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Il blocco della Striscia di Gaza, di Marco Leofrigio “

Il blocco della Striscia di Gaza

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La genesi del blocco

Sede del primo governo palestinese creato nel 1948 dalla Lega Araba, occupata dall’Egitto nel 1959 e da Israele nel 1967, a seguito degli Accordi di Oslo del 1994 la Striscia di Gaza (386 kmq) era tornata sotto il controllo dell’Autorità Palestinese (PA), tranne un quinto del territorio occupato da basi militari o colonie israeliane. Fin dal 1989, per ragioni di sicurezza, Israele aveva iniziato una politica di graduali restrizioni ai movimenti dei residenti palestinesi, e nel 1994-96 aveva circondato la Striscia con una barriera, in gran parte abbattuta durante l’Intifada del 2000, a seguito della quale Israele aveva imposto restrizioni commerciali e chiuso l’aeroporto internazionale, attuando poi nel novembre 2001 una completa chiusura degli accessi a Gaza e alla West Bank. Nel gennaio 2003 la Conferenza delle NU su commercio e sviluppo (UNCTAD) stimava che il blocco israeliano avesse provocato ai palestinesi un danno economico di 2,4 mld $. Nell’autunno 2005 seguivano però il ritiro israeliano unilaterale dalla Striscia e un accordo israelo-palestinese su movimento e accesso (AMA) che prevedeva la riapertura del valico egiziano di Rafah sotto controllo europeo.

Le elezioni palestinesi del gennaio 2006 furono tuttavia vinte a sorpresa dal movimento estremista Hamas, che rifiutava di aderire ai principi di non violenza e riconoscimento di Israele e dei precedenti accordi di Oslo. Israele sospese perciò il versamento dei dazi riscossi per conto della PA, mentre le dichiarazioni e le pressioni politiche degli Stati Uniti e degli altri membri del Quartetto di Madrid (UN, EU e Russia), pur senza comminare sanzioni, indussero le banche a sospendere i trasferimenti degli aiuti internazionali non umanitari. In giugno il Quartetto varò pure un meccanismo temporaneo (TIM) per far giungere gli aiuti direttamente alla popolazione, bypassando la PA. Fu questa una vera e propria guerra economica, associata ad un duro intervento militare israeliano a Gaza (luglio-novembre 2006), che esacerbò il conflitto tra Hamas e Fatah, portando nel giugno 2007 alla violenta separazione di Gaza (in mano ad Hamas) dalla PA di Rāmallāh. Di conseguenza Israele riprese i finanziamenti alla PA, mentre, col con-

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senso della PA e la collaborazione dell’Egitto, strinse Gaza in un vero blocco, con restrizioni ai movimenti personali, riduzioni delle forniture energetiche e bando non solo di beni «a doppio uso» (inclusi acciaio e cemento, utilizzabili per la costruzione di bunker), ma pure di generi alimentari, igienici, di abbigliamento e di svago e cultura. Il 17 gennaio 2008, in risposta ai lanci di missili Qassam (fortunatamente poco letali, ma dai gravi effetti psicologici e socio-economici), Israele chiuse completamente gli accessi a Gaza. Il 28 i palestinesi fecero saltare il muro presso il valico di Rafah e per cinque giorni metà del milione e mezzo di abitanti della Striscia si riversò negli empori egiziani, approvvigionandosi di beni per 250 mln $. La spirale di attacchi missilistici palestinesi e bombardamenti aerei e incursioni di forze speciali israeliane, inframmezzata da lotte interne tra clan e fazioni, culminò nel massiccio intervento terrestre del 27 dicembre 2008-18 gennaio 2009 (operazione «Piombo fuso»), un indubbio successo militare ma non di immagine, per le sfavorevoli reazioni internazionali1 .

I danni della «guerra di Gaza» furono stimati in 2 mld $, e oltre il doppio gli aiuti necessari per l’assistenza umanitaria e per la ricostruzione, mentre ne furono realmente donati solo 2 (1,5 da Arabia Saudita e Kuwait e 0,5 da altri 56 paesi, incluso 1 mln da Israele). Peraltro non vi fu alcuna solidarietà dalla PA, mentre l’Egitto cominciò la costruzione di una barriera sotterranea lungo i 14 km di confine («Philadelphi Route») per bloccare i tunnel usati per il contrabbando. Gli accessi marittimi furono a loro volta bloccati dalla marina israeliana.

Le provocazioni filo-palestinesi e l’incidente del Mavi Marmara

Il blocco fu per Israele ancor più controproducente di «Piombo Fuso», offrendo il fianco alle provocazioni delle ONG filo-palestinesi, i cui con-

1 Limes N. 1/2009 Il buio oltre Gaza. U. N., Office for the Coordination of Humanitarian

Affairs (OCHA) occupied Palestinian territory, The Humanitarian impact of two years of

Blockade on the Gaza Strip, Special Focus, August 2009. Le operazioni in aree densamente abitate comportano ovviamente un elevato numero di vittime civili, con conseguenti accuse reciproche di crimini di guerra (attacchi indiscriminati vs. uso di civili come «scudi umani»). Si è verificato anche nei successivi «assedi» di Aleppo-Est e Mosul. La giustizia militare israeliana ha peraltro indagato e perseguito decine di militari per violazioni del diritto umanitario, mentre le indagini delle NU non hanno confermato le iniziali accuse di deliberato attacco ai civili palestinesi.

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vogli umanitari per la Striscia provocarono incidenti di grande impatto mediatico ed emotivo, secondo la tattica nonviolenta teorizzata da Gandhi (facendo passare sotto silenzio le ingerenze della polizia di Hamas nella distribuzione degli aiuti delle NU). I primi tre convogli («Viva Palestina, a Lifeline to Gaza») furono organizzati in Inghilterra dal deputato laburista George Galloway. Un tentativo della polizia del Lancashire di bloccare la prima partenza (20 febbraio 2009) con l’accusa di terrorismo, fu un boomerang propagandistico e il 9 marzo un convoglio di 110 veicoli britannici e 180 prestati da Gheddafi entrò dal valico di Rafah. Il 17 luglio Israele autorizzò un secondo convoglio anglo-americano (33 veicoli), sequestrando però i beni di vietata esportazione. Un terzo (59 veicoli) partì da Londra il 6 dicembre 2009 e via Aqaba raggiunse il 5 gennaio 2010 Al-Arish, dove scoppiarono incidenti con la polizia egiziana, in contemporanea con una manifestazione palestinese al valico di Rafah. L’indomani il convoglio fu fatto passare, ma Galloway fu arrestato ed espulso.

Pur avendo già stabilito con Avvisi ai Naviganti (NtoM) controlli alle navi straniere nella fascia di 20 miglia dalla costa di Gaza, nell’agosto e nell’ottobre 2008 la marina israeliana aveva lasciato passare due navi con aiuti sanitari e attivisti del Free Gaza Movement (FGM) cipriota e dall’International Solidarity Movement palestinese, ma aveva poi respinto (con speronamenti o dirottamento nel porto di Ashdod) due tentativi compiuti durante «Piombo Fuso» e altri due successivi (febbraio e giugno 2009). L’idea di forzare il blocco navale formalmente dichiarato da Israele il 3 gennaio 2009, fu ripresa nella primavera 2010 dall’ONG turca IHH, che insieme al FGM e a gruppi inglesi e svedesi organizzò una «Gaza Aid Flotilla» di sei navi, con 748 passeggeri di 40 nazionalità e 10.000 t di aiuti (incluso cemento per la ricostruzione). Il 31 maggio, a 72 miglia dalla costa, la flottiglia fu abbordata dai commandos navali israeliani (Shayetet 13) per sottoporla ad ispezione nel porto di Ashdod. Un tentativo di resistenza da parte dei passeggeri della Mavi Marmara provocò vari feriti tra i commandos, la morte di 10 attivisti turchi2, il processo contro i superstiti, due inchieste dei governi in causa e due dell’Assemblea Generale3 e del

2 Sintesi degli eventi in Carol Migdalovitz, Israel’s blockade of Gaza, the Mavi Marmara

Incident and Its Aftermath, Congressional Research Service, R41275, 23 June 2010. 3 N. U. General Assembly, Human Rights Council (HRC), Report of the international fact-finding mission to investigate violations of international law, including internation-

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Segretario Generale4 delle NU, una crisi diplomatica turco-israeliana, reazioni negative dell’Unione Europea5 e un’ulteriore campagna diffamatoria contro Israele. Una seconda flottiglia di 7 navi fu bloccata il 6 giugno. Durante l’estate Viva Palestina e IHH organizzarono altri due convogli (Lifeline 5 e Road to Hope), partiti dall’Inghilterra il 18 settembre e il 10 ottobre, ma solo il primo raggiunse effettivamente El Arish e Gaza, mentre il secondo si fermò in Libia.

Le conclusioni dell’inchiesta delle N. U. sull’incidente del 31 maggio

Il governo israeliano giustificò l’intervento del 31 maggio 2010 sulla base della Dichiarazione di Londra del 1909 e delle norme consuetudinarie codificate nel Manuale di San Remo del 19946, che riconoscono il diritto di blocco navale per esigenze difensive e le visite e consentono visite e inseguimenti anche in alto mare7 in deroga alla Convenzione sulla legge del mare8. Nel merito il blocco era giustificato dall’esistenza di uno stato di conflitto tra Israele ed Hamas, proseguito anche dopo la fine dell’oper-

al humanitarian and human rights law, resulting from the Israeli attacks on the flotilla of ships carrying humanitarian assistance, 27 September 2010. 4 Report of the Secretary-General’s Panel of Inquiry on the 31 May 2010 Flotilla Incident,

July 2011; September 2011 (Rapporto Palmer). 5 V. ad es. Esra Bulut and Carolin Goerzig, The EU and the Gaza Blockade: Dismantling collective punishment: reviving representative peacemaking, EU-ISS (European Union Institute Security Studies), June 2010. 6 San Remo Manual on International Law Applicable to Armed Conflicts at Sea, Prepared by

International Lawyers and Naval Experts, convened by the IIHL, Adopted in June 1995, Edited by Louise Doswald-Beck, Cambridge U. P., 1995. Martin David Fink, «Contemporary views on the lawfulness of naval blockades», Aegean Review on Law Sea, 2011, 1, pp. 191205. Phillip Jeffrey Drew, An Analysis of the Legality of Maritime Blockade in the Context of Twenty-First Century Humanitarian Law, Thesis, Queen’s University, Kingston Ontario), March 2012. Il Manuale, [una codificazione del diritto consuetudinario, della Convenzione di Ginevra del 1949 e del Protocollo I del 1977, legalmente riconosciuta ma non vincolante] consente di attaccare mercantili con bandiera neutrale se cercano di sottrarsi o resistere alla visita, ricerca e cattura. Il blocco è peraltro illegale se ha il solo scopo di affamare la popolazione civile o produce danni eccessivi rispetto al legittimo scopo militare. 7 San Remo Manual, Section IV Areas of naval warfare para.10 (b). p.8 («A belligerent who has established a lawful blockade is entitled to enforce that blockade on the high seas»). 8 Gli artt. 110 e 111 dell’United Nations Convention on the Law of the Sea (UNCLOS) autorizzano «visita» e «inseguimento» in alto mare solo nei casi di pirateria (art.101-102), nave priva di nazionalità (art. 110), trasporto di schiavi art.99, traffico di droga (art.108), trasmissioni non autorizzate dall’alto mare (art.109).

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azione «Piombo Fuso»9, nonché dalle responsabilità di sicurezza esterna riconosciute in via esclusiva a Israele dagli Accordi di Oslo e dall’Accordo Gaza-Gerico siglati con l’Autorità Nazionale Palestinese10. Relativamente alla sicurezza marittima gli accordi prevedono infatti la responsabilità esclusiva delle forze israeliane nelle zone11 «laterali» (a Sud e a Nord della Striscia) e un controllo congiunto nella zona centrale, fino a 20 miglia marine per le attività di pesca e fino a 3 per le attività di diporto, restando però vietato l’accesso alle navi straniere: «Foreign vessels entering the central zone were not allowed to approach closer than twenty nautical miles from the coast pending agreement on construction of a sea port for Gaza»12 .

Il Rapporto conclusivo dell’indagine condotta dalle Nazioni Unite su incarico del Segretario Generale13, riconobbe la legittimità del blocco navale, in quanto difensivo e conforme alle norme internazionali, nonché dell’intervento della marina israeliana al di fuori delle acque territoriali14; criticò invece le modalità (abbordaggio a grande distanza dall’area di blocco e senza ultimo avviso)15 e l’uso «eccessivo» della forza, qualificando «inaccettabile» la perdita di vite umane16. Più in generale il rapporto

9 UN HRC - Report of the international fact-finding…” 2010, 27 September p.10 10 In particolare l’art. VIII del Gaza-Jericho Agreement stabilisce che «Israel shall continue to carry the responsibility (…) for defense against external threats from the sea and from the air (…) and will have all the powers to take the steps necessary to meet this responsibility». 11 V. carta in Limes N. 1/2009 Il buio oltre Gaza. 12 UN HRC, Report of the international fact-finding, 2010, 27 September, p.7 13 Report of the Secretary-General’s Panel of Inquiry on the 31 May 2010 Flotilla Incident - September 2011. Il gruppo di lavoro incaricato dell’inchiesta era presieduto da Sir Geoffrey Palmer. 14 Ibidem, p.4:«The fundamental principle of the freedom of navigation on the high seas is subject to only certain limited exceptions under international law. Israel faces a real threat to its security from militant groups in Gaza. The naval blockade was imposed as a legitimate security measure in order to prevent weapons from entering Gaza by sea and its implementation complied with the requirements of international law». UN HRC, Report of the international fact-finding, 2010, 27 Sept., p.11-12 15 Ibidem, p. 4: «Israel’s decision to board the vessels with such substantial force at a great distance from the blockade zone and with no final warning immediately prior to the boarding was excessive and unreasonable: a) Non-violent options should have been used in the first instance. In particular, clear prior warning that the vessels were to be boarded and a demonstration of dissuading force should have been given to avoid the type of confrontation that occurred; b) The operation should have reassessed its options when the resistance to the initial boarding attempt became apparent.» 16 Ibidem, p.5: «The loss of life and injuries resulting from the use of force by Israeli forces

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Palmer sottolineava che la legittimità del blocco non esime gli Stati dall’obbligo di applicarlo con cautela e prudenza17 e che è responsabilità degli Stati terzi (come nel caso specifico la Turchia) rendere edotti i propri cittadini sui rischi derivanti dalla violazione di blocchi navali conformi alle norme internazionalmente riconosciute.18. Il contenzioso internazionale si è chiuso con l’accordo turco-israeliano del 29 giugno 2016, che prevede le scuse di Israele e un risarcimento di 20 mln $ alle vittime.

Il dibattito giuridico

Il blocco di Gaza non è l’unico esempio di blocco post-1945, ma per il rilievo internazionale della questione israelo-palestinese e per l’acme mediatico del Mavi Marmara19 è quello che ha riaperto il dibattito giuridico su questo antico istituto del diritto internazionale marittimo20 .

Se la legittimità del blocco navale e della sua applicazione anche in alto mare è quasi unanimemente fuori discussione, la controversia si è concentrata sul presupposto dello stato formale di guerra e sulla proporzionalità dell’uso della forza rispetto alla resistenza degli attivisti imbar-

during the take-over of the Mavi Marmara was unacceptable. Nine passengers were killed and many others seriously wounded by Israeli forces. No satisfactory explanation has been provided to the Panel by Israel for any of the nine deaths. Forensic evidence showing that most of the deceased were shot multiple times, including in the back, or at close range has not been adequately accounted for in the material presented by Israel.» Peraltro si riconosceva (p.4) che i commandos «faced significant, organized and violent resistance from a group of passengers when they boarded the Mavi Marmara requiring them to use force for their own protection. Three soldiers were captured, mistreated, and placed at risk by those passengers. Several others were wounded.» 17 Ibidem, p.8: «All States should act with prudence and caution in relation to the imposition and enforcement of a naval blockade. The established norms of customary international law must be respected and complied with by all relevant parties. The San Remo Manual provides a useful reference in identifying those rules.» 18 Ibidem, p. 8: «Attempts to breach a lawfully imposed naval blockade place the vessel and those on board at risk. Where a State becomes aware that its citizens or flag vessels intend to breach a naval blockade, it has a responsibility to take proactive steps compatible with democratic rights and freedoms to warn them of the risks involved and to endeavour to dissuade them from doing so.» 19 V. le voci wikipedia.en «Reactions to the Gaza flotilla raid», «National reactions», «Media reactions». 20 Ezio Ferrante, «La libertà dei mari: le parole e i fatti», Limes N. 4/2006, Gli Imperi del Mare. V. la voce wikipedia.en «Legal assessment of the Gaza flotilla raid».

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cati sulla nave della ONG turca. Richiamandosi ai principi del diritto umanitario, Russell Buchan ha negato l’esistenza di uno stato formale di guerra tra Israele e Hamas, classificando quello di Gaza come un Conflitto armato Non-internazionale (NIAC): «I argue – scrive – that on 31 May 2010 Israel was not engaged in an international armed conflict with Hamas. […] Customary international law prohibits the use of blockades where they are intended to deny the civilian population objects essential for its survival or where the damage to the civil- La striscia di Gaza. Wikipedia commons ian population is excessive in rela(Gringer, 2009) tion to the anticipated military advantage»21. Analoghe critiche sono state espresse dell’Alto Commissario delle N. U. per i Diritti Umani, dal Comitato Internazionale della Croce Rossa e da altre combattive organizzazioni progressiste come la Gilda degli avvocati americani22 .

Il commander James Kraska23, dell’U.S. Naval College, ha invece contestato che il blocco navale non sia applicabile nei casi NIAC, ovvero di

21 Russell Buchan, «The International Law of Naval Blockade and Israel’s Interception of the

Mavi Marmara», Netherlands International Law Review, Vol. 58, issue 2, June 2011, pp, 209-241. Così pure Anthony D’Amato, docente di diritto internazionale alla Northwestern University School of Law, e Turgut Tarhanlı, decano del dipartimento giuridico dell’Università Bilgi di Istanbul. Altri autori, come Robin Churchill, docente di diritto internazionale dell’università di Dundee e Jason Alderwick, analista marittimo all’IISS (International Institute for Strategic Studies) di Londra, ritengono illegale l’abbordaggio in alto mare. Biblio e sitografia nella citata voce wikipedia. 22 Ben Saul, «Israel’s Security Cannot Come at Any Price. Legal Analysis of Flotilla Attack»,

June 2010. 23 James Kraska, «Rule Selection in the Case of Israel s Naval Blockade of Gaza: Law of Naval Warfare or Law of the Sea?», Yearbook of International Humanitarian Law, Vol. 13, 2010, pp 367-395.

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Freedom Flotilla incident. 31 may 2010. Cartographic base from Open Street Maps (heavily modified) Flotilla route points from Freegaza Organization (wikipedia commons) Creator Flotillagazamapa. svg (Montgomery) derivative work ChrisO (talk)

conflitti armati tra uno stato ed entità non riconosciute come hostes legitimi (e che dalla proclamazione del blocco possa dedursi un riconoscimento implicito di tale stato), richiamandosi al precedente del blocco navale unionista contro gli Stati secessionisti – mai formalmente riconosciuti come legittimi belligeranti – nel quadro dell’«Operazione Anaconda» ideata dal generale Winfield Scott (1786-1866) durante la guerra di secessione24. Blocco attuato dalla U. S. Navy in conformità al requisito di «effettività» stabilito dalla Dichiarazione di Parigi del 16 aprile 1856 a tutela dei neutrali25. L’argomento di Kraska è condiviso da Alan Dershowitz della Harvard Law School, Eric Posner della Chicago Law School e Ruth Wedgwood della Johns Hopkins International Law and Diplomacy. Altre analogie col blocco americano di Cuba durante la «crisi dei missili» e col blocco anti-iraqeno durante la Prima guerra del Golfo sono state sostenute da Dershowitz26 e Posner27 .

24 V. l’articolo di Gastone Breccia in questo stesso Quaderno. 25 Natalino Ronzitti, The Law of Naval Warfare: A Collection of Agreements and Documents with Commentaries, Martinus Nijhoff, 1988, pp. 64 ,65: «Blockades, in order to be binding, must be effective-that is to say, maintained by a force sufficient really to prevent access to the coast of the enemy.» 26 Alan Dershowitz, «Israel obeyed international law: legally, the Gaza flotilla conflict is an open-and-shut case», New York Daily News, June 1, 2010. 27 Eric Posner, «The Gaza Blockade and International Law: Israel’s position is reasonable and backed by precedent», Opinion, The Wall Street Journal, June 4, 2010.

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