Diritti al Futuro - dati del Referendum Studentesco Nazionale

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Diritti al Futuro – PRESENTAZIONE DATI Consultazione Studentesca nazionale

Risultati Consultazione Studentesca Nazionale 15 Aprile – 4 Maggio 2013

R e t e d e l l a C o n o s c e n z a – V i a I V N o v e m b r e 9 8 , 0 0 1 8 7 R o m a – 0 6 / 6 9 7 7 0 3 3 2


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INDICE INTRODUZIONE Pagina 3 DOMANDA n.1 – Diritti negati e preoccupazione sul futuro degli studenti e delle studentesse Pagina 5 DOMANDA n.2 – Autonomia scolastica e universitaria e democrazia nei luoghi della formazione Pagina 8 DOMANDA n.3 – Reddito di Formazione e autonomia sociale degli studenti e delle studentesse Pagina 10 DOMANDA n.4 – Diritto allo studio in Italia, tra universalismo e democrazia Pagina 12 DOMANDA n.5 – Stages e Formazione Professionale Pagina 14 DOMANDA n.6 – Numero chiuso all’università e barriere d’accesso ai canali formativi Pagina 16 DOMANDA n.7 – AVA, INVALSI e sistemi di valutazione dei sistemi di istruzione e formazione in Italia Pagina 18 CONCLUSIONI Pagina 20


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INTRODUZIONE

98.251 studentesse e studenti tra scuole e università hanno votato in queste settimane i sette quesiti sottoposti dalla Rete della Conoscenza. Le ragioni alla base del referendum partono dall’idea di rovesciare il modello di rapporto tra chi scrive le riforme da una parte e gli studenti dall’altra. Ai progetti di legge calati dall’alto, come è avvenuto negli ultimi 30 anni contrapponiamo una forma di democrazia diretta e partecipata, un modello che rivendichiamo da anni e che quasi mai è stato preso in considerazione. Il referendum svoltosi dal 15 aprile al 4 maggio dimostra come sia possibile praticare un’idea di partecipazione nuova, mettendo al centro idee e proposte chiare su cui oltre centomila studenti si sono espressi. Interrogare su quali siano le ansie di una generazione, che vive il peso e il costo di una crisi ingiusta, ha un valore non solo politico, ma anche profondamente culturale. Si tratta dello spaccato di una generazione che dentro le scuole e le università dimostra di vivere con ansia del futuro, che vive con preoccupazione un mondo del lavoro, escludente e senza diritti. Abbiamo voluto sottoporre domande a risposta multipla, così da restituire la complessità di un dibattito pedagogico, politico e culturale che si è sviluppato negli ultimi anni dentro scuole e università e non lasciare lo studente di fronte all’obbligo di votare “si” o “no” per poter restituire maggiori sfumature nel favore o nella contrarietà ad una determinata proposta. Non è stato, quindi, un referendum induttivo, ma deduttivo, composto da quesiti aperti, che ha il pregio di aver fatto emergere idee e posizioni comuni nella pluralità delle risposte date dagli studenti italiani. Questo referendum ha il valore di una vera e propria inchiesta sociale sul tema della formazione pubblica nel nostro Paese. Se i dati Ocse da un lato confermano un trend negativo nella qualità formativa e della ricerca, dall’altra parte gli studenti, in questa consultazione, ne confermano il dato negativo, dimostrando una straordinaria percezione delle cause e dei problemi che affliggono scuole e università. Il risultato sull’accesso, sulla contrarietà al numero chiuso, sull’assenza di politiche vere sul diritto allo studio sono un segnale forte che la politica dovrebbe cogliere in forma strutturata. Se si vuole davvero riformare l’istruzione pubblica italiana, non si può non tenere conto del dato strutturale che esce da questo Referendum Studentesco: gli studenti hanno l’esatta percezione di quali sono le reali mancanze del loro sistema formativo e si


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candidano ad essere inevitabilmente gli attori di un cambiamento reale e non ideologico. Il messaggio che emerge chiaro dalla Consultazione Nazionale di questi giorni è la straordinaria maturità degli studenti italiani nel rispondere alle domande che sono state sottoposte, il non cadere nella facile retorica su numero chiuso e merito che in questi anni i media mainstream hanno cercato di imporre nel dibattito. Il rapporto tra maturità degli studenti delle scuole e delle università e la democrazia oggi non può che essere il nodo centrale di una ricostruzione vera dell’istruzione pubblica, fondata sulla qualità della didattica, l’accesso libero al sapere e la partecipazione reale.


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DOMANDA n.1 Quale diritto oggi ti viene maggiormente negato e ti provoca maggior preoccupazione per il futuro?

DOMANDA N.1 Voti validi % 1) Il diritto allo studio: sono preoccupato/a di non poter concludere gli studi o doverli sospendere momentaneamente a causa dei problemi economici che mi spingono a lavorare 7.895 9,07 2) La precarietà lavorativa: sono preoccupato/a per il futuro lavorativo dopo la scuola o l'università. Il lavoro è sempre più precario e non corrisponde quasi mai alle competenze acquisite a scuola/università 63.561 73,01 3) La qualità dell’istruzione: sono preoccupato/a che la didattica non mi dia le basi giuste per entrare nel mondo del lavoro e diventare un/a cittadino/a consapevole. Ritengo che quello che studio sia inutile o insegnato male 8.085 9,29 4) La sicurezza degli edifici scolastici e universitari: sono preoccupato/a per lo stato dell'edilizia di scuole, università e case dello studente 3.277 3,76 5) Gli stages e i tirocini: sono preoccupato/a di dover accettare percorso di stages e/o tirocini non pagati, non regolamentati, che non saranno utili per entrare nel mondo del lavoro 2.294 2,64 6) Non ho alcuna preoccupazione e ritengo che in Italia noi studenti abbiamo sufficienti diritti 1.951 2,24 TOTALE VOTI VALIDI 87.063 100 La prima domanda può sembrare un po' anomala, perché non chiede l'opinione su un tema specifico ma prova a indagare l'assenza di futuro di cui parlano da anni i movimenti studenteschi. Il principale problema percepito dagli studenti e dalle studentesse è la precarietà e l'incertezza del futuro lavorativo (73,01%). Un dato che non non distante dalla realtà: nel nostro paese la disoccupazione giovanile si avvicina ormai al 40%, chi ha un lavoro è sempre più spesso precario. Inoltre in questi anni abbiamo assistito allo scoppio della bolla formativa1, nonostante tutti gli interventi normativi degli ultimi 20 anni siano stati 1

Per Bolla Formativa si intende quel fenomeno per cui vi sono più laureati di quanti il mercato non

necessiti. Non è vero che l’Italia abbia più laureati che il resto d’Europa, anzi il contrario (vedi dati


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inquadrati ideologicamente nella cornice dell’avvicinare la scuola e l'università al mercato e al sistema produttivo. Dall'analisi dei dati sulla disoccupazione in Italia tra i 25 e i 29 anni emerge chiaramente che sono proprio i laureati ad esserne il soggetto maggiormente colpito, nonostante il loro numero sia inferiore alla media europea. A completare il quadro c'è poi il permanere delle storiche differenze tra Nord e Sud Italia e tra uomini e donne (la percentuale di laureati occupati è di 9 punti superiore rispetto a quella delle laureate). Di fronte a questi elementi non sembra quindi strano che la maggiore preoccupazione degli studenti e delle studentesse sia rivolta al mercato del lavoro come dimostra anche la seconda risposta più votata (risposta 3): il 9,29% è preoccupato della qualità dell'istruzione che riceve e del fatto che questa non sia poi utile ad entrare nel mercato del lavoro. Altrettanto significativo è che il 9,07% sia preoccupato per la situazione del diritto allo studio e per il rischio di non poter continuare gli studi. I tagli che il diritto allo studio ha subito in questi anni, accompagnato dal peggioramento delle condizioni economiche delle famiglie di origine, rendono sempre di più l'istruzione un lusso che non tutti possono permettersi ed è DOMANDA N.1 chiaramente una delle cause centrali della diminuzione dell'iscrizione all'università. Risposta 1 Risposta 2 Una percentuale Risposta 3 nettamente minore sembra Risposta 4 essere invece preoccupata Risposta 5 dalla sicurezza degli edifici Risposta 6 scolastici e universitari che costituisce in molti casi una vera e propria emergenza, come dimostrano numerosi fatti di cronaca e il rapporto Ecosistemascuola2 secondo il quale circa la metà delle scuole italiane non possiede una certificazione di agibilità OCSE e raccomandazioni della Commissione Europea) ma abbiamo un tessuto produttivo a scarsa innovazione. Tale fenomeno produce la cosiddetta Fuga dei cervelli. Per approfondire www.slideshare.net/fracoin/la-­‐bolla-­‐formativa-­‐in-­‐italia 2 Per approfondire: http://www.legambiente.it/contenuti/comunicati/legambiente-­‐presenta-­‐ ecosistema-­‐scuola-­‐xiii-­‐edizione-­‐il-­‐rapporto-­‐annuale-­‐sulla-­‐


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(3,76%) oppure gli stage e i tirocini, che invece di svolgere la funzione formativa per cui sono nati sono spesso strumenti di vero e proprio sfruttamento (2,64%). Infine indicativo è il fatto che solo una percentuale minima (2,24%) di chi ha risposto alle domande non abbia preoccupazioni o non senta negato alcun diritto.


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DOMANDA N.2 Dagli anni ‘90 si è fatto largo in scuole ed università il concetto di autonomia. L’autonomia, e quindi la gestione autonoma di scuola e università da parte delle sue componenti, si è realizzata, in modo differente tra scuole e università, secondo 3 ambiti principali: l’accesso e la gestione finanziaria, la sperimentazione didattica, la ricerca. Negli ultimi anni l'autonomia è stata stravolta per via dell’inserimento dei privati (imprese, banche, fondazioni, …) nei luoghi decisionali e per la frequenza e l’invasività con cui i provvedimenti del Ministero hanno provato a determinare un profilo unico per scuole e università. Secondo te:

DOMANDA N.2 Voti validi 1) L’autonomia deve lasciare spazio al finanziamento dei privati che devono poter determinare la programmazione della didattica e l’impostazione della ricerca di ogni scuola ed università 4.956 2) L’autonomia deve lasciar spazio al finanziamento dei privati, ma la programmazione didattica e di ricerca devono restare sotto il controllo delle scuole e delle università sulla base di alcune linee guida nazionali 22.030 3) L’autonomia deve permettere alle singole scuole ed università di organizzare didattica e ricerca (seguendo alcune linee guida statali) garantendo una rappresentanza a tutte le componenti, e non a soggetti esterni siano enti pubblici o imprese private, nei luoghi decisionali. Vanno coinvolte le componenti scolastiche e universitarie anche tramite forme di democrazia diretta come i referendum su alcune questioni importanti 53.259 4) Non è necessaria alcuna autonomia: né rispetto alla gestione della didattica, né rispetto ai finanziamenti, né rispetto alla ricerca. La gestione di queste dovrebbe essere centralizzata e organizzata dallo Stato 5.702 TOTALE VOTI VALIDI 85.946

% 5,77

25,63

61,97

6,63 100

La maggioranza assoluta (61,97%) delle studentesse e degli studenti che ha risposto a questa domanda non ha dubbi: l'autonomia scolastica ed universitaria per come si è sviluppata negli scorsi 20 anni è stata un disastro e va riformulata in tempi brevissimi. L'organizzazione e la gestione di didattica e ricerca scientifica vengono individuate


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come delle priorità dimenticate se non addirittura danneggiate dall'autonomia scolastica ed universitaria. In particolar modo si evince DOMANDA N.2 lampante la preoccupazione per la restrizione degli spazi di democrazia, il Risposta 1 dimezzamento delle Risposta 2 rappresentanze studen-­‐ Risposta 3 tesche operato dalla L. Risposta 4 240/10 e tentato dal Ddl ex Aprea, la scomparsa di alcune componenti accademiche (dottorandi, assegnisti, precari della ricerca, etc.); il tutto in favore di un ampliamento consistente dei poteri di soggetti esterni (i c.d. privati, ad onor del vero, non del tutto disprezzati dal 31,3% dei votanti) agli atenei e alle scuole inseriti ex lege nei consessi più importanti dei luoghi decisionali (es. il Cda delle Università). La distorsione del concetto di autonomia non ha fatto altro che inficiare ulteriormente i processi democratici rafforzando in maniera smisurata i poteri di Rettori e Dirigenti Scolastici e Direttori Generali (ex Direttori Amministrativi), conferendo loro la possibilità di infliggere anche pesanti sanzioni disciplinari a docenti non allineati. L'aziendalizzazione de facto è proceduta con l'obbligo di assumere economie esterne a quelle statali, tagliate in modo pressoché totale negli ultimi 5 anni. Percentuali sostanzialemente minime e speculari (6,63%) vengono raggiunte da studenti votanti e aderenti a linee diametralmente opposte che da una parte teorizzano l'accentramento in capo allo Stato per tutto ciò che riguarda gestione ed organizzazione di finanziamento, ricerca e didattica rifiutando in toto l'autonomia scolastica ed accademica e dall'altra postulano una gestione totalmente privatistica dei suddetti comparti con la piena esclusione del sistema pubblico dalle scelte didattiche e di ricerca.


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DOMANDA N.3 Da anni nei paesi scandinavi è assegnato agli studenti un Reddito di formazione come valorizzazione del diritto allo studio. Il reddito di formazione è un sostegno economico, nella forma diretta di erogazione monetaria e indiretta di servizi, concesso universalmente a tutti gli studenti. Tu ritieni che:

DOMANDA N.3 Voti validi % 1) Il reddito di formazione sia una spesa inutile e gravosa in tempo di crisi 5539 6,44 2) Il reddito di formazione incentivi le possibilità di formazione dei singoli studenti eliminando i problemi economici che si frappongo tra questi e i canali formativi 29964 34,85 3) Il reddito di formazione, se regolamentato in base a criteri basati sul reddito familiare e ai successi formativi, possa incentivare lo studio e l'interesse culturale degli studenti 45372 52,78 4) Non sia necessario un intervento economico per stimolare l'accesso ai saperi poiché i percorsi formativi sono accessibili a tutti 5094 5,93 TOTALE VOTI VALIDI 85969 100 Come dimostra lo studio dell’ISTAT sugli indici BES3 (Benessere, equità, sostenibilità) l’utilizzo di canali culturali e formativi (formazione non formale) è in drastica riduzione. Dal 2011 al 2012 solamente la lettura di libri aumenta, mentre diminuiscono gli accessi ai musei, la visione di film, l’accesso ai teatri, ecc. Si vive in Italia, specialmente dall’inizio della crisi, l’emergere di una barriera socio-­‐ economica nell’accesso alla cultura e alla formazione. Tale fenomeno è particolarmente vissuto da studenti e studentesse anche e soprattutto perché non hanno un proprio reddito e, quindi, una propria autonomia sociale ed economica dalla famiglia. Il terzo quesito della consultazione studentesca era incentrato sulla tematica del reddito di formazione4 come sostegno del diritto allo studio e valorizzazione 3

http://www.istat.it/it/files/2013/03/2_istruzione-­‐formazione.pdf

4 Per Reddito di Formazione si intende un sistema integrato di servizi e erogazioni monetarie tese a

dare autonomia ai soggetti in formazione.


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dell’accesso alla cultura e alla formazione non formale. Tale misura va a superare l’attuale sistema di diritto allo studio poiché risponde alle esigenze dello studente nella sua complessità di cittadino avente necessità, aspirazioni e diritti a 360 gradi. Una maggioranza schiacciante dei partecipanti al referendum (87,63%) ha affermato che il reddito è una misura necessaria per garantire a tutti l'accesso ai saperi mentre la ristretta minoranza che la pensa diversamente si divide quasi equamente tra chi evidenzia problemi di sostenibilità finanziaria di tale misura in un periodo di crisi e chi ritiene che il reddito non sia una forma necessaria per garantire l'accesso ai saperi. All'interno della maggioranza favorevole al reddito una buona parte dei votanti (52,78%) considera necessaria la regolazione dell'erogazione del reddito in base alla ricchezza della famiglia di provenienza del soggetto in formazione. In definitiva, il dato emblematico relativo a questo quesito è la nettissima maggioranza favorevole all'introduzione del reddito di formazione nel sistema del diritto allo studio italiano. Questo risultato si dovrà necessariamente confrontare, nei prossimi mesi, con un dibattito pubblico ultimamente molto aperto sulla questione del reddito di cittadinanza, con tendenze DOMANDA N.3 ed interpretazioni del tema spesso opposte e contraddittorie, dalla funzione dello strumento Risposta 1 del reddito alla Risposta 2 compatibilità con le altre Risposta 3 misure di welfare già Risposta 4 previste dal sistema italiano, alla possibilità di finanziare lo strumento stesso.


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DOMANDA N.4 Il sistema di diritto allo studio in Italia è stato modificato negli anni, dando larghe fette di gestione alle Regioni e riducendone i finanziamenti. Continua a mancare una legge nazionale che garantisca pari diritti in tutte le regioni e, parallelamente, i fondi su scala nazionale sono diminuiti drasticamente. Secondo te un diritto allo studio che preveda borse di studio, alloggi, facilitazioni sui trasporti e accesso alla cultura:

DOMANDA N.4 Voti validi % 1) dovrebbe essere rivolto ai “privi di mezzi” per garantire l'emancipazione dalla famiglia e la libertà di scelta permettendo di superare le differenze sociali ed economiche di provenienza 38.892 45,25 2) dovrebbe essere rivolto ai “privi di mezzi” a condizione che raggiungano elevati risultati di merito 23.774 27,66 3) dovrebbe essere rivolto esclusivamente ai “meritevoli”, a prescindere dal contesto economico di provenienza 20.136 23,43 4) dovrebbe essere sostituito, nelle sue funzioni, dal prestito d'onore 3.140 3,65 TOTALE VOTI VALIDI 85.942 100 Il quarto quesito riguardava la questione del sistema del diritto allo studio italiano, e in particolare il rapporto tra l'erogazione dei servizi, il reddito familiare e il merito scolastico/accademico. Su questa domanda non si è palesata, come sulla domanda precedente, una risposta pressoché univoca: ciononostante, due sono i dati da sottolineare per la loro chiarezza. Il primo è che la maggioranza assoluta dei partecipanti (72,91%) considera il diritto allo studio come uno strumento rivolto ai “privi di mezzi” per garantire l'emancipazione dal contesto familiare di provenienza, e tra questi, la maggioranza relativa (45,25%) ritiene che il criterio economico non debba essere influenzato dal merito; il secondo è che solo una ristrettissima minoranza dei partecipanti alla consultazione (3,65%) ritiene che il sistema del diritto allo studio vada sostituito con l'erogazione di prestiti d'onore5 sul modello anglosassone. 5

Con Prestito d’onore si intende l’erogazione monetaria rivolta ad uno studente o una studentessa

che sarà tenuto/a a restituire quando troverà lavoro. Il prestito d’onore è stato introdotto in Italia dalla Riforma Gelmini. Nei paesi anglosassoni ha portato alla formazione di una generazione


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Il resto dei votanti ritiene invece che il diritto allo studio debba premiare i meritevoli, a prescindere dalla loro condizione economica. Su questo quesito dunque le risposte sono più frammentate e, tra le altre cose, evidenziano in maniera palese gli effetti di un condizionamento culturale molto forte sulla questione del merito, spesso letto come variabile indipendente dalla possibilità effettiva di accedere ai canali formativi formali e informali. Un framing molto potente rispetto al quale non sempre si è riusciti ad opporre la realtà di una condizione studentesca segnata troppo spesso dall'impossibilità di costruire autonomia dal contesto sociale, culturale ed economico di provenienza.

DOMANDA N.4

Risposta 1 Risposta 2 Risposta 3 Risposta 4

fortemente indebitata già prima di iniziare a lavorare, segnando il futuro di milioni di giovani. Per approfondire: www.roars.it/online/prestiti-­‐donore-­‐negli-­‐usa-­‐luniversita-­‐e-­‐una-­‐rovina/


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DOMANDA N. 5 Oggi in Italia gli stagisti e i tirocinanti non hanno una legge unica che garantisca i loro diritti. Ogni studente dovrebbe fare percorsi di alternanza scuola-­‐lavoro durante le superiori e tirocini durante l’università ma spesso queste esperienze non si dimostrano utili dal punto di vista dell’apprendimento. Quale pensi che possa essere, in estrema sintesi, un buon modello di stages e tirocini?

DOMANDA N.5 Voti validi % 1) Bisognerebbe adottare uno “Statuto dei Diritti degli Studenti e delle Studentesse in Stages” che garantisca stages/tirocini realmente formativi e specializzanti durante i quali gli studenti non vengano utilizzati per mansioni che non corrispondono alle proprie esigenze formative, ma acquisiscano nuove competenze, conoscenze e abilità 65.786 77,14 2) Bisogna dare la possibilità agli studenti di abbandonare il percorso scolastico a 15 anni e intraprendere attività professionalizzanti tramite l'apprendistato, come previsto dal Collegato Lavoro (articolo 48, comma 8) 12.684 14,87 3) Bisognerebbe abolire lo strumento degli stages/tirocini in quanto non è realmente formativo e toglie ore preziose alla didattica curriculare 3.965 4,65 4) Il modello di formazione professionale vigente ora in Italia non ha bisogno di essere ristrutturato 2.850 3,34 TOTALE VOTI VALIDI 85.285 100 Gli stages e i tirocini sono parte integrante dei percorsi formativi degli istituti tecnici e professionali, ed in misura inferiore anche nei licei, e di molti corsi universitari. Tuttavia mancano ad oggi norme definite per inquadrare correttamente questo strumento e le poche che ci sono vengono facilmente eluse, a causa dell'assenza di controlli e sanzioni adeguate. Spesso gli stages si svolgono in assenza di rimborso spesa -­‐ anche quando lo studente per realizzarli deve sostenere spese consistenti per i trasporti o per i pasti – le mansioni ricoperte annullano praticamente qualunque valore formativo e gli studenti in stage sono quasi sempre utilizzati come alternativa all'assunzione di lavoratori e lavoratrici.


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L'attuale sistema di alternanza scuola-­‐lavoro viene bocciato dalla maggior parte dei partecipanti alla Risposta 1 consultazione: poco più del Risposta 2 3,34% ne dà un giudizio Risposta 3 positivo. Risposta 4 Inoltre attualmente è prevista la possibilità – introdotta con il collegato lavoro -­‐ per un giovane o una giovane – a partire dai 15 anni – di svolgere un apprendistato, un vero e proprio contratto di lavoro, che vale anche per l'assolvimento dell'obbligo di istruzione. Tra coloro che hanno risposto al referendum solo il 14, 87% ritiene soddisfacente questa misura che di fatto consente di abbandonare lo scuola all'età di 15 anni per andare a lavorare. La percentuale più consistente (77,14%) pensa invece che lo strumento migliore per approcciarsi al tema dell'alternanza scuola-­‐lavoro sia quello di stilare e applicare uno Statuto degli studenti e delle studentesse in stage6. In questo modo il valore formativo degli stages verrebbe valorizzato e garantito attraverso norme più stringenti che proteggano gli studenti e le studentesse, rendendo obbligatorio un rimborso spese adeguato, valorizzando la figura dei tutor (sia quello aziendale sia quello della scuola o dell'università) e i processi di valutazione. L'importanza – purtroppo solo potenziale – degli strumenti di alternanza studio-­‐lavoro viene riconosciuta dal fatto che solo una percentuale molto bassa di studenti è d'accordo con la loro abolizione (4,65%).

DOMANDA N.5

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Per approfondire: www.unionedeglistudenti.net/sito/index.php?adclick=13


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DOMANDA N.6 L'Italia è agli ultimi posti in Europa come numero di laureati. Il blocco delle assunzioni dei docenti universitari unito alla mancanza di fondi ha provocato il diffondersi di corsi di laurea a numero chiuso, visto come garanzia del mantenimento della qualità del corso di laurea, provocando però carenza di determinate figure professionali. Secondo te l'Università dovrebbe essere:

DOMANDA N.6 Voti validi % 1) totalmente a numero chiuso in modo da garantire la qualità dei corsi di laurea e da garantire una maggiore possibilità per i laureati di trovare lavoro 10.676 12,44 2) totalmente aperta, perché deve essere garantito a tutti il diritto di essere valutati in itinere e non sulla base di test arbitrari che non permettono di entrare all'università e confrontarsi con i percorsi di studio 48.940 57,02 3) a numero chiuso solo nei corsi per cui è stabilito da direttive europee (Medicina, Architettura, Odondoiatria) e a ingresso libero per quanto riguarda gli altri corsi 26.208 30,54 TOTALE VOTI VALIDI 85.824 100 Il sesto quesito sottolinea come oltre la metà degli studenti votanti rifiutino qualsiasi tipo di barriera all'accesso della formazione universitaria ritenendo questo strumento da una parte ingiusto, poiché limitativo delle aspirazioni, e dall'altra inidoneo per un miglioramento della qualità della didattica, evidenziando una propensione per forme di selezione attuate durante il percorso di studi. Una parte piuttosto esigua (12,44%) propende per una restrizione élitaria dell'accesso agli studi universitari, mentre quasi 1/3 dei votanti (30,54%) ritiene che i numeri chiusi non previsti specificatamente da normative europee siano da eliminare liberando i corsi di laurea relativi alle restanti aree scientifiche da qualsiasi strumento di selezione. In conclusione una nettissima maggioranza dei votanti (87,56%) rifiuta categoricamente la continua espansione dell'attuale sistema di test a numero chiuso e/o programmato. Quel numero così alto di studenti pretende un'inversione di tendenza sulle politiche di accesso all'università, ritiene ingiusto precludere l'inizio un percorso di studio senza la possibilità di mettersi prima alla prova mediante strumenti


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differenti dai test a risposta multipla, adeguandoli alle metodologie selettive più diffuse nel resto d'Europa e individua come un serio problema la continua diminuzione del numero di laureati nel nostro paese.


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DOMANDA N.7 Tramite l’INVALSI (scuole) e il recente decreto AVA (università) sono stati introdotti strumenti di valutazione del sistema di formazione pubblica. Gli obiettivi sono: rilevare dati statistici utili a conoscere e migliorare la qualità del sistema stesso, indirizzare le politiche, i finanziamenti pubblici in materia e l’offerta didattica. Secondo te

DOMANDA N.7 Voti validi % 1) Bisognerebbe contrastare il modello INVALSI-­‐AVA perché confusionario, teso a costruire una formazione di pochi e nozionistica e impone nuovi tagli all'offerta formativa delle università 22.916 26,94 2) Bisognerebbe sostenere il modello INVALSI-­‐AVA che è oggettivo, trasparente, teso a orientare la didattica in funzione del mondo del lavoro, a valorizzare i casi di eccellenza e ad eliminare gli sprechi inutili 13.869 16,3 3) Bisognerebbe creare un nuovo modello di valutazione più democratico, prevedendo il coinvolgimento degli organi decisionali di scuola e università nella scelta dei criteri e dei metodi di valutazione. La valutazione non deve essere un modello per escludere ma un metodo per migliorare la qualità della formazione 40.570 47,69 4) Bisognerebbe rendere il modello INVALSI-­‐AVA maggiormente selettivo, ad esempio legando i risultati della valutazione al proseguimento degli studi e ad una contribuzione studentesca proporzionata alle capacità degli studenti per l'università e al finanziamento dei singoli istituti per la scuola 7.710 9,06 TOTALE VOTI VALIDI 85.065 100 Le risposte si presentano in maniera abbastanza variegata in considerazione della scarsa conoscenza degli strumenti di valutazione, in particolare del Decreto ministeriale n. 47 (c.d. AVA) di recentissima emanazione. Nonostante questa difficoltà, il 74,63% dei votanti ritiene che INVALSI ed AVA e più in generale il sistema di valutazione di scuola ed università vadano profondamente rivisitati.


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All'interno di questa percentuale la quasi maggioranza (47,69%) ritiene che tali strumenti non siano democratici ancorché efficaci e auspicano la costruzione di sistemi di valutazione condivisi e strutturati anche sulla base delle indicazioni fornite dalle rappresentanze studentesche di scuole ed università. La restante parte sottolinea le gravi lacune alla base dei test INVALSI e delle procedure di valutazione ed autovalutazione dei corsi di laurea segnalando che i suddetti parametri non debbano essere utilizzati in forma punitiva col il fine di tagliare finanziamenti o razionalizzare l'offerta formativa. Poco più di un quarto dei votanti (26,94%) non disprezzano i test INVALSI e il DM 47, apprezzandone alcune caratteristiche (trasparenza e funzionalità), facendo emergere un indirizzo tendente alla valorizzazione delle eccellenze assai vicino ad alcune teorie autodefinitesi meritocratiche. Esempio lampante sta in quell'9,06% dei votanti che legherebbe in maniera direttamente proporzionale il livello di apprendimento di ogni studente con l'aumento della contribuzione studentesca (per l'università) e quello del finanziamento di ogni scuola.


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DIRITTI AL FUTURO – PRESENTAZIONE DATI CONSULTAZIONE STUDENTESCA NAZIONALE

CONCLUSIONI

La consultazione ha messo a nudo lo spaccato drammatico della situazione nelle scuole e nelle università italiane. Le rivendicazioni che hanno attraversato le piazze in questi anni, non sono rimaste isolate a pochi, come molti politici in questi anni hanno detto delle mobilitazioni studentesche. Abbiamo raccolto un collage diffuso delle idee degli studenti nel nostro Paese. E’ stata una lezione di democrazia alla politica e al prossimo Governo. Ancora una volta, alla retorica sulla partecipazione e la democrazia, abbiamo risposto con una pratica reale che interroga non solo la nostra generazione, ma anche una classe dirigente che in questi anni ha calpestato i diritti all’istruzione, che li ha considerati una spesa anziché un investimento. Esce da questa consultazione un dato importante per il prossimo Autunno: o il governo investirà concretamente in istruzione, aprirà una nuova stagione di discussione e partecipazione sul ruolo ed il senso delle scuole e delle università, oppure gli studenti torneranno ad invadere le piazze. Gli studenti in questi anni hanno rotto più volte il muro del consenso dei governi; l’hanno fatto con Berlusconi nel 2008, a seguito di elezioni del 2008 in cui raccolse un enorme consenso, e l’hanno fatto quest’anno con il Governo Monti, azzerando la credibilità di Ministri e tecnici. Questa distanza tra politica e società è una responsabilità di questa classe politica, incapace di fare singoli e semplici passi di controtendenza, di ascoltare e rappresentare la domanda di cambiamento che viene dalla società, in particolare da scuole e università. Noi invece, che da anni attraversiamo movimenti, che occupiamo le scuole, che scendiamo in strada, abbiamo rischiato la credibilità della nostra rappresentanza; abbiamo messo in discussione le nostre idee e rivendicazioni, costruendo una consultazione ampia, con risposte plurali. Ci siamo messi in gioco. Abbiamo avuto il coraggio di rischiare, di poter essere smentiti, e invece, segno di quanto abbiamo permeato scuole e università con le battaglie di questi anni, usciamo rafforzati nelle rivendicazioni di questi mesi e dei prossimi anni. Le battaglie contro il numero chiuso, per l’accesso al sapere, per il diritto allo studio e il reddito di formazione saranno nell’agenda delle nostre mobilitazioni. Il Referendum ha dimostrato quanto lavoro e saperi siano oggi sempre più legati, quanto diritti nelle scuole e precarietà nel mondo del lavoro siano due facce della stessa medaglia. Non tralasceremo, quindi, le battaglie generali. La battaglia per la


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liberazione dei saperi non si può fare senza una battaglia contro la precarietà e viceversa. Quella percentuale così alta di studenti che ha paura della precarietà lavorativa, chiede risposte forti e immediate. Cambiare la scuola e l’università dove studiamo è importante allo stesso modo di costruire l’idea di una società diversa; per questo daremo continuità alle battaglie di questi anni: contro la precarietà, per i diritti, contro la privatizzazione di scuole e università, per cambiare davvero i nostri luoghi di formazione. Gli studenti si sentono già precari del futuro, ma anche del presente. L’ansia di futuro, deriva dall’assenza di diritto allo studio, dall’assenza di garanzia a partire dal percorso formativo, che si estende quindi, inevitabilmente, al lavoro che non c’è o è precario. Le barriere all’accesso all’istruzione, dal numero chiuso all’assenza di diritto allo studio, oggi sono un ostacolo ai desideri e alle aspirazioni delle studentesse e degli studenti. C’è una biforcazione di fondo, tra chi può permettersi di studiare e affrontare percorsi di eccellenza, e chi oggi nelle scuole e nelle università, quasi il 20%, abbandona il percorso formativo, senza qualifica, per ragioni legate all’impossibilità economica e sociale di continuare gli studi. Questo disegno diseguale della società, gli studenti italiani lo leggono in maniera lampante e questo fa sperare per i prossimi mesi e i prossimi anni. Per quanto, infatti, le politiche di distruzione dell’istruzione pubblica e della coscienza critica siano state fortissime in questi anni, gli studenti non hanno perso consapevolezza e coscienza dei problemi reali; segno che le mobilitazioni di questi anni hanno formato in qualche modo una coscienza critica. In conclusione, i dati di questo referendum sono straordinari dal punto di vista della quantità e della qualità delle risposte date dalle studentesse e dagli studenti. La politica sarà capace di tenere conto, di considerare le istanze di cambiamento che oltre ad essere portate nelle piazze, ora stanno ancora per iscritto nelle scuole e nelle università? Non attenderemo risposta, proveremo sin da subito a determinare cambiamento reale, con gli strumenti del conflitto, della rappresentanza e della democrazia, a cominciare dalle nostre scuole e facoltà.


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Progetto realizzato dalla Rete della Conoscenza, l’Unione degli Studenti nelle scuole secondarie superiori e Link – Coordinamento Universitario negli Atenei con il sostegno dell’Agenzia Nazionale dei Giovani nel quadro del Programma Youth in Action promosso dalla Commissione Europea


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