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«Dollar diplomacy» & «Banana wars». La fase emisferica dell’impero globale americano, di Matteo Giurco “
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Dollar Diplomacy & Banana Wars
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La fase emisferica dell’imperialismo universale americano
di Matteo Giurco
«In quanto suddito tedesco, esponendo l’imperialismo americano, non posso avere altra sensazione che quella di parlare come un mendicante vestito di stracci parla delle ricchezze e dei tesori di estranei»1 Carl SChmitt «The diplomacy of the present administration has sought to respond to modern ideas of commercial intercourse. This policy has been characterized as substituting dollars for bullets»2 . William hoWard
taft «Al hablar en nombre de los estudiantes, Salvador Merlos, que debía publicar después su libro El peligro yanqui, evocó la invasión del pirata Walker en 1856 y el ímpetu que levantó contra él a toda la América Central. (...) Y Rubén Coto Fernández, concluyó: “En otros tiempos se nos atacaba con las bayonetas y ahora con el dólar. Pero hemos comprendido que la superioridad consiste en la educación, y hemos empezado a levantar una ametralla- dora en cada escuela”»3 .
manuel ugarte
La «lunga grande guerra»4, ossia i conflitti nati dalla disintegrazione geopolitica dei grandi imperi tedesco, austro-ungherese, russo e turco, fu una grande stagione per i geografi: dall’Inquiry di Woodrow Wilson alle missioni di sir Halford Mackinder e di Arnold J. Toynbee in Europa Orientale e Medio Oriente, dalle Vittorie mutilate
1 Carl Schmitt, Positionen und Begriffe im Kampf mit Weimar, Genf, Versailles 1923-1939,
Homburg, Hanseatische Verlagsanstalt, 1940, p. 179 [cit. in Piet Tommissen, Introduzione a Schmitt, Il concetto d’Impero nel diritto internazionale (1933: trad. Pierandrei 1941),
Roma, Settimo Sigillo, 1996, p. ix]. 2 W. H. Taft, Fourth Annual Message of the President of the United States, 3 dicembre 1912. 3 M. Ugarte, El destino de un continente, Madrid, Mundo Latino, 1923. 4 A. Dirk Moses, «The Long First World War», Recensione a Robert Gerwarth, The Vanquished: Why the First World War Failed to End, 1917-1923, Penguin, 2016 (Sydney Review of Books, History, non-Fiction, 2 February 2017).
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dei vincitori al revanscismo dei vinti, con relativi irredentismi e pulizie etniche. Tra lr polemiche tedesche contro la nuova Europa disegnata a Versailles, vi fu la «geojurisprudenz» della scuola hausoferiana, sviluppata da Manfred Langhans-Ratzeburg5, che, influenzata da Carl Schmitt, contestava il carattere globale del diritto internazionale rivendicando la pluralità di sistemi giuridici regionali e dunque un Sonderweg giuridico tedesco (contrapposto però anche al jus publicum Europaeum difeso da Schmitt contro l’universalismo wilsoniano). Naturalmente uno dei punti di forza era l’eccezione Americana basata sia sulla corrente latinoamericana del diritto internazionale (Andrés Bello e Carlos Calvo), sia soprattutto sulla Dottrina Monroe (1825) e sul Corollario Roosevelt (1904) occasionato dalle cannoniere europee in Venezuela (1902) e Santo Domingo (1904). L’America Latina del 1928 era infatti il miglior esempio di riconoscimento internazionale di una «sfera d’influenza» (Lebensraum), a cui del resto aspiravano tutte le maggiori potenze europee, inclusi i maggiori stati successori degli ex-Imperi (Polonia, Cecoslovacchia) e il Giappone. Tra l’altro lo status particolare dei paesi dell’America Centrale sotto occupazione (Puerto Rico, Haiti, Santo Domingo, Honduras, Nicaragua) o con «basi di sovranità» statunitense (Panama, Cuba)6 suggerì a Langhans il concetto di «protettorato benigno» (Schutzfreundschaft), che ovviamente non intendeva essere una denuncia dell’imperialismo yankee, ma un modello per gli analoghi spazi regionali7 .
Diversamente dall’imperialismo europeo, la ragione dell’espansione statunitense a cavallo del secolo (Hawaii, Cuba, Filippine, Guam, Panama) non fu il sovraprofitto [surplus di capitali rispetto al mercato interno] e tan-
5 David Thomas Murphy, The Heroic Hearth: Geopolitical Thought in Weimar Germany, 1918-1933, Kent State U. P., Kent, Ohio, 1997, pp. 1100-117. Cfr,. Karl Haushofer,
«Geopolitik und Geojurisprudenz», Zeitschrift für Völkerrecht, 1928; M. Langhans-Ratzeburg, Begriff und Aufgaben der Geographischen Rechtswissenshaft (Geojurisprudenz),
Kurt Vowinkel, 1928; Id., Geopolitik und Geojurisprudenz, Jena, Frommannsche Buchhandlung (W. Biedermann), 1932. V. Natalino Irti, «Geo-diritto», in Enciclopedia del Novecento, Treccani. 6 George Black, The Good Neighbor. How the United States Wrote the History of Central
America and the Caribbean, New York City, Pantheon Books, 1988. 7 Citato in M. G. Losano, La geopolitica del Novecento. Dai Grandi Spazi delle dittature alla decolonizzazione, Milano, Bruno Mondadori, 2011, p. 58.
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to meno la disoccupazione [si emigrava negli Stati Uniti]8, ma la sicurezza strategica nei confronti dell’Impero Britannico, antagonista globale fino al 1937 nonostante i periodici «great rapprochement», le teorie della «razza anglosassone» e dell’«Atlanticism» e l’appoggio contro la Germania (che costò a Londra, come vide Keynes nel 1916, il sostanziale pignoramento dell’Impero). Oltre a neutralizzare la Russia, storica amica degli Stati Uniti sino al 1946, l’alleanza anglo-giapponese (1902-1923) esponeva lo stesso territorio americano a un attacco simultaneo dal Canada e dalle due coste oceaniche9. Nonostante le tensioni con la Germania, la U. S. Navy si rallegrò della disastrosa decisione di Guglielmo II di creare l’Hochseeflotte, perché riduceva la supremazia della Royal Navy.
Non solo la competizione commerciale con l’Impero britannico, ma la stessa sicurezza nazionale rendeva vitale un Canale centroamericano per poter riunire le due flotte oceaniche. Si era inizialmente pensato al Nicaragua: il 28 giugno 1902 lo Spooner Act scelse Panama10. Il 9 dicembre, con l’iniziale appoggio di Washington, le squadre inglese, tedesca e italiana intonarono inconsapevolmente il canto del cigno della «gunboat diplomacy» europea intimando al governo venezuelano l’indennizzo dei propri cittadini coinvolti dalla guerra civile. Con nota diplomatica del 29 dicembre a Washington, il ministro degli esteri argentino Luís M. Drago sostenne, citando Alexander Hamilton e l’XI emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, che le nazioni debitrici hanno il diritto sovrano di scegliere il modo del risarcimento e che i creditori non hanno il diritto di ricorrere alla forza11. Il 13 febbraio 1903 fu siglato a Washington un accordo mediato dal presidente Roosevelt (che 14 anni dopo rivelò di aver minacciato l’intervento contro il recondito piano tedesco di stabilire una base permanente
8 E. T. L. Love, Race over Empire. Racism & U.S. Imperialism, 1865-1900, Chapel Hill and
London, The University of North Carolina Press, 2004. 9 V. in questo Quaderno l’articolo di Mariano Gabriele. Marco Leofrigio, «War Plan Red/
Crimson», Quaderno Sism 2016 Future Wars, pp. 397-410. Si capisce quindi l’interesse di
Roosevelt nella mediazione di pace tra Russia e Giappone che gli valse il Premio Nobel. 10 Il progetto francese di Ferdinand de Lesseps e Gustave Eiffel (1879-89), alimentato dalla corruzione, era finito nella bancarotta e nello scandalo. 11 Amos S. Hershey, «The Calvo and Drago Doctrines» (1907), Articles by Maurer Faculty.
Paper 1961. Michael Waibel, Sovereign Defaults before International Courts and Tribunals, Cambridge U. P., 2011, pp. 35-38.
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a Trinidad)12. Il 3 novembre, con un cuartelazo pilotato, Panama si staccò da Bogotá. Il 26 febbraio 1904 la nuova repubblica concesse in perpetuo agli Stati Uniti l’uso, occupazione e controllo dell’Istmo, in cambio della costruzione, mantenimento, spurgo, funzionamento e protezione del progettato Canale13. Dal 1° all’11 febbraio l’U. S. Navy aveva compiuto una rappresaglia a Santo Domingo per vendicare l’uccisione di un marine, mentre una nuova squadra europea (F, G, I, NL) premeva sulla repubblica caraibica in piena crisi finanziaria e politica14 .
Il 6 dicembre, nel messaggio annuale al Congresso, Roosevelt formulò la nuova politica emisferica degli Stati Uniti, passata alla storia come «corollario Roosevelt alla dottrina Monroe». Il messaggio replicava in primo luogo alla Dottrina Drago, sfruttandola al tempo stesso per giustificare l’egemonia emisferica di Washington come dissuasione contro i rigurgiti colonialisti della vecchia Europa (dottrina del «big stick»)15. In secondo luogo rivendicava il diritto-dovere d’intervento in caso di collasso di un
12 Cfr. M. Finnemore, The Purpose of Intervention. Changing Beliefs about the Use of Force,
Ithaca and London, Cornell U. P., 2003, pp. 27-31. Sul rapporto secolare fra Trinidad e il
Venezuela v. V. S. Naipaul, La perdita dell’Eldorado (1969), Milano, Adelphi, 2012. 13 Il Canale fu inaugurato il 3 agosto 1914, primo giorno della grande guerra. La Panama Canal Zone, che aveva il motto «The Land Divided, the World United», fu abolita col Trattato Torrijos-Carter del 1° ottobre 1979, che riconosceva la piena sovranità panamense, mantenendo fino alla fine del secolo un regime temporaneo di controllo congiunto. Dopo la sanguinosa invasione del 20 dicembre 1989 (Operation Just Cause) il 31 dicembre 1999 la Star-Spangled Banner è stata ammainata. 14 Al potere dal 1883, il generale Heureaux aveva accumulato un enorme debito con banche europee e statunitensi, tanto che nel 1893 aveva dovuto cedere le rendite doganali ad una finanziaria di New York, la San Domingo Improvement Company (SDIC). Nel 1897, per evitare la bancarotta, Heureaux aveva stampato 5 milioni di pesos senza copertura, rovinando molti commercianti di tabacco che nel 1899 gli rifiutarono un prestito e lo uccisero, gettando il paese nell’instabilità politica 15 La minaccia più avvertita dall’opinione pubblica non era quella britannica, ma la tedesca. Anche se si ignoravano i deliranti piani d’invasione della Kaiserliche Marine [Raffaele Moncada, «Landung in Cape Cod», Quaderno Sism 2017 Future Wars, pp. 231-248], le gratuite e goffe provocazioni (Samoa, Venezuela, Agadir) minavano gli sforzi della comunità tedesca negli Stati Uniti. E la minaccia tedesca non era campata in aria [Nancy
Mitchell, The Danger of Dreams. German and American Imperialism in Latin America,
Chapel Hill and London, The University of North Carolina Press, 1999] se si pensa al telegramma Zimmermann del 16 gennaio 1917 che dette a Wilson il pretesto per intervenire in Europa, per non parlare poi della penetrazione economica nazista in Argentina.
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governo ‘latino’ (dottrina del «world constable»)16 .
«It is not true that the United States feels any land hunger or entertains any projects as regards the other nations of the Western Hemisphere save such as are for their welfare. All that this country desires is to see the neighboring countries stable, orderly, and prosperous. (…) If a nation shows that it knows how to act with reasonable efficiency and decency in social and political matters, if it keeps order and pays its obligations, it need fear no interference from the United States. Chronic wrongdoing, or an impotence which results in a general loosening of the ties of civilized society, may in America, as elsewhere, ultimately require intervention by some civilized nation, and in the Western Hemisphere the adherence of the United States to the Monroe Doctrine may force the United States, however reluctantly, in flagrant cases of such wrongdoing or impotence, to the exercise of an international police power»17 .
Il primo dei tre interventi statunitensi nella Repubblica Dominicana fu pacifico18. Un accordo firmato il 4 febbraio 1905 (e ratificato dal Congresso il 25 febbraio 1907)19 revocò l’appalto delle dogane concesso otto anni prima alla SDIC di New York e ne trasferì la supervisione ad un Ricevitore Generale nominato da Roosevelt, vincolando il 55% del gettito al pagamento del debito, ridotto così in due anni da 40 a 17 mln $. Ciò rese possibile un finanziamento della banca d’investimento Kuhn & Loeb di New York. In tal modo, gli Stati Uniti videro assicurato il controllo sulla nazione
16 La dottrina riflette l’epoca e la personalità vitalista e avventurosa del vecchio comandante dei Rough Riders a San Juan Hill (v. l’autobiografia, trad. italiana col titolo Vigor di vita, Milano, Treves, 1904). Sul contesto ideologico della diplomazia del dollaro v. Arnaldo
Testi, «The Gender of Reform Politics: Theodore Roosevelt and the Culture of Masculinity», Journal of american History, N. 81 (March 1995), pp. 1509-33 e Emily S. Rosenberg,
«Revisiting Dollar Diplomacy: Narratives of Money and Manliness», Diplomatic History, vol. 22, n. 2 (Spring 1998), pp. 155-176. Più in generale F. B. Pike, the United States and latin america. Myths and Stereotypes of Civilization and Nature, Austin, University of Texas Press, 1992. 17 T. Roosevelt, Fourth Annual Message of the President of the United States. 18 Il 23 febbraio 1904 il presidente scriveva di avere «the same desire to annex [Santo Domingo] as a gorged boa constrictor might have to swallow a porcupine wrong-end-to» Letter from Th. Roosevelt to Joseph Bucklin Bishop, 23.02.1904, Theodore Roosevelt Collection, Harvard College Library. 19 Jacob H. Hollander, «The Convention of 1907 Between the United States and the Dominican Republic», The American Journal of International Law, vol. 1, No. 2 (1907), pp. 28796. Waibel, op. cit., p. 47.
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caraibica senza addebitarsi il gravoso fardello della sua sovranità politica. Al contempo, la Repubblica Dominicana diveniva una sorta di laboratorio per la gestione delle crisi mediante il vincolo economico: si veniva quindi a creare una sinergia tra banchieri privati, «proconsoli finanziari» di nomina governativa20, e funzionari del governo, incaricati di coordinare gli altri attori all’insegna dell’interesse nazionale21. Era la diplomazia del dollaro, e avrebbe goduto di notevole seguito negli anni della presidenza Taft (1909-1913)22 .
Peraltro proprio la fragilità delle istituzioni postcoloniali dell’America Latina, minate dal debito estero, favoriva lo sfruttamento economico da parte europea e nordamericana23. L’area più instabile era il Centro-America, il «cortile di casa» da dove gli Stati Uniti importavano banane fin dal 1870. La collusione tra i deboli e corrotti governi locali e le grandi società nordamericane che producevano e commerciavano le banane in regime di monopolio, creò economie squilibrate, in cui i profitti delle terre pubbliche venivano interamente privatizzati e le perdite socializzate, gravando i paesi di debiti non estinguibili che producevano assoluta dipendenza politica24. Nel gergo economico questo perverso sistema è indicato con la locuzione «Banana Republic», presa in prestito da Cabbages and Kings
20 Traggo la suggestiva definizione da Carlos Marichal, Historia de la deuda externa de
América latina: desde la independencia hasta la gran depresión, 1820-1930, México,
Alianza editorial, 1988, pp. 214-223. 21 A queste misure facevano inoltre da corollario la riorganizzazione del Dipartimento di Stato, con la creazione delle nuove Divisioni «Far East» (1908) e «for Latin American Affairs» (1909); Dana G. Munro, Intervention and Dollar Diplomacy in the Caribbean, 19001921, Princeton, Princeton U. P., 1964, p. 20. 22 Il classico sull’argomento è Emily Rosenberg, Financial Missionaries to the World. The
Politics and Culture of Dollar Diplomacy, 1900-1930, Durham & London, Duke U. P., 2003. V. inoltre Munro, Intervention, cit; Lars Schoultz, Beneath the United States: a History of U.S. Policy Toward Latin America, Harvard U. P., Cambridge (Mass.), 1998, pp. 205-219 e Cyrus Veeser, A World Safe for Capitalism: Dollar Diplomacy and America’s
Rise to Global Power, New York, Columbia U. P., 2002. In italiano v. la sintesi è Mario
Del Pero, Libertà e impero. Gli Stati Uniti e il mondo 1776-2011, Roma-Bari, Laterza, 2011, pp. 159-195. 23 Kris James Mitchener, Marc Weidenmier, «Empire, Public Goods, and the Roosevelt Corollary», The Journal of Economic History, n. 65, 2005, pp. 658-692. 24 Peter Chapman, Bananas. How the United Fruit Company Shaped the World, Edinburg,
Canongate, 2007.
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(1904) di William Sidney Porter (1862-1916), una raccolta di brevi racconti ispirati dal suo soggiorno in Honduras (chiamata nel libro «Republic of Anchuria»)25 .
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Già governatore delle Filippine (1901-1903) e Segretario alla Guerra (1904-1908), il successore di Roosevelt rese sistematiche le supervisioni finanziarie e i prestiti controllati, coordinandoli con l’esigenza di estendere il sistema del gold-standard e delle banche centrali nazionali. I trattati Knox-Paredes e Knox-Castrillo stipulati nel 1911 dal Segretario di Stato Philander Knox con Honduras e Nicaragua26 non furono ratificati dal Congresso, contrario alla commistione di interessi pubblici e bancari, e fu messa in discussione pure la diplomazia del dollaro avviata contestualmente nei confronti della Liberia. Il veto congressuale dissuase ulteriori tentativi di costruire cornici istituzionali, ma Taft continuò la sua politica dando un più discreto supporto diplomatico alle transazioni dirette tra governi in default e finanziarie statunitensi. In questo modo si conclusero i prestiti a Liberia e Nicaragua, mentre non fu possibile per Cina e Guatemala, dove fu impedito dai partiti di opposizione27. Peraltro la diplomazia del dollaro non sostituì il ricorso all’occupazione militare prolungata, in particolare negli anni di Wilson (1913-1921), segnati da una forte impronta interventista28 .
25 O. Henry (ps. di W. S. Porter), Cabbages and Kings, New York, Doubleday, Page and Co., 1904. Malcolm D. MacLean, «O. Henry in Honduras», American Literary Realism, 1870–1910, vol. 1, No. 3 (Summer 1968), pp. 36–46. Alison Acker, Honduras. The Making of a
Banana republic, Toronto, Between the Lines, 1988. 26 «Convention Between the United States and Honduras Concerning a Honduran Loan» e
«Convention Between the United States and Nicaragua Concerning a Nicaraguan Loan»,
The American Journal of International Law, Vol. 5, No. 4, (October 1911), pp. 274-276 e 291-293. Su Knox v. Michael Sanchez, Philand C. Knox, in Edward S. Mihalkanin (Ed.),
American Statesmen: Secretaries of State from John Jay to Colin Powell, London, Greenwood Press, pp. 307-313. 27 Emily Rosenberg, Financial Missionaries to the World. The Politics and Culture of Dollar
Diplomacy, 1900-1930, Durham & London, Duke U. P., 2003, pp. 60-79. 28 Sulla presidenza di Wilson cfr. ad esempio Ferdinando Fasce, I presidenti USA. Due secoli di storia, Roma, Carrocci, 2008, pp. 70-74. Per una rassegna del dibattito storiografico sul tema si veda Mario Del Pero, «Wilson e wilsonismo: storiografia, presentismo e contraddizioni», Ricerche di Storia Politica, n. 1, 2013, pp. 45-58.
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Riguardo all’America Latina il presidente-missionario coniugò infatti supervisione finanziaria e occupazione militare, chiarendo fin dal novembre 1913 che avrebbe insegnato alle «South American Republics to elect good men!»29 .
Già prima della grande guerra l’endemica instabilità interna e il rilievo degli interessi economici in Messico provocarono un crescente intervento militare di Washington, dai primi scontri di frontiera contro i miliziani di Pancho Villa fino all’occupazione di Veracruz nell’aprile del 1914, protratta per vari mesi30. In ogni caso, le ambizioni nordamericane non rimasero confinate al controllo del Golfo del Messico; come Alfred Thayer Mahan aveva già preconizzato a fine Ottocento31, il Canale di Panama esigeva il pieno controllo strategico dei Caraibi.
Oltre a Cuba, sottoposta a occupazione militare nei trienni 1899-1902 e 1906-190932, fu Haiti il primo Paese caraibico a subire l’intervento prolungato delle forze statunitensi. Essendo rimaste inevase le ripetute pressioni per ottenere il controllo sulle dogane, le prime unità di marines vi effettuarono un blitz nel 1914: nelle more di uno scoppio insurrezionale, i soldati prelevarono mezzo milione di dollari dalla cassa statale e lo trasportarono a New York, su invito della National City Bank, l’istituto statunitense che si era precedentemente assicurato il controllo della banca nazionale haitiana33. Nel luglio 1915, a seguito dello scoppio di ulteriori disordini interni,
29 L’espressione veniva utilizzata da Wilson in un colloquio con un funzionario del British Foreign Office, desideroso di avere spiegazioni in merito alla futura politica estera statunitense. L’episodio, ripreso da vari autori, è riportato in origine da B. J. Hendrick (Ed.), The
Life and Letters of Walter H. Page, Garden City (New York), Doubleday, Page and Co., 1923, p. 204. 30 Stando alla ricostruzione di Arnaldo Testi, «capitali yankee controllavano le ferrovie, i telegrafi, il petrolio e, in effetti, quasi la metà delle proprietà del Messico» (in Arnaldo Testi,
Il secolo degli Stati Uniti, cit, p. 90). Per le operazioni militari si veda ad esempio L. D.
Langley, The Banana Wars. United States Intervention in the Caribbean, 1898-1934, SR
Books, 20023, pp. 71-108. 31 A. T. Mahan, «The Strategic Features of the Gulf of Mexico and the Caribbean Sea», The
Harper’s New Monthly Magazine,Vol. XCV, October 1897, pp. 680-690. Dello stesso autore, cfr. anche il classico The Influence of Sea Power upon History, 1660-1783, Boston,
Little, Brown and Co., 1890, pp. 32-34. 32 L. D. Langley, The Banana Wars. United States Intervention in the Caribbean, 1898-1934, cit.,pp. 27-45. 33 Scott Nearing, Joseph Freeman, Diplomazia del dollaro. Studio sull’imperialismo ameri-
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le truppe di Washington fecero ritorno nel Paese, questa volta per rimanervi a lungo: la forza di occupazione vigilò sulla nomina di un presidente gradito al Dipartimento di Stato, assicurò l’implementazione del controllo sulle dogane locali e impose l’entrata in vigore di una nuova Costituzione, garante delle proprietà dei tenutari stranieri34. Nel maggio 1916, dopo anni di lotte tra fazioni, Wilson intervenne pure nella Repubblica Dominicana, dove fu instaurata la legge marziale e istituito un governo militare. In entrambi gli stati la stabilizzazione si rivelò più difficile del previsto, costringendo gli Stati Uniti a protrarre l’occupazione di Santo Domingo sino al 1924 e di Haiti sino al 193435 .
L’Honduras fu oggetto di ben sette interventi militari fra il 1903 e il 1925, benché gli interessi delle società bananiere non sempre coincidessero coi disegni del Dipartimento di Stato36. Ma fu il caso del Nicaragua ad essere al centro delle preoccupazioni dell’apparato politico e militare della grande potenza: sebbene il Paese fosse stato occupato temporaneamente già nel 1912, quindici anni più tardi un altro sbarco dei marines avrebbe segnato un periodo di dominazione destinato a protrarsi fino alla metà degli anni Trenta37, stante la valorosa resistenza di un fronte anti-imperalista
cano, a cura di Nico Perrone, Bari, Dedalo, 1975, pp. 198-200 (ed. or. New York, B. W.
Huebsch, 1925). Una prospettiva diversa è offerta da D. G. Munro, Intervention and Dollar Diplomacy in the Caribbean, 1900-1921, Princeton, Princeton University Press, 1964, pp. 344-346. Per un quadro di sintesi si veda anche A. Graham-Yooll, Imperial Skirmishes.
War and Gunboat Diplomacy in Latin America, Oxford, Signal Books, 2002, pp. 159-160. 34 D. Healy, Gunboat Diplomacy in the Wilson Era: the U.S. Navy in Haiti, 1915-1916, Madison, Wisconsin University Press, 1976; H. Schmidt, United States Occupation of Haiti (1915-1934), New Jersey, Rutgers University Press, 19952; M. A. Renda, Taking Haiti:
Military Occupation and the Culture of U.S. Imperialism, 1915-1940, Chapel Hill, The
University of North Carolina Pres, 2001. 35 Sul caso dominicano, unico esempio di amministrazione militare facente unicamente capo al Dipartimento della Marina, oltre al già citato Munro, cfr. anche E. D. Tillman, Dollar
Diplomacy by Force. Nation-building and Resistance in the Dominican Republic, Chapel
Hill, The University of North Carolina Press, 2016. 36 Munro, Intervention, cit., p. 235. 37 Lester D. Langley, The Banana Wars., cit.,pp. 175-211; Michel Gobat, «La construcción de un estado neo-colonial: el encuentro nicaragüense con la diplomacia del dólar», Íconos.
Revista de Ciencias Sociales, n. 34, mayo 2009, pp. 53-65. Cfr. la testimonianza del politico nicaraguense Juan Leets, United States and Latin America. Dollar Diplomacy, New
Orleans, The L. Graham Co., 1912.
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guidato dal guerrigliero Augusto César Sandino38 .
Le esperienze maturate in questi conflitti a bassa intensità sarebbero poi state sistematizzate in un manuale ad uso interno, nel quale venivano analizzate teoria e forme della controguerriglia. Pubblicato per la prima volta nel 1935, il testo sarebbe poi stato sottoposto ad una attenta revisione, per comparire nella sua versione definitiva cinque anni più tardi39. Accanto alle lezioni operative, riscoperte durante la recente campagna irachena40 , il ciclo delle Banana wars avrebbe procurato agli Stati Uniti anche considerevoli innesti nel proprio pantheon marziale. Dalle coste caraibiche e dalla giungla dell’America centrale emersero infatti alcuni uomini d’arme elevati al rango di eroi nazionali, come gli alti ufficiali Fredrick Funston e Merritt A. Edson (poi distintosi anche nella Seconda guerra mondiale), ma soprattutto il sergente maggiore Daniel Dan Daly e Smedley Butler, unici marines a ricevere per due volte e per due diversi conflitti la Medal of Honor, massima decorazione militare assegnata dal governo di Washington.
War is Racket
Scartato da Hoover come comandante dei marines e poi deferito alla corte marziale per alcune dichiarazioni su Mussolini che avevano provocato un incidente diplomatico con l’Italia, il 21 agosto 1931, in un intervento alla Convention di New Britain dell’American Legion Butler lasciò attonito il pubblico con una clamorosa denuncia del vero scopo, cinicamente affaristico, degli interventi esterni a cui aveva preso parte in Nicaragua,
38 Alan McPherson, The Invaded: How Latin Americans and Their Allies Fought and Ended
U.S. Occupation, Oxford, Oxford U. P., 2014. V. Maurizio Campisi, Sandino. Il generale degli uomini liberi, Genova, Fratelli Frilli, 2003 (il titolo richiama l’opera maestra dello storico argentino Gregorio Selser, Sandino. General de hombres libres, Buenos Aires, Ediciones Pueblos de América, 1955). 39 U.S. Marine Corps, The Small Wars Manual, Washington D.C., U. S. Government Print Office, 1940. Cfr. A. J. Birtle, U.S. Army Counterinsurgency and Contingency Operations
Doctrine, 1860-1941, Washington D.C., Center for Military History, United States Army, 1998; Colonel S. S. Evans, U.S. Marines and Irregular Warfare, 1898-2007. Anthology and Selected Bibliography, Quantico (Virginia), Marine Corps University Press, 2008. 40 Cfr. ad esempio Tony Perry, Marines Returning to Iraq Consult Old Standby, «Los Angeles Times», 8 March 2004; Greg Jaffe, For Guidance in Iraq, Marines Rediscover a 1940s
Manual, «The Wall Street Journal», 8 April 2004.
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Messico, Santo Domingo, Haiti, Cuba e Cina, per fare gli interessi di Wall Street, definendosi «a racketeer for capitalism»:
«It may seem odd for me, a militaryman to adopt such a comparison. Truthfulness compels me to. I spent 33 years and 4 months in active service as a member of our country’s most agile military force - the Marine Corps. (…) And during that period I spent most of my time as a high class muscle man for Big Business, for Wall Street and for the bankers. In short, I was a racketeer for capitalism. I suspected I was just part of a racket at the time. Now I am sure of it. Like all members of the profession I never had an original thought until I left the service (…). I helped make Mexico and especially Tampico safe for American oil interests in 1914. I helped make Haiti and Cuba a decent place for the National City Bank boys to collect revenues in. I helped in the raping of half a dozen Central American republics for the benefit of Wall Street. I helped purify Nicaragua for the International Banking House of Brown Brothers in 1902–1912. I brought light to the Dominican Republic for the American sugar interests in 1916. I helped make Honduras «right» for the American fruit companies in 1903. In China in 1927 I helped see to it that Standard Oil went on its way unmolested. (…) Looking back on it, I might have given Al Capone a few hints. The best he could do was to operate his racket in three city districts. I operated on three continents41 .
In seguito Butler denunciò di aver ricevuto pressioni proprio dai banchieri per guidare un colpo di stato populista e autoritario, nel 1935 riprese la denuncia delle Banana Wars in un pamphlet (War is racket) che rivaleggiò con l’analogo best-seller Death Merchants pubblicato nel 1934 e continuò per un altro paio d’anni la sua attività di conferenziere a sostegno della Lega Americana contro la guerra e il fascismo (creata nel 1933 dal partito comunista americano). La presa di posizione di Butler dette ulteriore vigore a un fronte anti-governativo già piuttosto consolidato, all’interno così come all’infuori dei confini statunitensi. Durante il periodo interbellico, l’opinione pubblica della grande potenza risentì effettivamente del cre-
41 S. D. Butler, «America’s Armed Force. “In Time of Peace”», Common Sense, Vol. 4, n. 11 (November, 1935), pp. 8-12. Cfr. Hans Schmidt, Maverick Marine: General Smedley
D. Butler and the Contradictions of American Military History, Lexington, The U. P. of
Kentucky, 1987; Mark Strecker, Smedley D. Butler, USMC. A Biography, Jefferson, NC,
McFarland, 2011. Un compendio del pensiero politico del marine si trova nel suo pamphlet War is a racket, New York, Round Table Press, 1935. Sulla connessione con la Bonus Army e il Business Plot, v. Virgilio Ilari, «Patriotism Prepaid», Quaderno Sism 2016
Future Wars, pp. 411-432.
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scente proliferare di messaggi ostili al mondo della finanza e alle sue connessioni con la sfera politica42, un canone retorico che conobbe il proprio diapason con la pubblicazione di Dollar Diplomacy: A Study in American Imperialism, opera di grande successo scritta da Scott Nearing e Joseph Freeman43. Del pari, anche l’America latina era percorsa dall’apostolato di numerosi intellettuali, pubblicisti e uomini politici fautori di istanze antiimperialiste, basti pensare allo scrittore argentino Manuel Ugarte (autore del celeberrimo volume El Destino de un Continente), lo scrittore venezuelano Rufino Blanco Fombona, l’intellettuale colombiano José María Vargas Vila, l’avvocato (e storico) messicano Carlos Pereyra44 .
Nella misura in cui riuscirono a sottrarre la diplomazia del dollaro dal cono d’ombra in cui era scientemente stata collocata, il turbinio polemico e lo stillicidio degli atti di resistenza anticoloniale furono di vitale importanza nel decretarne la conclusione. Di fatto, le missioni di Edwin Kemmerer, principale esponente della schiera di supervisori finanziari inviati nei Paesi sottosviluppati, si protrassero fino agli anni Trenta, ma con risultati sempre più modesti45 .
42 E. Rosenberg, Financial Missionaries, cit., pp. 122-150. Tra I massimi animatori della campagna si annoveravano la prestigiosa rivista The Nation, il senatore e candidato presidenziale per il partito progressista Robert «Fighting Bob» La Follette, la sociologa militante femminista Jane Addams (Premio Nobel per la Pace nel 1931), Samuel Guy Inman, missionario e segretario del Committee on Cooperation with Latin America, e il politico
Frederic C. Howe (presidente della League for Small and Subject Nationalities) [S. G. Inman, «Imperialistic America», The Atlantic Monthly, n. 134, (July 1924), pp. 107-116; F.
C. Howe, «Dollar Diplomacy and Imperialism», Proceedings of the Academy of Political
Science in the City of New York, Vol. 7, n. 3 (July, 1935), pp. 73-79]. 43 Diplomazia del dollaro. Studio sull’imperialismo americano, cit. Ristampato nel 1926 e nel 1927 in traduzione spagnola. Fu pubblicato pure dal III Reich, che faceva propaganda sul tema (v. Rudolf Lank, USA in Not und Überfluss: die Hintergründe der Dollardiplomatie Berlin, E.R. Alisch, 1939). 44 Tale costellazione narrativa fu descritta già da J. Fred Rippy, nella sua rassegna intitolata «Literary Yankeephobia in Hispanic America», The Journal of International Relations, voll. 11 e 12, nn. 3 e 4 (1922), pp. 350-371 e 524-538. Cfr. anche Andrés Kozel, Florencia Grossi, Delfina Moroni (coods.), El imaginario antiimperialista en América Latina, Buenos Aires, Centro Cultural de la Cooperación Floreal Gorini, 2015. Circa il ruolo del movimento marxista, v. Daniel Kersffled, Contra el Imperio. Historia de la Liga Antiimperialista de las Américas, México, Siglo XXI, 2012. 45 P. W. Drake, The Money Doctor in the Andes. The Kemmerer Missions, 1923-1933,
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Infine, fu il crollo della borsa di Wall Street a suggellare la temporanea battuta d’arresto dell’espansione del mercato creditizio46 .
La diplomazia del dollaro giunse così al tramonto, sostituita dalla «politica del buon vicinato», promossa da Roosevelt a partire dal 193347. Eppure, i vincoli del debito estero avrebbero fatto sentire la propria onerosità anche nei decenni futuri.
Durham-London, Duke U. P., 1989. 46 Carlos Marichal, Historia de la deuda externa de América latina: desde la independencia hasta la gran depresión, 1820-1930, cit., pp. 235. 47 Come osservò acutamente Nicholas Spykman nel 1942: «Our Latin American neighbors have heard us proclaim the new faith, but they have also learned of our new interest in naval and air bases which would bring United States marines and soldiers to their territory as permanent visitors. Their memory of our dollar diplomacy has not yet been erased by our current policy of restraint, and our professions of noble intent are taken with several grains of salt. (…) The Central American Republics, who played host to our marines, custom directors, and bank supervisors, found the bayonet supported lessons in modern accounting very painful indeed. It looked at the time as if our respect for frontiers and territorial integrity was merely the outcome of preference for customs houses and central banks. We are repentant sinners and have promised to be good. Our Latin American friends have heard our protestations of good intentions and are watching with keen interest to see whether the reform will stick». Cit. in N. J. Spykman, America’s Strategy in World
Politics. The United States and the Balance of Power, New York, Harcourt, Brace and
Company, 1942, pp. 63-64.
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