Ripensandoci - agosto 2008

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salotto di cultura e attualità

Ripensandoci...

Anno I, n. 3 agosto 2008

Anno I n. 3 agosto 2008 Registrazione presso il Tribunale di Lecce n. 991 del 28/05/2008

rivista on line

Il viaggio

La pizzica salentina

Cronista senza tregua

Magiche notti d'estate scandite dal ritmo trascinante e provocatorio

L'esempio di Anna Politkovskaja

di Annamaria Normanno

di Laura Longo

Negli ultimi anni la pizzica è stata riportata in auge da studiosi, musicisti e turisti, nonché nostalgici viaggiatori

Anna Politkovskaja è l esempio di chi segue la cronaca anche a costo della sua stessa vita. Voce indipendente della «Novaja Gazeta», uno dei pochi mezzi d informazione non filogovernativi, denunciò i misfatti delle forze russe in Cecenia

(a pag. 5)

(a pag 15)

Il parco letterario "Formiche di Puglia

I want to be free(gan)

Un esempio di turismo culturale in onore di un grande meridionalista del nostro secolo di Anna Conte

Uno stile di vita per arginare gli sprechi di Cinzia Greco Possiamo scegliere di sprecare la nostra vita lavorando e guadagnando denaro per acquistare oggetti di cui non abbiamo bisogno, oppure possiamo lavorare il meno possibile

(a pag. 25)

Alla scoperta della Mancia, la città del Don Chisciotte di Lucia Buccarello

ll viaggio nei sapori delle nostre regioni

Miguel de Cervantes Saavedra nasce nel 1547 ad Alcalà de Henares, famosa località universitaria, nei pressi della capitale

di Mariella Piccinni

(a pag.19)

(a pag.35)

Il viaggio come movimento del corpo, della mente e dell'anima Esperienza di confronto, di scoperta e arricchimento di Rossella Bufano (a pag.4)

(a p a g . 9 )

Viaggio e fantasia

Italia che vai cucina che trovi

Editoriale

Direttore responsabile: G. Greco Direttore editoriale: R. Bufano Progetto grafico: R. Bufano, S. Foti Sciavaliere, G. Matarrelli Caporedattori: S. Foti Sciavaliere, L. Longo In redazione: Barbante, P. Bisconti, L. Buccarello, A. Conte, E. De Giorgio, M. Fiorino, A. Greco, L. Longo,A. M. Normanno, M. Piccinni, S. Stefanelli redazione: redazione@ripensandoci.com


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Il viaggio

Editoriale Il viaggio come movimento del corpo, della mente e dell'anima di Rossella Bufano

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Società politica economia La pizzica salentina di Annamaria Normanno Valle d Itria di Rossella Bufano I want to be free(gan) di Cinzia Greco Per Aristotele l'uomo è incline alla vita sociale di Rossella Bufano Diritto di natura in Spinoza di Rossella Bufano

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Modelli di vita Ryszard Kapuscinski: un reporter dall Africa di Anna Conte

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Pensiero e azione politica delle donne Cronista senza tregua di Laura Longo Ada Sereni guida il viaggio verso la "Terra promessa" di Rossella Bufano Maria Grazia Cutuli di Laura Longo

Arte e cultura Viaggio e Fantasia di Lucia Buccarello Ezechiele Leandro di Paola Bisconti Il parco letterario "Formiche di Puglia" di Anna Conte Viaggio nel tempo: il parco letterario "Ettore Fieramosca" di Mariella Piccinni

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p. 19 p. 23 p. 25 p. 28


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Il viaggio

Cinema e teatro Jean-Luc Godard: il cinema come sperimentazione di Massimo Fiorino

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C 'era una volta Il personaggio errante di Sabrina Barbante

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Non tutti sanno che... Italia che vai... cucina che trovi di Mariella Piccinni

p. 35

Leggi con noi

"Seta" di Alessandro Baricco di Stefania Stefanelli L insostenibile leggerezza dell essere di Milan Kundera di Eliana De Giorgio Le Poesie di Fernando Pessoa di Eliana De Giorgio

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Il viaggio

Il viaggio come movimento del corpo, della mente e dell'anima Esperienza di confronto, di scoperta e arricchimento di Rossella Bufano

editor

iale

l viaggio è il tema scelto per questo numero di Ripensandoci...

confronto e di rete con le altre donne, soprattutto a cavallo tra '800 e '900. Da sempre il viaggio favorisce lo sviluppo sociale ed economico, gli imprenditori si raffrontano con le realtà più all'avanguardia per trarne spunto. Il viaggio ha consentito a intellettuali e civiltà di incontrarsi e influenzarsi, fino a contaminarsi.

Il viaggio è innanzitutto metafora della vita

Il viaggio può scaturire da un bisogno di conoscenza, di fuga, oppure di cambiamento, dalla voglia di evasione o dal bisogno di cercare... Il viaggio è occasione per confrontarsi con "altro" diverso da noi o per riconoscerci in ciò che ci assomiglia. A volte serve a scoprire nuove realtà o culture, a volte una parte nascosta in noi stessi. Alla fine dell'800 il Gran tour era una tappa obbligata nella formazione dei giovani aristocratici e borghesi.

Il viaggio ha rappresentato per molte donne opportunità di emancipazione, momento di riflessione e di scrittura, occasione di

A volte il viaggio è guardare con occhi nuovi e con minore superficialità ciò che ci circonda, il paesaggio in cui si svolge la nostra quotidianità. «Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell'avere nuovi occhi», afferma Proust. Il viaggio è anche saper immedesimarsi negli altri e saperne cogliere le esigenze. Il viaggio è immergersi nella lettura di un libro

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o di una vicenda storica e trovare nella fantasia di un autore o in un avvenimento del passato una risposta ai nostri interrogativi. Il viaggio è la condivisione di emozioni, speranze, esperienze, riflessioni... come per Ripensandoci...


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Il viaggio

La pizzica salentina

Magiche notti d estate scandite dal ritmo trascinante e provocatorio di Annamaria Normanno

Società politica economia

Pizzica ballata in piazza

società contadina di un Negli ultimi anni la pizzica tempo erano frequenti è stata riportata in auge soprattutto nelle donne). da studiosi, musicisti e La tarantata turisti, nonché giaceva a terra o nostalgici sul letto e non viaggiatori Tamburelli appena udiva la (interessante la che suonano, musica iniziava a sua inaspettata donne e uomini muovere la testa diffusione in Cina) che danzano e le gambe, a non solo curiosi, una sorta simulare, in un ma anche e di schermaglia certo senso, i soprattutto amorosa: questi movimenti della desiderosi di gli ingredienti tarantola, impararla e di di un ballo restando sempre lasciarsi così trasportare dalla che caratterizza ù radente al suolo. In un secondo genuinità di un la tradizione momento, ballo tutto folkloristica sbatteva i piedi nostrano. salentina per terra, come Spesso si assiste per schiacciare il a momenti di ragno, compiva diversi giri danza collettiva, corale e movimenti, veniva attratta (com è tipico delle nostre da indumenti che avevano comunità) nelle piazze e in lo stesso colore della taranta, occasione di eventi finché non cadeva a terra particolari come "La notte stremata. Una sorta di della taranta" a Melpignano. esorcismo musicale, La pizzica è nata come coreutico e cromatico che ballo curativo del morso permetteva la guarigione inferto dalla tarantola, un grazie all intercessione di piccolo ragno che si san Paolo. Una volta manifestava soprattutto nei ottenuta la grazia, la mesi estivi, durante il tarantata veniva condotta periodo della mietitura. nella cappella del santo a Questo morso provocava Galatina, beveva l acqua delirio, dolori muscolari, santa del pozzo a essa sudorazione e uno stato di annessa. malessere generale. È il famoso fenomeno del Dagli studi di Ernesto De tarantismo, che considera Martino, nel 1959, si evince la danza e la musica che, a alcuni sporadici casi mezzi fondamentali per di reale morso della taranta, scacciare il male e corrisponde una netta qualsiasi forma di maggioranza di casi in cui il negatività (come morso diventa un frustrazioni, depressioni, pretesto per risolvere forme di isteria ecc. che nella

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traumi, depressioni, conflitti familiari e vicende personali: un amore infelice, la perdita di una persona cara, le crisi legate alla pubertà e condizioni socio-economiche difficili. Così egli scrive infatti: «il morso esprime conflitti psichici cifrati emergenti dall'inconscio». L origine della pizzica si fa risalire al 1400, ma è anche probabile che essa discenda da antichi riti dionisiaci. Molti studiosi, infatti, sottolineano la stretta connessione che c è tra la festa pagana per il dio Dioniso rito a cui

potevano partecipare solo le donne e il ballo salentino. La danza si articola in varie


Ripensandoci... tipologie: la pizzica tarantata, la pizzica-pizzica o pizzica de core e la danza delle spade. La pizzica tarantata è proprio quella che ha origine nel rito di guarigione delle tarantate, durante la messa-esorcismo che si svolgeva a Galatina, in occasione della festa di san Paolo, il 29 giugno. In essa, la donna ballava al suono dei tamburelli per ore in preda all epilessia causata dal veleno iniettato dal ragno, fino a quando, una volta liberata, non cadeva a terra svenuta. Ogni anno, in prossimità della festa, lo spasmo del veleno si faceva sentire e di conseguenza si ripetevano i necessari riti di liberazione. La pizzica de core è un ballo che rappresenta i sentimenti dell amore, l erotismo e la passione nel rito di corteggiamento tra un uomo e una donna. In questo tipo di danza, la donna balla al ritmo frenetico dei tamburelli sventolando un fazzoletto rosso, il colore della passione, con il quale invita gli uomini a corteggiarla. Si tratta di un continuo avvicinarsi e allontanarsi dei ballerini, che non si toccano mai. Il tutto è fatto di sguardi provocanti e gesti che esprimono il desiderio d amore di entrambi. Alla fine la donna sceglierà solo uno a cui donare il proprio fazzoletto e il proprio cuore. Qui non ci sono dei passi precisi da seguire: si balla al tempo dei tamburelli, con dei saltelli sincronizzati che sembrano seguire il ritmo di un sentimento che fa palpitare il cuore dall emozione. La danza delle spade è un antico rituale di origine greca, che rappresenta l eterno conflitto tra il bene e il male. Sempre accompagnati dal suono dei tamburelli, al ritmo di pizzica, i danzatori si sfidano in una sorta di duello. Probabilmente questo tipo di ballo deriva dai duelli rusticani, che si tenevano quando l orgoglio e l onore subivano un onta, che poi

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veniva lavata con faide e vendette personali tra le famiglie interessate. Forse furono gli zingari, quando gestivano il mercato del bestiame, ad innestare sul ritmo della pizzica questa specie di danza-scherma, che in origine combattuta con spade e coltelli affilatissimi ha poi perso nel tempo il suo aspetto spietato e violento. Le armi

un informe omogeneità, che annulla la specificità e l unicità di un popolo. Un popolo che rivendica la sua identità attraverso un bagaglio di tradizioni culturali che rafforzano sensibilmente il senso di appartenenza alla terra salentina. Approfondimenti Per saperne di più Tamburello... e non solo

sono state sostituite, infatti, con la gestualità delle mani e con i movimenti delle braccia, con il dito indice e medio protesi come una lama. Viene così rappresentato un duello, il cui scopo è quello di colpire l avversario. Ogni gesto simula i movimenti propri della lotta con le spade, seguendo delle fasi fisse di combattimento (con affondi, difese e attacchi). Bisogna inoltre rispettare delle regole: mai voltare la schiena all avversario, stare molto attenti e mantenere le giuste distanze. Sono due i ballerini che si sfidano in questo duello e che man mano vengono sostituiti uno per volta dalle persone del pubblico. Oggi il fenomeno del tarantismo è scomparso nelle sue forme originarie in quanto sono mutate le componenti psicologiche, sociali, culturali, economiche e religiose che in passato ne costituivano la base. Semmai si manifesta come una sorta di resistenza al fenomeno della globalizzazione che tende ad annullare la diversità in

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Il tamburello fu importato dai saraceni che si insediarono a Lucera intorno all anno 1000. Attualmente, questo strumento ha una forma circolare con sonagli ed è costruito con una membrana di pelle. Può essere suonato in vari modi: facendo battere l ipotenar sulla membrana dando un ritmo ben marcato oppure facendo scorrere le dita sul tamburello, ottenendo la vibrazione dei sonagli. Oggi, con il cosiddetto neo-tarantismo, questo strumento è stato integrato da mandolini, flauti, nacchere, violini, chitarre, armoniche. Sempre più spesso il tradizionale ballo salentino si mescola con suoni, significati, costumi provenienti, ad esempio, dalla tradizione indiana, grika, orientale in genere, espressi da numerosi gruppi nati proprio in questi ultimi anni Perché san Paolo La figura di san Paolo nel tarantismo è legata alla leggenda, che narra di come un giorno egli, durante le sue predicazioni in Giudea, si vide circondato da serpi, vipere e bisce, raccolte dai giudei per intimidirlo e costringerlo a rinunciare alla sua missione. Il santo, tuttavia, con il segno della croce riuscì a mettere in fuga tutti quegli animali, che furono così schiacciati dal popolo.


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Valle d Itria La Valle che indica la via

di Rossella Bufano

Società politica economia Veduta panoramica della Valle d'Itira

La Valle d Itria è situata nel cuore delle Murge. Più che una vera e propria valle, è un territorio collinare variopinto: la terra rossa; il verde degli ulivi, dei vigneti, delle querce e dei pini; il grigio dei muretti a secco e delle terrazze che trattengono il terreno lungo i pendii; il bianco dei trulli, delle antiche masserie incalcinate e dei villini rivestiti in pietra. Il nome giunge dall oriente bizantino, in ricordo della Madonna Odegitria, colei che indica la via. I trulli e le masserie I trulli in alcuni casi sono dei depositi per le attrezzature agricole innalzate nel mezzo dei piccoli appezzamenti terrieri, nella maggior parte dei casi sono le abitazioni della popolazione indigena o di

masseria

villeggiatura. Si tratta di strutture in pietra, costruite

a secco, dalle mura spesse e la punta a cono che generano al loro interno un microclima che assorbe e rilascia lentamente le temperature esterne, per cui sono molto freschi d estate e miti d inverno. Le masserie vengono edificate nel Medioevo e si connotano dapprima per un economia basata sulla pastorizia e successivamente vitivinicola. Alcune hanno il tetto a trullo, altre il tetto a pignon (tetto ripido), altre ancora sono lineari con le costruzioni congiunte. Immancabile il camino a legna. I borghi antichi da visitare La valle irregolare scivola lungo i fianchi di tre colline più grandi, alla cui sommità sono situati i tre borghi antichi che la circondano: Martina Franca, Locorotondo e Cisternino. Martina Franca è una nobiliare cittadina, i cui vicoli accolgono palazzi signorili dalle balconate in ferro battuto e le facciate in stile barocco. Il più importante è il Palazzo Ducale, edificato nel 1668, sede del Municipio. Un ampio scalone conduce agli

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appartamenti reali. Le dorate pareti rococò introducono nella sale affrescate con scene bibliche, mitologiche e vita di corte. È possibile ammirare anche la cappella dei duchi. Le chiese risalenti al 700 si presentano anch esse con le facciate in stile barocco e all interno sono decorate con

Trulli

marmi policromi. La più importante è la basilica di San Martino. Da visitare anche la chiesa di San Domenico e la Chiesa del Carmine. Intorno al centro storico si possono ancora ammirare le porte e le torri medievali che cingevano la città antica. Importante centro tessile, la città in centro è ricca di negozi griffati. Locorotondo come suggerisce lo stesso nome si dispone in modo circolare. Le abitazioni sono delle


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dedicata a San Giorgio martire. La facciata imponente ospita nel timpano una raffigurazione in rilievo di san Giorgio con il drago ed ai due angoli, più in basso, le due statue di san Pietro e san Paolo. All interno maestosi altari in marmo policromo.

Locorotondo

casupole con tetti a cummerse , cioè a punta, e ricoperti di pietre calcaree chiancarelle che rivestono una sottostante volta a botte. Le casupole addossate le une alle altre, rivestite di bianca calce, si arrampicano lunge le viuzze del centro storico e sono dotate di alte scalinate che conducono alle porte d ingresso. La città si raccoglie intorno alla Chiesa Madre tardocinquecentesca,

Cisternino è tra i più noti borghi antichi delle Murge. Le stradine strette e tortuose, di stile medievale, conducono alla piazza centrale dove si erge una torre con l orologio. Gli edifici sono ricchi di balconi, archi e scale di bianco calce, decorati di fiori. D estate le stradine si riempiono di tavoli che le numerose macellerie allestiscono per servire arrosti misti. Tra i monumenti da visitare: la Torre di Porta Grande o

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Normanno-Sveva, di epoca medievale, alta 17 metri, che costituiva l ingresso principale della città e alla cui sommità, vi è una piccola statua di San Nicola; la Chiesa Madre di San Nicola costruita nel XIV secolo su di un antica chiesa paleocristiana dei monaci Basiliani, che presenta al suo

Cistsernino

interno due opere in pietra viva del 500, una Madonna con Bambino, nota come La Madonna del Cardellino e un piccolo tabernacolo.


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I want to be free(gan) Uno stile di vita per arginare gli sprechi di Cinzia Greco

Possiamo scegliere di sprecare la nostra vita lavorando e guadagnando denaro per acquistare oggetti di cui non abbiamo bisogno, oppure possiamo lavorare il meno possibile e perché no? rovistare di tanto in tanto nella spazzatura per procurarci il cibo e i beni necessari per una vita semplice e tuttavia appagante. Voi quale opzione preferite? L anonimo autore del manifesto Why Freegan? non ha dubbi: ha imboccato la seconda via. Ha scelto la filosofia freegan. Ma questo, in concreto, cosa vuol dire? Nel sito www.freegan.info si legge: «I freegan sono persone che adoperano strategie di vita alternative, basate su una limitata partecipazione all economia convenzionale e un minimo consumo di risorse». Il movimento nasce dall amara considerazione che non è sufficiente boicottare una o due corporation, responsabili della violazione dei diritti umani e del crescente degrado ambientale, poiché il problema risiede nell intero sistema, ed è questo che i freegan vogliono aggirare adottando stili di vita decisamente anticonformisti e controcorrente.

Società politica economia

Ma i freegan non sono i soli Freegan deriva a dedicarsi a questo genere dall inglese free, che di attività: l organizzazione significa libero ma anche Food not Bombs gratuito, e vegan. I Vegani (www.foodnotbombs.net) sono tutti coloro che attiva nel Nord-America dal adottano abitudini 1980, recupera alimenti che alimentari, e non solo, tese altrimenti sarebbero buttati a eliminare qualsiasi e prepara piatti vegetariani forma di sfruttamento freddi e caldi che distribuisce degli animali. Ma i freegan nei parchi cittadini senza vanno oltre, perché i prodotti alcuna restrizione. vegan - ad esempio un Lo stile di vita freegan alimento esclusivamente non riguarda solo il modo di vegetale oppure dei reperire gli cosmetici non testati su «I freegan sono persone alimenti, ma animali - non che adoperano strategie investe altri garantiscono di vita alternative, basate aspetti della vita come, che essi siano su una limitata ad esempio, stati partecipazione il modo di confezionati all economia muoversi. senza convenzionale Qualsiasi sfruttare e un minimo consumo mezzo va manodopera a di risorse» bene, basso costo o purché non seguendo inquini. La procedimenti bicicletta, lo skate, il cavallo industriali poco inquinanti. di San Francesco, o gli Una delle strategie più autobus e i treni per i lunghi note e provocatorie è tragitti: sono tutte quella di consumare il cibo alternative valide alle auto, trovato rovistando tra i che non solo rappresentano rifiuti, attività chiamata una fonte di inquinamento urban foraging o dumpster ma anche una considerevole diving. Niente di strano, in fonte di guadagno per le fondo è così che molti senzacompagnie petrolifere. tetto sopravvivono, se non fosse che i freegan non sono Le innovative proposte spinti dalla necessità, ma del movimento investono dalla volontà di dimostrare anche il lavoro come sia possibile usare individuale, inteso come il quello che una società mezzo attraverso cui consumistica e viziata getta ciascuno di noi contribuisce perché considerato inutile. al progresso economico ma E nei cassettoni è possibile anche agli eccessi di una reperire non solo cibo, ma società altamente anche abiti, libri, cd, consumistica. Molti dei lavori musicassette e utensili di che si svolgono non sono vario genere.

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per nulla appaganti, ma anzi alienanti e spesso insostenibili dal punto di vista fisico e psichico. E allora perché ci affanniamo e consumiamo la nostra vita dietro impieghi poco

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edificanti relegando ai margini delle nostre giornate attività più vicine ai nostri interessi? Forse perché ci è stato insegnato che si lavora per vivere, anche quando le parti si invertono e si finisce a vivere per lavorare. Liberarsi dall esigenza di soddisfare bisogni fittizi, sostengono i freegan, ci affrancherebbe dalla necessità di investire le nostre energie in attività forse remunerative, ma spesso frustranti, liberando il nostro tempo in modo che esso sia spendibile in modi più proficui per sé e per gli altri, come attività di sostegno e cooperazione nella comunità di appartenenza, contribuendo anche a

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rafforzare i vincoli di affetto e solidarietà tra gli individui. E in Italia? Anche da noi c è chi cerca di arginare gli sprechi, si pensi, ad esempio, ai diversi progetti Last Minute Market (www.lastminutemarket.or g), sviluppatisi all interno dell Università di Bologna. L ateneo emiliano, infatti, in collaborazione con associazioni di volontariato, si impegna a distribuire ai meno abbienti tutta una serie di prodotti - alimenti, farmaci, libri - rimasti invenduti e altrimenti destinati a essere gettati. Che dire? Tutto deve essere usato con consapevolezza, anche il cestino dei rifiuti.


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Per Aristotele l'uomo è incline alla vita sociale Oltre a essere un animale politico di Rossella Bufano

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bene comune: la giustizia. Per Aristotele (384-322 Nella struttura societaria a.C.) la politica è il fine della Aristotele accetta la vita etica e l'uomo è per schiavitù, giustificata dalla natura un animale politico. disuguaglianza naturale degli Ciò significa implicitamente uomini: gli schiavi sono negare il cosiddetto strumenti animati che col contrattualismo , la tesi proprio lavoro permettono secondo la quale lo Stato è agli uomini liberi, e capaci un contratto fatto a tavolino di mettere in pratica le dagli uomini (che si rendono proprie abilità mentali, di conto che stare insieme è dedicarsi ad altre attività tra vantaggioso). cui la contemplazione della La vita associata, invece, verità. per Aristotele è un esigenza Socrate sosteneva che il naturale degli uomini: bene più alto della l'individuo ha città è l unità. bisogno degli Per Aristotele la Aristotele, invece, altri sia per le politica ritiene che la città proprie necessità sia è il fine della vita etica è articolata in più perché senza e l'uomo è per natura parti ed è leggi ed un animale politico. composta da uomini diversi, i educazione La vita associata non può è un esigenza naturale quali non si relazionano tra raggiungere degli uomini: loro in ordine la virtù. La l'individuo ma famiglia e i ha bisogno degli altri gerarchico secondo principi di villaggi sia per le proprie uguaglianza e di dunque necessità sia perché reciprocità. La sono delle senza leggi pluralità delle comunità ed educazione non parti della città che ha come uniscono può raggiungere la conseguenza la esseri che virtù pluralità delle hanno la costituzioni, per necessità di cui si possono vivere avere due generi di insieme. La famiglia è la costituzioni: la democrazia prima struttura, sia dal punto e l oligarchia. La prima si ha di vista sociale (è quando tutti gli uomini liberi organizzata come un primato sono sovrani, mentre la del capofamiglia sulla donna, seconda quando a governare sui figli e sugli schiavi) che sono i ricchi. Vi sono ancora economico. Poi ci sono i molte forme di democrazia villaggi: più villaggi formano e molte forme di oligarchia. la città. La città e la Le democrazie possono politica son rivolti a un

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essere fondate: sull uguaglianza, sull equilibrio fra le classi, sulla legge, sulla demagogia (quando l assemblea popolare si fa influenzare dai demagoghi). Le oligarchie variano al variare del numero dei ricchi che governano: se questi sono molti comanda la legge, se sono pochi le cariche vengono ereditate, se è uno solo a governare non vige la legge ma la sua volontà. Altre forme di governo sono la politia e la tirannide. La prima è una via di mezzo tra democrazia e oligarchia. La seconda consiste nel governo arbitrario di una o più persone. Per Aristotele il migliore assetto politico è quello fondato sul ceto medio, cioè uomini che possiedono una moderata quantità di beni, per cui non sono né avidi né invidiosi e danno vita a costituzioni stabili. I filosofi non sono posti a capo della città (come in Platone dove il filosofo = re o il re = filosofo) quanto piuttosto come consiglieri: difatti ciò che è necessario all'uomo politico è la saggezza pratica di cui il primo è privo. Compito principe dello Stato è l'educazione, uguale per tutti, mirante soprattutto al conseguimento della virtù. La politica riguarda il comportamento della società, mentre l'etica quello del singolo.


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Diritto di natura in Spinoza Partendo dal presupposto hobbesiano di sottomissione si approda a un sistema democratico di Rossella Bufano

limite a tale potere è dato Baruch Spinoza (1632dallo scontro con la brama 1677) descrive uno stato di equivalente degli altri natura molto simile a quello uomini. descritto da Hobbes: gli uomini sono concepiti e Per vivere in sicurezza agiscono guidati dalle e per poter godere di quei loro passioni e cupidigie, diritti naturali non le quali attraverso la forza sono Secondo Spinoza, bensì attraverso il giustificate il diritto naturale potere e la volontà di dal fatto è determinato tutti, gli uomini si che la dalla cupidigia devono unire in un natura ha e dalla forza patto razionale, pieno diritto a tutto ciò e non dalla ragione trasferendo alla società che si che è in suo umana. costituisce il potere. La Per vivere supremo potere natura, in sicurezza il diritto naturale cioè, fa ed e per poter godere (cioè di ciascuno). Spetta esercita dei diritti naturali al potere supremo quanto la non attraverso determinare, sua stessa la forza bensì attraverso la essenza gli consente di attraverso il potere legislazione, il giusto fare. I pesci e la volontà di tutti, e l ingiusto. E solo lo per gli uomini si devono stesso potere supremo può esempio unire in un patto modificarsi attraverso sono razionale, una sana padroni trasferendo amministrazione e dell acqua e alla società che perseguendo il bene quelli si costituisce pubblico. A tale grandi il supremo potere potere tutti devono mangiano obbedire. quelli piccoli (diritto Si tratta dunque di naturale). un patto di La sottomissione come potenza della natura è la quello elaborato da potenza stessa di Dio. Hobbes. Ma mentre Leggi naturali e leggi divine quest ultimo immagina un tendono, dunque, a regime autoritario e coincidere. Il diritto naturale assolutistico, Spinoza è determinato dalla cupidigia ipotizza un sistema e dalla forza e non dalla democratico. Questo diritto ragione umana. L unico

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Socie politi tà econo ca mia

della società si chiama democrazia, la quale si definisce, perciò, come l unione di tutti gli uomini che collegialmente, cioè insieme, hanno diritto a tutto ciò che è in potere della stessa società . Il dovere all obbedienza non lede, dunque, i diritti naturali di libero pensiero e di libera espressione. Il cittadino-suddito ha la possibilità di criticare la legge ingiusta, continuando a osservarla e attendendo che il potere compia autonomamente l opera di revisione o di abrogazione.


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Ryszard Kapuscinski: un reporter dall Africa Lo sguardo curioso e lucido di chi viaggia per lavoro

di Anna Conte

Modelli d i vita

Ryszard Kapuscinski

Attraverso le pagine di "Ebano" splendido reportage che racconta quarant anni di vita nel continente africano, Ryszard Kapuscinski restituisce l Africa agli africani. Questa terra misteriosa e affascinante, che da secoli è meta di colonizzatori, ritrova la sua dignità nelle righe di un reporter polacco, che per pochi quattrini accetta di diventare l inviato della più importante agenzia di stampa polacca e di vivere non l Africa degli altri reporter, ma quella degli africani. «Come in passato, anche oggi l Africa è vista oggettualmente, come il riflesso di un altra stella, come territorio e campo d azione di colonizzatori, mercanti, missionari, etnografi, organizzazioni umanitarie (nella sola Etiopia ne funzionano più di ottanta). E invece, a parte tutto il resto, essa esiste anche in sé e per sé. Un secolare, chiuso continente a parte, dove coesistono boschi di banani, magri campicelli di manioca, giungle, lo sterminato Sahara, fiumi in via di prosciugamento, boscaglie che si diradano, mostruose città malate: una zona del mondo percorsa da un inquieta, violenta carica di elettricità».

anima l Africa a noi Questa carica di elettricità sconosciuta. pervade il lettore fin Grazie a uno sguardo lucido dall inizio. Chiunque si e curioso, Kapuscinski avvicini a questo libro supera il giornalismo pensando di trovarvi convenzionale, dando vita a esclusivamente scenari una serie di racconti che storici e politici, rimarrà riescono a trasmettere le sorpreso. La narrativa di immagini quotidiane di un Kapuscinski non consiste popolo in fermento. nello sterile racconto delle Leggendo "Ebano", sembra vicende di un paese in possibile sentire l odore di guerra, né possiede i tratti fiori freschi e cassava distaccati, tipici degli altri tostata, di pesce reportage. essiccato e alghe "Ebano" Grazie a uno fermentate, rappresenta un sguardo lucido quello che verrà modo diverso di e curioso, descritto come viaggiare. Kapuscinski supera l odore dei tropici. Kapuscinski il giornalismo Leggendo condivide il sapore convenzionale, "Ebano", sembra di questa terra dando vita possibile provare stregata, evitando a una serie il caldo i percorsi ufficiali e soffocante, quello preferendo i di racconti che che non lascia passaggi occasionali riescono altra soluzione, se dei camion, per a trasmettere non quella di muoversi da un le immagini correre alla luogo all altro, quotidiane ricerca di un forte dell ospitalità di un popolo posto all ombra, dei contadini. in fermento quello che ti È il 1957 quando rallenta ogni il reporter polacco movimento. giunge per la prima volta in Leggendo "Ebano", sembra Africa, divenendo testimone possibile vedere l Africa, dei rivolgimenti politici e della vedere la gente che la abita nascita di nuovi stati e che ne anima le strade. capeggiati da leader Eccola che cammina, fin sanguinari prima, e delle dalle prime ore del mattino, guerre e carestie poi. che corre verso i campi o verso Ma, al contrario dei suoi i mercati. Ed è proprio con colleghi, trascura la storia quella gente che Kapuscinski dei massacri e degli stringe forti legami d amicizia. sconvolgimenti politici, per L umanità di questa gente dar voce alle persone, per che, nonostante l'estrema scendere nelle strade a povertà, non rinuncia a contatto con quella gente che

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Ripensandoci... concedere ospitalità, come è nel suo costume, rende questi uomini e queste donne dalla pelle d ebano protagonisti dei racconti del giornalista straniero. «Il mondo dell africano comune è diverso. È un mondo povero, di una semplicità elementare, ridotto a pochi oggetti base: una camicia, una ciotola, una manciata di semi, un sorso d acqua. La ricchezza e la varietà del suo mondo non si esprimono in forme materiali, oggettive, tangibili e visibili, ma nei valori e nei significati simbolici che l uomo attribuisce agli oggetti più semplici, a infime cose invisibili per i non iniziati». Ma quei pochi semi e quella ciotola d acqua, bene prezioso insieme all ombra, vengono condivisi con lo straniero, nonostante egli sia bianco e rappresenti il nemico, il popolo colonizzatore. Ovviamente non sarà così dappertutto per l allora giovane reporter polacco, che conoscerà durante il suo tragitto anche le insidie di quel continente, del suo popolo. Così, quello che inizialmente nasce come reportage dall Africa, diviene un avventura che ha tutti i tratti del romanzo, pur non essendolo. Alla fine del libro si ha l impressione di aver avuto da sempre un immagine erronea del continente nero . Se la televisione e i giornali mostrano esclusivamente bambini malnutriti, scenari di morte, malattie e la vita nelle degradate baraccopoli, Ebano ci porta in una dimensione a noi ignota. Kapuscinski è in grado di far compiere ai suoi lettori un viaggio itinerante alla scoperta dei tesori e delle bellezze dell Africa, rendendoci capaci di estraniarci dalla visione

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stereotipata e occidentale della terra africana, e di appropriarci della sua visione, che diventa la nostra. Quella che pervade le pagine del suo libro è un Africa abbagliante, un Africa che toglie il respiro. "Ebano" è stato definito come una strordinaria mistura di arte e reportage, e, in effetti, riporta ciò che nessuna cronaca è in grado di riportare. Come in un quadro ci appaiono dinanzi le immagini di Accra, povera, piatta, fatta di case a piano terra con qua e là

irradiano calore e benevolenza, attirano con la bellezza e il silenzio, con l aria ferma e cristallina, con la pace e la perfezione di linee e di forme». È uno spettacolo incredibile quello a cui assistiamo leggendo queste pagine. Quella che Kapuscinski ci promette è un esperienza grandiosa, è la capacità di saper cogliere la ricchezza intangibile di un mondo sconfinato. Bibliografia: - Ryszard Kapuscinski, Ebano (1998), Feltrinelli, 2000; Sitografia: www.kapuscinski.hg.pl (sito ufficiale in polacco, con alcuni riferimenti in altre lingue europee); Approfondimenti Per saperne di più

Accra - mercato

qualche edificio più alto; di Kumasi, adagiata su dolci colline in mezzo al verde e ai fiori; di Kampala, piena di fiori, palme, e manghi, che si stende su sette dolci colline verdeggianti, parte delle quali scendono direttamente sul lago; di Dar es Salaam, situata tra palme da cocco e pennacchi di rigogliosi banani; e poi Zanzibar, Lagos, Addis Abeba, e il Ruanda: «Al mattino presto è uno spettacolo meraviglioso: mi sono spesso alzato all alba solo per contemplare quel paesaggio unico al mondo. Davanti a noi si stendono all infinito montagne alte ma dalle linee morbide, color smeraldo, viola, verdi, incorniciate dal sole. Un paesaggio senza niente di minaccioso, senza le pareti scure, gli scoscendimenti, i dirupi delle vette rocciose. Non ci sono slavine, pietre rotolanti, piogge di ghiaia da temere. Le montagne del Ruanda

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Ryszard Kapuscinski è nato a Pinsk, in Polonia orientale, oggi Bielorussia, nel 1932. Dopo gli studi, ha lavorato fino al 1981 come corrispondente estero dell agenzia di stampa polacca PAP. Oltre a Ebano, pubblicato nel 1998, tra gli altri si ricordano Il Negus. Splendori e miserie di un autocrate (1983), Imperium (1994) sull impero sovietico e il suo dissolvimento, e Shah-in-shah (2001) resoconto della sua permanenza in Iran. «L Africa è un continente troppo grande per poterlo descrivere. È un oceano, un pianeta a sé stante, un cosmo vario e ricchissimo. È solo per semplificare e per pura comodità che lo chiamiamo Africa. A parte la sua denominazione geografica, in realtà l Africa non esiste». Ryszard Kapuscinski, "Ebano" (1998), Feltrinelli, 2000;


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Cronista senza tregua L'esempio di Anna Politkovskaja di Laura Longo

Pensie politica rdoe e azione lle donne Anna Politkovskaja

Una cronista senza freni Anna Politkovskaja è l esempio di chi segue la cronaca anche a costo della sua stessa vita. Voce indipendente della «Novaja Gazeta», uno dei pochi mezzi d informazione non filogovernativi, denunciò i misfatti delle forze russe in Cecenia, documentando gli abusi commessi sulla popolazione civile. Il suo voler essere a tutti i costi giornalista non solo mise a repentaglio la sua stessa esistenza ma anche la sua vita privata. Nel 1999, dopo un reportage su un attacco russo a Grozny in cui erano stati colpiti un mercato e un reparto di maternità e uccise decine di donne e bambini, al suo ritorno a Mosca, il marito le confessò la sua viva intenzione di lasciarla. Il lavoro della Politkovskaja rimane, a ogni modo, eccezionale: la giovane cronista sovietica che aveva abbracciato gli ideali di libertà della perestrojka alla fine degli anni Ottanta, divenne la peggior spina del fianco per la leadership del Cremlino. Parlava senza remore, raccontando a voce alta cosa realmente succedeva in Cecenia, mettendo in dubbio i metodi di Putin che, a suo dire, generavano ulteriori ondate di terrorismo. Inoltre sosteneva che la guerra al terrore di Bush e Blair aveva aiutato enormemente Putin. Sebbene il capo del Cremlino cercasse di convincere la

comunità internazionale che il suo unico fine era quello di combattere il terrorismo globale, i fatti però lo smentivano: i sequestri, le uccisioni extragiudiziarie, le sparizioni, le torture e gli stupri erano scelte politiche di Putin per reprimere ogni possibile tentativo di secessione del territorio. In giro per il mondo Nacque a New York nel 1958 da genitori diplomatici dell Onu, uno status che la favorì di gran lunga. Ebbe la possibilità di consultare libri che all epoca erano messi al bando e di conoscere in lungo e in largo la Russia. Entrata nella facoltà di giornalismo dell Università statale di Mosca, dopo la laurea, la giovane studentessa lavorò per il quotidiano «Izvestija». Con l arrivo della perestrojka, la Politkovskaja passò alla stampa indipendente, che in quegli anni cominciava ad affermarsi: prima la «Obshaja Gazeta», poi la «Novaja Gazeta». Il prezzo dei conflitto Nella storia russa, si parla di due guerre cecene: la prima, dal 1994 al 1996 sotto la presidenza di Eltsin, finita con un accordo di pace e il ritiro delle truppe moscovite grazie alla pressione dei mezzi d informazione e dell opinione pubblica. La seconda nel 1999. Putin ha cercato di impedire

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che i giornalisti raccontassero i misfatti russi in Cecenia usando l arma della censura. Per le vicende cecene, Anna Politkovskaja era convinta che se fermare la prima guerra cecena è stato il maggiore successo della stampa russa negli anni relativamente liberi di Eltsin, la seconda guerra cecena è stata, malauguratamente, il loro più grande fallimento. Ma la giornalista è andata al di là del suo ruolo da semplice cronista. Ha anche assunto il compito di negoziatrice durante l assedio al teatro di Mosca e nella scuola di Beslan, prima di essere uccisa con quattro bossoli nell ascensore del suo palazzo da un killer a contratto. Conscia della situazione tragica della sua terra e che ancora mancavano tutte le possibile premesse democratiche affinché un paese potesse dirsi libero. Dopo l arrivo al potere di Mikhail Gorbaciov, i nuovi paesi dell ex Unione Sovietica avevano cominciato a camminare sulle loro gambe, ma inevitabilmente si erano originate una serie di guerre intestine. La più feroce, che continua ancora oggi, è quella per riconquistare il controllo della piccola regione della Cecenia. E Anna Politkovskaj, una veterana del conflitto, era diventata una delle reporter più tenaci.


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Ada Sereni guida il viaggio verso la "Terra promessa" Un popolo perseguitato per secoli alla ricerca della propria identità

di Rossella Bufano

Ada Sereni

Spezia dove erano in «Il nostro tempo non ha allestimento due bisogno di eroi, ma di imbarcazione, la Fede di uomini giusti», fu la Savona e il motoveliero risposta che Ada Sereni Fenice, pronte a diede ai giornalisti che trasbordare 1.014 volevano fare di lei profughi. L operazione un eroina. Questa donna La Spezia fu preparata fu la promotrice da Yehuda Arazi, detto dell esodo in Palestina, dottor Paz, Ada Sereni nell immediato e Raffaele Cantoni, dopoguerra, di migliaia responsabile della di ebrei che comunità ebraica avevano conosciuto «Il nostro l odio nazista.La tempo non ha italiana, e poté contare sull aiuto di città della Spezia è bisogno tutta la città. Ada conosciuta come di eroi, porta di Sion , ma di uomini riuscì a farsi ricevere perfino da De perché proprio dal giusti» Gasperi, suo porto chiedendogli di salparono gli chiudere un occhio su scampati ai lager nazisti. quell emigrazione Uomini, donne e bambini clandestina ed ottenne la che avevano conosciuto sua complicità. La riuscita la persecuzione, lo dell operazione portò alla sterminio, la Shoá, costituzione nell estate del l inferno dei lager, ora si 1946 della base operativa preparavano a lasciarsi del Mossad le Aliyà Bet a alle spalle l Europa degli Bocca di Magra. orrori e a raggiungere la L imbarcazione divenne un Terra promessa . simbolo, prese il nome di Dall estate del 1945 alla Exodus, raggiunse le coste primavera del 1948 oltre della Palestina e avviò la 23.000 ebrei erano riusciti nascita dello stato di a lasciare Israele. clandestinamente l Italia diretti in Palestina. La Ma il rapporto che lega prima nave di profughi, il Ada Sereni alla Palestina Dallin, partì da Monopoli è antecedente. Nata a il 21 agosto 1945 con soli Roma nel 1905 da una 35 immigrati a bordo. Ma famiglia ebrea di facoltosi la questione commercianti, si innamorò dell immigrazione ebraica a 16 anni del suo scoppiò come caso compagno di scuola Enzo internazionale nel maggio Sereni, figlio del medico 1946 e l epicentro della della Casa Reale, un crisi divenne il porto della 16

Pe politnsiero e ica d azi elle d one onn e

ttuale socialistaintellettuale sionista, esponente dell alta borghesia ebraica romana. Si sposarono e, nel 1927, con la loro bambina di pochi mesi, partirono per la Palestina (gli ebrei la chiamavano Erez Israel, Terra di Israele) per mettere in pratica l utopia sionista di costruire la Terra di Israele, dissodarla e farla diventare finalmente una patria dove vivere in pace. Lì insieme a un gruppo di giovani oriundi polacchi, fondarono il primo kibbutz vicino a Tel Aviv, Chivat Brenner (Collina Brenner) dal nome di un ideologo sionista: il kibbutz esiste ancora ed è uno dei più grandi. Non erano ancora gli anni dei campi di sterminio, ma l esperienza dell esilio forzato, del rifiuto nei confronti degli ebrei era secolare. Una storia viva in Freud quando aderisce al movimento sionista come nelle centinaia di migliaia di ebrei in fuga dall impero zarista, come negli ebrei che in Austria e in Francia erano esclusi dagli uffici pubblici, confiscati dei beni ed espulsi in massa. In questi anni di fatica, ma anche d amore, nascono altri due figli, Daniel e Agar. Sarà proprio Agar a raccontare, in un intervista a Franca Zambonini, che i suoi genitori avevano


Ripensandoci... scelto per lei quel nome che «andasse bene sia per gli ebrei sia per gli arabi, perché sognavano che i due popoli potessero convivere in armonia, cosa che purtroppo resta ancora un sogno. Così scelsero il nome di Agar, la schiava egiziana che da Abramo ebbe Ismaele e divenne la madre di tutti gli arabi».Nel frattempo in Europa dilaga la persecuzione ebrea e nel 44 viene costituita una Brigata ebraica, all interno della quale si progettano lanci col paracadute in vari Paesi europei. Anche Enzo decide di combattere contro il nazi-fascismo e il 15 maggio del 44 si fa paracadutare vicino a Firenze, ma viene catturato e torturato dai nazisti. Muore nel novembre del 1945 nel campo di concentramento di Dachau. Ada dopo mesi di angoscia, in cui non riceve notizia di suo marito, decide di affidare i figli ai compagni e di partire alla sua ricerca. Per poter viaggiare Ada deve arruolarsi nell assistenza militare alle compagnie ebraiche di stanza in Italia. Nel luglio del 45 sbarca in aereo a Napoli e, mentre cerca notizie di suo marito, conosce il gruppo clandestino che inizia a mandare in Terra di Israele i sopravvissuti ai campi di concentramento, accolti nei centri di raccolta italiani. È l inizio dell Aliàh Bet, l Immigrazione numero due. Ada scopre della morte di Enzo mesi dopo, e da allora si dedica completamente alla causa ebraica. «La mia missione privata era ormai tragicamente conclusa. Il lavoro sempre più incalzante nell Aliàh Bet mi trascinò nel suo vortice». È quanto scrive Ada Sereni nel libro I

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clandestini del mare (Mursia) in cui racconta quell esperienza. Un esodo che ha inizio con dei pescherecci che possono traghettare solo poche decine di persone, fino alle grandi navi che ne trasportano centinaia. Sono trentatré le navi che partono da spiaggette appartate, lontano dai porti sorvegliati, con gli ebrei reduci dall inferno hitleriano diretti verso il rifugio di una terra sicura, e 25 mila i salvati. Molte navi in partenza vengono scoperte e sequestrate, altre vengono bloccate dagli inglesi sulle sulle spiagge palestinesi. Le ultime due navi allestite da Ada Sereni partono dall Italia ai primi di maggio del 48 e quando arrivono è appena proclamato lo Stato d'Israele. Approfondimenti Per saperne di più Quando nasce Israele Nel 1920, nel corso delle trattative post-belliche, alla Gran Bretagna viene assegnato dalla Società delle Nazioni il Mandato sulla Palestina. Sotto il Mandato britannico l'immigrazione ebraica nella zona subisce un accelerazione, solo negli anni 20 immigrano nella zona quasi 100.000 ebrei, fino a raggiungere le 360.000 unità alla fine degli anni 30. La parte più drammatica della nascita dello Stato ebraico inizia nel 1939 con la pubblicazione del Libro bianco con il quale l'amministrazione britannica pone fortissime limitazioni all immigrazione e alla vendita di terreni agli ebrei. Da questo 5

momento in poi, pur essendo la guerra mondiale in pieno svolgimento, le navi di immigranti ebrei vengono respinte. La difficile situazione induce l Onu a intervenire. Dopo vari tentativi di mediazione e alla scadenza del Mandato britannico della Palestina, nasce Israele il 14 maggio 1948, quando Ben Gurion leader sionista legge la Dichiarazione d indipendenza dello Stato ebraico in Palestina (http://it.wikipedia.org/ wiki/Storia_di_Israele http://www.greconet.c om/davidben.htm) Il termine kibbutz indica una forma associativa volontaria di lavoratori dello stato di Israele, basata su regole rigidamente egualitaristiche e sul concetto di proprietà comune. Ogni singolo individuo appartenente al kibbutz lavora per tutti gli altri e in cambio, al posto di denaro riceve i frutti del lavoro altrui. L'associazionismo in forma di kibbutz risale all'inizio del XX secolo con la fondazione di Degania, avvenuta nel 1909. Il kibbutz è stato uno degli elementi fondamentali nello sviluppo di Israele, sia per la forte carica ideologica socialista sia per il fattore innovativo che portava in un'area in cui l'agricoltura era a puri livelli di sussistenza. Dopo la fondazione dello stato, i kibbutz israeliani hanno conosciuto un periodo di declino, dovuto sia a motivi ideologici, quali la necessità di impiegare lavoro salariato esterno, sia alla concorrenza delle imprese a carattere privato, sia infine a una cattiva gestione in periodi di crisi economica (Estratto da http://it.wikipedia.org/wik i/Kibbutz).


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Maria Grazia Cutuli Il costo della verità di Laura Longo

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Maria Grazia Cutuli

Il costo della verità Giornalismo come missione? Malgrado la profusione dei modelli dell unpolitically correct , c è ancora qualcuno che è andato in controtendenza. Come Maria Grazia Cutuli, giornalista del «Corriere della Sera», ha saputo scendere in campo senza divise, se non quella della sua professione. Uccisa, insieme ad altri tre colleghi in un attentato nella strada che da Jalalabad conduceva a Kabul, pochi giorni dopo il via libera al confine pachistano. La sua passione per le inchieste era indescrivibile. È stata una dei pochi cronisti per essersi contraddistinta per il suo sguardo indagatore sui retroscena della politica estera. Una caratteristica che la condurrà molto lontano ma le permetterà una maggiore comprensione dei fatti internazionali che, nel giro vorticoso dei mass media, rischiano molto spesso di essere ristrutturati o, addirittura, manipolati. La carriera Classe 1962, siciliana, comincia la sua carriera giornalistica adattandosi a svariati orientamenti editoriali: dalla cronaca rosa a quella nera, dalla cultura agli ordini del giorno sindacali. Si forma giornalisticamente collaborando con il quotidiano «La Sicilia» e con l emittente regionale «Telecolor». Si

trasferisce poi a Milano, lavorando prima al periodico «Centocose», poi a «Epoca», diventando professionista. Prima di approdare al «Corriere della Sera», ha una collaborazione con l Unhcr, l organismo delle Nazioni Unite che si occupa di profughi, che le consente di specializzarsi in politica estera. La sua grande esperienza nel settore dell assistenza umanitaria (aveva preso un anno sabatico per recarsi in Ruanda con un agenzia dell Onu durante la guerra) l aveva portata ad occuparsi per il suo giornale di aree di crisi. Da quella esperienza formativa aveva conosciuto le problematiche ed era riuscita ad assumere una posizione distante per raccontare. Ritornata in Italia intraprende la carriera con il «Corriere della Sera», prima come precaria per qualche anno, poi come corrispondente ufficiale nel 1999. Il nuovo contratto con la testata milanese le permette di moltiplicare i suoi reportage, le sue ricerche, i suoi viaggi. Ritorna in Africa, si reca in Afghanistan, in Pakistan, va in Medio Oriente. Si avvicina a tutte quelle realtà che non stanno davanti ai riflettori. La sua singolarità sta nel fatto che, pur analizzando contesti difficili e senz altro particolari, riesce a svolgere il suo lavoro senza esasperazioni o sensazionalismi, elemento raro e prezioso al tempo del giornalismo da scrivania e

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delle notizie preconfezionate. Riempiva le pagine del suo taccuino con testimonianze ed interviste di donne, di bambini e raccontava la guerra. La tragedia Il lavoro degli embedded ovvero degli inviati di guerra costretti a vivere nelle trincee accanto ai soldati, è molto spesso criticato e, a volte, ostacolato. Il 17 Novembre del 2001 la giornalista catanese, insieme a un collega del quotidiano spagnolo «El Mundo», scopre un deposito di fialette di gas nervino in una base afghana di Al Qaeda, a poche ore dalla ritirata dei fondamentalisti. La notizia fa il giro del mondo, e sicuramente, l annuncio diventa scomodo per qualcuno. Nessuno può dire con certezza quello che è realmente accaduto. L Italia, dal suo canto, ha chiesto il rinvio a giudizio di 5 persone, ma a causa dell impossibilità di notificare agli inquisiti la chiusura delle indagini, tutto rimane ancora indefinito. Nel 2005, invece, il governo afghano ha condannato a morte Reza Khan, il killer materiale di Maria Grazia Cutuli. In sua memoria sono stati istituiti due premi: il Premio giornalistico Città di Milano alla memoria di Maria Grazia Cutuli e il Premio internazionale di giornalismo Maria Grazia Cutuli , da parte del suo paese d origine, Santa Venerina.


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Viaggio e fantasia Alla scoperta della Mancia, la città del Don Chisciotte di Lucia Buccarello

Arte e cul tura Miguel de Cervantes

Miguel de Cervantes Saavedra nasce nel 1547 ad Alcalà de Henares, famosa località universitaria, nei pressi della capitale. Il padre chirurgo, sempre alla ricerca di maggiore fortuna, lo costringe ben presto a lasciare la città natale e peregrinare in varie località della penisola iberica. Nel 1568 arriva in Italia al seguito del cardinale Acquaviva. Qui si arruola nell armata spagnola. Nel 1575 torna in Spagna per richiedere il grado di capitano. La nave su cui viaggia, insieme al fratello, viene assalita e i passeggeri vengono condotti schiavi ad Algeri. Dopo quattro tentativi di evasione, falliti, Cervantes viene riscattato dalla famiglia. Tornato in Patria dà vita alle sue opere più famose: "La Galatea", "La Numancia" e nel 1605 pubblica "El ingenioso hidalgo Don Quixote de la Mancha". Cervantes muore a Madrid nel 1616. Sembra essere diventata la moda del momento: costruire itinerari turistici ispirati a libri famosi. In uno dei tanti viaggi internettiani alla ricerca

della vacanza da sogno in Spagna, ho scoperto un interessante itinerario ispirato a uno dei romanzi spagnoli più famosi: El Quijote di Cervantes. «In un borgo della Mancha, che non voglio ricordarmi come si

cavalleria, da prendere armatura, ronzino e fido scudiero per diventare Don Chisciotte. Ma qual è il paese del cavaliere errante? È lo stesso Cervantes a spiegarcelo: «E questo fu il fine dell ingegnoso Idalgo della Mancia, la cui patria non volle Cide Hamete rendere chiaramente nota per lasciare che tutti i paesi e i villaggi della Mancia contendessero tra loro per affidarselo e tenerlo per suo, come contesero per Omero le sette città della Grecia.»

Ruta De El Quijote Molinos de Consuegra

chiama, viveva non è gran tempo un nobiluomo di quelli che hanno e lancia nella rastrelliera e un vecchio scudo, un magro ronzino e un levriere da caccia.» Cervantes comincia così il suo romanzo, ispirato a un sublime cavaliere, Alonso Chisciano, che spinto dall ozio e dall amore non ricambiato per una giovane contadina, si appassionò così tanto ai romanzi di

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Ogni paese della Mancia ha dunque la sua storia e gli itinerari possibili sono molteplici. Nella Mancia si arriva comodamente dagli aeroporti di Valencia e Madrid, le autostrade sono ben tenute e il traffico è quasi inesistente. Per giungere nella città meglio utilizzare un mezzo autonomo. se necessario si può usufruire del servizio noleggio, assai economico. Arrivati nella regione potete, dopo aver gustato una tipica colazione Spagnola e avere preso


Ripensandoci... confidenza con il vento che caratterizza questa terra, iniziare il vostro viaggio nella fantasia. ...a Argamasilla De Alba Da qui inizia l avventura del Chisciotte. È qui, infatti, che Cervantes iniziò a scrivere il

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...a El Toboso È il paese più silenzioso. Qui troverete la casa di Dulcinea: una dama mai esistita. Caratteristico il paese, costituito da strade di ciottoli, case bianche e una piccola piazza contraddistinta da una serie di fontanelle. ...a Campo De Criptana Località ricca di mulini a vento, tutti restaurati e con un proprio nome. Passeggiando fra questi giganti ci si sente un po come il cavaliere errante che combatteva valorosamente contro i mulini. ...a Mota Del Cuervo e a Belmonte

Don Chisciotte cella Mancia Puerto Lapice

suo romanzo, presso il carcere di Cueva della Casa Medrano. Visitabile.

Anch esse caratterizzate dai mulini a vento, si contendono le più fantasiose avventure del Caballero triste.

In parallelo si consiglia un viaggio enogastronomico fra le prelibatezze del posto: formaggi, salumi, lo zafferano e la paella sono fra i più buoni di tutta la regione. Il periodo più interessante per far visita a questi luoghi incantati è senza dubbio l autunno, quando tutta la Mancia è in festa per la raccolta dei fiori dello zafferano. Vaste pianure piene di fiori blu sono uno spettacolo al quale è difficile rinunciare. Nel 2005 si è festeggiato il IV centenario della Ia edizione del El Quijote e per l occasione tutte le bellezze della regione sono state restaurate, proprio per dar vita a uno splendido itinerario turistico.

...a Puerto Lapice Qui troverete la prima locanda del cavaliere. ...a Consuegra Luogo incantevole, accanto ai mulini sferzati dal vento, si erge un castello dell Ordine dei Templari, ben tenuto e visitabile.

El Toboso Monumento a Dulcinea

Consuegra Sullo sfondo il Castello dei Templari

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Per maggiori informazioni vi consigliamo di visitare il sito ufficiale in due versioni inglese e spagnolo: www.donquijotedelamanch a2005.com


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Miguel de Cervantes Don Chisciotte della Mancia Capitolo I Che tratta della condizione, dell indole e delle abitudini del famoso nobiluomo Don Chisciotte della Mancia . In un borgo della Mancia, che non voglio ricordarmi come si chiama, viveva non è gran tempo un nobiluomo di quelli che hanno e lancia nella rastrelliera e un vecchio scudo, un magro ronzino e un levriere da caccia. Un piatto di qualcosa, più vacca che castrato, brincelli di carne in insalata, il più delle sere, frittata in zoccoli e zampetti il sabato, lenticchie il venerdì, un po di piccioncino per soprappiù la domenica, esaurivano i tre quarti dei suoi averi. Al resto davano fine la zimarra di castorino, i calzoni di velluto per le feste con le corrispondenti controscarpe pur di velluto. Nei giorni fra settimana poi gli piaceva vestire d orbace del più fino. Aveva in casa una governante che passava la quarantina e un nipote che non arrivava ai venti, più un garzone campiere e pel mercato, che tanto sapeva sellare il ronzino quanto maneggiare il poatatoio. L età del nostro nobiluomo rasentava i cinquantanni: robusto, segaligno, di viso asciutto, molto mattiniero e amante della caccia. Vogliono dire che avesse il soprannome di Chisciada o Chesada, giacché quanto a ciò v è qualche disparità fra gli autori che ne scrivono; sebbene per verosimili congetture si lascia capire che si chiamava Chesciana. Ma questo poco importa per la nostra storia: basta che, narrando, non ci si sposti un punto dal vero. E, pertanto, da sapere che il suddetto nobiluomo, nei momenti d ozio (che erano la maggior parte dell anno) si dava a leggere libri di cavalleria con tanta passione e diletto da dimenticare quasi del tutto lo svago della caccia e anche l amministrazione del suo patrimonio. E, a tanto arrivò, in questo, la sua smania e aberrazione che vendette molte staia di terreno seminativo per comprare libri di cavalleria da leggere, sì che ne portò a casa tanti quanti ne poté avere; ma fra tutti nessuno gli pareva così bello come quelli che compose il famoso Feliciano De Silva, perché la limpidezza di quella sua prosa e quei suoi discorsi intricati gli parevano meraviglie specialmente quando arrivava a leggere quelle proteste d amore e lettere di sfida, in molti luoghi delle quali trovava scritto: «La ragione del torto che si fa alla ragion mia, siffattamente fiacca la mia ragione che a ragione mi lagno della vostra beltà». E anche quando leggeva « gli alti cieli che in un con le stelle divinamente con la vostra divinità vi fortificano e vi fanno meritiera del merto che merita la vostra grandezza». Con questi discorsi il povero cavaliere perdeva il giudizio. Pur s ingegnava d intenderli e sviscerarne il senso che non l avrebbe cavato fuori né l avrebbe capito lo stesso Aristotile se fosse resuscitato solo a questo scopo. Non conveniva gran cosa circa le ferite che Don Belianigi faceva e riceveva, perché pensava che, per quanto lo avessero curato famosi chirurgi, non avrebbe mancato di avere il viso e tutto il corpo cincischiato di cicatrici e di segni. Tuttavia però lodava nel suo autore quel terminare il libro con la promessa di quella tale interminabile avventura, e molte volte gli venne desiderio di prender la penna e mettervi fine con rigorosa esattezza, secondo la promessa che vi si fa; e senz alcun dubbio l avrebbe fatto e vi sarebbe anche riuscito, se altri maggiori e continui pensieri non gliel avessero impedito. Ebbe molte volte a discutere col curato della sua terra (uomo dotto, laureato a Siguenza), su chi era stato miglior cavaliero, se Palmerino d Inghilterra o Amadigi di Gaula; mastro Nicola però, barbiere appunto di quel borgo, diceva che nessuno arrivava al Cavaliere del Febo, e che se qualcuno se gli poteva paragonare era Don Galaorre, fratello di Amadigi di Gaula, perché aveva molto acconcia disposizione per tutto; che non era cavaliero svenevole, né tanto piagnucolone come suo fratello, e che quanto a valore non gli era secondo. Insomma, tanto s impigliò nella cara sua lettura che gli passavano le notti dalle ultime alle prime luci e i giorni dall albeggiare alla sera, a leggere. Cosicché per il poco dormire e per il molto leggere gli si prosciugò il cervello, in modo che venne a perdere il giudizio. La fantasia gli si riempì di tutto quel che leggeva nei libri, sia d incantamenti che di litigi,di battaglie, sfide, ferite, di espressioni amorose, d innamoramenti, burrasche e buscherate impossibili. E di tal maniera gli si fissò nell immaginazione che tutto quell edifizio di quelle celebrate, fantastiche invenzioni che leggeva fosse verità, che per lui non c era al mondo altra storia più certa. Diceva che il Cid Ruy Díaz era stato ottimo cavaliere, ma che non ci aveva che vedere col Cavaliere dall Ardente Spada, il quale soltanto con un rovescione aveva spaccato in mezzo due fieri e spropositati giganti. Miglior conto faceva di Bernardo del Carpio per avere in Roncisvalle morto Roldano l Incantato, valendosi dell astuzia di Ercole quando fra le braccia soffocò Anteo, il figlio della terra. Molto lodava il gigante Morgante perché, pur essendo di quella razza gigantina che tutti son superbi e villani, lui solo era affabile e bene educato. Ma chi gli andava a verso, sopra tutti, era Rinaldo di Montalbano, specie quando lo vedeva uscire dal suo castello a rubare a quanti inciampava per via, e quando oltre mare rubò quel tal simulacro di Maometto, che era tutto d oro, come racconta la sua storia. Per assestare una quantità di pedate a quel traditore di Gano di Ma ganza, avrebbe dato la sua governante, nonché la nipote per giunta.

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Col senno ormai bell e spacciato, gli venne in mente pertanto il pensiero più bislacco che mai venisse a pazzo del mondo; e fu che gli parve opportuno e necessario, sia per maggiore onore suo come per utilità da rendere alla sua patria, farsi cavaliere errante, ed andarsene armato, a cavallo, per tutto il mondo in cerca delle avventure e a provarsi in tutto quello che aveva letto essersi provati i cavalieri erranti, spazzando via ogni specie di sopruso, e cacciandosi in frangenti ed in cimenti da cui, superandoli, riscuotesse rinomanza e fama immortale. Già si vedeva il poveretto coronato dal valore del suo braccio, Imperatore di Trebisonda per lo meno; e quindi, rivolgendo in mente così piacevoli pensieri, rapito dal singolare diletto che vi provava,si affrettò a porre in opera il suo desiderio. E la prima cosa che fece fu di ripulire certe armi appartenenti ai suoi avi, che, arrugginite e tutte ammuffite, da secoli e secoli erano state messe e dimenticate in un canto. Le ripulì e le rassettò meglio che poté, ma vide che avevano un grave difetto; non c era una celata con la baviera a incastro, ma solo un semplice morione. A questo però supplì la sua ingegnosità, poiché con certi cartoni fece una specie di mezza celata che, incastrata col morione, faceva la figura di una celata intera. Vero è che per provare se era forte e se poteva reggere nel caso d un colpo tagliente, sfoderò la spada e le menò due colpi che al primo, e d un tratto, distrusse quel che gli era costato una settimana. E non mancò di dispiacergli la facilità con cui aveva mandato in pezzi la celata: quindi, per assicurarsi da questo pericolo, la tornò a rifare, mettendoci certi sostegni di ferro dalla parte di dentro, per modo che restò soddisfatto della resistenza, e, senza però volerla esperimentare di nuovo, le destinò l ufficio suo e la ritenne per celata finissima con incastrato il barbozzo. Andò poi a vedere il suo ronzino e, nonostante tante crepe negli zoccoli e avesse più malanni del cavallo del Gonnella, che tantum pellis et ossa fuit, gli sembrò che né il Bucefalo di Alessandro né il Babieca del Cid gli potessero stare a pari. Quattro giorni trascorse a pensare che nome gli dovesse mettere; perché (come diceva a se stesso) non andava che un cavallo di tanto famoso cavaliere, e cavallo poi tanto pregevole di per sé, avesse a mancare di un bel nome; e quindi cercava di aggiustargliene uno, tale che significasse chi esso fosse stato avanti di appartenere a cavaliere errante e quello che era allora. S era perciò messo in testa che, mutando di condizione il padrone, anch esso dovesse mutare il nome e che gliene avesse a trovare uno di gran fama e risonante, come si addiceva al nuovo ordine e al nuovo ufficio che già adempiva: così, dopo di aver congegnato,cancellato e rifiutato, disfatto e tornato a rifare molti nomi nella sua mente ed immaginazione, in ultimo finì col chiamarlo Ronzinante: nome, a parer suo, alto, sonoro, che stava a significare quel che era stato da ronzino, rispetto a quello che era ora, che era, cioè, «innante o avanti» e il primo di tutti i ronzini del mondo. Messo il nome, e di tanto suo gusto, al cavallo, volle metterlo a se stesso; nel qual pensiero durò altri otto giorni, finché riuscì a chiamarsi don Chisciotte: dal che, come s è detto, arguirono gli scrittori di questa vera storia che, sicuramente si doveva chiamare Chisciada e non Chesada, come altri vollero dire. Ricordandosi però che il valente Amadigi non si era soltanto contentato di chiamarsi Amadigi asciutto asciutto, ma che aggiunse il nome del regno e della patria sua per darle maggior fama, e si chiamò Amadigi di Gaula, così volle, da buon cavaliere, aggiungere al nome suo quello della patria e chiamarsi don Chisciotte della Mancia: con che, secondo lui, manifestava molto chiaramente il suo lignaggio e la patria, cui faceva onore prendendo da lei il soprannome. Ripulite, dunque, le armi, del morione fattane celata, battezzato il ronzino e cresimato se stesso, si dette a credere che altro non gli mancava se non cercare una dama di cui essere innamorato, giacché il cavaliere errante senza innamoramento era come albero senza foglie né frutto, corpo senz anima. Diceva fra sé: «Se io, in castigo dei miei peccati ovvero per mia buona sorte, mi imbatto per qui con qualche gigante, come ordinariamente accade ai cavalieri erranti, e al primo incontro lo atterro, e lo spacco in due, o insomma, lo vinco e lo faccio arrendere, non sarà forse bene avere a cui mandarlo come presente? Sì ch egli entri e si prostri in ginocchio dinanzi alla mia dolce signora e le dica in voce umile e sottomessa: Io, signora, sono il gigante Caraculiambro, signore dell isola Malindrania, vinto in singolar tenzone dal mai abbastanza lodato cavaliere don Chisciotte della Mancia, il quale mi ordinò di presentarmi dinanzi a Vossignoria, acciocché la vostra grandezza disponga di me a suo talento ». Oh, come si compiacque il nostro buon cavaliere quand ebbe trovato a cui dare il nome di sua dama! Avvenne, a quanto si crede, che in un paesetto presso il suo, ci fosse una giovane contadina di bellissima presenza, della quale egli era stato, un tempo, innamorato: ma a quanto si dice, lei non lo seppe mai né ci fece mai caso. Si chiamava Aldonza Lorenzo. Gli parve bene pertanto proclamar costei signora dei suoi pensieri, e cercandole un nome che non contrastasse molto col suo e che tendesse e s approssimasse a quello di principessa e gran signora, finì col chiamarla Dulcinea del Toboso, essendo nativa del Toboso: nome, secondo lui, armonioso, peregrino e significativo, come tutti gli altri che aveva messo a sé e alle cose sue. ( )

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Ezechiele Leandro Opere plastiche, tele e disegni di Paola Bisconti

Arte e cul tura

Sacro e reale si sposano nelle opere di Ezechiele Leandro. La scelta di utilizzare ferro, vetri e metalli dona un valore non solo estetico alle sue creazioni ma anche etico. Riutilizzare ciò che l uomo comune tende a buttare rappresenta la capacità di attribuire il senso di rinascita agli oggetti. Tra le performance il ciclo delle carte da parati e le opere in polistirolo. Leandro adopera i pieni e i vuoti ottenendo effetti plastici e il movimento delle figure.

avviene un mutamento molto evidente. Se nella prima fase i colori si presentano ferrosi e compatti nella seconda fase acquisiscono trasparenza e lucentezza. Attraverso il bianco, il rosa, il celeste e il verde chiaro si alleggeriscono le figure. Anche qui non può mancare il movimento circolare. La spirale che l artista crea dona un senso di profondità e movimento coronato dai colori che regalano voglia di libertà.

Una libertà che Ezechiele Leandro ha saputo ottenere nel corso della sua vita. Per quanto riguarda i Attraverso le proprie disegni si distinguono due opere creava un periodi: quello della Sentirsi un uomo universo primitivo il quale fantasioso dove pienezza e cerca un ruolo in tutto ci riconduce quello dell apertura un mondo popolare a ciò che è primogenio. del piano di che tende a L artista e lo fondo. emulare un finto spettatore così ritornano Nel primo progresso alle reminescenze della periodo si propria infanzia e della nota nei loro stessa natura. disegni l omogeneità del colore dei fondi dove si Sentirsi un uomo susseguono figure atropoprimitivo il quale cerca un zoo-morfe. ruolo in un mondo popolare che tende a emulare un finto Il sistema della linea progresso. circolare ritorna spesso. Tali figure, infatti, sono Ezechiele Leandro è stato racchiuse da un arco flesso uno di quegli artisti che dalla o da un cerchio vero e terra ha tratto proprio. l ispirazione per ogni Il cerchio per Leandro è il opera. luogo della concentrazione. Nato a Lequile il 10 Aprile del 1905 fu abbandonato e Nel secondo periodo

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poi ritrovato da Adama Crocefisso. Trascorre la prima infanzia presso una famiglia di contadini e poi nel Convento di Lequile. In questo luogo apprende oralmente le conoscenze delle Sacre Scritture. Leandro si sofferma sulle parole del profeta Isaia il quale auspica a una redenzione dell uomo corrotto.

Sin dalla giovinezza si dedica a lavori manuali come il cementista, il riparatore di biciclette, il rottamaio. Focali sono le esperienze nel 1933 in Africa e nel 1936 in Germania. Nel giardino della sua casa compaiono le prime opere plastiche le quali destano l ostilità dei concittadini. Tuttavia lo conducono a intraprendere una carriera da artista. Nel 1957 compare la prima tela con un soggetto appartenente


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di un'arte diversa. Un arte definita popolare e primitiva. Così come lui voleva riconoscersi. Muore il 17 febbraio del 1981.

all iconografia sacra della lotta tra il bene e il male rielaborando le figure di San Giorgio e il drago. Nel 1966 l Istituto di Cultura Italiana Radio Praga gli organizza una mostra a Praga. Leandro fu anomalo anche come scrittore. Nei suoi romanzi Sentite questo (Seledizioni, Bologna, 1979), La caduta degli angeli (1977) e Penzieri e cunti (1978) i

tipografi avvertono per espresso desiderio dell autore non sono state apportate le dovute correzioni . Leandro, infatti, riscatta la sua indipendenza anche nella scrittura. L artista nel corso della sua vita ha contatti epistolari con il papa Giovanni XXIII, Renato Guttuso e Pablo Picasso. Nato come pittore naïf muore con il riconoscimento

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La casa di Leandro sita a San Cesario in via Cerundolo n. 26 è stato il suo laboratorio trasformatosi poi in una vera e propria galleria d arte. La sua espressione artistica gli procura l attributo di pazzo e nel 1973 sopreleva un muro nel suo giardino. Tuttavia nel 1975 la sua casa museo fu inaugurata con il nome di Santuario della Pazienza . Al 1962 risale il primo servizio televisivo della RAI. Nel 1966 Leandro paga i diritti SIAE e ottiene dall Ente Soggiorno e Turismo di Lecce l inserimento della casa museo nelle guide turistiche. Tuttora è visitabile. L ingresso è libero. Info: 0832/200 120.


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Il parco letterario "Formiche di Puglia" Un esempio di turismo culturale in onore di un grande meridionalista del nostro secolo di Anna Conte

Arte e cul tura Tommaso Fiore I Parchi Letterari si differenziano da quelli naturali in quanto possono rappresentare non solo uno spazio propriamente fisico, ma anche mentale, facendo ripercorrere i luoghi dove un autore ha vissuto e scritto le sue opere, o quelli dove un determinato evento storico si è verificato. Di norma un Parco Letterario comprende più luoghi, tra ruderi, vecchie case abbandonate e centri storici. Ed è proprio in un vecchio mulino che ha sede il Parco Letterario Formiche di Puglia, intitolato alla memoria dello scrittore e meridionalista Tommaso Fiore. I luoghi raccontati sono quelli aspri e ondulati, calcarei, della Puglia vissuta dallo scrittore. Ne è sede principale Noci, in provincia di Bari, dove è locato il vecchio mulino, ma l area coinvolta comprende Altamura, città natale di Tommaso Fiore, e i paesi circostanti, tra i quali Alberobello e Martina Franca, Locorotondo e Putignano, Santeramo in Colle e Cisternino, Gioia del Colle. I visitatori del parco faranno tesoro di un immagine della Puglia fiera e laboriosa, come quella decantata dallo scrittore di Altamura che ne

definì l identità. Tra fiere e degustazioni gastronomiche, spettacoli folcloristici e festival, si mostreranno le bellezze di una regione sconosciuta persino a chi la abita, come affermava lo stesso Fiore: «Beato chi in vita ha potuto percorrere in lungo e in largo tutta quanta la regione dov è nato, imparato a conoscere

anzitutto quelli della sua antica stirpe». Quell antica stirpe, quel popolo di formiche, si rivela ai visitatori del Parco, che imparano a conoscere un autore dimenticato e poco studiato e la sua gente, quei cafoni pugliesi, simbolo di una regione contadina e operaia. La preoccupazione

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costante del giovane pubblicista di Altamura, fu da sempre, infatti, la questione meridionale che si aggravava con l avvento del regime fascista. Grazie alla collaborazione con «La Rivoluzione Liberale» di Gobetti, denunciò la necessità di salvare il Mezzogiorno da una condizione che andava sempre più peggiorando. I suoi viaggiinchieste, a percorrere in lungo e in largo il territorio pugliese, ci offrono diverse realtà sociali, ma tutti mostrano una Puglia splendida e rocciosa, di cui vale la pena conoscere ogni luogo, ogni peculiarità. Grazie alla nascita del Parco Letterario Formiche di Puglia, quella valorizzazione dei territori pugliesi già iniziata dal Fiore, può continuare. C è da sottolineare, inoltre, che sempre grazie al Parco Letterario intitolato allo scrittore altamurano, sono tornati in libreria i classici del suo pensiero, indirizzati a giovani e istituzioni scolastiche, per


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«E dovunque muri e muretti, non dieci, non venti, ma più, molti di più, allineati sui fianchi di ogni rilievo, orizzontalmente, a distanza anche di pochi metri, per contenere il terreno, per raccoglierne e reggerne un po tra tanto calcare. Mi chiederai come ha fatto tanta gente a scavare ed allineare tanta pietra. Io penso che la cosa avrebbe spaventato un popolo di giganti. Questa è la murgia più aspra e sassosa; [ ] non ci voleva meno che la laboriosità d un popolo di formiche» far luce sul nostro passato e valorizzare il nostro futuro. Il classico più importante del Novecento pugliese è sicuramente "Un popolo di formiche", ridato alle stampe nel 2001. Tommaso Fiore sceglie di raccontare la sua Puglia in sei lettere, le prime quattro delle quali indirizzate a Gobetti che le pubblicò su «La Rivoluzione Liberale», e le ultime due indirizzate a Giuseppe Gangale, direttore di «Conscientia». Il Fiore si propone come inviato e descrive con fine espressione poetica i paesaggi, camminando per piazze e campagne, e incontrando uomini e donne di Puglia, quel popolo di formiche che superbamente viene descritto nelle sue pagine. Accantonando l eterna diatriba tra Nord e Sud, lo scrittore ridà vita a una regione conosciuta più per il suo passato, che per i suoi sforzi presenti: «Tu devi dunque sapere che la Puglia, più ancora che per questi suoi sforzi di redenzione economica, è conosciuta pel suo passato, bello o brutto, ma ben passato e perciò venerando fin nei suoi cocci rotti. Avrai sentito parlare anche a Torino dei nostri trulli, diamine! Tu però forse non sai che la zona dei trulli ad Alberobello è stata dichiarata monumentale, né più né meno che la passeggiata archeologica di Roma. Ma io, ad Alberobello, di memorando, di eccezionale, di veramente monumentale non ci ho trovato che la laboriosità dei contadini e degli agricoltori».

Accanto, quindi alla descrizione di quell espressione archeologica che è la Puglia, stando alle stesse parole del Fiore, in cui tutto è riferito al passato, vi è l esaltazione di quel popolo laborioso che non conosce fatica, come le formiche, e che con il proprio sudore bagna i campi di ulivi e vigneti.

rendere visibili a chiunque voglia goderne, le immagini di una Puglia viva, verde e che a fatica mantiene questa bellezza col sudore nei campi. Bibliografia: Tommaso Fiore, "Un popolo di formiche", Palomar Edizioni, 2001; Sitografia: www.formichedipuglia.it ; www.parchiletterari.com ; Contatti: Parco Letterario «Formiche di Puglia» dedicato a Tommaso Fiore Via Santa Maria della Croce (presso ex-Mulino) 70015 Noci (Bari) tel: 080/4949124 e-mail: info@formichedipuglia.it

Trulli

Ancora oggi, se vi è possibile, prendete una bicicletta e percorrete quei campi, quegli uliveti e quei vigneti. Incontrerete quel popolo di formiche, che incessante nel proprio lavoro, sarà disposto a rispondere a ogni vostra domanda. Godrete dell odore della terra, dello spettacolo che offrono i mille trulli allineati come fratelli, e poi i tanti muretti, lavorati a secco col sudore della fronte. Che spettacolo saranno i secolari alberi di ulivo e i campi sterminati di mandorli in fiore, e poi i pascoli e i campi di pomodoro. Sono queste immagini che il Parco Letterario di Tommaso Fiore vuole

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Approfondimenti Per saperne di più Tommaso Fiore (Altamura 1884 Bari 1973) fu un grande umanista e uomo politico. Lottò sempre per le autonomie e per il federalismo meridionalista. Collaborò con «La Rivoluzione Liberale» di Gobetti e con «Il Quarto Stato» di Nenni e Rosselli, dove pubblicò un programma socialista per il mezzogiorno. Finì in carcere nel 42 e nel 43 per l intensa propaganda antifascista. Morì a Bari il 4 giugno 1973.


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Tommaso Fiore Un popolo di formiche Il paese dei trulli, Alberobello, si trova sulla costa del monte Zampino, a 416 metri. Si sale, ma non si riesce a vederne: ai due lati della provinciale le case moderne danno l impressione di lindura e di operosità di cittadine vicine, Castellana e Putignano, per esempio, dove subito dopo il 60 fu tentata la nuova vita industriale, prima che altrove. Ecco ora la piazzetta, ben composta, con un minuscolo monumentino pei Caduti ed un minuscolo obelisco, che, se non fosse la riverenza, i monelli scalzi potrebbero arrampicarvisi. Ma qui non ci sono monelli, o almeno, quanto a riverenza, potrebbero dare dei punti ai grandi che, per l inaugurazione, pronunciarono i discorsi di rito; né questi ragazzetti, come in troppe parti da noi, si servono del lastricato come di moccichino, ma van puliti e ben calzati, con le loro cartelle, serii, compresi del loro compito ed anche più orgogliosi, si vede subito, della loro cittaduzza, che è grande e famosa presso tutti, e non mostrano molta curiosità per questi forestieri. Bisogna senz altro sperare nei nostri figli: noi abbiamo fatto la guerra; chi sa che essi non facciano qualcosa di più grande, la libertà. [ ] Giù a valle, dovunque l occhio si spinge, fino alla selva di Fasano, altro sommo miracolo di laboriosità umana biancheggiante sull orizzonte, c è agglomeramenti di trulli, collicelli a terrazze, grigio di petrame, verde pallido d ulivi, querce e noci gigantesche. La casetta che mi ospita è, non occorre dirlo, una casa di contadini, autentica, ma sembra l opera meticolosa di giapponesi. Dovunque, per terra, sui muri intonacati, al palco, splendore di pulizia, di decenza; cuscini bianchi sui cassettoni, tendine nitide per ogni vano, per ogni passaggio; mobili di quercia, porte graziosamente dipinte di grigio, noce e verdino; tutto misura e proporzione, agio e tranquillità. Sono questi i nostri cafoni, cui lo Stato non vuole ancora riconoscere diritto di vita politica. [ ]

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Viaggio nel tempo: il parco letterario "Ettore Fieramosca" Un percorso sui sentieri della storia pugliese di Mariella Piccinni

Arte e cul tura

Barletta - Cattedrale

Tra i parchi letterari presenti in Italia, merita di essere citato il parco culturale pugliese Ettore Fieramosca, che nasce dalla memoria di un fatto storico trasformato, tre secoli dopo, in un celebre romanzo di Massimo D Azeglio. L evento è la Disfida di Barletta, avvenuta il 13 febbraio 1503, durante la guerra tra francesi e spagnoli per la spartizione del regno di Napoli. L espressione Parco Letterario, ideato da Stanislao Nievo, sta a indicare un area di territorio nella quale sono individuati e realizzati veri e propri itinerari culturali, che percorrono i luoghi celebrati dai nostri più grandi autori e poeti, così da scoprire le suggestioni da cui trassero ispirazione. Esso può quindi essere percepito come uno spazio fisico e mentale analogo a quello in cui si trovarono gli artisti quando diedero corpo alle loro opere. Le fonti storiche ci dicono che al servizio del re di Spagna combattevano compagnie di nobili italiani tra cui spiccava, per nobiltà d animo e coraggio, Ettore Fieramosca. Il 15 gennaio 1503, un drappello di spagnoli e italiani fece prigioniero il capitano Charles de la Motte e la sera stessa vincitori e vinti si

L espressione Parco Letterario, ideato da Stanislao Nievo, sta a indicare un area di territorio nella quale sono individuati e realizzati veri e propri itinerari culturali attraverso i luoghi celebrati dai nostri più grandi autori e poeti, così da scoprire le suggestioni da cui trassero ispirazione

rappresentativi sono: la cantina, la Cattedrale, il tempietto della Disfida e il monumento in bronzo, che rappresenta Fieramosca che abbatte La Motte. La cantina della sfida ha un importanza particolare, perché è proprio in questo luogo che, secondo la tradizione, venne allestito un banchetto, secondo i costumi cavallereschi, in onore dei francesi che erano rimasti sconfitti durante uno scontro con gli spagnoli. Il francese La Motte, con spavalderia e arroganza, avrebbe elogiato i suoi soldati e disprezzato gli italiani, qualificandoli come incapaci e traditori. Inebriati dal generoso vino

incontrarono a tavola, secondo le regole della cavalleria, nella cantina di Barletta; qui, fra elogi e convenevoli, La Motte accusò i cavalieri italiani di vigliaccheria. L onta venne lavata sul campo in un violentissimo scontro tra tredici italiani e tredici francesi. Ettore Fieramosca trionfò e passa da allora alla storia come eroe Cantina della sfida dell identità nazionale ante pugliese, dal fumo dell olio litteram, espressione di virtù delle lanterne e dagli odori votata alla patria. della carne arrostita, i Da ciò è nata l idea di cavalieri francesi prigionieri dedicargli un parco culturale siedono con i maggiorenti a Barletta. I luoghi

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Ripensandoci... spagnoli, tra cui il capitano Don Diego di Mendoza. Quest ultimo provoca gli avversari comparando il loro valore a quello degli italiani, suoi alleati. La Motte e i suoi uomini non accettano quella che, a loro dire, è un offesa: essere paragonati ai pavidi italiani. Si tratterà solo di organizzare il combattimento e di scegliere i campioni di entrambi gli schieramenti. La cantina di Barletta all interno del palazzo, secondo le fonti, fu la sede del Gran Capitano delle truppe spagnole in Italia, don Consalvo Fernandez da Cordova: è ancora oggi un luogo suggestivo in cui il visitatore, aiutato dalla fantasia e dalla conoscenza degli avvenimenti storici, può rivivere il momento del lancio dell offesa. Un altro luogo di culto del parco è costituito dalla cattedrale ove, i tredici cavalieri italiani, il 13 febbraio del 1503, al primo sorgere del sole, si recarono per prestare giuramento, davanti al Sacramento, di vincere o morire. Nel 1930, invece, fu inaugurato il Tempietto della Sfida che si erge al centro dell omonima piazzetta. Su di esso è posta una targa bronzea, costruita nel 1903, in occasione del quarto centenario della sfida e precedentemente affissa sulla parete esterna della Basilica del Santo Sepolcro. Questo monumento rappresenta per i cittadini di Barletta un simbolo nel quale identificarsi, una testimonianza dell orgoglio nazional-popolare. Tanto forte è il loro attaccamento che, allorché nel 1931, il regime fascista,decise di trasferirlo a Bari, la città

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insorse con rabbia e sgomento rendendo necessario l intervento di un folto reggimento per sedare i tafferugli che provocarono 5 vittime e un numero alto di feriti. Il monumento in bronzo che rappresenta Fieramosca che abbatte La Motte è posto, invece, all'ingresso della città di Barletta e precisamente in Piazza F.lli Cervi. Il monumento è stato riconsegnato alla Città il 7 aprile del 2001 (grazie soprattutto all'interessamento della

Monnumento di Fieramosca che abbatte La Motte

sezione locale del Lions Club), con una cerimonia alla quale hanno preso parte una grande folla e varie autorità, dopo quasi venti anni di permanenza nei giardini pubblici antistanti il Castello Svevo. Quella di Piazza F.lli Cervi è la sua giusta collocazione: fu proprio in questo luogo, infatti, che nel lontano 13 febbraio 1503 i barlettani e il clero, con l'immagine della Madonna dell'Assunta, accolsero festanti i tredici valorosi condottieri che tornavano vittoriosi sui francesi. Tra gli autori che hanno scritto sulla disfida,

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bisogna senza dubbio citare: Massimo D Azeglio e l Anonimo Autore di veduta. Il primo, dopo un lungo soggiorno romano, preso dalla febbre del lavoro scrisse nel 1833 Ettore Fieramosca, romanzo storico che prende spunto dai fatti di Barletta. Il libro ebbe subito uno straordinario successo che stupì per primo lo stesso autore, il quale, prima della sua pubblicazione, lo aveva fatto leggere a suo suocero, Alessandro Manzoni, senza riceverne grandi consensi. L'Anonimo Autore di veduta non ci ha lasciato solo una ricostruzione degli avvenimenti della celebre sfida, ma anche di quelli che l'hanno preceduta e seguita. Egli anzi ne sarebbe stato un testimone oculare. La cronaca di quegli avvenimenti, redatta d'impulso e sotto la spinta emotiva di quelle giornate esaltanti, sarebbe stata scritta e pubblicata in pochi esemplari in quello stesso anno. Solo nel 1547 il notaio di Capua GiovanBattista Damiani, recuperata una copia, ne avrebbe curato la pubblicazione vera e propria con una sua prefazione, sotto il titolo di Historia del combattimento di tredici italiani e altrettanti francesi fatto in Puglia fra Andria e Quarati. La cinematografia italiana si è occupata della Disfida di Barletta sin dagli albori. Già nel 1909 il regista Ettore Pasquali realizzò il lungometraggio Ettore Fieramosca, e un film omonimo fu girato nel 1915 anche da Domenico Gaido e Umberto Pasquali. Di queste opere probabilmente non è rimasta alcuna copia. Ma senza dubbio i due film italiani più celebri sui fatti di Barletta, raccontati in maniera molto diversa l'uno dall'altro, sono stati quelli di Blasetti e Festa Campanile rispettivamente con: Ettore Fieramosca e Il Soldato di buona ventura.


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Jean-Luc Godard: il cinema come sperimentazione «Io non invento niente, leggo molto. La mia originalità, e il mio fardello, sta nel credere che il cinema sia fatto più per pensare che per raccontare storie» (J. Godard) di Massimo Fiorino

Definito troppo complicato per essere compreso , oscuro, distante dal grande pubblico, il cinema di Godard è oggi universalmente riconosciuto come assolutamente geniale. Influenzato dai maestri americani (Howard Hawks, Alfred Hitchcock, Orson Wells, Nicholas Ray e Douglas Sirk), sin dal suo esordio, egli ha introdotto innovazioni radicali. Geniale e dissacrante, abile sezionatore dei meccanismi della narrazione, lavora con budget bassissimi, impegnando la troupe soltanto pochi giorni e girando in mezzo alla gente. Sottoposto a un vero e proprio ostracismo da parte dei contemporanei, per aver buttato all'aria tutte le regole esistenti, narrative, fotografiche e di montaggio, dopo essere stato snobbato per lunghi anni, la critica ne intuisce la genialità, dando il giusto tributo a questa nuova cinematografia. Definito lo scardinatore del cinema, colui che con la complicità di François Truffaut ha rivoluzionato il linguaggio cinematografico, mettendone in crisi tutte le certezze, Godard nasce in una famiglia ricca da padre banchiere, che, ben presto, gli taglia i fondi per costringerlo a studiare. Dopo essersi arrangiato con piccoli lavori, diventa critico e saggista per i «Cahiers du

cinéma» e, successivamente, uno dei registi d avanguardia più importanti degli ultimi trent anni. Ricercando nuove forme d espressione di cui la filmografia tradizionale sembra deficitare, si abbandona a una fase di sperimentazione, alla ricerca di un percorso particolare che si riveli il più congeniale possibile alla sua idea di cinema. Discostandosi dal cinema contemporaneo che, da critico e saggista, non aveva esitato a vivisezionare in modo dissacrante, rompe gli schemi fin ad allora imperanti, considerati alla base della tecnica filmica, rifuggendo dalla logica della fruibilità da parte del grande pubblico e del marketing pubblicitario. Accompagnato in questa sua avventura cinematografica da una nutrita schiera di cinefili che, raccogliendosi intorno alla figura del critico André Bazin e ai suoi «Cahiers du cinéma», elaborano la teoria del cinema d autore e proclamano il proprio desiderio di rinnovare il cinema, dapprima nei loro scritti, poi dietro la macchina da presa, Godard contribuisce alla nascita della Nouvelle Vague, una nuova ondata di cineasti francesi

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Cinema e teatro

che si oppongono al cosiddetto cinéma de papa (il cinema tradizionale) di Clair, Carnet, Clouzot, ecc. Questo nuovo movimento si impone soprattutto grazie a "À bout de soufle", più noto in Italia come "Fino all ultimo respiro", capolavoro assoluto firmato da Godard, premiato con l Orso d oro per la regia al Festival di Berlino, girato in soli 23 giorni, la cui sceneggiatura ufficiale viene scritta da Truffaut, con la collaborazione di Claude Chabrol, altro maestro della

corrente. In realtà, per nessun film di Godard si può parlare di sceneggiatura, per la continua tendenza all improvvisazione e a lasciarsi guidare dalle circostanze. Da molti considerato il manifesto della Nouvelle Vague, À bout de soufle viene girato con mezzi di fortuna, su pellicola fotografica, più sensibile di quella cinematografica , per compensare un illuminazione


Ripensandoci... un cinema che abbatte le barriere tra gli attori e la troupe, tra verità e finzione, tra storia e documentario, insomma infrange completamente le regole spesso inesistente, accentuando il divario con la professionalità del cinema americano. In questo lungometraggio, fioccano le citazioni, le allusioni e i riferimenti cari al regista. Intervistato in proposito, Godard dice: «È il mio gusto della citazione, che ho sempre conservato. Perché rimproverarcelo? Nella vita la gente cita ciò che le piace. Anche noi abbiamo il diritto di citare ciò che ci piace». Nel film, ogni accorgimento tecnico è funzionale al superamento della narratività tradizionale; tutto è teso, in una sorta di collage, alla creazione di un film-saggio, in cui tutto è lecito, ogni movimento o improvvisazione dei personaggi può essere integrato al film. Particolarmente significativa è l opinione che Godard nutre nei confronti dell attore: «Gli attori li trovo idioti, li disprezzo. Gli dici di piangere e piangono. Gli dici di camminare a quattro zampe e lo fanno. Lo trovo grottesco. Non so, non è gente libera ». Proprio per questo, egli elabora una teoria personale dell attore, in modo da liberarlo dalla sua posizione di subordinazione e farlo intervenire di persona e responsabilmente nel film. Il suo cinema, che riscuote ampio successo tra un pubblico colto ed esigente, pur evolvendosi in una crescita continua, è votato continuamente al risparmio attraverso ripetizioni continue; è un cinema che abbatte le barriere tra gli attori e la troupe, tra verità e finzione, tra storia e documentario, insomma infrange

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completamente le regole. Nelle sue storie imbastisce una critica spietata della società dei consumi, caratterizzata, a suo avviso, da una irreparabile perdita dei valori, puntando l indice verso le contraddizioni sociali.Le sue storie irraccontabili, estremamente provocatorie sono pensate,organizzate e filmate con una perfezione cinematografica unica. La ricerca continua di nuove forme e modelli sfocia in pellicole intelligenti e inquietanti, in cui molti dei suoi messaggi restano oscuri, ma altri toccano i

Approfondimenti Per saperne di più Gli anni Sessanta rappresentano un periodo di rottura con l immediato dopoguerra. Sono gli anni della contestazione: il 68, partito in sordina, si rivela un anno pieno di fermenti sul piano politico, sociale e culturale. In Italia, la contestazione si indirizza essenzialmente contro l egemonia dello scudo crociato. In Francia, la rivolta studentesca prende spunto dalle marce pacifiste nei campus americani, in risposta alla guerra del Vietnam. I Sixties sono, però, anche anni di profondo progresso sociale ed economico. In Italia, inizia il boom economico , destinato a cambiare radicalmente le abitudini degli italiani. Filmografia:

"La gaia scienza", 1968 confini della settima arte espandendola. Jean-Luc Godard, premiato con il Leone d Oro alla carriera alla Mostra di Venezia del 1982, sostiene che nel cinema bisogna «Usare suoni ed immagini come unghie e denti su cui graffiare»; «Il cinema è come una battaglia: amore... odio... azione... violenza... in una parola: emozione» (Samuel Fuller, da Il bandito dalle ore undici). Questo regista poliedrico, dalla filmografia vastissima, ma consequenziale e coerente, lascia un repertorio assolutamente unico e originale, da anni oggetto di studio da parte di quanti sono alla disperata ricerca di un percorso che si richiami allo spirito originario del cinema.

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"Opération Béton", cortometraggio/documenta rio, 1954; "Una femme coquette", cortometraggio, 1955; "Tous les garçons s'appellent Patrick", cortometraggio, 1957; "Une histoire d'eau", cortometraggio, 1958; "Charlotte et son Jules", cortometraggio, 1959; "Fino all'ultimo respiro", 1959; "Le Petit soldat", 1960; "I sette peccati capitali", solo episodio "L'accidia", 1961; "La donna è donna", 1961; "Questa è la mia vita", 1962; "Ro.Go.Pa.G.-Laviamoci il cervello", solo episodio "Il nuovo mondo"1963; "Il disprezzo", 1963; "Les carabinieres", 1963; "Le più belle truffe del mondo", solo episodio (tagliato) "Le grand escroc", 1963; "Bande à part", 1964; "Una donna sposata", 1964; "Paris vu par...", solo episodio "MontparnasseLevallois", 1964; "Agente Lemmy Caution,


Ripensandoci... missione Alphaville", 1965; "Il bandito delle ore undici", 1965; "Due o tre cose che so di lei", 1966; "Il maschio e la femmina", 1966; "Una storia americana", 1966; "L'amore attraverso i secoli", solo episodio "L'amore nel 2000", 1967; "La cinese", 1967; "Lontano dal Vietnam", solo contributo "Camera-oeil", 1967; "Week-end-Un uomo e una donna da Sabato a Domenica", 1967; "Amore e rabbia", solo episodio "L'amore", 1967; "La gaia scienza", 1968; "Ciné-tracts", film collettivo anonimo, 1968; "Symphaty for the Devil", 1968; "Communications", abbandonato, 1968; "One P.M.", abbandonato, 1968; "British Sound", co-regia con Jean-Henri Roger, cortometraggio per la tv britannica, 1969; "Pravda", in collaborazione con Groupe Dziga Vertov, 1969; "Vento dell'est", in collaborazione con Groupe Dziga Vertov, 1969; "Lotte in Italia", in collaborazione con Groupe Dziga Vertov, 1969; "Jusq'a la Victorie", co-regia con Jean-Pierre Gorin, abbandonato, 1970; "Vladimir et Rosa", in collaborazione con Groupe Dziga Vertov, 1971; "Crepa padrone, tutto va bene", co-regia con JeanPierre Gorin, 1972; "Moi Je", abbandonato, 1973; "Ici et ailleurs", co-regia con Anne-Marie Miéville, 1974; "Numéro deux", co-regia con Anne-Marie Miéville, 1975; "Comment ça va", co-regia con Anne-Marie Miéville, 1975; "Six fois deux/Sur et sous la comunication", mini serie tv, co-regia con Anne-Marie Miéville, 1976; "Nord Contre Sud", 197677; "France tour détour deux

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enfants", co-regia con AnneMarie Miéville, serie tv, 1978; "Scénario vidéo de Sauve qui peut (la vie)", video, 1979; "L'Historie (Bugsy)", abbandonato, 1979; "Changer d'image", filmato per la trasmissione "Le changement à plus d'un titre", video, 1981; "Si salvi chi può... la vita", 1980;

"Il piccolo soldato", 1960 "Passion", 1981; "Scénario du film Passion", video, 1982; "Lettre à Freddy Buache", cortometraggio, 1982; "Prénom Carmen", 1982; "Petites notes à propos du film Je vous salue, Marie", co-regia con Anne-Marie Miéville, video, 1983; "Je vous salue, Marie", 1983; "Detective", 1984; "Soft and hard", co-regia con Anne-Marie Miéville, video, 1985; "Grandeur et décadence du petit commerce de cinéma", video tv, 1985; "Aria", episodio "Armide",1986; "Meeting Woody Allen", video, 1987; "Cura la tua destra...", 1987; "King Lear", 1987; "Closed", 1988; "On s'est tous défilé", video, 1988; "Puissance de la parole", video, 1988;

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"Les Français vu par...", episodio "Le dernier mot", 1988; "Histoire(s) du cinéma", video, 1988; "Le rapport Darty", mediometraggio, 1989; "Nouvelle Vague", 1990; "Contre l'oubli", 1991; "L'enfance de l'art", 1990; "Germania nove zero", 1991; "Les enfants jouven à la Russie", 1993; "Ahimé!", 1993; "JLG/JLG-autoportrait de décembre", 1994; "Duex fois cinquante ans de cinéma Français", 1995; "For ever Mozart", 1997; "Histoires du cinéma: Seul le cinéma", serie tv, 1997; "Histoires du cinéma: Fatale beauté", serie tv, 1997; "The Old Place", 1998; "Histoires du cinéma: Une vague nouvelle", serie tv, 1998; "Histoires du cinéma: Les signes parmi nous", serie tv, 1998; "Histoires du cinéma: Le contrôle de l'univers", serie tv, 1998; "Histoires du cinéma: La monnaie de l'absolu", serie tv, 1998; "L'origine du XXIème siècle", 2000; "Éloge de l'amour", 2001; "Liberté et patrie", 2002; "Ten Minutes Older: The Cello", episodio "Dans le noir du temps", 2002; "Notre musique", 2004. Approfondimenti: "Jean-Luc Godard", Alberto Farassino; "Jean-Luc Godard", Roberto Chiesi; "Allemagne Neuf Zero", Jean-Luc Godard.


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Il personaggio errante Il viaggio nella fiaba, la fiaba nel viaggio di Sabrina Barbante

C'era una volta

della principessa che vive Il viaggio nella fiaba, la nel cestello, ovviamente fiaba nel viaggio trovato alle estremità del È curioso notare come bosco, prima di poterla spesso alcuni archetipi sposare. narrativi tornino costantemente in varie Storie simili si ripetono in culture, anche buona parte del repertorio geograficamente molto fiabistico europeo e non distanti. solo; il viaggio altro non Così come in ogni è in questi casi che repertorio fiabistico l iniziazione alla vita degli ritroviamo la dicotomia tra adulti, che nella cultura bene/male, occidentale raggiunge l apice buono/malvagio ecc. Anche con il matrimonio. Ma il il viaggio sembra far parte viaggio iniziatico è presente di questo patrimonio anche in culture molto condiviso dal genere umano. distanti dalla nostra, in cui In molte fiabe, diffuse un il matrimonio non è previsto, po in ogni angolo del come nel caso dei mondo, il viaggio viaggi eremitici di diventa, per i In molte fiabe protagonisti delle il viaggio diventa, iniziazione degli sciamani siberiani. storielle, il vero punto di svolta, per i protagonisti il vero punto Anche la Bretagna la chiave del cambiamento, sa di svolta, la chiave vanta branche di in positivo che in del cambiamento, racconti dedicati sa in positivo che all iniziazione negativo. attraverso il in negativo viaggio. Ne è un Per fare un esempio la storia di esempio "Peronnik potremmo citare l idiota". Trattasi di uno la fiaba de "Il principe scemo del villaggio che, fedele", appartenente alla un po per caso, un po per tradizione folklorica svedese. un improvvisa risoluzione, Trattasi di un giovane parte alla ricerca della principe che, insoddisfatto coppa d oro e il calice di della vita di corte, sale diamante, in grado di sul suo destriero e si guarire i mali del mondo avventura nel bosco. Qui e resuscitare i morti. incontra orsi, lupi, giganti e L avventura ha un finale che altri esseri della foresta vede la rivalsa dello sciocco incantata e su consiglio del sugli altri abitanti del suo destriero seda della lotte villaggio. tra di essi, ricevendone Queste storielle assumono promessa di ricompensa. così la valenza di veri Quest ultima sarà un aiuto romanzi di formazione , nell accontentare le richieste

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ovvero storie in cui i personaggi subiscono un cambiamento, una crescita, dall inizio alla fine della vicenda. Cosa se ne potrebbe desumere? Per quale motivo il genere umano pare vedere come principale o comunque importantissimo elemento di pericolo e di crescita allo stesso tempo il viaggio? C è da dire che, se pur il viaggio è senza dubbio un momento importante nella formazione e nella crescita mentale di un individuo, molte di queste leggende sono nate in periodi in cui lo spostamento da un villaggio all altro erano motivati dalle frequenti carestie e dalla diffusa povertà, oltre che dalle abitudini di vita delle popolazioni dei villaggi. Il viaggio diventa dunque necessità, come lo è sicuramente per le popolazioni legate al mare. Nelle zone di mare infatti, in passato i pescatori partivano per necessità, restavano fuori a lungo e non sempre tornavano. Proprio le improvvise sparizioni di gente di mare sono una delle tematiche delle leggende inglesi. Ne troviamo un esempio nella storia misteriosa di "Mathey Trewella", marinaio sparito, si dice, per seguire una donna bellissima e


Ripensandoci... misteriosa che abitò per un po a Zennor, pesino di pescatori. Anni dopo la sparizione un vecchio marinaio avvistò la donna, riconoscendola anche per la sua voce maliarda, nella forma di sirena. Si dice che l uomo sentì anche la voce di Mathey Trewella, e non vi furono più dubbi dunque che l uomo era stato stregato e aveva seguito l essere incantevole. Le squadre di soccorso e la guardia costiera infatti non sono sempre esistite. Neanche la polizia non era efficace come oggi nel rintracciare le persone scomparse. Le mogli e le madri vittime della perdita dei loro congiunti avevano bisogno di trovare una

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spiegazione, e le leggende nate dalla suggestione popolare erano la sola cosa che poteva

Anche in questi casi le fiabe sono un espediente proprio del genere umano per far fronte ad una quotidianità che non sempre si può spiegare razionalmente. Per approfondire: - Fiabe Svedesi, a cura di A.Palme Sanavio, Bur 2005. - "Leggende sugli Sciamani Siberiani", a cura di Luciana Vagg Saccarotti, Arcana, 1999. - "Leggende della Bretagna misteriosa", Arcana, 1986.

riconciliare i loro animi in pena col mondo e con le fatiche quotidiane.

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- "Fiabe inglesi di spettri e magie", Arcana, 1991.


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Italia che vai... cucina che trovi ll viaggio nei sapori delle nostre regioni di Mariella Piccinni

Mom tutti sanno che ..

La cucina italiana è ormai famosa in tutto il mondo. È giusto porci questa domanda, dal momento che ogni regione della penisola vanta una specifica tradizione culinaria, ognuna delle quali è stata variamente influenzata da altre culture, in virtù sia dei rapporti commerciali intrattenuti in passato dalla nostra civiltà, sia della dominazione straniera perpetuatasi fino alla seconda metà dell Ottocento. Ci addentriamo, quindi, in questo viaggio tra i sapori e partiamo proprio dalla Puglia, dove, con le cime di rapa o con il sugo degli involtini di carne di cavallo ("braciuole") si condiscono le tipiche orecchiette o le "zite" in timballo e certe "tielle" di agnello e patate, di patate e merluzzo. Le budelline d'agnello allo spiedo, le alici "arraganate", panzerotti fritti o i lampascioni arrostiti sono caratteristici dell'inconfondibile ricettario pugliese, del quale fanno parte anche squisiti dolciumi in cui si sente il gusto tipico di specialità importate nei secoli dai porti d'oltremare. Ci spostiamo ora in Basilicata. Qui i prodotti dell'alpe e i frutti dei campi duramente lavorati danno l'impronta a tutta la gastronomia locale: i tipici formaggi dal gusto deciso e particolare come il

caciocavallo, funghi, melanzane, cardi, lenticchie, peperoni, pasta prodotta in casa e condita in tanti modi diversi con i tipici pomodorini succosi e resa piccante dal peperoncino rosso, che è presente in tutti gli intingoli, sono di rito su queste tavole. Il nostro viaggio prosegue ora verso la Calabria, in cui, tra le carni, regna quella di maiale, che si ritrova in tanti preparati diversi, in salsicce piccanti, capocolli e soppressate. Le minestre godono della ricchezza di verdure della

regione e si fanno anche con fave, ceci, lenticchie, funghi, verze e fagioli tutti assieme, come nella "millicosedde"; mentre le paste asciutte sono rappresentate, tra l'altro, dai maccheroni casalinghi al ragù, da squisite lasagne al forno, le cosiddette "sagne chine", e da ottimi cannelloni ripieni di carne e salsiccia, gli "schiaffettuni chini".

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In Campania sopra tutte le specialità, dominano, invece, la pizza e gli spaghetti, che, pur se d'origine non esclusiva di questa regione, sono divenuti col tempo a Napoli una specie di piatto nazionale, sorpassando di gran lunga gli altrettanto buoni "gattò" di patate, la mozzarella in carrozza, la "'mpepata" di cozze, i fusilli vesuviani e il sontuoso "sartù" di riso dalle discusse origini. La celebre "pastiera napoletana" con le deliziose sfogliatelle egli "struffoli" offrono occasioni per dolci assaggi di una gustosissima arte pasticcera. Siamo ora nel centro Italia e precisamente nel Lazio. Qui si trovano secondi piatti legati alle più antiche tradizioni popolari e contadine quali la squisita "coda alla vaccinara", i gustosi "saltimbocca", i semplici ma buoni "fagioli con le cotiche", l'abbacchio detto "alla scottadito", le "budelline d'agnello arrostite". Tipici i carciofi alla giudea . La tipicità toscana offre invece manzo, vitello, maiale, coniglio o pollame, che trovano nell'arista di maiale e nella superba bistecca alla fiorentina in gratella esempi di una bontà che e divenuta famosa. Il pesce, quando non è d'acqua dolce, è specialità della Toscana occidentale,


Ripensandoci... che si affaccia sul Tirreno, dove il caciucco alla livornese merita più d'una menzione a livello gastronomico internazionale. In Liguria tra i condimenti per i primi piatti trenette, trofie trionfa il pesto, che dona gustose sensazioni al palato anche nel celebre minestrone, e non si deve dimenticare l'originale salsa di noci, ideale sui tipici "pansooti", ravioli di magro. Le verdure, regine nella cucina ligure, si presentano variamente, assieme alle uova e alla ricotta, nelle caratteristiche torte, che trovano l'espressione più raffinata nella "pasqualina". Tra i primi piatti piemontesi, invece, brillano risotti di vario genere, i celebri agnolotti e i "tajarin" al sugo di fegatini di pollo. I piatti di mezzo vanno dalla delicata carne cruda di Alba, ben tartufata e condita, ai grandi bolliti, ai fritti misti fino ai sugosi brasati al Barolo e al Caponet da accompagnare alla polenta. Una lunga serie di antipasti allieta la vista e il palato: la caratteristica "bagna caoda", i pate', i nervetti in insalata, le frittatine e le "spume" di tonno e di salmone. Andiamo ora in Valle D Aosta. Tra i formaggi, la celebre fontina è regina di parecchi piatti tipici, come la "costoletta alla valdostana", la zuppa di pane, la "polenta concia", gli gnocchi "alla bava" e la rinomatissima "fonduta". La selvaggina si consuma in salmì, cotta lentamente dopo una lunga marinatura nel vino aromatizzato; la coscia di stambecco o di camoscio viene trasformata in "mocetta", cioè viene salata e seccata come un prosciutto da affettare. Proseguendo in Lombardia, ci accorgiamo che i risotti hanno grande rinomanza, da quello giallo milanese, il classico risotto allo zafferano, a quello comasco, con i filetti di pesce persico, da quello "col puntell" mantovano a quello con la salsiccia brianzolo.

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Tra i primi piatti, spiccano altresì i pizzoccheri valtellinesi, gli agnolini mantovani, i casonsei bergamaschi, i tortelli di zucca e gli gnocchi alla comasca. Famosissimi il panettone e la colomba pasquale. Ci spostiamo ancora. L'abbondanza di funghi offre l'occasione di realizzare piatti elaborati, in cui possono entrare anche carni o pesci. È la cucina del Trentino Alto Adige. Tra i piatti d'origine asburgica si trova il gulasch e si possono gustare i crauti con carni affumicate e i canederli (knodel), che sono polpettine di pane, speck e altri ingredienti.

La cucina veneta presenta risotti, minestre di verdura o di fagioli, fumanti polente, gnocchi e gustosi "bigoli" onorano il settore dei primi piatti mentre, tra i secondi il pesce si impone con "sardelle", capesante, grancevole, anguille, seppie, zuppe e con il celebre "baccalà alla vicentina". Facciamo ora un salto nel Friuli Venezia Giulia per assaporare il gulash ungherese, il riso alla greca, la lepre alla boema, la costoletta alla viennese. Le minestre, come la jota e la zuppa di fagioli friulana, nate nel contado come piatti poverissimi, sono diventate vivande raffinate. Risotti di pesce, tagliatelle al tonno, gnocchi di pane al prosciutto, bigoli con le acciughe, "cialzons" specie di ravioli sono i primi piatti più caratteristici, mentre quelli di mezzo sono equamente

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ripartiti fra carne e pesce. I dolci sono tanti e vari, dalla "gubana" alle "pinze". Che cosa ci offre invece l Emilia Romagna? Una cucina ricca di derivati della carne di maiale, che si possono gustare in una serie infinita di salumi magistrali: le immancabili salsicce, la coppa, lo zampone tipico di Modena, il culatello e il prosciutto crudo di Parma, il salame di Felino sempre di Parma e le mortadelline piacentine. Tra i dolci spicca senza dubbio la zuppa inglese. Marche Cucina di mare e cucina montana: la costa, famosa per i suoi brodetti di pesce, con o senza lo zafferano selvatico, per gli spiedini di mare e per lo stoccafisso in potacchio, e l'entroterra, rinomato, per i vincisgrassi, per le olive ripiene di Ascoli, per la porchetta, disossata e farcita d'aromi, e per i tartufi, si contendono un primato che caratterizza la cucina marchigiana. I vincisgrassi sono splendide lasagne rettangolari, condite con funghi, fegatini e tartufo, ricoperta di besciamella. Con i cappelletti alla pesarese, ripieni di una farcia di arrosto di maiale, lesso, uovo, parmigiano e noce moscata, rappresentano i più importanti primi piatti locali. Oltre la carne, della quale c'è in Umbria una produzione pregevole, gli ingredienti dei piatti principali sono i pesci d'acqua dolce, i cereali e gli ortaggi. Tipiche sono la porchetta, che non manca mai nelle sagre tradizionali, e la "palomba", cioè il colombaccio selvatico, che altrove non si trova più. Ottime sono anche le paste asciutte: nello Spoletino si gustano certi spaghetti conditi con pomodoro, pancetta e maggiorana; altri, detti "alla norcina" profumano di tartufo nero e caratteristici sono gli "strangozzi" ternani, lunghi


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maccheroni conditi con aglio, olio e pomodoro. Se siamo in Abruzzo o nel Molise (dato che le due regioni hanno una divisione solo formale) troviamo le tagliatelle che in questi luoghi si chiamano ancora maccheroni e si fanno sulla "chitarra" e il "diavolicchio" (peperoncino) è quasi sempre presente e il fritto misto raggiunge dimensioni e varietà di ingredienti veramente grandiosi. Dulcis infondo le nostre meravigliose isole. Il riso - arrivato dall'Oriente - rimane nella cucina locale soprattutto nei deliziosi arancini, e non si può parlare che della Sicilia. Numerose sono le paste, il cui condimento si sbizzarrisce con sughi alle sarde, alle melanzane, alle zucchine, ai

peperoni, al tonno, alle seppie e alla ricotta. La pescosità delle coste consente una presenza notevole di piatti di mare come la zuppa di pesce, le braciole di tonno, le alici all'arancia, le sarde al beccafico, le costolette di pesce spada e un cuscus di pesce. E nel reparto della pasticceria che il ricordo della

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presenza araba è più vivo: antiche ricette che sanno d'Oriente sono all'origine dei famosi cannoli ripieni, della squisita cassata, delle pignolate, delle paste di mandorla e delle deliziose. Concludiamo il nostro viaggio tra i sapori italiani in Sardegna. I primi piatti, che hanno confratelli simili nel resto d'Italia, assumono nell'isola caratteri propri e "malloreddus", "culingiones " e "angiulottus" si rivestono ghiottamente di sughi profumati in cui, talvolta, entrano trionfalmente l'aragosta o la saporita bottarga. I piatti di pesce sono favoriti dal limpido mare circostante, che fornisce pregiata materia prima per gustose specialità come la "bunida" la "buttatiga" e la "cassola".


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"Seta" di Alessandro Baricco, La ricerca di fermare il Tempo per tutto il tempo che si desidera

di Stefania Stefanelli

leggi con noi Seta non è un romanzo nel senso classico del termine. Un libro sul potere dell illusione e sulla forza dei desideri inappagati. Un ora incantevole, questo è il tempo che si impiega per leggerlo, con la consapevolezza di non aver sprecato nessuno di quei sessanta minuti. E poi, quando tutto finisce, ci si ritrova a pensare alla bontà delle azioni e dei pensieri dell uomo Hervé. Hervé Joncour è infatti l assoluto protagonista. È lui che inizia il viaggio quasi per caso, per imbattersi in un illusione che lo terrà bloccato nei suoi desideri fino alla fine della storia. Nessun altro acquista la sua stessa rilevanza, se non la moglie, Hélène dopo la sua morte, quando per un piccolo dettaglio, sarà vista nella sua vera luce di donna che ha talmente amato il proprio uomo da identificarsi con un illusione mista a desiderio. È una storia che racconta il viaggio di un uomo che attraversa l Europa e l Asia per arrivare fino alla fine del mondo al solo scopo di importare bachi da seta non infestati. Arriva, per questo, in Giappone, seguendo sempre lo stesso tragitto, passando sempre dallo stesso lago, il Bajkal. In questo Paese, così diverso

dal suo, Hervé rimane affascinato da un potente del luogo, tale Hara Kei e soprattutto dalla surreale presenza di una donna, non orientale, che sa parlare solo il giapponese. I due iniziano a comunicare, l uno con la ricerca dello sguardo, l altra con la sua immobilità e con l alone di mistero che la avvolge. Ogni viaggio segna il giovane commerciante francese. La sola visione di quella donna silenziosa col viso da bambina lo inebria e lo incatena a quel luogo che diventa senza tempo, astratto e pieno di colori. Per quattro volte attraversa spazi sconfinati per raggiungere quel sogno e ogni volta piccoli particolari rimangono impressi nella sua mente. Una voliera con dentro centinaia di uccelli di ogni tipo: costoso e prezioso pegno d amore. Una grande stanza lastricata di pietra dove si svolge il rito del bagno, con le mani di una donna che lo asciugano accarezzando la sua pelle, ovunque, con un tessuto di seta che sembra filato di nulla. Un incontro fugace con la donna col volto di bambina che pone un foglio nelle sue mani pochi ideogrammi disegnati uno sotto l altro, incomprensibili. A ogni suo rientro al villaggio, sembra che l incontro con Hélène diventi sempre più intimo e profondo tanto da

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desiderare un figlio che, per decisione di entrambi, deve essere un maschio. Nel frattempo in Giappone le notizie di un imminente guerra civile diventano sempre più pressanti. Hervé Joncour si appresta a vivere l ultimo viaggio in quella terra lontana. Al suo arrivo, null altro che desolazione, un fuggi fuggi continuo di povera gente che cerca un rifugio sicuro. Ma ecco che un ragazzino gli viene incontro, è spaventato e lo guarda negli occhi. Gli porge un guanto della sua padrona e Hervé capisce che deve seguirlo. Si avventurano nel bosco, oltre la fine del mondo. Finalmente riescono a trovare la carovana in fuga, dove la giovane e misteriosa donna si trova. Ma lì c è anche Hara Kei, il suo padrone, che non solo non gli fornisce le uova di baco, ma ordina l uccisione del ragazzino, reo d essere stato un messaggero d amore. Hervé sconvolto rientra in Francia senza portare con sé ciò che la sua gente aspetta. Hélène lo accoglie come sempre, notando un cambiamento nello spirito del suo uomo. Sei mesi dopo il suo ritorno a Lavilledieu, Hervé riceve per posta una lettera. Dopo averla osservata a lungo si reca a Nîmes da Madame Blanche, una donna che un tempo ha gestito un bordello e che conosce il giapponese. Gli legge il contenuto di quella


Ripensandoci... lettera quasi commossa. È la lettera d amore di quella giovane col volto da bambina che ha incontrato in quel viaggio senza tempo e della quale non ha mai udito nemmeno la voce. Gli racconta delle sue emozioni, del suo desiderio di averlo, di possederlo e di essere posseduta e della convinzione che la cosa migliore sia dimenticarla, per sempre. Da quel momento, Hervé sceglie la vita limpida di un uomo senza più necessità. Passa i suoi giorni sotto la tutela di una misurata emozione Poco dopo Hélène muore e un giorno, sulla sua tomba, trova una coroncina di minuscoli fiori blu, quelli che Madame Blanche portava sempre fra le dita, come se fossero anelli. Capisce tutto. Torna da Madame Blanche e questa gli rivela che a scrivere quella lettera infuocata d amore è stata proprio sua moglie che, in un profondo senso di impotenza, ha desiderato essere, per un momento, l altra donna di cui ha immaginato, per lungo

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Il viaggio

tempo, l esistenza e dalla quale si è sempre sentita diversa. Lo ha sempre amato e avrebbe voluto essere amata con la stessa intensità con la quale Hervé ha immaginato la donna misteriosa quasi inesistente. Enigmatico, etereo, sottile impalpabile. "Seta" è un racconto leggero , scritto con grande semplicità. È una storia equilibrata, costruita su spazi vuoti che si riempiono di illusioni e desideri. E il desiderio più grande che forse accomuna chiunque ami leggere è quello di provare emozioni e di sentirsi vitali e vivi. E Seta riesce in questo intento. Baricco viaggia fra i limiti della sua testa e per rendere la lettura ancora più interessante è come se ci invitasse a seguire un uomo mai conosciuto, nel viaggio da lui stesso intrapreso cercando di notare dettagli che solo lui ha notato.

Appronfondimenti Per saperne di più Alessandro Baricco Scrittore tra i più conosciuti e amati dai lettori di narrativa in Italia, Baricco è nato a Torino nel 1958. Si forma in quella città sotto la guida di Gianni Vattino, laureandosi in Filosofia con una tesi di Estetica e studia contemporaneamente al conservatorio dove si diploma in pianoforte. L amore per la musica e per la letteratura, infatti, hanno ispirato fin dall inizio la sua attività di brillante saggista e di narratore. Nel 1991 prende corpo il primo esempio della sua vena narrativa, Castelli di rabbia , romanzo che provoca fra l altro alcune divisioni in critici e lettori: sorte che sembra contrassegnare tutta l attività di questo autore in tutti i campi in cui si è via via cimentato. Amato o odiato, accusato di fatuità o difeso a spada tratta come uno dei pochi esempi di intellettuale eclettico e coerente, il suo personaggio e il suo operare non lasciano mai indifferenti. Dopo l enorme successo di Oceano mare e Seta , l ultima fatica dello scrittore italiano, molto amato anche all estero, è rappresentata da City per la cui promozione lo scrittore ha scelto unicamente la strada telematica.

Alessandro Baricco "Seta" 1 Benché suo padre avesse immaginato per lui un brillante avvenire nell esercito, Hervé Joncour aveva finito per guadagnarsi da vivere con un mestiere insolito, cui non era estraneo, per singolare ironia un tratto a tal punto amabile da tradire una vaga intonazione femminile. Per vivere, Hervé Joncour comprava e vendeva bachi da seta. Era il 1861, Flaubert stava scrivendo Sallambô, l illuminazione elettrica era ancora un ipotesi e Abramo Lincoln, dall altra parte dell Oceano, stava combattendo una guerra di cui non avrebbe mai visto la fine. Hervé Joncour aveva 32 anni. Comprava e vendeva. Bachi da seta.

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L insostenibile leggerezza dell essere di Milan Kundera Un saggio-romanzo ricco di speculazioni filosofiche

di Eliana De Giorgio

L insostenibile leggerezza dell essere è un romanzo pubblicato nel 1984 dallo scrittore ceco Milan Kundera, autore fra l altro di poesie, romanzi, teatro e saggi. Kundera è nato a Brno, nell attuale repubblica Ceca, nel 1929 ed ha studiato musica e filosofia a Praga. Laureatosi presso la facoltà di arti cinematografiche, ha insegnato poi letteratura presso la stessa facoltà. Iscritto al Partito Comunista, fu espulso dal suo paese dopo aver preso parte alla Primavera di Praga e si trasferì a Parigi dove tuttora vive e lavora.

che si muovono sulla scena: Tomas, Tereza, Sabina e Franz. Le loro storie d amore scorrono parallele e a un certo punto si intersecano; sullo sfondo gli eventi storici e sociali della Primavera di Praga e della successiva

Un saggio-romanzo L insostenibile leggerezza dell essere è il romanzo di Kundera divenuto più popolare, grazie al potere evocativo del titolo e alla mescolanza di storia, autobiografia e intrecci sentimentali. Anche questo, come altri suoi romanzi, può essere considerato un saggioromanzo, cioè un ibrido tra saggio e romanzo; i romanzi di Kundera sono infatti ricchi di riflessioni ed approfondite speculazioni filosofiche. Leggerezza e pesantezza: i diversi punti di vista sugli eventi Quattro sono i personaggi

Milan Kundera

invasione della Cecoslovacchia da parte dell Unione Sovietica, nel 1968. Tomas è un chirurgo che colleziona una donna dopo l altra, mentre Teresa è una fotografa alla ricerca dell unico uomo della sua

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vita. Parallelamente Sabina, una pittrice, intrattiene una relazione con Franz, professore universitario e già sposato con un altra donna. Ciascun personaggio è delineato con grande precisione e profondità ed è portatore di un proprio punto di vista sugli eventi. In tal modo, una stessa situazione viene proposta al lettore da angolature diverse, alternando leggerezza e pesantezza a seconda dei casi. La leggerezza costituisce appunto il motivo centrale del romanzo: essa consiste nell assoluta casualità delle scelte compiute nel corso della vita, che tuttavia portano con sé tutto il loro peso, essendo irripetibili.


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Le Poesie di Fernando Pessoa La frantumazione dei valori e la crisi dell'uomo moderno di Eliana De Giorgio

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Il male di vivere e il sogno Fernando Pessoa, nasce a Lisbona il 13 giugno del 1888. Orfano di padre dall età di cinque anni, trascorre la giovinezza nel Sud Africa, a seguito del secondo matrimonio contratto dalla madre con un console portoghese. Tornato a Lisbona, si iscrive alla facoltà di filosofia e successivamente lavora come corrispondente in lingue estere per varie ditte commerciali. Collabora con diverse riviste e nel 1915 insieme ad altri amici fonda la rivista d'avanguardia «Orpheu». L'unica avventura sentimentale della sua vita, conclusasi dopo alcuni anni, è quella con Ophelia Queiroz, impiegata in una delle ditte di importexport per le quali egli lavora. La pubblicazione dell opera di Pessoa è quasi totalmente postuma, fatta eccezione per la raccolta di versi in lingua portoghese "Mensagem" pubblicata nel 1934 a cura dell autore stesso e di altri testi sparsi in riviste. In Italia la sua produzione è stata conosciuta grazie ad Antonio Tabucchi, il quale

dopo essere stato colpito dalla lettura di una sua opera iniziò a studiare il portoghese, e diventò infine traduttore, critico e studioso di Pessoa. Fernando Pessoa muore nel 1935 in un ospedale di Lisbona, a seguito d'una crisi epatica, causata presumibilmente da abuso di alcool.

piatta del mare e di una nave che non trova lo slancio per salpare esemplifica bene certe atmosfere delle sue poesie. La dimensione del sogno è sempre presente, insieme a uno sdoppiamento dell io fra realtà e pensiero. Fra i temi più ricorrenti vi sono: il dolore, l incapacità di agire e di incidere sulla realtà, la vanità di tutte le cose perfino delle sensazioni, la solitudine, il male di vivere, l incertezza, il dubbio. Influenzato dal simbolismo francese, Pessoa è considerato l iniziatore del modernismo portoghese; egli incarna la frantumazione dei valori e la crisi dell uomo moderno. (Pessoa 48 poesie I miti poesia Mondadori)

Le poesie Nelle poesie di Pessoa tutto (il tempo, lo spazio) è come sospeso in una dimensione da cui non si riesce a venir fuori. L immagine della calma

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