INTELLETTUALI NEL CONFLITTO

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4 - La psichiatria tra scienza e propaganda bellica. La Grande guerra non distrusse solo generazioni di uomini, territori ed immense ricchezze, ma almeno nel breve termine, condusse all’azzeramento di quel primo senso di solidarietà continentale, quell’embrionale coscienza nazionale dell’Europa, per adoperare le parole di Stefan Zweig, che, passo dopo passo, attraverso i progressi della scienza e della tecnica sembrava legare le classi intellettuali delle diverse nazioni.1 Mai come fino ad allora, la stampa scientifica aveva trovato così larga diffusione oltre i propri confini nazionali e assai fecondi erano stati i reciproci scambi di giovani laureati, desiderosi di perfezionare le proprie conoscenze e di apprendere quelle tecniche considerate d’avanguardia in uso nei paesi stranieri.2 Tuttavia, nonostante questi precedenti incontri spesso accompagnati da solide amicizie personali, 3 le classi intellettuali dei diversi paesi non seppero resistere alla tentazione di svolgere un ruolo estremamente attivo nella conduzione di quell’opera di distruzione generalizzata che significò la guerra e che, specie in alcuni autori, equivalse all’abbandono di ogni presupposto scientifico e di ogni rispettabilità deontologica per la sottomissione agli obbiettivi della propaganda bellica. Per la psichiatria italiana, gli anni dal 1914-15 al 1920-21 segnarono rispetto al lato scientifico, il momentaneo abbandono, non solo teorico ma anche pratico, dell’ancoraggio alle scienze del comportamento tedesche4 1

S.Zweig, Il mondo di ieri, Milano 1994, p.159. I casi sono innumerevoli; si possono ricordare gli studi di Freud nel laboratorio di Charcot a Parigi nel 1885-86, i viaggi degli psichiatri italiani prima in Francia e poi, dopo gli anni 1870-1880 in Germania. Del resto, per limitarci ad un solo esempio, cfr. G.Cosmacini, Gemelli, Milano 1985, p.138, il giovane Agostino Gemelli negl’immediati anni precedenti il conflitto “è sempre più spesso in Germania, a specializzarsi in psicologia presso Oswald Külpe e ad acculturarsi in psichiatria presso Emil Kraepelin”. 3 Ricordo come due scienziati quali Haeckel e Wundt, dalla grande influenza nei confronti dei colleghi italiani, saranno spregiativamente definiti “ciurmadori grossolani”; cfr. G.Antonini, La Psichiatria e la Guerra, Milano 1917, p.15. 4 E.Lugaro, La psichiatria tedesca nella storia e nell’attualità, in “Rivista di Patologia nervosa e mentale”, 1917, p.273: “I pregi delle Università tedesche non si negano. (...) ad esse hanno attinto, direttamente o indirettamente, gli studiosi di molti paesi, compreso il nostro, nella seconda metà del secolo decimonono. Noi più degli altri, uscendo da un lungo periodo di debolezza e di decadenza, avevamo bisogno di ritemprarci nel sapere e nella tecnica. Perciò non pochi fra i nostri insegnanti universitari hanno fatto in Germania un lungo tirocinio di studi; o vi sono andati, già maturi di criterio e di sapere, per meglio abbeverarsi alle fonti”. 2

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