IL LAVORO DI UNA VOLTA

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RETE DELLE GEO STORIE A SCALA LOCALE

Progetto di geostoria per i bambini di 4 anni

IL LAVORO DI UNA VOLTA Ascoltiamo le testimonianze dei nonni, cerchiamo tracce nel paesaggio, osserviamo gli attrezzi per immaginare il “lavoro” di una volta

Istituto Comprensivo Spinea 1 (VE) Scuola dell’Infanzia “Andersen” Ins. A. Aiolfi e M. Nalesso A.S. 2013- ‘14


IL LAVORO DI UNA VOLTA Ascoltiamo le testimonianze dei nonni, cerchiamo tracce nel paesaggio, osserviamo gli attrezzi per immaginare il “lavoro� di una volta

Gruppo anni 4 Ins: Aiolfi Anna, Nalesso Mariolina Documentazione a cura di Anna Aiolfi


COMPETENZA ATTESA Riconosce aspetti del tempo di un recente passato mettendolo a confronto con aspetti del presente, facendo proprie fonti orali e scritte. OBIETTIVI SPECIFICI Dimostrare curiosità verso i luoghi del territorio. Sentirsi emotivamente coinvolti nella conoscenza del territorio. Scoprire leggere e analizzare gli aspetti del territorio che si trovano vicini alla scuola. Collegare le informazioni ricevute da fonti orali e iconografiche con il luogo di oggi rilevando il cambiamento. Racconta ciò che vede e lo rappresenta. Immaginare il lavoro di una volta simulando azioni e gesti.


DAL PROGETTO ECONOMIA SVOLTO NEL PERIODO PRECEDENTE

COSA VUOL DIRE LAVORARE? DOVE ABBIAMO RIFLETTUTO SUL SIGNIFICATO DEL LAVORO IN RELAZIONE ALLA VITA SOCIALE ED ECONOMICA

AL PROGETTO DI GEO-STORIA

IL LAVORO DI UNA VOLTA Ascoltiamo le testimonianze dei nonni, cerchiamo tracce nel paesaggio, osserviamo gli attrezzi per immaginare il “lavoro” di una volta


Abbiamo parlato del fornaio‌

confrontiamo

Anonimo romano del XVIII museo del folclore Roma

Osserviamo il quadro e ricordando la visita fatta al fornaio ci accorgiamo che: -Al posto del forno elettrico il pane si cuoce nel forno a legna -Sono vestiti sempre di bianco (colore della farina) -Mettono i panini sopra dei vassoi e sulle ceste


Dalla tradizione … il gioco del prestinaio/ fornaio/ panettiere … I bambini formano un semicerchio dove a una delle estremità c’è il bambino più grande con il ruolo di “prestinaio”. Bambini gridano: “Prestinaio è cotto il pane” Prestinaio: … “No, è un po’ bruciato” Bambini: “Chi è stato?” Prestinaio: … “E’ stato Mario” (che è il penultimo giocatore della fila di fronte al Prestinaio che è il primo). Tutti, tenendosi per mano seguono il Prestinaio che s’infila sotto il braccio sinistro del povero Mario, il penultimo della fila di fronte al Prestinaio che è il primo). In questo modo Mario rimane incatenato mentre tutti i bambini cantano: “Il povero Mario è legato alle catene e alle sovra pene è costretto a lavorar. Oilì, Oilà, prendi la scopa e falla ballar. Quando tutti i bambini saranno incatenati, alla domanda “Chi è stato?” il Prestinaio dovrà rispondere: “Forse sono stato io” e tutti si liberano e gli corrono dietro, il primo che lo tocca diventerà il nuovo Prestinaio.



Quali gesti e azioni si compiono?



Abbiamo parlato dell’apicoltore …

confrontiamo

... Non si può proteggere il viso dalle api che la stanno pungendo perché non ha il casco ... … chissà che male … … non c’era la casetta fatta di legno con le porticine, ci sono solo dei pezzi di legno forse gli fanno dei buchi cosi le api non fanno fatica a farli e vanno dentro e mettono il miele …

Miniatura del XV Francia


Abbiamo parlato di botteghe …

confrontiamo

Osserviamo il quadro: … È la bottega delle stoffe, si vedono dietro tutte in ordine ... Il signore ha un bilancina in mano per pesare forse i bottoni … … c’è il bancone come nelle botteghe di adesso ... Perché serve per chi vende che sopra ci mette le robe ... … non c’è la cassa con i numeri … forse non l’avevano ancora costruita …

Miniatura francese XV


Abbiamo parlato del sarto‌

confrontiamo

Affresco di anonimo XV


LA LEGGENDA DI PENELOPE

Penelope al telaio di Stradano Giovanni

Penelope è una figura leggendaria che deve la sua fama al lavoro al telaio. Non volendo sposare nessuno tiene a bada i suoi pretendenti promettendo loro che avrebbe deciso con chi sposarsi non appena avesse terminato di tessere una tela che ogni giorno tesseva al telaio. Ma la tela che tesseva di giorno la disfaceva di notte.


Come Penelope proviamo a tessere la nostra tela ‌

Drammatizziamo la storia nelle fasi piĂš importanti



Che cos’è un telaio?

Per capire come si usa un telaio mostriamo ai bambini un filmato Speciale … dove proprio Penelope racconta come si costruisce il telaio e come si usa

https://www.youtube.com/watch?v=HT-O_018Yak


Macchine di ieri e di oggi

Mostriamo ai bambini due immagini di telai utilizzati in tempi diversi per trovare uguaglianze, differenze, similitudini. ‌ Si capisce che è una macchina di adesso perchĂŠ ci sono tanti bottoni da schiacciare ‌ quando ci sono i bottoni vuol dire che lei fa il lavoro da sola.


Macchine di ieri ‌ macchine di oggi


Prima degli elettricisti … confrontiamo

Ricordando le esperienze fatte nascono delle domande … Che lavoro c’era prima dell’elettricista? … la mia nonna mi ha detto che lei da piccola aveva la candela per fare luce … perché la lampadina non c’era ... …le case erano molto vecchie e non c’erano i tubi con i fili che passavano la luce … forse c’era il fuoco … le candele …

“ Le arti che vanno per via”


Dal libro “Le arti che vanno per via” di Gaetano Zompini ricaviamo l’ immagine di un lavoro riconducibile a quello dell’ elettricista. … sulle strade non c’erano i lampioni con la lampadina, ma le lanterne con la candela e quel signore accende alla sera la candela cosi le strade si vedono e poi alla mattina con la scala le spegne ...


Mettiamo a confronto … L’accensione della luce oggi con l’impianto elettrico e quella di ieri con la candela.


Un lavoro femminile: la lavandaia Presentiamo ai bambini un lavoro scomparso nel tempo, sostituito con il progresso dalla macchina, attraverso l’immagine del quadro. I bambini colgono l’azione del lavare, il luogo con la fontana che rimanda a situazioni viste, l’abbigliamento diverso da quello di oggi, per ultimo il personaggio che sembra trasportare i panni appesi ad un bastone. L’immagine riporta ad un gioco tipico della tradizione: … è la bella lavanderina che lava i fazzoletti … Giacomo Cerutti pinacoteca Civica Brescia

Chi è la lavandaia? Come si svolgeva il suo lavoro?


• Attraverso le foto scopriamo il lavoro …. I gesti e le azioni che venivano compiute … L’aspetto sociale che aveva … I riti e le canzoni che accompagnavano … I luoghi dove si svolgeva …

Le prime lavandaie erano costrette a lavare i panni nel fiume, in ginocchio, alle intemperie, sotto il sole e spesso al freddo. Nel 1897 fu costruito il primo lavatoio pubblico: si trattava di una costruzione coperta e le vasche permettevano alle donne di stare in piedi per lavare i panni. Il loro mestiere, duro e scarsamente remunerativo, si articolava in tre figure distinte. Le lavandaie di fiume che esercitavano il loro mestiere principalmente lungo i torrenti. Le lavandaie a domicilio che si recavano presso le famiglie che richiedevano i loro servigi. più comuni e più conosciute, erano le lavandaie che esercitavano il loro mestiere nei lavatoi pubblici. 
Ogni borgo ha o ha avuto il suo lavatoio.


L’abbigliamento povero delle lavandaie aveva due segni distintivi molto particolari: il fazzoletto a doppia punta, legato sul capo e le lunghe gonne con l’orlo rialzato e infilato nella cintura, precauzione necessaria per evitare che si inzuppassero, che si dice abbiamo ispirato i costumi e i movimenti del can can.
La pesantezza del lavoro era in parte alleviata dal fatto che il lavatoio era uno dei pochi luoghi di aggregazione femminile nel quale le donne potevano andare senza essere accompagnate, là ci si ritrovava, si scambiavano ricette, consigli e pettegolezzi, si partecipava alle gioie e alle disgrazie delle altre e si condividevano le proprie, si cantavano canzoni nostalgiche e patriottiche, strambotti ironici e amorosi, stornelli satirici e a dispetto, si tramandavano storie e racconti di vita, si rideva e talvolta si litigava.


Ascoltiamo ed impariamo una canzone popolare che in sequenza tratta tutte le azioni della lavandaia Mostrate il piedino, mostrate la scarpina Guardate la bella lavandaia laggiù Che lava … che lava ... Che lava tutto il giorno Che lava … che lava ... Che lava tutto il giorno Così ……………… Mostrate il piedino, mostrate la scarpina Guardate la bella lavandaia laggiù Che sbatte ... che sbatte ... Che sbatte tutto il giorno Che sbatte … che sbatte ... Che sbatte tutto il giorno Così……………. Mostrate il piedino, mostrate la scarpina Guardate la bella lavandaia laggiù Che sciacqua ... che sciacqua ... Che sciacqua tutto il giorno Che sciacqua … che sciacqua. .. Che sciacqua tutto il giorno Così………… … che strizza … … che stende … … che piega …


Cosa vuol dire strizzare? Come si fa a stendere?


Stendere i panni

Sbattere sopra il sasso

Strizzare l’acqua


Gesti e luoghi diversi

… alla fontana …

… al fiume …

… al lavatoio pubblico …


Mettiamo in scena ‌

Lavandaie vanno al fiume

In ginocchio in riva al fiume

Sbattere i panni


Strizzare ‌

Sciacquare ...


La bella la va al fosso, ravanei remulass barbabietole spinass tré palanche al mass. La bella la va al fosso, al fosso a resentar, ohei, al fosso a resentar Nel bel che la resenta, ravanei remulass barbabietole spinass tré palanche al mass. nel bel che la resenta, ghe borla giò l’anel, ohei, ghe borla giò l’anel. O pescator che peschi, ravanei remulass barbabietole spinass tré palanche al mass. o pescator che peschi, deh pescami l’anel, ohei, deh pescami l’anel.

Questa canzone mostra come il luogo dove si svolge il lavoro delle lavandaie assume un importante aspetto sociale .. Le persone si conoscono, cantano, creano nuovi rapporti….

Ma sì che te lo pesco, ravanei remulass barbabietole spinass tré palanche al mass. ma sì che te lo pesco, per ùn basin d’amor, ohei, per un basin d’amor. https://www.youtube.com/watch?v=59ECXVJax4U


Oggi c’è la lavatrice …

… Il lavoro della lavandaie è faticoso ... adesso la mamma fa la lavatrice, mette il sapone e dentro le cose sporche … … schiaccia il bottone del programma di come vuole lavare le cose e poi va via … va a fare un altro lavoro e quando torna trova tutto lavato deve solo stendere ... … È più facile e fai un’altra cosa …


Chi erano i tintori ? ‌ sembrano dei signori che fanno la pappa rossa, dentro a una pentola ... ‌ ci sono tutte le cose tipo i vestiti del colore della pentola ‌ Stanno facendo il colore ... Raccontiamo ai bambini questo lavoro tipico maschile che in tempo diverso era molto importante ... PerchÊ oggi non ci sono i tintori. Cosa si fa per dare colore alla tela? Anonimo, scuola veneta museo Correr Ve


Mettiamo in scena le fasi del lavoro

Nelle vasche i tintori preparano la tinta mescolando l’acqua alle polveri colorate

Dentro vengono messe le tele bianche da tingere


‌ I tintori mescolano con lunghi bastoni per far entrare il colore nella trama della stoffa

Poi la tirano fuori e la strizzano con le mani


La stoffa tinta viene stesa ad asciugare



Oggi: Stampanti per colorare

Ins: secondo voi come si dipingono oggi le stoffe? … per me funziona come quando stampi le cose con la stampante a colori ... Decidi il disegno lo metti sopra e poi prepari sotto la stoffa, non la carta e lei esce con tutto colorato sopra … … Si fa prima e non ti sporchi le mani … … E poi fai dei bei colori …


TEMPO E LUOGHI CHE SI INTRECCIANO

LAVORI CHE NON CI SONO PIU’ LAVORI CHE SI MODIFICANO LAVORI NUOVI CHE SI CREANO


Perché alcuni lavori, oggi, non ci sono più? … perchè una volta c’era solo il lavoro con le mani, non c’erano i computer, le macchine per impastare il pane e allora le ricette si scrivono sui libri, la mia mamma la cerca su internet … … perchè ci sono le macchine, è passato tanto tempo e hanno cambiato tanti lavori e hanno fatto diverse le cose tipo quella gru per costruire le case.

… prima per i lavori serviva tanta fatica come la lavandaia che stava tutto il giorno, adesso schiacci il bottone ... … una volta la gente non aveva inventato la macchina e poi la gente pensa ad una macchina e fa la scoperta … … bisogna andare a scuola per capire come fare il lavoro, pensi e disegni le macchine che poi fai …


… Non ci sono più perché non servono più … si cambia il lavoro quando una cosa non serve … quando inventi la lampadina devi anche sapere come ripararla, perché se si rompe allora serve il lavoro del mio papà ... C’è bisogno di uno che sappia aggiustare le macchine che si inventano … il lavoro degli aggiustatori

… sono le invenzioni che fanno i nuovi lavori, perché nessun prima li conosce. … Perché la città un po’ alla volta cambia, si fanno le macchine e vanno via le carrozze, si fa la lavatrice e vanno via le fontane … e allora sono entrati i nuovi lavori … … quando c’erano le carrozze non c’erano i semafori … prima ci vuole il traffico e poi si fa il semaforo …


A Spinea … le carrozze Dopo aver commentato l’ immagine alcuni bambini riconoscono il luogo nel paesaggio di oggi per i portici che lo rendono particolare. … Tanto tempo fa c’erano le carrozze che portavano i cavalli e allora non servono i meccanici perché le macchine non c’erano Ins: che cosa poteva servire? … i signori che aggiustano i cavalli!


Il maniscalco

PerchĂŠ servivano i maniscalchi? Quale relazione tra i modi di vivere di una volta e il lavoro?


Cavalli/ maniscalco automobili/meccanico/vigile

… Adesso ci sono un sacco di macchine e tanto traffico e poi ci sono i vigili, e anche il lavoro di chi fa la benzina ... Forse quando c’erano i cavalli c’era il lavoro di dargli da mangiare …


Forse una volta non c’era bisogno del meccanico perché i cavalli non si aggiustano con i bulloni, ma siccome oggi ci sono tante macchine che fanno gli incidenti allora serve il vigile per tenere l’ordine e il meccanico per aggiustare tutto… quando non c’era la macchina, c’erano le carrozze con il cavallo. Camminavano sui sassi e si rompevano gli zoccoli e allora i padroni li portavano dal signore che li aggiustava … Era come un meccanico dei cavalli.


Vicino a scuola c’è una fornace Osserviamo il paesaggio … Raccontiamo quello che vediamo ... Cosa vediamo vicino a noi? Cosa vediamo lontano? Cosa conosciamo? Quali caratteristiche?


Come si lavora nella fornace? Mostriamo ai bambini le foto di nonno Ferruccio che testimoniano il lavoro che da ragazzo faceva alla fornace Cavasin, leggiamo ai bambini la sua testimonianza scritta in una intervista.

Fornacini al lavoro 1943

Per preparare i mattoni veniva impiegata dell’argilla in cui vi fosse anche della sabbia ... si trovava nei campi lÏ vicino e si caricava su dei vagoncini L'argilla veniva bagnata prendendo l'acqua dal ruscello vicino, zappata, lavorata con il badile ed anche pigiata con i piedi per renderla morbida, uniforme senza bolle d'aria, maneggiabile.


Il lavoro terminava a fine autunno. Alla Fornace c'erano una cava e un deposito di argilla che veniva portata da camion e rimaneva tutto l'inverno. A primavera verso Pasqua, si riprendeva la fabbricazione dei mattoni. Alla cava vi era una scavatrice, draga, a forma di pale che girando scavavano l’argilla e la mandavano sui vagoni di un trenino che la portava nel portico dove c'era la macchina che faceva i mattoni. L'argilla veniva fatta passare nella macchina, schiacciata da rulli, veniva lavorata e poi, passata nei vari stampi, formava i mattoni, le tegole ecc.

L’impasto veniva messo a filone pronto per essere messo su dei nastri trasportatori per prendere la forma ... Le donne tagliavano i mattoni e li mettevano ad asciugare disposti a griglia in modo che l’aria circolasse. Una volta asciugati, i mattoni non ancora cotti venivano posti sotto i porticati in attesa della cottura che avveniva in primavera ed estate.


Gli operai entravano per controllare toccando se i mattoni erano cotti, non doveva esserci troppo o poco caldo. Con le carriole si prelevavano e avevano i guanti perché i mattoni essendo sabbiati tagliavano le mani, in questa fase il fuoco è dall’altra parte e bisognava fare in fretta a mettere altri mattoni crudi prima che il fuoco tornasse così il ciclo è continuo. Il fuochista doveva essere abilissimo a capire quando i mattoni erano cotti al punto giusto, per controllare apriva le bocchette, guardava il colore che, se i mattoni erano cotti, si schiariva, in caso contrario introduceva altre palate di carbone.


I mattoni venivano portati con carrelli e messi ad essiccare nei seccatoi (gambetti) che erano delle tettoie ricoperte di tegole, aperte ai lati. Si mettevano lunghe file di mattoni ad asciugare, ai lati c'erano gli stuoini di paglia (sturoi) si facevano scendere quando pioveva e quando c’era troppo sole.


Con i mattoni si riempivano le stanze e si passava alla fase di cottura: bisognava tener acceso per due giorni il fuoco ai piedi della ciminiera per aiutare il tiraggio; scaldata la ciminiera e creato il braciere ai suoi piedi, tramite valvole di aspirazione il fuoco veniva risucchiato nei forni dove i primi mattoni venivano riscaldati dal fuoco della ciminiera. Sulla volta dei forni esistono delle bocchette.

Venivano messi al piano superiore della Fornace per farle asciugare dal calore proveniente dal piano inferiore.


Le fasi del lavoro ‌


Mettiamo in scena ‌

I fornacini lavorano alla cava. Con le pale raccolgono la terra argillosa.


I fornacini trasportano con i vagoncini la terra alla fornace. L’operaio mette i coppi ad asciugare sull’aia.



“VECCHIO MATTONE, QUANTO TEMPO È PASSATO” Di Gabriella Bosmin (…) All'orizzonte, si stagliava nel cielo un'alta ciminiera sottile. “Sarà bene che mi fermi là per riscaldarmi un po'”, decise Bino. Contento, allungò le zampe per planare sul bordo del camino. “Ma sei freddo! Non esce un bel fumo caldo da te. Non mi posso scaldare!” “Etciuu!!” lo sternuto fece sobbalzare il gabbiano “Babba bia, che raffreddore bi sono presa, etciuu!” disse una voce, in basso. “Salute. Ma, dì un po', com'è questa faccenda che non scaldi?” “Eh, caro bio, è tanto di quel tempo che sono spenta. Sono vecchia orbai, tutta acciaccata e rotta. Dal tetto e dalle finestre senza vetri entra tanto di quel vento e di quell'aria gelida! D'estate sto anche bene, ba d'inverno ... Etciuu!” Il gabbiano scese sul campo davanti alla Fornace. “Ma nessuno si occupa di te?” “Bi hanno abbandonata, non sapevano più cosa farsene di be ... Eh ... ba non è sempre stato così. Una volta ero bella, giovane, piena di vita ...”


Il sole aveva acquistato un briciolo di energia. Il suo calore cominciava a riscaldare i muri del vecchio edificio. Si sentiva un po' meglio e mentre ritornavano i ricordi della sua gioventù, si assopì. “Ehi, sveglia, stavi parlando con me!” “Fa sempre così,” disse il campo sul quale era planato Bino, “appena il sole la scalda un poco, si lascia cullare dai ricordi. Sai, il calore del sole, per lei, è un po' come quello del forno acceso”. “La conosci da tanto?” “Eeehh, l'ho vista sorgere”. Il gabbiano rimase zitto, non sapeva che dire. Lì intorno era deserto. Zampettò di qua e di là. Col becco forte provò a rimuovere la terra, ma lì era dura. Si spostò, forse vicino ai muri avrebbe trovato qualcosa. Riprese a beccare. “Ehi, piantala, mi fai male!” “Chi parla?” si stupì. Un mattone coperto di licheni e di macchie scure, con gli angoli sbeccati, molto sbeccati, era lì, in mezzo all'erba, sepolto dalla terra. “E tu, da dove sbuchi?” esclamò Bino. “Oh, sono sempre stato qua io. Vedi, sono nato nella fornace”. (…)


(…) “… Ma il calore aumentò, aumentò e noi ci sentivamo male. Aumentò ancora! Ci mettemmo a urlare: “basta, è troppo caldo, fermatevi, non lo sopportiamo!” Uno accanto a me si ruppe, due dall’altra parte, si sciolsero. Davanti a me, altri si saldarono stretti, stretti, contorti in un blocco unico. Lamenti e scricchiolii da ogni parte. Che cosa stava succedendo? Era una catastrofe. Io resistetti, ma ancora un poco e sarei crollato. Quando ci raffreddammo, ormai la maggior parte dei miei fratelli era distrutta. Me la cavai con pochi altri, ma fummo gettati qui in parte alla Fornace. E qui sono rimasto per tutto questo tempo”. Il mattone rimase in silenzio. (…)


“Povero vecchio mattone, che storia triste”, disse Bino e nessuno aggiunse più nulla. Un pullman si fermò poco distante. “Arrivano umani, io me la svigno, ciao vecchio mio” salutò Bino, spiccò il volo e tornò sul bordo della ciminiera. “Ci sono visite” si risvegliò la Fornace, “che bellezza, un po’ di movimento, un po’ di chiasso”. Un bel gruppo di bambini si avvicinò con le maestre al vecchio edificio. Lo guardarono, entrarono, uscirono, giocarono un po’ lì intorno, fecero merenda. “Maestra” chiamò Enrico, “guarda, c’è un mattone tutto rotto, lo posso prendere?” “Beh, sì, portiamolo con noi a scuola così lo guardiamo bene”.

“Hai visto, è arrivata anche per te l’occasione di andartene. Non l’avresti mai detto eh? Addio, amico, buona fortuna”. E Bino, preso il volo, si diresse verso casa.


Vicino a scuola … c’è la vecchia Filanda Merlin In passeggiata nella via più vecchia di Spinea la “Via delle filande” che incrocia la Via Rossignago vicino alla nostra scuola. Ai bambini chiediamo di cercare tracce di vecchi edifici … UN ARCO


UN MURETTO CON DEI MERLI


Che cos’è una Filanda? Osserviamo vecchie foto di operaie al lavoro in filanda, cercando di interpretare i gesti e le azioni.

CESTI CON DENTRO BOZZOLI

BAMBINI CHE LAVORANO


LA NONNA IN FILANDA

Anna racconta ai compagni che la sua nonna ha lavorato nella filanda … “... lei dava da mangiare ai bachi da seta le foglie piccole … poi quando i bachi che sono dei vermi lunghi bianchi facevano il bozzolo lei prendeva i bozzoli e li cuoceva nell’acqua calda cosi non si facevano le farfalle. Poi prendeva i fili che uscivano dal bozzolo e formava il filo lungo, lungo che metteva sopra i rocchetti … http://www.raiscuola.rai.it/articoli/donne-nelle-filande-allinizio-del-novecento-due-testimonianze3102


‌ la nonna prendeva con le mani l’inizio del filo e lo tirava su con glia altri e lo girava per fare un filo lungo lungo ‌


Le fasi del lavoro ‌

Accanto alle fasi del lavoro del fornacino quelle della Filanda


Una immagine del lavoro della filanda dall’arte


Mettiamo in scena il lavoro ‌

Spezzettare le foglie di gelso per allevare i bachi Mettere i bastoni ad arco per dare dimore ai bozzoli dei bachi


Togliere dai rami i bozzoli e cucinarli nell’acqua bollente

Lavorare il filo tirandolo dal bozzolo


Raccogliere il filo sopra i rocchetti


Rappresentiamo il lavoro nelle sue fasi


E io cosa farò da grande … … Anche noi faremo un lavoro, prima studiamo e poi bisogna che andiamo a lavorare …cosi facciamo i soldi … … Io da grande voglio fare il meccanico perché mi piacciono le macchine … … Fare il camionista per portare le robe in magazzini ... … Io farò la dottoressa per guarire gli ammalati .. .A me piace ballare e allora farò la ballerina classica … …Vorrei guidare un aereo con tante persone … una macchina per andare in vacanza in montagna … L’infermiera per curare tutti i pazienti … … Cantare al microfono cosi mi possono sentire tutti …

Ma davvero si può fare il lavoro che piace?


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