informazione libera
ISRAELE GAZA
EGITTO
#01 - Gennaio 2009
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Manda un articolo diventa un redattore stiamo cercando GRAFICI, illustratori Scrivici a:
redazione@riotvan.net Che voto dai all’autorevolezza e l’attendibilità dei tre telegiornali nazionali della Rai? rispondi sul sito.
Horacio Verbitsky (Buenos Aires, 1942) è un giornalista e scritto re di saggi argentino. Presidente del Centro di Studi Legali e Sociali è stato autore del saggio di successo internazionale “Il Volo - Le rivelazioni di un militare pentito sulla fine dei desaparecidos”. Nel 2001 è stato insignito del Freedom of Expression Award dal Comitato per la Protezione dei giornalisti di New York. Attualmente insegna alla Suola di Giornalismo diretta da Gabriel García Màrquez.
Horacio Verbitsky
Dear Mr President, we apologize for the wrong spelling of your name in our last number. Good luck, Barack. La redazione si scusa con il collega e amico Giulio Schöen perchè il suo cognome in realtà è Schoen. Facci tre cartelle Schoen! Il verbo riclicare non è contemplato dalla linguistica italiana. Forse per questo il giornale non è stato riciclato e conseguentemente poco letto. Ricicla questa copia.
Errata corrige
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#01 - Gennaio 2009
L’editoriale
Tu, tu la chiami guerra e non sai che cos’è Certo che in tutto questo trambusto sembra impossibile che lei sia tornata da me. Da non crederci. Ma ora siamo di nuovo qui. Ancora lei sopra di me. Ancora io sotto di lei. Ma che vorrà da me? Ora come ora una cosa sola. E d’accordo. Mi preoccupa questa ragazza. Ma certe cose, certe movenze, certi sospiri...come i suoi ne ho sentiti davvero pochi. È una foglia smossa dal vento. È seduta su di me, nei gemiti del tempo che passa, che brilla di luce propria. Volgarmente parlando, ha un non so che di magico fotterla. Stavolta neanche l’ultimo degli angoli di questa casa è accessibile. Telefono spento, fisso isolato, computer disconnesso. La porta è chiusa. Le tapparelle abbassate. Il campanello non funziona. Lei non parla quando mi cavalca. Non parla quando la giro. Non parla quando finiamo di fare l’amore. Per il resto è bella loquace. Loquace invece in questa città non è nessuno. La guerra toglie le parole. Anzi, la guerra non fa ascoltare, e non ascoltare fa fare la guerra. La sfioro ancora, le do un bacio e mi sveglio in ospedale. Lo capisco subito che sono in ospedale, c’è un odore pessimo, camici stanchi, e davanti a me un tizio senza un braccio. Il vestito di mia moglie è ciò che mi rimane di mia moglie. I miei figli non hanno fatto in tempo a dirsi uomini. Io vivo e vi racconto. Voi vivete, ma non so quanto potete capire. Anonimo
SOMMARIO In copertina: grafica Riot Van.
Politica Gita al Senato Visita a palazzo Madama
MoribONDA
Dov’è finita l’onda?
Tocca a noi
Democrazia dal basso
Class Action p6
Lavoratori? PRRRR!
G8 all’italiana p7
Vizi private e pubbliche virtù
Musica, Cultura, Spettacolo p4 p5 p5 p6 p7
Sottosuolo e sottosuono Sguardo sull’ Underground
p14
Il nuovo disco
p14
Il nuovo tour
p15
Ciao Fabrizio
p15
Roots, rock, reggae
p16
Coming Soon
p17
Milan Kundera
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Erasmus: andiamo in Olanda
p18
Studio Staff: Noir
Franz Ferdinand Omaggio a De Andrè
Reggae: un po’ di storia 2009, un ottima annata
Frasi da libro
Esteri Palestina
In viaggio con Schoen
La guerra infinita
p8
Storia di un conflitto
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Timeline
Media & Tv
Sport
Stop allo spot
Il punto del Lapo
La deplubicitè
p10
Parla Carlo Sorrentino
p11
La Rai trionfa
p11
L’intervista Auditel 2008
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Sconfitti ma con onore
p20
Largo ai giovani? Dice
p21
Il modello Wenger La nuova F60
Il Cruciverba p22 Il Filiman
Rubriche Questa storia non è vera, ma è verosimile. A chi legge questo giornale, probabilmente, non succederà mai. Ma a qualcuno degli oltre cinquemila feriti di Gaza, sicuramente qualcosa di simile è successo. E’ solo una storia, una storia come tante. Inventata. È facile giudicare dai nostri salotti e dalle nostre cucine. È facile parlare di diritti palestinesi, dei diritti d’Israele, di democrazia. Ma qui la democrazia non c’entra nulla, e se pensate c’entri qualcosa, avete sbagliato pianeta. I telegiornali ci mostrano elicotteri in volo, qualche missile, scene di panico alle uscite degli ospedali, ed interventi profondi di uomini profondi come i politici del nostro Paese. Ma cosa sta succedendo in Palestina da quasi cento anni e forse più? Risiko. Un Risiko dal sapore di crociata, che sa di #01 - Gennaio 2009
What women want Le quote rosa
p12
Ingranaggi che girano
p13
L’angolo di Bastiano
colonialismo e che odora di interesse. Una piacevole partita infinita che si gioca tutti i giorni sopra le nostre teste, nelle vene degli arabi, nel sangue degli israeliani. È disputata da pochi, che controllano molti. Sia che si tratti di islamici, sia che si tratti di ebrei. È una partita che scomoda parole grosse come “dio” e come “giustizia”, ma che in realtà, come la storia fino ad oggi ci ha insegnato, le sfrutta a mo’ di bandiere ideologiche universali. I media ci raccontano come possono, e come vogliono, cosa accade a Gaza. Ma non ce lo fanno vedere. Non possono mostrarci – per buon costume, per pudore, per convenienza – gli effetti di un’ustione da fosforo bianco. Non sappiamo cosa sia
“la guerra”, ne abbiamo che una sommaria descrizione. Se lo sapessimo, non la staremmo guardando in televisione, ma ne staremmo sentendo il silenzio tutt’attorno a noi. È una questione di fortuna, come a Risiko. Alea iacta est. A noi sono toccati i telegiornali. A loro, le bombe. Andrea Lattanzi
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Politica
Gita al Senato La cosa impressionante è che per loro sembra un gioco. Un’ arena, due squadre che si affrontano, un arbitro con forte sudditanza psicologica e un variabile numero di spettatori sugli spalti. Ogni squadra la sua strategia. Urla per incitare i compagni. Battute per intimorire gli avversari. La cosa impressionante è che ogni giorno lo stesso copione si ripete. La stessa serenità,
banalità, superficialità con cui vengono trattati i diversi argomenti. A tratti sembra uno dei tanti “Bar Sport” della penisola. Battute maschiliste rivolte alle poche presenze femminili, sfottò continui e disinteresse generale. Questo è il panorama apertosi davanti ai miei occhi l’ultimo giovedì di Novembre. Palazzo Madama. Roma. Sono le tre del pomeriggio. Il caso vuole che, durante la mia visita al Senato, sia in atto la votazione per gli emendamenti del decreto legge n. 180. La famosa legge sulle università italiane. Quella dei tagli, per capirsi. Uno degli scempi Gelmini, per essere chiari. Dopo un’interruzione, l’assemblea ricomincia. Sono le 17. Vengo accompagnato, da lì a pochi minuti, da un usciere al mio posto. Solo uno dei privilegi di essere parente di qualcuno d’importante. Accanto a me un signore anziano. Confuso, tanto da chiedermi in continuazione chi siano i diversi senatori che passano. Mi trovo in linea d’aria sopra i posti riservati alla maggioranza. Intravedo Bondi in mezzo alla sala. Intravedo i diversi senatori che uno dopo l’altro vanno a salutarlo. Gesù e i suoi discepoli. Vanno a toccargli la mano. Il papa. Lui interloquisce con loro. Poche parole. Avanti un altro. Niente di male in fondo, se non fosse che in aula si sta votando il futuro dell’Italia. Niente di male in fondo, se non fosse che in aula si sta affossando l’università. Non chiedo molto, ma un minimo di attenzione. Di educazione. Alla fine mi rappresentate, o meglio rappresentate un qualsiasi cittadino che ha votato a destra. Magari Una seduta al Senato questo cittadino lo conosco. Magari è mio amico. Dico, c’è proprio un interesse personale. Capisco che in aula sia appena arrivato il ministro dei beni culturali. Capisco che sia importante mettersi in mostra ai suoi occhi. “Fra 4 anni lei sarà sottosegretario”. “Lei viceministro” . “Ah...lei, ancora un po’ di gavetta e poi potrà sostituirmi”. Assisto a questo spettacolo un po’ basito, divertito ed innervosito. Non avevo mai pensato potesse esistere un così alto livello di “pubblico proselitismo”. Ho sempre pensato (tutti
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diletta nel gioco “Maestra! Maestra!! La destra suona il piano”. Vivacissima attività che consiste nel continuare ripetutamente ad indicare all’incolpevole presidente del Senato, o vice, il pianista di turno.
mi dicono che sono un ragazzo ingenuo, lo ammetto) che leccare, fosse pratica assai più velata. Che fosse un esercizio Il “circo Senato” offre, comunque, molda fare in privato, lontano da occhi indi- te altre attrazioni di livello internazionascreti. Mi sbagliavo. Decido di allargare il le. Nel senso che negli altri paesi scene mio campo visivo. Mi alzo. L’usciere m’in- del genere sono rarissime, per non dire tima di sedermi. Eccessivo, penso. Ma poi altro. vedo i signori senatori e capisco tutto. L’aula? Un posto decisamente elegante. Questo è un gioco che ormai da anni la A parte quella decina di senatori spalma- parte “rossa” della politica italiana fa ti sui banchi. Mi ricorda il liceo. L’ora di durante le sedute in aula. Vista l’incamatematica e i miei pacità di proporre continui tentativi di cose nuove, vista prendere sonno. Mano l’incapacità di rasul viso per coprire gli dicarsi nella poocchi chiusi, testa piepolazione, vista gata e dita incrociate l’incapacità di cresperando che la prof arsi come partito e non se ne accorgesnon come insieme se. Guardo sui banchi di correnti, il Pd ha dell’aula del Senato deciso di dedicarsi della Repubblica Itaa quest’attività di liana...ed ecco un po’ bloccaggio della a destra e un po’ a maggioranza. Le sinistra. Non mancaregole del gioco Il Senato nel momento no quelli dell’Udc. La differenza della caduta del preceden- sono poche e l’obiettivo è che io evitavo di ascoltare le te governo è quello di ritardare il più diverse formule per calcolare il possibile i lavori d’aula. volume del cono. Qui mi semSi può ricorrere a tutto. bra, anche se non ne sono propriamente “Numero legale!!!!” strilla uno. “Votasicuro, che i “sonnolenti” evitino di ascolzione elettronica” richiede un altro. “Intare importanti disposizioni per mandare terruzione per impossibilità nella lettura avanti un paese. Ma forse mi sbaglio an- dell’emendamento tot” chiama a gran che in questo caso. voce una senatrice. Non mancano i virtuosi di questo “sport”. Senatore non troppo È conosciuto in tutto il mondo il “saconosciuto. Tre posti più in là alla sinistra voir faire” dell’uomo italiano. Playdi Rutelli. Un genio dell’ostruzionismo. boy per eccellenza. Eleganza fuori, ru- Sostiene, con l’aiuto di tutta l’opposiziovidezza dentro. È anche risaputo che i più ne, (e qui sì che le correnti non c’entragrandi “Casanova” dello stivale facciano no, sì che la sinistra è unita, sì che ha un di mestiere il politico. Non si parla di pura obiettivo comune) che la sua postazione bellezza ma di fascino, carisma, perso- elettronica s’illumina da sola. Sostiene, nalità. E basta girare un po’ lo sguardo cioè, che il suo voto scatta in automatico, per rendersene conto. Ispezioni otorinosenza che lui possa decidere come votalaringoiatriche, sbadigli molto mal celati re. Una sorta di miracolo elettronico. Per o posizioni da contorsionista cinese. In questa motivazione un suo alleato richiequest’ultimo caso direi beate le loro mo- de un’interruzione per controllare tutte le gli... postazioni. Funzionanti e non. “Non avrePer non parlare poi di come “l’uomo se- mo proposto nulla, ma almeno abbiamo natoris” tratta la donritardato la fine di un quarto d’ora...” na di egual specie. Ho potuto infatti assistere, Lavorare in modo felice e spensieraper mia immensa forto aumenta la produzione. Amare il tuna, anche agli sfottò proprio lavoro rende felici. Ma forse alle fragorose risate qui si sta esagerando. Forse il problemaschili che si stagliama non sono solo gli scherzi del nostro vano ogniqualvolta una simpaticissimo premier (Vi confido che senatrice prendeva paho paura possa uscire da un momento rola. Quant’è contemall’altro dalle parole di questo pseudoporaneo il detto “l’uoarticolo). Il problema forse è la politica mo lavora, la donna italiana che non prende più sul serio nulaccudisce i figli...”. la. Perchè non prende sul serio neppure se stessa. Perchè la politica, i politici sono Mi sono poi reso conto di come Il Seormai risultato di una mera somma di voti nato italiano presenti tantissime forarrivati per qualsiasi motivo distante dalle me d’arte. La più diffusa è, sicuramente, idee, dalla voglia di fare, dalla voglia di la musica. È ben nota la capacità di molti aiutare un paese in difficoltà, dalla voglia senatori, che oltre a votare e proporre, si di rappresentare realmente i pensieri e le dilettano nel ruolo, a loro caro, del pianivolontà di parte della popolazione. Che sta. Soprattutto nella maggioranza è ben sia destra o sinistra, centro o estremi, qui visibile come postazioni vacanti votino manca linfa. Mancano i leader. Mancano allegramente per questo emendamento o le idee e i principi per metterle in atto. per quell’altro. È bello vedere come, qui, Manca il realismo. Manca il fare. tutto diventi “ectoplasmicamente” possibile. La sinistra, da sempre “moralizzatriEdoardo Amato ce” (soprattutto a Firenze mi pare...) si #01 - Gennaio 2009
Politica
MoribONDA?
Deviazione di rotta per il movimento La grande partecipazione del 19 dicembre. Roma sommersa da studenti, ricercatori e lavoratori della scuola. Qualche altro forte sprazzo di rivolta in tante città nei giorni antecedenti e successivi. Poi il vuoto. Ora gli studenti in lotta si stanno riorganizzando, al momento (18/01) le uniche manifestazione sono quelle solidali al popolo palestinese, flagellato da quello di Israele. [Mi chiedo però dove siano le manifestazioni per il Darfur, per il Kenya o l’Angola]. Una deviazione del percorso dell’onda, forse doveroso. Intanto l’8 Gennaio il tanto contestato decreto è diventato legge. Con qualche variazione. Tra tutti i danni che andrà a fare, qualcosa di positivo c’è. Da oggi le università che spendono più del 90% dei finanziamenti statali (Fondo di Finanziamento Ordinario) in stipendi non potranno bandire concorsi per docenti, ricercatori o personale amministrativo. Pare giusto visto che, di tutti i soldi che lo stato rilascia alle università, pochi o equi che siano, a noi studenti arrivano solo le briciole. Ci sarà poi un incremento di 135 milioni di euro destinato ai ragazzi capaci e meritevoli, privi di mezzi economici. Un bel pacco di borse di studio in più. Su 180 mila ragazzi idonei a ricevere la borsa di studio e l’esonero dalle tasse universitarie, 40 mila sono esclusi per mancanza di fondi. (fonte MIUR) C’è però da stare attenti: gli atenei «in profondo rosso» potrebbero diventare fondazioni private e, con il conseguente aumento delle rette, gli studenti bisognosi di borse di studio potrebbero
essere molti, troppi. Come Bugo ci ha fatto notare tempo fa, c’è crisi Le mobilitazioni sono quindi servite a modificare un po’ quel fatiscente decreto. Sono servite sicuramente a far calcolare agli studenti il loro potenziale, la loro capacità di organizzarsi e produrre alternative. Un solo problema: l’Onda è (principalmente) formata da studenti di sinistra. Nonostante i dichiarati appelli di non appartenenza politica del movimento, ad aderire sono in maggioranza studenti “rossi”. Questo anche per una ovvia caratteristica storica dei movimenti studenteschi e delle occupazioni. Non è colpa di nessuna delle due “fazioni”, è questione di apertura mentale da parte di entrambe. Uno scoglio difficile da superare.
Fatta la legge, deve essere approvata dai nongiovani... La maggiore televisione musicale in Italia dà l’opportunità ai giovani di farsi sentire. Lo scopo ultimo di questo progetto è quello di far loro scrivere una legge di iniziativa popolare che rappresenti il loro volere su temi che li riguardano. Il 12 gennaio sono finite le votazioni, prima fase dell’iniziativa, ed il tema favorito è risultato essere scuola ed università con 109.454 voti su 291.806 votanti. Tema che è stato preferito ad “accesso alla politica per i giovani, lavoro, ambiente” . Un risultato abbastanza prevedibile, viste le mobilitazioni studentesche di Novembre. A breve, si aprirà il dibattito sul forum di Mtv e allo stesso tempo si potrà dare la propria disponibilità per raccogliere le firme o per promuovere l’iniziativa nella propria scuola/università. I ragazzi saranno assistiti da professori universitari e da uno studio notarile. Un’iniziativa interessante, lanciata da un colosso commerciale con un’influenza me#01 - Gennaio 2009
Niccolò Seccafieno
Il corteo degli studenti il 14 novembre scorso a Roma
Tocca a noi (ma anche a loro) http://www.mtv.it/toccanoi/index.asp
Si dovrebbe arrivare a capire che sinistra e destra, in questo paese, non rappresentano più gli ideali che le hanno ispirate. Si dovrebbe arrivare a capire che la democrazia in questo paese è ai minimi storici e che il cittadino non è effettivamente rappresentato dal governo, destrorso o sinistrorso che sia. Si dovrebbe capire che l’università è un bene comune, troppo prezioso per essere incasellato sotto un’ideologia politica. Gli studenti, uniti, possono scuotere questo paese. Gli studenti, divisi, contano meno.
diatica sui giovani non indifferente. Mtv è consumismo ma è anche un’emittente capace di dare importanza a temi spesso sottovalutati dalle altre televisioni. Un progetto eccezionale, proprio perché cose come questa non si vedono spesso nel panorama televisivo italiano. Insomma, tutto molto bello. Però... le leggi Il logo dell’iniziativa di iniziativa popolare non impongono nessun vincolo al parlamento, se non quello di essere presentate e discusse. Sono armi spuntate. Una volta creata la legge a furor di popolo, non è detto che essa venga portata avanti. Un esempio simile può essere la proposta di legge di iniziativa popolare
indetta da Beppe Grillo, “Parlamento Pulito”. In breve, nessun condannato in parlamento e limite massimo di rieleggibilità a due legislature. La legge doveva essere presentata a febbraio scorso, caduto il governo la proposta è stata ripresentata da Grillo in Novembre ma a distanza di mesi, dal Palazzo nessuna risposta. Una delle proposte di legge ad iniziativa popolare più firmata nella storia del nostro paese, marcisce chissà dove nei sotterranei del Parlamento. Fino a quando? Il cantante Jovanotti ha espresso il suo entusiasmo (trovate l’intervista di Victoria nella sezione video del sito di Tocca a noi) per questo progetto. Non ci resta altro da fare che pensare positivo... Niccolò Seccafieno
Nel prossimo numero l’intervista a Entics 5
Politica
La class action in Italia:
“Lavoratori?
Prrrrr”
Rinviata di altri sei mesi l’introduzione della class action nel nostro paese Lo avrete sicuramente sentito dire da qualche parte, ma è sempre meglio ricordare oltre la notizia in sé, anche il concetto e le conseguenze di cosa viene tolto ai cittadini anzi, in questo caso, di cosa non gli è mai stato dato. La notizia: il 18 dicembre scorso il Governo ha annunciato che la normativa della class action slitterà di sei mesi. Cos’è la class action? E’ un’azione legale condotta da uno o più soggetti che chiedono, come membri della classe, che la soluzione di una questione comune avvenga con effetti ultra partes per tutti i componenti presenti e futuri della classe. E’ considerata il modo migliore con cui i semplici cittadini possono essere tutelati e risarciti dai torti delle aziende o delle multinazionali. La relativa sentenza favorevole avrà poi effetto o potrà essere fatta valere da tutti i soggetti che si trovino nell’identica situazione (effetto ultra partes). Ricordate il film “Erin Brockovich”, in cui Julia Roberts nei panni di una madre trentenne di tre figli, nubile dopo due divorzi, indaga e sdogana un impresa di fornitura gas ed energia elettrica? Quello è un buon esempio di class action, peraltro realmente accaduto, con cui Erin Brockovich riuscì ad ottenere per i 260 querelanti (la classe) indennizzi per 333 milioni di dollari. Un qualcosa di utile per i cittadiniconsumatori: elemento giuridico di giustizia tributaria e strumento di tutela del consumatore. In Italia la class action ha avuto vita travagliata sin dal suo nascere. I primi ten-
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tativi nel precedente governo Berlusconi, poi l’iter in Finanziaria 2008 del governo Prodi, che doveva farla partire per il 1° luglio 2009 e qui un primo rinvio, ad opera dell’attuale Consiglio dei Ministri, al gennaio di quest’anno. Ma, come già detto, il provvedimento è stato rimandato di altri sei mesi, grazie all’approvazione del c.d. decreto “Milleproroghe”, nome goliardico ma che ben rende l’idea del recente pacchetto di rinvii emanato dal governo. I perché dello slittamento sono imputabili alla volontà di rivedere l’impianto normativo della legge, a seguito delle proteste di Confindustria, evidentemente spaventata da una norma che va a protezione del cliente e non del produttore. Durissime le associazioni dei consumatori: “Il nuovo rinvio dell’entrata in vigore della class action è il segno di un Paese in profonda crisi che intende restare in serie B. Gli italiani sono stati privati di un fondamentale strumento di tutela dei loro diritti e dei loro interessi, mentre le aziende disoneste riescono ancora a farla franca” (Carlo Pileri, Presidente Adoc). Le opposizioni dal canto loro, a parte catastrofismi di sorta “In Italia una class action non esisterà mai” non sembrano molto interessate al problema; problema che, invece, le dovrebbe riguardare da vicino, in quanto la loro stessa formulazione del decreto non fu ben vista né da Confindustria né dalle associazioni dei consumatori. Una probabile modifica alla norma, comunque, sarebbe quella in-
dicata dal Ministro per lo Sviluppo Economico Claudio Scajola, limitare l’adesione alla class action al primo grado di giudizio (oggi è possibile aderirvi fino all’appello). Sarà quindi pur banale ma a rimetterci, anche in questo caso, sono i cittadini, che si ritrovano senza uno strumento di difesa più che legittimo. Attenzione però, perché per alcuni oltre il danno ci sarà anche la beffa, poiché il parziale effetto retroattivo della norma non copre i due grandi crack finanziari di Cirio e Parmalat. Il fatto è che, ancora una volta, il nostro paese non brilla in quanto a “democraticità”, soprattutto se comparato ad altri paesi occidentali ed industrializzati. Infatti, la class action è un diritto consolidato negli Stati Uniti – la cui legislazione in materia è esempio di tutela del consumatore – in Germania, in Francia, nel Regno Unito e altri. Insomma, un provvedimento che ben si sposa con la celebre frase pronunciata da Alberto Sordi nel film “I Vitelloni”, accompagnata dal famoso gesto dell’ombrello rivolto agli operai che lavorano per riparare la strada: “Lavoratoooriii?! Prrrrrrrrr”. Andrea Lattanzi
#01 - Gennaio 2009
Politica
G8 all’italiana Ballerine, nani, comici, cantanti
“Abbiamo ereditato un appuntamento importante senza soldi. Prodi voleva fare il G8 con la Ferrari, ma aveva stanziato solo i soldi per comprare una bicicletta. In questi mesi abbiamo recuperato tutte le risorse finanziarie necessarie e ora stiamo accelerando per essere pronti al grande impegno internazionale. Su questo vorrei però ricordare che, oltre alle opere già previste, ho inserito nei lavori del G8 la grande arteria viaria Sassari-Olbia. Ho trovato i finanziamenti necessari e i cantieri sono al via”. Già, proprio come ama ricordarci il Cavaliere, lui, “è uno che lavora”. E per questo G8 che si terrà alla Maddalena in Sardegna nella seconda settimana di Luglio, lavora anche di penna, a quanto pare. O almeno da quanto emerso dallo scoop giornalistico del quotidiano tedesco Sueddeutsche Zeitung, che ha ricevuto un documento trovato in un ristorante di Trastevere da un giovane giornalista. La cartella, dal titolo “Amore mio G8Forza Europa”, è stata probabilmente dimenticata – scrive il quotidiano bavarese – da una squadra del PdL. Cosa contiene il documento? Contiene tutta una serie di indicazioni di immagine, con cui il nostro paese dovrebbe brillare per una presidenza sobria ed orientata al lavoro
collettivo delle diverse delegazioni, secondo il motto del premier “ridere è la migliore medicina e chi sa ridere, non ha nemici”: e allora ballerine, il cantautore napoletano Mariano Apicella, – col beneplacito di Fabio Cannavaro, per una migliore immagine di Napoli nell’Italia e nel mondo, altro che Gomorra – un disco dello stesso Apicella in cui Silvio gioca a fare lo chansonnier, ma soprattutto, tanta tanta festa, come testimoniano le parole attribuite allo stesso Berlusconi dal giornale tedesco: “la gente si deve chiedere: “Quando comincia la festa? Quando arriva Silvio?” (“Ehi ragazzi c’è Fonzie!” Ndr). Sostanzialmente, un G8 fatto di ballerine, nani, comici e cantanti: scuola Bagaglino, insomma... ...ma quanto siete puntigliosi voi di RiotVan? Certo che lo siamo, perchè anche noi, a modo nostro, scagliamo quelle frecce che il Presidente del Consiglio ha detto di attirare “come Gesù Cristo, che ha sopportato i chiodi sulla croce” . E siamo puntigliosi perché questo G8 dovrà essere ricordato non per gli scontri di piazza (alle volte, sapete com’è, se ne è anche sentito parlare), o per inutili decisioni, o per accordi “salvamondo” mai firmati. Dovrà essere ricordato come
il G8 della crisi finanziaria più forte del secolo, in concomitanza con la grave situazione nella striscia di Gaza, delle mancate forniture di gas russo all’Europa, dell’assenza d’acqua nel terzo mondo, dei diritti umani violati in Cina, dei diritti del Tibet, dei problemi dell’India e Pakistan, della questione nucleare dell’Iran, della globalizzazione da ri-orientare, di Internet come strumento di diffusione pedopornografica, del colera in Zimbabwe, dei disastri del clima, del... Troppo lavoro? Nessun problema, meglio ballare e sperare in un miracolo: “La mia casa è aperta a tutti. San Silvio può fare ancora tanti miracoli” (dal libro di San Silvio da Arcore “Amore mio G8-Forza Europa” - II, XVI Ndr). Si divertirà anche il bello e abbronzato d’America? Andrea Lattanzi
Lo Sapevate? 18-01-2009 - Nove giorni prima del Giorno della Memoria, 27 gennaio Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, durante un comizio in Sardegna per sostenere la candidatura di Ugo Cappellacci a governatore, parlando di buone e cattive notizie ha allietato il pubblico con una barzelletta. “La sapete quella del campo di concentramento?”. Imitando la voce di un soldato tedesco che parla ai prigionieri il premier continua: “Per voi ho una buona notizia e una meno buona. Metà di voi sarà trasferita in un altro campo”. Tutti gridano evviva, chiedendo quale sia quella cattiva. Lui risponde, indicando con la mano dalla cintola in basso: “Quella meno buona è che la parte di voi che sarà trasferita, è quella che va da qui in giù”. Il Presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi
#01 - Gennaio 2009
La redazione ritiene superfluo ogni commento. Fonte: repubblica.it
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Esteri
Una questione irrisolta L’ennesimo scontro tra israeliani e palestinesi Dal 26 dicembre si è riacceso lo scontro tra israeliani e palestinesi. Il 18 gennaio si è raggiunta l’ennesima tregua. Più di 1300 le vittime fra i Palestinesi: molti bambini, donne e anziani morti sotto i bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza. Più di 5000 i feriti tra la popolazione. Ancora guerra, ancora bombe, ancora morti. È la quinta guerra israelo-palestinese. O è la sesta? È la seconda intifada, o siamo già nella terza? Tutte domande a cui non possiamo rispondere. A cui non ci interessa rispondere. Che differenza farebbe? Le cose certe sono altre. Un conflitto che dura da più di sessant’anni. Chi lo chiama scontro di culture, chi guerra di religione. Una lotta per un pezzo di terra, in fin dei conti. Un pezzo di terra arido e inospitale, ma così carico di significato per questi due popoli. La chiamano “casa” entrambi. La definizione migliore di questa situazione la dà Amos Oz nel suo libro del 2002 “Contro il fanatismo”:“Lo scontro fra
Mohandas Karamchad Gandhi, il “Mahatma” Ritratto di Mattia Vegni
un diritto e un altro, fra una rivendicazione profonda, pregnante, convincente, e un altra assai diversa ma non meno convincente, pregnante, non meno umana”. Amos Oz è più che un esperto in materia, è un giornalista e scrittore israeliano tra i più stimati e apprezzati a livello internazionale, sostenitore della linea dei due stati. Due popoli così diversi, ma così vicini nella storia. Scacciati dalla loro terra, oppressi, disprezzati e perseguitati. L’ha fatto l’Europa con gli ebrei, l’hanno fatto gli Stati Arabi con i palestinesi. Eppure ecco quello che succede: due vittime pronte e distruggersi, incapaci di scendere ad un compromesso. In mezzo, o meglio di lato, da una parte, ci siamo noi. C’è l’Europa. Un Europa impacciata, a tratti imbarazzata dalla sua stessa incapacità di intervenire per risolvere una questione che la vede tra i principali responsabili. Così brava a spartirsi i territori in zone di influenza (1916), quanto veloce a svi-
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gnarsela quando la situazione si è fatta difficile (1948). Una guerra di fanatici, quella in corso, da una parte e dall’altra. Chi bombarda scuole, ambulanze della Croce Rossa, e sedi delle Nazioni Unite, utilizzando anche il fosforo bianco, e chi si nasconde sotto gli ospedali, facendosi scudo con i civili. In molti si chiedono se c’è davvero ancora qualche speranza di vedere la situazione risolta, pacificata una volta per tutte. Deve esserci ancora una speranza per queste popolazioni. Intanto, il 12 gennaio un geniere riservista di 35 anni del Tsahal, l’esercito israeliano, si è rifiutato di combattere, non condividendo né gli obiettivi né i mezzi delle operazioni militari in corso. L’obiezione di coscienza gli costerà 14 giorni di carcere. Mauro Andreani
Dato che non penseremo mai nello stesso modo e vedremo la verità per frammenti e da diversi angoli di visuale, la regola d’oro della nostra condotta è la tolleranza reciproca. La coscienza non è la stessa per tutti. Quindi, mentre essa rappresenta una buona guida per la condotta individuale, l’imposizione di questa condotta a tutti sarebbe un’insopportabile interferenza nella libertà di coscienza di ognuno.
da“Antiche come le montagne”, Mohandas Karamchad Gandhi
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Esteri
La questione israelo-palestinese: cenni storici e curiosità 1915-1916 – prima guerra mondiale; gli inglesi fanno leva sul nazionalismo arabo e palestinese per combattere contro i turchi dell’impero ottomano, allora regnante anche in medioriente; l’alto commissario inglese Mac Mahon si accorda con il capo tribù Hussein promettendo la costituzione di un regno arabo indipendente, in cambio di appoggio militare. 1916 – Inghilterra e Francia, diversamente dagli intenti annunciati, si spartiscono il medio oriente in zone di influenza e protettorati: alla prima va l’intera Mesopotamia (in cui crea gli stati “liberi” di Iraq e Transgiordania), alla seconda Siria e Libano. Novembre 1917 – il ministro degli Esteri britannico Balfour riconosce con dichiarazione ufficiale, il diritto del movimento sionista a creare uno stato per il popolo ebraico in Palestina, riconoscendo alle popolazioni locali i soli diritti civili e religiosi, escludendo quelli politici: comincia l’immigrazione sionista e la contesa dei territori. 1920-1921 – Primi scontri urbani e violenti fra arabi e sionisti. 1945 – Dopo la Shoah si contano in Palestina 550000 ebrei e 1250000 arabi: la situazione diventa incontrollabile per gli inglesi. La soluzione – modesta – è la “fuga”, annunciata per il 15 maggio 1948, con rimando all’Onu per l’assorbimento del conflitto Maggio 1948 – l’Onu approva una suddivisione della Palestina in due stati, rifiutata dagli arabi. 15/16 gennaio 1948 – Gli israeliani dichiararano la nascita dello Stato di Israele. La Lega Araba lo aggredisce militarmente: è la I guerra arabo-israeliana. Gennaio 1949 – Israele sconfigge il nemico arabo, rivelandosi stato militarmente avanzato. Trae occasione per ingrandirsi rispetto all’originale piano di spartizione dell’Onu. La Transgiordania diventa Giordania e mantiene il controllo sui territori occupati: è l’inizio del dramma del popolo palestinese, una nazione senza stato. 1956 – Scoppia la II guerra arabo-israeliana che viene interrotta da URSS e USA. 1964 – Costituzione dell’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) che riunisce i maggiori gruppi nazionalisti palestinesi. Creata dalla Lega Araba, dopo il 1967 l’OLP conquista l’autonomia e si dà una linea politica. Maggio 1967 – Nasser chiede il ritiro delle forze Onu nel Sinai e blocca il golfo di Aqaba, sbocco commerciale israeliano sul Mar Rosso. Giugno 1967 – Israele reagisce con un’azione militare convergente in Siria, Giordania ed Egitto. La cosiddetta “guerra dei sei giorni” vede Israele dominare ancora. I palestinesi rimangono senza uno stato. 1972 – Strage di Settembre Nero, un’organizzazione terroristica palestinese, a Monaco di Baviera: vengono uccisi gli atleti israeliani partecipanti alle Olimpiadi. 1973 – IV guerra arabo-israeliana e nuova sconfitta degli Arabi. 1978 – Primo attacco in forze dell’esercito israeliano ai campi profughi palestinesi utilizzati dall’OLP come campi d’addestramento militare. 1984 – L’OLP ripudia il terrorismo. 1987 – Rivolta a Gaza e inizio dell’intifāda palestinese. 1992 – Il laburista Rabin vince le elezioni in Israele. Storica stretta di mano tra Arafat e Rabin nell’iniziativa di pace promossa dal presidente USA Clinton. 1994 – L’esercito israeliano si ritira dalla Striscia di Gaza che passa sotto la gestione dell’OLP. Rabin e re Husayn di Giordania firmano un accordo di pace tra Israele e lo Stato giordano. Premio Nobel per la Pace a Rabin, Arafat e al ministro degli Esteri isrealiano, Shimon Peres. 1995 – Rabin viene assassinato da un estremista israeliano. 2001 – Comincia la cosiddetta Intifada al-Aqsa (Seconda Intifada).
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Media e Tv
Stop allo Spot
Sarkozy elimina gli spot dalla televisione pubblica Indagine fra mossa politica, strategia culturale e rompicapo economico Il presidente Sarkozy
Dal 5 gennaio scorso, per decisione del meno giochi a premi e reality”. presidente della Repubblica francese, sui Certo, un innalzamento della qualità dei canali di France Télévisions è scomparsa contenuti, ma che rischia da un lato di la réclame in prima serata, a partire dalle portare il servizio pubblico ad essere venti in poi. Fra tre anni cesserà di esiestremamente noioso, dall’altro di creare stere. intasamenti di pubblicità: sono infatSi può già parlare di “rivoluzione”, per ti 760 i milioni di euro investiti dalle quella che gli oppositori di Sarkozy indiaziende che nei tre anni dovranno trovacano come la trasformazione del servizio re nuovi spazi pubblicitari. pubblico radiotelevisivo in “Telesarkò”. I Perciò immaginatevi in Italia, dove nel parlamentari verdi e socialisti, attraverso mercato televisivo vige un regime di un duro ostruzionismo, hanno rallentato sostanziale duopolio, quanto vantaggio l’approvazione del provvedimento annunandrebbe alla principale emittenza privaciato dal presidente circa un anno fa. ta. Ciò comporterebbe reali problemi di Prima però di addentrarci più all’interno antitrust, ed un’impennata del costo del della questione, è bene fare una breve canone Rai, come sostiene il suo viceprepanoramica sul sistema pubblico radio- sidente Carlo Leone, il quale ribadisce che televisivo. Esso nasce nelle democrazie “occorrerebbe ribaltare i rapporti pubblidello stato sociale europeo, figlio della ficità/canone, con ripercussioni sui cittadilosofia incrociata per cui, essendo l’etere ni”. di tutti ed il diritto all’informazione uniSempre da un punto di vista economico, versalmente riconosciuto dai vari testi non si può non notare come adesso il sercostituzionali, allora è compito dello stato vizio pubblico francese dovrà reperire forfornire ai cittadini condizioni paritarie di me di finanziamento alternative. Del reaccesso alle informazioni. Finché esso ha sto, la Corte dei Conti d’oltralpe operato in regime di monoha prontamente segnalato che polio, non ha dovuto fare i come coniugare il il bilancio già precario delle teservizio pubblico conti con la pubblicità e con levisioni, rischia di inabissarsi le logiche commerciali di con le logiche di se Sarkozy non farà bene i suoi concorrenza che essa com- mercato? conti. Conti che una commisporta. Ma quando al fianco sione di senatori dell’Eliseo ha di esso si è posta la televisione privata, pensato di far quadrare proponendo una allora si è accesa un’aspra competiziotassa, un canone, su cellulari e computer. ne per acquisire le risorse pubblicitarie, Vale a dire: possiedi un computer? Paghi, che lo ha posto dinnanzi ad un profondo anche se la tv non ce l’hai. interrogativo: come coniugare il servizio Anche questo, mette quindi in luce la difpubblico con le logiche di mercato? E’ ficile situazione in cui parte l’esperimenpossibile fare informazione responto di Sarkozy, il quale però può portare sabile, dovendo fronteggiare anche come prova a suo vantaggio, l’incremento una concorrenza che produce format immediato di ascolti registrato dalle telee generi spettacolarizzanti, che mal visioni di stato: tre milioni di spettatori si sposano con obiettività e complein più la serata inaugurale, con la media tezza? giornaliera di share incrementata di 1,5 Anche la Rai si trova da anni invischiamln. ta in questo complicato problema, e la Ma la “rivoluzione” di Sarkozy, ha, e norma introdotta da Sarkozy ne rapprecome potrebbe non averla, anche una senta una possibile soluzione, soprattutto connotazione politica. Il capo dell’Elida un punto di vista culturale, anche se seo ha infatti deciso che da adesso in poi, difficilmente applicabile nel nostro paese. la nomina del presidente di France TéléviInfatti, il non dover dipendere da regole sions sarà sua prerogativa personale. di mercato, consente un’indubbia emanCosì, ai vertici del network pubblico sarà cipazione dei palinsesti, che, come so- posta una figura gradita al potere polistiene l’antropologo francese Marc Augé tico. Proprio questo ha fatto parlare alle “farà bene al servizio pubblico, con opposizioni di “Telesarkò”. Ma c’è di più. Infatti, è molto forte il legame d’amicizia
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che intercorre fra il presidente francese e Martin Bouyges, proprietario di Tf1, primo canale transalpino e primo beneficiario della mole di pubblicità liberata dalla rete pubblica. Tf1 è schierata a favore di Sarkozy e c’è chi in questo ha visto una riforma in senso “berlusconiano” del panorama televisivo francese. La mossa di Sarkozy apre uno scenario articolato e variabile, in cui le sorti del servizio pubblico radiotelevisivo dipendono da una molteplicità di variabili. Si rischia un impoverimento economico e strutturale di France Télévision, oppure una sua resurrezione da un punto di vista culturale. Al pubblico, a cui non verrà aumentato il canone, l’ardua sentenza. Andrea Lattanzi
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Media e Tv
“Il modello francese non è importabile nel nostro Paese”
Carlo Sorrentino
Così Carlo Sorrentino, docente di Teorie e Tecniche della Comunicazione di Massa a Scienze Politiche sulla depublicité
Quali saranno le conseguenze per il mercato televisivo francese, dopo la decisione di Sarkozy di eliminare la pubblicità sulla televisione pubblica nel prime time, e da qui a tre anni di farla cessare del tutto? Anzitutto bisogna chiarire che l’incidenza della pubblicità sul mercato televisivo
francese è inferiore a quella che ha in Italia, che rimane una clamorosa eccezione nell’intero panorama europeo. Sicuramente aumenteranno le quote pubblicitarie per le emittenti private ed il servizio pubblico andrà verso una settorializzazione: diventerà una televisione più di nicchia. Perché? Perché una televisione senza il vincolo della pubblicità è più libera di impostare i propri contenuti senza mirare ad eccessive spettacolarizzazioni. E’ un dibattito esistente fin dalla nascita delle televisioni private in Europa, che adesso può portare anche la stessa informazione televisiva a liberarsi dagli attuali criteri di notiziabilità, che sono andati ultimamente troppo alla ricerca dell’audience, badando poco ai contenuti. Economicamente, come pensa che la nuova France Télévision reperirà finanziamenti? Sarkozy ha promesso di non ritoccare il canone. Il finanziamento pubblico è fondamentale per le televisioni di stato. Se non aumenterà ci sarà forse un ridimensionamento del servizio stesso. In Italia è importabile il modello francese? Assolutamente no, il modello francese non è importabile nel nostro paese. La cosa più banale è perché noi abbiamo il Presidente del Consiglio che è il principale editore televisivo e se prendesse una decisione del genere sarebbe lapidato. Poi perché anche se Berlusconi non avesse questa carica, in questo nostro sistema
duopolistico, la pubblicità in gran parte si riverserebbe a Mediaset. Dunque la Rai è un “caso disperato”? No, e una riforma è necessaria. Bisognerebbe fare quella cosa ventilata per la prima volta alla metà degli anni ‘70 e mai realizzata per colpa del sistema politico: procedere ad una privatizzazione parziale della Rai, lasciandogli solo un’emittente e riducendo quindi la quota di finanziamenti pubblici destinata al servizio pubblico. Sarebbe una Rai più piccola ma qualitativamente superiore allo standard attuale. Andrea Lattanzi
2008, Rai regina degli ascolti
Il 3 gennaio si è concluso l’anno Auditel 2008: un vero successo per il servizio pubblico. Le reti Rai hanno letteralmente sbaragliato la concorrenza aggiudicandosi sia la prima serata, con una media giornaliera del 44,05% di share, che l’intera giornata, con il 42,29%. Raiuno, rete ammiraglia del gruppo, ha mantenuto la propria supremazia in entrambe le fasce orarie, occupando i primi tre posti della classifica dei programmi più visti: la partita ItaliaFrancia su tutte, seguita da “Viva Radio 2” di Fiorello, e dal discorso di fine anno del Presidente Napolitano. Anche la scelta delle fiction si è rivelata azzeccatissima. “Il commissario Montalbano”, “Rebecca la prima moglie” e “Per una notte d’amore” si aggiudicano i primi posti nella classifica delle fiction più seguite. Risultati molto positivi anche per il portale web, con 1 miliardo di pagine viste e una media mensile di 4,7 milioni di visitatori. Ma il successo della rete pubblica non sembra destinato a finire qui. Il 2009 è iniziato alla stessa maniera: il capodanno #01 - Gennaio 2009
di Carlo Conti (Raiuno) ha sconfitto quello della Perego (Canale 5) e, per quanto riguarda le fiction, “ Tutti pazzi per amore” e “Il commissario Manara” hanno battuto negli ascolti rispettivamente “Dr House” e “Due mamme di troppo”, dirette concorrenti sulle reti Mediaset. Vale la pena di ricordare anche alcune scelte azzeccate tra i telefilm proposti, come “Lost”, giunto ormai alla quinta serie e già diventato cult tra i più e meno giovani. Positivo anche il bilancio delle produzioni RaiCinema. Tra i titoli prodotti come non menzionare la serie televisiva di “Romanzo Criminale”. Vera rivelazione televisiva del 2008, la serie prodotta da RaiCinema e Cattleya e andata in onda su Sky ha stupito tutti, raccogliendo i consensi unanimi di pubblico e critica. Una media settimanale di 400000 spettatori, addirittura più alta delle premiere di film italiani su Sky. Davvero un ottimo lavo-
ro. Ci sarebbe da augurarsi una prima tv sulle reti Rai, ma sembra che la serie, già comprata da Mediaset, sarà trasmessa prossimamente su Italia 1. Per il futuro, l’emittente pubblica è riuscita ad assicurarsi i diritti di 25 incontri (su 64) dei prossimi mondiali in Sud Africa (2010), oltre a quelli delle Olimpiadi invernali di Vancouver 2010 e dei giochi di Londra del 2012. Resta da stabilire se il successo delle reti Rai per il 2008 sia da rintracciare nell’effettiva qualità dei contenuti proposti, piuttosto che nel più basso minutaggio pubblicitario concesso dalla rete. I dati del 2008 parlano di un tetto pubblicitario del 18% per Mediaset, con 1500 spot giornalieri, contro il 12% della Rai. Mauro Andreani
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Rubriche
What women want Bene, ed eccoci arrivati alla parte che tutti aspettavano: l’angolo ‘’Cioè’’. Certo! Perché siamo ragazze con due soli neuroni nel cervello che sbattono tra loro provocando scintille che durano una frazione di secondo! Questo è quello che l’unico neurone maschile potrebbe pensare . ‘’Ah, volete fare una rubrichetta contro i ragazzi che sono brutti e cattivi?!” Coda di paglia? Direi di sì. Le 10 frasi peggiori che un uomo non dovrebbe mai dire ad una donna prima di lasciarla: “Ti voglio troppo bene… sarebbe meglio finirla qui prima di rovinare tutto”. “Sarebbe meglio che tu stessi zitto prima che ti rovini sul serio”. “Sei bellissima, intelligente, simpatica, mi capisci più di chiunque altro e mi rendi felice… sono io quello che «non va»”. “Conosco il numero di una bravissima psicologa.. ops, è una donna. Qualche problema con il sesso femminile?”. “Non posso vivere senza di te… ma forse è meglio prendersi una pausa di riflessione”. “Lascia perdere… riflettere non è mai stato il tuo forte”. “… mi raccomando, però teniamoci in contatto”. “E cosa vorresti raccontarmi? Di quanti calci negli stinchi ti sei beccato all’ultima partita? O di com’è finita con quella ragazza tanto simpatica conosciuta in discoteca??”. “E’ un periodaccio, sono confuso, devo riflettere, non ho le idee chiare su niente… l’unico punto fermo della mia vita sei tu… meriti di meglio”. “Almeno quello che merito o non merito lo lasceresti decidere a me?!? Grazieee”. “La nostra storia sta diventando un po’ troppo seria… non mi sento ancora pronto”. “Ehi Peter Pan, per l’isola che non c’è seconda stella a destra e dritto fino al mattino…”. “Mi dispiace tanto, sono un codardo, ho troppa paura di soffrire”. “La mammina non te l’aveva detto che a giocare con il fuoco c’è il rischio di bruciarsi?” “Sono molto impegnato, troppo in questo periodo per dedicarti il tempo di cui hai bisogno…”. “L’unica cosa di cui non ho bisogno è di qualcuno che considera riguardarsi tutte le puntate di Holly e Benjy, I Griffin, I Cavalieri dello Zodiaco e DragonBall una missione umanitaria!” “Ti prego non piangere… mi distrugge vederti così”. “Bugiardo ed egoista fino alla fine!”. “Preferirei averti come amica”. “Io preferirei vederti agonizzare”. Insomma, qui si dicono le cose come stanno! Come stanno per certi versi e come ipotizziamo che siano... come vorremmo che fossero... o come ci dicono che sono, ma poi non sono... Diciamo le cose più o meno come stanno... o non stanno. Forse. Non c’è verso, neanche a cercare di essere ventunenni con abbastanza esperienza di vita sulle spalle, ovviamente negativa, verso il genere maschile, non riusciamo ad essere sicure neanche di quello di cui parliamo. Come direbbe un caro amico “alta paranoia”. E’ impossibile evitarla. Il problema alla base di tutto è la cavalleria, che non è morta, ha preso solo una svolta diversa. Ormai è un dato di fatto: gli uomini hanno deciso di aspettare che a fare il primo passo sia la donna. Non ci provano neanche a farsi vedere interessati, stanno lì e aspettano. Di conseguenza ormai siamo noi a notare, lanciarci, corteggiare il divo di turno, che per accrescere la sua autostima si farà desiderare fino all’infinito. E una volta che la preda è stata catturata, si fanno coccolare, desiderare e cercare, dicono una cosa e poi ne fanno un’altra, lunatici, permalosi, mai contenti… Basta! Come se non bastasse si lamentano delle nostre mille paranoie. Ovvio, siamo donne, la paranoia ce l’abbiamo nei geni. Il problema è che se volete la vita facile e avete deciso di scioperare, la conseguenza è questa. E le paranoie ve le prendete. Alessandra Giachetti Veronica Mariella
IL CERCHIO DELLE BESTIE Introduzione Cari lettori, so che sembro un idiota che scrive castronerie, ma vi assicuro che tutto quello di intelligente che scrivo viene censurato dal Direttore… A voi non resta che leggervi quel che resta, cioè il mio oroscopo. P.S. Questo mese non metto le bestie guida, non per mia volontà, ma per volontà del mio computer che ha deciso che internet mi fa male e quindi mi ha privato di questo importante mezzo, indispensabile per la comprensione degli astri e soprattutto per la ricerca delle date di nascita delle Star. Ariete: (Dal 21 marzo al 20 aprile) Chiuso per eccesso di ribasso… Ehhh,c’è crisi dappertutto.
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Toro: (Dal 21 aprile al 21 maggio) Azioni in ribasso per il Toro che va male anche in campionato. Gemelli: (Dal 22 maggio al 21 giugno) CONSIGLIO: vestitevi diversamente dal vostro gemello, una cosa che non si può vedere sono i gemelli vestiti nello stesso modo, già… Cancro: (Dal 22 Giugno al 22 Luglio) Vi lamenterete del mio oroscopo definendolo “scadente”, verrete carbonizzati da un fulmine dopo pochi secondi. Punizione Divina. Leone: (Dal 23 Luglio al 22 Agosto) Un uomo con una maschera da portiere d’hockey e una motosega rombante sfon-
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Rubriche
Tutto quello che mi fa girare gli ingranaggi Mi fa girare gli ingranaggi Piero Chiambretti che, portando Piersilvio Berlusconi in un circolo ARCI - “oddio pensavo mi menassero, ma gli ho regalato l’abbonamento Mediaset Premium”- ha voluto sdrammatizzare e far passare quasi come una cosa gaia il fatto che da quest’ anno lavora per Mediaset: “Devo pur lavorare, lo hanno fatto anche altri”. Mi fa girare gli ingranaggi (ma tanto) Cioni (con annesso tutto il resto dell’ entourage del buon Domenici), il quale, in vista delle amministrative, ha pensato bene di interessarsi al manto stradale della sua città, tappando diverse buche e riasfaltando qua e là, cosa mai fatta a memoria d’uomo. Ergo, non solo lo fai adesso per farti rieleggere, ma lo potevi già fare prima e non lo hai fatto: vergogna. Mi fa girare gli ingranaggi, ma soprattutto ridere, l’accorto ministrello Brunetta, sempre capace di trovare un modo per sembrare a modino lui e fancazzisti gli altri: quest’ultima è cosa non rara, per carità, ma molto dipende da che pulpito arriva la predica e, soprattutto, da come le effettive proposte siano effettivamente ponderate, frutto di maturata esperienza (e competenza) e non di borbottii cerebrali da finto primo della classe. L’esempio parla da solo: riguardo alla proposta dei tornelli per i magistrati, sia Travaglio che Carofiglio (giudice e senatore) hanno fatto notare al ministro che un magistrato, essendo un dirigente, NON ha orari di lavoro; non solo: un magistrato, così come un pm, quando non è in ufficio, è in tribunale, oppure a casa a studiarsi una pratica; un pm ad indagare o a fare rogatorie, viaggiando a spese sue. La maggior parte del lavoro avviene dunque in trasferta, ed è demenziale imporre orari di lavoro per chi fa questo mestiere. Cito Travaglio per chiarezza e vi consiglio, per farvi due risate, di leggervi tutto l’articolo (“l’Unità”, 3 Novembre 2008)
o di guardarvi l’intervista rilasciata da Carofiglio ad “Otto e mezzo”: “un fannullone può restare in ufficio anche 24 ore su 24, così fa contenti Brunetta e i suoi tornelli, e continuare indisturbato con la battaglia navale e le parole crociate (infatti il Csm calcola la produttività delle toghe non sulle ore lavorate, ma su indagini e processi effettivamente svolti) […] con i tornelli, giudici e pm potrebbero lavorare 36 ore a settimana, secondo il contratto del pubblico impiego, ore 8-14 dal lunedì al venerdì, poi andarsene a spasso o restare in ufficio e guadagnare il doppio con gli straordinari” . Come dice lo stesso Carofiglio, Brunetta NON PUO’ aver fatto questa proposta. Se lo avesse fatto, dimostrerebbe un’ ignoranza in materia indegna di un ministro. Però lo ha fatto. Mi fanno girare gli ingranaggi tutti quei professori che pensano all’ ”insegnamento” come un qualcosa di collaterale al proprio mestiere, ritenendosi in primis scienziati, e professori a tempo perso. Come non capire che l’ utilità, il “merito” (per dirla come quel p***a di Brunetta) di un professore si misura con la sua capacità di rendere la sua ricerca materia di divulgazione? E dove comincia la divulgazione? Nelle aule universitarie! Non è più bravo (o più “produttivo”, come direbbe qualche deviato) il professore che fa più ricerca, che pubblica più articolini, ma colui che ne fa BENE PUBBLICO, che la rende SOCIALMENTE UTILE, che ne discute CON I SUOI ALLIEVI, che arricchisce i programmi, che muove i cervelli. Mi fanno girare gli ingranaggi coloro i quali, senza parteciparvi, hanno definito la protesta studentesca “fiacca”, oppure chi ci ha definito “pericolosi nuovi sessantottini” (lasciamo perdere l’analisi grammaticale, che fa rizzare i capelli). Insomma, o molli o temibili. Vi informo che nel mezzo, tra il fiacco e il violento, può esserci tanta creatività, tanta voglia di cambiare espressa con pochi mezzi e senza usare la propria libertà a scapito di quella altrui. Ma questo voi non potete saperlo. Solo chi PARTECIPA, a modo suo, sa come stanno le cose. Le parole di chi guarda, non contano. Infine, riguardo ad un ultimo fatto (di ben più bassa caratura espressiva), non sapendo a chi attribuire la colpa, limiterò a farmi girare gli ingranaggi inveendo sul solo motivo del mio disappunto: ultimamente (tre mesi?) l’acqua del rubinetto, o se preferite “dissindaco”, sa di culo: questo costringe Bastiano a comprare Uliveto. Ebbene questo mi fa girare gli ingranaggi. Cloro al clero, Bastiano
L’acqua del rubinetto? Sa di culo
derà la porta di casa vostra alle ore 21.00 mentre prendete in giro vostro fratello più piccolo :«Dai! Non c’è nessun mostro nel buio!».
to. Vita da Aracnide.
Vergine: (Dal 23 Agosto al 22 Settembre) Sìììììììì, come No!
Sagittario: (Dal 23 novembre al 21 dicembre) I Sagittario non sbagliano e quando sembra che sbaglino in realtà stanno percorrendo una via alternativa… migliore della via principale.
Bilancia: (23 Settembre e il 22 Ottobre) Tutti vi temono e vi evitano in questo periodo post-natalizio e avete il coraggio di chiedervi il perché??????? Panettone, Panforte, Pandoro e Cenone, ecco il perché!
Capricorno: (22 Dicembre e il 20 Gennaio) Due ore che penso all’oroscopo del Capricorno, due ore che provo a leggere nelle stelle l’intricata situazione di questo segno, due ore che indago su questo mistero astrale e il risultato è… BOH!
Scorpione: (23 Ottobre al 22 Novembre) Una risoluta massaia vecchio stampo vi troverà sul pavimento di casa, non sarà intimorita, e anzi afferrando la sua scopa vi disintegrerà con un colpo ben assesta-
Acquario: (Dal 21 Gennaio al 19 Febbraio) Babbo Natale non esiste, sconvolti?
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Pesci: (20 Febbraio al 19 Marzo) Oh, tutte le volte la stessa storia, dodici segni zodiacali svelati al mondo nella loro complessità, lavorando in condizioni tragiche (senza una mappa astrale, un telescopio o un Sorrisi & Canzoni da cui copiare qualcosa) e soprattutto senza essere neanche retribuito. Basta, mi sono rotto… SCIOPERO! Agli amici nati sotto il segno dei Pesci consiglio Venditti o la mia economica “linea delle stelle”. Chiamate il 144-123-321 e fate di me una persona ricca… di consigli da elargire. Il “Vostro” Bugiardo di fiducia
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Musica, Cultura, Spettacolo
L’Editoriale:
Sottosuolo e sottosuono Underground. Dall’inglese, “sottoterra”, o “sottosuolo”, per estensione, metropolitana, o rete idrica sotterranea. Inglesismo mutuato dal linguaggio ingegneristico e trasposto in una cinquantina di lingue mondiali. Un esempio da manuale di “Globish”. Tuttavia, sono in pochi a conoscere il vero significato di questo termine, in grado di evocare culture, suoni e ritmi da mondi opposti. Multietnico, raggiunge allo stesso momento qualsiasi orecchio che non sia stato già a assordato dalle mille voci, tutte quasi uguali, della Babele globale che oggi chiamiamo Mainstream (altro inglesismo, pensa te). Stiamo scrivendo in una pagina musicale, e sarà di musica che dovremo occuparci, ma ritengo importante specificare che l’Underground non è solo musica; l’Underground ospita al suo interno ogni nuova idea, corrente, o stile artistico che non ha ancora preso coscienza di sé stesso. Nelle calde viscere dell’Underground sguazzano liberi tutti quegli artisti, o gruppi di artisti, che non sono ancora pronti a “bollarsi”, ad abbandonarsi nel rassicurante senso di appartenenza proprio dei cosiddetti Generi. L’Underground sfugge alle logiche di condivisione e comunicazione massificate proprie del Mainstream, dove il messaggio preconfezionato viene affidato alla radio, o alla tivù musical - commerciale di turno, e a suon di heavy rotation viene marchiato a fuoco nell’orecchio passivo del target designato: l’arte Underground non trova spazio nell’etere saturo sopra le nostre teste, ma vive e pulsa sotto di noi, under the ground appunto, in un sottosuolo dove “media” significa radio indipendenti, flyer, passaparola. Si può vivere nell’Underground, come si può restarci per lo stretto periodo necessario a poter uscire “fuori”, verso palcoscenici più grandi e cachet più ricchi. Certi musicisti scelgono di “farcela”, di crearsi una carriera senza passare mai per ALL Music. Alcuni per via del proprio genere musicale non commerciabile, alcuni per scelta; piano, però, a bollare questi ultimi come idealisti cocciuti, magari anche un po’ “sfigati”, nel senso nobile del termine: basterà citare artisti come Neffa (quando faceva rap) o Kaos One nel mondo dell’hip hop, o Marta sui Tubi e Tre Allegri Ragazzi Morti in quello del rock, per ottenere valida prova di come si riesca a fare successo, e anche qualche soldo, senza mai vincolarsi ad una major. Proprio in questo spirito nasce a metà anni Ottanta la filosofia dell’indie: suonare liberi, proporre musica indipendente, sottrarsi alle sterili regole generistiche. Appunto. Non era un genere e non aveva un “sound”. Non c’entrava nulla con l’etichetta data oggi ad ottimi gruppi come Franz Ferdinand o Fratellis o Oasis: l’indie, che nasceva dal sottosuolo come un monumentale dito medio all’idea stessa di genere musicale, morì diventandone uno a sua volta. Non impareremo mai...
Note dal sottosuolo:
Copertina dell’album “Noir”
Studio Staff:Noir
Prendete una cittadina come tante della Romagna, sessantamila abitanti o poco più. Levatele una scena musicale autonoma, ed ogni iniziativa volta ad alimentarla. Aggiungete conformismo adolescenziale, e pochezza, in forti dosi. Estirpate ogni traccia di apertura mentale verso stimoli sonori dalla gioventù media locale. Fatto? Bene: avrete un chiaro quadro del terreno ostile di cui stiamo trattando. Musicalmente parlando, non certo il campo migliore per cercare di far crescere un’idea, uno stile, un movimento. La cittadina di cui stiamo parlando esiste davvero: proprio qui, a due passi da Bologna (ma molti meno dalla noia), dove la triste dipartita dell’Heineken Jammin’ Festival ha ridotto gli eventi musicali degni del nome a due l’anno, e a “tirare” sono solo cover band e dj house commerciali, nasce il gruppo Underground di questo numero. Loro si chiamano LoStudioStaff, suonano rap, e fanno sul serio. Da sempre controcorrente, il terzetto nasce prima dell’esplosione griffata e pacchiana dell’hip hop in plastica vista negli ultimi due o tre anni sui teleschermi. Prima di pellicce, diamanti e Lamborghini nei video musicali. Le origini risalgono ai primi “anni duemila”, giorni in cui il linguaggio del rap nelle piccole scene italiane era compreso da pochi appassionati, un poco disillusi, a volte derisi, ma in genere ignorati. Nasce da un gruppo di ragazzi, e passione coltivata in pomeriggi attorno al cemento di un campo di basket e in serate passate a progettare i primi incastri di sillabe. Con gli anni, passano date, collaborazioni e registrazioni, migliorano tecnica e reputazione, in un crescendo che porta dritto fino al primo, ambizioso lavoro completo dei nostri: Noir, il disco Underground di questo numero. Noir contiene quattordici brani studiati e perfezionati a lungo, con una grande varietà di temi, toni e registri. Nonostante questo, possiamo considerarlo per certi versi un concept album, un disco costruito intorno ad un’idea di approccio che i tre cercano di mantenere costante in ogni canzone. Trasgressività, raffinatezza e sincerità. Uno stile che – quasi sempre – è possibile rintracciare nell’album, dalla trascinante opener “Che ne sarà di noi” alla durissima “Dietro l’angolo”, dalla denuncia di “La voce della gente” all’ironia crudele di “Provincia Hard”. Le voci dei due cantanti Anghelos e Claw tessono interessanti trame metriche sulle basi del produttore Masta, mettendo in mostra una varietà di registro invidiabile: dalle tastiere anche un po’ modaiole del ritornello di “Bengala Harmony”, è un attimo ritrovarsi smarriti, lo sguardo perso nel vuoto, quando dalle casse escono le scale minori e le sincopi di “Lacrime di Musa”. Sì, ci sono: “eclettico” è la parola che stavo cercando per definire questo massiccio, importante lavoro indipendente. Un disco che lancia lo Staff tra le tante interessanti realtà del panorama emergente italiano (si vedano le buone recensioni dei principali magazine in materia), un album fortemente ispirato, estremamente Underground. Ve lo consiglio. Giovanni Macca
Giovanni Macca
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Musica, Cultura, Spettacolo
Franz Ferdinand Di nuovo in Italia
Nuovo disco e nuove date in Italia per i quattro di Glasgow. I Franz Ferdinand sono già una delle esportazioni britanniche di maggior successo di questo decennio, e con il nuovo album “Tonight” ci ricordano ancora una volta per quale motivo. La band ha trascorso il 2007 lavorando al nuovo materiale prima di entrare, col produttore Dan Carey, nello studio privato ed auto-costruito all’interno di un palazzo vittoriano di Glasgow. Il risultato sono 12 canzoni robuste e carismatiche come quelle che li hanno resi famosi, con pezzi come “Can’t Stop Feeling”, “Katherine, Kiss Me” e “Ulysses” destinati a diventare dei nuovi classici con la chiara firma Franz Ferdinand: batteria da discoteca, riff di chitarra sorprendenti e ritornelli pungenti. E’ un disco decisamente coinvolgente, pieno di linee di basso contagiose e testi taglienti. Il nome fa riferimento proprio all’arciduca d’Austria la cui morte, avvenuta il 28 giugno 1914, diede inizio alla Prima Guerra Mondiale. Sono esplosi sulla scena musicale nel 2004, con la contagiosa “Take Me Out” ed il loro album di debutto “Franz Ferdinand”, nominato al Grammy, uno dei dischi più freschi ed energici dell’anno. Il disco ha varcato i confini internazionali con hit come “The Dark Of The Matinee”, “Michael” e “This Fire”, ed ha vinto il disco di platino in diversi Paesi inclusi gli Stati Uniti. In Inghilterra l’album si è guada-
gnato il Mercury Music Prize e raccolto due BRIT Awards, per “Best Group” e “Best Rock Act”, oltre ad un Ivor Novello Award per la composizione. Grazie a due nomination la band si è esibita alla cerimonia dei Grammy di Los Angeles nel 2005. “Take Me Out” è stato eletto come uno dei migliori singoli dell’anno dalla maggior parte delle inchieste di fine anno della stampa specializzata. Nonostante un’attività costante in supporto del suo primo lavoro, la band si è presa solo una breve pausa prima di rientrare nei suoi studi scozzesi, ed in un nuovo studio a New York, per registrare il suo secondo album. Il 2005 è stato infatti l’anno di “You Could Have It So Much Better… With Franz Ferdinand”, che è entrato direttamente al primo posto delle classifiche inglesi, al numero 8 della Billboard, e nella top 10 delle classifiche di altri 18 Paesi. Il disco ricopriva un territorio musicale più ampio rispetto al primo, e conteneva un’altra manciata di successi: “Do You Want To”, “Walk Away”, “The Fallen”, e “Eleanor Put Your Boots On”. I Franz Ferdinand hanno continuato la loro scalata mondiale con un tour che ha toccato Australia, Giappone, Russia e Sud America.
Copertina dell’album “You Could Have It So Much Better”
Adesso l’occasione di rivederli finalmente in Italia. DOMENICA 29 MARZO 2009 - BOLOGNA - ESTRAGON LUNEDI’ 30 MARZO 2009 - MILANO – ALCATRAZ Francesco Guerri
Ciao Fabrizio Nessun articolo, nessuna biografia, nessun memoriale: soltanto parole per salutare Fabrizio De Andrè. Come quelle che lui ha usato, da cattivo maestro e buon amico, per tanto tempo, dicendo a tutti cose diverse ma alla stessa maniera, con le stesse canzoni. Sarebbe fin troppo semplice ricordarlo per la sua poesia, per le sue idee, per la sua scorrettezza. Opportunistico sfruttarlo per insipidi pretesti politici. Superficiale bollarlo come istintivo contestatore. Noi lo ricordiamo così, semplicemente, con alcune delle sue righe. “Penso che non è che i giovani di oggi non abbiano valori, hanno sicuramente dei valori che noi non siamo ancora riusciti a capire bene, perché siamo troppo affezionati ai nostri”
#01 - Gennaio 2009
“Benedetto Croce sosteneva che fino a 18 anni tutti scrivono poesie, poi quelli che continuano a farlo o sono poeti o sono cretini. Per non rischiare, preferirei chiamarmi cantautore.” “Non chiedete a uno scrittore di canzoni che cosa ha pensato, che cosa ha sentito prima dell’opera: è proprio per non voleverlo dire che si è messo a scrivere. La risposta è nell’opera.” “Questo nostro mondo è diviso in vincitori e vinti, dove i primi sono tre e i secondi tre miliardi. Come si può essere ottimisti?” “Senza patria” la Redazione
Foto: isole.contropotere,it
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Musica, Cultura, Spettacolo
reggae, un po’ di storia
Origini, artisti ed evoluzioni della musica giamaicana Il reggae è un genere musicale proveniente dalla Jamaica. Quest’isola dell’America del sud è stata da sempre il principale punto di arrivo per gli schiavi africani che da lì erano distribuiti in tutta l’America. Fu il centro di smistamento di tutti gli schiavi provenienti soprattutto dalla Nigeria e dall’Etiopia. È forse per questo motivo che ancora oggi in questa terra si notano un senso di avversione verso il mondo capitalista (babilonia) e un desiderio di ritornare nella terra madre. Due elementi, questi, che si trovano in molte delle canzoni reggae jamaicane. Prima di parlare di musica reggae, però, bisogna capire da cosa nascono i ritmi e le vibes che hanno fatto conoscere la Jamaica in tutto il mondo. Tutto parte, come dicevo, dalla tratta degli schiavi, i quali portarono i ritmi africani delle loro terre in America. Principalmente, sono due gli stili dai quali attecchiscono le radici del reggae: il calypso e il mento. Il calypso è un genere musicale folcloristico che era utilizzato come mezzo per comunicare tra gli schiavi nelle piantagioni e che subì molte censure a causa del contenuto politico che trattava, denunciando le cattive condizioni di lavoro e di vita degli schiavi. Questo stile musicale, con ritmi in levare, trovò il suo culmine negli anni ‘ 60. In questo periodo, le frequenze radio, dalla florida potevano arrivare fino in jamaica dove si inizia a diffondere il rythm and blues. Fondendo insieme questo genere musicale con i ritmi in levare, nasce lo ska. Questo genere era caratterizzato inoltre dalla presenza dei fiati che lo rendevano più ritmato e dinamico. E’ soprattutto nel ‘ 62 che lo ska diventa la musica di tutti i jamaicani. In questo periodo, infatti, la Jamaica si rende indi-
Da sinistra: Bob Marley, Mick Jagger e Peter Tosh
pendente dall’ Inghilterra. Tutti sentivano la necessità di fare festa, di divertirsi dopo tanti anni di colonialismo britannico e lo ska muove le sue prime note in questo scenario, facendo da colonna sonora ad un popolo che voleva essere libero di divertirsi nelle strade. Ancora oggi si possono ballare canzoni tipicamente ska come “oh boy lollypop” di Millie Small, che comunicano il clima festoso nel quale nacque questo tipo di musica.
due maestri: Bob Marley e Peter Tosh
Pochi anni dopo, nel 1967, sembra tramontare questo genere musicale per lasciare il posto ad una sua evoluzione: il rocksteady. Questo, in sostanza, si avvicina molto allo ska ma il ritmo e le vibes sono leggermente più lente, il piano subentra ai fiati e il basso assume un ruolo centrale. Nasce intorno al 1966, quell’anno sem-
ragga raggay reggae
Toots and The Maytals
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bra vi fosse stata un estate molto calda e la gente si lamentava dei ritmi troppo elevati poiché con quel clima non riusciva ballare una musica veloce e ritmata come lo ska. Decisero quindi di rallentare il tempo e presero il nome dello stile musicale da una delle canzoni più popolari in Jamaica quei tempi: “rocksteady” di Alton Ellis. I testi dello ska erano meno politicamente impegnati rispetto a quelli del nuovo genere e tra gli artisti principali dell’epoca c’erano nomi come Desmon Dekker, lo stesso Alton Ellis, Max Romeo e una giovanissima band chiamata The Wailers con alla voce due maestri: Bob Marley e Peter Tosh. Si arriva cosi al reggae. Questo racchiude dentro di sé tutte le caratteristiche dei generi precedenti: il calypso, la musica rasta, i ritmi in levare, testi impegnati, lo ska e il rocksteady. I motivi di questa nuova evoluzione sono stati principalmente il desiderio di un ritorno a dei ritmi più veloci e la nascita di nuovi produttori che vedevano nei sound system, delle radio ambulanti che diffondevano musica per le strade jamaicane, una fonte di guadagno poiché sempre più persone si avvicinavano alla musica. Iniziano a comparire sulla scena personaggi come Lee Scratch Perry, uno dei padri del ritmo reggae, e gruppi come The Maytals che con il loro pezzo “do the raggay” segnano il punto di svolta. Le caratteristiche del reggae sono principalmente le massicce linee di basso, le chitarre in levare che prendono il posto dei fiati e il rimshot, quando il batterista colpisce sia la pelle che il cerchio in metallo del rullante. All’inizio non si sapeva come definire il genere anche perché aveva delle sonorità molto grezze e si definì in un primo momento come “ragga”, ovvero grezzo e vecchio, passando poi per “raggay” e infine a “reggae”. Dopo questa fase le melodie non erano più così grezze come le prime e si arrivò #01 - Gennaio 2009
Musica, Cultura, Spettacolo a delle sonorità più leggere tipiche dello stile one drop o roots reggae. Ed è in questa fase che il reggae viene conosciuto non solo in Jamaica ma in tutto il mondo, grazie alla voce di Bob Marley (voce del verbo reggae) che inizia a diffondere in Europa e nel mondo gli ideali e i ritmi del reggae. E’ questo il periodo di massima espansione, anche grazie ad artisti come Jimmy Cliff e i Toots and the Maytals, dei ritmi giamaicani. Ultima evoluzione, non troppo entusiasmante, è stato il dj style, ovvero la nascita della dancehall. Elementi essenziali della dancehall sono principalmente l’uso dei vinili per riprodurre basi campionate sulle quali viaggiano le liriche del vocalist, improntate meno sugli ideali di correttezza, rispetto e pace tipici della musica reggae e più su ideali di violenza, omofobia e delinquenza tipici dei rude boy (ragazzi cattivi). Tutte le evoluzioni che si hanno nel mon-
do della musica, dell’arte, della cultura hanno come elemento comune sempre la presenza di qualcuno che crede nei propri sogni, che lavora per realizzare gli stessi, riuscendo a comprendere prima quello che la massa capirà a qualche anno di distanza. Il segreto è proprio quello: sognare. Come diceva lo stesso Bob Marley:” chi ha paura di sognare è destinato a morire”. Giuseppe Di Marzo
sopra: la locandina del film di Folman a lato: Clint Eastwood
2009 ottima annata Si annuncia un’annata interessante, visti i graditi ritorni che ci aspettano in questo 2009. Sono tanti i nomi di punta della cinematografia mondiale, in particolare a stelle e strisce, che presenteranno le loro nuove opere nella prima parte dell’anno appena iniziato. Il primo nome che vi faccio è quello di un film che è in questi giorni nelle sale, “Valzer con Bashir” dell’israeliano Ari Folman , un toccante e angosciante film d’animazione di rara intensità e grande originalità , purtroppo quanto mai attuale in questi giorni bui. Questa stupenda unione di sogno e realtà è stata giustamente candidata all’oscar come miglior film straniero e dispiace dirlo, ma per “Gomorra” di Matteo Garrone ci sono ben poche chances di portarsi a casa la statuetta. Già si è diffuso uno squallido e falso patriottismo , in giro si sentono frasi del tipo “si sa che l’Academy è una lobby ebrea” o “ovvio che abbia vinto il Golden Globe (l’anticamera degli Oscar) perchè in questi giorni inmpazza la guerra a Gaza”, prima di parlare e di lanciarsi in squallide affermazioni pseudo-intellettuali e vagamente (vagamente?) razziste invito tutti ad andare a vedere il più bel film del mese. #01 - Gennaio 2009
Come se a questi soggetti importasse davvero qualcosa dei premi Oscar. Dicevamo dei grandi e graditi ritorni di questa nuova annata cinematografica e la lista è veramente lunga: Gus Van Sant con “Milk”, la vera storia del primo politico americano dichiaratamente omosessuale, cioè Harvey Milk, che avrà il volto di Sean Penn ; Terry Gilliam ci porta ancora una volta nei suoi universi surreali con “Parnassus”, ultima interpretazione di Heath “Joker” Ledger ; Sam Mendes riunisce la coppia d’oro di Titanic, Di Caprio-Winslet nel drammatico “Revolutionary Road” e David Fincher ritorna dopo l’ottimo Zodiac con “Il curioso caso di Benjamin Button” con un Brad Pitt in versione “Un’altra giovinezza” nel senso che anzichè invecchiare ringiovanisce. C’è inevitabile attesa per il super film di Steven Soderbergh su Ernesto Guevare detto “Chè”, che è poi anche il titolo . Uscirà in due parti e già si sprecano le lodi per Benicio del Toro, uno degli attori con più talento al mondo e che può vantare una straordinaria somiglianza fisica col leader della rivoluzione cubana. Auguro tanto successo ai film “The wrestler” di Aronofosky, già trionfatore a Venezia e al nuovo di Michael Mann, “Public Enemies”, con un Johnny Depp che
finalmente ritorna a fare l’attore vero senza make up o accenti pirateschi. Altri film che potrebbero rivelarsi interessanti, sono “Il dubbio” con Meryl Steep e Philipp Seymour Hoffman e “Gran Torino” del sempre verde (e sempre bravissimo) Clint Eastwood. E in Italia? Mah, si può solo sperare in Michele Placido e Marco Bellocchio, rispettivamente con “Il grande sogno” e “Vincere”. Forse anche in “Italians” di Veronesi, ma lasciamo stare il paragone con Monicelli. Piccola parentesi su Cannavaro Fabio, capitano della nazionale italiana di calcio, riferendosi al film “Gomorra” ha detto: “Non penso che gioverà all’immagine dell’Italia nel mondo. Abbiamo già tante etichette negative”, chissà perchè abbiamo così tante etichette negative, in fondo gli italiani sono tutti brava gente... Francesco Cecchini
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Frasi da libro
L’insostenibile leggerezza dell’essere, M. Kundera Mi ha colpito la faccia soddisfatta della ragazza accanto a me in libreria. Vi è mai capitato di passare pomeriggi freddi dentro le librerie del centro? Succede spesso che gli sguardi tra le persone alla ricerca di una buona lettura s’incontrino e questi incroci, vi assicuro, non risultano mai banali. Quel pomeriggio mi sono diretto alla “k”, tra i libri di narrativa. Inizialmente rimasi male. Di Kundera erano rimasti soltanto pochi romanzi e non quello che mi interessava. Guardandomi intorno, vidi questa ragazza che mi fissava speranzosa. Sperava che io comprassi quel libro, come se l’acquisto sancisse un segreto patto tra di noi. Appena vide che afferravo “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, mi sorrise soddisfatta. Aveva visto la mia sicurezza nel cercare quel libro in particolare e questo le aveva fatto capire che anch’io sapevo quanto fosse pesante portare la leggerezza del nostro essere. E questo ci metteva sullo stesso piano, in una
sconosciuta sintonia. È una bellissima storia d’amore, ma è anche un romanzo che parla nei suoi risvolti del ‘68 in Repubblica Ceca, del dominio sovietico. Un libro parla da sè. Devo quindi mettermi a fare un’analisi dell’amore tra Tomas e Tereza o tentare di espletare il dubbio della scelta Leggerezza-Pesantezza? O forse devo solo mettermi a scrivere una serie di parole accattivanti per consigliarvi un libro, per farvelo comprare? NO! Qui la scelta la fate voi. Siete voi a decidere se intraprendere questo viaggio. Vestendo ambiziosamente i panni virgiliani, vi indicherò una strada... (...)Non si può mai sapere che cosa si deve volere perchè si vive una vita soltanto e non si può ne confrontarla con le proprie vite precedenti, né correggerla nelle vite future...l’uomo è come un attore che entra in scena senza aver mai provato.(...) (...)Il sogno non è soltanto una comunicazione, ma anche un’attività estetica(...)Il sogno è la prova che immaginare, sognare ciò che non è accaduto, è tra i più profondi bisogni dell’uomo. Qui sta la radice del perfido pericolo del sogno.
(...)Ci sono cose che si possono realizzare solo con la violenza. L’amore fisico è impensabile senza violenza.(...) (...)Fare l’amore con una donna e dormire con una donna sono due passioni non solo diverse ma quasi opposte. L’amore non si manifesta col desiderio di fare l’amore(desiderio che si applica a una quantità infinità di donne), ma col desiderio di dormire insieme(desiderio che si applica ad un’unica donna).(...) (...)Non è ossessionato dalle donne, ma da quello che in ciascuna di esse c’è di inimmaginabile, in altre parole, è ossessionato da quel milionesimo di diversità che distingue una donna dalle altre donne.(...)solo nella sessualità il milionesimo di diversità si presenta come qualcosa di prezioso perchè è inaccessibile pubblicamente e bisogna conquistarlo. (...) Solo cinque lettura.
frasi...Basteranno...Buona Edoardo Amato
In viaggio con Schoen Questa volta andiamo in Olanda...
P
aese dove i ragazzi italiani storicamente si recano per la sua apertura nei confronti delle droghe leggere e per la vivacità tipica delle sue città.
I ragazzi intervistati studiano nelle due maggiori città olandesi, Amsterdam e Eindhoven; sentiamo cosa ci dicono del paese dove tutto è permesso.
dipendente. Mi sento sempre sicura a qualsiasi ora e non mi sono mai trovata in situazioni potenzialmente pericolose. Gli olandesi sono molto disponibili, e al contrario di quel che si pensa non sono freddi, soprattutto gli uomini. Gli affitti sono abbastanza cari, io vivo negli alloggi universitari che sono i più economici ma spendo comunque 350
-Rosa, 20 anni, in erasmus ad Amsterdam -Stefano, 25 anni, studente ad Eindhoven Prime impressioni sulla città (gente, vita, alloggi, prezzi, ecc) Rosa - La prima impressione è ottima; ad Amsterdam si vive bene perché non è troppo grande ma nemmeno troppo piccola; la giri tutta con le biciclette che trovi in giro grazie all’ottimo sistema di noleggio e questo ti rende totalmente in-
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euro per una doppia mentre se vai a fare la spesa spendi quasi come in Italia. È una città molto divertente e in qualsiasi giorno trovi qualcosa di diverso da fare.
Stefano - La città è pulita e tranquilla, nonostante dicano che sia la quinta città olandese più pericolosa (è anche la quinta per densità di popolazione, quindi…). Andando a vivere ad Eindhoven ho trovato molti vantaggi come l’indipendenza dai genitori, il fare nuove amicizie, staccarsi dalla routine italiana e migliorare il mio inglese, ma anche molti svantaggi come la durezza della lingua olandese, l’orario assurdo dei negozi ( chiudono alle 18.00) e la pioggia quasi costante. Come tutte le città olandesi, a parte Amsterdam, anche Eindhoven è divisa in zone (quella residenziale, quella dei pub, quella universitaria, ecc). Una cosa molto civile è che tutti i locali, i centri culturali, le discoteche e i ritrovi, si trovano a non più di dieci minuti dalla stazione ferroviaria, questo perché gli olandesi non usano molto le auto e molti studenti non hanno neanche la patente. Il motivo è semplice, treni e biciclette costano poco e ci sono forti sconti per gli studenti. Trovare un alloggio è un problema perché ci sono poche camere doppie quindi il prezzo si alza, tra i 260 e 450 euro. Il prezzo della spesa è abbastanza basso a mio parere perché qui mangiano per nutrirsi, non hanno la nostra concezione del #01 - Gennaio 2009
Musica, Cultura, Spettacolo un tipico passatempo degli studenti olandesi e non è ritrovarsi in bar e localini gestiti dagli studenti stessi sparsi in tutta la città, dove puoi cenare e bere a poco prezzo. Ad Amsterdam esistono poi gli “squat” (case occupate dentro le quali è tollerato quasi tutto) che spesso organizzano serate o cene sociali.
mangiare per piacere.
alla materia.
Università, le differenze con l’Italia (lezioni, programma, attività, funzionalità).
S - I primi tempi l’universita qui sembra un paradiso: edifici nuovi, moltissimi pc a disposizione degli studenti, professori molto gentili, attrezzature all’avanguardia e soprattutto gratuite. Dopo qualche tempo ti accorgi che in fondo sono simili a noi; lezioni poco interessanti, professori incompetenti o troppo “easy going”.
R - Il sistema universitario ovviamente funziona meglio che in Italia. All’ufficio degli studenti internazionali praticamente ti conoscono per nome e ti danno una mano per qualsiasi necessità. La didattica è organizzata in tutt’altro modo rispetto all’Italia; le classi sono da massimo 25 persone, la frequenza è obbligatoria e abbiamo i compiti a casa settimana per settimana, mentre l’esame finale è di solito una tesina su un argomento a scelta. All’inizio è difficile abituarsi al metodo di insegnamento, ma una volta presa la mano forse è anche meglio perché qui puntano molto sulla pratica, almeno nel corso di antropologia, al contrario dell’Italia. I professori sono molto preparati e disponibili, se sei straniero ti aiutano e ti spronano a partecipare e ad interessarti
I divertimenti tipo degli universitari (locali, feste, ritrovi culturali). R - Qui vengono organizzati molti eventi apposta per gli studenti internazionali, l’Università ha addirittura un’associazione che si occupa di questo; c’è da dire però che questi eventi attraggono soprattutto americani che vogliono solamente sbronzarsi. Per il resto gli studenti si organizzano per conto loro e trovi sempre feste negli alloggi universitari, spesso ben organizzate e molto divertenti; altrimenti
S - La prima cosa da dire è che c’è una divisione abbastanza netta tra studenti erasmus e olandesi; già perché gli olandesi, almeno qui, cenano prestissimo (6, 6-30) ma ugualmente escono alle 11 come noi!! Prima di uscire a molti piace andare in palestra o a correre. Poi c’è da dire che qui anche se hanno i migliori DJ del mondo non balla nessuno, tutti vanno a bere o fumare con gli amici e rimangono li..e questo un po’ sconvolge, nessuno che ci prova con le ragazze, che fa casino, fortunatamente per questo ci siamo noi erasmus. Perché hai scelto di andare in erasmus? E perché proprio in Olanda? R - Ho scelto di andare in erasmus perché è un’occasione per vivere in un’altra città con il supporto della tua università, che c’è di meglio? In più stare qui studiando mi consente di entrare nella cultura del posto e di vivere come gli olandesi, e questo mi è di grande aiuto, soprattutto per gli studi che faccio. Le mete proposte come Spagna o Francia non mi entusiasmavano, la mia prima scelta era Londra ma c’era disponibilità solo per tre mesi e quindi ho scelto Amsterdam; prima di partire non ero troppo convinta ma ora sono contentissima di essere qui e anzi vorrei rimanerci più di cinque mesi. S - Beh, è la solita storia, per conoscere persone, posti e usanze nuove; si, può sembrare banale, ma io qui ho conosciuto tedeschi, giapponesi, americani, brasiliani, inglesi, spagnoli, polacchi, turchi..e la sera quando esci e magari vedi il tedesco che dice che si sta bene mentre il brasiliano ha giacca, sciarpa, guanti e cappello, o tu prendi una birra e gli altri ne prendono come se niente fosse 3-4, oppure il turco che non torna a casa per le vacanze di Natale perché lui non lo festeggia..beh ti senti cittadino del mondo, con un bagaglio di esperienze pieno da portare agli altri dal tuo paese, e un altro bagaglio vuoto che pian piano si riempirà con tutte le cose che imparerai da gente proveniente da posti lontanissimi Giulio Schoen
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Il Punto del Lapo
Fiorentina sconfitta ma con onore Le pagelle viola Storari 6: incolpevole sulla magia di Pato, sicuro le poche volte chiamato in causa. Una buona prova considerata la lunga assenza dai campi di gioco. Comotto 5,5: grave errore di posizione in occasione del gol rossonero. Prova a spingere lungo l’out di destra ma pecca di qualità. Gamberini 6: buona prova del centrale ancora non al meglio della forma. Kroldrup 6: gara di personalità quella del danese. Concede poco e niente agli attaccanti del Milan compiendo diversi interventi importanti. Vargas 6,5:forse la miglior partita della stagione. Gioca bene sia in fase offensiva che in quella difensiva. In crescita. La delusione sui volti dei giocatori viola FOTO da: Fiorentina.it
A S.Siro arriva la Fiorentina ma le attenzioni sono tutte per Kakà e le offerte dell’emiro del Manchester city. Una Fiorentina con problemi di formazione senza Mutu e Frey, con Jovetic dal primo minuto nel trio d’attacco insieme a Gilardino e Santana. Il Milan risponde con Beckham al posto di Ronaldinho, Kakà e Seedorf dietro a Pato. La partita entra subito nel vivo, al 5’ splendida combinazione Gilardino-Santana, l’argentino lancia Jovetic in area di rigore che cade sull’uscita di Abbiati. L’arbitro Rosetti fischia il rigore ma l’assistente Rossomando, posizionato meglio, fa cambiare idea al direttore di gara. Sul ribaltamento di fronte il Milan passa in vantaggio con un gran gol di Pato, lasciato colpevolmente solo dalla difesa viola, il brasilliano di esterno infila all’angolino basso. La Fiorentina prova a reagire, ma è sempre il Milan ad essere pericoloso. Al 12’ Storari respinge una gran botta centrale di Janculosky e un minuto dopo è Vargas a fermare Pato in area con un ottimo intervento. La risposta viola arriva puntuale dopo 2 minuti, Jovetic salta due uomini e calcia a rete ma la conclusione finisce di poco a lato. Il match si accende, il Milan si copre e aspetta per ripartire in contropiede e la Fiorentina spinge senza però creare veri e propri pericoli alla porta difesa da Abbiati. Al 26’ gran discesa di Kakà lungo la fascia destra, arriva in area di rigore, salta Gamberini ma in extremis Melo recupera salvando in calcio d’angolo. Episodio dubbio al 35’ in area rossonera, Favalli manca completamente il pallone e atterra Montolivo con un calcio, per Rosetti è tutto regolare.
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Ancora una buona occasione per la Fiorentina, ma Gilardino non riesce di testa ad inquadrare lo specchio della porta. Sul finire del primo tempo Pato smarca Beckham che scarica subito in porta ma Storari è bravo a distendersi e a deviare in corner. Nella ripresa la Fiorentina parte forte in cerca del pareggio mentre il Milan si chiude bene e riparte sfruttando la velocità dei suoi attaccanti. Al 21’ grande occasione sui piedi di Santana, che calcia a botta sicura da dentro l’area ma Abbiati compie il miracolo e riesce nella deviazione. Poco dopo di nuovo Abbiati respinge di piede una conclusione di Montolivo salvando il risultato. Prandelli prova il tutto per tutto inserendo al 27’ Bonazzoli al posto di uno spento Kuzmanovic. L’attaccante viola si mette subito in mostra con la sponda per Kroldrup che non trova la freddezza necessaria per segnare. La Fiorentina ci prova dalla distanza, al 30’ con Santana con la palla che esce non lontana dal palo e dopo 7 minuti con Montolivo, la cui conclusione viene però respinta da Abbiati. L’ultima occasione per il pareggio capita a Jovetic al 44’, dopo una spizzata di testa di Bonazzoli, ma il montenegrino viene chiuso dalla difesa rossonera. Da registrare anche l’espulsione di Janculosky nei minuti di recupero per somma di ammonizioni. La Fiorentina esce sconfitta ma sicuramente a testa alta, i ragazzi di Prandelli avrebbero meritato almeno un pareggio contro un Milan che non convince, forse troppo distratto dall’affare Kakà ma salvato da una magia di un altro brasiliano altrettanto forte: Pato. Lapo Manni
Melo 6,5: recupera una quantità infinita di palloni, lotta e corre in mezzo al campo. Kuzmanovic 5: non è la sua giornata. Corre spesso a vuoto, non riesce ad entrare in partita e non incide. Dal 27’ st Bonazzoli sv. Montolivo 7: prende in mano la squadra con personalità. Prova la conclusione da lontanto ma non è fortunato, dirige e imposta per gli esterni.
Riccardo Montolivo, 24 anni Santana 6,5: partita di alti e bassi. Ha sui piedi la palla per il pareggio ma Abbiati compie il miracolo. Dal 37’ st Gobbi sv. Jovetic 6,5: ha voglia di dimostrare quanto vale e si vede. Si impegna e prova spesso la giocata, sfiora la rete con una bella conclusione dalla distanza. Gilardino 5: poco ispirato e mai pericoloso. Forse ha risentito dei fischi di S.Siro. Lapo Manni
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Sport
L’Italia che ripudia il “modello Wenger”. Da una recente inchiesta fatta dal “Guerin Sportivo”, e resa nota dalle maggiori testate sportive nazionali, l’età media dei calciatori italiani è passata da 26 anni e 9 mesi della stagione 1998/99, ai 27 e 9 di quella in svolgimento. I risultati sono il frutto di un’accurata media effettuata alle singole “rose” dove si nota che la squadra più giovane è l’Udinese di Marino con 25 anni e 6 mesi; nei bassi fondi troviamo il Milan con 29 anni e 1 mese e il Bologna con una media poco invidiabile superiore di un anno rispetto a quella dei rossoneri. Non vanno dimenticate gli organici blasonati di Inter (28 anni e 9 mesi), Roma (27 anni e 1 mese), Juventus (27.3) e per concludere Fiorentina con 26 anni e 1 mese. Oltre a mettere in luce il costante aumento anagrafico dei protagonisti della Serie A, bisogna porre l’attenzione su un altro aspetto strettamente collegato a quanto detto fin’ora, ovvero la presenza di giovani talenti nella nostra penisola ed il loro utilizzo. È d’obbligo fare un paragone con la Liga e la Premier league per capire che forse il nostro calcio non è il più bello al mondo e che andrebbe senza ombra di dubbio, svecchiato. Nel campionato
Arsène Wenger
spagnolo troviamo calciatori del calibro di Messi (nella foto), classe 1987 e secondo nella classifica per il pallone d’oro, il “Kun” Aguero, strepitoso attaccante dell’Atletico Madrid di 20 anni, Bojan Krkic, baby talento del ’90 che ha incantato il Camp Nou con giocate sublimi, e per finire Giuseppe Rossi, ventunenne seconda punta del Villareal che sta mostrando a tutto il mondo il suo talento (che l’Italia non ha mai saputo apprezzare). Andando in Inghilterra come non citare Walcott, Sagna, Richards, Fabregas, Kalou e così via, giovani che ormai hanno assunto un certo status e che calcano già da diversi anni i campi più prestigiosi d’Europa. Spesso i media e la stampa italiana osannano all’ennesima potenza allenatori come Capello (parlo di lui come rappresentante di una determinata concezione) che, da un lato è senz’altro uno dei migliori al mondo se prendiamo in considerazione i trofei vinti in giro per il mondo, ma se provassimo a vedere oltre capiremmo che il c.t.
friulano non è così grande come appare, nel senso che non ha la fama di essere uno scopritore di talenti, ne tanto meno di essere un tecnico in grado di ricavare da loro il massimo. Se a ciò aggiungiamo che, in generale, il nostro modello calcistico non si basa quasi mai su idee o, quanto meno, su meccanismi volti a realizzare un progetto a lungo termine, ma si cerca l’immediata vittoria, allora il quadro tricolore è completo. Forse dovremmo prendere spunto da un mister che, più di tutti, è riuscito a pensare in grande, utilizzando chi grande,in relazione all’età, non è. Stiamo parlando del timoniere dei gunners, Arsène Wenger. Grazie alla sua tattica, al metodo di allenamento e a tutti gli osservatori in giro per il mondo, in costante ricerca di nuovi talenti, è riuscito a far emergere, e non solo, i sopra citati Fabregas e Ashley Cole, ma anche Kolo Tourè e Flamini (ora in forza al Milan), passando per Senderos e chiudendo con Walcott. Una strategia che ha portato i suoi frutti dal punto di vista economico, tenendo conto che il costo dei calciatori è stato di gran lunga inferiore al momento dell’acquisto rispetto al valore attuale; ma non dobbiamo dimenticare anche che sotto la sua guida i londinesi nella stagione 2005/2006 hanno mancato di un soffio la vittoria in Champions, essendo stati sconfitti in finale dal Barcellona, e che lo stesso tecnico nel 2004 ha raggiunto il record di zero sconfitte durante l’intera annata. Un modello vincente al quale bisognerebbe ispirarsi, ma ora come ora per noi rappresenta un’utopia. Gino P.
Ecco la nuova F60 fonte: gazzetta.it Presentata il 12 gennaio la nuova Ferrari per il mondiale 2009 di F.1. Il nome deriva dalle partecipazioni al Mondiale della rossa di Maranello. Massa si è detto emozionato di portarla in pista per la prima volta e allo stesso tempo stupito di una macchina “così piccolina,molto compatta e carina”.
Ferrari F60 foto: gazzetta.it
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Questa la scheda tecnica della nuova F60, la 55esima monoposto di F1 del team italiano: AUTOTELAIO: in materiale composito a nido d’ape con fibra di carbonio. CAMBIO: longitudinale Ferrari, differenziale autobloccante. Comando semiautomatico sequenziale a controllo elettronico con cambiata veloce. Numero di marce: 7 più la retro. FRENI: a disco autoventilanti in carbonio Brembo SOSPENSIONI: indipendenti con puntone e molla di torsione anteriore/posteriore. PESO: 605 kg (con acqua, olio e pilota). CERCHI: Bbs (anteriori e posteriori) da 13”. Sistema di recupero dell’energia cinetica (Kers) Ferrari in collaborazione con Magneti Marelli. MOTORE: tipo 056. Numero cilindri: 8. Blocco cilindri in alluminio microfuso, V di 90 gradi; numero di valvole 32; distribuzione pneumatica; cilindrata totale 2.398 cc; alesaggio e pistoni 98 mm; peso 95 kg; iniezione elettronica digitale Magneti Marelli; accensione elettronica Magneti Marelli statica. BENZINA: Shell V-Power Ulg-66L/2, lubrificante Shell
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Eventi del mese Concerti 23 gennaio Casino Royale, Flog, ingresso 12 euro 30 gennaio Franziska, Flog, ingresso 8 euro 7 febbraio Il Genio, Flog 13 Febbraio, Negrita in concerto al Saschall 14 Febbraio Raf in concerto al Saschall Spettacoli 22-23 Gennaio, Paolo Hendel, Saschall “Il tempo delle susine verdi” Dal 22 al 25 gennaio, Alessandro Gassman, Teatro Verdi “La parola ai giurati”
30 Gennaio, Beppe Grillo, Mandela Forum “Delirio” 5-6 Febbraio, Ascanio Celestini, Teatro Puccini “Appunti per un film sulla lotta di classe” 13-14 Febbraio, Marco Trava-
glio, Teatro Puccini “PROMEMORIA Quindici anni di storia d’Italia ai confini della realtà”, 26-27 Febbraio, Daniele Luttazzi, SaschAll “Decameron - Il monologo”
Il Cruciverba (Filiman) Ambiente Territoriale Ottimale. 8- Società produttrice di energia. 9- Precede il mio nel parlare di gusti.10-Nome del protagonista di uno tra i più celebri scandali sexy-presidenziali. 12- Alimenta e lubrifica i motori e due tempi. 14- Il Ricci di Striscia. 15- Lo sono due torte squisite. 18- Lo sono i segreti. 19- Comoda biancheria intima. 23- Past tense of become. 24- Un affettuoso abbraccio. 27- Il senso del discorso. 29- Mortale senza fama.30Cinque …per Bush. 31- La fonetica per Mike. 32- Così finisce Caterina. 34- Al mare ne facciamo il pieno. 36- Non è prima. 38- Molti anni orsono sulla neve. 39Insieme di racconti epici. 40- Banali. 47-Il Saviano scrittore. 49- Ha cantato “ricetta di donna” e “Musica,Musica”. 51-Il quarto romano. 52- Il Travaglio giornalista e scrittore.
ORIZZONTALI : 1- Disperato appello. 3Dio vizioso. 6- Provincia ligure. 8-Agenzia governativa ambientale statunitense. 10- Monopoli appartiene alla sua provincia.11- Pendono dal palamito. 13- Testa coronata. 14- Belvedere, terrazzo. 16Dentro.17- Affligge Cherubini. 19- Spavaldi, tartassanti e insistenti.20- Teatro parigino. 21 – Iniziali artistiche di Antonio Ciacci. 22- Salgari. 23- Simbolo chimico del berillio. 25- L’ultimo “morso” di una mela londinese. 26 – Articolo da Caballeros. 28- Ripetere quanto già detto. 33-Bissa qualsiasi azione. 35- Contraddistingue le veline. 37- Le curano i contadini.38- Il D’Antoni ex deputato della came-
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ra.39- I “Seguaci” di Saragat. 41- Nonno del nonno 42-Precede “Sports” in quasi tutti i videogames di sport. 43- Montale. 44- Può essere Super. 45- Il Vanni cantante di sigle di cartoni animati. 46- La Rossellini attrice e modella italiana. 48Città dei Subsonica. 50- Provoca tragici danni. 53- Spesso davanti alle case di campagna. 54- Si trova sotto il ponte. 55- Stevan giovane promessa calcistica della Fiorentina.
Le soluzioni del numero precedente
VERTICALI : 1- Squadra di calcio brasiliana. 2- Può essere da cucina.3- Si chiede entusiasti. 4- Verso del corvo.5- Gli estremi del codice.6- Rafforzano l’assillo.7#01 - Gennaio 2009
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L’ ultimo dei misteri italiani: Il caso Riot Van La nostra è una storia di ragazzi, di studenti. È una storia di strada e, come spesso accade nelle storie di strada, è una storia di disagio. Con un che di misterioso. È la sera di venerdì 7 novembre 2008, siamo a Firenze. Sono le 5:42 del mattino. Il Polo delle Scienze Sociali di via delle Pandette è deserto, addormentato. Dietro a via delle Pandette, in Piazza Spadolini, due persone aspettano infreddolite che gli venga aperto il portone. I due sembrerebbero ad occhio e croce due studenti. Stanno rientrando da una lunga serata con gli amici. Bene, lasciamoli li. Ora siamo dentro a quel palazzo. Secondo piano. Una serie di porte verdi di recente fabbricazione. Tutte uguali. Ma dietro una di queste sta accadendo qualcosa di strano. Qualcosa di anomalo. Forse qualcosa di sbagliato. I due, Antonio e Mimmo, sono ancora la, davanti al portone, infreddoliti, che aspettano che qualcuno apra, al freddo. Uscendo di casa la mattina, per la fretta, hanno dimenticato di prendere le chiavi di casa. Ad un tratto il portone si apre, senza che nessuno abbia risposto al citofono. In uno degli appartamenti di quel palazzo in Piazza Spadolini ci sono 5 ragazzi. Uno dorme sul divano. Non ce l’ha fatta. Il sonno se l’è portato via un paio d’ora fa, verso le 3. Gli altri 4 sono seduti attorno al tavolo. Uno combatte a stento con la stanchezza. Dopo un paio di testate sul tavolo, si accascia anche lui. Sul tavolo. Antonio e Mimmo entrano in ascensore. Uno dei ragazzi attorno al tavolo indossa un paio di cuffie enormi. Sta smanettando col computer, fumando una sigaretta. Nella stanza il fumo ha spazzato via ogni traccia di ossigeno. Ma cosa sta scrivendo, quel ragazzo? Tra poco lo sapremo. Gli altri due, raccolte le ultime forze, cercano di darsi da fare. Vogliono finire quello che hanno iniziato. E vogliono finirlo in fretta. Antonio e Mimmo arrivano al secondo piano, girano a destra nel corridoio. Giunti di fronte alla porta di casa si fermano un attimo. Aprono la porta. La redazione di Riot Van, o quel che ne rimane, è li. I redattori esausti, i grafici che sembrano non volersi arrendere, non ancora. Il direttore scrive il suo ultimo articolo. È uno che lavora, il direttore. E ha letto dei libri. Gli ultimi ritocchi. Tra un paio d’ore andranno in stampa. Mimmo e Antonio guadagnano finalmente la branda. Tiziano, Michele, Niccolò,Mauro e Giuseppe, finito il lavoro si salutano con un triplice, fraterno abbraccio, come esige il rituale massonico. Ma questa, è un altra storia. Così è nato Riot Van
PASSA E RICiClA QUESTO GIORNALE Direttore: Niccolò Seccafieno Redazione: Andrea Lattanzi, Giuseppe Di Marzo, Giovanni Macca, Mauro Andreani, Giulio Schoen, Fabio Ferri, Bastiano, Lapo Manni, Francesco Cecchini, Francesco Guerri, Edoardo Amato, Veronica Mariella, Alessandra Giachetti. Grafica e Impaginazione: Tiziano Berti, Michele Santella Ritratti: Mattia Vegni. Un ringraziamento particolare ad Andrea Gherardi per l’aiuto nella realizzazione del sito Indirizzo e-mail: redazione@riotvan.net Sito web: www.riotvan.net Stampa: La Giuntina, Firenze Tiratura: 2.400 copie IN CARTA RICICLATA
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Finanziato con i fondi per le iniziative studentesche dell’ateneo fiorentino.
#01 - Gennaio 2009