Il Te11e11te Ce11emfe Ci11seppe OROFI.\'0 è il primo Co11u11ufmue del Coma11do Operativo di 11ertice fll tcifor::e (COI DIFESA) m11 sede i11 Roma, pressc1 l'ex Aeroporto di Ce11tocelle. .\ .ato aiì·ieste il 7 111)?/i<l 1938, lwfreqllellrmo il trie1111io di strtdi presso la c11ofa .\lilitlll'e ",\ ·1mziatella" e 11el 1957 è stmo ammesso al l-1° CMso dell'Accademia .\lilitare di ,\lodCIIa. H a ter111i11ato l'iter .formatii'O 11el 1961 co11 la promozicme al ,(!rado di Te11e11te di artiglieria. Ha prestato servizio, dal / 962 al 1970, i11 repnrti delle vnrie specialità delf'nrmn di art~(!lieria, ricopre11do i11carichi di coma11do. 'el periodo a.eostcl 197 5-settembre 1979 /w prestato semi::io presso lo Srmo ,\ln,l!,l!ic>re dell'Esercito, i11 Roma, dove /w ricoperto i11cariclti di tqff. Dall'ottobre 1979 all'n.eosto 1980 ha coma11dato il 20° GntppCl art(l!lieria da campa,l!lla sellwllel/te i11 .\ ln11ia.eo (Porde11o11e), i11q11ndmto 11ella Dit,ishmL' Cc1ra::: :::ara "Ariete". J\ 'e/ pericldcl clt((lbre 1980 - a,f?OSto 1983 lta prestato ser11i:::io presso il Comcmdo dd 5° Corpo d'Armata i11 Vittorio Ve11eto (fÌ'l'l iso), dc)ll(' ha SIJ()(fcl l'i11mriecl di Capo tJ/ìcio 11el setwre lc~eistico. Dal settembre 1983 al settembre 1984 /w Cclmcllulc~tcl il Rc:l!.l!iiiiL'mo Art(l!lieria a Ca11allo i11 .\li/mio. Dal 198-1 al 1988 ha prcstmo sen1izio pressc1 la Preside11:::a della Rc·Jmbblica. PromMso Ce11emle di Bri)?ata, 11el dicembre 1988, ha ricopeno .l!li i11mrid1i di Coma11dame della Bri,(!ata Com:::::ma "Po:::::l/()lcl del Fri11li" i11 Palmm/Cwa (L'dille, 1988-90) c di Capo di Stato .\la.l!.l!iore dc·lla Rc:l!io11e .\/ilirare 7(Jsco-Emilialla, i11 Fire11:::e, dal settembre 1990 al dicem{m• 199J . Nel dirembrr / 99 1 è stnto promosso Ce11era/e di Dir,isioiU' ricopre11dCl ,!!li i11rarichi di Capo di 'tato Ma.R.Riorc, Vice Coma11dnntc• C' Co111n11dante i11 sede 11aa1111e della Re,l!iOIIC Militare Tosco - Gmilia11a. Dal ,l!l'llllaicl 199-1 all'ottobre 1997 /w ricoperto l'i11cnrircl di Ccli/WIIda11te della , Cll()/a di Applicazio11e i11 Tori11o. r~· sf(lto· prCl/1/0SS(} Celleraie di Corpo d'llnnara (7(•11('1/t(' Cc•llcmlc) il f 0 a,(!ClStO 1996. Dal l O aprile al 12 n,(!OSto 1997 ha ricoperto f'illrtlrim di Ccllllfllldalltl' Operati l'Cl ddla FM::a di lmiTVcnto i11 Afba11ia (C. O. E 1.11.) per il C<)(lrdillallll'llt<l c la .ì!estim1e della Por:::a .\lultilla::ionale di f>rote:::h>m• (F.\/ P) Ileil'ambiw dd/' Opem::icmc "A /ba". D11l l 3 fl.(!Osto 1997, 11dl'ambiw del riordi11o dei lll'rtici delle For:::c t lrmme ltt11ifllll', /w allllttl l'incarico di co.~tilllire il Comandc1 Opcmtill(l di 11miC<• ftltl'!fclr:::e, i11 Rcllllcl, di cui è attualmeme il Coma11da11tl'. 1
GIUSEPPE 0ROFINO
L'OPERAZIONE
ALBA
Lltll?RIVInA
miLITARE
Lllll7RIVInA miLITARE Direttore responsabile: Giovanni Cerbo
@ 2001
ProprietĂ letteraria artistica e scientifica riservata
INTRODUZIONE li awenimenti che hanno caratterizzato la fine del ventesimo secolo hanno
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sostanzialmente mutato il quadro geopolitico. Tale fatto ha avuto ripercussioni
in ogni settore dell'attività umana e, principalmente, nel campo militare dove si è assistito ad un cambiamento radicale. Le operazioni sono sempre più orientate a quelle che vanno sotto il nome omnicomprensivo di Military Operation Other Than War (MOOTW): tra di esse hanno assunto particolare rilievo quelle per il Supporto della Pace (PSO). La situazione mondiale, vista sotto l'ottica dei paesi occidentali dei quali l'Italia fa parte, porta a pensare che tale tendenza possa permanere almeno nel medio termine. Le• operazioni per il supporto della pace, infatti, hanno registrato un incremento notevole e, se si pensa solo a quelle alle quali ha partecipato l'Italia, si osserva che dalle poche unità degli anni '70180 si è passati ad oltre una ventina negli anni '90. Contestualmente, oltre al numero, è aumentato anche l'onere delle stesse in termini di risorse umane e finanziarie. Questo più ampio coinvolgimento ha comportato la necessità di una maggiore attenzione alle PSOs, nell'ambito delle quali l'Italia sta svolgendo un ruolo rilevante, non solo per il contnbuto fornito, ma anche per quello che si potrebbe considerare un "approccio italiano al peacekeeping", quasi una scuola di pensiero nazionale. Tutto ciò considerato, appare opportuno awicinarsi a tali tipi di operazioni anche con "attenzione accademica" cercando di inquadrar/e in una visione sistematica per esaminare come questo "approccio" si applichi ad un caso reale dai contorni netti e definiti, cioè ad un'operazione con un inizio ed un termine ben individuabili. Il caso classico è rappresentato dall'Operazione Alba il cui inizio può essere considerato il 28103197( data della risoluzione n. 7101 del Consiglio di Sicurezza dell'GNU) e il termine il 12108197, ultimo giorno del mandato (prolungato, come noto, di 45 gg. rispetto a quello della risoluzione iniziale). Lo scopo che ci si prefigge è abbastanza semplice e scontato: individuare tutti glielementi da prendere in esame per la predisposizione, la pianificazione e la condotta dell'operazione. Se però lo scopo è semplice e scontato, molto meno lo è il percorso de/lavoro da svolgere per conseguirlo. Come noto, qualsiasi problema può essere affrontato essenzialmente con due metodologie: quella induttiva e quella deduttiva. Il metodo deduttivo appare molto più appropriato al nostro caso poiché consente di prendere le mosse dall'esperienza maturata durante l'operazione, per giungere poi ad individuare gli elementi che hanno condizionato l'attività sul terreno, le interrelazioni, il ruolo e la valenza dei diversi attori (nazioni, organizzazioni internazionali, organizzazioni governative e non. partiti politici ecc.) e quant'altro allo scopo di:
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• riportare elementi di esperienza, considerazioni e valutazioni a carattere generale utili per l'attività di predisposizione, pianificazione e condotta di operazioni; • raccogliere una memoria storica, che altrimenti potrebbe andare dispersa, capace di mettere a fuoco un momento fondamentale nella formazione e nell'individuazione dello sviluppo dell'approccio italiano di fronte a scenari che saranno sempre nuovi; • stabilire una "griglia", per quanto possibile completa, da adattare di volta in volta allo sviluppo organizzato di future PSOs, quasi una checklist per facilitare le attività di predisposizione. Nel corso della trattazione, pertanto, si cercherà di mettere in evidenza le differenti interpretazioni dei vari problemi e le diverse azioni poste in essere dagli attori sul terreno per esaminare se, ed in quale modo, sia possibile fare riferimento ad una scuola di pensiero nazionale sulle operazioni di peacekeeping. Nell'affrontare il tema, si cercherà di inquadrare la situazione, di individuare i comportamenti, di valutare i condizionamenti, di prendere in esame tutti gli aspetti che hanno caratterizzato il problema A lbania e l'impostazione dell'intervento della Forza Multinazionale di Protezione. Successivamente, in maniera sintetica, si tratterà delle operazioni vere e proprie viste non soltanto sotto un'ottica militare ma nel contesto più ampio della situazione generale politico-strategico nella quale si sviluppò l'Operazione "Alba".
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IL TEATRO DI OPERAZIONI MONOGRAFIA L'Albania è inserita nella parte centro-occidentale della penisola balcanica che si affaccia sul Mar Adriatico e sul Mar Ionio (fig. 1). Essa cçmfina a nord con la Repubblica Federale di Jugoslavia (Montenegro Km 200 circa, Kosovo Km 120 circa), a est con l'ex Repubblica Jugoslava di Macedonia per • circa 180 Km, e a sud con la Grecia, per 220 Km circa. La superficie del Paese (circa 28.500 Kmq) è costituita per il 75% da aspre catene mont uose, altopiani, conche lacustri e valloni. Il rimanente 25% è caratterizzato dalla presenza di colline e lagune.
Descrizione geo-topografica KOSOVO
Nella regione albanese sono ben identificabili due zone principali: una montuosa, a barre parallele, con andamento NW- SE, l'alM tra di pianura e bassa col lina. A c Questa macra distinzione terriE toriale permette di evidenziare D tutta una serie di sub-regioni o 'N riferibili ad un'ampia gamma di cI paesaggi naturali: un brusco A o o alternarsi di depressioni, pianu..._.. c re, vallate parallele, bacini e rilievi altamente f razionati, altopiaa ni, catene e massicci montuosi. L'altitudine media sul livello del mare è di 714 m, per cui l'Albania si presenta, nel complesso, come un Paese ricco di o acque, dal reticolo idrografico D ben sviluppato anche per la presenza dei maggiori laghi della .... D penisola balcanica, oltre che per le copiose precipitazioni, specie .....,o :.· - . r... _,. nel settore settentrionale, e per le particolari caratteristiche geomorfologiche e stratigrafi che, che consentono alla falda freatica di alimentare costantemente i bacini, soprattutto nella stagione secca. l contatti tra le rocce impermeabili e quelle carsiche (calcari fessurati), rappresentano i principali orizzonti sorgentiferi. Il regime dei f iumi albanesi è di t ipo nivo-pluviale, a carattere torrentizio. Du rante il corso dell 'anno si hanno notevoli oscillazioni di portata, caratterizzate da massime primaverili-autunnali e da minime invernali-est ive, pur non raggiungendo mai la magra assoluta. Quando le precipitazioni coincidono con il periodo di scioglimento
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Fig. 1
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delle nevi, si verificano momenti di piena particolarmente abbondanti, con rischio di alluvioni ed inondazioni, soprattutto nelle pianure. L'alta forza erosiva delle acque, · causata dai forti dislivelli del territorio che ne accrescono la velocità, determina un notevole trasporto di detriti . Al riguardo, la regione albanese è come un' immensa balconata, i cui terrazzi vanno degradando verso il mare; di conseguenza, i f iumi provenienti dall'interno e diretti verso ovest sono costretti a scavarsi profondi letti (gole e forre) nei terreni erodibili, o a compiere bruschi salti di quota formando cateratte e cascate. Nelle pianure, rallentando la velocità della corrente, gli alvei si fanno meandriformi. l principali fiumi albanesi sono, partendo da nord : la Boiana; il Drin, con i suoi due rami Bianco e Nero; il Mati; l'lshmi; I'Erzeni; lo Shkumbi; il Semeni, con gli affluenti Devoli ed Osum; la Voiussa . Le coste albanesi si sviluppano per 472 km lungo l'intero versante occidentale della regione e si dividono in due sezioni: la prima, che va dalla foce del Boiana f ino a Capo Gjuhes, è bagnata dal Mare Adriatico, si presenta piatta e delimitata da sporgenze (rocciose o fango-melmose) che si protendono in mare; la seconda, che va da Capo Gjuhes a Capo Stillos, è bagnata dal Mare Ionio, corre grossomodo rettilinea, si presenta rocciosa e con pareti a strapiombo sul mare. La temperatura delle acque superficiali è di 1°/ 2° superiore (per effett o della corrente ionica ascendente calda) rispetto a quella delle coste pugliesi, lambite dlalla corrente adriatica discendente fredda; la media invernale si aggira intorno ai 16°,50. Le correnti superficiali hanno prevalentemente direzione S-N. Il clima è tipicamente mediterraneo nella regione costiera ed assume caratteristiche più continentali verso l' interno, dove le temperature invernali si abbassano sensibilmente, anche per gli influssi delle -masse d'aria continentali. Sulla costa, in luglio e gennaio, si hanno medie rispettivamente di 25° e 10°, mentre a Coriza, posta a 900 m circa d'altitudine, sono di 19° e di - 22°. Le precipitazioni, in generale, diminuiscono da Nord a Sud e toccano i valori più elevati sulle Alpi Albanesi, dove si registrano annualmente circa 2200 mm di precipitazioni, in parte nevose, mentre sulla costa cadono non più di 600 mm di pioggia, esclusivamente in inverno. L'Alban ia è suddivisa, amministrativamente, in 12 Prefetture, 36 Distretti, 43 Municipi e 3 15 Comuni. Ogni Prefettura comprende mediamente 3 Distretti, mentre ogni Distretto è costituito da 1 o 2 Municipi (città principali) e da circa 8-9 comuni. l comu~ ni comprendono un numero variabile di villaggi. Popolazione La popolazione conta, secondo le stime più accreditate, circa 3.260.000 abitanti, per la quasi totalità di etnia albanese, con un incremento annuo del tasso di natalità t ra i più alti d'Europa (2,5%) nell'ultimo decennio, a fronte di un tasso di mortalità inferiore allo 0,45%. Conseguentemente, si è registrato un incremento dell'età media che negli uomini è di 72 anni e nelle donne è di 74,9 anni. Il 53% della popolazione ha un'età inferiore ai 25 anni, mentre il 7,8% ha superato il 60° anno di età (fig. 2). La densità media è di 11O abitanti per kmq (la più alta tra i paesi balcanici), ma in alcuni "Distretti " (Ti rana, Durazzo, Fier, Lushnje, Berat) supera i 170 per kmq. La composizione media delle famiglie è di 4, 7 membri. Il numero degli uomini è superiore a quello delle donne: il 51,5% della popolazione è di sesso maschile. Il 29,3% degli albanesi possiede un grado di istruzione medio e il 5,6% un grado di istruzione superiore. Solamente il 2% della popolazione non è albanese (fig. 3).
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1100000 . , . . - - - - - - - - - - - ---.
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ETA MEDIA Uomini
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Anni
RIPARTIZIONE PER ETÀ:
31%
• 15-64 • o-14 65+ Fig. 2
GRUPPI ETNICI
l
ALBANESI • ALTRI
ALTRI GRUPPI (2o/o)- SUDDIVISIONE
,.-
• SERBI, MONTENEGRINI, CROATI
2% ..... 1% 7%
.
MACEDONI
GRECI ALTRl
90% Fig. 3
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Nel 1967, tutte le professioni religiose vennero abolite dal Governo Albanese, e la loro pratica venne proibita. Nel 1990, tutti i divieti religiosi vennero revocati. Nel 1991, chiese e moschee vennero ripristinate. La religione dominante € quella musulmana, professata dal '70% circa degli abitanti; seguono gli ortodossi (20%) e i cattolici (1 0% circa) (f ig. 4). La lingua ufficiale è il tosco, (uno dei due gruppi linguistici albanesi) l'altro dialetto è il ghego. Entrambi sono di derivazione indo-europea con influssi latini, turchi, greci e slavi. Toschi e Gheghi sono stanziati rispettivamen~e a Sud e a Nord del fiume Shkumbl,n, che tagli~ il Paese all'incirca a metà.
CONFESSIONI RELIGIOSE 10% . MUSULMANI
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• oRTODOSSI CATTOLICI
Fig. 4
LA STORIA RECENTE Situazione politica Nel 1942, il primo Congresso del Movimento Partig,iano affidò la direzione della lotta per la liberazione a Enver HOXHA divenuto poÌ. nel 1944, capo del Fronte di Liberazione Nazionale. Alla f ine del 1944, il Fronte acquisf il controllo di tutto il territorio albanese. Il governo prowisorio di Hoxha si insediò a Ti rana nel novembre 1944 e, 1'11 febbraio 1945, fu proclamata la Repubblica Popolare di Albania, strettamente allineata all'Unione Sovietica. Nel 1949, il Paese aderi al COMECON e. nel 1955, al Patto di Varsavia. l rapporti con I'URSS, che dopo la morte di STALIN (1953) avevano iniziato a deteriorarsi, furono bruscamente interrotti nel 1961, mentre venne a delinearsi una salda alleanza tra la piccola Repubblica europea e la Cina, che fornf assistenza tecnica ed aiuti economici. Nel 1968, l'Albania si ritirò dal Patto di Varsavia. Alla morte di MAO, si verificò nuovamente quanto era successo alla morte di Stalin: l'intransigenza ideologica del regime di Hoxha, contrario all'orientamento politico del nuovo corso cinese, portò ad allentare e quindi a recidere anche i legami con Pechino, accentuando l'isolamento internazionale nel decennio successivo. A quel periodo risale la promulgazione di una nuova Costituzione che, nel sostituire quella del 1946, proclamò l'acquisito carattere socialista della Repubblica albanese, sancendo la definitiva abolizione della proprietà privata. Una cauta e progressiva ripresa delle relazioni
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con l'estero si ebbe solo nella seconda metà degli anni Ottanta, in conseguenza della scomparsa di Hoxha (1985) e dell'elezione a Capo dello Stato di Ramiz ALIA, già alla guida del Presidium dell'Assemblea Popolare. Il perseguimento di una politica più pragmatica portò, oltre che all'attivazione di nuove linee di collegamento internazionali e al consolidamento dell'interscambio, alla ricerca di relazioni formali con taluni Paesi, principalmente balcanici (Bulgaria, Grecia, Turchia), ma anche esterni alla regione (le due Germanie prima dell'unificazione). Nel luglio 1990, l'eco delle trasformazioni awenute negli altri Paesi dell'Europa orientale provocò manifestazioni per la liberalizzazione del regime: fu accordato il permesso di espatrio a gruppi di cittadini, furono promesse alcune innovazioni politiche e l'awio di un ristabilimento delle relazioni diplomatiche con I'URSS. Aperta alla fine dello stesso anno la via al multipartitismo. in seguito alle violente manifestazioni che sconvolsero l'intera nazione, mentre l'esodo degli Albanesi verso
i Paesi occidentali (soprattutto l'Italia) assumeva proporzioni drammatiche, il presidente f.lia indisse per il 3 1 marzo 1991 libere elezioni, vinte a sorpresa dai comunisti del Partito del Lavoro. La crescente tensione sociale tuttavia indusse quest'ultimo, ribattezzato Partito Socialista d'Albania, a formare un governo d'unità nazionale con la partecipazione delle forze d'opposizione. Le successive elezioni (marzo 1992) fecero registrare la netta vittoria del Partito Democratico di Sali BERISHA, che subentrò ad Alia, dimissionario, nella Presidenza della Repubblica. Nonostante il cambio dei vertici, la crisi economica non accennò a diminuire, anzi, le difficoltà della popolazione nel passaggio da un regime assolutistico di matrice ex sovietica ad un sistema regolato dalle leggi del libero mercato si accentuarono ed in questo contesto si inaspri il confronto politico tra il Partito Democratico Albanese (PDA) di Berisha ed il Partito Socialista Albanese (PSA), ex comunista. Nell'appello elettorale del 26 maggio 1996, il PDA risultò il vincitore ma le elezioni, in seguito alle accuse di irregolarità e brogli mosse dal PSA ed avallate dagli osservatori internazionali, furono annullate e ripetute nel giugno 1996 con un ballottaggio tenutosi nel mese di ottobre dello stesso anno. In tale sede, il PDA si aggiudicò la vittoria elettorale con un grande margine di distacco rispetto al partito contrapposto.
Aspetto socio-economico Fino alla crisi del 1997, molti analisti avevano considerato l'economia albanese una sorta di allievo modello delle ricette occidentali su come un Paese post-comunista potesse affrontare la transizione al libero mercato. Grazie agli aiuti della comunità internazionale, ed in particolare dell'Italia che agli inizi degli anni novanta (1991) aveva portato con successo a termine due operazioni di "aiuto umanitario". affidate all'Esercito e denominate "Pellicano". nonché alle rimesse degli emigrati ed ag li investimenti di italiani e greci, tra il 1993 e il 1995 si erano registrati strabilianti risultati: PIL in crescita al 9%; inflazione ridotta dall'85 a 7,8%. Per contro, la produzione agricola si era ridotta ad un livello di autosussistenza, a causa della eccessiva parcellizzazione della terra ed all'inesistenza di forme di cooperazione tra agricoltori mentre l'industria albanese non riusciva a sostenere la concorrenza dei prodotti stranieri, a causa della mancanza degli investimenti necessari ad una radicale ristrutturazione. Il Paese importava massicciamente beni di consumo mentre gli aiuti internazionali e le rimesse degli emigranti erano la sola fonte di bilanciamento.
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Nel contempo, un'altra crisi colpi la già precaria economia: crollarono le società di credito informale derubando, di fatto, di tutti i risparmi gran parte della popolazione. Alcune società finanziarie, infatti, avevano creato una enorme bolla speculativa, promettendo guadagni spropositati sotto forma di schemi di investimento "piramidali" che att raevano una moltitudine di ingenui risparmiatori i quali, pur risultando disoc-
cupati, percepivano di fatto un "salario " sicuro, senza lavorare. sotto forma di interessi sui deposit i. A partire dall'inverno del 1996, dette società, non disponendo di sufficiente liquidità per continuare a pagare gli interessi, crollarono una dopo l'altra. Accusato dall'opposizione di connivenza con le società finanziarie, il presidente Berisha dovette far fronte a manifestazioni di piazza sempre più pressanti e violente che, dal gennaio '97, degenerarono in una vera e propria sommossa. determinando il collasso del Paese. l primi moti di piazza si registrarono a Tirana il 19 gennaio e, nelle settimane successive, si estesero al sud nelle città di Lushnjie, Berat e Valona; in quest'ultima città, la protesta assunse connotati di particolare asprezza, tanto che il 1O febbraio il Parlamento albanese dichiarò lo stato di emergenza in tutto il Distretto di Valona.
Stato di emergenza nel Distretto di Valona. Ai primi di (l1arzo, la protesta degenerò in guerriglia, con assalti a caserme e depositi di armi e scontri tra i rivoltosi e i reparti di sicurezza in tutte le principali località del Paese. Di conseguenza, il Primo Ministro Meski si dimise e lo stato di emergenza si estese a tutta la nazione. Nei giorni che seguirono, la diffusione massiccia di armi, anche pesanti, tra la popolazione civile e la contestuale assunzione del controllo politico-militare su alcune importanti città del sud (Valona, Saranda, Tepelene, Girocastro, ecc.) da parte dei rivoltosi. determinarono una situazione di conflitto e anarchia generalizzati nella quale le Forze Armate albanesi. di fronte ad una crisi interna, semplicemente scomparvero, lasciando ai cittadini la gestione dell'uso della forza. Berisha, a questo punto, fu costretto ad accettare un governo di solidarietà nazionale
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guidato dal socialista Fino. Articoli di stampa e reportage televisivi (CNN in testa) continuavano a "drammatizzare" sulla "fuga dall'Albania in fiamme", sull'assalto dei disperati all'Italia (remake del grande esodo del 1991 ). senza mettere a disposizione dell'audience un background in grado di "leggere" gli awenimenti nella loro reale portata e senza awalersi di un sistema articolato di cronaca, analisi ed individuazione delle tendenze che facesse luce sulla reale situazione in atto nel Paese delle Aquile dove, in effetti, come vedremo nel prosieguo, la situazione era ben lungi dall'essere anche solamente paragonabile a quella di una guerra civile.
<:uga dall'Albania in fiamme.
Peraltro, la libertà di movimento e di azione delle GOs e delle NGOs affluite in loco sull'onda emotiva scatenata dai media ed impegnate nell'emergenza umanitaria, era condizionata pesantemente dalla mancanza di sicurezza che rappresentava l'esigenza prioritaria da garantire. Le priorità delle GOs e delle NGOs erano in massima parte riferite a questo particolare aspetto e si estrinsecavano. tra l'altro, con continue richieste di "assessements" sulla situazione in particolari aree o lungo specifici itinerari. Poco sentito, anche se notevole, il bisogno di aiuti alimentari, mentre si rilevava una differente ripartizione dei miseri sussidi governativi a Nord del Paese (fedele a Berisha) e a Sud di esso. ove le sowenzioni e gli aiuti statali erano pressoché assenti. Da sottolineare, inoltre, le condizioni sociali pre-disordini comunque pessime, soprattutto per quanto attiene alle strutture sanitarie e alla viabilità. In tale quadro, l'intervento umanitario doveva essere connotato da efficacia ed equità nel rispetto delle competenze delle Autorità locali, tenendo conto dell'eventuale impatto negativo sulla pubblica opinione internazionale che i media, colti di sorpresa
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dalla rivolta albanese, cont inuavano a determinare, descrivendo scenari di un imminente confronto militare sui modelli libanese o bosniaco, ricorrendo sempre piĂš di frequente all'iconografia del "miliziano" che trafigge il cielo con le raffiche del suo vecchio kalashnikov.
"Miliziani" albanesi.
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LO SCENARIO POLITICO PRIMA DELL'INTERVENTO MILITARE VISIONE INTERNAZIONALE DELL'ALBANIA La cris,i albanese è stata autorevolmente e giustamente definita "crisi non tanto di uno Stato quanto della nazione albanese nel suo complesso e nella sua dimensione regionale" poiché è intervenuta ad indebolire, frammentandole, t utte le minoranze albanesi presenti nei Balcani. Tanto più che detta frammentazione rese concreta l' ipotesi di una regìonalìzzazìone della crisi con coinvolgimento degli Stati " ospitanti" : Serbìa (Kosovo) e Macedonia anzitutto, ma anche Grecia. E se Atene fu interessata per la presenza oltre i suoi confini di decine di migliaia di immigrati albanesi, Serbia e Macedonia dovettero fare i conti con la proliferazione dì armi l~ggere e pesanti che attraversavano i loro confini occidentali. E lo "sconfinamento". questa volta. di clandestini. disperati e trafficanti costituf la motivazione di base del coinvolgimento dell'Italia e, di conseguenza, della Comunità Europea alla crisi in atto nel Paese delle Aquile. Contrastare o, quantomeno, contenere il flusso clandestino ed illegale verso l 'Italia e l'Europa, attraverso il basso Adriatico, di "masse" di sedicenti rifugiati e dì ogni sorta dì traffico illecito, divenne sempre più imperativo, rendendo concreti gli ipotizzati scenari di un intervento militare che favorisse il ripristino, in loco, di condizioni di sicurezza minime, consentendo alle organizzazioni internazionali di portare aiuti allo Stato Albanese in agonia e scongiurando l'allargamento e la regionalizzazione della crisi albanese all'intera area balcanica.
RUOLO DELLE MAGGIORI POTENZE PRIMA DELL'INTERVENTO La crisi albanese. nonostante reiterati tentativi dei paesi dell'area preoccupati per motivi di prossimità territoriale da possibili rischi dì "spii! over". non riusci a far mobilitare in modo sostanziale i fori istituzionali della comunità internazionale. le ragioni dell'inerzia della comunità internazionale, UE in prìmìs, non sono ancora del tutto chiare: l'opposizione dì Germania e Gran Bretagna ha sicuramente congelato ogni iniziativa eccedente un mero coinvolgimento formale. anche se la crisi albanese veniva a corrispondere chiaramente nel "framework" delineato dalle missioni dì Petersberg. la Germania era probabilmente bloccata da motivi di ordine interno, la Gran Bretagna era forse preoccupata dalla prospettiva di un più significativo coinvolgimento del sistema UE-UEO nell'architettura di difesa europea alla vigilia della conferenza di Amsterdam. Alla assenza propositiva di USA(*}, GE e GB, sostanzialmente in un ruolo attendista e scarsamente propense ad un intervento militare, ma comunque attente agli sviluppi per le eventuali ripercussioni in Bosnia- Erzegovina, si abbinò infine:
(*)La posizione USA mutò nel corso dell'operazione. Si assisté, infatti, ad un maggior coinvolgimento, ma esclusivamente a livello diplomatico, da parte dell'Ambasciatore USA in Albania.
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• la sostanziale neutralità di Russia e Cina il cui appoggio, in seno al Consiglio di Sicurezza deli'ONU, risultò determinante per l'approvazione delle risoluzioni che portarono all'autorizzazione della missione ALBA; • la presa di posizione della Francia, normalmente favorevole ad una più marcata identità europea, che inizialmente si lasciò influenzare dalla irrisoluta opposizione tedesca a promuovere iniziative UE, dimostrandosi scettica sull'efficacia di un intervento militare UEO senza il supporto della NATO e degli USA; successivamente , invece, svolse un prezioso ruolo di appoggio all'iniziativa italiana.
RUOLO DELL'ONU E DEGLI ALTRI ATTORI INTERNAZIONALI Il Consiglio di sicurezza Al Palazzo di Vetro di New York, il " tempo delle scelte" per l'Albania e l'intera comunità internazionale visse il proprio passaggio decisivo. Alle ore 20.00 locali, del 28 marzo 1997, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (C.d.S. ) adottò, all'unanimità, con la sola astensione della Cina, la risoluzione n. 1101 e, con essa, dette il via libera alla missione della FMP. Il C.d.S. aveva preso atto: • della decisione deii'OSCE che, in risposta alla richiesta del Governo albanese, aveva deliberato la costituzione di una missione per assistere l'Albania nel campo della democratizzazione, dei diritti umani e nel processo elettorale; • delle richieste ufficiali del Governo albanese per l'approntamento di una ~orza Palazzo di Vetro a New York. Militare Multinazionale di protezione per aiutare a creare un ambiente sicuro per la fornitura di aiuti e per le attività di assistenza svolte dalle organizzazioni internazionali; • della lettera del rappresentante italiano presso le Nazioni Unite, che esprimeva la disponibilita dell'Italia a cooperare con altri governi per rendere possibile il dispiegamento temporaneo di forze militari per la condotta di un'operazione di aiuto umanitario all'Albania; • della disponibilità italiana ad assumere il ruolo di nazione guida della coalizione, assumendo il comando di detta operazione. Approvò la risoluzione n. 11 O1 che, nella versione originale in lingua inglese, cosf recita: "The UNSC welcomes the offer made by certain member states to establish a temporary limited Multinational Protection Force to facilitate the safe and prompt
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delivery of humanitarian assistance, and to help create a secure environment for the missions of international organizations in Albania. The resolution authorizes the member states, participating in the Multinational Protection Force, to conduct the operation in a neutra! and impartial way, acting under Chapter VII of the Charter of t he UN, and further authorizes those member states to ensure the security and freedom of movement of the personnel of the Multinational Protection Force. Lastly, the resolution decides that t he operation will be li mited to a period of 3 months, at which time the Council wi ll assess the situation." Decidendo, infine, di rimanere attivato sulla questione albanese, il C.d.S. si riservò di valutare, sulla base dei rapporti quindicinali inviati dagli Stati membri della coalizione, la situazione in atto e di deliberare sull'eventuale estensione del mandato della FMP al fine di poter assumere eventuali, ulteriori decisioni in vista delle scadenze elettorali in Albania previste per il giugno '97 .
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Il Segretario generale e i Suoi rappresentanti Il Segretario Generale delle Nazioni Unite all'epoca dell'intervento era Kofi Annan il quale, sin dall'insorgere della crisi, caldeggiò il coinvolgimento al livello politico deii'OSCE, quale Organiuazione di Sicureua Regionale a cui decent rare responsabilità di direzione politico-militare. Nella visione del Segretario Generale, infatti, rientrava la concezione che le organizzazioni regionali, a seconda che dispongano o meno di un'organizzazione e di forze militari, possono assolvere tutte o parte delle funzioni di direzione e di comando e controllo previste per una PSO. In tale ottica, l'azione del Segretario Generale e dei suoi rappresentanti assicurò continuità organizzativa tra le iniziative delle NU e la Direzione politico-militare della missione, limitando il ruolo delle NU alla sola decisione iniziale (risoluzione del C.d.S. e princìpi/termini del mandato) riservandosi di monitorare le successive applicazioni di detto mandato. Il Consiglio d'Europa Il 24 febbraio 1997, Il Consiglio d'Europa, anche per effetto delle "pressioni" esercitate dall'Italia, ribadi l'intenzione della Comunità Europea (EU) di assumere iniziative volte ad assistere l'Albania nel ristabilimento della stabilità politica e, nel contempo, a fornire aiuti umanitari, lavorando di comune accordo con la comunità internazionale a sostegno di più ampie riforme economiche. Il Consiglio decise inoltre che la EU avrebbe cooperato, nell'ambito della cornice di coordinamento costituita daii'OSC E, affinchè, all'interno di detta cornice, il Consiglio d'Europa e altre organizzazioni internazionali armonizzassero i propri contributi ciascuno nella rispettiva area di competenza. A tal fine, il Presidente del Consiglio d'Europa, l'olandese Hans van MIERLO, decise di inviare in Albania una missione militare di esperti incaricata di seguire gli sviluppi relativi all'assistenza umanitaria, economica e politica, nonché di supportare l'Albania nella ricostituzione di una credibile forza di polizia (MAPE - delibera UEO del 2 maggio 1997) . In considerazione delle precarie condizioni di sicurezza dell'Albania, il Consiglio favori gli sforzi di alcuni Stati membri di costituire una forza militare multinazionale di
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protezione che, sotto un'ampia egida internazionale, potesse contribuire a creare le necessarie condizioni di sicurezza all'apparato di aiuti internazionali. In accordo con detta decisione, un " recce team" militare internazionale fu inviato in Albania per una missione di "site survey" in Tirana e altre aree principali del Paese. Il team ebbe colà la possibilità di incontrarsi con i rappresentanti politici dell'EU il che costituf fattore di estrema importanza per lo scambio di pareri e punti di vista tra gli inviati politici e militari destinati ad operare in teatro. L'OSCE
Sin dal Febbraio 1997 anche I'OSCE aveva cominciato a seguire gli sviluppi della crisi albanese e lo stato di "attenzione" si trasformò in "iniziativa" quando, agli inizi di Marzo, la presidenza deii'OSCE, (all'epoca detenuta dalla Danimarca) decise di nominare l'ex cancelliere Austriaco, Franz VRANITSKY, suo personale rappresentante affidandogli l'incarico di recarsi in Albania per consultazioni con gli esponenti di tutti i partiti politici albanesi. Il 27 marzo 1997. il Consiglio permanente deii'OSC E rese nota la decisione di stabilire una rappresentanza permanente deii'OSCE in Albania per cooperare con le Autorità albanesi e supportare gli sforzi internazionali di assistenza a quel Paese, specialmente nel campo della democratizzazione, dei diritti umani, nella monitorizzazione delle attività di predisposizione di libere elezioni politiche e di recupero delle armi cadute in mano della popolazione civile. Ad un certo punto dell'operazione si pensò di attuare una specie di "campagna acquisti" delle armi che la popolazione albanese aveva sottratto dai depositi dell'Esercito. Il progetto sarebbe consistito nel pagamento di una somma apprezzabile in USD per ogni Kalashnikov consegnato alle autorità. L'operazione non fu portata a termine sia perché non fu trovato un accordo su chi dovesse mettere a disposizione le risorse finanziarie, sia perché ci si rese conto che il possesso di un arma per "autodifesa" rientrava nelle tradizioni del Paese delle Aquile(*). E cosf le immagini televisive continuavano a mostrare individui armati aggirarsi indisturbati per le strade. Inoltre, il Consiglio permanente deii'OSCE, tenendo conto dell'appello delle autorità albanesi, accolse con favore la volontà di alcuni Stati membri di assecondare le richieste albanesi operando sotto l'egida della Carta delle Nazioni Unite e dei princìpi deii'OSCE, in accordo, comunque, con i "deliberata" del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Attori Vari Determinante, anche se non di primo piano, risultò il ruolo di varie altre organizzazioni internazionali quali la Croce Rossa Internazionale, l'omologa "sorella" islamica, la Mezza Luna Rossa, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale. Furono queste, infatti, le Organizzazioni Internazionali (01) più coinvolte nella crisi albanese: le prime perché impegnate nell'opera di assistenza e soccorso più immediata alla popolazione, anche se sulla Mezzaluna Rossa gravavano sospetti di favorire la "infiltrazione ideologico/religiosa" di elementi estremisti islamici presso la popolazione locale a maggioranza, appunto, musulmana; le seconde perché in un certo
(*) La stessa iniziativa era stata attuata, infatti, con un certo successo ìn Somalia durante l'operazione IBIS con il concetto del ' food for gun'.
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senso erano "responsabili" della catastrofe economica albanese, avendo fornito quei prestiti necessari al sistema di partecipazione "piramidale" che sembrava surrogare le politiche macroeconomiche più appropriate per l'Albania, sotto la guida delle istituzioni di Bretton Woods. Tale ruolo di rilievo fu confermato dalla presenza dei rappresentanti di detti organismi al "tavolo" dello Steering Committee che, come si vedrà più avanti, assumerà la responsabilità dell'indirizzo politico-militare della missione Alba. In prospettiva futura, inoltre, i due colossi economici potevano essere interessati, come poi awenne, al finanziamento di alcune iniziative con lo scopo di concorrere alla ric.ostruzione del sistema economico albanese. Nel contesto nazionale, infine, vale la pena di ricordare che anche le forze e i partiti politici ebbero un ruolo chiave, e non solo quando il Parlamento venne chiamato a pronunciarsi per autorizzare la missione dei nostri militari in Albania. Si ricorderà, al riguardo, l'elevato numero delle visite in Albania di alcuni parlamentari italiani e dei relativi colloqui con uomini di Stato o con dirigenti politici albanesi.
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Il successo della politica estera italiana A seguito degli intensi sforzi diplomatici posti in essere dall'Italia, il 14 Marzo 1997 il rappresentante dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), Franz VRANITZKY, si era incontrato a bordo di Nave ALISEO con Bashkim FINO, Primo Ministro del nuovo Governo di riconciliazione nazionale, e con alcuni rappresentanti delle città albanesi in rivolta, per valutare l'opportunità di un intervento militare di pace. L'Ambasciatore italiano presso le Nazioni Unite, nel frattempo, aveva preparato e presentato al Consiglio di Sicurezza una bozza di risoluzione per autorizzare l'invio di una forza militare multinazionale che facilitasse la sicura e rapida consegna di aiuti umanitari da parte delle organizzazioni internazionali operanti in Albania. L' "understatement diplomatico", che la bozza non esplicitava, era quello di affidare all'Italia il ruolo di leadership della coalizione. In realtà, nei corridoi del Palazzo di Vet ro abbondarono i complimenti per come Roma aveva saputo condurre in porto, in cosi poco tempo, un pressing da manuale di politica estera che portò l'Italia ad incassare un risultato che, sia pure indirettamente, ne rafforzò le aspirazioni a svolgere un ruolo di primo piano nella difficilissima battaglia diplomatica per la riforma del "governo" deii'ONU.
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ESAME DEL MANDATO (fig. 5) Esso rappresenta il punto di partenza di tutte le attività che hanno visto impegnati quasi 7.500 uomini di diverse nazioni nella crisi albanese. Il suo esame, quindi, appare di particolare importanza per comprendere molte delle determinazioni cui si giunse nel corso dell'operazione stessa.
ESAME DEL MANDATO
Il
.\IUTI
UN SECURITY COUNCIL
SICUREZZA
~
SITREP
Fig. 5
La risoluzione indicava due obiettivi politici da conseguire (facilitare la sicura distribuzione di aiuti umanitari e aiutare a creare un ambiente sicuro per le Organinazioni internazionali) e attribuiva all'Italia la leadership della Forza. Il testo della risoluzione. in buona sostanza. assicurava un mandato molto vasto che includeva. oltre alla protezione dei convogli di aiuti e del personale civile delle varie missioni umanitarie e diplomatiche. la sicurezza da realizzare nei porti, aeroporti, vie di comunicazione principali e nei punti di distribuzione degli aiuti umanitari. Alle forze m~itari messe a disposizione dai Paesi contributori alla missione veniva data la possibilità di fare ricorso alla forza in caso di necessità, in quanto autorizzate ad agire sotto il Cap.VII della Carta delle NU (uso della forza non solo per autodifesa). Inoltre. agli Stati partecipanti alla Forza Multinazionale di Protezione (FMP) veniva chiesto di inoltrare al C.d.S .. con cadenza quindicinale e attraverso il Segretario Generale, i rapporti periodici, il primo dei quali era atteso entro e non oltre 14 giorni dalla data della risoluzione specificando, inter alia, i parametri e le modalità dell'operazione sulla base delle consultazioni tra gli Stati Membri e le autorità albanesi. La rapidità dell'evoluzione della crisi albanese e la necessità di pianificare con urgenza 18
(soprattutto per fornire "consulenza", come già detto, alla stesura della risoluzione n. 1.101) comportò l'esigenza d'immaginare i compiti che realisticamente potevano essere affidati alla Forza. Forti del fatto che, in pratica, la risoluzione del C.d.S. fosse stata suggerita letteralmente dai "pianificatori" militari, almeno inizialmente non fu data molta importanza alle singole parole perché si credeva di conoscere già tutto. In fase di condotta, però, vi furono alcune differenze di vedute tra le Nazioni contributrici circa lo sviluppo delle attività operative. Il nodo del contendere, che comportò diverse riunioni e richieste di par~ri alle capitali, fu essenzialmente legato al supporto di sicurezza da fornire alle Organizzazioni umanitarie governative e non governative (GOs, NGOs). Si discusse molto su scorte e sicurezza areale e alla fine si giunse ad una soluzione di compromesso abbastanza realistica: lasciare alla decisione del Comandante sul campo di scegliere la soluzione più idonea dal punto di vista operativo sulla base della situazione locale e del quadro " inteHigence". Un esame più approfondito e finalizzato del mandato avrebbe comunque portato, come portò in prat ica, alla conclusione che esso comprendeva anche la sicurezza, nei termini operativi ritenuti più opportuni, delle Organizzazioni Internazionali (0.1.) e in special modo deii'OSCE durante il controllo dello svolgimento delle elezioni.
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L'OPERAZIONE ALBA" Il
GLI ACCORDI TECNICO-POLITICI L'emergenza albanese ha costituito un elemento di novità nel contesto delle operazioni di Peace Support. L'implosione del tessuto socio-economico del paese balcanico configurò una crisi analoga, per alcuni aspetti, a quelle attraversate da altri paesi dell'Europa Orientale e dell'Asia Centrale nella fase di transizione postcomunista, ma caratterizzata anche da specificità inedite e, soprattutto, pericolosamente contigua alle propaggini sud-orientali dell' Europa ricca, prospera e democratica. L'intervent.a della comunità internazionale nella risoluzione delle crisi mondiali, abbandonato il Peace Keeping di " prima generazione" legato a logiche di equilibrio bipolare, stava delineando una propria nuova fisionomia strutturale attraverso una serie di esperienze, a volte fallimentari - Restare Hope -a volte di successo - Firm Endeavour -. Il limite all'imposizione manu militari dei valori di giustizia universale, fatto proprio dal diritto interna zionale ed estrinsecato nel concetto di ingerenza umanitaria (B. Boutros-Ghali "Agenda far peace " ), t rovava però un limite oggett ivo nella assenza di risorse a disposizione degli organismi internazionali, deputati alla risoluzione delle controversie ed alla preparazione dell'awento dell' " ordine mondiale". Ciò implicava - ed implica, poiché le crisi degli ultimi due anni, Kosovo in primis, non hanno portato elementi di novità in questo senso - la dipendenza di ogni decisione di intervento da procedure istitutive di budget straordinari, vincolate per owi mot ivi a valutazioni condizionate dall' " interesse nazionale" dei singoli membri dei vari consessi. Ciò fu essenzialmente vero nel caso in esame del quale, di seguito, si andrà ad analizzare gli aspetti più importanti, dall'organizzazione generale dell'operazione, alle attività operative specifiche.
La Direzione politica Per il controllo politico e la direzione strategica dell'intervento si stabili di creare un Comitato Direttivo, il cui compito principale era quello di definire e rivisitare nel tempo gli obiettivi politici e tradurre tali obiettivi in direttive per il Comandante dell'operazione; contestualmente, il Comitato monitorizzava lo svolgimento delle attività operative, assicurandosi che esse si svolgessero nell'ambito del mandato deii'ONU (fi!1. 6). Durante t utto lo sviluppo dell'operazione, il Comitato Direttivo (Steering Committee) ha esercitato l'alta direzione politico-strategica sulla missione ed in particolare: • ha mantenuto stretti contatti con t utte le Organizzazioni internazionali interessate alla crisi (ONU e sue Agenzie, OSCE, UEO, UE, ecc.) e con le autorità albanesi legalmente riconosciute; • ha previsto riunioni del Comitato almeno settimanali ed in due diverse tipologie: una a livello Direttori Affari Politici o equivalenti e l'altra a livello Rappresentanti delle A mbasciate a Roma: ciò ha notevolmente cont ribuito all'efficacia dell' 9ttività dello stesso. Infatti la prima garantiva la possibilità di decisioni politiche anche di elevato livello, mentre la seconda si è dimostrata in grado di svolgere il monitoraggio dell'operazione consentendo, quando necessario, la tempestività di intervento; • ha contemplato la presenza nel Comitato del Comandante dell'Operazione (COPER) o, in alternativa del Comandante del Comando Operativo Forze di Intervento in Albania (C.O.F.I.A.), consentendo di realizzare una efficace interrelazione tra direzione politica delle operazioni e direzione militare.
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DIREZIONE POLITICA • OBIETTM POLITICI • DIRETTIVE AL COPER
• MONITORAGGIO OPERAZIONE • CONGRUENZA MANDATO
STEERlNG COMMJTTEE Fig. 6
In sostanza il Comitato prendeva decisioni sull 'impiego delle Forze solo dopo appro fondite valutazioni tecnico-militari. Da tali approfondiment i scaturivano "guidelines" politiche, coerenti con le possibilità militari, che venivano successivamente trasformate in ordini operativi. Le periodiche riunioni del Comitato Direttivo costituivano, inoltre, occasione di incontri tra i rappresentanti della Difesa e dei Ministeri Esteri dei Paesi contribuenti, realizzando il necessario coordinamento degli sforzi e facilitando il raggiungimento dell'unicità di vedute sui vari problemi nonché la legittimazione da parte dei rispett ivi governi. Ogni riunione, infine, prevedeva due distinte fasi: • la prima, normalmente al mattino, alla quale partecipavano solamente i rappresentanti dei Paesi contributori alla FMP; • la seconda, nel pomeriggio, alla quale prendevano parte anche i rappresentanti delle maggiori organizzazioni internazionali (dalla CRI alla Mezza Luna Rossa, alla Banca Mondiale, al Fondo Monetario Internazionale, aii'OSCE, oltre a GOs, NGOs, ecc.), delegati a rappresentare problemi e ad avanzare proposte e richieste. In pratica il Comitato Direttivo si trovò a svolgere le fun zioni di un organismo internazionale, anche se temporaneamente, e con compiti limitati: rappresentava, in altre parole, una specie di ONU "bonsai". Nonostante "l'atipicità" della missione, difficilmente catalogabile tra quelle tradizionali di peacekeeping o umanitarie, si può affermare che il Comitato Direttivo svolse con efficacia e regolarità i propri compiti, nonostante si fosse alla prima missione interamente assolta da Nazioni europee, alcune delle quali non appartenenti alla NATO o senza precedenti esperienze. La soluzione offriva, essenzialmente, il vantaggio della snellezza dell'iter decisionale, della tempestività degli ordini e della legittimazione nazionale ed internazionale dei prowedimenti adottati.
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La linea di Comando e Controllo militare (fig. 7) Il comando dell'operazione venne assunto dall'Italia, nazione leader dell'operazione, ed esercitato dal Capo di SMD per il tramite di un Comando costituito ad hoc, il C.O.F.I.A. (Comando Operativo Forza d'Intervento in Albania); il controllo operativo della FM P, composta prevalentemente da unità terrestri. fu esercitato da un Comandante della forza (COMANFOR) in Teatro e da due "Supporting Commands" (CINCNA\1, per le forze navali e il 3° ROC, per le forze aeree) su suolo nazionale.
OPLAN- Struttura di Comando e Controllo
....----*COPER * * * ---. Amm.Sq. Guido VENTUROM
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Fig. 7
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Il C.O.F.I.A., supportato da una Cellula del Centro lntelligence lnterforze (CII), esercitò le funzioni di direzione operativa della missione, trasformando in ordini per il Comandante di Teatro gli intendimenti che il Comandante dell'Operazione (COPER. coincidente con il Ca. di SMO) sviluppava a seguito degli indirizzi politici del Comitato Direttivo. Tuttavia, la sua tardiva istituzione awenuta ad operazione già in atto. ed il suo progress-ivo rafforzamento, provocarono incertez.ze nei Comandi in Teatro, non in grado di percepire compiutamente il nuovo modello organizzativo(*). Inoltre il C.O.F.I.A., costituito come indicato nella figura. non rispondeva perfettamente alle esigenze dell'operazione in quanto Comando interforze fjoint) ad esclusiva connotazione italiana: molto più opportuna sarebbe risultata una composizione multinazionale (combined). (*)Confondendo molto spesso il C.O.F.IA con lo Stato Maggiore della Difesa. disattendendo in tal modo la netta distinzione tra i due organismi: comando vero e proprio il primo, organo di staff il secondo.
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Al riguardo occorre precisare che la presenza presso il C.O.F.I.A. degli Ufficiali di collegamento dei Paesi contributori sopperiva in parte a questa carenza, assicurando la formale partecipazione degli alleati all'attività che veniva svolta nell'ambito del Comando Militare al massimo livello. La soluzione più corretta sarebbe stata: • una completa multinazionalità della struttura; • una multinazionalità "garantita" da cellule decisionali dei Paesi contributori presenti nel Comando. La mancanza di investitura degli Ufficiali di collegamento quali rappresentanti plenipotenziari del loro Paese presso il Comando Operativo della missione, comportò in Teatro inopportune divergenze tra le direttive impartite dal COMANFOR ai Comandanti dei Contingenti nazionali (che agivano, invece, come plenipotenziari) e quelle che costoro ricevevano dalle rispettive Capitali. l problemi che sorsero furono moltissimi e solo la capacità di mediazione italiana, a tutti i livelli, consentr di risolverli.
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LA PIANIFICAZIONE Le numerose operazioni a carattere multinazionale, catalogabili come "Peace Support Operations", pianificate e condotte negli ultimi anni, avevano già permesso di delineare alcuni criteri di base per la corretta impostazione dei loro principali aspetti politico-militari. Anche le direttive per l'impostazione dell'Operazione "Alba" hanno tenuto in debito conto gli insegnamenti e le esperienze positive e negative, tratte da recenti missioni svolte da forze multinazionali, nel campo della direzione strategica di una operazione. Ci si riferisce, in particolare, ad alcuni ammaestramenti di notevole rilevanza politicomilitare quali: • chiarezza dell'obiettivo politico complessivo della missione; • mandato chiaro, ben definito e militarmente perseguibile; • precise direttive e controllo politico dell'Organizzazione internazionale che origina il mandato; • consenso del Paese in cui si svolge l'operazione. Le valutazioni che hanno portato all'individuazione dei criteri posti a base della pianificazione e della condotta dell'Operazione "Alba" sono scaturite anche e sopra ttutto dall'analisi della situazione in atto nel Paese delle Aquile. Dall' iniziale "crisi di piazza", sull'onda emotiva causata dalle forti perdite economiche registrate in un Paese ed in strati sociali già i!l forte crisi, la situazione era velocemente spiralizzata verso una estesa protesta popolare, diretta contro il sistema stesso di governo. Il coinvolgimento dell'Italia poteva essere considerato come diretta conseguenza di quella situazione di crisi che si sviluppava nel cuore dell'Europa, in un Paese diviso dalla Penisola dal solo Canale d'Otranto, per il possibile innesco di un fenomeno di destabilizzazione dell'area che avrebbe coinvolto masse di profughi in fuga e gravi problemi di carattere umanitario. Un intervento militare di tipo tradizionale(*) avrebbe potuto avere profonde implicazioni sull'Italia, sul suo popolo e sulle prospettive a lungo termine della nazione.
(*) Sarebbe stato necessario 'prepararsi' adeguatamente, ma il fattore tempo avrebbe condizionato negat•vamente il successo dell'operazione.
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Ciò, evidentemente, anche perché le passate vicende storiche italiane in Albania avrebbero potuto indurre ad una lettura negativa un impegno militare classico nel contesto internazionale. Per contro, l'assenza di una forza di " sostegno" dall'estero avrebbe potuto incoraggiare il perdurare. ed eventualmente facilitare anche l'escalation delle tensioni locali e della presenza generalizzata di individui armati. La pericolosità era particolarmente alta anche a causa dell'esistenza di armi di vario genere e dell'incremento di attività criminali avvantaggiate dal clima di incertezza della nazione. Quando uno Stato collassa, infatti, vengono meno le forme di cont rollo istituzionale e nella situazione di crisi che ne deriva emergono organizzazioni con diverse millantate legittimazioni, spesso caratterizzate da marcata connotazione criminale. Alla base del processo di pianificazione dell'inteNento.militare internazionale furono posti i seguenti presupposti: • qualunque inteNento militare in Albania doveva essere "approvato" da apposita Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite; • la missione doveva avere l'assenso del legittimo Governo dell'Albania; • la missione doveva, comunque, essere caratterizzata da Regole d'Ingaggio (ROE) concordate con le Autorità albanesi; • la Forza avrebbe dovuto avere la piena autorità di porre in atto le azioni necessarie all'espletamento della missione e provvedere all'autodifesa ed alla libertà di movimento, qualora queste fossero state minacciate; • la comunità internazionale avrebbe dovuto sviluppare una strategia politica che consent isse di porre in giusta enfasi e sostenere l'operato delle agenzie civili per il consolidamento della stabilità nel Paese; • la durata della missione sarebbe stata di tre mesi, eventualmente estensibile di ulteriori tre mesi, qualora ritenuto opportuno. Nelle riunioni preliminari, effettuate con i rappresentanti dei Paesi partecipanti, furono definiti la missione, le modalità esecutive dell'Operazione, le Regole d'ingaggio da impiegare e la dislocazione delle forze sul terreno. Particolare attenzione fu posta alla individuazione delle aree di gravitazione dei vari contingenti nazionali: ciò, essenzialmente, sulla base di sensibilità politico-sociali e in • relazione alle "indicazioni" peNenute dalle stesse Autorità albanesi. Nella realtà esistevano, infatti, alcune sensibilità politiche chiaramente percepibili e che, in qualche misura, condizionarono le decisioni sullo schieramento delle unità in teatro. La "missione", cosi come fu delineata sulla base delle indicazioni contenute nella Risoluzione ~el Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e discussa con i partner europei, consistette nel: "rendere sicuri i principali punti d'ingresso in Albania per garantire le condizioni di sicurezza per l'afflusso e la distribuzione degli aiuti umanitari; garantire la sicurezza delle sedi della Missione internazionale a Tirana e le attività delle altre Organizzazioni che operano nel campo umanitario in Albania".
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Nazioni partecipanti (fig. 8) Costituivano la Forza d'inteNento unità m ilitari ripartite, per paese di appartenenza e forza media presente, come segue: AUSTRIA 11 O; DANIMARCA 59; FRANCIA 950; GRECIA 760; ITALIA 2970; ROMANIA 390; SPAGNA 340; TURCHIA 740, per un totale della FM P mediamente ammontante a 6.319 uomini, giunti anche ad una forza massima di 7.1 77 grazie principalmente all'impegno italiano.
NAZIONI PARTECIPANTI Fl\fP
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In tempi successivi furono forniti contributi dal Portogallo (un velivolo C -130 cargo), dalla Slovenia (una unità sanitaria su 24 elementi) e dal Belgio (un distaccamento sanitario di 14 uomini) (fig. 9).
Limitazioni e "caveats" Tra i problemi presentatisi alla Forza, anche prima del suo dispiegamento in Teatro, vi fu quello della legittimazione giuridica connesso con la stipula di un accordo con l'Albania sullo status delle forze dei Paesi partecipanti. Il tentativo, infatti, di inquadrare
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Fig. 8
ULTERIORI CONTRIBUTI ALLA FMP
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Fig. 9
l'aspetto giuridico della missione nell'ambito del NATO SOFA(* ), non andò a buon fine per le osservazioni di alcune Nazioni, soprattutto di quelle non NATO, rendendo necessario un "cambiamento di rotta". Il successivo accordo, che utilizzava come modello il SOFA ONU, venne comunque finalizzato in tempi brevi, anche se fu possibile sottoscriverlo solo dopo alcuni mesi. L'iter molto travagliato dell'accordo derivò, in particolare, dal non aver potuto predisporre una bozza di intesa con le altre Nazioni prima dell'inizio della missione; per mancanza di tempo, infatti, il MoU(**) era stato "negoziato" dall'Italia bilatera!• mente con l'Albania. Infine, la partecipazione di alcune nazioni fu condizionata dal loro particolare impegno legato più a mot ivazioni di carattere politico che ad esigenze operative. L'Austria, ad esempio, fornf una sola compagnia impiegata a difesa della sede dell'OSCE in Tirana, in quanto il capo missione era l'ex Capo di Stato Franz Vranitzky. In buona sostanza, la .dislocazione fu di carattere politico: tutti a Tirana a "mostrare la Bandiera" e lontano dalle aree dove i propri reparti, per ragioni politiche, etniche e religiose, potevano risultare poco accetti.
(*) Status of Forces Agreement: accordo sullo stato giuridico delle Forze.
(**) Memorandum of Understanding: memorandum d'intesa.
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LE FASI DELL'OPERAZIONE Operazioni di evacuazione precedenti ad ALBA (Alba NEO) Con il diffondersi di una situazione di anarchia, la situazione dei residenti stranieri nel Paese delle Aquile divenne ben presto rischiosa ed insostenibile. Pertanto, d'accordo con le autorità albanesi, nel mese di marzo 1997 le FA italiane si incaricarono dell'evacuazione dall'Albania di numerosi cittadini europei e non, su richiesta dei rispettivi governi amici (fig. 10). Le operazioni furono condotte da unità navali e da elicotteri italiani che sgomberarono con successo oltre 1.500 persone, 400 delle quali italiane, mentre le restanti provenivano da 40 diversi paesi tra i quali la Francia, l'Austria, il Regno Unito, la Germania, la Grecia, la Finlandia, I'OiaAda e molti altri ancora.
3 Marzo- "Alba-neo"
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Fig. 10
Immigrazione illegale Altro aspetto della crisi albanese fu il flusso di immigrazione clandestina che si riversò sull'Italia attraverso l'Adriatico. Da principio il fenomeno fu caratterizzato da un flusso di rifugiati che scappavano dal caos; alla metà di marzo, l'attività di immigrazione clandestina cadde sotto il controllo di bande criminali organizzate. Sulla base di accordi bilaterali tra le Autorità di governo itala-albanesi, si stabilf di procedere ad un controllo congiunto sulle attività illegali per l'emigrazione clandestina verso l'Italia e la Marina Militare italiana ricevette l'ordine di pattugliare le acque del basso Adriatico per il controllo dei traffici illeciti.
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Sviluppi della crisi in Italia Durante le operazioni di evacuazione e anti-immigrazione illegale fu possibile stabilire contatti con le autorità albanesi. A livello dello Stato Maggiore della Difesa, in particolare, vennero sviluppate una serie di opzioni per un possibile intervento che, tenendo presente le richieste pervenute in tal senso dal Governo Albanese, ponevano in risalto la fattibilità militare dell'intervento stesso qualora la volontà politica, sia al livello nazionale che a quello internazionale, si fosse manifestata in tal senso (f ig . 11).
STUDIO DI SMD
lFATTIBILITA' MILITARE l
Fig. 11
le sei differenti opzioni poste allo studio andavano da un profilo di impegno minimo, che prevedeva una forma di assistenza militare fornita da consiglieri/esperti, ad un impegno medio con l'impiego di un limitato numero di unità italiane, sino ad un impegno massimo, per il quale l' Italia si proponeva alla guida della Forza multinazionale d'intervento. Tali opzioni vennero sottoposte al vaglio politico sotto forma di "studio" e ciò consenti ai rappresentanti diplomatici italiani di disporre di una concreta base di discus• sione con gli altri Paesi interessati all'intervento. Con il peggiorare della situazione, una volta stabiliti i contatti al livello politico-militare di vertice e di staff con le altre nazioni, venne formulata un'ipotesi circa la natura della missione e delle forze che sarebbero state necessarie per assolverla. Tra il 18 e il 22 marzo, si stabilf che: • l'operazione sarebbe stata supportata politicamente dalle organizzazioni internazionali; • • la missione avrebbe avuto la connotazione dell'aiuto umanitario; • il livello della Forza multinazionale avrebbe potuto ammontare a non più di 6/8000 uomini, grazie al contributo che avrebbero offerto le altre nazioni partecipanti; • l'Italia avrebbe potuto guidare la coalizione.
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Cronologia eventi principali (deployment; expansion, elezioni, redeployment) Gli scopi principali della missione assegnata al Comando della Forza Multinazionale di Protezione (FMP) si possono cosi riassumere: • punti d'ingresso: garantirne la disponibilità, per consentire l'afflusso degli aiuti umanitari; • punti ulteriori di distribuzione: graduale espansione del dispositivo sul territorio per attivare tutti i possibili centri di distribuzione degli aiuti umanitari; • libertà di m ovimento: assicurarla nelle aree e lungo gli assi di comunicazione via -: via necessari all'assolvimento della missione; • protezione della Forza : per se stessa e per i beni in distribuzione e· gli operatori delle Organizzazioni Internazionali. la missione, preceduta da uno stadio preliminare della durata di pochi giorni in cui le unità navali e terrestri designate per l'operazione furono fatte affluire nelle aree di attesa in territorio italiano (Brindisi), si sviluppò nell'arco di tre fasi operative. Per la .prima delle fasi operative, dal D-day (fissato al 15 Aprile) al D+7, la responsabilità delle operazioni fu assunta da CINCNAV (Comandante in Capo Navale) il quale esercitava le funzioni di COMANFOR (Comandante delle Forze) con il compito di: • acquisire i tre punti d'ingresso Entry Points (EP) di Durazzo, Rinas e Valona; • immettere le forze in teatro. Per assolvere detti compiti, CINCNAV aveva alle dipendenze: • COMTACNAV (Comandante Tattico Navale), incentrato sul Comando della 3" Divisione navale, su un incrociatore portaelicotteri, due lPD ed una fregata; • COMTACAIR (Comando Tattico Aereo), coincidente con il 3° ROC; • tre Comandi terrestri (COMTACTER), associati rispettivamente ai reparti da schierare a Durazzo (rgt. francese), a Tirana/Rinas ( 187° rgt. par. italiano) ed a Fier (Advanced Party del Cdo B. Friuli italiana)(*) (fig. 12). Questa fase si concluse con il Trasferimento di Autorità (TOA) tra CINCNAV e Comando del 3° Corpo d'Armata dopo l'ingresso delle Forze in A LBANIA e la costituzione sul terreno dei Comandi di area e di teatro, awenuto in tre aliquote: • Tactical Command, comprendente il COMANFOR di Alba ed un ristretto numero di elementi di staff solo nazionali; • Advanced Party, multinazionale e con una componente di supporto CIS; • Main Body, multinazionale, per l'acquisizione della piena capacità operativa. le forze immesse in teatro, anche con l'impiego di vettori civili/militari coordinato dall'Ufficio Movimenti e Trasporti dell'Esercito, provenivano da 10 nazioni contribuenti e comprendevano (fig . 13): • un Framework HQ (multinazionale) e relativa unità di supporto, a Tirana/Sauk; • un PC di Settore (B.Friuli - IT) a Valona; • nove gruppi tattici a livello rgt./btg., dislocati a Durazzo(FR e DK), Shengjin(SP), Yzberish/Eibasan (GR), Zallher (TU), Argirocastro (RO) e Fier, Valona e Rinas(IT); • un rgt. CC par. a Tirana, che aveva sotto controllo tattico una compagnia austriaca (115 uomini), incaricata della protezione della sede deii'OSCE; • un raggruppamento elicotteri, su base 7° "VEGA" a Rinas/Brindisi (su RINA$ erano schierati anche elicotteri A 129 "Mangusta"); (*) Il Comando della B. 'Friuli' si dislocò successivamente a Valona. la presenza della FMP nella città si realizzò con qualche ritardo.
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DEPLOYMENT KOSOVO
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Fig. 12
• una Base Operativa lncursori del go rgt. par. "Col Moschin"; • una unità per il sostegno logistico (33° rgt. l. e 1° rgt. t., rispettivamente a Durazzo e Tirana/Sauk); • il Tirana A irport Military ltalian Oetachment (TAM IO) deii'AM, in Rinas. Acquisit i i punti d'ingresso e i principali obbiettivi per la distribuzione degli aiuti umanitari (seconda fase operativa) era necessario espandere il dispositivo, cioè pr<iiettare le forze verso l'interno del Paese. Tale attività, che nella pianificazione fu previsto venisse attuata dal 0+7 al 0 +20, avrebbe dovuto essere diretta al conseguimento del controllo dei principali centri urbani (Shkoder, Elbasan, Berat, Korce) acquisiti sia con presidi fissi sia con attività di pattugliamento a lunga portata. La ragione di questa espansione è da ricercare nella volontà di portare a più ampio raggio l'ombrello di sicurezza e la capacità di controllo della viabilità ritenu ta vitale. Le cose non andarono esattamente nel senso voluto. Motivazioni di carattere vario, da quelle di natura polit ica alla volontà, per altro ampiamente giust ifi cata, di non rischiare olt re il dovuto, fecero allungare di qualche settimana il tempo di attuazione dell'espansione del dispositivo, nell'intento di presidiare solo alcune aree distanti dalle basi delle truppe, necessarie però per una distribuzione capillare degli aiuti umanitari sul territorio. Le operazioni, che si svolsero dal 0+20 al 0+90 e che compresero l'espansione, segnarono lo sviluppo delle attività previste dal mandato e la predisposizione degli
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l<OSOVO
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l Fig. 13
ulteriori punti "sicuri" per la distribuzione degli aiuti umanitari. Si trattò di una lunga serie di attività legate alla sicurezza (scorte e pattugliamenti) che impegnò in maniera molto onerosa la FMP (fig. 14). Nel contempo, si doveva far fronte anche ad altre attività tra le quali quelle legate alla "rappresentanza". Questo importante aspetto, del quale non si parla mai abbastanza, investe principalmente i Comandi ai più alti livelli che, tra l'altro, debbono contemperare le esigenze puramente operative con quelle relative ai contatti con le Autorità di vario genere (locali, nazionali e internazionali, politiche e militari) senza trascurare i mezzi dì informazione(*). A questo proposito, giova porre in evidenza che fu proprio in questa fase che sì cercò di "istituzionalizzare" la presenza di operatori civili della pubblica informazione tra le truppe militari durante operazioni di Peace Keeping, e fu l'inizio: perché, per inciso, l'obiettivo fu conseguito due anni dopo e precisamente il 12 giugno 1999, quando la Brigata Garibaldi attraversò il confine tra Macedonia e Kosovo con un congruo numero di giornalisti a bordo dei mezzi militari.
(*) Il Comandante molto spesso era impegnato in attività diverse da quelle operative per cui i
contatti venivano tenuti, principalmente, dal Capo di Stato Maggiore o in sua assenza dai vari capi nucleo secondo i turni di presenza.
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l Fig. 14
A dispositivo completato, che non si irradiava su tutta l'Albania né poteva farlo per carenza di truppe, si presentò una nuova esigenza: le elezioni e la conseguente necessità di fornire sicurezza e supporto aii'OSCE. Peraltro, nel mandato era scritto in maniera molto chiara (come veniva sostenuto dai più) che la FMP avrebbe dovuto fornire sicurezza aii'OSCE. Meno chiaro era il fatto che I'OSCE si sarebbe "appoggiata" sulla FMP per ben altre esigenze oltre alla• sicurezza. Al riguardo, forse, l'esperienza Bosnia avrebbe dovuto insegnare qualcosa. In tale contesto, i numerosi appelli in sede di Steering Committee e le visite dei responsabili OSCE al C.O.F.I.A. fecero si che anche questa incombenza suppletiva fosse assolta e l'Italia dovette immettere un rgt. in più per "coprire" l'area orientale del Paese delle Aquile (1'8° rgt. b. che si dislocò a Korce). Le elezioni, però, presupponevano una maggiore e più numerosa presenza di personale militare sul territorio, soprattutto per l'esigenza di dare sicurezza alle "Poli Stations" (seggi elettorali). Per superare le difficoltà e le motivate reticenze di alcune unità a muovere dalle sedi stanziali, si dovette fare ricorso alla costituzione di settori di responsabilità (fig. 15): in tal modo, anche se in maniera areale, la FMP forni la necessaria cornice di sicurezza all'attività elettorale. Detta fase delicata maturò in applicazione della Risoluzione n. 1.114 del C.d.S. deii'ONU, cioè nel quadro del prolungamento del mandato. Oltre alla creazione di una cornice di sicurezza mediante scorte, sicurezza areale,
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SETTORI DI }U:SPONSABILITA'
Fig. 15
presenza e sorveglianza, vigilanza e custodia temporanea a sedi e materiali elettorali, fu necessario fornire aii'OSCE supporto tecnico-logistico (sistemazione temporanea e servizi essenziali di vitto e alloggio) presso gli accantonamenti della Forza(*). Di rilievo, infine, benché poco conosciuto, risultò l'impiego di apparati satellitari per la rappresentazione su schermo della dislocazione sul terreno dei team e, quindi, per la monitorizzazione delle attività di votazione in tempo reale. Di essi alcuni (11 per la precisione) furono montati sulle PANDA 4x4 inviate dall'Italia in Albania per ulteriore supporto aii'OSCE che non .aveva mezzi di trasporto sufficienti. Dette attività si svilupparono per tutta la durata della tornata elettorale del 29 giugno e dei successivi ballottaggi del 6 e del 13 luglio 1997 (fig. 16). Infine, nel corso della terza ed ultima fase della missione (inizialmente prevista a partire dal D+90, ma poi attuata in seguito all'estensione del mandato deii'ONU, tra il D+ 120 e il D+ 135), si dette corso al ritiro delle Unità dall'Albania ed al passaggio di tutte le responsabilità alle neo-elette Autorità albanesi. In questa fase, sia la tempistica dei ritiri sia le difficoltà organizzative del "pull-out", costituirono aspetti complessi del problema operativo che le cellule di pianificazione
(*) Anche a bordo di LPD (Landing Platform Dock) nel caso dei parlamentari italiani inseriti nei team di controllo internazionali.
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SCIDERAMENTO DELLE UNITA' PER LE ELEZIONI
l Fig. 16
del JS e del J4 del C.O.F.LA. dovettero risolvere. Basti pensare al coordinamento delle diverse esigenze di trasporto dei vari contingenti nazionali, ed alla necessità di mantenere, sino all'ultimo giorno, un assetto rhinimo
di sicurezza che garantisse l'ordinato disimpegno delle forze militari e la prosecuzione delle attività delle organizzazioni ancora attive in teatro, senza però incidere sulle priorità fissate dai comandanti militari (fig. 17).
Passaggio delle responsabilità alle neo-elette Autorità albanesi.
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____
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PIANO DI RITIRO DELLE FORZE
Fig. 17
Risultati conseguiti Il successo è stato unanimemente riconosciuto alla missione ed ha posto in risalto, sotto il profilo politico-militare, la capacità delle Nazioni europee di saper dar vita a coalizioni multinazionali a guida europea e di essere in grado di pianificare e condurre PSOs(*). Ciò anche in presenza di fattori estremamente condizionanti nella gestione delle crisi, quali il tempo a disposizione e la necessità di uno stretto coordinamento politico-diplomatico, prima ancora che militare, tra i vari Paesi contributori di truppe. l successi di maggiore valenza. conseguiti nel campo dell'alta direzione politico-militare, sono principalmente legati alla sincronizzazione dell'attività militare con le iniziative politiche. In pratica, lo sviluppo coordinato di presupposti operativi consenti di peNenire ad una rapida ed appropriata formulazione operativa del mandato. Ciò mostrò, e ne confermò la riconosciuta necessità, un efficace processo decisionale e un corretto flusso di direttive operative in linea con gli indirizzi politico-strategici, attraverso una idonea catena decisionale e di comando.
(* ) L'Operazione "Alba" fece guadagnare all'Italia il merito di un "esercizio di leadership internazionale" come affermò il Segretario di Stato USA, Madeleine Albright.
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AMMAESTRAMENTI Il mandato confermava uguale interesse ai due obiettivi politici da perseguire (facilitare la distribuzione di aiuti umanitari e la creazione di un ambiente sicuro per le 0.1.), ponendo in essere quasi un esclusivo rapporto fiduciario tra Consiglio di Sicurezza e Italia. In linea teorica e tutte le volte che ciò è possibile, quindi, il "mandato" contenuto nella risoluzione dell'Organizzazione Internazionale, ONU nel caso specifico, dovrebbe garantire una certa flessibilità di applicazione, pur indicando in maniera ben precisa, quali sono gli obiettivi da perseguire. Ciò posto, un'altra attività molto importante che deve essere effettuata ad alto livello in modo collegiale da parte di tutti i Paesi contributòri della Forza. è l'esame approfondito del mandato per una univoca interpretazione dello stesso. Quest'attività appare indispensabile sia per definire scopi, obiettivi, unicità d'intenti e di "vedute" politiche e militari, sia per evitare eventuali ripensamenti che sono oltremodo deleteri se si verificano nel corso delle operazioni. Il concetto di " Nazione Guida" risultò valido. Era necessario, però, che la Nazione interessata sapesse mettere in atto, tempestivamente, le misure indispensabili per l'awio dell'operazione e sapesse assumersene gli oneri principali, in termini di uomini e mezzi. Per rendere operativa una "coalition of the willings" è necessario prevedere meccanismi di concertazione e di integrazione ai vari livelli, garantendo, per quanto possibile, pari dignità a tutti i partecipanti indipendentemente dal contributo fornito. Al momento di definire il catalogo delle ROE di un'operazione multinazionale, è necessario adottare formule definite con la massima precisione concettuale, in modo che esse comprendano la più vasta gamma di possibili situazioni reali di impiego. Le ROE rappresentano il più efficace strumento di credibilità e di deterrenza esprimibile da una Forza di intervento. Pertanto, esse devono essere attagliate il più possibile alla reale situazione di impiego e non si devono prestare ad interpretazioni che non siano univoche; ciò anche per la difficoltà di esprimere in altra lingua (quella della nazione contributrice e quella dalla nazione "ospite") i concetti ed i principi conte• nuti in ciascuna regola d'ingaggio. Qualora si riscontrassero margini di indeterminatezza. è competenza specifica del livello decisionale strategico fornire. ufficialmente, l'interpretazione autentica.
LUCI Nella fase iniziale della crisi f u di fondamentale importanza, per la corretta impostazione della missione, la conoscenza accurata della situazione politico-economica, sociale e militare dell'Albania. Già nei primi giorni di marzo era stato possibile delineare un esauriente quadro informativo della situazione in Teatro, comprensivo degli aspetti sociali, politici ed economici della realtà albanese. Ciò permise di prevedere, con sufficiente accuratezza, i possibili sviluppi della crisi ed effettuare valutazioni politico militari efficaci. Anche la tempestiva elaborazione di ben sei differenti ipotesi di intervento, che andavano dall'assistenza militare bilaterale all'impiego di una Forza multinazionale,
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ed erano state configurate a seguito di intensi contatti diplomatici, si dimostrò preziosa per l'effettuazione delle conseguenti valutazioni politiche e per rendere concreti contatti e proposte nei confronti della comunità internazionale e delle Autorità albanesi. Il catalogo di Regole di Ingaggio (ROE) iniziali, derivato parzialmente da quello predisposto per IFORISFOR, anche se adattato alla situazione albanese, si dimostrò sufficientemente idoneo soprattutto in considerazione del regolare andamento delle attività e della pressoché totale assenza di contrasto. In particolare, le ROE terrestri erano sostanzialmente finalizzate a regolare l'uso della forza nelle varie situazioni operative contingenti e, nella fattispecie, a: • contrastare azioni di civili tendenti ad impedire l'assolvimento del mandato; • impedire azioni ostili/criminose (in atto o potenziali) contro i rappresentanti, i mezzi, i materiali e le infrastrutture delle "friendly forces" o di organismi con status spec~~(UE,OSCE,ONU,OG,ONG~
• impedire azioni ostili o criminose che avrebbero potuto mettere in pericolo la vita umana o che fossero state condotte in presenza di rappresentanti deii'FMP. Nel corso dell'operazione, però, si presentarono alcuni problemi legati al fatto che i militari della FMP. in sostanza, non avrebbero mai potuto surrogare l'attività della polizia locale, di fa tto inesistente; in altri termini non era consentito agire contro le bande armate che imperversavano in t utto il Paese. Alle ROE, inoltre, fu attribuito un carattere di riservatezza che ne impedf la capillare diffusione f ra le Autorità, la popolazione locale e i "media" determinando, cosi, il formarsi di immotivate aspettative con il rischio di una perdita di credibilità della Forza. Al riguardo va sottolineato che i "media", specie quelli italiani, e di conseguenza l'opinione pubblica che da questi veniva informata. non riuscivano a comprendere perché i militari della FMP non intervenissero in determinate situazioni. Meglio sarebbe stato se un'adeguata e preventiva campagna di stampa avesse illustrato i "limiti" ed il relativo razionale delle scelte effettuate. Fu molto criticato, ad esempio, il mancato intervento dei nostri militari in soccorso di alcuni imprenditori italiani soggetti a vere e proprie rappresaglie attuate in maniera talvolta cruenta dalla malavita locale. La ragione stava proprio nel fatto che le regole di ingaggio non prevedevano tale intervento. Il problema fu parzialmente risolto consentendo al malcapitato di turno di rifugiarsi in un compound militare; in questo caso ed in presenza di violazione del diritto umanitario, la tutela del personale era infatti prevista. Con il senno di poi, si deve dare atto a chi ebbe la responsabilità della decisione, sia a Roma che a Tirana, che questa scelta si dimostrò particolarmente oculata perché mise in evidenza l'assoluta imparzialità della FMP. Si ritiene ora che tale comportamento sia stato uno dei principali fattori di successo, come avremo modo di dimostrare più avanti. Alla luce degli awenimenti, inolt re, l'organizzazione logistica dell'Operazione "Alba" fu un vero e proprio banco di prova nazionale nel ruolo di "lead nation" nell'ambito di una coalizione militare multinazionale. Priva di automatismi già predisposti, l'organizzazione approntata riusci a soddisfare con efficacia tutte le esigenze di sostegno della FMP. sebbene non si siano verificate le condizioni temporali che avrebbero consentito maggiori sinergie logistiche. Il problema logistico, come sempre. era di fondamentale importanza ed era la prima volta che l'Italia affrontava una situazione complessa e, per di più, in un contesto di grossi cambiament i organizzativi. Le difficoltà furono numerose in tutti i settori e, soprattutto, in quello del coordinamento delle attività. Ciò consigliò di agganciare al C.O.F.I.A., in corsa,
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un Comando Logistico. Entrare nei dettagli sarebbe troppo lungo e forse troppo specialistico. Quello che si può affermare è che tra mille difficoltà il Comando funzionò egregiamente ed i problemi furono, nella quasi totalità, brillantemente risolti(*).
OMBRE Come in ogni attività umana non tutto funzionò al meglio. Alba è stata, si oserebbe dire, quasi osannata da tutti per la tempestività (il 28 Marzo il C.d.S. deliberava la Risoluzione n. 11 01 e il 15 Aprile la FMP sbarcò in A lbania) e per i risultati ottenuti in cosi breve lasso di tempo {4,5 mesi). Ciò non vuole dire che qualche settore non sia risultato carente. Ad esempio, i rist retti tempi a disposizione per condurre la pianificazione produssero una inevitabile discrasia tra le attività iniziali condotte da un Gruppo di Lavoro, costituito nell'ambito dello SMD, e la pianificazione operativa successivamente messa a punto dalla Divisione J3/5 del C.O.F.I.A. . Si ritiene, pertanto, opportuno mettere in evidenza anche questi aspetti che è necessario tenere presenti nelle eventuali prossime occasioni, per "non dover reinventare tutto ogni volta ". Il primo errore fu fatto in sede di pianificazione di una di quelle attività che ora definiamo come " predisposizioni operative": la ricognizione. Fu condotta in maniera approssimat iva e superficiale in tempi molto brevi. Tale fatto comportò uno spreco di risorse legato soprattutto al supporto logistico e alla sicurezza. A Valona, ad esempio, non si pensò di utilizzare un'unica dislocazione per il Comando della Brigata, per il Comando del Reggimento Bersaglieri e della compagnia del San Marco. Forse un luogo ben definito e idoneo non esisteva, ma con qualche prowedimento organizzativo si poteva ricercare questa soluzione. Quando poi fu immesso l'ospedale da campo della Taurinense si scelse ancora un'altra dislocazione.
Dislocazioni dei Comandi a Valona.
(*)Ci si occupò di tutto. Per curiosità si riporta la sperimentazione condotta con reti antigrandine per far fronte al problema dei colpi in ricaduta. Per fortuna il fenomeno non ebbe gravi conseguenze, a meno di un caffè non bevuto da parte di un carabiniere del Tuscania.
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Il secondo errore fu la tardiva immissione dell'ospedale da campo della Taurinense. Le precedenti anche se limitate esperienze in operazioni umanitarie e/o di peacekeeping avevano dimostrato l'importanza delle informazioni. E questo appare abbastanza owio; meno owio il fatto che una validissima fonte informativa è rappresentata dal personale medico che, dovendo operare per il bene della popolazione, ne guadagna la fiducia. Chi infatti è sottoposto a cure mediche forse uniche e mai ricevute è più portato ad "aprirsi" e parlare. La situazione di Valona era affatto particolare perché la città era preda delle bande criminali che si contendevano la supremazia. Il personale militare era, per cosf dire, relegato nei compound e, anche se pattugliava con costanza le strade cittadine, aveva scarsi contatti con la popolazione. L'ospedale da campo rappresentava, pertanto, l'unico luogo, quasi istituzionale, dove potevano recarsi i feriti da arma da fuoco (che sono stati tanti) e tra questi anche gli appartenenti alle bande armate(*). Il flusso di informazioni che si poteva ricavare sarebbe stato di grandissima importanza anche a discapito, come qualcuno sosteneva, dell'affollamento da parte di donne e bambini (anch'essi fonti d'informazione in qualche modo) che avrebbe esaurito le possibilità dell'organo sanitario (questa preoccupazione, poi, risultò infondata).
Ospedale da campo della "Taurinense".
(*)Va ricordato che la situazione sanitaria in quella città era oltremodo precaria.
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Il terzo errore, del quale si è fatto anche cenno in precedenza, fu la struttura del C.O.F.I.A.. Al riguardo, si potrebbe scrivere tanto e a tutt'oggi non si comprende come quel Comando abbia potuto gestire l'operazione nelle condizioni di personale e di infrastrutture in cui fu costretto ad operare. La stessa costituzione del C.O.F.I.A., awenuta il 1O Aprile 1997 con personale "eterogeneo" fornito dalle tre F.A., awen-
ne con molta difficoltà. L'afflusso dei primi assegnati prosegui sino alla fine del mese di Aprile, quando ormai vi era stata la piena assunzione di responsabilità della condotta dell'operazione. Inoltre. molto spesso il personale veniva assegnato per un mese e poi sostituito con altro "vergine" creando non pochi problemi. Tralasciando questi aspetti, si ritiene che il C.O.F.I.A. fosse deficitario nell'assetto multinazionale. Alla Cecchignola (Caserma De Cieco sede del C.O.F.I.A.) erano presenti, e non dall'inizio, solo alcuni Ufficiali di collegamento delle Nazioni contributrici(*) della Forza. Essi, però, non rappresentavano la Nazione e non avevano, quindi, alcun potere decisionale su esigenze. richieste e disposizioni necessarie alla condotta dell'operazione.
Cecchignola: Caserma De Cieco, sede del C.O.F.I.A..
Anzi, essi "pretendevano" un aggiornamento di situazione giornaliero che sottraeva tempo e risorse umane al Comando senza apportare un contributo concreto. Solo verso la fine dell'operazione, ed in particolare nel momento di pianificare il "redeployment". poiché il Comando in Teatro non riusciva a mettere d'accordo i vari contingenti (i quali spesso si rifacevano più a motivazioni nazionali e di immagine piuttosto che a quelle operative) fu deciso, in maniera unilaterale ma necessaria, di avocare completamente la funzione multinazionale. (*) Questo compito fu assolto anche da Addetti Militari che partecipavano. quando non impe-
gnati in altre 'attività', alle riunioni ed ai briefings.
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Fu cosi che, dopo una riunione durata otto ore quasi senza intervallo, con l'intenzione dichiarata di andare avanti " all'infinito" se non si fosse giunti ad un accordo, venne varato il piano per il ritiro della Forza elaborato dal C.O.F.I.A., Divisione J4 in collaborazione con il Comando Logistico, nei modi e nei tempi che rispondessero al mandato ONU, alle sensibilità nazionali (ci furono pesanti azioni dirette degli Stati Maggiori Nazionali e degli Ambasciatori nei riguardi del C.O.F.I.A.) e alla disponibilità dei trasporti intermodali (va ricordato che non tutte le nazioni erano logisticamente autosufficienti per cui l'Italia dovette farsi carico anche di questo). Il quarto errore fu quello legato alla soluzione del problema delle comunicazioni. Tralasciando il fatto che gli apparati ed i reparti delle trasmissioni ebbero priorità ridotta nel caricamento e nell'afflusso (errore che, purtroppo, si verificherà anche per TIMOR ESn fu proprio la filosofia che risultò errata. Come noto. l'Italia aveva già gestito due operazioni in Albania: Pellicano 1 e Pellicano 2. Il problema comunricazioni quindi era già stato risolto in quelle occasioni ed erano noti i luoghi ove sistemare i ponti radio, i ripetitori, ecc.. Per tale motivo non si fece molto caso a questo particolare aspetto. Una cosa però era mutata: la situazione. L'Albania era nel caos più assoluto, le condizioni di sicurezza erano di gran lunga deteriorate e ciascuna postazione di ponte radio doveva essere adeguatamente presidiata da personale tecnico e di sicurezza (altrimenti il materiale sarebbe stato trafugato per rivenderlo al mercato nero). Ciò avrebbe richiesto almeno altri 30 militari e. nella carenza di personale nella quale si trovava Alba, non era un costo facilmente accettabile. Personale italiano a Timor Est. Questa fu la ragione per cui ci furono notevoli difficoltà di comunicazioni e non solo con la madre patria ma anche e, soprattutto, con le pattuglie che dovevano addentrarsi nell'interno dell'Albania dove, per le caratteristiche orografiche e per le caratteristiche dei mezzi radio militari a modulazione di frequenza. era impossibile comunicare. Le pattuglie dovevano spingersi all'interno sia per fornire sicurezza ai punti di distribuzione degli aiuti umanitari (in effetti le condizioni peggiori sotto l'aspetto umanitario erano all'interno, piuttosto che lungo la costa), sia per la sicurezza areale e diretta degli osservatori OSCE. Le scorte agli osservatori e le pattuglie per il recupero degli stessi viaggiavano su PANDA 4 x 4, le uniche autovetture in grado di raggiungere i posti più isolati, dove le comode Mercedes affittate daii'OSCE non riuscivano ad arrivare. A causa di questa situazione, il C.O.F.I.A. awiò, in collaborazione con l'Ispettorato Logistico dell'Esercito che forni le risorse finanziarie, un programma di leasing di un sistema (alquanto obsoleto dal punto di vista tecnologico ma molto utile nella situazione contingente e soprattutto immediatamente disponibile) di GPS attivo.
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Tale sistema avrebbe consentito di monitorizzare ciascuna pattuglia e/o elemento da controllare su un display che dava la possibilità di conoscere, con frequenza ogni 5'(*), la posizione geografica e la situazione dell'elemento mediante un elevato numero di messaggi preformattati tra i quali quello di "allarme" che aveva precedenza assoluta e non doveva, quindi, attendere la frequenza prevista. Si trattava in sostanza, di 40 GPS e 3 display dei quali uno presso il Comando in Teatro, uno al C.O.F.I.A.(**) e l'ultimo nelPanda 4x4. l'ufficio del Capo di SMD. Per qualche ragione, questa evenienza fu scarsamente utilizzata anche se, si ritiene, offrisse notevoli possibilità di controllo perché, grazie alla validissima collaborazione della Scuola Trasporti e Materiali era stato realizzato. tra l'altro, un supporto molto funzionale, per cui il GPS poteva essere collocato, senza problemi, su qualsiasi tipo di mezzo (VM, AR, PANDA ecc.). Questi, si ritiene. furono i principali aspetti negati vi dell'operazione. Un altro aspetto particolare "giocato" in modo poco adeguato, inoltre, fu quello della Pubblica Informazione. In questo settore le idee sono molte e, forse per questo motivo, un po' confuse. L'argomento meriterebbe una ampia trattazione, ma non appare questa la sede più opportuna. Basti solo pensare che con il termine Pubblica Informazione qualcuno intende molte attività che attengono a personaggi e a contesti differenti. Nel basket della P.l. si trova di tutto: dall'informazione operativa alla gestione dei giornalisti, alla propaganda e chi più ne ha più ne metta. Sarà forse il caso, un giorno, di tornare "scientificamente" su questo "argomento" perché, anche in un quadro strategico unitario, i personaggi interessati sono molteplici e diversi. Una corretta gestione della Pubblica Informazione (P.l.) per illustrare adeguatamente la risoluzione deii'ONU, le relative conseguenze e quant'altro fosse stato necessario per lumeggiare l'operazione, forse avrebbe evitato GPS attivo. (*) La frequenza di S' stava a significare che il messaggio del GPS (sempre quello di posizione più, eventualmente, altro tipo di messaggio) veniva inoltrato ogni S'. Tale frequenza fu scelta sulla base di considerazioni economiche ed operative. (**) Di backup di quello situato a TIRANA nel caso di interruzione del segnale radio che dal GPS andava sul Satellite, da questo alla stazione ricevente al FUCINO, da dove veniva instradato, Via Telecom, al C.O.F.I.A. e, via SOTRIN (anello più debole della catena). a TIRANA.
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false aspettative e non avrebbe consentito speculazioni di vario genere specie da parte di troppi attori nazionali ed internazionali. Una corretta immagine della situazione avrebbe evitato banali manipolazioni e false notizie per il perseguimento di particolari finalità. Qualcuno forse era piuttosto ottimista quando, convocato per essere paracadutato nell'operazione, si chiedeva: "ma questo prodotto(*) quale agenzia ce lo vende?". Certo è che ci furono carenze di P.l. sia all'interno verso l'opinione pubblica nazionale, sia all'esterno relativamente alla percezione dell'operazione da parte degli albanesi(**). Il risultato di questa situazione fu una grossa confusione per cui le notizie venivano fornite da vari "addetti stampa" in modo scoordinato tant'è che, ad un certo momento, fu deciso di mettere un punto fermo e fu indetta una riunione, a Roma. nel corso della quale furono adottati alcuni prowedimenti intesi a razionalizzare il settore. In seguito, le cose andarono un po' meglio ma non in maniera significativa perché, si ritiene. il problema andava rivisto alle origini, stabilendo in maniera inequivocabile+chi, che cosa, in quale modo e con quali obiettivi. Più precisamente sarebbe stato necessario stabilire la scelta del personale da affiancare ai responsabili/autorizzati ad effettuare attività di P.l., le informazioni da rilasciare o da non rilasciare, le modalità e i mezzi di diffusione, le finalità strategiche, ecc.. Al riguardo, infatti, si potrebbe anche affermare eh€· "la politica delle informazioni" ebbe una grande influenza sulla gestione della politica.
(*)L'Operazione "Alba".
(**) A livello internazionale, forse le cose andarono meglio nel senso che l'Italia meravigliò tutti del come in cosi breve tempo avesse montato l'operazione che, secondo gli standard ONU (e non solo di allora), avrebbe richiesto mesi. Ma tale fatto, si ritiene, sia stato fortuito senza merito né demerito di alcun comunicatore.
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LA LEADERSHIP DELLE OPERAZIONI GENERALITÀ È un argomento che si è voluto trattare a parte e quasi in maniera didattica, costi-
tuendo un aspetto di grande rilevanza che può condizionare. in modo determinante, l'organizzazione della missione e l'assolvimento del compito. In termini generali, la gestione delle operazioni per il supporto della pace può essere affidata ad una organiuazione internazionale, di livello mondiale o regionale, nonché a coalizioni di Stati. Nel caso di organizzazioni internazionali, le strutture non sono quasi mai idonee per la condotta delle operazioni perché, dette strutture, sono finalizzate ai compiti istituzionali delle organizzazioni stesse. Nella maggior parte dei casi si debbono costituire dipartimenti ad hoc, oppure fare affidamento su altri organismi che sono meglio organizzati, ordinativamente, per la specifica esigenza (fig. 18).
LEADERSHIP DELLE OPERAZIONI
MANDATO
ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI
... l
COALffiON OFTHE WILLINGS
MISSIONE
•
REPARTI
NAZIONALI ORGANIZZAZIONI ~ REGIONALI ~ Fig. 18
È evidente, però, che l'organizzazione internazionale deve possedere una struttura decisionale sia in campo politico sia in quello operativo, (e quest'ultimo non è necessariamente quello militare, se si pensa, ad esempio, ad una attività di esclusivo carattere umanitario dove non sono presenti problemi di sicureua). Soprattutto, l'organizzazione internazionale deve potersi dotare di uno strumento operativo che, anche in questo caso, non necessariamente deve essere formato solamente da militari, 44
perché deve far fronte alle esigenze di tutti gli attori, e non sempre solamente per esi· genze tecnico-operative. Tale organizzazione, evidentemente, deve adattarsi ad ogni singola operazione per far fronte alle sue peculiarità. Nelle "coalition of the willings", le cose dovrebbero funzionare meglio perché sia le strutture decisionali che quelle operative possono essere costituite su misura, in conformità alle necessità specifiche.
Leadership delle organizzazioni internazionali - il caso de/I'ONU (fig. 19) L'ONU è l'organizzazione internazionale di maggiore legittimazione ed è quella che, in pratica, "copre" giuridicamente tutte le missioni in corso di supporto alla pace. Possiede, com'è noto, una struttura decisionale politica che risponde ad equilibri instabili ed è sottoposta al diritto di veto. Non possiede un'adeguata struttura decisionale militare poiché il Department of Peace-Keeping Operations (DPKO), dove sono presenti anche i militari, ha un'organizzazione che risponde ad istanze p iù spie• "politiche". Non possiede uno strumento operativo (civile, militare o misto catamente che sia) e lo costituisce di volta in volta. L'ONU ha, in sintesi, una grossa valenza giuridica ma non è in grado di "fare la guerra per imporre la pace", tanto meno ne ha la vocazione. Per contro, I'ONU ha la possibilità di utilizzare tutti gli strumenti giuridici già sperimentati, il foro decisionale è molto più autorevole anche se imprevedibile, e gli obiettivi politici sono di più ampia portata.
LEADERSHIP DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI --:::::iliiL
~
MANDATO
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ONU CdS
Fig. 19
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Leadership delle organizzazioni regionali NATO, OUA (Organizzazione per l'Unità Africana), OSA (Organizzazione degli Stati Americani) Si pone, qui, in rilievo solo la NATO poiché di più stretto interesse europeo (fig. 20). La NATO ha quello che non ha I'ONU: la struttura decisionale politica, la struttura decisionale militare e, entro certi limiti, lo strumento operativo(*} per svolgere, concretamente, l'attività di supporto alla pace. La NATO manca di un ombrello giuridico che gli dovrebbe essere fornito daii'ONU. Quest'ultimo concetto è stato, in un certo qual senso, attenuato perché in casi recenti la NATO ha "interpretato" alcune risoluzion i del Consiglio di Sicurezza come un vero e proprio mandato e quindi ne ha derivato la legittimazione giuridica sufficiente ad un inteNento di "interferenza umanitaria". Naturalmente, su questa interpretazione non tutti concordano.
DEFINITO IL MANDATO -LA "LEAD ORGANIZATION" • ORDINE DI ATTIVAZIONE • CONFERENZA DI PIANIFICAZIONE • BOZZA DELL'OPLAN
MISSIONE COMPITI MILITARI SCADENZE TEMPORALI ROE
FORZE CATENA C2 Fig. 20
Coalition of the Willings - Leadership di una Nazione guida È un'ulteriore possibilità di condotta di una PSO (fig. 21). Anche in questo caso è necessario uno strumento giuridico che di norma viene fornito daii'ONU, ma tutte le altre componenti, e cioè la struttura decisionale politica, la struttura decisionale militare e quella operativa, debbono essere create dal nulla (talvolta sull'esempio di organizzazioni/comandi regionali). In questa situazione, una volta definito il mandato, tutto è negozia bile: la partecipazione, la costituzione dello strumento, le strutture decisionali, le regole di ingaggio e cosi di seguito. (*) Non si tratta, volutamente, delle problematiche art. 5 e non art. S.
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È questo l'aspetto più importante e più delicato. Il maggior onere dell'impresa ricade sulla Nazione leader che dovrà mantenere i contatti con I'ONU e con tutte le nazioni contributrici. È quindi necessario definire accuratamente i parametri dell'intervento e mettere in atto precisi meccanismi di concertazione, poiché questo caso non risponde a schemi prefissati. Diventa vitale. inoltre, attribuire a ciascuna nazione, negoziandolo, il ruolo da svolgere nella coalizione e porre in atto tutte le misure per facili tare la costituzio~e dello strumento operativo necessario per dare corso all'operazione.
DEFINITO IL MANDATO -
LA "LEAD NATION"
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·ORDINE 01 ATTJV \ZIO~ L • CO FERENZA DJ PIANIFICAZION E · BOZZA DELL'OPLA
MISSIONE COMPITI MILITARI SCADENZE TEMPORALI ROE FORZE CATENA C2 Fig. 21
LA NAZIONE LEADER ~ L'OPERAZIONE "ALBA" L'Operazione "Alba" nasce, quindi, come una PSO fondata su una "coalition of the willings" della quale l'Italia assume il ruolo di nazione leader. Sin dall'insorgere della crisi, l'Italia ha svolto un compito fondamentale nella concezione e nell'organizzazione della missione mettendo in atto tutte le misure idonee a facilitare la costituzione della Forza Multinazionale di Protezione (FMP), tra cui si ricordano: • l'elaborazione di una "bozza di piano", contenente le linee guida dell'operazione, da sottoporre al vaglio e all'approvazione delle Nazioni; • la condotta di ricognizioni in Teatro; • la struttura di coordinamento politico; • la struttura "joint" di comando (primo esperimento della Legge 18/02/1997, N. 25); • l'ossatura della struttura di comando in teatro; • l'organiz.zazione logistica di teatro. 47
Tale fatto ha consentito alle altre nazioni di partecipare con contributi diversi, per entità e tipologia, senza che l'operatività e l'efficacia della FMP potesse subire ripercussioni negative. ALBA ha dimostrato che è possibile affrontare una PSO facendo ricorso ad una coalizione e offrendo nel contempo, ad una delle nazioni partecipanti, la leadership dell'operazione. Per inciso, l'esperienza maturata dalla comunità internazionale in Albania è stata ripetuta con qualche variante nel 1999 a Timor Est dove, come noto, la coalizione è stata guidata dall'Australia. Solo la ferma volontà italiana ad intervenire ha contribuito a generare un tipo di alleanza (coalition of the willings) che, come detto, non risponde a schemi predeterminati. Essa si realizza efficacemente sul campo solo se vengono accuratamente definiti alcuni parametri dell'intervento e messi in atto precisi meccanismi di consultazione. Inoltre, per i tempi ristretti e la situazione particolare del paese interessato, l'impegno era ad alto rischio sia sotto l'aspetto politico, interno ed internazionale, sia sotto l'aspetto militare, soprattutto per le poche forze che erano state poste a disposizione. Quest'ultimo importantissimo aspetto richiese un'attenta pianificazione ed una oculata condotta dell'operazione nel quadro di una imparzialità quasi esasperata che è risultata essere la vera chiave del successo della missione(*). Nel caso "Alba" si è trattato, in sintesi, di una coalizione formata esclusivamente da nazioni europee sotto la guida di una di esse. L'Italia, nella circostanza, dimostrò per la prima volta nel nuovo contesto strategico internazionale di volersi assumere la responsabilità di guidare un'operazione di supporto della pace sotto l'egida ONU.
(*)A margine, si può affermare che il più delle volte la nazione leader è quella che ha maggiore interesse alla stabilizzazione del Paese nel quale si dovrà condurre l'operazione.
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PRONTUARIO PER LE PSOs<*> Lo scopo della trattazione era quello di esaminare l'Operazione "Alba" quale "Case Study" . Per tale motivo si è scelto di utilizzare gli awenimenti dell'operazione allo scopo di prendere in esame, in maniera non sempre organica, tutti i fattori che possono condizionare, in generale, la tipologia delle operazioni di cui ci si sta occupando. Pertanto, nel corso della trattazione si è cercato di sottolineare gli aspetti "accademici" e le interrelazioni tra i fattori giuridici, sociali, politici, diplomatici e militari. Lo si è fatto cercando anche di porre in evidenza, laddove possibile, la differenza dei "comportamenti" alla luce di ciò che si è indicato essere l'approccio nazionale al peacekeeping. Si è cercato, poi, di trattare sinteticamente alcuni esempi di leadership nelle operazioni con particolare riguardo al caso delle "coalitions of the willings". Si è, infine, esaminato quale debba essere il ruolo della nazione leader, il tutto nel conte~to dell'Operazione Alba. A questo punto, forse, è possibile fare un passo successivo che potrebbe apparire, impropriamente, utilitaristico: esaminare la possibilità di sintetizzare in un quadro sinottico i fattori che condizionano e che devono essere considerati nell'affrontare le operazioni per il supporto della pace. Ci si rende perfettamente conto che l'elenco non è assolutamente esaustivo. Si è convinti che nel momento stesso nel quale l'elenco viene presentato è già possibile effettuare delle modifiche. Si è, infine. convinti che qualcuno deve cominciare ma, soprattutto, si ritiene necessario porre le basi per un approccio più sistematico, anche allo scopo di contribuire a costituire una memoria storica fondamentale per preparare e prepararsi alle missioni che verranno. È evidente, e tutti i suggerimenti saranno benvenuti e molto apprezzati, che il quadro sinottico che si cercherà di elaborare dovrà essere integrato con le esperienze in campi e settori per i quali Alba non ha dato suggerimenti. Non si ha quindi la pretesa di dire la parola definitiva sul problema, ma ci si auspica di porre la prima p ietra di una costruzione il cui onere di realizzazione cediamo volentieri. In sintesi, il prontuario è stato realizzato "categorizzando" i fattori in militari e non militari, interni ed esterni, suddivisi, a loro volta, in altre tipologie per le quali si rimanda alla consultazione del documento annesso al presente testo. Si è anche cercato di fare uno sforzo ulteriore (ma non ultimo come detto più avanti) di individuare a quale livello fare risalire la responsabilità della " gestione" della specifica tipologia dei fattori, nonché l'impatto che ciascun fattore, owero una serie "organica" di fattori, può determinare. Com'è possibile rilevare, non è detto che i fattori, ad esempio quelli "politici", siano di stretto interesse dei politici, e cosi quelli operativi non sempre sono di stretto interesse dei militari. Ciò, per cosi dire, non vuoi significare una diversa attribuzione delle competenze che rimangono, evidentemente, quelle istituzionali. Si vuole solamente porre in evidenza che le decisioni che autonomamente, secondo i compiti e le relative procedure, debbono essere adottate possono (e lo saranno sempre più) essere condizionate da fattori che attengono a settori non tradizionalmente propri.
(*) Documento in Annesso 1.
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Non si crede di aver detto nulla di nuovo. tant'è che l'iter di formazione dei dirigenti, in ogni settore. ha intrapreso da tempo questo trènd. Si ritiene, anzi. che questo concetto debba essere recepito. sostenuto ed utilizzato estensivamente nella formazione del personale. perché elemento determinante della realizzazione di quel "sistema paese" da più parti auspicato. Si attuerebbe. in altri termini, quella che potrebbe essere definita "interferenza positiva". In tutte le operazioni, anche le più recenti. si è dimostrato come i Comandanti militari debbano essere particolarmente attenti e competenti in settori che qualche anno fa erano solo oggetto di cultura da parte dei più illuminati. Sottovalutare aspetti socio-economici, giuridici, diplomatici. antropologici e cosi via nella pianificazione e nella condotta delle operazioni sarebbe gravissimo errore. Bisogna tener conto , inoltre. che molto spesso (soprattutto nella fase iniziale la cui durata. sotto questo particolare aspetto, non è def inibile) vengono devoluti ai militari compiti specificatamente civili che non possono essere assolti. se non supportati da una conoscenza approfondita di fa ttori non tradizionalmente militari. E questo aspetto, si ri tiene, ha grandissima rilevanza sui "comportamenti ", sopratt utto sulle differenze di comportamento. Non si spiegherebbe, infatti, come contingenti militari che utiliz.zano la stessa dott rina, magari dotati degli stessi mezzi ed equipaggiamenti, dovendo assolvere gli stessi compiti, abbiano un approccio diverso al problema. In prima istanza è stato affermato che ciò è dovuto alla cultura e alla tradizione dei popoli. Ora si può aggiungere un piccolo tassello al mosaico proponendo una chiave di lettura integrativa: "la cultura e le tradizioni sono la base indispensabile; la formazione e le esperienze acquisite dalle PSOs condotte, tramutate in cultura, contribuiscono in maniera determinante alla definizione dell'approccio ". Senza voler entrare in un altro argomento. che esula dal nostro, appare opportuno sottolineare quanto sia necessario fare una seria riflessione sulla preparazione tecnica, sulla preparazione culturale e sul mix ottimale tra le due. Una cosa appare certa: gli estremi non sembrano essere la scelta ideale.
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APPROCCIO ITALIANO AL PEACEKEEPING Anche se non perseguito con particolare enfasi, uno degli obiettivi della presente trattazione, quasi un dividendo a costo zero, avrebbe dovuto essere una verifica riguardante l'esistenza o meno di un approccio italiano al peacekeeping, cioè una scuola di pensiero nazionale che possa trovare una strutturazione accademica nel contesto delle "filosofie" di gestione di una PSO. È evidente che ogni operazione ha le sue peculiari caratteristiche e che le esperienze tratte sono diverse, per cui ognuna si manifesta con le proprie tipicità. Alba non si sottrae a questa regola. Negli oltre quattro mesi di presenza della FMP in Albania si sono potute riscontrare diverse modalità comportamentali che possono, in maniera abba~anza chiara, far comprendere come il soldato italiano si relaziona generalmente con queste particolari attività. Si è detto che la chiave del successo di Alba può essere individuata nella imparzialità di comportamento. Questo è vero ed è vero che il soldato italiano, dal comandante in capo fino all'ultimo gregario, ha avuto un comportamento imparziale, scevro da preconcetti e favorevole al colloquio piuttosto che allo scontro irrazionale. l reparti italiani non si sono schierati a favore di nessuno e si sono prodigati per il bene di tutti. L'unico riferimento è stato il potere legittimo verso il quale è stato mantenuto un comportamento leale. L'assistenza, e quella medica in particolare, è stata garantita a tutti senza differenziazioni: alle vittime accidentali di colpi d'arma da fuoco, cosi come a quelli feriti durante gli innumerevoli conflitti tra bande per la conquista del territorio o di traffici illeciti. Ciò a rischio anche della vita, come nel caso del pilota dell'elicottero che si awenturò, di notte su Valona, per sgomberare un ferito albanese verso gli ospedali italiani e fu sottoposto al fuoco di armi portatili, probabilmente da parte di esponenti della fazione opposta a quella di appartenenza del ferito stesso. Tale comportamento è stato portato fino alle estreme conseguenze anche nel caso di attacchi ad imprenditori italiani: l'opinione pubblica italiana non lo comprese, o forse vi era solo bisogno di una informazione più mirata. Tale fatto, però, accreditò l'Italia e impose la sua leadership di correttezza a tutti gli alleati. Si fu in altri termini credibili, per cui le decisioni, che inevitabilmente venivano prese sotto la " spinta' italiana, non avevano il sospetto della parzialità. A ciò va aggiunto il comportamento dei singoli nei riguardi della popolazione: incline all'aiuto senza ambizione di ricompensa, ma per puro aspetto umanitario come è nella tradizione del popolo italiano. Un ulteriore elemento che caratterizzò il comportamento del soldato italiano fu il rispetto delle t radizioni del popolo albanese. Porsi al giusto livello, colloquiare e cercare di risolvere i problemi prima che giungano al punto di non ritorno, si crede sia una caratteristica peculiare nazionale e dei popoli che hanno alle spalle un bagaglio culturale e di storia, tipico dei paesi mediterranei. Il nero è nero, il bianco è bianco ma talvolta non è cosi: ci possono essere dei toni di grigio soprattutto quando questa 'visione' è utile per salvare vite umane. La presenza generalizzata delle armi, portate apertamente dagli albanesi, f u accettata proprio nel concetto che, tradizionalmente, quel popolo ha sempre posseduto un'arma per 'dimostrare' la propria 'dignità'.
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Avevano, in pratica, sostituito il vecchio fucile da caccia con il Kalashnikov e questo fatto rappresentava per loro quasi un qualcosa di cui andare orgogliosi. Certo non per tutti fu cosi e non lo fu soprattutto per le bande e per la malavita. Ma anche con un'entità di personale di gran lunga superiore, la FMP non sarebbe stata in grado di sequestrare tutte le armi (anche perché potevano essere 'recuperate' facilmente dagli appartenenti alla malavita), mentre nei riguardi degli altri (quelli onesti, se è permesso il paragone) tale comportamento sarebbe stato quasi un affronto. Ciò, però, non volle dire che la FMP rinunciò alla propria libertà di manovra ed accettò quasi un ricatto. Tutte le volte, invece, che fu necessario fare 'la faccia dura' lo fece con determinazione ottenendo i risultati voluti. E questo per sfatare uoa volta di più lo stereotipo degli 'italiani brava gente'. Il soldato italiano è ormai un professionista e come tale si comporta : se è necessario fare ricorso alla forza lo fa, dopo aver esaurito tutte le misure e le risorse per evitare la violenza gratuita. · Questi sono gli aspetti più salienti che vengono dalle lezioni apprese dall'Operazione "Alba ". È sufficiente per individuare una scuola di pensiero nazionale? Forse no ma, come già detto, queste sono solo alcune indicazioni; altre derivano dalle operazioni precedenti e successive, venendo a configurare un quadro abbastanza definito che varrebbe la pena di esaminare compiutamente sotto i diversi aspetti delle scienze sociali. Alba, per sintetizzare in poche righe, ha messo in evidenza : • l'imparzialità dell'approccio italiano; • il modus operandi (contatto umano) più portato al colloquio che allo scontro irrazionale; • l'aiuto accordato a tutti indiscriminatamente senza tenere conto degli schieramenti; • la sensibilità ai costumi e consuetudini dei popoli; • l'importanza della cultura e delle tradizioni degli attori; • la lealtà nei riguardi delle istituzioni legalmente riconosciute; • la capacità di negoziazione a tutti i livelli. Non si pretende con queste poche considerazioni di aver trattato estensivamente l'argomento; si vuole solamente lanciare il classico sasso nello stagno, perché l'onda che ne deriva possa toccare qualche altra sponda dalla quale possano pervenire ulteriori contributi alla particolare problematica.
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CONCLUSIONE La fine del ventesimo secolo e l'inizio del ventunesimo sono caratterizzati da numerose aree di crisi e d'instabilità che, in molte parti del mondo, mettono a repentaglio la vita, la libertà ed i diritti umani. La povertà endemica, le ricorrenti carestie, le malattie e tutti i malanni che affliggono l'umanità contribuiscono a peggiorare e rendere esplosive le diverse situazioni. Chi aveva pensato che la caduta del muro di Berlino avrebbe comportato una pace più generalizzata che consentisse ai governi di dedicarsi alle urgenti problematiche sociali è rimasto deluso. Le stesse organizzazioni internazionali, e I'ONU in particolare. hanno cercato di parvi rimedio con il ricorso al contributo della comunità internazionale: i risultati non sono stati molto confortanti. Ciò in parte è dovuto al fatto che I'ONU è un organismo molto complesso, il cui ordinamento risponde più a logiche di gestione politica degli affari internazionali piuttosto che ad esigenze di direzione e condotta di attività operative per il supporto della pace. Le operazioni fin qui condotte hanno, infatti, posto in evidenza questa incapacità e, quindi, la necessità che I'ONU debba risolvere (come è stato autorevolmente affermato) alcune problematiche che ne limitano l'efficacia. Proprio questa evoluzione dell'Organismo, interessato a dotarsi di una più efficace capacità di controllo operativo. è oggetto di studio nell'ambito della 'UN reform' da poco awiata al Palazzo di Vetro. Non è un mistero se si afferma che l'intervento dell'GNU è spesso lento ed insoddisfacente. La maggior parte dei funzionari sono diplomatici o sono, con un termine molto abusato, dei tuttologi. Mancano gli specialisti nel campo operativo e, soprattutto, coloro che possono essere impiegati in brevissimo tempo. Come già detto, ciò meraviglia in quanto I'ONU ha costituito in Italia, a Torino, uno Staff College che nelle intenzioni dovrebbe anche avere il compito di preparare questi esperti "spendibili" in termini di ore o giorni. L'ONU ha ancor oggi grosse difficoltà a stabilire una catena di comando e controllo efficace, e quando lo fa è fortemente condizionato da pressioni politiche. Oltre a ciò, molto spesso non riesce a tener conto delle reali "po~zialità" che può esprimere il Paese interessato alla PSO, in fatto di personalità carismatiche per alcuni incarichi (es. giudici, amministratori locali di provata imparzialità ed onestà, ecc.). Ottimizzare l'impiego di leader locali di provata capacità, potrebbe ridurre la possibilità che sorgano strutture parallele originate sulla spinta di motivazioni illegali, come sta succedendo in Kosovo. Si è affermato che I'ONU è lento ad intervenire. Ta le fatto, forse, è insito nella stessa logica strutturale dell'Organizzazione. Le ultime missioni di PSO hanno dimostrato la necessità di ristabilire l'ordine e la legalità al più presto, anche in contrasto con l'art. 2 dello Statuto. Se non c'è legge ed ordine dal primo giorno le attività criminali prosperano indisturbate. Il problema non è di semplice soluzione: affidarsi anche solo in una f ase iniziale a forze cosiddette di polizia, derivate da gruppi di guerriglia (KLA in Kosovo e FALINTIL in East Timor), può essere molto pericoloso. L'obiettivo da perseguire, pur nell'evidenza delle difficoltà concrete che una tale proposta incontrerebbe, potrebbe essere costituito dalla realizzazione di una forza di polizia ONU.
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Un'idea che si potrebbe valutare è quella di costituire forze di polizia omogenee(*) fornite dai vari Stati su base volontaria (forse anche a turno rotazionale) "earmarked for UN", con preawisi molto limitati e con una catena di comando e controllo predefinita; appare evidente che tale soluzione presuppone accordo ed addestramento comune. Altro settore che necessita di essere affrontato e dove un netto miglioramento appare conseguibile è quello dottrinale. Si ritiene infatti che non esista una ben definita dottrina ONU per l'approccio alle missioni PSOs. Ci si rende conto che per raggiungere quest'obiettivo è necessario un lungo processo elaborativo, ma si è d'altra parte del parere che, con il metodo dei piccoli passi, qualcosa si possa fare. Si potrebbe, ad esempio, iniziare con una serie di regole e di procedure per 'disciplinare' l'intervento delle GOs e delle NGOs nelle missioni: spesso sorgono conflitti di competenze fra di esse e le stesse non fanno o non vogliono fare riferimento ad alcuna struttura responsabile delle attività in Teatro. Queste sono alcune delle considerazioni che fanno comprendere come I'ONU abbia bisogno di un ripensamento al suo interno(**) per " imparare" dalle lezioni delle più recenti missioni: I'ONU, come molte altre grandi organizzazioni burocratiche, ha dato finora prova di essere più adatta a ripetere gli errori che a tener conto degli ammaestramenti. Lo stesso Dipartimento per le PSOs (DPKO) necessita una rivisitazione critica, nel senso di conferire maggiore attenzione alla struttura militare che potrebbe, al limite, essere organizzata come uno Stato Maggiore Militare. Se questa è la situazione e non intervengono fattori nuovi, appare evidente che I'ONU non è in condizione di poter gestire efficacemente una PSO. Esso dovrà fare ricorso ad organizzazioni a livello regionale, possibilmente a struttura militare, e/o a coalizioni volontarie di Stati. Costoro si dovranno fare carico della cosiddetta "sicurezza umanitaria " che ha soppiantato, da qualche anno, la "sicurezza collettiva" . Detto in altri termini, alla necessità di mantenere la "pace tra gli Stati", concetto classico del periodo della guerra fredda, si aggiunge oggi la necessità di mantenere la "pace all'interno degli Stati". Si sta assistendo, in altre parole, al sorgere di quella che è stata da alcuni definita "institution building", cioè la costituzione di nuovi assetti istituzionali che non significa l'affermazione di una posizione neocolonialista, ma vuoi dire conferire maggiore attenzione al percorso di costruzione di un assetto di governabilità interna, che tenga conto delle specificità di ogni genere del paese inter~ssato, da quelle storiche a quelle socio-politiche. Si tratta, in sintesi, della definizione di assett i civili che ormai non possono più tenere conto solo della centralità dello Stato-Nazione ma, piuttosto, delle diverse componenti etniche, religiose, sociali, economiche ecc., che hanno valenza politica. Quanto esposto sta ad indicare che l'intervento dell'GNU, caratterizzato nel passato da una forte componente politico-diplomatica, deve evolvere verso forme più avanzate. Esso deve attribuire maggiore concretezza al proprio operato, talvolta anche a scapito di aspetti politici internazionali che incontrano sempre più difficoltà ad affermarsi (*) Per esempio ad ordinamento militare oppure derivanti da strutture civili simili appartenenti a Stati diversi.
(**)Il Segretario Generale ha affidato all'Ambasciatore lakhdar Brahimi uno studio sulle operazioni di pace deii'ONU.
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all'interno degli Stati, dove non tutti gli attori possiedono legittimazione giuridicointernazionale. Ed infine, poiché non sempre è possibile fare ricorso ad organizzazioni di livello regionale a struttura militare (tipo NATO, ad esempio) per mancanza di giurisdizione (leggasi Timor Est), appare evidente la vitale importanza delle "coalition of the willings" . Al riguardo, sembra più che opportuna un'annotazione che interessa l'Italia da vicino ed è relativa alle esperienze nazionali recenti a livello internazionale e multinazionale. In effetti, quanto più è stato ampio il numero degli attori, tanto più è stato possibile riscontrare un approccio italiano alle varie attività poste in atto per conseguire gli obiettivi comuni che l'operazione si prefiggeva. Tale fatto, peraltro, non deve stupire perché il comportamento dei popoli, nel bene e nel male, riflette le loro tradizioni e la loro cultura. In chiusura, si ritiene di poter affermare che l'esame fin qui condotto può costituire una guida, fornendo valide indicazioni a coloro che in futuro si troveranno ad affrontare, senza esperienze precedenti, temi del genere. Per concludere è giusto ricordare che IIQperazione "Alba", come da tutti riconosciuto, ha dato lustro all'Italia negli ambienti internazionali ed è tuttora spesso citata come uno dei più grandi successi degli interventi ONU.
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ANNESSI
Annesso 1
PRONTUARIO PER LE PSOs Le esperienze italiane di impiego di reparti all'estero, quelle degli anni '70/80 e, soprattutto, quelle più recenti, hanno messo in evidenza le massicce interrelazioni tra diversi fattori che ne hanno condizionato la condotta e che afferiscono, nella normalità delle attività di ogni Nazione, a diversi dicasteri owero a settori diversi del cosiddetto "sistema Paese". Ciò è egualmente vero anche in un contesto più amp1o, quello internazionale, ove 1fattori politici, giuridici, sociali, etnici, antropologici, diplomatici, religiosi, militari e cosl via possono comportare notevoli incidenze su tutto ciò che può nguardare un'operazione per il supporto della pace. L'indeterminatezza che talvolta si è nscontrata in alcun1 settori e che ha accompagnato le prime esperienze fuori dal territorio nazionale, ha suggerito un esame, per quanto possibile sistematico. di tutti i "settori" interagenti, al fine di esaminare, fin dalla fase di pianificazione, tutte le aree che non sempre sono state oggetto di approfondito studio. Altre volte, la possibile sovrapposizione di interessi o competenze ha lasciato alla fase condotta un margine di incertezza che ha avuto negative ripercussioni sulla riuscita dell'operazione.~ nata cosi l'esigenza di un quadro sinottico che, seppur lungi dall'essere esaustivo, fornisca una traccia per l'awio della pianirficazione di una operazione di PSO. Tale quadro risente di tutti i difetti dovuti alla schematizzazione: voci comprese in un determinato settore potrebbero trovare adeguata collocazione altrove. l settori, le aree o i fattori ed eiE!menti potrebbero essere ampliati o ridotti a seconda del livello di accuratezza che si intende raggiungere. Il quadro potrà essere migliorato, e nel tempo, ampliato e comunque adattato come la situazione , di volta in volta, potrebbe richiedere. Nella stesura del quadro si è partiti da settori di competenza principali per quanto possibile ampi ma omogenei, e si è proceduto identificando all'interno di essi aree fattori ed elementi. 1 settori sono stati raggruppati in due grandi "famiglie" per significare quale sia l'Autorità cui compete la prerogativa di esprimersi in merito. Sono state infine evidenziate, anche se in maniera puramente indicativa, le possibili implicazioni. Si sono, in sostanza, individuati i settori di seguito riportati di cui, i primi quattro sono riconducibili all'ambiente "Civile" mentre i secondi due sono prettamente "Militari": • Settore pol1tico • Settore delle Risorse Locali • Settore Soc1o-economico • Settore degli Aspetti Operativi • Settore de1 Fattori Geografici ed lnfrastrutturali • Settore degli Aspetti Logistici. In fase di pianificazione, anche se esclusivamente militare, i settori attinenti all'ambiente "Civile" vengono comunque presi in considerazione poiché, come noto, all'inizio di una "Peace Support Operation", vengono devoluti ai militari compiti che sono di competenza civile. La durata di tale fase non è quasi mai definibile a priori e la transizione delle competenze dai militari ai ovili è subordinata allivello dello stato di conflittualità ed alle possibilità che l'Organizzazione civile subentrante sia effettivamente in grado di svolgere liberamente e proficuamente il proprio compito. In ogni caso è essenziale la reciproca conoscenza che comunque favorisce la mutua comprensione e consente le necessarie interrelazioni, con i benefici che ognuno può ben immaginare. Da un primo sommario esame si possono trarre alcune considerazioni di carattere generale. Il settore politico è preminente rispetto agli altri poiché qualsiasi azione è, in ultima analisi, riconducibile ad esso. Dalla volontà e da un accordo di carattere squisitamente politico prende awio l'operazione; risale alla politica la designazione degli obiettivi da conseguire nei modi e con i limiti che saranno definiti dalle stesse autorità. Senza una decisione politica concordata non è possibile una favorevole conclusione dell'operazione. 1 risultati cui si perverrà saranno più o meno validi a seconda del livello di concordanza (accordo pieno, pochi o molti compromessi, numero degli attori, interni od esterni, che hanno raggiunto l'accordo, ecc.). Tensioni nel settore socio-economico sono fonte primaria di instabilità politica e di conflittualità. Le operazioni di supporto della pace devono quindi mirare al ri stabilimento di un equilibrio anche su questo piano ed a garantire accettabili condizioni di vita per tutte le parti in causa. Quanto prima si consegue un adeguato livello di stabilità economica e sociale e quanto maggiore è la velocità di miglioramento tanto più semplice e celere sarà il raggiungimento dell'"end state" dell'operazione. In questa tipologia può ricadere l'aspetto culturale (soprattutto come eventuali differenze culturali) che riveste notevole importanza cosl come molto importanti sono quello etnico e quello religioso. Basti pensare che in alcune aree (Balcani ad esempio) le crisi sono a forte connotazione etnica con complicazioni religiose; altrove sono i contrasti religiosi a determinare situazioni di grave crisi. Esempi concreti di quanto affermato se ne possono citare moltissimi ed hanno riguardato, praticamente, tutte le PSO che hanno interessato gli ultimi anni del ventesimo secolo. l fattori geografici ed infrastrutturali costituiscono un aspetto condizionante di cui bisogna tener conto nel corso di qualsiasi operazione militare e
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segue Annesso 1 non militare, nell'intesa che chiunque debba svolgere una qualsiasi attività dovrà esserne consapevole. Essi inf luiscono sulla vita delle unità, sulla celeri tà di spiegamento, movimento ed intervent o, sulla composizione delle forze militari (più o meno elicotteri, mezzi fuoristrada, ecc.). L'eventuale impianto di strutture o il miglioramento e potenziamento di quelle già esistenti per i fini della PSO, hanno normalmente riflessi sul settore politico ed una " ricaduta" sul settore socio-economico sia durante l'operazione che, in maniera più consistente, al momento del ritiro dei contingenti e del ritorno alla normalità. Il ricorso all'utilizzo delle risorse locali costituisce, in genere, un grosso rispa rmio sotto l 'aspetto economico e un notevole sgravio per la componente logistica. Inoltre. l'impatto sul settore socio-economico è tanto più grande quanto maggiore è il ricorso alle risorse locali, sia come acquisto di beni che come utilizzo di servizi. Esso costituisce un fattore di grande rilevanza per l'acquisizione del "consenso" ed il conseguente favorevole accoglimento della presenza del contingente militare. Per cont ro, occorre prestare attenzione al fatto che una dipendenza esclusiva dalle risorse locali potrebbe rivelarsi limitativa e condizionante, non solo sotto l'aspetto militare, in caso di improw isa interruzi one delle forniture. Gli aspetti operativi sono quelli più squisitamente militari. Essi, comunque, possono essere soggetti a limitazioni e condizionamenti da parte polit ica sia per ciò che riguarda i fini che le modalità da attuare per raggiungerli. Sono quelli per i quali esiste una più consolidata esperienza da parte dei reparti militari che si sono alternat i e si alternano nelle PSO. Essi, infatti, si rifanno ad una ormai ampia documentazione rappresentata dalle decine di piani, applicati o meno, che sono stati elaborati negli ultimi anni. Un particolare cenno, in questo contesto, meritano le regole d'ingaggio che rappresentano un concentrato di norme comportamentali che, pur squisitamente operative, risentono, in maniera notevole, di condizionamenti relativi a considerazioni e valutazioni squisitamente giuridiche. Sugli aspetti operativi, inoltre, ha grande importanza tutto ciò che ricade nei settori etnico, religioso, sociale. economico e politico in senso generale poiché l'individuazione dei vari tasks militari deve essere inspirata a tutta una serie di condizionamenti afferenti ai settori sopra indicati. Il discorso potrebbe andare oltre: una scorsa all'elenco dei principali aspetti operativi riportati nel quadro sinottico è abbastanza esplicativo e non si crede sia necessario esemplificare ulteriormente. Il settore logistico abbraccia tutto un complesso di attività che non solo comprende quelle tradizionalmente militari, volte ad assicurare la soprawivenza delle forze, la loro capacità di movimento e di combattimento, ma anche attività che, al di f uori di una "Peace Support Operation ". non rientrerebbero nelle competenze delle Autorità M ilitari. In tale prospettiva si possono inquadrare, ad esempio, l'accoglienza, il controllo e la profilassi per grosse masse di profughi, la loro movimentazione, la gestione dei campi, il riattamento di stru tture, il ristabilimento di comunicazioni viarie e ferroviarie, la riparazione di acquedotti, di linee elettriche e telefon iche ecc., e comunque la riattivazione di servizi di pubblica utilità. Una logistica inadeguata è sicuramente causa del fall imento dell'operazione, mentre una logistica efficiente ed efficace non solo è determinante per la riuscita ma è anche un fattore incrementale per il già citato consenso. Si è detto in precedenza che il pianificatore militare deve tenere conto di tutta la panoplia di fattori perché, all'inizio dell'operazione, la maggior parte se non la totalità delle respon sa bilità e delle competenze ricadono sul comandante militare. Ma è anche vero il contrario. Il funzionario civile, di qualsiasi livello esso sia (e più è alto il livello più quanto stiamo per dire appare vero) dovrà essere conscio delle aree e dei fattori non solo di propria competenza ma anche di quelli militari ed operativi. Deve essere "sensibile" alle possibilità e alle capacità di unità e mezzi particolari per poter, almeno di larga massima, valutare le implicazioni "operat ive". Quanto detto porta a considerare che esiste una concreta esigenza di una stretta integrazione t ra funzionari civili e funzionari militari per poter valutare adeguatamente le attività connesse con una PSO. Tale stretta integrazione, e si aggiunga comune preparazione, si può conseguire solamente se, chi ne ha la potestà, sarà cosl lungimirante da strutturare un percorso didattico dedicato che, si crede, debba cominciare con l' inizio della formazione dei fu nzionari e debba essere aggiornato e finalizzato nel tempo(* ). In sintesi il quadro sinott ico in argomento costituisce uno scheletro, una sorta di "lista di controllo" che consente di esaminare, con una certa sistematicità, gli argomenti base da considerare nella pianif icazione di una "Peace Support Op'eration" . Il prontuario in appendice deve essere di volta in volta adattato alla situazione contingente. scartando argomenti non rilevanti ow ero, ampliando quelle aree non sufficientement e dettagliate. La sua efficacia è funzione dell'uso intelligente che di esso può fare l'utilizzatore.
(*) L'ONU ha sentito questa esigenza ed ha costituito lo Staff College di Torino proprio per preparare i funzionari, civili e militari, a questa integrazione. L'Ente ha mosso solo i primi passi e ci si auspica che possa decollare al più presto poiché servirebbe a colmare l'esigenza di aggiornare la preparazione.
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Appendice 1 all'A nnesso 1
PRONTUARIO PER LA PIANIFICAZIONE DI UNA MISSIONE DI PSO - ASPETTI NON MILITARI SETTORE POLITICO Area Fattori • Ch~iac:..re_zz _a----:de-;-1 mandato Direttive da parte dell'organizzazione 1nternaz1onale che origina 11 mandato • Perseguibilità sotto l'aspetto militare -:":"----- • ç onsenso del Paese in cui si svolgerà l'operazione Organizzazione decisionale a livello • Struttur~er_rnanenti internazionale • Strutture ad hoc Coesione ed identità di visione tra i Paesi impegnati nella PSO Relaziom esistenti tra Paesi Impegnati - - . Eventuale scelta del Paese leader nella PSO e Paesi in cui si deve operare Posizione politica del Paese/i in cui si deve o__c:.P=.:e r.:::a.:..: re,__ _ _ _ _ __ Posizione politica delle fazioni operanti Alleanze stabili esistenti Alleanze témporanee esistenti Alleanze possibili Paesi o fazioni neutrali lndispensabilità di un atteggiamento imparziale nei confronti dei Paesi/fa=.: zi-o.:..:. =-ni' - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - lndispensabilità di un atteggiamento om_Qg_eneo dei Paesi i mp~ n ati n-=-e"' lla~ PS:;,..;O"-------,--..,....,,..-; Aspetti giuridici • Status delle forze ~le di inq~g9i0 Prerogativa: L'Organizzazione Internazionale che emette il mandato ha la prerogativa di curare gli aspetti politiCI. Quanto più solide saranno le relazioni stabilite e dettagliato lo spettro degli aspetti concordati, tanto p1ù ridotto sarà il margine di incertezza ed il possibile insorgere di motivazioni conflittuali. Implicazioni: La politica è preminente; dalla sua "armonia" dipende la riuscita stessa della missione, anche sotto l'aspetto militare. L'instaurazione di stabili relazioni politiche è "Conditio sine qua non" Qgr il raggiungimento della pace e la futura ripresa e sviluppo economico e sociale. SETTORE SOCIO-ECONOMICO Area ~etti etnici Aspetti religiosi Aspetti culturali _ A~etti economico-finanziari Aree economicamente rilevanti PreSeiUa di rifugiati___Situazione umanitaria
Fattori
• Condizioni di vita • Rispetto dei diritti uma""" n""" i ,...--------• Presenza di NGO operan.o;.ti' - - - - - - - - - Impatto della missione • Impiego personale locale • Utilizzo risorse locali Prerogativa: Lo studio degli aspetti socio-economici è d'interesse ad ogni livello. La corretta comprensione della realtà socio-economica è rilevante per l'Organismo Politico-decisionale come per la componente Militare, quanto per le Organizzazioni Umanitarie. Implicazioni: Una precaria situazione socio-economica è fonte prima di insicurezza; le tensioni generate sono originatrici di instabilità politica. Una accettabile situazione socio-economica è premessa imprescindibile per l'instaurazione di condizioni necessarie al rag9iungimento di una pace duratura.
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seg ue A ppendice 1 all'Annesso 1 SETIORE GEOGRAFICO ED INFRASTRUTIURALE Fattori Area Disponibilità di cartografia Clima Rilevanti aspetti geografici • Costa • Entroterra Distanza delle basi in Italia Distanze in teatro Porti • Potenzialità • limitazioni • Colleg. con l'e,_,_n'""trcoc:; : te::..:.r.:..: ra=---- - - - - - - Aeroporti • Potenzia::.:.li"t"à= - - - - -- - - - - - - - • Limitazioni • Collegamenti Rete stradale • Potenzialità • Limitazioni Rete ferroviaria • Potenzialità • Limitazioni Rete acque interne • Potenzialità • Limitazioni -..,.,----:-----:-:-:-- ·-'C : . :o.: . :l.;.:: le:;og.:::. a:..:. m:.::e.:,.: n,ti_ :.:. __ Implicazioni: l'ambiente geografico è condizionante in ogni tipo di operazione militare. Il suo studio è egualmente importante sia a livello strategico {componente militare dell'Organismo Internazionale) che a livello tattico {da Combined/Joint Command fino alle minori unità). È inoltre d'interesse per le Organizzazioni Umanitarie che intendono operare sul territorio. SETIORE RISORSE LOCALI Fattori io Altri generi alimentari Carburanti Alloggiam ..:.:..::. e:..:. nt,_i_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ Manodo.<=p:=. e:...: ra~--
Ricambistica Materiali da costruzione Energia elettrica Medicinali e Ospedali Prerogativa: la possibilità di utilizzo delle risorse locali non è normalmente soggetta a restri zioni a meno che non costituisca fattore essenziale per le popolazioni del paese in cui si opera; in tal caso può essere emesso divieto (parziale o totale) al loro utilizzo anche a livello politico. Nella generalità dei casi l'acquisto/affitto di risorse locali costituisce fattore di incentivazione economica e di favorevole accettazione dei contingenti militari. Implicazioni: L'eccessiva dipendenza da risorse locali può costituire una pericolosa limitazione sotto l'aspetto militare qualora venisse bruscamente interrotta la loro erogazione. È essenziale la disponibilità di scorte o di dispositivi tali da consentire, in caso di cris~ il ri!llistino del sostegno della madrepatria.
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segue Appendice 1 all'Annesso 1 SETIORE OPERATIVO Area Fattori Elementi Aspetti interni • Rispondenza liv. ordinativo/compito della Coalizione • Ri~ondenza dottrina/compito • Rispondenza gualitativa armamento • Ri~ondenz~antitativa armamento • Rispondenza gualitativa equipaggiamenti • Rispondenza quantitativa equipaggiamenti • Efficacia catena gerarchico-funzionale • Rispon_Q_enzé! disr;po~s:::.it!!.iv:..::o::..:lc:::o:::.m:..:Jpt:.:i.to :.::.__________________ • Flessibilit~ dispositivo • Motivazione del personale • Capacit~_p_rofessionali del personale • Livello addestrativo/operativo del personale • Conoscenza di parti colari procedure • Roe • Vulnerabilit~ • NBC • Re~rti • Strutture ;uneeçomunic. --------------• .:,.. Pa:::.:r..!:t i'-"'co :::.:l~ari a rmilveic./~ uiJ2. • Sicurezza • Personale • Strutture • Collegamenti • Attivi t~ particolari verso l'esterno • Trasmissione radio tv • Promozionali e varie • Offerte di lavoro • Sportive • Attivi t~ particolari verso l'interno • Trasmissione radio tv • Promozionali e varie • Sportive Aspetti esterni • Livello ordinativo relativi • Credibilit~ minaccia al Paese/i • ~orto numerico personale interessato/i • Motivazione -.,---..,---...,..,...-- - - - - - - -- - - - - - - - - - • Livello addestrativo/operativo • Rapporto numerico armi/equipag. • Livello gualitativo armilequipag. • Vulnerabilità • Personale • Armileguipaggiam. • Collegamenti • Punti di forza Prerogativa: StabiiTre l' enc.;ti"t~:=:; ' dc..,el,la-c .. -o-n-t'"" rib,-u-z-:-io-n-e-è.,.-p-re-rog-a-t.,..iv-a-d"'"e-:-:11.,-'A'""u_t_ o.., ri t-:-~-cP:-o..,li'ti,"' ca__,..N,_a-zi,o_ _ n_a,... l e_p_re v~ io coordinamento di tu tti i Ministeri interessati. l'Autorità Militare Nazionale decide il livello ordinativo delle Un i t~ da impiegare e la loro tipologia. Implicazioni: Può rendersi necessario l'adattamento degli organici a particolari esigenze operative e l'adozione di procedure speciali per la specifica operazione. Nel campo NATO/UE la maggioranza delle procedure è standardizzata. In caso di operazioni con Paesi non aderenti all'alleanza è necessario la preventiva stesura di accordi sia politici (Organismo l nternazionale/Autorit~ Nazionali) che tecnico-militari (Autori t~ Militari).
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segue Appendice 1 all'Annesso 1 LOGISTICA Area Trasporti
Fattori Elementi • Disponibilità vettori aerei, navali • Disponibilità vettori ferroviari, su gomma • Disponibilità vettori navigaz. inter. • Disponibilità c,o,:!..!n-7! ta:.:.:in'-!:e~r::... s - -- .,...,-.. , . . - - - - - - - - -- - -- - - - - • Disponibilità equip. per mov. carichi • Potenzialità itinerari stradali, ferroviari • Potenzialità via acque interne • Potenzialità porti, aeroporti • Pot. aree parcheggio/stazionamento • lunghezza m~x _,tr7a"'tt,_,e7s,_,tr'""a"'d"'-al:.:.i- - - - - - - - - - - - - - - - - - • Durata max c::.:i.=.: clc:... i ;v'-:i:=. ag"'-g"'i:=.o--:---..--:--...-:-----: • Possibilità di tracking centralizzato dei vettori • Possibilità di localiz. autonoma satellitare • Possibilità di localizzazione dei carichi • Scorte • Veicoli non protetti • Veicoli protetti • Non necessarie • Possibilità parch~ g io containers Rifornimenti • Possibilità stocc~9 i o materiali • Possibilità stoccaggio derrate alimentari • Disponibilità containers frigo • Possibilità stocci!fjg,.,_,io<-c,a:::.r.:::.b:;:. ura:.:.:n'-" ti__________________ 7 • Possibilità stoccaggio munizioni • Giorni di autonomia viveri • Giorni di autonomia carburanti • Giorni di autonomia munizioni • Efficaçia SLIPPOrt:..:.o'-':-= in7fo.:..:.r""m:..:.:a=t:= ic.:..: o' - - - - - - - - - - -- -- - - - - - CollegamentT • Interni basi ;'fra basi ---.,----..,..,-•..:.:Tr'-"a~b::::ase e vettor.'i ..,..--,---Prerogativa: l 'organizzazione logistica è una precipua attività militare la cui responsabilità ricade sui Comandanti ai vari livelli. la sfera della Logistica è vastissima e ad essa possono far capo attività che in condizioni normali, al di fuori di una PSO, potrebbero non rientrare nelle competenze delle Autorità Militari (accoglienza profughi, organizzazione e sicurezza dei campi, ristabilimento comunicazioni viarie e ferroviarie, ecc.). Implicazioni: Il buon funzionamento della Logistica è condizionante per la riuscita dell'operazione; i riflessi di una Logistica insufficiente si risentono immediatamente sulla sfera operativa <:pn conseguenze che possono influenzare, in modo più o meno incisivo, anche le altre sfere.
ALTRI ASPETII LOGISTICI Area Fattori Energc:.= ia" - - - - • DisQ9nibilità stazioni di e~ia Sanità • Politica di sgombero
Elementi. __ _ _ _ _ _ _ __ • Giorni ~:----- • Rispondenza
• Dis~nibilità stru""-'t'"'=tu="r-=e/:..:.re=.~p"'a::.:.rt~i_ _ _ __ • Efficacia MEDEVAC H.N.S. • Possibilità allo9'-'g"",a.:..:m =-e-ntco- - - -- -- - - - - - - - - - - - . - - - • Possibilità trasporto --:--:---:--·~ Servizi offerti Acquisto beni • Alimentari e servizi • Ricambistica meccanica • Edilizia • Carburanti • Energia elettrica • Materiali sanit.:::. ar!.!.i______________ __ _ _ __
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Annesso 2
COMANDO OPERATIVO FORZA DI INTERVENTO IN ALBANIA DATI STATISTICI EVENTI SALIENTI 28 mar.'97 Risoluzione ONU n. 1.101 (mandato di 3 mesi). 15 apr.'97 (D-Day), sbarco prime aliquote dei contingenti in Albania. 19 giu.'97 Risoluzione ONU n. 1.114 (estensione mandato di 45 giorni). 28.giu.'97 Scadenza 1° mandato (3 mesi dal28 marzo). 12.ago.'97 Scadenza 2° mandato e termine dell'Operazione (45 gg. dal 28 giugno). PERSONALE
Reparti italiani che hanno partecipato all'Operazione: • • • • • • • • •
1o rgt. t. Reparto Comando. 3° C.A. rgt. MP go rgt. f. (par). "Col Moschin " cp./ 6° rgt. g. 187° rgt. (par) sqd./ 3° "Savoia" 7° rgt. EA "Vega" 33° rgt. L. "Ambrosiano"
• • • • • • • •
cp./ 2° rgt. b. go rgt. b. C.do B. "Friuli" 151° rgt. f. "Sassari" 18° rgt. f. b. cp./ 19° rgt. "Guide" cp./ rgt. "San Marco" Reparto Sa. B. "Taurinense"
Reparti stranieri che hanno partecipato all'Operazione: • • • • •
2° rgt fanteria di Marina Francese (RIMA) 1oo btg. f. Spagnolo 601° rgt. f. Greco Rgt. fanteria di Marina Turco btg. f. Rumeno
• • • • •
cp Austriaca cp Danese Unità medica Belga Unità medica Slovena Nr. 1 C-130 Portoghese
PERSONALE SCHIERATO IN ALBANIA NAZIONE AUSTRIA BELGIO DANIMARCA FRANCIA GRECIA ITALIA PORTOGALLO ROMANIA SLOVENIA SPAGNA
TDR~
FORZA INIZIALE 76 14
FORZA M EDIA 110 14
FORZA MASSIMA 116 14 _ __
~
~
~
250 2.595
760 2.970
803 3.778
399 24 359 160
390 24 340 740
400 24 359 779
_ _ _ _1,..,.o;=:o,-::o- - - - - - - . . . , :9=:: 5o :,--------:1.705 :::co= ----
o
o
o
CONTINGENT...::E_ __:..; FO ::::.:R :.::ZA ::;:.,:..._;I~ N~IZ:.!!IA ...:.:L:.::E'-------!F..:: O:.:..R:::Z;..: A,.::M ::;E::..:D~IA ~-----!F..:: O:.:..R::.ZA ::..,:,.::M o:::A ..;;:S:.::S;:.ciM '-"A '-'FMP _ _ _ _4~.9~3~6~-----~6~ .3~ 5~ 7 ------~7~.382
ATTIVITA' OPERATIVA FMP Totale missioni di sicurezza 1.493 Totale missioni di ricognizione 151 Totale interventi nuclei B.O.E. 37 Totale interventi nuclei N.B.C. 17 TOTALE MISSIONI OPE;.::RA -:-;J=:IVc::E=--.(~ al:-:2:-:: 9-::.7:-:) - - - - -- - -- - - - - - - : : -1-::.6::98 :::--TOTALE KM PERCORSI PER ATIIVITÀ OPERATIVA (al29.7) 1.319.518
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segue Annesso 2 ATTIVITA' PER SUPPORTO ELEZIONI
Missioni di sicurezza (9 giorni = 3 x turno) Distanza percorsa (km) Personale impiegato giornalm. nel 1° turno Personale impiegato in media nei 3 turni
674 (di cui 37a scorte dirette) 12.000 4.600 2.500
LOGISTICA Trasporti terrestri
Sono stati impiegati complessivamente dalla FMP 1893 mezzi militari (ruotati da trasporto, ruotati protetti, blindati e cingolati) percorrendo 1.416.246 km per attività logistiche. Trasporti navali
Sono state impiegate prevalentemente unità navali della Marina Militare Italiana, come specificato nella seguente tabella. Per quanto attiene i trasporti del contingente italiano con vettori civili, sono state impiegate 12 diverse unità per circa 680 ore di moto complessive. Non sono stati riportati i dati relativi ai trasporti navali svolti dalle altre nazioni, sia con vettori militari sia civili. TIPO
UNITA' 3
LL.PP. DD. MM.HCC. MM.CC.CC.
8 2
MISSIONI
ORE DI MOTO
MIGLIA
24 42 6
475 1.029 95 122
6.813 8.807 1.054
Trasporti aerei
L'attività di trasporto aereo ha riguardato sia la movimentazione di personale sia di materiali. Sono stati impiegati esclusivamente velivoli militari, come specificato nella tabella seguente. NAZIONE
AUSTRIA BELGIO DANIMARCA FRANCIA GRECIA ITALIA PORTOGALLO ROMANIA SLOVENIA SPAGNA TURCHIA TOTALE
SORTITE
14 604
ORE
PASSEG.
CARICO (}b).
TRASP.VIP
ORE
8
47
6.000
2
13
62 728
290 7.699
270.000
3 160
10 193 5
17
182
295
154.078
5
..
51
Rifornimenti
Materiale vario Viveri Acgua minerale Gasolio Benzina
2.100t. 1.100 t. 439.000 l. 574.000 l. 15.500 l.
Sanità
Prowedimenti sanitari adottati Sgomberi sanitari
2.366 51
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segue Annesso 2 ATTIVITA' CIMIC Dati generali Totale missioni operative FMP in supporto dell'attività CIMIC Totale località interessate dall'attività CIMIC Totale autorità locali contattate Totale organizzazioni umanitarie contattate
912 73 34 98
Suddivisione delle 912 missioni di sicurezza FMP per tipologia CIMIC Ricognizioni a favore personale OSCE Ricognizioni a favore Organizzazioni Internazionali Trasporti umanitari Supporto tecnico (*) Gia comprese nell'attività operativa per supporto elezioni di cui al sottoparagrafo
(*) 93
600 176 43
"Cronologia eventi principali (deployment, expansion, elezioni, redeployment), vds. pag. 29.
Aiuti umanitari distribuiti in Albania (fino al27.7.97) Generi alimentari 5.168 3 t. Sementi (patate e mais) 176 t. Assistenza sanitaria (medicinali, materiale sanitario) 339 t. Vestiario 63 t. Materiale da costruzione 1O t. Materiale didattico 4 t. La ripartizione degli aiuti umanitari forn iti dalle organizzazioni non governative è riportata nella tabella seguente (valori in tonnellate). NAZIONE ALBANIA AUSTRIA CROCE ROSSA ORD. MALTA FRANCIA GERMANIA GRAN BRETAGNA GRECIA ITALIA NAZIONI UNITE SPAGNA STATI UNITI UNIONE EUROPEA ALTRI
SANITA'
o 9 o
85 13 25 3
ALIMENTI
o o
285
o
47 82 5 178
341 5 31 109 369 5 466 2.220
26 3 23
275 1052 20
o o
o
VESTIARIO 15 11
o o o
23 3
o 6 5
o o o o
MAT. TECNICO
o o o o
05
o 3
o 185,5 o o o 11 18
ATTIVITA' NAVALE IN SUPPORTO FMP 1Caccia mine della Marina Militare hanno svolto 1O missioni di "Route Survey" (bonifica canali di accesso ai porti) percorrendo 2.215,12 Mn, per complessive 276,89 ore di moto.
67
Annesso 3
GLOSSARIO ACRONIMO
SIGNIFICATO
AM
AERONAUTICA MILITARE CONSIGLIO DI SICUREZZA CIVILIAN AND MIUTARY COOPERATION COMMANDER IN CHIEF NAVY COMMUNICATION AND INFORMATION SYSTEM COMANDO OPERATIVO FORZA D'INTERVENTO IN ALBANIA COMANDO OPERATIVO DI VERTICE INTERFORZE COMANDANTE DELLA FORZA COUNCIL FOR MUTUAL ECONOMI( ASSISTANCE (Consiglio di mutua assistenza economica, dal 1949 fra i paesi dell'ex - Europa orientale comunista) · COMANDO TATIICO AEREO COMANDO TATIICO NAVALE COMANDANTE DELL'OPERAZIONE CHIEF OF STAFF GIORNO D'INIZIO DEPUTY CHIEF OF STAFF- CIS DEPUTY CHIEF OF STAFF LOGISTICS DEPUTY CHIEF OF STAFF OPERATIONS DEPARTMENT FOR PEACE KEEPING OPERATIONS ENTRY POINT OR EXIT POINT FORZA MULTINAZIONALE DI PROTEZIONE GOVERNMENT ORGANIZATION GROUND POSITION SYSTEM HEAD QUARTER IMPLEMENTATION FORCES LANDING PLATFORM DOCK MOTO CISTERNA COSTIERA MEMORANDUM of UNDERSTANDING MOTO TRASPORTI COSTIERO NON GOVERNMENT ORGANIZATION NAZIONI UNITE ORGANIZZAZIONI GOVERNATIVE • ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE ORGANIZZAZIONE PER LA SICUREZZA E LA COOPERAZIONE IN EUROPA POSTO COMANDO PARTITO DEMOCRATICO ALBANESE PEACE SUPPORT OPERATION REGIONAL OPERATIONS COMMAND RULES OF ENGAGEMENT STABIUZATION FORCE STATO MAGGIORE DELLA DIFESA STATUS OF FORCES AGREEMENT TIRANA AIRPORT ITALIAN MIUTARY DETACHMENT UNIONE EUROPEA UNIONE EUROPEA OCCIDENTALE UNITED NATIONS SECURITY COUNCIL UNITED STATES DOLLAR
C.d.S. CIMIC CINCNAV CIS
C.O.F.I.A. COl COMANFOR COMECON
COMTACAIR COMTACNAV COPER
cos D-day DCOSCIS DCOSLOG DCOSOPS DPKO EP FMP GO GPS HQ IFOR LPD MCC MoU MTC NGO NU OG 01 ONG ONU OSCE PC PDA PSO ROC ROE SFOR SMD SOFA TAMID UE UEO UNSC
68
INDICE INTRODUZIONE ----
3
IL TEATRO DI OPERAZIONI Monografia -----~-------------------'5=---- La Storia recente' - - -- -- - - - -- - - - - - -- - - - - "8:..__
LO SCENARIO POLITICO PRIMA DELL'INTERVENTO MILITARE Visione internazionale dell'Albania _ _ _ _ _ 13 Ruolo delle maggiori potenze pri..:..:m.::::a:....:d~e:.:..:.ll'..:.:.in.:..:.te:::..:r..:..:v e::.:.n-=-'-to~---------1:..:3;____ Ruolo deii'ONU e degli altri attori internazionali 14 Esame del mandato 18 L'OPERAZIONE "ALBA" Gli accordi tecnico-r::..:po::.:.liti..::.: :..:.:ci_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _=2-0= ----La pianificazion:.:::. e_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _-=2=-=3' - -Le fasi dell'o:.c:p..:; erca:::: . :zi.on:..:..:e :::. =---- - - - - - - - - - - - - - - - ---=2:.:. 7_ __
AMMAESTRAMENTI Luci Ombre
36 38
LA LEADERSHIP DELLE OPERAZIONI Generalità La nazione leader e l'Operazione "Alba"
44 47
PRONTUARIO PER LE PSOs
49
APPROCCIO ITALIANO AL PEACEKEEPING
51
CONCLUSIONE
53
ANNESSI Annesso 1: Prontuario per le PSOs 59 Annesso 2: Comando Operativo Forza di Intervento in Albania - dati statistic"'-i-----=6=5_ __ Annesso 3: Glossario 68