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«Vaincre la mer par la terre», 1793-1815. Guerra commerciale, guerra al commercio, guerra ai neutri, di Virgilio Ilari “
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«Vaincre la mer par la terre»
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1793-1815
Guerra commerciale, guerra al commercio, guerra ai neutri
di Virgilio Ilari
«Si l’on considère la durée de cette mesure politique que Napoléon appelait le système continental, son époque, les désordres qu’elle apporta dans les habitudes et les fortunes du commerce, on doit la regarder comme le plus extraordinaire de tous les coups d’Etat qui aient été jamais tenté; et l’on ne sait ce qui doit le plus étonner, de l’audace de la combinaison, ou de la résignation, de la soumission de tous les intérêts qui en souffraient».
Comte Mollien, Mémoires d’un ministre du trésor public, 1780-1815, III, p. 318.
In the effort to bring under the yoke of their own policy the commerce of the whole World, the two chief contestants, France and Great Britain, swayed hack and forth in deadly grapple over the vast arena, trampling underfoot the rights and interests of the weaker parties; who, whether as neutrals, or as subjects of friendly or allied powers, looked helplessly on, and found that in this great struggle for self-preservation, neither outcries, nor threats, nor despairing submission, availed to lessen the pressure that was gradually crushing out both hope and life. The question between Napoleon and the British people became simply one of endurance (…) Both were expending their capital, and drawing freely drafts upon the future, the one in money, the other in men, to sustain their present strength. (…) In December, 1812, (the Empire) was shattered from turret to foundation stone; wrecked in the attempt «to conquer the sea by the land». The scene was shifted indeed. Great Britain remained victorious on the field, but she had touched the verge of ruin.
A. T. Mahan, The Influence of Sea Power Upon Revolution and the empire, II, pp. 199-200.
Se vogliamo reinterpretare le «guerre della Rivoluzione e dell’Impero francese» come la prima «guerra mondiale» dell’età contemporanea1, allora dobbiamo allargare l’orizzonte nel tempo e nello spazio (Atlantico e Asia Centrale), esaminando la fase terminale della storica conflittualità anglo-francese nel contesto più ampio in cui emersero le
1 A. D. Harvey, Collision of Empires: Britain in Three World Wars, 1793-1945, Bloomsbury
Academic, 1992. Ma prima di lui Paul Fregosi, Dreams of empire: Napoleon and the First
World War, 1792-1815, Hutchinson, 1989.
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nuove conflittualità anglo-americana e anglo-russa (il «Grande Gioco») che minarono il Secolo Britannico (1815-1914). L’interazione – mal percepita da una storiografia in massima parte ancora eurocentrica e abbagliata dalle epopee nazionali e rivoluzionarie – appare chiara nella prospettiva della storia globale, economica e marittima. Ieri con la flotta, oggi coi tribunali, la guerra economica è in ultima analisi una radicale «antineutralitè»2: non è, come scrive Clausewitz, un semplice duello, ma un complicato ménage à trois: e il Terzo, allora, erano gli Stati Uniti.
Nel 1763 l’Inghilterra sembrava al culmine della potenza3. Vent’anni dopo aveva perso metà del Nordamerica4, ma aveva retto, sola contro il mondo, lo scontro marittimo con Francia e Spagna e l’embargo strategico
2 Il concetto è di Louis-André Pichon (1771-1854), De l’etat de la France sous la domination de Napoléon Bonaparte, 1814. Cfr. Marcel Dunan, «Un Adversaire du systeme continental», revue des études napoléoniennes, 7, janvier-juin 1915, pp. 262-275. La propaganda francese imputava però all’Inghilterra la violazione sistematica della neutralità: v. ad es. il Mémoire sur la conduite de la France et de l’angleterre à l’égard des neutres, Paris, Galland, 1810, attribuito a Claude-François-André d’Arbelles (1767-1825) o a Charles
Louis Lesueur. Ricordiamo pure che nel 1793 all’Aia e nel 1802 a Parigi furono pubblicate due diverse traduzioni francesi (di Serionne e Jacques Peuchet) del celebre trattato in due tomi di Giovanni Maria Lampredi (1731-1793) Del Commercio dei popoli neutri in guerra (Firenze, 1788), che difendeva il diritto dei neutri contro le tesi sostenute dall’amico
Ferdinando Galiani nell’opuscolo anonimo De’ doveri dei principi neutrali verso i principi guerreggianti e di questi verso i neutrali (Napoli, 1782). V. Gianfranco Miglio (19182001), la controversia sui limiti del commercio neutrale fra Giovanni Maria lampredi e
Ferdinando Galiani ed i ‘theoremata juris publici universalis’, Milano, ISPI, 1942. Per la tesi inglese, cfr. James Stephens (1758-1832), War in Disguise, or the Fraud of the Neutral
Flags, London, Withingham, 1805 (rist. 1917): v. Gouverneur Morris (1752-1816), an answer to War in Disguise or, remarks upon the New Doctrine of england, concerning Neutral trade, New York, Riley & Co., February 1806. Éric Schnakenbourg, Neutres et neutralité dans l’espace atlantique durant le long XVIIIe siècle (1700-1820). Une approche globale, Bécherel, Éditions Les Perséides, «Le Monde Atlantique», 2015. 3 Samuel Madden (1686-1765), The Reign of George VI 1900-1925. A Forecast Written in the Year 1763, Republished, with Preface and Notes, by C. Oman, Printed for W. Nicoll in 1763, Reprinted by Rivingtons, Covent Garden, W. C., in 1899. Giorgio VI regnò in realtà dal 1936 al 1952 e fu il quinto e ultimo Imperatore d’India. 4 Innescata dalle restrizioni alla libertà di commercio imposte dal parlamento inglese (proroga del Sugar Act 1763, Currency Act 1764, Stamp Act 1765, Townsend Acts 1767-1770), la Rivoluzione Americana cominciò con un boicottaggio (Nonimportation Agreements 1765, Boston Tea Party 1773). T. H. Breen, the Marketplace of revolution: How Consumer Politics Shaped american independence, Oxford U. P., 2005).
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delle Potenze del Baltico promosso da Caterina II nel 17805, conservando India, Canada e Gibilterra e chiudendo l’America antagonista nella sua dimensione continentale, dove rimase fino al 1898. Quella di Luigi XVI fu una vittoria di Pirro: oltre al contagio rivoluzionario, il grande riarmo navale francese provocò una devastante crisi finanziaria, cui si aggiunse la crisi dell’industria tessile e siderurgica provocata dal trattato commerciale del 1786 che, per fermare il contrabbando inglese, riduceva le barriere tariffarie e vietava l’esportazione della seta francese. D’altra parte la crisi commerciale americana, col Tonnage Act del 1789, impedì l’accordo franco-americano. Le contraddizioni esplosero nel 1793 e l’esito non scontato del titanico scontro fu la durevole rivincita britannica, con l’umiliazione degli ex-ribelli, la conquista del commercio sudamericano, la subordinazione della Francia, il controllo diretto o indiretto dei Mari Interni dal Baltico all’Oceano Indiano e di tutte le rotte oceaniche.
Fu un conflitto totale, in cui la «guerra con altri mezzi» finì per trionfare sul «duello su vasta scala». La vecchia «guerra commerciale» mercantilista, incentrata sul numerario, si trasformò in una «guerra al commercio»6 senza restrizioni, che mirava al sistema produttivo e al consenso sociale del nemico. Questa intensificazione fu il canto del cigno della secolare «guerra di corsa», affiancata e poi sostituita da forme perfezionate di blocco e contrabbando su scala continentale. Una nuova forma di guerra che imponeva l’unificazione economica delle differenti regioni dell’Esagono e
5 Privando la flotta britannica della canapa baltica e delle conifere scandinave impiegate per le vele e le alberature, l’embargo incentivò lo sfruttamento delle foreste del Basso Canada (Québec), che fu così colonizzato. Johann Eustach von Görz, the secret history of the armed neutrality, J. Johnson and R. Folder, London, 1792. Carl Bergbohm, Die bewaffnete
Neutralität 1780–1783. Eine Entwicklungsphase des Völkerrechts im Seekriege, Puttkammer & Mühlbrecht, Berlin 1884 (Dorpat, Universität, Dissertation, 1883). James Brown
Scott, The Armed Neutralities of 1780 and 1800, A Collection of Official Documents, New
York, Oxford U. P., 1918. H. H. Volkovitinov, rossiya otkryvayet ameriku, 1732-1799,
M., Meždunarodnye otnošenija, 1991 [glava IV «Vooružennyj Neutralitet, i predloženiye mirnogo posredničestva (1780-1781)»]. Leos Müller, «Svensk sjöfart, neutralitet och det väpnade neutralitetsförbundet 1780–1783», Sjuttonhundratal, 2012, pp. 39-58. 6 Alfred Thayer Mahan (1840-1914), The Influence of Sea Power Upon History, 1660-1783, 1890; Id., The Influence of Sea Power Upon the French Revolution and Empire 17931812, 1897, specialmente vol. 2, Chapter XVIII, «The Warfare Against Commerce», pp. 265-357; Id., Sea Power in Its Relations with the War of 1812, 1905 (2 voll.), tutti pubblicati a Boston, Little, Brown & Coy.
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dell’Impero, penalizzando la nascente borghesia ed erodendo così la principale base di consenso a Napoleone.
Una vasta bibliografia
Il fallimento del sistema continentale, preconizzato già nel 1809 dal liberale ginevrino François d’Ivernois (1757-1842)7, offerse un forte argomento al libero scambio, senza però inficiare una vasta resilienza del pensiero mercantilista e protezionista francese8 .
Non a caso la prima monografia specifica, del 1837, attribuisce al sistema continentale lo sviluppo dell’industria francese9. Di segno liberale sono invece i primi studi specifici di storia economica e commerciale. Per quelli anteriori al 1910, ora dimenticati, si rinvia all’eccellente bibliografia di Marcel Dunan10. Il primo e forse il migliore dei successivi,
7 Sir Francis d’Ivernois, Effets du blocus continental sur le commerce, les finances, le crédit et la prospérité des isles Britanniques, Londres, J. V. G. Vogel, 2e éd. révue, corrigée et augmentée, 1809. Sul frontespizio reca la celebre strofa derisoria «Votre blocus ne bloque point / et grâce à votre heureuse adresse / ceux que vous affamez sans cesse /ne périront que d’embonpoint…». 8 David Todd, Free Trade and Its Enemies in France, 1814-1851, Cambridge U. P., 2015. 9 S. [Jules] Millenet, le système continental et les anglais, Paris, Firmin Didot Frères, 1837:
«sans les décrets de Berlin et de Milan, sans ce moteur irrésistible de l’industrie continentale du XIX siècle, la France n’eût jamais atteint, sous ce rapport, le point de hauteur et de prospérité où elle est maintenant parvenue». 10 Marcel Dunan, «Le Systeme continental Bulletin d’histoire économique 1900-1909», revue des études napoléoniennes, 3, janvier-juin 1913, pp. 1l5-l46. I primi due furono la voce
«Continental System» di F. Bulau in Carl von Rotteck u. Carl Welcker (Hrsg), encyklopädie der Staatswissenschaften, Altona, IV, 1837, pp. 3-13 e la monografia Die Kontinentalsperre in ihrer ökonomisch-politischen Bedeutung. ein Beitrag zur Handelsgeschichte,
Stuttgart, Cotta, 1850, di Wilhelm Kiesselbach, un «organic intellectual of Bremen’s elite» citato da Marx (Lars Maishak, German Merchants in the Nineteenth Century atlantic,
Cambridge U. P. 2013, p. 97). Tra I lavori successivi citati da Dunan spiccano le monografie dell’economista liberista Michel Chevalier (1806-1879) e dello storico Jean-Pierre
Clement (1809-1870) sul Système Protecteur, pubblicate nel 1852 e 1854, ma pure il citato saggio di Mahan e un articolo di M. J. H. Rose («Napoleon and English», the english
Historical review, 1893, pp. 704-725). L’attacco di Chevalier al protezionismo fu contestato da Henry Charles Carey (1793-1879), consigliere economico di Lincoln (the French and american tariffs compared; in a series of letters addressed to Mons. Michel Chevalier,
Philadelphia, Collins, 1861). Meramente cronologico Albert Sorel (1842 -1906), l’europe et la révolution française, t. VII: Le Blocus continental - Le grand Empire 1806-1812, Pa-
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George Moutard Woodward (1760-1809), «Blockade against blockade or John Bull a Match for Boney», November 1807. Curzon Collection, Bodleian Librairies, University of Oxford. (wikimedia commons, MartinPoulter, 2016)
pubblicato nel 1913 a Mosca dal grande storico militare Evgenij Tarle e mai tradotto, è rimasto purtroppo ignorato a causa della lingua11, men-
ris, Librairie Plon, 4e ed., 1904, pp. 102-148 («Le décret de Berlin»), 230-37 («Le décret de Milan»). 11 Evgenij Viktorovič Tarle (1874-1955), Kontinental’naya blokada. issledovanija po istorii promyshlennosti i vneshnej torgovli Frantsii v epokhu Napoleona, M., 1913 (=Tarle,
Sočinenaja, III, Akademii Nauk, M., 1958). V. Id., «Deutsch-französiche Wirtschaftsbezeihungen zur Napoleons Zeit», Schmollers Jährbuch für Gesetzgebung, Verwaltung und Volkswirtschaft im Deutschen reich, vol. 38, 1914, pp. 167-212. Id, Ekonomičeskaja zhizn korolestva italii v tsarstvovaniie Napoleona, Yuriev, 1916 (=Sočinenaja, cit., IV, pp. 9-312), tradotto in francese (le blocus continental et le royaume d’italie. la Situation économique de l’italie sous Napoléon i, Paris, Félix alcan, 1928) e italiano (la vita economica dell’italia nell’età napoleonica, Torino, Einaudi, 1950. Id., «Napoléon et les intérêts économiques de la France», revue des etudes napoléoniennes, 26, 1926, p. 117-137.
Id., «L’Union économique du continent européen sous Napoléon. Idées et réalisations», revue Historique, vol. 161, 1931, pp. 239-255.
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tre maggiore influenza hanno avuto i libri di Melvin (1919)12, Heckscher (1922)13 , Dunan14 e de Jouvenel (1942)15 e L’Huillier (1952)16 e specialmente la tesi di dottorato (1958) di François Crouzet, storico dell’economia britannica17 .
In seguito si sono sviluppati studi sulla reale applicazione del sistema continentale nelle varie regioni dell’Impero18 e il tema è stato di nuovo affrontato nel quadro di studi più ampi sulla storia del blocco navale19, della
12 Frank Edgar Melvin, Napoleon’s Navigation System: a Study of trade Control during the
Continental Blockade, University of Pennsylvania, 1919, repr. New York, 1970. Melvin (1881-1947) fu poi professore di storia all’Università dell’Illinois. 13 Eli F. Heckscher, the Continental System: an economic interpretation, Oxford, at the Clarendon Press, 1922. Heckscher (1879-1952) era un economista svedese. 14 Marcel Dunan, Napoléon et l’allemagne: le système continental et les débuts du Royaume de Bavière, 1806-1810, Paris, Plon, 1942. Id., «Napoléon et le système continental en 1810», revue d’Histoire diplomatique, 61, janvier-avril 1946, pp. 71-98. Dunan (1885-1978) fu poi direttore dell’Institut d’Histoire dela Révolution française (1946-55) e presidente dell’Institut Napoléon (1947-74). 15 Bertrand de Jouvenel (1903-1987), Napoléon et l’économie dirigée. le Blocus continental, Bruxelles, La Toison d’or, 1942. 16 Fernand L’Huillier (1905-1997), Étude sur le Blocus continental, P. U. F., 1952. 17 François Crouzet (1922-2010), l’économie britannique et le blocus continental, Paris, 1958, 2 vols., 949 p. 2a ed. (avec introduction pour mise à jour), Paris, Economica, 1987,
CXIV-949 p. Id., De la supériorité de l’angleterre sur la France. l’économique et l’imaginaire, XVii-XXe siècles, Paris, Perrin, 1985, 1999. Sintesi in Cédric Couteau, la France, l‘angleterre et le blocus continental, Anovi, 2002. 18 Anthony Nicolas Ryan, «Trade with the Enemy in the Scandinavian and Baltic Ports during the Napoleonic War: for and against», transactions of the royal Historical Society, 12, 1962, pp. 123–40. Id., «Trade between Enemies: Maritime Resistance to the Continental System in the Northern Seas (1808–1812)», in Arne Bang-Andersen et al. (Eds.), the North Sea: a Highway of economic and Cultural exchange, Stavanger, 1985. Jean
Mistler, «Hambourg sous l’occupation Française: Observations au sujet du Blocus continental», Francia: Forschungen zur westeuropäischen Geschichte, 1, 1973, pp. 451–66.
Roger Dufraisse, «La Contrebande dans les départements réunis de la rive gauche du Rhin à l’époque Napoléonienne», ibidem, pp. 509–10. Geoffrey Ellis, Napoleon’s Continental Blockade: the Case of alsace, Oxford, 1981. Silvia Marzagalli, les boulevards de la fraude: le négoce maritime et le Blocus continental, 1806–1813. Bordeaux, Hambourg, livourne, Presses Universitaires du Septentrion, Villeneuve d’Ascq, 1999. Pierre Branda, le Prix de la gloire: Napoléon et l’argent, Paris, Fayard, 2007. Margrit Schulte Beerbühl,
«Trading with the Enemy: Clandestine Networks during the Napoleonic Wars», Quaderni
Storici, 143, 2013, pp. 541–65. 19 Lance E. Davis and Stanley L. Engerman, Naval Blockades in Peace and War: an economic History since 1750, Cambridge U. P., 2006, pp. 25-52 («Britain, France and Na-
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guerra di corsa20, della guerra economica21, della mancata cooperazione franco-americana22 e dell’impatto economico del blocco continentale sulla
poleon’s Continental System, 1793-1815»). Silvia Marzagalli, «Napoleon’s Continental
Blockade: An Effective Substitute to Naval Weakness?», in Bruce A. Elleman and S. C. M.
Paine (Eds.), Naval Blockades and Seapower Strategies and Counter-Strategies, 1805–2005, Routledge, London, 2006, pp. 25-34. Wade G. Dudley, «The Flawed British Blockade, 1812-1815», ibidem, pp. 35-45. Brian Arthur Woodbridge, How Britain Won the War of 1812: The Royal Navy’s Blockades of the United States, 1812-1815, Boydell Press, 2011. 20 Silvia Marzagalli, «French Privateering during the French Wars, 1793–1815», in Bruce
A. Elleman and S. C. M. Paine (Eds.), Commerce Raiding. Historical Case Studies, 17752009, Naval War College Newport Papers No. 40, 2009, pp. 41-56; Kevin D. McCranie,
«Waging Protracted Naval War: U.S. Navy Commerce Raiding during the War of 1812», ibidem, pp. 57-72. 21 Patrick Karl O’Brian, «The Impact of the Revolutionary and Napoleonic Wars, 1793–1815, on the Long-Run Growth of the British Economy», review 7, 1989, pp. 335–95. Erik Aerts and François Crouzet (Eds), economic effects of the French revolutionary and
Napoleonic Wars, Leuven, 1990. Kevin H. O’Rourke, «The Worldwide Economic Impact of the French Revolutionary and Napoleonic Wars, 1793–1815», Journal of Global History, 1, 2006, pp. 123–49. Guy Lemarchand, «Face à la France révolutionnée : l’économie britannique dans les guerres de la Révolution et de l’Empire», annales historiques de la révolution française, N. 349, juillet-septembre 2007, pp. 129-158. Pierre Branda, «Les conséquences économiques du blocus continental», revue du Souvenir Napoléonien, N. 472, septembre-octobre 2007, pp. 21-30. François Crouzet, la guerre économique franco-anglaise au XViiie siècle, Paris, Fayard, 2008. Katherine Aaslestad, «The Continental
System and Imperial Exploitation», in Philip Dwyer and Alan Forrest (Eds.), Napoleon and the empire, Basingstoke, 2007, pp. 114–32. Ead., «Lost Neutrality and Economic
Warfare: Napoleonic Warfare in Northern Europe, 1795–1815», in Roger Chickering and
Stig Förster (Eds.), War in the age of revolution, 1775–1815, Cambridge U. P., 2010, pp. 373–94. Silvia Marzagalli, «Was Warfare necessary for the functioning of Eighteenth-century colonial systems ? Some Reflections on the necessity of cross-imperial and foreign trade in the French case», in Cátia Antunes and Amelia Polónia (Eds), Beyond empire,
Global Self-Organizing, Cross-Imperial Networks, 1500-1800, Leyde, Brill, 2016, pp. 253-277. Ali Laïdi, Histoire mondiale de la guerre économique, Perrin, Paris, 2016 (ch. 18, «Le Blocus continental», pp. 305-324 e nt pp. 518-19). 22 Albert John Daeley, the continental System in France as illustrated by american trade,
University of Wisconsin, Madison, 1949. Silvia Marzagalli, Bordeaux or Bust: How american Shipping rescued French trade During the Napoleonic Wars, Library Fellow
Lecture, Peabody Essex Museum, Salem, Mass., 25 Juillet 1996. Ead., «The failure of a transatlantic alliance? Franco-American Trade, 1783-1815», History of european ideas, vol. 34, No. 4 (December, 2008), pp. 456–464. Ead., «American shipping and trade in warfare, or the benefits of European conflicts for neutral merchants: The experience of the
Revolutionary and Napoleonic wars, 1783-1815», draft for seminar organized at Kyoto
Sangyo University, on 16 March 2013. Faye M. Kert, «The Fortunes of War: Commercial
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Russia23. Inoltre nel 2011 il tema è stato oggetto di un importante convegno internazionale ad Amsterdam24. Da notare che i ben 140 contributi di Silvia Marzagalli rappresentano forse i due terzi della bibliografia recente in argomento.
Guerra al commercio in Atlantico, Mediterraneo e Baltico (1793-1801)
Nella prima fase (1793-1801) del conflitto, il fronte principale della guerra al commercio fu, come nelle guerre precedenti, l’Atlantico. Con gli orders in council25 dell’8 giugno e 6 novembre 1793 la Gran Bretagna
Warfare and Maritime Risk in the War of 1812», the Northern Mariner/Le Marin du nord, vol. 8, No. 4, October 1998, pp. 1-16. Jonathan P. Riley, Napoleon and the World War of 1813: Lessons in Coalition Warfighting, Routledge, New York, 2000 (v. in particolare i capitoli sulle ricadute americane del Sistema continentale e sulla guerra parallela del 18121814 combattuta sulle due sponde dell’Atlantico). Paul B. Cheney, «Les économistes français et l’image de l’Amérique: l’essor du commerce transatlantique et l’effondrement du
‘gouvernement féodal’», Dix-huitième siècle, 33, 2001, pp. 231-245. Daves & Engerman,
Naval Blockades, cit., pp. 53-108 («The United States versus Great Britain, 1776-1815»).
Christophe Belaubre, Jordana Dym and John Savage (Eds), Napoleon’s atlantic: the impact of the Napoleonic empire in the atlantic World, Leiden, 2010). Kevin D. McCranie,
«The War of 1812 in the ongoing Napoleonic Wars: The Response of Britain’s Royal Navy», Journal of Military History, vol. 76, 2012, pp. 1067–94. Paul A. Gilje, Free trade and Sailors’ Rights in the War of 1812, Cambridge U. P., 2013. 23 M. F. Zlotnikov, Kontinental’naja blokada i rossii, M.-L., 1966. V. G. Sirotkin,
«Kontinental’naja blokada i ruskaja ekonomika (obzor frantsuzskoj i sovetskoj literatury)»,
Voprosy voennoj istorii rossii XViii i pervoj poloviny XiX veka, M., 1969, pp. 54-77.
Nikola Trošin, «Kontinental’naja blokada i Rossia (k voprosu ob ekonomičeskih pričinah
Otečestvenno voiny 1812 g.)», Otečestvennaia voina 1812 goda: Istočniki. Pamiatniki.
Problemy, Materialy XVI Mezhdunarodnoj naučnoj konferentsii, 6-7 sentjabrja 2010 g.,
Mozhajsk, 2011, pp. 278–97. Id., «Ekonomičeskie posledstvia učastia Rossii v kontinental’no sisteme (postanovka problemy)», ibidem, 2012, pp. 192–208. 24 Katherine B. Aaslestad and Johan Joor (Eds), revisiting Napoleon’s Continental System: local, regional and european experiences, Palgrave, Macmillan, 2014. Il volume include 13 saggi, riuniti in sezioni: I «The Historiography and Origins of the Continental
System» (Annie Jourdan, Alexandre Tchoudinov, Pierrick Pourchasse); II «Regional Approaches to the Practice and Consequences of the Continental System» (Silvia Marzagalli,
Alexander Grab, Robert Mark Spaulding), III «Adapting to Economic Warfare: New Networks and Illicit Trade» (Margrit Schulte Beerbühl, Jan M. Witt, Bård Frydenlund, Michael Rowe); IV «Urban experiences» (Alan Forrest, Hilde Greefs, Anita Čerpinska, Johan Joor). 25 Ordini del sovrano emessi in consiglio privato.
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ripristinò l’embargo che trent’anni prima aveva paralizzato il commercio francese con le Indie Occidentali, estendendolo pure alle navi neutrali, sottoposte a ispezione e a sequestro delle merci francesi (violando così il principio, stabilito nel 1714 dal trattato di Utrecht, che «le pavillon couvre la merchandise»)26. La Convenzione contava però sugli Stati Uniti, le cui navi furono escluse dall’embargo decretato il 9 maggio 1793 contro la Gran Bretagna, e dove l’ambasciatore francese arruolava corsari per attaccare il commercio inglese e organizzava una spedizione in Louisiana contro la Spagna che aveva bloccato la navigazione del Mississippi. La guerra europea fu il primo terreno di scontro tra i Federalisti pro-britannici e i democratico-repubblicani filo-francesi, capeggiati rispettivamente dal segretario al tesoro Alexander Hamilton e dal segretario di stato Thomas Jefferson. In linea con Hamilton, il 22 aprile 1793 il presidente Washington proclamò la neutralità, applicata in modo «friendly and impartial»27 . Firmandosi «Pacificus», Hamilton difese la legittimità costituzionale e internazionale della neutralità, contestate invece da George Madison («Helvidius»). Il 19 novembre 1794 seguì un trattato decennale di amicizia, commercio e navigazione con la Gran Bretagna, duramente contestato dai Jeffersoniani che ne ritardarono la ratifica al 19 febbraio 1796.
Ciò accrebbe la tensione con la Francia, anche per il rifiuto americano di continuare a pagare alla Repubblica il debito contratto con Luigi XVI. Il 18 novembre 1794 la Francia sospese a sua volta il rispetto della bandiera neutra e il 2 luglio 1796 proclamò che avrebbe applicato lo stesso trattamento che i neutri accettavano di subire da parte degli inglesi. Dal marzo 1796 al febbraio 1797 i corsari francesi predarono 316 navi americane con merci o rotte inglesi. Per allentare la tensione in luglio arrivò a Parigi una delegazione americana, ma la missione fu compromessa dalla richiesta di una tangente da parte del ministro degli esteri Talleyrand. All’epoca in Europa era tollerato, ma in America suscitò scandalo e quando (nell’aprile 1798) il presidente Adams ne informò il congresso, seguì la «Quasi-
26 Silvia Marzagalli, in Ead. et Bruno Manot (cur.), Guerre et économie dans l’espace atlantique du XVie au XXe siècle, P. U. de Bordeaux, 2006, pp. 375 ss. 27 Gli Stati Uniti non si sentivano vincolati dall’alleanza difensiva del 6 settembre 1778, perché era stata la Francia, il 1° febbraio 1793, a dichiarare guerra. Washington bloccò pure la spedizione nel Mississippi e l’ambasciatore francese fu richiamato in patria.
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War»28, un conflitto non dichiarato combattuto soprattutto nelle Antille e concluso, dopo serie perdite da entrambe le parti, con la convenzione di Mortefontaine del 30 settembre 1800.
La guerra economica era influenzata pure dalle vicende continentali del 1795-97 (cattura della flotta olandese prigioniera dei ghiacci da parte della cavalleria francese; pace separata di Prussia, Spagna, Sardegna; piani di sbarco in Inghilterra; alleanza franco-spagnola; repubbliche sorelle in Olanda, Svizzera e Italia). La spartizione austro-francese dei domini e del potenziale marittimo della Serenissima (17 ottobre 1797) fece germinare «la gigantesca ambizione»29 di Bonaparte di «vincere il mare da terra»30 , utilizzando la Penisola come ponte e le Ionie e Malta come trampolini verso la Turchia e l’Egitto. In questa prima fase l’idea grandiosa è di sostituire la strategia diretta dello sbarco in Inghilterra vagheggiato dal Direttorio, con l’attacco indiretto alle comunicazioni con l’India, base del potere globale britannico31. E se la marina repubblicana non poteva colpire la rotta dall’Atlantico all’Indiano, un nuovo Alessandro poteva conquistare la rotta terrestre dell’Asia Centrale.
Realizzata grazie alle flotte mercantili italiane e al tesoro dell’Ordine di Malta, la spedizione d’Oriente naufragò ad Abukir (1 agosto 1798), provocando l’entrata in guerra di Turchia e Russia, la revanche austriaca e la caduta delle repubbliche italiane. La resistenza dell’Armée d’Orient e il ritiro di Paolo I dalla Seconda coalizione dettero al Primo Console la speranza di poter riprendere la marcia sulla via della Seta col concorso russo, collegandosi poi con l’anglofobo sultano di Seringapatam. Fu ancora Nelson
28 Harlow Unger, the French War against america: How a trusted ally Betrayed Washington and the Founding Fathers, Hoboken (NJ), John Wiley & Sons, 2005. 29 Cfr. Adolphe Thiers, Histoire du Consulat et de l’empire faisant suite à l’Histoire de la révolution française, Paris, Paulin, 1847, VI, pp. 218, 224, 457. 30 L’espressione ricorre nella lettera del 3 dicembre 1806 di Napoleone al fratello Luigi, re d’Olanda. Cfr. recueil de discours français: extraits des annales des concours généraux: période de 1831 à 1879: matières et développements, Paris, Delalain, 1879, p. 250: «Pour mettre fin à ce duel, il nous faudra vaincre la mer par la terre: c’est là, citoyens Directeurs, la partie de notre tâche qu’il nous reste à accomplir, et, croyez-moi, ce n’est pas la moins rude. Il a fallu cent ans à Rome pour abattre Carthage». 31 E’ la stessa strategia poi perseguita dalla Russia col Grande Gioco e la Transiberiana: surrogare le linee oceaniche con le linee continentali (eurasiatiche), senza contare però che le prime sono libere e le altre impervie e soggette a pedaggio.
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a far fallire pure questa variante: non macchinosamente dal Mediterraneo, ma sbrigativamente dal Baltico.
La guerra aveva infatti spostato il commercio nei porti neutrali del Nord, dove era garantito dalla convenzione anglo-dano-svedese del 27 marzo 1794 e dal trattato anglo-russo del 21 febbraio 1797. Reagendo alla pretesa della Royal Navy di controllare le navi neutrali perfino se viaggiavano in convogli scortati, il 27 agosto 1800 lo zar invitò Svezia e Danimarca a ripristinare la Lega di neutralità armata di vent’anni prima, e in ottobre, per indurre la Gran Bretagna a riconoscergli la sovranità su Malta offertagli da Bonaparte32, ordinò il sequestro in porto di 300 mercantili inglesi e l’internamento degli equipaggi. Il 14 gennaio 1801 l’Inghilterra rispose sequestrando a sua volta i legni svedesi, danesi e russi e il 19 marzo la squadra inglese, (vice)comandata da Nelson, era all’imbocco del Kattegat. Il 23 marzo Paolo I fu assassinato in una congiura di palazzo sostenuta da tutti i settori sociali interessati al commercio con la Gran Bretagna. A ogni buon conto il 2 aprile Nelson dette lo stesso un esempio a Copenhagen, e naturalmente il nuovo zar Alessandro I si affrettò ad annullare i provvedimenti paterni.
Dalla guerra al commercio al sistema continentale (1803-1806)
Congelata dalla pace di Amiens (25 marzo 1802), la guerra anglo-francese riprese sul nodo della mancata evacuazione inglese di Malta. Il 17 maggio 1803, sei giorni prima della dichiarazione di guerra, gli inglesi sequestrarono in porto le navi francesi e olandesi, confiscando merci per 200 milioni. Napoleone replicò il 3 giugno, decretando da Milano il sequestro delle merci inglesi33 e liquidando la Louisiana, recuperata tre anni prima dalla Spagna ma divenuta inutile una volta perduta Haiti [il Louisiana (preclusive) Purchase fu il primo atto di guerra economica della storia
32 Carmelina Gugliuzzo, «I russi nel Mediterraneo: l’Affaire de Malta», in Luigi Mascilli
Migliorini e Mirella Mafrici (cur.), Mediterraneo e/è Mar Nero. Due Mari tra età moderna e contemporanea, Napoli, ESI, 2012, pp. 163-182. 33 Già il Consiglio dei Cinquecento, con legge del 10 brumaio V (31 ottobre 1796), aveva disposto l’obbligo di denuncia e il sequestro conservativo dei prodotti industriali inglesi detenuti da privati.
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americana dopo il Boston Tea Party].
La ripresa della guerra colpì al cuore il risanamento finanziario francese, basato sulla Banca di Francia34 creata nel 1800. Il finanziamento dei servizi militari, appaltati ad un’unica compagnia commerciale appositamente creata nel 1803 dallo spregiudicato speculatore Gabriel-Julien Ouvrard, era infatti garantito dalle rendite messicane, pari a 71 milioni di piastre, che il primo ministro spagnolo Godoy aveva accettato di corrispondere mensilmente alla Banca di Francia per poter restare neutrale. Ma nell’ottobre 1804 le crociere inglesi predarono le navi del tesoro messicano e in dicembre l’Inghilterra dichiarò guerra alla Spagna. Ouvrard tentò allora di ottenere il trasporto delle piastre tramite navi inglesi, e nel maggio 1805 firmò un accordo con le due banche inglesi (Hope & Co. e Barings) che avevano trattato la vendita della Louisiana. Ma in ottobre non era arrivato nulla e dopo un tentativo di sopravvivere mediante lo scambio di tratte riscontate dalla Banca di Francia, in novembre i soci della Compagnie des Négociants réunis si dichiararono in stato di pre-fallimento con un debito di 141 milioni di franchi, provocando una serie di bancarotte e investendo la Banca di Francia, le cui riserve erano già ridotte, alla vigilia di Trafalgar, ad appena 1,5 milioni; e l’emissione di carta moneta produsse inflazione. Il 27 gennaio 1806 il ministro del tesoro Barbé-Marbois fu sostituito da Mollien, e in febbraio, sotto minaccia di arresto, Ouvrard fu costretto a garantire il debito spagnolo, salito a 60 milioni, in cambio del chimerico oro americano35 .
Il commercio diretto dei neutrali con le colonie francesi fu soggetto a restrizioni da parte inglese solo a partire dall’agosto 1805, ma, svanita
34 Charles Ballot, «Les Banques d’émission sous le Consulat», revue d’études napoléoniennes, 1915, 2, pp. 289-323. 35 Otto Wolff, Die Geschäfte des Herrn ouvrard, Frankfurt a. M., Rütten & Loening Verlag, 1932, pp. 100 ss. («Der mexikanische Silberschatz»). Louis Bergeron, Banquiers, négociants et manufacturiers parisiens du Directoire à l’empire, Paris, Mouton, 1978, pp. 147-166. Martin Robson, Britain, Portugal and South america in the Napoleonic Wars:
Alliances and Diplomacy in Economic Maritime Conflict, I. B. Tauris, 2010, p. 87. Cfr.
Georges Weill, «Le financier Ouvrard», revue Historique, vol. 43, N. 127, 1918. Arthur
Lévy, Un grand profiteur de guerre sous la Révolution, l’empire et la restauration: G. J. ouvrard, Paris, 1929, 94. Jean-Pierre Sarrazin, Gabriel Julien ouvrard, Paris, L’Harmattan, 2014.
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a Trafalgar (21 ottobre) la minaccia di sbarco, il Regno Unito notificò ai neutrali (16 maggio 1806) lo stato di blocco di tutta la costa dall’Elba a Brest. La sostituzione del blocco diretto dalle singole piazze marittime col blocco indiretto dell’intera costa settentrionale del Continente [che implicava il controllo dei neutrali in mare aperto, abusando del diritto di blocco e violando il principio della libertà dei mari] era peraltro una risposta obbligata allo straordinario successo ottenuto da Napoleone grazie alla fulminea trasformazione dell’Armée d’Angleterre nella Grande Armée di Austerlitz (2 dicembre 1805) e di Iéna (14 ottobre 1806).
Nel settembre 1806 Napoleone progettava l’occupazione del Portogallo, preceduta dallo sbarco di 9.000 uomini in Brasile per prevenire la fuga della corte e della flotta portoghese. Ma il 9 novembre, tornato coi piedi per terra, scriveva da Berlino al fratello Luigi, re d’Olanda, di spiegare ai suoi ministri che «il faut reconquérir les colonies par terre, puisque nous sommes si impuissants par mer»36. Due settimane dopo, il 21, il celeberrimo «decreto di Berlino» dichiarava in stato di blocco le Isole e i Domini Britannici: imposto anche ai neutrali il divieto di commercio e comunicazioni, sequestro delle merci e di ogni bene di privati inglesi, dichiarati predabili; metà del gettito delle confische destinato a indennizzo delle perdite subite da privati per effetto delle prede nemiche37. Due giorno dopo, il 23, Napoleone scriveva al governatore di Parigi, maresciallo Junot, che la lotta con l’Inghilterra era questione di vita o di morte e di convincere le signore a bere cicoria e tè svizzero e a smettere di parlare di madame de Staël.
Nel corso del Settecento il debito pubblico inglese era cresciuto di 28 volte, mentre il valore della terra era soltanto raddoppiato e le esportazioni triplicate. Inoltre, favorendo l’industria a spese dell’agricoltura, la Gran Bretagna aveva accresciuto la dipendenza dal commercio internazionale, non più solo alimentare (cereali) ma anche industriale (materie prime). Il
36 Correspondance de Napoléon i publiée par ordre de l’empereur Napoléon iii, Paris, de l’Imprimerie Nationale, 1863, T. XIII, N. 11217, p. 621. 37 Formalmente il decreto era presentato come una rappresaglia contro l’«abuso mostruoso», da parte inglese, del diritto di blocco (limitato alle singole piazze (terrestri o marittime) effettivamente investite da forze sufficienti) e di conquista (limitato ai soli beni pubblici del nemico, con esclusione dei beni privati). Sulla giustificazione giuridica v. Ferdinand de Cornot de Cussy (1795-1866), Phases et causes célèbres du droit maritime des nations,
Leipzig, F. A. Brockaus, 1856, vol. 2, pp. 234-275.
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contro-blocco francese era quindi a valenza doppia. Da un lato infliggeva al nemico fame, sovrapproduzione, inflazione, caduta del potere d’acquisto e rivolte sociali. Dall’altro imponeva una svolta protezionista e autarchica al sistema economico europeo, favorendo lo sviluppo economico e tecnologico dell’industria francese, in particolare del tessile, e la creazione di un Lebensraum continentale economicamente dipendente da Parigi.
Ma avrebbe funzionato? La chiusura dei porti al commercio inglese era stata proclamata pure nel 1756 e nel 1793, e imposta anche alle Repubbliche sorelle e agli alleati, ma era stata sempre violata o aggirata con triangolazioni. I costumi sociali erano troppo molli e l’Esagono, pur rivalutato dalla cartografia astronomica, ancora troppo piccolo per sostenere lo stato Colbertiano. Ma ora la plutocrazia imperiale controllava direttamente o indirettamente l’intero continente e lo stato amministrativo donato dalla Dea Ragione era in grado di fornire infrastrutture, finanziamenti, stabilità monetaria, tutela legale e materie prime autarchiche alternative ai generi coloniali. Così barbabietola e cicoria surrogarono zucchero di canna e caffé, fu incentivato il pascolo dei merinos per surrogare il cotone con la lana e nuovi sistemi autoctoni (come la filatura meccanica del lino) sostituirono i macchinari inglesi (che non potevano più essere sostituiti né riparati per mancanza di pezzi di ricambio).
Quanto al controblocco, era una cosa troppo seria per lasciarla agli ammiragli, capaci solo di prenderle appena mettevano il naso fuori dai porti. Fuori delle mura, uno sciame di corsari per attaccare il commercio nemico alla vecchia maniera di Jean Bart; sulle mura, la marina declassata a guardia costiera per fermare il contrabbando e proteggere il cabotaggio in convogli di torre in torre (ossia l’uso commerciale delle coste, più vitale, prima delle ferrovie, delle secondarie diramazioni stradali e fluviali). Infine, dietro le mura, il nuovo esercito, l’armée de l’intérieur, composto di doganieri, gendarmi, poliziotti e tribunali, per far eseguire il decreto (l’elefantiaco apparato non costava poi molto, tanto si pagava da sé, taglieggiando i contravventori).
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L’abbraccio di Tilsit. Medaglione in bronzo, pittura a smalto. Sul recto l’abbraccio di Napoleone e Alessandro I, sul verso la tenda sulla zattera in mezzo al fiume Neman, dove si svolse lo storico incontro tra i due imperatori. (wikimedia commons, Shakko, talks, 2012)
La prima fase del sistema (1807-1808)
Nel 1807 le importazioni francesi scesero a 11 milioni di franchi dai 65 del 1805, mentre la diminuzione delle esportazioni fu più contenuta (da 350 a 265 milioni). Ma il danno alle esportazioni inglesi fu attenuato dalla loro crescente differenziazione. Nel 1802 l’Europa continentale, con 80 milioni di consumatori, ne assorbiva il 55 per cento, ma nel 1806 la quota era già scesa al 25, pari a un terzo della produzione industriale inglese.