R&D Cult Marzo 2019

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MARZO 2019

FREEPRESS n. 48

MUSICA • TEATRO • LIBRI • ARTE • CINEMA • GUSTO • RUBRICHE “The House That Jack Built” di Lars Von Trier, secondo il nostro critico Albert Bucci (a pagina 21) è il film dell’anno

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PROTAGONISTI PEPPE SERVILLO TRA JAZZ, SANREMO E BATTISTI

MUSICA CONTAMINAZIONI E GRANDI NOMI PER I VENT’ANNI DI CROSSROADS

TEATRO A TU PER TU CON IL DIRETTORE DEL BONCI DI CESENA

DANZA COREOGRAFIE CONTEMPORANEE SUI PALCHI DELLA ROMAGNA

CINEMA IL GRANDE RITORNO DEL DISCUSSO LARS VON TRIER

ARTE LA NOSTRA RECENSIONE DELLA MOSTRA DI FORLÌ

LIBRI PARLA MICHELA MURGIA TRA BAMBINI E BUONISMO

GUSTO LA PASTA AL MATTERELLO DELLA TRADIZIONE

A MORCIANO TORNA L’ANTICA FIERA DI SAN GREGORIO Torna dal 9 al 17 marzo a Morciano di Romagna l’Antica Fiera di San Gregorio 2019. Cuore pulsante della manifestazione sarà ancora il Foro Boario con le mostre provinciali di bovini, ovini e cavalli, accanto agli spazi per florovivaisti e auto d’epoca. Ma sono diversi gli spettacoli in programma, dal recital di Paolo Hendel (foto a sinistra) alla Bibbia secondo Paolo Cevoli, passando per l’Orchestra Bagutti alle “Questioni di cuore” di Lella Costa (al centro). R&D Cult nr. 48 - marzo 2019

Autorizzazione Tribunale di Ravenna n. 1427 del 9 febbraio 2016 Editore: Edizioni e Comunicazione srl Via della Lirica 43 - 48124 Ravenna - tel. 0544 408312 www.reclam.ra.it Direttore Generale: Claudia Cuppi Pubblicità: direzione@reclam.ra.it tel. 0544 408312 Area clienti: Denise Cavina tel. 335 7259872

Amministrazione: Alice Baldassarri, amministrazione@reclam.ra.it Stampa: Centro Servizi Editoriali srl Stabilimento di Imola - Via Selice 187/189 - 40026 Imola (Bo) Direttore responsabile: Fausto Piazza Redazione: Federica Angelini (coordinamento redazionale), Luca Manservisi, Serena Garzanti (segreteria), Maria Cristina Giovannini, Gianluca Achilli (grafica). Collaboratori: Erika Baldini, Roberta Bezzi, Alberto Bucci, Matteo Cavezzali, Bruno Dorella, Francesco Farabegoli, Iacopo

Gardelli, Sabina Ghinassi, Enrico Gramigna, Giorgia Lagosti, Linda Landi, Filippo Papetti, Guido Sani, Serena Simoni, Elettra Stamboulis. Redazione: tel. 0544 271068 redazione@ravennaedintorni.it Poste Italiane spa Sped. in abb. post. D.L. 353/2003 (conv. di legge 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB C.R.P.- C.P.O. RAVENNA


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l’intervista

Servillo: «Sono un interprete autodidatta che cerca di cancellare i luoghi comuni» La voce degli Avion Travel a Cesena con il suo progetto jazz che omaggia Lucio Battisti: «È stato uno degli autori che mi hanno formato: andava controcorrente nell’epoca del consumismo»

Cantante, attore, compositore, sceneggiatore, Peppe Servillo è tra le figure più eclettiche del panorama culturale italiano. Divenuto popolare con i suoi Avion Travel, è impegnato da diversi anni, tra le altre cose, anche con un gruppo di jazzisti di caratura internazionale, con cui arriverà (domenica 24 marzo alle 21) al Bonci di Cesena per un omaggio a Lucio Battisti. Qual è il suo ricordo personale di Battisti? «È uno degli autori della musica popolare con i quali mi sono formato fin da ragazzino, che ha fornito anche spesso chiavi di lettura per il mio malessere da adolescente, andando controcorrente in un clima di esplosio-

ne del consumismo. Poi la consapevolezza del suo valore è maturata nel tempo e qualche anno fa con i miei compagni abituali (Javier Girotto, che si è occupato degli arrangiamenti, al sax, Fabrizio Bosso alla tromba, Furio Di Castri al contrabbasso, Rita Marcotulli al pianoforte e Mattia Barbieri alla batteria, ndr) abbiamo iniziato a lavorarci. Da diverso tempo eseguiamo questo repertorio (20 grandi canzoni dell’epoca di Mogol, ndr) e ogni replica è un approfondimento ulteriore, davanti a un pubblico che ne ha memoria e quindi ha strumenti per comparare». L’ha sopreso qualcosa in particolare del variegato repertorio di Battisti? «Diciamo che spesso i grandi artisti come Battisti vengono ricordati con luoghi comuni che spesso ne possono tradire i contenuti. E il nostro compito è evitare che questo accada. Affrontando in maniera professionale Battisti ne viene fuori la profondità e il valore, soprattutto nell'esibizione dal vivo credo che la tradizione venga restituita e resa attuale e universale». Perché ha deciso di utilizzare l’arma del jazz per omaggiare grandi autori popolari? «Il jazz si è sempre nutrito di musica popolare, anche in ambiti recenti. Per certi versi quindi non c'è nulla di nuovo e il jazz italiano in particolare è da diverso tempo che si approccia alla canzone d’autore. Personalmente mi sono sempre accostato al jazz con grande rispetto, fin da quando mi ci sono avvicinato grazie a Roberto Gatto (grande batterista jazz italiano con cui Servillo ha collaborato a fine anni novanta, ndr)». A proposito di musica italiana, invece, cosa ne pensa dell'ultimo Sanremo, lei che l'ha vinto nel 2000 con gli Avion Travel, e delle polemiche che

ci sono state sul vincitore? «Le polemiche servono solo per accendere il clamore. In quelle sere lavoravo e ho risentito le canzoni nei giorni seguenti, apprezzando molto quella che ha vinto, con un bel testo e una bella voce». Qual è la differenza tra interpretare canzoni altrui e suonare le proprie? «La responsabilità da interprete è maggiore: un vero interprete se affronta bene un autore importante finisce in qualche modo in minima parte per essere anche un po’ autore. E se poi non si conosce l’autore, la responsabilità è ancora maggiore». Lei porta avanti anche una carriera di attore e ha preso parte a progetti diversissimi uno dall’altro, qual è la filosofia che sta dietro le sue scelte? «Purtroppo non ho avuto la fortuna di studiare in questi ambiti, sono sempre stato un autodidatta e così vedo ogni occasione come un momento di approfondimento del mio mestiere. Che sia recitazione o musica, il mio modo di affrontare i testi non cambia, mi sento un interprete che recità con musicalità e canta puntando sull’espressività». Sta già lavorando su qualche nuovo autore? È alla ricerca di nuova musica da ascoltare? «Sto preparando insieme a Danilo Rea uno spettacolo sugli autori genovesi. Cerco sempre di approfondire musicalmente quello che posso, recentemente ho spesso l’occasione di frequentare l’Accademia di Santa Cecilia e credo proprio che andrò presto ad ascoltare Brahms...». Luca Manservisi

musica italiana

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Riparte da Cesena, sabato 2 marzo al Carisport, il tour di Cristiano De André, che presenta il suo nuovo spettacolo “Storia di un impiegato”, ispirato al celebre concept album del padre “Faber”. Un'opera rock con arrangiamenti nuovi, scenografie e proiezioni. E venerdì 22 marzo sempre al Carisport fa tappa il tour “Nomadi 55. Per tutta la vita”, titolo anche del nuovo progetto discografico dei Nomadi, uscito a giugno. Un doppio album che celebra i 55 anni di carriera della band più longeva d’Italia. Sul palco anche il fondatore Beppe Carletti.


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indie & rock italiano IL RITORNO DEI MASSIMO VOLUME Il tour di presentazione del nuovo album (Il nuotatore) dei Massimo Volume (nella foto con Sara Ardizzoni che li accompagna dal vivo) fa tappa il 22 marzo al teatro Moderno di Savignano. Tra post-rock e spoken word.

A TEATRO Roy Paci porta la sua storia sul palco Il 29 marzo il teatro Socjale di Piangipane (Ravenna) ospita l’anteprima nazionale di “Carapace”, il primo spettacolo teatrale di Roy Paci, in scena anche come attore (accompagnato comunque dalla musica dal vivo) per raccontare la sua storia. Gli altri eventi del teatro su www.teatrosocjale.it.

Il “cinema” dei Montefiori Cocktail

GIORGIO POI A LUGO Martedì 26 marzo fa tappa al teatro Rossini di Lugo il tour di presentazione del nuovo album (Smog) del cantautore piemontese Giorgio Poi, noto anche per le collaborazioni con Carl Brave e Frah Quintale.

Il 14 marzo alle 18 al Ridotto del teatro Fabbri di Forlì concerto dei Montefiori Cocktail tra i nomi più importanti in Italia e non solo della scena di musica lounge. Presenteranno il loro ultimo lavoro “Kinematix” dedicato alle colonne sonore.

Mimosa per la Festa della Donna Venerdì 8 marzo al Binario di Cotignola concerto della cantautrice Mimosa, con gli “arazzi volanti” della Scuola arti e mestieri. Presenta il suo nuovo lavoro, “Hurrah”, come “un grido di energia dalle donne al resto del mondo”, non per caso a Cotignola l’8 marzo.

HIP HOP Merio presenta il nuovo disco al Sidro

IL SUPERGRUPPO CON IL CANTANTE DEI VERDENA Unica data in regione, giovedì 28 marzo al Treesessanta di Gambettola, per gli I Hate My Village, supergruppo ispirato dalla musica africana e formato da Fabio Rondanini (Calibro 35, Afterhours) alla batteria e Adriano Viterbini dei Bud Spencer Blues Explosion alla chitarra, con la partecipazione di Alberto Ferrari dei Verdena.

Fa tappa il 16 marzo al Sidro Club di Savignano il tour di presentazione del disco d’esordio di Merio. Si tratta del rapper bresciano che ha iniziato la carriera nei Fratelli Quintale, insieme a Frah Quintale.


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storie

Le uniche voci che ha senso ascoltare sono quelle dei matti veri Da Daniel Johnston alla Meravigliosa Storia Umana di Edda, tra i migliori cantautori italiani

Una sera a Bologna stavo mangiando una pizza da asporto, seduto sul muretto di un portico, davanti alla pizzeria. Uscì un tizio assurdo e si mise a fumare una sigaretta: sguardo perso nel vuoto, sulla sessantina, con una maglietta grigia e sudata e dei pantaloni della tuta che gli arrivano sopra alle caviglie. Aveva una barba incolta che gli sporca un pochino il doppio mento e i capelli grigi unti e lunghetti con qualche orribile riflesso biondo; fumava una sigaretta in tre tiri e sembrava passarsela veramente di merda. La persona con cui ero mi sussurrò «è lui». Il tizio per cui ero a Bologna, quello che doveva suonare ai giardini lì di fronte tra un’oretta. Si chiamava Daniel Johnston, una leggenda della musica pop, c’è persino un documentario su di lui – anche bello, tra le altre cose. L’avevo visto in foto un milione di volte, sapevo la sua storia e conoscevo alcuni dei suoi dischi a menadito, ma non l’avevo comunque riconosciuto. C’è una dimensione della malattia mentale che non riesce a venire fotografata o raccontata. Salì sul palco di fronte a un pubblico foltissimo e suonò un concerto memorabile, cantava le canzoni con una chitarra che sembrava non saper suonare. La questione è questa: alcuni di quelli che hanno problemi mentali vedono cose che gli altri non vedono, e se insieme ai problemi mentali hai un talento per la musica, è probabile che tu riesca a incidere delle canzoni che nessuno ha mai sentito prima. Ma quelle canzoni arrivano alla fine di un ciclo di eventi che comprende un sacco di roba orribile: equivoci, prese in giro, bullismo, sfruttamenti e altro ancora. Al concerto di un matto almeno metà dei paganti è lì per vedere un matto fare il matto. Credo che Edda sia mezzo matto, non proprio un matto vero e proprio ma quasi. Edda è un tizio che riesce a pensare una musica che nessuno ha mai pensato, probabilmente perché pensa cose che nessuno pensa. Dentro le canzoni di Edda c’è un sacco di roba senza senso, magari messa lì solo per fare rima, e dei riferimenti pesanti a sangue sesso famiglia depressione amicizia droghe adulterio soffocamento e un sacco di altra roba che la maggior parte delle persone che canta non mette dentro la sua roba perché, beh, perché non vuol far pensare di essere fuori di testa. A volte dà l’idea di avere un problema con la lingua italiana e altre volte sembra l’unico italiano a conoscerla. Parla di se stesso indifferentemente al maschile e al femminile. Quella di Edda è una Meravigliosa Storia Umana, cioè una di quelle storie che chiunque parla di lui antepone alla musica. Era una specie di piccolo eroe del rock alternativo italiano nei primi anni novanta: cantava nei Ritmo Tribale, un gruppo che sembrava destinato a grandi cose e che si dissolse verso la metà del decennio. Venne cacciato per problemi di droga, o se ne andò e iniziò ad avere problemi di droga (la storia cambia a seconda di chi la racconta); attraversò un periodo buio lungo anni, riuscì a disintossicarsi e iniziò a lavorare da operaio. A fine anni duemila ricominciò a strimpellare e scrivere pezzi, li pubblicava su Youtube come un ragazzino, e poi decise di registrare un disco vero. Quando lo ascoltammo per la prima volta (si chiamava Semper Biot) non potevamo crederci. La voce dei Ritmo Tribale era anche riconoscibile, ma i Ritmo Tribale avevano i chitarroni e quegli impianti tipo Living Colour. Dentro al disco di Edda invece sembrava di stare in un disegno di Schiele. Aveva una voce acuta e sgraziata e suonava la chitarra con parsimonia. I testi sembravano non avere senso ma ti spaccavano comunque a metà. Aveva qualcosa dei dischi tossici di John Frusciante, qualcosa di certi cantautori italiani del giro off (Fausto Rossi, Piero Ciampi), e moltiplicava tutto all’ennesima potenza. Era chiaro da subito che avevamo a che fare con la miglior cosa che fosse successa al cantautorato italiano da decenni. Il disco ebbe successo critico ma non scardinò gli equilibri. Buona parte della colpa fu della sua Meravigliosa Storia Umana. Venne presentata come la storia di una riscossa, e lui era propenso a far la parte del miracolato. I lati oscuri della vicenda vennero tenuti fuori dall’equazione per non rovinare il lieto fine. Il primo lato oscuro: è tra i dieci migliori cantautori della storia d’Italia. Il secondo: è mezzo matto. Il primo tratto della sua personalità influen-

POPPONI Il Decameron del pop, limitatamente a quel che succede il mese prossimo in un raggio di 30 km di Francesco Farabegoli

“Una sorta di Azealia Banks dei poveri senza un decimo del talento di cui già l’Azealia originale è priva”

za il secondo, o viceversa: pensa cose che gli altri non pensano, e riesce a metterle nelle canzoni. O riesce a mettere nelle canzoni cose talmente assurde e devastanti che la sua psiche deve averne risentito. Oppure è stata l’eroina, non so. Sta di fatto che nelle sue canzoni c’è roba che non potrebbe esserci nelle canzoni di qualcuno che sta bene, e quanto più canta il suo disagio tanto più la sua musica diventa enorme. Il suo secondo disco si chiamava Odio i vivi e aveva due tette gigantesche sulla copertina, giusto per far capire com’era l’andazzo. Il disco successivo: Stavolta come mi ammazzerai?. Non so ancora se sia una domanda di Edda a chi ha comprato il disco o una domanda di chi ha comprato il disco a Edda. L’uscita dei suoi dischi è un appuntamento fisso per azzerare il livello di stronzate nella musica italiana: per due anni i talent show e il giro indie spingono interpreti “introversi” e un po’ “pazzi”, e poi arrivava Edda a ricordarci che “introverso” e “pazzo” non sono modi piacevoli di esser chiamati. Dentro la musica di Edda si soffre, si prova schifo per se stessi e si subisce il ricatto infame che ti provoca sempre il piacere di ascoltare le storie di un disperato. Se non fossero così incredibili non ci presteremmo, ma non è possibile starci lontani. Parlando di Young Signorino mi chiedevo se fosse possibile ascoltarlo in maniera pulita: sto ascoltando della musica o sto consumando un dramma umano? La persona che me lo vende è in buona o in cattiva fede? Non credo sia possibile risolvere la cosa. Non si può ascoltare la musica dei matti a cuor leggero, ma in un mondo di gente un po’ schizzata e un po’ geniale le uniche voci che ha senso ascoltare sono quelle dei matti veri. Non so se Edda sia matto, o mezzo matto, ma i suoi dischi sembrano fatti da una persona che qualunque cosa sia, non riesce a far finta di essere qualcos’altro. Se provate ad ascoltarli ve ne rendete conto subito. Ho scoperto, negli anni, che è l’unica cosa che mi interessa davvero nella musica.

Edda (qui in una foto promozionale di qualche anno fa) sarà in concerto al Bronson di Ravenna sabato 9 marzo per presentare il nuovo album “Fru Fru”

il club

Al Bronson anche C’mon Tigre, Zu e il reading di “Boosta” Tra gli ospiti internazionali Pontiak e Daniel Blumberg Oltre al concerto del 9 marzo di Edda (di cui parla Farabegoli nell’articolo principale di questa pagina), al Bronson di Madonna dell’Albero (Ravenna) sono diversi gli appuntamenti del mese, a partire da quello internazionale di venerdì 1, con gli americani Downtown Boys, band formata da giovani immigrati messicani di seconda generazione (per amanti di Rage Against The Machine e anche Public Enemy). Sabato 2 invece un altro gruppo della scena indie italiana, i siciliani La Rappresentante di Lista, in tour con un nuovo album (tra pop,

rock, synth, sperimentazioni varie e melodia) per poi proseguire il 7 marzo ancora con una band americana, gli Screaming Females (punk-rock) e (dopo Edda) il 13 con il rock psichedelico sempre dagli Stati Uniti, di Wooden Shjips e Pontiak. Giovedì 14 marzo serata speciale in collaborazione con la rassegna letteraria “Il tempo ritrovato” con il cofondatore dei Subsonica, Davide "Boosta" Dileo, che presenta il suo libro con un reading musicale. Si prosegue il giorno dopo con il “cantautorap” di Dutch Nazari mentre tornano i live di caratu-

ra internazionale il 19 con il trio del britannico Daniel Blumberg, celebrato dalla critica di tutto il mondo per il suo Minus, l’anno scorso; e poi dopo la parentesi più sperimentale del 21 con Basinski (vedi p. 8), venerdì 22 punk-rock da New York con le Baby Shakes (nella foto), prima di concludere il mese con due big della scena alternativa italiana: il 29 i C’mon Tigre presentano il nuovo album (tra atmosfere mediterranee e suoni contemporanei), il giorno dopo i romani Zu tornano al Bronson per festeggiare i dieci anni del loro Carboniferous.


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rock

CONSIGLI D’AUTORE

SORELLE BLUES Gli americani Larkin Poe, band di roots rock e blues molto celebre in patria – capitanata dalle giovani sorelle, originarie di Atlanta, Rebecca e Megan Lovell (nella foto) – saranno il 30 marzo al Socjale di Piangipane (Ravenna) per una delle loro due date italiane.

La colonna sonora della mia vita a cura di Franco “Francobeat” Naddei *

A cosa serve la musica? Forse non ci è indispensabile per vivere come l’acqua o il pane, eppure ancora oggi l’utilità della musica è ancora intatta. Che sia un sottofondo per fare le pulizie di casa o la colonna sonora per un incontro amoroso. Forse la musica fa schifo, ma accostata ad un determinato evento o sensazione della vita diventa la nostra Colonna Sonora. Credo fermamente che il valore delle canzoni non sia assoluto ma relativo a noi, a come le abbiamo vissute, a cosa ci ricordano.

Franco Naddei in marzo è in concerto il 9 al Treesessanta di Gambettola e il 16 a Cesena al Magazzino Parallelo

1980: viaggio in FIAT 126 rossa di mio padre. Io ero dietro nei minuscoli sedili ad ascoltare la cassetta di Computer world dei Kraftwerk. Quel disco lo so a memoria, affascinantissimo da “Numbers” dove ho imparato a contare fino a 4 in 4 lingue, cosa non da poco per un ottenne, in realtà. 1984: The Singles 81-85 Depeche Mode. Mio fratello, più grande di me di 5 anni, continuava a sostenere che i Rocketz fossero la più grande band di elettronica, o space-disco come si chiamava all’epoca, ma io tifavo DM! Dopo anni mi ritrovai a ballare la celebre “Just can’t get enough”, ma quello era affare da intorti primordiali non certo l’afflato di una consapevolezza stilistica che ho poi scoperto nel tempo facendola mia. 1986: Ascoltavo la radio forse 10 ore al giorno. Le radio commerciali erano spietate, come oggi del resto. A un certo punto, tra un brufolo e l’altro, mi apparve “Big mouth strikes again” contenuta in The world won’t listen degli Smiths. Ecco, lì il mio ormone flaccido e pauroso verso il sesso femminile si trovò finalmente rappresentato con quella giusta dose di autocompiacimento e nichilismo che solo Morrissey poteva esprimere. Dischi come l’esordio stesso degli Smiths, ma anche Hatful of hollow e Strangeways, here we come, presero fortunatamente il posto di quelle cassettina da adolescenti dove potevi incappare anche in Baglioni nelle notti di particolare depressione da ragazzo senza ragazze. Nello stesso anno esce Black celebration dei Depeche Mode, un capolavoro assoluto e il primo vinile comprato coi soldini della mia paghetta. Il singolone “Stripped” me lo ritrovai a Sanremo di quell’anno dove pensavo che il mondo potesse essere un buon posto dove fare musica. Erano anni strani quelli. In quel periodo uscì The colour of Spring dei Talk Talk che usavo sovente per fare la doccia. Un esempio di mainstream fatto come si deve, senza troppi sconti e con uno sguardo verso il futuro che mi folgorò nei successivi Spirit of Eden e Laughing stock, due dischi che sono ancora oggi una Bibbia per ogni musicista/arrangiatore/produttore. La voce di Hollis era da inseguire durante l’ascolto fino a quando te lo ritrovavi sulla schiena e dentro le orecchie. Anche il disco solista del compianto Mark Hollis del ’98, prima della sua definitiva sparizione dalle scene, è meraviglioso. Poi arrivarono gli anni ’90 e io non sapevo cosa fare. Ho un buco di dischi inutili che sono stati spazzati via con l’arrivo di Dummy dei Portishead, Io già suonavo e ho rubato dei campioni da quel disco ancora prima di sapere che era esso stesso fatto di campioni. Ma a parte la nota tecnica ringrazio il cielo che sia questo disco che mi accompagnerà per sempre il ricordo di quando il sangue correva veloce. Da quel momento la musica per me è stato qualcosa di più vicino alla professione e questo mi ha tolto un pò di magia. Nelle nebbie del passato posso dire che col tempo sono poi andato a ritroso riscoprendo i Joy Division che ascoltavo “a forza” quand’ero ragazzo perché per me non suonava bene. Ma ancora oggi se metto su Closer ritrovo quella pulsione confusa di un ragazzo che diventa uomo strappandosi le catene del conforme da dosso. Così come i Velvet Underground del celebre disco con Nico e a seguire tutto il mondo di Lou Reed di Transformer ideale per dare lo straccio in casa! Diventando sempre più esigente ho trovato rifugio in David Byrne, che dopo la sbornia sudamericana mi regala un Grown backwards denso di generi ma che tocca apici di lirismo e minimalismo da vero stronzo felice di esserlo. Altri dischi sparsi su cui non mi dilungherò ma che voglio segnalare sono: con Arbeit macht frei degli Area ho imparato ad ascoltare la musica nel suo insieme, qualsiasi essa sia. E poi Mezzanine dei Massive Attack, The downward spiral dei NIN, Tabula Rasa degli Einsturzende Neubauten, ma anche Treue Hund dei nostrani Pankow così come i CCCP di 1964-1985 Affinità-Divergenze Tra Il Compagno Togliatti E Noi - Del Conseguimento Della Maggiore Età e Ko de mondo dei CSI che sono il lotto dei dischi che ascoltavo quando mi giravano un po’ le balle. Detto questo il consiglio più grande è di fare un pò di attenzione a quello che vi capita di ascoltare nei momenti chiave della vostra vita perché quella canzone vi ricorderà quel momento per sempre. * Il forlivese Franco Naddei, in arte Francobeat, classe 1972, è musicista, compositore, produttore musicale attivo da più di vent’anni. È tecnico e manipolatore del suono e possiede uno degli studi di registrazione più importanti della Romagna (il Cosabeat, a Villafranca di Forlì). È impegnato in un progetto di cover di grandi cantautori italiani, di cui è in uscita il disco.

SOGNI PSICHEDELICI Tra dream-pop, psichedelia e shoegaze i californiani Haunted Summer saranno in marzo in Italia in versione trio (voce/tastiera, chitarra/drummachine e synth/clarinetto). Dalle nostre parti l’appuntamento è per il 24 al Borgo Est di Santarcangelo.

AGENDA ROCK CLUB Al Vidia il “super-pop” dei Camillas e il punk degli Shandon Al Vidia di Cesena il 2 marzo arriva il tour di promozione del nuovo album dei pesaresi Camillas, con il loro “superpop” ironico e surreale. La settimana dopo, sabato 9, concerto degli Shandon (nella foto), storica band milanese che si muove tra ska, punk e hardcore melodico.

Al Bradipop concerti indie e reggae Continuano i concerti rock del sabato sera al Bradipop di Rimini. Dopo gli appuntamenti con band romagnole del 2 e del 9 (rispettivamente con il folk dei Gattamolesta e il reggae/ska degli Urgonauts) il mese di marzo prosegue sabato 16 con i romani Veeblefetzer (rock’n’roll e reggae) e il 23 con l’indie-pop dei toscani Loren, prima di concludersi con un’altra band locale, ma di caratura ormai nazionale, come le cesenati Io e la Tigre (power pop).

Al Sidro tra noise e metal Al Sidro di Savignano (oltre al concerto hip hop di Merio, vedi p. 5), due serata di rock pesante in marzo, il 2 con i cesenati Solaris (noise rock) e i toscani Asino (hardcore) e il 9 con la festa per i dieci anni di vita dei padovani Sade, in bilico tra punk, rock, metal e dark.

Al Diagonal di Forlì progetti di musica elettronica italiani Continuano i concerti, improntati in particolar modo sul mondo dell’elettronica, dello storico Diagonal di Forlì. Il programma dei mercoledì di marzo: il 6 appuntamento con il trip hop sperimentale del milanese Eego, il 13 con il pop elettronico del pugliese Makai, il 20 con l’electro-jazz dei romani Elephantides (foto) e il 27 con il progetto di hip hop “futurista” Mack.

Al Moog tra elettronica e folk Al Moog di Ravenna il 7 marzo concerto di musica elettronica con Rome in Reverse, progetto dell’italiana Antonella Pacifico, ormai di base in Scandinavia, giunto al quarto album che dal vivo si presenta anche con un light show realizzato appositamente. Si prosegue il 14 con il nuovo trio romagnolo Manuel Pistacchio (tra canzone d’autore e sperimentazione), il 20 con l’indie-folk di Black Sea Dahu, dalla Svizzera, e il 28 con il torinese Pugile.


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viaggi sonori

LA ROMAGNA IN CUFFIA

Il bel disco «fuori moda» di Mirco “Jorgensen” Mariani

Dalla chitarra del Ravenna Festival alle onde sinusoidali manipolate durante il ricovero in ospedale L’8 marzo escono i nuovi lavori di Bruno Dorella e Adriano Zanni

di Luca Manservisi

Mirco Mariani è una piccola istituzione della scena musicale romagnola. Originario di San Piero in Bagno, ha contribuito a dare nuova linfa alle tradizioni della sua terra con il progetto Extraliscio, a cui era approdato dopo una lunga carriera come musicista e compositore, batterista fidato di Vinicio Capossela e autore di alcuni ispirati dischi a nome Saluti di Saturno. Personaggio senza dubbio eclettico e di talento, Mariani è legato in particolare alle sonorità vintage, attorno alle quali (e in particolare al suo strumento feticcio, il mellotron) ha costruito una sorta di piccolo museo a Bologna, sua città di adozione, il Labotron, dove ha registrato questo nuovo debutto, a firma Fwora Jorgensen. Un nome bizzarro che è un omaggio al mondo finnico e in particolare al cinema di uno dei suoi miti, Aki Kaurismaki. Un disco «fuori moda», come rivendica scherzosamente lo stesso Mariani, a tratti surreale come i film che lo hanno ispirato, e che può vantare collaborazioni prestigiose. Una su tutte, da far tremare i polsi, quella con Mitchell Froom, leggendario produttore (e musicista) americano che ha legato il suo nome ad artisti come Paul McCartney, Los Lobos o Elvis Costello. Qui dà un tocco sperimentale a uno dei momenti più eterei del disco, “Come foglie”, e contribuisce alla riuscita di una splendida canzone qual è “Le notti bianche”, che vede alla voce, insieme a Mariani, un altro grande ospite come Francesco Bianconi dei Baustelle. A completare le collaborazioni illustri un’altra storica e inconfondibile voce della scena musicale italiana, Mauro Ermanno Giovanardi dei La Crus, mentre è da segnalare anche la toccante “prima volta” della figlia di Mariani, la piccola Gilda, alla voce nell’unica cover del disco, la conclusiva “Gam Gam”, nata in casa dopo una maratona di film sulla Shoah. Un disco di canzoni vintage come l’anima del suo autore, “facile” ma più complesso di quello che potrebbe apparire a un primo ascolto, grazie ad arrangiamenti sofisticati e ad alcuni brevi momenti di sperimentazione sonora mai fine a se stessa. Obiettivo centrato (meritatissimo l’ingresso nella top 20 di Spotify tra le uscite “alternative” italiane) e probabilmente la consacrazione di un artista prezioso.

Le copertine dei dischi in arrivo di Bruno Dorella e Adriano Zanni

Dal vivo al Bronson con Basinski

Sono due veterani della musica italiana, quella veramente alternativa. Bruno Dorella e Adriano Zanni hanno portato a termine i rispettivi lavori da solisti, entrambi strumentali, entrambi tratteggianti le coorAdriano Zanni presenta il dinate minimali di un autentico viaggio, entrambi in nuovo disco (di cui parliamo uscita l’8 marzo per la piccola etichetta Bronson nell’articolo principale) al Recordings. E così tutto ruota attorno a Ravenna, Bronson di Ravenna il 21 marzo in apertura di una secittà dei musicisti e dell’etichetta. rata da non perdere per tutConcerto per chitarra solitaria (dove un viaggio in acque ti gli appassionati di musica placide diventa naufragio) è curiosamente il primo disco elettronica, che vedrà sul pubblicato da Bruno Dorella a suo nome, frutto del palco il compositore americano William Basinski, uno concerto commissionato dal Ravenna Festival nel dei grandi protagonisti della musica sperimentale e giugno del 2018. Ed è l’ennesima scommessa in oltre della sound art degli ultimi trent'anni. Con l’australiaun ventennio di carriera, in cui Dorella ha inanellato no Lawrence English (insieme nella foto) presenterà un numero impressionante di esibizioni dal vivo e l’album scritto a quattro mani “Selva Oscura”. tante esperienze, come musicista, discografico e produttore, a suo agio in vari campi sonori, dal rock al post-rock, dal noise al blues, dalla musica strumentale a quella sperimentale e via proseguendo. La storia si snoda dagli albori con i Wolfango alla rilevante attività con le sue band principali, Ronin e OvO (peraltro, attualmente al lavoro sui loro nuovi album di studio), sino all’ingresso nei Piccola ristorazione classica, vegetariana e soul food a Km 0 Bachi da Pietra al fianco di Giovanni Succi, alla direzione dell’atipica Byzantium Experimental Orchestra, alla nascita dell’alter ego individuale Jack Cannon e alla recenti avventure nel duo Tiresia (con Stefano Ghittoni) e nel GDG Modern Trio (con Ghittoni e Francesco Giampaoli). Una storia, appunto, importante sotto molti punti di vista, alla quale si aggiunge adesso il tassello mancante di Concerto per chitarra solitaria, un disco/vascello condotto senza pseudonimi, in perfetta solitudine e in una semplice take in presa diretta, con il timone ben saldo nelle mani di una sola chitarra, nello specifico una Fender Telecaster modello giapponese risalente agli anni 90. Ricordo quasi tutto è invece il nuovo disco di Zanni, apprezzato anche come fotografo. Attivo in precedenza con il moniker Punck (dal 2002 al 2008 di Piallassa, che rendeva omaggio all’ossessione per Il deserto rosso di Michelangelo Antonioni), dopo essere stato coinvolto in venerdì 1 marzo ore 22 sabato 16 marzo ore 22 alcuni ensemble improvvisativi e dopo quasi un decennio di silenzio discografico, Zanni ha intrapreso una direzione sempre più personale pubblicando a proprio nome, nel 2017, il 7” Dj Set Sidro Rock Falling Apart, la cassetta Soundtrack For Falling Trees – uscita per Bronson Recordings e ora aftershow Dj Set Carnival Classic accompagnata da un libro fotografico autoprodotto, in collaborazione con la stessa Bronson Recordings e Boring Machines – e l’LP Disappearing, seguiti nel dicembre 2018 da Siamo quasi Black Dharma Night sabato 2 marzo tenebra, ispirato all’Islanda e al libro Paradiso e Inferno di Jón Kalman Stefánsson. Up To You/Free Entry Di lui si dice che suoni il paesaggio, ma in Ricordo quasi tutto le registrazioni sul campo, oltre venerdì 22 marzo ore 22 che documentazione, si fanno esplicitamente memoria sonora. Zanni fa tutto per conto suo, Dj Set Sugo cimentandosi con field recordings, strumenti analogici e digitali. «Il disco è stato registrato nell’estate 2018 – racconta –, quando stavo affrontando problemi di salute che mi hanno aftershow Dj Set sabato 23 marzo ore 22 costretto a un isolamento forzato. I ricordi, ai quali ho attinto tramite field recordings cattuBlack Dharma Night Dj Set Pebbles Night rati negli ultimi quattro o cinque anni, sono stati una via di fuga e un ritorno alla vita. Ricordi di momenti felici: semplici passeggiate invernali sulla spiaggia, falò, temporali estivi. Oppure supermusic selection sabato 9 marzo ricordi meno felici, come quelli collegati alle auto che scorrono nel pezzo d’autostrada fra Up To You/Free Entry Ravenna e Bologna, che da anni percorro più volte a settimana per andare a fare terapie in sabato 30 marzo Up To You/Free Entry ospedale». Il fulcro della scaletta, articolata in sette tracce (l’ottava è una ghost track), è rapFloppy Dischi & presentato probabilmente da “Onde sinusoidali, esplosioni e inutili ricordi”: «Durante il ricovero ospedaliero mi ero portato un piccolo synth OP1, così mi mettevo in cuffia e manipolaVista Mare Night vo onde sinusoidali creando vari preset per le bozze dei pezzi che ho poi definito. Il ritiro per le incisioni del disco è invece avvenuto nella mia casa al mare, a Marina Romea: una notte in Inizio concerti ore 22 spiaggia ho registrato i fuochi d’artificio, che nel mio immaginario d’infanzia si tenevano tradizionalmente a Marina di Ravenna la notte di ferragosto e simboleggiavano la fine dell’estaSavignano sul Rubicone via Moroni, 92 Tel. 347.7864132 te, di fatto uno spartiacque».

MERIO

SOLARIS + ASINO

THE SADE + ROCKER'S GUITAR


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sperimentale/1

suoni / 9 UN DISCO AL MESE

ALL’AREA SISMICA DAL SOLO DI PETER EVANS AL CONCERTO AL BUIO DEL PIANISTA THOLLEM MCDONAS Sul palco anche il nuovo gruppo di Larry Ochs Soliti grandi concerti all’Area Sismica di Ravaldino in Monte (Forlì) per gli appassionati della musica fuori dagli schemi, dalla sperimentale all’avanguardia, passando per il “nuovo” jazz. Il 3 marzo (alle 18) l’appuntamento è con Guigou Chenevier e Michel Mandel, indiscussi protagonisti della scena innovatrice francese fin dagli anni ’70, con il loro progetto Kitchen. Domenica 10 marzo si parte (sempre alle 18) con il duo di sassofoni composto da Michele Selva e Gianpaolo Antongirolami; a seguire il solo di un mostro sacro come il trombettista americano Peter Evans (foto). All-star band sul palco il 17 marzo: The Fictive Five con il sassofonista e compositore americano Larry Ochs. Il 23 marzo (ore 22) tuffo nel passato per un omaggio a Jiri Kolsovsky, a opera dei restanti membri di una formazione di culto come i cechi Dunaj (art-rock). Infine, il 24 marzo (di nuovo alle 18), si rinnova la collaborazione con l’Unione Italiana Ciechi per il “Concerto al buio”, che vedrà protagonista il pianista Thollem McDonas (tra classica, avanguardia e jazz).

SPERIMENTALE/2 Un pomeriggio tra Austria e Svezia con i suoni fuori dagli schemi della prima edizione del Brunch Festival al Cisim di Lido Adriano Al Cisim di Lido Adriano va in scena domenica 3 marzo la prima edizione del Brunch Festival, evento dedicato alla musica improvvisata e sperimentale, caratterizzato da un inusuale orario pomeridiano (concerti dalle 15). Sul palco gli svedesi Mag – nome d’arte di Magdalena Ågren (foto), che utilizza contemporaneamente trombone, megafono, voce, elettronica, loop e drum machine – e Laughing Eye – progetto solista della batterista del gruppo psichedelico svedese Träd Gräs och Stenar, tra folk, droni e musica d’organo – e gli austriaci Gigaldi – multistrumentista che propone una sua personale versione delle Quattro Stagioni di Vivaldi – e Richard “Richie” Herbst, tra sintetizzatori ed effetti modulari analogici. A completare il cartellone i ravennati Manifesto, nuovo trio che suona un rock “lisergico” figlio degli anni novanta, e il dj svedese Christian Pallin.

Quando Abbey Lincoln spiccò il volo di Bruno Dorella *

Abbey Lincoln - Abbey is blue (1959) Una delle cose straordinarie della musica è che ogni canzone può avere vite infinite nelle sue infinite possibili versioni. È raro, ma nient'affatto impossibile che una reinterpretazione sia più bella, più famosa, più leggendaria dell'originale. Il jazz è stato un genere particolarmente portato a confondere e contaminare temi e stili, a volte superando anche di molto i limiti del furto, soprattutto ai suoi albori. Al punto da vedere associata la parola “standard” proprio a quei pezzi che sono stati eseguiti talmente tante volte da essere diventati quasi necessari nel repertorio. Uno dei casi più speciali è quello di “Afro Blue”, pezzo composto dal percussionista Mongo Santamaria, ma che io ho conosciuto nella versione strepitosa di Abbey Lincoln. Uno di quegli amori al primo ascolto che mi accompagna come una piccola ossessione fin da quando l'ho scoperta. Abbey Lincoln reinterpreta il pezzo aggiungendovi un testo (scritto da Oscar Brown, pare), nello stesso anno della sua uscita discografica. Abbiamo quindi delle parole che vanno a spostare il senso di quello che nell'originale è invece il tema strumentale. Un pasticcio che nel mondo corsaro del jazz di quegli anni è normalità. Niente di nuovo quindi, se non che da un capolavoro si passa ad un ultra-capolavoro. E questo è un po' più eccezionale. Abbey è al quarto album, dopo una vita tra cabaret e musical spicca finalmente il volo aprendolo con questo pezzo incredibile, e facendolo seguire da una serie di versioni indovinatissime di brani presi per lo più dal mondo del musical e del teatro, dello stesso Oscar Brown, Kurt Weill, Duke Ellington tra gli altri. O come il brano “Laugh, Clown, Laugh” scritto per l'omonimo film del 1928 (Ridi Pagliaccio in italiano; come funzionasse la cosa in epoca di cinema muto non mi è chiaro). Una sola canzone è firmata da lei, ma è da pelle d'oca: “Let Up”. La critica comincia a mormorare il nome di Billie Holiday come ingombrante paragone. La band è di quelle da urlo, a partire dai fratelli Turrentine (tromba e sax), fino a star come Julian Priester, Wynton Kelly, Cedar Walton, Philly Joe Jones e Max Roach, che presto diventerà suo marito, in una carriera che li vedrà spesso insieme anche sui dischi, già a partire dal seguente, meraviglioso, We Insist!, che meriterebbe uno dei prossimi episodi.

* Batterista di Bachi Da Pietra e OvO, chitarrista di Ronin e Tiresia, factotum come Jack Cannon, membro della Byzantium Experimental Orchestra, del GDG Modern Trio e dei Sigillum S, ex discografico, orgoglioso ravennate d'adozione.


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non solo jazz JAZZ/1 A Bertinoro il quartetto internazionale del batterista Zirilli Giovedì 14 marzo dalle 20.45 all’enoteca Bistrot Colonna di Bertinoro concerto di caratura internazionale con il quartetto ZiroBop, formato a Londra nel 2014 dal torinese (ma siciliano di origine) Enzo Zirilli, uno dei batteristi e percussionisti più versatili e creativi delle ultime generazioni. Al suo fianco Rob Luft e Alessandro Chiappetta alle chitarre e Misha Mullov-Abbado al contrabbasso. ZiroBop è un viaggio a 360 gradi nella musica, che porta l’ascoltatore dall’America di matrice puramente jazzistica all’India, dal Sud America all’Africa con echi prog rock e d’avanguardia.

A Gambettola l’Open Jazz Trio di Glauco Oleandri Giovedì 21 marzo dalle 21 al teatro comunale di Gambettola concerto dell’Open Jazz Trio del “padrone di casa”, il batterista Glauco Oleandri. Ad accompagnarlo Carlo Atti al sassofono e Stefano Travaglini al contrabbasso.

JAZZ/2

JIM ROTONDI E ROSSANA CASALE A CESENATICO Il trombettista americano Jim Rotondi (foto) è la star internazionale che chiuderà (il 21 marzo, accompagnto dai direttori artistici Fabio Nobile alla batteria e Alessandro Fariselli al sax, oltre a Daniele Gorgone al pianoforte e al contrabbassista Aldo Mella) il festival Jazzenatico. Gli altri appuntamenti di marzo sono giovedì 7 con la cantante Karima accompagnata dai Jazz Inc. e giovedì 14 con una delle interpreti più note della scena jazz italiana, Rossana Casale con il suo Ballads Trio (completato da Stefano Senni al contrabbasso e Alessandro Altarocca al pianoforte). Concerti alle 21.15 al teatro comunale di Cesenatico.

Colazioni, pranzi, aperitivi

Piazza Mazzini, 35

LUGO

LOGGE DEL PAVAGLIONE

Il 20esimo Crossroads, tra grandi artisti e contaminazioni musicali Il concerto di punta del mese è a Rimini col trio di Paolo Fresu, Omar Sosa e Trilok Gurtu Il festival Crossroads celebra la sua ventesima edizione coinvolgendo oltre 500 artisti in più di 70 concerti, sparsi su tutto il territorio dell’Emilia-Romagna, dal 28 febbraio al 7 giugno, tra star e nuove leve del jazz, del latin, delle contaminazioni etniche e delle più varie musiche improvvisate. Crossroads 2019 è organizzato come sempre da Jazz Network in collaborazione con la Regione e il sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Qui diamo uno sguardo ai concerti in programma nel solo mese di marzo (sui prossimi numeri il programma dei mesi successivi) e nelle sole tre province romagnole. Partiamo dalle cantanti internazionali, che a Crossroads hanno sempre avuto un ruolo centrale. La Festa della Donna si festeggia l’8 marzo a Massa Lombarda (Sala del Carmine) con China Moses, figlia della carismatica Dee Dee Bridgewater, come si può notare dalle doti vocali e dalla presenza scenica; la vocalist inglese Sarah Jane Morris sarà invece in quintetto il 12 marzo a Rimini (Teatro degli Atti), ai confini tra il jazz e il pop più elegante; più schiettamente jazzistica è infine la voce irresistibile e spigliata della francese Camille Bertault, in concerto il 15 marzo all’Auditorium Corelli di FuChina Moses, signano. in concerto Immancabile l’attenzione l’8 marzo a riservata anche alle voci itaMassa Lombarda liane come quelle di Eloisa In alto il trio Atti (col quintetto “Edges” il Fresu-Sosa21 marzo a Massa Lombarda, Gurtu Sala del Carmine) o di Carla Casarano, solista del quintetto Luminặ, il 28 marzo a Fusignano Come da tradizione i più celebrati solisti del jazz nazionale sono letteralmente di casa a Crossroads: Paolo Fresu, Enrico Rava e Fabrizio Bosso sono infatti ormai da diversi anni artisti residenti del festival, invitati a esibirsi in numerose occasioni con gruppi sempre diversi. In marzo in Romagna Paolo Fresu sarà impegnato in trio con il pianista Omar Sosa e il percussionista Trilok Gurtu, una formazione di altissima caratura per la prestigiosa sede del teatro Galli di Rimini (26 marzo). Fabrizio Bosso, invece, è atteso il 19 marzo al Teatro Sociale di Novafeltria con “Storyville Story”, progetto co-diretto col trombonista Mauro Ottolini e dedicato al jazz di New Orleans. Le serate di Crossroads 2019 prenderanno poi in più occasioni i colori dell’America Latina. Gli ascolti esotici inizieranno con i ritmi brasiliani sulle sette corde della chitarra di Yamandu Costa (in solo il 22 marzo all’Auditorium di Fusignano) per poi proseguire con la pianista cubana Marialy Pacheco, il cui duo con il percussionista marocchino Rhani Krija è un innesto di culture musicali (3 marzo, Solarolo, Oratorio dell’Annunziata). Info e programma completo: www.crossroads-it.org.


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AGENDA CLASSICA

Omaggi a Rossini e ai coniugi Schumann a “Ravenna Musica”

Al Rossini di Lugo torna la WunderKammer Orchestra e va in scena Piazzolla, secondo Aisemberg Dopo una lunga pausa, riprende il 1° marzo (ore 20.30) al teatro Rossini di Lugo la stagione musicale con un concerto dal sapore fortemente “americano” incentrato sulla musica di Gershwin e Bernstein e con due prime esecuzioni assolute, in cui la pesarese WunderKammer Orchestra si presenta con un organico interamente composto da strumenti a fiato più un contrabbasso. Dirige Carlo Tenan; al pianoforte Paolo Marzocchi. Sabato 23 marzo (ore 20.30) al Rossini va in scena invece un omaggio all’argentino Astor Piazzolla, inventore del “nuevo tango” e di indimenticabili melodie. Sul palco uno dei massimi interpreti della sua musicaa, il pianista argentino Hugo Aisemberg (foto), il primo a suonare Piazzolla nei concerti di musica classica.

Sul palco dell’Alighieri anche il Trio di Parma e la celebre attrice Sonia Bergamasco

E alla sala Corelli continuano i Mikrokosmi, con Carusi A Ravenna prosegue anche la rassegna Mikrokosmi, la domenica mattina alle 11 alla sala Corelli del teatro Alighieri. Il 3 marzo sul palco salirà il giovanissimo vincitore del Premio Steinway 2018, il pianista Antonio Alessandri. Come di consueto, l’appuntamento del 10 marzo vedrà esibirsi i migliori talenti delle Masterclass di Canto e Musica da Camera tenuti dai Maestri Paola Leolini e Nazzareno Carusi. Proprio Carusi sarà protagonista il 17 marzo, con Pietrangelo Buttafuoco, di un appuntamento a metà tra Bach e Leopardi volto a celebrare i 50 anni dal primo allunaggio. Il 24 marzo sarà la volta dei pianisti Paolo Dirani e Mauro Landi che omaggeranno Debussy. Il duo formato dai celebri pianisti Davide Cabassi e lo stesso Carusi sarà di scena il 31 marzo con composizioni di Schumann, Schubert e Beethoven.

A Ravenna concerti per la donna e le vittime della mafia con anche la giovane Maria Duenas

La celebre attrice Sonia Bergamasco a Ravenna il 27 marzo con l’EsTrio

Prosegue al teatro Alighieri di Ravenna la stagione dell’associazione Mariani che il 13 marzo propone un omaggio a Rossini – avviato l’anno scorso e progettato nell’arco di un triennio – portato in scena dal Coro Filarmonico Ruggero Maghini, diretto da Claudio Chiavazza, che offrirà un’esecuzione della Petite Messe Solennelle del compositore pesarese. L’esecuzione sarà un’interessante opportunità poiché il brano sarà eseguito nella sua forma originale, per coro, solisti, due pianoforti e armonium. Imperdibile appuntamento per gli amanti della musica da camera sarà poi il 18 marzo concerto che vedrà il Trio di Parma impegnato nell’esecuzione di un programma totalmente tedesco: il Trio in mi bemolle maggiore XV:29 “German style” di Franz Joseph Haydn, il Trio n.3 in sol minore op.110 di Robert Schumann e il Trio n.2 in do maggiore per archi e pianoforte op.87 di Johannes Brahms. Declinato tutto al femminile sarà infine il concerto di mercoledì 27 marzo dedicato al 200° anniversario della nascita di Clara Wieck Schumann, celebre moglie del grande compositore Robert. In questo appuntamento sarà possibile ascoltare composizioni dei coniugi all’interno di una drammaturgia originale: protagoniste di questo evento saranno l’attrice Sonia Bergamasco e l’EsTRIO.

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Sollima al Bonci con una “suite francese” E Lucchesini celebra invece Schubert Prosegue al teatro Bonci di Cesena anche la rassegna di musica classica. Al panorama dei migliori solisti classici appartengono il violoncellista Giovanni Sollima - che si presenta in trio (con violino e pianorofte), il 2 marzo, con Suite Francese (per celebrare il centenario dalla scomparsa di Debussy e l’imminente bicentenario dalla nascita di Offenbach) - e Andrea Lucchesini, che il 10 marzo esegue al piano Schubert, le ultime Sonate, concerto dedicato all’estremo periodo creativo del compositore, con le parole di Sandro Cappelletto, giornalista e storico della musica, ad introdurre ogni brano con un testo originale. Info: cesena.emiliaromagnateatro.com.

Continua a Ravenna la rassegna “Capire la musica” della cooperativa Emilia Romagna Concerti. Giovedì 7 marzo alle 21 per la Festa della Donna sul palco della sala Corelli del teatro Alighieri un Trio d’archi al femminile con Laura Marzadori (primo violino del Teatro alla Scala) e le sue sorelle Irene e Sara con musiche di Ludwig van Beethoven e Leone Sinigaglia. Torna poi la collaborazione con l'Orchestra del Conservatorio Martini di Bologna che per il secondo anno si esibisce in occasione della Giornata in ricordo delle Vittime della Mafia il 21 marzo (alla basilica di San Francesco alle 21): in programma sotto la direzione di Alberto Caprioli la Sinfonia Incompiuta di Schubert e il primo Concerto di Paganini per violino e orchestra con una delle violiniste in ascesa nel panorama mondiale: Maria Duenas (foto), di 17 anni.

Il violinista Marco Rizzi e le giovani voci della Scala per la stagione musicale di Forlì La stagione musicale di Forlì prosegue il 9 marzo all’Auditorium della Chiesa San Giacomo (ore 20.30) con il pluripremiato Marco Rizzi (nella foto) che con il suo violino il cui ricco repertorio spazia dal barocco al contemporaneo darà vita allo spettacolo “Cordis”. Con lui il valente Roberto Arosio alle tastiere. I riflettori si accendono poi sulle “Giovani voci del Teatro alla Scala” con il concerto del Maestro Mianiti che il 26 marzo (ore 20.30) al Teatro Diego Fabbri dirigerà tre solisti dell’Accademia di Canto del Teatro alla Scala.

Tra “Voci d’Amore” e “Racconti al pianoforte” a Faenza con Emilia Romagna Festival Il cartellone di Emilia Romagna Festival prosegue al Ridotto del Masini di Faenza l’11 marzo con “Voci d’Amore”, progetto dedicato all’idea di amore nella musica, presentato dal pianista Francesco Prode e dall’attrice Diana Hobel (foto). L’idea e alcuni brani dello spettacolo sono nati dal talento di Claudio Rastelli, compositore, divulgatore, docente e pianista, le cui musiche sono state eseguite in tutto il mondo. Sulle sue note si strutturerà il racconto di Diana Hobel, in un crescendo di partecipazione e immedesimazione. Prode, grande amante e interprete della musica contemporanea, è il pianista ufficiale del New York City Electronic Music Festival. La stagione si conclude il 30 marzo con “Racconti al pianoforte” di Lorenzo Meo. Pianista e compositore giovanissimo, il bolognese Meo si esibisce nelle più importanti sale da concerto italiane; impegnato nella divulgazione della musica contemporanea, è dedicatario di diverse composizioni che propone in anteprima in varie rassegne specialistiche.

A Bagnacavallo alla scoperta del salterio con il duo La Gioia Armonica Il 20 marzo (dalle 21) nell’ambito della stagione di musica barocca del Goldoni di Bagnacavallo salirà sul palco il duo La Gioia Armonica, composto dalla musicista austriaca Margit Übellacker (salterio) e dal tedesco Jünger Banholzer (organo e clavicembalo). I due saranno impegnati nell’interessante programma “Strumenti perduti: il salterio”, da poco riscoperto come strumento popolare nella musica del XVIII secolo.


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grandi classici L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI ERNESTO Dal 22 al 24 marzo il Teatro dell’Elfo porta in scena al Masini di Faenza il classico di Oscar Wilde L’importanza di chiamarsi Ernesto.

nuove drammaturgie

TUTTE LE SFUMATURE DEI PERSONAGGI FEMMINILI Dalla Web Love Story fino a Rosalyn, la complessità delle donne in scena

I MISERABILI Lunedì 4 marzo al Teatro della Regina di Cattolica, in scena Franco Branciaroli ne I miserabili di Victor Hugo nell’adattamento di Luca Doninelli.

DRACULA Dal 19 al 21 marzo al Galli di Rimini Luigi Lo Cascio e Sergio Rubini sono i protagonisti di Dracula da Bram Stoker.

I FRATELLI KARAMAZOV Glauco Mauri con Roberto Sturno in scena al Fabbri di Forlì dal 14 al 16 marzo con I fratelli Karamazov.

IL COSTRUTTORE SOLNESS Umberto Orsini è il protagonista de Il costruttore Solness di Henrik Ibsen al Galli di Rimini dal 14 al 16 marzo.

Molte le drammaturgie che portano in scena grandi e complessi personaggi femminili (forse non a caso) proprio nel mese di marzo. In Urania d’agosto (3 marzo al Teatro degli Atti) di Lucia Calamaro (vedi anche la rubrica Baedeker a pagina 18) la protagonista è una donna matura scocciata, seccata, asociale, accanita lettrice notturna di Urania e fanatica della vita e delle opere degli astronauti che durante un isolatissimo agosto in città, soffre di un’estrema crisi di alienazione. Al teatro Astra di Bellaria il 15 marzo va in scena Web love story di e con Roberta Giallo. Si tratta di “A One Woman Digital Opera” dai toni onirici e vagamente noir. E un personaggio femminile centrale è quello de Le verità di Bakersfield, di Veronica Cruciani con Marina Massironi il 20 marzo al Tondelli di Riccione. E sempre Marina Massironi è coprotagonista con Alessandra Faiella in Rosalyn di Edoardo Erba, diretto da Serena Sinigaglia, al Galli di Rimini il 13 marzo (nella foto). Il 16 marzo Anna Mazzamauro è invece in scena a Conselice con Belvedere, storia di un’amicizia al femminile. Il 17 marzo alle 17 Lella Costa al teatro sociale di Novafeltria interpreta Questioni di cuore, testo tratto dalle lettere di Natalia Aspesi sul Venerdì di Repubblica (anche a Morciano, vedi p. 3). Per finire, Il 27 marzo al teatro Regina di Cattolica è la volta di Esemplari Femminili, esito di una ricerca di due coreografe e performer: Francesca Penzo e Tamar Grosz.

TESTI MODERNI Mario Perrotta diventa Ligabue

PIRANDELLO In scena due titoli del grande autore

Il 2 marzo a Russi Mario Perrotta è autore e interprete di Un bès. Antonio Ligabue, spettacolo incentrato sul noto pittore e le sue contraddizioni come individuo.

Massimo Dapporto in Un momento difficile al Goldoni Il 6 marzo al Goldoni di Bagnacavallo torna in scena Massimo Dapporto in Un momento difficile, con Ariella Reggio, Francesco Foti, Debora Bernardi per la regia di Giovanni Anfuso. Si tratta di un testo inedito e mai messo in scena dell’autore triestino Furio Bordon.

Lettere d’oppio a Predappio e Cotignola In scena al Binario di Cotignola il 16 marzo e a Predappio il 29 marzo, Lettere d’oppio è un testo di Antonio Pisu, che lo intepreta insieme a Tiziana Foschi per la regia di Federico Tolardo. Ambientato nel Regno Unito nel 1860, mette in scena un rapporto ambiguo tra una nobildonna e un maggiordomo.

Il Regalo di Natale di Pupi Avati in scena Il 29 marzo al teatro Galli di Rimini lo spettacolo Regalo di Natale, tratto dal celebre film di Pupi Avati e diretto in questa versione da Marcello Cotugno.

Uno spettacolo su Don Milani Dal 29 al 31 marzo al Rossini di Lugo va in scena uno spettacolo incentrato su Don Milani: Il vangelo secondo Lorenzo di Leo Muscato, che ne cura anche la regia, e Laura Perini.

L’ipocrisia del senso di colpa nei confronti dei disabili nella Rivoluzione delle sedie In scena a Conselice il 30 marzo La rivoluzione delle sedie di Massimiliano Aceti e Matteo Nicoletta che ne sono anche intrerpeti, diretti da Barbara Alesse. Come ci si comporta con un paraplegico arrogante e prepotente? La rivoluzione delle sedie, attraverso un turbine di ritmo e divertimento, svela l'ipocrisia del senso di colpa dei normodotati nei confronti dei disabili.

Non c’è mese di teatro senza Pirandello. A marzo gli appuntamenti sono l’1 al teatro sociale di Novafeltria e il 2 al teatro Pazzini di Verucchio con Enrico Lo Verso (foto) e il suo Uno, Nessuno, Centomila. All’Alighieri di Ravenna dal 29 al 31 marzo va invece in scena Il piacere dell’onestà con Geppy Gleijeses e la regia di Liliana Cavani.



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l’intervista

Il Bonci all’interno e all’esterno. Sotto un ritratto di Franco Pollini realizzato da Ugo Bertotti

ll Bonci di Cesena raccontato dal direttore Pollini: «In Romagna tante identità e vocazioni diverse» Lo storico teatro fa parte della fondazione Ert insieme allo Storchi di Modena e all’Arena del Sole di Bologna Inaugurato durante l’afoso Ferragosto del 1846, il teatro Bonci di Cesena è uno dei teatri romagnoli più antichi ancora in attività. A fianco della biblioteca Malatestiana, il Bonci è il luogo principe della vita culturale cesenate: il suo cartellone spazia dalla concertistica tradizionale alle novità di grido della drammaturgia contemporanea. Dal 2001 le sue stagioni teatrali sono curate dalla fondazione Emilia-Romagna Teatro, diretta da Claudio Longhi, che gestisce direttamente altri teatri storici emiliani come lo Storchi di Modena e l’Arena del Sole a Bologna; dal punto di vista organizzativo, da più di 30 anni è Franco Pollini, classe ’54, a dirigere il Bonci e a mediare il rapporto fra le esigenze della città ed Ert. L'ho raggiunto al telefono per tirare le fila di questa lunga esperienza e per ipotizzare un paesaggio futuro. Lei è laureato in filosofia della scienza. Come si è avvicinato al mondo del teatro? «Sono sempre stato uno spettatore assiduo e appassionato, ancor prima dell’università. Ho scelto filosofia, forse sciaguratamente, poi nei primi anni Ottanta ho dato un concorso per entrare in Comune. Così sono diventato responsabile del settore culturale». Com’è passato alla direzione del Bonci? «Il concorso che vinsi comportava anche la gestione diretta del teatro. Per vent’anni ho svolto la funzione di direttore del teatro parallelamente a quella del settore culturale cesenate. Quando il comune di Cesena scelse di costituire assieme al comune di Modena la Fondazione Emilia-Romagna Teatro, ho scelto di seguire il teatro perché era la cosa a cui tenevo di più. Così mi sono trasferito, come dipendente, all'interno di Ert». Dal punto di vista delle scelte artistiche, come si articola il rapporto fra teatro Bonci e fondazione Ert? «Ert gestisce il Bonci, come lo Storchi di Modena e l'Arena del Sole di Bologna. Si tratta dei teatri storici più importanti gestiti da Ert, inseriti pienamente in questo sistema diretto da Claudio Longhi. È un progetto artistico che si declina in varie produzioni e ospitalità che riguardano anche Cesena. All’interno di questa offerta, certamente, esiste uno spazio di dialogo e di confronto per tenere conto delle specificità di ogni città». Ogni pubblico ha esigenze e storie diverse. Quali sono quelle cesenati? «Oggi i pubblici sono molto simili. Non credo che ci

siano grandi differenze fra Modena, Bologna, Milano o Roma. C'è davvero un’omologazione culturale: siamo educati più da agenzie globali (come il web) che dalle istituzioni scolastiche. Poi chiaramente ci sono differenze nelle funzioni dei vari teatri». Quali? «Lo Storchi di Modena e l’Arena del Sole sono concentrati, grosso modo, sulla prosa. Il Bonci programma anche stagioni concertistiche e liriche. Abbiamo il dovere di costruire e mantenere un pubblico anche per la parte musicale. Inoltre il Bonci mantiene le funzioni di teatro civico che risponde alle esigenze della città. Ospita conferenze, attività associative e scolastiche. È un’istituzione culturale cittadina, come la biblioteca Malatestiana: per questo le aspettative sono molto alte. La proposta di Ert deve essere adeguata a questa situazione e a un altro tipo di concorrenza». Quando parla di “diverso tipo di concorrenza”

«Quando Ravenna provò a diventare Capitale della cultura, confrontandoci con altri operatori, constatammo la ricchezza del sistema teatrale romagnolo. Ma quelle iniziative non hanno avuto seguito» cosa intende? «A Modena e a Bologna esiste una concorrenza cittadina. Noi abbiamo la concorrenza di altre città romagnole. La Romagna è una megalopoli all’interno della quale ci sono tanti poli con identità e vocazioni diverse: è una concorrenza intra-regionale. Ciò arricchisce immensamente, e allo stesso tempo complica, il sistema teatrale romagnolo. Quando Raven-

na provò a diventare capitale europea della cultura, confrontandoci con altri operatori constatammo questa ricchezza e costruimmo un progetto che tenesse conto di questa complessità. Progetto totalmente composto di risorse interne: il mondo culturale romagnolo aveva ed ha grandissime potenzialità». Cos’è rimasto oggi di quel dossier 2019? «Poco, nel senso che quelle iniziative non hanno avuto sviluppi. Rimane però la consapevolezza di questa ricchezza e la possibilità di collaborazione fra realtà diverse. Era un progetto importante e per me fu un’esperienza unica: non avevo mai avuto tanti contatti con colleghi di altre città. Questa interazione è stata utilissima per tutti. Rimaniamo sempre romagnoli e facciamo fatica a lavorare assieme». Come vede il futuro del Bonci dopo la stagione Pollini? «Il futuro non potrà non passare dalla continuazione di questi percorsi. Il Bonci rimarrà un teatro “civile”, capace di proporre al suo pubblico ogni linguaggio teatrale con una rilevante attenzione al mondo della scuola e della formazione. Sarà un futuro di collaborazione e di coinvolgimento sempre maggiori. L’apertura del Galli a Rimini, ad esempio, è un elemento interessante: si potrebbero fare assieme tante cose. Il punto è lavorare assieme, perché è sempre più difficile trovare risorse. Perciò è fondamentale anche la ricerca di risorse private». Qual è secondo lei il grande problema del teatro italiano? «I luoghi dello spettacolo sono spesso inadeguati. Abbiamo tanti teatri all’italiana, delicatissimi, ma troppo grandi per spettacoli di prosa e troppo piccoli per produzioni più importanti. D’altra parte, i nuovi spazi teatrali spesso non funzionano. È una questione complessa. Poi ci sono problemi più specifici: se la concertistica e il teatro musicale vivono un momento proficuo, per il mondo del teatro classico ci sono difficoltà maggiori. C’è innanzitutto il problema di svecchiare la drammaturgia, ma c'è anche un gran bisogno di ricambio generazionale, e ciò vale per compagnie, attori, registi e produttori. Sostituirli non è facile». Iacopo Gardelli


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la rassegna IL PROGRAMMA Danza, grandi classici e testi contemporanei: il marzo del Bonci A riprova della varietà dell’offerta del Bonci di Cesena, come raccontata dal suo direttore nell’articolo a pagina 12, ecco il programma di marzo per quanto riguarda gli spettacoli teatrali (per gli appuntamenti musicali si vedano pp 4 e 11). Si comincia con un appuntamento di punta del Vie festival organizzato da Ert (vedi articolo a fianco) e si prosegue l’11 marzo con la grande danza. Torna infatti in scena, nel nuovo allestimento del 2017, Giulietta e Romeo, uno dei titoli di maggior successo del Balletto di Roma. Con una riscrittura drammaturgica originale ambientata nel dopoguerra, percorsa dai fotogrammi del cinema neorealista, l’opera firmata da Fabrizio Monteverde denuda la trama shakespeariana e ne espone il sentimento cinico e rabbioso, così vicino al suo stesso impeto coreografico. Musiche di Sergej Prokof’ev. Il 16 e 17 marzo è la volta di un grande classico: La scuola delle mogli di Molière. Una commedia alla Plauto che nasconde uno dei testi più moderni, contraddittori e inquieti sul desiderio e sull’amore. La traduzione è di Cesare Garboli, la regia di Arturo Cirillo che è anche interprete con Valentina Picello, Rosario Giglio, Marta Pizzigallo, Giacomo Vigentini. Una produzione Marche Teatro, Teatro dell’Elfo, Teatro Stabile di Napoli. Infine, dal 28 al 31 marzo, è in scena un testo contemporaneo e di profonda attualità: Lettre à Nours. Nour ha vent’anni quando decide di partire improvvisamente, abbandonando la sua vita di studentessa brillante per raggiungere l’Iraq e sposare un combattente del nascente Stato Islamico conosciuto su internet. Suo padre è un professore universitario, un teologo islamico illuminista e progressista che ha cresciuto la figlia da vedovo e ora si ritrova solo. Il testo è di Rachid Benzine nella traduzione italiana a cura di Anna Bonalume, per la regia di Giorgio Sangati con Franco Branciaroli e e Marina Occhionero e con il trio Mothra, che firma ed esegue le musiche originali.

Nella pluralità del Vie festival, l’anteprima nazionale a Cesena dello spettacolo Ex-que revienten los actores Il regista urugaiano Gabriel Calderòn incontra il pubblico al Tamla In scena anche compagnie romagnole tra cui il Teatro delle Albe e Fanny&Alexander

Sarà un festival vocato alla pluralità, come plurale è l'anima della via Emilia. Questa spina dorsale – vera “metropoli” della nostra identità regionale, secondo la dizione di Franco Farinelli – sarà attraversata dal 1° al 15 marzo dalla 14° edizione di Vie Festival, curata da Claudio Longhi. Festival teatrale diffuso (il ricco cartellone è distribuito in tutta l'Emilia orientale, e spazia da Modena a Bologna, toccando anche le limitrofe Vignola e Castelfranco Emilia) Vie è da sempre un appuntamento a-tematico, concentrato sull'approfondimento della drammaturgia contemporanea e internazionale. Eppure, l'edizione di quest'anno del festival patrocinato da Ert si preannuncia a un punto di svolta. In primo luogo per la qualità degli artisti internazionali ospitati: grandi nomi latino-americani (l'uruguaiano Sergio Blanco, la messicana Isael Almanza), greci (Dimitris Kourtakis, Aglaia Pappas), est-europei (l'ungherese Kornél Mundruczó) e cinesi (Yeung Faï). Ma anche per una novità principale, che interessa da vicino il pubblico romagnolo. Per la prima volta, infatti, il cartellone di Vive include un importante appuntamento al Bonci di Cesena. Il teatro della città romagnola, parte della rete regionale di Ert, ospiterà il 3 e il 4 marzo prossimi l'anteprima nazionale di Ex – que revienten los actores (foto), spettacolo dell'enfant prodige uruguaiano Gabriel Calderòn, già collaboratore di Blanco. Un appuntamento che ha tutti i crismi dell'eccezionalità. Il testo, che andrà in scena in lingua originale con sovra-

titoli, è un esempio perfetto della poetica del nuovo teatro latino-americano. C'è da una parte il gusto per il realismo magico, per lo stralunamento poetico e un certo flirt col midcult (al centro della vicenda la storia di un viaggio temporale sui generis); dall'altra la riflessione su un passato politico violento e ancora lungi dall'esser digerito (la dittatura militare degli anni '70). Il tutto condito col consueto, amarissimo y final umorismo latino. Il 3 marzo Gabriel Calderòn sarà presente al Tamla di Cesena, durante un appuntamento organizzato in collaborazione con l'associazione We Reading. Per l'occasione saranno distribuiti biglietti gratuiti per under 35 – un bel segnale d'apertura per avvicinare il pubblico più giovane ad uno spettacolo sicuramente adatto a questo tipo di platea. Infine, sono due le compagnie romagnole ospitate in questa prestigiosa vetrina. Il Teatro delle Albe porterà il 6 marzo al Comunale di Carpi Fedeli d'amore, monologo a una voce per Ermanna Montanari, nonché spin-off del cantiere dantesco che giungerà quest'estate al secondo capitolo col Purgatorio. Fanny & Alexander riproporranno l'ottimo Se questo è Levi, sempre a Carpi, a pochi chilometri dal tristemente famoso campo di Fossoli. In queste pagine avevo già segnalato la produzione come una delle più interessanti del panorama ravennate dello scorso anno. Una bella conferma per il giovane Andrea Argentieri che, diretto da Luigi De Angelis, s'impegnerà nell'iperrealistica mimesi del chimico di Torino. Info: viefestival.com. (ia. ga.)


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IL BARBIERE DI SIVIGLIA DIVENTA BALLETTO

La grande lirica approda al Galli con La traviata All’Alighieri l’Andrea Chénier Primo grande appuntamento con l’opera al rinnovato teatro Galli di Rimini: La traviata di Giuseppe Verdi (nella foto), prodotto dal Teatro Municipale di Piacenza, dal Progetto Opera Laboratorio 2018 di Leo Nucci, l’opera più rappresentata al mondo, sarà in scena l’8 e 10 marzo. In buca, l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini mentre il coro è del Teatro Municipale di Piacenza. Sul podio del teatro Galli la bacchetta di Pier Giorgio Morandi. I movimenti coreografici sono a cura di Sabrina Fontanella. In scena giovani cantanti che hanno approfondito lo studio del ruolo sotto la guida di Nucci: il soprano Adriana Iozzia è Violetta Valéry, il tenore Ivan Ayón Rivas, recentissimo vincitore del

prestigioso concorso Placido Domingo, nel ruolo di Alfredo, mentre il giovane ma già affermato baritono Benjamin Cho è Giorgio Germont. Completano il cast Carlotta Vichi, Luisa Tambaro, Raffaele Feo, Juliusz Loranzi, Stefano Marchisio, Vincenzo Santoro, Andrea Galli, Francesco Cascione. Grande lirica anche al teatro Alighieri di Ravenna, come da tradizione, sempre l’8 e il 10 marzo quando sarà in scena il triangolo amoroso incastonato nella Rivoluzione francese dell’Andrea Chénier di Umberto Giordano diretto da Giovanni Di Stefano, regia di Nicola Berloffa nella coproduzione dei teatri dell’Emilia Romagna e della francese Opéra de Toulon.

Allieva di Pierre Doussaint e Isabelle Doubouloz, così come del maestro André Cognard, Monica Casadei con la sua compagna Artemis porta il 14 marzo al teatro comunale di Russi il suo Il barbiere di Siviglia, di cui ha creato insieme ai suoi danzatori anche scene e luci. Grande cura e attenzione per le musiche di Gioacchino Rossini rivisitate da Luca Vianini e i costumi dell’artista Daniela Usai, che prosegue Traviata, Tosca X e Carmen.

DANZA CLASSICA Gran Gala del Balletto Yacobson a Ravenna e Lugo Il Gala del Balletto Yacobson, in scena il 14 marzo sul palco del Rossini di Lugo, spazia fra i classici pas-de-deux del XIX secolo, da Lago dei cigni a La bella addormentata, e le “miniature” del fondatore Leonid Yacobson, maestro del balletto del ‘900. In scena anche il 16 e 17 marzo sul palco dell’Alighieri di Ravenna.

musical

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FLASHDANCE AL CARISPORT DI CESENA Lugo, vicolo del Teatro 6 - Tel. 0545 900021 www.anticatrattoriadelteatro.it

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Flashdance - il musical è in arrivo al Carisport di Cesena il 21 marzo alle 21. Lo spettacolo è tratto dalla memorabile pellicola del 1983 intitolata “Flashdance” e diretta da Adrian Lyne, con la sceneggiatura di Tom Hedley e Joe Eszterhaz e la protagonista Jennifer Beals nel ruolo di Alex. Il film è stato il più visto in Italia in quello stesso anno, con 20 milioni di copie vendute, una colonna sonora da Oscar e un incasso al box office di 100 milioni di dollari.


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danza/2 PROVA APERTA DI GENEALOGIA Il 16 marzo alle 18.30, prova aperta per la residenza della compagnia Körper Festival Oriente Occidente al Teatro Petrella di Longiano. In scena Genealogia di Luna Cenere.

A ROOM FOR ALL OUR TOMORROWS Igor & Moreno portano in scena il 31 marzo al Galli di Rimini A Room for All Our Tomorrows, creato da Moreno Solinas e Igor Urzelai

PHASMES Spettacolo di circo danza della compagnia Libertivoire, Phasms, il 26 marzo al Masini di Faenza e il 28 marzo al Fabbri di Forlì.

WOLF E BLISS L’8 marzo al Fabbri di Forlì in scena due coreografie per Aterballetto: Wolf di Hofesh Shechter (autore anche delle musiche) e Bliss di Johan Inger su musiche di Keith Jarrett.


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BAEDEKER

ricerca

Guida teatrale per spettatori nomadi

Marzo, in giro per la via Emilia dei teatri (con deviazione a Ravenna) di Iacopo Gardelli

MASQUE TEATRO E ATELIERSI AL RASI IN UNA DOPPIA SERATA Doppio appuntamento venerdì 22 marzo al Rasi di Ravenna. Alle 19 va in scena Masque Teatro con Kiva (ideazione e regia di Lorenzo Bazzocchi), il nome che gli indiani Moki del Nuovo Messico danno al luogo delle iniziazioni, un luogo segreto, sotterraneo, nel quale si assiste alla “redenzione” del serpente. Alle 21 è invece la volta di Ateliersi con In Your Face di e con Fiorenza Menni e Andrea Mochi Sismondi, musiche composte ed eseguite dal vivo da Vittoria Burattini, Vincenzo Scorza e Mauro Sommavilla.

NUOVE DRAMMATURGIE La mia battaglia di Elio Germano Domenica 10 marzo, come segnalato nel Baedeker a fianco, Elio Germano sarà interprete del testo scritto con Chiara Lagani: La mia battaglia, al Fabbri di Forlì. Un attore, o forse un comico, ipnotizzatore non dichiarato, durante uno spettacolo di intrattenimento, manipola gli spettatori in un crescendo di autocompiacimento, anche verbale, fino a giungere, al termine del suo show, a una drammatica imprevedibile svolta.

A Rimini, Clyde Chabot in Sicilia Clyde Chabot è autrice, interprete e regista di Sicilia, un viaggio alla scoperta delle proprie radici. In scena al Teatro degli Atti di Rimini dal 19 al 21 marzo.

CLASSICI CONTEMPORANEI/1 I Shakespeare, I Banquo. I Caliban a Ravenna Al Testori di Forlì va in scena Il principe Spettacolo segnalato anche nel Baedeker qui sopra, al Rasi di Ravenna il 9 marzo va in scena uno Shakespeare quanto mai rivisto con I Shakespeare - I Banquo. I Caliban che Accademia degli Artefatti ha tratto da Tim Crouch, in cui alcuni personaggi interrogano la convenzione teatrale, mettendola in crisi e verificandone la possibilità di parlare al presente (nella foto). Ancora una rilettura di Shakespeare anche a Forlì, al teatro Testori dove il 26 marzo va in scena Un principe ispirato all’Amleto di Shakespeare per la drammaturgia e la regia di Massimiliano Burini.

CLASSICI CONTEMPORANEI/2 Il vampiro di Polidori specchio intriso di crudeltà Giovedì 14 marzo, ore 21.15, per il Salone Snaporaz al teatro della Regina di Cattolica, va in scena Lord Ruthven, il vampiro liberamente ispirato al racconto di John William Polidori, per la traduzione e l’adattamento di Silvio Castiglioni e Giovanni Guerrieri con Silvio Castiglioni e la musica dal vivo di Gianmaria Gamberini. Destinato a un’immensa fortuna letteraria e cinematografica (dall’espressionismo tedesco a Hollywood), il signore della notte, nato dalla fantasia popolare, e tenuto in vita dalla tradizione orale, conquista la dignità letteraria nel 1819 grazie al ventunenne John William Polidori, segretario di Lord Byron e autore del racconto Il Vampiro. Nel racconto scenico, i tipici ingredienti del genere gotico si fanno specchio di una sensibilità contemporanea intrisa di crudeltà, in cui non è facile distinguere tra vittima e carnefice.

Della grande novità teatrale di questo mese si è già parlato in queste stesse pagine (vedi p.12). L'arrivo di VIE festival a Cesena segna un'importante discontinuità rispetto alla programmazione passata. Il festival curato da ERT, sotto la direzione di Claudio Longhi, per la prima volta toccherà la Romagna e questo significa essenzialmente due cose: che l'offerta teatrale romagnola andrà probabilmente arricchendosi nei prossimi anni e che la direzione artistica di ERT sta sempre più puntando sull'integrazione virtuosa fra i diversi teatri cittadini, da Modena a Cesena. Una “via Emilia del teatro” che grazie a questo festival ospiterà alcuni grandi protagonisti della nuova drammaturgia contemporanea. Al Bonci di Cesena, il 3 e il 4 marzo, Gabriel Calderòn, uruguaiano classe '82, presenterà il suo spettacolo Ex – que revienten los actores. Una commedia che non disdegna incursioni nel genere per fare i conti col passato dittatoriale violento dell'Uruguay, fra collusioni e responsabilità. Da Cesena ci si sposta fino a Rimini, per approfittare del primo sole marzolino e per assistere al nuovo spettacolo della più incensata drammaturga italiana contemporanea, Lucia Calamaro. Al teatro degli Atti il 3 marzo va in scena Urania d'agosto, nuovo lavoro prodotto da Sardegna Teatro – ente con cui la Calamaro ha avviato da qualche anno una fruttuosa collaborazione. Maria Grazia Sughi e Michela Atzeni, dirette da Davide Iodice, s'impegneranno a raccontarci una storia tipicamente calamariana – l'alienazione estiva di una donna ormai anziana – con toni tipicamente calamariani – quella logorrea tra Bernhard e Allen che maschera un vuoto esistenziale, come già era successo ne La vita ferma. Il Rasi di Ravenna, il 9 marzo, ospita la compagine romana dell'Accademia degli Artefatti, punto di riferimento del teatro indipendente capitolino. Lo spettacolo, I Shakespeare: I Blanquo, I Caliban (quella “i” è da leggersi come pronome personale inglese) è stato scritto da Tim Crouch, uno degli esponenti più interessanti del teatro sperimentale inglese, ed è diretto da Fabrizio Arcuri, regista pluripremiato nonché patron del festival Short Theater. Produzione ormai datata (la pièce tiene assieme due episodi di un progetto più esteso che risale alla stagione 2013-2014) lo spettacolo s'incardina sui due personaggi shakespeariani, interpretati da Enrico Campanati e Matteo Selis, intrappolati in un gioco di specchi meta-teatrale sul rapporto fra realtà e finzione. Infine, per completare idealmente il tour attraverso le quattro principali città romagnole, il 10 marzo appuntamento al Fabbri di Forlì per vedere La mia battaglia, di Elio Germano e Chiara Lagani – sempre che la data non sia già sold out. Le reminiscenze totalitarie sono evidenti fin dal titolo di questo monologo, la cui riflessione corre sul labile confine fra intrattenimento e indottrinamento, populismo ed estremismo, buon senso e schietto autoritarismo. Fin troppo ovvio indicare come una qual sorta di Zeitgeist si debba essere intrufolato nelle penne dei due autori durante la scrittura di questo spettacolo. Mala tempora currunt.

CLASSICI CONTEMPORANEI/3 Una rilettura dell’Anfitrione di Teresa Ludovico Il 5 marzo al Masini di Faenza e il 6 marzo al Walter Chiari di Cervia, va in scena l’Anfitrione nella rilettura drammaturgica e per la regia di Teresa Ludovico. Una tragicommedia scritta da Plauto oltre 2000 anni fa che parla del doppio, della costruzione di un’identità fittizia, il furto dell’identità, la perdita dell’identità garantita da un ruolo sociale. «Da quel momento nelle rappresentazioni teatrali il comico e il tremendo avrebbero convissuto e avrebbero specchiato le nostre vite mortali e imperfette – dice la regista –. Dopo Plauto in tanti hanno riscritto l’Anfitrione e ciascuno l’ha fatto cercando di ascoltare gli stimoli e le inquietudini del proprio tempo. Ho provato a farlo anch’io».


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comico IL MI PIACE DI CIRILLI

W LE DONNE!

All’Alighieri di Ravenna in scena il 19 marzo il monologo di Gabriele Cirilli Mi piace.

Lunedì 4 marzo al Diego Fabbri di Forlì W le donne! di e con Riccardo Rossi per la regia di Cristiano D’Alisera.

LA TERRA GIRA PER MANNINO

PIÙ BELLA COSA NON C’È Più bella cosa non c’è è il titolo del monologo scritto, diretto e interpretato da Teo Mammucari. Il 16 marzo al Goldoni di Bagnacavallo.

Teresa Mannino in scena al Masini di Faenza il 9 marzo e al Goldoni di Bagnacavallo il 28 marzo con il suo Sento la terra girare di cui è anche autrice (con Giovana Donini) e regista.

INNAMORATO PERSO Enrico Brignano è “Innamorato perso” il 20 marzo a Rimini, Rds Stadium.

STORIE DI CIBO CON VITO E MARIA PIA TIMO Al Ridotto del Fabbri di Forlì giovedì 14 marzo Vito racconta Storie di donne e di cibo. E di donne e di cibo parla anche il Doppio Brodo Show di Maria Pia Timo in scena invece al Socjale di Piangipane il 9 marzo e l’8 marzo al teatro di Gambettola.

COMMEDIA Drusilla Foer è Eleganzissima Venerdì 1 marzo alle 21, al teatro di Cervia, torna Drusilla Foer con il suo Eleganzissima. Foer, personaggio icona di stile, riporta in teatro, dopo il successo della scorsa stagione, il suo recital che racconta aneddoti tratti dalla sua vita, vissuta fra l’Italia, Cuba, l’America e l’Europa, costellata di incontri e grandi amicizie con persone fuori dal comune e personaggi famosi, fra il reale e il verosimile.

Lello Arena e Giorgia Trasselli in Parenti serpenti Domenica 3 marzo al teatro Dragoni di Meldola, e poi martedì 26 e mercoledì 27 marzo al Walter Chiari di Cervia Lello Arena e Giorgia Trasselli sono protagonisti della commedi di Carmine Amoroso Parenti Serpenti, per la regia di Luciano Melchionna. Un Natale in famiglia, nel paesino d’origine, come ogni anno da tanti anni. Un Natale a casa dei genitori anziani che aspettano tutto l’anno quel momento per rivedere i figli cresciuti, e andati a lavorare in altre città. Uno sbarco di figli e parenti affettuosi e premurosi che si riuniscono, ancora una volta, per cercare di spurgare, in un crescendo di situazioni esilaranti e stridenti, le nevrosi e le stanche dinamiche di coppia di cui sono ormai intrisi.

Edoardo Leo e Maurizio Lastrico monologhisti a Coriano Sabato 16 marzo alle 21.15, al teatro CorTe di Coriano Edoardo Leo è il protagonista di Ti racconto una storia con improvvisazioni musicali di Jonis Bascir, un collage di vent’anni di storie e risate, tra letture semiserie e tragicomiche. Stesso palcoscenico il 23 marzo per Maurizio Lastrico che porta il suo monologo Quello che parla strano. Ironia e gioco comico per raccontare in endecasillabi la vita quotidiana.

MIGONE E BEETHOVEN Venerdì 22 marzo, alle 21.15 al Teatro della Regina di Cattolica Paolo Migone è protagonista dello spettacolo Beethoven non è un cane per la regia di Daniele Sala.


Torna dal 22 marzo al 23 giugno

Primavera Slow nel Parco del Delta del Po

Anche quest’anno tornano nel Parco del Delta del Po gli appuntamenti dedicati agli amanti della natura. Dal 22 marzo al 23 giugno 2019 torna Primavera Slow, un ricchissimo programma di eventi ed iniziative per gli amanti della natura, rivolte a grandi e piccoli.

Riprendono dal weekend del 22 marzo le escursioni

Escursioni a piedi, in bicicletta e in barca, passeggiate a cavallo, laboratori didattici, visite guidate, eventi sportivi e molto altro ancora, in un territorio tutto da scoprire: da Rosolina a Goro, da Mesola a Comacchio, da Ravenna a Cervia, e dalla costa all’entroterra alla scoperta delle Valli di Argenta, Oasi di Bando, Vallette di Ostellato, fino ai territori della Bassa Romagna. Grazie all’importante riconoscimento ottenuto a giugno 2015 dal Delta del Po come Riserva Internazionale di Biosfera – MAB UNESCO, l’area del Delta del Po tra il Veneto e l’Emilia-Romagna sarà protagonista in modo unitario anche nell’edizione della Primavera Slow 2019: iniziative, progetti ed eventi rivolti alla scoperta del Delta in ogni sua sfumatura, scoprendone paesaggi, odori, suoni e colori. Unire le bellezze naturalistiche del Delta del Po al fascino della cultura che contraddistingue questi territori è da sempre l’obiettivo della Primavera Slow. Troverete quindi percorsi in cui avrete la possibilità di conoscere la natura e osservare da vicino nel loro ambiente le numerose specie di uccelli, di piante e di altri animali che popolano gli ambienti del Delta, e nel contempo "spalancare" le porte di palazzi, monumenti, chiese, ospitando iniziative di carattere culturale o per far scoprire i piccoli tesori dell'area del Delta per lo più sconosciuti al grande pubblico. Tante le possibilità di escursioni slow dalle aree più a nord del Parco in area veneta fino a Cervia, al confine meridionale.

Dal 22 Marzo 2019 partenza ore 8:00

Da Comacchio al Delta del Po in bicicletta Comacchio (Fe) Escursione in bicicletta e motonave nel delta del Po

In barca nelle Valli di Comacchio Comacchio (Fe)

Alcuni esempi: “Bio-gite nel Delta del Po” a bordo di un piccolo gozzo con un esperto biologo lungo i canali e le anse della Sacca di Goro e del Po di Volano, per apprezzare, a velocità slow, le tante bellezze naturalistiche delle aree umide del territorio. Scendendo si può passare a Comacchio con una visita nelle Valli in canoa, non scordando i fenicotteri che sarà possibile osservare a bordo di un trenino nel suggestivo ambiente della Salina, oppure su un piccolo bus che vi accompagnerà lungo gli argini delle valli Sud. Poi, dopo una sosta a “Valle Campo”, alla scoperta delle storiche tecniche di pesca dell’anguilla, si può arrivare a Ravenna per scoprire l’area archeologica di Classe e i dintorni, e magari chiudere la giornata con una passeggiata al tramonto nella Salina di Cervia. Il programma degli eventi è in costante aggiornamento ed è consultabile sul sito internet www.primaveraslow.it oppure è possibile chiedere informazioni contattando telefonicamente l’ente promotore “DELTA 2000” al numero 0533 57693/4

Un’esclusiva escursione lungo i canali interni dello specchio vallivo, per ammirare la bellezza di un’oasi spettacolare, dove dimorano centinaia di specie di uccelli acquatici e una numerosa colonia di fenicotteri.

Dal 22 Marzo 2019 partenza ore 11:00 Alla scoperta di flora e fauna e i misteri dell’anguilla a Valle Campo Lido di Spina - Comacchio (Fe) Un percorso naturalistico intermodale nel cuore del Parco del Delta del Po “Valle Campo”; alla scoperta delle storiche tecniche di pesca, tra flora e fauna spiccano gli splendidi fenicotteri rosa.

Dal 23 Marzo 2019 partenza 10:30


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la recensione

CONTROCINEMA Esplorazioni atipiche dentro le nuove forme del cinema

Imperdibile Lars Von Trier: un film di cui vorrete parlare

di Albert Bucci

In sala The House that Jack Built, l’ultimo discusso lavoro del grande regista danese che ha diviso la critica a Venezia. E qualche nota a margine sugli Oscar

Direttore artistico del Soundscreen Film Festival e consulente alla selezione del Ravenna Nightmare, è stato docente di Sceneggiatura alla Iulm di Milano, e produttore esecutivo di spot pubblicitari.

Un fotogramma dall’ultimo film di Lars Von Trier

Esce proprio per i primi di marzo quello che per me è il migliore film dell’anno; il più controverso, a partire dalle critiche divise a Cannes, anche perché l'autore da tempo divide il mondo tra adoranti discepoli e feroci detrattori. Ma comunque la si possa pensare, nessuno potrà rimanere indifferente davanti a The House That Jack Built del mitico Lars Von Trier. Sono gli anni ’70, o forse l'inizio degli ’80. Matt Dillon è il grigio e solitario ingegnere Jack, con velleità da architetto creativo e maniaco compulsivo della pulizia. Jack è anche un serial killer. Di quelli usciti dritti da Underworld di De Lillo, che spalmano la maionese solo su un lato del panino e che uccidono non per sadismo, ma per necessità. Un serial killer a cui il sangue non piace perché sporca; che uccide quasi solo donne perché, dice, “sono più collaborative” – che forse sia misogino come Lars Von Trier? E quale sarà il cuore nero che lo divora? Quale la sua ossessione? Quale origine psichica nel suo male? Nulla di tutto ciò. Jack ne ha uccisi 60, di esseri umani. Ma noi nel film ne vediamo solo 5 – rappresentati come 5 incidenti, con un epilogo catabasi. La prima vittima sarà Uma Thurman. E ad ascoltarlo, giudice impietoso ma non moralistico, un Virgilio (ultimo grande ruolo del compianto Bruno Ganz) che lo osserva in questo fantastico viaggio che nasce nell’America postmoderna, e si alimenta di Arte, perché per Jack l’Assassinio è una delle Belle Arti, alla De Quincey, dove i cadaveri delle vittime vengono messi in posa per fotografie d'Arte (alla Joel Peter Witkin) da esporre nella prossima Mostra delle Atrocità di James G. Ballard, ascoltando le variazioni Goldberg di Bach eseguite da Glenn Gould (la grande passione del collega cannibale Hannibal Lecter); per poi coltivare il sogno di ogni ingegnere: costruire la propria casa, la Ca-

sa di Jack, a partire dall’omicidio, intrecciando la poesia di Goethe e l'architettura nazista... E Virgilio lo segue, lo ascolta, lo detesta, lo accusa – e lo porterà, alla fine, nel suo luogo naturale di appartenenza: l'Inferno... Film complesso, sterminato nei riferimenti ed essenziale nel plot, nel quale Lars Von Trier scatena il suo miglior umorismo nero, giocando nel mettere in scena con un sorriso ambiguo tutte le accuse di misoginia e antisemitismo ricevute negli anni scorsi, per farsene beffa e costruire un film in perfetta continuità con suoi i precedenti. Perché questo serial killer Matt Dillon sembra il fratello maggiore della Joe (Charlotte Gainsbourg) di Nymphomaniac, che ha capito come

Lavoro complesso, sterminato nei riferimenti ed essenziale nel plot. L’autore danese scatena il suo miglior umorismo nero con un sorriso ambiguo

sconfiggere un mondo apocalittico alla Melancholia convertendo in Arte, ponderata e controllata, ogni violenza che esisteva in Antichrist. Imperdibile. Poi, appena terminata la visione, non potrete fare a meno di parlarne. Bene o male poco importa, ma ne vorrete a tutti i costi parlare con qualcuno, perché non rimarrete indifferenti. Nota a margine sugli Oscar. Miglior film straniero e miglior regia a Roma di Alfonso Cuaròn: logico e meritato. Miglior Attrice a Olivia Colman per La Favorita: logico e meritatissimo. Miglior film a Green Book di Peter Farrell: logico e meritatissimo ed emblematico. La storia di un sottoproletario italo-americano e della sua amicizia con un sofisticato musicista di colore nell'America razzista degli anni '50. (Sottolineo italo-americano, ci fa bene ricordarlo).

LA MOSTRA 101 film per ragazzi, un’esposizione a Ravenna ispirata al libro Bonobolabo il 9 marzo inaugura la mostra ufficiale con 48 illustrazioni tratte del libro 101 film per ragazzi e ragazze eccezionali, alla Magazzeno art Gallery di via Magazzini Posteriori 37, a Ravenna. Il volume è una prima raccolta di film studiata come un percorso di crescita cinematografica. Dagli autori di Keep calm e guarda un film, una collezione di grandi film della storia del cinema, dai classici senza tempo ai capolavori dell’animazione, dalle pellicole che hanno segnato un’epoca fino ai più recenti blockbuster, una collezione di grandi film tutti da vedere in famiglia, da soli o con gli amici. Oltre ai film, 101 locandine originali tutte da ammirare, realizzate da 24 grandi nomi dell’illustrazione internazionale. Fino al 22 marzo. Nella foto l’illustrazione de Il giro del mondo in 80 giorni realizzata da Flavia Sorrentino.


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la recensione

L’Ottocento tra allegoria, melodramma e l’assenza di tante donne del Risorgimento Visita alla mostra ai musei di San Domenico di Forlì dedicata all’arte italiana, tra Hayez e Segantini di Serena Simoni

Credo che la Ruth di Hayez che accoglie il visitatore alla mostra inaugurata a Forlì nei musei di San Domenico – scelta non a caso come immagine guida dell’esposizione Ottocento. L'arte dell'Italia tra Hayez e Segantini – eserciti sul pubblico un fascino grazie alla sensualità discreta del nudo parziale e alla grande capacità pittorica dell’artista. A differenza dagli altri dipinti storici in mostra per cui Hayez è più noto, Ruth e Tamar di Giuda presentano una più forte idealizzazione nella loro collocazione in uno spazio senza tempo. La concentrazione su un femminile docile e devoto ai legami coniugali è tema dell’Italia del tempo, e forse non è un caso che poco più tardi, alla fine degli anni ’50, anche Victor Hugo si sia appassionato alle vicende di Ruth trasfigurando la sua storia in un poema. Hayez aveva realizzato i due dipinti in totale sintonia con la sensibilità romantica ma senza condividere con i colleghi francesi l’apertura innovativa al realismo. La storia dell’Italia marca una differenza da quella di Francia: il campione del Romanticismo italiano non poteva che raccontare per allusioni la storia contemporanea se non utilizzando l’allegoria. Occorre una profonda conoscenza del Medioevo – altro leitmotiv del Romanticismo – per capire i collegamenti all’attualità: il Prete Orlando da Parma difeso da Arrigo VII o la Riconciliazione di Ottone con la madre, dipinti fra il 1857 e il ’58, delineano le difficoltà incontrate dai sostenitori dell’unità italiana a causa di papa Pio IX. Si tratta di dipinti più interessanti per il significato che per i risultati estetici, meno convincenti che in altri casi, nonostante la composizione sia sempre curatissima e ricca di citazioni dalla grande tradizione rinascimentale italiana. Il modello di pittura di storia di Hayez, l’artista preferito da Mazzini, passerà poi alle nuove generazioni ma da soste-

Telemaco Signorini, L’Alzaia 1864, olio su tela, Collezione privata, courtesy Jean-Luc Baroni Ltd

gno ai grandi ideali di un processo politico in corso passa a coinvolgere altri immaginari più inclini al melodramma. C’è chi, come Giovanni Muzzioli e Giuseppe Barbaglia, riprende la storia romana infarcendola di puro esotismo e sensualità spicciola riecheggiando il gusto Pompier in voga a Parigi; chi invece – ed è il caso di Lodovico Pogliaghi – rimane attratto dal passato senza rendersi conto che le corde sentimentali impiegate nei propri dipinti sono ormai superate dal realismo e dalle nuove sperimentazioni pittoriche. La celebrazione delle virtù e del vizio così come la necessità di ricostruire gli eventi fondativi del paese dopo l’unità sono i motori dell’arte italiana nella seconda metà dell’Ottocento. La storia antica presenta un catalogo di exempla positivi e negativi da cui trarre insegnamento per le nuove generazioni ma tutta la serie di opere che inneggiano all'eroismo, alle virtù militari, al sacrificio faticano a dialogare col presente, non tanto per gli ideali dell’epoca che incarnano, storicamente riconoscibili, ma per le continue scivolate

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www.molinoquercioli.it

Francesco Hayez, Ritratto di Camillo Benso conte di Cavour, 1864, olio su tela Milano, Pinacoteca di Brera

nel moralismo borghese e in un noioso sentimentalismo teatrale. Gli unici pezzi che reggono la sensibilità di oggi rimangono quelli dei pittori più impegnati, almeno nel senso artistico del termine: lo Staffato di Fattori e le Cucitrici di camicie rosse di Borrani riescono a trasmettere la partecipazione degli autori alle loro narrazioni scavalcando la distanza temporale. Il melodramma e il bozzettismo tematico sono i nemici più difficili da combattere per l’Italia di questa epoca in grado di depotenziare le analisi più sincere della difficile realtà sociale postunitaria. Se L’alzaia di Signorini mantiene una severità epica nel descrivere il duro lavoro dei braccianti toscani nel trasporto delle chiatte e se Vanga e latte di Patini si fa erede del realismo di Millet, sono alcune prove di Patini e di Carena a sfociare in un paternalismo sentimentale poco apprezzabile. Alcuni artisti come Nomellini riescono a congiungere la nuova ricerca pittorica divisionista con la denuncia sociale – gli operai in attesa di essere chiamati al lavoro al porto di Genova nella Diana del lavoro (1893) – mentre altri, come Onofrio Tomaselli e Angiolo Tommasi, riscattano un realismo con i pregi e i limiti del reportage per raccontare la vita dei carusi o degli emigranti italiani di fine secolo. Le tinte melodrammatiche tendono a scomparire nelle sezioni dedicate al paesaggio italiano e ai rituali della società del tempo: la tradizione del paesaggio ideale è ancora presente in opere come il temporale di Giuseppe Camino (1856) mentre altri dipinti - il Naviglio sotto la neve di Segantini, il Tramonto di Pellizza da Volpedo, la Veduta di Ninfa di Sartorio – risultano aggiornati sul realismo, sulla pittura impressionista o sul Divisionismo. Sono le due sezioni dedicati ai ritratti a porre dei dubbi su quanto una mostra debba illustrare la percezione che un periodo storico ha di sé o può giocare la carta dell’interpretazione e dello sguardo retrospettivo. I padri fondatori del Risorgimento e dell’unità italiana – da Carlo Alberto a Mazzini, da Garibaldi a Cavour, da Carducci e D'Annunzio a Mascagni e Puccini – campeggiano nella salette a piano terra dando lustro alle figure di artisti, intellettuali e politici che hanno segnato l’Italia del tempo e alle abilità dei loro ritrattisti fra cui il pittore Vittorio Matteo Corcos e lo scultore Vincenzo Gemito. Fra i contemporanei, solo il bel ritratto di Nunzio Nasi – eseguito da Balla nel 1902, l’anno in cui il politico firmava la prima legge di tutela del patrimonio italiano – si trova al piano superiore: è stato posto a simbolo della nuova generazione futurista in contrasto con la fine di un’epoca, rappresentata dalla selezione di opere che ricor-


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Francesco Hayez, Ruth, 1835, Bologna, Collezioni Comunali d’Arte

Giovanni Muzzioli La vendetta di Poppea 1876, olio su tela Modena, Museo Civico d’Arte

da la mostra storica del ritratto organizzata nel 1911 a Firenze. Ojetti intendeva celebrare a Firenze i 50 anni dell'unità italiana, radunando “gli uomini e le donne che hanno fatto la storia d'Italia e d'Europa”. L’attenzione al femminile stupisce per i tempi e fa ripensare all’attuale mostra forlivese e alla sezione dei ritratti dei fondatori della patria a contrasto con quelle dedicate alla donna e allo spirito della nuova Italia. Qui troviamo madri, pecore e mucche del mondo ideale di Segantini e Pellizza oppure una serie di donne brutte e belle, ricche, sgargianti nelle loro mise ultimo grido precisamente esaltate da Boldini o Corcos. A parte la regina Margherita – simbolo condiviso dell’unità italiana – si distinguono per fama meritata le attrici Eleonora Duse e Lyda Borelli insieme a Franca Florio, attiva negli affari del marito armatore. Di tutte le altre donne presenti, le fonti storiche ricordano solo che avevano ottime frequentazioni, che erano le mogli o le amanti di qualcuno e che partecipavano alla vita mondana.

Per rimanere nelle coordinate temporali della mostra e pensando appunto a interrogare la percezione del tempo o a mettere in campo la verità della storia, ci mancano allora molte altre donne: le risorgimentali Cristina Trivulzio di Belgiojoso o Giuseppina Morosini – entrambe ritratte da Hayez –, Costanza d’Azeglio e Rosalia Montmasson, questa ultima partecipe dell’avventura dei Mille e ritratta nel 1885 da Salvatore Grita. Ci chiediamo dove potrebbero stare Anita Garibaldi, Adelaide Bono Cairoli, animatrice di un salotto politico letterario e sostenitrice di giornali e patrioti, e Anna Grassetti Zanardi, a cui proprio Mazzini affidò il compito di riorganizzare le forze repubblicane in Emilia Romagna, per arrivare ai casi più politicamente avanzati di Anna Maria Mozzoni e della Kuliscioff. L’Ottocento femminile sarebbe stato ben rappresentato da queste figure che qualche volta avevano il tempo di farsi ritrarre, fra un arresto e un libro pubblicato, altre volte in effetti no.

Vittorio Matteo Corcos La contessa Carolina Sommaruga Maraini 1901, olio su tela Fondazione per l'Istituto Svizzero di Roma


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la vernice

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MATERIA OSCURA

Ricordati che devi estinguerti: il memento mori ai tempi del T-Rex di Linda Landi

“Hey, umano… Che ci fai ancora qui?”

DANIELE GALLIANO IN CLASSENSE PER SALUTARE LA PRIMAVERA Come in un momento di raccoglimento, ogni giorno dell'inizio della stagione si apre con un omaggio alla natura attraverso l'arte nella Sala del Mosaico della Biblioteca Classense di Ravenna. Sul pavimento che riluce di storia viene presentato in parete un apposito intervento d'arte, un'opera composita. Nel 2018 quattro artisti contemporanei, quattro importanti pittori italiani hanno salutato l'arrivo delle stagioni: Daniela Alfarano, Giovanni Frangi, Luca Pignatelli e Giovanni Manfredini. Il primo grande intervento pittorico per questo 2019 verrà presentato da Daniele Galliano mercoledì 20 marzo alle 18. Sarà presente l'artista. Daniele Galliano nasce a Pinerolo nel 1961. Comincia a esporre a Torino (dove vive e lavora) conquistandosi velocemente un posto di rilievo all'interno di quella nuova scena pittorica italiana che muove i suoi primi passi alla fine degli anni Ottanta. Il suo "realismo fotografico", le sue immagini di luoghi e persone, cominciano ben presto a farsi notare oltre i nostri confini e gli consentono di partecipare ad importanti personali e collettive in Europa e Stati Uniti. L’esposizione sarà poi visitabile fino al 20 maggio.

Con i colori immateriali della luce digitale rifà il vestito alla morale ecologista dei film sul Giurassico, ma il bestiario preistorico di Nicola Montalbini – in mostra al Mag di Ravenna, dal 23 marzo al 20 aprile, con “Look at you. (Guardati)”, un progetto che mi vede coinvolta in prima persona, per una sperimentalissima tele-curatela da remoto – al proclama della didascalia e al dito puntato contro la coscienza sporca degli umani, preferisce l’ironia di una galleria di ritratti in cui il volatile e la lucertola stanno al dinosauro, come la biscia e la gallina stanno alla tartaruga nel dialetto romagnolo (béssa galèna). Un ibrido straniante ma compiuto, risultato di una devota attenzione per le proporzioni, i dettagli, le fisionomie, e la disinvolta leggerezza espressiva che solo chi padroneggia la grammatica di un linguaggio artistico può permettersi. Leggerezza che però, dal punto di vista progettuale e tecnico, cede il passo a uno studio lento, rigoroso e concentrico come la caccia di un grande bianco. Perché nel collo di un volatile archeologico possono nascondersi pietre, o germogliare bargigli immaginari, o addirittura può comparire il fantasma di un Mocio Vileda camuffato di rosso tra le pieghe ruvide della pelle colorata come non ci aspettavamo (“Lo sai che il T-Rex aveva peli arancioni intorno agli occhi?”). Anatomia, sguardo e contesto sono messi insieme in un tutt’uno la cui formula si compone dello scheletro rubato a un vero dinosauro che, dopo un’attenta ricerca (“Sai che l’80 percento del dna di un T-Rex coincide con quello della gallina di oggi? E che i Velociraptor avevano le dimensioni di un grosso tacchino?”) viene digitalmente smontato e rimontato, rivestito di muscoli, cartilagini ed epidermide fino a possedere un proprio pensiero. Quello che ci guarda e ci prende per i fondelli, dall’alto di chi il suo momento brutto l’ha già passato. E forse alla prossima tocca a noi. «I dinosauri ci scrutano nel profondo, come se ci deridessero – dice Alessandra Carini, gallerista del Mag – Pare dicano: “prima o poi vi estinguerete anche voi, anche se a differenza nostra siete una società becera e vile, e quindi ve lo meritate”… come dar loro torto! Un auspicio per la futura estinzione della razza umana e il giudizio degli avi sul nostro presente». E Montalbini, il bambino che non smetteva mai di disegnare, cresciuto ammirando Francis Bacon, con i suoi dinosauri rievoca anche l’infanzia, il ricordo dei giocattoli, l’assenza: «Hanno a che fare con qualcosa che si è perso per strada. Gli uccelli sono gli unici dinosauri sopravvissuti al cataclisma. Conoscono meglio il mondo di noi mammiferi, infatti uno di loro riporta il ramoscello a Noè. Non sapremo mai che suoni producessero, il timbro della loro voce. A me interessa solo insinuare la loro presenza, come le foto nei cimiteri. Vorrei ricambiassero lo sguardo, ma è impossibile, se non per un istante. Non voglio illustrare, non voglio raccontare nulla, se non storie senza lieto fine. Ho compassione anche delle ossa e delle ombre. Eppure sono esistiti, ci sono stati».


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FOTO INEDITE DI PAUL RONALD DAL SET DI 8½ Da sabato 9 marzo a domenica 7 aprile alla Galleria dell'Immagine di Rimini, in via Gambalunga, 27, sarà in corso la mostra fotografica nel solco degli eventi "Verso il 2020, 100 anni di Fellini". Si tratta di una mostra di 51 foto di uno dei principali fotografi di scena del cinema italiano. Paul Ronald, chiamato dallo stesso Fellini sul set di 8 ½, lascia attraverso i suoi scatti una testimonianza eccezionale sul lavoro del regista. L'esposizione è composta esclusivamente da foto inedite che fanno parte della collezione privata di Antonio Maraldi. Il vernissage, sabato 9 marzo, sarà preceduto, alle 17 dalla proiezione, al cinema Fulgor, del documentario di Mario Sesti L'ultima sequenza che ricostruisce la vicenda tormentata del finale del film 8½. Orario: mercoledì, giovedì, venerdì ore 16-19; sabato 1012 e 16-19.

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FOTOGRAFIA/2 Guido Guidi in Malatestiana con la sua geografia personale di Per strada

Sabato 9 marzo alle 17 nell’Aula Magna della Biblioteca Malatestiana di Cesena si tiene un incontro con il grande fotografo Guido Guidi in cui interverranno Otello Brighi, urbanista, Giordano Conti, Università di Bologna, Antonello Frongia, Università Roma Tre, Laura Moro direttore Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna. In particolare sarà presentata Per strada, un’opera in tre volumi che raccoglie 285 fotografie realizzate da Guidi Guidi tra il 1980 e il 1994, lungo la via Emilia e attraverso le campagne circostanti. «È una geografia personale – scrive Forgia – che da Cesena si irradia verso Rimini, Bologna, Ravenna, Arezzo, ma che si sofferma soprattutto sugli interstizi tra le cose, sui bordi, sui vuoti apparenti dove si attestano case, recinzioni, linee elettriche, paracarri, segnali stradali, ma anche frammenti, scarti e residui, come sospinti da una risacca che tenta invano di sgomberare il paesaggio. Spesso questi spazi non esistono più, o hanno subito negli ultimi decenni trasformazioni così pesanti da renderli irriconoscibili. Allo stesso tempo, queste fotografie propongono un percorso attraverso gli sviluppi del linguaggio guidiano: dagli studi iniziali sulla frontalità della facciata nel bianconero quadrato all’esattezza descrittiva e strutturale nelle lastre a colori di grande formato realizzate a partire degli anni Ottanta. Ne emerge un intero vocabolario di strutture e di problemi visivi, di soluzioni e di varianti, generate dal corpo a corpo con la materia stessa delle cose e dal confronto con antichi e più nuovi compagni di via: dal Walker Evans di Sprott, Alabama agli Uncommon Places di Stephen Shore, dal traguardare di Eugène Atget alle triangolazioni di Lee Friedlander, nel dialogo a distanza con Piero della Francesca, Paul Klee e Michelangelo Antonioni».


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l’intervista

Murgia: «Questa generazione è perduta, per questo scrivo per i bambini» La nota scrittrice attesa a San Giovanni in Marignano e a Ravenna con Noi siamo tempesta di Matteo Cavezzali

Brecht scrisse in Vita di Galileo: “Beato quel popolo che non ha bisogno di eroi”. Per immergersi nella lettura di Noi siamo tempesta (Salani) potremmo partire proprio da qui. Il libro per ragazzi scritto da Michela Murgia – che sarà al teatro Massari di San Giovanni in Marignano il 10 marzo alle 17.30 e in bibliotca Classense a Ravenna lunedì 11 marzo alle 18 –, racconta un mondo senza eroi, dove insieme si possono fare cose importanti, senza bisogno di super poteri. Michela, è questo il senso di Noi siamo tempesta? «Sì, è molto difficile perché tutte le storie che senti fin da piccolo sono sempre eroi. Prevalentemente maschi e in contesti bellici, che si battono contro qualche nemico: da Superman a Harry Potter, da Batman a Luke Skywalker, il viaggio dell’eroe si ripete sempre. Diventa poi difficile lavorare insieme, pensare insieme, se sei cresciuto in un mondo fatto di “io”, perché non hai mai appreso il valore della collaborazione. Come essere potenti insieme si impara». Sostituire un modello narrativo che si tramanda da così tanto è una battaglia contro i mulini a vento? «No, basta una generazione abituata ad ascoltare qualche storia diversa. Basta una storia a salvarti. Io fui salvata da una storia di collaborazione letta a 17 anni, è stata la prima che mi ha fatto vedere come persone normali potessero fare cose straordinarie mettendosi assieme. Sarò sempre grata a Stephen King perché quella storia era IT. Se ci pensi è l’unica storia in cui un gruppo di sfigati vince. Nessuno di loro potrebbe sopravvivere davanti al male, ma assieme riescono a sconfiggerlo». Hai molto criticato Storie della buonanotte per bambine ribelli, cosa ti ha infastidito di quel libro? «È stata un’occasione mancata. L’idea di partenza era molto buona: mancano storie in cui si parla di donne. L’evoluzione umana viene raccontata come impresa eroica maschile. Il problema è: che soluzione trovi a questo? Se l’unico modo di uscire da quella narrazione è trovarne una speculare in cui l’eroe diventa eroina e, per di più, sottolinei che sono storie “per bambine”... Se il problema è che tutti leggiamo poche storie di donne, e tu ribadisci il pregiudizio che le storie di femmine sono per le femmine e quelle di maschi sono per tutti, non fai un buon servizio». Da dove nasce la necessità di confrontarsi con i lettori più giovani? «È una necessità politica. Se tu vuoi immaginare un mondo diverso devi cominciare da chi sta acquisendo gli strumenti per cambiarlo. Gli adulti sono già codificati su un immaginario difficile da abbattere. Ho 46 anni e so che siamo una generazione perduta. Mio nipote ne ha nove e lui si sta formando adesso. Continuare a ripetere ai ragazzi che “nessuno ti regala niente”, “nessuno fa niente per niente”, “bisogna difendersi da tutti” è pericoloso. Proviamo a dirgli: “se ti fidi non è detto che gli altri ti freghino”». Come nel caso che racconti nel libro di Wikipedia… «Esatto. Due persone a un certo punto scommettono che in un regime di anarchia e autoregolamentazione, come quello di wikipedia, ad un certo punto gli individui messi a collaborare avrebbero teso al miglioramento e non al peggioramento del sapere collettivo. Oggi è molto verificata, controllata, usata dagli stessi giornalisti. Chi la usa più l’enciclopedia?» Nei ringraziamenti dici che scrivere questo libro è stata “la cosa più difficile che ho fatto nella mia vita dopo il consegnare cartelle esattoriali brevi manu”, in che senso? E perché insegnavi cartelle esattoriali? «Eh, è uno dei molti lavori che ho fatto… La cosa difficile è

la ricerca di un linguaggio che fosse allo stesso tempo efficace, ma bello da leggere. Semplice, ma non banale. Ho visto molti libri per bambini fatti con le migliori intenzioni, ma realizzati male. Se tu vuoi far passare un messaggio pedagogico devi scriverlo bene, altrimenti non passa niente». Ci sono molte storie politiche nel libro, credi che alla politica ci si debba appassionare già da giovanissimi? Tu quando hai iniziato? «Io sono cresciuta figlia di una madre politica. Mentre gli altri sentivano le storie di cappuccetto rosso mia madre mi raccontava dell’anarchico Pino Pinelli. Da quel punto di vista ho un trauma infantile potente sulla questione politica. A parte gli scherzi, mia madre mi ha insegnato da subito che la politica non è una cosa per politici, ma di tutti. Insegnare ai bambini che i diritti fanno la storia è una bella cosa. Non vuol dire politicizzare i bambini, ma restituire la politica alla quotidianità». È un clichè ripetere che non bisogna parlare di politica a scuola o con i bambini, perché “non sono pronti”… «Chi dice questa cosa ha paura che si formino delle idee. La scuola deve parlare di tutte le politiche possibili così che i ragazzi si formino una propria opinione. Il problema è quando non parla di nessuna, che fa uscire persone qualunquista incapaci di reagire a qualsiasi discorso politico. L’esclusione della politica dalla formazione non è un servizio né per la formazione, né per la cittadinanza». Abbiamo una nave è una storia molto forte, in cui tratti un tema di grande attualità, quello del soccorso in mare per salvare i naufraghi migranti. È un argomento insolito per un racconto per ragazzi, non so era mai stato raccontato in questi termini… «Non ce ne sono, ma presto ce ne saranno altre. Quella della nave Ong Mediterranea è una questione importante. Tra dieci anni qualcuno racconterà che mentre tutti tenevano i porti chiusi la società civile ha deciso di finanziare un’impresa in senso opposto. È una bella storia che andava raccontata. Mentre tutti i media non vogliono guardare a ciò che sta succedendo, molte persone hanno donato. Abbiamo raccolto seicento mila euro. Vuol dire che migliaia di persone pensano che lasciar morire la gente in acqua non sia una soluzione umanamente percorribile. Probabilmente non sarà la storia più popolare del libro, ma questo non è un buon motivo per non raccontarla». La parola che torna più spesso nella narrazione è “noi”, contrapposto un po’ a quell’io che domina. Tu a che “noi” ti senti di appartenere? «Questa è una buona domanda. “Noi” può essere molte cose. Può essere “noi italiani”. Può essere usata sia per respingere che per contenere. I “noi” costruiti attorno alla paura non sono quelli in cui io mi riconosco. È una ambivalenza, come per la parola “sterile”. Può riferirsi ad ambienti in cui vengono messe le persone con un sistema immunitario debilitato, ma anche “che non si riproduce”. Questa ambivalenza sembra voler dire che per accettare di riprodurti devi accettare una quota di contagio. Qualcosa che non è tuo entri nel tuo. Questo è il noi di cui mi sento parte. Non un noi di purezza, ma di contagio». Istruzioni per diventare fascisti (Einaudi) e il test del Fascistometro che hai fatto su Repubblica hanno suscitato un grande dibattito, te lo aspettavi? «Sì, altrimenti quel libro non lo avrei scritto. Ero stufa di vivere in un sistema in cui tutti hanno paura di pronunciare la parola che comincia con la “F”. Davanti a cosa la devi

«Non sono buonista, io sono inferocita E un’opportunista: sono convinta che questo paese sarebbe migliore se accogliesse le persone anziché respingerle»

Michela Murgia

pronunciare se non davanti a una retrocessione dei diritti civili e al razzismo? In Italia si affermano le conseguenze del pensiero fascista anticipate da un “non sono fascista, ma”. In realtà vuol dire esattamente l’opposto. Se ti comporti come un fascista sei un fascista. Non è una questione di ideologia, ma di metodo. Fascista è chi il fascista fa». Sembra che sia un momento in cui molti intellettuali tornano ad occuparsi di politica. «Sì, fortunatamente l’impegno politico di molti intellettuali italiani ed è forte. E non solo: per la prima volta è coordinato. Ci sono chat in cui ci organizziamo per realizzare azioni comuni. In piazza a Roma eravamo tremila persone. Bergonzoni teneva il megafono in mano, la cassa in spalla ce l’aveva Domenico Procacci. C’erano Sandro Veronesi, Teresa Ciabatti, Rossella Milone e molti altri. A prescindere da Roberto Saviano, che fa questo lavoro da molto tempo, e troppo spesso l’ha fatto in solitudine. Questo è quello che va fatto in questo momento». In un momento storico in cui le persone di sinistra vengono etichettate come “buoniste” credo che questa etichetta non si possa certo usare con te, che invece sei molto sanguigna. «Buonista un cazzo, infatti. Io sono molto arrabbiata, sono inferocita. Voglio politiche diverse, non perché sono buona, ma paradossalmente perché sono un’opportunista. Sono pratica e convinta che questo paese sarebbe migliore se accogliesse le persone che vengono anziché respingerle». In questi giorni si è votato nella tua Sardegna, come valuti l’esito di questa elezione ? «Il dramma è che quasi la metà dei sardi non sono andati a votare. Continuano a calare le persone che vanno a votare, ogni anno diverse migliaia in più scelgono di togliersi dalla partecipazione politica. Questo è un gravissimo. Il risultato della Lega è il frutto delle politiche del centro-sinistra. Salvini non è l’antagonista, ma la risultanza. Minniti faceva le stesse cose che fa ora Salvini: il protocollo contro le navi umanitarie, gli accordi con la Libia sui campi di reclusione. Questa generazione è perduta, per questo scrivo per i bambini. Spero che chi arriverà tra trenta anni riuscirà a pensare a un mondo diverso, perché non ci siamo riusciti».


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la rassegna letteraria

LA ROMAGNA IN PAGINA

Cameron e Lahiri per “Frontiere” Salonicco raccontata tra storia, politica, bellezza e grammatica

Un mese di grandi incontri a Ravenna In arrivo anche Durastanti, Ciabatti e Boosta

di Federica Angelini

“[...] ritengo che questo sia un libro che oggi non dovrebbe mancare in una biblioteca degna di questo nome”. Quando Moni Ovadia conclude così la prefazione, cos’altro si può aggiungere a Piccola Gerusalemme Salonicco edito da Cartographic, illustrato (magnificamente) da Angelo Mennillo e scritto dalla ravennate Elettra Stamboulis? Un viaggio tra parole e immagini dentro la storia di una città unica a recuperare pezzetti di memoria rimossi e dimenticati da tanti e che appartengono alla storia dell’Europa. Una città che ha cambiato volto, popolazione, religione più volte nei secoli, che nel 1943 ha subìto un vero e proprio “mutamento genetico”. Dove si può leggere la lotta politica attraverso il Novecento, attraverso le contraddizioni della sinistra e le divisioni e le epurazioni del partito comunista. E dove ogni traccia, ogni segno, va cercato attentamente, nella casa natale di Ataturk (una delle poche tracce rimaste della presenza turca in città, che pure è durata secoli) o nell’alluce di Aristotele che si muove nel sandalo, nella statua che campeggia al centro di una piazza che così svela “la natura popolana e di villaggio” della città, “il suo essere centro di una cultura e di una storia senza borghesia”. Ma non è un romanzo storico nel senso a cui siamo abituati del termine e la narrazione di Stamboulis procede per ellissi ed evocazioni, per associazioni che passano attraverso la grammatiche della lingua. Ricordi familiari e collettivi, vicende personali nel contesto dei grandi sommovimenti mondiali si alternano nella testimonianza del protagonista, Romanos, in un’estate dopo la caduta del Muro. Romanos ha abbandonato l’idea di diventare ingegnere per diventare filologo e studiare le lingue di quel luogo di sovrapposizioni, sostituzioni, contaminazioni che è stato il mediterraneo tra Grecia e Turchia, dove trovarono rifugio i sefarditi dalla Spagna e dal Sud Italia. “Nella lingua c’è un grande potere e la grammatica nasconde un incredibile arsenale bellico. Io decisi di possederlo” dice il protagonista. E dopo molte pagine, molti passi, molti racconti, aggiunge: “Con il tempo ho imparato a dare spazio ai dettagli. La grammatica è un meravi-

glioso luogo di eccezioni. Di eccezioni e di dettagli”. E così appare la storia di questa città che vive di un passato di cui ha cancellato tanti segni. Di eccezioni e dettagli, ed è qui che sta il potente fascino del libro che racconta una storia, certo, anzi tante storie, ma ci offre anche la vertigine propria dell’amore per la conoscenza, lo studio apparentemente inutile del protagonista, essenziale invece per capire, per vivere a fondo un’esperienza dell’intelletto che diventa slancio sentimentale verso

Peter Cameron

La scrittrice americana (di origini indiane) Jhumpa Lahiri (il 23 marzo alle 11), premio Pulitzer per la narrativa nel 2000, e il celebre scrittore americano Peter Cameron (il 13 marzo alle 18) saranno i prestigiosi ospiti internazionali della rassegna “Scritture di Frontiera”, in programma alla biblioteca Classense di Ravenna. Tra gli altri protagonisti il noto genetista e scrittore Guido Barbujani (il 20 marzo alle 18), l’autore Einaudi e docente universitario Federico Faloppa (il 27 marzo alle 18) e Davide Enia (il 18 marzo alle 18), drammaturgo, attore e autore celebrato in particolare per il suo Appunti per un naufragio. Il progetto – nato dalla collaborazione tra Scrittura Festival (a curare la rassegna è sempre Matteo Cavezzali), l’assessorato all’immaginazione del Comune e Amnesty International – vuole raccontare l’immigrazione e darne una lettura da prospettive diverse. Sempre grazie a Matteo Cavezzali per la rassegna “Il tempo ritrovato” e sempre in Classense, oltre a Michela Murgia (vedi pagina 26), arriveranno nella città dei mosaici anche Teresa Ciabatti il 6 marzo alle 18, mentre l’8 marzo ci si sposta al Bronson Café di Madonna dell’albero per l’incontro con Claudia Durastanti alle 21. E al Bronson club, il14 marzo, presentazione in musica alle 21 (free entry) di Davide “Boosta” Dileo autore di C'era una volta il silenzio - e altre favole per innamorati.

L’EVENTO Reading concerto su elettroshock e follia con Wu Ming 2, Egle Sommecal e Yu Guerra “La terapia del fulmine” è il titolo del Reading concerto del Wumingcontingent su elettroshock e follia che si tiene sabato 16 marzo alle 21 nella Sala del Carmine di Massa Lombarda. Sul palco Wu Ming 2 per le declamazioni, Egle Sommacal alle chitarre, Yu Guerra a basso e synth, Cesare Ferioli a batteria e sampler. «La Terapia del fulmine è il racconto di ottant’anni di elettroshock, attraverso musiche, testimonianze, carte processuali, pagine di diario e testi originali composti per l’occasione.

un luogo, come Salonicco, che oggi a un osservatore distratto potrebbe davvero dire troppo poco. Pubblicato prima in turco e poi in francese, è arrivato finalmente a fine 2018 anche in Italia, il libro di questa autrice (tra i suoi lavori precedenti ci sono L’ammaestratore di Istanbul per Comma 22 e Diario segreto di Pasolini e Pertini fra le nuvole per Becco Giallo), greca di origine, italiana di Ravenna, insegnante, curatrice di mostre di fumetto (e, per inciso, anche nostra collaboratrice) dimostrando ancora una volta come politica, poesia, bellezza, memoria non solo possano, ma debbano convivere e intrecciarsi per offrirci una dimensione in cui specchiarci, confrontarci e sentirci, dopo la lettura, un po’ meno inconsapevoli, un po’ più europei, un po’ più pronti a leggere il mondo circostante.


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san giovanni in marignano

Missiroli e Terranova tra gli ospiti di “Itinerari letterari” Quattro appuntamenti domenicali nella Sala del Consiglio

Marco Missiroli

MISANO ADRIATICO Ritratti d’autore, quando filosofi e scrittori affrontano i grandi classici Si apre, venerdì 1 marzo, la nuova edizione di Ritratti d’autore, la rassegna promossa dalla Biblioteca Comunale di Misano Adriatico e curata da Gustavo Cecchini. Apre Carlo Sini con una lectio dal titolo: Il teorema delle Baccanti, da Euripide a Pasolini, una lettura originale della figura di Dioniso. A seguire saliranno sul palco del teatro Astra il filosofo-jazzista Massimo Donà (venerdì 8 marzo) con con una incursione pop dedicata alla filosofia del Beatles. Umberto Curi (venerdì 15 marzo) commenterà il breve capolavoro di Melville: Barthley lo scrivano. Pietrangelo Buttafuoco (venerdì 22 marzo, nella foto) metterà in scena un classico di Giovannino Guareschi: “Peppone e Don Camillo”. Curioso l'incontro con il filosofo Silvano Petrosino, venerdì 29 marzo, che darà una lettura psicanalitica di Biancaneve dei Fratelli Grimm. Gli ultimi due appuntamenti sono con Marcello Veneziani (venerdì 5 aprile) che si misurerà con i Cantos di Ezra Pound. Grande chiusura (venerdì 3 maggio) con Nuccio Ordine e il libro più venduto al mondo : Il piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupèry. Tutti gli incontri si terranno presso il cinema-teatro Astra con inizio alle 21.

FORLÌ Incontri al Museo e al Centro Parole Diverse

Prende il via con Michela Murgia (vedi pagina 26) la nuova edizione di “Itinerari letterari” a San Giovanni in Marignano. Il secondo appuntamento alle 16.30 alla Sala del Consiglio (come i due successivi) è con Lia Levi e il suo Questa sera è già domani. Il 24 marzo sarà invece la volta dell’amatissimo Marco Missiroli, riminese di origine, che ha appena dato alle stampe il suo ultimo romanzo, Fedeltà, che sta riscuotendo grande successo di pubblico. Chiude il ciclo un’altra autrice Einaudi, Nadia Terranova che ha fatto molto parlare di sé e ha ottenuto critiche unanimamente entusiastiche per il suo Addio fantasmi. La rassegna è a cura di Emiliano Visconti.

Sabato 2 marzo, alle 16.30, a Palazzo Romagnoli di via Albicini12 a Forlì, Eraldo Baldini presenta il libro I giorni del sacro e del magico nell’ambito dei Sabati Romagnoli, incontri fra artisti e scrittori, preceduti da visite guidate ai capolavori del Museo alle 15.30. Sempre a Forlì, ma al Centro Parole Diverse di via Mameli 41, due incontri con l’autore a marzo: Fabio Geda (foto) sarà ospite il 12 marzo, mentre a Lia Levi toccherà il 18 marzo, sempre alle 21.

RIMINI Sapienza contro violenza, per parlare di donne

Proseguono gli incontri di “Un autore con tè” a Cattolica. Domenica 3 marzo sarà la volta di un pesarese, un illustratore, fumettista e musicista che per i suoi lavori è ormai conosciuto e affermato: Alessandro Baronciani che dialogherà con lo scrittore Jacopo Nacci della sua graphic novel “Negativa”, edita da Bao Publishing. Sabato 23 marzo, invece, Ester Viola, scrittrice e avvocato di professione, presenterà "Gli spaiati" (Einaudi). Tutti gli incontri iniziano alle 17.30 allo Spazio°Z di Radio Talpa, in Via Del Prete 7 a Cattolica.

Torna per il sesto anno il ciclo di incontri Parla con lei. Sapienza contro violenza, promosso dall’associazione Coordinamento Donne Rimini con la Biblioteca Civica Gambalunga e la Casa delle Donne. Il ciclo si apre venerdì 8 marzo (alle 21, Cineteca comunale, via Gambalunga, Rimini) con la proiezione del documentario La mia casa e i miei coinquilini. Il lungo viaggio di Joyce Lussu (2016, 56 min.). Introdotto dal saluto di Emma Petitti, l’incontro vedrà la regista Marcella Piccinini in dialogo con Giulia Palloni, Giusi Delvecchio e Francesca Panozzo. Il 15 marzo (alle 17.30, Cineteca comunale), Elisa Rossi, sociologa, e Thomas Casadei, docente di Teoria e prassi dei diritti umani, in dialogo con Anna Baccarini ed Elvira Ariano, presentano Senza di me non vali niente. La violenza verbale, emotiva e psicologica nelle relazioni intime (Aracne, 2018), volume che propone una riflessione interdisciplinare su significati, cause, manifestazioni, contrasto e prevenzione della violenza maschile sulle donne. La rassegna prosegue sabato 23 marzo (ore 17.30, Cineteca comunale) con la scrittrice e traduttrice Giulia Blasi che, in dialogo con Oriana Maroni, presenta il suo ultimo libro Manuale per ragazze rivoluzionarie. Perché il femminismo ci rende felici, Rizzoli, 2018. La medicina di genere è al centro dell’incontro di venerdì 29 marzo (ore 17.30, Cineteca comunale), con il volume Il fattore X. Il primo libro sulla medicina di genere scritto dalle donne e pensato per le donne (Castelvecchi, 2010). Gli incontri proseguiranno poi anche nel mese di aprile.

CESENA Michela Marzano ed Edoardo Albinati per RisVolti in Malatestiana

MASSA LOMBARDA Cristiano Cavina apre la nuova rassegna al centro Carlo Venturini

Prosegue in Matatestiana a Cesena la rassegna RisVolti in collaborazione con Libreria Ubik, sempre alle 17. In particolare gli appuntamenti di marzo prevedono per domenica 3 la presenza di Michela Marzano con il suo libro, edito da Einaudi, Idda. Domenica 31 marzo invece sarà la volta di Edoardo Albinati per il suo Cuori fanatici (Rizzoli).

“Una Massa di libri”, la rassegna dedicata agli incontri con gli autori, torna a Massa Lombarda al centro culturale “Carlo Venturini”, in viale Zaganelli 2. Venerdì 1 marzo alle 20.30 Cristiano Cavina presenta il suo ultimo romanzo Ottanta rose mezz’ora (Marcos y Marcos, 2019). Il 7 marzo ci sarà “Il canto insubordinato delle donne”, una serata con Andrea Bedeschi curatore dell’antologia Donne. Poeti di Francia e oltre dal Romanticismo a oggi (Ladolfi editore, 2017).

BERTINORO Roberto Mercadini tra errori e Orlando Furioso

LUGO Da un nuovo Cantico dei cantici al Manuale per ragazze rivoluzionarie

Domenica 10 marzo alle 15.30 al teatro dell’ex seminario a Bertinoro si tiene la presentazione del libro Storia perfetta dell'errore (Rizzoli) del noto autore e interprete cesenate Roberto Mercadini. Si tratta di un libro con racconti divulgativi su vari rami del sapere tutti accomunati da una rivalutazione dell’idea di errore. Mercadini sarà anche il 30 marzo al teatro di Gambettola con il recital sull’Orlando Furioso.

Tra gli incontri del Caffé letterario di Lugo, venerdì 15 marzo alle 21 all’Hotel Ala d’Oro Andrea Ponso presenta il suo Cantico dei Cantici, una nuova edizione, che lo studioso ha curato e tradotto. Stesso luogo e stessa ora il 18 marzo con Vera Gheno e Bruno Mastroianni e il loro Tienilo acceso, sulle connessioni sui social. Il 22 marzo Giulia Blasi presenta il suo Manuale per ragazze rivoluzionarie (Milano, Rizzoli, 2018).

CATTOLICA Alessandro Baronciani ed Ester Viola a Radio Talpa


parole / 29

marzo 2019

case editrici

Il Ponte Vecchio, tra ironia e ricerca filologica per un’identità romagnola che guarda all’altro Due riviste specialistiche, dodici collane, duemilacinquecento titoli in catalogo (dove la parte del leone la fanno Eraldo Baldini e Giuseppe Bellosi, ma non solo) sono i numeri della realtà cesenate nata l’1 aprile del 1992 Sembra un pesce d’aprile, invece non lo è: il 1 aprile del 1992 nasceva la casa editrice cesanate Il Ponte Vecchio. Anche la scelta della data racconta un po’ di loro, della adesione alla beffa, all’ironia come forma di sopportazione della miseria dell’umanità. Questa disponibilità al gioco dei contrari, al capovolgimento scaramantico, si vede anche nel nome: nati vecchi... Certo, il nome, come ci conferma anche Marzio Casalini, è collegato a un aspetto semplicemente territoriale. La sede della casa editrice non dista molto dal Ponte Vecchio sul Savio, quello con i tre archi, più volte distrutto e riedificato, che è diventato vecchio di fatto con l’arrivo della modernità. Sicuramente sono questi aspetti mobili del significato della parola vecchio che interessano agli editori cesenati, come conferma sempre Casalini: «la semantica della vecchiezza ha in sé almeno un doppio registro, tra decrepitezza e saggezza, tra precarietà e lunga durata». E la durata ha premiato la coraggiosa famiglia che negli anni ’90, quando qualcosa stava irrimediabilmente cambiando nel mondo dell’editoria e della stampa, ha deciso di dedicarsi alla nobile arte del produrre libri. Un catalogo di oltre 2.500 titoli, due riviste specialistiche (Confini e Romagna arte e storia), rendono sicuramente questo marchio come uno dei più importanti nell’ambito della bibliografia romagnola che riflette sulla Romagna. Che questa è la vera dedizione de Il Ponte Vecchio, che di questi tempi ci tiene a precisare la propria posizione nell’ambito della guerra identitaria: «La provincia esprime valori che vanno individuati, incoraggiati, sollecitati: una dimensione che, lungi dall’essere chiusura provincialistica, è scoperta e valorizzazione dell’identità e rapporto consapevole con le altrui identità: sempreché dalla provincia l’occhio sia fisso su più larghi orizzonti, disponibile a un dialogo sempre aperto: i confini – come poi avremmo intitolato una nostra rivista – sono insieme chiusura e apertura: indicano un limite e insieme il suo superamento: ci garantiscono l’identità, ma perché sia spesa nel rapporto con l’altro, in reciproco arricchimento». Un programma di ricerca, una posizione anche intellettuale, che ci ricorda come l’approccio etno-antropologico, di riscoperta delle tradizioni popolari intese non come strumento di propaganda o tentativo di predominio di una cultura sull’altra, ha avuto da sempre una tensione ambivalente. Da una parte appunto chi ne ha fatto il predominio di un Volk, un popolo, su un altro. Un feticismo che portava all’idolatria, all’idea di una cultura migliore dell’altra. Parallelamente un ampio spazio è stato invece occupato da chi intendeva dare la voce a chi voce per millenni non aveva avuto, dare alla cultura popolare quello statuto culturale che le era stato da sempre negato, in una visione però di esperienza viva, in dialogo con le altre culture innanzitutto. C’è quindi anche una metafora neanche tanto sottesa in quel ponte che unisce, che crea incontro, diversamente dai muri culturali che spesso servono agli impauriti. Ecco, quindi, un catalogo parlante, che mappa un’ampia gamma di sensibilità, metodologie, codici. La parte del leone la fanno ovviamente Eraldo Baldini e Giuseppe Bellosi, i libri sull’enogastronomia di Graziano Pozzetto, ma anche i testi di Gian Ruggero Manzoni, come il fortunato Briganti, saracca e archibugio, dedicato alla storia del brigantaggio romagnolo nell’Ottocento. Ma anche Caterina Sforza. Leonessa di Romagna di Marco Viroli e Il pataca. Un eroe romagnolo di Aristarco, con disegni del bravissimo Ugo Bertotti, sono sicuramente nello zoccolo duro delle vendite del variegato catalogo composto da dodici collane, spesso dai nomi latini che rievocano sicuramente una Romagna pascoliana. C’è spesso molta ironia, come nel long seller Il pataca, irriverente autoritratto di una romagnolità esibizionista, senza veli... ricordiamoci che sul litorale riminese viene anche eletto il sire dei pataca, dall'apr (Associazione pataca romagnoli), non so se qualcuno vuole essere membro onorario... «t’ci ste un gran pataca», non è poi veramente un insulto. Capiamo che c’è del tenero, che si riconosce la piccolezza e la fragilità dell’altro. Ma c’è anche ricerca filologica e storica vera, come nella collana Storie, di cui vorrei segnalare Ravenna fascista di Alessandro Luparini e Militari ebrei in Romagna di Gagliardo. Quest’ultimo ci ricorda ancora una volta, occupandosi del periodo antecedente al 1938, che l'appartenenza alla fede o semplicemente a famiglia ebraica non determinava le scelte di vita o politiche dei singoli, che erano reazionari, progressisti, pro regime oppure no, a prescindere appunto dalla propria “ebraicità”, come tutti gli italiani. E come si diventa autori per Il ponte vecchio? Diciamo metodi classici: i testi proposti vengono valutati da una commissione e in caso di approvazione editati, oppure sono progettati e affidati direttamente a persone di fiducia, soprattutto nel caso dei saggi. Chiaro che la linea editoriale bisogna conoscerla... Ad esempio, non confondere il simpaticissimo e un po’ misterioso Aristarco de Il pataca, con il critico cinematografico Guido Aristarco, fondatore del Cinema Nuovo... Elettra Stamboulis

Roberto e Marzio Casalini de Il Ponte Vecchio

libri di seconda mano e foto d’epoca


30 /

sapori

marzo 2019

tradizioni

Cappelletti, tagliatelle, strichetti o garganelli, il segreto sta sempre nella “spoja”

A sinistra la preparazione della sfoglia con il matterello e a destra i cappelletti prima della cottura. Nella pagina accanto, un piatto di garganelli

Il rito secolare della sfoglia tirata a mano, legno contro legno, con abilità, amore, fatica e precisione Un datato modo di dire tutto romagnolo dice che “puoi essere bella quanto vuoi, ma se non sai fare la sfoglia non vai da nessuna parte“. Stiamo parlando del nostro impasto per la minestra, della “spòja“ in dialetto, di quel giallo disco tondo che per noi è un vero e proprio orgoglio e del quale, almeno la domenica e nelle festività, non possiamo proprio fare a meno. Di una preparazione della cucina che, un tempo, rappresentava addirittura il metro di giudizio con il quale il marito e la suocera misuravano le qualità della giovane futura moglie: questa doveva essere in grado di impastare a mano e con maestria uova e farina e di realizzare col mattarello, sul tagliere, un sottile e tondissimo velo di pasta, e doveva essere disinvolta e veloce. Sì perché la vera sfoglia è tirata a mano, legno contro legno, abilità, amore, fatica e precisione. Oggi è socialmente accettato (e lo dico con

riserve!) l’aiuto della sfogliatrice, Nonna Papera per gli amici, sia essa a manovella o elettrica, ma le vere “azdore” continuano imperterrite a tramandare la tradizione del mattarello, con quella passione che profuma di altri tempi: solo così si ottiene quella porosità e quell’effetto “rustico” al palato che ci ricorda le tagliatelle della nonna. E poi, quella fatta a mano, è una sfoglia non omologata al numero di regolazione della rotellina della macchinetta ma risente dell’esperienza della sfoglina che sa lasciarla leggermente più spessa per le tagliatelle, tagliolini, maltagliati o pappardelle, più sottile per le paste ripiene dove l’involucro deve racchiudere ed esaltare il compenso, come cappelletti o tortelli. Ma partiamo dall’inizio, dalla fontana di farina sul tagliere che accoglie le uova fresche (fantastico se sono di giornata). L’azdo-

ra impasta attenta a non far uscire l’uovo, prima con la forchetta e poi con le mani, fino a formare una bella palla liscia. A questo punto c’è il riposo, l’attesa che far sì che la massa perda elasticità e che risulti più facile la sua successiva lavorazione. Trascorso il tempo necessario inizia il lavoro di braccia e di abilità, di forza e di sapienza. Cosa si ottiene alla fine? Siamo in Romagna e allora i cappelletti prima di tutto. Sovrani delle minestre per le festività natalizie, vengono chiamati così per la loro particolare forma a cappello. Sono preparati col compenso rigorosamente di solo formaggio (ricotta, formaggi molli freschi, bazzotto e raviggiolo), parmigiano, uova e un pizzico di noce moscata, oppure nella versione arricchita con la carne, specie di maiale, nelle zone collinari del sud della regione. Altre paste ripiene, tortelli, tortelloni o

ravioli, hanno invece il compenso verde perché alla ricotta si aggiungono bietole, ortica o spinaci, o bianco nella versione con la patata o con la zucca. Dalla sfoglia tirata al mattarello nascono anche le tagliatelle, relegate in passato ai pranzi che decretavano e festeggiavano la fine di un lavoro legato alle lavorazioni della terra come la vendemmia o la mietitura. E sempre sulla tagliatella, va precisato che, anche se la tradizione ci insegna che va tagliata più stretta con sughi di pesce, più larga con sughi di carne, la sua misura ufficiale in larghezza sarebbe 8 millimetri da cotta, mentre per la lunghezza direi che è ancora bene affidarci a Pellegrino Artusi che nella sua Scienza precisa “conti corti e tagliatelle lunghe, dicono i bolognesi, e dicono bene, perché i conti lunghi spaventano i poveri mariti e le tagliatelle corte attestano l’imperizia di chi le

INFOPROM

TRATTORIA AL CERCHIO

La buona cucina di casa dalla tradizione di famiglia Da 25 anni il ristorante di via Cerchio, in centro a Ravenna, propone la ricetta storica di casa Campedelli: tagliatelle al ragù fatte oggi come allora, con ingredienti di primissima qualità, tanta cura, attenzione e tempo Le tagliatelle della Trattoria al Cerchio sono quelle che la mamma Leana da sempre faceva a casa per la sua famiglia e così sono rimaste fino ad oggi, negli ormai 25 anni di vita di questo ristorante. Uova fresche e farine del territorio impastate a lungo, fatte riposare e poi tirate in una sfoglia ruvida e porosa. Questa poi deve aspettare all’aria per asciugarsi perché solo così può essere arrotolata su se stessa e tagliata a mano con il coltello della minestra. È questa l’unica strada per avere delle buone tagliatelle. Poi c’è il ragù e anche questo segue la ricetta storica di casa Campedelli: carni di ottima qualità appena macinate e pochi altri ingredienti ma tanta cura e attenzioni, un leggero sobbollire per ore, una lunga attesa. Insomma, la buona cucina di casa è fatta così, senza scorciatoie e la signora Leana l’ha sempre messa in pratica talmente bene che le sue tagliatelle nel 2018 hanno vinto il primo premio della Confraternita della Tagliatella. Un riconoscimento questo che va a confermare il livello di qualità con cui lavora questo locale oramai storico a Ravenna, una qualità che merita di essere raccontata, fin dalle sue origini. La Trattoria al

Cerchio aprì le porte per la prima volta nel 1994. Quasi per gioco, Valter Campedelli, dopo una vita di lavoro come assicuratore e dopo aver raggiunto la pensione, decise di provare a realizzare un sogno e creare insieme alla moglie Leana un ristorante tutto suo. L’idea era quella di una cucina che rispecchiasse quella di casa loro, le materie prime anche, quelle che fino ad allora quotidianamente venivano scelte per i loro figli, il meglio quindi che il mercato potesse offrire. Su questo non si poteva transigere. Così fu e la storia ha dimostrato che quella di Valter Campedelli e di Leana è stata una scelta vincente. Oggi, dopo 25 anni, la Trattoria al Cerchio è ancora come allora: un locale caldo e rustico ad accogliere gli ospiti, un ambiente familiare, un menù legato al territorio e alla stagionalità, materie prime di grande valore, sapienza nelle lavorazioni e i suoi figli Letizia e Riccardo a portare avanti il ristorante di famiglia. Trattoria al Cerchio via Cerchio 13 – Ravenna tel. 0544 217396 – trattoriaalcerchio@icloud.com Pagina FB Trattoria al Cerchio


sapori / 31

marzo 2019

LA RICETTA Garganelli, guanciale di Mora e scalogno Igp di Romagna Ingredienti per 6 persone Per la pasta 4 uova 400 grammi di farina 0 Per il condimento un bicchiere di vino bianco di buona qualità 400 grammi di guanciale di Mora romagnola 200 grammi di scalogno Igp di Romagna pulito olio extravergine di oliva sale marino integrale pepe macinato al momento formaggio grattugiato per completare il piatto Preparazione Impastare la farina e le uova, lavorare a lungo e lasciar riposare per un’ora. Stendere la pasta col mattarello sul tagliere sino ad ottenere uno spessore sottile poi tagliare dei quadretti di 4 cm di lato. Appoggiare il lato diagonale su di un bastoncino e arrotolare, spingendo sull’apposito pettine affinché l’impasto si saldi e rimanga ”rigato”. Far rosolare lo scalogno in olio di oliva, aggiungere il guanciale tagliato a listarelle e farlo quasi croccante. Bagnare con vino bianco e lasciar evaporare, salare e pepare. Lasciare bollire a fuoco lento, poi aggiungere la pasta già cotta e saltare il tutto. Impiattare e completare con una abbondante spolverata di formaggio grattugiato e un filo di olio a crudo.

fece e, servite in tal modo, sembrano un avanzo di cucina”. La tagliatella ha anche la sua leggenda che ne lega la nascita a nobili e belle donne, poiché si racconta che questa pasta sarebbe stata inventata in occasione del matrimonio di Lucrezia Borgia con Alfonso d’Este, e che i cuochi si ispirarono, nel fare la minestra, ai biondi capelli della sposa. Ancora, come non citare gli strichetti. Se in tutto il resto dell’Italia questo formato di pasta si chiama “farfalle” ed è una pasta di semola di grano duro, qui, in Romagna viene fatta con uova e farina. Si possono preparare in dimensioni piccole (1x2 cm), adatte a minestre in brodo oppure in dimensioni più grandi (2x4 o 4x5 cm), adatte a preparazioni asciutte, soprattutto con sughi e ragù. Pare che l'origine degli strichetti (ma è certamente una favola!) provenga da un cuoco

che portava sempre una farfalla sotto la giacca. Un giorno ricevette per una cena l'ex Imperatore Vittorio Emanuele II, ma all'ultimo istante si accorse che gli mancava un ingrediente per completare un piatto e si suicidò. In suo onore, un suo discepolo ideò gli strichetti. Originariamente si usavano solo per minestre in brodo (quelli più piccoli), anche a base di verdure; oggi si abbinano per lo più a sughi o ragù, e sono serviti più grandi. Concludo questa carrellata di minestre romagnole preparate con la sfoglia con i garganelli, geniale formato nato come ripiego ai cappelletti, almeno così ci tramanda la leggenda. Sulla genesi infatti ci sono ancora dispute ma la versione più accreditata vuole che i garganelli siano comparsi per la prima volta a Imola il capodanno del 1725 a casa del cardinale Cornelio Bentivoglio D’Arago-

na, legato pontificio della Romagna. Per caso, con un colpo di genio, in alternativa, appunto, ai cappelletti. Con determinazione e prontezza, la cuoca dell’alto prelato si inventò i garganelli per riparare a un guaio: non pochi riquadri di pasta erano rimasti senza ripieno, generosamente distribuito nei cappelletti precedenti. Con gli ospiti seduti a tavola, serviva una decisione rapida che l’intraprendente azdora fece sua in un batter d’occhio: prese un fuscello dalla legnaia e un pettine per filare la canapa dal telaio, allora strumento presente in quasi tutte le abitazioni, poi passò i quadretti di sfoglia già preparati per i cappelletti e avvolti nel fuscello, uno ad uno diagonalmente sui denti del pettine. Erano nati i maccheroncini rigati detti, appunto, garganelli. Il termine deriverebbe dal latino gargala, ossia trachea e la circostanza sarebbe confermata dal fatto che nel nostro dialetto

garganel significa esofago. Secondo un’altra versione l’invenzione dei garganelli risalirebbe invece a un paio di secoli prima quando la cuoca di Caterina Sforza, la leonessa di Romagna, restò senza il ripieno dei cappelletti perché mangiato da un gatto. O, forse, le nobili origini sono solo una chiacchiera successiva: il piatto magari (e mi piace pensarlo!) è stato ideato da un’anonima azdora e poi replicato nelle campagne fino a diventare un classico. Comunque sia, leggenda o no, la poesia del gesto è innegabile: la preparazione della pasta è rimasta quella di un tempo. Bisogna dunque avvolgere un fazzolettino di sfoglia attorno ad un bastoncino e poi spingerla sul pettine in modo da chiudere e rigare il dorso del maccherone che così tornito, assorbirà il sugo e lo renderà perfetto. Giorgia Lagosti

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