Osservatorio Strategico
OBIETTIVO LIBIA Le prospettive del nuovo corso libico neli' area mediterranea
LI!ZZ'RIVIITA mLITARE
IJ RIVIITA
rraJTARE
Direttore responsabile: Giovanni Cerbo Autoriuaztone del Tnbunale di Roma al n.944 del registro con decreto 7-6-49
Š2001
ProprietĂ artistica, letteraria e scientifica riservata
PRESENTAZIONE "Obiellivo" è una consolidctta tradizione del CeMiSS che ho il piacere di presentare di nuovo, tl(lun anno di distcm::a. ai lettori di Rivista Militare. Essa è una pubblica::ione a diffusione ristrel/a curata dai ricercatori militari in servi=io di leva al CeMiSS e rappresenta un prodollo conclusivo che testimonia l'impegno culturale e di ricerca portato avanti durante il periodo di servi::io al Centro. Nello spirito del CeMiSS, "Obiellivo" affronta in modo succinto, ma monogra.fìco, w1 tema o un 'area di particolctre rilevanza geopolitica, cercando sempre di improntare l'analisi in uno :,forzo di prospelliva che, sen::a cercare di ridurre l 'inevitabile complessità degli scenari, voglia però tentare un rigoroso eserci=io di lel/ura previsionale. Questa edi::ione dedicata al nuovo corso delle relazioni italo-libiche è stata presentata a Gori=ia presso il corso di laurea in Scien::e Internazionali e Diplomatiche (da cui proviene uno degli autori) durante la tradizionale "Giornata CeMiSS". Un 'occasione che ha sollolineato una volta di più lo strello collegamento che unisce il CeMiSS a molte e diverse realtà universitarie e di ricerca in tu/la Italia. Un impegno formativo che si rivol~e sopra/fu/lo a quei giovani laureati che decidono di affromare una sfida personale. svolgere il servizio militare di leva al/ 'interno del CeMiSS. Essi investono sicuramente nei mesi trascorsi presso il Centro un notevole impegno dire/lo. volontà e le competenze acquisite durante gli anni universitari. Il compito del CeMiSS è quello di offrire a questi giovani un 'occasione di crescita culturale in cui queste competen::e si devono mel/ere in gioco, anche affrontando cmgola::ioni e punti di vista per molti versi diversi da quelli del mondo universitario. A questo proposito. sono lieto di poter annunciare che tra breve i giovani che intendono svolgere il servizio militare presso il CeMiSS potranno farlo anche come Volontari in Ferma Annuale (VFA), percependo un 'indennità che può agevolare la scelta verso uno stage così particolare. Un riconoscimento concreto, quindi, del carctllere "volontario" di una scelta che porta i giovani a rinunciare al beneficio di svolgere il servi::io militore nella propria regione. Sono molto grato alla Rivista Militare per aver concesso questa vetrina speciale ad una ini::iotiva del CeMiSS, rivolta ai giovani. Il Dii·ettore Magg. Gen. Carlo BELLINZONA
5
P ETROLIO E RIVOLUZIONE: LA LIBI A DI G H EDDAFI.
Mu 'ammar Glreddafi, il più Longevo leader arabo
Mu 'ammar Glleddafi è il leader arctbo più longevo a flua lniente al potere, soprattutto dopo che sono morti gli altri tre grandi "survivor" de/La politica mediorientale: Hussein di Giordania, Hassan del Marocco e Assad di Siria. Salito al potere a soli 27 anni', con un colpo di stato nel 1969, Gheddajì ha "solo" cinquantanove anni. Se il regime senussita di re fdris durò "appena" diciotlo anni, dal 1951 al 1969, quello di Gheddajì ne dura ormai da trentadue ed è sopra vissuto alla fine del/ 'era nasseriana sui cui valori si era fondato ], alle stesse bizzarrie del suo leade1~ alla "rivoluzione culturale" degli anni Selfanta, allo scontro con gli Stati Un iti, alla crisi dei prezzi petroliferi della fine degli anni Ot!anta e al prolungato embargo decretato dalle Nazioni Unite.
Le origini dello "stato distributivo" in Libia La Libia, "stato accidentale e riluttante"...
La solidità del regime libico non deriva dalla tradizionale presenza di uno stato-forte; al contrario Vandewalle sottolinea come la Libia fosse "uno stato accidentale e riluttante [ ... ] creato in
' I.: età del leader libico ededucibile solo in modo approssimativo, tanto che Gheddafi in una sua novella si descrive come "un povero beduino, perso! Senza neppure un certificato di nascita". Vd. Mouamar Kadhafi, Escapade en Enfer et autres nouvelles. Favre. Lausanne. ' Si potrebbe anzi sostenere che il regime nasseriano di Gheddafi sia nato, quasi anacronisticamente. dopo la fine dell ' illusione.del nasserismo. Se Nasser morì infatti un anno dopo il colpo di Tripoli, nel settembre 1970, la fine del progetto nasseriano può essere ricondotta alla disfatta egiziana della Guerra dei Sei Giorni del 1967.
6
. .. in una posizione allo stesso tempo centrale e per~ferica
seguito alla fine della Seconda Guerra Mondiale per desiderio delle Grandi Potenze"3 . Unione artificiale di tre regioni storicamente distinte, la Tripolitania, la Cirena ica e il Fezzan, come molti altri stati sorti dalla decolonizzazione la Libia non aveva un' identità politica comune: lo stesso re ldris, emiro della confraternita musulmana deUa Senussia, l'élite politica della Cirenaica, e sovrano del neonato stato libico avrebbe preferito governare la sola provincia cirenaica dove era basato iJ suo potere personale. La Libia si situa in una posizione geograficamente centrale e periferica al tempo stesso. Se i suoi duemila chi lometri di coste la rendono geo-strategicamente cruciale per il controllo e la sicurezza del Mediterraneo centrale, la sua posizione nel mondo arabo appare complessa, divisa tra le due diverse realtà geografiche e sociali del Maghreb e del Masbreq. ln posizione centrale, tra di esse, è collocata da alcuni storici arabi nella "iqlim al wa'sat", nella regione centrale insieme ad Egitto e Suda n•. Questa posizione geografica non si è tramutata in una centralità politica, come è stato per l'Egitto, ma piuttosto in una marginalità rispetto ai due sistemi regionali dell'Oriente e dell'Occidente arabo. Un ulteriore elemento da sottolineare è la dualità geografica della Libia tra Tripolitania, attorno al centro urbano di Tripoli (Tarabulus), e Cirenaica, attorno a Bengasi. Una dualità che storicamente si è espressa più nel senso della divisione che dell'u-
' Dirk Vandewalle. Libya Since lndependence. Oil and Swte-Builcling, l. B. Tauris Publishers, London, 1998. Il percorso per giungere all'indipcnden7.a della Libia (in uno stato unitario composto dalle tre province) fu lungo e Lravagl iato. Si scontravano gl i interessi americani (propensi all'indipendenza e timorosi di un ingresso sovieti co nel Mediterraneo), inglesi (che intendevano mantenere la loro influenza, sopralluilo atlravcrso l'appoggio dci loro alleati senussi), italiani (che intendevano mantenere il possesso almeno della Tripolitania), francesi (timorosi dell'eiTeuo che l'indipendenza libica avrebbe avuto sulle proprie colonie maghrebine al punto di appoggiare le richieste italiane) e sovietici (desiderosi di avere l'amministrazione fiduciaria della Libia per avere una base ne l Mediterraneo). • Vd. io proposito Africanus. Geopolitica di Gheddajì: Realismo Trm,estito dc1 Stravagan=a in Limes, n°2 - 1994.
7
La dualità geografica: Tripo/ita11ial Cire11aica; ft1aghreb/A1ashreq
La dijjidew:.a libica verso lo Stato ft1odemo
nità, con la Cirenaica orientata verso il Mashreq e la Tripol itania orientata verso il Maghreb c il Mediterraneo. "A partire dall'occupazione ottomana del XVI secolo [comincia a deli nearsi] l'orientamento storico delle due città. Tripoli sotto la pressione di forze centrifughe, si orienta sempre maggiormente verso il mare, subendo in tal modo l'influenza europea. Barka [Bengasi] invece, sotto l'influenza di forze centripete, si dirige verso sud, verso il deserto. Il risultato è che T ripoli diventa molto più aperta verso l'Occidente (stile urbano, sistemi di vita, cultura) c Barka diventa sempre più orientaJe, conservando il proprio stile arabo. Un'evoluzione storica molto particolare che ha portato alcuni a sostenere che con Barka finisce il Mashreq mentre il Maghreb arabo comincia a Tripoli"~ . Come molte altre ex-colonie, la Libia era, in quanto struttura territoriale unitariab, fondamentalmente una creazione dcii' occupazione coloniale occidentale; l'occupazione italiana inoltre. soprattutto nel peri odo della riconquista fascista, "distrusse tutto ciò che restava dei precedenti tentativi de li ' l mpero Ottomano di creare uno stato embrionale e delle istituzioni burocratiche nei suoi territori nord-africani tra il XIX e il XX secolo"7• I.:unica esperienza libica di uno stato moderno era dunque associata aJla dominazione italiana, creando così una marcata diffidenza verso la presenza di effettive istituzioni. Inoltre la popolazione libica tendeva ad identificarsi politicamente non certo in una nazione libica, ma a livelli sub-statali (attraverso lealtà tribali o al massimo provinciali) o sovra-statali (affiliazione alla più grande nazione araba o all'umma islamica). Al momento dell'indipendenza, re ldris si trovò a dover concretamente portare avanti l'opera di costruzione dello stato, partendo quasi da zero. Le fondamenta su cui il sovrano senusso costruì il sostegno al suo regime furono le rendite generate esternamente. prima attraverso l'affitto alle potenze
' A fricanus. ibidem. • La Libia fu regolata dal 1951 al 1963 da un articolaro. e particolarmente farraginoso. sistema federale. Dirk Vandewalle. 1998. op. cit.
8
occidentali delle basi sul territorio libico, poi attraverso l'enorme flusso di denaro proveniente dallo sfruttamento delle risorse petro lifere.
La creazione di 1111 re11tier-state in Libia
Sin dall'ini=io, quindi, e già con la monarchia. si costruì in Libia un rentier-state' o stato distributivo in cui la lealtà, o meglio l'acquiescenza della popolct=ione, veniva comperata attraverso la distribtt=ione delle rendite generate esternamente e la non tassa::ione dei redditi interni. Lo strumento, classico, di distribtt=ione della rendita fu lo spellacolare ampliamento della burocra::ia statale, che divenne però "un 'arena per la ricerca di rendita e l 'avanzamento personale e non il luogo per /'articola::ione di interessi di gruppo o di classe'"'.
La creazione di una vasta burocrazia e lo svi luppo di un'economia di stato, legat~ profondamente alla rendita petrolifera, non determinarono però un simile ampliamento della capacità di intervento dello Stato, le cui istituzioni assumevano sempre di più una funzione distributiva e non regolatoria. Nel contempo, anche in vi rtù del sistema cli entelare favorito dalla distribuzione, le él ite rimanevano sostanzialmente legate all'espressione di interessi e identità regionali. "La [relativa] longevità della famiglia Senussa è spiegata [ ... ] dall'estensivo corporativismo, dal potere distributivo dello stato c dall'incapacità o la non volontà di immaginare un'alternativa migliore"10. È significativo come queste considerazioni po~sano essere in larga parte applicate anche al regime che sostituì quello senusso.
' Sul conce11o di rentier-state vd. Hu.a Beblawi and Giacomo Luciani (ed.). The Remier Swte, Croom Ile! m, New York. 1987. Questo conce11o è già slato ut ilizzato nell'analisi del sistema politico giordano nel numero precedente di Obiettivo: vd. Le leadersltip nel Medio Oriellle Arabo fs/amico, Obiellivo n° 1/2000. CeMiSS, Roma. Il conceno di rentier-state è applicato al caso libico in Oirk Vandewallc, 1998. op. cit. L'autore utiliua il termine di "distributive state", stato distributivo. l termini ci appaiono sostanzialmente analoghi c li uti lizzeremo quindi indistintamente. • Dirk Vandewalle, 1998, op. cit. 10 Dirk Vandewalle, ibid.
9
''Operar..io11e Gerusalemme": Gheddafl al potere.
U11 programma 11asseria11o per il IIUOVO regime: libertà, socialismo, llllità.
Evacuazione delle basi straniere, 11a·;;io11alizz.azio11e delle risorse eco11omiche e 11atura/i
I.:"Operazione Gerusalemme", come fu chiamata dagli "Ufficiali Liberi" che ne presero parte, il l settembre 1969 fu un classico colpo di stato mcdiorientale, condotto da giovani ufficiali, di origine socio-economica medio-bassa, non appartenenti alle élite che gestivano il potere. Dotati dì una formazione tecnica, addestrati nelle accademie occidentali, questi giovani militari trovavano un nemico chiaro neli' imperialismo occidentale, espresso, secondo loro, nella presenza sìonista in Palestina ed in quella anglo-americana nelle varie basi presenti nel mondo arabo. li modello da seguire era il Presidente egiziano Gamal Abd el Nasscr, il programma politico da applicare era quello tracciato nella sua Filosofia della Rivoluzione (Falsafa ath Thawra) e riassunta nelle tre parole: lwrriyya (libertà), ishtirakiyya (socialismo), wahda (unità). Il programma della nuova leadcrshìp era dunque orientato alla "neutralità positiva" c alla lotta all'imperialismo che, concretamente, vedeva come priorità la chiusura delle basi militari straniere, la nazionalizzazione dell'economia, il persegui mento tenace dell'unità araba, da intendersi come tappa inten~edia necessaria alla sconfitta dì Israele e all'eliminazione della presenza sionista in Palestina. Numerosi erano i richiami al socialismo e all'islamismo che avrebbero dovuto contribuire alla creazione di una società socialmente più giusta, fondata sui valori dell ' Islam 11 • Il nuovo regime non tardò ad applicare il suo programma: gli americani lasciarono la base di Wbeelus Field l' 11 giugno 1970, gli inglesi evacuarono la base di Tobruq/El Adem il 31 maggio dello stesso anno. Nel novembre 1969 furono nazionalizzate le banche straniere e nel lug lio 1970 i beni degli italiani residenti in Libia vennero espropriati e gli italiani espulsi, in quella che rimane una delle pagine più nere nelle relazioni italo-libiche. Il nuovo regime, approfittando delle divisioni tra le grandi imprese petrolifere mondiali e le imprese più piccole, come la Occidental Petroleum e l'ENl, maggiormente dipendenti dal
" ~lslam è tradizionalmente un 'importante fonte di legittimità in Libia, cui Gheddafi. come ldris prima di lui. ha sempre fatto riferimento.
IO
l piani di tmione
Rivoluzione (Thawra) non colpo di stato (inqilab)
petrolio libico 12, si applicò sistematicamente per ottenere un maggiore controllo sullo sfruttamento petrolifero, acquisendo tra il 1970 e il 1973 la maggioranza delle quote di tutte le imprese operanti sul suo territorio. In politica estera il regime si schierò immediatamente a favore dell 'unità araba, a fianco di Nasser e, subito dopo la sua morte, il leader libico Gheddafi si cinse del manto di crede dello scomparso leader egiziano. Il tema dell ' unità rimarrà a lungo centrale nell'azione politica Ubica. La Libia si fece promotrice di piani di unione, tutti falliti, in numerosissimi casi: nel 1969 con Egitto e Sudan, nel 197 1 con Egitto e Siria, nel 1972 con l'Egitto, nel 1973 con l'Algeria, nel 1974 con la Tunisia, nel 198 1 con il Ciad, nel 1984 con il Marocco, fino alla più recente creazione di un'unione meno stretta e meno ideologica, l'Unione del Maghreb Arabo. A questo si unì da subito una continua mobilitazione politica della popolazione chiamata a partecipare a quello che, nelle parole di Gheddafi, non poteva essere considerato un semplice colpo di stato militare (inqilab), ma che era una vera c propria rivoluzione (thawra) tesa ad affermare le reali aspirazioni della nazione libica nel segno dell'anti-imperialismo, dell 'islamismo, dell'arabismo e di un reale potere popolare. In questa mobi litazione continua, la figura carismatica del giovane Ghcddafi si affermò come quella del leader nazionale, mentre la sua statura internazionale awnentava costantemente. La mobilitazione della popolazione fu accompagnata dallo smantellamento di tutte le reti di potere del vecchio regime e dall 'ampl iamento dclla.distribuzione statale verso un sempre più ampio segmento della popolazione.
La Terza Teoria Universale, la Jam alliriyya, la rivoluzione su scala mondiale e la '1Joliticft eroica" Il boom petrolifero de1 1973 provocò un'esplosione delle rendite petrolifere libiche. Una capacità di spesa virtualmente illimitata, anche in considerazione della scarsità demografica, fornì a
o: L:ENI inoltre su ispirazione di Mattei aveva avviato una politica "anticoloniale'· di collaborazione con le realtà locali.
Il
Gheddafi ormai unico e incontrastato leader in Libia, uno spazio di autonomja così ampio da condurre, negli anni Settanta e nei primi anni Ottanta una politica interna cd estera rivoluzionaria.
!n politica in tema l 'applicazione delle Ter=a Teoria Un iversale teori=zata nel celebre Libro Verde portò alla creazione della Jamahirriyya'·'. lo stato delle masse; in politica estera a quella che è stata de.fìnita "heroic politics ·w. politica eroica. all' ''opposizione su scala globale", con l 'appoggio ai movimenti di liberazione nazionale come al terrorismo interna=ionale, e le avventure in Ciad, accompagnate dallo sviluppo di un enorme, quanto per larghi versi inefficace. potert=iale bellico.
La svolta de/1975
Gli amù tra il 1973 e il 1975 videro in Libia uno scontro tra Gheddafi e la componente maggiormente "rivoluzionaria" del regime. e i "tecnocrati" che culminò con il tentato colpo di stato dell'agosto 1975, guidato da due membri del Consiglio del Comando della Rivoluzione, Bashir Hawadi e Ornar al Muhayshi. "Gli eventi deWagosto 1975 costituirono" scrive Vandewalle "una svolta politica, economica e ideologica cruciale per la Libia"'5• Segnarono infatti 1a sconfitta della corrente tecnocratica, segnando la fine dell 'importanza del CCR e di una gestione collettiva del potere per dare a Gheddafi "carta bianca nel perseguimento delle sue idee di una società senza stato e nell ' indirizzo di enormi quantità di danaro verso avventure all 'estero e acquisti nù1itari"' 6 • Il Libro Verde, pubblicato tra il 1975 e il 1978, divenne la guida ideologica della rivoluz ione libica codi fica ndo i principi ispiratori di quella che Gheddafi defi nì la Terza Teoria Universale, intendendo con questo una teoria politica, economi-
u Jamahiriyya è un ncologisrno di Ghcddafi. Deriva da jamahir. plurale frano di jurnhur. che signifi ca massa (o popolo da cuijumhuriyya. repubblica). Quindi stato, potere, delle masse. " Vd. l. William Zartman and A. G. Klugc, Heroic Politics: The Foreign Policy o.f Libya in Bahgat Korany and Ali E. Hillal Dessouki (et aL). The Foreign Policy o.f the Arab States: the Cha/lenge o.f Change. Boulder, Westvicw, 1991. ·~ Dirk Vandewalle, 1998. op. cit. •• Dirk Vandewalle, ibid.
12 ~-
Il Libro Verde e la Terza Teoria U11iversale
Il carattere repressivo della democrazia rapprese11tativa
La soluzio11e: la democrazia diretta attraverso i Co11gressi Popolari
--------
ca e sociale che fosse allo stesso tempo alternativa al capitalismo e al comunismo. Essa avrebbe dovuto fornire, secondo Gheddafi, i principi guida per lo sviluppo e la soluzione dei problemi socio-economici non solo della Libia, ma del Terzo Mondo e potenzialmente dell'intera umanità. Al di là degli accenti profetici che Gheddafi ba amato dare alla sua ideologia 17, il Libro Verde costituì un programma concreto di azione per la rivoluzione libica, un rivoluzione che doveva essere, nelle parole del leader libico, una "rivoluzione perpetua" (al-jàtih 18 abadan). Nella prima parte del Libro Verde Gheddafi affronta il problema della democrazia. Il sistema rappresentativo, secondo il leader libico, è un' impostura, una forma di oppressione delle masse cui viene negato l'accesso al potere. l parlamenti in realtà, scrive Gheddafi, confiscano la sovranità popolare, imponendo il dominio dj una parte su tutti. Allo stesso modo il predominio di una classe, o di una tribù, o tli una setta, od anche di un partito, altro non sono che un inganno attraverso il quale una parte della società si arroga il diritto di parlare a nome di tutto il popolo. La soluzione per Gheddafi è la democrazia diretta, in cui la sovranità individuale è preservata. Concretamente il sistema si fonda sui Congressi Popolari di Base, cui partecipa tutta la popolazione. In questa sede i probl~mi delle comunità vengono discussi e le decisioni vengono prese. l congressi poi scelgono dei delegati per il Congresso Generale del Popolo, massima istanza, dove vengono affrontati i problemi generali. Questo poi delega l'amministrazione quotidiana e l'esecuz ione delle decisieni prese ai
" E che certo non hanno contribuito particolarmente ad alimentarne la credibilità: " Il Libro Verde è la nuova Novella ... una delle sue parole può distruggere il mondo. O sal vario ... il Terzo mondo ha bisogno solo del mio Libro Verde. La mia parola. Una parola e il mondo intero potrebbe saltare in aria. Il valore delle cose potrebbe mutare. E il loro peso ... ovunque c per sempre". Citato in Oriana Fallaci, lranians are Our Bro1hers, New york Times Magazine (December 16. 1979) ci t. in l. William Zanman and A. G. Kluge, 1991. op. cii. " Fatih (che si riferisce al giorno del colpo di stato, il primo di settembre - fatih. apre nte il mese) assume connotati religiosi. Fataha come verbo significa. oltre alla più comune accezione aprire. conquistare, ma con un sottinteso religioso. ovvero di espansione della Dar al-lslam, te rra islamica. Fatih è il nome derivato dal verbo, quindi non solo l'aprente. ma anche il conquistatore.
13
La nascita della Jamahiriyya in Libia
Comitati Generali del Popolo (sorta di ministeri). Allo stesso modo a livello locale vengono creati dei Comitati Popolari dj Base. Per non riprodurre la distorsione causata dalla rappresentazione, spiega Gheddafi, la chiave è nella delegazione: i membri dei Comitati e del Congresso Generale non rappresentano i congressi da cui sono stati scelti, ma ne riportano le istanze e le decisioni, in teoria senza alcuna autonomia e sotto il controllo del popolo. Il 2 marzo 1977, ritenendo ormai completamente realizzato il sistema da lui disegnato, Gheddafi proclamava " l'alba dell 'era delle masse" e lo stato libico assumeva la denominazione di "Al Jamahiriyya al arabiyya al Libiyya ash sha 'abiyya al ishtirakkiyya" ovvero "Jamahiriyya socialista popolare araba di Libia".
La distanza tra il potere formale, interamente investito nel popolo, e il potere reale, saldamente nelle mani del solo Gheddafi, si manifestò velocemente. Gli elementi chiave per la sopravvivenza del regime, la gestione della produzione petrolifera e delle rendite da essa derivanti, il controllo delle forze armate e le decisioni di politica estera, vennero sistematicamente tenuti fuori dalla portata dei Congressi Popolari.
La comparsa di una struttura "rivoluzionaria"
A rendere ancora più schizofrenico il sistema politico libico venne la separazione tra una struttura istituzionale, formata dai Congressi e dai Comitati Popolari, e una rivoluzionaria, espressa dai Comitati rivoluzionari creati nel 1977, che avrebbero dovuto fornire la guida ideologica della società e vigilare sull 'adesione dei Comitati e dei Congressi Popolari ai valori della rivoluzione libica. Intesi in un primo momento come un nuovo strumento di mobilitazione della popolazione libica, i Comitati Rivoluzionari divennero rapidamente lo strumento principale di Gheddafi per ridurre l'influenza di ogni gruppo che djvenisse ai suoi occhi troppo potente, per indurre una misura ulteriore di imprevedibilità in un sistema già altamente sregolato e per smantellare ulteriormente le strutture statali, perseguendo un progetto dj "a-statualità" 19, che, come abbiamo visto è una delle peculiarità storiche della politica libica.
19 State/essness nella definizione usata da Vandcwallc. Vd Dirk Vandewalle, 1998, op. cit.
14
Glteddafi: la Guida della Rivoluzione
l poteri dei Comitati Rivoluzionari si ampliarono, invadendo la sfera economica e giuridica, con l'istituz ione di corti rivoluzionarie, totalmente autonome dal sistema legale esistente e dalle leggi in vigore. Il 5 settembre 1979 Gheddafi ufficializzò la dicotomia tra potere istituzionale e potere rivoluzionario (e implicitamente la preminenza del secondo sul primo) dimettendosi da ogni carica per assumere "semplicemente" il ruolo di Guida della Rivoluzione: in realtà in un gioco abi le e continuo, in cui il leader libico alternava le varie fonti di sostegno cui si appoggiava, impedendo la nascita di ogni potere alternativo, il potere reale si era ormai concentrato nelle sue mani.
L'imprevedibilità del sistema accompagnata, e in un certo modo favorita, dalla continua e sempre maggiore capacità distributiva dello stato, rièlussero ulteriormente ogni spazio di espressione politica e di dissenso. "La capacità del regime di compiere. nelle parole di Marx, un "coup d'étal en miniature" ogni giorno" presentava pochissime d[flìcoltà, perché virtualmente ognuno profittava direttamente o indireltamente dell 'a/-· flusso massiccio delle rendite petrolifere "10•
Il "socialismo "di Glteddafi
La seconda parte del Libro Verde è dedicata ai rapporti economici. Jl sistema proposto da Gheddafi è un socialismo eterodosso. Il rapporto di lavoro subordinato è, per il leader libico, una forma di sfruttamento, perché il salariato è uno ichiavo del datore di lavoro che si appropria arbitrariamente del surplus prodotto. Anche il sistema comunista, in cui è lo stato a possedere ognj impresa, riproduce un analogo sfruttamento anche se questa volta da parte dello stato e dei suoi funzionari. Secondo Gheddafi, ogni lavoratore deve, partecipare al profitto che contribuisce a produrre: "shuraka' la ujara "', partner (soci), non lavoratori retribuiti. Nessuno, continua il Libro Verde, deve possedere più di quanto abbia bisogno, perché possedere più di quanto si neces-
:o
Dirk Vandewalle. ibid.
15
Le riforme eco11omich e e la distruzio11e del settore p.rivato
La demo11etizzazio11e del diuaro
Un 'eco11omia "centralmente 11011 pianificata"
siti vuoi dire sottrarre a qualcun altro, e dunque cominciare a controllare i suoi bisogni. In particolare tutti devono possedere la propria abitazione e nessuno deve possedere più case, la casa deve essere di chi vi abita secondo uno degli slogan più celebri "al bayt li sakinihi". L.:impatto delle misure economiche del Libro Verde, sistematicamente applicate, fu notevole. Proprietà e appartamenti furono espropriati e ridistribuiti, soprattutto in favore delle fasce meno abbienti, le imprese furo no sottoposte alla gestione di Comitati di Produzione di Base. Ogni impresa privata venne posta sotto il controllo governativo, tutte le importazioni, le esportazioni e le reti di distribuzione vennero affidate ad agenzia governative, le proprietà religiose (waqf) furono espropriate, distruggendo così il potere economico della classe religiosa degli ulema. 45.000 esercizi commerciali privati furono chiusi in favore di 153 supermercati statali.2 ' La misura più radicale intrapresa dal regime fu la demonetizzazione del dinaro nel marzo 1980. l libici dovettero, in una sola settimana, dichiarare l' intero ammontare dei propri averi e recarsi in banca per cambiare tutta la moneta liquida di cui erano in possesso. La son;una massima che si poteva cambiare fu però fissata in mille dinàri per persona, portando gran parte della popolazione a spendere freneticamente, cercando di convertire la moneta in beni reali. Solo il sistema bancario e quello legato alla produzione petrolifera, troppo importanti per il regime perché potessero essere esposti ad azzardi, sfuggirono alla riforma "rivoluzionaria": mentre lo stato acquisiva il controllo pressoché totale di ogni attività economica e produttiva, la sua capacità di controllo, pianifi cazione e gestione dell' economia nazionale non migliorava certo, ma anzi declinava, anche a causa di una continua fuga di cervell i, conducendo a quella che è stata definita con un paradosso "un 'economia centralmente non pianificata" 22 •
la V d. Angelo del Boca. Ghedd{ljì. Un{l Sjìd(l d(IÌ Deserto, Laterza, RomaBari. 1998. 11 "Centrally unplanned economy'' la definiz ione s i trova in Dirk Yandewalle, 1998, op. cit.
16
Aspettative cresce11ti e "re11tseeki11g"
A questo si univano i massicci investimenti in progetti colossali e prestigiosi, nei campi dell 'agricoltura e dello sviluppo idrico soprattutto, la cui razionalità economica era però quanto meno dubbia, e gli sproporzionati acquisti di armamenti. Infine a distorcere ulteriormente l'economia libica contribuì il comportamento dei cittadini libici: alle prese con un settore produttivo del tutto imprevedibi le e caratterizzati , alla luce delle rendite petrol ifere, da aspettative crescenti riguardo il proprio tenore di vita, si volsero sempre di più verso il terziario e in particolare il pubblico impiego, portando alla necessità di un'importazione massicc ia di mano d'opera da impiegare nelle attività produttive (agricole e manifatturiere).
In conclusione "le rendite petrolifere della Libia durante il decennio rivoluzionario permisero al suo leader di distribuire direltamente risorse - : a/traverso prestiti, sussidi, impieghi governativi, contratti e jòrniture di servizi - ai gruppi che giudicava necessari per la propria sopravvivenza, consentendogli allo stesso teinpo di utilizzare la propria autorità legislativa per creare rendite per i suoi diretti sostenitori attraverso w1 'efficace restrizione delle forze di mercato [ . .] Qualunque allività produttiva esistesse quando il regime salì al potere - pur già limitata a causa degli sviluppi sotto la monarchia - diminuì in favore di attività improduttive orientate alla rendita che portarono l 'efficienza economica a diminuire ulteriormente "11• " Th e heroic politics": l'oppositore su scala mo11diale
.
Parallelamente alla rivoluzione interna, Gheddafi portò avanti una politica estera interventista e avventurista, di "oppositore su scala mondiale", giocando abilmente sulle divisioni della Guerra Fredda. Le parole d'ordine della politica estera libica sono state l' unità24 e la lotta ali 'imperial ismo, incarnato agli occhi del Colonnello essenzialmente nella politica estera americana.
Dirk Vandcwalle. ibid. :• Araba prima di tutto, ma anche del Sahara. con il progetto di unire tutti gli stati del Sahara e del Sahel arabo in una gigantesca unione dall'Atlantico al Mar Rosso. :J
17
La Libia n ella Guerra Fredda
L e guerre di Ghedda.fi
Quest'u ltimo punto in particolare, sapientementc collegato dalla retorica del leader libico al ricordo dell'esperienza coloniale italianall, ha costituito una parte importante nella costruzione de l consenso e di una stessa identità politica libica . La politica di contrapposizione all'Occidente portò Gheddafi ad avvicinarsi ali ' Unione Sovietica, che divenne alla metà degli anni Settanta il pri ncipale fornitore d ' armamenti della Libia. Lo smisurato arsenale libico26 , unito alla pericolosa vicinanza politica all'Unione Sovietica, fecero della Libia per lungo tempo una spina nel fianco del dispositivo meridionale della NATO: era in particolare la possibilità che la Libia concedesse una base all ' Unione Sovietica a preoccupare l' Alleanza Atlantica, per l'effetto che avrebbe avuto sugli equ ilibri mediterranei. La Libia seppe, però, sempre destreggiarsi tra i due schieramenti cercando di non compromettere del tutto i propri interessi economici, consistenti , in Occidente e di massimizzare il sostegno politico sovietico, senza però perdere la propria autonomia: la concessione di una base sul proprio territorio all' Unione Sovietica avrebbe in parte contraddetto lo spirito d'indipendenza che animava l'anti-imperialismo libico, e che aveva trovato proprio ne lla chius~ra delle basi militari straniere nel proprio territorio uno dei suòi massimi successi. I.:arsenale accumulato servì a Gheddafi a persegu ire le proprie avventure a l di fuori dei confini libici, tese a perseguire gli obiettivi di unità e ad affermare l'influenza di un leader che, reputandosi l'erede di Nasser e il portatore di un messaggio di libertà e di riscossa per il mondo arabo e più ampiamente per il Terzo Mondo, non ha mai saputo rassegnarsi al ruolo impostogli dalla modestia della Libia nel panorama internazionale. La prima guerra condona da Gheddafi fu una guerra limitata con l'Egitto nel 1977, scoppiata dopo un lungo periodo di tensione con il leader egiziano Sadat. Quest' ultimo intendeva semplicemen-
:• Il cui continuo utilizzo e richiamo, pur rispondendo a fini essenzialmente di mobilitazione c di costruzione simbolica ed identitaria, ha contribuito non poco a complicare le relazioni italo-libichc. :. Probabilmente non solo convenzionale. Una delle accuse più frequentemente rivolte alla Libia di Ghcddafi è stata quella di essersi dotata. o di cercare di dotarsi, di armamento non convenzionale chimico, biologico e nucleare.
18
te dare una lezione allo scomodo vicino, per cui le forze egiziane si fermarono, ma solo dopo aver messo in rotta le forze libiche. Il secondo conflitto che vide impiegate forze libiche scoppiò in Uganda nel 1979. Gheddafi intervenne in soccorso del discutibile regime alleato di Idi Amin Dada alle prese con un'invasione del sud del paese da parte della Tanzania. L'operazione si concluse con un disastro per le truppe libiche. Il terzo conflitto, ben più lungo e le cui conseguenze furono assai più gravi per la Libia, fu l'interminabi le guerra nel Ciad. Originata dalle pretese di Gheddafi su lla striscia di Auzu, ritenuta dal Colonne llo parte integrante del territorio libico in virtLI di un accordo coloniale itala-francese, si protrasse con a lterne vicende, e con l' intervento diretto della Francia contro la Libia, fino agli anni Novanta, concludendosi anche in questo caso con una sconfitta libica. L'appoggio al terrorism o illtem azio11ale
Ma il lato della politica estera di Ghedda.fì che più esasperò l'Occidente fit l'appoggio logistico, politico, militare e soprattullo .fìnOiz=iario che la Libia fornì per tuili gli anni Sellanta e Ottanta ai movimenti di libera=ione nazionale e alrerrorismo illlernadonale. La lista dei movimenti appoggiati negli anni da Gheddafi è interminabile: vari movimenti palestinesi. in particolare quelli legati ad Abu 1 idal, il Fronte Eritreo di Liberazione, il Polisario nel Sahara Occidentale (a seconda dci rapporti intrattenuti col Marocco). lo Zimbabwe African National Union in Rhodesia, il South West African People's Organisation in Namibia, il movimento indipendentista delle Canarie, il Fronte Nazionale di Liberazione Moro nel le Filippine, il Fro nte Popolare di Liberazione deii'Oman, il National Congress in Sud Africa, la minoranza islamica in Thailandia, i ribell i colombiani e salvadoregni. Non manca l' appoggio agli indipendentisti curdi, mentre Gheddafi non esitò a spingersi ad appoggiare i Kanak della Nuova Caledonia e gli abitanti di Yanuatu nelle Nuove Ebridi! 27 Più importante, Gheddafi operò direttamente nelle nazioni occidentali sovvenzionando e forse armando l' l RA in Gran
1
'
Vd. Angelo del Boca. 1998, op.cit.
19
Gli attacchi americani della primavera 1986
Bretagna, l'ETA in Spagna, la banda Baader-Meinhof in Germania e le formazioni di Ordine Nuovo, di Prima Linea e delle Brigate Rosse in Italia. Moltissimi furono gli attentati a cui i servizi di informazione occidentali collegarono il Colonnello a cominciare dagli attacchi agli aeroporti di Atene e di Fiumicino nel 1973, fino ai numerosi omicidi di oppositori libici all 'estero e al maldestro tentativo nel 1980 di destabilizzare la Tunisia con un attacco a Gafsa. Tripoli venne inserita, insieme a Teheran, Damasco e Baghdad, tra le centrali mondiali del terrorismo nei rapporti del Dipartimento di Stato statunitense; Gheddafi iniziò ad essere descritto come uno dei nemici pubblic i degli Stati Uniti e un pericolo per gli interessi vitali americani. Il confronto tra gli Stati Uniti e Gheddafi caratterizzò tutti gli anni Ottanta e gli anni Novanta, ma visse il suo momento più intenso durante l 'amministrazione Reagan. Il presidente americano individuò in Gheddafi una minaccia reale agli interessi americani : la CIA monitorò costantemente le attività del Colonnello, pianificando anche possibili operazioni tese a far cadere il suo regime, l'amministrazione americana pubblicò nel 19,85 un rapporto dal titolo " Gheddafi: una sfida agli interessi americani e occidentali". Gli Stati Uniti non esitarono a intervenire con la forza. Tra il 24 e il 25 marzo 1986 la marina USA, in risposta ad un attacco da parte delle fo rze di Tripoli che reagivano a l superamento del limite, unilateralmente stabilito da Gheddafi e non riconosciuto da Washington, delle acque territoriali libiche, attaccò numerosi obiettivi militari in Libia, causando 72 morti libici. Pochi g iorni dopo una bomba nella discoteca La B elle di Berlino Ovest, frequentata da militari americani , causò due morti e oltre duecento feriti. Persuaso che i mandanti dell' attentato fossero libici, il presidente americano Reagan decise una massiccia rappresaglia contro la Libia, con l'obiettivo non troppo nascosto di eliminare fisicamente il leader libico. 11 15 aprile aerei americani bombardarono Tripoli, Bengasi e a ltri obiettivi militari, colpendo ripetutamente la caserma di Bab e l Aziziyya, dove abitualmente risiede Gheddafi. t.:attacco causò 37 vittime, secondo le stime ufficiali libiche, e 93 feriti. Tra i morti la figlia adottiva di Gheddafi, Hanna; tra i feriti la mog lie del leader, Safiya, e i figli Sayf al
20 Islam e Saadi. L'obiettivo dell'eliminazione fisica di Gheddafi, che sparirà, però, per delle settimane dalla scena politica, fu però mancato.
La difficoltà di "normalizzare la Rivoluzione"
L'embargo
ONU
La fine degli anni Ottanta e gli inizi degli anni Novanta videro Gheddajì in una difficile posizione. La crisi dei prezzi petroliferi e il crescente malcontento in Libia, non solo tra il popolo, ma anche in ambienti vicino al potere e ali 'interno dell'esercito, rig uardo le sue politiche avventuristiche, lo spinsero ad avviare una difficile riforma della sua rivoluzione. Internamente il regime provò ad avviare alla fine degl i anni Ottanta una difficile politica di apertura economica (injìtah) che, in parte mitigando le asprezze del decennio rivoluzionario, portasse ad uno svi luppo del settore privato che rispondesse almeno in parte a lla diminuzione delle rendite petrolifere. La riforma economica ebbe però un :successo decisamente limitato " fornendo un' importante indicazione degli ostacoli che g li stati distributivi incontrano nell ' affrontare crisi fisca li e nell ' applicare riforme di lunga durata. Questi stati sono caratterizzati da intricate strutture clientelari durante g li anni di boom che trasformano i tentativi successivi di alterazione di questi dispositivi di cl ientela e di welfare in questioni altamente po liticizzate. In particolare in stati come la Libia dove la generosità distributiva si accompagna a una politica populistica e dove l' élite che costituisce la base di supporto del regime è ristretta, il ritiro dell'assistenza c lientelare è visto come politicamente impossibile"zs: Anche la campagna diplomatica tesa a rompere l'isolamento libico naufragò contro la determinaz ione americana. Nel 1991 i francesi e gli americani riconobbero la Libia come responsabile degli attentati che distrussero nel 1989 un DC l O de li ' UTA in volo sul deserto del Teneré e nel dicembre 1988 un Jumbo PAN AM nei cieli scozzesi. Sebbene la Libia negasse recisamente ogni suo coinvolgimento negli attentati, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, con una risoluzione del tutto inedita, nel gennaio 1992 impose
2 '
Oirk Vandcwalle. 1998, op. cii.
21
delle sanzioni economiche alla Libia, imponendole la consegna dei sospetti (ris. N°748/92 e 88311994, rinnovate in seguito). I tentativi americani di rendere più severo l'embargo, estendendolo alle esportazioni di petrolio, fallirono a causa dell'opposizione europea, in particolar modo dell'Italia e della Germania. L'isolamento internazionale impose ancora una volta un ripensamento al regime di Gheddc{fì, e un nuovo tentativo di normalizzazione.
L'opposizione a Glteddafi "In Libia non vi è un 'opposizione strutturata che si presenti come una reale alternativa al regime "19. Questa osservazione ci è stata confermata in diverse interviste con osservatori delle vicende Libiche. L'opposizione libica appare "frammentata, dismganizzata, disomogenea, e non presenta motivi di p reoccupazione reale per il regime "10: Il regime è St?tO particolarmente efficace negli anni nell'opera di repressione' di ogni forma organizzata di opposizione, non esitando a ricorrere alla fo rza, alle punizioni collettive e agli assassini politiciY Oggi l'opposizione a Gheddafi sembra poter essere ricondotta essenzialmente a due correnti: quella laica e quella islamica. L'opposizione laica in esilio
I.: oppo~izi o n e
laica in esil io appare divisa in molte fazioni, non solo a causa di di fferenze ideologiche, ma anche a causa di rivalità persona li.
l'l Ottavi a Schmidt di Friedberg, La Libia nel Mediterraneo: quale fùturo? In Relazioni Internazionali no 45. luglio-agosto 1998 30 Intervista personale . 31 A questo va aggiunto l' appoggio di alcuni servizi segreti occidentali. E' certo che ne i primi anni alcune azioni dcll 'opposiziÒne, soprattutto monarch ica, fall irono anche grazie airaiuto dci servizi italiani e statunitensi. Se col passare degli ann i il sostegno americano è venuto meno, lo stesso non sembra potersi di re per quello italiano.
22
I limiti del/ 'opposizione
in esilio
L'opposizione monarchica è costitUita dal pretendente al trono Muhammad al Hassan al Sanussi e dall 'Unione Costituzionale Libica di Muhammad Ben Ghaliun, fondata in Inghilterra, a Manchester, nel 198 1. Il nucleo dell 'opposizione libica è però il Fronte Nazionale di Salvezza della Libia (FNSL) fondato da Yusuf al Muqarif. Appoggiato dagli Stati Uniti, il FNSL raggruppa diverse componenti ideologiche, islamisti, elementi di sinistra, monarchici e democratici ; ha stabil ito una struttura militare, l'Esercito Nazionale Libico, con oltre mille volontari e pubblica un settimanale, A l lnqadh (Salvezza), e un mensile Akhbar Libya (Notizie della Libia). 32 Il FNSL si è schierato per la creazione di un sistema democratico e pluralista in Libia dopo la caduta del regime di Gheddafi . l limiti dell'opposizione in esi lio sono diversi: prima di tutto la divisione in molteplici e per larghi versi irrilevanti correnti; in secondo luogo la loro concentrazione quasi ossessiva sulla necessità della rimozione di Gheddafi dal potere che li ha portati a trascurare l'elaborazione di un programma concreto per il dopo-Gheddafi. " l programmi del FNSL e di altre organizzazioni in esi lio mostrano scarsa attenzione alle specifiche e assai spinose sfide- i fatti sul terreno - che dovranno affrontare nel riordinare la politica libica del dopo Gheddafi (... )se non risponderanno a queste ed altre questioni questi g ruppi rischiano di fronteggiare la nuova Libia con buone intenzioni ma coq una strategia insufficiente riguardo al come procedere" 13 • Soprattutto l'opposizione in esilio non sembra in grado di mobilitare un sufficiente sostegno all ' interno della popolazione né per rovesciare Gheddafi né per gestire efficacemente lo scc-
2 ' Vd. Mary Jane Dcbb. Politica/ and Economie Developmelll in Libya in the 1990s in Yahia H. Zoubir, North Aji-ica in Transition. State. Society. and Economie Transformation in the 1990s, University Press of Florida, Gainesvillc. 1999. '' John Barger, Afier Qadlwjì: Prospects for Politica/ Party Formation and Democratisation in Libya in Journal of orth African Studies. voi 4. o. l (Spring 1999).
23 nario di una sua successione. Essa appare sospetta agli occhi della popolazione libica a causa dei suoi contatti con le nazioni straniere occidentali ed in particolare con gli Stati Uniti . Gheddafi è stato infatti capace di creare negli anni, essenzialmente attraverso il proprio carisma, un'identità libica fondata sul ricordo dell'esperienza coloniale, numerosi sono i riferimenti all'eroe libico deJla resistenza anti-italiana Ornar al Mukhtar, e sulla necessità di resistere all ' imperialismo e quindi all'Occidente. Questi valori, in parte sinceramente recepiti all'interno della popolazione, influenzano l' immagine di un 'opposizione troppo dipendente da potenze giudicate ostili, e quindi essenzialmente anti-patriottica.
L'opposiziolle islamica
/1
"jòlltlalllelltalismo di Stato"
"In Libia, l'opulenza petrolifera e la politica di decolonizzazione culturale, attuata dal Colonnello Ghedda.fì con un radicalismo senza precedenti nella regione, hanno a lungo sommato i loro e;ffèlti a ritardare la .fioritura dell 'islamismo [ . .} le pratiche del regime, insomma hanno per molti aspelli anticipato la domanda islamica, e il fondamellfalismo di Stato ha così occupato tutto il terreno di 1111 eventuale fondamentalismo di contestazione ··J~. Gheddafi, lo si è visto, comprese da subito l' importanza di una legittimità anche islamica nella tradizione libica e d'altra parte la stessa Terza Teoria Universale si dichiara fondata in parte anche sui principi e i valori della relig ione musulmana. 11 regime portò quindi avanti tutta una serie di azioni, dal valore eminentemente simbolico, tese ad affermare il carattere islamico dello stato li bico: un'arabizzazione totale di tutti i documenti, le insegne e i cartelli presenti in Libia, l 'adozione della bandiera verde dell ' l slam come emblema nazionale (e verde d'altro canto è anche il Libro di Gheddafi), l' imponente finanziamento di un'associazione missionaria islamica, attiva prevalentemente in Africa, e soprattutto l'adozione del Corano come base della legge di stato.
,.. François Burgat, Il Fondamentalismo fs/amico. Algeria. Tunisia. Marocco. Libia, Società Editrice Internazionale. Torino, 1995.
24
Lo sco11tro co11 gli ulema
La rottura tra gli ulema e con le strutture religiose tradizionali e il regime si consumò sul finire degli anni Settanta, quando l'applicazione rivoluzionaria del Libro Verde e la creazione della Jamahiriyya, soprattutto per gli aspetti economici e sociali della Terza Teoria Un iversale, iniziarono ad entrare in contrasto con alcuni principi religiosi tradizional i. Lo scontro avvenne su un punto prettamente teologico: nel recepire il Corano come fonte immutabile di legislazione Gheddafi ufficializzò la sua opinione che si dovessero abbandonare gli hadith (detti e fatti del Profeta) e quindi la stmna (tradizione del Profeta) come fonte religiosa e quindi la sharia su di essi fondata come fonte di diritto immutabile. In un incontro con un consesso di ulema nel luglio 1978, Gheddafi illustrò le sue opinioni: la tradiz ione dei detti e fatti del Profeta è un 'opera umana, storicamente sviluppatasi tre secol i dopo la l'l)Orte di Maometto ; risente quindi di interpolazioni , storicarnente determinate dai dibattiti teologici dell'epoca. La sharia, quindi , che ne deriva non è altro che una costruzione giuridica umana , opera storica dei teologi musulmani: "Considero la sharia diritto positivo allo stesso titolo del diritto romano, del Codice napoleonico, di tutte le leggi elaborate dai giuristi francesi, italiani, ingles i e musulman i" 35 • I.:attacco, pur nella sua natura teologica, apparteneva a quell'attacco più generale che Gheddafi condusse negli anni Settanta contro tutti i poteri organizzati all'interno della Libia, ed era dunque indirizzato verso il potere sociale degli ulema, custodi proprio di quella tradizione religiosa che veniva negata, e in nome della quale avrebbero potuto contrastare le misure rivoluzionarie c riformiste del leader libico. Alla diatriba teologica seguì la repressione: espropriazione delle proprietà religiose (waqf), arresti dei religiosi, attacchi contro le moschee. mentre i religiosi definivano le posizioni del leader libico come eretiche.
" Ghcddafi citato in Ha m id Barrada. Mare Kravctz. Mare \Vhitakcr (a cura di), Je s11is 1111 opposa111 à /"échelon mondia/ in Annuire dc I"Afrique du ord.. 1982. Citato in François Burga!, 1995, op. cii.
25
I gruppi islamici, da soli, nofl costituiscono una minaccia reale
Negli anni Ottanta iniziarono, in parallelo, a formarsi gruppi fondamentalisti islamici capaci di organizzare attentati. Numerosi sono stati negli anni gli attacchi degli islamici a personalità del regime, soprattutto dei comitati rivoluzionari, e allo stesso Gheddafi. La repressione dei gruppi islamici è stata, però, particolarmente feroce ed efficace e ad oggi l' opposizione islarnica appare frammentata in numerosissimi e disparati gruppi incapaci di coordinarsi efficacemente tra loro o di mobilitare all'interno della popolazione un reale sostegno. "Gli islamici, che sono oggi verosimilmente - specialmente dopo /'intensifìcarsi della repressione contro di loro- i più adatti a reclutare l'elemento umano capace di sacrificarsi in un attentato, non sembrano (ancora) capaci di mobilitare, a fortiori in un contesto regionale a loro molto ostile, risorse organizzati ve sufficienti a farli aspirare, senza il sostegno del/'esercito, al rango di alternativa politica "J6.
La Libia nel XXI secolo: stabilità di w t rentier state. '
La sospeflsione dell'embargo e il reintegro della Libia nella Comunità Internazionale
Le sanzioni decretate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite hanno segnato un periodo di isolamento della Libia nella Comunità Internazionale, anche se il grado di adesione, morale e materiale, alle decisioni ONU è stato estremamente differenziato, non solo tra i paesi Occidentali e i più critici paesi arabi e africani , ma anche all' interno dell' Occidente e della stessa Europa (dali ' intransigenza degli Stati Uniti e della Gran Bretagna alla poco convinta adesione dell'Italia). 11 momento dell a svolta, con la sospensione dell'embargo ed il principio di una reintegrazione della Libia ne lla Comunità Internazionale, è stata la consegna da parte di Tripoli degli imputati per la strage di Lockerbie a un tribunale scozzese, istituito però in Olanda con la presenza di osservatori internazionali.
3
•
François Burgat, ibid.
26
Efficacia delle SaiiZÌOIIÌ?
La Libia ha poi "confermato il proprio rifiuto del terrorismo e la sua disponibilità a pagare gli indennizzi alle famiglie delle vittime, nel caso in cui gli imputati fossero riconosciuti colpevoli"n. Le domande che è necessario porsi riguardo le sanzioni sono diverse, e certo le risposte individuabili non sono neutre rispetto ai rapporti per il futuro con la Jamahiriyya libica: prima di tutto bisogna chiedersi se esse abbiano realmente funzionato e se abbiano raggiunto i fini prefissati; è necessario, poi, interrogarsi circa gli effetti che le sanzioni hanno avuto a ll ' interno della Libia e rispetto alla stabilità del regime, per poi comprendere quali sono state le spinte che hanno portato Gheddafi e il regime libico ad una svolta moderata. Le sanzioni hanno funzionato? Gli Stati Uniti, principali promotori e sostenitori delle misure ONU38, sostengono dj sì. Esse hanno costretto, secondo Washington, Gheddafi a dimostrarsi maggiormente conciliante ed infine hanno portato alla consegna
degli imputati al tribunale competente39• In realtà, dubbi riguardo l'efficacia delle sanzioni sono stati più volte avanzati : 0 Le sanzioni hanno da subito incontrato le perplessità e le critiche di una vasta parte della Comunità Internazionale, in panicolar modo tra i Paesi dell'Africa e nel mondo arabo. Anche i paesi Europei, Italia in testa, ma anche Germania e Spagn~ , hanno sempre dubitato che un atteggiamento esclusivamente punitivo avesse una reale efficacia nei confronti di Gheddafi e si sono opposti con successo ad un embargo che colpisse le espor-
,, Vd . Giuseppe Quarto. La Politica Estera della Libia negli Anni '90 in Aflàri Esteri n° 127, lug lio 2000. " Gli Stati Uniti hanno decretato anche delle sanzioni unilaterali alla Libia, decretando un embargo totale dei commerci USA con la Jamahiryya. A queste misure si è aggiunta in seguito la legge D'Amato, dalla dubbia legittimità giuridica, che comminava sanzioni a tutte le imprese straniere che intrat1enevano commerci con T ripoli. ,. Uno degli imputati è stato poi riconosciuto colpevole, mentre il secondo è stato assolto. .ao Vd. ad esempio Giuseppe Quarto, 2000. op. cir. l'argomentato Samir Sobh, Libye: l'Embargo Inefficace, Politique Internazionale n° 64 - été 1994 e Tim iblock, Jrak. Libye. Soudan: ejJìcaciré des sancrions? in Politiquc Etrangére. n° 1-2000.
27
tazioni petrolifere, da cui dipende fortemente la politica energetica di questi paesi41 • La campagna diplomatica libica tesa a rompere l'isolamento internazionale ha conosciuto nella seconda metà degli anni Novanta un successo crescente. Gheddafi rompeva più volte l'embargo aereo, aumentava la propria proiezione africana42, raccogliendo la solidarietà di un gran numero dei paesi africani e quella ufficiale dell'QUA. Un successo di grande portata per la Libia è stata l 'apertura delle relazioni dipl omatiche con la Santa Sede, mentre il sostegno personale espresso dal leader sudafricano Nelson Mandela con una visita in Libia assumeva un pesante valore morale. L'Italia, come si vedrà nella seconda parte, ha assunto in questo contesto un ruolo importantissimo di "ponte" tra la Libia e la Comunità Internazionale. Alla fine la soluzione adottata, con l 'istituzione in Olanda di un tribunale scozzese, si è rivelata una soluzione di compromesso che avrebbe potuto essere raggiunta, probabilmente, anche con un atteggiamento maggiormente conciliatorio e che riflette senza dubbio il grado di successo delia campagna diplomatica libica e l 'erosione progressiva del/ 'appoggio di vasta parte delia Comunità Internazionale alle sanzioni. Demonizzare Gheddafi?
Più in generale è l' efficacia di un atteggiamento demonizzatore nei confronti di Gheddafi che viene rimesso in questione. Se la fermezza è d'obbligo nei confronti di regimi che sistematicamente sostengano il terrorismo e l 'eversione internazionale e violino i diritti umani, l'atteggiamento occidentale, e più particolarmente statunitense, di demonizzazione di Gheddafi sono risultati in passato controproducenti.
"Vd. inoltre Samir Sobh, 1994, op. cit. sulle misure prese dal regime libico per minimizzare gli effetti dell'embargo, in particolare sul versante finanziario. " Fino a dichiarare nel 1999 che la Libia non era più un paese arabo, ma un paese africano (l'effetto principale di quest' ar)nuncio fu la sostituzione della mappa della Lega Araba alle spalle dello speaker del telegiornale con quella africana). Recentemente al summit della Lega Araba Gheddafi ha invitato i paesi arabi ad tmirsi ali' Africa per sopravvivere nell'" era dei satelliti".
28 Il botta e risposta quasi quotidiano di Gheddafi e Reagan "negli anni Ottanta, la dichiarazione di Bush secondo cui Gheddafi rappresentava una minaccia insolita e straordinaria per la sicurezza degli Stati Uniti, contribuirono senz'altro ad aumentare la statura internazionale del leader libico, facendo sembrare quello che è in realtà un confronto impossibile tra uno stato piccolo e dalla limitata influenza, la Libia, governato da uno stravagante dittatore, Gheddafi, e la prima potenza mondiale e il suo leader, un confronto realmente proponibile. "C'era" scrive Vandewalle " nel confronto con gli Stati Uniti , un ' immagine auto-appagante che sia il leader libico sia il governo statunitense incoraggiaro no deliberatamente o inavvertitamente. La continua pressione degli Stati Uniti non solo fornì a Gheddafi l'opportunità di deviare qua lunque critica interna che il CGP cautamente manifestasse, ma creò pure l' illusione che l ' antagonisn~o estremamente impari fosse in qualche modo valido"~;. Anche Zartman e Kluge anali zza ndo la politica estera di Tripoli colsero, prima dell 'imposizione delle sanzioni ONU, i limiti della politica del confronto con Gheddafi: " cercando semplici interpretaz ioni, rifiu tando le convenzioni ultra-sofisticate del mondo diplomatico urbano, agendo come un Asterix o un Braccio di Ferro del mondo, Gheddafi spesso ottiene l'applauso come uno sca ltro eroe popolare, facendo cose c he le persone più sagge farebbero volentieri (se non fossero più sagge) ( ... ] col suo linguaggio e con i suoi obiettivi , la L ibia esprime semplicemente - talvolta éon forme estreme - idee che sono comun i a molte componenti dello stato e della società nel Med io O riente [ ... ] Gheddafi può ottenere più comprensione per il maltrattamento subito dali ' Occidente, di quanta ne possa ottenere per le s ue pretese di leadership. In questo senso, la Libia ha trovato per sé un ruolo diverso - non quel lo della leadership ca rismatica, dell ' uomo sul cavallo bianco, ma quello del fuorilegge solitario, de ll 'eroe popolare, del predone del deserto ammirato per i suoi exploit ma privo di un seggio a corte. Per i suoi ammira-
" Dirk Vandewalle. 1998. op. cit.
29
tori, Gheddafi non è Riccardo Cuor di Leone o il Saladino, quanto piuttosto Robin Hood"4-l. L e sa11zio11i com e giustijìcazio11e di og11i problema
Gli effetti delle Sallziolli sul/a popolazione
La svolta moderata viene da lonta11o
Le sanzioni hanno infatti fornito , internamente, a Gheddafi uno strumento per sbarazzarsi dei nemici interni e una scusa con cui giustificare qualunque disagio la popolazione dovesse sopportare, dipendesse realmente o meno dall ' imposizione delle sanzioni internazionali. Jl malumore montante che ha attraversato la Libia negli anni Novanta, e che si collega direttamente all ' incontro delle aspettative crescenti della popolazione con la crisi fiscale che lo stato ha cercato di fronteggiare con una non riuscita riforma economica, è stato deviato, imputando all ' ostilità dell a Comunità Internazionale anche problemi che derivavano più da difetti strutturali del regime libico. Le sanzioni, quindi, non paiono aver realmente indebolito il regime, anche se hanno avuto sicuramente un effetto pesante sulla popolazione45 sia in termini economici sia in termini psicologici . L'embargo sui voli, in particolare, ha creato a ll ' interno della popolazione la sensazione di vivere in condizioni di assedio, oltre a prov;ocare pesanti disagi per tutti quei malati che in passato si sarebbero recati in Italia e negli altri paesi europei per sottoporsi ai trattamenti medici necessari. Le sanzioni hanno influito, quindi, ne l provocare la svolta moderata della Libia, soprattutto rafforzando una corrente moderata all' interno del regime opposta alla corre nte più ideologica e rivoluzionaria46 , ma le ragioni profonde di questa svolta vengono da lontano e si legano direttamente alla natura stessa del regime.
•·• l. William Zartman and A. G. Kluge, 199 1, op. ci t. •s Un effetto pesante, ma non insopportabi le. Il paese è andato avanti, e
al cuni osservatori ritengono che gli effetti delrembargo siano stati amplificati volutamcntc dal regime. •• La corrente moderata è ben rappresentata dalla struttura del ministero degli esteri libico, mentre JaUud, ora messo da part~. e ra considerato il leader della corrente rivoluzionaria. Evidenziato il dibattito esistente nell 'élite libica, è importante però non sopravvalutarne rimportanza e l'influenza reale: il potere decisionale è saldamente concentrato nelle mani del leader, Gheddafi. Il dibattito può influenzam e le decisioni. ma non determ inarl e.
30
La Libia, esempio classico di reutier-state
Nessuua tassazioue lleSSII/Ul
rappreseutauza
ludipeudeu za del regime dai propri cittadiui
La massi m izzazioue della reudita e la uascita di sistemi c/ieutelari
La Libia, abbiamo visto, è Wl caso tipico di rentier-state, o stato distributivo, secondo le definizioni che abbiamo adottato. Uno stato distributivo, fruendo di una rendita che è generata esternamente e non è estraua dai cilladini (nel caso libico, e tipicamente, ww risorsa naturale, il petrolio), non ha bisogno di estrarre risorse dai propri cittadini attraverso la tassazione, ma può al contrario distribuire le risorse che estrae esternamente al/ 'interno della popolazione. Non essendovi tassazione non vi è redistribuzione, ma semplice distribuzione. In un processo che rappresenta il contrario del principio della Rivoluzione Americana "nessuna tassazione senza rappresentcmza ", il regime in uno stato distributivo "compra l'acquiescenza" della propria popolazione: "nessuna tassa=ione, nessuna rappresentanza ". Il regime, quindi, i~ uno stato distributivo gode di una notevole indipendenza e di una considerevole stabilità f intantoché garantisce un certo livello di sicurezza economica. Il processo distributivo passa attraverso due cana li principali: attraverso la creazione di posti di lavoro, soprattutto grazie alla creazione di enormi, e per una grossa parte inutili. burocrazie, e attraverso una poli tica dei prezzi controllata dallo stato g razie ai sussidi ai beni di prima necessi tà c he vengono venduti a un prezzo politico inferiore, e a vo lte di g ra n lunga. al prezzo di mercato. Tipicamente il comportamento della popolazione in uno stato distributivo si orienta alla ricerca della massimizzazione della rendita, sviluppando sistemi cliente lari di articolazione degli interessi, attraverso i quali passa in parte la distribuzione•', dalla testa della piramide, formata dall 'élite, fino a lla base che raggiunge l' intera popolazione. G li effetti di questa relazione politica sullo stato c sulla società sono importanti.
·· t.: accesso a una posizione di potere diviene q uindi lo strumento per accedere alle risorse economiche collegate, che verranno poi distribuite ai livelli più bassi. creando una rete clientelare che è essa stessa strumento politico per accedere a posizioni di potere.
31
Istitu zioni distributive e non regolatorie
Depoliticizzazione della società e articolazione informa/e degli interessi
Lo stato, proprio perché sostanzialmente non deve rispondere ai propri cittadini, sviluppa un 'autonomia decisionale pressoché illimitata, ma crea strutture e istituzioni incapaci di regolare efficacemente l'economia locale, che diviene sempre più basata sulla distribuzione e non sulla produzione (se non de lla materia prima da cui deriva la rendita). "A causa de l modo singolare con cui si ottengo le entrate, chi governa non ha bisogno di creare elaborati sistemi fiscali , regole o meccanismi che aiutino a decidere chi tassare, o quando o a quale live llo. Avendo una base fiscale non elastica, chi governa non è costretto a creare burocrazie che simultaneamente estraggano, redistribuiscano, raccolgano informazioni, e - se chi è al potere decide in ta l modo - discriminino nel perseguimento di obiettivi sociali''~ 8 • Dali 'altra parte la società, oltre a rivolgersi prevalentemente alla massimizzazione della rendita e non del profitto attraverso la produzione, tende a depoliticizzarsi e a privileg iare canal i informali (clientelari) di articolazione deg li interessi.
Le debolezze degli stati distributivi sono essenzialmente due: la dipendenza dalle rendite esterne, e quindi dai f attori che ne detenninano l'f!ntità, e le aspettative crescenti, o anche semplicemente le aspettative della popolazione.
Dipendenza dalle rendite e aspettative crescenti:
Nel caso della L ibia la rendita deriva dalla vendita di materie prime: il petrolio e in misura crescente nel futuro i gas naturali. L'entità delle rendite libiche dipende dunque dalla domanda di petrolio 49 e dai prezzi di questo sul mercato mondiale. La crisi de i prezzi del petrolio nella seconda metà degli anni Ottanta e nei primi anni Novanta, provocò una cri si fiscale in Libia. Con delle rendite fortemente dinùnuite, ed incapace di operare efficacemente sulle condizioni de l mercato, uno stato dìs-
•• Dirk Vandewalle, 1998, op. cit. •• Domanda che non risponde a sole logiche "'dÌ mercato", ma anche a logiche politiche. Un embatgo petro lifero avrebbe messo in ginocchio la Libia, la pe rdita del mercato americano a seguito dell 'inasprirsi del confronto con gli USA causò gravi problemi.
32
La dijjicoltà della rijòrma ili 11110 stato distributivo
Riformare /'eCOIIOIII Ìa sig11ijica ridiscutere il cotltratto sociale
triburivo è costretto a tagliare la propria spesa, riducendo quindi la distribuzione, o ad aumentare le proprie entrate attraverso la tassazione e quindi l'estrazione di risorse interne o a differenziare la propria economia, sostituendo parte della rendita con la produzione 50 • La differenziazione dell 'economia, e la creazione di un'economia sostenibile sono passi necessari, ma inevitabilmente di lungo periodo. Inoltre, come nel caso libico e come si è già detto, spesso gli stati distributivi mancano della capacità di intervenire efficacemente sull 'economia. " La politica economica rimane disarticolata e dimostra una scarsa preoccupazione per lo sviluppo postpetrolifero [ .. . ]i mercati, come indica il caso libico, non esistono in un vuoto amministrativo, sociale e istituzionale. Per creare mercati interni competitivi, non è semplicemente sufficiente eliminare quelle parti della bJ.IrOcrazia che posseggono, controllano e regolano il flusso di be~e e di servizi, come si intende spesso col termine liberalizzazione in letteratura. Lo stato deve attivamente dispiegare o ri-dispiegare, creare o ri-creare, gli strumenti a sua disposizione per portare a termine i difficili compiti di amministrazione e di regolazione indiretta per definire i diritti di proprietà, per far osservare i contratti, tagliare i costi di transazione e, infine, promuovere una competizione reale".s' Intraprendere un difficile percorso di riforma economica, ma anche tagliare semplicemente la distribuzione, sig nifica però inevitabilmente ridiscutere il contratto sociale tra il regime, lo stato e i cittadini. • La distribuzione, infatti, soprattutto negli anni di boom economico, in cui lo stato ha a propria disposiz ione rendite quasi illimitate, crea all'interno della popolazione la convinzione che un tale stato delle cose rappresenti la normalità, ed anzi contribuisce a creare delle aspettative crescenti, e la convinzio ne che il proprio tenore di vita sia destinato a migliorare costantemente. Scontrandosi con queste aspettative, la diminuzione de lla distri-
"' Oppure è costreno ad indebitarsi sul mercato internazionale dei prestiti, rinviando sostanzialmente il momento della verità. " Dirk VandewaiJe. 1998, op. cir.
33 buzione non può che minare la stabilità del regime aumentando il malumore della popolazione e le possibilità che questa, violentemente o meno, chieda una ridiscussione del contratto sociale nel senso di una maggiore rappresentatività o comunque di una minore indipendenza del regime.
La riforma economica è dunque tm passaggio particolarmente dfffìcile e polen=ialmente destabili==ante per gli stati distributivi; due condizioni però sembrano poterfornire uno spazio di manovra alla Libia: la presente congiuntura petrolifera e la fine delle sanzioni.
Co11giullfllra attuale e possibilità di 1111a riforma graduale i11 Libia
Gheddafi: al ce11tro del sistema da lui stesso creato
La Libia non sembra dover fronteggiare, grazie agu attuali prezzi petroliferi, una crisi fiscale nel breve periodo; anche la fine delle sanzionj e il reintegro nella Comunità Internazionale sembrano dare una boccata d 'ossigeno all'economia libica. Tripoli sembra potersi dunque avviar sulla strada di una graduale e prudente rifom1a economica che, mini mizzando i rischi di destabilizzazione, possa attirare gli investimenti internazionali (soprattutto ne ll ' ambito delle infrastrutture), differenziare l'economia, sviluppare la piccola e media impresa, creare posti d i lavoros2• Perché ~uesto processo di riforma abbia successo la Libia ha bisogno però della Comunità Internazionale e dell ' Europa. Questa è probabilmente la motivazione principale che ha spinto Gheddafi a una svolta moderata capace dj rompere l'isolamento internazionale in cui si era venuto a trovare.
La stabilità del regime in Libia non dipende però solo da motivazioni economiche. Gheddafi è riuscito in trent'anni a creare un sistema in cui il potere si concentra efficacemente nelle sue mani e non esistono a/momento alternative credibili al Colonnello. Se esiste, infatti, un malumore diffuso in Libia, sviluppatosi soprattutto neg li anni delle sanzioni, che ha trovato più volte
'' La disoccupazione è un problema grave per un paese come la Libia dove la maggioranza della popolazione è di giovane età.
34
Almome11to 11011 esiste a/cu11a alternativa credibile al leader libico
La Jamahiriyya e la p eculiarità t/el regime libico
Jstituzio11i e rivoluzione: l 'aspirazione alla a-statualità
espressione in tumulti anche g ravi (si pensi ai gravissimi incidenti allo stadio de l 7 luglio 1996), non esiste, abbiamo visto, un'opposizione radicata nella popolazione che offra un ' alternativa credibi le; Gheddafi , sostenuto anche da un 'efficace sistema di sicurezzas3, ha sempre operato con fermezza e senza esitazioni per reprimere ogni possibile opposizione. Anche all'interno del regime non esiste un gruppo, neanche i militari probabilmente, che possa minacciare il regime: appogg iandosi ora su di un gruppo ora su di un altro, intervenendo continuamente nella macchina amministrativa e nella società per creare e distruggere coalizioni , e liminando efficacemente ogni g ruppo, tribale, economico, religioso, che potesse minacciare il suo potere, Gheddafi, infatti, è riuscito ad accentrare neUe proprie mani tutto il potere e a creare un clima di incertezza endemica e continua nella società e nelle istituzioni. La Jamahiriyya, " un~ realizzazione della creatività costituzionale e politica umana" 5\ incarna questa peculiarità del regime li bico. Il potere non è ovviamente diffuso tra il popolo attraverso i congressi e i comitati popolari come pretenderebbe la Terza Teoria Universale, ma sarebbe sbagliato ritenere che la Jamahiriyya sia un semplice strumento propagandistico, un paravento dietro al quale si nasconde il regime, un semplice significante politico a cui non corrisponde nessun sign ificato. Essa è l'attuazione concreta da parte di Gheddafi di quell 'aspirazione libica a ll 'a-statualità e della diffidenza verso le istituzioni dello stato moderno, nelle parole di Vandewall;, e insieme lo strumento con cui il leader libico ha portato avanti la sua opera di smantellamento istituzionale e socia le. Anche il fatto che Gheddafi non ricopra nessun incarico formale all' interno della struttura istituzionale, ma rivesta il ruolo, carismatico, di Guida della Rivoluzione, non è solo uno dei suoi
n Gli stessi congressi popolari, oltre a fornire una valvola di sfogo e un canale per un'articolazione almeno parziale degli interessi, costituiscono un efficace strumento di controllo, in cui ognuno è in un certo senso controllato c controllore. ~ Dirk Vandewallc, 1998, op. cit.
35
molti vezzi, ma corrisponde in un certo senso alle reali dinamiche del potere libico.
Una valutazione: Gheddafi e la stabilità della Libia. Gheddafi è l'unico che può decidere in modo definitivo, ma non interviene nella gestione quotidiana de lle cose; le istituzioni, lo stato, continuamente rimaneggiati in un continuo cambiamento, sono deboli e subordinati a quello che è il potere, carismatico e ideologico, rappresentato dal leader. Una valutazione incentrata sulle prospettive di stabilità della Libia deve valutare quindi questo peculiare contesto istituzionale.
Una valutazione:
11 potere di Gheddafi è stabile a medio termine ...
. . . ma se dovesse scomparire il leader, si aprirebbe uno scenario instabile ed incerto ...
La Libia è oggi Gheddajì. Il suo è un potere stabile e non sembra esistere nessuna alternativa credibile a/leader che gode anche di una certa legittimità ideologica all'interno della popolazione, che se riesce, oggi, ad identificarsi in una certa misura in un 'identità libica, questa è proprio quel/ 'identità libica creata e impersonata con estro dal Colonnello. Questa stabilità, a medio termine, sarebbe però messa totalmente in discussione nel caso di scomparsa de/leade1: Gheddajì è ancora relativamente giovane e potrebbe restare al potere ancora a lungo, ma la possibilità di un attentato riuscito o fortunato che lo elimini dalla scena è sempre possibile. Lo scenario di Lma successione a Gheddafi è difficilmente ipotizzabile e diviene un esercizio avventato. Si sono moltiplicate, negli ultimi mesi, le ipotesi di una successione all 'interno della famig lia di Gheddafi attraverso uno dei suoi fig li. Seppur possibile, questa ipotesi non appare del tutto probabile. I figl i di Gheddafi sono stati spesso, come nel caso citato della strage del 1996 a llo stadio di Tripoli, l' oggetto della protesta e dei malumori popolari . Lo stesso Gbeddafi spesso fa notare come il popolo libico possa presto non avere più bisogno t;ii una Guida della Rivoluzione: a una domanda di Luciana Anzalone riguardo una sua possibile successione, Gheddafi rispondeva pochi anni fa " Lei non ha capito, glielo ho spiegato, io non sono al potere [ ... ],
36
.. . da cui potrebbe em ergere 1111a preoccupa11te al/ea11za tra islamisti e militari
non ho potere, il potere lo ha il popolo. Non ho poteri da esercitare, non posso emanare leggi, o siglare documenti internazionali. È il popolo che fa le leggi e decide, tramite i cong ressi popolari di base e i comitati del popo lo. Il mio successore sarà il popolo"ss. Come faceva notare un osservatore "è difficile ereditare un potere carismatico" 56, e delle istituzioni così deboli e poco strutturate non sembrano in grado di gestire a l proprio interno una successione. Lo scenario più plausibi le nel caso di un ' uscita di scena di Ghedda fi è allora, soprattutto in un contesto come que llo libico in cui una larga parte della popolazione ha accesso alle armi , quello di un ' instabi lità che potrebbe essere lunga e violenta. R ibadendo la difficoltà di ogni previsione riguardo la Libia dopo Gheddafi, lo scenario che potrebbe emergere sarebbe allora quello di un ' alleanza tra gli islamisti e i militari, ovvero tra un gruppo che non sembra a;vere i mezzi per prendere il potere, ma che ha un' ideologia formulata cui ispirarsi, ed un g ruppo che ha i mezzi per prendere il potere, ma manca di un' ideologia.57 Le conseguenze regionaLi di una tale evoluz ione non potrebbero non destare la preoccupaz ione italiana ed europea. La Libia rappresenta oggi un argine al diffonders i del fondam entalismo islamico violento neli' Africa del Nord: con i suoi duemila chilometri di coste mediterranee e con dei confini desertici impossibili da controllare essa è un tassello fondamentale per la sicurezza regionale. Una s ua destabilizzazione o l' istituzione di un governo islamico fondamentalista appoggiato dai militari r~fforzereb be i movimenti islamici di opposizione violenta negli stati confinanti (Egitto, Tunisia ed Algeria) destabi lizzandone g ravemente i regimi e quindi gli equilibri mediterranei.
'' Luciana Anzalone, Di Fronte a Gheddajì. Clralia e la Libia che Vuole Uscire daii"Embargo, Arabafenice, Torino, 1998 (corsivo aggiunto). .. Intervista personale. " Vd. in proposito Ray Takeyh, Qadlwjì and the C/wllenge of Jl-lilitam lslam. The Washington Quanerly, vol. 22 n°3. summer 1998.
37
L E RELAZIONIITALO-LI BICHE
L:analisi delle relazioni tra l' Italia e la Libia è significativa per una serie di e lementi: innanzitutto perché s'intreccia con due decenni tra i più difficili e dolorosi per il nostro Paese ('70 e '80) a causa dell'avvento del terrorismo interno ed internazionale, degli attentati, delle implicazioni e dei rapporti tra la Libia e i terrorismi europei, che avevano creato un'atmosfera di tensione dalla quale è stato estremamente difficile liberarsi; in secondo luogo, perché la Libia costituisce un punto di frattura su cui si è combattuta la Guerra Fredda dove le tensioni con Washington non si sono ancora allentate, anche se la Comunità Internazionale si è "riconci liata" con il governo di Tripoli ; infine, perché la Libia costituisce un obiettivo di politica estera (soprattutto nel campo energetico) perse,guito dal nostro Paese con costante pervicacia: un esempio di continuità della politica estera italiana.
l primi rapporti tra l'Italia e la Libia di Gheddafl
l rapporti tra
Libia e Italia sono sempre stati "privilegiati"
Consideriamo le relazioni italo-libiche negli ultimi trent'anni: esse sono state, per frequenza e continuità, privilegiate, nonostante il controverso passato coloniale (19 11-1 943), l'espulsione degli italiani residenti in Libia (1970) e le crisi degli anni Ottanta, quando i rapporti bilaterali peggiorarono in seguito al deteriorarsi d i quell i tra la Libia e g li Stati Uniti. È noto, inoltre, che tali rapporti privilegiati sono fortemente legati all'andamento dei rapporti economici. Negli ultimi decenni, ovvero da quando il Colonnello Gheddafi ha rovesciato la monarchia idrisita, gli scambi commerciali tra l' Italia e la Libia non si sono mai interrotti; anzi, si sono intensificati a ta l punto- soprattutto nel corso degli anni Settanta - che il nostro Paese è diventato il primo fornitore (22%) e il primo clien-
38
Gli scambi commerciali e i te11tativi d' i11tesa politica
te (41 %) della Libia mentre questa è, per l 'Italia, il primo cliente ·africano e il settimo nel mondo, nonché il primo fornitore d'idrocarburi58. Nell'interscambio sono coinvolti principalmente i settori alimentare, manifatturiero ed energetico; in quest' ultimo è stata senz'altro importante l'attività svolta dall'ENl, che da ente economico s'è talora trasformato in strumento politico e diplomatico del governo italiano: all'i nizio degli anni Settanta, nel tempo in cui le compagnie petrolifere anglosassoni subivano la nazionalizzazione decisa dal Consiglio della Rivoluz ione, l'ENl dapprima evitò la confisca, quindi sottoscrisse col governo libico - per il tramite dell'Ente Petrolifero di Stato (NOC) - un accordo di compartecipazione paritaria per lo sfruttamento del ricchissimo giacimento di Bu Attifel (30 settembre 1972)59, cui seguì il primo accordo tra l'Italia e la Libia repubblicana, firmato a Roma da Jallud e Rumor il 25 febbraio 1974 sulla collaborazione economica, scientifica e tecnica. La Libia s' impegt)ava ad aumentare di sette milioni di tonnellate la fornitura di petrolio; l'Italia a pagare il g reggio attraverso la costruzione di raffinerie, impianti siderurgici, fabbriche di fertilizzanti, impianti di bonifica e infrastmtture60 • Pochi mesi dopo, il 2 1 settembre 1974, il governo libico e l' AGIP raggiunsero un ' intesa su quattro nuove concessioni (due sulla piattaforma continentale e due in Ci renaica) perfezionatasi l' anno seguente con l'assegnazione all 'ENI di un' ulteriore commessa su lla realizzazione d'impianti petrolchimici e di raffinaz ione, oltreché coll 'approvazione di un progetto proposto dalla SNAM per la costruzione di una raffineria a Tobruk61 • Più avanti si noterà che un simile processo negozia1e, secondo il quale ad intese sullo sfruttamento delle risorse energetiche libiche da parte delle società italiane controllate daii 'ENl è seguito un accordo governativo, si è ripresentato a metà degli anni Novanta.
58 Dati ISTAT riportati su "Gran Giama hiria Araba Libica Popolare Socialista - Il Paese in cifre: politica, società cd economia in cifre·· pubblicato dalla Camera di Commercio ltalo- Libica. " "L'E l in Libia 1959- 1999'" in "Ri viste ENI - Ecos S/99'" p. 38. Le riviste sono reperibili sul sito wcb deii'ENI (eni.it). 60 Angelo Del Boca, Glteddajì - Una sjìda dal deserto, Bari 1998, p. 131 ., Idem, p. 133
39
Nel 1979 i due Paesi sottoscrissero il secondo accordo di collaborazione economica, scientifica e tecnica basato, come quello del 1974, sullo scambio di manufatti, tecnologie e prodotti alimentari italiani contro petrolio libico. Nel 1977, intanto, era entrata in vigore una convenzione sull 'annullamento della doppia imposizione fiscale sui redditi derivanti dalla navigazione aerea.
La difficoltà di 1111 accordo politico parziale nell'ambito di due sistemi di alleanze globali contrapposti
Ad ogni modo tra l 'Italia e la Libia è mancato a lungo un accordo politico parziale, laddove uno di carattere generale è sempre stato improbabile per il sistema di alleanze esistente. Il primo tentativo di trovare un ' intesa politica con la Libia fu esperito il 15 novembre 1978 dal presidente del Consig lio Andreotti, il quale si recò a Tripoli per la sua prima visita ufficiale a Gheddafi; tuttavia in quell 'occasione si presentò in modo decisivo la q uestione delle riparazioni italiane a lla Libia per i danni causati durante guerra, e ciò avrebbe rappresentato un g rave impedimento all'evoluzione delle relazioni italo-libiche fino alla firma del Comunicato congiunto del 4 lug lio 1998.
Il terrorismo internazionale e il deterioramento dei rapporti della Libia con la NATO e l'Italia
La prima crisi tra Tripoli e Roma
Dal 1979 i rapporti italo-libici entrarono in crisi per una serie di fattori di ordine interno, bilaterale e internazionale: alla disputa sui risarcimenti - cui la Farnesina resisteva appellandosi all'accordo in materia raggiunto con re Idris I nel 1956 - s'aggiunse la vicenda dei pescatori sicil iani catturati con l 'accusa di aver sconfinato in acque territorial i libiche (23 ne l marzo del L979 e 19 nel luglio del 1980)62 • Tali atteggiamenti ostili furono probabilmente il prodotto del nuovo corso politico interno iniziatosi con la fondazione de lla Jamahiriyya (''Stato delle masse"), la " democrazia popolare diretta" teorizzata da Gheddafi nel Libro Verde63 : le nuove istitu-
02
03
Idem, pp. 139-1 40 Angelo Del Boca, op. cit. , p. 87 e ss.
40 !-ioni, approvate dal Congresso Genera le del Popolo del 2 marzo 1977, faceva no della Libia una Jamahi riyya araba libica popolare socialista governata direttamente da l popolo attraverso i Congressi Popolari nonché secondo i dettami del Corano; Gheddafi fu eletto Segretario Generale del Congresso, mantenendo tale carica fino al 5 settembre 1979 quando vi rinunciò per assumere l'appellativo di " Guida della Rivoluzione"; il 2 novembre 1977 furono creati i Comitati rivoluzionari affinché le masse operassero in conformità col nuovo sistema: fino al 29 agosto 1988 queste miliz ie dipendenti da Gheddafi ebbero il compito di vig ilare sull 'applicaz ione dei princìpi contenuti nel Libro Verde. Gh eddafi alle p rese co11 le opposizioni rifugiatesi in Egitto e i11 Italia
Pertanto, proprio nel momento in cui il consolidamento del regime libico slava determinando la formazione di nuovi movimenti di opposi::ione - numerosi all'estero tra gli anni Settanta e Ollallla, essi trovarono spesso asilo. in Egitto (dove vivono 15 mila libici), ovvero il Paese che, con gli accordi di Camp David, aveva rolfo il fronte arabo unito contro Israele - Ghedda.fi mobilitava le masse libiche rivendicando il diriuo alle riparazioni, e colpiva /"opposizione libica in Italia direllamente (ne/ 1980 nel nostro Paese furono uccisi quattro oppositori) o indirei/amen/e, e per il caso è esemplare la proposta avanzata da Gheddajì nel/ 'agosto del 1979 di barai/are la liberazione dei pescatori mazaresi precedentemente cal/urati con l'estradizione dei suoi oppositori esuli in Italia.
L'i11izio del terrorism o
Dall'inizio degli anni Ottanta le re lazioni italo-libi.che risentirono del mutato atteggiamento degli Stati Uniti verso la Libia. Nel 1974, in segui to al d uplice attentato degl i aeroporti d i A tene (5 agosto 1973) e di Roma (1 7 dicembre 1973), furono rivolte a Gheddafi le prime accuse di terrorismo: secondo i servizi segreti americani la Libia non si limitava a finanziare c ad armare i movimenti di liberazione del Terzo Mondo ma era con la Siria, l' Iraq e l' Iran - una delle centrali del te rrorismo internazionale. Negli anni seguenti ( 1975-80) al regime libico furono attribuiti numerosi torbidi e intrighi internazionali, come per esempio il sostegno a l gruppo d i Abu Nida l; l'asilo a Carlos; i f inanziamenti e gli armamenti all 'ETA, a ll ' iRA, a lle B R, all a Baader-Meinhof, a O rdi ne N uovo, a Prima Li nea e ai separatisti còrsi; il tentato om icidio di Nimeiry; il tentato colpo
iutemazionale: la Libia diventa 1111 "rogue state"
41
di Stato in Tunisia del 27 gennaio 1980; la caccia ai dissidenti libici {1980)1"1 • Nello stesso periodo la Libia realizzò il proprio riarmo grazie alle forniture provenienti da parecchi Paesi occidentali (Italia, Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti, Canada, Grecia), dal Brasile, dalla Jugoslavia e dall 'Unione Sovietica (dal 1974): alla f ine degli anni Settanta la Libia possedeva già un arsenale smisurato che Gheddafi tentò di completare con la bomba atomica (anzitutto attraverso la Cina, il Pakistan e l' India). Evidentemente questa situazione preoccupò gli Stati Un iti e i suoi alleati nel Mediterraneo, secondo i quali la Libia costituiva ormai una minaccia al fianco meridionale della NATO e sarebbe potuta diventare un pericolo maggiore qualora avesse deciso d i concedere delle basi alla flotta sovietica. In questa atmosfera s'inseriscono talune ricostruzioni dei mezzi di infonnazione sulla sciagura del DC-9 ltavia (27 giugno 1980) e suli ' incidente del MIG-23 li bico ritrovato in provincia di Catanzaro ( 18 luglio). Pochi giorni dopo tali avvenimenti tre italiani furono arrestati per presunte attività antilibiche. Il 21 agosto la piattaforma ENI "Saipem Il" ricevette l'ordine di lasciare la zona occupata; quindi, il 28 ago~to, il nostro Ministero della Difesa inviò alcune corvette e fregatè a protezione della piattaforma; infine, il 4 settembre, la "Saipem Il" lasciò la propria posizione65 •
Gli avveuimeuti del /980-81
Italia e Libia sull'orlo della rottura
Il 19 agosto 1981 due caccia libici SU-22 furono abbattuti nel Golfo della Sirte da aerei del la Vl Flotta americana: l' incidente avvenne a pochi giorni dall'esecuzione da parte del governo italiano della decisione presa dal Parlamento circa J' ;nstallazione di 112 missili Cruise presso la base aerea di Comiso, che Gheddafi interpretò come una manovra congiunta italo-americana contro la Libia, sebbene il ministro Colombo avesse riconosciuto pubblicamente il carattere difensivo dei presidii riùlitari sici liani. In seguito a questa crisi le re lazioni italo-libiche sembrarono gravemente compromesse sia sul piano poi iti co sia su quello
6' 65
Angelo Del Boca, op. cit.. p. 95 e ss. Idem , pp. 140- 141
42
----
- ~---
economico, e se da un lato Gheddafi tornò a insistere sulle ripai-azioni per tutto il 1982-83, dall 'altro l'Esercito Italiano compì una serie di esercitazioni in Sicilia e in Sardegna, chiamate " Una Acies '83", durante le quali si simulava un attacco proveniente dali ' Africa {1983)66 • Ciononostante la diplomazia italiana s'adoperò per mantenere sempre aperto il dialogo, anche quando la Gran Bretagna, in segu ito all'assassinio di una poliziotta londinese, ruppe le relazioni diplomatiche con Tripoli (21 aprile l 984), oppure quando la stampa occidentale iniziò ad attaccare sistematicamente il regime libico, chiedendone l'isolamento.
L'ombra del terrorismo i11 tenwzio11ale sui rapporti italo-libici
Il 4 febbraio e il 30 luglio del 1984 Andreotti si recò in Libia in qualità di ministro degli Esteri per traltarc su l risarcimento e sui crediti di alcune aziende italiane. Allora si discusse pure di colonialismo, di sminamento, della situazione ne l Ciad e dei rapporti libici con l' Egitto, il Sudan e gli Stati Uniti : Ghcddafi ritenne però insufficiente l'offerta fattagli da Andreotti di costruire un grande ospedale a completamento dei versamenti eseguiti dal governo italiano nel 1956, così, il 7 ottobre, la "Giornata della vendetta", egli attaccò di nuovo l' Italia sulla questione delle riparaz ioni. Nel frattempo la comunità italiana in Libia diminuiva (da 18.500 a 12 mila presenze)67 • Il 1985, l'anno critico, fu segnato dal calo delle grandi commesse e da due dure dichiarazioni di Gheddafi: nella prima, del 2 marzo, minacciò l ' Italia, la Gran Bretagna e la Germania Ovest di finanziare rispettivamente le BR, l' IRA c fa BaaderMeinhof qualora avessero appoggiato i dissidenti libici ; nella seconda, del 7 ottobre, parlò perfino di azioni militari contro l' Italia se questa non avesse accolto le richieste libi che in merito alle riparazioni 68 • Il duplice attentato del 27 dicembre quando commando palestinesi attaccarono i banchi della TWA e della EL AL dell 'aeroporto di Roma provocando la morte di tredici persone, e assaltarono l'aeroporto di Vienna uccidendo-
.. Angelo Del Boca. op. cit.. p. 147 •' Idem. p. l 54 .. ..La Repubblica'', 9 ottobre 1985
43
ne due - non solo rese difficili le relazioni itala-libiche ma compromise anche quelle tra la Libia e gli Stati Uniti che, avendo attribuito entrambe le azioni al gruppo di Abu N idal, invitarono i propri alleati europei a boicottare economicamente la Libia. L'Italia, divisa tra la solidarietà alla NATO e la sua politica energetica, tenta la mediazione tra Washington e Tripoli
L e rappresaglie americane contro la Libia terrorista
Gli Scud su Lampedusa
Nel gennaio del 1986 il governo italiano decise di sospendere le forniture di armi alla Libia per i sospetti circa un suo coinvolgimento nei recenti allentati, ma si dissociò in maniera decisa da ogni ipotesi di a=ione militare nel Mediterraneo senza una prova della responsabilità libica. Tuttavia la posizione italiana sembra ininjluente ai fini della soluzione di una controversia sostanzialmente libico-americana: l' Italia, come membro della NATO e primo interlocutore della L ibia, si trovò a dover mediare tra due contendenti pronti a muoversi guerra, cosicché, pur avendo reso nota la propria contrarietà a una soluzione militare, dovette constatare che, viste le manovre della VI Flotta americana al largo delle coste libiche e le minacciate rappresaglie libiche contro le basi di S igonella e di Napol i utilizzate dagli statunitensi, non era affatto esc luso un coinvolgimento ,del proprio territorio in eventua li operazio ni militari . Tn effetti queste ripresero il 24 marzo 1986, quando i libici ri sposero col lancio di sei missili SA-5 al passaggio di alcuni aerei americani oltre il 32° parallelo, considerato da Gheddafi un limite insuperabile: gli americani d istrussero una batteria di missili, affondarono una motovedetta lanciamissili e colpirono altre due navi libiche danneggiando rampe e centri radar. In q uell'occasione il presidente del Consiglio Craxi espresse a nome d eli 'Italia la ferma condanna di una guerra nel Mediterraneo centrale. L:esplosione di una bomba a Berli no in una discoteca frequentata da militari americani (5 aprile 1986), provocò una nuova rappresaglia contro la Li bia, cui, oramai, s'imputava ogni atto terroristico: il 15 aprile l 986 l'aviazione americana bombardò le città di Tripoli e Bengasi, quasi certamente con l'obiettivo di el iminare Gheddafi facendone crollare il regime; i libici risposero lanciando due Scud-8 contro l'isola itali ana di Lampedusa, dov'era attivo un centro di ascolto americano (i l
44 " Loran C")69 : l ' Italia tutta rimase sconcertata. Craxi ribadì che il governo italiano disapprovava ogni azione di forza contro la Libia e, difatti, non vi fu alcuna reazione militare italiana all 'attacco missilistico; il 15 giugno Craxi dichiarò: "Mi domando se il Colonnello Gheddafi aveva ben riflettuto sul fatto che stava compiendo un atto di aggressione ( ... ) contro una nazione amica, primo partner commerciale della Libia, il solo acquirente del s uo petrolio"70 • Ad ogni modo in seguito all 'attacco contro Lampedusa Gheddafi perse per molto tempo la tolleranza, la comprensione e la simpatia della nazione italiana.
ll processo di riconciliazione tra Italia e Libia
Andreotti amumcia il "disgelo" tra Roma e Tripoli
Craxi esprime la sua condanna per l 'esperienza coloniale in Libia
Il processo di riconciliazione tra l'Italia e la Libia è durato un decennio. Nel 1988 i l regime libico mostrò una chiara volontà di risanare i rapporti con l' Italia inviando a Roma il vicesegretmio del Congresso Generale del Popolo Abu Khazzam, il quale, tra le altre cose, offrì all ' Italia un "patto di non aggressione": il ministro degli Esteri Andreotti annunciò allora il disgelo con la Libia. Alla fine di ottobre Gheddafi liberò undici pescatori siciliani, dimostrando una buona disposizione e l' intenzione di rappacificarsi ; il24 novembre Jallud giunse a Roma: rivendicava il pagamento delle riparazioni per i danni di guerra, ma da parte italiana ottenne giusto la disponibilità a un gesto amichevole come la costruzione di. u.n ospedale.
Solo Craxi, sensibile alle richieste Libiche, espresse una ferma condanna del colonialismo italiano e così, pur avendo parlato a titolo personale, pose il problema di quella rivalutazione storica e politica, compiuta infine nel 1998, dell 'occupazione italiana della Libia. Gli Stati Uniti, invece, dalla crisi dell'aprile 1986 non hanno mai riaperto seriamente il diaiogo con la Libia che, anzi, ne ha
"' Angelo Del Boca. op. cit. , p. 16 1 '~~ ..La Repubblìca .., 15- 16 giugno 1986
45
L'embargo degli Stati Uniti e delle Nazioni p nite
La reazione americana a Lockerbie
subito la politica di progressivo isolamento: dall'embargo unilaterale americano decretato nel 1986 si passò alle sanzioni economiche approvate dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU con la risoluzione n° 748 del 31 marzo 1992: entrate in vigore il 15 aprile 1992, le sanzioni sono state sospese il 5 aprile 1999 ma non ancora abrogate. La sostanziale condanna della Libia emessa dalle Nazioni Unite con la risoluzione n° 731 - in cui si ribadivano le accuse e le richieste degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e della Francia in merito all'affare Lockerbie, e per mezzo della quale s'ingiungeva alla Libia di consegnare i due indiziati per un processo negli Stati Uniti o in Gran Bretagna, nonostante che mancassero accordi di estradizione con questi due Paesi - confermava la volontà d eli 'Occidente di punire, propriamente o esemplarmente, un Paese sospettato di fomentare il terrorismo internazionale dopo le esplosioni del Boeing 747 PAN-AM (Lockerbie, 21 dicembre 1988) e del DC l O UTA (Niger, 19 settembre 1989). Tra il 1988 e il 1995 l'Italia ebbe nella controversia libicoamericana un ruolo marginale e un atteggiamento ambivalente: non essendole possibile agire in maniera efficace per una sua soluzione pacifi~a, essa s'adoperò per mediare tra le due parti, assumendo poi, ' intorno al 1996, la funzione d'avanguard ia diplomatica dell'Occidente: per esempio, quando il Dipartimento di Stato dichiarò che la Libia produceva anni chimiche nell ' impianto di Rabta (19 dicembre 1988), l'Italia rassicurò gli Stati Uniti sostenendo che Gheddafi era disposto ad accettare l' invio d'ispettori internazionali 11 • Tuttavia l'attentato di Lockerbie inasprì a tal punto la crisi che il 4 gennaio 1989 si verificò un nuovo scontro aereo libico-americano durante il qua le fl.t rono abbattuti due MIG-23 libici: l' Ital ia poté solo deprecare l 'accaduto e il 5 gennaio la Farnesina invitò le parti ad astenersi da nuove azioni militari nel Mediterraneo. li 17 gennaio, presa visione di un rapporto del SJSMI, Andreotti riconobbe la legittimità dei sospetti americani riguardo all'impianto di Rabta, e chiese inoltre alla Libia di allontanare da sé i sospetti di connivenza col terrorismo internazionale; d:altro canto, il 20 set-
11
Angelo Del Boca, op. cit. , p. 2 18 c ss.
46
Gheddafi dichiara: "L'Italia è il paese europeo pitì amico della Libia"
La Libia, isolata, vede nell'Italia lilla finestra sul 111011d0
tembre, il ministro degli Esteri De Michelis annunciò presso la Commissione esteri della Camera che avrebbe proposto al Consiglio dei Ministri della CEE l'abolizione di alcune sanzioni contro la Libian. Lo stesso Gheddafi mutò atteggiamento nei confronti del nostro Paese: 1'8 ottobre parlò dell ' Italia come del Paese europeo più amico della Libia, l'w1ico a non aver partecipato al boicottaggio decretato dagli Stati Uniti, riconoscendone dunque la politica non ostile. A quel tempo il governo italiano aveva deciso di ospitare una delegazione libica per una visita ad alcune località (Ustica, Favignana e Gaeta) dov'erano stati sepolti i libici trasferiti in ltalìa durante la colonizzazione: il 24 ottobre , mentre l'aereo che trasportava la delegazione libica atterrava all'aeroporto dì Roma, giunsero notizie di una nave con a bordo 846 libici in navigazione verso Napoli; alla decisione del governo italiano d' impedire lo sbarco e di rimandare indietro la nave, seguì in Libia una ~ura protesta anti-italiana contraddistinta dall' assedio dell 'Ambasciata italiana. La situazione peggiorò a llorquando si seppe che il padovano Roberto Ceccato, dipendente di una ditta d' impianti avicoli operante in Libia, era stato assassinato lungo l'autostrada Tripoli-Aeroporto'J: non fu mai riconosciuto alcun legame tra l'assassinio di Ceccato e la campagna di propaganda sulle riparazioni allora in corso. Tra gennaio 1990 e aprile 199 1 la Libia venne de facto isolata dal resto del mondo sotto l' accusa di aver provocato l'esplosione degli aerei PAN AM e UTA.
La necessità di .fi'onteggiare l'isolamento deierminò nel governo libico una svolta moderata sia in politica interna sia in politica estera (per la posizione moderata assunta durante la crisi irachena ottenne la simpatia dei maggiori Paesi occidentali); perciò, dopo aver migliorato i rapporti con l' Egitto, Gheddafi si rivolse amichevolmente alla Francia e all ' Italia, cercando inoltre di ristabilire le relazioni diplomatiche con la Gran Bretagna: in Francia il ministro degli Esteri Dumas era un interlocutore disposto al dialogo, così come Andreotti in .Italia; la Gran Bretagna,
12
" La S1ampa", 21 settembre 1989 " Angelo Del Boca, op. cit. , pp. 231-233
47
invece, non accettò le offerte di dialogo libiche benché Gheddafi avesse presentato le proprie scuse per l'assassinio della poliziotta avvenuto nell984. Le tappe del riavvicinam ento
L'ampiezza delle sanzioni approvate dagli Stati Uniti e dalle Nazioni Unite
Andreotti incontrò Gheddafi per la quarta volta a Tripoli il 5 giug no 1991: l'Italia s'impegnò a risolvere i problemi che periodicamente causavano contrasti tra i due Paesi (la bonifica dei campi minati e la questione delle salme dei deportati libic i); Gheddafi, da parte sua, riconsiderò i compensi sui danni di guerra, firmò di persona un'intesa su lle armi ch imi che (i n cui la Libia ne condannava la produzione e l'impiego), e s' impegnò a rafforzare, con l' Italia, la pace e la stab ilità nel Mediterraneo74 • Nonostante la disponibilità al dialogo dimostrata dalla Libia, alla fine del 1991 si definì la politica d'isolamento condotta dalla Gran Bretagna, dalla Francia e dagli Stati Uniti per gli attentati del 1988-89: il giudice istruttore francese riferì ai parenti delle vittime (20 settembre) che i mandanti dell 'attentato al volo Brazzaville-Parigi erano stati agenti dei servizi segreti libici; il 14 novembre americani e britannici sostennero che pure la strage di Lockerbie era stata opera dei servizi libici. : Anche in questa vicenda l'Italia mantenne una posizione alquanto defilata, limitandosi a chiedere agli Stati Uniti una soluzione pacifica della crisi: era chiaro che cercava di preservare il dialogo da poco ristabilito o ltreché di evitare i danni provenienti da un eventuale embargo petrolifero ai danni della Libia, dalla quale, è bene ricordarlo, l' Italia ottiene 1/3 del proprio approvvigionamento energetico. Gli Stati Uniti, irremovibili , proponevano le seguenti opzioni: l) embargo petrolifero parziale; 2) chiusura delle ambasciate libiche; 3) blocco navale decretato dall'ONU; 4) revoca del diritto di atterrare alla compagnia aerea libica; 5) azione militare75 •
·• Idem. pp. 242-243 -, Angelo Del Boca, op. cit. , p. 248
48 Tale proposta fu mitigata presso le Nazioni Unite, dove il 30 marzo 1992 americani, francesi e britannici trovarono un accordo intorno ai seguenti punti: l) blocco aereo; 2) blocco alla vendita di velivoli e ai loro pezzi di ricambio; 3) bando alla vendita d' armi ; 4) riduzione del numero e limitazioni ai diplomatici libici; 5) arti concreti contro i libic i coinvolti in atti di terrorismo. S'è già detto ch'essi furono approvati ed entrarono in vigore come sanz ioni il 15 aprile.
L' Italia deve scegliere tra la solidarietà alle t11/eanze e l "'amicizia "con la Libitl
Il ministro degli Esteri De Michelis dichiarò che l 'Jtalia le avrebbe applicate ancorché il rispetto del consenso comunitario e atlantico comportasse il sacrificio del nuovo co1:'ì0 con la Libia.
.
L'ambivalenza italiana in merito alle sanzioni fu confermata nel marzo del 1995 quando il governo s'oppose, con la Germania, la Francia, il Belgio e la Svizzera, alla richiesta americana di un embargo petrolifero totale; il " D'Amato Act" del 5 agosto 1996 ne avrebbe comunque riprodotto alcuni effetti. Per quasi tutti gli anni Novanta gli Stati Uniti e la Gran Bretagna manifestarono un ·ostilità costante nei confronti della Libia, !addave i Paesi dell 'Europa continentale - l' Italia in modo particolare s'adoperarono affmché le sanzioni non pregiudicassero i loro interessi e non gravassero oltremodo sul popolo libico: verso il 1996 l'Occidente sembrò meno tmito nella sua politica d' isolamento della Libia, poiché da anni il governo di Tripoli aveva ·moderato il proprio atteggiamento (ad esempio aveva rinunciato alla striscia di Aouzou occupata nel 1973, aveva intTodotto delle riforme interne, non era stata accusata di ulteriori atti terroristiciY6•
Il Comunicato congiunto del 4 lug lio 1998 L'ENI p rova la disponibilità dei libici
Prodi e Dini, rispettivamente presidente del Consiglio e ministro degli Esteri del nuovo governo progressista, ritennero il dialo-
•• Idem. p. 254
49 "
go più utile dell ' isolamento sicché la Farnesina iniziò a operare con maggiore autonomia nei confronti dei Paesi del Mediterraneo. Fu l'EN1, così come era avvenuto nel 1974, ad agevolare il negoziato provando la disponibilità dei libici: il 17 giugno 1996 firmò con la NOC un accordo concernente nuovi investimenti per tre mi liardi d i dollari e l' impegno a realizzare entro il 2003, tramite la controllata AGI P Gas BV, un grandioso progetto per lo sfruttamento del gas libico grazie alla costruzione di una condotta sottomarina dalla costa tripolina alla Sicil ia77 • Alla fine di giugno il sottosegretario agl i Esteri Serri guidò una missione de ll ' Unione Europea in Libia per verificare la "svolta moderata" di Gheddafi, mentre all ' inizio di lug lio il segretario generale della Farnesina Biancheri si recò di persona a Tripoli per incontrare il ministro degli Esteri (propriamente Segretario del Comitato Popolare Generale per le Relazioni Estere e la Cooperaz ione Internazionale) libico ei-Muntasser: il suo rapporto conteneva notiz ie tanto rassicuranti sulla recente condotta del governo libico che poco tempo dopo, con l'entrata in funzione di gruppi di lavoro italo-libici ne i settori del turismo, de lla cul tura e dei trasporti, ebbe inizio il cosiddetto " disgelo".
La Libia da Paese destabilizzante si trasforma ;, eleme11to di stabilità contro il folldamentalismo
Comunque il i·ilancio dei rapporti bilaterali non derivò solo dalla convinzione che la Libia avesse rinunciato a una presunta politica estera radicale, ma anche dalla considerazione che il governo libico avesse dei fondamenti ideologici tali da costituire un argine alla d~ffusione del fondamentalismo islamico in Africa sett.entrionale: la Libia da elemento perturbatore delle relazioni internazionali s'era trasformata in un fattore di stabilità del Mediterraneo. L'approvazione del " D ' Amato Act'' negli Stati Uniti non influenzò l'iniziativa italiana. Durante l' intervento al Senato della Repubblica del 22 ottobre 1996 Dini diede il primo annuncio pubbl ico della politica di riconci liaz ione garantendo altresì un 'azione incisiva del governo ital iano presso i soci europei affinché
77 Comunicato alla stampa deli' ENI del27 luglio 1999. Tratto dalle pagine "ENI : progetto gas Libia" reperibili sul sito web deii'ENI.
50
la Libia partecipasse al programma di cooperazione euro-mediterraneo (il cosiddetto " Processo di Barcellona'T8 • li 30 novembre Gheddafi, intervistato dal professor Del Boca, giudicò in maniera positiva l'iniziativa italiana, esprimendo tuttavia il desiderio di azioni concrete soprattutto in merito alle riparaz ioni e al riconoscimento dei crimini commessi durante la colonizzazione. Il governo italiano non tardò ad agire: il 18 dicembre, sebbene le risoluzioni n° 748 (1992) e n° 883 (1993) delle Nazioni Unite invitassero gli Stati membri a non intrattenere con la Libia rapporti politici ad alto livello, si svolse a Roma un incontro tra Dini e il suo omologo libico ei-Muntasser, durante il quale si discusse dei rapporti bilaterali e della situazione del Mediterraneo. Il 23 dicembre l' italia riaprì agl' investimenti libicF9 • La riattivazione della Commissio11e mista
La svolta delle re/azio11i italolibiche: la firma del Comu11icato COIIgiiiiiiO de/}998
Il 4 agosto 1997 fu riattivata la Commissione mista italo-libica, che è lo strumento P,er il rafforzamento della cooperazione bilaterale; nel corso della sua prima sessione, tenutasi a Tripoli, s'annunc iarono: l'apertura di una linea marittima diretta Catania-Tripoli; il contributo italiano a llo sm inamento di vasti territori libici; l'apertura di un ufficio per il ritrovamento delle tombe dei libici deportati in Ita lia durante il periodo coloniale; un 'intesa per il turismo archeologico e desertico80• A settembre Gheddafi riconobbe che le relazioni italo-libiche erano tanto migliorate che la Libia sarebbe diventata il terzo fornitore di gas naturale de ll ' Italia, un'approvazione implicita del progetto presentato daii'ENl (AGIP Gas BY) nel 1996. Il negoziato progre• dì in maniera notevole grazie all 'attività delle due diplomazie (da parte libica si distinsero per impegno el-Muntasser, Shalgam e al-Obeidi).
Finalmente, il 4 luglio 1998 si svolse a Roma la VI Commissione mista italo-libica, al cui termine i co-presidenti. i due ministri degli Esteri ei-Muntasser e Dini, firmarono lo storico Comunicato congiunto, con l 'intenzione di chiudere col
'~ " La Stampa", 23 ottobre 1996 .,.. Angelo Del Boca, op. cii. , p. 300 ~t~ Idem, p. 302
51
retaggio negativo del passato e d 'imprimere un nuovo corso alle relazioni biLaterali. Dini confermò la necessità, avvertita dal! 'Italia negli ultimi anni, di sviluppare una cooperazione più stretta coi Paesi del Mediterraneo promovenclone la stabilità e lo sviluppo: in sede di Commissione mista si convenne di collaborare per ridurre l'instabilità regionale attraverso la lotta alterrorismo e alla proliferazione delle armi di distruzione eli massa; per valorizzare le diffèrenze religiose, storiche e culturali; per promuovere la cooperazione industriale e gl'investimenti italiani, sbloccando le procedure sul pagamento dei crediti esigibili; per sostenere la collaboraz ione tra compagnie petrolifere e gasi.fere; per sviluppare le telecomunicazioni libiche; per approfondire la cooperazione nella lotta alla criminalità organizzata, al traffico di droga e all 'immigrazione clandestina8 1. Al termine delle riunioni della VI Commissione i due ministri firmarono un Accordo di collaborazione nel settore turistico, una Convenzione consolare, il Programma esecutivo del/ 'Accordo culturale del 1984 e il Comunicato congiunto, eli cui segue il testo integrale'11: Il Comunicato congiunto
"Tenendo in considerazione quanto caratterizza le relazioni tra i due popoli di Italia e di:Libia, i profondi e forti legami, le cui radici risalgono a secoli di contatti, di attività commerciali, di storia comune; ma che la colonizzazione italiana ha cagionato delle ferite ancora ricordate da molti libici. Nel desiderio di rafforzare e sviluppare tali relazioni, nell' interesse dei due popoli amici, l'Italia invita la Libia a superare il passato, un passato che la Libia invita l' Italia a non ripetere in futuro. In uno spirito di buon vicina~o, non si verificheranno atti ostili di qualsiasi origine dall'Italia verso la Libia e dalla Libia verso l'Italia. Le due parti esprimono la loro volontà e determinazione a sviluppare le relazioni bilaterali su nuove basi fondate sull'eguaglianza, il mutuo rispetto e la reciproca collaborazione nei vari campi, per promuovere gli interessi ed il benessere dei due popoli e contribuire al sostegno della
8
' Comunicato alla stampa del Ministero degli Affari Esteri de l 4 luglio 1998, reperibile sul sito web del Ministero (esteri.it) 82 Tratto da: Gianluigi Rossi, La collaborazione culturale tra l 'Italia e la Libia, oggi, "Rivista di Studi Politici Internazionali". anno LXVII, n° 266.
52
pace ed a lla stabilità nella regione del Mediterra neo, al suo sviluppo economico ed al benessere dei suoi popoli. Il Governo italiano esprime il proprio rammarico per le sofferenze arrecate al popolo libico a seguito della colonizzazione italiana; e si adopererà per rimuoverne per q uanto possibile gli effetti, per superare e dimenticare il passato, avviare una nuova era di amichevoli e costruttive relazioni tra i due popoli. li Governo italiano, pertanto, si impegna a: 1. continuare a ricercare, con tutti i mezzi disponibili, i cittadini libici allontanati coercitivamente, all'epoca, dalla loro Patria e dai propri fa miliari; 2. adoperarsi, in form a diretta e tramite la collaborazione bilaterale ed internazionale, per la rimozione e bonifica dci campi minati disseminati in Libia durante la guerra. Per la realizzazione di tal fine, il GO\'erno italiano offrirà la propria assistenza tramite l' istituzione di corsi di formazione per unità speciali per la rimozione delle mine in Libia; offr irà le cure ali~ persone danneggiate dalle mine terrestri, in centri specializzati in Italia, provveder à alla costruzione in Libia di un centro medico specialistico per l'applicazione di protesi in collaborazione tra la Mezzaluna Rossa libica e la Croce Rossa italiana; 3. offrire risarcimenti ed assistenza a lle persone danneggiate per effetto dello scoppio di dette mine; contribuire alla realizzazione di progetti umanitari atti ad aiutare le famiglie dei disabili e dei danneggiati; collabora re con lo Stato libico nell'operazione di sviluppo delle regioni disseminate e danneggiate dalle mine: accordi specifici, tra i due Stati, stabiliranno i relativi dettagli; 4. al raggiungimento di tali obiettivi si provvederà attraverso la costituzione di una Società italo-libica, in cui partecipano imprese italiane pubbliche e private cd il Presidente della quale viene designato dalla Parte libica. li suo scopo sarà di contribuire al sostegno dell'economia libica tramite l'esecuzione di progetti di infrastrutture di base e di progetti d i sviluppo in genere. Tale Società costituirà un Fondo sociale (con contributi di società italiane, il settore pubblico italiano ed altri enti libici) per i seguenti scopi: la bonifica ed urbanizzazione delle zone disseminate di mine durante la Il guerra mondiale; la formazione di specialisti nel campo dello sminamento; la cura dei cittadini libici danneggiati dallo scoppio delle mine; la costruzione di un centro medico in Libia per la cura dei lesionati dalle mine;
53
la ricerca dei cittadini libici che furono allonta nati dal loro Paese e dei loro discendenti, figli e nipoti, per restituire riconoscimento, materiale e morale, ai loro familiari ed al popolo libico; altre iniziative atte ad alleviare gli esiti negativi causati daJ passato. IJltalia fornirà un sostegno speciale alla Libia, sul versante culturale e nel campo dello sviluppo economico e degli aiuti tecnici. Accordi particolari tra le parti competenti nei due Stati ne stabiliranno condizioni c dettagli. IJitalia si impegna a restituire alla Gran Giamahiria Araba Libica Popolare Socialista, tutti i manoscritti, reperti documenti, monumenti e oggetti archeologici trafugati in Italia, durante e d opo la colonizzazione italiana della Libia, secondo la Convenzione deii'UNESCO del 14 novembre 1970 su importazione, esportazione e trasferimenti illeciti di beni culturali. l due Paesi collaboreranno per individuare tali manoscritti, reperti, documenti, monumenti, pezzi archeologici ed oggetti ed indicarne l'ubicazione. Le due Parti concedono, l'una all' altra, un rapporto preferenziale di reciproca collaborazione. Il Governo italiano concede ai cittadini libici il diritto di godere dei privilegi riconosciuti daiJa legislazione italiana all'epoca della colonizzazione, nella misura in cui le Autorità competenti, in Libia ed in Ita lia, definiscano tali priv~egi, compatibilmente con gli obblighi derivanti all' Italia dall'appartenenza all'Unione Europea. Lo Stato libico, a sua volta, permetterà ai cittadini italiani interdetti dall' ingresso nel proprio territorio, per delle precedenti disposizioni, di entrare nel territorio libico per motivi di turismo, visita o lavoro. In conclusione, le due Parti prendono atto che la Gran Giamahiria Araba Libica Popolare Socialista conferma che con l'applicazione del presente Comunicato, non vi saranno più motivi di contesa o di polemica, con l'Italia, circa il passato. Il presente Comunicato è stato redatto e firmato nella città di Roma in data 4 luglio l 998."
Lo spirito di riconciliazione
I punti fondamentali dell 'accordo riguardano, evidentemente, il rammarico espresso dall'Italia per le sofferenze arrecate durante la colonizzazione e la rinw1cia da parte della Libia alla richiesta di ulteriori risarcimenti per i danni di guerra; vi· sono, inoltre, le soluzioni di altre annose questionj, come quelle dello sminamento, del movimento degl' italiani espulsi nel 1970, della restituzione delle opere d'arte trafugate durante l'occupazione e del pagamento dei
54
. debiti dovuti alle aziende italiane: pare che con il Comunicato congiunto i due Paesi abbiano dawero risolto ogni controversia. Per quanto concerne l'applicazione dell'accordo (in Libia se ne occupa un ufficio particolare per l'Italia nell 'ambito del Ministero degli Affari Esteri) bisogna riconoscere l'affidabilità e la determinazione di entrambe le parti, soddisfatte dello stato di esecuzione dell ' intesa culturale e scientifica contenuta nel Comunicato congiunto (con cui s'è voluta dare attuazione all'accordo culturale del 18 dicembre 198483 ) oltreché di quella economica e commerciale.
La ricerca dei libici i11 Italia e i/ lavoro dell'l s/ AO
Se lo spirito di riconciliazione è il fondamento della collaborazione culturale, questa è il prodotto più sincero degli accordi politici, ovvero la prova stessa dell'avvenuta rappacificazionc e della nuova amicizia italo-libica. Il pw1to n° l del Comunicato congiunto recita: "(Il Governo italiano ... s' impegna) a continuare a ricercare, con tutti i mezzi disponibili, i cittadini libici allontanati cocrcitivamentc, all 'epoca, dalla loro Patria e dai propri familiari": il tema dei libici trasferiti in Italia dal 24 ottobre 191 l fino alla vigilia della seconda guerra mondiale sta molto a cuore al Governo libico, per cui la Farnesina ha deciso d'investire l' Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (lslAO) di Roma del compito di trattare l'argomento in collaborazione con il Centro di Studi Libici di Tripoli: i due enti cercano di raccogliere tutta la documentazione sul tema degli esiliati reperibile in Italia e in Libia. Un Comitato scientifico paritetico italo-libico (l ' Italia è rappresentata dai professori Rossi e Bono) costituito alla fine del 1999, imposta e segue tale lavoro di ricerca. La docun1entazione è molto ampia: quella conservata presso il Ministero degli Affari Esteri italiano fu consegnata in copia alla Libia nel l 999 (Commissione Serra); da parte libica, invece, si tratta di riorganizzare il materiale dell'amministrazione coloniale italiana presente nell'archivio del Castello di Tripoli e di raccogliere le fonti orali per mezzo di interviste ai sopravvissuti e ai discendenti dei deportati. Questa raccolta di docwnenti storici, scritti e orali, mira a far luce sulla vicenda degli esiliati e a rendere gli storici italiani più sensibili agli aspetti meno conosciuti e felici della colonizzazione italiana.
~· Cfr. Gianluigi Rossi, op. cit., per approfondire il tema della collaborazione culturale italo-libica.
55 Iniziative culturali italo-libiche
Oltre al tema degli esiliati libici è prevista una più stretta collaborazione nel settore archeologico: missioni italiane lavorano prevalentemente a Leptis Magna, dove non si limitano ali 'attività archeologica ma svolgono anche un ' importante funzione didattica e formativa. Nel novembre 1998 è stata costituita l' Accademia Libica in Italia che promuove gli scambi culturali tra l' Italia e la Libia organizzando convegni, seminari, librerie, biblioteche e viaggi culturali e di studio; favorendo la diffusione della lingua e della cultura araba in Italia; contribuendo infine a facilitare i rapporti tra le Università libiche e quelle italiane.
Il rientro della Libia n ella Comunità lntemazionale Aprile 1999: la fine delle sanzioni ONU e
l'i11izio del processo di Camp Zeist
La sospensione dell'embargo da parte del Consiglio di Sicurezza dell 'GNU (5 aprile 1999) seguita alla consegna alla giustizia scozzese dei due libici sospettati di essere i responsabili dell'attentato di Lockerbie, ha reso senza dubbio più jàcili le relazioni economiche e commerciali tra la Libia e un 'Italia che s'era impegnata a lungo a favore della revoca delle sanzioni. Attualmente la cooperazione economica bilaterale si svolge: nel settore degl ' investimenti per mezzo della Società Mista !taioLibica, costituita in Libia il 30 maggio 1999 con lo scopo di promuovere g li affari e g l' investimenti delle imprese italiane in Libia - dove dall'agosto del 1997 vige un nuova legge sugl'investimenti esteri (la Legge n° 58.< ) - incoraggiando le imprese dei due Paesi a costituire società miste per la realizzazione di progetti sulle infrastrutture di base, offrendo i propri servizi come agente generale delle imprese italiane in Libia, incrementando g li scambi commerciali italo-libici , e favorendo gl'investimenti in Libia nel settore turistico; nel settore energetico con la realizzazione del gasdotto tra la Libia e la Sicil ia; nel settore delle telecomunicazioni attraverso un progetto d i collegamento tra Tripoli e Mazara del Vallo con un cavo sottomarino a fibre ortiche; nel settore fer-
~ Cfr. " Paesi Arabi - Rivista della Camera di Commercio ltalo- Araba", novembre 1997, pp. 2-3
56
roviario, per opera deli'ITALFERR, controllata delle FS, per fornire assistenza tecnica alle ferrovie libiche nella costruzione di alcuni tratti della rete nazionale; nel settore della pesca. La politica economica di /iberalizzazione
n governo D'Alema sancisce l 'avvenuta pacificazione e l '"amicizia" tra Italia e Libia
Inoltre la nuova politica economica Ubica, incentrata sulla liberalizzazione e su ll 'industrializzazione85, crea interessanti opportunità per le aziende italiane di ogni dimensione operanti nei settori della trasformazione e conservazione dei prodotti agricoli , e del turismo archeologico e desertico"'. Oggi però lo scambio commerciale consiste ancora prevalentemente nell'importazione italiana di prodotti petroliferi e nell 'acquisto da parte libica di prodotti alimentari, prodotti tecnologici, lubrificanti, metalli e manufatti. A riprova deiJa volontà italiana di far rientrare a pieno titolo la Libia nella comunità internazionale, si pone la visita a Tripoli del ministro degli Esteri Din i, primo esponente di un governo occidentale a compiere questo passo, il 6 aprile 1999, il giorno successivo alla consegna dei due libici sospettati dell'attentato di Lockerbie. Il 5-6 agosto 1999 Dini s'è recato ancora in Libia per la riunione della Commissione Mista: in quell 'occasione sono stati firmati due processi verbali - rispettivamente sulla cooperazione bilaterale e sui seguiti del Comunicato congiunto - oltre a un protocoUo sull 'istituzione di consultazioni politiche periodiche col quale s'è sancito il carattere privilegiato delle relazioni italo-libiche nell'ambito della cooperazione euro-mediterranea iniziatasi col vertice di Barcellona del 1995 (tale carattere privilegiato è stato ribadito negl)ncontri di agosto e dicembre 2000 e aprile 2001). A completare il processo di rappacificazione è venuta, in fi ne, la visita in Libia del presidente del Consiglio D' Alema (l 0 -2 dicembre 1999), a conferma dello spirito di amicizia esistente tra l'Italia e la Libia e del desiderio di rafforzare ulteriormente le relazioni bilaterali: era la prima volta che il Capo di un governo occidentale si recava in Libia dal giorno dell'imposizione delle sanzioni da parte deiJe Nazioni Unite ( 1992): Gheddafi aveva rotto l'isolamento internazionale, mentre l'Italia aveva ritrovato un interlocutore essenziale per la stabilità del Mediterraneo.
•• Cfr. Idem, giugno 2000, pp. 2-4 " Cfr. Idem. settembre 1999, p. 8
57
LE PROSPETTIVE DI
L'Italia avanguardia dell'Occidente per il "rientro" libico
Non 1111 "giro di valzer"...
. .. od 1111a nuova velleitaria "tentazione mediterranea"...
UNA REALTÀ l ' MOVIMENTO
Nell'ambito di una pubblicazione agile e di pronta fruibilità quale "Obiettivo" si è cercato d' illustrare come il nuovo corso delle relazioni italo-libicbe abbia, allo stesso tempo, inaugurato una nuova stagione nei rapporti bilaterali e segnato, di fatto, il rientro della Libia nella Comunità Internazionale. I.:Italia, infatti , ha operato da avanguardia dell'Occidente nella ripresa del dialogo con Tripoli e costituisce tuttora il ponte tra la Libia e l'Europa, che è per il regime libico la via obbligata verso la piena reintegrazione diplomatica. Due elementi, complementari e imprescindibili, banno determinato e dovrebbero continuare a caratterizzare la politica italiana nei confronti della Libia. Da una parte il riconoscimento dell'esistenza in Libia d'interessi tanto cospicui da giustificare l'attenzione riservata da Roma. Dall 'altra la convinzione che la svolta moderata rappresenti un orientamento strategico libico, per cui un atteggiamento ad esso favorevole non potrà che portare dei risultati migliori di una politica di esclusione o quantomeno ostile. Negli ultimi anni l'azione italiana è stata talora criticata e mal tollerata da Alleati, europei e d'oltreoceano, propensi a considerarla come un nuovo "giro di valzer" della nostra politica estera o come un velleitario ritorno al Mediterraneo del nostro Paese. Tali interpretazioni rappresentano una valutazione ingenerosa e inesatta dell'indirizzo italiano: sulla lealtà nei confronti de Il 'Unione Europea e de Il ' Alleanza Atlantica si fonda tuttora la nostra politica estera. Spesso s'è discusso della vocazione mediterranea deli ' Ita lia quasi in termini di "tentazione", ossia della ricerca, da parte di un Paese che, talvolta, soffre il confronto con i soci europei più autorevoli, di uno spazio geopolitico meno competitivo dove proporre senza troppe difficoltà il proprio primato. Se mai è esistita tale " tentazione mediterranea" dell' Italia, essa sembra oggi superata: l' Europa, con le sue nuove sfide, rap-
58
presenta l' orizzonte di un Paese che ha voluto e saputo fondare l ' unio ne monetaria partecipando in maniera leale, e certo influente, ai progressi dell'integrazione europea. L'Italia contemporanea è evidentemente un Paese europeo piuttosto che mediterraneo e purtuttavia essa non vuole portare, come si diceva un tempo, il Mediterraneo in Europa, ma - per i legami storici e le caratteristiche geografiche, economiche e culturali l'Europa nel Mediterraneo. Questo, come testimoniano gli sforzi compiuti per dare slancio al " Processo di Barcellona", è uno spazio decisivo per la politica europea: da lì provengono opportunità di sviluppo, di dialogo e di cooperazione; colà si situano interessi strategici italiani ed europei (primo fra tutti quello dell'approvvig ionamento energetico). Il Mediterraneo è, inoltre, un ' area di sicurezza fondamentale poiché vi si presenta una serie di rischi, per l' Ita lia e l' Europa, provenienti dalle conflittualità già radicare (in Israele e !n Algeria), dal degrado ambientale (e.g. la desertificazione), dalla povertà diffusa e le conseguenti migrazioni di massa, dalla diffusione degli integralismi re ligiosi violenti , dalla proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei sistemi balistici a lunga gittata. La Libia è un Paese centrale nella geopolitica del Mediterraneo: in passato essa ha assunto un ruolo destabilizzante, sviluppando un arsenale di armi non convenzionali, finanziando il terrorismo internazionale, partecipando attivamente alla destabilizzazione dei propri vicini in azioni a bassa e ad alta intensità. Oggi però può costituire un elemento essenziale per la stabilità del Mediterraneo svolgendo una funzione basilare nella sicurezza regionale: l suoi duemila chilometri di coste potrebbero da soli spiegarne la valenza geopo litica, ma la sua importanza risulta in modo chiaro dall' azione stabilizzante svolta nei confronti dei Paesi vicini. Infatti i regimi dell ' Egitto, della Tunisia e dell ' Algeria si trovano a fronteggiare la minaccia costituita da un islamismo attualmente o potenzialmente violento. La Libia con i suoi immensi spazi desertici, i suoi estesi confini difficilmente controllabili , potrebbe dare - qualora cadesse in preda all ' instabilità o se, come abbiamo visto, eventua li disordini vi originassero un regime islamico fondamentalista - una notevole " profondità strategica" ai movimenti nei Paesi confinanti, compromettendone la stabilità. È, quindi, innegabile che la Libia svolga ora una fun-
59
... ma tm 'i11terpretazio11e
/ungimira11te di i11teressi 11011 solo italia11i ma europei
La necessità libica di avviare 1111 rapporto t/i collaborazione con l 'Europa
Gli interessi llaZÌOIIafi:
zione importante nel mantenimento degli equilibri esistenti tra i Paesi della sponda meridionale del Mediterraneo. La svolta moderata del governo libico ha comportato una riconsideraz ione de lla natura politica del Paese tale da escludere nuove collusioni con organizzazioni terroristiche straniere. Tuttavia rimane la preoccupazione circa i progetti di sviluppo di sistemi balistici a lunga portata e di armamenti non convenzionali, con particolare riguardo alla produzione di aggressivi chimici. In questo contesto, appare comunque evidente come l' interesse preminente - non solo italiano ma anche europeo - risieda nell 'assecondare la svolta moderata del governo libico, nel favorirne il pieno rientro nella Comunità Internazionale e la stabilità o ltreché, per mezzo del dia logo, l 'adozione di politiche di collaborazione con l'Europa anche ne l settore del disarmo. L'impegno italiano nei confronti della Libia è volto a dimostrare che un atteggiamento esclusivamente accusatorio non costituisce certo la politica più efficace nel momento in cui la svolta moderata libica sembra consolidarsi in un orientamento strategico di più lungo periodo. La Libia, come abbiamo visto, ha bisogno di uscire dall'isolamento internazionale per ottenere dall 'Occidente le tecnologie, il know how e g l:> investimenti necessari al processo di riforma economica, per cui è nell ' interesse de lla Libia stessa - al di là delle intemperanze verbali che talvolta ne caratterizzano il Capo - inaugurare un rapporto di collaborazione politica con l'Europa per mettere f ine al passato di "oppositore su scala mondiale". C.:attuale livello dei prezzi del petrolio, l'esistenza d' interessi libici nel dialogo con l'Europa e la stabilità a medio termine che sembra caratterizzare il Paese (con le riserve avanzate nella prima parte) sembrano dare all'azione italiana sufficienti garanzie sul tàtto che la collaborazione potrà durare ed essere pure efficace nella realtà libica. C i sembra che, in tal senso, l'azione italiana abbia rappresentato uno sforzo coerente e lungimirante di garanzia di interessi non solo italiani ma anche europei. Ma la politica italiana è venuta incontro a. interessi innanzitutto nazionali: la Libia è un Paese di primaria importanza nella nostra politica energetica poiché ci forn isce quasi un terzo del fabbisogno nazionale: il petrolio libico è di particolare importanza,
60
l. politica energetica
2. le relazioni economiche nel loro complesso
3. il capitale di credito e affidabilità politica
La n ecessità di continuare nel dialogo e nel rispetto degli accordi conclusi
non solo per la vicinanza geografica della Libia ali 'Italia - che consente un agevole accesso alle risorse libiche - ma anche, e soprattutto, per la sua non comune qualità e per l'elasticità nell'offerta che lo rende una pronta alternativa di altre fonti di approvvigionamento. eENI ha saputo conquistarsi una solida posizione in Libia, come hanno testimoniato i recenti accordi sullo sfruttamento dei gas naturali e sulla costruzione della condotta tra la Libia e la Sicilia. Lo sfruttamento delle grandi risorse di gas naturali libici, finora praticamente inutil izzate, non potrà che aumentare il peso della Libia nella pÒlitica energetica italiana. Le relazioni economiche nel loro complesso possono essere di mutuo beneficio: la riforma economica libica, la nuova attenzione libica alla piccola e alla media impresa, lo sviluppo del turismo e i progetti sulle nuove infrastrutture offrono alle imprese italiane di ogni dimensione interessanti opportunità d'investire secondo la Legge n°, 5 libica e col favore della posizione di vantaggio che l'Italia, prima nazione occidentale ad aprire il dialogo con la Libia e suo interlocutore privilegiato negli anni delle sanzioni, gode in campo economico rispetto ai concorrenti. Esiste dunque un capitale di credito e affidabilità politica da spendere, tenendo però a mente che l'apertura del Paese al mondo esterno ha creato un'atmosfera maggiormente competitiva, per cui le opportunità economiche vanno colte tempestivamente e la posizione di vantaggio difesa con determinazione. Favorendo la svolta moderata e la riforma dell'economia libica, l'Italia potrà contribuire al miglioramento della situazione socioeconomica e alla stabilità delle istituzioni di una L ibia amica prima dell'Italia, quindi dell 'Europa. Pertanto l'Italia dovrebbe persistere nella politica di dialogo con la Libia nel rispetto degli accordi firmati e senza indulgere in ritardi o ambiguità tali da far dubitare della nostra volontà, operando affinché dalla riconcil iazione italo-libica non nasca solo un attivismo capace di sfruttare i potenziali vantaggi economici ma anche, attraverso la collaborazione cultuJ·ale, un'amicizia tra i due popoli nella prospettiva di costituire un ponte di pace tra l'Europa e l'Africa settentrionale.
61
l . AH NUQAT AL KHAMS 2. AZ zAWIYAH
3. Al 'AZIZIYAH 4. TARABULUS ~. AlKHUMS
6 TIIRHÃ&#x2122;IWi
7. ZI1yAH
-
&. ~II~TAH
9. Al JA8Al Al AKHQAR
Fonte: http://www.omnimap. com
Mediterranean Sea
iNDI CE
PRESE TAZ IONE
3
PETROLIO E RI VOLUZJO E: LA L IBIA DJ CHEDOAFI
5
Le orig ini dello "stato distributivo " in Libia
5
"Operazione Gerusalemme": Gheddafi al potere La Terza Teoria Universale, la Jamahiriyya, la rivo/u:;ione su scala mon~iale e la "politica eroica ·· L'opposizione a Gheddafi '
9
lO 21
La Libia nel XXI secolo: stabilità di 1m rentier state Una valuta:;ione: Gheddafi e fa stabilità della Libia
25
L E RELAZIONI ITALO-LIBIC HE
37
I primi rapporti tra l 'Italia e la Libia di Gheddafi
37
Il terrorismo internazionale e il deterioramento dei rapporti della Libia con la NATO e l'Italia Il processo di riconciliazione tra Italia e Libia
39
44
Il Comunicato congiunto del 4 luglio 1998 Il rientro della Libia nella Comunità Internazionale
48 55
L E I>ROSPETTIVE DI UNA REA LTÀ l
57
MOVI) 1E:'\TO
35
Il presente Obiettivo è stato realizzato dai dottori E miliano Bozzelli e Roberto Storaci, ricercatori di leva presso il CeMiSS. Il coordinamento editoriale e bibliografico è stato curato d alla dottoressa Olga Mattera, r-icercatrice sen ior per il CeMiSS.