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QUADERNI DEL DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE 1/2011
alle armi, il 24 e 27 marzo per la no fly zone e la protezione dei civili. Tra l’adozione della Risoluzione ONU 1973 a New York e la decisione NATO di dare esecuzione alla no fly zone, sono passati solo sei giorni. Per la Bosnia erano stati necessari sei mesi. La NATO non poteva ignorare una crisi, anche umanitaria, di questa portata alle nostre porte. La NATO è lo strumento giusto per condurre questa operazione, sotto mandato ONU. Ha capacità militari, strutture e procedure di comando e controllo. Ricordo che la Carta dell’ONU (art. 24) attribuisce al Consiglio di Sicurezza la responsabilità per il mantenimento della pace e sicurezza internazionale. Ma all’art. 25 obbliga gli Stati membri ad eseguire le decisioni del Consiglio. La Risoluzione 1973 richiede in particolare agli «Stati membri e organizzazioni internazionali» di attuare quanto previsto da essa. La NATO è un organismo multilaterale, quindi evita azioni unilaterali di singoli Paesi; assicura un continuo controllo politico delle operazioni militari, attraverso il Consiglio Atlantico; opera approvando – a livello politico – regole d’ingaggio stringenti e chiare per le operazioni militari: i nostri militari quindi sanno in ogni circostanza cosa possono fare, cosa non possono fare, e come devono svolgere le operazioni. Infine, aspetto molto importante, operiamo insieme a partner internazionali, dalla Svezia all’Ucraina, fino a diversi Paesi arabi (Qatar, Emirati Arabi Uniti, e diversi altri) che ci sostengono sia con forse aeree impegnate concretamente nelle operazioni, sia in altri modi come diritti di sorvolo per i nostri aerei militari, scambio di informazioni e intelligence, ecc. La missione NATO si svolgerà strettamene entro i limiti della Risoluzione ONU 1973, con l’obiettivo primario di assicurare la protezione della popolazione civile libica. Ha una durata iniziale prevista di tre mesi. Ma naturalmente è necessario che, a fianco degli sforzi militari, si sviluppi un processo politico che va ben al di là delle responsabilità della NATO. Un processo che porti a una soluzione, appunto, politica della crisi. Una soluzione che affronti il “dopo Gheddafi”, avvii un dialogo fra le forze del Paese, lanci una riconciliazione nazionale, crei autorità provvisorie, metta in moto un meccanismo di elezioni: in sostanza, un vero processo democratico. È uno sforzo, ripeto, che va ben al di là dell’azione militare e dei compiti della NATO, e che a nostro avviso deve vedere in prima linea i libici stessi, assistiti da ONU, Unione Europea, Unione Africana, Lega Araba e i principali Paesi coinvolti e interessati alla crisi.