italiadagustare Ottobre 2019

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Anno 7 - Ottobre 2019

Cortina D’Ampezzo

Teatro greco di Taormina

Cultura del territorio, Turismo e Benessere

IL PERSONAGGIO

SCOPRI L’ITALIA

IL SIGNOR DIAVOLO CORTINA D’AMPEZZO PUPI AVATI TORNA ALL’HORROR LA REGINA DELLE DOLOMITI

[STILE ITALIANO]

WALTER VALENTINI NOVE PER NOVANTA



Ottobre 2019

indice [ PERSONAGGIO] 6

“Quel diavolo” di Pupi Avati

[ SCOPRI L’ITALIA]

9 La riviera di Ulisse: dal Circeo a Gaeta, passando da Itri 12 La “regina delle Dolomiti”: Cortina D’Ampezzo

[ ARTE & CULTURA]

14 Nove per novanta, l’arte di Walter Valentini

[ STILE ITALIANO]

16 Bernardo Bellotto. 1740 Viaggio in Toscana 17 Majani - il cioccolato dal 1796

[ SALUTE & BENESSERE] 18 Benvenuto autunno!

[ GOURMET]

20 Ad Assisi la “cotoletta alla milanese” del terzo millennio

[ TV DA GUSTARE]

21 Cosa vedremo in TV

[ LIBRI]

22 Molto difficile da dire 23 Le nostre recensioni

[ BUONE NOTIZIE]

24 Tratte dal Corriere della Sera Direttore Responsabile Dario Bordet Direttore Editoriale Evelina Flachi ViceDirettore Editoriale Alessandro Trani Art Director Patrizia Colombo Progetto grafico/Impaginazione Milano Graphic Studio S.r.l. Hanno collaborato Francesca Bastoni Valerio Consonni Edmondo Conti Teobaldo Fortunato Carlo Kauffmann Sandro Nobili Ottobre 2019

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Raffaella Parisi Alessia Placchi Edizioni Le Roy srl Redazioni: Milano | Roma redazione@le-roy.it www.italiadagustare.com Telefono: 377.4695715 Promozione & PR Anna Nannini, Dante Colombo, Carlo Kauffmann info@le-roy.it Pubblicità & Advertising Team Entertainment - Milano Via Melchiorre Gioia, 72 info@teamentertainment.eu Telefono: 02.89412141

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O T T O B R E

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Cari amici e lettori, siamo in autunno, stagione tanto malinconica quanto romantica e spettacolare per i suoi colori dai toni caldi che vanno dal giallo al marrone, passando per le sfumature del rosso e dell’arancione. Abbiamo cambiato i nostri ritmi di vita anche per la riduzione delle ore di luce rispetto alla stagione che ci siamo lasciati alle spalle. Ottobre è il mese migliore per pensare alla nostra salute e per recuperare o mantenere la nostra forma fisica! Possiamo fare delle belle camminate all’aria aperta per godere ancora per qualche tempo della temperatura mite e dell’aria tersa soprattutto se abbiamo la possibilità di fare queste salutari passeggiate in mezzo alla natura, immersi nel tipico paesaggio autunnale. È anche il periodo giusto per consumare uva, noci, cavoli, zucca, castagne, kiwi e tanta altra ottima frutta e verdura di stagione. Non perdetevi le pagine che riportano alcuni tra i prodotti che troveremo frequentemente sulle nostre tavole: vi parlerò delle loro proprietà nutritive e dei benefici che sapranno regalarci in attesa dell’inverno. Troverete altre utili informazioni insieme ai miei suggerimenti e ricette nel mio libro “La Dieta de 5”. Il personaggio di questo mese è il grande regista cinematografico Pupi Avati, tornato sul grande schermo con il film horror “Il Signor Diavolo”. Insieme viaggeremo percorrendo due meravigliosi territori: nel Lazio, in quel tratto di costa in cui il Circeo abbraccia il Golfo di Gaeta, e in Veneto nel regno di Cortina D’Ampezzo, la “Regina delle Dolomiti”. Vi parleremo della “cotoletta alla milanese” riproposta nella versione Terzo Millennio al Festival degli Chef ad Assisi. E poi ancora vi parleremo di arte nelle nostre rubriche di “Stile italiano” prima di concludere con le consuete novità di libri da leggere o la “TV da gustare” curata come sempre da Edmondo Conti.

SCARICALO ORA! Hai il nostro numero precedente? Se non ce l’hai, non preoccuparti, puoi scaricarlo gratuitamente tramite il nostro sito: www.24orenews.it Ottobre 2019

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[ per s onaggio ]

A cura di Dario Bordet

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Le paure che avevamo da piccoli spesso ritornano, soprattutto quando diventiamo anziani. Probabilmente da ciò nasce l’ispirazione dell’ultimo lavoro del grande regista, sceneggiatore e produttore cinematografico Pupi Avati, il romanzo che è diventato un film, dal titolo “Il Signor Diavolo”. Scritto, oltre

che da lui, dal fratello Antonio e dal figlio Alvise e prodotto da Videa e Rai Cinema, è un ritorno ai demoni del passato del regista, al genere horror (o, come da lui definito, “gotico padano”) a lui caro, esattamente a 43 anni da “La casa delle finestre che ridono” e 23 da “L’arcano incantatore”. Il Signor Diavolo Ottobre 2019

Tutte le immagini del servizio sono di Nick Zonna

“QUEL DIAVOLO” DI PUPI AVATI


[ per s ona ggio ]

A sinistra: il nostro direttore Dario Bordet con Pupi Avati e Alessandro Trani

è ambientato nell’autunno del 1952. Nel nord est dell’Italia è in corso l’istruttoria di un processo sull’omicidio di un adolescente, considerato un indemoniato. Tra credulonerie, superstizioni e suspence si snoda la storia dell’omicida. È Carlo, un quattordicenne che ha per amico Paolino. La loro vita è serena fino all’arrivo di Emilio, un essere deforme figlio unico di una possidente terriera che avrebbe sbranato a morsi la sorellina. Con questo film Avati ritorna anche alla sua infanzia quando i sacerdoti di provincia, nell’esercizio delle loro funzioni, non si risparmiavano in racconti spaventevoli che facevano breccia soprattutto nei bambini. E poi c’è quel quadro fiammingo che Avati bambino vedeva tutti i giorni, un generatore di inquietudine e paura che è stato parte della sua crescita. «Questi luoghi - afferma il regista - appaiono lì in attesa che qualcuno che li racconti, perché sono così straordinariamente suggestivi e così misteriosamente fuori dal tempo, perOttobre 2019

ché tu vai là in questa zona dell’Emilia, che va verso il Veneto e il delta del Po, che ha veramente dentro di sé tutte le atmosfere sia solari e rassicuranti ma anche perturbanti, inquietanti. Se pensiamo che Igor il russo, esperto di cose orrorifiche, si è andato a nascondere lì… La scelta dei luoghi è stato veramente un elemento vincente del racconto». I critici di Cinema hanno spesso affermato che l’horror e l’Italia sono due rette parallele: opposti l’uno all’altro e incompatibili. Sarà forse per il contrasto fra il buio e la nebbia del regno dell’orrore con il nostro clima solare, mediterraneo. Come mai il ritorno oggi a questo genere? «Il Cinema italiano - dice Pupi Avati - ha avuto la sfrontatezza di creare i generi cinematografici noi, insieme con Deodato, Argento, Bava, Soavi, facevamo film horror - gotici che venivano venduti in tutto il mondo e ora non li fa più nessuno, perché?». «Avevo voglia di Cinema inteso in senso tradizionale come lo intendevamo una volta, nel senso

che il cinema tracimava, usciva da quelli che erano i confini del presente… Oggi il Cinema italiano si preoccupa quasi solo di raccontare il presente e invece i generi cinematografici mi sembravano estremamente interessanti, soprattutto pensavo a quando il nostro Cinema era esportato in tutto il mondo. Adesso quando vado in giro a fare conferenze, trovo sempre qualcuno che ha un DVD di un mio film horror e me lo fa firmare. Quindi questo Cinema sopravvive, contrariamente a quello che pensano i distributori e produttori e quindi ho trovato opportuno proporre un film di questo genere. Ho avuto sette “No” prima di riuscire a trovare in Rai cinema e 01 chi mi ha in qualche modo permesso di fare il film». Una scommessa vinta, a partire dal ritorno degli attori che hanno interpretato molti dei suoi primi lavori, per proseguire con la riuscita creazione di un’atmosfera di inquietudine che resta appiccicata addosso. Forse meno terrorizzante dell’horror del 1976, è in ogni caso un’opera in nero piccola e pregiata, che farà felici i fan e sorprenderà chi non conosce questo aspetto del cinema di Pupi. «Penso che sia un film perturbante, che nasce dall’idea che il male c’è e affrontare il tema del male per il male è un concetto molto attuale. Perché andare a vederlo? Se non altro perché uno alla fine deve porsi qualche domanda. Ecco, il Cinema credo che deve suscitare qualche domanda».

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LA RIVIERA DI ULISSE DAL CIRCEO A GAETA, PASSANDO DA ITRI A cura di Teobaldo Fortunato

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Il nostro percorso ci conduce tra alcuni borghi che partono da approdi marini e risalgono sulla dorsale dei Monti Ausoni e Aurunci nel Lazio Meridionale, lungo nobili oliveti. La protagonista è l’oliva itrana, meglio nota come oliva di Gaeta. La prima tappa è a Terracina, che faceva parte fino al XIX secolo dello Stato Pontificio ma collocata a breve distanza dal confine con il Regno delle Due Sicilie. Vanta origini preromane: le testimonianze archeologiche documentano una presenza antropica sin dalla preistoria. È dall’epoca della costruzione della via Appia, nel 312 a.C., che la città ebbe un notevole impulso espandendosi oltre che su una collina anche nella pianura sottostante. Con Lucio Cornelio Silla si edificò il teatro che negli ultimi tempi è oggetto di scavi archeologici per riportarlo alla luce. Da non perdere, è una visita al monumentale santuario di Giove Anxur sul monte Sant’Angelo, poco lontano dal Parco Nazionale del Circeo. Posto in alto rispetto all’abitato, è il castello della famiglia Frangipane, edificato tra il X ed il XV secolo. Nel centro storico, edifici medievali si fondono con case gotiche dotate di bifore, con altre rinascimentali Ottobre 2019

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Nella pagina precedente: un particolare del santuario di Giove Anxur. A fianco insenso orario: Sperlonga; il Castello di Itri, il bellissimo scorcio di Terracina alta e Gaeta. Nella pagina a fianco la “tiella” di Gaeta

fino a residenze papali come Palazzo Braschi o palazzo Vitelli. Proseguendo lungo l’antica via Flacca che costeggiando il mare mette in comunicazione Terracina con Formia, giungiamo a Sperlonga, un piccolo comune che fa parte del circuito dei borghi più belli d’Italia. Edificata sulla parte finale dei monti Aurunci, si affaccia sul Mar Tirreno e, per il suo clima favorevole, era in epoca romana luogo di relax: infatti è costellata da moltissime ville tra cui quella dell’imperatore Tiberio. Quest’ultima comprendeva

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una grotta naturale adattata ad ambiente ninfeo residenziale e decorata con gruppi scultorei legati al ciclo di Ulisse che narrano, infatti gli ‘exempla virtutis’ di Odisseo, ritenuto dall’imperatore Tiberio l’antenato della sua stirpe. Oggi è possibile ammirare tutte le sculture rinvenute nella villa imperiale nel Museo Archeologico Nazionale, costruito nei pressi. Da piccolo borgo marinaro, dalla fine degli anni Cinquanta, Sperlonga è divenuta meta di un turismo elitario, sia per le ampie spiagge di sabbia finissima

e dorata sia per le calette nascoste, raggiungibili unicamente dal mare. Sperlonga non è legata solo al turismo balneare, ma anche alle torri militari rinascimentali e alle chiese come quella di Santa Maria di Sperlonga a due navate e matronei, ascrivibile al XII secolo. Continuiamo verso Itri, situata tra i monti Aurunci a pochi chilometri dalla costa tirrenica. Il suo nome è legato a Frà Diavolo, il cui nome vero era Michele Pezza, un brigante e patriota al contempo che assoldato nell’esercito borbonico, fu Ottobre 2019


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ucciso dalle truppe di Napoleone Bonaparte, in quanto aveva istigato i contadini contro i soldati francesi. Il simbolo più grandioso di Itri è il Castello, ricco come ogni maniero di scontri epici e leggende. Persino il giovane Hans Christian Andersen ne rimase affascinato tanto da citarla nel suo libro d’esordio, l’Improvvisatore: “Essa è situata su una roccia che costeggia un profondo precipizio…”. Numerose le chiese, come quella di San Michele Arcangelo, nella parte alta. Costituisce l’edificio sacro più antico di tutto il paese, edificato nell’XI secolo. In stile arabo-normanno, evidenzia un bel campanile quadrato. Nella valle di Sant’Andrea, si può vedere uno dei tratti meglio conservati dell’Appia antica. Recentissima è la scoperta in località San Cristoforo di un santuario pagano ellenistico del tipo a terrazze dedicato ad Ercole e alla Fortuna posto in una posizione strategica a controllo della via Appia e della SS. del Liri, via de transumanza e del sale, che metteva in comunicazione la costa tirrenica con l’Abruzzo. I lavori condotti recentemente dalla Associazione Archeologica Ytri hanno permesso di recuperare una monumentale scalinata che doveva condurre al tempio, ancora non portato alla luce. Itri ha anche un accesso al mare, grazie a Punta Cetarola, caratterizzata da una spiaggia ricca di ciottoli, che costeggia la via Flacca antica, nel tratto tra Gaeta e Sperlonga. Poco distante da Itri è Gaeta, un’amena, dinamica cittadina, doOttobre 2019

minata dal castello AngioinoAragonese, edificato nel punto più alto del quartiere medievale, sulla vetta della collina che sovrasta il porto. Il grandioso maniero fu utilizzato quale carcere militare dal 1862 al 1980. Il territorio di Gaeta fonde insieme natura, storia e leggenda, tanto da aver indotto da secoli, i viaggiatori stranieri a ritenerla una meta ambita del Viaggio in Italia, alle porte del florido Regno di Napoli. Vanta monumenti esemplari, lungo il percorso cittadino, in cui si alternano palazzi e chiese a scenografici monumenti romani come il mausoleo di Lucio Sempronio Atratino, ancor oggi ben conservato. Di notevole interesse sono i resti di una villa romana monumentale, quella di Lucio Marcio Filippo, patrigno di Ottaviano Augusto, inglobati dapprima in una villa neoclassica, oggi riconvertita in una lussuosa struttura ricettiva. Una gran profusione di edifici sacri si fonde nel tessuto cittadino ed in quello più periferico. Ottima città balneare, nelle altre stagioni vede un turismo culturale, grazie alla presenza del Palazzo della Cultura, della Pinacoteca, del Museo d’Arte Contemporanea e quello Diocesano in cui è conservato il bellissimo Stendardo di Lepanto, realizzato nel 1570 dall’artista Girolamo Siciolante da Sermoneta. Una sosta gastronomica Un itinerario all’insegna della buona tavola, in cui ingrediente principe è l’olio di Gaeta, noto in tutto il mondo. È derivato dall’omonima oliva che ha una caratteristica forma affusolata di colore violaceo;

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l’olio evidenzia con note aromatiche leggermente acetiche. Si presenta denso e profumato, con una bassa acidità. La sua area di coltivazione è quella di Gaeta e dei comuni limitrofi sui monti Aurunci. Tra i tanti paesi, Itri vanta una grande concentrazione di oliveti e ottimo è l’olio prodotto dalla cooperativa Unagri. Il primo documento che parla di oliveti nella zona di Gaeta è il testamento del duca di Gaeta Docibile II dell’anno 954. Nel bacino del Mediterraneo, l’olio proveniente da Gaeta era considerato il migliore e si vendeva a un prezzo più elevato rispetto agli altri. A Terracina, la scelta è ampia, collocata com’è tra mare e monti: i piatti evidenziano le contaminazioni culturali e gastronomiche di questa terra, un tempo di confine. Si passa dalle alici alle seppie, dai dentici ai calamari, fino alle favette, fragole di forma arrotondata tipiche di Terracina, dal sapore più dolce delle altre e dal colore intenso! A Sperlonga, si possono gustare ottime polpette di alici. Itri e Gaeta sono strettamente legate anche in cucina: da non perdere in entrambe le città è la ‘tiella’, gustosissimo piatto locale. In realtà, si tratta di una pizza rustica, farcita all’interno con olive, polipetti, alici e calamari in quella di Gaeta, mentre nella tiella itrana, prevalgono le verdure sul pesce. Vale la pena ricordare che i polpi erano uno degli alimenti prediletti dai marinari! Altra specialità gastronomica è il ‘cacio marzolino’ di Itri, ottenuto dal latte di marzo di pecore e capre e messo in tipiche forme. Salato o fresco, spesso viene ricoperto da erbette di montagne o messo sott’olio: una vera delizia per i palati fini ed esigenti.

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CORTINA D’AMPEZZO

LA “REGINA DELLE DOLOMITI”

A cura di Sandro Nobili Cortina D’Ampezzo fino ai primi del Novecento era un piccolo paese di montagna che contava poche case isolate con al centro una chiesa. Ma da alcuni ritrovamenti i ricercatori ipotizzano che il territorio Ampezzano fosse popolato già nell’età della pietra da cacciatori probabilmente nomadi, che si spostavano sui monti nei periodi più caldi per procurarsi il cibo, questa ipotesi è stata supportata soprattutto dal ritrovamento, verso la fine degli anni ‘80, in località Mondeval, nella vicina Selva di Cadore di uno scheletro di un uomo morto quasi 10.000 anni fa. Altri ritrovamenti dimostrano la presenza umana anche nei periodi successivi come quello del bronzo.

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Regno del turismo invernale e tradizionale passerella del jet set internazionale, Cortina si stende al centro della Valle d’Ampezzo, in un’arena circondata su ogni versante dalle Dolomiti, patrimonio UNESCO. Cime monumentali come il Cristallo, le Tofane, le Cinque Torri, il Pomagagnon, il Becco di Mezzodì... sono fra le montagne più belle del mondo. Cortina D’Ampezzo è il luogo preferito dai Vip... è moda, è mondanità e divertimento, è alberghi 5 stelle e vita da star. In questi ultimi anni è anche la Cortina delle discoteche esclusive, delle feste con invito, delle passeggiate in Corso Italia per uno shopping esclusivo. Irresistibile in qualsiasi stagione: in autunno, dai mille colori, gli alberi che diventano gialli, i prati che sbiadiscono e le prime nevicate; d’inverno, la stagione principe con le sue abbondanti nevicate, il paesaggio avvolto nel bianco candore della neve, il freddo pungente sulle guance; in primavera, pazzerella, con continue e inaspettate pioggerelline frizzanti e d’estate, mondana, con i prati verdi, curati e dai colori accesi. Shopping, arte, cultura e vita mondana sono un contorno gustoso alla portata principale, che resta pur sempre lo sport invernale. Proprio in virtù della sua storia di meta sportiva invernale che si è guadagnata il titolo di “Regina delle Dolomiti”. Nel corso degli ultimi decenni, infatti, ha ospiOttobre 2019


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La cucina tipica di Cortina d’Ampezzo è fortemente legata ai sapori dell’Austria, alla quale è politicamente appartenuta per molti secoli. Per questo non è difficile riconoscere nei ‘chenedi’ una variazione del knödel d’Oltralpe e nella ‘gulasch süppe’ una variazione del Goulash di ungarica provenienza. Più legati al territorio sono invece i casunzei (simili ai casoncelli lombardi), la minestra di riso e piselli e i piatti a base di funghi. Tra i dolci, da segnalare la torta di mele (simile allo Strüdel), il tortino di ricotta, i krapfen e i nighele.

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tato innumerevoli eventi di rilevanza internazionale, comprese le Olimpiadi invernali del 1956, le uniche tre svoltesi in Italia insieme a Roma 1960 e Torino 2006. Varietà e qualità di piste e impianti sfiorano la perfezione: la zona sciistica è inclusa nel comprensorio Dolomiti Superski e offre 140 chilometri di tracciati a vari livelli di difficoltà tecnica grazie al collegamento con le località di San Vito di Cadore, Auronzo e Misurina. La stagione sportiva si inaugura a gennaio con il ‘Tour de ski’ nella tappa Cortina-Dobbiaco, per proseguire a febbraio con le gare di polo sul lago ghiacciato di Misurina, la Cortina-Dobbiaco di corsa a giugno e le omonime gare ciclistiche e di fondo che si tengono negli altri mesi. Cortina sarà protagonista dei Campionati Mondiali di Sci Alpino del 2021. Interessanti anche la Coppa d’oro delle Dolomiti, gara automobilistica d’epoca, e le varie feste tradizionali, come “Una montagna di libri”, la Festa di San Nicolò, i Mercatini di Natale e il Carnevale di Cortina. Sul versante architettonico spicca uno dei simboli di Cortina, il campanile che svetta sulla chiesa settecentesca dei Santi Filippo e Giacomo.


[ a rte & cultur a ]

NOVE PER NOVANTA

L’ARTE DI WALTER VALENTINI A cura di Alessandro Trani

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Si potrà visitare fino al 26 Ottobre a Milano, presso la Galleria Cortina, la mostra “Nove per Novanta” dedicata all’artista Walter Valentini. Pittore, scultore e incisore riconosciuto a livello internazionale, Valentini nasce a Pergola (Pesaro) poco più di 90 anni fa. Coltiva giovanissimo una grande passione per l’arte, prima a Roma e poi a Milano dove ha occasione di avere come maestri Max Huber, Albe Steiner e Luigi Veronesi. Dopo aver frequentato l’istituto di Belle Arti di Urbino (è qui che scopre l’arte incisoria grazie agli insegnamenti di Carlo Ceci) nel 1955 torna a Milano (dove tuttora risiede). Qui svolge attività professionale nella grafica, applicandosi con progressiva attenzione alla pittura. È l’uni-

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verso geometrico che lo affascina, carico di risonanze che in un primo momento sembrano anche registrare echi della Metafisica di De Chirico. Il suo approccio all’architettura e alle meccaniche celesti è matematico e rigoroso, ma non privo di una sua poesia. L’immaginario geometrico di Walter Valentini risente delle influenze delle avanguardie russe del ‘900 (il Costruttivismo) e, marginalmente, delle architetture dipinte da de Chirico nel periodo metafisico, ma si fonda soprattutto sul senso di armonia e di proporzione indagato dagli artisti italiani del ’400: De pictura, ‘De re aedificatoria’, ‘De statua’ di Leon Battista Alberti, ‘De prospectiva pingendi’ di Piero della Francesca e ‘De divina proportione’ di Luca Pacioli sono trattati sulla prospettiva e sulla regola aurea che orienteranno tutta la ricerca di Valentini sullo spazio, le forme e il loro equilibrio. Nell’orizzontalità dei linguaggi, dove scompaiono le parole simboliche, dove l’arte sembra ricondursi a una superficie mediatica e ‘intemporale’, Walter Valentini rivela una grande apertura in una inesauribile coniugazione tra cielo e misure umane, visibile e invisibile, parola e immagine. Come confermano i suoi titoli, da una parte c’è il cielo, il racconto celeste, le tracce dell’infinito; dall’altra parte c’è la stanza del tempo. Il suo viaggio ha una circolarità nei colori,

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dal bianco al nero, dal giorno alla notte, con lontananza d’azzurro e assenze del grigio. Suo è il colore oro, che sta a indicare con le sue parole «il colore della mente e dell’anima».

Una mostra dopo l’altra: Lei è un artista instancabile.

Se mi avessero raccontato che all’età di novant’anni avrei ancora fatto una mostra all’anno, avrei definito il mio interlocutore un “inguaribile ottimista”. E invece è proprio quello che è successo. Ripenso alle mostre di questi ultimi tempi: al CAMeC di La Spezia, alla Galleria Marini di

Milano, alla Ca’ Pesaro di Venezia, alle personali di Pesaro, Urbino e Novilara che mi hanno riportato nelle terre dove sono nato, dove ho studiato e dove tutto è cominciato.

Novant’anni e non sentirli: una vita davvero intensa.

È stato un viaggio indimenticabile e pieno di soddisfazioni che si è deciso di celebrare con la pubblicazione di “Nove per Novanta”, il libro d’artista realizzato dalla casa editrice ColophonArte. L’unione di grafica e poesia, ripercorre così le sensazioni e le emozioni di novant’anni di vita, di esperienze e di avventure.

“Nove per Novanta” Galleria Cortina Milano - Via Mac Mahon 14/7 Orari: dal martedì al sabato 9.30-12.30 | 16.30-19.30 24 Settembre - 26 Ottobre

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BERNARDO BELLOTTO. 1740 [ s tile ita liano ]

VIAGGIO IN TOSCANA

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Dal 12 ottobre presso la Fondazione Ragghianti di Lucca (ove resterà fino al 6 gennaio 2020) sarà visitabile la mostra dedicata all’eccelso pittore veneziano Bernardo Bellotto (1722-1780), nipote di Canaletto. Sarà un’occasione unica per ammirare alcune opere preziosissime e rare mai viste insieme, tra cui il più importante dipinto della storia avente come soggetto la città di Lucca, capolavoro di Bellotto, e cinque suoi disegni, sempre di soggetto lucchese, prestati straordinariamente dalla British Library. La mostra vuole illustrare il viaggio dell’allora 18enne Bernardo Bellotto in Toscana (nel 1740), uno dei temi più affascinanti del vedutismo settecentesco. L’artista ricevette infatti la propria formazione nello studio di Canaletto quando quest’ultimo era al culmine della sua fama, alla fine degli anni Trenta del Settecento. Bellotto assorbì i modelli e le tecniche compositive dello zio con una capacità di emulazione tale da ingannare gli stessi contemporanei. L’eredità del maestro è alla base di tutta la sua opera, ma non appena il giovane Bellotto iniziò a viaggiare fuori da Venezia - e il soggiorno in Toscana

La cattedrale di San Martino, dalla parte absidale, con il chiostro, Lucca, 1740 penna e inchiostro bruno su traccia di matita, 24,8 x 37 cm. Londra, British Library

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Piazza San Martino con la cattedrale, Lucca, 1740 olio su tela, 50, 8 x 72 cm. York, City Art Gallery

è il primo e fondamentale a questo riguardo - sviluppò il proprio stile espressivo in maniera originale, accentuando il rigore prospettico e il realismo della rappresentazione. Il focus di questa mostra, curata da Bożena Anna Kowalczyk, tra i maggiori studiosi di Canaletto e Bellotto, è il nucleo di vedute di Lucca, con il dipinto che raffigura piazza San Martino proveniente della York City Art Gallery e i cinque disegni di diversi luoghi intorno alla cattedrale e alla chiesa di Santa Maria Forisportam eccezionalmente concessi dalla British Library. Questo gruppo di opere, mai esposte insieme fornisce una documentazione straordinaria della città di Lucca nel ‘700. Accanto alle opere di soggetto lucchese sono inoltre presentate alcune delle vedute conosciute di Firenze realizzate da Bellotto durante e a seguito della sua visita in Toscana (provenienti dal Szépmúvészeti Múzeum di Budapest e dal Fitzwilliam Museum di Cambridge) e un disegno a penna e inchiostro del 1764 (proveniente dal Victoria & Albert Museum di Londra) che documenta la visita di Bellotto a Livorno. Altro manufatto di eccezionale valore e interesse per i visitatori è la camera ottica in legno, vetro e specchio usata da Canaletto e concessa in prestito dal Museo Correr di Venezia. L’allestimento della mostra, raccolto e prezioso, è a cura della nota architetta veneziana Daniela Ferretti. Ottobre 2019


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MAjANI

IL CIOCCOLATO DAL 1796 A cura di Carlo Kauffmann

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C’è qualcuno, appassionato di cioccolato, che non conosce l’originale bontà del cremino Fiat? Non lo crediamo possibile. Pochi forse sanno che è stato il primo esempio di cobranding tra un marchio food e uno legato al mondo automobilistico. Il cremino Fiat nacque nel 1911 su richiesta dell’allora senatore Giovanni Agnelli per celebrare il lancio della Tipo 4, come gentile omaggio per gli acquirenti: chi acquistava un’automobile si trovava, ben posizionata sul sedile del passeggero, una scatola di cremini Fiat prodotti da Majani. L’Azienda, che è sul mercato dal lontano 1796, è un unicum nell’attuale panorama delle aziende dolciarie presenti nel nostro Paese. Sono trascorsi 220 anni e ben sette generazioni si sono succedute alla guida dell’Azienda rimasta sempre italiana come ricorda in una recente intervista, Anna Majani: «Come noi, nel cioccolato, non c’è più nessuno. Siamo rimasti l’unica azienda da sempre appartenente alla stessa famiglia, siamo sani, lavoriamo con capitale nostro. E siamo certamente corteggiati, molto corteggiati». Quando Nestlé decise di acquisire un’azienda in Italia, Majani fu il primo nome preso in considerazione. Ma la trattativa non partì nemmeno. Nonostante la sua lunga storia, Majani ha ancora ampi margini di crescita e grazie ai suoi tanti prodotti “icona” come il “tortellino bolognese” in versione cioccolato, la “sfoglia nera” prodotta dal Ottobre 2019

1832 e chiamata allora “scorza” per il suo aspetto rugoso come la corteccia di un albero, nome che Anna Majani vuole nuovamente ridare al prodotto che del resto, afferma, nessun cliente ha mai chiamato “sfoglia nera”. L’export è dunque la principale opportunità che si apre per il marchio, che in Italia ha un posizionamento alto e per scelta strategica non è presente nella grande distribuzione. La Rinascente a Milano e Eataly nei suoi punti vendita nel mondo hanno contribuito a dare visibilità internazionale al brand. Ma Majani, pur essendo interessata a crescere, non ha intenzione di cambiare il proprio DNA: quello di produttore che gestisce direttamente tutte le fasi della lavorazione partendo dal seme di cacao crudo fino alla realizzazione dei suoi prodotti finiti, lavorando fino a 20 varietà di cacao. L’azienda comunque continua a innovare. A Pasqua 2018, ha realizzato “l’uovo Platò” con sorpresa, piatto e quindi molto più comodo da gestire nella spedizione. Il prodotto ha ottenuto, come immaginabile, un forte riscontro di interesse e Majani, per evitare eventuali contraffazioni, ne ha registrato il design per tutelarsi a livello internazionale. E dal prossimo Natale si ripete l’esperimento con l’albero di cioccolato, che uscirà in autunno sempre in versione piatta: sarà disponibile al cioccolato bianco con pezzetti di granella liofilizzata e al latte con granella di nocciole.

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BENVENUTO AUTUNNO! A cura di Evelina Flachi

{ ZUCCA

Finalmente è arrivato il frugifero autunno: ci regala i bellissimi colori dei boschi ma anche tanti alimenti utili a combattere al meglio i primi freddi, rinforzandoci dall’interno. Mangiamo frutta e verdura di stagione, invece di cadere nel tranello delle serre! L’autunno ci riserva tantissimi alimenti preziosi per il nostro benessere; ne approfondiamo alcuni che non possono davvero mancare sulla nostra tavola

La zucca è molto ricca di vitamine, soprattutto di betacarotene, sostanza che favorisce la produzione di vitamina A nell’organismo di chi la consuma, con una spiccata azione antiossidante che può combattere la formazione dei radicali liberi responsabili dell’invecchiamento cellulare. Inoltre, se consumata con regolarità, protegge la pelle anche dai primi freddi. È poi ricca di fibre che favoriscono la regolarità intestinale. Sazia molto con poche calorie (appena 18 per 100gr) ed è adatta a chi segue un regime dimagrante. È sconsigliata solo a chi soffre di colon irritabile, perché se consumata in eccesso con altri ortaggi può causare fermentazione intestinale.

SPINACI

È il vegetale rimineralizzante per eccellenza: contiene calcio (utile per denti, ossa e impulsi nervosi), potassio (regolatore dei liquidi corporei), acido folico (utile contro l’anemia, essenziale per la formazione del ferro). Inoltre apporta vitamina C, che protegge dalle infezioni e aiuta a difendere l’integrità dei vasi sanguigni. Inoltre gli spinaci aiutano a combattere la stitichezza grazie al contenuto di fibre e clorofilla. Gli spinaci contengono ferro, ma in una forma meno biodisponibile rispetto a quello apportato dalla carne. Per facilitarne l’assorbimento, andrebbero consumati crudi (le foglioline più piccole sono molto tenere), con aggiunta di succo di limone o di un altro agrume: la vitamina C aumenta l’assorbimento del ferro.

Tratto dal libro “La dieta del 5” 18

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Ottobre 2019


[ s a lute

& benes s er e ]

CASTAGNE

BROCCOLI

Come i cavoli appartengono alla famiglia delle crucifere che, tra gli ortaggi, contengono in assoluto più calcio in una forma che l’organismo umano può ben assimilare. Sono quindi gli ortaggi più adatti a mantenere sane e forti le ossa, sia durante gli anni della crescita, sia nella menopausa, quando aumenta il rischio di osteoporosi. Inoltre contengono molto ferro e betacarotene, precursore della vitamina A, utile anche alla vista. I broccoli dovrebbero essere consumati almeno due o tre volte la settimana, al vapore o lessati in poca acqua per non disperdere le preziose sostanze.

NOCI

Questi frutti sono tra le fonti più ricche di minerali. Contengono per esempio manganese (utile per la salute ossea e per l’efficienza dell’apparato riproduttore), selenio (un efficace antiossidante e antinvecchiamento), magnesio (mantiene in salute denti e ossa, oltre a regolare l’attività muscolare e nervosa). Apportano inoltre buone quantità di ferro e di calcio. Infine, forniscono betacarotene, precursore della vitamina C che difende dalle infezioni. Una piccola quantità di noci non dovrebbe mancare nell’alimentazione delle donne in menopausa: la dose giusta sarebbe tre o quattro al giorno, anche da aggiungere a macedonie e insalate. Devono essere limitate al massimo se si è un po’ in sovrappeso: sono infatti molto caloriche. Ottobre 2019

Quanta energia in un cartoccio! Le castagne sono preziose e, se fresche, meno caloriche di quelle secche: contengono molti minerali e vitamine, acido folico e una buona quantità di fibre. Un prezioso rifornimento di energia per affrontare l’inverno, specie se non si hanno chili di troppo e si fa regolare attività fisica. Contengono potassio e magnesio, benefici per contrastare la stanchezza, ma anche ferro, zinco e rame, utili a mantenere alte le difese, oltre al calcio, che favorisce il benessere delle ossa. Forniscono anchelLe vitamine del gruppo B utili per le difese organiche e la vitamina A, antiossidante, che contrasta i radicali liberi ed è protettiva per la pelle e la vista. Sono ricche di carboidrati complessi e sotto forma di farina quella di castagne può sostituire talvolta quelle dei cereali, con la particolarità che non contiene glutine, perciò può essere utile per la preparazione di pasta e dolci per celiaci. I dolci con le castagne risultano spesso molto calorici, per togliersi lo sfizio conviene farli seguire a un pranzo a base di pesce grigliato e verdure.

UVA

Ricca di antiossidanti è detossinante ma energetica: tra i frutti di stagione è uno fra i più ricchi di sostanze preziose per il nostro organismo. L’uva è ricca di fibre e di zuccheri (glucosio, fruttosio e destrosio facilmente assimilabili), di vitamine e di minerali come potassio, fosforo, calcio e ferro. Infatti è indicata anche per prevenire l’anemia. È un antiossidante naturale perché la buccia contiene resveratrolo, che può avere un effetto protettivo per il cuore, riducendo il rischio di aterosclerosi. La buccia e i semi possono avere azione lassativa, controindicata nelle forme di colite acuta e diverticolite. Il resveratrolo è presente soprattutto nella buccia dell’uva nera che, secondo studi recenti, contiene anche melatonina, utile a regolare il ritmo sonno-veglia e il ritmo cardiaco.

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[ gourmet ]

AD ASSISI LA “COTOLETTA ALLA MILANESE” DEL TERZO MILLENNIO A cura di Francesca Bastoni

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Si è da poco conclusa ad Assisi la spettacolare e frequentatissima tre giorni del Festival degli Chef 2019, da tre anni ormai uno degli eventi gourmet nazionali, che ha visto protagonisti “cappelli bianchi” umbri affiancati dai colleghi arrivati da tutta Italia. Cento chef in gara davanti ai fornelli, riuniti insieme per esaltare i molti, straordinari prodotti dei nostri territori. Per tre giorni la città del santo è diventata così un grande palcoscenico dedicato alla cucina italiana, invasa da migliaia di visitatori che hanno “convissuto” gomito a gomito con i tanti chef, scoprendo le loro preparazioni e spesso per gustarle. Fra gli 8 chef finalisti della grande kermesse umbra, c’era anche il lombardo Paolo Scaccabarozzi, chef del ristorante Arya sulla panoramica Terrazza dei Cavalieri, al decimo piano dell’Hotel Cavalieri in piazza Missori a Milano. Chef Paolo si è collocato, col suo team, nei primi otto della prestigiosa Chef League della tradizione e premiato come eccellenza nella lista dei cento Best Chef. Ad Assisi si era presentato con una ricetta strettamente legata alla tradizione della cucina milanese, la celeberrima “Cotoletta”, rivisitata e “ammodernata” seguendo i dettami dell’innovazione. Insomma la “Cotoletta alla milanese” del terzo millennio.

Professionalmente come nasce Chef Paolo?

Sono nato in Brianza nel 1982 ed ho frequentato la

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scuola alberghiera di Sondalo in Valtellina. Ho avuto la fortuna di apprendere la sua arte dal Maestro Gualtiero Marchesi e di lavorare in Francia con Michel Bras, in USA ed in Spagna. La mia cucina si basa su tradizione ed innovazione per esprimere con semplicità e poesia la mia passione, utilizzando tecniche di cucina all’avanguardia.

Il cibo come immersione totale fra presente e mondo interiore del cliente?

Esattamente questo! E così approdiamo al secondo fondamento della cucina di Gualtiero Marchesi: il cliente è sacro perché quando entra in relazione con il nostro mondo diventa un “traduttore di cibo”.

Insomma la cucina e il cibo sono una forma d’arte vera e propria…

Sì, anche un’artista che si firma Mirta Artlife si è ispirata infatti, per una sua ricerca iconografica, ai piatti realizzati da me, e ne ha tratto il materiale per una sua mostra; i quadri sono stati esposti in una galleria di Parigi. Come dire autentica “arte culinaria, pittura alimentare…”. Ottobre 2019


[ tv da gus ta re ] A cura di Edmondo Conti Siamo così giunti a Ottobre, un mese che amo particolarmente per le sue temperature che lentamente iniziano a scendere e che fanno così salire la

voglia di stare al caldo in casa davanti alla buona TV che continua a sorprenderci con tante novità e conferme tutte da gustare.

A fare la parte del leone in questo mese è il Nove, canale del Gruppo Discovery che già dal 27 settembre ha fatto iniziare la nuova edizione dello show Fratelli di Crozza, in cui il comico ligure si calerà nei panni di un improbabile Matteo Renzi in versione joker, dopo che ha deciso di lasciare il PD per fondare il nuovo partito Italia Viva. Un’altra imitazione molto attesa sarà quella di jovanotti, dopo le polemiche che hanno accompagnato il suo jova Beach Party. Insomma, anche quest’anno ci sarà da divertirsi. In arrivo 2 novità assolute. La prima è il gioco spettacolo Deal with it Stai al gioco condotto dal bravissimo Gabriele Corsi, che ogni sera nell’orario dell’access prime time, accompagnato da un ospite famoso, individuerà una coppia nei pub, nelle palestre o nei ristoranti, e con una scusa porterà via uno dei due: il prescelto, indossando un microfono nascosto, dovrà eseguire gli ordini impartiti dal conduttore senza farsi accorgere dal proprio partner per potersi aggiudicare il montepremi. Dal 16 ottobre in prima serata farà il suo grande rientro televisivo una delle conduttrici più apprezzate del piccolo schermo: Daria Bignardi, conduttrice del nuovissimo L’Assedio, talk show in cui proverà a raccontare la società in cui viviamo, in compagnia di moltissimi prestigiosi ospiti. C’è molta attesa per questo ritorno proprio perché erano 4 anni che Daria non conduceva programmi e siamo certi che saprà sorprenderci e incuriosirci ancora una volta.

Ma anche TV8, il canale “in chiaro” del Gruppo Sky, ha acceso il pomeriggio già dal 9 settembre con il ritorno in TV dell’affascinante Enrica Bonaccorti alla conduzione di Ho qualcosa da dirti, un emotional show in cui in ogni puntata vengono affrontati piccoli e grandi segreti di persone che non sono mai riuscite a confidarli a qualcuno. È di pochi giorni fa la puntata in cui Enrica si è commossa ascoltando la storia del suo ospite, Dabo Mohamed Lamine, fuggito prima dalla Guinea e poi dalla Libia e che, arrivato in Italia, ha scoperto di avere un tumore ma che è stato salvato e accolto in famiglia da Domenico. Insomma un piccolo grande programma da gustare ogni pomeriggio. In casa Rai ho infine da segnalare 2 ritorni di 2 prime donne della TV: Mara Venier che già da domenica 15 settembre è tornata su Raiuno alla guida di Domenica In, uno spettacolo per tutta la famiglia con incontri con i più popolari personaggi dello spettacolo e Raffaella Carrà che dal 24 ottobre tornerà in prima serata su Raitre con A raccontare comincia tu, 4 puntate in cui converserà amabilmente con altrettante celebrità: una su tutte, l’immensa Loretta Goggi!

Per il momento è tutto, ci vediamo a Novembre con altre sorprese… tutte da gustare! Ottobre 2019

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LIBRI

MOLTO DIFFICILE DA DIRE

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A cura di Carlo Kauffmann

MOLTO DIFFICILE DA DIRE Ettore Sottsass Adelphi Edizioni

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«Sono nato nel 1917, classe 1917, classe di ferro -dicevano- e il ferro, per come me ricordo io, è il simbolo della forza dei poveri, per esempio di quei montanari come mio nonno…» così inizia il volume di Sottsass, celebre designer, architetto e scrittore. Erano tutti giovani architetti italiani, ma nel secondo dopoguerra, complice lo scherzo o una scarsa dimestichezza con la geografia, li chiamavano ‘gli svizzeri’. Quanto alle loro teorie, erano solo delle ‘svizzerate’, cioè delle fumisterie nordiche, velleitarie e pericolosamente moderne. Il biasimo colpiva in particolare la funzione che ‘gli svizzeri’ attribuivano al design. Da una parte, infatti, c'erano gli americani, che ragionavano così: visto che la gente deve comprare prodotti, “bisogna fare qualcosa perché ci prenda gusto a comprarli, come la gente per esempio prova gusto a toccare il sedere alle ragazze e le ragazze a farsi toccare il sedere”. Dall'altra parte c'era Ettore Sottsass (1917-2007), come a dire una delle matite più celebri nella storia del disegno industriale. ‘Molto difficile da dire’ rappresenta un inizio di esplorazione -artistica e non- di quegli anni ’40-’50. Per raccontare il mondo di Ettore Sottsass, a volte basterebbero i titoli che sceglieva per i suoi testi. Dai primi anni ’60 Sottsass comincia a pensare, e a scrivere, come il grande architetto e designer che sta diventando, sui suoi amori, canonici e no, dal Bauhaus al Teatro Nō, sul suo mestiere, sul mondo irrequieto in cui si trova a esercitarlo. Ma intanto viaggia (in Grecia, in India, in Egitto), progetta, sperimenta, fotografa, ogni volta muovendosi come fosse la prima, in una direzione irresistibilmente eccentrica. Per entrare nella sua poetica, in realtà si tratta di una filosofia culturale, basta sfogliare la raccolta di saggi, riflessioni e pagine autobiografiche di questo libro: ad esempio il gioco di sentirsi stranieri in patria, quando Sottsass si dà dell'africano perché una volta sceso dal Kilimangiaro passa per Milano e si stupisce delle stranezze degli “indigeni”. In realtà vuole denunciare la barbarie del razionalismo occidentale e la riduzione dell'uomo a macchina. Bellissimo il saggio dedicato al design, dove Sottsass come esempio ci racconta che esso nacque quando gli uomini, nel sublimare l’uccisione degli animali, hanno preso dentro nel rito anche la freccia: “...a questo punto comincia il design, che a quei tempi significava incidere sulle frecce segni magici o simboli e così via; o anche dare una forma speciale alle frecce”. Detto in altri termini è che il design non riguarda l’esistenza o meno degli strumenti in quanto tali, ma la possibilità di esistenza di questi strumenti con una certa atmosfera culturale o psichica o “a carattere magico, o razionale, o mezzo e mezzo, o tutto quello che c’è nella storia”. E che dire “delle ceramiche delle tenebre!”. Di più non vi racconto perché si tratta un grande libro! Mi darete ragione… Ottobre 2019


[ libri ] COME LE MOSCHE SUL MIELE

Sono gli anni Novanta e Francesca, alla ricerca di un’identità, si tuffa nei bassifondi di quella Milano underground che nessuno vuole vedere e raccontare. La Milano dei capannoni abbandonati, dei rave, di Parco Sempione e dei campi dello spaccio dove, tra la torrida canicola estiva e la pungente nebbia invernale, si muovono i gruppi degli ultimi: scartati, emarginati, punk, anarchici, scappati di casa, matti.

VETRINA

Premio Campiello 2019

Francesca Tassini (Solferino)

GLI ALTRI

Raccontando con ironia l’intolleranza tra vicini di casa, Aisha Cerami ci regala una galleria di personaggi memorabili e ci fornisce uno specchio per riflettere su noi stessi e sui nostri pregiudizi. Il Roseto è una piccola oasi di pace, una palazzina circondata da siepi fiorite. I suoi abitanti si conoscono tutti e non perdono occasione per incontrarsi, scambiarsi ricette, favori, consigli. Perché all’arrivo di una nuova famiglia, abitudini, giudizi e pareri cambiano? Aisha Cerami (Rizzoli)

FIORIRE D’INVERNO

«Ho sempre creduto che la vita fosse disporre sul tavolo, nel miglior modo possibile, le carte che ti sei trovato in mano. Invece all’improvviso ne arriva una che spariglia tutte le altre, e la vita è proprio come ti giochi quell’ultima carta». E Nadia se la vuole giocare bene la sua carta, il primo fiore del suo inverno è proprio questo libro, dove si è raccontata con coraggio, lasciando al lettore la possibilità di un incontro intimo con lei. Grazie, Nadia. Nadia Toffa (Mondadori)

GLI SPAIATI

«Un divorzio è un amore passato che ha trovato il modo legale di non passare mai». Una separazione infatti cambia almeno tre vite (lui, lei, l’altra), il modo di fare i conti, le abitudini, e a volte fa cambiare persino città. È quello che è successo a Olivia, avvocato divorzista ed esperta di sciagure sentimentali (soprattutto proprie). Ora che ha un uomo innamorato al suo fianco, non fa che vivere nella paura che non funzioni, di rovinare tutto, paura di una relazione stabile, paura che si capisca che ha paura. Il racconto di verità che non vorremmo mai sentirci dire, neanche dai migliori amici. Ester Viola (Einaudi)

Ottobre 2019

MADRIGALE SENZA SUONO

Per vendicare l’onore e il tradimento, il principe di Venosa uccide Maria D’Avalos, dopo averla sposata con qualche pettegolezzo e al tempo stesso con clamore. Fin qui la Storia. Il resto è la nostalgia che ne deriva, la solitudine del principe: è lì, nel sangue e nel tormento, che Andrea Tarabbia fa scoprire al lettore gli eventi in modo assolutamente mirabile. Con un gioco colto e irresistibile, tra manoscritti ritrovati e chiose di Igor’ Stravinskij - che nel Novecento riscoprì e rilanciò il genio di Gesualdo - Andrea Tarabbia, scrittore tra i migliori della sua generazione, costruisce un romanzo importante, destinato a restare. Andrea Tarabbia (Bollati Boringhieri)

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BUONENOTIZIE In un recente numero dell’inserto settimanale di “Buone Notizie. L’Impresa del Bene” del Corriere abbiamo trovato e riassunto per voi la seguente news che ci ha favorevolmente colpito. Alberto Pinna ci ha fatto scoprire quanto ideato e realizzato da tre giovani sardi, un bell’esempio di valorizzazione culturale e turistica di uno dei tantissimi splendidi territori del nostro Belpaese, tutto da gustare

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L’ALTRO TURISMO DELLA SARDEGNA

La notorietà di Mamoiada (Barbagia profonda) è sempre stata legata alle sue maschere: i Mamuthones e gli Issohadores. Poi una lunga serie di rapimenti e di omicidi ne hanno offuscato l’immagine. Circa vent’anni fa allo studente Mario Paffi, rimasto in paese, una volta laureatosi in economia, venne un’idea legata proprio alle maschere. «Nei ricordi della mia adolescenza - racconta - alla sera calava una sorta di coprifuoco… Poi un giorno un nuovo sindaco decise che per affrancarsi dal passato ci voleva una svolta. Fece un bando di valorizzazione culturale e turistica. Ne parlai con mio fratello Gianluigi e con Rita Mele. Predisposi il business plan per un Museo delle Maschere Mediterranee, con un modello innovativo di gestione dei beni culturali». Reperti, immagini, testi, commenti musicali, multimedialità: bando vinto e museo realizzato. Oggi nelle tre sale ci si immerge nell’atmosfera del Carnevale mamoiadino, fra i misteri dei Mamuthones e degli Issohadores. «Turisti che sono venuti d’estate - continua Paffi, che

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ora ha 49 anni - sono poi ritornati a febbraio per vivere di persona il carnevale. Nel 2018 abbiamo avuto 28 mila visitatori». Da qualche anno a fine giugno si è aggiunto il festival internazionale MaMuMask, convegni scientifici, sfilate, teatro, musica, danze, enogastronomia. Il museo è gestito dalla cooperativa Viseras (maschere, nell’idioma mamoiadino), creata da Gianluigi Paffi, laureato in scienze naturali e guida esperta del territorio, e Rita Mele, laurea in lingue, specializzata in turismo e fol-

klore. Intorno al museo, è nata una rete di attività: laboratori, locali di ristorazione, strutture ricettive; sette artigiani producono maschere richieste in tutto il mondo. «Tutti pezzi unici e firmati, - spiega Paffi - e quelle più datate hanno quotazioni considerevoli, come veri pezzi d’arte». A conti fatti, questo modello di turismo e cultura, vicino alla Sardegna vera, genera ora un “giro” vicino ai 2 milioni di euro. Mamoiada non ha certo risolto tutti i problemi. Ma dal 2001 tutto è cambiato. Ottobre 2019




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