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Gli effetti economici del blocco alleato (1914-1919), di Giovanni Punzo “
Gli effetti economici del blocco alleato
(1914-1919)
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di Giovanni Punzo 219
il pesante bilancio tedesco 1.il blocco. «Die Blockade gegen Deutschland war ein Verbrechen» (il blocco contro la Germania fu un crimine): così nel maggio 2014 Die Zeit titolava una recensione di 14-18. Der Weg nach Versailles1 di Jörg Friedrich, che già nel 2002 si era occupato dei bombardamenti alleati durante la seconda guerra mondiale. Il mio contributo non tratta però la legalità del blocco2, ma solo i suoi effetti economici, a cominciare dalla denutrizione, che provocò nella sola Germania almeno 750.000 vittime civili3, contro le 600.000 perite in seguito nei bombardamenti alleati4. Che blocco e bombardamenti strategici sarebbe bastati da soli alla vittoria alleata, è controverso; ma certo furono determinanti5 .
1 J. Friedrich, 14/18. Der Weg nach Versailles, Propyläen, Berlin, 2014. Id., Der Brand.
Deutschland im Bombenkrieg 1940-1945, Propyläen, München, 2002. 2 Per la questione giuridica rinvio a Wolff Heintschel von Heinegg, «Naval Blockade», in
Michael N. Schimtt (Ed.), International Law Across the Spectrum of Conflict, Essays in
Honour of Professor L.C. Green in the Occasion of His Eightieth Birtday, International
Law Studies-Volume 75, 2000. 3 Stima della commissione d’inchiesta tedesca: Untersuchungsausschusses der Verfassunggebenden Deutschen Nationalversammlung und des Deutschen Reichstages 1919–1928,
Die Ursachen des Deutschen Zusammenbruchs im Jahre 1918, 4. Reihe, 6. Band, pp. 387–442, Berlin, 1928; «hunger or hunger-related disease» in Lance E. Davis-S.L. Engermann, Naval blockades in peace and war: an economic history since 1750, Cambridge
U. P., Cambridge, 2006, p. 204; V. in generale Bruna Bianchi «L’arma della fame. Il blocco navale e le sue conseguenze sulla popolazione civile (1915-1919)», dep. Deportate, esuli, profughe, www.unive.it/dep, n. 13-14, 2010, pp. 1-33. Mary Elisabeth Cox, War,
Blockades, and Hunger: Nutritional Deprivation of German Children 1914-1924, Oxford
Economic and Social History, Working Paper No. 110, 2013 (annunciata per il 2017 una monografia dell’autrice sul tema). 4 Dati da J. Friedrich, Der Brand, cit. 5 Robert K. Massie, Castles of steel. Britain, Germany, and the winning of the Great War at sea, Random House, New York, 2003; Eric Osborne, Britain’s Economic Blockade of Ger-
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2. articolazione e preparazione. Non solo i pacifisti, ma pure gli stati maggiori erano perfettamente consapevoli che l’interdipendenza economica tra i belligeranti, la capacità di mobilitazione e le moderne tecnologie militari avrebbero reso insostenibile una guerra protratta oltre la prima campagna6. L’Inghilterra aveva tuttavia il vantaggio relativo di controllare oltre metà dei trasporti e delle assicurazioni marittime globali7 e da vent’anni la Royal Navy studiava come recidere le arterie dei potenziali nemici8. Alla vigilia della guerra l’Ammiragliato era pronto per provocare la paralisi del commercio mondiale, anche se il piano dovette poi essere ridimensionato per gli effetti controproducenti e le proteste degli alleati9 . 3. le conseguenze. Scopo del blocco non era soltanto logorare le finanze e l’industria del nemico, ma anche diminuire le risorse alimentari («food as weapon»)10. Nel primo biennio il blocco produsse negli Imperi Centrali
many 1914-1919, Frank Cass, London-New York, 2004. 6 Cfr. V. Ilari, «Buduščaja vojna», Quaderno Sism 2016 Future Wars, pp. 273-98. 7 Keith Neilson, Reinforcements and Supplies from Overseas: British Strategic Sealifts in the First World War, in Greg Kennedy (ed.), The Merchant Marine in International Affairs 1850-1950, London-Portland, 2000. 8 Stephen Cobb, Preparing for Blockade 1885-1914: Naval Contingency for Economic
Warfare, Routledge, London, 2016. L’autore ricostruisce il costante aggiornamento dei piani in base ai dati raccolti e analizzati dall’intelligence navale e la loro continua rielaborazione, protratta anche durante la guerra, per l’evolversi della situazione strategica e geoeconomica. 9 G. C. Peden, Arms, Economics and British Strategy: From Dreadnoughts to Hydrogen
Bombs, Cambridge U. P., 2007; Nicholas A. Lambert, Planning Armageddon. British
Economic Warfare and the First World War, Harvard U. P., 2012. Greg Kennedy (ed.),
Britain’s War at Sea, 1914-1918: The war they thought and the war they fought, Routledge, London, 2016; Id, «Strategy and Power: the Royal Navy, the Foreign Office and the
Blockade, 1914-1917», Defence Studies, vol. 8, Issue 2, 2008; Id., «Intelligence and the
Blockade, 1914-1917: A Study in Administration, Friction and Command», Intelligence and National security, N. 5 (Oct. 2007). Altra bibliografia in Ilari, Cronologia, 1914. 10 Ina Zweiniger Bargielowska, Rachel Duffett and Alain Drouard (Eds.), Food and War in 20th Century Europe, Ashgate, London, 2011; Belinda Davis, Konsum in ersten Weltkriege, in Heinz-Gerhard Haupt u. Claudius Torp (Hrsg.), Die Konsumgesellschaft in
Deutschland 1890-1990, Frankfurt, 2009, pp. 232-249; Ead., Home Fires Burning. Food,
Politics and Everyday Life in World War I Berlin, University of North Carolina Press,
Chapel Hill, 2000. Nigel Hawkins, The Starvation Blockades, Leo Cooper, 2002. Alexander B. Downes, Targeting Civilians in War, Cornell U. P., 2008, pp. 83-114 («The Starvation Blockades of WWI: Britain and Germany»). Paradossalmente la Gran Bretagna era più vulnerabile, perché importava il 60% del suo fabbisogno calorico, contro il 22-25%
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un lento e inesorabile peggioramento delle condizioni di vita, soprattutto delle classi sociali e delle fasce di età più deboli, iniziato con l’aumento dei prezzi e la scarsità di prodotti essenziali11, tanto che già nel febbraio 1915 la Germania dovette ricorrere al razionamento del pane, in seguito esteso ad altri generi e differenziando le razioni in base alle esigenze produttive. Il minimo di 2000 calorie al giorno riconosciute alla popolazione attiva era già ridotto a 1.700 nel gennaio 1916 e precipitò a 1.313 nel 191712. E ad affamare la popolazione era l’esercito: nel corso della guerra la razione giornaliera di carne rimase quasi costante al fronte (da 132 a 127 grammi), mentre all’interno precipitò da 135 a 28 grammi13. Infine, nell’aprile 1917 una commissione medica certificò che nella stragrande maggioranza della popolazione adulta si riscontrava un pericoloso calo ponderale «da contrastare con i tutti i mezzi possibili»14. Paul von Hindenburg (1847-1934) aveva tuttavia già dato una risposta: «Wer nicht arbeitet, der soll nicht essen!»15 .
Abbassando il livello di igiene e le barriere immunitarie, la carestia favorì le epidemie di colera e tubercolosi, amplificò gli esiti letali della «spagnola»16, compromise lo sviluppo fisico dei bambini, provocò un aumento dei reati17 e acuì i conflitti sociali, manifestatisi già durante la guerra
della Germania. ma aveva il dominio del mare, anche se il controblocco subacqueo tedesco non mancò di arrecare seri colpi al rifornimento delle Isole Britanniche. 11 Wolfgang Michalka, Der Erste Weltkrieg: Wirkung, Wahrnehmung, Analyse, Originalausgabe, Piper, München, 1994, p. 607. 12 B.W. Kunkel, «Calories and Vitamines», The Scientific Monthly, xvii, n. 4, 1923, p. 364;
William Van Der Kloot, «Ernst Starling’s Analysis of the Energy Balance of the German
People During the Blockade 1914-1919», Notes and records of the royal Society of london, vol. 57, n. 2 (May 2003), p. 189. 13 N.P. Howard, «The Social and Political Consequences of the Allied Blockade of Germany, 1915-1919», German History, vol. 11, 2, 1993. 14 Richard Bessel, Germany after the First World War, Oxford., 1993. 15 «Chi non lavora, non deve mangiare!»: da un memorandum indirizzato a Bethmann-
Holweg, 13 settembre 1916 (Richard und Joachim Tibertius, Die Arbeiterfrage. Eine
Kernfrage des Weltkrieges. Ein Beitrag zur Erklärung des Kriegsausgangs, Berlin, 1920, pp. 106-107; Max Bauer, Der Grosse Krieg in Feld und Heimat. Erinnerungen und Betrachtungen, Tübingen, 1921, pp. 153-155). 16 Rudolf Abel-Franz Bumm, Deutschlands Gesundheitsverhältisse unter dem Einfluss des
Weltkrieges, Deutsche Verlag-Anstalt, Stuttgart, 1928. 17 A Berlino i furti commessi da donne triplicarono da meno di 2000 (1914) a quasi 6000
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con proteste, disordini e scioperi18. Inoltre la carestia spinse Austria e Germania a sfruttare le risorse alimentari dei paesi occupati (Serbia, Belgio19 , Ucraina), privando la popolazione locale dei mezzi di sussistenza: misure odiose che oltre tutto si rivelarono in gran parte vane (il grano ucraino marcì nei depositi perché la priorità data ai trasporti militari non consentì di farlo arrivare in tempo in Germania). La maggior parte degli storici tedeschi imputa ora la crisi alimentare al fatto che la principale preoccupazione del tempo fosse stata rivolta alla produzione e al rifornimento delle munizioni e non al complesso di misure necessarie per arginarla20 .
Contromisure tedesche ed economia di guerra 1.Mancate previsioni. La responsabilità della Germania nello scoppio della grande guerra è controversa (Kriegsschuldfrage, Fischer Kontroverse), ma la sua preparazione alla guerra economica contro i partner commerciali si ridusse in definitiva alla semplice formazione di un tesoro di guerra, ripetendo la celebre misura di Federico II21. Eppure i cosiddetti circoli ‘militaristi’ più volte perorato la ‘preparazione’ economica alla guerra. Già nel 1912, a Berlino nel corso di una riunione al vertice del Deutscher Wehrverein, associazione nazionalista fondata dal generale August Keim (1845-1926), Emil Ludwig Possehl (1850-1919), politico ed imprenditore di Lubecca, aveva ammonito pubblicamente sui pericoli derivanti dalla guerra commerciale con l’Inghilterra suggerendo la creazione di un Kriegswirtschaftsstab, ovvero uno ‘stato maggiore per la guerra
(1918) (Moritz Liepmann, Krieg und Kriminalität in Deutschland, Deutsche Verlag,
Stuttgart, 1930; B. Davis, Homes Fires Burning, cit., p. 223). 18 Jürgen Kocka, Klassengeselschaft im Krieg. Deutsche Sozialgeschichte 1914-1918, Vandenhoeck & Ruprecht, Göttingen, 1978. 19 Tra le numerosi pubblicazioni del dopoguerra ad es. v. Henry Pirenne, La Belgique et la guerre mondiale, PUF-Yale U. P., Paris-New Haven, 1928. 20 Hans-Peter Ullmann, Kriegswirtschaft, in: Gerhard Hirschfeld-Gerd Krumeich-Irina Renz (Hrsg.), Enzyklopädie - Erster Weltkrieg, Paderborn, 2003, p. 221. 21 Liaquat Ahamed, Lords of Finance. The Bankers Who Broke the World, London, The Penguin Press, 2009; Windmill Books. 2010, p. 43. Florian Lorz, Kriegsernährungswirtschaft und Nahrungsmittelversorgung vom Weltkrieg bis heute, M.&H. Schaper Verlag, Hannover, 1928, p.11.
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economica’22. La misura fu però procrastinata dal vicecancelliere Clemens von Delbrück (1856-1921), responsabile della mobilitazione economica; una commissione specifica fu istituita solo il 1° giugno 1914, prevedendo l’entrata in funzione nel gennaio del 191523 . 2. le materie prime. La Germania fu comunque il primo belligerante a dotarsi di un organismo per il coordinamento delle materie prime (Kriegsrohstoffabteilung, KrA), proposto e presieduto da Walther Rathenau (1867-1922)24. Posto sotto il controllo del ministero della guerra e articolato in sezioni (Kriegsrohstoffgesellschaft (Krg) di settore, il KRA coordinava la produzione e ottimizzava l’impiego delle materie prime, controllando pure i prezzi. Ma già nell’autunno 1914 la c. d. «crisi delle munizioni» mise in risalto le carenze del sistema. La Germania non fu in grado di sfruttare neppure le miniere dei territori occupati25, i trasporti ferroviari, essenziali per la produzione e la distribuzione, rimasero a corto di carbone, poi toccò all’uso domestico, creando un effetto domino anche su altre merci ed ovviamente sulle condizioni generali della popolazione civile. E la situazione peggiorò ulteriormente con la drastica decisione dell’agosto 1916 di dare assoluta priorità alle esigenze militari («piano Hindenburg»)26 .
22 Marilyn Shewin Coetzee, The German Army League: Popular Nationalism in Wilhelmine
Germany, Oxford U. P., 1990, pp. 106-107; Une guerre économique jettera l’Allemagne à genoux, discours prononcé le 11 mai 1912 par M. le négociant en gros E. Possehl de
Lübeck dans la première séance de la direction générale au Deutscher Werkverein à Berlin. Economical war will throw Germany on her knees: a speech made on the 11th May 1912 (v. Pamphlets on the European War, vol. 15, p. 42; European War Pamphlets, 1917, vol. 57, p. 118). 23 Thomas Flemming-Bernd Ulrich, Heimatfront. Zwischen Kriegsbegeisterung und Hungersnot - wie die Deutschen den Ersten Weltkrieg erlebten, Bucher Verlag, München, 2014; Clemens Delbrück, Die wirtschaftliche Mobilmachung in Deutschland 1914. Verlag für Kulturpolitik, München 1924. 24 Otto Heinrich Goebel, Deutsche Rohstoffewirtschaft im Weltkrieg einschliesslich des Hindenburgprogramms, Deutsche Verlag-Anstalt, Stuttgart, 1930; Gerald D. Feldman, Army,
Industry and Labor in Germany, 1914-1918, Princeton U. P., 1966. 25 Peraltro l’occupazione tedesca privò la Francia di fondamentali risorse industriali: il Nord-
Est copriva il 75% del fabbisogno francese di carbone, l’81% di ferro, il 63% di acciaio, oltre al 75% di zucchero e lana (Jean-Baptiste Duroselle, La Grande Guerre des Français,
Paris, 1994, p. 171). 26 Ivi, p. 281-282.
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Altra materia prima essenziale per lo sforzo bellico (esplosivi e munizioni) e per l’agricoltura (fertilizzanti) furono i nitrati importati dal Sud America27 o in misura assai minore dall’India28. Nel 1913 la Germania assorbiva un terzo della produzione di nitrati cileni, e la Gran Bretagna appena un ventesimo. Il blocco tedesco delle Falklands, all’inizio della guerra, non fece perciò gravi danni: e inoltre l’8 dicembre 1914 la squadra dell’ammiraglio von Spee fu annientata, azzerando l’afflusso dei nitrati cileni in Germania e quadruplicando la quota inglese (giunta al 19,4% nel 1918)29. L’eccellente livello dell’industria chimica tedesca compensò il mancato afflusso, ma – soprattutto nel settore agricolo – non riuscì a risolvere del tutto gli squilibri con ripercussioni sulla produzione generale e l’alimentazione30 .
Ultima materia prima tra le tante del ‘paniere’ strategico fu la gomma, che – sebbene non richiesta massicciamente, in quanto gli eserciti non potevano dirsi ancora motorizzati – era tuttavia legata alla logistica alternativa al trasporto ferroviario (eserciti compresi31) ed elemento fondamentale nelle protezioni anti-gas: poiché la Germania importava il 100% del proprio fabbisogno di gomma, le forniture cessarono subito. Le conseguenze furono la creazione di un surrogato (Kautschuk-regenerat) per gli pneumatici degli automezzi e la sostituzione della gomma impiegata nelle maschere antigas con cuoio impregnato, limitando l’operatività dei reparti nonché lo stesso impiego dei gas come arma offensiva32 . 3. la guerra sottomarina. Nel febbraio 1915, quando la Gran Bretagna
27 Juan Ricardo Couyoumdjian, «El mercado del salitre durante la Primera Guerra Mundial y la postguerra, 1914-1921. Notas para su estudio», Historia 12, 1974-1975, pp. 13-55. 28 La produzione indiana (2% del totale) era assorbita completamente dall’Inghilterra. 29 La trasformazione del mercato provocata dalla guerra favorì pure la creazione di forti monopoli che in seguito avrebbero di fatto ‘imposto’ un prezzo bloccato al nitrato cileno: Michel Monteón, Chile in the nitrate era. The evolution of economic dependence, 1880-1930,
University of Wisconsin Press, Madison, 1982. 30 Katharina Loeber-Holger M. Meding, Der Niedergang des Chilesalpeters. Chemische
Forschung, militärische Interessen, ökonomische Auswirkungen, Wissenschaftlicher Verlag Berlin, Berlin, 2010. 31 Alla fine del 1918 gli alleati avevano oltre 100.000 autocarri sul fronte occidentale. 32 German Vogliano, Rettung vor der ‘chemischen Bombe’. Die Verwendung von Gummi für
Atemschutzmasken seit der Einführung der Gasmasken bis heute, in Ulrich Giersch-Ulrich
Kubisch (Hrsg.), Gummi - die elastische Faszination, Nicolai, Berlin, 1995.
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dichiarò zona di guerra le acque delle Isole Britanniche, la Germania rispose con una prima offensiva delle forze subacquee, durante la quale si verificò il famoso affondamento del piroscafo americano lusitania33. Una seconda seguì nella primavera del 1916, frenata per le proteste internazionali e conclusa con le dimissioni dell’ammiraglio Reinhard Scheer (18631928) che sosteneva al contrario l’efficacia degli U-Boot per contrastare il blocco alleato34. Oltre che controproducenti sul piano diplomatico, queste due prime campagne ebbero pure scarsi effetti economici. Maggiori risultati ebbe la «guerra sottomarina indiscriminata» del febbraio-agosto 1917, come mostra il confronto delle perdite (in tonnellaggi) fra i due maggiori belligeranti:
1917 Germania Inghilterra
Febbraio 520.412 497.095
Marzo 564.497 553.189
Aprile 860.334 867.834
Maggio 616.316 589.603
Giugno 696.725 674.458
Luglio 555.514 545.021
Agosto 472.372 509.142
Ma il fallimento della sortita in forze della Hochseeflotte (battaglia dello Jutland, 2 giugno 1916)35 e il sostegno americano all’Intesa, prima ancora del formale intervento, avevano già segnato le sorti della guerra. Nonostante il quadro complessivo sfavorevole, i risultati della iii campagna furono comunque di un certo rilievo (ma non produssero gli effetti desiderati, né mutarono i rapporti di forza; inoltre per prevenire gli attacchi
33 Arno Spindler, Der Handelskrieg mit U-Booten, 5 vol., Mittler & Sohn, Berlin, 1932-1941;
Joachim Schröder, Die U-Boote des Kaisers: die Geschichte des deutschen U-Boot-Krieges gegen Grossbritannien im Ersten Weltkrieg, Bernhard & Graefe, 2003; R. H. Gibson-
Maurice Prendergast, The German Submarine War 1914-1918, Periscope Publishing Ltd,
London, 2002; Peter Ericson, The Kaiser strikes America. The U-Boats Campaign off
American Coast in WW I, Lulu.com, N.Y, 2008; V.E. Tarrant, The U-boat offensive, 19141945, Naval Institute Press, Annapolis , 1989; Philip K. Lundeberg, «The German naval critique of the U-Boat campaign, 1915-1918», Military Affairs, 27/3, 1963, pp. 105-118. 34 Michael Epkenhans, «Scheer, Carl Friedrich Heinrich Reinhard», Neue Deutsche Biographie, Band 22, Duncker & Humbolt, Berlin, 2005. 35 Frank Nägler-Jörg Hillmann-Michael Epkenhans (eds.), Jutland. World War I’s greatest naval battle, University Press of Kentucky, Lexington, 2015.
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dei sottomarini si sviluppò la tattica dei convogli, riducendo ulteriormente la capacità offensiva dei sottomarini.
il blocco e la disgregazione dell’austria-Ungheria
La natura multietnica dell’Impero asburgico amplificò gli effetti politici del blocco alleato, aggravando la divisione tra austriaci e magiari ed esasperando i localismi36. L’Ungheria era una vasta periferia agricola controllata dal latifondo; Tirolo e Carinzia, Bassa Austria e Stiria, Slesia, Boemia e Moravia - ancora fondamentalmente a base agricola - potevano definirsi moderatamente industrializzate da una piccola e media imprenditoria (con l’eccezione delle acciaierie boeme), mentre del tutto marginale e con carenze strutturali era invece la fascia più orientale dalla Galizia alla Bosnia37. Peculiarità dell’impero asburgico – che prima della guerra era autosufficiente dal punto di vista alimentare grazie all’agricoltura ungherese – fu infatti l’acuirsi delle diversità economiche: al di là delle componenti etniche o linguistiche, l’impero era infatti composto da aree a diversa vocazione economica imperfettamente interconnesse, sebbene l’unione doganale risalisse alla metà del secolo precedente38 .
Benché nel 1917 fosse stato costituto un unico comitato di coordinamento per l’alimentazione di tutto l’impero39, rimasero differenze notevoli nell’assegnazione delle altre materie prime, specie tra città e campagna40 .
36 Zdenek Jindra, Der wirtschafliche Zerfall Österreich-Ungarns, in Alice Teichowa-Herbert
Matis (Hrsg.), Österreich und Tschechoslowakei 1918-1938, Wien, 1996, pp. 17-50; Gusztav Gratz-Richard Schüller, Der wirtschaftlicher Zusammenbruch Österreich-Ungarns.
Die Tragödie der Erschöpfung, Hölder-Pichler-Tempsky, Wien, 1930. 37 David F. Good, Der wirtschaftliche Aufstieg der Habsburgerreiches 1750-1914, Böhlau,
Wien-Köln-Graz, 1986. 38 John Komlos, Die Habsburgermonarchie als Zollunion. Die Wirtschaftentwicklung Österreich-Ungarns im 19. Jahrhundert, Wien, 2006. 39 Ottokar Landwehr-Pragenau, Hunger. Die Erschöpfungjahre der Mittelmächte 1917-1918,
Amalthea, Zürich, 1931 (1868-1944, dal febbraio 1917 coordinatore del comitato unico per l’alimentazione). 40 L’Ungheria copriva i 4/5 del consumo di farina degli oltre due milioni di viennesi. Alfred
Pfoser u. Andreas Weigl (Hrsg.), Im Epizentrum der Katastrophe. Wien im Ersten Weltkrieg, Metroverlag, Wien, 2013; Reinhard Sieder, Behind the Lines. Working-class family life in wartime Vienna, in Richard Wall-Jai Winter (eds.), The upheaval of war. Family, work, and welfare in Europe, 1914-1918, Cambridge U. P., 1988; Maureen Healy, Vienna
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Dal 1913 al 1918 la produzione agricola complessiva calò del 40%, da 9,43 a 5,63 miliardi di corone, ma fu più che dimezzata in Austria, mentre in Ungheria diminuì solo di un terzo41. Il Tirolo42, esposto più di altre regioni, fu praticamente devastato dalle requisizioni militari e dalle limitazioni nella circolazione di merci e persone, oltre che dal richiamo dei contadini e dal deficit di importazioni dall’Ungheria.
Le conseguenze del blocco iniziarono a farsi sentire tra 1916 e il 1917, quando anche le requisizioni effettuate nelle zone occupate della Romania e dell’Ucraina non furono più sufficienti o il fronte si spostò più a occidente come in Galizia. Nello stesso periodo – per le ragioni strutturali accennate – in Ungheria le condizioni, pur aggravatesi, risultarono in complesso difficili, ma meno drammatiche: il mancato accordo tra le autorità austriache ed ungheresi e le altre limitazioni imposte nella circolazione interna di derrate, sulle quali intervenivano anche le autorità militari, finirono in conclusione per esasperare latenti sentimenti nazionalisti o anti-magiari ed innescare altre rivalità etniche con le popolazioni slave43 .
Altro fattore rilevante provocato dal blocco sull’Austria-Ungheria fu il mancato approvvigionamento del carbone per la flotta: la qualità del carbone estratto non infatti era adeguata alle esigenze militari e, già prima della guerra, la flotta era costretta ad importarne dall’Inghilterra circa l’80%44. La marina austriaca durante la guerra, come è noto, fu costretta
and the fall of the Habsburg Empire. Total war and everyday life in World War I, Cambridge U. P., 2004. 41 Helmut Rumpler-Anatol Schmied-Kowarzik (Hrsg.), Weltkriegsstatistik Österreich-Ungarn 1914-1918. Bevölkerungbewebung, Kriegstote, Kriegswirtschaft (Die Habsburgermonarchie 1848-1918, vol. 11/2), Verlag der Österreichischen Akademie der Wissenschafen, Wien, 2014; Hans Löwenfeldt-Russ, Die Regelung der Volksernährung im
Kriege, Wien, 1926, p. 198 e ss. 42 Gerhard Prassnigger, Hunger in Tirol, in Klaus Eisterer-Rolf Steininger (Hrsg.), Tirol und der Erste Weltkrieg, Österreichischer Studien Verlag, Innsbruck-Wien, 1995; Matthias Rettenwalder, Stilles Heldentum? Wirtschafts- und Sozialgeschichte Tirols im Ersten
Weltkrieg, Universitätsverlag Wagner, Innsbruck, 1997; Hermann J.W. Kuprian-Oswald
Überegger (Hrsg.), Katastrophenjahre. Der Erste Weltkrieg und Tirol, Innsbruck, 2014. 43 Max Stephan Schulze, Austria-Hungary’s economy in World War I, in Stephen N. Broadberry and Marc Harrison (Eds.), The economics of World War I, Cambridge U. P., 2005. 44 Lawrence Sondhaus, The Naval Policy of Austria-Hungary, 1867-1918: Navalism, Industrial Development, and the Politics of Dualism, Purdue U. P., West Lafayette, 1994; Joseph
Zeller, «British Maritime Coal and Commercial Control in the First World War: Far More
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Economic WarfarE - L’arma Economica in tEmpo di guErra
all’inazione dallo sbarramento del Canale d’Otranto, ma non poté nemmeno d’altra parte svolgere attività addestrative per mancanza di scorte con conseguenze sull’efficienza delle navi e degli equipaggi.
il caso ottomano e bulgaro
Per completare il quadro delle potenze centrali, è necessario un breve accenno anche all’impero ottomano e alla Bulgaria, dove le conseguenze del blocco produssero effetti profondi. Da sottolineare che l’impero ottomano, a causa della sconfitta nelle guerre balcaniche attraversava già gravi difficoltà organizzative e presentava serie carenze igienico-sanitarie, come testimoniato dal generale tedesco Otto Liman von Sanders (1855-1929)45 . Nonostante ciò l’impero turco durante la guerra mobilitò tre milioni di uomini46 (operanti per di più in alcuni settori caratterizzati da notevoli difficoltà di terreno e logistiche quali il Caucaso, la Palestina o la penisola
than Mere Blockade», Canadian Military History, vol. 24, is. 2, art. 3, 2015. 45 Otto Viktor Karl Liman von Sanders, Fünf Jahre Türkey, Berlin, 1919. 46 Ahmet Elmin Yalman, Turkey in the World War, New Haven, 1930.
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Arabica47) pagando un prezzo altissimo.
Il primo provvedimento adottato fu la modifica di una legge del 1913 ‘sull’imposizione della tassa di guerra’ che prevedeva l’istituzione di commissioni provinciali miste (civili e militari) destinate alla riscossione dei tributi, alla requisizione dei prodotti e alla successiva riassegnazione, secondo le necessità richieste, alla popolazione civile o all’esercito. Nonostante le indicazioni per prevenire possibili abusi, il sistema non funzionò per inefficienza e corruzione, ma soprattutto perché – nonostante il tentativo di risollevarla con la militarizzazione del lavoro o la mobilitazione giovanile48 – la produzione agricola crollò49. La razione giornaliera prevista per il soldato turco (900 grammi di pane o 600 di biscotto, 250 grammi di carne, 150 di bulgur, una presa di burro e sale) si ridusse drasticamente nel 1916 a 500 grammi di pane in Palestina o a 100 grammi di farina sul Caucaso, per cui il motivo principale delle diserzioni dal fronte divenne la fame.
Intuibile la situazione della popolazione civile in assenza di qualsiasi forma di intervento: vessata oltre ogni immaginazione da spietate requisizioni militari e soprattutto in condizioni igieniche semplicemente catastrofiche, aggravate da continui esodi di popolazione civile all’interno e spinta dalla fame in aree urbane già sovra popolate50 .
Anche in Bulgaria le dinamiche furono praticamente le stesse: drastico calo della produzione agricola, azzeramento delle importazioni di fibre
47 Hikmet Özdemir, The Ottoman Army, 1914-1918. Disease and Death on Battlefield, Salt
Lake City, 2008; Edward Erickson, Ordered to Die. A History of the Ottoman Army in the
First World War, Westport, 2001; Eric J. Zürcher, «Between Death and Desertion. The Experience of Ottoman Soldiers in World War I», Turcica, n. 28, 1996, pp. 235-258. 48 Mehmet Beșikçi, The Ottoman Mobilization of Manpower in the First World War. Between
Voluntarism and Resistence, Leiden, 2012. 49 Yiğit Akin, The Ottoman Home Front during World War I. Everyday Politics, Society and
Culture, Ph.D. Dissertation, Ohio State University, 2011; Stanford J. Shaw, The Ottoman
Empire in World War I, Ankara, 2006; Şevket Pamuk, The Ottoman Economy in World
War I, in S.N. Broadberry-Mark Harrison (eds.), The Economics of World War I, New
York, 2005; 50 Birsen Balmus, Plague, quarantines, and geopolitics in the Ottoman empire, Edinburgh
University Press, Edinburgh, 2012; Oya Daglar-Stichting Onderzoekscentrum Turkestan en Azerbajdzan, War, epidemics, and medicine in the late Ottoman Empire (1912-1918),
Sota, Haarlem, 2008.
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tessili, cuoio e carburanti fossili, con l’aggravante che le autorità tedesche requisirono dai territori dei Balcani occupati dai bulgari (Macedonia, valle della Morava e Romania) le scarse eccedenze disponibili. Il culmine si verificò dopo il raccolto del 1918, ridotto al 30% di quello dell’anteguerra, con l’esplosione di rivolte e sommosse51, mentre si affacciò il serio timore che il fronte interno crollasse prima di quello militare.
la continuazione della guerra con altri mezzi
L’armistizio del novembre 1918 non interruppe la politica del blocco, proseguita fin oltre la firma della pace. Tra le ragioni vi fu il timore di una ripresa troppo rapida dell’economia tedesca, ma anche di dover presto fronteggiare una rivoluzione bolscevica in Germania e negli stati successori dell’Impero asburgico. Nella logica controproducente della «pace Cartaginese» denunciata da Keynes, l’Intesa volle la requisizione del naviglio mercantile tedesco, l’estensione del blocco alla navigazione e alla pesca nel Baltico, la consegna delle locomotive e degli autocarri e il risarcimento insostenibile dei danni di guerra52. In altre parole la prosecuzione del blocco rappresentò la continuazione della guerra con altri mezzi, allo scopo di obbligare i vinti a non negoziare le condizioni del trattato di pace e soprattutto continuando a trattarli da nemici, come del resto si scriveva chiaramente nel febbraio 1919:
… while Germany is still an enemy country, it would be inadvisable to remove the menace of starvation by too sudden and abundant supply or foodstuff. This menace is a powerful lever to negotiation at an important moment53 .
Il blocco infatti era stato esplicitamente confermato nei diversi rinnovi dell’armistizio di Compiègne (13 dicembre 1918, 16 gennaio e 16 feb-
51 R.C. Hall, «”The Enemy is Behind Us”: The Moral Crisis in the Bulgarian Army during the Summer of 1918», War in History, vol. 11, 2, 2004; R.J. Crampton, Bulgaria 18781918. A History, Columbia U. P., Boulder, 1983. 52 S.L. Bane-R.H. Lutz (eds.), The Blockade of Germany after the Armistice 1918-1919. Selected Documents of the Supreme Economic Council, American Relief Administration, and
Other Wartime Organizations, Stanford University Press-Oxford University Press, London-Oxford, 1942. 53 Rapporto in data 16 febbraio 1919 della missione militare inglese in Germania, in N.P. Howard, The Social and Political Consequences (op.cit.). p. 183.
Gli effetti economici del blocco alleato (1914-1919) 231
braio 1919 a Trier) o addirittura inasprito nel gennaio 1919 con la richiesta di porre temporaneamente la flotta mercantile tedesca sotto controllo alleato «per assicurare l’approvvigionamento della Germania e del resto dell’Europa»54. Gli alleati si impegnarono a prendere «in considerazione l’approvvigionamento della Germania durante l’armistizio a seconda della necessità», ma lo scopo reale era di mantenere la pressione e disporre di una garanzia per il pagamento dei danni di guerra. Dopo lunghe trattative, nonostante l’opposizione francese, il 14 marzo a Bruxelles fu siglato un accordo che ridusse le limitazioni, ma che non risolse ancora il problema. L’embargo cessò definitivamente il 12 luglio 1919, due settimane dopo la firma della pace, ma le sue conseguenze andarono ben oltre.
54 Rohan Butler, La conferenza di pace di Versailles, 1918-1933, in C. L. Mowat, I grandi conflitti mondiali (1898-1945), vol. xii, Storia del Mondo Moderno, Milano, Garzanti, 1972.
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Bernard Partridge, «A Friend in Need. Germany: Who said ‘God punish England!’? God bless England, who lets us have the sinews of war», (Punch, July 28,1915). In Rear-Admiral M. W. W. P. Consett, the triumph of Unarmed Forces. an account of the transactions by which Germany during the Great War was able to obtain supplies prior to her collapse under the pressure of economic forces, London, Williams and Norgate, 1923.