IC «D. Furlan» Spinea (VE) Scuola dell’Infanzia Andersen
I RACCONTI DEI NONNI TESTIMONIANZE STORICHE PER I BAMBINI a cura di Anna Aiolfi
Avviare la “ formazione storica “ del bambino nella scuola dell’infanzia Il progetto “ Spinea nei ricordi dei nonni” si intreccia per obiettivi e contenuti al progetto Cittadinanza e Costituzione del Circolo e al progetto pluriennale della scuola di Intercultura. La figura del nonno si rivaluta agli occhi dei bambini: Il nonno come testimone di una vita passata, radice della nostra, custode di tradizioni e di ricordi che sono fondamentali per la formazione dell’identità personale dei bambini. Il nonno che ci fa sentire “parte” di un progetto di vita (la famiglia) a sua volta inserita nella storia del territorio locale.
Promuovere la formazione dell’identità personale attraverso la valorizzazione della figura del nonno Sviluppare un senso di appartenenza al territorio attraverso l’ascolto dei racconti dei nonni
Fare confronti, cercare differenze e analogie, tra il proprio tempo e quello del nonno Riconoscere nella foto dei nonni gli indizi di un tempo diverso dal nostro Avviare la conoscenza del territorio nelle sue caratteristiche geografiche e storiche
LA NONNA CELLA
La nonna Cella è nata nel 1939
Il mio vero nome è Isabella, fin da piccola tutti mi chiamavano Cella, oggi io sono venuta perché vi voglio raccontare che anche io una volta era una bambina..
16 marzo 2010 Avevo 5 anni un pochino di più di voi e stavo sempre con la mia mamma dentro all’ osteria dove lei lavorava si chiama “alla Speranza” era un posto doveva venivano i signori a mangiare o a bere il vino …io avevo dovevo aiutare la mia mamma e siccome non ero ancora capace di cucinare allora il mio lavoro era quello di lavare i piatti.. e tanti piatti.. perché i signori erano tanti e allora io avevo sempre tanti piatti.. ero cosi piccolina che per arrivare al tavolo dove c’era la bacinella dovevo salire sopra uno sgabello…nella casa una volta non c’erano i rubinetti dove usciva l’ acqua.. bisognava prende un grossi secchio e andare fuori dove c’era un pozzo, io ne avevo uno vicino alla mia trattoria che ora se andate a vedere è una fontana.. ecco da li prendevo l’ acqua e la portavo dentro e l’ acqua era fredda.. fredda, fredda e io dello volte piangevo perché le mie manine avevano freddo ma dovevo lavare i piatti…invece le posate che erano di rame bisognava pulirle con la sabbia o la farina di polenta si strofinava e venivano lucide.. Quando mi dovevo lavare allora la mamma mi scaldava sul fuoco un po' di acqua e allora io ero molto contenta… Con l’ acqua fredda dovevo lavare alla mattina presto il pesce e delle volte mi pungevo perché il pesce dentro aveva delle lische.. io da piccola ho sempre lavorato tanto tanto… e anche la trippa dovevo lavare perché poi la mamma la cucinava e la vendeva ai signori insieme al vino… questo era il nostro lavoro…
Appena potevo andavo a giocare dietro casa con i miei amici.. avevo un bellissimo gioco che era il mio gioco grande… quello di saltare il fosso pieno d’acqua che avevo dietro casa.. vinceva chi saltava meglio.. ma era un problema quando sbagliavo il salto e cadevo nell’acqua allora mi bagnavo i piedi e non dicevo niente alla mamma perché sapevo che lei mi sgridava.. le scarpe erano importanti e non bisognava rovinarle…
Delle volte mi nascondevo perché mi prendevo una caramella di quelle che la mamma vendeva e di nascosto la mangiavo perché avevo fame e poi ero golosa e se la mia mamma mi scopriva mi sgridava e mi diceva.. “ tu mi mangi il guadagno”… solo a Natale avevo i regali perché i bambini allora non avevano tanti giochi…
Alla sera aiutavo la mamma a fare il bucato ,ma senza acqua perché era troppo preziosa, si usava la cenere quella che toglievamo dal camino la facevamo fina con le mani e poi dentro si mettevano le tovaglie per un po' e poi si strofinava con le mani, e guardate che anche senza acqua venivano pulitissime…ma poi dovevo anche andare a mettere a posto i campi da bocce e borella.. I signori erano tanti e si fermavano tutti i giorni.. venivano con le bici o a piedi le macchine erano molto poche uno o due al giorno e la strada era molto polverosa, piena di buche e sassi… quando tornavo ero sempre piena di polvere…c’era il tram che passa e la gente saliva sopra se doveva fare un viaggio lungo
Fate i bravi… e non chiedete mai niente… dite sempre per piacere
“E l’osto che faceva affari era, almeno dalle nostre parti, quello che aveva un buon campo di borella”
…dovevo anche andare a mettere a posto i campi da bocce e borella.. Dietro alla trattoria avevamo 5 campi di terriccio , tre erano per il gioco della borella e due per quello delle bocce, io dovevo mettere in ordine i birilli di legno e recuperare le balle per darle ai signori, insieme a me c’erano degli altri bambini che lo facevano proprio come lavoro e la mia mamma alla sera gli dava 5 lire a me niente perché mia mamma mi diceva che era il mio lavoro e se volevo mangiare dovevo lavorare… La borella era un gioco che adesso non si fa più si prendevano dei birilli di legno molto pesanti e si mettevano in fila e poi da distante bisognava farli cadere tutti con una palla di legno che era pesantissima.. io facevo fatica a raccoglierla e la spingevo con le mani…. I signori giocavo a questo gioco solo i maschi e poi si fermavano a parlare e a bere, io avevo tanto sonno ma dovevo aspettare che tutti fossero andati via perché dovevo spegnere le luci…
Le regole del gioco
Aurelio Borsato si prepara a colpire i sòni.
«Certo, una volta era più diffusa, si giocava di più. D’altra parte nei paesi non c’erano che le osterie e dato che la macchina per andar in altre parti non c’era, nelle osterie ci si ritrovava». Raconta Aurelio Borsato «E l’osto che faceva affari era, almeno dalle nostre parti, quello che aveva un buon campo di borella… è sempre stato diffuso perché è un gioco semplice basta essere in due amici e aver voglia di passare un’oretta» «Ci sono tre grossi birilli chiamati sòni in dialetto, alti una sessantina di centimetri, che devono essere abbattuti con una grossa palla di legno (che può pesare da cinque etti fino a un chilo e più, a seconda della forza e dell’abilità del concorrente) Chi abbatte tutti e tre i sòni con una sola palla fa “San Martin”. Si tratta di un’espressione tipica dei contadini per indicare che tutto è stato rovinato, buttato per terra, distrutto, dopo una grandinata: xe sta un San Martin. Chi invece abbatte due sòni fa gambarèl che sta ad indicare come un sòn faccia sgambetto (sgamberèa)ad un altro. La distanza di lancio è di circa trenta metri».
..dietro al ristorante la nonna ci ha detto che c’erano i campi del gioco con la palla pesante, era pesantissima che lei faceva fatica a prenderla e i signori invece erano forti la prendevano e la lanciavano contro i birilli che erano di legno ..e vinceva chi li buttava giÚ‌ giocavano solo gli uomini, e lei doveva mettere apposto i birilli.. e lo faceva alla sera ma lei non giocava‌.
AL POZZO A PRENDERE L’ ACQUA …la nonna ha raccontato che andava a prendere l’ acqua al pozzo perché non aveva i rubinetti a casa… andava tante volte perché l’ acqua serviva per lavare tanti tanti piatti quelli che i signori sporcavano al ristorate.. l’acqua era sempre fredda e a lei le mani facevano male…
LAVARE TANTI PIATTI INS: perché la bambina lavava tanti piatti? …perché la mamma voleva che lei li lavava, perché lei aveva un ristorante e allora Bisognava avere i piatti puliti,…non c’era la lavastoviglie… ..i bambini non possono lavare i piatti perché sono piccoli…..la nonna ha detto che lei da piccola faceva tante cose di lavoro.. proprio lavoro come i grandi .. Perché lo doveva fare era il suo lavoro..
IL SALTO DEL FOSSO Ins: che cos’è un fosso …è dove c’è l’acqua.. ,,è un fiumino piccolo come un buco e dentro c’è un d’acqua.. A casa della mia nonna dietro c’è il fosso ma i bambini non devono andare a giocare perché l’ acqua è sporca…
COSTRUIAMO UN FOSSO E GIOCHIAMO A SALTARLO
..la nonna ha detto che quando era piccola lei andava a saltare il fosso e i suoi amici cadevano dentro e allora ridevano tutti ..perché era divertente…si bagnavano le scarpe.. ..anche noi abbiamo saltato il fosso e poi ridevamo.. Però l’ acqua era finta…
VISITA AD UN FOSSO VICINO A SCUOLA
NONNA CELLA QUANDO LAVORAVA NELLA LOCANDA ALLA SPERANZA
..ho disegnato la nonna cella quando era giovane, prima di diventare vecchia e lei stava sempre a lavorare nel bar e faceva il caffè e dava da bere i bicchieri di vino ai signori ..nella foto si vede che era giovane e si vedono anche tutte le bottiglie con il vino del bar e sul tavolo ci sono anche i bicchieri.. Vicino c’è la sua mamma che gli diceva di lavorare‌
24 MARZO 2010
LA NONNA LAURA
La nonna Laura è nata il 1943 Quando ero piccola non c’erano tante macchine, ce n’erano poche…c’era un signore che aveva la macchina, il taxi, e chi aveva bisogno lo chiamava. Tutti avevano la bicicletta. Io non avevo la bici piccola come voi, ma avevo la bici grande di mia mamma. C’erano solo le bici grandi per i grandi. E per imparare non sapete quante volte sono caduta. Le strade erano piene di sassi e terra , avevo sempre le ginocchia rotte, perché per imparare ad andare in bici cadevo sui sassi. E poi al posto delle macchine c’erano le carrozze con i cavalli. I cavalli delle carrozze si fermavano e facevano passare le bici. Le case erano tutte da una parte e dall’altra della strada e poi c’erano i fossi che non ci sono più.
A casa mia c’era la stufa con la legna non c’erano i termosifoni. C’era la stufa in cucina che serviva per far da mangiare e per asciugare i panni bagnati. I panni bagnati li mettevamo sulle sedie vicino alla stufa per asciugarli. Tutto con la stufa ci faceva anche il bagno. Non avevamo i rubinetti con l’acqua calda: mia mamma scaldava l’acqua calda sulla stufa in una pentola e poi la metteva in una “ mastella” grande e così ci facevamo il bagno uno alla vota. E poi mentre uno di faceva il bagno nella mastella, la mia mamma scaldava l’altra acqua sulla stufa per fare il bagno ad altro… nel secchio si lavavano i piatti era un lavandino di marmo grande.
A scuola andavamo tutti in compagnia a piedi, perché non c’erano le macchine. La mamma d’inverno ci vestiva belli pesanti e con la cartella si stoffa, che aveva cucito la mamma, andavamo a piedi. La mamma per merenda ci dava una mela che io mangiavo per strada prima di arrivare a scuola perché avevo fame. Non c’erano le merendine che avete voi oggi. La mia scuola era in piazza dei caduti adesso non c’è più. C’era un palazzo grande e lì abitava il segretario comunale e il medico condotto che aveva l’ambulatorio. C’era un giardinetto davanti alla scuola e dietro tutti campi… non c’erano tutte le case che ci sono adesso.
..è la nonna Laura con il fratellino che gioca sull’albero e salivano su, poi andavano a scuola a piedi .. solo due macchine c’erano per la strada non tante..
I con i miei fratelli e le mie cugini giocavo a salire sugli alberi che erano vicino ai fossi , quelli bassi. Ci arrampicavamo io e mia cugina e facevamo la casetta finta tra i rami. Ci portavamo sull’albero un pezzo di carta avanzata a casa e facevamo finta che era la nostra tovaglia e quando si rompeva un piatto o un bicchiere, noi ci portavamo sull’albero i pezzetti di piatti o bicchieri rotti e facevamo la nostra tavola. Poi giocavamo con le bamboline che mi costruiva mia mamma con un pezzo di stoffa e al posta delle braccia i rametti degli alberi. E mio fratello per farci i dispetti ci faceva cadere le bamboline nell’acqua del fosso… e riprenderle era un’avventura!!! D’inverno quando faceva tanto freddo l’acqua dei fossi si ghiacciava e noi con zoccoletti giocavamo a scivolare. Noi non avevamo le scarpe come le avete voi… avevamo i zoccoletti che erano delle scarpe di legno pesanti, erano fatte tutte di legno e mia mamma la mattina per scaldarle metteva dentro della brace della stufa e poi ci metteva delle calze grosse di lana fatte a mano per non farci sentire molto freddo. ma il caldo durava poco e noi avevamo sempre i geloni alle mani e ai piedi…
C’ERA…NON C’ERA Il tram, la carrozza, la strada di sassi, la fontana, i fossi, gli zoccoletti, la stufa a legna, la mastella
La bici per i bambini, le auto, il termosifone, il rubinetto la cartella di stoffa, la doccia
..la nonna Laura non ha le scarpe ma i zoccoletti di legno e le strade erano lunghe e piene di buchi e andava a scuola a piedi con i suoi compagni grandi..
..è la nonna Laura che quando era piccola andava in bici della mamma quella grande perché non c’erano le bici dei bambini.. Io ho la bici da bambino…
AI PIEDI GLI ZOCCOLETTI Seguendo le indicazioni della nonna cerchiamo in classe del materiale adatto per costruire gli zoccoletti ‌.devono essere fatti di legno.. ..devono essere aperti dietro‌ .
Proviamo a camminare sul fosso ghiacciato facendo finta di scivolare sul ghiacciato‌
--il bambino con ai piedi gli zoccoli perché non c’erano le scarpe. Gli zoccoli erano di legno e facevano rumore e poi faceva freddo e allora si mettevano le calze di lana Pesanti…
La nonna quando era piccola andava in bicicletta della sua mamma poi aveva gli zoccoli di legno e andava sul fosso ghiacciato e scivolava …
La scuola elementare della nonna Laura
1938 scuola elementare piazza Marconi
Osserviamo l’immagine della scuola … è una casa grande… con tante finestre… tutte lunghe… sopra e sotto… saranno due piani… ci sono due finestre ( fila) sopra e sotto…è come una casa grande… ci sono anche le scale per entrare e per andare su alle altre finestre.. ci saranno delle stanze… tante … non è come la nostra scuola… noi non abbiamo le scale e le finestre così… e poi c’è il giardino… non è come il nostro… noi abbiamo tanti alberi… e i giochi… qui non ci sono giochi… solo erba… e sassi… e ci sono i bambini che stanno giocando … e c’è la strada grande di terra e sassi subito vicino al giardino… era la scuola vecchia della nonna…adesso non c’è più… perché la foto è in bianco e nero è di tanto tempo fa!!!
..ho disegnato la scuola grande dove andava la nonna Laura con tutte le finestre.. E davanti ci sono i bambini che vanno da soli a scuola quelli grandi danno la mano a quelli piccoli.. E poi ai piedi hanno gli zoccoletti con le calze di lana‌ .. Ho fatto la strada piena di sassi e di buche..
LA STRADA DELLA NONNA LAURA
.ecco ci sono i binari… che vanno dritti per fare andare il tram…e poi si vede che la strada ha i sassi e la terra come diceva la nonna.. Io vedo anche il fosso con dentro l’ acqua quella che se cadi dentro ti bagna.. E poi quando viene freddo la nonna va giocare perché fa le slittate con gli zoccoletti…
LA BAMBOLA CON I RAMETTI
Seguiamo con attenzione la costruzione di una semplice bambola Il cui corpo è fatto di legnetti legati tra loro e poi rivestiti di stoffa, nastri e lana.
Ogni bambino realizza la sua bambola incrociando due rametti e ricoprendoli con della stoffa.
IL BAGNO NELLA MASTELLA
…la nonna ha detto che la sua mamma riempiva la mastella grande con l’acqua calda che aveva messo sul fuoco e rovesciava tante pentole e poi dentro metteva la bambina lei stava li un po' e poi dopo dentro andavano i suoi fratelli e la sua mamma metteva ancora acqua calda.. Io mi faccio la doccia e anche il bagno con l’acqua calda della vasca…viene giù calda dal rubinetto rosso…
..abbiamo fatto finta di fare il bagno nella mastella ‌io ho messo il sapone bianco e poi ho lavato bene la Giorgia.. ..io a casa mi faccio il bagno quello vero con tanta acqua e con la schiuma e poi anche gioco fino a quando la mamma mi dice di uscire fuori ‌la mia acqua viene dai rubinetti e poi va via dentro al buco‌
FARE IL BUCATO come raccontato dalla nonna
..bisogna andare a prendere la legna per fare il fuoco caldo e poi fare calda l’ acqua ..perché c’era solo l’acqua fredda… ..bisogna andare a prendere l’acqua con il secchio al pozzo..
..l’acqua calda si mette dentro la mastella e poi con il sapone si lavano le cose sporche‌ ..la nonna Cella ha detto che lei usava la cenere fina fina che faceva lei fina e poi schiacciava forte forte sopra lo sporco e le tovaglie diventavano pulite‌
RAPPRESENTIAMO COME SI FACEVA IL BUCATO NELLA MASTELLA
LA NONNA LAURA CI PRESENTA LA SUA FAMIGLIA
I BAMBINI COMMENTANO …è una foto molto vecchia.. ..non ci sono i colori perché è vecchia.. .la nonna qui è tanto piccolina … ..forse non cammina e la sua mamma la tiene in braccio perché se no cade.. ..c’è anche il suo fratello che è grande .. ..lui sta sopra una sedia .. È la sua famiglia con la nonna quando era piccola.. ..in testa ha la cuffietta forse fa freddo.. ..io vedo il bavaglino.. ..anche io ho la foro con la mia mamma che mi tiene in braccio..
..qui la nonna Laura da piccola è quella che sta in piedi sulla statua.. ..è un po’ più grande e allora pesa e la mamma gli dice che può stare giù ..da sola perché pesa… ..c’è la mamma e il papà e anche il fratello che ha il grembiulino.. ..sul tavolo di casa mia io ho la foto della mia famiglia che stiamo al mare…
Nonna Maria-…quando ero piccola io, le strade erano fatte di sassi e polvere e terra. C’era tanto fango e la mattina per andare a scuola io dovevo fare un pezzo di strada nel fango e poi si andava sulla strada fatta di polvere. La mamma ci metteva gli zoccoli di legno pesante per passare nel fango e quando finiva la strada di fango ci toglievamo gli zoccoli, li pulivamo e li nascondevamo vicino al fosso sotto le foglie. Qualche volta qualche bambino ci faceva uno scherzo e ce li spostava. Nonno Eugenio: la scuola elementare era vicino al cinema bersaglieri, si entrava dentro a quella strada e c’era la scuola Pasqualetto dove si faceva solo la 1 e la 2 elementare; la terza elementare si faceva vicino alla chiesa e poi la 4 e 5 si facevano al Municipio, A scuola si andava a piedi in compagnia con altri bambini, non c’erano le macchine e neanche le bici. Solo a piedi. Dopo hanno iniziato a camminare anche le bici, solo quelle grandi però no quelle piccole per bambini.
Racconto dei nonni Maria ed Eugenio del 27 aprile 2010
Nonna Maria- ... quando ero piccola. io giocavo con i sassi e chi stava un po’ meglio con le biglie di vetro, quelle preziose. Le palline le facevamo con la terra e con la creta . dovevi scavare una buca grande, anche per 2 metri sotto terra per trovare la creta e poi si facevano delle palline e le dovevi lanciare in una buca più grande e chi ci riusciva vinceva. Era una specie di gioco delle bocce. C’era anche il gioco del campanon, però con un sasso piatto. Dovevi camminare con il sasso e si saltava con il sasso che ti dovevi portare avanti. Io avevo una bambolina di cellulosa, di plastica dura e facevo io i vestiti alla bambolina con la lana e i ferri. Un giorno per strada ho trovato un fazzoletto, l’ho portato a casa e l’ho tagliato e ho fatto una gonna per la bambolina.
Poi io da piccola con una mia amica facevo le gare a chi riusciva a fare con i ferri per prima i calzini, andavo tutti i giorni dalla mia amica Cesarina che era più brava di me e le dicevo che volevo imparare. Un giorno mi sono messa li e le ho detto che se non mi insegnava le toglievo il ferro da sotto il braccio e lei mi preso per il codino e mi ha detto:” aspetta mettiti li che ti faccio vedere” e io ho imparato.
La cosa più importante era tenere sotto il braccio fermi i due ferri Poi bisogna ricordarsi come far girare il filo davanti, dietro davanti …e poi si fa sempre la stessa cosa…io faccio ancora la maglia a Franceso e a Camilla..
Nonno Eugenio: noi facevamo anche altri giochi, con la ruota della bici vecchie senza i raggi facevamo un cerchio e con un bastone lo dovevi far rotolare. C’era anche il gioco dei fossi. Andavamo a saltare sui fossi con l’acqua con un bastone. Una volta ho infilato male il bastone e sono caduto nell’acqua e mi sono tutto bagnato. D’inverno quando l’acqua del fosso ghiacciava andavamo a pattinare sul ghiaccio. E anche sui fossi se c’erano dei punto in cui il ghiaccio si rompeva cadevi nell’acqua ghiacciata. Poi c’era il gioco “massa e pito” con i legnetti. Si mettevano dei legnetti per terra e con un latro legnetto dovevi battere sugli altri e farli saltare. C’erano anche il gioco delle” sconte” del nascondino della fionda.
IL GIOCO DELLA RUOTA DELLA BICI
Nonna Maria: la sera si preparava la polenta perché mangiavamo solo quello. Io dovevo andare a cercare la legna al mattino e la sera per poter accendere il fuoco. Noi avevamo il caminetto e dovevo andare a prendere la legna per accenderlo. Poi si metteva l’acqua a bollire e poi si metteva la farina. Io l prima volta che ho fatto la polenta da sola avevo 9 anni e mia mamma non c’era . ho chiesto alla mia vicina quanto sale dovevo mettere e lei mi ha detto un pugno. Ma io ero bambina e avevo il pugno piccolo così ho esso un pugno ma era troppo poco e la polenta è venuta senza sale. Quando poi l’ho rovesciata sul tagliere io ero piccola e un po’ mi è caduta sul tagliere un po’ fuori. Ho preso una paletta e l’ho raccolta. E l’ho lasciata raffreddare. Si faceva la misura per un solo giorno e ogni giorno si cucinava la polenta per tutta la famiglia e io andavo a prendere la legna per il fuoco. Ho fatto solo fino alla terza elementare e poi sono andata a lavorare, a fare la sarta. Non avevamo molti soldi e la nostra casa era fredda perché aveva il tetto di travi e l’inverno la neve cadeva dentro casa. Non avevo i soldi per fare le foto per questo non ne ho neanche quelle di classe. Nonno Eugenio: io ho fatto tutte le scuole elementari e poi sono andato a lavorare in un’officina ad aggiustare le bici. Ho cambiato sempre qualche anno da una parte e qualche anno da un’altra parte. Ho lavorato in officina e poi ho lavorato a Venezia. La nostra vita è stata molto dura e lo dico sempre ai miei nipoti perché apprezzino quello che hanno.
IL GIOCO CON I LEGNETTI
… la nonna di Francesco ci ha detto che anche lei andava a piedi a scuola… con tutti gli amici… e non c’erano le macchine… solo le bici grandi dei grandi… non quelle dei bambini… il nonno ci ha fatto vedere come giocava con i legnetti ..uno batteva e faceva saltare per aria quello sotto e poi lo tirava..
IL GIOCO CON LE RUOTE VECCHIE DELLA BICI
Utilizziamo i cerchi di scuola per provare a lanciarli con le mani come aveva spigato nonno Eugenio
Nel racconto dei nonni i bambini trovano conferma di alcune cose dette dalla nonna Cella e Laura: • le strade polverose • il fosso come luogo di gioco • l’uso dei zoccoletti • i giochi di una volta • la mancanza di acqua calda • la presenza di stufe a legna
la responsabilità e il lavoro per la famiglia
..Io lavoravo alla Fornace Cavasin dove si facevano i mattoni. ..Tanti mattoni come questi che vi ho portato…che sono proprio quelli che facevo io.. I mattoni si facevano dalla terra che era creta impastata con l’acqua. C’era una gru che prendeva la terra che c’era li vicino alla fornace e la rompeva e muoveva e poi la caricava su un camion e poi la portava li vicino. Tutta la terra si metteva insieme e si faceva una montagna e là rimaneva un anno ad essiccare. Poi c’era un’ macchina che serviva per spaccare la terra che poi veniva fatta più molla. Si rompevano i pezzi grossi fino a farla fina e si mescolava con l’ acqua del canale, per farla morbida e poi si impastava con i badili cosi si mescolava bene….
NONNO FERRUCCIO RACCONTA
La cava dove si andava a prendere la terra era un grosso campo: il primo strato di terra con l’erba veniva buttato via e si andava più in profondità per trovare la creta giusta. C’era una gru con tutte le pale che scavavano il terreno e prendevano la terra che veniva poi messa in carrelli, come quelli del treno e trasportata. C’era un trattore che portava su un monte alto la terra che veniva rovesciata e lasciata a riposo un anno. C’erano poi altri carrelli agganciati con un filo che portavano la terra alle macchine. La terra veniva ripresa dopo un anno e portata in fornace.
È quello grigio che gratta
Quello con i buchi leggero
..ho disegnato nonno Ferruccio che ci dice come faceva i mattoni per fare le case…li faceva con la terra quella buona che si scavava nel buco della cava.. E poi si metteva anche l’ acqua cosi si ammolava…e poi i mattoni che sono diversi perché..
Questo è quello dei tetti cosi l’ acqua scivola
COSA C’ERA VICINO ..
Con la terra diventata buona da mattone si faceva una striscia lunga che si muoveva sopra un nastro.. poi c’erano delle macchine che tagliavano come un coltello questa striscia lunga e si facevano i mattoni tutti della stessa misura.. Erano le donne che poi prendevano questi mattoni e anche io a 17 anni prendevo i mattoni e 3 alla volta li mettevo su un carrello che poi spostava i mattoni ad asciugare. Si faceva come una treccia tre alla volta uno sopra all’altro. Con un po’ di spazio cosi si asciugavano con il caldo che faceva la fornace. Da giugno a settembre si asciugavano i mattoni più grossi, quelli che servivano per fare i muri portanti delle case. C’erano poi i mattoni con i buchi, più leggeri, che si chiamavano mattonelle o piastrelle che servivano per fare i pavimenti. Questi mattoni si facevano tutto l’anno.
COSA SI COSTRUIVA ….
Per fare i muri MATTONI
per fare i pavimenti
PIASTRELLE
COPPI
per fare il tetto
C’era il forno che serviva per asciugare quelli pieni. C’erano delle tavole di legno sotto il tetto dove si mettevano i mattoni, i coppi, quelli che servivano per i tetti e con il calore si asciugavano. Quelli grossi servivano per i muri delle case; quelli bucati per i pavimenti e i coppi per il tetto perché servivano a far cadere l’acqua dai tetti ( le tegole)
.
La fornace si chiama così perché aveva un grosso forno con carbone. La ciminiera era alta e serviva per portare su il calore per asciugare i mattoni. Il carbone veniva portato dentro a delle carriole e poi c’era il fuochista che con una pala buttava il carbone nel forno. Il carbone veniva portato dalla stazione di Maerne. Il forno doveva rimanere acceso tutto il giorno sempre di notte e di giorno. Era una catena. C’erano due fuochisti che facevano il turno di giorno e di notte. Buttavano dentro il carbone con una pala. Erano tutti arrostiti in faccia perché erano sempre vicini al fuoco. Chi lavorava vicino al fuoco poi beveva sempre C’era la Lola una signora che con la bici andava alla fontana di via Asseggiano riempiva e secchi di acqua che serviva per far bere i fuochisti.
C’erano anche donne che lavoravano nella fornace, davano la forma alle coppe. C’era anche un grande ascensore che serviva per trasportare i mattoni, i coppi, sopra all’altro piano per farli asciugare. Nella fornace lavoravano circa 50 persone. Gli uomini erano belli grossi e robusti e molto alti. Una volta pronti i mattoni poi c’era la zona dove andavano a sfornaciare, una volta cotti li mettevano fuori e potevano rimanere tutto il tempo che si voleva, perché ormai erano pronti. I mattoni pronti venivano messi uno sopra l’altro a formare dei muri e poi c’erano dei camion che li portavano via. Erano mattoni buoni che arrivavano nelle zone vicine, anche in Slovenia, dove i muratori ci dicevano che i coppi erano di ottima qualità. Il coppo non stava da solo si metteva prima uno strato di mattonelle e poi il coppo sopra. Una volta cucinati i mattoni non si rompevano più. C’era un operaio che toccava i mattoni e sapeva quando erano giusti, cioè toccandoli sapeva se erano giuste le proporzioni di acqua e creta e decideva se ci voleva altra acqua o creta. Vicino alla fornace c’era anche una mensa per gli operai che venivano da lontano. Si mangiava pasta asciutta e patate niente carne. Io che abitavo vicino alla fornace tornavo a casa con la bici e andavo a pranzare a casa.
La fornace è nata nell’800. all’inizio i mattoni si facevano con uno stampo tutti a mano. Poi ci sono state le macchine. Io ho lavorato 4 anni nel 1934 e poi ho lasciato perché si faceva troppa fatica. A 50 anni le persone erano distrutte da questo lavoro. Erano finiti per lo sforzo. La cava Cavasin era di due fratelli: uno qui a Spinea e uno a Noale. A Spinea dava lavoro a tante persone. La divisa era una canottiera di lana per asciugare bene il sudore e dei pantaloncini corti. Le persone erano tutte rosse per il caldo e il fuoco perché stavano sempre vicino al camino. A ovest della struttura veniva messa tutto il materiale pronto per essere spedito. Ad est c’era l’entrata della lavorazione con tutte le macchine. Fuori davanti c’era il carbone che veniva portato dentro sulle carriole.
UN DISEGNO PER SPIEGARE MEGLIO LA PRODUZIONE ..immaginate che questa sia la fornace con tutte le bocche da dove usciva il calore che cucinava i mattoni che stavano tutti dritti accatastati
Quando erano cotti e si sentiva perchĂŠ si toccavano allora si mettevano sopra dei carrelli che stavano sopra i binari che giravano attorno e andavano fuori fino ad un altro posto ..i depositi ..
..I bambini stanno ascoltando nonno Ferruccio che dice come faceva i mattoni nella fornace, si facevano con la terra che si prendeva vicino nel buco e si metteva con l’acqua e si mescolava tutto come una pappetta e poi si faceva il mattone che cucinava nel forno.. ..C’erano 3 tipi di mattoni quelli tutti grigetti per fare i muri grossi e pesanti poi c’era quello piatto per fare il pavimento come la piastrella poi c’era il coppo un po' tondo e si metteva sopra il tetto cosi l’ acqua cadeva bene..
mattone piastrella coppo
Pesante e ruvido
Liscia e con i buchi
Tocchiamo il mattone, la piastrella, e il coppo cerchiamo le differenze ricordando quello che nonno Ferruccio ci ha raccontato: …il mattone si sente che gratta sotto le mani è fatto di sassolini e poi è grigio.. ..la piastrella è liscia e anche leggera perché dentro ci sono i buchi, il mattone è pesante.. perché deve fare il muro.. .. Il coppo è tondo perché cosi l’ acqua scivola giù dal tetto e poi si mette uno sopra l’ altro come ha detto il nonno…
‌La forma e la terra dentro è diversa perchÊ fanno cose diverse..
Tondo che fa scivolare
CERCHIAMO NONNO FERRUCCIO ….. OSSERVIAMO I VESTITI CERCHIAMO I PARTICOLARI
1943 ..sono vestiti da lavoro con gli stivali perché stanno dentro alla terra e al fango.. …il signore ha il sacco sulla spalla perché dentro ha le sue cose… …Loro arrivano al lavoro con le biciclette.. ..Hanno anche la giacca da lavoro che è un po’ sporca
LA CONCLUSIONE NELLE PAROLE DEI BAMBINI …i nonni sono venuti perché hanno tante cose da raccontare.. … loro quando erano bambini facevano delle cose diverse…non avevano le biciclette piccole e neanche i giochi nostri.. perché dovevano fare delle cose che gli dicevano le mamme.. ..i nonni ci hanno detto che a casa non avevano l’ acqua del rubinetto perché c’era solo l’ acqua alla fontana quella fuori casa.. Prendevano l’ acqua con il secchio e pesava tanto…e poi facevano il bagno nel catino.. L’ acqua era preziosa.. ..la nonna ha detto che lei da piccola doveva fare tante cose tipo lavare piatti e fare da mangiare e aveva poco tempo per giocare… ..è stato bello sentire le cose dei nonni .. Perché loro sono vecchi e sanno tante cose.. Io ascolto sempre il mio nonno…e gli voglio bene… …i nonni sono buoni con i bambini …e giocano tanto… … quando il nonno raccontava il gioco io volevo farlo perché era un bel gioco.. Però adesso non si può farlo…perché ci sono le macchine e le strade sono piene…i bambini non vanno in giro da soli …