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di Stefano Cambi, “
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La missione di Hollywood nella Seconda guerra mondiale.1
di Stefano Cambi
Quando si discute di film a sfondo bellico non si può prescindere dalla produzione riguardante la Seconda guerra mondiale. Infatti, nessun altro conflitto (neanche quello del Vietnam che, secondo alcuni critici, ha dato vita a un nuovo genere cinematografico) è stato tanto frequentemente drammatizzato sul grande schermo. È altrettanto evidente che Hollywood, dove è stata concepita la gran parte della filmografia di riferimento, ha rappresentato, in virtù di un imponente sistema di distribuzione, il centro mediatico più rilevante nel plasmare l’immaginario collettivo degli americani così come di milioni di spettatori in tutto il mondo.2 La narrazione della “guerra totale” da parte degli studios è cominciata durante lo svolgimento stesso delle ostilità, quando anche l’industria americana del cinema fu chiamata a fare la sua parte nello sforzo militare nazionale. Nel trattare le problematiche connesse all’uso del film d’intrattenimento a fini di mobilitazione popolare, il presente articolo, attraverso una selezione di fonti limitatamente considerate dalla storiografia3, intende fornire un quadro generale sia del complesso e non sempre armonico rapporto tra addet-
1 I documenti governativi utilizzati in questo articolo sono stati consultati presso la Franklin Delano Roosevelt Presidential Library and Museum (Fdrl), la Harry S. Truman Library and Museum (Htlm), la Dwight D. Eisenhower Presidential Library and Museum (Ddel) e la sede di College Park della National Archives and Records Administration (Nara). 2 In particolare si fa riferimento alle otto compagnie che nel 1922 costituirono la più importante associazione di categoria degli industriali americani del cinema, la Motion Picture
Producers and Distributors of America (Mppda), ossia: Mgm, Warner Bros., Paramount, 20th Century-Fox, Rko, alle quali si affiancarono le più piccole Universal, Columbia e
United Artists. Nel 1945 la Mppda fu sostituita dalla Motion Picture Association of America (Mpaa). 3 Tra le più approfondite pubblicazioni si segnalano: Clayton Koppes, Gregory Black, Hollywood goes to war – Patriotism, movies and the Second world war from Ninotchka to Mrs
Miniver, London, I.B. Tauris & Co., 1988; Thomas Doherty, Projections of War – Hollywood, American culture and World war II, New York, Columbia University Press, 1993;
Todd Bennett, One world, big Screen – Hollywood, the Allies, and World war II, Chapel
Hill, University of North Carolina Press, 2012.
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ti ai lavori e funzionari pubblici in un contesto democratico e di libero mercato, qual era quello degli Stati Uniti, sia degli aspetti che hanno contraddistinto la propaganda governativa nei “film di guerra”, allora concepiti con un’accezione più ampia rispetto a quella cui siamo abituati.
Per comprendere l’importanza che lo schermo rivestiva nell’ottica dei responsabili per l’informazione di Washington è opportuno richiamare le parole con le quali Lowell Mellett, incaricato dal governo di tenere i contatti con le compagnie di produzione e distribuzione, si rivolse alle grandi personalità dell’industria cinematografica sul finire del primo anno di guerra:
Siamo ancora in uno stadio nel quale si rende necessario ricordare continuamente a noi stessi che è vero, che è reale, che ne siamo parte. In un certo qual modo per noi è solo una storia su un rotocalco, alla radio, o in un cinegiornale, una messinscena cui stiamo assistendo, una messinscena che avrà necessariamente un lieto fine – non una lotta all’ultimo sangue dove potremmo soccombere – Il mio e il vostro compito è quello di passare dal ruolo di spettatore passivo a quello di partecipante attivo […] e concepire la guerra come qualcosa di personale.4
Tale esortazione, naturalmente, era rivolta non solo alla comunità di Hollywood, chiamata in causa nel ruolo di mediatrice, ma agli americani tutti. Il precipitare degli eventi aveva infatti posto il Paese di fronte alla necessità di colmare il gap militare con le potenze nemiche impegnando, nel più breve tempo possibile, tutte le sue risorse industriali e civili. In altri termini, gli Stati Uniti dovevano trasformarsi in un’efficiente “macchina da guerra”. Si può dire, sulla falsariga di questa metafora, che l’informazione bellica (così come definita dai propagandisti) rappresentava il “lubrificante” necessario a far lavorare al meglio gli ingranaggi. La strada verso la vittoria si prospettava infatti molto impegnativa e il popolo, che non viveva il conflitto sulla propria pelle ed era ancora attraversato da pulsioni isolazioniste, avrebbe dovuto produrre uno sforzo straordinario per dotare le forze combattenti di quanto necessario per piegare la volontà dei paesi
4 Wartime Motion Pictures. An address by Lowell Mellett, Chief Bureau of Motion Picture – Office of War Information – Washington, D.C., For delivery Thursday morning, November 12, 1942, before the annual meeting of the National Board of Review, Hotel Pennsylvania, Nyc, Motion Pictures – Research – Clippings, Papers of Harry S. Truman – Smof:
Dallas C. Halverstadt Files – Subject File, 1946 – 1951, Htlm.
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dell’Asse. Gli americani dovevano essere preparati ad affrontare fatiche, stress e ansie derivanti dall’emergenza bellica con assoluta determinazione, persuasi della necessità di agire responsabilmente, a lavoro, a casa, nella quotidianità. I funzionari del governo credevano che la motivazione potesse scaturire soltanto dalla comprensione e il cinema, inteso sia come discorso sia come luogo fisico, era ritenuto un ottimo canale attraverso cui informare ed educare i cittadini.5
Per parte loro, ampi settori dell’industria di Hollywood dimostrarono un’immediata disponibilità ad arrogarsi il compito. La Motion Picture Committee Cooperating for Defense, formatasi mentre la Francia stava vacillando di fronte alla folgorante avanzata nazista, si trasformò, dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbor, in War Activities Committee of the Motion Picture Industry (Wac). Tale comitato, oltre a proseguire le campagne di sensibilizzazione e raccolta di fondi, si sarebbe occupato principalmente della produzione e distribuzione (per il governo) di cortometraggi, nonché della conseguente gestione della programmazione nelle sale americane.6 Su richiesta degli associati, che domandavano «un punto di contatto, revisione, intermediazione e bonifica [dei materiali] tra l’industria e il governo», il 17 dicembre 1941 il Presidente Roosevelt nominò Mellett, ex-direttore del Washington Daily News, responsabile dell’Office of the Coordinator of Government Film (Ogf).7
5 The Framework of the Government Information Program, Government Information Manual for the Motion Picture Industry, Records of the Historian Relating to the Domestic
Branch 1942-45, Rg 208, Nara. 6 The Motion Picture Industry’s Cooperation With The Government In the War Effort, by
Joseph H. Hazen, September 17, 1943, pp. 18 – 19, 320 – Warner Bros., Records of the
Historian Relating to the Domestic Branch 1942-45, Rg 208, Nara; Memorandum on The
Postwar International Information Program of the United States – Department of State, July 5, 1945, from John S. Dickey, Director of the Office of Public Affairs, to Archibald MacLeish, Assistant to the Secretary of State, p. 131 (spec. note 1), Owi – State Dept. study of postwar international information programs, Office of War Information (State Department – United Press) / State Department Information Programs (1946), Papers of Charles
Hulten, Htlm. 7 Motion Picture in War Information (Functions of the Films in Total War; Functions of the
Coordinator of Government Films), Submitted to Lowell Mellett, Coordinator of Government Film, by Arch A. Mercey, Deputy Coordinator of Government Film, June 16, 1942,
Motion Picture in Total War, Records of the Historian Relating to the Domestic Branch,
Rg 208, Nara.
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Nel marzo del 1942 una delegazione composta dal presidente della Wac, George Schaefer (Rko), dal vice-presidente dell’associazione di categoria dei produttori e distributori americani, Francis Harmon, e da Nicholas Schenck (Mgm), Joseph Hazen (Warner Bros.) e Barney Balaban (Paramount), incontrò il direttore dell’Ogf e domandò espressamente che venisse stabilita una più stretta cooperazione tra le varie agenzie del governo e coloro i quali si rendevano disponibili per la realizzazione di documentari di guerra e cinegiornali. Nel corso di una riunione tenutasi all’inizio di aprile con i responsabili delle maggiori case cinematografiche, studi indipendenti e produttori di cortometraggi (alcuni di questi, ingaggiati dal governo o, come Samuel Goldwyn, Sol Lesser e David Selznick, su iniziativa personale, si assunsero l’onere di confezionare un minimo di ventisei documentari nei successivi sei mesi) Mellett annunciò l’apertura di una succursale a Hollywood alla quale gli addetti ai lavori si sarebbero potuti rivolgere ogni qual volta avessero avuto bisogno di materiale informativo del governo e chiarimenti circa il programma d’informazione di guerra.8 Era in sostanza l’inizio del coinvolgimento diretto delle compagnie cinematografiche non soltanto nel programma d’informazione di Washington, ma nelle politiche per la comunicazione in senso più
8 Hollywood Shorts Program – Attachment, from Leo C. Rosten (Executive Office of the
President – Office for Emergency Management – Office Memorandum) to Mr. Lowell
Mellett, Subject: Story for “Variety”, May 11, 1942, Hollywood Productions Book – E.A.
Minderman, Blackburn, Katherine C., Lowell Mellett – Personal Files 1938-1944, Fdrl.
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ampio, che avrebbero abbracciato, di lì a poco, anche le pellicole d’evasione. Fra le raccomandazioni espresse nel rapporto finale sulle attività svolte, infatti, i funzionari dell’Ogf invitarono a «continuare a fornire assistenza ai produttori di cortometraggi e lungometraggi assicurando un’informazione governativa appropriata da inserire nei loro film».9
Nel giugno del 1942 l’ufficio guidato da Mellett fu assorbito dalla sezione-nazionale dell’agenzia unica per la propaganda, l’Office of War Information (Owi), col nome di Bureau of Motion Picture (Bmp).10 Il problema maggiore, dal punto di vista del Bmp, era costituito dal fatto che, nel primo anno di guerra, Hollywood aveva veicolato una narrazione del conflitto semplicistica e irrealistica, inutile propagandisticamente nonché potenzialmente dannosa, assolutamente da correggere. Nel prosieguo del discorso pronunciato al simposio del Motion Picture National Board of Review nel novembre del 1942, Mellett affermò:
Hollywood, come altre industrie del divertimento, prende spunto dagli interessi contingenti e uno di questi è la guerra. Pertanto i film che utilizzano il tema della guerra sono cresciuti sensibilmente di numero. Disgraziatamente molti di questi non sono buoni film, a causa della competizione tra i produttori per corrispondere questo naturale interesse del pubblico, così grande che all’inizio molti film furono scritti, prodotti e distribuiti prima ancora che autori e produttori potessero rendersi conto di cos’è la guerra, cosa significa per una grande democrazia prender parte a una guerra, in particolare una guerra che coinvolge ogni altro paese, grande o piccolo, del globo, e ogni aspetto della vita nel nostro Paese. Abbiamo avuto un’ondata di film che non avevano più aderenza alla realtà di quanto ne abbiano le strisce di fumetti del giornale, film che erano studiati per confermare la nostra concezione naif per cui tutti i tedeschi sono superspie e maestri dell’arte bellica o tonti heilhitleranti, tutti i giapponesi sono sabotatori con denti da cavallo indossanti occhiali con montatura di corno, e qualsiasi corrispondente di guerra americano poteva, con l’aiuto di un’attraente bionda, gestire tutta la situazione, lasciando a noi altri ben poco da fare eccetto sedere in sala ad applaudire. Sfortunatamente questa guerra
9 Motion Picture in War Information (Recommendations), Submitted to Lowell Mellett, Coordinator of Government Film, by Arch A. Mercey, Deputy Coordinator of Government
Film, June 16, 1942, Motion Picture in Total War, Records of the Historian Relating to the
Domestic Branch, Rg 208, Nara. 10 Sull’Owi, si veda: Allan Winkler, The Politics of Propaganda – The Office of War Information, 1942-1945, New Haven – London, Yale University Press, 1978.
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non è cosi facile, e tutto ciò che induce le persone a pensare che lo sia arreca un danno molto grande al Paese.11
Il distaccamento di Los Angeles del Bmp, in diretto contatto con le case cinematografiche, non perdeva occasione per esortarle a produrre «film di puro intrattenimento senza alcun tipo di riferimento alla guerra […], che non dovrebbe essere usata nei film eccetto quando essi risultino, di conseguenza, di concreto aiuto per la vittoria».12 I propagandisti fornirono «suggerimenti specifici» inerenti i temi dell’informazione di guerra («i principi», «il nemico», «popoli e nazioni unite», «lavoro e produzione», «il fronte interno», «le forze combattenti») da drammatizzare nel contesto della cornice narrativa. «Se attentamente e naturalmente inseriti in dialoghi ordinari, trame e scene», sostenevano, «certi dettagli possono avere un grande effetto finale». Di seguito sono riportati alcuni esempi di ciò che veniva chiesto di evidenziare:
Mostrate cosa l’uomo comune ha da guadagnare dalla vittoria […] e cosa rischia di perdere in caso di sconfitta […]. Mostrate la democrazia in funzione – nella comunità, nella fabbrica, nell’esercito […]. Mostrate stranieri leali contribuire allo sforzo bellico, contenti della possibilità di supportare e aiutare la terra libera che li ha adottati […]. Cercate di far capire che il nemico non è un pugno di leader attorno a Hitler, Mussolini e Tojo da una parte – un nemico personificato – né, all’opposto, l’intero popolo tedesco, italiano e giapponese. Il nemico sono le molte persone infettate dalla velenosa dottrina dell’odio, della forza che si fa diritto […]. Mostrate gli indifferenti, i creduloni, gli scarica-barile, i pessimisti cronici come inconsapevoli agenti dell’Asse – per la verità più pericolosi di spie e sabotatori nemici, la cui parte è stata esagerata […]. Non ridicolizzate o sottovalutate il nemico. Egli è astuto e coriaceo, occorrerà molto tempo per sconfiggerlo […]. Appena se ne presenta l’opportunità puntualizzate che siamo trenta nazioni unite, combattenti fianco a fianco. I film sono stati inclini a esagerare il ruolo dell’America nel conflitto […]. Mostrate i nostri
11 Wartime Motion Pictures. An address by Lowell Mellett, Chief Bureau of Motion Picture – Office of War Information – Washington, D.C., For delivery Thursday morning, November 12, 1942, before the annual meeting of the National Board of Review, Hotel Pennsylvania, Nyc, Motion Pictures – Research – Clippings, Papers of Harry S. Truman – Smof:
Dallas C. Halverstadt Files – Subject File, 1946 – 1951, Htlm. 12 Wm. Goetz to All Producers, Directors, Writers and Heads of Department – Twentieth
Century-Fox Film Corporation, March 5, 1943, Weekly Log (Poynter’s Office) to June 1943, Records of the Historian Relating to the Domestic Branch 1942-45, Rg 208, Nara.
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ragazzi in Australia, Irlanda, Inghilterra ecc. sfamati e ospitati dai nostri alleati. […] Mostrate i nostri alleati come persone, come sono realmente, non come stereotipi o come creature peculiari sostanzialmente diverse da noi, e neanche come del tutto evidenti tipi americani trasposti in un ambiente esotico […]. Mostrate i risultati della privazione di libertà essenziali sui popoli dei paesi conquistati dall’Asse. Troppi film sulle genti dei paesi occupati hanno fino a oggi fallito nel mostrare gli effetti della conquista […]. Appena se ne presenta l’occasione, mostrate, naturalmente, in modo poco appariscente, persone fare piccoli sacrifici per la vittoria – volontariamente, gioiosamente, e per il loro proprio senso di responsabilità, non perché qualche legge li obbliga […]. Dedicate un po’ di attenzione ai reparti meno appariscenti così come la dedicate alle forze aree; riconoscete l’importanza vitale della fanteria, dell’artiglieria, del genio, dei servizi […]. Sottolineate il meticoloso addestramento dei nostri ragazzi, la migliore assicurazione per la loro sopravvivenza […]. Mostrate confusi tra la folla e qualche ferito. Preparate le persone alle perdite cui andremo incontro, ma non allarmatele […]. Fate parlare le persone francamente, realisticamente, dei loro ragazzi in servizio. Mostrate soldati di colore tra la folla, occasionalmente nella veste di ufficiali. Sottolineate la nostra unità nazionale usando nomi di estrazione straniera, mostrando tizi stranieri tra i soldati. Non esagerate nel concepire le scene di combattimenti in chiave melodrammatica […]. Quando possibile mostrate scene di addestramento militare che risulterà utile al soldato dopo la guerra in tempo di pace, come l’addestramento tecnico, ingegneristico e meccanico. Guardate avanti, ai giorni in cui le liste dei caduti saranno una tragica realtà in America. […] Cercate di far comprendere a madri, mogli e famiglie perché il sacrificio dei loro cari non è stato inutile. 13
Questi e altri spunti costituirono il nucleo del Government information Manual for the Motion Picture Industry, distribuito a manager, sceneggiatori e registi stampato su fogli mobili in quanto integrato settimanalmente in base alle questioni più stringenti.14
13 Special Bulletin, Ex-Unit “A”, Owi – Bmp, Motion Picture (Db) 14, Draft Historical Reports 1941-48, Records of the Historian [Relating to the Overseas Branch 1942-45], Rg 208, Nara. 14 Government Information Manual for the Motion Picture Industry, Government Information Manual for the Motion Picture Industry, Records of the Historian Relating to the Domestic Branch 1942-45, Rg 208, Nara. Una bozza del manuale è stata pubblicata in: Ken
Short, Historical Journal of Film, radio and television, “Washington’s Information Manual for Hollywood, 1942”, 1983, Vol. 3, No. 2, pp. 171 – 180. Tale versione è datata 2 giugno 1942, il che significa che è stata concepita dall’allora Office of the Coordinator of
Government Film.
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Per “aiutare” gli addetti ai lavori, i funzionari del Bmp leggevano copioni e guardavano film in produzione «regolarmente», trasmettendo agli studios le opportune revisioni e raccomandazioni; come risultato «molti film contemplati furono abbandonati dalla produzione, un grande numero di copioni furono riscritti e cambiati, e in certi casi sequenze discutibili […] furono eliminate o rigirate».15 Naturalmente non senza alcune resistenze, come si evince del resoconto di una riunione del Consiglio per l’informazione bellica durante la quale il direttore dell’Owi, Elmer Davis, riferì che, per quanto «i capi dell’industria» non avessero «alcuna seria obiezione circa la funzione di critica negativa dell’Owi rispetto ai film», e fossero «d’accordo nel ritenere che tale critica sia effettuata nella fase della scrittura della sceneggiatura piuttosto che dopo il completamento del film», vi erano state «lamentele circa il personale dell’Owi a Hollywood, dirette in modo particolare verso il tentativo di suggerire il contenuto dei film». Conseguentemente, Davis fu costretto a dichiarare pubblicamente che «l’Owi non deve tentare di inserire alcunché in alcun film di Hollywood» pur avendo «fatto presente ai capi dell’industria che […] non lascerà per nessuna ragione al mondo il suo distaccamento a Hollywood».16 Nonostante le rassicurazioni del direttore dell’Owi, le critiche nei confronti del lavoro dell’agenzia per la propaganda non si placarono mai del tutto, giungendo pungenti persino da colui il quale era stato il membro più importante di quell’avanguardia di giovani produttori dichiaratasi assertrice dell’impegno civico di Hollywood ben prima di Pearl Harbor, Walter Wanger17. In un articolo uscito nella primavera del 1943, l’allora Presidente dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences dileggiava certi «super-intellettuali» secondo i quali «ciò che affascina coloro che si considerano l’elite colta deve essere per forza buono; mentre ciò che invece milioni di persone apprezzano di più, pessimo!». Per un “ingegnere del
15 Overseas Motion Picture Bureau, Report for period September 16, 1943 to October 15, 1943, Motion Pictures (Ob), Entry 266, Rg 208, Records of Office of War Information,
Nara. 16 Board of War Information – Minutes of the Meeting of February 10, 1943, Owi - Board of
War Information Meetings [minutes of meetings from September 2, 1942, June 29, 1943] (2), Lilly Edwards P., Papers, 1928-1992, Ddel. 17 Cfr. John Grierson, Propaganda on Film – a Nation at War, “The Film at War”, Rochelle
Park, Hayden Book Company, 1975, pp. 55 – 58.
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divertimento” il pubblico era “sovrano”. «Il film impegnato deve superare lo stesso test che il film d’evasione più facilmente supera: i frequentatori dei cinema devono aver voglia di vedere il film. Altrimenti “goebbelsiziamo” il cinema». Wanger poneva infine l’accento sulla presunta imperizia dei burocrati dell’Owi, definiti «sempre più ansiosi di introdurre roba nelle sceneggiature» e «incapaci di comprendere che lo spettatore non ha voglia di essere annoiato con film pesanti.18
All’interno del distaccamento del Bmp a Hollywood competeva alla Film Analysis and Reviewing Division selezionare tra l’enorme mole di materiali, talvolta con qualche difficoltà, i testi ritenuti più rilevanti dal punto di vista della politica per l’informazione.19 È interessante notare che gli addetti del governo classificavano la produzione cinematografica d’evasione secondo categorie-guida loro proprie e, in base a queste, la definizione “film di guerra” non abbracciava necessariamente o esclusivamente i film dove erano presenti scene di combattimenti. Piuttosto, i burocrati individuarono i film connessi con la guerra in base ai sei topic indicati nel manuale: «qualsiasi film in cui il tema principale o la storia ha a che vedere con uno o più dei topic menzionati è considerato un film di guerra. Questa definizione ha portato a includere alcuni film in cui la guerra non è neanche menzionata».20
1942 % 1943 % 1944 % Tot. % Directly related to the war 126 25,9 133 33,2 115 28,5 374 28,5 The Issues 10 7,9 20 15 13 11,3 43 3 The Enemy 64 50,8 27 20,3 16 13,9 107 8 The United Nations and Peoples 14 11,1 30 22,6 24 20,9 68 5
American Production 5 4 9 6,8 7 6,1 21 1,6 Home Front 4 3,2 15 11,3 21 18,3 40 3
18 Walter Wanger, The Public Opinion Quarterly, “Owi and Motion Pictures”, Spring, 1943,
Vol. 7, No. 1, pp. 100 – 110. 19 Nelson Poynter to Lowell Mellett, February 25, 1943, Motion Picture Bureau Misc. 194243, Records of the Historian Relating to the Domestic Branch 1942-45, Rg 208, Nara. 20 Dorothy Jones, Hollywood Quarterly, “The Hollywood War Film: 1942-1944”, Oct., 1945, Vol. 1, No. 1, pp. 1 – 19.
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Fighting Forces 29 23 32 24,1 34 25,4 95 7,3 Army 51 Navy 26 Merchant Marine 8
Women’s Unit 5
Miscellaneous 5
La tabella riassume i dati relativi ai film ritenuti di primaria importanza per il Bmp (suddivisi per topic e, nel caso dei film sulle “forze combattenti”, per corpi ai quali erano dedicati) tra quelli prodotti nel periodo di riferimento. Essa è stata ricavata da un articolo (intitolato The Hollywood War Film: 1942-1944) scritto dall’allora coordinatrice della Film Analysis and Reviewing Division, Dorothy Jones, immediatamente dopo la fine delle ostilità. Il fatto che l’ex-responsabile del team di revisori sia stata in grado di produrre una serie così precisa di riferimenti, spinge a ritenere che abbia conservato tra le sue carte personali un’ampia quanto approfondita documentazione di quella che è stata l’attività dell’ufficio dell’Owi a Hollywood durante l’incarico presso di esso (nell’introduzione si dice che vi lavorò per più di due anni e quindi, presumibilmente, dal giugno 1942 alla seconda metà del 1944). Nel medesimo articolo, con ogni probabilità rispecchiante le opinioni (che ormai la vittoria conseguita permetteva di rendere pubbliche) generalmente condivise in seno al Bmp, si traccia una sorta di bilancio finale circa i risultati ottenuti in termini di produzione di film propagandisticamente (oltre che artisticamente) validi. Sostanzialmente, era denunciato il «fallimento di Hollywood nel trarre il massimo vantaggio dai film nel contesto dello sforzo bellico».21 Ripercorriamo dunque, per sommi capi, i giudizi espressi da Jones.
Il diretto coinvolgimento statunitense nel conflitto aveva reso particolarmente necessari film sul nemico, ma molti dei film usciti nel 1942, che trattavano di attività di spionaggio e sabotaggio, risultavano «insignificanti» e, altrettanto spesso, «fuorvianti»; nel peggiore dei casi, non solo ingeneravano nel pubblico una sottovalutazione dell’avversario ma, esagerando la minaccia rappresentata effettivamente delle “quinte colonne”, alimentavano diffidenze e sospetti nel momento in cui la situazione impone-
21 ibid.
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va di fortificare l’unità della comunità.22
Un rapporto compilato dai revisori nel settembre 1943 riferisce di modesti miglioramenti circa i film sul nemico, che vedevano «in azione agenti segreti in un numero minore di casi» ed erano divenuti «di gran lunga più realistici e con l’ideologia, la propaganda e le tattica fascista meglio definite».23 Esempi in tal senso erano Northern Pursuit (l’ostaggio, R. Walsh, 1943) e Background to Danger (le spie, R. Walsh, 1943), nei quali la trattazione del tema spionistico era stata migliorata, Hitler’s Children (i figli di Hitler, E. Dmytryk, I. Reis, 1943), dove è mostrato l’indottrinamento impartito alla Gioventù hitleriana, e this land is Mine (Questa terra è mia, J. Renoir, 1943) che, oltre a fornire un ritratto verosimile del nemico nazista, raccontava bene le attività di resistenza in un paese occupato; alcuni, come Pilot Number Five (n. d., G. Sidney, 1943), tentarono persino di affrontare il delicato tema del fascismo negli Stati Uniti. Tuttavia a guerra conclusa, nonostante fossero i più numerosi tra quelli appartenenti alle sei categorie di interesse per l’Owi, i film sul nemico si riteneva non avessero svolto egregiamente il compito di spiegare il fascismo, in quanto concepiti semplicemente come «un mezzo per capitalizzare al botteghino l’interesse del pubblico per la guerra».24
22 ibid. 23 Results of our recent inventory of Hollywood motion picture feature, Owi Bureau of Motion Pictures, Hollywood Office, Overseas Branch, October 8, 1943, Weekly Log (Poynter’s Office) to June 1943, Records of the Historian Relating to the Domestic Branch 194245, Rg 208, Nara. 24 Dorothy Jones, op. cit.
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Anche i film mostranti il fronte interno e produttivo americano erano considerati particolarmente utili nel momento in cui la vita di milioni di cittadini stava per cambiare drasticamente. Questi film dovevano infatti rammentare agli spettatori l’importanza di seguire diligentemente pratiche quali il risparmio del cibo, l’accantonamento dei materiali, l’acquisto di buoni di guerra e, secondariamente, servire a mostrare alle popolazioni sottoposte agli orrori della guerra che negli Stati Uniti la vita non continuava come se niente fosse, che gli americani erano consapevoli dei sacrifici che la guerra comportava, e che li accettavano di buon grado in funzione della vittoria. Quelli sul fronte interno (per la maggior parte del genere comedy) furono considerati non solo esigui ma anche, salvo rare eccezioni, inadatti. Se nel caso di the More the Merrier (Molta brigata, vita beata, G. Stevens, 1943), in cui lui e lei dividono l’alloggio prima che cupido scocchi la sua freccia, la formula hollywoodiana aveva prodotto un risultato propagandisticamente apprezzabile, più spesso il lavoro della croce rossa, le mansioni degli osservatori del cielo e altre attività connesse con la difesa civile, vennero ridicolizzate, come nel caso di Blondie for Victory (n. d., F.R. Strayer, 1942), air raid Wardens (il nemico ci ascolta, E. Sedgwick, 1943) e Dixie Dugan (n. d., O. Brower, 1943); i revisori ritenevano che tali film avessero fiaccato il reclutamento di volontari in patria e fossero stati considerati irriguardosi da parte delle popolazioni dei paesi soggetti a bombardamenti. Parimenti un ciclo di film ambientati a Washington, fra cui figuravano Government Girl (Se non ci fossimo noi donne, D. Nichols, 1943), So this is Washington (n. d. R. Mc Carey, 1943), Standing Room Only (tutto esaurito, S. Lanfield, 1944), the Doughgirls (ragazze indiavolate, J.V. Kern, 1944), per quanto fosse «innocuo» se mostrato ad un pubblico statunitense, era ritenuto aver dato a quello straniero, poco familiare con la scena americana e incapace di distinguere tra parodia e realtà, «una fotografia effimera e altamente critica della nostra Capitale in tempo di guerra». In generale i film rientranti in questa categoria contribuirono ben poco allo sforzo bellico «ridicolizzando, esagerando o snaturando» i problemi del fronte interno, una tendenza ritenuta particolarmente dannosa per la sua proiezione all’esterno. Per quel che riguarda invece i film sul fronte produttivo, che dovevano servire a suscitare «interesse ed entusiasmo» per l’economia di guerra, dai ritmi sostenuti e incessanti, aiutando il reperimento di manodopera per
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l’industria, nonché ad arricchire il prestigio del Paese all’estero, dove la vita di molte persone dipendeva dagli equipaggiamenti bellici made in Usa, se solo i destinatari si fossero resi conto «di quanto è costato produrre queste armi», i risultati non furono giudicati certo migliori:
La storia dei lavoratori americani è stata sempre una di quelle che Hollywood ha snobbato, e l’importanza maggiore della produzione in guerra non ha invertito questa tendenza. […] Non vi è dubbio che Hollywood ha fallito miseramente in riferimento alla sua responsabilità di rappresentare e interpretare il ruolo di capitale e lavoro nel vincere la guerra.25
I rappresentanti delle case cinematografiche spiegavano le difficoltà inerenti la narrazione del mondo della produzione in termini di opportunità, asserendo che «gli operai vogliono fuggire da qualsiasi cosa gli ricordi il lavoro quando vanno al cinema», oltre che nella oggettiva «difficoltà di concepire storie attorno alla vita in fabbrica». Un terzo di questi film era costituito da musical, come Mountain Rhythm (n. d., F. McDonald, 1943), Priorities on Parade (n. d., A.S. Rogell, 1942), Hers to Hold (tua per sempre, F. Ryan, 1943), Meet the People (n. d., C. Reisner, 1944), ma nessuno di quelli degni di encomio apparteneva a questo genere: Wings for the eagle (n. d., L. Bacon, 1942), le cui riprese furono ambientate negli stabilimenti della Lockheed, Good Luck, Mr. Yates (n. d., R. Enright, 1943), la storia di un insegnante che lascia la cattedra per un cantiere navale, e Man from Frisco (n. d., R. Florey, 1944), ritenuto un interessante squarcio di vita in fabbrica.26
L’importanza della posta in gioco, per cui valeva la pena mettere da parte interessi particolari, avrebbe dovuto essere esaltata specialmente nei film dedicati ai temi della guerra, nonché della futura pace. Fra i primi, straordinariamente gradito fu Joe Smith, american (Un americano qualunque, R. Thorpe, 1942) dove il protagonista, incarnante l’americano medio, rivaluta istituzioni e pratiche democratiche del suo Paese che era abituato a dare per scontate. The Ox-Bow Incident (alba fatale, W. Wellman, 1943), sul problema delle libertà civili, Power of the Press (n. d., L. Landers, 1943), sulle responsabilità che la libertà di stampa implica, e
25 ibid. 26 ibid.
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Watch on the rhine (Quando il giorno verrà, H. Shumlin, H. Mohr, 1943), storia di un antinazista tedesco recatosi a Washington, erano altrettanti esempi di ciò che il Bmp si aspettava da Hollywood.27 Per quanto nel settembre 1943 i film ritenuti utili a raccontare l’America al mondo fossero ancora una percentuale minima della produzione, i revisori del Bmp costatavano con soddisfazione che il numero dei film «dedicati ai temi della guerra o al modo di vivere americano» era cresciuto rispetto all’anno precedente.28 Per quanto concerne i secondi, l’inventario compilato nove mesi dopo evidenziava l’«importanza speciale rivestita da questa particolare tipologia di film» (probabilmente in virtù del loro prossimo utilizzo in Europa centrale dopo il successo dello sbarco in Normandia) e il fatto che fossero aumentati, seppur in termini relativi rispetto al totale della produzione, da trenta a cinquanta (di questi «quattordici trattavano la storia americana, ventisette il modo di vivere americano contemporaneo, uno tentava di immaginare gli Stati Uniti del dopoguerra, e otto riguardavano i problemi delle minoranze americane»).29
I problemi connessi con la futura pace furono approfonditi solo dal 1944 e in pochi film, tra cui spiccavano Wilson (Wilson, H. King, 1944), biografia del Presidente che non riuscì a far aderire gli Stati Uniti alla Lega delle Nazioni (antesignana della costituenda Organizzazione delle Nazioni Unite) e None Shall escape (Nessuno sfuggirà, A. De Toth, 1944), che affrontava il problema dei processi per i crimini perpetrati dai leader nazisti. A dispetto dello scarso numero di film a esso dedicai, il topic concernente i temi della guerra fu quello dove Hollywood produsse, secondo i propagandisti, i migliori risultati.30
I film sulle forze armate (secondi per numerosità) appartenevano prin-
27 ibid. 28 Results of our recent inventory of Hollywood motion picture feature, Owi Bureau of Motion Pictures, Hollywood Office, Overseas Branch, 8 October 1943, p. 4, Weekly Log (Poynter’s Office) to June 1943, Records of the Historian Relating to the Domestic Branch 1942-45, Rg 208, Nara. 29 Report to the motion picture industry of recent Owi inventory of Hollywood motion picture features, Los Angeles Overseas Bureau, Owi, [as of June 15, 1944], Weekly Log (Poynter’s Office) to June 1943, Records of the Historian Relating to the Domestic Branch 1942-45, Rg 208, Nara. 30 Dorothy Jones, op. cit.
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None shall escape
cipalmente ai generi comedy o musical e inizialmente molti, usando un campo d’addestramento come sfondo, centravano le vicende «intorno a un impacciato, gradasso, duro sergente», protagonista di storie che avevano ben poco a che vedere con la serietà delle pratiche connesse con l’addestramento. Si elogiavano, quali isolati sforzi di ritrarre più realisticamente la vita militare, The Navy Comes Trough (la Marina è vittoriosa, A.E. Sutherland, 1942), esaltante i rischi corsi dai marinai per consegnare equipaggiamento bellico, e Wake island (l’isola della gloria, J. Farrow, 1942), che conciliava sapientemente il film d’azione con lo stile documentaristico.31 Dai documenti prodotti dal Bmp nel 1943, risulta che i propagandisti ritenevano le storie incentrate sulle forze armate in generale «meno melodrammatiche, più serie e realistiche. Nonostante alcune non irrilevanti eccezioni, pare esserci una crescente tendenza a trattare il soldato con
31 ibid.
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Destination Tokyo
dignità e rispetto invece di servirsene per commedie».32 Manifestazioni di questo nuovo approccio erano riconosciute in film come Destination Tokyo (Destinazione Tokyo, D. Daves, 1943), the eve of St. Mark (n. d., J.M. Stahl, 1944), A Guy Named Joe (Joe il pilota, V. Fleming, 1943), air Force (l’arcipelago in fiamme, H. Hawks, 1943), Bataan (Bataan, T. Garnett, 1943), Guadalcanal Diary (Guadalcanal, L. Seiler, 1943), Gung Ho! (n. d., R. Enright, 1943), Sahara (Sahara, Z. Korda, 1943), Bombardier (19° stormo bombardieri, R. Wallace, 1943), action in the North atlantic (Convoglio verso l’ignoto, L. Bacon, 1943). Tuttavia, a fronte di questi esempi considerati eccellenti per il loro modo di drammatizzare «onestamente e costruttivamente» il lavoro degli uomini al fronte, ancora molti film, come the Fighting Seabees (i conquistatori dei sette mari, E. Ludwig, 1943), per quanto fossero «apprezzabili nelle loro intenzioni
32 Results of our recent inventory of Hollywood motion picture feature, Owi Bureau of Motion Pictures, Hollywood Office, Overseas Branch, October 8, 1943, Weekly Log (Poynter’s Office) to June 1943, Records of the Historian Relating to the Domestic Branch 194245, Rg 208, Nara.
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the Seventh Cross
cadevano nell’errore di usare la guerra per le solite, trite, storie romantiche hollywoodiane»; allo stesso modo The Story of Dr. Wassell (la storia del Dr. Wassel, C. B. De Mille, 1944), dove il protagonista è un dottore della marina che, con l’aiuto di giavanesi, cinesi e britannici, riesce nell’impresa disperata di portare in salvo dei feriti dopo l’invasione dell’isola da parte dei giapponesi, avrebbe potuto essere un buon soggetto ma soffrì di una «eccessiva artificializzazione, romanticizzazione e stereotipizzazione delle parti e delle situazioni». Per quanto la guerra fosse trattata con «minor superficialità» e il tipo di umorismo fosse più coerente con i canoni del «buon gusto», nel 1944 vi fu un sostanziale ritorno alla rappresentazione delle forze armate attraverso i generi comedy e musical, come in thousands Cheer (la parata delle stelle, G. Sidney, 1943), Up in arms (Così vinsi la guerra, E. Nugent, 1944), Rainbow Island (l’isola dell’arcobaleno, R. Murphy, 1944), This Is the Army (This Is the Army, M. Curtiz, 1943), Here Come the Waves (n. d., M. Sandrich, 1944). Il giudizio finale, anche per quanto riguarda questo tema, era «infelice», soprattutto perché «in tali film vi era spesso un eroe americano spaccone che risolve tutto da solo. Questo particolare tipo di arroganza ci ha procurato molto
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criticismo all’estero», racconta Jones, «dove fummo accusati di ridimensionare il contributo dei nostri alleati e di esagerare la parte da noi giocata in questa guerra».33
I propagandisti americani consideravano infatti «necessario» fornire una «testimonianza» dell’apprezzamento per il ruolo che i popoli alleati avevano giocato nella «comune lotta contro il nemico». In questa prospettiva furono particolarmente apprezzati Mrs. Miniver (la signora Miniver, W. Wyler, 1942), utile (malgrado il ritratto fallace della classe media inglese) ad accrescere la solidarietà anglo-americana, e Mission to Moscow (n. d. M. Curtiz, 1943), uno sforzo (fra i più controversi per le “licenze artistiche” adottate nel rappresentare le purghe staliniane e il patto di non aggressione tra Mosca e Berlino) per dipingere i sovietici in termini simpatetici dopo che essi erano stati ridicolizzati e criticati sullo schermo per anni.
Apprezzati furono altresì Dragon Seed (la stirpe del drago, J. Conway, 1944), che forniva una rappresentazione dignitosa della lotta dei cinesi contro il Giappone, Corvette K-225 (Corvetta K-225, R. Rosson, 1943), considerato un omaggio alla marina canadese, e the Seventh Cross (la settima croce, F. Zinnemann, 1944), per il ritratto impeccabile di un antinazista tedesco. Nonostante i propagandisti ritenessero che, nel complesso, il tema delle nazioni unite fosse stato al centro di alcuni dei migliori film di guerra prodotti, essi reputavano produttori, così come sceneggiatori, registi, e attori, generalmente molto limitati dalla loro scarsa conoscenza dei popoli e delle situazioni che stavano rappresentando, in particolare per ciò che riguarda lo spirito dei primi e la comprensione politica delle seconde.34
Naturalmente il Bmp scelse con speciale attenzione le pellicole dirette nei territori riconquistati: «il numero di film che possono implementare pienamente i nostri obiettivi politici di guerra è […] estremamente risicato», sottolineavano i funzionari, «poiché non siamo nella posizione di esigere che Hollywood produca film che attuino i nostri fini propagandi-
33 Dorothy Jones, op. cit. 34 ibid.
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stici, dobbiamo stabilire dei paletti attraverso cui selezionare appropriatamente i materiali disponibili». Tali “paletti” mirarono a escludere i film mostranti corruzione politica, crimine, razzismo, imperialismo politico o commerciale, violazione delle Quattro libertà, accettazione passiva di ingiustizie economiche o sociali, americani inconsapevoli o disinteressati rispetto allo sforzo bellico, scene distorcenti fatti militari o politici al fine di esagerare la parte giocata dagli americani su fronti dove gli alleati avevano sostenuto la maggior parte dei combattimenti, o che mettessero in ridicolo le rispettive forze armate, nonché screditanti nazioni alleate, amiche o neutrali (anche attraverso singoli cittadini), film di guerra facenti vedere attività di resistenza o la distruzione procurata dalle operazioni militari alleate nel paese ove il film sarebbe stato mostrato (la differenza tra la realtà e la versione hollywoodiana si riteneva avrebbe irritato il pubblico locale), e film esaltanti l’opulenza americana nel momento in cui erano distribuiti in realtà affamate.35
L’insufficiente contributo propagandistico di Hollywood alla guerra contro l’Asse era imputato fondamentalmente a due fattori. Il primo risiedeva nella supposta impreparazione degli studios alla trattazione di soggetti a sfondo sociale, lacuna mai colmata. «Nonostante Hollywood cercasse di discostarsi dalle sue solite formule nel fare film di guerra, i risultati furono disastrosi, dato che il materiale stesso finì per risultare secondario rispetto allo sviluppo della storia convenzionale».36 In secondo luogo, secondo i propagandisti, Hollywood aveva dimostrato una «mancanza di consapevolezza e considerazione circa il pubblico straniero. Attenzione primaria nella produzione è sempre stata accordata al botteghino nazionale, la fonte principale degli introiti dell’industria». In particolare per quel che riguarda la rappresentazione della guerra sui fronti di combattimento, la maggioranza degli addetti ai lavori era reputata «incapace di comprendere che il melodrammatico film d’azione a tinte forti, con l’eroe americano che da solo si sbarazza di decine di nazisti, avrebbe
35 Attached Operational Plan for Motion Pictures to be Shown in Liberated Areas, from Louis Lober, Assistant Chief – Motion Picture Bureau – Overseas Branch, to Ulric Bell, Motion Picture Bureau – Hollywood, November 24, 1943, Louis Lober, Records of the Historian Relating to the Domestic Branch 1942-45, Rg 208, Nara. 36 Dorothy Jones, op. cit.
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portato sarcasmo e fischi in un cinema di Londra», o «che un musical intonante “gli yankee l’hanno fatto una volta e possono rifarlo”, avrebbe causato sconquassi tra soldati americani e britannici in un cinema di Bombay».37 Poco dopo l’uscita dell’articolo di Jones, Arthur Rosenheimer Jr, che aveva servito nei Signal Corps (il dipartimento per la cinematografia dell’esercito), scrisse un altro articolo altrettanto critico nei confronti di Hollywood:
Non ho una lista onnicomprensiva di film a mia disposizione, come la signora Jones, ma se la memoria non m’inganna – e non credo – vi furono al massimo due o tre film minimamente assertivi circa il fatto che ciò per cui stavamo combattendo era la democrazia, e che quell’idea, o ideale, poteva nobilitare il nostro fine e rafforzare la nostra volontà: Sahara, Bataan, e forse action in the North atlantic. […] La guerra forniva un’ampia gamma di possibilità per illustrare certi principi. L’essenza della democrazia è un plotone al fronte, dove ogni uomo fa la sua parte perché sa che il successo della sua unità, e la sua stessa incolumità, dipendono da questa. Hollywood ha preferito invece concentrarsi sul leader – Errol Flynn, con un’imperfezione sulla sua guancia – distorcendo il tema. O un ospedale militare, […] lì tutti sono trattati ugualmente a prescindere dal loro grado […]. Con l’eccezione di Pride of the Marines [C’è sempre un domani, D. Daves, 1945], la sua versione hollywoodiana è una storia d’amore tra un’infermiera e il capitano. […] Se Hollywood ha fornito un qualche sostanziale contributo allo sforzo bellico, questo è rappresentato dal grande numero di tecnici e artisti del cinema impiegati nella produzione di training e orientation film per le forze armate.38
Anche Jones aveva concluso la sua riflessione con un riferimento agli addetti ai lavori che (svolto il servizio militare) sarebbero tornati al loro originario impiego, i quali, sosteneva, avendo fatto «un uso quotidiano del film come dinamica arma di guerra», avrebbero «accelerato» quei «cambiamenti importanti» circa i «tradizionali» modi di concepire la cinemato-
37 ibid. Probabilmente l’autrice allude nel primo caso a Objective, Burma! (obiettivo Burma!, R. Walsh, 1945), la cui storia mostra il plotone americano, al seguito dall’eroe interpretato da Errol Flynn, avere la meglio sui giapponesi in un teatro militare in realtà di competenza britannica; infatti, dopo le proteste suscitate dal film nel Regno Unito, la Warner
Bros. interruppe la sua distribuzione oltreoceano. Su questo episodio, cfr. Richard R. Lingeman, Don’t You Know There’s a War On? The American Home Front, 1941-1945, New
York, G.P. Putnam’s Sons, 1970. 38 Arthur Jr. Rosenheimer, Hollywood Quarterly, “Hollywood’s Wartime Service”, Apr., 1946, Vol. 1, No. 3, pp. 330 – 331.
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Il sermone nella chiesa bombardata (Mrs Miniver, 1942, di William Wyler)
grafia manifestatisi nella produzione durante la guerra di alcune pellicole considerate eccellenti per il modo di ritrarre la realtà.39 I responsabili per l’informazione di Washington erano convinti che il complesso dei film girati sotto la loro supervisione, per quanto ritenuti non sempre soddisfacenti, avrebbero segnato una sorta di precedente destinato a lasciare tracce evidenti nel linguaggio cinematografico degli anni a venire. Lasciamo al lettore il compito di valutare, in un ottica diacronica, quelle che sono state le eventuali linee di continuità e discontinuità nella rappresentazione (anche di altri conflitti) dopo l’esperienza terminata nel 1945, una sorta di capitolo introduttivo che ci è parso doveroso ripercorrere per capire origine e sviluppo della questione.
39 Dorothy Jones, op. cit.