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FREEPRESS Mensile di cultura e spettacoli novembre 2017 n.34 ROMAGNA&DINTORNI

R O M A G N A & D I N T O R N I

NOVEMBRE 2017

Un momento con Chiara Guidi di Màntica, festival di Cesena di cui parliamo a pagina 16 (foto di Nicolò Gialain)

TUTTI IN SCENA AL VIA LE STAGIONI TEATRALI IN ROMAGNA TRA CLASSICI E RICERCA ALL’INTERNO musica • teatro • cinema • libri • arte • junior • gusto

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ISSN 2499-0205



R&DCULT novembre 2017

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SOMMARIO

L’ EDITORIALE

• MUSICA Intervista a Cristina Donà .........pag. 6

La Romagna che si fa ascoltare

• TEATRO Il Pueblo di Ascanio Celestini...pag.12 • CINEMA Il “Manifesto” dell’arte............pag. 18 • LIBRI La brevità di Baroncelli.............pag.19 • ARTE Il «fotoamatore» Ulisse Bezzi...pag. 24 • JUNIOR I fumetti di Riccardo Crosa.......pag.28 • GUSTO Alla riscoperta della piadina....pag. 30

Senza farsi troppo notare o portare via così tanto spazio ad altre notizie, su questo numero pubblichiamo per la trentesima volta la rubrica “La Romagna in cuffia”. Si tratta così della trentesima recensione di dischi realizzati da artisti romagnoli negli ultimi due anni e mezzo. Altrettanti – e non diciamo così per dire – avrebbero meritato di essere recensiti. Sarebbero almeno un centinaio invece – andando a spanne – quelli che in questo lasso di tempo avrebbero dovuto essere perlomeno segnalati (ci abbiamo provato, ma non è un’impresa semplice). Almeno duecento, invece, gli artisti o i gruppi che sono attivi nelle tre province romagnole e considerando due-tre elementi come minimo per band i numeri delle persone coinvolte crescono esponenzialmente. Il tutto concentrandoci solo sul panorama rock (che genericamente comprende anche il pop, il folk, le avanguardie, l’elettronica), escludendo quindi il jazz e la musica classica. Una vera e propria scena, come si usava dire una volta, che in termini numerici potrebbe pure fare un po’ impressione ai meno avvezzi alla materia. A impressionare gli addetti ai lavori è invece anche la qualità medio-alta delle proposte, spesso recensite con toni entusiastici (oltre che nel nostro piccolo giornale) anche sulle riviste nazionali di musica (quando non internazionali, come nel caso di questo numero, a pagina 7). I motivi di questo fermento restano ignoti, lo chiediamo spesso a chi intervistiamo: forse incide l’alta concentrazione di locali che propongono musica dal vivo, o forse c’è qualcosa di particolare nell’aria o nella piadina, chissà. Sarebbe bello che ci fossero sempre più occasioni per condividere un patrimonio del genere, ancora forse poco valorizzato da queste parti (chissà che in futuro, con il sostegno di lettori e sostenitori, non possa essere lo stesso R&D Cult a promuovere un festival della musica rock romagnola...). Al momento noi cerchiamo di continuare a dare visibilità anche (tra le altre) a questa espressione della cultura romagnola. E lo facciamo, sempre di più, anche sul nostro sito internet – www.ravennaedintorni.it – avendo iniziato nei giorni scorsi a pubblicare (nella sezione “R&D Cult”) a cadenza settimanale un videoclip di musicisti romagnoli. A cui collaborano a loro volta pittori, attori, videomaker romagnoli. Chiudendo un cerchio, all’insegna della cultura.

IL MUSEO DELL’ABBANDONO: UNA MOSTRA A FORLì L’associazione culturale Spazi Indecisi presenta “In loco, il museo diffuso dell’abbandono”, un progetto sperimentale di museo dedicato alla valorizzazione dei luoghi in abbandono (nella foto di questa pagina di Lorenzo Mini la colonia Agip di Cesenatico), che è diventato una mostra allestiata fino al 12 novembre all’interno dell’ex deposito delle Corriere di Forlì. Una mostra che combina tecnologia a elementi fisici e sensoriali. Info e programma degli eventi collaterali: www.spaziindecisi.it R&D Cult nr. 34 - novembre 2017

Autorizzazione Tribunale di Ravenna n. 1427 del 9 febbraio 2016 Editore: Edizioni e Comunicazione srl Via della Lirica 43 - 48124 Ravenna - tel. 0544 408312 www.reclam.ra.it Direttore Generale: Claudia Cuppi Pubblicità: direzione@reclam.ra.it tel. 0544 408312 - 392 9784242 Area clienti: Denise Cavina tel. 335 7259872

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Fabbri, Francesco Farabegoli, Nevio Galeati, Sabina Ghinassi, Enrico Gramigna, Giorgia Lagosti, Linda Landi, Fabio Magnani, Filippo Papetti, Guido Sani, Angela Schiavina, Serena Simoni, Elettra Stamboulis. Redazione: tel. 0544 271068 redazione@ravennaedintorni.it Poste Italiane spa Sped. in abb. post. D.L. 353/2003 (conv. di legge 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB C.R.P.- C.P.O. RAVENNA


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MUSICA IL CONCERTO

BASTONATE DI CARTA

CAPOSSELA IL 29 ALL’ALIGHIERI DI RAVENNA

Vinicio, la sinistra giovanile e la patchanka di Francesco Farabegoli *

Oggi i ragazzi che vengono dalla campagna sono aiutati da internet e cose simili: prendono la licenza media nel paesello, arrivano alle superiori in città e non soffrono troppo il clash culturale. Magari qualcuno dei loro compagni fuma già, magari qualcuno tagga i muri alla stazione, non so, ma si vestono comunque tutti uguali con quelle felpe del cazzo con scritto sopra OBEY (non è pazzesco vivere all’interno di una distopia concepita da John Carpenter scambiata per una citazione di John Carpenter, senza per giunta che John Carpenter non ci prenda manco un dollaro?). Ai miei tempi, conoscere la realtà di un liceo cesenate mi sconvolse. La permanenza nella scuola media nel mio paese mi aveva convinto di due cose: 1 ero un genio e avrei combinato qualcosa di importante nella vita, 2 l’unica problematica davvero importante per la vita di un qualsiasi maschio era la figa. La professoressa di matematica smontò la certezza numero 1 con due ore di lezione, e il resto dell’anno scolastico si occupò di brutalizzare la numero 2. Al posto de la figa, per la prima volta nella mia vita adulta fui obbligato a pormi domande sul bene comune, sulla politica. Come potevo pensare alle ragazze in uno dei periodi più bui della storia repubblicana, con Tangentopoli che stava partendo e l’uscita dell’Italia dallo SME e i tagli alla scuola pubblica che da più parti venivano minacciati? Occorreva acquisire una coscienza sociale, organizzarsi, fare gruppo e sfidare il sistema. Oltre a questo, al liceo era sostanzialmente impossibile riuscire a rimorchiare una tipa senza aver dato qualche segnale di impegno politico. Gli schieramenti che si fronteggiavano al liceo erano due. Da una parte c’era il bacino cristiano-cattolico, rappresentato perlopiù da un accrocchio di figli di papà che correvano come rappresentanti d’istituto per una lista identificata come cristiana che raccattava voti in seno alla maggioranza silenziosa e si incontrava venti minuti prima dell’inizio di scuola per fare le lodi. Dall’altra parte spadroneggiava la cosiddetta sinistra giovanile, un gruppo di gente a caso a cui era affidato il (non semplicissimo) compito di traghettare un’idea italiana di sinistra da tutto il bagaglio extraparlamentare a quello che poi sarebbe diventato il Pd. Nei primi anni non capivo esattamente di cosa si trattasse, ma era abbastanza scontato che la kefiah era compresa nel prezzo del biglietto. E comunque se la scelta era limitata a cattocom VS cattodem, tanto valeva buttarsi sulla prima – almeno avrei fatto incazzare mia mamma, e le ragazze si vestivano più abbestia. Vinicio Capossela, detto Vinicio, arrivò in quel periodo, non invitato né particolarmente caldeggiato a restare; un quarto di secolo dopo, non ce ne siamo ancora liberati. Vinicio faceva parte della colonna sonora dello zeitgeist di quell’epoca: dovendo professare a piene mani il loro non-allineamento, gli attivisti under 20 crearono dal niente un pantheon di musicisti che riguardava da vicino loro e solo loro. Il modo più efficace per definire questo pantheon è PATCHANKA: qualunque cosa significhi, soltanto guardare la parola mi fa tornare alla mente tutto quanto. La PATCHANKA è il modello estetico su cui il dissenso di sinistra si è modellato da allora: uscito dalle dinamiche di movimento, poteva definirsi su un’idea generica che inglobasse dosi casuali di commistione, terzomondismo, ecosostenibilità e fisarmonica. La PATCHANKA era un modello democratico di rappresentanza, i Rage Against The Machine e il FABER, lo ska punk dietro ai Doors. Non necessariamente un movimento di nicchia, e anzi ha saputo esprimere numeri importanti: pensate solo a Jovanotti, che nonostante venisse dal roster di Cecchetto con la PATCHANKA ha flirtato per lungo tempo, o al temibilissimo Manu Chao, il cui Clandestino fu ascoltato da milioni di rivoluzionari su base quotidiana per anni (cazzo, se ci ripenso). La PATCHANKA, come ogni grande genere, era completamente indifferente al valore artistico: esaltava obbrobri tipo gli Ska-P mentre teneva bordone ad assoluti geni del contemporaneo come i Ratos de Porao. Era un discorso semplicissimo e complicatissimo al contempo. Vinicio ne fu la declinazione cantautorale, un contentino a chiunque non fosse incline a limitarsi a tre nomi d’archivio attivi dagli anni sessanta (De André, Guccini e un altro a scelta tra Tenco, Fortis, Ciampi e Vecchioni). Nella sua miglior incarnazione era un letale miscuglio tra Paolo Conte e il miglior Tom Waits, due artisti che Capossela per primo sembra aver sempre faticato a comprendere appieno; suppliva con generosi ammiccamenti, canzoni di pregio e una certa capacità di entrare in sintonia col proprio pubblico. Ebbe cura di amministrarsi con assennata prudenza, senza svaccare nel nazionalpopolare e cadere nelle trappole dei vari Sanremo/Festivalbar, diven-

Vinicio Capossela al Vidia in una foto di Eleonora Rapezzi

tando un pezzo da novanta in tempi tutt’altro che sospetti. Oggi la sua roba può musicare i panel di Confindustria quanto le raccolte di viveri per il Mato Grosso. Non so se abbia mai avuto cura di schierarsi politicamente, magari sì, ma è sempre stata più che altro una questione di olfatto. Una volta rischiai anche di vederlo dal vivo: ero ad un circolo ARCI di Cesena che per sfuggire ai luoghi comuni aveva deciso di chiamarsi Intifada. La sera stessa Vinicio, chiamato rigorosamente solo per nome, suonava a Cesena. L’Intifada era STRAPIENO e non capivo per quale motivo lo fosse, e qualcuno mi raccontò che fosse abitudine, per Vinicio, fare un salto all’Intifada dopo le date cesenati e forlivesi e suonare qualche pezzo. I tizi che erano con me insistettero per rimanere finché non si fosse palesato, finchè a un orario fetido (tipo l’una di notte in un giorno feriale, tre ore tonde passate a bere birra nella pia illusione di poter vivere il giorno dopo) il tizio incaricato di guidare si convinse che forse, quella sera, Vinicio dall’Intifada non sarebbe passato, e che se dovevamo farne una tale malattia tanto valeva comprare i biglietti per il concerto vero e proprio. Da quando entrai al liceo sono passati venticinque anni e io li sento davvero tutti addosso. Le ragazze del giro sinistra giovanile hanno quasi tutte figliato, in molti casi coi leader di allora – i quali sono corsi incontro al loro destino diventando, a seconda, grandiosi professionisti della Nuova Classe Agiata Italiana o benzinai. Tutto il resto è morto e sepolto, la Democrazia Cristiana, le associazioni di sinistra infiltrate nelle scuole (credo), il PDS, tutto il rock, tutto il cantautorato italiano, tutti gli squat romagnoli di quell’epoca, svariati squat bolognesi, qualche professore e alcuni tossici che bazzicavano il liceo. La PATCHANKA resiste indisturbata, con Vinicio ancora protagonista. I numerosi seguaci del genere continuano a trovarsi una volta l’anno in piazza San Giovanni a Roma, ascoltano Teresa De Sio, ingoiano un litro e mezzo di Tavernello e agitano le loro bandiere. Io mi limito a fare un segno sulle palline rosse quando entro in cabina, nella speranza che non ci sia Vinicio in filodiffusione. * Fondatore e autore del blog musicale Bastonate

Vinicio Capossela – che è solo lo spunto per il racconto di Farabegoli che pubblichiamo in questa pagina dissociandoci di fronte ai fan da alcune conclusioni dell’autore – sarà il 29 novembre al teatro Alighieri di Ravenna per l’unico concerto in Romagna del tour ribattezzato “Ombre nell’inverno”, un nuovo spettacolo ambientato «tra ombre, nebbie e riflessi, ma con una struttura libera nel repertorio e nella narrazione». Non sarà il concerto di un disco solo, ma abbraccerà l’intera opera di Vinicio Capossela seguendo il filo conduttore – si legge nella cartella stampa – «dello spettro che si ripresenta nell’inverno: dai brani umbratili e misteriosi dell’ultimo album “Canzoni della Cupa”, alle ballate sparse in tutta la sua produzione».

FOLKLORE SERATA EXTRALISCIO AL TEATRO DI CONSELICE

Gli Extraliscio, al lavoro sul loro secondo album in studio, saranno in concerto il 28 novembre al teatro comunale di Conselice insieme alla compagnia teatrale Gli Omini. Si tratta di una sorta di varietà in cui la musica si alternerà a comicità e letture: grande protagonista l’orchestra di Mirco Mariani, storico collaboratore di Vinicio Capossela, che si sta impegnando nella riscoperta del liscio romagnolo, rivisitato, ma con i volti noti delle balere.


MUSICA

R&DCULT novembre 2017

5 GRANDI EVENTI BRYAN ADAMS, GIANNA NANNINI E BRIAN AUGER A RIMINI Grandi eventi all’Rds Stadium di Rimini: il 15 novembre appuntamento con lo storico rocker canadese Bryan Adams (foto in basso) che presenta i brani dell'ultimo album Get Up! e le sue hit più conosciute; il 30 invece il palazzetto ospiterà l’anteprima degli attesi appuntamenti live di Gianna Nannini per la presentazione del nuovo album Amore gigante. Sempre a Rimini da segnalare il 4 al teatro Novelli il tour del leggendario tastierista inglese Brian Auger (a destra), con Alex Ligertwood alla voce, che farà tappa anche il giorno prima al teatro Socjale di Piangipane

AGENDA CANTAUTORI EMMA MORTON & THE GRACES AL TEATRO DI PREDAPPIO Venerdì 10 novembre alle 21 al teatro comunale di Predappio concerto di Emma Morton & The Graces, progetto della cantante scozzese ma ormai toscana d’adozione che si è fatta conoscere qualche anno fa su X Factor. Per una serata tra jazz, blues e rimandi al folk scozzese.

GIOVANNI CACCAMO AL SOCJALE DI PIANGIPANE Il giovane cantautore modicano Giovanni Caccamo – vincitore nel 2015 di Sanremo Giovani e tra i preparatori della prossima edizione di "Amici" di Maria De Filippi – sarà in concerto, piano e voce, il 17 novembre al teatro Socjale di Piangipane (Ravenna) per l’unica data in Romagna.

BOBO RONDELLI IN TOUR AL VIDIA DI CESENA Fa tappa il 18 novembre al Vidia di Cesena il tour del cantautore livornese Bobo Rondelli, tornato con un nuovo album dal titolo “Anime Storte”. Altra data in regione il 30 al Locomotiv di Bologna.

MARCHES PRESENTA IL AL NOVELLI DI RIMINI

NUOVO ALBUM

Sabato 18 novembre alle 21 al teatro Novelli di Rimini il cantante e chitarrista riminese Massimo Marches presenta il suo nuovo disco, a distanza di sette anni dall’esordio. Si chiama “Statue” ed è un album cantautorale, incentrato sulla voce e dalle calde sonorità acustiche presentate a teatro da un combo di chitarra, pianoforte e violoncello.


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MUSICA

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ROCK ITALIANO/1

Cristina Donà, un ventennale «senza nostalgia» La cantautrice celebra in tour il suo esordio: «Che fortuna far parte della scena degli anni ‘90, oggi è tutto più dispersivo» di Luca Manservisi

Ribattezzata “incantautrice” per il suo modo di cantare particolarmente ipnotico, Cristina Donà è tra le più importanti voci della scena musicale italiana degli ultimi due decenni. Sarà il 17 novembre al Bronson di Ravenna nell’ambito del tour autunnale che celebra i vent’anni di Tregua, storico album d’esordio che la impose nel panorama nazionale e anche internazionale (a partire dalla successiva collaborazione con una leggenda vivente come Robert Wyatt, ma non solo), già celebrato nel tour estivo. Quali saranno le differenze più importanti rispetto alla scorsa estate? «Le canzoni sono state riarrangiate da Cristiano Calcagnile (tra i migliori batteristi italiani, tornato da qualche tempo nella band della Donà dopo averne fatto parte nei primi anni di carriera, ndr), non saranno stravolte perché sarebbe uno sgarbo al pubblico, ma non volevamo comunque fare un semplice revival. E in questo senso la novità più importante sarà la presenza in apertura di un artista sempre diverso tra quelli che hanno partecipato alla compilation per i vent’anni del disco (si tratta di un album pubblicato lo scorso 15 settembre e che vede dieci artisti emergenti italiani impegnati appunto a rileggere i brani di “Tregua”, ndr)...». Come è nata l’idea di questa compilation e come hai scelto gli artisti? «È stata in realtà un’idea del manager con cui lavoro da quando ho iniziato a fare musica, e che definire solo manager è fuorviante (si tratta di Gianni Cicchi, batterista dei Diaframma e tra i fondatori del Consorzio Produttori Indipendenti, ndr). Con Gianni abbiamo pensato a cosa fare per questo ventennnale, passando dal “non facciamo niente” al “dobbiamo pensare a qualcosa di costruttivo senza cadere nella retorica”. E seguendo questa seconda idea ci siamo ricordati dei diversi attestati di stima ricevuti in questi anni da parte di alcuni artisti, che abbiamo voluto valorizzare». Tra di loro anche le cesenati Io e la Tigre… «Le ho conosciute via internet, mi era piaciuto molto un loro pezzo e così ho seguito un po’ le loro varie fasi. Ogni artista coinvolto, però, ha una storia diversa...». Tutti, comunque, vedono in te un punto di riferimento assoluto: che effetto fa? «È una bella sensazione, hai il sentore di aver perlomeno seminato bene, avendo sempre puntato molto sulla qualità e a sfavore di scelte più popolari: ecco, più che un esempio dal punto di vista musicale, credo di poterlo essere diventata per la libertà di elaborazione dell’arte in musica, e ne sono felice». Cosa ne pensi del risultato finale, del tuo album di debutto suonato da altri? «Ne sono molto felice, ci vedo grande vitalità, non potevo ricevere un regalo più bello per questi vent’anni. Sono rimasta anche sorpresa, la più grande soddisfazione è stata quella di aver ricevuto del materiale originale, per nulla scontato rispetto alla fonte: era quello che volevo, qualcosa di personale da parte di tutti. E poi in tutte le canzoni sento molto rispetto nei confronti non solo miei, ma della musica, il che è importante, il rispetto verso la musica andrebbe insegnato anche in ambito scolastico». E l’originale? Cosa ne pensi oggi? Sei solita riascoltare i tuoi dischi vecchi? «Non l'ho riascoltato, di solito non mi riascolto mai, ma naturalmente sono molto legata a Tregua e sono consapevole che si tratta di un disco che ha segnato non solo me ma anche tante persone e che fu importante anche per un’etichetta di culto come la Mescal. Ok, ti ho appena detto una bugia: in realtà l’ho riascoltato, per curiosità, e gli arrangiamenti sono ancora freschi, non è un disco datato. Quello che invece faccio davvero fatica a riascoltare è il mio cantato di allora, così lontano…». Che ricordi hai di quel periodo? Sei stata protagonista della prima (e forse ultima) vera e propria scena rock italiana...

GLI ALTRI LIVE AL BRONSON ANCHE COEZ, WILLIE PEYOTE, MICAH P. HINSON E FLESHTONES Detto di Cristina Donà, che intervistiamo in questa pagina, e del festival Transmissions (vedi pagina 10) in novembre al Bronson di Ravenna, l’appuntamento forse più attesto (almeno in termine di presenze) è quello da tutto esaurito di sabato 4 con Coez (nella foto), artista romano che sta ottenendo un grande successo con la sua formula molto immediata che mischia rap e pop. Restando nel campo dell’hip hop, filone però alternativo, il 18 novembre al Bronson arriverà invece il torinese acclamato dalla critica Willie Peyote. Tornando al rock, il club ravennate ospita il 3 una serata tra chitarre “dure” e psichedelia con i canadesi Big Brave, gli inglesi Gnod e i “padroni di casa” Ovo; l’8 tornerà invece una vecchia conoscenza come il folksinger americano Micah P. Hinson mentre il mese di concerti terminerà il 27 con una leggenda garage come The Fleshtones.

ROCK ITALIANO/2 I MARLENE KUNTZ, EGLE SOMMACAL

E

COLOMBRE

IN

ROMAGNA

Sabato 18 novembre al Rock Planet di Pinarella di Cervia è in programma il concerto di una delle band simbolo del rock alternativo italiano, i Marlene Kuntz (nella foto). Si tratta di fatto del recupero della data rinviata a causa del maltempo in settembre alla festa dell’Unità di Ravenna. Altri nomi della scena tricolore sono attesi in Romagna in novembre. Il chitarrista dei Massimo Volume Egle Sommacal porta in giro il suo progetto solista e sarà in concerto il 10 a Ravenna (in via Mazzini 66) e l’11 al Wave di Misano Adriatico, mentre al Bradipop entra nel vivo la rassegna di concerti del sabato sera: si parte il 4 con il noise-pop dei riminesi Cosmetic per poi proseguire l’11 con il rock della milanese Alteria e il 18 con Colombre, progetto folk-pop del cantautore marchigiano Giovanni Imparato.

«Ho un ricordo bellissimo di quegli anni, della scena milanese, ero diventata una sorta di mascotte. E non c’erano solo gli Afterhours a cui sono sempre stata associata, penso ai La Crus, ai Subsonica, anche a Marco Parente. È stato una fortuna iniziare in quegli anni, c’era un gran fermento. Ora invece è tutto più dispersivo ed è caratterizzato da altri suoni, come poi è giusto che sia». Hai parlato degli Afterhours: Manuel Agnelli è stato il tuo produttore artistico e a quanto pare fondamentale per l’inizio della tua carriera, partita un tantino tardi rispetto allo standard... «Sì, ho iniziato a fare musica tardi (ai tempi del debutto discografico di Tregua aveva già 30 anni, ndr), ho fatto un figlio tardi: colpa della mia pigrizia. Ma era destino che la musica vincesse su tutto... La svolta è stata la partecipazione al progetto Matrilineare del Consorzio Produttori Indipendenti (una compilation a cui ha partecipato con un brano, ndr), d’altronde io adoravo i Csi. Poi certo, ho conosciuto Manuel, ma solo grazie alla segnalazione della persona che ha cambiato la mia vita, Davide Sapienza, mio marito (nonché scrittore e ai tempi giornalista musicale, ndr)». E cosa ne pensi della scelta di Manuel di diventare un giudice in un talent show in televisione? «Ha portato in tv quello che è, io l’ho riconosciuto. Almeno l’anno scorso – quando ho guardato X Factor solo per lui – quest’anno non lo sto seguendo. Faccio fatica però a sopportare la pressione che si materializza sui concorrenti, questi ragazzi costretti in una competizione molto forte. Il problema vero non sono però i talent, è quello che non c’è, in tv. I duri e puri che criticano Manuel, il pubblico, alla fine, cosa fa per la musica? La comprano la musica? Investono sulla musica? Oppure la scaricano? L’ascoltano gratuitamente? È un problema culturale a creare i talent in Italia. Dove pesa soprattutto la lacuna del servizio pubblico. Non c'è più un programma di approfondimento musicale, mentre la musica è molto più importante di quello che si pensa. Basterebbe anche solo tenere vivo almeno il nostro patrimonio musicale, il cantautorato: sono costretta a rimpiangere le trasmissioni di Paolo Limiti, che una volta inevitabilmente invece criticavo...». Hai appena compiuto cinquant’anni, tempo di bilanci. E di progetti futuri? «Sì, sono una donna che non vuole nascondere la propria età: cinquant’anni sono un bel traguardo, mi reputo fortunata perché ci sono arrivata facendo quello che mi piaceva, cosa non affatto scontata. Per il futuro servirebbe una sfera di cristallo, ma innanzitutto vorrei cercare di fare uscire un disco di inediti l'anno prossimo, verso la fine. Poi vorrei continuare a guardarmi intorno, senza nostalgia per quello che è stato». Partita dal rock, hai proseguito la tua carriera in maniera molto trasversale, passando dal jazz agli omaggi a De André, fino al teatro... «Sì, non volevo fossilizzarmi in uno stile, quello rock di Tregua per esempio: ho preferito spostarmi, magari deludendo alcuni miei seguaci. Però in questo modo ho sempre smosso le acque intorno a me, mi sono arrivate belle proposte, in ambiti sempre diversi, nuovi progetti che arricchiscono me e spero anche chi viene di volta in volta a vedermi». Da artista donna, cosa ne pensi delle recenti denunce di Asia Argento e colleghe? «Credo che purtroppo un certo tipo di atteggiamento maschile, nonostante si siano fatti grandi passi in avanti, sia ancora molto presente, non solo nello spettacolo, ma in generale nell’ambiente lavorativo. Quindi più denunce ci sono e meglio è. In Italia purtroppo si fa ancora fatica a fare fronte comune, a fare gruppo, non solo fra donne. Ma credo che incoraggiare a denunciare un certo tipo di soprusi sia importante, poi ci vuole però anche una risposta: questi comportamenti non devono restare impuniti».


MUSICA

R&DCULT novembre 2017

7 ROCK INTERNAZIONALE/1

LA ROMAGNA IN CUFFIA

L’antifascismo in salsa post-punk degli Havah di Luca Manservisi

IL RITORNO DEI BOSS HOG L’8 novembre la fattoria didattica La Fragola de Bosch di Gambettola ospita una delle tre date italiane degli americani Boss Hog, il progetto dei coniugi Spencer (della Blues Explosion)-Martinez, tornati con il loro punk-garage-blues e un disco nuovo dopo un silenzio durato quasi 17 anni

ROCK INTERNAZIONALE/2 LEGGENDE

IN

ROMAGNA: LYDIA LUNCH

PUNK AL

WAVE

Il 25 novembre al Wave di Misano Adriatico arriva l’americana Lydia Lunch, figura leggendaria della no wave e new wave newyorkese. Presenterà l’ultimo album Under the Covers con Cypress Grove, cresciuto nell'ambiente del gruppo cult Gun Club.

LEGGENDE

IN

ROMAGNA: THE FUZZTONES

AL

BARRUMBA

Venerdì 17 novembre al Barrumba di Pinarella è in programma una delle date italiane dei The Fuzztones, nati intorno alla metà degli anni '70 ma ancora in giro, con il leader Rudi Protrudi pronto a dispensare il suo garage-rock, andando a pescare i brani di una lunga carriera iniziata nel 1985 con il disco Lysergic Emanations.

AL CLANDESTINO I

CANADESI

RANDOM RECIPE

Il 9 novembre al Clandestino di Faenza concerto dei canadesi Random Recipe tra hip-hop, pop ed elettro-folk.

Youth Of Today a Pinarella Venerdì 10 novembre al Rock Planet di Pinarella appuntamento con la storica band americana Youth Of Today, in formazione originale, portabandiera dell’hardcore-punk anni ‘80, filone straight edge.

Sono forse i dischi più difficili da recensire, quelli come Contravveleno degli Havah del forlivese Michele Camorani (già batterista di gruppi di culto in ambito post-hardcore come La Quiete e Raein). Difficile perché, paradossalmente, così facile da catalogare, fin da un primo ascolto distratto. Post-punk e new wave in primis (e potrebbero bastare), a cui aggiungere per gli addetti ai lavori le parole dark, lo-fi e shitgaze. Con riferimenti espliciti che vanno dai Diaframma di “Siberia” ai Bauhaus, dai Joy Division a certi Cccp fino ad arrivare agli Smiths in alcuni momenti meno rumorosi. Riferimenti banali ma inevitabili, per un disco come da previsioni claustrofobico, cupo, ossessivo, dalle classiche ambientazioni in bianco e nero (come la copertina). Tutto questo è per forza di cose il limite più grosso dell’album, insito quindi nella sua stessa natura, essendo un disco uscito nel 2017 che sarebbe potuto uscire identico trent’anni fa. Probabilmente sarebbe oggi ricordato pure come un piccolo capolavoro, il “Contravveleno” del 1987. E dopo alcuni ascolti ad alto volume in cuffia, dimenticandoci di tutto il resto, potrebbe sembrarlo pure oggi. Sono i dettagli, in questi casi, che fanno la differenza. Come l’apertura melodica di “Ogni Volta”, i synth (per la prima volta in carriera, a quanto pare, in questo che è il terzo disco degli Havah) di “Problemi elementari”, la cura del suono a cui si sono dedicati Franco Naddei (citato anche il mese scorso per il lavoro sul nuovo Giacomo Toni) e Maurizio ‘Icio’ Baggio (già con Ema e Soft Moon), i toni bassissimi e asettici della voce di Camorani, con quel leggero accento romagnolo che dà un tocco esotico al tutto. E per finire i testi e lo studio che c’è dietro, frutto di racconti e testimonianze di partigiani (in particolare Nullo Mazzesi) dalla Seconda Guerra Mondiale, tra Ravenna e Forlì. Un lavoro (uscito lo scorso 15 settembre per la bolognese Maple Death Records) che si potrebbe rischiare di sottovalutare e che giustamente è stato invece anche “Album of the Week” nella rivista di culto americana Stereogum, nonostante l’italiano. Il 1 novembre il disco verrà presentato in “casa”, dalle 22, nel concerto al Diagonal Loft Club di Forlì.

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GIOVEDÌ 16 NOVEMBRE Palazzo dei Congressi RAVENNA ORE 18

Angelopoli o Sin City? Realtà e destino della città contemporanea Intervengono

MASSIMO CACCIARI Filosofo ROCCO RONCHI Filosofo Introduce e modera

Alberto Giorgio Cassani

Ore 17.30 Apertura e iscrizioni Ore 18 Conferenza Ore 20 Saluto conclusivo

Con la collaborazione di Con il patrocinio di

Comune di Ravenna

Comune di Faenza

Comune di Cervia

Comune di Forlì

Comune di Cesena


R&DCULT novembre 2017

MUSICA

8 CONSIGLI D’AUTORE

Quei dischi che spaccano il cuore a cura di Gianluca Lo Presti * Quando mi è stato chiesto di scrivere un articolo sui dischi che mi hanno influenzato, mi sono trovato molto in difficoltà, direi quasi nel panico. Solitamente sono abituato a costruirli traccia per traccia, nota per nota, arrangiarli, registrarli, mixarli, i dischi, non certo a parlarne o a improvvisare recensioni. Sono abituato invece a sentirmi recensire, apprezzare o criticare. Ma penso anche che a volte si debba uscire dal proprio mondo, dalla propria zona di comfort, e allora ho accettato la sfida pur sapendo che tornare indietro nel tempo, ripercorrere i miei passi e selezionare in qualche modo i dischi che più mi hanno spaccato il cuore, sarebbe stata un’esperienza forte, bellissima e dolorosissima al tempo stesso. Questa è la potenza della musica. Questo non sarà mai l’articolo di un recensore professionista, e non vuole proprio esserlo. È un racconto di un pezzo di vita (la mia) attraverso questi ascolti. Perché si sa, alla fine tutto si mischia e diventa una cosa sola. Inutile dire che non sono in grado (ma neanche voglio) di raccontare questi album in modo dettagliato per filo e per segno perché il mio approccio all’ascolto è sempre stato molto emotivo e poco razionale: io vado di pancia, se un disco mi fa piangere allora è quello giusto. Li ho messi in sottofondo e man mano che riaffioravano ricordi, momenti, sensazioni e lacrime (anche) ho iniziato più o meno lucidamente a scrivere. Buon viaggio (in ordine sparso). Peter Gabriel - “Us” (1992) La cosa che più mi ha colpito di questo disco è il suono inscatolato. Ma lo dico come una nota d’onore. Quando lo misi su per la prima volta pensavo di avere lo stereo rotto. Un colosso di artista come lui che ha a disposizione il massimo della tecnologia in uno degli studi più belli del mondo costruisce un suono così: sporco, chiuso sulle medio-alte e compatto. Quasi a bassa fedeltà. Bellissimo. Geniale. Avanti anni luce. Dentro, un mare di arrangiamenti sofisticatissimi che bilanciano il tutto e la sua voce, mamma mia, basta solo quella. È stato l’inizio del mio periodo etnico, poco prima di produrre Monsignor Milingo, questo disco l’ho ascoltato migliaia di volte e mi ha fatto da fonte di ispirazione. Perché quando un grande artista fa una scelta di suono cosi originale e coraggiosa un motivo lo ha sempre e non sbaglia mai, anzi anticipa i tempi. Menziono in parGianluca ticolare il brano d’apertura “Come talk to me” e Lo Presti quello di chiusura , “Secret World”. Ciao Peter, ti amo! Bjork - “Post” (1995) Era sempre il periodo in cui stavo imparando a usare l’elettronica. E mi piaceva questo modo deviante di arrangiare di Bjork e dei suoi produttori, Nellee Hooper in particolare. Unire il rumore alla melodia, alla ricerca del suo equilibrio che non stancasse mai l’ascoltatore, e a volte invece usarlo come provocazione: divenne dopo questo disco una ricerca costante del mio modo di fare musica. “Hyper-Ballad” mi colpì su tutti. Ma in generale ho sempre amato chi non ha mai avuto paura di andare controcorrente mischiando in modo molto ardito e coraggioso le carte, come chi ha fatto questo disco. Fabrizio De André - “Creuza de mä” (1984) Uno dei dischi più perfetti che conosca in quanto a registrazione e produzione. La scrittura poi è immensa. Il suono è ottimo, non si può aggiungere ne togliere niente. Non a caso David Byrne lo cita come uno dei dieci migliori album della storia della musica moderna. Qui c’è una ricerca quasi filologica sia sul linguaggio (il dialetto genovese) che sulle sonorità, particolarissime, di certi strumenti che appartengono a mondi molto lontani dal nostro, registrati appunto in modo divino. Credo che ogni fonico debba studiare questo disco solo per l’approccio alla registrazione. Stiamo parlando di 33 anni fa. Da brividi. Fu prodotto da Mauro Pagani della PFM e ci suonarono musicisti molto importanti al tempo. Qui non ho canzoni preferite perché questo disco l’ho sempre ingoiato tutto assieme, un brano dietro l’altro, in quanto mi ha sempre dato l’impressione di essere un’unica lunga suite, ma la cosa che mi ha sconvolto, lo ribadisco è come suona. Ancora oggi faccio fatica sentire album cosi. Chapeau. Sneaker Pimps - “Bloodsport” (2002) Qui ci sono i miei primi amori verso il postpunk e la wave. Disco di svolta per me, dove iniziai a dirigere l’elettronica e il suono sporco veramente dove volevo. Ascoltato, consumato, studiato in ogni nota, con la voce personalissima di Chris Corner che sinuosa si muove in mezzo a un mare di elettronica e chitarre lo-fi. Trovo la produzione originalissima. Ma per gli inglesi questo è pane quotidiano altro che qui da noi. “Kiro TV”, “Sick” e “Think harder” tra i miei brani preferiti. Anche qui si respira a pieni polmoni il momento storico trip hop ma contaminato bene: pop, melodia, noise, postpunk e lo-fi sono in equilibrio perfetto. E molto lo fa la voce. Altro chapeau. Lali Puna - “Scary World Theory” (2001) Questo è un altro di quelli chi mi inchiodò all’ascolto. Avevo da poco cominciato a suonare il basso e sentivo molto vicino al mio essere l’uso di questo strumento fatto in questo album. Il mio disco del 2007 “Nevica su quattropuntozero” si ispira tantissimo a questo suono. Quello che secondo me fa la differenza è la semplicità e l’efficacia sia della composizione che dei suoni, è tutto molto minimal forse a volte anche un po’ ripetitivo ma è un suono che ha una personalità pazzesca. Sottolineo anche la linearità voluta del suo cantato. Brani amati: “Nin-Com-pop”, “Bi-Pet” e “Contratempo”. * Cinquant’anni compiuti lo scorso agosto, livornese di nascita ma ravennate d’adozione, Gianluca Lo Presti è titolare dello studio di registrazione Lotostudio 2.0 e opera nel panorama musicale da oltre vent’anni in qualità di musicista, produttore, arrangiatore e tecnico del suono. Tra le sue collaborazioni più importanti quelle con Lucio Dalla e Blaine Reininger dei Tuxedomoon. Artisticamente oscilla tra due progetti principali uno di cantautorato elettronico (Nevica su quattropuntozero), l'altro (Nevica NOISE) di elettronica sperimentale e strumentale, con cui ha pubblicato lo scorso anno l’album Sputnik.

Lorenzo Nadalin, in arte Godblesscomputers

ELETTRONICA

Godblesscomputers e il tour con una band «Dovevo riempire i momenti vuoti...» Lorenzo Nadalin, in arte Godblesscomputers – di Lugo di Romagna, oggi di stanza a Bologna – è uno dei migliori musicisti italiani in quell'area che sta tra l'hip hop e l'elettronica. Già dj del collettivo rap ravennate Il Lato Oscuro della Costa, oggi porta avanti la sua carriera solista con un progetto dal respiro europeo, caratterizzato da un suono caldo e personalissimo, ritmiche spezzate e avvolgenti. È uscito a inizio settembre Solchi, il suo nuovo album, ed è già tempo di tour. Lo ritroveremo al Vidia di Cesena l'11 novemebre (altra data in regione è quella del 25 al Vibra di Modena), questa volta non più da solo alle macchine, ma con una band vera e propria sul palco. Incominciamo dalla novità più rilevante: ora suoni assieme una band. Come mai questa scelta? «L’idea mi è venuta principalmente per due motivi: il primo è che il nuovo disco ha un feeling molto “suonato”, con brani che secondo me si prestavano a essere riproposti dal vivo con dei musicisti. La seconda è che negli ultimi anni ho girato parecchio, spesso da solo o al massimo in due, e sinceramente sentivo il bisogno di condividere delle esperienze con altre persone. Suonare non è solo stare sul palco: passi anche molto tempo in viaggio e hai molti momenti vuoti. Sentivo il bisogno di riempirli». Chi sono i tuoi compagni? «Uno si chiama Federico Mazzolo, in arte Ioshi, ed è un batterista bravissimo che viene dal mondo del dub. È anche un ottimo dubmaster e produttore, nonché fondatore dei Mellow Mood. L’altro si chiama Giulio Abatangelo ed è un musicista con un background legato al Jazz, ma molto appassionato di elettronica e hip hop. Con me dal vivo suona chitarra e basso ma ha collaborato anche alla scrittura di Solchi suonando e arrangiando alcuni brani. Come band siamo assieme da poco, ma già mi trovo benissimo». Per Solchi hai utilizzato la tua classica metodologia di lavoro o ti sei inventato qualcosa di nuovo in fase di scrittura? «A livello di scrittura direi che non ci sono state troppe innovazioni, però per questo disco ho lavorato con molta più calma. Ad esempio molti brani sono riletture di bozze chiuse in pochissimo tempo, che ho lasciato decantare, per poi tornarci sopra uno o due anni dopo. Negli altri dischi invece ero più abituato ad incominciare un brano e chiuderlo subito, senza ritornarci. Inoltre c'è da dire che molti brani sono nati da jam in studio con gli altri musicisti. Qui a Bologna infatti ho realizzato il mio studiolo e ho uno spazio anche per suonare e registrare bassi e chitarre, e quindi è stato molto più semplice chiamare a raccolta persone con cui mettersi a improvvisare e vedere quello che saltava fuori, senza troppo pretese. È stato un buon modo per allontanarsi un po' dal mio solito approccio da beatmaker». A proposito di beatmaking hip hop – diciamo così –“classico”, è una cosa che ti interessa ancora o la consideri una parentesi chiusa? «In realtà mi piacerebbe molto produrre qualche artista... Anzi, negli ultimi tempi in verità l'ho fatto: ho prodotto alcuni brani per Mecna e altri per Willie Peyote. Mi sono arrivate altre richieste in tal senso, ma per me è importante collaborare con persone che mi piacciono; molte cose invece non mi interessavano e non le ho fatte per quello. Sarei comunque ben contento di produrre beat o anche un disco intero, se mi chiamassero per un progetto interessante». Tu suoni anche come dj e hai sempre avuto un ottimo gusto musicale. C'è qualche nuovo artista interessante che ti va di consigliare ai lettori di R&D Cult? «Guarda, io ho sempre ascoltato tantissima musica nuova, ma negli ultimi anni – e nell'ultimo in particolare – ho ritirato fuori soprattutto dischi che non ascoltavo da tanto tempo e che fan parte della mia adolescenza, per godermeli da un'altra prospettiva. Per quanto riguarda i nuovi dischi consiglio l'ultimo di Jordan Rakei – uscito sotto Ninja Tune – che è fantastico; e poi c'è questa ragazza inglese bravissima di nome IAMDDB che unisce rap e cantato in una sorta di nu-soul su ritmiche trap molto contemporaneo. Inoltre, per pura curiosità, ho ascoltato anche l'ultimo disco di Gué Pequeno e devo ammettere che nel suo genere – pur essendo molto distante da me – è bravo in quello che fa». Filippo Papetti

Parla il musicista

atteso al Vidia di Cesena con il nuovo album


MUSICA

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ROCK

ROCK NEI CIRCOLI

Succi e la «nicchia» da rompere

A GAMBETTOLA GLI OFELIADORME, BOB CORN E OTTONE PESANTE

Il cantante dei Bachi Da Pietra presenta il suo disco solista a Forlì: «Il successo? Non l’ho mai visto. Nell’arte andrebbe ricercato e apprezzato il disorientamento» di Luca Manservisi

Si chiama Con ghiaccio ed è uscito per La Tempesta Dischi lo scorso 22 settembre il debutto solista vero e proprio di Giovanni Succi, a Giovanni distanza di qualche anno dai primi tentativi con le rivisitazioni di opere Succi altrui de Il conte di Kevenhüller (2012) e Lampi Per Macachi (2014), rispettivamente una lettura per sola voce dell’ultima opera di Giorgio Caproni e un tributo personale a Paolo Conte. Artista colto ed eclettico, l’astigiano Succi è attivo sulla scena rock alternativa italiana da quasi un trentennio, ex Madrigali Magri, recentemente noto soprattutto per essere chitarra e voce dei Bachi Da Pietra. Presenterà il nuovo album – per chi scrive, un piccolo capolavoro di cantautorato fuori da qualsiasi schema – in Romagna nel concerto del 15 novembre al Diagonal Loft Club di Forlì. Lo abbiamo contattato via mail per un’intervista – avvisiamo il lettore – a tratti quasi surreale. Con ghiaccio mi pare il classico punto di arrivo di un’intera carriera, dopo un disco in qualche modo preparatorio com’era il tuo omaggio a Conte, che già sembrava un'opera di inediti. Cosa ne pensi? «Io veramente mi sento in fase di riscaldamento. Il meglio verrà postmortem. Mi fa molto piacere comunque che Lampi Per Macachi ti sia sembrata una raccolta di inediti, quale miglior complimento se affronti un Paolo Conte a mani nude e senza lo smoking». Eppure Con ghiaccio sembra il classico “disco della carriera”... «Ho la presunzione e l’ingenuità di ammettere che tutti i dischi li ho scritti come dischi-della-carriera. Rido sovente con Bruno Dorella (l’altra LI ALTRI LIVE metà dei Bachi da Pietra, ndr) delle nostre aspettative di grandi svolte per certi capolavori dei Bachi Da Pietra. Mettiamola così: carriera alla fine AL DIAGONAL ANCHE L’ELETTRONICA DI TIR E PETIT SINGE vuol dire strada, e ho sempre fatto della strada. In Piemonte si dice “fai della strada” per mandare qualcuno a quel paese. Mi ci mandano e io ci Oltre al concerto di Succi del 15 e a quello degli Havah (vedi recensione qui vado. E ho ancora un sacco di carriera da fare». a fianco) in novembre al Diagonal sono in programma anche i live di merMi piace molto l’ambientazione sonora del disco: come è stato coledì 8 dei TIR, duo riminese “paleo-antropotronico” – come si autodeficomposto e quali sono le collaborazioni più importanti? nisce – tra ambient, industrial, loopdelia e post-clubbing, e di mercoledì 29 «Quella con Ivan Antonio Rossi, che ha arrangiato, registrato e mixacon l’elettronica di Petite Singe, progetto dell’ormai forlivese di adozione to i pezzi a partire da miei demo chitarra e voce: gli ho dato carta bianca. Hazina Francia. Ivan è un fan di David Bowie, un docente di sintetizzatori e un esperto di pop anni Ottanta. Poi c’è la collaborazione più recente con Tristan Martinelli e Giovanni Stimamiglio, che mi accompagneranno in tour: il trapianto del terzo arto è perfettamente riuscito e permetterà loro di suonare rispettivamente basso e tastiere, batteria e tastiere. Rispetto ai Bachi Da Pietra qui la mia chitarra è di contorno. Riposo un po’ la mano». Per recensire il tuo disco si è parlato anche di rap e in un’intervista rivendichi di averne già scritte parecchie di canzoni rap, anche con i Bachi. Di certo il tuo modo di fare rap, senza “travestimenti”, è per fortuna lontano da quello così finto di molti artisti italiani, anche solo nella cadenza o nella pronuncia. «Non ci ho messo troppo tempo a capire che non sono un nero del Bronx o un gangster di Los Angeles e che l’italiano pronunciato senza inflessioni anglofone suona più autentico. Per il resto la metrica o l’uso ritmico musicale della parola in versi non l’ho inventato io e nemmeno il rap». Quali sono gli autori letterari che ti hanno ispirato e cosa hai letto ultimamente? «Sono così vecchio che qui facciamo notte, le letture (gli ascolti, le visioni) mi hanno sicuramente influenzato tutte. Ultimamente ho scoperto Gesualdo Bufalino. Ma non è che leggo un libro e ci scrivo un disco, tipo Bennato con Pinocchio (grandissimo: sono un suo fan dalla tenera età)». Cosa ne pensi realmente di Bukowski e dei reading letterari con sonorizzazioni, che prendi un po’ di mira nel disco in “Bukowski”? «Bukowski resta un personaggio immortale della letteratura al di là delle mode, che poi qualcuno si dia delle arie sfoggiandone il cognome non sarà mai un problema suo. Le sonorizzazioni sono quella cosa che chiunque sappia suonare una nota è convinto di saper fare. Come leggere». Citando invece il pezzo che apre l’album, come ti trovi nella tua “nicchia”? Ormai molti steccati con il mainstream in Italia sono caduti e spesso si fa fatica a orientarsi ma tu e i Bachi continuate a rappresentare comunque qualcosa di davvero “alternativo”. «Preferisco rompere la nicchia. Non è che ci si debba orientare sempre e per forza, così a prima vista, un-due-tre. Anzi, nell’arte andrebbe ricercato e apprezzato il disorientamento come merce rara, significa che l’universo dell’espressione umana non è ancora del tutto codificato e finito (il che non sarà mai). E poi di solito si scrive nicchia ma si legge sfiga. Per controbilanciare mi piace sottolineare che ‘sta nicchia, se opportunamente stimolata, cresce di molto e poi magari cammina, come ha sempre fatto. Per questo la esorto: su, cammina, nicchia! Ripetete con me: su cammina nicchia, su cammina nicchia (è la citazione del testo di “Artista di nicchia”, appunto, ndr)… Funziona». Che rapporto hai con il successo? Professionale, di pubblico, di vendite, nei concerti... «Uno splendido rapporto, del tutto platonico: non ci siamo mai visti. Ma se mai mi vedesse, striscerebbe ai miei piedi».

G

Al Treesessanta di Gambettola in novembre si parte l’11 con un doppio concerto all’insegna di cantautori folk: sul palco una piccola istituzione come l’emiliano Bob Corn e in apertura il giovane romagnolo Isak Suzzi (in duo con Andrea Giovacchini al violino). Si prosegue il 18 con i faentini Ottone Pesante e il loro metal-jazz (e dintorni) con fiati mentre il 25 l’appuntamento è con i bolognesi Ofeliadorme che presentano il loro ultimo lavoro dal respiro internazionale, tra dream-wave, altrock ed elettronica, registrato e prodotto da Howie B con il sound engineer Joe Hirst tra la campagna del Galles e Londra.

ONE MAN BAND DAGLI USA FORLIMPOPOLI

A

Appuntamento con una one man band americana ai Bevitori Longevi di Forlimpopoli: il 16 novembre sul palco Matt Lorenz, l’istrionico musicista del Massachusetts che si nasconde dietro lo pseudonimo di The Suitcase Junket, per un mix tra blues, folk, rock e country.

I TOSCANI LE FURIE E IL BLUES DI BUZZY LAO AL KINOTTO Al circolo Arci di Borgo Masotti (Ravenna) Kinotto tra i vari appuntamenti in programma (all’ora dell’aperitivo) da segnalare i concerti del 12 novembre con i toscani Le Furie (indie-rock) e del 26 novembre con Buzzy Lao, artista torinese che unisce nella sua musica neo-blues, contaminazioni black e cantautorato italiano.


R&DCULT novembre 2017

MUSICA

10 ELETTRONICA

PIERRE BASTIEN E IL MECCANO Fa tappa il 19 novembre al teatro Binario di Cotignola (Ravenna) il progetto “Quiet motors” del musicista e compositore parigino Pierre Bastien. Figura non comune nel campo della sperimentazione sonora, noto anche per la costruzione di vere e proprie “macchine musicali”, Bastien, con una sorta di orchestra i cui elementi sono apparati meccanici creati con pezzi del Meccano e motori di vecchi giradischi, rievoca, in un ensemble di sculture sonore in movimento, il suono di strumenti tradizionali come il liuto cinese, il bendir marocchino, il saron giavanese, il koto giapponese e il sansa africano. A rendere ancora più ipnotica la performance contribuiscono la tromba suonata dal vivo e le immagini dei meccanismi in azione proiettate su schermo.

AVANGUARDIE/1

La decima volta di Transmissions Ulver, Lorenzo Senni, (l’ex) Lichens: elettronica e dintorni al festival di Ravenna

Da sinistra Ulver, Senni e Lowe

Arriva alla decima edizione Transmissions, il festival dell’associazione Bronson tra musica sperimentale, elettronica, avanguardia, “weird folk”, drones e arte contemporanea. L’appuntamento è per l’ultimo weekend di novembre a Ravenna. Si parte venerdì 24 all’Almagià con i norvegesi Ulver, nome di punta dell’intera rassegna, padrini del black metal scandinavo ma in grado di cambiare anche più volte pelle, fino ad arrivare a una sorta di prog elettronico. In apertura il connazionale, chitarrista sperimentale, Stian Westerhus; Bus De La Lum, performance dell’artista Nico Vascellari (dei Ninos Du Brasil), e Tiresia, nuovo duo ambient composto dal “nostro” (vedi rubrica qui a fianco) Bruno Dorella e da Stefano Ghittoni. Il giorno dopo si passa al Bronson di Madonna dell’Albero con uno dei nuovi fenomeni della scena elettronica più o meno sperimentale internazionale, il cesenate Lorenzo Senni (finito sulla prestigiosissi-

CONTEMPORANEA MARIO MARIANI E PIANO PREPARATO A SANTA SOFIA

Il cartellone musicale del teatro Mentore di Santa Sofia prosegue il 25 novembre con il pesarese Mario Mariani e il suo concerto per pianoforte preparato (o impreparato, come lo definisce lui), tra colonne sonore originali e improvvisazioni, affiancate a composizioni dei più noti autori per il cinema.

ma scuderia dell’inglese Warp), affiancato da un altro “elettronico” romagnolo (forlivese) che si sta facendo largo all’estero: Matteo Vallicelli, primo italiano su Captured Tracks, etichetta-culto newyorkese. A completare il cast della seconda serata due ospiti internazionali, il Robert Aiki Aubrey Lowe (noto anche come Lichens) di cui parla Dorella qui a fianco e Daniel O’Sullivan, compositore e polistrumentista anche di Sunn O))) e degli stessi Ulver. Transmissions terminerà con la giornata “Off” della domenica al Mar di Ravenna con il ritorno ai concerti del field recordist ravennate Adriano Zanni e Love Theme, trio composto da Alex Zhang Hungtai (ex Dirty Beaches), Austin Milne e Simon Frank che ha realizzato l’ultimo disco in maniera virtuale tra Londra, Los Angeles e Taipei, con improvvisazioni per due sassofoni, synth, percussioni, drum machine e voce.

UN DISCO AL MESE

Lowe e quel delizioso senso di incompiutezza... di Bruno Dorella

Robert Aiki Aubrey Lowe - “Two Orb Reel” (More Than Human, 2017) Ho incontrato Robert Lowe per la prima volta una decina d’anni fa a un festival a Birmingham, suonava a nome Lichens, fu strepitoso. Mi precipitai al banchetto dove vendeva i suoi dischi... e i suoi dischi non c’erano. Vendeva dei disegni, e dei cd-r in 20 copie registrati dal vivo, con le copertine fatte a mano da lui. Insospettito dall’approccio e dai prezzi, lasciai perdere. Mannaggia a me. Lo rividi anni dopo a Berlino, come membro degli Om. Non riusciva a rendere interessante il gruppo alle mie orecchie, ma il suo contributo era comunque notevole. Rivisto a Ravenna ancora anni dopo, ormai nome noto, mi restarono due impressioni forti: un musicista geniale da una parte, e molto sfuggente dall’altra. Fa dischi sotto nomi diversi, pur non cambiando così radicalmente genere da giustificarlo. Ma sono sempre quantomeno interessanti, spesso molto belli. Quindi, vuole rimanere liquido, non vuole essere intrappolato. Mi sembra l’unica spiegazione. Affascinante? Può essere. Intanto, nonostante questo e forse anche grazie a questo, sta diventando sempre più famoso. Usa i synth modulari, quello strano mondo di cavi pomellini e scatolette che sembrano suonare da sole, a cui il musicista deve sostanzialmente abbandonarsi, perché sono macchine fatte per seguire strade proprie e controllabili solo fino a un certo punto. È il loro bello. Da noi personaggi come Alessandro Cortini o Nicola Ratti ne fanno ampio uso. Hanno possibilità di applicazione pressoché infinita, dalla techno alla musica improvvisata. Qui ci troviamo di fronte a 14 microsketch, degli acquerelli, deliziose miniature elettroniche da scoprire ascolto dopo ascolto, perché in questi loop che si inviluppano lentamente fino a diventare altro c’è veramente da perdersi. Mi ricordano i dischi di Vincent Gallo, bellissimi, con quel senso di incompiutezza perfetta, di bozza che non richiede un completamento perché è intrigante così. Un viaggio che non annoia mai anche grazie a questa sua brevità sospesa. Citare un pezzo o un altro ha poco senso, sono come ambienti sonori che si possono godere nella completezza dell’album oppure singolarmente, perché pur essendo tutti simili hanno tutti la loro personalità. Vedremo Robert Lowe in azione durante l’imminente Transmissions (il programma nell’articolo qui a fianco), che come al solito ci regala alcuni dei nomi più interessanti in circolazione.

* Batterista dei Bachi Da Pietra e degli OvO, chitarrista dei Ronin, membro della Byzanthium Experimental Orchestra, ex discografico, aspirante sommelier, orgoglioso ravennate d'adozione, in attesa della giornata di 48 ore per poter finire un paio di cose

AVANGUARDIE/2

Il jazz fuori dagli schemi “made in Usa” a Forlì In novembre si apre un trittico di concerti dedicati al jazz contemporaneo di origine statunitense all’Area Sismica di Ravaldino in Monte (Forlì). Si parte il 5 novembre con Thumbscrew, gruppo del contrabbassista Michael Formanek, già sideman negli anni ’80 di Freddie Hubbard, Joe Henderson, Dave Liebman, esploso come leader nei primi anni ’90 in formazioni con, tra gli altri, Tim Berne, Dave Douglas, Steve Swell, Jim Black. Qui sarà affiancato a Tomas Fujiwara alla batteria (anche compositore per il teatro, il cinema e la danza) e dalla chitarrista Mary Halvorson, affermatasi rapidamente grazie ad apprezzamenti iperbolici da parte della critica mondiale e coinvolta da artisti come L FESTIVAL Anthony Braxton e Marc Ribot. Autentiche superstar del genere UNA GIORNATA DEDICATA ALLA “MUSICA CONTEMPORANEA ITALIANA” ALL’ISTITUTO MASINI saranno protagoniste il 19 novembre con Made To Break, tra improvvisaSi terrà sabato 25 novembre all’Istituto musicale Masini di Forlì la settima edizione del Festival di Musica Contemporanea zione, funk ed elettronica: il sassofoniItaliana, rassegna dell’Area Sismica che propone i migliori interpreti attivi in Italia nel settore. sta Ken Vandermark, ideatore del proTra i protagonisti di quest’anno la pianista Anna D’Errico, il chitarrista elettrico Carlo Siega, il violoncellista Michele Marco getto, sarà accompagnato da tre dei Rossi, il percussionista Enrico Malatesta, il Duo Alterno del pianista e compositore Riccardo PIacentini e della soprano musicisti più emozionanti e significatiTiziana Scandaletti. Da segnalare il ritorno di Francesco D’orazio, riconosciuto interprete barocco e contemporaneo, quevi della musica del presente: Christof sta volta con il violino elettrico, associato al live elettronico di Francesco Abbrescia. Insieme faranno rivivere pagine di Bach Kurzmann (elettroniche), Jasper in una dimensione interpretativa radicale e fortemente calata in un pensiero contemporaneo. Un esperimento in prima Stadhouders (contrabbasso) e Tim assoluta, richiesto espressamente dal festival, curato quest’anno da Fabrizio Ottaviucci. Daisy (batteria).

I


MUSICA

R&DCULT novembre 2017

11 CLASSICA/1

CLASSICA/2

Tra capolavori e tesori nascosti a Rimini

Anche a Ravenna è tempo di Concerti della domenica

Gli appuntamenti di novembre alla Sagra Musicale Malatestiana di Enrico Gramigna

La Sagra Musicale Malatestiana, giunta ormai alla 68esima edizione, propone, mese dopo mese, concerti dai programmi sempre più stimolanti che richiamano sia il neofita sia l’appassionato della musica colta. Questo novembre, in particolare, sarà un mese goloso grazie anche ai tre appuntamenti in cartellone per la rassegna dei Concerti della Domenica che offriranno programmi non banali, presentati da grandi artisti. Primo tra questi concerti, il 12 novembre al teatro degli Atti, sarà quello che vedrà sulla scena il Trio Metamorphosi, formato dal violinista Mauro Loguercio e dai due fratelli Angelo e Francesco Pepicelli, rispettivamente pianista e violoncellista. I bravi musicisti saranno alle prese con un programma dal sicuro appeal, infatti aprirà il concerto il celeberrimo Trio op. 97 “Arciduca” composto nel 1811 da Ludwig van Beethoven e dedicato appunto all’arciduca Rodolfo d’Asburgo: questo trio rappresenta la dimostrazione della sapienza compositiva e il vertice della musica di questo genere del compositore tedesco. Un altro grande tedesco chiuderà questo primo appuntamento riminese, Robert Schumann, del quale verrà eseguito il Trio n. 3 op. 110, ultima sua fatica del genere: in essa vi è contenuta una buona sintesi della grande poetica dell’autore di Zwickau. Il secondo appuntamento, il 19 novembre ancora al teatro degli Atti, vedrà esibirsi due giovanissimi interpreti di caratura internazionale, il violinista Emmanuel Tjeknavorian e il pianista Maximilian Kromer, su un repertorio che abbraccia gli ultimi 350 anni della storia della musica: dapprima sarà la volta della celeberrima Ciaccona di Johann Sebastian Bach, poi le altrettanto note Sonata op. 47 “Kreutzer” di Ludwig van Beethoven e Sonata di César Franck. Concluderà sorprendentemente questo momento cameristico una delle composizioni più famose di Darius Milhaud, Le boeuf sur le toit, composizione intrisa di ritmi sudamericani (il titolo stesso, infatti, è mutuato da O boi no telhado, canzone popolare brasiliana). Il 26 novembre si chiuderà questo mese cameristico riminese all’insegna della musica popolare. Il peculiare quartetto costituito dal soprano Cathy-Di Zhang, dal violinista Marcello Fera, dal violoncellista Alberto Casadei e dal pianista Filippo Faes porterà sul

palco questa volta del teatro Ermete Novelli un programma incentrato sullo sviluppo della musica popolare nella storia della musica colta. Troveranno quindi spazio in questo programma alcune tra le Folk Songs di Ludwig van Beethoven, le Cinq Melodies Popuilaries Grecques di Maurice Ravel e le composizioni di Eric Satie e Astor Piazzolla, prima di concludere questo viaggio europeo della musica popolare in Spagna tra le braccia di El amor brujo di Manuel De Falla. Anche in questo novembre la Sagra Musicale Malatestiana offre, ed anzi, amplia le tematiche affrontate e propone al grande pubblico famose perle e gioie nascoste che verranno svelate anche il 3 dicembre quando al teatro degli Atti si esibirà Angela Hewitt, la quale farà riecheggiare note tra le più belle composte da Johann Sebastian Bach e Ludwig van Beethoven.

CLASSICA/4

CLASSICA/5

Al Piccolo di Forlì arriva il Quartetto Guadagnini

La giovane stella della viola per Emilia Romagna Concerti

La soprano Cathy-Di Zhang

CLASSICA/3

Sabato 18 novembre (dalle 21) al teatro Il Piccolo di Forlì appuntamento con il Quartetto Guadagnini. Nato nel 2012 dall’unione di quattro giovani musicisti provenienti da Ravenna, Pescara, L’Aquila e Bari è attualmente tra le più promettenti formazioni cameristiche d’Europa, dedite al grande repertorio quartettistico classico e romantico, con particolare attenzione al repertorio del Novecento e alla musica del nostro tempo. In programma musiche di Haydn, Wolf e Borodin.

L’Accademia Bizantina a Bagnacavallo La stagione “Bagnacavallo Classica” di Accademia Bizantina parte il 25 novembre al teatro Goldoni con il concerto “Fra due mari”, in cui l’orchestra di Accademia Bizantina, diretta dal primo violino Alessandro Tampieri (nella foto), proporrà un excursus nel Settecento italiano, da Albinoni a Pergolesi fino a Scarlatti e Vivaldi.

JAZZ TRA BRASILE E OTTOMANI “MEDITERRANEI” AL MAMA’S

CLASSICA/6 DALL’OMAGGIO A BACH AL PIANO SOLO AL TEATRO COMUNALE DI RUSSI

Dal 5 novembre al 17 dicembre, alla sala Corelli del teatro Alighieri di Ravenna tornano gli attesi Concerti della Domenica organizzati dall’associazione Mariani: sette appuntamenti (ore 11) che manderanno in scena musicisti già affermati e vincitori di importanti premi, impegnati in programmi musicali che abbracciano tre secoli di musica, spaziando dal barocco alla musica del novecento. L’apertura sarà affidata al Coro Lirico Città di Faenza, impegnato sotto la direzione di Monica Ferrini in brani da opere di Verdi, Donizetti, Puccini, Mascagni, Bizet. Quindi si susseguiranno i concerti dell’Ensemble Musica Viva (12 novembre) con brani di Spohr e Martinu, della pianista Federica Bortoluzzi, con un ampio programma di musiche di Debussy, Albeniz, Granados, Liszt (19 novembre), del Trio Fontana Mix con Valentino Corvino al violino, Sebastiano Severi al violoncello e Stefano Malferrari al pianoforte, impegnati in composizioni di Brahms e Ravel (26 novembre).

DI

VERDONE

Mercoledì 15 novembre alle 20.45 al teatro comunale di Russi “Back to Bach”: un attore (Nicola Ciaffoni), un musicista (Luca Franzetti) e un violoncello, danno vita a un dialogo fatto di musica e parola, e iniziano un viaggio tra passato e presente guidati dalle Suites per violoncello composte da Johann Sebastian Bach. Il 28 novembre appuntamento alle 20.45 con il piano solo al pianoforte di Gian Marco Verdone con musiche di Beethoven e Mussorgski (“Quadri di un’esposizione”).

Al via a Ravenna la stagione concertistica “Capire la Musica”, organizzata dalla cooperativa Emilia Romagna Concerti. Appuntamento alla sala Corelli del teatro Alighieri il 13 novembre (ore 21) con un recital della pianista Gile Bae, di famiglia olandesecoreana, proveniente dalla Accademia di Imola e ormai presente nelle più importanti sale da concerto. In programma musiche di Schubert e Brahms. Seguirà il 30 novembre (sempre alle 21 alla sala Corelli) il Concerto per Santa Cecilia, durante il quale ogni anno Er-Concerti presenta in Italia una delle stelle emergenti del concertismo mondiale: quest'anno sarà la volta del violista inglese Timothy Ridout, 19 anni, impegnato insieme al pianista Franck Dupree in brani di Schumann, Tertis e Brahms.

Tra le proposte di novembre del Mama’s Club di Ravenna (dove l’11 tornerà anche il folk dei Bevano Est), da segnalare le serate del 18 con il Brasile di Raimondi e quella del 25 dedicata al jazz “mediterraneo” di Ottomani, progetto del chitarrista olandese-turco Tolga During. Info e programma completo su www.mamasclub.it.

LA BIG BAND

DI

TAMBURINI

AL

SOCJALE

Tra i concerti dal teatro Socjale di Piangipane (Ravenna) da segnalare la serata del 24 novembre con la reunion della Big Band del compianto Marco Tamburini, tra i più importanti protagonisti della scena jazz italiana.

LA

CHITARRA DI

DE FEDERICIS

ALLO

ZINGARÒ

Il mese di novembre dello Zingarò di Faenza si apre mercoledì 1 con il concerto per chitarra solo all’insegna dell’improvvisazione di Mauro De Federicis. Live tutti i mercoledì, programma su www.ristorantezingaro.com.


R&DCULT novembre 2017

12

TEATRO

L’INTERVISTA

Il Pueblo quotidiano di Ascanio Celestini Il nuovo spettacolo dell’attore e autore dedicato a chi abita le periferie. «L’artista deve raccontare la condizione umana» di Matteo Cavezzali

«Aveva capito che i fatti succedono, ma nessuno li può raccontare. E quando uno si mette a raccontare... racconta e racconta... e all’inizio dice quello che è successo veramente, ma poi finisce per raccontare quello che avrebbe voluto che succedesse» recitava Ascanio Celestini in un suo vecchio monologo. Pueblo (che sarà il 30 novembre al Teatro Novelli di Rimini) è la nuova produzione dell’istrionico Ascanio Celestini, seconda tappa di una trilogia inaugurata con lo spettacolo Laika. L’artista, fra i più rappresentativi del teatro di narrazione, ritorna negli stessi luoghi in cui palpitava la vita della sua precedente creazione: la periferia, il bar, il supermercato, il marciapiede. Voci differenti s’incontrano all’interno di un bar per ritrarre un universo fatto di povertà, ma capace di brillare come un diamante di rara bellezza o un mondo senza dei in cui, nonostante tutto, molti miracoli dovranno accadere. Chi è il popolo di Pueblo? «Il lavoro è iniziato qualche anno fa facendo interviste con i facchini stranieri che lavorano nella grande distribuzione. Persone che fanno un lavoro doppiamente alienante perché sono in condizioni di estrema precarietà. Guadagnano molto meno degli italiani, non hanno alcun sostegno familiare, e tutto quello che riescono di mettere da parte lo inviano alle famiglie. Molti di loro vivono in condomini fatiscenti o in strada. In più vivono una condizione di alienazione dovuta al fatto che è un lavoro di fatica senza una prospettiva per il futuro, e perché passano la giornata a spostare pacchi di cui ignorano completamente il contenuto. Mi sembrava interessante partire da lì per capire che mondo c’è dietro. Sono persone che si vedono pochissimo in giro. I siriani arrivati in Italia chi li ha mai visti in giro? Ci sono molte persone che vivono ritirate». Questo moderno spaesamento ricorda molto quello che Marx diceva dello straniamento del lavoro nelle catene di montaggio… «Sì, con le differenza che in passato i migranti italiani che andavano a lavorare nelle fabbriche vedevano la loro condizione come migliorabile. C’era realmente una prospettiva di miglioramento, anche se per molti non ci fu, la vedevano come possibile. Gli italiani, i greci, gli spagnoli hanno vissuto nella migrazione condizioni peggiori di quelle che avevano lasciato, ma c’era speranza. Gli immigrati del sud Italia che arrivavano al nord trovavano lo stesso spaesamento e lo stesso razzismo che c’è oggi verso gli africani. E dico gli africani e non gli immigrati perché sono soprattutto gli africani a subirla. Un albanese se sta zitto, magari non ti accorgi che è albanese, mentre un eritreo lo vedi subito, a meno che non sia vestito bene, allora può passere per un americano… Gli stereotipi contro gli ita-

«Tutto è iniziato qualche anno fa facendo interviste

ai facchini stranieri che lavorano nella grande distribuzione, vivono in una condizione di alienazione dovuta al fatto che è un mestiere di fatica senza una prospettiva per il futuro

»

liani del sud erano gli stessi: “sono sporchi”, “non lavorano”, “perché non se ne tornano a casa loro”». Per lo spettacolo è partito da una serie di interviste, un metodo di lavoro giornalistico, come ha rielaborato questo materiale? Pensa che il teatro possa arrivare in maniera più diretta alle persone del giornalismo? Il giornalismo sta raccontando queste storie in maniera sbagliata? «Non credo ci sia una maniera sbagliata. Certe volte c’è un modo “furbo” di fare il proprio lavoro. C’è in tutti i lavori, come quando un muratore si fa pagare e poi ti accorgi che ha montato la porta storta. Tra i giornalisti non ci sono persone più disoneste che in altri lavori, però quello che fanno è diverso dal mio lavoro. Il giornalista racconta lo straordinario, l’eccezionale, raramente si occupa della quotidianità e della norma. A me invece è questa che interessa. Non mi interessa il fatto eclatante, ma la normalità. Per capire come vivono le persone bisogna andarlo a vedere. L’artista deve raccontare la condizione umana, e non per forza la vita scandalosa, anzi. Se prendiamo per esempio il presidente del consiglio di amministrazione di una società con una prostituta nigeriana, credo siano più interessanti gli aspetti che hanno in comune di quelli che li separano. L’antropologia ci dice che sono esseri umani identici, hanno un’infinità di tratti in comune e alcuni

dettagli che li differenziano. Noi siamo abituati a vedere questi dettagli, dimenticandoci della condizione umana che ci accomuna tutti». Dal lavoro di presa diretta al

lavoro artistico che passaggi ci sono? Come sceglie quali delle molte storie che ascolta entreranno negli spettacoli e il modo di assemblarle tra loro?

IN CARTELLONE A RIMINI DANZA, RICERCA E UNA RILETTURA DI GOLDONI CON LA MORANTE Il novembre teatrale di Rimini, che si concluderà con Ascanio Celestini, sarà per la verità particolarmente ricco. Mercoledì 8 si comincia con Suzanne, liberamente tratto da La Garçonne et l'assassin di Fabrice Virgili e Danièle Voldman, drammaturgia Tamara Balducci, Linda Gennari, Lorenzo Garozzo, con Tamara Balducci, Giacomo Ferraù, Linda Gennari e la regia César Brie, spettacolo vincitore Borsa teatrale Anna Pancirolli 2016 (al Teatro degli Atti). La grande prosa è di scena invece dal 15 al 17 novembre con la Locandiera B&B di Edoardo Erba, ossia uno studio sul testo di Carlo Goldoni, con Laura Morante per la regia di Roberto Andò. Una rilettura in chiave contemporanea del classico di Goldoni, con una pièce a metà tra la commedia nera e un giallo da camera alla Agatha Christie. Si passa alla danza contemporanea con Carmen K (Kimera) venerdì 24 novembre, per l’ideazione e le coreografie di Monica Casadei, musiche di Bizet (remix by Godblesscomputers, Go Dugong, Spinelli Sartana & Luca Vianini). Proseguendo la sua rivisitazione di alcune figure femminili emblematiche della letteratura classica, Violetta della Traviata e poi Tosca, Monica Casadei firma un nuovo lavoro che esplora un’altra eroina, la bella gitana Carmen, sigaraia a Siviglia e dal temperamento focoso e indomito, creata da Prosper Mérimée nella novella omonima ma portata al successo internazionale grazie all’opera lirica di Bizet.

«Questo non lo so. Io ascolto tante storie, faccio ricerca, metto assieme tanti pezzi… poi la narrazione procede per improvvisazione. Può essere che una storia cambi completamente perché chiacchiero con una persona al bar… So da dove parto, ma non so mai dove va a finire il racconto». Spesso si parla del suo teatro come un teatro di “impegno civile”. Cosa significa questo termine per lei nell’epoca del disimpegno? «Non credo di essere un autore impegnato. Mi interessa l’essere umano. Shakespeare raccontava benissimo l’essere umano. L’unica differenza tra i miei testi e i suoi è che i suoi sono capolavori immortali, i miei molto probabilmente no. La condizione di solitudine e di spaesamento di Amleto è la stessa che vivono molte persone, ed è la stessa che vivono le persone di cui parlo nei miei spettacoli. Certo se c’è chi continua a fare Amleto con la calzamaglia e il teschio in mano pensiamo che quel teatro non ci rispecchi più, però non credo che i miei testi siano più importanti civilmente di quelli. È importante che ci siano persone che fanno battaglie civili come Gino Strada che fa il medico in guerra, o chi fa lotte sindacali, ma il teatro non è un luogo per lotte politiche. Chi vuole fare lotte politiche dovrebbe fare politica». Nello spettacolo il narratore affacciato alla finestra cerca di capire chi sono le persone che passano sotto di lui in strada, e a capire chi sono. Lei è una delle voci più importanti del teatro detto “di narrazione”, basato sulla parola e l’ascolto prima che sulle immagini. Oggi il mondo sembra essere sempre più veloce e fatto di immagini, per l’uso massiccio di internet e dei social, questo ha modificato il suo modo di pensare alla forma narrativa? «Purtroppo non è cambiato molto il mondo. L’idea che c’era del futuro è completamente fallita. Se vediamo i romanzi e i film che raccontavano il futuro hanno preso toppe pazzesche. Pensa a Blade Runner, che immaginava il 2019, o 2001 Odiessea nello Spazio o 1984… Tutti capolavori ma Philip Dick, Orwell, nessuno di loro ci ha preso… Sono stato recentemente in un paesino vicino a Roma in cui le strade sono talmente strette che bisogna far ancora su e giù con i somari. Di che futuro stamo a parlà? Abbiamo un’idea del progresso lontanissima da quello che accade realmente. Internet ci dà l’impressione di essere al centro del mondo, ma non è vero. Visto che con un click ci arrivano i vestiti a casa, il cibo a casa, tutto a casa, allora “io sono al centro del mondo”. La realtà è che sto in mutande a casa mia e credo di sapere tutto, ma se non c’è un poraccio là fuori che me le porta ‘ste cose col cavolo che arrivano… E allora che cazzo è cambiato?».


TEATRO

R&DCULT novembre 2017

13 TEMI CIVILI

NARRAZIONE E RICERCA

LA

STORIA DI LUCIA ANNIBALI IN SCENA A BELLARIA

Sabato 25 novembre alle 21.15 al teatro Astra di Bellaria va in scena lo spettacolo Io ci sono tratto dal libro di Lucia Annibali, la giovane avvocatessa di Pesaro che nel 2013 fu sfregiata dall’acido dall’ex e da allora testimone della battaglia contro la violenza sulle donne. Regia di Andrea Bruno Savelli, con Alice Spisa, Marco Cocci, Valentina Chico, Amerigo Fontani. Ingresso libero con prenotazione obbligatoria.

Ritratto di donna araba a Riccione

Il viaggio di Enea con Fausto Russo Alesi

Il Ferdinando di Ruccello al Rasi Sabato 18 novembre Annibale Ruccello con il Teatro Segreto è in scena al Rasi di Ravenna con Ferdinando per la regia di Nadia Baldi ambientato in una villa vesuviana nell’agosto del 1870 tra passioni sopite, vizi e rancori.

Domenica 19 novembre alle 21 Fausto Russo Alesi è protagonista de Il viaggio di Enea di Olivier Kemeid, tratto dall’Eneide di Virgilio per l’adattamento e la regia di Emanuela Giordano in una riscrittura moderna ma fedele di una storia sulle migrazioni. Al Masini di Faenza.

Venerdì 24 novembre va in scena allo Spazio Tondelli di Riccione il Ritratto di donna araba che guarda il mare di Davide Carnevali per la regia di Claudio Autelli con Alice Conti e Michele di Girolamo, un lavoro che vuole essere un’allegoria di un incontro tra mondi diversi.

Monologo planetario di Mercadini Roberto Mercadini apre “Naufràgi”, rassegna al teatro comunale di Cesenatico, il 4 novembre. L’attore sarà in scena con il suo monologo Noi siamo il suolo, noi siamo la terra (per una cittadinanza planetaria)

COMICO

Dalla Bibbia secondo Paolo Cevoli alla prima nazionale di Giovanni Vernia

Gli appuntamenti con il teatro comico al Masini di Faenza apriranno con la prima nazionale del nuovo spettacolo di Giovanni Vernia, Sotto il vestito: uno show fatto di monologhi, aneddoti, parodie e buona musica in cui Vernia racconta in modo esilarante i disagi di un “famoso per caso”, il 2 novembre alle 21. Sabato 18 invece l’appuntamento è al teatro della Regina di Cattolica e il 19 al Mentore di Santa Sofia, in entrambi i casi con La Bibbia raccontata nel modo di Paolo Cevoli. Il noto comico, che è anche autore del testo, racconta il best seller per eccellenza, dove Dio è il “capocomico” che vuol farsi conoscere sul palcoscenico dell’universo, per la regia di Daniele Sala.

TRE

SPETTACOLI “VICINI” ALLA CASA DEL TEATRO DI

FAENZA

Al via a novembre la stagione “Teatro vicino” del Teatro dei due mondi di Faenza, alla Casa del teatro di via Oberdan. Sabato 4 alle 21 si inizia con Bustric e il Magico piccolo principe (adatto anche per ragazzi), per uno spettacolo fatto di magia, giochi di prestigio, giocolerie, pantomima, parole e musica. Sabato 18 invece Artisti Drama presenta la commedia malinconica La vecchia interpretata da Stefano Vercelli e Marco Manchisi: in scena un mago che legge i tarocchi a un poeta inquieto che vorrebbe essere Rimbaud. Sabato 25 è invece la volta della Compagnia Franzè con Fail, Progetto Interregionale di Residenze Artistiche, rilettura incarnata del legame tra una figlia e un padre attraverso l’esperienza del fallimento della sua azienda. La scena nasce dalla necessità di rielaborare un materiale umano complesso, biografico e simbolico, per potersene distaccare e per ritrovare libertà.

A Faenza vanno in scena i migliori vignaioli artigiani


R&DCULT novembre 2017

TEATRO

14 FAENZA

MUSICALE

Il sorpasso, viaggio jarmuschano

AL DA

Da martedì 21 a giovedì 23 novembre al Masini di Faenza va in scena Il sorpasso, adattamento teatrale di Micaela Miano dal soggetto cinematografico di Dino Risi, Ettore Scola e Ruggero Maccari, con Giuseppe Zeno, per la regia di Guglielmo Ferro. La pièce vede anche la partecipazione di Cristiana Vaccaro, l’esplosiva Maddalena nella fortunata serie Un medico in Famiglia 10. La trasposizione teatrale mette al centro della vicenda i due protagonisti, e il loro incontro/scontro come puro conflitto caratteriale e psicologico. Il loro sarà un viaggio jarmuschano. Incontro con i protagonisti il 22 novembre alle 18 presso il Ridotto del Masini (ingresso gratuito).

Il primo appuntamento della nuova Stagione del Teatro Testori di Forlì sarà il 24 novembre con Yves Montand. Un Italien à Paris, di Elsinor. Di e con Gennaro Cannavacciuolo, quest'opera di teatro musicale è un vero e proprio docurecital che, partendo dagli albori toscani del famoso artista, arriva sino al suo tramonto parigino, ripercorrendo la vita fuori dal comune del protagonista attraverso le sue stesse canzoni. Una vita lunga 70 anni. Le canzoni più significative scandiscono le fasi salienti della sua vita e della sua carriera, costellate da straordinari successi e da impegni politici non indifferenti. Canzoni che hanno fatto storia come Les feuilles mortes, A Paris, Sur le ciel de Paris, C’est si bon, A bicyclette, C’est à l’aube, Je suis venu à pied, Bella ciao, Mon manège à moi et Paris canaille, solo per citarne alcune. Attraverso la musica, Gennaro Cannavacciuolo ripercorre la vita fuori dal comune di Montand, all’anagrafe Ivo Livi: dagli esordi difficoltosi come figlio di immigrati poveri costretto a lavori umili, fino all’approdo all’Olympia di Parigi e, successivamente, al Metropolitan di New York. Dalle donne amate negli anni come Edith Piaf, Simone Signoret, Marylin Monroe e Carole Amiel al periodo di Hollywood, con l’incontro con Costa-Gavras, Renais, Lelouch, Godard, Romy Schneider. La struttura del recital è quella del teatro-canzone dove brevi monologhi, aneddoti, curiosità e note importanti che raccontano la vita di Montand ne introducono le canzoni.

CESENA

Da Emilia a Richard II Oltre a ospitare la compagnia Dewey Dell per Mantica il 24 (vedi p. 16) il teatro Bonci di Cesena a novembre dal 16 al 19 propone per la stagione di prosa Emilia, scritto e diretto dall’argentino Claudio Tolcachir, con Giulia Lazzarini, Sergio Romano, Pia Lanciotti, Josafat Vagni, Paolo Mazzarelli, su un dramma tutto famigliare. Da giovedì 30 novembre a sabato 2 dicembre invece sarà la volta di un grande classico il Richard II di William Shakespeare, nella traduzione di Alessandro Serpieri per riduzione e regia Peter Stein.

FORLÌ

Dix è il Malato immaginario Dopo l’apertura con Erodiàs (vedi p. 16), la stagione di prosa del Diego Fabbri di Forlì prosegue con Il malato immaginario di Molière, per la regia di Andrée Ruth Shammah con Gioele Dix nel ruolo del protagonista affiancato da Anna Della Rosa, Marco Balbi, Valentina Bartolo, Francesco Brandi, Piero Domenicaccio, Linda Gennari, Pietro Micci, Alessandro Quattro, Francesco Sferrazza Papa. Shammah torna al suo Malato immaginario “senza tempo e di tutti i tempi”, costruito su un gioco teatrale che intreccia angoscia esistenziale, divertimento e satira delle nevrosi del nostro tempo. In scena dal 9 al 12 novembre per la prima nazionale del riallestimento dello spettacolo.

TESTORI DI FORLÌ YVES MONTAND

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VENERDÌ 20 OTTOBRE LA STRAORDINARIA STORIA DI UN RITO CHE CURA con Massimiliano Morabito del Canzoniere Grecanico Salentino 27 OTTOBRE GLI ANNI ‘60 E LA NASCITA DEL ROCK Presenta e racconta Emiliano Visconti 3 NOVEMBRE UN GIORNO, UN SECOLO Il ‘900 tra storia, musica, cinema e letteratura con Andrea Baravelli e Ilaria Cerioli 10 NOVEMBRE GLI ANNI ’70 E L’APOTEOSI DEL ROCK Presenta e racconta Emiliano Visconti

17 NOVEMBRE FUOCO NERO SU FUOCO BIANCO Un viaggio nella Bibbia ebraica con Roberto Mercadini 24 NOVEMBRE NARRARE IL JAZZ, LE DONNE, LA VOCE DELLE EMOZIONI musiche con Rossella Giannini, Catia Gori e Gianluigi Tartaull racconto ed illustrazioni di Mariella BusiDe Logu e Marcello Landi 1 DICEMBRE IN QUESTI POSTI DAVANTI AL MARE Ravenna e il porto conversazione con Alberto Bissi, Daniele Rossi e Riccardo Sabadini, a cura di Danilo Montanari

8 DICEMBRE FLOR DE LA CORDILLERA: UN CANTO ALLA DIFFERENZA Concerto reading Cantiga Caracol dedicato alla musica e poesia andina 15 DICEMBRE IO SONO UNO: LUIGI TENCO 50 ANNI DOPO canzoni con Gianluigi Tartaull, Luca Bombardi, Alessandro Scala 5 GENNAIO 2018 FIUMÂNA Spettacolo sulla Romagna, le sue storie e la sua gente con Vittorio Bonetti, Eliseo Dalla Vecchia e Rudy Gatta 12 GENNAIO LE BELLE CANZONI DELLA NOSTRA STORIA: GLI ANNI ‘60 con Gianluigi Tartaull e Luca Bombardi

SABATO 21 OTTOBRE PICCOLA ORCHESTRA OCHTOPUS Gipsy balcanico

25 NOVEMBRE OTTOMANI Mediterranean Jazz 2 DICEMBRE MALANDRINI IN FOLK Confessioni di un musicante: Silvio Trotta canta Branduardi

28 OTTOBRE CARLOS FORERO QUARTET Musica popolare sudamericana

9 DICEMBRE GAJÈ Gipsy swing

4 NOVEMBRE MUSICANTI DI BACCO Festa a ballo: pizziche e tarante

16 DICEMBRE MORRIGAN'S WAKE Folk celtico

11 NOVEMBRE BEVANO EST Folk d’autore

6 GENNAIO THE JAZZ QUARTET Grooving & Swinging

18 NOVEMBRE 13 GENNAIO RAIMONDO RAIMONDI QUINTET SECONDO Tributo a Secondo Casadei Brazil In My Heart


TEATRO

R&DCULT novembre 2017

15 LUGO

RUSSI

La Medea di Ronconi

Lo Strindberg di Dürrenmatt

Dal 24 al 26 novembre, la stagione di prosa del Rossini di Lugo apre con la Medea di Euripide interpretata da Franco Branciaroli con la regia di Luca Ronconi ripresa da Daniele Salvo. Branciaroli dunque reca il suo contributo al ricco percorso sul Mito, portato avanti in questi anni dal Ctb, riallestendo uno spettacolo evento del teatro italiano: la Medea per la regia di Luca Ronconi, di cui fu protagonista straordinario ed acclamato nel 1996. Un doveroso omaggio al grande Maestro scomparso nel 2015 da uno degli artisti che ha lavorato con lui più a lungo e in maggiore vicinanza e un’occasione imperdibile di rivedere una delle pietre miliari della storia registica del secondo Novecento.

Al Comunale di Russi (Ravenna), il 6 novembre la Compagnia Luca de Filippo porta in scena il classico del teatro partenopeo Non ti pago, di Eduardo De Filippo con le musiche di Piovani. Mentre il 20 novembre il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Artisti Riuniti, Mittelfest presentano il testo del grande autore svizzero di Friedrich Dürrenmatt Play Strindberg per la regia di Franco Però che nelle note scrive: «Dürrenmatt si prende gioco di noi, della nostra vita famigliare, con le armi del sarcasmo, dell’ironia che trascolora nel grottesco, il gusto del comico, ma anche la violenza del linguaggio e lo fa prendendo uno dei più formidabili testi di Strindberg, Danza macabra e riscrivendolo dal quel grande costruttore di storie teatrali qual è».

MELDOLA E CERVIA

CORIANO

La commedia del Poker

La vita di Debora sul palco

Al via la prosa al Dragoni di Meldola: il 15 novembre Francesco Montanari è il protagonista di Poker di Patrick Marber per la regia di Antonio Zavatteri. Si tratta di una commedia leggera e crudele insieme di Marber, ex cabarettista, successivamente autore anche di Closer, uno dei must della nuova drammaturgia inglese. Lunedì 27 novembre è invece la volta di Massimo Dapporto in Un borghese piccolo piccolo, tratto dall’omonimo romanzo di Vincenzo Cerami con le musiche originali di Nicola Piovani per la regia di Fabrizio Coniglio (anche a Cervia il 28 e 29 novembre).

Venerdì 17 novembre al teatro Corte di Coriano Debora Caprioglio apre la stagione con Debora’s Love. La musa di Klaus Kinski e Tinto Brass intraprende assieme al pubblico un viaggio divertente nella vita di un’attrice e delle sue passioni, ricco di ricordi e aneddoti esilaranti che la protagonista racconta evocando il dietro le quinte, sconosciuto ai più, del mondo del cinema, della televisione e del teatro. Tra racconti, motti e proverbi, grandi incontri, l’attrice si racconta e si svela. Spettacolo scritto dalla protagonista a quattro mani con Francesco Branchetti, che ne cura anche la regia, con le musiche di Pino Cangialosi e le scene e i costumi di Clara Surro.

BAGNACAVALLO

CERVIA

La prima di Regalo di Natale

Quel borghese piccolo piccolo

Novembre si apre con una commedia, al Goldoni di Bagnacavallo: mercoledì 8 Maria Amelia Monti e Paolo Calabresi sono i protagonisti di Nudi e crudi, una storia di Alan Bennett tradotta e adattata per la scena da Edoardo Erba per la regia di Serena Sinigaglia. Una storia che è un ritratto impietoso e indimenticabile della vita di una coppia di mezza età. Il mese si chiude poi con una prima nazionale giovedì 30 novembre: l’allestimeno teatrale del film di Pupi Avati Regalo di Natale con Gigio Alberti, Filippo Dini, Giovanni Esposito, Valerio Santoro, Gennaro di Biase, adattamento teatrale di Sergio Pierattinie la regia di Marcello Cotugno.

Ad aprire la stagione di prosa del Comunale di Cervia sarà, il 28 e 29 novembre, Massimo Dapporto protagonista di Un borghese piccolo piccolo tratto dall’omonimo romanzo di Vincenzo Cerami con musiche originali di Nicola Piovani per l’adattamento e la regia di Fabrizio Coniglio. Il romanzo, che diverge dal film di Mario Monicelli in alcuni nodi essenziali, è un ritratto di grande attualità. La peculiarità del libro è la tinta grottesca che si cerca di ripercorrere nell’adattamento di Coniglio, con cui Cerami descrive le umili aspirazioni del protagonista. Quella che sarà messa in scena sarà infatti una tragicommedia su come la “scorciatoia” o la raccomandazione sono avvertite nella nostra società come qualcosa di necessario per sopravvivere.

Pro Loco di Sogliano al Rubicone Comune di Sogliano al Rubicone

Domenica

19-26 novembre, 3 dicembre 2017


R&DCULT novembre 2017

TEATRO

16

RICERCA/1

A Crisalide l’Erodiàs di Federica Fracassi: «I personaggi irrisolti sono i più interessanti» IL PROGRAMMA

di Matteo Cavezzali

Federica Fracassi è una delle attrici più interessanti del teatro di ricerca italiano. Ha vinto il premio Premio E.T.I. Gli Olimpici del Teatro, tre volte il premio Ubu e il premio Duse. Venerdì 3 novembre sarà in scena con il Teatro I il festival Crisalide a Forlì nei panni di Erodiàs di Giovanni Testori per la regia di Renzo Martinelli. L’amore che deve fare i conti con l’assenza insanabile dell’amato nel testo che fa parte dell’ultima trilogia dei “lai” scritta da Testori prima di morire. Lo spettacolo rappresenta anche l’apertura della stagione del Diego Fabbri. Cosa rappresenta per lei Erodiàs, come è entrata in questa vita? «È una figura molto affascinante perché continuamente in lotta con sé stessa. I personaggi irrisolti sono più interessanti perché ci assomigliano di più come essere umani, ci sono più pieghe dell’anima che si possono indagare. Erodiàs è una regina che ha certezze che vengono meno, ha una visione laica dell’esistenza che viene messa in crisi dall’arrivo di un profeta di cui lei si innamora perdutamente. È un testo con molti momenti filosofici e di riflessione che si alternano a scene molto concrete che hanno a che fare con l’amore e con il corpo». Come è stato tornare a lavorare su Testori? «Affrontai un suo testo proprio con

DAI MASQUE AI FANNY, DA TESLA ALLA FERRANTE

Renzo Martinelli in uno studio che affrontava i suoi tre “lai”. Parlavo di Tesori con diversi registi da molto tempo perché per un’attrice Testori è un banco di prova importante sia per la sua lingua, che per l’universo dilaniato che racconta. C’è sempre il contrasto tra la fragilità umana e la sacralità. In più è di origini lombarde, viene da vicinissimo a dove sono nata. Questo mi

lega a lui, ma rappresenta anche una difficoltà perché non volevo fare uno spettacolo “dialettale”, ma approcciarmi a lui come a un classico. Quando ne ho parlato con Renzo abbiamo deciso che era il momento di farlo». Come è riuscita a entrare in una lingua complessa che mescola influenze del dialetto ad arcaicismi?

Lo storico Festival Crisalide, diretto a Forlì da Masque teatro, nel 2017 ha ampliato la propria programmazione strutturandosi in due parti: la prima in chiusura della stagione estiva e la seconda in autunno, proponendo un denso programma di teatro, musica, danza (tutta al femminile), video performance, incontri e workshop, a cura di artisti e studiosi italiani e internazionali dal 2 al 5 novembre. In apertura, giovedì 2 novembre, Masque Teatro presenterà Nikola Tesla. Lectures. Venerdì 3 novembre Teatro I proporrà Erodiàs di Giovanni Testori, interpretato da Federica Fracassi, per la regia di Renzo Martinelli (vedi intervista). Sabato 4 novembre Chiara Lagani e Fiorenza Menni, anime e fondatrici rispettivamente di Fanny & Alexander e Ateliersi, saranno al festival con Da parte loro nessuna domanda imbarazzante, tratto dal primo dei quattro romanzi del ciclo L’Amica geniale di Elena Ferrante. Domenica 5 novembre Masque teatro ripresenterà Just Intonation, interpretato da Eleonora Sedioli, spettacolo che ha aperto la sezione settembrina del festival. A seguire, la stessa sera, il contrabbassista Giacomo Piermatti chiuderà il festival con il concerto Festina Lente. Durante la sezione estiva della rassegna Lorenzo Donati ha curato una serie di Dialoghi con gli artisti, interviste presentate al pubblico in forma di tabloid durante le serate di spettacolo. Il critico e studioso teatrale realizzerà un analogo intervento anche nella sezione autunnale di Crisalide. Tutti gli spettacoli andranno in scena al teatro Félix Guattari (Ex Filanda Maiani) in via Orto del Fuoco 3 a Forlì. Inizio ore 21.

«Grazie a Martinelli abbiamo scelto un’ambientazione non naturalistica. È un purgatorio, l’atto dell’omicidio è già stato compiuto e la protagonista non può uscirne. Erodiàs si offre in questo teatrino al pubblico. Questo straniamento mi ha dato la possibilità di recitare con una formalità nella voce e nei gesti, che sono puliti e astratti. Lingua e gesto vanno assieme. Era facile cadere nella filastrocca visto la musicalità e questa direzione di lavoro ci ha aiutato a evitare quella trappola». Testori usava molti riferimenti alla classicità della tragedia greca e ai temi biblici, nel lavoro che ha fatto sul corpo come ha rielaborato questi elementi? «Io non ho mai affrontato un’eroina classica, ma ho letto i testi classici e li ho visti messi in scena e ho capito che nella classicità pre-cristianesimo c’è una forza superiore del corpo. Faccio un paragone blasfemo. Sono una fan di Trono di Spade, ambientato in un tempo senza cristianesimo, e lì il corpo in battaglia è spudorato, violento e senza pudori. È un elemento che si ritrova anche in certa arte cristiana che non seguiva le regole come quella di Caravaggio e di Francesco Cairo. Nei loro quadri mettevano una violenza e una fisicità da cui abbiamo preso ispirazione». Negli anni ha lavorato con molti dei più importanti registi di ricerca come Renzo Martinelli, Latella e i Motus. In che modo si relaziona con artisti che hanno una linea artistica così rigida e così diversa tra loro? «La mia scommessa fino a ora è stata quella di mettermi in gioco. Spesso si tende a star chiusi nel proprio giardinetto, io sono voluta uscire. Ho avuto la voglia di dire “bene questo lo so fare, proviamo qualcosa di diverso”. È un lavoro che arricchisce molto. Scelgo registi molto diversi, ma che secondo me hanno cose da darmi. Spero di aver dato qualcosa anche io a loro».

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TEATRO

R&DCULT novembre 2017

17

OPERA

RICERCA/2 OSSERVATORIO MÀNTICA,

IL PROGRAMMA DI ESPERIENZE SULLA VOCE ALLA DECIMA EDIZIONE

Una trilogia tra due secoli Chiudono il Ravenna Festival Cavalleria Rusticana, Pagliacci e Tosca

Chiara Guidi (foto di Nicolò Gialain)

La decima edizione di Osservatorio Màntica – che si terrà al teatro Comandini di Cesena dal 22 al 26 novembre – annuncia i laboratori che attraverseranno l’intero svolgimento delle giornate inanellando spettacoli, performance, dialoghi, film, concerti. Si tratta di un programma di esperienze sulla voce, sul canto e sull’acustica dello spazio condotto rispettivamente da Chiara Guidi (22-26 novembre), regista, attrice e drammaturga della Societas, nonché ideatrice dell’Osservatorio, il coro lituano di canto sutartinės Kadujo (23-26 novembre) e l’architetto del suono Carlo Carbone (25-26 novembre). L’insieme dei laboratori – composto da percorsi che possono essere seguiti in modo disgiunto o integrato tra il 22 e il 26 novembre – è rivolto ad attori e a tutti coloro che sono interessati a sperimentare voce recitante e cantata; e a fonici e a tutti coloro che si interrogano sul suono. Le iscrizioni devono pervenire entro il 13 novembre (info e costi: atti@societas.es – 0547 25566 – societas.es). Osservatorio Màntica ospiterà inoltre opere e interventi di Bashan e Adam Sherry, Corrado Bologna, Claudia Castellucci, Romeo Castellucci, Dewey Dell, Franco Farinelli, Chiara Guidi, Kadujo, Simone Menegoi, Tomoko Sauvage, Elettra Stimilli, StriAgo, Ingel Vaikla.

Dal 17 al 26 novembre la Trilogia d'Autunno conclude la XXVIII edizione di Ravenna Festival con tre capolavori “sull'orlo del Novecento”: Cavalleria rusticana (17, 21 e 24), Pagliacci (18, 22 e 25) e Tosca (19, 23 e 26) si avvicenderanno sul palcoscenico del Teatro Alighieri (foto) in un vero e proprio tour de force lirico per il quale il teatro si trasforma in un'instancabile e sorprendente macchina produttiva. Ne firma la regia e ideazione scenica Cristina Mazzavillani Muti, alla guida del proprio team: light designer Vincent Longuemare, visual designer David Loom, video programmer Davide Broccoli e Alessandro Lai per i costumi. In buca l'Orchestra Giovanile "Luigi Cherubini", diretta in quest'occasione da Vladimir Ovodok - giovane direttore formatosi nella prima edizione dell'Italian Opera Academy di Riccardo Muti - mentre i cantanti, molti di loro giovanissimi, sono stati selezionati al termine di un lungo calendario di audizioni. I titoli della Trilogia 2017 hanno segnato il tramonto di un’epoca e l’alba di nuovi tempi: è infatti al termine dell'Ottocento che il melodramma italiano ritrova nuova linfa, proprio in quegli anni in cui il desiderio di modernità getta il seme di tanta arte e musica che germoglieranno nel cuore del Novecento e i cui frutti raccogliamo ancora oggi. Se nel 1890 Mascagni conquista i teatri con l'immediatezza espressiva di Cavalleria rusticana, imponendo il verbo “verista” in musica, due anni dopo i Pagliacci di Leoncavallo trasfigurano un fatto di cronaca nelle tinte fosche di una passionalità senza scampo: così la "parola scenica" esplode. Puccini, da parte sua, apre il secolo con la forza drammaturgica e la raffinatezza della partitura per raccontare l'eroismo tragico di Tosca. Cavalleria rusticana e Pagliacci rivivranno inoltre nella voce di giovani talenti che si affacciano per la prima volta al mondo dell’opera, con una curiosità pronta a trasformarsi in passione e la libertà di mettere alla prova le proprie energie creative: la serata si aprirà infatti con un racconto originale e inaspettato, frutto dell’incontro fra ragazzi

Regia e ideazione scenica

di Cristina Mazzavillani Muti, in scena molti giovani artisti dagli 8 ai 18 anni e queste due opere più vecchie d’un secolo eppure in grado di catturare il cuore e l’immaginazione di generazioni di spettatori. Con questa Trilogia Ravenna Festival rinnova un appuntamento che dal 2012 ha esteso la manifestazione oltre i tradizionali confini estivi per approdare ai mesi autunnali. Info e prevendite: tel. 0544 249244 – www.ravennafestival.org.


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CINEMA

CONTROCINEMA

Manifesto, estetica da vedere e da godere Messa in scena contemporanea e ferocemente ironica per 13 personaggi che recitano un collage di movimenti artistici di Albert Bucci

Per Novembre, segnalo un'opera tra le più memorabili di questi ultimi anni.E uso il sostantivo “opera” nel suo significato di “opera d'arte”, perché di questo si tratta. Da anni, l’arte usa il mezzo cinema. E il cinema stesso, un secolo fa, tra gli anni ’20 e ’30, sviluppò e approfondì il suo legame con le avanguardie artistiche (vedi Luis Bunuel, Marcel Duchamp, Fernand Léger, Man Ray, Dziga Vertov, ecc.). Da quel filone proviene molta dell’arte contemporanea, in quelle che sono oggi le installazioni video; arte che è fatta di cinema, e si distingue dal cinema in quanto non è pensata come flusso narrativo convenzionale, ma secondo le proprie forme estetiche ed emozionali; che non viene fruita in sala o in televisione o in dvd, ma nelle gallerie e nei musei; che non viene venduta in quanto “entertainment”, bensì come “unicum” artistico, pur se replicabile. A novembre esce finalmente un’opera che parte dall’arte e arriva al cinema: Manifesto, dell’artista tedesco Julian Rosefeldt, interpretato da Cate Blanchett. Manifesto nasce come una monumentale video installazione che ha girato musei e galleria dal 2015 a oggi, e che è stata rimontata come film presentato al Sundance 2017. Il titolo è precisissimo: il film ha come “trama” i manifesti nella storia dell’arte (e della politica), in quanto momenti essenziali della produzione teorica delle correnti artistiche del '900, sviluppati in 13 segmenti narrativi atipici nei quali, in diverse situazioni e personaggi, Cate Blanchett recupera il suo meraviglioso multiruolo di Bob Dylan in Io non sono qui di Todd Haynes. Perché sono 13 i personaggi interpretati dalla Blanchett, 13 personaggi che recitano, in forma di monologo, un collage di numerosi manifesti d’ar-

tista, immersi in una messa in scena contemporanea e ferocemente ironica: a ogni personaggio uno scenario; e a ogni scenario un movimento artistico. Una homeless si aggira dentro una fabbrica abbandonata declamando il Manifesto del Partito Comunista di Marx, insieme al Manifesto Dada di Tristan Tzara e al Situazionismo di Guy Debord. Un broker gestisce le trattive in sala borsa citando il Futurismo di Marinetti, Balla, Boccioni e Apollinaire. L'operaio all'inceneritore parla di Architettura. Le parole di Kandinski sono i dialoghi in una festa di lusso. Una cantante punk urla la poetica di Naum

Gabo. La scienziata nel suo laboratorio e il Suprematismo di Rodchenko e Malevich. Di nuovo il Dadaismo di Tzara, Aragon ed Éluard protagonista del discorso funebre di una vedova al funerale del marito. La marionettista e i suoi pupazzi che litigano su Breton e Fontana. La casalinga di campagna che, al pranzo domenicale con la famiglia, declama al posto della preghiera la Pop Art. Il collegamento tv tra telegiornale e giornalista inviata sull'arte concettuale. E la maestra in una classe delle elementari che corregge i compiti dei bambini a colpi di Dogma '95 di Lars Von Trier e delle regole auree di Jim Jarmusch.

Le utopie del ‘900, in stridente contrasto con la realtà che le ospita, diventano ancora più necessarie, più forti, riprendono il loro ruolo autentico e originale: la rilettura radicale dell’arte e quindi della società contemporanea. E il tutto in una regia perfetta ed elegante, densa di riferimenti alla storia del cinema, una spirale sempre più ipnotica e avvolgente di grandi visioni in contrappunto sistematico con i testi letti, per un film che lentamente conquista fino a portarci alla esperienza più totalizzante e filosofica di tutte le grandi teorie dell'arte. Cate Blachett affronta un tour de force inimmaginabile e si con-

IL FESTIVAL E AL NIGHTMARE

DI

RAVENNA

ARRIVA

DAVID LYNCH

PER INCONTRARE GLI STUDENTI

Prosegue fino al 5 novembre la XV edizione del Ravenna Nightmare Film Fest - diretta da Franco Calandrini per Start Cinema – che si svolge tra il Palazzo del Cinema e dei Congressi di Largo Firenze e, in occasione di alcuni appuntamenti, la multisala Cinemacity. Moltissimi gli ospiti presenti nella rassegna e un evento davvero speciale coinvolgerà in particolare gli studenti del liceo scentifico che hanno partecipato al progetto “L’arte del silenzio - Omaggio a David Lynch”: il maestro David Lynch ha infatti deciso di fermarsi a Ravenna. Sarà ospite del liceo Oriani e incontrerà una delegazione degli studenti delle scuole di Ravenna. Il maestro americano, che ha scelto questa location proprio per non apparire sotto i riflettori, nell’incontro parlerà con gli studenti dei suoi temi più cari, quali la creatività e l’arte. Tra gli appuntamenti aperti al pubblico ci sono invece l’1 novembre alle 17, all’Osteria del Tempo Perso, l’incontro con il regista canadese Michael Melski, il 2 novembre alle 19 al Moog (vicolo Padenna 5), incontro con Jason Saltiel sempre a cura di Maurizio Principato incontra il regista newyorkese Jason Saltiel. Il 5 Novembre alle 19, in Darsena PopUp sarà invece la volta dei Ramsay Brother’s. Per la programmazione del festival, articolato in premi e sezioni, vedi www.nightmare.it.

ferma una delle più grandi attrici di questi anni, per un film che sarà in poche sale ma che vi consiglio caldamente di cercare, vedere e godere. Perché l'arte è estetica, e Manifesto è estetica del cinema, tra le più affascinanti. . *Albert Bucci (Ravenna, 1968) è direttore artistico del Soundscreen Film Festival e consulente alla selezione del Ravenna Nightmare. È stato docente di Sceneggiatura presso l'Università Iulm di Milano, e produttore esecutivo di spot pubblicitari. In una vita parallela, possiede anche una laurea in Fisica Teorica. (Il suo vero nome è Alberto, ma in effetti è meglio noto come Albert).


LIBRI

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L’INTERVISTA

«La brevità? È esistita prima della lunghezza» Lo scrittore Eugenio Baroncelli di nuovo in libreria per Sellerio, questa volta con Risvolti svelti di Matteo Cavezzali

«Curzio Barba, l’uomo che si sbagliò di uomo. Nacque nel 1944 a Solarolo (Ravenna). Il paese non era infinito, e la ineludibile compagnia degli uomini, delle donne e degli angeli del cielo di Solarolo lo annoiava mortalmente. Pensando che il miglior rimedio contro la noia fosse la solitudine, si asserragliò in casa. Sembra una fortuna e invece fu una disgrazia. Fino alla fine dei suoi giorni dovette convivere con Curzio Barba, l’uomo più noioso di Solarolo». Recita uno dei tanti risvolti di copertina scritti da Eugenio Baroncelli, autore ravennate che è un po’ come i suoi personaggi: ermetico, poetico, solitario, saggio e spesso incompreso. Risvolti svelti è il suo nuovo libro edito da Sellerio (la casa editrice di Camilleri, Manzini e Malvaldi, tanto per ricordarlo) per cui negli anni passati ha già pubblicato Libro di candele: 267 vite in due o tre pose (2008), Mosche d'inverno: 271 morti in due o tre pose (2010), Falene: 237 vite quasi perfette (2012), Pagine bianche: 55 libri che non ho scritto (2013) e Gli incantevoli scarti: Cento romanzi di cento parole (2014). Eugenio Baroncelli sarà ospite del ciclo di incontro Il caffé letterario di Lugo venerdì 17 novembre alle 21 all’Hotel Ala d’oro proprio per presentare il suo ultimo lavoro. Da dove nasce questo nuovo libro? «Nasce dai morti. I morti dai quali noi veniamo. Se torniamo da loro vuol dire che torniamo a casa. Dal punto di vista della cronaca viene da due anni di canzonette. Ho abbandonato il libro, inteso come oggetto che si espone nelle vetrine. Abbiamo fatto due dischi di cui ho scritto le parole, ma non le melodie ovviamente, assieme a un gruppo di musicisti (che saranno con lui anche nell’incontro de Il Tempo Ritrovato alla biblioteca Classense di Ravenna il 14 febbraio). È un altro tipo di scrittura. Sono canzonette. Non so se il diminutivo diminuisce anche il concetto… Poi sono tornato, senza particolari pressioni editoriali, alla scrittura». Cosa hai portato di questa esperienza musicale nella scrittura? «Nulla, è l’esperienza musicale che ha avuto dei contributi dalla musicalità della parola. Io non sono un paroliere professionista, e ho la tendenza a scrivere dei testi che hanno già la musicalità dentro. Un testo scritto è musica. Se va musicato è una musica che si somma all’altra. Si devono accordare».

«Che rapporto ho con

Ravenna? Io abito sopra una libreria, loro i miei libri non li hanno: neanche una copia. Me l’ha detto l’editore...

»

Nei tuoi libri trovano significato in poche righe vite anche molto complicate... «C’è un problema di brevità. Quando uno invecchia (Baroncelli è un insegnante in pensione nato a Rimini nel 1944 che vive a Ravenna) diventa più corto. Si abbrevia. A ottanta anni sei alcuni centimetri più breve di quando eri giovane. Questo nuovo libretto è più smilzo degli altri, perché ho voluto che fosse nella collana dei

libri piccoli di Sellerio». Ti sei divertito a inventare risvolti di libri inesistenti. Che rapporto hai con i risvolti dei libri degli altri? «I risvolti sono due. Uno spiega che accidenti c’è scritto nel libro. L’altro dice chi diavolo è l’autore. C’è una persona che di lavoro scrive questi risvolti. È un lavoro terribile e sottopagato, che presuppone che tu legga decine di libri al giorno per scrivere qualco-

LA RASSEGNA DA GENOVESI A VELTRONI PER IL CAFFÉ LETTERARIO DI LUGO Oltre all’incontro con Eugenio Baroncelli del 17 novembre (alle 21 all’Hotel Ala d’Oro), il Caffè Letterario di Lugo prevede molti altri appuntamenti. Venerdì 10 novembre alle 21 all’Hotel Ala d'Oro Giampiero Neri presenta “Via provinciale” (Milano, Garzanti, 2017), introduce Luigi Sebastiani. Mercoledì 22 novembre, alle 21, all’Hotel Ala d’Oro Fabio Genovesi presenta il suo romanzo Il mare dove non si tocca (Milano, Mondadori, 2017) (anche a Ravenna alla Classense alle 18, nello stesso giorno). Si chiude il mese con Walter Weltroni sabato 25 novembre alle 18 all’Hotel Ala d'Oro.

sa che riassuma senza essere un riassunto. Un breve testo che dica tutto, ma lo faccia in modo accattivante. Insomma un lavoro ingrato. Io quando entro in libreria solitamente non li leggo i risvolti di copertina, so già cosa voglio comprare». La scrittura brevissima è la tua ossessione, a che tradizione letteraria sei più legato in questa brevità? «È una tradizione vecchia come il cucco. È esistita prima della lunghezza. La brevità è qualcosa che nasconde le peggiori lungaggini. La brevità lascia fuori tutto quello che non hai scritto o per dirla in modo più dolce, se sei breve devi fare molte rinunce. Ci sono molte cose non dette. C’è molta nostalgia». Qual è tuo rapporto di scrittore con Ravenna? «Io abito sopra una libreria. Loro i miei libri non li hanno. Non li ordinano: neanche una copia. Me lo ha detto l’editore. Mi ha chiesto perché… Gli ho detto che è una scelta legittima. Bisognerebbe chiedere alla città che rapporto ha con me. Il mio rapporto nei suoi confronti è ottimo. Non perché la città abbia sfide particolari, ma perché nessuno mi rompe i coglioni. È abbastanza sonnolenta e culturalmente pigra, a parte qualche eccezione. Ama ripetersi stancamente. Di buono c’è che mi posso fare i fatti miei e nessuno mi scoccia. Questo mi piace». C’è un tavolino del bar Fresco di via IV Novembre in cui si ritrova un gruppo di intellettuali cittadini tra cui tu, Nino Carnoli, Marcello Landi, Gigi Canestrari, per

«C’è una persona

che di lavoro scrive risvolti di copertina È un lavoro terribile e sottopagato, ingrato Io non li leggo mai

»

parlare di Joyce, di arte, del Torino Football Club e anche di traffico… Lì ti occupi anche di cultura cittadina in qualche modo… «Faccio parte della associazione DisOrdine, ma perché sono amico di Landi e Carnoli, che si impegnano molto a fare tante cose. Io sto lì, ma defilato. Non faccio niente. Io sto sempre ai margini delle cose, lì mi trovo bene».


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LIBRI

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MISANO

CATTOLICA GLI

Le parole della filosofia per guardare al futuro Prosegue la rassegna di filosofia di Misano Adriatico al cinema-teatro Astra (via d'Annunzio 20), con gli incontri tutti con inizio alle 21 e l’ingresso libero sino ad esaurimento posti (non è prevista prenotazione). Intolata “Terre del futuro - Nove parole per guardare lontano” la rassegna prosegue appunto un’esplorazione per parole chiave. Il 3 novembre a parlare di “Fiducia” sarà Salvatore Natoli, il 10 novembre invece l’economista Stefano Zamagni affronterà il complesso tema della felicità sostenibile, in un orizzonte in cui il benessere proprio e altrui coincidono senza che l'uno sia anteposto all'altro. Mercoledì 15 novembre sarà Massimo Cacciari a parlare di Umanesimo, distinguendo tra pensiero e destino, tra ciò che compete all'uomo e quel che invece trascende da lui, ripensando l'umanesimo in termini di limiti e non solo di capacità. Venerdì 17 novembre ospite della rassegna è Nicola Mai, sociologo e antropologo dell'università di Kingston, che da anni si occupa invece del fenomeno dell'Immigrazione. “Troppo spesso considerato come esclusivamente drammatico – si legge nella presentazione –, si tratta in realtà di un processo animato dalla speranza, più che dalla disperazione”. Chiude la rassegna Michela Marzano a parlare di Amore, forza che è il motore, ciò che contribuisce a determinare ogni nostra scelta.

APERTO TUTTE LE SERE PRENOTAZIONE CONSIGLIATA

ULTIMI DUE VIAGGI CON

Cacciari sul destino delle città Conversazione filosofica tra Rocco Ronchi e Massimo Cacciari intorno al tema “Angelopoli o Sin City? Realtà e destino della città contemporanea” il 16 novembre alle 18 al Palazzo del Cinema di Largo Firenze a Ravenna, per il ciclo SediciArchitettura realizzato da Reclam e dalla rivista CasaPremium.

RIMINI/2 ALLA BIBLIOTECA

Mercoledì 22 novembre, alle 16, intervistata da Emiliano Visconti, Antonia Arslan sarà a Rimini, ospite della Biblioteca Gambalunga. Arslan, classe 1938, è scrittrice e pronda conoscitrice delle situazioni armene e turca. Suo è il romanzo, La masseria delle allodole che ha vinto il Premio Stresa.

Via Gamba, 12 - Ravenna Centro Tel. 0544 215393

E

MAVER

Ultimi due appuntamenti per la rassegna, curata da Emiliano Visconti, alle 17 nella Galleria della Biblioteca comunale di Cattolica. Giorgio Scianna (nella foto), il 4 novembre, racconterà La regola dei pesci, quella che impone a un gruppo di muoversi simultaneamente, come avviene ai suoi personaggi che all’uscita dell’adolescenza partono per un viaggio che li cambierà profondamente. A chiudere l’itinerario attraverso i viaggi arriverà Carlo Maver, soprattutto musicista, qui in veste di autore di Azalaï. Millecinquecento chilometri a piedi nel deserto.

RAVENNA

ANTONIA ARSLAN

SCIANNA

RIMINI/1

Dalla post-verità agli scrittori matematici Tanti gli appuntamenti organizzati dalla biblioteca Gambalunga di Rimini per la rassegna “Biblioterapia. Come curarsi (o ammalarsi) coi libri Realtà e mondi possibili” (incontri nella Sala del Giudizio del Museo della Città, ore 17 ingresso libero e gratuito). Sabato 4 novembre il filosofo Silvano Tagliagambe parlerà di “Cosa significa vedere” per evidenziare come l’osservazione e l’esperienza mostrano che il cervello rimette continuamente in discussione, in ogni suo atto percettivo, tutto il suo assetto esperienziale. Domenica 12 novembre sarà invece il filosofo Maurizio Ferraris (nella foto), che interviene sul tema quanto mai di attualità “Fare la verità”, se pensiamo che postverità è la parola scelta dall’Oxford Dictionary nel 2016 per descrivere il nostro tempo: tutti dicono la loro, e alla scienza si è sostituita l’opinione della maggioranza. Sabato 18 novembre Claudio Bartocci, matematico, parlerà di “scrittori matematici” tra cui si annoverano anche Hermann Broch, Leo Perutz, Carlo Emilio Gadda, i sodali dell’Oulipo, Dino Buzzati, Umberto Eco, Max Frisch, Hans M. Enzensberger, Don DeLillo, David Foster Wallace. Sabato 25 novembre sarà la volta di uno psicanalista: Luigi Zoja propone un intervento dal titolo “La morte del prossimo: eccesso di virtualità”.


LIBRI

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21 APERITIVI CON L’AUTORE

CAVINA, VERASANI, BARTOLETTI E CATENA FIORELLO ALLE OFFICINE DEL SALE Al via in novembre una nuova rassegna di aperitivi (e per chi vuole cene) con gli autori alle Officine del Sale di Cervia. Si parte venerdì 3 con Cristiano Cavina che presenta il suo “Fratelli nella Notte” (Feltrinelli); il 10 appuntamento con Grazia Verasani e “La vita com'è” (La Nave di Teseo): venerdì 24 il giornalista sportivo Marino Bartoletti presenta “Bar toletti. Così ho sfidato Facebook” (Minerva). La rassegna terminerà l’1 dicembre con Catena Fiorello (nella foto) e il suo Picciridda (Giunti)

IL FESTIVAL L’OMAGGIO

DI

GIALLOLUNA

A

SERGIO D. ALTIERI

Battute finali, a novembre, per la nuova edizione di GialloLuna NeroNotte (dal 28 ottobre al 5 novembre). In particolare il 3 novembre alle 18, prima della serata di gala, sarà proposto un “Omaggio a Sergio (Alan) D. Altieri”, scomparso il 16 giugno, premio GialloLuna 2016. Saranno presenti, fra gli altri, gli scrittori Annamaria Fassio, Gianluca D’Aquino (autore del romanzo “Partagas”), Michele Catozzi (“Laguna nera”, Tea) Franco Forte (scrittore ed editor Giallo Mondadori). Il Festival ospiterà, inoltre, la manifestazione di chiusura della quinta edizione del concorso per racconti inediti, organizzato insieme alla collana “Il Giallo Mondadori”. La premiazione, con i dieci finalisti, avverrà nel corso della serata di gala del 3 novembre.

SANTARCANGELO (E NON SOLO)

INCONTRI IN BIBLIOTECA

L’ARCAICO E PROFONDO SINGNIFICATO DELLA FESTA DI SAN MARTINO, IN UN LIBRO

Da Genovesi a Vinci, per ridere e parlare di dolore

Il prolifico romanziere nonché studioso di tradizioni romagnole Eraldo Baldini torna in libreria con la ristampa del romanzo Faccia di Sale per Fernandel e arriva sugli scaffali anche con una novità, Sotto il segno delle corna (Il ponte vecchio) su una delle tradizioni più note in particolare a Santarcangelo di Romagna: la festa dei “becchi” e il significato, in realtà profondo, arcaico e cupo, che ci sta dietro. Gli incontri inziano naturalmente nella stessa Santarcangelo, il 9 novembre alle 21, mentre sabato 11 novembre invece l’appuntamento è alle 17 alla biblioteca Malatestiana di Cesena (dove tornerà anche il 25 novembre, sempre alle 17, per parlare però di Fantasmi e luoghi ‘stregati’ di Romagna), e alle 21 a San Pancrazio alla Museo della Vita Contadina. Il 14 novembre alle 21 Baldini sarà alla Casa dei contadini a Sant’Agata sul Santerno (Lugo).

Alla rassegna “Il tempo ritrovato” anche l’attrice Ermanna Montanari Il Tempo Ritrovato, la rassegna curata da Matteo Cavezzali ogni mercoledì alla Biblioteca Classense di Ravenna, prosegue a novembre con quattro appuntamenti in cui la letteratura incrocia la spiritualità, il dolore, la gioia e il ricordo. Mercoledì 8 novembre alle 18 Mariapia Veldano parlerà di Lei (Guanda) in cui racconta la vita di Maria, madre di Cristo, come non è mai stata raccontata prima. Cosa c’è di divino nell’essere giovane madre di un figlio arrivato per grazia o per caso, e poi sperare per lui una vita buona, e insieme temere per lui con tutte le paure di tutte le madri, che non incontri il male, che non sia troppo speciale, che il mondo lo accolga o almeno lo lasci in pace. Mercoledì 15 novembre alle 18 Simona Vinci si immerge nella propria paura e cerca un linguaggio per confessarla con Parla, mia paura (Einaudi). L'ansia, il panico, la depressione spesso restano muti: chi li vive si sente separato dagli altri e incapace di chiedere aiuto. Ma è solo accettando di «rifugiarsi nel mondo» e di condividere la propria esperienza che si sopravvive. L’autrice dialogherà con Eraldo Baldini. Mercoledì 22 novembre alle 18 sarà la volta di Fabio Genovesi che torna a due anni dal grande successo di Ci manda le onde, premio Strega Giovani 2015, con Il mare dove non si tocca (Mondadori) un romanzo luminoso e coloratissimo, divertente e poetico, capace di alternare con straordinaria efficacia i registri e di farci passare in un attimo dal riso alla commozione. Mercoledì 29 novembre alle 18 sarà ospite Ermanna Montanari con le sue Miniature campianesi (Oblomov). La pluripremiata attrice, autrice, scenografa e fondatrice del Teatro delle Albe racconta, tramite coinvolgenti e icastiche scritture, la Campiano della sua infanzia, il suo paese natale nella campagna ravennate. Accanto a lei il regista Marco Martinelli e l’illustratrice Leila Marzocchi. La rassegna proseguirà a dicembre con il poeta Franco Arminio e lo scrittore filosofo Francesco D’Isa.


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LIBRI

22 IN MOSTRA

LETTERATURE A TEATRO

INCONTRI ALLA CASA MUSEO RENATO SERRA

TRA ARTE E FILOSOFIA

Spaak interpreta Il piccolo principe Venerdì 3 novembre al teatro Masini di Faenza per Erf va in scena Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry, con Catherina Spaak come voce recitante, Corrado de Bernart al pianoforte, musiche di Bacalov, Glass, Nyman, Satie. Testo di Antoine de Saint-Exupéry

Marescotti e la lingua Neolatrina Al teatro Cor.te di Coriano il 24 novembre Ivano Marescotti propone il nuovo monologo La Lingua Neolatrina per prendersi gioco dei tic e delle mode che infestano i linguaggi popolari. Biglietto dai 15 ai 12 euro.

Riondino alle prese con Boccaccio Il 25 novembre al teatro Socjale di Piangipane (Ravenna) David Riondino è sul palco con In Bocca Baciata non perde ventura, La Principessa Alatiel e altre storie d’amore di Giovanni Boccaccio Musiche dal vivo di Mirio Cosottini

Nel corso della mostra a Casa Museo Renato Serra a Cesena – dal titolo Fragilis Mortalitas di Renato Serra: Partenza di un gruppo di soldati per la Libia di Erich Turroni e Mattia Vernocchi, curata dagli architetti Augusto Pompili e Marisa Zattini, e dedicata all’opera di Serra del 1912 – si svolgeranno diversi incontri collaterali, tutti alle 16. Sabato 11 novembre, si terrà la presentazione del catalogo dell’evento espositivo in corso in cui le opere in mostra sono documentate e corredate da testi inediti (edizioni Il vicolo). Sabato 25 novembre, l’autore Giorgio Stamboulis dialogherà con il filosofo Romeo Casalini per la presentazione del suo libro Filosofia precaria (Il Vicolo Editore, Cesena 2017); domenica 19 novembre Sebastiano e Michelangelo Severi, rispettivamente al vio loncello e chitarra classica per un pomeriggio dedicato alla musica barocca (musiche di J.S.Bach, D.Scarlatti, D.Gabrielli, G.M dall’Abaco).


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LA VISITA

Pennabilli, museo diffuso tra poesia, arte, razionalismo e natura di Elettra Stamboulis

Pennabilli è un po' la nostra piccola Budapest: anche il borgo del riminese infatti ha un nome doppio, che nasce dalla fusione di Penna e Billi, probabilmente i nomi originari delle due colline che lo compongono. È anche l'ultimo lembo di Romagna, anzi la Romagna per elezione, visto che fino al 2009 era invece incluso nelle Marche. Ci sono voluti tre anni dal referendum del 2006 per passare alla nostra Regione. Si tratta quindi della Romagna più giovane in assoluto... Conosciuto dal largo pubblico per la Mostra mercato nazionale di antiquariato, in realtà questa piccola comunità nasconde dei piccoli gioielli per l'esperienza visiva, sensoriale e intellettuale. Innanzitutto il suo cittadino d'elezione (eh sì, ritorna la scelta libera di essere di un paese) Tonino Guerra pensò e organizzò uno dei più originali musei diffusi del nostro originale stivale, il museo “I luoghi dell'anima”. L'idea del cammino come esperienza meditativa, filosofica, di trasformazione, è oggi molto in auge, ma certo il poeta santarcangiolese ne ha fatto una chiave per realizzare interventi evocativi, lievi e sospesi che rendono l'esperienza del camminare un'esperienza di indagine interiore, attraverso l'incontro con le tracce e i paesaggi. Dall'Orto dei frutti dimenticati, con il biricoccolo e il sorbo, ubicato in uno squarcio raffaellesco del paesaggio collinare, ci si incammina attraversando opere fantasiose e giocose, che rimandano alle relazioni di Guerra (con Fellini e Tarkovskji ad esempio) e che risuonano della nostalgia di quanto già visto e ascoltato. Una nostalgia senza amarezza, vissuta come occasione per rendere il tempo più pieno. E proprio il tempo è scandito dalle formelle dell'artista faentina Muky nell'ex Lavatoio che nell'opera “Le parole dei mesi” ha riportato le frasi di Guerra sul calendario: novembre ad esempio è “Con le sciarpe di nebbia attorno al collo”. La strada delle Meridiane ci riporta di nuovo alla misurazione di questo “reo tempo” e, attraversato il Santuario dei pensieri, si può completare il percorso e continuare nelle tappe che non sono tutte racchiuse nel perimetro del paese. A Bascio c'è infatti il Giardino pietrificato, una istallazione di sette tappeti di ceramica, dedicati ad altrettante persone che da questi luoghi nei secoli sono transitate: come ad esempio Dante, a cui è dedicato Il tappeto dei pensieri chiari “che vide questa torre fuggendo da Firenze per raggiungere il

Sopra: il santuario dei pensieri di Tonino Guerra, sotto a sinistra un’immagine dal Museo naturalistico del Sasso Simone; in basso a destra un’immagine da Matereuka

rumore del mare di Ravenna”. O il tappeto dei pensieri oscuri, che ricorda il poeta Ezra Pound, vissuto per un breve periodo a Pennabilli, che disse del Marecchia “dove la melma è piena di sassi”... Se accanto alla poesia volete affiancare un po' di sano razionalismo, Pennabilli ospita un'altra originale esposizione, il Museo Mateureka (museo del calcolo). Si tratta di uno dei pochi musei non ospitati all'interno delle Facoltà universitarie e dedicato alla matematica. Realizzato da un docente del luogo, Renzo Baldoni, è un museo narrativo, ma anche emotivo, visto che invita a sperimentare e giocare con i numeri. Ci sono quindi oggetti che raccontano le storie del calcolo, come un cono di fondazione e tavolette sumere di 4.500 anni fa, lapidi romane ed iscrizioni etrusche, abachi, suan pan cinesi, soroban giapponesi, schoty russi, un astrolabio, una tavola per contare medioevale, quipù inca e chimpù peruviani, la “Summa” di Luca Pacioli, cilindri e bastoni di Nepero, compassi di proporzione, la ricostruzione della Pascalina, ma anche regoli e nomogrammi, aritmografi, calcolatrici meccaniche, elettromeccaniche, elettroniche e programmabili... Ma la parte sicuramente più entusiasmante sono le sale laboratorio dove ci si può immergere nel teorema di Pitagora animato, si può rimanere stupefatti dalla visione dello zero o perdersi nel viaggio emozionante dentro un frattale. Infine, per chi invece ama la natura, è curioso degli animali e si ricorda che non ci siamo solo noi uomini come abitanti di questo mondo, il museo naturalistico del parco Sasso Simone è uno spazio inaugurato nel 2004, con intenti didattici, che oltre ad ospitare una mostra permanente di animali imbalsamati del territorio (tra cui un raro gatto selvatico), promuove un'ampia gamma di attività indirizzate alle scuole di ogni ordine e grado. Esplorare la natura in libertà, attraverso un apprendimento informale, sono gli obiettivi dei percorsi che si possono prenotare, e che possono comprendere delle belle esplorazioni del parco naturale. Ma anche valide esperienze per adulti curiosi, come il Workshop Paesaggi Migranti che si è tenuto a maggio tra land art, architettura e ricerca, indirizzato a giovani creativi di tutta Europa. Un modo diverso per muoversi e stare in un territorio, praticare l'ecologia dei gesti e della mente. Museo I luoghi dell'anima www.museoiluoghidellanima.it Mateureka – Museo del calcolo Piazza Garibaldi, Pennabilli (Rimini), Tel. +39 0541 928659; www.mateureka.it MUSSS Museo naturalistico del Parco Sasso Simone; viale dei Tigli 5, Pennabilli (Rn) Tel. 0541 928047 - 320 4510733 - email: info@musss.it; www.musss.it


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LA MOSTRA di Sabina Ghinassi

Quando un paio d’anni fa il gallerista newyorkese Keith De Lellis piombò nella campagna ravennate, in compagnia di un’interprete, per contattare l’agricoltore in pensione Ulisse Bezzi, pensarono, inizialmente a uno scherzo. De Lellis, una delle massime autorità mondiali in termini di fotografia, lo aveva individuato per una grande mostra sulla fotografia di paesaggio italiana degli anni ’50, facendo ricerche su decine di premi italiani e stranieri. Da allora il passo verso l’agiografia è stato brevissimo: il fotografo contadino, rimasto nascosto tra le nebbie della bassa per cinquant’anni, scoperto e diventato star come la baby sitter Vivien Maier. Il che va benissimo, se non fosse che la vicenda di Ulisse Bezzi si presta anche ad altre letture, più storicamente adeguate che, nella loro complessità, valgono come exemplum per la rivalutazione della categoria dei fotoamatori della seconda metà del secolo scorso, padri indiscussi della straordinaria fotografia italiana contemporanea. Palazzo Rasponi2, con la mostra “Il respiro del tempo- Le fotografie di Ulisse Bezzi” inizia questa ricognizione, grazie a un percorso espositivo che documenta l’opera di Bezzi dagli anni ’50 all’inizio del terzo millennio attraverso una trentina di fotografie, alcune deliberatamente montate in fronte e retro per documentarne attraverso i tanti timbri i “viaggi” e i riconoscimenti ai concorsi internazionali. La curatela è di Alessandra Mauro, direttrice editoriale di Contrasto e Direttore

Il rigore del «fotoamatore» Ulisse Bezzi Trenta scatti realizzati nell’arco di cinque decenni dal cosiddetto “fotografo contadino”

Qando un paio di anni fa

il gallerista newyorkese Keith de Lellis piombò nella campagna ravennate per contattare l’agricoltore in pensione, all’inizio si pensò a uno scherzo

Ristorante

Il Prato dei Fiorentini Locale a gestione famigliare, con paste di produzione propria, carni fresche di qualità, piadina romagnola e fritta con formaggi e salumi nostrani. Funghi e tartufo. NO BARRIERE ARCHITETTONICHE - AMPIO PARCHEGGIO

GIOVEDÌ SERATA DEL PESCE VENERDÌ SERA POLENTA E BACCALÀ Settembre 2017 aperto dal giovedì alla domenica

Via Cardello, 22 Casola Valsenio (RA) Tel. 333.8548936

di Fondazione Forma per la fotografia di Milano, affiancata, nei testi in catalogo, dallo storico Claudio Marra e da Giovanni Bezzi, nipote dell’artista, autore di una testimonianza sull’Ulisse Bezzi più familiare e intimo. Inserita come mostra di punta all’interno del progetto Camera Work di Rasponi2, la personale di Bezzi si colloca come occasione di racconto e trasmissione tra la generazione più giovane e quella più adulta, attraverso un obiettivo fotografico che attraversa cinque decenni, riannodando le fila tra sensibilità ed esperienze, solo in apparenza, lontane. Che cosa racconta lo sguardo sul paesaggio e sulla vita di un fotoamatore (Bezzi vuole essere definito così) alle generazioni più giovani che amano, praticano, studiano e usano la fotografia? La mostra si colloca in questa dimensione dialettica, aspettando risposte e restituendo allo stesso tempo una narrazione visiva che, seppur meno “spettacolare” della fiction del fotografo-contadino, delinea un profilo singolare, lontano da ingenuità e casualità, e caratterizzato da un rigore assoluto, dal punto di vista tecnico, da quello poetico e da quello delle relazioni. In primis quella con il cenacolo di artisti lughesi che, dall’inizio degli anni

Sessanta alla prima metà degli anni Settanta, si riuniva intorno alla figura del pittore Primo Costa e di Mattia Moreni, carismatico artista informale legato all’Ultimo Naturalismo di Francesco Arcangeli. Di quel Cenacolo restano le immagini delle mise en scène create da Ulisse, giustamente avvicinate al linguaggio cinematografico di Michelangelo Antonioni: l’artista Delio Liverani, la sorella Gigliola, Primo Costa e altri personaggi, interpreti di storie sospese e silenziose. Insieme sono esposti i paesaggi, bellissimi e intensi, che dallo struggente neorealismo scivolano verso un’astrazione lirica a tratti sorprendente. Lì c’è il racconto dell’evoluzione del paesaggio nel secolo scorso, dalla campagna al sogno industriale e, nelle opere degli ultimi anni, il declino di quel sogno, narrato con uno sguardo partecipe ma mai stucchevole. Lo stesso sguardo, a tratti enigmatico, scivola anche nella parte della produzione di ritratti dedicata all’infanzia che, accanto a immagini quasi neorinascimentali per impostazione e armonia, ferma un’inquietudine sotterranea, affine a quella del mondo di Diane Arbus, come nella foto Ballo (Xilofono), scelta, e non è un caso, dalla curatrice per manifesti e copertina del catalogo. Il Respiro del Tempo - Le fotografie di Ulisse Bezzi Palazzo Rasponi2, Via D’Azeglio n.2, Ravenna A Cura di Alessandra Mauro Aperto sino al 7 gennaio 2018 Ingresso gratuito; mar-ven 1519; sab-dom 10-13/15-19 Inaugurazione Venerdì 3 novembre alle 17 con le musiche di Christian Ravaglioli


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LA RECENSIONE

Una “Foresta”di patriarchi, sciamani e apprendisti stregoni Giovanni Frangi è l’artista con cui la rassegna Selvatico sceglie di chiudere la sua dodicesima edizione, con l’opening della mostra il 4 novembre alle 18 a Rimini, negli spazi del Museo D’Arte della Città, con curatela di Massimo Pulini e Massimiliano Fabbri. Il tema, o meglio l’umore, che, come sottolinea il curatore Massimiliano Fabbri, governa la grande kermesse, partita a settembre alla Galleria Marcolini di Forlì, è la Foresta (Pittura Natura Animale), una sorta di ritorno al luogo da dove tutto è partito per Selvatico che, sin dall’inizio, ha scelto di essere «una rassegna di campagna alle sue origini, dodici anni e dodici mostre fa, e che ora chiude un cerchio, a partire dal suo stesso titolo e sguardo non addomesticato». Foresta quindi, come luogometafora per raccontare, attraverso una pluralità di artisti, giovani, meno giovani e giovanissimi, il ritorno alla pittura e alla materia, intrecciato all’idea della Natura, qui scelta e raccontata sotto forma di intrico di rami e foglie, di suoni animali, come paesaggio necessario in cui immergersi e perdersi, per rinascere e reinventare il mondo. Quaranta artisti da vedere, soprattutto pittori, disegnatori, hanno risposto alla chiamata di Selvatico. Citarli tutti è un’impresa impossibile, per il rischio di overflow (si rimanda al sito www.museovaroli.it, necessario cahier de voyage per chi vuole vedere, magari a tappe, l’intera manifestazione prima della chiusura) . Si può partire dagli allestimenti site specific di un’artista storica come Lorenza Boisi (presentata da Irene Biolchini, con Lorenzo Di Lucido e Massimo Pulini, co-curatori della rassegna insieme a Fabbri), al Mic di Faenza sino al 12 novembre, con “In fondo al giardino, un volto verde”, per poi passare a Fusignano, attraversando le visioni intense e le suggestioni di Cesare Baracca, Lucia Baldini, Federica Giulianini o a Bagnacavallo, per incontrare i lavori di Mirco Baricchi, Luca Caccioni, Veronica Azzinari, Luca Coser, Massimiliano Fabbri, per poi tornare a Cotignola e, da Massimo Pulini e Vittorio D’Augusta, arrivare a Giovanni Blanco, Denis Riva, Debora Romei, Jacopo Casadei, solo per citare alcuni dei quaranta artisti presenti. L’aspetto bizzarro e sorprendente della mostra è che tutte le opere degli artisti, in qualche modo, assomigliano alle voci di un grande coro “verde”, come gli alberi e le creature di una foresta, appartenenti a un unico bioma, fatto di mille identità viventi diverse, a volte in lotta armonica, ma sempre profondamente intrecciate e unite. Gli ecosistemi funzionano così e così funziona quest’idea di mostra, fatta di voci adulte e più giovani, di patriarchi, sciamani e apprendisti stregoni. Seguendo questo sentiero dentro al bosco, come Pollicino fece con i sassolini bianchi illuminati dalla luce della luna, si arriva a Giovanni Frangi, al Museo della città di

A Rimini l’ultima vernice per la dodicesima edizione di Selvatico, un intreccio di esposizioni che ha coinvolto l’intera Romagna

In alto: Giovanni Frangi, “Fontana a mare” 2016 Sotto a sinistra: Luca Caccioni, “Di tutto il blu oltremare che mi è caduto nel risvolto dei pantaloni” 2017 Sotto a destra: Massimiliano Fabbri, “Un fango d'altre epoche”, 2016

Rimini che con “La pittura scandaglia la superficie” ci riporta definitivamente a “ casa”, alla natura-pittura- animale attraverso una produzione che, come osserva Massimo Pulini nel testo in mostra, “sonda la profondità del pensiero nella schiuma delle onde, trova la carne nello strato più esposto della pelle, vede lo spessore della zolla nella cresta di fili d’erba.” Giovanni Frangi, milanese, artista legato alla riflessione etica ed estetica sui paesaggi della contemporaneità, è dagli esordi attento al codice “ verde” sia attraverso un’opera saldamente pittorica che attraverso progetti installativi di natura più squisitamente mentale. Cicli dedicati all’acqua, con ninfee dolcemente evocative, alghe, textures marine si uniscono a lavori dove la suggestione è invece direttamente sulla natura naturans di tron0chi, boschi, giungle, foreste, mediate da una scrittura pittorica che è insieme densa e rarefatta. Qui, a Rimini, Frangi conclude il dodicesimo viaggio di Selvatico e ci accompagna dentro la sua bellissima“ Foresta”. (sa. ghi.)

L’aspetto bizzarro

e sorprendente della mostra è che tutte le opere degli artisti assomigliano alle voci di un grande coro “verde” come gli alberi e le creature di una foresta appartenenti a un unico bioma

Artigiano specializzato in bioresine effettua: POSE PAVIMENTI, RIVESTIMENTO CUCINE, BAGNI E SCALE TINTEGGIATURA INTERNO/ESTERNO TRATTAMENTI ANTIMUFFA Zone di competenza: Romagna, Lombardia e Toscana Josè Loconte 333 3890182


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FAENZA “Il tempo vola” del collettivo di designers 5+2

Achille Calzi, ceramiche tra simbolismo e Liberty Frutto di una lunga ricerca durata alcuni anni, il Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza, dal 5 novembre al 18 febbraio, organizza una mostra dal titolo “Tra Simbolismo e Liberty. Achille Calzi” a cura di Ilaria Piazza: un lavoro antologico che intende riportare alla ribalta un artista prematuramente scomparso, ma che è stato una figura di rilievo per la produzione simbolista e liberty, non solo faentina.«La mostra – ha spiegato la direttrice del Mic, Claudia Casali – è la prima di un lungo percorso che il Mic intraprenderà per attribuire il giusto riconoscimento a livello nazionale, di maestri, tutti di nascita faentina, come Giovanni Guerrini, Pietro Melandri, Anselmo Bucci, Domenico Rambelli. Essa è il risultato di un lungo lavoro encomiabile da parte della curatrice, Ilaria Piazza; è un progetto di rete che riunisce le principali realtà culturali della città come Pinacoteca Comunale, Museo del Risorgimento e Biblioteca Manfrediana». La mostra sarà corredata da una pubblicazione che vuole essere, allo stesso tempo, catalogo e guida ragionata all’opera di Achille Calzi.

RAVENNA

Soundscaping, dj-set, workshop: torna la fiera-mercato “Visibile” Alle Artificerie Almagià ritorna “Visibile”, progetto sperimentale di associazione RavennArte, Norma e Rete Almagià e format di fiera-mercato anticonvenzionale di arte e design giovane e giovanissimo con modalità multidisciplinari: soundscaping, djset, incontri (Sabina Ghinassi, Roberta Bertozzi di Calligraphie e Federica Poglianii di Dif-fusa contemporanea), un’installazione dedicata alle Città Invisibili di Italo Calvino, abbinata al workshop per i piccoli di Giulia Filippi. Il cuore è però nei trenta artisti e designer giovani e giovanissimi che fanno conoscere e vendono le loro opere, trasformando l’ex magazzino dello Zolfo in scenario del contemporaneo a 360 gradi: le ceramiche di Wasetti Hiro Proshu, l’embroidery art di Rocca Maffia, il design ironico e dada di 5+2, i dipinti di Nicola Montalbini, solo per fare qualche nome. Insieme alle opere e agli oggetti, Visibile modifica lo spazio con un soundtrack speciale: il 4 novembre dalle 18,30 Octatrack & Vinil set di Giovanni Lami, a seguire, i berlinesi Evil Twin, mentre il 5 novembre alle 18 ci saranno i romani Cascao & Lady Maru. L’evento è in rete con Niart Gallery e la personale di Silvia Naddeo e con Magazzeno e la personale di Luca Berberini. Artificerie Almagià, via dell’Almagià 2, Ravenna. 4 novembre ore 15/22; 5 novembre ore 10,30/20.

GALLERIA VALERIA E. SPAZIO S " " !

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Fino al 26 novembre

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RIMINI

La collettiva P’Arte apre un progetto per artisti del territorio Prosegue fino al 25 novembre la mostra “Rimini P’Arte” con ogni settimana un artista diverso ad accogliere i vistitatori dalle 17 alle 19. Dopo Stefano Cecchini (che ha aperto la rassegna con la sue belve, nella foto), Davide Frisoni e Luca Giovagnoli, dal 31 ottobre al 4 novembre si potrà invece incontrare Giovanni Lombardini, dal 7 all’11 novembre Filippo Manfroni, dal 14 al 18 novembre Francesco Zavatta, dal 21 al 25 novembre Stefano Ronci. La mostra collettiva allestita nell’antico Palazzo Spina di corso d’Augusto 217, è la “prima” di Cartello Rimini, un progetto ambizioso che promuove l’arte contemporanea d’eccellenza di artisti selezionati del territorio. «L’intento di questa prima mostra – spiegano gli organizzatori – è di offrire una panoramica sull’arte contemporanea attraverso le espressività differenti con le quali gli autori “guardano” e rappresentano la loro personale realtà con stili che non stonano tra di loro, anzi creano un percorso espositivo d’interessanti rimandi». L’idea nasce da Matteo Sormani di Augeo Art Space e Gianluca Zamagni dell’Angolo della Cornice. Info: www.augeoartspace.it.


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A sinistra: Francesca Pasquali, 39.000 straws, a destra: Mirko Basaldella, Furore, 1944

LA RECENSIONE

Oltre le classiche tessere La mostra curata da Panzetta a Ravenna tra primitivismo, modernismo e avanguardie di Serena Simoni

All'inizio era il magico: é così che va interpretata una delle opere più antiche presenti nella mostra Montezuma, Fontana, Mirko attualmente visibile al Mar di Ravenna, curata da Alfonso Panzetta con la collaborazione di Daniele Torcellini. La funzione magica del reperto atzeco esposto - un'impugnatura di un coltello sacrificale oggi conservato al Museo Nazionale Pigorini di Roma -

viene messa da parte per concentrarsi sulla tecnica e la composizione di smalti e madreperle che ne decorano magnificamente la superficie. Si tratta di uno dei primi esempi di scultura-mosaico, una tipologia che sorprende i ravennati, abituati a percepire questa tecnica millenaria nella sua bidimensionalità murale. Anzi, è quasi implicito che la decorazione luminosa dei mosaici imperiali e bizantini non può che smaterializzare l'architettura come avviene

anche negli interni romanici di San Marco a Venezia. Il mosaico in 3D sembra quasi un oggetto paradossale ma nel catalogo della mostra si comprende quanto la sua storia sia a lunga gittata, fatta di esempi precedenti al moderno e di riprese negli anni Trenta dello scorso secolo. Gli esperimenti realizzati da Lucio Fontana e Mirko Basaldella in mostra - potevano scaturire solo da una riflessione sul primitivismo e sull'interesse verso il recupero di

Al Mar un’ottima

palestra per scoprire le accezioni del mosaico di design, di linguaggio pop o materico

antiche tecniche vissute come linguaggi originariamente nazionali, adatti agli spazi pubblici che il Regime chiedeva al tempo. Panzetta dimostra la connessione fra la ripresa del mosaico e le sculture musive atzeche, disponibili per il Fontana in Argentina e per Mirko al Museo Pigorini di Roma. Così è la storia, e per mettere sul piatto altre possibili reti ci si chiede quanto abbia potuto influire la lezione catalana di Gaudì che aveva svincolato fra la fine dell'Ottocento e l'inizio del nuovo secolo il mosaico dall'architettura, nella sua nuova versione di cocci ceramici di recupero (il trencadìs). Il mondo tridimensionale fito e zoomorfo dell'artista catalano forse non aveva un grande impatto sull'immaginario italiano ma il suo processo di lavoro, basato su una congiunzione inseparabile fra progetto e sapienza artigianale, riprendeva un imperativo categorico che da Viollet-le-Duc, molto amato e seguito in Italia, si congiungeva alle riflessioni di Gino Severini alla metà degli anni '30. La lezione in qualche modo era passata e se la testa furiosa di Mirko rende omaggio al primitivismo ma anche al Rinascimento - uno studio di Leonardo per la battaglia di Anghiari - i suoi interventi pubblici in mosaico hanno un debito enorme col Modernismo europeo oltre che con i linguaggi delle avanguardie. La mostra di Ravenna ė un'ottima palestra per chiarire quanto il mosaico eseguito da protagonisti italiani ma anche locali - sia stato e si mantenga versatile dagli anni '70 ad oggi, nelle sue accezioni di design, di linguaggio pop o materico, di oggetto concettuale impreziosito o di scultura che elude le classiche tessere per esplorare le potenzialità di materiali completamente nuovi.


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FUMETTO

L’anima romagnola del giovane Dragonero, in arrivo in edicola Ravennate, classe 1967, Riccardo Crosa firma il primo numero di una nuova serie di fumetti per ragazzi, tra le più importanti novità che lo storico Sergio Bonelli editore presenterà all’edizione di Lucca Comics in programma ai primi di novembre e che manderà nelle edicole a partire dal 9 novembre. Si tratta di un lavoro durato anni, ci racconta il fumettista che sta uscendo in edicola anche con un suo albo per la serie Dragonero, di cui questa nuova collana per ragazzini è una sorta di “spin-off”. «Sì, racconta la storia di Ian, Gmor e Myrva (protagonisti della nota serie, la prima fantasy della Bonelli, ndr) da ragazzini, dentro la loro casa, e tutte le avventure che affrontano tra creature fantastiche e vicende invece più quotidiane. Abbiamo fatto un lavoro di anni per scrivere quella che poi sarà la “Bibbia” per ogni disegnatore a venire, dal character design alla ricostruzione nei dettagli della casa, per esempio, con l’interno di ogni stanza…». La serie sarà completamente a colori, uscirà con cadenza mensile al costo di 3,50 euro in albi da 64 pagine che conterranno due storie l’uno. «Ci sono continui collegamenti con la serie di Dragonero adulto, per cui sarà interessante anche per i lettori della serie principale che però sono principalmente adulti, molti sono padri di famiglia… Chissà, magari potrebbero esse-

Riccardo Crosa, già creatore

di Rigor Mortis, è il character design del nuovo personaggio della Sergio Bonelli

re tra i primi a portare i figli in edicola, un luogo quasi sconosciuto alla gran parte dei ragazzini di oggi. Anche per questo, si tratta di una scommessa. Ci rivolgiamo a un pubblico che legge libri e che ama il genere fantasy, ma per il quale in Italia non esisteva ancora nulla del genere». Un lavoro di preproduzione dettagliatissimo che, ci

spiega Crosa, di solito viene riservato al cinema o ai videogiochi. Del resto contaminazioni potrebbe averne presto anche questa nuova serie di cui è stata realizzata una puntata pilota di cartone animato voluta dalla Rai, ora in cerca di coproduzioni. Mentre Dragonero, la serie originale, ha dato vita addirittura a due romanzi dei suoi

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JUNIOR

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29 CESENA APPUNTAMENTI PER COMICS&STORIES Per Cesena Comics&Stories numerosi gli appuntamenti dedicati al fumetto. Il 10 novembre alle 17 alla Biblioteca Malatestiana Brian Freschi e Davide Aurilla incontrano i lettori, l’11 novembre alle 16.30, invece, al Centro "Movimenti" Takoua Ben Mohamed presenta il suo libro e racconta di razzismo e pregiudizio attraverso il fumetto; il 18 novembre alle 16.30 si torna in Malatestiana per fare quattro chiacchere con Tuono Pettinato sul suo lavoro dedicato a Freddie Mercury e ai Queen. Il 18 novembre alle 21 Corte Zavattini 31 si tiene la presentazione di CavallinoRivista, mentre il 19 novembre, ore 20.30 alla Biblioteca Malatestiana, monologo con Andrea Santonastaso autore di “Mi chiamo Andrea, e faccio fumetti” dedicato ad Andrea Pazienza.

ideatori, Luca Enoch e Stefano Vietti, e anche un gioco di ruolo. Linguaggi che si toccano, come è successo spesso allo stesso Crosa durante la sua carriera che lo ha visto anche nel ruolo di illustratore di libri per la stessa fascia di età di Dragonero Adventures per Mondadori e ha disegnato invece per adulti per numerose case editrici italiane e francesi. Ma tra i suoi successi passati c’è quello di aver firmato un gioco da tavolo divenuto un classico (“Sos - Sì, Oscuro Signore!”) tratto a sua volta dal suo personaggio a fumetti Rigor Mortis, protagonista di una serie. «Anche se devo ammettere che il mio sogno è sempre stato quello di fare il character designer, quello che mi è successo proprio con questa nuova serie al debutto». Serie di cui Crosa ha disegnato in prima persona il primo albo in uscita e di cui realizzerà l’ultimo alla fine di questi primi due anni già programmati «per il resto – ci dice – ci saranno tanti disegnatori bravi e giovani, pieni di talento che sono stati scelti con la massima attenzione. L’unico vecchio sono io...». Federica Angelini

TEATRO

Spettacoli (anche) per i piccolissimi Iniziano le stagioni dedicate alle famiglie, da Bagnacavallo a Forlì

A sinistra il Pinocchio e a destra La bella addormentata che saranno in scena al Masini di Faenza

Iniziano in alcuni teatri della Romagna anche le stagioni dedicate ai più piccoli, con numerosi appuntamenti. Tra questi al Masini di Faenza domenica 12 novembre la compagnia Fontemaggiore presenta Le avventure di Pinocchio drammaturgia di Marina Allegri con Emanuela Faraglia, Nicol Martini, Giancarlo Vulpes, regia di Maurizio Bercini. Il 26 novembre arriva in scena Florian Metateatro con La Bella addormentata, liberamente ispirato alle fiabe di Perrault e Grimm, uno spettacolo di di Mario Fracassi (ideatore e regista), Flavia Valoppi e Alessio Tessitore (che ne sono anche interpreti). Al teatro Goldoni di Bagnacavallo si comincia invece già il 5 novembre con il Teatro Pirata che propone Il tesoro dei pirati, ideazione e regia di Silvano Fiordelmondo, Francesco Mattioni e Diego Pasquinelli. Lo spettacolo di grande impatto visivo si avvale di musiche originali e dello stile della scenografa Marina Montelli. Il 19 novembre invece, sempre alle 17, Kosmocomico Teatro porta in scena Piccolo passo, storia di un’ocarina pigra, di e con Valentino Dragano, spettacolo vincitore del Premio Enfanthéatre. Lo spettacolo, costruito su dialoghi e fisicità clownesche, si sviluppa sull’intuizione di far vivere i personaggi attraverso ocarine di diversa grandezza. Due anche gli appuntamenti alle Artificeria Almagià a Ravenna per la storica rassegna “Le arti della marionetta”: domenica 19

novembre alle 17 andrà in scena il Cappuccetto Rosso di Teatro alla panna, mentre il 26 sarà la volta del Mago di Oz del Teatrino dell’Erba Matta. Sempre a Ravenna, fitto il calendario anche di Vulkano a San Bartolo, pensato soprattutto per i piccolissimi, dai 18 mesi ai 6 anni, dove la Drammatico Vegetale propone alcuni suoi lavori, sempre alle 17 (posti limitati, prenotazione obbligatoria): il 4 novembre è la volta di Che sì che no, sabato 11 novembre ivece ci sarà Uno, due, tre... sui colori e le forme, e il 18 novembre Brum, opera con musica ed elementi naturali. Domenica 26 novembre ci si sposta al teatro Rasi, alle 17, questa volta per la fascia dai 6 agli 11 anni, con Sogni. Arlecchino e la bambina dei fiammiferi, lo spettacolo prende spunto dalla fiaba di Hans Christian Andersen, per poi ripercorre alcuni temi classici della letteratura per l’infanzia associandoli ad ambienti visivi, costruiti attraverso citazioni dall’arte figurativa. Sempre domenica 26 novembre alle 16.30 alla Cor.Te Coriano Teatro la compagnia Fratelli di Taglia porta in scena il suo Jack e il fagiolo magico alle 16.30. A Forlì, invece, l’appuntamento è al teatro Testori al pomeriggio della domenica: il 19 novembre con Il Pifferaio di Hamelin del Teatro della Tosse; il 26 novembre con la magia delle bolle di sapone de Il Soffio Magico, messo in scena dalla compagnia Bubble on Circus.


GUSTO

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LA TRADIZIONE

LA RICETTA

Dimensione, spessore, ingredienti: viaggio nelle piadine di Romagna di Giorgia Lagosti

Come per qualsiasi altra ricetta legata alla tradizione, anche per la piadina romagnola possiamo trovare moltissime varianti, locali, addirittura familiari. Non esiste una ricetta autentica rispetto alla quale le altre siano sbagliate ma semplicemente diverse linee di pensiero, varie versioni che cambiano da zona a zona. Oggi, in linea di massima, le variazioni sul tema giocano sul dosaggio degli ingredienti e sullo spessore del “disco” finito ma in passato le “possibili” piadine erano molteplici ed erano tutte dettate dalla stagionalità, dalla storia della famiglia e del luogo, dalla situazione economica e dall’uso che se ne doveva fare. Ma partiamo dalla sua origine che certamente è da ricercare molto indietro nel tempo e sulle tavole della povertà: azzima, salata e possibilmente unta, era il sostitutivo del pane quando non ce lo si poteva permettere o nel momento in cui finiva quello della “cotta” settimanale. Solitamente era priva di componenti dolci tranne qualche eccezione per il miele, soprattutto nella zona del ravennate e del cervese: qui la piadina che veniva preparata per il consumo “del giorno dopo” era mantenuta

LA PIADINA DELLE MARIETTE DI CASARTUSI È vero, abbiamo detto che sono mille le varianti della piadina, tutte legittime e meritevoli di rispetto ma certamente una di queste, quella delle Mariette di Casartusi, è davvero autorevole! Sono proprio loro che, come premesse inderogabili, impongono l’uso dello strutto di mora romagnola nell’impasto, di usare il matterello, di girare la piadina solo due volte durante la cottura, rigorosamente sul testo di terracotta e di mangiarla subito dopo. Ingredienti per 5 piadine 500 grammi di farina tipo 0 70 grammi di ottimo strutto di Mora di Romagna 2 pizzichi di bicarbonato (3 grammi circa) oppure 100 grammi di lievito in polvere per torte salate 8 grammi di sale tipo Sale Dolce di Cervia acqua quanto basta

morbida e fragrante proprio attraverso l’utilizzo di questo dolcificante naturale che le donava anche un colore dorato e invitante. Ancora oggi ci sono molte famiglie che conservano questa tradizione. Dalla costa ci spostiamo ora verso la collina, territorio più povero della pianura e all’inter-

no del quale era necessario fare di necessità virtù. Qui, spesso, la piadina veniva preparata utilizzando la farina di castagne, decisamente poco costosa e reperibile con grande facilità. Oggigiorno se ne trovano versioni analoghe in alcune delle quali viene aggiunta anche l’uva passa a fare di questa piadina

quasi un dolce, perfetto da intingere nel latte alla mattina. Poi non vanno dimenticati i macinati di orzo, di farro, di avena, di ceci e di legumi. E nemmeno la farina di mais con la quale si preparava il “piadotto”, antica ricetta codificata già da Spallicci. A onor del vero questa versione non aveva una buona reputazio-

Preparazione Versate la farina a fontana sulla spianatoia, al centro mettete lo strutto a pezzetti, il bicarbonato o il lievito e il sale. Impastate il tutto con acqua tiepida fino a ottenere un impasto omogeneo ed elastico. Dividete l'impasto in palline da 150 grammi circa e stendetele col matterello formando dei bei cerchi. Lo spessore è variabile: va da circa i 6-8 mm delle zone di Forlì e Ravenna a quella sottilissima (2-3 mm) del riminese. Si raccomanda di cuocere le piadine in fretta, su una piastra molto calda, o sull'apposito testo, rigirandole con le punte di una forchetta per non farle bruciare, così da bucare anche le lievi bolle che si formano, e rivoltandole quando indorate.

Piadina e Crescioni Disponibili anche impasti senza lievito e strutto Piadina, crescioni, rotoli e crackers, con impasto tradizionale e impasti al kamut, farro e vegetale. Prodotti esclusivamente romagnoli come squacquerone, salame nostrano, formaggio di fossa, crema di scalogno e Savor.

Tel. 328.0272552

CI SIAMO RIFATTI IL LOOK!

VERANDA RISCALDATA ORARIO CONTINUATO

Vi aspettiamo nel nostro locale completamente rinnovato per gustare le nostre specialità:

Martedì Chiuso

via Nazario Sauro 1 a Cervia piadina.ravenna

Telefono 346 5969668 Si accettano buoni pasto Day

Viale della Lirica - Ravenna

Utilizziamo farine di provenienza locale e/o nazionali

Siamo aperti tutto l'anno e siamo in a fianco del mercatino del pesce

di Alessandro Casadei

Ravenna, via Sant’Alberto, 105

Piadine, Crescioni, Rotolini a pranzo e a cena, Piadina di kamut e farro biologica e vegana, Piadipizza! Dal lunedì al venerdì 11 - 20.30 sabato, domenica e festivi CHIUSO

per prenotazioni

tel. 0544.455709

lapiada.diale


GUSTO

R&DCULT novembre 2017

31 ne: i romagnoli non hanno mai amato il mais perché costava molto meno della farina di grano e veniva usato per preparazioni povere. Il “piadotto” era quindi considerata la piadina della fame. Insomma, da quanto detto, è facile dedurre che l’appellativo piadina rappresentava un impasto semplice, abbastanza neutro che doveva necessariamente dare un grande senso di sazietà, una preparazione dalla forma a disco fatta con una farina, qualunque fosse la sua provenienza, il sale, un grasso e un liquido per impastare. E proprio a proposito di liquidi, oggi come allora, possiamo trovare chi utilizza solo acqua, chi miscela metà acqua e metà latte, chi opta per il solo latte. Qualcuno aggiunge addirittura vino bianco.E la cottura? Se pensiamo che da sempre la piadina venga cotta sulla teglia, ci sbagliamo. Poteva infatti accadere che fosse cotta sulla graticola o anche sull’arola del camino. In questi casi spesso veniva arricchita con i ciccioli e la si lasciava più spessa. Altra variante, dopo gli ingredienti, riguarda lo spessore. Ecco un breve excursus di stili: partendo dalla costa riminese, dove la piadina è sottile sottile e si chiama solitamente piada, e procedendo verso il cesenate e il forlivese, e a nord sulla costa verso Ravenna, e ancora da qui verso l’interno, fino a salire sulle colline e poi sulle montagne, la piadina, senza perdere la sua friabilità, diventa grossa. Grossa tanto da poter essere tagliata a metà per stendervi un buono strato di squacquerone! Circa invece la grandezza del disco, altra caratteristica distintiva, la troviamo più larga nel sud della Romagna, più stretta salen-

do a nord. Veniamo infine agli accompagnamenti: tanto o poco che fosse, insieme alla piadina si mangiava di tutto. Secondo la stagione, il territorio o la ricchezza, le si accostavano erbe di campo, di orto o di pineta, lessate o soffritte in padella con aglio, cipolla o scalogno e con pancetta, lardo o strutto. Poi i formaggi, freschi o stagionati, i salumi del “caro” maiale, gli arrosti e le grigliate. Ancora, la potevamo trovare a “fare scarpetta” per intingoli unti e sugosi, il più delle volte ricchi di verdure e poveri di carni. Non tralasciamo infine il nostro pesce, quello azzurro, quello dell’Adriatico che con sarde, sardoncini, sgombri, zanchetti, zuppe e brodetti, rendeva la piadina un pasto da giorno di festa.

I CRESCIONI O CASSONI I

RIPIENI DI UN TEMPO, E QUELLI DI OGGI

Una variante alla piadina è il crescione (o cassone se ci si trova nel sud della Romagna), una sorta di sfoglia ripiegata e farcita. In passato veniva preparato insieme alla piadina: con lo stesso impasto ma di differente spessore (più sottile) se ne faceva un grosso raviolo ripieno di erbe selvatiche, rosolacci o spinaci, biete o radicchi, ma anche cicoria o ortiche. Ancora, si usavano zucca o patate, soprattutto nelle zone collinari, e formaggi. Solo di recente sono arrivati pomodoro, funghi, mozzarella, speck, brie o… tutta quella miriade di ingredienti che compaiono fra le proposte affisse ai baracchini a righe bianche e rosse che si incontrano lungo le strade della Romagna.

LA PIADA UNTA SE L’IMPASTO È CON L’ACQUA DEL COTECHINO Fino al secolo scorso, nelle fredde giornate d’inverno, si preparava una “piada unta” impastata con l’acqua gelatinosa della cottura del cotechino che, parsimoniosamente, veniva conservata e consumata un po’ alla volta. Si scaldavano due o tre cucchiai di gelatina e si versavano nel cratere della farina. Non si aggiungeva null’altro. Le piade che ne risultavano erano buonissime con le erbe saltate in padella o con i cavoli profumati all’aglio.

LE “POVERE” CHI

RICORDA QUELLA CON FAGIOLI E PATATE?

Qualche anziano della collina ricorda di aver mangiato da bambino la piada con fagioli e patate, ma non in accompagnamento, bensì nell’impasto. Si lessavano i fagioli insieme alle patate, si scolavano, si schiacciavano con il matterello e si impastavano con farina, sale, strutto e una puntina di bicarbonato. Dopo aver steso la piadina leggermente più spessa del consueto, doveva essere cotta facendo molta attenzione nel girarla: il suo impasto era poco legato e di conseguenza molto delicato. Queste erano le piadine povere della colazione che non avevano bisogno di companatico.

EVENTI A SOGLIANO

LA FIERA DEL FORMAGGIO DI FOSSA

Si avvicina l’appuntamento con l’attesa fiera dedicata al formaggio di fossa di Sogliano al Rubicone, giunta quest’anno alla 43esima edizione. Durante le tre domeniche – 19, 26 novembre e 3 dicembre – le vie e le piazze del centro storico saranno occupate da tendoni e bancarelle di prodotti tipici provenienti da varie regioni italiane. Il protagonista della manifestazione sarà naturalmente il Formaggio di fossa di Sogliano Dop, i cui stand saranno ospitati all’interno della grande struttura montata in Piazza Matteotti. In Via XX Settembre sarà invece allestita la Via dei Sapori Tipici che offriranno anche servizi di ristorazione, oltre a quelli offerti dalla Pro Loco Sogliano e dai commercianti locali. Tanti anche gli eventi che faranno da corollario alla festa. Info e programma: www.comune.sogliano.fc.it.

ASSOCIATO A

Offriamo prodotti bio dal 1999, utilizziamo solo farine pure di grani antichi e prodotti sempre freschi. Proponiamo piadine e crescioni speciali con farine di canapa, farro, kamut, 5 cereali, ceci e impasti con curcuma e ortica, e piadine senza glutine CERTIFICATE. Uniamo all'innovazione delle materie prime la passione per la tradizione romagnola, grazie ad un vasto assortimento di ingredienti tipici, utilizzati con sapienza e fantasia. Siamo inoltre specializzati in servizio di catering anche vegano.

via Camillo Torres, 208 - Castiglione di Ravenna - Tel. 338 563 4633 il BiancoMangiare



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