OLTRE... Giugno 2019

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Anno XIII – N. 2 – Aprile - Giugno 2019

Oltre… Periodico di informazione e dialogo parrocchiale e del quartiere

Semplicemente grazie a tutti!

I Vescovi del Lazio Chi è straniero è come noi, un altro noi

Catechismo Le riflessioni di alcuni catechisti

Parrocchia Le “Mosaichine” La scuola per stranieri La Polisportiva e i valori ricordati da Papa Francesco


Parrocchia “SS. Trinità a Villa Chigi” Via Filippo marchetti, 36 00199 roma Tel. 06.86.00733 Fax 06.86.213956

E-mail: boldrin.lucio@gmail.com Sito: www.sstrinita-villachigi.com Orari SS. Messe di Luglio: Feriali: h. 8.30 - 19.00 Festivi: h. 9.00 - 11.00 e 19.00 Orari SS. Messe di Agosto: Feriali: h. 8.30 Ascensione di Maria: h. 9.00 e 11.00

IN QUESTO NUMERO:

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editoriale

Lettera dei Vescovi del Lazio

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Via libera del Papa alla nuova traduzione del messale

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Le riflessioni dei nostri catechisti 6

Sul Calvario con Gesù: le “mosaichine”

Appunti di viaggio di una “mosaichina”

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La scuola per stranieri: una missione gioiosa

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Lettera a Thom sull’Amore

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Il Papa “Il Calcio resti un gioco” 16

Numero 2 APrILe - GIuGNo 2019 reg. Tribunale di roma n. 120 / 2008 del 18. 3. 2008

Direttore responsabile: p. Lucio Boldrin

Collaboratori: Federica Busato, Angelo Fusco, mario Gravina, Giampaolo Petrucci Impaginazione: Luca Theodoli

Stampa: PrImeGrAF Srl, roma

In ogni numero verranno presentate le varie attività che si svolgono in parrocchia La redazione è aperta ad accogliere suggerimenti e argomenti di dibattito all’e-mail: boldrin.lucio@gmail.com

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L’Editoriale

1988-1992, come vice parroco e 2003 - 2019 come parroco. 20 anni, su 36 del mio cammino sacerdotale dedicato al servizio di questa parrocchia della SS. Trinità a Villa Chigi.

SEMPLICEMENTE GRAZIE A TUTTI

e

di p Lucio Boldrin

ora si è giunti al tempo dei saluti e vi assicuro che non mi è per niente facile e fa maledettamente male salutarvi e lasciarvi e le parole escono lentamente in un combattimento tra cuore e ragione. Tra il fare la volontà di Dio e quella dei superiori. Già da qualche anno, mi veniva detto che ero da troppi anni a roma e che era giunto il tempo del trasferimento. Da tre anni questo ritornello mi suonava dentro e mi frenava parzialmente nel mio ministero in questa parrocchia e me ne scuso con tutti voi. Sinceramente pensavo che il trasferimento potesse essermi proposto col capitolo provinciale svoltosi nell’aprile 2018. Visto il silenzio e la situazione mi stavo quasi illudendo che sarei rimasto per altri anni qui a roma. Poi il 22 febbraio scorso, fredda come una doccia gelata che ti viene gettata addosso all’improvviso o come un maggio pieno di acqua, nubi, freddo come quello vissuto quest’anno, mi è arrivata la notizia che a settembre avrei dovuto lasciare roma. Game over. Non ne ero preparato ed è stato come se il mio cervello fosse andato in corto, ma nello stesso avevo il dovere di portare avanti la nave affidatami: questa splendida parrocchia. Dirlo o non dirlo? Con chi parlarne, con chi confidarmi per essere aiutato

a portare avanti questo peso enorme che avevo nel cuore? Come non rovinare le feste in programma? C’era prossima la festa del 40° della Consacrazione della nostra chiesa, la festa di carnevale, la Quaresima, il corso in preparazione al matrimonio, la catechesi, le feste di Pasqua e le Prime Comunioni. Tutto da far vivere al meglio e… col sorriso, rispondendo a chi me lo chiedeva: Va tutto bene! mentre dentro avevo pesantezza grande amarezza e solo di notte in camera o davanti al Santissimo, potevo essere me stesso. e poi il parroco doveva continuare “sentire l’odore delle proprie pecore”: ascoltare i dolori, le sofferenze, le paure, le difficoltà dei parrocchiani. Trovare una parola di conforto, un sorriso, un tentativo di soluzione e dare speranza. C’erano pratiche burocratiche da portare avanti. Battesimi funerali e matrimoni da celebrare. Insomma tutto doveva, giustamente, essere portato a compimento. Non è stato facile. Ho cercato di fare del mio meglio. mi scuso con tutti voi se in qualche occasione ha fatto trasparire la pesantezza e l’amarezza che avevo dentro. umanamente parlando, portare le maschere diventa difficile, anche per un prete, “sul grande palcoscenico della vita”. mentre sto scrivendo non ho ancora davanti a me chiaro il mio futuro:


non so quale destinazione, quale servizio sarò chiamato a svolgere e neppure so chi sarà il nuovo parroco, che vi chiedo di accogliere, amare e collaborare senza confronti come avete fatto e siete stati capaci di fare con tutti parroci che si sono succeduti in questa parrocchia. Scrivo e la mente mi si affolla di ricordi, momenti belli e tristi vissuti con voi. Di volti, nomi e persone collaboratori e collaboratrici. momenti di gioia, di festa, ma anche di stanchezza e di qualche delusione. Di progetti iniziati e portati a termine o che con il tempo sono andati a spegnersi. Avrei tante persone da ringraziare, ma non ritengo giusto farlo per paura di dimenticarne qualcuno. ringrazio D i o

che mi ha fatto incontrare delle persone delle quali mi sono sentito amato, aiutato e consigliato come fossero mia madre e mio padre. Altre come fratelli e sorelle. Ma soprattutto ho vissuto il senso di quella paternità che ogni sacerdote sente dentro che lo porta da amare, rispettare, proteggere e aiutare tutti quei bambini/e battezzati (circa 650), accolti e accompagnati a ricevere i sacramenti (circa 750 alla Prima Comunione e altrettanti alla Cresima)… per poi trovare la forza di lasciarli ad andare a realizzare il proprio domani e progetto di vita perché “loro sono il futuro”. Grazie di cuore a tutti: ai consigli pastorali, consigli affari economici parrocchiali, ai catechisti e animatori, alle coppie guida nei corsi in preparazione al matrimonio e nella esperienza per le persone divorziate, ai ministri straordinari della

Comunione, al gruppo sammaritano, al gruppo della poesia, alla Polisportiva “Don Gaspare Bertoni”, alle addette di segreteria, alle signore del cucito, alle signore del mosaico, alle persone della commissione della carità: centro d’ascolto e distribuzione viveri e raccolta abiti, agli Alcolisti Anonimi, agli insegnati della scuola d’italiano per stranieri e a quelle di “Papaveri e Papere”, ai presepianti e ai sacerdoti succedutesi in parrocchia in questi anni. A coloro che hanno portato avanti la sensibilità missionaria sia per gli Stimmatini per le loro iniziative e raccolta fondi per le adozioni a distanza e per i pp. Agostiniani seguiti del Gruppo Jonathan con la loro presenza e servizio. Grazie a tutta la redazione di questo nostro strumento di informazione “oLTre…”. esperienza iniziata 13 anni fa e chissà se potrà continuare. un grazie particolare a tutte quelle persone che in maniera silenziosa mi sono state vicine e sono state vicine alle necessità della parrocchia con gesti generosità o di servizio e collaborazione. mi scuso se non sempre sono stato capace di rispondere alle vostre necessità o attese o, se involontariamente, posso avervi offeso o deluso. Termino questa “mia lettera”, salutandovi tutti, anche coloro che più o meno coscientemente mi hanno ferito… ma succede. A tutti un abbraccio e un ricordo grato al Signore per voi e le persone che avete nel cuore. Anche nel silenzio, siatene certe che la mia preghiera ci sarà sempre. Non si dimentica, anche stando lontani, una famiglia, il suo amore e tutto il vissuto. e voi siete stati la mia famiglia. Grazie di cuore e con il cuore.

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Il messaggio nella lettera dei vescovi del Lazio alle loro parrocchie: “Razzismo, germe da respingere”

“Chi è straniero è come noi , è un altro noi”

di Angelo Zema

La lettera indirizzata a tutti fedeli delle diocesi laziali in occasione della solennità di Pentecoste, che è stata letta nella nostra parrocchia, come in tutte le parrocchie del Lazio

D

opo le recenti tensioni sociali e i ripetuti episodi di intolleranza e razzismo i vescovi del Lazio intervengono con un documento che ribadisce: «ogni povero è figlio di Dio». Nessuna distinzione in base all’appartenenza nazionale o all’etnia, perché «in tutte queste dimensioni di sofferenza non c’è alcuna differenza: italiani o stranieri, tutti soffrono allo stesso modo». «Carissimi fedeli delle diocesi del Lazio – inizia la lettera – desideriamo offrirvi alcune riflessioni in occasione della solennità di Pentecoste che ci mostra l’icona dell’annunzio a Gerusalemme as-

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coltato in molte lingue: pensiamolo come il segno del pacifico e gioioso incontro fra i popoli che attualizza l’invito del risorto ad annunciare la vita e l’amore». una solennità che la Chiesa di roma si appresta a vivere con il proprio vescovo, visto che nel pomeriggio di domani, 8 giugno, il Papa presiederà in piazza San Pietro la solenne veglia di Pentecoste. Il documento è stato letto in tutte le celebrazioni della domenica di Pentecoste in tutte le parrocchie di roma e della regione. Ai parroci della diocesi l’invito è arrivato direttamente con una lettera del cardinale vicario Angelo De Donatis, che è anche presidente della Conferenza episcopale laziale. esplicito, all’inizio della lettera, il riferimento alle «tensioni sociali all’interno dei nostri territori» nei mesi scorsi, «legate alla crescita preoccupante della povertà e delle diseguaglianze», che «hanno rag-

giunto livelli preoccupanti». Il pensiero corre subito alla vicenda di Casal Bruciato, dove poche settimane fa una famiglia rom legittima assegnataria di una casa popolare fu contestata, ma certamente non è l’unico caso. A roma vanno registrate aggressioni, insulti, altri atti di intolleranza che a volte fanno meno notizia ma sono egualmente lesivi della dignità umana. «Desideriamo essere accanto a tutti coloro che vivono in condizioni di povertà – scrivono i vescovi del Lazio -: giovani, anziani, famiglie, diversamente abili, disagiati psichici, disoccupati e lavoratori precari, vittime delle tante dipendenze dei nostri tempi. Sappiamo bene che in tutte queste dimensioni di sofferenza non c’è alcuna differenza: italiani o stranieri, tutti soffrono allo stesso modo. È proprio a costoro che va l’attenzione del cuore dei credenti e – vogliate crederlo – dell’opzione di fondo delle nostre preoccupazioni pastorali». Da qui l’invito dei presuli «ad una rinnovata presa di coscienza: ogni povero – da qualunque Paese, cultura, etnia provenga – è un figlio di Dio. I bambini, i giovani, le famiglie, gli anziani da soccorrere non possono essere distinti in virtù di un “prima” o di un “dopo” sulla base dell’appartenenza nazionale. Da certe affermazioni che appaiono essere “di moda” potrebbero nascere germi di intolleranza e di razzismo che, in quanto discepoli del risorto, dobbiamo poter respingere con forza. Chi è straniero – si legge nel documento che nelle prossime ore sarà letto nelle chiese


ai fedeli – è come noi, è un altro “noi”: l’altro è un dono. È questa la bellezza del Vangelo consegnatoci da Gesù: non permettiamo che nessuno possa scalfire questa granitica certezza». I vescovi del Lazio esortano all’accoglienza e mettono in guardia dalla paura. L’invito è «a proseguire il nostro cammino di comunità credente, sia con la preghiera che con atteggiamenti di servizio nella testimonianza di una virtù che ha sempre caratterizzato il nostro Paese: l’accoglienza verso l’altro, soprattutto quando si trovi nel bisogno. Proviamo a vivere così la sfida dell’integrazione che l’ineluttabile fenomeno migratorio pone dinanzi al nostro cuore: non lasciamo che ci sovrasti una “paura che fa impazzire” come ha detto Papa Francesco, una paura che non coglie la realtà; riconosciamo che il male che attenta alla nostra sicurezza proviene di fatto da ogni parte e va combattuto attraverso la collaborazione di tutte le forze buone della società, sia italiane che straniere.

«Le nostre diocesi, attraverso i centri di ascolto della Caritas e tante altre realtà di solidarietà e di prossimità, danno quotidianamente il proprio contributo per alleviare le situazioni dei poveri che bussano alla nostra porta, accogliendo il loro disagio. Tanto è stato fatto – si legge nel documento – e tanto ancora desideriamo fare, affinché l’accoglienza sia davvero la risposta ad una situazione complessa e non una soluzione di comodo (o peggio interessata). Desideriamo che tutte le nostre comunità – con spirito di discernimento – possano promuovere una cultura dell’accoglienza e dell’integrazione, respingendo accenti e toni che negano i diritti fondamentali dell’uomo, riconosciuti dagli accordi internazionali e – soprattutto – originati dalla Parola evangelica. «Non intendiamo certo nascondere – prosegue la lettera dei vescovi del Lazio – la presenza di molte problematiche legate al tema dell’accoglienza dei migranti, così come sappiamo di alcune isti-

tuzioni che pensavamo si occupassero di accoglienza, e che invece non hanno dato la testimonianza che ci si poteva aspettare. Desideriamo, tuttavia, ricordare che quando le norme diventano più rigide e restrittive e il riconoscimento dei diritti della persona è reso più complesso, aumentano esponenzialmente le situazioni difficili, la presenza dei clandestini, le persone allo sbando e si configura il rischio dell’aumento di situazioni illegali e di insicurezza sociale». L’appello conclusivo è rivolto a tutti i fedeli. «un appello accorato affinché nelle nostre comunità non abbia alcun diritto la cultura dello scarto e del rifiuto, ma si affermi una cultura “nuova” fatta di incontro, di ricerca solidale del bene comune, di custodia dei beni della terra, di lotta condivisa alla povertà. Invochiamo per tutti noi il dono incessante dello Spirito, che converta i nostri cuori per renderli solleciti nel testimoniare un’accoglienza profondamente evangelica e la gioia della fraternità, frutto concreto della Pentecoste».

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La voce di persone che volontariamente si prestano all’'insegnamento dei principi della religione cristiana

Le riflessioni di alcuni catechisti

LA LINFA DELLA VITA Così definirei questi ragazzini “terribili” e meravigliosi che ho incontrato sul mio cammino. mi hanno sempre dato moltissimo anche nei momenti di maggiore fatica e caos che inevitabilmente ci sono stati. Gli incontri di catechismo sono per noi del secondo anno cresima, un momento di gioia condivisa. Sempre. Lo posso dire con molta consapevolezza. Perché certe cose si sentono e si vedono. Io e Letizia cerchiamo sempre di affrontare gli argomenti facendo sempre riferimento alla realtà che ci circonda. Coinvolgendo loro con domande che hanno a che fare con la loro vita quotidiana. Ai ragazzi piace molto parlare di loro e di quello che gli succede. Quindi anche se

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non svolgiamo il “programma” in modo completo siamo più che soddisfatte per la risposta personale che abbiamo da loro. Ci cercano e sentiamo un grande affetto da parte loro. Questo secondo me è un buon risultato. Cosa si potrebbe fare di più? Non ho proposte risolutive perché per quanto ci riguarda non vedo il problema. Il problema, se si può definire tale, é la crescita che avviene in loro. Aumentano gli impegni a scuola e di altro genere. Nonché i messaggini al ragazzino che gli piace... Positivo é il mio personale bilancio. Fortunata? Forse. magari solo attenta a mettermi nei panni di ragazzini di 12 anni. e ogni tanto una “pizzata” ci sta! Stefania Anselmi

PICCOLI SEMI DI FEDE SIANO STATI GETTATI NEL LORO CUORE Nel proseguire il catechismo per la preparazione alla Cresima, questo secondo anno ci siamo trovati più a nostro agio per la maggiore confidenza con i ragazzi. Inoltre, avevamo quel pizzico di esperienza in più che non guasta! Abbiamo trattato argomenti suggeriti da padre Lucio (doni dello Spirito Santo, caratteristiche del Padre, battesimo), ma anche altri scelti da noi (la messa), che ci è sembrato bene approfondire a causa della disattenzione durante l’eucarestia. Nonostante l’irrequietezza, i ragazzi hanno ben assimilato alcuni concetti spirituali di fondo e a volte siamo stati piacevolmente sorpresi dalla profondità delle loro domande e risposte. È stato d’aiuto osservare insieme alcune immagini rappresentative di episodi biblici e parlare del loro significato simbolico, per accogliere più facilmente la Parola. In ogni incontro abbiamo cercato di coinvolgere i ragazzi con il collegamento alla vita di tutti i giorni, dedicando attenzione all’ascolto dei problemi manifestati da alcuni. Abbiamo trovato difficoltà nel sondare la loro dimensione personale, riscontrando non tanto una diffidenza nei nostri confronti, quanto un’inesperienza nel comprendere i loro stati d’animo. Qualche volta ci siamo un po’ demoralizzati e ci è tornato alla mente il versetto: “Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze” (Is 49,4). In realtà, questa Parola sta a significare che il discepolo spesso non


vedrà i frutti dell’evangelizzazione (anche perché essi nascono dopo un necessario tempo di maturazione), ma è chiamato a credere che, comunque, il Signore li darà. un altro passo recita infatti: “Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa. Poiché la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga” (mc 4, 26-28). riteniamo pertanto che piccoli semi di fede siano stati gettati nel loro cuore: confidiamo che possano trovare terreno fertile e al più presto germogliare e dare frutto. Marco e Valentina

UN ANNO INTENSO ALL’OMBRA DEL CENACOLO I percorsi che ciclicamente si propongono ai bambini durante la preparazione al sacramento della prima comunione, sembrano apparentemente standard, preconfezionati, definiti a priori. In realtà i catechisti basano sul tema dell’anno pastorale la realizzazione dell’ “annuncio” che però inevitabilmente viene poi cucito addosso ai bimbi che gli sono stati affidati. Infatti il cammino prende forma giorno dopo giorno oltre che dalle tracce anche dalle riflessioni, dalle curiosità e dai dubbi che ogni bambino condivide nel suo gruppo. Iniziare a conoscere il Padre e Gesù suscita sempre curiosità! Tuttavia, quest’anno, un sincero dubbio è nato da una semplice riflessione: “ma io non so cosa significa fare la Comunione”. I bambini oggi sono estremamente pragmatici e questo scuote l’educatore ad abbandonare le frasi fatte dietro cui nascondersi e gli impone di scavare nella propria storia, nelle proprie domande e nelle risposte che hanno costruito le basi della propria fede. Quale segno concreto poteva aiutare i nostri bambini per posizionare un mattoncino come appoggio della propria semplice fede? Ci abbiamo pensato a lungo

e, ricordando una riflessione emersa durante i meeting di formazione del vicariato, abbiamo scelto la celebrazione del giovedì santo, in coena domini, come fulcro del cammino di quest’anno. In quel momento, preparato a lungo con i bambini, abbiamo vissuto l’istituzione del sacramento che ogni domenica ci trasferisce nello spazio e nel tempo in quel semplice cenacolo, dove Gesù spezza il pane del “dono” con ognuno di noi. Gesù ci invitata alla sua tavola, si mette al nostro servizio, condivide con noi il suo amore e ci promette che non ci abbandonerà mai. Non ci chiede di tenere questo dono per noi, ma, seguendo il suo esempio, ci esorta a donarlo agli altri moltiplicandolo con le nostre azioni. La storia di Gesù in quel cenacolo diventa la nostra storia. Se scegliamo di essere lì, da quel momento scegliamo Gesù, scegliamo di essere sulla sua strada e di testimoniare attivamente il suo amore, nel servizio reciproco tra fratelli. Tornando dunque alla domanda che ci eravamo posti all’inizio circa il significato del “fare la Comunione”, forse non abbiamo ancora risposto pienamente, ma ci sentiamo concretamente in cammino. e in questo cammino non siamo da soli. Abbiamo intravisto la metà, ci siamo messi sulla strada e abbiamo incominciato a camminare insieme. La proposta ci piace, la posta in gioco è alta. ogni domenica riviviamo un po’ quel cenacolo… sempre “meno all’ombra”… Alessandro De Luca

VOI SIETE IL FUTURO… SEGUENDO GLI INSEGNAMENTI DI GESÙ Parlare di Gesù ai bambini di oggi senza mostrare un suo profilo instagram, facebook, senza un messaggio audio o video che possa ritrarlo durante un miracolo o mentre fa il “Discorso sul monte” e catturare la loro attenzione, sembra impresa difficile. A loro che conoscono personaggi, fatti e eventi soprattutto attraverso le immagini, le

registrazioni in presa diretta, i selfie e i dispositivi vari, le narrazioni del Vangelo sembrano scivolare addosso senza attecchire, senza destare stupore e attenzione. e allora bisogna fare un percorso a ritroso: partire dai fatti e andare a scovare dove si nasconde Gesù nella vita reale, come agisce e attraverso chi opera. Nel percorso di catechismo per la prima comunione ci siamo interrogati su quale modalità di interazione fosse più adatta per questa fascia di età e i tempi attuali e, per quanto possibile, abbiamo provato delle alternative che ci sembrano aver funzionato o almeno risvegliato un interesse; abbiamo cercato di raccontare storie, leggere cronache, condividere atteggiamenti di vita vissuta per capire cosa avrebbe detto e fatto Gesù in quella situazione. Il Vangelo ascoltato la domenica in chiesa e le sottolineature emerse nell’omelia di P. Lucio sono stati spesso ripresi all’inizio dei nostri incontri, commentati, attualizzati nelle situazioni di vita dei bambini, così da renderli assimilabili e più vicini alle loro esperienze. Abbiamo notato come le nuove generazioni siano sempre più insofferenti all’introspezione e all’ascolto, meno capaci di rendere produttivo il silenzio e di vivere positivamente i momenti di vuoto. Hanno bisogno di riempire spazi e di percepire suoni di continuo, di vedere situazioni più che immaginarle. rendendoci conto di questa loro esigenza, abbiamo pensato di drammatizzare con scenette alcuni temi che ci stavano a cuore – come le ferite provocate dai nostri atteggiamenti di egoismo, di rancore, le nostre chiusure, l’incapacità di ascoltare i campanelli di allarme, che talvolta potrebbero evitare incomprensioni o addirittura stragi e catastrofi naturali etc. – e le abbiamo affidate agli animatori, presenze importanti della nostra parrocchia che, essendo molto vicini di età ai bambini, vengono più spesso emulati e presi come esempio. Le scenette sono state un successo. I bambini hanno ascoltato

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attenti e divertiti i vari atteggiamenti di ragazzi, genitori, maestri, bulli, vittime, peccatori incalliti e convertiti, di volta in volta interpretati dagli animatori, identificandosi in questa o quella situazione. Seguiva poi il commento personale nei vari gruppi e da quelle situazioni di vita reale, si è risaliti con estrema naturalezza e immediatezza agli insegnamenti di Gesù contenuti nei Vangeli. In questo nuovo approccio che abbiamo tentato, fondamentale è stata la presenza degli animatori che, compatibilmente agli impegni di studio, hanno messo a disposizione il loro tempo. Dalla situazione reale e concreta all’astrazione della fede, “dalla canzone cantata a squarciagola per divertirsi – e qualche volta provocare – alla canzone che si fa preghiera, dal gioco come relax e valvola di scarico, al gioco educativo e di relazione. Questi erano gli obiettivi, non tutti riusciti o non completamente. Le ore a disposizione per innescare i meccanismi di relazione e di inte-

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grazione, anche di coloro che non sono i propri compagni di scuola, sono davvero poche e non sempre si è creato un gruppo unito o dove tutti hanno giocato insieme, ma ci auguriamo che ogni bambino si sia sentito comunque accolto, amato, compreso e ascoltato. Abbiamo molto insistito sul valore dell’ascolto e sulla differenza tra sentire e ascoltare (loro sono in grado di spiegarvi la differenza), oltre che sulla capacità di perdono e di evitare il rancore che nuoce per primi a noi stessi. e in questo frangente le parole del giovane padre e marito della donna morta nell’attentato del Bataclan (13 novembre 2015) “…non vi farò il regalo di odiarvi”, “… per tutta la sua vita questo petit garçon vi farà l’affronto di essere libero e felice. Perché no, voi non avrete mai nemmeno il suo odio...” ci hanno aiutato in modo sorprendente a far capire ai bambini quanto sia vero e fondamentale il messaggio di Amore e misericordia che ha portato nel mondo Gesù. Alla

lettura della lettera e, poi del testo della canzone di ermal meta Non ci avete fatto niente, la loro attenzione è stata massima, i loro interventi pertinenti, la loro curiosità e voglia di comprendere, all’apice. oggi più che mai, preparare gli incontri, capirne gli obiettivi, comprenderne le difficoltà e le soluzioni da trovare, è difficile, se non impossibile e improbabile, se non ci si incontra tra noi catechisti e si decide una linea guida. ognuno di noi può confrontarsi in maniera diversa con ognuno di loro, ma l’importanza della chiarezza del messaggio che andava trasmesso, è di fondamentale rilievo. L’esperienza vissuta in questi ultimi due anni tra di noi, di vera condivisione, umiltà, riconoscenza dei talenti che Dio ci ha Donato, senza prevaricazione sull’altro, ognuno ha messo a disposizione quel che sapeva fare, senza rivalità, dispetto o invidia, come umanamente di solito accade, è stata la nostra arma vincente. Dubbi, delusioni, domande, sensazioni, stati d’animo, a volte controversi, non ci hanno spaventato… tutto alla fine è stato positivo, tutto ci ha insegnato molto, nonostante tutto. Gesù alla fine ha prevalso, il suo insegnamento, il suo esempio, il suo sacrificio, ha lasciato la sua traccia indelebile, come ci ricorda spesso Lucio, nessuno di noi è perfetto, nessuno, ma se l’obiettivo è lo stesso, forse una speranza c’è… ci sembrava giusto condividerlo con voi. Nella preghiera di ringraziamento di una mamma nell’ultimo turno di comunione, la quale parlava del suo coinvolgimento personale in tutte le domeniche delle Comunione, ci ha fatto molto piacere e ci ha fatto un gran bene, essere riusciti a trasmettere lo spirito con il quale abbiamo cercato di preparare questi bambini all’incontro con Gesù, senza fare distinguo di gruppo, ma cercando di essere un tutt’uno, nonostante le nostre diversità, ci ha dimostrato ancora una volta che il Suo esempio è senza alcun dubbio, l’unico da seguire. Daniela, Isabella, Anna e Andrea


Ciò che in questa parrocchia si sta già facendo da anni, arriverà per tutta la Chiesa, ma voi sarete già preparati

OK del Papa alla nuova traduzione del Messale

di Giacomo Gambassi*

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Probabilmente saranno necessari alcuni mesi prima che il “rinnovato” libro liturgico entri in vigore. Tra le novità principali quelle su Padre Nostro e Gloria

a nuova traduzione italiana del messale è pronta ad arrivare nelle parrocchie della Penisola. Ancora non c’è una data certa ma è giunto il “via libera” del Papa. Durante la prima giornata di lavori dell’Assemblea generale della Cei, il cardinale presidente Gualtiero Bassetti ha annunciato ai vescovi che Francesco ha autorizzato la promulgazione della terza edizione in italiano del messale romano di Paolo VI. Il testo italiano è passato al vaglio della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei Sacramenti per la necessaria confirmatio. Ancora è prematuro sapere quando cambieranno alcune formule con cui viene celebrata l’eucaristia nella nostra lingua. Probabilmente saranno necessari alcuni mesi prima che il “rinnovato” libro liturgico entri in vigore. La nuova traduzione era stata approvata lo scorso novembre dall’Assemblea generale della Cei. Fra le novità introdotte quelle sul Padre Nostro: non diremo più «e non ci indurre in tentazione», ma «non abbandonarci alla tentazione». Inoltre, sempre nella stessa preghiera, è previsto l’inserimento di un «anche» («come anche noi li rimettiamo »). In questo modo il testo del Padre Nostro contenuto nella versione italiana della Bibbia, approvata

dalla Cei nel 2008, e già recepito nella rinnovata edizione italiana del Lezionario, entrerà anche nell’ordinamento della messa. Altra modifica riguarda il Gloria dove il classico «pace in terra agli uomini di buona volontà» è sostituito con il nuovo «pace in terra agli uomini, amati dal Signore». Le variazioni giungono al termine di un percorso durato oltre 16 anni. un arco temporale in cui «vescovi ed esperti hanno lavorato al miglioramento del testo sotto il profilo teologico, pastorale e stilistico, nonché alla messa a punto della presentazione del messale», aveva spiegato la Cei in una nota. Nelle intenzioni, infatti, la pubblicazione della nuova edizione non è solo un fatto “editoriale”, ma «costituisce l’occasione per contribuire

al rinnovamento della comunità ecclesiale nel solco della riforma liturgica». L’utilizzo del nuovo messale verrà accompagnato da una sorta di «riconsegna al popolo di Dio», tramite un sussidio che rilanci l’impegno della pastorale liturgica. La nuova traduzione italiana è quella della terza edizione tipica del Missale Romanumlatino che risale al 2002. La prima editio typica, che recepiva la riforma liturgica del Vaticano II e seguiva le indicazioni della Sacrosanctum Concilium, è stata pubblicata nel 1970; la seconda porta la data del 1975. e proprio la traduzione italiana dell’edizione del 1975 – traduzione del 1983 – è quella ancora in uso. *Giornalista de L’Avvenire

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Da qualche anno alcune parrocchiane creano mosaici per aiutarci a pregare insieme. Questa è la loro storia

Sul Calvario con Gesù, un colore per volta

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di Mario Tedeschini Lalli

llora, dammi un po’ di Croce...” “Senti, non c’è la Croce più scura”? È una mattinata tranquilla nella parrocchia della SS Trinità a Villa Chigi, chi si limitasse ad ascoltare qualche brano della conversazione nella sala potrebbe pensare a discussioni mistiche in un am-

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biente cupo, ma gli occhi raccontano un’altra storia: tavoli coperti di disegni e pietre colorate, persone chine sul loro lavoro armate di pennelli e pinze, tra qualche chiacchiera e qualche scherzo. La Croce non è tuttavia un elemento casuale della conversazione: le signore presenti oggi fanno parte di un gruppo di 15 che da mesi la-

vora instancabilmente per completare il grande mosaico della Via Crucis-Via Lucis già parzialmente installato sulla parete esterna della chiesa. Presto saranno pronti altri quattro pannelli e alla fine, quando sarà completato, il racconto della passione e della resurrezione del Signore occuperà un’area di due


metri di altezza per 24 di lunghezza, quasi 50 metri quadrati. “Come un piccolo appartamento”, scherza Ida orlandi. Ida è l’ispiratrice e il motore della iniziativa. Per molti anni ha guidato un gruppo di parrocchiani – prevalentemente parrocchiane, in verità – alla scoperta e alla pittura di sacre icone ed è lei, d’altra parte, l’autrice di molte immagini che adornano la chiesa. Ida è, in un certo senso, figlia d’arte. Da suo padre ha ereditato oltre alla sensibilità artistica, l’interesse per il mosaico e per i suoi materiali, quelle migliaia di pietruzze colorate che da sole non dicono nulla, ma sapientemente ordinate raccontano una storia o, in questo caso, la storia della fede. La prima impresa del gruppo è stata la grande immagine della Trinità, inaugurata nel cortile della parrocchia nel 2016. Poi le “mosaichine” (come scherzosamente si fanno chiamare) sono andate per così dire in trasferta.

Ida è l’ispiratrice e il motore della iniziativa, per molti anni ha guidato un gruppo di parrocchiani alla scoperta e alla pittura di sacre icone

Per circa un anno hanno lavorato nella parrocchia di San Clemente Papa ai Prati Fiscali, creando un mosaico su richiesta del parroco. Quindi sono finite addirittura all’estero creando e donando a nome della parrocchia un mosaico di “Gesù misericordioso” per una nuova chiesa costruita in Georgia, su invito del vescovo

stimmatino, padre Giuseppe Pasotto. Nel frattempo, con l’accordo e la collaborazione di don Lucio, era partito il progetto della Via Crucis-Via Lucis. Tutto questo potete leggerlo qui accanto negli Appunti di viaggio della “mosaichina” Annamaria, qui cerchiamo di dare una occhiata più da vicino a come tutto questo viene prodotto. Si parte da un disegno di base, che nel caso della Via Crucis è ripreso da una decorazione del santuario della madonna dei Sette dolori a Pescara. Il disegno è quindi suddiviso in tante parti e ogni parte stampata a colori, enormemente ingrandita e montata su una specie di vassoio di legno con cornice. Qui interviene la pazienza e la cura delle “mosaichine” che sulla loro porzione di disegno, aiutandosi con le pinze, allineano le piccole “tessere” colorate, secondo il colore indicato con pignoleria in ogni piega di una veste, pietra di una strada, sezione di una croce, ecc... ecco,

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la croce. Serve un colore particolare, magari “un po’ più scuro”, da scegliere tra decine e decine di vaschette allineate su uno scaffale. “Allora, dammi un po’ di Croce...” I “pezzetti della Croce”, come i pezzetti di strada, i pezzetti di prato, di veste, di cielo, di volto del Signore non sono in realtà di materiale molto nobile: “Noi facciamo tutto un riciclo – spiega Ida – spesso con materiali di bagni dismessi”. e quando non ci sono le maioliche usate da spezzettare, si va in cerca di fondi di magazzino e magari di vecchi campionari presso aziende generose. Qualche amico – persino qualche marito! – interviene in questa fase a dare una mano per tagliare i materiali. Ci si potrebbe immaginare che per sistemare le tessere lungo il disegno servano tecnologie particolarmente complesse e moderne, in realtà devono semplicemente essere “affogate” dentro una colla di acqua e farina. Quando tutto il disegno è coperto di tesserine, si

passa sopra uno speciale cemento che le solidifica, il mosaico viene a questo punto rivoltato e lucidato. La sezione è così pronta per essere unita alle sezioni vicine per formare uno dei pannelli alti due metri, che poi saranno collocati sulla parete esterna della parrocchia. Il laboratorio è aperto sostanzialmente tutta la settimana, tranne i due pomeriggi che la sala è usata dalla Scuola d’italiano per stranieri. Le “mosaichine” si alternano quando e come possono, ma ce n’è sempre qualcuna che con tenaglie e e colla si affanna sul suo pannello. No, non è “una croce”, come si dice normalmente per un compito gravoso e ripetitivo. È “la Croce”, che il lavoro di queste persone ricorda e rappresenta. Per tutti noi.

Le ringraziamo, una per una: Ida Orlandi, Angela Trillo, Angela Ferri, Patrizia Salvagnin, Annamaria Rossato, Giusi Rumolo, Fiorella Bondi, Vittoria Donati , Vittoria De Longis , Silvana Giammusso , Clelia Valle, Maria Vittoria Rinaldi, Barbara Piras, Carla Framarin, Daniela Giannini.

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Appunti di viaggio di una “mosaichina”

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di Annamaria Rossato

opo l’inaugurazione dell’immagine della Trinità avvenuta l’8 dicembre 2016, si pensava di tornare al lavoro di pittura delle icone, ma Ida candidamente informa che c’è una novità. Il parroco di San Clemente, Don remo, ha espresso il desiderio di abbellire l’esterno della sua Chiesa, ornando la facciata principale con un esteso mosaico rappresentante 12 pecore, simbolo degli apostoli che fanno da contorno all’Agnello di Dio, posto al centro, che rappresenta Cristo. Don remo mette a disposizione uno spazio per il lavoro. L’idea di lavorare in trasferta crea qualche perplessità ma l’entusiasmo per la novità, la passione di Ida per il nuovo lavoro e l’accoglienza del parroco, ci convincono e, per un intero anno trasformiamo lo spazio concesso in laboratorio, con molte persone - oltre alle “mosaichine” che provvedono al taglio delle tesserine; primo fra tutti ergilio con la sua competente presenza pronto a rispondere per ogni necessità, dall’allestimento dei pannelli alle mille necessità che si presentano. Il risultato finale è stato magnifico, e la facciata della chiesa in solo cemento ha mutato l’aspetto della chiesa di San Clemente. Anche il cardinale vicario, durante la visita pastorale ha apprezzato il lavoro e si è complimentato con Don remo. Questo lavoro ci ha temprato e l’apprezzamento ricevuto ha fatto maturare in noi la disponibilità di metterci al servizio per questo paziente lavoro decorativo e ci ha resi capaci di andare oltre. L’oltre si è presentato con un progetto di una certa entità, si trattava

di tre pannelli di grandi dimensioni (metri 6 × 2 circa cadauno) che vogliono rappresentare la storia del fondamento della nostra fede, la morte e la resurrezione del nostro Signore Gesù Cristo, la via Crucis-Via Lucis da affiggere alle pareti esterne della nostra chiesa della Santissima Trinità a villa Chigi. Questo mosaico, viste le grandi dimensioni e l’uso di molto materiale vario e ingombrante, necessita di una grande spazio di lavoro, anche perché le “mosaichine” che si alternano, sono arrivate a 14. Padre Lucio dà la sua approvazione e mette a disposizione una stanza. A settembre 2017 iniziamo a lavorare a questo progetto con il solito entusiasmo condito da un sano ottimismo e inizia la fase della preparazione dei disegni da parte di Fabrizio, l’approvvigionamento del materiale, la vendita di icone per finanziare l’acquisto, sempre sorretti dalla fede granitica e dall’ottimismo di Ida. Nel mese di maggio 2018 riceviamo la visita di monsignor Giuseppe Pasotto, vescovo stim-

matino in Georgia. Nella sua diocesi stanno per inaugurare una nuova chiesa e chiede a Ida se può provvedere, aiutata dal suo gruppo di lavoro, ad una grande immagine di Gesù misericordioso per l’altare della nuova cappella. Alla base dell’immagine si devono rappresentare tutte le varie chiese cattoliche della Georgia. Ida come sempre non si tira indietro e dona la sua disponibilità ed il suo impegno per realizzare il tutto entro ottobre 2018. C’è da tenere conto che nei mesi di luglio e agosto a roma non c’è nessuno, tutte le “mosaichine” vanno in vacanza. ma stavolta al mare ci sono andati anche i pannelli del mosaico georgiano… e da settembre, grande ritorno a roma per un mese di febbrile, frenetico, faticoso lavoro ma nello stesso tempo coinvolgente e sorretto dalla fiducia nel buon esito della missione. Tutti i pannelli vengono spediti a Tiblisi dove alcuni operai specializzati, diretti dal vescovo Pasotto, iniziavano il lavoro di affissione del mosaico. Ida ed Virgilio partono per la Georgia e lavorano sul posto fino alla vigilia dell’inaugurazione, che è avvenuta con gioia e soddisfazione. monsignor Pasotto grato della collaborazione da parte della Santissima Trinità, ha inviato al parroco una lettera di ringraziamento per il dono ricevuto da parte della nostra comunità. Successivamente ci ha fatto visita nel laboratorio e ci ha mostrato con letizia e semplicità i filmati dell’inaugurazione della chiesa georgiana, assicurandoci la sua preghiera per il buon andamento del nostro lavoro.

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Scuola Nino Antola – Jonathan L. Onlus: Insegnare l’italiano agli stranieri per una maggiore integrazione…

Una “missione” portata avanti con gioia

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di Francesco Meneghetti

a Scuola d’Italiano per Stranieri anche quest’anno ha concluso la sua attività nel mese di maggio: 8 mesi volati via eppure pieni di attività che va oltre l’insegnamento della lingua italiana nelle 7 classi di alfabetizzazione, A1 (iniziale), A2 (base), B1 (evoluta) e le 3 classi dei ragazzi fino ai 14 anni. Il Quadro Comune di riferimento europeo ha sei livelli di difficoltà sempre crescente: A1, A2, B1, B2, C1, C2. Nell’insegnamento si sono succeduti circa trenta volontari, soprattutto giovani, per lo più donne, che devono anche fare esperienza per conseguire il certificato di abilitazione all’insegnamento dell’Italiano, affiancati da insegnanti in pensione e da altri volon-

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tari che collaborano da tempo al funzionamento della scuola. Da alcuni anni la scuola è iscritta alla “Rete Scuole Migranti”, che ci ha messo in contatto con molte realtà di volontariato che operano a Roma e provincia nell’insegnamento della lingua italiana agli stranieri. Partecipano alla rete istituzioni importanti quali la Caritas, la comunità di Sant’egidio e il centro per i rifugiati Astalli, insieme a tante altre realtà come la nostra che si prodigano nel dare aiuto linguistico, e non solo, ai tanti stranieri presenti sul territorio. I risultati ottenuti ogni anno ci spingono ad un impegno sempre crescente, cercando ad esempio forme di integrazione lingua/cultura con visite guidate

nel centro della città, realizzate con successo negli anni passati e di recente messe in secondo piano dalla attività di preparazione agli esami, che si svolge anche fuori dagli orari canonici della scuola. mediamente gli iscritti alla scuola, attiva il martedì e venerdì per 3 ore settimanali, da ottobre a maggio, sono intorno ai cento studenti, provenienti da numerosi paesi lontani, asiatici, africani ed ex-urss. Nel corso degli anni abbiamo assistito ad un cambiamento della utenza della scuola: alcuni anni fa frequentata da molti uomini, appena arrivati e desiderosi di imparare, per poter trovare qualche lavoro adatto alle propria esperienza, mentre più recentemente sono maggioritarie le donne, venute in Italia grazie ai ricongiungi-


menti familiari. Con loro le problematiche sono aumentate perché, se di origine musulmana, fanno poca vita sociale e in casa parlano la propria lingua potendo scambiare qualche frase in italiano solo nel momento di fare la spesa o nella nostra scuola. Alle pratiche ed alle incombenze anche con la scuola pubblica spesso ci pensano i mariti e ne consegue una maggiore difficoltà di apprendimento dell’italiano ed una minore integrazione. Alcuni studenti frequentano la scuola anche con l’obiettivo di fare gli esami A2 per la Carta di Soggiorno e l’esame B1 per la richiesta di Cittadinanza e la scuola provvede a prepararli all’esame con simulazioni e programmi ad hoc, molto apprezzati perché permettono di andare agli esami sapendo bene come questi vengono svolti: comprensione dell’italiano scritto, comprensione dell’ascolto, scrittura di una mail e di una lettera ed infine prova orale di 10-12 minuti su argomenti ri-

guardanti anche la Costituzione Italiana ed i relativi diritti e doveri. La scuola ha anche un rapporto di collaborazione con l’Università di Perugia, rappresentata a Roma dal Cedis, a cui è associata, per corsi di aggiornamento degli insegnanti e per la partecipazione dei propri studenti agli esami dal livello A2 fino al C2 per il conseguimento dell’attestato Celi, valido in tutto il mondo. Quest’anno in particolare, avendo molti studenti iscritti agli esami A2 e B1 la scuola è diventata sede di esami Celi, che si sono svolti lunedì 13 maggio nella mattinata con la disponibilità di 4 nostre insegnanti abilitate dall’università di Perugia e con i compiti redatti dall’università stessa. Al riguardo è interessante citare il caso di una giovane rumena, Adina, che da studentessa è diventata insegnante, avendo conseguito le varie certificazioni fino alla C2 (la più complessa e difficile!) e anche la certificazione al-

l’insegnamento dell’Italiano (Ditals). un bella soddisfazione per lei e per la nostra scuola! Con il passare del tempo la scuola è diventata un punto di riferimento per molti e differenti problemi, dal reperimento di vestiti e generi alimentari ad informazioni varie per l’adempimento di pratiche burocratiche. Per tutti cerchiamo informazioni nella stessa comunità parrocchiale e sul territorio cercando di rispondere in breve tempo a tali istanze. Purtroppo, l’unica istanza nei confronti della quale è molto difficile dare risposte adeguate è quella relativa al lavoro: la crisi ha messo a dura prova anche i nostri amici immigrati e la speranza di trovare un posto da baby sitter, badante, pittore o muratore, per citarne alcuni, è sempre viva tra i nostri studenti. ma la speranza che cerchiamo di trasmettere ci guida in questo cammino.

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Un saluto e un grazie a tutta la Polisportiva “Don Gaspare Bertoni” con quanto detto da papa Francesco nell’incontro svoltosi nella Sala Nervi il 24 maggio incontrando giocatori, ragazzi professionisti e no del mondo del calcio. Son quei valori sportivi che anche noi abbiamo cercato di mettere in pratica, insegnare e che mai, mi auguro abbiano da mancare

“Il calcio resti un gioco, fa bene a testa e cuore”

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di Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

l calcio è un gioco di squadra che va vissuto come un mezzo “per invitare le persone reali a condividere l’amicizia, a ritrovarsi in uno spazio, a guardarsi in faccia, a sfidarsi per mettere alla prova le proprie abilità”. Così può davvero “far bene anche alla testa e al cuore” in una società che esaspera “la centralità del proprio io, quasi come un principio assoluto”. Papa Francesco parla così del “gioco più bello del mondo”, a 5mila ragazzi protagonisti dell’evento “il calcio che amiamo”, organizzato fin dalla mattina, in aula Paolo VI, dalla Gazzetta dello Sport, in collaborazione con il ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca, la Federazione Italiana Giuoco Calcio e la Lega di Serie A.

TANTI CAMPIONI E ALLENATORI, DA ETO’O A MANCINI un momento di festa per cinquemila studenti di roma, Lazio e Abruzzo, dalle primarie fino alle superiori, invitati a riflettere sul calcio come divertimento, educazione e inclusione, aiutati da campioni come Samuel eto’o, ex stella camerunese dell’Inter, gli allenatori Arrigo Sacchi e roberto

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mancini, attuale commissario tecnico della Nazionale Italiana, il ministro dell’Istruzione marco Bussetti, il presidente della Figc Gabriele Gravina, il presidente della Lega Serie A Gaetano miccichè, il presidente del Coni Giovanni malagò, il vicepresidente dell’Inter Javier Zanetti, l’attuale allenatore del Camerun Clarence Seedorf, il tecnico della roma Claudio ranieri, l’ambasciatore del milan Franco Baresi, il dirigente delle giovanili Juve Gianluca Pessotto, la leggenda del calcio femminile italiano Carolina morace, il capitano della nazionale italiana amputati Francesco messori. Per salutare il Papa interviene urbano Cairo, presidente di rcs mediaGroup.

DIETRO A UNA PALLA CHE ROTOLA, I SOGNI DI UN RAGAZZO e Francesco inizia a parlare ai ragazzi e ai campioni con un sorriso, ricordando “quando ho sentito quell’ohhh (la ola fatta al suo arrivo, n.d.r.) come se io avessi segnato”, e poi facendo memoria di quello che san Giovanni Bosco, l’inventore degli oratori, amava ripetere ai suoi educatori: “Volete i ragazzi? Buttate in aria un pal-

lone e prima che tocchi terra vedrete quanti si saranno avvicinati!”. Dietro a una palla che rotola c’è quasi sempre un ragazzo con i suoi sogni e le sue aspirazioni, il suo corpo e la sua anima. In un’attività sportiva non sono coinvolti solo i muscoli ma l’intera personalità di un ragazzo, in tutte le sue dimensioni, anche quelle più profonde. Infatti, di qualcuno che si sta impegnando molto, si dice: “sta dando l’anima”.

LO SPORT: DARE IL MEGLIO DI SÉ, MA NON DA SOLI “Lo sport – prosegue il Pontefice è una grande occasione per imparare a dare il meglio di sé, con sacrificio e impegno, ma soprattutto non da soli”. oggi, grazie anche alle nuove tecnologie, chiarisce Papa Francesco, “è facile isolarsi, creare legami virtuali con tanti ma a distanza”. Il bello di giocare con un pallone, invece, “è di poterlo fare insieme ad altri, passandoselo in mezzo a un campo, imparando a costruire azioni di gioco, affiatandosi come squadra”. “ Il pallone diventa un mezzo per invitare le persone reali a condividere l’amicizia, a ritrovarsi in uno spazio, a guardarsi in faccia,


a sfidarsi per mettere alla prova le proprie abilità ” Cari amici: il calcio è un gioco di squadra, non ci si può divertire da soli! E se è vissuto così, può davvero far bene anche alla testa e al cuore in una società che esaspera il soggettivismo, cioè la centralità del proprio io, quasi come un principio assoluto.

IL CALCIO È ANCORA IL GIOCO PIÙ BELLO DEL MONDO? Se tanti, continua Francesco, definiscono il calcio “il gioco più bello del mondo”, e “lo penso io stesso, ma è un’opinione personale”, spesso purtroppo si sente anche dire: “il calcio non è più un gioco!”. Perché, spiega il Papa, anche nel calcio giovanile “assistiamo a fenomeni che macchiano la sua bellezza”. “Ad esempio – sottolinea - si vedono certi genitori che si trasformano in tifosi ultras, o in manager, in allenatori”. Anche la Federazione italiana, ricorda il Pontefice , si chiama “Federazione Italiana Gioco Calcio”. ma a volte la parola “gioco” viene dimenticata, e magari sostituita “con altre meno coerenti, se non del tutto contrarie alle finalità”. “Invece – scandisce Papa Francesco - è un gioco e tale deve rimanere! Non dimenticate questo: il calcio è un gioco”.

IL DIRITTO DI OGNI RAGAZZO A NON ESSERE UN CAMPIONE “Giocare rende felici” perché “si può esprimere la propria libertà, si gareggia in modo divertente”, si rincorre un sogno “senza, però, diventare per forza un campione”. e’ sancito dalla Carta dei Diritti dei ragazzi allo sport, ricorda Francesco, il diritto di ogni ragazzo di “non essere un campione”. Cari genitori, vi esorto a trasmettere ai vostri figli questa mentalità: il gioco, la gratuità, la socialità… A incoraggiarli nei momenti difficili, specialmente dopo una sconfitta… E ad aiutarli a capire che la panchina non è un’umiliazione, ma un’occasione per

crescere e un’opportunità per qualcun altro. Che abbiano sempre il gusto di dare il massimo, perché al di là della partita c’è la vita che li aspetta.

GENITORI ALLEATI DEGLI ALLENATORI PER L’EDUCAZIONE Il Papa invita i genitori “a cercare alleanza con la società sportiva dei vostri figli, soprattutto con gli allenatori”, perché “allenare è una sorta di accompagnamento, come un guidare verso un di più e un meglio”. e voi allenatori, aggiunge il Pontefice “vi trovate ad essere dei punti di riferimento autorevoli per i ragazzi che allenate: con voi passano tanto tempo, in un’attività che a loro piace e li gratifica” “Tutto ciò che dite e fate, il modo in cui lo dite e lo fate – chiarisce Papa Francesco - diventa insegnamento per i vostri atleti, cioè lascerà un segno indelebile nella loro vita, in bene o in male”. Vi chiedo di non trasformare i sogni dei vostri ragazzi in facili illusioni destinate a scontrarsi presto con i limiti della realtà; a non opprimere la loro vita con forme di ricatto che bloccano la loro libertà e fantasia; a non in-

segnare scorciatoie che portano solo a perdersi nel labirinto della vita. Possiate invece essere sempre complici del sorriso dei vostri atleti!

CAMPIONI: INCORAGGIATE I GIOVANI A DIVENTARE “GRANDI NELLA VITA” Infine Francesco si rivolge ai grandi campioni del calcio, “a cui si ispirano questi giovani atleti”. Non dimenticate da dove siete partiti, dice il Papa “quel campo di periferia, quell’oratorio, quella piccola società”. Vi auguro “di sentire sempre la gratitudine per la vostra storia fatta di sacrifici, di vittorie e sconfitte”. E di sentire anche la responsabilità educativa, da attuare attraverso una coerenza di vita e la solidarietà con i più deboli, per incoraggiare i più giovani a diventare grandi dentro, e magari anche campioni nella vita. Grandi nella vita: questa è la vittoria di noi tutti, è la vostra vittoria che giocate a calcio. E ai dirigenti: per favore, custodite sempre la amatorialità, che è una mistica … è una mistica. Che non finisca la bellezza del calcio in un do ut des dei negozi finanziari.

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Una lettera che diventa dialogo tra padre e figlio adolescente

Lettera a Thom sull’Amore

di Chiara Argento

È il 1958 e Thon si è innamorato di Susan che ha conosciuto a scuola. Ma come si fa ad affrontare un sentimento nuovo così travolgente? Thom, lo chiede a suo padre, John Steinbeck*, che gli risponde con una lettera piena di dolcezza, affetto e saggezza.

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primi innamoramenti dei figli adolescenti io li ritengo belli e indimenticabili, perché sono ricchi di stupore e romanticismo.

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un figlio che ha i primi palpiti d’amore solitamente è un romanticone, soprattutto quando si hanno 15 anni, e non esistono cellulari di ultima generazione o vestiti all’ultima griffe che possa resistere all’arrivo delle tempeste emotive. ora per parlare d’amore in maniera non usuale e meravigliosa, poniamo di poter tornare indietro nel tempo, e di poter descrivere i primi turbamenti amorosi di un ragazzo vissuto nel 1958… La storia

che sto per narrarvi si svolge in America dentro la quotidianità di una famiglia borghese di New York. un dialogo epistolare meraviglioso a tratti emozionante coinvolge con semplicità e schiettezza un padre e un figlio. Tutto ha inizio in una mattina nel 1958: il ragazzo in questione è Thomas Steinbeck figlio del grande scrittore John Steinbeck celebre autore di numerosi libri di letteratura americana un bel giorno il giovane Thom s’in-


namora perdutamente di una sua compagna di College, che ha tre anni più di lui, si ritrova impacciato e non sapendo come porsi agli occhi dell’amata decide di chiedere consiglio a suo padre ritenendolo più esperto in amore. Thom non ha dubbi, prende carta e penna e scrive una tenera e sincera lettera a suo padre, nella quale parla del suo Amore per Susan, e della sua ferma intenzione di dichiararsi a lei nel modo più giusto. Continua confidando al padre di considerare questa sua ‘passione’ per Susan una cosa seria e affatto passeggera, ma da considerarsi importante e imprevedibile. La lettera inizia usando un tono confidenziale, a tratti deciso, denotando quanto il giovane Thom stia mettendo alla prova il suo carattere. John S. legge con tenerezza la lettera scritta dal figlio, riga dopo riga capisce e s’immedesima nell’imbarazzo provato sul momento, sorride teneramente, quando scopre che suo figlio lo tenga in considerazione tanto da arrivare a chiedergli un consiglio in materia amorosa,il padre decide di rispondere alle domande di Thom in piena sincerità e naturale franchezza, usando a sua volta un linguaggio confidenziale, volto per lo più a calmare il giovane figlio, che è alle prese con il suo primo folle amore. Prima di tutto egli consiglia al figlio di essere grato a Dio per aver avuto il dono di conoscere l’amore, poiché in ogni caso è da ritenersi un mistero. Sebbene generi un profondo stato di grazia, fautore di saggezza e nuova energia. raccomanda a Thom, di non avere paura e di viverlo con rispetto perché non è mai banale. Nessuno in vita si deve permettere di dimenticarlo, poiché l’Amore è un sentimento puro e unico nel suo genere. ogni persona che lo sente nel cuore è libera di esternarlo come meglio crede, le ragazze ad esempio amano sentirsi dire parole d’amore dal proprio amato, ma devono essere

delicate e appropriate senza alcuna volgarità. esistono due tipi di amori: uno egoistico, che ti rende brutto e piccolo e fa emergere di te la parte peggiore del carattere, dato che è usato solo per convenienza. L’altro grande e passionale, che può far male al cuore, ma ti rende bello e saggio e pieno di forza tanto da renderti un uomo buono su cui contare. A Thom, viene spiegata anche la possibilità che capiti di non essere ricambiato e, nel caso capitasse, gli consiglia di non aver paura di perdere, perché soltanto nella perdita si capisce il giusto valore del coraggio e delle infinite

possibilità che la vita ci propone… Conclude il suo affettuoso discorso dicendo che in amore bisogna avere pazienza, perché le cose belle come nel caso dell’amore hanno bisogno di pazienza, tempo e libertà. La fretta non è adatta all’amore come è per tutte le cose belle che generano allegria e pienezza. essa porta solo confusione… e tristezza come spesso capita per le cose che ci rendono felici e ci regalano passione e grazia. Noi vorremmo sempre che le cose che amiamo fare di più fossero eterne e infinite come appunto l’amore, che quando si trova è eterno e infinito

John Steinbeck

* John Ernst Steinbeck, Jr. (Salinas, 27 febbraio 1902 – New York, 20 dicembre 1968) è stato uno scrittore statunitense tra i più noti del XX secolo, autore di numerosi romanzi, racconti e novelle. Fu per un breve periodo giornalistae cronista di guerra nella seconda guerra mondiale. Nel 1962 gli fu conferito il Premio Nobel per la letteratura con la seguente motivazione: "Per le sue scritture realistiche ed immaginative, unendo l'umore sensibile e la percezione sociale acuta". Considerato uno dei principali esponenti della cosiddetta "Generazione perduta"[1], ha ricevuto anche la Medaglia presidenziale della libertà dal Presidente Lyndon B. Johnson il 14 settembre 1964


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