salotto di cultura e attualità
Ripensandoci...
Anno I, n. 2 luglio 2008
Anno I n. 2 luglio 2008 Registrazione presso il Tribunale di Lecce n. 991 del 28/05/2008
Balzac e la piccola sarta cinese di Dai Sijie La letteratura, l'amore, e la narrazione di Eliana De Giorgio Balzac e la piccola sarta cinese è il primo romanzo di Dai Sijie, autore e regista cinese residente a Parigi. Come gli altri suoi romanzi anche questo è stato scritto in francese, prima di essere tradotto in oltre venticinque lingue incluso il cinese. L autore ha successivamente adattato e diretto il film tratto dal libro nel 2002. (a pag. 46)
Le mille e una notte Shahrazàd, colei che salvò le donne raccontando fiabe di Sabrina Barbante (a pag. 34)
Editoriale La memorialista della shoah femminile risale solo agli anni Ottanta e Novanta Le donne per molti anni non riescono a raccontare temono il giudizio e l incomprensione di Rossella Bufano (a pag. 4)
Il cyberfemminismo
Volver
Ovvero il femminismo ai tempi di Internet
Ritorno al presente
di Cinzia Greco Cos è il cyberfemminismo? Beh, cominciamo a dire cosa non è: non è una moda, non è un ideologia, non è uno dei soliti -ismi, non è contro l uomo, e, fatto rilevante, non è una struttura. (a pag. 25)
di Frédéric Pascali
Direttore responsabile: G. Greco Direttore editoriale: R. Bufano Progetto grafico: R. Bufano In redazione: S. Foti Sciavaliere, L. Longo
Volver, l ultimo film di Pedro Almodòvar, è una malinconica opera sulla profondità dei sentimenti e della memoria.
Hanno collaborato: S. Barbante, P. Bisconti, M. Caroppo, L. Castelluzzo, L. Cotardo, F. De Luca Andrioli, L. Di Lecce, C. Greco, L. Longo, S. Molendini, F. Pascali, L. Rastelli, A. Rizzo
(a pag. 29)
redazione: redazione@ripensandoci.com
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Editoriale La memorialista della shoah femminile risale solo agli anni Ottanta e Novanta di Rossella Bufano
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Società politica economia vite straordinarie Etty Hillesum di Laura Di Lecce L'esecuzione di Laura Longo Una stanza per Judith di Lucia Castelluzzo
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pensiero e azione politica delle donne La questione femminile nell 800 di Rossella Bufano Lou Andreas-Salomé: un percorso intellettuale di Paola Bisconti Anna Maria Mozzoni e Teresa Labriola di Rossella Bufano Occupazione femminile di Serenella Molendini Politica è donna di Aldo Rizzo Il cyberfemminismo di Cinzia Greco
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satira e ironia Alla ricerca della femminilità e mascolinità perduta di Laura Longo
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Arte e cultura cinema Volver di Frédéric Pascali
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arte Artemisia Gentileschi di Lucia Rastelli
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c'era una volta
Le mille e una notte di Sabrina Barbante
appunti di viaggio
Per le vie di Lisbona di Francesca De Luca Andrioli
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Leggi con noi George Orwell. Manipolazione del linguaggio e del pensiero di Marzia Caroppo Gli errori del femminismo in un saggio di Elisabeth Badinter di Paola Bisconti S.I.S.: Single Is Sad di Luisa Cotardo Balzac e la piccola sarta cinese di Dai Sijie di Eliana De Giorgio
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La memorialista della shoah femminile risale solo agli anni Ottanta e Novanta Le donne per molti anni non riescono a raccontare temono il giudizio e l incomprensione di Rossella Bufano
editoriale
"Come una rana d'inverno"
Sulla shoah, tra i più tragici eventi della storia umana, ci sono stati molti studi ma pochi hanno approfondito la dimensione di genere dell esperienza. Le testimonianze femminile più numerose sono state rese solo tra gli anni Ottanta e Novanta. Le ex-deportate, prima di scegliere la via della comunicazione, sia verbale sia scritta, hanno dovuto combattere e superare il muro impenetrabile della diffidenza, dell incomprensione, dell indifferenza e del pregiudizio. Per molti uomini, come racconta Primo Levi, l esigenza di scrivere nasce già nel lager: «il bisogno di raccontare agli altri, di fare gli altri partecipi, aveva assunto fra noi, prima della liberazione e dopo, il carattere di un impulso immediato e violento, tanto da rivaleggiare con gli altri bisogni
molteplici fattori. Il desiderio comune, nel dopoguerra, di rimuovere tutto ciò che riguardava la guerra e, in qualche modo, di volerne ignorare gli orrori il più velocemente possibile. Per questo motivo la maggior parte dei sopravvissuti, non solo le donne, hanno avuto difficoltà a raccontare e a raccontarsi. Il silenzio è stata la spontanea reazione per timore di non essere compresi o di non essere creduti. Le donne già faticano a metabolizzare l oltraggio al pudore e alla femminilità subito. Dopo l esperienza del lager, devono anche subire il sospetto. È diffusa la convinzione, infatti, che la salvezza sia stata pagata con il corpo. «Si dava per scontato che la donna fosse andata a letto con tutti per cavarsela, mentre a nessuno veniva in mente di chiedere a un uomo se si fosse prostituito, per cavarsela. L'altro sospetto nei confronti delle donne che tornavano dal Lager era: sei diventata una kapò?» ( Intervista a
elementari». Le donne, invece non hanno provato la stessa esigenza, sono state
assorbite dal dramma del ritorno . Da un lato si sono imbattute nell incredulità e nell indifferenza di chi non ha vissuto il lager. Dall altro lato sono state risucchiate dal bisogno di rimarginare le ferite generate dalla separazione dalla famiglia e dai figli. Concentrate nella difficoltà del reinserimento nella stessa famiglia e nella società. Molte deportate si sono gradualmente isolate e ripiegate su se stesse. Ciò è dipeso da
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Liliana Segre ). In un clima simile l ipotesi di raccontarsi non viene neanche presa in considerazione. Il bisogno dominante di queste donne è quello di essere accettate. Ma percepiscono di essere ingombranti : nessuno ha voglia di sentire parlare della loro esperienza. La difficoltà di raccontare viene confermata anche da Goti Bauer:
Le ex-deportate, prima di scegliere la via della comunicazione, sia verbale sia scritta, hanno dovuto combattere e superare il muro impenetrabile della diffidenza, dell incomprensione, dell indifferenza e del pregiudizio «All inizio ho tentato di raccontare, ma ho smesso subito. Il nostro più grande desiderio, il nostro bisogno, era dire a tutti quello che ci era successo, ma ci siamo subito accorti
Ripensandoci... che le persone non volevano credere e non volevano più sentir parlare di tristezza». Giuliana Tedeschi mette in evidenza come fosse ancora più difficile rompere il silenzio per le donne, «forse perché per noi era troppo doloroso. Per le donne è stato tutto uno strappo continuo, un attacco alla nostra stessa identità femminile. I capelli, la nudità, l immediata solitudine e, soprattutto, il distacco dai figli. Per un uomo è diverso». Le donne subiscono un umiliazione doppia: oltraggio al pudore nei lager e oltraggio alla
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memoria nel dopoguerra. L essere donna per molte ha significato la salvezza nei campi di sterminio,
anche una penale da pagare a causa della società egoista e piena di pregiudizi del dopoguerra che non ha voluto comprendere subito la profondità della sofferenza femminile.
Approfondime nti - Daniela Padoan, "Intervista a Liliana Segre", (http://www.url.it/don nestoria/novita/notizi ario/segrepadoana.ht m) - Testimnonianza di Goti Bauer (http://assemblealegis lativa.regione.emiliaromagna.it/wcm/stud
grazie alla solidarietà, all istinto di cura o al sentimento di maternità. Ma proprio l essere donna è stata
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enticittadini/artem/tu tte/arg/index/pagine/s toria/p2_Esperienze/v iaggio/p4_percorso4/n 4/p0/186/approfondim enti/testimonianza1.h tm) - Giuliana Tedeschi (http://intranet.istore to.it/adp/p_bio_vis.as p?id=438) - D. Padoan, Come una rana d inverno. Conversazioni con tre donne sopravvissute ad Auschwitz , Bompiani, 2004.
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Etty Hillesum Una giovane donna che ha protetto Dio dagli orrori del lager di Laura Di Lecce Etty Hillesum
La bellezza della spiritualità di Etty è nella semplicità con cui ha vissuto e comunicato emozioni complesse, ai limiti della follia, incomprensibili alla logica umana che risponde all odio con l odio. D altronde, se pure si trattava di follia, poteva ben avere una sua collocazione nei lager nazisti. Quale luogo migliore per far saltare parametri, valori, equilibri emotivi limiti fisici ? Etty Hillesum era una giovane ebrea, vissuta durante la Seconda Guerra Mondiale. Ebrea di famiglia, non di credo. Ma quello che voglio raccontare non è il lato storico-biografico della sua deportazione, quanto quello spirituale. È una riflessione su come una donna abbia potuto custodire, nella deprivazione più radicale, una luce vitale dentro di sé, e difendere così la sacralità dell esistenza che è Dio nell umanità. Nonostante fosse terrorizzata, provata fisicamente e alienata
sopportare più di quanto non possa
dagli eventi che viveva nel campo di smistamento di Westerbork, dov era dapprima ausiliaria per il Consiglio Ebraico, poi ella stessa prigioniera, Etty scriveva a un amica:
Durante il nazismo, l esperienza radicale del male la mette di fronte a un vuoto di senso, che la riporta a sé. Qui Etty ritrova l origine: Dio. Nasce in lei l idea-sentimento di dover mettere in salvo il Creatore, di proteggerlo, racchiudendolo nell anima
«Eppure la vita è meravigliosamente buona nella sua inesplicabile profondità [ ] devo ritornare sempre su questo punto. [ ] E se solo facciamo in modo che, malgrado tutto, Dio sia al sicuro nelle nostre mani». Il lavoro interiore di preservazione del nocciolo di sé dall orrore a cui era sottoposta, e che piegava centinaia di persone innocenti, era il fondamento che consentiva a Etty di andare incontro agli altri prigionieri. Le permetteva di creare legami, offrire conforto, soprattutto con la sua presenza. Spesso non esistevano parole adeguate a consolare.
oltrepassato quel limite muore da sé. Ogni tanto qui muore qualcuno perché il suo spirito è a pezzi e non riesce più a capire, in genere sono persone giovani». Il dolore non viene da lei respinto, bensì affrontato e, con una sorta di fotosintesi, inglobato e riformulato. Il male eroso con la preghiera,
«C è un limite a tutte le sofferenze, forse a un essere umano non è dato di
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il silenzio («io sono la persona più silenziosa del Consiglio Ebraico», scriveva) e l ostinazione perpetuati nella segreta gioia interiore di vivere, il lavoro per gli altri svolto e lo sguardo rivolto intrepidamente al futuro. Etty muore ad Auschwitz nel novembre del 1943. Le lettere e i diari che raccolgono i suoi pensieri nei tre anni più bui e nel contempo illuminati della sua breve vita, furono salvati da un amica e pubblicati circa quarant anni dopo. Oggi esistono dei veri e propri studi accademici sugli scritti e sull evoluzione interiore della giovane olandese. Uno di questi è il saggio di Wanda Tommasi, Etty Hillesum. L intelligenza del cuore, nel quale vengono messe in risalto le caratteristiche propriamente femminili del rapporto col divino. L autrice la definisce una «mistica assoluta», perché slegata dalle religioni
Ripensandoci... ufficiali. Etty vive la spiritualità partendo da sé stessa e non da ritualità definite. Non
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«C è l idea del femminile come capace di accogliere, di dare ospitalità, di far crescere e maturare qualcosa dentro di sé, che la Hillesum svilupperà fino all immagine dell ospitare Dio dentro di sé».
Tommasi, piuttosto, come relazione di figlia-Madre. Dove, nel gioco metaforico della genealogia femminile, se non è la madre a proteggere la piccola, allora sarà lei a proteggere la madre. Questo ribalta la concezione comune del rapporto Creatore-creatura tipico di ogni religione. Etty non chiedeva aiuto a Dio. Non gli lanciava il fardello delle domande ultime. Non lo invocava, ma riconosceva la necessità di farsi carico del male dell umanità, salvando, al contrario, Dio da esso. È un corpo, il suo, divenuto tempio, divinizzato appunto. Difficile comprendere i sentimenti di Etty e difficile condividerli di fronte alla paura e alla morte. Lei lo sapeva. Non parlava molto con gli altri prigionieri di come, in alcuni momenti, fosse felice nonostante tutto. Il fatto è che Etty voleva a tutti i costi che la Vita vincesse sulla Morte. Voleva dare un senso all incomprensibile. Sentiva di far parte di un destino più grande. La sua stessa interiorità non apparteneva solo a lei. Bisognava salvarla, per salvare il futuro di coloro che sarebbero venuti dopo e di Dio stesso.
Quindi emerge una concezione materna dell amore per l Altro. L istinto di proteggere nella propria anima, come si protegge nel proprio corpo un figlio. Tale ideasentimento di Etty di mettere in salvo il Creatore viene interpretata da Wanda
«Se noi abbandoniamo al loro destino i duri fatti che dobbiamo irrevocabilmente affrontare se non li ospitiamo nelle nostre teste e nei nostri cuori, per farli decantare e divenire fattori di crescita e di comprensione , allora
femminile, risulta centrale l attenzione per la corporeità sessuata. Il corpo, le
Campo di smistamento di Westerbork
frequentava sinagoghe o chiese di alcun tipo. Era una ragazza inquieta e curiosa, che amava studiare, scrivere e vivere. Nel suo percorso personale hanno avuto certamente peso gli studi filosofici e la relazione con lo psicologo ebreo Spier, che lei non dimenticò mai. Questi le fece conoscere i testi fondamentali della tradizione cristiana. Ma il rapporto intimo che Etty lentamente costruisce con Dio, quell alleanza-luogo, in cui lei dice di riposare, raggiunge la maturazione negli anni della persecuzione nazista. Momento in cui, probabilmente, l esperienza radicale del male la mette di fronte a un vuoto di senso, che la riporta a sé. E qui Etty ritrova l origine: Dio. «Quella parte di me, la più profonda e la più ricca in cui riposo, è ciò che io chiamo Dio». Nel pensiero della differenza sessuale, corrente filosofica contemporanea, che si occupa di ricercare le modalità proprie del
sensazioni, sono gli elementi da cui tutto ha inizio. Il tramite che ci mette in relazione con il mondo esterno e ci consente di conoscerlo. Il corpo femminile, in particolare, è l inizio, in quanto datore di vita. Un corpo che accoglie, offre uno spazio, nutre un altro essere nel periodo della gravidanza e nei mesi successivi. In tutti gli scritti di Etty è presente la caratteristica del dono e della condivisione. A tal proposito Tommasi scrive:
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non siamo una generazione vitale». Questa è l eredità che ci ha lasciato.
Approfondimenti Cenni biografici Etty nasce nel gennaio del 1914 a Middelburg in Olanda in una famiglia della borghesia intellettuale ebraica. Si laurea in Giurisprudenza e si iscrive alla Facoltà di Lingue slave. Prima del divampare della guerra, intraprende lo studio della psicologia. Personalità tormentata da tensioni spirituali che le procurano malesseri fisici, Etty vive relazioni sentimentali complicate, che la rendono ancor più infelice. L incontro con lo psicologo Spier sarà fondamentale per la sua vita affettiva e spirituale. Nel 1942 viene assunta nel Consiglio Ebraico e chiede di essere mandata come assistente sociale nel campo di smistamento di Westerbork. Muore nel lager di Auschwitz all età di 29 anni. Nessuno della sua famiglia si salvò.
Bibliografia - Etty Hillesum, Lettere 1942-1943, Adelphi, 2004. - Etty Hillesum, Diario. 1941-1943, Adelphi, 1996. - Wanda Tommasi, Etty Hillesum. L intelligenza del cuore, Messaggero, 2002.
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Etty Hillesum
Lettere 1942-43 Lettera indirizzata A Johanna e Klaas Smelik e altri , datata 3 luglio 1943, Westerbork Volevo solo dire questo: la miseria che c è qui è veramente terribile eppure, alla sera tardi, quando il giorno si è inabissato dietro di noi, mi capita spesso di camminare di buon passo lungo il filo spinato, e ancora dal mio cuore si innalza sempre una voce non ci posso far niente, è così, è di una forza elementare , e questa voce dice: «la vita è una cosa splendida e grande, più tardi dovremo costruire un mondo completamente nuovo. A ogni nuovo crimine o orrore dovremo opporre un nuovo pezzetto di amore e bontà che avremo conquistato in noi stessi. Possiamo soffrire ma non dobbiamo soccombere. E se sopravvivremo intatti a questo tempo, corpo e anima ma soprattutto anima, senza amarezza, senza odio, allora avremo anche il diritto di dire la nostra a guerra finita». Forse io sono una donna ambiziosa: vorrei dire anche io una piccola parolina. [ ] La strada principale della mia vita è tracciata per un lungo tratto davanti a me e arriva già in un altro mondo. È proprio come se tutte le cose che succedono e che succederanno qui siano già, in qualche modo, date per scontate dentro di me, le ho già vissute e assorbite e già partecipo alla costruzione di una società futura. La vita qui non consuma troppo le mie forze più profonde fisicamente si va forse un po giù e spesso si è immensamente tristi, ma il nostro nucleo interiore diventa sempre più forte. Vorrei che fosse così anche per voi e per tutti i miei amici, è necessario, dobbiamo ancora condividere molte esperienze e molto lavoro tutti insieme. Perciò vi raccomando: rimanete al vostro posto di guardia se ne avete già uno dentro di voi, e per favore non rattristatevi né disperatevi per me, non c è motivo.
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L'esecuzione Un filo sottile tra Tangentoli e l omicidio Alpi/Hrovatin di Laura Longo
vite straordin arie
Ilaria Alpi e Miran Hrovatin
Esiste un parallelo tra l'omicidio Alpi/Hrovatin e Tangentopoli che d acchito può apparire suggestivo ma nei fatti l accostamento è più che valido. La parola Tangentopoli fa pensare a quel fenomeno di corruzione confinato a appalti pilotati, tangenti ad amministratori locali o a giudici che dovevano addomesticare sentenze, a forze dell ordine che dovevano chiudere più di un occhio. In realtà il cancrotangentopoli era molto più complesso e si nutrì di filoni ben più sporchi e e meno noti: finanziamenti e aiuti ai paesi del Terzo mondo che si tramutavano in giri di denaro per attività che di umanitario non avevano proprio nulla oppure confluivano in losche triangolazioni economiche . Un esempio? Il traffico di armi verso paesi sottosviluppati che pagavano con l unica loro risorsa: il proprio territorio, dove occultare rifiuti tossico-nocivi, a volte radioattivi, contravvenendo le normative vigenti e
Bogor e si era interessata anche del caso della nave Farax Omar regalata dalla cooperazione italiana alla Somalia, il cui equipaggio era stato sequestrato da guerriglieri somali. Una nave che ufficialmente era destinata al commercio del pesce, tuttavia circolavano inquietanti sospetti circa le reali attività di quella nave.
non avendo alcuna considerazione per gli effetti sulla salute delle popolazioni locali. L'ipotesi che in Somalia il traffico d armi si fosse saldato al traffico di rifiuti tossico-nocivi e/o radioattivi. Tesi esposta con chiarezza investigativa da tre giornalisti di «Famiglia Cristiana». Barbara Carazzolo, Alberto Chiara e Luciano Scalettari raccontano nel libro Ilaria Alpi, un omicidio al crocevia dei traffici la loro teoria sui fatti provata da anni di verifiche e riscontri. Nel libro dei tre giornalisti si racconta che esisteva un organizzazione criminale internazionale, costituita da italiani e somali che aveva il favore delle autorità civili e militari. Questa organizzazione aveva intrecciato un enorme di giro d affari basato sullo scambio rifiuti-armi-territori al quale anche la Alpi si stava interessando. L ultima inchiesta della giornalista partiva proprio da Bosaso. Qui la Alpi aveva intervistato il sultano di Bosaso, Abdullahi Mussa
L ipotesi Aloi sul caso Alpi La Somalia dei primi anni 90 è contrassegnata da una feroce guerra tra bande. In questo frangente che l Onu decide di intervenire assestare la situazione: si tratta di garantire sicurezza per l arrivo degli aiuti umanitari e dunque di una ingerenza limitata negli affari interni somali. L Italia si accoda alla missione anche per riscattare un passato poco limpido in quella regione. Presto però la missione si rivela più complicata del previsto: gli interessi economici dei signori della guerra svolgono un certo tipo di attività poco pulite, il traffico
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d armi è ben lontano dall essere fermato e gli attriti fra le bande locali continuano. Inoltre i rapporti fra la popolazione civile e i militari si logorano. Invece della collaborazione, si instaura presto un rapporto di diffidenza che scivola nell odio. A questa difficile contesto si aggiungono le incomprensioni fra il comando italiano e quello statunitense. Il 2 luglio 93 un operazione di normale routine si trasforma in un imboscata per i militari italiani. Il bilancio è pesante: tre soldati italiani restano uccisi e molti feriti. Secondo il maresciallo Aloi, militare in missione, dichiarò che quell imboscata era frutto del risentimento dei somali verso gli italiani. Le sue dichiarazioni fecero molto rumore, il militare in missione denunciò abusi vari nei confronti di civili, il traffico locale di armi, il diffuso utilizzo di droghe da parte di militari del contingente e in particolare uno stupro, al quale Aloi avrebbe assistito assieme ad Ilaria
Ripensandoci... Alpi nel luglio 93, operato da militari italiani che successivamente avrebbero ordito l'omicidio della giornalista per metterla a tacere. Quanto denunciato da Aloi effettivamente non trovò un riscontro e venne trattato alla stregua di un mitomane o poco più. Tuttavia è da riconoscere che fu il primo le vicende legate al traffico d'armi e all'utilizzo, a tale scopo, di navi donate dalla cooperazione italiana alla Somalia. E' pure uno dei primi ad individuare nel porto di Bosaso uno degli snodi per questo traffico.
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Il processo penale e i responsabili
Rover, in questo caso Hashi, diventandone così l unico accusatore. Nel processo di primo grado si conclude il 20 luglio 1999 con
Hashi Omar Assan diventerà l'unico colpevole accertato dell omicidio Alpi-Hrovatin, ma le modalità che conducono alla sua incriminazione lasciano più di un dubbio. Le accuse a carico di Hashi partono dall autista della Alpi, Ali Abdi. La posizione di quest ultimo è quantomeno equivoca: in un primo momento dichiarò di non conoscere nessun componente del commando; successivamente sosterrà di riconoscere come uno degli occupanti la Land
Ilaria Alpi
l'assoluzione a favore di Hashi. Nel 2000 la sentenza d appello rovescia la precedente condanna
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è condanna l esecutore all ergastolo; in questa sentenza appare un elemento importante. Il 10 ottobre 2001 la Corte Suprema di Cassazione, nel confermare l ergastolo, rimanda ad un nuovo processo il compito di individuare le ragioni del duplice delitto. Pena che verrà poi ridotta a 26 anni con sentenza emessa il 26 giugno 2002 dalla Corte d Assise d Appello di Roma. Tuttavia sentenza è ben lontana dallo risoluzione del misterioso omicidio, ancora ci sono lati oscuri che portarono al delitto.
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Una stanza per Judith A spasso con Virginia Woolf alla ricerca dei motivi dell assenza femminile nella storia di Lucia Castelluzzo
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Donna che scrive, Gerhard Ter Borch
Sarà capitato a tutti, vuoi a causa di imprescindibili oneri scolastici, vuoi per puro piacere personale, ma credo che i più appartengano alla prima categoria, compresa la sottoscritta di sfogliare le pagine di un manuale di storia della letteratura. Chi avete incontrato scorrendo le pagine di questi cartacei custodi della nostra letteratura? Se avete iniziato il vostro viaggio da pagina 1 credo vi siate imbattuti nel sommo poeta che vi ha raccontato degli strabilianti incontri fatti durante il suo soggiorno-premio nell aldilà. Poi avete conosciuto l irrequieto Francesco che vi ha intrattenuti con tutte le sue chiacchiere amorose su Laura. Vi sarete divertiti un mondo con le rocambolesche e licenziose avventure degli amici di quel buontempone di Boccaccio. Avrete conosciuto la vita di nobildonne e cavalieri grazie ai racconti di Ariosto, e poi sarete incappati in tutti gli altri del mestiere, Goldoni, Parini,
mente di celebri vissute prima dell 800 come mai? Che ne dite di bussare alla porta di qualcuno che sappia
Foscolo, Leopardi, Manzoni... Condividerete con me che abbiamo proprio un passato culturale di tutto rispetto e, per di più, studiato in ogni parte del mondo! Eppure osservate con attenzione da questo elenco di grandi nomi manca qualcosa... o meglio, qualcuno... le donne! No, non siete stati precipitosi sfogliando le pagine dei vostri libri. I paragrafi riservati alle scrittrici hanno una lunghezza irrisoria, passano quasi inosservati. Ciò implica che solo gli uomini sono dotati della sublime sensibilità artistica necessaria per creare veri capolavori? Che le donne al massimo riescono a scribacchiare qualcosa, ma non si impegnano abbastanza o non sono all altezza dei loro colleghi maschi? Non so voi, ma mi rifiuto di crederci! Sarà perché faccio anch io parte di questa categoria umana di presunte fannullone. Eppure di scrittrici valide ce ne sono italiane e straniere certo, a pensarci bene non è che me ne vengano in
All autrice è stato chiesto di tenere una conferenza dinanzi alle giovani studentesse dell Università di Cambridge sul tema Le donne e il romanzo. Sembra proprio quello che fa per noi! Leggiamo oltre in questa prima pagina «Tutto quel che potevo fare era offrirvi un opinione su una questione piuttosto secondaria: una donna deve avere soldi e una stanza tutta per sé, se vuole scrivere romanzi».
Virginia Woolf
offrirci una possibile spiegazione in merito? Vi propongo un titolo: Una stanza tutta per sé, saggio brillante del 1929 di Virginia Woolf, nota scrittrice inglese del primo Novecento. Se ci rivolgessimo a lei? Forse potrà riavvolgere, a suo modo, il bandolo della nostra matassa.
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Tutto qui? Ipotesi piuttosto singolare però mi incuriosisce, vado avanti, venite con me? La nostra Virginia ci racconta la storia dei giorni che hanno preceduto il suo arrivo a Cambridge. Ci conduce per mano fra persone e luoghi diversi. Eccoci catapultati nella vecchia Inghilterra degli anni Venti. Ci fermiamo per qualche minuto nel retrivo
Ripensandoci... ambiente accademico che vieta alla nostra amica di attraversare i prati dell università ed entrare in biblioteca senza essere accompagnata da un uomo. Siamo ospiti presso un convito durante il quale la povertà del cibo della padrona di casa induce la nostra accompagnatrice a riflettere sulla debolezza economica e sociale delle donne della sua epoca. «Perché gli uomini bevevano vino e le donne acqua? Perché un sesso era così prospero e l altro così povero? Quale effetto ha la povertà sul romanzo? Quali sono le condizioni necessarie ad un opera d arte?». Pieni di interrogativi, ci rechiamo insieme alla nostra guida a Londra nel British Museum. È sicura che la risposta ai suoi quesiti si trovi negli scaffali di questa immensa biblioteca. Eccola lì, intenta a consultare il catalogo dei volumi. Raggiungiamola e lasciamo che ci esponga le sue riflessioni. La maggior parte degli scritti sulle donne sono stati composti da uomini. Medici, biologi, ma anche saggisti e romanzieri. Al contrario, nessuna donna ha mai scritto un libro sugli uomini. Le opinioni di quanti hanno trattato questo argomento sono molteplici e antitetiche fra loro, ma ciò che accomuna i sostenitori dell innata inferiorità delle donne è l astio sprezzante nei confronti di qualunque tipo di rivendicazione. Forse la rabbia di questi uomini è
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Qual è la condizione in cui vivevano le donne in occidente nei secoli passati? I libri di storia ci informano che da tempi immemorabili la società ha preteso che si occupassero esclusivamente del
della stessa specie di quella che provano i ricchi quando sospettano che i poveri possano derubarli dei loro beni. Oppure, siccome la vita richiede agli uomini coraggio, forza e grande fiducia in se stessi, essi hanno
William Shakespeare e Virginia Woolf
benessere dei figli e del marito. Che lasciassero a chi ne aveva le capacità, intellettuali e fisiche, tutto ciò che non riguardasse l'arte del ricamo di trine e merletti. Eppure la letteratura maschile è stata da sempre largamente popolata di figure femminili. Donne di grande bellezza e virtù, eroine oppure esseri odiosi, meschini.
bisogno di sentirsi superiori all altra metà della razza umana per acquisire queste qualità. «Per tutti questi secoli le donne hanno avuto la funzione di specchi, dal potere magico e delizioso di riflettere raddoppiata la figura dell uomo. [ ] Perciò Napoleone e Mussolini insistono tanto enfaticamente sull inferiorità delle donne, perché se esse non fossero inferiori cesserebbero di ingrandire loro».
«[La donna] Immaginativamente, ha un'importanza enorme; praticamente, è del tutto insignificante. Pervade la poesia, da una copertina all'altra; è quasi assente dalla storia. [...] Dalle sue labbra escono alcune tra le parole più ispirate, alcuni tra i pensieri più profondi della letteratura; nella vita reale non sapeva quasi leggere, scriveva a malapena, ed era proprietà del marito». Forse, dunque, non è esatto affermare che le donne sono per natura destinate a rimanere nell'ombra.
La scrittrice ci ha già offerto del materiale su cui rimuginare, però ancora non abbiamo risolto il nostro rompicapo. Proporrei di seguire la nostra amica lungo la strada verso casa. Sediamo accanto a lei, al suo scrittoio, alla flebile luce di una lampada e lasciamo ancora una volta che ci renda partecipi delle sue idee.
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Forse non sono mai state affette dal morbo della noncuranza e del disimpegno, che è stato ipotizzato da alcuni per spiegare la loro scarsa rilevanza nella storia. Semplicemente sono state private per secoli di tutti i mezzi che l'uomo invece ha avuto a disposizione per affermare e realizzare se stesso. Per supportare questa tesi la nostra amica ci chiede di ricorrere alla nostra immaginazione. Avete mai pensato a cosa sarebbe successo se Shakespeare avesse avuto «una sorella meravigliosamente dotata», di nome Judith? Di certo, a differenza del fratello, per quanto non meno desiderosa di avventure e assetata di conoscenza, avrebbe vissuto, come qualsiasi giovane ragazza del '500, relegata tra le quattro mura domestiche. Non avrebbe potuto studiare. I suoi genitori, pur amandola, non le avrebbero mai consentito di imparare a leggere. Sarebbe stata promessa in sposa a uno sconosciuto. E se anche la forza del suo talento l avesse dotata di sufficiente coraggio per scappare di casa, chi le avrebbe dato una possibilità? Il mondo del teatro, lo stesso in cui il fratello aveva compiuto i suoi primi passi artistici, le avrebbe sbattuto la porta in faccia. Le donne non erano ammesse sul palcoscenico. L'unico epilogo possibile a una vita nutrita di un così ardente desiderio di conoscenza «chi può misurare il fervore e la violenza del cuore di un poeta quando si trova prigioniero e
Ripensandoci... intrappolato in un corpo di donna?» sarebbe stato un solitario suicidio. Ma allora quali sono le condizioni indispensabili alla creazione di un'opera d'arte? Scrivere un'opera di genio è un'impresa di prodigiosa difficoltà. Una serie di circostanze materiali si oppongono alla possibilità che essa acquisti la forma con cui era stata concepita. I rumori, la necessità di far soldi, i problemi di salute, sono solo degli esempi. Per la donna, nei secoli scorsi, superare queste difficoltà era spesso impossibile. Anche solo avere una stanza tutta per sé dove scrivere in tranquillità era un miraggio. A questi disagi materiali si affiancavano poi problemi immateriali non meno gravosi. Come avrebbe accolto il mondo le aspirazioni artistiche delle donne? Non con indifferenza, ma con vera ostilità. Le donne non solo non erano incoraggiate a scrivere ma venivano «disprezzate, schiaffeggiate, ammonite». La conclusione a cui giunge la nostra scrittrice è che la libertà intellettuale, per quanto possa sembrare prosaico, dipende da cose materiali. Le donne, nella storia, sono state condannate dalla loro povertà ad avere «meno
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i piatti e mettendo a letto i bambini. Ma lei vive; perché i grandi poeti non muoiono; sono presenze perenni: hanno solo bisogno di un'opportunità per tornare fra noi in carne e ossa. Questa opportunità, credo, cominciate ad essere in grado di offrirgliela voi. Perché credo che se viviamo per un altro secolo [...] e se ognuna di voi ha cinquecento sterline e una stanza tutta per sé; se abbiamo l'abitudine della libertà e il coraggio di scrivere esattamente ciò che pensiamo [...] se guardiamo in faccia il fatto, perché è un fatto, che non c'è alcun braccio a cui appoggiarci, ma che camminiamo da sole e che dobbiamo essere in relazione col mondo della realtà e non solo col mondo degli uomini e delle donne, allora l'opportunità si presenterà, e quella poetessa morta che era la sorella di Shakespeare rivestirà il corpo di cui tante volte si è spogliata. [...] io sostengo che lei verrà, se lavoreremo per lei, e che lavorare così, pur nella miseria e nell'oscurità, vale la pena».
libertà intellettuale dei figli degli schiavi ateniesi». Eccoci, dunque, arrivati alla fine del nostro incontro con l'illustre scrittrice. Dobbiamo salutarla. Non so voi, ma il mio viaggio di ritorno al XXI secolo sarà accompagnato da un malinconico senso di amarezza per quello che sarebbe potuto essere e non è stato, per tutte quelle donne che hanno dovuto ignorare quella voce che dentro di loro urlava silenziosamente la propria sete di conoscenza. In quante, come la sfortunata poetessa di cui ci è stata raccontata la storia, avranno dovuto spegnere le proprie aspirazioni perché condannate da società patriarcali e maschiliste a una vita di reclusione ed emarginazione culturale? E quante donne ancora oggi sono costrette a farlo? A proposito... dove sarà finita Judith Shakespeare? Ecco per voi la risposta di Virginia Woolf in chiusura della conferenza: «Ora io credo che questa poetessa, che non scrisse mai una parola e venne sepolta ad un crocicchio, viva ancora. Vive in voi e vive in me, e in molte altre donne che non sono qui stasera, perché stanno lavando
Approfondimenti Virginia Woolf Virginia Stephen nacque a Londra nel 1882. Era figlia del noto critico e saggista vittoriano Leslie
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Stephen, la cui casa era sovente frequentata dai più celebri personaggi della cultura del tempo. Virginia compì numerosi viaggi in Italia, in Spagna, in Grecia e fin da giovanissima manifestò i sintomi di profondi malesseri psichici. Fu tra i principali animatori del cosiddetto Bloomsbury group, un circolo che dominò per decenni la vita intellettuale londinese, a cui partecipavano scrittori, artisti e intellettuali come V. Bell, E. M. Forster, Roger Fry e molti altri. I membri erano fortemente critici verso i periodi Vittoriano ed Edoardiano nelle loro costrizioni religiose, artistiche, sociali e sessuali. Nel 1912 Virginia sposò Leonard Woolf, con il quale fondò la casa editrice Hogarth Press. Fu pertanto autrice ed editore delle proprie opere. Tra le più famose: Mrs. Dalloway, To the Lighthouse, Orlando e i saggi femministi A Room of One's Own e The Three Guineas. Lo scoppio della Seconda guerra mondiale minò definitivamente il suo precario equilibrio psichico fino a quando, il 28 marzo 1941, Virginia Woolf si suicidò gettandosi nel fiume Ouse.
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La questione femminile nell 800 Per Martineau il nodo è nell esclusione dall istruzione e dalle professioni di Rossella Bufano
pensie politica rdoe e azione lle donne Harriet Martineau
L attenzione per la condizione femminile in Martineau attraversa tutti gli aspetti politici, giuridici, economici e sociologici: la rappresentanza, l istruzione, il matrimonio, il lavoro. Le donne sono escluse dall istruzione e dalle professioni. L istruzione è finalizzata a renderle delle buone compagne per gli uomini - saper condurre una conversazione e gestire la casa -, impedendo lo sviluppo di una piena attività intellettuale. Per cui l unico scopo diventa il matrimonio. Ma il matrimonio, essendo spesso di interesse, diventa una forma di prostituzione legalizzata. La questione femminile può essere risolta solo con una vita attiva. «Le donne, come gli uomini, devono essere educate per l azione, altrimenti i loro studi non possono essere
aperte restano il cucito e l insegnamento privato. Martineau rivendica, pertanto, l accesso a tutte le professioni, come in America, accanto al miglioramento dell istruzione. «Gli ostacoli tradizionali debbono essere eliminati: e il traguardo deve essere posto davanti a noi, come nazione e nella vita privata, assicurare il libero sviluppo e la piena utilizzazione delle capacità di ogni membro della comunità». Martineau è tesa alla ricerca delle leggi che possono garantire il progresso, l eguaglianza e la giustizia, ovvero la felicità del maggior numero possibile di individui (Bentham). E la ricerca della felicità non può prescindere dall azione e dal dovere (Mazzini). Infatti è convinta che le donne non devono rassegnarsi
definiti istruzione e nessun giudizio può essere dato sullo scopo delle loro facoltà». Altrettanto decisa è la critica alla divisione sessuale delle attività, che vede la donna relegata nella sfera domestica. Le donne che lavorano per provvedere a se stesse sono in aumento, ma possono guadagnare solo facendo le sarte, le governanti o tenendo una pensione. Lo sviluppo industriale apre nuove possibilità di impiego, ma le condizioni in fabbrica sono raccapriccianti. La giornalista contesta l assunto secondo il quale ogni donna viene mantenuta dal padre, dal fratello o dal marito. E dimostra come, invece, sia in aumento il numero delle donne nubili e di quelle che lavorano, e come ciò sia segno di un mutamento dei tempi e non un fatto straordinario. Ma le sole attività a loro
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all inazione e che, nonostante i divieti e i condizionamenti, devono trovare il modo di ottenere risultati forti. Lei stessa - nubile e affetta da sordità - si mantiene autonomamente, con l attività di giornalista e scrittrice, e non rinuncia a combattere le discriminazioni del suo tempo sostenendo e promuovendo campagne. Una delle più importanti è quella per l abrogazione dei Contagious Diseases Acts (provvedimento sulle malattie contagiose) che nel 1864 impongono visite mediche forzate a qualsiasi donna sospettata di praticare la prostituzione. Una legge che legittima ogni forma di abuso su qualsiasi donna e deresponsabilizza l uomo. La campagna stampa della Martineau insieme all attività di altre donne mobilita l opinione pubblica e porta all abolizione
Ripensandoci... della legge in Parlamento.
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Si avvicina al mesmerismo a causa
Approfondimenti Harriet Martineau Nasce nel 1802 a Norwick in Inghilterra. Nubile e affetta da sordità, si sostiene pubblicando articoli e libri. Tra il 32 e il 34 scrive dei racconti mensili che illustrano i princìpi dell economia classica ( Illustration of Politicai Economy ). Nei due anni successivi viaggia in America e abbraccia la causa abolizionista. Al rientro pubblica Society in America .
aderisce al positivsmo. Dal 1852 al 1869 è editorialista del Daily News. Affronta il problema dell istruzione e del lavoro femminile. Nel 63 si batte per l abrogazione dei Contagious Diseases Act e nel 66 sottoscrive la petizione presentata da J. 5. Mili, al Parlamento, per il voto alle donne. Muore nel 1877. Contesto storico
Harriet Martineau
di una malattia. Traduce Comte e
Harriet Martineau vive e opera nell epoca vittoriana. L ideologia dominante è quella delle due sfere separate, domestica e pubblica, e delle
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differenze intellettuali, morali ed emozionali tra donne e uomini. I filoni del movimento femminile principalmente sono due. Uno nega la disuguaglianza naturale con gli uomini, l attribuisce a circostanze storiche e chiede istruzione, lavoro, rappresentanza politica. L altro parte dalla differenza sessuale per il riconoscimento di un contributo specifico che possono dare le donne.
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Lou Andreas-Salomé: un percorso intellettuale A Nietzche, Rilke e Freud insegnò il senso della libertà di Paola Bisconti
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Lou Andreas-Salomé
conoscere personalità di spicco, le quali restano a loro volta colpite dalla sua intelligenza. In seguito alla
Sembra che Lou Lou Andreas diventi il filo Salomé potrebbe conduttore essere definita un dell ispirazione e simbolo del dell impegno di femminismo ma lei, importanti nel corso della sua vita, precursori della non ha mai voluto filosofia, della confondere il ruolo psicanalisi, della della donna da quello poesia. dell uomo. Tutt altro! Il primo incontro è Impiegando un con il filosofo teorico percorso filosofico, del superuomo , poetico e psichico ha Nietzsche. voluto far notare le Egli la definisce «il differenze tra i due fulcro di ogni sessi. Senza iniziativa». sminuire né Le paure, i dubbi, Rimane folgorato l uno né l altra, ma le incertezze dalla sua spiccata elevandone di tre grandi intelligenza e dalla vivacità di pensiero. l importanza L ammirazione si attraverso la personaggi loro unicità. che vissero trasforma in amore. Lou, tuttavia, non Lou nasce fra Otto in Russia nel e Novecento. accetterà la sua proposta di 1861. Viaggia furono matrimonio pur non attraverso interrompendo l Europa per di grande stimolo un amicizia studio e intellettuale fraterna e culturale. lavoro, ma I loro dibattiti rimane per Lou filosofici sono fortemente Andreasl input, l incipit, la legata alla Salomé causa delle opere sua terra più importanti sia di natia. Nietzsche che di Lou. Viaggiando conosce La frequentazione di le personalità più congressi e circoli spiccate del panorama letterari le permette di culturale di quegli anni.
Lou AndreasSalomé affronta in modo originale e intelligente temi quali: Dio, l amore, la donna, la maternità e l erotismo conoscenza di Nietzsche, Lou incontra Rainer Maria Rilke, poeta tedesco. La relazione con Rilke sfocia in una travolgente passione che alimenta l ispirazione poetica. Uno degli argomenti tra loro più discussi è Dio e la fede. Prima con Nietzsche e poi con Rilke, Lou affronta questo tema proponendo nuove idee da confutare.
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Rilke è fortemente coinvolto tanto da essere ispirato a scrivere di lei e per lei. Ma quando Lou decide di far terminare il loro rapporto amoroso, Rilke cade in una grave depressione. Tuttavia non è solo il poeta a cercare l appoggio morale in Lou. É anche lei stessa a essere saldamente legata al suo uomo. Ciò che la contraddistingue è il connubio che lei racchiude in sé tra bontà e spregiudicatezza, fermezza e indecisione, altruismo e individualismo. Al contrario degli incontri precedenti avvenuti per fatali coincidenze, l amicizia con Sigmund Freud nasce da un bisogno di entrambi. Può sembrare una casualità, ma è proprio attraverso il maestro della psicoanalisi che Lou raggiunge il completamento del suo percorso.
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deriviamo. Sorprendendoci, dirà che l amore non è spinto dall altruismo ma dall egoismo e dal possesso dell altro. L innamorato, secondo Lou, è pieno di pretese. Dall amore si giunge all erotismo. Esso è in stretta relazione con la religione, in quanto le estasi mistiche, in realtà, hanno la loro base celeste e spirituale in una matrice terrestre. Il suo essere libera nel sorvolare la mente umana per poi addentrarsi nell animo degli uomini, la rende un personaggio storico di straordinario interesse. Uno degli aggettivi più belli che le sono stati attribuiti è la definizione di adamantina. Lou appare agli occhi di chi l ha conosciuta come un gioiello prezioso. Le sue relazioni con Nietzsche, Rilke e Freud sono state interpretate da alcuni come un modo scadente di pubblicizzare le loro unioni intellettuali. Ma non era la luce del filosofo, del poeta e dello psichiatra a illuminarla. Era lei, fonte preziosa e raggiante, a proiettare la propria luce sugli altri. L incontro con Friedrich Nietzsche Attraverso le lunghe chiacchierate con Nietzsche, Lou scorge nel grande filosofo un contrasto che fa emergere anche nelle sue opere. Il concetto del superuomo deriva da una forte crisi religiosa. Si tratta di una lotta appassionata in cui, secondo Nietzshe, l uomo deve
continuo e della Ella, infatti, quale si ignora dove considerava la possa arrivare. psicoanalisi un mezzo di attenta e profonda indagine dell istinto vitale dell uomo. Nell opera del 1931 La mia gratitudine per Freud (Bollati Boringhieri, Torino, 1984) si nota chiaramente quanta stima e ammirazione ella abbia nei confronti del suo maestro. Ma questo non la riserba da acute critiche espresse in maniera poetica. Ecco che Freud Lou Andreas-Salomé, Paul Rée stesso la definì «il e Friedrich Nietzsche (1882) poeta della psicoanalisi». Tuttavia l uomo non Le teorie della potrà mai scrittrice sono comprendere il regno innovative e quasi femminile. Solo l uomo rivoluzionarie. artista, in quanto tale, Il tema di Dio, riuscirà ad l amore, la donna, la avvicinarvisi. maternità e l erotismo Nel femminile sono spiegati con Lou vede l armonia straordinaria più integra, la intelligenza. massima perfezione. Lou e Rilke Tale pienezza è considerano Dio un
genio religioso che affrontò con commovente fede la sua passione e morte. Non solo! Riconosce nell uomo il suo ruolo fondamentale nella società e nella storia. Ella, infatti, lo definisce simile a una linea che avanza di
raggiunta anche e soprattutto attraverso la maternità. Con obiettività e senza riduzione di concetti sottolinea le differenze, ricordandoci di essere destinati, uomini e donne, a quel tutto cosmico da cui
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raggiungere la salvezza attraverso la potenza stessa delle sue forze. Rimane, tuttavia, intrappolato nelle proprie debolezze, tanto che Lou arriva a sostenere che Nietzsche vive il conflitto di avere bisogno di Dio e tuttavia di doverlo negare. Per quanto non sia esplicitamente citata, Lou appare in numerose pagine de Così parlò Zarathustra. Gli animali del romanzo sono gli stessi con i quali Nietzsche aveva definito la poetessa «rapida come l aquila e coraggiosa come il leone». Nietzsche la paragona persino a un gatto, la bestia predatrice che si spaccia per animale domestico. Con tali paragoni vuole mettere in evidenza la personalità anomala di Lou e il comportamento che ella stessa ha avuto nei suoi confronti. Nietzsche, infatti, è fortemente amareggiato dalla risposta negativa della donna in seguito alla sua richiesta di matrimonio. L incontro con Rainer Maria Rilke La relazione con il poeta raggiunge una completezza fisica. Per la prima volta Lou ha rapporti sessuali con un uomo. Neppure al marito Carl Andreas era stato concesso tale privilegio. Quest ultimo era un uomo molto più grande di lei e per quanto ne fosse innamorata vedeva in lui la figura paterna. Lou sottopone Rilke, in maniera benevola, a una rigida autodisciplina, tanto da modificare e
Ripensandoci... migliorare la sua poetica. Utilizzando uno stile più essenziale, le parole riescono a diventare essere e non più solo suono. Anche con Rilke il tema di Dio e della fede viene trattato con estrema profondità di pensiero. Lou nota con piacere come il poeta sia in grado di trasformare le cose quotidiane in poesia, come se la presenza di Dio si avvertisse in ognuna di queste cose. Benché il loro rapporto sia
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entusiasmante per entrambi, Lou decide di interromperlo per continuare a vivere la propria vita in modo assolutamente libero. Rilke soffre disperatamente, ma continua una corrispondenza attraverso un carteggio di lettere.
morta a Göttingen nel 1937), donna «acuta come un'aquila e coraggiosa come un leone», come disse di lei Nietzsche, è una delle figure simbolo dell'Europa di fine Ottocento-inizi Novecento. Stabilisce legami profondi e complessi con personaggi come Rée, Nietzsche (1882), Rilke, Freud, di cui fu allieva. Nel 1887 sposa l'orientalista Andreas.
Approfondimenti Lou AndreasSalomé
dell intellettuale, scrittrice e psicoanalista, abbracciano quasi un secolo, e vanno dal lento declino della Russia zarista fino alle violenze della Germania nazista.
Contesto storico
Lou AndreasSalomé (nata a Pietroburgo nel 1861,
Gli eventi storici che fanno da sfondo all intensa vita
Lou Andreas-Salomé
Il mio ringraziamento a Freud (Boringhieri Editore, 1984, Torino, pp. 139) Capitolo 1 Caro professor Freud, nello scritto di Thomas Mann [1] Lei fa proprio una bella figura! Ma, come sovente succede, anche in questo caso si verifica, a voler essere franchi, un non trascurabile fraintendimento: Thomas Mann infatti non sembra forse connotare l esaltazione e l elogio che compie di Lei in base all immagine che egli ha di sé medesimo? Se si fa ardente apostolo della ragione e della razionalità è solo perché anch egli, in quanto poeta, si tiene lontano grazie a un enorme autocontrollo dall irrompere di qualsiasi capriccio romantico: perlomeno così mi pare, e in fondo io amo in lui gli sconfinamenti poetici più della sua imperturbabilità. A Lei però egli rimprovera anzitutto, senza alcun fondamento, il fatto di restare impassibile di fronte allo spirito del tempo che, secondo la sua diagnosi, sarebbe di un rinascente Romanticismo, sostenendo che l unica cosa che a Lei risulterebbe difficile sarebbe il cedervi. Infatti noi tutti che Le siamo vicini sappiamo bene, meglio ancora di lui, quale sacrificio abbia significato per Lei l essersi lasciato coinvolgere così profondamente nell irrazionale, come le Sue grandi scoperte esigevano. Noi tutti consideriamo quale impresa fondamentale della Sua vita e del Suo pensiero il fatto che la Sua razionalità si sia vista costretta a portare alla luce reperti che non l attiravano per nulla e di fronte ai quali siamo sinceri! avrebbe sovente preferito adottare l atteggiamento di riprovazione mostrato da tutti gli scienziati più autorevoli del secolo scorso. Lei certamente si ricorderà ancora di quando, di fronte a una tazza di tè nell Hofgarten di Monaco, dopo l appassionante Congresso del 1913 mi raccontava di aver scoperto nella Sua pratica più recente un presunto elemento telepatico e di come avesse soggiunto, senza dissimulare una piccola smorfia: «Se occorresse veramente immergersi ancora in questa palude nell interesse della ricerca, preferirei che questo dovesse accadere solo dopo la mia morte». Pur riconoscendo che «quando Mann dice qualcosa, ha sempre fondamento», nella Sua lettera Lei osserva a proposito del ritratto che egli delinea di Lei: «Mi ha dato l impressione che egli avesse appena preparato un saggio sul Romanticismo quando gli arrivò la richiesta su
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di me, e così abbia piallato con la psicoanalisi quel mezzo saggio davanti e di dietro, come dicono i falegnami; la massa è invece di legno diverso» [2]. Per quanto ci riguarda, e ben diversamente da come le vede Thomas Mann, la nostra fiducia nelle scoperte freudiane si è fatta incrollabile e profonda non meno di quanto lo siano i fondamenti di queste scoperte. O mi devo limitare a parlare soltanto a nome mio? No di certo, perché il fatto che i risultati della Sua ricerca non corrispondessero per nulla all inclinazione dei Suoi desideri non soltanto ha rafforzato in modo impareggiabile la nostra fiducia, ma ha reso anche possibile una partecipazione sul piano umano che travalica il puro e semplice interesse per la ricerca. Così furono poste le premesse umane perché potessimo proseguire il lavoro di esplorazione del profondo. Senza volerlo, viene alla mente a questo proposito la domanda che i nostri oppositori ci pongono in modo faceto e insieme abbastanza serio: «Da chi e con che mezzo il fondatore della psicoanalisi è stato analizzato personalmente, lui che ritiene indispensabile per tutti i membri della Società un siffatto procedimento?» Ebbene! É stato proprio questo procedimento a fare di lui il fondatore della psicoanalisi: tramite la sua lotta contro quel meccanismo che, in linguaggio tecnico, chiamano resistenza , la resistenza della sua natura contro quello che essa avrebbe tanto volentieri tenuto rimosso , contro quel che stonava tanto al suo gusto, resistenza grazie alla quale nel tormento interiore è nata l opera di genio. Lei ha fondato la psicoanalisi proprio in veste di Suo primo analizzando! Di conseguenza veniva anche conquistata una base su cui poteva insediarsi solidamente l altra resistenza : la resistenza ai pregiudizi e alla calunnia, al sarcasmo e all indignazione degli uomini. Era stato scoperto il punto di vista a partire dal quale si potevano compiere tanti sacrifici per una causa che non solo fu oltraggiata e messa alla berlina, come capita perlopiù ai movimenti nuovi, ma contro cui vennero ad aggiungersi anche recondite motivazioni legate al timore e alla fuga di fronte a sé stessi, ostacoli che «liberano le passioni e riducono la capacità di ragionare correttamente» [3]. A noi tutti è divenuto facile far fronte a ogni pensabile iniquità proprio a partire da tale momento, da quando cioè fu portato alla luce l elemento umano universale, scoperto inizialmente da Lei a prezzo della messa a nudo di sé stesso e del Suo materiale personale. Da allora è possibile conoscersi senza provare paura né voglia di fuggire, mediante la confessione resa a sé stessi. Allo stesso tempo però quest impresa vitale da Lei compiuta una volta per tutte è servita a catalizzare per sempre intorno a sé il desiderio di ricerca e la volontà di sacrificio di tutti noi, che ci vogliamo consacrare alla più bella delle umane professioni.
Note 1. T. Mann, La posizione di Freud nella storia dello spirito moderno (conferenza tenuta il 16 maggio 1929), trad. it. in Tutte le opere di Thomas Mann, a cura di Lavinia Mazzucchetti, vol. 12 (Mondadori, Milano 1958) pp. 467-90. Thomas Mann diceva tra l altro: «Il freudismo ha la stessa sensibilità di coscienza del Romanticismo contro l inumanità di ogni soffocante forza conservatrice, contro una falsa pietas che mira a conservare a tutti i costi ogni prematura e moralmente immeritevole forma di vita, che riposa instabile sulla base dell incoscienza. Esso comporta lo scalzamento, la rottura di tali equilibri provvisori mediante l indagine critica [ ]. La via che esso prescrive è quella della consapevolezza, dell analisi, una via sulla quale non ci si ferma, né si torna indietro, dove è impossibile ripristinare le buone cose d un tempo ; il traguardo che esso ci addita è un nuovo, meritorio ordine vitale, assicurato dalla consapevolezza, fondato sulla libertà e sulla veracità. Lo si può chiamare illuministico per i suoi mezzi e i suoi fini; ma il suo illuminismo è passato attraverso troppe cose perché lo si possa tacciare di serena superficialità. Lo si può chiamare antirazionalistico, dato che il suo interesse scientifico va alle tenebre, al sogno, all istinto, al prefazionale e che il suo punto di partenza è il concetto d inconscio; ma esso è ben lontano dal permettere che questo interesse faccia di lui il servo dello spirito oscurantista, fanatico, retrivo. Esso è quella forma dell irrazionalismo moderno che si oppone inequivocabilmente a ogni abuso reazionario. Esso è, permettetemi di esprimere questa nostra convinzione, una delle pietre più importanti che siano state portate alla costruzione del futuro, alla dimora di un umanità liberata e cosciente» (p. 490). 2. S. Freud-Lou Andreas Salomé, Eros e conoscenza: lettere 1912-1936, trad. it. (Boringhieri, Torino 1938), p. 179. 3. Freud, Le resistenze alla psicoanalisi (1924), nell edizione Boringhieri delle Opere di Sigmund Freud (OSF), vol. 10, p.56.
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Anna Maria Mozzoni e Teresa Labriola Dal sindacato all associazionismo due donne che si sono battute per i diritti politici e civili delle donne di Rossella Bufano
pensie politica rdoe e azione lle donne Suffraggette
Anna Maria Mozzoni (Milano, 1837 Roma, 1920) è tra le prime esponenti del movimento per i diritti e l emancipazione femminile. È convinta che la condizione delle lavoratrici, prive di qualunque forma di tutela, è aggravata dalla loro condizione sociale e politica. Ritiene che la base su cui costruire la piena liberazione femminile è il riconoscimento della capacità giuridica alle donne e quindi di una propria autonomia espressa nella forma più alta della democrazia, ossia l esercizio del voto. Ripropone in termini filosofici la questione dei diritti delle donne, mostrando come la loro esclusione dall istruzione pubblica e dai diritti civili ponga un contrasto tra diritto naturale e diritto positivo. Insegna
riceve consensi. Il diritto di voto alle donne italiane viene riconosciuto solo nel 1946.
filosofia nella scuola superiore femminile Maria Gaetana Agnesi di Milano e collabora a vari periodici: La Riforma del secolo XIX , La donna , Critica
Teresa Labriola (Napoli, 1873 Roma, 1941) è figlia del celebre filosofo Antonio Labriola che divulgò la teoria marxista in Italia. Si laurea in giurisprudenza e ricopre agli inizi del Novecento l incarico di libera docente in filosofia del diritto, prima donna nell Università di Roma. Nel 1912 presenta domanda di iscrizione nell albo degli avvocati. Il Consiglio dell Ordine accetta l iscrizione, ma la Corte d Appello gliela nega. La Cassazione di Roma, investita del caso su ricorso di Teresa, conferma nel 1913 l esclusione. Le limitazioni alle donne nell esercizio delle professioni liberali (tra cui l avvocatura) cadono solo con
sociale . Su incarico di Francesco De Sanctis, ministro della Pubblica istruzione, partecipa al Congresso Internazionale per i Diritti delle Donne a Parigi, relazionando sulle pari opportunità culturali. Nel 1877 presenta al parlamento italiano la prima petizione per il voto politico alle donne, accolta dal deputato pugliese Salvatore Morelli. La sua proposta di legge non
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l approvazione della legge Sacchi , nel 1919. La giurista riveste ruoli di primo piano nelle associazioni femminili per la conquista dei diritti civili e politici. Il suo contributo è fondamentale per studiare la revisione dei codici, civile e penale, soprattutto in relazione alla riforma dell istituto familiare, all abolizione della regolamentazione della prostituzione e alla rivendicazione del diritto di voto attivo e passivo. Presiede per molti anni la sezione giuridica all interno del Consiglio Nazionale Donne Italiane (fondato nel 1903), è vicepresidente del Comitato pro-voto romano e rappresenta spesso il mondo dell associazionismo femminile all estero. Scrive oltre 70 e saggi e più di 100 articoli.
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Occupazione femminile Un osservatorio per analizzare il territorio e operare iniziative concrete di Serenella Molendini
pensie politica rdoe e azione lle donne Ben due anni fa, in data 30 maggio 2006, presso la Sala Conferenze di Palazzo Adorno a Lecce, si è insediato l Osservatorio sull occupazione femminile e le condizioni del lavoro delle Donne. All iniziativa della Consigliera di Parità della Provincia di Lecce, Serenella Molendini, hanno aderito molte Istituzioni impegnate nel campo del lavoro e della tutela delle lavoratrici e dei lavoratori. Alla prima riunione sono intervenute le delegate dell Università, del Comitato per l imprenditorialità femminile, dei Sindacati, dell INAIL, dell INPS, delle Politiche del lavoro e delle Politiche sociali, della Commissione sull emersione del lavoro non regolare e una rappresentante dell Ufficio statistica della Provincia di Lecce che collabora alla raccolta dati. L Osservatorio opera, in stretto raccordo con gli Assessorati provinciali, la Direzione provinciale del Lavoro, la Commissione tripartita e La Commissione
per le lavoratrici a partire dall ente Provincia, ai contratti atipici, al settore del lavoro sommerso, al lavoro delle donne immigrate. L Osservatorio è nato anche per venire incontro e fornire strumenti validi alla famiglia, che da sola deve provvedere all organizzazione del lavoro e delle politiche di conciliazione.
provinciale pari opportunità. Questo strumento ha raggiunto degli obiettivi interessanti: ha rafforzato la rete di istituzioni che si occupano di lavoro delle donne, ha raccolto dati quantitativi e qualitativi sul lavoro femminile, ha elaborato riflessioni e approfondimenti che possono essere utili ai decisori politici. Le analisi del mercato del lavoro nel Salento, di cui si fa una lettura di genere comparando i dati emersi a livello locale con quelli nazionali ed europei confluiscono nella pubblicazione "Salento economia Donna". L'attenzione è rivolta alla valorizzazione delle tendenze a livello imprenditoriale, soprattutto nel comparto turistico, alla certificazione delle competenze per le lavoratrici atipiche, alla forte richiesta di flessibilità degli orari
Non c è dubbio che l occupazione femminile cresce, ma in un contesto di forte sovraccarico di lavoro sulle donne. Il lavoro familiare rimane ancora essenzialmente attribuito alla responsabilità femminile, indipendentemente
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dalla presenza di un impegno extradomestico. Le donne che ricoprono contemporaneamente i ruoli di lavoratrice, moglie e madre accumulano un consistente ammontare di lavoro giornaliero. Se si considera il lavoro di cura e il lavoro extradomestico, il 52,4 per cento delle donne occupate con bimbi con meno di 5 anni dichiara di lavorare complessivamente 60 ore o più a settimana. Il carico complessivo sulle donne lavoratrici è analogo per le impiegate, le operaie, le dirigenti o le imprenditrici, e anche per le madri lavoratrici con figli più grandi. Comunque il lavoro sta divenendo l aspetto più importante dell identità femminile. È cresciuto il numero delle donne occupate e il loro coinvolgimento in tutti i tipi di lavoro. Il crescente investimento femminile in istruzione va di pari passo con la capacità di instaurare un rapporto di coppia in cui le donne hanno più
Ripensandoci... spazio per stabilire insieme al partner regole di condotta, negoziare diritti e doveri, suddividersi
spazi e tempi di azione. Al crescere del titolo di studio aumenta la condivisione delle decisioni familiari, e ciò sottolinea l importanza dell investimento in istruzione nel ridefinire il ruolo delle donne all interno della coppia. L attuale sistema normativo in materia di parità e pari opportunità tra uomini e donne certifica il fondamentale mutamento di prospettiva che si è verificato negli ultimi decenni per quanto riguarda le
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problematiche femminili. Da una concezione della tutela delle donne, messa in pratica con interventi
famiglia, è proprio la progressiva centralità assunta dalle tematiche della conciliazione lavorofamiglia a rappresentare con evidenza quel mutamento di approccio legislativo in materia di tutela del lavoro femminile e a sancire la definitiva affermazione di un ottica di genere nella rivisitazione degli assetti complessivi del sistema di welfare. In Italia, il primo atto legislativo espressamente rivolto allo sviluppo di politiche di conciliazione è la legge n. 285/1997 ( Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l infanzia e l'adolescenza ), che prevede interventi a livello centrale e locale per promuovere la qualità della vita, lo sviluppo, la realizzazione individuale e la socializzazione dell'infanzia e dell'adolescenza privilegiando l'ambiente a esse più confacente, vale a dire la famiglia. Ma i principi della conciliazione emergono definitivamente nella legge n. 53/2000 ( Disposizioni per il sostegno della maternità e paternità, per il diritto alla cura
per lo più settoriali, si è ormai definitivamente passati ad un ottica di promozione della piena ed effettiva partecipazione delle donne alla vita politica, sociale ed economica. Tra i settori tradizionalmente più interessati dall evoluzione normativa in materia di pari opportunità vi è il lavoro, inteso come piena e attiva partecipazione delle donne alla vita economica e sociale del Paese. Per quanto riguarda poi il ruolo che la donna occupa all interno della
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e alla formazione e per il coordinamento dei tempi della città ) in cui appare ormai acquisita la scelta di politica legislativa tendente a favorire concretamente la condivisione di compiti e responsabilità tra i coniugi nella cura dei figli e nella gestione degli impegni familiari, nonché il rapido reinserimento della donna nell ambiente di lavoro a seguito della maternità. Fonti Osservatorio sull Occupazione Femminile Provincia di Lecce; Osservatorio del Diritto del Lavoro e della Previdenza Sociale. Osservatorio sull Occupazione Femminile e le Condizioni del Lavoro delle Donne Referente: Angela Colonna Ufficio della Consigliera di Parità Palazzo Adorno Via Umberto I Lecce Tel. 0832/683212 Fax 0832/683453
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Politica è donna L emancipazione femminile: il passo decisivo verso un nuovo senso civico di Aldo Rizzo
Le 21 donne alla Costituente, «La Domenica del Corriere», 4 agosto 1946, Biblioteca della Camera dei Deputati
Sono trascorsi quasi sessant anni dal primo voto politico concesso alle donne. Visibilmente emozionate, vestite a festa così come si conviene per un appuntamento importante, furono oltre 12 milioni le donne che il 2 giugno del 1946 si recarono alle urne. L avvenimento è di fondamentale importanza. Il popolo italiano, tramite referendum, è chiamato a scegliere tra monarchia e repubblica e, per la prima volta nella storia del nostro paese, alle donne viene concessa la facoltà di votare ed essere votate. Finalmente quella svolta sociale che permise al mondo femminile la conquista e il riconoscimento della propria individualità. Fino ad allora la donna era stata solo un qualcosa di appartenente al capo famiglia. Il Codice civile emanato nel 1865, in materia di diritto di famiglia, sanciva infatti che la
Dieci anni dopo erano circa 50.000 le iscritte, ma i titoli di studio non venivano ancora riconosciuti in ambito professionale. Il lavoro femminile raramente era identificato come tale. Lo stipendio delle lavoratrici era dimezzato rispetto a quello dei lavoratori. Un ulteriore limitazione del diritto muliebre al lavoro si ebbe con la legge del 1902, che negava l impiego delle lavoratrici nei contesti lavorativi ritenuti pericolosi . Facenti parte di tale pericolo erano, in realtà, quei lavori considerati ideologicamente incompatibili con le attitudini femminili. Cosi facendo, lo Stato diede nuova linfa all idea di voler favorire il confino delle donne nella loro sede naturale: la casa. Intanto, nel desiderio di vedere riconosciuti i propri diritti civili e politici, continuava a crescere il numero di adesioni ai movimenti femministi. Nel 1903
madre non aveva la facoltà di esercitare il diritto sui figli legittimi, né, tanto meno, quella di gestire i soldi guadagnati con il proprio lavoro. La tutela di tutto ciò spettava solo al marito. Nonostante la lotta per il diritto al voto fosse di grande rilevanza, la drammatica condizione socioeconomica della popolazione femminile tra la fine dell Ottocento e gli inizi del Novecento, spinse le prime femministe italiane a interessarsi principalmente di questioni sociali. Nel 1874 il diritto allo studio si colora di rosa: viene riconosciuto l accesso delle donne ai licei e alle università. Nel maggior numero dei casi, però, la mentalità non muta con l'approvazione di una semplice legge e infatti, con singolari scuse, le iscrizioni scolastiche femminili continuarono a ricevere dura opposizione.
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pensie politica rdoe e azione lle donne
Nel 1908 si tenne a Roma il primo Congresso delle donne italiane, in cui si auspicarono casse di assistenza alla maternità, l obbligo scolastico e la potestà tutelare. Nel 1910 il Comitato pro suffragio chiese a Turati di appoggiare il voto alle donne, ma egli fu contrario venne convocato il primo Consiglio nazionale delle donne italiane, ove si analizzarono diritti sociali, economici, civili e politici. Negli anni successivi, altre associazioni uscirono allo scoperto e nel 1906 Maria Montessori, attraverso le pagine de
Ripensandoci... La Vita, cercò di spronare le donne italiane affinché si iscrivessero alle liste elettorali. Sulla carta stampata esplose lo scontro tra i fautori del suffragio femminile e coloro che erano contrari. Due anni dopo, inaugurato dalla regina Elena, si tenne a Roma il primo
Maria Montessori
Congresso delle donne italiane. In tal sede si auspicava la formazione di casse di assistenza e previdenza della maternità, l applicazione dell obbligo scolastico, la richiesta di poter esercitare gli uffici tutelari. Vi parteciparono tutte le associazioni femministe esistenti, tra cui Alleanza Femminile e il Comitato nazionale pro suffragio. Nel 1910 il Comitato pro suffragio chiese a Turati, segretario del Partito socialista, di pronunciarsi sulla questione del voto alle donne, ma egli fu contrario. Anna Kuliscioff, compagna di Turati, sulle pagine di «Critica Sociale», lo attaccò difendendo i movimenti femministi. Turati cercò di riscattarsi due anni dopo quando, nel progetto di legge che avrebbe garantito il diritto di voto agli uomini analfabeti, cercò di inserire un emendamento che favoriva il voto
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muliebre. La reazione di Giolitti, però, fu di dura contestazione. Con l avvento del primo conflitto mondiale, i posti di lavoro lasciati vuoti dagli uomini, partiti per il fronte, furono rimpiazzati dalle donne. Circolari ministeriali permisero, infatti, l uso di manodopera femminile fino all 80% del personale nell industria meccanica e in quella bellica. La fine del conflitto ristabilì i vecchi equilibri. Nel dopoguerra il problema ritornò a galla: il neonato Partito popolare appoggiava la questione del suffragio femminile. Prima della marcia su Roma, per ben due volte la proposta di legge sulla concessione del voto alle donne aveva superato l ostacolo della Camera, ma in entrambi i casi, per la caduta dei rispettivi governi, essa non era riuscita a compiere il suo iter burocratico. Il movimento fascista inaugurò una propria politica sul tema dei diritti delle donne. L idea era quella di spingere la donna tra le mura domestiche. Lo slogan scritto sui quaderni delle piccole italiane recitava:«la maternità sta alla donna come la guerra sta all uomo». Nel periodo fascista, la discriminazione sessuale prese sempre più piede. La donna guadagnava la metà dell uomo, non le veniva concesso di insegnare lettere nei licei, le tasse scolastiche delle studentesse vennero raddoppiate. Nel pubblico impiego vennero introdotte regole restrittive: non
più del 10% dei posti di lavoro disponibili poteva essere concesso al genere femminile. Si inasprì ulteriormente la disciplina del diritto di famiglia: lo stato di sudditanza nei confronti del marito era stato reso totale. Era quest ultimo che decideva il luogo di residenza ove, anche in caso di separazione, la moglie doveva eterna fedeltà. Fu introdotto il concetto di delitto d onore , che prevedeva la riduzione di un terzo della pena per chiunque uccidesse la moglie, la figlia o la
sorella per difendere l onore suo o della famiglia. Durante quest epoca, l unico movimento femminile politicamente attivo era l Unione Femminile Cattolica, allineata al fascismo e al ruolo di subordinazione della donna ribadito dal papa. Il primo febbraio del 1945, su proposta di Togliatti e De Gasperi, il diritto di voto non ha più un unica direzione sessista. Forse non bisognava affaticarsi tra le tortuose vie del passato, per ascoltare una voce, oggi come
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Alcide De Gasperi vota il 2 giugno 1946
ieri, troppo spesso ignorata. Bastava solo voltarsi, cercando di osservare, a esempio, quel milione di donne che il 14 gennaio 2006, per le vie di Milano rivendicava i propri diritti. Il punto in questione era la restrizione di una parte della propria libertà, si trattava di essere contrarie alla modifica della legge sull aborto. Sono scese in piazza, per evitare equivoci ed essere chiare. Lo hanno fatto per far capire che sono avanti rispetto a una politica non buona. Ad alta voce hanno cercato di dire che esiste un limite di libertà che la politica, per un pugno di voti, non può oltrepassare. Oggi come ieri, non hanno difeso solo un diritto, ma hanno anche chiesto che la libertà femminile funga da sbarramento alle politiche poco conformi alle libertà individuali. Dopo sessant anni, probabilmente, sarebbe opportuno iniziare ad ascoltare quelle voci.
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Il cyberfemminismo
pensie politica rdoe e azione lle donne
Ovvero il femminismo ai tempi di Internet di Cinzia Greco
Cyborg, Lynn Randolph - 1989
Cos è il cyberfemminismo? Beh, cominciamo a dire cosa non è: non è una moda, non è un ideologia, non è uno dei soliti -ismi, non è contro l uomo, e, fatto rilevante, non è una struttura. Questa è una libera traduzione di alcune delle 100 anti-tesi tratte dall elenco che nel 1997 è stato stilato dalle partecipanti al First Cyberfeminist International, tenutosi a Kassel, in Germania. All evento hanno partecipato numerose artiste, scrittrici, studiose che si sono riunite per discutere del rapporto tra le donne e le nuove tecnologie, in particolare Internet e per elaborare nuovi progetti femministi di networking nei diversi stati. In concomitanza all evento venne fondato a Berlino il sito Old Boys Network col compito di raccogliere e diffondere numerosi lavori legati al Cyberfemminismo. Contraddittorie e ironiche, le 100 antitesi, lungi dal definire il complesso fenomeno
Vaginic embryo, Faith Wilding Embryoworld 1997
Affinché il computer e la rete siano strumenti per risollevare le donne da un ruolo subalterno è necessario che esse assumano una posizione più attiva nella creazione, gestione e diffusione dei nuovi prodotti tecnologici che lega tematiche storiche del femminismo a questioni proposte dallo sviluppo delle nuove tecnologie, mescolano le idee e sanciscono l impossibilità di racchiudere in una definizione un movimento fluido e instabile. Proviamo però a capire perché fluido e instabile: un po di storia. Il termine cyberfemminismo è un neologismo composto da femminismo termine riferito a dei processi politici e sociali legati all emancipazione delle donne e alla lotta per la parità
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giuridica e politica , e cyber. Questo prefisso deriva dal greco kybernàn che significa pilotare e comparve per la prima volta nel 1947, quando lo scienziato Norbert Wiener adoperò il termine cybernetics per indicare la scienza delle macchine in grado di autoregolarsi. Il prolifico prefisso ha dato origine a numerosi termini, tra cui cyberspace, elemento presente nei romanzi di fantascienza e che fuori dalle pagine dei libri indica l ambiente virtuale che mette in comunicazione i computer di tutto il mondo permettendo agli utenti di interagire tra loro. Il cyberspace è il luogo d azione del cyberfemminismo, poiché esso, come afferma Rosi Braidotti, una delle principali studiose italiane che ha analizzato il fenomeno, «cerca di utilizzare le nuove tecnologie a favore delle donne». Una delle prime studiose a occuparsi del rapporto tra il pensiero, le attività
femminili e le nuove tecnologie è stata Donna Haraway che scrisse nel 1991 il Manifesto Cyborg (edito in Italia nel 1994 dalla Feltrinelli, a cura di Rosi Braidotti). L analisi della Haraway si articola in tre momenti: - sulle prime traccia una descrizione della situazione sociopolitica degli ultimi anni 80, all interno della quale si inserisce la riflessione sull impatto delle innovazioni nelle telecomunicazioni e nella micro-elettronica. Inoltre mette attentamente in luce le contraddizioni del villaggio globale e sottolinea il rischio che «si formi una struttura sociale fortemente bimodale, in cui le masse di donne e uomini di tutti i gruppi etnici, ma soprattutto di colore, vengano confinate [...] nell analfabetismo di vario tipo, nell impotenza e nel generale esubero, controllate da apparati repressivi alto-tecnologici che vanno dall intrattenimento
Ripensandoci... alla sorveglianza e alla sparizione [...]»; - a questi aspetti si lega la necessità di (ri)formulare nelle teorie femministe un nuovo legame tra le donne e la scienza, al fine di favorire in esse lo sviluppo di una coscienza critica verso la tecnologia; - nell ultima parte del Manifesto si propone una mediazione tra la presunta assoluta oggettività del punto di vista della scienza e l assoluta mancanza di oggettività di una visione relativistica dei fatti e delle cose. Questa mediazione si attua attraverso l introduzione dei saperi situati, ossia l adozione di un punto di vista parziale e stabile collocato nel basso della realtà corporea. Ma quella che il cyberfemminismo propone è una corporalità virtuale, ossia sospesa tra il corporeo e il fattore tecnologico. Proprio questo ultimo aspetto del pensiero di Haraway costituisce uno dei temi fondamentali delle più recenti riflessione del cyberfemmismo. Le nuove tecnologie, in particolare Internet, modificano la rappresentazione che le donne danno di sé? E in che modo il Web può contribuire a stereotipi? Il cyberspace può essere considerato una versione riveduta e corretta di Utopia, un (non)luogo dove il sesso, l età, la
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conditions that currently produce the codes, languages, images, and structures on the Net».
condizione sociale si dissolvono e possono
Self-surveilling Embryo, Faith Wilding Embryoworld 1997
essere ricreati ad hoc, le discriminazioni scompaiono e tocca agli attribuitori virtuali di identità, gli avatar , dire chi siamo. Ma è davvero così? Pare di no, e non manca chi sottolinea che spesso l anonimato e la virtualità non sono di per sé sufficienti ad abbattere le barriere comunicative. Faith Wilding, artista multidisciplinare le cui opere più recenti si incentrano sulle tematiche del cyberfemminismo, nel suo saggio, Where is Feminism in Cyberfeminism? afferma che
«Un movimento cyberfemminista brillante e propositivo dal punto di vista politico, che si avvale della saggezza acquisita nelle precedenti battaglie, può produrre politiche sfrontate e disgreganti che puntano a decostruire le condizioni patriarcali che attualmente producono i codici, i linguaggi, le immagini e le strutture nella rete» (traduzione Cinzia Greco). Affinché il computer e la rete siano strumenti per risollevare le donne da un ruolo subalterno è necessario che esse assumano una posizione più attiva nella creazione, gestione e diffusione dei nuovi prodotti tecnologici, senza subire il Net come uno strumento creato dall uomo per scopi prettamente maschili e da cui tenersi alla larga. Infatti, ancora oggi nell immaginario collettivo è ampiamente diffusa l idea che le donne siano naturalmente tecnofobe: si ritiene che esse si accostino a un pc solo per necessità e che non siano per nulla interessate a seguire i progressi tecnologici. In realtà basta leggere alcuni articoli presenti nel sito del Mit
«a politically smart and affirmative cyberfemminism, using wisdom learned from past struggles, can model a brash disruptive politics aimed at decostructing the patriarchal
(Ministero per l Innovazione e le tecnologie) per scoprire che il numero delle donne in rete negli ultimi anni è notevolmente aumentato e che il pc, grazie alla diffusione di Internet, non è solo uno strumento di lavoro o un aiuto nella gestione familiare, ma costituisce uno svago e sempre più spesso diviene un mezzo per socializzare. Le esponenti del cyberfemminismo sono state tra le prime a riconoscere le potenzialità di questi strumenti, ma anche il pericolo in essi nascosto. Sin dall inizio il loro obbiettivo è stato quello di avvicinare le donne alle nuove tecnologie, affinché facessero proprie le conoscenze indispensabili per entrare nella realtà virtuale non solo in qualità di spettatrici ma come soggetti attivi in grado di creare nuove informazioni da diffondere nella rete e conseguentemente nel mondo. Il web deve inoltre essere considerato come un mezzo, potente sì, ma non il solo, e mai il fine ultimo di una lotta: non si può realizzare una liberazione femminil/femminista del e nel cyberspace, che non influenzi anche il mondo esterno e tangibile.
Bibliografia
Sitografia
- Donna J. Haraway, Manifesto Cyborg. Donne, tecnologie e biopolitiche del corpo, Feltrinelli, Milano, 1995.
www.andrew.cmu.edu/user/fwild/faithwilding www.obn.org/cfundef/faith_def.html www.obn.org/ it.wikipedia.org/wiki/Femminismo it.wikipedia.org/wiki/Avatar
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Alla ricerca della femminilità e mascolinità perduta Il fallimento dell emancipazione nelle relazioni umane di Laura Longo
satira e ir onia
Le ragazze della prima edizione di Pupe e secchioni
Che pensare dei modelli femminili e maschili che pullulano i nostri schermi televisivi onnipresenti
ogni settimana sulle nostre riviste patinate? Una sola espressione. Braccia sottratte al calcestruzzo e allo strofinaccio. Queste donne, modelli dell occidente benestante, sono in realtà vedove del ferro da stiro senza più scale da lavare. Gli uomini, invece, vedovi della zappa in crisi davanti a un chiodo da attaccare al muro. Pallidi (o peggio abbronzatissimi), intellettuali di grido che porgono mani mollicce, spettegolano come servette, lamentano persecuzioni, scompaiono al
per paura dei ladri e degli zingari, per ogni ragazza che aspetta trepidante e infelice l uomo che via sms le ha annunciato di aver trovato il tempo per una fugace incontro amoroso, per ognuna di queste donne, immerse nello scenario della maschitudine perduta , si può parlare di femmine come vorremmo essere e che oggi non siamo più. Anni e emancipazioni per approdare all involuzione del femminile. Ormai la tv ci offre modelli di signore che si comportano come uomini e che fanno solo le cose più
momento del conto, non se la sentono di spostare la macchina e offrono in cambio il numero privilegiato del radiotaxi. Mandano messaggini con faccette tristi e puntini di sospensione, hanno bisogno di riposo e di mascherine sugli occhi, tengono accanto allo spazzolino da denti la crema antirughe, hanno paura la sera quando tornano a casa da soli, ma quel che peggio, è che si dichiarano femministi. Si commuovono davanti a cortei antisfruttamento, consigliano ai giovani che è meglio lasciare il paese, si preoccupano per il precariato, prendono tranquillanti, vogliono sentirsi amati e compresi e quando non lo sono, piangono. Sempre, però, davanti alla telecamera accesa. Per ogni donna in aria di carriera che torna a casa sola la sera e tiene la luce accesa tutta la notte
maschie : fumano, ostentano, si sbatacchiano, sbattono al muro la più ghiotta tra le prede di una sera. Abitucci zebrati, sconcezze
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malinconiche, spartizioni del corpo con chiunque. Anni e dibattiti sul femminismo per piegare le donne alla deturpazione botulinica del corpo e farle simili a indistinti transessuali, ovvero macchine del sesso senza più cicce e morbidezze, ma solo e solamente buchi. Anni e anni di fatica mostruosa per poi trovarsi, all improvviso, esempi di donne dal viso gonfio e lucido, una fronte immobile, labbra come canotti, guance sporgenti e aria eternamente stupida. Hollywood è già alla ricerca delle signore dopo i trent anni che con candida naturalezza sembreranno dei splendidi travestiti cupi e colorati, senza rughe e senza età e racconteranno, solo con il non movimento degli zigomi, quel che è accaduto alle donne e soprattutto agli uomini. Ormai ciò che è femmineo non è altro che un mercato fatto di squallidi pezzi di ricambio seni a bomba da costruzione
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chirurgica del genere, labbroni penduli, paccottiglie da porno shop,
che vanno così tanto di moda: quelli con il testosterone ma che cucinano torte di mele.
ghiottonerie da fast food per impotenti. Eppure tutto sommato da qualche parte, ci sono le vere donne, le cosiddette femmine , quelle insensibili alle mode, quelle impossibili da parodiare, quelle che fanno innamorare e strappano baci e sospiri. Donne maliziose che avendo già conquistato tutto non hanno più bisogno di dimostrare nulla e sanno cucinare e rammendare calzini. Malgrado tutto, possono ricominciare dalla pratica d economia domestica senza temere di scadere nello stadio pre-femminista. E mentre rammendano calzini e lavano mutande, sempre in nome delle Pari e allegre Opportunità, è giusto suggerire qualche piccolo mutamento, accorgimento per gli amati uomini così eccessivamente modernizzati, così eternamente vittime delle erinni, così tristemente costretti a cercare, come dicono gli psicologi maschi, focolari alternativi
Se noi, donne, prepariamo il risotto, voi dovete sintonizzare i canali del decoder, se noi strofiniamo le vostre camicie con acqua fredda e sapone di marsiglia facendo attenzione a colletto e polsini, voi aggiustate l anta di legno dell armadio, se noi vi sorridiamo, voi non grugnite annodandovi sciarpe color malva. Noi, dal canto nostro, cercheremo di sembrare timide, tutte sguardi e misteri , però voi mostrateci, per pietà, la vostra smania di conquista. È bene far ricordare a questi signori tutte le regole del galateo: una donna non corteggia, ma viene virilmente adocchiata, fissata, cercata, regalata, sospirata, chiamata, aspettata, assediata, scongiurata, ignorata e infine assaltata e soggiogata. Vale per tutte, democratiche e meno democratiche, carrieriste e fiere casalinghe, principesse e popolane, moderne e reazionarie, carlebruni e ciabatte . Le regole
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di seduzione di una donna sono in realtà leggi di conquista universali, le uniche certezze rimaste: rose, inviti a cena, e poi custodire il nome dell amata e dell evento con il ricordo. Insomma bisogna fare appello a tutto quel repertorio della galanteria:offrire la precedenza, spazzarne il malumore, fabbricare per lei un orizzonte dove potersi mostrare piacente a chi la mira . Purtroppo però oggi uomini contemporanei non amano le donne e di conseguenza molte signore illuminate, democratiche e
alzare sempre la testa e sorridere, vedendole entrare, tenere l ombrello e rubare baci. Le ragazze, invece di scimmiottare gli uomini, potrebbero imparare qualcosa da Carmen Llera, la vedova di Moravia maestra indiscussa del dare buca, del gattamortismo , del negarsi, dell arrivare e del non arrivare. Carmen Llera non rammendava calzini e non cucinava, anzi si racconta che non avesse mai messo piede in un supermercato e che il frigorifero contenesse appena l indispensabile per
progressiste ma sotto sotto sulla via della disperazione, ripiegano e trovano curiosamente irresistibile un Costantino Vitagliano. Per evitare ulteriori devianze, è necessario fare un passo indietro, al passato, tenendo ben distinti i sessi. Costringere gli uomini a rimanere tali e le donne a non essere mai maschi: non lasciando che saldino i conti al bar o che montino autonomamente una tavolino IKEA, ma
sopravvivere. Si può quindi essere donne stellari anche senza il tardivo recupero dell economia domestica e uomini degni di questo nome, semplicemente amando le donne, dichiarando finalmente quello che una donna vorrebbe sentirsi dire dal proprio uomo: Donna, si fa tutto per te .
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Volver Ritorno al presente di Frédéric Pascali
arte e cultura cinema
Volver, l ultimo film di Pedro Almodòvar, è una malinconica opera sulla profondità dei sentimenti e della memoria. Il regista spagnolo scandaglia nel suo passato e nello sconfinato interesse per l universo delle donne. Ne trae una storia intrigante, apparentata col mistero, a metà tra la commedia e il dramma. A interpretarla chiama un variegato ed eterogeneo gruppo di attrici. Almodòvar diventa pittore, realista e iperrealista, e sulla sua tavolozza spalma i colori delle stagioni del tempo e dell amore. Quelli più fulgidi sono per una splendida Penélope Cruz, la Raimunda fragile e allo stesso tempo irriducibile lottatrice dell esistenza. Icona di una femminilità verace e spontanea, ricordo delle maggiorate del cinema italiano degli anni 50. Non è difficile riconoscere in lei l ispirazione del regista a voler far rivivere le opulenze di attrici come la Loren e la Lollobrigida.
accostarsi alle colori, contrasto difficoltà del stridente della grigia quotidiano. Fa la quotidianità con la parrucchiera abusiva quale convivono. nel variopinto Raimunda è quartiere Tetuán. l esempio fulgido di Riceve in casa, questo rimestare trasformata e continuo. adibita all uso. Una volta Le protagoniste È sola, non ha è avuto fortuna assistente femminili gli uomini, cuoca di Volver hanno con ma in fondo nella non sembra cucina di vinto il premio lamentarsene un per la migliore più di tanto. collegio. Queste Un altra interpretazione donne di volta è la femminile sono il donna all ultimo festival Madrid frutto della delle generazione pulizie in di Cannes della Mancia. un ufficio. Quella che incarna il Un altra ancora ha lo passato. La stesso ruolo, ma in generazione che cela il aeroporto. Sempre segreto di un esistenza assistita dalla voglia parca, condotta sempre di lottare e nel silenzio e nel affermare la propria rimpianto. femminilità e Ci sono la madre e aspirazione alla la zia delle due sorelle famiglia. più Augustina (Blanca È lei che manda Portillo), la fedele avanti la casa. Bada amica di famiglia. alla figlia, l acerba Volver è più che adolescente Paula mai storia di (Yohana Cobo) e al contatto, di marito Paco (Antonio riavvicinamento. È de la Torre), ubriacone la compenetrazione di e spesse volte due mondi nullafacente. apparentemente A Madrid vive anche diversi tra loro. la sorella Sole (Lola Nel momento in cui Dueñas), introversa e la generazione di riservata, quasi Madrid entra in remissiva nella contatto diretto con serenità del suo
È lei il cursore di tutto l intreccio narrativo. Sin dall inizio, mentre lotta caparbia contro il vento polveroso all interno del cimitero Meseta Mancega. Siamo nella regione della Mancia, non lontano dagli splendori madrileni, immersi nella tristezza dei ricordi di coloro che non ci sono più. Qui, dove le tradizioni non hanno perso la loro forza e scandiscono i giorni di tutte le generazioni passate e future, sfilano i profili di quasi tutte le protagoniste. La fotografia di José Louis Alcaine registra la scena iniziale attraverso l ambiguità delle iridescenze dell alba e del tramonto. È la metafora che contraddistingue l intreccio narrativo di Volver (ritornare). È il tema del ritorno, del passato che deambula nel presente alla ricerca di un futuro da riscattare. Le donne di Almodòvar tessono il presente nel passato e viceversa. A Madrid vi sono quelle delle ultime generazioni. Sgargianti e ineleganti nei loro
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Ripensandoci... quella della Mancia, con la visita all anziana e malata zia Paula (Chus Lampreave), scattano i meccanismi narrativi
Le donne di Volver
relativi al mistero. La musica e l uso della soggettiva sottolineano nel giusto modo l irrompere della suspense. Ma questa dicotomia è circoscritta
La solidarietà si sublima nell amore, nel momento in cui la trama comincia a perdere i veli del mistero ea presentarsi in tutta la sua naturale verità all ambiente arcaico della vecchia casa di famiglia. È lì che si celano tutti i misteri e i pregiudizi di tradizioni incapaci di lasciare spazio alla modernità. Per contro il dramma che si consuma nel paese dei balocchi, la Madrid di Raimunda e Sole, non è mai in sé reale. È percepito come grottesca rappresentazione di fenomeni dall umanità disperata e accattona.
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Le inquadrature dall alto delle voluttuose forme della Raimunda-Cruz, intenta a sobbarcarsi di fatica nel lavabo
fanno si che presente e passato si fondano. Sole mentre si aggira nella casa della defunta zia scorge la madre Irene, una grande prova di Carmen Maura, o quello che dovrebbe essere il suo fantasma. Scossa abbandona la veglia funebre e se ne torna a Madrid. Il mistero svanisce nell attimo stesso in cui, parcheggiata la macchina, Sole, spaventata dal sentire la voce della madre, apre il portabagagli. L anziana Irene ne esce, mal vestita e trasandata, ma non più fantasma. È l avvio di una nuova fase in cui le diverse generazioni di donne si incontreranno e si comprenderanno. La fortuna è dalla loro. Raimunda, inconsapevolmente, casualmente e tenacemente, diventa il gestore di un ristorante. Ben presto nessuno si fa più domande su Paco e la sua scomparsa. Il rapporto tra l adolescente Paula e la nonna rediviva è subito improntato a un intesa totale. I sentimenti
della cucina, incitano lo spettatore a essere cinico voyeur di una realtà cruda e femminile. Così come quando lo spento, rozzo e apatico Paco, vittima dei suoi istinti carnali verso la figliastra Paula, anche da morto non è altro che un feticcio da esporre sul palcoscenico della solidarietà femminile. Questo della solidarietà tra donne è un tema ricorrente del cinema di Almodòvar che puntualmente ritorna anche in Volver. La colorata umanità femminile, compagna di Raimunda all interno del quartiere, è sempre pronta a prestare aiuto senza mai porsi troppe domande. Lo stesso fenomeno avviene nei rapporti tra Sole e le sue clienti, sempre disponibili al sostegno e all incoraggiamento. Sceglie bene i tempi Almodòvar, tenendo la parte intrisa di suspense circoscritta alle vicende del villaggio della Mancia. Colorandola di grigio, di spoglia e scarna essenzialità, dettagliandola con le giuste inquadrature. Fino al momento in cui il lutto, la perdita,
appiattendosi troppo in uno standard che propone un neorealismo dal timbro vintage. Così nel suo volgere verso un lieto fine, auspicato e a volte scontato, Almodòvar ci riconduce a una dimensione a lui cara. Quella della fratellanza femminile, dove i peccati del passato si scontano con l azione caritatevole del presente. Ecco allora Irene pronta a tornare fantasma per occuparsi di Augustina, scopertasi con un cancro in fase acuta. La madre di Raimunda diventa l angelo custode della figlia della donna che, anni prima, ha lasciato bruciare insieme al marito fedifrago. Tutto si ricompone in un sublimarsi dei rapporti madre-figlia, come la catena in grado di unire e riunire le generazioni più distanti. In conclusione, Volver è senza dubbio un bel film, ben fatto e ben riuscito. Peccato che non riesca a sottrarre la sua poetica a una certa deriva retorica, conseguenza
Penelope Cruz, Raimunda in Volver
affiorano meglio delineati. Come malinconiche pitture rincorrono le lacrime della platea. Le trovano, ma
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del consueto sbilanciamento dell autore verso la parte femminile dell esistenza.
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Artemisia Gentileschi Una vita per l arte di Lucia Rastelli
arte
Fig.1 L allegoria della pittura, 1630
«L unica donna in Italia che abbia mai saputo che cosa sia pittura, e colore, e impasto, e simili essenzialità » così il grande critico Roberto Longhi, in un saggio del 1916, riportava l attenzione su una pittrice seicentesca: Artemisia Gentileschi. La moglie di Longhi, importante scrittrice del novecento, nota sotto lo pseudonimo di Anna Banti, vide nella Gentileschi l incarnazione di quello che chiamò grido lacerante, che altro non è che «il grido di dolore in cui si riassumerebbe la difficoltà della condizione femminile attraverso i secoli». Ne scrisse un romanzo, Artemisia (1947), bellissimo quadro nel quale si muove, in primissimo piano, questa figura di donna/artista e, sullo sfondo, i colori e i rumori delle città in cui lavorò, la gente che incontrò. La Gentileschi non fu proprio l unica donna a occuparsi di pittura né la prima (si
veniva naturale, avendo per casa un pittore affermato, il padre Orazio, ma importante fu anche il ruolo svolto da quest ultimo, che credette in lei e nelle sue capacità e le insegnò il mestiere, che Artemisia, una altrimenti non avrebbe potuto delle prime donne imparare altrove, a occuparsi di pittura visto che le donne nell Italia seicentesca. non avevano accesso Incarna il grido di dolore ai normali percorsi di formazione. in cui si riassume Quindi il padre la sostenne, ma fu la difficoltà grazie alla sua della condizione determinazione, femminile attraverso alla sua ostinazione e a quella passione i secoli viscerale per la pittura che fece carriera, che ebbe talento, semmai successo, al pari degli perché non veniva increduli e scettici data loro la pittori uomini del suo possibilità di tempo. svilupparlo ed esprimerlo. Accostarsi all arte e Nella Roma alla storia di Artemisia ancora stordita significa ritrovarsene dalla verità della inevitabilmente rivoluzione catturati. caravaggesca, da Le donne che quella «luce rivelatrice dipinge sulle sue tele tra spazi d ombra che sono spesso restano inconoscibili», drammatiche, dalle dava le sue prime carni soffici, ma forti, pennellate la nostra solide e dai gesti decisi. Artemisia. Un po le ricorderà Sofonisba Anguissola), tuttavia era a dir poco raro incontrare all epoca donne avviate a tale professione o a qualunque altra, ma non certo perché non fossero dotate di
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Peccherà forse in modestia, ma legittimamente direi, quando darà le sue sembianze a L Allegoria della pittura (figura 1) presentandosi quindi come l atto stesso del dipingere. Eccola protesa verso l oscurità bruna di una tela, in uno slancio creativo, con in una mano il pennello e nell altra la tavolozza. La splendida veste dai colori cangianti allude alla capacità tecnica del pittore, i riccioli ribelli che ricadono sul viso e sulla fronte stanno a sottolineare proprio la frenesia della creazione artistica e la catena d oro, che pende sulla bianca scollatura, con il ciondolo a forma di maschera, rappresentano l imitazione. Dallo sguardo traspare passione, ispirazione e devozione. Devozione per un arte che forse le restituì la vita dopo il processo del 1612. Artemisia, infatti, denunciò
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La protagonista ha coraggiosamente un una manica della veste collega del padre, Agostino Tassi, che la violentava. Il processo fu umiliante, venne sottoposta a numerose visite ginecologiche pubbliche e allo schiacciamento dei pollici affinché rivelasse la verità, in quanto non si credeva alla sua versione. Fu come se da accusatrice fosse diventata l accusata. Sconcertante. Fig.2 Giuditta e Oloferne, 1612/1613 Il processo si concluse con una lieve scesa (che riveli un condanna del Tassi e tentativo d approccio alla pittrice costò la da parte cattiva fama di dell approfittatore?), donna dai facili che le lascia scoperta costumi. una spalla su cui si Risalirebbe a poco addensa l ombra come dopo la conclusione del sul petto e su metà del processo la prima volto. Con la mano versione della Giuditta sinistra ferma e Oloferne (figura 2) e energicamente la ciò portò a enfatizzare testa del maledetto, una lettura in chiave prendendolo per i autobiografica del capelli, con la destra, quadro. sicura, anche Si compirebbe, nell espressione, per almeno sulla tela, la
solidarietà. Nella realtà, Tuzia, sua amica, fu complice dello stupro. Ridimensionando l interpretazione del dipinto, quella di Giuditta è la storia di un eroina biblica che libera il suo popolo dagli invasori, frequentemente raffigurata nell arte rinascimentale e barocca.
Approfondimenti Contesto storico
Nella prima metà del 600 l Europa è scossa da una grave crisi economica e da
Fig.3 Giuditta e Oloferne, seconda versione (particolare), 1620
Fig.4 Giuditta e la Fantesca, (particolare), 1613/1614
vendetta personale dell Artemisia/Giud itta, nel suo bel vestito blu cobalto, sul terribile Agostino/Oloferne che si ritrova, ora, sgozzato tra le lenzuola vergate di sangue.
«una delle prime donne che sostennero colle parole e colle opere il diritto al lavoro congeniale e a una parità di spirito fra i due sessi».
nulla inorridita, passa la spada nel collo. Ad aiutarla voglio immaginare ci sia la comare Tuzia, in abito rosso, che almeno qui non la tradisce ma le dimostra la sua
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Probabilmente la Gentileschi vide anche l omonimo quadro di Caravaggio, dal quale nella seconda versione, più aristocratica, riprenderà lo zampillo di sangue (figura 3). Negli anni settanta, con la riscoperta degli atti del processo che la riguardavano, divenne un vero e proprio simbolo del femminismo internazionale. Spesso l Artemisia artista è stata offuscata dalla sua vicenda biografica, fin dagli storici d arte del suo tempo, ma fortunatamente è stato condotto un attento lavoro per riportare sotto il suo nome numerose tele spesso attribuite al padre o ad altri artisti. Come disse Anna Banti, Artemisia fu
un ondata rivoluzionaria. Arte e scienza al contrario conoscono un intensa e feconda stagione. Alla rivoluzione naturalistica di Caravaggio, che ribaltò i canoni dell estetica rinascimentale, seguì la reazione classicista dei bolognesi. Lanfranco e Pietro da Cortona inaugurarono la stagione del Barocco romano nel secondo e terzo decennio del secolo. Negli anni trenta Galilei venne processato e condannato per aver confermato le teorie copernicane non accettate dalla Chiesa. Artemisia Gentileschi Pittrice di scuola caravaggesca, nata a
Ripensandoci... Roma l 8 luglio 1593 e morta a Napoli nel 1652. Primogenita del pittore Orazio ne erediterà il talento. Nella sua prima produzione sarà evidente l influsso del padre, in particolare nel rigore disegnativo, ma già riprenderà i giochi chiaroscurali propri del Caravaggio, di cui, con gli anni, farà proprio il naturalismo, accentuandone gli aspetti orrorifici. Intorno al 1614 Artemisia lascerà Roma e, com era
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Fig.5 Maddalena penitente, 1617/1620
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abitudine tra gli artisti, a partire dal Rinascimento inizierà a viaggiare tra le corti più prestigiose: Firenze, Napoli, Genova, fino alla corte di Carlo I in Inghilterra, dove fu chiamata nel 1635 a collaborare con il padre. Il gusto fiorentino porterà nei suoi quadri stoffe eleganti e ricercate, gioielli preziosi(figura45) e ovunque l artista si recherà, contribuirà alla
diffusione del caravaggismo e troverà ispirazione nelle opere di colleghi eccellenti, adattando i principali orientamenti alle proprie inclinazioni. Bibliografia - Anna Banti, Artemisia, Bompiani, 2003. - Tiziana AgnatiFrancesca Torres, Artemisia Gentileschi. La pittura della passione, Selene, 1998
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Le mille e una notte Shahrazàd, colei che salvò le donne raccontando fiabe di Sabrina Barbante
c'era una volta
il Taj Mahal in India
È difficile, quasi impossibile se non per i fenomeni di arte mnemonica, conoscere a memoria Le mille e una notte. Molto più ingegnoso di un romanzo, ben più complesso di una raccolta di fiabe, questo capolavoro che ci ha permesso di scoprire il fascino del mondo orientale è una storia che ne contiene in sé moltissime altre. Una lunga metanarrazione che trova la sua sfocata fine solo dopo un attesa, un lungo viaggio in altre storie. Tanto sono affascinanti le favole che la compongono che si rischia di perdere di vista il quadro che con somma maestria le racchiude tutte, ovvero quello che narra la storia di Shahrazàd e del suo utilizzo delle fiabe e del racconto come astuta arma di salvezza. Riassumiamo, nei limiti del possibile, il raffinato intreccio. A seguito di una terribile delusione sentimentale, dovuta a un tradimento da parte della prima amata
costruire il suo scudo difensivo fatto di storie intrecciate l una all altra, come le trame astute di una tela di Penelope. In ogni storia ve ne sono altre, così che ogni racconto non è mai veramente terminato e la narrazione diviene quasi infinita. Il mattino seguente la giovane non ha terminato dunque di raccontare la storia iniziale, la quale, come ogni storia ben narrata ha tenuto col fiato sospeso tanto la giovane sorella che il sultano. Quest ultimo dunque, sia per accontentare la curiosità tanto della giovane sorella quanto sua, rimanda l esecuzione di un giorno. Inutile dire che il sapiente stratagemma continua anche per la seconda, la terza, la quarta notte sino ad arrivare a 1001. Per mille giorni il regno non ha visto altre donne morire in maniera atroce e ingiustificata. E poi? Cosa è accaduto dopo le fantomatiche 1001 notte, divenute
moglie, il sultano Shahriyàr decide di prendere ogni giorno in moglie una giovane donna in età da marito per poi ucciderla alle prime luci del giorno successivo. Dopo lunghi mesi di continue uccisioni la bella quanto saggia e coraggiosa Shahrazàd decide di immolarsi , offrendosi anch essa come sposa al sultano. Tutt altro che sprovveduta, la donna confida al padre disperato di avere un piano per fermare l ingiustificabile massacro. Inerme di fronte alla determinazione della giovane, il padre la concede in sposa al nobile tradito. Dopo le nozze, Shahrazàd inizia a tessere la tela del suo piano salvifico; chiede infatti come ultimo desiderio, di poter avere nella camera nuziale la sorella più giovane, di modo da poterle raccontare, per l ultima volta, una fiaba prima di dormire. Il sultano accetta. Così la giovane principessa inizia a
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sinonimo di atmosfere magiche e irreali per antonomasia? Non toglierò al lettore il piacere di scoprirlo da sé. Credo sia però degno di nota il contesto in cui le fiabe sono collocate e il modo in cui esse assumono una portata centrale nella narrazione. Non è solo la storia di una donna coraggiosa che inventa uno stratagemma per salvare le altre del suo sesso, sottoposte a ingiuste vendette sociali; è la storia della fiaba stessa che diventa strumento di salvezza e frutto di fine ingegno. Le fiabe popolari di ogni parte del mondo rispecchiano in pieno le certezze e i dubbi, le debolezze e i punti di forza, gli archetipi socio culturali di una civiltà. Nella magica incantata atmosfera de Le mille e una notte, nota in tutto il mondo, si dipana infatti uno degli archetipi della società orientale, ossia la lotta per salvare non tanto il proprio fine personale (raggiungimento di
Ripensandoci... ricchezza, matrimonio, amicizia), bensì la salvezza di una casta sociale, di un popolo, dei deboli in genere. In questo caso l arma di salvezza è la fiaba stessa. L eroe che con sapienza ne fa uso è proprio un membro del gruppo minacciato, ossia una donna, la quale salva il genere non solo dall uccisione fisica nella sua dimensione, ma anche dallo stigma sociale dei posteri. Infatti se l inizio del romanzo, composto dalle narrazioni del sultano deluso, presenta le donne come deboli, civette, frivole e incostanti, la fiaba, assieme all ingegno e alla saggezza che si esprime nella sapiente narrazione della stessa, le riporta alla ribalta sotto il piano morale e intellettuale.
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Approfondimenti
dunque di molto più complessa analisi cronologica. L edizione definitiva che arriva a noi contiene l aggiunta di testi egiziani. Proprio questa miscela
Fortuna letteraria La ricostruzione cronologica della stesura definitiva de Le mille e una notte è molto complessa. Il nucleo originario come anche la cornice della raccolta sono probabilmente di origine indiana, ma già nel IX secolo sono state ritrovate versioni arabe. Nel corpo dei racconti compaiono però anche interessanti elementi estranei al mondo islamico e sono maggiormente ravvicinabili al contesto grecobizantino e giudaico medievale. Alcune fiabe dell opera appartengono a raccolte datate da cronisti orientali, altre invece sono appartenenti alla tradizione popolare,
di provenienze diverse nel mondo orientale hanno caratterizzato la fortuna di quest opera in occidente. La prima traduzione parziale in Europa fu fatta dall orientalista francese Antoine Galland, nel 1646. Grazie a lui il mondo
Le mille e una notte
arabo, sino ad allora pressoché sconosciuto in Europa, irruppe attraverso la forma più bella, quella delle magiche atmosfere delle fiabe. Questa prima traduzione non ha però rispettato del tutto l originale. Ha infatti moderato gli esotismi orientali, ha tagliato complessi intermezzi poetici e soprattutto ha censurato le parti fortemente erotiche provenienti dalla tradizione popolare araba, troppo lontana dalla bienséance francese. In Italia, nel 1946, Gabrieli ha diretto il lavoro di un intera squadra di traduzione dal francese, poi pubblicata presso Francesco Einaudi.
studiare le opere dei Saggi e i trattati di medicina. Aveva tenuto a mente un gran numero di poesie e di racconti, aveva imparato i proverbi popolari, i detti dei filosofi, le massime dei re. In effetti, non le bastava essere intelligente e assennata; voleva anche essere istruita e conoscere la letteratura. E i libri che aveva letto, non si era limitata a scorrerli: li aveva studiati tutti con cura. Un giorno disse a suo padre: «Padre mio, vorrei farti conoscere i miei pensieri segreti». «Quali sono?» chiese il visir. «Desidero che tu organizzi il mio matrimonio con il re Sharhiyâr: o mi innalzerò nella stima dei miei simili liberandoli dal pericolo che li minaccia, o morrò e perirò senza speranza di salvezza, condividendo la sorte di quelle che sono morte e perite prima di me».
[...] Il re Sharhiyâr continuò così a prendersi, ogni notte, una sposa scegliendola fra le figlie dei mercanti o della gente del popolo, per dormire con lei e ucciderla l indomani. Ma alla fine quelle sparizioni cominciarono a fare molto scalpore nella città. Le matrone si lamentavano, le donne, i padri, le madri, tutti vivevano in continua angoscia e non passò molto perché invocassero le più grandi sciagure sulla testa del re, presentando le loro suppliche al Creatore dei cieli, chiedendo aiuto e protezione a Colui che ascolta la voce degli afflitti e risponde alle loro preghiere. Il visir incaricato di curare l esecuzione delle spose del re aveva, come sappiamo, due figlie: la maggiore si chiamava Sharazâd e la più piccola Dunyâzâd. Sharazâd aveva letto libri e scritti di ogni genere, arrivando persino a
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Per le vie di Lisbona Un breve vagabondare fra le sue tante e contrastanti sfaccettature di Francesca De Luca Andrioli
appunti di viaggio
Igreja do Carmo
Una delle più affascinanti capitali europee da visitare e solo pochi giorni a disposizione. Lascio che a guidarmi sia la città stessa, con i suoi ritmi placidi e l intensità della luce che la inonda da mattino a sera. Lisbona si presenta a poco a poco, attraente e misteriosa come l intreccio di viuzze
Padrão dos Descobrimentos
del suo quartiere più antico, l Alfama. Stradine ripide che si succedono in un faticoso e divertente saliscendi. Qui l atmosfera è quella di una volta. Piazzette e vicoli animati dal vociare della gente e dai giochi dei bambini. Ogni angolo una scoperta. È così che mi trovo ad ammirare la Igreja de Santa Luzia, una piccola chiesetta sui
del 1755. Ora ne cui muri spiccano le restano solo le mura bellissime ceramiche (gli archi svettanti bianche e celesti verso il limpido cielo tipiche del Portogallo sovrastante). (i rinomati Ogni quartiere e azulejos!). ogni piazza colorano di E, davanti, il un ulteriore sfumatura Miradouro di Santa l anima complessa di Luzia. Una balconata questa piccola panoramica da cui si metropoli. può guardare la città Ascolto il vecchia, fino al fiume consiglio di Tago. Mi siedo a un anziana cavalcioni su un signora e muretto, godendo della prendo al volo il magnifica vista. 28, un Da quando sono eléctrico (così arrivata, non faccio è detto il tram!) che imbattermi che attraversa nelle torri alcune fra le merlate del zone più conosciute Castelo de São di Lisbona. Una Jorge. Antica prospettiva forse meno residenza reale e turistica, ma mia prossima certamente più tappa. Un esperto autentica, per chitarrista suona la sua musica da strada in uno spiazzo verde all interno del castello, rendendo la mia visita ancor più suggestiva. Passeggiando senza meta, sono attirata dalle numerose bellezze di Lisbona. La Sé, meravigliosa Eléctrico cattedrale dalla facciata romanica. addentrarsi nei segreti O l Igreja do Carmo, del posto. una delle chiese più E dopo aver girato grandi della città senza sosta per le vie prima del terremoto
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e i monumenti del centro, mi rilasso a un tavolino de A Brasileira , il caffè preferito dal poeta Fernando Pessoa. Pensando alla storia portoghese e all epoca delle grandi scoperte
Torre di Belém
geografiche, raggiungo il quartiere di Belém. Sulle rive del Tago, il Padrão dos Descobrimentos. Una prua in pietra, su cui sono raffigurati alcuni fra i più noti Portoghesi di quei tempi. Poco lontano, la cosiddetta sentinella del Tago , la Torre di Belém. Ne rimango incantata. Questa antica opera di difesa, risplende nella quiete della luce primaverile. E il mio giro non può che concludersi con il celebre Mosteiro dos Jerónimos. La pietra bianca con cui è
Ripensandoci... costruito brilla nella luce primaverile. Ma è
il chiostro a togliermi il fiato. Non mi meraviglia sia considerato uno dei più belli al mondo. Prima di salire sul bus di ritorno, corro ad assaggiare i famosi pasticcini di Belém (i pastéis de Belém , sfoglie ripiene di crema calda e spolverate di zucchero o cannella da non perdere!). Il pomeriggio lungo il fiume mi spinge a
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copia un po più bassa del più noto gemello brasiliano. Mi ritrovo di nuovo per le strade della città. L aria è calda e mi porta a cercare refrigerio nel verde del Parque Eduardo VII, dove gironzolo per l Estufa Fria. Una serra degli anni trenta che è come una piccola foresta tropicale,
vedere Lisbona da un altra angolazione. Compro un biglietto per il ferry e la città mi scorre davanti come una cartolina! Passo dal Ponte Vasco da Gama (uno dei più lunghi d Europa), ma ciò che mi colpisce è il Ponte 25 de Abril e la sua somiglianza al rinomato Golden Gate di San Francisco. E per un attimo, ammirando l enorme statua che si staglia a poca distanza, mi sembra di essere a Rio de Janeiro. Ma questo Cristo Rei è solo una
Azulejos
impreziosita da laghetti e piante rare.
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Ancora una curiosità da soddisfare. Mi dirigo verso la zona dell Expo 98, oggi Parque das Nações (Parco delle Nazioni). La visita all Oceanário (uno dei più grandi d Europa) è spettacolare. Una gita negli abissi marini al costo di un biglietto da pochi euro! La nuova Lisbona non mi delude. Ma il viaggio è agli sgoccioli e non voglio partire senza ascoltare la tradizionale melodia portoghese, il fado . La musica è vibrante e nostalgica. Coinvolgente, come i mille volti di questa città.
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George Orwell Processi di manipolazione del Linguaggio come mezzo di manipolazione del Pensiero Il Passato... per ripensare il Presente di Marzia Caroppo
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George Orwell
George Orwell, giornalista, scrittore, critico di fama mondiale, vive intensamente, fra il 1903 e il 1950, facendo sentire la sua voce. È un periodo storico difficile, segnato da due conflitti mondiali, e dalla messa in discussione di gran parte delle certezze che l uomo aveva avuto sino a quel momento. Potremmo forse sorprenderci per la forza, l impeto, l originalità del messaggio di Orwell. In realtà, ripercorrendone anche solo brevemente la vita, emerge con chiarezza come egli non avrebbe potuto esprimersi diversamente. Orwell nasce nel Bengala da una famiglia di origine inglese. Il padre lavora nell amministrazione coloniale indiana. Orwell vive così, sin dai primissimi anni di vita, l esperienza dell appartenenza a due culture contemporaneamen te. Da una parte c è la madrepatria, l Inghilterra, parte necessariamente indissolubile del suo retaggio culturale. Dall altra, l India. Ed è qui che Orwell riceve la
sua prima impronta di vita. L India, l Oriente, rappresenteranno per lui sempre quell altro pezzo della sua formazione culturale e personale, esercitando un influenza enorme ed entrando di prepotenza nella sua visione del mondo. Si spiega così l originalità della sua voce, di quell occhio particolare con cui Orwell guarda al mondo che lo circonda. Questa sua doppia matrice culturale è tanto più forte perché egli questo dualismo lo ha vissuto sin da bambino, un bambino estremamente sensibile e intelligente. Un bambino che ha pagato cari questi suoi doni in termini di sofferenza personale. Da qui la sua visione critica così profonda. Respinto in patria, dunque, dove era visto quasi come un mezzo indiano. E respinto ancora in Birmania, dove rappresenta l odiato colonizzatore straniero. Ovunque un fuori casta, allontanato dalla società cui credeva, a ragione, di appartenere. Orwell dovette prendere piena consapevolezza della particolarità della sua
posizione, che gli consentiva una visione a più ampio raggio della realtà esterna. Motivo di grande ricchezza ma che, di più, era causa di profonde lacerazioni interiori. Fu necessaria tutta la sua forza perché egli si costruisse, e poi mantenesse, una propria identità, alla quale rimase in seguito sempre fedele. Seppe così trasformare un motivo di debolezza nel suo punto più forte, arrivando ad elaborare una serie di analisi critiche che sempre hanno suscitato grandissime polemiche, ma che sempre muovono dalla indiscutibile capacità orwelliana di analizzare la realtà in modo estremamente preciso e puntuale. Perché Orwell sempre parte dai fatti, dai dati certi, documentati, per poi andare a scandagliare in profondità. Qui, il nostro discorso è limitato all aspetto linguistico dell analisi orwelliana, e quindi alle opere di Orwell dove possiamo isolare i punti migliori della sua critica del Linguaggio.
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Il Linguaggio è un eccezionale manifestazione dell intelligenza dell uomo, certo non l unico mezzo, ma uno fra i mezzi più importanti attraverso cui l uomo si apre al mondo. Tramite il Linguaggio, l uomo incontra l altro, attivando un ponte, un collegamento fra queste isole che sono gli esseri umani considerati singolarmente. Qui stanno la bellezza, il fascino di questo strumento così ricco e versatile. Purtroppo, però, il Linguaggio può anche essere utilizzato come un arma, per colpire. Orwell ne era pienamente consapevole, avendolo vissuto sulla propria pelle. Fondamentale, in questo senso, la sua esperienza in Spagna, durante la guerra civile. In questo periodo, infatti, si renderà conto di quanto, attraverso un abile manipolazione dei fatti, si possa arrivare a riscrivere la realtà. Ed è incredibile che egli sia riuscito a cogliere tanto della realtà vissuta, senza avere quella distanza storica normalmente necessaria per
Ripensandoci... valutare fatti di simile portata. Ma egli aveva la distanza del Pensiero. Da qui la forza della sua individualità. Le opere di Orwell che più ci interessano perché riconducibili alla sua analisi del Linguaggio sono: - Animal Farm (La fattoria degli animali), opera estremamente popolare. Una favola allegorica in cui Orwell riscrive un pezzo della storia dell umanità, ma anche racconto che si apre a una validità più generale. - Politics and the English Language (La politica e la lingua inglese), un saggio di grande interesse dove Orwell analizza in maniera puntuale tutti gli elementi linguistici sui quali si può agire, con premeditazione, manipolandoli in base agli scopi del momento. La sua analisi, che entra nella sfera politica, supera comunque, anche in questo caso, se stessa, mantenendosi in ogni caso valida. - Nineteen EightyFour (1984), romanzo in cui Orwell propone la visione di un mondo futuro, uno fra i tanti possibili. Un futuro che, ai suoi occhi, assume caratteri estremamente pericolosi per quanto riguarda la difesa e la difendibilità della libertà individuale. Orwell, però, riteneva che questo futuro non fosse necessariamente inevitabile. Ecco perché si preoccupa di avvertirci dei possibili pericoli che potremmo correre. Ma perché aveva voluto mettersi nella posizione di attirarsi così tante critiche? Perché Orwell amava l uomo, perché aveva visto con chiarezza i
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examinations . Questa abitudine rende i concetti espressi più astratti, allontanando il ricevente da una percezione più diretta della realtà concreta. In più, simili abitudini concentrano l attenzione sulla forma, distogliendo dall importanza del contenuto. Diffuso è anche l uso di ricorrere a frasi altisonanti, che sono però generalmente prive di contenuto. I discorsi forbiti, magniloquenti, danno infatti un aria di competenza scientifica senza dover andare necessariamente a fondo nelle questioni. E allora, moltissimi scritti cominciano ad assomigliarsi, tutti hanno lo stesso ritmo, lo stesso stile, e tutti sono, parimenti, senza vita.
pericoli che ne minacciavano la libertà e la felicità, e non voleva tacere. Orwell insomma era, come egli stesso disse di un altro grande scrittore inglese, Dickens, generosamente arrabbiato . A questo punto, dovremmo chiederci: È veramente possibile controllare il Linguaggio? Secondo Orwell, sì, come egli non manca di spiegare in Politics and the English Language. Ma allora, attraverso quali processi si realizza questa manipolazione del Linguaggio? Orwell ne parla diffusamente in questo saggio, dove analizza l inglese del suo tempo, soprattutto quello degli scritti. Secondo Orwell, l inglese del suo tempo è caratterizzato da una forte inconsistenza: il testo rimane generalmente vago, soprattutto perché il concreto si mescola spesso all astratto. Egli osserva l uso ripetitivo di metafore stanche, che hanno perso il loro colore originale, per ripetersi ormai senta vita, spesso anche a sproposito. Anche certi giri linguistici contorti sono abbastanza diffusi. Così, invece di descrivere la realtà nel modo più diretto, da essa si tende ad allontanarsi. Allo stesso modo, si usa preferibilmente la forma passiva rispetto a quella attiva, per evitare l attribuzione della responsabilità di un azione. E al gerundio si preferiscono le costruzioni nominali. Nell esempio di Orwell, invece di by examining si usa by
Ma quand è, soprattutto, che si scrive o si parla in questo modo? Quando la mente, e forse anche il cuore, non sono completamente coinvolti nel processo. Quando la coscienza e la consapevolezza di ciò che si sta dicendo non sono del tutto partecipi, diventa più facile allontanarsi dalla realtà, forse perché nominare le cose con il loro nome è spesso difficile e causa di sofferenza. Controllare il Linguaggio è dunque possibile. In ultima analisi, allora, controllare il Linguaggio significa anche controllare il Pensiero? A questa domanda cerca di rispondere Nineteen Eighty-Four, in particolar modo laddove Orwell parla della Neolingua, presentata a tutto tondo in un apposita appendice. Nineteen
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Eighty-Four è ambientato, appunto, nel 1984 dall inversione delle ultime due cifre dell anno, il 1948, in cui Orwell finisce di scrivere il romanzo. In questo universo dove si immagina il mondo diviso in tre superstati, tre aree di influenza ognuna con il suo potere dominante, la Neolingua è un progetto linguistico in corso di elaborazione. Nel 2050 essa diverrà la lingua ufficiale dell Oceania. È qui che la storia è ambientata, e qui vivono il protagonista, Winston Smith, e Julia, di cui Winston si innamora. Una storia fittizia, certo, ma che nasce da un analisi estremamente puntuale e meditata del tempo in cui Orwell vive. Orwell parla della Neolingua, spiega che cos è, come nasce e per quali scopi. Ma, la sua analisi del Linguaggio, egli la compie anche e soprattutto portando avanti la storia, attraverso le vicende del protagonista, Winston, che lavora al Ministero della Verità, con il compito di riscrivere in continuazione la storia, in modo che essa sia sempre in linea con le esigenze contingenti del potere. Nineteen Eighty-Four ruota intorno al pericolo dell annientamento dell individuo. In questo ipotetico mondo futuro, il potere ha l unico scopo di garantirsi la sopravvivenza, e questo lo fa deprimendo sempre più la sfera di azione della libertà individuale, non soltanto per quello che concerne gli atti concreti del vivere quotidiano, ma anche e soprattutto agendo
Ripensandoci... sulla sfera individuale più privata e intima, influenzando i sentimenti e il pensiero dell uomo, che uomo ormai più non è, ma diviene, in sostanza, una cellula uguale a tante altre cellule e, come tale, intercambiabile. In questo processo di privazione della volontà individuale, il Linguaggio gioca un ruolo chiave. Ecco perché tanta parte degli sforzi del potere sono diretti ad intervenire sull ampiezza di capacità espressiva dell uomo attraverso il Linguaggio. Ecco un passo da 1984 dove parla un collega di Winston, Syme, impegnato nella messa a punto della versione definitiva della Neolingua: «Nel tuo cuore preferiresti ancora l archelingua, con tutta la sua imprecisione e le sue inutili sfumature di senso... Lo sapevi che la neolingua è l unico linguaggio al mondo il cui vocabolario si riduce giorno per giorno?» L archelingua è la lingua attualmente in uso nello stato di Oceania. Terribile questo passaggio in cui siamo investiti dalla percezione del pericolo gravissimo in cui si incorre quando il Linguaggio viene depauperato, privato della sua ricchezza espressiva. E poi ancora, continua Syme: «[...] lo scopo principale [...] è quello di restringere al massimo la sfera d azione del pensiero [...]. A ogni nuovo anno, una
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Linguaggio in quanto mezzo di espressione creativa. Ma, come giornalista, Orwell ritiene che il Linguaggio debba essere, prima di tutto, strumento di informazione e comunicazione. È di conseguenza fondamentale rimanere vigili e lucidi rispetto alla percezione della realtà esterna, perché la mancanza di attenzione e la perdita di consapevolezza possono avere conseguenze terribili sulla libertà individuale. Pensare con chiarezza, secondo Orwell, è un passo necessario per tutelare la propria sfera d azione di esseri liberi.
diminuzione nel numero delle parole e una contrazione ulteriore della coscienza [...] il pensiero non esisterà più [...]». Richiamiamo ora un passaggio da Animal Farm, allegoria in cui protagonisti sono gli animali i quali, dopo aver sconfitto l uomo, il padrone che li aveva asserviti, costruiscono una loro società fondata sui principi dell Animalismo, una serie di leggi che si sono dati per tutelarsi. Ma queste leggi perdono ben presto lo spirito originario, arrivando ad essere completamente stravolte. Uno del principi dell Animalismo recitava: «Four legs good, two legs bad» [Quattro zampe bene, due gambe male]
Potremmo forse pensare che l analisi orwelliana del Linguaggio non ci riguardi, che Orwell farneticava di pericoli immaginari. Proviamo però a rispondere alle seguenti domande:
Nel corso della storia esso diviene ben presto: «Four legs good, two legs better» [Quattro zampe bene, due gambe meglio]
Siamo oggi testimoni di un processo di impoverimento del Linguaggio? E, se fosse così, questo significherebbe, in ultima analisi, impoverimento del Pensiero? Pensiamo alla celebre frase di 1984: «il grande fratello vi guarda!». Quant è vera, oggi, questa affermazione? Ci sono tematiche che sembra siano entrate in uno stato di illegittimità ? Argomenti di cui si ha paura di parlare? Forse perché non c è più la capacità di vederli? C è ancora capacità di concretezza? Quanto si può ancora
Perché Orwell aveva dedicato a questi temi tanta parte della sua analisi critica? Perché, come egli stesso precisò, ogni volta il suo punto di partenza era un senso di ingiustizia. Era dal sentimento e dalla consapevolezza che l uomo era stato leso in questo o in quell altro diritto, che Orwell ogni volta prendeva le mosse. Perché, sempre, volle difendere la dignità dell uomo. Come scrittore, egli non può non interessarsi al
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parlare di coscienza? Si può continuare a credere che esista una coscienza collettiva o, piuttosto, la coscienza non è stata confinata a manifestarsi come entità esclusivamente individuale? I dati di fatto sono oggi ridotti al rango di un mero punto di vista?
Approfondimenti Bibliografia - George Orwell, Animal Farm, Secker & Warburg, 1945; - George Orwell, Nineteen Eighty-Four, Secker & Warburg, 1949; ed. it. 1984, tr. di Stefano Manferlotti, Mondadori, 2007; -Sonia Orwell e Ian Angus (a cura di),The Collected Essays. Journalism and Letters, Penguin Books, 1968
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Gli errori del femminismo in un saggio di Elisabeth Badinter Un analisi sulle teorie del pensiero femminista negli ultimi vent anni di Paola Bisconti
Spesso il termine femminismo può essere inteso come sinonimo di vittimismo. Non è un caso la scelta del sottotitolo Il pensiero femminista al bivio del saggio di Elisabeth Badinter. In un percorso denso di dati, statistiche e citazioni l autrice si prolunga in un ampia e artificiosa dialettica. Quando si parla di donna nella storia è implicito pensare alle angherie subite da un dominio maschile e maschilista. Tuttavia molte femministe sono cadute nell errore di scendere in piazza solo ed esclusivamente per fare il processo agli uomini. Sarebbe stato più opportuno denunciare le ingiustizie. Su tale dilemma si basano le teorie espresse nel libro. Il saggio si articola in quattro capitoli: - Nuovo discorso sul metodo; - Omissioni; - Contraddizioni; - Regresso. Preceduti da una breve introduzione e seguiti dalle note, il
Così il sesso dominante equivale al male e il sesso oppresso al bene. Nel secondo capitolo
libro si rivela di particolare interesse. Nel prologo, intitolato La svolta degli anni novanta, l autrice riporta i successi della donna: il cospicuo aumento di lavoro che a sua volta comporta indipendenza; la scelta della contraccezione e dell aborto derivata da un unico motto tu sarai padre se io lo vorrò . Ecco che in questo film la donna diventa l eroina e l uomo solo una comparsa. Nel capitolo Nuovo discorso sul metodo ci si sofferma sulla violenza, gli stupri e i soprusi. Il termine violenza tende a enfatizzare le situazioni e da quella verbale si cade facilmente nella concezione di violenza fisica. Per quanto entrambe danneggino la vittima c è una sostanziale differenza: si distingue il dolore oggettivo da quello soggettivo. Il risultato è la vittimizzazione, concetto che induce a paragonare la donna al bambino. Entrambi deboli e impotenti.
portatrici di una violenza senza precedenti: rivoltose, rivoluzionarie, terroriste. È da esempio la Seconda guerra mondiale. «Nel 1945, il loro numero ammontava a 3817, cioè il 10 percento della forza totale. [ ] I campi erano sempre diretti da un uomo SS, ma le sorveglianti esercitavano un autorità diretta sulle detenute. [ ] Erano l incarnazione della violenza». O ancora durante il genocidio del 1994 in Ruanda.
Elisabeth Badinter
Omissioni, precisamente nel paragrafo intitolato L impensabile, la Badinter ci sottopone una situazione che raramente si è affrontata, spesso neanche immaginata. Se la violenza degli uomini può essere spiegata da un istinto animalesco, come si giustifica quella femminile? Le donne, infatti, sono state nel corso della storia
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«Laurent inviata speciale di Elle ha incontrato quelle donne hutu, silenziose, che la giustizia accusava di avere depredato, denunciato, torturato, consegnato, incitato a stuprare e ucciso diversi membri della comunità tutsi. [ ] Senza la partecipazione delle donne, non ci sarebbero state tante vittime».
Ripensandoci... Perché la donna uccide? Per un profondo senso di liberazione. Confutiamo tale idea quando leggiamo che la violenza domestica è molto più frequente di quanto si possa immaginare. La violenza coniugale è soffocata da omertà e tabù. L uomo ha vergogna a denunciare le molestie subite, in fondo è pur sempre un umiliazione. A tal punto la Badinter propone una soluzione tanto ovvia quanto difficile da realizzare. Se è pur vero che l essere umano si distingue dall animale perché in grado di controllare il proprio istinto, sarebbe opportuno risolvere le questioni con una bella e chiassosa discussione. La rabbia verrà espressa verbalmente senza causare gravi danni sia psichici che fisici. La percentuale più alta di violenza femminile si presenta tra le adolescenti. I casi sono numerosi e la descrizione delle violenze è trucida. «Nel marzo 2002, un adolescente di 14 anni viene torturata da due compagne della stessa età che si accaniscono su di lei fino a darle la morte: la giovane viene ritrovata con le mani tranciate, la gola
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tagliata, ferite di coltello nel ventre, la faccia ridotta in poltiglia». È come se volessero ottenere l uguaglianza con gli uomini anche nell aggressività. Ecco la strada degli errori! Nel terzo capitolo Contraddizioni si torna al principio dell uomo dominante. Questa volta nella sfera sessuale. L ideale di una società sana è quello di fare l amore condividendo tenerezza e desiderio. Ma la situazione attuale ci fa credere che ciò sia solo un utopia. Di conseguenza affermare che siano esclusivamente gli uomini a ricorrere alle prostitute o agli acquisti più astrusi nei sexy shop sarebbe un errore. Ahi noi, anche le donne rappresentano una buona percentuale. Assodato che quest ultime non sempre sono vittime dei giochi sadici degli uomini, è importante rivalutare i due ruoli. Seppur per una piccola minoranza, la triade che definisce la sessualità femminile è preliminari, durata, sentimento . Da spiegare in termini direttamente proporzionali alla sessualità maschile
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ovvero penetrazione, consumo, dominio . Nell atto sessuale l uomo considera il proprio pene come un arma: una spada da inserire nel fodero, la vagina. La Badinter ci riporta sulla retta via ricordandoci che è inutile lottare contro il maschilismo. La vera causa di violenza è la maschilità. Essa rappresenta la forza intesa come una violenza conquistatrice. In tal caso del mondo femminile. Il terzo capitolo si conclude con la citazione di un termine latino: imperium, il quale rappresenta, senza mezzi termini, il concetto dell autrice. Ma come si può combatter tale impero maschile? Non si può immaginare di annientarlo, in fondo «L Uno è l Altro a condizione che l Uno e l Altro continuino ad esistere».
contrario delle donne, valutate per ciò che sono e quindi il loro essere madri. «La maternità è un destino, la paternità è una scelta». Ma non si può certo semplificare il tutto. Cosa dire delle donne che non accettano di diventare madri? E cosa dire di quegli uomini che hanno più di chiunque sviluppato un istinto paterno? La Badinter è un esperta nell offrirci un vasto orizzonte di uomini e donne così multiforme. È interessante, tuttavia, constatare la sua abilità nel non allontanarsi mai da un importante ideale. Un uguaglianza che affonda le sue radici sulla diversità.
Nel quarto e ultimo capitolo, il titolo Regresso indica una teoria tanto innovativa quanto poco conosciuta e spesso taciuta. Il movimento femminista ha sottoposto gli uomini a un processo di vittimizzazione. Essi, infatti, sono stati sempre considerati per ciò che fanno, al
Filosofa francese, oltre a essere molto vicina al Mlf (Mouvement de libèration des femmes), ha scritto numerosi saggi tra cui: L amour en plus (1980; Tea 1993), L un est l autre (1986; Longanesi 1987) e XY, de l identité mascoline (1989; Longanesi 1993).
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Elisabeth Badinter
La strada degli errori. Il pensiero femminista al bivio Tutto è iniziato negli anni settanta-ottanta con la rimessa in discussione dell universalità della legge. Universalità ingannevole, si diceva, perché in realtà non esprime che l interesse dei potenti dissimulato sotto il velo della neutralità. Tra la critica marxista delle sovrastrutture ideologiche e la denuncia dell etnocentrismo da parte dell antropologia lévi-straussiana, l universalità è stata gettata nella pattumiera della storia. La legge, svuotata di legittimità e contenuto, ha perso la sua autorità. All inizio era presa di mira la Dichiarazione universale dei diritti umani, accusata da alcuni di essere espressione esclusiva della cultura occidentale e dei valori giudaico-cristiani, e quindi una forma di imperialismo da combattere in nome del rispetto delle altre culture. Da qualche tempo la vita politica si era impregnata di relativismo culturale, e a farne le spese è stata l uguaglianza dei sessi. La prima offensiva ha avuto luogo in occasione del ricongiungimento delle famiglie dei lavoratori immigrati venuti dall Africa. Il diritto alla poligamia e all infibulazione delle bambine sono stati dottamente discussi. Accecati e trasportati dall odio verso se stessi, molti si sono levati a reclamare il rispetto integrale dei costumi stranieri. Anche se alcune giovani africane supplicavano che venisse loro applicata la legge francese, le anime belle relativiste hanno fatto finta di non sentire. Per anni, non solo ci si è risparmiato di insegnare la legge della Repubblica ai nuovi arrivati, ma si è distolto lo sguardo di fronte a pratiche assolutamente contrarie a quella legge. I rappresentanti dello stato e le sue istituzioni, atterriti al pensiero di essere tacciati di intolleranza, s inchinano supinamente alla diversità, qualunque sia il prezzo per le loro vittime. Soltanto con grande coraggio e ferma determinazione femministe come Benôite Groult e poche altre, così come d altra parte i tribunali, hanno potuto continuare a lottare contro l intollerabile tolleranza. Dopo anni di proclami colpevolizzanti, le relativiste hanno abbandonato questo terreno minato per investirne altri, senza manifestare tuttavia il benché minimo ripensamento. È stato nel 1989, in occasione del dibattito sul velo islamico, che l universalismo ha conosciuto la sua prima grande sconfitta, e che si è ammessa per la prima volta una differenza di statuto tra uomini e donne. Dietro la circostanza apparentemente anodina dell uso del velo da parte delle ragazze musulmane si cela una duplice trasgressione, di cui l una impedisce di vedere l altra. In realtà non si tratta soltanto di una sfida alla laicità tradizionale: è anche l affermazione di doveri specifici che incombono alla donna in virtù della sua natura. È probabile che le giovani provocatrici, incoraggiate o no dai genitori, non abbiano mai preso coscienza della portata del loro gesto, ma nessuno si è dato realmente la pena di far loro capire che così facendo mettevano in pericolo l idea dell uguaglianza dei sessi e di conseguenza la liberazione delle donne in seno alla loro stessa comunità. Anzi, molti si sono affrettati a ignorare la simbolica della sottomissione per cogliere in quel gesto soltanto un affermazione di libertà, che secondo alcuni merita indulgenza e secondo altri rispetto. L uso del velo imposto dalle correnti fondamentaliste significa che una donna deve nascondere i capelli per non essere oggetto di desiderio. È il segno, per tutti gli uomini che non appartengono alla sua famiglia, che ella è inavvicinabile e intoccabile. Non portandolo, non solo la donna si rende provocante, ma si addossa la responsabilità della provocazione e di tutte le sue conseguenze. La donna è senz altro colpevole di aver suscitato desideri impuri, mentre l uomo che li prova è ritenuto innocente. Il corpo della donna non ha lo stesso valore di quello dell uomo: esso rappresenta una minaccia, e quindi bisogna occultarlo, per desessualizzarlo e renderlo inoffensivo. Il velo delle giovani liceali francesi e il burqa delle afgane hanno lo stesso significato simbolico: nascondete quel corpo, chè non sarei capace di vederlo senza volerne fare cosa mia. Unica differenza: il grado di fondamentalismo che cambia ovviamente da società a società. Accettando l uso del velo nelle scuole pubbliche, la repubblica e la democrazia francesi hanno forse dato prova di tolleranza religiosa, ma nel contempo hanno rinunciato apertamente a conseguire l uguaglianza dei sessi sul territorio nazionale. Da esse è anzi partito un messaggio di opposto significato, che non per tutti è andato perduto: fate ciò che volete con le vostre figlie, non è più cosa che ci riguardi. Stranamente, il governo dell epoca, impregnato del dogma relativista, ha creduto opportuno lasciar correre. Ancora più strano il silenzio del femminismo ufficiale, che ha fatto mostra di credere che si stesse facendo tanto rumore per nulla. La parola d ordine è stata: più ci risentiremo e più si moltiplicheranno le provocazioni,
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e più si farà il gioco dell estrema destra. I contrari sono stati pregati di tacere per non rendersi complici di Le Pen. Ma la moda del velo, invece di sparire si è diffusa un po ovunque come segno di aggregazione e come sfida ai valori repubblicani. Le conseguenze di questo rinnegamento non sono mai state valutate appieno. Il velo era solo la punta dell iceberg. Con esso, una certa idea della giovane donna ha trovato legittimazione nei quartieri a maggioranza musulmana. Questa concezione è oggi oggetto di denuncia da parte di molte ragazze delle periferie. Né puttane né sottomesse è il loro slogan, perché da dieci anni a questa parte sono queste le immagini di loro che tendono a imporsi. Sia che intendano vivere come il resto delle francesi, avvalendosi degli stessi diritti e incorrendo così nella mancanza di rispetto e nella violenza dei maschi, sia che si sottomettano alla legge degli uomini che le rinchiudono nella famiglia. [ ] La repubblica, non soltanto ha abbandonato i quartieri in grande difficoltà: cedendo alle pressioni comunitariste, facendo propria la filosofia differenzialista, ha permesso che si sviluppasse al proprio interno un processo di oppressione della donna che non può essere tollerato. È venuto il momento di invertire la rotta e rinunciare a un ideologia responsabile di un simile disastro. È venuto anche il momento di ricordare che nessuna religione, nessuna cultura può avere la parola definitiva contro l uguaglianza dei sessi. Potrà anche non piacere, ma quest ultima è meglio garantita dalla legge universale, valida per tutti, piuttosto che dal relativismo, che apre la strada a tutte le eccezioni. Le femministe ne erano convinte, fino a quando alcune di loro hanno creduto che fosse un progresso decisivo all emancipazione femminile proclamare il particolarismo sessuale. Fu questa la seconda sconfitta dell universalismo, che forse segna anche la sconfitta delle donne. Nel 1999, per giustificare l iscrizione del dualismo sessuale nella Costituzione, alcune paritariste ricorsero a contorsioni filosofiche che non avevano altro scopo se non di rimettere in primo piano la diversità biologica con tutti i suoi particolarismi. L universale fu accusato di essere maschile e l umanità di essere un astrazione. Ci si inventò un universale misto e un umanità duale senza preoccuparsi della contraddizione in termini. Il concetto di umanità intesa come organismo collettivo che unisce tutti gli esseri umani a prescindere dalle differenze di sesso e di razza fu abbandonato, e la nozione di universale fu svuotata dei suoi contenuti. Ma la cosa peggiore non è questa. L analisi viziata dei concetti non significa la loro scomparsa. In compenso, la filosofia che presiede a questo tipo di analisi implica un punto di vista sulle donne e sul rapporto tra i sessi che non è privo di conseguenze. (dal Relativismo culturale al particolarismo sessuale, cap. IV Regresso)
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S.I.S.: Single Is Sad
di Luisa Cotardo
Dal silenzio solo il ronzio del computer, che è inglese e mi passa di rosso ogni parola, questioni di lingue. Dalla finestra un cielo immobile, apparentemente, perché nulla lo è. Le 10:00 p.m. England time e un cielo ancora chiaro, qui il sole se la prende comoda prima di sparire. In alto un graffio di bianco, una luna appena nata, sorprende ed emoziona sempre. Così scende il giorno, sa lui dove va e cala giugno, su un tempo da Mondiali. Echi di commenti da tutto il mondo. Una piazza universale dove ognuno guarda i difetti dell altro e li canzona. Ma vince la palla, perché è muta e può far goal. Forse ci arrivano troppe informazioni. Come si fa a fare tutto? A leggere tutto e, soprattutto, leggere tutto è importante? Mille vizi sembrano indispensabili, forse solo false pieghe. La mia amica si lamenta che a 42 anni non riesce a trovare l uomo della sua vita ed è una vita che lo cerca. «Dicono che faccio paura agli uomini», si lamenta. Avevo sentito
lo stesso commento da un altra donna, l anno scorso in Sud Africa, pensa te! E che dire della mia amica cara di Bari? Stesso dramma da single. Il solo ronzio del pc non mi dà grandi risposte. Però nel silenzio le puoi scovare. Nel silenzio di una palla che va in rete. Quale sarà il suo potere? Appena può si fa sbattere tra i pali e il godimento è da standing ovation. Per la gelosia, prima di partire, chiuse sotto chiave la moglie nella sua stanza. Per essere sicuro che nessuno avrebbe potuto produrre un duplicato della chiave fece decapitare il fabbro. Ma la zarina si ammalò, nessuno potè curarla e morì. Il trauma che cambiò per sempre il carattere dello zar Ivan il Terribile, diciamo dalle parti del Millecinquecento. Si, forse una volta le donne erano prigioniere dell uomo. Per una folle nostalgia, sognare di esserlo oggi, giusto tra le reti di Buffon, splendido goalkeeper. Il migliore in quanto a copertura di rete, meglio della
Tim? Grandi mani, dappertutto. Attualmente è l unica immagine rassicurante che mi passa dagli occhi, dalla tv. Davanti a un uomo che protegge così la porta di casa, perfino le intercettazioni telefoniche dall alito pesante passano in secondo piano. Sospira l antica fantasia di donna rapita a cavallo. Rapimento. Una volta durante un indimenticabile lezione di musica, l immenso Riccardo Muti disse che la musica è Rapimento. E lo è. Rapimento. Troppe notizie, troppe parole, troppi messaggi, rumore, niente. Troppo niente, non c è il tempo per il rapimento. La vita anziché essere vissuta è parlata. Rimbambimento, questo è indubbiamente possibile, oggi. Non si trovano uomini. Dio sa cosa sia successo. Le lunghe sottane fino ai piedi sapevano farli impazzire: era Svenimento scoprendo la caviglia e immaginando solo il resto. Oggi c è troppa
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anticipazione. E inquinamento. Ecco non dovrebbero essere anticipate tanto certe cose. Troppa roba sbattuta in faccia dirotta le modalità di conoscenza. Troppo facile. Troppa fretta e la manomissione dei tempi ha ucciso la Poesia. Scagli la pietra chi ha voluto per primo la bicicletta. Il naturale corso di secoli ha visto la donna sfuggire alla soggezione dell uomo, del marito. E ci è riuscita, solo che se l è perso per strada. Confido nel naturale assesto universale e nella moda che riporti le gonne fino alle caviglie. Intanto, il ronzio del computer è l unica voce di questa serata con luna appena nata da guardare da single, sognando di essere la porta di Buffon 10 luglio 2006 Italia campione del mondo: «All indomani della vittoria azzurra non v è dubbio che le quotazioni del più grande portiere del mondo salgono, salgono ».
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Balzac e la piccola sarta cinese di Dai Sijie La letteratura, l'amore, e la narrazione di Eliana De Giorgio
Balzac e la piccola sarta cinese è il primo romanzo di Dai Sijie, autore e regista cinese residente a Parigi. Come gli altri suoi romanzi anche questo è stato scritto in francese, prima di
La locandina del film tratta dall'opera di Dai Sijie
essere tradotto in oltre venticinque lingue incluso il cinese. L autore ha successivamente adattato e diretto il film tratto dal libro nel 2002. La storia è in parte autobiografica essendo ambientata in Cina, nella provincia del Sichuan, dove Dai Sijie era stato mandato dal governo cinese in un campo di rieducazione, durante la rivoluzione culturale. Alla morte
l esperienza della rieducazione nella provincia del Sichuan, dove faranno due incontri sorprendenti: la figlia del sarto del villaggio e la letteratura. Scopriranno entrambi l amore, grazie all incontro con la piccola sarta, e la magia della lettura, dopo aver ritrovato in una valigia una serie di opere di letteratura straniera. Flaubert, Hugo, Tolstoy, ma
di Mao, egli riesce ad entrare all'Università dove studia storia dell'arte e successivamente ottiene una borsa di studio per la Francia. La rieducazione e la rivoluzione culturale Come spiega il narratore all inizio del romanzo alla fine del 1968, nella Cina rossa, il Grande Timoniere della Rivoluzione, il presidente Mao, avviò un piano destinato a cambiare profondamente il paese: le università furono chiuse e i «giovani intellettuali», ossia gli studenti che avevano finito il liceo, furono mandati in campagna per essere «rieducati da contadini poveri». In questi luoghi i giovani venivano iniziati al lavoro e distolti dai falsi miti, vietando loro la lettura di opere straniere.
È il primo romanzo scritto da Dai Sijie, pubblicato nel 2000 in Francia e nel 2001 nel Regno Unito. La storia si svolge nella montagna di Phenix, nella provincia di Sichuan durante la Rivoluzione culturale cinese soprattutto Balzac influenzeranno profondamente e in modo irreversibile le loro vite. Balzac e la piccola sarta cinese è un libro che scorre
La magia della lettura I due protagonisti del romanzo, Luo e Ma, figli di genitori dissidenti, vivono
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piacevolmente trasportando il lettore
Dai Sijie
in un lontano contesto socio-culturale, per poi farlo viaggiare ancora attraverso le letture e le vite dei suoi personaggi.