MOMENTI DELLA VITA DI GUERRA

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COLLANA STO .R ICA



Adolfo Omodeo

MOMENTI DELLA VITA DI GUERRA Dai diari e dalle lettere dei caduti

A cura di Roberco Guerri


Copertina: Ci.;mluca Buttolo

Tr:lS(.ri-tione: E.len;i Asquini Rcv-i.siooc: Fraocc:sca Raitcri lmpagina1,ionc: Erika ~1fili1c

PROP RIETÀ Lr::1·1-ERARJA

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Tutti i diritti rlscrvari: Virtata la riproduzione anche parz.ialc senza aurorizlal.ione © 20 I6 Riedizione per fvlinistero della Difesa Ufficio Storico del V Reparto dello Stato Maggiore della Difesa Salita S. N icola da Tolentino, I /b - Roma quinto.scgrsrorko@smd.difèsa.ir

ISBN: 978-88-754 1-470-2 Copia esclusa dalla vcndirn


lndice

Presen razione J\1asshno Bettini

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lntroduzione Roberto Guerri Cronologia essenziale Roberto Guerr; Adolfo O,nodeo stJ Piave il 15 giugno 1918 Paolo Gtupar;

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MOMENTI DELLA VITA 01 GUERRA

Dai diari e dalle lettere dei cadmi Avvรงrrรงn~ I. Il retaggio dei morti 11. Il cimento della vica IH. Crisi d'ani,ne IV: Sp iriti ,nilitari V. I fratelli Garrone VI. I giovi nerri VII. La distruzione delle speranze VII I. La guerra sofferta IX. Vira morale

2.3 5

Appendice Gl i u,nil i

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Indice dei nom i

3 5 15 J 2. 46 61

85 I 2.6

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Presentazione

Momenti della vitt1 di g11rrr11 (D11i dù1,·i e d,11/e leflere dei c,1d1111) fu pubblic:no per la prima volta od I ?34, a sedici ann i dai farri d'arme di Vitrorio Venero. in un momento deUa storia nazionale in cui la Grande Guerra era al centro di una fitta rete di ma,ùfesrazioni, rivolte più a celebrare b vittoria conseguira che a comprendere la dura realtà dd conA ino. lo studio di Adolfo On\odco, ex con1batrente egli stesso e decorato al valore, propose invece, attraverso la lettura e la pubblicazio ne delle pagine dei diari e delle lettere di militari italiani caduti, una chia,•c iarcrprctativa nuova. I.:intcnzio nc dello storico siciliano era d.i offrire un punto di osservazione sul mondo morale e ideale dei combattenti, che superasse le tradizionali ricostruzioni imperniate sulla storia politica e militare: sia quella consacrata dal regime fascista, che celebrava il conflitto in chiave esclusivamente nazionalista, sia, al contrario, quella di una pur - allora - limirara lerteratLLra. che narrava gli anni di guerra solo come anni di abbrutimento, sopportati sono la costrizione di paure maggiori, di cui il più fainoso esempio era rappresenra,o in quel mo mento dall'opera dello scri ttore tedesco Erich Maria Rc.m arquc Niente di nuovo

ftd fronte oçcide11tnle. I.:obicttivo di Omodco, lasciando che a narrare la guerra fossero i diretti proragoniSfi, fu dunque que)lo d i mosrrarc la passione che animava una parte degli ufficiali , in particolare quelli di complemento, e dei soldati che avevano aderito con slancio alla guerra, espressione di una molteplicità di posizioni ideali: n1azziniani, monarchici, catcolici, nazionalisti, garibaldini, irredentisti . Cerro, un frammento numericamente

piccolo in confronto all' imponente massa dei mobilitati, ma che per lo studioso siciliano rappresentò l'anima stessa ddl'Esercico. q uella che fu. con il suo ideale di Patria e d' umanità, esem pio per i compagni sopratrutto nei frangenti più difficili e dolorosi. Così, gli autori delle lettere e dei diari ricordati dallo s torico sicilia no, molti dei quali insigniti di medaglie al valor militare e ancor oggi ricordati nella toponomastica delle cinà d'Italia, vissero l'esperien1.~ della guerra con rurce le privazioni, i luni e le sofferenze che essa comporta, ma con la coscienza di una missione eccezionale, con l'orgoglio che il proprio sacrificio potesse essere il germoglio d' una vita nuova, più giusta per le nuove generai.ioni d' italian.i e con l'aspirazio ne ad lltla.confederazione europea di popoli liberi.


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M011u111idell" 111/itdl.gurrra

Lo studio cli Omodeo ha avuro solo due edizioni: la prima, come derro, nel 1934 e la seconda nel 1968, nel corso &clic cclcbra1.ioni per il 50° anniversario della Prima Guerra Mondiale. in due momcnci della storia nazionale in cu i i remi affrontati, cioè la guerra, la Patria, il sacrifìcio, il senso del dovere. assunsero. per opposte motivazioni. forri connotaziooi ideali. Proporre oggi una nuova edizione di Momenti, in un clima culrur:ùe più apeJ'Co al confronto, significa mettere a disposizione degli studiosi, ma anche di un più vasto pubblico di lettori, uno dei più bei libri sui militari iraliani nella f>rimà Guerrn Mondiale. Jn qucsr'orrica l'Ufficio Srorico dello $raro Maggiore della Difesa, con la presenra1.ionc di Mo1nenri de/In vita ti; gu,.rm nd ccnrcnario del con/l ino mondiale vuole dunque proporre alcune straordinarie cestimon ianze di elevato spessore morale e spiriruale, fornendo un concribuco per una diversa lettura di uno dei momenti crucial i della storia patria e delle Forze Armare italiane. Un apporto che può anche contribuire al rafforzamcnro del sentimento dell 'identità nazionale che sembra, pur era molteplici riserve, incunminarsi a divenire patrimc,nio condiviso. Al lettore di oggi giunge chiara d,1. rutti i documenti raccolti l'espericn,.a ddla guerra come ri:altà durissima, sof!èrra, dolorosa. incompresa. imposta, rragicamcntc conclusa. Comprcnsibilmcnrç, di questi ,empi le opinioni sulla Grande Guerra si riconducono quasi sempre alla definizione dell'inutile scmge, daca allora dal Pontefice. Ma per comprendere 1neglio il periodo storico in questione, è necessario calarsi and1e nello spirito e nella visuale di quanti allora, e non furono pochi. ritennero il conAirco come w, sacrificio necessario allagrandezza del Paese, facendo giungere il pe11siero che :mimava quei giovani, per i quali la guerra italiana non fu solo onnre, ma «che ttn soffio di poesia, di speranza, di giuslit.ia. vi aveva aG,aro sopra,,. Cosroro, in c,1crenza al lom pensiero, parteciparono al conflitto e ne sostennero tutte le terribili c,;pcricnze. La loro resrimoniania, of!èrra a proprie spese sul can1po, merita di essere considerata e compresa. C.omprcnsionc necessaria, li-a l'altro, a conoscere i pensieri e le speratw: di una generazione che avrebbe merimco di vivere la propria gioventù in modo migliore. Per dirla con le stesse parole dell'Omodeo: ,Chiare e oneste facce, fiorite ad altri soli, in una vira di pace: volei d'uomini non fatti per la guerra, ma capaci di reggerla per l'alro senso di umana dignità•.

Col. M,usimo BEIT!Nl Capo Ufficio ~ìorico • dello Srnto Maggiore della Difes11 ~- Rappresieni.-intc ddla Dif<.."Sa per la :1tori~ militare nei con$èSsÌ naiionali e i1ucmxtionali. A seguito dell'opplic,;jone del O.L 11. 95 del 6 luglio 20 I2. convertito in fogge doll':1ri. I oonm10 I, L del 7 og<><to 2012, n. 135, mm:: le anività precedenrememe svolte d1lb ex Commissione lrali:ma di Storia ~fili care (CJSM), sono rransirare all' Ufficio Storico dello Sraro Maggiore delb Difesa.


In t ro d uzio n e

,I-lo da vario tempo iniziaco uno studio sulle lettere e sui d iari dei caduti: un saggio di scoria sulla vira morale della nostra guerra, da cui verranno fuori, se il materiale continuerà ad essere come quello che ho fi nora saggiato, cesori ignoraci». Con quesce parole Adolfo Omodeo nell'onobrc del 1928 annunciava in w1a lerrera a Giuseppe Lombardo Radice, pedagogisca, volontario nella Grande Guerra, chiamato da Enrico Caviglia alla dir<"Lione dell' Ufficio P del X Corpo d'Armata, la stesura del primo di una raccolta di articoli intitolata Momenti della vitfl di guena (Dai diari e dal/, lettere dei cad"tiJ per la rivista «La Cririca• direrta da Bencdcno C roce. Pubblicati dal gennaio 1929 al scnembre 1933, i saggi dello storico siciliano andarono a costruire passo dopo passo, per cinque anni, in una sorra d i cantiere in diven ire, il volume poi edim da La1ena nel 1934. OrganizzaEo in capicol i conclusi in se stessi, il libro raccoglieva lerrere e pagine dei diari dei combauenri accompagnace dalle considerazioni dell'autore. Omodeo sin dall'inizio aveva be-n chiara l'architetrur.i della ricerca, quale percorso intendeva tracciare e a qua]j conclusioni voleva giungere i11s.ieme al ]errore. Il tema era gi~ suggerito nella dedica a Vi ncenzo Galizzi. un caro amico scomparso negli ann i Tren ta in seguito alle ferite riporratc nella battaglia della Bainsi,.za: q ud rremendo conAitto non era sraro solo una tragedia collettiva di d imensioni fino allora inimmaginabil i, perché dai docurncoti raccolti «si irradia la luce spiJ·icuale, che illumjnò la nostra loncanante giovinezza, e 13 fede che sosccnne l'Italia nella terribile prova». Sorreno da u na forte parredpa2ionc personale, si era così impegnato in un lungo e appassionaro lavoro d 'indagiJ1e su un a parre d elle lettere e dei diari fino a quel momento editi (poch i gli originali citati), di cerro un piccolissim o segmento di qudl'i mponenrc mole di corrispondenza, circa due m iliard i e cenroci nquanta m ilioni di pcz1.i. inviata dai combacrcnti ai familia l'i dalla Zona dj guerra. Scelse di pubblicare unicainente gli scritti dei caduti, testi perciò sinceri, non conran1inari da successivi ripensamenti né appesanriri dalla retorica che spesso caratterizzava la memorialistica di guerra. J.:analisi fu condotta sopratruno sulle p ubblicazioni raccolre d a Be11edetto Croce già nel corso del con fljtro e sulla vastissima selezio ne ordi nara


dal direttore della bibl ioteca, del Musco del Risorgimento di Roma, ,\Ilario Menghin i. Molti senza dubbio Furono i futrori che spi nsero lo storico sici liano ad accantonare le ricerd1e sull'antico cri.scianesimo per approdare all'attualità; sicuramente inAuì il forre incoraggiamento di Benedetto Croce, che già nel I921 recensendo su •la Critica • le lettere di UJl giovane volontario tedesco ucciso sul fronte francese nel 1918. esorcava •qualche ingegno scorieo e liloso6co» a intrap rendere l'analisi dei canri volwni, voluinen:i e opuscoli che raccoglievano le missive e i diari dei militari caduti in guerra. Altra sollecitazio ne gli venne dalla crescente atcenzione dègu storici per w, evento che per la forma, per la d urata, per lo molrcpl icirit degli aspetti e dei problemi a esso collcgari, 11011 a,•cva alcun precedente nella scoria dcll'umanirà. Fu indocro probabilmente a questa sce.lta anche dalle numerose manifestazioni e pubblica1.ioni promosse dalle associazioni di. con1battenti e d i reduci che era gl i anni Venti e Trenta celebrava.n o il ricordo della guerra. Alla base vi furono senza dubbio la sua direcra esperienza al fronte, l'approfondita riAessione sviluppata nei quarantun mesi di guerra fermata nel bellissimo episco1:irio con la moglie Eva, la liere-aa per il dovere compiuto «Domani son diciouo anni dall'inrervenro - scriveva all'amico Luigi Russo nel maggio del 1933, ormai prossimo alla conclusione del lavoro - Vistai a disran1.a, grandeggia scn,prc d i p iù quel la nostra generazione di cui noi siamo gli epigoni» .

•• • Benché riformato alla visita di leva nel 1909, Omodeo fu arruolato nel Regio Eserciro il 1• luglio 1915 e, come sorrocenence della Milizia Territoriale, prestò servizio nel 4° Reggimento Artiglieria da fortezza. La ch iamato alle armi lo sollevò da un dilen1ma che srava diventa ndo un vt:ro caso di cosdcn7,3: combattuto tra il desiderio di prendere parte alla guerra e di partire volontario, e la possibilità d i rimanere in accesa della mobilitazione, trartenuto dal senso di responsabilità di fronte ai doveri verso la nuova famiglia. ldealmence aveva già comw1que maturato la sua scelta d a tempo, ranco che nel dicembre J 914 scriveva a l suo anùco professore del liceo Garibaldi di Pale.r mo Eugenio Donadoni: ,,Mi preoccupa non poco la crisi europea, i11 cui secondo ogni probabilità dovrà impegnarsi l'Italia. Ma se si spiegherà nuovrune,ue la bandiera del Risorgimento. ci sarò anch'io: costi che cosri>, e poi in un' altra lettera nei giorni decisivi dcl maggio del ' 15, quando si andavano moltiplicando le iniziative in sosccgno della neutralità, • Le c<>nfcsso che prefcrird morire in campo, non ostante i mille legami che mi fanno cara la vira. che dover arrossire d'essere italiano souo il regime d'una pace giolitciana. /via speriamo che i fati si compiano per il meglio d'Italia: cucco ora an11nonisce che il mondo non è furco per i fiacchi e i vili•. Con quesre parole interpretava anche il sentimento comune a una gran parte di quei giovani italiani, per lo più esponenti della borghesia colra. che partirono volonc-ari per


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la guerra, delusi, morrifìcati dal clima culturale prevalso in Italia già all' indomani ddl' u· nifìcazionc. lnfani, nell'ultimo scorcio del XIX secolo e nei primi anni del Novecento • marurò quella politica vegerariva che raggiunse l'apice - ricordava Omodeo nel n1aggio del 1920 in un articolo su ,I.;Educazione Nazionale, - «consule• Giolirri, di conrro la tradizione politica del Risorgimenro, una politica ioson1ma in cui rivivevano le vecchie tradizioni dell'Jralia serva, una politica orientata verso un nichilismo, ut1'anarchia facra di pigrizia, d'insofterenza d'ogni vincolo e d'ogni dominio, intesa e assorra rutta nel momc nco fug11ce, negli egoismi più meschini, accareu.ati ed elevati a forzapolirica». Jn siffatta delusione per il naufragio d i rance asperrarive travQlrc nella «f.trsa dell'infìnitamente piccolo•, secondo l'espressione di Carducci, vi era in realtà una buona dose di esagerazione, ma nei primi anni del secolo quesre critiche trovarono comw1que una larga diffusione era gli uomini di cultura. In particolare alimentarono lo sdegno per il cradimenro perperraro dai padri dell'eredità e del retaggio delle !orte risorgimentali era i giovani nati nell'ultimo quindicennio dell'Otroce,uo. Investita dunque di una missione di riscarto in nome della parria, quesra gener"1.ionc, cui apparten ne a pieno titolo Adolfo Omodeo, si propose di rifonda,e l'lralia, di assumere la guida di w1a nuova sragionc, capace di orientare la politica verso altri valori. Aspirava al superamento dello Sr.uo liberale, della fredda, meschina e quotidiana visione dei problemi senza alcuna prospettiva futura, senza l'ambizione di far rinascere il sogno garibaldino di un'lralia, che al cospetto delle nazioni, fosse portatrice di una civilrà nuova. «La parria nuova: è questo di cui abbiamo bisogno - scriveva Omodeo già nel novembre del 1911 - non la patria vecchia, la patria dei retori. ma la parria vivo senso, aspirazione dell'anima rinnovata, ché la patria, diceva Mazzini, è la coscienza della patria. E io son figlio di Mazzini• . In questa ccmperic. nella lettura assidua dc ,,Il Loonardo• . «Laecrba», «l:Unità» e poi nella collaborazione con , La Voce• di Pr<Cl.'Lol ini, la più aurorcvolc tra le riviste letterarie d 'inh.io secolo, nell'incontro con filosofi e pedagogisti idealisti come Giovanni Gentile e Giuseppe Lombardo Radice e nell'ascolto di tnoUti altri rappresenta nti dell'inteUet· malicà italiana, quali Gaetano Salvcmini e il critico Renaro Serra, si andava rinsaldando in Omodeo il convincimento della necessità di un profondo rinnovamento culru rale e politico della nazione. I colpi di pistola esplosi a Sarajevo e il precipitare della crisi in Europa nel luglio del 1914 gli si presenta rono in tal modo come l'occasione irripetibile, il punto di svolra da dove partire per abbattere un regime politico antiquato e imporenre che «non proiettava - come spiega Emilio Gentile (// miro dello Staro nuovo. Dnll'ttntigiolitrùmo nlfmcismo, L1cerza, 2002) - la sua azione nel futuro e verso il n1ondo, perché non era spinco dalla fede nel primaro e nella missione di civiltà dell' Italia risorta•. Lo storico siciliano si avvicinò cosi all'idea della. partecipazione italiana alla guerra, cerco che si tornasse a spiegare la bandiera del Risorgimento eradica e lasciara cadere, mosso


dallo spirito patriottico dei volonta ri garibaldini. Sentimento condi.viso nelle manifestazioni a fa,,ore dell' intervento da migliaia di giovani che poi, con esemp lare coerenza id<"VC, combatéerono e spesso lasciarono la vira nelle rrincec, sulle Alpi e nelle doline del Carso. Cosmro, nella gran parte uffici:11li di complemento, erano legati dal richian10 al senso del dovere, dal sogno conume dell'aspirazione di una giustizia ua i popoli che si coniugava colla profonda osòlicà verso l'Austria onttt de i secoli, parrimon io ideale di quella imporcaute e indiscinra galassia erede del mov imeneo mazziniano. In Omodeo poi, c he si professava addirittura figlio di /\1ar,ini, questi fondam<nti dell' inrervcnrismo risorgimentale erano ancora più intensi. Si può d ire rapp,·esc11rasse da,,yero una figl!ra esemplare di quel movimenro liberale e democratico (dalla rumorosa minoranza dei nazionalisti e dagli irredentisti si renne sempre distante) che s'impegnò per la dolorosa necessità della partecipazione al conAicco perché «l'anniencamenro assoluto d'Italia sarebbe scaco, in qualsiasi caso, la conclusione della guerra europea senz..-i il nostro inrervenco, Allora- scriveva ne •LEduca-zione Nazionale», 15 maggio 1920- vi fu il risveglio della cradizione del Risorgimento in uo1ni11i che lìnalmente, dopo av<•r lungamente errato a renconi, raggiungevru, o la posizione di una politica nazionale. Si volle e s'i mprovvisò la guerra per non morire come lca.lia». Da qui la sua amm.irazionc per la poesia civilç di Giosuè Carducci. Sono numerosi in Momenli del!,1 vitlf di g11errtl e in 1n olti altri suoi scrini, come ha notaco Roberco Peni· ci (Preistorù1di Adolfo Omotleo, "Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa», 1992) i riferimen ti al wate• che, con parole cariche di rimpianco in occasione della morte del generale Garibaldi, aveva decrecaco la lìne di un'epoca; •L~ epopea della nostra gioventù, la visione ideale degli anni virili, sono disparite per sempre. La parre migliore del vi\'Cr nostro è fin ita~. Q uesta visione pessimista scn,brava conrngiassc anche le dina·

miche F.11niliari, parte integrante, insieme alla scuola, ddl'cducazionc patriottica della generazione del 1915. Non erano infatti i genitori, in particola re i padri, gli esempi che si potevano prendere come punto di riferimento, perché non ave,•ano potuco parteci-

pare all'epopea del Risorgimenco essendo nari troppo tardi, a loro anzi si rimproverava, come abbiamo visco, di aver dissipato il patrimonio spiriruale delle loHe eroiche per l'indipendenza. Moddli divenivano invece i loro predecessori, vale a dire i procagonisci e i costrunori di quel mito. (Elena Papadia, Di patire i11jìglio. Lttgenen1zio11edel 1915, Il M ul1no, 20 13). Un a nalogo percorso formativo sc-gul anche O modco: rientrato con la fam iglia a Palermo nd 1906, q uando aveva dunque diciasserre a nni, eblx mQdo di incontrare e frequentare u no zio materno, l'ingegner Francesco C alandra,, garibaldino in gioventù e da lui, ch e ascolcava co11 venerazione, raccolse il testimone dell'amor di patria,


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Dicci anni dopo la conclusione deUa guerra, in una mutata stagione politica, il suo intcnro nd ricercare e con1n1entare le lettere e i diari di militari italia11i caduti in combaniinenro rispose anche a un d liaro disegno ped agogico per riportare l'attenzio ne, soprattutto dei giovan i, sui valori che avevano sorretto i combattenri in quei lunghi tre anni e mezzo in cui si sviluppò l'i1nmar1e conAitto. G li era parso, infatti, che, raggiunta la pace vitcoriosa, d i quello straordinario in1pegnu del la nazione e di un'intera generazione immolatasi suj campi di battaglia no n s i ricordasse ormaj che il principio e la fine: il m aggio d'oro del 1915 che aveva porraro all'intervento e la celebrazione della victoria che rappresentò il momento più alto e più partecipato con la cunndazione del Mjlite lgnoco all'Altare della Par.ria. Era stato dime nticato, addirittura rimosso il durissimo impegno bellico, le sofferenze patite daj co,nbattencl, il sacrificio quotidiano di nùgliaia di uomini. Riteneva che •in Italia, mencre fiorisce copiosissima la leneracura sulla guerra, si è obliato, o meglio, s' ignor:1 ciò che !han detto e scritto quelli che morirùno. E avviene che la pane, eh~ sopravvissuti e comrnenracori riserbano a se sre~i, sia un po' troppo grande, e che nuove passioni e nuovi stati d'animo si sovrappongano a

fur vdo alle p.Lssio ni e alla passione della guerra . A scorrere gli epistolari e i diari degli scomparsi - essi son rimasti sw lc loro posizioni - ci senriamo rrasfcriti in un'alcra temperie spi rituale, quasi in un'altra generazione, dopo appena un decennio•. Ridiede in ral modo vira ai caduti, facendoli scendere dall'al to dei monw11enti da dove, quali eroi senza rempo, erano immorralati nell'atto di fermare il nemico senza lasciar trasparire nessuna solt~ren?.a. Li riporrò nel fango, nell'angoscia, nella paura, nel dolore. (An nette Beckcr, Commemorare la Grande Guerra, •Quaderni Forum», 2000). Una scdra in contrasto con l'enfatica e maggio ritaria oratoria di guerra nell'Italia degli anni Trema che esaltava l'immagine eroica del soldato, del fante con1e un es.sere speciale sempre pronto a gesti eccezionali. Esemplare di questa letcuta celebrativa la raffigurazione della Grande Guerra cui era affidato il compito d i aprire le sale de lla Mostra della Rivoluzione Fascista a Roma. Omodeo si dispose perciò ali'ascolto dei caduti, con un implidco richian10 al carme foscoliano Dei Sepolcri. a una lunga nel.'Jitl (l'interroga1jonc ddle anime dei defu nti secondo la culrura classica) come la definiva nelle ul time pagine dd suo lavoro, per raccogl ier" lo spirito dei combattenti, perd,i solo la 11ie111ori11 consente oltre la moru di ripercorrere le tappe della vita degli 110111ini. Temeva che le energie morali che avevano deter· minato la partecipazione a quella guerra, divenuta grande per definizione, andassero ora smarrire, dimenticate e fosse rinnegata e perduta la fede di chi vi era morto. Lo storico rivolse allora un'angosciosa domanda ai defunti: se la loro morte a decine di migliaia. se i tremendi sacrifici affronraci fosseto ora giusrificaci dai risultati conseguiti con la vieto-


ria. l'er aver risposra a questo grande inrerrogadvo rilesse le loro lettere e i lo ro diari. la icstimi;>nianza pi,, dircrta e sponraniea di quei giovani che avevano abbandonato con le loro case rurto il mondo di affetti e .di speranze, di sogni e di amori. Solo arrravcrso i loro scritti era possibile ripercorrere , le cappe ideali della nostra guerca, scrutarne, a traverso i migliori, l'ani ma occulta e profonda, risentire in documcn c.i i,nmediaci, uomin i, cc;,sc, esperienze, che ormai canee vicende e ca11ce passioni discao2iano da noi».

.. ' Gli aurori di questi cesti appartenevano in maggioranza al corpo d,-gli Alpini, menrrc riguardo la provenienza civile erano per lo più incellenuali, certo un segmento nu merica· mente molto ristretto della cocalicà delle forze mobilitate. Secondo Omodeo, nondimeno, era ineluttabile che fossero queste le figure dei combacrenci a salire al proscenio del racconto perché, pur se portavoce d i una minoranza, esprimevano •la libera costituzione di un'aristocrazia d'inrelligenza e di ~pèr~·>,) cd erano in quanto mli i n1orori e i procagonisti deUa scoria. Non s'identificavano cerco con chi occupava posti di rilievo nella gerarch ia politica, ma anzi ad essi si contrapponevano. Il vigore. le idee, le conseguenti azioni e la foria di coesione di quesra generazione erano ispirati da una nuova religione. Non più la dorrrina cristiana, né quella prodan1aca dalla rivo luzione francese che aveva in6an1111àto l'Europa con le parole ,,libertà, eguaglianza, fi-acernirà•, ma la religione del dovere e della par.ria, il patriottismo inteso in senso etico. alto, che consentiva la coesistenza di altre patrie a fianco della Parria, un valore com une di civiltà con al cri popoli, non come sciovinismo o nazionalismo emico, ma come aspirazione a giungere all'europeismo o addirittura, in una prospettiva cerramenrc lontana, al cosmopolitismo {Bcnedcrro C roce, G1i,11u10 Moscn,

Eleme11ti ,I; sde11:uz po/itictt, • La Critica•, voi. 21 , 1923). Erano costoro i veri creatori della Storia. Dalla sua investigazione dell'ani mo dei caduti rimanevano esclusi in modo perentorio e inappellabile quanti non furono mossi nella loro partecipazione al confl itto da un ideale o da una positiva volontà, e, più di rurci, coloro che, infrangendo w1 pacco di lealtà con la comunità nazionale, di fronrc alla prova, si sorcrassero al loro dovere: • Valga un esempio: nella cirarn silloge dello Spitzer [!ta/ie11ische Kriegsgefo11ge11briefè, Bonn l 921. Lettere di prigi1J11ieri di guerra italia11ij abbiamo una scdra di lettere di disertori italiani dd campo di ·n,crcsicnsradt [. .. J nulla di più insign ificanre di quelle-lettere: acrcscano solo il più banale isci nro di conse-rva.zionc: nulla hanno da dire allo storico. E se possedessimo runi i diari degli imboscaci, non ci direbbero nulla, perché n uU.a s toricamente essi han creato» (li rerttggio tlti morti) . Tale convincimento, fulcro della concezione storiografica di Omodeo, motivava la scelrn di dar voce nella presentazione delle lettere e dei diari a quella geJ1ert1zione carsica, come. ebbe a defi nirla lui stesso, che seppe tener vivo «quesro anelito verso le ultime


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dcc supersriri, Giustizia e Libertà» e proporsi guida e punro d i dforimenro per la gran maggioranza dei combancnci che vissero la guerra come imposta da una minorania. Un compito impegnativo si presentò allora a qucsri ufficiali: ispirare nel soldaro, nei fanti conradini «che estranei ai problemi della politica, erano strappati alle loro case, alle loro donne, ai loro figli, e condotti a uccidere e morire, come da un turbine», le motivazion i ideali che li avevano portati a combattere. Si prodigarono così se,ua lim iti, dimostrando con i farti di patire le stesse privazioni e di affronrare gli stessi rischi. Il loro agire doveva essere d'esempio e divenire, con un accento quasi kantiano, un paradigma di comportamento che non poteva essere piegato a nc-ssw1 cak.olo. «Non è qui ndi ingiusto - osservava lo storico palermitano a sosrcgno della sua scelta - contro ogni pretesa quantitativa, rappresentare l'esercito operante come mosso dal cuore vivo dei migliori, che soltrirono l'angoscia e la responsabilità di cucci, che non disperarono nei rovesci, e nei loro ideali di patria c d' umanità trovarono il viarico per l'aspro cammino».

La ricerca s'inscriva in quella straord inaria celebrazione collettiva della morte ,-sprcssa all'indomani della Prima Guerra Mondiale od culto dei caduti, riallacciandosi nello stesso tempo alla cradi1,ione nazionale onocentcsca del ricordo dei pacriori che avevano sacrifìcaro la loro vira nelle Ione per l'indipendenza, dei volontari caduti nelle guerre del Risorgimento, dei morri sul patibolo, di coloro c!he furono incarceraci nelle prigioni, vittime della repressione poliàca. A curò costoro allora furono tributati onori e divennero icone della religione della patria. (Non omnis 1ntJri11r: gli bp11scoli di t1tcrologitJ per i ,·11d11ti itt1litwi 11elln Grnnde Guerra: bibliograjit, analitica, a cura d i O liver Janz, Fabrizio Dolci, Edizioni d i storia e lettcrarura, 2003) Turravia quei «tesori ignoraci• di cui scriveva a Lombardo Radice erano costituiti in larga parte dai nun1erosi opuscoli commcmor:uivi dedicati a si ngoli combattenti senza norotietà, pubblicaci a cura dei fan1iliari, degli am ici, dei co,nmilironi già nel corso del conAicro, un monumento di migliaia di pagine che si affiancava a quelli edi6cati nel 1narmo e nel bronzo di cui, finir.a la guerra, si erano rienipire le piaz1.e delle citrà e dei paesi italiani. La scelta compiuta da Omodeo fu invece di trasportarli dall'ambito del ricordo privato a quello della rievocazione pubblica, d i riunire memorie cd esperienze diverse, di presentarle, ricom poste in una silloge che non fosse solo la somma di singole rimembranze, né un'ancologia degli scritti dei caduti. l'.originaB ità e la forza dello scritto sono nel ripercorre i vari mo menli della guerra e nel rendere la voce, l'anima e il volto a quell'imponente massa di giovani che stipati nel labirinco delle trincee nella pietraia carsica, incrodaci sulle pareti rocciose delle montagne alpine avevano compiuto il loro dovere combattendo per la patria e che nondimeno rischiavano di rimanere anonim i e grigi come le uniformi


che indossavaJ10, senza u na propria ;de,uità, mossi sullo scacchiere dei fronti come pedine pa.ssìve e iRcons;ipevoli dai comand i milirari, perché • nel<Suno, negli cscrciri immensi, sovrasta di rutto il capo sulla folla. come Aiace nel campo acheo». Con questo srudio, nuovo per l'impostazione critica con cui affrontava il tema del mondo morale e ideale dei combanenà (con davvero pochi precede nei nell' ampia produzione sulla Grande Guerra, forse con le sole eccezioni di Lettere e scriui d; c11dtt1i per /11 p111ri11 ne/111 guerm 1915-1918 del 1926 di Michde Dc Benedetti, del mensile «Rivista eroica., pubblicato nel corso della guerra e dedicato al ricordo degli ufficiali morti in combatcimcnco, ma soprattutto dei due volumi, ampiamente cirati nel corso della narrazione, di Maria Notari O livotti Luce di ,co11rp11ni del 1921) si propose di spostare l'attenzione dagli eventi bellici alla realtà interiore e ai sentimenti degli uomini che quelle situazioni avevano vissuto.

. ,..,

.

Dunque Momenti rappresenrò un' intuizione nuova per racconrarc la storia dd cmt/licco da una d iversa ang<llarura, non dai resoconti degli uffici storici degli eserciti, né da quelle corrispondenze giornalistiche di guerra sprezz.1ntcmentc criricate dai mi.lirari come tendenziose e percepite coinc una costante manipo l:rlionc della realtà, né dalle fonti diplomatiche, ma dirercamcnte daUe lcnere e dai diari dei combanenri, testimonianza dello spirito e di quell' anima che permisero loro di superare la logorante vita di a-incea, la lontananza dagli affetti più cari, il terrore della morte e del dolore, l'angoscia degli assalti (Giacomo Dc Marzi, Adolfa Omod~o: iti11er11rìo di 11110 !lorico, Quarcroventi, 1988). I:ascolro delle voci dei caduti ripercorre qu illdi la biografia di mi'illtera generazione, della generazione carsica, e guida il lecrore arrravcrso un impervio sendcro. in u.na son.a di discesa agli Inferi dove gli even ti terribili e schicHi elci quarantuu mesi d i guerra, ciascuno con la sua storia e il suo parricolare tormento, so110 illuminati da un potente contenuto etico che non vuole essere consolarorio, ma monito cli elevazione spirituale. C' è il con1barrente in cui prevaJe il senso del dovere, altri che vivono un·esperienz.1 quasi mistica, altri ancora, come il critico Renato Serra, convinti che la guerra sia un evcnro che non cambi n ulla nel inondo e l'accettano e vi panecipano solo in un,1 visione di solidarietà nazionale: •Qu,ell'Jcalia che mi è sembram sorda e vuota, q uando la guardavo soltan to; ma adesso senro che può essere pièna di uomini con,e son io, s tretti dalla mia ansia, e incamminat i per la mia stmda, capaci d i appoggiarsi l'uno all' altro, d.i vivere e di morire insieme, anche s:cnza sapere il perché: se venga l'ora» (La disrn1zio11e

delle spemnu). Su tutto si dipana un filo rosso, a nzi tricolore. che unisce tra loro i p rorngonisà, busti, 1111ti, senza piediunllo, cui è affidata la narrazione della vita di guerra . D i là della particolare situazione contingen te e dello stato d'animo manifestato negli scrirti dal


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XVII

fronre ai loro cari, emerge il nobile senso del dover<: e del sacrificio che assu me ralvolta coni e intensità religiose, la consapcvok-i-1.a della missione da compiere verso la patria, ma p iù di ogni alrra cosa la responsabilità per il futuuo dei figli e delle nuove generazio ni che, a guerra fi11ita, a vittoria conseguita e sconfitto i.I militarismo germanico, avrebbero poruro affrontare LLn destinQ diverso in un'Italia nuova, pi,, grande e più giusta. Scriveva io cal senso in una lettera Eugenio Garrone, ufficiale degli Alpini, il più giovane dei due frarelli divenuti il simbolo dell'inrl· ra opera: «lddio ha riservaro a noi, seconda generazio ne di chi ha lotraro per primo per l'unificazione santa "dall'Alpi a Sicilia" il grande momcnro di vedere compiuto il sogno iraliano [... ] quando il mio gio rno sarà venuto, se il sacrificio della mia vira fosse necessario, ben venga quel giorno• (!ftntel/i Gnrror1e). Questa responsabil ità angosciosa, contratta in primo luogo con se stessi, si sostanziava con diversi accenci nelle voci che provenivano da singole situazioni cariche di alra drammaricirà. Nell'odio per il nemico esternato dal renente Riego Arrighi «C iò che è austriaco deve esser bandito dal nostro suolo, reietto, oppresso. Sono indegni d i vivere»

(Spiriti militnri), nell'orrore della morte inferta a un Knùe,jiigerdal giovan issimo ber,;aglicrc Giorgio Lo Cascio in una feroce mischia sul E'airi nd 1916 ,,Eppure, Maria mia, io che con quesce mani scrivo queste parole delicate [... ] io, Maria, il 3 novembre in un furioso assalto alla baionetta, ho scan nato un uomo• (! giovineui). nella spossanrc quotidianità delle condizioni di vita •Da tre giorni - scriveva Carlo Stuparich - do,·mo nel fango, tra il fango, col fango, mangio e bevo n1isro a fango, respiro fango, la mia pelle e le. mie ossa sono infangate~ (Lt1 dùtntzione delle sper1111ze), nelle ferite arroci , Uno dei m iei feriti - racconcava Carlo Gallardi, medaglia d'oro - era in condizioni raccàpriccianci. Una sbarra d i ferro grossa un dito pollice [.. .J al colpo si spezzi>. li troncone rrapassò il braccio di quel d isgr..,zia.ro, gli cnrrò nel fianco e gli uscl dalla schiena; infil,.~co!» (Ln g11err11 ,offe,111), nella crisi dell'entusiasmo «Sto male moralmen te - an notava nel suo diario l'alpino Giacomo Morpurgo nel luglio del 1916 davanti al Monte Chiesa - Mi senco abbarruto come non lo sono mai sraw [ ... J si attacca senza saper cosa, né come, né perché; [ ... ) Ho negli occhi i pezzi di qudl'Asini, un così buon rngazzo; sul cappello ne ho le rracce di cervello» (Ln g1<errtt soffirtn). Nondimeno in tutti gli scrirri si riconosce wia salda e ferma determinazione, un irre1novibile impegno a ponare a compimento la n1issione intrapresa, come emerge dalla lettera inviara al padre nel giorno di Natale del 1917, quando si andava consolidando la, resistenza italiana dopo la ,ocra di Caporecto, da Roberto Sarfatti. caporale nel 6" Alpini non ancora diciottenne. la più giovane medaglia d'oro iraliana della Grande Guerra: • Più sro al fronte e pi,1 penso che si deve vincere. A qualunque costo. E ora pi,, che mai. Vne vicrù. Guai a coloro che dovessero sottostare a una Germania vincitrice». (! G;o11iner11). Eppure, nonostante nella coscie,11.a de.Ila memol'ia sia preferibile essere virrime che agenti di sofferenze ed.i morte


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M011u111idell" 111/itdl.gurrra

(Annette Beckcr, Com,,,emornre la Grnnde Guerm, «Quaderni Forum• . 2000) 11011 mancano le note cn1de degli scontri, come nella descrizione del granatiere Teodoro Capoeci dell'espugnazione di Oslavia nel novembre I 915 «Urli selvaggi e rauch i dei granarkri: cran già tutti senza voce: A11anri, ava111i Sa11oia! Ci buttiamo giù pel rovescio della quota, intravediamo i primi cappotti celesli: scappano da tutte le parti; i granatieri li inseguono a fucilare a bruciapeJo, a pochi merri, li sbudellano». C 'era insomma nelle lettere dei caduti la realtà del conAirro, del runo opposta a quella rappr<tsentazione epica che= nei n1esi precedenti rinccrve.nco aveva illuso tanti giovani, ..-la guerra tutto slancio, entusiasmo, in1pcto in cui si era pronti a morire, ma alla luce dd cielo. all'ombra delle bandiercsvcnrolanti». l'roprio nella sofforcnza delle trincee, nello sfo17.o bellico che implicava una dura prova di tenacia e di resistenza. dove si dovevano accenare non solo il dolore e la morte, n,a anche l'a,nara quotidianità di privazioni, di promiscuità, cli angustie, cli w,1iliazio1li, di snerv:inti attese, emergevano le chiare figure dei due alpini, i fratelli Giuseppe ed Eugenio Garrone cui Omodeo riserva, unico caso in tutta l'opera, un inreré> eapirolo nella parte centrale dd volume (1 fi,11,//i Gnrrone). E luminoso, discanrc, altro dalla 1,-im-et1 l11nde111e era J tono ddle lettere sc.rirre da Eugenio nella descrizione norrurna della guerra alpina: «Turc'inromo, quando salgo proprio s,1ll'ulrimo cocuzzolo della trine"-~, non vedo che unJim 1neosa corona di creste frasc:aglfatc, nere, conrro il ciclo

chiaro ( ... J La vigilanza è continua. [... ] figure immobili e nere che escono con nttto il peno dal parapetto della trincea col sacro fucile impugnato, l'elmetto luccicante socco la luna». Anche in quest'animo che sembrava ispù:aco da profonda serenità, rimane,ra pur sempre vivo il sentimento che lo aveva condotto alla guerra, la precisa individuazione del nemico, il senso della missione da compiere e l'orgoglio della propria identità. Passato in fanteria e mandato sul C1rso, abbandonate le sue a,narc monragne, impegnato ndla terribile barraglia sul Faiti nd corso della X oflcnsiva dell' Isonzo nd maggio 191 7, r:Kconrava alla madre di un momento di quiete, quando i soldati intonavano canzonette napoletane in cui coglieva un profondo desidcr;o cli riposo, di casa, di pace. Allora. mentre si lasciava andare a una preghiera che invocava la concordia tta gli u0tnini, all'improvviso il cielo si era riempito di J/Jrap11ells all' inseguin1ento d i un aeroplano nemico. Aveva interrorto la sua orazione e: •No - aveva esclamato - prima bisogna far scomparire quegli uomini che non sono degni di vivere con noi!». JI commiato di Omodco da quescc due figure. capitani degli Alpini, caduti sul colle della Berretta sul monre G rappa nd d icembre 1917, entrambi insigniri della medaglia d'oro, è solenne e commosso al tc.mpo sresso. A guerra finita, secondo le parole dello storico siciliano, le loro figure torneranno a sfavillare come le vene delle Al pi che tanto amarono e i due modesti ufficial i (111a per lui ebbero la grandezza epica dei due Dioscuri) avranno posto nella storia di quei tremendi quarantun mesi a fianco di generali, di diplomatici e di politici, ,na parlera,1no alle nuove generazionJ con w,'alrra voce: , espri-


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meranno i sentimenti e le speranze d i ranra pa rte d' Il1alia che si lanciò in guerra per una più alca giusti1,ia umana, col senso della ttadizionc rnaztiniano-garibaldi na d ' Ital ia». Accanto al ricordo dei caduti poco nori lo srorico volle commentare le lettere degli inrcllerruali «intervcnrisci/intervenuci» e a loro dedicò La distr11zio11e delle spernnze, u n capitolo centrale per la comprensione della sua lenura della Grande Guerra. Apriva allora un'a.mara riflessione sull'lralia degli ai111i Trenta, sul fascismo e ai1rjcipava il responso dei morti al suo angoscioso quesito: se tanto sangue versato fosse sraro alla fine, come si era sosrènuto all'in izio del conA itto «corroborntorc di civiltà nuova». La risposta di Omodeo, nena quan to dolcnre giii ndla titolazione dd capitolo, era porentoria: «la guerra moderna è staca u niversale nell'appello e ha compiuto una selezio ne a rovescio: dei giovanj, dei sani. dei generosi, di chi più acuto sentiva lo stimolo dei doveri civilj, la passione parria, la vocazione politica, i problemi universali•. Con la perdica di un'intera generazione d 'inrcllenuali, di una potenziale classe dirigente, il !urto trascendeva quello privato delle famig lie per divenire perdiro dell'umana civiltà a meno che «q uesti germ ogli schiancati non vengano raccolti e sviluppari in una nuova coscienza, in w1a volon ril nuova orit ncata per diverse vie [... ) con una più alra giusti.zia che dia senso al loro sacrificio». Era dunque questo che gli richiedevano i morti con quelle leHcre, con le loro voci di dolore, d i gloria, di angoscia: che cogliesse il senso profondo di quella «mitezza strana in uomini travolti nella strage: l'aspirazione a salvare un più umano ideale di vira contro l'istinro nibelungico, belluino, della guerra tedesca• .

E le conclusioni di Omodeo dopo aver ascolrato in questa lunga nrkyia le parole dei caduti erano di profonda amare-,za e sconforro: quella superba gioventù che aveva vinto in campo aperto il nemico e sai varo l'lcalia 1)on era r iuscita a raggiungere l'ideale che si era posta come fine della guerra: • una collaborazione fra i popoli, u na libera comunio ne di civiltà fra tutte le genti, una più alta dign ità risc-rbata alle nazion i civili : un rrionfo dell'ideale iraliano•mazziniano sul mondo• . Perché ora, e qui il riferimento alla sicuazio·

ne coe"a della politica italiana cd etLropca era molto trasparente, il miljtarismo tedesco pur sconfino pareva aver contagiato i vincitori e così era srara rinnegara •la comune civiltà e la fede di chi morì•.

In chiusura del volume pose una p iccola appendice Gli umili, poco più di una decina di pagine, dcstinarn alle ofìgure care dei compagni d i vigi lie degli ufficiali». cioè ai soldati semplici, ai fanti contadini, a tutti coloro che vissero la guerra come «UJl male, un castigo dei peccaà, che solo la Vergine poteva deprecare [... J l'umile lcalia che sanguinò sul Carso e sulle Alpi». Selezionò un'a.sciutra raccolta di documenti dalla silloge dj Leo Spirzer delle lettere dei prigionieri di guerra italiani internaci nei campi


dj conce.ntrnmenro. non restimon ianzt di cadud. ma di militari che anc.ndevano la lìne dd conflino per riprendere la loro vica del rcmpo di pace. Quest'uhi ma parte non lo convinse per nulla, sentì la narrazione degli umili profondamente estranea all'alra censione ideale che permeava invece le lecrerc dei combanenti morti. Ne scrisse il 7 agosro 1933 a Benedetto Croce alla vigilia della pttbblicazione del volume, preoccupato tra l'alcro che l'a,npia paginazione scoraggiasse l'editore l.aterza: , Si poHebbe alleggerire il volume di circa 25 pagine sopprimendo il capitolo sugli umili che esce nél fascicolo di scuembrt, [dc ,,La Critica»] e che io ho trasformato in appendice perché non quadra con cui-io il r<~.sro,,. MQme11ti del/" 11ittt diguen'fl uscì nel gennaio 1934 e Omodco ne scgul la diffusione con un'inquierudine del nino parcicolare: si sentiva pili editore di quei racconti affidategli dal defunti che si era disposto a interrogare piuttosto che autore. Cosi a G iovanni Laterza ndl' agosto del 1933., al momento della consegna del manoscritto, aveva mostrato tutto il suo ottimismo, convinto che l'arrenzione per la Grande Guerra fosse al'1cora viva e fiducioso che il suo saggio ,-arcbhe stato accolto con grande inrercssc. Non andò invece secondo le sue arrese, nonosran re Benedetto Croce avC$.IC affermato nel commentare il saggio che "resterà con1c monun,cnto cosrruito meglio che di marmo».

L, rassegna bibliografica ,L.:lralia che scrive». che negli anni del conAi,ro e in guclli immediaramenre successivi aveva dedicato grande spa1.io alle memorie dei combattenti, riservò a.I volume, appena giunto nelle librerie, uno scarno tralìlerto nel numero del febbraio di quell'anno: • Recentiss,me pubblicazioni italiane, Storia. Adolfo O,nodeo,

Momenti de!ltt ,,itrt di guerr" (Dtti dinri e dPlle lettere dei cnd,111), 16°, p. 422, L. 25, l.a.rerza, Bari, (Biblioteca di Cultura moderna)». lvlomenri cosl non ebbe davvero la lortuna editoriale che si attendeva e desiderava. ri masç leno e apprezzaro da una ristrcrta cerchia di cx cQmbattcnti, dalla ge11er11zioue cm1icP, ma sosranzialmente rrascurato dal pubbl ico più giovane, p roprio da quel settore deUa società cui Omodco aveva pensaro di rivolgersi nella costruzione della sua ricerca. Se ne dolse, infarti, in una lettera alla moglie Eva nell'agosto 1935, dopo più di un anno dalla pubblicazione: ~nel libro dei ,caduri io ho raccolto e ricomposto con le parole più pure, l'ideale della nostra generazione. Ho avuto un successo di scampa in gran parte fra i superstiti; marra i giovani (eccettuatane per ragioni di famiglia i Galante), poco. lo documcnca il limlraro smercio. Ora i giovan i sapran no combattere e moricc in Abissi.. nia, ma lo faranno con un ani1110 diverso daJ nostro,;. Poche d3vvcro e comparse su restate minori come «Vedetta Fascista» di Vicenza., «Rassegna dei combarrcn ti• di Bologna, «I I Polesine foscisra» di Rovigo, (Marcello Mustè, Adolfo Omo~o. Swriograjù, e pe11sitro politico, Il Mulino, 1990) guidate dall'interprcrazione della guerra onnai consacrata dal governo. le recensioni al lavoro dello storico siciliano furono così piegare alle logiche politiche del. regime.


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"Ii-a quelle che si distinsero due portavano la fìrana di Piero Opcrri. La prima, immcdiaramcncc succc.ssiva all'uscita del volume, fu pubblicar.i sulla rivista «La Culnira• diretta da Cesare de Lollis, «neutralisra/in,crvcnu to•, uno dei lìrmarari dd Mnniftsto degli i11rel/e1tunli nnrifascisti. Operri, comandan re d.ì plorone nella Grande Guerra, invalido, :unico di Piero Gobeni, assiduo frequentatore di e1sa Croce negli anni Trenta, «monarchico perché sempre stato anri fàscism», dav,i risruto all'alto spirito ,nazzin iano che ispirava la raccolta delle lenere dei combanend. La seconda, apparsa su «La Virroria, giornale ddl 'As$0ciazionc nazionale fra mutilati e invalidi di g uerra» 11el nmnero 4

dtll'ouobre 1934, rilevava come l'indagine di Omodeo riporrasse l'esperienza del recente conAitto alla sua d rammatica quotidianità, lontana dall'erois mo convcni io nalc che falsava l'umanità e il valore del sacrificio dei combauenci. Nel dicembre dell'anno sue· cessivo infine, sul le autorevoli pagine di • Nuova Rassegna Storica», Alessandro Curolo, docente di scoria medioevale all'Università di Roma, ne coglieva gli aspeni di novità di fronte al proAuvio della memorialistica intesa a narr.are quegli ann i (chiaro il riferimento al romanzo di Erich Maria Remarque Nient<' dl 1tuow sul fronte otcidentttle) come

di abbrutimento s<>pportari con cuore dolente e sorto la costrizione di paure maggiori. Momenti de/In vitn di guerrn, sempre negli anni Trenta, ebbe invece una critica tagliente da parte di Antonio Gra.msci che già nel gennaio 1921 aveva avuto parole molto dure nd confronti della piccola e media borghesia, la classe sociale procagon isra del volume di Omodeo, nel famoso articolo li popolo delk scimmie apparso su «!.:Ordine Nuovo». 11 fondatore del Partito comunista lesse il libro q uando già si trovava in carcere e lo comn1en tò brevemente in uno scricro dal titolo non proprio elogiativo / nipotini di pttdre BrtJcitmi. Affrontando la le11cra1um d.ì guerra criticava lo storico sicilia,10 per l'irnposrazione «anguSta e meschina» della sua opera, dove l'esegesi della guerra mondiale era vista solo acrravcrso l'animo e i senti menti cldla bo rg hesia colta e istruita: ,tcgli

è un epigono della tradizione moderata, con in più un certo rono dcmocracico o meglio popolaresco, che non sa liberarsi da striature "borbonizzanti"». (Antonio Gnun sci, Let· 1ern11,rn e 11ùtt 11t1zion4le, Editori Riunti, 1971). Il lavoro di Omodeo fu invece molto appre1.zaco e saluraro con parole di sincero enrusiasmo da alcuni dei più stimati esponenti dell'antifascismo democratico in carcere e al confino era i quali gli ex combarrenti Ernesto Ro.çsi e Riccardo Bauer e il giovane Vittorio Foa che lo poterono leggere però soltan to alcuni anni dopo, nd 1938, in un clima culturale e politico ormai compromesso. «Che cosa grande è, il libro ddl'O modco! - scriveva Rossi alla moglie Ada - Altro che statue, obelischi, e torri, e lapidi e "parchi della rimembra111.a"! Questo è veramente il monum.e nto più degno che poresse erigersi alla memoria dei nostri caduti E gli italiani par quasi non se ne siano neppure accorti. Uscito nel '34 il libro è ancora alla pt·ima edizione. Che vergogna!». Anche Foa ne diede un giudb.io molto lusinghiero condividendo in p ieno lo spirito della ricerca: • I giorni


scorsi - scrive,·• in una lettera del senen,brc 1938 ai gen irori - ho !erto un libro molto bello [ ... J s.i ch iama Mlimenti del/11 vitll di guerra dd professor Omodco cd è una scdta criricamcntc elaborata dai d iari e dalle lcrrerc dei caduti, dei migliori dei caduti. Ne esce uua guerra del tuuo opposta all'ignobile retorica dei gazzettieri ed anche alquanto diversa dalla pura "negatività" del romanzo realistico, una guerra "civica", senza canti, furicosa, dolorosa ma superata colla tenacia e la virili tà, appoggiata ad un puro senso del dovere che è la nota dotnina,ue nel carteggio dei migliori•. {Momenti della vira di guerra, Alessandro Galanre Garrone, lncroduzione, Ei naudi, 1968). ~

..

L, storiografia sulla Grande Guerra dopo il 1945 preferì analizzare, anche attraverso la pubbl icazione dei diad e delle n1emorie dei principali anori, gli aspetti politici e ,nilicari, piunosro che indagare lo stato d"animo dei combacrenti e così il libro di Omodeo conobbe un lungo periodo d i oblio con rare ma indicative eccezioni. Piero Pieri, uno dei più aucorevoli studiosi iraliani di storia militare, volonrar·io e decorato del conflicco 19 1S-1918, ricordò moire volte lo scudio nei convegni e nei suoi articoli, citandolo come un'indagine di straordi naria imponanza per la scoria dell'an imo con cui fu combatuna la guerra dalla gran parte degli ufficiali d i complen1enco permeati d i spirito mazziniano e risorgimentale. Nel 1965 Eva Zona Omodeo, ln occasione del 50° anniversario della partecipazione italiana alla Prima Guerra Mondiale, propose a Giulio Einaudi una ristampa di Momenti della virn dig11erm d i cuJ aveva riavuto la propric.cà letteraria dall'editore L1cer1.a. l.'.incesa rra la casa editrice dello struzzo e Adolfo Omodt'O aveva avuco nel corso degli anni alterne vicende, ma si era comunque conc retata nel 1940 con la pubblicazione del volume l.tt ler,genda di Carlo Alberto nella recente storiogmfta. Da allora era Giulio Einaudi e gli Omodco si stabilì un rapporto di funliliarirà che proseguì anche dopo b prematura scomparsa dello storico siciliano. Nonostante alcune perplessità iniziali, probabilmente dettate dalle murare condizioni del ,neretto editoriale. prevalse alla fine il parere di ripresentare l'opera pe.rché: •un libro del genere - argomentava Einaudi in una leccera a Eva Zona dell'ottobre 1965 - susciterà l'immediaro inrer1:-1Se dei giovani, cosl lontani dall'atmosfera in cui vissero i pri,ni lccrori d i quel libro e, allo sre.sso tempo così desiderosi d i conoscere il preciso svolgersi della scoria più recente» (Archivio ru $caro ru Torino, Fondo Einaudi). La preparazione del volume. la cui cura fu affidata ad Alessandro Galante Garronc, arnica e in un cerro senso discepolo d i Omodeo, conobbe diverse battute d 'arresto e la seconda edizione di Momenti uscì soltanto ncll'occobre 1968, in una stagione poUcict, sociale e culturale compleramence murata, in cui il dibanico sul prin10 conflicco mondiale e sulla partecipazione dell'lcalia era ceso a contestarne la lettura consolidata.


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In primo piano era sraro posto. and, e con l' urilizzo di nuove metodologie d' indagine e con lo studio di fonti fi no a quel momcnro rras,curnre come la scrittura popolare, il rema del profondo d istacco dalle ragioni del conflino della maggioranza dei combatten· à. dei fanri conradin i in parcicolare, degli u1nili insomma, per usare l'espressione stessa delfOmodeo. Anraverso libri come Plo1011e d; esecuzione. l processi de/111 Prima Guerra

Mo11diale di Enzo Forcella e Albeno Monticone, la realizzazione di filin quali Uomini contro di Francesco Rosi, rratro con molta libertà dai ricordi di Emilio Lussu Un 111111ò s11ll'Altipinno, la lettura cririca dell'evenro bellico avviò nell'opinione pubblica la discussione, carica di un eccesso di anrirerorica, ,sulle responsabilità ddla classe dirig<'ntc e dei vertici militari, sull 'opposizione delle classi subalrcrne, sulla militarizzazione della società civile, non lasciando spazio alClmo ai valori ideali che avevano mosso migliaia di volontari e molti dei giovan i clliamatj alle armi provenienti dalla piccola e media borghesia. li racconto della guerra insomm a fu semplificato in una sorra di !orca di classe sui campi di bauaglia. La nuova edizione di Momenti usd, come ricorda co, con una bella e documentata introduzione di Alessa11dro Galanre Carrone, il niporc dei due Dioscuri celebrati nel libro, legaro a O modco da un profondo rapporto di S1ima e amicizia. In una temperie culruralc davvero cosl sfuyorcvole per una serena lctn1ra dclJ'.opcra, l' inrcllctrualc piemontese ne fo,lÒ in un cerro senso l'idea ispiratrice proponendone una lettura allineata all'interpreta· zione storiografica della Grande Guerra ormai n1aggioriraria, rilevandone una forre vena anàmiliratisra e pacifisra davvero difficile da rintracciare. L:impcgno del curatore non valse però al lavoro dello storico siciliano un' accoglienz.'l positiva da parte della maggioranza degli s,udiosi e degli organi di scampa. Raffaele Cola p ietra con L11 grande guerra flt>fl dù:e più 1111//11, pubblicato su «Cri.tica sociale». Leo Valiani su «L:Espresso•, Alessandro Passarin d'6nrrèvcs nella «Gazzetta del popolo» e Paolo Spriano con un articolo su «Rinascira•, espressero valutazioni negative sul saggio dell'Omodeo con diverse mocivazioni , ma il giudizio più iaglicnce fu di Mario lsnenghi nel. dicembre 1968 con la lw1ga recensione Una viJione 1111ila1ernk sulla rivism , Mondo Nuovo,,. [I maggiore studioso italiano della Prima Guerra Mondiale scriveva a proposito di Mòme111i della vita di guernt: «Era un libro vecchio e sconfessato dalla realtà già allora. Di w1a riedizione oggi, nel '68 - proprio mentre

è in corso una revisione cricica dei valori e delle modalir.'t srorichc della grande guerra. che in cerci casi assume l'aspetto di un vero e proprio ribalramcn«> di punri di vista e di giudizi - non si capisce il senso e l'opportunhà: e questo benché il curatore, cosciente del problema, cerchi in curci i modi di convincere il lenorc del contrario•. A Omodeo insonuna fu mossa, da molti storici e da giornalisti, la critica, mlvolra anche in termini molto accesi, di aver daro voce solo ai caduti esponenti della borghesia colta e istruita, agli s iHtcrventisti/ intcrvenuri» e di non aver documentato invece il profondo d issenso dei ccci popolari. In conclusione gli si rimproverava 111ti1ng111tn vitione di dasu della guerra imperialista.


Solo in ten,pi più recemi si t andara mirigando l'asprezza dei giudizi e anzi s i è attribu iro a Momenti della vi111 di guerra un posco significa,ivo nella cultura liberale aJJtifascista degli anni Trenta che «si stringe inrorno a Croce e che si lcgitrima, anche, testimoniando anraverso la fedelra alla guerra del 1915 il permanere di un patriottismo non coincidente con la cultura nazional-fascisra». (Mario lsnenghi, G iorgio Rochar,

Lo Grnnde Guerrn 1914-1918, li M,~.ino, 2008). Anche uno storico di vaglio come Antonio Gibdli riconosceva a Ontodeo di ave,· immortalato nelle pagine del suo libro •gli spiriti nobili~ che avèvano cercato ndla guerra una prova capace di ,cmprarc la giovencù ital.ia.na. (Paul Fussd, L,1 Gronde Guerra e /11 menwrin modern11. In troduzione all'edizione italiana, li Muli no, 2000). Per Fortunato Minniri infine era corretta la scelta di restringere l'area d'indagine alle restimonia111.e epistolari e ai diari dei colti, dei ceti medi , perché la ricerca doveva ch irunare in causa per primi quell i che avevano voluto la guerra e, non di rado, cercato il sacrificio, non coloro che ne avrebbero farro volentieri a meno».(// Pinve, li Mulino. 2000) . !.'.opera ha avu,o dw1que una li,n irara diffusione in due momenti della storia na.zionalc davvero particolari in cui i ten,j della guerra, della patria, del sacrificio, del senso del dovere avevano assunro, per opposte motivazio ni, forti connotazioni ideali, legare al conccsro storico e al suo riflesso sulla culrura dominante. Così il lavoro dello storico siciliano non ebbe ceno in entrambi i casi l'accoglienza che avrebbe meriraco. Al lercore di oggi, dai diari e dalle lectere dei caduti giungerà chiara l'esperienza del conAitto 1915-19 18 come realtà dura, sofferta, dolorosa, e spesso tragica111enre conclusa, e «in sede storica - come argomenrava l'autore - è certamente erroneo considerare la recente guerra con,e l'ultima del Risorgimenro», ma giw,gerà anche il messaggio che per quei combattenti. (cui è dedicata nd Frontespizio un'epigrafe rnuca dall'A111igo11e: «poiché piacer più lungo tempo a quelli di laggiù debbo, che a quelli che qui sono•) la guerra ira• liana non fu solo orrore: «che un so.flìo di poesia, di speranza, d i gi,astizia, vi aveva alitato sopra;,. Di là delle singole scorie personali, dei momenti privati, delle diversità culmrali che atuaversarono l'eserdw italiano e che emergono dalla lettura delle testimonianze presenrace, c'è un sentimento straordinario che lega tra loro le vicende dei si ngoli combarrenti: il desiderio di un fururo migliore, più giusto per l'Italia e per le nuove generazioni. la consapevolezza del momenro che stavano vivendo e il senso del dovere cui erano chirunati, per il quale decisero di battersi sino all'estremo sacrificio: per dirla con parole dtllo stesso Omodco: .Chiare e oneste fuccc, fiorire ad altri soli, in una vita di pace: volti d' uomini non ratti per la guerra, ma capaci d, reggerla per l'alto senso di ,u11ru1a dignità•.

Roberto Guerri


Cronologia essenz.iale

I 889-1905

Poco si conosce dcll'i11fanzia di Adolfo Omodeo e delle vicende della sua fam iglia tra gli ultimi an ni dell'Octocemo e del primo Noveccnro, le scarse notizie che abbiamo si ric.1vano da brevi cenni nella corrispondenza con la futura moglie Eva Zona• e dai ricordi della sorella Dina pubblicati solo nel 1981 .• davvcro<1 molti anni Jj distanza dagli eventi raccontati.' La fumiglia, per dirla con le sue parole, è «figlia di due terr<". 11 padre Pietro. nato nel 1855 a Gravellona, nel comune di Vigevano, è un ingegnere: ferroviario che lavora alla progcrur,ionc delle scradc forracc ddla Sicilia. La maclrc Giuseppina Marchica di un anno più grande del maritò, naciva di Palma di Ntoncichiaro . un ccnrro agricolo a una crenrina di

chilometri da Girgenti (ora Agrigento) e feudo del casaro dei 1om:isi, appartiene alla piccola borghesia locale. l'ìerro Omodeo conosce la futura moglie con ogni probabilità intorno al 1884 in occasione della cosrruzione della linea ferroviaria che deve unire le miniere di

wlfo dell'cnrrorerra della Sicilia a Palermo e a l'orto Ernpcdocle. Al morncmo delle nozze Giuseppin3 ha già una lìgli3, Adele, nal<l da un precedente matrimon io. Terminati i bvori, l'ingegnere si trasferisce con la moglie e la piccola Adele nel capoluogo siciliano nel popolare quardere di Ballaròdovc nascono Dina nel 1886 e Adolfo il 18 agosto 1889. Nel 189 1 la famiglia si sposta a Catania, allietata l'anno dopo dalla nascita di Giovan ni. Dalla cinà etnea iniz.ia una lunga peregrinai.ione per J'ltalia. stmprc pea· motivi di lavoro di Picuo ora inge· gncrc ropogralìc., al Catasto, che porta gli Omodco prima a Vicenza in scguim a Padova, quindi nel 1896 in Sardegna dove la famiglia si ferma per sene anni. Dall'ultima tappa in Puglia fu ritorno poi finalmente• Palermo nd I 906. Ques,i continui spostamenti da Nord a Sud. da città a citcil, documcncati in modo sommario e aneddotico nel libro di ricordi della sorella Dina, non ìnRuiscono sulla formazione e sul profitto scolastico del giovane Adolfo, sempre ecccllc.ntc in tuccc le scuole frcqucnrnrc. 1906 La drrà di Palc-rmo che il dicia.sscm:rrnc Adolfo conosce in sosrnnza per la prima volta, srn vivendo un periodo di grande vitalità e di espansione ~cono mica tanto da poter competere

non solo con Torino, Firenze e Milano, ma anche con le capitali ~uropet. Luigi Capu:1n:1 aflèrma, sia pur con una punra di esagerazione dctc.at-a. daJl'orgoglio isola.no, che «un palcr• mitano dell'alca classe e della borghesia differiva, csrcriormcnrc e inrcriormcnte, cosl poco da un parigino delle stesse classi che coglierne la vera caratteristica prescncav;1 una difficoltà quasi insupc«1bllc a prima vista.•; Questa dimensione internazionale della vita cittadina sì riflcrcc anche nelle su:utturc educative e cuicurali. È in un ambiente così vivace e stinwlantc che il giovane Adolfo comincia la sua formazione intclleuuale. Nell'aprile del 1906 s'iscrive al liceo classico Giu.<tpp, G11rib11/di. dove incontra come docente d'italiano il trcnra.scicnoe Eugenio Donadoni <lesrinaco ad avere un ruolo imporrante- ndla sua mamraziont cui rurale.


nel suscimre nd giovane allievo un vivo interesse per la lcncrawra, per l'arte, per la scoria re• ligiosa e in pa.rticolaré-pcr it cristianesimo delle origini. Temi cht. costituiranno, unitamenre: alla sroria dd Risorgimcnco, c ui Si è già avvicinam ascc)lcando i racconti ddlo zio materno g,tribaldino Francesco C,,Jandra, il principale campo d'ind,gine ddl'anivit~ scienrifica dello storico pa1crmirano4.

1907

Muore Giosuè Carducci per il quale Adolfo. come rnolri giov"ni della sua generazione, mostra ,ma grande ammirazione. È il poe,a che ha tenuto vivo lo spirito del Risorgimcnro, il Maestro che ha insegnato la religione della patria per <lm' lmlia grande innanzi rutto spi.ritualmente». Alle sue parole Omodeo si richiamcra frequcntcmcnrc nel suo libro Momenti della. vita ,li guerra. 1908

o~)po aver conseguiro brìllanre1ncncc la macurità cl:Lç.iiica, decide Ji pr'"scntare la domand:i di ammis,,ionc alla Scuola Normale cli Pisa. Oltre all'indiscusso prestigio di cui gode la Normale, l'ispirazione gli viene con ogni probabilità dalla lenura di un arricolo di Giovanni Gentile sull'istituzione 1.oscana apparso sull'autorevole rivista palcrrnirana di problemi edu· cativi •Nuovi Doveri» diretm da Giuseppe Lombardo Radice e alla quale collaborano, tra gli alrri, Luigi Einaudi e Gaemno Salvcmini. Omodeo si classifica nella prova di ammissione alla Scuola Normale quarto e può accedervi solo dopo la rinuncia dì due dei vincitori. A dicembre enrra e.osi al primo anno di Lettere c omt convirrore a posto gratuiro concessogli per le modeste condjzioni economich e clclla famiglia. Diviene assiduo lcirorc de «La Voce, , la rivista fondara da Giuseppe Prez.zolini su cui scrivono csp<mcnri di spicco della più st'vcr; critica al sisrcma giolirriano. 1909

A Pisa si trova 1utmvia a disagio nell'ambiente ddla Normale, profondamente deluso dall'in· sq;namento che vi è impartito, giudicato estraneo e chiuso alle novità che animano in quel periodo i circoli e le riviste culturali. Dopo aver sostenuto gli esami <Id primo anno, da Palermo dove è rornaro per le vacanze..· e-stive> decide dl parré fine all'esperienza pisana. Usuo gesto, ccrcamcnr-c insolito, suscita sorpresa e scalpore t.ra i normaHsri. tanto che tempo <lop<> ancora se ne parla C(')me di un evcnro straordinario compiuto da una personalità eccénrrica. «Quando nel 19 1O- scriv~-va Luigi Russo - cnrrando alla Scuola Normale di Pisa, avevo sencito parbrc dai colleghi m:,ggiori, e n.mi "'prudcmint e "pcrbenino" di uno "sgr:JZiato"

normalista che qualche ,mno a,•Jnri. sbattendo la porr:,, aveva piantato il bel Palazzo della Carovana, per tornarsene a Palermo; dove sentiva che, per opcm di due giovani maesrri. il Donadoni e il Gentile. si cominciava a respirare a.rie nuove di scicnza:.t~. 1910

Omodco s'iscrive alla Facoltà d i Lettere e Hlosofia ddl' Università di Palcm,o e prende a se· guirc 1e lezioni di Giovanni Gentile insieme con un grupp<> di studenti tra cui Vito Fazio At. lmaycr, Ferdinando Albcggiani, Giusèppè Carlorci ed E,>:1 Zona6, la furura moglie, figlia dell'a· scronomo vencco Tc-mì.stoclc Zona che aveva insc:gn3tO geografia fisic:l nella loc.1lc università.' !:incontro con il filosofo di Casrdvcrrano è fonda men raie per la sua formazione ·culruralc. Gentile inserisce il giovane allievo nel cenacolo della Biblioteca filosofica di Palermo, di cui è direttore, un circolo in cui le tematiche della cultura e della filosofia conrcmporanca vengono discusse clalla migliore intclletrualir;\ citrndina e che vant,i tra gli aderenti


Cronologia essmzitdr

X:XVII

anche personalità di rilievo nazionale quali Giuscppè Prczzolini, Guido De Ruggero. Giuseppe Lombardo Radice, Benedetto Croce. A Omodeo è affidato l'incarico di scgrcrario della Com missione tecnica della Bibli<)reca. In qucsro periodo esce il suo primo saggio sulla ri visca «Smdi Srorici;;. ~ la recensione di uno srudio, Sni,11 ]ttJt dr S11sn, del fraJ,ccsc Philippe Kidfc.r comparso sulla R;vi,tn storirn bencd,11inn dd I908 a prop<:>sito di un episodio del com mercio di fulse reliquie nel Medioevo. Invia a «La Voce• un lungo articolo ispiraco al sindac:ilismo rivoluzionario di George Sorci, che tuttavia non sarà pubblicato. Si trarra di uria dissertazione sulla politica italiana in cui rivcndka •il sacro dovere di creare w,a lotta politica non solo extra parlamentare[... ] ma profondamente rivoluzionaria».' 19" L, &c'lucn1azione dc•i c-0r,;i di Gemile all'Università e ddla Bibliorcca filosofica favoriscono la crescita imellenualc della perS()nali,à di Omodco ranto che in una ltrrcra a Eva 2.-0na. traccia una sorra di anicolaro proge1to del suo futuro impegno cuhurale: •Vedo chiar:unenre la mia vira [ .. .] voglio rivcl:uc, come storico, [ ... ] la vira del criSLiancsimo 1,ci suoi grandi momenri: voglio però abbracciare insieme parecchie attività: voglio o'tudiarc il noHro Risorgimenco: acquistar coscicn:,..a di curto il rnovimenco storico che ci ha crc.ati, signific.'l dominare con il pensiero anche il momento presente: la storia mi condurrà dinanzi ai problemi politici dei noitri giorni))? 19 L1 Consegu ha a giugno la laurea all' Universirà di l'alcrn,o in Storia Amica con la 1csi Gesti e le origini d~I criltùmt1imo, rdacore Giovanni Gene ile, Adolfo rientra a Catania dove la fu .. rniglia si è rrasfcrira per moàvi di lavoro. Inizia. sollecirnto dal filosofo siciliano. un'accenrn revisione della sua dissertazione in visia di una prossim,a pubblicazione. In occasione della guerra di Libia si va anche meglio precisando la sua posizione politica con connorazioni apertamente critiche nei confronti del governo di Giovanni Giolitti e della Casa Rtalc. Di questo periodo è anche il suo ésordio come doce111e d' italiano ndla scuola tecnica Giuseppe kn,peru di Catania. Un'esperienza, quella dell'insegnamento, che Omodeo vive come un gravùso ostacolo per i suoi studi. 9l 3 È l':mnò in cui si va consolidando la sua :iniviciì di critico e di storico. Sulla ,,R.1.ssegna di pe~ dagogia e politici scola.<iic:>• di Giu.seppe Lombardo Radice esce la recensione del Sommario I

dì l',-tingogM di Giqvanni Gentile. Nd maggio ini1.ia la collaborazione con , La Voce, e nello sicsso mese è presentato alla Biblioteca filosofica di l'alermo un suo saggio sui problemi della conoscenza storie:> Rrr gt1Me e Histbrid rerum. t:eùirorc Principaco infine dà alle scampe Gesù e le origini d,I Crùti1111e,i111u, l'approfondimento della tesi di laurèa che Omodco ha presenra10 nd luglio a Napoli sia a Gcnrilc sia a Croce. Ndl'ottobrc occupa la cattedra di Scoria al liceo priva10 Mnndrnlista di Ccfulù. m

, 9,4 Il IOagosto Adolfo Omodeo ed Eva Zona si sposano a Genova, dove risiede la famiglia della moglie, in una piccola chiesa alla Foce. 11 Due seni ma né prima la Corre di Vienna ha inviato alla Serbia 1'11/1bndtr1111 per l'assassinio dell'arciduca Ferdinando. Nel giro di pochi giorni le gr-Jndi potenze europee inrervcngono nel la crisi austro-serba dando così inizio alla !'rima Guerra tvfondiale. Adolfo ha già maturato la propria decisione nel caso anche l'lralia ne sia


coinvolta: •Mi preoccupa non poco la crisi europea, in cui secondo Of,'11i probabilid dovrò impegnarsi l'Italia. Nfo se si spiegherà nuovamente la bandiera del Risorgimento, ci sarò anch'io: costi cht-c()Sti•.ll Prosegue la sua collaboraziQnccon • La Voce,,; l"edirQre Principato dà alle smm1>• il volume Prolegomeni nl!1t swrin tleli'età npollolim I. C:li Atti degli ilportoli (ccli~ione ridc><ta cli quella successiva del l 921) 19 I 5

Nel luglio è richiamato alle armi e r arte con il grado di so1totcnente della Miliiia lèrritorfalc del 4• Reggimento Artiglieria da fortezza. Fino al mar,.o dell'anno successivo presta se.rvizio nei forti d i Campo lnglcse, Momecampone e Mcnaia, costru.iti tra la fìne dcll'Ortoc:é.nlO e _l'inizio del Novecento .sui monri che sovrastano lo Stretto di MessiJ1a, ìmpiegaro còme sottotenente della 98• compagnia di artiglieria in lczioni di addestramento. A settembre nasce la prima figlia cui è daco, forse come auspicio, il nome Vinoria. O modl'o vive que.,ro pri me, periodo di lontan:mza dalla famiglia e di éstrant-'a1.ione dalla sua activirà di Studios<> con scrcnirj e anche con un:a nuova :nccnzionc alle .siru;udoni che la vira da milirarc gli present•. Al 1nomc11to della partenza riceve dal suo maestm Giovanni Gent ile parole che ralfon:ano le sue convinzioni incervcnristc: , Mi arruolerei anch'io, se potessi ( ... ] Ho fiducia nella vittoria e nel conseguente risorgiJncnto ,Jclle energie nazionali; ma ho fede sopra tutto nelle grandi for,c morali che si sviluppcrnnno purilic,re da questo gran lavacro di sangue. per tutta l'umanità. È un gran retlde mtionem che sta facendo la civiltà unh•ersale; e ne deve uscire, immancabilmcmc, di gran bene. Come intanw si può essere lieti dello spettacolo abbasrnnza nobile e degno che dà l'Italia in questa prima prova che fu cli sé nd mondo».13 I 9 16

t:8 mai:zo è crasferim a Mestre con la 154• b,trcria d'assedio e qui rimane sino al 20 giugno quando è inviaro in zona di guerra, ;n V:1llarsa, proprio a ridosso della prima linea, dove si combarre artorno al forte austriaco di l'oz,.acchio dw protegge Rovereto dagli assalti iraliani. L, fortificazione è stata occupata da reparti italiani nd giugno del 19 l 5 e poi abbandonata per l'offensiva austro-w,garica del maggio. È già trascorso un anno da quando milita nell'Esercito: fiero del ruolo asswuo e, orgoglioso delle sue artiglierie, (obici da 280/16] descrive con sodclisfo:cionc in una lerccra alla moglie Eva la niriosirà che suscitano: • Tutti i passanti (militari di turtc le armi) si lèrmanù a guardare a bocca aperta i due bestioni: si formano a veder partire un colpo t:1ppanclosi bene le orccchic.:l e se ne vanno conunemando.... l" Lo addolora rureavia l'impossibilità di cominuare nei suoi s1udi. Nel luglio è spostato con la 1542 baneri:1 sulrfsonzo, $orro Gorizia, dove si susseguono gli anacc.hi dell'esercito iralbno che poriano il 9 agosto 191 6 alb conquista della città. )n ottobre nasce Ida, la seconda figlia. 19 17

Nel mese di maggio, ora con il grado di tenente, è inviato nelle batterie antiaeree a Bcgliano, frazione di San (assian d'Isonzo, cinque chilomc<ri circa a ovest di Monfalcone é s:uccc.ssivamencc a Carlino in prossimirà della laguna dj Mnrano, 1.on:1 malarica, <love contrae la malattia che lo affliggerà a lungo. Poi nuovamente a Begliano al comando della 208~ batteria. La descinazione non lo soddisfa: è nelle retrovie e soffre la condizione di «semi-imboscato in un::l doli na carsica,.. Ai primi giorni di ottobre si diffonde al fronte il conrenu to della lettera inviata dal pontefice lknedcrro XV ai capi delle nazioni in gucrl'a perché si fermi • l'inutile strage». Durissimo il commento d i Omodeo in una lertera ,tlla moglie: •M' ha dato un senso di malessere. Mi pare che giochi con <1ualcosa d 'estremamente sensibile. il vecchio, e che appunto mettend,1 :i dura prova la nostra non forte


Cronologia essmzitdr

XXJX

sensibilir-:. nervosa faccia opera non italiana a tu1to vantaggio dei tedeschi [... ) Gioca al rialzo dd proprio pre.iigio sulle sciagure di tutta l'ElllrOpa»'s Nella notte tra il 25.: il 26 ouobre giunge l'ordine di ritirata. È il momento pill drammarico della sua éspcritnza di guerra, quando l'esercito italiano tr:ivoho dall'offCnsiva ausrro .. w1garico.. téde.sca subisce b disfaua di Caporerro:•Poi vi furono le orrende giornare della fine di ottobre e la via crucis del la ritirata, coll'anima rosa dalla vergogna e dalla coscienza della mia inutilità•'". Dal novembre è sul l'iave con il Xl Il Corpo d'Armata e partecipa alla strenua resisten1.a. r918 U 23 maggio sono rre anni che Omodeo è in gu<'rra: «Quante lortc, quamc fatiche e quanti dolori - confida alla moglie E,':l - Alla mia patria non mi pare aver dato molto, spccialment<= ripensando agli infiniti che han dato la loro vit'.l, n1a ho la coscienza tranquilla pt·r aver dalo volenrc rosamemc, senza csicarc». r La sua 382t bautria dà prova cli grande coraggio e generosità durante la barraglia del Solstizio, l'ultima ,,ffensiva ausrro-un1,,arka del giugno del 1918. Omodco ortienc per il suo comporramcnro la medaglia di bronzo al valor militare.18 Nel luglio gli è assegnato il comando una nuova batteria: la 6• del 5 I' Reggimento artiglieria da campagna. li 4 novembre, mcnrre si trova a Fagarè. sulla riva destra dd Piave, è raggiunto dalla notizia della viuorin: «Qui si vive in un mt,zzo delirio - scrive alla moglie - Corre voce. non ancora ullìciale che ieri è stato lìrm,uo a Padova l'armistizio con la capirohzionc totale a assolur.1 dell'Austria•."' 19t9

Ottiene una licenza e raggiungé a Genova il 4 gennai(> la famiglia. Finalmente congcdat0, gli è as:segnaro. grazie aJl'inrc.rc.~s:amcnt;o di Giovanni Gemile\ a maggio nclrUniversit~ di W.fessina l'insegn:uncnco di Sroria :uuica per gli srudenti che hanno prcsr:.tro scrvi1.i() militare in guerra. Inizia la collaborazione a «l.:Educazione n01lonale». la rivisr.1 fondar.1 da Giuseppe Lombardo Radice. .È profondamente deluso dalla situaaione politica e di fron re alle difficoltà che l'lr.1lia rrova nella conferenza di pace per l'opposizione del presidente degli Stati Uniti \Xloodrow \Vilson alle richieste italiane, così si sfoga oon Gentile: «Di quecsti tempi vivo in angoscia per la nostra situazione politica. Non è tanto la questione di f iume o di qualche altra cittaduzza della Dalmazia che angustia quanto il vedere che dopo aver tanto sacrificato e soffeno. dop<> aver furto di tutto per elevare b nostra nazione, ancora non c i si rispetta come si dovrebbe.: ieri era il sold~taccio villanzone di Germani:., oggi il botceg-.iio arricchico d'Amcrica>>.:o Escono su ,~[Educazi<,nt n:11.ionalc.,. due S3ggi. //jlttgello delle riforme e L'epu ... n1.zione sui nuovi programmi della scuola e sui problc1ni dcll' inscgnamcnco. (I 27 sctrcmbre

n;iscc il figlio Pietro. 1920

Scrive sempre per la rivista di Lombardo Radice tre articoli dal ricolo Edurnzio,re politica. in cui comincia a rracdarc le .sue considerazioni sulJa Prima Guerra Mondiale che rroveranno forma compiuta nel commento alle lettere e ai diari dei caduti raccolte in Momenti de/In 11ira di guerrn. Inizia la collaborazione con il , Giornale crirko della filosofia italiana• fondaco da G iovanni Gentile. Nd mese di otmhrc ottiene una cattedra in un istituto tecnico a Palermo. I 9ll

Tutte le energie e l'actcnzionc sono concentrate sul lavoro e sull'insegnamento. Non ci rimane nessuna sua ccstimonian1., o commento sulla cerimonia del 4 novembre per la mmulazione del Milite Ignoto a.ll'Alrnre dello Patria, il più imporrante evento in ricordo dei caduti


della Grande Guerra. Latcrza srampa L'trperi,1,zn ttica dell'E11n11gelio: brani rc,lti dal Nuo1,o U'stamtnto. Part<!'Cipa con ansia ai va ri concorsi per lt cattedre univ<·rsitariè che lo lasciano S<lmprc dd µso . Per i 1ipi di Principato esce Storia delle origini cristinne. I. I Prolegomeni nlln s1ori11 d,l/èril aporrolica. A ocmbre (Hci<•nc la carr<cdra di rn>rcric lcrcerarie al liceo classico Vìuorio Em4111telt Il di Palermo. 192.2

.Dedica alla memoria dei suoi artiglieri Sroria dtlk origihi crittia11,. Il!. Paolo di 1itrso apouolo del/, g,nti edito da Principato." Linscgnà.mcnto nelle scuole superiori gli pare inadeguato alle sut aspirazioni t vive con profonda amarc21.a le inccrtc-ae per una sua nomina a una cnucd.ra universitaria: , io son ridono a sperare liberazione solo da quello di Napoli - se.rive al su() mat-siw Gentile - per quale. non so perché, sono tutt'altro che Ottimista[... ] E allora per n1e saranno aJcri (>ltO o d ieci anni senza luce. Mi mancherà ren1po e mezzi pc.:.r studiare e dovrò veder cre~çcerc i miei figli in una povc"à che rasenta la miseria» ..u Continua la col.

hborazione con il «Giornale critico della filosofia iraliana•. 1923

•li tuo dc>crct0 di nomina a Napoli fu firmato dal Re ieri, e da me subito cr:tSmcsso alla Corte dei Conti per la registr:tzionc [.. .] Non ccrgiversarc. 'lù ed io abbiamo pure degli obblighi verso gli s,udi <: verso il paese e nor> possiamo 1irarci indietro per amore del quieto vivere, impigliandoci nelle piccole hc,ghc e nelle miseriolé degl'imbecilli [...] tu dcvi pensare quale più vasro e pili importante campo si aprirà a Napoli alla tua artivil'à scientifica e did.anka, t quanto maggiore pocrà esse~ quindi la rua azione nella cultura iraliana».11 Con queste parole Giov,1nni Gentile annuncia a giugno a Omodeo la su:i designazione: .c:pcr meriti <.>Ccczionali~

alla cancdra di Sroria della Chiesa-all'Università di Napoli. 1924 Lé lezioni di Sroria del.la Chiesa a N,1_poli, dove si è rrasfcrito con la fumiglia, incontr.l.no non

poche diflicolc,\, Omodeo può con care per il suo insegnamento su un esiguo 11umero di srudenti per «il boicottaggio dei preti e della FUCI!•. li delitto Matteotti incrina in modo profondo il rapporto con Gentile. Omodco c,,)>one la sua posizione sul fuscismo e sugli uliimi accadimenti in modo nc-rm: t<È un sovversivismo radicale che n1ina dalla fondamcnca la nazione, infiniramcnrc più pericoloso di <Judlo ddla senimana rossa e del holscevism<). Cosl si distrugge l'halia [.. .) non si IT'atta piil di complic:ui problemi di pos.sibili1à 1>0li1iche. ma cli nidimcnrolc dov<rc civico v<rso la pairia. come quello di i,npugnare le armi quando la guerra Ì! dichiaram [...J Non avalli più col nome onora,o di G. Gentile qucsr;1 politica che degrada così in basso, e che fu suonare come un'ironia quell'ideale dello staro fo,·tc e dello staw etico che nutriamo dal profondo dell'anima•." La risposta del filosofo di Castelvctrano è altrertanto forma: •Una sola questione morale c'è, cd è la questione politica principale: salvare l'lralia [... ] io sento di camminare nella linea che è Stara quella di ruira la mia vira e di miro il mio pensiero, •1>rcgiando, anche qucsia voi ca, ogni popolarira malsana è ogni ronsidcra:dònc personale,,. ' 5 La rottura p0litit'à è ormai consumata, anche se rimane vivo il legame pèrsonalc e la collaborazione scientifica. In agosto il Sam'U/lì,.;o mcrtc all'indice L, seconda edizione del volume L'erperi,nzn flicn dell'EVtmgelio. Omodro pubblica con l'rincipa10 Storia d,l!t, religio11e. On/la Gm:ia amica al Criuim,esimo. 1925

E-sce per i tipi di Principato LrtÌI mixkr11a t co111e111pom11ta, libro di testo per la tc1-i:i liceo. Gemile divulga iI 2 1 aprile sul Popolo d'Italia, Il 1111mijrsto degli i111dln1t1nli fascisti cui Bene-


Cronologia essmzitdr

XXXJ

deno CrOéc il 1• maggio risponde con quello degli lntellèttuo!i antifurùti sul Mondo. Omodeo non aderisce a nts,1Jno dei due. Si dichiara invece disponibile a collaborare al nuovo progctro dell'Encirlop,dia Italiano messo a punto da Giovanni Gemile che ne ha assunco anche la dire• 2.ion~ scientifica e redige i lemmi sulla Sw.ria antica del Crist.iane.çirno. I 926

Per la r,v,isra • Leonardo». dirc1ro dall ':unico Luigi Russo. recensisce il libro di Piero Gobetti Risorgimento senza eroi di cui dà un giudi,Jo profonda.rncnte ncgarivo: «Ho letto attentamente l'opera, cercandovi con desiderio una scimilla vitale da salvare da w1 rogo precoce [...J prorompe il difetto del giornalista che deve aver presa immcdiat'J sul lettore: una fretta a dir tutto il proprio pensiero, a volerlo far esplodere in ogni periodo, in ogni frase [... ] ogni parola vuol ctsscrc profonda, ogni sentenza epigramn, atièa, lucdcancc di colori iridescenti.

E l'idtale della StOriogralia dei giornalisti.• Omodt'O non accetta la letrur-J riduttiva del Risorgimento che vie ne fatn dal giovane intcllcnuale torinese d~t poco scomparso: .-lnfinc, questa n:tzionc che gli uomini del Risorgimento cosrruirono. ha superato la prova d'una

guerra mondiale: lo s1ro,.za111en10 di circolazione politic.1 e la difettosa formazione della cbsse dirigente, di cui abbbmo sofferro e soffriamo, non deve farlo dimenticare: è srarn opero virale•.' 6 1927 Su Leonardo esce la recensione al libro di Mauritc PaBéologuc, Un gr,mde rlnliste: C..ì1uo11r. Qucsco arcico)o1 che viene interprctac-a da Gentile c.on1e una polemica conrro il fascismo.. ri.anima la critica nd suoi confronti di molti degli incellctn1ali più vidni agli ambienti go... vernativi che g ià c-0nsiclcravano i suoi testi scobstici subdolamente antifuscis1i, Si inasprisce la polemica era Giovanni Gentile e Bcnedeno C roce c he O modco con$idcra un danno

per rutro la cultura i~Jliana. ln 01robre la sua 1><op0St'..\ di una •tregua• che rncrca fine agli attacchi personali tm i due maggiori espòn<."nti ddl'incdle1tuali1,, nazionale viene accolta da enrmmbi. Durerà in rcalcà solo tre mesi: ormai le dist:1nz.e politiche." e culturali trn i due sono incolmabili. Con il volume Gesu ;/ 1Vnzoreo. inizia la collaborazione con La Nuova Italia. La casa (-ditrice fiorentina (allorn ancora nella sede di Vcnc,zia) può contare." su un gruppo <liret· rivo di giovani e brillanti inccllrnuali ua i quali Pictrù C'.alamandrci. Luigi Russo, Ernesto C'_odignola e Rodolfo Mondolfo. 1928 Nu(,vo scontro con G iovanni Gene ile che rifiurn di pubblicare su Leo111udo la sua recensione

:li volume di Bencdcrco Croce StiJrin d'ltali11 dttl 1871 ol /915 ritenuta troppo fuvorevolc: • Il Russo mi mandò un 1uo articolo elogiativo di queHo libro. l'vla gliel'ho dovuto rcsriruire e per risperto a me stesso e alle mie idee e per i riguardi dovuti all'lscimto fascista di cui il L,01111rdo da questo mese diventa pure u11 organo• .11 Omodeo inizia il lavoro di ricerca sugli epistolari e sui diari dei caduti della Grande Guerra. 1919 È l'anno cruciale della sua biografia in,dlectuale. Comincia la collaborazione c<m .L, Critica. Rivisra di Lcneraturn, S1oria e l'ilosofia di.retta da B. Croce, di cui diverrà una delle più autorevoli firme. Il suo primo eoniributo è Dni dh:ri e dalle leuen, dt i cadua. Le pngù,e posh,mr del Battaglia. / . Il, cui seguono li rct1tggù> dei mor,; e li cimento della vitrt. Escono nei primi tre volumi dcli' E11ddop,dù1 ltolitt1111 lc voci sulla S1oria del Criscianesi· mo da lui rcdane, ma la ctcscencc inAuctl'ta delle gerarchie ecclesiastiche, sopmnutto dopo


i Patti Lateranensi, provoca polemiche nei confronti delle sue posizioni tantO che Gentile gli chiede di modificare alcuni lcmm.i. Omodeo che interpreta gli accordi con la Santa Sede come un pericoloso eompromCSSI> pèr la libertà della culrura italiana"' risponde ai rilievi con profond:t amare-~.1;a: ,,Già un articolo d' E11ciclopeditt è cosa quanro mai scialba: l'abbando· narlo poi •gli scrupoli dei pre!Ì è il colmo della mortificazione. Oivctno un somaro adibiro al tr:isporro di materiale erudi,o.»'' Cessa cosl la collaborazione con l'Enciclop,ditt e di funo pone fine al rapporro con il suo antko macsiro. Inizia con Studi sulla 111isriett giovmm,n la collabora;Jone alla nuo,•a rivisro di Ernesto Codignola «Civilcl moderna,. Non abbandona comunque le sue ricerche sulJ' Italia del XIX secolo e <'On L~terza esce il volume 7i-t,diziuni mondi , disciplinn rtoriftt in cui difende l'azione e gli ideali dei t,'fandi del Risorgimento con ero la svalu,:uione della storiografia coeva. 1930

lnizia la coU,borazione • •la Nuova h,lia•, la rivista appena fondara d, Erncsro Codignola e direcra d• Luigi Rus.so. Sul numero di luglio appare una recensione molro roglieme e polemic., del libro di Gioacchino Yolee Ot1ob~ 1917, in cui l'autore, uno dei più autorevoli esponenti dell:1 cultura fuscisra, indico in sosran1.a gli ufficiali di complemcn ro, p<r la maggior p,1rre espo· nenti della piccola e media borghesia colta iroliana, come i veri responsabili della disfurra di Caporctto. La recensione dcll'Omodeo apre w,a discussione molto :iccesa in cui interviene, a fuvore di Volpe, anche Giovanni Gentile che in una lerrera a Codignola nel novembre afferma; «La polemica di Omodeo e Rus.so conrro Volpe ha roccato e varcato i termini della tollerabilicl, svclando un livore selvaggio, che rènde impossibile la pacifica convivenza nel mondo degli studi (... ] qucsro dimostra che in cerri senori ddl'am.ifuscismo s'intende farla finita con gli scrircori - :1nche se fino a ieri rispertati, srimad e considerati cQme macsrri - che credono nel

fu.sdsmo e gli danno il loro nome. '!:uno per dim<1srrare che tutta l'Italia, quella inrclligcnrc e che Ctllll'a, è da)!' alrra parre!•·!(>· L, disputa non rarda ad avere conseguerw.e: l'anno succcs.,ivo Russo è allonranaro dalla direzione della rivisra e sos,ituito da un comicaro cli redazione cli cui funno parte tra gli altri Ernest0 Codignola e Naralino Sapegno. Esce su •L'l Critica,,, sempre nella raccolta Mbmtmi tklla vittt di gum'tl il saggio sui fr:udli Eugenio e Giuseppe Garronc, entrambi medaglie d'oro, J vertice della ricerca sugli cpiscolari di guerra. Nasce in qucstà OC· casionc l'amicizia con Alessandro Galante Garronc, nipote dei due alpini t'3duti. r931

li Minisrro per l'Educazione N:l',ionalc, il filosofo Balbino Giuliano, impone ai docenti universirnri di prest:lrC giuraincnco secondo la formula: t(Giuro di essere fedele al Re. -ai suoi Reali successori e al Regime Fascisia, di osservare lealmenre lo Statuto e le alire leggi dello Stato, di esercitare l'ufficio di insegnante e adempire tutti i doveri acc-•demici col proposito cli formare cittadini operosi, probi e devoti alla Patria e al Regime Fascista. Giuro che non appartengo né apparterrò ad associazioni o partiti. la cui artivicl non si concilii coi doveri del mio ufficio». Per Omodeo è una scdra drammarica: teme, rifiutan• clo, di perdere la carredra e di compromettere il futuro dei suoi figli. Poi seguendo l'invito avan,.ato da BcnedettO Croce •per continuare il filo dell'insegnamento secondo l'idea di libertàio,;u insieme alla maggioranza dei proftssori ira cui Luig i Einaudi, Guido Calogero,

Guido De Ruggicro, Giuseppe Lombardo Radice, aderisce al giuramenro. 1932

E.scc con l'editore PrincipatO l'età dç{ RiJ01-gime,110 irttlittn,1 rifucimento r:idicale del libro di tC$tO del 1924 per la cena liceo l ·etÌI 111oder1111 t co111empor1111n1. «Ho trasformato il libro


Cronologia essmzitdr

XXXII)

scolasrico in un libro di cultura generale. Il quale si propone di dare una compléssiVà visione d'insieme del proct:sso per cui, .in stretto rapporto con la scoria di tutta l'Europa, Si ricostiruì. la nazione iraliana1o>.).2 Durissimo il giudizio di Anroniù Gramsci: •Quc.sro libro

pare sia falliro nd suo complesso ( ... ] I fun i (gli eventi) sono semplicemen,c descri[[i come pure enunciazioni da ca.rn logo, senza nessi di n eccssid srorica. Lo srile del libro è sciatto, spesso irrirnntc; i giudizi sono tendenziosi, calvolra p:uc che O modeo abbia una

questione personale con ceni protagonisti della scoria (per es. coi giacobini fr.tnccsi). l'cr ciò che si riferisce alla penisola irnliana, pare che l'intenzione ddl'Omodeo sarebbe dovuta essere quella di mostrare che il Risorgi men to è fatto essenzialmente irnlbno, le cui origini devono trovarsi in Italia e non solo o prevale,uemcntc negli sviluppi europei della Rivoluzione francese e <ldl'U1vasione napoleonica. Ma qucsra inrènzionc non è atruata in

altro modo che nell'iniziare la narrazione nel l740 invece che dal 1789 o dal 1796 o dal 1815.3; , eopera invece àvrà un'imporranrc diffusione fino a raggiw1gerc le nove edizioni nel 1965. Omodco cura, insieme a Luigi Ru«o, l'ed izione de 1..3 Nuova lt:ilia dei Discorsi pnrl11me11111ri ,ltl co11re di Cnvuur. L'.introduzio11e all'opera è in sosr:uw.a la prirna srcsura della ricerca sullo sratis,a piemontese che sarà edita in due volumi nel l 940. Nd se"embre si ree,, a Parigi, grazie a un conrriburo del Minisccro dell'Educazione Nazionale per compiere ricerche sulla scoria religio.<a francese della Rcsraurazionc. l'er l'editore Ci uni di Palermo esce Figure e patsio11i del Rùorgim,11to italimto. I)) 33

Il 29 luglio Ernesto Codignola insiste con l'amico Omodco perché si iscriva al Partito Nazionale rascisca sccùn<lo le d isposizioni ministeriali : •Tì ho teltgrafaco pùCO fa. Russo ha inoltraro la domanda. Olrrc le gra..vi considt:.razioni cl'ordjne familiare cui non puoi sonrani} essendo p3dre di p:irccchi figJi, i recenti avvenimenti in German ia e la polirit.":J internaziona ..

le di Mu«olini ri dovrebbero aver persuaso che rltalia ha ini1.iaro una politic., di equilibrio e moderazione, cui tutti dobbiamo collaborare con Je migliori for,c nostre.•" Lo storico siciliano questa volta non cede. JI 1° agosto comunica a Croce la propria decisione: ,Carissimo Senatore, dopo lunga perplessità mi son deciso [>Cr il no. Orn mi sento sollevato e tranquillo, . >} NeU'agosro completa la stesura dei Mo1'1te11ti della vita di guerra. Confida in un buon succ<.'SSo e in un,-ampia diffusione <lei suo libro e sugg<.·riscc a Giovanni Laccrza a cui invia il manoscritto di prtscntarl<> C(m la fusccna '<.È il libro della generazione c.irsica)}. 1934 E..~ce finalmcnre in gennaio A1ome11ri de/1,1 11ir,1 di guerm. Dni di11ri t d,t!le le1tere dei rnd11ti.

1.'.edi1.ionc conclude il lungo lavoro di ricerca iniziato cinque anni prima. Omodeo redige per ,La Critica.• il saggio Note (ritidu alla srori,1 dcll?iso,gimento I. 1vlazzi11i e Cflvuur. Cura per Mondadori l'edizione Sfritti ,celti I Giustppe Mazzini con l'i ntroduzione la miSJio11e rcligioJa di Gimeppe Mazzini. Muore il padre Pietro. 19~5 Comincia un anno rravagliato per O modco: il 21 aprile muore a soli diciannove anni la ligl.ia Ida. Per Omodco è ,ma ferita insanabile che lo accompagnerà per rurta la vira. Olrre all'incenso dolore per questo dramma vive l'amara delusione per l':accoglitnz,i fredda che ha avuto il suo libro sulle memorie dei caduti e alla mo<,fe confida: ,,ru sai che nel libro dei caduti io ho raccolto e ricomposto con le parole più pure, l'id('alc della nostra gcncr31.ione. Ho avuto successo di stampa in gran parre fra i superstiti: n,a era i giovani (ccccnuatenc per rngioni di famiglia i Galante), poco. Lt> documenta il limitatissimo smercio. Orn i giovani sapranno combattere e


morire in Abissinia, ma lo furanno con ,mimo diverso dal nostm».l<I Continua sulla rivista di Benedetto Croce la strie di arricoli su Ivlazzini e Cavour. 1936 Recensisce per «L1 Critici» la voce Risorgim,1110 d, L'f:i1cirlop,din !tnlùmn redatt.a da \'qal,cr Maturi. Omodco apprezu il lavoro dello scorico napoletano a cui rimprovera però di aver dato poco risalro all'azione e soprattutto agli ideali di Mazzini e Cavour. «che 11oi ritroviamo in 11olstessi anche dissoltosi l'involucro mitico in cui opcrarono•J7 Larcr,a dà alle stampe il volume Alfredo lbùy, Jtorito d,/1, ,~/igio11i. 1937

<':onuncnta il volume di Niccolò Rodolico CarlJJ Albtrto n,gli mmi di regno i 831 -1843 ,,di. to da Le ,'v!onnier ntl 1936. Una valutazione severa quella che O modco fu del lavoro dello st'orico siciliano troppo. a suo avvis(), incenco a una ricos·rruzionc apologc,ka della politica del re di S~rdegna in un periodo cntci,le della scoria italiana e europei. Ben pi,, esplicito e meno diplomocico il suo giudi.zio in una lettera a Croce, in cui definisce il libro di Rodolico •uno ver,1 vergogna per la completo scimunitaggine, scn1.3 pregio alcuno di c.ririca»" . Riprende gli studi sul Risorgimento e chiede a Croce di procurargli l'accesso ;illa Biblioteca Reale di Torino per completare la riccrc, su Cavour. 1938 Ai primi di settembre ,orna a Parigi per approfondire e completare le ricerche sulla culmra francese nella Restaurazione. Qui, probabilmcmc incontra lo srorico Aldo Garosci con cui stabilirà una farri,·• collaborazione nd dop<?gucrra. Per l'aggravarsi della situazione europei in scgui t0 alle deliberazioni della Conferenza. di Monaco del 28-30 scncmbre, rientra a Napoli. 1939

Lo scoppio della Seconda Guerra Mondi:uc provoca ansia e incerrezze. Spera che l'Italia non entri nel <.:onAlltO perché: .,son convinco che la guerra non aggiusta nitnl'e e $j creano guai anche pt·r le aJrrc gencra1.loni.»» Non inctrrompt comunque il suo lavoro di srud.ioso. Completa l'analisi della storiografia su Carlo Alberto.

,940 Inizia la collaborazione con la casa c•clirrice Einaudi con il volume l.n legge11d11 di CnrloAlbert() 11,1/11 rece111e srorÌIJgrnfifl. in cui si propone di ridefinire la poliric;, e la personalirit del sovrano sulla base di una rigorosa ricerca documentaria e di superare le interprct:1zio11i date dalla storiografia d i oriencamenco n1onarchico. !:intesa con la casa edicrice dello struzzo si ralforra e a O modco è aflidat:1 la responsabil ità scientifica della Biblioteca di cultura storica. l'orta a Còmpi111cnro la lunga ricerca su una ddlc ligure di spicco dd R.isorgimenro nazionale e pubblica con La Nuova Italia L'ope-r,t pblitica ,kl C"o11ie di Ctwour, Parte I, (/818 - 1857), bvòro c he rim::m c tuttavia incompiuto.

1941 Esce per l'editore Einaudi il volum,e- Vinren:w Giober1i t la 11111 evol11zio11e pollrica in cui Omodco considera il ,,cogucllismo come un cspc'<liencc mnico p,,r coinvolgere l'Italia moderata nei profondi cambiamenti dd Risorgimento nazionale, ma non un momcn10 coscr11ttivo come invece sono stati gli ideali di Mazzini e di Cavour ehe restano vivi nella storia


Cronologia essmzitdr

XXXV

nazionale. Nd luglio nascono divergenze con Giulio Einaudi a proposito di un i111crvenro della Direzione Generale per il Servizio della Scampa Iraliana che impone il con<crollo sulle Lraduzioni delle opere straniere della Biblioteca di cultura srorica. L'editore si mostra disp<>nibilc, mencrc: Omodco rifì.ura di acccn:uc le direnivc: imposte dall 'auroricli govcrnati\l'a e prdèrisce interrompere la collabor-Jzionc: 1do intendo U.'iare della pien:1 libertà sciemifica

- scrive a Einaudi - Forse la cosa porrebbe andare lo stesso: ma non voglio fur correre un rischio a lei. perciò Lei veda, se crede, di fur curare la lrJduzione da chi non abbia i miei scrupoli. lo abbandono dd tutto a Lei questa impresa.•.., A fine mese si accorda con l'lsrituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI} per la direzione della Biblioteca storica. Gianfranco Gaslini, responsabile delle iniziative tditoriali dcll'lstiruro esprime la propria soddisfazione per aver legato al progetto •persino il braccio destro di Benedetto Croce, il professor Adolfo Omodeo ddl'Univcrsitll di Napoli, oggi ritenuto uno dei migliori storici italiani assieme a Salvamrdli. Polemista feroce l'Omodeo è in lotta c<m Volpe. con Ercole e con gli storici dd vecchio secolo: ma i giovani dclh for-101 di Chabod, di Morandi , ccc. ~cc. ne hanno grandis.~ima srima e -1111mirazionc-. 41

194i i?. angosciaio per la sorte del figlio Piecro, dislocato in Africa seucntrionalc, al comando di una Sezione antiaerea in Ci renai.ca. Esce la <Juar"1 edizione dc L'Età dr{ Riso,gimn,to it11fin110, pubblicaro dall'ISPI. Continua su • La Criti.ca• la pubblicazione delle sue ricerche sulla restaurazione francese. Ormai è il bersaglio degli attacchi e delle polemiche degli accademici fascisti e ora anche la sua casa di Napoli è oggetto di perquisizioni da parre della polizia. Si rrasfcrisce con la fumiglia a Positano per sfuggire ai bombardamenti alleaci. A fine dicembre gli giunge finalmente la norizia che il figlio Pierro è in Egino in un campo di prigionia~ ma incolume. 194à Avvenuta la liberazione di Napoli il 2 ottobre assume la carica di rettore dell'Università e in questa veste invia il discorso Ai tofl,ghi e ttgli 1t11deJ1ti 1klf11 Univtrtitit tli f\111pofi. Molto accorato l'appello ai giovani che ,.Jusinga,i nei semi111en1i generosi della giovin<."aa, ndk ambizioni eroiche, nei sogni di gloria, siete slati delusi e ctaditi da capi fallaci, che vi hanno sviati dalle tradizioni grandi del Risorgi mento)•. Trascorr<: un periodo di vira tumultuosa fra pratiche ammin istrative, rranative con i Co1l''l:mdi Alleati e sedur<: di commissioni. Scrive arricoli a g<:tt·o continuo: L'on·tndb volto della C.f'rmnnùt, discorso pronunciaro per la

riaperrura dell'Università di Napoli il 14 orrobre 1943 e pubblicato dall'editore Macchiaroli; Il problema isliN1zio11nle l'l I 11ovembre 1943. Nel titolo si richiama alla capitolazione della Germania nel novembre 1918 e agli errori commessi dai vincitori nelle trattative di pace, orn si augura che nell'immediaco dopoguerra sor.ga invece un impegno comune per la costituzione di una confederazione europea e che l'Italia possa. in una libera co nsulta:donc, scegliere la forma repubblicana. Cimporranza dell'azione di Omodeo verrà ricordata anni dopo da Elena Croce; , In una citC-:1 senza governo, in preda al rilassamento che segue allo scampato terrore. un solù iscituro era in piedi, a rapprc-stncarc la città, e in un crrto modo tutte le citrà italiane, cd era l'università, pc.r opera del suo rc.-nore».4::

1944 Pronuncia alla radio ai prin1i di gennaio un discorso indifr,zato ai prigionieri italiani di guerra, con il pensiero rivolto al figlio Picrro in Egitto. Viene detto presidente del circolo napoletano Pensiero e Azione. da llli fondato per condurre la battaglia antimonarchica


in mod,i più incisivo che non attraverso il farraginoso Panico d'Azione. Proferisce parole molto dure C<)ntro Casa Savoia ,1tuna monarchia avvilitasi ad un punto in cui non giunst·

ro Ferdinando LI e. Francesco 11•.' 3 A gennaio a Bari prende parte a.I Primo congresso dei Comirati di Libera.zionc. 1122 aprile è nominato minisrro della Educazione Nazionale (dal 29 maggio il diC3$cCrO si chiamerà cldla Puhblica Istruzione) nel Il go,•crno Badogl io in cui figura come miniscro senza porrafoglio anche Benedetto Croce. li 13 maggio invia ai renori delle Universi cii e ai capi d·lscituto di ogni ordine e grado delle scuole regie, mta significativa circolare sulla li berrò d'inscgnamenro in cui, ancora una volta, sottolinea l'importanza della libera educ:11.ionc che «diede la victoria [nella Grande Guerra) alle nostre bandièrc,. U suo in<:arico minisreriale tl'rmina l'8 giugno con la nomina del secondo governo Bonomi; sue·

cessivamcntc entra a far parce dd Consiglio Superiore della Pubblica istruzione. 1945

li 3 genna.io esce per i tipi dell'editore Gaetano Macchiaroli «!:Acropoli•: rivi«, di politic:I idcara e direrra da Adolfo Ornodeo. Per «-<i:aAibrc h vigliacch,·ria• degli srudenri napolc,ani che manifosrai10 conrro il rid,iamo :i.Ile armi. Omodeo, a ben 56 anni. chicJc di essere richiamato in servitio nclrcscrcito combaneme. Cosl il IOfebbraio parte per B<:ncvcmo e si unis.:c al Gruppo di combattimento Manmva. 155• Rcggimenro d'Artiglieria, con il grado di capirano. Rientra a Napoli ai primi di maggio in licenza e poi ot<icne il congedo definitivo. Manifesta amarcz;.a per i dissensi politici con Benedetto Croce. Il 25 settembre cntca a fur parte della Consulta Nazionale na i rappresentami dd Parri,o d'Azione. Sul numero di orrobre de •LAcropoli» scrive l'articolo Per In CTl!rtzibm· di 1111n libem dematrnzid in cui criricJ la riorganizzazione.dei parrili, giudicandola rigida e settaria !aie cb limirare la libera pcrson,lità dei propri militanti. 1946

In occasione dcffaperrura del processo ai gerarchi nazisti a Notimberga, nell'ambito di un dibattito sulla possibilità di applicare la pena di morte, esprime il proprio pensiero in uno -dò suoi ultimi articoli su •Giusti.zia e Libertà• del 6 gennaio «Il mondo supera lo scrupolò dei giurisci e processa a Norimberga i massacrat0ri tedeschi, perché la cosdenza avverte che. se il capestro non vien passaro sulla gola di Gocring e compagni verr'a complcramente meno la fede nel consorzio umano».« A febbraio ritorna fin:i.lmcncc a Napoli il figlio Piecro, per Omodeo è come un enorme rnacign-O che gli viene tolto dal peno. (nrervicnc alla Consulta Nazionale nel dibattito sulla nuova legge elettorale. Si dichiara contrario al sistema pro..

porzionale puro, propone invece la rcinrroduzionc del voro aggiunto già sperimcncaro nel

di «~ggiungcre non più di un nome d i un'alrrn lista11>. Pur consapevole delle difficoltà e degli inconvenienti 3nche notevoli che può presentare, questo sistema ha però il vantaggio di obbligare i partiti a misurarsi con l'opinione pubblica: •Se impediamo al Paese di controllare gli uomini, di sceglierli e di classificarli per mezzo dj clc'.l.ioni, noi creiamo una spede di frattura. un di:1framma tra il Paese e il ciuadi no, asserviamo al libito di oligarchie h vica dd Paese,,. u È. conrro l'obbligatorietà del voco e ne sosricnc il va1orc in quanco spontaneo atto cl.i coscienza. Adolfo Omodeo muore nella sua. casa di Napoli il 28 aprile, Jopo due mesi di malatria, 1919, che con.oiiCnte all'dcrtore

per un'epafirc."'·

Roberto G,,erri


Cronologia essmzitdr

X>C(VI)

I, AD01.1:o 0>-100&0, l.4'lfne /9/0 ,f?.f6. Ein~udi, TotiM 1?63, PJ>. 16. 18. 30, 29. 53. 2. 0 1sA 0MOPt<> C,.uso,v., ll1Mrtlì 111,rlr/111 d., l98 I (P::alermo l,2 Canogt:ifi(Q). 3. Citllto in 1\urnno .Asò11 RoSA. la Culmm. Storia d'/udin. vol.4, p. '973n, E.in~u.<fi1 1ò1'ino

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di AM/.fo Omodeo. cir. 7, Eva L()fll\ si l:1uiC'~ nd I? 11 con G)l)\·:umi Gcnhle con on.11tsl $u Vgo fosco lo, 8. Ro1Ju1·0 P1:Jtnc1. ht/Jt()h11, eh .. p. S6L ?. Aoou ,o O.,mm:o. lrum !!)JO.JJ46. cii., 1 1 no\'emh...-e 1911, p. 16. 1O. 81!.1'flit Bt..'<lvtt..,arro. Omodeo II J>,1/,rm". dt.1 p. GS. 11 . EvA Zc)NAÙMil»CO, Rin,rJJ. çit., f>· 16. 12. Aoc>I.J'O O.\tOOJiO, L(lUfe l!)l(}, /!)46. dt., :t f.ugtnil) D01,:td()tti, 21 dkeml,re I? 14, 1,. 94. 13. Ct1rugglo Gm1ile OmodM, a 4:Ur-;l J i Sirno n:a Cianruntoni.. S:.u uoni. Firenze 1974, 15 luglio i 9 15, p. 167. 14. Auou•o 0~10uto, l.ttUTl'. !9/0. /946. eh .. alb moglie fa"a, 7.ona di gucrra, 4 luglìo l? IG, p. 127. 15. Ai,ouio ÙMOOlfo. lf'tttu l?JQ;/')16. cìt,, all;a m~lic [v-,1, lkg.lbno. J 01tob~ 19 17, 228. 16. C,r1,ggio Cemlf, Om0tl~o. dt., 24 dk-tmbtt 1917, p. I S1.

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32.J\OOl.fQ 0MOOF.<>, L4'tA J<l RJ#r1,,1m1:,w, ,1,rlh.tn/J, P Pttfi1,iòM 2lb Jl cd,,forw, Princil_))c-O, Mwin!'I ttPgsl1> 193 l. :,3_, A~'TQtn<> Glt;\;1~ct. I( R;u,rgh1tl"'IJl-r,. F,in~udl, "forino I ?55. p. 4 1, ~. FuNCl!Sèo Toact11.1.N1, LA dif1'1i1J dtJr_li 1m11/ Trt?1m di Adolfo 011wdeo. .Dal carlrgio di Emmo- Ccdig110&1. in

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Adolfo On1odeo sul Piave il 15 giugno 1918

Durance la guerra furono date circa 59.000 medaglie di b ronzo al valore. D i quest<· una buona merà fu data agl i ufficiali di complemcnro c111i O modeo dà voce in quesro libro. Una medaglia di bronzo la guadagnò anche lui, sul Piave, a Candelù, durance la balla· glia del Solstizio del giugno 1918. Essendo nato il 25 agosro 1889. Adolfo Omodeo il 21 giugno l906s'e.ra presentato alla visita di leva cd era scaro scartato per insufficienza roradca. Con l'entrara in guerra cambiarono i parametri e il 1° luglio 19 I 5 era stato a quel J)unto arruolaro come sorrore nc ntc della Milizia Territoriale e assegnato a un rcggi mcnro d i artiglieria di fortezza, poi, a metà del 1916, era stato mandato alla 154' barreria mobile. Nel scrrembrc venne nominarn tenente e un anoo dopo era in forza alla 382° batteria. Sul Piave comandava una bacceria di piccolo calibro.

Le dlr1..·1.iom d,:l magg/orl attacchi ttu,flm·Ullgartd in 1.5 giug,,rn 1918.


Cmdclù, un pat.·/e tulla riva del Pwvc. c.·ni 11ella rete dl/e11swa ,h:lla bri"gnlo Castrtn della 31" dt'11ir1()ne ,. q11,lla ,/;Ilo Sesia della 4$• diwìio11e.

Niente da segnalare lìno al 15 giugno 1918, primo giorno della grande offensiva austro ungarica che avrebbe dovuto infliggere un duro colpo all'Ttalia. l.a batteria di Omodeo era a ovest delle Grave di Papadopoli di fronte alla 64' divisione ungherese. Maserada e Saletcuol furono reacro di scontri violcmissimi da parre delle eruppe della 31' d ivisione dc] generale Gandolfo - brigare 8ulog1111 e Se,it1 - che reagirono con immediato, vigorosp conrrarracco fra Salcrtuol e Candclì1. Verso Candelù, il nemico, approfittando degli app igli del terreno, era riuscito a insi nuarsi oltre le linee avan,.atc, fu assalito dal'3 brigata CtJJfl'ftl; questa aggrappandosi ai due capisaldi cli Candelù e dj Casa Pastori , oppose una barriera d 'acciaio alle forze nemiche che per sette giorni, flagellate dal tiro incessante delle nostre artiglierie, falciate dalle raffiche continue delle mitragliatrici, si dibatterono nella breve landa conquistata sen1.a poter muovere w1 passo. l.a Ct1sertn fu la brigata che pagò il pre-,20 più alro di mord e feriti nd tre giorni d i scon cri d al l 5 al 18 giugno. Ebbe perdite paragonabili alle carneficine dd Carso: 66 ufficial i e 1.754 soldati fuori comlxntimenro. Le squadre d 'assal to della 64• divisione Honved sono armate da una versione portatile della Sd1warzlose nel numero di 6 per compagnia, riescono a inlìlcrarsi in dire-zione di Casa Zonta, all'estre,na destra del 268° reggimento del tenente colonello Pilade Pucci. Immediatamente il ,naggiore Renzo Bio ndi manda avanti al 4' co mpa-


1ì.tolr1w

Xli

gnia dd 267° che era di riserva dietro l'argine regio. Essa riesce a passare senza gravi perdicc sono il ciro di sbarramento e ad arrivare sulla crincea dd raddoppio di Casa Zonca dove si nova il comandante dd 1/268°, il maggiore Giuseppe Di Lenna, che dà ordine alla sua 3' compagnia di andare con la 4• al concractaceo, in collegamento con la Veneto, per riprendere la prima linea che aveva conscnùro agli ungheresi dj avere una precaria cesta di ponte in grado di accogl iere i rinforzi che continuavano a passare il fiume. Tuttavia per gli austro ungheresi era ,,itale ampliare appunto quesra testa di ponce in profondità, in modo che i rincalzi non si ammassassero sulla prima linea italiana. Ormai sono interi battaglion i che hanno passaro il grero e le mitragliarrici che si portano dietro sono diverse decine. Ogn i battaglione austriaco (1.200 uomini) aveva infatti 36 mitragliatrici, mentre quello iraliano (1.000 uomini} ne aveva 14. L, pressione verso Candelù obbliga gli ital iani dd 11.1/268° ad arretrare o ad essere circondari in quanto non hanno la potenza di fuoco deUe armi automaùche in grado di tratrenere gli ungheresi. Le squad re d'assalto avanzano era i due argin i. seguite dai mitraglieri e dai fuci lieri, occupan<> il Fortino lriangolare e quello Maioli; i testimoni scriveranno che essi misero alcune mitragliatrici s ugli alberi, ma si trarrò pi,, fucilmentc ddla grande perizia dei mitraglieri nell'individuare le più efficaci posi1.ioni di tiro nei confronti delle mitragliatrici italiane che, pesanti, non era no facilmenrc manovrabili e trasportabili , per cui, una volta individuare, venivano conrrobattute da tre o q uacrro Schwarzlose e messe a tacere. 11 U I battaglione del 268° è in parre circondato e carcurato, ma il l/267° del maggiore Bianchi riesce a ferm,tre l' irruzio-

UJ1a casa colomca a Cmdelti Jra.r/ormata 11t caposaldo d, mltraR,!iatrict e ca1111om.


Glr ungl,er;si della 58· dìv,sio11e l·/1)11veti pas1a110 il Pia•·• Java1111 • Candeltl ,l 15 giugno.

ne nel camminamento n• 14, a1tche se il maggiore cade prigioniero, me nrre il !Il del 267• del maggiore Di Lenna li ferma rra l'argine, il rio Piavesella e il caposaldo di Casa Pasrori. Di Lenna venne ferito, ma fu fortunaro perché quel giorno caddero i tenenti Marcello Pcsend di Bcrgan10, An ..

con ino Tricomi di Messina e i sott<nenenti

Luigi Carpi di Verona, Renato Gagljardi di Milano del 26ì e i cenenci Lino Bizzi di Piacenza, Anconio Camaca di Bronte e Giorgio Ferrara di Casrrovillari, i sorro1enenri Viro La Prega di Sapri e t\srade Rcmertiaro di Oristano dd 268°, assieme a d.iverse decine di fu nci. Il giorno seguente il 267° del ren. col. Ernesto Pascili dovrebbe anelare all'accacco del Fonino triangolare, ina il fortino è ormai un nido di micragliacrici e proprio da li parre alJ' alba un viole.ndssitno auacco che viene. Ca,moue i1aliano mascheralo.


Titol,1to

XLIII

fennaro a stento nella mattinata, ma che ri prende verso sera e supera la ccsistcnza della 3 ' compagnia del 267' e dei supcrsriti della 9' compagn ia del 268'. Cadono il ten. G iovanni Giara di Vicenza del 26ì e

-

il capi taJl O Manlio Kallah di Como, decine sono i feriti e un centi naio i prigion.ieri ,

poiché gl i ungherC$i riescono a occupare il camminamcnio n' 14, Casa Armdlini e Casa Pastore. Durante la notte gli italiani cercano d i raffonarc un'alrra Li nea di contenimenro e infatti il 17 è il giorno in cui si frange l' ultimo uno nem ico, ma a pre-,zo di moire perdire. Cadono il sottorcncncc Michele Corrado di Tl"ani, il mag-

Li, cappell, 1111 di Ca11J,lù ,l, Jicat11 a/l'impresa d,.,l(a brigata Caserta eh(' r.01111:;m,· vt•rso nord lo s/011d1t1Jt<Ylll>.

giore Abdon Sil)aud comandante del 11 batraglionc del 268", il capirano Leonardo Ors.u.ti di Fara San Martino e il rcncnrc Cesare Rizzardini d i Legnago.

Gli ungheresi bunano nella cald iera tutte le riserve di granace, d i p roiettili, d i mirragliacrici e d i bombe per passare la Piavesella ed e ncrare a Candelù. Ce la fanno. Entrano in paese e combattono era i ruderi. II ce11ence colon nello Ernesto Pascili, comanda,ue del 267', raccoglie i pochi superstiti e li porra al contrattacco. Ha 43 ann i, è d i M ilano cd è u n veterano avendo coma ndaro a nche un battaglione alpin i. e c hi ha comandaro gli alpin i sa come conquistarsi l'asccnde-nrc 1n ora,lc sul con1battcnti. È

infani al la cesca dei suoi con la pistola in pugno quando viene colpito in p ieno dalle schegge d i una bomba a mano lanciacagl i. da u.n ufficiale ungherese. Con lui cadono i soccotene11ti Pietro Bernardin i di Fucecchio e Guido Landucci di Lucca, mentre il tenente Benvenuco Pagliacci mo rirà il giorno dop·o per le ferice, ma i resti del 267'

Caserta riescono a fermare gli atcaccanri tra le case con arei di eroismo che meriteran no u na citazione nel BoHenino d i Guerra, la medaglia d'argento alla Bandiera e la medagl ia d'oro per il tenen te co lo nnello Pascili. Sulla parete nord di Casa Po21.obon, in località ~Parabac• (Parapalle), una lapide ricorda oggi il sacrificio del sottotenente osservacore d 'aniglicria Spartaco l.an tin i caduto il giorno 15 all'inizio della Barcaglia del Solstizio, era del 44• reggimento arciglieria da campagna e aveva 18 anni. Cadde dopo sene ore d.i locca accanica, co,urarcaccando d i sua iniziaciva, alla cesra di un man ipolo di ardici ed, arciglieri d a lui raccolto, il nemico che ostillacamenre tenrava fonare la noscra cena linea.


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Set1t,w <icll,, J J• divisione, P,fo/ seUt>r1,· 86 erd lot,1li1.1.01,1 la h,1trerl'tl di pù:(Qli alìbrl coma11th1ta Jn/ uwr,uc Omodtv, (Au1sme).

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Sellorc del!,, 45.1 d,v/Jiom:. La lomlizu1·u'o11e dei ra1111011i e mitroglintrir.i o sud di C,mdcfù (.4msuu:).


1ì.tolr1w

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XLV

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La 1:hicso di Condt·hì d11lr1111u d(l/le ,~1m1om.1ltJ del 110,;cmbre 1917,

Spartaco fu sforcuna co, era un artigliere e morì quel giorno a I 8 an ni. Omodeo mantenne la calma in quei momenri convulsi in cui gli artiglieri e ra110 in prima linea. Visse, ma probabilmcnrc seppe della m orte di qucsro suo giovane collega e fu a nche qucsra esperienza che lo indusse a dedicare an ni a raccogliere le tcscimonia.J11.e di quei giovani ufficiali che si sacrificaro no. Alla luce dei furibondi combatrime11ti che qui si è cercato di sintetizzare. la motivazione della medaglia di bronzo ad Adolfo Omodco assume il significato che travalica il linguaggio gessato dell'epoca: ..comandante di una batteria d i piccolo cal ibro, sebbene fosse srato sottoposto a un tiro incenso di aniglieria nemica, ed avesse avuto morti

li SfJIIO/(.'tleJJ/t: dicio//('-J1Jle d 1artiglicna Spariti· ,~ Lantini Ji Voghera tdduio l'rorcamt'IJ /e sulla e feriti sulla linea dei pezzi, seppe infonde- n'va del Pùwe r'l 15 giug,w, 1JJed11glùt d'argenlo.


XLVI

M011u111idell" 111/itdl.gurrra

RF.nID •

ESERCI'l'O IT AiJ:ANO

8'i'ATO DI SERVIZIO

-

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SEIIVIZ~ PIIOIIOZIOlfl t VAi.sAZltNI

(.opu, dello Sinio di SerVJz;o d; Adolfo Ommfoo.

- ·--··-~ - -

DATA

.........

....,


Titol,1to

Il li'11è11le (()/t>1uul!n milanese Ernus/0 Pose/li ooma11do11u.· del 267° rt·ggi,m:1110 della Casella mduto

XLVII

Jl 1<·1w1tte Adolfo Omf>dto.

eroicamc11Je a GmJc/si.

re nei suoi dipendenti C31ma e coraggio, seguitando un ciro preciso e violento. Avuto ordine di ripiegare, si ripiegava in ordine perfetto, aprendo subito il fuoco sulle nuove posizioni non riconosciute prima. Candclù 15- 16 giugno 1918•.

Paolo Gaspari



Momenti della vira di guerra Dai di3ri e dalle lcctcre dei caduci

f.ncl nì.,ei(OY XJ><)voç

Ov 3eì µ' i1pic:s1<ctv rOiç KÙ.t<ù rci'lv ivOf.tOe

Prrché pù1crr, più lungo tempo Il qu,/li di lllggiù debbo, eh, a quelli rht qui sono Sor.OCLE, A111igo11,, 74 ,.



Avverten za

Riortlinnndo questi studi sui cndutJ~ che son uenutb ,nette!ldo insieme d,1 cinque n,mi~ il

pensirro di rivolge Il "" CllYQ nmico srompnrso: Vincenzo Gnlizzi dn ?orino, disceso precocemente nelltt tombn in seguito 111/e ferite di g11errt1'. Ricordo 1tT1cor11 /11 p11ssio11e con cui egli segui1111 e 11i11111wt le mie ricerr:he (fi, lui II farmi conoscere l'oper11 d,,I B11nt1glia); e lo rivedo 11ncor11 anim11ro nel disc111tre il libro nllor11 uscito del Remarq11e, e nel s0Jte11ere che la guerra per !tti non ern srnra 11n mero orrore; che un soffio di poes-in, di spenmzn, di giustizia. vi m1evn niiuuo soprn: che In.guerrn imlinnn a dijferellZil de/In tedeset1 nvevn ,wuto 1111,1 sua Lu.te spirituale: lfli du rtcau11 i polmoni trafitti dnlla mitr11glit111ustriar11 e che In mone insidiava dn presso! E ora che dt1 /urti i doc11me11ti raccolti e riordinati iirradit1 In Iure spirituale, che i/lumi• nò l11111>slm /011tt11111nze giot,inezzn, e In fed,, che ,·ostenne l'ftnlia ne/111 terribile prov11, offro l'opera ,,I/a 111emoria di lui e ne associo il nome ni 1101r1i dei c,1d111i s11I cnmpo.

A.O.

Napoli, 29 novc1nbre 1933.

I. N-:uo .i 'forino il) ~ptllc 1892. ne<I ~iugiu) 191; fo ,hhm.;HO :alle ;umi c(unt $0Hottot nre di n)ì)i?.ia 1errit()1'i:1le ndl'arma Jj fan1crht. Dopo lungo periodo di r,-urrn. dh•t'nUfO capitano, fu f«ilo &r.'IVèmeme :al JMIIO, il 2$ agono 1917 dur.inre la batuglia ticlb Bainsiu.a, Qucst:a fcrir-j caus-ò I.a .sua prtcoce morte il 30 giugno 1930.

l:.r:t ispcnort (ic11t fi-rrov-ie: m:a U hn·oro buroctJtk o non pr()bltmi tilo$òfici e .siorkì.

)pélUC nt:ti in

lui la sete d~gll $mdi "l:a. paui<u,r per 1



I. Il retaggio dei moru

Rievochiamo per un momento qualche guerra dd pas.-ato: le campagne garibaldine. loro senso e la loro particolare fisionomia noi Ii afferriamo nella rievocazione e nella

a

sintesi di concreti episodi e di stati d'animo significativi. Da essi rraluce sempre qualche cosa che era.scende la particolarità; s'irradia un aninno che si leva a momento ideale di quelle. Ione. Ricorderemo i combarrimenti su] Gianicolo, la rabida furia del Bixio, il Masi na spronante il cavallo su per le S<'alee del Ca$inc;> dei quattro venti, la disperata difrsa del Vascello. le morti del Manara, dd Dandolo, del Moro~ini, del t-~amdi; seguiremo i Mille erran ti per i latifondi e le monrngnc di Sicilia, rievocheremo gli episodi della loua a Palermo, a M ilaz1.o, al Volturno, risenti.remo la poesia dcl i' Abba. In questo processo si maturerà il nosrro concetto delle guerre garibaldine, come di eroiche romantiche awencure. La difesa d i Roma, senza speranza alcuna di successo, ci apparirà quale effettivamente fu: u na difesa suprema dell'onore d 'lraLla: in gran de, una di quelle singolari tenzoni celebrate dai romanzieri del Risorgimento, era i volontari d 'Italia e l'esercito fra11cese; ciò che salvò con l'onore, la fede e la speranza della sorgente nazione. La sped izio ne dei Mille la sentiremo come il vertice d' una volo ntà matura, che scuote e scorre la penisola. e raccoglie insieme tunc le forLc costituircsi nella lunga vigil ia. Il

balenar degli anim i negli episod i particolari spiega aspetti e intrinseche neces.<ità delle superiori d ircrcive della guerra. Sentiamo pienamente la necessità del particolare come carne e sangue della scoria. Se ripensiamo invece alla guerra recenre, noria1no che, pur con curci gl i srudi diplomatici, scraregici, tattici, economici, pur con rutta J'esuberanz.a episodico-giornalistica - anzi a mocivo di quesr'uhima cosl infid a e retorica~ aera a suscirare scer-

ricis,ni e incredulità -, la guerra delle na1.ion i non ha ancora per noi una fisionomia ben definita. Le molrirudini cornbarrenri le vediamo ancora come ma.<sa grigia di cui la strategia pretende di aver disposto ad arbitrio. A ciò indubbiamente concorre la sterm inata vastità della guerra e la sua serena contiguità con noi. Nessuno, negl i eserciti immensi, sovrasta di runo il capo sulla fo lla. come Aiace nel campo acheo; il momenro di guerra che noi possiamo aver vissu.to limira di pe,· se sresso la nosrra visuale. Infine, la cronaca giornalistica, tendenziosa e di maniera, iè inabissata nel


discredito. Ma i co mbattenti hanno voluro riconoscere in c,ssa la loro vera an ima e i loro travagli•. Alla cronaca giornaliscica è subènrrato il romanzo di trincea, talora con acclamato suCCCS$0 d i verità umana' . Ma il riconosci mento di veric/1 storica a ll'opera d'arte può avvenir solo a traverso un processo critico, che discacchi dalla finzione e in· veri per proprio vigore il framme,no arcistico. Ci croviamo perciò dinanzi al problema di una scoria spirituale della guerra; ché, cercamente, quegli eserciti ebbero un'anima che li ,·esse; che circolò nella parola sussurrata nd la t rincea; che urtò con ero i morivi ectrni dell'egoismo e della co nservazione personale; che sofferse e pianse b famiglia lo,,rana, iJ dolore assiduo, i compagni cad uti; che si levò nell'ebbrezza degli assalri; che spasimò nei rovesci. Per porre mano a quesra storia dobbiamo distaccare, in un monlento d"obbiettiva contcmpla-zione. la guerra da noi stessi; dobbiamo risentirne il pathos, ma insieme definirlo: senza asservirci ad esso, ché, a llora, manche.rebbe il contorno; sentirlo ecernato nella s incedtà della scoria. Per fare un p rimo passo in quesEa storia. io credo che convenga iniziare lo studio delle vesàgia di quest'an imo dell'esercito italiano, comi nciando dalle lettere e dai diari dei

coJnbanenri', e rintracciare fra essi i documenti più sinceri e i più caldamente vissuti_, quelli c he, rimoti da ogni pensiero di pubblicità, ferma no pensieri intimi e profondi. o li confidano a madri e a spose lontane, al cospccto della morte o nniprcsencc: ciò che spiega il cono netto di molci di questi documeJlti: come di chi ricapitoli in u n momento supremo rutta la propria vita e ne determ ini le grandi linee. Già la massa edita di questi documenti è vastissima'. quella inedita è presso che infinita'. lnolcre, nella scerminaca serie degli opuscoli commemorativi con cui il dolorante o rgoglio delle famiglie tentò di sottrarre all'oblio la memoria e il nome dei si ngoli caduti. t1lora avviene che all'incerta o convenzio nale parola del comrnemorarore. ne

~ubenrri un'altra pii1 forre. e in franuncnri di lcrrcrc ci parli un'anima andante sul Carso o inchiodata come vedcrca sulle dme delle Alp i. È rutta una letteratura oscura, d i scarsa diffusione, ma che merita d'essere scru cara. Non ignoro le obbiezioni che a llo stud io di tali documenti di guerra possono rivolgersi, e le ho lungamente medicare. Mi si potrebbe dire - ed effonivamence mi è stato detto da taluno sceràco su questa impresa - : • In primo luogo, la ricerca dovrebbe essere infinita, per quanti so no stati i combaccenci italiani. Poi. gli episrolari e i diari pubblicaci son il meglio dei migliori, e una scoria che rifugga da ogni convenzionalismo agiografico, <>lcre dell'eroe deve rcner p resente anche il mediocre e il vile, che venan di sé la realtà umana. La cern ita di queste lettere dovrebbe fu.ria lo storico stesso dalla intatta congerie dei documenti. E poi, anche potendo far quesro, gli epistolari non avranno mai importanza con1e documento di storia militare, perché la censura postale impediva di parlar delle operazioni di guerra: non sempre daranno un esatto quadro della vira di tri ncea e del combattimento ,~ssuco, perché affeuo e pietà verso i


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parcnri dovcv:1no suggerire auenuat.ion i e reticenze; o boria t va nità por~van far esa-

gerare. Non solo: ma ch i assicura che ancl)e il tono forte cd eroico non si:1 spesso una posa, e che l'idea della furura pubblicità non al,crasse e abbellisse? Infine, le lettere che si possono studiare. sono le lettere delle pcrso,ie colte, degli ufficiali sopra turco; quelle dei soldati sono in massin1a parre disperse: e là dove le possediamo sono di sol ito schematici notiziari per le famigl ie., e non posso no per ragioni estrinseche, e anche per inuinseca incapacità d'espressione letteraria, documentarci l'anima del soldato: eppu r.:, l'esercito si componeva di soldati, o ltre e ben più che di ufficiali ». Ho riAettuco a lungo su q ueste diffìcolrà dd procuratore del d iavolo, è pur registrandole - come si deve far semp re con le richieste dd procuratore d ' un personaggio di canto riguardo - quali momenti dj conuollo critico da esercirare caso per caso, documenco per documento, come monico concro il generico, ho trovato tuttavia che la resi scctrico-pessim iscica sia da respingere. Essa infarti è fondata su di un inadeguato concerto della scoria, come di qualcosa che nasca dalla meccanica agglutinazione dei documerui, i quali riuniti insieme dovrebbero darci una lu nga pellicola cinematografica della realtà. Siamo in quella curiosa interferenza, frequente in q uesti cempi, fra storia e ci ncmarogra.fia. Si d imentica persino che a.n chc il dra mma dncmarografico ha

le sue soluzion i di conti nuità, il taglio, che determ ina i quadri. Da un pu nro di vista strettamente storico, noi non possiamo trascurare una serie di documenci, perché non sono la serie mtale ed integrale. Ogni documento va scrurarn per sé, e incerpretato e valutato per ciò che effecrivamen re significa, e per ciò che può porgere alla n osrra ricerca. D'altronde, ogn i ricerca srnrica si compie scartando infiniti documenti che per noi non han no valore, e tenendo anche presence che ogn i più ricco archivio è pur sem pre lacu noso e tendcnziùso. Esiste, in fatti., un archivio che non sia sr.aro cosricu-

ito a cravcrso u na selezione di documcnci, e di sol ito da parre dcgl'intcrcssari' Chi non sa che una notizia frammentaria sorpresa, una lacuna tendenziosa documencaca, s,,alutao ralora centinaia cli documenti concordi i11 senso con erario? La smria non è il documenco bruco, ma il docuinenco ravvivato e inverto dalla critica, e col locato nel suo giusto posto. Tornando al nostro argomento, noi dobbiamo scrutare che cosa contenga questo reraggio dei morti. li lavoro sarà inevitabilmcn.re fram ,nenrario: ma solo ponendovi mano si può iniziare la storia moralè della guerra, che non sarà senza importanza per la storia più srrcnamcncc ,nilirare. Una d itlìdcnza pre\'enciva conrro q uesta serie di documenti no n sarebbe né giusca né umana, né sopra rutto ragione\'ole. Dovremmo presumere che uomini che seppero ben morire, abbian rappresencato una parre dinnanzi al le madri, ai padri, alle spose viventi nell'angoscia. Nella storiografia, il pavenraco errore agiografico nasce non dal farro che si studino documenci di valore ideale, invece de.Ila cronaca nera della polizia, ma dall'acrisia dello storico che no n sa discernere il sinccto da] fulso, il


punto saliente della zeppa. Non è difetto del documento. ma della mente storica; n<m si corregge col e,inismo, ma con più elevata equa nimirà. Anche il rivolgere la nostra arrenzione sopra nino al materiale edito non è senza una sua giustificazione. Acccuiamo il criterio della pubblicazione come una prima sia pur gro.ssolanissima cernita, pl'oprio come quella prima ccntita che coscintisce gl i archivi. Inçlubl;ia,nente, una ricerca nell'inedito renderebbe ancora iutmensi tesori di vica morale; ma quello che si è pubblicaco, pur e~sendo

LUI

esiguo fr:unmento, è materiale scel-

co; ci presenta, se non turco iJ meglìo> un franunento dd meglio. Certa.mente. converrà sen1pre cencr presente che q uesto n1omento di superiore vira morale, di p iù salda fed.e non si deve estendere gcnerican1cn-rc; faremmo cono agli animi migliori s:c dimenticassimo che gli entusiasmi e le fedi eroiche, il sereno cosciente sacrilìzio non erano cose comuni e volgari neanche nell'esercito combane.nce, e che la grandezza dei migliori co,uisré proprio ne.I permeare una materia spesso avversa, nel contrastare e nel vincere le inenie, i corpori. le paure che son presenà in ogni esercito, come Tersite nel campo acheo. Non sarebbe giusto dir con Carlo V •1òdos, todos caballcros». Nel caso nostro non si crarra di slanci lirici che sorvol i110 senza impedime nti, comè u na lieta Fa nfara, la realtà, ma di operosa e travagliara passione patria. di coscienza fiera del dovere, che si apre con dolore la via. E ralora lo $lancio futicava ad affermarsi, calora si chiudeva diffidente in scsresso, schivo di parole, fasridio d'ogni pompa e amaro nel giudizio verso gli uomini: salvo a prorompere in1peruoso nel momento supremo. V'è quindi anche una resistenza pigra: ma essa, a ben considerarla, non è protagonista d i sroria; è il momento della pura narura che è eter11arnenre vinta e piegara in rutto il corso della scoria umana. La non volontà, quella d1e non si porenzia in un ideale, e non divenca, per quesco idea.le, positiva volontà, è un limite, un osracolo inerte, una misura, se si vuole_. delle forze operanti: come la pièrr:, che porrà servir di baS<: a un tempio, che franando porr:ì seppellire l'uomo, ma non è protagonista di storia. se la storia si rivela a noi quale coscien,.a dcll'arcività creatrice dell'uomo-. Gli è per questo incenrra1J1enro dclJa sroria nelle fon.e operose, negl i ideali viventi e animanti, che il pensiero storico, neUa visione della perenne operosirà cosuunrice, pare inclinare aU'on.imismo, mentre la lentezza. la dissipazione di sforzi co,uinui, oltre le previsioni e le speranze nostre, dànno spesso un senso amaro della vita a chi opera e combatte. Questo incenrramento dd la storia neUe personalità viventi ed operose, considerare anima d 'u na pigra mole, è condizione essenziale della storia, anche per quegl i indirizzi che a1nano concepi re sociologicamente la realtà, come conRit-ri di ceri e di classi. Ad un cerro punto, dassi. ceti, 11azioni s'e$primono e si rappresentano a se stessi in uomini di ricca vitalità; senza di essi, quei vasà corpi rimarrebbero mere potenze, da nulla fecondare. Uomini rappresentativi, si dice; e la designazione può esser giusta nello scrupolo che alui ani mi consimili possano es.~ere sfuggiti alla nosrra ricerca. Ma la sfumarura


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coHerr.ivistica no n è esatta; se è vero che tutre le for-me spi.rituali inferiori s'appuntano

in quel vertice, non è esano dire che in rurri sia quel vigore e quel valore. Quelle forme di vita, q uegli ideali consacraci dall'offerta e dal sacrilizio, sono ciò che cffcnivamcnre ha creato la storia. Non è quindi ingiusto, contro ogn i pretesa quantitativa, rappresenrare l'esercito operante come n1osso dal cuore vivo dei suoi miglioti, che soffrirono l'angoscia e la responsabilirà di cucci, che non disperarono nei l'Ove.sci, e nei loro ideali di patria e d'umanità trovarono il viatico per l'aspro car111nino.

Jn un atcenco esame dei documen ti, noi vcdrcnio come le singole esperienze della vira di guerra, pur rea le individuali divergenze di temperamenti, si as.sommano in una serie d i stazioni ideali del lungo calvario. E insieme avremo l'impressione che ci si dissuggelli un pensiero seg.-eco, una passione più riposta, sol d1e noi rie,•ochiamo l'esercito come ci apparve allora. V'era qualcosa di sotraciuto, una specie di diffidenza a far mostra dei propri entusiasmi. una specie di ironia sottile, che talora pareva amarezza. una tacita regola di galateo a dissimulare il proprio ardore, si che spesso nelle lettere risuona n lagn an1.c contro questa specie cJj scen'icisn\o•. Nelle lerrcre, invece, si rivela ca nd idamente a quale altezza giun gcs.sc la passione di guerra. Siamo di fronte ad u n magnanimo pudore che a volra a volta fu la gran dcz,., e la debolezza della na1.ione in arm i. La cosa si spiega per d iverse cagioni. ln p rimo luogo, si era parlato troppo du· rance la preparazione, troppo declamavano i giornali con la buona intenzione d i tener su gli anim i. perché non si determinasse u na reazione di diffidenza conrro la parola; si affermava, su casi particolari, che troppi sostenitori dell'intervento al momento critico ave.vano dato indier.ro. Poi effettivanierue, dinan2i :alla prova, si sentiva la temerarietà dei d iscorsi; il cimento rendeva silcrniosi. Ma ncava nella moltitudi ne degli ufficiali d i complemento quella specie di baldanza <' di iatca rw.a, che nasce dalla prcpara1Jonc militare professionale. Ma, sopra rutto, la sobricr~ di parola si determinava nel comarro col soldato richiamato. li contatco col soldato era il primo grosso problema, che si aftàcciava al nuovo ufficiale. Erano due formazioni spirituali diverse•. Le vie per c.ui rufficiale giungeva ad accenare e a volere la guerra. rimanevano ch iuse al soldato. nel quale il senti mento guerriero si ridestava a era verso ,111 altro processo, più elementare, di passioni ed istinti primigen i. in uno stadio. diremo. omerico. Al contadino richiamato (in !calia la lunga civiltà ha troppo allontan ato quella fuse prim itiva per cui la vita dei campi è strertan1en1c affine alla vira d i guerra, e Marre è insieme il djo delle messi e il dio delle armi), al concadino dispiaceva che la guer,ra potesse essere per qualcuno cosa voluta ed argomento di giubilo. Pel suo sencin1enco, la guerra era un male. un castigo dei peccati, che solo la Ver'gine poteva d eprecare. Ma, una volta scaten atosi il Aagel lo , lo accettava e lo sopportava virilmente, come il buon agricoltore regge alla tempesta e al solleone. Poi u n


maschio senso di b ravura, devozio ne al suo ufficiale. srizza e dispcuo per il nemico ••, il desiderio d i vend icare i compagni caduti, formavano la sua nuova anima guerric· ra. t-4.1 voleva il d irino di desiderare 13 pace, di rimpiangere la sua casa, di d ir male degli «srudenri• che avevano scatenato la guerra (poco imporrava se il tenente a cui era personalmente affezionatissimo era uno studente), e non an,ava per questo suo rabbuffaro Stato d'a nimo i discorsi solenn i e le grandi parole. E allora all' ufficiale non resrava altro linguaggio da usare che il taciturn o esempio (la più alta gloria di quegli ufficiali improvvisati), il prodigarsi senza limiti, anche o lrre il bisogno, il dimostra r coi fatti che egli soffriva gli sress i dòlori, affroncava più grand i rischi. E i giovinctri del '97 , del '98, del '99 guidavano di notte nelle rrinccc i vctèraili dcll'88 e dell '89, superstiti della Libia e dei prim i aJ1ni di guerra. A sua volta, però. da questa sostenutezza e da questa compressione, da quesca scarsa espansione d'ideali, affioravano note amare e pessimistiche; il meglio rimaneva occulro: ognuno si sentlva solo a viver la sua passione. Invece eran palesi gl'inevirabili casi di svogliatezza, e il fenomeno del cosl detto imbosca,nenro. Ma se lo scandalo allora lèrmava l'attenzione, se pareva amarissimo che non tutti senti5'ero il pungolo dei civili doveri. adesso noi p(lssiamo documentare una marcia inversa daHe rcrrovic verso il nemico , l'accorrer dei sa.Idi petti nelle trincee. E nulla cc lo rappresenta meglio in concreto del caso di Fausto Fi lzi, il fratello del marrirc compagno di Cesare Barcisti". Era un giovane irrequieto e tempestoso. Con dispiacere della famiglia, non aveva voluto ultimare gli scudi. Aveva sostenuto le lorce e le baruffe dell 'irredentismo trentino: poi, preso da insofferenza era emigrato nell'Argentina, dove aveva soffèrro miseria e stet1ti d 'ogni genere. Si era da poco sistemato, quando gli giunse la notizia della tragica fine dd fratello. Non resse alla smania inrcrna, né lo frenò il pensiero ddla fumiglia già funestata dalla tragedia. Riattraversò l'Oceano, si arruolò artigliere, poi frc'(Jucncò il corso d' ufficiale, poi passò volontario nei bombardieri. Nel suo tumulruoso furore vedeva nero; e da Susegana scriveva una lettera molto amara alla fidanzata del morto fratello: (Susegana, 21, 3, ' 17) .... Vedi, Emma, io son qui venuto pieno d'tmusiasmo per essermi Jevaco dall'artiglieria. dove non mi sembrava d'essere al mi<> posto, e mi fi. guravo che, claco il pericolo cui corre la nostra arma, ci fosse frn i bombardieri quella fumigliaric.\, quel l:t frarcllanza che fu canro bene, e che tanro soslicnt lo spirito, che ci fosse, se non dcll'enrusiasmo, aln,cno un grande amor parrio, aln1l'no del coraggio, perdio' Ho trovato invece della diffidenza fra c«mcrau, una stragrande volontà di far ... lavorare gli alrri, e poi. al posto dcU' amor patrio, un scnrimemo che conlina con la paura. Se li vedessi, Emma. certuni fra i miei camera<i con cene fucce cadaveriche ,rndar sempre strisciando piccini sulle orme dei superiori onde potere, sfruttando conigianèsco frasario, prepararsi un posticino nel bosto, se tu li vcd~i solamente alle prove dei tiri, quando c'è il pericolo che qualche piccola scheggia arrivi a noi, vtclrcsù quanto sacra considerino la pelle. Cosa sar:I poi in rri11cea>


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II

/via a questo punro perb si a.ccorgc di aver esagerato alcuni singoli ca.<i , e si corregge: l'er fortuna, questi non sono i più, ci sono pure dei giovanotti pieni di vir:i e di OOtJggio, nd quali do111aili in fucd,1 al pericolo si puh esser certi di trovare dei veri ca111em,i" .

Ma, nel suo pessimismo, gli sfuggiva ciò che invece risalta ai nostri ocC'hi: il suo accorrere verso la morte che valeva bene l'occultarsi di qualche codardo. Egl i qualche mese prima aveva serino sempre alla fidanzata del fratello w1a lercera che ce lo rapprese,ua vivo nd suo maschio e anche rude carattere: (Verona, 7, Il, '16) . ... Perché, Emma, sia pure sorto l'impulso dell'immenso dolore, quando parli di lui, del suo supplizio. non sai frenare qualche parola di biasimo al suo opcmw, quasi attribuendo a sua colpa il non aver dato retta ai tuoi ango.<ciosi consigli, l'aver pensato troppo rnrdi a chi ,anro l'arnav,1? Credi forse che Fabio ndl\uro d'arrolarsi non abbia pensato alla sua Emma, alla su.a mamma, alla sua fumiglia? Molro, troppo avrà meditato; però il suo ferreo car,ttecc gli ha additato la via da seguire, sormontando i più grancl.i ostacolì. St m, Emma, avrai amaro nel mo f abio moire doti~ prima fr::i que.stc avrai ammir:ato qudh d,csscre di cararrcre forte, d'essere uomo; e ti

par possibile che Lui, dopo d'essersi dimoscrato in ,-empi placidi sempre rndicalmcnre adepto alla C1<L,a N;tZionalc, dopo aver lottato sempre e con energia per una pos.,ibilc redenzio.nc delle sue terre, avresd desidcmto ni che, giunto all'om.dclla suprema prova, avesse ritimto il braccio, avesse rifiutato l'opera sua, non avesse offerto il suo s;rnguc~ Sarebbe o no Stato per lo meno egoista? l'avesse fatto anche per an1or nio! "lù dirai che J><>tt'V3 essere più rnile alla Parria in altro modo, senza il sacrificio: Poteva, però non doveva; iJ suo cara.nere non lo permetteva. f. i cuoi consigli non derivavano in parte dal!'egoismo per la paura di perderlo? So che con ,uuo quello che ti sro scrivendo non ti convinco, perché, per quasi rutte k donne, la Patria/; la fumiglia... Il rimprovcmre poi mc di essermi arrolato~ di voler prendere il pos-co di F"3bio, il ricordarmi la mamma mia, è crudele, Emma; però remare qucsro ra.sto sarebbe come ammettere che nelle mie vene non scorra.lo stesso sangue che pulsa,-:t in quelle di mio frarello."

La coeren,.a che aveva condono a morte Fabio, egli la sentiva e la descriveva sempl icemente come una necessità fatale, d i natura, una forma di egoismo, diceva nella sua ingenua filosofia, si da escludere ogni vanto ed ogni compiacimento di gloria: (Verona, 16, 2, ' 17). . .. lo ci dl~·o confessare una cosa dì cui certamente mi condannerai, e appunto per questo voglio affi-onrarc il mo giudizio. Avrei pomm tace.re. Oggi ho futro domanda cli esser mandaro in prima linea e nei bombardieri. Il 20 di quc'S ro mc,;c

partirò per SlLsegana ad assolvere un brevissimo corno di bombarde, e poi andrò al fronte, in prima linea. Che vuoi, Emma, il fronte, la prima linea è una cosa che m'ossessiona da mesi; là avrò turò i ,lisagi, sarò frriro, forse troverò la morte, Forse resrerò mutifaro; io ci penso a tutre queste cose, eppure son certo che non resterò deluso nelle 111ie idealità, che a re sembrano esagerate e da bambino. ·r. ricordi? m'l»i fatto tante raccomandazioni, mc le ha furce indirern,mc:nre la mamma mia"; ma pure, Emma, credilo che quando penso che mi sarl dato fìnalmcmc di poteressere ,~cino. vidnis~'imo ai grugni austriaci, quando penso che una mia bombarda ne pOtr'd franrnmare una decina~ credilo, Emma, che non posso pensare né alla rnamma né al papà, né a nC'~uno. Chiamalo ossessione-. chiamalo


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M011u111idell" 111/itdl.gurrra

funatismo quest0 che mi turba; io non so. lo son propenso • credere che sia un po· di egoisn10-- iò sai, son convinco che tutte le azioni dell'uomo sien il prodocm cleU'c..-goismo - di qucll'egoismo che avcv-.1no i primi cristiani di fursi ammazzare per degustare la fclicira di morire per Cris10. lo vorrei che tu potessi es.~re e vivere nel mio nnirn<>per un solo momcmo e Ct')tnpnmdcresd che non nt posso furc a men(>. Vedi, mni gli altri irredenti in questo e in ahri reggimenti) anche di F.uueria~ si son lasciati mandare in banerie antiaeree,

come informatori. ccc. ecc. C«xli ,u che io con le mie idee li critichi, li disprcv.i? No, io gl'iovidio, ~~i lo possono fare, io non ne sono c.1pace. lo non riesco a convincerti. lo so. èhe fàccio ~ne a fur così. a volerrundare incontro 3lla morte. Perdonamelo 3lmcno tu, se un gion10 non potr.ì pèr<lonam1do )3 mia mamma. 11 Così parti verso la morcc. li gio rno 8 giugno 19 17. a Monte Zebio una granara austriaca colpiva in pieno una catasta di bombe nella sua batteria, e nel vulcano di fuoco spariva il secondo dei Filzi: esempio singolare di quella leva sulle leve, che. il miraggio della guerra compiva, trascegliendo gli animi forci e le volontà cenaci.


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1. RilOtn:i fr~qucncc 1\dlc- lene,,: dei CfJn,b:1ueod la nota. ~,n:u':I <sprerunn.· rx-r k corrhpondc-1l?:(' di guer~. Sopr.11uuo ln.ai:priva I :1nld:a1i b fal5i6C'l:t.ionc de-li~ loro psfrol,'Si:a, comt' di 1:,erue chi?' ìn gutrr,. si dh·i.'rtitse e e-i pig.li2.<~ t,ust,,, né pìù n~ mfflo eh~ ad u no sport. Questo p-art"t-a un'òtfts:i .l]fo loro soffcrt'hZC e al loro dolo,t. ~ qu:u.i un ìnvi10 -;1l rimasi! J. dimemicar1L E. conuibui non poco alla fottliùion<' -d tU.t c-.1hi d.i Jisptra-.dcJl\e che si rh>t·lb ndl'-.umanno Jtl ' 17. qu:i.nJI) il Sòfd:uo $:i <'rtdt·tt(' uo d:tru);i,1c, a mortt ( 1:1; find1ITt"rtn·u d.ni(:1 dd p:it.k. Arlchc lt p,.aroJ<' wne .ti $OOn&in<i :i c:iro preu.o! 'lt:1.SCdgo, fr:I le mQ!re, la pro1<:s.ra più s!n1atic:1, quclJa di Cbudio ùùa1Hfo.a, il fig.lio dtlln .scrittore &io:u-do C'.,.alandro, un sol<bto degno dd \ttchlo l'innome: «(23 ottobre' L6). 1... t Quello chi.' (2 \·cr:uncnu.• ,;chiio ~ qudb loro osiin.u<"ZU a "\'Oll'r J.tscrh•crc la gu('rr,,1 comi: cosi poetica. (·:ma di poesia i: di stniimcnto, .anziché Ji (:toguc:, d'orror.: e di $c>ffàtnx.e .in~ud.itc, lo SCUlò un dMg~ii:a<iS$irnc, pitt<>rè falli(ò, nu, ndl'anlr1.1a, wrisr.l <1uA.nt(1 (lU:tlunqu(" g.:tu,t:·1rìtrt, eri -1Uic11ro cht nelb guc-rta n()n ci ho ucw-.110 nulli di «ct~i\•amerut potrìoo: forse percht! lo sono sempre su10 in rrlncea, e l s.ignori rtpqrurs ~ ne 11r.inno ne-i .lontani OSSCl'\'atorii. Dipende <fai punto di ,isr.t. Quando un:i gran.aro scoppia in Hn cimit('tO, 8..nlni dice: ·'che le c,oci ,·inchinano al s.uo passaggio... ma non Jkt che i ea\U,·crl in ,1\·:"Ln2:11iisin\l putrcf:rt.iMc vol~o p,t1 ari:a u. hr.uvddli e .1ppeiu1u> col puno lnro Olc'.1 $'1 quJllfl (hi!orne,ri dì uincu. ()M.'e ra luì, il foror~ noi\ $i u-nriV'.a; dM·'er.'lv:imo noi. non sì pòt~':l respit2t~• (b, mmumi, ,li C/11111/:0 C1kmdr111 Rom.a s. -ll. [m.n l?J8J. p. JO). 2. Scrivevo ciò gi;I primadd nuovo ri:wegHo della lcncr..nura di guttra lnili:uosi cotl'appa.ti1.ionc dd libro dd Rc.nurquc, ), In ques10 )Uldin m':ur~rr/1 :.I principio cli occup:uini di 1mhblic.wionl p~h1n\f', JJCr eVhire- ~nl dh(u~~i()l'tt oon possibili ambbioni lttterJtie-. f:ltò c«eiione ptr le lene~ dt'g.U umili, /4. Mi :l'A':ll&o della collnione di 8. Cm«. e in pane di qudla v-.utisstm:i dt•lb Biblio,cc:1 del Risorgimento dj Rom.i1. mus:& a mi.1 diiposixfone. con squi.si1.1 concsia.. dal probsorM:mo Mcnthini, Jnsi,•m..:col C1ocud il Menghioi .stnl'Ct il biJc,gnh 1.il rh,g,.1.ifoH' qu:anri (ncu\ F.icc1!l I' clc1,co del 1'l(uni per i'l()l'I dimfllt i~r t)U::tlcuoo) ebbero b haor} di fo1mi .&\'C"ré' m:utri:tli (•diti 00 lneJirì, 5. Una 'Y'3stissima raccoh:i di leueu.' inedite si uova nd Musco dd Risortimento di ~Ulano, 1 qu2mo mi comuni<a il consen-alorc proffflor A. Monti. Ma lo nudio di qucnt' lettere non C a.nca,a conscn1im. 6, Un.a rk:ei: ra«-ol1:.a <h len-:rt"Ji tiMtrl Sltldatl la dabhbmo :J donor l..t(>Spirii,.,-, 11 qu.Jt", can""'etn~rc pc'.1Sf.1k :iu·nri.ac:o per le corrl5pond<:nu in ling,,e .-om:rnze, rnuokt i documend più c.2ta.neri~rld d:tl pumo di vin.:1; linguisrko <: cbi quello psicolog.ico nel ,·oluin":. /111/im,wlu Krirt;gefdngr,ibrltfe. .M11terialim -z11,ùut C/J,111Jurril1il: drr vollrstiht1/iehm lt,tltmitdN,, Komsptmrk,rz.. Bonn l92 I. Di quesoa til1ogt, (cht è nelJ:a r:otlezionc dd C!'occ) d oc(upctrmo in i1>p<:ndic;c: [or,. Lrtt(JT di prigionlr-,i lii gu(rr,t italùml !91~·191$, 1.\oU,1.d l{nringhkri, 'forino 2014}. 7, V:'1 1~ un ~em(>io: 1)elli dr:at:) silloge del1<>Spitrr.u, pp. 195 ,gg.. :-.bbfamo 111l:1 sctlc:i <li lem:re di dis.ercori lt:alllni nd C'.1mpo di ·1herc.sicnsmlt: la scefoa essendo .mmi. fim'.l <:b un nemko i fuori de-I so.spetto iti tcndcn?.iMir:. irali:uu.. Eppure null~ di pili insignilicante di qudlc fçUCCC': :.mestano.solo . il più b:m.1lc isrinto di conscrv.nione: nulla hanno<la di1c allo stor~c,. E se- 1>os.~e<lc:$~mò <uni i efori dt•gl'imhosc.at.i, 11(111 ci direbbcto nuU:1, pt:rché- nulb r1ori<arntntc essi hjn C'l'l.'"2tO. Non rnwe,emmo neppute il lirism,, ddb p()lr,onctt'!I, ch,e è !nven2.ionc di dt:.lmnmurghi. S. Cfr. per l'$. il se&uenct p:wo di IJl!st:1>1:no SOLDATI. J.,uh'( ( ri(Qrd1, S:iluno 191?. pp. 12-13: -11(18. Xl. 1?1 ). d2 Piaccm.a) .... Qui nessuno ~;a chc$e>OO \·ofomano. cr1.odono tuttt, 1> quasi tuni, che ho fano domaud-:J; d1 dive.ntattuffid:a!II.' per .Qkmni <lai p(ri(nl<, di portaJc lo uin<>, F.d io mi ,mn g.u:udato stmprt tbllo 1>f11,:mirt ~ilfani gill(liii. ~rchf 1H: :'.1Vrt1i F.mt> n-2.<c,:tt- un ,:hm J>t-stiont: cht io M•u,o un puto e un $t'CCl1<trt'. Mt!'{;lih piu:uè ino.<~er.•ad, che es.~ert' accolti con un risolino di .SCf'tticL'>mo ... Ed E.lia Begcy (/,, mnnttJ•itr dt!l'av,,. Eli11 l:'r11mo B,gry. Torino 1916. pp. 4)-/4+1) S\'olt,"C lo itcsso$cnd111c.n10 con (.1.lorc rd1gio$0: (6 asosco ·1;. alla sordla M::uia). •.. In fondl), alla guc.rrn d si <Jovrc.-bbt- :mdarc c.:om.: ad un rito rn cui tuui pos.«>no 1,.·uerc- chianl;11i aJ t1n &acrificio; ci si <fowebb.e inc.i:at~ «in l':anillu pu~ t Ubth d:i ogni men ç-he nobile pensic,o. Or:1 qut5tO non si rì$ccuur.l ~empn:, t.-d io comprtndo che uomini come Vajn;i ~bbl.2.no poru1<1 scnrirsi soli spiritlulmentc. •Anch·io nel mio modts10 i<k .1fismo e .stndm~nrali~mo mi sento t.tlota un po" i-sobto. E così .sogno cuuo solo gua,d.ando le stelle cadcnri b ser~ e ripc:1tndomi c1uakht bella e<~ çhc io abbia ltu-a e che :i.bbia 1t()\";1l() rispondro·u ndl"t.u·um.1 mia~ Con <1ue5-t(I 11(11, m1 c:rtdo ,,it,rn· pii, <leg:li :tltri e ,Kmo C(>m•ll\l.O che mi d V<m¼ tnalto sforw ptr conserv:'l rt in mel"'IO :1i fi.nuri e'\'e1uu~1i f)C'tkoli l.:t c:tlma-: b i<?reni1?t Jtllo spirito•. Nrl suo &ario qut'.Sro mntiv<1 del putlorc t' ditlb 1olhudinc ipititu.ilt- ritorna ndlt pagine bdlW.lmc dlcgli dedi~ a.d un colltg-.1 mùno .sono una ,...danga. ~ che mi pi.1ct rìprO<lurre ìnu:-t;rnlmtntt: pp, 78~79: .. Rlccvo l'incarico dl ('.t"rcarc l'indiriuo dc-I mio :unito t: vedere a c hi ib più opponun() m~1,d;i1'i: il rri$te :111nuniio. Ci $ÌltnO ~cconi e!he, pur essci,d<>&li :1mici, ignou't.lmo nmo Ji lui. Si .s.che~v:. moltù tN noi; ognuno parl-:tv.& .uiche Jdb ptopda via cosi di s(uggim. m:a erano solo cose cstcrinn_; crim.· sempre un:1 inimh•a ri1rosia :a p..ularc di ciò che ci~ lmima:me-n1e piu oro. Sfoglio fa c-orrispondl.'nu, ma ,ooo Intimidito, Non i)SO penc:11:u in .:1ue.ll.l pkcnl:i ,•i,~ 11;1H:,1.1. L'amico mi .1pp.1.1e .subhò dìvcNo d... qud!o ch e conotc~vo. Lo .up<:vc. buono, meglio. intuho l:i profond.:a bont?t $U:1, m:1 non ~f>t'\'O qu21no ess:i dh•enisse vit:l t Juce per coloro ch·cili :101:.av.1. "fimi gli sc:rive\':lno :a.ffoHuos2men1e: nH1 lt: fr:1si :1nche più semplici ac-qui$.uno dinanU a.11.3 mon~ una suggesuonc e u n-a polenu mh,ur.a. Lu sordla gli scrh•c della madie mafan che pcns.a .il figlfu1'lò; dd nipo1inn (:hl:' <ol'l\irida :a 1,-arl:.m: e- al ritorno <id lmavu alpino gli c:urr..-r.\ i11Wlllro t gli gridcn: •C.fao :tio PèP"· f>t>\'e-to b in\l>ò u1\ahr:a ('Jf:t più {~r.andC' ! :and:.112 i1l-C001M Jl!o iio, e ridl'ombt;t dc:11.1 mcHlt il 1110


tnlbcn,n nqn ~\·~ l'ls-poit:i•. (N B. Notnt:1Cmen,c. dopo un!i ptimà citlt.io1,c d tl IÌfolc> JC'll'(lpcr.,, t'fodl~do,~t ~Mb 1,-agin,1 $I riferirà ~ 1nprc :.H-:i pubbl1C22lone In mcmori:a,n d1t' J d:uc:uno singol:au1'C'nre d rlfotiste). 9. ~ co:u risalt.llva .agli. occhi. dd nem ico <h...,. not:wa la SC'mpliciti Nemenrnn dclfa psicologia dcl grtg:.uio, ~ I.i pa$~Ìont \•h·a dcll'u.ffid.:tlc. cfr. L.. Stn'Zt:11. ltalimiJ(IJt Kriq,,gefl.t11fl"1b,iefr (ii.. p. 212: "J\fit dm 1111,v lr(uhert:lgt11

Clr1rJ~IJl1tX<~kumftrl11mgm d« M,1mmhefi.url11 da, /J(rqif<J,< l'iuh()J drr Oj/i:lrrsb,J~ in. WJ,'<'mulrm CegtnJ11u ~ tÙJ<' b41011111J~ dle ,'m Z111111>1mt1twltthi 1,f11 O~ml:orp1 1md A1amatl111fi 1,1 ftlnJ/Jd,n1 M ,t'I' dtmf1lfr um, Aux/n,dt ltommm muJs. DI(' 71,Jnwmdmmg dtr w1!1t'!lìtd,n1 Oflirlrn limt Jtth 111if ,~mhkdmr Mo,h~ wriJ,kfohrm: trstmr ,mfdt'H Eh,ji.1111 drr dmt G(biklnm <hrr zug,f1rglirlx11 l"lrr11e; at•dtms. dir Anlllmgliduit dt'~ Cth!ldrku111111 l~imiKhf /{u/r,tritltalr: J,.;1mu. ,11,fdìt hol1&e Ku/1ur1rll><r. dtt' ibrt1t1 ~rl:m.11pfir ,lit Jit1lidK Krt,ft t~r/d/11 d.itJa uutmr ,lrr CUIM :.u 1!t'1tddigm•. Lo .Ut':f'Kt ('onc.:rw in due v:'l!o,missirni uffid:ill il:lli:anì, i fr:udli C.iuS<J)pi: ccl tu1;enìo C :irt<>i\e (cfr, Alum101re rl'p,<tt .1 cu.r.1 di L G:abnte, Mil:ant> I!n 9). Eugenio cosi sc,h,e,-.. l.!la .sortlb M:irg.hcrltina 11 I4 maggto 'l7 (p. l 74): ···, es~ hq l';lllt:a calma,~ ptrch é d:a loro li ~ ld:uil la a1dng<1. da loro chC' muo hanno d.:no, che tutto ~.:mo ,lti~r1 a J:à;((' (',é;r un M"minu:ntò .~acro di doY'<11.', scnu il confot10 dcll'intdJigtnu c dèll'a.nim~ (ht- Uguìdi e li t,piri•, Il fr:m:l!o CIU:Stpp,é c~j rih:1tliV'll il IO 2gtut<t del '17 (p. 218): ,jCon gli ufficiai! sono i~r.1bile. fn questi tempi il deve pr~rendcre <ento daU' uffidalt per avere il iiirino di ou cncrt uno dal .soldato cht pure è pth•o di ogni confono 6sk('I e morale e di quella g.r.i,ndc forza che è dar.1 d.111.a cosdcm:a prtds:a della giu.nlùa delle Oru(tC aspìr,,1.lioni». IO. Ciaw!l'r-$io1lt' Vt'rSO il ncn~ko nd $Olda.to iaMun,c\.l '-J~so l'MpC'IIO ddl;1 pmv«.ationc \pav-.11d;i ddle- coiuc:1c fD borg:u.a e OOrg:1m: b picco1:a p:11rf:'l suggttiv.1 i mi'Klt>lti per ba gr.ande- Jocr1. Un uffi cfalt cirn un C-àSO ti1)iCO: .(23 novembre 1?15). t... J ho punico due sol&ui che di non i: e~no t.1sci1i con un piffero ed erano and:.ld fin sono le cnncc:c ntmichc a cantare l<"etnzoncu('. C'Ak ddl'ahro inondo. Si <'.cpiS<C', OC' n:w:quero lù<ibtc t' di none. Pc,ò sono d3 :inlmlr.art qutsli al1,int, 01":'L Il (ft.)(io due- gìom1dthtl'O, p<>i li libtf0·11. C'ft, Il tutmtf' d<"gll olpuu P,mv 8qrft, «I 1tlf'1111{ t 1tof f.,tnp1tg11i di 1,um}rlo r di gk,rlit. Sfnuì t t1u111urlr r'tlffl>br1.fa A. Ftt>$(hi. "forino, p. JO. 11. ~lito :a Capo d'Istria i.I 1~ luglio '9 I cb C. llani:it.1 e d:a Amelia IV3ndic.h, mori~ Mome 7...tbio l'S giugno ' 17. Su di lui é sul fr:ucl lo Fabio. cfr. l'opuscolo J•;1bit' e fau11t1 fìlU. Rimrdi cd appunti di G. n. E (i) padrt dci due- c-.iduci). Rovt.n10 1921.

I!. p. 93. 13. pp. 89·?0. 14. La m.ldrt si uov.i\\l a Kau.tn:iu, J cwt' Upai{rt Jd Fib.i ~ra lnt<'rmno.

1;. pp. ?1 ,92.


II. li cimento della vita

Dinanzi alle coscienze si poneva1,o i problemi suprem i della nazione e degli individui. C inquant'ann i di pace, interroni solo da episodj coloniali, avevano disavvez1.,co da tragiche decisioni, da cui djpendessero insieme le sorri della patria, della famiglia, della vira indjviduale. Bisognava uscire, e come nazione e come persone si ngole, dalla vira episodica e particolare, che svolgendosi giorn o per g iorno lasciava la visione dell'insieme sfocata e nebulosa. Sonava ancora una volra l'ora delle forti risoluzioni e dei cimenti

supremL Una nuova esperienza di vita s1 ini1.iava. Se la picnczz:i e il benessere della lunga pace non erano propit.i a decisioni fulminee, se avevano distratto la vigi lanza della nazione: dal gioco lungo cd assiduo ddlc diplomazie e dalle situazion i europee. d 'altra parre lo spirito della nazione non era neppur logoro da una lunga vigilia, da tensioni esasperate, oscillanti fra temerarietà folli e abbattim.enri scorati. V'era una saldezz., profonda che doveva darci quel più vasto respiro, che ci avrebbe tenuti in piedi sul nemico che si accasciava. V'era una turgescenza di forze riposate, che si manifestava insieme in desideri di novità e di vie ardue, e anche in solida vi rile fermezza . Il mitiga rsi delle forre politiche e di gra n parte del social ismo in più bonarie controversie, il con1piaciuro csan1c di coscienza del cinquantenario dell' unità, la superata impresa libica, creavano, se non un esaltaro

nazionalismo, u na ferma coscienza patria anche, an zi soprattutto, in coloro che erano alieni d alla politica, e che erano destinaci a reggere il più duro sforzo. Non tuui si levavano subito all'ardore di guerra; ma la pacarez1,a spiri tuale era compensata da una fermezza non disposta a retrocedere. loranto, chi aveva vivo il senso della crisi trepidava e dava l'allarme. Avrebbe avuto l'Irali.a la capacità politica di non lasciar decidere le soni d"Europa e del mondo nella sua assenza, d'essere elemento posi rivo e fattivo; avrebbe raggiu nto quella riAcssa o rganica visione di sé e dei propri lini, che costituisce la personalirà dei popoli. Era la prima volta che una decisio ne di raie porcara si poneva alla nazione ancor nuova di quelJe lorce suprc1ne che suggellano i popoli: guerre dei cento anni, guerre d'egemonia, guerre della Rivoluzione e dell'Impero che avevan foggiato la Fra11eia: inn umeri guerre dell'impero marittimo che avevan cosriruiro la saldezza dell'Inghilterra: gu erra dell'indipendenz.1 tedesca, guerre bismarckiane da cu.i


cracva gli auspici l'orgoglio germanico. l.; lta.lia s i sentiva in co nfronto nazione nuova. Qualcu no faccv.a, alquanto m aterialisticamcnrc. i conci delle guerre del Risorgi mento

e rrovava che il sangue versato non era sraco sufficiente. Ferite dell'amor proprio na· z ionale mal rimarginare bruciavano a ncora. Si remeva troppo la torpidezza del paese.

1n questa n.o ta un po' pessim istica i fautori dell 'intervento si crovavano assai meno lontan i di quanto credessero da coloro che diffidavano dal cimentare l'lcalia in cosl ardua prova; e forse il più grande retaggio che la generazione delle trincee lascerà ai nascituri sarà il p iù tranquillo senso della saldez,.a nazionale. «Stare sereni, - scriveva ad alcu.ni bambin i suo i amici uno dei p iù gcneròsi e magnan imi ufficiali degli a lpin i su l punto di partire, - sratc sereni, che io ritornerò un g iorno: avrò forse sofferto turto il male dei nosrri poveri fratelli che vanno al la guerra, ma quelle sofferenze mi avranno farco sentire anche p iit, che il sacrificio nostro (se sarò degno d i parteciparvi anch'io) sarà benedccc<;> e grande, perché facco per il bene vostro. piccini d'oggi e uo1nini e madri di do1nani» O lrre le anime che vivevano in q ueste angosce patrie, v'erano coloro che la guerra affascinava per la sua novità, pcl desiderio di cose nuove, per vivere u na n uova esperienza, per un disfrcnamen to olrre i limiti del la vita d 'ogni giorno. Ma, cosa p iù d i tutto i1nportante in quel turbi nosi giorni avven iva il risveglio del vir bonus, del cirta.. d i110 avvezzo sempre a compiere i suoi doveri, che opera piìr che non parli. Ai primi 1

1

giorni della guerra eu ropea, il 19 agosto 1919, il giudice G iuseppe Garronc scriveva ad w 1 amico da Tripoli: ,,Circola con insistenza la voce di guerra all'Austria. Trovami un posto in un battaglione d.i volontari, quello Suttti in particolare, se si farà: e telegrafami. Tenterò, 11011 ostante le im,n ellse difficoltà, di partire•". La guerra gli pareva cosa ovvia per una con siderazione morale pii, ancora c he politica, pd suo senso della patria. «Cidca d 'essere iraliano, m" d'una Italia dimi nuita nella srima generale, che gli u ni porranno accusare d i rrad ime:nro, gli altri di viltà, di un' Italia che non saprebbe adattarsi che alla parre di Maramaldo, senza scarti che denotino un'esuberanza di vita, mi ripugna e m i rivolta»•. Benedetto Soldati ci descrive con schiettezza il suo interno problema e la ricerca del partito politico meglio rispondente a questo suo sr.ato d 'animo•: Quando scoppiò, nell'agosto del ' 19, il conAirro europeo, io non mi ero mai occupato di poliric.a. Confl'sso che non vidi di colpo h conv<:nienza 1 in cui si veniva a crovare J'lralia. dì inrcrvcnirc comro l'Ausrria: me ne per~uasi via via che gli awcnimenti si svolgevano durante i mesi della nostra neurralità. Ma, subito, ciò che prima non mi a.vcva interessato divenne oggetto pr<"Cipuo dei miei pensieri: il dover dvilc. Nelle lettere che scambiai -con lo zio Mercurino, pi,, pronto di me a prendere posizione decisa per l'inccrvcnto, si può veder<: il rapido crescendo del mio ardore per la guerra. In tutto quel ,cm.po però non scrissi una rig:1 sui giornali, né volli cnrrart nel partito nazionaJisra, verso cui pure dovèvano logicamenre appuntarsi le mie simpatie. Non entrai in qud partito ... per parecchie buone ragioni: mi sapc,:o


J/ ( 11/U'llf(} dt/ld Viftt

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disadatto a furc là propaganda orale con successo; disapprovavo le tr;u,sxdoni a cui per opponunismo il partito era sceso coi ckricaJi nell'anno prcctdenre, al convegno di Mibno, biasimavo apertamente l'csalta2.ionc che il parciro andava facendo della figura di Crispi, il cui programma espansioni.slico, non sorretto da alcuna onesrn

preparazione OCl) nomico .. militarc, mi era parso un colossale errore e nience più . Ri .. cordo I:, mia intima ribellione contro un celebre di$corso dell'on. Fedcn:oni al teatro Vittorio Emanuele, appunto a motivo dell' inf:nuazione crispina dell'oratore. Ma se rifiuravo il mio d iretto concorso di parole, vidi subito il dovere di dare l'opera mia con l'azione, onde accettai con entusiasmo l'i nvito di Corrado Corradino a partecipare al comicaro di preparazione civile, che prcst0 a,ssunse importanza notevole sotto la pr<:Sidenza del comm. Antonio Bianchi.

Nazione e singoli, d ovcvan superare la vita im1nediara per vivere la vira profonda; santifìcare la vita con la prova della morte. Lo sen.tiva l' anima d i )\~an&edi Lanza d i Trabia, incl ine ai pensieri d'incùn a rdigiosità; Come. essendo interessati ad una <:osa. s.i l: portati ad C$agcrarb e a n<m valutarla èsanamentc in rapporto alle ah-re: unico modo di v~dcrla csarca1ncnrc è il mcuersi aJ d i fuori. Così è per la vira in genere: che bisogna divickrscnc co mplct:.tmcmc~ ri...

nu nzi3ndo ai lcg.tmi con essa. Allor.t potrà cominc:ia.rc l:i vita interiore e la cosderw.a del cuno'.

La vita invadeva il regno della morcc per piancarvi i suoi segn i. Era u na nuova fede nell' immortalità, il rinnovarsi, come profondamente osservava. a proposito dei caduri del suo paese. u n gran de storico di Francia. il Loisy. entro l' intima coscienza del d ramma celebrato dalla li turgia cristiana: mors Cr vita

duello conAixcre mir.indo princcps virac moriruus regnat vivus. «M' i1nm agino - scriveva durante l'allenamen to in un corso d i skiacori Giuseppe Garrone- già volante sulla neve, col polverio d'argen to, col volto acceso e col cuore alla gola. alla cesta d' una bella masnada d'alpini. Ci pensi? Senro la gioia di vivere in u na visio ne di 1norce» 6 •

Qutsro vagheggiare un rnomenco la propria vira. e idealmente staccarsene, rinunziando ad ogni «·n tativo di salvc1.za codarda, offrir se stessi in olocausto al proprio ideale patrio, alla coscienza del dovere, all'orgoglio virile dell 'in tima dignità. alle rradi1joni passate, al vanto futuro delle famiglie, è la prim a stazio ne ideale che risalca dalle lenere

di guerra. Le variazioni della crisi del disracco sono infinite, secondo i remperamenci individuali e le particolari cond izioni: han no spesso w, accento commovente, perché rivolte a 1nad1i e a spose che bisogna convincere d ei sacrifici suprem i. «U p iù brutto


mestiere in rempo di gue rra non è quello del combatrcnre. ma q uello della tnadre,,, segnava oel suo diario un eroico caduto' . Nell' insieme que., ti frammenti costituiscono

il più grandioso e commovente ch,rnt d11 dipm·t, che si possa im maginare: di partita ide· ale da ciò che rende cara la vita. Talora, nell'esperienza lerreraria, il sentimenco nuovo s'esprin1e oon le frasi convenzionali dei compiti del liceo: ma nello schema della frase rigicb s'insinua qualcosa di nuovo. Uno scrive alla fidanzata: S<>nO orgoglioso di dare il mio concribuco alla Patria nostra, perché essa affermi col sacrilìzio dçi suoi figli la $Ua grande-aa al cospetto dd mondo incero. E alla madre

Quel che ho fiuto è una cosa semplice, e doverosa.; non è eroismo, ~ dovere, c. nic.n r' altro che dovere, il cui adempi memo i: però sempre una grande soddisfuzionc•. Del resro , la forma scolastica è un indizio. La scuola per quasi tutti era stara la vesrale che aveva tenuti accesi sogn i ed a.spirazioni eroiche coi ricordi del pa.ssato•. «È la guerra che sognammo da funciul.li - confessa uno d'e.$Si - quando nei primi libri ci appresero a odiare l'cscrciro auscriaco)l)n>.

Si risvegliano poi le cradizioni d i fam iglia. Uno ricorda il bisav<>lo patriota del Cilento, fuci lato nel 1828 dal Del Carretto" ; un altro, il nonno deputato alla Co· stituente romana del ' 49" ; Gualtiero Casrcll ini va ricercando nel Trentino i ricordi del nonno N icosrraro, cad uro nella campagna garibaldina del '66 "; il vanto della proprìa famiglia che nel '48, fatto lln ico in Napoli, diede quatrro fratelli volontari nell'esercito d, Guglielmo Pepe, è un comandamento religioso per le anime eco iche dei frarelli Capocci. E Arturo Capocci cosl scriveva al frarello Teodoro, dopo che qucsri nei cornbarri mc nti d el novembre • 1S a Oslavia s'era rivdaco valo rosissimo fra i valo(osi granarieri:

(Torino. 8 dic. ' l5). Pare che tra i nosrrl amici e parenti abbia fotto grande ìmpres· sione la tua brillante condotta: tu ne sarai sul serio fiero. Capisco come, non ostante le pt.rdirc sofferte'.' e rorrore dei ru:oi feriti e dei tuoi morti, tu possa ora chiamare cara la tua quorn 188. ·r, ha aperra la via alla gloria. Ora~ anche per te il ca.<o di d ire, come Virrorio fmbriani dei nostri quauro C'lpocci di due generazioni fà: «se non è morro, non è stata sua la colpa». Cosl hai, assecondato dalla rua forruna, s,•oho brillantemente il tuo compito d i soldato alla nosrra guerra. C i sarebbe naturalrntntc da augurarsi che prove cosi 1erribili non si ripetano ancor ohrc per te: speriamo che sia veramente così. E n1 stai veramente bene/ Il 1erribilc spettacolo e il pericoloso pro,agonismo, dirò cosi, delle giornate del 20-21 ecc. 11011 hanno avuto alcuna im· pressione .sui tuoi nervi? Cerramentc l'atrnosfora lieta e calma del vittorioso du· ora respiri insieme agli altri tuoi eroi ti avrà rinfrancato: il ricordo dtllc emozioni avute ri sembrerà <>ra sublime, la medaglia che avrai accrescerà l'onore ddla n<>stra làmiglia. Hai tu pensato a tuo padre, a tua maJ rc, alle tue sordlc, al ruo Anuro, che anelava di ves,ir come re la divisa del soldaro> C he gioia, che soddisfazione l"'" runi! Bravo!


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Cosi dal campo della quicm vit'J della famiglia e dcUlo srudio sci gloriosamcncc passaro nel camp,o degli crùi e noi tutti sian10 ben lieti c.hc tu potrai un giorno raccontare le rue imprcssioni 1

.. .

Un altro giovane rievoca alla madre vedova l'i ,nmagine del padre nella divisa di bersagliere di Porta Pia: (15 maggio ' l 7). Comemporaneamcnrc alla presence ti spedisco la medaglia d i bronzo che ortenni pel combarri1nenro del l 2 marLO scorso. Come vedi. s~o dive.n-rnndo un eroe, pe(ché in pnco tempo ho 3vuco un encomio solenne cd una medaglia al valore ... 'lù. mamma mia, non ti dcvi preoccup:arc di me, perché in qu:urro a1111i di guerra - cm Libia e qui - sono diventato impassibi le a tuui i pericoli, e mi sembra d'essere diventato invulnerabile come il grande Achille.,, Sovente mi appare in visione mio pà(lrc. nella sua (livisa dì bersaglie(c alla pr~a di Porta Pia, e mi senro orgoglioso d i poterlo emul31c" . Pa,ve che la morte udisse la sfida ten1eraria: serre giorni dopo l'audace cadeva! Quesra educazione nei ricordi e negli ulrimi echi dd Risorginic,uo spiega un altro aspcrro, che esaininercmo in seguito, di questi documenti: lo sforzo continuo a suggellare una guerra di spidti radical menrc diversi. dei morivi dd la gentilezza u manitaria dell'crà di Maz,Jn i e di Garibaldi: a volerla concepire come l'ukima guerra d'indipendenza. O mc• glio, si voleva, in sostanza, che lo spirito della nazione garibald ina rinruzzassc l'orgoglio della Germania d i Guglielmo IL ' falora ci si imbatte in milit31i di carriera. che considerano la guerra come un vecchio impegno che scade. U n1aggiore Leone Bucci fa gli addii ai suoi come un 1101110 conscio del suo destino; è una situazio ne su cui ha meditato, w, evento che non deve dare la uepidazionc dell'imprevisto a un saldo cuore d i soldato: (Modena, 20 maggio' I5). A ,empo e luogo il dovere mi chiamerà. in prima linea cd io sarò fiero ed orgoglioso d' immolarmi sul sacro altare della Patria. Avrei inten zione di fur domanda di rientrare subito al Reggi nnento, ma, fedele al principio di seguir(· la mia sone, aspcncerò il mio turno. State allegri e contenti e non pensate a mt. l¼trc proprio conto che io non d sia e. qualunque cosa dovesse succedere, sappia .. ccvi ra.~~cgnace alla volond di Dio. comi: si rassl'gna. ogni buon italiano in questi sacri momcnci in tu.i la Patria chiama a raccolta i suoi figli per la causa nazionale... Non v'impressionino le mi<: parole, io sono calmo e sereno ficlcntc nella son.e qualunque . ., essa sta . Sugli s,essi prcsupposd d 'erica mili tare il diciannovenne Severino Giannelli. allievo de.ll'Accademia militare di Torino, impianra una rigorosa dimosrrazione a i suoi geni,ori della necessità che lo costringerà a chiedere, appena nominato sorrorencnte, di partire per la fronte. Nella serrata argomentazione egli è inconsciamente crudele verso quei poveri gen irori. La volonrà del giovineuo non è disposta a piegare.


(1orino, 19 maggio ' I 5). Comprenderete bcnissùno che, se sarò promosso son·orenenre, è mio dovere chiedere d anclarc al frontl\ e non COnttntarmì cli fare iscruzioni ali~ reduce in un mOmèntO come questo. C iò pèr due ragioni principalissi• me: primo perché noi dfouivi abbiamo maggiori doveri di un povero ufficiale di complemento, padre di famiglia; secondo perch~, per parere concorde di runi gli uffici3li superiori. molro piò f-arc,rno noi . .sebbene non pr:Hici e con poca cc.oria, m:1 volenterosi e desiderosi di farci onore, che un ingegnere richia.m ata in servizio ... E poi capirerc che la guerra non viene t ut·ti i gion,i, e d1c non pr<,sennu·si al momento buono, significa esser vigliacchi. .. All'ufficiale è necessaria una cosa sola: un po' di sangue freddo e molto buon senso•7• 1

Questa logica, crudele pci cuori dei padri e delle madri, imperversava in quei giorni nelle migliori famiglie. I genicori vede,'3n dedurre dai presupposti stessi dell'educazione imparrim la conseguenza terribile dell' offerta. Così nella famiglia Maiori no di Campobasso. Tre sono i figli chiamati alle armi. Uno di essi. Roberro, di gracile costirmione, viene assegnato ai servici di sanità. Rifìura dinanzi al consiglio di leva, e si fa assegnare alla fanceria. Un altro, Manlio, me1nore dell'impegno d'onore assunro sostenendo l'in-

s

tervento italiano, chiamar,o alle armi, non acq ueta. Vuol partire subito, non vuole attendere che si apra il corso di Modena per gli allievi ufficiali; da Reggio Calabria scriveva al padre:

(9 agosto '15) ... Né sarei in alcw1 modo capace di resistere a Reggio fino al 1 Ottobre cùl pcnsiéro dj srarmc.ne chi sa per quanti mesi ancora lontano dai c.ampi di banaglia, mentre migliaia e migliaia di frardli sran no gi:\ da parecchi me.si a compiere l'opera grande, l'opera bella in difrsa della libertà e del diritto cd a versare il loro sangue pér la liberazione degli oppressi &ardii nostri, ptr la grandc-aa e la gloria d'Italia. Ormai non esiste che un solo pensiero: J'Jcalia: ormai non bramo aluo che pomire il mio fucile sulla linea dd fuoco. La patria ha bisogno di runi i suoi figli in quest'ora sublime, e sarebbe davvero un'infami:i il rifiutare il concorso della propria persona, specie quando si è stati accrniti as.<errori della guerra santa di liberazione".

Non conrencato subito, arriva ufficiale al fronte alcuni mesi dopo. Non passano molti giorni che è colpito a morie a Sanca Maria di Tolmino. Sulle stesse alture, in visra del cimitero dove riposava Manlio. nel marlo del ' 16 cadeva anche il fratello Roberto, sulle cui lecrere torneremo in seguito. Il cerio fratello. ufficiale del genio, feriro gravemcnrc, viene allontanato dal fronte, ma dopo Caporerro ch iede di tornarvi, e rimane sulla linea del fuoco sino all'armisr,zio. Un altro giovinetto, Pieri no Castagna. u n buon ragazzo, che nelle sue lettere parla dei suo i superiori militari col sommesso rispetto del bravo scolaro per i maestri, sente con orgoglio che la guerra viene a lui: alla sua vira, che è agli in izi, si chiede una magnanima prova; anch' egli porrà spiegare la capacità di farci _g randi. E .scrive a lla madre:


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(3 gennaio '16). La guerra viene sempre più a ,ne, il giorno della prova è vici no: per l'Italia nostra tutto si deve soffrire. runo sopport'are. lo mi chian10 liceo di prcn.. der pane a c.1 ue:scc azioni cùmroffcnshrè c.·hc dovranno respi nger<: dtfinirivamente gli aborriti nc1nici dalla nosrra bella rerra 1, .

E scandisce le grand.i parole nella dedìca d'un ritratto alla povera madre: Alla cara mam ma mia, che mi ha daro un cuon: pérché clall'afferco saoro per le persone e le cose, che il ,erro natio gclosamcnce cu srodisce, tragga un nuovo alfcno

per la grande famiglia d'Italia e non perché mi seri nga in i vano egoismo che imputridisce le pareti domestiche: offro questo l'icordo, mentre 1\lli preparo ad offrire alla Mad_rc Patri3 le mie cnc1·gic, la mia fede, il mio entusiasmo. Pierino'°. Lo stesso sentimento ribadiva ai suoi Amerigo Rotell ini, che inviato, subito dopo la nomina ad ufficiale, in Libia, ed impedico là, dall e disposizioni vigenti, di chieder di partire per il fronte italiano, per due anni. come preso da una ossessione, continuò a supplicar suo padre e sua madre perché gli schiudessero la via fatale. Scriveva aj suoi:

(2 •prilc ' 16) Dal VDllrtJ punto di visr:1 le prcocc1tpazioni saranno giuste: però, pcrmcncremi di dirlo, non mi sembra.no opportune. Fanno nascere un sospetto terribile

che in ceni ca.~i la famiglia possa divenire un ostacolo rren,endo al con,pin,emo di qualcosa che sconvolga la tranquill ità ordinaria ddl'esistcn1.a in omaggio ad un do-

vere superiore, a ,matto superiore. Domani pottébbc divenire nccess:irio di prendete un atttggiamento deciso conrro la maggioran1..a, esser biasimatlt condannati, messi

da pane dell'opinione pubblica - e allora> . .. Nella vita di tutti i giorni ci possono essere pericoli più gravi di quelli che ci sono in una guerra; p0ssono essere necessari una maggiore fierc..-1.2..-i e un coraggio maggiore per c hi vuoJ essere devoto al 1uo dove .. re, che non è il dovere degli a.Ieri, alla su.a esisrenza: che può es.sere diversa e conrrari.a

a quella degli altri. E ripeteva al padre: (24 giugno '16). Non ti preoccupare delle preoccupazioni eccessive della m:unn,a; pensa che, se la mamma dovesse = re compiul'amente soddisfutta, io dovrei portare con me pet tutta la vita il fudcllo del dmorso e ddl'angos:cia d'una grande ora non vissuta". La volontà magnanima acquisra un pathos di santità nell'animo del volontario alpino Elfa Ernesto Begcy. Egl i era crc:sciuro in una fum igl ia piissima, che aveva parreciparo al movimento di risveglio cl'isriano del Towianski" . li carcolicismo in lui si leva a un tono d'interiorità quasi protestante, a una cerca latitudine dogmarica"J e s'intensifica in

vita morale. Di fam iglia oriunda francese, marico di una francese, egli sentiva di dover combattere per due patrie. Prima ancora dell'intervento si arruola volontario degli alpini. Per un curioso equivoco, il decreto di mobilirazione lo richiama dal barraglione mobilitato


al dep9Siro. Il suo sentimento è di diffiden'l.3 per il no n desideraro né rich iesto rinvio della prova: (S luglio '15, alla sorella Maria). Penso che questo aumenterà la ix·na di papà il giorno in cui io parrirò; ma la mia risoluzione è sempre uguale e ben fe,ma. Rimanendo qui in questi luoghi di calma e prolungandosi la guerra, cade certo un poco di quel senso di cédrazionc che spingenti p.rim.i giorni all'azione. Ci si abitua a1 benessere e aJla sicure,:ia e diviene più duro il distacco dalle persone e dalle cose che ci sono care. Ma appunco per questo bisogna mantcncrs·i fermi in qu.1nro si era seruiro c~cre il nosrro dove.re. l\~i pare che se venissi meno per qualsiasi considerazione a quanro ho scnrìro essere mio dovere di fure, scemtrc.bbe in mc la stirna verso me src-.s.,ro1-•.

Nella fo17.a che lo anima egli scorge l'ausilio de.Ile preghiere paterne che su d.i lui ricadono come una grazia: Clìrano. 24 luglio ' I 5). Caro papà, io ti sono tamo grato dell'aiuto che tu dai a noi, ruoi figli, d inanzl a Dio, t d cs.w si riverserà ndranima nostra, indirizzandoci .nelle nosrre determinazioni ed illuminane.hl il nosno cam mino. Scn1..,1 dubbio, cu avrai scnciro che quanro io oggi cerco f.1i fare per la parria nostra non è in fondo che

uno sforzo dell'anima mia verso qualcosa di più alto e di più utile di quanto porevo compiere nell~1 mia abituale vica c.1uotidiana .. . 11 • l:offerra è la resrimonianza che i figli possono rendere all'educazione parerna: (14 sertembrc ' I 5, al padre). l\1a noi a nostra volta reclamiamo l'onore di poterti mostrare che tuno l'amore da re posro nella nostra educazione non è st-ato. spero. completamente vano, e che nùi sappiam.o fare sacrifido di qualunque: nostra cosa per sostener un'idea nuova~".

Non manca al Bcgcy il morso straziante di ciò che offre; soffre dell'angoscia dico· loro ch'egli lascia; ma nella speran7.a ha un sorriso olrre lo spasimo, una consolazione sop1-aumana. Pensando alla moglie·, confida alle pagine del suo diario il suo dolore e la sua speranza; (24 mano ' 16, diario). &l io vorrei gridare 1uno il grande immenso sacrificio che io compirei sé dove$si morire; non lo rimpiangerci>no! ho voluto csst·rt qui e, se non ci fossi, verrei a genarmi nella 1ona l)Cr dare maggiore valore morale alla n'lia vita. Ma non per questo scnco meno che, se dove.$$.i lasciard sol~ il mio cuore sarebbe. nell'ultimo

istante, pieno d'a.ngoscia. Quand'-cro sul lorrione il 20 scC1cmbl'e, e le gran,11e austri3chc parev;i si dovessero accanire a scoppiarrni vicino. non so bene che cosa provassi. Pcn,-.vo con timore alla fataiitit. che pareva volesse rar coincidere la data dd mio matrimonio con quella della rnia morrc. Non avevo paurn; 110. Solo avevo pronunciato in quel momento la frase t:i ln n'l:inus ruas, Domine. <.:Ommcndo spiritum mcum». .In quei momcnd anche l'anima i:nia non era murata.

Ho sempre avuiola fede. Fede in Dio, fede ncll'immortalirà, fede nell'unione etCr• na delle animt. E ,aie rimase il mio pensiero in quell'istante in cui non crcde,~o più di


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sfuggire alla morrc. Ma mi rimaneva l'angoscia per quelli che sopravvivevano, per re, piccola moglie ... per mio padre, che avrebbe sentito di colpo crollare la forta mirabile che lo sorregge nd continuo lavoro per conscrv.are l'uflicio al figliuolo ed avr<:bbe aggiunto un.a nuova inestinguibile.'.' pena alle mQltc che lo hanno ptovatO nella sua :.t.rdua vira. e poi luni ... Ma io vorrei,,, piccola moglie, che, nello sre:sso tempo che io grido conrro il dest'ino che mi scrappassc a cc, m sapessi che io avrei pure una calm:l e una fiducia cieca in quello che ci attende. lo ,i direi solamcrnc •aspc1ra, piccola moglie. io vado aJdi la e ti acrcndo. e quando tu verrai. ci verrò ineon ero e muteremo

le lacrime nella gioia eterna• . Mi ricordo di una fr:15c di Claudd che mi son ktta tante volte ln quel bizzarro libro che è lft1111011te /dite IÌ. Mnrie: ti Pour moi j'cn ai fini; cr jc passe ourrc. Ois, qu'csr-cc qu'un jour loin dc ,noi? Bicnròt il sera pa;sé. Et alors, <1uan<l et séra ton rour èt que tu verras la grande porte rcrnucr et craqucr, c'<.-st moi dc l'autrc còré qui suis après»1 ' .

La crisi si risolveva in una preghiera, nel rich iedere la grazia d'esser pari al suo dovere. li 9 aprile 'I 6, avviandosi, dopo una breve licenza, al suo destino, scriveva

alla moglie: Io rirorno al mio posto con una gr.tnde serenità e qu3(unque cosa u,rà di mc, ri assicuro che mai avrò un pensiero di sfuggire, sia pure in minirna p:1tce, 3( comple10 adempimento del mio dovere verso la patria. Stamane, arrivalo a Milano sono entrato qualche minuto nel grande Duomo, e l'unica preghiera che ho formulato stara quella che sempre ho ripetuto dall'inizio della guerra; cioè: che Dio mi aiuti ad essere lonra.110 da qualsiasi fonna di ,•iltà. Se tu sapessi quale profondo e reale desiderio io abbia di essere in quc,,'ta guerra sempre pronto a quaJunquc sacrificio. in qualunque momL'nto (•sso mi v<:nga richicstoP-•. La sua preghiera fu ascolrara. li 29 aprile ' 16, connba1tendo alla resta dei suoi skiatori sulle nevi dell'Adamello, fu pi,, volte feriro: rifiutò di lasciare il combanimenro, finché

una raffica di mirragliatricc lo colpl in pieno. Morì al posro di medicazione, rra la sua angoscia e la sua salda spera nza. Altri viveva la sua vocazione di guerra più semplicemente, pica ingenuamente. Pietro Boria, che poi fu w1 valorosissimo ufficiale degli alpini, in una sua lercera descrive con commozione la partenza di un gruppo di suoi compagni di corso per la guerra: il tardare lo mordeva co1ne la coscienza d'una vilrà: Scarnane sono parrìd per Aprica, nc.l'lfentino, venci dei miei compagni, cùsicché il mio plo1one è molro diminuito di numero. lo ho ascoltato il vostro consiglio, e, non senza qualche rincrescimento, son rimasto ad attc1,dcrc il rnio turno. Ah. miei cari.

ho assistito ad una scena indimenticabile! Il ricordo di essa non mi passerà più dalla m,·ntc. Abbiamo offuno ai parttnti un piccolo pranzetto d'addio: poi si cra pensato di F.tre un po' di festa: ma non ci fu p<>ssibilé, l'allegria non era sentita, il riso non sgorgava sincero ... E li abbiamo ac-compagnati alla stazione, affardellati, carichi dello zaino, con le- c.ircuctc da guerra_. co1 fucile e la baionetta lucidis.~ima: qui nes.suno ha potuto


mettere freno alb commozione, e. piangendo. abbiamo abbracciati que.i C-dri compagni, che, come disic il capitano, ci pree<xlono d i poco a rencrc aire le sorti sul campo per la p iù fulgida gloria d'lralia. Un ul,imo addio e ci siamo sbandari, chi da una parte chi dall'àltra, quasi vergognosi di noi stessi. Ci pareva d'cssere se;ui vili separandoci da coloro che già da più di un mese d ividev-ano con noi le nosrre gioie e le nosrrc F..niche: ciascuno invidiava lo 1.aino infioraro, il berretto ricoperto dalla bandiera tricolore, iI viso raggiance. aUegro ..."'. Nello Fineschi, a l padre che l'esortava a scansare i più gravi pericoli, rispondeva pacararnente: Bisogna seguire la sorte; sarà quel che sarà. Del rcst0, non siam() qui per esporre la vita? Almeno potrò dire d'aver compiuto in tutto scrupolosamente il mio dovere. E, prima di lanciarsi all'assalto, salurava il padre e invocava, nell'ora del supremo cimento, la madre ,nona: (12 marzo ' J6). C',.arissimo papà mio! T i Stsrivo quesrn sera. Domani mattina dovrò av:l.lu..·uc per la conquista di una posizione che mi sta di fmnrc. Che b povera mamma mia mi a,;.,~ista per adempiere nmo il mìo dovere. Bacioni a te, aHc .sorelle, a n in i"".

Fiero e sdegnoso, il capitano Alberto Franci, a mmalato, ri fìurava di sottrarsi al pericolo, e scriveva alla madre: Il solo pensiero che altri possa credere che io cerchi di sonrarrni ai rischi della prima linèa mi fu salire le vampé alla faccia. Sarò un idcalisçi e magari, se vuoi, un illuso, ma io ritengo sia dovere imprescindibile di ogni cittadino in quc.sto momcnrù, di offrire mrci noi st<.'ssi al trionfo complcro della causa per cui si combatte. Prùficrare e sfrurc.·ue il dcperirncnco organico per sonrarsi completamcnrc a qutsto compiro. io lo rircngo

vile. E del resto ci sono i medici i qua.li debbono giudicare fino a quando uno può rimanere in linea. Ma che io possa rivolgermi ad uno di loro a chiedere ... vclaramentc l'imboscamcnco, questo non lo furò mai. Preferisco schiatt:a rc sul posto prima di compiere un arco simile. Purtroppo la guerra ha messo in cviden•,.a la vigliaccheria, l'cgois,no, la pusillanimità di tanta gente; s'è pur troppo visto eSércirare su vasta scala la speculazione del cosi detto imbosc-.imento. Non credo, anzi son ben sicuro, che non avrei la tua approvazione qualora :mch'io m'impantanassi in qucl fango. Nell'agonia della spaventosa preparazione d'artiglieria, che p recedenc la bacraglia dell'ottobre ' I6 in cui doveva cadere, scriveva alla madre, e al pensiero ddla madre chiedeva il confrirro cd il coraggio: (1 O ottobre •I6, ore 12). Mantma c.~rissima, pochi minuti prirn:, d'andar all'assal-

to c'invio il mio pensiero affctruosissimo e il mio saluto. Un fuoco infernale d'artìglièria e di bombarde sconvolge nd momento che ti scrivo tutto il terreno intorno a noi. Jn tanti mesi di guerra non avevo mai visto t'Jnta rovina. È t<'rribilét sembra che turco debba èsScre inghionico da unl immensa fornace. EppUie col ruo aiuto, coll'aiu.. rodi D io, da re fervidamcnrc prcgam} il mio animo è sereno. Farò tl mio dovere fino


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ali' ultimo momento, come del resto ho la coscienza e la soddisfazione di aver sempre funo. Auguro alla mia patria ogni bene e ogni forruna. Prima di lanciarmi avanti alla resta della mia compagnia, bacio le vostre sacre imn1agini, le ultim·c lettere eh(: mi hai scrine, la medagliena d'oro che ho riposro nel ponrafogli, umi cuui i nioi ricordi ... Sento che non mi succederà nulla di grJve. Jddio mi aiula e risparmierà a te il pili gran dolore. Vì bacio e vi abbr:1ccio curri con immenso 3ffcno' 1•

Lo sresso motivo si vela invece di w,a calma lieve111enre e volurame,ne aparica e d'una dolcc.:n..a rassegnata in Eugenio Stanislao Grotra nclli De' Sa nri, caduco nei primi rnesi della guerra . Un &ammenro d; una sua lerrcra ce lo descrive vivacemenre: L~ mia serenità ed indillèrcn1.a sono proverbiali, e mi dicono socratico (che Dio mi tenga lontana la cicuta). Effertivamcnre, i11dilferentc lo sono abbasranza; la curiosità ~ uno sforzo, e quj bisogna conservare la propria energia. Quando i soldati mi chiedono: •È vero quc:sro? è vero quello?, (qui le voci più invc'.:rosimili trovano c rcdiro}) io) a m<.'no che: non si uacti <lJ notizie più che ufficiali) rispondo invariabilmcnre: . Chi ha detto quesrc scioccht"lze? Aspettate a crederci quando ve lo dirò io•. E siccome non do mai noriz.ic, non sbaglio maiF.

Per due volrc era usciro dalla trincea. l.a seconda, mandaro di pattuglia in pieno giorno, si trovò preso tra i fuochi incrodati delle due lince. Dovcrrc trascorrere lu nghe ore d'arresa, burrato giù d ica-o un sasso fra i cadaveri purrescenri nella zona incerdcrca, finché. col favor della norre, rientrò nella trincea italiana. Aveva il presentimento che la rerza uscira gli sarcb be stara farale (ché ormai. dopo breve esperienza, nei terribili combanimcnci del 1915 si formava nei più la coscienza di vira consumata). li pensiero della morte non era per lui né angoscioso né esalraco. Era un vaghcgghuucnw lievemente ma.linconico, specialmenre per il pensiero di chi sopravviveva, d' una vira non priva dei pregi intrinseci che la fun buona dei pregi d'opcre compiure che ne fan caro il ricordo. In questa pacata ccmperic, gl'idt'31i patrii e d'universale giustizia acquistano una spiriniale purità: si levano flitidi e serenj su dall'olocausto oftèrto e accenato. Cara mamma, ti scrivo mentre sj attende. rordiJ1c <l'avanzare. Data la posizione dd nemico, c'è qualche probabilità di rimanerci e voglio. se io non dovessi rornare. lasciarti un'ultima parola d'addio. Poco ho da dirti, se non che mi piace, avanci di morire, rrauencrm i ::tnc()ra con

re, ringraziandoti dcll'affo:Lione che hai avmo per me, dell'educazione che mi hai data, da lb quale nei momemi difficili della mia ,,it:1 ho rrano quel senso del dovere sufficiente a mantenermi onesto. l'orse è anc:ora a quella che io devo oggi la tranquillità di spiriro con la.quale penso all'eventualità della fine. Non desidero la morte, ed è naturale. Mi dispiacerebbe essere all' ultimo giorno non solo per mc. ma per le mie sorelle e frarelli e parenti e turre le persone che mj hanno voluro bene. Non affliggetevi troppo della mia morte, pensate che, se mai, mi coglierà nel punro (il solo forse della mia vi1a) nel quale, abbandonato ogni pensiero di rdicità personale, mi sacrifico per w1'idc,1 al truis tica.


Pensa1c che può giovare alla causa del nostro paese e dell'Europa inticm, e che. se non muoio sen1.a rimpianto, mi consola in parre il pe.nsicro che la.sce... rò a.i i:nici cari

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buona memoria di me. Alle mie sordle non occorre che ripera

quamo loro l)o voluto bene: non vorrei che la mia morre fosse per loro un dolore croppo grande: sono così giovani che non <levono fermar~ii davanti a una romba. Rlcordami ... e chiedi loro ii> mio nome di darri tutrc quelle consolazioni che potranno'°. Alrm rempm è quella di Guido Ruggiero di Rodi Garganico. La guerra eper lui b. sublimazione del là sua dignit'~ d'uomo. Egli ha la.çciato a = i la moglie e il figlio di due anni. Già una vòlra, nella pi nera di Monfulconc, è rimas10 gravcmcme ferito. Ma non vuole, non può staccarsi dalla gucrm. Ogni tentativo codardo gli distruggerebbe il valore della vita, la poesia dell'amore. l'orgoglio della paternità. I.:eterno motivo di Ettore ed Andromaca rifiorisce in Val d'Isonzo; ma senza tristezz.1, con un'altezza lirica direi quasi ibseniana, se ogni reminisce1\7.a letteraria non facesse torco alla sincerità morale del valoroso. Nessw,a scissur.i inte.riorc. nessw, rimpianto. Anche la fiuniglia deve elevarsi a questa verta. perché solo nella con,unionc dei duri doveri, dei sru,ci esempi, dei puri orgogli egli sente I' ru1hna della litn,ìglia. Alla fine dell'autunno del ' I 5, quando la guerra s'era rivelata spavcnrosamenre dura e spicrara, scriveva alla mogi ic: (15 novembre' 15). [a ricever 13 posta] ... m'è sembmro di rrov,u-mi con te, presso

l'adorato Fefi. di rivederlo. come ru scrivi, ingrossaro e ben pa.<ciuro. sl da rassomigliare ad un pallottolone. Caro il mio Fcfl: che Iddio mc lo guardi. e che mi conceda di rivederlo e di farlo tro11crellairc sulle ginocd1ia e di cullarlo tra le braccia, come nti fugacissimi giorni ch'ebbi la gioia di averlo accanto a mc. Ho fiducia d'e,>scrc CS;tudiro ncl mio a.rdcnrissimo votot pur senza disert1re il nliO posro

è

compiendo

fino all'ultimo il mio dovere. Egli ne sarà un giorno orgoglioso e l'opera mia gli sarà d'ammaestramento. È questa la suprema ll'1ia aspirazione. Èlia_: cduCJ:re la mia, la- noscra crearura. Farne un uomo compiuramente oncs,o, e non sol.-anco che sia rispetroso dei beni ahrui: un uomo in cui la dignità non sia offuscata da alcuna debolezza. Perciò mi sentirei rimordere la coscienza se mi adoperassi per conseguire. in quc.1ro momento, quello a cui tu accenni nelle tue lcttcrt. Lascia che altri cerchino le vie di scampo. i nascon-

digli . i paraventi: io non li invidio. li compiango. Sono mezze figure che per la loro viltà devono msscgnarsi alla penombra, sono omuncoli seni.a spina dorsale né dirirrura morale; che hanno la nozione dd l'u,ile e ignorano quella del dovere. Che vale vivtre se si deve rinunziare a portare la re.~·ta alra fra la folla e la cosckn1.a a.Jce:ra nd proprio intimo? 11 canivo esempio degli alrri, la comune corsa alla salve,.:,:,, accresce

il merito di quelli che ferma men ce tengono il loro pos,o senza eremiti codardi, se,w.a renrcnnamenri. irraggiata la fronte dalla vivida luce del sacrificio••. Pel combarrimento di J\4onfulcone riceve una medaglia al valore: ideai mente egli la divide, come pane spirituale, con la sua fan,iglia: (23 mar,o ' 16). È una modcs.ta medaglia di bronz<> ... ma la moriv:11.ionc non è modesta: è raie invece che furà ceno inorgoglire il nostro Féft quando avrà raggiumo


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27

l'età della ragione ... Questa ,era ho sentito rivivermi nella memoria e nel cuore l'epica bellezza di quell'alba sanguinosa sulle colline d i Monfalcone, e pensando a ,e e a Fefì, ai compagni J'armC', ai prodi caduti, ho provaro un intenerimenro indicibile. Son conrcrno di me perché vedo adempiuta. la più :i1tcra ed alta a.çpirazionc delb mfa vira, qud la cioè di acquistarmi meritò e stima con l'opera mia e di essere d'esempio col perfezionamento e rniglioramenro cli me stesso alb rnia crearura, che voglio cdu·

care ad alci idc:ùi di onestà, di bontà, di renitudinc " . Dopo la licenza invernale, ritorna in linea, ma non lo rurbano le malincon ie e le nostalgie. Nella famiglia s'è es.~ltato il suo amore, che è tutt'tu,o col suo ardore eroico: (1O apri le' I 6). T'amo e s<mo clrgoglioso di te, dei tuoi buoni sentimenti, della tua indfubilc bontà. Son lieto che tu abbia saputo conquistare l'affetto di mamma mia, dei miei, e t'amo di più anche per questo. Sono folice che u, mi abbia dato uJla creatura adorabile come FeA. e t'amo anche per qucsro.,, Vivo felice anche qui ; o per lo meno sereno e fiducioso dd domani, perché penso che le merit0ric privazioni di quest'anno di guerra, p<>niamo di un altro ancorat mi saranno ricompensare t.iaHa felicità delrinrera vira. Penso a te e a Fefi. e invc·c c d i turbarmi, invece di sene.i re scossa la coscicn1.a dagli ~tspri d overi a cuj adempio ,e a cui dovrò adempiere chi sa per quanco tempo ancora lonr:mo da re, rni rassereno. Penso a re e :t ficfl.i e mi scnro con

voi, perché io qui do l'opera mi:> modesta ma dcvora. non solo alla par,ia, ma anche alh fu.miglia, aUa nuova famiglia di cui mi 1>are d'innalzare il decoro con l'opera che vale e non con le chiacchiere vane••, Nell'approssima rsi della Pasqua , la primavera cenrava di rifiorire fra le opposte trincee, nelle rosse buche scavare dalle granate, su dagli alberi mutilari. La primavera in guerra porca va coi ~uoi profumi acuto, pw1genre il senso e il ricordo di giorni sereni, di gioie respirare nell'aria". Non cosl pel Ruggiero. Al canto d'uno di quegli usignoli che in Val d' Isonzo dtòndc,si no la loro poesia anche fra il rombar dei can noni e il crepitar delle mit:ragliatrki, anche fa nima sua si leva liricamen rc in alto, ncWainor suo; una

primavera gli fiorisce ndl'inrimo, pur fra gli orrori della guerra: (20 aprile 'J 6), Norri lunari pri mavcrili indimenticabili, Ieri ho cominciato a ripo-

s.1re alle cinque e mezza dd matti,10: ho perduto l'ultima me-dora a godermi il t-amo d'un usignuolo venuto a cant:armi, pres.~o la mia ba.racca. la pòcsia della vita còn l'amor tuo. I suoi gorgheggi melodiosi, nella valle che si destava t utta rorida di rugiada alle prime luci del giorno, trovavano una. dokissima rispondcnr.a nel mio cuore. Pensavo che m'ami, e che io perduramente t'amo, pensavo alb nosrra carn crcarnra

dormiente il sonno dc.ll'innoccnza, pensavo alla nostra fclicirà che, anche se siamo lon•

tani e divisi ,folla inc'Sorabile barriera della guerra, vive, per vir1ù nosira. piena e bella nella poesia dei ricordi eddlcspcr:in,.e. e sentivo vibrar in n,c tutte le corde dell'anima. Neanche in quel momemo fu tocco il mio cuore da vani ri mpianti e da imbell i timori; provai an"ti un senso d'assoluta Cèrtezza nella benignità della sorte e nella proteziont' di D io. Già, t hi come mc compie il proprio do,,crc cosdcnz.iosaincntc in ogni d rcostan~ za. d1i comé mc si rassegna alla guerra non come ad un a\lvCrsità inevitabile. ma ne riconosce ed accetta la nectssità salurare e mette a prova in essa le doti dell'animo 1


suo, sopportando .serenamen te i sacrifici, godendo & compierli e di soffrire. non può non ayèr fede d' C$SCré tome che :sia ritùmpcnsaro dc.".lla pur<:zza dei suoi sentimènri; della santità dell'opera sua. E forse I, già un premio questa fede. più d'is,inro che di vofonrà. la quale s'irrobustisce invece di scemar di forta col passar dei giorni, e con l~appro~imarsi_, fors1t, di momenrri più pcrìgliosi e duri.

Anche guardandola dal laro r'istrelto e modesro della mia persona, non devo io benedire alla guerl'a. che mi ha fatto discoprire. mi ha rivelato la saldc,:,a, dj membra e più d 'animo, quale forse, prima, non mi pensavo d'avere? Se mi sarà concesso di vedere Ll termine di questa guerra (e son sicuro che mi sarà conèesso) e di viverla tut· ta, fortemente. nei djsagi e nei pericoli , come fin ora. e più Jj or3, ché cosa potrà pi ù spaurimii ncUa vita, quale impresa potriì sembrarmi ardua e rischiosa, quali dolori o avversità potranno fiaccare la mia fibra? Saprò, di cerro , affionrare e vincere cune le battaglie della vita. se continuerò a triOn•

fui:c in quelle cruenre della guerra. S.1prò dare un ahro indirizzo alla mia carriera, se quella che acccuai per bisogno e non per cle-1.ione, continuerà a negarmi le soddisfazion i ch'io devo arrendermi e pretendere, saprtì irovare la giusra via in ogni cimento, saprò tener ferma la rotra an· che nelle burrasche della vita, le quali contano più naufraghi che quelle degli oce,tn i. Tutto radioso di speranze mi rortide l'avvenire. E come può mentirmi questa voce interna consolatrice, benefica, co,ne può mcnrirmi l'anima mia se accanto a me sarai tu, unic<> grandè amor mio, cd il nosrr<> Fcfl, c<>mune <>ggcno ddb nostra adorai,jo. ne, perché fruno dell'amor nostro? Abbi ru la stessa mia fede, Èlia mia, e sii lieta di soffrir ora per goder domani una più grande felicità. lo sono concento anche perché mi pare. con l'opera mia, di lavorare pd mio , pcl no~rro Fcfi: io lavoro ogni giorno e do il braccio, e, nel ll'1io piccolo, anche la mc,lte,

alla patria. non solo perché so che è mio dovere, non solo per l'amore che io semo per l'Italia nostra, ma anche per lasciare al la nostra creatura ui, reraggio d'cscmpi e di am maestramenti, con l'orgoglio che non li ho ereditaci da nessw,o, ma sono opera mia, frutto dell'educazione che ho voluto e saputo dare al mio spiriro, frutto della volontà mia costantemente <li rena al pcrfe-tionàmenco di mc stesso. Vedo che mi la.scio trascinare a <lisvdarti l'infimo d<"ll'animo mio, che tu hcn

conosci, che per re n<)n ha più veli. Molto più mi sarebbe caro. Èlia, di ripeterci quc• stc confidenze cingendoti col braccio, baciando,i forrcmente sulle labbra piì1 e più volle finché il desio fosse pag6, scmcndo battere il mo cuore sul mio, leggendo nel mo sguardo l'assentimento delle mie parole. Molro piì, caro mi s:uebl><: di ripeterle dinan,.i alla nosrra cre;1rura, serrandomela al perco, come per proteggerla da ogni pericolo. baciandola nella pura fr.omc, come per giurare di dedicare tutta la mia vira, rune le mie forre, tutto mc stesso aJla sua dcvazione. aJ suo avvenire. t>ur tuttavia, forse. le mie parole acqu istano maggior valo re se tu pensi che sono scritte da presso d'Isonzo. a duecento metri, o meno. dalle li nce nemiche. Ti scrivo dalla stazione di Canale, e per ricordo c'invio un ramoscdlo di rosa colto ad una fì ncsrra••. Al sorgere d'un'altra prima,•era, la vita del Ruggiero veniva meno. Egli doveva aver troppo duramente piegato la sua persona all'aspra vita. La mattina del 7 aprile 19 l 7 l'arcendenre, entrato nella sua baracchetta, lo trovò rantolante: il giorno dopo, egl i si spegneva; il cuore generoso si era rnisceriosamente spezzato.


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Una si mile alce-1.zad'animo nel sacrifizio d appare in una lettera non di combattenti. ma di genitori di combacrcnti; in Carlo Salvioni e in Enrichetta Tavcggia, che, ticinesi,

oftèrsero all'Italia la fiorente giovinezza dei due 6gli, Ferruccio cd Enrico. caduti a poch i giorni di distanza nel maggio 19 16" . Tra le carte di Ferruccio fu rrovara la lettera che i genirori gl' indirizzavano il 12 febbraio 19 16, quando egli d al rranquillo fro nte delle Giudicarie passava sull'Isonzo: Quanto pi~, b situazione è pericolO~"a"' t,:uuo pilt le u,1c comun icazioni ci rit:scono circ, preziose, lt leggiamo ~ le rileggiamo con com:11101.ionc sempre più viva. Pensia.. mo con gr-Jnde cornpi3ccn'.i..3 al cor3ggio che t'ispira il nto pat dotrismo, e si:un sicuri che questo Li sorreggerà in 1une le prove che t'aspeuano, ti addirerà sempre la vi:l del dovere e dcll'or1ore, e t'aiuterà a perseverare in essa sino alla fin<>, sappi3mo che le ferite e l:1 morte stessa ti saranno dolci, riccvure nel nome e pel vantaggio dcli• patria. Questa certezza è il nostro conforto. e inslème il noslrO orgoglio, e come a te sarà dolce il sacrificio délla imegrità corporeà e della vita, così a noi, visto ché ~ dolce a te. Ma ciò non toglie che ci turbi l'ideo dei miserandi e sanguinosi spcnacoli d1c stoffriranno a.I l U() òcchio tal ruo animo mire; ciò nòn cogl ie che si chieda con animo rrcpido e fervido alla Provvidenza che, poiché tucri non istorpia o uccide la gucrm) ru possa essere fra i risparmiaci e d sia concesso di fOrnarc ai n.1oi dopo aver comribuiro ad accrescere la gloria e il dominio della parria. Sono ore solc1tni qucsrc. Potrebbe darsi che questa lei tera stessa non ti si• dato piì, di leggerla. E perciò sappi chC' il nostro pensiero è sempre vidno ;, re.

Quel pensiero ch'è sempre stato guidato d.all'annorc per i nostri figli. che ha sern, pre vigilaro su di essi (soprnttuno quello ddla mamma). sarà con ,e si no alla fine, fiducioso di conforrarti in quella qualsiasi prova cui il destino ti chiam i, e fosse pur l'ultima. QuC'sto pensiero può avere errato, ha crra.to ceno, perché errart h11mn1111m e.Jr., e perché il senso del dovere s'eclissa talvolta ndl'u,nana dcbol<7.za, nell'accidia. l ù perdonaci, c<msidcrando la pure-,za delle inrenzio ni e della volontà. ·n seringiamo fonemcntç al cuore e ii mandi:uno la nostra benedizione. E dopo cbe la morte gli ebbe rolto entrambi i lìgl i, i.I professor Salvioni a w1 suo lavoro sui dialetti ladini, a cui molto s'era inreressato il suo primogenito che segLLiva i suo i stessi scudi, poneva la commovente dedica: «Alla memoria - de' miei figliuoli - Ferruccio ed Enrico - caduri - combattendo per lcalia e Ladi nia - in terra L1dina - AUa lo ro ntadre - che li volle educati a quella Vissuta come ardore divino, la patria rrasumanava il dolore di quei genitori.


I, Evgcm() C1Jno1,e. p. 42 (d11 Mo1)(ali.cn 1113 m;irw 19 16), Eugt.nio G:arMne, n:uo ;i Vt·f(elll il I? ouob:e IS88. si ,jptJ\k iJ 7 gen03io 1918. in pr1glonfa, p<r fe;tite l'lpon1l<' tWH:ulijptr:lr:a dife,;a dd Col llclb b('r~na il 19 dil:tmbrt' 1917. In quel comb:mimemo gli cadck.a lur.co iJ t·~tdlo Giuseppe. Pinouo nd nomiçnolo famil i:m\ .mche lui uffici'l.k àJpfno e \'Olonra,io di guerra (era na(o a VC"l"Cdlj n 10 n(l\·cmbrc l886). Su que1ti nuovi fr.atdH Cairoli Jdl('

(ruppe :.alpine- dr. n cap,mlò V. 2, p. I. J. p. 14. 4. &nedcuo Sold:ui, pp• .27?·80. Il Soldati. profcs:sorc: in un lkoo di Torino s'arruoLb \•olo1uario. btndtè :.appancMsst a el.uk anzfa1ta (era n:i.tc> il 24 g,c.irnaio IS7G) t J)àrt«if>ò 1uiv:unentc alti. guetr.a, Gli nr-'l~W ._jj gW!trn gli focc,r<> Còilft-:ifrcl', oelt'~htcte il p,opiio figliuolo. il m,nbo $pagouolc> i c~al .soggi2c<1ue $ubho do1:io I~ viut>rfa: ( forino. 26 diamb1e 191S). 5, N:uoa 1¼.lenno nd 1894, Manfredi t..anza <l.i1i-.1bi,j morì per bomb.a d'acrc.'Opfano nemico il 2 1 agosto 1, 1s. Su dì lult~l fra,eUb lg.n:1'J.io (11. nd 1889, m~ll 3 nowmbu: 1!)17) dr. <..i, Bo11:roN1t. 0Mr,li Siolia. r._l<rm()i,a. Il \'(')I.i.ime ,-;ferì~~ brghi br.1ni dti tibni e cit'l!e- lcm:-rc: dcì dut> fr:m:lli. Il p:'1$:<0 :<e,p,.~ ci1:uo è 1 p. 107. 6. p. 39 (2? .stttembrc 1915). 7, lgn;mo Lanza diliabia, p. •f8. Lo $tesso pensiero ri1orna in Giuseppe: G:1rronc. p. ?5 t' in Angdo Ce~rini (11ato il 21 ftbhr.aio 1892, morra il 2.5 a~,{>$1'0 .sul C:u:so). ('Jr, All'atl~l'lt.111 mn11ori.it fii A, C. Si.:n.i 191 7. p. l 41 . $. Mkhi'."ll' V:1ucf:ano (n:tto 2 Ca~aio, 6 diet'mbrc 1892, motto rul .$:ln Michele- nel 1?1)) In Il R. liuo TIISUt di !kt/m,4 "il C4rwlrt4 M1zi01t.1lt' di S,1'f·f'ìtt, d1,mmt' /11 f""'"· S.:ifemo 1920. p. $5. (Qucsu silloge .ur.i indicarn co11 l.t ~&b l.ir.

'fin. Snll. 9. Credo ,,on $b $Cfit.i signlfic:uo il f:an.o cht-d(81i c.p'"obri vc1,ud a nlC fu n'l:.lni (stnt.i prt,"tti'tlonc :akun:t dJ .s«l~ i1 @.l'UJ)f'O più nunwrxHo i: il più impon:uue iippattieM in 1.1,r.in p.-irre, (bl\~dl'.'t:1nd,, r~m,:, o b ).pec:i:ltit:ì., .id 11pi.ni; cons:i(kr~oJ() l'origine borghese. J in.segnanti e-a. figli di lnsegnanri. ln questo coo cttdo eh<' la scati.uica .ilibi.1 una 1.Xn.a isjl.polT4l'W. ,e il mmusi I.i .scuola :i fomro alt.a più .spkndicb pan<' <kl nomo atrcito. monra com'cua dfe.tti\";lm<nrc - aochr .se non fUfl)Oto.~n1<:n1c - :1$SOIW ~U(> (c)n)l)UO di cust<l<le ddk. Cr.\di:,;1ott1 p.ame. IO. C.iovlnni li:wt (n:1to il 19 ago.!•to 1891. mo ftO 1 Cim~ Ornm:i. del Momc ?vbfo il 20 luglio Je.l 1916), L,r. Tm. Sll,

n

p. i 8. 11. RolX'uo Orice.Mo (nato in Vadlò ddla Lucania il 18 giugno 18?4. mono alro.sped.de di Ro«hcne ìJ 23 m:aggio 19 10. ;,, l k. 1;,,, ss.;6. 12. GA:l'l'ONI:. PouoQRI (n:>.rc> t Yclktri U 10 febbt2io 1890, mono sul S:m Michele .il 6 1g.ono 1?16), l¼r r Jnure, Viterbo I? I?, p. JS. 13. C. CA.,;'rl1W1'il (n,uo nd 1888, morto Ji m:t.lauia in Francia nd giugf10 l ?18}, /.4'1Ure. t>.·lìlAno 1921 , pp. 48, 15?. ~ /mttim. Sulle rradb:(oni fumi!iari 1..fr, :;inc.ht~ JI Jù,rìn rl, "" 1w/11roJtJ A,111111/11 /)e/ fm,,re,. mtn1lu, ,.rJ 4tr1lh1,11t> dal p111{,r Luigi, Awllfno 1?1?. p. 83. (Il Del Ft1nco. n:1m in A\'tllin.o il 22 SNrtmlue 18?), mori ':1 l\fonu: 7...i-bio Il 19 giug:to 1917). 14. lnl'<lha. comunicatami d':llla signora la\•ia Co.ur.1u ,·t"dov.a C:i.pocd. Anuro Capocc.1, uffidafo del géuio, rnno .ad E.kn:t il l 5 .i-<ltt'tnbrt 1892. nH.,nl.l :a Napoli il 20 gfot,no 1920 di mal.mf:t comr.m:i alb r,ontc, Il (r.udlo 'ftodoro, tn~dagliC" d'oro (oiud ;i l.itini il 26 m:arro IS94) ..te0mp:Hvt nti c<,tnb:Hflm-tnti d i Mon1r"C<'ngit.1 il 3 giugnr, l!)ll,. 15. C'..:a.pit.:1.no \..:arto Urei-ti (nato a Sllerno n I fcbbr.,io 1887. mono ml Uno il 23 m:agsio l'>17). in Lk. 7ir, . St1Lr p. I O<,, 16. Maggunc l.ron~· liLKd (nam ;J Rigoma.gno nd IS74. mono a Malg.a t;>.s.snr.A il 19 g.iugno 1?16) ndl-a .si.llogc Lit(( di Kf1mfhNi (L. ,I. S ). 1:.tc,-01!-;i d:i M;1ri:l Nntzarl Olivoul, l. Sitn:1 1921, pp. 3434-1. 17. L d. S.. J. p. 249. U tt'n<'mc Jcl }~~nlo &\•Uino Cr3nntlli, nato a Sicn;a il 12 mlr1.o 1&9G, morl :1 Uorg,o Valsugana il 6 aprile 1? 16. 18, J rìcordi ti 111nevoli $Ctfru Jti fr:udli Ma.1<>rloo .SC\M r.iu:olu ndl'opu!>C<>lo di M. Ro:.cA.-:0. Nri t((h ddl1d,nl,. A,(1111/j",. kobt-rto Mnmrim.1, llot11l1:), I?I?. li Ctr.aòo CÌ(3,(C) i: .i p, 8, M:,.olio M~iorino, n:uo a ISt1nl:a rl 17 giug.,10 1895. cadtv.1 .1 S:1.nr.a M21ia di 'làlmlno il 28 novt!mhrc- 19 15. Rohc:no Maiorino, n:110 il 22 g_<'nn-aio 18?4. udcv.r il 18

s..t. rr·

mano

1916.

19. l. d .S:. pp. 4(,7-68. Il C:u~gmi, n:uo.::ii Cu:mona 1128 nò\'cmbu: 1:896. morì~ ViC'<"n2il il 13 lugllo 1916. 20. lbùl, p. •168. 21. /11 mt-moru1 d1 Anungo koullim (n:uo a S:.u• P.tolo del Br.asill' il 2 maggio I 894, morto n1Jla B:tiruill:l il 26 igo,;to 1917), !\omo 19 18, pp. 221-22: IGG, 22. Cfr. h, ,rmmuùt,Ml:w,t 0111 /;'m1srt1 /kgryc.i1, Il B('gt)' (naJn li 1888. ft-rica .ti~ c.ldl;i ~rgnrida, morl il 29 ;aprilt 19 16) ~ un t'M!-mpio iignificui\'o dtl rUVeglit, crl.ut.rno cht prese ft- mosse d:il pol2ao 'l(lwbnski (1799,187S) il <Jll.:lfl!" Opt'!'Ò lungam<'me:i.nche .\ 1brino. SuL1òwfan.ski Or. il libro TANCJ1.u>rCAsoN1(:o, t1. 10u41111slti, Roma 18!)5. e quello dcll'il 1-ignora MAIUA tit.R:.ANO liJ:(.;l>l' ($ordha di E.Ha l!rnc~io), Vìra ~ ptmu•rr, di .A 1o:uillmlu. I Bt-gt'Y son fig.li d'i.m ,rn,ico e ngu~cc dd 1(1wiandd. 23. C.fr. per ei., ,~ett di J;uinlilint1riiltnù :a p. 69.


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;} J

:?,I, pp. 35-36.

25. pp. 37.3s, 26. pp. 5/4,SS. 27. pp. 66-67. 28. p. 88, 29. pp. l<)~l7. U lSorb. nam a M,u hIC:1n:1.w:se, morì :1 Monte Sobr()}o il 16 dicembM 1917. jO. L d S.. p. 24 I. Il J.ineschi nacque a Siena il 3 maggio 189 1, mori !l $.In Mani no del ('.3.rso il 13 m3ggio l ?16. 31. l. J. S.. J>P. Go2-4. Il Frand nacque a SovkUlc il I9 giugno 1888. mori .sulla VctoiM i1 IOouobre t?IG. 32. I_ d. S.• p. 21 , Il Gt()ccine.lli. na10 il 2-i gtnn:tin 1891, M<n'ì a Mo1, re C..1c(o il 2 l luglio 19)5. 3J.. p. 24. 34. C(r. Cu10<> Ru<><:1uo, Lmt'ff d11/jhmu , Bari s. a., pp. 13, 14. Il Ruggiero, n.ato il S aprile 1&8S, morl 1'81.1prile 1917 a Malg, Ck<(. 35. pp. 17-18

36. pp. 2;.16. 37. Che.- coisa ride.m.s..~ in cuor(' b prim:m.-n negli ,umi di gutrr2. lo dice A. Ccsarini all.a madre. p. 78: ..( 19 m:ano ' 16). Oc.gi I: una vcr.a gioo.ma primavelife, piena dj luce e d ·anurro. un.1 di qudle giorn:uc- che l'anno sentir più a<uta b n();)t;11g.ia dd e.ari lonr:.111ì. Ml ~cmbra ,·~lta1li p:l.({ct;gbrt "d gfar,lioo, n,i $tmbr.1 udirt il n1orm01io (1,ei (Ìprt~(j., amici tlelb noura infanzi.J e l,c campane del vill~ io che invlt2no 1:fodeli :i.Ila preçhiem. Tun, l::1 ,•ica f}'liS:l f"ll: n~i suoi minuti panicnbri io rivivo in queste Otf' di solirudine. e sernpr~ più si ao:tn<l<: in mt il de.ùderìo di tornare :11 mio 1cteo per godtnni 12 ftlici1:à di a.vere la madre.. k sord lc. ,•icinc...

38. PI>· 28•.?9 39. 1.<1unu,lr/l,1 g,urr.i di FE1u1,uc:<:m ed (s1oc:o S,H.VIONI, Mihnu 1918, 2• e~l , pp. I 16. 17. ftrn.1cc:io n.aco ..1 8t'llin·1.cuu il I? ag.ono 1893, c.tdde sul Peunu il 2? m~io l? 16: Enrico nai,o a P,wia il J-0 m~ggio I 89) era tià c:aduto il 12 maggio a Mon.tc UJini (Tofane). Il padrt'. Uulo Sa.Moni, c.r.i poofouore di linguis1in :All'Acc:idcmi,1 sdtmifico--

knu~r1~ cO MU~no, 40. U 1>mfo~(or C:.trlo ~ JvlC>1,i rno,l\·;1 non molto dopc,: il 'l: I onobre I92:0~t>r:t n:iro :a 8:'lsil.?1 il 3 mano 185R.


111. Crisi d' ànime

Taluni epistolari ci prcscncano un rilievo potentissimo di personal ità. Il caduto ci rivive dinanzi in turro l'ardore delle sue passioni e il modularsi degli affetti. Una di queste figure in alto rilievo è Leonardo Can1bini da Livorno, professore in una delle scuole normali di Pisa•. Della sua fumiglia, ci nque frarelli partiron per la gucr1'3 e due - egli e il fratello ,ni nore Raffaello - non tornarono al vecchio padre superstite. Leonardo lasciava anche la moglie e due figliuoli. Era il Gambini di temperamento vivace, allegrone, pronro agli scherzi, alle bdfe, a quei moccol i livorn esi che par debbano incrinar la volta del paradiso. Ma sotto scorreva una vira profonda e gentile. Il maestro, pur nd suo furc scherzoso e burlone, suscitava. un senso d i profondo risperro. Una notte oscura nel vallone di Doberdò un suo scolaro di molti anni prima lo riconobbe dalla voce: e proprio lo scolaro la 1nattina seguente dovette fare all'anrico professore la consegna de.Ila trincea. Non osava trattarlo da collega, e «si sfogav,1 a chiamarmi "signor capitano", canto per affermare anche ora la n1ia superiorirn: "O 'un lo vedi che son renente?'... Una fi nezza uman istica di colorito carducciano lo sollevava negli st udi e lo rinfrancava dal logorio scolastico. Era repubblicano-mazzin iano (l' u ltimo suo lavoro uscit0 postumo e incompleto rig_uarda l'« [ndicatore livornese•'). Naturaln1enre nel fervore della guerra mise da parte l'ideologia repubblicana. Ma del Mazzin i gli rimase - singolare conrrasro col suo temperrun ento b izzarro - il suggello nell 'anima: un senso religioso della vira; della religione non come rerricorio a parte, ma con1e forma di tutte le attività; del comandamento austero che non si discute. Quest'idea di laica religione egli la esprime nelle sue le1tere in forma semplice, popolare, ma più efficace d'ogni speculazione tecnicamencc filosofica. Perché un pensiero filosofico agisce in p rofondità solo quando organican,ente si assimila alla vivcnre coscienza. Né la semplicità è degradazio ne quando, s'in ce.nde bene, l'assimila,;ione sia realmente compiuta: la ma.ssin1a stoica acquista la sua p iena efficacia trasformandosi nella massima del d iscorso della montagna. l i Cambini queste sue idee religiose le fermava pensando ai figli, e scriveva alla moglie, inviandole un libriccino di lerrure evangeliche:


(;,.;,; dimimr

,13

(Cava Zuccherina, 3 gennaio ' J 6).... li librino è fa1to per i mimmi; ma lo potrà leggere anche Truci'. che lo leggerà ai bambini ne lle pani che più li imercssano. ·o ggi, Ccmpini, <Juando ha vis,o ,1ucl libro, ha detto: «Li awe-ai di molto religiosi i tu()i figliuoli». «No. per Dio! - gli ho dcrco - voglio che si imbevano dello spirito cristiano, ma non voglio che bazzichino per le chiese». E credo sia questa la via, sai, Trucina. Mi sembra che sia un rimpicciolire l'idea della Divinità questo raffigurarcela tale che voglia essere onorata in quella dcrerminara maniera, con quel determi nato rito, e non alrrirnenti. Ciascuno si foggia un Dio, a sua immagine e somiglian>,a: e io me lo figuro come w, buon vecchio (ormai anche Gesù deve essere invcccniato) che, quando si seme ;,rrivare come una sassam qualche moccolo, dkc tra sé esé: «Ecco, se que.110 r.tgaz1.o non bestcmmias~c sarebbe meglio: ma, via, povèrò figl iolo, gliene capitano di certe, chcJ se fossi ne> su' piedi. besremmicrc.i anch'io1t. E così mi meno in pace con 1a mia coscit-111.a. e conri nuo a bescemmiarc. ETruci vuol che preghi! lo non :irricolo mai - per qua mo mi pare - una parola di preghiera: ma ogni volta che si opera per un'ide.1 d ò dovere, ogni volta che si figgc lo sguardo nel domi nio del soprann:uur~~lc. e si vive im comunione di spirico coi nosrri, che ci vivono attorno invisibili. non è questa un" elcv3.zione c..folranima, non è un innalzare l'a11ima nostra verso Colui che è il Principio e la Fine? A mc piacerebbe che a quesra forma di religione arrivassero Truci e i miei mimmi. Naturalmente, questo pe:r i mimmini non può e.ssère che un termine ultimo: perché presuppone una co.scicnza già fonnata e già salda. 1 mimmi devono arrivarci. non> io credo, attraverso la pratic-a religiosa: ma prepa .. rando il loro spirim c()nformc agli esempi mii;liori. Non imporra che essi credano profondamente, defi nitivamente. che il Cristo era figliolo di Dio, e venne sulla terra e fu crocifisso per salvare e redimere gli uomini. Basra. a raggiunger lo scopo. d,e essi sentano tut!3. la grandc-a.a del s:icrifiz.io di chi. per un'idea, per ìl vanraggio degli altri, sacrifica perfino la vita. Basta che abbiano in mente l'indulgenz.1 di Gesù che perdona a chi ha troppo amato: che vuol bene ai piccoli per la semplicità del loro cuore, e, nel condannare, guarda, più ancora che aJl'azionc, all'inccnz.ionc di chi l'ha contpiuta . . . . E, più ancora che per meno dei fiorcni e del Vangelo. educali, susdrnndo in loro una sere perpetua di ideale. Di' loro, insegna loro, che non è il succc..·sso che conra, non i c.bnari, non le onorificenze. «Vivranno poveri),. Non me ne importa. ,(Faranno aJla rovescia degli altri». Non m~ ne impc>na: i miei bimbi devon sapere- e sentire - che per l'ideale, turco si sacrifica, tutto: dcvon sentire che la nostra vira non conta nulla. e la grandcn.a. non conta nul la, quando ci sia un dovere da compiere•. Turro ciò non era a.strana teoria ped.1gogica. Da quest'ideale pendcv:i cu,m la vita del Cambini. Egli srcm"'"' a concepire come si porcs.sc esirarc e rJlutrarc di frollre al comandamento. Sra per iscoppiarc la guerra. Egli, di dassc anziana (era nato il 26 aprile 1882), s'affretta ad arruolarsi ufficiale della milizia terdrorialc. Il suo primo moto è di gioia scherzosa: niente più scuola, niente pi,, es;uni. Scriveva ad un amico: (Pisa, 24 aprile '15). Te lo scrivo perché tu abbia domaitina la buona notizia. Srascra partono turti gli ufficiali dell'Accademia per ignota de.srinazionc e per qucst'an• no non si fanno tsami1•


Ma la guerra non wda a mostrare al Cambin i il suo duro volto implacaco. Al tcm1ine del primo mese cade al fronte il &arella minore Raffaello, ch'era stam da lui cduc-JtO.

li giovane sottotenencc, uscito da lla rrincea una prima volra, aveva esplorare il terreno; uscito una seconda volra con una p atruglia di volonrari, aveva farro saltare i reticolari: esonerato perciò dal partecipare aJ combattimento, aveva rilìucaco: non aveva volu10 lasciare il suo plotone al mo,nenro del ,·ischio, ed e.r a morto, mentre metteva al riparo i suoi soldati, d'una spoletta che l'aveva colpito al la tcsm. U fratello n\aggiore lo pianse con accoramenro, e col suo dolore efluse una nota di poesia gentile. Quando il suo gaio temperamen1·0 si risollevava, a mctzo dello schel",o e della risac11 risorgeva il pensiero di colui che riposava nel cim itero d i Picris. A quel pensiero si mescolava un senso di sgomenta ven.erazione. Tanto grande era il cuore di quel fanciullo, di tanto era capace quel ragazzo che il fratello maggiore aveva presunco d'educare aurorirariamente e con u11a certa rudez1.1? Nell'accorata amm irazione avveniva tU'l capovolgimento: l'educatore :sentiva di doversi levare alla verm ideale dell'educaro. Così il destino cli Leonardo Cambini era segnato. Subito d<ipo la sventura scriveva ad u n amico: (Livorno, 20 luglio ' 15). Coi,,c io sia oppresso, come io mi' senta colpito, ru sai meglio forse degli altri : da quattordici anni quel figli uolo era cresciuto affidato alle mie cure, da quando papà, dopo la morte dj mrunma nostra, mi aveva detto che egli non avrebbe avuto più cuore di rimproverarlo, di gastigarlo; e mi era cresciuto buono. affettuoso, austero, gagliardo e ardi mcmoso. Perché era pieno cli ardime nto, sai. quel figliuolo: pieno di coraggio sereno e consapevole, che non si am mantava di frasi .. e si nascondcv:1, quasi , specialmente agli occhi nosrri, ptrché noi non tentassimo di smorzarne gli enrusiasmi. Ed ora che è mono. io penso con rimpia.nn> vivo, che molto pila urile sarebbe staro, sia pure il

suo sacriniio, alla l'arria nostra, se non lo avesse colro cosl presto la gran3ta che ce l' ha sfracel lato. E cosi, mio buon Ro sati: e non è mica vero, sai. che io dissimulassi la inquiem• di ne dell'animo mio. lo ero uanquillo, ero sereno: mi se mbrava di essere sicuro che al rn io ragazzo non sarebbe staro farro nicnrc di male. Sì: una fcrira: ,1uella l'avevo nu.·ssa in conro: rna, più che aluo, per averne il pretesco di tcncnnclo un p:,io di

mesi in casa . E i primi giorn i della mia vie.i di ufficiale novellino, io li ho vissuti sempre con lui, pensando a lui, a quel che avrebbe egli riso. se mi avesse visro marciare sbagliando il 1>asso o fure il salu,o " gambe larghe: e quella matrina s,cssa. io mi ero goduro l'ul1ima parre della mia ranic-.1, rimuginando nella resra la lettera che gli avrei sCritto, per raCConrargli co,nc avevo farto pt:Id<:re la mia compagnia in m<."LZO alle macchie d i Limone, e venivo su aHtgro e spensicraro, ripescando la frase. per farlo ridere e per tenerlo lli buon umore ... E poì turea un tratto. un cavallo chè mi viene inconcro 1 a spron bartuco. mie) fr:1tcllo che m i cQrrc inconrro urlando, e

• po,• . ...


CrNi dimimr

35

E qualche mese dopo: {Livorno. 13 settembre ' 15).... E penso ora, con un senso di stupore, che gran cuore aveva quel rag-.12Zo, cosl timido, cosl riservato, così rispettoso ed ubbidiente. E penso a che gr-•nde amore per l'lralia, a che senso profondo dj dovere egli aveva, se poté non pensare, in quel momento, quando tutti ,cran coperti, e lui, lui solo, bersaglio al nemico, a quanro avremmo pianto noi per la Sua morte: e.sapesse che bénc ci voleva, che btnè mi voleva! Mi sembra che i miei bimbi me nt debbano vofere cli meno: forse perché sentiva che io gli vokvo bene, pi,, di quello che si vuol bene a un fr.uellc,: for1;e perché, sorro la mia severità - sa che gli ho dato, lino a tre ann i fu. le mestolate! - sentiva quanta sollecitudine, <1uanta materna premura ci fosse per Lui. E penso che se rutti, tutti ir,sicme, potessimo andare a raggiungerlo, io ne .-arei felice ... 7,

ll Cambini non può deplorare quella morre: può solo invidiarla. {Livorn.ù, I agosto ' J 5)... . penso dit Egli sia «aro litro, lieto proprio, povero U mio bimbo, dd su<> sacrifizio: :mchè ì miei

fra.cdli lo dicevano ieri sera: «Così pia...

cercbbc morire anche 3 noi .... Oggi. siamo qui n.nti rnccolti, noi quarrro supcrsciris.

In un'altra lertcra insisteva con un presagio del suo destino:

{s. d.). Mic-J che lo compiang-•, sa, compiango mc. compiango tutti noi. Morire come lui è morto! Ma chi nòn vorrebbe mori re così? Semo che a mc non imporrerebbe nulla, a qud prc-ao, né dell'Etruria, né dei bimbi: e capisco che più lieve deve essere srata la morte gloriosa a Lui che non aveva i vi ncoli che legano mc'. Raccomandava alla moglie di tener viva nel figlio minore, il piccolo Brenno, la concreta memoria del caduco. {San Donà di Piave, 3 ottobre ' 15). Vorrei che anche Benna, che pur è così pie· dno, che l'ha visto per l'ultima volta, un momento, quando aveva <JUallro anni e rnt.-z.ro. si ricordas.sc dj Lui: ma di Lui \1ivo: non co mc di una rncmoria sa.cm che noi alin1entia.mo nel suo cuore. ma come una memoria viva: vorrei si ricordasse com'era, come parlava, come rideva: vorrei che rimanesse fisso nella mente sua iJ ricordo di qualche particolare, <li <jualche scena precisa, .. Che lo vccksscro, che lo ricordassero come lo ricordo io: che basta che io chiuda gli occhi, perché mc lo veda dinanzi, con la cestina, la sua povera tc'IJra, pieh,ara, col suo sorriso buono, con run:1 la semplice, modesta infinita bontà che gli traluceva negli occhJ ... " · Rimpianto, orgoglio, d esiderio e voluttà d'offerta . e rencrcr:i:a più paterna che fratcr· nasi mescolano insieme in un singhiozzo.

{Cava Zuccherina, 18- 19 mano ' 16, alla moglie). O bimbina, o bimbina mia, che pena grossa! a ogni motivo chC': ho di rallegrarn1i, come l'animo mi corre a Lui , che: non c'è più, c he non vcdè più, che non può pili marciare coi suoi soldati. Caro,


caro, piccolo mio: il più caro. il p iù caro, sai: qua$i, mi pare a volte, e mi pare fof$e ora pérché non c'è più, quasi più caro dei miei figlioli. O bi mba mia, ma è bene, sai, è bene sia morto cosi. come lui ha sognato, come lui ha dtsi<lcrato: all'assalco, insieme. ai $oldati, dopo avere, pochi giorni in nanzi , ponaro alla vinaria la sua bella bandiera". Quando d ue anni dopo g).i fu co nsenriro d'ascendere anche lu.i su l Carso, pose sulla romba del frarello una lapide con quest'epigrafe: «Raffaello Ca mbini - livornese! - sottotenenre nel 93° fa nteria - decoraro al valo re - qui - aspetta - nella pace d.i O.i o - la virro ria - d'Ita lia - n.24 ortob re 1893 - m. 1° luglio 19 15»". E scriveva al padre; (Z. d. g. , 8 luglio 191 7). Q uesto riposo guerriero io penso che Egli donna 13ggiù. tra il soldato del suo re.ggi mento e un granatiere di Sardegna. in arresa che la pace nostr•, che la vittoria d'Italia compia il sogno magllifìco d i grandezza e di gloria nd quale si ~ addormenra,to, e fuccia posare il suo capo vicino al capo <lclb tvfan1ma sua.

Egli è un povero bimbo che si è addormenraro due anni fa, all'alba di un bd giorno di esratc, e ha, da allora, cominciato il suo sogno dolcissimo. No: non ha sognato: ha visto. L:azionc, alla quale egli ave1°a preso parre. si volgeva ill un rovescio: ed egli vedeva la vittoria d'Italia. I vigliacchi di dentro logoravano, diminuivano la resistenza della nazione: tristi giornate vivevamo noi, ndl'angoscia e nel dubbio; cd egli sorrideva beato ad un' Italia grande e potente, q uale noi la vc<lrtmo ~orgcre in un'alba di vittoria. Noi eravamo sbìgon.iri, a volte oppressi da tanti <.·rrori, da rantc c.-olpe, da tatui immondi uaffici di sanllssimi no mi e di sancissim,e cose: e Lui vedeva e sapeva: sa•

pcva che le tcmpestt, i dubbi, le colpe, le incertezze non avrebbero pre1•also: sapeva che lc-alia vi ncerà.

Qucs,o sonno di gloria e di gi()ia Egli dorme da due anni: noi Lo abbiamo pi.1nco, noi Lo piangiamo: ma avremmo dovuto, ma dobbiamo invidiarlo•,. D sentimento non solo vinceva iJ lucro, ina consacrava Leonardo Cambi ai alla morte. non possiamo chiamarlo desiderio d i gloria. od orgiastico senso della guerra. Era la volo ntà di levarsi a una suprema nobiltà d i spirito. E cosrantemenre egli operò per liberarsi da ogni legame, da ogni i:mpedimenro, e superò angosciosi conAirti interiori. Egli aveva inrravisro la guerra nell'agosto-senembrc ' 15, quando per la prima volra si era recaro a visirar la tomba recente e a raccogliere i ricordi del frardlo nd reggimento in cui aveva com banuto.

Come a runi coloro che giungevano al fronte, le retrovie col loro o rdi nato movimento, con la loro vastità sterminata, gli rivelarono la forza misteriosa arcana che do1nina nella guerra, e che curci porra in sua balia: q uello spirito enigmatico su cui medito il conre de Maistre e poetò Lev Tolstoj. li Cambini guarda e rimane avvinco dal fo.scino ntiscerioso:


(;,.;,; dimimr

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{Udine. 30 agosw '15). Sono qui, spaurito, nel c uore della guerra: cioc nel cerve!. lo. E spaurito non per l'aspetto térribilc della città, tranquilla e silenziosa, o dei sol, dati , alltgri é puliti. ma per qutsto affaccendarsi silcnzit>so,. pe.r qucsra \•ira rurbinosa che scivola per le vie, quasi che si socrragga agli sguardi dei profani. E ci sentiamo piccini, picci ni , piccini dinanzi a questa grande cosa che è la guerra nostra. Si scende ba.ldanzosi e fiduciosi: souo1cnente della cerribile, mi pareva che 1utro dovesse spalancarsi dinanzi a mc. Ora sono sperso, confuso. spaurito: e mi par che wtro sia piccolo. che tutto scompaia. dinanzi a questo maestoso aspetto della guerra: tutto, tutto: anche il mio grande dolore. ,&:. morto un sonorenenc<,~. ecco che cosa significa <Jui tutto lo Strazio ddranima mia••. Pcrno1Ca ndl'accampamcnco del reggimento del fracdlo; sente la voce del cannone: (San Giorgio di Nogaro. I settembre ' 15). Mai fa bene. sa, un po' di cannone: rianima e sollcv-.1 lo spirito che è un piacere: è la voce della guerra. che si fu sentire, e chi ha buon sangue se lo senre ribollire. Stanotte l'ho sentito brontolar scmpr<:. da lonr...tno: ~. d1ll'acC'J111pamento ove ho passato la none, si vedevano i razzi luminosi che sparan gli austriaci per spiare i nostri eventuali assalri su.I Carso 11.

li fascino non si rompe più. Ri,nane con lo sguardo e l' animo proteso verso l'Isonzo. Lo inviano in un battaglione di milizia territoriale a Cava Z uccherina alla difesa CO· sticra. Si rode per quasi due anni in quell'ozio, in un doloroso con flitto di doveri. Non osa accelerare gli eventi chie.dendo il passaggio alla fronte, prima del rurno della sua classe, per il pensiero della moglie e dei bambin i. Ma rifiuta l'oltèrca della d irezione di una scuola normale in Sardegna. Per lui. ufficiale non giovanissimn. sarebbe stato l'esonero definitivo dal servizio militare. Il ,comandante supremo di rune le forze terrestri e Eluviali di Capo $ile» preferisce i giorni grigi della vira presidiaria un'arresa e co1t

,n

una speranza. Istrui sce i soldad. fa sch iamazzo. a mensa, a capo di un gruppo d'ufficiali buontemponi; nei ritagli di tempo si occupa ddl".lndicatorc livornese" e sfoga nelle sue numerose lettere a parenti ed amici il suo bi,.zarro u,morc, sia che descriva in ital iano dugentesco un'incursione d 'acroplani austriaci su Venezia o n arri u11 suo capitombolo in un pozzo: episodio d i cui si duole. ché «ero riuscito fino ad allora a mantenerm i completamente a.<temio d 'acqua». Si rabbultàva con tro la rettorica parriotc.ie:t presente e futura che offendeva il suo sincero sè1uimcnro: (Cav:1 Zuccherina, I8 maggio ' I 6) .... Bene la festa del XXIX••: ma io ho bell'e dcno che, .sè fo ranco <li cornarc a casa. di disc;(>r~i pacriouici non ne voglio .sentir più: a meno che non .si tratri di un oratore di una: classe anziana. E invece, bel mi' Carli, ci pensi, a guerra finira. qllanti discorsi, quan1c inaugurazioni, quante lapidi? E tulli quelli che si sono andati ad imboscare, magari nel commissariato o ai distretti, verranno fòri anche loro col nastrino: ma qualche cazzotto lo voglio dare anch'io, se ricorno 1• • Stuzzicava un collega matematico che non gli scriveva:


(19 maggio 'I 6). · Un c'scrivi ,nai: o che fai? Stai ,uno il giorno a ponzar teoremi? E dio, quando la smetti? Q uando la. guerra la facevano i letterati, hal visto? «O magnanim i figli d'Akidc», bas-rnva una poc.~ia, un maesr.ro zoppo, t la guè.rra tra fìnit:3. Ora che ci son enrraci di me-a.o g)i scienziati 'un si finisce più 1x.

Un altro suq collega, che desiderava dj esser chirunaco alle armi, ma prevedeva e reineva d'essere riformato per la forte miopia, gli scriveva che gli sarebbe persino piaciuto di fargli da attendente. Rimb<'ècava il Cambini: (2 aprile · I6) .... 11 mio aucndcme è un btavo ragai:zo: e 11011 semo il bisogno di cambfarlo: poi ,a che vuoi sia buono un attendente professorc:-? 11• E sin1ilc a Fanfulla pen itente s'impegna per scherzoso dispetto verso l'amico a dire un'A11t Mnriil perché la riforma sia definitiva: (5 maggiò •16). Dirai, d prego. aJb tuà .signora, che Stasera dirò anch'io una Ave Mnrin secondo la sua intènzionè: e crtdi che ci sa.rl gran lC'Sra in Paradiso1 come succede sempre. dicono, c.1uando si convcn<" un peccatore. Ma io non mi converto mica, sai, e la rua Aut 1Warùt sarà la prim;1 che dico da quando son venuto in gucrra'0 •

Durante l'arresa, nell'estate del ' 16 fu venire a Cava Zuccherina la famiglia e si merre ad insegnare il latino al figlio maggiore. I:atrcsa si fa più a11si.osa e più tormentosa per l'angoscia della moglie. Finalmente nel maggio del ' 17, quando classi più anziane vennero lanciare nel crogiolo, gillnse l'ordine. La crisi dei due doveri era su pcrara. li Cambin i si leva in rurca la sua fierezza generosa in una lettera a un co llega che aveva perduro un figlio nei combatt imenti del Trentino nel maggio del ' 16: (Crcspano Vcne10, 29 maggio 'l 7, ol prof. Agostino Savdli). So che hoi notato, e con dispiacere. che io non ci ho più scritto un rigo dall'anno scorso: so che ti sci srupito. in qualche modo. che. dopo aver parieciparo così vivamente alla rua incertezza angosciosa, io mi sia chiuso in me, dopo che hai saputo. Tante volre, sai, ra.nrc volte. l'anno scorso ho incominciato a scriverti: tante volt~

ho pcns:1to di f.trlo quest'anno. Non ci riuscivo: non sapevo: mi sembrava che non fosst né degno nt bello dini

da Cava Zuccherina le parole di forza e di orgoglio, che ti dovevo. Avrei voluco, abbracciandoti forre, dirti q11:1nco irwidiavo i1 ruo Cucca; 1, che.-- aveva

J>OlUtO, serenamente, gioiosamente, dare la vira sua per l'Italia: avrei voluto dirti che l'anima sua, che l'anima del mio caro lìgliolo. avrebbero vissuto con mc in questa nostra santissima guerra. che con mc. e in mc, avrebbero ancora combattuto: e avrebbero vi nto.

Queste parole io non potevo dirti da Cava, da dove potevano forse suonarti come o una vanteria vigliacca. d'imbo.scato. Né re le scriverei oggi. se già. non avessi -avuto l'onore di comandare. in linea il mie>reparto: Si\ dopo cinque giorni di au csa in un barcaglionc dèlla brigata An10, non ff1i fosse oggi giuntù l'ordi ... w1:1. fanfaronata stupida,


(;,.;,; dimimr

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ne di tornare aJ mio reggimento. ~t riprendere, sulJ' altra fronte, dove si combatte e si muore nell'e<ultanza della vittoria, il comando della mia compagnia. Oggi posso scriverti. Veramente, quindid giorni fa, qu::u,do mi venne Forclint di p:1nenza, avevo spe• rato 1.1i commemorare questo primo anniversario del run dolore santo, pon:mdQ all'assaho la mia bella compagnia del 129' " : e mi ero auguraco di non 3\'er oggi il tempo di scrlvcrri. e avevo pensaro che sarei sraco così ancor pii:1 vicino a te. che rni sarei sentito stretto a Lui, che avrei voluto guida e u11aescro di ardimento e valore. li destino non l'ha voluto: ed io mi piego al destino, che. per vie misteriose e insperate, Mi porta a combattere 11ì dove mio fratello è raduto, dove, da quasi due anni, w,a voce grave ed-amara mi chiama. Viva l'haliat Savdli: si picchia sodo, sai: e i soldati sono gmvi e sereni: e a mc.• pare cli avere cuore saldo e menrc lucida e frtdda: e ho w1a voglia marra di menare le mani. E non per condolermi ri ho serino. M:, per prometrermi 1 ' .

Ma i pensieri magnanim i non soffocano il gaio amico, che finalmente aveva morivo d'essere perfetramenre lieto: (Z. d. g., 14 giugno '1 7, al prof. Carlo Rosati). Buono per una promo1.ione da concedersi. in onore mio e a suffragio della mia anima il giorno che morrò, alla pri... ma bestia che irncrrogherai dopo aver ricevuto questa mia cartolina. - L. C.

PS. Passa tolti, 'un ti confondere: tanto pilL sanno e più farabutti dìven tanou. Scherzava suj disagi di trincea: (Z.d.g., 17otrohre ' 17 o! prof. Plinio Carli). Ti devo dir la verir¼? ... La tua lettera delraluo giorno mi foce prova.re una fiera di gelosia e di nostalgia: mi venivi -a mwarc, a raccontarmi del tuo studiolo. mcm re io da un'ora avevo appena, preso possesso di un baracchino nel ,1uale stavo s«llllo piegato in due, con l'acqua che mi correva attorno da tutte le parti, che mi gocciolava giù per la schiena: e ,ni fucevo lume a for,.a di moccoli. Ceree cose non bisogna racconcargliclc al fame: lui, di solico, non ci pensa, e anzi ride e scherza sui semicupi di fango. le docce fredde e la cura degli scossoni: ma se poi gli venite a raccontare che ci son delle c-.i.<c, e la luce elctrrka. e i lenzuoli, e i bimbi. e il cesso :Jl'inglese, allora, povero fante «è offeso da viltade .. ,,. Ma che bdla compagnia è la nona: e che ufficiale in gamba è il suo comandante!"'. Quand'esce dallo scherzo, gli par benigno e provvidenzialmenre caric.arevole il destino oscuro che in guerra decide della vita e della morte. (3 giugno ' 17, alla signorina Guglielmina O:n,.arri) ' l',m,ne , 1111ne . .... I ,n i?. stata l'impressione prima che ho provaro ier s,cra qu:mdo sono arrivato in linea sotco le ral"fiche delle artiglierie austriache. Basta,1 cinque minuti di froncc - dj questo fronte! - per furci rimanere sbigottiti dinanzi a questa vol,>ntil oscura da cui dipende ormai la vita nostra, da cui dipende che io passi da un dc-ttrminato punto ora~ e non tra due minuti, quando su quel pmuo cadrà una granata di grosso calibro-.


Da smmani ripenso al consigli<> che Don Flères - si ch iama cosl, non è vero? dava a chi? ... Non me lo rammento: ma gli dice, insomma, di abbandonarsi rutto_

con fiducia assoluta, alla vol,)ntà di Dio. «Sa il bimbo che si abbandona alle braccia della mamma, dove b mamma lo con• duce? Eppure ci si-abbandona lieto e sereno ..., . li paragone rn,. piace: .. . ... TeJlta di spiegare questa sua letizia anche alla ,noglie com racca nell'angoscia: (29 agosro ' I 7) . Non c'è mica da aver paura, sai: ogni giorno che passa, si impa.ra qualche cosa di bello: ci si sente anche più forri. più arditi, più uomini: par fino i1npossibile che ci sia gente che abbia, volontariamente, rinunciato a parrecipare alla nostra guerra, al.la uostra gloria''· Ma poi con un moto di tenerez7.a infinita si ripiega sulla sua fan1iglia. lasciata addietro: sui due piccoli, sulla povera compagna trepidanre. Egli è il papà per run.i, anche per sua moglie; è la for-,a che protegge e infonde serenit/i: (Z. d. g.. 4 giugno ' I 7). Sr:unani, mentre si incrociava per aria il bombardamenro'', v<:niva dalla dolina lino in fondo della mia caverna il pigolio di un uccellino. Par<."'" Trucina mia, che facesse piè, perché il suo papà era lontano! Ma papà tuo sta bene, sai: e. ormai, è diventato un prode guerriero. dw sa camminare con precau7Jone, buttarsi jlérterra di sd1ia11ro, è corrèr<: Jid mtti scoperti COI\ una ;gilit/i sorprendente"'. (I 7 giugn<1 ' 17) .... Povera Truciolina mia, che ha il suo pap:1 all:1 guerra, e che invece di disperarsi e di piangere, lavora serena e lranquilla. È una brava bimbina, Truccrta mia, e io penso con gioia che, quando t<>nicremo nella casina nostl"J -e allora pap:1 chi sa che non sar.\ diventato buono! - d vorremo t.tnto canto lx.n.e. staremo sempre sempre insieme, e papà nao sarà più fiero che m:ù di una bimbina così brava e cosl bona ... ••. (I ormbre ' 17). Oggi me b gi«)nzolavo tutm contemo: è una bella giornat1, avevo mangiato di buon appetito, e, dopo colazione, eravamo anda,i a fare il liro con la pisrola: e poi ... e poi siamo :u,dati a cèrcan: i ciclamini. Un mio :unico ne ha trovato uno: e allora l'ho voluto trovare anch'io, ti pare? se no come facevo a n1:1ndarlo ,,rruci ... ? E allora. giù, pian pianino. per il costone: il fante è furbo! striscia pian piano da una buca all'altra di grosso calihro, si tiene nel fondo dei va.lloncdli dove nessuno può vèdere. e se ne frega dei Cccc:hini! E poi i Cecchini, oggi, avevano alcro da fore: pigliavano certe briscole! ... E così, pian pianino, calando prudcnrcmtntè <la un vallonccl lo all'altro, li ho uovaci anch'io i ciclamini <la mandare a Truciolina mia. Te ne mando due soli: scrivici sorto «colti sui conuafforri scncnrriOnaH dd Vdiki,

in faccia a quota 126, il IO di ottobre, al tocco: e mandaci a Truci mia perché sia buona e ,ranquilla: perché pensi ai fiori che crescono anche t]ui, in mez1.o ai crateri delle esplosioni, ai fiori che allietano la vita del fante. che devono allierarc la mia bimba buona, che non dc\'e, non deve essere triste, ecco!••''·


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Conforta il suo piccino che piange perché papà è lontano: ( 19 agosto '17). Caro Benna, un angiolino - ,na un angiolino vero, sai, tanto t:mto bono, che ti vole tanto bene- mi ha racconroto che l' altra sera il mio bimbino piccino piangeva forte forte perché pensava a papà. Ora. papà non vuole che il suo bambino pianga: papà sta bene, è tuuo contento, e spera di poter presro vincere gli austriaci. t conqui.starel nono.stante il crndimt nlO del papa,•. la vhtOria all'Italia. Papà. che non vuole tu pianga. ti manda tanti ranti baci. Papà tuo». E schen,a sulla possibilità di quella che in guerra si chiamava la ferita •intell igente• e che moire f.uniglie invocavano come salvezza temporanea dei lo ro cari: ( 17 giugno ' 17).... Credo, via, Trucina, che tutro sommato tu possa esser contenta dei tuoi bambini: così cornt papà ruo è contento di te e di loro. Cosicché in fin dei conti, il più cattivo di tutti ora i, papà: ma noi lo sai che cosa gli facciamo' Uno di questi giorni gl i si tira una bella fucilata, o una bella homba: dove? .. . nella ~palla o in una coscia? Così lo pigliano, lo spogliano, lo mettono a !erro scalzo, c. poi, quando lo medicano, gli fu.nntl tanto male. ·, o Iu.,; ·, d'Jrl.i papa. ' « 0 111. E "lruci, e Benna, e Lellico" : , Bene, bene. ci ho piace'•. E dirà Ldliconc: «Mc le davi a rnc le mestolate? ...• . E dirà Benna: • E a me mc li davi gli sculaccioni? ... •. E dirl Truci: •E a mc le facevi a mc le mossaccc? ...». E Truci, e: Benna. e Ldlico: «Bene, bene, ci ho piace' . .. ». E il povero papà non avrà più neppure il coraggio di lamt ntarsi, neppur più il fiato di dire ,(lhi•; < quelli frugheranno, frugheranno: e, quando avranno ben bene frugato, papà prenderà le <JUattro schegge, e ne regalerà una a Truci, una a Lcllico, una a Benna: é un:1 se ht terrà per sé. O Truci! ma che saresti conccnca davvcro?n. Così passò l'estate e la prima pane dell'autu nno del ' 17, il periodo deUa massima depressione morale del nostro esercito, senza che il Cambini ne fosse slioraro, dirò anzi, senza che se ne accorgesse. Sopraggiunse la disfacra di Caporerro. li Cambini col suo reggimento coperse la riri raca. Le lettere di quel periodo sono scarse e brevi. Alla fi ne del ripiegam en to scriveva: «Incomincio a destarmi, e m i trovo qualche capello bianco e qualche ruga di più»••. Passò quindi sugli altipiani e partecipò alla disperata difesa ddle Melene d'Asiago. Ferito al collo, volle restare in linea. Una scheggia di granata lo colpì alla cesta (16 novembre). Dopo aver subiro la trapanazione del cxanio a Bassano, fu inviaro all'ospedale d i Ca.m pobasso e vi

si spense il 12 gennaio' 18. La morte lo salvò dal rotale ottenebr.unento dell'iutclligetl7.a. La vocazione guerriera del C:unbi ni ha qualco~a d'una fascinazione sacra si mile a quella che gli antichi Alti dei santi arrtibuiscono ai martiri, a cui si schiude la visione


delle cosesupcrne. T:,le la vocazione di Leonardo Carnbini: ma vissuta con animo virile. nella r,flcssa e dolo,rosa pondera1.ionc dei doveri, col cuore aperto a. rutti i san ri affcrri umani, esempio vivido di una nuova religione laica. Più umile, più raccolto e più rit.roso del Cambini nell'effusione dei propri sentin1enti, men padrone della forma lettera.ria è il bersagliere ciclista Melchiorre Spongia, caduco·a Capo Sile il 16 gennaio 1918" . Man non meno commovente è il travaglio morale e la cdsi da cui proruppe lo slancio d'offerta nei tragici giorni che seguirono Caporeno: il deciso trionfo dell'uomo miglior-e sulle csil'azion i ,. le perplessit!t, che gli avcvan furto accertare fino a qud momento il servizjo sedentario invece di quello di linea. Era figlio di un modesto professore di scuole medie di Brescia. Da fanciullo aveva praticato con Giuseppe Cesare Abba ed era staro educato ndl' istiruco dircrco dall'Abba. Bersagliere fin dal 1914, era stato dichiararo inabile alle farichc di guerra per la vista difecrosa. Era perciò rimasro a Brescia: ma lo tormentava un sordo malcontento di sé e della sua vira. Nel novembre del '17, mene.re il nemico irrompeva nella pianura venera. rinuntiò al servizio sedentario e ch iese di passare in un battaglione di bcrsaglit'ri ciclisti: l'ottenne. Il 28 novembre scriveva ad un suo zio: Già d;i una quindicina di giorni ;ivevo furto domanda per ess<òre ammesso al battaglione ciclisti, e il mit> desiderio fu subito soddisfano. Mamma lo seppe soltanto al momcoro opportuno, e, vedendomi concento, fu abbastanza calma e rassegnata al pensiero che tutti in questo momento devono fure sacrifici per salvare la nostra parri:c. Rimarrò qui finché vt'rr:t chiesto il battaglione ciclisti, eppoi correrò anch'io a dare il mio tributo alla patria''· Si sente liberaro d:i un rimorso. In una deUe prime lettere dal frome scriveva ai suùi: lo sto benissimo, ho un appetito da lupo, e mi sento l'animo sgravato da un gra.n ri1norso che continua.mente lo pungcV3J>'.

E lo 1·ipeteva alla signora Tercsira Abba, vedova del poeta garibaldino: ... posso assicurarle che la coscienza di adempiere al mio dovere m)infonde nell'a~ nimo un vero balsamo. che mi ricompensa delle più dure furiche. e dei disagi che le circosranze richiedono"'~.

Prevale il coraggio dd bene, e sente allchc il bisogno di riparare cerci suoi torti, di correggere ciò che trovava di ripro,,cvole CTdla sua vira passara. Col presentimento della morte ch iede perdono al padre dei suoi rrascorsi. Nello stile sp~-izato, a frasi monnorate, si sente la fatica a superare un falso pudore e ui1 falso orgoglio, per elevarsi ad w1a più pura e serena coscienza: (20 dicembre ' 17). Come mi dispi:ice <l'averti spesse volte funo inquic~Jrè; vorrei tornare ranti anni indicrro per comport'armi meglio. Ma che vuoi. il pcnrimcmo


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viene sempre con l'ultima corsai ma io son sicuro cl-1c tu ri saraj dimendcaro dei to rri a,1uti con te, e che m i avrai scus-arot• .

Il padre cerca di rranquilla rlo, vuol negare i presunti corri. li figl,io corna ad accusarsi pii, risoluco: (29 dicembre '17).11 tu<l immènso afferro paterno ti fa risaltare in mc dei meriti

che non ho il bene di possedere. È inutile che ru cerchi di farmi svanire d...J la mencc cerci torri: no, amatis.simo papà. tu m i riprendevi troppo amorevolmente; sono io che non ri ho m ai corrisposro come meritavi. 1 ruoi a1nmonimenri c.rano giustissimi, essi non avevano che un unico scopo, que llo di ré"ndermi m igliore: fu mia l:l cnusa

se non seppi abbastar11., considerare ,oli tesori. ·r. "'ssicuro e ti prometto che quando ritornerò s:1prò appre,z;ni di più e mi renderò degno <li ,e. Vedrai che questo nuovo genere <li vita mi gioverà molto e mi formerà il carattere" .

E la cara immagine paterna gli balenava dinanzi agli occhi in w1a visione familiare, pochi giorni prima <li morire, nelle trincee fangose di Capo Sile: (9 gennaio '18). ln quc,co momemo che ri scrivo, mi sembra di essere ancora a

casa, di vederci rornare dal F.uicoso bvoro, sedere a tavola assieme alla nostm amata famigliola, con q uel sorriso e con quel dolce sguardo che rispecchiano la bonù e la lealtà dell'animo tuo. Come vorrei che tornassero indietro quei giorni per baciare il tuo c1ro volto e dirti rutto il bene che ti ,•oglio!" .

Quei giorni non tornarono. Una serri maoa dopo Melch iorre Spongia cadeva. Quando a Brescia si conobbe la sua mo rte, la signora Giulia Facchecci D'Anna, che era sraca la prima maestra dello Spongia, consegnò :alla fan1iglia una lettera testamento che l'antico scolaro le aveva affidato sul punto di partire. Era, con q ualche sfu matura di baldanza bersaglieresc1, l'effusione dell'anima eh.e si era levata all'alrczza del do,•erc nell'ora grave per la patria. La grandaza d'animo ha la misura dello stesso sforlo ad affermarsi: (Brescia, 9 dicembre ' 17). Carissimi, in qu<·st'o ra benedetta, in attesa di battermi per la nostra cara e santa patria, atrocemente calpestata da piede nemico, a voi. m iei amatissimi, il m io più tenero<' affettuoso pensiero, <lal quaJc ani ngerò

gran forza mo rale per essere degno figl io d' Italia. La voce dd dovere s' innalza impc-riosa e imponente a c hi ancora non ha compito ciò c he d i più sacro alla patria deve. lo sono pronco. tranquillo e sereno, coscicnrc clcl sublime e g rande com pito c he mi è affidato, cd aspeuo rcligiosamenre la grande ()ra.

Ho la cene,~, di adempiere a tutti i miei doveri fino all'ultima goccia di sangue che mi resterà nelle vene; sicuro che la vostra memoria e il vostro nome contribuiranno efficacemente a non ven ir mai meno, di un solo attimo, aJ mio dovere, e m i claranno fona e coraggio per vincere nei m omenti più critici. Né pianti, né. lag:rime. né lucro voglio~ s'io non dovcs.si più tornare. Le lagrirne dovranno C.'i..~Cr di gioia nel giorno in c ui la v iuoria sarà nostra, e da quel felice dì io sarò con voi presente.


Ecco tutco ciò che di bello ed; buono ,,i ho potuto dare nella vita in contraccambio dd leamor</voli cure che mi avere prodi~tc, e alle quali non corrisposi mai come vi mé rit1vare. $i3no le m ie adorate sorelle., Rosit'à e Bianca, il vos,ro conforto, e vi diano tultC

<iud le gioie e ç:onsolaz:i(mi che vi possono dare nella vira, e che tanto merlrnrc. e di cui avete bisogno. Addio, siate re lici; baciandovi culti quanri tencr:unenre, siate /ieri del vosuo Rino. W l' lrnlia. \'(/ i bersaglieri" .


CrNi dimimr

,i)

I. Cfr. I.. 0.Mt11;,,;1, l:."piJlò!artò d, guerm 11 ft11'i1 dtgli a,,u(1, 2' ed.. Firct1tç l 920, 2. lo.. l 'hulif1rruw lii,,mu#, Mil:ao6,·R.om:i 1925 (helb colleziont ,Il uoti-:t <lei Ri~tgiinen1() già dl<eto J.,I ..'iorini). 3. Sditnoso diminutivo dd n-omt delh moglil', f.ttur"i.a. 4. pp. I 10-12.

>· p. 4;.

6. pp. ,i;.46. ?. pp. Go.<;1.

8. p. 49. 9. p. 152. 10. p.8 1.

11.p. 120. 12. p,190.

13. pp. I?S,96. 14. p. 57.

15. p. ;s. 16. l.:a festa commrmomrh-:i di Curnnone (' 1\llonranar.1 chr $i celebra ogni anno a Pis-a il 29 maggio. 17. p.138. I8. p. 139. 19. p. 146. 20. p. 150. 21 . Oimll\uch•<> f:1tnil1;uc J1 Lu~ XM·lli, 22. lr, quei @,iorni ii comhmt,•:1 l:t gt2llde l»m.glli <lei m.aggio ' 17 .udl'IMn~.o. 23. pp. 179- 180. 24. p. 182. 25, p. .? 19, l.:a nona c,unragni~ ._:13, qutll:;, comandar.\ ,fallo H<'$$(') C::a.n,1,in1, 26. pp. 180,81. l ?. p. 209. 26. Er.a,,o i giomi dd comnnca,co ausniaco che SC"guì la no.sul\ otftnsiva dd m:aggi<>, 29. pp. 1s1 ,s2. 30. pp. 191,92.

31. p. 21,t 32, Era rn:mtc la no-1:1. l~ttC'r'.J; <li Bt:n«ictto XV ddl'agosto ' 17 chr p:in,'I! comr:.uia agl'imcrc~i it.1liini. 33. p. 202, 3·i. Nomig,, ol~) Je fìgli,1 mlggio,c f-.nrieo Er«>ll'. 35. pp. 192,?3. 36. Del J m>..,'C"mbrc 'l 7, p. 223. 37, Cfr. Mlll.CHIOk~ S1•0NCIA, ~ll«ot,Ifomte, Src:,ei:i 1919, Lo Spongi.i C'rn mUC) :i 8re-.cb il 7 1UWi!'mbrc IS?4. 38. p. 6. 3?. 12 dkemht.,. p. 12.. 4.0. 25 dic:emhrc, p. 16. •l . p.14.

42. pp. 17, 18. 43. pp. 22-23. 44. pp. 33-34.


IV. Spiriti .n1i litari

A chi da un osservatorio guardava la linea carsica segnata solo dalle fuscc fulve dei reticolaci, squallido paesaggio dove più non cresceva l'erba, e dove le granare parevan fiorire sile.111.iose in un vasto garofano di fumo grigio (e lo schianto giungeva in ritardo aU'udito, come vano renracivo di vincere il lugubre sile111.io); a chi percorreva la trincea piena di larve d'afflirrn wnanità, segnate dalla soflèrenza delle veglie notturne e delle piogge implacabili, dall':1ngoscia repressa, ma pu r sempre presence, della vira in pericolo, dallo spasimò delle responsabilirà che vinceva le solferenre e le angosce e serrava forre le mascelle; a chi s'aRi.sava in questo singolare volro della guerra, sorgeva sponranca la domanda dove fosse dikguaca q uella nora di poesia che un rempo faceva bello il con,barti mcnco pur nell'orrore di marce, e per cui il guerriero si sentiva e.levato in una cima solitaria, e giubilava d'una gioia più inccnw, modello d'un'urnanità che ha superato i suoi limiti. Allora era nella guerra il giubilo dell'operare: un'alacrità simile a quella dell'alpinista che fatica ma ascende, e nell'ascensione ha la misura delle sue forze, e l'orgoglio d'un dominio che sensibil men1e si deli nea nel rimpicciolirsi del mondo ml'\aJl() guardato d:il ,nonre, e nel connubio panico corn la vetta che si slancia porenre nel vasto cielo. Così un rcmpo, al .soldato, l'umanità volgare si dispiegava p iccola e angusta: egli si scuciva

animato d'un più alto diritto di supremazia e suggellato d'un segno di nobiltà. Eque.sta grande poesia delfo guerra giungcV3 a travolgere uno spirito ccisciano come il Manzon i e gli denava il primo coro dell'Adelchi. Ora cuno ciò pareva estinguersi nella guerra di rrincea. Al pa1ice non corrispondeva il 1nomenco dell'azione in cui si compiva la puri6CàZione dal dolore e dalla morte. 11 ritmo fra i due momenci era d i ral vastità che innumeri vire restavano socco il segno del patimcnw senza luce, e mancava loro l'esperienza della fecondità della dura prova. Svanivano lontano i sogni di gl<)ria. lJn uffic.iale di carriera constatava malinconican1enl'f':

Ccpopee napoleoniche son finire co,1 lui. .. Finito il tempo dei Mu,-,•1, dei Nino Bixio: l'uomo è divenuto atomo fra gli atomi. .. Questa non è guerra d'cscrdri, è guerra di popoli: vien combattuta più con la resistenza civile che con geniali imprese guerresche, e dtv'csse.r questa la ragione per cui, era rante nazioni e canù milioni d'uomini. non sia sono un genio guerriero tait da conquid<.'rc, travolgtre, abbarcere 1n un colpo .solo ogni più smdiaca rcsistcn1..a'.


Spirltl militari

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Eppure, pc)iché la poesia è degli animi e non delle cose. qua e là, anche sui margi ni della guerra di tri ncea fioriva quest'a nd ito verso gl'idcali militari. All'appello di guerra, qualcuno scopriva in sé il soldato di razza e risognava • la verità dei grandi antichi so· gni». Vedeva la trincea fetida e la tetra guerra del Carso nella luce gioiosa dell'azione. In alcri cempi, nelle guerre della rivoluzione, quegli uomini si sarebbero segnalati: avreb· bero scandito ai commilironi il ricmo dell'alacrità e dello slancio: creaci colon nelli sul cainpo, avrebbero trascinato all'assalto la loro mezza brigara: avrebbero corso l'Europa marescialli di Napoleone, e la leggenda della loro br-.,ivura sarebbe stata narrata nei e-ampi e nei bivacchi. Tnvecc, scompa.rvero oscuri. rencnti o capirani, ndJa mokitudine in1mcnsa, frn una. rrin•

cca e w1 rcticolaro, noci a pochissimi, molti dei quali li obliavano, ghermic.i anch'essi dalla marre. Il valore e l'eroismo non raggiw1gevano quella solenne rivela1jone epica, da cui na.,;ce la glorià. Essi parvero segnati dall'avverso destino di cui canea il poeta: Vixcrc fortcs ante Agan1cmnona multi; seci <>mncs illacrimabilcs

urgcnrur ignotique longa nocce. carene qui~, v:ttc s:,cro. l'aulwn 11m scp,dtae distar incrtiac cdara virtus. ,,

!via forse una scintilla di quest'animo militare palpitava nei segreti pensieri di rutti. sole de.I sabato nelb guerra di trincea. Perché chi più a.ltamente lo sentiva, diffondeva era i commili toni e i dipendenti wi calore che rinfrancava; nella vicinai,1.a di un vero soldaro gli sgomenti e le paure recedevano: una fiducia nuova nasceva. ·r.,1c era la lin1pida for1.a d'animo che irradiava Teodoro Capocci, sereno sempre tra gli orrori di guerra, e che alla f:uniglia scriveva meravigliato come mai tanti suoi am ici e conoscenti non ven issero su alla fronte. Che modo era quello di fare la guerra fra Napoli e Roma? E dopo i primi combattimenti sul Sabotino segnava nel suo diario cerrc sue considerazioni sulla morte in guerra: (28 otrnbrc '15) . lo ho passato il confine cinque o sci giorni fa: ho prova,o un po' di rris<C'l!La, un po' di dolore di lasciare l'halia, la mia patria che (può darsi!) porrei onchc non ri,·cdere più. Nel qual ca.so sarei seppclli,o in rcrra rcdcnra: :ivrei il gran dolore dl losdorc nel cuore dei miei cari, carissin,i, una ferita inguaribile. Avrei la consolazione ili morire pd mio paese per la sicurezza e la libertà dei miei cari , per l'avvenire glorioso dei figli dei miei fratelli. Il gran conforto di essere w10 di quelli che han da,o il sangue pcl paese e l'han difeso dall'eterno odiato nemico: d'essere uno di quei morti t-anto belli che i granatieri guardano e-on serena ammirazione: di quei n1orri tanto diversi dai comuni: di q uei moni in un animo di beata c.-.saka:donc,

fieri, soddisfuni di morire.


lo linoni ho creduco che lo storico o l'autore fucesse un po' il poeta nel descrivere la gente che muore nd nome della patria. kri invece, quando l\1aset (il mio bravo porra..ordini, il mio priJno granatiere, cht mi si è rivelato un eroe::) nf°h3 <lètt<> s(>rri· dendo: •Sign.o r rencnce, il ploro11c d'Amico fa le> sbalzo in avanti•, cd iò ho g:ridaro, voltandomi; i(Nlio bel plotone, avanti!», mi son sorpreso :t ridc.:-re-: ed ero cosl sereno>

cosl concento che ad alta voce davo la cadenza alle mie quauro squadre che mi correvano diècro affiancare. E difatti ero contentissimo: e ho pensato che morire cosl sarebbe s,:tro bello•. Quèsto suo d~siderio fu appagato. Dopo molti combattimenti, egli cadde il 3 giugno del I 9 I 6 a. Monrc Ccngio. I supcrsciri narrarono che qu:rndo, ndlo lacca disperara per fermare il nemico irrompenrc ,dal Trentino, il barraglionc a cui apparteneva il Capocci fu disrruno, essi videro scendere giù a.gran bal:1.i il Capocci - era il più agile dei granacieri - e porsi col fucile spianato a cuscodia della grotta dove giacevano i fcrici, e difendersi finché, colpiro a morce, cadde invocando !'!calia. Altro soldato di ra1,2a era indubbiamente Angelo Campodonico. genovese: Possedeva una for,.a eccczionaBc. Appariva sempre drino e fiero anche quando era

stanco, anzi provavo gioia imensa nel rcsis,ere alle futichc. «Vedi, padre - risponde,•a un giorno a Padre Arcangelo (il cappellano) che lo compiangeva perché bagnaro. sporco, dopo giornate di lavori pesanti compimi sono l'imperversare delle piogge - quando io sono bagnat0 cd ho focicato quanto è possibile sopporrarc, e nmi gli clementi della nalura paiono scatenati contro di mc, e per riposarmi non ho che la nuda terra, sono contcnro·ltt.

Così ce lo raflìgura la sorella: e cos, egli balena nelle ler,ere sue e oc.i ricordi dei com,nilitoni. Giunco in trincea scrive a ca,;a (26 gennaio ' 15). •Tuuo bene. In tri11cca felice,•. Che cosa fos.<c il suo noviziaco di etincea cc lo narra un suo compagno d'armi: un quadro veridico e schicrro della nostra guerra nel ' 15: Noi eravamo ancora nelle rrinccc del Moncc Sei Busi di fronte a quella mal«lccra quota I 18 che ci er-.t costata tuuo sacrificio di sangue nella giornala del 2 agosto. Dopù il barrcsimo dd fuoco, dopo i fcrod combarcimcnti, nei quali ci era,·amo trovati improwisamcnre impegnati, pochi giorni dopo aver lasciatole ridenti rive del Garda, conr-inuava.mo a trascinare le anime tristi per le dolòrose perdite, i corpi affranti. le divise sporche, lac~re. irriconostibili, fui i sas.°'i dd Carso. che sembravano vecchie os;sa dìsscpolrc, e le buche scavare in quella terra rossasrra che pare .srcmpe·

rara col s,ingue. Abiti< pelle. coperti di ,1ucl fu11go,~embrav-ano di rame. Vemi e pi11 giorni di quella vita ci aveva.no 11'1utari in orsi_. ci avevano sfiniti: eppure si resisteva li con ,cnaci:l, fra i violenti temporali che ogni none allagavan le trincee «I il sole ardente che ci soffocava durante il giorno, fra i atdavcci ins<lpohi cd il colera; e si respingevano i frequenti attacchi ncrnici, e si cercava, con azioni parLiali e con assidui lavori di zappa compiuti sorro le bocche dei fucili a,,vcrsari, di srrapparc al nemico qualche al1ro di quei sassi. Vennero una mattina piena di sole.,

si dispersero per i comandi delle varie compagnie aJlc quelli erano srati a.')segnacL .. Essi furono per noi come una folata d'aria è

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fresca che penetri in una mcfitka prigione. Ci portarono il confortante spettacolo di visi fiortnti e non inronsi pc.r le lunghe barbe intonse, e di abiti nuovi, degantì. puliti. .. Ed portarono il sollievo dclle cronache del mondo di là, il mondo bello che allora ci appariva come 1..m Eden, )onta.no, lo mano nello sp:11jo end rcn'lpo. da noi lasciato senza spera nza di rivederlo ... i'Vfo presto i loro ra.cconri finirono, e presro noi non avemmo pil.1nulla da insegna.re loro sugli usi e sui costumi della vita iroglodicica di rrincca. L, terra carsica fece il resto, e quando il 7 settembre scendemmo a riposo nel piano di 1'vlorresina gli uhimi arrho:1ti erano spertraH, sporchi. laceri c... pelosi quassi come noi'. Da quella trinc<.'a il Campodonic<, descriveva ai s uoi quell'epifu nia del coraggio, rema che ritorna frequentissimo nelle lerrcre dei caduti: (30 agosto ' I 5). A mc il fuoco e la guerra non hanno fatto nessuna impressione e mi· sono subito trovato a posco, anzi in un ambicnGc che a me si conP.t assaj 6 ,

La gioia guerriera gli tumulnta in cuore nel mezzo dei rischi. Non una gioia viziata, artificiosa. curiosa di nuove esperienze, ma uno slancio i1nperuoso, simile a quello del c.ivallo di buon sangue. Anch'egl i è compleramcnre sereno al pensiero della morte: (8 dicembre 'I 5). Granare, bombe a m,1110. shrapnclls, gas asnssi:lnti, fucileria ed il rcsro, che continuarncnre ci dilettano ... Eppure vi è il bello anche qui, il bello che sempre nel pericolo si trova. S'io dovessi morire, morirò contento come ho visto morire contenti t3nti bravi uomini e buoni compagni cd a.miei. Ma non sp~1ventatcvi a queste pàrolc: non so110 Jlé di canivo aog"rio né altro. Sòfio parole che descrivono cose che porrebbero acc,dcre, ma non vuol dire che accadano'. Se qualcosa lo rurba, è il pensiero dei propri soldati: pensiero e angoscia quasi costante lltlle lettere degli ufficiali italian i e docwne:nro di squisito senti mento. Spesso affiora nelle loro lcrrerc il rimorso della inevirabilc <lurc-,za con cui devono esigere anch e l'impossibile da uomini affianti cd esausti, e il pensiero che gli umil i soldati non possono sperimentare l'ardore che essi, gli ufficiali, sentono in cuore. Perciò agli um ili compagni di a-incca rivolgono ogni cura ed ogni afrèrco. Lo spirito mili tare non ottunde nel Campodonico quesr'uniana gentilezza: (3 settembre ' 15). Q u<'SLi poveri soldari, ridotti in uno staro miserande, dalle veglie, dalle continue piogg<; da qualche forzaro digiuno, dccimaii dai comba<fimcnti e dai micidiali ordigni (lj guerra, sono sranchi e pr.osuad cd anelano al cambiai che forse avverrà fra 10 o 15 giorni . Ve ne sono dei coraggiosi. degl i eroi. dei paurosi: ma tu1ti cercano di compiere il loro dovere. È vero però che durante le oscurissime notti, 'l"ando scoppiano sulle nostre trincee terribili granate, questa gente cerca uno scampo nel ritirarsi indietro, ed allora io e gli altri ufficiali li ricacciamo, pumando contro di loro il nostro moschetto Càrico, pronti ad agire ad ogni tentativo di fuga. Forse questi scmo i peggiori momenti della guerra, quando noi. SO<!O il grave peso dell'enorme rcsponsabili~i che c'incombe, siamo cosueni a ricorre.re a qualunque mezzo, pur di obbt-dirc anche noi agli ordini che ci vNigono da fonrc superiore.


Nei momenti in cui vi è un po' dj caJma.

e?

questi sono molto rari, andiarno in

giro• incoraggiarli, a confortarli. ad aiutarli e consigliarli, affine di conoscerli e furci conoscere•.

Ma se ferma il pensiero sulla mone, spertacolo quotidiano per lui, la morte del soldaro gli appare circonfus;\ da unascrana bell=a. CercaV:l di chiarire il suo pensiero in occasione deUa prima commemor:izione dei morti. U ricordo dei morti e la visione dei vivi assuine w1 risalto epico, pieno di fo.-1.a, anche se rude ed espressivamente non sempre perfetto: (S novembre 'JS). Questa è l'epoca dei morti e non invano quesr'anno si com• memorano le moltitudini dei tl"3passa,i, che si aggiungono al misterioso mondo dd morti. Ma compiangiamo coloro che scanno rinchiusi in ispoglie ira le fredde pareti dei marmi, non quelli le cui ossa imbiancano sotto il soffio potente del vento e lo sferzare dell'acqua che si riversa dal cielo, non quelli i quali faono ba1ricra dei loro corpi ai fratelli che avanzano, che incitano con la loro muta presenza ad ardite e nobili impr<:sc, non quelli che, esanimi~plu s'agfrano ancora sconvolti dal

ruonarc delle mille bocche da fuoco, che insieme intonano il conccrco di forza e dì m()rtc. Ieri e1uraì in una chiesa ove a.rdevann ceri per commcmor.,ue i dcfunri, Alla luce

s1ranac ,·ossastra sparsa dai lumi vidi volei arcigni, rudi. :1bbron,.11i, fani terrei dalle ansie e dai disagi dell.1 guerra sofferri, volei degli abirat0ri della crincèa <· degli assalitori invitti dei tremendi baluardi nemici. Li vidi proni fervorosamente pregare per i compagni defunti, nella semplicità che più commuove. Essi che non avevano esitato

a slanciarsi sui pei.2i I\Nttici vomitàfiti b rriorte. éSsi che, impigliari fro lt maglie terribili e mortali del reticolato, a gran colpi d'accct1a lo rompc'Vano sotro il fuoéO rre1nendo e, bal;,.ati terribili sulle trincee., vi portavano la distruz.ione e la morrc, )i vidi quasi piangenti pensa.re ai cari lontani, pregare per (·ssi la gran forla. invisibile potcnrc che li aveva prorcni nei n1ille cimenti' .

è

Credente, egli partecipa ai ri!Ì cattolici, ma li soffonde di qucHo vigore mili1arc: aprile ' I7, alfa sorella). lo ho compiuto il rito di Pasqua in una chicsetm in un paese di guerra sotto la guida del cappellano .. . (S

Ma a Dio non ho chiesto per il nuovo ann<> di guerra nessuna grazia tendente a salvare il mio corpo dai vari pericoli a cui è sot1oposco od altri vantaggi materiali: ma.

quando il C<>rpo di Dio entrò nel mio, io chiesi solamente questo: fottetza d'animo che mi pcrmcrra anche nei momcnl'i più pcrkol<>si ('. difficili di tssert di luminoso è generoso esempio agli altri. Altro non h<> chiesto ed io sono ceno che ha esaudito ~iò che gli ho domandato. Lo stesso ho chiesto nelle rare precedemi volte che il corpo di Dio è cnrraio nel mio d,t dopo e.ile sono in guerm, e sempre sono s1ato esaudito: ho ricevuto una for-,.1 mor:iJe e imdlettualc ver:imcnce superiore, cosicché ho prov,uo dolce godimento nel mio meditare, nel mio osservare. e spesso alfa vista della bella muura ho provato gioie profonde ed intense••. E proprio inrenro in questa gioconda contemplazione della narura, nei giorn i dell'offensiva austriaca del Trenrino, cc lo descrive un suo compagno d'armi:


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lo lo rimproveravo perché si esponeva troppo ed inutilmente: ma egli rideva e per risposta m'indicava qualche sublime quadn) di quei luoghi incantevoli: un pino gigantesco la cui chioma indorata dal sole fulva e verde si mOvt:"va ltntaJ11cnce e rit• micamc:ncc a dcsrr.1 e a sini.srra o l\1Ita cima d'un ::tbcte che pareva una croce verde

dondolanre ndl'azzurro del ciclo o una fuga di aUti tronchi diritti, che formavano come una navaca di un'immensa chiesa, rutta verde e piena di solenne mistero' '.

In quesra spirituale letizia dell'anima operante, dopo quasi due a1111i di guerra, la morte lo colse in una notte oscura dell'aprile dd '17, mentre sotto un fuoco infornale d'artiglieria cercava di ristabilire il collegamento tra il comando reggimenralc e la trincea. 11 capora l maggiore che gli fu compagno in qudl'ulrima spedir.ione ce lo descrive sorridente anche in morte. E forse giova riportare per intero la lercera dj quest'oscuro graduato alla sorella del Campodonico. C i rende, !\ella sua nota malinconica, in maggior risalto lo slancio del Campodonico, che vedia,n o trascorrere non turbato dagl' ittlìniti aspetti di morte pel maligno pianoro d'Oppacchiasella, e ci rappresenta in concreto la collabomziot\e dell'ufficiale e del gregario nel n<lstro esercito: (Sar-,,1na, 3 giugno '17). Gentilissima signol'ina. mi dispongo subito• scrivergli qucJlo che posso pel'ché descrivergli runo in quei momenti disperati non sono riusciti i più scrittori del mondo e nen,mcno mai nessuno è sraro capace di descrivere una notte simile a quella che ci siamo trovati due miseri esSfti ddl; terra circo;1dati da Uil<> spa'1Clltò$O fuoco C<>i\ in piena notte I; quale rende più spavtnroso ancora e nemmeno mai pocrà immaginarselo nessuno. fu là none del 24 aprile la sfonwia di molti Ottimi soldati del mio reggimento perché seppe con valore prendergli al nemico un posto avan,.aH) facendo prigionieri i di fon sori e occupando la. pt)siziùnei tutto si credeva finiro. ma verso le 1O dc.Ila sera incominci:.tva l'-arciglieria a concencrarsi sul nuovo posco e a cuna la zona dicrro

di esso essere colpita ci, continui 1iri che per ben qua11ro ore di bombardamento divc.ncando spaventoso verso l'ora tragica «daJl'una all'una e venti• che renderlo più spavenroso era 3ccompagnaro anche daJla fucileria. Verso le 24 e 30 le com un icazioni telefoniche incomincia.rono a mancare, allora i] signor colonnello abbandona il telefono perd,é non può comunicare più coi batt,iglioni, non può star fermo senza notizie; il signor capitano Balestrieri è in aJw alla dolina a osservare i scgnaJi coi razzi, guardando ove aumcnta,1a la fucileria e dove batteva l'artiglieria nemica la qu3Jc non .si sape.va ancora il punro che bersagliava. 'Ti.uro ad un rrano la fucileria incomincia cd a umenrn sempre pili: il capitano scende di corsa gridando: la fucileria su tutto il secondo battaglione, bisogna andare a vedere che cosa c'è di nuo,,>; allora il signor colonnello chiamando rutti i ciclisri che si era già pronti mi disse: ,chi sono due di buona volomà che vogliano andare· fino al secondo barraglione?» lo subito pronto gli risposi; il quale mi disse: ,Bravo Castelli•, e nel medesimo tempo si scncl la voce del signor tenente dicendo: «vado io con Castdli signor colonnello•, il quale lo avrebbe voluto uattencrc dicendogLl queste parole: «No. non vada Campodonico, li può succedere qualche cosa in questi momenti, andrà dopo se vuole-•, ma rivoltosi verso di me. mi spinse avanti perché fuccv() futica a viaggiare essendo ancora mezzo addormentato perché il ciclista di scr•


vizio rn i chiamò paco prima sapcndon1i stanco e appena coricato a\lendo tenninatO

il servizio mio di guardia alle ore J0.30. Abbandonai la baraC<:à del comando versi> l'w1a dirigtndomi verso la mia a metà ddl3 dolina per armarmi, ma mi sopraggiw, .. se subiro il suo amaro frarello e non mi bsdÒ· il rcmpo, dicendomi che non faceva nicnrt, presi l'elmo e cli corsa n1i misi avanti correndo uscendo dalb dolina per

prendere un muro che mi riparaY:1 dallo scoperio da qualche pa!Jonola e proseguimmo diccro a questo per un duccenro metri di corsa perché s'era compleramcnre allo scoperto senza ncs.sun riparo e per giungervi prima mi fece correre a grande velocità <:he :trrivaro aU'imboccatum del ,c:unmin:uncnto Ferrara che non ero più buono di prosctguire, ma percorremmo una ventina di n1eui dj dcno camminamento il quaJc serpeggiava la strada fino che sia,110 giunù sul bivio della strada che da Loquina '"' a Casragnevi1.za: fì d ferma.m mo ambedue domandandoci se era mtglio proseguire nd cammina1ncnto o percorre.re- la strada che ambedue s'univano al Il bartagli<>nc e: si proseguono a disrann da 50 a I 00 metri d'inten·allo. Di li osscr,'l!mmo l'inferno che succedeva a pochi metri da noi e proprio la sir:ida era la miglior l>érsagliata, vedendo le fiamme dcllc mille esplosioni di gra.nacc ausrriachc su di ~sa; .si consigliò di proseguire il c:t.n1min:.111,cnLo inviandosi di nuovo; 13 none er~l scurissi ma a quell'ora, ma i mille razzi d,c dalle prime Uncc andavano gradatamente illuminando l'oscurità da poter fo.sdarrni ve<:lere la strada percorsa. Percorso cosl duccenco metri di camminamcnco si inco.ininciò a scn tire le cannonate arrivarci vicino,

ma non mi fecero paura, e proseguimmo ancora riparandoci delle più vicine, le quali si vtdeva hcni~ imo la sua paurosa fiamma. Fauo ancora un po' di scrada si incominciò a stnrirsi circondari (' sembravano più grosse le quali macerando i sass.i e dal fumo mede,..

simo della polvere non si poteva proseguire più perché mancava il n'.:spiro. Ad un tracco una vicinissim:1, in pieno c.,mminamento dove si doveva pa..~sa.re n~i sb:.1rrò la srrnd~l fuccndomi riparare dalla pioggia di sassi sotto la prima postazione di mi,ragliatrice, b quale era occupata da un reparto di mitraglicri dci bersaglieri e i poveri soldati ci chiamavano in fondo oJ suo ricovero per ripororci di più, ma il signor tenente gli rispose che si doveva proseguire e fu cosl c-he appena trascorso qualche secondo dopo la pioggia dei sassi anche dietro il mio consiglio cl,'em inutile ogni tentativo volle proseguire di nuovo :ibbandonando un posro sicuro, ci siamo messi in cammino. Ma abbiamo ero .. varo il camminamento colpito in più punà il quale d ralJcntò il nostro cammino sono il continuo tiro, il quale ci ha farro più volre gcuarci in terra <1ualchc voJca cadendo fra i s:-1s.~i rimanendo alle mani in più punti sanguinanti. Fu cosi che dopo sforzi enonni arrivammo a.Ila rerla cd ult ima posrazione di mi•

tragliarrici :i sinistra del cammin;:unemo a una distanza dal bauaglione di non oltre trecento metri, arrivò il maledeuo colpo al fianco nostro colpendo l'angolo della JXlStazione che serviva da camminamcnLO gettandomi a terra storditi dal forcc colpo e sotto la pioggia dei sassi e delle schegge, mi accorsi che m'usciva del sangue dalla fuccia e anche dalla gamba sini.sna, lo sentivo scorrermi contro la scarpa. ma quei momenti non Si può lamentarsi e n,j rivolsi a guardare il suo amatO fratdlo che vedendolo a ,erra lo chiamai sollevandolo più volte ma non mi rispose che con lunghi sospiri: gli ricercai subito le: fericc e vedendolo fcrico alla resra, b quale sanguina,•a ancora cd era inu1ile ogni mio soccorso perché al buio l'ho riconosciu<a profonda, chiarnanclolo ancora p~uecchic vohc mentre quasi piangendo non sapendo nemmeno che cosa dovere fu.re e- non riccvcrtdo più ncssun3 risposta e nemmeno più un sospi.ro;

lo lasci•i c•dcrc cautamente, pensai un po' e poi mi misi in cammino per adempiere l'ordine. Zoppicando ripresi il cammino abbandono.ndo il camminamen to il quolc


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era sempre sorro il tiro, proseguii allo scoperto fino al Comando di Battaglione e al maggiore gli raccomandai d'inviargli notizie al signor colonnello: allora gli dis.~i ddla morre del signor rcnt'.'nré Campodon ico e non mi volle credere se non quando nti vide le ferire. Allora gli scrisse subito al Comando annunciandogli l'accaduto e mi fece medicare subilo. li tencnce medico dopo medicato mi fece mcn:c-re sotto una cavcrn3 ove b trovai

già piena di feriti che si lamentavano e fra quei lanaen!i stetti cir<'a un'ora; sentendo che il bo,11bard:u11curo era cessato mi recai dal rcnent<' mcdko a chiedergli due portaferiti per far portar via con mc il suo amato fratello, ma non poté disporre che di w, solo il quale lo porrai a riconoscere dove giaceva: dopo si sarebbe recato subito a prenderlo. Ma giunto incomrai i p0rrafcriti del battaglione di riserva e ne fcm1ai subito quattro per tra.spormrlo ton me e quando fu cautamente coricato sulla barella sono giunti a prenderlo quarrro zappatori del comando col proprio caporale e un cidist,a; i quali vedendomi che non potevo pii.1 viaggiar mi presero è mi portarono

dicrro la barella lino al comando. Giunro vidi il signor colonnello che lo baciò e poi si mise a piangere: molri altri lo baciarono e poi il signor capitano ordinò che lo p0rrassero subito al posco di mcdicnionc e dopo non lo rividi più perché io ho voluto rimanere lino alla mattina per coricarmi sentendomi molto S!'Jnco. Verso le otto ho voluro proscgufrc lino al posro di medic:r,ionc reggimenmle: due soldati un po' per ciascuno in ispalla e lì doverti aspettare fino alla sera perché di giorno non si può viaggiact' essendo allo scoperto. Verso le sci pomeridiane tornarono quélli che lo pormrono fino al cimitero e mi di,;,scro che lo deposero con una magnifica c.,ssa nel cimitero d'Oppacchiasclla; mi dissero pure che riponava un:1 forira al braccio .sinistro e u1lalrra alla samba, le quali non glidc avevo vcdure. Lora in cui fu sepolto non pos-so ~pcrlo non a.vendo veduto e nemmeno sugge· ritorni.

Nd momento in cui Dio lo volk con sé, strappandolo dalla terra insang,Linata a {"lii insieme parrecipiamo col nostro sangue, non so fTrl proprio nulla e non mi rivolse nemmeno w1a sillaba: la sua fuccia sorridente, belfo, gra.~a rimase ancora più sord· dente, chiudendo sol<> gli occhi per non vedere più il mondo travolto in questa Strage wnana; e ora nel ciclo Angelo cU nome e di Dio ci aspcrca rutti e mi verrà incontro un giorn() pili sorriderne e bello. E non sapendo far di più per le poche scuole frequcnrarc gli conrr,cca mbio i miei più sinceri affèrcuosj saluti unira -:1U.1 sua signora rnamma mi dico

suo dcv.mo Castelli Domenico. PS. lo mi 11ovo ancora ndl'osp<.'<L,le di S:u:z:1na, I<: ferite orn,ai mi sono guarite, fino a martedì sono sicuro dì rimanere dovendo qudla mattina andare a medicarsi ma spero che ne.Ila e delb senimana spero d'uscire. Cl'invio tutto a L::i cosl pub giudicarlo prima che gli giunga nelle mani della su:1 signora mamma, e non ritengo necessario unirgli

altro ritenendo dcscrinogli la pura verità; se qualche figlio lo giudieassc croppo ... mc lo rimandi subiro che glielo farò subim di nuOV<> come mi spiegherà. Di nuovo mi dico suo dcv.mo Casrclli Domenico'*.

Un'altra maschia figura è Riego Arrighi senese. nato da una famiglia che aveva dato soldari al Risorgimento. Era un modesto applicato delle ferrovie, di non grande cui ruta


(aveva conseguito soJo la licenza tecnica), ma di gran cuore. Nelle sue lenere c'è turco l'empito d'una forza nuova, il desiderio di grandi impre.sc che circolava in lrnlia alla f ne dc:I primo d~cenn io del secolo: pi(, vivace che in altri in un rampollo di fumiglia garibaldina. Nel 1911 l'Arrigh i fu richiamato con la dasse ddl'88 per la guerra di Libia. li suo reggimento doveva fornire soldati semplici ai reparti d'oltremare. L'Arrighi em caporal ,naggiore. Non esirò: si strappò i galloni, rinunciò al grado e parrì. Partecipò ai combattimenti di H.onu e di Lcbda, e in fuccia al descrro g)j fiori ndl'animo la poesia della milizia. L~ senti con una certa enfusi, con una turgescenza un po' caporalesca, con una lieve sfumatura piccolo-borghese, accctLando talora frasi e fo rmule farce, ma sempre con una sincerità intensa. Quand'egli afferma per esempio solenne.mente che «i n fuccia

al nemico si muore ma non si trcn1a», sentiamo che se ripete un focus d'educazione di caserma, di quella massima pe.rò fa il cardine della sua etica, della sua sensibilità e che in essa trasforma se sresso. Nelle sue lettere al fratello narrò questo suo ardore. e il quadro di cose e di avvenimenti vissuti e veduti: con la lucida visione pronra, che il vero soldato ha ndl'a2ione, e in cui s' innesta la .risolute12a fulminea delle dccisio11i. Partecipa con devo1.ionc ai riti della religione militare: del virile soffrire, del culto dei caduri, del saluto alla bandiera prin1a del combattimento:

(27 febbraio · I2, dalle posi1jo11i conquistate). Scri1'0 all'inccrm luce crepuscolare, .mentre, al riparo degli avanzi d'un ru<lero romano, m.i dispongo a passare la notte in piccola guardia, v,,gliando con la mia squadra, sul fianco sin isrro della compagnia. Tuona ancora il cannone e le ultime paHorrolc nemiche passano a smrmi sulla resra miagolando, quasi per gridarci in faccia la livid:1 rabbia della sconfina subita. È da suunanc che grandina piombo e ormai non d focciamo più caso. Lonrano, nelle aJuc posizioni, risuonano gli urrah e gli evviva dei bersaglieri é degli alpini. Farvi la par· ticolareggiaw cd esa1<a descrizione della battaglia non mi è in quesro momento possibile: iJ nemico é ancora vicino e io debbo evitare da queste parti possibili sorprese. (6 marro). Si mangia a sbalzi e con abbondaJ1ti contorni di ... sabbia, specie nelle giornate di vento; il noscr(>lcrco è la terra, il nostro te.no il firmamento. Da un mcst non mi ra<lo più la barba e il lavarsi la faccia è divenuto un lusso. Con rutto ciò son sempre concento e sempr<.· pronto a ricominciare da capo. Nonosta1uc i suoi disagi.

le sue fatiche ed i suoi pcricol_i, qucsra vira mi piace immensamente('. non de.,;idcro per ora di rornnrc in Italia ... ' 1

(27 marzo ' 12) .... oggi, nd tdgcsimo del la battaglia dd Mcrgheb, ha avuto luogo la commemorazione dei caduti di quella gloriosa giornata. Nd piccolo e modesto cimitero cattolico, baciato dal mare, si è svolta innanzi agli ufficiali e alle rappréscnranzc dcì reggi mcmi. la solenne. cerimonia. Brevi ma commoventi parok hanno detto il maggiore Di Giorgio ed il generale Bonini, chiuse dal rriplice grido di «Vìva il re!• Dopo è stara celebrata la 1ncssa ed il cappellano militare ha benedetti i tumoli adon1ati di fiori e di drappi tricolori. lo foc,~·o parte della rappresentanza del mio reggi mento.


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ln prodnto di lasciar qutsra terra, non poctvo uovar migliore occ.a..sione per por~ gcre il mio saluto ai camerali a cui non sarà dara la suprem-a fdicità di riabbracciare i propri cari,...

(3 maggio 'J 2). Come quella del 26 febbraio, anche la notte del J maggio è stara un,, notte insonne. L:odorc di polvere che si sente alla vigilia d' una battaglia. ti mette addosso quella irrcquietc"lla che da bambino ri fàc,cva rivoltare nel !erto qu,mdo era prossimo qualche avvcnimtnto importante come: la partenza per un viaggio<> i doni <li Natale. In qudk• marrinc non .suona la sveglia. dovendosi eliminare ogni rumore, ma non è ntce.s..c.aria; ognuno è pila sollecito ddl'ordinario. Si completa la «coìlercc» al lume di luna, tirando quolchc dnghia o affibbiando qualche fibbia, ed eccoci pronri, in riga, per l'appello e le ;1h:rc operazioni prelimina,ri. Rurnin3ndo feroci proposirL ci si mene in maE'da. scuri. silenziosi, provocando un sordo fruscìo per le viuv,c ddh1 cittadina addormenrn1a, dalle casette simili a scatole di =eone. Alheggiava quando si giunse al luogo di concentramento fuori delle trincee. Quando vi furono tutti i reparti, schierati in bdl'ordi ne per barraglioni, si pr<:scntarono le am1i alle bandiere che la bre-aa mattutina investiva allcg.-.1mence sotto il primo bacio del sole. li colon nello ci rivolse la parola, ricordandoci le belle prove di valore fornite dall'89' nclht giornata del 27 febbraio c nella none: dal 5 al 6 mar,o e c' invitò ad es• ser saldi ed a mostrarci degni della gloria acquisrara, anche ndl'immineme cimcnro. Un urrah! che aveva qualcosa di feroce, rispose alle sue parole; dopo di che ci siamo messi in marcia distesi in lunghe e dense linee, col colonnello e la bandiera in cesta' '· Durante la sua permanenza in Libia gli morì il padre sen1.a ch'egli potesse abbrac· ciarlo. Egli preme il dolore, ma non si pence né si duole dell'impegno volonrariamenre assunto. La classe dell'88 alla fine di aprile viene riliraca dalla linea perché dev'esser congedata. Egli insiste, e può partecipare ancora al co,nbattimenro di Lebda del 2 ,naggio '12. Dopo, lascia a malin cuore la Libia dove a ncora si combartc: Com'è trascorso celere il tempo quaggiit! ... Non era ieri che son partito da Siena salutato, acclamato, cncomiaco. ,1bbracciato da mille braccia, badato da mille bocche conosciute e sconosciute! Quanto è durara l'imprevista <.'rocicra marittima che mi doveva condurre da Napoli, immensa e bella. alla nuova cin~ italiana e dalla Sicilia, ridente e calda, ad Homs, me,a sospirata e fìnalmcn,e raggiunta? Un animo. Se ,i dicessi che non abbiamo farro una vira di disagi di fàtichc e talvolta di pericoli, ti farei sorridere. Ognuno sa che la guerra non è una villl'ggiarura e a me più di un altro avrebbe facro torto il la.Jn.cncarmi se da cinque mesi e me-a.o non ci spogJiamo, se da cinque mt-si e mc-1.-zo dorrniamo in rcrra. molte volce all':1pcno, se in11umerc•voli sono srare le 11orti passare vigilando, se abbiamo ma11gia10 il pane brudaw. il rancio pieno di sabbia, se abbiamo sofferro talvolta l'indemcn1.1 del clima. No, no, non mi lame11to, anzi, con sempre maggior piaoere ricorderò le futiche subite. Oh! se tu sapessi la bellen.a ddle notti tmscorsc ai posti avanzati, appiatt:ui come banditi in agguato, tra i ruderi o nei boschetti dj ulivi, frug-.111do con lo sguardo ndl'oscllrità, tendendo l'orc>cchio sospettoso al più lieve rumore, pronti sempre ad ogni evenienza. Quando mi toccava q ud turno, era una festa . .Al comando di due squadre formanti un piccolo esercito cli 20 uomini mi scnrivo turca rimporran1.a d'un ... gtnc•


rale. D'avo ordini, disposizioni con un mono c.hc non ammcn<'va replica, e poiché in ceni se.rvI1J nulla è di tassativo, essendo tutto affidato aW"iniziativa del comandante

del pkcolo posto, formavo piani su piani nel caso di un attacco nem ico, benché in questo caso il nosir<> compico non si riduc<-sse che a fare qualche scarica di allarme seguita Losto da. una r'1pid'1 ritirata cnrro la ridona. Ma da fare vi rimaneva sempre. B.isognava disporre le vedcue ne.I luogo migliore onde potessero vedere senza esser vedute evirare sorprese. Vigilar sui soldad. Rendersi conto d'ogni rumore. Avvertire le rido ne dei fuochi vaganti ndl' oscurità ccc. ecc. lnsomma ,m complesso di cose che ri davano bene il diritto di crederti qualche cosa di piè, di un semplice capornl .maggiore. lnfutti non dipendeva da noi la sicurezza delle rruppc addormcnmtc nella _fiducia del nostro servizio? O no tti oscure conlc l'anima d'un cannone, o notti argcnt-atc dal plenilunio, come vi rimpiango!

Come mi parranno scupidc è ser.iza scopo quelle passate fra due candide lenzuc)la d'un soffice ltno, ln confronto a quelle chè la natura mi offriva con la rcrra conqui· srnrn per giaciglio, con una p'icrra secolare per (uscino, col Mrmarnènco per copcn:1! 1'

E riguarda con compiacimento la terra che egli ha contribuito a conquistare all'Italia: Anche se brulla, anche se di un' uniforme monotonia, ri sembra più fenile delle nostre pianure lombarde e pica sorridente dei nosui paesaggi rivier:JSChi. E re la sentì Lua, come se tu solo l'3.vt-s.si conqu:israra. Lavcrvi sfidata la morrc.. l'avervi veduto cadere vicino il compagno dopo un grid,o straziante di dolore. il vedervi le crocee sanguinose dd nemico fuggiro, risveglia in fondo al cuore l'isùnco egoistico della proprietà. E il

fenomeno è generale. Ho sentito esclamare più d'un soldato. «Noi l'abbiamo presa e la doni:uno all 'Italia!• È il dono dei figli alla madre. fotro di cuore è senza rimpianro" .

Ma di fronte ai nemici uccisi gli si muove in cuore la gentilez:m deUo spirito garibaldino: Ieri visitai il campo di battagli.a prima che la compagnia comandata terminasse il

lugubre servizio dd seppellimento. Ne conservo ancora vivido e nitido innanzi agli occhi il macabro spc1tacolo. Nessun cadavere innan1.i alla nostra ridotta, ma davanci a quella del I battaglione, oggetto del più feroce ed ostinato assalto, era ben altta cosa. La maggior pane crdnO fori ti in seguilo ai tremendi effetti dell'artiglieria e giacev-dnO a terra a gruppi in w1 caotico aggrovigliamento di membra ... Ogni fucda :tveva un'espressione. Alcuni conservavano anche dopo morù il ghigno feroce di belve assetate dd nostro sangue, altri ridevano rnosrrando i denti biand1i è foni: d1i aveva i lineamenti screnamence composci t chi infine, cd erano i più ribuuand, aveva gli occhi srrahu1-1.ati dalle orbite per il supremo spasimo della

terribile agonia. Le fosse sono state scavare alle falde del Mergheb, e in esse, capaci ciascuna di c inque o sd corpi, vcniv:mo ... precipicari dcnrro .. . Poscia quando l:t fossa er;t compierà la rcrr:1 pietosamente Ji ricopriva. Sono ritornato ben rristc porcando meco l'incancellabile impressione della forocia umana che feconda con il sangue ed i cadaveri le terre conquistate per l'espandersi della civi ltà. Strano pensiero nella mente di un soldato cht vi ha prcsmto volontariamente il braccio e che coscienten1cntc ha rivolto, quasi con gioia, la bocca dei propri focili su quéi corpi ... Scrano e conrrastantc con il desiderio insaziato di nuove l6rtc e di nuovi aspri combattirnenri! Anche J~ banaglic hanno il !oro fascino:•.


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Contradd izione forse pi,, parvente che reale, perché solo in quel conRirto di scnrimcnti si afferma la superio rità morale di un popolo degno e capace di domin io su territori di pi,, bassa civiltà. Venne la grande guerra. I:Arrighi ritornò sono le armi allontanando da sé la possibilità d i farsi esonerare come ferroviere. Gli pareva c.he «ogni uomo sano e giovane che non sia soldato, debba sentirs i molto inferiore al più umile e ignorante contadino che in questo momento arrischia la propria esiscen?.a sui e:1mpi di harcaglia». I:antico caporal maggiore (in Libia gli avevano restituiti i galloni) divenile sergente; fu promosso poi aspirante , sonocentntc, t~ncnce.

Dopo un breve soggio rno a Bassano passò col su o rcggimen ro nel settore di Mo11· falcone. e trascorse gli ulcin1i mesi della sua nobil issima vita nei feroci combattimenti che fra il 'I 5 e il ' 16 divamparono sulle p iccole alrure di quella città. Vita d i trincea, bombardrun enci, combattimenti accaniti, miserie e sofferenze inlinire. Nla in rucro t~ascorre u na forza indomabile, che non si disperde n1ai nell'orrore e ndlo squallore di quella vita. Il pensiero della guerra, della vittoria e d el fine m ilitare grandeggia su ogni altro suo pensiero privaro. È una for.<.1 compressa: attende d i momento in momento di scattare oltre le barriere e i reticolati nella corsa ddla vittoria. «Nel nostro calendario no n vi è che un solo giorno d i festa: quello della vittoria!» La frase magnanima è pro• nunciara nel pieno orrore della guerra. S'aggrappa con p iù tenacia ai suoi conviucimenci e ai suoi ideali di soldato, mentre lo sforzo nemico è inceso - come sempre in guerra - a provocare il distacco del s ingolo dal tutto, a suscitare il pensiero della personale salvezza. il senso egoistico della particolare soffèrenza. Quando nell'ottobre ' 15 la sua brigata, dopo aver combarcuto con valore ma co11 poca forruna, è respinta sulle sue posizioni, egli piange d i rabbia: gli sale su dal cuore l'odio pcl nemico: (26 ottobre ' 15). Siamo rimasti nelle vecchie pos izioni dopo aver conquisr:110 per tre volte e ,cnute per un' intera nonara quelle nemiche! Ma che potevamo fare? Sono .stati c:ompiuri atti d'w1 eroismo antico; d'un~cpica grandeaa degna di .storia. Un capitano d'a.rtiglieria, che seguiva le azioni da un osservatorio ha detto che assalivamo alla giapponese!. .. li nostro colonnello, ferito, ha guidaw con coraggio leonino e sereno sprezzo della morcc, i tre anacchi che ci hanno sempre portato alla riconquista delJa maledcrra quota .. . Dei rre comandami di banaglione, due sono rimasri sul campo, uno è ferito! Non mi sarei mai immaginato di ripi<-gare di fronte a.gli austriaci! .È la più gr.uidc vergogna della mia vita! Co11fesso che ho pianto, pianto di dolore, d' umiliaiionc, di rabbia impotente! ('.,omc mc gli alrri ufficiali hanno pianto; lo stesso colonnello non ha potuto nascondere le lacrime di &onre ,ii gloriosi soldati, tenue avanzo del suo bd reggimento. Quanti vuori tra noi1 Q uanti cari colleghi per sempre scomparsi! È ciò che abbatte, che addolora! Non siamo un popolo guerriero è noi! Troppa la sensibilità del la noscra an11na.


éli

austriaci rt~pondevano con risa beff.ude. sataniche al l:uncnto d' un nOSl'rO ullìciale ferito sui loro reticolati, uccidevano col calcio del fucile i nostri feriti. deprcclavano comeavvolroi i corpi dei caduti! Li abbiamo visti, C'Jpisci?Tutti li hanno visti. Bisogna che l'òdìò nosrro cresca cn:sca. divampi furibondo, insaz.iabilc come il loro. I nostri fanciulli debbono apprenderlo coi primi dementi della loro cduca1.ione! B.isogna rrasmerrerlo cli generazione in gcncr:tzionc come la gloria dei nosrri

padri! Ciò che è austriaco deve esser ba.odito dal nostro suolo, reietto, oppresso. Sono indegni di vivere. Per tre volte hanno tirato sui nostri porraforiti, che, secondo le règolc della convenzione, andav:ino alla ricerca dei feriti''· Ma nel maggio del ' I 6 ha la rivincita. Il nemico, travolta la rcsisrcnza d'un reggi• mè.nro di cavalleria appiedata, sca per irrompere a Monfalcone. li reggimento ddl'Arrighi, che appena da due giorn i era sceso a riposo. accorre di rincal.zo e riconquista la linea. AIJora prorompe la gio.ia c l'orgoglio di corpo, e nulla gl'imporra se il sospiraro riposo vien meno e ìl reggimento deve restare di presidio nelle trincee: (20 maggio ' 16). U mio banaglione da quoi, 87 era passato il giorno avanti in seconda linea a Monfulcone. Anche qui piovevano granatoni su granatoni accendendo veri jnccndi che illumin:i.vano sinisrramcntc l'agon ia dell:1

già morra città. Rannic·

chiati sotto i ricoveri, :.trtcndemmo tutt:t b none b chiamat·a che intuivamo vicin~ e. incvirabile. Si ce1n,-·va che J.1 cav,Jlleria non reggesse. Non ci travamo ingannati. A noj l'onore <li cacciare l'u,v:tdcntc ncn,ico e riprendere le perdute trincee! In silenzio, sot· to l'incessante pioggia di ferro, sfiliamo rapidi nei lunghi e tortuosi camminamenti. Qualcuno cade. non vuol dire, avami lo stesso! Mentre al viale dei platani sostiamo p<'r raccoglierci, mi si ordina cl; assumere subito il comando della tersa sezione mi• tragliatrici. Riprendiamo b corsa a annosa verso il mare.

Siamo sul posro! Poderosi Stabilimenti addcnrati dalle gr.rn.>te mosuano dalle immense ferite le macchine ff1odernissimc e le inrcrnc artrt-Lzaturc rone e contone. Ciminie re altis· sinlc e su·o ncatc. impaf~uurc cr-011:.uc e divampanti. ln mezzo a quesro intrigo di F.tbbrica1i di binari, di macchine: faue per dar vira, gli uomini ora si uccidono con rabbia feroce. Gli austriaci s'insinuano d•ppcrtuiro e avanz.ano, malamente troncnuti dai resti di qualche squadrone. JI ban,iglionc s i ferma per orientarsi. Poi duè compagnit restano in immediato rincalt.o e le- altre <lue con le baionette innascatc proseguono. lo le seguo con la sec,donc someggiata. Si aprono a V: la I G• sfila di corsa a destra, la 14:t a sinistra. I capitani bravamtntc in tt'Sta comandano. urlano gridano nd mrbinio <ldlc pallottole. li nlaggiore, oggi m<'raviglioso. mi chiama, mi pianta gli <>echi in fuccia e dice: • Lei mi spauJ il terreno di fronrc cL1. una posizione domin:-\nre ccntrnlc" e mi addira proprio il cndcmc srnbiJimc.nco. • Ha capito?1+ «Signor sì!>t Mi arrampico per una scala, affaccio le am1i a due finestre slabhrace del fubbricato e giù uno. grandinata sui cappottoni 37.i,urri che si muovono poco lonroni. La mia soddisfazione ha breve durata. Come prevedevo la sezione è stata subito facilmente individuata. Un sibilo, uno schianto, altissime urla! Una granata, sfondato il muro, è scoppiata a die.:i merri da me, las.cia,1domi mìracolosamencc illeso, ma frantumando 1a prima arma t uctìcltndo o ferendo tutti i miei poveri soldatini che la manovrava... no. Alrri ne st-guono. Sono costreuo a lasciare in1mcdiaca.mcntt la posizione per non esporre il rt.-sco del la sezione a .sicuro sterminio. Ma già, st.·rrati dalle nosrrc baioncrrc,


Spirltl militari

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i nemici s'affrettano ad alzare le mani. Sono più di c.cnto con cinque uffici31i e due mitragliatrici. La trincea~ riprcsat un pezzo <la 7S riconquisraro, parecchi prigionkri

C:l\'allcggc:ri liberati. Un fonogramma ci porta subito l'encomio <lei Comando di sonosertorc; siamo e.~ii canti, ebbri, srorditi. Ma non è finita. Quorn 12 non è scata ancora riprcs,a. Arriv:tn() sollecirnmcnre rinforLi. Si sgombra.n o i fori ci. La bauaglia si

riaccende furiosa spedalmcncc sull:1- sinistra verso le 16. Oa quora 121 vediamo gli ausrriaci scendere all'attacco di quota 93. Anche lassù la cavalleria ha momcnrancamcnrc ceduto; accorre il nostro rcr-1.0 battaglione richiamato in frena da San Polo cd Ubreve succcs<o dd nemico volge prcst0 in nostro vantaggio, lasciando un altro centinaio di prigionieri. li 16, I 7, I 8 e I9 attacchi e bombardamenti di minore violt nza e intensità. Siamo tuttora a presidio delle sconvolte trincee, perché la c-.1vallcria e srata ritirata tutta indietro pe.r la necessaria riorganizzazione, sa.Ivo qualche: squadrone meno prov3c·o. È così circa un 11""1esc che siamo in prima linea ed sentiamo stanchi, rna. se vorranno pa.ssare. dovranno prima ucciderci fino all 'ulrimo"1•

Di questo suo carattere militare fuceva ingenua pompa con la fidanzata. !;incoraggiava e l'ammoniva con l'esempio dei romani e delle rom:ine educati «gli uni per combattere, le alcre per incitare e sospingere». Ma il sogno d':1more occupava le vigilie di trincea del morinuo. Vedeva come in un miraggio l'amara:

lo sono pazzo - scriveva - cd una gr:mam scoppiandomi vicino, sembra mc lo urli in faccia: quando ti scri"o, dileguano dalle mie pupille le atroci visioni e non vedo che re. amor mio, sempre piu bella, s<:rnprc più desiderabile .. . J proiettili, Stasera, mi sembro .s'avventino con n1aggior ferocia e ironia dd solito. Nlinacciano la morte a chi vuol vivere, a chi ha sete di amore. li ciclo è sereno, su . . pcrbamcncc scd l:no; una brezza micc incr<..--spa le onde caJmissimc come .se volunuo .. sarnenre fren,cs.serQ sotto il bacio pieno della luna! Quanta dolcc-aa serena scende su quesrn t'<!rra rossa di sangue . . .

Il ruo R.iego ti vuole bene, <anto bene; e il cuo an,orc lo protegge. ln sono tranquillo, vedi. non pavento né sfuggo le fuwrc battàglic:, solo mi preoccupo di compiere cosde.nziosament·c il mio dovere.

Ora, menrre for~e tu dormi, percorrerò la linea perché nessuno si addormenti, e tutti vigilino fi110

all'alba..1 sempre pensando a reu.

Il sogno d'amore non si compl. Riego Arrighi c':l.dde il 4 luglio 1916.


I, A. Otl Fn,,1<0, J>, 28. 2. Inediti). Sui fnrtlli Clpocci cfr. $Op1".l, p1>. J7.. J8.

,3. U,uri di glorid, Epmolll'fiq d,' un~- l~tmr Jr/ 1in. Angdo CamjJ()(f;miro, Genova l9 IS, p. 35. Il Campodonico ~r:a n:bo a Ccn(r.-a il 21 om1h,e 18?5. mori a. (~ nc\•UZI il 2S :aprile 19 17 . .f.p.63 5. pp. 47.48. G. p. G5. 7.p.82. S. pp. 6S,66. ?, pp. 75•76. IO. p. t,i8. 11. pp. S5-56. 12. p1>, ll-26. 13. L d. S.• p.A.20. Akt.tnt letCI'.:«" tlcll'Arrighi son riprodmc~ in J.ml'n' rmtimoninttu dd ftrrr,,•Ur, ttuluti p,r Lt Pntria, J:ir.:nu 1921. pp. 124 sgg:. (lvrr.). Q~ta.sillog(> (' sr-Jct mcs.<a imienw dal comm. ,\ Schia\•on é da i>iero J.thicr. 14. p. 411 . 15, p. (25,

16, pp. 428-429. 17. p. /424. 18. pp. 42?•30, 19. pp 443-14. 20. PI' 4/49.50 21. pp 454-SS.


V. I fratelli Garrone

Ma, anche se sfavillò qua e là, non fu lo spirito guerriero, allo staro puro, quello che cacciò l'Tcalia nel conAirto. In Italia nessuno avrebbe affermato. come il Kronprinz di Germania poco prima del '14, che due cose belle ha il mondo: la caccia e '3 guerr.i.

In un vastissimo rratto della nazione il ,noto per la guerra fu più vasro e complesso: la guerra parve una necessità a cui bisognava adeguar l'animo per l'affermazione d'un ideale e d ' un diritto enrro cui viveva e si giusrificav'3 il senso iraliano della patria. 'Jàle idealismo poté corrompersi e divenir triviale nella propaganda giornalistica, inrorbidarsi di fu lsific,v.io ni retoriche e d ivenire imbelle e faruo nd falsi aposroli che qua e là si levavano. Ma nelle lettere di ch i combatteva, di chi vi poneva la vita, risfuvilla in tutta la sua sincerirà. Si difende una civilrà: qualcosa di co-nnaruraro all'animo, per cui è bello soffrire e morire. Non bisogna dimenricare la genesi d i mie animo. La guerr.i tedesca nel suo prorompere aveva susdcato l'impressione delle invasioni barbariche: d'una brura affermazione della forza d'armi a<.~ociata con u na brutale ragion policica ed economka: tutto doveva cedere ad essa. Nel '70, non ostante la politica del BL~n,arck, la guerra rcdesca era rientrata nel quad ro delle guerre nazionali, delle parric che si ricostituivano. Nel '14 nulla di rutto ciò. Era al più l'affcrn1azione d' una fisiologica crescenza, d'una meccanica espansione che voleva tutto schiantare, come un rorrc.nte devastatore. Avendo dato i tedeschj alla loro guerra, specialmente per l'alleanza austriaca, questo fosco carattere utilirario-econom ico, non avendo saputo circonfondere la loro bandiera di wia luce ideale che avesse ascendente anche nel crunpo avverso, che desse al nemico il senso della sua inferiorità, d'un minore diritto, d' una più languida fede, avveniva per contro quel processo che proprio il genio d' un poeta ted<:sco avev:, rappresenrato in un dramn ia fumoso: dei tranquilli montanari svizzeri, che alieni da ogni passionè politica, ubbidiènci e disposti a ubbidire, a poco a poco sorro la dura tirannide, dalla poesia della loro vita pastorale. dalle tradizioni dei padri, dalla religione del focolare traggono un ideale di patria, e gli si consacrru10 col giuramento del Gri.id.i, Aweniva così nel resto d'Europa e in Italia special.mente. li patriotcismo si risvegliava, anche in chi era alieno dalla politica, su dalle forme cU vira quotidiana. dai convincimenti


più profondi, che, come l'aria che si respirava sono d i solito i meno avvertiti. Tutti si chiedevano se fosse proprio vero che il patrimonio comu ne dell'umanissima civilr.à europea, le forme d i vira, gli ideali, i cosn1mi d i cui e in cui si era fin allora vis.suri, dovessero CS$ere brutaln,ente aavolà, se i liberi popoli d'Europa dovessero essere ancora ogge.cco di sparàzione e di conqujsta; se nel dilagare della potenza tedesca dovessero scomparire le vecchie parrie, rin neg:usi i sog,1i e le fedi che le avevano cosci ruite, le loro libere vite, e, in lralia, dovesse scomparire quel se.11C.i mento umanitario, quel sacro rispetto delle anime, che come soffio di primavera aveva nel Risorgi mento ridestar.o il vecchio popolo iralia no. Essendo i11 gioco quesra sostanza spirituale, la patria era in pericolo. Nel rischio di queste forme di vita maturate nel corso della storia, e accettate come cosa ovvia, non ostante tu rei i presupposti e le pre-•enzioni rivoluzionarie, molti sociali-

sti ritrovavano la parria e con essa si riconci liav3no. Sorgeva cosl anche quell'antitesi di forza e di d.iritro: che, 1nale imposrar.a reoricamente, fu tediosa durante la guerra:: ma in cui sarebbe ingiusro disconoscere un ,nocivo di verità. La cruda ragione dd forre in armi, non era che un'applicazione tcdesC'.tmcnte pesanre d'un principio storico fuori della sua sfera. La degnirà storica, immanentisrica, che la sroria è creata dall'attività operanre, non dalla conrcmplazione trascendente; che da ques(cncrgi;i opcranres·irradia il dirino, non può essere us-ara cornc rivcndkazionç anticipara di dirirro. Non sì può anreporre il giudizio storico alla propria opera con· CJ'Cta, affetmando: , io sono la forz3•; neanche da p:trce di un organisino militare. Ché

la forza storica opera per mille vie, e vie arcane. proprio come quelle dell'antico dio biblico, c he esplicava la sua possanza per mnno del giovinetto Davide, o nella stolrezza della croce. Era quella redesca u11a degenerazione dd concerto immane,uistico in una

m.cccanica brura, n1:Heria1isdc.a. Per corrispettivo e per anciresi nacq_ue il senso ddla civi ltà minacciata dalla violenza e reagirono ruttc le acrivirà, rune le fedi, che, non prontamcnre mobilitabili con1e un escrciro, r:ran tuttavia for1.a viva crearricc di storia. L1 Germania militare commerreva l'errore dell' avaro che considera ricche,.za solo l'oro ammucchiato nel forziere: considerava forza solo quella mobilirata in barraglioni, solo quella accentrata incorno all'asse della d.isdplina milirare: e non considerava forza quella invescira nelle innnire vie dello spirito. Era vittima del mito ddla forza organiz.-,ara, miro che brucia o rinnega tanta parte della vita spiriruale, da cui pure si continua e dalle cui fila si riprende il vasto arazzo della scoria umana. Povera, non osranri i grandi progressi tecnici, di fasci no ideale (ché la sua grande epoca d i culrura era passata), povera di doti d'assi1n ilazionc, di quella potenza con cui Roma avvinceva lo spirito del grande storico di t>1egalopoli, e la grande rivoluzione crae,,a i popol i nel suo solco, la German ia osava tentare la grande impresa del!'egemon ia. Nella coscienza dell'impossibilità di vivere in questa egemon ia. enrro la pace tedesca, si risvegliò il partiotcLsmo italiano.


I fo1ulli G11rro11r

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Patrk>ttismo che converrà distinguere dal naz.io na.lismo, anche se i due tcnnini, e no n i termini solo, ma anche i concreti indirizzi. per buona pane si mescolarono e si confusero. Rimase rurravia w1a divergenza profonda che doveva rivelarsi in seguito. Mentre per il nazionalis1no l'idea d ella nazione è assolura, chiusa. un idolo che cucro chiede, e in cu i tutco deve confluire, l'idea della parria invece, specialmente per eftèno dei grandi movimenti europei del secolo scorso, è risolvibile in w1 concenuco ideale, ,u,iversa!e, nei ben i che ci garantisce, nella sp-iricualicà in cui si celebra, nelle istitu2io 11i in cui si poctnziano gli uomini, insomma in w1a sc:rie di ragioni ideali e di tradizio ni scorichc, che posson consentire la coesistenz.~ di altre pacrie a fianco alla Patria, d i un patrinlonio co1nune di civiltà con altri popoli. in u n'en1ulazionc con es.si che non sia necessaria.mente contrasto e conRino. Era quesco il recaggio del lvfazzini propugnatore ,d ell'alleanza dei popoli, di Garibaldi soldaco d 'ogni pat1·ia che s'affermasse, d i quella collaborazione di simpatia con cu i i più nobili spil'iti europei avevano accompag11aro il Risorgimemo: ed in parre era anche CQllseguenza d' w1 aspetto <"rrolico, nel miglior senso della parola, universale del popolo italiano. rc~pugnante a cupi fanatismi nazionali. La volontà di guerra perciò nei nosrri migliori soldati era qu:,si sempre mcdiat~ da questi motivi idealj, s( giustificava in un'aspirazione a u na migliore giustizia fra gli uomini di p iù clevaca civilcà. Che poi raie spirito fosse d eluso nella conclusione della pace, che non avesse u na capacità pol itica per affermarsi, né una cecn ica abilità per risolvere canti grovigli di nazionalid intrecciate, di nazionalismi esasperati dalla lunga guerra. non e cosa senza antecedenti nella storia. Un secolo prima il congresso di Vienna aveva deluso le forze nazionali, c he pure aveva no fiaccato Napoleone. C iò non escl ude che questo andito verso le ul time dee superstiti, Gius,;zfo e Libertà, fosse un impulso potence della nostra guerra, e non un'impostura di giornalismo mendace. V'è un epistolario, quello dei fracelli Garrone. che può considerarsi il documento più elevato e pi,, nobile di questo delicatissimo senso della patria. E ciò che palpitò in animi infiniti della gioventù di ciò che guerra, ad akri balenò più confuso, pi,, torbido, conflittl> con altri desideri, con alcrc passioni, ciò che fu incravL~to più che veduto, nerce1.1., raggiunge nitida di contorni e trasparenza cristallina nel la volontà senza è~iranzc. nella dedizione sen1.1 riserve dei due gloriosi alpi ni d i Vercelli. l e loro lettere rimarranno tra i documenti più rappresentativi della guerra icaliana. Erano

r due

figli maschi della famiglia di Luigi Garrone. professore nel liceo di

Vercelli. Giuseppe, il maggio te, era giudice al tribunale di Tripoli , Eugenio, il minore,


era primo segretario al n1inisrero ddl'isrruzione. Giuseppe (Pinorro nel dimi nurivo fu. miliare) era di rempcran1cnro più energico. irruente, austero e rigido con sé per avere il diritto d'essere esigente con gli alrri; mite, lievemente malinconico e conrcmplarivo Eugenio'. J.:uno guardava all'alrro con tenerezza e con ammirazione. come a un compleramenro dj se stesso. Dopo la pl'ima ferita riportata al Pasubio, Eugenio descrive ad u11 amico l'accorrere del fratello al suo lerro. È il trascorrer d'una meteora lum inosa di forza e d'eneq;ia. (Vercelli, 24 ocrobrc ·16. al don. Beppe Rcina). Sai chi venuro per poche ore a. vedermi? Pinotto: predpiraro giù dal Rombon. nero, sporco, ma con gli occhi pieni dclb bianca serenità delle Alpi nostre. È venuto cd è ripanito lasciando qui nell'aria, piena ora di un sottile profumo di lana greggia, un'eco dello sua bella e balda giovinezza, coscicntl.'lncntc e signorilmente burrnta fra i pericoli della guerra e quelU della montagna, per la nostra Italia. Sai che ha conquistato ai nemici il /..1omasio, con un'ascensione che rcsrcrà fumosa ntgli annali dell't-scrcito e dell'alpinismo! lddio lo protegga sempre!'. Pinorro a sua volta si commoveva a pensare che il suo mire fratello. trasforiro in F.ul!eria, era impegnato nelle furibonde lotte carsiche. (6 maggio ' J7, al padre). Caro 11 mio Eugenio: che anima bdla, che anima grande! Perché non porerrni addossare io tuni i suoi pericoli. rune le sue solfercn7.c, per conservarlo alla vita, così come er-J ora, come l'avcv:uno per ranro tempo desiderato, come temevamo di non rh•t-derlo mai più: co,1 gli ocd,ì limpidi e chiari, bello e forre? Credi, perfino per il passaggio in fontcria avrei sofferto meno per mc che per lui: perché in lui la spontaneità, il sentimento, che domina con tutta la sua bcllez,.a, con rutta la sua frc.-schezz.a: in mt il so,)o ragionamento con là sua logica forrta ine.o;orabile, che S~lrn, lo ammcrco, non meno fonc nei ~uoi l"ffcni, ma ranro ranto più arido. Per qu~ro io finisco per .,;offrir meno di rnrro, sempre, e nel mit) desiderio non c'è in fondo che un fondo di egoismo: mi dànno maggior dolore le solfèrenze altrui che le mie'. Erano stari turti e due riformati alla leva: nell 'esercizio dell'alpinismo ci cosriruirono la gagliardia lisica che li assisté in guerra. Se fosse durata la pace, sarebbero stati due di quegli uomin i che negli uffici pubblici, co mpiendo rigorosamente il proprio dovere, esigendolo dagli alrri, resistendo ad ogni ingiustizia, risanando l'aJnbiente in rurro il raggio della loro azione, fan s1 che corpi, amministrazioni, tribunali, costituiti come tutte le cose umar1e da uomini frali. e non né tutti pronti al martirio, pure si levino alti nella stima pubblica, e diano il senso della sanità d'un paese. Sarebbero stari insomma due di quei pochissimi giusti in grazia dei quali si dice che lddio sopporti il mondo. L1 guerra mutò il loro t·:unpo d' azione. Al primo annunzio della guerra europea, già nell'agosto' J4 Pinorto cercava il reparto io cui combatter come volontario. Sperava nella cosritu~ione d'un batraglione alpino delb Sucai esi offriva pronro. Non aveva dubbio alcuno sulla parte di Maramaldo.


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M3Jcdiceva però a chi si era assunto rinitiariv•.i dc.lla gucrrn.

(fripoli, 1' settembre ' 14, alla madre}. Giorni fo giunsero qui notizie da fur rabbrividire e far maledire anche più la leggerezza coo cui l'imperatore Guglielmo, nella sua presunzione e superbia sconfinata, ha scatenato tanto ff:1geUo e tanta urina sulla povera Europa. «In nome di Dio!• egli continua a ripetere in tutti i suoi di.scorsi. in tutti i suoi procb mi, in runi i Suoi telegrammi; ma credo farebbe bene a non bestemmiare tanto. Vero che per ora le sorti della guerra pare gli siano benigne, ma chi sa che, pri ma rivederne la fint.·, la sua superbia non ah .. bia a subire un qualche colpo rremcndo, che gli faccio provare la giusrizio di un Dio, che esiste, sì, ma non foggiato e 1>lasmato come egli credeva per i piaceri, i comodi e le prcpore nzc della Germania' E che bel giorno poi sarebbe quello in cu i anche noi potessimo concorrere in ,aie opera di giustizia, assalendo quell'Austria maledetta che tanto male ha fatto cd ha cercato di fare in questi ultimi tempi ai nostri Fratelli irredenti'.

Ma ormai alla guerra bisognava conuapporre anin10 virile: accettarle fino in fo,1do per la restaurazione solida della pace europea. Alla madre che quasi presaga delle sua sventure sognava che la guerra potesse chiudersi nell'autunno del ' 14, Pinotto rispondeva per apparecchiarla: ('lì-ipoli, 9 settembre ' l 4}. Nelle tue lettt're accenni alla spcranz.1 che si possa presto conchiudere la pace. t: un sogno, cam la mia mamma, specialmente dopo l'accordo delle potenze della triplice intesa di non venire a patti con gli stati tedeschi se non collettivamente. Nè forse sarebbe desiderabile! Non è qucsra una guerra diplomatica, ma una guerra di popoli e di raz,e che deve per forL:l finire con l'cs,,urimcnro completo di uno dei due gruppi. Una pace conclusa prima non potrebbe es.sere duracura ~ proficua: sorcbbe una semplkc rregua che gli Stat i firmatari penserebbero di rompere nell'ano sresso dclb loro sottoscrizione. 1roppo bisogno hanno i popoli europei di un lllngo periodo di rranquillità e di poter pensare a spese ben più produttive di quelle militari per ritenere possibili dei me<,zi termini e delle me;a.c misure. Sarà però una gue(ra lunga assai che prostrerò i vincitori oltre che i vinti e a cui noi per forza di cose non pou·emmo cerco sourard. È impos.~ibile che nel giro di lunghi mesi non sorga quella provocazione che non sembri troppo un pretesto (chissà fino a quando noi saremo quelli della politica delle mani nette!) indjspensabi lc per trascinarci nel conAinol.

E ripete,•• al padre: (Tripoli, 9 serrcmbre '14). Tante grazie, caro Papà, della tua lettera. Come capisco cutto il tuo strazio per qucsra guerra orribile che si vorrebbe combattere in nome di Dio e delle più alce idealità, cd è invece la disuuzione di ogni principio di religione, <li ordine e di morale? ... Fon una che l'idea della patria ha la forza di id<."al izzarc, per gl'individui, ogni azione, ogni gesta: il sacrificio riesce così meno grave e può in certi cru;i apparire persino !,elio e desiderabile. Se non fosse così, sarebbe uno strazio senza nome '.


~e.r un momento ammira la risolut<."1.Za di una signora tedesca da lui condannara per aver diffuso armi fra gli ambi. Prova quasi rimorso d. aver dovuto colpire un così intrepido patriottismo' . Ciò non bnpedisce che per lui la guerra, come per Omero, sia un delirio folle. il pano Ares. (Tripoli, 1 I aprile ' J 5, all:t famiglia). Questa guerra non distrugge solo virc, SO· sranze-. città, ma gcrca l'anarchia ndlc idee, semina oclii .senza fine e imbestialisce

gli uomini. -È come un vemo di follia che pervade oggi l'Europa dai palazzi delle famiglie regnane i ai più umili cugurii; solo cosl si può spiegare lo scandalo come ben (Udici, che ha provocato l'idea di pensare fin d'ora al modo di temperare gli odii dei popoli ora in confliuo. Ma 11011 ii dcvi stupire: fin che dura la guerra /: logico, è umano ché sia cosl'. Pensa agli alpini meravigliosi a cui egli si è vocato e l'assale ,mo sgomento: (Tripoli , 11 aprile ' 15, alla fa,niglia}. Ma che pena il pensiero che proprio la gioventù pii, sana e più forre dchba sacrificarsi per la grandc22a della patria! Perché la gucrr:1 non è invece un mc-1.1.0 di ~liminaz.ionc degli d cmtnti più vili. più deboli. pili codardi? Pcrd,é la vira nella sua dura realtà d,·vc sempre presentare di q uesri conrrasti cosl ripugnanti all'ordine logico delle cose? E c'è chi osa trascorrerla runa, passando di lcggcrec,a in lcggerez,,a!•. Ma non rilutta, ormai egli si è interiormcnre trasformato: Pcoché ormai mlii quelli che dovr.mno servire l'Italia come soldati hanno già subila la crasfom1:12ione più difficile ad c,pcrarsi nella generalità degli uomini: l'adattamento ad un:t sirnazione di cose che imponcrà la rinunzi:1 :1 rutto il passato per un awtnire pieno di paurose inccrrer..e, di priv:r,i()ni. di sacrifici. u possibilità dell'azione fu riprendere in modo meraviglioso la sicurc,.za e la fiducia in se stessi, ohrc a quel senso di fatalismo, al quale, più che al sangue Freddo, dobbiamo la maggior parre degli eroismi'•. L1 guerra lo accanaglia ancora borghese, mentr'è presidente del tribunale di Tarhuna. Bande d'insoni accerchiarono nel maggio ' 15 il presidio e ve l'assediarono per 40 giorni. li Garrone -andò a parlamentare con gl'insorci: senza nessun frutto. Rifiutò Ll salvacondorro che essi, d1e lo srima,•ano per la sua giusrizia, gli offrivano perd1é rienrrasse a Tripoli. Volle divider le sorti del presidio. Partecipò alb disperata sortita con cui le eruppe si apersero la via, alla dol<>rOsa anabasi nel deserto, sorto l'incalzarddle bande: solfrl la f.unc e la sere atroce, e riporrò due ferire al bracci<:,. In una lettera ad un amico descrisse quella u-agedia coloniale, e il sacrifi1.io della bar· ceria da montagna con cui ripiegava: i soldari che non vogliono abbandonare i cannoni affidandosi ai garretti dei muli, e difendono a colpi di baionena i pezzi in pericolo, i feriti abbandonaci nel deserto, e l'animo forte e insieme disperaro nel rovescio. La prima visione ch'egli ha della milizia è queUa del sacri6zio" .


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lnranro il fratello Eugenio viveva con ca ndore <li fan ciullo la crisi dell' intervento. Scriveva alla sorella Maria: (Roma, 30 aprile '15). Tu sapessi come vi penso in quesrc ore angosciose di attesa men ire rutto rt•ndc oramai ad un solo scopo rrisre e doloroso: la guerra! Si vivono momend di ansia indicibile: le anime nostre si cercano da lùncano in un affannoso bisogno di s(·ntirsi vitine e strette: ncWor-a dd pcr'icolo grande a cui ci si pH:para intimamente. come a un rito sacro e soJcnnc. Siam() forci e speriamou. Poi si rasserena nella sua ingenua e candida fede irrt:dendscicu fioritagli in cuore in una non lontana visira alpinistica a Trento, e lo assafo come w1a voluttà di sacrilizio. (Roma, 6 giugno '15. alla sorella Margheritina). lddio ha riservato a noi, seconda generazione di chi ha lottato per primo per J'uni6cazìone santa , dall'Alpi • Sicilia• il grande momento di vedere compi uto ii sogno italiano: e ha riservato• mc la gioia di poter vivere questi giorni sorretto dalla forza di tante persone care, che da un primo sbigottimento più che natura.lC' si .sono rialz..1.tc ndl'cnrusiasmo profondo che vibra in ogni anima bella per l'idc.•a sanrn che muove questa vecchia terra d'eroi .. . Come li ricordo. Margheritina, quei giorni indimenticabi li del Trcnrino! Ogni brivido d'allor;1 mi si riscuote ndl'animo con vibrazioni anche più intense ... Quando il mio giorno sarà venuro, se il sacrificio della mia vita fosse necessario, ben venga quel giorno, che so mi troverebbe sempre uniro a ,•oi. Chi guida e re.t;ge i nostri destini? Dio alto e poteme che protegge i buoni". Chi gU fu vicino nei giorni del maggio'] 5 gli leggeva nel volro la volontà d'offerta". Le due tèrice riporcace co11sentirono a Pinorco d 'aUonranarsi dalla Libia: cosa che altrimenri non gli sarebbe srara concessa, pe.rcbé era furto d ivieto ai cittadini merropolirani di lasciar la colon ia. Rinu nziò a parte ddla licenza di convalescenza. Nell'autunno del 1915 era ufficiale a.Ipino di milizia tcrriroriale nelle valli del suo Piemonte. Gli par di ritornare ai campeggi sucaini: ma qualcosa è in lui mutaco: gli brucia den · ero w1a passione che lo aavaglierà per cucco il resto della sua vira: quel senrire sempre, dopo ogn i fatica, ogni rischio, che ancora il dovere non è compiuro, si da divenrare implacabile più ancora con sé che con gli alcri. Alpini reduci dalla fronre sono assegnaci al suo reparto. (Chaz-Dura, 21 novembre' 15, alla famiglia). Vengono nmi dal fronte e ,uni portano ancora la traccia del la vita dur:1 facicosa che hanno fatto in questi ultimi mesi; e<: ne sono con gli abiti a brandelli. coi cappelli sfond ati, con cerrc barbe incolte, dalle rorme più strane e caratteristiche, carichi alcuni di oggetti colti ai nemici: tucti con gli occhi sereni e con un'espressione che ispira fiducia solo a guardarli. Come sono bcJU qutsri soldati, mamma, anche se non figurerebbero degnamente in una rivista di parata: come sono bel.Ji. anzi, appunto perché sono così! 11


Ma poi gli cambia no i soldari del plo,onc skiarori e gli aA,da no quelli che godcvan fama di ribelli. (Cbaz-Dum, 7 dicembre ' I5, al fratello Eugenio). Ieri li provai, e non mi sapevnno fare altro che la semplice discesa: fm quindici giorni dovranno essere skiacori! Li farò lavorare comò pazzi: incomindai ieri con una foga tak da cogliere loro ogni voloruà di ribellione: ricnrrarono, finita l'istruzione, in camerata, con quel riso caraneristico delle persone c he non possono più reggersi in piedi. A dirvi h verità CJO un po' srnnco anch'io ... e co n vera volun-:l mi distesi subìro dopo cena nel mio

satco a pclo' 41•

Ma se si rivolge a considerare !':an no che muore il forre alpino ha uno stringimento al cuore. (Chaz-Dura, 31 dicembre ' I 5, all'avv. Guido Cimino). È l'ulrimo dell'anno, del terribile 1915, che mntc sciagure e tanti dolori ha sparso in tutta Europa, che tanti! conseguente cragiche e ripcrcuss:ionj irrcparabiH ha avuto in fun1iglic di parenti e d"amici. Mu<>re. l'anno terribile e ci affa_cciamo ad uno nLJO\'O che si prcSl'nrn ancora pil1 rosseggiante di sangue. Un vero brivido mi percorre le ossa (non per me, m:1 per le persone a cui voglio bene); e senw il hisogno di stringermi strerto scretro agli am ici che più mi sono cari per fare loro i migliori augurii di bene e di folicid, 07• Tra le persone care che il vonice traeva a sé era anche il fratello Eugenio, che provava una lcti1.ia d i rinascira, non obliosa rurrnvia delle sciagure del mondo. (Roma. 9 dicembre ' 15, alla signora Laura Marsuzi). A qualunque età quando il cuore è giovane e l'anima sana, tutto ricomincia nella vica e ric:ominda con il senso pi,, acuto ancora delle idealità più pure''. E giubilava con la sorella e il cognato. (Roma, 29 ge1111aio '16. ai coniugi Maraghini). Vi scrivo una gran cosa: sono stato furto abilt per gli alpinì. Provo una soddisfuzione profonda. Sono felice, fratelli miei, felice, anche se qui nel cuore ho il viso lacrimoso della mamma, fdicc perché posso gridare anch' io con la tcsra alm: Viva l'lcalia" . (Roma, 16 febbraio' 16, alla sorclh Margheritina). Sursum cord,,1 Anima, occhi, tutto me stesso dentro questo cielo così bello e pieno di promcs.,c, e traverso questo ciclo, più in aho, su, in alto. verso Dio, verso uoi, verso l' lcaJia mia eh<' mi dà fremiti nuovi di vita e d*cmusiasmo. Amo e credo pr<>fondamcntc: amo voi e ogni cosa bdla: crcJo in Dio: con questi sentimenti mi preparo aJla mia vita nuova con fiducia grande ... Ho saputo che PinottO andrà pre.sro lassù: non ci penso. o se il pensiero mi si fis:~"a in lui, prego per lui con il mio più inrimo slancio, t d ico: • Piunost() a mc c hl' a lui»~'°. Cerca cli daisi il rono rnilimre e d ' irrigidirsi, mentre a M oncalieri istruisce le reclute.


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(Moncal icri, 20 mar,-0 ' 16, a Mariuccia Arullani). Entro con passo franco, la fronte alta, il viso impronratò ad una durt.·zza tutta soldatesca: la sentinella scatta sull'attenti, il capo posro mi si precipita incontro, si ferma sui due piedi e mi <là la lisra dei malati e gli ordini di servizio per la guardia, la spc~a. i pi,rn roni ccc. Rispondo a monosillabi, con energia e passo olrre~ I soldati sta:nno lavandosi in cortile, alla fontan::t: vigilo che tuuo proceda con ordine, sollecito i rirnrd::uari, minaccio di consegn:1 i pigri. lodo i pila svdLi e intanto arrivo alle cucine ... '-' .

Ma dinanz.i alle sue redure, a questi uomini alle strappati case e ammassati come greggi, prova un sencimento di tenertzz.a da buon pastore.

(Moncalicri, 19 man.o 'l 6, alla famiglia). li mio ploronc (60 uomini cirC'3) i: costituito di méravigliosi tipi di montanari della v-.ille di Su.s-a, spalle quadre, movenze lcnrc, occhi profondi e buoni, poche parole: hanno 32 o 33 anni. qu:isi runi sono OJnmogliaLi con prole. pure c'è ranra giovinezza inattesa nelle loro barhe bionde, nella loro carnagione rosea. nd sorriso aperro a voke (com'è bianc;, la loro bocca ben fornira!) d,e ci si scnrc attr.ìtri: il comando non può .suonare aspro e arrabbiato, l'ordine si muta iuindvamentc in consiglio o in raccomandazione, il rimprovero cede: davami al rapido arrossire vergognoso di rurro un viso che si direbbe di m:isso cd è invece dclic., u:o e dolce in n1tte le .sue e.spres..'iioni. E h3nno girnro il ff'IOndo parecchi: vengono quasi cutri (lj Francia, alcuni cacciati dalla fame, st altri invece spìnd dalJ'j..

dea sani:;, che ci anima ,uni. Hanno ubbidito pron•i alla chhmara, hanno valicato le Alpi. si sono fermati qualche ora a casa. sono ripartiti diretti al loro centro di mobilirazionc, Fenestrelle 6 E.xilks, hanno dormito negli umidj sotterranei dei forti per quindici giorni, sono riusciri nel sole di faccia alle loro montagne, vcstiri della grigia uniforme di guerra, il cappello con la .sacra. piwn:i buttato su un orecchio, e sono scesi al piano canrando le loro nenie dolcissime, tuisrc di parole france.si e italiane. Ora sono a Monc::alitri: la collina, tiepida e verde, .li ha come intontiri : non parlano che a voce bas..\"a, t.seguiscono gli C$Crcizì con la serierà d'uon'lini gravi di srndio: nelle ore di libertà sr.111 110 appariati e scrivono e leggono - non c'è neanche un analfabcro

-e parlotrano sottovoce come cospirondo" . Sono come sperduti nell'a111bie11rc nuovo: non parlano, riguardano con occhi dold ssimj e profondi, in cui tu vedi riAc.1.,;a ancora l'imniagine dei loro bimbi su w10 sfondo bianco di neve ... se li ecciti nel loro runor proprio di valligiani, vedi come una fiamma correre sui loro volti, quella stessa fian1n1a, che - sono sicuro - si tradurrà nell'urlo fari<Uco uSavoiait nel giorno in cui chiederò loro la vira per l'idcalè a cui ccncliamo*>. !cri manina, domenica. prima di andare a Torino, è srara una valanga di mogli e di bimbi dai quauro ai dicci anni. E mi son visto circondato a un tratto, e cento

occhi, hcgli oc<"hi di bimbi, incuriosiri, spaventati. ridenti, chiari e belli mtti, mi hanno guardato e implorato: implor,lVano il pcnnesso dell'uscita anricipara; e siccome era in mio potere il contcderlo 1 lo die<U a ttuni e feci felici parecchi: ne fui inrimamenre soddisfuno'-•.

Nel vasro castello di MonC'31icri le nore del sile112io dànno un arcano sgomenro, a lui che di fronte a ruui i pericoli avrebbe ignoraro la paura: d'una vocazione misteriosa.


(Moncalkri. 19 marzo ' 16. alla fumiglia). Gli uomini er'dnO tutti a letto, nessuno mancava. Pochi minuti e si sono lèvare nella none. b<:lla norte tiepida e luminosa, le no[C' ul$ri dd ".silenzio». Non diruenrichcrò mai più quel momento, papà e mam11"1a, non so perd,é. Ero sol(), in mc,zo al con ile deserto: guardavo in alro, verso un'ala del cas(ello dove .sono ricoverati più di duectnro mutihti: pensavo ai soldati nosui 1 :11la nostr~t lr3{ia. :.1llc aspirazioni nostre~ai noscri dolori, 3 tame cose che nascon nell'3...

nima e non riescono neanche a liberarsi per prendere forma e sostanza fuori di noi. e quelle noce, a un rrarro, mi sono parse venute da una voce misteriosa. solenne!'"·'. Dopo non molro anche lui vien destinato a domi nare un plotone irrequiero di re• d ure torinesi. (Moncalieri, 7 aprile ' 16, alla signora Margherita Arullani). Non sono contento: devo ricominciare da capo. e con poca speran,.a di ridurre questi uomini, qunsi tutti meccanici affiliati alle leghe operai<:. Accetto ad ogni modo la sorre come una nuova pr<,>va che mi s'itnpone e darò rutto me stesso per riuscire e riuscire bene specie- nei giorni che s'avvicinano ...

Senro che sarò w, buon soldato. Ho la fiducia che rit<>rncrò: da ora in poi chiedo solunto che mi si as.~isrn con parole buone d'afferrò~6 •

Prima che s'inizi la primavera Pinorto è mandato nd settore del Rombon. Alpinista impareggiabile, prima che si sciolgan le nevi, con un pugno d'audaci, a traverso tcm.erarie e lànrascichc scalate, riconquisra la vecca del Jof di Montasio che era stara abbandonara perché incenibilc durante l'inverno. l.:apprcsta a difesa, crea i sentieri d'accesso, e i ricoveri che devo· no renderne stabile il possesso. Incorno a lui si crea la leggenda. A lui solo dev'es.sere affidata la difesa della difficile cresta. Egli ha elogi ed enconu, ma il suo plotone, reso autooomo, non vien più mosso dalla monragna anche neU'avvicendarsi dei batragliùni. Il settore era relativamente rranquillo: il servizio, aspro e pesante, era piì1 da alpini.sra che da soldato. Ma Pinotro soffre dcllasrasi tediosa, in\<lx:a più duri cimenti, e le vere battaglie a cui si era votato. I comandi si ostinano a dichiararlo insostiruibile. È prigioniero dcUa sua volenrcrosit-\ e della sua leggenda. E per quasi due annj si tormentò l'anima, non volendo convincersi d'aver f.uro già il proprio dovere: ché. secondo lui, in guerra il limite del dovere e la morte. Temeva che la volonrà potesse addormènr:irsi. Un complesso di fonzioni di fiducia. come: mi diceva il mio colonnello. ma ti aç.sicur<> che., per ceni lari , avrei preferito b vita di compagnia. Ndlc mie condizioni a1nrnli mi sento, che vuoi? pill alpinisra che soldato e mi ci abiruo con forica, 1.

Sono già ranci i vuoti che si son forsn:itì intorno 3 mc-. che allC' volte non mi pare

neppure giusto il pensiero e la spcran,.1 di sopravvivere alle stragi che dilaniano e in~-anguinano l'.Europa:i. 11 valore dell'opera mia lo giudico non arrravcrso :i.Ile opinioni altrui. ma alla l'nia

person:tlc, e qutsta è parecchio severa. A quc.sro proposiro ru mi scrivi che restringere la dignità e la bdlcz1.a di quel che vado facendo ad un più o meno di bellicosità, ti pare falsare la re.1ltà di certi v:dori, e soggiungi: •lì p:ice che stia bene il ragionare


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come un nazion-alisra, e e.on gli aigomc1ui d'un deputato al Parlruncruoh, No. ca.ro

J>ansini, in q uesto, lascia che te lo dica, tu ri sbagli e a fonde). Sarebbe cosl se io mi ritene-ssi pago di compière qudlo che normalmen rt si considera dovere di italiano e di sol&uo, di indos.~are cioè l'unifonne. militaré, acccc-tando gli avvcnimcnci cosl come li crea il loro svolgimenco nacuralcj liero se ql!.lcscì mi permcuono di fare ~be.Ila figura» con pocaspes:,1. tvfo il giorno in cui) rinunit~ndo a ruui i motivi di dispensa e

di esonero. a cui avevo diritto, ho voluto dare, come solcbro, tutte le mie energie alla patria, ho senùro e continuo a sentire profonda.rncnte che, se nei rapporti esteriori può valere la concezione normale dd dovere, di fro,ite a me stesso e alla mia coscienza debbo cercare di attuare la massima rispondenza fra la realtà clèi furti e quell'ideale ili sacrifizio che son venuto formando nella ,nia menre. E quesio non è un fulsarc certi valori: ~ anzi dare a.i valori stessi il loro vc.ro e degno contenuto; è un non sm1... nuirli, ma no n sciuparJi con una loro vìsione puramc1uc estrinseca e superficiale, e quindi comodalv.

«Lei vorrebbe prendere un Sabotino tuui i giorni», m i ha detto ultimamente J mio nuovo colonnello. •Si ricordi che il primo dovèrc di un militare i: l' ubbidienza.,, e io ubbidisco e faccio dd mio meglio, ma senza convinzioni e senza èncusiasmì, è canro più n1i arrabbio quanro più mi Si vuol persuadere d)c ho rorto nelle- mie con .. vinzjoni sul valore dell'opera mia! Deve sentirsi così :1lro il dovere dj ogni iraliano in questi tempi: e mi rrovo a con ..

catco con certa gente che fa pietà!••

la vita dell'uomo è facta in gran pane di ricorcl, che s6li sono realtà; a differenza dei sogni dd

Poter pensare al passllo con un certo compiacimcmo, poterlo popolare di imagini forri, non aver nessun rimpian to per nessuna piccola viltài ceco il mio programma che solo in parre però mi ha per:mcsso di svolgere la zona dove mi rrovo e d:l cui inv:u,o ho ccrcaro di rogliernii 1 ' . futur<l.

Eugenio entrava in azione nei combatri mcnri con cui si arginò l'offensiva austriaca

nel lì·enrino nel maggio-giugno '16. (Z. d. g .. 4 giugno ' 16. alla signora Laura Marsuzi). Sto bene. Sono al fuoco. Combatto con tutt:i l'anima mia. Com'è piccola la vira delle città esaminata eia queste altezze, percorse dall'eco formidabile di canti tuoni''·

/vfa non resse molto agli srrapazzi, cadde ammalaro e fu spedito al l'interno. Questa debolezza fisica gli pesò come LLna colpa. Po i lo assalì la nostalgia dd fronte; un profondo d isgusro per la vira delle retrovie e ddl 'inrcrno, faceva rivolgere il desiderio dti migliori alla linea, come alla loro vera parria" . (Verona, 18 luglio '16, al padre). Non sto ancora bene, è vero: ma Ctt'<li, non è a Verona, àll'àlb,:rgo, con la mancanza d'ogni cosa adeguata, col disgusto cli quello che vedo e scmo. non è a Verona. dico. che p<lSSO guarire. Forse lassù è più fucile! Poi, dentro cli mc è <entrata, non so come, una gran calma fiduciosa ... Può anche darsi che debba cade.re nuova.mente. Non potrò che ridisctnderc ultalrra volta, p-apà. Né sarà l'ulrimo


rentarivo. Finché c'è vita dobbiaino darl3. Giorno per giorno la ntia convinzione si fu più forre, più chiàra, Di rum~ le guerre che si combattono, la nostra è l'unica vcramenre id<'alc. Se il mio déStino è segnato nel libro dove c:anri e tanti pi,, meritevoli di mc sono oi:.a c(>mpr~ i, e sia! ne sarei felice. Pcn.<o fin d'ora che ho daro tuClO qud lo che pot('VO,

c. sç meri to ne avessi~a te, alla mamma, a runa l'educ:1:z.ionc aJra e morale che mi avere da.a, b gloria del mio sacrilizio: sia pure esso un sacrifizio di poco conto!" Ritornò in linea al Passo della Borcola. ndla sua anric:t compagnia e si senti rinascere. (Z. d. g., 26 luglio ' 16, alla signora Laura Marsuzi). L:cmusiasmo, la volontà di vincere-. ogni scndmenro pili nobile rifioriscono nell'ani ma. mia a contatto dei miei

soldaci magnifici, sul.le mie montagne belle" . Dei suoi alpin i in guerra disegna forci profil i, come d'anriche medaglie. (30 luglio ' I 6, ai genitori). Oh, papà e mamma, se li vedeste anche voi questi uomini maturi, posati, con barbe d i tuuc le forme e d i mrri i colori, l'occhio sranco. ma sereno t calmo, il viso dj magrito, m~, fon·t nella sua os.s-arura maschia e ne.I bronzo ddla sua pelle, se li vedcslc. dico, vi sentireste dorn inari da una commozione incensa e vi avvicinercsrc a loro quasi con vene razione! ...

Non si porr,, mai dir<." abbastanza bene di questi nostri soldati. Sono loro che hanno salvato questa Italia noscrx Italia forse ingrata, papà. Ho 1:1nta amarezza neU'anima, per quello che ho visto oegLl ospedali. e per le vie di città popolose. E qui. tra i miei sold:iti, vicino alla linea che scende e sale ininterrotta era picchi e selle e valichi formando una barriera sicura, qui dove la guerra si sente pulsare vicina, mi pare <li respirar meglio''· S'inm1edesima col paesaggio della guerr:i alpina, in una pace spirituale, sognante, si no all'oblio dd la guerra. (6 agosto' 16, alla signorn Arulfani). Sente>in me una gran forza unita ad una mitczza di scnùmcnri, così profonda che quasi penso di essere sotto la protezione di Dio. Ieri sera stetti a lungo guardando il cielo che ogni tanto si rigava di lunghe sik nzioscstclk cadenti. Nella gmn pace prcg-~i per 1r11ri e spero di essere ascoltato. Se succedesse qualcosa.. non avrei che un rimpianto: non aver ~puto, forse, nel pas.~to. godere abbastanza

il tesoro ddl'affetto di tutte le persone care "· (13 agosto ' 16, alla mamma). Sono alla sommirà d.i un can"Jone che ha le pareri ripidissime, nude. e si apre sulla valle del l' .... verde. folta di foggi, ma desolata e trisrissima. Di giorno infatti nessuno può passare suUa strada bianca, tutta rotta, d,e scende e scompare bruscamente ai nostri occh i, al termine del canalone. Solo la notte riprende la vita laggii,. E fin qui arriva l'eco. allora, delle lunghe colonnè invisibili delle salmerie che porrano i viveri ai nostri ccnrri di rifornimenm. S'indovina il loro passaggio con l'impressione di un conrinuo rotolare di .sassi sul greto cH un fiume. Le noni sono chiaris..~ime, la calma non è rorca ché dalle fi1cilarc delfc vede.ne, che sp:1r:mo per forsi .scndre e pe.r non es.çere $Ole nel silerw.io. "'run'intorno, quando salgo proprio sull'ultimo cocu1.1.olo della rrincea, non vedo che un'immensa corona

di creste frastagliare, nere, contro il ciclo chiaro: ogni t:tnro su quel nero brilla una


I fo1ulli G11rro11r

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luce e subito dopo un colpo secco percuote l'aria cornc una staffilata: o pure s'ah.a a parabola ndl'aria, lento, silenzioso. uno dei razzi fumosi che spande una luce bianca e fre<lda e fu pii, solenne il silenzio. La vigilanza è éOntinua. Frcqucnri visirc alle vedette, figure immobili e nere che escono con tutto il petto dal parapcllo della crince:1 col sacro fucile impugnato, l'elmetto luccicanrc sono la luna, i duri profili i barbuti scolpiti nel cielo luminoso~ rni d?rnno modo durante rune le norti in cui .sono di servizio, di abbandonarmi talvolta a lunghe funrascicherie''· (16 agosto ' 16, alla sorella Maria). C'è dc.i momenti in cui si ha l'impressione di sognare: spcciaJmcnrc quando le vaJ li sono inondattc di un'improvvisa luce bianchis .. sin'l:t, e ogni rupe, ogni <:olle, ogni cespuglio, tu1ro balza in un'imponcn1..1 minacciosa, nel silenzio improwiso di nttcc le arn1i " · Qµesca micezza contemplante e raccolta tempera la visione della guerra orrida. quasi per w,a fede implicita - ranro più forre quanco meno nominata - in una Prowidenza, in una luce spirituale che posa sui campi insanguinati. Le lettere che Eugenio scriveva dopo le sue battaglie ranu11er1te fan sentire l'orrido, l'impressione immediata della strage e de.Ila morre: elementi da cui, a quanto ho potuto fìn ora consrncarc, il pensiero dei combancnti icalia1>i di solito rifuggiva, a differenza dal potentissimo real ismo orrido, così frequente ndlc lettere dei combaucnci rcdcschi"'. In Eugenio non era solcanto repugnanza a fissar lo sgu.irdo sullo scempio umano, ma la rrasfìgurazione deUa morte e dell'orrore, nell 'i ntimo idealismo che l'assisteva. Dopo un'azione, che volse a male. sul cosron del Lora nel seucmbre · 16 scriveva: ( 14 sc11.cmbrc ' I6,

aJ padre). Ho clcctO in principio che non ho fatto che il mio

dovere. ma ho capir(), papà, e sono convi1uo di questo, d1e, per chi combanc. il do.vere non ha limìré che là dove la sua vira si ricongiunge con quella di Dio. Non basra ,,bbidirc: se si ubbidisse soltanto sarebbe troppo poco. Sono stato, lo dico senia vanterie sciocche, molto calmo, quasi incosciente: i soldati calmi essi pure: ho voluto bene a tutti, in certi momenti come a fratelli: ho veduto visi terrorizzati che si sono spianati 3 una parola. atti inccrd trasformati in temerari ad una voce: ho goduto, in complc,sso, uno dei momenti più bdli della mia vita, e mi è rimasta nell'anima una serenid così diffusa da fannl impressione. Ho pens3tO :1 voi? Si, 3. runi, e proprio nei momenti peggiori: o meglio. siete stari voi in <1uci momemi ad apparirmi dinanzi ct)mc in un lampo di luce, in rutto il ,,o . . srro sorrL;;o: oh cari, cari visi che subito dopo ho i1111()tn10 io, sH•• In un' alcra lcrrera descriveva la tragedia ciel suo batraglionc. U$ciro all'assalco, avc,•a trovato i reticolaci nemici inratd e le rrincee guarnire, perché l'artiglieria aveva funzio .. nato male per la nebbia: (19 settembre ' I 6, al padre). ()ndatc succt'ssivc furono respinte clal fuoco misurnro e nurrit·o Jegli awcrsari e- dovemmo rcrrocedere o quasi alle posizioni iniziali, organi,:,ando alla meglio una provvisoria rrinc("', e addos.sanclo clierro di essa quelle


truppe che, in un evcnruale conuan:acco. arginassero l'offensiva e impedissero una vera cacastrofo. La cosa riuscì: sopravvc:nne b notte: veglia più ansiosa non passc·rò più. lmn,agin:iti un imburo di cui uno degli orli sia più b~sso, quello occupa,o da noi: (]udi<> più al,o, e per più ddla mcrà, guarnito dagli avversari. L, norre è limpidissima: rurr:a l:i cr~sta dell'imbuto spicca nirida sul cielo bianco: l1imbmo si sprofonda nero in basso, e da quel profondo salgono ad ogni momcnm i lamcnri dei feriti che non abbiamo ancora potuto raccogliere.

Si sta all'erta tutti: gli occhi voncbbcro vedere di più: gli orecchi vorrebbero percepire runa~ cd è qul'$ta rcnsionc esagerata che a volte c'inganna. Si vedono ombre nere che salgono, si odono fruscii mis-ctriosi: si lancia un razzo hianco: sale bruciando, si forma in alro snrrcrto da un paracadute, poi naviga lc.nro, s'abhassa1 si rial'l.a: nulla. Ma un razzo ne chiama ahri t• da nuca la crcsu è uno scoppieuarè breve improv• viso di razzi ,onvergcnci al cencr<>, cd ogni angolo è scoperto, scruca1Q, pcrlusiraco da migliaia d'occhi , nell'a,.si;i di ranti e r.u11i cuori in Lun,ulco. Nulla. L1 nebbia ridiscende: i rwzi non servono che a mettere nell'aria una rnacdiia nebulosa: non si vede più nulla: entrano in ballo le mitragliatrici: pochi colpi, prima. qua e là: poi un picchiettare nervoso da tutte le parrL Ognuna batte una zona; anche la nostra è cercara ncrvosan1cntc. I soldati sono tutti bassi, protetti. Passano i proiettili a centinaia. con miagolii strani, prolungati sopra le ceste, in al,o: non si sente alero: poi si rifll il silenzio dicrro una coda rada di colpi nervosi, ma quel silenzio ripiange poco dopo dei lunghi lamenti elci nosrri forici. C.osì pass-a tutm 13 norte, e cosl, In un'altecnariv:1 di momenti tranquilli e d':tl· larmc, pa.ssa.no due altre giornate, in un'immobilic-à che par<: impossibile, a volte, di poter conserv•re per ore e ore sotto il Aagello di una pioggia incess•nce, e in una ricerca affannosa, in altri momenti di nebbia fitta, dei nostri lcriti, che a poco a poco riusciamo a portare dietro le lin ee, e anche dei nostri morti che seppel liamo tutti vicini, individuandoli con rustiche c.roci~i.

A purificar del rutto l'ani ma dall'orrore e dal dolore si riruffa negli afferri della fumiglia, dcll'amidzia. (I ottobre ' 16, alla sorella Margheritina), Quale forza potcme è il pc11siero di tutti voi cari, che non mi abbandonate mai un istante! Se vi dicessi che la ha gutrra ancora accr("Sciuto, se possibile.. la nostra w1ionc, <liR'i forsè una cosa ché anche.- tutti voi altri avete pensato. In ogni 11'1:omenro, da mattina a sera. nei momenti hdli e in <1udli bruni, o sono le vostre voci, o i vostri visi sorridenti. o la vctc.hia casa solitaria con la sua pace <l'accesa e c()n l'eco fosrosa dei nostri nipotini, ce.reo è sempre qualcosa del pa$S3CO no• stro o clel nosrro presente che mi viene davanti agli occhi e ncl cuc>rc .. . Non mi manchino 1nai le vosnc voci: ogni sera possa io raccogliermi, prima d'addormcnrarmi, nd

pensiero del mio papà e dcli;, ma,nma mia, e raccogliere da.Ha loro bocca il 11ostro bacio lontano di bimbo. lddio mi conceda di srar sempre bene e resisterò fino alla vittoria con un solo vo,o; ~Jddio proccgg.t i miei, fuccia di me quel che vuole•". (2 Otmbrc ' 16, alla signora J\rullani). ... se sapesse. Margherita, che clfcuo

rkcvcre quassù della po.st:1 cara! Arriva <>gni scr:i verso le cinque e Jl'lczza. quando i lavori hanno una sosta e gli uomini riposano. Ciascuno prende il suo pacco e scappa e s'apparta, e in quel momento il cuore si go nna e quasi non si osa aprire


I fo,ulli Carrtmr

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le lettere e si rimanda h lettura per assaporarle maggiormcnre, per pro lungare il più possibile quei momenti d i inrimo godimcnro. E final mente si legge, è, dopo, si rcsra lung hi mùm enri a sognare con rurr.o il c uo rt: perdulO come g li occhi 1 nella vaJlt rigata di bianco, pervasa. di mille ru mori che: non s'avverrono cht come bru• sio confuso. Non si vede nulla: si pensa, sc..·nz.a p-cnsa re, quasi: pure co me in lampi improvvi.si, o appare una casa ben nota. o vi ~uo nano voci ben care. Quando si

rivive la vita del passato si è più seren i sempre, ~Aarghcrira, e questa serenità io ho sentito profonda stasera nel cuore dopo aver letto le sue parole buone. Non creda che sia cambiato. o forse non l'avverto il cambiamento: è così. Ho veduto tante cose tristi. sl. che mi veleranno gli occhi per sempre quando il ricor<lo le rianimerit negli an ni vc:nturi; ho soffon o, e molto, ~ in pc)che ort, un dolore intensissimo,

ma benedico queste sofferenze perché mi hanno reso più cosdcnce di quello che succede nel mondo, più pronw a goderne le bellezze vere e profonde, più e<JUa• nime nei giudizii. pill severo nell'esa me del gran n,ale che ci circonda.. Non avevo conosccnz3 d'uominj, lvbrghcrici; ed ora! quante coscienze! quanrì caratteri di·

versi! quante forte bdlc! quanti orrori! È bello poter domi nare se srcssi di fronte a tutti : guardare a fondo dentro occhi che ri guardano, .scrurnrli, dominarli, legare i cuoi uomini a te prima che con altri mezzi cor> la forza della sincerità che non ha vdo alcuno". In un altro sfortunato combatrimenco sul Pasubio restò ferito da una pallottola esplosiva alla spalla: ebbe un senso di giubilo per aver versato il primo sangue per la parria. Dltranrc il periodo d'invalidità rimase a Pinerolo ad istru ire le reduce, ancndendo la primavera per cotnare ln.suì. (Pinerolo, 13 febbraio ' 17, alla madre). Oggi ho funo una lunga marcia in coUina <:on a fianco la bianca c:iccna delle Alpi. Linverno fi niscc: si sente ncll'aria di già canta m irtzza, tmt.a primavcril~. Sarà l'ultima pri mavera d i sangue? Perché deve conrinu:uc

quC$la $trage? I miei soldati cantavano spensicra1i. e io mc ro chiedevo con nel cuore

una profonda tristc•aa, fruno di rutto il dolore uniano e di tucre le miserie mornli che dominaJlO sovrane"•. GU stessi problemi iocanco travagl iano l'aninoo volitivo e ascetico di Pinotto che si logorava nella stasi bellica del fronte carnico ed era meno ri messo a un ordine provvidenziale. Diceva infatti alla sorella Margherita: , non posso pensare che Dio ci debba abbandonare, solo ~ rché, invece <li lasciare svolgere gli avvenimenti secondo il loro corso ma,eriale, cerchiamo di modificarli cnn un'aspirazio ne di bene,,". All'insid iosa proposta tedc.,ca <ii pace del dicembre 1916 si sente ribollfre il sangue. {15 dicembre ' 16, al padre). Anche noi desideriamo la pace, e come! ma non la pace che getterà l'Europa nelle mani empie del militaòsmo germanico. bensl la pace d,e suonerà rcstaumz.ione di tut1i i ditiui e dì tutte le nazionali tà. A questa condizione, cM porrebbe opporsi all'apertura delle trattative di pace? Ma se queste non sono le intenzioni della Germania. meglio andare m,anci, a qualunque cosco, finché sopravviverà anche un solo di noi. Sarebbe vita po..ssibilc la nostra se dovessimo pie· gare il capo di fronr~ alla prepotcnz.-i tedesca? Se rurri i nostri sacrifici non fos.,'iero e


non potessero essere che i primi di rutta una nuova serie di maggiori e di più auoci? Se dovessimo pi:tngerc non solo sulla carneficina dd nostri frardli , ma anche su quella dei nostri figli, dei nosn·i nipori?" .

E dopo. nel lungo inverno alpi.no, insisteva in quc'Sto sogno d i più ampia giustizia fragli uon1 ini.

(1 O marzo ' I 7, alla sorella Maria). l'ino a ora rurro va per il mc-glio e c'è da rrnrne prc>prio i migliori auguri. Manca, il sole, che pare non voglia assistere alle srrngi che coprono di sangoe l'Europa: e c'è da. da.rgli rorco? Porcssc prcsro risplendere su una Patria più grande, e sugli uomini rinsaviti e migliori-''· ~orava in sé qualcosa che lo andava mitigando, un accenno della tenerezza francescana del suo Eugenio. (25 febbraio ' ] 7, alla signora Elena Malvtt,i Giacosa). Un rempo, quando soste.nevo che non si deve vivere che per l'avvenire, eh<'." ogni indulgenza a qualsiasi forma di .,;entirnemo era dcbole-aa, avrei riso. e sonorarncme, di queste cose. t'vfa l:l vira di locrn che mj ha cravolro in <.1 uc.~,i ulrimi anni e che, non oscance cune le amarezze e i dolori che n'li hanno fuuo soffrire, vorrei sempre rivivere in ogni suo rnomcnro anche più lragico, mi ha tanto trasformato . .E pur continuando a tener fisso lo sguardo all'attività futu<:1. sono arri vaco anche a capire tuua la bellezza della religione del passato, cutra la dol=za d i certi ritorni alla vita che fu e che non porrà piè, ritornare, e d 1c 1 anzi che indehol ire, ritemprano ranimo alle lotte future che si continuano, ciò non ostante~ a ritenere indispensabili :iJla propria esi.st<:nza...... E spera ch e ancora u na volca il sole risplenderà • radioso sulla terra devastata da tante rovi ne. da canti massacri e da canta barbarie, e riscalderà, vivificandole, le nuove energie che dovran no addossarsi il carico del la riparazione e della ricostruzione. E fortu nari quelli che la potran nQ vcdcrt~>1 10• Jvta per sé, egli si mantiene nella posizione del distacco:

(IO aprile '17, al giudice Cimino).... uno degli stati d'animo più strani che io abbia norato alla fronte è quello per cui ciò che ci rende pi,, cara la vita, w1a delle fonti più grandi d i serenirà e d'energia. una delle forze più intime e convincenti, è più una. calma prcparazjonc al clist".tcco dalla vira srcs..~asi. Ma rncntrc il suo animo si levava sempre p iù in alco alla volonrà del sacrifìdo e ddl'ardimenro norava con angoscia negli altri come un rilassamento, un adagiarsi in una ubbidicnz.~ passiva, quasi essa fosse com pleta espressio ne del dovere. E insisteva nell 'idea, sua come di suo fratello, d' un dovere che non conosca limite. (24 aprile' 17. alla madre) . In questi giorni ho avuto delle runarez-,e ... Se le persone che, per cultura_, preparazione morale, educazione intdlettualc, dovrebbero sentire profondamente il dovere e la bellezza del sacrificio incondizionato per la santa


I fo1ulli G11rro11r

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causa per cui si combatte., si comportano in questo modo, che cosa si deve poce.r pretendere dal soldato, il solo che dia veramente tutto, ptrche n~sun conforto pub avtre dalb visione di una più al ra idcalirà?u.

Non se ne accorgeva: ma il suo spasimo nasceva da una sua esuberanza oltre le pure forme militari. Il colon nello che lo aveva rimprove.rato, dal suo pwuo di vista s1renan1ente m ilitare, non aveva tono. l <i milizia esige una rinunzia ai problemi sintetici delle direttive supreme, un'accetrazione del particolare compitò dd rnomcnro, come tutco il dove. re: si che la milizia, come la chiesa, spesso può essere un onimo rifugio a ch i voglia sottrarsi al peso d i un iversali problemi e d i respo nsabilità di dircrrive. Proprio perciò egli invoca con cune le sue forze uno spirito civile e politico che la completi e l'esalti. Chi nell'anno 1917 aveva nel cuore i fìni supren1i, viveva nello spasimo di vedere i pericoli e i danni, mentre, legato dalla disciplina, doveva tacere, e lasciarsi trasportare dalla corrente. lnra nro, ne.Ila primavera, Eugenio veniva passaro in fanteria e ma11dato sul Carso. Con profonda pena si disraccò dai reparti alpini, ma non ~ardò, amandoli, a trovare profonda rispondenza d'affcuo negli umili lanci, cosi come nei superbi alpin i. Lo srcsso animo del la campagna prccedcnrc lo assisté nella spavenrosa bauaglia carsica del maggio ' 17 sul Fairi. Si comporrò glori:osamenrc: due comandi diversi lo proposero simultaneamcnre per la medaglia al valore. Ma di ra1no in tamo nelle sue lenere si scnre qua e là una nora amara e quasi stridula d' un ardore non condiviso e disperato. (l l maggio '17, ai suoi}. Ho prtgaro per voi cucti 1 ieri sera, in una ch icscrta di campagna piena di soldari, aperta all' imbrunì re ricevere l'abbandono di rante anime in pena. Ho fatto completa la dcdiiione al Signore della mia vira, e mi son sentico ramo sollevato, tanto degno di vivere quesii giorni di preparazione alla

grande lona!P. (3 1 maggio' ] 7. alla madre}. La morte mi ha sfiorato infini,e voire scnz., ghermir• mi: in mille sibili, ululati, cònfi , scoppi. è p3ssata sul mio capo. inrorno :t mc, minac-

ciosa, rabbio~a. c non mi ha colpi1<>. Voi con le vostre preghiere mi avete protetto: voi avete fatto sì che potessi furrni onore: voi soli sit:te la ragione d i questo sorriso che mi accoglie dovunque tra i colleghi del banaglione, in questa terra santa di martiri, di questa cordialirà di colleghi, senza veli e senza gelosie, che accolgo nel cuore commosso e restituisco con tutta l'anima mia. Srasera andremo a riposo 14 • ( I giugno '1 7, all'avv. R. 1\1alinvcrni). l'anima è ancora runa sossopra: a momenti di gioia sfrcn:ira ne succedono altri di abhartimenro cosl cupo da sbigottire: ma a poco a poco la ca.Ima rientra, lcnramcn1e si fu strada, risorridc serena intorno a te. ti riportà alla vita piano piano: e in <1uesti giorni sto appunto rimettendomi completamente.


li paese è Farra: tutto dirocca,ro: ma tra le rovine fioriscono le rose {vecchi rosai ausrri3.c:i): il cannoné no n giunge che con un rombo lontano, <li gi()rno e d i notte, 1ninrtrrono . ... Non dirmi che sono superbo. ma, credi, mi sono fu.no onore <1.

(2 giugno ' 17, alla madre). J giorni brutti si din, cnticano fucilmente: violente sono state le impressioni e altrettanto violenco e trionfante il sencimcnro che e.i riatr:,cca alla vita subito dopo lo scampato pericolo. Di quella sera , dei giorni pre• et.denti ho un ricordo confuso, vago, come confusa è la mia testa che ronza e tàrka molco a cQnncuere e a ragionare. Sono stari giorni brun i, mam ma. Q uante volt.e mi

sei venuta <lavami! quante volrc ti ho sorriso fissandoti negli occhi, perché-, morendo come credevo di morire. fossi ru negli occhi e nell'anima mia! e qu,ndo I, morce ~sS"Jva scn1,a toccarmi . era una ricerca atT.,nnosa di :.tltri visi, di tuui gH altri, un morrnorar parole di voto ultimo, un chiedere al Signore per voi iutro il bene e per me una morre bel la e degna. E la morre non è velluta! A,.,evo assunto il comando della compagnia il giorno 22, dopo la morte dd pove(C) tenente Gallotti, avvenuta proprio vicino a mc.. . li colonnello Serra ha designoto me a sos,ituirlo: ho ubbidito e n"ii son rròvato a comandare per la prima v<.>lta una compagnia pc.r 1•atracco. Son convinto che in ceni momenti in me c·~ una forza che mi ispì ra, n'li aiuca, mi sostiene. Così è srato: I' l l a è scarn la compagnia che si è portat3 1neglio. a riconoscimento d i tuui. ~1a tutti g:uardava_no a mc mamma: erano mui al riporo alla meglio, io solo ero allo scoperto perchè solo così potevo renerli uniti, e impedire che si sbanda,;sero e abbandonassero la linea su 1:1 quale dovevamo per consegna resistere o morire. Mamma mia, papà mio, chi è che mi ha proceno in quel momento, non lo so: la terra pareva w, vulcano, un succedersi d'eruzioni, di ronfi, di scoppi , un volare ininterrotto di sassi, di schegge fischiami nell'aria... un finimondo. Cadl-"Vano numerosissi mi e l'aria si riempiva di gemiti. di urlaf di pianti: e ro calmissi mòt praentivo il di sasrro (che non è avvenuto ne mmeno con quel fuoco d'in ferno !) e rcncvo inchic>dati gli uomini sul posto non so per cht: potere! M i dissero pòi i colleghi quando cornaj a sera, dal posco dj medicozione, dove mi ero furto cu• rare di (10alchc contusione di sassi, che i miei soldati avevano avuto per me parole di an)n1irazionc> e per mc avcv:.rno resistito! È srara l'unica, b vera gr~tndc sodisfuzione provata in quesco periodo passato in trincea e in comb.u1imcnro. soddisfazione di cui ringrazio il Signore come per un, grazja ricevuta ''·

Da quesro sraco d 'animo rifioriva sempre in lui una strana pace, malincon ica e nostalgica, ma dolcissi ma in cui si ri11francava e s'esalrava. (Dalla sccssa lcrcera). ieri sera,, per es., vicino alla barac<11, c'era un crocchio di sold1ri <:hc suonavano canzonette napoletane accompagnando il canto di clut o rre napoletani aurcn,ici. C'era ranca nosralgia in quell'onda d i can,,onc rriste! can to dc· siderio accorato di pace, di casa mostra, di riposo! E chiusi gli occhi in una preghiera profond.1: , Dio, date pace agli uon,inJ, riportatel i gli uni nelle bracda degli altri, e sia la concordia nuova più forte. più bella! .... Ma mi rispose w 1 rombo lonrano; un tosrdlarsi di shrapndls nel ciclo :ill'inseguirncn• to di w, aeroplano nemico mi inccrrupix la prcghicm e rimasi muto. intcrdetro: •No. prima bisogna far $Comparire- quegli uomini che non son degni d i vivere còn noi~0 .


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~ anima peregri nava alla lontana casa pate rna lasciandosi dicrro il Carso .sanguinoso.

(11 giugno ' 17, al padre). Penso tutti voi riuniti sul terrav,ino, come in tempi lontani. Tu guardi in cortile, assorto; non ci sono pilai raga'l..zini che giuocano: sono

lont:mi, combartono! Per loro fai una muta prcgh ie,a nella ser, cal ma che si oscura lentamente. I tuoi figli lontani raccolgo110 di qui ,quella preghiera bevendone rutta. la divina doke-aa e ti mandano un bacio forte forte. Jddio ti protegga con la nostra mamma, con lt nosrrc sorelline, coì figli loro piccoli in cui tu rivedi no ì due grandi, è sii sereno e conctnro: qualunque cosa :wvenga, guarda lassù e prega~•.

Dopo la batmglia dd maggio Eugenio è restituito ai reparti alpini. Nell'autunno, u na disposizione del comando supremo conscncc che si3n radunati in uno stesso reparto i fratelli combattenti; Eugenio vien cmsferi to alla compagnia alpina di cui Pinotro è comandante, Pinono, divenuto capitano, è staro finalmente sciolto dalla caccna che lo legava al Monrasio, e ha trovato sfogo alla sua esuberante arrivirà nel riordinamento del suo reparto. Ma dopo non molti giorni un nuovo ordine del comando supremo divide i due fratelli. Pi nono è nominaro giudice in un rribunale di guerra di corpo d'armam. Ricusa. (20 Ottobre ' 17, ;1ll'avv. Simon i). A parre ogni altra considcr:11.ionc, è un'incom· patibilirà morale che mi ha spimo a ciò: d ii e quando potrà dire di aver fauo in

guerra abbastanza per giudicare i suoi compagni d'armc? Per mc preferisco resrare coi giudicabili 1• . Si reca al comando supremo e orrienc la revoca della d isposizione. •Naruralmenre - aggiunge - non sono stato capito e nli son visco seguire da lungh i sguardi di compaciincnco)1"'. Sopraggiungono le gio rnate tragiche di Caporcrro. Eugenio si trovava all' interno per servizio. Pinono ripiegò col suo banaglione, il Gemona, a capo della 6• compagn ia, sul T.1gliamenro. lvfa anche dal Tagliamento bisognò rip iegare. A un cerro punto la djvisione di cui egli fuceva parre parve circondata, perché forze bavaresi avevano occupato Pielw1go. Alla cesta della sua compagnia, Pinotto riconquista Piclungo alla baionecra, non ostante le numerose mitragliatrici del nemico, In

w,

nuovo Auffuare del combaccin, enco il G emona i: accerchiato e disrrurro, Con orranca dei suoi alpini Pinotro si apre la via in mezzo al c<'rchio di ferro e di fuoco, e giunge a salva111enro.

lntanto con una straziante od issea Eugenio. accorso in tutta frena. ricercava il suo reparto e il rrarello; e dopo mille traversie alla fine di novembre riusciva a ritrovarl i. Una

lettera d'Eugenio conserva il ricordo di quelle vicend e. (30 novcmbrt ' I 7, al la famiglia}. Colg<> a v<>I<> un'orerra di ctmpo che ho libera per mandarvi il nostro bacio! Nostro) papà e mamn1a) nostra. sordline care!


M'indugio in questa parola che disperavo qualche giorno fu di poter scrivere più, nella dispcrazìonc d'una rinuncia tremenda. E invl'cè l'ho trovaro, il mi~'> Pinotto, guidato a lui da una mano non miSfl'riosa.

la mano di O it) grande che ringrazio con runa l'anima mia ogni giorno eh.e passa e che il sogno diventa rcahà, reale:, vissui.a. Mentre vi scrivo, i: di là: senro la sua voce che dà ordini (ordini di capitano), e una gran volontà di phmgerc mi prende: i nervi s'allentano fin:1lmcnte, dopo i giorni p:1Ssari, e il cuore prende il sopravvento sulla ragione, e si commuove. questo gran nqt

11'13

evidente,

cuore furto ad immagine vostra, o cari! · Devo raccontarvi? ma c.omt faccio? mi pare di non ricordarmi più di nulla: le

furiche,lc privazioni, il freddo, la fame sofferti, chi li ricorda pili? Sono vicino a lui~ insieme con lui. lavoro .<.:on lui: l'ammirazione dj cui è drc:on·

daro come di un'aureola bella prende anche mc nella sua luce, ed io mi scino piécolo piccolo. io che non ho fatto nulla altro che vagare alla ricerca di lui e prepararmi acl una rassegnazione lcnra, disperata. È qua.<i passato un mese da quando ho lasciaro i miei compagni, ,iirctti secondo la corrente impetuosa segnata d,dla fuga e dal di,asr10, e. solo, decisi di rcn1arc l'ultima via. Andavo contro corrente, verso h, montagna. verso il fooco. animato da non so quale fiducia; andavo verso l'inotto, verso il battaglione che sentivo era pit, su, ed ero sereno. Un sacchetto sorto il braccio. fradicio di pioggia. sporco come un pellegrino, disordinato come un p<"tzentc. Trovai A Ilario col suo squadrone di cavalleria dé$tinato a proteggere la ritirata. Mi chie.~e dove andavo. «Vadù su, devo trovarè i1 battaglio.. nt'». «Buona fortuna! buona fortuna!• e via. l..am minai molc<>1 molto. Nella notte, menrrc mi riposavo un po' su un pagliaiq,

fui svcgliaro di soprassah.o non so da ch i.

Gli ausrriaci :ivevano ragliato la s,rada al nord verso San t rancesco. Bisogna ripiegare su Mcduna, prima che raglino la strada anche al sud: la prima porca mi si chiudeva. Cammina. cammina. Mi giunge la voce che a Mcduna sono arriv:1tc le prime pattuglie: non si può più passare. Mi bu1to verso occidente (se r.ion avevo la bussola ero perduro). l'overo illuso! !vii pareva così breve la strada, cosl facile, sorretto daUa speranza! Andai non so per quante ore: ogn i cresta superata, ogni valle passati non era che una prova. supera ca! ~ifa cc n'erano canee e tante, e la solitudine cosi lugubre e la none cosi pauros.:i , illuminaca sul cielo a trac1 i da immé.nse fiammare di scoppi e incendi loncani! Avant i, avan ri. In un casc,l:uc trovai un caporal maggiore: tfll dei posti: mi si unì: il suo aimo mi

fu pre-1.ioso: guidato da lui orrivai nella valle del ,'vleduna, a sud di Tramonti ... Ero forse vicino alla salvez-za. l'un1.u1do per Tramonti porevo salvarmi in Cadore e là ovrci rrovaro le truppe della 56• divisione ... Tmmonti rra già otc11p,u11, Meduna al sud octup11t11, Tramonti al nord pure; ero quasi in rrappola. Riprendo, dispcraro ormai di raggiungere l'inono, .la via dell'occidente. Ero stanco, coi piedi pfagari, senza mangiare, ma mi pareva un ddirt<> fermarmi: sentivo eh<.·· con uno sforLO di volontà avrd vinto, e proseguii deciso: sarti morro, prima di arrendcnni.

li caporale mi guidava sempre: non pensai che potesse ingannarmi; mi affidai a lui con vero "bbandono, e lui mi gu;dava, se,w.a che me n'accorgessi. verso la sua casa. tvk n'accorsi troppo t.trdi. Dalla crcs13 d1e limira l'altipi:t:no della Livenza mi apparve, verso lequanro. nnrn 1:-t pianur:., imn'ICllS'J . .Luj mi chi.e.se di assentarsi un momento per un bisogno: se


I fo1ulli G11rro11r

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n'andò. non tornò piÒ. Era sceso verso un paese lontano di cui vedevo la macchia bianca nella campagna nebbiosa; andava ad arrendersi. Ebbi un momtnto di disperazione- che: ricorderò per tuna la vita. Per me Pinòtto o era caduu)1 o er~t rimasto prigioniero; mi sentivo condannato anch'io alla prigionh1. infame~ non ne potevo pili, più; mi misi :i singhio:cr.arc come un bambino, forte; ero solo: dal piano si levavano alte colonne enormi di fumo nero: seppi dopo che era il campo d'aviazione di Aviano che bruciava. Non più nessuno in quell'immensità. La stessa serenitii del cielo rimessosi, la stessa calma infinita di quel tr:unonto che rendeva più acuia la disperazione del disastro nostre>. quella recedi strade ormai vuote che correvano il piano in ogni d irezione, il lontano borbottare delle mitragliatrici, la visione di tutto quello che avevo vcdu,o. sofferto, sptrato inurilmcnce nei giorni pas.'i'ati, mi spingevano a un passo che mi pareva la solvczza. Chi mi rratrennc? Non lo so. Stl che quella pace 1 che era ndl'a.ria mi entrò nel cuore, mi fece riaL-,_re·, e via, ancora, per un a.hra none intera. Scendevo ora ... Due giorni dopo mi presentavo a un comando di tappa che m'istradava a Rovigo. S'iniziava il secondo periodo più rristc del prin,o: r>on mi dilungo a parl;1rvcne: mai, mai ho sofferto come nei giorni dal 9 al 23! Quando ci penso e rL~cnto l'umiliazione di certi incontri. mi meraviglio d'aver re-sistito speci3hn.cnt<: con la disperazione nel cuore! li 23 mau.ina sentii il bisogno, improwisamente, di partire da Castelfranco, diretto a un:1 drtadina vicina in cerca d'un capitano Cùmandantc una se1ionc di lavo.. racori. -li-ovai il capita.no . . . e trovai la strada ver1ò Pinotto! Jnforca.rc una bicickna e correre, correre, correre, volare, per chilomccri1 chilometri, senza posa, hno a lui, è staro un re.~pi ro solo. 'lì-ovo gli avanzi del Gcmona: trovo qualche ufficiale: uno si offre di andare a chiamare Pinono. E viene. i:. là in fondo alla srrada, che arranca, anche lui, si a bidderra; non mi ha visto ancora: io lo vedo: no,, riesco ad arcicolar parola: lo guardo, lo chiamo piano. Lui mi vede, urla qudl' •Eugenio!k di Tripoli, come allora dopo wia ritirata, e siaino nelle braccia l'uno dell'altro, strettj, frementi. Pochi minuti, e devo cornare per alcri chilometri nella notte. a prendere congedo dal mio comando \1t..-"Ccl1io, volo via, nella notte, e correndo, nella sera bellissima, grido forte il mio grazie a Dio, grido il mio nuovo voto di sacrifizio per la patria, per lui, grido forre il ruo nome, mamma, che in qud n,omcnto è cuno per mct• .

Fecero parte encr:unbi della 6• compagnia del battaglione Tolmezzo, che, pronrameme ricosriruito, fu schierato ai primi di dicembre per la suprema difesa del Col della Benerra. Eran decisi alla morte, Pinorro scriveva: Mi senw libero d• ogni legame, rendo solo allo scopo supremo. Me ne rincresce per i miei ca_ri vecchi. per Marghcricina, per (Urti: ma sapranno sopporr:irer.,. Eugenio aveva un accento aspro: . .. dobbiamo dare tutto senza riserve, senza prudenza, senza riguardo! dobbiamo morire ... ma non pas..'H:ra..nno! La colpa del disasrro - diciamolo forre - non è, no. dei soldati, ma del paese. C hi combanc ha motivo di odio dinanzi e dierro a se: vinccd perché il cuore e l'odio lo sorreggono••.


La catastrofe av"enne il 14 d icembre. li nemico attacca il battaglio ne Tol mezzo, ma è respinro con gravi perdire. Eugenio, foriro ai polmoni, è trasporcato al posro di medicazione. Un secondo attacco è ancora respinto, ma il nemico sfonda sulla sinistra e travolge la disperata difesa del baircaglione che si sacrifica quasi turco sul posto. La 6• compagnia cade allineata nel suo schieramento. Pinotto è gravemente ferito, e, mentre insieme col fmtello è dagli alpini su_persriti farti prigio1ùeri rrasporrato a un posto di medicazione, una granara lo sfracella. Eugenio vuol essere abbandonato a fianco al fratello. Cab la noue e la neve sul ctmpo cli ba1raglia: sul mono e sul ferito. Per di più un soldato austriaco spoglia dei vestiti, dopo averlo fcrico d' una pugnala ca al collo, il superstite! Ritrovato ancor vivo la mattina seguenre, Eugen io fu avviato ai dolori della prigionia, per Trento, Innsbruck, Grodig. a Salisburgo, dove s i spense il 7 gennaio 1918. I:ulcima sua lertera è del Natale: Lentamente la ferita ai polmoni migliora~ spero di guarire unicamcnrc ptr voi.

Avevo o/ferro a Dio la mia vita pur che fosse salvo Pi nono. Dio non ha voluto il mio sacrificio. Ora gli offro le mie sollèren1.c perché allevii il ,,ostro gran dolore. Vogliatemi ranro bene: srn(c cranquilli per mc. Vivo con l'anim.i al 1nio Pinono. a tutri voi"'. Quando la guerra sarà vcdura più da lon tano, e si attenueranno i crudi particolari della vicinan1.a, sull'ori1.1.onre di quegli anni i due dioscuri alpini sfavilleranno come le verte candide delle Alpi, che essi an1arono. I due modesti ufficiali avran posto nella storia a fìanco ai generali, a i politici e<1i diplomatici. Parleranno un'altra voce: csprimera,1no i sentimenti e le sper,tnze di canra parte dell'Italia che si lanciò in guerra per una più alra giusriz.ia umana, col senso della tradizione mazziniano-garibaldina d'(ralia. Parleranno essi per rutti, perché con p iù fede e con più risolura dedizione si offersero, e la luce del loro sacril:ìzio si riverscd su rnnta parre delle grigie e oscure vicende della guerra; perché l'umanità va considerata nelle altezze a cui si leva, e non nelle radici con cui si confonde con la nan,ra. Non è arbitrio di sco,ico il compendiare nelle piramidi l'antica civiltà d'Egirto o nella cupola di

S3Jl

Pietro il .sogno di grandezza del nostro rinascimento! Della civile storia d'Italia

è qutst'audacia tenace ligure che [P<>Sa nel giusro cd a l'alto mira e s'irradia ne l'idc.-ale~ Porrà dirsi anche per i due valo rosi di Vercelli terra della v~>cchia Liguria subalpina. Né i saggi e gli accorti li compariranno come illusi né citeranno protocolli di pace e maneggi d ip lomatici a confusione di chi non disperò nella rotea d i Caporerco! Gl'ideali mnani risorgon come Cristo e rircsson b loro tela. e solo in essi, nella loro rempel'ic si rirrovano e si riconoscono i popoli. «Non de solo p1111e vivil homo».


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I. Su dì essi ...~I i ('('Uni g.ià d.tci ~ r•:igii,:a ?. 2. pp. 14142. 3. p. 17 1.

4. p. 6. 5, pp. <~7. (,,p.11. ?. pp.13-14. 8. p. 19. 9. pp. 20.21. 10, pp. 20.2 1. li. pp. 3S ,gg. 12. pp. 21 ,g.

13. pr, 24 ssg. 14. Cfr. h leuerJ di V. f iorini~ p. Xl. 15. p. 40. 16.p.4 1. 17. p. 43. 18. p. 42.

19. p. 44. 20. p. 46. 21.p.5 1. 22. PI'· 48 ~· 23. pp. 52 sg., J..-ttNa del 20 man.o 1916 a Mariucd..1 Atulbn i. 24. p. 54. !ttt<"ra dd 27 m:irro )9 16:.a M.;ariucciaAruUani. 25, p. 50. 26, p. S6. 27. p. 6$. lcncr.a dd 6 maggio 1916. ,:iJJ'avvoano·C uido Opt'rti. 28. pp. 7 1 ,g.• Jettérà dd 23 miggio 1?16. aUa signora Elena Mah'CW Ci.1™a. 29. r,7S. ltll(l'J; dd , .. giugno 1916, .-traw~{O \liuort PM13ini. 30. p. l.23. ltner.1 ,lei t 9 $e11tmbre 1916, all'::iwocuo U. B;.1les1reri. ;li. p. 132, lener.1 J d 26 sctmnbrc I916, al ..:ommenda.1ore A. Marongm. 32, p, 76. 33. L:in;idau:Lhifit~ dei mlgli()rl ;1Ua \•im d tll'inccrno è un (aS() che ritiOfO:l r,Ct)utnc..... •Qui <'! morte, busù <'i vìrn.-, dke..,a Orlo Fr~1,1g.li2 in un 1riasgìo :1Jl'inierno (cfr. l:S. lh::r.(nTr~ li1111,. Cnrlo ,.~1gli11. Aft'tU,glia d'om, MililM 1?27. p. lS).

34. PP· ?3 'I\· 35. I'· 97. 36. pp.9? ,g. 37. p. 103.

38. p. 104. 3?. I'• 109. 40. Cfr. l'impo!(:1tnciuim:1: siltogt di PH Wtn:or, Kntgibrztfa geft,lk,1" Stiulnim,, )• td., Miinch,m 1929. 41.pp. 118,g.

,12. pp. 12,l ,Jl&, 43. pp, 133 ,g. 4•i. pp. 135 ,g. /4S.. p. 154. 46. p. 160. lcttC"~ dd 19 m.uro ' 17. 47. pp. 148 ,s, ,18. p. 158.

49. p. ISS.

so. p. 164

51. p. 165 52. p. 167 53. p. 173. 54. p. 179. 55, l'I'• 181 ,g.

sG, pp. IS3 ,g.


57. p. 168 ss, pp. 194 ,g. S?. p. BS. 00. p. 2~~~I. pp. 2~8 1gg. 62. p, 2G3. 11$. pp. 263 ,g, 64. p. 272.


VI. I gi ovinetti

Molti incontrarono la morte prima che fosse sfìorira l'adolescenza. le anime serbavano ancora la freschezza. l'ingenuira, il candore d i chi fìn allora è cresciuto ravvolto dall'affetto della famigl ia, né ha sperimentato gl i urei del mondo, e concepisce la vira adeguata ai sogn i di poesia e alle speranze grandi. Distaccatisi dalle madri. si c-.tcciarono nelle mischie sanguinose. Ma vissero la guerra con l'animo d'eroi di fiabe lontane, con la fede patria ingenua con1e la preghiera del fanciullo, con ardo,e degno d 'an tica poesia. li concepire l'ideale come qualcosa di fermo, di realissimo che ha pieno d iritto d'affermarsi era le «cose parvcnri», l'ignoranza del la pos.sibilirà d'è.\ser vili , egoisti, l'incapacità d'i,nendcre i bassi movcn.i di tanta parre ddl'umanità, li fa crascorrere co me assorti in un sogno lontano, e li delinea in mla pure,.za efebica non dc· formata. Han la nota spirituale che i grandi poeti eternarono in Eurialo, in Dardi nello, in Medoro, in Pierino Rostow.

La ,none che li gherml li ha fermati in una giovinezza che non soffrirà più pel trascorrer degli ann i, ncll'elega,tta gentile di cui la natura riveste gli esseri nella prima erà. !\,fa chi li riaccompagna con la mente nella breve e lu minosa vicenda sente una tene• rc7.za paterna accorata. Sente l'a,rnaro sacri fì zio di queste v ite che dovcvan perpetuare Ja

vita: prova un afferro si mile a quello che derrava ad André Chénier l'elegia per la giovinena prigioniera votata alla morte, perché agli occhi degli uomini la vita nuova ba più forti e più santi diritti d'ogni alcra. E se si considera che quei giovani così presto periti, avrebbero generato opere degne della loro aurora si sente la devasraziooe futta incorno a noi e lo squallore della morte. Certamente una riflessio ne ra2ionale può consolare: quelle morti gloriose son già frurri degni ed esempi e tradizion i della patria: la vira u$CÌ vittoriosa. Ma raie serena• mcnro si compie solo in più austeri pensieri, in un n)(~n supèrfìciale concetto della vira.

In questo gettar nella fornace le creature ancora acerbe sperimenriamo la misura abissale della guerra, senrian10 il suo signi!Ìcaco paurosamenre sacro. In quesra doppia visione, dello slancio giovanile e della tragic-a necessità del sacrifìzio dl'i figli, s'intende che se la guerra può esser necessaria per la salvezza d' una virn nazionale esposra ai rischi suprem i, a salvar ciò che è anche più sacro dei figli, in casi determinaci, è vacua ed inu mana la re-


corica generica in favore della guerra per la guerra, per la guerra indeterminata, in forLa di una speciè di fu!\lle legge di namra, di cui , a cuor leggero, nel vuoto degli afferri, ci si

fu proèJJratori, quasi si

f9$SC i sacer,doti di Moloch.

Nella sroria della guerra italiana i giovineui hanno una pagina immorrale. Dopo il rovescio dell'autunno del ' I 7 giunsero in reparti serrati i fanciulli del '99. Le precedenti leve erano srate mal:unenre disperse a colmare i \'UOti, a costituire, aUa ri nfusa coi veterani della Libia e del C.1rso, nuovi reggimenti. Tra la guerra sognata e la guerra vissuta., i giovani avevano sentito immenso l'abisso, A contatto col vecer-ano, valoroso

n,a pessintisca, spesso cinico, che si senriv:1 orn,ai sacro alla morrc ed era disposto a irridere a turro, l'ernusiasmo giovani le: si contraeva, si smarriva: .~uhcntrava un'ango.. sciosa uepidazione, non per il risch io, ma per la fode. Oh angosce delle responsabilità vissute da ufficiali fanciulli, che per la prima volta nelle noni oscure prendevano la consegna dd loro elemento d i trincea, rra la curiosità motreggiatrice dei vecchi soldati! Ma, dopo il rovescio, i ragazzi giunsero - e fu fortuna - in reggimenti comparti. l vecchi ufficiali della riserva, che bonariamenre e patern:u11ente li avevano istruiti, li consegnavano nelle immediate retrovie agli ufficiali d i linea. [ giovinetti si guardavano incorno incuriositi, quasi orgogliosi che fosse venuto il loro turno. Rkmpivan di cartucce le giberne e correvano verso l'ansa di Zcnson ad arginare il nemico che aveva forzato il Piave. Era come se un bagliore di primavera avesse uaversato d'improvviso la tragica bruma di quel novembre. E per uno di quegli strani mutarnenti d'animo, che costituiscon l'en igma della guerra, qualcosa si sedava negli scorati superstiti della rotm: la disperazione, la sfiducia, la voloruà di recri minare, che non sapendo su chi appuntarsi, inveleniva nuri i rapporti, di colpo cessavano: succedeva una srrana calma risolura: come chi, dopo vinto l'a/f.,nno della prim a salita, riprende con passo pit'r ritmico e formo l'ascensio ne. Nasceva un secondo animo di guerra, piìr omogeneo, piì1 raGiturno, più risoluto, che generò la vittoria. Questo, in gran parre, fu dono di quei fanciwli del '99, oltre il loro singolare slancio e il loro sacrifìzio. Ma anche prima del rovescio i giovineni avevan sanguinato sulle Alpi e sull' Isonzo. A runi i motivi di cultura e di sencimenro che, nelle classi elevare, spingevano in lillea, in essi se ne aggiungeva uno nuovo. La guerra era per quegli adolescenti la prova d'animo virile, l'iniziazione solen ne alla vita coi doveri mili rari, un o rgogl io di crescenza e di dignità nuova. Uno di essi, Enz<> Valenrini, fermava incisivan1entc. in una lenera ad una zia. questa rnaturazio nc indma, quasi tàrco naturale.

J cuoi dogi sono eccessivi. Non è mio merito quello che ho fatto, perché è stata una gioia della mia anima espressa in un atro, e non un doloroso fruno del mio

cervello'.


I gìovìntttl

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/via chiainari o accorsi alle armi proprio nella fase in cui il risveglio di nuovi afftt• ti e un sentimento spesso diffidente della propria autonomia suole staccare i fìgli dai genitori, l'ureo della guerra li risospinse con cuno l'a11imo alle loro mamme, invocare nei rischi di morte. Spe.,so, a ritegno del loro impeto, sentono l'angoscia materna, e della mamma vivono il dolore e cercan di curar la ferita. E allora con ingenuo egoismo chiedono che le madri stiano tranquille, che non piangano: cosi solranro essi sara,1no pienamente contenti e felici. Molri di coloro, che ci si presentano in questa fisionomia efebica, son figli d i classi elevare, curati più a lungo, in una protratta adolc,,c<:nza. Taluni dàn no dd Lei ai gcnitori; si sente che la fumiglia li ha assistici in rutti i n1oti dell' anima. Quando v'è calma a chi si pensa? «Alla mamma»; nell'ora terribile dd combattimento a chi vola il pensiero? «Alla mamma,,,. Così scriveva qualcl1e mese prima di morire Angelo Cesarini. Ed Enzo Valentini: Se la guerra non aveS$c scrviro ad ~Jrro che a formi sc-nrire quanto ti \/Olcvo bene senza saperlo, so1o per qucsw avrei motivo di benedire e di ringraziareJ.

Sentiva vicina la madre anch e scn'l.1 bisogno di 1-cttcrc. L1 madre era assorra ncll'a.<· sisccnza dei feriti cd egli le scriveva: (6 agosto ' 15). lvlanunina cara, quando hai molte co.sc da fute, ri pr<-go, non aff.mnarti a scrivere; l'utilità e la santità dd tuo lavoro ci dispensano dal furlo; e d'aJrra parre anchè se talvolta mi manca il segno materiale dd tuo affcrto, la lettera, pure, quando racc il cannone. io scmo indisrintamcnct il ruo pensiero costante come una inesplicabile: prnenzn spiritunlc, che viene a mc, non so se a u-averso lo spazio, o a traverso l'anima... E Ugo Vassalini, dalla scuola di Panna, dopo una breve visita m aterna, effondeva così la nostalgia della mamma e della casa sua: (l'arma, 16 maggio · I7). Anche tu sci passata: passata come tutte le cose dolci che lasciano d ietro a sé il profumo del ricordo. Qu:i.ndo la sera esco e vedo i genitori che aspettano i gli, Mi par(' sempre di. vederci, ma,mma, che mi aspetti e mi sorridi, p<>vcra mamma, cd io facciù i miei giri inutili e senza dirl"Lionci e, nel rirorno alla castrma, mi viene un nodo alla gola pensando all' ulcima sera'.

E in u n' alrra lcttcra: {l':uma, 15 giugno · 17). ,'vlamma, forse ora sci sola in casa e ceno pensi a me: siete qua1tro che rivolgere il pensiero a mc così forre; tutti egualmente, inrensaincntc. E piangerai, mamma, leggendo queste righe. lo ti vedo; ti vedo come cri quando cri venuta a trovarmi, ed io non potevo essere: allegro perché mi sentivo tanto maJe t' dcmcro di me piangevo perché non poccvo vederti felice. lo ti ho sempre! davanti a mé, mamma: non mi lasci mai e mi dai ruua la forLa che mi occorre.; runa la forza che mi abbandonerebbe senza d i cc ...


1'ì scrivo più a lungo dd solito perché credo che tu sia sola, cd abbia più bisogno di me. Non credere, mamma, eh.e jo s<>f&a: ora che ti scrivo mi sembra d'essere ancora quel bambino che posò la ccsrn sulle cuc ginocchia <1uando il fotografo gli disse di prendere la posltione che vole.va, e la poserei ancora adesso e sento che piangi·rci di dQlcozz., infinita•.

Ma nèi inomeru.i lieti cercava di trasportare la mamma nella sua baldanza: (P:uma, I maggio ' 17). L1 vita milicare è srnrn per me quello che si dkcva fosse il fuoco per la salamandra. M:unma, è bello servire la patria perché si rappresenta come la m:unm:t di unti. Quand() t<>rncrò, sarà un giorno superbo: non ti la$c<'rÒ un minuro libera: ti vorrò tutta per 1·ne1. l i conte Corrado Ncrazzini co nfidava alla sua mamma: (9 agosto ' 15). Le devo furc una confossione' Se non avc.<si avuto nessuno mi sarei farro \•oloncario pc-r il raglio dei reticolaci! Itri nel sorteggio senrii un impeto di mostrarmi e chiedere ... feci LLn passn av-arui ... mi parve di vedère H suo volro in lagrime .. . oh la mia mamma! Non ne ebbi il coraggio, per lci! 1.

Era il Ncra1.1.ini un candido figliuolo, che narrava d isordi natamcn1c, con sincerità ragazzesca, alla madre le sue prime in1pressioni di guerra. la sua prima ferim. l'onda run1ulruosa dei senlimcnci d.i guerra, l'orgoglio di famiglia, la baldanza del berwg~ere. (23 luglio ' 15}. Sono impaziente di comunicarle che il mio battaglione è in prima linea. Forse per lei non ~ una notizia consolante, ma lo è pér mc. Coraggio! Per la par ria noi soldati diamo mere le nostre forze. e le nostre madri dèvono C:S$crc le prime a furc.i coraggio. Dunque, m;tmma, non .Sti:t in pena. In trincea si sra :tbbastan'l,.a bene

e possiamo riparard un po' dai proietri li nemici che si funno sentire. La none è un po' triste. Non c1è d'~-aver p:turo però. Ci siamo abituari tut'CÌ e non ci fa impressione. Le pallottole fendono l'aria fuccndo lo gnaulo d' un gatto. lo mi ci diverto, e stando in trincea mi pare d'essere nd casotto a caccia di colombacci. !'rovo quasi Jo stes.so entusiasmo. Solo il cannone mette un po' di spavento, Sa a che disranz.a sono dal nem ico? N ientemeno che a cento metri. leri mi misi vicino a una ve.

deua e sparai d ue o tre colpi d1 fucile nelle rrincèe nemiche. Una di queste sere as.sa)rcrcmo, I prigionieri austriaci dicono che rcmono i soldati dalle penne e ci chiamano «i soldati gallina~. Speriamo'.

Raccontàva cQn inge nuità w, sanguinoso combattimento del novembre ' 15 in cui rimase ferito: col rilassamento triste che seguiva le lotte più acca11ite. .Lt- scrivo due righe dandole ,nie notizie. Ho combanuw tutta la giornata del 13 (festa di Jole). Sono salvo ancora, ma ferito alla gamba sinistra, al ginocchio, da una pallottola nemica. Entrato in combattimènto alle undici del marrino, sono staro ferito solcanto la sera alle sci. Al colpo sono caduto sfinito dal dolore. Ci siamo battuci sempre son o la pioggia ... Sono in un pacscHo, con un altro sergente fcrico. Atrcndia·


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mo il ritorno del batraglionc che è :U1cora al fronte. Il tredici, dopo aver avuti piccoli combanimcnti, abbiamo fotto una bella avan1.a1a .. . La mi.a t'Ompagnia, che adesso 11011 nistt più . .. fu destinata a dare l'assalco. AJ muove.re alras:,çalco ero in ccsra col mio l O plotone, senza uffic.iafo, perché mono il giorno prima. Le uJri.11"1c parole. riv<>lrcmi dal mio capirano furono qucs;,e: «Caro Ne ..

razzini, coraggio, lei col suo plo1onc deve andare avanti, dopo verrò io col resto della compagnia». Non mi feci ripetere due volte il comando. Uscii fuori dalla trincea insie:me ai 1n.iei eroi gridando: «Savoia! Avanll, bersaglieri, :1vant'i?• .Dopo una vcnùna di passi mi volr:1i indietro pe-r vedere sc ìl mio capitano. unico ufficiale rimasto in c.ompagnia, m.i sc.--guiva: invece lo vidi (adcre a terra. Era ferito grave. lo seguitai. avanti prendendo il com:u1do della compagnia, e alla baionc11a dopo accanira lo1ta c<lnqujstammo il famoso trincerone fSan Michele]. Rima.ii solo con otto bcr,raglicri per tre ore a difendere la posizione conquisram. In qucst0 anacco io venni feri to. lo sono ancc)ra fonunaro. ma quanri moni! . . . Corne sono rrisce! Piango nel leggere le

sue lerrere. Sono rroppo affc,ruosc. Vorrei b3ciarvi e dirvi taJHC cose. Quando il mio Clpita.no mi rivide forir:o, mi .ah· bracciò piangendo. Ho fan o il mio dovere. L::tuscriaco sarò per me un e1crno nemico! Vedesse come scappavano! Sono s,anco. Vi bacio tutti" . Guarito, solo per C<lndiscendenza al desiderio n1accrno (assai di frequcncc questi ragazzi non scnwno l'ambizione del grado) frequcnrò il corso allievi ufljciali. Con la brigarn Ferrara espugnò il San Michele ndl'agosto '16. M,a sull'aJtipiano d'Oppacchiasella fu ferito gravemente da una gmnara. Agoniu.ò lungamente, per w1a sopravvenura senicemia, prima all'ospedaleno di Ch iopris, poi a quello del seminario d'Udine. La madre e la sorella Jole. con un permesso speciale, poterono accorrere al suo lecco. La sorella in una commovente lenem ci ha descritto l'a_gonfa del giovinetto e la scena straziante dell'unica madre che appare nell'ùspedale dei moribondi. ... Sorressi la mamma nel passaggio della scalecra di legno rustica che portava al primo piano. Ebbi la prima emozione. Il cappellano. Quell'abito nero. qud libro di preghiere mi serrarono la gola. Intanto lìammo trat1c1uire da lui, mentre i medici preparavano il ferito all'incontro: vidi passare in frctt~ infermieri con delle bottiglie . .. sentii un grido- una voce nuova che chiamava -111arnma mamma», mi trovaj cosl - non so chi mi portò - presso il pùvCro car<)! Oh l'abbraccio che non finiva mai! Gli occhi di tutti erano bagnal'i di lacrime, anche dei dottori: gli altri, i feriri, su giacigli di pagl ia copcrt.i d'un solo lenzuolo guardavano, guardavano. Lanima era nei loro occhi. T'urri erano gr:wissirni. Q uando, d'un rrano la voce d'un ferito disse:

«Signor cappcll:1:no, anch'io vorrei i baci dì mia ma.drc prima di n-1orire!» O h lo sera ..

zio di quelJe parole! Mamma li baciò tuHi con affetto, con infinita venerazione. Due ore dopo tre leuucci erano vuoti . . . . Visse così sessantasei giorni tra la vira e la morte sempre sereno con la sublimità delle anime dcrcc. ,,Mam ma, cor-Jggio, tafftO si deve morire,,. Peggiorò improvvisamente in un nuovo attacco di setticemia ... Fu giudicato per...

duro. Nella lotta con la morcc il suo fisico si struggeva come la neve al sole. L:ombra di c<llui, che fu bello è pi.eno dj vira, era vivilìcara dallo spirico sempre chiaro e prtscncc. Fu così che al suo valore venne concés.s3 la medaglia d•argcnro. Vicino a


quel Ierro di dolore, il generale D ella Noce. per incarico di S. E. Cadorna, un giorno vcnnt a decorare quel peno d'eroe che moriv:i. Un isranrc dj vita fece vibr:trc il morcruc; capl la grandezza ddrora, la gratitudine della pauia, ed in un impeto d i g.ioia orgogliosa, baciò convulso la medaglia, sorrise, e guàrdandn gli a.«anri presenti in nmaggio militare disse: «Com'è bella!»".

JJ sentimen tp dell'affetto filiale raggiunge lo spasi mo nell'episrolario del Cesarin i, an che lui figlio di u na vedova. Riassorbito. quasi, nella vira materna, gli manca lo sla11-

cio deWcspansio ne airan re dj molti altri. A venticinque anni è ancora un fanciullo. Calmo, intrepido nel pericolo, si muove nella guerra lievemente trasognaro. Il suo cuore è presso la sua mamma lonrana; vive asson o, più ché nel suo. nel dolore materno. Vede le cose tuno incorno con gli occh i crisci della vedova lonrana. che ha il figlio in guerra. e a cu i col figlio verrebbe meno l'appoggio nella vira. Per q uesto senso crisce della casa della vedova, a lui non s,uebbe stato d iscaro l'esser djchiararo inabile alle fatiche ru guerra. Ma, qua11do deve partire, pan e tranquillo. Non è nel risch io di guerra il suo dolore. N el distacco si associa alla pregh iera matern a e vuol esser sicuro che q uella preghiera ripiova in seren ità e forza sulla mam ma. (C:trpi. 5 marzo ' J6)... . Coununque sia io voglio che Lei sia tra nquilla, e non si preoccupi per mc. !.?Anima dd mio povero padre, la Vergine mi aiuteranno. lo spero, e non tarderà il giorno cl11iù ritorni sano e salvo a Lei. Dunque, M:.1nlL11ina mia. coraggio; preghi ché ndla preghiera troverà conforto, e l'alrè,ro dei lìgli e del 11ipote che ha vici ni sia di sollievo e d i conforto a tutti i dolori della sua vira troppo rrovagliara. La conforti pure il pensiero che suo figl io pane con l'animo sereno. senza la più lieve prtoccupaz.ionc. ~unic.1 cosa cht mi dispiace un po' è il non potere avere il suo bacio d 'addio , come la sua btnediziont; ùh, ma t'Ssa m i sèguirà lo sr.es..~o com e

se lo sentissi pronunziata dalla sua .stessa voce. Nelle ore del pericolo io invochcr/;> il suo nome, quello dei miei fratell i. il mio pensiero, il 1n io cuore, il mio incero es.sere S:aranno sempre a Loro rivolti u .

Partecipa alla battaglia d 'arresto dell' offensiva del Trenti no nel ']6. e con vivacità rapprese,ua il suo sognare verso cose lo ntane neUo stesso rombo della guerra. (29 giugno ' 16). La norte. quando escò a ispezionare le vcdcnc e i nostri furi lanciano ì loro fas:ci di luce sul fuggente ne mico e i nosrri grossi pro k ttili mi passano sopra rombando e sibilando insie me , io ho mo do di ammirare la beli:) natura com e

una volta, e se chiudo gli oC(hi n1i sembra di uscire per una p:u rita di caccia: il ttChi va là,, della vcdc1m mi scuore, m.i richiama :illa rcalrà e il rombo del cannone sacro alrlralia, il bruno groviglio dei reticolali mi fu ricordare le masse scure dd nemico,

quando ad essi si avvicinava.no e pr~sco ne retroccdtvano fulminati dai nostri. Lti m:un ma mi credcro forse cambiaco; invece tutt'al1ro: sono sempre il suo Angiolo di una volta. pacifico e tranquillo, che mai s'inquieia, che sogna e fa casrdli in ada, come quando era bimbo. forse mi rroverà un po' più serio, anche perché la barba è cominciata a inlìu irc, e perché l"csscre cosl indipcndtntc, !'averi: delle r<:sponsahilità fanno mam rarc c iò c he in me rin1ancva ancora d'acerbo . In.somma, prima aveva un


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r..gar,.o al suo fianco. adesso avrà un giovane che potrà coadiuvarla ncll'andruncnro della fumiglia. Non ere-da che nel mese che ho fu ttò di prima linea abbia sofferto. Lei hcn Sa che i disagi non mi spavcnrano, la famosa paura del pericolo non l'ho mai avuta, perché chi ha una fede non ,eme la propria sorre e trova nella fede Stés.<a una fonte di consolazione e di bcncsscrc•J. (31 luglio ' 16. dal Trencino). Da un ricordo all'altro finisco per sognare. per furc <astclli. e vedo la mia casetta, la mia mammina, le verdi colline delle nostre campagne, e mi sembra impossibile che io possa perire, mi sembra che as.~oluramcntè devo corna.re a gode.re h vira) perché sono lròppo giovane, perché non l'ho ancora goduca 1 •. Qucsco suo chiuso affetto egli sa comunicarlo solrnnto agli umili, aj suoi soldati: con essi sa parlare della madre lontana. ( 17 dicembre' 16). Anch'essi poverini. come me, soffrono nel sentirsi cosl lon tani dalle loro fam iglie, e quando trovano chi li consola, chi l' induce a sopportare ,urro per il bene della parria e forc rurro ciò che il proprio dovere richiede, si rac.-consobno e nei loro occhi si legge là consolazione che le nosrre parole arrcc:-tn(). ln nove mesi di guerra questa è stara la. m·ia consolazione. il mio passa... tempo. Quante volre con essi abbiamo p3!hto ddlc nostre madri, quon ce v<>lre insieme ;ivrcmo " Dio rivolto la prcghicr11 che le conservi e che presto ci ridoni al loro offerto!••

Ma la guerra, prolu ngru1dosi, rincupiva. li Cesarini sentiva che dalla morte solo un miracolo delle an ime dei mord, del suo povero padre, poteva salvarlo. «ln guerra. se non

éè qualche santo che protegge, bisogna morir per forza•''. Esce vivo dall'infernale battaglia carsica del maggio del ' i 7 per un miracolo che attribuisce alla Madonna. E soprarrurco s'affanna, nd presentimento della sua fine, ad

infonder cora,ggio, rassegnazione e ca.Ima a.Ila n1amma. (8-9 giugno}. Non creda però, e.ira mrunmina, che il mio silenzio nello scrivere sia staro accompagnato da eguale mancanza dei miei pensieri per Loro, che ru,zi, nelle terribiJi ore dì tombattimcnto tnL~corsc, e di cui adesso non rimant che il vago ricordo. come di un bruno sogno. il mio animo volava a Loro. e se il pensiero di una brusca mia fin<!' non mi spaventava, mi spaventava il pensiero del Loro orgasmo, della Loro preoccupazione a mio riguardo. Il Lorn nome mi affiuiva alle labbra, con frequenza .senz.'l pari, e quando il pericolo si f..-tceva più grave. quando la mia vira sembrava anaccarsi al sorri lc filo di un ragno, io invocnvo i mic;i cari: la mia mam· mina, le mie care sorelle, i nipotini, le cui immagini mi ripassavano avanti in una continuità ci nemarogr:ifica. Brurra in se stessa~ la guerra, ma piì, bruna è per coloro che hanno affetti veramente gr:indi e sinceri ... E ché questo dovere non sarà esaurito, noi soffriremo. ma sapremo soffrire a fronte alta, perché abbiamo coscienza che del nostro sacrificio sarà frutto il benessere dtlla patria. Tempo verrà che anche noi si torni fdki_, t in quel tempo avremo la ricompensa. di tutto ciò thc ora soffriamo. E Lei. mamma cara, si facda coraggio, si lasci lusintr.trt dalla speranza,~ abbia fiducia nelle sue prcghicn.:, che sono cc.no la mia .salvezza.


Vede, io. pur vedendomi la morcc dappresso, non mi spavento mai, perché ho fiducia in Dio, e trcda, cli pt,rkolo ne ho corso in questi giorni. G li ultimi giorni di n,aggiQ hanno lasciaro nel mio a nimo un solco profondo, che il rcmpo non potrà cancellare, ml hanno forse invecchiato di qualche anno , ma nel mio animo non ha po.~ro mai piede lo scoraggiamcn co''. . . . Ma via, m:\mmina. 1 lasciamo quesri discorsi che non fanno che r.unrn:uicard

maggiormente. ,ni sorrida di quel sorriso suo buono, che era la mfa gioia, quando. bambino, dopo un rimprovero, segnava la pace, cd io sarò felice, felice come allora''. Ma no n vàls,:ro le preghiere. Nella successiva battaglia dell'agosto egli cadde gr:tvè· mente ferito il J 9 a Castagncvizza, e sopravvisse in un ospedalcttO sino al 25 , sperimentando criS1i,u1amentc non il dolore della sua spezzata giovincz-,a, ma il luno della madre orbata del figlio maggiore. Ma in alLri il pensiero della monc e deUa madre non giunge a soffòcare la lieta espansione giovanile, in una sfera più v,1sca della famiglia. Un' intima letizia li accompagna af1chc nei n1on1enti più gravi.

Uno d 'essi racconta alla cugina la sua accanita resistenza, con un p iccolo nucleo, per due giorni contro il nemico avanzante nel Trcnrino. Dopo questa rcsisrcnz:a, duran rc la quale $i n utrì di gallcrtc ed un po' di zucchero, riuscì a ripiegare col grosso dei suoi uomini, co n le sue mi1ragliarrici, e giunse in salvo lacero e se1w.a bercecro, quando già lo rirenevano perduro. L'aicanza lieta del ragazzo, che ha compiuto un' impresa audace, cancella complera1nente il rurbamenro e l'angoscia del ripiega mento del maggio ' 16". È poi vivacissimo in quasi rurti il senso della natura, che si compenetra con s1·ati d)anin10 indimenticabili. Uno descrive al padre la primavera del ' 18, che è runa una cosa col risveglio ddl'c· sercico italiano dopo Caporcrro. (11 marzo ' 18). Qui ride la primavera - il sole si riAerte sulk vette ncvate e nelle verdi acque d' un bel fiwnc nosuo - e la natura c' invim ad esser buon i, a pensare alla pauia, alla casa. aJravvcnirc',,,

Un alcro descrive il folleggiare di un gruppo di allievi ufficiali in una prima ascensione d' allenamento in montagna. Ci siamo fermati sotto una roccia a picco, , 1,issim• nel ciclo, in un letto d i piccoli fiori rosa. Abbiamo caJJtato, riso. parl:l!o alle nevi, alle rocce, alle nubi, al sole. al cido 0 • Un akro descrive una sua ispe'lionc nonttrna alle vedette: ~altra sera saranno St'Atc le undici quando uscii al mio giro. Ho vissuto una di que lle o re che si chia1nano uniche. Ciclo purissimo. Silenzio. Boschi <l'abete spruz..


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101ti di neve, dirini, immobili a perdita d'occhio. Mi pareva d'essere in un paese incantal'O. A..nima>fantasia, tuuo rcsscrè imprigion:.'lto nella calma sconfinata, come <>pµres..~o di stupore. annichilirò. Lé .scncindl<·- passeggiano severe, si soffermano> spia.no di rra le piancc, riprendono il passo grave. Lonrano, <1uald,e colpo di fucile austriaco . . . Ma è proprio vero che siamo in guerra?::.

Uno di questi caduti poi vive tutto rawolto in questa primavera. È Enzo Valenùni, che s'arn,olò volont:trio a diciotto anni, e morì dopo pochi n1esi di guerra nell'Agoi-dino. Accerta la vita milirare cori semplicid e spo ntaneità. Scriveva ad wia sua zia: (1O giugno ' l 5). L, vira di caserma mi h3 ,rasformoco. In due giorni mi sono ovveu.ato a tutto: ,1 dormire sulla paglia fra due suonatori di contr:,bbasso, a lavare la gamella, a marciare in riga, a manovrare il fucile, e mi sono a,•verzaro ai più vari odori che naso irritato possa in, maginarc, e alle compagnie più ccerogence. Del resro, ora. che: mi sono abituato~ la vita militare non mi sembr:1 cattiva i1_

11 reggimento parre (era il 51•, il reggimento garibaldino dei cacciarori delle Alpi) e sfila sorro la casa paterna, sotto gli occhi della madre. {18 luglio ' 15) Quando ri ho scorLa sulla loggia, in piedi presso la bandiera, ri giuro, m:1mmina, ho provato una srrcna al cuore per c1.u ce le n,ie lacrime non versate. per lo paura che cu, nella folla innumerevole, non mi porevi vedere. !\1a il tuo cuore cli madre ha guidato il tuo sguardo e cosl ho avuto la gioia cli guardarti a lungo, finché ho pomro. Non ridico il mio scntimenro, perché se1,tivo Utuo cuore cosl vicino al mio, così uno col mio, clic non posso chiudere in segni alfubetici quello che noi ci sian10 dtrri ndrinfìn iro e oelreterno~.

Ma, prima che la guerra, gli corrono incontro le Alpi solenni. li giovinetto giubila. Una passione profonda d'anc, che s'effondc nelle sue lcrtere e nei suoi disegni , lo rraspona in un regno supèriorc ai travagli e ai dolori e alle miserie del nuovo srarq. Lencusiasmo di guerra diviene una noca d'un più vasto poema che abbraccia il ciclo, i monti, e le verte ddl'wnana coscien,.a. Vive in una dcJiziosa gioi.a. (Nella sccssa lettera). A Belluno mi sono svegliato, ho caricato k, zaino sulle spalle (ore 5,30 del mattino) e mi sono incamminato con la compagnia verso le grandi Alpi. Sono felice, felice sorro il mio forclcllo schiacciante. La fronrc serena della montagna alrn nella luce del ciclo, coronata di nuvole lum inosc, grigia come il ferro e bionda comt il miele, con i .suoi boschi di abeti, I<' sue cascate di acqua, basra a

saziare di gioia l'anima mio. e rn sai che, quando l'anima gode, sorregge da sola il corpo stanco . . . . Socco il sole il bianco paesello si posa fra i prati e i boschi verdi, dominaro dalle vette sere.ne coronare di nll\1olc erranti e rnaculaté di neve alla cima. Quanta pace in <1ucsra nostra guerrai come l'Alpe eterna cura poco lt nostre contesc! 1 ~.

Poche cose lo distraggono da questo sogno di poesia, richiamandolo alla realtà tragica della guerra. Solo il primo appello di guerra gli fu sentire il desrino e lo sgomen-


co istesso che aveva assaliro Eugenio Garrone nel cortile del castdlo di lvloncalieri. (21 luglio '15). Verso le sei è venuto il colonnello e un capitano a cavallo. Noi eravarno in nmgo; io, con fa bandiera, in testa. 11 capitano, ritto sul cavallo, ha cominciato a gridare con voce meca!Jlica nd silenzio della montagna i nostri nomi a uno a uno1 e .-.d --assegnare a ciascuno la .sua compagnia. È srar-d una cerimonia un poco rris-tc, perché ciascuno incarnava in quel capitano il destino ferreo t irremovibile. e dasc::uno temeva la Legge non sc.rirra 1" . V11 mulerto ferito gli rivela la crucldtà sanguinosa della guerra. (l settcmbce ·15, alla madre). Una grana1·a ha esploso nel parco dei muletti, e ne ha feriti alcuni in modo orrih'>ile. Uno ha la guancia scavara e grondante e uno sguardo cosl disperato, che solo per quel muletto ho odiato tutta la malvagia razza degli Austriaci". Ma n ella guerra relativamente languida del suo settore, egli può vivere la poesia della montagna in tutte le sue note. Ron1ba il can none: egli an nota: (22 luglio ' J 5, alla mad re). Oggi un noscro cannone h• aperro il futlco contro I'osservarorio austri3co; ad ogni colpo runa I:. monmgna e il ghiacciaio risuonano

come un organo dal le mille gole'•. Gli si ridesta in cuore un' eco d ella poesia francescana della sua Umbria. li motivo del Poverello gli si amplifica in u n inno alla montagna. (6 agosro ' I 5, ad un a.mico). -·· Quassù si respi ra, nelle pause dei cannoneggiamenri , un'ari:.i satura di misricis:mo francesc:1.no 1 e in nessun luogo come quassù, sorn 1/l''llltt è pura e1 humele et cnsra: quassù rom lunn e le stelle non che clnrire. son Fulgide di bagliori ada_n'lanrini, sm·,1 matre terra quassù. ca.rica di nevi e copcrra d'erba e di fiorì, si leva verso il ciclo in forme di bellc,.z a nelle cui lince divine è il segno e.erto dd Pensiero Eterno; in qual luogo, se non ,1uassù, Jorn morir tt>rpornlr risplende di splendore inestinguibile sul ciclo dell'Anim•? La monrag,1a col suo immenso ghiacciaio s i leva enormè dj contro a l nostro accampamento, alta sopra

i pascoli verdi, e le ore che passano sul ciclo la tingono succcssiv-amcnte dei più fantastici colori. Cerri tramonti accendono le rocce cùmc carboni, o le pl,u:cttnò d'oro, o le arr<>vcnrnno alla son1mità, o le fioriscono di violcnc cupe. fi nché la cenere, color di g iacinro, d~lla scl'l non spenga nel suo uniforme mantello ogni

alrro colore. Nelle noni d i luna la valle è di smeraldo, la rocci3 è di lapislazzuli, e il ghiacciaio di mad reperla sci ntilla taciro e freddo sotto il rnisrcro concavo e profondo del ciclo d'oltremare" . Cade la prima neve. (3 ottobre ' I 5). l)a due giorni il cannone tace. L~ montagna dorme nel suo s ilenzio e ntl suo candore, terribilmente bell:i. Fino :t poco faci pare,,a di conquist'.lrla contro un nemico che ce la concrastava; oggi sturiamo che noi non conquistiamo,


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né gli austriaci difendono la montagna, ma la montagna tollera noi e loro. La neve è discesa dal cido su noi e sui nostri nemici ... li grande silenzio ha vinto il lì-astuono••. Non c.ra virtuosismo paesistico. Quella visione della montagna poteva nascere solo in chi per un'ascesi spiriruale si era disraccaro dal terreno verso l'eterno. V'è una solidarietà irrompibile &a l'anelito eroico del giovinerco e la montagna sublime che gli si colora nella F.uuasia. Solo da w ,a vetm spirituale, Ùllima, egli poreva contemplare la montagna eterna.

La mossa iniziale di quest'animo è l'irremovibile volontà, la perànacia, che ritroviamo frequente nei più giovani combactenà. La g uerra è dura, non ha giubili, costa fatiche amarezze e sofferenze. Essi non le senrono.

(15 settembre ' 15. alla madre). Come vedi. la 11,ia vira è poco eroica. U coraggio consiste nd'3 resistenza ai disagi: è un coraggio senza slanci, che non si consuma nell'incendio d' un assalm. ma arde a lungo, come la fiamma d' un lucignolo a cui la continua sorveglianza di qualcuno m>n lasci mai mancare rolio·11 •

( 16 settembre· 15. ad wia signorina). Una imperturbabile serenità regna dentro di mc: è questa la mia fo,-,a, quella che mi sostiene in questa guerra di sacrifici quotidiani, in cui più del coraggio è necessaria la dura volonril, la pa,jcnza e la resistenza''·

La tenacia generava l<i poesia alpina che lo hcava.

(24 luglio ' L5. alla madre). lì scri\'O dalla penombra della baracca di legno. che ~ ora la mia casa, mentre fuori piove sulla montagna attediata di nebbia. Natu-

ralmente nella regione dello spiri to in cui vivo da rempo, la pioggia e la nebbia non hanno nessuna influenza; anzi per contrasto il sereno è pilt smaglianceH.

(28 agosto, alla madre). L1 vica, che ho fatro ora. non mi ha per nulla dcmor:,lizzato, e i d isagi e le fatiche, co1.zando contro la mia volontà immutabile, come le onde contro lo scoglio, non la fanno né cremare né vacillare . . . . Dopo la guerra, la dolce erba <lei prati invaderà i c:unmini, le piogge attenueran no i solchi profondj delle trincee, che si copriranno di fiori, e della grande guerra null'altro apparirà che qualche ruga e qualche incavo sul dorso del monte, e <1uakhc fram mento <.li ferro corroso, che la mucca nel lcnco andare uru.·rà col piede pacifico••. Perciò restava in una sovrana. virilmente francescana, indifferenza di fronte ad ogni mutamento di co11dizionc, Diventare ufficiale? Forse lo avrebbe d omandato, se il corso si fosse ccnuro a Perugia1 e gl i fosse stato consentiro di riveder sua rnadrc. Ma i corsi d'allievi ufficiali si tenevano alla fronte. Perciò rinunzia. La dura vira di soldato semplice non lo punge. E incanto nella relativa srnsi della guerr:, nel settore alpino, indulge

ali'alera s ua passione degli studi naruralistici. Fa collezione d i farfalle e di fìori al pini, s ra a guardare i gracchi migranti nel cielo autunnale. scruta sulla neve rece nte le orme della pernice alpina e della lepre bianca, ed effonde il s uo animo nei rapidi e vigorosi disegni e


nelle lettere alla n1adre. E alla madre proibisce, per ritroso pudore dei moti suoi intim i, di fur leggere k lettere ad alai che non siano il padre e il nonno. Alla. morte era già pronto. Il 27 giugno aveva già serino il suo testa mento, in cu i, ravvivando nella sua singolare psicologia i motivi platonici dell'immortalità prendeva congedo dalla madre.

Sii forre, mammina; dall'aldilà, ci dice addio, a cc, a papà, ai fmrelB, a quanti mi ama.rono, il nio figlio che de1Tc il suo oorpo per comba1tt•rc chi voleva uccickre la luce ' '· Venne il giorno cn cui lo guerra si ridestò anche nel settore agordino. Enzo Valcntini uscl all'assalto con la sua compagnia. Do,·cva attraversare un vasto tratto di v.illc per giungere alla trincea nen1ica. Correva d inanzi a rutti. Una pallottola lo colse e abbatté dina111j alla montagna impassibile il giovinetto poeta che l'ave,,. fusa col momento subli,n e del suo cuore. Gli uomini spirirnalmcnte già formati erano spesso cacicurnL Avevan l'animo rivolto al le opere incem1esse: ope.rava n con1e ch i accorre ad arginare u na rovina pubblica: eran seri, contrarci nelle preoccupazi<mi dell'ora, energici . Per il resto il no$tro destino scabilito, né voi da loncano po1c1e in qualche modo carnbiarlo. Pe_rciò la voStr;i cura s:ia come per lo p;t't~ato rivolta con la Stessa inrensità al governo dell'azienda e alla prosperità dei nostri interessi. Poiché l'ansia e il dolore, a nulla scrvc,1do. distolgono la ,nentc e k for-,e da ;1Jue attività utili e proficue''· Così scriveva il 3 agosto ' I 5 il <iorrore Emilio Ricci alla madre: e il 20 dello stesso mese, una sercimana prima che u na granata l'uccidesse mentre curava i feriti, insisteva quasi dll!àmenre: (20 agosto ' 15). È inu1ile che mi parliate d'angosce di cuore, di ritardi di notizie. Ve l'ho detto e ripeto: non pensate a noi: mentre noi penseremo a scampare da questo flagello, voi pensate alla roba. È chiaro?" . ìvfa si avrebbe torco a considera re aridità spirituale quesc'arceggiamenco; che qualche anno prin1a, fra gli scudi di medicina il Ricci aveva poecicamence sognato i momenti grandi della vira e riaccompagnato gli eroi del ·99 napoletano combattenti al forre Vlgliena e al ponce della Maddalena. e su echi leopardiani aveva ca ntato:

Giace vinù sepolta nel torpido oziar, ma ove baleni, ricima di perigli, la gloria, h·r, fugando gli àltri studi .gli affetti è la vaghe-aa del vivtre, si scuote e il cuor guadagna, e di sé riempiendolo il sublima>•.


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Era invece il risoluto freno post<>alla fantasia, cnrro un n1aschio volere e una visio ne

realistica della vira: era la tenacia laboriosa del figlio d'agricolrori. La giovinezza aveva ceduto alla ferma maruricà. Così pure persona già complccruncnce formata è il professor Giuseppe Procacci, che compie con puriScsima abnegazione tutto il suo dovere fino alla morre, ma la guerra la vive come una deviazione dalla via scelra, dalla sua scuola e dagli scudi. a cui si rivolge con un desiderio accorato di vica serena. Mi allomano d• C,urnra con rimpianto. Orm->i sentivo di amare quella scuola. Dovunque però io v;1da, porterò con mc l'amore per la mia professione. che libcramcnre elessi. Ma quando romerò io all'insegna.mento? l i non vederlo prossimo mi rende a volte rrist<:. Di quando in quando mi viene anche in mente che potrei non ,ornare più, e puoi immaginare quale sia allora lo sraro della povera anima mia, sola in tanto rumulto. Queste 111ali11con ic non le scrivo ai miei, perché non voglio addolorarli. Naturalmente c1uassl1 bisogna aver sempre presente festou p11rati: ma io non ho ne$Suna vocazione di 1nori rc. In qualunque occasione saprò furc il mio dovere: ma non hl> e non voglio darmi l'aria di chi v3 sorridendo alla mùrrc. Ccrrc scempiaggin i

le !:,,scio fare agli alrri " . Trova in rri nce.a un collega:

(I I febbraio ' l7). Con lui. .. rit-vochia!\10 gli anni del nostro insegnamento e specialmente quelli dei nosrri studi, quegli ideali cH,e ci hanno brillato nel cuore e ci hanno fatco palpitare nei primi anni della giovint""l·za, e ora, in canto rumuho di arml, ci sembra.no così re.mori e inefficaci, mentres<mo b. vera, la grJndc poesia della vira•~. Ma questo domin io sull' atrivirà gucrrc.'ica. come mon1enco tra.nscunrc, quest'opera-

re nella guerra distaccati da essa, era impossibile agli animi più acerbi. La guerra per essi diventa i1n'cbbrcz1A~, un sogno di giovenrù, la prima grande passione; taluni si risolvono e bruciano culli it1 essa. làle fu la sorte del giovinetto Leopoldo AgLtiari, volontario di guerra, che morì diciannovenne sul San Michele. Orfuno di padre, era stato educato dal nonno materno, il conce Alberco Avogli Trotti. Awezw alla piena confidenza col vecchio nonno, egli raccontava nelle lettere rutri gli episodi di trincea, e rurri i momenti del suo giovanile ardore, incurante, per inconscio egoismo, dell'esigenza terribile che poneva al nonno, d'accompagnare col pensiero, col suo vecchio cuore, il lont11 110 nipote nei rischi mortali. li giovinetto ha candide fu.nciullcschc ambizioni. Va alla fronte con un reggimento che nella stessa linea ùene un corso d'allievi ufficiali, e rnenrre si conquisra il grado, egli sogna 3.lnpia e gloriosa carriera. (Udine, 4 febbraio ' 16). Come ti puoi immaginare la mia contcnrczu è al colmo. finalmcnrc ho raggiunto il mio fine e col c<>raggi() e coll'enru.siasmo che sen..ro


d'avere, mi farò onore: e voglio alla fine di questa guerra essere qualche cosa di piÌì di .semplice sonort·nenrc. Viva J·tral:ia. e chi per e.ssa muore. StJnprc avanti••.

1n linea, sen,.a averne ancora il grado, disimpegna le funzion i d i ufficiale. Dopo pochi giorni si offre volontario per audaci colpi di mano, e col suo nonno si vanta volontario della morte. (11 febbraio, sera). Non sono più un volontario di guerra, ma volonrnrio di morte. 1'4i S()no offerto ptr compiere UJt'azione che mi porterà un premio. o le spalline o

la monc da prode. Sono due premi cnrrambi belli, perciò mi sono messo in questo ,aut aut•. Sarò messo a capo di un piccolo reparto di volontari della morre, scelto fra le truppe e che dovrà dare l'esempio a.I grosso nelle grandi avanzare che stiamo

per furc•'. Nei brevi notiziari si dri7.za nell 'orgoglio delle imprese compiute. (21 febbraio '16).... Sono d i:sccso ieri dalla trincea ove volonrariamemc mi offersi a comandare w1 pugno di valorosi off'crtisi essi pure per w1' az.ione. ~azione ~ndò quasi be-ne e rornamm() mcti, meno ono rnorti e parecchi fcrid 1 t..ra i qu:ili io,

ma non è nulla di gr.wc: una co:sa leggcri$sima, ranro che rifiutai, anz.i, per meglio

dire, pregaì il rcncme generale di lasciarmi curare al plotone. È un leggerissimo colpo di baionena al braccio sìn.istl'o".

(IG mar,o ' 16); ·1()mo ora dalla collina dove abbiamo svolta un'aziònc riuscita magnificamente. Col magnifico s hrndo dtlk nosuc truppe abbiamo conquistari tre ordini di trincee oemichc: and,'io per I.i cer,.a volca volonr:uiamcnrc ho preso parte . ... ali 'azione Confessa la tragica passione che ormai lo lega alla guerra, l'ebbrezza srrana della lotta, scn7..1 cui no n saprcbhc vivere. G li par q uasi una rnalania, perché contrasra con la mirez1.a e genrile1.za dei suoi senrin1enri. La guerra è il primo an,ore. (20 mano · I 6) . ... Ormai sono diventato come un morfinomane: esso non potrebbe vivere senz.1 qud liquido che lo rovina, che lo avvicina sempre più alla romba; io non porrei lasciare di punto in bianco quesro ca10 frastuc.) no, questo

continuo rombo d i cannone, questo crepitio <li fucileria, questo rullio d i mitragliatrici. . . Oh non ch'io sia conrenco di questo rcrribile disastro che sconvolge l'Eu· ropa tuua. o h n(>, :un i il mio :1 nimo è straziaro dal grande dolore comune, ma io amo questo rramcsrio d.i frastuo.no perché sono i caracterisr.ici della gu<:cra, perché

debbo alb guerra se ho potutO provare •nch'io quella grande soddisfazione di c hi compie il proprio dovere, debbo ad essa se posso andare c~,n la fronte alra e dire: anch'io ho offerto il mio petto, questo peno quale scudo alla mia ltalia, giacché è un po' anchè mia, lo St'nro. Anch' io domani, se sopravviverò, se non mi sara concesso d>aver l'alto sublime

onore di cadere su quel campo dell'onore, porrò dire guardando quei monti: lii sono salito sotto il grandinar dei proienili. sono salito là brandendo un fucile: là d,lve è difficile salirvi con un bastone ferrato . .. ·0 •


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Ritrova in sé il vigore del coma ndo, che s' espande serenamenre su ch i deve ubbidire; sperimenta il dolore di dover disporre ddla vira alcrui, e quello di veder portar via da una forza invisibile i propri compagni, senza porerli riparare: ché nella guerra moderna la morre non si compenetra col nemico. ma con una forza arai na. come il 1nirico dardo d'Artemide. .. . li vedi (i soldati al momento ddl'ass:ùro) prima tentennare, poi eseguire impallidendo . . . ma poi quando mi hanno visto l':iricarc la rivolrdla con calma, colla sigareu;a in bocc.a, rnc che pochi giorni prima mi avevano visto svincolarmi daJle braccia di una rnadre piangente ... :.1 rnio ~pronti?"?'"' 1ni fu risposto: «runi». E cuui furono con me, anche uscendo dalla trincea, anche sfidando la morce quasi ccrra. Poveri giovani, la maggior patte non doveva più monrore all'ass:ùco col loro tencmc (come mi chia,navano sebbene io non avessi diritto a questo drolo). Sono uscito dalla trincea con dnquanrano,•c eroi, ed em·mvo in quella nemica con trentotto e dopo due ore di bombardamento nemico, mc ne rcsravano venti. E<:co dò che mi addolora: dò che quasi mi avvilisce: veder cadere così i miei prodi, scn:za poter prorcggcrli. cd tsSerc impottmè contro la morte che mi ruba cosi i mièi soldati. i miti cari crol'".

La guerra lo logorò: ebbe un periodo d'esaurime nto. Ma si riprese s ubito, e ricornò al suo posro (era già divenuro ufficiale). e visse la tragedia dei gas asfissianri di Sao Martino del Carso nd giugno' 16.

(s. d.). 11 23 giugno, rimc...so complcramcn1c per quel.lo sfinimento che avevo avuto, raggiungevo il mio barroglionc che era in linea tra monte$. Michele e S. Marcino sopra Sdraussina, vù-à-vi.< di Gradisca. Alla mattina del 26 giugno alle 3 il nemico cominciò un violento bombardamento sul S. Michele e sul S. Martino, Elemento quaclmngolarc, Bosco Cappuccio, Bosco Lancia, Monte Sci Busi, Cave di Seltz. Alle 5 il bombardamcmo allungò il riro per impedire ai rincal,i di portarci il soccorso voluto: poi coll"1inciarono un forre geno di gas asfissi:t1ui. Cornc ~,I solito, ma1ucnni la mia calma, non ostante che al mio ploronc avessi avuto 8 morii e 14 feriti, su 47 uomini, e sui 195 della compagnb avessimo 55 morri e 62 feriti e di 5 ufficiali, il capirano foriro. un ccncnte morto ed un altro ferito: rimanevo io e un aspirante. io comandavo la compagnia. Appena mi accorsi del tu,cio dei gas, credendo fossero i soliti, ordinai di mettere le maschere, e di fare un fitto fuoco dj fucileria, prima onde scomporre un po' i gas, poi per colpire il nemico che senza dubbio avanzava dieuo i gas, quando questi maletlttri gas cominciarono ad a,rvùlgere Il" mie vedette che vidi rizz.1rsi e poi cadere dibattendosi come srcssero morendo. Né pmcvo comprendere il perché: colpiti, pensai: ma possibile che una linea di vedetta di 22 uomini vcng,mo cut.d colpiri simulcaneamcnre? Neppure una falciaca d i mitragliatrici oncrrebbe e:iò. L, ragione però mc I.a spiegai quando i gas ,wvolscro le rrinccc da noi occupacc: man mano che gli uomini venivano avvolti dai gas, dopo pochi isranti c~devano dibattendosi come pesci fuori d'acqua. Compresi e rabbrividii! Eravamo perduti! I tedeschi avevano invc.nrnto un nuovo gas asfissiante concro aquaJé le nostre ma.'lchc.. re erano inservibili. li r(':sta:rc voleva dire morire: una co~ mi resrava. ritirarmi abban ... clonando le po.,izioni per poi riprender·lc appena i gas fossero diradati, e per il can1bio del vcnro prendcs.'tèro un'alrra dire-,ionc. Già udivo gli urrà degli ausrri:ici, d,c rrovate le


vt<lene a1S1J1zare le finivano barbaramente o inchiodandoli al suolo coUc baionenc, o fracassandogli la t""ta con certe nl:lZZè ferrate con punte a diamante che hanno loro. Di<..:U l'ordiné :li miei uo1nini, a <Juéi p<>chi d,c mi rescw:tnù: «alla seconda linea•. Arrivar.() alla seconda linea e disposrili in ordine di combanimenro li còncai: di

195 uomini e ufficiali, restavano 83 uomini e due ufficiali: quando seppi che il ca• pitano e l'shro tenente ferito erano morti nel trasporto al posto di medica1.ionc, un urlo di vendetta irruppe dal mio petto: «vendichiamo il nostro capirano». Ormai i gas crallo dispersi o s'er<u10 confusi cd innolzati llcll'aria. Mi slanciai fuori della trincea al grido di Savoia; un grido fanatico saturo d'odio e di vclldctta mi r ispose, erano i miei valorosi che con un urlo terribile di Savoia rispondeV11no al mio. Ci slanc1ammo alla baionetta. .Rabbia! a dieci metri dal nemico una palla mi colpiSce a<l w1a gamba, mentre un sasso l:mciato dallo scoppio di una granara, mi colpi\la alla resta rompendomi l'dmo e stordendomi senza però farmi n<ssuna ferita. Quella ferira :ili.a ga11"1ba fu la mia fonuna! I miei uomini rigcrr-:u i. come rutto il bairaglione, nel ririrarsi mi raccolsero e rni portarono all'infermeria"·. Appena guarito s'affrettò a torn are, pertinace, in prima linea. Ma non pocè narrare al nonno l'ultima sua avver\rura, q_udla del 6 agosto 1916, q uando - nei prelud i della nostra offensiva che doveva portare l'eserciro iral iano oltre Gorizia e oltre la contrasracissima vetta del San Michele - egli usci di pattuglia, per non più rientrare rra i suoi. Quando la sua brigata, la Ferrara, ava nzò, trovò una croce col nome di Leopoldo Aguiari: gl i austriaci gli avcvan dato sepolcura sulla verta del San Michele. Pure volontario di guerra era Alessandro Comin da Padova, che mor1 non ancora dic.iannovenne il I 8 giugno 1916. Ha tutta J'espa11sivicà loquace. n1ohile, d'un fanciullo, e d'un fanciullo veneto. Quando s'avvia alla fronte carsica coll una barre ria da campagna, cerca di trasfonder nel padre rutti i suoi sentimenti ; fin l'acre fantasia d' una possibile morte gloriosa: e si sente che fo con1e i bambini che voglion persuadere i genitori a veder la realtà coi loro propri occhi, e che p retendono imporre alle cose la legge del h>ro desiderio. Un:, conimovcnce c~wda ingenuità ci conquista. (21 maggio ' I 6) .... Oh se si deve vincere! JI coraggio quassù non manca a nessuno, neppure ai pad ri di famiglia che hanno a casa cinque o sei piccoli da man• tenere, che hanno \listo la mone Sèrtc o ouo volle d3 vicino e che ricontano dopo hrcvc- riposo in rrincc.a. Senti> papà n1io, -se un g iorno mi rrovassi ferito, magari se a ~1kuna alrrn: speranza di vita. là. la.~l1t qu,\$.,'il1. anche in faccia al nostro n:nurak e barb:1ro nemico, credimi le ultime mie .ore sarebbero un tr,emendo tormento, un tormento scn,.a limite. per il pensiero che ancora, grazie al ciclo, ho voi al mondo che dovrei lasciare per sempre, senz.a potervi prima baciare e dirvi quanto vl amo e vi ho atnalO, ma sarei contento di aver data la vira, la mia giovane v'ita per la mia bella Italia, per ciò che ho di più caro subito dopo di voi. Ma con ciò, papà mio, non avvilirti, an1.i rallegrati, ché il vostro nome è a ml": bene affidato e io rirornérÒ contento fra voi. È sraro uno sfogo questo mio, di ciò che provoj di ciò che sento di esser cpace di fare''.


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I OI

Il piccolo arriglierc si cccira nel rombo dei pc-a.i e li personifica: {24 maggio ' 16). ... i nostri amici di fianco, i 149, borbottano sempre, ad inrer.,..,lli, e sono più pettegoli d'una donncrra di campagna"'. Con lo stesso candore descrive i moti dello sgo,nento e della paura. (23 maggio ' 16, allo 1-io). Quello che fa real men te paura e che ci fa cambiare rutd

di colore cominciando dal capitano, è l'a.rrivo dei 305. Maledetto lui e tutti i suoi -anrcnati! Urla col1"1<: un lupo!'*·

Ad uno zio descrive l'angoscia d'una raffica d'artiglieria nemica che ravvolge runa la batteria in un turbine di morte. {26 maggio ' 16). Ci scoppiarono attorno ai pezzi ben 28 granate a doppio effetto da l52. Mc la son vista brutta, assaj bruna, e mi ero raSSt'.gnaco a morire lontano,

purtroppo. dai miei. Che momenti. zio! Un pci:,o cli scheggia mi sfiorò la tc'Sra all'altezza di due o rrc cc-nrimctri. Una pietra lanciar:, a runa fora mi caci.dc fra i pied_l. Ero rassegnato, sai: :Jvcvo eirato fuori dal mio pt)rtafoglì i ritrarti di papà e mamma e

aspeuavamo tutti che allungas;<ero il tiro di dieci metri<: poi eravam,) all'alcl'o mondo. Basca. Povero papà mio! Percarirt non dir nie:nre in famigli3 ...

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Ma il primo a contravven ire a qu1.'Sio diviero è lui stesso, che non sa ri:sistere alla tenmzione di narrare la grossa avventura in una lerrera al padre. Giungono incanto norizie tristi dal Trentino. nel maggio 19 16. Il Comin si eccita e s.i sdegna, come se si violasse una regola di giuoco, q uasi non arrivasse a concepire che in guerra possa accader qualcosa di diverso dal vi ncere.

(30 maggio ' 16). Sono invaso da furore bellico. da che leggo che nel Trentino si retrocede, d,c noo sro più in me dalla rabbia, Ma che si fa? leggere i comunicati? Se conti nuano cosl, faccio domanda subito di passare a Schio. Voglio piuttosto morire. fulm inato da una granara, che vedere il mio Veneto invaso. 'lù non sai. papi,, che r-Jbbia mi roda. Non penso più a nicn te, ho l'animo <.'Saltato e vorrei solo trovarmi a tu per tu con quelle canaglie''·

E rrasfonde questo suo furore nei duelli d'artiglieria, di cui dà w1a focosa descrizione al padre. (5 giugno· 16). Ieri avemmo un bombardamc:nro in piena musica ed oggi per due ore era stato ricominciaco, ma con noi non si schert..a tanto, e giù fuoco, fuoco, fuoco. Shrapnels, granare icaliane, francesi, e shrapncls ancora, batteria fuoco! sezione attenti! 2 ettometri in più, 3 in meno. dieci n1illesimi in meno di dirc'l..i()ne: fuoco!! E giù: dal l'osservatorio in prima linea il nostro tenente ci telefonava: va bene. siete giusti. scoppiano bene, un po' meno alti quegli shrapnels. fooco! ma• ledetti! Sparavamo e ci rispondevano Coi grossi calihri: sl. ma chi stava an:cnro al1c


loro granare? Non le sentivamo, nemmeno. tanco era\•amo ancnti ai nostri bravi cannoni. Anéhc qucseoggi cominciarono ad arrivare tre ù quatrro granare da 152. Una colpì giusta il ricovero di un c:iporal maggiore, ma non si tbbc nieme dd runo, le ;ilcre erano bene aggiustate. Non avendo nessun ordine di .sparart\ i serventi dei pezzi .se la moe,1ror10 nei grossi rkovcri, e restammo solo io e il cenente Rossi, che mi è simpaticissimo_, ai nostri p<."ZZi. A cose terminate mi dtiamò e mi disse: «Comin. com'è che non sei entrato cogli altri nel ricovero!» •Signor Tenente». risposi, «c'era lei ai pc-,ii. potévo resrarci anch'io che sono volontario, ranto, è meglio moriré sul proprio cannone che in w,a buca». Mi guardò. sorrise. e battendomi a mano sulla spàUa mi disse semplicemente: sHru ragione!» Papà, non puoi immaginare quello che non abbia provato a quelle d,ue semplici parole. Non lo credi, papà mio? Non ti saresti commosso ru pure?~,.

Ma pochi giorni dopo, in u n altro duello d'artiglieria, una granara austriaca colse in pieno il caro figliolo, e interruppe per sempre il simpatico cicaleccio. nota delicata come il canto d'un uccello, nell'uragano di guerra, fra il rombo dei cannoni. Temperamento più impecuoso. hrainoso cli vivere rurca la sua vira e di affermarsi, precoce e tempestoso per intelligenza, era invece Robcrtc, Sarfatti. La guerra lo sorprende appena quindicenne. Cresciuto in u na fumiglia socialisra, il sentimento patrio ha in lui runa la violcn,.a di una fede conseguita per conversione. Le giornate del maggio ' l S lo trovano a Bologna. Egli vi sente solo l'ebbrez,.~ e la voluttà d'offrirsi e di sacrificarsi, e scrive ai genitori chiedendo il permesso d 'arruolarsi. Il ragav,o ha movimenti e atteggiamenti che già prea1tnunziano e rivelano l'uomo. (Bologna, 23 maggio '15, al padre) . J.:lt"1ia è riS<)rta a dignità di nazione, e guai :1 chi $Ì 3ncnti a toccarne ]'onore-. Solo or:1 io ho i1npararo ad amare, se non l'ka.lia, gl'ltaliani. Ho visco vecchi pianger cli commozione e giovani abbracciarsi per la gioia. Era un solo grido In tutti: «Evviva l'lcalia»; una sola spcrcrnza: la vittoria; un solo proponimento: il proprio dovere. E non solo in quesro fervore di anime e di cuori. ma anche prima io avevo un solo dovere: quello di arruolarmi. lo sono abbastanza gr.ind,· cl; srarurJ e possente di for,e, e sviluppato d'intellige,nza s<: non cl; c,à; per forre, io mi sento abbastanza robusto per sopportare le fatiche e gli strapazzi d'una guerra. lo penso ché non si fo impuncmtnre l'incervcntis1a per nove mesi per rimanere a casa giunto il momcmo buono.

Papà, papà nlio buono. e tu rnamma. che sai con,prcnderc quello che Hmio ani• mo contiene in sé in questt'.'I momcnro, datemi il vo.srro permesso e la vostra benedizione, d:uemdì pctrché io scnro che con essi nndrò cora1..1.aro conrro le p::1Hc nemiche. Credilo, papà, io non andrò im guerra per uno stupido desiderio di distruzione o di awcnrurc. io andrò perché così vogliono la mia coscienza. la mia anima, le mie convinzioni. Pcrdò damn1i il ruo permesso e me lo d.ia la mamma, perché se no sento che, con. n,io grande dolore, ne farei senza e andrei a formi uccidere. forse. se a che mio padre e mia n1adrc: mi abbiano dato il permesso e la loro bcm.•diziont. lo non so se morrò. ma anch!' se quc.•sro accadesse, che sarebbe ciò? L1 morte rrovata combarrC"ndo pel


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I 03

proprio Ideale non è morte ma trapasso, il sangue versato per un' idea frurrifica e produce. E poi cht cosa la morte di tanto terribile che si debba temerla e odiarla come una ncmica?H. Non era infatuamenro di ragazzo. Non avendo ottenuto il consenso che del resto poco gli avrebbe giovato perché non aveva raggiunto i diciasserre anni necessari per arruolarsi volontario - con l'aiuto di Filippo Corridoni si procuJ'Ò documenti fulsi, e nel luglio del 'I 5 poté - grazie al suo precoce sviluppo - arruolarsi nel 350 reggimento fanceria. Dopo un 1nese, quando già srava ptr partire per la frontcJ fu riconosciuto e scgnalaco da un giornalista. Il colo nnello lo rinvfo a casa, cercando, con molti dogi, di consolarlo dell'amara delusione. Dell'avventura gli rimase una sua fotografia in d ivisa di soldato. L'offerse a suo padre con una dedica in cui è rutta la sua ostinata volontà: ,al mio papà. ricordo d'un tenrarivo che, fallico una volta, non fallirà la seconda•. Dovette rornare a scuola (frequentò l'lstituro naurico d i Venezia), navigò nell 'estate del 'J 6 fino a Rio de Janeiro. Ma appena ebbe compiuti i diciasserre anni la sua volontà prevalse: si arruolò nel 6° alpini. Esaudit<> il suo voro, ebbe però un moto d 'accorata tenerezza pcl padre, che aveva conscnrito e col quale :unava effondere i suoi più riposti pensie ri. (Caprino, 3 agosto ' I 7). Caro papà mio, ho ricevuto ora la ma lettera che mi ha F.uto molto piacere, sia per le care parole in essa contenute, sia perché viene da re. Tu non puoi credere quanto io ti voglia bene. e quanto ogni tuo sacrifizio in quest' occasione.' sia rimàStO impresso nd mio cuorcss. E quando, dopo Caporcrto, il padre gli scriveva ferme parole d' incoraggiamento, egli sentiva quanto dovevano esser costate. (Pesina, I novembre ' 17). Ho ricevuto la tua lcu-era: davvero che mi ha furto ranro piacere e orgoglio insieme come tu comprenda il nosiro dovere d'ltaliani in quest'ora. Ma insieme quanto dolore ti deve aver futto lo scrivermi come mi hai scriuo!S6', Nel periodo che passò al deposito ebbe a soffi-ire t utte le amarezze e tutte le delusioni dtc la mediocre realtà inAiggeva agli accesi entusiasn1i, tutte le inisioni dei pigri e degli scettici. Andare in linea, tra i vecchi alpini territoriali che lo trattarono come un figliuolo, fu per lui u n riscoro. Ma in linea fu mandato solo dopo il rovescio del l'autun no ' 17: e partire rinu nziò a divenrare ufficiale. Scriveva risoluco alla madre: (Caprino, I novembre ' 17). Mi sembrn mio dovere lo scriverti che non furò alcuna domanda. almeno per ora, per essere ammesso al corso allievi uf!ici31i. In questo momento, in cui si decide la vita stessa della patria, non mi sembra giusto di non essere dove si combatte. Dopo sl, ora no. Sono soldato e c()mt ralc voglio Poter combattere. Chiunque sia in gr:ido di poter difendere l' l,alia deve farlo e subii(), senza aspctcareH'.


Trepidava per Vene-zia. (l?~ina, 11 novembre' 17, alla madre). Pur troppo ccn,o che Venezia sia in pericolo. Che Dio protcggà tutti i nostri cari che sono (o erano) là! Povera cara Vene-Lia! lo tremo per ki, come per una persona viva. Ma credo fermamente e gi uro. che se un _piè-de tedesco porrà calpestarla. ciò non durcrli a lungo''. Ave,.,a nel parrire la calma gelida di chi si è elevato e si sente pari ai pi,, straordinari e tragici eventi. (P~ina, 11 novembre, ore 14•'•, al padre). Forse io non ti scriverò più che dal fronte: forse, poiché ogni probabilità bisogna contcmplorc con viso sereno, forse io non ti potrò più rivedere; in ogni caso, qualui1que cosa succeda. staj sicuro che compirò intero il mio dovere di italiano e di soldaro fino a che lo porrò, e lo compirò senza inutili temerJ.rietà. e senza spavalderie vane, ma senza paura e con la fierC"Lta d'essere figlio tuo e dèlla mamma, e colla sicu,e,za che per quanto grande potesse essere il mo dolore, tu mi prtleriresri mono che ,1ile. Scusa le n'lie parole. e dammj la ma bcned.izione è qudla della mamma11. Ma l'impictrara risolutezza si sciogl ie in un senso di gio ia appena è entrato ncll'a1.io· ne: appena sente che nell'operar forccmcn,c, anche in cond i,Jon i avverse, c'è la possibilità della virtoria. Narra i combanimenti a cu i ha partecipato, nel scrrore fra il Grappa e gli Alci pian i. (28 novembre ' 17, a.I padre). Nei pochi giorni che siamo rimasti in prima linea abbiamo a.vuro l1onore e, la ronuna di un assalto respi nto e di un contrartacco vino.. riosQ, abbi:uno anche focro vari prigionieri. lo sono incolume sano e salvo t conccmo di essere in mezzo a degli eroi, perché- tiuesci vecchi alpini, in mezzo ai quali mi trovo ora, sono runi degli eroi. And,c i giovani compagn i del '99 si sono portati ass:ii bene. Ti assicuro che b fiducia nel nostro dcs<i no d'ltaliani rinasce più vivo e forte in trincea. l rcdcschi veni\•ano avanti ubbriachi di vino e di odio, ma quelli che restano di quanti ne abbiamo rcspinli, racconremnno che cosa valga un alpino italiano. Gli .i.urra.h» e i ~Savoia» si scntiv:1.no salire in alto, in prindpio con egual forza, ma poi solo .,Sa\•Oia.. si udl!"°'. (IO dic<.'mbrc ' 17. "1 padre). Avrai letto sui giornali qudlo che è avvenuto sul nostro fronte. 11 nostro batmglionc ,wcV'.l la mattina preso una posizione (e abbiamo avuto nd l'a«acco parecchie pcrdire; un povero ragazzo, certo lin, cui volevo molto bene perché buono e scrviz.ievole, è cad uro a un metro di disranza da mc); alla sera é venuto l'ordine di ritirarsi. Figura,i che rabbia! Ma la pasizionc era realmente insostenibile, _perché saremmo stari circondari. li plotone di arditi aveva il compito d; sostenere il fronrn ... ho c hieste> al maggiore il permc.tS<> di unim1i ad esso e l'ho ocrenuro. Abbian1() avum due giorni e due nottì di combattimenti rc:rribili.. Poi abbiamo rìpiegaco ed ho raggiunro la mia compagnia. Quesra occupav:. la cima di un monte, posizione assai batcuca dalle mitragliatrici. Per tre giorni siamo srati senza altro cibo che una scatoletm di carne e una razione Jj galletta. Poi si è avuto il cambio, e ieri


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I O)

abbiamo mangiato il rancio, bevuto a sazierà. e io n1i sono per o làvaro un po' il viso

e le moni. Che cuccagna! Sono sporco come un ... lascio a re cùmplcr:are rimmagineA-1 •

ln quesra gloriosa miseria del combanence si presenra soddisfano, scrivendo alla cugrna: Mi tan)mtnco qualche volra cht un tempo mi lav.1vo, e aJlora mi guardo con mc . .

lanconia le mani nere e gli abi,i ridorci a brandelli: eppure orascnro di c,,scrc migliore che non_ allorafi;,.

E alla madre che gli parla di una sua confcren1.a, risponde con una lieve punra d'orgoglio infascidiro. come chi vive in più elcvara sfera: (13 dicembre ' 17). lu mi parli di discorsi tuoi, di «Corriere• ccc. !>1a non sai che sono stato quindici giorni st·n~, lavarmi la fàccia, che non mi can1bio dal 20 nùvtm·

bre. che al fronte (al vero fronre dal <1uale dism pairecchi chilomeni, benché per un anigliere, p. es. qucsro sia un posro abbastanza av:tnzato e il fronte arrivi sino a Bas• sano) non si sa nulla di nulla, e che i hollcnini si cominciano a leggere a Val~tagna,

ma non da ru11i, solo dai comandi . Per kggere un giornale bisogna andare a Bassano. Mandami dunque, ii prego, le notizie senz:, presupporre che io le conosca••. Ma non mancava d'umore nel descrivere la vita del combancntc: per esempio il risvc· glio dei bisogni elementari, l'imporran,.a che il cibo assumeva nella dur:i vir:i del soldato. (Nella stes.sa lencra). Ho la soddisfazione di porerri dire che ieri ho mangbto, ho v<.'ramtnte: mangiato, <: clormiro. veramente dormito sotto un vero reno di un vero fienile. Abbiamo rrovaco dei pollastri) paracc, polcma. insalata, casragnt', 10 litri di

vino. Abbiamo cucinato e prep•rato il runo e in sei abbiamo fa110 un piccolo festino. !vii occorreva proprio per rimeccerrni a posto lo sromaco" . Il giorno di Narale confessava al padre ... con l'astinenza for,.ara sono diventato più goloso, credo. e l'idea di un buon pollastri no e di buone paste mi fa venire l'acquoli111a in bocca". Anche lui si prova a descrivere bizz.arra,nence i rombi e il frasruono di guerra.

(19 dicembre ' 17, alb madre). Con un po' di prarie:t si conosce dal sibilo la dire1.ionc e il calibro d'un proicrrilc. Qucsro che fischia come un uccello - ss.si sssi - è un proiettile da monf'J.gna> oh, ma .~coppia lontano~ qucsr'altro - vvuvvuf - è un 305; cono a desira: booum ecco che scoppia. Ed ecco il 75 elegante e preciso, questo mi scoppia sopra la 1csra: sscn, pan! Mi ricopre ru,ro di rcrra. E le schegge sembr-Jno mosconi che passino rapidi. Ma mj ha (già tè l'ho scri1to) ammacca«> l'elmetto. Non credo si possa dare l'impressione, sia pure approssimativa che desra un bon1bardamcn10. Sembra d'essere al centro d'un fuoco d'artificio. Ho moira simpatia p·er farriglieria da monragnai. È eleganrissima.


E le mitragliatrici? Scmbmno comari che si raccontino delle maldicenze: ca-carata .. . bdb ragazza, ma ... Ùio ne scampi e liberi! E poi ci sono le piscolc;

[1 .. ti-ti- Li:

quelle paiono collegiaJi che giocano rd urlano

come uccellini spaurici. Uh l'h:1 presa; ma no ... vch che scappa! Brav• Rosa! corri! ci ti. . . , i. ..

Ed è b. morte che passa! Ah, «111 mon est une g,rir. ,1url1ressr!.n Equando si sencon cadere le schegge intorno a sé si hanno dei momenti di dub. 1 prcn dera. '' s1•.• no . .. s1... · Cl~usa. · ". b.10. M.

Quando lo fanno caporale per ,neriro di guerra, scher2a sull'alto onore: ... mi hanno voluto proporre per la nomina a caporale. Ma non mi lascerò ubbriacare dalfa gloria, sai. e pcnscri> sempre, sia pure nella porpora di capomle, all'umile casetta dove nacqui•'. Ma questo ragazzo cosi pieno d' impero e d'istinti è poi sorpreso da momenti riflessivi e pacati, che hanno una profondim strana: come quelle parole profetiche che secondo gli antichi uscivan dalla bocca di clii era prossi mo al la morte; e che, più semplicemence, eran lo sforzo dell'uomo, che maturava precocemente, a dominare con l'intdlcrco la realtà rutta, sino al la realtà della morcc. Tutto il suo fervore bdlicoso si ricapitola in un convi ncimeruo saldo e duro, co.munc a quanti concorsero a restaurare le sorti d'.lralia: l'assoluta impossibilità di vivere in una p11X Germt111;c11.

(25 dicembre, al padre). Più s-ro al fronte e più penso cht, si deve vincere. i\ qualunque cosro. E ora più che mai. lhze uicris. Guai a coloro che dovessero S.OL- tOSra.rC a una Germania vincitrice" .

La madre in una lettera doveva avergli espresso giudizi poco conforranri sulla borghesia italiana. Il raga,.zo, già provaro dalle battagl.ie, riscà un momento pensoso, allarga lo sguardo su mcco il vasto oriu.Qntc della guerra sanguinosa e respinge il non benevolo apprezzamento, con un senso di giusùzia e d'equaninùcà che sorprende u1 un diciassettenne unpulsivo. (1 7 diccmbr<' ' 17). Quanto mi hai detto in ,ma tua lettera sulla borghesia italiana, non è, mi pare, né giusto né equo. Quanto c'è di buono in Italia non è borghesia. e

vero, ma esce dalla borghe-sia. E t:utti gli ufficiali di complcmtnro 1 che sono decine e cenrinaia di migliaia. sono borghesia. E qoanro sangue hanno vt:rsam per b parria! E

che opem mcrnvigliosa e feconda. compiono!" . In un momento di requie gli capitano fra mano Le mie pr;gio11; del Pellico. Il volontario alpino del 1917 si solfenna a meditare su quello scriuo dd nosrro primo Risorgimenco, e sence un distacco: si senre oriencaro verso più virili acceggia.menci che non la fede carrolica del nùtissimo marcire dello Spielberg. (29 dicembre 'l 7, alla madre) .. .. Ho trovato da un soldato Le mi, prigioni e mi son mes..ço a rikggcrlé. Mi hanno prodouo una curios:a impressione. Ccrt;o cht colui


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che ha fede è felice! Felice perché crede e non ragi()na la sua credenza, e qualunque cosa gli succeda, vede una ragione di più per credere. È comodo e piacevole avere una forma di fede nd cuore: perciò se la religione cristiana rappresemasse quella che si usa chiamare la verira, Dio dovrebbe avere ben più caro oolui che non ha fede e la cerca, che non l'alrro il quale non dubirn. Ma forse la fede piena e assolura è dei semplici, e per questo di loro è, d ice Gesù, il regno dei cicli. È. un libro che riconforca e awilisce nd medes;mo tempo. Arrisrkarnenre poi è men che nullo" . lnranto maturavano i primi segn; della riscossa italiana. Frenata, con le battaglie del novcmbre-dkcmbrc l'offensiva ausrro-tedesca s ul Grappa e sugli Altipiani, verso la fine del gennaio il nostro comando volle restaurare lo spirito aggressivo dell 'esercito co11 un' azione offensiva su Col del Rosso e Col d' Echelc per meglio saldare il settore del Grappa con quello degli Altipian i. Proprio allora il Sarfarci ritornava in linea da una licenza ru premio. Saputo impegnato il suo reparto con corsa affannosa l'andò ricerca11do sui monti. Trovò la sua compagnia ancora in locca, e si cacciò nella mischfa. Da solo encrò in un camminarnenco nernico. catturò una mirragliacrice, foce una trentina di prigio nieri; poi atraccò una galleria dove il nemico resisteva ancora. Una palla in fronte lo fulminò il 27 gen naio 1918.

Gian Paolo Berrini portò sereno e cal mo, senza esitazioni. senta rimpianti, per qua.. si ere an ni di guerra la fede e l'ardore che lo spinsero volontario di guerra neJ giugno 191 5" . Non lo rurharono né il concrasco fra ideale e realtà, né le dure prove, né i pungenti dolori, né l'aspeno della morce. Appena conseguita la licenza liceale s'arruolò nel 5° alpini. Pose. nel suo F.u-dello una copia dei Doveri delli,01110 del Mazzini, da cui aveva appreso che bisogna dare prima di chiedere; che non ci dev'essere limite nella propria dedizione, che il pi:imo diritto è quello di compkrc il proprio dovere'', e parrl. Aveva una lucideaa singolare nd vedere e sistemare le cose nel loro complesso: perciò poco su lui potevan le impressioni immediate, gli sgomenti e la sfiducia. Vedeva la ineluttabilità di guerra con una nettezza che sarebbe scata desiderabile nei nostri non sempre accorti diplomatici. (maggio ' I 5, alla madre). Se pure i tedeschi ci d<>nassero (comt si fa ad un povero pczzcnrc), se mai ci donassero le tèrrc irreclencc, lo furcbbcro solo per la necessità del momenro, C1 conclusa la pace con gli altri, verrebbero-a pescar noi, che non saremmo a.iurad da nessuno. Fra i.I cadere noi giovani, noi dcll'cserdco, in bat caglia, fra il vedere, sia pure, !"Italia ridotta ad un ospedale di feriti, per l' umanira cd il diritto, ed il vederci soggiogati e martirizzati, cd il sentirci schiavi volontari di un popolo barbaro, credo non occorre essere molto logici cd intelligenti per dire che si starebbe meglio nel primo caso e per gridare oon mc: guerra, guerra!!" .

Ma non per quesco amava la guerra.


(8 luglio ' 15, al padre). Ceno io pure, anLi forse io più di moltissimi altri, odio la guerra, la déttsto comé distruzione di inclividui, e specie perché è il trionfo degli incn i. (n furti~ dopo ogni guerra c hi rrionfetà sarà la generazione dti paurosi é degli $Ciru1carl, dtC- rrovcranno il meno di cavarseb. Chi rirornerà. avrà un disprezzo tale per tuui questi $Uoi simili, avrà così -alro il cOncecco delle piccolezze deJla vlla nor·

male, che vorrà vivere al di fuori, al di sopra di qucna. Ciò nonosrnnre. io mi furci volontario anche oggi" . J>er la coere112a con cui persegue i fini gli riesce facile piegarsi alla disciplina e «dire signo r sf q uando vbn-,bbe dire signor no». E si avvezza anche alla visiot>e della morrc durante il con\barrimento. (28 ottobre ' 15. a.i suoi). L:i,nprcssione [del combattimento) è minima; solo faceva male il vedere i feriti, che cr.1no portati su certe barelle, perdenti sangue e doloranti. Però ci si abituò anche a quella vista e tutto sembrava la conseguenza cli una vita normale, seppure nuova; in complts..\'O, un a bella vita. Se noci vi fossero i morti e i feriti, è una cosa che .si porrebbe furc:71 •

Anche la propria morte è frcddame,uc bilanciata: (16 novembre 'i 6, ai suoi). Se verrà, sara la benvenum. e come io sarti felice di dare la mia vita per una cau.<a giusrn e di liberr:\, voi dov«-ste essere orgogliosi d'a· ver potuto crescere un figlio forre e robusto per morire nell'unico rnodo possibìle e decente nel quale un uomo possa, ora, finire. Q uesto ve lo dico seriamen te, menrre sotto lontà.110 dal pcrkolo e noti so eos:1 sia la illclattcohi3. è ve lo dko ptrd,é possiatè allcgramcnre sapere come la penso io e come debbono pensarla tutti i genitori e le fidanzate d'Ital ia"'. (Fiammoi, I6 aprile' I6, alla sorella Amelia). T 'ho inviato un piccolo reg.,lino ... La mcdaglicttà è quella dd battaglione •Cadore• e in qucsri momenti ha un valore speciale. Te la dono perché m la ~erbi per il cuo primo bi mbo, al quale credo non ti dord dire che lo zio apparrc11nc a quegli alpini. pieno di kdc e di buona volontà. felice d'essere di quella fortunata generazione per la quale è debito d'onore compiere l'unità d'lcalia ..,11. Sente u.n conforto speciale nell 'essere alpino. Q_uel corpo risponde al rilievo della sua personalità. (1 7 secrcmbre ' 15). Quello che mi fa molro piacere per il futuro è vedere c<>me e quanto è d_iv<:rso un corpo di alp ini da uno di solita fanrtria; quanta individualirà, quanta di$ciplinat1 indipc11dc1w.~! Un sorcorencnw degli alpini ha, in qucsrc rc,gioni, l'indipendenza e l'iniiiativa almeno come un capimno di fanteria-•. Scorrono gli anni di guerra ed egli si rirrova lo stesso, immurnro. (l' giugno ' 16). Un anno! E per di più un an no di guerra. A me, d1c non avrei mai voluco essere soldaro in

l'Cmipo

di pace. pare imp<>s$ibilc ancora d•c.s.serm i abi-


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ruaco 3 questa vira miUrare, abituaLO così che non n1i sembra d.,avtr fatto altro du

<1uando sono cnrrato nella vita ... Ebbene, vi dirò che se quando parrii da Milano ero w1 tncusiasrn. pur luuavi3 l'ignoranza assolura di che cosa sia la guerra, la parrenza per luoghi ove io m'immaginavo non vi rosse che mùrtC, mi dava. un cerro senso di vuoto, di sgomtnlo, e per sopraffare questi sentimenti occorse la mia but)na volontà, sostcnura dalla gius,czu della ca1L5a per la quale sarei forse anche mono; ora invece, dopo un anno di guerra, del quale la massima p,utc l'ho passata al fronte, debbo confessare che sono più entusiasta di prima, che i miei sentimenti di volontario sono aumentati e che sempre desidero e desidererò incontrarmi con gli odiati nemici" . {22 maggio ' 17) . Quando riccvcrere questa mia. saranno forse due anni quasi che sùnO sottò le anni. Sono due anni. due: ann i di guerra, e mi sembra un giorno. Di soli to s i dice che gli uomini sono volubili ; io però vi pos.'i() assicurare che i miei sencimenci, che il n,io tncusia..'imo. Sé non sono a11Jmèntari, sono ceno gl i stessi di

quello che avevo il 2 giugno 191 5 <1uando mi presentai alla caserma del s• alpini. Qu:inti cambiamenti e quante cose ho viste e fatte in questi due nnni! Allorn ero recluta ignaro di guerra e di tutto ciò che è militare, ora sono tenente con quasi orco mesi di anzianità, comando degli uomini. .Ho avuco grandi soddisfa:doni e non sarò mai grato a me stesso di qualunque altra cosa, quanto d'esser venuto volontario a llUC'S.ta grande guerra p(·r la. vittoria della glustiziaao,

Vede con occhio termo le vicende dei combattin,enri e con lucidamente li narra.

(sc,w.a dara, ma giugno '16). Qut-sto è l'ordine. In due minuti i soldati sono a posrn. Ordino il .baionec-can• e faccio mettere le , nascherc contro i !,"'-' aslis-sianti. Dopo ci nc-1uc minuri, nei quali do le ultime disposiz.1oni e distribuisco le bombe a mano, nuove scariche di fucìlcria. vicinissime. I soldati sono a terra un po' riparati da una kggern ondulazione. I primi f<crici si trnsdnano dierro di noi. Il capitano è avanti e fm le li,cila,e semola sua voce. lo ho l'ordine di agire quando lo crederò e nel momento più opportuno. So che alle mie spali(; non ho alcuno per il momento.

So che se perdiamo ht posi,.ionc sarebbero molti i perduti, E so d'altro ca nto che mi trovo cosi di botto • d agire di mia iniziativa in un momento cosl critico. Ebbene. non è vanto: mai fui più calmo, mai ebbi più d'allora la chiara visione di ciò che dovevo fure, Sapevo che un mio sbalz.o avanti avrebbe fatto piovere sulla mia Unea molt<' granate e shrapndls; sapevo che molti dei ,oldati, che attendevano solo un cenno mio, non sarebbèro srati più qualche ora dopo. Dopo una brevissima pausa ancora scariche violente- di fuoco confuso ad un vociaré agicato. Era l'animo. Era il momcn c.o opporruno «Avanri, -alla baioneua,, Savoia!»••.

t liceo quando s'accorge ddl'ammirazio ne di cui lo circondano i colleghi e i superiori: il suo orgoglio pe rò si confonde

c()n

l'orgoglio e il vanto di tutto l'esercito e di

rutta la nazione.

(22 settembre ' 16). Carissimi. oggi sarei anch'io poéta se la penna, o meglio. il cervello mio mc lo pcrmc:rtessc. Dopo canw che sono in alto, mentre molri a.spirano alla quora zero, io comincio ad innamorarmi d<'lla montagna, incomin~ cio a bearmi delle meraviglie che si godono da queste stupende vette. Ora che la cerrczz:a della. vittoria è per noi una verità assio1natica, ora che possi:11no dire in


I LO

M011u111i Jet/" 111111 di gurrra

fuccia al mondo che pure noi italiani siamo capaci di fare da soli e fare bene. ora d,c abbiamo fartò là guerra con gli alpini e abbiamo la coscienza (quanto amor proprio!) d'aver fauo la nos,ra parre di alpini, ci godiamo meglio e con spiri10 più solleyaco queste bellezze della narura. Dalla finestra della mi:, camera" . av:mri alla quale sono seduto per scriverviJ vedo meravigliosi monti. Spiccano nd ciclo

nitidi e dom inarori sugli a.Itri, il Cristallo, le Marmarole, il Sorapis, l'Anrdao. Ai miei piedi sra Cortina, e lungi nell'azzurro lonrano nel ciclo, reso cristallino dal vento e splendido dopo i giorn i di cormcnca. vedo le Alpi Giulie. Ormai la neve tutto ha imbiancato, orma.i l'inverno e ini1..i3to; ma noi possiamo guardarlo sereni per l'opera compiuta nella scorsa estate, cc.rei che l'Italia in pace è contenta di noi. Possiamo poi guardare la neve tranquilli perché ci siamo ormai sistemati nelle no$trc baracche e perché i soldati Stanno bene: certo che se pòtèssi sapervi cran,1uilli qu.anro io lo sono, certo che starci meglio, sarei veramente fel ice. E poter<: esser~

sicuri che questa mia feliciti,~ stilpCriore a quella dell'anno passat0 a Cima d'A<ra, perché oggi olrre ad essere soddisfano, so di valere qualche cosa, comprendo di non essere solo un discutibile studente c,l un giovane aspi rance, oggi ho la certezza che so fare qualche cosa, che porrò essere, dom:rni, nclh, vira. qualche cos". Porse troppo orgoglio è in questa mia; ma la maestà delle cose che mi circondano, la pure-a.a delle <"J rtdidc vette m'aprono l'anima al vero e scrivo ciò che penso .. .1• . Altri combancmi si tonncncavano pd problema degli imboscaci quasi di una questione di lesa giustizia. Non cosl lui:

Certo che l'essere imboscali è poco onore: è certo clic mostra risircueaa d'animo e sopra rutto paura. !\1a appuntò (PCrché quesie persone sono da considerarsi <li grado .inferiore rispcuo alla società, mi sembra inutile inveire okrc con cro di loro. Sarebbe un assurdo am mctccrc che gli icaliani siano tutti valorosi e coraggiosi e quindi logico è l'imboscamentos".

1'v1.a calora il fonciullo vuole d,sciogliersi da (Jucsia ausrerità di pensieri e gravità di opere; e sogna di rirornarc a guerra finita ~do srudentc di prima, certo piL, allt;~ro e

più marco di prima e sembrerà srca no a /11i stesso d'aver avuto ceree responsabilità•" . Quando poi un superstite dei Mille lo elogia e uova meschine le antiche battaglie in confronto di quelle nuove, il superbo alpino prova addirittura un senso d ' umiltà, ché anche per lui le lotte del Risorgi ,nenro hanno senso di storia sacra" . Così trascorse. in questa saldezz.a adan1anrina di carattere e in questa lucidità d' intelletto, che promettevano un uomo d i doti eccezionali, più anni di guerra. finché non cadde all'esrremo limite raggiunto dall'offensiva italiana dell'agosto 1917, sulla. Bainsizza. Spiriti affini a quelli del Berrini aveva Piero Pegna''· Era venuto a combacrcrc per l'lraLla da Alessandria d'Eg.itto. Appena giunco ufficiale al fronte, lo coglie il rovescio di Caporerto. Col suo reggimen to copre la riti rata. Vede e ferma i furti con una semplicità spietata da cui solo di tanto in ca11to erompe la passione dolorosa. ottusa dalla fucica, dalla necessità d'agire, e dalla stessa immensità della sciagura.


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(29 otwbre). Passando da un villaggio, vediamo un grande incendio: era del n1ateriaJc che veniva bruciato piuttosto di abb:indon:ulo al nemico. Le fiamme arros..~ava-no il cido e mille: lingué d i fuoco s'innab.avanù minacciose. Nd mio spiri1<) esaJrat() quell'incendio mi pareva un .simbolo della nostra rovin:1! Camminammo tuna la giornarn e giunra la non;c riposammo tmtf, ufficiali e solda .. ti, in un fieni le. Dormii saporitamcrne. L1. m3nina del 30 partinuno; avevamo lasciaro

il Torre e ci ritiravamo sul "fogliamento, Camminavo a stento dentro 1tn paio di sc:irponi avuti da un soldato. le mie essendo divenute inserl'ibili... A Pinzano si cominciò a sentire il tiro furioso dcU'artiglieria nemica: granate shrapndls fuce,'auo scempio di uomini e di materiale; una granata inctndiaria cadde a trcnra passi <la mc e colpì un Gl-mion che fu :\\'VOito daUc fiamme. Temevo di non ritrovare la mia compagnia; giunto a un bivio trovo il maggiore ... col rl-ggimcmo. Povt.·ro rcggimcnr<.>, 26 uomini il primo

battaglione, 36 il secondo, 16 il t'CrLo. li maggiore diede l'attenti e presentò il reggi• mento al generale ... : reggimento non più di due mila uomini, ma di 78. A quesci mi <,noro di avere appancnuro. Quei 78 uomini dovevano fare resra di ponte al di qua del "fogli.amento. f'er ordine del tene.me ... misi i 26 uomini del 11oscro battaglione in li ne.i a dieci passi d'intervallo uno Jall'alcro, con la baionett3 in c:inna. Che linea irrisoria! Eseguito l'ordine, tornai dal 1cncnce... ; ero affamato, mi diede un po' di cioccolato. ma 11011 mi saziai, e entrato in 1tn orto presi delle rape e le mangiai, an~i le divorai, cosl crude, più cardi arrivò un pollo da dividere fra i nove ufficiali del battaglione. .Rimanemmo per ore cd o re sotto la pioggfa :inintcrrona; mi lasciai prendere

cinque minuti dal sonno: posai la resta sulla spa.lla di

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collega. che mi svegliò

ammonendomi che- :wrd preso una polmonite:. P<>co dopo., chian1aco da un cicli· sta, vado al comando del reggimento, dove accCHO volcnricri l'invito dd maggiore

di sedermi a tavola con gli altri ufficial i ... Andai a riposare, ma all'una dopo mcz• z.1.noue venne l'ordine di partire~ car111ninanuno sino al monre di Pinzano; ma il piede gonfio e sanguinante non mi permetteva di andare al passo con gli altri, tanto che il colonneUo ... mi disse: ,ìcnentc, salga piure su una carretta•. Non esitai a seguire il consiglio. e salii su una carret1a del gen,o con una coperta abbandonata da borghesi fuggiaschi. giacché nella confusione avevo perduto l'anendente con quel po' di roba che m'era rimasra. E pass:unmo il ponte; due giorni dopo vi pas• savano le truppe nemiche. ti I novembre il mio re.ggimcnco si trovava accampato a Valeriano, presso Spilimbergo; lo raggiunsi, e. con'le sempre affamaro. cHvc,1r~ti un quarro <li scuola di .salmone

offertami dal capirano ... , e del biscotto dat0mi da un soldato. Anche al di qua del làglian,ento lo spcuacolo era doloroso: colonne di soldati passavano continuamente, e si vcdc,'llno soldati morti, addiri rrura sfigurati, in mc-ao alla strada. Dormii per un'ora su un po' cli fieno. avvolto nella mamcllina. e ripresi poi il cammino. Mardarruno. marciammo. arrivammo in Wl paese di cui non ricordo i1 nome: la truppa dorml all'apèttO, noi ufficiali ci Sèppdlimmo in un fienile dopo av,,r mangiato un boccone di polenra e bevuto un bkd,k-r di vino. Dormii benissinlò, srraordinariamentc, per ben sene ore; mi alza.i riposato, non senttndo più alcuna srnnchc-CLa. Al mattino dd due novembre riprendemmo la marcia; a un tratto facemmo alt, perché due 3eroplani nemici mitragliavano la srrada; ci riparammo ai lati 1 nei fossi;

scomparso il pericolo, continuammo a camminare sino a Scgnols. dove. dopo nove giorni di disagi d'ogni sorta sopportati con cuore di soldato. ma con una tristcv.a infinita, trovai un lcuo in casa dd sindaco che fu gentilissimo, e volle far mensa in comune. Comprai della biancheria usata ma pulita: ero rimasto con soltanto quella


cht.' :tvcvo indosso. che albergava non pochi inserti ... Sarebbe inurilc continuare e racconn1rvi giorno per giorno, de.Ile nostre marce incerminabili. dei soldati che Stanchi e abbattuti rimanevano add ittro. e ddle: d ifficoltà lncontrarc. Camminammo una volrn per ventiquattr'ore. con ere sole ore di riposo: la norte dd cinque novembre ci cib,m mo di carne cruda ic,ldaca ,ra le ceneri e la brace. I:undici novembre il maggiore elogiò con l'encomio semplice rutti gli ufficiali prescnri in li nea al di qua dd Tagliamento; il sedici giungemmo a Villaga, presso Erbarano; l'ultima rnppa fu Polvcram. presso Padova, dove giungemmo il 2 I novembre" . 1

Ma non

è_

ancor fi nita la rragic.~ marcia, che l'a,nimo s'~ risollevato. Il 7 novc1nb re

scriveva al padre: Orgoglioso di aver fono lino all'ultimo il mio dovere, ma rristc in cuore e avvili to, sano dì corpo e illeso, ti mando, dopo tanti giorni di for,aco silenzio, i miei saluti più si nceri e m'unisco a re per fo~t i più fervidi auguri alla patria nostra. La terribi le bufera si è arrestata, lasciando nell' animo di noi soldati intatta la ftdc, e r.tffor,.1ro il proposiro di ripre ndere. la terra nosrra con una poderosa oR-ènsiva,.,.

(17 novembre ' 17). Ci stiamo riorgani1.zando, e speriamo di p<>rer prcstO riguadagnare il rerreno che abbiamo dovuto abba.ndona.rc. 1ì giuro papa, che quando vcn11e l'ordine di lasciare le rrincee mi venne voglia di piangere dalla rabbia e dalla vergogna .. .

Dimentichiamo per ora l'accadulo; vernumo poi le recriminazioni. occorre riparare al più prcsro e nd modo migliore". Da parte sua non esicò a rimediare: s'arruolò fra gli arditi. Cadde a Zenson il I S giugno 1918, nella grande barraglia del Piave. Non t uri i per<> trovavano fucil,n cnrc il lo ro equilibrio spirirualc nella nuova v ira, e nella dura fermezza che la guerra esige. Qualcosa di profondamente, di gentilmen te u mano doveva essere soffoc.a to. Commovence è il caso di Giorgio Lo Case.io. Aveva sognato e sospiraco il n1omcnto di combatccre, di farsi o nore come suo no1u10 che aveva partecipato a.Ila baccaglia d i San M·a rcino, e come un suo zio, che in Libia e nel Cadore aveva rinnovaco le tradizioni militari della famiglia" . Finalmente, nel settembre del 19 I 6, uscì dalla scuola di Modena ufficiale dei bersaglieri. Scrivendo al padre, gli esponeva una sua inccrna trepidazione. Avrebbe avuro. in guerra, l'ani mo d'uccidere? (23 settembre ' 16). Da oggi sono una piccola cosa nel nostro cserciro. nulla o quasi, ma sono. Era il mio sogno: come tutti i sogni qualche cosa di ct<:rnamcnte delicato, ideale, senza il corpo della realtà. Oggi la re:ùti1, questa terribile dcteriorncrict.' degli ideali, c'è. La rcahà di oggi: il mio sogno, non del giovinotto bramoso delle spalline e delb sciabola, ma dd l'it:ùiano cht.' punta con lo sguardo. la mcntt ed il cuore a Trento e Trieste. Se ,orno non lo so. perché rinuncio a domandarmelo. Non~ quesra la domanda che mi assilla, ma un' al,ra: .aprò fare, come l'Italia vuole,


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interamente il mio dovere? Avrò il coraggio di uccidere sempre, sempre, finché non m'uccideranno, o finché il nemico non sarà più d,e l'omhra di se stesso? Qucsro coraggio io voglio. Papà mio. e cn:-do di avtre ... ' 1 • Fu subico messo alla prova. Appena giunge in li11ea, parcecipa all'azione dei primi del novembre 1916 che porrò l'esercito italiano sul Fai.ci, e in una feroce mischia a corpo a corpo, per liberare il suo accendente, doverce uccidere di sua mano, col p,1gnale, un

Kaise1jiiger, lr1orridì delle sue mani lorde di sangue, e con ero l'orrore cercò riparo rievocando dentro di sé g li afferri della famiglia. (I O novembre ' I 6, alla sorella Moria). La guerra mi trasforma se già non mi ha tra.Sform:1to, In che senso? Cercherò cli spiegarcelo per quanto i miei sentimenti si agitino confusi nell'anima mia imbambolata. Un raffor,amento d'affetti: nell'amore che ho per papà e mammà, per ce, per i fnuclli ho scovcrro nuovi vin-coli, nuovo dolcissimo sapore; eppure, Maria mia, io che con queste mani scrivo questè parole delicatt\ che con queste mie mani fo una tonca pc:r accosrnrc i miei affetti accanto al mio cuore materialmcnrc. comt si fo con una pas..çera srrcrra pian piano, io, Maria, il 3 novembre in un furioso as,~alro alla baioncna ho scannato un uomù .. . Forse quest'azione che eticamente mi h:i allonr:maro dalle crt.'.lture umane, mi fa .senti r

più vivo il desiderio d 'essere amato e di voler bene ... Ma perché ti dico questo? Non lo so. Per pari-are, per din:i che italianruncnte e milirarmcnrc n,i piace la guerra, ma che come uomo. utopia del secolo ventesimo!, mi fo orrorchì<=i sono dei momenti in cui ti trovi w, frenetico caos di idee, per il quale. mencrè con la pisrola spianatà vuoi avanzare. distruggere ancora, segnare una nuova trincea pila avanzata col ~-angue nemico, ri rrovi dentro gli abiri borghesi e nel mezu, di questi, l'anima ri piange (mentre gli occhi di carne restano senza lacrime) ,.,,Ila infinita follia energumena e sanguinosa C' tu vivi un delirio di ixnsicri s-aggi e sociali. per cui t.i stmbra eh<' tu solo ragioni. Ma <1uesrc sono crisi pa,sscggcre e che pa,ssano, é con l'andare del tempo non verranno più,.~.

Quasi a lavacro di questo vissuto orrore rivolge il pensiero alle sofferenze sopportare, e vi prova un ri,s:toro.

(15 novembre, alla sorella Mària). Sul l'ecika siamo stati dall' 1 al 3 novembre digiuni e scn/:acqua. perché il nemico ci aGcoppò le salmerie. Allora dovcmm<> accon . . tèncarc.i di succhiare l'ac<1ua di una pC>1.1...111ghcra. Vero è però che t!optJ si è ralmtnte soddisfatti di se srcssi, che ti verrebbe la voglia di nv,r J()fferto ancora di più, per poterri srimarc, aurostim:ue di pil11'1.

li suo rormcn ro si spense pochi giorni clopo, nella morrc, il 19 novembre I 9 I 6. Tncanro la guerra clurava infinita, Nell'ul1imo periodo, UllO stato d'an imo più agicaro e più mosso appare nelle tenere <lei giovani, che la guerra. aveva sorpreso fanciulU coi calzoncini corri, e che man mano eran chiamati alla clifesa della patria. Hanno anch'essi slanci ed enrusiasmi, Ma anche


scoppi d i pianto ed enig,natiche uistc'7:,e. che spesso no n paiono congiunre ad alcun caso ~oncre~o: di quelle rriscezzc inespl icabili dei ragaz1.i, quando si rabbuia la luce della vica, e pare scolorire ogni speran1,1; rrisrezze che d.ilcguan,> nella carezza marcrna. o alla calma parola del padre. Quesce ultime leve in qualcosa ricordano cerci figli ple11re-do11·

/,-11rs di fanliglie in dissoluzione: in cui i fanciulli pensosi devono assumersi compiti che non sono i loro, e guardano nel cuore dei grandi con un'implacabile chiaroveggenza. l padri in q uegli anni avevano perduro il do,ninio degli even ti; la guerra, non retta ormai da volontà umana, impe.rversava come desrino. Sogni eroici e rilassare tristCZZ<=~ angoscia di redio e sobbalzi magnanimi forman la trama iridesccn,e di quelle giovinezze. Quesra malincon ia coloranrc una coraggiosa offerta dà il rono alf'cpistol.a rio del Vassalini. (Da Pam,a, 16 maggio ' 17, alla sorella lda). l.:orologio sc-gna le medesime ore che non passano maj o volano éomc il vento. Si vive, si cammina., si lavora: le notti seguono ai giorni, i giorni alle noni, sempre gli sressi e poi siamo sorrcni da una sola speran1.a~ l'orologio gira, gira condnuo e verra un giòrno che d ri p=-gherà ,U tutto quello che •hbiamo sofferto" . (Parma, 8 giugno ' J 7, alla sorella lda). Addio giovine1eza! sento la canzone ogni sera nel cuore, quando sono in branda. E possa la belfez,.a, la giovinezza non torna più! A volte mi guardo allo spc-cchi<) per v<'dcrc se ho le rughe e i capelli bianchi c ... non mi rincresce di stncirmt vecchio. Che doveva essere per gli altri questa età? doveva essere una $peran1.a e una gioia. Per me è un orgoglio. È più? è meno? non p<>~'i() dire"<>. ln sos1an1.a, u na mal inconia che s i dissolve, un dolore che vie,t compr~so, uno stato sentimentale che si svolge fra due poli. ln u na lenera questi due poli entro cu i circola la ~ua vira assun1ono no mi sro rki, cd egli si perde in un curioso pensiero.

(l'arma, 19 giugno ' l 7, e alla sorclfa Ida) . . •. Cara Ida. cosl io penso la leuura di Mazzini mi è dj valido ausilio. Non Li sembra Mazzini, Leopardi in azione? Ma ... se date la fede è la speranza a Lcopaordi_, che cosa rimane di lui?>7• Risolvendosi il dolore leopardiano nelh1 ,n alinconica e forre abnegazione mazziniana, egli fermava il suo progra,nma p rima di partire.

(21 agosto ' 17, a .-un i i suoi cari). l i mio entusfasmo è ora divenl'aco una fede ... che conosce gli ostacoli e sa misurare le proprie forte: saranno grandi? ne spenderemo di grandi. e ci metteremo alla tcs,a. Saranno piccole? ci mc,tcremo socto la guida di qualche buono. Si lavora non. per l'ambizione. E tàglieremo il male, taglieremo senza riguardi e senza pie,à. Non c'è troppa da Spèmrc nella gioventù: l'apatia è grande. 1.a sofferenza morale, anzi che irrobustire lo spirito, lo debilita e spinge al vizio e a.Ila corruzione. Ma io ho ancora l'anima inratta: ho mantenuti. sani lo s pirito e il corpo: ho &cnaro il primo negli entusiasmi, il secondo nella prepQrcn2-1 brutale"'.


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~aunosfera di g uc.rr3 si confactva mt·glio a quesl artcggia1ncnro di rdigioso vigore.

In linea egli ha l'impressione che regn i un più sano raccogl imento morale, perché gli ani mi han prova,o il brivido della morrc che san,ifica. ( I 8 ott<>brc · I 7). Qui nessuno bestemmia. nessuno esce in volgarità. In rutti e·~ la rassegnaz.ione al destino) peréhé si sent<mo tutti c<>SÌ in un'altra vita, in un ambienrc molto lonrano da <Jutllo che era prima" . Visse in questo sogno di purificata UJnanità neppure una dec:ina di giorni. Quando la fronce isonrina fu rotea, egli si sacrificò ntlla suprema resistenza il 25 ottobre 1917. In questo aucggiamcnco rroviamo pure u n fanciullo del I900: Mario Fcrrari'w. Il padre. ufficiale 1nedico d i marina, doverce allo scoppio della guerra, trasferirsi a Taranco.

li ragazzo fu messo in collegio. (I 6 novembre ' J 5, ai suoi). Sf, la vira Jd collegio è un po' dura, le giornate sono

interminabili. e la nOSt3lgia non dà tregua. La sera. specialmrnte, la men re vaga lonr:rno, e il cuore ricorda ranre cose. E allora ~i rimpiange b propria casa, il babbo. la. mamma, i parenti. le persone e le cose care: ma poi viene il sonno, e col sonno il sogno... .

...

Si controllava nei suoi sentimenti e fermava

nd suo dia rio dj

ragazzo:

(14 maggio ·17). 11sopportare un castigo senza abbassarsi a chiedere perdono ci riempie, talora, l'animo di orgoglio e licre'aa ed fa, nello srcsso tempo, sembrare lieve la pena. I..:t·virarc, invece. un casrigo con un ano d'umiltà e di dcbolc-Lza è, per un uo mo. indice certo di basso car.uterc e di viltà. Si deve prqvare e non ostentare il pen1imcnrò ... 1 0 =.

( 15 maggio ' 17). Ho parlaro di dolori. di piccoli dolori, anzi. Ed ora mi domando se alh mia età si possa essere tanto amareggiati e sranchi. D unque. io esagero quando dico di <!$Sere disgustato, o meglio, abbattuto dai dolori della vita~ lo non credo. lnfatti la sensibilità dell' uomo è srotica, oppure si ruffina anziché assopirsi col volgere degli anni? lo penso che, e.on gli anni, diminuisca nell'uomo '3 sensibilità. Deve

esservi la fumosa legge dd compenso: pe.rché altrin1cnti se, aumentando le avversità, non diminujsse la sensibilità.,. l'uomo dovrebbe soccombere ai grandi dolori 10 • .

Accorate nosralgie lo pungevano: :u1che del collegio, che doveva lasciare dopo conseguita la licen,.a liceale: gli sembrava impossibile d' aver tanto sospirato la libertà nella sua vira collegiale! Sensibile com' era, la realtà fredda delle cose lo resp ingeva, col desiderio del passato. a ciò che gli restava alle spalle•... Si risolleva,•a però, e trovava. it uno sforzo generoso, il cuore pari ,tlle circosrance. 11 rovescio del 1917 gli fece sentire quasi

w1 rimorso.

Se i r<-dcschi sono oggi in lrnlia, dobbiamo ric<:rcarne in noi Stc$SÌ la colpa ... Per forruna, il colpo no n ~ stato mòrralc td ora che l'immane sciagura ci ha c olpiti, ora


che abbiamo udito il grido di dolore ddla Patria, per causa n<>stra fcrit:i e invasa, voglio spera.re, anzi s6no convinro che. nd cuore d'ogni veto italiano, il rin1orso e la vtrg<>gna rivivificheranno il .scnClmcnto del dover(\ in troppi cuori sopiro e sepolto.

E qu~m dolce-a-1 mi viene dal fono che anch' io, per quanro piccola e modesta sia stara e pos.<.a e.~e.re l'opeca mia, ho semico qucsro rimorso e qursra vergogna ~rringer· mi forre il cuore e dirrni: anche ru non hai compiuto rurro il tuo dovere ,.,,. Q uando lc.<.<i sui giornali l'ordine del giorno di Oiaz alle reclurc del 1899. c<>I qualé si dogiava il loro eroic() contegno . .. io prov-ai nel cuore uno .srringimcnro strano di C<.lmmo2ionc e d i invidia: sì. di invidla. Ma sul loro conrcgno eroico noi foggeremo. presm, la nosrra azione e voglia il cido che il nosrro giovane sangue pos,a c.111ccllarc per sempre l'onra dolorosa"".

fo Sénrù che la parria mi ha assorbito, mi ha ammaliato. Domani non più la scuola, ma d rnmpo di battaglia; do,nani non più il mio studiolo, ma la trincea; domani non più il volcò di mia madre che mi .sorride:. ma la guerra in rutto il suo orrore: domani,. forse, non pill sogni, desideri, spcran1.c, ma b monc, b morre orribile dopo

srraz.i infiniti. Ebbene non impC>rta 107• Cercò invano di partir volontario. Dovcrtc arrendere

il suo turno. Fin almcnrc fu

fano soldato, bersagliere.

(22 aprile '18). Un bersagliere! Ma non sai, nonna Càra. che noi siamo la fanlcria più bella d'Italia, il corpo più invidiato d' Europa? ... .Ed io lo dico frru1ca1nentc, di una tale vita avevo molt0 bisogno. lo sentivo che mancava in mc qualcosa e quesco qualcosa l'ho finalmente trovato in questo rude esercizìo dello spirico e delle ,ncmbra. lo mangio male, dormo peggio, soffro il freddo e: il sole cocente; eppure n1i senro be-ne, sono allegro, sono fdicc come mai lo fui "'. C'..eno l'essere così netr:uncnce separato dal mondo, e la mancanza dei libri e di conversazioni wl po' elevare mi cagionano un ctrco rimpianto che però scompare quando la mcnrc e l'anima, raccolrc in muto c<>lloqlliO ntllc brevi ore dj riposo, si parlano la dolce voce dti rkorcli e delle speranze'"· Una nosrra canzone, un a di quelle che noi cantiamo più volentieri, nelle lunghe marce o nelle ore di riposo, ha questa strofa semplice e pienà d'amore ... Dice là strofu: •Mamma, mamma, se lungi risono - del mio affctco giammai non temere - della mamma la dolce parola - scritta .ha in cuore ogni buon bersagliere»110 • Dom:,ni prcsrcremo il giuran,ento; subito dopo forò domanda per essere inviato volontario alla fronre. Vi andrò ccriamcncc, perché difficilmente cali domande vengono respinte. E allora soltanro, quando sarò in rrincc,,,, mi sentirò degno di me stesso ... Che mi imporra della scuola militare é del gallone sul berretto!. .. Assai più mcriro ha colui che, nelle mie condiz.ionì sociali e incellcnuali, antepone a rnli vantaggi il pericolo comw1c davanti alla morrc 111


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Si offerse per i reparti d'arditi, superando dolo rosamente lo scrupolo della pena della famiglia. Sperava di poter giungere in tempo per le ultime battaglie. l nvece fu rimandato d'autorità al corso allievi ufficiali di Caserta. li duro allenamento militare aveva forzato il suo organis,no: lo si sente nella rievocazione del suo noviziato militare, quando ritorna nell'agro romano. dov'era scaro al campo, in atcesa di recarsi a Caserta. Ma qul'Sta campagna deserta e seh"1ggia, dall'orizwntc sconfinato, uguale l-<l ondulata con 1c sue praterie immense t arsè dal sole; qucsco ciclo azzurro osseS$i<>nanrc.1 d1c ;_tll'alba e al rr;lmomo si arros.-,'a e s'incendia, que$rC giornate pieni!' di silcnz.io e queste notti quasi oriemali, imbianc:1tc dalla luna; insomma cuna la poesia dell'Agro splendido

compensa a usura la durec,_1 della vha che ora conduco ... Potrò dire un giorno d'a"er provato tutto: disagi, fatiche, pri"azioni. Potrò dire <l'essere stato bersagliere e ardito; soldato e, poi, ufficiale. e di aver tutto accettato e provato senza l:m,enti e sen,.a rimpianti. Ho veduto pàl'Si e cinà; ho marciato sotto il solleone; ho dormiw sotto le stelle; ho prm"1t0 la famt e b sere; ho avuto grandi s,iddisfa:cio ni e grandi amarczzt: ho vissuto in una parola tutta la belll:'zza <ld mio idtalc e della mia fede. Ma non è ancora ciò che desidero e ci<> che attendo ... La mia anima è mutata. come la pelle che/: abbronzaca; come il mio vL'iO c he e meno infantile. E questa vica che prima mi appariva come cosa bella e seducente è divenm3 ora dura e n<:c:t"SSaria cspcricrl?...'I in anc.'Sa della prova più ardua' 1

;- .

L.'\ prova più ardua gli fu negata. Affiora qua e là nei suoi scritti, un acccnw di resta· mento, un oscuro presagio di morte, che si svolge dal sentimento della fatica. del duro sforzo della preparazione, ed è la misura della grandezza morale di questo dicionenne. J\tti son sentito solo. mo lco solo, in momenti in cui credevo potc:ssc bastare a forrificarmi la solitudi ne. Ma invece della solirudinc ho trovato un isolamento crisre e pericoloso. comrasraro da voloncà. opposte alle mie e in cui la mia :inima-. a pocc.'> a poco> si srnarriva. Mi sono ris:ollcva,co, a .s1enro, dopo aver provat·o le emozioni pila

profonde e con gli occhi ancor pieni di nere visioni. È stata, ceno, una prov-;; ma tuia prov:i che per poco non mi ha spezzaco. Ho resistito, perché il mio spirito si è appoggiato, nei momenti più critici, ad una sb,irra d'acciaio, che, fissa nella mia coscienza. non ha mai piegato; cd era la forza del mio ideale, la fede nel mio domani e nel dovcrc sacro d,e dovevo compiere. Ed ho vinto" '· lo ho dovuto dimenticare la mìa educazione, e and 1e mc s1csso, per porermi maggiormente adattare all'ambiente in cui mi trov:ivo: ho dovuto fur racere, qualche volta, i miei stessi semi menti e le mie predik--1.Ì oni per pomnni a contano. con l'anima, oltre che col corpo, coi pii, rozzi e grossolani dei miei compagni. E non mi sono mai lamentaro. E anche le amart'ZZ<' che provavo io ho sempre ce«'ato di tenere dentro di mc e di sorridere 3:nchc:- quando i vosrri sguardi mi imer['(>gavano con t1n'a.n.s.ia mal d~imuJar:l.1 1 .._

Questa duta interiore disciplina lo consumò: a Caserca soggiacque all'epidem ia in Auenzale, e morì pri ma di poter combarcere e priana di vedere la vittoria d'lralia: il 6 ottobre I9 I 8.


Silenzioso, modesto. pensoso, ras.,egnaro e insieme forte; già esperto delle illusioni e degli errori u man i, ma per nulla pcs.<im ista, crcdcn rc in u na realtà non parvenre, nel dovere ausrcro mazziniano, fu a nclhc Enzo Zcrboglio, che morì sul Solarolo alla vigilia della victoria defìnic[va'"· Ciò che di lui balena nelle sue lenere, rivela un incenso e conti nuo lavoro interiore d i ri8essione. che non paralizz.a il coraggio dì decidersi e d'operare: ha la parola profonda che vien da lo ntano. n pad re, rievocandone la figura, ne delì nisce in maniera indimenticabile il parhos:

«C'è in qudl:i figura tanca ri nunzia d i sé, eh~ nessuno, credo, là guarda senza una qualche sofferenza, tt)me al cosptctro d i chi, promo alla dedizione per il bene alrrui, ci appare, nelle asprezze delle umane competizioni e degli u mani appetiti, un tradito». Non amava le illusioni e i sogn i d i cu.i si compiacciono spesso i giovani: era figlio d'un'età aucunnale. Guardava a fondo nell'esperienza del padre. anrico p ioniere del socialismo. Pap~ è una persona un po' scettica, forse .. . troppo: egli da giovane ha accolto le teorie socialiste e, abbagliato dal so·le dcWavvcnin.\ ha sosrenure idct di U11"1an irà. giu.. srii.ia, ecc.; eppoi la realtà gli ha rnostr:1co il suo errore e Je sue illusioni cd è arrivaro allo sccLCicismo che è una reazione alla rcak~ di colui che si et<• di essa formato un d.1verso coneetto . .. ... . Ma quesco conrroUo ddle illusioni non doveva essere la morte della speranza. Par· rendo per la fro nte, scriveva ai suoi: Sperare sempre senza vivere nel mondo delle illusioni. sperare ragionando e rendendosi conto della realtà delle cose" '· Dalla froncc insisteva: (20 ottobre ' I 7). L:avvcn irc non è in mano nostra cd è perfccca.mentc inutile funmscic.1.re esulando in un pessimismo od in un otrimisn,o. inutili ambedue. Ma giacché la speranza. ultima dea, è rimasta a d isposizione dell'uomo, speriamo. s'i ntende, in un futuro roseo quanro è logicamente e ragionevolmente possibile. Sappiate che qu i ho trovato gente che è socro !carmi dal 1914! eppure fìlosolièa.mcntc h., sopporratO ed è (lispost.1 a sopportare quanto sarà necessari(). Meglio cento volte vivere nd prcsc.·nte, ncll'aulmo, cht pretendere d'inclovinare quello eh~ sarà dopo ... . . . Né bene né male l>isog.ncrcbbe aspcitarci dall'avvenire: siccome l'uomo è però di caractcrc propenso a fanrasiicaire, la sua funtasia voli piuttosto nel regno del bello che nel regno dell'orrido ... Ch« dite di <Jucsca filosofia un po' futuristica a tutta prima? ... lo trovo in essa un co"forto indicibile: e ne sono talmente comprès() che_ neppure una brutta rea1tà può ro111pcrc l'int ima mia c.onvi nzionc. Nonna Vera sarà forse quella più d':iccordo con mc di tutti gli altri: pap/1 ne dubito, perché itt lui è troppo pcnecraro il s,,nrimcnro dd pessi mismo ... Egli potrebbe sostenere che ralvolta non ha errato nelle sue trini previsioni; ina iC> posso rispondergli che tanto valeva vivere hcnc·. .. innanzi")!.


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.. . Bisogna pmprio dire che ruomo nonostanre i suoi di ferri e le sue manchcvo. lezze, ha in sé delle grandi risorse, pèr le <1uali sa rendere tollerabile, cd anche piace• volei la vita più irta di tormcm i: è così che: oggi - in ,empi cac.a.~rrofici - la maggior pa.rtc dei nosrri simili conti nua il suo rran tran, quasi nulla fosse . . . 11

•.

Un occiJnismo, insomma, senta illusioni, una ch iaroveggenza calma che s'innesta sul principio del dovere: e i" cui si può sperare, e postulare w1a coi ncidenza del bene etico col bene eudemonistico, come w1 posretius rispetto al dovere. Sottolineava, in un passo da lui srudiaco, le parole liberti, perfetta e ubbitlienz,i: l'ubbidienza all'ideale come forma della libcnà: e faceva il dover suo semplice e schicttQ. Oh, come sarei concento se vi sapessi più vicino a mc. lo faccio il mio dovere così compreso della 11eccssitil di furlo, che non mi accorgo di alcun sacrifizio, e c.iò probabil mcme pure perché incorno a me migliai:l d i persone vivono la stessa vira' " . E gli fu facile il 26 ottobre 1918, sul Solarolo, ferito per due volte. rinunziare a lasciar la linea, fino a che, colpito una terza volta, serenamente spirò. ·r.,li furono, nd complesso, i giovincrri di qudb guerra: dietro a questi pochi che noi abbiam potuto rievocare dai documenti della loro vira raccolta, mohi e molti altri risorgono nella 111en1oria dei superstiti: quei ragazzi che eran rrarraci come i figli de.I battaglione o della bacceria: quel ver sncn111J d' Italia, che fu offerto in sacrifizio. Quel che in essi ci commuove è la loro in rierezza spirituale . Lo spirito di sacrifizio e l'eroismo non son frutro d'un'educazione sparcana, d'un' amv.onia mutilaz,ione del loro animo: germoglia invece da un senso integro d'umanità che rendeva a ben altri li ni d1c agli allori sanguinosi della guerra: da w, profondo e rac,colto senso del dovere come anima di rutta la vira. Se si fo$scro ~alvari, sarebbero sr,ari pocri e ingegneri , artisti e scienziati, magistrati e politici della lo ro terra. Capaci di grandi opere nella pace, non stentarono

ad elevarsi al duro compito della lm1ga guerra. fdcalmenrc essi appartengono non alJe palestre dell'Europa. ma alle efebi e d' Arene.


I, /Jm1Rnfl di g,m., d, 1mr,11stdn,u. LF..:ot1) V2lc-1"1tini] rnttflto d,, (7nr.ft1<4' Pirto, 1¾.r.ivi:i, ·fon no I?17. pp. 19 sg,.. lccrt.r.t d'i'l 10giu~nc, 1? 15, Enu» \f)),:ncìol, iuu) :1 P&:"rt,agia il 29 nm·.:mbre 1896 d:1100111,c l.uefano V-:il<nrh~ì e d.1112cori.t~ Crisrin2 Val,minl F.lin:1 mor'i' .\UIJ~ AJpi nei primi ml-sl dd 'IG. '2. Angdo Ccs:arinl, p, 21 l (16 giugno ' 17). Su Jj lui dr, sopra pp, 16 t' ll.

a. p. 7~ (l 5 ,m,mhrc '15). 4. pp. 454~.

S. l-1111mHofid di Ug.o VdSidllim, Vtron.1 1920, p. 46. U Vaw.lllni, nato il 27 aprile 18,s. mori sull:a &Jnsiw·. dopo brc,•i giorni d.i gu'<'tr.l. U 2S ottobtt l 9 l?.

6. p. 53.

7, p. 44. 8. L J. S.. p. 618. Corr.tdo Ncr.tnini tt:l naro a .\fomepulcfano U J6 m-aggio 18?3 dal eone-e CC$:l!e, 1.'splomore:afric:mo ~ diplom11tko, t! da Eg,lc: Car!t:-u l. Rinl:asc ben prcno mt':i:no di pa.drt. Mori in Udin<' il 1,i ottohrt' ' 16. 9. L d. pp. 617-18. IO. pp. 620 <g-

s..

11. pp. (,25 ,gg. 12. PP· 73<!!,ll', p, 110. 14. p. 120.

15.p. 1$9. IG. p. 145. 17. PI>• 206 ,g.

1$. p. 20?. 19. Cfr. in L d. S.. p. SO~ le fen tre di Dario Ona\•i.'lni (n,uo .a Pi:u:enu il 12 novembre lS?I, morto :id Asiago il 29 agosto 19t6). 20. A:,·TOSIO Vl{N'f\.llUSI, Mrmoru t lrllrre. Arpino 1 li VcnHml'li. n;atc) il 22 ,;aprilt l8?7, mori, d()p(I !l\'('f ,çervlto in avh:1.lone t neJ genio, di m1l:mi1 c:c,nrr:m,:i ln g.m~rr.a, .s-uhi<o JQpo b vircorfa il 3 dke-mbre 1918. 21. L d. S.. p. 5.5): lencr.t Jl Adolfo Vì1gilii. n;no !I. Nervl il 11 .scnemhre 18?7, m0tto rul montt! Si~f il 23 :>fm~mbrc 1916. 2.2. ltum di}""!"' Nr,i111 (() ,,ì111oi g ,t/t()ri1 Fir,cn~e 1917. Il No~101 nito :tJ Onegli3 il 16 ll§O(t(> 1896, morì ,,e;l glug1,ò 19 16.

crr.

ns.

23. pp. IO,gc 24. p, 32. l.os.filart'-$Otw g)j occhi Jci genitori l'im:u c un giov.anilc dcsMerio di Ug V:wallini. il qua.le il 17 maggio 'l7 (.(n\ '('V;I d::i f.J.1rm:i .ai )'1101: ..Ogg_i ho flvuc:1 u,,~ m:ndo ab~)'.t:ana luntr,i e on ra,s:$() vdocc: :ibhiam<, poi :&Hr.'lvtr'$'atQ l::i d ttl ,;hb,ndo daY21, ri :al ~olonncllo com:tnd:um· b. 1>cuola.. 'l'uni er.rno 2Uc fine.me bo ,;tnriro ln m~ uil gf';lildti orgoglio. Ho ()t'n"m: se ad un balcone d fossero i n\iei? E voi non c'cf';l\':m·. ma mi parc\/1 d i \'E'der\'i ed ero felice~ (dkl', marciando a .suon dj musica i;ono gli occhi. d'ognuno, coi mid dki.nnov~ a,uu. I<' mie ndlcne. li fudl<', <: \'t'li nel cuUrC"•,

2;. p. 33. 2G. p. 3~. 27. p. GO. 2s. r•, 36, w. p. 45. 30. p. 8 1. 31. p. 68. 32. p. 6?. 33. p. 37. 34. p. ,;. 3S. pp. 106 SI!, 36. Cfr. \fn'i e !trine di EMILIO R1<:c1, U.rrl 19 16, p, 192, Il Rkc:i, n,uo ~1.>nn';1.Ì(> 1931, mo rt sul Stì 6usi il 27 :::1g.:»10 1915~

.i

'forr<'m..iggio1r. in pr<wlnda di l~,ggia. il 17

37. pp. I?2-93. 38. p. 6). 39. Cfr. G. 1:uSA1, Ci1.11<ppr Prw,,rri ti wl>I smrlipmrulln11;, Bcnmmo 1923, p. .XVII. 11 Procitd, 1u.t<• :a firtm:c. il l9 m:ir?.o 1886 d.1 Anmni-0 e Gug.lielmina l\.eri:otti, c:i<fde nelb conca di Cori'.1.i2 il I; mat,gia 1917.

40. p. XLVIII. 4 I. Cfr. /n mrmo,w dtl so11om1tnrt' l.topt,l1loAguJt1ri, Fcrr:ma 1917, p. 11. l'.Aguiari crn 1l31(1 il 16 mar.w tS-,7. 42.p. 12, ·i3. p. 12,


I gìovìntttl

H. p. 15. /45. PI'· I>~. 46. p. 17. 47. pp. 26 '111l· /48, In mtm()ri(f ", Akuamlro Cqmin, l\1do,•a l?l<,. p, 26. 11 O>tnm ('ti

l'l:lt()

l 21

a P·,ulo"a {fa Uml>eno t ltmnu l.orenMfH,

il 13 setwmb~ 1897: mori il 18 giug.no d d 19 16.

/49. p. 32. SO. p. 31. 51 . pp. 3/4 ,g. 52. p. 39. S3. pp. /47 ,g. )4. Cfr. Roflt:Ktù S...Rt1Kn·1. L1 mr !mar t ttt11munlllttudl !,u, ,\ilila.l\0...$. :i•• pp. 25 sg. Il Sarfun·i ('r.t n..lto :1 Vcm.'iJa il IO maggin 1900. Fu uste) ..tei numt,osi israclhl caduti p,tr l'lf31i!,, "' ri1:>r0\"11 ddla oofnJ)fl"13 futionc mornlc: ro1"um;u:1,.\i

ti:l ntl Rhott;lmemo. ss. p. 30. S6. p. 36. ;7, p. 36, ;s. p. 37. S?. pp. 37 sg. 60. p. /40.

61 . p. 45. 62. p. 50.

63. p. 46. 6/4. p. 46. 65, p. 52. (,6, p..17. 67. p. 48. 68. p. 52. 6?. p. 50.

70. p.54 7 1. Cfr. G. I~ B1:.1ut1NJ. A, fimrrnl/J, 111 glom111. '1gl: Jttmum drlkt nur.Utr(I, 1\.Hlano 1929. Il Berrinì nato ad Angcm U 25 febbraio l8%, morì il 2~ .gosto 19 17 a Mcmjak sull... B-:iin:sb:r.a. 72. p, 6. 7J. pp. 19,20. 74. p. 73. 75. p. J?. 76. PP• 41 ~g. Am-nn:t :ill:t $Òf('u~ <k in qu~ì g_ìor,,i si C'f:t (hbn:<:U;i, 77. pp. 47,g. 78. pp. 32 ,g. 79. pp. 55 ,g. SO. pp. I02 .sg. 81. pp, 66~. Sl.1òf.an~ 3'1 quou 3232, $Ua reyidtma ~u·agono l.?J~ al giugno 1?1 7. 83. pp. i 6 ,gg. 84. p. ?7. 85. p. 88. 86. pp. I 01 sg. 87. C(r. \'i\1S1Uoo 8RJ\<X.'v,, PirrtJ P<gn11. Alc-ss.:md1ià J'Egino 19 19. Il lJegn;a, hradh:a, t'r.l lUtO .1d Alffi.andtia d 'Egino ii 20.:.cucmbrc I89?. Studiò 6no.1lla I lkt"alc nd èòlllt;io Ckognìni d i ll-r.lrn. Completati gli studi medi in Alc.suml1i.-a. nd 19J(,. J7 $ ì(cri.ut :albi Groh¼ di 1.enett- di UotognaJ n\:.t ~ ftl $.\lbito d@pe> ~old:a(C>. 88. pp. 2 t, 23: dli dia.rio. 89. p. 24. ?O. p, 24. ?I. Cfr. L~ lifwt>è lm~w Ji Cìnrglo l" Ciuti", N::ipoli 1917. 92. p. 12. ?3, pp. 17 '!\ll• 94. p. 20. Sul Va~q:llini <fr. ,opr2;. pp. S8 e: ?4. 1

?5. p. 46,


96.p,)1. :)7.

p. :S~.

98. p. 59. 99. p. 6~. 10:0, Crt P1wnio l~t;~AAkl, Q_111llì d~ 111m 111r11,mo. Mimo Fanm. Potnr~moli 1924, N:im iJ 19 igo.n<> l?OO a L, Spd,li. il Ftrt:lti mori:. Ctiem il 6()t1obrt 19 18, IOL pp. 2'., sg, 102. p.37. 103. pp. 37 sg, 10/4, l'· ,f5,

IOS. 9,. 50. 106.p. ;1.

107, pp. ;1 ,g. 106. l'P. 68 ,g.

io,. p. 73.

110. pp. 73 sg, Il l. p. 76.

I 12. p. 94. 113. pp. 100 sg. 114. p. 1<14.

115, Su Enuoo 7..ci-boglio cfr: il prt,fi!o cht nt t r'!lCCÌÒ il p;.1drt. :.'tfmort Aoo1.Fo l1111.R0<a.10, in Pr11fi!t J; Vìm,ni, \,._11t10, A1tdag/J, J~rv. l'2hr<• J cl (.~AUARATI Scorn, io / i/ndl: dr1q1111nt'am1l ,li 1101'/d 11fph111, pp. 100~2, e 1fr.ammenci di lt•ntre riport;ui in / (.dt/,ui dt"!l'UmvtttilÌJ ,d; PiM, p. 170. 116. / Old11ti 1/dl'U11lt•. Clt. 117. Projih 1/i \lìut,r,o Vf11e111 cii, I lS. (~,1,LLA1v,: n Scorri./ Vmii c:h. I l?. Prof/i Ji Vittorio v.,.,,ç,o d 1. 120. />rr,fi!, di Vi"'1ritJ Vn1tt11d1.


VII. La distruzione delle speranze

Ma v'i: anche qualcosa che accentua l'impressione di squallore dinanzi a tanta giovinetta scomparsa. Spesso ci rroviamo dinanzi al lavoro già impostato, a vocazioni già segnate, a fo17.e crearrici già irrompenti·: e rurro è come pieuifìcato e fulminato da un destino arcano. Si prova l'angoscia della morte più che per qualsivoglia macabro quadro degli orrori della trincea. E ritorna a mente quel troppo fucile principio, diffuso nel mondo, e che tanto nel

' 14 aiurò a fare accertare la guerra mondiale: della guerra generatrice di nuove energie: del lavacro di sangue corroboratoro di civi.lcà nuova. Si csrcndeva [Cmcrariamcnrc a un fatto fun,ro un criterio di valutazione delle guerre del secolo scorso, da.Ila grande rivoluzione in poi . Può essere che la profezia, in seguito, si attui: che in una si ntesi storica da p iù remoto pwuo prospettico si veggan sorgere nuove civiltà e nuova ricchezza spirituale su dalla terra arata dalle trincee. Non è men vero però che la generazione che subi la guerra rischia d'essere esclusa da ogni conforto, d'esser rrarrata d:illa sroria come la massa reprobata dal Dio della grazia, secondo la reologia della predestinazione.

La differenza dalle guerre del secolo XIX sr.a in ciò: che mentre le guerre passate, incluse quelle napoleoniche, impegnavano solo non ,nolre centinaia di migliaia d'uomini a ciò recnicameote addestrati, la guerra moderna è stata u niversale neU'appello e ha compiuta una selezione a rovescio: dei giovani, dei san i, dei generosi, di chi più acuto sentiva lo stimolo dei doveri civili, la passione patria, la voca.z ione poli tica, i problemi w,iversali . I popoli d 'Europa sono stati lesi soprattutto nell'organo delicatissimo delle classi dirigenti. nel processo difficile e complicatissimo dei pensieri e delle volontà che costituiscono la forma degli stati, permeano le moltitudini, le unificano, le orientano verso fini concreti, e infondono gli spi riti e le sensibilità morali e civili per cui s'i ndividuano e operano i popoli, u n' intera generazione si è sfaldata prima di compiere la sua funzione, di conriouare e di correggere l'opera delle gener.izioni precedenti. S'è aperto w1 hi11t11f. E non è dubbio che in 1nassima parte il caotico processo indefinibile, che si

continua a designare col nome di crisi mondiale, che è smarri mento spirituale. difetto di direttive e di convinzioni, perdita di tradizio,1e e d 'esperienza storica è l'aspetto di


que.srn mutilazione dell'umanità, il difèno dell'arisrocrazia elettiva cscinrn per ranra parre nelle crincce: qualcosa di si mile :ill'atas.,ia d ' un orga ni.$mo offeso nei ceneri cerebrali.

È un monwnco mondiale che si porrebbe cl ire rivolu1.ionario . ma che, a diffcre,w.a dalle gra11di rivoluzioni, manca di principii ideali, di fedi d irercive: caradisma fisico invece che rinnovamento morale. Se vogliruno uovare an:tlogie storiche, sempre con quella caurela che si deve usare in questo caso, dobbiamo risalire a lla crisi della repubblica romana, quando la conquista dell'impero disrrusse, anch e fisic:amenre, i ce.li rurali che forrna,•Jno il nerbo delle legion i e della ciuitns: o alle g uerre depauperanti dd tardo impero, o a.Ila guerra dei rrcnr'anni: le quali ruttc trovano sl il loro posto nello sviluppo del progresso umano , ma per un ulteriore processo formatosi su di esse. E forse il veder coraggiosamente la grande guerra in questa caligine medievale, può giovare anche a chi virilmente l'ac· cercò, dopo che era stata sc.arenara nel mondo, e cercò d.i dominarla. Ciò può fucil irare la catarsi: poiché la grande guerra, pur col trascorrere degli a nni . incombe ancora su tUl(O t SU turti. Nel campo 11ecessariamen1e li,nitadssimo della nosrra ricerca la misura ddla devastazione è ampli.ssima. Con rune le nobilissime vite che abbiamo stud iato e che stu· dieremo, linabissarono ricche spera nze universalmente umane: il luno rrasccn_dc 1e private fanùglie. E vediamo passarci dinanzi e sparire figure come i fratelli Lai11,a d i

Trabia che dalla loro nobile origine traevano il senso di una rigida missione civile, temperamenti spiccaramente politici, diversamente orientati come Gualtiero Castellini. Eugenio Vajna De' Pava. Paolo Marconi, Pierro Barcolerri; giovani già d isciplinati agli stud i come Giacomo Morpurgo, Giuseppe Procacci, Jacopo Novaro, i fratelli Salvìoni; critici già formaci come Renato Serra ed Enzo Pcrracconc, anime raccokc e 3$SOrte nell'arte e nella poesia come Amerigo Rotclli ni, 1\ilario Tancredi Rossi, Claudio Calandra, Scipio Slataper, Carlo Sruparich: e per di piì, assorte in un'arte e in una poesia piena d'intim.ità, che poteva anche fiorire in filosofia o in vira religiosa. E se si moltiplica col pensiero quesra percUra spiriruale sino a raggiungere !'ampie= della nosrra guerra, sino a raggiungere l'ampiezza della guerra mondiale, e se si riflerre che nessun valore umano collettivo si acquista se non a craverso un individuale spirito superiore, si ha solo una lonranissirna idea di ciò che ha perduto l'umana civiltà: rranne che questi germogli schianrad non vengano raccolti e sviluppati in una nuova coscienza, in una volontà ntH)va orientata per -diverse vie., e non si re.nda ai morti j diritt i che hanno sulla vira dei vivi, con una p iù alta giustizia che dia senso al loro sacrilizio.

Così si consumò nel fuoco della guerra la magnanin1a coscienza dell'obbligo d.i nobiltà che animava i due Lanza di Trabia, e che avrebbe potuto frutrificare in lunga opera feconda p er l'Italia'.


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l 25

Ignazio di Trabia (il secondogenito dd principe Pietro) era ufficiale di complemenco di cavalleria allo scoppio della guerra libica. Per partecipare a quella guerra, s'adattò a frequentare il corso d'ufficiale effettivo (poiché solo gli cltèrrivi vcniva110 invia,j in Libia): e partì. Nel distacco dalla famiglia gli rimasero impressi gli occhi •pieni d'invidia» del fracd lo minore Manfredi'. I mesi di Libia passaro11 fugaci: furon più desiderio e aspirazio11e di nobili prove che piena a2ionc. Pocé solo partecipare al combattimenro di Zanzur. Conri nuò il servizio in lralia, e nel giugno ' I 4 dovette c11ricare per le vie di Roma la folla durante l'ignobile serrimana rossa. Ne riporrò un disgusto profondo. Scriveva: È,; stata un'om proprio brutta per tutta l'lralia, e ce ne dobbiamo tutti rammaricare.

li Paese ha dato uno spenacolo addirittura incivile. Non è stato uno sciopero dettato o giustificato da ragioni Cèonomichc o politiche; è stata invece la sollevazione <li tutta la teppa SOV\•Crsiva, il risveglio e l'c.splosionc degli dementi infimi e più immorali della popolazione ... È srata una ma.ttìnaca veramente movimcnnua> ma che mi ha lascia10

cùmc un gusto amaro in bocca. Quello c.he non rni è staro dato di potc.r fare contro il famoso Ar:ibo-lùrco, l'ho dm•uro fare per le vie di Roma'.

Sopraggiunta la gra nde guerra diventò aviamrc. Conobbe turti i rischi ddl'a.ria. Una volta, ma nca cagli la benzina, cadde in mare. Aveva già segnato sulla tavoletta della carra iopografìca l'ulrimo saluco per la madre. quando una torpediniera italiana lo salvò•. Dopo circa ere ann i di aviazione srava per ritornare alla sua arma, quando sopravvenne Caporetto. Visse runa la_ passione di quei giorni: i campi d'aviazione in fiamme, l'avvilimento della roua, la confusione dell'esercito spezz.~co. Lo prese impeco di disperata ribellione al destino e alla vergogna, e sall su di un acreoplano da bombardamcnm che si levava in volo sul nemico> senza che gli tOcéasSc per turno. Aveva i1 prcs~nti..mcnro e il desiderio della fine. Pri1na di sali re sulla carlinga vergò poche parole di testamento.

w,

Se dovessi morire facendo il mio dovere, desidero che non si pianga la mia sorte. t.:ultimo mio pensiero sarà <l'assecco per mia madre, per mio padre e per tutti i miei cari, sarà cli spcmnza e di fede per la patria. Credo in Dio. Desidero che il mio assegno mensile conrinui ad esser corrisposro alle famiglie poven: dei richiamati e dei morti in guerra" che si pensi all'avvenire del mio bravo attendente Rolli•. Non ritornò più. [anno seguente, dopo lunghe ricerche si trovò la sua romba nel territorio che era stato occupato dal nem ico. Il fratello minore, che lo aveva veduro parcirc con invidia verso la Libia. quesca volta era in linea, ufficiale di cavalleria. Era uno sp,irito raccolto e profondo. Dopo la


t26

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.sua n'lortc.si trovarono nei suoi taccui ni degli austeri moniti a se stesso. ~Ubbidienza al

dovere iuceriore••. «Perché non vai in fondo alla rua esperienza?• '· «Applichiamo rucro

al mo me neo prcscnrè•'. Aveva un desiderio ardcnce d'uscire dal casrello d' Adance della sua condizione privilegiaca, e viver lavica semplicemence, direttamente, duramente. Sono giudicaco un ric(o fonun:uo che vive e vivrà fuori della vira. menlrc! l'unico mio desiderio sarebbe qudlo di viverla e di far ciii nel modo più duro e più reale per conoscerla realmente. Quelli che ha1\no dei mc-u.i sono sempre giudicati - e fo1·se a ragione - dei parassiti o quasi, incapaci di un giudizio sulb vita. È una cosa che mi

dispiace: e il dispiacere si d<.-vc crasformare in sprone a viver b vita v<:ramcnte e a f3.r bene, in ogni momento' . Fr~t1uenre è in lui l'atreggiamen rod i ch i ha responsabilicà e doveri m.aggiori. Guarda i soldari e gli umil i con w1·amorosa preoccupazione, come povere creature disperse a cui bisogna dare prorczione. sicurezza. un più alco senso di dignirà. Nell'imminen:ta di un reorativo pericoloso così rappresenrava i suo i soldari. (28 giugno ' 15). Ecco i soldati - tranquilli e silenziosi - si riuniscono e si muovono; e non sanno dove sono diretti, né che azione devono compiere. l'uni ubbidienti, tutti disciplinati; e questa ubbidic,w.a e <JUCSta disciplina sembrano inculcate dall'esercito al paese, e dal paese all'esercito. meravigliosamente" .

Ufficiale di collegrunento studia l'animo d 'una brigata in linea e si compiace . . . . finalmente mi è riuscito di potermi avvicinare :ùla guerra e di porcrc meglio capire le sofferenze dei nostri soldali e l'animo del nostro popolo, che deve ramo soffrire e che

pur di giorno in giorno migliora

11 •

E prima, quando, rimasto gravemen te ferito al polmone in un tcntcarivo di caglio dei reticolaci, per cui s'era offcrco voloncario, aveva dovuto passare la lu nga convalescenza a Palermo, si era dedicato, ancora invalido, al problema della rieducarione d ei mutilaci. Ccn3mCntc, sormontate le prime difficoltà marcri:lH. soi:gono ahrc difficoltà sen-

dubbio maggiori, se si desidera l'andamcnm pcrfttto ddl'ls tituro dal punto cli vista morale. Ma credo che, lavor·ando con buona voloncà, si possa Qncnerc moltissimo, perché il mudbro ha grande fiducia quando si accorge che si è in grado cli dargli un aiuio efficace: e la 6ducia è la base dell'educazione" .

1.a

[., guerra ha per lui un significato morale ben più che politico e solo come cspe· rienza morale potrà fruttificare per l'umanità. La guerra porrebbe chiudersi anche senza risultato politico:

però, se consideriamo la guerra come agente morale sulle nazioni e sopra cuno sugl'individui, e non consideriamo il laro politico della questione, vedremo che il


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l 27

risulcaro non è mancato. ma cerramentt non è con rrollabilc- da noi. La sofferenza.

l'abbandono dell'egoismo in tutte le Su è forme, l'abnegazione quale corrente di sacrifizio r di bene, che ha rravolro il mondo pur sottò forma di forz.a bruta, di i.stinti sanguinari, di crudeltà incosc.ienre, non sono comunemente considerare come forze rinno,i:itrìci dei popoli : ma secondo me bisogn:t cercare in esse l'inc ima e profonda r:ig.ione di questa guerra'•.

Questo sentimento forte e malinconico gli ribalena in una visica ad un ci mitero di guerra sull'alcipiano d'Asiago. Scamanina sono stato i11 un piccol<> cimitero nel <1uale sono seppelli ti morti italiani e ausrriaci. C'I: un colonnello valorosissimo che comandava la brigar:, Sassari l'anno scorso e c'è un cadetto ca.nnoniere austriaco. Le tombe sono vicine. Ho avuco più forre del solico l'impressione che ,urti combarciamo per un'unica ragione che sfugge alle masse e che è la medesima per noi e per i nostri nemici''· Questo senrimcnco di comunione umarni, lo provava anche in cerrogando un disertore austriaco.

Ieri ser;1 <i è presem:ico un disertore e smnorrc l'h<> imerrogJto. Ha tre bambini piccini e la moglie gli è mona. Si leggeva nd suoi occhi una profonda desolazione. quasi avesse pcrdum la spcranw che un'altra anima umana potesse c:tpire l'animo suo addoloraro''. E davanti a un reparco d'alpini skiarori s'abbandona a una poecica fantasia. Gli alpini vestiti di bianco, con le loro facce rudi e SCLLrc, che scivolavano lungo la distesa di neve., n'l'hanno fatto una bellissirna tlnprcssione. Mi son sembrati più dei m3rina.i che dei soldati. I loro occhi che hanno guardato :t lungo i caa'lpi interminabili coperti di neve mi facevano pensare 3gli occhi dei marinai che 3 fungo h:mno

guardato il mare infinico••. D isappro\'a la costicu:iionc dei rcparci d'assalto; per !'«idea della ricompensa dopo l'azione, e dello stato di encusiasmo da crearsi nel soldaco prima dell'azione» " · Per questa implacabile esigenza si connentò nell'ultimo periodo della sua vira. Rirornato in linea, dopo la grave ferita, nell'aurunno '16. soffrl pc,· il malinconico <ramonro della cavalleria nella guerra moderna. È rrisre che """' l'arma debba vivere all'infuori del grande sconvolgimcmo; che

noi si debba essere cosrrccci • fare una vita 01.iosa e stupida di villeggfatur:t, a confinare l'orittonrc delle proprie aspirazioni alle code dei cavall i, alla pulizia delle bardarurc cd aJ massimo a formare coscienze militari a gcnce che forse:: non potrà combattere. m~ntre gli alrri combattono, soffrono. imparano a soffrire. si ritemprano''·

Presrò servizio come ufficiale di collegainento pt'esso la brigaca Cacanzaro, e presso un comando di divisione.


128

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Ma il clima morale elci comandi no n gl i si confaceva: Sono su,fo di stare qui a rendermi inu1ile. Tu1ti hanno l'aria di desiderare unicam.cntc il quieto vivere:. f: un'aspirazione orribile: in tempo di guerra, e v<:ramentc dcsideco di andar via da questo post0. prcsio" .

li mio dtsrino pare sia quello di fare i'imboscaro. E se riguardo la mio vira milirare tl'31'corsa, ho vergogna dcl'3 inauivi~\ passata e ddla focìlità che ha regnato per me in ques1i due anni di guerra. Mi sembm a momcnci che tuni abbiano sofferto, lutti àbbiano dato del loro essere, 1utti abbiano vissuro vicino alla guerra la quale ha lasciato in loro tracce profonde e clolot0sc. e vorrei che i parimenti di tuLti fossero st-ati patimenti anche mici:ò,

Ri6urò la carica d'ufficiale d'ordi nanza; mandaro al co mando interalleato di Versailles, s'affrettò a chiedere di ritornare alla fron1e italiana. Dall'offrirsi ancora una volra volontario per serviti di maggior rischio lo traneneva il pensiero della madre eh~ aveva già trc:pidato per lui alla sua prima ferita, cd e ra in co,Hi nua pena per l'alerò figlio aviatore. Attc11deva, come p.er un pat10 implicito, che il frarello Ignazio rinunziasse all'aviazione per sottentrare lui ne i ri.schi. Ma inranro si struggeva.

È odioso ciò che ,ni dicono: , Tu hai fono il tuo dovere, perdi<' sei stato ferito•. ti mio dovere l'intendo ben alcrirnc-nri. e non cerco un accomodamenro con la propria coscicnt.a che può dare il scntimenco d'averlo compiuto, anche se apparen,emenre lo si è compìuto:1• Nel seccembre '17 non resistcrcc pi,1 e chiese d'andar m itr11glicre. An11otava: Spero che mamà non crederà che sono troppo duro verso di lei. Ci penso sempre, e il dispiacere che le farà notizia della mia nuova destinazione m'impressiona, ma ormai non se ne può fare a meno ... Spero che quesra mia decisione indurrà in cerco modo Ignazio a non persistere 3 voler riman,·rc ancora moho tempo in aviazione. Povera mamà: so che sa rà un grande dispiacere per lei; ttnterò di spiegarle la cosau.

Per il soprawenire della rotra di Caporcrco la pratica non ebbe corso. Dopo la ritirata e la morre del fratello, Man fredi si rassegnò a non insistere. Ma la morte che egli voleva alfroncarc in prima linea lo venne a cercare nelle rcirovic del Piave. Una scheggia di bomba d' aereoplano l'uccise il 21 agosto 1918. Altra anima profonda era Amerigo Rocellini" . Musicisra, amava gli abbandoni e i raccoglimenti nosralgici: mente riflessiva e animo austero, voleva sorvegliarsi e domi· narsi in una energica disciplina di pensie,·o e d'azione. Figlio di un giornalista. non amava il giornalismo, troppo rumorosa espressione della vica moderna.


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l 29

In un suo diario annorava: c(La 1nusica sentita in senso romantico. L'l filologia con1c disciplina dello spiriro•"'· l:abbandono sencimenrale non arrestava l'arreggiamento virile. Il suo pensiero ha u n decorso dirò così musicale in cui il raccoglimento nostalgico o idjlliaco e il preludio della marcia eroica, il ricordo d'un bene perduto da riconquistare, il pungolo d 'un dolore a cui contrapporre w1a fermezza impavida. Aveva la gelosia diffidente pl'opria dei giovan i pc.r il loro mondo interiore: canto più che presentiva l'onda di ciò che si chiama l'aJnerican ismo: délla vita depauperata d ' inti-

mità e di riAcssionc, e irro1npenre cicca, come: una n1acchina irnpa.z:zica. 0

(gennaio 13). Nella nostra civiltà è quasi impossibile la gioviner<a. SognaJe nella vi1a moderna? Amare dd puro amore della pri1na età/ Impossibile quasi. Ormai non si parla più che di guadagnare, e di guadagnare presto. C redo che mai il mondo sia sr:uo cosi prosaico e volgare. Ora, se uno di noi parla ili poesia o di filosofia, è guarclam <1uasi, anzi sc.·nza il <1ua.si, con commiseraz.iònc. E.liser giovani, vivere, adesso significa darsi in braccio ai piaceri . agli amori volgari, alla dissipazione, acl una delle ,ante specie di frivolezza che pullulan<> nella nosrra civiltà''· Ma, poiché no n gli p iaceva l'aueggiamcnro dcll ' uo,no incompreso da.i rempi, ammoniva se srcsso di tendere a una maggior p rofondhà.

(9 maggìo · 14). Sarà necessario per l'a,,vcnirc badare a w1a maggiore intimirJ nell'acquisizione della cultura. Gli oggeui saranno, nac,ualmcnrc, gli stessi: la das.sicirà, la filosofia, la musica. t"Cc. Ciò che è necc.~rio osservare di più è l'intensità dello studio: è la precisione" .

No n era privo d'arisrocratichc ambizioni e ddla coscienza dei doveri ad es.se congiunti. (Narale • I4). Mili1are o scienziato, artista o filosofo. sempre ho sogn,ro qualche cosa che mi r<.>ncsse discosto dalla maggior parte degli uomini. in comunione solo di un piccolo numero di esseri privilegiati 11• Era, per cerri risperri, un epigono della genel'azlone carducciana. Sul Carducci fermava questi appunti nel diario: (18 maggio ' I 5). Cultimo grande maesiro icali~no: il Carducci. Sua concezione nobile e scren:i della Grecia: nostalgi:1 veno l':u uichità. Sua concezione umtt11n <lcll'a .. more: l':1111ore come gcnr ilei1.a superiore, come r:iffinarncnro supcriorcii.

Nel suo giornale intimo segnava alcune effusion i liric.hc: c risi della sua giovinezza: smarrimenti d'una vira che Auiva non ancora composta: desiderio di porre tutto il proprio e.s.sere in u na p ienezza perpetua di poesia e d'azione. e spaurimcnli nostalgici nei momenti che paiono vuoti.


Queste crisi erano acuite da una sua vicenda personale. Appena uscito ulficiale dalla. scuola di Modena nel 19 1,5, la làmiglia, per salvarlo dai rischi di guerra, lo aveva /àno inviare in Tripqlitania: dove, per evira.re il depaupcramcnro della guarnigione, era persino viccaco di fur domanda d'andare alla fronte. Sì che il Rocellini si lagnava amaran1cnce: «qui si proibisce agli ufficiali di fur domanda d'andare al fronte, come se fosse una cosa vile e vergognosa. Son pieno d'arn~ sebbene la mia fiere:aa e il mio coraggio non vacillino»••. Restò prigioniero dell'a,nor marerno. Solo la madre poteva liberarlo da quella prigionia, dové avrebbe salvato la vira, ma perduto l'anima, la fede in sé e il senso della sua dignità. Si dibané cosl dispcrarnmenrc per due ann i inceri, che alla line gli sressi genirori dovecrcro darsi attorno per dischiudergli la via verso la morrc. Nell'indugio tedioso sono il cielo rovente della colonia si scrurava e si rnrmenra,•a: (r11agglo ' 16). A momenti mi sento .stanco e come v,-cchio. Spt-sso sento fiorire rigogliosa in mc la giovinezza.. Riprenderemo la vita, conqui!i'tcrcmo dò che desidcria.. 1110: a vcnUdue anni si lo giovani a:nco ra. Ma quel s.cntimcnm così amaro mi è dato.dal non aver concrtraro i miei .studi lcnerari e musicali; dal non aver sapum dare una mia

risposta ai problemi della religione e della filosofia, dall'aver trascurato, anzi, questi problemi, che soli elevano lo spiri to I:, dove la ma.s.l"J degli uomini non giungei•. (agosto ' 16). Manina lw11ino.sa. Luce fuori, ombra l,m, inosa nella stan1,,. Solo silenzio nd l'anima. Sottilt· e penetrante desiderio di monc.

Le labbra son strr.ue. senza voce. Un ricc>rdo inlprovviso d'un rcmpo passato, lon•

tano, che paragono col pas.,aro più recente e col presence dolore. l ncsplicabile rutco" . Seguiva il momento di ripresa. Bisogna alfcrmare la vita. Bisogna affermare lavica. Tutta quella for,.a che sentivo in 111c nel passato, la sento anche ora. Anche ora che so, che sento le voci alte e diverse che mi sospini;ono; la volontà. il sogno sono gli stessi. Bisogna imporsi una lw,ga e dura disciplina e l'anima dopo, c nei momenti di sosta, sarà più leggera, più tenue, più chiara, più lu.minosa>:.

L1 uno di questi momenti d'ar idi tà rivede, nel giugno ' 17, finalmente libero dalla Tripolitania, Roma luminosa, dov'egli era fìoriro. Mia virn. mia vira, pcrchè? Un tempo cant.av;-1110 rune le fontane, e odoravano cutti i rosai. Un tempo l:i luce splendeva 1>cr me, e d:1 tlJ(tC le cose sprigionava parole, parole di gioia, parole d'avvertimento, parole profonde, e strane, - sprigionav:, per la mia an ima a.s,.çort:.t. Una musica infinita e .sommessa cancav;u10 cune le cose per mc solo - cd io tende~ vo l'anima per riconoscerne .le no·t c - per ripctt·rc dcnuo di mc quella infinita musica

io tendevo l'anima sola. E ora? Ancora canta no le fontane-<: i ro.sa.i, cantano i cieli e le mille voci sommesse

della ,erra.


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13 1

Ma la mia anima è chiusa nella sua for,a; la mia anima nuda e dolorosa più non ha che la sua dolorosa forza; e invano, disperatamcntC" invano, le mille mus1chc parlano aHa sua ùmhra e alla sua s~-anchC"aa.

Quale fontana s'è scccara1 e perchè s'è <ecc:,ta? Non vedi le srnruc, la loro dolorosa immobilità di pietra? Esse sono rese mnc in un gesro d'artes-a, rune arrendono I.a ,,ira e la gioia dell'acqua - e un doloroso stupore ricopre la loro aridirà. L.1 mia anima è una di quelle sra, ue. Chi rrovèrà l'invisibile arroche farà sgorgare e c;1111arc in un trionfo di gioia tutte le acque?". Quesr'angQsda l'assaliva anche in guerra.

(Sabbio Chit-se, 4 giugno ' 17). Acca.sciato è il mo inesausto fervore, o Giovinc,.2.1: tu posi al fondo ddl'csscrecome nel fondo d'una valle gravata da un'umida nebbia violctc1. .lo t~invoco. o vigore passato, o vigore dcll'adolcscen?.a, o for..:a dormente ma viva, che sci nel fondo di mc. T 'invoco, invoco il tuo riso, come un fremito di mille ali, o certo futuro vigore, invoco il tuo canto e il .somm<.'Sso accompagna.mento che fui aJla musica di rune le cose - il mio puro sogno primaverile, il mio sogno puro e ardente, anche nella .sua rrisre-aa coronato di bianco spinol•.

Ancora il giovane non s'era persuaso che l'opera dell'uomo. nd suo decorso, si scinde in piccoli momenti s·ommcrsi nd sudore, nel le lacri111e, talo ra nd sangue. e che l'azione

trionfale è solo quella che noi vagheggiamo nel futuro. o contempliamo, completa, nel passato, e già deccrsa del dolore della sua generazione. La ricchezza di vira sentimcncale rende anche più singolare lo sforzo di dominio su se sresso. Significacivi per esempio sono certi pensieri sulla religione fermaci dinanzi al risorgere d'un equivoco catcolicesimo fatto di languore e di desiderio di fede, che non è la fede.

w,

(24 aprile' I 5}. 'lanci secoli hanno messo il canoliccsimo nel nosrro sangue. Esso ha affuscinato oggi molti spiriti raffinati disdegnosi del rna,crialismo ... Ma si è i,asformato in costoro in un vero e dilettantismo csrerico. che nasconde proprio sotto le sue forme belle il più terribile dei mali: l'insinct'rità e la vacuità interiore''. Jo sono profondamente convintò che la vita dello spirito, per essere veramente feconda) debba e~ere, integralmente, assoluramentc, i11izi11/me11te sincera. Non pos!iO <tu.indi credere che: una convinzione: fìacC:.1 e vacillante. presa soltanto per ragion.i pr,ttirhe. sfa pure in senso devato, possa realmente consolare e dare coraggi() p~r la virn. Non credo credo che possa fur bene ciò che si risolve. infine. in una fuga davanri 3 quella. che ci si a.nnunzia dal profondo come la veric;i''·

(21 aprile '16). Queste cos,,, lo bellezza delle cerimonie, il fuscino delle musiche, la belleaa dèi simboli, e via via l'eleganza mondana e la grazia degli aneggiamcnri e la fine-aa <ldle. vésri, 11011 sotto iLcauo!icismo. JI cartolicismo è una cosa grande e tc.rribilc., e signific:1 conoscerlo ben poco, scambiarlo c()n un vdlicamcnro, con un delizioso brivido mistico. come una rara sensazione, come una forma volunuosa. li carrolicismo

è una n1;1gninca disciplina, chiusa crtncricamenre i11 se stessa.


132.

M011u111i Jet/" 111/it di gurrra

O dentro, o fuori: non c•è via di 1ne1.zo per chi voglia vivere un:'l vira veramente .spiriu1alc. O accettare il canolicismo per inrcr<'>, senza atcc-naanti: acccrrndo, cioè viveri(), ò nulla''.

Se vedeva profondamente nel J>roblema della sincerirà e del valore, forse errava nel definire il eartolicismo in un'ausrerità dura, secondo modelli del rìgore enrusiasrico n1edievale, che forse nessun papa ora oserebbe accertare; nel quinressenziarlo in un concetto di salda convinzione di fede. Appunto perché nel suo decorso srorico rende a di,•enire rnera discipli na, il cattolicisrno decade dall'ausrcricà irremovibile della fede mcdiçvalc, in una supina passività, a volca a volta morbida e sensuale, atta a chi vuol rinunziare al pensiero e al problcn1a della verità: è divenuto una specie di pisci na pro• barica per i languenti di spirito. Passando dal carrolicismo al cristianesimo il Rorellini fàceva un'altra osservazione; 0

(17 giugno 16). lo penso che il senso del cristianesimo sia quasi compleramenre

csulac(l dalla rerra. Credo di dire una veririi inconrcscabilc quando affermo. per me, che una delle ragioni per cui non sono cristiano è che mi manca in fondo il senso del perento; m:t chi oggi. anche fr:1 coloro che si credono cristiani ha quesro scncimemo che ha reso la vira di tanti uomini dd medioevo un'angoscia senza fine? Che, che! oggi il crisda11csimo si accollloda con ruHe le forme pi,, csuanee al la sua cssenw, con cuctc le forme di vira, con ru«i i $Cnùmenti. Qud che è ri1nast0 è piuttosto un vago senti1n<:n LO cristiano - ciò che v'era <l'un1ano nel cristian('Simo - che una credenza

>'.

Quesra risolutezza verso la religione tradizionale corrispondeva al definirsi di un aurono,no S('lltirnenro etico-religioso; appwuo quel sentunenro del dovere che dalla Tripolitania gli fuccva sospirare i cimenti della guerra. Scriveva alla madre: (3 1 agosto · 16). E ru non <i preoccupare. Sii serena e rr:rnqu.ilh: pensa che un'occa· sionc s.imilc chissà quando si potrà ripresentare; pensa che io avrò una grande immensa

gioia; pensa che l'unica realr;\ che conti il proprio spirito - e niente altro!- e quando si sente una voce interiore così imperiosn bisogna seguirla''*. (I Onovembre ' \ 5). Credi proprio che siano le cose materiali che ci dànno la vira'

Sbagli, sbogli di gran lunga. Ci si abitua facilmente ai disagi, e nel disagio si creano L'ami piccol'i agi che sel'vono benissimo per cenere. su. anche fisicamencc·1°.

(1 7 n<wcmbre ' \ ;) . .. . ti foccio notare ché non possiamo andare d'accordo. Il ruo ideale è la mia salute e la mia con'lodità; ma s(· io non avessi ahro ideale che la salurc t la comodicàt mi dispererei in tal modn che mi scncirei spinco aJ suicidio. Tu dici, astranamcnre. che l:1 vita non è e non dev'essere piacere, ma cetchi per mc solamcnre

quello che i: piacere... e piacere mareri aie per giunca••. Col trascorrere del rempo la sua disperazione in quella singolare prigionia coloniale cresceva.


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Guarda, mamma, che ora 111J11 è più wro che tu non puoi; da re dipende tuno adesso. Ché lo verranno a chk<lcre a ce . Se cu non volessi, st ru anche non volessi sçcglicrc mi apriresti davanti una via di disperazione". (6 settembre ' I 6). Qucsro paese è la mia negazione: la mia vita è un continuo sforzo per non disperare della vita. È terribile, perché io son sicuro che nessuno, ""'""o di voi i,nmagini qual'è realmente lo staro del mio animo. I<, faccio tutti gli sforzi. ,pecilllme11te ora; ma è innegabile che la mia forza di resisrcn• za non è infinita. Di ciò non vi spavcnrnte: questa peno.~a condizione clovrà ben finire: 1111cht s~io non vo1cssi. Mi arrcrriscQnO perfino le senimanc chc dovrò p:lli.-arc qui, a una :1 una, prima di romarc in Italia. lo sono la ncg.a:t.ionc di quesr(, paese in rutto e per tut(o. Ormai chi mi conosce davvero dovrebbe esserne alrro che convinco!"'•. Capiva benissi1no come que.sta sua passione fosse in conuasm col livello comune e con l'andazzo di molù. (14 agosro ' 16). Marra idealista! Non hanno ,orto: gl'idcalisti non sono mai divenrari re del petrolio e padroni economici del mondo; ma se non fossc.-ro i mani e i poc,i il mondo sarebbe e rimarrebbe sempre per tutti la più nauseabonda fanghiglia che si possa n1ai concepire. S0l:11ncn1è certe cose si possono vedere quando c'è da soffrire qualche db-agio: ché è molro facile fare i cavalieri dello spirito e delle idealità <1uando il caffè e lane è pron,o alle otto, la col:rL.ione a mezzogiorno, il thc alle cinque e il pranzo alle sette e mezzo! E ne abbiamo avuro degli esempi. oh se ne abbiamo avuti! Quanta gente s'è accorta propriò òm che la propria missione non è quella a cui s' è obbligata. in qucsro momento!+\

Riacquistò la sua scrcnirà solo q uando gli giunse l'ordine di rimpatrio. (20 gennaio' 17). Mammina mia, lcncrc mie piene di serenità ne ricevcmi prcsco, quando non sarò più qui; quando sarò lnss,i! Finch é sco qui non e possibile. Del re· sro, credo che òrmni 11ti111the tu possa più desiderare che io rimanga qui. E desidero che tu sia profondamenre tranquilla. Che tu lo sia come lo sono io, per ciò che ml riguarda, e perfettamente fiduciosa nella mia sorre. Se non altro, la permanenza in questa orribile cerra ha valso a farmi sentire subito, con una inrcnsirà inaudita, fanrauiva del froncc. Adesso ho raggiunct'> la mia sèrcnità. Pc.·rché essa sia cornplC(a. non arrendo che una cos:1: d'aver rimesso piede in ltaJ ia, dtfinirivamencc. Sono profond3mcnre sicuro, tC lo ripeto, di me e della mi.a sone. E n1 devi pensare che la srcssa ineluttabilità dclb cosa vi deve rendere sereni. Ora lo posso di re tranquillamente: se non av,,,;si preso parte alla ca,npagna, come, quale avrebbe potuto essere la mia esistenza? Sarebbe stata un fallimento completo del mio essere e dei miei ideali: non solo nazionali, ma nn(he, questo che devi capire, i11divid""li. Or, io sarò folicc qua11do andrò al fronte. e a retto col desidedo l'ultimo giorno, ormai vicino, della mia permanenza quaggiù: 11011 lo sarei ugualn,enrc in akro luogo che al fronte: su questo non c'è dubbio''.


!>arti per la fronte: ricuscì con ferme= un post() presso un comando e incontrò il suo destinQ sulla Ba iQsi1.za. U ricordo di lui combarrentc è conservam in due lettere di un povero soldato alla signQm RQteUini. (Zona di guerra, 13 settembre '17). Signora, Sperò che 16 vorrà perdonare della mja libertà pr<'Sa. Ma siccome mi sento spinto dal dolore e an1orc che ho sempre riportata a Jui. v1:ng<> con 4ucsta a mandarle un piacere che- per me sarcbht a vera consolazione, se lei poteva spcdirn1i una sua forografia che io serberò come un re.soro. Forse lei dirà chi è quc.sro imprudente che mi viene a rinnovare il mio adorato figlio

lei ha m<>lta ragione ma sicx:omc non sono più capace di stare ho dovuto levarmi questo dolore e nel medesimo tempo se mi vorrà soddisfare è un grato ricordo di quell'Eroe figlio che ha voluto dare con gioia la sua vira alla Patria. Signora, non pensi a nulla, sua di buon animo che tutta la sua compagnia come pure i suoi fratelli hanno partecipato e partecipano ancora al suo gran dolore come io serbo pensiero a lei e lui. Forse !t i dirà chi è questo che scrive, ecco io sono il sarto della sua compagoia e lui che mi ha. sempre f:tno t-anri piaceri e sempre risptnaro e mi sono ramo af'fezion:no che mi rrovo in un dolore corne ho provaco e che ho ancora della morte dd mio caro

fratello mono il primo agosto sulla frontc del Trentino del 1916. Sf>ero che ,ni vorrà perdonarmi e nel medcsinto cempo soddisfarmi da quesco dolore e pensiero che mi t0rincnla. Stbbenc non ho avuto l'onore di conoscerfa la riverisco e mi raccomando non pensi a nulla perché è smto trattaao da vero Éroe. èon ossequio Soldato Marselli Gala.,;sQ 2n° f-antecia. IO• Compagnia•'·. (Zona di guerra, 24 settembre' 17). Sigoora, Si può iJnmaginarc con qual gioia ho riccvuro la sua gradita lettera e la fotografia dd suo adorato. Grazie, grazie, noa trovo parole per esprimere la mia gioia e dolore ... Signora mi domanda della fine del suo adorato figliolo è io sarò grato a rispondere in proposito. Nel giorno 24 sugli altopiani di Bainsi2za siamo srati fermi una giornata dentro un buco per essere riparati dal cannone. Nel giorno si parlava con lui e diceva che era conrenro perché si era vicino af fuoco e non si era imboscato, sempre allegro e

non pensava alrro che a loro. LU!i corn:u1dava un plOlonc di mi1ragJi:.1crici a pistola

cd era molto concento. Alla sera del 25 siamo partiti e siamo arrivari in rrincea. Non era trincea ma un piccolo muro furro di sassi. al 111atLino del 26 alle ore 11 è arrivato l'ordine che alle 12 cominciava il bombardamento e alle 12.10 la prima ondata doveva s.a.ftar fuori. Ecco come si è svolto. il detto, io e il suo attendente si era sempre vicino perché

diceva che lui ora faceva le veci tla padre, infuni lui ha sempre cere-aro di mantenere d'accordo il suo plot0nc. Alle 12 com inciò e alle 12. I Ola prima ondata uscl e mcnrre diceva avanti bisogna andare la.'iSÙ e diceva coraggio! una pallocrola ausrriaca maledetta gli prcnde\ia a1 fianco destro e usciva sotto al braccio sinisrr(), subito dopo ha grid3ro son ferito e noì prond 1'-abbbmo messo al sicuro. AUora mi misi a piangere e corsi in aiuco da un ufficiale che era vicino, subito è vcnuro prov:.mdo molro dolore.

Si doveva condurlo o un paese vici,10, io e l'atrcndcmc cd altri con dolore e abbiamo


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obbedito e si p<)rtò in una scai,zctta che ci siamo sraci coraggio due giorni, che spesso .si badava e si pensava che non c'era vicini i suoi cari che potevano l'uJrima volta baciarlo, e semprt più ci cresceva il dolore. Nel giorno 28 son venuti tuni i suoi amici e conlandame a porgergli l'ultimo salu· co al suo adorato eroe e nella sua parren1.1 alzai lo sguardo e vidi persino il suo Mag• giore colle lagrimc, perché mrri l':1mavano. Nella nocre l'abbìamo scpolco e prim:1 l'abbiamo di nuovo baciam per il nostro aifotco e ,rei suoi cari genitori e l'abbiamo assistito lino alla fine anche fu presence lino all'ultimo il Capitano. Fu sepolto vicino al pae$C al sicuro, che se posso venire a casa e se vorranno avere le sue spoglie: io Ll condurrò e èosi avrò compiuto~ mio dovere. Signora, mi domanda se i soldati gli volevano bene. come fare a non amare una persona cosl Cara cht in d nquc mesi che fu nella no.sna compagnia_nessuno ha castigato pcrcht perdonava sempre co1nc anche sc:rnpre aff'"lbile che tante sere stava sempre a parbr con runi, face\•a un circolo e lui in mezzo e in ruttc le dornandc che gli facevano rispondeva e dava dei buoni consigli, era una degna persona. Pregherò rutte le sere per il mio caro comanda,nre defunto Amerigo. Spero che mi vormnno p«donarc se trovano gii errori e pc-tii che ho scancell:no ma cosa vuole avevo serino di sera perché il giorno mi tocc;i andare "ll'istru.zionc forse dir:111110 poteva prendere UJI altro foglio di carra. Ricevano mille saluti e sono quel povero ragaz,.o che gli è molto affezionato ricevendo quel dono cosl grazioso che per me come pure la sua lettera cosl affertu0>'3. Di nuovo salufrn. Il duro criterio selettivo del.la guerra si può appr<'Z7.are nella scelta che essa fece tra i giovan i che, negli an ni i111mediaran1ente precedenti,. redigevano la rivista fiorentina "La Voce»: Scipio Slacaper, Carlo Stuparich. Eugenio Vajna•'; indubbiamente i migliori in quel cenacolo. Lo Sruparich e lo Slataper eran triesti ni. Eran venuti a Firenze con lo stesso an.imo con cui vi pdlegrinav:ino gli uomini dd nostro Risorgimento: cercando quel che forse la tranquilla e scettica cirrà rosc..1na non poteva dare: un pili vivo e profondo contatto con la culcura e la tradizione italiana, E sentiva la delusione. /\1a, non ostante tutto,

questi giovani trovavano in Firenze un conforto e un calore che sarebbe loro mai,caco nelle università di Gratz. o di Vienna. Si mescolaro.no alla vita italiana di quegli anni. Gridarono anche loro nel tumulto vociano, batrag[iarono anch' =i con una cerca intemperanza e parvero confondersi agli altri. Ora però riesce facile differenziarli. per una ben delineata fisionomia. Non erano puri lecrerati. né erano disposti. dopo l'ubriacatura dcl cenacolo, a riadagiarsi nelle consuetudin i del vecchio lctreraco italiano e dd catto·

licissin,o paesano. Avevano un impeco sincero, che, arrravc:rsata la letteratura, voleva sboccare in autonoma e seria opera o di poesia o di filosofia o di sroria. Dalla loro terra giulia recavano una freschezza e un fremito che lo Slataper si compiaC<.'Va di definir barbarici, raflìgurandosi come un nuovo Alboino calante dal Carso sulla terr:1 italiana per un impeto di feroce amore: volevano recare all'lcilia questo alito nuovo della marca di frontiera, dello strano e selvaggio altipiano. E per cerci risperci

It mio Cllnt>


dello Slarapcr è l'ultimo tribut0 della poesia regionale all'u nirà italiana: di q uella lerreran1ra provinciale ddl'ulrimo Ocroccmo, che faceva comunicar rutta l'Ital ia nello spirito d'ogni singola regione. Volevan irradiare la poesia della loro ,erra, del Carso a ncora ignoro agl'fraliani. di Trieste emporio di ,nare soname di lavoro. Lnvcee deprimevano l'aspetto più comune e più noto d i Trieste, della cirtà un po' ciarlona e un po' penego.la, dell' irreden(ismo parolaio e ricco di bugie. Non esirarono ad affrontar la f.tma di rin negari essi, clie, senza rrepidazioni, nd momento giusto, diedero rutto il loro sangue. Vissero anch'essi l'ide:ilisrno soggcrrivisrico, che allora si diffondeva per l'Italia: in una forma un po' i11gcnua, che artisricamence si rrasfigur.tva ndla conremplazione della propria persona come mistero cosmico. Traducevano l'idealismo in un ingenuo fichrismo. Diceva lo Slatapcr: Selllo che l'origine delle cose non i: che il rassod,unenro d' un' immaginc wnana: lnurile spiegarle con le scienza: solo mezzo tentar di rimettersi in quello stato d':1ni· mo con cui è sorta qucll'immagtnc "''· Ma quc-sr'intcrprcrazlone esretiz:zànte cd egoistica dell' idealismo, questa contemplazione del divino in noi, quasi un mero liuto, non era in essi puro atteggiamento ru moda. Vi s'impegnarono con turca l'anima. Soffiaron sulle ceneri del ro manticismo latente in ogn i uomo moderno e ridestarono ambizioni smisurate, orgogli lucift:ra ni e il pathos del genio in conrrasr() coi tempi e premuto dalle finzion i social i. Quando poi precipitarono da cali vertici babelici, ripresero a costituirsi insieme una vira pii1 umile e più seria, una piÌI lata coscienza umana a sviluppare il problema della vita morale, a definire le indefinite aspirazioni nei lin1.iti sempllci e pure ardui della vita quotidiana: insomma, una vita u1nana in piena autonomia. Skchél seguendo la loro via, a un cer~ ro p unro si trovarono lonta ni e remoti dall' individualismo puntuale cd esplosivo del primo periodo della • Voce». Lo Slataper, convalescente dalla prima ferita, ripassava nel settembre del ' 15 per Firenze e segnava con acume il d isracco: Rivisto gli amici. Hanno strepitato ranro per la guerra: e ora chl p<:r una ragioue, chi per l'altra sono qui: non solo, ma om,ai scceui. rirenzc è piccola e la sua gente è ferma e gira intorno alla sua genialidt "is:tantant:rtt. Mane.a la costn.rLionc .. , 1-11. V'era in questi rriestini qualcosa di S111nn 1111d Dr1111ge di romamicismo del tipo della scuola di Jena. V'inA uiva indubbiamen,c la loro fonnazionc, che aveva risèntito della cultura straniera. Ma que.sta agit"azione romantica, piuttosro che giovanile imitazione!' scolastica, era mon1cnto necessario di un'auronoma formazione spirituale, d'una con.1-

pcnerrazione della morale con la religione ru una fede immanentistica: una riconquista della fede dopo il tramonto di quella craruzionale. Questo scavo in profondità. questa tormentata e sincera ricerca fu vissuta con dolornsa passione, sul margine dei vent'an ni, da Carlo Sruparich.


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Aveva avuto un'infunzia e un'adolescenz:;'t malaticcia. Una violenta sca rlattina l'aveva

lasciaro un po' sordo. Diceva, malinconico, che le mad ri spartane l'avrebbero csposro su l monrc. La $ ll3 crisi romanric.1 aveva avuto un rono un po· feminco, un

po· qucru1o.

del ragazzo malato, che si sente oppresso, impedito. della geniaUrà osracolara. ~via poi era venuta la saluce, e un senso più virile della vira, un risvegl io di convalescenza, che gli sorrideva nel ricordo. Mi ricordo. I primi passi fuctL b gioia srrerra aggrappata nel cuore. Mamma mi haciò in fronte sorridtnrc t mi prese il braccio sorr.ò il .suò. La mia <lcbolczzt sapeva prone(> l'oppoggio; l'incero confidente abbandono a un essere fuori di mc mi trabocc:1v3 la fclicirà. Oh buona vita! Certo qualcun() sciacquò le cose durame il mio riposo amm,Jato. Vedo il mondo netto come biancheria u.scita d«I bucato; fresco gocciolante come una prugna gua1.zaca dal temporale: orn vi brilla il sole" .

All'w1 isono con questo risveglio di salute, aveva iJ1fìeriro contro il suo stesso romanticismo. ave"a cercato d'espellere l'elemento fe mineo, gracile del rag.izzo. e aveva anche irriso alla rctorka del grupp<> 6ort>ntino, che ;ngr~ndiva ogni comuni.ssimo fatto proprio a crisi degna di storia. r>crchè sf: cena complic:irczza drammatica è un po' di rorbidiccio fangoso, un po' anche fumo di digestione . .E certa filosofia è un po' di desiderio non soddisfauo, un po' di F.une non sF.unam. di sete non disscrara. Ma non im pensierittvi croppo: vedrete che non si suicideranno. Perché esiste un generoso drus ex mal'hina: l'accettazione eroica della vira ... Che dopo rante arcadie ci sia l'or-J anche di un'arcadia della dramm3dcità e del la crisi? Un'arc:idia di nuovo stampo. Venti volce al mese ,,i giunge la crisi, momento decL<ivo che modificher;\ co,almentc la vostm esisrenza. sussulti, angosce. Superati i venti pa.ssi la crisi va superata i.nfani; non è corda che ti lascia spazio di sotto), guardatevi un poco indietro: siet<' quegli stessi di prima. Perché quelle crisi sono arti ficiali, cstern(\ retoriche, dimcnii per nascondere la vostra VUOtC'lZ-a ... Perché non sapere:: cos'è la crisi. un pano che, se felice, dà u.na nuova creatura,

infelice uccide. E quelle crisi là diurno tucr"al più uno bambola di g-omma. Ma non bisogna scnerzare troppo nemmeno con le crisi artifici;ùi: so110 come falsi segn:ùi di guerra che possono riuscire pericolosi" . In quest'aspra autocritica l'àvcva aiutato il D,c Sanc,is, proprio con quella sua biondissima e insieme implacabile disamina del romant icismo torbido: critica di ch i ha farro l'esperienza e sa risolver rurro il veleno. [l professore d i Napoli diventava pcl giovane triesti no più che un macsrr.o dj lercerarura, un macsrro di vira. Ma fu De Sanccis il mio maestro. Non so come: nd la st<>ria ddla lcttcracum imliana ho fan o la scoria dell'anima mia. Mi son visco huflòne di corre. arcade. e Caronc


senza Utica, di cartone con dcnrro una macchina di fonografo che gracidava: libertà. De Sanctis, hai li-uga,o nella mia vanir~. Mi irrito con quesr' uomo che non so p<'r qual'.irrc rni da spogliaro davanri ai m iti occhi sc-andalizzatiH-. Così era superaro lo St11r111. che dopo gli pareva benigno e un po' sciocco••, un po' scolastico. G li rescò però una diffidenza continua concro se stesso, concro i suoi sencin,enci; Ll sospenava conragiati di retorica. L~ rerorica dei giovani gli faceva paura, come pure b rerorica del suo gruppo. Se dapprima aveva benedccco Firenre, da dove il frarello Ciani gli ,iveva portat<> un soffio di libc:rrà spiriruak,, dopo un an no di vica fiorentina concludeva: Fìrcn1.c mi è srata per una parre un fullimcnto. per l'altra un' esperienza negativa (e questo è un frutto reale). Qui la mia vita fu più che mai di riflesso, di satcllìtc: certo la debolez-,a fu mia: ma intanto q ui ho trovato una retorica fradicia, la r<.'torica della modernità e della città; qui ho trovato la retorica ddl'idcalismo: qui ho rrovaro un uomo che si illude e illude di una sua unità raggiunca dj csperien11: e dj coscienza e non è che una s.con.so1ante un iformità mcccanic:in.

Trova,•a in turco il ribollimenro un egoismo vizioso: •pensiamo troppo a noi e s u noi», introspezione che essicca e inrisichisce•'. Reagisce alla fren,'Sia del moderno pd moderno con cui ccrcavan di trascinarlo turti e il filosofo e il pedagogista e lo scultore fucurista:

Li guardai tutti sorpreso. «In verità, non vi capisco. Sono sordo, sordo in rutto il corpo, e i scc.oli non li ho contati. Pc.r me il mondo si sc.ioglic in un ronzi<> vasto e in int<'rmincnrc cfj crcrnicà>ri'.'.

S' interessò alla cultura filosofica trionfante allora in Italia: quell'indirizzo che identificava filosofia e vita lo attraeva e gli ccp1.1gnava insieme. Prevedeva che quella presunta ricchez1.a sarebbe inaridita nella vacuità d'una formuletta; inmiva una contraddi1jone •che non si è fàtta ancora scrideorc ma che dovrà esplodere•''· Quell'universalizzazione della filosofia in curr' i campi coincideva con la morre della filosofia" . La filosofia della vita diventava un credo, w,a conformazione della filosofia agli schemi canolici:

Fare la sroria meglio chccrtdcrc nella sroria. Perché, dimn1i sinceramente: quando diti: credo n<..'llo spirito a.~(>lu.ro o in alrro. non ti senti ridicolo? Quando dici: sono idealisra, non ti senti ridicolissi1no?". Presentjva il vaniloquio e l'annichilimento fono mcnistico dei valori. Notava ironico la puntualizzazione indiscinra dell'esperien1.a. 1'cr la via de' Calzaioli. Con le mani in saccoccia, il cervel lo in vibrazione disor· dinaca, lasciaro andare a rutti i venti. Un'occhiata dj sbieco a una 1,putda», un'altra dentro a una drogheria, una agli srivali.


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In piazza della Signoria-: un'occhfata alla torre: la wrre vale come i miei stivali. Sono in mille frammcn1i Un pensitro <li critica, una futilità hanale, un sogno di gloria, un n,omc.-nro sc·ncimcnra.lt, rutti si tquivalgono~'.

E concludeva: Ho furco abbasranza ~ bambino e troppo ltggcrmcmc ho fotto l' idealista. Con que.1 prdenrc riscartatore e <1ue1f ...att01) ho giocaco assai e mi son d.ivcniro poC06 : . Invece s'andava orienrando verso w , altro ide,ile:. Si ripeteva il monito ermetico di Dio all'uomo, sugge ritogli da Pico ddla Mir.indola: «Homo, ncc re coclcsrcnl nec tcrrenunl fccimus, ncque morr.alcn1 ncquc imrnortalcnv;. Repugnava alla ricerca asrrana di

una fede, quasi la fede dovesse piover dal cielo sull'inene sazio di filosofia formalistica, e fosse un tesoro scoperto e non un' interna formazione. Per un'ispirazione vichiana sente and,' egli il pregio della filologia: Chi dircbhe' nella filologia vidi e sentii un mondo morale, e in certe pretese modernità e! affermazioni filosofico-morali sencii vuocC".>·C sranchez1..'l~1• Si distaccava dalla moda vociana:

Pcrch<' devo aodare come si va? ah! La pratica del mondo! Non ho io il mio mondo, dove vado secondo passione e volontà?'•. Questo era per lui il problema: la conquista d'una ide,i, d 'un contenuto che aves.se valore, a c,ti potesse e dovesse aderire, .senza lasciarsi smagare da Wla filosofia che si pretende superiore a rutti i conrcnuti, e contempla se sressa già inquadrata nella scoria, da un'arte che si pr<:ccndc mistica e nega l'essenziale dell'arte che è il trionfo sul momento misdco.

Non più ispirazioni titaniche. ma un pia.no, on<.-:sto scorrere di vira semplice naturale. una libertà conquistata ogni giorno, scaltrita, che non si lasci conquidere da riboll imenti ro· mantici, eppure senza apatia••. O tutto retto dal convincimento che, ri.soltasi , la fon.a centripcrale organizzatrice che era la fede religiosa», subencr.i uno sforzo verso l' w,ità individuale: l'ordine da esrerno deve dìvencare interno all'uomo" . Proprio in questo momento, d1e apparenremenre avrebbe dovuro portarlo lontano dal Mazzini teorico d'un' organicirà sociale esrcrna,nenre superiore all'individuo, egli rir-0rna al Mazzini migliore. all' uomo che aveva calaro nell'intimo suo la coscienza e i doveri di runa la vita sociale" . Con q uesro ritorno al Mazzini egli si trovò pronto per la gucrr.i e pd sacri fìzio. Partì volontario d i guerra fra i granatieri, col frarello Giani e con Scipio Slacaper. ai primi del giugno ' I 5. Temeva di giungere rardi per la liberazione della sua Trieste! Gli toccò di co111battcre proprio sulla via di Triesre, che aveva tante volte percorso: la via era ragliara dalla trincea. Dalle trincee del Liserc presso Monfalcone vedeva la sua città: col binocolo poteva scorgere la corre di San Giusto e gli edifizi prossimi alla sua


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casa, dov'erano rimaste la madre e la sorella" . Nella vita durissima di combarrimcnto per due mesi continui, nel logorio <lei suo reggimcnro, uno dei più splendidi di tutto il nosrro esercito, le illusioni si dispersero. Ma subcncrò un animo di pa1.icn1.a tenace, di sfor7.o senza lamenro, di bontà forcc e insieme accorara dalla nostalgia della casa e della fum iglia e dal dolore della guerra. Scriveva ad un'amica di fam iglia: (5 agosio ' 15). Ma qui non bisogna srupirsi di nulla, si mangia, si dorme, si vive quando e come si può; il bencssc.re individuale no n conra 1 non può conr.arc> perché

se no dove V'J a re il benessere dell 'organismo gigantesco, ma delicato, che è l'eserciro'

Qui l'uomo non vale cJ1e come energia da sfruttare, non come persona che vada soddisfu.ua. In primo tempo non si capisce ciò e possono venire anche le umilh1zioni per noi che finora invece <li dare, abbi:imo rutto ricevuto dalla mamm'1. Ma poi la buona volonri, fa tutto. Vede, alla proposizione di su n1anca il punto fermo: avevo dovuto interrompere perché gli austriaci d hanno bombordato le trincee: a poca disranza da noi c'è un mono; ora rnrro t. di nuovo tranquillo> in que.'ita povera can1pagna abba.ndonara, gli alberi r-rcmolano aJ vento marino éùmc se nulla fosse stato. Guardo con meraviglia la mi,a mano che scrive. L1 buona volonc?t f., rurto. Si diventa pazienti i ogni t;.UHO un sospiro tii nosrnlgi3,

ma pa<Sa. È una buona scuola q1Ucsra, una scuola che sra bene a noi che siam<> cresciuti troppo in un mondo creato d3 una m;unma.,. Con tenerezza raffigura il frarello che gli dorme a fianco: (25 luglio ' l 5). Anche pcréiò non potei rispondcrl'i così presto: sono alcuni giorni che non dormo che a m inuti, mangio a rune le ore, non mi lavo. Stamattina c•è seno

un po' di riposo, ora sdraiato qiui all'aperto fra i pinj ti scrivo come poSS<>. Ciani riposa profondamente vicino a mc e qualche volta lascio di scrivere e guardo la sua $:lggia e dolce focci:1 dormente: canrc volrc mi verrebbe d'invocare: ..,f>crdimi mc, ma non lasciarrni solo!,. I.o solo? Non è possibile. solo non sono che rnczz'anima e

n,c-a'anima non vive. 1vta del resto, qui fra i pini c'è molto sole sparso a macchie" .

Però dal fratello ferito si sa distaccare per continuare a combattere, secondo un parto già st.rctto, salvo poi a spasimare enrrambi l'uno per la sorre dell'altro. Un gran soffio giallastro. fragore di rorrami davanri a mc e Ciani non si vede. lo conrinuo j m ie i sbalzi e vedo Gian i inginocchial'O rasente alla roccia con sangue alla

spalla sinistro. •Oh C iani, . Vid i subiro ch'era leggero, il mio post0 non lo potevo lasciare e continuai (s'era delto fra noi due: nel combattirnemo ognuno deve pcnsore a sè e al dovere generale). Gian i si recò solo al posto di medicazione e non ne seppi più nulla (ore di ansia), ma Giani ebbe più ansia tutta la norrc e il giorno dopo volle vedermi e non volle riposarsi<: nuco fu 1nutile11• Dopo due mesi e mezzo i due fratelli sono farti ufficiali di milizia territol'iale e inviati l'uno a Verona e l'alrro a Vicenza a istt·uire i vecchi richiamati.


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(21 agosto' l 5). Povero mc, come stonato mi scnro~ «l'rcscnmc'ann!» Quanti ca~ pelli bianchi. reste bianche, grigie, rigidt. E al rancio? doverli ordinare, aposuofurc, scacciare come bambini .. . Un po' di pratica. l:t faccio, non però come vorrc~ io; rna io vorrei sempre qu;-tlcosa d'alrro. Non ho mai pace, non mi adatrQ mai aniv:l!rnenrc aJ presente. Era così anche

prima della guerra''· (22 agosto' 15). L, mia vita è sempre semplice e isolata; come mi conoscevi negli :mni dei giorni cld ginnasio così mi conosceresti pun:: oggi; sùlrnnro dietro di me ho una $toria più seria e in mc più <'.Spcrienza; ma quc.'it'e.spericnza invece di formi più disimpacciato e quasi ardire), rende a farmi più umile. e chiuso: e i due mesi e mcz·:1.0 di frònre non m'hanno rtso più impetuoso, ma pilll rnan~uéto. Le mie ire (sono po .. che), le mie allegrie e 1risrezze mc le consumo mero solo. io vivo assai di più parlando

con mc stesso che con gli alrri. E così passa un giorno dopo l'alrro. E sto sempre aspcrmndo qualcosa che non viene, come non so i>1 che fiaba o lcggcncla71•

La malinconia si giusrificava nel balenare improvviso del ricordo della mamma lonrana. Scriveva al fratello: (12 agosro ' 15). Il tuo vestito e biancheria sono nafrali,.za,i, ma l'operaiione m'è costata una grande :1ngoscia noscalgica; seminando i fiocchi lucenti e sencendonc l'0<lorc acuto, m'~ venura avanti la mamma e il <assone rosso cupo nella cuncl'J dell'intimità e come il giorno prima che partissi mamma vi aveva frugaco in cerca

dell:1 mia roba di làna e quelle manine e l'u11ico acuto singhiò:ao senza lacrime ncll'abbracciarmi quando partii''. ( 13 scuembre ' JS). Giani mio. come sempre nelle lcrrerc ti scriveva mamma, oh

mamma che riscriveva lettere a Proga colle dita che le dolevano a tener la penna quando era inverno, oh mamma che si faceva portar la mvoletta del disegno sul suo lcrw di sofferenza, i neri capcUi ondula<i e filetmti d'argento stesi, spartiti sulla fronte d'amore c d'intelligenza. il viso e le labbra pallide e i begli occhi d1e. se resteranno aperti, resterà ape-rea anché la mia vita, e s'appoggiava ai cuscini con la camiciola bianca merlata che al collo le si chiudeva con un nasr·rino cl.i raso cdesrc o rosa; così bella e sanra la mamma_, e ti scriveva, e poi mi bunavo vicino vicino a Id, mi baciava e parlavamo di ree diceva col suo mirissimo sorriso che le faceva due umuj solchi agli angoli ddla bocca: «oh i miei

noi che divenrera grandi; e legerò nella vecdna del libraio: Gian i e Carlo S1uparich, i miei grondi fioi•. Oh Giani, che groppo alla gola e nel peno ... '' · Inta nto, cominciava a dubitare se davvero il lavacro di sangue avrebbe rinnovato il mond<>, come con molti altri egli aveva speraro.

(22 ottobre ' 15). lo almeno, se mi guardo denuo, mi accorgo che l'aumento di .spirito e d'cspcrie,12.1 è minimo, e talvolm estendendo questo n,io risultato a rutti quelli che in un modo o ndl'alcro vivtmo la guerra, divento molto scenico riguardo al preteso rinnova111Cnto di questa vtcdtia società. Eppu.rc tutti questi morti dignilosa· menu.~ ti grandi sforLi collettivi, lt grandi risoJuzionj dei governi gridano: l'Europa è eroica e dimostra una for-La viva che non ha mai dimostrato . .. '715 .


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Questo problcnia degli effetti morali della guerra si riaffaccia frequentissimo nelle lèncrc dei combanenli: estensione di un giud izio smrico o pseudosrorico sull'azione rinnovarricc delle guerre. Nella realtà la guerra doveva agire meccanicamente. Sublimò gli spiriti superiori, ma dilatò anche paurosamente le ferocie e le vilcà. Menrr'era nei reparti rerriroriali, giunse la notizia della n1one dello Slaraper. Fu t ome Wl appello. Gli entusiasmi erano svanici, non la coscienza del dovere. I due frarelli ch iesero di tornare al fuoco con la .loro vecchia brigara: i granatieri. Carlo Sruparich era accompagnato da un presagio di morte. «Ho speranza col sole, n1a prtscntirnenti quando si fu scu ro•" . Trascorse con i granatieri i tristissimi mesi del febbraio e marzo ' 16: Oslavia, L<:nzuolo Bianco, Sabotino. lo ho i miei granatieri e il pcnsk·ro di mancenere e creare cnrrgia affinché valga al momento opponuno. Se vcdc:SSe quali resist(·nze! Una notte abbiamo ScaV'dto un cru11minamenco. Sci ore di lavoro pcsance. Qualcuno si ripiegava nel solco farm dal

suo piccone e s'addormentava c-01 capo fra I< g-•mbc. Non si deve dormire! lo lo scuoto, non risponde, poi mi guarda, poi ricomincia il suo lavoro. Il dovere è più forte della compassione. Domattina quel can,minamenro potrà salvar due vite, e più è profondo più protegge. Noi fotichiamo molto meno. Giani ha deuo: è giusto che ufficiali muoiano più dei soldati. Cara signora, la patria sulle labbra non è niente. Qui nelle braccia, nei nervi furic:in ri e silenziosi, si senre la gravira, l'onnlpocenre esigenza della patria''· (26 fobhraio ' H5}. Da rrc giorm i dom,o nel fango, tra il fango, col fango, mangio e bevo misto :1 rango, r~ piro fango, la mia pdlc e le mie ossa sono infangare. Non c'è roba di lana che teng-J. Mi meno a riposare un secondo, platch, frane di fango e

pierru:ac nella bocca. nel le narici, sulle mani. per la schiena. 1..3 scr, che marciammo agli avamposti una bufcr-~ di neve e acqua voleva spa1.zarci dalla strada ... tvfa oggi mi vendico. Seduto dietro una feritoia, in ca,nida! ! aspiro, mi bagno in questo sol<: di febbraio che oggi finalmente è spuntato" . (2 mano' 16}. 1\lla se la nostra resisrcnza sarà com'è ora, diciamo pure con coni-

ça irti. Cara signora, anche se sono fradicio non voglio rnarcirc, e non sento di marcire. Se all a e troveremo d'esserci ing;uinati, se l'Italia non ricever:, per qudlo che ha dato, non ci rammaricheremo né ci pC"ntìremo. né sorrideremo d'aver voluta 13 guerra, né degli uomini che l'hannO ':lHuata••. rno1.ionc:

(4 aprile ' 16). Come è vana, come è assurda ogni complicazione psicologica! Ci darà L1 guerra la sc1nplici11I piena e tranquilla, devozione e riconoscen,.a? Ci farà :ippreziarc questa bdlezza di vira?".


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Nel n1aggio la brigaca dei granatieri fu mandata in cutca fretta ad arginare l'irruzio ne

austriaca nel Trenti no. Nel combattimcn,o dd 30 maggio sul Ccngio lo Stuparich si rrovò circondaro nella posi1.ionc che doveva di fondere ad olrran-i.1. Gli caddero intorno quasi corti i suoi uornini: le munizio ni vennero a m1ancare. Se cadeva prigioni.ero. J'actcndeva la forca ausu·iaca: preferì uccidersi. Dal suo testrunen ro, scritto nel primo periodo di guerra, si levò l'ulti1na sua invocazione alla madre. (3 luglio '15). Marnma mìaj mamma rnia, morirò senza prima essermi espresso la ru~t grandcz.z.~ prima d'aver narr.1.to la tua g:rande srol'ia solicaria. anima mia?

Se cerco di cominciare, di ricordarmi, mi scnro così terribilmente soffoc.trc da rimpianto e rimorsi che devo lasciare andare, perché sento che il mio cuore non n-sisrc a ranra passione; devo scuoter proprio la cc..sra. rtspi rarc con fon.i. ()h. se ci potessi rivedere e racconrarci insieme la nostra vita Homana; poi d'altro non m'Unporccrebbe; ancora una volta sta.re a..~sicmc e raccontarci. La mia rt'.'tlrà, la mia possibilità di ,•ivcre non sci che te. sei la mia aria, il mio pane, la mia incclligcnza; colle rut mani esili e delicate m'hai s,rapp~uo ai dolori e:: alle mal:.udc, col ru<> sorriso hai facto la pace della mia anima, coi tuoi dolori hai futto b serierà e il pudore della mia vira.

Oh m;imma, p<:rdonami le vanirà che troppe volte mi Li fecero trascurnre, perdonami le durcz,.e, le irriverenze. Sono il mo Carlo che nelle conva.lcsccnze menavi al sole e al mare, che fo strctro a.Ila cua 1cocrez-i.1, die la prirn• volta che s'allontanò da re a studiare pianse solo in camera ed aveVà 19 ànni! So110 il tùO p111el, ~mpr<: p111t/, che guard:1 cott occhi

intantati il màle e lo rkwe come

viene, Lttli. Mamma gli regala libri, u nti libri, perché sa cl,e sono suo unico dono. Mamma, mamma tu che patisti più degli a.Jui, non r'è salvata una grande gioia. non ti dev'essere salvai.a, ptrché Sè no dov'è la g·iustizia? e quale sard questa grande gioia? D io ti salvi, mamma piena di grazia':.

Jn questa consu mazione del nuovo romanricisrno rricstino nel fuoco della guerra l'aveva preced uto Scipio Slarapcr, figura più forre: inipccuosa addirittura e rravolgente, che poi a poco a poco per un continuo interiore maneUaniento si condensò, si raccolse, si piegò a disciplina, ma pulsava d'un' energia inesau.sca, ignara di sosre e di struichczza. U rurbinc esterno si ripiegò iH intimo vigore, Quando io scrivo, o almeno j) più delle voln: che io scriv·o , io sento una sptcic di rnancllo nell'anima., che è ritmo ma anche volontà, ran, can , rnn. Le cose che s'affollano alla bocca per uscire si schierano e s'ordin"no secondo quel rirmo. e escono fr<:dde come affermazioni e coJnandi. Tao, ran, t:u1. Puoi cam rninare dove vuoi, ma io poi ti rimeno a calci sulla strada che io ho fissata. Tan, t::m, ran. È come irreggi-

mentare e f:tr marciare al fuoco col sorriso negli occhi una massa di gente che non vorrebbe assolutru11ente fare gli eroi''· Dfccva d'esser slavo-redcsco-iraliano, e d'aver dello slavo le nostalgie strane e una senrimencalirà bisognosa di carezze, di compiacime11ti, di sogni; del tedesco l'ostinazio-


ne mulesca, il rono e la voglia dicratoriale, un desideri<) di dominazione e di fort.a; e dell'italiano l'a:spira1,ione a un equilibrio e ad un'armonia classica. Dapprima aveva ruggito in un disfrcnamenro funciullcsco e grandioso insieme: qualcosa come la bora triestina. Non vedeva, non sentiva che se stesso, e si vantava di porer ampliare il suo io sino a contenere il mondo. Aveva forte il senso della natura: n1a non ill uno smarrimento panico da,111unziano, in cui si dissolva la personalità, ma -accentra11do romanticamente nel suo spiri10 la natura, divenrando lui co,ne il genio del Ca.rso, selvagglot,., sognando in sé arcane <: misteriose forze. Giung<'Va a credersi .,[a vott ddla vita,., s'esalrava in una rcrorica magica di forza onnipos.,;c-ntc. Voglio ancora essere più che poNa. Sogno, anzi sento di poter fure il miracolo. M'avvicino inconsciamtntc a invidiare con spa.,;imo Gesù. Nd mio letto insonne penso: Se passo per la strada e voglio, risuscito il mono che è porrato accanto a mc''· I~cbbrezr.a titanica s'accompagna al bisogno d'cffhsione e di confe.çsio11e e a una ricerca d'amicizie muliebri" . S'esalra spes.so in un desiderio cli guidaxe e cli capi1ana.re n1ovimcnti e. sopra turro. animi. Il suo egotismo e ben più sincero, più passionale. di qudlo di alcu ni suoi confra1dli della•Voce,.. Egl.i n.on ha dinan,.i cbc se stesso, e s'illude di poter contenere il mondo, di far di sé il pane del mondo. li suo io diviene così il con· tenuto e il rema della sua pri ma opera: li mio C1tno. E spesso vi si denuda con una cerca impudicizia spirituale. che forse offende la stessa aree. forzando i limiti della sincerità. Lo slavo prendeva il sopravven to in lui. t:impressionismo artistico, a c,ù allora aderiva, egl i lo pen,ade di titanismo creativo. L, parola che supera b parola. che l'annienta. che dà le cose diretcamentc. mi turba e mi fu soffrire perché non la so raggiungere•·. Ogni immagine mi costa una notte di pena~ un giorno di Stu pidità".

Per lui l'arte del poeta consisteva nel costringere gli altri a vedere e a sentire nelle cose quel ch'egli ci vedeva e sentiva" . Nasceva così un'arte ,carnale», come dice un suo critico'". dalla ricercata aspre-aa di conron1i e di sensazioni, ma difettosa di ritmo vasro. d'archi,etrura: spesso futicosa per agglomeramento di frammenti compiuti in se s1cssi. Ma, conchiuso il fram n,enro, si ha l'imprcs.sione d'un tracollo, d'un conato che non si compl<ta e non s'espande. La visione delle cose è con s,'gUira nei limiti della cosa che diventan litniri dd po· era: da ciò nel suo poema giovanile il difetto di svolgimento: quella costante presenza d'un identico animo, che si ripe1e in occasione di diversi ogge11i,_di svariate visio1ù e ricordi. ln cambio dello svolgimento v'è la carasrrofe. Con la fine del C1rso gli si spe-,za il ,nocivo lirico.


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li C11rsQ doveva essere il poema ddl'amorc del poeta, dell'amore dei vcnr'anni che india cd esalra, un rurbine rapinan1e. Ma l'csa lta1.ioF.1C dell' io avvelena quell'amore. l:amore è l'amore sognato che 1oglie quasi a pretcs10 1:i donna amata: il poeta ama, come osserva Gian i Stuparich. più il suo an1ore che la sua donna" . È amore egoistico. Aveva accenaro l'amaca, Anna, Gioiena, nel regno dei suoi sogni, ve l'aveva corona1a regina, ma quasi l'aveva soffocara, riducendola a

w1

F.uuasma inebriante fra gli altri, in funzio ne

della sua poesia, e d isconoscendole l'autonomia spirituale e umana. E nella realtà era avvcnut~ la tragedia. La donna) tradigurata in un fa,uasma cli poesia, in una nota lirica, non aveva sapuro sisrc.marsi in t..1 udl'aniore rurbole1no) romanrico: no n <'ra a arrivara quietarvi il suo interno travaglio e si era uccisa.. Allora crollò ttltto l'orgoglio egoistico•roman1ico del poern. Fu cosu erm dal dolore a ridursi uomo fra uomini: a sentire il vuoto dei funtasm i d i cui si pasceva, a se11rire oltre la scenografia delle visioni poetiche discender n el mondo, il proble,n :1 delle verità

e il problema morale. a lontano dalle visioni e dalle evocazioni per w 1 a ricercare valore cui l'io si pieghi come a una legge: la verirà; un valore a cu i l' io s i esalti trasfigurato in principio universale: la legge uomo m,,ralc. Allora egli ritorna tra uomi.ni, riconosce il mistero dcgl'individui. Nessuno può pencuar.e dentro una pe~ona e amarla cosi perfettamente eh'ess:\ sia legaca a noi come corpo nel corpo. Uno può morire poiché nessuno lo può comprendere; dentro ogni individuo c'è un segreto rutto SLto, che l'amante e il maestro non tocca,10. E l'individuo è per l'eternità staccato <lagUi altri individui ed aspira ad esser tuno, dalle puma delle <Lira alla sua fede., rurro un s,egrcco senza invisibile. che altri lo possano cercare. mmo e solo; egli aspira alla sua pace d'individuo, dove la sua forn'la non sia turbata d~lk a.lire~ c.~~cr tuno suo"''"·

il miq C11no si chiuse olrrçpassando la d isperazione per Gioictra morta: con l'albeggiare, dopo l'uragano dell'egoismo romantico, d ' un più sereno mondo, nel l'ultima scena del libro: la visione del porto laborioso di Trieste. Qui è ordine e lavoro. In Puntofranco alle sei di mattina !'i nfrcddito pilota di turno. gli occhi opachi dalla veglia, saluta il custode del le chiavi che apre il magaz7ino arrrezzi. I grandi bovi bruni e neri trainano 1encamen.tc vagon i vuori vicino ai piroscafi arrivari itr sera~ e quando i vagoni sono al loro posl'O, alle sei e dicci i fucchini si sparpagliano per gli hangars. Hanno in tasca la pipa e un pezzo di pane. Il capo d'una ganga mon~:.t su un ,crraz1.o di carico. imorno a lui $'accalcano pili di

duecento uomini con i lihrcui di lavoro lcvari in al<o e gridano d'essere ingaggiati. li capo ganga strappa, scegliendo rapidamente, quanci libretti gli occorrono. poi va via seguito dagl'ingaggiati. Gli altri stanno zitti e si risparpagliano. Pochi minuti prima delle sei e mezzo il meccanico con la blusa turchina sale sulla scaletta della gru e apre la pressione dell'acqua; e infine, ultimi arrivano i =ri, i lunghi scaloni sobbalzanti e fracassanti. li sole strab<>cca aranciato sul reu·ifilo grigio dei magazzini. Il sole è chiaro nd mare e nella c ittà. Sulle rive Tricsrc si sveglia piena cli moto e colori.


E levan l'ancora i grossi piroscafi nosrri verso Salonicco e Bombay. E domani le locomotive rintroneranno il ponte di forro sulla Moldava, t si cacceran no con l'Elba verso la German ia:'.I J_

Il poema, che doveva glorificar Gioietta, non vale a ridarle vita: a compiere quel n1iracolo fisico che gli pareva dovesse quasi naturalmente nascere dalla sua tensione poetica••. La turgescenza enfatica di se stesso gli faceva ormai orrore. Basra. non p:irlcrè> pit1di me. Ora cornincia a vivere rurro il resto. E io che mi credevo la voce della vira! 'li, non sai che schifo mi fanno le tirdte che

scrivcNo ad Anna. Dove nasconderò questa orribile cosa d1c è dentro di mc?" . Quasi profeticamente sognava di espiare umanamente la sua colpa Desidererei una guerra dove potessi sentirmi un animo io prima di morirc',Ò.

Ma il dolore poté liirlo urlare, non poté abbatterlo. forse io sono d'una d<tà giovane, e il mio possoco sono i ginepri del Carso. lo non sono triste; a volte mi annoio: e allora mi butto a dormir come una bestia in bisogno di letargo. lo non sono un griible:r. Ho frde in me e nella legge. lo amo la vita" . Awenne allora un capovolgimento: subentrò tUl raccoglimento interiore: un bisogno di studio e di medita1.Ìone. Senà il problema della personalità: d'esser uomo invece che l'indeterminato spirito romantiC() aleggiante come Dio sulle acque. Non atterrirsi d'esser qualcuno, qualche cosa di particolare, vincere il ribrez1.o dell'imborghesimento. Gli rimangono, si, ambizioni srcrminarc: n1a sa che per coron~rlc ,,gJi deve sperare nd lavoro tenace e conrinuo. Comprende come la genialità sia fona ili.imitata di opere. In questo si va differenziando dagli runici della• Voce,,. Nei quali manca lo studio e la tenacia. GIi avcvan .messo soggezione, dapprima, come più colri e raffinaci. Poi, come sempre io nme le primavere, la massima parte della fiol'itura sfiorì senza maturar &urti. Lo Slaraper provò la prima delusione degli uomini: fortissima perché qud movimento pretendeva dare maggiore dirittura e schiettezza a tutte le forme della vira italiana. Gli uo,nini si rivelavano inferiori al compito. Ma se gli altri si smarrivano, egli si accorgeva di. metter radici in tenacia, in volontà e nobilrà di lavoro molteplice. Fiorì un nuovo amore, ma nel senso 111oraJe e devoto verso la sua donna, come com-

pagna e pari: in u11 desiderio commovenre di famiglia e di figli , «d'umanità normale e chiara,,, di modestia imposta all'orgoglio romantico. Vorrti piangere forse: quel pianto che nessuno sa

C.0!)'3

sia, di dcbolez.za umana,

di superbia delusa, di paura, come piango leggendo Dame, e mi tocco mc. piccolo


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e inutile. Non è la bellezza che mi spaventa come la monragna.: è la grandezza, è la compie,~= che arriva al fremiro. La mia umiltà io non l'amo, la devo accertare, la dtvo nutrire col lavoro c.hc mi costa fatica. la devo glori care in mè perché sono onést'O, pérchè sono serio, perché devo riconoscere ch'ess:1 è giusta: ma mtra l'anima mia anela alb superbia e all'orgoglio. ViV"ere organicamente la comples.sirà umana (nella sroria e nei popoli, negli amici e negli awersari) in modo da porerl:t esprimere e lavorare per gli uomini. Essere un uomo''· Il poeta rendeva a trasformarsi in istorico. avendo conseguiro la simparia per l'universale umanità: s i disciplinava in istudi di rigorosa filologia, p roprio se<:ondo il consiglio dd Carducci ai giovani poeti. li poeta sarebbe risono in seguito: «La sincerità è rico1npcnsa d'um ilrà»11? . e la sincerità è il presupposto della poesia. Sfiorì in lui l'amore nurrito per la poesia e la rerorica hebbcliana della cragicità. Si sprofondò in Ibsen, come in un'arte co11geniale, e ricostruì rurra l'evoluzione del poera norvegese. Il volume - sviluppo della sua tesi di laurea - era pronro nel maggio 1914, alla vigilia della grande guerra e fu pubblicato postwno. Lo spirito dell'opera è seg11aro c:hi versi dell' Jbsen assw1ti come morto: Vivere: è pugnare con gli spiri ti mali del cuore e del pensiero. Scrivere: è cèncre severo giudizio contro se stessi. Pur con finissime notazioni sull'arte ibseniana, il problema essenziale del rormencatissimo libro è il travaglio etico del norvegese: l' implacabile controllo. ruscir fuori dal pigro funci.srico sogno delle saghe e dalla ribellione catilinaria scomposta: il persegui re un ideale etico foori dalle umane convenzioni: e poi m artellarlo e purificarlo, e trarne l'inesorabile legge del sac.rifì1.io e della rinunzia: e poi percepire la vacuità dcll'asrrarm moralismo, e tendere a calare le cime dell' ideale nella vira d'ogni giorno, e provar l'orrore del passato che risorge e dell 'amore profanato, e tencar la risurrezione dal la carnsrrofe: rurrn quesca scoria ideale narrarono al poeta del Carso C:.itìlina e Falk, .Brand e Peer Gynr, Solveig ed Edda Gabler. il costruttore Solness e Gregorio Werle.

Lo Slar.aper doveva ritrovare la semplicità umana dell'eroismo che lo condusse a morcc nella medirazione asccrica ddl'opèra ddl' lbscn: dell'eroismo che ha oltrcpassaro

il parhos del primitivo e roe ibseniano: sii mondo i: scardinato. Maledizione su mc che lo devo rimettere a posto•'~. li volw11e rimane unico nd suo genere. in !calia, dov'è sì scarso il gusro per la riAessione sulla vira morale. Ma il critico e il poeta non muoiono nel duro n1011do morale del norvegese. Ecco, per esempio, l' acutissimo giudizio al'tisrico sul Brtmd:


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M011u111idell" 111/itdl.gurrra

È il furto chr quasi sempre si ripete nei prirni eroi ibseniani: che essi sono pre.si canco sul serio, è data :i loro resdusiva vtrità d1c essi rovinano per una causa tstcrna. b bugia dèll'ora. E ciò andiebbe benissi mo, almeno arristicamèntc. !l~a nèllo Stesso ,cmpo l'occhio dd poeta vede pi ù profondamente la rc'31tà; e, rappresenrando l'eroe, egli ne scopre il d ifotto intimo, che ne rende inevitabile la caduca. [ inrcn1Jonc intcl~ lcrtual.e (! superata dali':lrte dtcttÌV;>... '" .

Verso la fine dell'opera il poeta italiano sen rl q uasi l'incubo di q uesta dura medirn.zionc luteranaJ che scava se,nprc il peccato e la perdizione nclJ'mnana natura. E s i rivolge con rutta l'anima, come p.cr salute, al poeta solare, a Shakespeare olimpico e vasto come il mare. Riprendete Shakespeare. Ma vedetelo questo poeta fdice, che lascia scorrau.ar per il mondo runi i suoi. senui una preoccupazione. senza timore di dispersione! il buon pastorè non tien serrate le sue pecore intorno aU'a.rido masso su cui t seduto, ma là che bruchino libere per i ,nonti, ognuna cercando l'erba che le piace. Vivete padroni la vostra vit.a1 frardli mi ei! Andate alle vostre faccende, ai vostri amori t ai vostri dolori, spavaldi, forl'i, pcrcos~i. incerti, ridicoli, bcsriali, delicati, con runa la ,•ostra succosa e piena possibili,:.. Oispcrderevi per il mondo. Il poeta vi vuol bene così come siete. Egli è solo amore per voi. In voi egli si dà tutto; non lo ritroviamo più in voi, Shakespeare, il poera, perché in ,•oi è <comparso e s'è idenr ificato con L1 vostra vica. T.1nto egli c.r;i fidenr-, di sé, del genio che sapeva richiamar a un rrauo con sorridente voce tutte le sue creature a roccolra! Da qualunque posto della cerro, dal pii, in1ricat0 groviglio, dal più remoto oblio egli vi sa ripescare e dimostrarvi che ancora e sempre siete al vosrro posto, nell'org-Jnismo della sua am(,rosa legge. Dalla bett<)la alb reggia, dal talamo .J campo di bartaglia per lui I: un palpir<) d'occhio sereno. Che importano lt «un itàM <1uando c'è unità d'amore' Ogni momenro e ogni aspetto porca con sé unto il ttmpo e Llltt(.> lo spazio e la sua valigia e «piena di canti•. Conl'è «c:1(tolico1t quesro suo ~:unore, com'è caldo cli grazia! Ha le bracci:t di un dio, questo sconosciutO uomo. !I suo regno è grande e ogni vii io e ogni vinù ci h,, Iibero accesso. perché vi1.io e vinù si coordinano llella fede interna, sicura, essenziale. La vita, futta. è vc.ramcnte santa'°''· Scacco di poeta, felice individ uazione d i u na poesia. Ma nel campo etico questa contrapposizione e sopravvalutazione del mome,uo cattolico al p rotestante non soddisfa, e lascia perpetuo l'antagonismo che andava risolro Scissione che risale ai pri mordi della riforma, quando dello spirito cristia no furon possib ili due concezio ni u nilateral i: e il p rotestantesi mo ravvivò il motivo paol ino-dra mmatico dell 'elezio ne di della grazia, predestinazione, del la pervicace radke dd male nell'uomo, san abile solo da un'arcana azio ne divina; e il mo ndo la,i.no anche nei rifo rmati italiani, visse iJ moJn enro giova n.. neo della carità. che fiorisce nella coscienza q uietistica della grazia in atto. 11 problema è nella sin tesi dei d ue motivi: perché il momento paolino-luterano nei suoi ultimi sviluppi essicca la carità di prossimo p ur celebrata da Paolo, e il momento giovanneo della carità q_uietistica nel suo svilupp-0 è ponaro ad uccider la coscienza del


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dramma morale. e in sostan:t.a la stessa carità..,. e a p recipitar nel lassismo gesuitico. Lo Slacapcr, dopo aver oscillaro con la sua anima tedesca verso l'austerità luccrana, ritorna con <1uclla larina verso un u mano senso che egli, con molca larghe-a.a, ritiene cntolico. Gli mancò il tempo per vincere l'interna incercezza: si scarenava guerra mondiale. Di fronte alla guerra, egli, criescino, aveva ferme convinzioni, e una previsione quasi profetica. Quand'era venuto a Firenze, portava u1\a conoscenza concreta dei problemi della sua terra"•. Pareva che lo sfor,o impressionistico della sua arte gli rendesse facile l'apprezzamento realistico della del la situazio ne della Venezia Giulia. Di spiriti vivaccmenrc italiani, mal sofrriva tutto c i<) che d 'insincero e d'equivoco si mescolava alla propaganda irrcdcncisrica. Trovava l'irr<:dcncis,no vacuo cd inetto nel d ifendere la nazional.ità italiana, perché concava esclusivan\encc sulla propaganda. Ora, secondo lui, propaganda è culntra depocenziaca, discorso generico, vacua ia((anza, che rnolt0 blatera e poco conchiudc. Tnvece il problen\a era di sana e soda cultura: d i pensiero che si afferma e conquide con la sua universalità, cbe assorbe con le stesse capacità rec.niche che crea, che impone una lingua col\ i suoi stessi eonceui, e si porta appresso l'abito na,Jonale di ch i la crea. Con logica intrepida egli g ridava che b isognava dare a Trieste un'intensa vita culturale, mancata fin allora per la preponderanza del.la ,•ira economica. Sostituire la cultura al vuoto del la propaganda: questo era il suo progra mma dalla semplicità intrepida, e che gli valse infinite inimicizie. Poiché far propaganda è fucile,

e molti credono di nobilitarsi con essa: crear l'opera. di culrura è cosa dura, per la quale più spesso manca la tenacia di la,•oro che la vivacità d'ingegno.

Lo Slaraper, che confessa,ia d i pensare ad Oberdan cucce le volte che pensava patria,

fu bollato tmditore dell'italianità. Tanto più che non voleva che si dissimula.~c il problema slavo nelle rerre irredente,

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voleva che si desse a credere all'Jt.alia che dall'L~onzo

al capo Planka tutto fosse italiano sull'altra riva. Per lo slavo egli non aveva antipatia, e ne dava segno palese nel Mio Cano, con l'al locuzione a l pasco re sloveno. Il trionfo dell'ical ian ità egli lo sentiva sicuro quando italianità fosse scaco rigoglio d i miglior vira spirituale. Non nurriva awersione per i socialisti, perché sosleneva che l'elevazione delle classi inferiori, favorira dal socialismo lrieslino, portava all'irrobuscimenlo dell'italianità. Ma quest"espansione della nazionaUtà era per lui cosa ben diversa da quella vagheggiata dai na2ionalisli su modelli tedeschi. Non sopraffazione ddle m inornnzc, ma auroconrrotlo dd.la maggioran1.a in u na più liberale giusrizia, documento di una for,.a che non ha bisogn o d'esser violenta. Vagheggiava un possibile accordo con la na>:ionalità slava merid io n:alc in formazione colla cranqu ill icà calma d i eh.i è sicuro. Questa forza matura doveva a((enuare ancl1e le nervosirà degl'icaliani di Tl'iesre. Italiani, pri1na che rriesrini, dovevano accetcare qualw1que politica esecra, anche rriplicistica. avesse irrobustito l'lralia. Trieste sarebbe stara più sicuramente italiana: l'irredentismo non doveva essere w,a piaga debilirance della pacl'ia.


Da questa posizione uscì risolutamente, 111 coerenza col suo stesso peusiero, per un'inruizio.ne storica finissima. Sentì che la guerra balcanica., scoppiata nell'autun no del '12, era la fine dell'Austria. Sc:-nd prima di rurri lo scricchiolio della rovina. Capl ~he l'Ausrria, a cui veniva cagliara t'espansione in Orience, non poceva chiudersi, come una nazione omogenea. in arreggiaimenro d'arresa ru1che per una o due generazioni . Le veniva meno una condizione essenziale d'equilibrio. Scriveva il 3 novembre dd · I 2: C1pi.sc.i che è l'avvcramcnro di quei miei sogni che mi facevano scrivere •prC'sJ. dcnre della confederazione balcanica• . È la morie definitiva di Bismarck. l'incarceramento dell'Austria. la nascita della pote1r1.a sud-slava. la nuova grandezza dell'ltalfa. t: Italia non è mai stata così piena e bdla e sicur-J come in questo momento. CAustria e la Germania devono rivolgersi a lei. Ed è, sopratuno, la fine della Turchia'"'·

La decomposizione dell'Austria venne con la prevista celerità. Allo scoppio della guerra europea lo Slaraper. che era !errore d'italiano ad Amburgo, fuggì in [calia. E fu per l'inrervenco italian o, e dopo l'i n terve1110 partì volontario nei granatieri ai primi del giug110 •J 5. Dopo pochi giorni, cadde ferito. Nell'autunno era guarito e s' apparecchiava a riron,arc: questa volta. ufficiale in 1111 rc-ggimcnro di fanteria. Tutto, sulla via dell'offona, gli ,divcnt~va facile e semplice. Aveva lasciaro la moglie prossima al parco: e quasi per serenarla le descriveva l'arrivo dei vecchi soldati al reggi· mento.

(Gneva, 12 ottobre ' .! 5). Ieri sono arrivati i 600 richiaJ11ati della classe '84 dd nostro reggimento. Tutti padri di famiglia. Li vedevo sfilare, gr:lVi sono lo zaino, insaccati nelle monrurc distribuire a casaccio. Buio. Salivano la scala e cercavano il lom posto sulla paglia degli oscuri sol:ii dove l'abbiamo accantonari. Pens:wo che sonH11a di affetti, int·crc.~si t sp<:r:mze essi t:rascinav~n con sé, stanchi della rnarcia. E pure obbedien1i e c;ilmi come se sapessero che bisogna ra.ssegnue la propria vira nelle mani di qualcosa che val pjò di loro. Questo è l'entusiasmo vero, non quello dei giornali. li popolo italiano, checché ne dicano i cantastorie, è un popolo calmo. l'orsc anzi la calma, intima. profonda. quasi religiosa. è la sua vera qualità. t un popolo che sa rassegnarsi. È un popolo paziente, sano, contadino. E in quesro io mi sento assài italiano10 ' .

Jn un'altra lettera, sotto un'apparente calma circola un pensiero di morte, in una ritapitol:uionc della sua vita. (Gneva, 15 ottobre ' 15 sera).... lo sono contento perché se sarà proprio così il bimbo nascerà calmo e tranquillo. Forse potrò non troppe esserti vicino. 1'1a farti illusioni. Ti dico soltanto questo perché tu sappia ch'io capisco il mio doppio dovere, e che volontario - non furò Jj tutto per andare al fronte all'impazz.1ta, cornc un ragazzo. La mia vita a mc. m•imporr.a abbastanza, ma non molto; ma la mia vit3 è anche la tua ed è anche quella dd piccolo - e allora m'importa assai. Non inquictarri, amore mio. Le cose devono andar bene, sono situro. Anthc se non scnco ancora la


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famiglia come vorrei e dovrei . i doveri, ma che doveri! là personalità mia. cl{tssa mi forma, è nata in mc da quando ho scnr-ito di doveAi sposare. C)è Stato un momento di sede-a fra Anna e re, piccola carai una cosa quasi crucldc, perch'io non ho saputo amare Anna, da cui mai avrei avuto un figliolo né famiglia né pace, m:1 un amore senza domani) forse com'è -stal'o, ma violento. Sarei forse divencaro un all'ro uomo, ma non lo ero. Non c'è nienrc di genio in me: e forse un genio ci voleva per Ann::t. Il Cnno non è tuo, piccola mia: è un fiore pazzo e magnificosbocdaco nell'ora in cui la morte di Anna mi ten,-va legalo alla mia giovine,.za. mi obbligava a godere di quel la mia parte che Anna sopratutto aveva amaco e che io speravo k non credevo) fosse tssenzialc in mc. Non l'ho dedicato a tè, ma a lei ch'è morra. com'è mono con lt i l'tnnadoro. Per te sarà un altro libn>, se saprò scriverlo, se no la mia vi,a com'è, ma in n Ltti i casi sinccramc.ntè1°".

la stessa calma, ma più scagnante, nella lerrcra del 23 novembre. quando è riromato in linea e ha ri visto la guerra. Vc,.ito <la soldato, con la barba sempre lunga, la rivolrella alla cintola, l'alpensrock aJla mano (ché mi presi su vicino al Fortino dd r>odgora, il primo vero tremendo campo di bauaglia che vidi il 5, appena arrivati dopo l'acracco del 3), ri sembrerei assai pit1 magro e più -sranco. Oifucri qucsra volta st:ntii la guèrra duramcnre. Già tor~ nare in guerra dopo essere scaco ferico è pii, difficile, o per lo meno cosa più seria. Poi arrivammo sb,ùlottaci per il fango alto mezzo metro, sotto una pioggia spaventevole. senza saper dove né come. [arrivo a Ca' delle Valadc vicino a Brazzano fu ,oera1ncnte triste, se un po' i posti conosciuti (l'abbazia di Rosa-,zo, la villa di zia) non m'avessero conforraco. 1\rfa più di tutto nti rendeva più grave, cioè più uomo, il pensiero di tè mamma, e dd piccolo. La prima gioventi1è forse fi nira col Cano. la raccolta gioventù buona. raccoha è linira coll'ospedale di Modena: Ora mi S<?nto uomo. Non ho più l'imprudenza pronta e a sc:iui dei 20 anni. Mi scino pili pon<lcraw, più prudente. 11 nlio coraggio ora è pili carattere, risolucC""1..z.a, che n;1.rur:a. Del resto, passari i primi giorni di dissenteria e di confusione, mi trovo bene. Sono come sempre calmo, ch'è forse la mia dote fondamentale che non m'abbandona mai.. Troppo calmo. ma anche eflica· ccmente e3Jmo. Anche Guido si comporta bene; ma un po' troppo giovanilmente. Della guerra, come ti scrissi più volte, ho più impressioni laterali che cenrrali. Mille piccolé cose che sì scrivono poco volentieri essendo in me-ao ad esse. Già io non capisco il discorso lw,go sulla gucrrn di chi Sl'a combatcendo. l'orSè perché anche in guerra - pare impossibile! - sono pigro. Ma è CCl'tO che io vedo quasi tutte le cose con i miei occhi e non porco nelle cose nuove la vl...cchia retorica della citlà... lo vedo che siamo uomini) che la guerra <.'$igc di più c.he le forze umane, che ha ìn se qualcosa di superiore e di rroppo più spaventevole che un uomo possa dare e sopportare. Ma è la comunit:i degli uomini che riesce. è lo sfor-1,0 colleuivo, di collegaro aiuto, di rinforzo, d.i coordinazione, quello che innamora e che è la vera guerra. Questo senso ha la disciplina nùlirare, per cui si procedc come in qualunque lavoro u1n:t110, ma in un'oper-.t e in condizioni che- trascendono l'umano. Scav:ue un tunnel è cooperazione e ordine rincalzantesi come. le squadre dj turno: ma espugnare una eosh.ionc è una cooperazione disperata e sacra. che par~ i versi rinnici di una invocazione, in cui nessuno ragiona più. ma ognuno agisce, come se tuni assieme si fos:sr ispirati Ji terrore .sacro. Si scnre che è vicino D i<> sul campo


di battaglia. Bd equcsm che io non trovo in Tols,oi. il quale era troppo impressi<>· nisra per essere religioso. Cara piccola, ora S:ti circa quello che penso e Sènto in questi giorni di riposo ace.uno ai combacrènr:i. E ho una grande caln1a e una fedt quasi di torrw,re acc~uuo a te perché non ho mai avuto jJ senso della mia marre fr~ le moni altrui. ·1ùrt'al più poi~o essere forito, rn:1 non :1lrro.

Cara, chiama il figliolo come desideri: se bimb.1 piuttosco Giovan na che C lementina. Dimmi sempre di cc. magari 11i.entc. m~t scrivimi. Ormai sono abituato a ricevere una tua quasi ogni giorno. Non piangere, piccola mia'"'· Ma la sua cal ma e i suoi doveri fàmiliari non gl'impedirono, quando fra i combartci,ri si diffondeva il sosperto d 'esser sacrificati inutilmente, d'offrirsi volontario in un pericoloso servizio cli pattugl ia. Una pallouola esplosiva lo colpì alla gola e l'uccise il 3 dicembre 191 5, sul Podgora, in vis ta del Carso triestino da lui ca ntato. Una posizione affine a quella dello Slatapet'" aveva assunto nei riguardi della politica estera e del problema austriaco Eugenio Vajna De' Pava'.,, Era figlio di un magnate d'Vngl,eria. Ma, edu<"aro a Fircnu: dalla nnadre iralia na, lontano d3l pad re, era srato pienamente a.,similaro dall'lcalia. Ancor giovane si tufTh nella batr:1glia politica, e fu tra i capi dd parrito democratico cristiano che cercò d' affermarsi immediatamente prima del.la guerra. Dopo la crisi bosniaca dell'autu nno 1908 il problema della politica estera grandcg· giava nella mente degl' italiani. Tl rigoglio nazionale fugava la monificata rassegnazione seguita ad Adua. Si sentiva l'esauri:rsi della funzione del la triplice alleanza, e il pericolo per l'Italia d'esser trascinata dagli alleari in direzione contraria ai propri interessi. D i contro alla politica 11/fìciale piena di cattrele, poco chiara e destreggiantesi fra l'alleanza continentale e la politica mediterranea, da diverse parei insieme, e da socialisti moderaci, e da nazionalisti, e da cattolici, si .clibaneva la possib ilir/t d i nuovi indirizzi. Risorgeva l'intcrc.ssc per la politica es-tera di cui si era tanto deplorata la decadenza. Forse rrop· po, se si deve dar ragione ad uomini come il Tocqueville e il Cavour che considerano patologica la tendenza a fur grandeggiare il proble,na estero nella lona dei partiti, cogliendolo dagli nrcnnt1 intperii, su cui deve esistere una quas i complessiva concordnnz.1 d' indirizzo. Tanto più che il clibacrico, vivacissimo nel caJ11po giornalislico, !rovava pochi echi nel parlamento e fra chi aveva la responsabilità delle direttive. lndubbian1enre v'era anche ii, ciò u n preludio di crisi cosdtuzionale: ma v' era anche l' indizio di risvegli e di passioni eh(; dove.vano s:ost-entrc la. nazione in gu~rra.

li Vaj na, che per molti rispetti derivava dall'indj rizzo deUa rivista fìorenrina «L:Unit:à», avversa simultaneamente e alla den,ocraiia 1nasson.ica e al nasccnre 11a1ionalismo~ ntise ogni suo sforzo a far accecrare alla democrazia cristiana un programma di spiriti ma1.ziniani. Ciò parrebbe Slrano. p-er un partito che volcvà man tenersi c.1nolico, quando si ripensi alla lotta implacabile della chiesa contro il Mazzi ni. Senonché nel Mazzini il motivo delle nazionalità risone, che invece di urtarsi per cupidigia di dominio si af-


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fracdJano e si riunisc<>no in pill vasra sint:c.,;i, è un rnocivo di sapore quasi catcolico . nel senso più nobile della parola, germogliato dall'antica civiltà italiana, esperta e disillusa delle egemonie, non disposta a ricadervi e indirizzaca dc-cisamcntc all'universale. Oggi l'umanità non può vivere nel predominio di un solo elemento, nd predominio diretto o indiretto di un solo p0polo, qualu nque esso sia. Anche nel passato del resto (noi oneriamo a Roma) ciò non fu mai: l' w1icità apparente dipendc'V3 dalla rcciprclCa ignoranza. Oggi noi ci conosciamo nopp() più di :allora e n<>n c i cono.sciamo bene, 1•umanilà superiore vive cli più dcmenri, di pila razze, di più 1Vnzio11i (anche se gli Smti scornparir:1.nno colle loro cane e e.anellini chiusi), insomma di più idee incarn3re . .. Ora io voglio per la mia Patria la Idea più grttnd, e soprattutto ti, voglio per lei rnnto di r(stlr/i. e di fona materiale a quanto saprà infondere l'alito delle sue intime idealità e della propria vera grandezza. Se cerco nella sua storia, non trovo molte pagine le quali mi fucciano penkrc questa fiducia: l'id<'3 si mostrava là dentro e tutto ci<: sacro, come è sacro per il mistero il c.alicc"0 • lnolrre il partito democratico cristiano era tutt'altro che clericale. Con Uomi ni

come i Begey' " in <Juel parrjto è ntrava lo spirito del Towianski, e del suo mitissimo della libenl maturato nel '48. Quando durante la neutralicà italiana q ualcuno, entro quel partito, avan1.ò l'idea di deferire al ala la soluzione del caso di coscienza di molti dc.mocr:uici cristiani nei riguardi del la guerra, il Vajma s'oppose risoluto. (Non gli doveva essere ignora la tendenza ;msrrofìla di Benedetto XV). A ognuno il suo posto.

il suo compito cd i suoi metodi. Assurdo

ci sembra, in

ogni modo, applicar annoi singoli la.id e cinadini italiani iJ carattere imparzialmen· cc universale che spctra alla Sede Apostolica. Tale carauerc l'esclude del resto dalla possibilità e dall'opponuni,à di una vera iniziativa diploma,ic, nell'ambito della lona odierna,

d3 cui un mondo deve sparire per fur pos.ro aj successori. Cosrrena

• destreggiarsi fra le pocenze di questo mondo, I:, diplom:nia pontificia non può riuscir altro che ad equivoci compromessi, cui troppo altri compromessi , provocati dalle migliori intenzioni, dolorosamente ci richiamano: Gregorio XVI e Pio IX che sconfessavano lo sciopero dtgli oppressi irlandese, Leone Xlii il quale non sa che predicare altro che la rassegnazione ai martiri funci ulli di Polonia, Pio X che pur nei giorni dell'ultimatum non vede alrro mezzo a scongiurare la guerra, se non calde raccomandazioni alla Serbia di ceder davanti all'ingiustizia ... Ecco i miserevoli fu!. limemo di un ideale <li vino trascinato a far da panacea nelle questioni contingenti, ceco il danno di un'atfivi,à spirirualc involuta e cosrrena fra le spire di una dipJo .. m:az.ia rerrcna. Non ci s'imponga dunque. una seconda volra, per inccrcs~i sccond3ri, e per scrupoli legulei, il rremendo dissidio fra coscien'l.a religiosa e coscienza civile, applicandoci in nome della religione ad una neutralità che è vigliaccheria suprema: chiamati a scegliece, i nipoti degli uomini del '49. del ' 59 e del '70 non esiterebbero come non esitarono allora i nosrri 11011.1,i' u . Per lui il 20 settembre era pura gloria d'Italia. sacro era il Gianicolo , teatro della battaglie garibald ine, e vi si recava a trarne presagi nei giorni di trepidazione del maggio


191 S'''· Si senriva discepolo di quei carrolici della vecchia desrra che avevan farro laica l'lrnlia, e insieme insisteva nel differenziarsi dai modcrn isri italiani, anime incerte e I)(; rp lcssc.

11 tempo delle soavi meditazioni alla luce delle vetrate muhicolori. delle snervanti con-vtrsa.zioni in un'-armosfora di misridsmo sencimentaJe, de.i carteggi pieni di cose oscurè è inconcludenti, ove il romanticismo modernista ha cull:uo pcr LTòpp<> tempa

n1olti nobili ~piriri, è passato irrevocabilmenrc. E pL-ggio per chi non lo scnce. J.., nemralirà, l'arbirraco, gli appelli e le leghe dei neutri, i r,fer,11dn pacifìsri ricmrano fra quelle nebbie... Il nos1ro posto non /: dietro le tracce di non so qual medioevale pellegri no che va a •prvpom a Roma il nostro caso di cosci,11zn>,, sì in questo «srco!t,.,, a vivere a furicare, <1nche a cos10 di peccare, per potere fare lo sforzo di rialz.,rci, a lavorare per noi. per la nostra donna e pei !\Ostri gli. .. Né Franco !VI aironi, né Daniele Cortis son più il nostro ideale: poveri malati che avrebbero forscsonoscriuo l'appello per la lega dei. ncurrì. O nostro ideale è un uomo vivo, è un cattolico libero, è un pocra popolano che ama la giLL'>tizia più d'ogni alrra cosa al mondo, cse<: dalla sua bottega, piega ]:, fronte al Dio ddle sut cattedrali, si mischia al popolo che dalle officine, ai sindacati, dai campi accorre verso Je from,ier<:~gufrfa al fuoco il proprio drappello comro il nemico eh~ non odia. per lo dircsa di rune le belk-r.LC e di ru1Ce le liberrà che ama: è Charlcs Péguy, ieri a.~ono nel!:, luce della vit•'"· In quesio spirito che vuol essere popolano si spiega il ri,·veglio del ma·1,ziniancsimo, ç la nena opposizione alla poli tica cruda di porenz.a prevalcnrc dopo il 1870. Dal 1908 con l'annessione della Bosnia la rriplice è in crisi. 11 Vajna sostiene un nuovo indirizzo. IJrnlia operi nel mondo secondo lo spirito che l'ha costinùra. Assun,a il patronato dalle nascenti nazionalità, sopratutto nella Bakania. Una nazione vale per la tradizione che rappresenta. Ossi l'Italia d'esser trascinata dalla politica delle alleate,°'"' si disvii in avventure coloniali (il Vajna aveva preso posizione conrro l'impresa libica e sosrencva che si dovessero dare le isole egee alla Grecia), poiché quella, polirica era fana per incarcnarla alle potenze cenerai i. Un processo di formazione di nazionalità era in corso nei Balcani. L:lralia deve fàvorire la confederazione balcanica, compiere per quella penisola l'opera di Napoleone 111 per l'Italia, sen1~~ gLl errori che tolsero a quell'imperatore i frutti dell'opera. La sete di giustizio deve produrre forre capaci d'arrest:ue le bramosie d'impero. [;Europa deve assumere un volto diverso da quello impressole dal Bismarck. Scriveva nel giugt\O 1914: Un grande spirito ma,.zinìano e garibaldino, che fu nelle sue scarurigini libera• mcnre crlsriano, può ancora ripa.~arc per qm..-srn nostra )calia nd mondo. E 1,on

badiamo :illa lettera che invecchia ... sì al significato che vi giac~·a dentro .. . Cinquant'anni di vicende politiche e sopratuuo sociali non devono esser passari invano, noi gio\làni vorrcm'tno raccoglierne runi gli ammaesl·.ramtnti. Né guerra né rivoluzion.i sono noi i,/imictt igùme del mondo", come socialisti e nazionalisti vanno predicando con bella gara. Semiamo che ne' 13 violenza armata di classe né quella per nazi<>ne son quanto più urge--. ma 11a.ltro termine troppo trasruraro del binomio genaro nel libro dei Doveri: t1l1u,uio11e. Cioè sublimazione pazienrc e costante di LUttè te tnergie religiose, morali. l'conomichc, di noi st~ssi, Ùi c hi ci srn più vicino,


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dd nostro borgo, della nosrra da.ssc. ddla regione, della parria. con una mano tesa ai li-ardii che oltre ogni confine collaborano allo sres,;o ideale. Noi vogliamo grande e rispenata L, patria, ma per vircù di una grande giusriz.ia. Se pérÒ il giorno venga che la cont.inua2iont dd moto da noi ini2-iaro si prolunghi in servizio d'immuuui ìdeali su] terreno dcll'a1.ione. di c..1ualunquc azione diretta, esa .. minata b nosrra coscicn1..1~ colla stessa serenità della lunga vigilia oscura, S3ppiamo rispondere: «presente!»'''· Naturalmente questa politica mazziniana urtava contro runi gli altri indirizzi: contro l'irredentismo generico, ignaro dd problemi concreti della Venezia Giulia, perché in un primo tempo il Vajna propende,':! non solo a lasciare agli slavi, comé terra slava, la Dalmazia, ma anche ad una soluzione d i tipo svizzero per lricstc, sì che essa fosse una specie di Cancon Ticino italiano, sbocco di un libel'o retroterra slavo. Urtava contro il nascence nazionalismo, fucile a sviarsi dietro ogni parvente, anche se illusorio vantaggio, per enfasi di potenza, sl da divenire inconscio stntmcnco della politica delle potenze centrali, del nazionalismo che allo scoppio della guerra era disposto ad accodarsi alla Germania. E il Vajna l'accusava d 'essere null'altro che l'espressio ne dell'illduscria pesanre. Ma non meno del nazionalismo avversava il socialismo, sopra tutto quello rriéStino, perché poco a.sscrato di giustizia, perché sperava in una blanda trasformazione fcderalistic., dell'Austria in d ipendenza da meri inccrcs.,i econom ici. Tutti quanti dovcV3n •esser richiamati a quesra fortificante ginnastica ddla dete;rm inaziooc»"' . Tndubbia,nence l' imposcazione prima di quesr.a politica delle nazionalità invece che dei nazionalismi era felice, anche entro l'interesse dell'Italia. Una nazione n on si rinforza e non si consolida se non irradiando il proprio spirito nel mondo: e il Vajna acquiscam all' [ralia dallo spirito del Risorgimene.o ., qu<'Sto spirito voleva dilatare nel mondo come prestigio e forza dell'lcalia. Senonché gli succedeva quel che coccò al Mazzini: d'accennare come prossiinc e conquistabili d'impero mccc e vene, a cui solo

per p iù lungo rigiro e per più 1ormencosa via si poteva giui1gere. Cosi il Vajna, che contrappone la sete d.i giustiz.ia alle brame d 'imperio e cerca di contenerle in [talia, nel considerare la formazione delle nazioni balcaniche troppo indulge alla loro natural istica espansione'": troppo s' illude sulla lega balcanica del ' 12: che essa sia una lega virale regolata dal senso dell'equità. Non ha la misura del compito che sarebbe toccato aU'lralia se davvero si fosse fatta pa1ro1\a de.i popoli balcanici (salvar gli alba,1esi dalle cupidi ge serbo-montenegrine, e tener giustizia fra serbi, b ulgari, greci e romeni!). Popol i in israro più arretrato, i balcan ici con le loro cupidige dovcv3Jlo rafforzare piurcosro la poi irica di potenza di stile tedesco che non quella della giustizia mazziniana. Ma sopratutto sfuggiva al Vajna che l'impostazione di questa politica mazziniana era un problema di forza, che reclamava l'alcra esigenza mazziniana: del comune risveglio e della rivol uzione dei popoli. La politica europea era imperniata sull'anragonismo dei due sistemi d'alleanza in co111ras10. Pote.va l'Italia svincolarsi dalla Triplice, senza


getta rsi del tutto dalla parte ddl'lnresa e poi dettar la legsc della solu1.ione ma,zi niana? Per quanto la prima guerra balcanica re ndesse più facile il distacco dd l' lralia dalla Tripl ice (e per un momento vi pensarono anche i ministri responsabi li del regno) era poi l' Italia in condizioni da chiudersi in uno splendido isolamento, come un po' vagheggiava il Vàjna" ', proprio quando l' Inghilterra vi aveva rinunziato? La politica della conservazione dell a pace segui ta da un trentennio non aveva per pres upposto la preservazione del paese da un reale pericolo? La politica mazziniana del Vajna avrebbe rich iesto un'esrri nsccazione di forz...1. esorbitante:: una 1nediazio ne annata tra i due blocch i, e una decisa volontà d i guerra, ch'egli non osava affermare. Ncll'uJcima sua co_nscgucnz.a la poiirica mazziniana - e il Vajna lo aftèrmava ri-5olutan1cnrc11 1 - signi~ ficava la distruzione dell' Ausrria. Adottata senza la previsione e la volontà di guerra, questa politica avrebbe futto &anar su d i noi l' Austria che non poteva accettar la sua morte, allo stesso modo che nel ']4 essa si precipitò sulla Serbia: avrebbe. trascinato al seguito dell' Austria la Gertnania, che non poteva rinunziare alle forze slave che l'Austria le metteva a disposizio ne. Né tale politica dava sicura garanzia dell 'appoggio della Francia e dell' Inghilterra, che, impegnate specialmente contro la Germania, potevano esser d isposte a indulgenza verso gli Asburgo' Eppure proprio qucsco carattere d'immaturità della politica propugnata dal Vajna, che dev'essere fermato in sede storica, le dà ora un valore persistente, ora che la stessa dura esperienza pare ridestare presso rutti i popoli una volontà di giustizia e di umana convivenza, e creare i p1·esupposri necessari per la politica mazziniana. Certamente suscita u11 senso d'angoscia la profeiia di colore apoc.ilitcico che questo glorioso caduto fermava il 20 agosto 19 l 4.

Se ciò non dovesse essere. se d"I trarraro che porrà fine all'enorme guerra, dovesse uscir confcrrnata la situazione anuale, oppure gettaci con nuovi ingiusti sconfinamenti i germi di ulreriori rewmchet, allora si porrebbe non scoraggiarsi, no, dell'avvenire scgnoro da Dio al Mondo. ma pronunziare il •finù t:11rop11,,., attendendo che Enrico Malate.sta vi scareni sopra a purgarla l'impew delle primigenie- passioni"'. Lo spirito mazziniano, se 11011 poreva determ inar di colpo la nuova politica estera d'Italia, diveniva nel Vajna e in molti altri a hù affini il pathos di guerra, l'ideale che santificava l' uso della forza e suscitava il desiderio del sacrifi:do. Spesso nella nosrra prima gioventù una nostalgia amara e indolenre ci ha farro sospirare esclamando: ..:Dio! che cos3 c·è più da fare? Aver vissuto coi nostri nonni~:wer respirato l'aria sacra dd quarantotto, l'alba di ruttc le libertà». Ebbene io vi dico. che la nostra vocc fu scolta perché quest'ora è più grande di quella del Risorgimenro: oggi è il meriggio di quell'alba. Oggi tu((C le questioni na,ionali. rinnegate, ma sempre insolute da mtz.zo secolo, si hanno da risolvere insiémc; è l'ora dc.i credenti contro i meccanici, della fede contro la economia; mcto è rimesso in cUscussiom.', turti i pr(>ccssi che i fatalisti aggiudicarono per sempre nella sufficicnz.1 della corta vt>duca


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(o poco loro idealismo militante!) tornano alla sbarra della revisione: il rrotto dèlla rivoluzione sodale, o quello ddl immensa rinnovaz.ionc giusta si ode già .. . Chi vorrà 1

esserne assente si scancdlcrà da sé e irrcvocabifmenrc daJ libro ddb. vica w . SoJranco la ri.soluz.iont dt i probk.mi nazionali rc1nper~rà, !:econdo noi, la f-Uria de .. gli ann:.imcnri, sgombrerà il terreno alla tr~n;zionc dei problem i socfaJi, raccc)rderà le sparse inizia rive di bene così sul compo religioso quanto su quello civile, pennettcndo una convergenza d'interessi e d'idee aua a tradursi così nella confederazione d' Europa, come nello riunione delle chiese cristiane. Non c' illudiamo che essa ucciderà la guerra, ma crediamo fermamente che agc,•olerà h trasformazione di (fll<fta fonnn di guerm versò altre più consone al nostro essere spirituale 1' 1 • ll nostro Napoleone è Garibaldi, ma anche il nostro lolstoi si chiama Mazzini"'·

Era come una risurrezione del Risorgimento. In uno degli ultimi scrini concludeva con l'invocazione d ' una più alca giustizia per rurti i popoli e per rune le classi, con un affiato crisriano che raggiungeva h commozione patrionica e religiosa del noscro '48. N,·ssuno di noi l3 se dalla guerra ritornerà vivo, dato che a molti, al massi mo nurnero di noi1toccherà parr<'ciparvi. Ma que-seincerrezz.a non getterà ombra sull'av• venire. Dopo che i suoi problemi saran srad risolti ndl'unic<> atroce modo per ora possibile, risorger:, ncll' urnan i~à, più forte, come fi.unma s1aflilata dal vento, I'a nel iro delle cose alte e pure che noi abbiamo e dalle quali attestiamo la nosrra fede, la nostra devozione incondizionata, anche in questa vigilia punto. Tra k classi e tra i popoli risorgerà, ne siamo cerri pii, del sole che vediamo, lo slancio verso l'ul,imo legame ,mei qu11/c le tose Irtrd1i110 rù.·1Jncilia1ei+. lo spirito di C risto•t..i,

Scoppiata la guerra. lasciò la moglie e i due piccoli figli, e s'arruolò fra gli alpini. Non combarré a ltmgo. li figlio del magnare ungherese, che lo spirito 1na22iniano aveva riacq uistato all' lralia, cadde a Monre Rosso il 21 luglio 19 I 5.

A fianco al V.1jna m ili tava. nello stesso partito·, Pietro Barrolctt'i da Cesena, che doveva cadere sul San Marco il 24 maggio 1917, a circa un anno dal fratello Enea"'. Era anche lui un temperamento vivace di giornalisn1, ma non ave\'3 ancora raggiunto la nitida e coerente visione politica del Vajua. Carcolico, ma anciclericale, aveva un po' eclettica1nen1e arricchico la sua cultura polirica. lo srile rotto ed impressionistico mostra l'elfìcacia che su di lui aveva avuro il movi menco vociano. Anch' egli aspirava a un rinnovamento dcWJcalia; nella guerra vedeva un mc:zzo1 qua.Cii meccanico) per agitarla e sonunuovcrla. In q uesto desiderio si faceva for(e sia della propaganda dcll'• Unicà, del Salvemini, sia della propaganda per l'intervento del proprio conterraneo Mussolini. li desiderio di elevare e di tonificare il popolo era il suo assillo cosrante; un po' ingenuo, ma profondamente sincero. Poi, nell' ureo della guerra, avvenne come uno scombussolamenro. Se si rallegrava che nei combarciinenti la giovcnrù italiana si mosrrasse superiore agli avversari, «e questo p uò essere ben di vanto a quesra povera lral.ia ranro e poi


tanto calunniata,.htr, -anche in lui a poco a poco si rassodava il convincimento ché n(m

sarebbe stata la guerra:, rifare né l'Italia né gl i italian i. Di fronte agli o rrori d'Oslavia nei primi mesi del 1916 si domandava •quale diritto abbiamo di ucciderci l'u n l'altro, quale di comandare d'uccidere, quale d'affrontare la morte• "'· E duhitava della forza educativa della disciplina milirare, allora troppo sopravvalu rara. A riposo smaniava per il formalismo rnilir:uc. (Dolegnano, 6 frbbraio ' 16). l\~eglio la rrincca che il menare questa vira meccaniC?, stnza scopo. clove si prttrnd~ c.i. i cosrringcrc dkc.imila uomini ad essere cd avoltrc

come uno solo .. . li reggimcnt0 molro •sc,lcinato», ma si pensa subito rrnturaJmcnrc di ordinare una ripulitura estcma a mo' dei famosi sepolcri del Vangelo"'. Soffre, come infiniti alrri uomini di pensiero, dell'arrestarsi della propria vita incelletrua'le nel servizio militare: ma quando dopo più di w1 anno di servizio di compagnia passa a wr servizio w1 po' più «i ntelligente» presso w1 comando di brigata, s'arrovella sconrento. [I tormento s'accresce: percepisce la progressiva decadenza del morale dell'escrciro fin dall'inizio del 1917 e presente w1a non lonrana séiagura. E si ch iude in un'intrepida ostinazione di spcran?.1, con cui regge al dolore per la morte del frardlo e alle angosciose preoccupazioni, sin,o al giorno ddla morte.

(Al la madre). Vorrei poter avere per miti voi, e spccialmcntt per te parole di buon conforto, ma il dolore che mi colpisce è troppo forre, ché dc-vo far for,a a mc stesso per rimanere saJdo al dove.re -

quelle serie di doveri che si possono riassumere in uno solo, qudlo di ammazzare. tvla lddio ha voluto ancora quesra prova e rntto :i tutte

qudlo che è voluto da Dio è santo "•. (1 1 gennaio · 17). Ma hl fede e b speranza non mancano mai, e la vittoria è f.uta di

fede e di sptrania in massima; e se anche queste sono dJ pochi, non vuol dire, perché tutte le cose migliori son st:mprc state volurc e conquistare da pochi" 0

Un altro nucleo è formato dai giovani nazionalisti. Sono meno agirari da crisi romantiche. Appartengono q uasi rutti a classi sociali superiori, perciò sentono meno il problema della formazione del popolo. Hanno w1a compostc'Z23 un po' rigida. non rurhata da problemi, pii, ostinata e dogmatica. Accettano sem,alcro l'impostazione della politica estera come proble,na di me.ra for7.a: nei rennini in cui la simaziont t:uropc."a s'era ddineaca

dopo 1870. I n base a questo presunto realismo storico, avversano ogni altro moviment<;> d'idee come utopistico e dcbiliranrc la nazione. Han coscienza di essere all'unisono con una tendenza irrompente in tutta Europa. /vfa appunto perciò in fondo han meno viv~ la coscienza delle cradizio1ti concrete d'Italia. 11 nazionalismo loro è una formula un po' generica, l'iscnte di modelli stranieri, non sempre è felice nel percepire i veri interessi nazionali : è un'irrequierezza avvenrurosa verso l'affenn:rzione della potenza. Nei più giovani


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il nazionalismo si crasfonna da indtrizzo di politica. sopra tuno estera, in ardore quasi fanatico, che par non osi articolarsi in un pensiero e in un principio. Notevole fra gli alrri il gruppo dej giovani fonnarisi a Firenze aitorno ad Ermenegildo Pistdli e a Luigi Bcrcclli. Una tensione di volontà sopra rutto. La via che noi dobbiamo percorrere è aspra, dolorosa e lunga: lo so, e meglio, ora, di qui, mc. ne -avvc<l<>: ma il cammino nostro è orma.i fatalmcncc stgnaro. e la grande opcra 1 oramai iniziata, l·, c.iò che più conta, iniz.iaca bene. Di qui non si torn3 addk· rro: ma si andr-:i ancòrn avam i, .sempre più avanri fino alla virroria 'J'.

Così scrivc'Va sul punto di ,•arear l' lson1.o prcss.o Plava G iulio Luigi Passe rini: u n anel ito di marcia verso un orir.zontc indelìniro. Talora in quesrj giovani piace la signorilità d'atteggi:unenro. Jacopo Novaro"', faucore dell'intcrvenro irali:u10, si sdegna delle gazzarre scoppiare all'università di Roma contro il professor Dc Lollis che, faucore della neutralità, doveva così nobiltnentc comportarsi i,1 guerra. Il Novaro avvampa di sdegno quando lo sculrore furnrisra Boccio ni si presenta all'w1jversirà vesriro da pagliaccio uicolore a fu propaganda per l'i nrervcnro. Né si lascia commuovere molro dalla sagra di Quarro. Cercava polle più profonde d i patriorrisrno.

(Roma 10 maggio· 15). ... Capisco l'imprl'$Sionc di Genova! Ma pl'r fortuna certa schiuma parolaia del 5 maggio, come pure di depurati che incominciavano ad agirarsi, non sono lo spt-cchio dell'anima italiana ... E tanto .Più i) mio Ottim ismo si allarga e si rassoda, in quanto è i] fruno di canti fanj singoli. a prima visra insignificanti, ma che presi in.sirme, nd la scc.s sa misura in c ui le incomposte e urbanis:sime dimostrazioni

piazzaiole lasciano una scia di .sconfortò, empiono l'anima d'un3 conceml.'7.z.a sommcss:1 e calda, capace di suscit1re. in noi le m_igliori energie.

Per es.: ogni qual volta per le vie transitano soldati, immancabi lmcntc hanno un seguito. Tutte le cd tutte le classi vi sono rappresentare. Non una parola, non un grido. Si rcspi,..J nell'aria un fremito lcggièro di in rima comn,ozionc. Non è la folla, è il singolo individuo che accompagna i suoi soldati: aì fianchi la genrc si arresta e guarda con curiosir:i inccncrica e fidente. Ma se :,s:sicrnc :ti sold3ci pa.ssa la bandiera dd reggimento. è un rispettoso unanime- levarsi di cappelli. Non un'cccczionc. 1 JJ Per il suo spirito più aggressivo il nazionalismo era andaco redurnndo, fin dal suo nascere, 1nolri irredenri: o iraHani che delle «isole» italiane d'oltre frontiera scndvano la situazione difficile; come per es. i fratdli Salvioni, oriundi svizzeri, che tendevano a consolidar l'italianità fra i nuclei lad ini, Spiro Xydia., e Ruggero Fauro c he all'aggressività slava volevano conrrapporre un' aggressività italiana. Nella mischia deUa cerra di frontiera si smarriva la li nea classica del principio della nazionalità, che pure nd secolo precedente aveva avuro canto peso, e, per così dire, la fona delle tl'ombe di Gerico, da indurre l' Austria prima di cedere, senza disperate resistenze, i domini d'Italia, poi a ri-


conoscere la nazionalitl magiara. La dispcrara resistenza ddl'Ausrria nell' ultima guerra si spiega sopra runo con la mischia delle nazioni oltrt' il loro srcsso lim ite, per vero non sempre dcnnibilc con precisio,,e. Vi fu chi rentò di saldare insie,ne il pacriorcismo della tradi·,ione del Risorgimento e il nazionalismo nuovo, Ma la prova della guerra scosse profondamente l'aggregazione edenica. La figura di Gualtiero Castellini'" riassume questa tendenza. Nipote del ,naggiore garibaldino Nicosrraro Castellini c,1duro nd 1866 a Vezza d'Oglio, imparenraro con Sci pio Sighde, aveva aderito al na:.donalismo come a un movimento che dov<Sse ridestare le forte patriottiche per b rivendica.7lOné delle r.trre irredente. Perciò dentro il partito era in contrasto con i triplidsti ad oltran,,,, che nell'agosto '14 avrebbero voluto scendere in can1po a fianco agl'imperi centrali. \ foleva riversare entro il partito le memorie e le tradizioni del Risorgimento e in parte a lui, e ad una sua non felice biografia del Crispi, si deve l'idoleggiainenro del segrecario di Garibaldi (che fu fino alla fine uomo di spiriti radicalide,nocratici} da parre di w1 partito orientato verso altre mete. Nella lotta contro l'Austria si a.ssociò al socialismo di Cesare Battisti, che gli fu amico. Non approvava gli atteggian,enrì dell'ala estrema del suo gruppo, e nel corso dclh guerra mise via le pregiudiziali di parre, per considerare umanamente la guerra, nell'aspetto rcolisr.ico-doloroso. «La fede non mura - scriveva dùna ni.i agli orrori d'Oslavia e del Podgora - la visione della necessità non si spegne, ma l'espericnz.1 della guerra, quella che ha nome Tolstoj e Zola; la "verità'' anche se non diviene e non deve divenire doHrina è questa•.'" E nel corso della guerra l'umano senso democratico-garibaldino andò poco a poco prendendo in lui il soprawento sulla dottrina. nazionalistic-.1. "' Nè la vastità paurosa della gµerra moderna riduceva ai suoi ()echi la grandezza (poiché la grai,dezza nella storia dcgu uomini appartiene allo spirito. non alle cose) delle guerre dei pad ri. (18 agosto '15, ad un'amic:,). La guerra moderna. è questione di pazienza e di estensione nel tempo, nello spazio, negli sfoni. Dal Risorgi mento in poi quale immenso murnmcnto! Ci penso spesso: allora grandi risultati - negativi e positivi - in pocgi mesi. E a me pare che malgrado rutto rimarranno maggiori i nostri padri' P, Così avrebbe detto anche w1 greco della guerra pcloponnesiaca rievocando i mararonomachi. Quamo egli (allo scoppiar della guerra s'era arruolato fra gli alpini) inviato sul Tonale passa per Veua d'Oglio, una regione fi1111il iare gli commuove i.I cuore. (30 agosto ' 15) Quindi passaggio fulmineo per Vc-,za e per via Nicostrato Castellini. Ma potere pensare con quali occhi guardavo Vezza, Incudine, Stradolina, tutti posti che conosco e dove tornerò cerro ... Chi sa pc.r quale mio meriro m'è dato di ritornare dopo 49 anni in luoghi che erano allora sacri al dolore dei Castellini, che oggi, allontanandosi il tempo. sono sacri unicamente alla gloria. E perciò a mc rimane solamente la divina fierezza di ricon,indare nella stessa \•alle - Dio mio, in quali proporzioni di umilr:ì e scn1..a sacri io - l'opera che fu allùra incompiura'1t .


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Rievocando il Batcisci, si conunoveva per un ingenuo shncio garibaldino dell'Abba: Ma anche dinan~i al nome dell'impcracorc mi corrono alh, mente non parole feroci, ma alcune parole di Abba, il quale scriveva un giorno accennando ai crentini che atcendono la liberazione della loro cerra: •Ma che gl' lmpcracori non comprendano quale gran gloria verrebbe loro dal muovere un giorno cavalcando attraverso qudlc terre, e venir<" incontro a questi grandi esuli. e dir loro; "Pace! Eccovi le terre vostre: ve le rendiamo per il v.ostro lungo dolore"'• Q uesto è lo spirico degl'italiani. Alcre sono le armi dcll'Ausrria.' "~ Dd Battisti marrire lo commoveva la personalità in alto rilievo, il giganreggiarc s ulla massa in cui ogni lineamento, durante la guerra, pareva perdersi: il Barristi e ra ancora un uomo del Risorgimenco. Il Casrellini provava il desiderio della distinzione dell'individuo: clic è il segno della vira morale, poiché la pura sroria di massa par degradare al livello della scoria naturale e in ques ro dlfeno di rilievo egli presentiva il fall imento ideale della guerra. fi nalmenre in qucs,a rrisce guerra nella quale ogni ferocia del passaro è supcraca, nella quale (ante fedi e tante teorie son messe a dura prova dai martirii piU orrendi, almcnrc sorge fr:i i cornbarccnri anoniir,i , fr:.t i 1nille eroi oscul'i. un uomo ed un nome e ridà alla guerra la sua santità e all:t patria, al di sopr:i della strage, l'eroe ... Giganteggia fra tutti que,sco soldato, che seppe concilhtre, come nessun alcro, socia-

lismo d'amore e nazionalismo di giustizia, e che ci additerà in al'vcnirc la via della véricà '*°, 1

Il C,,scellini vive u na penosa evoluzio ne. Si volge ad w1a più umana concezione della vica, senza però rinnegare né gl' ideali né i doveri sentiti. Ma la gitlcondità iniziale si dissolve ndla visione del dolore. Lo scoppio della guerra europea lo aveva colto all'esecro. Era ricnrrato immediatamente in parria, pensando a Trcnro e a Trieste. Cerro io non sono stato mai t'Osl giovane, cosi ingenuo e cos[ sincero: il desiderio della guerra mi ha. dato piu voire le lagrimc: ogni pensiero stato per i soldati; la chiusa piazza d'armi m'è scmbram V3Sta come un campo sterminato: ogni alrro sogno t· .\'vanico: un brivido pensando a Trento e a Trieste che ci attendtvano finalmenrc in armi' ..'. N ella sua crudezza la guerra reale gli dà invece a ngoscia, perché reprime e depri me la fanrasia: subentra una realtà nuda e scabra senz'alone d i fonwm i. (l'asso delle C irclle, luglio ' 15). M:, questa sera sento che questi ricordi non m'crnpiono di poesia, mentre mi fucevano l'animo riboccante nei mesi della vigilia. Sono ricordi ché mj piacciono per un vecchio abito inrdlctruale non ancora smesso, ma sono ancora meno vivi di allora. Q uesta sera, confossiamolo, tremo di nosra.lgia 1'4 1•


Ai posri avantati su una crcsra alpina soffre per la conti nua riflessione che il luogo solirarìo gli consente. .. . il mi<> vecchio attendente Soppclso mi ha dato una gavetta di r:incio c.,ldo attraverso una fessura della tenda, e ho mangiato in silcn1,io. Quando avremo il cambio an~ht noi Ho bisog.no dj vivérc vicino alta guerra piu grande pill viva, di non t.sserc solo C.'.On i miei pcnsiéri"''·

L'l guerra non è piu entusiasmo, è divcnura languore, smarritnento. (12 lugl io ' 15, ad un'amica). Niente posra. niente notizie, un lento inebctimcnco

per cui non si vive che della piccolissima guerra delle nostre trincee. È strano come sono dimirlltito d'intelligenza. H o rarissime nostalgie o percezioni <L, uomo che sa ragionare e scrivere. Due o tre: alle volte m' affaccio alla feritoia delle nostre mitragliatrici, in pieno mezzogiorno, che guardano su lll!1 terreno verdissimo, d i 2000 metri fra le trinc,c nostre ~ quelle némiche. È un r.e.rrcno hdlissimo, ma clà una sensazione atroce di silenzio e di sanra pace. Dall'alrra pane, dalle trincee onde sparano, cerro, c'è qualcuno che guarda in egual modo quesro dc.seno e quc$m silenzio in mezzo. Il primo che ose:d varcarlo riempirà di grida, finalmente, quel silenzio auoce e Ji movi mcnro quel deserto. l'cr mc la guerra oggi è qui, in qud u:rribile spnio che è b sosta fra noi

e loro 1~". (lO setrcmhre ' 15). Guerra di 1netri di conquiita, di tempo e di milion i d' uomini. Non è pill un episodio della vita. ma il destino d'una generazione'"'· E dichiarava all':un ica: (12 settembre '15). Cara amica, come mi piacciono le sue kn<rc, per il senso d'umanirà che spira,no . .lo, benché n3z.ionalista, non sono una best-i:t feroce, e n1 i piace che si comprenda come l'eroismo umile e diffuso di questa guerra consista nella meravigliosa pa~ienza che hanno sopr:i tutto i miei alpini, vivendo mesi e mesi isolati su nella vccca. ne.Ila solitudine materiale, nella nostalgia morale, nel pericolo continuo. tutte cose che equivalgono un arrncco alla baionetta'" . (17 novembre '15).... mi Struggo per i soldati ancora piu in alro di noi e meno

riparari, che hanno spésso come tempcrantra 28 e anche 29 sono zero. In que.<ro sono cro_ppo poco 1\gucrrkro,. e Lroppo rolstoiano 1" 1 • Rinnegava ciò che il suo entusiasmo aveva d'egoisrico. Non come il tolstoiano principe Andrea, a cu i ritornava col pensiero, davanti alle nubi corren ti sul campo di bat· f:lglia, ma dinanzi all'infi nito dolore umano. Si chiudeva nell'azione, rinunziava alla propaganda giornalistica. Scriveva a ll 'an1ica: (20 novembre' 15). Da uc giorni apro Hgiornale e trovo - ogni voi ca - un amico caduro. Che cosa vuole. io ho il coraggio di confes<arle che mcmrc lo sperracolo


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della guerra. quando combatto, m'esalta, questo s,illicidio di morti ben noti mi dà in certe ore un senso grande cli trisrC"Lì.a che non so vincere. So degli alrri amici che riescono a scrivere magari col solito stile - qutUo che adoperavano per incirarc prima della guerra - 111:1 io stnro che si va consolidando in mt una forma di reverenza $aera questi sacrifici conrinui , la qual e non mi fo cciicrc un punto nc l1a mia fede per pe.r la guerra e per la vittoria ... senro che le i dev'essere un po' vicina a mc in que~to modo di penwre: f'ermis.<imo da buoni italiani, nel voler arrivare fino all 'ultimo, ma umano nel fermarsi a guarda.re con pietà questo divi no dono della giovinezza che per tanti scompare in un au.i.11104•, Assumeva aneggiamend sempre piu indipendenti nelle questioni di politica. {15 mano ' 16). Coppola è un •eJtremo• , e nella critica delle nazionalità sono in assoluto disaccordo, ma Bo,uempelli dice una eresia qmuido fa l'antitesi: socialisti 3J1tiguerraioli - nazionali~'ti anripacifìsti. Si vive per combattere, ma non si vive per F.ue la guerra! Vedo Bissolati prossìmo aJla viccpr<sidcnza della Cam era; ne sarei lieto e m'inchino a lui inconcli1jonaraméntc•o. E una sera che in una rrincea del Grnfcnbcrg un capitano dd genio fa intonare da mt grammofono la M11niglitse, lo assale u.n a st rana c.om mozione, «pensa ndo che in quella none srcssa dalle trincee di Fiandra, giù _g iù sino al golfo cli Tricsrc c' erano canti uomini in armi per la d ifesa della civil e/I lati na, che ha in negabile simbolo in quell'i nno•'"·

La guerra poi gli forniva un' altra cspcricnca. Essa faceva sentire a lui, csalrarore di rutto ciò che fosse militare, come la milizia sia un sacrilì.zio. una muc.ilazione. necessaria per determinaci lìni, ma pur sempre un:t rinunzia all'autonomia dell 'intelletto, alla pienezza della personalicà e ad infiniti valori civili che i romani, popolo militare, sommamente pregiavano, come i beni della casa, contrapposti agli obbligh i del campo. ~uon10 avvezzo a diséu tcrc e a controllare i suprem i indirizzi della patria, chian1ato

alle armi, anche co me ufruciale si sente un numero, una fona da impiegare. Sente l'arresto dd pensiero, si duole d i una djminuzione ddl' incelligenta, e ne soffre acucamente"'. Cerca d i rimediarvi accertando un posto presso un comando di brigata, che possa consentirgli insieme e l'esperienza della linea e un servizio più • intelligente», e una visione piti vasta della guerra. Ma in quella posizione gli toccò soffrire il tormento di scorgere, senza porcrvi rimediare, errori e concraddiz.ioni: di soffrir invano le responsabilità grandi dte non cran le sue. C iò fino al 15 giugno 19 18, •1uando, prossimo a esser nom inaco maggiore per merito d i guerra, soggiacque all'inAucnza di rrincca, in Francia, poch i gio rni prima della victoria del Piave. Paolo Marcon i'" ci rappresenta la ribellione dei lìg)i ai padri, la insofferenza del ritmo lento della vita d'ogni giorno, la sete dell'inaspettato. lo S111m1 che spesso distacca una generazione dall'alrm. Ribellione al cosrwne. Vuole la guerra per una temeraria


prova di ciò di cuj è capace. Fa propaganda per l'intervento iraliano fra gli studcnri. in non,c di run;c le ribellioni, in uno spirito che rasenra il funirismo. E; con quello stesso spirito con cui Mari netti lancia comro la tr-Jdir.ionalc lcuc-

ratura le sue prose e i suoi ritmi forsennati, le plebi si rivoltano contro i loro capi, e i giovani negli Atenei si agitano contro i professori trapassati. Lotta fra lo spirito nuovo e lo spirito antico: ecco la pròfonda crisi dell'ani ma italiana• o .

Piu che una motivazione riflessa e ponderata "gU offre al suo pubblico (era gi<>rr1ali-

sta1 in un giornale dl studenti) tutte insicrnc le 1norivazioni per cui si poteva chiedc'.'rt la guerra. Lo agicava piu l' isti nto che la ponderazione polirica. Ai .<0cial isri offriva, ricapicolara, la resi del MUssol ini, allora direttore dell' «Avanci». La storia dell'evoluzione sociale ci dice ché il cammi no degli uomini è diretto verso una sempre più vasta sintesi dj genti crcrOg<-'ncc. Negare il valore delle rnrLio~ ni è come spezzare un gradino della scala, è come voler imporre una .soluzione di continuità al moro eterno. Linterna1.ionalc si dovr.\ costiruirc sulle nazioni, poiché so1ranco un popolo libero in libera terra potrà libcramc.11re avanzare versa le riven·

dicazioni fu111re. l..1 gucrt:1 prese:nrc è la guerra di Iibcrnzionc degli oppressi, guerra contro l'imperialismo pili sdv:iggiameJue c.alcolarorc. L'incervcnro armaoo dell'fcalia, f">Otendo dcddcrc le soni delb guerra in favore delle libertà nazionali per tun i i popoli, è ncll' intertsse del prolet:1rkuo, non solo italiano, ma di tutto il mondo, poiché

olTré ifi ulti1n:1 ànàlisi il 1crre110 più ,rdatto per frutri c:1rc. Il p,olera1i:1to itàliànò <leve, quindi, prendersi l"iniziari,,a ddla guerra, corrispondendo c;ssa ai suoi fini'"·

Ai parrìoti offriva la resi che allora aveva rimessa in circola:iione il Sa.lvernini: della storia del Risorgimenro con,e picco la storia, non sufficienremenre irrorata d i sangue: dell' u nità, dono piu d i una p ropizia fort una che me ritato acquisto dcgl'iralian i: del Risorgi me nto, opera di n1inorantc contro l'apatia della maggioranza. Qucsra resi germ inata dall' incapacità del marerialisrno storico di apprcz.zare in sé la gra,,dczza morale, senza la statistica empirica delle bigonce del sangue versalo e il c.ompuco degl'inceressi (aveva u na speciosità facile ed era destinar-a a correre per cuttele rivjsce e i gio rnali, e a far den igrare dagl' ignorantil 'opera dura del Mazzini e del Cavour), questa tesi serviva di base al Marconi per un'argornentarionc moralistica di stile vociano: Doversi con la guerra cornpicrc la non ancora raggiuma unicà <! naz.ionalc, ccn,en·

lare col sangue l'amore per il suolo patrio. Poiché solo un grande sacrificio puo darci, può avvivare, può e.saltare un grande amore, e procacciarci un duraturo rispcrro'"· Noi similmente chiediamo per l'lralia una grande tragedia: una grande gioia o un grande dolore. una energia tl"'J.gica da valorizzare per aumcnrarci, ptr elevarci 116• Dalla rivolurioncdi Lutero alla gucrt:1 odierna, fu ognot:1 una lotta tenace. fredda: =i (i tedeschi, sono un popolo grande]. J Franctsi hanno combattuto e insanguinato la terra madre per la conquista dei


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diritti dell'uomo. Noi non ci siamo procurati nulla: non una religione. non una patria (l'Italia s'è fatta da sé!) non un onor<. Perciò siamo un popolo venduto, disonoraro1 schia.vù . . . Noi non vogliamo Treruo e Tritsre! Esse sono un. prercsro e una giu.s.rificazionc per gl'i n1bccilli! Noi vogliamo qualcosa cli più imponarue e .sacro. Non vogliamo riscar.. rnrc Trento e ·1riesre; noi voglia1no riscacrarc e remprare rtrnJht tuna'11•

Certamente in questo rovello si può misurare la spina tormentosa che fu per circa due gencrationi d'italiani il ricord o d i C usiora e di Adua, l'aspirazio ne a un senso di pacata e conscia forza. Ma nd !vlarconi si senre insieme il figlio del secolo, l'Ulisside, l'amore ddl'cspcricnia sconosciuta. V'è in noi un po' dello spirit0 d' Ulisse che varca le colonne d' Ercole, per vedere che cosa sia di straordinario roceano .sconosduro. lo leggo i11 queste straordinarie pagine di storia contemporanea il manifestarsi di w1 grande funo: vedo un'intera erà venir riassorbit'..i ndrorbira dd passato, e pulsar, fuori dai nostri peni, un'anima ancora nuova che ailimcnta cuna un' ra nuova. Questi anni paurosi segna.no il crollt:> di l Utl"O un mondo) di runa un'èra: è l'inquieto rrapasso verso un giorno in cui potremo dire rranquilli e rrionfanti: «Oggi comincia una novella storia•. Inquieto e pauroso il trapasso. perché ci vediamo dinan;,,i il vuoto buio della notte, sentiamo il mistero sali rci su per le membra . Chissi>quali nuove cose scaturiranno da questo secolo di decadcnw'''· Quest'ora giovanile dev'essere per i vecchi un'a.ngoscia, LLna tragedia cupa e pc .. sanre. Poveri vecchi! Noi stiamo ora di.s-[ruggcnclo 'tllHO i11 rero il loro rnondo! E che mondo! Putrido, schifoso. corrono. vacuo) incnc! 119 .

Forse i vecchi

avcv3 nO

meno colpe e pili spcrimcnrara

vita

di qua nro il Marconi

pensasse. Avevano però indubbiamente il torto di non aver parlato a quei giovani, ponendoli di fronte ai problemi concreri della policka, d i essersi c hiusi neU'ermctisn10 della loro prudenza, d i non aver inceso i bisogn i spirirualj dei figli. Ne il Marconi, che era w, a 1t imo profondainence onesro, questa convulsa ribellione però si accompagnava a malinconie profonde e a preoccupazioni quasi profetiche. Era u n ragazzo di vent'anni, e di scrupolosa rettitudine di fronte a se stesso: l'espansione dell'Ulisside gli dava dolore, l'arresa apocalittica dell'avvenire non gl'impediva di senrire ( poiché non un Dio trascendente, ma la sressa mnan ità d oveva c reare l'avvenire) uno sgomento pel difetto d 'ideali. Nel novembre 1914 segnava talune sue impressioni: Invidio talora i bei tempi della mia fanciullezw allora io ero tutto rannicchiato in me stesso: la mia animucda avcv-.1 sicLtri <: ben definiti confini. e in qucllj uovava riparo sicuro e fidente con fono. Breve era allora il dolore; se alcunché accasciava la mia rencra anima. un breve pianro, alcuni singhiozti in grembo alla mamma mi ridavano la pact serena e il raccoglime.nco deWanima. Allora l'anima mia si poteva raccogliere in se': di qui la gaiezza della bella età passa,a: ora non pi ù.


Ora ovunque io guardi a mc d 'anomo, , uno vedo ampio sconfinando, e la mia mente v·J. scguendò lontane t

fugaci immagini: talora sento che nell'espansione sua

l' anima vorrebbe tr9ppo fuggire da mc: onde qud senso d'imima angoscia. il dolore del disrnçco che wm1~re accompagna. Non conosco più il raccoglimcnl'O, la tran1

<}uillirà: un inquietudine cominua m'insegue. Quella invano io rcnto di scacc.iarc: l'anin,a mia orm:.1ì ha pc.rdum i confini Di mc stesso io sono f'un ico cuscodc, né più

il pianro può rasserenarmi, né le C3rc-,.ze della madre: qualche cosa di profondo sca per mutare in me: non conosco né sento che cosa: ralora ho la sensazione che cosi non si possa continuare, che qual:cosa di grande debba mutare o manifestarsi. .. Non conosco nulla, non vedo nulla, sento soltanto l'inquietudine che m'insegue. Forse ciò che sento è l'eco intima di ciò che mi ci rconda, della crisi che agita oggi tutti i popoli: ..;cosi non si può continuare».

Talora, quando più acuta sento l'angoscia del distacco, un mi prende desiderio nosr.algico delle cose picc<>lc, e vorrei dormire sdraiaro e tranquillo su un pr.u() r.ran· quillo ampio, ruuo verde e so cc all'ombra d'un solo abcrc solenne, e sorro un ciclo rutto a,.zurro e luminoso, sen1.a la più piccola nuvola .. . 1.1a piu rardi lo spirito mio rimbalia stanco già di riposo, riprende il suo ,;1gare randagio ... In nessun tempo mai come oggi il domani costituì per mc un:1 cosi nepida ansietà: che awcrrà! che si marura? Nessun desiderio è in me cosi forte come il desiderio del doma,1i''· . In qualche mon1c1uo inrravede il lhnitc di questa frenesia avvc-niriscica,

(m:trzo '15. diario). Non lo credo, ma ho un forte timore che mi contrisra l'animo e m'opprime. Temo cioè che noi ci t"auriamo nella lon11 nella distruzione. Temo clic. combattuto e distrutto, non ci rimarrà piu né la forza né l'anima di edificare, di ricostruire. Dico temo: perché la. scoria dimostra che i gran<Ll rivolu~ionari finirono col disfurc quanto gli altri avevano F.uco, senza costruire temo n,Jla. Così sia pt-r essere di noi. M:J nessuna paura! Perché dic.:;tro noi verranno ahri ancor giovanissimi, ancora quasi adolesccnci, fort i come noi~ animosi com<.' noi, nuovi e pieni come noi'4'1 • Dall'appercC'l.ione oscura del limite e dd difetto del suo avvenirismo derivò probabilmen te il mutamento che ci attestano la sua corrisponden,.a e gli appunti di guerra. Egli non aveva farro per giuoco. In quel suo messianismo senza prowidenza c'era pur sempre posto per una sua austera atione. Scoppiara la guerra, s'arruolò fra gli alpini. A malincuore, per puro senso di dovere, divenne ufficiale. Con la guerra cadde anche per lui la febbre dell'inrervenro. Si chiuse in una taciturnità tutra !-1.Zionc. S'accertava costanremcnrc se ropera sua era adeguata alla sua volontà. Maturava e un senso raccolro della vici; trepidava per l'inaridirsi dcl l'uomo, rigoglio della giovcntu nella pratica, nell'ationc stessa. Continuava l'insoflè:rcn· z.a iJ1 reriore. Scriveva ai suoi: (Capri,10, 6 agosto ' 15). Sto bene, assai bene, benché, nel fondo, ogni istante mi sia di do1orc. lo non so che mi sia, ma non conosco pill gioia, ovverosia m'è di gi<>ia il dolore, l'angoscia ... Sono solo, sempre solo: poiché allora intera è la mia angoscia,


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quindi la mia gioia. Gli altri mi danno noia e stizza. Vorrei esser sempre solo. Perché eppure amo turrt le cose attorno a me: ma quando attorno a mc danzano silenziose,

a me lasciando l'arbirrio dd loro rirmo'''. ( 13 febbraio 'I 6, ai suoi). Credete! L1 vita dell'ufficiale è un po'arida spiritualmente. A me spesse volte acC1de di invidiare i soldati che se ne stanno le lunghe ore tranquilli a contemplare il cielo e Ja terra. macscosarne1ue. È vivono 13 loro viro iorerna, ascoltando se stessi, compresi di se stessi, null'altro c he della loro grande persona ... Noi no! Noi dobbiamo vigilare, cmco os.'\crvare. a rutto badare. Spesso manifestare severirà e rigidw.za che in realtà non abbiamo. E di fronre all'incubo delle cose csrernc, e allo sfol"l.o dell'inceriorc volontà, cbvanti al senso ddla grande responsabilità, si funno 3ridc le fonti della vira inreriorc'''·

?-1a saggiava la propria coscienza, per sentirsi in regola. !.:avvenirismo s'andava rrasformando in un imperativo. Imperativo piuttosto profetico, di un Dio al suo messo, che veramente etico. perché non definito nel suo ideale. Chi mi trascina fucalmenrc, per qucsco senrie.ro conrinLH) e dirino, ch'io stcss(> ignoro ove alla fine conduca? Giunger/, io pure aJ un termine destinato. Non so se

per alcri i per mc certamente se.re.no. Serico di poter sorridere anche dinanzi alle pfo temute circostanze. L, gioia del dovere compiuto'''. LequiJibrio non poteva essere recto che dall'azione continua. Io non vedo che l'operare. L:operare audace, sprczranre dei pericoli. Con inrclligcnza ed audacia egualmeme distribuiic. Perché ho vent'anni.

rcrché ho un corpo forre e sano. Perché ho una madre an imosa. Mai sì completi doni convennero in alcuno a comandare che si operasse'" · S' esalcava nell'aspra guerra alpina, in riani poetici del tipo di quello dello Jahier, e rin1ediava sulla conclusione del Faust: , Quegli che sempre operò tende11do al suo fi ne noi possiamo salvarlo». !.:ultima cartolina ai suoi insisteva su di una sua enigmatica seren ità: «lo sro bene». In un acccggiamenro simile a q uello del Marc,oni ci si presenta Renato Serra'" . Anch'egli ha desiderio di guerra al di là da ogni motivazione erica o politica, per una quasi mistica voca1.ione. t-1a non ha i furori politici e l'attesa pal ingenesiaca del Marconi. Parla ba.sso, quasi sussurrando, a rivelare la sere d'un'esperienza nuova. Era un giovane cricico assai promettertte. Ven uto su dall'ulci ma scuola del Carducci, ne aveva riportato uno squisito gusto umanisrico dell'atte e della poesia. Si era poi addentrato


nei pr<>blemi deWesteric:a moderna con vera pa:ssione e av<:va cercato una via sua pro pria. Nlencre la cririca della tradir.ione dcsanctisiana ricercava il valore anistico nella forma. ma vedeva la forma nello stesso atteggiarsi della vita passio nale o erica dd poeta, il Serra cercava di fern1are il valore d 'arce oltre questo momento storicistico, in una pure1.,za assoluta, i.n un riuno, in un fu.scino scrano, musicale. in un incancesi 1no ma· gico d'armonie. Nasceva così una critica cutca cesellata, acura nel fr.unmenro, debole invece nel segnare le linee d'insic,ne. t<sa però entusiasmava i buongustai e quel' che s i rircncvano rali ' 67• Sapeva trovare l'inlìniro in un piccolo verso, come il Pascal nel driJ11. Ma quesro lavoro di bulino lo stancava e l'esponeva a C(mti nui scoramenti e di~gusti. Ndlcsuc lecrcrc lo vediamo carezza re numerosi disegni di lavori e di stud i: poi a poco a poco d isgustarsene, lasciarli cadere per un difetto d'intuizione d'insieme e adagiarsi con animo un po' rnalconcenro, nella vira provinciale della sua Cesena, b ibliocccario d' una biblioteca comunale, figlio rroppo a lungo curato dalla madre. I nume rosi ammiratori lo celebravano •critico puro», per q uesta sua ricerca degli elementi puri di aree. Tuttavia il critico era frammisch iaro a un :urtisra-stil ista amante dei pezzi di bravura: un conato di poesia turbava l'analisi concettu ale del critico. Lo scolaro dd Carducci non esitava a designarsi «letterato• , pa.rola per cui i seguaci della tradii.ione dcs·a nccisiana non ha nno mai avuco s.in1patia. In lui, inso1nma, critica e poesia .s·i unavano paraliz1..andosi. Ne nasceva il ristagno doloroso d ' un'in.tclligenza prontissima e vivacissima, e nella vica con· CJ'Cta una sman iosa accesa del nuovo e dello straordinario, il bisogno di eccitazioni e di commozioni. D'incelligen1.a assai più acuta, di culcura assai p iù vasta di ranci suoi coetanei avrebbe sicuramente superato per forze proprie q uest'incaglio spiricuale, quando sull'orizzon te europeo si disegnò la crisi della guerra. Pareva che la sterminata tragedia dovesse svalutare la sccssa attività dd Serra: la lcrccranira di fronte alla guerra, il facitorc di versi e di prose contro la volontà armata! Il cuore si disamorava ddlc attività di cw s'era fin allora compiac.iuco, e un'ossessione dominava runo. Il Serra cercò d i fcrm,ue il suo sraco d'an lmo in uno dei suoi p iù r.lffinati SCJ'icti: I' Esan1e di coscienza di 1111 leueroto' ... Era il marzo 1915. Per le piazu d ' [ralia ribolliva l'agirazione per e contro l'intervento in guerra. 11 Serra si comportò con la guerra come con i suoi poeti. Scavalcò turce le resi pro e contro, gli argomenti di politica interna ed estera, gl'ideali si nceri, i lini reali e i pretesti fin i1.i <:on cui si voleva n,otivare la guerra, per cercare al <li là un nocciolo, una quintessenza a tuni ignota. Non s·e ne a.ccorgcYa, ma orinai noi ved.ian10 bene come,

ponendo la guerra al di là del suo significato politico e storico, la riduceva a un istinto. a un impeto cieco. lnizialmence per una di q,tdle volute letterarie di cui si compiaceva, assume la difesa della sua attività di letterato. del di ritto delb lcrreracura ad esistere anche in guerra e di fronte alla guerra. Combanev:t insieme il mica romantico «fra un inno e una baccaglia•,


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e il mito scoricisrico della guerra creatrice di valori. La guerra non crea nulla. Vi si ritrO· va ciò che vi si è messo d,·ntro . .L, guerra è un F.uro come tanti altri in questo mondo; è e.norme, ma è solo quello; accanto ,igli altri che sono St'Jti, e che saranno: non vi aggiunge, non vi coglie nulla. Non cambia nulla assolutamcnt<' nd mondo. Ncand1c la letteratura'" ·

Si ha la parvenza di muca:tioni, d'innovazioni, specialmente nel piccolo mondo lecttrario. In sostanza, tutto ri mane .sratico e immoto.

Sempre lo stesso rirorncllo: la guerra non cambia nieme. Non migliora, non redime, non cancella; per sé sola. Non fu miracoli. Nom paga i debiti, non lava i pec<'Oti. In questo mondo che non conosce più la gr:rtia. li cuore dura fatica ad ammetcerlo. Vorremmo che quelli che hanno faticato, sofferto, resistito per una causa che è sempre santa quando fo soffrire, uscissero dalb prova come quasi da un lavacro: più puri, turtf. E qudLi che muoiono, almeno qudli, che fos.~ero ingranditi, santificati; senza macchia e senza colpa . E poi no. Né il sacrifizio né la morte aggiungono niente a una vir:-t, a un'opera, a un'eredità. li lavoro che uno ha compiuto resta quello che è. /vl:tncheremmo al

rispeuo che è dovuro all'uomo e alla sua opera, se portassimo nel valu~.trh qualche cri.cerio estraneo, quald,e voto di si mpatia, o piuttosto di pietà''°· L, for,., morale e la virtù pres<:ntc non hanno rapporto diretto con quel che c'era di mc-diocre e povero e approssimativo in certi tentativi lcrccrari. La guerra ha rivelaCO dei soldati, non degli scrittori. Essa non cambia

j

valori artistici e non li crea.: non cambia nlLlla nell'universo

morale. E anche nell'ordine delle Còsc mareriali, anche nel campo della sua azione

.,, . d1rena... .

fl giud i,io è esagerato, ché la morrc affrontata e il sacrifizio non esorbitano dalla vita,

sono azioni che modificano la situazione statica. Indubbiamente non avranno efficacia su di ui1'opcraartistica. che rimarrà quella che è, ma modificheranno l'equilibrio morale del mondo, anche se questa modificazione non sarà merito dell'asrrana , guerra•, ma degli spiriti in essa operane.i. li Serra pare inclinare ad una conclusione apaticca; che si possa concinuare a fare il lerceraco di fronce alla guerra. E fu svanire la guerra nell'infinito della storia con un procedimene.o che ricorda le rnnsolntion~ sroiche: le quali annegano il dolore e la cragedfa dell'effimero nello sterminato torsn dd mondo: una visione naturaliscica: Che cosa è che cambieril su questa terra stanca, dopo che avrà bevuto il s.ingue di tanca strage; quando i 111orri e i f-eriti, i torturati e gli abbandonati dormimnno insieme sotto le zolle, e l'erba sarà cenerà, lucida nuova, piena di silenzio e di lusso al sole della primavera ché I: sempre la stessa? ... E la viu conrinua anaccara a queste macerie, ì.ndsa in questi solchi> appiattata fra que.src rughe, ind.istrunibilc. Non si vedono gli uomini e non si sente il loro formicolare:


sono piccoli perduri nello squallore della rcrra: è Clll!O rcmpo che ci sono, che oram:ù son 1 turt una cosa con la terra. I secoli si .sono .succcduri ai stcoli; e sempre questi branchi cli uomini sqnét rirnast'i ndlc s·ressc va1Ji, fra gli sr~i monti: ognuno aJ suo posm, con una agiraiionc e un rimescolio inrcrminabilc che si è. fcm,aro sempre agli scessi confini . . . -la guerra è passata, dcvasrnndo e sgominando; e milioni d'uomini non se ne sono accorti. Son caduti, fuggiri gl'individui, m• la virn è rimasta, irriducibile nella sua animolirà istintiva e primordiale, per cui la vicenda del sole e delle smgioni ha più importanza che rune le guerre, rumori fugaci. percosse sorde che si confondono con tutto il rcsro del travaglio e dd dolore futalc nel vivere•·•. Dopo millenni la gucrr.t si ripete: là dove combatterono i barbari ton,a a cc;,mbarccrc il nuovo popolo tedesco, con vicenda assidua e monotona. E anche se l'Italia non interviene, che 1nonca? Che sono p,och i anni con la vira di un popolo? Non è volontà di vivere anche la sua p igrizia? E l'lt3lia resta. Non finisce, non muore; anche se sembri ora esclusa dal dramma jmmenso, sorda al richiamo dd ~uo destino, abbandonata come un pezzo di legno morco fuor della corrcnre ddla stori, ... S-Oltanro, la clcbola:,a di oggi può esser la vinù di domani. Quc.ra quasi animalicii sorda e irriducibjle. che es.;1.spera oggi e contrasl".I le nostre coscienze agirnre) è forse una delle fone sosmnzhili. è la realt~ della r;w.a: che ,·siste e resiste. cresce. si espande, si moltiplica con spinta istintiva ... Quesra lcalia ,·sisre; vive; fa la s ua su·ada. Se manca oggi alla chiamata, risponderà forse domani, fra ci nquanra anni, Fra cento e sarà ancora in tempo. Che sono gli anni a un popolo?... Forse il beneficio della guerra, come di rutcc le cose, è in se stessa. un sacrificio che si fa, un dovere che si adcmp.i e. Si impara a soffrire, a resistere, e a contcnrar~i di p<>C01 a vivere più degnamcnce, con più seria fraternità. con pili religiosa stmplicità, individui e naz.ioni. finché non disimparino...

Ma dd resto è una perdita cicca, un dolore, uno sperpero, un• disrruiionc enorme. inu1ile 1"

.

Eppure queste argomentazioni razionali non arrivavano a serenarlo. a frenare un'angoscia e un sospiro. Esso è mio. È U mio essere, che non posso cambiare: e non voglio. È la partè più oscura e più di mc stt'S~O. Quando rutto il resto se n•è an<laro. questo solo mi t rimasto. Sconrcnrczza, angoscia, .spasimo; e la mia virn di quesm momento. Adesso ho capito. Ho poruro di~truggerc ndb mia mcnre rune le ragioni e i motivi inccHcr-

ruali e universali, tutto quello eh.: si può discutere, dedurre, concludere; ma non ho distruno quello che CJa nella mia carne mortale, che è più dcmenrare e irriducibile, la for,,a che mi stringe il cuore. _ì:: la passione ... . . . angoscia viva di que.sro ,nomento. Perché non sian10 eterni. ma. uomini~ c<lc-s-tinati -a morire. Questo momento che: ci è toccato, non tornerà più pl'i: noi se lo lasceremo passare. Non abbiamo paure né illusioni. Non asptrciamo niente. Sappiamo che il nostro sacrificio non è indispensabile ...


la ditrruzlo11t tiri/e 1ptranu

17 I

Non ho altro più da pensare. Questo basta :ù la mia angoscia; questo che non è un sogno o un'illusione, ma un bisogne,, un movimento, un fucro; il più scmplic'e del mondo. Mi assorbe mno n~Ha sua semplicità: mi fu caldo e sost-ant..'l. Fede è sostanza .. . No. Fede è una parola che non mi piace. e quanto a cose sperate _non ne conosco 11.. . Ma, ridona la cosa in cali limiti, fuori dal suo signifiairo policico-nazio nale, e dalla luce della razionalità, delle fedi e delle speranze, il desiderio di guerra diventava am ore d 'avven tura. volurrà d 'un gioco rischioso. Al più poteva invocare una più compatta solidarierà n azionale. Ma io vivo in un altro luogo. In quell' lta.lia che mi è sembrata sorda e vuota, quando la guardavo soltanto; ma adesso sento che può esser piena di uomini come son io, stretti dalla mia ansia e incamminaci per la mia strada, capaci di appoggiarsi l'uno all'altro, di vivere e di morire insieme. anche senza ,-apcrnc il perché: se venga

I' ora 1 .. , .

Senza 11tpen1e il perché! Ne.I cricico raffinato, neU' uomo così pacato e signorile viveva l'Ulisside. E vi$se la guerra, nei brevi giorni c.he gli fu consenriro di farla, con «curiosirà», anche se a poco a poco essa rendeva a dive,ùre più ansrera. Avvia ndosi verso le rrinccc. egli scriveva: Ho perduto un poco il gusto di tutte quel I~ cose leggere, in cui mi piaceva tanto di perdermi, giorno per giorno, senza cercare nessuno scopo e nessuna giustilica,jo. ne altro che la mia voglia e curiosità e il piacere o il fustidio del minuto fuggi tivo, il desiderio sempre sranco e sempre rinnòvato. Non prendo ceno le cose sul tragico neanche oggi e le guardo stmprc ruttC con lo sceso :Sorriso che non credi su cambierà molro davanti agli 1hrnp11ells; ma insomma qualche volta mi viene in n'lcnte. che le ore:: di que.sri giorni non tQrncr:1nno più, c. moho probabilmente saranno anche le uhirne; e allora mi pare che le cose del mondo cambino un poco d'aspetto e di sapore c. seu1.,

essere afF.uro malinconico, mi piace molro c.s.s-crc sciolto da pensieri .'\Ottili, e solo per pens;uea t-ancc.cosc ;J cui per lo pit1 non si pcnsar 1• • Pochi giorni prima di morire osservava, L, fuccia della guerra, quando la /issi da vicino e senza veli, non ti mette voglia di chiacchierare .. . '11• Tuttavia l' ansia di curiosità era vivissima e doveva suggellare, anche la sua morte. 11 20 luglio, sul Podgora, bcnchè i S<>ldari esperti della lino-a tentassero di dissuaderlo, volle sporger la resta dalla trincea. Una pallottc)la in fron te lo fu.lminè>. E con lu.i fu disrru na un a speran1., delle lettere italiane.


I, Sui <lu~ t..n,,1.:1 d, Tr-~bb di. $-Opt3, p, 15.

i. p.40, 3. p. 46. •Lp.S I. 5. p. 80,

6. p.

125,

7,p.1 19, s. r- 101. 9.p.122.

IO. p. 92. 1 l. pp. 105,g. 12. p. 103.

13, pp. I08 .<g, 14. pp. 111 ,g. 15:p. L20{27 S:Cttèmbre 1?17). IG. p, 126. 17. pp. 110 ,g. 18. p. 108. 19. p. I 10. 20. pp. I09 ,g.

21. p. IO?. 22. p.. 116.

23. Su di luj crr. sopm. pp. 20 .sg,.

24. p. 52. 25, p. 23. 26. p. 30. 27. p. 34. 28. p. 52. 29. fl· 37 (25 " O\'C:l'l'.!b1t- 1915}. 30. p. 52. 31. p. S3.

32. p. 54, ;3, p. .>7, 34. p. 57. ~;. P· 6;. 36. pp. 66.

37. pp. 66 •g. 38, p. ? 7. 39. p. 101. 40. p. SI. 41. p. 82. 42. p. 9?.

43. p. 223. 44. p. 100. 45. pp. l 08 ,g. 46. PI'• 2•i2 ,g. 47. pp. 243 •gg. 4S. Alla ..v()(c> rollabor:uuoo anche aSerra e aCU"onclni. pu,,. Cldu1i sul ampo, ma non ltt"tm p.ncdd gruppo r~«ndno. Cli $Crini .: k k"ltCre di CÀ!fo Smparìch j(ll M.l mtì raccolri J..l fracdlò C i.aiù: 0w t omlm tlì uJX>. 2• C'd•• ~IUa:no 1933. l..t' opert Jdlo Sbt.ii>tt $01)(): Il mli, Csl'J/J, 2• 00., 1?16: lbim, l?16: Stnttr lmm,n ~ <nt1tl, 1?20; S,.n11, pbl11Jd, 1?25; Len~. :3 \-oli., l 9.\ 1. Cft. inoltre Scipr1>SltsJJ1fK1, 1?22. di G1AN1Sn 1vAA1c:11, eh'° ha a ,r.uo redi:donc di qwsi rune lcoperedclloSl:uaptt. Di E. V~JNA oc.1 )),,,\'A. di. /..,;t dmt«r,W,1t1'1111.111,litl1ium,u 1'.rgiurrJ, &logru t9 l 9.

49, lt'IIMGil .. li, 12, SO. //,/d., lii, 20 1. 5 1. p. 8 1. 52. pp. 6• <g. 5.l. p.80.Cfr. »1<hcpp.1 17.14o.17J.187. 54, PI'· 1/44 • 167.


la ditrruzlo11t tlrllt 1ptranu

173

S5.pp.212elH). S6. p. l73. A p. In; -V~i:amo <S;(Ct .\ubirQ eon$idft'.i.d,.; a p. 2241':ieut:i ;tC'CUl:i: di fure l:a pt'oprì~ 1urobiog.t:lfi~ prim:1 d'3\·cr opet:uo. 57. p. 24. 58. pp. 162 ;g. 59. pp. 162 sg. Go. p. 171. 61. p. 77.

62.p.2 15. o.J. p. UI. M . p. 75.

65. pp. 133 sg. "6. p. 78. 67. Cft, pp. 3 13 sg. c 326. (;: 1u)tt\1olc come :illt profonde ndicì t!cll:i vi~ mol"..le Ji ranri dei nomi romh:imnrl si tmvì

sempre il Maz2ini. 68, Per qucs-to l)('riodo d db sua \'ir,1 efr. il diario dd fmcUo: La gtlt'l'm Jr/ '/5, Mil.1no 1?3 1. urua delle cose più sincere ,ldla 11(»:Cr.1 IN1er,m1r.1 di gucrr,1, c.,. pp. 265 '&· 70. p. 26 1. 71. p. 263. 72. p. 274. 73. pp. 17<, SS·

74. pp.-2G8 sg. 75. pp. 287 sg. 76. pp. l?.! sg.

n. 9 S,tntmbu· 19 15, p. is4. 78. pp. ~17 ,g. 7?. pp. JI? sg. 80. p, 322. 81. p. 337. 82. pp. •150sg.

83. /Ju<rtdt, 11. ?7. 84. Il mJt, Cnr10 eh .. p. 87. 85. G. STUl AIUC1t, Sripio S!ampnd1., pp. Sft sg. 8G. Cfr. l,.ntttt cir., I, 39. 87. lbkJ.. ~6. 88. !Md.• li I, ;IO. 8?. lbid.. I, I 07. 90. C. SrurA1uc11, Stipio Sl,w,pn dr., p. I J S. ?I, G. S'l'lll'AklCII, S.ipio Sl:tMf<rC:Ìt.. p. 89. Il mio U(ffl) cii .. p, 104. ?3. li m!u Cnnn cit., p. 122. 94. Uumei, ., li. 32. ?5. lbid.. 111. 14. 1

n.

9G. !Ud. 97. Il 111/q OmYJ cii .. p. 7l e Lcntre cic•• lii, 66.

~s. Lrum dt., IIJ, 144. ??. lbsm eh .. p. !). 100. /fumdt,. p. 66. 101. Jb,d.. I'· 164. I01. lbul.. p.218. 103. Pt>t lntcndue gli Suiui J"llitid cfr. il I apitolo dd libto di C. S·nr1•A1uc11. Seipio SJ,uaprrci,. I04. /.rual' cit•. Il, 136, 10;. U1tbYCÌ t. , lii. 210. 106. /bui.. 2)3. I07. Um•rc d 1., lii. 228. IOS, l:Uri>t ornc.hè più ,1v-.an-iat~ pi.'rdu: lo Sfat:i.1*r nofl fu conrr:irio nt ;iill'in1prm ,Ji Tripoli né :ilretp,1mf0nc dtll'l1alb ntll'f.gt::(),


109, E.i-a n~10 ne-I 1888, Sol ,:uoi.$Crim cfr; s<1pr.a, p. 13~. I lO, 8t:tno ripPmro 1n -~ Voa, 1ld pctpoll•, l'?IS, dict,nlnt. p. 186, Il l. Su e. .E. fk.&c)\ cfr. sop-rn, pp. 21 sgg.; s.uJ padre Ji lui Ani.lio, discepolo del 'lòwianski. c.fr. l';irricolo di U. 2:inoni 8fanoo io .. l.;'f...duo.zlan.;o Na:donalc•, 192?. pp. 585' sgg.. IU,pr, 111 ,g. I I ~. p. n6. 114. pp. 117 sg. 115. F'· 78. IIG. I'· Gs

cr,.

111. P'"'· p. .%. 118. Sull'Ulusionc, di una bcile usdllt d:alb "lrip~ìcc, dT. p. Il?. Cli. pp, )O $g., ankolo dd principio dd I 914. 120. pp. ?8 'S, 121. l'P. IOOJS.,30-.1(;-0UO 1914. Il.!. p. 109, Ol<Obre 19-14. 113. p. 219, lO,pròl, 1915.

i5.

124. r, 2.20. I 2S. En n:uo li 17 luglio 18?3. Cfr.: /,, mmu,ri,t d4'/ untmr Pùtnt &ma/mi, /11 famiglia ,u/ uetmdt> 11mtlvm11.rio J,.//a rrurru-. C'..tsrn~ 19 19. ~ un fuckolo mal compilato con J"1f«chie p.:igin~ non numer-.ltc: piummo bou.e c,he edùionc. finit':l.

I 26, pp. 3S <g. 127. Il. 29.

128. pp. ~ ,g. 12?.p.41.

130. p. 65. 13 I. 1ht PIAtllu CltJhm,, lruu~di Ci11/J11 LrdtJ l'.tssm,11, Cort(uu, 19)8, p. 21. !eru-ra ck--112 giugno J 915. li J¼:.(sttìni fiçlid del le-m:r-,J..lO come Giu~ppe l..ando r>:w-erini e~ n:1to il 4 :ttQSfO 18?3. c~dde :111'a.uaho J<-1 forti no di Clohf'l3

il 22 Ottobre 191 ~. 1;32. Sudi lui cft,$0prJ. p. 94, HJ. pp. 5?•61. 134. Su di lui cfr. s.opr::1. p. 17. Ohre lc- lcuerc, dd suo periodo di gucrr.t ( staro puhhlK".uo: 1ll 11ntu dJ gu..-m1, di.Imo di Gunltinv Cmullb,i. Mif:mo 19 1?, Lr L..-,urc s.ono più ricche d'intimiù; nd Dù,rJq invece il giorn;i1ista che- si dfond~ fuori di &é p«mde i1 ~pr.iWt"nto, 'fotravi~• .11,c:.hc con <1uc:.u,, ,uggdlo gionuli~tko, Il Di11ri1t mòSlra., in ccmfro,uo ccm le cnrri.~pontlcJ\U dei gior~II d':11llot:i, quel cht" ~wehhe .:ltMUO ~re un'on~t:l inform:nicu, e- m ll:i i;ucrr.1.. 135. D11mo cir., p. S8. 136. Cfr. in prop-0$h<1 le sfo.ttt Q.\\c'rv.1tione di R.. C:ll,ini n,•U:.t 1>1cf~1.iòn~ ;a.Ile Lmny. 137, l.rlUTt'cll., I'· 41 , 138. /bùl.. p. 48.

13?, Dùm'odt., pp, "1.40 sg. 140. ib,d.. p, I/4 I. 141. D1i1rio eh .. p. 7. 142. lbùl., p. 4. 14J. lbùl.. pp. S si. IM, lrurreci1.. p. 20, 145, !bui.. p. S/4, 146. /JIUP't-d r., I>. $4. 147. lbid.• p. 33. l•fS. lbllf. È d;a l\ornrt inoltre il tono alfa IX Artlki.$ di ak\lni boucui inseriti nd l)iari.o cit .• pp, 89 .sgg.• ('Jrrdl /H'lr /11 rrmpnJ;gurrl'l1; pp. 159 s.gg, P.:awc Ji &ut"m in oipe,, bk. 149. 01111'/l! eh .. p. 11 5. Cfr. -anche lt> 1i~t'\ie $Ull't'lìtremi$mO del P..turo, ibitl. p. 6?. I SO. /J1ur-e dt., 1>. 138 (2.9 :.prilc 1916). C(, :anchr: Dbrio cir., l SO ~g.

rP·

151. C(r. IA1'rY dr•• pp. 20. 2?, 42, I ;2. Cfr. P. MARCONI. Id J1.dii li mm,mdmnehlt), Firenze $. :t. Il M:ucon1, uudenre in hlfW&Mri-:1. ndl':11go.s-ro 18?5. Ca.dde 1 Q uot:t 2179 (regione dei l..\ghl Lue-:ali) il 16 g.iug_no 1?16. 153. p. 20. I ;/4, I'• 25. i;;, p.• I.

!'r:'I

n:uo 11 Vcr<in~


la ditrruzlo11t tlrllt 1ptranu

175

156. ,,. 42. 157. p. jO. 158. p. 62. 159. p. 65. 16-0. pp. 47-4?. IGI. p. 64. I62. pp. 82 .sg. I 6.l. /bkl. 164. pp. 82 ,g. I65. p. 98. IGG. Nacque :i. C'e$f:n:t il S dicembre 1-884 d:11 dottot P'to e d.l R:Khcle 1:..wlni. C:1dde sul Podgom iJ 20 luglio 19 l). 167. Ùqcumc1110 dcll':immir.ttionc ch'egli godC'\".I in h-alìa i:- il f'as<icòlo, dcdic-.togfi. nel I? I S. daU!I ,Noètio, 168. Pubh1k310 primi nella 1i\•&$rJ ~u Vc)u,,.. e poi ;1, Mil:inò, preW> ·1ì ·c\;~, nc111\ $te(~(> ,umo 1915 in~icmc con un 1mp,io m:inipolo dì !mere cbl e:.1.mpo. 169. p. ?. I70. pp. 22 ,g. 171. p.27. I 7 2. pp. 28,3(,, 173. pp. 4J .46. 174. pp. 62,6?. 115. ,,. 8 1. I76. p, 90. f: nmevnlt' C'Onl t I.a figut-.1.'lÌ(ì!\c dcll:1 iui pret:tckntt- vh1, dtt' rkcw: J'lmpuJ~ d:111:. ~u:a ..voglfa e curiQ,iri•, riproduca lo <:hda dcll'c'iamc di coscic.nl'-3, dove dktfo <' più forte. di umC' le argomenca;doni :St-.l un impulso inNplic-.uo.

1n. p. 154.


VI U. La guerra solfe rea

O per continuità col Risorgimento e per la mira di completa.re l' u nità territoriale d 'Icalia, o per instaurare una più alla giustizja fra i popoli, o per rinsaldare la compagine della na1.ione ancora rilassata e soltèrente degl'insucccssi di Cuscoza e d'Adua, o per bra.mosia di poten1.a, o per irrequieta smania d i cose e d 'espcrienze nuove, nel 19 15 il fiore della giovinezza desiderava la guerra. la grande prova. E sosteneva i giovarti l'intellercuaJe speranza di dominare e d i con1enerc l'c>spcrienza nuova cncro i quadri ddl'espericnz:l srorica precedente ed e nrro i posrnlari e i concerei formatisi nella seconda metà del secolo Xl X: sl che la previsio ne e l'o rien tamento spi ricualc mitigassero la prova. C i<'> invece non fu. L:csorbitanza dell'opera in acro dal conccrco p rimo sempre errato di prosperciva e di proporzioni (e guai se così non fosse ché la previsio ne paralizzerebbe le audacie e le volontà}, l'esorbitan,:a comune a rnrre le intraprese umane, nel caso della guerra ~aggiunse raie ampiezza, che quella generazione fu come cravolra dagli eventi suscitati. Aveva voluto la tragedia: disse Dio: qual chiedere Sarà. l i domi nio inrcllcttualc dei fiuti, che avrebbe reso la p rova consimile alle prove dei reucci delle fiabe o alle prove d'in iz iazione nelle sette, mancò. C i si trovò di fronte alla ren'tl i11cognira. La tragedia fu tragedia: ureo contro forze inesorabili. Chi aveva speraco

che la grandczu degli eventi J'iverberasse un raggio di gloria sulla propria persona, e aveva avuco la br:una del «fure la sroria», chi nella guerra aveva sperato un p iù incisivo ,nezzo d'azio ne, quasi che la mirragliatrice o il cannone potessero potenziare il volere, si trovò sm:trrito nella moltitudi ne innumere, senta rilievo d'azione personale, sim ile in runo alla cartuccia e al proic:no., che le mir_ragliatrici e i can noni consumavano con insa1.iara fume, mu.niziona1nenro uJnano dcli a guerra. Per reggersi dove tee pic1:,rarsi con più umile dcdizjone, con abnegazione assoluta. Nella vigilia si era paJiato d i prova; ma si contemplava sempre in isperanza la gran-

dezza della patria, già fuori della prova. Nella guerra invece la prova fu la realtà: la speranza parve allontanarsi infinita mente. In momenti cerl'ibili si visse l'agonia della patria per l'audacia dei figli. Si visse l'orr-0re della strage e della morte li no al limite in cu i la


Li, gun-m sofferta

177

sensibilità non rispondeva., e parve perdersi b dcl ic:ara e fi nissima educazione ricevuta (pensare che anni prima runa l'Europa aveva parrccipato con l'a nima al caso Drcyfus o al caso Fc_rrcr, sentendosi responsabile d 'u na sola vira, d 'u na sola ingiustizia), ma sopra tutto si rasentò lo s marrimenro del senso dell'essere. Lo sforzo della fatica oltre ogni limite, la necessità di esser duri e implacabili, lo svuotarsi dell'in telligenza nella vira militare. il restringersi del proprio orizzonte alla quota nemica dominante, alla ridotta o all'elemento di trincea che vomitava il fuoco ddla sua rnirragliarrice e i s uo i •baril1>tti• sulla linea. il pes" di responsabilit,\ che pàre,•a no n dovesse finire neanche con la vira, il tarlo assiduo della nostalgia, l'awili111ento delle piogge, del fango. degl'insetti. costiruivan l'incubo della guerra. 1 giovani giungevano in linea con quello che fra i combatteori fu poi dcsignaro «il sac.ro entusiasmo del ' 15». Non tardavano ad accorgersi che la guerra reale era ben d i· versa da quella fantasticata. Bisognava precingersi cli pazienza, d'ostinazione, di tenacia disperata. Lo segnalavano ai compagni e ai fratelli che dovevano seguirli. Motiva la guerra garibaldjna. «Ricordati che la reald1 della guerra è assai d.ifforencc d agl i entusiasmi giovanili·; non ci perdere mai d i coraggio e cerca d i diventare filosofo», scriveva il te ne nte And rea Tuili•, veterano d i Libia, al fratdlo Etcore che s'arruolava volontario. Gaeta no De Vira' confessava ai suoi:

(16 agosto ' 16). Ogni bel gioco dura poco, cd i: proprio il gioco della guerra che fra rutti non dovrcbhc prolungarsi canto. Vi assicu ro che quell'entusiasmo dei primi mesi per essa non lo conservo più e solamente perché allenato e perché spinto dal dovere far<) tllttO e bene in caso che si ricorni al fiwco. L'ardire e b sfacciaragginc dei primi mtsi di guerra v'a.ssicuro d'averli perduri : forse ritornerebbe :11 momcnro propizio, ma non potrcì disporre di essa a sangue freddo. Ma a un comandance di

rcparro, quando non man.ca la calma~ non manc.'.a nulla).

Nei momenti grigi l'animo s i rivolgeva al sogno vissuco nel maggio

·15. All'annun-

zio della morte di Ruggero Fauro così scriveva Giacomo Morpurgo•:

È assai peccato che sia morto. La sua perdita mi ba ridestato il ricordi> d; questo mio interessantissimo inverno r<>mano e dc-Ila bdlissima primavera di preparazione e di speranza. Pare a..c;sai lontano tutto questo. Si è volut-a la guerra con una meraviglio· sa festa. Eppure s'è sofferto in quel maggio; mi ricordo d'aver passaro giorn:uc ango.. sciosc. Una stra rornammù su io, P.iol<>, Xyd.ias, Coscantini e ((ualchc alno. E Xyd ias p:u l:w:1 con voce SJ>C'lZata.; pa.rcva che ruuo fosse finito, sembrava la morte di cune le nos,re speran,,e. E realmente si soffri. Eppure io ricordo tutto attraverso la visione ru rutto quel popolo immenso che mosse su da l'ia,.za del Popolo al Ministero della guerra, al Quirinale. ad acclamare csulrantc la guerra che ormai esso avevo voluto. lllno qucsro mi sembra assai lonrano. in qu<:sra piovigginosa e fredda giornata di settembre. H<> visco che cosa è la guerra, e sl ch e non ne ho visto che alcuni piccolissimi e li mirntis.si ml aspetti e riflessi. Cerro quando la gridavamo, quando la chi<:clcvamo eccit~ci, csulcanri, frementi, non si pensava precisamente agli aspeni


giornàlieri della guerra: ne vedevamo la gloria luminosa, ma non la pazicncc opera quol'idlana. Era n,.:cs.,ario che fosse così, sarebbe illogico é malè che non fosse staro così, abbrac(:iandonc il compl~so. e p rcvtdtndone i risulrati: così si doveva vedere e con• $iderarc la guerra allora. Orn c-hc ne vediamo i particolari ncccssaria.m en,e meno belli

e a.s;-;:ii dolorosi.è indispensabile che ognuno di noi non perda di visi, quell.a visione bellissima della guerra che ci apparve in quello sfolgorante maggio romano: la visione completa· della guerra redentrice'. Nel sinistro maggio 1916 insisteva: Per mc il ricordo unico, splendido è quello del maggio glorioso del '15, E il ricordo ancora ini desta un'ebbrez:t.'l. ancora sento un:i ventata che mi gonfia i1 cuore. e l'anima. mi rinnO\':.l veramcnt<: forza ed entusiasmo. La visione annulla in me- il ricordo grigio di quesco lungo anno di guerra (non so se lungo per me, ma cerro anche per mc piuttosto grigio nel suo complesso) e lo sopraffit e lo domina. Orto, set quando giunga una pae<.' vittoriosa, io non ricorderò che il principio e l:.t fine: riunirò il rnomcnco della supréma volontà col momenco de.Ua vittùria che ci darà ciò che vogliamo. Scorderò. vorrò sc,,rdaro lo sforzo lungo, continuo, doloroso della guerrn per se srcssa. Riand:,rc con lo mente a quei giorni di forza e di bdlc:aa mi eccit::a ancora, mi soddisfo mi ricempr,1. Adesso pilt che mai mi pfacc aver presence come sosr~-gno Roma nel maggio d'oro del 19 1s•.

In un solo punto la guerra parve adeguarsi al sogno del maggio: nell 'espugnazione di Gori1ja nell'agosto del ' ! 6. Le lettere parlano dell'erompere dell'esercito finalmente fuori dai ripari trogloditici, nell'urlo della vittoria. La grande vinoria del giugno '18 ill cui si fiaccò l'impeto di rutto l'esercito austro-ungarico, diede una coscienza più piena e soddisfatta della vittoria; ma l'in:ipero, il volo folle della vitroria non fu mai sentito come nella baccaglia di Gori?ja,. Qucsro andito di vittoria cc lo d,-scrivc una lettera del sotrotentntc conte Domenico Fabiani, studente in rnaternarica, che in seguiro çaddc il 15 novembre 19L6. 11 16 agosto così scriveva: Sono tornato a riposo e l)avr.ii saputo daJ telegramma di ieri stra. Ho panedpa,o a moltissimi c-ombanimc-nri. Lazionc cominciò violentissima il 6 agosto, cd io con la mb compagnia fui il primo a raggiungere la cima cld San Michele' sotto il grandinare delle pallonolc e delle granarC': sembravano non pili uornini! Passammo suhirc.) l:t prin'la linea ausrriaca, poi la .seconda e la ren..a, <! lì rni fc.rmai, perché vi giunsi con appena una quindicina di uomini. Alla sera mi furono mandati i rinfort.i e sostenemmo senza crollare il terribile contrauacco auscriaco. Li ributtammo con la baionerla, fucendone un carnaio. L3 giornata d fruttò un migliaio di prigìonicri. In quei n,omenti di vero delirio, lasciai libero corso alla mia vendetta, al mio odio contro il nemico, al mio amore per la nostra grande patria. li primo ureo fu il più tcrribik·, ma ... passammo. 11 secondo giorno ricominciò, da parre nostra> il bombardamcnro e di nuovo


Li, gun-m sofferta

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l'avan1..at:1. Fu grnndiosa. sublime! I nemici cerrori:a..1d si arrendevano in massa, e proseguimmo, .superando valli e monti, per circa tre chilometri. Il ttrLo giorno. altro assaJ co generak alla haio11et1a, e ci trovammo prt:sl'O sulle colline di Gorizia, è con ciò l'occupazione della città sacra fu compltta, de6niri va, intangibile. Che bdlez:z.a. mamma mia! Giorno per giorno abbiamo cònrinuarn l'avanzata cd abbiamo 1>rogredi,o per circa OICO chilometri, runi di montagne. L:altro ieri. ultimo nostro gioruo. abbiamo sferrato ire assalti, sul cocuzzolo d'un monte dove s'erano anni<bti gli austriaci ben muniti di mirragliatrici. Al terzo assalto, finalmente, l'occupam mo fuccndo st rage dei po chi superstiti. Abbiamo solfono per for,a maggiore fomc e sc,e: ma tuuo abbiamo superato di lieto animo con fedeltà ed onore. C redi che ho furto assai più dd mio dovere. Sempre primo aU'attacco, sempre primo a lanciare il grido faridico di «Savoia)> e i soldati mi seguivano ammirari e renaci . . . ~lì dico questo non per menarne vanto, ma per mosrrarti che i n qu~.sti momcnd chi ha un pt'>CO di $Cnrimcnco deve sacrificarsi in tuno e per n1uo. Sono s1aco ,rnchc forrunaco. Sono uno dei poch i ufficiali sano e salvo che siano cornati indicrro' .

M:): fu un momento. Pt r rut{o il resto del tc1npo si combacre, si vince s'avanza, ma 1

con lena a/tannata, ritardati, come risucchiati dal faingo, Hagellati dalla pioggia: si supt'· ra un ostacolo per urtare con forze logore in un ostacolo a nche più duro. Poteva aiutare nella prova solo un a condensazione disperaca d i volon!ÌI. Ecco per esen1pio come s'intravedono i combattimenti del novein brc ' 15 suUc pendici del San Michele nelle lenere di un ufficiale meridionale d1e vi cadde valorosamence••, (1 I novem.brc ' I 5. ore I 6.30). C1rissimi, ho condono il mio plotone alla vitto• ria e hc) manrt-nu10 la posizione conquistata dal valore dei mie i soldati. Stamani è venuro un alrro cencnrc a darlllÌ il cambio. C he none che abbiamo passaro! Il fango mi arrivav:t fi no ai ginocchi; .se-nr...1 coperta, $tnza n1antd lina, pioveva ord bilmeme! li nemico conrratraccava con vigore. ma ho renuro duro si no a sr:rn,ane. Sto bene in salute, ma estenuato dalla fu,ica. Sono fradicio d'acqua" . Continuò a combarrere altri quiodici giorni . Corrorc lo sopraffaceva. (21 novembre '15, ore undici}. Non p0tctc immaginare l'orrore c lo scempio della lotta a corpo a corpo. È una cosa orribile. e m i auguro che non si abbia più a verificare cr3 popoli civili n. Ma l'entusiasmo era d ivcnuro volo ntà incrollabilc. Alla vigilia della morrc, nel l'ultima cartolina allo zio che lo ave,•• ed ucato scriveva: (26 novembre '15). Domani al giorno daremo U'assalto. Sono pronto a tuuo. e il mio an uno è più sàldo del maci'gno del Carso••. La guerra accoglieva quei giovani in un paesaggio nuovo, non previsto, s imile all'in-

cubo. Si reagiva con u na tensione disperata di volo n tà. C i avanzano quadri fantastici


della gvcrra notturna del primo anno. Un bombardi~rc cosl descrive al padre il San Michele prima dcll'agosco dd ' 16. (18 lugllo • I6). Duronre il giorno qualche raro colpo di cannone, ricorda che a pochi passi ci sono gli austriaci. nsoldati lavorano o dormono. Si parla a bassa voce. Dinanzi a noi, per le feritoie brevi, non si véde ntssuno. J\13 appena Je prime om ... brc della stra trascolora.no le cose, non appena ci si scnre soli nel bu.io, comincia la

!ocra. Echeggia una focilara. un'altra risponde. li fuoco si accende lenramencc sulle linee. diventa sonoro. Le mirrag:liacrici, sospcuose, bnciano rafficht brevi in varie dirc:-1.ionl, come un cane assalito da n'IOlri, che si difenda. Poi lenramcnre il bosco si

riaddormenta. Un razzo sale nell'ari:) rapido, s'accende, risplende, ric;1dc lentamente tra gli arbusti bruciacchi:ui con un bagliore acccc-ante. Poi d'un tratto ricomincia la musica: si senmno fisC'hiare le schegge delle bombe a mano. si sentono arrivare i grossi barili carichi di esplosivo. che gli austriaci lanciano su di noi. li maggiore di funteria ordina dal telefono di fur finire tutto quel fracasso. Brevi ordini: si dà fuoc<> alle micce: i piccoli mostri abbaiano con furore. s'impennano e scuotono le piazzole tenaci. Serre otto bombe nel focolaio frrequicro, e gli austriaci capiscono cht è mtglio non continuare. Poi~ad orit'·n,e, imbianca lcnramcntè; un tenue bagliore d"oro sorge dal fondo; gli alberi incominciano a perdere le foro forme paurose; i funrasmi,

che rendono le v,1;1ic angosciose, scomp;iiono; le fan ta.~ic tormentate si acquict.ano.

Il chiarore si spande sulle cime: poi, a poco a poco, toglie ai valloni sottostanti il loro colore d'abisso.1uno cacc dù nuovo, i soldati si addossano al muro delle trincee, comindan.o il loro breve sonno'4 • L, linea fra il Sabotino e il Podgora nell 'autunno del '15 rivive in una leccera del Baccaglia ad un suo professore: (I Oserrcmhrc ' ! 5). Da dodià° giorni mi rrovo in guerra, sbalz.1to ilinanzi ad una

n:alrà formidabile. Ne ho ancora gli occhi pieni di sb,lordimenro, e l'anima ancor dilatata in un respiro fumoso rcmp-csioso squallido, che la incava d'angoscia. Sono qui in una vira spavencosa di trincc;,1,, a ccnrosettant':'l mcrri dag1i ausLriad. Ne udiamo le voci, ne ascoltiamo le ingiurie, le grida festose, le musiche. Suonano le fisarmoniche. scandono con un ritmo gu11uralc certe rarantdlc grottesche, bestiali: e ci invitano a melodiarc. Debbono sentirsi gonfiare il cuore d'un vago desio di melodia irolica: gli è che St" noi suo.na.ssimo una di qudlc sentimentali canzoni che inebriano il nostro pnpolo, ci a.scol,ercbbero chb,i, ma ci pagherebbero poi con qualche micidiale granata. Perciò le nostre trincee trab,occanc> di silenzio. A notte. quando la paura invade il nemico che senza rrcgua spara fucili e micragliatrici <: razzi luminosi, i nostri soldati seguitano 3 rispondere con un forre silenzio. Ho ptt'iaro Jue noni consccUtive in rrincc3, a pena giunco. poi ranrc altre sottc.) le Stelle che mi versavano rnWik;1lmenre

nel cuore b nostalgia della caso remom, sono la pioggia che m'immollava fì no alle o&~a e mi riduceva un solo mucchio di cenci acquosi e fa,1gosi. Che impressioni, mio Dio. Eppure dormivo, a traui seduto sulla «:rra fredda, immer,:o nell'acqua e nel fa11go, mentre i razzi nemici sbiancavano fant'J.Sticam<'nte le nostre trincc-e, e :senza tregua le palle si schiacciavano frcdd:uncnte, conrro le masse coprenti. Il giorno ::iccennato da Cadorna, in cui gH austriaci cambiarono le loro milizie. patimmo un bombardamento spaventoso: per qualche ora vivemmo sotto una pi<'>ggia di ferro e di fuoco. Cerri tracci <li uincea cran piene di ferro: le granate se.oppiavano raJvolca sui


Li, gun-m sofferta

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nostri blindamenti squarciando dilaniando sconvolgendo. Ci tempestavano d'ogni parte, prendevano le nostre trinctt persino d'infibta. Eppure non avemmo che un more<> e qua1rro forili: era il primo sangue ch'io vt(levo. Ma i soldati mi maraviglia .. runo: non si mossero. nrnntenncro un contegno che mi sba.lord.ì. Negli inrerv~\lli dello scoppio di due proicnili, scguiravano a mangiare, fu mare, bere: al sibilo dcl proieno si r:lggomitolavano islinrivamente, per poi ric:.1cciarc i denti nel p:lnc. Ho visto cose miracolose. E.ssendo io di servizio quel giorno, eco !'«nico ufficiale che si trovasse nelle trincee, in mC'LZO ai soldati, per dar l'esempio di rimanere al proprio posto: ebbene, essi pensavano prima alla mia vic:1, poi alla propria: sì precipitavano su n1c, mi coprivano con un ravolonc, su cui la tcmpe.sta <li ttrrn sollevata dagli scop.. pi strepitava sinistramente. Durante il bombardamento ho visro dei soldati sdraiati a terra dormire tranquilli come in un lette) delle loro case. Una granàta i! .scoppiara ai piedi di una vcdett-a che è stara ricopcrra di rerra: ebbene, non s:i è mossa. insensibile Statua. lnrerrogarn poi perché non fosse fuggita, rispose: «Perché i miei superiori mi :wevano ordina10 di star lì, qua1unquc cosa fosse avvenuta,... Figum tin1id:1 e :1.ensibilc di soldato meridionale che non .scorderò mai piì,. E pure dird bugie se affermassi che i nostri soldari fon tutto ciò per entusiasmo. Oh, mi creda, qui, dinanzi alla spaventosa realtà che chiama disperaromcnte a raccolta tutti gli istinti della vita, non può esserci entusiasmo. C 'è senso del dovere. C'è ... in Italia bisogna che non s'illudano, bisogna che spengano le loro fiamme garibaldine nell'acqua lenro monotona del la tenacia, clella pazienza, della costanza. L, nostra guerra sarà lunga, dura, dura, foroce. Abbiamo dinanzi w1 nemico fom1idabilc e valoroso inchiodam a un suolo formidabilissimo. Abbiamo dinanzi un muraglione liscio che non dà presa: per .sali rvi. hisogna amrhucchìarvi sort<> elci cadaveri. lo son qui coi miei soldati dinanz.i al campo trincerato più l;,rmidabilc del mondo: siamo in una valle infernale di cui il nemico occupa le vene gremire di artiglierie e d.i cenrinaia di rrincce in cemcnt'O 3!mato. D unque coraggio e tenacia". Nella trincea s'imponeva anche la realr-à della morre, che nei momenti dell'entusiasmo era stata considerata, anch'e.~sa, come mera possibilità.

,,rn fondo, subiro dopo i prin1i giorn i - scriveva nd suo diario uno dei sopravvissuri - ci siamo accorri che in guerra. avanti ruuo, si rnuorc; poi si combatte, poi si vince o si perde, e da ultimo, appena, c'è la speranza di poter sopravvivere, feriti o incolumi,.'' · !:esperienza poteva ancora essere accettaca con serenità come faceva un altro grana· tiere, il Capocci.

La calma viene dalla rinuncia cc)mpk·ra: ormai tornare 3 casa è c:os.a difficile: bella fortuna. Noi invece si vive rranqui lli perché .siamo convin,i che dà.i oggi e dii doma• ni, 3rriva un colpo che d manda :1.I creato re. Siamo insieme cinici e sereni. Cinici, p~rd,é con canti morti, ranri di~gi. non si può approfondire il dolore. S'impazzirebbe. E allora uno se la prende con filosofia e pensa: c'è quello che avviene sempre, che avverrà dornani; e non ci pensa più. Dd resto, c'è poco da discutere: se tu hai paura, non sei w, uomo; se tu hai paura di morire, sci un tale incosciente che pensi alla rua pelle come se fosse qualcosa di prezioso. t un fenomeno tanto generale, tanto grandioso. che pensare alla singola persona è incosdC'nza~egoismo, paura. Son migliaia di ufficiali che fon qucsra vira. e mni, specie i cararreri forti, son rassegnali e quasi conrenti ''.


ln quesra sicurec,za della morte venivano per lo più redarre le lettere tcsrnmcn,o.

(6 agosto '16). Babbo e mamm a carissimi, fra un'ora parto per partecipare all'azione. Difficilmente tornerò. ,¼ a sono tranquillo. giacché ho la rdigionc di Dio e della Parria. Se dovessi cadere abbiate la for,a di sopporrare cristianamente la svcmura. Vi abbraccio e vi bacio ,urti e due tenerissimamente. Per bacco, ho gli occhi lucidi! Ad Arturo, _Bencdcno, Umbenù l miei baci più c.arPr. Ainad genitori, congiunti carissimi. È una di quelle giornate piovigginose. tetre ed oscure, che predispongono alla malinconia anche l'animo più allegro, più gaio, più spensierato. Una dolorosa cd insistente n<>staJgia invade runo il mio giovinccuore~ mentre la mia mcnt(' continua a fantasticare pensando al dimani, e brutti presencimc:nri s'insinuano ltnran1cntc ne.I mio Cuùrè. fo muoio tranquillo. perché muoio per un Gne giusto, che è sanro, muoio di mone gloriosa e onorata. che non potrii. a meno che tornare di conforto ai cnici sconsolati genitori. Sì. io muoio uanquillo e sere.no. muoio con la vostra immagine scolpita nel cuore, col vosrro nome sulle htbbra. col pensiero rivolto alla vosrra cara mcmoria 1' .

Si formava poi uno staro d'an.i1110 speciale nei moriruri: qudl'ecci1azionc e qucll'cbbre1.za un po' macabra, che così frequente dominava nelle mense d i battaglione: uno srato d'animo da Conciergerie duranre il Terrore: il desiderio di for palpitare un'ultima volra la propria vira, un'orgogliosa spavalderia con1ro la morre, un affii.nnoso pro1endersi verso la gioia, come il moribondo all'ultimo soffio virale. ll De Vira crudamente scriveva: (26 novembre ' 15, a una parente). Uno che sta in guerra trova stesse si nelle coudi1.ioni d'animo di cbi è affi:1to da tisi: si senie COI\ il male addo,-so, prevede spavento qud giorno, e pur dcv'csscte convinto che potrà portarla per le lunghe. ma mai schivarlo'0 ,

È l'animo dei sacri a morie. Vivono in un terrirorio tuno loro. Si va. si viene, si compie il proprio dovere con serenità, ma la vita qua.ggiù par<'.' lonrnna dal mondo, oh quanto! Più che lontana, cstr•nea. Ho sempre l'impressione che una gran nebbia mi celi l'altro mondo di là da Cormons, e che se rorncremo sarà per un miracolo. Noi dobbiamo vivere qui:(; un dcscino silnile :J una condanna sacra. Tutta la notte odo il rombar del cannone scnz;, fine. Dal Monte Nero al mare pare non possa tacere mai; contro Oslavia vi sono tre batterie che si a·cc-aniscono t1.1rm J.a notte, méntrc altre guardano al Peuma e allo sera~ dalc di Osteria_ Quasi sempre risponde il fuoco dal Podgora, e si perde gi,, nell'eco dtl Carso, che nelle notti rcmpcstosc è simile a uno spalro lambito p,:renncnlén1e daUt fiamme: razzi, proicrcori, Ya!Jn pe.


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È l'Italia insonne aggrappata ai picdj di queste ul.timc soglie di Gorizia e di Trieste, venata attraverso ai suoi campi da.l sanguinoso Isonzo ... ".

l\1a se i cuori giungevano a chiudersi al rcrror della morrc o per uno sforzo di volonrà o per un abbandono di stanchezza, lo strazio veniva dalla vita orrenebraca. !.:angoscia di guerra si leva dalle disperse lenere e dai brandelli di diario come un coro: in rune le più disperare situazion i. Pauroso sopra cuno il primo inverno di guerra, e, nel primo u1verno di guerra, l'orrore d'Oslavia. Piove, piove, piove. Si diguaz,.a nel fango, si è lordi di fango, sì rcspir:1 nebbia. Gli abiti sono sempre inzuppati: le tende, le baracche, le rane stillano acqua. Di notte si t-ammina sotto uno scroscio senza fine. Qualche volrn la grandine ci Aagclla. Qu:u1do vedo la curvi, che scende da San Floriano carica di <tavole, e questi piccoli e.roid fanti che cadono, sì levano. beStcmmiano e pur proseguono con due tavole sulle spalle o con u.n roiolo di filo spinoso portato in coppie, comprendo cosa sia la fatica, il hiblico sudor<' della fronte.... La fatica che uccide cchc manirizza rimarrà, frJ le irnprc~-sioni d'Oslavia, la domi• nanrc; resisfcre al proprio posto vedendo ntll'avvcnirc una nebbia più fina di quella che ci sep:u a dal nemico, rtsis1cre nclh trincea avain?.a1a sapendo che si è una senrindb pcrdu,~, di fronre ;11 nemico, resister<· sen7.a polcr va]utlrc l'imporr:uw,a di una posi1.ione nel suo complesso; resistere con una m31~nconia sen1.a. nome in questo fos . . s.,ro di fango apcrro verso il cido, che si chiam;t trincea; gc"ar gabbioni or della linea e vedere iI lavoro proce.dere lento come il lavoro di Sisifo, ricordarsi di essere stato

fino à<l ieri un ,1on10 con un lavoro proprio. mi; fa.migli:1 proptià, una responsabilit?i propria, ed essere ora un numero nel fango, consapevole del proprio sudiciume c.he non si lava, del.la propria scanchc-zza che prosrca, dd proprio avvilimento che coglie l'intelligenza, <JUCStO è... il martirio d'Oslavia". lvti hanno porcam sramanc i1 diario di un ufficiale della brigata Ancona> mono al tcrlo contrattacco d·Oslavia. Non lo m.1J1dcrcmo .a su.a madre, mai pii1. O madre, piangi il ruo figliuolo, ma scnm sapere a qu:1li abissi di dolore - sen101 perdere la sua fede- sia giunco. J.:ho leuo con w, amico: alla fine ci siamo guardatj senza parlare. Verità, verità, perché scriverti sempre?

... E un giorno noca, disptr:ito: uEcco, io oggi agisco per punto d'onore. Perché per parriotrismo non più?» E un'altra nota chiede la pace: «Sono croppo stanco. Non sono malato. ma non sono intelligente. Ptrché non so scrivere? ... Quel can none ... ,. E poi segna parole d'ironia per un inciramcnt<> vc:nu10 di lontano. Una notte. d ue appunti dopo l'auacco: •Non è riuscito> ma mi sono portato w1 bene. E bisogncr~ ricordarlo giorno; di.. ciasscnc bauaglion i di ~11'u.l ici reggimerui banno acraccalo qucsra sera O.slavia. Non

c'era ordine di operazione: c'era sohanro una direzione d'attacco. Ma la direzione la davano le cannonate nemiche. Quanti morti. mio Dio! Ponci morire cosL .. Ma per- ché diciassette battaglioni accozzaci alla rinfusa. ciascuno avendo a guida gli uomini che s:iptvano andare pH1 avanti, battaglioni che giungeva.no da qui ndici, venti chilom<'-tri cd c:ra.n chiamati rincalzi, truppe fresche,<· non m:trciavano più?

Guardate; per la Strada di Case della Riunione le mostrine di otto brigate s,ù morti> sui feriti, .sulle colonne che van no - fune di noi senza nome - all'arraccoit.


Qua,cro sere dopo: •Ancora. Non so più nulla del mondo. non si vive più, si combatte. Oggi è morto mio cugino capitano. Non una lacrima. Ma chi siamo?» Qualche silcn,.io e poi ancora: •Obbedire e soffrire. Che Co$'era l'amore~• E il

giorno dopo c()mc un pcnrimcnm: «Ma perché non parlo dei miei sold,ri! Quelli non sono ccreb'r.1li. non pensano"> non scrivono cc.lmc me: sono in gran pane bravi e

muti. E si battono e dormono nel fango. Ba.ciare i loro piedi• . Due giorni dopo: . Orrore, un al,ro attacco. Siamo arri vari dove si erano fermati i granarie.ri tre giorni or sono. Li abbi:uno trovaci ,noni allineoci, cutti bocconi. Ma questa nonè almeno non poirebbe piovere meno?, E all'alba dell'ultimo gion,o: •Stamane ordine d'anacco. C'è il sole. Qucs-ca volca mi S('J1to ancora un po' di gioia e di fede .. .• Po1 più nulla''·

Lo stesso orrore nel d iario del Capocci che coi granatieri occupò e ccn ne per breve tempo la quota di Oslavia. (5 novembre) . ... L'alrra nortè /, staco un vero inforno! Ho avuto la soddisfazione

di scn,irmi diré, da gente che ha fono la Libia e la guerra dal principio, che/, st3ta la .none. più inft.~rnale. Dormire nelJ 'acqu~ è una cosa che non si comprende quanro possa dare ai nervi. Dunque, dopo una giornar.J. di com.banimcnro. si corna su., e si rrova il posco della

nostra tenda crasformato in lagc>. Si prosciuga alla meglio ci si bucra giù a dormjrc, il capita.no, Marw,d ed io. r•ensarc: che: eravamo r,mro stanchi, e non abbiamo potuto dormire un minuto! Le copcrcc che ci levavamo da dosso e ci mettevamo sono per non star nclracqua, pe r stare un po' più soll('vati,. s andavano man mano era.sformando in bpugne e l'acqua imbeveva i pantaloni e le murandc. • Forcu,,a che ho il maglione•• pensavo io! E dire che dopo un po' avevo la schiena bagnata. Ho dormito rivoltandomi ogni cinque minuti, comprimtndo sempre pila queste coperre ormai pregne, che camavano sole . I gonli,i appoggiati sulle giberne, i piedi sulle altre scarpe, per non ccncrli a rerra, il corpo :id arco: fure il ponce come un lotcalOrc. E pensa.re cJ,c si dirnenrica nitro, subico, che quella sera si rideva dei nostri guai e si cantercllav,,. E cutta la none cannonare: questa mo111agn({ che ci spar:.'I cos\ vicino e ci serazia gli orecchi. E ogni canro roffìchc di fucileria. Tendi l'orecchio: •Che è, non che è? .. Dice il c:.'lplrano: •(Niencc, dormiamo; i nostri non sparano». E che vuoi dorm ire! E dai fuoco a una sigarcrta. Accendi, accendi, i cerini sono bagnati, la ca rta vecf3ra I: una pappa. Neanche fumare si può. E qua ndo si fa giorno? E turca la nOcte gente che passa, piangendo. chiamand o ai uto nel buio del diluvio. Gcnre che s'è sperduta; che ha avu ro paura; che è rimao;ra ditcro, d.uranrc il 1

com bauimcnco, e che non è cornarn su cogli ahri. E ora si lamentano. pi3ngono,

cadono giù nel fango, bagnari, avviliti , paurosi di pass:irc guai. consci d'averla fatta grossa. E tucta la none 'luesta genre persa è andata gi(, e su pcl vallone, all'oscuro, sotto l'acqua, tra lè fucilate delle vedette, sbattendo e attacca.ndosi ai re,icolati. C he inforno! l i sole è la salve-aa. È basro,o 1111 po' di sole per far tutto dimcntic:irc. Con l'acqua che s'evapora, il cervello riposa. Durame b giornata s'è dormito benone: un po' di cognac, un ponci no bollente col mio fornellino , e tuno Sta a posto,...


In una lettera al comandante di batraglione ri ma.sto ferito il Capocci descrive l'espu· gna.1ione d'Oslavia il 20-2 1 novembre 19 15. ( 11 dicembre ' I 5) . ••. Si ricorderà forse anche d"avermi chiamato a gran voce- lei

era sulla strada a fianco ddla Madonnina - e J' avcrm i dato il primo slancio: siamo partiti di gran carriera. facendo ruzzoloni atrmvcrso il vigneto e i reticolari, poggiando a dt-srra ddla quarta, poco a destra della strada. Sulle prime rrincceci siamo ri,rovaci1B<>lbrdi c<l io: abbiamo poi cambiato suada: la quarta a sinistra, la prima a desrra. Ausui:ici niente. Lei ricorderà le gran grida, gli urli selvaggi e rauc hi de i granatieri: cran g ià runi senza voce: «J\vanri, avanri Savoia!,i,

Ci butriamo giù pcl rovescio dd b quora, intravediamo i primi cappononi cdes1i: scappano da rune le parti; i granalicri li inseguono a fucilate a brucia pelo, a pochi meui, li sbudellano. Alcuni scappa.no verso un punco a ridosso della .:oll inetra; li raggiungiamo in una pia,zeua,sulla quale s'aprono le porre di due baracche mezzo incassate nel monte. Le porce ci si sba.rrano in faccia: ci sparano addosso dalle finestre a rmverso i verri neri ... Lì ebbe luogo la scena più selvaggia ddla giornata: eravamo Il pochi della prima e pochi della quarta con a capo il povero eroico sergente Prcsci Filippo. A baionettate, a calci, bunavamo giù le pone, quando arriva il capitane, Lurasthì col gros.<o della mia compagnia. li capitano era una belva. Soiro i colpi e le spinte dei granatieri la porca di sfascia. esce foori un maggiore, cadaverico, in pantofole e fa per consegnare la pistola al capitano Luraschi che gli è di fronrc.. Il capirano gli spara due colpi di pisrola da cinque metri, lo rovescia. Esce un'alrra brutta faccia: buttiamo giù anche quello ... massacriamo un brutto figu ro chr (aveva ancora la pistola fumante) gridava come- un oss:cS$O: 1<San ité», e mostrav:1 il suo brnc.dale .. . ~esempio

fo .sufficiente: :mnicntati, atterriti

vennero fuori con le braccia in aria,

pregando. implorando. nascondendo il volco dietro i manicorci di pelo, dietro le falde dd c,ppotto. LI furono F.1tti quasi tutti prigionieri . Bollardi, che era andato a sin i.stra, ne avt"Va fa.uo degli alcri, Il capitano mi n1an<la gi ù giù ancora colla compagnia: col povero Presti Filippo e alrri pochi ci bmri:uno giù per un camminamenco, inse•

guendo qu;ilcuno che 3ncora sperava svignarsda, hunctndonc gi1, quanti ne vediamo. Il bat1aglione s'assesta su lla nuova linea. e ndl'cbbrezza della vittoria e della mutata situ azione - «noi sopra e voi sono» - respinge rut1a la notte i conrrarcacclli nemici. Ma il giol'no dopo comincia il bombctrdame.nto. Sul principio tuui colpi lunghi: <·ravamo convinti di non esser vedutit di non esser bacruci; più tardi. chi sa come, b fanteria. dalla destra. fa un arracco scondusionaco,

ci viene addosso, dopo - erano un p3io di plo,oni - ripiega.no nelle nostre rrincec, ci funno scoprire dalle aniglicrie. Allora, signor maggiore, è cominciaco il brutto. Intanto quel che più preoccupava, il nemico veniva o.vanti da ogn i parcc. si arnm:i.~3\'3

sotto, nel vallonccllo, al copcrco del nostro tiro, aspettava il momento buono. Le nostre trincee sono St.'ltc in breve prese di mi:ra con un'insistenza e un'csatteiza luven)simili. Metro per metro andavano per a.ria. Dolorosamente, 11 S<mo rimasti i pili. ?.,noni fu fatte> disseppellire a stento dal capitano. Le mitragliatrici, una dopo l'altra, sono salcate con le loro piazzuolc. li capiian.o è ftrito. Resto io col mio bravo sergente Cre.span, con rrc o quauro granatieri che fan no sempre un fuoco d'inforno


s,il nemico che avru11.a sempre: col sergente Giancsc e Caprioli, che requisiscono e lustrano ~aricamri. l.a_mia rrince-.1 è crollata.

t un carnaio. Non so più niente ddb sinistrai di Rcvd,

di 13ollardi, di Bernarcggi, del I Granatieri. Alla, dcsrra, più rip:u:u:o dal tiro, ho il povero tenente Anronini, poi morro. lo man..

do il brnvo Caprioli dal maggiore (3,mera, a sollecitare quei rinfor,.i che il capitano Lurnschì hct chìesto rant.o tempo prima. Pochi avanzi di granatieri negli ultimi ricoveri F.muo ancora l'ultima resb~enz.1. Alla fine l'aniglieria nemica cesso; il nemico viene da tutte le parti. Una compagnia del primo, che alla Rnt è arrivata, mentre vaa rioccupare la nostra tri ncc.-a ormai piena e.li cadaveri e di pochi difensori, si trova di fucda agli austriaci che vengono su dalla sinistra. C'è stato un po' di momento critico: qualcw,o sè laséiaco prender dal panico, qualche disgraziato funcaccino ha alzato un fa,.zolccto bian• co sul fucile. Gli abbiamo bruciato le cervella, Bollardi da w1 1am (mc l'ha raccontaco poi), io da un alrro. Abbiaff10 ancora renrato di riorgani1.zar~ la difesa. s<>trO un fuoco di fucileria e di mirragliarrici da turri i lari. lruanro arrivano ahri rinforti. Anconini

muore; il c.1pim110 Bucccroni e il colonnello Anfossisi prod.ig-•no a rurt'uomo per orgarli1~re bene una solida linea di difesa. Li rìcominciarno ::a burcar giù. Ci risisrcmiarno, un po· più indietro, abbastanza bene. lo sono rimasto un jX"lZO lì ad aiumrc il colonnello Ai,fossi. Poi è stato forito il capitano Bucccroni. il colonnello stesso, lcggcnnence, a wia mano. Se fatta norrc. Il primo battaglione aveva avuco il cambio. Siamo scesi giu. AJ posto di medicazione ci siamo riabbracciati, piangendo, Bollardi, Revd, Benedettini cd io! Siamo i quattro superstiti dd barraglionè:s. Claudio Calandra rievoca i co1nbarrimenci di Casragncvizza dell'ottobre ' 16 in una caligine d'incubo febbrile. (23 ottobre ' J 6). Cara mrunma, nella passata avanzata ho visco tutto ciò che mi restava da vedcrt della guerra. Un bomba.rcfamtnco che incrt:tinl il nemico, e per poco non incrctinl anche noi alrri. Un :'lrracco che parve un colpt'> di fulmine , cc.nrinaia di ncn,ici al·tcrriri. sporchi di rcrra, fin sugli occhi (tanto smvano appiauari sotto rcrra

durante il bomb;irdamcnto), pazzi di terrore, che buttavano le armi, ci porgevano la ma110, gridando d'essere serbi o rumeni, mettendo coccarde rricolori che avevano in tasca. sui berretti e all'occhid lo, tutto questo mentre le artiglierie facevano un baccano che non ti so dire, i fer.iti gridavano e il sru1guc scorreva dovunque. Tutto questo successe il giorno 10 ottobre. 1112 avanzammo nuovamente molto bene, si fec<· minor numero di prigionieri, ma si conquistò un bd tratto dj terreno e molto .materiai<.'.' da guerr3. La nOrte la passaj camminando su t giù per la nuova posizionè a stabilire collcgan1tnti fra la mia e le alcrc compagnie; mi rrovai in una nube cli gas asfis:si:md, e per poco, se la masdhera non mi aiutava, vomitavo anche !\mima! Una p:uruglìa nemica mi lanciò c<,ntro un ferocissimo cane da guel'ra, eh(' fu abbauuto

co11 una fucilata da un mio graduato. Fu insomma una norcc piuttosco balorda "·. Corrido e il tragico eran così assidui, che spesso, per percepirli, bisognava aver l'a11ima riposata e fresca. Chi vi era impreparato rabbrividiva: come un giovane aspirante dei granatieri, che, giungendo coi complementi, rrovò- fa sua brigata acrendaca sul San Michele. da recente espugnato, in attesa d'ru1darsi a infrangere sul Nad Logem.


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(l I settembre ' I 6) .... Sto di buon animo, se non di buon umore, in mezzo a taina rovina, a tanca catastrofe, a ranra srragt. Pensa, caro papà. che su questo infausro monre (nelle cui cavtrnc, come rroglo<liti riposano cd abitano i miei granatieri) mero è rovina. Non c'è palmo di cerr!.'no che non sia srato scorwc)lto dalla rabbia e dal furore delranigJicria. Da per mno ru Potresti vedere rcricolaci $COnvolti e sconquas-sari, fucili rotti~ rrincernmenci squarcial!"i e sfuscìaci; tombe rozze~ donde

le recenti piogge hanno scoperto degli arti di qualche oscuro eroe; alberi spiantati. bruci:,cchiati; bossoli d'ogni calibro, proiettili inesplosi, membra um:u,c di e qua. di là; arei che emergono sinistramcme; cadaveri che ritengono ancora nel volto chi l'espressione dello spavento, anzi dd terrore, chi aluo l'c-sprcssione della pace e della rassegnazione. Ma con <1ucsro, ti ho mcs..,;o son'océhi ben poco: non ti ho scoperto appieno Ja rèalt¼ com<· tragicamcnté si presenta. 11 primo giorno ne sono stato così profondamente impressionato che quasi ho scenrato a prendere <JUalche boccone. Ma poi mi son fatto for1.a, e mi sono adattato alla necessita del caso:' .

Eppure, per qu:u1to scritti con l'abitudine dell'orrore, molti fran1menti di lecrere. ridanno il rilievo pieno al tragico quoridi:u10, ai facci comuni della guerra. T iro di molestia 11elle trincee: Ma se uno di quegli infernali strumenti di mQrcc r:aggiunge il bcrs.1glio! Non ci saranno che due o tre moni e pochi feriti, ma i mùni che orrore, che straz.io! I miei ~tipini dico.no che quella è la morrc sen1.a dolore. Qualcuno aggiunge: «Quello ha finito b guerr:~• Dicono cosl per non lasciarsi vincere dallo sbigottimento e dalla compassione. Ripenso con w1 bfi,,ido àllè cento volte nèllc quali mi Sòtt tl'()V-.Jtò focda a faccia con la Morre: proprio su quclh soglia dove comincia il mi>'tero. Ho visto due uomini di corvée passare allegramente sul sentiero so reo di noi ponando filo di ferro spinato. Una granata in pieno. Piè, nuUa! Qualche grumo <li sangue e le membra spa,se lontano. Un attimo, meno d'un attimo dalla vica alla morte. Dio è grande! Quc,;m bisogna pensare. L1 nostra mente davanti a spetracoli cosl grandiosamentea1roci non può che restare smarrica. Dio è grande•4 •

I feriti abbandonaci fra le linee: Qualche cadavere straziato sulla neve; urla di fcrili gravi, nostri e austriaci, non rrasporrabili . Urla che finivano col divenire lunghe nenie indicibilmente cristi. Uno scdlato di paradiso. Dai roccioni si vedeva sono la valle meravigliosa. Di fronrc, lontane. molte monragne nostre ad anfiteatro. Ci buttammo a terra stanchi11•

li morco: . , . ne vidi uno che non dimenticherò più. Gli occhi apcrri perduri nel cielo. li corpo di>'teso placidamente e un braccio ah.ato e irrigidito in un gesto di conclusione. Come dicesse: .Cosl, . Doveva essere srato fulminato da una mitragliarrice ". Bombardamento nemico: Ricordo il bombardamenti> spavemoso auocc che precedette l'am1cco. La Mia comp~tgnia era raccoh'3 al riparo d'un roccione: qualche sacco a ttrra ben disposto,


qu:tlthe pietr0nc rrascinaro fin lassù aveva re~o più forre il posto e meno vulnerabile ai tiri ddl'artiglréria austriaca. Di là si dovrva sbucare pòi, all'indomani, per correre a balzi verso la vetta contesa, lontana, su in alro. Le pietre cadevano sulla resta è

sulle spalle ... Q ualche foriro. Giungeva anche qualche pallctta e qualche scheggia di shrapnds. lmmediatamenre sopra la roccia il sibilare insistente delle pallorrole di una micraglfaf,ricc. lo avevo gli uomini dei miei due plotoni attorno, schiacciati contro la roccia c le pietre immobiU ... Qualcuno mi guardava. Poche volte nella mia vira.

mai forse, io ebbi tànta c:,lma, tanta serenità. Mi guardavano cd io li guardavo negli occhi, sicuro. Vcrcr:ini dd Monte Nero, dd Vodicc, dd Monte Rosso, e giovani del '97, per lo più ragazzi un po' smarriti. .. Uno. lo ricorderò sempre~un veneto, buon. lavoratore e bu.o n soldato, leggeva a voce bassa delle preghiere. Le labbra si muovevano in fretta. Lo sguardo ogni tanto si moveva dal libro per lis.,arsi ntllo spazio. E ad un tratto dinanzj a <1uci v(,c;th i montanari ché mi guardavano, ai giovani che si raccoglievano presso di mc, al sol<laco che pregava, io senrii posst·nrc e srraordin:nio un infinito dolcissimo amore per runi, amore focro di compassione, di s-peranza, di

fede ...,,. Lt ferita atroce, Uno dei miei feriti era in con:diz,ioni rnccapriccianti. Una sbarra di ferro grossa

un di,o pollice, che sos,encva i s:acchctri del boracchino, al colpo si spezzò. Il troncone rrapassò il braccio di quel disgraziam, gli cnrrò in un fianco e gli usci dalla schiena; inlilzaco! Si sgombrò il posto, si rirarono da pane i morti, si uasponarono gli altri due feriti. Il rer-1,0 non poteva esser levato di là perché il ferro che pur gli

causava dolori strazianti era rra,rccnurn dal peso del materiale accumulaw dallo scoppio. Non vìdi mai nulla di più ornmdo; si cercava di saJvare il povcrcuo, che supplica~ va d'e-sscr tratto di là e dava prova di un'energia e di una calma sovrumana: furono

minuri di angoscia indicibile. Libcrarosi dal marerialè si crov() chè non si portva_caricarlo in barella, perché il ferro ~porgendo dalle due pani, baneva concr() le partti dd camminamcnro su cui

si dove,•a passare. Finalmente un porra feriti ebbe il co"•ggio di srrapparc il ferro da quelle povere carni: io credevo d1 morire di dolore e di raccapriccio''· Posto di medicazione 1.c ore del mezzogiorno passano in una s,rana arreS;L Soltanto i grossi calibri urlano sopra di noi, vanno a .schiantare i tronchi già sfrondati di quota 240. 1 rrcccnro ..

cinque di Subida aprono dei vuk-.ncui. Per andare verso lo srradalc di Osreria passo dal posto di medicazione. È uno spccracolo d'orrore. Sono una rcrcoia di frasche, lungo il camminamento principale, smnno forse duc-centO feriti dislcsi in due ordini. Gli uni, sopra, sulle barelle sospese; gli :,lrri a terra sullo strame. Giunri cosl dal combattimento, giacciono da lumghc ore con i loro panni sanguinosi e il carldlino indicawrc della ferita. Ne J,o visti due col volto tutto una piaga gridare <'On le bocche sangui nose, altri terrei come se fossero morti. Da molti di quelli stesi in barella il sangue gocciava sono. sui moribondi. I clorrori, duè soli, fanno <1uanto possono. ma non hanno mani sufficienti per fusciar ranr<: piaghe. Il sole dl mc?.1.ogiorno è caldo e chiaro suHa tcuoia arrocci:, dove


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pare s-ia Stato raccolto tutto il dolore umano per p-0rvi dinanzi1 ancor.1. w1a volta, il terribile dilemma ddla guerra e della pace. Eppure son ore in cui non si vuol ragiO· nare. ma agire~ il pr<>blcma cld mom,·nto pare cùn;Si.sla nell'arrivo delle: cinqueccnl'o bombe richies,e" .

li dolore sboccia in nostalgia quando un odore, un' i1nmagine fiorisce nel ricordo di rempi che furono; nella visione di ore serene, della gioia, delle feste dd proprio paese, del raccoglimenro della propria casa. Esisté proprio quel più sereno mondo? M.i ,rovo alle vohc un poco sperso e le quaglie che conrnno nel trifoglio e un cerro odore di bigntt1'11 e di biancheria fresca di bucato ch e va per le case mi ricorda troppo il nostro Murcllo, per non fu:rmi sentire un po' di nostalgia", Alle volte bas,a il ricordo di un pariicolare quaiunque a furmi provare ,ama nostalgia da Jl'ISS3!C le noni senza dormire e resrare rrisrc e col muso lungo intere giorn.'ttei',

Penso a lòrino in questo rnomcuro, al bel viale del Corso duca di Ceno,"' e alla nosrra casetta. Ndl'afu è nell'arsura dc.I meriggio. forse. il nostro nido avrà la sua ombra e il suo fresco s". E m, o Nisia~' , quali ricordi porgi alla mia memoria? Le capannucce e i ginepri alla Marin3 di Pisa! Quante~ quante volte anche a me. anche qua ,orn:mo dinanzi agli occhi della mente quei cari e indimenticabili ricorJi. pieni (perché no?) di nosrslgia. Quale e quania diffcrcn>.a da allora ad ora! Alloca io facevo sì delle capannucce dove mi assettavo contento. e vi sarei cune rimasto felice le mie giornate: ora. 3nche qua

in guérrà, fuccio delle capannucce, n;a con;c diverse!''· Anche il ritmo borghese della vira si drconfonde d i poesia . .. dopo un lungo periodo di vita in mezzo ai &oldati, dopo aver ranrc cose vis10 subli mi e o rribili, comiche e srr.tziaod. turpi e purissime, si sente risvegliare in noi

stessi l'uom.o che ha bisogno della convivenza con gli alcri non uomini soldati. si scn.-. te ~nchc (e l'ho prov:tm in cene ore) la nostalgia delle convcrs:izioni ~utc col babbo e con la sorella, vivo il desiderio di leggere, di soffermarsi tbvami a una vc.rina, di passare un:i. mezz'ora al caffè'~. (21 senembrc ' 16). Della vita borghese e civile serbo om1ai un lontano ricordo: come di un paradiso goduto e non abbasrnn,.a apprezzato. Mi sveglio 1alora la mat· tina al fischio del treno non lonrnno, che si sente come da casa nostra fischia a l'orta Nuova. Mi pare allora di e.sserc in camera mia. N(ru apro e trovo gli <>echi e mi rr<>vo .son o la tenda. mcn1rè fuori, e anche un po· dcnrro, piove a rovesci e il cannone mi richiama lo guerro e il luogo dove sono. 1ì confesso che rimang<> allora un po' male. Accendo la pipa cerco di non pensarci e tiro avanti " .

Al capitano Vinccm:o Bontadc il pensiero della famiglia si affaccia con un raggio d i sole, in un marcino d'autunno. (22 novembre '15). Cara mamma, sto bene, un raggio di sole è venuto a riscaldare le membrn intorpidite sature del fungo ddla trincea; eravamo immersi nel fungù fino a mc1.2a gamba e ricoperti d'una crosca spessa, color cioccolara. Le sembianze umane


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sono sparite. Occorrerebbero quintali di polvere insetticida! Non ostante quest0, un raggiò di si>le e un pallido barlume di speranza ci solleva e ci fa benedire la vita! Ricòrdiamo i par!'nti c. lé persùne care!••

Ma quesro sorriso di ricordi, quando scende a riposo un in casolare. diventa il torntcnco lungo della nostalgia. Scriveva alla sorella: Seguita uno pioggia mi nuca silenziosa, cd i guizzi di quc:sto fuoco, che arde vicino .\ mc, nti fanno ptnsare ai cempi felici trascorsi, mi fanno vedcrt.· dc:lle &ccc amiche,

che :lppaiono e scompaiono col sussulto dello fiamma e mi cullano nel mio abba;,dono. /vii assopirei nei miei sogni se ogni tanto non fossi richiama,o alla realtà da qualche shrapnel che scoppia non lontano dal mio casci nale ... Ricordo con nosralgia le domeniche passate in farniglia, cd anche quelle trascorse fuori della mia Cl.~ assieme a persone amiche. Quale differenza adesso! Basta, non ci pensiamo, perché troppo doloroso è il ricordo... M"nda ancora qualche guizzo la fiamma sul silenzioso focolare awolto nella penombr.t, e la pioggia continua ancora silenziosa e fredda, Un'ondaca d'affetti suggc ltanima mia, e pur tormentandomi mi richiama alla vira. È tanto ctmpo che non ricordo pilli che còsa sia lavica!"~ Le stesse sofferente, le stesse nosralgic nel De Vira, animo semplice e buono, che per ranta parte può rappresentar la media dei nosni ufficiali.

(27 luglio 'I 5). M; si rizzano i capelli, alla sola idea di poter essere in fu miglia! Passare una serata in teatro! sentire una qualsiasi musica che non sia il rinttono della tenda sotto l'acqua! Dio! Dio! Ieri, per incontrarci con alrri ufficiali, uscimmo sulla strada. Mi si strinse il cuore. lasciato libero, per essa verrei a riveder le stelle". Nella morsa del dolore e della nostalgia per un momento perdono significato i motivi e le ragioni della guerra: paiono una bestemmia nell'ordine di natura. (6 agosto' 15, alfo sorel la Giovanna). Non si erra se si dà un'anima e della vita a qualche nuvoletta, che indisiurb:am, candida. composta, ha il privilegio di dominare questi panorami: forse son suoi. Ma essa è troppo cgois1a: viene verso coresti luoghi e non ricordo mai di aver scnrito: « Vuoi venir con me? ti avvolgo. ti nascondo, e, men· tre tu schiacci un S<)nncllinò ti trasporto Il, a Scatigna ove c'è tua madre,<) alla l'ia,1rat:l d.a dove cu manchi,,. A.Imeno che porcassc costà i miC'i saluri! Anzi la sua rude. indifferenza sembra che accenni a dei rimproveri. ..Quanto è piccolo il ruo cervello! come .son misere le tue vcdUtc! V icino -alla grandczz.a del Cr<."a.co che vale sacrificarsi e

perire per l'ambìzione, per l'idea del possesso' Confine> Perché ran,o schiavo di raie parola? l'ho forse inventata io? Non dcvi meravigliarci quindi se godo! 11 vento che è il mio pciisiero. il mio libero arbitrio, mi conduce ovunque. nella solitudine, nella conrus,one, nella gioia. nel godi.mcnro, Dio, la narura, m'ha creato per essete Bbcra e per godere: e lo sono. li mondo e di rutti e di nessuno, Tuui possono vagare e godere, nessuno può dire: "Questo è mio", Vivete, godete, moltiplicatevi, c'è il gran Dio che provvede,,. Hai ragione, sl, nuvolctr'• c-.ua, mah! Ha colpa il Kaiser? .. . si sente puro . davanri a Dio<: alla St<>ria!» ...


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Sraco d'animo carancri$tico e significativo, anche nc.ll'i1npacciaca fonna letteraria. Impegnando runa la vira, la guerra ridestava spesso nei com bancnri problemi cosmic.i, in cui parevano svanire e dissolversi i n1otivi politici: la guerra gravava come un non amabile destino. !:anima pare che muoia; infierisce il primo inverno alpino in Val Sugana.

(20 gennaio ' 16) . ... Dio! Che dico? Ma io ho un cuor<: e un'anima> Tanre vol!é: ne dubiro ... li più ddlc voire mi scnro una strumento destinato al caglio di reticolate e allo scavo di rrincce so1to la pioggia di piombo e fro i pericoli che una voha o l'altra lo romperannoo. (8 mano ' 16. ore 23.45). Se non vivesse mammà invocherei la morte. No, non è vil3 qucsra. Camminare solo. in rcrreno ostile, con due meui e venti di neve. socto la neve, senza aver dormito da due giorni. sc-1\za m~ngiarc. DJot Dio, provvedi!•~. (9 marzo ' 16). La neve cominua a cadere, da una parte, i lavori febbrili per esserci spostati avanti un chilomcrro continuano dall'alrr.i. Per rrc giorn i sono stato, fr:1, sOt

co e sopra neve: norti e giorni. Ore di S(>nno: rorale 5. Stanoccc sono a riposo e do ..

mattina saremo capo. Si sogna l'ospedale, come da hrunbini se desiderato lo schioppo c b biciclett,i. Qualche collega è stato esaudito. Ma per mc non c'è pericolo. kri

sera non l'nangiai, rcmc.•vo c.U dover barrere ritirata anch'io e oggi ho nrnngiaro per

ire. E si è allegri. I soldaii non ne possono più, ep1>ure oggi menrre mangiavamo un pezzo di carne si son futr<: rnnr<: risate per opera mia. che non ne potere avere idea" . Cerca di piegare all'aronia, all'indifferenza, la n1 adre che, religiosissima, prega per lui. È inutile pregare perché -se si ammene la porenza del volere divino si deve pure am merrere il consenso di Lui in questo raccapriccianre Aagello, quindi è inurile scongiurarlo! Non pretenderete mica di corromperlo rendendolo ingiusto. Perciò lasciare che fuccia»"'. Che la madre si formi l'animo di guerra. (Como. 28 ortobre '16, alla madre). Lasciaci ridurre anche re dalla guerra. Che vuoi, quesra fu restare indifferente l'anima del più sensibile di fronte ai resti dd più caro amico!... cd altri farebbero lo stesso cor, mc. Pensa a star bene. Non dipende da te quel che succede fuori. perciò è inutile che t'intèressi al suo svolgersi. E giacche' hai visto poi che il tuo cuore non saprebbe andar indietro, rinunzia e SLLCceda.qucl che Dio vuole. Cerca di godere nel miglior modo. La guerra può finire quest'inverno e può non avere fine. Prevediamo il male e prcpa• riamoci a que.no. Sopraffarci da tsso resteremmo schiacciaci e umiliati" .

_per conto suo, il Dc Vira s' c.ra ad.aghuo in uno srano d'animo che Sè non ra.ssegnaz.ione era indifferenza: «LindifFercnrisn10 m,ha invaso e no n mi preoccupo per nulla»1 '°. E forse in qucsr'aronia di guerra, in quest'incapacità dell'animo a reagire adeguatamente al dolore e aU 'orrorc, in quesr'accasciarsi svog!l iaro è il germoglio di ciò che ormai si comincia a desi.gnare come nuovissimo «male del secolo, , subentrante, lentamente, all'arrivismo degli ulissidi dannunziani: l'indifferenza. li male è sopravvissuto alla guerra

e si diffonde specialmente nella nuova generazione, che, t.rovando turbato, nel costume,


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il discrim ine dd lx,nc e del male, trovando tu1tc le situazio ni spin1c all'es1remo, pare fucilmcntè rinunziare ad ogn i reazione di volontà e abbandonarsi all''incrzia. Ma il combatren1c anche nella sua depressione a,•eva scani di ripresa. li De Virasltl punro di ritornare alla fronte, sperava ancora in un qualche frutto del sacrifizio. (20 marL<> '1 7). Speriamo eh< la nostra imminente enrrata in linea sc-gni l'epilogo delle nostr(" sacre aspirazioni. ·Più che éoraggio. il nostro è citca rassegnazione alla volonrà divina. Da voi. religiosissimi per cccdlenza~ io richiederci maggior fiducia e sorromh-sione:)'.

Qltando il comandante della ~econda armata, il generale Capello, in una grande parata giurò SlJla bandiera d i condurre i suoi soldati alla vittoria dclini1iva. ancora una volta il brìvido dell'entusiasmo milirare scosse il De Vira, che a,1norava nel suo taccuino:

(29 aprile ' 17). M'ero commosso quando il gt•nc,alc, d<>po aver tenuto una condona democratica con runi, ha riptLU(O le parole dj un soldaco per d imosrrare come è unica l'anin'la nostra d'irnlìa,ni, e quando ci ha promesso con giura mento sul trÌ· colore di portarci alla vittoria quanto prima, impegnando il suo nome di duadinc.) e di soldaro••.

Ancora una volra il pensiero della vittoria lo esalta.

(8 maggio '17). Al solo pcnsarila ci vien la febbre dcll'impulsivir:t e dell'ardimento. _Bancre cern.·no nemico e sentirsi vindrori! Ma andu:- ques-t-a volta ci fermtrcmo? Vogliamo sperare di no. con tutta la fo17.a dcWanimo; e sarebbe un inganno, un tradimcnr<> se ci facl'SSero patire ancora una volr.a senza porraréi alla mera. Ma che sfano sicuri ci risulra dalle pnl messe e dai giuran1enti che ci han futto sulla bandìora tricolore. E noi abbiamo una gr:m fiducia nei no,çui capi. Mài CQJnl" qut..çta volra li ho cono.( dmi così e hanno mcrit.ato tanta ammirazione. Dal com:lncbnrc d'armata e quello di ban:aglione

si son scnlpre rranenuti con noi p,cr farsi conoscere e per conosccrci 1'. L~ vittoria doveva essere ancl1e la liberazione dal dolore, dall'angoscia, daUa nostal· gia. Non fu così pel De Vira.. L;i bacraglia del maggio 19 J7 sul medio Isonzo si concluse con un successo parziale. 11 De Vira, colpito da una scheggia di granata alla vescica il 16 maggio, agonizzò tre giorni all'ospedaletro da catnpo di Sa,u'Andrea e nell'agonia poré soffrire l'ultima sua delusione di guerra. N ulla attesta il tormento assiduo. il logorio degli animi, quanro c.:rri brévi diari, con norationi quocidiane, in cu.i rivivono anche i momerlti fugaci. Uno d i questi diari,

trovato gualcito nella giubba di Eugenio Garrone" , si riferisce ai giorni in cui il valoroso alpino fu rrasferito in fanteria. sul Carso e s'interrompe con la banaglia carsica del maggio 1917. 27 aprile. Cascdletto; ricevo il 1degrarnma di partenza per Brescia. Gruppo di Torino. 28. Torino. Vcrcèlli. Poche ore vissute come in sogno. Dio li benedica.


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29. L1scio la mia Toh«, la sua casa. Ho una gr.an pena nel cuore, pur avendo b fiducia di rivedere rutti. Combatto contro il dubbio di essere passato in fumeria, mi rianimo alla speranza <li ,ornare all'Exillcs, cedo al pcn.sie.ro che c.1uakuno mi proi-cg.. ge., <; avrò forrun:i forse quanco non mcriro. 30. Partenza per Brescia. Lascio papt b m3mrna, rucri; sono sercnoi vc..1rrei che fossero alcrcna.1Ho sereni tutti loro che sono rimasti gil.1. Viaggio buono; arrivo for .. tunac.o con conosccn1.e utili fra ufficiali. Incontro col prof. Sina; non mi riconosceva: cara, cara persona buona, che mi prolunga la carezza di ru,ti i mki cari. 1° maggio. Brescia. Gita a Tavernola con Sina. Ricordi tristi; presentimen d sereni. 2. Giornata grigia, grigia, triste. 3. Novirii: vado a Cervignano, diretto al Carso. Resto negli Alpini? passo in fanttria? non lo so; sono sereno; viva l'Jralia. Dio protegga cun i i miei; parto stanotte. /4 . Cervignanc); sono a.ssegnai-o al 265: pano per Palmanova; ho una rriste-aa senza fine nel cuore, non per me, ma per rmci loro la~il1. Ho dei tristissimi prcsenrin,emi. Sono con mc 3ltri ll'e alpini , !'assi, Gobet1a, Croone. 5. 265° fonceria. 3° battaglione, Il• compagnia, comandante del 3• plotone. Sono a posto. Ambiente discreto, ma c'è una spina forcc forre nel cuore. Ho un ploconc di sardi e di siciliani: come saranno? chi lo sa. Lavoriamo, Eugenio, e sii sereno: chissl d,e in seguito non te ne devi lame.11Care. Obbedisci , piegaci agli ordini, sei soldato d'Italia. Il battaglione I, in baracche a S. Stcfuno; pani~ presto. 6. Partenza 2 di notte. Ricognizione alle lince. Sono passato attraverso luoghi sacri: Sagrado, Isonzo, il Carso, S. Michd<: è ruttò verde ora. Che contrasto con mtto il rtsto. Fioriscono gli aJbcri intorno a ruderi di case rovinate. Vallone, Casragntviz... za, Vdiki Hribak, Faici . li terreno t orribile. Un bt>mbardamcmo sarebbe micidiale. 7. Addio Alpini. Devo levare le mostrine: le porcerò sempre con me. Ho provaro un gran dolore a ogni punto scucito; chi sa perché non mi rit-scc di essere oggi un po" sereno. 03) campo di riro vedo le mont<lgne dì l'inetto. Oh, Pinotto, che m3linconfa <1ua dentro al cuore. Perché non sono anch'io in alleo? Registro la pri ma sgridata dd colonnello: la colpa è mia, lo riconosco; ho tardato quakhe minuto all'adunata. Non succederà più. 8.1.a prima fX>Sta dalla mia Tola. Dio ti benedica e benedica i tuoi figli, e rL<parmi a re, a turti ogni male. Grai.ic. grazie loia mia. Come sono più sollevato, più scren<>. Nulla di nuovù: forse si pane domani Sè'ra, ma non ancora per Ja linea. Vedremo, sono fiducioso. 9. Altra posra: una lencra di p:tpalon alquanro commossa: perché mi dice che son tanto buono> Non faccio nulla di speciale. Poche parole tri!li della mamma, povera mamma: che m11go11 hn qui per re; una lcnerina del la Mariuccia che vuol nascondere la sua commozione: un saluto di Giouo. Rina, Duccio: tutti dunque; m,tnc., ancora l>inono. Nulla di nuovo. IO. Nulla di nuovo, la soli ta vita dei baraccain cnti. la solira istruzione ammazzante senza so<ldisfuz.ione. Ho ricevutò una cara lettera della mia Tola, cara, cara. Di partenza non si parla che vagamente: pare che il bombardamento sul Carso già iniziato sia staro sosptso. l)erthé? non si sa. 11. Consegna della handit ra al nuovo reggimcnro: festa commovente. triste. La brigata ha sfilato fiorente di gioventù, grigia dj fon.a armara, minacda.nrc. Donrnni si parte per Yer.<.1. 12. Giuramento degli ufficiali in un granaìo: presento la bandkra fra il plauso generale. l: risuonato subito soffocato il grido di augurio al reggimento, il grido di Viva l'Italia. Partiamo.


I3. Marcia notturna. Il Carso è una va1t1pa1a sola. un solo rombo cupo: la notte è nera néra, di rernporalc minaccioso. I rillcrrori allungano rigido il loro braccio, frugando immobili le tenc:bre. Ra;z7,.i bianchi, rossi si acctndono. si spengono; la rruppa cammina in silenzio, curva sono il peso degli zaini, r.1sscgnara. Avant i. 14. Si-amo giunt:i a Verza. La rruppa $i è accanmnara: io ho dorm iro in una rravara,

sull'erba fresca raccolia il giorno prima. Accoglien1.c cordiali da questi pseudo itali3· ni. Stasera si riprende la marcia 11otturna. Ci si va ad accampare a Bosoo Cappuccio tra i morti. Avanti e coraggio. Sono sempre più tranquillo anche pcrt·hé ricevo regolarmente la posta della mamma, d ella Tola. Dio li benedica. 15. Bosco Cappuccio, Bosco triangolare, Boschini, San Michele, San tvlarrino del Carso, -vallone, Hermada, Quora 208 e quom 144, i\1onfakone, Gorizia, Monte.santo, Kuk. etc. La guerra dd Carso rivive in ogni angolo: è una croce. sola, una rovina sol-a, una cetragginc sola. Avanzi <li ccricolati. d i trincee: rnschi scoperti, scarpe sfondac<:. ·tai ni marcici, fasce sudicie, una gavcrt~l e croci, e tu•

mu li e croci, e silenzio. Le madri chiamano con lamcnri lunghi i loro figli che non vedranno più. 16. Ci sono delle voci belle: ,vlontes:rnm, il Kuk, San Gahrick, San Marco sarebbero staci occupati. Sarà vero? oh, gioisci, anima mia iraliana, e sogna: sogna la vittoria vicina e spera: spera la pace e godj la speranza del ritorno, della gioia della mamma, di tutti. Che sera calma serena: sono solo con la truppa, alla mia tenda. CJson,o rillecre d'oro gli ultimi raggi del sole. Ha d imc111icat0 tutt<> il sangue dell'anno ~orso: è così placido ora. Dio prorcggi l'lt:tlia, tutri j miei c:tri. 17. Ricognizioni. Sono molto sranco, un po' sfiducia«). 18. Partenza. Srr-..da Vallone: individuate baracche alrre ricogni1.ioni. 19. l'arrenza per la rrincea del Dosso Fai,i. 20. None d'iriferno. Si~uno in trincea avanzata. Si kwora accanitan1c1uc a rinfor1.arci: poche perdite per Utiro. 2 I. Piove; gli uomini sono un po' stanchi, ma fiduciosi. Duello intensissimo delle arriglieri e; poche perdite'' · Un altro combattente soffre amarcz1.c d'ogni genere, e si sforza di dare u n significato e uno scopo al suo dolore: lo sono stato morrificato. umiliato, annientato. Fa niente. Io offro tutta la carne, il sangue, la mia dignità, la mia libertà, la mia src.1Sa felicità, perché ~ia assicurata la felicità dei più che sono, dei molti più che saranno. Che diritto ho io di esser felice perché gli alrri non lo siano? E non è un attentare all'alrrui felicità, il non dare la propria felicità all'akrui felicità?" .

JI sonotcncnrc Aldo Lepri'' dd 12 1 fanteria ferma nel suo diario le atroci m ischie intorno alla trincea dei morti, mischie che consumarono il suo barragl ione, comandato dal maggiore Giacomo Venczian. (29 agosto ' 15). Domenica triste. Domenica: a quest'ora lei va a mc.<sa tutta bian-

ca nel su<) abitino alla moda e chissà se pensa al povero «ncntino sdraiaro o, per meglio d irt. rannicchiato in una trincea c.ostantcment<: colpita dai 149. tormentato da un pl'rtnnc mal di pancia, mèn.o soflocato dal fot0re dei c,,davcri che marciscono su qucs<0 Carso inospiralc.


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Jsonzo, Carso, che parole lugubri! Quanti cecidi, quante stragi. quante vite umane giovani e piene di speranze furono troncate in questi paraggi! Ogni sas..,;o, ogni zolla} ogni fosso rapprc-senta un sacrificio, forse un erois1n() o una vigliacdtl·ria. Turro parla

qui, ma mno parla di morre ... Quelli che non parlano più sono gl'infclici ,ravolri dalla corrente vorrkosa di ques10 triste fiume e i vaforosi morti suHc balze, dove giac .. dono ancora sc:.1rnitiJ pasto alle mosche cad:werichc e ai vermi ...

(8 novembre ' 15). Ancora in prima linea. Da ieri non ,si<lo di corpo, non man gio, non bevo, non è vcnuro su neppure w, gocciolo d'acqua. Stanotte quattro aU' armi con fuochi accdernri. Non abbia.mo pii1 ca.rtuècc. Nella trincea non pos.,;iamo neppure srcndert i ginocchi: dolgono mafoclertamcnrc. (11 novembre ' I S. ore 2 di none). Dio mio. che giorno. che. notte. non ho il coraggio <li mettermi a scrivere. Gnatelli. il buon Gnatdli è n·,orto colpito alla resrn mentre antla,si all'assalto della trincea <lei morri. Dunque il 123 doveva andare all'assalto. ma dopo 4 ore di fuoco d'ìnferno non sì è mosso. Alle I 6 1/2 è vtnuto l'ordine per nùi di avanzare a mrti i costi. Siamo avanzatl:t ahbiamò cominciato a spingere i sol<lari per quel camminamcnro che m::ù dimcnt°icherò. Intorno a mc c,1dcva un diluvio di bombe a mano; le pallottole fischiavano :malédétramcnrc: moni, ferir i. chi im preclVa-, chi si raccomandava, chi si bmcnrava. I soldari non avanzavano se non a colpi di moschetto e di bsionecta. La G•, con parre della 5' 7' e 8• ha conquistato il ninceronc. per modo di dire perché è di 40 cm. Dopo :iver tcnraro invano di mandare il r<·sto dd battaglione per il camminamento. sooo andato a raggiungere il capirano nella trincea nemica, e lì sdraiati in una pozza. sotto una pioggia torrenti-aie, siamo rimastì fino all'una di notte. lnranto il maggi.ore coì soldati rimasti nd camminamento .ha ccntato di avan1.are sulla destra contro la trincea dei morti; ma a causa di solidì~imi reticolarì è Stato rcspimo ue volte: è allora che Gnatclli è morto alla testa dtl suo ploronc . .. Ndla rrincca occupata tra impossibile rimanerci perché eravamo isolari. Gli austriaci venivano 3yanri da rune le pan i. Dopo una feroce loua corpo 3 corpo siamo srati obbligati a retrocedere nelle amiche posizioni. Tornari nella buca del comando è srata una .scen3 commovente; cuni piangc.-vano. 14 noven1bre ' 15 (ore 19). Dopo due giorni di febbre sono ,.,rivato ìn rrincea. Q uale disastro! 11 maggiore è ferito gravemente alla testa; Verdiani è ferito: è stato trovato il c:idaverc di Zallocco morto la sera del I O... sono solo ormai: non ho più una pcr$-Ona etra vicino a mc. Ormai è <le-sdnarò che io dcbha lasciar la vita su qutsro C1rso che rantO m'ha fono soffrire ... Gnarclli dorine là nella sua buca; una croce con un~t piccola iscrizione ricorsa come il nostro caro es1inco sia mono gloriosamente alla tesr;i del suo plotone contro ai funesri reticolati della trincea dei morti. Piove a.ncorn. Brillerà ancora un raggio di sole in questa mia rriste esistenza? Solo il rumore della pìoggia e il crepitio della fucileria rispondono. Cosa faranno il babbo e la mamma in questo momento?

li diario d'w1 molesto soldato. un operaio del cremonese che sapeva scrivere correttaJnenre, ci ria~ume le fasi salienti de due dei suoi ann.i di guerra: 12 maggio ·16. Chiamato alle armi. Sc>no destinato a lecco al 73• reggimento fàntcria.


20 agosto. Partenza per il fronte con 206' reggimento fanteria. 3 stncmbrè. Di notre si parte !J>Cr h uincca di seconda linea a CasrJgncvizza. Piové~ le criJ1céc sono piene d'acc1uai e pericolose; franavano e più volre fui dissocrerf3t0 <hi miei amici . Ero sempre bagnato come un pulcino. Che vitaccia! Fonuna che durò solo ere giorni.

6. Verso sera vengo chiamato dal furiere. tvli destina come segnalatore a Quota 174. In questi dicci giorni la morte mi r:isenrò più volte dur:inte i bombarcfamc111i ... 11 giorno 13 feci appena in tempo a meucrc la resta in un buco dietro un albero, altrimenti una granata ausrriaca 1ni colpiva ... 16 ottobre. riniscc il riposo e si deve andare in trincea. Sotto acqua, ruoni, la,n· pi. d_j notte marciamo verso il S:an h-farco dove troviamo le trincee piene d,acqua. Appena arrivaci siamo attactari c<>n gas asfissianti e lacrimogeni. La maschera di cui sono fornito è insufficienrc, e per salvarmi devo fore un buco nella rerra e ff1ene.re

dencro b testa. 1..2 novembre. Cambiamo posizione e si va ~\ Quot:,1 100, dopo una marcia :1.t·

traverso campi e por.,.,ngherc. Si~mo in un tunnel largo un metro e alto 1, 20: serve di scolo alle acque: è però sicuro. ma malsano e pieno d'acqu:o, tanto che dobbiamo mettere delle assi che funno da i.tttérc. Si deve fare azione per conquistare del tutto Quota I 00. Fa il collegamento min compagnia mediante piccoh1 avanzata. Allora cominciò terribile il loro bombardamento: un 305 sotterrò compleramencc una inrera sezione mirraglicri senza esservi però un ferito. Cli ausrriaci avevano s<:onvolre le n«:>stre linee. Dovetti fon:: il pona..ordini e passai momenti <li rrepidazionc. Giran•

do per le lince ponando gli ordini ho dovuro andare allo scoperto, scavalcare fcriri numerosi e cadaveri. La mitragliarrice nemica fulmin:1v;,1. insieme all'aniglieria. Che mornc.nti terribili. tvli piovevano vicino le granate nemiche. Con che angoscia iovo .. cavo la fu.miglia. 15-16. Gli austriaci ripresero le trincee da noi occupate il 2 novembre. L, brigata accorre e ricupera t.urto meno «Casa due Pini». La mia compag,ùa è comandata ai ponti. 11 3' battaglione del 232~ che sostenne l' urto austriaco si ebbe una batosta terribile ... I2 maggio ' 17. Grandiosa offensiva su cutto il fronte. li San Marco è assai aspro. Vì fu immensa carneficina senza guadagnare rerreno. il 205° e 206° hanno furto nove assalti mui sanguinosissimi. 18. I reggiine nri disfarti vanno a ripqso a Villanova Monfonino. Si sta qui due

giorni poco sicuri e allora si pane per Boatin:.. Cornplccano la brigara dime,.zata con nuovi complementi. 4 giugno. /\Ile 9 di ser;\ un contr:inacco seguito da un altro a m=.,.notce, tutt'e due rcspinri. La mia compagnia si riduce a 50 uomini da 280. li mio capitano con l'attendente e il piantone di fureria restano prigionieri. Questa sorre l"avrei subita anch'io Sù ero ancora in furtria! Agli austriaci vennero prese 20 casse di bombe a

mano, le quali servirono a respingerli. Si fu.nno dei prigionieri kaiserjager: sono soldati fedelissimi all'Austria. 5. Circola per Gorh:ia un ufficiaJe auscriaco vestito da ufficiale di artiglieria italia•

no. Interroga i soldati sull':rndamcnro dei lavori. Che aud:icia. 23 luglio. Come è bii.r.:trr:i la virn guerriera! Si passa di gioia in gioia come di &spiacere in dispiacere da un momento all'altro. Vi sono sempre novità e c-ambi:lmenti. Quando mi sovviene la niia Cina (la figliuolctta) un nodo mi si forma alla gola e mi stringe il cuore.


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19 agosto. L:agitaz,ione è incominciata. Verso sera. per mancanza di uomini. funno mettere di corvéc lo sraro maggiore è proprio stasera, mentre infuria l'az.io ... ne, mi rocca porcare il rancio in prima linta a DOS$o del Pa lo: posizione tcrribHe

e pericolosa . L'amico mio C ., considerando che io h{> moglie e figlia, si offre di andar lui in vece mia: io ringrazio l'amico mio, ma rifiuto. Non voglio avere sulla coscienza la rnon:e d i un alrro. Alla none sempre più il bom barda mento si intensi ... fica: si parre con le marmitte caricate sui muli e si va a Villa Coronini alle fuldc del

San Marco: da qui prendiamo le marmitte in sp:tlla e ci avviamo verso Dosso del l'alo, sotto un grandini,r di poiettili sempre a passo di corsa ... Arrivati alla Valle delle Rose (noi dicevamo Valletra della Morte) cì invcst\ w,a scarka d'acriglicria. Ci siamo buttati subito a tcrrn. Oh, co m<' la vidi <la vici no la morte! Ero già rassé" gnato a morire. Avevo dato un uhimo addio a tutti i miti carl, sped e la mia piccola innocente Gina. Q uando alfinc il fuoco fu cessato ci incamminam mo per l'erra salita del monrc, aggrappandoci e lacerandoci le mani contro i rc!iti di rc.ricolati: in qucsro momcnro un riAerrorc '3Ustriaco d scopre: c i hucriamo subito :1 cerra: una fucileria cerri bile si riversa :;udi noi: nessuno rimane cc.>Jpico. Fin:1lmctuc affaticati

e spossaci arrivammo alle trincee sull a vena di Sa.n Marco. Non ne potevo più. Il cuore mi batteva forre: ero sudaw trafelato, insanguinaro. Non mi ero accorto che una piccola scheggia mi aveva colpi w al naso p roduccndorni una piccola ferita e una contusione all'occh io sinistro. Ci hanno badaro i miei rompagni e già si er.1110

impensieriti: era roba da niente però. Rkordt:rò scnlprc questi momenà.

Le granat<' incendiarie pr<>ducevano dei fuochi im mensi. Tra Villa Roosmaldek e Villa Coronini era una fiamma sola. Q ud tratto di strada di circa un chilom("tro, tutta luminosa per l'incendio, abbiamo dovuto farla <li oorsa, con le marmirrc in ispalla alcrimcnci ci scoprivano. Intanto passavo le colo nne di barelle. Ricordo che

una porta-feriti è caduto e il corpo che era sulla barella è ruzzolato proprio sopra un p,~a.o di trave ardencc. Non sentii a lamentarsi: era un cadavere. Che impressione mi fece! E nei camminamenti pestavo addosso a dei soldati e domandavo loro scusa, c redendo che dormissC'ro: non mi rispondevano: erano morti; sempre

morti si vedevano. Bisognava vedere l'effetto rerribilc delle born barde nelle trincee austriache. Saltava per aria cutto: piante, terra. reticolati e brandtlli di carne ca· devano sulle nostre lince! Dopo un po'. riposati, abbiamo preso la via del rirorno. Finalmente arrivammo alla no~rra diroccata vii len a. Quésta vole-a ho dovuto ere . . dcre ai miracoli! w.

Gl i orrori deU'onobre l 9 17 sulla Bainsizza e nella ritirata rivivono paurosi nelle notazio ni brevissime del dottor Pietro Paolo Fusco: 2 ottobre. Un grosso calibro mi scoppia vicino. Nella notrc curo l'accecaro da

bomba. 4. NolCC terribile: attacco di artiglieria e di gas :isfissianti; resto colpiro da gas lacrimogeni: una bomba nella baracca. 7. Ndla notte cadono trentasette granate. 8. Bombardamento infernale rutta la noue: cadono vicino quattro colpi: morti e feriti. 12. Riprende il bombardamento; schegge di granate cadono su la tenda: il pericolo oggi incombe terribile! 15. Una scheggia di granata mi sfiora la spalla.


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M011u111idell" 111/itdl.gurrra

l 6. Vado a Percouo e rivedo b vita! 17. Ritorno su.Ila Bainsiz7.a; una granara scoppia. sul mio percorso, n1a sono «anquill<>. l 8. t:offcnsiva preoccupa. 20 ..Signorè, passi da me qucsco Ctlic<. 21. Si opera con la maschera contro i gas asfissianti. 24. Nella notte s' inizia l'anacco austriaco. Sedici ore di bombardamento. Moni e feriti incorno. Proiettili vari colpiscono l'an,bulanw. lo sono tranquillo. Ricordi dd p:ISSatO! 25. l n piena ba,raglia. Lo spenro della fìne. Ah la mia piccola, la mia compagna! Enrico dov' è? Colpito due volte. Una grcuidinc di proiettili. Si opera sono il fuoco intenso. I nostri ripiegano? Dio? Saremo prigionieri! Puncbri preparativi. lndicno?! Il magnanimo collega Pavesi Mario. 26. Lugubre ritirata anravcrso monri orrihilmème bornhardari. Abbandono rutto. Perdo iurro. Ndla norre, sorto l'acqua. Orrore!'°.

Il 2 1 ottobre aveva scrirro alla ,noglie: Sono sulla Bainsi,.za. Q uesri picchi di monti dcsol,ci sono indc-scrivibili. C hi tornerà? Bianca mia, se sapessi quale '"Jore ha la vita e <JU:rndo solamente la si ap· prc1.za!"' Ma qualche mese dopo, passato in u n treno ospedale, ha come u n rifiori,n ento d i sper.u1za, e scrive alla moglie: 27 dicembre. La buona fortu na non è tramontata per noi. per nostro amore~ anzi dopo l'ora del pericolo ci siamo riabbracciaci più buoni, più affezionati. piè, pu ri. C hi potrà dire con quale infinite dolcezza ri ho rivc<lura~'

Singola re q uesto tenacissimo rina.sccrc della volon tà d i vivere che si manifesta nei combauenti dopo le prove più d ure. È come un risveglio d i natura. Ricorda un fenomeno che srnpi in guerra i soldati: quando nella primavera del 1917 tl San M ichele, il monte maJederco, ri1n asio orma. fuori della tormenta, rinverdf d'erbe nuove e cercò di rimarginare le ferite delle trincee, dei camm in:unenci, delle gr:u1ate. Si ritornava alla vita con l'esperienza della morte, e con la volontà di ricavar dalla vita rutta la gioia che essa può dare. Arresto della sensibilità, paralisi ddl'inrdligcn7.a, logorio lun go della fatica, apatia per la morie propria e per l'altrui, morsi improvvisi di nostalgia, avvi limenri del fango e della pioggia, e-sasperazione - d cu:u1te il riposo - per eserciz.i e manovre non rispondenti alla vissuta esperienz.~ della guerra moderna: si reggeva a cucto: ma l'animo si modificava. La c risi dell'e ntusiasmo. a nche quando maturava una più salda volon rà nella realistica visione delle cose, era pur sempre u na perdita, u n depocenziamenro. Chi aveva


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pensato cd operato dilarando l'ani mo e il voler suo ::.cl an imo e a volere cldla parria, per quel la crisi tornava a raccogliersi in un atteggiamento meramente individuale. Fa re il proprio dovere, ubbid ire, a nche quando il comando parcv:i rovinosamente assurdo, sentirsi discaccaro dalla volontà directrice per l'impossibilicà di farla partecipe della propria vissuca esperienza, acceuare la propria parte e convincersi che essa è piccola, angusca; non pocer vedere il proprio sforzo in comunanza con altri sim ili sfoni; non percepire l"unirà del moto comw1e e perciò stesso perdere efficacia e asccndcnre sui gregari che sempre voglion vedere in ch i comanda l'incarnazione della fede e dell'idt'ale mili,are: qucsi'csperienza coi ncideva in sostanza col logorio <ldla guerra, con la volonrà avversa che cercava di mozzare il respiro e i nervi dclrcsercito. Ma, come notava E,rgen io Garrone, «non basta ubbidire: se si ubbidisse solcanto, sarebbe troppo poco»''· Chi era milir.are di razza, ne aveva l'oscuro incuico. (I I luglio ' 15). Triste giornarn! Mi sento avvilito della mia presente inutilità in mrz.zo a questo tran'lbusto cH guerra! ... 1\.ii rodo nell'animo perché non meri sono

imrncdcsimarì della grave simazionc del nostro paese, e perché non si esplica da ruui il ma.ssimo di operosi<:\, energia, abnegazione, spirito d i sacri/izio••.

Così scriveva già nel luglio 1915 un generoso co lonnello di cavalleria, che nel para· liz,.~ro impeto della sua arma sentiva l'arrcsco dell'encusiasmo e della volontà generale. E due anni dopo malinconicrunence delineava il tedio, la trisrezza della guerra allo sraro

cronico, la rinunzia all'iniziativa: (29 agosto ' 17, ad un amico). Anche ru senrira i <1udl'influss<> che oggi p>re che domini tutti. Ci si affida ciccame-nce al dcsdno come dei veri musulmani. Albh! rur· ,o vien da lui. Anch'io son qui nelle condizioni d'animo della massa. Qu;indo il mio si luro scoppicril, mi caccerò in fondo alle acque ch c,e, rassegnaio come un santo. E se invece la guerra mi caccerà ancora avanti, ecconni <JU3 pronto a parrire anche per l'altro mondo con la più grande serenità d'animo" . Gli fu concessa la seconda alcernarìva: il colonnello Rossi cadde nel novembre I 917 alla tesra dd suo reggimento, il Piemonte Reale, coprendo la ri1irara, nei pressi d'Oderzo: quando la crisi della guerra cronica era sboccac:a nella carasc.rofe di Caporerro, e a riparare<: a salvare si ridestava un sccc,ndo entusiasmo d i guerra, meno ing~nuo e pili ricco d'abnegazione del primo. !\1a lo sin arri mento morale nella guerra cronica fu la prova piè, amara dell'esercito. Fal liva ciò per cui si era sognata la guerra: la rapid ità tagliente delle risoluzioni. Nelle lenere è continuo il lento sulla morte dell'intdligen1.~" , gli accenni ad una rassegnazione cupa, l'incredulirà in direttive e comandi che v:ilgano a modificare il ristagno rnorcale. Una diffiden:za insanabile sepua la «linea» d:ii comandi. Per cerci rispetti v'è una


solidarietà morale fra i comandi inferiori - da quello di brigata a quel lo di plotone - coi soldari contro i grandi comandi. Ma, d'altra parre, la sfiducia nei risultati dell'azione come l'i mpostava il con1ando supremo, sfìducia che dall'ufficiale si diffonde nella truppa, gene· ra la crisi del , morale basso• di cui poi si sgo1nenra e contro cui si sente incapace di reazione lo stesso ufficiale, che al la sua propria sfiducia rrovava un limite nell'obbligo d'onore, nella fedeltà piì1 altamente cosciente alla causa patria. E quasi sempre alt' ufficiale sfuggiva il legame fra il proprio stato d'ani mo, che si tradiva nei gesti e nelle parole, e il morale depre.s.so dei gregari. A un cerro punto s'accorgeva che il suo ascendente sulla truppa veniva meno) e sorgeva una paura indisd nca. un senso d'incapacità, 13 previsione d\111 traç:ollo. Dalle lettere del Morpu rgo possiamo ricostruire ripicamcnrc il processo del disfacimento del morale in un banaglione d'alpini malamente impiegato e logorato. (12 giugno ' I 6, &llècra Frèikofd. iliario). Brutta giornata! Nella nottata rrediei uomini dd la 72:l. fra cu i un sergente e un caporale hanno disertato: un fuuo che in noi ha susciraco una profonda itnpressione di a.Jnarezza t di rabbia. [ soldati sono rimasti abbast:1n1.a indiffcrcnd nel complesso; si son scnrir~ poche parole di ripu·

diamenco e di ribrezzo. Son gcnre che si scalda poco: questo lo hanno cnnsidcraio conte un incidc.ncc di secondaria imporr:rnza. e quasi un accessorio inevir.tbilt.· deJlc condiiioni in cui ci troviamo6'7.

(9 lui;lio ' 16, clavami Mon,e Chiesa, diario). Sm male moralmente. Mi scmo abbattuto come non lo son mai ,staro. E ho paura, sfiducia. sono scoraggiato. Cosa succedcrl non so pensarlo. Srianlo male anche rnarcrialmcnu?:. per mangiare, dormire, bere. tutro scarsissimo<) m:-utC3ntc. l,..1 direzione di tucrc.> il compk.,;so è nulla: si au·acc:., sen1.a saper cosa. né come, né perché; si actacca localmente mentre si do-

vrebbe attaccar rutta la linea: i rifornimenti sono deficienti. Ho negli occhi i pezzi di qucll'Asini, un cosl buon ragazzo: sul cappello oe ho le tracce di cervello••. ( 13-15 luglio ' 16, davant i a Monre Cucco di Pozze, diario). La sera del 9 venne

l'ord ine di sgombrare il costont· ava_l)zaro e di ripiegare. Sembrò una libcrxi:ionc. Non mi sono mai sen,ito co.sl abbauuw come in quella orribile buca della Morte! Ormai la ricordiamo solo così. E eomc mc tutti. Proprio si sentiva l'awicinarsi continuo, incvirnbilc dell.t morte per ciascuno di noi, come un incubo annichilenr611 , (19 luglio ' 16, da\'anù a 1'4onnc Cucco di Pozze, diario). Ho messo i miei uomini a lavorare a un ricoverino. che probabilmcrnc· non finiranno né godranno. Ma sono S<-ccarissimo per il bruno morale Iloro. È un anno e più che ho fàtro l'orecchio al loro continuo brontolio, alle loro espressioni di "'"!contento e di astio contro,/ M/;an; ma espre.s.sioni cosl vivaci e continue come: adesso non n<· ho m:.1J sentite~ e sembra che si sia aggiunta una dose nuova di am,1re-aa e di asciò per il trasporto su l Trentino e per i

disagi di questa zona. E per eosc piccole, pc, cose di poco cont0' per i pidocchi. per il caffè scarso, per la carne marcia. eccoli a bestemmiare contro la guerra e contr<> l'Jralia, come se fossero cose con le quali essi non cjcnrrano che forzatamente. e a sospirar la pace; e rmro con a specie d'amara ironia che secca e irri[a.. In.somma mornle basSt> ... '

0 •


Li, gun-m sofferta

20 I

(25 luglio ' 16, davanti a Monte Chiesa, diario). Ma ieri che cosa c'è staro? Mi ci vuol uno sforzo per rkordarmc:ne. pC'r distinguere nelle sue svariatissime e sovrap . . ponentisi imprcS..•·iiOni, che questi ere giorni di tension(' e dì ansia mi hanno la."iciat0. Ripensando. non ci vedo altro, di <1ucsti tre giornil' c.hc un confuso succedersi di or . . <lini e di conrrordini, avan1..are e ripiega.menti, spinte audacissime di panug-lic, falcia .. men ri di mirmgli:nrid, e foriri~ moni. gen(c sr:1.nca. quas.i ubbria~ per il patimcn ro,

per il freddo. per il digiuno, per la morrc imminen.tc e continua ... Un biglietto di Graziosi. nel quale si dicevano le condhioni liskhe e morali e si esponeva la situazione, mi foce assai impressione; e fece effetto, pare, anche ai co-

mandi superiori , cioè al colonnello Savorani, che per la prima volta si era portato sono Monre Chksa, nella buca del comando. Il fotto sta che verso le l 6 venne l' ordine di ripiegare a scaglioni. Ciò fu furto nelle prime ore della nott~. Non scorderò mai l'arrivo del Val làg1iamtnt0. Stanchi morti, insrupidiri 1 cascanci, vcnÌ\•ano a poco a

poco, imcrcalari con le l,arclle dei morri e dei fcri<i, incespicando a ogni pa.<.,o, nel buio. Si precipitarono sul r:i.ncio che li :1spe1t'3va dietro le crincee, dove sono ancorj

adesso io. Bevvero avidamente il caffè; poi restavano li indifferenti. rsacev:1no un forre brusio. Il capitano passando strillò: ,,Fate silenzio, la,.zaroni,. Tutti si voltarono un po' meravigliati, poi ricominciarono a mangiare. Se ne andarono poi: adesso sono n riposo a Gmpo Lozzc" . (10 agosto '16, Monte Palo, diario). Mi son sentito male in questi giorni. Realmente, forse. è un po' d'ts.aurimeuco. CC'rto sono sta.neo e scccaro. È cominciata l'offensiva italiana sull'bonzo. Gorizia è italiana. Notizie splendide, elettrizzami; ne sono sraco felicissimo. Eppurè non sò levarmi da qucsrù smrdimenco fisico e mora.le che mi opprime1:.

Lo stesso esaurimento, dopo i combanimenà del novembre 19 16 in Claudio Calandra, che un anno dopo, ne' giorni di Caporerto, si faceva :unmazzare piuttosto che arrendersi.

Non ho ancora la ferira complcramence saldara. [sono] molto debole e nan,ralmente un po' scosso cd esaurito da tutte le vitacce passate. Forrunara.mentc

110n

sono abbattuto moralmente e mc ne corno in linea rassegnato, con poco cmusiasmo perché ho capito che in noi ,•edono solranco gente che deve ad ogni costo essere sfruttata fisicamcme cd intellertualmt ntc o aJl'esaurimento: ma deciso a furc come sempre il mio <loverc1•.

Si disgreg:iva un elemento essenzialissimo: quel 911id che sorpassa il puro vincolo di disciplina defini10 dai regolamenti milirari. e lo trasforma in vi ncolo morale, in collabo razione inrdligente ed entusiastica: la fede in un'opera comune, quell'unisono fra chi comanda e chi ubbidface, che nasce per vie imprcvisre, non dalle parole, ma dagl'i nconsci aneggiamenti, dalla fiducia, dalla speranza in un megl io conseguibile uno per sforzo comune: il pacco della vinoria, su cui, in ultima analisi, poggia ogni esercito. Ora la guerra cronica era la guerra spogliata della vi noria. li disperato martellamento imposto all'esercito italiano per spezzare di colpo tutta la linea austriaca rivelava un>i mpulsivirà cieca e incondudente nel comando. li sacrifizio spaventoso


per la conquista d'u11a linea, molcipl icato per turte le lince successive pareva portare al deficit conclusivo. Era u na dispera1.io ne dissimulata ne ll' ufficiale, palese e talora irridente nel solda,o. Il generai Cadorna ha scritto alla regina: vuoi veclcr Trieste, tè la mando in cartolina>t, 11:$('

canrava lo stornello maledetto. !.;autori tà e l'imperio non rcs,inli vano il , morale». Animo del 191 7 . Si rcsrava nell'esercito come in u na fumiglia in cui sian crollaci gl'ideali e le fedj comuni e sopravvi,•a la convivenza. Fino a Caporetto fu un continuo inabissarsi del , morale•. Si sentiva maturare un oscuro pericolo, se ne parlava sottovoce, non s i sapeva come porvi rimedio. Non s i poreva o non si osava denunziarlo. Chi avesse segnalato la demoralizzazione del proprio reparto correva il rischio d 'esserne funo responsabile, data la 1enden1.a a spiega"i m iticamenre la dcpretsione del logorio con coscienti malvage sobillazioni di quesro o di quello. Si scnriva un futale irrefrenabile: decorso.

Lo stato d'animo dei sacri a morte spesso sj venava d'csaspcra·doni e di rihdlio ni gla.. diacorie, d i collera contro il destino e l'ingiusti1.ia. Perché non v'era infine una g_iustiz.ia nel distribuire il dolore e la morre? C hi dalle più lontane retrovie s'avanzava alla linea avea l'impressione d 'una selezione a uromarica, quasi della srratifìcazione di due liquidi immescolabili. Si passava dagli scaltri, dai furbi irridenti, dai linci invalid i, da chi pur con la divisa sapeva gcnare le reci di speculazioni piccole e grandi sulla nuova siruazione, ai semplici, ai volenterosi, a chi non sapeva o non voleva ricorrere a.ll'intrigo e alla racco1nandazio nc, a chi, p ur bcsr("m-

miando la vira di trincea, avc>va l'i,uimo pudore di non volersi tirare ind ietro.

Moralmente, in nessun poSl"o si respirava cosi bene come in trincea. ìv{a, intanto, perché a chj più dava più venjva richiesto, perché chi faceva buona prova in cerro m odo si condannava a morte, menrre così facile era aJ pigro e al vile lo scivolare presso i coma ndi o nelle retrovie? Qual erano l'arcana legge per cui dalla massa degl'iraliani si era lrascelti a quel destino inesorabile? Per qua nto i m igliori riperesscro e si ripetessero che era assu rdo esigere che gl'italiani fossero tutti èroi, e

ch e per combarre re Qccorreva una capacirà morale o lrre che fisica, per quanro fosse assurdo il pensare d i poter sostiruùrc una salda brigata co n una brigata d' «imboscari•, sordi ad ogni senso d ' wnana dignità, il proble ma degl'«imboscati» ossessionava. Eran ritenuti responsabil i dello sforzo sovruma no a cui eran sottoposti i combanenti, della brevità dei rurni di riposo. E poi quello degl'imboscari era il problema della giustizia sociale della guerra.


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li combancnte (io d ichiarava coi grossi rcrmin.i cld suo stile) cemeva d'essere u n ingenuo corbellato. Diceva Claudio Calandra: •Gli uomini si dividono ormai in due categorie: imbecilli e imboscaci. Son liceo di far parcc della prima c.~cegoria•" · Talora il ribadimento del destino di sofforenza e dj mone ave,-,i qualcosa di mostruoso. Ufficiali

valorosissimi, provati in nun,erosi combartin1enli, si offrivanovoloncari per l'aviazione. Volevano uscir dalla vica di lombrichi delle trincee: poter dormire in un letto pulito, ritrovare il senso umano della vira. lmportava nulla se gli aviatori morivano quanto i ~fanti•. Si moriva al cospetto ciel ciclo, senza pidocchi, con gli stivali lucidi e la tepida casacca d i pelle. Ma le loro domande spessissimo veniva,, respinte. Essi rcstavan consacraci alle trincee. Teodoro Capocci. il valorosissimo granaricrc, se ne doleva, scrivendo amareggiato al padre: (2 ,n;U'?,O '16).... Eppure sarebbe u11a cosa a cuj io rerrei molto. 1:tnto più che se gli aviatori fossero gl i empiastri che mollano via dai battaglioni, addio aviazione! Eppure dovrebbe essere proprio il contrario:~ potrebbero ben favorire e conrenrarc:.~ quegli ufficiali. che, modtstia a pane. han facto scn1pre il lor<> dovere, e non han mai dom:mdato un'ora di riposo, senza rif-imarsi pc-r 1e irnprese più a:c,....'lrdace. Qucs10 & quel che fa rabbia: i cavalli di F.nic.1 che timno sempre, a qualunque costo, e quelli d,e non funno mai niente. Ma fu niente. Per forruna poi, dopo la guerra, si foran bene i conti, o, come tu dici, le lisce dt>gl'infamati" . ,Le liste degl'infamati»! !.!impareggiabile granatiere era un po' nello stato d'animo di Renzo Tramaglino che proclamava: «v'è fo1almente giustizia in que.~to mondo», e, secondo il Manzonj, non sapeva quel che si dkesse! Il comhanentc si sentiva jsolaco, segregato dal mondo e dalla vira, co.m c chiuso in u n cunicolo d'a nfiteatro in atte.'3 del suo turno. li suo dolore e la sua tragedia non gli parevano incesi. QuandQ nei riposi, nelle licenze) ndlc convalcsccnrc, rientrava nd

paese e rivedeva e risentiva la vita, un impero di collera n di sdegno lo scoteva. C'era ancora gente che godeva, gente che obliava la trinoea, l'oscura tragedia della vedetta e del piccolo posro, la fascia d' umanità dolorante che difendeva e proteggeva gli obliosi e gl'ingrati. I.:esalrnca febbre di godimento diffusa negli anni della guerra esasperava. E non è vero che tutti soffrono. A Padova ho visto ranrì di quci giovinotri a go•

dcrsela nei teatri e nei caffè che mi veniva voglia di prenderli a pugni e di (1diarli piè, degli austriaci" . Sicché sulla faccia della terrn ci sono ancora fdid mortali> Fra le tante illusioni c'è quella che abbiamo tutta l'Italia a penar con noi" . A teatro ebbi occasione di vedere la nostra , madre patria• come è in lutto per i suoi figli che muoiono e si sacrific.,no. Sporco e porco mondo!" .


Eugenio Garrone contemplava malinconicamente dall'alt.o dei momi la pianura: (1 6 sertembrc ' '16). DaJI" posizione dove siamo vedo srunrnre lontano, oltre i monti digradanti len~ln1c0tc, la pianura vicentina: stamattina seduto solo sul prato in un muco raccoglimen,o di une stesso verso ,urti voi cari. ho guardato a lungo quella pianura, e ho veduto ciuà spensierate, uomini e donne dimentichi di noi. in~ differenti a a quanto si svolge quassu, e mi sono sentito chiudere fonc forre il cuore di sgomento. Ah, se ture i sapessero quello che cosr:a la vita quassù e pensa.~se.ro a noi, quanro più conforto per chi soffre!" . Un ufficiale conv:ilcs<Xnte a Firenze durante i giorni della rona di Caporcrco scriveva con disgusto: Ho visto in questi giomi oscene coppie a 1r.isscggio pei vi:tli e pei giardini, ho visto bar e caffè pieni, crocchi di giov-.u1i robusti e forti... Ho ascoltato con ribr=o volgarissimi discorsi putridi e indecenti, ho visto femmine alle canronarc delle strade, dtganti giovinotti sorriderle e guardarle. E d1ia,11a la patria in disperar<> appello!'' Un aspirante medico scrivendo allo zio invoca l'a,;sistenza mor•le del paese ai com• ba ,rcnci: (I settembre ' 17). Per noi che ci troviamo in alto, separati complctamc.nce dal mondo. in mezzo ai pericoli del nemico e alle insidie non meno terribili della mon· r.agna, un~, parola che ci ram men ti dei carì nostri che vivono, come giustamente cJJa dice, solamente di noi, giunge co:n1c una fona viva che spinge. come un incitamento a ben proseguire.

E ciò è sempre utile e necessario per quanto gli animi siano ben saldi: ché qualche momcnro di sconforro, qualche ist·ance in ali il ricordo di ruuo ciò c;hc di noi, della nosrra anim:1 abbiamo lasciato in p:Hria. famiglia p:trenri amici , di u1ni quelli che-ei

amano, potrebbe forse for reclinare b mente e lo spirito a riflessioni dolorose e debiliran,i ... Se in Irnlfo la forza d'animo uguaglia,;.,e quella dcll'cscrciro, la guerra sarebbe un Lrion fo continuo, una vittoria ininterrotta, matcriak e moralè~'.

Cerco era ,u, sogno lo sperare che il resto della nazione, depauperata dagli elementi migliori, potesse essere ad un'altezza morale pari alle migliori rruppe di linea. Di farro la diffidenza amara si risvegliava nelle immediate rerrovic. Il combarcence sosperrava d'esser guardato con disgusto dagli ufficiali dei coma ndi. Quegli •lrri che hanno la forruna d'~cre imboscati quando noi passiamo evcn· ,ualn,ente in paesi civil i per cambiamento di fronte ci guardano quasi con disprezzo, e talora neppure ci salurnno. perché siamo sporchi, infangati, schi fosi a vedersi, pieni di pidocchi. In certi istanti il vederli puliti. eleganti, tuui lusrri, lontani da og11 i disagio, da ogni pericolo, da ogni futica e per di più stupidi e sprezzami della vita misera e tormenrata che fucciamo noi, ci fa nascere sentimenti ,li ribellione e d<>bbiamo farci forza per non volare loro addosso e rranorli da austriaci''.


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U combacccncc si vendicava del prcsunro affronto con gli scorndli di gucrrn: I),, Cividale a Udine

ci st.tnno gl'imbos<.'ati hanno gambali lucidi, capelli profumaci.

Il disprezzo più profondo era poi per i giornalisti che falsilicav:i no la guerra e creavano l'imposrur, del soldato rutto baldanza che rifiura i ca mbi e si paSsa alla guerra: essi mcnrivano il sacro dolore'•. Chi consideri storicamente il futto, oltre un'indubbia C$agerazionc di fanrasia csalcaca nei combanenci, rrova che qucll'eccirazionc febbrile del paese, quello stato d'animo di godimento sjmile a quello dei dieci giovan i del Decamerone dt,ranrc la pesce. era una faccia inevirabile della guena. Doveva continuare b vira d'ogni gio rno. anche [Più eccirara, percl1é il paese producesse, lavorasse, senrissc il meno possibile il luno e la tragedia che l'avrebbe paralizzaco. Era quella la kbbre che accompagna il malt', lo segnala, ma aiuca anche a superarlo. Ed era stara in pa rcc favorita policicamcntc, per reagire all'impressionabilità del pubblico, .e correva no a diffonderla nelle retrovie e durante le licenze gli stessi combattentj con la loro sere insaziata di vita, di godimenro, d'oblio. Era l'egoismo primordiale della vira.

Lo stesso per cui si continua a vivere pur dopo la dipartita delle persone care; ma accentuato pel ,•eni r meno delle forme della pietà. Lo stesso per cui il combarcentc serrava le 61e, lasciando indietro i compagni caduti; per cui, uscico dall'orrore della trincea, si godeva i.I sole di nanzi alla sua tenda, intonava i suo; rochi stornelli, si beava dcl rancio

caldo e corteggiava le raga.1.1.e delle retrovie, menrre i morti si disfacevano fra i rcrkolati e nelle fosse improvvisare. Anche la vita serrava, in1placabiln1cntc, le sue file sui suoi c:iduri e sui morituri.

Il De Vira - e quanti come lui nelle quasi liete b aldorie delle mense? - si sorprende in questo oblio e in quesro primordiale egoismo. Ndla sua mensa si fa baldoria, mentre in un battaglione attendato vicino è morto un ufficiale. 0

(9 agosto 15).... ieri si bevve anche dello champagne :1lla nosrra mensa, quando in quella del bltraglione c1era lull'l). Si diventa besrie, disprczzarori <li tutti senc-imcnti. sì divent:i diffcrenri. Se non fosse così disposm l'anima. sentiremmo diversi suicidi e pochi atti di valore!" Ma le considerazioni d'ordine storico sorgono postume al farro della guerra. Fossero anche srate presenri, non avrebbero placato l'amarezza. l co,nbauenti sperimentavano w1 caso concepito per ipotesi dalla fantasia poerica dello Chateaubria nd: dei morti che risorgendo sarebbero un pauroso ingombro anche


per le persone più care, perché il dol<>rc è rimarginato e nuovi amori e nuovi sogni occupano i cuori. Essi, i combartenri, erano un po' i morti, anche prin,a di morire: in patria

la vita continuava e, com.e l'erba su i vecch i campi di barraglia, a poco a. poco cicatri1.z.1va le ferire degli aftètri e delle memorie, tranne dei cuori dei padri e delle madri. Era una maledizione sacra. La guerra, come una rivoluzione, colpiva secondo u11a legge impenetrabile, senza un criterio di valore, spessissimo con ero di esso, e, a diffe. renza delle rivoluzioni, non pareva porcare il segno di una nuova giustizia. Appariva una cicca esplosio ne di cu i nessuna. rnenrc un1ana poteva segnare i limiti e i risultar.i: un dtsti no cieco; ove naufragavano i ,s;ogni dj nuova giustizia fra le nazioni e nella società. Nell'ufficia.le ferm entava un amaro desiderio di morte: nei gr,-gari • spesso anche tra i migliori - una frenesia sp,1ru1chin11a. Talora d isertavano per giocare in nuovo modo una ,•ic,1 già considerata perdura: alrre volte prorompevano in cragici ammutinamenti; specialmente nelle brigare migliori e più durain enre provare. Questo, nel suo schema e nei suoi momenti , quel furto che i tecnici militari soglion designare il •logorio» della guerra tnoderna. Alcune figure di combattenti recano le stigmate del dolore e della tristezza d i guerra.

E non si tratta d'uom ini moralmcnrc gracili. ma di soldati che scndvano e acccuavano virilmente rutto il loro <love.re.

li 14 ottobre ' 16 nel vallone d.i Doberdò una granata ausu:iaca uccideva il caporal maggiore Gaetano Filascò del 20° F.uucria. Era un maestro elementare calabre~e. Non aveva voluto rinunziare, durante il suo lungo servizio di guerra, a.Ile modeste funzioni di aiutante di sani1à per djve11tare ufficiale. Aveva un'intima repugnanza per h violenza e il sangue: ma fautore convinto dell'inrcrvcnro italiano e della guerra rcsrauratrice del diritto violato. aveva cc.reato di cor1ci liarc i con rrasrand senti menti in un servizio che gli

fuccsse correre rutti i risch i, e gli consentisse insieme d'esplicar la sua opera non a perde-

re, ma salvare vire un1anc. Aveva una mente illmninistica comune a molti maestri: forse un po' angusta, ma sincera, d1é l'illuminismo in non pochi animi diviene fede direttrice di vira. Credeva profondamente e fervidamente a ciò che per molci altri non era se non w, pretesto oratorio: al diritto dei popoli, alla missione italiana di concorrese a un più civile consorzio fra le nazioni. al dovere d' un supremo sfor,o per uccidere. sia pure con la guerra, la guerra, spezzando la bruralirà tedesca e schiudendo agli uom ini una più degna vira. Ideale e sogno che fu impiegato, sfruttato e deluso dai politic.i, ma che rimane pur sempre di quella poi irica un debito gravissimo, «l'obbrobrio di un giuro tradito•. "Fra un'azione e l'altra il Filastò segnava brevi appunti e osservazioni, che sviluppava nei periodi di riposo e d i licenza e inviava al frarello. Venne fuori, così abbozzaro, un diario che la pietà dei congiunti pubblico poco dopo la morte del Filasrò e la censura di guerra, non molto più inrelligence ,di ruue le altl'Ccensure, mulilò nei punti più signilì-


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carivi''. Lo srile è spesso incerto: echi lcrrerari - vivissimi quelli dcli' Abba - spesso perrurbano l'immediatcrla ddl'imprc.ssionc. Eppure, n.onosfance questa insufficicn,_, arri· stica, ben pochi documenri rendono con canta diìca.cia la parabola della guerra iraliana. Le prime norazioni hanno dell'ottocentesco: alcuni episodi del pri1no inizio di guerra trasporcano mezzo secolo indietro: alle banaglie di Magenta e di San Marcino. Si vive un sogno di fresco impeto n,ilirarc, anche là dove la scena è di morte, come nell'episodio dei bersaglieri feriti. (20 giugno '15). Una compagnia di bersaglieri cid isri arrrnversa il campo di pie•

no giorno per rec:1rsi presso Lucinico. Viene scoperta e furta bersaglio dell'artiglieria nemica dal monte San lvlichclc. Jn breve tempo arriv-Jno al nostro post0 di medicazione parecchi feriti più o meno gravi. Fra gli altri il capitano della compagnia, Luigi J>astorc, ferito gravemente al cap0 e alla gamba destra. .Egli è sereno, e parla delle sue ftritc come non glì appartengano, segnalando al medico i disturbi che avverte. Io gli lavo a poco a poco con una spl:cic di religioso rispttto il .sangue aggrumico sul viso, cd egli con vòcc bassa, sen~La akuna prc.-'OéCupa-zié>ut, condnua a discorrcre1 manifestando i suoi Ldtimi dcsiderii. lnranco a.ccanro a lui giacdono alni bcrs-aglicri feriti. i qu~1.li , avuta b medicazione,

si n,ettono rr:mquilbmeme a fumare con sroicisrno ammirevole. Un sotcorcncncc si

guard:t sorri<iendo il berreno forato e non vuol neppure medicarsi la kggiera ferita che ha sulla spalla. Saluta il capit:tno e va a radunare la compagnia. In un altro c:incuccio del cortile vi è un bersagliere ferito all'addome, e soffre auoce,nente, e di ramo in tan· to ct'ilettc utt grido che fu pietii. Il capità110 che t'ili guarda co,1 occhio doke e fort'ilo. mentre gli pulisco ìl viso, mi domanda: «Chi è che grida così? È un bersagliere?• •Signorsl, è un bersagliere ferito all'addome•. «Ditegli che i bersaglieri non gridano mai, anche quando soffrono dolori ,urod». li bersagliere che ha già smunte le labbra, seme le paroJe.<ld :'iUO cipitano, mormom: «Ha ragionc!l> c poi si tace per morire in silcnz.i016 .

La dc-scrizione del combarcìmcnto di Bosco Cap,puccio ha una letizia ariosa: par che la vittoria debba sboccare dal bosco in p iù vaste regioni. (18 luglio ' 15). U rombo assordante dei grossi pezzi, lo schianto fragoroso delle

batterie da campagna sparse nel piano. e quelle da montagna nascosrc nella vicina foresta mi fanno l'cffcrro d' una rcmp,-sta infornale. Questo accanimento dì moni, di sibili, che srraziano t sconvolgono l'at:mosfera, questa immensa e fitta rete di pro• iertili che passano rapidi e kggicri S<Li mio capo, fischiando, abbaiando, ululando, è qualcosa che rasenta il sovra,nnaruralc'·. Certamente anche in quei p rimi gio rni si prova la trepidazione per la virn, ma questa trepidazione ha qualcosa di sacro. d'offcrca. ( 15 giugno ' 15). Ormai non vi è piu alcuno di noi che pensi di risparmiare la vira, e ravvicinarsi dcli'ora s<>lcnnè - quando la morte non giunge improvvisa - produce ncl1'a.ninlO una vislonc sublime «che inrcnder non può chi non la provv. e che io stesso avendola provata. non desco ad csprimcre t.


Vi sono i momcnci egoistici: ma l'ora del comba tci rncnto li c~ncdla. (14 luglio ' 15) . .. . nei giorni di riposo, qu:indo per poco si dimentica il luogo

dove d si trova. e il pensiero ritorna tutto agUantici più cari. ai parenti più affe.ttuosi, che $i ainano di più appunto perché più lontani, quando si pensa che qualcuno ci attende e saril tan to più felice di abbracciarci dopo tanco soffrire e che nessuna gioia può uguaglia.re. quella di w1 ritorno vittorioso, allora un'idea d•cgoismo invade la n1cncc: quella di conservarsi per gode.re la gioia suprcrna. Ma ?: unJidta che sparL;;_cc Suhiro quando si cnrra in azione . .Allor:1 non si vuole alcro che correre virrorios.i arrra..

v<:rso l'uragano di ferro e di fuoco che si sc:ucna dalle due pani'•. Ma l'orrore della guerra non ta,rda a ri,;d arsi all'aiuranrc di sanità. (29 luglio). Ad onta dei molti momemi ru entusiasmo avuti durante la battaglia. non si può non riconoscere che la guerra è la più grande ia11ura che affiigga l"umani rà. Ed io mi compiaccio che in 1n{"'.i.'ZO a tante brutture sia stato d1irunato a compicré un servizio umanirnrio. che, se non procura nessun onore. dà però Ja grandissima soddisfazione cli avere ~ posra la propria vira - e lo so io come! - non per l'alcruj rovina n'la per la salve-aa alrrui. C iò non vuol dfre che io abbia cambiaro qpjnione sull'opporcuni1à della guerra. Speriamo che mito vada bcn~ ... [r(11s111w]'°. (I Oagosto ' I 5). Ci vien portato al posto di medicazione un soldato (De Gian) che dallo scoppio di una granata ha avuto asportati i piedi e una mano. EgJj è pallido ixr il s.1ngue perduto, ma ha lo sguardo S<treno e assiste impassibile alla medicaiura che gli facciamo. Egli ha piena coscit nza della svenrura toccaragli, poiché guarda e Os• serva muto b sua mano. i suoi moncherini e uno dei piedi sraccari che giace sul 1do della barella. Ai nostri incoraggiamenti risponde con un lieve e malinconico son-iio. Finita la mcrucan,ra egli si adagia. col nosrro aiuto sulla barella, e con sospiro profondo dice: .i:Po\'C:ra mamma mia! sei morta a tc1·npo per non vc<lere r:a.nto strazio!» La madre gli era morta da qujndici giorni ... [rn,.<um)''· Alla visio,1e del dolore s'aggiu nge il pensiero dei morti. (18 agosto '15). Oggi sono n,olto triste. Da stamai1e ho suo1:1.a1a la gola come da una predisposizione al pia.nto. Ho assisciro alla. messa per i morù, ... [t,11s11ri1J. La cerimonia si è svolta nel ma."5imo silenzio. Ad una ad una le compagnie son venute a schierarsi a fianco ad un obelisco rivestito di frasche verdi di acacia e Ji edere e hanno ascoltato la mc...~.sa con moira devozione. lo sresso ho con.sc.·rvaro uno scaco continuo di cornmozi.one. ma non era la funzione religiosa in .sé che ,ni comrnoveva, era invece il ricordo dei morri, il silenzio di quasi due mila persone rnccolre in un solo pensiero, che suscitavano una foll:l di sen rimcnci. Pare che il silc1'lzio mi tlbbia comrnosso pila di una splendida ora1.ionc ... [rn111mt] " .

A quesco punco com incia per l'assertore deU "intervenco la lotta interiore per salvare b sua fede, ché «cessato il priimo en tusiasmo ci vuole una bella forza morale per persistere nelle a,spirazioni che si sono avute•""· E si sdegna pel ritardo posro dall'ltalia


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a dich iorar guerra alla Germania", né gli garba molro la sciagurata frase d'dlèrto del Salandra sul •sacro egoismo•. Solo la redenzione dalla guerra poteva per lui giustificare la guerra in arto: «impedire che domani possa risorgere la guerra crudele e feroce, e sulle libere nazionalità si riversi ancora l'incubo della tiraJ1nide rcuconka•"· (18 novembre 'l 5). Che cosa orribile è la guer,a moderna! pare un sogno runa quesra carnefid na, eppure è una rcaltl che lascerà tracce indelebili fra gli uomini. .. (censura]. lo penso che non vi sia più nobile finali,ài di quella d 'orrencre che la guerra più non venga a travolgere l'umanità in un cataclis ma di dolori ... Lceruurn]'•.

Ribadiva e non scn1.a un certo vigore il suo ideale illuministico e umanitario contro i dubbi e le crudezze della «realpolicica», che con 1nolra leggcrei.za veniva mutuaca dai nostri neni 1c1.

(5 maggio ' 16). Saril difcao della mia cultura filosofica, io dico, ma quando ritrovo in me sccsS<> delle idee che un grand~ sconvolgimento sociale non t riuscico a distrugge .. re, io penso che un fondamento di re:tltii in esse si comprenda, una rcalrà che ha biso• gno d'esser riveduta e diversamence valurata, ma norn cessa per qucsco d'e.~·istere e d'im ..

por,;i alla coscien,.1 umana. A)crimenri non si comprenderebbe que.<ro affannar,;i degli alti personaggi della grande tragedia per gius1ilicarc il proprio ac1eggiamcnro dinan:ci ai superiori dirirri dell' wnanitll. Mentre sw c,unpi d'Europa gli uomini si massacrano (e i pi,, non sanno nemmeno il perché) da ogni pane si sente dire: , mn io non l'ho voluto ! ma io mi difundo da un'aggressione•. Sono pochi quelli che hanno la sincerità di dire: «io combatto perché il mio diritto trionfi su quello dc-gli altri», sono pochi anche fra i rcxleschj dove il motto: «Germania innanzi rutto" è cosj popolare ... (un.mm). Coloro che han.no susdraco così vasto .$cOnv()lg:imcntO non possono non senti re

il grave peso della rèsponsabilirà e il profondo rimorso del loro misfano. Bca,i noi che il grande misfacro non abbiamo voluro, e ci siamo schierali con piena e matura coscicn1.a contro il diritto del pi,, forre. È la sola ragione che valga a giustificarci dinanz.i al tribunale dcll 'umanic:t, e che fu.rà più bello il noscro sacrificio; ché se la ragione d ella guerra iraliana fosse stara sol· ranto il ,sacro egoismo• e se noi fossimo stati dei froeddi calcolatori. avremmo potuto accontcnrarci di un qualsiasi paretthio, compenso alla vilr/1" . Assorto in questa fede attiva, contrastava con vigore r:12ionalistico al risveglio cartolico che la perturbazione della guerra suscitava. (28 maggio 'I 6). In fatto di religione, dura.mc il periodo che io sono staro in guer· ra. ho potuto fare ddle o.sservazioni che mi hanno appreso a rispettare il senrime1Ho religioso per quel che valga, come pura e semplice manifcsr,izione dello spirito, senza però rilevarne quel tanto che possa indurmi o divenrarc anch'io religioso''· Ma la prova era ben dura. La fede idealistica del Filastò passava prove e momenti amari. Egli era isolato, specialmente fra i soldari.


(1 • febbraio '16). Vi sono delle ore in cui si vorrebbe tutto dunemicarc. anche le cose-più ca.re. per non più deside.rarlc, per non sentire nel l'animo il vuoto crudde che da c..sc ci separa .. . fce11sun1) . .Da due giorni ci piovono a,w rno shrapnds e granate . .eem~1.ÌQne è COntinU:1 t-d è a StCtntO domin3r:t daJ freno inibitore ddJa volonràYY. (l8 marzo ' 16). O giornate di maggio! Come siete lon tane oramai nelk, memo-

. [censuraJ.... r1-a...

L11anto Ll tempo scorn.,va. Pa.~sava <irrido d i sofferenze e di tonncn ti, il primo invèr· no di gue rra sulle pendici del San M ichele. La p rimavera arrecava il rovescio sulla fro n te tridtnrina. J.:csratc si apriva con l'orrore dell'olrensiva dei gas a San Martino del Carso, e il Filastò la vedeva dai posti di medicazione. (30 giugno ' 16). Nel posto di medicazione due aiut,ulli di sanità lo"ano contro i gas. lntorno morti è agonizzanti. Si riconoscono a vicenda i s<·gni della morte e sentono ,ormeJ1tarsi i polmoni clallo srrazio del veleno. Par<x:chi boccheggiano con la bocca piena cli spuma verdastra e sbarrano gli occhi in uno sguardo rrucc e con pcrfcrra lucidità imprc-cano al destino e alla vilrà del nemico. Il maggiore Corresc non vuole che lo si rocchi più: • Lasciatemi morire e d itemi inranto $e la linea si riconquista;:.. Lungo i cammin:.uncnri e le caverne non c'è che strazio e morce. I prigionieri premuti alle calcagna scendono in ~la indiana e godono di ranta strage. Intanto dal gruppo degli agonizzanti si solleva una larva d'uomo e con à>'tfèfi\O atto

di furore MSèSt11 un p ug;10 in fucci:1 :1d un c:1pirnno austrfacù. «Rispettare

il prigioniero, , gli grida un uJlicialc italiano. E il soldato, rispondendo a costui con uno sguar<lo di commiserazione, si ripiega sulle ginocchia e si adagia a morire . .. Arriva un soldato SaJ"IO e pieno dj vira) ma nu ro anelantl" e a.lf.iricatOi cerca fra i morti il proprio frard lo, e lo crova ancor vivo, m:1 già dcmro le fauci della morte i1ts-aziaca. Si leva la giubba, si leva il farscuo e c;osì, in maniche di camicia si china per terra, raccoglie il fratello, se lo su:ingc al peno con le mani nelle mani, e incomincia a dimenarlo con gesti ampi e celeri per farlo sopravviv,·rc. E mentre così lavor-a gli dice reiterate volte: «Non disperano, fratello. lo ti salverò, ti farò vivere. non ti lascerò morir~. Ma ,li Il a poco il fratello gli redina il capo sul petto e se ne muore. Allora quel soldato, scappato chissà da dove , giunco Il rr:ofelato, ed ora grondando sudore per l'immane fatica depone per terra il corpo esanime del fra,ello, si morde le dita, si rimette il forsc"o e la giubba, raccoglie un fucile e corre in prima linea gridando «Scellerari, scellcrali!» 101

Dopo l'espugnazione di Gorizia nell'agosto del ' 16 il Filasrò era ormai logoro. Era uno dei pochissimi superstiti d el s uo reggimento dall'entrata in guc tra e attendeva in una grigia rassegnazione il suo turn o . Scriveva al frardlo. (27 agosro ' I6). LI mio astro rramonra prima del meriggio ... Bisogna rinunziare anche aJJn speranza di sopràvvivc:rc e ritenersi destinati dalla sorre a burt:l.l'C la nostra csistè1w.a ndla fucina degli t·vcn r!. lo allora mi sento più cranquillo, quando rinunzio


Li, gun-m sofferta

2JI

a tutto ciò che mi appartiene. quando nemmeno pe11so che in altri luoghi ho dei parenti che trepidano per la mia sorte. Mi piace, o, per meglio dire, mi fa comodo considerarmi Sc.)lo al mondo, 1u co 1 cre.sciuco, destinato dalb. sorte ad essere consuma.. ro né più né meno di con, e si può co1uumare una 'bomba o una canuccia. Anzi da que-sro punco di vista la missione che mi sono colca ad csercirare sul cam .. po della strage è oltremodo confortevole, perché n, i consemc di tirarla pii, a lungo e

di considerarmi t:1nte volrc rivissuto quante sono l,c opere dj bc11e che io compio. A questo modo valgo più che un sasso in carapulra... Ora io vorrei. sì, vivere e migliorare me stesso. Vorrei poter levare da mc tutte le .scorie e ricomparire al rnonclo in una vesce nuova e verginale~ vorrei tentare !'acce.so per vie più ampie e più alte.~· ma ora cosa vuoi che faccia, cosa vuoi che pensi? Vuoi che mi tonncnd coi problemi del domani, mentre mi sta dinanzi l'enorme punto inrerrogacivo dd Dcnino? .!. 10

La sua krrcra resrnmenro, scritta un an no avanti (il 21 ottobre 19 15) complecamen· te la fisionomia laicamente religiosa del modesto maescro calabrese. . . . lo non ho mai ancc>ra pr<>vata l'ebbré2za dcll'assaho, né forse la proverò. Nondimeno io senro l'animo m io appagato da un'imin1a e serena soddisfazione che mi

rende men dura l'idea della morte: la soddisfuzione di aver poruu,> sul campo di barraglia alleviare con la pietosa mano e con la dolce parola del conforto e i dolori gli spasimi di tanti gloriosi feriti e raccogliere con venerazione l'ultima parola di qualche agonizzante. Che io possa ancora e fino alla vittoria continua.re la mia missione piccosa.<: l'augurio che io faccio per re. o madre mia, perché tu possa provare l'immensa gioia di 1

riavenni più puro e più bello fra le bracèia tue: ma se. la sorte: m invita ad una sorte

più gloriosa, saprò seguirla con animo sereno. . . . Le L;;riruzh)ni educative nate dalla mia arrivit:ìi di maesrro desidero che .siano col c;oruin uo imeres.samento dei parenti e degli amici conservare per sempre in ricordo

del bene che volli al mio paese, dell'amore e della tede che io posi nell'adempimento del mio dovere. I miei scohui si ricorderanno di mc. non ne dubico•uJ. Mario Tanc1cdi Rossi' .. fu un altro di quei meravigliosi alpini piemontesi, in cui lo spirito guerriero del popolo subalpino non mortificò la profonda gentilezza di senti· menco , l'accorato rimpianro d'aftètti casalingh i: di quegli alpini ch'egli stesso poeticamenre rievocava:

(16 senembrc ' 16}. Gli alpini, sempre gli alpini, sulle montagne, lanciati nel vcn• ro. nel ferro, nel fuoco; e vanno :wanc.i sempre e non cedono mai dove sono giunri.

Anima delle rocce trasfusa in alrre rocce! Ogni goccia di sangue sembra ;\VCr un disperato urlo di vcndeu:l; e non c'è soldato pii, freddo, più at1acca10 alla vim, più nosralgico, più buono ... Ma son quelli che più ferocemente proscguo,10. assalgono. si difendono, vendono a gocc::ia a goccia ìl sanguc 10

~.

Aveva denuo di sé ricchezza gencile d'alfetci: si che lo slancio generoso si accompa· gnava a un rimpianto acuto delle cose che si lasciava indietro, al senti mento dello sfiorire


di tanta parre d i se stesso e della gioventù sua che no n porcva fruttificare nell'uragano di guerra. Aveva impero e vocizione di pocra. anche se non sempre riusciva a cs.<cr dd rurco lui, a liberarsi di qualche schema d:annun,jano o pascoliano. Ma andava ad una nuova tempra e del proprio carattere e della propria poesia: la cercava ndla sressa guerra: •per essere più forte, per rrovare domani la volontà di srudiarc m olto, molto, per riuscire. Sono n1<1lro addietro nel sapere, e ciò che scrivo e penso son cose buttare al vento, senta base e fondamenm, mcnrre voglio riuscire, voglio arrivare e perciò molro vegliare»'". Questo stesso sorvegliarsi e controlla rsi addensa talora una pati na letteraria s ugli scritti del giovane alpi no: ma la vira inccriore intensa cominciava già a prevalere e a definirsi. li primo acrcggiamcnro è un abba ndono sognante: si che il dileguare o il dissolversi della visione è un dolore lungo di nosrnlgia. A volta a volca lo svanire della visione e dell'abbandono poecico si deH nea o come crudezza dura del descino, o come comandamento etico che impone il sacrifizio: a volta a volta l'anima si protende accorata a ciò che fu e che non tornerà, o si leva contrarra su ciò che appare debolezza e pigrizia. Confusamente egli quest' angoscia di due mondi, di due vite, tenta di narrarla alla madre. (JO gennaio ' 16, :i.Ila madre). Bclk·a,, di ciel.i purpurei nei crarnonti, profumo di primavera nd calcn di maggio, sogno di pensosi occhi verginali socco le stelle tremule nei silenzi incommensurabili della notte, placido riso della falcata luna quando sc>tt'cssa erra l'an ima inquieta cercando l'oblio che non esiste ... fa111àSmi della poesia, o mamma. Non è questo per cui non è vile un cuore, e cere.a inf.uicabilm.cnte nel miscen> dd cutto, e piange e ride e dispera e ama e d'infinica solitudine si cinge; non è tutto questo per c ui si \lhre e si rnuorc, ma1nma! Le alt<.'Zzc di Dio tremano nella lom--;10anza. comé il sorriso pio delle stellet il quale mai non disvda l'infinito onde viene, e più e più chiama affuscinando siccome il disper:tt<>volto delle chimere o l'incornpr~a orrenda voragine del nulla"•. Ma spesso le memorie e i rimpianci so no le stelle, le cosrellazio ni dcll'ani1na: Come da l'infinice ombre la notte germoglia • mille le costdlazioni, cosl da l' errabonda anima a frotte brillan memorie d'altrc crrnt stagioni Tra le cupe di marre aride lotte sembrami udire con soavi suoni per le n:ostn: convalli. a rnC--l'lt) rotte fr:l rocce, !'onde in murmuri c.1nr.oni'Q)

Giunta la guerra si leva risoluto: Ho desiderato al gloria dell'arte. Mi basterà quella d 'c-sser mòrro per la Patria, ed aver combanuto con indcfcs.so cuore'~.


Li, gun-m sofferta

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E rent',a di r:isserc.n.arc religiosa11'1ente la madre: (Modena, 1Oagosto 'l 5).... in rendo come questa mia vita ,1bbia uno scopo per<:h<' altrimenti tu non me l'avresti potuta dare, e lo scopo potrebbe anche essere quello di morir per la patria. E cosl restcr<·bbe a.ssolra la finali tà della vita tua e della mia, e noi ci ritroveremmo ove rut(O si ritrova. in Dio. avendo appena compiuto il proprio dovere (ci& forse non alrro che sofforro, se è vero, come oggi pare, che la vita non sia altro che un dolore) ... Forse pocrei essere desrinaro ad altre opere nd mondo, poiché la vira in sé non m'importa se non per quanto io possa, ed è l'ora, occuparla in qualche opera degna della missione d 'un uomo; porrei essere, dico. destinato ad al11c venture. ma ciò è nel forse, e questa interiezione dubitativa è solo nel linguaggio dell'uomo, non in quello di Dio, che vede e prevede, e però dò che [è] per ,ne è già predesrinato"0 •

?-1a nella tempesta tace la voce intima e profonda dell'ispirazione. manca il raccoglimento sognante. Scriveva alle sorelle Alba e Carmen da Modena: (Modena. agosto ' J 5). Tu dici, Alba, che penso? Nulla! Possibile? Pare strano anche a mc. Ma i raccùglimcnti della solitudine non sono più possibi1i, ma i comandi d'azione sono prc:dpirO!i1 rna nel ripose) alla piaz:,.a d'armi il ciclo ride e ridono i

compagni e le labbra di tutri sorridono, né si può fure altrimenti. .."'. (Modena, 9 ag<>sto ,15) .... rimango a pensare._. a qucsro mio povero cuore che

non conosce più il palpiro vivo del sogno, ma vive ormai solo della realtà cruda della gucrra 1 1 • .

Si smarrisce, sente che una dolce vira è morra e 11011 per lui solo, ma per rurra la sua ge,1crazione. (Modena. 15 agosto · I 5)... . perchè siete ambedue tristi nel cuore come le è runa questa gioventù dei nostri anni 11avolta nell'immane vorrice della storia!... Chi mai ci ha condotto a tanto? Questa è la civiltà? Chi mai ci riunirà un giorno nel quale non sia la preoccupazione recondita in cuore? Forse mai più. forse non Jo fummo che nel tempo anrico 11 1• (IO agosto ' 15, alla madre). Forse si ridesterà un giorno l'anima, o mai ntln è . ) assopita, come ogg,. pare .... Se il labbro a tutti noi giovani sorride, perché bello è il riso dei venti anni che si donano alla morte, il cuore intende la rristeac del mon(loe di chi rim:me, e quel sorriso non è che una sublimazione del sacrificio furco cieco dalla voion tà, per vincere l'isrinto"•. Questa an ima raccolta e idilliaca sentiva la guerra come una forza nera, un uragano, un vortice che schianta e cravolge: (Modena, 23 agosto ' I5, aUa madre). Ma noi $Ìamo afferrati da un'incoercibile forza che piega e spézza le volontà degli uomini dirigendole ad uno sconosciuto porto, forse d'oblio o di fdkicl, anraverso il tcmpc·scoso mare delle .speranze! . .. 11 s.


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M011u111idell" 111/itdl.gurrra

Come gorgo cieco spcrimenrò la guerra sulla Vcrroibizza dove fu mandaro ndl'aunm no del' 16 a comandare una compagnia di funtcria, e come in un delirio, su quella fon.a cicca invoca i nomi d'Italia e dei suoi cari: (IO ottobre ' 16, alfa madre). li go(go rni chiama, l'abisso inghiotte, inghiouc, e _però ergo il capo come a sfidare la mone e grido: . nel nome di Dio eterno, nel nome d'Italia Santa é purat e mai comè oggi amata, nel n<)me dti destini umani reconditi, tu afTronrerai il ciinenro, ru vedrai, e:. premerai ranima a s:mguc, perché non venga rneno a se stt..~; n 1sorrider.ti con negli occhi rua madre e il flucco elci sogni tuoi~ in che vis .. suco hai venr':mni, e non ti parve am:1ra la vita oggi s:tndficata in fucci3 al sacrih1:io»11 " .

Quel periodo rimase nclb sua 1ncmoria u n incubo d i febbre, e lo rievocava a un suo professore: La mia compagnia del Su$:J è Stara sciolta, e gli ufficiali mandati sul Carso p<'r roffcnsiva ddl'onobre. Ai subalwrni alpini anziani era dato il é<>mando di una compagnia. Via cosl dalle montagne, <!alla guerra solitaria, assidua, profonda, varia, al tempesroso gorgo 1 al sanguinoso fiume, al fango senza tregua ... Non so dirle quale immenso dolore m'avesse colto. né come vincc.t.~e la mia gioia, né come procedessi rinnovando in mc lo fede eh speranza e lo volontà indomiti nel nome d'lrnlia e dell'um:mità e di Dio e di mia madre, né come al comando della sesra compagnia dd 227' Fanteria, col fango fino ai fianchi, sotto la pioggia. il ferro e il fuoco incessantemente rimancss, sette giorni sul Sober conscio della responsabilità

di tal posi1.io1\e; éd io pd posto che tene,•o. costretto a reprimere ot11i mio senso pct esser<' più forre e impassibile e previdente e pronto al sacrificio ... Ma uscii di là col volu, che avea il e.olore dcl fango.• è l'orbitc parevano vuoce, e in cima all'anima v\:ra un infinito dolore per rurra rumanirà, ma infinim certezza italica sorro. dal concerro formidabile dei nosrri cannoni, e dalla potcr11.a della noscra organizzaziqnc. Son rornaro qua fr:i gli alpin i e per una s,rana incredibile sorcc pi:oprio fra i miei primi

sold3ti, i n1iei vccd1i fratelli del battaglione Borgo San Dalmv.io ... alire rombe. alrri ricordi. .. Così sempre via, vi3 dierro il mio destino inesorabi le 117 • L1 grande guerra, come sempre i grandi cataclismi storici, suscita l'angoscia dei giorni scomparsi e l'impressione d'un marchio che rimarrà per sempre nell'an im11, e LI sospiro idilliaco d 'una pace profonda, infìnira: un animo d.1 dértrciné. che métccva salde radici nel tempcramenro nostalgico del Rossi: (Novembre ·15. alla madre). Ed io, come perduto nell'immensità. del passaco e del fucuro. sento h solitudine sconlinara dell'essere e l'ignoto dclk sorci e il dolore delle memorie. perché ciò che non è piì1 si piange e la vanir:, delle cose umonc"'. (5 novembre ' I 5). Dimcntic'are se sressi per credersi in un'altra terra che non questa; ove la dure-,za dd vivere :fosse un sogno pcrdum è febbrile, ove il male fosse favola anlica. ove gli affetti vivessero nutriri di rcalrà soave.... ~ ma noi, sorella, non vi srarcrnmo che ombre create da.I pcnsicro 11" .


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La fresca giovine1:,a è già uccisa: ( 14 novembre ' 15, alla sorella Alba). L:1 giovinez.z., è passata? Graverà l'anima il pensiero faticoso della vit'a combattura? Non più sp<:nsiernra primavera, o mdanconko aprile dietro ingenue pass.ioni ? Non pilt vlca studenccsca? Questo il ritorno! Non ci sentiremo grave l'anima noi che abbiamo fu.no la guerra? Qualche cosa sarà cantbfara nella gente nostra, e noi vedremo e ricorderemo? 110 •

[autunno e l'i rwerno sono le sragioni care a quest'anima, anche se l'autunno e l'inverno delle Alpi son duri al combartente. Prima delb guerra aveva canrato la bellezza dcli' eqtùno1Jo:

... E ,•a dimcmicato ogni desirc, e pi(, 11011 fon tumulto le passioni, e sogni non vuol ranim3 inseguire. DormC" '3 gioventù fiorita in maggio, dorme a.ssopica da quti mesti suon.i

dell'equinozio al moribondo rnggio"'.

La riserue con note nuove in guerra: (20 settembre ' 16. alla madre). Torna l'inverno con le sue malinconie. coi suoi dolci abbandoni. in cui si pensano le cose passare, né si guarda più J';wvenire, perché l'anima è tutta avvolta nel siknzio delle cose. Come ancora scende a turbini 1a neve ... e sul mondo nessuna ala bianca~ e spc-v zatt l'cterne ire degli uomini moribondi ... ! i:-t, J\rtamrna .. . pensare~ l?tnsare. senrn fonnular par.ola, e in ciò sembra conciliarsi la vita e la morrc cd ogni concrasro cd ogni affanno ·~, .

(25 ottobre ' 16, aJl3 madre) .... dimenticare la vita e la morte, l'orrore dei volti esterrefatti e delle notti insidiose. il rombo e l'urlo e il fischio e il lamento pieno di strnzio e di tc.rrorc; per vivere un attimo di sogno: un silenzio profondo. un lonl':lno cenacolo famigliare, la visione d'un volto materno, la pace della terrn, tutto che non c'è più u.-,

La sorella gli parla d'w1a fanciulla a lui cara. Egli risponde come trasognato d'aver

riveduto l'occhio dell'amara nell'onda azzurrina dell'Isonzo: ricordo trascorrente via sul fiume. d'una vira perduta, e pur raie da consolare il soldato che usciva dalle trincee fangose della Venoibizza. (14 novembre ' I6). Gli occhi azzurri sono pensosi ... Ed io ricordo d'essermi soffermato un giorno, triste, saturo ,li dolore e di morte sulle rive pietròsc del sacro Isonzo e. d'averne fi.-.s.ar-a l'onda, l'onda che m'attirava come un pensiero lontano, come una visione lontana, corne un lonta no sogno perduto. E qud Aureo placido, ugu3Je, Rucnct. rnurmurc, soave. av<:va a profonda azzurrità cclt.srialc. una bellezza ascosa, ... un richia.m<> del miscc:ro"t.


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Cercava d i mertersi all'unisono con la fede materna: voleva veder nd rurbine c he lo rr~volgeva l'impero stesso della prowidenza divina che dal dolore crac un ignoro bene, dal sangue versato l'espiazione delle colpe note cd ignorc degli uomini. Sperava in un an1maescramenco dalla svenrura. ( 17 gennaio ·17, alla madre). Quesr'ora del mondo è cosi sovrumanamenrc disperata, che se- mcti gli uomini f<)SS<:ro men vani. ad ognun d'essi dovrebbe spezzarsi il cuore e non rimaner delle anriche follie se non la perdura ormai fede in Dio e il desiderio della pace di Crisro fra le gcnri "'.

La poesia si risolveva in religione e in una speranza messianica di pace: •e vcrra qualcuno, manuna, a dirlo: deve venire, di qui a dieci o di qu i a cenro anni, e ci sarà allora la frarellanza cra gli uomini, nel solo nome d'una cosa oltre umana»"' · !.:ideale che lo sorregge in guerra egli lo concilia col sogno di pace. Per lui la guerra icaliruia è ancora la guerra garibaldina. e sulla srrage europea evoca Garibaldi: •poiché in quell'eroe c'era runa la bellezza dell'umanità ribelle al giogo e all a tirannia, c'era la poc,sia e il sùgno,

il d ivino e l'umano, il mortale e l'i mmorraJe•"'. li poera nostalgico, l'anima sognanti:, naruralmcn(e trovava difficolcà a serbare il conracro con le cose e con gli uomioi. Si riscuoteva con srrappi bruschi e violenti, con ccci razioni, con gridi di guerra, con b rappresen1azione d i se stesso nel duro cimento. superiore al descino che gli spezzava la vira. Talora soffriva spasimi per questa irrequiecez1.a, per il , pensiero oscuro• che l'afferrava e lo trascinava verso il passato"'· La 1nirezza sua gli rendeva penosa la crudeltà di guerra. Non ha l'animo di tirare su di una sentinella austriaca visibile dalla fericoia.

(14 novembre ' I 5, alla sorella). Pensavo, Alba, alla mia mamma, e mi pareva che quello di I~ fosse un cuore come son io, non colpevole delle crudclra dei suoi fra1-el li e trascinato nel vortice in,-sorabilmente dalla barbarie e d;tlla crudeltà onde s'è macchi:1ra la sua nazione''u. Gli muore fra le braccia, col venere squarcia10 da una spoletta, un soldato.

(23 dicembre ' 15, alla madre>. Non volevo parlan,e, ma ciò m'ha reso cùsÌ triste, d1c que$to sole splendido sulh neve bianca mi sembra una cosa d'oltre romba, cd ho bisogno di scrivere a re, cc>me pef po~-:ue il capo fra le cuc m:mi e dimcnricarc qucsca lunga stillante agonia. Compiva tutto il suo dovere, 1na con una violenza estrema sull'essere suo, vibrandogli i polsi e i nervi, sì che lui, il combattente delle Alpi, s'affisava come in un ideale di forza virile tempraca e c-.ilma nel padre che, inviandolo alla guerra, gli aveva deno: •Parti, figlio mio, ché ti bisogna essere uomo fonc», nel padre col cui confron10 voleva correggere la sua sensibili!à ancora eccirabile di giovinecro.


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(15 novembre· I 5). Oh l'austera e alful,ile lìgura di mio padre in cui conobbi tan· ta grandezza

di cuore e forza d'ingt-gno che n'ebbi invidia. e poi apprc!'si a conoscerne

l'afferro non palèsato, cd ora ricordo le f.uiche aspre e il forre animo al combatrimcnro della vlf:i in cui ancor mi $Cmbra di non poterlo eb,uagliart ... 10 .

Ma lo sforzo lo logorava: prima che il fuoco nemico l'abbarresse, sentiva la morte travagliarlo da dentro. (17 mar,o ' 17. alla madre). Eccomi fuiro amico, spi rito e corpo stonco, che non si regge se non per forla d\m ideale, che non pòs...;o, non posso, incsorabilmcnrc non

posso mentire. !;Italia, e dopo essa e per essa la reden1.ionc del mond,, ... Tuuo fugge e muore attorno a me, e la mia giovinezza. e la mia passione, e la mia primaven't, tutt-o si consuma e c:.tde ... 111• (2 1 maggio '1 7. alla madre). La giovcnt/1 è spenta, sono anzi ,cmpo maruro. e

caduti sono - forse per sempre- i sogni del mond<> bello e buono, dell'amore soave, e

forse, forse anche, m3mma, c.ìU<.'~.lli di gloria 1 J1.

lo sento, mamma, che la vira mi fugge, che m' invade l'infinita smnchez-,.a senza rimedio. Sono forre e pronto per un supremo impel'o di volontà, ma mi accorgo che non mi manca la vin'Ù dd cuore, s( bene quella deU corpo. AUa sera sono sfì niu), t si che poS.'iO dormire bene la nottt! Ciò n,j rincresce, per.. ché vorrei, vorrei poter fare ancora molro, come urn giorno. come quel li che giungo... no or.i e sono inesperti! lnvt><:e> Ecco, vedi, mamma! Faccio uno sforzo a finir questa lettera che non ti so dire. Oh, una volta m'era così facile scriverti ranro e bcnc! 1H .

In una suprema eccitazione rirrovò la forza e lo slancio per l'ultima baccaglia: (7 giugno ' 17, alla madre). Jddio ti dia runa l:t fede e la speranza che ha date) e dà a mt\ e la mia for1.a nuova . .. Sono infìniramcn,e e oniracolos:.unencc sereno e pron ro.

fone e ,ap;ice di ogni sacrilizio. 'lòrnerè,. Ma, se non torn,tSsi, lddio saprà consolarvi perché avrà saputo il meglio'"· Cadde il 16 giugno sull'Orrigaca, nella bartaglia d i cui i superstiti alpini allontanano con orrore anche il ricordo. Il tedio di guerra, dell'anima che preparata alla morte, guarda distaccata le cose e gli eventi, e se gli eventi son grandi e schiaccian Li, li discosta leopardiananiente in una lonranissima prospettiva, come il mondo delle formiche e il $UO vano faticare; il rcdio in cui si dissolve il legame delle azion i e delle volontà in una son nolenta sequenza d'in1maglni , di ricordi, su cui non han presa le parole solen ni; e anzi suscitano il sospetto di una retorica che abbia falsaco e deviato in altri tempi il cuor nostro; il tedio in cu i anche il dolote si gela in un'indifferen.1.a che nulla può scuorere; iJ tedio di guerra rrovò il suo poeta in Enzo Pecraccone•>', che in brevi colloqui col suo cane, Teli, ne segnò le grige fasi.


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Giovane coltissimo, giornalista., culrore di scoria dell'arte e di varia erudizione. il Perraccone si era rivelato un ottimo ufficiale. Era passato volontarianiente i bombar·

rra

dicri 1 insodd isfatlo dell'opera da lui prestata nelle batceric da campagna. Aveva rich iesto il più duro e rischioso compito per senso di dovere. t-.4a la guerra non parlava. o non puclava più, a lui come passione. Era un evento in un ritmo in.finito d 'evcnti, li paesag· gio della sua tristezza inipietrata e delusa. Rare nore commosse e accorare l'ivelano, socco la freddezza il'onka e scetlica, un rnoco e Lm calore di af!ètri. È un mondo sepolro, che talora affiora quasi ad insaputa del l'crracconc, come per esempio ne.Ila descrizione degli altipiani coperti d i neve sorto il chiaro di luna. Tdl, tu mi sru non troppo tenero amico del paes<1ggio: eppure un;, strana malinconia ,n'ha vinto nella gelata .solitudine di questa serarn di luna, rotta, al soliro, da questi intermittenti rombi lo,,tani e dal sibilo insidioso di qucsre pallottole, che tagliano l'aria e mozzano il respiro. Ho pensato cio(', con compassi<manté suptriorità

di spirito,

a questi industri abitanti

di

Lilliput:, che tene-ano, e quasi ci riescono, a

turbare la bellezza di queste noni. Essi ragliano nel vivo biancore della neve dedali bui, e.nrro cui si aggirano rimorosl gli uni degli altri, piantano incstric.ibili viluppi di forro. dietro cui smnno sempre pronri a colpire nella loro coraggìos:a paura.

Mi sono poi crasp<>rrnro col p<!nsiero in alrri ,empi, ho desiderato di esserm i rrovato in una notte simile solir:irio vagabondo per queste campagne, quando nessuna

insidia minacciava il c:uumioo, e la terra non conosceva che orme a amiche. cui si dava, con materno abbandono, sussurrando: .Affrettatevi. l'ora è tarda e il focolare Jontano!»

Mi sarei guardato intorn<), spiegando l'occhio lontano a spiare nella marmorea bianch<:z:1.a la cine.rognob nuvola d'un camino vicino o l'arrùS.Sata inquadratura <l'u.. na rusrica finestra. E l'n i sarei :iffrcnaco vc.rso quella casa ignora> ma cerro ospit~Jc, prcgus1ando la gioia d'un'allegra fiammar:> , <) d'una paesana vigilia, e avrei bussato piano piano, discretamente aspcrrnndo, e scuocenclomi la neve d:illc scarpe. Forse, Teli, non considero, così parlando, che se diverso fosse sraco il desii no delle cose, rnai s;.trci stato iniz.ia.to ai gr;.mdiosi misteri dc- quesrc moncagnc e di que.sre valli entro cui l'acqua non n'lormora ormai le sue canzonit e nulla al 1nondo m'avrebbe

staccito cosl a lungo dal mio mare dalla cccrna c-.unonc. Non rimpiangù e non irnprec-o, e seguito cogitabondo la mia Strada, assonù nei miei pensieri con gli occhi quasi abbagliaci da tanta luce, amaro d'una sola rassegnata disperazione, c.hc ntssu.na luté potrà scacciare l'ombra dall'anima, SC\vàta e sconvol... ca più di questa fenile e buona ccrra, e far rifiorire una giovint"a.'t più sfrondata di <1ue.sti boschi e dcvasrnci e arsi dalla furia implacabile dd ferro e del fuoco'''· Ma il motivo scettico nel Petracconc non ha ne vuole avere un gra ndioso svilupp9 di \Veltnnschauung come quello di Leopardi, che ad alcune sezioni dcUa Ginesira dà la vasricà squallida e nuda d 'un'ancich issi ma cartedrale, ad alrre la solenn ità d ' un annunzio evangelico. Non l'audacia di riforma, ma un raccogli,nento interiore, un'esplorazione quasi accidiosa di se stesso gli è cara.


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A vivere tranquillamcntt, basta il non rimestar nulla: crediamo. dunque, in tuno quel che gli altri credono e non avren10 aJmcno la noia di se11tirci dar del matto e dello stravagante, che pare una delle più gravi ingi,uic che si possano fare a un uùmo di penna. Che import-a a te che esista o no, o che gli altri ci crcdanò, un tribunale supremo per i dclini dell'umanità, o che esista la G iuscizia e la Legge, !'aree e il pa• esaggio? Vi sono dei momenti, in cui anche la loro discutibile csislenza non mi da .. rebbc alcuna noia: ramo meno noia mi dovrebbe d:tre il pensiero d,e v'è chi ci crede. Contentiamoci, 'foll. di guardare ogni tanm encro noi stessi. Per quanto vermi sulla nostra terra. la nostra anima. cioè, il nosuo pensiero, è sempre il ~iù largo e inc.splora,o campo d'indagini che appassionato ricercatore possa sperare. E una flora fantasticamente ricca di piant1..· e di fiori, quali mai erbori$ta famoso potrà riuscire a catalogare e nurm.:rare ... Alle volu: io sento in mc queste oscw·t profondità) aJ cui fondo il mio pensiero. che è un modcsu> palombaro. non arriverà mai per strappare il ramo di corallo ros.~o come il sangue. E più soni() muto e vuoto, più scnro senro :iJlonrnnarsi il fondo di qucsr3 voragine, e cerco e nQn trovo e mi fcnno :1 gu:ard:i.re l'orlo con aria stupida e distratta, brancolando nd buio per ritrovare me sresso che senro <1uasi smarrito. E non so pensare a nullo e for nulla e rinnego cu1,o, perché non desco a vedere laggiì, una luce che mi guidi nell'oscurità. J\Jlora esco fuori, sorto il cido azzurro pieno di sole, e perché vedo le rnoncagne, i fimni, le ca.se. gli alberi, m'illudo, povero c.ieco, di vedere vcr::lmCntc 11• .

Le mie idee mi sembrano quelle pi<:cre dolci con le quali invano il muratore cerca cl] costruire una bella casa. Egli vi picchia su col martdlo per dar loro forma voluta, e quelle si spaccano e si sgretolano e non ric..:;cono mai a tròvar posto ndla fabbrica se non p<.'r turar buchi: di qudle piccrc i$olarc di cui .si fanno le case povere e non i pala7.ZÌ. i muri :a secco, ma gli architravi J· 1 1 •

Ancora. parlano a lui fantasie d i vita lontana: se non la speranza. il desiderio di momcnci di fdici1à e il ricordo di farti pas~ati suscitano un palpito di commozione nd deluso, ed egli vi si indugia disegnando e colorendo qualche quadretto d'interno in istile primo

OOVCCCll{O,

Vorr<·i essere in un bel salotto, caldo e profumato, vorrei essere ben vestito. lavato, pcninato. sprofondato in una soffice poltrona. fomando delle Ottime sigarette, e sentire, ndla fX'nombra "calda e tentatrice~'1 suonare il piano da una donna che ama.~si e che m'am~c e venisse a baciarmi piano piano sen.za dirmi una p:uola. lo ne vedrei SC>ttO il collo lungo e bianco il solco dcll'acracco delle spalle era le crine piene d'ombre, ne vedrei i c:tpelli cascagni corruscar sotto la Iuce delle candele e il ros• pallido della trasparenza dell'orecchio. Ne seguirei senza srancarini il ritmo ddk braccia e gli impercettibili movimenti del corpo teso nello sforzo intenso della sinfonia, senti rci dentro me come una cadenza molle. come un fruscio di carezze lontane. E. nello ste.s:so tempo, vorrei sentirmi libero di srare e di andare, di amare e non amare, di far la o luce l'oscurità, vorrei porer. sc·n1.a Cénno - ma col solo pensiero - interrompere la musica. farla cainbiarc, furia più piena e più forte.


\forre.i poter chiuder<: gli occh i e sognare, sognare od occhi •peni, seguendo il fumo deUo sigorcrta, un bel sogno dole< e fonrosrico, che mi portasse lontano. uno di qud sogni. dal quok si desidera non più svegliars.i. Anzi vorrei che la ré:lltà mi sembrasse sog.no. -alnicno per una sera. Almeno per una sera vorrei essere fdicc di (}ucsta felicicà n,on chiassosa cd esteriore, ma inc ima e rranqui lla, per una sera sen· rirmi soddisfano d i me, sicu ro d i mc, conicnro della mfo esisten1,a, a costo anche di dover pagare tanto godimenro con l'eLerna amarc1.za iii un eterno rin,pianro 1·n1, Care immagini loncane, cari visi e nomi dolci o strani: una folla di ricordi, di ore g:ùc, di anni passati, di luoghi lonr;1ni, di cose che furono e che più non saranno ... Jo benedico allora, Teli. (tu non darmi dell'incongruente), questa memoria conrro cui semprè impreco. Ecco: in questa fredda e povera casupola. che la tempesta ho diroccata, e in cui viviamo la sera, tra questo focolar<· che non c nostro, ma d•un lontano povero conrndino fuggi.asco che chi sa dov'è, ma pensa a queste quacrro ~ue sbrindellare e affumicare: mura come allo scopo supremo ddla sua vita, e questa rt'tct.zò

fo mosa lampada, ecco. io chiudo gli occhi. c. mentre ru credi che io dorma, rivedo -.uccggiame,ui e forme che mi furono cari sfa pure per brevi ore di un giorno. rivive> una vira quasi di sogno che mi addolcisce la qucsrc cri<lC7.Za di lunghe ore, in accesa che si compia il nosrro destino. Che cosa infutci - e tu non te lo pensi - ci divide dalla morte? Nulla quasi. Che cosa ci protegge da essa? Non certo questi scarni muri, che la povenil ha futto con avarizia perfino di calce. La morte t. sopra noi svo1:w.zancc con rabbioso ringhio omicida, starnazzando per l'aria con lunghi sibili d'aria srraziarn. F...~sa ci potrebbe a ogni momento prendere e. ci rifiura e ci fo arcorn<> le più strane sarabande, che tempo srrei;he d'ogni abbiano ballato. Eppure, ,,cdi un sorriso passa per il mio raciturno volto. Non sento pii, nulla e più non ti vedo. non vedo più la fiamma arder\Cc della brace di questo ospitale anonimo focolare campestre. Mi trasporto col pensiero lontano da questa terra che è farra dcsert,i, lontano da queste vie incerrc, da questi campi di ]orta ... '" · S'impigrL~ce qua.si voluctuosamC"ntc in ista.ti ni rvanid. in cui progressivatnencc s'estin-

gua la vitalità dolorante. li fwno ddlfa sigarena gl'ispira un piccolo poema ironico.

li fumo, infatti, mi è stato sempre ca.ro, principalmente perché in esso mi par di veder meglio che in nessun'altra cosa compendiato il senso dcll'inu,ilità della vita, la vuocagginc di questi lunghi giorni e di questi lunghissimi an ni, d,e siamo costrerd a trascinare su <p.1csra terra. Guarda come le spire sorrili azzurrognole si perdono dùl· ccmc1uc nell'aria1 Luminose dapprima ndla zona di qucS't<> povero sole, s'allargano

come ad abbracciare per un mosnento qualcosa che sta loro per sfoggi re per sempre: poi diventano esili e magre nel cerchio già sformato, immagine vivente del cono giro della loro vita, scompaiono finalmente nell'ombra come cré:lturc di sogno e si perdono. Q uale più &agile esistenza che quel la di queste mobili e silenziose crearur<:, che sono effimera vira delJa nostra vita, e che noi creiamo con un soffio a somiglianza di

colui che infuse l'anima all'cs.~ere inerte naro dal fango? lo penso, Tel1, che il primo uomo che scoprì questo meraviglioso modo d'in-


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gannarc il tempo e d'irridere nello stesso tempo l'ari-ività di Dio e il mistero dèlb cJ'eaziùnt, dovette essere certo un profondo e incònsapèvole filosofo. E mi pia.ce figurarmelo nato nei paesi dd sole, scduw all'orienrnk su molli tappeti in una stanza ben chiusa.. piena di una penombra di misrero, fumare lenramcnrc in un'estasi divì.. na. fuori d'ogni concarro con altre creature, geloso del suo scgrero conw un anisra della sua opera più bella" '·

Linsonnia presso il fuoco. nella casupola dirocca:ra, gli dcrra un inno alla volontà di dissolvimenro, al disfarsi del nodo doloroso della pigro vita.

Preferisco l' insonnia, .la car;-t in.sonnfa, che sento aggucrrit·a nemica dietro dj mc, e che segue ogni mio passo. pronm a sedersi accanto al mio c::,pczzalc, se mi arrischio ad andare a letto, insidiosa matrigna. Preferisco questa abituale insonnia, in cuj almeno riesco ad essere io e a valere qualche cosa, a guidarmi in me,:ro alle diverse t·cncbrc che io faccio in mc stesso, seguendo con gli occhi le spire di qu<'StO gran fuoco tranquillo daUa solida brace rossigna. E :Lt..c:isro :tllora a w, ddizioso sperracolo cl.i me: stesso. che m'~ ogni sera rinnoveHa... ro (onforro dei sogni perduri. Quasi che al calore dclb fiamma b mia anirna e il mio cervello si liquefoces:sero , io nuo co in un gran mare senza riva, placido e denso come olio; poi vi affondo piano pì:.ino senza agitarmi, scn r:t for nulla per resister alla forza

che mi chfama giù. anzi non movcndom:i affatto. per non curbare la incommen~ surabilc gioia di questa morie ideale, che mi succhia ddiziosamente come la carta sugante beve l'inchiostro, che entra in me senza sforzo come l'acqua in una gart.,, che prima vi galleggia e poi, appesantira, vi affonda. Ma quest0 mare cranqwllo e liberatore non è al di fuori di mc o qualcosa di diverso di mc, d'estraneo insomma: invece non è altro che il liquido prodotto da questo sciogliersi del cervel lo e dell' anima, che pare uno scomporsi anche di turro il corpo, è un grandioso pm<louo di disgelo e di disfucimcnco, un caos ove si fondo no nntè le rnic idee vevchie e nuove.. insie.mc a tuuo il nliO passat'<,), con le vane a.spirnzioni. i sogni irreali:a,1bili, i ricordi del la mia vira amorosa, quel li dell' in fanzia, quelli d' una sfiorita giovinezza. le previsioni d' una povera ma.turicl sem:a gioia, e cune quelle :il<rc essenze di letizia, di cose rimpiante e sospirate, di piaceri godurie perduti, che for mano t·utra la vira cerebrale d'un uomo. Com'/: dolce questo an niencamenro! Dolce ramo che, se la morte potesse dare per w1 tempo più lu11go d' un attimo tanta dolcezza, non varrebbe più la pena di vivere w 1 solo is-can ce. Tu dormi. Ti vedo acuavcrso il g rigiore di questo mare in cui a.lfondo, come w1a disformaca massa O$cura, piatta, come una macchia ncrascra su uno scudo grigio• perla. E p<:nso che tu non proverai mai nella ma vic:t b meravigliosa gioia ch'io provo

in questi istanti. quella di dimenticare mtto, perché tu nuJla ricordi. forse. La gioia di vedersi lonrnno e confuso, di sentirsi come fatto della sosran,.a. gelatinosa e trasporcntc di una medusa, di sentirsi come sciolto da. ogni viJ,colo della realril e di vivere iJ, w1 misterioso mondo di tremolami molluschi o d i enormi cellule piatte cd elastiche. Jn ne, la ddi,ia di sentirsi cullare come tra le grand i foglie d'una pianta lacustre sulla superficie verdastra del laghetto d' un dimenticato angolo d' un parco secolare. Arno qucsr'insonnin. laboriosa d'un così strano lavoro. 1\n10 sprofondarmi cogli occhi nel variopinto lampcggiamcnco della brace. che s'oscura - piccolo sole diocro


w1a nuvola - sorro il lieve. palpitranrc man,cllo del primo cenerognolo pulviscolo, che a poco a poco fun\ diventare gelo tanto calore. Sèguo i lièVi ondcggiaménti, quasi timidi rt1uativi. che fa Ja fian'lma sui nodosi ramt della rov<:re secca, i suoi progressi $f:rpenrini, fa sua \linoria disuuggirrice.

Gu:trdo lé lingue. della fiamma, non rossa, ma bionda conlc oro vecchio_, più sen-

sibile al vemo che rcle di ragno sulle siepi, indocili, c-apricciose piì1 che le spighe di grano maturo; vedo il soni le fumo ar,urrognolo salire ohre la fiamma, perdersi gradaramentc per l'oscura cappa, S\'c<nire nel torbido ciclo spazzato dalla Furiosa ventata della bo«,a, che fuori fischia iofw:iando sulk aggdate campagne"'· Poi irride a se stesso. Gli pare che anche nd suo pessimismo filosofato col cane sia una: nota non sincera.

Sincerità, runara parola. fin nel suono tagliente e ironica come una staffilara! Quil.ndo sarà mai chr noi riusciremo ad afferrani? E, una volta in nostra mano. rcsisteren'\O alla tenta'Lionc di lasciani scappare di nuovo?'•...

Anche lui è un dirntiné della guerra, anche lui ha w1 terrore; quello della nonalgia, del passaro irrevocabile; prova un desiderio unico: salvarsi dallo spasimo dei ricordi. Ma non ricordiamo. In quale, sia pur lonranissimo paese, è la fontana dell'acqua che fu tutto dimcntkarc?

io impreco, "r'cll, e maledic,) contro colui che per primo disse: •ieri•. lmprc-co e maledico conrro colui che per primo, non co,Hcnto dell'oggi, si sforzò di ricordarsi di ciò che egli era un'ora prima. E lancio il mio iroso anatema concro colui che per primo chiese: i(Rjcordi?• '4~.

11 valoroso ufficiale che aveva chiesto il posto di maggior rischio, morl nclla battaglia del giugno 19 18 non credendo «più a niente, neppure a se stf?SSQ•"''. Non fu lui solo a subire questa fascinazione gorgonica. Qualcosa di simile, in maggiore o minor grado, visse m<t:1 la sua generazione, che nell'uno e nel logorio dcli.a guerra vide rovinare fedi, credenze, istituzioni, per la rui salvezza avé''a offeno la vita; la generazione che ora, non ostante, o, meglio, a traverso l'anivismo con cui cerca <li dissimulare il suo vuoro, l'indifferentismo, con cui cerca d'acconciarsi fra le rovine, come il batragllone fra i ruderi d'w1 paese distrutto, dèVc discendere nel profondo per ravvh'llte e speranze e fedi e ritrovare gli orienm,nenà e le fo17.c: la generazione che anc.la alle sorgive dclla indmità religiosa e della sincerità.

li vertice dello strazio negli scr:irri postum i di Napoleone Battaglia••>. A vent'anni, sul colle d'Oslavia, iJ 2 novembre 1915, Napoleone Battaglia perdette la vista per la ,nitraglia nemica. Caduto prigion iero, visse la sua spaventosa tragedia lontano da ogni conforto di persona amica. Oppresso da una sciagura peggiore della morte, lottò disperarrunenre in se stesso per ritrovare la forza di vivere, per ridare alla vita mutilata t111


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senso ed un valore. E vi riuscl quando trasformò il suo d<>lore in poesia, quando nella tenebra informe in cui era piombato s'affolla rono le immagin i della fantasi:1, quando lo sfon.o dell'animo a vincere il dolore si rrasfìgurò in onda lirica. Prima di sparire dalla vira rievocò la tragedia sua, nelle sue cetre stazioni, nel futicoso moto, che par quasi stasi, verso una nuova vira, a traverso un continuo succedersi di conati di ribellione al destino e di disperare cadure: con sincerirà convulsa, con una porenza incisiva d'espressione in cui bruciano l"inesperien1.a e l'ingenuità dello scrircore poco più che ventenne. V'è un'adeguazione completa fra il dramma ddla sua vita 111()1'.l• le e la tensione:: lirica della sua poesia. l..'l sua sciagura, la sua spavencosa morce al mondo della luce, deve elevarsi a nuova vita, e in se <tessa purificarsi, deve di,•entarc nuova luce. È il miracolo che invoca con le sue prime parole: Oh chc uu raggio di sacra luce mi penetri, discenda in me rornc un flutto di vica, mi dia potenza d'inna1:t...'lrc sopra quc.•sta morte la n1ia vita. di rapi tè alla mia armonia le noce d'un poema che viva olrrc la vanità della m.ia polvere, ombra d'un sogno 1•i.

Ribalena alla sua memoria l'ul tima luce, in un Bvido spettrale paesaggio di guerra: ['iombò in mc una notte di romba iI 2 novembre. il giorno dei morci. Come se qualcosa di mc fosse morto. io vedo sempre sul lirnire della mia vita nuova sorgere w1 S.3.$SO e w1a eroe<:. Sotto un ddo piovorno, s'innalza il colle d'Oslavia, la scalinata fangosa, chiusa tra il Peuma gialleggiante e rosseggiante di selve autunnaU e il Sabotino enorme, nudo, grigio. sassoso. tinto in basso dall'autunno.

Sono sulla vetta espugnata. dove nel grigiore dd fungo stagna livida l'acqua piovana. Davanri a mc monta un cosrone ino di viri nlorre, come d'un nero ossame, e era l'aridilà funerea di quelle pi:.11uc è il vivo muoversi dee ì miei fanti che sparano

contro il colle opposto. A lato di quel cosronc eh..: è ripa a una s1r;1da, si leva una fontana di picrra, che pare velare di pia ombra mono <'l'Ocifisso nel fungo, una croce wnana che mostra una fuccia bianca di delo. E da quelle pierrc sacre lungo tutta la srrada fangosa, fino alle rovine del paese, che solleva ancora nell'aria il suo campanile mozzo. nereggiano altri cadaveri. tutti austriaci! sin1ili a gruppi cenciosi, che sangue è fango hanno lordatì, da cui t-S<:C w ia pallida mano, o una pallida faccia, con occhi invcrrati sono un livido lumt di nuvole. E ve n'è uno che giace col cranio spaccato

dal ferro, e nella palude dì sangue sgorgata par bere atrocemente. E. altri vi sono, <:ol dot.so al cido) come se morendo :ivtsscro baciaca la sacra terra. Quesra l'ultima u~rra ch'io ho veduro. quesro J'u.lrin10 ciclo. queste le ultime visioni che porto ncl cuore. Poi è una mur~glfa buia che mi cancella iJ mondo, una notte di tomba che

in mcs'eterna. Oh, cuore, non spezz.trci, obi"' nel solco che hai scavato sanguinando dcni ro l'orrido mondo, non piangere ,su,amcntc sopra una sorte conchit1sa, torna a pàdficarti ndlc tenebre, come se la natura 11011 ti avesse fotto pt·r il sole, ma per il buio eterno•••. Salvato dal nemico che l'aveva accecato, egli co,ninciò il suo doloroso pellegri naggio per guerra gelidi ospedali di, a Gori2ia, a Lubiana, a Mauchauscn, a Llnt. Ma ormai gli


as'Venimenri esrrinscci han poco s,gnifìcaro lui. o son solo il punro di partenza per la mcdira~ione inrcrioré per della sua sventura. Anche la guerra svanisce lonrano • solo in pochi punti riappare o come ricordo, o come o rgoglio italiano della sua svcnrura: fugace è anche il ricordo della fun1iglia. Egli è serrato e dominato turro dall'orrore spavencoso delle renebre; dal disperato problema di se scesso chiuso in un incubo di tomba, dalla volon tà di salvarsi dal destino arroce.

La sofTcren1..1 mi chiudt.·va in mc bcrimosamenrc~ ed io mi rannicchi:wo nelle renebre1 nella solirudinc, come: la bcsria forira, clu: cerca la none pilJ fonda della sua rana. Ma non trovavo pace che nd sonno. E sempre gli occhi si risvegliavano pronti alla luce. E scm1>re quel tonfo d i renebrc nd cuore. quel senrirmi mancar per un attimo la vit3 '->01, La speran~ d' una guarigione ion possibile lo sorregge nel primo spaurimenco deU'o• scurirà, ma per ,nani rare in più lenta e penosa crisi la coscie112.a ddla sventura irreparabile. Tnranro nelle tenebre crollano per lui rurte le forme sensibili. l'oscurità è deforme. è l'informe che fa smarrire il se,1so ddl' essere e genera l'incubo orrendo. Piombavo in un sonno popol,110 da sogni orrendi. Parev• che la guerra m' aves,e awelcna10 il sangue. Il mio sangue inwrhidico dalla sensa,.ionc perenne della morte, dell'orrore, aveva vers,110 nell'azzurro della funtasia un wrbinio di cupi colori, un'onda di rosso violemo, un ribrezzo, un gdo di lame, fa111asmi feroci e mortali. U;;; nuova impura sosm11za 1t1i iel'à dcnrro formata dic balz,iw nel so111lo e Cfeàva un tsscre bieco t cupa, avido di sangu(' e di morte. Richiamavo le crt.aturc più care.

le guarnvo orrcndamcnrc, k trafiggevo a morre, le laceravo a brano a brano. E. parevo ebbro di quel sangue che mi lordava le mani, che mi macchiava le vesti, che vedevo piovere dal ciclo, gocciolare dagli alberi, rosseggiare come. un mare sulla rcrra111 •

E anche quando l'incubo si quera, u na straordinaria potenza di fonrasia gli fa senti re spiecaramence come la luce sia linguaggio, come il suo venir meno sia segregazione, un divenire straniero «fra gli uomini sulla terra del sole». Sence la tenebra come cupa mo· nade, edifizio infinicamente vasco, paurosamence deserto. Spcnrosi il chiaro mondo, ero tntr.uo in una nuova vita scnz'alba1 senza Stclfe, co.. stiruira da una notte uguaJe eterna, p<>polara non più da creature rC'3li, ma da fà.ntasmi pallidj e tacici. Quella solirud.inc alca e nera non l'avt.-vo sognarn mai. In qud mondo retro, io solo, m~1rcri:1 sensibile, esis1cvo. Lo spa7.io infinito, carie() di tenebre, era nel m(o

intero dominio. Ahri ciechi crr;,vano per la lacrimosa ,>:!Ile, ma ognuno pcrdu,o entro un mondo suo. Le nuov<: immensit~ eran tutte d'una sola disperata immagine, ma diverse e rcmo1e come le une alle al tre sconosciurc. Ognuno era dall'altro infinitamente lontano. Giganteggiavn solimrio en tro le sue tenebre senza fondo. Non v'era fcstà d'aurora. non malinconia di tramonto·, non ebbré'lZa tacita di sedie:, non fioriture luminose di primavera, non colori d'autunno. U sole possente, la luna dolce s'cran spemi in quel mare di tcne.brc. Non più ardeva nel futuro la speranza dell'anima. Le tenebre fredde della morte s'eran rovesciate clcnrro la vira scn1.a ucciderla. Il cuore n,· porrava il gdidù


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peso, battendo fioco la sua vica pallida nella morte. D ' intorno scivolava incerto e racico il nuovo poPolO foggiato d'ombra, nebbia pallida nella notte. Sorgeva, scivolava, si spegneva cvoa110 dai suoni della prim.a vita lasciara, infinitamcnre vicina e rcmora 1 P . Ma già l'alta fu.nrn.sia ha riportato una pri1na vittoria, se con le tenebre egli si è costruito w1 così alto castello come suo regno. l,;info n11e è già domato. Nella fantasia operava la tenace disperara voloncl di vim.Talora questa volontà di vira il cieco la sperirnenrava pura, co,ne conato impetuoso di riconguista del mondo perduro. Que$ta volo nC:l di vivere egli l'aveva sentir.a trionfante in un suo vici no di letto, un altro prigio-

niero italiano devasraco dal ferro , inchiodato in rurri gli spasimi d'infìni,i dolori, e che si risollevava, trio nfàndo della morte, da rutti i malj, sf «che pareva incarnare il poema del rrionfo della vira». Quasi per un contagio spiriiuale. quella pocenza vigoreggiò d'improvviso nella mia ,omba, m'a~alì ,m impe,o di solleva.re tuua la superstite vita, una volontà formidabile di scrollare quel tremendo dc.Stino, sentii ché dovevo lonarc duramente rurti i giorni di ccncbrc, opporre il vigore d'<>gni mia fibra aWannienrarnenro del furo~ Ma d'improvviso s.enrii in me 1a fragilità della crcra, csu di mc l'inesorabilità della legge. M'a"errii. Parve che macigni piombassero sull'anima mia, e n'li riabbanei stanco neH:1 none infi ni taJ)t. wla se la forza restauratrice falliva là dove assali,va d'i,n pcto la rragica finalità, operava frutruosamentc là dove si p iegava duttile, e s'i nsinuava sonilc. U cieco rico1nincia a cam minare senza le esitazioni e le trepidazioni de lla cecità. Una volontà inesausta di completare i mut ili segni della realtà csreriore pulsa in lui. Per ipotesi e fanmsia ricompone ciò che gli manca; i momenti della sua storia egli li in tegra con dari visivi rratti dall'i ntimo suo. Vede per una disperata tensione d i fantasia. D al suo mondo interiore qualcosa corre in ogni minuro a colma.re il vuoto pauroso dcll'osctu-icà.

!\1a questo spasim o di fanrasia sarebbe rimasto qualcosa di mccc,nico, di patologico, se tutta l'anima non avesse accompagnato l'impeto, non avesse penetrato d i sé le figu re, non le avesse assimilare nella propria vira e illuminare d' una luce interiore più misreriosa. Due suore che lo assistono a Linz parlano a lu i due armo nie spirimali diverse: divengono per lui due visio ni di u na squisirez2a spirituale incomparabile, suor Primavera e suo r Addolorata; e nella contemplazione di questi due sogni v'è w, momento di requie serena. C'era in rurra la sua an ima chiara [di suor Primavera] un.\ perpc,ua fon cc di luce che illuminava ogni suo atto, e 1;ampillava !femuh nel riso frcqucnrc, che la ingentiliva nella mfa immaginazione, e quei fili di luce tremolavano esili nella voce. E vedevo anche in tuno il suo corpo una chiarità fresca che pareva idealizzarla, e furie sereni gli occhi. accendere di n aspare e rosC\' le mani e il volto rifiorente dd candore delle bende. Sognandola nd buio io non vedevo in lei la santità monacale, ma sentivo nd fruscio del.la sua veste, nella voce é nd riso, q ualcosa di prclfano che la cacci11va giocondamente nel mondo. /via Suor Addoloraca le si opponeva come l'ombra alla


1uce. Era piena d'un dolore che le aveva spemo in un pallore monalc il volto. e gli ocd1i ~rano sranchi quasi di vita. e le lahbra gelide, violacee, e le mani fredde come di morre, e la vpce fragile, che pareva morirle in bocca. 1i.irco un autunno la 05U1fava infragilendola, e C()mc l'albero cl'onobre si nuda in cutti i suoi rami di foglie che cornano alla rerra, cos) ella pareva rendere ogni giorno un brano di vira alla morre11 \

Le due visioni caJano quindi e si riassorbono nella vira interiore e nel travaglio del poeta. E dinan1.i ::'!Ila monaca chiu~-a nel suo dolore. io scnrivo un oscuro conforro

che risollevava come dal pianco il mio cuore. Ess., sola si curvava racendo sulle mie tenebre e non era la lcggcrez,,i d'un\mima gaudiosa che non avesse sguardo, ma la profondità d'un cuore colmo d'ombra, d' un cuore che soffriva e aveva picrà per tutto ciò che pativa, per tu<io ciò che viveva. Vivere era soffrire. Conosceva questa triste legge, questo amaro pianto, ed ella pareva essere penetrata nella vita. (>otcvo guardare al futu ro s<:nza una terribile angoscia, poiché s't:ra segnato ch'io dovessi salirlo C'drico di notte, dal tumulto della indifferenza e ddla menzogna e degli umani inganni sartbbero usciti i sofferenti. i pensosi , i Coni e i pu_rificati dal dolore. coloro che sanno vivere e morire inn:ilzanclosi cornc a uru vena, e m'avrcb~ bcro guida,o, con i loro stanchi .x:chi, con le loro p:,llidc mani, temperando il mio duro desti 110111 .

L, gentilei,za di sentire del poeta si diftònde nelle cose e ripiove su lui un senso d i partecipazione, di comu nione che lascia posare la sua a nima stanca. La delicatezza sua si fonde nel raggio di sole che, dopo il triste inverno, cala su lui nell'ospedale di Linz. Un giorno, io ero presso il lcno t ascoltavo le armonie che i pensieri creavano dentro di m.é. D'un trauo sem ii .SlLl1a guancia un repore lieve, quasi aereo, corne un bacio di luce. Era il sole. Era i1 primo sole che sentivo da che: la norcc eccrna era cncr:u.a in me. ;vfi parve che dal.l'infinito avesse cercuo la piccola fincs(ra, avesse gertaro un

raggio pio a traverso i vctl'i. e mi haciassc la guancia pallida, gli occhi spenti, il cuore morto, e sotto quel bado, abbassai la fronte trcniando•••. A questo senso d; misteriosa comunione s'ispimno le noce più belle del libro: come la fantasia musicale dell'albero. Ecco, colora il buie.) l'immagine d'un s-anruario di picrra. in vena a una montagna serena . Davami la porra anti~ sopra un pram, giganteggia un vecchissimo <)Imo. simile a un monumento, che leva !'ancor verde mole ndl'~w,3,.urra aria. lnlorno aH'e-

nom1e tronco mani pie, come a coprire radici nude allo sgu;1rdo del ciclo, hanno ammontara la terra, e cerchiarala. di pietre. Pare un baleno di quella poesia d'.unore che movcva i C inesi ad affaticarsi intorno a un decrepito albero ruinanre. ad appuntellarlo coi tronchi, a consumare ogn i opera perché quell'essere arboreo ancor non morisse, perché profondasse ancora, o alfulrimo alito, i suoi rami vivi nella sèrcnit.à dd cido. Ed ecco, in una sorra (li venerazione che m'inchina ranim:t. io salgo quella terra> a1brgo sul tronco le mie braccia, poggio b. guancia conrro quella Scorla rugosa di vecchio. mormoro: «Frat'cllo)'I. E ascolro come se volessi udire dt'nrro ,1uellc invee•


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chiacc 6brc battere il suo cuore pr<>fondo. E mi par ch'egli risponda, con un silenzio infinito di perpetuità, con un commovimenro sacro ddb mia anima, senlèndo in quell'anima infirra ntlla rcrra e riccrcanre il sole nella pura aria dei culmini) una rran4uillirà Nerna. C'è nd profondo cuore di 11uel solitario come una pace sovn1• man:-t, è come se quasi rurro fos$e già sopra la viGt, dispogliaco quasi di vir:a, fanc) di silenzio 1,.ii secoli, e in un com rnovimenro supremo del l'Ilio spirito sembra insegnare

al mio doloroso cuore la liberazione. E ascolto, ancora ascolro, so,co il ciclo sereno. sentendo il mio giovane cuore battere contro quel tronco antico. contro il sovruff'la· no silenzio del suo vecchio cuore, contro la pace di quell' anima tacita su quella vetta serena, sognando sopra la sua tr:mquillirà eterna' " · Il prigioniero in terra nernica, convulso e insoffcremc della stessa pietà dei nemici, ritrova nella comunione dei dolori una carità univers.ue che consola e ravviva. La madre d·un austriaco, un cieco di guerra anche lui, privato deUa luce dag' italiani sul San Michele, s'è chinara stÙ !erro del prigioniero italiano ed ha avuro per lui una parola di conforto. Rimasi solo in una commozione profonda, pensando che mia madre sarebbe srara come quella madre. La vanità della vita diventava realrà d'amore, realtà di conso .. !azione. Che r'impona dd nulla, delh vanidi del curro? Accecrn la vira, e ama. ama infinitamente, puramente, ama con la tua pii:1 lum1inosa pocc111.a. :tm,, per la felicità tua e di rutti gli ,,sscri viventi. Ama 1uua la vita, tutto ciò che s()ffre e che piange.

an,a la terra e il ciclo, ama l'atomo 1tavagliato, il più verde e il più arido filo d 'erba, il più bello e il più bru,10 e ,riste fiore, il verme gelido e l'inserto ebbro di sole, l'uccello dal canto giocondo, e quello dall'ululo lugubre, ama tutto ciò che vive e soffie nel mondo. Ania con divorante potenza lo spirito, quesra luce che glorifica il fungo ,unano. questo sole che fu di poca polvere un eterno mondo, ama gl'idcali ch'esso dona alla v i l~l. e che sol porranno avvivare la rua comba e distruggere in te qut."SIO inlìniw tedio del nulla"'· Q uesta comunione spirituale., nd dare invece che nel ricevere, è pure nella ricvo ..

cazionedei mucila,i i1aliani nel giardino del seminario d i Li nz.11 poeta senre nella sua grandezza il valore del tragico sacrifi zio. Il sacri6zi.o glorifica la patria, n,a vale come offerta al la vira di cuna l'uman ità, oltre i confini e le barriere, come il sacrifìzio d 'Errore va.le rucce le per terre che abbraccia il grall padre Oceano; ché le patrie valgono in ciò che spiritual,ncnte significano e apportano alla vira universale dcll·umanirà. I mutilati che posano al sole nel giardino del vecchio seminario., i prigionieri in rerra nemica, lo sentono con santo o rgoglio. Una p ure1'za candida, una religiosa pace, u n abito spinale come lauo/n nlbn dei martiri circon fonde i superstiti, che han san guina10. Qualcosa ha dc,erso i sangui nosi segni del martirio. li loro mar1irio essi lo sognan fecondo; una apocalisse di u na nuova età, di w, p iù giusto mondo si dispiega dinanzi agli occhi spenri del cieco poeta: Sptsso rutto il gruppo i1aliano discendeva nel soleggiato giardino: gruppo tragico che gli austriaci g uardavano. Baltnav-amo d'or<~oglio. Sentivamo lUU<l la nostra vira


innalzato alla~om,nità ddla coscienza, la quale ci profondava in una gioia che fuccva di ciascuno di noi un compiuto mondo. Eravam<> un frammento della pania, e l'lta.. lia era un ramo splcndi<lo di tutca la grande patria umana. 1 limìri ché l'ànima guardava ~rano gli ori,.zonii del mondo. Sentivamo di cs.<erc s:1,1:ll'orlo rirnnico in Cui un vecchio mondo crolla con un doloroso rombo, e un nuovo

giovane mondo trema nell'aurora del domani. Il nostro sacrificio poie,,:i aningerc la gioia somma; e co.me il dolore, le sofferenze componevano in noi quasi un'cssc1w.a nuova e in qucl la.\,acro ci scmivan'lo più puri, luminosa.m<'ntc rinar.i; cosi in tutti i fami umani, sor10 mtti i cieli, sopra mt10 le terre rravagliate dall' uragano, ov<: ancor f un1avano Je_ru.inc dcUr città arse e nereggiava un orrore di croci, dove un giorno era la verde pace delle Campagne, por tutto rraluceva come la narivit'à d 'una luce sovr:1na. Dal dolore scaturiva un'uma.nit'd più profonda, che <lovéva incamminarsi per i s<:ntieri men uisti e par<:va che nella maceria sorda della vita penetrasse una più vasra potenza spirituale, che illuminaV'3. rinno\'ava, riparava, mosuava gl' idcali, <:he sono le vie e1erne dell' uomo nel rr:ivaglioso moto dei mondi. Dal cumulo di sanguinose ruinc flagellate dall'uraganò il secolo che saliva traluceva, per la soglia della pace, piu luminoso. pili al10, carico di splendide promesse, rìngiov:tniro albero di sper:i,11.0, masso enorme che splende,si sulle mci«: vie del teinpo'•9. La nirna era perciò risorta. e co n un andito di poesia. E la poesia era vita anche s<: si p rotendeva verso una quiete dove il dolore s'addorn1issc, verso una picc impicrrata

come la morte.

l i cieco la sognava nel candore della luna ormai mura ai suoi occhi, e forse mai inno più commosso si levò verso il pianera silente: O luna, piancra felict, a1ba che rischiari questa rormcnrosa terra, ove gcrnt perennemente il dolore, e p ictngc la morte, m seì la plaga beata che il mio cuore sogna. Non o mbra, non traccia di pjanto. l n crcrno silenzio giacciono le rue nude. rnont3gne di picrr-a, i cuoi vuotl canali, ì m:Jri pierrificaci, imm or3 pallìd3 roccia senza tormento, paesaggio di fredda luce, ove niun uomo sorride al sole e poi si piega piangendo entro una toinba. Sfera di pace, calmo tranquillo mondo, purissima luce, argentea dolcl'z>.a che tra le stelle va senza dolore, t'invitlii la terra dolorante, la vita che sangu ina in questa b~sura di pianto. Come 1c si pietrifichi runivcrso che soffre, e si spengamo in tutte le sfere i neri lamenti; s i cancelli la vita. sepolta sia nella pallidirà. nella roccia raggiar1te e ncll'c,crno silenzio. E pietra, luce. silenzio vadano con il lorò infaricabik moto negli spazi streni, negli aerei mari dell 'in fin ito. E questo innumerevole riso <l'astri si rramuri in morri mondi che albeggino nella serenità etc·rna. E vada cosl solo, senza vita, questo pietroso freddo universo, errnndo nei cic li verso l'ignoro destino. La norte era profonda senza una voce. In fondo alla nera voragine il giardino dormiva. senza un alito, sognando le lune serene d'aprile. Ma nell'altissimo silenzio udii come un pian10 di fogli<'. giù come un gemito nd sonno, udii il lamento del vc.n to tra piante salire, diffondersi, svanire ndl'ari:l, nd nulla, come il mio pianto. come 11 sospiro della mia povcr.1 vita, SCHIO le stelle éttrnc•e'.ct.


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Alla luna tornav-J. a rivolgere la suà invocazione n dl'an ni versaiiO della sua ~-vènrura. O gdida luna, che gu.ardi dal cielo d i novembre, nella notte dei morti, sento il tuo gelo io me, sento ogni fibl"a inaridita come la cua pietra. Ma ho un cuore vivo e getta sangue e soffre infinicarncntc. O taci!"a l,uia, che vai sopra il dolore della terra, si faccia nel cuore la rua pace t~ nell'anima mia il ruo eterno silcnzio 11 ~'.

Così la nobile anima del cieco d 'Oslavia trionfava dell'atroce destino, e la ricosrru1.ionc della sua vica era edificio di poesia e religione .d ello spirico.

E ripensru1do all'indifferenza e all'oblio d i cui questo documento d'umana gcnrilezza e di viva poc.sia è stato ravvolco , vien da domandarsi se dcnrro di noi non sia qualcosa che ci renda c iechi e sordi a ciò che di veramente grande e bello ha prodotto la guerra; a quei valori spiricuali di cui i croppo facili profeti promettevano copiosa messe su dai solchi delle trincee, e a cui s'è fatto troppo facile rinun2ia. Ciò dipende da un errore del ruuo sin11netrico e quello che c'illuse all' encrarc in . guerra. Allora si sognava la guerra sonanre, 13 guerra tutto slancio ed impeto; e anche alla morte si era prond, ma alla morce alla luce del dclo, all'ombra delle bandiere svencol:u1ti. La guerra ri6ucò lo slancio, e provò i cuori nella rri!lcea luru.lenca, nelle oscure agonie dei bombardamenti infiniti, nella visione di srraii orrendi, nelle stasi dove l'a11in1a pareva morir di tisi, nella solfercn1.a che invece di esaltare avviliva. Chiese più sorde e cemprace vircù: l' abnegazione oscura, il compimento austero del dovere anche là dove il ril ievo personale scompariva nell'immensità della mass.1 e l'uomo diveniva un numero: la pertinacia superiore ad ogni delusione, la fede che colmasse i difetti di chi disperava. E quesre virtù furono negli anim..i che, come volontà attiva e direuiva. innervarono e permearono l'in,mensa mole dell'esercito. Ora avviene quel che/: avvenuto in passato: si prova diflicolrà, a nche da parre dei supersriri, a coglier la vera fisionomia della guerra; si sente uno strano bisogno di decorarla di motivi croico·cpici d'altra trad iz ione, facendo corto a ciò che moralmente la guerra ha significato. Ogni pompa sonancc, maniale, fa corto al cupo, acroce travaglio degli animi di chi combaneva, all'aspeno non professionalmente mil[care, ma civico («borghese» si dice corren,cmcnce con cermine incsatco e ambiguo) della guerra, cosl come i paludrunenri classici alla Bruco facevano tono alla sonante èpopea ddle guerre della Rivoluzione. E perciò non si scorge la vera grande7.za della guerra su quesco sfondo p iù grigio e più cerro: d' una guerra senza canti, faticosa, dolorosa; in cui chi combartc ad ogni istance deve superare e trasformare se stesso; in cui lo slancio non viene da tecnica formazione milicare, ma ha radici più profonde, nelle anime migliori in un altissimo senso del dovere scevro di lusinghe: in cui il dolore e la svencura vengono virilmence superati, ma sen2a che u n fulso scoicismo o un ottimismo faruo inrerdicaiio di sencire umanamente J'amarez2a delle


lacrime e lo srrnzio dd cuore. li1tto ciò per la negazione della baldanza mili rare cd è invece il grandç significato ddla guerra del.le nazioni, che accentua questa nora, che pur non mancava alle guerre del passato. È q uesta la grandc1.za d'u na intera nazione che combatte alla fronriera: e ognuno reca in cuore una visione di pace, di fan1iglia. d i opere interin esse che d eve offrire in olocausto: e co,nbarte. È quesro il poten te radicarsi delJa nazione nei cuori sino a far soffi-ire l'i naudi to. T urro ciò val bene le cariche del Mumt e il sacri62io della vecchia guardia. E la poesia d:i guerra, che non ha fatto suonare inni marziali sulla srrngc nibelw1gica dei popol i, la trm,iamo compagna del faticoso andito dei combattenti, ddla rcnacc volontà del dovere, del pianto in CLLi si allcnrn il morso atroce dd dolore.


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I. N::ito :a Po6 d;1l p1of&01 A,loffo t (i;, M:i.rfa lkrcdli il 1• dicembre IR8?. eu..lcfc il 17 g.ìl1gn.o 19 15 :1 Pl:eva, CTr 1h,rnu Am(w11 Tt,/1,', Mflno,ù,, Betgi·unn ~. 1,, p.22. 2. lli:i n~dvo di Ca.rovigno (provincia di l~cce) , cd cr.a ro:1C«ro elcmenan-. Ferito a Monte Cucco il 16 nuggio I?17. morì alros:pcdale il 19 scguerut . Su di lui cfr. J1tfrmorlt di CAt1a,w ~ Viw. Oscuni 1922.

3, p. 126. ,f, l,'iglil) dd douo biblioteca no S::ilomMe M0tpurgo, mori :s lius:t A1u il (, <>ttohre 1916. Èu del g:n1ppo dei n:ufon~lìsd fiorcmini cht F.lcc\"MIO capo :dio scolopio pmfcssor Pb«"lli, Su di lui cfr. CuCòMO MostJ'liRGO. MDCCCXCVlt lCMXV(1Fì:renu, 1926.

S. p. I), Sull'itnp(C$$.Ì()nc ddlc g.i<>r'nau df 1h,'g(ti() cfr -:.n(hc fa f.:utra di Gitti i() lk1cinmi. io PagitJr di gu,m: ~ ,l,//,1 ,;Jgl/111 di l~/'K'(IJtrtn 'Ji?nihtJ, :'I cur.'I dì lliet Ri~.ii, Trtnco 1932. p. 36. Qut$D sill<>ge M dt-..<it;n:.ui; Ltg. 'l'r, 6. pp. 4~ ,g. 7. Ecco c<>me il h"nemc miuag.licn-: Orbndo Ortandi (ru.m a Siena il 12 giugno 1894, mon<> a Gradisca il 16 .SC'nembre 1?16}, dd(rivt" l'C$pugn:a1ionc dd San MM,dc e- l;a co11c1uist1 dd pbnorò d'Opi,-;acd,i:asclb in una lcuerJ dd ~I 2truro 1916, puhblic:tr2 il L d. $., pp. 533 sg.. .,·f.in:il1ntnce s'irrompe. Un urlo f,nmi&1bile ('he- dn-e :.were llCOUQ tu tti i poveri moni che gi:.aco'.lno,rono gli a.spii $Wi: t':w:'lho fucibondo ~i .ef€'rr:a. si ~ccfa il nemicQ e s'incab..a. si pcncm, nel ,•allonc e ~1 ris:i.fo dietro a quci barb:ui. Mo .spar.uo S4:nu fine. S1;anchi ma c:ruhanti i ro1dati non si (ermano. Si i;r'icfa loro che vi po$~<mu CY$C:rt 11\s<idie ~~•I u:rm'lo, Nm1 :-.:nu'>r1ò nt.111:.a , B. $01:3 git~i:.a. N<>n più un <OIJ>t') \l'ircit;lierb .1u1,ni:te:1. Sap~no. F. \'b. vilò• .iY'Jnrl. l'.1wnt> l primi prigiQnitti :a gruppi :a 3ru1>pi. Hrnno le pupille diLn:itt ptr lo sp:ivcnto. Alcuni .si inginorchi-.u,o. Non \'e n'è bisogno. Credo che umo si.a terribili." nd furore il nostro sold.no. quanto nmc p<'r il debole. Ridono 1 miri<" si ,~ :.t\•;mri. roi vie.ne anche a noi l'online- di firn~ rci. Appena lì freno. Voglk,no \'tndi~~ i eaduci, Oh .sì, pi:lntt Il cuore l';w tr p<>,duco U11\ti br:'tv1, ~r'I r.1g:n.3.i •• , l>rin1:i dì ferm:..,si f mit i ~old:ul p:\.W.n(l ;all:1 s~--001ub ion:t di uintte «.' La prcocLrnu ... 1:1 fucil11tfa si pt1d~ lonr:1n1. ('..:afa h n(Jll.t'. li.ani :.ul!:'I nud;a t~rf.a a russ;are come g.hici... 8, f.1.1 del M 1• hmc-ri:'1. brigJ.13. Oun,,rar(). 9. Cfr. Il W1tfJtr11t111< r,mu J)om,11it·() Fa/mm,. In 11mnfJrt11, f!irtnie I?I 7, pp. JS sg. Qu~'$ta noia dd vole> Jç-ll.i vmorb t'.ostin;I~. pur mtm b p2cìna <bn1uw1.bn::ll, il fa.scino della Sa,;n, di $1111,n C(Jrit/O di ViTTOIUQ Loa:m, ç d?l lo spumo J)Qetioo .ad una s,nionc d el di:uio di VAsN'Mno' (G.A. Di Gi-acomo), Il fom~ nito dd umt, tvlei$Ìll'l•Mìb.no l 932, pp. 144 ~g. Insieme col di:uio cli Srupvch. il diario pò<'rko dt"I Dì GiJ.1."'0mo è una ddle mìc.liori cose sull-;1 gucrr.a pubblic:ile d:ai supe!ithi. 1O. R.ocoo Sn,$~:A.XO. /)l.-,rlfJ ""''fro,,tt, S:ant.1 M:'lrb C-tp{~1 Verere 191 6. l.(I $t:lS$:lno er:a 11:ìt() l. C!lmpago:1; il ,i m:igslo I8S9. Rjmano orf.:ino fu cduc.uo d:t uno :ùo profcs.sore. Nel 19 1:\ si l:tun.'Ò in Ugge. C...:adck il 27 novembre I?IS. 11.p. ZS.

12.p.36. 13. p.48. 14. c.~urnne Poli,fori. pp. 141 tg. 15. ,\I pto(C".s~r t\hdd bdc, S:tlu: cbll'episrol.ino in1.-dito comunicatomi dalb signorin:a Man:1 Hargon1, Sul &:n.igli:t

,r,.J~1ui.

l 6, <~. S1·ur~1uo-t, G11erm dd '/5 cii-., p. l02, 17. Dai fr.i.mmenti dd di:nio inedim.

18.. G, Polidori, p. 159. I?. Amlk11w Btmi,. mpittlllt, di foma,a ~U'tlmmlt <iidtttO sul am1r dd/'t,n(1rt, ·ro,ino 1916, PP• 11 12. li 8.ardi, tiglio di uri uffici:'lle di <~rrit:r:l. n:aet111e nel IS93, ,:-::.d,I~ il 12 g.iug.nc, 19 l 6. 4

20. p. 7?. 21, C . <'ASTl!.LUNJ. Diario cii.. p. SI. 22. lb,J.. pp. S6 ,g. 23. C. CASTfLW:-:1, !JinnQ cir.. p, 82 s.:gg. 2·t lnedjco. 25. D:i.lJ't"pìscolario Inedito comunicatomt d;all:a matfrt , .iit:,.no1~1 LivÌ'.'I C..pocci Courau. 26. Cl:iudio C,Jandra. pp. ~o !g. 27. 1)11.ulgi ('~l:i.b1iuo figli,, di M:i(,i:t, n:i<o il 22 gittt;nc> 1896 :a i><>me-c:1g.n:1no (S:afern()) e rnono :lip1r:u\Cf: ufficfale Ml Gr.an.11ien1 il 14 scucmbrf: 1916 .suJ N:td log.cn. Su di lui di. MArJu CAt.Al!Rlno. E, uhm, S:altrn() 191G. 2S. Di Delfino ('.,oncone. li Concone. valoroso :alpino pitmomcse. dopa :l\'tr combanmo a lungo .mlle Alpi, acide prigionié:ro ne-lt:iutunno •17. Ritorn:uo l':mno dope>, $.Og:giac:qu<! .::tll'epiJc:mi:1 influcn:tale :ippcna ,>tnt~l'lnc. Il mo epistol:irio è ~,210 $:CUdfaro ifa l.l'Onh:ud W)ll Sagi'.'11tk11 (Ali.'1.S. G:J.um·.C.art()1le) irl m: lunghi :arrko1i :tpp:arsi ìn • l.:a Stsia• (li Vrrce1li, il .?3. il 26 e il 30 ~ucmbre 1930. U pa.sso sopr:.a f'iport::tto è in • La Sesfa•. :SO sencmbrc. 2?. D. Concorn:, in •la Se.sia•. 2G r<ucmbrt' 1930. 30. lvi, 26 ,;;i:ut tnbtt 1930. Cfr. la figuF.11,i(lnC" <ld mc>no nd ch.uu ,Ifa.d o poc:cko d el D1 GIACOMO (V:ann'A111ò). li fimtt 1d:r1 J4 /'"11 , p.90: ..St, fa bello C (hi:110. t;JI :utiglieti ~j -wegli.JOO C (00\indi !I (')()tnb!'lrd:l1Yll!'IIIC>, C a qu.1:fcht-


11hto,._):i i:l, l()(e;I moritC', Non rw:e..<ttlb·!)QJt.l a ma.rog,011\0: chi s:a qua,ut k-ttcrt"()ggi JWr lui; pt, fui g,usio che ,um lt-S,&erl.! M.1 g.li ~chi ~uoì, nci~rro ,omr,-a;gno, gll 1'>tchi (i no.mi $1:lapri:11(, .,~1,u gioi2!) gu.1tdcr2nn<> ().uiri-ari d;:i per ruuo,. i--suoi oc,hr(l,l'andi fissi :aptni in ogni ,osa, da.lb fctitoia .ùte nonre fonrrt, .ill:t anol!n,i dcl strgf-nU!. :tllt <ane Jd furie.re Che ..,1 '\.'Ìa, alb feritoia. di nu(wo alla rerhoia. ixr .stmpw aU:.a (crimi.1, ,. più non in<ontran La ,•ìca".

:l I. t>. Co:-:co~,. In 4.:i Sai;a~• .?6 ,(ucmb,e 1930. 32. (:fr. f,11,N,n'll ¼u n/J'H,mt4dn: m memo'r1.11 titl1ouoth1mrr Ct,11, <.,"',,/Lmlr ,Hnlaglià dOrti, Y çd., Vercelli 1930. p, 40. 11 C..l.U.udi, ufficble mirr.1gHcrt't cadde il 22 :agos10 lCJJ7 a.lit· fulck dcU'He-rmacb. $:3. G. C.untt.uNI, DIA,.;~ eh .. pp.. l t Osg. 34. Cbudlo O,l;nd1", p. 17 (3 ,g,,,w 'IG). :H. C budioùl:i.Ml1'3, p, 21 (I stncmbre ' 16}. 36. Delfino Conconc alla madre-, in -.La Scsi:i•. 26 scnembr.c 1930.

J1. la ,M),rclt;i Dionisia. 38. Oiuli<> Luigi Pilkrit'li, p. ~ (7 lug.Jio ' I S) 3?. Giu"PJ" Procacci, p. XXXI. 40. Cl•udio c.hnd ... p. 24

41. L d.S.. p. 381. 42·. L d. S.. pp. 383 sr,g, li e1pitJnn &nt~dc, mio a P.tlc-rmo il 12 01tobrt" 1$84 addc :1 San Macrino dd Ur~ il 2? t;iuano 1916.

43. p. 51. 44. p. 53. 45. p. S?. ·16. p. ?/4. 47. p. 9ò-95. 48. p. $6 ( IO•goS<o '15). •I?. pp. 142 ,g. 50. ,,. 143 (ii n<wtmbr..-. ' 16). 5 1. p. IS4.

52. ?· 160. 5.\. p, I GZ. 54. Sui fl"J,rdll Caffont c;fr. s,opr:l, pp. I ti $f;.. 60 i;gg, 5S. Nomignolo f.amilfarc Jdla sordb M,u,ghtrl1.a. SG. lncdho. connmic.nomì dalfa madre, SiplOr.ll M.nfa G.:uronc. 57. Roh<no Maiòrino. p. 28. 58. In Mrr., pp. "8 sgs. Il Lrpri, del 121• fanrui,, morl nel nowmbre- o Jict"mbrl!' 1915 dl tifo: .li cui nd d i.uio nou I primi sin1omi tt'.l$C.umi. ~ norn'Olc- conle il iuo pathe>s corri:5ponda micimcntt> ~ qudlo di R0<(0 Sttis:ino, ufficiale nel contiguo 123• reggimento e cadu10 nel l'IO'!,·cmbrc l91 S. O'r. $Opra, pp. 1S4 sg. 5?. Di:Jrioclé:1 micr.igfkrt O.U. 1):117.h.lm('nle puhb!icuo d;i P. l¾nu!co in •Il Rtgimè f':l~~t-J.- di Cremn11:t dd 24 nO\'t'l'nhrc 1933. Il P:intalM f' wnuto pubblieindo nd CÌl'!\fO giorn:ilc; cbl m.tgsio .1;! o t1vc1nhr'c 1?33 un l\tl!t'\'tl!e ùUterfalc U';!.ltO dalfa co.rri.sponJena di &uerr.1 df iold,ui del Cremone~. sq;uac:i del socfalìsmo bis:sol.ui2no. e di montanari .abrun.esL 60. Sul cap1cano l~P. fuS(o. nato a Ponte L:andotfo i.I 6 rn.1r.io 1880. morto il 24 g<'nnaro l?l 8. u·.avoho dJ. un cn:no, V. :VlAU.,\~$1J, /?/~ Fusr<J, capi~no m1,.-dico.1'.bdd:1loni 1?l?, Il <liario C':.a P!l, J? e sgg. 61. lhid... p.21. 62. V. M.u7.ACA.Nt!. J(P. l·ÌIJ(t> dt. 63. p. 11 8. (..i. S. 1)11: 1•;.~1us, li r1Jl1J1111tllo di tmwllu111 Fnml'Nfo RoJSJ, Aquila l? l 9, p. 22. (1). Pl), 29 e .l{;, I.o S't~)o $Uc~ <!':.mmi;. in Pitrm 8ml.a. 1), 85 ( 11 om.1hr.: I? 16) e- lo 0.1udio \ ...:.d::i,1,,h~. p.4 I, ltuer':I drl 25 gennaio 1917: ..Sono sempre mt<> fomlist'!), ml ormai mi son fauo d'un fat:lf.smo pc-ii.giorc Ji quello Jd ,\ihLruJmani. SC"n1;., riù .:r~lcrc né nd P:adrc faemo né nd diavolo. m.a solt1m6 nd caso nella fonuna e nel 1.fo:o11ino. È la i;ucrt:1 du: mi ba futtò C'O$h, (,6., F(Cquc:ntc nei c;on,1:uuenci <Ql1i, q"esrn~itou dell'itHtllerc() è :an:iliitJt;.t; dal M<>tpurg(), p.33 ( 16 ient\.1io 1916): .. Da\'\·cra che i n0$rri cervt>II! s'impigriscono ne-ll't:iet-duo unko e lim11:. uo del compito giorn~licro. sempre uguale. è $Cmpt<' u•rr.i U.'.tta. È una cosa cutiosissim:.11 I: C'he mi $plrg;t perfouamc-nrc, p. l~.• I.a nwm:.ali1:J di molò ufficfoli di 1,',:miua. Nt'll pt>i i~ol,111 e !\lori ,Lii mondò come siamo, d crovi:tnll\ in condi1innf p.&.rti<ol:umenle f:avorc:vo1ì per ques.ro ,~m lmpigt·imen10 <!cl ct>n•cllo•.

cr,.

67.p.Sl.

61!. PP• 72 ,gg. 69. p, 74. 70, p. 81.


Li, gun-m sofferta

233

71, pp. ?Osg, Su que11i ~p190<11 cfr. :.,~che 11 libu') <li un .sup,ttSIÌ(t M. Z.1:<o, IJò,,c St1 lf.llt().,, , 'lò1ino 1?33, l'P· 7?~ 12.?. n. p. 100. 73. p. 34 (5 nov,mbrt 1916). 74. p. 27 (21.stucmb« 1916). 75, ln«!i1~. Un conshnìlt riliuco 1o«ò ~ Oaudi4 C:tla.nd,a.. 76. De Vit3. p. 75 ( 14 n<.wemb re, 1915). Lo .Ue$SO senrimemo esprime, il R.:inole(rf, p. 53. 71. De Vit:.i~ p. 135 (JO se,nemhte 1916). 78. lbùl.. p. 139 00 ouobrc I?16). 79. p. 1·21. Cfr. ai)<ht- p.100. 80. Cfr. Sum, dJ 1m•1z111, bo':Um ,I, J!trrm, leture dtl rtn, Amm 1,g, Ct'Sfln', Al~oJri:t 19 19. L'Amar. n:w, !19 <mohtt 1896, add.e l'S onobr-.- 1918. Er-.i un W:tdlta pr.ukanrt. 81. F...-dC'rico Ùa-cuno Baui<d. n:uo a 'li-egn:.mo di Verona il H OO\'C11lhrc 18~.M. mono a Crcspano dd Cr.app~ il 14 dkicmbrc 1917 in t,tgui10 i fc.rhe ripo,~((: t1\'.giomì prima sullo Sp.iMmei.a. Cfi. R. Ll(('(J,g,m,, ..$rJp11)11, Mi,P(,. di Vmm.t: N,mri mu. Veron.1 192 1. g2. Claudio C:tfandt.t, p. 2(i. lo s1e.s.<O scnrimcn10 in lnrcrt' d!la fa,mr,lilf d i lnnoccnro Ferraioli, Napoli 19 t 7, p.29 (il 1:.Crniolì. 11:110 a Sam 'Egidio Monte Albino, cadde ad Alpo-1:in il I? giugno 191&): •n Alficdo 1-omadari (F<'rr... p.103), un ft'rro,'lc:rt<S()1tottntnu~ inhr.aglìtrt <':l.duto io V.1IUl$2 il .?2 ocmb1~ 1?16: h\ Guido Pè1tì (iuto ìl 18?3 mono il 20.s.cn.?m bft' l?16): dr. ltg. Tr., p. 133. 83. ('.fr. iopr.1. p. 4 nou (.

84. p. 55. 85, S u/k, 11/11 di Tr,m,. d111m, <li g11m,1 di (':nm1t11J f'i/11pl,, nul,;tf ,~d Gtno il /1/ qm,b,y 1916, C:n:u,fa 1?1 S. M. pp. 27,28. 87. p. 52. S8. p. 25 sg. 89. p. 42. ?O. p. 6$. ?I. p. 72. 92. p. 86. 93. p. ,H. 94. p. 9 1, 95. p. 91. ?6. p. 126. ?7, pp. 175 , g. 98. p. 195. 99. p. 138. 100. p. 160. 101. pp. ?.?I $g. I02. pp. 267 •g. I03. pp. 283 ,g. I 04. Di tui d rcsrano: ltum- d'un mx. ·lori no 1919. e l..'lmpnmr,1 (\·tni). Milano. I ?28. Un suo canzoniere di gucn'.t antlò pc.,dmo P'(f le \'ÌC(:ndc milifaJi ndl'auu111110 ' 16. Su di lui d'r, B. CROCI!, l~gmr 111/laiurrrn, i· cd.. &,i I?2S. pp. 34 l .sgg. li Rosd èt'.l n:110 :, Fol)(llo il 1.9 dic~lbte 1893 dii douo, C.it,1Se,ppe t ti:a Vlrginia C;arhognani. U g.urtrn lo uovò .stud1:1m· in lcn~re .tll'Unh-crs.ità dJ Torino. C~dde il 16 giugno l!H? .s-ulrOrtig;tr"~. IO:S. J.mnr ci, ., p. 2-31. 10<,. lhul.. p.147. I07. /,Lt1,rf dr.. pp. 130 sg. 108. l'lmpr.t11lllt c:it., p. 281 . 10!). l,ur_.r, eh:.... p. XX.. I IO. !Md.. pp, 37 ,g. 111. L,111",r e;i1.. p. 28.

112. /bui.. p. 16. 113. /bù/.. pp. 17-18. 114. 11,1,1.. pp. 40 ,g. 115. lbùl., p. 23. 116. /bui.. pp. 240 ,g. 117. /Juerc eh .. pp. Xl(l .sg. 118. lb,d.. I'· 76. 119. !bui.. pp. 74 .,g.


120. /1,J•• p. 86. 12 1. 4i'mp,o,uncir., r, 21.t 122. N;)rs.e bi.sogna legsrre: .tspenart.

Il:,. l~w• dt.. pp. 232-34. 124. /1,kf.. p. 251. 1.!5, lbul.. p. 163.

126. LJurreclr., pp. 288~ 127. /bi,l, p. 170, 128. Jbid. 119. lbJ.. p. 153. 130. llnJ.. p. SF. Cfo un:1 stru:llionc consimik. m:a in inaro d'.lnjmo dh•crso, dcscrina da Cbmdio (~land.ra, p. 27 {fottt.ra (!t'I 2-J ouobrc ' I (,): •l.t gucrr:.i mi h:a qWisi Ha.•fonttato il c.uaucrc. son ,Hvt'm:uo C":lteivo col nrmko: ie:ri vidi :ikuni atmri~ d\c (ugsh'llnò pc, un ca1~rn1i n amtnro Jopo il rìro dcllc 11<)S11e bc:1111bm.ir: mi 1),1SOO$Ì dittr<'I Jci t;accbe,ri pkni di rerr:i, e :mr:werM) u1u fo·.ti1oia mì dì\'f'rtil :t Sl)2l":ìre .$li lli lot(). Qu2lcuno pagò con b vit:a i1 mio divertimt'ntO. Chi l'.lwebbe mai dcno chr io ;wtci godu1011: sparore a SJngue freddo su degli uomini che fo.ggiw1no termrizud? Odia J;U<'fm più nessuno cera di predirne b fi ne; è una nulaula cronka Jdla \·cechi-a Europa,.. Il ,\Oll01cn tmt B:i.!Jo t>.•lengt,t:t.l. dr.noie ~1:~10, )4;'11\'t:V.t; ..Mi l)rclin:1no di tir.ire .iJl i: ,"C'dl•tce r1rmiche. Mì 11:pugn.:1 rir:trt coi! 11 ft-rma, m:a .son c.om:10,l:uo e ni!I compier<' il mio do,rc,..,. il bf':'l(:do non 1r~m :t• {fffr .. p. 57). 131. U1uw eh., p. 73. 132. lbid.• p. 330, 133. /h,J,. p. 332. 13{. //,k/,. p.337. 135. 11,kf.. pp. 339 sg. 136. Er.1 nato J Muro 1.uc.:ino nd 1891 . C:tddc i.I 15 giugno 19 18 a Cim.i VaJbdla. I .suoi li.>llqqui sono it-~d pubbliC'J.ti, lll :1ppcndice ;i) lavoro pomuno lu<R c;;l)r(/Jml), N:ipoli l?l9, dal c,oc~. chc'\'i p1(mÌ$C un profilo ,fdl'amtlrc. Tà.lc rrofilo è stare> rlpuhbilk:uo nel •:olume del CROCI'.. PdgJ,u Jt,11.t gumu dr.. pp. 30 1.. 11. 137. p. 220. 1.)8. pp. 180-82. 139. p. 185. l~O. p. 1S2. 14 I. pp. 208 sg.

142. pp. I88 sg. 143. pp.201,gg. 144. l'P· 216,g. 145. pp. 223 ,g. 146. p.v. 147, N,0•01.1'.<.>Nt: liA'rTACLIA• .. Postun,,1-. JnWI' f,f<e, 1òriM 192,. N:J.polconc lbu:i.glia ~«1uc d,a S..lv.'11o re e: d:t L1.1igj1 Vivo l Lucer.1; il 31 m:ir,,-0 IS?). Figlio di U!'ni!e fumìtli:.1 si forme'>. li puh (!:i f.~ f.ft$'6. Suidli\ l1 ' fo ri no ntll1l .i:t?.ione foiro-m:uem:nica d di'isrimto tecnico. M:1 i .suoi inrcrcssi ~pirimaJi lo port:-J1r.ano :tlll' letrere < 3lla pocsta. Durnnl'C' la neutralità tu ardcn,e (amore ddl'im<"n.·c mo ddl'hall.t. l¼mo uffid:ile, pc,d.cne I.a vis~ nd comh:iuirn~mo ,li Osl,wia dd 2 nc,r.·<t0hr< l?I) e C\lt.!dt' .,rìgh.ml~·ro, Dop1> pili di un :mno d1 prlgioma (u ttsrìu1i1C>, conlè gr:.ncl~ lnv::ilido, il .lO uowmh:(' 191G. Vi~,;e, c:c.n :inim(J foru·. b ma dt.1lorc,lil$$im:t \'h:a. pieo.a dì

o~

awersiùi d·ognj ooru fino :i.I I luglio 1920. 148. p. 9.

149. pp. ?-1o. 1;0. pp. 13- 1-l. 15 1. p.30. 152. p. 42. I 53, p. 20. 154. p. 16. 15$. p. 28. 1;6. p. 37.

157. l'I' 70.71. 1;s. p. 61. 15?. pp. 82,83. 160. p. 140. 16 1. r· 159,

,li"'.


IX. Vita morale

Nella maggior parre dei frammenti di diversissime esperienze, che siam vcnuri esaminando, è nocevolc il delinearsi d'una concorde e con,une visione de.Ila vica, d'un identico sentimenco morale: il vh•er la vica in funzione di un concerto autonomo del dovere. Si porrebbe dire una visione kanciana della vita, se tale. espre$Sione non facesse pensare a un'applicazione metodica e forse pedanee di una lilosofia: ciò che per i più non era. Sentivano invece sponc,, neamente che il valore della vita rrascende l'egoismo della conserva2ione. Ma non per qu<:>sco l'ideale cra.sce.ndeva la vita umana. Volevano imprimerle invece una tOrma nuova: volcvan p<:rpcruai:si neWan.dito d'una patria, d'u.na società più giusta fra gli uom ini, sino a giungere a una nuova i11rruizionc dcll'i.mmorrnlità. Ne.ssuno

quesca immorralirà la definiva meglio di Roberto Maiorino, nel conforcare il padre che gìà aveva perduto un figlio. (20 dicembre ' 15) .... Ogni oblio sarehbc un delirco, <>gni inciepidirsi d'affetro una colpa. Manliù deve sempre rimanere al centro dei nostri ricordi e dei nostri af. fon i. Ma la nl'>Stra stessa dignità d'uomini deve impedirci di logorar noi sre.ssi jn uno

$rcrilc rimpianto. qu:.tndo la vira ci indica nuovi doveri, nuovi sacrifici .. . Non visse

egli forse per un alto idcak-, per una generosa pas:.sione, per un magnanimo sogno di redenzione umana? Perché troncare con scerile pianto l'ardente chimera della sua gio,·inezza? Non vive forse ancora, non vivrà <:tcrnamentc quell'alto ideale che in fiammò sempre il cuore e la mente dd n<>stro diletto? ... lo per me non mi abbatto né mi avvilisco di li-onte al dolore, sol<> sento moltiplicata la forza degli affetti domestici, dei ricordi, deì rimpianti e senr<> ingentilirsi la t<:>mpra dei miei sentimenti e delle mie passioni. E scnro un bisogno pn::potcnce d'esser buono, di socc::orrerc la miseria degli altri, cli ckvarc mc ,cesso per elevare gli alcrL Mi pare che le ossa cli Manlio si <liss:olvano per convertirsi in vapori di scnrimc:nti soavi e questi sentimenti investono le anirne no.sere, k purificano, le sancificano. generandovi il bene e la virr'Ù. Non accade lo scosso anche a voi? Non vedere anche voi che Manlio non è scom-

parso per noi, a,11.i vive in noi maggiormente di prima e diventa momrc della nostra 1niglìorata coscienza?•

J.:cscinco si trasumana nelle stesse forze operose e feconde dell'umanità. 11 giovane fratello, morituro anche egli, in cuue .le lenere si presenca assorto nella contemplazione di questo religioso mistero, di quest<> transito dall'individuale all'eterno, non per la ne-


gazione del nodo che ci cosritu is~ individui, ma sprigionando dall'individuo una luce perenne vivendo in comun io11c com gli uomin i, sopra rurto nel dolore. . . . lo me. la pa...so da mattina a sera fra i soldati, cioè in mezzo al dolore. Ognuno

di questi eroi porr.i la sua piaga sanguinante, ognuno porta la sua immensa angoscia. Che nl'impOrra chè siano lontanL i miei cari e i miei arnici? GU uo,nin i in pena sono fratelli in dolore e non vi è miglior medicina al dolore che vivere in mc-a:o al dolore '.

(19 dicembre ' 15, al fratello Ernesto). lo nella vi~J ho avuto un solo bisogno, una sola preoccupazione: il bisogno, la preoccupazione di compier<- umilment<- tutti i miei doveri vecso l'um,1nitii e verso la fumiglia. Ho potuto peccare, ho peccato, ho spesso gravemente peccato verso la fumigli~ e verso l'umanità., ma sempre per man· Càn:t.a dì

forza e dì consiglio. n<\n mai per desiderato proposito. lo voglio uscire dalla vie~ meglio di come sono entrato: ecco l'unica mi3 aspirazione. Non ho ma,i sognaro né gloria né ricchezza, né onori. . . J.

S' awia alla morte conte a un calvario accettaro con saldo cuore. Due giorni prima di mQrire scriveva alla sorella.

(15 man.o ' 16) Fo onch'io la srcssa sirada fatta dal nostro Adorato, e mi reco al medesimo fronrc dov'F..glì cadde da fon e... Stasera sarò in rrincea. Ti raccomando d'esser calma in questi giomì. Se non ci rivedremo più sopporr.i virilrnentc il nuovo dolore e ti conforti il pensiero che a,,ch io sarò caduto per 13 libertà'. 0

L~ vita morale coi ncide con un n uovo pathos religioso, che, se in molti punti assorbe sentimenti ed esperienze cristiane, p,tre si assoniglia di certe grosse note della speranza individuale, e sopra cuno ancia a costruire piuttosto pd mondo degli uom ini che per un parad iso rrasccndcntc. La coscieni.a d'operare fuori dalle mire dell'interesse e personale dell'ambizione raggiu nge spesso nor.e d'entusiasmo, la perfetta letizia ebbra d'una conquistata forzo .

.E la pace che verrà sarà allictàta dalla for,a cosciente delle nosrre braccia, dalla sicure-a.a del nostro spirito'.

Quando rirorno io so di portare con mc chiusa in pcrtò una volontii forte cd <.'"Spcna, UJl>an.ima cosciente t provata..:.

Questo guerra, fra le poche sue cose belle ha quella di dare ai già forri un°indoma• bile energia. E ti garemisco che Delfino so,rorcnence è molro diverso da!raspiranrello di qualche mese fu·. Quasslt soltanro ci si accorge che il dovere .ii.cnza fan fu re <.~senza pistolo1 ri, meno cnwsiasn,o e più ferme-a.a è qualcosa di natur:1le, di logico, come ogni altro della vita passara'. $i forma in questo pcrpecuo colloquio con r E,crnir:I, con il mistero, come un cuor nuovo derur() il nostro pc-n.,o: un cuore capace di turto. di ruuo pit<no come il m:u t e come il cido. E s'impara a non odiare l'avversario, perché il pericolo ci libera da ogni scnrimcnro e fra questi l'odio è i1 miscrrimot.


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Non mancava la nota ddl'o rgoglio: rrep;tta pure il bruschino per il mio corpo. m;i non occorre ce l'assicuro, per la mia coscienza. Occorrerà per coloro che a parolt an'lano la famiglia, la sposa e giunto il momento di difenderle, col sacrificio anche ddla vita hanno avutO paura e si sarebbero presmrj a mercanteggiarle co,1 lo srr:micro. pur di avere pace al loro corpo e qualche centesimo di più sul lavoro••. (Fine luglio 1 1S). Sento ora di vive.ré una vi(a pili degna, più umana. più com mos .. sa. Mi scnro qualche voha preso da un'emozio1H\ da un CnLusiasrno uanquillo e rutto contenuto in me sressoi e mi meraviglio di sorpren.dermi jn tale S1ato".

Cos1 l'austerità rigida dell'erica del dovere puro si rinsanguava d'a rdori, di pas· sion i e d i fierezza. V'era fors' anche un ingenuo errore d'orgoglio nel credere che l'avere o/ferra la vira, l'aver affrontato gli orrori delle battaglie carsiche dovesse costituire il lavacro d 'Ach ille per tutte le altre vicende della vita: che non vi potesse essere p rova più ard ua da sostenere, coraggio più saldo da esp rimere. Orgoglio un po' simile a q uello dei confe~sori cristi:u1i, ai qu a li spesso i rorrurari delle trincee

~unavano raffronrars:i. Dall'espcrien1.a di questa dcdizio n<" pura all' ideale. dall'abnegaz.ionc assoluta di se stCS$i derivavaJ10 due scntimc nd in apparenza conrtadditrori. Si sentiva che questa son1rna d' offertc e di sacrifizi cos,ituiva una real rà indelebile, w1 nuo,•o pacrimonio dello spirico: che il sangue versalo e il dolore virilmence accectato eran "edificazione• della patria. e si aveva u n giocondo octimismo. Ma quando s'usciva dalla considerazione interiore per un apprezzamento escensivo, si provava sgomento perché pareva che troppo pochi s'elevassero al sencimen to del puro dovere. Un mode.sto soldato segnava nel suo diario: (20 ottobre 'I 5, ore 24) . Sono di se,uinclla 1ut10 bagnaro, i piedi compleramcmc nell'acqua. Non un rumore. I soldati dormono il sonno profondo della stanchezza. Guardo i razzi luminosi del nemico che illuminano la none nera. Q uanta differenza rra coloro che lassù sul Carso s' immolano per l'ideale che li anima e quelli che ndlc città gozzovigliano! Perché tutti non ubbidiscono alla voce santa della coscien1.a? ". E un capit:u10 annotava triste: Cerca gente crede di venire a.Ila guerra come a fare una girata. S'infiammano in qualche caffè, fanno il bd gc'$rO di offri re sponianca la loro vira, e quando poi si trovano di front< alla dura realtà si accorgono di essersi illusi, e allora o soffrono di cuore, o hanno l'à.sma, o la bronchi1c <: così via''·

E allora si era :unari, pessimisti, prope.nsi alle collere e alle lnvenive profetiche. Tanro più che i molti creavano una situazione avvers:i allo slancio e al sacrifizio. Era in parte, bisogna riconoscerlo, diffidenza per gesti e aueggi:un en ri, che in qualche caso si


porevano co,>fondere con la retorica: ma in parre era il tentativo di impedire che si formasse uno staro d'esal tazione e un obbl igo d'onore d'esporsi ad ogni rischio. Si voleva invece convalidar la nonna di segu,irc, senza forzarlo, il proprio desti no e le vicende del proprio repano: si voleva il diritto di non dissimulare la propria angoscia. Quel che si soffrisse nel superare queste reazioni d'inenia che cerca van di burocracizz.are la guerra, nel fu rrionfure l'uomo migliore, lo possiamo misurare in Fukieri Pa.ulueci de' Calboli. Fin dai primi mesi, quando s'accorse che la Slla arma, la cavalleria, poco aveva da fu.re nella guerra moderna, cerci, d'uscire dal suo reggimento: chiese varie m.is~ioni, lolforse per le autoblindare. I.:orgogl io del nome, il senso rigido del dovere, I:, volonrà di mostrar con l'esempio che non soltanto per gli oscuri cran fàtti i rischi di guerra, gl'impedivano di abbandonarsi al corso delle cose. La resisrcnza incontrata fu raie da immergerlo in un doloroso smarri mento d'an imo. Chiedeva angosciato il parere del suo antico precettore monsignor Angiolo Gan1baro. (Z. di g.. 24 agosto ' I 5).... Naturalmente mi sono affrcrraH> ad iscrivermi [per le auco ..bli ndaccJ appunu) perché mi fu dcrro che il posto era pcricolosCl, tanto è

vero che non vcng1)11<) acccnare le domande degli ammogliati. Qui al gruppo iutti, incominciando dal colonnello, mi hanno dato la croce addosso dicendomi che· non avevo il diritto di disporre della mia vira e perché ero figlio unico e perché rischiavo d'uccidere mia madre, rendendo oriana mia sorella. Davanti a 1,1k unanimità, credi Angiolo, che per decidermi ho passato acuavcrso ore atroci. Finalmente ho sentito netrarncnre che il dovere, pe-r tutta la mia azione dì preparazione e di indtarncnro alla guerra, era per mc più severo che per alrri . St quesri pocèvano contentarsi d'artcndcrè gli evcmi, io avevo l'obbligo di pagare di persona e più di un alrro. E così mi sono arruola LO. E allora è capirato quel che io non mi $arei aspemuo. li colonnello sressQ, che pure è molto buono con n'le, è giunto a dirmi che io av<.-'VO agito egoisticamenre e lcggtrn'lenrc e che non scmivo gli alteui

di famiglia. Men ere ero ancora t uno "girato per lo $for,o faLtO, nessuno ha capi10 che questo era, di ianti sacrifici la pauia mi ha chiesro fin ora, il più duro di culti. Nessuno ha capito quando soffrivo, quanro avevo sofferto prima cli decidermi, e in me-ao a rami compagni mi sono sentito solo solo .solo. Per v3ri giorni non ho avuto il coraggio di scrivertene. Avevo la Iista davanti a mc e non incominciavo mai la lércera.

Oggi non ne posso proprio più. Iil pensiero che la mia domanda possa venire rilìurata e che: io mi debba trovare a giorni davanti ad una simile crisi per un caso consimile mi spavenc~t. Angiolo mio. dimmi che ho farro lxnc, dimm i che capisci quanto s:offro, quanto ~ orribile per

me il dubbio di porf!r non essere capito dai miei (finora nell'aLtesa della risposta alla mia domanda non ho detto niente, s'int<:ndè) . Pensa che orrore se anche i miei dovessero credere che ho agito cosl pensando solo a. mc stesso! Cerca di capir-

mi e di non dinni per carità che il mio scntirncnto nazionale è morboso. che io sono

un esaltato (come dice il capitano D.B.)!" Ormai cale co nnencosa lotta era il destino del de' Calbol i. La diffidenza dei colleghi l'amareggiava. G li si faceva persino non aver colpa di fa1to sapere che una pallor-


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rola gli aveva foraro il bcrrerco in una ricc)gnizione di pattuglia. Gl i faceva osservare un collega «che vi possono essere vari generi d'osccmazionc, rra gli alrri quello d i fare

senzn voler dire, anzi cerca ndo nascondere, come per dare una lezione a quelli che parlano». Ed egli scriveva dispcraro alla fidanzara: «Alessand ra, Alessandra mia, dimmi che tu almeno comprendi il mio strazio .. . Sento intorno a me l'ostilità, il disprezzo: io sono per tutti per l'egoism. che per il piacere di fare il bel gesto, no n esita a sacrificare gli altri»''· Orrennt fì.nahnence d'essere. impicgaro prl"$so cm e.ornando di fu.nceri3 come uffi.. ciale di collegamento. 1\tla per quando, ferito due volte allo srcs.,o ginocch i<;> restò con la gainba irrigidita, ebbe a sostenere u na nuova disperante lotta per essere nuovamcnre iJ1viaro in linea. Aveva i.I presentimenro che una fiaJ11111a grande dovesse accendersi dalla sua passione. Nel maggio ' I 6, poco prin1a della seconda ferita, recandosi in linea, sulla Zugna Torra, scriveva: (27 maggio' 16). Ci si ,wvicina al fuoco e non Sto in me dalla gioia. Sono pazzie, lo .so. 1\1a mi pare <1uasi che enrrando in azione con cucto il mio entusiasmo, con tutta la

mi:t fede, io pos$a fare chissà che cosa ... Un miracolo magari! Non si sa mai! Si dice che la fede scuora le montagne!''.

Quando cercarono di rinviarlo invalido a casa, tempestò e supplicò che si facesse per lu i l'ecce-z.io ne che era stata facca per Enrico Toci. Ocrenne i.n fine d 'essere impiegato agli os.servatori avanzari d 'artiglieria, fìs10 a che il 18 gennaio ' 17 sul Faiti una paUecra

di shrapnd non lo ferì al midollo spinale. Sopravvisse quanco bastò perché poce.,;se dalla sua carrozzella d ' i,walido farsi apostolo esemplare dell'offerta senza lim iti e concorrere dopo C aporecro a quel miracolo che aveva speraro di trar fuori da sé nei furiosi combatrimcnti della Zugna Torra. Si spense poch i mesi dopo aver veduto la vicroria. Per -«-ggerc in sim ili siruazio ni, bisognava accettar la solitud ine nel mondo ci rcostante, esaltarsi nella coscienza d'u na missione eccezionale: nclJ' orgoglio che il proprio sacrificio fosse il germogl io d'una vira nuova, aves,;e forza di reden-zione per infinite debolezze e vilrà; semir la vira morale come lievico perenne del mondo. Così si esaltava, nella sua solitudine spirituale, il giovane renence Giovanni Bcrcacchi, e ad un collega dell'università pisana, che gli scriveva amareggiaco e avvilito dell'ambiente morale della scuola degli allievi ufficiali di Cascrra, muoveva rÌlnprovero perché dall' intimo suo , da una sua propria coscienza d'elezione non traeva conforro e viatico. Si era all' inizio della grande crisi del morale: 11cll'aurum10 inoltrato ' I 6. (24 novembre ' 16) •.. . ho un anno di vita militare: tre mesi di Modena, e nove di campagna; l'ambiente là era come lo descrivi cu per Cascrra. né più né meno; qua, rolta la idiozia di molte cose e cosette che qui non si curano. ma aggiunta la frequenti' pal<.'-'e idiozia di ordini e conrrordini (e pensa che qui sovente si tratta dèlla vita sospesa a un filo con tutta incoscienza accostato al fuoco) l'ambie.nrc morale


è come :1 Modena: stanchc1..1.a, pessimismo, panciafichismo. bcsccrnmia, insomma quello che ci vuole per condurre alla disperazione un debole, ma per furc contento un fone, lo mi vanro dei forti: mi elevo superbo, supcrhissimo. da quel che vedo e che ~enro. p.erché ho l'orgQglio d i sentirmi sano e inrnno nella mia fede, ne.i miei principi, anche in mezzo a quena rovina! $e avessi un ambicncc che mi secondassc, sarei for,;c piè, tranquillo: ma non avrei la sublime soddisfu:lione di louarc e vincere, vincere solo e picnarnentc con le forte del mio spiriw che nessuno domerà mai! NéSsuno mi co1nanda, son io che comando mc stesso e comando a mc quello che credo bene di comandarmi: se obbedisco a un ordine qualunque sia esso, idiota o no, non curo: obbedisco all'orrunc in quanto io m'impongo questa disciplina: nessuno me la potrebbe imporre se non io. E proseguo per la mia via, fisso a queste béllc idc'alità che col loro splendore offusc:ino di luce tanco brutto del mondo; ed ho supreme soddisfazioni. Non mi v<·rgogno di n1osuarmi così prcsu ncuos:unenre orgoglioso: no, me ne v:-mto: e (On ruua l'a.sprc-lza possibile biasimo te. 61osofo e ideal~ta, che non hai o non sai rrovare il rnodo di me{[cre il morso al ruo io~ d'impennarlo con vig\>rC ili volontà contro il fango e bal,.1rc nel cielo puro e libero. Tu puoi farlo, e lo farai: lo giurerei che lo farni e me lo scriverai; mi dirai che la tua volontà ad,unantina ti ha restituita la serenità, e anche ti ha dato la fclk irà! E allora, di lassù in alto. allora vedrai con occhio scevro da nebbie e anche benigno verso i deboli, vedrai dico che il mondo non è poi tantt) guasto, e che uscendo con lo .sguardo daJ l'orjzzonte che avev-.imo prima, si scorge in m C'i.zO a tanta canta t'.lnta debolezza più buon seme che male pianrc•1. E quale egli si rappresenta egli fu fino alla fine, dopo venti mesi di rrincea sullo z..i. veno, sul Pasubio. sulle Melene, a Monte Zomo" . Da questi duri travagli. del de' Calboli e del Berracchi, possian10 formarci adeguata· mente un'idea della •resistenza• che imbrigliava e in frenava gli enrusiasmi. Cerramenre si deve insistere. Questa reazione 1\0n e.ra fiuta runa di vilrà; v·era l'esigenza che non si offendesse co n festoso entusiasmo ,chi della guerra aveva morivo di sentire il dolore e il lutto, e le amaris.~imc rinunzie: v'era una facile co nfusione fra retorica e vera fede, un

senso di pruden7.a, che non voleva lasciar compromettere interi reparti in islanci forse mal pondcrari. Maè indubbio che un senti mento di riguardo umano sovente paralizza· va le volontà, e sospendeva non poche forze spiriruali. E s' intende come queste forze oontenure poterono liberrunente espandersi, suprema riserva d' Italia, dopo Caporerro, quando la •resisrenza,, agli slanci doverre cadere. S i vide un secondo «sacro enrusiasmo,. Ufficiali con le ferire mal rimarginare tornarono in linea a inquadrar gli sbandati, si acceHarono senza d iscussioni i posti di maggiore pericolo, uon1ini abcd è tadtw·ni s•imposero il con1pito di rianimar l'c..~ercito. Questo risveglio lo nocia1no anche negli epistolari: Picrro Boria che convalescente delle ferire dell'Orrigara rinunzia con furi.a al posro territoriale per andare a morire sul Solarolo;

Cesare Amar che sul letto d'ospedale spasima per non poter trovarsi sul campo; il capitano Consalvo Comerci che invoca di non essei" maledetto dalle donne italiane, quasi la responsabilità fosse sua, e va a 1nodre alla te,~ta di una bacceria di montagna. Un vo-


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loncario trenrino descrrvc il risveglio dell'eserciro nel.le bauaglie d'arresro del novembredicembre ' 17.

( 17 dicembre ' 17). lo fui sempre per tcnipcr,unenro freddo ... e !'esperienze di quasi venti mesi di guerra acujrono il mio spirit0 critio.). f\ila vi giuro. carissimi. che quello che oggi avviene sul Piave e sugli alripiani è epico: negli ultimi scontri ì feriti appena fasciati chi,:s<.:ro d'essere rimandaci in lint.a> g li aJpini piuuosto che cedere di un passo si fecero massacrare (e 1nas.sacraronoh i farui diedero prova di uno sroicismo e di un'~1bncgazionc non dicibi.le, gli :uriglicri si fecero inchiodare sui pc-zzi (e inchio .. darono). Oh il nostro esercito è oggi mno una fi:-tnima e una volontà, si rigenera, si redime, torna l"esercito del San Michele, di Gorizia, del Fai1i, di Selz, delrHermada. lo vidi, vedo ora coi miei occhi, posso giu rare eh.e il soldato iraliano è il migliore soldato del mondo, quando è guidato bene, ben animàt'o, ben tratuto. E vinceremo. non dubit:ncnc. se mai ne dubitaste'( T ipico, in quesra ripresa, rimane il caso di Diego De Donato. Modesro gio,·ane provinciale di dicio,ro anni, alieno da qualsiasi ambizione (era srudente di chimi ca all' università di Roma) appena farro ufficiale del genio fu inviato sulla Bainsizza. Dopo pocl1J giorni fu rravolro nella ririraca di Caporecto. Compì a piedi quasi rucca la ririrarn. Giunto in una cicrà veneta insieme- con alcu ni col leghi s'accasciò su di un marciapiede, e fu aspramente rimbroctaro da un ufficiale superiore. Eppure quest' ufficiale novi,,io, rravolto sbalord ito nella carastrofe, appena giunge nel campo di riord inamento di Montecch io e intravede la possibilità d 'agire si offre prima per la linea e poi per i lancialian1111e. Vuole uscire dalla depressione e dalle vil tà del campo di riordinamenro. Ha rimide-tza e orgoglio insie111e del suo passo. Si giustifica col fra,ello: riconosce giusro che am ici e farniliari lo sgridino, ma ~li non poteva fare a meno di agire come ha agito. (7 gennaio '1 S, al fratello C'.arlo). lo non potevo, non dovevo d manerc a Montecchio. Quando tutto sarà finiro, quando ci riabbracceremo, e non tarderà molto questo giorno, allora potrò dirti curro e bene a voce. lì assicuro che non ho avuto mai a. pendrmene. dd mio passo. che anzi m<· ne sono sprsso sentito contcnrissimo, senza ornencrti c he ho avuto dei momenti di gio... ia quando ho ricordaco, e ne ho tutt'ora quando ricordo, il momento in cui naus<..-a1·0 da già tante miserie note in poche ore a ~fon recchio andai ad offrirmi spontantamcnre per partire. Anche il caro e buon V. [~ mi rimproverò della n1ia pancn1.a volontaria 1 ecl è giusto che lo fucdano ruui quanti mi ama.no, m.i ti giuro che nel momen,o in cui

,ndavo alla dirczior1e per offrirmi a partire, scnùvo un, voce onnipotente che mi incoraggiava a farlo, e nd contempo fid,vo ncll'ahuo divino che mi avrebbe sempre consegnato ai miei cari.

Ho vissuto delle ore agiratissime, in mezzo ad ogni sorta di balletti e ne sono ve~ nuro fuori bello e forre come prima. Fido rarno nelle preghiere dei miei cari e sono perciò serenissimo in ogni evcnro~0 •


In un'altra lcrrcra vuol dis.suadere il fracello dal chiedere anche lui di r(>rnare alla fronte e pretende spiegare il proprio caso personale come un diferro di tcmpcra mcnco. (28 gennaio 'J 8). Tu dfrai che io predico bene e ra,:,olo male, ma che vuoi fuc, a me la vira del deposito mi snerva e mi fu vtnirc la nostalgia dd fronte, quindi sono questo a.sperto, sono ammalaco. !via è che non posso sopp<>rtar<' gli strisd e le léccare e le ~violinace che Si vedono quotidianamcncc ai depositi. Ma con la sorella, con cui aveva maggior con6de.nza> non ricorreva ad arrcn uan(i, e

le confidava il Su() entusiasmo<' la sua fede. (14 dicembre '17). Mia cara ,e buona Margherita, ... Con i m.ici lanciafiamme

v:ido a sbarrar<' la via al nerl>ico, e pano col cuore saldo. forre. L"<mto ferreo. Tu che mi conosci. che tanto bene ml leggi in fondo all'anima, che ranco rtt i vuoi bene, ben comprendi che cosa vogliono dir.e le mie parole. $1, cara, mia buona ì'vlarghe.rira1 pano col sorrL<,c, suJle labbra, con quel sorriso spre1.1.antt de.I pericolo, che nei momenti più bnarti ho sempre :wuco. Ecco. ru mi vcdi 1 nevvero, mi vedi calmo. placido, sorridente, e .sci anche m tranquilla, nevvero? Le rue preghiere e qudlc di rune lt san,c anime che 1a1uo mi amano.

111 i preserveranno sempre. Si i fone e cerca d'infondere a mam,11;1 ed "gli :litri tutto il coraggio che in ,1ucsti te111pi è indispensabile. A te questo grande e delicato compito. Sii ne degna e sappilo assolvere come le circosranze lo richiedono. Non ti dico altro. ·n bacio forte forte forre". Ebbe ill sorte di morire dopo la grande vittoria italiana del giugno ' 18: ciò che non fu concesso a rnolri di coloro che come lui correvano nd triste aucu nno ' I 7 a salvare l'Italia. La vita morale dì cui si accendevano i nostri migliori, oscilla di soli!<) fra due poli. Ad un estremo la risoluzione in un anivismo, in un volontarismo puro, all'alrro la religione tradizionale. Voce signifìcaciv:i del primo aneggìamcnco una lenera d'u n aviato.re: ... Non ascoltare le pred iche che vengono dal pulpito: il male all'inferno, il bene in paradiso. Sono immaginazioni dell'anima altrui che cerca di corrompere quella del prossimo. 1\lta l'im1naginazionc deve cssc~rc una sola, la nosu:1. Mai scim iotmr gli altri per sperare. La spcraoza deve essere la speranza fo m1a1;1 dal proprio corpo, d3llo spi rito stesso. t.:uomo che è padrone di sé non ,ivrà mai d3 lamentarsi.

lo non credo né a Dio né ai demoni. Unìc.a credènza la mia volont¼u.

Qualche accento consimile in v:irì seguaci dd movimento vociano presi nella guerra. sopra rutto nel Marcon i: e poi in altri che, estranei a meditazioni filoso6che, si lasciavan crasporrare dal!' ebbre= dell'agire al di là d'ogni ponderazione di merzi e di fini. Consi-


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derando speculativa menre q uesta rcndenta, è chia.ro che, anche da ch i 1Hm lil<>sofava, si cercava d i escludere dall 'agire il momen,o dell'ideale, per una sommaria consratazio ne che lo spirito, la volontà, essendo normn sui può automaticamente produrre qualu nq ue azione. A quest'attivismo di solito si vuol ricondurre da taluno ogni forma di morale autonoma, per convincerla d'inm1oralità: senta rilevare però che quest'attivismo in ulrima anal isi e una deformazione intellettualisrica dell'auto no mia mo rale: w1 far dell'azione ,u, posterù,s d' un'intuizione generale dello spirito; e d' un'intuizione mitico-naturalistica: la q uale con~idera lo spiriro con1e una cosa auroriproducentcsi, lo guarda da fuori e perciò lo limita: mcncrc l'azione nasce nella p icnea.1, nella nostra res ponsabilità cosciente di rnrco il corso del mondo acccnrraco ndia nostra persona (e perciò mondo riformabile). i.a forma etica è sempre saldata a un contenuto, a un'esperienza storica, è l'ideale perenne neUe sue trasformazioni. Quest'attivismo è al mal'gine della vita morale dei combanenci. I p iù invece nel I'etica del dovere riassorbono la stessa vita religiosa. È vero che spessissimo muoiono coi riti carco lici, che spesso invocano al soccorso degli umani una p rovvidenza e una giusri1.ia vindicc, con forme e pa.role della rel igione iradizionale. Nla lo spirito è profondamente murato. I movcnri dell'azione esorbitano quasi sempre dai momenti del mito cristian o. Cadempimcnro del dovere, la fcdcl tà alla patria, l'affermazione d' una giustizia fra i popoli, di solito son sufficienti a dete rminar l'aziQne" . La fede in Dio e nella provvidenza assume una semplicità nuova, che assai rari nessi ha col dramma della croce o il culto dei san ti: rranne un sospi ro verso uno spi rito Cl'istiano in mie.i costumi e reciproca fede. Anche qui ritorna una posizione q uasi kantiana. Non era soltanto un costume: d'accertar dalla religione tradizionale i riri della mori<\ come per là nascita e le nozze. Era anche un'invocazione dai tribolali della trincea, che andavano a spegnersi negli ospc. . dalcni da campo, ad un accordo fra le sorti personali e la legge osservata, un posrulato,

forse un idillio, dell'anima stanca che si spegneva in pace col suo dovere e della n1ortc faceva la pace inlìniia.

L~ crasi delle due concezioni ve,ùva facilitata da un arceggiamenro diffusissimo avanti la guerra e che ora mi pare vada scomparendo sono una nuova offensiva ddl'incransigenza carcolica, quello cioè di reinccrprecarc liberamente la fode, non per conseguire o imporre definizion i dogmatiche, ma per la propria prassi personale, per fermare un individuale rn1i111111bile obseq11i11m che con sentisse di vivere nel mondo moderno e di partecipa re alle sue Ione e alle sue aspirazioni: insom1na un residuo d i carcolicesimo liberale non facilmente colpi bile dalla ch iesa. Riguardando indietro, a questa libera fede, non canolicamente ortodossa si riconduce la religiosità del Begey. del Vajna, dei Garro ne, d i tant'altri. li C laboli che si professa cattolico. che prima d i varcare il confi ne

fa la comunione, ha accenti degni del Lambruschini.


... ch'io debba dire nv, e un rUJuiem prima di uscire dalla trincea. è un rimpicciolire !'.idea ddla di,•init¼. È. un ridurla ad am ulcro ... . . . ripensò a quanto ti dissi c irca le ragioni per cui io sentivo le cond izioni dd Sa.. ero Cuore,_dei Sacri Pitdì. .. Pc.r n1e, v<:di, è quc..-:ca una ma,criaJiz.7.azionc! di un'idea, che è di per sé quanro di più spidruale vi possa essere: l'idea di Dio. Mi sembra un rìmpicciolirla nelle miserie d'un\1ma.nità, avida di conce-..t.i"oni anrropomorfichc. perché più facili e più susce.rribili di pratiche richicsic ed invocar.ioni. Non so se mi sono spiegato, ma a mc pa,e che tutte le speciali devozioni sorte ulu,na.mcnte(dalla /vladonna di Lourdes al Sacro Cuort}, abbiano avuto per risultato. più un intensificarsi di domande (rerrcstri nella forma e ndla sosranza) e di invocazioni, che [in] un più forre senso del dovere, per essere vicini a quell'idea che si vuoJ onorare.

A mc sembra che si debba tender alJiar vq/u11tn1 tun dd bosco degli ulivi. in ispirino, e ad una forre concezione dd dovere ddla vira, che ci d, la for,:a di loctarc in pr;.uica. Quelle devozioni speciali che assicurano delle grazie materiali, mi sembrano quelle indulgenze, che senza fervore di opere assicurano un comodo posto in ParadL,o" . Ma non tutti a.•tvano come il CalboJ;, o come il Hlastò o il Rorellinì, idee determinate e precise sulla religione" Su molti il catroliccsimo rradii:ìonale aveva presa come commozione di rit<>, ricordo di casa e d'esperienze lontane, desiderio di uno scam d'infonzia rimesso e tranquillo in chi era sch iacciato dal peso delle responsabilirà e dal pensiero delle sorti supreme. Turro ciò la messa al campo diceva al volontario capitano Niccolò Bresciani: Fu e sarà sempre per mc unà scena indirncntiaibik•: sacerdote e alrarc collocati in vcn.a ad un piccolo poggio spiccavano distinti all'orizzonte. Ufficiali e rruppa tacevano commossi. lo osservavo e mcdìravo, e, a mano mano che procedeva la s:icra

funzione, sentivo pcne1r3rrni l'anima da una commozione, che, insinu:mdosi a poco a poco scnzo che potessi accorgermi ciel suo graduale aumentare, mi pervase al punro che non porevo tra1tencre le lagr:imc. E quando poi il sacerdote, dopo aver pronunciato appropriate parole dì circosmnza, i11 cui religione e patria erano cs,ilrate assieme e benedette, d invitò a recitare con lui l'atto di contrizione, le bgrimc fino allor-.1 tr.1rtenutc, mi sgorg,irono calde e silenziose dagli occhi commossi. Mai in vita mi sot10 confessato con pilt sincero dolore e con più profonda prtparazionc; mai come ieri il mio cuore ha sentito 13 prl·scn2a di un Dio grande ~ m iicricordioso, che ha dam alJ'uomo fragile il conforto dd dolore e del pcnrimcnro; mal come ieri m i son sentito contento nel capire che a poco a poco nella m ia anim:, si fuccva una calma, <1ua1e da

,empo non avevo più. Piangevo ;ed erano lagrime nuove, lagrimc di dolce nosrnlgia per le persone che sentivo aleggiare vicino a mc e benedirmi, lagrime d.i gioia per la sopravveniente rranquillir-:t, piàngcvo sentendomi ridh1enmre bambino, quando con semplicità t convinzione sincera giungevo le man.i ed innab.avo la mia mente 3 Dio, chiedendogli di voler, generoso, distendere la sua mano benefka sui miei cari e su mc; piangevo ripensando alla m:unm.a così buona, cosl cara, che ha saputo radicarmi nell'anima il scntiment0 religioso. in modo che. anche fra il dilagare delle passiooi e le uavérsic ddla vita. non mi ha mai abbandonar<>!>.


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Altri brancolando nell'angoscia. ritornav:ino alla. fede dell'infanzia. Così il capitano Gcrbaldo Gcrba.ldi narra a.Ila suocera la sua conversione durante uno dei primi com· battimenti del ' I 5.

(21 luglio · I 5).. .. Capivo d,e mi rrovavo in una posizione difficile, infelicissima, con formidabili trincee nemiche sul mio fronu: t sul mio fianco, non in grado di respingere col fuoco il nemico ... e feci inastare Je baiontuc, risoluto a giocare tutto per tuno in c:,so disperaco .. . E le ore passavano così; memrc ogni canco il continuo fischiare <lei proiettili feriva qualcuno dei miei e doveva provvedere a farlo ponare indierro, giù pd monte ... Er:t gi3 buio hnCJ, e un violenro ,cmporale $i abbané su noi mettendoci nel buio più complero ... Mai come allora mi sentii in balia d'una forza superiore . .. E mentre fremevo all'idea di dover assister<·. in queU' infcrno all'agonia di due uomini e di tanto poco poter fute per condurne in salvo più di duecento (i miei soldarj) sentii il bisogno d'in,,ocare l'ajuto divino e dis.<i a mc stesso che se fossi U$CÌto salvo più per i miei uon,ini che per mc stesso, da ta1c infernale situaz.ionc avrei dovuto riconosC<.:rc la gra:,...ia cclcscc .. . Perciò mi sono convertito e sento bisogno d'aver fede, e se tornerò da questa guerra voglio a nelare al san tuario d'Aviglia,10 a renderne grazie 3 D io~".

Ddfio Concone, come Mario T.,ncrcdi Rossi, iinvocav:i lddio rifugio fuori dall'orribile tragedia.

Umilmeme riconosco la protc-lione ddla Prowidcnza, che spero mi sarà conti· nuara ora che tornerò tutto alla fudc. Ero forte., sono forte, ma non tanto da sopporcarc senza credere ciò che ho sopporraco.

Ah mammina! Troppe cose orribili ho visro e sentito per non provare uno srnarrimcnto doloroso che mi ha portato a credere di nuovo e a trovare nella fede il con· forto che non por-r?l veni rmi meno mai più.

La fede suggerisce la speran1., e l'idillio per l'avvenire: Quando si ritornerà bisognerà combattere col pensiero per w1a vita più sana, più giusta, più forte. Se il Signore mi conceder~ di ritornare a casa, la mia vita sarà spesa per il trionfo della giustizia e dd bènc. Q ui s'impara la vera for,a, e la vera bontà: qui si conoscono e la viltà e la dcboleiza. Nel dopo guerra una vira pi11 sana più degna sarà ins,aurata. Mc Felice se dopo qucsre lorrc cicche e brurali pocrò coml>ancre anche la lotta più alra e pi(1 nobile del pensiero. lo penso che dopo bisognerò amare, amare molro. L'umanirà uscirà dalla lotra imm:H1c affranca e sanguinanrc. Se Dio 11,i consen tirà di tornare io vorrò essere uno dei pionieri della ricostruzione. Nuo,'e ba.si di giustizia e d'amore. Lotte ancora di pensiero e d'azione per le quali sarò agguerrito" . Più profonda diversità d'arteggiamenti troviamo in coloro che avevan ricevuto una radicale, sistematica educazione t-arrolica. La differenza capitale è proprio nell'dimi-


nazione di quel momento d'immanenza, (di volontà di vivere nel mondo, pel mondo, sia pure per un mondo da riformare) che s'infiltra in molti che pure non si sento no distaccati dalla religione rradizio n:alc. Il vivere diren.amcntc, ardentemente u n ideale di q_ucsto mondo significa porre nel inondo il proprio te.,oro e col cesoro il cuore. Ciò non è possibile con un'ardente sece del paradiso. Non che in molte anime pie fosse ripugnanza al sentimento patrio. Ma era un sentimento dedotto. e ra l'ottemperanza a un dovere ricavato da una sed e d'obblighi, un se,1ti11ttJ1to comandaro, più vicino alla rassegnazione che all'entusiasmo, u,1a prov:i ,•olurà da Dio. Nasceva una scrupolosità senta fiamma, perché la guerra in ogni modo, per quanto voluta da Dio, era pur sempre uno sviamento dalla vita d evota, la quale rischiava di corrompersi e disfarsi nella caserma e nei bivacchi. Eppure non mancano accenti e noce commoventi in queste vice umbratili. sospiranti l'esodo dal mondo. Valga come esemp io l'epistolario del novizio francescano Callisto Pasini" . li novizio viveva con pkna ingenuità l' ideale dell'ordine: aveva c hiesto al principio del ' 16 al padre provinciale d'essere esentato dagli studi per d edicarsi alla cu ra dei malati. Ciò gli fu sub ito imposto con l'arruola mento in un reparto di sanità, 1\lfa gli rimase la nostalgia della , dolce chiostra• . So·ivcva al provinei aie; (2 sruembrc ' I 7). (',on som1no dispiacere sento che moll i dei nostri confratelli dovranno recarsi ad una nuova visita. Povt·ri <:onventi! Quali lacune si faranno in es.si! Oh l:i spiCrnt'.1 guerra, cutù d vuol srrappare dalla quiete claustrale, e fermarci nei nosrri ideali !~.,.

Si scnriva super f/111nin11 811bylonù: (9 giugno '1 7 all'arciprete B. Camisoni). Aspeno in una cara sofferenza e lunga nosralgia il giorno di liberazione do quesra schiavitù col ritorno agli accareaati ideali. Questo si può dire il soggiorno c he ci rammemora il lamento degli Israeliti a Babilonia ... Nel sacrifi1,io parrio lorc iamo spiritualmente fra le insidie dell' inforno e lo scalrro insidiarore atterriamo ... AJ Icone- che si aggi ra ... gli sb:arriamo recisamente la porta ... gli gridiamo adirai-i: ~ inutile ... ci siamo dari a Dio, di Dio vogliamo restare'°'·

$<Ignava il ~ogno delle missioni francescane. (12 novembre •I 5). Se il buon Dio mi prcscl'vcra dall'atcualc confli,ro, come promisi riprometto di saniificartni e di correre per i colli e per le valli in cerca di rance deviare pecorelle. Voglio far loro chiar-.1 la via del paradiso. alleviarne il peso e l'aspr<.-a.a. M-J è d'uopo che inipari a soffrire e ad amare ... Due sole cose tengo nell'animo per i giorni del mio apostolaro ... l'er me finisca la prigionia ahimè! troppa dura. E poi nel ritiro nella soli tudine della cella, proporre e prepararmi, acceso di sanro ardore, e lavorare nei giorni dcll'aposmJaro con la g iovcnci1. GNcarc in essi


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semi e fiaccole d 'amore divino. che bruci. spenga e disperda il fuoco concupisdbile on<le vivano puri e casti". Dava consiglio a un confrardlo sul modo di conserva re il fra re sorro la divisa, arduo proble,na della loro vita. (9 sctcembn: ' J 8) .... obbedienti alla voce della patria. nonché di Dio, dobbiamo tunora_m:'l.réiare in grigio~verdc. Però sono l'unjf(>rmc milirarc abbiaJno ancora d i che consolarci. se." ci ramrncrufamo che non è l'abito che F.i il monaco. Quincli se non abbiamo il conrento di porrarc il capcsrro, di c:unn1inarc scalzi, di vesrire il sacro saio non ci dobbiamo chi:.unarc infelici. Diarno piunosto uno sguardo alle anime nosrrc come, lungi dal sacro ririro e dallo sguardo dei sup eriori, vanno vc.-;circ. Se non port:tno la più C'Jndida veste dei vergini, se questa vc.-sce la vediamo logora, imbrattata da lu rido peccato, 3llora sl che dobbiamo piangere la :nostra infelicità•'.

Al povero novizio non fu consentito di rivestire il sacro saio: morì di spagnuola in Albania. Questa sressa i,tte_rferenza dell'ascetismo mistico sullo spirito militare cosl candida nel novizio francescano, noi la ritroviamo ìnve.srira d'm1a piena forza eccle.~iasric-a nel te ne nte cappdla no don Alessa nd ro Spadoni , pcrfcrro esemplare dei preti energici. capipopolo e guide autoritarie di cui è ferace la valle padana" . La gu erra e la morte precoce non gli lasciarono quasi il tempo di svolgersi; ma la fisionomia del prete è già rilcvara nel seminarista che s'i111pone rigidamente il principio di non leggere giornali liberali. Disse la prima messa il LO agosco ' 14. Il giorno dopo era richiamato alle a rmi. Segnava nel diario: Oh è duro davvero dover dcp,,rrc il mio abito di saccrdo1c proprio il giorno dopo la mia prim:.t mc..'Ssa! e trovarmi a passare in caserma. i miei prirni giorni di sacerdc;z.io! Pa1.icnza. Il nostro santo vescovo di Reggio, nel congedarmi mi ha deno: «Un prete è al suo posto ovunque si trovano dclfo anime•''· Rimase in servizio m il icare. e allo scoppio della guerra fu furro cappellano d' un ospedalerco da campo nella conca di Caporetto. Aveva una arden te sere d'azione. Il capo d"anno del '16 scriveva nel diario: Anche la mia patria è in gucrm: avrei desiderato che si fosse risparmiam la prova, perché ho orrore del sangue. Ma mi guardo bene dal!' erigem,i a giudice dei governanti. Cinadi no conosce, il mio dovere in quest'ora crag-ica. e lo compirò tuuo e sem.pre, adoprandomi se,w.:, posa e senza risparmio di sacrifici pel bene del mio paese: cristiano ho fede inconcussa nei disegni e nella volontà di D io. Anno nuovo ci porterai la fY.!CC? Non lo so e, quasi non m'importa .sapt rlo. A nno nuovo, vedrò io la rua fine? Non lo SO! ma s<.' per la patria mi cocchi morire:, accetto e benedico anche la morte" .


Oop(> più di un anno era stanco della vita d'ospedale: chiedeva di più, e si rivolgeva al segrcrario del vescovo di Reggio per fare appoggiare un suo desiderio. (30 luglio' 17). Sc!lti, io sro sUtbcndo un periodo di profonda malinconia, che mi (;I_ forse vedere attorno un po' più nero del reale, ma che però nti scopre anche can ti Jati ddl'auimo n1io, e mi scuou: e mi sprona. Tu sai come dal principio della guerra io mi sia quasi sempre Lrovatò bene, e come i pericoli da me subiti siano ben pochi. Ora. questo m'umilia e mi fo quasi remerc

che il Signore ... basta, non voglio finire b frase per n<>n aUarmarri. Debbo uscir" da questo scato ili ignavia, dcbl>O forc anch'io quello che funno milioni d'i,.liani; debbo ... andare in trincea. Pensa d,e autorirà avrò io dom,.ni di froncc a quelli che si affannano:, denigrarci, se non porrò dire d'aver fatto al.meno come gli altri? E non I: quesrn l'unica, né la più forte mgione, sai! Ma gli è d1e stando qui io mi lascio inconsciamente e stoltamenrc sfuggir<: la più grande occasione d'apost0lmo e di meriti! E ti par nulla? Via! Non per èrogiolarmi nell'ozio è nd benessere ho ,chit'$to alla Chiesa di arruolan11i era i suoi ministri! Ora, carissimo m io don (',e:,".3.fe, ti chiedo dw1que una graz.ia. ~(i.1 dcvi fare in modo che il vescovo si3 contento che io me ne v:ida com~ cappellano ad un battaglione. d'alpini••.

Nel settembre tornava ad insister.e direttamente col vescovo, ma due giorni dopo quest'ultima lcn<:ra improvvisa1ncnrc moriva per una n1alartia viscerale probabil n1CJ1tc contrarra nell'assistere i tifosi. Robnsta figura indubbiamcnce: ma che nella guerra italia-

na operava per un'altra causa, cercando di conquistare per il suo parcico e la sua C hiesa, una messe di vanti e di meriti, in (Jftt1sionr de/111 guerr(l. Ciò gli dà un aspetto piuttosro politico che religioso: scambio tutt 'altro che raro nel la storia della Cl1iesa. Di fronte a don Cesare Spadoni, Giosuè Borsi, il giornalista convertitosi al carrolicesin10 poco pri111a

della guerra. appare un'anima in is:raco ancora caotico. È invasato~

forse per inAusso dei suoi convertitori. da una s 1nania d'apologia insistcnrc

e

osrinara,

in favore dd cartoliccsimo prima, della guerra poi. L:dfusione omilerica trascende le persone a cui si rivolge. Le sue lettere sono pensate per .la pubblicità: anche quelle cbe avrebbero dovuto essere private ed ìntime. Le lettere chescrive alla madre devono esser passate anche al giornale. (7 settembre ' 15)... . Ho con,inciato a spedire lcncre aperte da otto pagine perché la censura non ne permette di più. (Se vuoi mandale al giornale per ordine progrcssivo di data)" . Gli giunge la notizia della mo rte di un suo nemico personale. Egli s'effondc in. una vera parenesi. (4 settembre ' l 5). La morre di quello svencuraro degno del nostro più sol.lecito rispcno, poiché anch'egli è staro riscauaro dal sangue del nosrro Rcdcnrorc, dovrebbe farci vedere anche un'altra cosa: quanto son vani e irrisori i beni del mondo.


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La sua incontinenza l'ha ucciso. per insegnarci a essere sobri e frugali, a evirare i pcric<>li dei godimenti materiali e b:IS.<i. E l'amhizione che gli ha servito? lddio gl i ha rolro tuuo in un istanrt. In c he cosa aveva posro la sua fclicirà? Negli onori, negli agi, nd voler comandare, prevalere, brillare, piacere agl i uomini. E ora? Che

retaggio d'amore ha lasciaro que.st'uomo, la cui mc:>rte è srara desiderata e augurata

con bramosi" di sciacallo? 1• . Spesso pe.r questa tendenza esortativa-suasoria ec,cede ogni limite, come in una lettera in cui e.sa.Ira lunghissimamcnte la guerra per il senso di fraternità umanà che suscita. Par qua.<i che lo staro di guerra attui la repubblica di Platone, la felicità d'Utopia e la perfezione evangelica. (7 sencrnbre, ' I 5). Come affratella la guerra! con,e apre il cuore! Ci insegna ad essere amorevoli, fiduciosi. franchi, esp:rnsivL C...on la sua terribile e fierissima cloqucn~ za realizza d'un tratto, tra i soldati combattcnci l'-csemplarc d'una società perfetta, còmc porrebbe vagheggiare il più incontentabile moralista, il filosofo più sognatore: d'una società come ce la fa inrravc<lcrc il Vangelo~ mentre ce la promette sicuramente come premio al di là: una società dove gli uo mini si amano e si $occorrono per un

impulso irresistibile d'affetto, dove non cercano di danneggiar.;i o d'ingannarsi, perché sanno che il danno e la menzogna sono funcsri a runl e a ciascuno, dove non si oh r;tggiano e si disonora.n o colla diflidenu reciproca" .

A questo punto s'accorge d 'aver esagerato, cd esagera in senso conrrario:

se

.Parlando così, s'intende, son<> un onimista. La guerra in non ammaestra più nessuno. 1ù cd io sappiamo che al m(mdo non e'~ nulla capace di rtndcr gJi uomini migliori, né la pacè, né la g uerra, né l'c-spcricn1.a. né la .scienza, né l'cduca1.ionc~ nulla

all'infuori della gr;tzia del Signore'°. Ove è evidente che, se è fermo quest' ulrimo principio, tutto il quadro ideale della guerra è un gh.i rigoro oratorio che offi.1sca il scnri1nento della di,•ina grazia. Ma so,to questa spuma omiletico-apologeti<"• pxodoua dalla conversione, restava il Borsi migliore, che sitiva la prova, il cimento, il sacrificio per la patria, col prc.scntiménm cena.cc della mone imminente. ~uomo era di gr3n lunga superiore allo .scrittore e al propagandista~'.

Così giunge al termine la mia ricerca. lndubbiame.nte il can1po stcrrninato è ben lungi dall' essere. esaurito. Molti e molti altri ricercatori dovranno ancora lavorarvi, e ne verran fuori gra.n di tesori di vira spirituale. Ma il compito del presence studio era solo d'iniz.iare: segnar k cappe ideali della nostra guerra, scrucarne, a traverso i migliori, l'anima occulta e profonda, risentire in documenti im mediati, uomini, cose, esperienze, che ormai ran ce vicende e canee passioni distanziano da noi.


E questo compito credo d'aver assolto nei limiti delle mie for,e. M'è riapparsa dinanzi agli occh i della m.enre, e spero anche a quel li del !errore, la generazione •carsica• a cui -appartenemrno e da cui orruai ci sentia1no quasi sracc-ui per tanri alrri evenri vissuti e solferei, per tanca virn roccata in sorre a noi soli, Quella generazione ci par già concbiusa e consacrata alla scoria, riassunta dai migliori che caddero. È temerario affiancarsi ad essi. Appaiono già in una lontananza augusta: come a noi fancilllli i padri del Risorgimento. Anche nclJ'iconogralìa. Sfogliando quei libri e quegli opuscoli li rivediamo quali furono: le uniforrni ci sc111brano già anriquarc e spesso recano i segni dd reticolato e della trincea. C hia re e onescc facce, fìorice ad altri soli, in lllla vira di pace: volti d'uomini non fatti per la guerra, ma capa.ci di reggerla per l'alro senso di umana dignità: non contrazioni esasperare o gesticolazioni eroiche. ma la compressione dclresperienza eccezionale coccara loro in sorte in una semplicità spesso umile. E poi quelle lercere, quelle voci di dolore, di gioia, di rischio, di gloria, d'ai1goscia, di preghiera formano un accordo superiore. Un unico motivo ci rcola in tutti i momenri, lllla gcntil=.a profonda, una mitezza s,ra,ia in uomini tra,•olti 11dla strage: J':i.çpimzionc a salvare u11 più u111:ino ideale di vira contro l'istinto nibelungico, bellui110, della guerra redesca. Soprawh•c in questi fram m, nri dei combattenti it1.l ian i qualcosa dell'antico ideale classico che su l Partcnonc isroriava i cenrauri e i barbari acrerrari dagli eroi. Mai forse si sente così vivo e commovente l'affiaco dell'antica civiltà italiana come in qucsce pagine d'ignori. Poesia del •latin sangue gentile». In sede sr.orica è cerrame11te erroneo considerare la recente guerra italiana come l'ultima del Risorgimenro. Turravia essa fu la guerra combattuta dai figli del Risorgin1ento. Tremenda e sanguinosa, non fu, per chi la visse, esclusivruncnte un mLLSeo degli orrori, proprio per quesca luce idea le, per questa fede nariva, sincera, cosl djvers.1 dalla malcdctra retorica giornalistica che la fulsb e l:a contaminò. C hi rawicini i documcnri della vissuta guerra iraliana con quell i analoghi cedeschi rrova la diffcre111.a dic passa fi-a un quadro del Carpaccio o di Leonardo e lll1 quadro di lucas Cranach: proprio per questa luce idcalc. Eppure se quella superba gioventù col suo sacri6zio vinse in campo il nemico, salvò la patria, ne rinsaldò la compagine, no n par che sia riuscita a rawicinare la realtà storica all'ideale che vagheggiava. Essa, nei suo i 111igliori. detesrav-.1 l'Austria co111e •l'onta dei secoli», sognava, alla fine della guerra, una collaborazione fra i popoli, una libera co111unione ru civiltà fra turtc le genti, una più alra dignità riserbaca alle nazioni civili: un trionfo ddl'idealc iraliano-mazzi niano sul mondo. Invece dopo la g\1erra per un verso i popoli han tentar<;> d.i dilararsi in istati non più nazionali con annessioni violente; per un alrro verso si sono riservaci nei loro confini economici e politici come in cupe fortezze-'', Par che la tensione di for1.1 con cui fu vi nra la fona tedesca abbia orrenebraca la visione dei lini e delle aspirazioni, che il pathos guerriero, il delirio nibelungico dei vinti in un'ultima esplosione abbia contagiato i vi ncitori, e cosi sia srac rinnegara e la com une civiltà e la fede di chi morì.


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Ora la guerra non sarà veramente chiusa se questa torbidctza d i passione non raggiungerà la sua puri6cw.ione; senza un rirorno ai pri nei pi: poiché solo quella fede diede ai popoli dell'Occidente il rrionfo sul furore tedesco: solo in quell'ideale ha senso e valore la vittoria.

È questo il responso che in questa lunga nckyi11 il ricercatore ha ottenuto dai ntorci. E pnr che i morti abbian risposto ad un'antica domanda. Ricordo (mi sia consentito un ,mico ricordo personale) una none dj primavera del 1917. Muovevo a u11a dolina del S. Michde. Lontano, olrre il vàllonc di Doberdò, sul pianoro d'Oppacchia.,dla, borbottava la guerra cronica. La via dell 'lson1.o piegava per Bosco Cappuccio e Bosco Lancia, desolati campi di baccagl ia, verso le atroci rovi ne di Sa n Martino del Carso. Gii, verso il fi,,me del ch iarore lunare b iancheggiava scranantente sereno lo sterminato sepolcreto di Sdraussina che accogljeva una parre degli in fi niti morti del San M ichele. Fra i cespugli e le tombe contavano gli usig11oli dell'Isonzo. Pace arcana nella necropoli, ricordi paurosi sulla via. Ebbi uno stringimento al cuore. Ebbi l'impressione che i migliori fossero morti rutti. Si fossero ritiraci in un ermetico silenzio po:rtando via con sé l'impero e la fede con cu i certto e cento batraglion i avevano flagellato il monte spietato. Quelle rombe bianche parevano la spuma rimasra di canta tcmpesra. Noi crava.m o ormai gli epigoni sen,.a il segreto della loro forza. E l'ani ma si piegò a chiedere ai morti il loro segreto, il refrigerio, la liberazione dall'incubo della guerra eterna. Dopo molti anni i morti hanno dato una risposta al viandante d i quella none, gli han rivelato, in un altro viaggio tra le tombe e le memorie, il loro segreto, quasi a chiedere che dalle aspre scorie della guerra l'idivampi la fede umana che fu loro; che la vittoria appaia pie11:ui1ente suggellata dal più nobile spirito della scoria d 'lralia. De1>r11m M11.11i111n iunt s1111cra sunto. /;Jt1llr

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1.p.?O. l. p. 20, ~-P.· 22.

•I. p.27. S.. Da" iu ~11tra dt Enw f-S,mfioll (n.;uo a TrrntO> nd 18?6, m(>rH'l 1 B:unsb:~ ndl'•gosio 19 1r,, Cfr. 1-"t, rr,, p. 40, 6. lhid., p. 43, d•JI• ...,,..

7, Ocllino Conconc. in •la Sesb:· d.d 23 M.*n crnbre

1930. 8. Lfg. tr:, p. 681 lettera di Gio\'3.nn.i Briatti1 nate) a Tremo nd 1897. mottò .sorto l'H<"rm2JJ iJ 24 m.auio I? I7.

'>.1.tg. ff:. p. S). l~rt:~ di Glo,~nni CoSUJ).ti. n-.iu• :a ~1iliiu> 1\c) il 1~bpii1t 19 1S.

1$91 :.nìgli~re «i :wi:a.t«>r<, mt>1to nd eido <li Mcul't

IO. lvr,., p. 38, k uen d i Umbcno Cr«~tu ., ufficble nel 6" b.mlglione :t.fpinl Monc~" &Ido (motto il 12 luglio 1916) alla m~it:. I l. F. P1nic:A:,:cu.A, lrllnY 11d ,m ,wtim d1ridJJl!ll'1'1,r, Ror11:1 1926~p. lG, n Piu.i,:mdl:i.. 11:aco a G<"nl:ano il 28 rebbr.aio 1888, prof~re di 1enere, uffici:al<- dei gr.u,.uicri. ntòtì di f,u ire rip<>rratt!iono Gorizi, Il 14 1go.uo 19 16. Il n,:anipolo d.i lt-n erc pubblicuc é ass:ai intcrcss.intc per ffumer,giare. IJ: ..,ir.a spirin.13lc d'un gio\•aric coho in tiueg.li anni. 12. Frr,., p. 85, lcncr.a di Pietro 'fogncui. soldato ~mplicc, poi C'Jpor:tle per merito di guerra. c.a~luto .sull'alupi:mo

d'Nfag<1 li20 1llaggfo 1916. 13. Fn"I.. ,,.

];j.

lencr.a cld ci.piuno Nello l".10'l:tntlli, dd 91· fantai:1. c.uh,to mattalmenu forirn

2

Montt Sitf ii 2

01robre 1915: spirò il giorno .segucme.

14.. Jn:cdit.-. comunicatemi da monsignor A. Gamb.uo. Fuldcn t>ault1cd dc' CaJbolL nato il 2G ièbbr.lio 18?3. si spcns.c U28 fd1,bui1) 1?19. 15, Cf.r-. L "fbt',J•u 17. nv Gll.ANO 1tv, F. f! d/ (JJJl>b.li nrll, !mm- 11.d A/(i,Jitdnt, Mil:rno I?.20. pp. 6(),6 I. leueri dd t9 M'Ctcmb,~ 19 1$. 16. ltu«Y. 1rdA!twmt!rrtci1.., pp.126$g. 17. 1nediu.a, comu111eatc-ml d31 pro(("$$<'1r I\ Cotl<ml, Giovinni lknacc.h1, mm, ~l Lugo il 30 g<'nn:uo IS9•1, etdM Q Cast Sambug.,ri (Frernela) 11 '1 dicembre 1? 17. IS. Lt moriv.o.ione ddb mtd:iglb d'oro ci ru1.m1 I.J suà monc ""111 b!lt r.igli"1 d':u'.res10 sugU Alripfani. nel dil:t!mbrt' 19 17: .... In M:1vi:do di J>Osto a\·an1.ato J u.r.mtt' un viok nr(l .uma:o sft.'rn110 d opo inrcn.$0 bombardamcmo, con folgid:.i. prtw.a ..ii i,u,:roll:lbilC" t( ilaci~ 1t:urcnl'l c C(li iuoi oomil'l.i I" prirntt onthrc ~v\•ffl:'irle s.-0,•crch~ nci di l)OlllCl"4 e. gr2,·emt1ue ftri10. pcrsisrcue ndb. loua in c.it::ando ì J iptnJ,enci ::i.Ila pila,HrCflU:l ~isrcnz:1, hllché, oolpir() d-'i un::a bomba :l m:ino nemic:i, gfonos:imcnte c.t-1.i dt 31 proprio posto Jj combanimemo.• scnu avcrt" mai ccdu10 un ~olo p;a1mo del tc,rcno alhdato_glP.. 19, U'!~tr., 1•. 87, lctt('r'.,a dì Giq,•annì Cotrdn~ì. 20. Q u~11, e i frarnmenci ~ucc.'tttivi son ric.1~rl tl:.all'epi-s1ob.,io inl'<llm del l)e Don-:n n, m~(O a mia dhposiiione dan·~wc,c,.1co C:i.r!() Oc l.>on2to. Oit$o De Dcul210 di. Michde e di LuisA Dc Ru\'O, ifa Molfon:a, n:no il Il febbt.1.ic> 1$98, aJ.dc in Val 1:rt"nzd a il luglio I? 18. colpito da luu gr.u1a1a di gros.·..o c:aJibro. 21. Gì;I l'~nno prfrn:1, p:irtc-ndc, per l'Acc-..1d<mì,1 di 'fo rìno, ;t\ "C\':l rivoho :11l;a madre p:itol~ m:l:gr1:a1,im.c (he tivcl.-,•3.no il fondo 1ltll'.1nim:l! (3 1 m:arm '17). •Ti rìngt':liin, ci 1.l itò u111c C(t;Ct' 1 vt>et', tll'2 il 11•n,p(I è 0 10, Nelle pn-ghìtr.:. non dimcn1k-.ue l:r patria nom·.a, l'h:llia prima di lutto (' .su rurm. lnvoc-.i b vhtori:.l delle: :u ml no.«re. e nient\' :dm,r in,•oa la giusra vtndm:.a dd s:angue haldo ,e gio, anilt. nobìlmcmt' .spno.. V. $OllO morti ch1.• pi.ingono C' pregano. 1.•101 sanguinolencl dw ,.aie viltori:i ì1woc:.ane>, ~ l,1 rnigJ1orc j;Ìt.l\'C'IHit $.f)(llt:I che chiNt• w ndcH"a, Prt"g.l il Signmt. c:ht" ;USi$1:1 lt r,.O,SUc :tt!UI. s~'r:\ l::t pii) ~;U\ 1:l pccg.hi1•r.b, 22. J,ìrr., p. 2 l. lcticrn del C"Jporalt pilora C iusq>~ Bocconi, caduto ndl':ago.sto I? I8. 23. Q ucs1'uni(~ dd lc dircnive morali d ei caduti dd proprio p.t1.'S<: riait'cm1a,·;1, in polemlc:n col ,omant.it-'n: cattolico Uòul'gc,, il l..otSy. in M.,,u, l'im. Pa,is 1~ 17. Vi. J_,r,r,y (UI Al<$)11JJJ!m Cii ,, pp. 79 sg., ltm::rc: cldl' l l l\(t\'ttnb.-c 1915 t: (kl IOgtn'13.1ò 1917. 2S. /-~"·· pp. 59 sg.. Jenern Jel C".apiu 1,o Ji fameri:t Niccolò BrescfanJ. oJiundo ueminc, imo~ U.tecr,.i nel 1822, caduro ;a MontcZomo il 17 no\·cmhn• 1? 17. 26. Lie. 1Mf. S11t, pp. /49 3~, il G<'rlnldi n;ato a C.urnra il 14 01tobrt. 188 1, cadev.1. tul Sd Busi H 2. igosco 1915. 27. lo .-La S~fa,. del 30$ettembre- 1930. 2K U11 w!d,uo npos1<>f": ruv,rd1 ,nm,bJog. D: 0,/111-ttt Pamu J.(1/dmo n(f 146° rtparunmntt1.u110 d, S.'111114, rtomuofr,mr(S(rtm,, r,ucokl da p11d" Pnolo Sn'ffl. Of.M, Mii.ano 19 l.?. li l\ufoi n:110 a C rcmt"'l:Zll.OO(8rc1'da) ,U l ObU e M:uu lku:fm.olì il 2·i lug.liò 18?5, mofl di ipagnuola .t Klhurn in Alb;,mia il l ouòbrc-19 18. o.Ieri Jui: suoì fr.udll cr,111 rn,,nl in gucrr.a. Sono numemu: le binsr,.16e di c:1uolici esc-mr, l1rl c-:iduti in guetr-l. Cfr., fr:t k m,)lte, d ortor R. PA.~TE, Ct1m,. flohbod1, 1brino ~.a. Puri? interes.s:mti comt docume1\rO d'una J>skologi.:a celi&ioumcntc ccc,itar:t ~ Cc)nwkl lt len e-re ,ii C...:1rlo l.ag.hi in L d. S.• pp. 275 sgg.. I Laghi 0:.110 3 Sierr.1 il I rt"bbr:ifo 1894, odck suJ San Mi.chdt" 11 12 m:1ggio l?l6. ?9. P• 1,. 30, pr. l 6 ,g. 1


Vi1,1 mllmlr

253

31. pp. 20,g, 32. p. 26. 33. cfr. CAstosr: R,w.zou , Pm ilgio1VJ11~eu,.,,. Il unmu ~,pµl/11110 Jou A S.. Reggi.;, Emilia l!.)20. I.o Spadoni, ru.10 il 19 ouobrt lSS? tb Ch1con,o l'd Angdìni l1adtmi, mori di mab.ui:a tf'.1«-a i 11 guerra il 25 settçmbc..: 19 17 a Scdub. pre~ C:apoa'1tO, 3·1. p.46,

35. p. 62. 36. pp. 76 'G· 37. Cfr. G. Bostst, lttt.h~Jf~/1,, Mìh.M 1931, p. 256. Il Uo1~i. 1.Huo ti.:1 188S. figlioec:i() Jd \.:mlucti, <::uldc a Zagor.1 il 10 novtmbrc 191 ). 38. C(r. C. 6oRS1, J.nurt sctlu eh .. p. 2-13, 39. p. 252.

40. lbid. 41. fu:a t{is-simo N.i :1pplie1bile ~nc.he- :.Ile LnrhY ìl giudb'.io che L\. Sòld:tti (lrtth'f', ritardi t iL p. 121) formub v:t rnl Co-/loqui in un1 lmua all.1 moglit· dt:lrl 1 dict-mhr<' I ?16: «Non $01)0 riuscito a pt'ncrr:ue nel "i.vo dc.I Collhqui. Non meno in Jubbio la sìnccrità dcli-a fede. ma la tede non m'intett-ssa •.sl m'ìntcr«.U'rcbbc la crhicu ddlc r:1gioni eh< P')n-an)no :1.lla fodc-. qu;ak- :app.nt ndJ':.u1o-biogr.1fi:1 d'alui con,·i:rtiri. <Omt S:in Ag.0,t,til\o. A c:,I" <hi:ut•tz.:,. d'idtt: il lfoNi non e.t:.'I anc1)r giunto; l'lé b .Sll:I vi1:1 d i p«CICO :rppa,-cos:l ntf'.1, mio l)iC)! L:t p ili bdl1 p1g.in:1 sul è sen1pre 12 iw. morte, e c1uen:a ncm appart' in rrlnionc di nects.sid. con la sua lfed~. -12. l\lcuni dei C'aduci :aW\13n(I un pri•Untimenio oscu,o di e-aie d.duMone. li 1kgcy(p. 32) sc,ivC'Va it 25 apri!( l.9 1) ali~ moi;lic: •CC- l'j\li tne: f2ìc le plu.s (le peiite da i)$ là gucfrt turop& 111H.•. et' li' c;SI p~ç l:i " (!$CfUCU()fl dt~ \'h'..'.I hum:iin1,"$.; l:i vi-e- adu:\·h i\ moicll de SQO co,u11 par I~ s.:acrifict, ::acquiert une vaJeut et une nob!c~ que, q1Jico.-u111c crnh ?i l'immonaliré d('.s :iml'S·, doic un peu tnVi('r. Cc qui tsr plus dur ~ pcnser. c.'est que cene guttrt, to décha.inant Ics haincs dc-s pcupltsMm1it pr~c1uecomplémcnt le u2,·ail dc fr.uctniré !pirhucllc que l'hum:anhé;.1;vll.i1 commcncé. tllc d~ruir J:1 jo,e <1uc l';\mt- a,·au dt' crc,u,·1.·r da.n.s une m:u,ifCJ1adon qu dconqu~ dt l';an ou de l'~prh. un lkn ilwhfbl.,.. qui u n,ss.aic j tan.t dc scns 1nc:onm.1~. li ren«Ht P2olo Ù$S Mau.ul'3n:t (naro ;1 Tremo otl 18911, mono sul Kukli il 2/1 ou obr~ 1.917) in un1 lem·r:t dd 22 JSO~to 1? 17 sc, J\,e,~: .. R;tro\'t?remo lt no:mt' cni:rgic?Tto\•er~mo :tnror.l nella \'il'a e ncll'Jwenire gli s.timoJi per :a.ifJnna..rd tatlro? ·novcrc"mo .soddis.Cazionc nd fa\·oro $pcdfi.co~ Crcden:mo :11\\.'()r:'I aU'am41r, -alfa fr,11dbJ1'1,;1.-dtgli uornioiJ A.Ile lorò r'!lrt vìrr(1?Vt<l.ri:me) ittsMnm:i fa "im S<lllò J'uptm> di prim:i e (("Af_l: o) ri<.:C>n0$(.'l)'rt1no p.:t fandonie r1nt(' lx-Ile ìllu.d<1ni? Spietbm o Ji no, Ctno t.:ht- 11(10 1nl $-Cmo piit qutllo di prima coniempl:mdo la ride:nre \'211.t.ra sonona.n<c s1>ar.u di ridenti vUbggi che oggi no n sono che mucchi" di rovine. E qu.lndo p<'nso i rcrribili lli.s.igi dd nostri br.a.\Ti .l-Olcbti e il luS$O. l'indiff..:rcm:.a. i ,,i~ì che $Crpcggi:ano ncll.i citcl tra 1.1m."I ge1Hc che M1sgc 11 sangue e l'or() dd p.1<'.s.c, m'm t t~"Cfo più .1d un amnrc, Jd una conecmlb, a mm fr.i1t.ll)nu fr.1 gtl uòinini• (Lrg. rr., p. 123). Lo su-U-O semimt:1110 mii:inttopko in Cfauc:Jio Cabndn (p. 12. 17 diccrobie1915): •1n qtt.t.·ni $ei mes..i tr.u.corsi lo,u1no d:t ca.s~ ho \'is.m m:,ppt c:ost di cui non :wn·o id~. e.mi vado Stmpre più persuadendo du.· il mondo{' fatto d1 cose buffe~ .stupide e che: gli u.onum \'osJion pime l'urbi,: irudl1genu, mcntrtla pU1 pam: non è' che- di m~i imh« ìlli o J'iml"M:,illì 4!0h1plrti. S,c avrò un i;ìome> la fonuna di tÌl<lm:art• ali.i mb \•11'2 di p rhn:i. ntì 1t'"trb héllè S.ltttlO ai miei 1>0ehì sim lcl (: \•Ì\•rh t.om t- n•ew, f.:mo lirH)~. il più lonun() p<isrihil~ ,bl mondo;.. U diffusione di questo 1rniico di.sprc:t::LO per gli uomini e il con~ucnte<rollo di muc fo fodi di solidarltcà umana si rivtb il più cf'J.gic<> ccc:aggìo p.1ssh·o ddl;i gucuJ.


Gli Umili

Al limite della nostra ricerca si sente il desiderio d ' uno srudio sulla guerra degl i umili: che rievochi e conservi con la de,ermina,ezza degli anni fuggiti e d' una situazione ormai lontana le figure care dei compagni d i vigilie degli ufficial i. Tanto più che esso è un mondo che scompare rapidamente. Nel corso di quest' ultimo quindicennio anche la fisionomia delle campagne s'è mutata: il contadi no ha acquisraro troppo conoscenza ddla vira e dei ,n odi cicr.adini, per effetto della scessa guerra, e della dvilrà meccanica che né seguì. li contadino combarrenrc era più semplice, più vicino all'antico costume: paniarcale. Ritagliato nella ,•ccchia roccia paesana di qualche paesello della Sicilia, della Calabria o delle Alpi. ven iva a contano e con i figli d'altre terre, e col «sciur• col , galantuomo» diventati ufficiali. V'era qualcosa di babelico nell'esercito. D i sol ito molto persuaso il soldato non era: non sempre capiva il suo ufficiale che vedeva la guerra sorro la visuale storico-politica. Però finiva a rimettersi, come Sancio al suo signore, per l'oscuro inruit.o che v'èran cose ch'egli non capiva bene. E dava all'ufficiale un'adesione di fede: ma non piena. n on del rurro convinta, un po' come al curato del villaggio, o alla farrucchicra che gli svelano i misteri del paradiso e degli spiri ti; e non nascondendo qualche riserva del suo narurale e rozzo buon senso. Le riserve talora, nascevano dai fraintendi menti dovuti a due culture diverse. Per esempio, l'affrancamen to d i Trento e di Trieste il con1adino l'inierprecava come conquista di terra; e i contadini della grassa Romagna stabilivano nel vedere la magra rossiccia fanghiglia carsica e domandavano agli ufficiali se valeva la pena di scatenar quell'ira di Dio per conquistare quella , terra da pipe» . Per soldato era una grande soddisfàzionc quando poteva far valere l'esperie nza della propria c ultura contadinesca d io fronrc all' ufficiale ignaro: nello scavare abilmcnr.c un ricovero, ncll'irn pcdirc con u n colpo di sterzo ben misuraro che il e.an none

pesante precipitasse nel fosso, nel l'abile ripiego o nel funarello con cui si procurava maggior benessere al proprio reparto. Effercivamence per rance cose il soldato diventava il maesrro dell'u/liciale: in quel qu id di realis1ico che dà il corpo anche alle reali impl'ese.


Gli umili

25)

I frammenti di questo strato popolano ddla guerra che ho ponno studiare sono scarsi, ma credo convenga presentarl i, nella speranza di por.cr indirizzare altri allo srudio di qucsr'«umilc lralia» che sanguinò sul Carso e sulle Alpi. 11 popolano di solito non sentiva la guerra per la sua incapacità a penetrarne la moàvazione poljtica. La nota che parlava più forte a lui era quella classico-epica della bravum. Le lettere dei soldati hanno un accento caldo q uando rievocano i loro ufficiali caduri intrepida mente. Ecco, per esempio, come u:n modcsro sergenre s'esalta nel descriv(·rc un combatrimcntò isonrino. La difesa del forrino di Globna assurge a solennità epica, quasi una nuova Roncisvalle. ... occupammo tutto quello che dovcv:,mo prendere. e facemmo una piccola trincea per riposarci. In nottata però avenHno u,n grosso contrattacco. i ncm.ici venivano a cent inaia per vedere se d potevano respingere indietro, perché il fortino che avevamo preso era per loro una grande difesa. /via noi s i resisté senza al/,cun cimare. C i venivano sopra Ja rrincea gridando: -a rrcndccevi che siamo molti. .. ,., ma noi invece sempre fuoco, senza abbandonare il posto: ma loro con una trOm• heua in bocca continuavano a suonare l'asia lto, e più ne am mazzavamo e più ne ven ivano• quel combauimenco durò mna la none fino alle 8 dd macrino. Quando corninciò ad csseré giorno non vcc.fovamo altro che morri e fcri{i davanti a noi e ai bui delle nostre ninccc occupate la sera stessa, ma ancora non volevano arrendersi<: non si volevano ritirare perché erano rnohi, rna noi li dccimam,no assai; però a nche dei nostri ne erano diminuiti molti, quasi cutri fori ti, e per lo più tutti gli ufficiali, tantoché l:i mattina aUc ore 5 il bau:aglionc veniva comandato da un souorencnte. Il posto preso però non lo abbiamoiilasdato nemmeno d'un palmo, e per tal fauo abbiamo avuti molti elogi dal gcnerale e da tutti gli altri ufficiali, e il maggiore degli alpini che era venuto a comandarci ci disse, dopo essere rima.sia ferito ad un braccio: •coraggio bravi soldati e manrcnete il froncc come avete facro 6n ad or:1•. aggiungendo che neppure un banaglione di alpini ,-•rebbe fatto la rcsisrenza che facemmo noi, e mentre d.issc che dispiacc,•·agli molto a lasciarci, c i a<.<icurò che appena ristabilito sa rebbe venuto a riLrovarci per salutare il battaglione. Ora siamo venuti vicino a Potren3 per rifornirci ,e per organizza.rei, perché siamo rimasti pochissim i e senta ufficiali'. In quesra esaltazione di bravw·a la corrispondenza degli ufficiali ci raffigura la trasformwone dei soldati romagnoli «già dimentichi del rivoluzio narismo paesano, abbraccianà con enrusiasmo la causa della patria• e che muovevano all'assalto con un , diluvio di bcsrcmmic rabbiose conio bassa Romag11a•.' Frequente è anche una cerca impassibilità di fronte agli avvenimenti considerati come conseguenza inevitabile di ceree premesse e di cene situazioni: una rassegnazione più semplice e più pronta. Ecco per esempio come un prigioniero di guerra del campo di Sigmundsherberg descrive ad una fumiglia runica la 6ne d 'un suo compagno. (Sigrnundshcrbcrg - Calciavacca, Torino). Dunque gli norifìco che il giorno I O giugnio abbiamo fucro la vanzara lui era ::il mio fianco sotto i riticolare.alla distanza da


1ora l O hò 15 metri pieno giorno liu mi disse Marca diamo via io ciò risposto mate ti lasie perdere troppo di coraggio. Cio detto senti Rosso diamo via quesra sera quando sia buio così non siamo colpite: Lui m i disse vado via di corsa, a facto 10 o pure 15

merri è poi sento il poro amico Rosso che grida ho Marna mia mia gambo poi non lo sentito pfo·. Dunque io dopo meza ora son restato prigion iere e liù nonso.J La guerra dal _popolano è sentita come un futco di natura sin,ilc_ alla vicenda dcllc sragioni. Pas.serà: ci vuol pazienza. Un fiumano prigioniero <lei russi definiva. con una grazfa da epigramma greco, c.1ucsro sentimento a.Ila sua amante. Cva Mimi, non smaniarsi par mi pur, e venuta la gucrc EuropC'J. Vinira a pazc 100 baz.i a dolzc m boca..i

E i cento baci

e la speranza volavano da Omsk in Siberia alle rive del Quarnaro.

Guerra e pace sono sto ria narurale; ci vuol pazien1.a fino all'instupidimenro. (Maurhausen - l'orra di Ripi , Roma). Caro Padre acosl io vidico che non pensate a niendc a nicndc funevc coraggio

cli non pensate a nicnde \

Stai bene? Guarda a non pensare a nulla e così vivrai più anni. Sro sempre bene e non awilini mai, SJ>C:r3'.

Lo stesso motivo rirorna dalle C:\Se, (As.ci - Boemìa). Inceso che m mi d ici che cu hai sempre il pensiero volto alla nosrra ca.sa, per questori prego di non prenderti pensieri. perche e inutile. io il medesimo desi· dre rna è invano, il cappo principale è la sallue. il rimanente vga mrm alb inal<:>ra. basra ritrovarsi alb nO$tf!I cua, <lUC.Sto è b mia dc$idcrazionc1•

Oltre la pazienza l'intervento soprnnnarurale. L1 pace era il voro più ardente clcgl i umili. Una suora scriveva da Tuglic a un soldato prigioniero a Maurhausen, fornntlando un voto d 'universale carità. (Tugl ic • Mauthausen). Noi ca ro figlio preghiamo sempre l ddio che metta sua benedetta Mano, e che sét nda dal cido la sua Santa benedizione e mettere la Pace per runo i l Mondo, inc,ero. c he ri faccia l ddio ven ire i n casa noscra con

salure e conrenrcz1..a. e che si ritrova no runi in casa .loro di ogni parte e di tutco il mondo' .

Un rude montanaro dcll'Ampez1.ano raccomandava di cosrri ngcrcalla preghiera per la pace e la salve-tza anche il figliuolo scapato, (Fddposc- Corrina d'Ampezzo). EL, cosa fu [?] s.,,110sogeno obbedisce quald,ecosa [1), ri prego il possibile, tien duro e fallo ubbidire accio che non diventa troppo strambo, fullo pregare in compagnia delli alr,i davanti alla B. Vergine della difesa acciò mi conservi


Gli umili

2)7

ruti sani e di presro poreni srringere mrti -as.1deme. Bisogna pregare e concinuare 3 pregare sempre. perche e la pr~ghiera l'unico tH)stro solicvo. io prego i giorn i e quando sono in servizio pregando passano le ore più presto> dunl1ue ri raccomando prega in compagnia dei bambini:).

Un soldato pugliese prigioniero s'inebria a immaginare io ritorno. (? • Poggio Imperiale, Foggia). $riamo con b Speranza dà Dio ché fucesse cessare questa guerra e di ful'e venirt.· una sand-a pace per tutre li Nazione che cosi ogni padre di

fumiglia ritorna a.Il• suo fumigli" è che lagrio sarà quel giorno ché condande,.;i per tuno il mondo che''"" E oi;ni podre di famiglia che fost• che F.tra agitmga ,tlla loro fumiglia dopo di un vktgio lungo divit.1 hé og niune ier:1 partiro per pericol<> dclfa vita e puoi artitorna rc dinuovi al mondo ché condanclC"lza sarà rande per lui e quande per la moglia t figlio. Ha Dio e che gioi3 di condandeza. sa.cà quel momcncle che io m i dt-vc vedere~ ml <leve braciare aquil10 10 •

Un soldato italiano nell'esercito austriaco cerca di abbellire quel sognato momento CQn cadenze e pompe di mclodra.mma. (Fddpost - R<ichesberg). Noi altri .stiamo col qu.or a spcror che un giorno !altro le trombe di guerra b pace suonar".

E un alrro italiano dell'esercito austriaco descrive il miraggio della pace sulle crincee in uno di quegli affratellamenti delle linee nemiche che erano il terrore degli ufficiali. (Fronce ausuiaca - Kar1.enau). Oggi la S. fesra di risurrezione eia portaro. anche a noi poveri soJdari al frome alcune ore di quella Pace da ramo tempo sospirata. Sul far del giorno. il fuoco va scemando, verso le nove del mani no ncmeno un colpo di fucile .si fu

pita sc:nrire, delle bandcrieruole bianche sventol•no dolio p•retc del nemico e dei gruppi si nacano d:il suo stelle [posto] vcnindo vcrs() noi. f";tciamo anche noi altrcrnnto, andiamo incontro a lor<), li incontrian,o d di:11110 amichcv,olrncnte b. m3no SC1mbi:tndosi dei zigarrcni e rabaco, e pane pasiamo ~kunc ore per il <arnpo pascgiando asicme, che per noi era divenuto un paradiso tcrcstre. Ma ai che un colpo di canone tirato in aria da una pane e dall'altra si fa .sentire il segnale della .separazione ci separammo maJ volentieri perche sapevamo c he tornevamo nemici' '".

Ma la silloge che ci conserva il maggior numero di documenti popolareschi, quella assai ampia e bella dello Spiner. non coi consemc di seguire il soldaro nella vira di rrincca. Per I• mas.,ima parte le lettere si riferiscono alla vira dei campi di prigionieri. Tristez1.a 1 ccdio1 rimpianti.J fame, e voci smorzate di fa miglie lontane che non giungono

ad esprimer le loro cure e le loro angosce con la parola scritta. Spesso i prigion ieri ,/ adattano allo stato sonnolenco di belve i11 serraglio. Ma qualcuno sente un rovello sordo. Così l'esprimeva un con radino friulano. (Mauchaus<:n - Varmo, Udine). Sono giil due lunghi mesi che mi trovo prigioniero di guerra. ancora nissun lavoro di ni.ssuna sona o ~1ncorprovato le più grande f..utiche


che qui ancor o furrosono qudlo di furmi il lecco la "'ra per anda,a dormire o prendermi la gaverra per mangiare c1uél n,isero che la pro,•idcnza mi può dare; ma non creder chè quesra sia una vita fdice a 111j per essere sincero si passa giorni assai infolicissim i, gio.rni èttCrni come l 'etternità che non a ma..i fine., non b~tsla solo il vo.srro lontano è

indimçnric:ibile ricorq(), ma è ancl,c la l'anguidczza cli swmacco che lungj ci sembrano i giorni ... ed ora ben mi accorgo .;he la felicità dell' uomo stà solo nel lavoro quando è pieno di vita e di .<alutc è che non li manca il necessario per la sua csisten1.a, è quc'Sto il mio più gran dolore che ora provo che io essendo qui, pensando alla mia vita inutile che qui son cosLrcrto a J11cna.re cont·au i minuti cht lencam<:nte pa.,;;;sano con le mani jn mano mentre voi tutti non saprene in qual parte rivolgervi per il ranto lavoro ... >. 1

Un akro friulano giu nge a rimpiangere la vita di rrincca. (Mauthausen - Udine). Penzo tante volte che sarebbe stato molto megHo che inv:ece di prendermi prigioniero mi avrebbero anunazzaro così alrncno si avrebbe terminato di tribolare. Quando penso ai mome.nri trascorsi al fronte Italiano mi vengono le lacrime agli occhi ma inghiotisco mno e spero che presto venga il giorno della nostra lihcrrà'•. Un solclaro emiliano ceme che la prigio nia gli logori la fibra. (Katr.cnau - Copparo, renara), Sortiremo di qui come sorte un uccello da una gabbia scusa che non sa più volare, ne più dove andare, così saremo noi quando sorcircmo di questa gabbia, non avrò più quella energia d'affari che avevo non saprò più trattare: con la geme e non saprò più camminare, ma spero che dopo ,1kuni giorni che sa«~ fuori della gabbia che sarò rranquillo fra i miei cariguariro anche la malattia mentale che ho mene accorgo ora che s<mo inebetito coraggio miei cari che anche questa passera·~.

Un bizzarro soldato romagnolo descrive alla sua amata un tentativo d i fuga ir1trapreso per un isrinrivo bisogno di liberc1t, finchè i gendarmi bulgari non lo arrestarono mentre rentava di varcare il Danubio. (Mauthausen - Forlì). Avevo tentato di porre afinc questa Jonranan,. , che ci divide purchè anche qua prigioniero sono rispettato e tracato abbastanza bene ma sai che mi piace la libertà e il 9 mal'.'LO tenta i la fuga riuscii a fugirc din mero alle sencind le e ragiungcvo i c(>nfìni ddla Rumania mcnuc Stavo per traversare il Da ... nuhio sono srato preso dai Bulgari e ricondotto al concenuamcnro finora non o

sobito nessuna pena come spero di non sobirne ne anche perché la fuga ai prigionieri di guerra e :1mcs:sa. Non puoi in maginarc quant·o dolorcc quan1,a conccntez:za o provato nella mia fuga sognavo la libertà. vedevo in mc7:,o ai campi i fiori che cominciavanoa sbociare sentivo la via libera sognavo di rivedere fra poco la mia birichina che tanro lo amato mé1llre vedevo la libcrta che mi apariva davanti gli occhi mentre non avevo che il D,mubio da traversare e poi ero libéro i gendarmi bulgari mi prc-sero. In quel morncntò rimasi di pietra vidi i miei sogni che faghcgiavo a svanirsi vidi che ancora mon potevo raggiungere la mia biric hina chè tanto l'amo. E henc pazienza vene anche qud giorno in qui sarò libero e rirornero date e allora s-arèmo

felici crcrnamenre3' .


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Talora anche ndle menri degli umili soi:ge il dubbio d'un tracollo di civiltà, al pensare alla vita an teriore al 1914. (Sen1,a indicazioni). lo sono taln1entc compreso di vergogna a dover assistere a queste cose in un modo peno di bellezza e di gentilezza com'era un tempo. Or:1 si i: ritornati ai cempi in cui J'uom<.) era ancora un t'Sscre irragioncvolc 1: . ~,fa poi vince la cura dei bisog ni e delle rristczza immediate. La pos~A è u no dei più pungenti désideri del prigioniero appéna arrivato : p oter tendére un tenue filo sopra il baratro dd la guerra e sentir giungere da lon tano un'eco, una voce di donna piangente, che esprime il suo dolore stilizzandolo in forme che ricordano i lamenti delle spose deU'a nrica poesia iral iana. Uno resra «colla penna i11 mano e colle lagrime agli occhi al dover parlarvi con la carra e no n con la bocca»". Un prigio niero del ca.mpo d i TI1eresiensradt. forse un diserrore scriveva ai suoi. ( fhcresiensrad, - Ro. Ferrara). Q t1ando vedo :tgli altri che spesso ricevono notizie dalle. loro cari, io mi gtme il cuore e d ico ma quand'è c he posso averne una anch'io'-". Un i ntcr:nato rrenri no scriveva dal campo di Rcich cnau .

(Richenau - Pilcantc). Per il mio m isero quore sono stato 5 mesi di coltdlarc di continuo. Dopo p<>i a forsa di ramo desiderare e aspctarc mi arivai una tua lcrtcra per mcso di tuo cugino B. quando 13 ho ricevuta trem avo rutto dalla consolazione non mi pareva neppure la verità che e una tua lerera scrira colle tue mani nel lcgcrla mi cascava le lagrimc dalli occhi come quando il rcmp-0 è imborrascac che piove forte'•. Lo s,csso spasimo dall'altro capo. Una madre scrive al figlio prigioniero: (Italia • Maurhausen). Caro figglio non puoi inunaginarti quando ricevo il cuo foglio dko questo foglio è st. E lo ricopro di bacci e lo scringo fra le mie mani come

tanaglicl 1,

Una moglie molisana cosl scriveva al mariro: (Campomarina, Campobasso · Mauthauscn). Mio te.soro, io ti scrivo sempre perche considero che lo stesso m sci al par di noi, q uanclo saprai nostre nuove srarai più contc.nlc [conrenco), (lunquc ti raccomendo non lasc.iarmi sen1pre in qucsrc simil.i condizioni, che io qucsra mattina aspcrravo come aspctt:.t un povero affumaro un tozzo di pane, cosi io aspeuavo la tua cartoli na poi che il posticre passo dritto a mi nicnrc consignò io non ho fatto ah-roche piangere. P. Caro 1ucti si vedono coi loro ca.rio Cerili o an1malati e rornano in licenza e noi l1uando .sarà qud sospir.uo giorno che ci potremo vedere mai più di· separarci o mio Dio, sia preswn .


Un lamento consim ile levava la rnogl ic d'u n iralia no p rigioniero in Russia. Ma chi dicev:1 mio C.1.rro un giorno che si troveremo cossl lont:u1i un del'altro och no mai lo avesse aperisato telo giuro Marito mio ri recordi tesoro mio quàlldo n,j ditevi a "'friesre che per le venderne rivera.i a casa in Vece sono pasaci due e ancora siamo cosl lontàni un ddl'aluo e penso almeno che mi potesse dare questa garan2ia il mio C.,rro dio che p,ltessi venire acasa pN coparrni il porceo e che lo potessimo -agoderc insicme:J. Le.grandi solcnnirà, sopra rucro il Natale e la Pasqua, ridestano le nosralgié !on.rane, di tepore fam ìliare. (Uividek - Codroipo). 25 dic . . . io ricordo bnivcrsario come ero contento frameio l_ a mia tanto sospirata f:u11iglia che niente mi mancava, e con dipiù ero framcso d\c mi voleva. lx-.nc e che rutto il necessario io avevo Genitori Génitori quante volte io vi chiamo rutté le notte io vi sogno cmiparc proprio vero ma turco invano le mie

fracide mie lusioni> mi svegli e mi trovo framezo altra gcnrt u .

Lnsieme col desiderio della famiglia in molti si ridestava il ricordo e il desiderio delle «sbornie• solenni con c ui si consacravan le fosrivirà ln paese. Come com penso fanrasticavan(>la gioia del ritorno e della pace in un'arisrofunesca baldoria: e dànno inca.rico di mcrccrc in riserva il vino buono della vendemmia. Uno ne vuol riscrbari per sé due interi cnolitri15! Questi erano i sogn i, ma la realtà assilla nte era la fume. Essa occupa il posto centrale in qucsre corrispond enze di prigionia. Turte le sfumature nell'esprimere questa sofferenza lunga e incessante! Lo scherzo un po' amaro del soldato siciliano che dice ai suoi d'essere d imagriro, mentre «compare Caloriu Pirittu• crtsce e ingrassa, diventa uno scherzo doloroso livido, nella lettera d i un piemonrcsc: (Ma,11hausen - San Giorgio di Susa). Caro A. mi parlavo di quella simpatica bambina diteli che io le già 9 mesi che sono maridato ho preso una donna che si chiama la furnc, e le gràllda e grossa come la fame''· L1vocano pane, pacchi, denaro .dei famil iari. Quando i soccorsi non arrivano, incolpan d'incuria la famiglia, e la nota avarizia contadinesca. Un pugliese si sfoga amaro. (Ungheria-1'4odugno, Bari). Dunque la mia vita trascorre sempre con affiinni, però dipende dalla vostra trascorarez1,a di non madarmi le l'ichies,c farri. Sene mesi son prigioniero a dire rna.ndarc111i pane è moncra. ma niente si vede, credo che arriverà prima il giorno del giudizio e dopo le mie richieste. Voi rni volc,e aiutare con la bocca, ma non con i fatti, mi rcnc,c a bocca dolgc premcrrendom i oggi e domani mi fute vivere con speranze dare rcuc alle persone rna non al proprio sangue, però compatisco la vostra i1gnorantirà, ma nello s'tcsso tempo mj arrabbia di

un modo raie che non sò spiegare perché perciò ultima vc,lra che lo dico, se credete


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rivederci e attirarmi dalla schiavirù ddb fume. mi. dovere mandare continua mente pane<:. moneta ... "1. E un soldato toscano: (Maurhausen - Pontremoli, Massa Carrara}. Caro Padre, Oggi medesimo rispondono alla vostra lettera ddla clata 12 luglio, dove .sento che mi dire che vi dispiace molto dd mio buon apctiro che rcmg<>, ma io invece sono adirvi che idispiaceri .saranno rami. ma i pachi che miavcu." spedito fino adesso sono pochi. E. poi senro anche questa di parola che presto si riporremo rivedere, e che sarà mczo di rimediare dove sad il bisogno per porcre rimcrcrc la person3 :.ti ben stare di una volt:t, ma io

vi posso dire che quelle bestie che more dinvcrno non possono rivare avedcre la primavera~ e chi vole rivedere inprlmavera bisogna cur~rscnc dell'inverno e così vi prego anche vogUaltri che: vi curate umpopiù di mc; ... " . Un soldato Vailare nel furore della farne giu11ge a minacce scellerate contro il padre. (l nnsbruck - Vailate, Como). Caro Padre, semi! Scriv<>. !cagliano. o "Jèdcsco in che maniera ricevo mai Nitnrc. lo in conto di quello o già farro diquistioni. Reclan,arc. Scrnpre andar a Parlare. Come; e sa1sa.re non sapclc. Se o la grazia cli rir<>rnar. Succede

qualcheocsa. È lo fuccio! Sci 111atto: dirmelo se sono il tu<> fìlio. Si o no. A veder un filio in queste condizione, aver di bisogno del Pane non vi chiedo niente d'altro. Pane. e non mandarmelo. è io qui vedo che cè di f.unilia e anno vtnduto il letto. ['er il suo filio? Gua.i; guai. E non l'ossio più aspiegarmi. senò fu.rei un giornale! Per fu.rvelo capir bene. o che siere Morti! Più poverò che il M. Vedi e Pure. le già queUo di 4 Mesi che riceve Pane e Pac,:hi di casa. Mandatemi anche un gilc, fo~letti cal~ ... ''. Quando la fame non assilla campeggia,10 nelle lecrere gli afF.iri delle povere aziende: i parti delle vacche, la compra-vendira del bestiame. l:a scarsezza dd foraggi, la mancanza di braccia nei campi, la cura dei figli, i lurci e le svc11ttuc. Un povero p rigioniero raccomanda la fìgli·uola rimasrn senza madre ai nonni: (Mauthausen - Acqualunga, Brescia). Dun(JUC non piangere permè che io sto bene, foremi piuttosto il piacer di rcner d'occhio la bambina che pia11go ogni giorno la sua sventura. Quando vi sentire pensieri per la tesca che riguarda la mia prigionia datici pure un bacio alla mia bambina che r.rovc:rcte la cranquillirà come ad aver baciato me src..t.~o,~.

Un altro raccomanda con moira c ntrgia alla moglie di curare i fii;liuoli. (Ossiack- Castclvcuo, lv1odcna). solo una cosa mira comando di non dimenricare i figli pcrchc se a rivo ii venire àcasa è senro che so no stato trascurati la faccio conte. ·r, prego non furù dei dubbi perché ti dico que~te cose, di 11011 pensare che sia i altri che mi dicano che sia maltrat~•ti nò. E una idcia che ,ne faccio io. perchc S'di che alla lontananza che sono ci asardi à longarci le mane pcrthe avvi [avevi] il coraggio quando ancora era à casa io, ma ora è terminata. se arivo à veni re à casa ò imparato. in ttmpo di prigionia à srare al Mondo. t non ò più bisoniodi cante fuvolc, 1


Un contadino siciliano semianalfabeta riman più rurba«> per la morcc della vacca che pet quella di una sua bambina: situazione che ricorda una famosa novel la del Verga. Non mancano le lcuerc anonime dcstina,c a mettere l'inferno nel cuore dei poveri ~cn,i, il cui spiri!O è già in allarme per le no!i1.ic sullo sconvolgimento dei e<sstwni apportato dalla guerra, e mrhacò da duhbi e talora da crudeli ccnC'1.zc. Sullo sconvolgi memo d<:.i coslumi è Curiosa una relazione inviata a un prigioniero emiliano da un amico.

(Bologna - lvlauthausen). Gìacchè vuoi sapere della nosira cara halia ecco qui qualche parola. l. Cosa: 1ùtte le raga1.zc senza amante. 2. u donne di maldfarc senza lavoro . .3. Giov;m i di 15 anni cosrrerri aver,· orco dieci ragazze. 4. I divertimenti sono me.no.

5. La nazione in luno. ln modo l'~de che rurco è quieto> perché ogni buon circaJi ..

no che abbia buon senso che abbia idea di nazionalismo pensa ai fratelli in pericolo e la.~cia il divertimento e tulio. lo che sono di tua idea sono malinconico e penso al destino della nostra grande lralia''· -Non mancano le lc:rtcrc dcti discnori, dominare da codardia dn ic.1. 0 , e non manqmo

i documenti pietosi e quelli di gcn,ilezr.a lU.nana, come la lenera della povera donna di Monfalcone, fuggiasca sotto i fuoco della artiglierie o l'episodio del figlio del prigioniero austriaco. (Aq uileia - Pola). Carissimo Marito Col di piu ti focio sapere la mia parren,_, rcrribile da mmonfalcone a Nacvcleia [Aq11ileù1J c1vali non si pockva rrova.rc sice [sicchèJ siamo vinmi cola nosrra: armenta [mucc11] bianca sice lino firi di srarasano [S111m11zano) sono dda bene poi scominciava le grenadc Cascare per a erada la armenr..'-l spaurida

non voleva più and;1.r,e av~nti e le: grana.cc cas<ìa.vano a torno di noi cc er:t

come ulcano atorno di noi.

Carissimo !viari«> ti poi macinarri ce gran spavento cc Ycmo cipa [rù,pn-pmol go ben siga [1ign-gridnro] aiulO mio Dio Maria santissima go siga fino che vcvo [che avevo) fia [finto] non aver riparo di s:,lvarsi poi miliiari mi ga pilia i bambini in bracio e lì •ga• porrari <a• lospidale di Crocierosso e mi drìo. Carissi mo Ma.ri,o li miga irata sai ben e poi liga mina en altomobi le a sancasano [Snn Crsrùmo) e tuo padre dentro cola a.rmcnra. ('"~rissi mo marito vcmo riposa giorno a sa.ncasia.no e le granat<' le fiscia\•a par sora dc noi poso ringriar [ringraziar] al Dio mlvlaria Santissima che siamo rivadi sani e salvi Carissimo marico gotrova la mia mama e cosi scrivigli i mi.ci fratelli ce la marna se con mi in Nacvdcia e padre in iraJia ma non si sa in ce citàH. (Sen,.:i indicazioni). Negli ulti rni giorni facemmo u.na passeggi ara; strada facendo ci seguì nel vicino villaggio lungo la ,•ia pol,,crosa un ragazzotto sui dicci anni. Chiestogli che cosa volesse rispose che suo padre era prigioniero in ltalia. Evidcnremcntc


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il povero ragazzino c.rc<lcva che noi andassìmo in I,alia e seguiva le nostre tracce per raggiungtrè suo padre. ({uc::sto fatto ci commosse assai. Facemmo tra noi una colletta e gli donammo più ili 40 lire dicendogli •Va pure a é"-''3 rranquillo, noi non andiamo ancora in lralia, ma per inran,o rC:-stiamo ancora qui nella tua p~uria .. .)• Fra i più colti suscitò un mot0 di sdegno (e lo Sp itzer ne reci documenri) un'inveràva che il D' Annunzio scagliava conrro i prigionieri. Fra le numerose conrun,elie di ricambio rrovo una ritorsio ne efficacie. Il poeta interdiceva la gloria ai prigionieri. «... sappia qud signore ché noi no n abbia mo combattu to per la nostra gloria ma per qudla d' fcalia,;" . Forse non si poteva fermare meglio li fas.tidjo cli molti e valorosissimi combattenti per la propaganda dannunziana imperniat."l sull'am ore cstcriz,.anrc della guerra. Sullo sfondo triste e doloroso delle corrispondenze di prigionia qualche nota gaia e comica. Di solito son le lerrere di quei prigionieri che veniv:U\o adibiri ai lavori agricoli, sopra tucro in Ungheria. Finivano ad enrrare nelle fa,niglie rurali; godevano del relativo benessere che nella miseria generale i contadi ni anche nell'in1pero ritagliavano per si:; surrogava no presso le ragaz;.e compiacenti i giovani del paese partiti per la guerra. Qualcuno si trovava cosi bene che pensava a restarvi anche dopo la pace. Una le11cra ci narra tln episodio dc-gno d 'una novel la dd Maupass,inr. Uno d i questi p rigio nieri viene sorpreso in a1noroso colloquio dal padre della ragaz,a, u n ricco conrnd ino d'Ungheria. Per u n mo menro egli rerne lo scatenarsi d 'una rempesra. Ma il conradino ha alrro per il capo: per la diversità d i linguaggio non può utilizzare bene le squadre dei prigionieri. Notando che il giovi norro si fa in tender dalla ragazza con u.n po' di tedesco appreso anni avanti durante l'emigraz.ione temporanea, ha la felice ispirazione di servirsi di lui come interprete e facrocu.m. All'inrraprendenre gio'lline la prigio nia si trasforma in uJt Bcngodii•·. C-Osì balena q ut-.to piccolo mondo iralian o in guerra nella raccolta dello Spincr. La misura del valore d i questi documenti d i vira popolana e conradincsca l'abbiamo nel farro srcsso che J censore ausrriaco se ne fece raccoglito re e illustratore. E non esirava, egli, il poliglocra che conrrollava le corrispondenze non solo dei prigionieri d'altra nazionalità ma deUe nazioni sres.se dell'impero, a riconoscere nei figli deUa nemica Tralia

la superiorirà morale dj cosrumi e gentilezza d'animo in confronto con gli altri popoli. Occorrerebbe che alla raccolta e allo studio di ql!lesti labilissim i docu menri qualche nosLrO srudioso si dedicasse con passione e insieme disi nrcrcs.<:aco ruuore di ve-rirà.


f1t m<lll6r/11 ,/,/ lmrlll< /gmfQ $d/J,111111, t\r~~ l?16, PJ>. I:,.~g.. ~ OptQCJouo :ani:ht in L d. S., p. 1.'i). :2. Cfr. P~, LJ memori« ,!ti dou~ Giwtpp, 7illml. 8ologn.a l.?15 (fascicolo senza uumc-r.;tz:ione di p:igiiw), lenere del 20 giugno e 21 luglio 1915, Cfr. anche Oan<>letri, p. 30. '$. Srn'Z.f.~. lmlin11.uh~ Kritpgrfo,,gn:brirfieit., l~· 4.;. Pçr i brani di coruS,cj>1)ndc:ni.1 n~vau da qut.u 'imp<ict:inus..omaoper:.a

I, l.tutr.a del se-1g<:1Hc f\<:rt()O Uatbin1 ripMC:l(:l ndl'n[>US(Ol()

m':irt('~,g.Q :11!:1 f.:?<lelt$Stn1a l™crilione dello Spiru:r: solo. pt.r facilir.1_rt' la ltnum, F..«10 disrn.cC'l1~ tipo&rnfic:aml'nte le Cnsl no:n separ.ue d:t adrgu:n.a 1m1.'tpunz.ione_ 4. 13~.

r-

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C esare Amar Stnr.f>d; strlll'zio, lmzzcni dì gu~m.1 e h·run d,l ten. Amdr stg: Cna", Alé$$andria 1919.


Anghe bcn Mario 1(0elf3-., rivÌ;\'t-:t mtns:il~, nl,lmcro spe<:.1-:ilt <lttli<.'3t0 al pocrn fiumano M.A .. -:a cuna <-li A. M,rpk:iri, Fiume 1925. Amil02 rc Bardi A. 8. mpdifimurin, Torino 1919. J'"ie1 ro Ba rto ltlC i /11 memorù1 J,,f tcw. P. B,1nolrui. ('..c.çena l 919.

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_E.

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l919-

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Indice dei nomi

Abb:i., Giukp~ CC"$.ltC ; , ~2. 161. 207 r\bb:i., '(è,aìm 4l Agosrino Aurdlu, samo 253 n. Aguw,. Lropoldo97, 100.120 AliRhi<'ri. D.i.ow l46 An~r. C"narc 233, 240 llnru, (CK>itna) 145. MG. 151 Arr;gh;, Rkgo 55. 57. 58, 59, 60 AruJb.nl. M~erit:l 70 , 7 2, 74 Arull:ì.ni. M:l.fiuocU 6 1J. 83 Avogli Tl'Oni, Alben o 97 ii.tl~vteri, Un1.b tu o :S, I

lbrbini. Acrisil) 264 ltmii. Arnilca.ri: 23l

llargonl, M,ria 231

(::al11bri110, U1igi 231

Calabri~t<>, Mattia 231 C.lamlr, . 0 , udio IJ. I 2t 186. 201. 203. 231. 232. 233, 2;4. 253 CaJandr..a,. Edoardo I;} C'.1lboli. ,'Cdi Paulucci d,' C.lholi. Fulci<,i 2;.,. 240. 244, 252 t.Ji.ini. R.aif:t<·I~ 174 Cimbini. Brenno (Hcnn.:i} .3), 4 1 U m\>ini. Enrico fu-cole (l..cllico) 41 C:imhini , Èm1ri:a (1"ru.<t) 33, 40, 41 C'.ambini, l..«>1u rd<> 32. 33, 34, 35, 36. 3S, 41, 42. 45 (',3mbini, R:ilfadlo 3G C.ampoJ onko, Ar\gefo ,{8, 49, 51, H . 60 (~\MiÌCo, T:111crc<li ]O (.>p,11•, Luigi 192 Ct.pocd, hmiglia lS. GO

B.mokni. Et,.ca l57

U.pocd1 Anuro 18. 30

llanokni, l~,uo 124. 157,174. 233, 264 ·lbr.lini, Luigi 13 Basst Gt0v.1nni 30 lhm1glia. Napoleone ISO. ?22. 23 1, 2.34 lbnaglfa. S:1h>Jtore 234 ll,11"!\li" De \ C,,'O, Luigia 2'11 lùui.· «i, U'Sllfe IO, l(iO, l61, )\:mini. l~èdcri.:o (.';:~r..,ne> 23J lkg,ey, J\Hi!i() 174 lleg<y. Elia Etn.,,o 13. 21. 22. JO. 153, 174. 243. 253, lkloui, &rto!a, 8J lknOOctto XV. p:.1,p:1 4S. I S3

Capocd,"l.'O<loro47,48. I SI, 184, 18$, 20:l

Barim, Amdi,j IOS lkrrini, Gian l'.iolo 107, 110. 121

Bc(S:.lno Bcgcy, Maria 30 l3.cnacd,t Giovanni 239. 240, 252 BerteUi. Luigi 159 l~ttuunl, Guido 23 I Bi.mc.hi, Aruonio 17 l~sm:1.rck,Sc,h6nMu~n. O no\lon 61. 150. 1;4

1iiSM)bn, l.tonid:1 IG:\ Bixìe>, Nino 5, 4(> Bocd onì, Umberto 1;9 l~t.lC<oni. Giu<.epp(' l.52 &nfioli, Eow 252 IX>madl', Vmccn,.o I8!) Bomtmpdli. Ma.uim<'I 163

Boria. Pi<!tro l-i. 23, 3 l, 2.'\2. 240 llcmi. G;ruu, 2,18. 249. 253 &non~. G. 30 Uour,gt"t, J).ml 2)2 Br.?<ci:1. V.1.lfritlo 121 l!rt'.\Cl~ni, NH."Colh 2•i4, 252 fkb.1\i, G<W:\1rni .!52

Cipocd Conr.1u, U\'ia 30, 23 1 f.ardtKci, CjOS\lC 119.147. IG?, 168,2S3

Orli, llJinto 37, 39 C.'lrlo V, ìmpcl'3tOre 8

(',.ar_on<ini,Albcno l72 C31p:i<c:i<,, Vim>rt 150 (:a.<1:agtrA,. l'ic-rino 20. 30 U<tcllì. Doinc-nkn 51, 5.} Cà.ittlli11i. Gu31ciero 30, 124. 160. 161. 174. 2.?I. 232 C:u1d lini. Nkc)$1r.ltu 160 Ct\•Our, CamlUo lk n$0 152. l64

Cc:n.r;;mi. Guglidrnma 39 Ctre,d. C,rlo :l-0 (.es:i.rini, .Angelo 30, 3 1. 87. ?O. ?I. 120 Ch:uc-,ul»b.nd. Fn.nçois.Augustf'-Rt-nè dc 205 Chénier. 1-\odré-M:aric de SS Cimino. c:uido 68, i6 Claudd. P..auJ 23 Colloni, Fr:1nccsco 252 Comc, d, O,n:s:al·\'() 2'10 Comin, Al~ndro 100.10 1. 102, l .?1, Cornin. Umbcr10 121 Ch111in l.ortn'I.Oni, limma 121 Ce>nco1lt. Delfino 231, 232, 24S. 2S2. Conconi:,. Oio1usl.a (Nisi3) 232

Coppola, Fr.mcaco 163 Conadino, Con'òldo 17 Corridoni, Fìlippo IO} Coswttlni 177 C~t:mli. GiM':1nni 252 C,r.,nxh, Luas 250

C,i.spi, Pr::rnces«, I7, 160

Ct«<", &1M:det10 l3. 233. 234.

Succi, l..t'41lt- I?. 30

Ct«en-;i. U,»btrro 252

C.;idom~. l.uigi 90. 181). 202

D:u'Kiolo, 1.;nrko )

Cai,oli. fritdll 30

D' Anttuiuio, G.ilirld(' 263


l)c;: Ami'-'$,

Edn1ond<t ,74 O. 0<,n,,o, <'»lo 152 O. Don,to. l'>icgo 24 1. 252 O. Don>«>. M:ughwr.> 252 Ot• Dun,uo. Mkhd<' 2~2

J::ihic:,. l1ie,o (iO. 167

t.agh;. C.,i,, 252

Ot- Oc,>n.110 ~ Rm-q. Lujs.1. 252 Dt1 Carrnm, Fr.um:.sco S'.l"crio IS Od Fr.mco, Antonio ,.;\(),. 60 l>< I.oliò, Ces,r, IS9 !)<eM,;,.,., J=ph 36 0t P·.u11i<e;, S. 2.32 Ot S31~cci~. Fr~r.«scl\ 137. 138 O.\~r;i,C.e0>00177. 1s·2.190, 191, 1n.io;.2.11.2.JJ Ot \fica, (;iov•nn:i 190 l)ià-', Arn'l.tt1do I 16 Di Gt:l(Omo, Gio,~1,nl Antonio (Vann~An<ò) 23 I

Drqfus. Alrr«l 1?7

Go1bn!S<hini. Ra!hdlo 124,213 l.anza dili.abi.i. Ignazio 30, 124, 172 L:uu.1. diTi-.abi:.i. Manfrcd.i 17, JO. 124, J72 Lanu di "lhbi~.. Pieno 124 l..«irntrdil da Vind 250 loonc Xlii, p:ipa 15~ Loop:mli. Giacomo 114, 11 S l.epiì, Aldo 194. 232 WCauic>.Giorgio 112. lll 1..() C:iS(i.4,), M:iria 113 L.oc.chi. V'irwriò 2.31 1..,;,y, ,11r.....i 11, 2;2 Maiorino, fumigli11 20

Mai<uino. Emmo 20 fubi:tni. Oome;nko 178,231 P..l(c.~ tci O 'Ann!l, Ciulia 43 mmen.,ç) E;..uro.. Ruggcro 174. ti7. 159 f.e.iforroni, l.utgi 17 Ferrnk)ti. lnM<'t:mo 2:u N:mui, Mario I IS ltrt:'ltl, Pietrfi 122 ~rt~r Cu1rdl:i. fr.u,ci(Co 177

1;J251ò. Ca('t:mo 206. 200. 21 o. Alti, Fabio 14, Il HM. fausto IO. 14

Maiorinq. M.;1nlio 20. 30 Maiorino, Rohfn(> 20, JO. 232, 13S Mai.me. Fr.:ançoit,Xa,•itt 36 ,\.hbtesu.• Enrico l 56

n

Malitwe-rni. Ricar.:lo .\i:ih>e?.li Gi:icou., Glentc 76. S3 ):hmdl, Gotfrcd<> ) M:irim. l.uchno 5

tu. 244

Ma.r\Ulni. Al~s.ttn(lto 40, 20.l

Mo.r.aghini, F.i.rniglfo 68 ,\.far-.aghini, f.do.ardo (Du<do) 193 Mar.1ghrni. Giono 193 Mar.aghìni Garronr. &tbar.a (RitU) 193 Marconi, P..Kllo 124, 16J., 164. 165, 167, 174,242 MarinC'1tÌ. l;ilippo 1òmmasa IG4 Marongiu. Antonio 8.3 Marsdli, G:.tl:tiSO I 34 Mamui, l:2ut'2 68, 7 1, n M:t5ini, ,t\1)gelò 5 Miu~otàl'lt. Cu)' dc 263 M:l'l!l.lC:l.n~. Virn:?32 Mnxl<r;, Glu,q,1>< 19, 32. 63, l 07. 114, 139. 15?. 155. 157. IG4. 17.l Mo!'nghini. >,.brio 13

Filtl, (ìio\';mni Battisra 14 Filzl lvandich1 Amd$:3 l 4 Vincschl, NdJo 24, 31 J=iorini. Vittorio 4S F1eres 4() Fornad1ri, Alfredo 233 f-r1nd, Alberto 24 fresug.11:1. Drlo 83 fus~i-i, G. 120 ft1$CO, Bi:i 11~ 19"8 fu$((), f'idtO PJ:(1lo 197, 232

Gal3ncc. Luigi 14 Galante Canone. M:ughcrhina (lòb} 14. 67, 68, i-4. 8 1 Callar.tti Scocci, ·fommam Fulco 122

Galb.rdi. Carlo 232 C:i.mbaro, Angiolo 238. 2)2 C.r;b,MI. Giw,ppe 19.63, 157. 160. 216 G:i.m,ne. Eugenio 14 1 30, 63. 64, 67. 68, 71, 73~ 7G, 79.81,82,?<, 192. 193. 1?9.104 Ganone, Ciu.scppc ([>inono) 14. 16, 17,JO. 63, 64. 65.

n,

67.68,70,75,7'.1.S0.81.82, 193

~lcngozzi, &.klo 2J4 Momi, J\monio 13 ~forosini, Emilio S

Morpurgo. (;;~,omo 124, 177, 200, 232 Morpurgo, S,1Jomone 23 1 MurJt, \'Cdl C io1<chino Mut.:it, re di ~

li

M~solinl. B,mho IS7, 164 l\~pol1.'Ui)I.' J O(nQp:11'lt, i.mj)i'1':Ucu-i.: del Fr.utt:t,'l 47, 63.

(Àrn>l\<', Luigi 63. 6i

157

Gai11>nc, M:,arb 65 GArronc. Marb (M.iriucda) 69. 89, 193 Gcrlnldi. Ct1ba!Jo 245. 252

t,.':,,)l)IC'Otw: lii & n.ipa,ce, i,npcr.l.lotc dti f~ncesi 154

r~rc

Ntr.1uini. 120 Ncr.uifoj, \...orrido 88, 89. l 20

Oiahndli. s~·è.1Ìno 19, 30

Ntran.ini. Jole $8

Cioacchino, Mum 46. 2.)0

Ncr.r.dnì. Carlcni, Eglt 120

GrrgorioXVl,papa l)3 Crocrandli Dc' Sa.nel, Eugenio Su.nidao 25. 3l Guglie-Imo Il. imperato~ Jj Genu:iniQ

Notaci Olivonì, M.iria JO No":.aro..J:1eopo 120, 124, 159

lbscn. Hcnrik l47 Jmhri:1nl, Vittorio 18

Oml.'roGG

1,

Ober<hn. Cuglielmn I ~9

Open i, C.uido 83 Orlcchio, Robcno 30


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Polidori. Gastone 30, 231 f>n,,.;, f'Hippo ISS i>roc.tcd, Anionio 120 Proc:icci. Ciu"J>p<?7. 120, 124 ,

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Rossi, Alb. 21.l, 21S. 216 Rossi, Carmen 21 ,\ Rossi, Pr:ancesco I02, 232 Rossi, Ciuseppc 199,214 Jlo.ui, Mario 'Jàncredi 12-i, 21 1 Rossi C:uboçnAAi, Virginkl 233 RoteUini. Amerigl) 11 , 30. 124. 128, l}O, 132, 134.144 Rugg.iero. FJrl 2(>, 2S Rugg.tero, N'fl 26, 27, 28 Ruggitm, Gukk, 26, 27. 28, 31

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Salandr-,,1;. An1onio 20? S.1lvc:minl. Gaetano 157. 164 S.lvioni. Cario 29, .li Salvloni. E.nrico 31. 124, I 59 Salvìcmi. ~rrucrio3I. 124, l)9 Salvioni Ta,~i:.l. Eorkhttt;\ 29 $312:i. Ah<ldbd,:t 23 1 S:arfuui, Robeno !02, 107, 121

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Y1jn:t De" P·.w:a, f.rgtnic> V:i.le,utnl, Em·.o 86, 87, 93. 96 V:1lc1Hitli. l,uei;ano 120 Vaknlini F:iina., Cmdn:a 120 V,,,,lìni, Idea I 1/4

\~li1ti. Ut;ò 87. 114 Vaud.mo. Mich<fo 30 VcnC'tÙn, Giacomo I?-1 Vcmurini, J\monio 120

Vetg-a., Gio,~tnni 262 Virgilii, Adolfo 120

Widcop, l-'hillip S3 Xydia.", Sph,, 117. I ;9

Z:>ncHci U.i:anco, Umbctco 174 ùrlx,glio, Aclolfo 122 Zcrboi;lio, Eru.ò 11 S. L2.2 Zino. Mario 2.'l3 Zola. Emilc 160


St:un1>:ato nd UlcS(' di aprile 2016

presso le Poligtafkhc ~u'l Marco • Cormons • GO




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