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di Paolo Cau, pag

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La cinepresa del Comandante

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I film di guerra di Francesco De Robertis

di Paolo Cau

Francesco De Robertis nacque il 16 ottobre 1902 a S. Marco in Lamis (Foggia), da Nicola, magistrato, e da Carolina Tardio, insegnante elementare. Ammesso quindicenne all’Accademia Navale di Livorno, fece in tempo a servire sulla nave scuola amerigo Vespucci prima della fine della guerra. Guardiamarina nel 1923, nel 1928 fu promosso TV e distaccato come osservatore presso la R. Aeronautica, ma il successo ottenuto da una sua opera la luce sul fondo al teatro Manzoni di Milano, lo indusse a congedarsi per dedicarsi al teatro. La sua commedia Civiltà fu recitata al teatro Goldoni di Venezia e un’altra, Hatàma, fu rappresentata dalla compagnia di Emma Gramatica, nuovamente al Manzoni. Si cimentò nel 1937 con una prima sceneggiatura cinematografica ambientata sul mare, ben 800 pagine battute a macchina, dal titolo il nastro azzurro. 1

Il plico fu spedito a Luigi Freddi, già capo ufficio stampa del PNF, redattore del Popolo d’italia e direttore della rivista Giovinezza e, dal 1934, a capo della Direzione generale della Cinematografia, cui diede una forte impronta hollywoodiana; è a lui che si deve la fondazione di Cinecittà e del Centro Sperimentale2. Deluso dalla fredda accoglienza, De Robertis tornò in Marina, assegnato all’ufficio stampa del ministero, partecipando alla progettazione di vari documentarî di propaganda3, come Mine in vista realizzato pochi mesi dopo l’inizio della guerra.

1 V. Dizionario biografico degli italiani, Roma, 1991, vol. 39. 2 Dizionario biografico, cit., 1998 vol. 50, ad vocem. 3 Dizionario biografico, cit., vol. 39, p. 142.

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In pieno conflitto, anche se concepito in tempo di pace, e sempre come breve documentario, fu realizzato Uomini sul fondo, su un sommergibile e la sua gente vittime di un incidente; quindi furono presentati al pubblico la nave bianca, vita di bordo in piena guerra, ed alfa tau!, attività bellica di un sommergibile nel Mediterraneo. Altri due film bellici (Uomini e cieli, e Marinai senza stelle, su una nave scuola di giovanissimi in Adriatico) uscirono solo nel dopoguerra.

Al Nord dopo l’8 settembre4, De Robertis realizzò, in quel “Cinevillaggio” che a Venezia avrebbe dovuto sostituire la romana Cinecittà, Vivere ancora (un attentato anarchico durante i bombardamenti alleati) e i figli della laguna, su un cantiere di gondole che resiste a tentativi di demolizione a scopo di lucro, poi completato nel dopoguerra col titolo la vita semplice.

La mancata epurazione del cinema spiega il riutilizzo di De Robertis nei film di propaganda militare postbellici. Il suo contributo fu, nel 1948, Fantasmi sul mare, incentrato sull’equipaggio di una nave da battaglia nelle ore a cavallo dell’armistizio dell’8 settembre.

L’anno dopo, l’ormai Capitano di Fregata lasciava definitivamente l’uniforme, ma nei film che realizzò in seguito continuarono a prevalere le tematiche marinare e belliche: a parte Gli amanti di ravello, Yalis, la vergine del roncador e la voce di Paganini (un documentario) gli ultimi suoi film da regista (e, quasi sempre, da soggettista e sceneggiatore) furono Carica eroica (quella del Savoia Cavalleria a Isbuscenskij), il mulatto (sul figlio di una donna italiana violentata da un militare afroamericano), i sette dell’orsa Maggiore (sugli attacchi della X Flottiglia MAS coi siluri a lenta corsa, i cosiddetti “maiali”), Uomini ombra (sul Servizio

4 L’adesione di De Robertis alla RSI è controversa. La figlia Daniela ha ricordato in una recente intervista che nel 1944 il padre fu arrestato dai fascisti e detenuto per vari mesi a

Castelfranco Emilia [Riccardo Strada, “Il cinema neorealista: tra arte e verità. Ritratto di

Francesco De Robertis”, l’elefante, 4, gennaio 2007]. L’unica cosa certa è che dopo la liberazione fu retrocesso di grado ma richiamato in servizio; ma anche ammettendo una sua collaborazione anonima alle produzioni cinematografiche di Salò, appare esagerato considerarlo “une figure centrale du cinéma de Salò” [Ruth Ben-Ghiat, “ Un cinéma d’aprèsguerre: le néoréalisme italien et la transition démocratique”, annales, Histoire, Sciences sociales, LXIII, 6, nov.-déc. 2008, pp. 12-23].

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Informazioni della Marina), Mizar (Sabotaggio in mare)(ispirato alle vere vicende della M. d’O. Luigi Ferraro nel Mediterraneo Orientale), la donna che venne dal mare (una finta turista in Spagna collabora con la X MAS nel sabotaggio delle navi inglesi ormeggiate a Gibilterra) e infine ragazzi della Marina, una crociera d’istruzione a bordo dell’incrociatore Montecuccoli, girato l’anno prima della morte di quest’uomo di cinema unico nel suo genere in Italia, che scomparve a Roma il 3 febbraio 19595 .

FILMOGRAFIA DI FRANCESCO DE ROBERTIS

Mine in vista. Il 18 gennaio 1939 De Robertis indirizzò al ministro della cultura Popolare, Dino Alfieri, un progetto di film sulla marina di “spettacolosità non fittizia” ma “reale”, basando la sceneggiatura e la scelta degli attori sulla Forza armata, per rendere adeguatamente “lo spirito navale” e la conoscenza della vita di bordo e militare in tutti i suoi aspetti, compresa gestualità e linguaggio verbale6. Ne scaturì un documentario di 16 minuti, prodotto dal Centro cinematografico della Marina e girato pochi mesi dopo l’entrata in guerra. Il soggetto era la bonifica di un tratto dello Jonio minato dagli inglesi, con l’intervento di dragamine e pescherecci.

La battaglia dello Jonio. Alla ben nota battaglia di Punta Stilo parteciparono alcuni cineoperatori della R. M. coordinati da Angelo Jannarelli (nel dopoguerra direttore della fotografia di africa sotto i mari e Montecassino nel cerchio di fuoco)7: ne risultò un documentario a tratti convenzionale, ma dove la mano del regista si rivela negli intenti didattici: un

5 Cfr. i necrologi di Ernesto G. Laura (“Francesco De Robertis e la guerra senza odio”, Bianco e Nero, marzo 1959) e di Ettore Della Giovanna (“La Marina e il Cinema furono le sue grandi passioni”, la Gazzetta del Mezzogiorno, 6 febbraio 1959). Sottolineavano che, forse sopravvalutato nella sua “epoca d’oro”, De Robertis era stato sicuramente innovatore e scrupoloso e preparato autore e regista. 6 Il progetto, in 13 pagine, si intitolava Criteri di indirizzo per la realizzazione di un film sulla regia Marina. Alfieri lo girò all’ammiraglio Cavagnari, sottosegretario alla marina.

Adriano Aprà, “Storie di guerra: De Robertis e Rossellini”, in Ernesto G. Laura (cur.) con la collaborazione di Alfredo Baldi, Storia del cinema italiano vol. Vi 1940-1944, Centro sperimentale di cinematografia, Venezia, Marsilio, 2010, pp. 69-70. 7 Aprà, op. cit., p. 70 e n.11

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altro concetto espresso nei suddetti Criteri era che un film sulla Marina deve soprattutto mostrare e non dimostrare, come si vedrà, in maniera molto più lampante in Uomini sul fondo. Uomini sul fondo. Sempre nel 1939 De Robertis aveva proposto (alle case Scalera ed APE) il soggetto di un film dal titolo Vira a lasciare: le vicende di due guardiamarina “dal primo gallone al primo imbarco”, opera che strada facendo si trasformò, sembra per impulso del capo di gabinetto del ministero della Marina 8, in Uomini sul fondo, un film, coprodotto dal Centro cinematografico della Marina e dalla Scalera, su un sommergibile evidentemente italiano, ma dal nome fittizio di “A 103”, che speronato da una nave da crociera in tempo di pace, finisce su un fondale, ma viene prontamente soccorso con l’aiuto dei più moderni mezzi tecnici dell’epoca, e tutto l’equipaggio, tranne un uomo, viene salvato. Senza un attimo di stanchezza, le immagini e (con pari importanza) i suoni raccontano, in alternanza serrata, l’incidente, le sue conseguenze immediate, le reazioni visibili della gente di bordo, le ansie dei civili coinvolti nella vicenda (di cui si danno notizie in presa diretta tramite EIAR), la partenza delle unità soccorritrici, le operazioni di salvataggio.

Distribuito nelle sale a conflitto iniziato, il film ottenne un immediato successo: fino all’agosto del ’43, gli incassi superarono i 5 milioni, molta stampa non specializzata lo acclamò. Filippo Sacchi lo definì sul Corriere della Sera “il più vero, il più bello, emozionante di tutti” i film sui sommergibili, mentre, in un primo momento non vi fu simile accoglienza da parte delle riviste specializzate: solo nella primavera del ’42 Ugo Casiraghi e Glauco Viazzi (attivissimi anche nel dopoguerra) pubblicarono su Bianco e Nero una Presentazione postuma di un classico definendo il film “compatto ed omogeneo in tutte le sue parti” 9 E in seguito Ennio Flaiano

8 Ivi, p. 70 e n.8, che rimanda a Federico Giannini, “Fra realtà e finzione: De Robertis e il cinema di propaganda”, Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, giugno 2005, pp. 117-194. 9 Ugo Casiraghi e Glauco Viazzi, “Presentazione postuma di un classico”, Bianco e Nero, 4 aprile 1941, p. 39.

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avrebbe elogiato in Uomini sul fondo la genuina spontaneità dei marinai/ attori, così diversi da quelli in posa per le foto di propaganda10 .

De Robertis si aggiudicò tre (alfa tau!, Uomini e cieli e Marinai senza stelle) delle 21 pellicole approvate prima della caduta del regime dal Comitato per il cinema di guerra e politico del Ministero della Cultura Popolare, retto da Alessandro Pavolini11. Avrebbe dovuto realizzare pure una quarta pellicola, La nave bianca12, ma per problemi di salute dovette abbandonare la regia e il direttore generale della Scalera, Massimo Ferrara Santamaria, affidò la conclusione del documentario sulla nave ospedale all’esordiente Roberto Rossellini, che in precedenza aveva girato solo cortometraggi, ma che dalla sceneggiatura di De Robertis ricavò un mediometraggio di 70 minuti.

Si tratta di un docu-film ante litteram, in cui l’idea di una battaglia aeronavale è resa mostrando particolari, come il brandeggio delle artiglierie, il caricamento, la mano che preme il pulsante di comando di tiro, gli aerosiluranti biplani inglesi (interpretati da esemplari anteguerra), i nostri idrovolanti Romeo Ro. 43, e poi i soccorsi prestati ai feriti in combattimento e il trasbordo sulla “nave bianca” vista anche dall’interno. Ma in tutto ciò si inserisce, al contrario dello stile di De Robertis, una vicenda narrativa, che segue, nella folla, alcuni individui; e non manca, quindi, il particolare sentimentale: il marinaio ferito incontra, come crocerossina che lo assiste, la madrina di guerra che conosceva solo per corrispondenza. La mano di De Robertis si vede però in quel che resta della vicenda collettiva e nell’uso di filmati delle reali battaglie di Capo Teulada e Punta Stilo.

10 Ennio Flaiano, ombre fatte a macchina, a c. di Cristina Bragaglia, Bompiani, Milano, 1996, p.70. 11 L.F. (Lando Ferretti), “Il cinematografo strumento di lotta e di vittoria”, lo Schermo, Maggio 1941-XIX (n.5), p. 6 (che si conclude con l’esortazione “All’opera, camerati!”). 12 Alfonso Venturini, il cinema a Firenze durante la guerra, in Mondo contemporaneo. rivista di storia, n. 3, 2010, pp. 21-23.

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Il film superò di 3 milioni l’incasso totale di Uomini sul fondo e fu apprezzato anche dalla critica: Filippo Sacchi parlò di “ricostruzione superba”13 , e Massimo Alberini lo definì “il film che attendevamo da anni”, perché mediante le vicende individuali superava sia il documentario puro che il film collettivo “di tipo russo”14 . Alfa Tau! Nell’inoltrato 1942, la Scalera, insieme al Centro Cinematografico della Marina, produssero il secondo lungometraggio di cui De Robertis era regista: come la nave bianca era ambientato in piena guerra, e come Uomini sul fondo ne erano protagonisti un sommergibile italiano e la sua gente: alfa tau!. Dopo una missione nel Mediterraneo, il battello “X 3” rientra alla base, inalberando il segnale “Alfa Tau” (“combattimento vittorioso contro unità nemica”, spiega la vedetta che da terra lo avvista), ed ufficiali e marinai utilizzano in modi diversi una licenza di alcuni giorni: chi cerca, come il giovane de la nave bianca, di far conoscenza diretta della propria “madrina di guerra”, chi raggiunge la famiglia, chi vuole solo staccarsi brevemente dall’ambiente militare...

Terminata la licenza, il sommergibile riparte per la missione successiva, durante la quale viene ‘salvato’ un idrovolante Cant Z.506 B colpito ed ammarato, ci si difende validamente da un attacco aereo (i velivoli nemici sono “interpretati” da S.84, da S.79 e da altri aerei italiani), quindi lo “X 3” si imbatte in un’analoga unità britannica, e dopo uno scambio di colpi di armi di bordo, riesce ad affondarla con un solo siluro.

La scena si ispira al combattimento del 15 ottobre 1940 tra il toti (CC Remo Polacchini) e l’inglese triad, colato a picco appunto da un siluro.

13 Filippo Sacchi nel Corriere della Sera del 15 settembre 1941 (dove attribuiva la regìa del film a Rossellini e De Robertis) cit. in Filippo Sacchi, al cinema negli anni trenta. recensioni dal Corriere della Sera 1929-1941, a c. di Elena Marcarini, Franco Angeli Ed., Milano, 2000, pp. 233-235. 14 Massimo Alberini, “Rendiconto morale”, Cinema 126, 25.9.1941, pp.184-186.

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Come si vede nel film, il cannone italiano s’inceppò dopo alcuni spari, e l’artigliere, con un gesto di rabbia, scagliò uno stivaletto verso il triad, come la celeberrima stampella lanciata 25 anni prima contro gli austriaci dal bersagliere cui era intitolato il sommergibile.

Se alfa tau! ebbe un più che discreto successo di pubblico, non fu accolto bene dalla critica: Cinema scrisse che la buona riuscita di Uomini sul fondo era stata fortuita e che il compromesso tra documentario e film operato da De Robertis non era riuscito: aveva trattato in modi frammentario e freddo le vicende degli ufficiali in licenza15. Tempo dopo De Robertis scrisse che alfa tau non era “un film didattico” e che non poteva “essere considerato nemmeno un film di propaganda” non avendo “personaggi protagonisti”, ribadendo la sua preferenza per gli “attori di strada” che recitano sé stessi – non solo marinai, ma anche vetturini, affittacamere, camerieri)16. Si può obiettare che in realtà in alfa tau i protagonisti ci sono, ossia i cinque ufficiali. Bruno Zelich, che interpreta il comandante dell’X-3, fu poi nella realtà il comandante dello Sciré nella sua ultima missione, conclusa tragicamente il 10 agosto 1942. In compenso il film evita un’ “ampollosa e vana retorica”: ad esempio viene benevolmente messo in caricatura il patriottismo esagerato della signora che gestisce la pensione “Patria” dalle pareti decorate di slogan; e nel film si sottolinea il peso della guerra sulla popolazione civile.

Uomini e cieli. Nell’articolo in cui De Robertis parlava del suo alfa tau!, presentava anche la sua opera successiva, stavolta dedicata alla R. Aeronautica: Uomini e cieli, sempre Scalera, che avrebbe avuto una gestazione assai travagliata. Il film racconta le vicende postbelliche di quattro eroici aviatori: uno perde un braccio ed è destinato al servizio censura della corrispondenza, un altro una gamba e l’udito, un terzo preferisce gestire l’industria paterna e accettando un matrimonio d’interesse. Quest’ultimo

15 “VICE”, “Alfa Tau”, Cinema, 151, 10 ottobre 1942, p. 590. 16 De Robertis, “Appunti per un film d’aviazione”, Cinema, 158, 25 gennaio 1943, p. 47.

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impersona il cinico: sostiene che gli ideali sono morti, che “bisogna prepararsi in tempo: gli unici salvagenti per restare a galla, quelli imbottiti di sterline”. Ma il messaggio del film è invece positivo: a salvare l’Italia saranno gli ex combattenti, con “la forza per dimenticare ogni rancore e la fiducia per rifarsi un’esistenza”. Dato che il film apparve solo, come si accennava, a guerra finita (e, a nostra notizia, fu trasmesso solo una volta in televisione, dopo il ‘90), si può esser quasi sicuri che vi siano state effettuate non poche correzioni e che certe battute ed atteggiamenti, bollabili certo come “disfattisti” non sarebbero mai potuti comparire o udirsi in un film italiano prima dell’8 settembre 194317 .

Marinai senza stelle. Discorso simile si può fare per l’ultimo film “navale” del tempo di guerra di De Robertis, la cui lavorazione precedette Uomini e cieli (la stessa Scalera accoppiò le due opere in un manifesto del ’43) ma che apparve nelle sale (distribuzione ICI) nel 1949: nel raccontare una vicenda di amicizia difficile tra due ragazzini dal carattere e dall’estrazione sociale diversissimi, che vivono in ambienti di pescatori e marinaî, e vengono imbarcati su brigantini-scuola, si coglie l’occasione di parlare di valore militare, di orgoglio nazionale e fraternità d’armi. Argomenti che vengono fatti accettare dal pubblico del dopoguerra introducendo il fatale evento dell’8 settembre ed una battaglia in pieno Adriatico, quasi degna, ha detto qualcuno18, degli scontri navali dei film su ricordati, che avviene contro i Tedeschi: è uno Stuka che colpisce l’imbarcazione, gremita di bersaglieri, dove i ragazzini, uno dei quali è interpretato dal futuro giornalista RAI Tito Stagno, si sono reimbarcati clandestinamente, per amor di patria.

Fantasmi del mare. L’impegno ideologico di De Robertis riprese nel dopoguerra con un film ispirato all’ammutinamento dell’equipaggio della corazzata Giulio Cesare (nel film “Alfa 2”) all’annuncio dell’armistizio (il comandante fu sequestrato nella sua cabina per una notte). Anche in Fantasmi del mare alcuni interpreti sono veri marinai, ma non mancano attori che appariranno al cinema e in televisione nei decennî successivi. Il plot è incentrato nel conflitto tra padre (il comandante, interpretato da Nicola

17 Aprà, op. cit., pp. 77-78. 18 Aprà, op. cit., p. 80.

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Morabito, ufficiale e scrittore, già apparso tra gli anonimi di Uomini sul fondo) e figlio, marinaio sulla stessa unità.

C’è ormai un forte stacco tra l’atmosfera dei primi film e questo: le vicende individuali e personali non sono fuse con quella collettiva, e la nave non è certo la protagonista. Ciò permise a Guido Aristarco, assiduo collaboratore di riviste durante il regime fascista ed ora critico marxista e gramsciano, di scrivere che tali incoerenze di stile, nonché carenze realizzative e di linguaggio facevano dedurre che De Robertis non poteva aver diretto Uomini sul fondo, da attribuire perciò, per la regia a Giorgio Bianchi, indicato come direttore artistico, e, che, per carità, De Robertis non poteva vantare alcun diritto di paternità su la nave bianca, figlia esclusiva di quel Rossellini che era opportunamente passato dalla celebrazione di eroici marinaî ed aviatori e cappellani martiri della crociata anticomunista, all’esaltazione dei liberatori U.S.A. e dei partigiani a Roma, Firenze o sul Delta del Po19 .

Gli anni ‘50 segnano un notevole cambiamento d’atmosfera politica nazionale ed internazionale: l’Italia, tutt’altro che premiata dalle clausole del Trattato di pace per la collaborazione con gli Alleati tra l’ottobre ‘43 ed aprile ‘45, ora è ammessa come componente dell’Alleanza Atlantica, e si può riarmare: è il caso di ridare orgoglio ai militari, anche se il conflitto era stato perso in maniera disastrosa: certi film ambientati nel Risorgimento, da Cavalcata d’eroi a il Conte di S. elmo a il brigante di tacca del lupo, e persino ben poco trionfalistico la pattuglia sperduta potrebbero sembrare del Ventennio allo spettatore che non ha fatto caso alle didascalie. A maggior ragione la stessa impressione si ha vedendo opere cinematografiche, girate negli stessi anni, che trattano episodi della guerra 194043. Tra queste, le più significative firmate da De Robertis sono le tre di cui ci accingiamo a parlare.

Carica eroica. Di produzione Lux film – Mambretti, oltre rievocare

19 Guido Aristarco, “Fantasmi del mare”, Cinema, 5, dicembre 1948, pp. 156-157.

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come già detto, la carica del “Savoia Cavalleria”, la pellicola, del 1952, fa ancora vedere i soldati come uomini, con pregi e difetti, anche legati a luoghi comuni “regionali”, eroici quando occorre, ma umani con la popolazione (compresa una ragazza che potrebbe benissimo esser giustiziata come spia) del villaggio che occupano. La carica finale, vittoriosa ma a gran costo di vite di cavalleggeri, conferma la concitata spettacolarità di opere precedenti del regista (che anche stavolta era soggettista e sceneggiatore), mentre, una volta di più, si fa grande uso di attori professionisti (compreso Domenico Modugno, soldato siciliano chitarrista e canterino). Mizar (Sabotaggio in mare) La Marina durante il conflitto non ottenne alcuna vittoria in scontri al cannone come quello rappresentato ne la battaglia dello Jonio, mentre intaccò pesantemente le forze della Royal Navy coi siluri dei sommergibili e con gli ordigni della Decima Flottiglia MAS, anche agendo da basi segrete in paesi neutrali: situazione raffigurata in Mizar (il nome in codice della bella sommozzatrice, interpretata da Dawn Addams, che aiuta gli uomini della “Regia” in recuperi di cifrarî ed altre imprese subacquee) e che riporta alle imprese della Medaglia d’Oro Luigi Ferraro, che nella realtà, durante la guerra, fingendosi imboscato in un consolato italiano, sabotò ben tre navi al servizio degli Inglesi nella baia di Alessandretta. Il cognome del protagonista è deformato in “Ferri”, mentre quello del suo avversario britannico, ispirato al celeberrimo Lionel Crabb, diventa “Crob”. Finiti da qualche anno i tempi della Scalera, Mizar fu prodotto dalla Film Costellazione. Anche qui si ricorre alla presenza di attori ormai affermati, come Antonio Centa, nel ‘36 protagonista di Squadrone bianco, e Paolo Stoppa (il console). Del film furono apprezzate le scene subacquee, che riportavano alla memoria degli spettatori i ben noti esordi di De Robertis, ma ci fu chi ne criticò l’eccessiva retorica della conclusione: gran riconciliazione tra l’italiano e l’avversario “Crob”, peraltro da lui risparmiato quando si erano incontrati in piena operazione, negli abissi.20

20 G. Santarelli, rivista del Cinematografo, n. 2, 1954 (in fondo al mare cit., p. 65).

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Uomini ombra è certo un film di “spionaggio”, ma anche qui viene celebrata la Regia Marina, perché i protagonisti, interpretati da attori giovani o meno ma in gran voga comunque nel 1954: Giorgio Albertazzi, Eduardo Ciannelli e Paolo Stoppa, sono ufficiali del Servizio Informazioni, che decrittano messaggi della Royal Navy, scoprono radiotelegrafisti clandestini in Italia, e sgominano una cellula di agenti segreti nemici. Il film, prodotto dalla Film Costellazione e tratto dal volume omonimo del Capitano di Vascello Mario Del Monte, libro che aveva per sottotitolo ricordi di un addetto al servizio segreto navale, e che racconta appunto le operazioni dell’”Ufficio B”.

La donna che venne dal mare Sempre di sabotaggi effettuati da sommozzatori, e sempre di un valido collaboratore dei regi marinai interpretato da una diva di quegli anni (Sandra Milo) si parla in questo film uscito nel 1957, coproduzione italo-franco-spagnola tra la Film Costellazione, la Saitz Film e la Film Tellus. Qui il console italiano è nientemeno Vittorio De Sica, e tra le giovani appare la futura Bond Girl Luciana Paluzzi. Le imprese di messa in opera di esplosivi e “giochi a nascondino “con gli Inglesi si ispirano alla trasformazione della vecchia carretta del mare olterra, internata ad Algesiras, in efficiente base per “maiali” e uomini rana che riuscirono ad affondare almeno 10 navi nemiche ancorate nel vicino porto di Gibilterra.

Ragazzi della Marina Pochi mesi prima della sua scomparsa, con l’assistenza alla regia di Dore Modesti e Armando Dossena, De Robertis diresse il suo ultimo film ambientato su una nave da guerra della Marina Militare Italiana, più esattamente l’incrociatore leggero Montecuccoli, uno dei 4 lasciati all’Italia dopo la firma del Trattato di Pace, e trasformato in nave scuola, che tra il 1956 ed il ‘57 effettuò una crociera d’istruzione intorno

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al globo. Nel raccontare l’evento, la pellicola, prodotta dalla Thesis Film, come in precedenti opere (per prima alfa tau!) presenta personaggi, interpretati da attori noti e debuttanti, ma, nuovamente, anche da cadetti e arruolati nella Marina, coi loro problemi diversi, relativi o no al servizio militare, e, finisce coll’essere anche un documentario turistico sui paesi esotici toccati dall’incrociatore, dall’Egitto all’India e l’Indonesia, e dall’Australia al Capo Verde passando per l’America del Nord e del Sud. Solo turistico? Ricordiamo che in quegli anni di ricostruzione delle forze armate italiane, era stato girato, con regìa di Roberto Savarese, Dinanzi a noi il cielo, in cui il protagonista, figlio di un eroe della Regia Aeronautica, si arruola sì nella nuova Aeronautica Militare Italiana, ma controvoglia, sinché i fatti e l’aiuto del padre in una grave emergenza non fanno nascere in lui la consapevolezza della responsabilità assunta e la decisione di proseguire nella carriera di pilota: propaganda per le leve degli anni ‘50, dunque, come in ragazzi della Marina si assiste alla maturazione di indecisi e acerbi e si invia al pubblico un chiaro messaggio sui vantaggi dell’arruolamento in un corpo dello Stato che “ti fa vedere il mondo e fa di te un uomo”: insomma, un ennesimo film di propaganda in tempo di pace.

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