tropea, olio extravergine di oliva Statti, Nduja e salumi di Spilinga. Osteria con Butèga al Circolino via Ravegnana 677 - Ravenna cell. 391 4736672 - tel. 0544 534418 osteriaconbutega.alcircolino@gmail.com
GUSTO
R&DCULT febbraio 2017
31 LA RICETTA DEL TRIONFO CAPPELLETTI DELLA MIA TERRA INVERTITI
lo di cucina non ho potuto applicarmi più di tanto: quando vai a fare uno show cooking fai quello che chiede il cliente e di solito nel mio caso erano cappelletti e piadina. Però in qualche cena per amici e in qualche evento mi sono un po' divertita a fare qualcosa di particolare». Sarà capitato spesso di essere fermata per strada da chi guardava la trasmissione. Che effetto fa? «Quando ti avvicina qualcuno in modo gentile per una foto o per fare una battuta su una puntata ti fa piacere perché i complimenti piacciono a tutti. Quando hai la giornata storta magari vorresti evitare di stare lì a rifare la foto perché è venuta male ma le persone non possono conoscere il tuo stato d'animo e io devo solo essere grata a tutti quelli che mi seguono: se non ci fosse stato il pubblico non avrei vissuto questo anno bellissimo». Appena diventata un personaggio pubblico il rapporto con i social network è stato difficile: ogni banalità vista nelle puntate scatenava insulti pesanti e addirittura minacce. Come va ora con gli haters? «In principio è stata dura. Tutte quelle critiche così feroci, quegli insulti e quelle cattiverie finiscono per farti credere di essere cattivo. Ero arrivata a un punto in cui non volevo uscire di casa, non mi piaceva andare tra la gente sconosciuta. Poi mi sono fatta aiutare e ho capito che io non avevo fatto niente di male. Il problema era loro e io ho continuato a postare le mie cose a testa alta bloccando i commenti più violenti perché la bacheca del mio Facebook è la vetrina del mio negozio e non la voglio imbrattata. Facendo così si sono autoeliminati e ora sono davvero pochi gli attacchi. Anche perché non c'è più la massa e
Erica Liverani in cucina. Alla quinta edizione di Masterchef si presentarono 18mila concorrenti
senza massa quelli sono conigli. E così c'è spazio per cose belle come chi mette le foto delle mie ricette rifatte da loro con i bambini, è una cosa che mi piace molto». Ma è vero, come ha scritto nel suo blog un altro concorrente della scorsa edizione, che quando vi fermano vi fanno sempre le stesse domande? «Verissimo. Vogliono sapere del confessionale e dei tempi delle prove. A volte anticipavo già io le risposte: “Sì, Cracco è bello”. Ma mi rendo conto che erano le curiosità che avevo anche io prima di entrare».
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A questo spunto deve spiegare anche noi come funzionavano i confessionali... «L'ordine è questo: si fa la prova tutti insieme, poi tutti al confessionale, poi la presentazione dei piatti ai giudici con gli assaggi, poi di nuovo tutti al confessionale e poi i verdetti. Quindi i giudici assaggiano tutti i piatti ormai freddi e ovviamente nei confessionali gli autori partono sempre da quelli che l'hanno combinata più grossa, come quella volta che avevo dimenticato il riso per gli arancini...». Il premio da 100mila euro in gettoni d'oro che fine ha fatto? «Da brava figlia di contadini li ho messi via che non si sa mai». E il progetto dell'agriturismo a Conventello? «Ho sempre più la consapevolezza che ho tanto da studiare. Se apro un locale probabilmente per un mese è pieno perché c'è la curiosità ma oggi viviamo in un tempo di tuttologi e al primo errore che può capitare sono pronti tutti a criticarti e dirti che loro saprebbero fare meglio. Allora io voglio fare quel passo solo quando sarò pronta». Offerte di lavoro per entrare in una cucina ne sono arrivate? «No, quelle te le devi andare a cercare. Devi proporti sperando che qualcuno ti prenda a gratis in una brigata per metterti alla prova. Perché ai professionisti non interessa niente se hai vinto Masterchef, per loro sei solo uno da formare» In questa nuova edizione ci sono quattro romagnoli. È l'effetto Erica? «Magari è stata una spinta, hanno visto che ce l'ha fatta una con un piatto di cappelletti e magari si sono detti che possono farcela anche loro con dei passatelli».
Dal sito internet di Masterchef riprendiamo la ricetta principale del menù degustazione con cui Erica Liverani ha vinto la finale di Masterchef 5.
Ingredienti 2 uova, 150 grammi di farina 00, 300 grammi di asparagi verdi, 1 cipolla, tartufo nero qb, 50 grammi semola rimacinata, olio e sale qb, noce moscata qb, 6 grammi colla di pesce. Preparazione - Impastare farina, semola e uova e lasciare riposare. Mettere la colla di pesce in acqua fredda ad ammorbidirsi. - Sbollentare gli asparagi tagliati a tocchetti. Nel frattempo stufare dolcemente la cipolla con olio evo e successivamente aggiungervi gli asparagi. Cucinare pochi minuti, aggiungere sale e frullare il tutto con 100 ml. di acqua di cottura degli asparagi. Setacciare la crema e sciogliervi la colla di pesce. Mettere in abbattitore per accelerarne la gelificazione. - Stendere finemente la sfoglia, tagliare dei dischi con un coppapasta, farcirli con il ripieno freddo usando una sac a poche. Richiudere a mezzaluna e formare i classici cappelletti sigillando gli angoli opposti. - Grattugiare il parmigiano e la noce moscata e spolverarli alla base dei piatti - Cucinare i cappelletti in acqua salata per pochi minuti e adagiarli sul parmigiano. Decorare con olio evo e scaglie di tartufo.