RIVISTA MILITARE 2009 N.5

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S O M M A R I O

PERIODICO DELL’ESERCITO

Editoriale

pag. 3

L’evoluzione del PRT italiano di Herat di Manuel Solastri

Il Polo Nord: una ricchezza da spartire di Daniele Cellamare

pag. 6

pag. 36

La famiglia militare è una famiglia come le altre di Guido Sertorio e Marina Nuciari

Ricostruire l’Afghanistan di Sara Greggi

5/2009 settembre-ottobre

pag. 94

pag. 42

Azienda ed Esercito: un confronto oggi plausibile di Devis Mizza

pag. 54

Il Collegio Militare di Verona di Francesco Premi

Nilo: la ricchezza di un fiume di Antonio Picasso

pag. 12

L’artiglieria del XXI secolo di Nicola Pignato

pag. 66

pag. 106

SPECIALE Esercito e incontro con le comunità territoriali di Marina Nuciari, Marco Ciampini, Lidia Bai e Federico Collina

Forza NEC: inizia la sperimentazione di Fortunato Mario Teodoro di Marzio

pag. 20

Il disturbo post traumatico da stress: prevenzione e cura di Mariano Pizzo

pag. 112

RUBRICHE

pag. 78

pag. 138

L’Operational Mentoring Liaison Team in Afghanistan

Lo slancio vitale e la forza delle tradizioni

di Ignazio Gamba

di Ernesto Bonelli

pag. 28

pag. 88

pag. 139


Si avvisano i lettori che il nostro nuovo indirizzo e-mail è il seguente:

riv.mil@tiscali.it

in copertina Bersaglieri in pattugliamento in Afghanistan con un VTLM «Lince». L’esperienza e la professionalità acquisite dai nostri uomini nelle varie missioni fuori area consentono loro di conseguire sempre i risultati voluti, anche a dispetto di situazioni ambientali difficili.

«Rivista Militare» ha lo scopo di estendere e aggiornare la preparazione tecnica e professionale del personale dell’Esercito e di far conoscere, alla pubblica opinione, i temi della difesa e della sicurezza. A tal fine, costituisce organo di diffusione del pensiero militare e palestra di studio e di dibattito. «Rivista Militare» è quindi un giornale che si prefigge di informare, comunicare e fare cultura.

Editore Ministero della Difesa Direttore Responsabile Marco Ciampini Capi Redattori Luigino Cerbo, Marco Morelli Redazione Domenico Spoliti, Roberto Zeppilli, Claudio Angelini, Lorenzo Nacca, Annarita Laurenzi, Marcello Ciriminna, Lia Nardella Grafica Antonio Dosa, Ubaldo Russo Segreteria e diffusione Responsabile: Riccardo De Santis Addetti: Carlo Spedicato, Franco De Santis, Carlo Livoli, Gabriele Giommetti, Giosuè Parolisi, Stefano Rubino, Sergio Gabriele De Rosa

La traduzione dei testi della rubrica “Sommario varie lingue” è curata da Nicola Petrucci, Livia Pettinau, Carla Tavares e Christel Galatzer Direzione e Redazione Via di S. Marco, 8 00186 Roma Tel. 06 47357373 Fax 06 47358139

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EDITORIALE AFGHANISTAN: Teheran ANCHE IL COMPORTAMENTO PORTA AL SUCCESSO Manifesta contro l'Italia

I nostri soldati che agiscono in Afghanistan, come del resto in tutte le altre zone di operazioni, stanno rendendo onore all’Esercito e al nostro Paese. Sono impegnati in dure azioni ad alta intensità e sanno affrontarle con perizia, intelligenza ed il puntuale rispetto delle regole d’ingaggio. Sono azioni dure, dove è necessario sparare, quasi sempre al fianco delle forze di sicurezza afgane che si sentono così sostenute ed incoraggiate ad assumere sotto ilFiaccolata controllo del territorio. Ma i nostri donne e uomini fanno qualcosa di più quando operano insieme con gli afgani, mol'ambasciata di Roma strano loro che si può essere soldati in terra d’altri sì mostrando i muscoli e bene quando serve, ma anche operando a favore della popolazione. Villaggi sperduti, lontani dai centri abitati, dove forse neanche le autorità locali e/o tribali si fanno vedere, ricevono aiuti e, con essi, la speranza che il domani possa riservare loro un futuro migliore. I PRT (Provincial Reconstruction Team) e le attività del CIMIC, tesi entrambi alla ricostruzione delle infrastrutture di primaria importanza per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni e ad ogni altro possibile supporto, e l’atteggiamento positivo di tutti i nostri soldati sono un insegnamento ed un esempio più forte della forza delle armi. I nostri Ufficiali sono abituati a discutere ogni problema con la popolazione locale, sappiamo infatti capire i bisogni della gente per una nostra peculiare particolarità nazionale e anche per un corretto e completo processo formativo che inizia dalle Accademie Militari. Certo, davanti ad attacchi e alla presenza di elementi ostili, non si può evitare di usare le armi, ma anche il modo equilibrato con cui le adoperiamo è fonte di consenso presso quella gran parte della popolazione che ha sempre visto l’«armato» come portatore di ricatti, minacce, uccisioni gratuite, a volte ferocia efferata. Da decenni vivono in un clima simile. Allora il successo che tutti auspichiamo, che consiste poi in una pacificazione di quella terra restituendola alla sua gente libera di decidere del proprio futuro e possibilmente un futuro di benessere e prosperità, risiederà anche nel comportamento dei nostri soldati, naturalmente nelle zone loro affidate. Fin ora mi sembra che sia da questo punto di vista sia da quello dell’uso delle armi ci siamo dimostrati più che all’altezza della situazione. In queste azioni vi sono stati numerosi caduti, non ne citerò i nomi, ma essi sono inscritti nella nostra memoria e sono sicuro in quella di tutto il Paese. Qualcuno, vorrei ricordare, ucciso mentre contribuiva alla costruzione di un ponte, un altro nella distribuzione di aiuti umanitari ai villaggi e tutti gli altri ciascuno caduto nell’adempimento del proprio dovere e della propria specifica missione, sempre condotta con misura, coscienza e sobrietà. Ma sono impresse nella nostra memoria anche le famiglie dei caduti, a cui tutto l’Esercito si stringe forte come solo una grande Famiglia (con la F maiuscola) sa fare con i suoi congiunti che se ne sono andati. Hanno e devono avere sempre il calore e l’appoggio di uomini e donne nel nostro Esercito di qualsiasi grado e posizione. Anche nelle Famiglie dei caduti non dimentichiamolo, vive lo spirito del nostro Esercito e chi si priva dello spirito diventa inutile materia inerte. Aiutare quel Paese a ritrovare la via della pace, della prosperità e del benessere, anche attraverso il comportamento dei nostri soldati, è il motivo per cui i nostri ragazzi operano e a volte muoiono, espressione di un Esercito che, anche in Patria, come dimostrano le numerose operazioni sul territorio nazionale, opera sempre e comunque a favore della popolazione e, nonostante tutte le difficoltà non ultime quelle finanziarie e a volte le critiche, è fiero di farlo.

IL DIRETTORE

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G E DEL

le CITO ersona L’ESER ieri e Pre dell’EL in A b a O r ne, Ca IORN Maggio

rmazio Stato Forti di Fo di Capo di o. u it t Is o delle iv o t li m t ic g e r a e r a d p c io in vi Su viz oggi l’ die, Capo ri, Allie , il ser olonta mata, lasciovita militare a Repubblicaggio alla Ban ti di V , li ia r u dell i di oma degli Istit uffic a Forza A idente 45 ann li, Sott erente Ufficia servizio nelldopo quasi saluto al Pres orgo un def eggimenti eitari. p R , il anno in e Civile e, con essoimo riverent nazionale, eei Corpi, dei tradizioni m el dovere, h enti d o r à e im d sercit lgo il mio p lo dell’unit elle Armi, più glorios empimento dinari sent te di Rivo te e simbo i Vessilli d ione delle ell’ad agli straor ono da par nto z a a anti, n e ze Arm’Esercito ed rappresentaduti ed a quo, unitament mi pervengroprio congiuuno ra dell zione, ideale mosso ai Ca loro operat stantemente dita di un p ostegno ed Forma ensiero com utilazioni. Ilercito che co dia della per un solido s del Paese. oni Un p ferite e m verso l’Es to la trage r tutti noi rvizio a, testim e iu m ra al se o to riporta ità e rispett anno conosc costituisce potidiana opetiche e d’Ar a. t n u h , a is q ig t e io m d n a h elicate r iz r c di el serv mbatte la nost orza A nelle d o miliari quei fapletamento de con slancioociazioni Coituali della Fti impegnati spesso molt e nell’es a continuar to alle Ass ei valori spir so, ai solda condizioni complesse , sprone ordiale salue custodi d ed affettuo loro che, in stero, nelleternazionale Un c re e gelos nto, grato le ed a co egnati all’e urezza in i riflettori, e u p ic da na imperitio ringraziamitorio nazio etti, sono imce e della s do lontano operazioni. Il m ni sul terr ai loro aff ia della pa e, lavoran ossibili tali to, costiio d ch p da id operaz te e distant a salvaguar ini e donne e rendono il mio man to, ma rapo e i ia n t m n n g e n o g a io a u m e r . s is t i u d di sos ato du liaia d se mis tro str Armata rischio me alle mig ziosa operaolte sottolinescita del nos della Forza di guidare alle mu- ifficosì co ono una pre e ho più v rreno di cre ion d’essere e l’onore er adattarsi umerosi e d fornisc ultime, comil naturale tee la vera rag il privilegiotituzione p mpre più n nziario Questeno non solo o di gravità ali ho avutoi la nostra Isicienza, i se ro finamplare, d a r f u s t f o u r q n c e q e i e is d c e e lv tu un es ncio e ni - n tano il ed evo ta ed rificio uta ad presenuesti due anto crescere giare con slafidato. to dova volta prontata con sacosi ed t u t t f g q a is a r e v is er In nt o ha op un conqu ter fro e i gen ese le ito - h oltà, s nali ncora l’Eserc igenze e potivi che il Pa cabile diffic arrivata, a e di efficaciadi vicinanza torità nazio ti e s a è u a n e à r e a A ld a it e z e o t m e il t p n s s a o t rispo nostri imonia lche im i credib pegni massim cili im ostante qua isfacente, laimmagine d merose test parte delle ionalità dei s ordo d u l’ n s a d n o e d e N mo, ricmenti d inso confermar no prova le stre Unità ano la prof danti. is e im o t t t r m an no ina no ince ntendo di ro. Ne so to con lti alle i riord are co anro Com conse ia e all’este zamenti rivo hanno toccazione dei lo utti a guard una serie dto alle risult nea t r t li a t e z o r e o a e n s a p r in P s it p io p v e is in unque ere una à e pre icipo r che sp voli ap rminaz uale in autoreernazionali, nacia, dignito, verso il q ggio e deteanche in ant nza ma com di av a t ativa r a t e le a , r t u u o t in o ed aria arda il fu on c nel passat Alta Cons Forza Arm a parte oper in c d r o o s a e u i d lla all la str quanto rig già intrapr lli attuati sione inno a porto Per ercito ha ta ded i que ella Commisi consentiranenti di sup d o lc omple o aperto o s s d c o s s E i p l E e r l’ e m o n o e i. v o t c ch zativi, indica tusiasm in mod o alle o. nza. o dai la organiz deriverann nti da essa n riferiment giore efficie con sano en nza timori, mancheranne, il e e e o g s e h n or c a s o s n e i ze c li orientam iù snella on una m ire il Paes lanti sfide c s c s su cce ssa con g ra ancora pa efficacia c uare a serv tive e stimo al modo i sue con il mio ffrire la ste rit o e u a in s h t t ir t n s c e In n u t u e g n . t r o g e e a t o s c r s e imp all’Esercit ontinuerà ti Voi sap ere e conse micizia, di, la do di t e, quin nto, Vi chie re le prossim rtenere a opera c quale tu re a cresc tima ed a rico. a a a t p t r p n e P i affro gogliosi di a stra prezios Valotto, al sa continua di sincera sstigioso incare, rid e e os pe ti re Vo era zion vativo, or rcito p he la rappor Giusep uovo p rno op e inno convinto co d’Armata ffinché l’Ese legato da i sfide del n ostro diutu orp ne a sono avvincent gno nel n Sono i, cui le di C te borazio le Generadinaria colla elevati. A lu’affrontare tituibile sosna! s ll r u o e iù t o s r p o en stra iglie, in Buona f ancora fortun sultatio le migliori e Vostre famogni bene. augur i tutti ed all sincero di O netti SERCIT A Vo ugurio più a l’Italia! DELL’E rizio Castag a iv M l’ v S . o , I 9 o b 0 Fa volg l’Esercit OD bre 20 IL CAP o d’Armata Viva settem p 6 r 1 o , C a i le d Rom Genera

ORDIN

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ORDIN Uffic E DEL Civile iali, Sottuffic GIORN l’Eserc in servizio n iali, Volont O ALL’ it a e r o ll i, , fie aF ESERC All delle r espon ro e onoratorza Armata ievi degli Is ITO sabilit o t , it a d u s e t s i l u di Form à che m privile m o o g gio ch Il mio i at e mi è gi la carica azione, Car delle F deferente tendono. di ab stato c orze A s a lu oncess Capo di Sta inieri e Pers to va rmate Mi inc o in e e n h pienam to Maggio onale riosi V ino con d supremo anzitutto re ente c e e s a im v s l s o P il z onsap delb r li io o e mosso sident lo dell ne din delle U evole ’u e e a n n n d r it z ic it e à, ia à ll o l’impe gno asnoscente a qdegli Istitu lla Bandiera nazionale. a Repubblic ti e de a, Cap sunto uanti di Gu Alle o tra i SoAssociazion per la Patr hanno sapu gli Enti e r erra dell’Es e iv ia i t ld r o o c C f a lg it o in o t o n i o m o all’e , ai glo ri, un orare il di ieri batte un pe s nueransincero app e di oggi e ntistiche e dtremo sacr Giurament nsiero com if prezio rezzam o no a fa ’ ic A presta se cus rma, inso io. re pe ento Ai Co to e ti in It rpi Ausiliar r il bene de per quanto todi delle m stituibile co una coalia e all’esti delle Forzell’Istituzione hanno fatt igliori tradiz llegamento o e, s er . lla A ono ceioni militaAl m borazione o, l’auspic rmate, sem rto, co ti, il s io predeces leale e frut io di poter c pre più int ntie t in s o u g o n c o r a r e t s e in t r a i , Gene o ring . la pas uare a nei no r r s d s a a io t z le r o ia i n p re e con di Cor mento erare n pegni c p el solcparal più e di radica ui ha guida per la profeo d’Armata o di le t f sfazio raterno au rinnovam o l’Esercito ssionalità, Fabrizio Ca ne gurio e la per un nto dello s in un mom determin stagnetUn pe . az en trume nsiero avven l’ E d n ir s to mil to di gravo ione e grato ercito e ricco all’affe elicate o it si ime c a d h p d r r e e a e i , ogni s il Paes mazione d razioni in , attraver ffettuoso uccessunitamente s e. r i quei o P iv a o il t o lg r diu ia e sodd o Vivia valori ie di q sia nelle dif turno e str agli uomini gravos mo un mom uei pr aordin ficili m e a i ll e im e n in ario im donne to di g pegni ission cipi su stre a i a o pe de r i quali zionalelivelli semp perativi e n ande comp si fondll’estero, cogno sia nelllntribu e ano la nostra . Ciononosre più eleva el processo lessità e din isc Forza Armat ono sionali storia, dell tante, dobbti di efficien di riordinamamismo ch a ed e z tà e de e ia lla d gloriose t mo e po a, di pron ento che p non amm Sarà il futu per me un eterminazio radizioni e, ssiamo guartezza e di cr orterà lo st ette pause Ad og ro ci riserva privilegio edne degli uomsoprattutto, dare al fut edibilità int rumento te nei rreuro ern de in un ono capacitnuno sarà r e che richie re ess i e delle don llo spirito d con fiduciaa e internaiv à d o e o lt e i , n n r a la servizio e del n e alla o il pa forti d dalla R la mia qualità Vo rt os ell a , Con q ppresentanz della vita. Aattenzione, ecipe conse stra testa n tro Esercito della profes a u e n . a p l rigua ll s e Militar ’a o r e sodd esti sent f e t f u r d onta telar rdo, il m ea imenti is rivolgolla quale va mi aspetto e e valorizz assimo impre le sfide c Viva l’ fazione. he are un il eg a Voi t Roma, Esercito, viv utti edmio sincero a fattiva e c sempre piùno di tutti. a 17 set oncret saluto alle Vo le tembr le Forze Arm V o . a colla stre fa e 2009 ate, viv boraziostre miglie . a l’tali ne l’augu a! rio di ogni f ortuna Genera IL CAPO D I le di C orpo dSM DELL’ESE R ’Arma ta Gius CITO eppe V alotto

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IL POLO NORD: UNA RICCHEZZA DA SPARTIRE


IL POLO NORD: UNA RICCHEZZA DA SPARTIRE Petrolio, gas, patrimonio ittico e, forse, oro, nichel e persino miniere di diamanti rendono «infuocata» la spartizione «amichevole» dei tesori dell’Artico. Diplomatici russi, americani, norvegesi, canadesi e danesi sono al lavoro per cercare di risolvere l’annosa questione, ma riemergono antichi conflitti. Tra vecchie e nuove pretese geografiche, politiche ed energetiche, il Polo Nord, l’ultimo santuario ecologico del nostro Pianeta, si sta trasformando in un teatro di sfide e possibili conflitti.

Le riserve di petrolio, la principale fonte di energia del pianeta, potrebbero finire molto presto, scatenando già nel prossimo futuro una crisi energetica internazionale. Secondo una società di studi britannica - l’«Oil Depletion Analysis Centre», che esamina costantemente il livello delle risorse la produzione globale di petrolio raggiungerà il picco nei prossimi cinque anni e poi inizierà un rapido declino, con conseguenze disastrose per l’economia mondiale. La domanda cresce a ritmi vertiginosi. La rapida espansione economica di Cina e India ha prodotto un forte impatto sul consumo petrolifero e sulle altre fonti di energia. L’attuale domanda di petrolio è cresciuta negli ultimi cinque anni più che in tutta la seconda metà del ventesimo secolo. Oggi consumiamo 85 milioni di barili al giorno e le previsioni ci indicano che il nostro fabbisogno quotidiano sarà di 113 milioni entro il 2030. Anche se per molti studiosi la produzione di pe-

trolio «regolare», ovvero quello più facile ed economico da estrarre, ha già raggiunto il suo tetto massimo, quello che rimane è più costoso da portare in superficie, poiché proviene dalle riserve delle profondità del sottosuolo e dalle regioni artiche ed è chiamato appunto «pesante». La «guerra» per l’approvvigionamento delle nuove fonti è già iniziata, e si combatte proprio dove prima non era conveniente estrarle. Nella primavera del 2007, il rompighiaccio nucleare russo «Rossiya» trascorre un mese e mezzo a esplorare il fondo marino nell’area del crinale Lomonosov, nel Mar Glaciale Artico. L’obiettivo della spedizione scientifica è di dimostrare alle Nazioni Unite la continuità della piattaforma continentale russa, e quindi di avere l’opportunità di ampliare il territorio di 1,2 milioni di km2, pari alla superficie dell’Italia, della Francia e della Germania messe insieme. Per gli strateghi del Cremlino si tratta di mettere le mani su una porzione di Artico ricca di minerali di ogni tipo, soprattutto di enormi giacimenti di petrolio e di gas. Una stima ne individua il doppio di quelli nascosti nel sottosuolo dell’intero Medio Oriente. La Russia, che è già il primo esportatore al mondo di gas e il secondo di petrolio dopo l’Arabia Saudita, diverrerebbe così l’arbitro mondiale del complesso e strategico comparto energetico. La squadra di geologi sostiene di aver trovato un passaggio sotterraneo che collega il Polo Nord alla terraferma russa e per Mosca questa è l’occasio-

A sinistra. Batiscafo russo mir-1. In apertura. Paesaggio artico.

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scafo russo Mir-1 si immerge a 4 261 metri di profondità sotto la calotta glaciale e deposita sul fondale, nel punto esatto del Polo Nord geografine per rivendicare la sovranità su questo ricchissico, una bandiera russa di titanio. La nave di ricermo triangolo che ha come vertice il Polo e che si ca Akademik Fyodorov, in appoggio al sottomariestende dal 30° al 180° meridiano. Inoltre, a causa no, imbarca oltre cento scienziati guidati da Artur del lento ma progressivo riscaldamento del clima, Cilingarov, veterano delle esplorazioni polari e Viil settore della piattaforma presenta uno spessore ce Presidente del Parlamento di Mosca. Prima deldi circa 200 metri, agevolando quindi l’eventuale l’imbarco, Putin gli ha conferito il titolo di «inviato estrazione di gas e petrolio, soprattutto in previpresidenziale per l’Artico». sione di un ulteriore scioglimento dei ghiacci. La reazione degli altri Paesi non si fa attendere. Una Convenzione ONU stabilisce che l’Artico, Il primo ministro canadese, Stephen Harper, ansino al Polo Nord, è zona internazionale e che i nuncia la costruzione di una base militare per l’adcinque Paesi che lo circondano destramento dell’Esercito a Re- Russia, Canada, Stati Uniti, solute Bay, sull’isola di CorUna Convenzione ONU sta- nwallis, a 600 km dal Polo Norvegia e Danimarca (Groenlandia) - hanno esclusivamente bilisce che l’Artico, sino al Nord, e un porto per il rifornidiritto ad una «zona economi- Polo Nord, è zona internazio- mento per le navi da guerra ca» di 200 miglia dalle coste, nale e che i cinque Paesi che nella vicina Naniskiv. Inoltre, il ovvero soltanto ricerche scien- lo circondano hanno esclusi- Governo ha deciso di stanziare tifiche e non certo trivellazioni. finanziamento di 2,14 mivamente diritto ad una «zona un Si tratta di un confine equidiliardi di euro per la costruzione stante, secondo il principio economica» di 200 miglia di otto navi che presidieranno della «linea mediana» che crea dalle coste, ovvero soltanto l’area artica. L’obiettivo è quelaree proporzionali alle coste di ricerche scientifiche e non lo di estendere la supremazia ciascun Paese. La Russia inten- certo trivellazioni sul passaggio a Nord-Ovest del de puntare su un emendamencircolo polare. Gli Stati Uniti into della Convenzione internaviano in Alaska la nave rompizionale in base al quale gli altopiani sottomarini ghiaccio Healy per avere una mappa dettagliata del che iniziano da una certa piattaforma, ne costifondale di Chukchi Cap. La Danimarca allestisce la tuiscono sicuramente parte integrante. In questo spedizione «Lomrog» per esplorare la dorsale Locaso, le catene Lomonosov e Mendeleyev si monosov e dimostrarne la continuità territoriale estenderebbero verso la Groenlandia e davanti con la Groenlandia. La Norvegia costruisce piattaalla Chukotka, in Estremo Oriente. forme petrolifere offshore nelle sue isole più setDopo pochi mesi dalla prima spedizione, il batitentrionali e la nuova «Snoehvit», con i suoi 75 Rompighiaggio nucleare russa della classe Arktika.

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Una vasta distesa di ghiaccio al Polo Nord.

scono a favorire i nuovi scenari geopolitici. Lo strato di ghiaccio non è mai stato così sottile e per la prima volta si aprono naturalmente i passaggi a Nord-Ovest (sopra l’America settentrionale) e a gradi di latitudine, diventa il giacimento di gas più Nord-Est (sopra la Russia). Secondo gli scienziati, settentrionale del mondo. Nasce la nuova frontieuno scioglimento così massiccio della calotta artira del Ventunesimo secolo. ca si è realizzato con 30 anni di anticipo. Un vero Contemporaneamente, due Tupolev-95 a ture proprio campanello di allarme sulla portata e la boelica - l’equivalente russo del B-52 americano rapidità dei cambiamenti indotti dalle trasformadecollano dalla costa pacifica e sorvolano la base zioni del clima. americana di Guam, intercettati La Russia investe altri 69,5 dai caccia a stelle e strisce. Altri La Russia investe altri 69,5 milioni di dollari per le nuove 30 Tupolev di vario tipo sorvolano il Polo Nord e lanciano ot- milioni di dollari per le nuove spedizioni e l’obiettivo rimane to missili da crociera nella Rus- spedizioni e l’obiettivo rima- quello di sfruttare le preziose e riserve custodite sia artica. La Marina di Mosca ne quello di sfruttare le pre- inesplorate sotto il Polo Nord: petrolio, gas, porta a termine con successo il test di un nuovo tipo di missile ziose e inesplorate riserve un immenso patrimonio ittico e, probabilmente, anche oro, nibalistico (tipo «Sineva», a lungo custodite sotto il Polo Nord chel e persino miniere di diaraggio) lanciato da un sottomamanti. rino nucleare (classe «Delta») in Al di là della ricerca dei tesori nascosti, il riscalnavigazione nell’Oceano Pacifico. Oltre al nuovo damento apre nuove possibilità di trasporto e di ed efficace sistema antimissile S-400 Triumph, pesca. La rotta verso Oriente passa sopra la Sibeoperativo a difesa di Mosca, viene annunciata la ria e attraversa lo stretto di Bering, tra Alaska e produzione dei nuovi missili balistici «Bulava», deChukotka. I russi già la usano d’estate, con i romstinati ai sottomarini nucleari di nuova generaziopighiaccio, da Murmansk sino a Vladivostok sul ne denominati «Borei», Vento Artico. Pacifico e in Giappone. Dalla città russa a YokohaA settembre del 2008, i dati climatici contribui-

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ma sono 6 000 miglia contro le 13 000 che si percorrono passando per il Mediterraneo e Suez. Inoltre, da Amburgo sino al porto giapponese si passerebbe dalle attuali 11 500 miglia a sole 7 400. Il passaggio a Nord-Ovest - oggetto di mitiche ricerche per raggiungere il Pacifico superando a Nord il Continente americano - è diventato di assoluta attualità geopolitica. Tra Mosca e Washington, la Norvegia torna ad essere in una posizione strategica per gli equilibri del mondo, così come lo era stata durante la «cortina di ferro». Qui si apriranno presto nuove rotte commerciali e militari e molti analisti concordano che non è possibile escludere, in futuro, che quest’area diventi teatro di tensioni e conflitti. I ventuno esperti di diritto internazionale che compongono la «Commissione sulle piattaforme continentali sottomarine» - creata nell’ambito della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del Mare - sono chiamati a dirimere dispute sulle vecchie e nuove pretese geografiche, politiche ed energetiche che si stanno moltiplicando in quest’area. In realtà, Mosca aveva già sostenuto nel 2001, davanti alla Commissione, che la profondità dell’Artico era territorio russo e aveva rivendicato 1,2 milioni di km2 di oceano. Le Nazioni Unite avevano chiesto alla Russia di fornire dati scientifici più dettagliati e le successive spedizioni miravano a raccogliere prove da riproporre nel secondo reclamo previsto nel 2009, proprio nel centenario della prima spedizione al Polo Nord. La Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (del 1982, ma entrata in vigore nel 1994) consente ai Paesi con uno sbocco sul mare di estendere i loro diritti per lo sfruttamento delle risorse naturali, minerarie ed energetiche, da 200 a 350 miglia. Ma ad una condizione: che vengano presentate le prove scientifiche in grado di attestare che le 150 miglia aggiuntive rappresentino effettivamente «il prolungamento naturale della piattaforma continentale». Inoltre, secondo una Convenzione internazionale di diritto marino, nessuno Stato può estendere i suoi confini territoriali sino al Polo Nord. Tra Convenzioni, Diritto internazionale e Regolamenti, la posta in gioco è troppo alta. Diplomatici russi, americani, norvegesi, canadesi e danesi si riuniscono a Ilulissat, un piccolo villaggio della Groenlandia, per cercare di definire una prima spartizione «amichevole» dei tesori dell’Artico. Ma riemergono antichi conflitti. Canada e Danimarca si contendono la sovranità su Hans Island, uno scoglio inaccessibile di 1 km2 che potrebbe fare la differenza per definire i limiti delle piattaforme continentali tra i due Paesi. Navi militari pattugliano l’area per dare sostegno alle rispettive rivendicazioni. Tra Canada e Stati Uniti la tensione è an-

cora più marcata. Dopo la caduta del blocco comunista e la complicità del surriscaldamento del pianeta, l’Artico diventa rilevante soprattutto come mare navigabile attraverso il quale trafficanti di droga e terroristi possono sbarcare sul Continente americano. Anche se in un primo momento gli Stati Uniti avevano lasciato intendere che avrebbero potuto riconoscere i diritti canadesi sul traffico nel passaggio a Nord-Ovest (in cambio di un controllo capillare delle navi in transito), oggi ribadiscono gli «inviolabili diritti» di transito per Washington. Con grande risonanza mediatica (vengono invitati anche giornalisti stranieri), Ottawa reagisce effettuando gigantesche manovre aeronavali intorno all’isola di Baffin, a Nord del 70° parallelo. In risposta, il Congresso americano riafferma i propri

Sottomarini americani al Polo Nord.

diritti nell’area e invita il Governo a rafforzare il già imponente dispositivo militare nel passaggio a Nord-Ovest, dislocando unità navali nella zona, esattamente come avviene a Hormuz e nello stretto di Malacca. Nel 2009, il Segretario Generale della NATO, Jaap De Hoop Scheffer, durante il vertice a Reykjavik in Islanda, dichiara di aver notato un eccessivo aumento delle attività militari nella regione: «Non mi aspetto alcun conflitto, ma ci sarà una nostra presenza militare». Giornalisti accreditati fanno anche rilevare che in Islanda, ovvero all’ingresso dell’Oceano Artico e sulla nuova rotta settentrionale tra Europa e Asia, l’ambasciata più grande è quella di Pechino. Il Polo Nord, una delle più belle aree naturali del mondo - e considerato l’ultimo santuario ecologico del nostro pianeta - è diventato oggi teatro di sfide e possibili conflitti. Daniele Cellamare Libero Docente di Relazioni Internazionali

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NILO: LA RICCHEZZA DI UN FIUME


NILO: LA RICCHEZZA DI UN FIUME Una risorsa preziosa destinata a diminuire a causa della siccità, dell’evaporazione e della filtrazione nel terreno. Ciò rende inderogabile una condivisione della problematica, affinchè il fiume più lungo del mondo sostenga la politica di sviluppo dei dieci Paesi che si affacciano sul suo bacino idrografico. Se si pensa che nove di essi vivono sotto la soglia di povertà, è urgente intervenire. L’Italia, da parte sua, dà il suo contributo attraverso la FAO e grazie alla cooperazione italiana.

Nel contesto africano e in particolare per quanto riguarda lo sfruttamento di una risorsa naturale come quella del Nilo, considerare l’acqua come un bene prezioso appare riduttivo. Infatti, con i suoi 6 650 chilometri di lunghezza e i quasi 3 000 metri cubi al secondo di portata d’acqua media, il fiume più lungo del mondo rappresenta una delle fonti dei grandi contenziosi che vessano l’Africa e ne impediscono un concreto sviluppo. Il bacino idrografico del Nilo occupa un’area di 3,4 milioni di chilometri quadrati (111 volte la superficie dell’Italia) e interessa dieci Paesi africani. Sorgendo nel Burundi, questa sterminata striscia d’acqua attraversa Ruanda, Tanzania e Uganda. Grazie ad alcuni affluenti minori, lambisce poi la Repubblica Democratica del Congo (RDC) e il Kenya. Ma è più a nord che esso diventa il vero Nilo. All’altezza di Karthoum, nel Sudan, il Nilo Bianco si unisce con il Nilo Azzurro, che nasce in Etiopia - ma le acque di al-

cuni affluenti sgorgano in Eritrea - per proseguire infine verso l’Egitto e tuffarsi, quindi, nel Mediterraneo. Uno scorrere ininterrotto di acque per oltre la metà della lunghezza dell’intera Africa. Eccetto gli oceani, non esiste al mondo una via di trasporto naturale, per quanto non percorribile nella sua interezza e nella piena continuità, così lunga. Al di là dei limiti naturali - siccità e stagioni delle piogge, deviazioni del corso del fiume, cateratte, ma anche evaporazione e filtrazione delle acque nel terreno - esso costituisce una risorsa che tutti i Paesi situati nel suo bacino idrografico vorrebbero sfruttare. Sono ancora una volta le cifre che ci aiutano a capire le necessità politiche, sociali ed economiche della regione nilota. Stando agli ultimi rilevamenti, la popolazione totale di questi Paesi è di circa 385 milioni, molto più di un terzo di quella totale africana. Ciò impone ai Governi locali un accordo su una politica di sfruttamento delle acque del fiume. Di fronte a questa pressione demografica che si prevede in aumento, è certo che il Nilo non saprà rispondere con un’altrettanto e proporzionata crescita. Anzi, la preoccupazione nasce dalla sempre minore disponibilità idrica del fiume, a causa delle continue siccità, dell’evaporazione e della filtrazione nel terreno. D’altra parte, se si tiene conto che nove di questi dieci Paesi vivono sotto la soglia di povertà, si ha la dimensione di quanto urgente sia la nascita di una politica di sviluppo economico dei singoli, ma anche concertata, che faccia del Nilo il cardine di tutte le attività. La Nile Basin Initiative (NBI) - nata formalmente

A sinistra. Commercio sul fiume Nilo ad Assuan. In apertura. Il fiume Nilo.

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d’acqua che, in un secondo tempo, possa permettere loro di effettuare gli adeguati calcoli e, quindi, definire le rispettive politiche di sfruttamento sulla base di un lungo periodo. A questo si aggiunge la presenza di un elevato numero di cataratte che nel 1999 - dovrebbe rappresentare proprio questo ostacolano una sua potenziale navigabilità su lunimpegno comune, affinché il fiume più lungo del ghe tratte. Esattamente contraria è, invece, la simondo soddisfi le ambizioni di rilancio economico tuazione dell’Egitto, il quale trae il maggior numenutrite da ognuno dei dieci Paesi. Tuttavia, a dieci ro di benefici dal fiume che lo attraversa. anni di distanza dalla firma dell’accordo tra i vari D’altra parte, un’ulteriore distinzione può essere Governi, non è stato ancora possibile superare le fatta prendendo come punto di riferimento quei rivalità e risolvere i contenziosi che ne fanno da Paesi che non dispongono delostacolo. le risorse economiche e tecniVolendo fare una serie di clas... all’Egitto spetta il diritto che utili per sfruttare il fiume, sificazioni, nell’ambito del bacino idrografico del Nilo si può di- di sfruttamento dell’82% del coloro che invece sovrabbonstinguere tra quei Paesi che non volume idrico complessivo dano di questo particolare riescono e non possono sfrut- del fiume, mentre del restan- know-how e, infine, quelli che tarne le risorse idriche e coloro aspirano, ma si trovano imte 18% ne risulta titolare il vi che, al contrario, le sfruttano a possibilitati per un sistema dismisura. Alla prima categoria, Sudan ... a tutti gli altri Paesi giuridico e per una serie di inappartengono praticamente tutti spetterebbe un diritto sulle teressi geopolitici che bloccano i Paesi dell’Alto Nilo, nell’Africa risorse del Nilo di misura in- qualsiasi cambiamento. Subsahariana, i quali trovandosi significante Bisogna ricordare, infatti, in un’area troppo arretrata riche ancora sulla base del Nile spetto al lungo corso del fiume Waters Treaty del 1959, alsubiscono i maggiori impedimenti naturali che l’Egitto spetta il diritto di sfruttamento dell’82% quest’ultimo presenta. Il periodico alternarsi di del volume idrico complessivo del fiume, mentre stagioni di secca con altre di grandi piogge impedel restante 18% ne risulta titolare il Sudan. Sedisce a Paesi, quali il Burundi, il Ruanda, la Tanzacondo questo accordo - patrocinato ancora della nia e l’Uganda, di disporre di un costante flusso Gran Bretagna, potenza coloniale dell’epoca - a Il Nilo, a monte della Grande diga.

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Cascate Tis Isat sul Nilo Azzurro.

dia nell’area del bacino, subiscono in maggior modo i fenomeni dell’evaporazione e della filtrazione nel suolo dell’acqua del fiume. La regione dei Grandi Laghi è già di per sé estremamente tutti gli altri Paesi spetterebbe un diritto sulle ripaludosa e umida, in seguito alla prossimità con sorse del Nilo di misura insignificante. Va detto l’equatore e al contributo idrico dato dai laghi che, ai tempi della stipulazione dell’accordo, stessi. Ne consegue che la presenza ulteriore di praticamente tutti gli attuali Paesi attraversati dal un fiume non fa che eccedere la portata d’acqua fiume erano ancora colonie del Regno Unito, opa disposizione di tutta la regione. pure erano fresche di indipendenza. Ma dal In aggiunta, la condizione estremamente critica gruppo ne restavano esclusi Etiopia ed Eritrea a degli assetti economici impenord e l’RDC a sud. E mentre disce una qualsiasi prospettiva quest’ultimo si è da sempre diBurundi, Ruanda e Uganda di sviluppo. Burundi, Ruanda e mostrato poco interessato alla «questione Nilo», il Governo di sono tra i Paesi più poveri di Uganda sono tra i Paesi più poAddis Abeba ha cercato conti- tutta l’Africa. Le loro possibi- veri di tutta l’Africa. Le loro nuamente di rivedere gli accor- lità di intervenire, sia a livello possibilità di intervenire, sia a di capitali investibili sia di. Oggi, infatti, la posizione di di capitali investibili sia in livello in termini di tecnologia, sono forza, assunta a suo tempo da Londra, chiaramente a soste- termini di tecnologia, sono praticamente nulle. Peraltro, come gli stessi osservatori delgno di Egitto e Sudan, suona praticamente nulle l’NBI sottolineano, l’economia come un impedimento anacrodi questi tre Paesi versa in un nistico. Ed è proprio questa intale livello di arretratezza che, prima di sfruttare gessatura che l’Etiopia cerca di spezzare. a pieno regime le acque del Nilo, dovrebbe esseMa torniamo alla conformazione geografica del fiume. Come abbiamo anticipato, ci sono alcuni re effettuato un intervento strutturale, al fine di impedimenti legati alla natura del Nilo che, per passare da economie locali e di sussistenza a realtà produttive più avanzate. In un intervento inimolti aspetti, risultano insuperabili. In questo senso il corso iniziale del fiume presenta gli ziale, effettivamente, le risorse idriche potrebbeostacoli più difficili. I cinque Paesi dell’Africa sub ro risultare utili esclusivamente a livello domestiSahariana, sebbene inclusi per oltre il 90% in meco. In un secondo tempo, i progetti dovrebbero

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concentrarsi sull’installazione di un sistema di canalizzazione - utile per l’agricoltura, ma attualmente assente -, sul processo di depurazione delle acque, sul miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie e sulla fornitura di acqua a tutta la popolazione locale. Differente è il caso di RDC, Tanzania e Kenya. Per tutti e tre il fiume non è un risorsa primaria. Anzi, la loro posizione geografica è sostanzialmente marginale nel bacino idrografico. Peraltro, si tratta di Paesi che vantano interessi economici e prospettive geopolitiche del tutto diversi. Il Congo, infatti, preferisce concentrare le proprie forze nello sfruttamento del suo corso d’acqua omonimo. Il fiume Congo vanta una portata d’acqua di oltre 40 000 metri cubi al secondo e, bagnando quasi unicamente un solo Paese, non comporta contenziosi di così ampia levatura come sono invece quelli relativi al Nilo. La Tanzania e il Kenya, a loro volta, dispongono di una costa sull’Oceano indiano che costituisce la loro principale fonte di ricchezza naturale, in quanto incide positivamente nei settori dei trasporti, del turismo e della pesca. Inoltre, per loro avere un accesso al mare significa occupare una posizione in ambito geopolitico molto più interattiva a livello globale, rispetto alle politiche di tipo eminentemente locali che fanno capo al Nilo. Proseguendo con la nostra navigazione immaginaria lungo il fiume, i quattro Paesi rimasti e intorno ai quali ruota effettivamente tutto il discorso della «geopolitica nilota» sono: Sudan, Etiopia, Eritrea e, infine, Egitto. Tralasciando l’Eritrea in quanto è anch’essa coinvolta solo nel bacino idrografico, gli altri tre sono i grandi protagonisti dei contenziosi e delle rivalità che il progetto NBI sta cercando di risolvere. Grazie agli accordi del 1959, l’Egitto continua ad

La diga di Assuan, in Egitto.

Rovine di Assuan.

avere una posizione predominante nello sfruttamento delle acque del fiume. Il Nilo, dopo la congiunzione vicino Karthoum fra i due grandi bracci - Nilo Bianco da sud e Nilo Azzurro dall’Etiopia entra in territorio egiziano e si manifesta in tutta la sua forza naturale. Effettivamente, è impossibile pensare a Egitto e Nilo come a due realtà separate. Fu lungo le rive di quest’ultimo che si insediò una delle più importanti e splendide civiltà antiche, di cui le piramidi restano oggi monumentale memoria. Attualmente, solo in questa parte del Sahara, si forma un’oasi fluviale larga dai 5 ai 20 chilometri che costituisce il cuore dell’agricoltura egiziana. Bisogna aggiungere che solo nel lunghissimo tratto egiziano, oltre mille chilometri da Assuan al Mediterraneo, il fiume non si imbatte in cateratte che ne impediscano la navigazione. E merita una segnalazione particolare proprio la diga di Assuan, la cui realizzazione, alla fine degli anni Sessanta, ha dato vita al lago artificiale «Nasser». Quest’ultimo, con i suoi 165 chilometri cubi di acqua, costituisce una fonte di energia elettrica per tutto il Paese - i 12 generatori della diga producono oltre 2 gigawatt complessivi annui -, oltre a essere una fonte di irrigazione e risorse ittiche. La diga, inoltre, ha risolto il secolare problema delle inondazioni incontrollate, i cui effetti devastanti erano diventati ben maggiori dei benefici, nel pieno del XX secolo. Oggi, come per gli egizi nell’antichità, il Paese può sfruttare la lenta e controllata tracimazione del fiume, che deposita sulla pianura il suo limo fertile. Tuttavia, questo sproporzionato sfruttamento del Nilo da parte egiziana viene messo in discussione dai Paesi vicini. Per prima cosa, occorre sottolineare che il Trattato del 1959 prevedeva una spartizione delle risorse non solo squilibrata ma anche del tutto indifferente nel considerare l’origi-

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La diga di Merowe.

ne delle stesse. L’Etiopia, nella fattispecie, ha sempre posto l’accento sul fatto che oltre il 60% delle acque sfruttate dall’Egitto proviene dal proprio territorio, grazie al Nilo Azzurro. Tuttavia, le sue pressioni non si sono mai dimostrate molto efficaci. L’instabilità politica del Paese, infatti, è tornata sempre favorevole per il Governo del Cairo, il quale ha sfruttato questa debolezza del suo vicino per lasciare il contenzioso insoluto. È vero, però, che un eventuale tentativo di intervento etiope - ora che la situazione politica del Paese è sostanzialmente stabile - verrebbe interpretato dal Cairo come una provocazione. Un progetto di edificazione di una diga, oppure di deviazione di parte delle acque del Nilo Azzurro rischierebbero di alterare gli equilibri diplomatici e strategici della regione. A questo proposito, l’Egitto ha minacciato spesso di ricorrere alla forza nel caso le sue ricchezze idriche diventassero oggetto di discussione. D’altro canto, è vero che i dubbi sul fatto che Il Cairo sia seriamente intenzionato a invischiarsi in un eventuale conflitto africano sono più forti dei segnali di allarme. L’Egitto si può permettere di fare la voce grossa in quanto non solo è avvantaggiato dalla posizione geografica, che gli consente

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di sfruttare il Nilo nella zona di massima portata, ma anche da quel famoso Trattato del 1959, oltre che dal peso specifico che vanta in sede internazionale. A differenza di un’Etiopia che ambisce a diventare una potenza regionale nel contesto del Corno d’Africa, il Governo di Hosni Mubarak è un attore protagonista di fronte a tutta la comunità internazionale. La sua parola è ascoltata e i suoi consigli seguiti nelle sedi diplomatiche più prestigiose. Al contrario, quello di Addis Abeba è un Governo che - suo malgrado - subisce le etichettature superficiali e i luoghi comuni che vengono attribuiti ai Paesi in via di sviluppo. I suoi rappresentanti sono trattati con un atteggiamento snobistico e, di conseguenza, le richieste volte a rilanciare economicamente il Paese trovano scarso ascolto. Il Sudan, a sua volta, occupa una posizione ulteriormente diversa. Geograficamente, il più grande Paese africano potrebbe sfruttare il Nilo unicamente come risorsa energetica e per dare impulso alla sua agricoltura. La presenza delle sei grandi cateratte impedisce la navigabilità, che è al contrario possibile a nord. A questo limite naturale, poi, vanno aggiunti alcuni impedimenti politicoeconomici. L’elevata instabilità interna non permette al regime di Karthoum di attirare capitali stranieri, utili per l’importazione di tecnologia e la realizzazione di infrastrutture. A questo si aggiunge anche la «cattiva fama», in sede internazionale,


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da cui il Sudan non riesce a liberarsi. Il fatto di aver pattezza della stessa Lega Araba. ospitato in passato la «cupola» di al-Qaeda e oggi La diga di Merowe non è solo la prima «grande di essere guidato da un Presidente, Omar al-Baopera» africana del Terzo millennio. Il suo impatto, shir, sul quale pende un mandato di arresto da infatti, è considerevole soprattutto in ambito politico. Costituisce un’esplicita provocazione, anzi un parte della Corte Penale Internazionale (CPI) per pericolo concreto nei confronti dell’Egitto. Quest’ulcrimini contro l’umanità, relega il Paese nell’angotimo vede messo in discussione non solo il Trattato lo dei reietti e ne impedisce un coinvolgimento del 1959, ma anche le risorse idriche di Assuan. È nelle iniziative di cooperazione e sviluppo. stato calcolato, infatti, che una volta che la struttura Tuttavia, in controtendenza con questa situaziosudanese funzionerà a pieno regime, il lago Nasser ne, merita di essere segnalata la diga di Merowe, sarà quasi prosciugato nell’arco di due anni al masinaugurata il 3 marzo di quest’anno. Il nome è presimo. Le conseguenze di uno scenario simile sarebso dalla città omonima, presso la quale l’imponenbero irreparabili per l’economia egiziana. te opera è stata edificata. La scelta del luogo è doDa qui l’urgente priorità di stabilire una politica vuta al fatto che proprio in quel punto, a 350 chilocomune tra tutti i Paesi bagnati dal Nilo. Finora di metri a nord di Karthoum e in prossimità della questa ricchezza ne ha beneficiato quasi unicamenquarta cateratta, confluiscono gli ultimi grandi affluenti del Nilo. Si prevede che la diga - la più grante l’Egitto. Questo però non è un buon motivo per de d’Africa - creerà un bacino di 12,5 chilometri cuavviare un nuovo corso storico uguale e contrario in bi e conterrà il 20% della portata annuale del fiume. cui l’Egitto stesso paghi uno scotto per i vantaggi riL’obiettivo è incrementare in termini significativi il cevuti in questi decenni. La Nile Basin Initiative, cofabbisogno energetico nazionale. Attualmente la me è stato detto, all’inizio di questo intervento è produzione di energia elettrica è poco superiore ai volta a ridurre gli attriti ed evitare che le rivalità de4 kWh, un ammontare che soddisfa la domanda ingenerino in scontri violenti. L’organizzazione collaterna, ma annienta al tempo stesso qualsiasi possibora con l’Intergovernmental Authority on Developbilità di esportazione. Ed è proment (IGAD), la partnership proprio questa che Karthoum vuole mossa per lo sviluppo dei sette Dal 2005 a oggi, da quan- Paesi dell’Africa orientale (Gibuti, creare, al fine di diventare un competitor dell’Egitto sui merca- do ha preso il via il «progetto Eritrea, Etiopia, Kenya, Somalia, ti africani e, in ambito industria- Italia-FAO per la gestione Sudan e Uganda). Ma merita di le, svincolarsi dal regime monoricordato anche l’impedelle risorse idriche del baci- essere produttivo del petrolio estratto gno del nostro Paese, attraverso no del Nilo», sono stati inve- la FAO e grazie alla Cooperaziodal suo sottosuolo. stiti oltre 16 milioni di euro Interessante è notare che nel ne italiana. Dal 2005 a oggi, da progetto e nella realizzazione quando ha preso il via il «progetdell’opera, un giro di affari to Italia-FAO per la gestione delle risorse idriche del bacino del Nilo», sono stati incomplessivo di 1,2 miliardi di euro, figurano capivestiti oltre 16 milioni di euro. Tra i principali obiettali cinesi e arabi, ma parzialmente anche tedeschi tivi c’è l’esigenza di integrare i dati tecnici relativi ale francesi. La presenza della Cina, con un investimento di 240 milioni di euro circa, non è una nole risorse idriche con le informazioni ambientali e vità. Pechino, ormai da più di tre anni, sta intervesocio-economiche. Da qui, si vuole definire una senendo in Africa in modo strutturale e sistematico, rie di scenari per migliorare lo sfruttamento del poin particolare in quei Paesi dove può sfruttare le ritenziale del Nilo. serve petrolifere che non sono state preda dell’OcSu questa base, sta maturando lentamente un cidente. Nella fattispecie, proprio il Sudan occupa nuovo approccio da parte dell’Egitto. Interessato aluna posizione di primato. la stabilità del Sudan, anche per esigenze di sicurezCiò che colpisce è anche la partecipazione di za interna, il governo del Cairo si è dimostrato disponibile alla revisione del Trattato del 1959. Non a fondi sauditi, kuwaitiani, ma anche degli Emirati caso le sue proteste in merito alla diga di Merowe ulArabi e dell’Oman, per un totale di 560 milioni di timamente sono apparse molto moderate. Tuttavia, euro. In questo caso, sembra delinearsi un nuovo caso di rivalità interno alla Lega Araba, di cui Egitsiamo ancora nelle fasi preliminari in vista dell’aperto, Sudan e questi investitori sono membri. Sebbetura di trattative concrete. Queste si potranno avere ne l’obiettivo sia evidentemente quello di intervesolo quando tutti i Paesi - non distratti dal altre quenire a livello economico in sostegno del Sudan, le stioni di politica estera - si renderanno conto delreazioni egiziane possono essere negative. I Gol’urgenza di una gestione comune del fiume. verni di «oltre il Mar Rosso», così facendo, assumono una posizione contraria a quella del Cairo e Antonio Picasso mettono in discussione, in un periodo estremaGiornalista, mente delicato per tutto il Medio Oriente, la comesperto di relazioni internazionali

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FORZA NEC: INIZIA LA SPERIMENTAZIONE


FORZA NEC: INIZIA LA SPERIMENTAZIONE Questo progetto, di assoluta valenza strategica per la Forza Armata, costituisce il «motore della trasformazione» dell’intero strumento terrestre. Il 2009 segna il definitivo passaggio alla fase di industrializzazione e realizzazione dei sistemi di pre-serie, nonché di realizzazione delle strutture di Modelling & Simulation che dovranno supportare l’intero ciclo di trasformazione «retecentrica».

Per il programma più importante dell’Esercito Itava (su tre spire successive - spyral approach) (4) di liano, destinatario del maggior impegno finanziario una moderna forza terrestre con caratteristiche sull’investimento nei prossimi 25 anni, il 2009 segna «Expeditionary», «Net Centric» ed «Effect Based il definitivo passaggio dalla fase di Project Definition, Operations Oriented» (5). ossia di definizione dell’architettura target (1), a Espressioni capacitive che, con indirizzo unitaquella di Concept Development & rio, lo Stato Maggiore della DiSperimentation, ossia di indufesa ha fissato per tutto lo StruIl primo output concreto mento militare nazionale e alle strializzazione e realizzazione dei sistemi di pre-serie, nonché di questa nuova fase di spe- quali la Forza Armata dovrà di realizzazione delle strutture di rimentazione sarà l'impiego adeguarsi attraverso un piano Modelling & Simulation che do- sul campo, entro il 2010, di incrementale di ammodernavranno supportare l’intero ciclo destinato a svilupparsi: un complesso di fanteria mento di trasformazione «retecentrica». • sul piano temporale: con la fiIl primo output concreto di «media» su VBM 8x8 «Frec- nalizzazione, entro il 2018, delquesta nuova fase di sperimen- cia» dell'82° reggimento di la 1a spira, ed entro il 2031 deltazione sarà l’impiego sul cam- fanteria «Torino» della Bri- le restanti due spire, digitalizpo, entro il 2010, di un comples- gata «Pinerolo» zando complessivamente 3 Briso di fanteria «media» su VBM gate «medie» (in ordine di prio8x8 «Freccia» dell’82° reggimenrità Brigata «Pinerolo», Brigata to di fanteria «Torino» della Brigata «Pinerolo». «Aosta» e Brigata «Sassari»), una Landing Force Nei precedenti numeri 2/2007 (2) e 5/2008 (3) anfibia interforze (su base reggimento Lagunari di «Rivista Militare», si era visto che con il formale «Serenissima» e reggimento «San Marco» della avvio nel 2007 del progetto Forza NEC, la Forza Marina Militare Italiana) e un robusto pool di supArmata ha delineato gli ambiti programmatici, fiporti tattici e logistici equivalenti ad un’ulteriore nanziari e capacitivi per la costituzione progressiBrigata, tra i quali la componente AVES, il supporto logistico integrato, le capacità RISTA-EW, di difesa c/a (SHORAD - V/SHORAD) e CBRN. Contestuale all’avvio della 1a spira sarà la realizzazione di una specifica struttura di «modelling & simulation» denominata Integration Test Bed (ITB) (6); • sul piano finanziario: con un impegno complessivo di fondi, da trarre sia dal bilancio ordinario,

A sinistra. Visita del Capo di SME, Generale di Corpo d’Armata Fabrizio Castagnetti, all’82° reggimento di fanteria «Torino» in occasione della consegna dei primi VBM 8x8. In apertura. Un VBM 8x8 «Freccia».

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Timeline del Progetto Forza NEC

Fig. 1

sia dal MSE (Ministero per lo Sviluppo Economico), sia dalla ricerca tecnologica, per un importo stimato dell’ordine dei 22 miliardi di euro in 25 anni, cioè oltre il 60% delle risorse complessive per l’investimento, attese nel periodo. Il progetto Forza NEC costituisce il «motore della trasformazione» dell’intero Strumento terrestre, in quanto, ancorché destinato a conferire, già nel medio termine, un maggior peso complessivo alle forze medie, meglio attagliate agli scenari d’impiego futuri, consentirà anche alle restanti forze sia leggere che pesanti - di beneficiare appieno delle ricadute capacitive e tecnologiche del progetto, consentendo una loro contestuale e progressiva digitalizzazione nel quadro delle risorse che saranno rese disponibili. Un progetto di assoluta valenza strategica per la Forza Armata, perché non solo imperniato sul principio del «trasformare operando», nel senso che è prevista un’implementazione progressiva delle capacità network oriented senza distogliere le unità dalla disponibilità operativa, ma anche perché, a prescindere dalla dimensione delle forze inizialmente coinvolte, intende: • costruire l’asse portante di una nuova struttura organizzativa delle forze terrestri, più snella e flessibile, efficace ed integrata a livello interforze, che incorpori tutte le possibilità offerte dalle innovazioni tecnologiche nel campo delle Informazioni e Comunicazioni e della Protezione alle forze; • cogliere l’opportunità di partecipare attivamente al processo di trasformazione già in atto nei principali Paesi della NATO, quale precondizione essenziale per poter continuare, anche nel futuro, a cooperare alla pari, nei teatri di operazione, con i principali partners euro-atlantici. Proprio la complessità dell’impresa sin qui tratteggiata ha evidenziato, già nelle fasi più prettamente concettuali (7), l’opportunità di evitare, durante la fase successiva di implementazione della 1a spira, il lancio di programmi su larga scala senza averne prima valutato su scala ridotta la coerenza sistemica nonché l’efficacia tecnico-operativa (figura 1). In ragione di ciò e dei rischi tecnici connessi (che potrebbero far riverberare errori nella progettuali-

tà di lungo termine), la fase di implementazione che ci accingiamo ad avviare nel 2010, partirà con una «anteprima campionaria» denominata CD&E (Concept Development and Experimentation), finalizzata all’acquisizione e alla sperimentazione di una operatività prototipica di tre unità digitalizzate a livello reggimento (8) in grado di testare e validare lo spettro più ampio possibile delle capacità previste dal piano di digitalizzazione globale. La CD&E prevede l’impiego dei fondi MSE specificatamente allocati (al momento 319 M di euro nel biennio 2009-2010) per l’acquisizione dei principali sistemi C4 ISTAR, la realizzazione dell’ITB e l’acquisizione di alcune capacità complete per equipaggiare, come detto, 3 reggimenti di fanteria media con materiali digitalizzati (9). Si tratta, quindi, di dare avvio a programmi che per maturità tecnica ed operativa siano in grado di orientare sin da subito il processo stesso nella sua configurazione finale più completa, combinando la digitalizzazione di piattaforme legacy (ossia già in servizio o di imminente immissione) con sistemi di nuova concezione (di pre-serie), grazie ai quali condurre i previsti cicli di sperimentazione. La CD&E rappresenta un «ponte capacitivo» tra l’attuale fase di «Project Definition» e la successiva fase di completa realizzazione della 1a spira di Forza NEC, consentendo di poter disporre, nel prossimo triennio, di una prima aliquota delle capacità più significative della 1a spira. La CD&E si configura, quindi, come una metodologia sperimentale che consente di identificare la soluzione più adatta al soddisfacimento dell’esi-

Soldato Futuro.

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Fig. 2

genza operativa, sia sotto l’aspetto tecnico e tecnologico dei materiali in fornitura, sia sotto l’aspetto dottrinale, organizzativo, capacitivo e addestrativo (approccio DOTMLPFI) (10). In figura 2 è riportato il quadro riepilogativo degli obiettivi da conseguire con la fase di CD&E, frutto di processo analitico adottato in ambito Difesa e denominato MDAF (Ministry of Defence Architectural Framework), che ha previsto a monte la progettazione e l’implementazione delle architetture «target», ossia del «tessuto connettivo» del progetto di digitalizzazione (Obiettivo 1) e a valle la fornitura dei principali sistemi C4ISTAR e C2N (11)

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nonché la realizzazione dei modelli di pre-serie (Obiettivi 3 e 4), avendo verificato prima la validità delle soluzioni intraprese tramite apposite strutture di sperimentazione (Obiettivo 2). Complessivamente, si tratta di finalizzare progetti che, sebbene indipendenti da un punto di vista prettamente contrattuale, sono inestricabilmente legati l’uno con l’altro dal punto di vista dello sviluppo sistemico delle capacità sottese. Infatti, ciascun progetto è articolato in capacità tecnico-operative sostenute da funzioni e da tools (strumenti), a loro volta integrabili con quelle degli altri progetti cosiddetti afferenti, cioè affini in termini di capacità tecnico-operative. Una complessa rete di relazioni capacitive la cui tessitura, iniziata dalla Forza Armata nel 2007 con la definizione dell’Esigenza Operativa (12) e dei Requisiti Operativi Preliminari (13), oggi prosegue in stretta sinergia con il Segretariato Generale della Difesa/Direzione Nazionale degli Armamenti (per tramite della Direzione di Programma Forza NEC) per l’approntamento dei Capitolati Tecnici definitivi sulla base dei quali il System Integrator di riferimento (14) potrà formulare entro il corrente anno l’offerta tecnico-economica. L’accettazione formale di tale offerta da parte dell’Amministrazione Militare aprirà definitivamente la strada verso lo sviluppo e l’acquisizione - in un determinato «anno finanziario» di riferimento - di capacità tecnico-operative complete, del tipo selfcontained e self-sustained, ossia espresse dalla risultante di elementi sistemici (15) interdipendenti e strutturati per conferire loro omogeneità e completezza (figura 3). Infatti, l’approccio capacitivo posto a base dell’intera architettura contrattuale del progetto Forza NEC, consentirà di acquisire, anno per anno, forniture che, sebbene parziali, saranno comunque espressione di capacità complete e impiegabili dalla Forza Armata anche nel caso in cui non dovessero concretizzarsi integralmente i finanziamenti attesi dal MSE per portare a termine, in maniera compiuta, la fase di CD&E (16). Ipotesi questa non escludibile a priori nelle logiche del rischio d’impresa. Proprio la dinamicità del contesto tecnico-finanziario nel quale si sviluppa il progetto Forza NEC, ha dettato la necessità di prevedere un accurato iter di verifica, validazione e collaudo delle forniture e delle capacità afferenti a ciascun progetto, che, nell’ottica di mantenere salda la rispondenza del prodotto alle esigenze operative delineate dalla Forza Armata, si svilupperà attraverso i seguenti passaggi analitico-sperimentali: • stress test delle singole capacità di progetto per pervenire ad una iniziale e significativa «confidenza» circa la rispondenza delle stesse ai requisiti operativi di riferimento; • verifica del grado di integrazione sistemica di


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Fig. 3 ogni singola capacità nell’ambito dei vari progetti della fase di CD&E ad essa afferenti; • sviluppo di una Initial Operational Capability (IOC) per validare «sul campo» il grado complessivo d’integrazione operativa delle capacità sviluppate, con particolare riguardo a quelle correlate a sistemi giunti allo stadio di pre-serie. A tal fine, l’Unità di Sperimentazione della Digitalizzazione (USD), nata nel 2006 dalla conversione del 31° reggimento carri di Altamura, è chiamata a giocare un ruolo chiave, avendo l’unità la valenza di Integration Test Bed, in collegamento con le capacità di simulazione del CESIVA di Civitavecchia e della rete interforze di M&S (Modelling & Simulation), nell’ottica della validazione/correzione dei sistemi sin dall’inizio della loro progettazione. L’USD ha, infatti, il compito di verificare sul campo la rispondenza dei mezzi ed equipaggiamenti digitalizzati e verificare tattiche, tecniche e procedure per il loro impiego ottimale. Già oggi sono in corso le attività su moduli «Dardo» e «Ariete» retrofittati con il nuovo sistema di Comando e Controllo SICCONA, e si stanno verificando sistemi prototipici nel settore della «Force Protection» (tipo il «Blue Force Situational Awareness - BFSA»), destinati a ridurre la probabilità di fuoco fratricida mediante una conoscenza continua della posizione degli equipaggi amici. È però con l’afflusso, dal maggio scorso, dei VBM

«Freccia» e nell’imminenza di quello dei primi 92 esemplari di «Soldato Futuro», che le attività di sperimentazione stanno entrando nel vivo della valutazione di mezzi e materiali completamente digitalizzati di nuova concezione. Il successo di queste attività di integrazione operativa non solo risulterà prodromo alla successiva produzione e distribuzione dei mezzi ed equipaggiamenti alle unità a cui ne è pianificata la distribuzione, ma è condizione necessaria per consentire alla Forza Armata di testare quanto prima sul campo i primi moduli di fanteria media digitalizzata su VBM «Freccia». Infatti, l’obiettivo è quello di avvicendare quanto prima, una volta superati i test di integrazione operativa, orientativamente entro il 2010, le unità «Dardo» presenti nel Teatro afghano con altrettante su VBM «Freccia» e relativi equipaggi dotati di componenti del sistema «Soldato Futuro». Assetti questi che saranno tratti dall’82° Reggimento di fanteria «Torino» in Barletta (Brigata «Pinerolo»), il primo reggimento a beneficiare fin da subito degli output tecnologici della fase di CD&E. Tra i molteplici elementi di pianificazione che hanno determinato la scelta dell’82° reggimento, particolare valore assume la vicinanza geografica dello stesso alla Unità per la Sperimentazione della Digitalizzazione. I vantaggi offerti da questa soluzione sono, infatti, diversi e di varia natura, tra

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Fig. 4

SOLUZIONE TIPO Area Qualità della Vita

Area Logistico Addestrativa

Area Comando

Ingresso Principale

cui spicca sicuramente la possibilità di concentrare risorse umane, logistiche e addestrative in una determinata area/bacino di riferimento, laddove insistono l’USD e le unità appartenenti alla Brigata «Pinerolo» (17), avanguardie dell’Esercito Italiano verso la trasformazione in chiave rete centrica. Da questa esigenza di armonizzazione e gravitazione delle risorse disponibili, sono discesi importanti elementi di policy organizzativa posti a base del processo di trasformazione della Brigata «Pinerolo» e che in sintesi prevedono: • il 9° reggimento fanteria «Bari» (in Trani) quale unico sito per l’esecuzione delle attività manutentive in «garanzia estesa» da parte del team industriale del CIO (18), operante con carattere areale a favore della USD e dell’82° reggimento di fanteria «Torino»; • l’82° reggimento di fanteria «Torino» (in Barletta) quale unico sito di riferimento per l’addestramento di specializzazione sui VBM 8x8 «Freccia», operante con il concorso «a domicilio» del personale dell’area COMSCUOLE (SCUF e SCUCAV). La conversione dell’82° reggimento di fanteria «Torino» da unità «analogica» a «media digitalizzata» è, quindi, già iniziata e viene affrontata a 360° con approccio DOTMLPFI, adottando, cioè, tutte le misure necessarie ad ottenere un risultato completo e coerente nei vari settori afferenti il progetto:

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da quello ordinativo, con l’adozione da marzo scorso delle nuove Tabelle Organiche per reggimenti di fanteria Media, a quello infrastrutturale, con l’avvio immediato di un progetto di riqualificazione della caserma «Stella» - sede dell’unità quale progetto pilota di «caserma digitalizzata». Tale modello, che opportunamente «customizzato» in funzione di ogni specifica realtà infrastrutturale costituirà riferimento anche per la progressiva riqualificazione di tutte le caserme della Brigata «Pinerolo», è giunto ormai ad un avanzato livello di maturità e prevede una caserma tipo ripartita in tre aree funzionali: Comando, LogisticoAddestrativa e Qualità della Vita (figura 4). Nello specifico, le aree Comando e Logistico-Addestrativa dovranno poter supportare, anche sfruttando le tecnologie della digitalizzazione, le capacità di Comando e Controllo, ricovero (conservazione e gestione dei mezzi, sistemi d’arma ed equipaggiamenti ad elevato contenuto tecnologico), mantenimento e riparazione, training come anche pianificazione/preparazione e gestione dei dati di missione da riversare nei sistemi SICCONA e Soldato Futuro. Particolare attenzione è stata riservata all’area alloggiativo-ricreativa, giacché la realizzazione di strutture di lavoro, di vita e di svago in linea con gli standard fissati dalla Forza Armata a supporto del Modello Professionale, rientra tra le priorità del


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(6) L’ITB costituirà l’infrastruttura a disposizione dell’EserCapo di Stato Maggiore dell’Esercito. cito per ridurre i «rischi» correlati allo sviluppo di sistemi In conclusione, l’imminente avvio della fase di tecnologicamente avanzati, mediante verifica e validazione Concept Development and Experimentation del di materiali e strutture organizzative nonché la sperimenprogetto Forza NEC sottende ai primi veri output tazione di nuovi concetti e dottrine. L’ITB consentirà, altrecapacitivi del piano globale di digitalizzazione delsì, l’addestramento in ambiente simulato, riducendo sensile unità della Forza Armata e gli obiettivi programbilmente costi e impatto sul territorio delle attività reali. matici postulati in circa due anni di intenso lavoro (7) Le fasi concettuali del progetto «Forza NEC» sono: preparatorio iniziano a prendere forma e, a breve, • «Studio di fattibilità»: conclusasi saranno palpabili con mano. nel luglio 2007, aveva lo scopo di Attraverso una strategia basata ...gli obiettivi programma- determinare la fattibilità dell’imsulla graduale riconfigurazione dell’82° reggimento di fanteria tici postulati in circa due presa, in relazione ai tempi di rea«Torino» e sul conseguimento di anni di intenso lavoro pre- lizzazione, ai costi previsti ed ai liobiettivi che coniugano l’efficacia paratorio iniziano a prende- velli di complessità tecnologica da applicare; operativa, la sostenibilità logisti- re forma... • «Project Definition: in via di conca e la flessibilità di impiego, clusione e che ha compreso la propersonale, sistemi e procedure gettazione delle capacità della forza, nonché la definigià oggi sono testati presso l’Unità di Sperimentazione e la realizzazione dei modelli simulatori e degli zione della Digitalizzazione. emulatori da impiegare presso le strutture dell’IntegraAl termine di questo fondamentale iter di verifica tion Test Bed. e validazione, entro il 2010, uno speciale banco di (8) Ad esempio per la «capacità media», l’82° reggimento prova potrà attendere gli uomini e le donne dell’82° di fanteria «Torino» della Brigata «Pinerolo». reggimento di fanteria «Torino»: il teatro afghano.

Fortunato Mario Teodoro di Marzio Colonnello, Capo Ufficio Trasformazione dello Stato Maggiore dell’Esercito

NOTE (1) Per Architettura Target si intende l’architettura finale di un sistema complesso, che comprende l’insieme degli elementi operativi, di sistema e tecnologici necessari alla completa identificazione degli elementi del sistema, la loro interrelazione e le loro caratteristiche. Tale architettura, derivante dall’analisi della Overarching Architecture e della Reference Architecture, si ottiene alla fine della 2a fase del della metodologia MDAF (Ministry of Defense Architectural Framework) definita dallo Stato Maggiore della Difesa per lo sviluppo di sistemi complessi. (2) «Progetto Forza NEC»: un ponte verso la futura Forza Integrata Terrestre. (3) «In cammino verso una Forza Integrata Terrestre». (4) Il processo di ammodernamento è stato cadenzato per «spire», intese come integrazione progressiva nella forza degli assetti da digitalizzare/digitalizzati già in dotazione (detti anche «legacy») ovvero di prossima acquisizione. (5) Le Effect Based Operations (EBO) puntano ad ottenere il risultato («effetto») desiderato sul nemico attraverso l’applicazione sinergica, contemporanea e cumulativa di tutte le capacità disponibili, militari e non, a livello tattico, operativo e strategico. La capacità net-centrica rappresenta un fattore abilitante per la condotta delle EBO, in quanto rende disponibile la rete di connessioni indispensabile per assicurare l’attivazione globale e parallela di tutte le risorse necessarie.

(9) Tra i fondi MSE correlati al Progetto «Forza NEC» sono da considerare anche quelli relativi all’acquisto di 163 piattaforme VBM 8x8 «Freccia» per un importo complessivo di circa 300 M € ... (10) Acronimo NATO: Doctrine, Organization, Training, Materiel, Leadership, Personnel, Facilities, Interoperability. (11) C2N: Comando Controllo e Navigazione. (12) Un’Esigenza Operativa (EO) individua e delinea una capacità o un insieme di capacità da acquisire necessarie per assolvere ad una o più missioni e si estrinseca in uno specifico documento. In linea generale, un’EO nasce allorquando in presenza di una specifica carenza capacitiva («capability gap»), si rende esplicita una necessità militare («military need»). (13) Il Requisito Operativo Preliminare (ROP) è il documento predisposto al termine della fase di definizione concettuale come evoluzione dell’Esigenza Operativa. (14) Azienda di riferimento, corresponsabile nella definizione dei requisiti e nella selezione dei fornitori per i sottosistemi, fornitrice essa stessa del «core» del sistema. Il System Integrator è stato individuato nel Gruppo Finmeccanica, che ha posto in essere una specifica organizzazione ad hoc, di concerto con il Consorzio Iveco-OtoMelara e altre Industrie nazionali, con la quale interagisce l’organizzazione dell’Amministrazione della Difesa. (15) Hardware e software. (16) Complessivamente circa 650 M € nel quadriennio 2009-2012. (17) Bari sede del Comando Brigata, del Reparto Comando e Supporti Tattici e del 7° reggimento bersaglieri, Trani sede del 9° reggimento di fanteria «Bari», Barletta sede dell’82° reggimento di fanteria «Torino» e Foggia sede dell’11° reggimento genio guastatori e del 21° reggimento artiglieria terrestre. (18) CIO: Consorzio IVECO OTOMELARA.

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L’OPERATIONAL MENTORING LIAISON TEAM IN AFGHANISTAN


L’OPERATIONAL MENTORING LIAISON TEAM IN AFGHANISTAN Fondamentale è il contributo dell’Italia nell’attività di assistenza all’Esercito Nazionale Afghano. Tra gli elementi chiave per il successo conseguito in tale delicato settore vi è il giusto approccio dimostrato dal soldato italiano, un approccio «open mind» che può rivelarsi vincente nell’attività di mentoring ancora poco conosciuta a livello internazionale.

In seguito alla ben nota vittoria dell’Alleanza del Nord, supportata militarmente e operativamente dagli Stati Uniti, il 5 dicembre 2001, al summit di Bonn, le principali fazioni afghane vittoriose hanno trovato un accordo per la formazione di un Governo basato su un ampio consenso. Una componente chiave dell’intesa è stata la creazione di una Forza di Sicurezza internazionale in Afghanistan con mandato delle Nazioni Unite. Con la Risoluzione n. 1 386 (UNSCR) del 20 dicembre 2001, le Nazioni Unite hanno, infatti, autorizzato una «International Security Assistance Force» (ISAF) per assistere il Governo «ad interim» afghano nel mantenimento della sicurezza a Kabul e nelle aree vicine. Nel periodo da allora trascorso, ISAF è cresciuta militarmente, operativamente e logisticamente, espandendo la propria presenza in tutto il Paese, e passando alla terza fase della sua mis-

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Sopra. Bambini afghani. In apertura. Gli anziani di un villaggio.

sione, quella di stabilizzazione. Nel frattempo l’11 agosto 2003 è avvenuta l’assunzione di responsabilità della condotta dell’operazione da parte della NATO. Con il Patto di Londra, nel febbraio 2006, si è deciso di continuare a fornire assistenza al Governo afghano al fine di stabilire una politica che contribuisca a dare una visione più chiara possibile del futuro del Paese. L’8 febbraio 2007, la NATO ha raggiunto un accordo per aumentare il proprio coinvolgimento per quanto riguarda l’addestramento e l’equipaggiamento dell’Esercito Nazionale Afghano (Afghan Na-


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tional Army - ANA), in collaborazione con gli USA, che rappresentano la Partner Nation nel progetto.

La responsabilità dello sviluppo delle Forze di Sicurezza Nazionali Afghane (ANSF) è del Governo della Repubblica Islamica dell’Afghanistan, supportato dalle Partner Nations rappresentate dai paesi del G8. In particolare, mentre l’Unione Europea e gli Stati Uniti sono partner per lo sviluppo della Polizia Nazionale Afghana (ANP), gli Stati Uniti sono responsabili dello sviluppo dell’Esercito Nazionale Afghano (ANA) assieme ad altre Nazioni tra cui l’Italia stessa. In tale contesto è ovvio che la strategia di uscita della NATO dall’Afghanistan dipenda dal successo di una struttura integrata di sicurezza che consenta al legittimo Governo afghano di mantenere la sicurezza all’interno dei propri confini. Il coinvolgimento della NATO con l’ANA, pertanto, si concentra sui seguenti aspetti: impiego operativo delle Unità; gestione del personale; adde-

stramento; sostegno logistico; validazione finale degli assetti e delle Unità. Per coordinare tali attività e raggiungere un ottimo livello di sinergia, la NATO ha istituito Unità «embedded» quali gli Operational Mentoring Liaison Team (OMLT), riprendendo un concetto che a suo tempo era stato alla base della creazione di una struttura simile posta in essere dagli USA, «Embedded Training Team» (ETT). Come stabilito nell’OMLT CONOPS, ultima versione del 26 maggio 2008, il compito di tali assetti è di seguire tutte le aree funzionali di formazioni militari dell’ANA, siano esse a livello Corpo d’Armata, Brigata o battaglione, al fine di contribuire allo sviluppo delle capacità specifiche nel lavoro di staff per lo svolgimento di operazioni a livello battaglione o superiore. Seguire un’Unità vuol dire sia dare lezioni dottrinali che insegnare come procedere nel lavoro, oltre a rappresentare punto di riferimento, ossia es-

Sopra. Un incontro con Ufficiali dell’ANA. A sinistra. Una distribuzione di materiale scolastico.

sere mentore, guida, consigliere, circa il miglior modo per dirigere lo staff verso gli obiettivi fissati dal Ministero della Difesa per il tramite del Comandante del Corpo d’Armata. Il progresso dell’ANA è stabilito sulla base di quantità, qualità e capacità delle sue truppe. Una misurazione che avvalendosi sia di criteri oggettivi che soggettivi, non direttamente quantificabili, fornisce preziose informazioni sul raggiungimento del livello di performance. Tale misurazione è effettuata tramite alcuni parametri, definiti Capability Milestone, che fanno riferimento alla capacità delle varie Unità dell’ANA di effettuare operazioni su tutto il territorio di competenza. In particolare è previsto che al raggiungimento della Capability Milestone Level 1 (livello più elevato in una scala che va da 4 ad 1), l’Unità abbia raggiunto la Full Operational Capability (FOC) e sia pienamente in grado di pianificare, eseguire e sostenere nel tempo, operazioni di counterinsurgency a livello battaglione, senza il supporto di ISAF o altre forze della coalizione. La valutazione riguardo al livello raggiunto spetta ad un Validation Training Team (VTT), a guida USA, alle dipendenze del Combined Security Transition Command Afghanistan (CSTC-A) che provvede a certificare la proposta di livello raggiunto dall’Unità in base ai giudizi espressi mensilmente dai mentors, affiancati all’Unità stessa. In tal modo il CSTC-A esercita il Training Control sugli assetti di OMLT.

IL CONTRIBUTO ITALIANO Attualmente l’Italia fornisce un significativo e professionale apporto al 207° Corpo d’Armata

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IL PROGETTO OMLT


cessivo sviluppo delle istituzioni governative afghane. Al fine di assolvere i compiti assegnati, che prevedono l’impiego affiancato anche con piccoli nuclei di personale, senza scendere sotto il numero minimo di veicoli previsto dal «movement code» in vigore, il contingente OMLT, e i vari assetti componenti il contingente stesso, oltre a dover essere in grado di muovere in maniera autonoma in tutta l’Area di Responsabilità del Comando Regionale ovest, pur non essendo unità di manovra, devono essere forniti di alcuni materiali di equipaggiamento ritenuti essenziali per lo svolgimento della missione (Mission Essential Equipment). Tali materiali, oltre a quelli in dotazione individuale, comprendono armi di reparto, strumenti di navigazione, strumenti di contro-misura elettronica, sistemi di comunicazione e d’informazione.

GLI ELEMENTI CHIAVE

Distribuzione di aiuti umanitari.

ANA, tramite i mentors, a livello di: • Comando del 207° Corpo d’Armata stesso; • due Comandi Brigata alle dipendenze; • un battaglione di fanteria per ogni Brigata; • battaglione Combat Support della 1a Brigata. In totale, sparsi su tutto il territorio di competenza del Comando Regionale Ovest, in un raggio di 350 km di distanza dalla sede principale di Herat, nelle località di Shindand, Delaram e Qala-eNow, ci sono circa 190 militari, il 50% dei quali mentors. Il resto del personale, non mentor, svolge compiti di Sostegno Logistico e di Force Protection. La figura del mentor, ovvero mentore, consigliere, guida dietro le quinte, prevede specifici compiti nei confronti della controparte afghana: • l’assistenza all’ANA nello svolgimento delle funzioni addestrative ed organizzative giornaliere; • lo sviluppo di attività volte a favorire l’alfabetizzazione; • l’applicazione della dottrina e dei programmi addestrativi ad essa correlati; • il supporto nei confronti dell’ANA nello sviluppo, esecuzione e revisione delle tecniche tattiche e procedure (TTP); • la pianificazione e condotta di operazioni a livello battaglione, Brigata o Corpo d’Armata, che ricadano all’interno della missione e del mandato ISAF; • il coordinamento, continuo e mirato, con gli altri attori internazionali presenti sul territorio afghano che partecipano alla ricostruzione e suc-

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Particolare importanza assume, in tale contesto operativo frammentato, la disponibilità di assetti JTAC (Joint Terminal Attack Controller). Essi, rappresentando «enabler» (ossia assetti che permettono l’assolvimento di funzioni operative particolarmente importanti), devono essere necessariamente presenti ogni qualvolta si effettuano movimenti «joint» con Unità regolari dell’ANA: si tratta, infatti, di assetti che consentono la guida del supporto di fuoco aereo indirizzato su obiettivi particolari, rimanendo in prossimità o a distanza delle forze nemiche. Altro componente «enabler» è il team medico, composto di un Ufficiale medico e di un Sottufficiale infermiere professionale, capace di effettuare il primo intervento di soccorso sul posto, in attesa dell’evacuazione con dispositivo MEDEVAC. Ma forse più importante di tutti è la presenza di una figura, non tipicamente militare: l’interpretetraduttore. Ogni mentor ha a propria disposizione un interprete madre lingua dahri - pashtun, (le principali lingue parlate nella regione ovest dell’Afghanistan). Con l’interprete il mentor deve entrare in simbiosi, non solo perché rappresenta il principale strumento di comunicazione con la controparte, ma anche e soprattutto perché è il grimaldello che permette di entrare nella cultura afghana, così differente, ma al tempo stesso così simile alla nostra. Interprete come risorsa, quindi, che va gestita in maniera accorta al fine di capire le sfumature di una comunicazione verbale che, lungi dall’essere semplice, inglese - dahri - inglese tra persone che non sono madrelingua inglese, rappresenta spesso l’unico ponte tra le esigenze dell’ANA e le possibilità di ISAF. Va ricordato che non meno impor-


tanti sono le forme di comunicazione non verbale in termini di espressioni, gestualità, postura e gestione dello spazio. Altrettanto importante è la funzione che alcuni di questi interpreti svolgono nei confronti di elementi chiave dell’OMLT: il «cultural advisor», figura di riferimento fondamentale per i Comandanti nel teatro afghano al fine di riuscire ad assorbire rapidamente le principali abitudini sociali, professionali e culturali del popolo afghano e non soltanto quindi quelle della controparte militare mentorizzata dal personale italiano.

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Un convoglio nel deserto afghano.

credibilità. Un piano approntato la sera prima potrebbe essere ridiscusso e completamente stravolto nel giro di qualche ora. Potremmo avere soluzioni perfette per un piano relativamente semplice, ma la nostra controparte potrebbe considerare tale piano insignificante o di nessuna importanza, ovvero ancora potremmo scoprire che non ha l’autorità per eseguirlo. Oppure ancora presentarci ad un meeting con la nostra controparte e non vederla arriIL DECALOGO DEL MENTOR vare perché è stata chiamata a fare qualcos’altro all’ultimo minuto. La cultura afghana, nella quale il Oltre a tali strumenti a disposizione del mentor, codice d’onore rappresenta un fondamento di vace ne sono altri che devono caratterizzare il suo lore assoluto, è basata sul rispetto personale e comportamento, una sorta di decalogo da tenere sull’onore. Il mentor non deve offendere nessuno in considerazione per meglio affrontare il proprio e deve rispettare i militari dell’ANA. Un caldo sorimpegno. riso e qualche parola nella loro Innanzitutto il centro di gravilingua rompe il ghiaccio nei lotà del mentor, ossia il punto di La cultura afghana, nella ro confronti. Imparare qualche forza che ci può permettere di quale il codice d’onore rap- parola in dahri e pashtun è utiraggiungere il successo se apnon solo per migliorare presenta un fondamento di lissimo plicato correttamente. Per lavola conversazione, ma sopratrare a fianco dell’ANA, che pre- valore assoluto, è basata sul tutto può essere utile in caso di senta una cultura guerriera con rispetto personale e sul- assenza dell’interprete. Spesso un forte senso dell’onore perso- l’onore la nostra vita può essere nelle nale, la credibilità personale e loro mani: sviluppare un comuprofessionale rappresentano il ne senso di fiducia risulta escentro di gravità. Gli sforzi di mentorizzazione non senziale, e non solo ai fini della missione. verranno ascoltati, seguiti e applicati fino a quanFerma restando la necessità di conoscere la do non verrà valutata positivamente la loro credidottrina operativa ANA, mutuata da quella USA bilità. Ciò avverrà quando il mentor sarà a fianco attraverso il lavoro congiunto con altre agenzie della propria controparte in ogni occasione, dimocivili presenti quali il Military Professional Restrando competenza tecnico-tattica e uniformansources Intergrated (MPRI), non esiste un modo do il proprio comportamento secondo il valore univoco per mentorizzare; occorre basarsi sulla dell’onestà, soprattutto riferita al mantenimento propria personalità e su quella della controparte: della parola data. Ogni cosa detta o fatta verrà riun buon rapporto con la controparte dovrebbe cordata e, qualora provata falsa, farà perdere la essere il primo obiettivo da raggiungere. Le rela-

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corre trovare soluzioni che funzionino per loro, ricordando sempre che la nostra soluzione potrebbe non essere necessariamente la migliore possibile. Per fare in modo che l’ANA assuma la leadership nella pianificazione e condotta delle operazioni, occorre considerarlo partner fin dall’inizio dei primi processi decisionali di pianificazione. La pianificazione deve essere incentrata su criteri di collaborazione fin dall’inizio. La loro esperienza in area di operazioni dovrebbe essere sempre tenuta in considerazione nella fase concettuale di qualsiasi pianificazione operativa. Nel mentorizzare la controparte durante tale processo i fondamenti della dottrina sulla controinsurrezione devono essere sempre in prima fila. La nostra esperienza ha finora dimostrato che l’ANA conosce chiaramente quello che serve per vincere la guerra alla controinsurrezione, con particolare riferimento al mantenimento del supporto della popolazione. Tutte le nostre azioni, come riportato nella direttiva del Comandante di ISAF sulla contro-insurrezione, devono essere condotte nell’interesse e a supporto delAddestramento di soldati afghani al tiro, con mortai da 81 mm. la popolazione. Un proverbio afghano dice che un fiume è fatto goccia su goccia. Fissare obiettivi troppo ambiziosi potrebbe far sembrare la meta irraggiungibile; zioni personali andrebbero sviluppate e curate cercare di porsi piccoli e facili obiettivi può aiutaprima di quelle professionali. Occorre molta pare ed evita che si ingeneri frustrazione per la senzienza e continuo rispetto. Quando si è visti cosazione di incapacità dovuta al mancato raggiunme mentor credibili si comincia a fare grossi progimento degli obiettivi prefissati. Non si può tragressi. Una volta instaurato il rapporto, gli afghasformare un Esercito nei sei mesi di mandato; si ni amano raccontare storie ed aneddoti e amano possono però raggiungere piccoli, ma significativi anche sentirli raccontare. Approfittare di qualche risultati. momento di relax davanti ad una tazza di tè calFondamentale risulta comdo ( thai , in lingua dahri ) o prendere i legami e le relaziopranzare insieme permette di Per fare in modo che l’ANA ni sociali, poiché le dinamiche instaurare un rapporto cordiale ed amichevole. Il pranzo è in- assuma la leadership nella interpersonali e il vissuto di fatti considerato un momento pianificazione e condotta del- ogni singolo individuo svolgoun ruolo molto importante. sociale di estrema importanza. le operazioni, occorre consi- no Che esperienza militare ha la Può capitare di terminare una riunione o meeting senza risul- derarlo partner fin dall’inizio controparte? Ha combattuto tati apprezzabili, e ottenerli in dei primi processi decisiona- con i Mujihadeen? In quale gruppo? Di che tribù o etnia è? seguito, inaspettatamente, li di pianificazione Alcuni fattori che per noi pomangiando accovacciati un trebbero essere insignificanti piatto di riso e carne di pecora. sono per loro una questione molto importante, La storia militare afghana, vecchia di secoli, fa vedasi ad esempio la centralità ed importanza del parte integrante della loro cultura, e questa è a ruolo della famiglia, o la necessità di svolgere rasua volta fondamentale per definire i metodi che pidamente, possibilmente entro 24 ore, le esedevono essere utilizzati dall’ANA stessa. Questo quie di qualcuno che è spirato, magari in comsignifica che occorre trovare e proporre soluziobattimento. È altresi un dato di fatto il differente ni rilevanti culturalmente che possano durare ansenso del tempo, rivolto al passato piuttosto che che dopo la nostra partenza. Imporre ciecamente al futuro. Quello che può cambiare è la differene presuntuosamente la dottrina militare del monte sensazione di urgenza che potrebbe essere do occidentale, senza una comprensione delle data alle scadenze o attività in corso. loro basi teoretiche e soprattutto culturali, è un Fondamentale è riconoscere il proprio ruolo atteggiamento destinato a sicuro insuccesso. Oc-

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Addestramento al tiro con armi leggere.

successo. Tutto ciò non solo aiuterà fisicamente il mentor, ma ne aumenterà il prestigio agli occhi della controparte.

CONCLUSIONI

Distribuzione di aiuti umanitari.

analfabeti, è assolutamente da evitare il ricorso a troppe lezioni teoriche. Da preferire invece il commento, after action review, sicuramente di tipo pratico, dopo qualsiasi attività od esercitazione. L’analisi di quanto svolto deve divenire un metodo da usare sempre. Le attività di mentorizzazione devono anche permettere alla controparte di svolgere il proprio lavoro, pertanto il mentor deve concentrare i suoi sforzi prioritarizzando gli argomenti di approfondimento. «Non cercare di fare troppe cose da solo con le tue mani», questa citazione di T. E. Lawrence non potrebbe essere più vera. I soldati afghani sarebbero molto contenti se i loro mentor facessero il lavoro al posto loro, ma il problema è che più cose sono fatte in prima persona dal mentor più tempo ci vorrà affinchè la controparte afghana sviluppi le competenze necessarie. Qui ritorna in primo piano l’incredibile pazienza che deve caratterizzare l’operato del mentor. Infine, ma non di minore importanza, è la necessità di dosare bene le energie. L’Afghanistan è un ambiente severo e le sfide operative hanno un costo in termini di sforzo sia fisico che mentale. Arrivare in teatro preparati fisicamente e mantenere la propria forma fisica può costituire fattore di

Fare il mentor, in conclusione, può essere complicato e difficile ma può essere l’esperienza più significativa della carriera di un soldato. L’attività di mentorizzazione è biunivoca: capiremo e miglioreremo tanto più l’ANA, quanto più noi insegneremo a loro. La leadership afghana si basa su decenni di esperienza di guerra, che potrebbero oscurare la nostra pur valida esperienza e preparazione professionale. Comunque quello che offriamo è competenza e professionalità ed un ottimo livello di addestramento. Tutto ciò, assieme alla nostra esperienza, al buon senso e alla continua ricerca della soluzione con una notevole dose di «fantasia e creatività» italiane, può costituire una potente miscela. Durante la missione in Afghanistan questo decalogo si è dimostrato valido per tutti i livelli mentorizzati. Come sempre sono da sottolineare alcuni aspetti e caratteristiche che ogni Comandante e soldato dovrebbe possedere: buon senso, intuito e consapevolezza della situazione. Tenere in considerazione quanto detto e avvicinarsi all’ANA con un approccio «open mind» può essere veramente la chiave del successo per questa difficile quanto purtroppo ancora poco conosciuta missione internazionale. Ignazio Gamba Colonnello, Comandante del contingente OMLT

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come mentor. L’ANA ha la propria struttura di Comando e Controllo, nella quale sicuramente non è previsto il mentor. Gli ordini provengono direttamente dal Ministero della Difesa e arrivano fino all’ultimo soldato. Occorre resistere alla tentazione di intervenire con consigli volti a raggiungere risultati a breve termine. Il consiglio del mentor poi potrebbe anche non essere ascoltato e ciò non deve essere considerato motivo di offesa. Il mentor deve usare metodi semplici e pratici. In un Esercito che conta un’elevata percentuale di



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L’EVOLUZIONE DEL PRT ITALIANO DI HERAT


L’EVOLUZIONE DEL PRT ITALIANO DI HERAT Combinando insieme capacità militari, diplomatiche ed economiche, il Provincial Reconstruction Team italiano ha saputo conquistare nel tempo il consenso della popolazione afghana. La duttilità d’impiego e la concretezza dimostrate nel supportare i settori della sicurezza, della ricostruzione e dello sviluppo sono il segreto del successo di un’«eccellenza» tutta italiana.

Il Provincial Reconstruction Team (PRT) di Herat è uno dei quattro operanti nell’omonima provincia, persiana sino al 1726, con quasi due milioni di abitanti e comprendente 16 Distretti: un vasto territorio confinante a nord con il Turkmenistan, ad ovest con l’Iran, a sud e ad est con le provincie afghane di Nimroz, Helmand, Day Kundy, Bamyan, Sar i Pol e Faryab. Adeguata la sua struttura in funzione dell’accresciuto impegno italiano nell’area, rappresenta oggi l’elemento qualificante la nostra politica militare, economica e diplomatica, nella regione. Gli altri tre PRT situati nell’Area di Responsabilità del Comando Regionale ISAF in Afghanistan occidentale (RC West), sono quelli di Qala e Now nella provincia di Badghis, Chagcharan nella provincia di Ghor e quello di Farah, rispettivamente posti sotto guida spagnola, lituana e statunitense. Questa configurazione risale al secondo semestre del 2004, quando ISAF, estesa la propria Area di Responsabilità (AoR) all’ovest dell’Afghanistan, assunse i compiti dei due esistenti PRT statunitensi di Herat e Farah, creandone due nuovi in aree instabili; una peculiarità dei PRT è infatti quella di lavorare a concreti progetti umanitari soprattutto in aree dove altri soggetti (UN, NGOs, National Solidatity Program) non potrebbero operare con la medesima efficacia, in quanto considerate zone difficili o pericolose. Il PRT italiano, posizionato nel centro della città di Herat per privilegiare il contatto con la collettività e per la vicinanza ai centri decisionali del Governo locale, in una realtà non ancora normalizzata (delinquenza comune, possibilità di atti terroristici), è baricentrico rispetto al palazzo del Governo Provinciale, alle sedi dei vari Dipartimenti, al Comando della Polizia (ANP), dei Servizi di sicurezza afghani (NDS), alla Missione delle Nazioni Unite per l’Assistenza in Afghanistan (UNAMA), al Programma per lo Sviluppo Nazionale Afghano (ANDP).

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Sopra. Alcune donne e bambini in fila per le visite mediche presso il PRT. In apertura. Herat, la Moschea del Venerdì.

Struttura combinata civile-militare, il nostro PRT ha, nel suo delicato settore, il compito peculiare di fornire un’ampia gamma di risorse volte a sostenere il Governo dell’Afghanistan nello sforzo di estendere la sua autorità sull’intero Stato, incrementandone la stabilità e la sicurezza. Questa struttura, inquadrata per ragioni di sicurezza e coordinamento in un contesto militare joint, impegna le capacità militari, diplomatiche ed economiche italiane in supporto ai settori della sicurezza, della ricostruzione e dello sviluppo. La responsabilità di sviluppare la strategia del PRT per i rispettivi ambiti di competenza ricade, per necessità d’integrazione funzionale, tanto sul Comandante militare che sul Funzionario del Ministero degli Affari Esteri. Al primo fa capo la sicu-


rezza delle operazioni, del personale, delle attività C-IED, di eventuali pattuglie congiunte con ANSF, il supporto alle operazioni di disarmo dei gruppi armati illegali ed anti-narcotici (DIAG/CN). È coinvolto, inoltre, negli aspetti inerenti la sicurezza del Governatore, Consiglio Provinciale, Servizi di sicurezza afghani (NDS), Comitato di Sicurezza Provinciale (PSC) e Centro di Coordinazione Congiunto Provinciale (JPCC). Il Comandante è inoltre responsabile dei fondi CIMIC. Il Funzionario della Farnesina si interfaccia con il Comandante nel mantenere i contatti con il Governatore ed il Consiglio Provinciale, tratta i problemi di carattere diplomatico, mantiene i rapporti con i Consoli delle nazioni accreditate e fornisce valutazioni politiUna scuola in via di costruzione ad opera del PRT. che sul canale nazionale ed ISAF. Posizionato a «Camp Vianini» - il Compound è dedicato al C.F. Bruno Vianini, morto in un incidente aereo, a sud-est di Kabul, il 7 febbraio 2005 - nel giati costruito dal PRT, dotandolo di equipaggiacentro di Herat, il PRT è protetto da una prima cormento e materiali per i corsi di cucito, manifattunice di sicurezza rappresentata da ostacoli passivi, ra tappeti, parrucchiera e cosmetici. controllati da guardie afghane, posti sulle strade adPresso il PRT, ma non alle dirette dipendenze del ducenti al Compound; l’accesso alla struttura, rafsuo Comandante, si trovano anche i Carabinieri forzato da terrapieni artificiali in pietra ed altre preparacadutisti di scorta al personale del Ministero disposizioni, è controllato dai soldati italiani della degli Affari Esteri e, sulla base di un agreement, Force Protection coadiuvati da operatori cinofili, con alcune unità di EUPOL che concorrono all’addecani (pastore belga malinois) addestrati a rilevare e stramento della Polizia di Herat (ANP). segnalare sia l’esplosivo che i nitrati con i quali è La componente civile del Ministero degli Affari possibile preparare gli EED (Electro-explosive DeviEsteri si avvale della Cooperazione Italiana per lo ce). Efficace difesa del nostro personale sono però sviluppo, nel cui ambito operano esperti nei setanche la considerazione e la gratitudine della popotori governance, edilizio, idrogeologico, sanitalazione per il PRT, un acronimo rio ed urbanistico che possoche per i locali significa aiuto tanno avvalersi, come anche la gibile e progetti concreti. Il nostro PRT ha il compito componente CIMIC militare, di A differenza dei PRT statuni- peculiare di fornire un’ampia professionalità locali. tensi, che sono agli ordini di Ulteriori «civilian expertises» gamma di risorse volte a so- sono Ufficiali dell’Aeronautica e delfornite da altre Nazioni: in la Marina, la nostra struttura stenere il Governo dell’Af- particolare gli Stati Uniti sono militare è comandata da un Co- ghanistan nello sforzo di presenti con rappresentanti del lonnello dell’Esercito, che di- estendere la sua autorità sul- Dipartimento di Stato (USDOS) spone di un Personal Staff co- l’intero Stato e dell’Agenzia per lo sviluppo stituito da una Segreteria, dal Internazionale (USAID), il cui Military Assistant (MA) e da Uffunzionario è adviser del Coficiali di collegamento (LNOs) con le Forze di simandante di RC W). Due giornalisti afghani accrecurezza e governance afghane. La componente ditati da ISAF «monitorizzano», infine, le notizie militare è poi costituita da un Comando, da un dei media locali contribuendo ad una corretta difnucleo Carabinieri con funzioni di Polizia Militare fusione tra la popolazione delle informazioni sul(MP), dall’Unità di Force Protection (20a compal’operato del PRT. gnia del 183° reggimento), attualmente della FolIl PRT fornisce al Governo locale un valore aggore, e dal Cimic Center, qualificato complesso giunto di esperienze professionali finalizzate a funzionale e joint combined della struttura, enurealizzare progetti d’aiuto e ricostruzione, a loro cleato dal NATO Cimic Group South di Motta di volta funzionali ad accrescere la fiducia della popoLivenza (TV); al suo interno opera anche persolazione nel programma di stabilizzazione nazionanale dell’Aeronautica Militare Italiana ed un civile le. A questo proposito, la componente militare disloveno. Quest’ultimo, con fondi del Ministero spone attualmente di oltre cinque milioni di euro della Difesa di Lubiana, contribuisce attualmente annui e quella civile può di massima contare su alla realizzazione di progetti volti al funzionaquattro milioni e mezzo, essendo legata a criteri di mento del Centro vocazionale femminile per rifuprogetto che si estendono nel tempo in misura va-

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IEDD sequestrati ad Herat.

riabile. A queste disponibilità si sommano cifre molto più contenute poste a disposizione dalla Slovenia (50 000 dollari) ed altre (800 000 euro suddivisi in due «tranches») per l’80% dall’Unione Europea e per il 20% dal Ministero della Difesa. I progetti civili sono diluiti nel tempo rispetto a quelli militari, che risultano più numerosi e volutamente di breve o medio-breve periodo (Quick impact Project di 6/9 mesi, eccezionalmente 12: realizzazione di pozzi nei distretti rurali, costruzione di piccole scuole da 8, 10 o 16 classi). Le cifre complessivamente gestite sono rilevanti: dal 2005 al 2009 il solo CIMIC ha operato con un budget di 23 600,00 euro; recenti dati di breve periodo, riferiti al 2009, chiariscono inequivocabilmente l’impegno italiano: 32 progetti realizzati tra gennaio e marzo (quasi 255 000,00 euro) ed altri 21 nel solo mese di aprile (oltre 360 000,00 euro). Le procedure tecnico-burocratiche possono così essere riassunte. Il Consiglio Provinciale, alle cui dipendenze sono posti i Dipartimenti competenti per materia (Sicurezza e Giustizia, Servizi Sociali, Salute, Educazione, Energia e Miniere, Trasporti, Comunicazioni, Agricoltura e Irrigazione, Commercio e Finanze)), rappresenta il vertice dell’autorità politica locale. Tutte le necessità d’intervento - individuate dai Capi villaggio e dalle Shure (assemblee dei Capi) sono inviate dai Distretti ad Herat per essere esa-

Carcere di Herat: detenuti della Sezione di massima sicurezza.

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minate dal Comitato Provinciale per lo Sviluppo, il Provincial Development Commettee (PDC): tale Comitato deve controllare che esse siano attagliate alla policy del Governo centrale di Kabul, rispettino le priorità stabilite in ambito provinciale, risultino sostenibili e siano equamente suddivise. Il PDC decide quali necessità debbano essere sottoposte al PRT ed assegna le priorità. Presso il nostro PRT, verificate le concrete possibilità d’attuazione (assessment), i progetti sono sviluppati avvalendosi di professionalità militari e civili, anche locali, un ingegnere afghano opera con i colleghi italiani (ingegneri e architetti) della «riserva selezionata», in ambito CIMIC. Il controllo preventivo da parte del Comitato per lo Sviluppo afghano termina nel mese d’agosto, quando tutte le richieste sono inviate al PRT, che le passa al vaglio ed opera le sue osservazioni, sulle quali il PDC dovrà formulare un parere di concordanza. Ottenuto il nihil obstat dalle competenti autorità militari italiane, il PRT passa alla fase successiva, che prevede l’avvio, verso settembre, del Master Plan, che dovrà essere approvato entro la fine dell’anno. All’inizio dell’anno successivo il PRT inizia l’Executive Plan, che dà avvio alla fase esecutiva. In concreto, i principali settori d’intervento ai quali l’Executive Plan dell’anno in corso dà avvio sono quelli tradizionali della sanità, istruzione, agricoltura, sociale, sicurezza e governance, riabilitazione di aree verdi nella città di Herat, strade. In questo ambito, particolare riguardo assumono alcuni importanti progetti per la realizzazione di reti fognarie locali e quelli finalizzati ad estendere la disponibilità di elettricità ed acqua potabile. Nelle campagne il


Governo locale sta ponendo in atto una serie di iniziative per lo sradicamento dell’oppio e ciò logicamente comporta un suo maggior impegno nel campo dell’agricoltura e dello sviluppo sociale rurale: un aspetto che si traduce nell’incremento della quota destinata nel 2009 ai progetti agricoli. Particolare importanza, in questo ambito, assumono gli sforzi volti a realizzare i progetti destinati a sostituire con lo zafferano la coltivazione dell’oppio, i cui campi, all’epoca del raccolto, vengono distrutti meccanicamente (e non tramite diserbanti) dalle forze di sicurezza afghane, come avviene ad esempio nei distretti di Shindand e Adraskan a sud di Herat. Lo zafferano, infatti, per valore e compatibilità ambientale, rappresenta la migliore delle alternative possibili: sul mercato europeo, dove il commercio delle zafferano coltivato in Afghanistan è facilitato, 0,5 grammi in barattolo sono oggi venduti a circa tre euro. Per l’anno 2009 lo sforzo per lo sviluppo rurale rappresenta d’altro canto, con 1 262 000,00 euro pianificati, il maggiore settore d’intervento per realizzare due nuove reti idriche e 172 pozzi (coZarang, pronto per un attentato, sequestrato dalla Polizia Provinciale di Herat. sto medio unitario 1 500,00 euro). Dopo quello rurale i settori che assorbono maggiori risorse ed impegno sono quelli della Sicurezza (realizzazione di 4 Stazioni di Polizia, due centri amministrativi e zione (verosimilmente acqua potabile, irrigazione, ristrutturazione di edifici istituzionali), dell’Istruenergia elettrica a livello villaggio e prestiti ai fuozione (realizzazione di sei nuove scuole e della liriusciti per la costruzione di case), il secondo in breria centrale di Herat) e della Sanità (costruziosupporto dell’Indipendent Dept for Local Governanne di quattro ambulatori medici, Guest House per ce (IDLG), volto a preparare le elezioni provinciali e l’Ospedale Pediatrico, generatori elettrici e Repardistrettuali del 2010-2011. to d’isolamento per l’Ospedale di Herat). Quest’ulPer quanto concerne il caso specifico del Provintimo è un settore che sarebbe limitativo ricondurcial Reconstruction Team italiano di Herat, pur dire ai soli progetti, poiché il mesponendo di fondi non paragodico militare del PRT (che dinabili a quelli CERP (Comman...il personale del nostro ders Emergency Response Prospone di personale sanitario femminile) è giornalmente im- PRT, con il suo diuturno im- gram), a disposizione dei Copegnato in 60-70 visite medi- pegno, guadagna consenso mandanti dei PRT statunitensi, che gratuite a favore delle posaputo nel tempo operare tra gli abitanti della città e dei ha polazione locale, sia in sede che con duttilità e concretezza, per presso le strutture da noi rea- Distretti rurali e concorre in supportare in misura crescente lizzate, quali il Refugees Center misura tangibile all’assolvi- prima i bisogni primari (sussie i Centri vocazionali (di forma- mento del mandato ISAF stenza), poi quelli secondari zione professionale). (educazione, trasporti, cultura) In conclusione, in Afghanistan della prostrata popolazione afil nostro Paese sta attuando un politica perfettibile, ghana. In una situazione oggi relativamente più stama coerente, poiché gli interventi ordinari e straorbile e persino meno insicura a livello locale, malgrado recenti episodi inducano ad un cauto ottimismo, dinari finanziati dal Ministero degli Affari Esteri soil personale del nostro PRT, con il suo diuturno imno oggi concentrati soprattutto nell’area di schierapegno, guadagna consenso tra gli abitanti della citmento del nostro contingente, nei Distretti di Herat, tà e dei Distretti rurali e concorre in misura tangibiFarah e Badghis. La Cooperazione Italiana, che trale all’assolvimento del mandato ISAF. dizionalmente non opera dunque solo tramite il PRT o in coordinazione con esso, supporterà il Governo afghano con il National Solidariety Program (NSP) da Manuel Solastri venti milioni di euro e l’Afghan Social Outreach ProCapitano, in servizio presso gram (ASOP) da sei milioni. Il primo destinato a il NATO CIMIC GROUP soddisfare i bisogni segnalati dalla stessa popoladi Motta di Livenza

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RICOSTRUIRE L’AFGHANISTAN


RICOSTRUIRE L’AFGHANISTAN L’opera umanitaria e civile dei contingenti stranieri in Afghanistan riveste un ruolo chiave nel processo di ricostruzione del Paese. Un’attenzione particolare è rivolta al lavoro svolto da Italia, Canada, Australia e Paesi Bassi che negli ultimi anni ha raggiunto risultati importanti in un contesto ancora pieno di ostacoli e sfide da vincere.

Afghanistan, terra di passaggio e di mescolanze. Realtà geografica dal contorno indefinito. Un passato travagliato ma affascinante che l’ha vista teatro di guerra e di scontri sanguinari. Ma anche culla di civiltà, arte e storia. Oggetto del desiderio di dominatori, Re e conquistatori stranieri per intere dinastie. Un crocevia di popoli e suggestioni culturali; singolare sintesi di influenze provenienti dalle più disparate regioni del mondo. Eppure capace di esprimere un’identità culturale che conserva tuttora. Le origini storiche risalgono a circa 5 000 anni fa; i suoi maggiori centri di civilizzazione hanno subito l’influenza greca, romana, cinese, persiana, Sopra. Gli anziani di un villaggio. A sinistra. Giovani afghani durante una lezione. In apertura. Una piazza di Kabul.

araba, indiana. Insomma una perfetta fusione tra Oriente e Occidente. Nel corso dei secoli ha assunto diverse denominazioni: «Aryana» nell’antichità, «Khorasan» in epoca medievale e infine in tempi moderni Afghanistan. Caratteristica peculiare è l’eterogeneità etnica con la prevalenza di quattro gruppi, Pashtun, Tagiki, Hazara e Uzbeki, mentre la fede islamica costituisce l’elemento unificante che rafforza il sentimento di fusione e di identificazione in un’unica realtà, sostanza ed essenza. È facile scorgere i segni di un percorso storico fatto di profonde sofferenze e lacerazioni insanabili; allo stesso modo è difficile disegnarne i

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tratti futuri in un presente dominato dall’incertezza e dalla paura. La situazione attuale in Afghanistan è l’inevitabile risultato di lunghi periodi di instabilità politica che hanno visto nei secoli avvicendarsi dominazioni straniere, Regni e regimi. In particolare, dalla fine degli anni Settanta con l’occupazione sovietica prima e la dittatura talebana poi, il Paese è stato profondamente scosso e ferito da colpi che ne hanno debilitato l’intero organismo. La data chiave nella rinascita della storia afghana è l’11 settembre 2001 quando, in seguito all’attacco alle Twin Towers, gli americani e i loro alleati invadono il territorio dando inizio a una serie di intense operazioni militari che abbattono il regime talebano portando l’instaurazione di un Governo ad interim. Il 5 dicembre dello stesso anno, sotto il patrocinio delle Nazioni Unite, la Conferenza di Bonn


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sancisce l’inizio di un processo triennale volto a La ricostruzione di un edificio. garantire le trasformazioni necessarie per un avvenire democratico, con il trasferimento ufficiale dei poteri in capo all’Autorità provvisoria che conmico e politico. Il 2004 è un anno denso di avvesiste «di un’Amministrazione provvisoria presienimenti, soprattutto a livello politico. «Dichiaro e duta da un Presidente, una Commissione indipenpromulgo la nuova Costituzione dell’Afghanistan, dente speciale per la convocazione della Loya Jirche è stata adottata all’unanimità», con queste paga di emergenza, e una Corte suprema dell’Afgharole il Presidente Hamid Karzai annuncia l’entrata nistan, nonché altri tribunali che possono essere in vigore, il 4 gennaio 2004, della nuova Carta coistituiti dall’Amministrazione provvisoria». L’acstituzionale che sancisce la nascita della Repubblicordo prevede, tra le altre cose, che la Loya Jirga ca Islamica dell’Afghanistan. Il testo, approvato avrà il potere di stabilire un’Autorità transitoria dalla Loya Jirga dopo un lungo dibattito, prevede «per guidare l’Afghanistan fino a quando possa pari diritti per le donne e descrive l’Islam come la essere eletto un Governo pienareligione sacra del Paese, pur mente rappresentativo attravergarantendo protezione alle also elezioni libere e giuste da teSotto il regime talebano tre fedi. La nuova Costituzione nersi non oltre due anni dalla l’Afghanistan ha visto peg- apre la strada alle prime libere data della convocazione della (dove si registrerà giorare la propria condizione elezioni Loya Jirga di emergenza». un’affluenza di più di 8 milioSotto il regime talebano (1996- raggiungendo il quinto posto ni), svoltesi il 9 ottobre, che 2001), l’Afghanistan ha visto tra i Paesi più poveri al mon- sanciscono, con il 55,4% dei peggiorare la propria condizione do...Per non parlare del clima consensi, la vittoria di Hamid raggiungendo il quinto posto tra di terrore e della negazione Karzai, che diventerà ufficiali Paesi più poveri al mondo, con di ogni libertà fondamentale mente Presidente il 7 dicembre. Si tratta di un grande evento una delle più basse aspettative di per l’individuo che suggella un’importante vita, oltre a uno dei più alti tassi conquista per la popolazione, di mortalità infantile. Per non per la prima volta dopo diversi parlare del clima di terrore e delanni, chiamata a esercitare un fondamentale diritla negazione di ogni libertà fondamentale per l’individuo. to politico-civile. La firma dell’accordo di Bonn costituisce il primo Un’altra tappa fondamentale per il futuro delpasso verso un lento e graduale cambiamento che l’Afghanistan è costituita dalla Conferenza di Lonporterà il Paese sulla strada del progresso econodra (31 gennaio e il 1° febbraio 2006) cui prendo-

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Sopra. Lavori di ricostruzione. Sotto. Una scuola realizzata grazie al contributo del Governo italiano.

no parte le delegazioni di più di 60 Paesi. Dall’incontro nasce l’«Afghanistan Compact», come seguito dei precedenti accordi stipulati a Bonn, il quale sancisce l’impegno congiunto del Governo di Kabul e della Comunità Internazionale a operare in tre aree ben definite: Sicurezza (ossia raggiungere una vasta stabilizzazione a livello nazionale garantendo l’applicazione delle leggi e migliorando il sistema di sicurezza); Governance (Stato di diritto e diritti umani attraverso il rafforzamento delle istituzioni democratiche), Economia (sviluppo sociale ed economico). Dopo due anni e mezzo, il 12 giugno 2008, a Pa-

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rigi, oltre 80 Delegazioni rilanciano l’impegno delle forze internazionali e del Governo locale per la stabilizzazione e la ricostruzione del Paese. In questa occasione viene presentata la nuova Afghanistan National Development Strategy (ANDS, 2008-2013), un documento varato dagli afghani e articolato in programmi settoriali. Esso ha a fondamento i pilastri dell’«Afghanistan Compact», già definiti nella Conferenza londinese: Sicurezza, Governance, Economia. Oggi possiamo dire che l’Afghanistan sia sulla strada della ripresa, anche se molto resta da fare, specialmente in termini di sviluppo economico e sicurezza. Il Paese versa ancora in condizioni assai critiche per la dilagante povertà e il pericolo costante di attacchi terroristici da parte dei gruppi talebani. I graduali miglioramenti aumentano l’ottimismo generale ma non consentono di fermarsi neanche per un momento, senza alterare i delicati equilibri che sorreggono il complesso lavoro delle diverse forze operanti sul campo. I Paesi impegnati in questa difficile missione sono molti, e ciascuno si sta distinguendo in un apporto più o meno concreto al progetto di sviluppo del territorio.

IL RUOLO DELL’ITALIA L’Italia ha sempre avuto un ruolo importante in questo progetto. Fin dal 2001 sostiene gli sforzi della Comunità Internazionale con un significativo e costante contributo di risorse per la ricostruzione istituzionale ed economica e di Forze di Sicurezza nell’ambito dell’operazione ISAF, della quale è uno dei principali contributori, il quarto per


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unità dopo USA, Regno Unito e Germania, al pari del Canada. Oggi continua a essere una presenza tutt’altro che marginale sul territorio, sia sul piano militare sia sul piano civile, indirizzando i propri sforzi per lo più nelle aree geografiche della Provincia di Herat e delle contigue Province di Farah e Badghis, Bamian e Wardak, della Provincia di Baghlan e la città di Kabul. Rilevante è l’impegno, ad esempio, in termini di assetti pregiati e di formazione delle Forze di Sicurezza (Esercito e Polizia), obiettivo prioritario per la progressiva «afghanizzazione» delle istituzioni locali e del processo di stabilizzazione. La Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo (Dgcs), nell’ambito del Ministero degli Affari Esteri, è un organismo che si occupa delle linee di cooperazione e delle politiche di settore nei diversi Paesi. Riguardo all’Afghanistan ha sempre sostenuto l’ANDS e dunque lavora al consolidaSopra. Una distribuzione di aiuti umanitari. A sinistra. Un posto di guardia a un cantiere.

interventi volti a riformare il sistema legislativo (attraverso l’elaborazione e la stesura della nuova Costituzione, del codice di procedura penale provvisorio, del codice minorile), a migliorare le condizioni di vita nelle carceri, a ripristinare le infrastrutture nel settore della giustizia, contribuendo alla creazione di uffici, tribunali, procure. Significative, inoltre, le attività di formazione, supporto tecnico e mentoring (l’assistenza ai diversi settori della giustizia afghana), la creazione del National Justice Training Centre e di un carcere minorile e mento della ownership afghana nei processi di femminile a Kabul. sviluppo. Obiettivo primario, infatti, è il rafforzaL’Italia ha recitato un ruolo di primissimo piano mento delle capacità di governance locale che anche in progetti infrastrutturali importanti, come consentano all’Afghanistan di costruirsi un futuro la ricostruzione della strada Kabul-Bamyan. Un inautonomamente. vestimento di 40 milioni di euro per un tratto straCon un impegno totale di 370 milioni di euro e dale di circa 140 Km, dei quali 83 circa in pianura un’erogazione di oltre 342 milioe 57 in montagna, che collegani nell’arco di questi anni, l’Italia no la capitale alla storica città Rilevante è l’impegno del- di Bamyan di elevato interesse si pone tra i dieci maggiori donatori con iniziative di emergenza e l’Italia nel settore sanitario ed turistico-culturale. di cooperazione allo sviluppo. educativo a sostegno delle Oltre al sostegno fornito alle zone rurali con distribuzione di Sin dall’inizio, il nostro Paese ha fasce più vulnerabili della po- beni di prima necessità, l’Italia indirizzato la sua azione soprattutto nel settore sanitario ed polazione e nel campo legi- si è prodigata a favore dei rifueducativo, sostenendo le fasce slativo e della Giustizia giati all’estero e di coloro che più vulnerabili della popolazione hanno scelto di fare ritorno. Tra (donne, bambini). le altre iniziative spiccano: la Dal febbraio 2003 è operante a Kabul l’Ufficio riattivazione della Education Radio Television italiano «Giustizia», a conferma del ruolo di «lead (Ertv), attraverso l’Unesco, con la creazione di sination» e di maggiore contribuente (con 56 miliostemi di formazione a distanza; la ricostruzione e ni di euro) svolto in questo specifico ambito con l’ampliamento dell’Ospedale «Esteqlal» di Kabul,

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dove recentemente è stato aperto un reparto dedicato al trattamento delle ustioni; l’istituzione del primo centro aperto per donne e minori, sempre nella capitale. Da menzionare il progetto a favore delle donne afghane, che costituisce la prosecuzione e la revisione di un progetto di formazione professionale e micro-imprenditoria femminile nelle Province di Kabul e Baghlan, attivo dal 2004. Nato come intervento di emergenza, si è poi trasformato in progetto ordinario denominato «Formazione Professionale e Imprenditoria Femminile a Kabul e Baghlan» (Fase 1 e Fase 2). Il nostro contingente ha dato, inoltre, un enorme supporto alle strutture ospedaliere della Provincia, distribuendo materiale sanitario (arredi per le sale degenza, due stazioni radiografiche, una poltrona Sopra. Poliziotti afghani. A sinistra. I resti del Palazzo reale a Kabul. Sotto. Una studentessa afghana.

completa per operazioni dentistiche, antibiotici e medicinali comuni) ed in particolare alle Cliniche Belluno-Kabul e Piemonte-Kabul, edificate con i fondi del contingente Italiano, e all’Ospedale di Chahar Asiab, in cui opera il contingente stesso. Il lavoro che l’Italia sta svolgendo ha dato buoni risultati finora ma le sfide da affrontare, non solo per il nostro Paese, sono davvero tante e non prive di insidie.

ALTRI ESEMPI Gli esempi che possiamo portare sui traguardi raggiunti nelle operazioni di supporto militare e umanitario dalle diverse Nazioni sono, senza dubbio, svariati ma ciò che occorre evidenziare è la difficoltà nell’individuare soluzioni rapide ed efficaci e nel garantire una stabilità e una sicurezza durature ed estese all’intero territorio. In particolare, si rende necessaria una costante «rifocalizzazione delle priorità» della Comunità Internazionale nel processo di pacificazione e ricostruzione dell’Afghanistan. Ad esempio, come è stato recentemente messo in rilievo da Emma Bonino, Vice-

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presidente del Senato, «è illusorio pensare di metL’Università di Kandahar. tere ordine in Afghanistan senza risolvere il problema della droga. Ma non basta sostituire le colti; il primo raccolto è stato buono anche se modeture di oppio con quelle di banane o melograni. Bisto, ma si prevede un sensibile incremento entro i sogna soprattutto tentare nuovi progetti e speriprossimi cinque anni. La partita deve essere però mentazioni innovative». A questo proposito spicca giocata sul piano qualitativo. Soltanto lo zafferano il lavoro portato avanti dai Paesi Bassi nella Provindi alta qualità fa la differenza sul mercato in tercia di Oruzgan, una Regione a economia prevalenmini di profitti e per raggiungere questo livello è temente agricola, molti anni fa conosciuta per la necessario che i contadini siano ben istruiti, speproduzione di mandorle e diversi tipi di frutta seccialmente per quanto riguarda il raccolto, la fase ca. Qui, oggi, predomina la coltivazione del papapiù delicata che va a incidere vero e uno degli obiettivi del sul valore del prodotto. programma dei Paesi Bassi è lo sviluppo del settore rurale, che L’Afghanistan è il mag- L’Afghanistan è il maggiore darebbe ai coltivatori di papa- giore produttore mondiale produttore mondiale di oppio veri mezzi alternativi per gua- di oppio, un mercato che è (93% dell’oppio mondiale), un che è però caduto neldagnarsi da vivere, sostenendo però caduto nelle mani mercato le mani della criminalità e che la riparazione di strade e canali di irrigazione, costruendo della criminalità e che ha ha aggravato il flagello delpozzi e ponti, ma soprattutto aggravato il flagello del- l’abuso di droga (secondo una recente stima, sono un milione introducendo nuove coltivazio- l’abuso di droga e mezzo gli afghani dipendenti ni. Il Ministro degli Affari Esteri dall’oppio). È necessario un inolandese, nel maggio del 2007, gente sforzo da parte della Comunità Internazioha finanziato uno studio di fattibilità sull’introdunale per individuare valide soluzioni al problema. zione della coltivazione dello zafferano, una delle La sperimentazione di nuove colture agricole è spezie più rare e costose al mondo. La ricerca ha un’interessante innovazione e potrebbe rappremostrato l’idoneità del terreno e l’atteggiamento positivo degli agricoltori verso una simile innovasentare una svolta in tal senso. Ma non basta. Oczione. Durante l’estate, circa 107 tonnellate di corre sensibilizzare l’opinione pubblica e il cittadibulbo di zafferano sono state distribuite in tale no. Tra le varie strategie, infatti, si ritiene che Provincia e un totale di 26 ettari sono stati piantaun’efficace e intelligente comunicazione possa re-

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Sopra. Una scuola afghana. A destra. Una panetteria.

sponsabilizzare la popolazione su questo serio problema. Le innovazioni introdotte nel campo dei media hanno favorito la messa a punto di diverse soluzioni. In particolare, di grande impatto è stato il lavoro svolto dai Paesi Bassi nella comunicazione radiofonica che ha reso possibile la diffusione della stazione radio Nawa anche in Oruzgan: trasmissioni in diretta sono state effettuate dalla capitale dando spazio soprattutto al Governatore, ai Direttori provinciali e alle organizzazioni non-governative operanti in diversi settori; sta crescendo inoltre il numero di ascoltatori in Oruzgan. Radio Nawa viene a essere un ponte tra l’Oruzgan e il Governo centrale, dando la possibilità alla gente di esprimere la propria opinione. E uno dei maggiori obiettivi dei programmi è proprio quello di informare gli ascoltatori sul pericolo delle droghe. Tra le priorità nei progetti di ricostruzione messi in atto dalla Comunità internazionale ci sono i programmi di sminamento nelle diverse Regioni. L’Afghanistan è tra i Paesi che ha più mine e ordigni inesplosi al mondo. Ciò costituisce un enorme ostacolo allo sviluppo socio-economico del Paese oltre che una seria minaccia alla sicurezza della popolazione: tra feriti e morti ogni mese si contano tra le 60 e le 80 vittime, tra cui è in costante crescita il

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numero dei bambini. Le operazioni di sminamento rappresentano dunque un tassello fondamentale nel mosaico della ricostruzione afghana. Quest’anno, ad esempio, i Paesi Bassi daranno un contributo di 3 milioni di euro. Una somma ingente che servirà per addestrare il personale specializzato in tale missione e i cani usati per la rilevazione di mine. Grazie al sostegno finanziario olandese, più di 200 chilometri quadrati di terreno saranno sminati. Significativo è anche il contributo dell’Australia sia a livello operativo sia a livello economico. Nella Provincia dell’Oruzgan, dove le Forze Armate australiane sono dislocate, è attualmente in corso un progetto di sminamento che include anche la formazione sui rischi e l’addestramento di personale. Molte aree lungo il confine con il Pakistan, dove il passaggio di rifugiati afghani è sempre stato costellato di pericoli per la presenza di mine nel terreno, sono state bonificate. Così le comunità locali avranno terreno disponibile per le attività agricole, i pascoli, i progetti edilizi e di ricostruzione. L’impegno australiano in Afghanistan si distingue però anche in altri settori. Di rilievo è il sostanziale contributo fornito ai programmi nazionali per favorire l’aggiornamento di 550 funziona-

Lavori di consolidamento e ristrutturazione.

ri governativi, per assicurare i salari alle Forze di Polizia afghane e per sensibilizzare sulle questioni inerenti i diritti umani. Nel settore agricolo si sta lavorando sulle infrastrutture come erogazione dell’acqua, servizi igienici, strade rurali e sistemi di irrigazione, ma anche agevolazioni economiche per i contadini attraverso piccoli prestiti. Diverse le iniziative australiane anche in campo sanitario ed educativo per supportare e rafforzare le manovre politiche in due aree di grande rilevanza per il progresso civile e sociale del Paese. L’educazione rappresenta uno step fondamentale per sostenere la crescita e lo sviluppo di una nazione. È qui che si gioca uno dei match decisivi. L’analfabetismo è infatti una delle maggiori sfide per l’Afghanistan dove circa la metà dei bambini non vanno a scuola (soprattutto a Kandahar dove solo il 16% è alfabetizzato) e dove il livello di istruzione è tra i più bassi al mondo. In particolare, un grosso impegno in questo settore è stato assunto dal Canada che attualmente si pone come Paese leader nel programma relativo al miglioramento della qualità dell’istruzione con un investimento di circa 12 milioni di dollari per costruire o ripristinare 50 scuo-

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CONCLUSIONI Quelle descritte sono una piccola parte delle iniziative pianificate e attuate dai Paesi alleati in Afghanistan. Tante sono, infatti, le attività realizzate e in progetto. Molteplici i progressi finora compiuti; diversi gli attori impegnati nell’opera di ricostruzione. E lo scenario è davvero composito. Non c’è solo l’aspetto militare da considerare. I contingenti dei diversi Paesi si stanno adoperando per mantenere la pace e la sicurezza sul territorio e per combattere l’insidiosa resistenza dei ribelli talebani, ancora pericolosamente attivi in numerose zone; tuttavia, indirizzano buona parte dei loro sforzi anche nella sfera civile, rendendo così possibile l’attuazione di iniziative umanitarie e proSopra. Incontro tra un Ufficiale australiano e un anziano di un villaggio. A destra. Un pronto soccorso pediatrico.

le in Distretti chiave di Kandahar oltre che per favorire un’istruzione di qualità. Anche sul fronte della salute si combatte una battaglia decisiva. È in progetto una diffusa campagna di vaccinazione per debellare la poliomielite, che nell’Afghanistan del sud registra la più alta incidenza nazionale. Con un investimento di circa 60 milioni di dollari, il Canada si impegnerà nella lotta contro questa malattia e più di 7 milioni di bambini, dei quali 370 000 nella Provincia di Kandahar, saranno vaccinati. La speranza è quella di eliminare completamente il virus entro il 2009. Il risanamento della diga Dahla Dam, la più grande della Provincia di Kandahar e la seconda dell’intero territorio, è un’altra priorità. Dopo la sua costruzione, che risale al 1950, per anni è stata lasciata in uno stato di fatiscenza e ora il funzionamento dell’intero sistema di irrigazione è ridotto ai minimi termini. L’impegno prevede la sostituzione di generatori, la riparazione di valvole e la predisposizione di canali per controllare il flusso dell’acqua, oltre all’aggiornamento su nuove tecniche agricole e di gestione dell’acqua. La principale area di intervento canadese è proprio la Provincia di Kandahar dove, attraverso il sostegno delle Forze di Sicurezza afghane, si mira alla diffusione della legalità e dell’ordine e al rafforzamento degli organi di governo per promuovere lo sviluppo economico. Assumono un ruolo preminente anche gli aiuti umanitari e l’azione diplomatica volta a favorire il dialogo tra le Autorità afghane e pakistane sulla sicurezza del confine, in particolare per garantire la sicurezza al confine tra Kandahar e la Provincia pakistana del Belucistan.

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getti di sviluppo. In particolare, si è voluto evidenziare il lavoro svolto da Italia, Canada, Paesi Bassi e Australia, i quali hanno raggiunto risultati di grande valore in questi ultimi anni. C’è da dire però che il cammino verso il traguardo della completa ricostruzione è ancora lungo e la situazione non è per niente semplice. La condizione delle donne, ad esempio, presenta ancora fortissime disuguaglianze. Nel marzo del 2004 le Autorità afghane hanno ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sulle donne compiendo un significativo passo in avanti per l’affermazione dei loro diritti. Ma lo stato di ineguaglianza permane non solo a livello giuridico ma soprattutto, cosa ancora più grave e difficile da estirpare, nei codici sociali e comportamentali e nelle abitudini e nelle tradizioni culturali. Anche per quanto riguarda l’accesso alle strutture sanitarie si rilevano agghiaccianti discriminazioni. Secondo il Gender Development Index (GDI), che misura la differenza dello sviluppo umano fra donna e uomo, in Afghanistan la situazione economica della donna risulta essere tre volte peggiore rispetto a quella dell’uomo. Ad esempio, in campo agricolo le donne risultano impiegate in la-


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vori domestici o attività di raccolta ma non possoUna Moschea. no accedere, se non in misura limitata, ai beni produttivi e hanno un salario assai più basso degli contingenti stranieri in Afghanistan assume un uomini. ruolo chiave: l’impegno dell’ONU, il pieno rispetto Per quanto riguarda le politiche di genere, la del diritto e della legalità internazionale, la salvaStrategia di sviluppo nazionale in Afghanistan guardia della sicurezza, l’aiuto economico alla po(ANDS) si è prefissata tre obiettivi da realizzare nel polazione, l’impegno per la tutela dei diritti umani medio periodo: l’eliminazione di ogni forma di disono le vie che occorre percorrere per un reale scriminazione contro le donne; il rafforzamento cambiamento. Non è un caso che si parli sempre di del capitale umano delle donne; l’agevolazione più di «diplomazia militare», ossia l’utilizzo dello della partecipazione delle donne in tutte le sfere strumento militare per stabilire cooperazione, predella società. venzione e, quindi, rapporti con gli altri. Per defiAnche la sfera della sicurezza presenta le sue innizione la Defence Diplomacy è sidie ed è forse l’elemento di maggiore ostacolo all’opera di «uno strumento della politica ricostruzione portata avanti nel Anche la sfera della sicu- militare, sinergica con quella Paese. Non ha senso costruire rezza presenta le sue insidie estera, la quale tende alla prequalcosa che poi verrà distrutto ed è forse l’elemento di mag- venzione e risoluzione dei condalla violenza e dalla barbarie Si distingue per il caratgiore ostacolo all’opera di ri- flitti». delle bombe. È una prospettiva tere negoziale e di cooperaziosvilente, è ciò che fa percepire costruzione portata avanti ne, un’arma importante per un senso di impotenza e di in- nel Paese creare le premesse di una solida certezza. Invece, qui la gente ha stabilizzazione delle relazioni bisogno soprattutto di certezze internazionali. È su questo terper guardare avanti e costruire il futuro del Paese. reno che forse si sta giocando il match decisivo per Si è parlato tanto del successo o dell’insuccesso la ricostruzione dell’Afghanistan e per la risoluziodelle operazioni militari in Afghanistan. Sono in ne di ogni conflitto. Si tratta di una partita difficile molti a chiedersi se la guerra decisa e condotta dae delicata, che la Comunità internazionale deve asgli Stati Uniti in Afghanistan sia un fallimento. Del solutamente vincere non solo per una questione di resto non è semplice avviare la ricostruzione di un strategia geopolitica ma anche per ridare alla terra Paese attraverso lo strumento del conflitto armato. afghana una sua dignità e identità e per non diL’ordine e la pace non possono essere stabiliti atsperdere la grande eredità di centro di cultura, di traverso la guerra che per definizione è in netta anarte e di storia. titesi a ogni concetto che rimandi alla pace e all’armonia, anche se è motivata dalle migliori intenzioSara Greggi ni. Per questo l’opera umanitaria e civile svolta dai Giornalista

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AZIENDA ED ESERCITO: UN CONFRONTO OGGI PLAUSIBILE


AZIENDA ED ESERCITO: UN CONFRONTO OGGI PLAUSIBILE La trasformazione dello strumento militare, attraverso l’implementazione di un approccio Network-Centric, rompe i vincoli che hanno da sempre relegato un confronto tra mondo militare e manageriale a qualcosa di inappropriato e inconsistente. La somiglianza con un modo di operare delle aziende più competitive sul mercato può, con gli opportuni distinguo, aprire un dibattito sulla necessità di procedere ad una riconcettualizzazione del pensiero strategico.

Dopo decenni di «letargo», la fine della Guerra Fredda segna il risveglio del pensiero strategico militare mondiale (in primis statunitense). L’attenzione trasla dall’evento della classica battaglia campale alla gestione di un continuum molto più complesso: la crisi. Il Generale Charles Krulak introduce nel 1999 il concetto di «three block war» e nascono quelle che oggi vengono chiamate Crisis Response Operations (CRO). Le CRO rappresentano la risposta all’incremento di una tipologia di conflitti definita «asimmetrica», dove cioè i due contendenti posseggono risorse ed una volontà di combattere totalmente diverse. Il guerrigliero-terrorista è, infatti, dotato di ridotte risorse, ma è comunque fortemente motivato nell’attaccare una grande e ricca Nazione che invece

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si trova in difficoltà quando si tratta di perdere in combattimento vite umane. Per affrontare la turbolenza derivante da nemici asimmetrici, le Forze Armate più evolute stanno puntando all’ottenimento di capacità Network Centric. La ricerca dell’approccio rete-centrico ed i cambiamenti precedentemente citati fanno sì che il nuovo strumento militare rifletta principi già in fase di implementazione in un mondo manageriale scosso

Sotto. Una colonna di VBL 6x6 «Puma» in Afghanistan. In apertura. Una fonderia ai primi del XX secolo.


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Fig. 1

tigrew (1992) ne fa nelle tre «variabili strategiche» da un’esacerbante globalizzazione. Infatti, da un atdel contesto, del contenuto e del processo. tento studio della letteratura presente in entrambi gli ambiti, è possibile evincere come la nuova veste dello strumento bellico incorpori forti somiglianze con IL CONFRONTO NEL CONTESTO STRATEGICO il modus operandi delle aziende oggi più competitive sul mercato internazionale. Osservando la variabile del contesto emerge coL’analisi delle nuove similitudini, ma anche delle me sia presente una sostanziale convergenza dei persistenti differenze, è realizzata su un framework due ambiti nel considerare l’ambiente operativo di confronto costruito sia a livello di strategia che di sempre meno prevedibile, in quanto soggetto ad struttura organizzativa. attrito clausewitziano. L’incertezza da variabile Innanzitutto, per quanto riguarda la direttrice del azzerabile si trasforma in elelivello strategico, dall’analisi delmento cardine da sfruttare per la letteratura affiora una prima forte analogia tra i due mondi: La ricerca dell’approccio cogliere le opportunità emerentrambi sono strutturati per li- rete-centrico ed i cambia- genti. Ma per carpire le possiofferte dal mercavelli (figura 1). Il numero di layers menti precedentemente ci- bilità to/campo di battaglia si necesdipende dalla complessità e dall’articolazione delle rispettive or- tati fanno sì che il nuovo sita di un incremento di flessiganizzazioni, e ogni livello è de- strumento militare rifletta bilità in modo da adattarsi alle finito dagli effetti o risultati che principi già in fase di imple- nuove ed incerte circostanze. La time based competition fà in esso si intendono perseguire. mentazione in un mondo diventare il tempo una dimenSia per quanto riguarda l’ambito manageriale scosso da sione fondamentale anche nella militare che per quello manageun’esacerbante globalizza- strategia economica, come lo è riale l’aumento della complessità sempre stato in quella militare. del contesto conflittua- zione La variabile temporale influisce le/competitivo sta portando ad sull’incertezza del contesto anuna progressiva compressione e sovrapposizione tra i diversi livelli strategici creando cor più di quella spaziale, perchè mentre il terreno la necessità di una profonda riconcettualizzazione perduto si può riconquistare, il tempo è perduto per sempre. del pensiero strategico. Prima di passare alla discussione delle somiUn primo elemento di discordanza si ritrova invece nel concetto di «duello logico» formulato dal glianze e differenze a livello organizzativo, è posfrancese Tarde, che afferma: «il dibattito da risolsibile approfondire il confronto nel livello strategico attraverso la suddivisone che l’economista Petvere sul campo di battaglia si riassume sempre in

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Fig. 2 un sì contrapposto ad un no». J. Freund (1965), altro sociologo, giunge ad una conclusione simile: «Ogni conflitto è caratterizzato dalla dissoluzione dei terzi a causa della caratteristica riduzione dei gruppi in amici e nemici», mentre lo statunitense Caplow (1972) formula la legge di coalizione nelle triadi: «tre protagonisti tendono a ridursi a due, perché i due più deboli si alleano contro il più forte o i più forti si accordano per smembrare il più debole». La competizione economica, invece, presentando un numero di concorrenti consistente e indeterminato, non degenera necessariamente in duello in quanto le aziende non sono condannate a raggrupparsi in due cartelli antagonisti. sentato da esseri umani dotati intelligenza, deIl gran numero di aziende in gara fa sì che quesideri e logiche che, per quanto predicibili, hanste si trovino in difficoltà nella designazione degli no vita propria e si possono evolvere anche ra«avversari» e quindi nell’individuazione del propidamente. Inoltre il mercato può crescere, amprio posizionamento nel mercato. Ad un certo lipliarsi, e i clienti acquistando più prodotti da vello di astrazione è possibile paragonare questa difficoltà manageriale ad una nebbia clausewitziacompetitor diversi riescono idealmente a farli na presente anche nell’ambito militare. Il forte svicoesistere nello stesso punto del «terreno». Anluppo della minaccia asimmetrica ha infatti eviche se quanto affermato non è riscontrabile nel denziato una grande difficoltà nell’individuazione mondo militare si sta notando una convergenza, della stessa: oggi si è chiamati considerando nel contesto anad affrontare un nemico subdoche la realtà dei civili coinvollo che non mostra mai il suo ...oggi si è chiamati ad af- ti nella «three block war» krucentro di gravità fisico, dando frontare un nemico subdolo lakiana. In entrambe gli ambivita ad attacchi preceduti da imdi conseguenza, la presenche non mostra mai il suo ti, percettibili segnali premonitori, za di avversari intelligenti che e non sicuramente da una di- centro di gravità fisico, dan- agiscono con la propria vochiarazione di guerra (dato che do vita ad attacchi precedu- lontà e reagiscono ai cambial’esplicitazione non è più «ob- ti da impercettibili segnali menti si vanno a sommare ad bligatoria»). premonitori, e non sicura- un ambiente che comunque Nel confronto a livello di con- mente da una dichiarazione condiziona il risultato e gli eftesto, una diversità che sembra fetti delle azioni. di guerra perseverare è rappresentata dal Concludendo il confronto a fatto che, essendo il mondo milivello di contesto strategico litare soggetto ad una dialettica (riassunto in figura 2), paragodi volontà improntata anche sulla coercizione, la nando nuovamente le letterature dei due mondi, si reazione dell’avversario, a differenza dell’ambito evince un parallelismo riguardo i vincoli emergenmanageriale, è sempre presente. Tale scostamenti nella pianificazione e nell’implementazione di to è comunque oggi in discussione in quanto diuna strategia. In ambito militare si ritrova infatti versi autori manageriali sostengono che qualsiasi una discreta aderenza nel considerare i tre fattori azione intrapresa dall’azienda sul contesto necesinfluenzanti individuati in campo manageriale da sariamente provochi una conseguente reazione K. Ohmae (1985): le «risorse», il «tempismo» e la degli altri attori presenti. «realtà» (realtà come comportamento della totalità Un’associazione che spesso ha incontrato cridegli attori in gioco). tiche circa la sua legittimità è data, come già anticipato precedentemente, dall’identificazione del mercato in cui lavora un’azienda e del camIL CONFRONTO NEL CONTENUTO STRATEGICO po di battaglia su cui opera lo strumento bellico. Per alcuni autori questa similitudine ha però vaIn entrambi gli ambiti qui paragonati l’uomo è lenza limitata, in quanto mentre il mondo militaconsiderato come «naturalmente strategico», tere è sostanzialmente vincolato in termini geoleologico. Esso indirizza le iniziative verso un targrafici (terreno come quantità limitata) ed è inaget nel quale pensa di aver individuato un interesnimato (fiumi e montagne non godono infatti di se, personale o collettivo. Questi fini trovano in vita propria), quello aziendale è estremamente entrambi gli ambiti una correlazione con i mezzi, più dinamico e complesso. Il mercato è rapprein quanto tendono al raggiungimento del massimo

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risultato con il minimo impiego di energia. Osservando natura e finalità dei mezzi impiegati, la principale critica mossa all’utilizzo della metafora militare in ambito manageriale resta però quella in cui si sottolinea come gli affari e la guerra possano avere molti punti in comune, ma come fenomeni complessivi rimangano sempre separati per via della natura diversa e incompatibile sia delle forze che danno loro origine sia dei risultati che essi producono. Infatti all’interno del mondo economico-manageriale si ha un’attività di valorizzazione mentre nell’ambito militare vi è come finalità la neutralizzazione della volontà avversaria attraverso l’effetto di una azione, letale, non letale, reale o virtuale. Nel «gioco aziendale» esiste sempre un terzo attore che concorre a mediare la competizione tra le imprese: il cliente. Da quanto affermato e dalla sintesi della letteratura proposta in figura 3, si evince come, tradizionalmente, la guerra ed il business non possano essere considerati dei fenomeni sociali gemelli in quanto il primo segue una logica di sostituzione mentre l’altro di accumulo. Qui però è necessario riconoscere come gli ultimi anni stiano segnando un forte scostamento con quanto presente in letteratura. Le CRO militari rappresentano infatti un ampliamento delle tipologie operative capace di mettere in ombra il conflitto armato tradizionale. L’utilizzo della forza diventa oggi soltanto una delle opzioni strategiche disponibili e neppure quella prioritaria. Anche quest’ultima critica quindi, di fondamentale importanza perché persistita sin dall’inizio del dibattito letterario, sta diventando punto di contatto tra i due mondi. A prova di questo vi è il passaggio da una logica «objective oriented» ad una «effects oriented». Per gli ovvi motivi di costi (sia economici che di vite umane) oggi si vuole influenzare il nemico piuttosto che annientarlo fisicamente. Il fine della strategia militare diventa determinare un impatto psicologico sui policy-makers nemici per indurli a cedere e ad accettare la pace che si vuol loro imporre. Fig. 3

Lagunari presidiano un posto di osservazione in Libano.

La ricerca degli effetti, che in guerra è realizzata per l’influenza dei centri di gravità nemici attraverso le Effect Based Operations (EBO), è un impegno di sempre nel campo manageriale. In azienda si studia infatti continuamente le vulnerabilità ed i punti di forza dei concorrenti per aggirarne le difese (barriere all’entrata ed all’uscita). Tornano quindi utili in entrambi gli ambiti gli insegnamenti di Liddell Hart (1971) circa la ricerca attraverso l’astuzia di modalità di influenza indirette (dissimulazione, inganno, strategie di manovra più che di attrito, ecc.). Come lo stratega militare si concentra sia sul nemico che sul territorio, quello economico si occupa del mercato (i clienti) e dei concorrenti. Secondo Ohmae (1985), il genio dello stratega economico consiste nell’espandere i vantaggi competitivi dell’impresa nei segmenti di mercato dove si registrano i più alti tassi di crescita. La razionalità «assoluta» del dilemma del prigioniero e della teoria dei giochi non è più valida neppure in campo economico. Nasce il bisogno di paradigmi nuovi, più aderenti alla realtà, e grazie al contributo di Simon nel 1987 si giunge alla razionalità «limitata». La «limitazione» consta nel fatto che per Simon l’economia deve considerare anche gli aspetti irrazionali del comportamento degli attori economici. Ciò dischiude ulteriori analogie fra il comportamento militare e quello manageriale, infatti, già nel 1832, il Generale prussiano Clausewitz introduceva il bisogno di tener presente il comportamento umano irragionevole/passionale. Il conflitto è un «camaleonte», ed in esso non vi possono essere leggi o principi aventi valore normativo generale. Quest’ultimi devono invece essere violati con intelligenza per illudere il nemico e colpirlo di sorpresa. La guerra prima che uno scontro di forze è un confronto di volontà e intelligenze strategiche

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Un robot per la bonifica di E.O.D. viene sbarcato da un elicottero AB 212.

contrapposte. Essa non è lineare in quanto piccole variazioni di «input» possono provocare grandi variazioni di «output». Ma lo stesso fenomeno si verifica anche nell’economia e l’«effetto panico» a Wall Street ne è una dimostrazione. La policy e la strategia, pur essendo fondate su un bilanciamento razionale fra obiettivi, costi e rischi (ovvero fra scopi, risorse e linee d’azione) devono quindi saper valutare e sfruttare i fattori arazionali ed irrazionali che intervengono in un conflitto. La strategia militare «pura» può essere vista come un «gioco» essenzialmente a somma zero: ciò che è guadagnato da un attore è perso dall’altro, per cui, da un punto di vista prettamente teorico, il prodotto finale resta costante. Da un lato più pratico ciò, però, non si verifica quasi mai in quanto l’annullamento totale dei belligeranti può essere vantaggioso per un terzo o, situazione più frequente, provocare un risultato generale negativo in seguito alle perdite subite da ambo i fronti sia in termini monetari che di vite umane. Detto ciò si può affermare che, tendenzialmente, in ambito militare il bilancio risulti essere a somma 0, cioè nessun attore coinvolto guadagna in rapporto a quanto perso. Per ovviare ad una simile situazione, dopo l’ecatombe delle due Guerre, la politica impone sempre con maggior frequenza moderazione e vincoli all’utilizzo della violenza bellica. Ciò avviene sia

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perché è necessario preservare un trade off tra fini e costi, sia perché è importante mantenere un consenso interno ed esterno all’organizzazione (anche per legittimare l’intervento armato). In ambito manageriale, invece, tale situazione non necessariamente si verifica in quanto le aziende non concorrono per distruggere i concorrenti ma per massimizzare i loro guadagni e la loro competitività futura. Come disse infatti nel 2009 l’economista Coutau-Bégarie: «L’acquisizione di maggiori quote di mercato da parte di un’impresa non significa per forza la rovina dei suoi concorrenti, in un contesto di sviluppo della domanda globale». Ciò spiega che, generalmente, in ambito economico, il «gioco» è a somma 0. Nel libero mercato però, come nei conflitti, la competizione ha una tendenza strutturale, come descritto da D’Aveni (1994), verso una «escalation agli estremi» per la conquista di una posizione di monopolio e la conseguente «eliminazione» dei concorrenti. Tale escalation, in ambito economico, viene limitata dalla normativa antitrust mentre, in quello militare, è generalmente l’ONU a ricoprire un ruolo di «moderatore» dell’equilibrio internazionale. La strategia militare, nella storia antecedente allo sviluppo delle CRO, ha seguito quella che Luttwak (2001) chiama «logica paradossale», cioè un modus operandi basato sull’utilizzo della forza per il mantenimento della pace. In azienda, invece, la strategia punta a massimizzare la cooperazione piuttosto che la competizione preferendo il compromesso creativo al conflitto. Ciò accade non per bontà d’animo, ma


perché la «neutralizzazione» del concorrente comporta esborsi troppo significativi. É interessante sottolineare l’analogia fra l’equilibrio «difesa-offesa» nel campo militare e nel campo manageriale. Nella storia militare gli avanzamenti tecnologici negli armamenti hanno fornito in certi momenti un vantaggio all’attacco, in altri alla difesa. In periodi di rapidi mutamenti delle tecnologie e/o del contesto geopolitico/geostrategico, le tendenze conservatrici si sono rivelate ricetta per la sconfitta. Soprattutto dopo la fine della Guerra Fredda sono avvenuti sconvolgimenti in campo militare che hanno richiesto (e tanto più oggi richiedono) l’adozione di approcci indiretti, competitivi e innovativi. Lo stesso vale in economia. Nel 1985 Ohmae afUn impianto industriale. ferma infatti come il bilanciamento fra attacco e difesa, fra approccio indiretto e approccio diretto, fra innovazioni di prodotto e innovazioni di processo, è ciò che distingue la strategia manageriale moderna in una «linea Maginot». Ne consegue che in dalla tradizionale. Ciò implica che gli approcci volti azienda è oggi importante dare priorità alad evitare il rischio sono fallimentari. Ora, con la ral’«innovazione di prodotto» e al rinnovamento pida evoluzione delle tecnologie e dell’ambiente inorganizzativo. Per tenere conto dell’imprevedibiternazionale (basato sui concetti di globalizzazione lità e della rapidità evolutiva dell’ambiente circoe interdipendenza) non vi è alternativa fra il successtante (che sia un mercato o il battlefield) divenso/vittoria e il fallimento/sconfitta, in quanto rita cruciale un management strategico in tempo sulta impossibile «restare a galla» se non struttureale, nel quale ci sia una leadership forte e dinarandosi ed operando dinamicamente. L’inevitabilimica e un’intelligence efficace per poter anticipatà della turbolenza ambientale richiede quindi lo re e comprendere le trasformazioni in atto. sviluppo di contenuti capaci di sfruttare la competitività, e non di mitigarla. Da qui emergono le analogie individuate da TofIL CONFRONTO NEL PROCESSO STRATEGICO fler (1995) circa le modalità di produrre potenza Dall’analisi della letteratura emerge come quello militare e quelle di creare ricchezza. La strategia del processo strategico sia un militare a causa della sua logica concetto comparabile sia nel paradossale («Si vis pacem para bellum») si basa sulla sorpresa. Per tenere conto dell’im- business che nell’ambito militaCiò significa adottare una con- prevedibilità e della rapidità re. Infatti: «The strategy process dotta imprevedibile, anziché an iterative human activity evolutiva dell’ambiente cir- is approcci più semplicistiundertaken in a particular conci/preventivabili dai quali il ne- costante (che sia un mercato text to devise a way to achieve mico riuscirebbe con facilità a o il battlefield) diventa cru- an aim. Every company or milidifendersi. Anche in ambito ma- ciale un management strate- tary force, in every situation, nageriale si ricerca una condot- gico in tempo reale, nel qua- with every set of human beings, ta «shock and awe» per creare le ci sia una leadership forte will devise their own strategy vantaggi competitivi. . e dinamica e un’intelligence process» Una delle principali debolezze Nel periodo successivo alla delle moderne imprese risiede efficace Seconda guerra mondiale i nella rigidità del loro top macontributi si focalizzarono in nagement e dei fattori di proambito manageriale sulla «long duzione. Un’azienda non preparata ad affrontare range planning», cioè su una pianifica-zione olile sfide nel mercato internazionale non è in grastica e dettagliata di lungo termine fondata suldo di competere efficacemente nell’economia l’ipotesi di un’evoluzione lineare, sia dei fattori globale. Strategie di difesa statica non hanno più della produzione che di quelli del mercato. In quei successo così come la cultura dell’avversione al tempi, dove sarebbe più opportuno parlare di rischio. Soltanto la dinamicità e l’aggressività «piano strategico» piuttosto che di «processo strapossono stimolare la crescita o, almeno, garantitegico», la pianificazione ricalcava il modello utire la sopravvivenza senza trasformare l’impresa lizzato anche in ambito militare dall’approccio

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Fig. 4

Diffusione della direttiva dettagliata

Diffusione della direttiva generica (“intento”)

platform-centric. Questa tipologia di approccio alla pianificazione risultava adeguata alle caratteristiche dell’ambiente competitivo dell’epoca: forze in campo ben definite e trend di crescita costanti (e in linea di massima prevedibili). In entrambi i mondi, da sempre, questa tipologia di pianificazione (definibile come «tradizionale») distingue la fase di formulazione da quella di implementazione (figura 4). Questa netta divisione nel piano strategico era necessaria principalmente per due motivi. Innanzitutto c’era bisogno di una coordinazione unitaria e razionale di un crescente numero di attori impossibilitato nel comunicare e nell’allineamento congiunto. Inoltre persisteva il problema della scarsa formazione e qualità delle risorse umane di livello inferiore. Per gestire una situazione di questo tipo i vertici di Comando ricercavano innanzitutto ordine, per sincronizzare le attività conflittuali/produttive impartendo loro stessi direttive altamente dettagliate. Il Commander’s intent era un ordine che spiegava minuziosamente il «cosa» fare ed il «come» farlo. Il «perché» compiere un’azione non era invece diffuso sia per una questione di controllo che di sicurezza. Ma anche in azienda venivano impartiti «ordini» di questo tipo. I flussi informativi della vecchia organizzazione fordista in campo aziendale, e dell’approccio platform-centric in quello militare, sono cioè molto simili. La diffusione informativa era unicamente «top-down», cioè fluiva solamente dai livelli alti (Comando di Vertice pianificatore) verso i più bassi (meri esecutori). Le risorse umane subordinate, direttamente dispiegate sul campo da una parte e sulla linea produttiva dall’altra, non erano quindi abilitate nel partecipare alla presa delle decisioni ma solamente nell’esecuzione fedele delle direttive. Organizzazioni fondate su un processo strategico di questo tipo incorporano la metafora del «meccanismo dell’orologio»: l’errore del singolo componente rischia di bloccare l’intero apparato. Gli Eserciti che in passato utilizzarono questa impostazione non fecero quindi altro che coniare i principi dai quali ebbe successo la produzione di

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massa industriale: una gerarchia progettata per supportare un elevato e centralizzato decision making che punisse l’errore. Questa continua ricerca di semplicità permetteva una massimizzazione della potenza di fuoco, come, allo stesso modo in un impianto industriale, si sincronizzava la catena produttiva per massimizzare i quantitativi di prodotti finiti. La ricerca di un processo «top-down» anche in campo manageriale è confermata da Wilson che nel 1994 ricorda come la formulazione strategica sia stata tradizionalmente compito del Chief Executive Officer (CEO) e del top management, che realizzavano il piano d’azione. I manager di linea ed i livelli a loro subordinati erano atti solamente all’esecuzione. La situazione fin qui disegnata vede però un cambiamento nel ’73. Il primo shock petrolifero dà infatti il via ad un aumento di incertezza nell’ambiente competitivo mondiale. La complessità operativa emergente sia in campo politico-strategico che in quelli economico e tecnologico, evidenzia come il concetto di piano strategico risulti troppo rigido. Studi in letteratura hanno infatti dimostrato come dalla metà degli anni ’80 in poi l’implementazione del vecchio piano strategico sia risultata fallimentare. Nasce allora, all’interno delle aziende, il «processo strategico», unica soluzione al crescente bisogno di flessibilità e adattabilità alle richieste della clientela. Il CEO diventa un chief designer del processo strategico, dando vita ad un forte decentramento decisionale nelle risorse subordinate. Quest’ultime, forti di una formazione, di un know-how e di skills distintive, vengono abilitate nella presa delle decisioni. Pur mantenendo il potere di controllo nelle mani dei superiori, il flusso informativo aziendale si trasforma diventando oltre che «top-down» anche «bottom-up» perché: «...strategy...ideas can come from anybody, anywhere, anytime».

Un VBL 6x6 «Puma» durante un pattugliamento in Afghanistan.


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L’incoraggiamento alla comunicazione e la ricerca di contributi da parte dei manager di linea nella scelta delle direzioni strategiche future dell’organizzazione, sono iniziative che portano alla creazione di una caratteristica cruciale nelle aziende di successo degli ultimi anni: l’esistenza di una cultura organizzativa. Diffondere una vision, una mission e valori comuni permette a tutte le risorse Un’operaia al tornio. umane di pensare ed agire all’unisono. Come si può osservare in figura 5, nel mondo militare è avvenuta una trasformazione molto simile a quella aziendale. Il cambiamento risiede nel tarsi repentinamente ad un contesto incerto e dipassaggio dall’approccio platform-centric a quelsordinato rappresentato da opportunità volatili e lo network-centric. informazioni incomplete. Nell’approccio rete-centrico, infatti, l’attenzione Con il raggiungimento dell’approccio networktrasla dal vecchio sistema detail-controlled, cencentric da una parte, e con il modello aziendale retralizzato, con focus principale all’ordine e alla ticolare dall’altra, si è quindi affrontato il bisogno precisione, ad un sistema mission-controlled, dedi reattività a «diretto contatto» attraverso l’intercentralizzato. Quest’ultimo si fonda sul presupconnessione delle risorse umane. Per permettere posto di accettare l’incertezza, il disordine e la friquesta connettività informativa le stesse modalità zione come aspetti inerenti alla guerra. relazionali sono andate mutando da un approccio Si può affermare che oggi, in prevalentemente competitivoentrambi i mondi, si attua un conflittuale ad uno cooperativo processo strategico che ricerca La strategia militare, basa- con gli altri attori operanti (nenelle risorse umane il «genio ta su una presa delle decisio- gli stessi spazi e non). dello stratega» (definito dal GeCiò non significa che il conni a livello tattico in real time, flitto oggi sia evitato, bensì è nerale Clausewitz in ambito militare, e dal manager Ohmae in si avvicina alla strategia valorizzato. La conflittualità è ambito aziendale). Il «genio» è aziendale odierna, dove bi- infatti necessaria in quanto capace di sfruttare tempestiva- sogna adattarsi repentina- «segnale di crescita e apprenmente le occasioni che gli si mente ad un contesto incer- dimento» ed è stimolata perché presentano o che lui stesso crea. to e disordinato rappresen- fonte di «soluzioni creative». Il «cooperativo» indica Il processo strategico risulta tato da opportunità volatili e termine come le organizzazioni netcontinuato, attraverso un ciclo work-centric/reticolari abbatOODA (Observe-Orient-Decide- informazioni incomplete Act) continuo che adegua i piani tano i vecchi sylos funzionali iniziali alla situazione contincaratterizzanti l’organizzaziogente, assicurando a ciascun livello strategico ne verticale tradizionale. Infatti, antecedentemenaderenza fra decisione e obiettivo. Gli stessi fini te alla trasformazione, non era solamente impedirisultano flottanti, adeguabili al contesto caratteta la comunicazione dal basso verso l’alto, bensì rizzante il campo di battaglia/mercato. anche quella orizzontale tra le funzioni che così La strategia militare, basata su una presa delle erano portate a detenere avidamente risorse e decisioni a livello tattico in real time, si avvicina alskills ridondanti. la strategia aziendale odierna, dove bisogna adatIl nuovo processo strategico permette una con-

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LOGOS

Fig. 5


Fig. 6

divisione in tempo reale di informazioni e dati in quanto il Vertice di Comando/top-management diffonde solamente una direzione generale da perseguire, cioè il «perchè» raggiungere un obbiettivo ed il «cosa» fare a livello macro per raggiungerlo. I livelli subordinati, sebbene vincolati da un campo d’azione e da definite «regole d’ingaggio», vengono quindi investiti da una forte libertà d’azione, potendo decidere il «cosa» fare a livello micro ed il «come» farlo. Ogni persona o gruppo di persone può autosincronizzarsi interpellando qualsiasi funzione aziendale che possa aiutarla per il raggiungimento del fine a lei assegnanto. Organizzazioni militari-manageriali che attuano questa tipologia di processo strategico evidenziano capacità decisionali fulminee, assicurando così una superiorità nel contatto con il nemico/cliente.

IL CONFRONTO A LIVELLO ORGANIZZATIVO Dal confronto nelle tre componenti della strategia, fin qui realizzato, è possibile intuire come, anche a livello di struttura organizzativa, i due mondi abbiano manifestato e ad oggi manifestino un numero di similitudini superiore a quello delle divergenze. Come riassunto in figura 6, nella letteratura militare si individua come la trasformazione dall’approccio platform-centric al nuovo network-centric abbia segnato un cambiamento di tendenza, speculare a quello realizzatosi in campo aziendale nel passaggio da organizzazioni fordiste/tayloriste alle nuove aziende reticolari. Sia l’Esercito, costruito sul concetto di «piattaforma», che l’azienda fordista, ricercavano infatti un ordine gestionale accentrando il decision making in un top management estremo superiore di un’immaginaria «piramide». La piramide rappresenta la struttura organizzativa militare tipica, definita su un solido senso di autorità e quindi su una gerarchia interna altamente strutturata e definita. La trasposizione

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dell’organizzazione militare in quella manageriale, avvenuta tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, in piena Rivoluzione Industriale, è conseguenza della fiducia ripartita ai tempi nel modello organizzativo verticale. Da qui l’interiorizzazione di un insieme di valori tipicamente militari quali la disciplina e l’esprit du corp. Sulla scia di questi ideali e di altri tipicamente mascolini come la forza, la lealtà e la resistenza, entrarono in auge (principalmente all’interno di aziende americane e giapponesi), anche se con minor formalità, i con-cetti di vittoria, onore e difesa della Patria. In conseguenza a questo indottrinamento nacquero numerose critiche da parte di famosi autori manageriali. Si prevedette infatti che la metafora Azienda/Esercito avrebbe portato ad un’esasperazione strategico-organizzativa: la pianificazione centralizzata unicamente al vertice. E così avvenne. Inoltre si volle galvanizzare la figura del top management affiancandola al mito del «grande leader» o del «grande Capitano d’Industria» che doveva condurre l’azienda verso la vittoria. L’opposizione più dura venne però mossa dall’autore Garsombke che nel 1988 avvertì circa la pericolosità della trasposizione per la possibilità che avvenissero negazioni di personalità, spiriti di vendetta e violenze di gruppo all’interno dell’azienda. Ad oggi tutte le critiche qui riportate si presen-

Una moderna fabbrica.


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Sopra. Un Ground Assault Convoy in Afghanistan. A sinistra. Un AAVR-7A1 (Recovery).

tano notevolmente ridotte in quanto è il nuovo strumento militare a voler attingere dal mondo manageriale. Mentre l’ambito aziendale già dalla metà del XIX secolo iniziò a lodare organizzazioni reticolari decentralizzate, autonome e post-burocratiche, fondate sull’interconnessione di cellule di lavoro e della loro efficacia in ambienti dinamici, il mondo militare segnò, fino alla fine della Guerra Fredda, una profonda stagnazione del pensiero strategico-organizzativo. Solamente dall’inizio degli anni ’90 gli Eserciti moderni (a partire da quello statunitense) hanno infatti realizzato circa l’importanza di modificare la vecchia impostazione gerarchico-piramidale per far fronte ad una turbolenza ambientale in continuo aumento. L’approccio network-centric può essere garantito solamente da una struttura organizzativa «ibrida» dove la componente verticale risulti minore di quella orizzontale. Possedere una struttura prevalentemente orizzontale significa ridurre notevolmente il numero di salti gerarchici e abilitare i livelli inferiori ad un decision making responsabile. La responsabilità non deve però possedere la vec-

chia connotazione della preclusione agli sbagli, anzi, l’errore è permesso perché conseguenza possibile della creatività. Solamente attraverso la creatività, lo spirito d’iniziativa (concetto di intraprenditorialità per il management), l’apprendimento dagli errori (concetto di lesson learned per i militari) e la valorizzazione di molteplici punti di vista si può affermare di possedere un’autorità decisionale distribuita. È una criticità necessaria per la nascita di iniziative di risposta autonome, capaci di sviluppare strategie potenzialmente di successo per l’organizzazione. Gli sforzi militari americani in Iraq e Afghanistan dimostrano l’interesse per questo decentramento del decison making nel ricorrente uso a unità addestrate e potenziate capaci di prendere decisioni rapide e di agire di conseguenza: le Forze Speciali. Gli alti livelli di Comando hanno infatti oggi capito che per combattere contro organizzazioni reticolari come Al Qaeda occorre essere organizzati alla stessa maniera. La flessibilità organizzativa per una rapidità di reazione rappresenta allora la risposta strutturale offerta da entrambi i mondi all’imprevedibilità. Si vuole, quindi, superare la staticità puntando su strutture network-based caratterizzate in campo manageriale da reti di intraimprenditori ed in campo militare da reti di «caporali strategici» krulakiani. Devis Mizza Ingegnere

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TECHNE

L’ARTIGLIERIA DEL XXI SECOLO


L’ARTIGLIERIA DEL XXI SECOLO Le recenti trasformazioni e l’accentuarsi di nuove tendenze dimostrano l’importanza dell’artiglieria negli Eserciti moderni. Le esperienze belliche in Afghanistan, in Iraq e in Israele hanno visto un impiego limitato ma fondamentalmente efficace di tali sistemi anche nelle guerre asimmetriche.

Le recenti esperienze belliche, come i conflitti tra Israele e i suoi vicini e quelli tuttora in corso in Afghanistan e in Iraq dopo la conclusione dell’OIF (Operation Iraqi Freedom), hanno visto un impiego dell’artiglieria relativamente limitato. Eppure, essa è stata ed è presente, anche nelle guerre asimmetriche, anche se alla sua azione i media danno in genere poco risalto. Tutt’altro che trascurabile fu il contributo, alla vittoria della Coalizione sulle forze di Saddam, degli interventi efficaci e aderenti dei pezzi americani a traino meccanico da 105 mm M 119, da 155 mm M 198, dei semoventi da 155 mm M 109 A6 Paladin. Né meno efficace fu, da parte britannica il fuoco dei cannoni a traino meccanico da 105 mm e dei semoventi da 155 mm AS 90. Alla rapida conclusione delle stesse operazioni contribuirono non poco, inoltre, le azioni di supporto effettuate dalle batterie a razzo MLRS (Multiple Launch Rocket System), delle più leggere HIMARS (High Mobility Artillery Rocket System) e quelle a grande distanza ATACMS (Army Tactical Missile System). Se però, negli anni di guerriglia che seguirono, le loro azioni si ridussero a tiri di controbatterie per contrastare i mortai dei guerriglieri, sul fronte dell’Afghanistan, considerato inizialmente di secondaria importanza, andarono intensificandosi invece con il passare degli anni le azioni di vera e propria guerra. Le corrispondenze giornalistiche provenienti da quest’ultimo scacchiere, comunque, si sono occupate principalmente degli agguati alle vie di comunicazione e di come essi venivano contrastati, nonché delle saltuarie incursioni talebane alle basi delle forze di stabilizzazione. Poco rilievo invece è stato dato alle reazioni delle truppe NATO contro gli attacchi sempre più frequenti scatenati dagli irriducibili, sebbene gli occidentali abbiano schierato in quel teatro - sia pure in numero ridotto molte delle loro armi più potenti, come i carri armati Leopard 2 e i semoventi PzH 2000. Ancor meno se ne sa nel nostro Paese, forse perché le nostre truppe hanno impiegato in Af-

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Sopra. Un 2a65 a traino meccanico da 155 mm. In apertura. Un PzH 2000.

ghanistan i mortai pesanti, che nell’immaginario collettivo non sempre sono assimilati alle artiglierie vere e proprie. Il fatto che se ne parli poco non vuol dire tuttavia che negli Eserciti moderni (e non solo in quelli delle Nazioni più avanzate) l’artiglieria sia considerata un elemento di secondaria importanza rispetto, per esempio, all’aviazione, oppure ai mezzi blindo-corazzati e specialmente ai veicoli protetti destinati alla sicurezza degli itinerari. Negli ultimi tempi, anzi, proprio l’artiglieria sta registrando notevoli trasformazioni, con l’introduzione di nuovi materiali e l’accentuarsi di tendenze già evidenziatesi negli ultimi decenni del secolo scorso. Tra questi sviluppi, e concatenati tra loro, vanno segnalati l’unificazione dei calibri intorno ai 155 mm e l’alleggerimento dei complessi, una necessità


particolarmente sentita nelle operazioni in terreni Una batteria di Smertch in azione. Lo Smertch, con 12 tubi da 300 mm, può impiegare munizionamento a temontani e per l’aviotrasporto. In generale, è diffuso stata termobarica. l’orientamento verso affusti automotori, tanto a cingoli (che consentono settori di direzione di 360°, oggi senza l’impiego di vomeri), quanto a ruote. Tra i vantaggi offerti da questi ultimi vi sono la riparse quasi del tutto le grosse artiglierie tradiduzione al minimo del tempo della messa in battezionali, registrando una notevole inversione di ria e, di conseguenza, la possibilità di entrare in tendenza: il calibro si è stabilizzato intorno a azione senza indugi e la conse155 mm, anche se alcuni guente facilità di cambiare posiEserciti mantengono ancora in Il fatto che se ne parli po- linea calibri intorno, o di poco zione prima di essere individuati dal nemico, evitandone la pre- co non vuol dire tuttavia superiori, al 105 mm. vedibile reazione. Altre tendenze che negli Eserciti moderni La celerità di tiro dell’artiglieria recentemente accentuatesi sono campale fino a pochi decenni or l’artiglieria sia considerata sono non si discostava dai due il diffondersi del caricamento automatico e la lunghezza delle un elemento di secondaria colpi al minuto. Era rimasta cioè quella che, ai tempi di Napoleobocche da fuoco, orientata verso importanza... ne, era raggiungibile con persoi 52 calibri. Si nota infine, in nale opportunamente addestracerti casi (e non solo per le armi controaerei, come si vedrà), un interesse per le arto. Notevolissimi sono stati i progressi, in questo tiglierie pluricanna. settore, grazie al caricamento automatico, ancorché A questa tube artillery, come oggi è comuneuna celerità più o meno doppia non si possa mantenere a lungo per evidenti motivi. È pressoché spamente denominata, si vanno sempre più affianrita la distinzione tra obici e cannoni, giacché tutti i cando le armi di saturazione e/o a lunga gittata pezzi di artiglieria sono ad anima lunga e, grazie a con propulsione a razzo, di cui quasi tutti gli settori di elevazione superiori ai 45°, possono esseEserciti sono attualmente provvisti. re impiegati in entrambi i ruoli. Si torna a parlare quindi di grandissime gittate, un tempo riservate ai «cannonissimi» in genere su LA COSIDDETTA «SEMOVENTIZZAZIONE» affusto ferroviario, ottenibili con grandissima precisione mediante proietti guidati. Se ne è discusso Il concetto di privilegiare la mobilità dei pezzi, anche su queste pagine (1), pur puntualizzando riducendone il calibro, e di conseguenza il peso, che l’impiego di munizionamento Extended Range non è affatto nuovo. Risale ai tempi di Federico per le artiglierie terrestri e navali dovrebbe geneIl Grande, allorché, mettendo a cavallo, o addirittura sui cannoni, i serventi, si creò ralizzarsi in tempi assai brevi. l’«artiglieria volante». Sostituendo al cavallo il Ciò premesso, possiamo ora considerare rapmotore, oggi si ottengono gli stessi risultati con presentativi dei più evoluti materiali di artiglieria le artiglierie semoventi. In effetti, sono scomsemovente di ultima generazione, il PzH 2000 -

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Un cannone-obice da 155 mm M198 in azione in Afghanistan.

cani nel 2003) al potente e ben più moderno 300 mm BM 27, utilizzato ultimamente contro i secessionisti in Cecenia. A proposito dello MLRS, va osservato che oggi sussistono seri problemi per il suo munizionamento, in quanto, come per la maggior parte delle armi di saturazione impiegate in tutti gli Eserciti, esso comprende razzi a cariche multiple (le cosiddette bombette) che in alcuni Paesi occidentali si vorrebbero eliminare. Tali ordigni, infatti, sono giudicati estremamente micidiali se inesplosi. In base a queste decisioni, una percentuale di razzi previsti per l’MLRS, quella a sub-munizioni, dovrebbe essere sostituita, in quanto la convenzione in via di approvazione prevede l’esclusione di bomblets del peso inferiore ai 4 Kg e prive di sistemi di autodistruzione. Si pensa anche di integrare il razzo da 227 con una versione guidata, già favorevolmente sperimentata in azione. Naturalmente, altri Paesi producono diversi modelli di razziere, alcune delle quali presentano interessanti particolarità, che non si mancherà di citare più avanti.

oggi in servizio con gli Eserciti danese, germanico, greco e italiano - e l’autocannone francese Caesar, quali esempi della versione cingolata e ruotata rispettivamente, entrambi del calibro 155. Ricordiamo che di questi il PzH è stato già favorevolmente sperimentato in guerra (Afghanistan) dall’artiglieria danese, che lo ha schierato in quel lontano teatro dal 2007. L’ARTIGLIERIA E LA GUERRA ASIMMETRICA Accanto alle artiglierie tradizionali, più adatte ad operare contro obiettivi puntiformi, come si è già In questo particolare tipo di conflitti, meno conaccennato, tutti gli attuali Eserciti dispongono di veniente appare l’impiego dei semoventi, rispetto sistemi a razzo. L’Occidente allinea l’M270 a 12 ai quali si preferiscono gli obici convenzionali. Ricelle per proietti autopropulsi da 227 mm, più cordiamo che anche per tali pezzi a traino meccanoto come lanciarazzi multiplo MLRS (Multiple nico, la scelta è caduta (e da una quarantina d’anni, ormai) sullo stesso calibro, Launcher Rocket System) e la 155. È da rilevare comunque sua versione alleggerita e ruoI progressi nelle artiglie- che rispetto allo FH 70 da tata (HIMARS, High Mobility Artillery Rocket System) a 6 celle o rie tradizionali si sono con- 155/39 e al suo corrispondenun ATACMS. Dallo MLRS è stato centrati, oltre che sull’al- te dell’allora Unione Sovietica, 2a65 a traino meccanico da sviluppato il lanciatore a 2 celle, leggerimento sull’accresci- il155, di caratteristiche all’incirper proietti razzo di maggiore calibro (610 mm), il sistema mento della gittata e sul- ca analoghe, si sono registrati ATACMS (Army Tactical Artillery l’efficacia e precisione del in questi ultimi anni notevoli progressi. Il calibro da 105 mm Missile System) , che consente munizionamento è rimasto in uso in diversi Paeuna gittata di gran lunga supesi (2) e non ne è escluso riore (128 e più Km), una granl’eventuale impiego - in certe occasioni - dall’Itade potenza del colpo singolo con un CEP (Circular Error Probable) ridotto al minimo. lia (3), che però ha recentemente ritirato dalla liL’ATACMS, il cui esordio risale all’operazione nea il suo 105/14 mod. 56 preferendogli il morDesert Storm del 1991 con 32 missili lanciati, è taio rigato francese Thomson-Brandt da 120 mm. stato impiegato nella successiva OIF del 2003, che È peraltro ancora assai apprezzato il modello ne ha visto il lancio di ben 450. britannico leggero L 118 da 105, pur esso coIn Russia, dove ancora sussiste una discreta munque in linea da quasi trent’anni, ma adottagamma di moderne artiglierie pesanti semoventi to anche dall’Esercito americano, nella versione (vi sono obici da 203 e perfino un mortaio da M 119, che l’ha impiegato in Iraq. 240), vi è una più ampia disponibilità di artiglierie Circa l’efficacia dei tradizionali materiali su afa razzo, con calibri che variano dall’anziano ma fusto a ruote in conflitti asimmetrici, non vi sono tuttora diffusissimo 122 mm su autocarro 6 x 6 dubbi. Per fare un esempio, recentemente l’interBM 21 (impiegato dagli iracheni contro gli amerivento di una batteria da 155 M 198 ha ridotto

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Un mortaio rigato da 120 mm Thomson.

degli obbiettivi, da aggiornarsi continuamente quando si impiegano proiettili guidati. L’importanza che vengono ad assumere queste procedure è evidente se, come in certe missioni, si devono osservare particolari precauzioni (ad esempio quella di non coinvolgere obiettivi civili) e, questione non secondaria, di utilizzare al meglio un costoso munizionamento. Una relativa novità, che rientra anch’essa nel quadro delle operazioni di guerra asimmetrica, è il sistema TOS-1 (Buratino, dal nome di un eroe russo), di cui si è avuta notizia durante le operazioni in Cecenia. Questo lanciatore multiplo (30 tubi) prevede munizionamento a razzo da 220 mm con testate di tipo termobarico (a combustibile liquido). Esso produce cioè una grossa nube di gas che causa una forte esplosione in grado di neutralizzare bunker e altri tipi di fortificazioni. In russo, infatti, TOS è l’abbreviazione di «sistema lanciafiamme pesante». Presentato per la prima volta a Omsk (giugno 1999) nel corso di una esposizione di materiali militari, si diceva potesse essere impiegato utilmente per far detonare campi minati. Il sistema di lancio è sistemato sullo scafo del carro T-72 ed avrebbe una gittata a partire da 400 m e fino a 5 000, coprendo un rettangolo di 200 x 400 m.

I MATERIALI IN SERVIZIO E DI IMMINENTE INTRODUZIONE Cina L’Esercito della Repubblica Popolare ha rinnovato, a partire dagli anni Novanta, il suo materiale semovente con il modello da 152/45 Norinco PLZ 45, a caricamento automatico, per la cui bocca da fuoco sarebbe stata impiegata tecnologia austria-

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fortemente il lancio di razzi sulla base americana «Salerno» in Afghanistan. È da rilevare che il Comandante della batteria ha evidenziato come fossero state prese tutte le misure possibili perché gli abitanti della zona venissero informati del bombardamento, onde evitare, ove possibile, danni collaterali. Un valido aiuto alla controbatteria è oggi dato dalla disponibilità, nell’artiglieria degli Stati Uniti, dell’apparecchiatura di scoperta del fuoco AN/TPQ 36/37 e del radar contromortai Lightweight. In particolare, date le traiettorie delle armi a tiro curvo facilmente individuabili dai mezzi elettronici, è relativamente facile localizzarle. Ve ne è in esperimento un altro tipo (non automontato, ma trainato) di migliori prestazioni, che dovrebbe raggiungere addirittura la portata di qualche centinaio di chilometri. I più semplici radar contromortai (CRAM, Counter Racket Artillery and Mortar Radar), sono soggetti a restrizioni nel combattimento urbano, giacché battere le postazioni da loro individuate potrebbe coinvolgere i civili. Comunque, essi danno un preavviso sufficiente per indossare elmetto e corpetto antiproiettile e gettarsi a terra. Ottime anche le prestazioni dell’Arthur su mezzo cingolato, in dotazione alle nostre truppe. La sorgente di fuoco è individuabile a distanze fino a 40 Km e con un’approssimazione di 2 metri. Ciò è quanto basterebbe per reagire immediatamente con un Excalibur (a guida GPS) da 155mm o con un razzo da 227 guidato (quando e se li avremo). I progressi nelle artiglierie tradizionali si sono concentrati, oltre che sull’alleggerimento (si è passati dalle 7 tonnellate del FH 70 e dalle 7,174 dell’M198, alle 5,4 del 155/39 della Technologies Kinetiks di Singapore ed addirittura alle 4,175 dell’M777), sull’accrescimento della gittata e sull’efficacia e precisione del munizionamento. È ovvio che ogni riduzione nel peso del complesso ne facilita la mobilità e consente per di più di impiegare trattori 4x4 al posto dei più pesanti 6x6. L’aumento della celerità di tiro, che comunque difficilmente potrà superare i famosi due colpi al minuto se sostenuta, lascia comunque invariato il problema - tutt’altro che trascurabile - rappresentato dal peso e dalla movimentazione delle munizioni per le bocche da fuoco da 155. La portata, di 30 Km è ormai giudicata normale per il modernissimo M 777 e si prevede di accrescerla ulteriormente. Tale aumento, già iniziato con l’adozione di munizionamento a propulsione assistita (R.A.P., Rocket Assisted Projectile) e come già per le munizioni Extended Range, presupporrà un’efficace sorveglianza del campo di battaglia e moderni mezzi aerei per l’acquisizione


ca e per il munizionamento, quella russa. Si tratta di un completo sistema d’armi concepito inizialmente per l’esportazione (numerosi acquistati dal Kuwait dal ’97 al 2001) e che comprende nume-

Caesar • • • • • •

Norinco PLZ 45 • • • • • • • • • • •

Peso: 33 t (classe 60); Equipaggio: 5 uomini; Lunghezza: 10,150 m; Larghezza: 3,230 m; Altezza: 3,420 m; Munizionamento: 30 (ER HE, ER FB-BB illuminanti, fumogeni, ecc.); Gittata massima > 40 Km; Peso proietto: -; Ritmo di tiro: 5 colpi al minuto (caricamento semiautomatico); Velocità massima: 55 Km/h; Autonomia: -.

rosi veicoli di servizio, quali portamunizioni, radar, Comando e Controllo, soccorso ecc.. Tra i numerosi prodotti dell’industria bellica cinese, vanno segnalati autocannoni e lanciarazzi multipli ruotati e cingolati, fortemente ispirati alle realizzazioni occidentali, nonché un semovente controaerei ruotato pluritubo (7 canne da 30 mm e 6 tubi lanciamissili), naturalmente a punteria radar asservita. Nell’arsenale cinese sono presenti moderni lanciarazzi multipli da 273 mm, sia su affusto ruotato che cingolato. Francia L’Esercito francese solo di recente è parso interessato ad un radicale rinnovamento dell’artiglieria. Sono in servizio - oltre all’onnipresente MLRS - i semoventi da 155/40 su scafo AMX-30, ormai nettamente superati (il prototipo risale addirittura al 1972), - benché aggiornati nella motorizzazione e nel sistema di condotta del fuoco che li ha portati allo standard AUF1-TA - e quelli autotrainati AUF1 e TRF1 (paragonabili al nostro FH 70) sempre di calibro 155. In partico-

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Peso: 18,5 t; Equipaggio: 6 (compreso pilota); Lunghezza m: 10 m; Larghezza m: 2,50 m; Altezza: 3,26 m; Munizionamento: HE-FRAG, RAP, bombette (Ogre), illuminante ecc.; Gittata massima: 42 Km; Peso proietto: -; Ritmo di tiro: 12 colpi al minuto (caricamento automatico); Velocità massima: 100 Km/h; Autonomia: 600 Km.

lare, il TR della ex GIAT aveva una portata di 32 Km. Dotato di APU (come del resto il nostro FH) aveva un’automobilità di 8 Km. Rapida era la messa in batteria, da 1 a 2 minuti. Una recente svolta è rappresentata dall’acquisizione del Caesar, un autocannone da 155/52 con condotta di tiro computerizzata Thaeles e Atlas 4C, che sta suscitando l’interesse di altri Eserciti, come quello australiano. Il veicolo è costituito da un buon autotelaio fuoristrada e l’equipaggio viaggia in una cabina corazzata. L’installazione presenta però notevoli limitazioni nel settore di tiro orizzontale, che è di soli 30°. Germania L’Esercito tedesco ha ridotto i propri materiali al semovente PzH 2000 Taurus e all’artiglieria a razzo (M227 o MLRS). È però in prova un altro semovente da 155/52, più leggero del PzH (poco più di 30 tonnellate) e offerto anche in un modello per l’esportazione. Per quanto riguarda la difesa controaerei a bassa quota, è stato recentemente introdotto il materiale Oerlikon-Contraves Skyshield 35/1 000, un cannone revolver a controllo remoto per difesa di punto e in grado di sparare 1 000 colpi al minuto. Sono ancora in servizio, tuttavia, i semoventi controaerei binati da 35 mm per la difesa c.a. mobile Gepard, affiancati dai piccoli Wiesel cingolati armati di 8 missili Stinger.


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Giappone L’Esercito imperiale nipponico ha in uso anch’esso l’FH 70 e l’MLRS, oltre a un semovente, il Tipo 99 da 155/39, di costruzione nazionale e di concezione abbastanza moderna. Gran Bretagna Ha in linea il semovente AS 90 Bravehearth, da 155/39 (poi portato a 155/52), la cui variante PzH 2000 Peso: 55 t (classe 60); Equipaggio: 3-5 uomini; Lunghezza: 11,669 m; Larghezza: 3,480 m; Altezza: 3,430 m; Munizionamento: 60 (con 288 cariche); Gittata massima > 40 Km; Peso proietto: variabile; Ritmo di tiro: max 10 colpi al minuto (caricamento automatico); • Velocità massima: 60 Km/h; • Autonomia: 420 Km.

AS 90 Bravehearth • • • • • • • • •

Peso: 45 t; Equipaggio: 5; Lunghezza m: 9,07 m; Larghezza m: 3,5 m; Altezza: 2,49 m; Munizionamento: 48 granate e cariche; Gittata massima > 30/80 Km (ER); Peso proietto: variabile; Ritmo di tiro: 6 colpi al minuto (caricamento automatico); • Velocità massima: 53 Km/h; • Autonomia: 430 Km circa.

sto di APU (Auxiliary Power Unit). Sono inoltre in dotazione all’artiglieria terrestre i lanciarazzi MLRS e il mortaio rigato da 120/15 standard NATO, di peso molto ridotto (627 Kg), rilevante gittata (13 Km) e con una celerità di tiro di 11 colpi al minuto, che può essere trainato a 60 Km/h e messo in batteria in 2 minuti. Il semo-

KRAB è stata da poco adottata dalla Polonia. Entrato in servizio nel 1993, ha sostituito lo FH-70 e costituisce, insieme con il pezzo da 105 mm L 118, a traino meccanico, l’armamento dell’artiglieria britannica convenzionale, le cui caratteristiche sono riportate nella scheda dedicata agli Stati Uniti. Come artiglieria a razzo, è in uso l’MLRS. Italia L’obice semovente da 155/52 tipo 2 000 prodotto su licenza dalla Società OTO Melara e del quale è iniziata la distribuzione ai nostri reparti, seppure con un certo ritardo (10 anni rispetto alla Germania), è stato già dettagliatamente descritto su queste pagine (4). È ancora in servizio l’ FH 70 da 155/39, provvi-

FH 70 • • • • • • • • • • •

Peso: 7,8 T al traino 9,3 T; Squadra di servizio: 7 uomini; Lunghezza: 12,43 m, al traino 9,80 m; Larghezza: 2,58 m; Altezza: 2,45 m; Munizionamento: HE illuminante fumogeno; Gittata massima:> 30 Km; Peso proietto: 43,5 Kg; Ritmo di tiro: 6 colpi al minuto; Velocità massima/di traino: 60 Km/h; Autonomia: -.

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vente da 155/41 Palmaria, il primo modello italiano a caricamento automatico (ritmo di tiro 4 colpi al minuto) e della gittata, con R.A.P., di 30 Km, che è stato costruito dal 1986 solo per l’esportazione. È prevista l’introduzione dell’obice UHL da 155/39, del peso di 4 tonnellate, aviotrasportabile, con munizionamento GPS e velocità di traino di 80 Km/ora. Russia L’artiglieria dell’allora Unione Sovietica è stata uno degli incubi degli Eserciti occidentali durante il periodo della Guerra Fredda. Negli anni Ottanta, aveva adottato il cannone/obice da 152/49 a traino meccanico 2A36 (5), su affusto con carrello a 4 ruote, del tipo a doppia coda e scudato. Del peso complessivo di 8 800 Kg, è

155 tipo 2A65, con affusto semplificato e provvisto di APU (che però raggiunge i 7 000 Kg). Tale bocca da fuoco è stata montata su affusto semovente 2S19b MSSTA-S del 1989, sempre in calibro 152 o 155. Su scafo del carro T-80 ma con componenti del precedente T-72, potenziato da un motore diesel e con energia autonoma fornita da una turbina ausiliaria a gas, questo moderno semovente ha la particolarità di montare sulla prua una lama di sbancamento che gli facilita la preparazione della postazione di tiro. Qualche anno fa ne è comparsa una versione bitubo (due schemi, profilo e prototipo), di interessanti caratteristiche costruttive, la quale sarebbe destinata a sostituire o integrare, riunito in batterie di 8 pezzi ciascuna, gli attuali 2S19b. Come lanciarazzi, in Russia restano in uso principalmente il già citato BM27 da 240 mm della gittata di 35 Km (Uragan) e il più potente Smertch a 12 tubi da 300 mm, che ha una portata di 70 Km ma richiede 20 minuti per la ricarica. Sembra siano ancora in servizio i lanciatori ruotati per missili tattici SS-21 del calibro di 650 mm, con portata da 15 a 120 Km. Stati Uniti Per ciò che attiene ai semoventi, è prevista la sostituzione dell’M109 a canna lunga (M109A6

2S19b • • • • • • • • • • •

Peso: 42 t; Equipaggio: 5 uomini; Lunghezza: 11,91 m; Larghezza: 2,98 m; Altezza: 3,58 m; Munizionamento: 50 (HE-GRAG, a submunizioni, guidato o a guida laser Krasnopol); Gittata massima > 30 Km; Peso proietto: 43,56 Kg Ritmo di tiro: 8 colpi al minuto (caricamento automatico); Velocità massima 50-60 Km/h; Autonomia: 520 Km.

provvisto di un otturatore semiautomatico, a caricamento idraulico, che gli consente una cadenza di tiro teorica di 6 colpi al minuto, ridotti però ad 1 nel tiro prolungato. La Federazione Russa, che ha ancora in servizio questo materiale prodotto anche nella versione alleggerita 2A61 (affusto a treppiede, come il notissimo 122 mm) da 155 del 1997 e che pesa solo 4 350 Kg, ha prodotto più recentemente il pezzo da 152 e

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NLOS • • • • • • • • •

Peso: -; Equipaggio: 2 uomini; Lunghezza m: -; Larghezza m: -; Altezza: -; Munizionamento: -; Gittata massima: > 40 Km; Peso proietto: -; Ritmo di tiro: 12 colpi al minuto (caricamento automatico); • Velocità massima: 70 Km/h; • Autonomia: -.


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Obice da 105 mm M119 • • • • • • • • • •

Peso: 1 858 Kg; Squadra di servizio: 6 uomini; Lunghezza m: 8,8 m; Larghezza m: 1,78 m; Altezza: 2,10 m; Munizionamento: HE, HEAT, illuminante, nebbiogeno, a fumata; Gittata massima: 17 Km; Peso proietto: 18 Kg; Ritmo di tiro: 6 colpi al minuto; Velocità massima di traino: 60 Km/h.

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Peso: 3 175; Equipaggio: 5 uomini; Lunghezza m: 10,3 (9,5 al traimo); Larghezza m: 2,65; Altezza: -; Munizionamento: -; Gittata massima: 30 Km (40 con GPS Excalibur); Peso proietto: -; Ritmo di tiro: 4 colpi al minuto; Velocità massima: 50 Km/h (di traino); Autonomia: -.

Paladin), ma non è ancora noto quando questo potrà avvenire. Negli scorsi anni si è sperimentato il Crusader (XM2001), che alla prova dei fatti è stato tuttavia giudicato troppo complesso. Abbandonato tale progetto per un altro di più grande respiro, integrato nella rete, si prevede di sostituirlo con l’avveniristico nuovo semovente da 155 mm, affiancandolo alla versione towed (a traino meccanico) e cioè l’M777, già in servizio anche in Canada. Il nuovo sistema d’artiglieria, sviluppato con priorità e portato al tiro nel 2008, è destinato a fornire migliorate capacità di risposta e micidialità ai Comandi delle FCS BCT (Future Combat Sistem, Brigade Combat Team) (6), nel quadro appunto del Futuro Sistema di Combattimento. Si tratta di

un complesso del tutto nuovo, con equipaggio ridotto e denominato NLOS (Not in Line Of Sight) Cannon. Tale semovente dovrà battere obiettivi a forti distanze ed effettuare azioni di precisione e di saturazione in appoggio ad altre unità, con una gamma di munizioni che comprendono tipi speciali. Il NLOS è stato studiato per consentire fuoco sostenuto in appoggio ravvicinato e in azioni a distanza, impiegando la tecnologia del progetto Crusader. In attesa della definizione di detti nuovi materiali, restano così in servizio, oltre al Paladin, i pezzi da 155 e da 105 di cui sopra, nonché le tre razziere già citate (MLRS, HIFAST e ATACMS). Altri Eserciti Non si può concludere questa pur breve rassegna sullo «stato dell’arte» dell’artiglieria senza accennare alle realizzazioni di Stati minori, prodotte non solo per i rispettivi Eserciti ma anche per l’esportazione. Fra le più interessanti, l’autocannone corazzato sudafricano da 155/45 prodotto dalla LIW Division di Denel di Pretoria, più noto come GV6 Mk 1 e per essere stato l’antesignano dei moderni autocannoni. Continuamente aggiornato, esso montava una bocca da fuoco tuttora all’avanguardia e rappresentò, al suo ap-

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M777 da 155/39 (Digital Gun)


parire sul finire degli anni Ottanta del secolo lineare la fortuna che sta avendo in questo pescorso, un’autentica rivoluzione in questo campo. riodo il semovente ruotato. In Svezia, la BAECostruito su un autotelaio 6x6 Alvis OMC (già Bofors ha concretato un 155/52 autocannone Vickers), che gli permette una velocità massima di 6x6 completamente automatizzato il che con85 Km/ora (30 fuoristrada) ed un’autonomia di sente un elevatissimo ritmo di tiro (la riservetta ben 700 Km, porta a bordo 45 granate e 50 caridi 20 colpi si esaurisce in soli 2,5 minuti), con che, ha una gittata di ben 50 Km (V° 910 m/sec) un equipaggio di soli tre elementi. Il complesed un equipaggio di 6 uomini, protetto contro le so, relativamente leggero (protezione, nebbioschegge di granata, le mine terrestri e le armi geni, armamento secondario sono opzionali), è leggere. È a caricamento semiautomatico (8 colpi destinato a sostituire il 155 mod. 77 già in seral minuto) ed è dotato di un elaborato sistema di vizio, tanto nella versione semovente cingolata navigazione e di controllo del tiro, il Thales 2000. che in quella a traino meccanico. Ottimi i tempi Può essere impiegato anche nel tiro diretto - codi entrata e uscita in batteria. Qualche perplesme del resto quasi tutte le artiglierie di oggi - ed sità è suscitata soltanto dal passo piuttosto è provvisto di nebbiogeni. lungo (tra il primo e il seconTra gli altri Paesi emergenti, do asse) del veicolo - che poanche l’India sta per adottare la In ambito tube artillery, trebbe provocare problemi stessa bocca da fuoco Denel G- vorremmo sottolineare la nella marcia fuori strada - e 6, da 155/52 ma montata sullo fortuna che sta avendo in dal limitato settore orizzonscafo cingolato del suo contro75° a destra e a sinistra. questo periodo il semo- tale, verso carro armato Arjun. L’inRecentemente è stato inoltre stallazione peserebbe dalle 52 vente ruotato presentato l’autocannone 8x8 alle 54 tonnellate, ma potrebbe da 155/42 Nora BK1 della trasportare appena 24 granate Yugoimport serba, un modelcon 36 cariche. Il settore di elevazione va dai -5° lo degli anni ’80 rimodernato e privo di quala +75°, quello di direzione è di 360°. siasi protezione. Altre novità relativamente recenti sono il seVa infine ricordato l’autocannone cecoslovacco movente turco da 155/42 Firtina (in realtà il Dana, su autotelaio Tatra 815 (8x8) prodotto sudcoreano K9 Thunder con un nuovo sistema di dapprima (1980) nel cal. 152 (comune alle Forze condotta di tiro) ed il lanciarazzi multiplo RoeiArmate dell’allora Patto di Varsavia) ed ora perfestan da 122 mm, il quale, tra l’altro, può utilizzionato e disponibile in calibro 155 NATO. Un zare un munizionamento assai diffuso e prodotcomplesso che si distingue in particolar modo per to anche in Italia. Questa razziera semovente un’elevata velocità su strada, ma che presenta ansembra stia avendo un buon successo di esporch’esso un settore di direzione limitato. tazione. Va messo in evidenza che ancor oggi lanciatori di tale calibro (o equivalenti) sono Nicola Pignato Analista e storico militare considerati da molti esperti indispensabili, in quanto i lanciarazzi pesanti (del tipo M270 per intenderci) non possono essere utilizzati, in geNOTE nere, se non a distanze superiori ai 10 chilometri. In particolare, il sistema Rokestan può raggiungere una gittata doppia rispetto ai classici (1) «Rivista Militare» n. 6/2008, pag. 92: «Vulcano, un munizionamento di ultima generazione». razzi da 122. La gamma delle munizioni com(2) Ultimamente, l’industria sudafricana ha presentato prende quelle a testata HE, SB (Steel Ball) e subanche un nuovo semovente dello stesso calibro. munizioni, impiegabili non solo per bersagli di (3) Il nostro 105/14 è attualmente costruito in Cina. ampie superfici ma pure contro obiettivi puntiProbabilmente, presso quell’Esercito, si ritiene che un formi. Il suo contenitore sigillato per 20 razzi è obice someggiato possa ancora trovare posto nel proinsensibile a temperature, umidità e sabbia e la prio arsenale, in quanto il suo arrivo in linea e la messa sua manutenzione è effettuata in fabbrica. Il lanin postazione in luoghi diversamente inaccessibili è più cio avviene a raffiche o colpi singoli, ad intervalli silenzioso di quanto non possa essere quello di un di due secondi, mediante un sistema di controllo mortaio elitrasportato. del fuoco computerizzato, basato su dati meteo (4) «Rivista Militare» n. 5/2006, pag. 68. e previsione per un massimo di 20 bersagli.

CONCLUSIONI Tornando alla tube artillery, vorremmo sotto-

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(5) Impiegato dall’Esercito iracheno durante l’operazione Desert Storm. (6) Brigade Combat Team. Gli Stati Uniti prevedono, per il 2025, di approntare un centro numero di Brigate pesanti, medie e leggere con capacità FCS.


Stato Maggiore Esercito - Ufficio Storico

Il catalogo completo delle opere, le informazioni sulle modalità di vendita delle stesse e l’elenco delle librerie convenzionate si possono richiedere all’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, Via Etruria, 23 - 00183 Roma (Tel. 0647358671 - Fax 0647357284, Email: uff.storico@smerag.esercito.difesa.it) o, in alternativa, consultare: http://www.esercito.difesa.it/root/Storico/prod_catalogo.asp. Le pubblicazioni sono disponibili anche presso lo stesso Ufficio Storico (previ contatti telefonici ed in base alla disponibilità di copie) dal lunedì al venerdì, dalle 09:00 alle 11:00. L’acquisto per posta è curato dall’Ufficio Pubblicazioni Militari, Via Guido Reni, 22 - 00196 Roma (Tel. 0647357665 - Fax 063613354).

6764 - Francesco Randazzo ALLE ORIGINI DELLO STATO SOVIETICO La guerra civile in Russia è stato uno degli eventi più tragici del XX secolo. Su un territorio vasto come quello dell’ex Impero russo, dal 1918 al 1921 si sono scontrati uomini, idee e diversi modi di concepire il potere. L’esperienza dell’epoca riformista, avviata negli ultimi trent’anni dagli zar succedutisi al potere, si conclude con la Rivoluzione d’ottobre, che pretende di azzerare ogni disuguaglianza sociale e dare nuovo impulso alla lotta sociale. L’abolizione della servitù della gleba nel 1861, il processo di industrializzazione di fine XIX secolo, la Carta costituzionale del 1905, le riforme agrarie di Stolypin tra il 1906 e il 1911 rappresentano tappe importanti che non conseguono, tuttavia, l’obiettivo di modernizzare la Russia così come alcuni secoli prima era avvenuto in altri Paesi europei. Nello scontro tra rossi e bianchi ovvero tra Lenin, Trockij e Stalin da una parte e i Generali bianchi Kolcak Denikin, Vrangel’, Judenic dall’altra, vi è la sintesi di una società dalle forti contraddizioni sociali messe in evidenza dalle puntuali analisi fatte dagli ufficiali italiani inviati, a vario titolo, in missione in Russia. Della loro storia e delle loro imprese durante la guerra civile russa parla questo libro che torna a puntare l’attenzione sull’attività delle truppe italiane in terra straniera. Formato 24x17, 302 pagine, 64 tra foto e immagini in b/n. Prezzo € 18,00.

6763 - Alessandro Gionfrida L’ITALIA E IL COORDINAMENTO MILITARE «INTERALLEATO» NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE Utilizzando il patrimonio documentario conservato nell’Archivio dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, questo studio ricostruisce il funzionamento dell’organizzazione militare scaturita dal coordinamento interalleato nella Prima Guerra Mondiale. Partendo dal lavoro svolto dagli Ufficiali di collegamento inviati presso i Quartier Generali francese e anglo-belga, vengono esaminati, con particolare attenzione agli aspetti istituzionali, i diversi momenti che portarono, alla fine del 1917, alla costituzione di un organo interalleato responsabile del coordinamento strategico generale: il Consiglio Supremo di Guerra, affiancato dal Comitato dei rappresentanti militari permanenti. In particolare, viene evidenziata l’attività del nostro rappresentante militare e il suo ruolo di alta direzione di tutti i delegati italiani nelle varie commissioni interalleate. Nell’ultimo capitolo si accenna all’evoluzione dell’organizzazione interalleata nell’immediato dopoguerra, finalizzata alla ricostruzione dell’Europa e all’applicazione dei trattati di pace imposti ai Paesi sconfitti nel 1919-1920. Formato 24x17, 274 pagine, 10 foto in b/n. Prezzo € 20,00.



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IL DISTURBO POST TRAUMATICO DA STRESS: PREVENZIONE E CURA


IL DISTURBO POST TRAUMATICO DA STRESS: PREVENZIONE E CURA L’articolo descrive gli aspetti storici, diagnostici, preventivi e psicoterapici del Disturbo Post Traumatico da Stress (DPTS), esplorando le iniziative a favore della comunità, del gruppo e dell’individuo che tendono a prevenire il verificarsi degli eventi traumatici e, qualora essi si verifichino, la possibilità di intervenire con personale specializzato in situazioni di emergenza. Attualmente, l’Esercito ha già realizzato una serie di iniziative per prevenire il DPTS, manifestando una particolare attenzione per il benessere della risorsa umana.

«La vita di una persona consiste in un insieme di eventi, di cui l’ultimo potrebbe anche cambiare il senso di tutto l’insieme». (I. Calvino)

I nostri soldati, durante il loro lavoro quotidiano in Italia e soprattutto all’estero, possono andare incontro a differenti eventi traumatici (incidenti di vario tipo, con mezzi militari, con armi o altro, attentati terroristici, conflitti a fuoco) che mettono a dura prova il loro equilibrio psicofisico. È senza dubbio drammatico restare coinvolti (come vittima o soccorritore) in un incidente con un mezzo militare, in cui i componenti dell’equipaggio hanno riportato ferite più o meno gravi, oppure essere sopravvissuto in un attentato terroristico in cui si è verificata una deflagrazione che ha causato morti e la distruzione di edifici. A

questo proposito, per rendersi conto di quello che si prova in quei momenti e della «ferita psicologica» che ne consegue, basta leggere sui giornali la testimonianza di alcuni dei militari che sono sopravvissuti alla strage di Nassirya. Naturalmente ci si augura che tali eventi non succedano mai, anche se affrontare in modo realistico e senza preconcetti tale possibilità aiuta il soldato professionista a prepararsi per non temerli, prevenirli e/o reagire adeguatamente ad essi, ad esempio ridimensionando il loro significato, cercando di non drammatizzare e/o di mantenere il controllo della situazione concentrandosi sul compito da svolgere e, qualora l’evento provochi una «ferita psicologica», a riconoscerla come tale e a curarla in modo adeguato. La maggior parte di noi, se esposta a un evento traumatico, in modo naturale reagirebbe con intensa paura, orrore, impotenza, nausea, comportamenti esagerati e poco comprensibili, con la sensazione di vivere in un sogno o come estraniato dalla realtà, insieme ad altre manifestazioni (difficoltà di concentrazione, irritabilità), compreso lo svenimento; la sofferenza del momento può prolungarsi nel tempo anche attraverso ansia, rabbia, impotenza o sensi di colpa per essere sopravvissuti o non aver fatto abbastanza; tali reazioni, comunque, variano da un individuo a un altro a seconda della natura dell’evento e/o del si-

A sinistra. Libano: un momento di stasi dei combattimenti del maggio 2007. In apertura. Una pattuglia italiana in Libano.

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sua personalità (aspetti genetici, biologici, espegnificato personale che esso rappresenta per la rienze stressanti precedentemente vissute, strateminaccia della propria vita o per quella del grupgie di reazione). Per il soldato quest’ultimo aspetpo a cui si appartiene; per comprendere queste to comprende, fra l’altro, anche la sua preparadiversità bisogna introdurre brevemente il conzione psicofisica alla reazione dei possibili eventi cetto di stress e di evento stressante. stressanti (addestramento, conoscenza del conteLo stress rappresenta una reazione adattiva e disto della missione, consapevolezza delle proprie fensiva dell’organismo a un evento stressante (o risorse psicofisiche, competenze sulla gestione stressor) e risulta una necessità fondamentale per la dello stress). sopravvivenza dell’essere umano; lo stressor, a sua Purtroppo non sono solo le persone direttamenvolta, può essere definito come una domanda rivolta alle capacità adattive della mente e del corpo. Il concetto di stress permette di avere una visione integrata dei rapporti esistenti tra vissuti intrapsichici, stimoli esterni e reazioni del nostro organismo, sia nel loro significato adattivo e difensivo sia nel loro potenziale patologico, come nel caso del DPTS. In particolare, la reazione di stress può degenerare in un disturbo psicologico (acuto o posttraumatico) quando uno o più stressor sono talmente pericolosi, intensi e/o protratti nel tempo da rendere difficili o inutili i tentativi (o strategie di reazione o fronteggiamento) dell’individuo di sostenerlo e/o superarlo fisicamente e/o psicologicamente. Gli eventi traumatici, infatti, creano una «crisi» da stress, cioè un cambiamento di equilibrio che si L’aeroporto di Beirut in una foto del maggio 2007. manifesta con una serie di espressioni psichiche e fisiche, richiedendo all’individuo delle nuove solute coinvolte nell’esperienza traumatica a poter zioni; se le sue reazioni biologiche e comportamensoffrire di DPTS, ma anche i loro parenti, amici, i tali sono tra loro equilibrate e adeguate a neutralizsoccorritori, il gruppo di appartenenza. Costoro zare tali eventi, si verifica una risposta psico-fisiodovrebbero essere incoraggiati a resistere e a logica funzionale allo risoluzione della crisi, in caso reagire agli eventi più che sentirsene vittime, cioè contrario si instaura il rischio di malattia, sia psicoad essere agenti attivi senza somatica che di tipo comportaabbandonarsi alla perdita della mentale. Ad ogni modo, ogni reazione individuale a tali eventi I nostri soldati, durante il speranza e alla depressione, rappresenta, in primo luogo, un loro lavoro quotidiano in anzi cercando di adattarsi alla tentativo di dare senso a ciò che Italia e soprattutto all’Este- nuova realtà grazie alla propria d’animo». è accaduto, e di non esserne in ro, possono andare incon- «forza qualche modo sopraffatto. Ad ogni modo, in questo L’evento traumatico può esse- tro a differenti eventi trau- contesto, affrontare il DPTS re di diverso tipo ma, nella matici... rappresenta lo spunto per maggior parte dei casi, al di esplorare più in generale la fuori della comune esperienza sfera, ancora non molto conosciuta e definita, della sofferenza psicologica, coumana, (prigionia, tortura, deportazioni, esposime la società inizia a riconoscerla e a darle la giuzione a combattimenti e bombardamenti, disastri sta dignità quasi alla stregua di quella fisica e codi vario genere, incendi, rapimenti e sequestri, rame, allo stato attuale delle conoscenze, si cerca di pine, gravi violenze fisiche e quindi di entità tale prevenirla e/o curarla nei suoi aspetti patologici. da creare una crisi individuale) ha varie possibilità di evoluzione, in particolare: l’instaurarsi di equilibri nuovi; il ritorno alla situazione precedente, IL DISTURBO POST -TRAUMATICO DA STRESS con superamento del trauma o la comparsa di una (DPTS) sofferenza psicologica come il DPTS. Questa diversità di evoluzione della crisi è condizionata sia Per fortuna, non tutti gli individui che nel corso dall’ambiente che circonda il soggetto (presenza della loro vita subiscono eventi molto stressanti o o meno di soccorso immediato, condivisione con traumatici vanno incontro al DPTS, al contrario, altri e supporto reciproco del trauma), sia dalla

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Allo stato attuale, per essere certi che si tratta una buona parte riesce a elaborarli con successo di un DPTS è necessario che l’individuo, di quadopo un breve periodo o sviluppa un disordine da stress per poi riprendersi, altri ancora vanno inlunque età o sesso, abbia vissuto un evento traucontro a disturbi fisici (gastrite, ulcera); esso, comatico che ha implicato la morte, la minaccia di munque, rappresenta una delle modalità di reamorte o la minaccia di gravi lesioni per la propria zione individuale agli eventi stressanti. integrità fisica o di altri, provando in quei moDal punto di vista storico, anche se la relazione menti sentimenti di intensa paura, impotenza o tra eventi della vita e manifestazioni fisiche e/o orrore. Successivamente, è necessario che la sofpsichiche è conosciuta da molti secoli, bisogna ferenza del momento si sia prolungata per più di risalire al conflitto russo-giapponese del 1904 un mese, comportando un disagio psicologico caper iniziare a osservare e concepire gravi disturratterizzato soprattutto da: tendenza a ri-vivere bi psichici in seguito ad eventi traumatici. In l’evento in modo persistente, per esempio attraparticolare si osservò uno shock caratterizzato verso ricordi o sogni spiacevoli e ricorrenti; tenda blocco o paralisi delle emozioni in seguito a denza a evitare pensieri, sensazioni, conversazioesplosioni di mine. Durante la Prima guerra ni, attività, luoghi o persone che evocano ricordi mondiale, nelle trincee migliaia di soldati manidel trauma; provare disagio e comportarsi in mofestarono, in assenza di lesioni fisiche rilevabili, do esagerato all’esposizione a stimoli interni o uno «shock da granata», caratterizzato da spaesterni che simbolizzano o assomigliano in qualvento, ansia, blocco emotivo. In quel periodo, il che modo all’evento traumatico. È possibile, inolneurologo e psicoanalista tedesco Ernst Simmel tre, che questo disagio sia aggravato dalla pre(1882-1947) introdusse il concetto di «nevrosi senza di altri sintomi come, per esempio, difficolda guerra», ripreso dal precedente concetto di tà ad addormentarsi, irritabilità o scoppi di colle«nevrosi traumatica» proposto dallo psichiatra ra, difficoltà a concentrarsi, difficoltà di memoria, vertigini. tedesco Hermann Oppenheim (1858-1919) nel Il DPTS si può presentare in 1892; questo evento fu partiforma acuta (durata dei sintocolarmente importante perché ...non tutti gli individui mi inferiore a 3 mesi) cronica allora, in assenza di un rilevabile danno neurologico o fisio- che nel corso della loro vita (durata dei sintomi 3 mesi o logico, i soggetti con questo subiscono eventi molto più), ad esordio ritardato dei sintomi avviene disturbo erano considerati sistressanti o traumatici van- (l’esordio almeno 6 mesi dopo l’evento mulatori, andando incontro a stressante). gravi conseguenze penali. L’in- no incontro al DPTS In queste condizioni è ineviteresse per la nevrosi da guertabile che la vita lavorativa, rera, concetto precursore dellazionale, affettiva ne risenta. A ciò si accompal’odierno DPTS, declinò rapidamente dopo la Prigna una serie di ulteriori cambiamenti: una dimima guerra mondiale per il diminuire dei casi, per nuzione dell’autostima, la perdita di fiducia nelle riproporsi con il Secondo conflitto mondiale. Copersone o nella società e la sensazione di essere munque, bisognerà aspettare altri quaranta anni senza speranza; tutto ciò può provocare l’abuso prima che nel 1980 l’American Psychiatric Assodi sostanze, specialmente alcool e droghe di vario ciation , sull’onda dei veterani della guerra del genere. Vietnam (1964-1973), molti dei quali con diMolti autori concordano nel ritenere che i sintosturbi psichici, introducesse nel Manuale Diami del DPTS derivano sostanzialmente dalla diffignostico e Statistico (DSM III) dei disturbi mentali coltà dell’individuo di elaborare, mentalmente ed il Disturbo Post-Traumatico da Stress. Attualemotivamente, l’evento traumatico, cioè di dare mente, dunque, esso è riconosciuto tra le patoun significato a tale evento, di digerirlo, di intelogie psichiatriche, in particolare nell’ultima edigrarlo nella propria esistenza. I fattori che possozione italiana del Manuale (DSM-IV-TR), nella no alimentare tale difficoltà sono diversi: la cultucategoria dei Disturbi d’Ansia. In questi ultimi ra, gli eventi storici, le caratteristiche di ciascun anni, per far fronte alle richieste di intervento di contesto, il grado di intensità o minaccia deltipo psicologico in circostanze catastrofiche e l’evento traumatico e le differenze individuali, in drammatiche - guerra nella ex Jugoslavia (1992), particolare il grado di fragilità della personalità terremoto in Umbria (1997), attentato alle torri dell’individuo. gemelle di New York (2001), la guerra in AfghaSecondo alcuni studi, di tutti coloro che subinistan (2001) e Iraq (2003), lo Tzunami delscono un grave trauma nel corso della vita, circa il l’Oceano indiano (2004) -, sono state fatte nu50% sviluppa un DPTS, anche se negli anni semerose ricerche e studi sul DPTS, migliorandone guenti solamente circa il 17% ne soffre ancora; alla comprensione e le modalità per prevenirlo o cuni studi epidemiologici mettono in evidenza la curarlo.

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presenza del disturbo su una percentuale di popolazione esposta a traumi compresa tra il 2 e il 10%. Uno studio longitudinale sui veterani del Vietnam ha evidenziato come il 15 % dei veterani soffriva di DPTS dopo 19 anni dalla guerra (citato in McFarland & Yehuda, 1996). Nella popolazione generale la prevalenza in 1 anno è di circa 3,6 %; le donne presentano circa il doppio di prevalenza del disturbo rispetto agli uomini (Kessler e altri, 1995); in particolare circa il 17% di un gruppo di donne che avevano subito una violenza sessuale soffriva ancora di un DPTS e i più alti indici di DPTS sono stati trovati tra donne vittime di crimini, soprattutto stupri, così come nei sopravvissuti a torture e campi di concentramento (Yehuda, 1999); inoltre, alcune persone soffrono ancora di DPTS 40 o 50 anni dopo il Secondo conflitto mondiale e la reclusione nei campi di concentramento nazisti. Tali studi, comunque, sono difficili da realizzare e per tale motivo la loro attendibilità sulla prevalenza o sul decorso naturale del disturbo non è elevata. Infine, il DPTS si può presentare anche in associazione con alcune malattie mediche, per esempio l’ipertensione, l’asma bronchiale, l’ulcera peptica, oppure con altri disturbi psicopatologici,

Una pattuglia italiana attraversa un centro abitato nel sud del Libano.

per esempio la depressione, il disturbo d’ansia generalizzata e i disturbi da abuso di sostanze.

LA PREVENZIONE E LA TERAPIA DEL DISTURBO POST TRAUMATICO DA STRESS La prevenzione del DPTS non è semplice e, ad ogni modo, non si può pensare di escluderne il rischio definitivamente, ma certamente si può diminuire la probabilità e/o la percentuale delle persone che ne soffrono; essa è correlata alla prevenzione del disagio psicologico di una comunità, di un gruppo o dell’individuo; si tratta di mettere in atto strategicamente delle iniziative a loro favore volte a conoscere, prevenire e/o prevedere il verificarsi di eventi traumatici (attentati terroristici, stupri, rapine, omicidi) e/o a prevedere eventi catastrofici naturali e non (terremoti, maremoti, disastri ecologici) e, qualora essi si verifichino, contenere il disagio psicologico e prevenire, quanto più possibile, i danni fisici e psichici che possono comportare, in modo

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Macerie libanesi.

tale da non subire passivamente gli eventi ma reagire per restaurare uno stato di padronanza e riadattamento alla nuova situazione. Le iniziative a favore delle comunità a rischio coinvolgono diversi suoi aspetti: politico, territoriale, geo-morfologico, demografico, culturale, psicologico, storico; esse vanno adattate strategicamente in relazione a un attento studio del contesto, tenendo conto della valutazione del rischio da parte della popolazione. Alcune di queste sono: la realizzazione di Osservatori per determinati fenomeni (terremoti, abuso sui minori), con l’utilizzo anche di strumenti tecnologici sofisticati (sismografi, satelliti, numeri telefonici), di campagne di prevenzione e altro ancora; leggi, decreti legislativi o regolamenti che servono a prevenire incidenti di vario genere oltre che a dissuadere alcuni individui dal compiere atti criminosi; la creazione di reti di supporto formate dalle risorse (umane, economiche, istituzionali) presenti sul territorio, realizzate con piani ben precisi di intervento in caso di emergenza in cui ognuno assolve un proprio ruolo ben definito; la costituzione di servizi, come quello della Protezione Civile o della Croce Rossa, in grado di intervenire nei momenti critici con protocolli adeguati, avvalendosi anche di personale (medici, infermieri, psicologi, ingegneri) specializzato a operare in situazioni di

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emergenza; la creazione di piani di emergenza in caso di eventi critici prevedendo anche momenti di esercitazione sul comportamento da seguire nel caso si verificassero. Ecco alcune iniziative a favore di gruppi o piccole comunità: leggi o decreti legislativi (decreto legislativo 626 del 1994, accordi europei, decreto legislativo 81 del 2008), che prevedono, per esempio, personale responsabile della loro attuazione, misure di gestione delle emergenze, momenti di informazione, formazione e addestramento, valutazione dei fattori stress correlati e relative sanzioni. Nel caso in cui si verificassero eventi traumatici, si prevede la possibilità di intervenire con personale specializzato (medici, psicologi) nella gestione delle emergenze, in particolare con tecniche di «pronto soccorso emotivo» (delusine debriefing). Per i gruppi più a rischio (Forze Armate, Forze dell’Ordine, Vigili del Fuoco, personale medico e paramedico), in particolare, sono utili quelle iniziative che favoriscono la crescita e il consolidamento del senso di appartenenza al gruppo o alla squadra, come i momenti di formazione e addestramento mirati alla gestione di determinati eventi traumatici (conflitti a fuoco, prigionia, incendi), oppure quelle iniziative che favoriscono la consapevolezza delle proprie risorse e la gestione dello stress (il riconoscimento dei sintomi psicofisiologici di eccessivo disagio e quali sono i comportamenti utili per evitare momenti di collasso); si può intervenire, inoltre, sulla selezione,


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opinione comune che la cura del DPTS sia strettaorientamento e formazione del personale, in modo tale da scegliere e seguire in maniera appropriata mente correlata alla ricostruzione dell’evento traugli individui più idonei a svolgere una determinata matico da parte del paziente e l’elaborazione delle professione; nell’ultimo periodo, fra i colleghi di emozioni legate ad esso, in cui alla fine l’esperienza queste professioni, si sta sperimentando con suctraumatica acquisisce un significato esistenziale. cesso la figura del «pari» (peer supporter): si tratta Per progettare un piano terapeutico è necessario di personale adeguatamente formato, che è riuscito un inquadramento chiaro di tipo psicodiagnostico a superare momenti critici e/o traumatici, utile per che tende a definire: lo stato organico post-trauprestare il primo intervento di supporto psicologico matico (lesioni, malattie, traumi cranici); il quadro in caso di necessità, per diffondere la cultura psicodiagnostico di DAS, DPTS; la presenza di altri dilogica all’interno del gruppo e rilevare situazioni sturbi del comportamento (depressione, attacchi potenzialmente dannose. Per queste professioni, di panico, abuso di alcool). Questa prima fase è inoltre, l’evento traumatico coinvolge tutta la faminecessaria per escludere cause organiche o disturglia del professionista, anche perché essa rapprebi mentali pregressi, scegliere il tipo di trattamensenta per i suoi componenti un contenitore necesto più idoneo (quando è il caso anche farmacolosario per l’elaborazione dei vissuti dolorosi (narratigico - psicoterapeutico) e pianificare l’intervento vi ed emotivi) relativi all’evento; per questa ragione terapeutico con obiettivi a medio e lungo termine. è fondamentale il coinvolgimento dei familiari in Gli obiettivi psicoterapeutici generali sono quelli opportuni programmi di informazione e formazione di aiutare il paziente a narrare la propria storia sulla prevenzione del disagio e della sofferenza psitraumatica, ri-vivendo e ricordando il trauma nel cologica. «qui e ora», al fine di integrare e percepire il conAlcune iniziative a favore dell’individuo, infine, trollo del vissuto; esaminare le risorse personali di sono: momenti di formazione e informazione utili crescita del paziente, fornendogli anche la possibiper stimolare e favorire la conoscenza di se stessi lità di riacquisire l’autostima e la fiducia negli altri, dal punto di vista psicofisiologico (soprattutto per rafforzare le relazioni sociali e migliorare lo stile di quelli a rischio), favorendo anvita; aiutare il paziente a fare che la consapevolezza e la vaprogetti per il futuro e rafforzare La psicoterapia di tipo co- la propria parte spirituale (crelorizzazione delle proprie reazioni in caso di eventi critici; gnitivo si basa sul presup- denze religiose, filosofiche, valoprogrammi di informazione e posto che le persone co- ri, principi). formazione per valorizzare struiscono il proprio sistema La psicoterapia di tipo cognistrategie di coping (narrazione, tivo si basa sul presupposto che di conoscenze e affrontano le persone costruiscono il proricerca di supporto e condivisione dell’evento traumatico le situazioni utilizzando prio sistema di conoscenze e con figure di riferimento) fun- modi di pensare propri affrontano le situazioni utilizzionali per evitare la chiusura zando modi di pensare propri in se stessi, far leva sulla pro(idee, opinioni, credenze ripria «forza d’animo» (concetto di resilienza) e liguardo il Sé e gli altri, passato, presente e futuro). mitare il danno psicologico; è necessario, inoltre, Dunque, un’improvvisa esperienza traumatica deprepararsi dal punto di vista psicofisico agli eventi stabilizza questo sistema di credenze individuali e e al contesto critico in cui si andrà a operare, atrende l’individuo più vulnerabile. La finalità deltraverso esercitazioni, programmi di addestral’intervento terapeutico è quello di favorire l’intemento, anche sulla gestione delle proprie risorse grazione dell’evento traumatico fra i ricordi della (alimentari, ritmo sonno-veglia, training autogepersona, ripristinando il precedente sentimento di no), la conoscenza del proprio ruolo, delle persosicurezza e invulnerabilità; tale elaborazione si ne con cui bisogna lavorare, delle attrezzature dipuò effettuare attraverso l’acquisizione di stratesponibili, in modo da essere in grado di reagire gie di gestione dello stress ( modelling , role play, tecniche di rilassamento, Eye Movement Deadeguatamente alle situazioni critiche, cercando sensitization and Reprocessing - EMDR) alternatidi elaborare l’evento e favorendo il proprio riave a quelle già conosciute, funzionali per ridurre dattamento al nuovo contesto. le risposte disadattive e permettere una ristruttuNella letteratura scientifica esistono diversi morazione dei significati relativi all’evento, alla visiodelli che spiegano il funzionamento del DPTS e su ne del mondo (non più minaccioso) e di se stessi cui si basano le diverse pratiche psicoterapeuti(sensazione di impotenza e di essere indifesi). che; non esiste un modello migliore o peggiore di un altro, un buon metodo psicoterapeutico si baNelle terapie di tipo psicodinamico è data una sa soprattutto su un modello integrato e relativo grande importanza allo sviluppo della personalità al tipo di paziente, valutato caso per caso. dell’individuo; si parte dal presupposto che Nell’ambito della comunità terapeutica è ormai un’esperienza traumatica causa una regressione a

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Una pattuglia italiana risponde al fuoco in Iraq nel 2004.

fasi precedenti di sviluppo; l’obiettivo del trattamento è la ricostruzione del trauma originario associata alla catarsi emotiva. In particolare, Horowitz descrive il processo di assimilazione delle emozioni scatenate dal trauma: all’inizio le emozioni possono essere espresse in modo violento o vengono negate (la persona si comporta come se non fosse successo niente) successivamente alcuni ricordi o sentimenti dolorosi legati al trauma ritornano alla coscienza (ad esempio attraverso incubi) e possono essere assimilati alcuni vissuti emozionali (vergogna, sensi di colpa, rifiuto); alla fine vi è l’assimilazione degli eventi traumatici. Le psicoterapie di tipo familiare tendono a coinvolgere i membri della famiglia ponendo particolare attenzione alle relazioni tra gli individui nel loro ambiente sociale primario e alla qualità di tali relazioni e interazioni per lo sviluppo della persona; alla base vi è il presupposto che il contesto familiare ha le potenzialità di produrre gran parte del benessere dell’individuo o una sua maggiore

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vulnerabilità agli stressors ambientali. Le interazioni familiari inadeguate derivano anche da modalità comunicative disturbate fra i membri della famiglia o da presupposti disfunzionali (segreti, iperprotezione, genitorializzazione). Le psicoterapie di gruppo, invece, (gestaltiche, gruppoanalisi, di auto-aiuto) hanno l’obiettivo principale di ridurre il senso di solitudine e di autocolpevolizzazione dell’individuo, fornendo una percezione di sostegno sociale e di coesione; nel contesto gruppale il paziente si sente accettato in un ambiente sicuro e non giudicante, sperimenta il confronto, l’incoraggiamento reciproco, l’acquisizione di nuove strategie adattive, la ricostruzione del tessuto sociale, la ricostruzione dell’evento, l’espressione contenuta delle emozioni. Nel piano di trattamento terapeutico l’utilizzo degli psicofarmaci nel DPTS è necessario quando sono presenti sintomi che interferiscono negativamente con il trattamento stesso (insonnia, difficoltà di attenzione e concentrazione, attacchi di panico, fobie, alterazioni comportamentali). Molte volte è opportuno un trattamento misto farmacoterapeutico e psicoterapeutico. Infatti, solamente


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in contesti imprevedibili, pericolosi e poco conosciuti. Questo servizio è organizzato da una figura professionale qualificata (psichiatra o psicologo) alle dirette dipendenze del Comandante che, nei casi di eventi traumatici, grazie anche alle sue competenze nel campo della psicologia delle CONCLUSIONI emergenze (conoscenza delle tecniche di defusing o debriefing), è in grado di intervenire in poco Il mestiere del soldato è di per sé particolartempo al fine di favorire la coesione del gruppo e mente difficile e rischioso e chi lo ha scelto è conpermettere quanto prima il ritorno dell’unità alle sapevole, dunque, di poter andare incontro ad attività operative previste. eventi spiacevoli; comunque, conoscere il DPTS e È compito dei Comandanti, a qualsiasi livello (di sapere come si può prevenire o curare ci aiuta a squadra, di plotone, di compagnia), operare cocomprendere il disturbo e soprattutto può aiutare stantemente un’attenta attività di prevenzione i Comandanti su come evitare di esporre i propri del disagio psicologico, contribuendo in tal modo soldati a eventi traumatici e comprendere la sofa diminuire le probabilità che eventi stressanti ferenza di coloro che ne sono stati esposti. possano causare nel militare lo sviluppo di patoNel processo di rinnovamento delle Forze Armagenesi di diverso tipo, compreso il DPTS. In quete e Corpi Armati dello Stato è necessario insistere sto senso si tende a favorire, soprattutto nei mosull’espressione dell’equazione: prevenzione del menti formativi o di addestramento, lo sviluppo disagio psicologico = maggiore di una leadership, a qualsiasi efficienza operativa e minori livello, in grado di conquistarsi ...conoscere il DPTS e sa- la fiducia dei propri uomini, costi di mantenimento dello strumento militare. In questa pere come si può prevenire tenere alta la loro preparaziodirezione le iniziative dell’Eser- o curare ci aiuta a com- ne professionale, il morale e il cito sono già da tempo nume- prendere il disturbo e so- loro spirito di Corpo oltre che rose; in particolare, negli ultimi competente nell’afprattutto può aiutare i Co- mostrarsi anni, è risultata strategicamente frontare situazioni difficili. vincente una maggiore atten- mandanti su come evitare di Già da tempo lo Stato Magzione alla gestione delle risorse esporre i propri soldati a giore dell’Esercito ha costituiumane (selezione, orientamento eventi traumatici e com- to un servizio di Supporto e formazione). In fase di sele- prendere la sofferenza di Psicologico a favore dei famizione, per esempio, attraverso coloro che ne sono stati liari delle vittime di eventi traumatici (attentati terroristile prove psichiatriche, viene poesposti ci, conflitti a fuoco) e a favore sta un’attenzione rilevante neldei feriti. Tale servizio è stato l’individuare quei candidati che molto apprezzato e ha perpresentano una personalità che messo, inoltre, di favorire la percezione della potrebbe incontrare difficoltà di adattamento alla vicinanza della Forza Armata in coloro che ne vita militare e, nelle prove attitudinali, viene posta hanno usufruito. maggiore attenzione in coloro che presentano quelle capacità specifiche in relazione ai differenti Così come in molte attività umane, anche qui si ruoli (Volontari, Sottufficiali, Ufficiali) e che perpossono individuare delle iniziative per migliorare mettono una reazione adeguata in momenti critici, l’espressione dell’equazione, come per esempio la quei valori e la motivazione favorevoli alla loro inrealizzazione di protocolli di intesa con strutture tegrazione nel contesto militare. pubbliche e/o private sul territorio per la prevenIn molti contesti «fuori area» (Kosovo, Libano, zione del disagio psicologico e/o la cura del Iraq), inoltre, già da anni si è intrapresa l’espeDPTS; l’implementazione dei momenti di sensibirienza di un «Servizio di Supporto Psicologico» lizzazione allo stress management presso i Re(SSP) a favore del personale militare per prevenire parti Operativi della Forza Armata; l’istituzione il disagio psicologico e promuoverne lo stato di della figura del Pari nell’Esercito così come è già benessere psicofisico. In altre parole il S.S.P. conavvenuto nella Polizia di Stato, e così via. Tali inisiste in un insieme di attività che, oltre a promuoziative comunque, vanno sempre studiate stratevere il benessere psicofisico del personale, favorigicamente e adattate in relazione alla missione scono l’ empowerment dell’Unità stessa, inteso della Forza Armata. come la presa di consapevolezza e lo sviluppo delle proprie risorse al fine di permettere a ogni Mariano Pizzo singolo componente di percepire il proprio ruolo Capitano Co. sa (psi.), e la propria responsabilità nell’adattarsi e operare in servizio presso il CSRNE di Foligno l’utilizzo dei farmaci non è sufficiente per il trattamento del DPTS e senza una adeguata psicoterapia si rischia di evitare il ri-vissuto del trauma e ciò risulta dannoso per il paziente.

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LO SLANCIO VITALE E LA FORZA DELLE TRADIZIONI


LO SLANCIO VITALE E LA FORZA DELLE TRADIZIONI «La storia delle gesta di un reparto costituisce un legame che unisce tutti quelli che ad esso appartengono ed è cemento che si mantiene anche nelle più difficili situazioni di guerra. Si ha così qualche cosa di indistruttibile, che continui ad avere influenza anche se, come nell’ultima grande guerra (ndr. Prima guerra mondiale), i reggimenti debbano ripetutamente ricostituirsi: i resti dell’antico spirito di Corpo si trasfondono in breve tempo negli elementi nuovi».

(von Hindermburg: «Della mia vita», parte 1 a , pag. 12).

tanto in quelli antichi come nei moderni. Infatti «Nel suo contatto con la materia, la vita è paraesse, nel tenere vivo e desto il ricordo di episodi gonabile a un impulso o a uno slancio vitale. Uno di valore, nel celebrare imporslancio vitale simile ad un protanti ricorrenze o, più sempliiettile che scoppia e le cui schegge continuano a scoppiaLe tradizioni, nel tenere cemente, nel perpetuare re successivamente perdendo vivo e desto il ricordo di epi- un’usanza o un rito, concorrofondamentalmente ad aliman mano d’intensità» (Henri sodi di valore, nel celebrare no mentare lo «spirito di Corpo», Bergson, «L’évolution créatrice», 1907). Tuttavia anche se importanti ricorrenze o, più ad innescare processi psicolociò viene meno nella forza e semplicemente nel perpe- gici più o meno sottili di «apnella ripetitività dei comporta- tuare un’usanza o un rito, partenenza», ad accrescere nel menti di altre specie viventi, lo concorrono fondamental- soldato la sensazione di essere slancio continua con l’uomo, la mente ad alimentare lo «spi- entrato a far parte di un’entità sociale, il «corpo di appartecui attività creatrice ha prodotto rito di Corpo» nenza», che non è certo solo e produce l’arte, la filosofia, la una semplice sommatoria di religione, la morale e le tradiindividualità, ma una sintesi zioni. Tradizioni - simbolo di molto più ampia e complessa, solida, antica, glocostume e di stile di un popolo - che vengono riosa. C’è una profonda bellezza nel culto delle diffuse e sentite in tutti gli Eserciti del mondo, memorie, nel culto del passato! Passato che risorge grazie alla forza delle tradizioni che rende perenne quel culto e che imprime alla vita sociale una continuità infrangibile dettando nei singoli quella norma spirituale che ispira le loro azioni, e che si presenta più viva e gagliarda là dove le tradizioni sono sintetizzate nel dovere: nelle Forze Armate. Il giovane che indossa l’uniforme respira

A sinistra. 17 aprile 2009, la cerimonia di consegna della cittadinanza onoraria di Torino al 1° reggimento «Granatieri di Sardegna». In apertura. 17 aprile 2009, la cerimonia dell’Alzabandiera in Piazza Palazzo a Torino, in occasione del 350° anniversario della costituzione dei «Granatieri di Sardegna».

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19 aprile 2009, la bandiera del 1° reggimento «Granatieri di Sardegna» durante la cerimonia per il 350° anniversario della costituzione della Specialità.

non seppe comandarli. Che cosa, dunque, diede titolo a così lunga e gloriosa vita? Il 10 settembre 1945 a Mittenwald in Baviera sostò una di quelle tradotte che riportavano in Patria i soldati italiani superstiti dai campi di prigionia di Polonia e di Germania. Ne discesero alcuni Granatieri, laceri, sporchi, ma con ancora visibili sul colletto dei loro sdruciti cappotti gli alamari e sul berretto le granate del fregio. Erano granatieri del 3° reggimento che, dagli avvenimenti del settembre del 1943, erano stati gettati, ignari e incolpevoli, in oscura e dolorosa prigionia. Essi scorsero ad un tratto nella campagna vicina, sulle rive dell’Inn, uno dei loro

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fin dai primi giorni del suo servizio un’aria di virile solennità, che prima lo curva di reverenza e poi lo fortifica di fierezza. Anche i più umili, anche coloro che non conoscono la storia: sentono, con l’imitazione pronta e infallibile delle anime semplici, che vi è qualcosa di intimamente diverso cui è necessario uniformare i propri atti; acquistano coscienza della missione di custodire gelosamente il patrimonio ideale ereditato, per tramandarlo ai posteri intatto e, s’è possibile, ingrandito. Tale è lo spirito di Corpo vero, puro. E come tutte le fedi giuste e nobilmente professate, e come tutti i sentimenti profondamente radicati, lo spirito di Corpo rimane incrollabile, sopravvive al servizio dell’armi. Ed è per questo che, deponendo l’uniforme, si conserva l’orgoglio d’averla indossata e l’animo con cui la si è portata. Si necessita di ritrovarsi con colui o coloro con i quali si è vissuto le stesse esperienze, ci si è sentiti fieri di far parte della storia di quella Unità, di vivere le tradizioni che dal primo giorno sono diventate essenza della propria vita. Tradizioni che per alcuni hanno origine ben trecentocinquant’anni orsono. 350 anni compiono quest’anno i «Granatieri di Sardegna», una delle Istituzioni di più lunga vita di questa Italia, ricca di storia millenaria, sicché si pone naturale domandarsi il perchè di una così lunga e rinnovata vitalità, quando altri Istituti, altri Corpi, alla pari gloriosi e meritevoli, sono stati man mano travolti dalle vicende della Storia. Infatti, anche se spesso i Granatieri hanno svolto il servizio di guardia ai «Palazzi», sin dalla nascita hanno combattuto in un numero infinito di battaglie: da Staffarda a Marsaglia, dalle battaglie di Madonna dell’Olmo, all’Assietta, a Cosseria, al S. Michele ed al Bricchetto, da Goito a Custoza, dal Cengio a Caposile, dal Kurvelesh a Porta San Paolo. E già era risuonato a Marsaglia il fatidico grido di «A me le Guardie!», quando fu consolidato all’Assietta il principio che i Granatieri, di fronte al nemico non possono volgere le spalle. Ma se la longevità non è attribuibile a particolari privilegi, o all’esplicazione dei servizi d’onore ai Palazzi Reali, «si può dunque ricercare nel valore sovrumano di uomini eccezionali il privilegio di così lunga sopravvivenza?». A questa domanda ritengo si debba dare, dopo una valutazione dei fatti, una risposta negativa, giacché - citando il Guerrini - «questa nostra è storia e non panegirico». I Granatieri sono sempre stati degli uomini, con tutte le qualità ed i limiti degli esseri umani ed hanno anch’essi avuto, nei più difficili momenti della storia nazionale, perplessità e sbandamenti. Ma questi furono errori, non colpe e - commenta sempre il Guerrini «il ricordo degli errori può dolere, ma solo quello delle colpe fa arrossire». Tanto più, senza presunzione, si può osservare che in queste circostanze l’errore non fu dei Granatieri, ma di chi


Sopra. La Brigata meccanizzata «Granatieri di Sardegna» è stata recentemente impiegata in Kosovo. A destra. Lubiana, 9 maggio 1941, il 1° reggimento Granatieri schierato prima di sfilare per le strade della città.

Ufficiali, che era disceso da altra tradotta e che non vedevano da due anni. Corsero a lui, lo circondarono, lo salutarono e non gli raccontarono le pene, le ansie, le fatiche, il freddo, la fame sofferti, né gli parlarono dei loro paesi e delle famidella forza della tradizione e del senso dell’onor glie che agognavano rivedere (molti non ne sapemilitare. Che cosa, dunque, diede titolo a così vano da mesi e mesi più nulla), ma gli chiesero lunga e gloriosa vita? Quale fu dunque lo slancio subito: «Che ne è della nostra bandiera?». E quanvitale? Si può trovare la risposta nelle parole con do l’Ufficiale trasse da una sua sacca sdrucita il le quali Vittorio Emanuele I, nel rosso, il verde, la freccia e le «Real Viglietto» del 20 gennaio medaglie della bandiera di guerra del reggimento, e spiegò Il reggimento delle Guardie 1816, accompagnava la sua che le altre parti erano in con- «ha costantemente giustifi- determinazione di estendere grado e distinzione di segna ad altri Ufficiali, a quei cato la grazia sovrana, mo- qualifica, Granatieri a tutti i componenti semplici soldati si riempirono gli occhi di lacrime e i più di strandosi, tanto in tempo di del reggimento delle Guardie essi si chinarono a baciare i re- guerra come nelle epoche di che «ha costantemente giustisti del loro tricolore. Quel loro pace, fedele all’onore delle ficato la grazia sovrana, mogesto non era retorico, né feti- armi e osservatore della mili- strandosi, tanto in tempo di guerra come nelle epoche di cismo verso simboli, era il sem- tare disciplina» pace, fedele all’onore delle arplice, sano sentimento di quei mi e osservatore della militare cuori di Granatieri, di soldati italiani che, nei lembi laceri disciplina». Fu dunque l’onore della loro bandiera, rivedevano la Patria, la tradimilitare e la ferrea disciplina che distinsero semzione secolare del loro Corpo, i compagni caduti e pre i Granatieri di Sardegna e che consentirono ad i dolori sofferti. Era l’espressione semplice e pura essi di superare le prove più dure, imponendosi

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della funzione militare. Il substrato della preparazione è e rimane quello spirituale, costituito dalla fede sincera in un ordine di valori che per la loro universalità non possono essere alterati dal tempo. Se, infatti, l’efficienza deve essere ricercata guardando al futuro, è dal passato che bisogna attingere lo stimolo morale che fortifica la volontà e l’animo. Le Forze Armate, ricche di tradizioni gloriose, e preposte ad un compito di grande nobiltà, non possono tardare ad esprimere, anche

Sopra. 1936, un reparto del 3° reggimento Granatieri in marcia verso Addis Abeba. A destra. 1942, il 3° reggimento Granatieri in parata per le vie di Atene.

sempre all’ammirazione ed al rispetto di quanti, combattendo al loro fianco od essendo loro avversari, li videro sul campo di battaglia. Onore militare e ferrea disciplina intimamente sentiti come imperativo morale da osservarsi fino al cosciente sacrificio della propria vita ed estrinsecatisi nel comandamento di non cedere, di resistere, di tenere il proprio posto. Ma il frammento dello slancio vitale che si infrange sul giovane Granatiere del 2000 rigenera una nuova spinta? Oggi, la componente culturale è premessa necessaria ai fini della futura efficienza nell’assolvimento dei compiti che il servizio comporta; ma essa può dirsi sufficiente dato il particolarissimo carattere

nella forma, i vincoli profondi con l’antico patrimonio. In questo spirito, mediante un processo di naturale distillazione nel tempo, ricompaiono i segni di quanto una tradizione secolare ha costruito, e le vicende, siano esse tragiche o positive, non possono distruggere. Ed è per questo che nei teatri di operazione degli anni 2000 (Libano, Iraq, Afghanistan, Kossovo ed altri) il soldato italiano si presenta pienamente consapevole del compito affidato, ed ogni suo atto è «guidato» da una naturale forza inconscia che trova le radici in uno strato sedimentato di tradizioni. Le nuove generazioni ripetono oggi i riti che ieri celebrarono i loro predecessori; ed oggi il significato rimane il medesimo, con in più la volontà di affermare la continuità spirituale con il passato, in un momento in cui il progresso incalzante sembra voler costringere a guardare solo verso l’avvenire. È necessario coltivare la religione del passato; bisogna ricordare, ricordare sempre. È nel passato che si costruisce un futuro migliore. Ernesto Bonelli Generale di Brigata (aus.)

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Sotto. 1° aprile 1942, messa in suffragio dei caduti del 3° reggimento Granatieri.



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LA FAMIGLIA MILITARE È UNA FAMIGLIA COME LE ALTRE


LA FAMIGLIA MILITARE È UNA FAMIGLIA COME LE ALTRE Discorsi privati in cerca di soluzioni pubbliche La società postmoderna investita da processi e spinte globali ha determinato un profondo cambiamento nella famiglia e nel rapporto di quest’ultima con l’Istituzione militare. La ricerca sociologica si propone di analizzare i diversi aspetti delle relazioni tra sfera privata e Forze Armate al fine di favorire una piena sinergia e integrazione tra il ruolo professionale e quello familiare.

FAMIGLIE E MILITARI O FAMIGLIE MILITARI? Il binomio famiglia e militari può essere coniugato in diverse forme, e ciascuna rappresenta un fenomeno sociale specifico e un insieme altrettanto specifico di problematiche. Nella sociologia militare il tema del rapporto tra la famiglia e l’organizzazione militare viene studiato da tempo con particolare attenzione, dal momento che si tratta di una relazione tra due Istituzioni sociali fondamentali, perduranti nel tempo anche se soggette al mutamento insito nella dinamica sociale, e presenti pur in varietà di forme in tutte le società. In una visione di stampo funzionalista il rapporto tra la famiglia come Istituzione sociale e le Forze Armate presupporrebbe un’adeguata coerenza tra il luogo della socializzazione primaria, la famiglia appunto, e il luogo dove un insieme di compiti convenzionalmente orientati alla difesa degli interessi della collettività attraverso l’uso della forza organizzata si esplica, dietro legittimo mandato della collettività medesima. Le famiglie, luoghi della riproduzione sociale, fornirebbero le risorse umane adeguatamente socializzate che l’Istituzione militare impiega a vantaggio della collettività. Nella storia umana sono molte e diverse le società nelle quali l’integrazione tra famiglia e mondo militare è stata fortissima, formando quel binomio con il quale viene ad essere indicata la società tradizionale, nella quale i compiti fondamentali sono suddivisi per genere assegnando alle donne i ruoli di riproduzione e cura della prole e agli uomini i ruoli di sostentamento materiale e di difesa attraverso l’attività guerriera. Nella tradizione culturale occidentale la triade dio-patria-famiglia ha più o meno esplici-

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tamente rappresentato i valori ultimi a cui la collettività faceva (o doveva fare) riferimento, concependo una linea di necessaria e indiscutibile consequenzialità gerarchica tra il primo e l’ultimo dei tre termini. La famiglia aristocratica ha rappresentato per secoli il modello nel quale ruoli pa-


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è separata da quella professionale. Questo morentali e ruoli militari trovavano forme esplicite di dello è particolarmente evidente negli insediaintegrazione, attraverso la norma derivante dal menti militari statunitensi, sia in patria sia sopratmaggiorasco di destinare alle Forze Armate (come tutto all’estero, dove la realtà delle basi militari pure al clero, il secondo stato parallelo a quello fornisce una perfetta rappresentazione dell’intenaristocratico) i figli cadetti (appunto!), come pure to di realizzare la maggior integrazione possibile nell’identificazione del Signore feudale con il Cotra le due Istituzioni. Nella società moderna e poi lonnello Comandante del proprio personale reggiancor più in quella attuale, postmoderna e invemento composto dai membri delle famiglie contastita da processi globali, le Forze Armate tendono dine del feudo. progressivamente ma inevitabilmente ad assumeÈ evidente che l’intenzione di chi scrive non è re connotati che Moskos ha definito occupazionaqui di esporre una pur succinta storia delle relali, dove la professione militare diventa sempre più zioni tra famiglia e Forze Armate, e nemmeno di un lavoro simile agli altri, e dove i coniugi non sottolineare come quella apparentemente integramilitari sono sempre meno integrati nella comuta relazione fosse realizzata e riconosciuta, ma nità militare, le mogli hanno un lavoro per conto solo di richiamare la varietà di modi e aspetti con proprio, esterno alla collettività militare, come cui le relazioni tra famiglia e Forze Armate si pospure cerchie amicali esterne ed autonome. Questo sono presentare. cambiamento separa dunque le due Istituzioni, e Ben diverso è, infatti, l’approccio che gli studi consente che ambedue manifecontemporanei sulla relazione stino distintamente le proprie tra famiglia e mondo militare utilizzano nella ricerca sociale: Nella storia umana sono richieste nei confronti di indivipur trattandosi sempre di due molte e diverse le società dui che appartengono simultaad entrambe: è qui Istituzioni fondamentali per le nelle quali l’integrazione tra neamente che Mady Segal vide e definì collettività umane, famiglia e Forze Armate si sono sempre famiglia e mondo militare è famiglia e forze armate come più distanziate seguendo il stata fortissima, formando due greedy institutions (1986), processo di differenziazione e quel binomio con il quale due Istituzioni voraci, riprenspecializzazione progressiva viene ad essere indicata la dendo la definizione di Lewis che ha segnato la trasforma- società tradizionale Coser (1974) secondo cui zione sociale dalla società traun’Istituzione vorace è quella dizionale a quella moderna che implica un modello di deconnotata dal processo di industrializzazione. dizione totale, come è il caso per i sacerdoti, o Come ha ricordato Charles Moskos (1977), la faper gli appartenenti a sette. Sia la famiglia sia miglia militare tradizionale si adatta a Forze Arl’Istituzione militare esercitano tale vocazione tomate definite come istituzionali, dove coniugi non talizzante sui propri membri, pretendendone enmilitari e famiglie sono parte della comunità militrambe una speciale e totale dedizione, che è funtare stessa, e dove la vita privata del militare non zionale a ciascuna perchè fa sì che i membri si

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glia stessa, per cui è più corretto parlare a questo dedichino ad essa senza risparmio di sè. Nelle soproposito di famiglia militare, ovvero di quell’unicietà tradizionali, come nel modello istituzionale, tà famigliare in cui uno o più membri adulti sono le Forze Armate risultavano dominanti, la loro voanche militari di professione. A questo proposito racità superava quella della famiglia, il dovere la letteratura sociologica introduce ovviamente verso la sfera militare era sentito (e riconosciuto, delle distinzioni, considerando diversamente i due ancorchè dolorosamente) dalla famiglia come sutipi di famiglia in cui almeno un membro è anche periore ai doveri dei propri membri verso di essa. appartenente alle Forze Armate: nel caso della faNella società moderna e contemporanea, la promiglia d’origine, in Forze Armate in grande misugressiva occupazionalizzazione della professione ra formate da giovani coscritti l’appartenenza di militare produce una sorta di equivalenza, quando uno o più figli all’Istituzione militare è temporanon una vera superiorità, della famiglia sull’Istitunea, e le eventuali problematiche rivestono quindi zione militare: l’individuo che appartiene ad encarattere transitorio ed anche di relativamente trambe le Istituzioni si sente «preso in mezzo» e breve periodo (salvo i casi di mobilitazione genetirato dall’una e dall’altra con forza egualmente rale in tempo di guerra, che legittima. Si pone così un vero e vanno però considerati a parte proprio caso di lealtà duale, che Nella società moderna e per l’evidente eccezionalità facilmente produce conflitto tra il ruolo professionale e il ruolo contemporanea, la progres- della situazione): di solito non familiare. siva occupazionalizzazione si considerano queste famiglie Si è discusso fin qui di fami- della professione militare come appartenenti al tipo della militare. Il tipo vero e glie e di militari, tenendo sepaproduce una sorta di equiva- famiglia rate le due Istituzioni per meproprio di famiglia militare è glio metterne in evidenza le lenza, quando non una vera costituito invece dalla famiglia modalità di reciproca relazione superiorità, della famiglia coniugale nella quale uno dei in quanto attori distinti. Ma nel- sull’Istituzione militare due partner è un militare di la realtà della vita quotidiana i professione, Ufficiale, Sottuffimilitari appartengono contemciale o soldato di truppa che poraneamente a famiglie e all’Istituzione militare, sia; lo stereotipo indica una famiglia in cui il pare vivono dunque costantemente una condizione tner militare è il marito e capofamiglia (nell’acceesistenziale di possibile contrasto tra le richieste zione anglosassone del breadwinner), ma sappiadell’una e dell’altra, condizione che pone contimo che in molti casi il partner militare può essere nuamente di fronte ad alternative psicologicala moglie, e anche che entrambi i coniugi possono mente gravose. D’altro canto la natura primaria appartenere all’Istituzione militare. Tutte queste della famiglia fa sì che la condizione di uno dei modalità compongono il tipo della famiglia milimembri sia in larga misura condivisa e sentita cotare solitamente oggetto di attenzione da parte me propria da ciascun altro membro della famidella ricerca sociologica, in cui non si distingue di

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solito la condizione coniugale formalmente sancita da un matrimonio da quella della convivenza; e queste sono anche le modalità esistenziali della vita privata con cui le Forze Armate come Istituzione sanno di doversi confrontare quando richiedono «dedizione totale» ai propri membri! È in queste situazioni esistenziali che si verifica, infatti, il trade-off tra lealtà familiare e lealtà professionale, che può sfociare facilmente in conflitto tra la famiglia e l’organizzazione militare. Un ulteriore tipo di famiglia che risulta, tuttavia, rilevante per l’Istituzione militare è però anche la famiglia d’origine di giovani militari di professione, che non hanno ancora formato una famiglia coniugale e che rimangono in qualche modo legati al gruppo primario d’origine, e percepiti come membri effettivi della famiglia formata dai loro genitori e dagli eventuali fratelli o sorelle presenti. Se pure la ricerca ha scarsamente considerato questo tipo di famiglia, nell’attuale condizione di prevalenza del formato professionale volontario delle Forze Armate specialmente nei Paesi occidentali la famiglia d’origine viene a rivestire una nuova importanza, perchè rappresenta il luogo nel quale la propensione all’arruolamento può sorgere ed essere facilitata o viceversa inibita. In quanto luogo di socializzazione primaria, la famiglia d’origine trasmette valori e norme generali ai suoi membri giovani, ma anche valori e norme individualmente riconosciuti e praticati dai membri adulti; la piccola società familiare organizza la propria esistenza impostando e costruendo il presente e il futuro per ciascuno dei propri membri, ponendo richieste e proponendo obiettivi a ciascuno di essi. L’opzione professionale militare può fare o non fare parte di questi obiettivi, e la famiglia può sostenere oppure dissentire fortemente da tale scelta, agevolandola o al contrario rendendola impraticabile, o comunque ostacolandola creando una situazione conflittuale. Come è già da tempo stato osservato da reclutatori di professione per l’Esercito americano dopo anni di impiego in Iraq, genitori preoccupati possono agire in qualità di gruppi di pressione, di protesta e di lobby contro le politiche di reclutamento, allo scopo di proteggere i propri figli e di tenerli lontani dalle tentatazioni di carriere professionali che si rivelano poi gravide di pericoli non più considerati accettabili né legittimi. La ricerca sociale su questo tipo di famiglia, quella dei cosiddetti «genitori di militari», è scarsa, come rilevato da Mady Segal nel 2007, ma sta diventando rilevante non solo negli Stati Uniti (Bartone, 2004) ma in Europa, da quando le missioni internazionali hanno assunto connotati di routine e di sempre maggiore rischio. Ricerche già in corso in Belgio e in Olanda segnalano che la percezione che i genitori hanno della condizione di militare di un proprio

figlio o figlia è diversa da quella mostrata dai partner, e che esiste anche un effetto di genere per cui i padri reagiscono diversamente dalle madri (queste ultime si preoccupano di più e sono più inclini a reagire negativamente, attivandosi per ostacolare l’arruolamento dei propri figli più di quanto non facciano i padri, i quali si mostrano più sensibili a sentimenti quali l’orgoglio per l’attività dei figli o il senso dell’onore derivante dal servizio al Paese). Ciò che si osserva è, inoltre, il fatto che i genitori di militari sono molto più attivi dei partners nella protesta pubblica e sui media, e sono quindi in grado di condizionare la risposta sociale alle campagne di reclutamento. Uno studioso israeliano, Udi Lebel, mette in evidenza come nelle famiglie israeliane colpite dalla morte di un figlio militare si siano messi i movimento meccanismi di politicizzazione prima inesistenti, volti a manifestare il rifiuto della retorica del sacrificio o dell’onore derivante dall’essere genitori di eroi. Come nota René Moelker, studiare oggi i comportamenti dei genitori di militari significa anche studiare il grado di legittimazione che una società riconosce alle missioni svolte dalle Forze Armate. Come si vede da questi brevi richiami, il tema delle famiglie dei militari si presenta non solo cruciale, ma anche piuttosto articolato e complesso, e per questo rilevante in termini di necessità di ricerca accurata. Ciò che sicuramente deriva dalle conoscenze attuali è la consapevolezza che le famiglie militari, comunque intese, sono famiglie che devono affrontare livelli elevati di stress,

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molto più elevati di famiglie non militari a parità di tutte le altre condizioni. Da qui l’ulteriore comsapevolezza che sono famiglie per le quali particolari misure di sostegno devono essere costituite e fornite. Anche su questo aspetto, sulle forme di sostegno, la ricerca sociologica viene in aiuto, soprattutto ricorrendo a quella attuata da tempo negli USA e in altri Paesi europei. Molto meno da noi, come si vedrà.

STRESS, IMPIEGO E FORME DI SOSTEGNO DELLA FAMIGLIA MILITARE Che le famiglie militari siano famiglie sottoposte a forti stress è ormai cosa nota, soprattutto da quando i dispiegamenti in missioni all’estero sono diventati routine per una parte rilevante di personale militare. Le difficoltà non sono però appannaggio delle sole famiglie nelle quali il militare viene mandato in missione, perchè disagi derivano anche dai numerosi trasferimenti ai quali la giovane famiglia militare è soggetta con maggiore frequenza nei periodi iniziali della carriera, quando ci sono figli piccoli o in età scolare e la perdita dei sostegni che circondano la famiglia deve venire ripetutamente colmata facendo ricorso a strutture esterne che non ovunque sono agevoli da reperire; sempre più frequentemente, inoltre, come accade nella società in generale, le famiglie militari sono unità dove entrambi i partner lavorano, cosa che può costituire un’ulteriore difficoltà in vista di un trasferimento. Stress e difficoltà, però, non dovrebbero essere considerati come un problema a senso unico, ovvero come un problema che riguarda le sole famiglie: si tratta al contrario di un problema a doppio senso, perchè anche

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l’Istituzione militare è implicata nelle situazioni solo apparentemente private del proprio personale: ci sono evidenze empiriche (e non il solo buonsenso!) che provano come soldati in missione, in ansia per la propria situazione familiare a casa, siano meno affidabili e meno efficienti nella prestazione professionale; mentre è altrettanto evidente che essi, e dunque l’Istituzione stessa, trarrebbero sicuro vantaggio dal sapere che le famiglie non sono abbandonate a se stesse. E si può ritenere che famiglie adeguatamente sostenute sono in grado di risolvere i propri problemi senza gravare psicologicamente sul proprio caro lontano, riducendone la preoccupazione. La letteratura socio-psicologica sul tema dimostra l’esistenza di una specie di continuum di fattori stressanti nelle famiglie dove uno dei due partner è un militare con missioni frequenti e ripetitive: un esempio è il noto Modello detto Doppio ABC-X, proposto e sperimentato da McCubbin & Petterson negli anni Ottanta, e derivato dal precedente modello ABC-X sviluppato da Hill dopo il Secondo conflitto mondiale (McCubbin, H.I., and Patterson, 1982; Hill R. 1949). Altro riferimento d’obbligo è a modello a 7 stadi proposto da DeSoir (De Soir E., 2000), dove l’esperienza di stress percepita dalle famiglie prima, durante e dopo la missione viene divisa in sette stadi, la protesta derivante dallo shock iniziale, il disimpegno alienato, la disorganizzazione emotiva, la ripresa e la stabilizzazione, l’anticipazione del ritorno, riunione e reintegrazione, nuova stabilizzazione. Alla situazione di privazione vissuta dalle famglie militari è possibile rispondere con una varietà di soluzioni, che la ricerca comparativa ha evidenziato e ricompreso in alcune modalità ricorrenti, interpretabili alla luce di alcune variabili. Il mo-

L’Asilo nido «Domenico Agusta» presso l’Aeroporto «Francesco Baracca» di Casarsa della Delizia (PN).


dello a quattro strategie proposto da Moelker et al. individua due dimensioni sottostanti alle possibilità che le famiglie hanno di reagire alle proprie situazioni problematiche: una dimensione concerne una qualità di dipendenza o di indipendenza presente in alcuni tipi di sistemi di supporto famigliare, una seconda dimensione sottolinea un orientamento individualistico o al contrario comunitario analogamente caratterizzante i vari sistemi di sostegno osservati. La prima dimensione misura la diversa capacità della famiglia di relazionarsi con il fornitore del sostegno, la seconda dimensione si riferisce alla teoria dello scambio sociale, basato sul principio di reciprocità oppure sullo scambio di mercato. Queste due dimensioni incrociate danno luogo ad una tassonomia che definisce quattro tipi di strategie messe in atto dalle famiglie in difficoltà, che a loro volta

conducono alla strutturazione di quattro diversi sistemi di sostegno. Le strategie possono essere di tipo individualistico e indipendente, ovvero basate su relazioni individuali che i membri della famiglia possiedono e a cui fanno riferimento autonomamente (relazioni basate sullo scambio, come il ricorso a prestazioni a pagamento di una baby sitter); all’opposto vengono attuate strategie comunitarie e dipendenti, laddove l’Istituzione militare fornisce supporti interni e forme istituzionali di aiuto alle famiglie del proprio personale militare; forme miste sono invece quelle in cui si combina un orientamento individualistico con la dimensione della dipendenza, laddove si fa ricorso a professionisti a seconda del tipo di problema (medici, psicologi, assistenti sociali, legali...), come pure quelle forme dove coesiste un orientamento indipendente con uno comunitario, che dà luogo a reti sociali di sostegno basate sul principio della reciprocità generalizzata, esterne però all’Istituzione militare. Ciascun tipo presenta livelli di efficacia e di efficienza variabili a seconda dei problemi da affrontare, delle caratteristiche delle persone coinvolte e dei contesti sociali in cui si applica, e anche gradi di preferibilità diversi da parte dei potenziali fruitori. Una ricerca condotta su di un campione di consorti e partner di militari in due diversi reparti dell’Esercito nel nostro Paese, il 3° reggimento alpini della Brigata «Taurinense» di Pinerolo e la Brigata Meccanizzata «Sassari», ha dimostrato l’applicabilità di entrambi i modelli sopra esposti, pur se sono emerse alcune specificità. Negli incontri tenuti (seguendo la tecnica dei focus group) e nelle interviste individuali con coniugi o

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particolare), e che le differenze riscontrabili nelle partner di Ufficiali, Sottufficiali e soldati (mogli o diverse esperienze, sia nei vari Paesi considerati compagne nella totalità dei casi) si sono, infatti, come quadro di riferimento e di comparazione, evidenziate modalità varie di affrontare le situasia in Italia nelle sue differenti situazioni sociozioni di stress e problematicità imputabili alla economico-territoriali e culturali, abbiano a che specificità dell’attività militare del partner: quevedere con i diversi contesti culturali e socio-poste, infatti, si differenziano a seconda della cullitici. In altre parole: ogni società ed ogni Forza tura generale nella quale la famiglia si inserisce, Armata si comportano diversamente nei confroncome pure in base ad alcune variabili individuali ti della famiglia e delle famiglie dei propri meme sociali quali il capitale culturale, economico e bri militari, e questa diversità corrisponde ad una sociale di cui la singola famiglia può disporre, e varietà, non infinita, di letture del problema e di che rappresenta quindi un mix variabile di risorrelative soluzioni. Le politiche sociali, infatti, se con cui destreggiarsi e affrontare le criticità di possono seguire diversi modelli, da quelli del una professione come quella militare. Nel considerare i diversi modi di affrontare lo stress e nel Welfare State di stampo nord-europeo all’iniziapredisporre le possibili strutture di sostegno, i tiva privata di stampo nordamericano: il primo ricercatori si sono mossi partendo da un assuntipo è il modello social-democratico nel quale lo to, secondo il quale la cultura di una collettività Stato assicura un’ampia gamma di servizi di eledefinisce ruoli e funzioni delvata qualità, rappresentato til’istituto familiare, come pure picamente dai Paesi scandinavi delle altre Istituzioni, mettendo Le strategie possono esse- e per alcuni aspetti dai Paesi in luce molteplici modalità di re di tipo individualistico e Bassi, e diffuso con varianti relazione Forze Armate-socie- indipendente, ovvero basate nazionali in tutta l’Europa Octà; la cultura influenza anche le il secondo è il mosu relazioni individuali che i cidentale; modalità delle politiche pubblidello liberale di welfare, basache, della social policy in parti- membri della famiglia pos- to sul mercato e sulla netta colare, costituendo mix diversi siedono e a cui fanno riferi- prevalenza dell’iniziativa pridi pubblico e privato, di soste- mento autonomamente vata e tipico degli Stati Uniti. gno pubblico e istituzionale da Se la realtà di ciascuna società un lato e di iniziativa indivinon è così nettamente assoduale privata dall’altro; l’ipotesi formulata è che ciabile in maniera esclusiva all’uno o all’altro questo vale anche per il comportamento rispetto modello, è comunque innegabile che laddove al sostegno delle famiglie dei militari in missione prevale quest’ultimo modello i singoli cittadini (ma questo può estendersi comunque alla condisono i primi responsabili delle proprie esigenze zione complessiva della famiglia militare intesa di cura e previdenza, per cui il modello evidenzia e sostiene un orientamento prevalentemente income famiglia intrinsecamente problematica e

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PROBLEMATICHE E RICHIESTE DELLE FAMIGLIE MILITARI IN ITALIA Le situazioni osservate mettono in evidenza realtà variabili riferibili alle specifiche condizioni in cui ciascuna famiglia si trova a seconda della sua composizione, del momento biografico-temporale in cui si trova, e della quantità-qualità di risorse sociali, culturali ed anche finanziarie di cui può disporre. Le testimonianze ricevute sono invece molto simili quando vengono esposte le difficoltà e le vere e proprie sofferenze derivanti dai frequenti e ricorrenti distacchi che l’invio in missione del partner militare professionista produce alla piccola comunità familiare. In generale ogni distacco è problematico, con intensità variabile ma sempre generatrice di stress e di senso di privazione. In alcuni casi la privazione è espressa come incomprensione della società che circonda la famiglia circa le difficoltà che avere un marito in Iraq o in Afghanistan può produrre, evento che difficilmente è compreso nella sua reale portata da chi non sperimenta analoghe evenienze: «... È difficile spiegare la tua situazione ad altra gente

che non conosce i militari. Nessuno può capire i tuoi problemi, quando dici che tuo marito è andato lontano in missione la risposta di solito è del tipo “oh! però guadagna un sacco di soldi!”». Espressioni come questa sono ricorrenti, e si possono capire facendo ricorso a due diverse motivazioni: una prima ragione è data dalla ben nota unicità della professione militare in generale, che è difficile da spiegare a dei «civili», e produce un senso di diversità anche nelle mogli dei militari. Un’altra ragione proviene dal fatto che le attività militari fanno parte del discorso pubblico, le missioni e le loro ragioni sono commentate sui media e l’opinione pubblica può anche essere critica verso le missioni stesse. Questo causa mancanza di solidarietà: «Siamo spesso lasciate sole. Spesso la pubblica opinione ha idee sbagliate sulle operazioni militari e sulle Forze Armate, sul lavoro dei militari e sulle ragioni delle missioni, e questo

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dividualistico o particolaristico; laddove invece i cittadini sono comunque collocati sotto un ampio e protettivo ombrello pubblico, prevale un orientamento universalistico e orientato all’aspettativa dell’intervento pubblico. La prevalenza del modello privatistico nel caso degli Stati Uniti promuove l’iniziativa privata per cui le organizzazioni di lavoro come le imprese e altre Istituzioni come le Forze Armate sono spinte ad assicurare forme di welfare «privato» per i propri membri: il caso delle Forze Armate statunitensi rappresenta un buon esempio di sistema di sostegno istituzionale «interno» per i militari e le loro famiglie; diversamente, dove vige un sistema universalistico pubblico di welfare prevale l’orientamento ad attendersi che il maggior onere per la cura e l’assistenza sociale stia comunque nelle mani dello Stato secondo un’ottica universalistica, che da un lato sottostima le diversità e le specificità, e dall’altro riduce la pressione sulle singole Istituzioni a che si facciano carico appunto di tali specificità riguardanti le condizioni esistenziali del proprio personale. Un’ulteriore dimensione da considerare riguarda il sistema di valori diffuso e riconosciuto in una collettività, ed il ruolo assegnato alla famiglia come Istituzione sociale. Anche sotto questo aspetto, la forza dei legami familiari e delle reti parentali può variare e influenzare diversamente la persistenza o il venir meno della solidarietà parentale come pure della divisione dei ruoli rispetto al genere. In società, o in più ristretti ambienti socio-culturali, dove tali legami sono forti, le unità familiari sono estese e la solidarietà parentale è attiva, anche la famiglia militare può avvantaggiarsi di questo capitale sociale di base che genera risorse di sostegno in caso di bisogno; diverso è invece il caso in contesti socio-culturali dove prevalgono orientamenti individualistici, i gruppi primari familiari sono ridotti e le reti parentali deboli: qui la famiglia militare, spesso sradicata dagli originari luoghi d’origine dei suoi membri, più facilmente rischia di trovarsi in condizioni di isolamento e solitudine. Le necessità di sostegno, quindi, sono percepite diversamente, e anche le modalità eventualmente richieste o messe in atto autonomamente variano a seconda del contesto socio-istituzionale e socio-culturale. Questa varietà è dimostrata dalle ricerche che in chiave comparativa sono state condotte in diversi Paesi, europei ed extraeuropei, e su cui non ci si sofferma ora per ragioni di spazio. Ponendo invece attenzione alla condizione delle famiglie militari nel nostro Paese, dall’indagine sopra ricordata è stato possibile evidenziare una varietà di situazioni che conducono le famiglie a porre domande all’Istituzione militare aspettandosi modalità varie di risposta.


produce mancanza di solidarietà con chi è a casa ad aspettare». In altri casi ancora, la privazione è chiaramente riferita ad una scarsa attenzione attribuita dall’Istituzione militare alle esigenze familiari del personale inviato in missione. In ogni caso, pur se con diversità di accenti e di enfasi, l’atteggiamento che emerge prevalentemente potrebbe definirsi come forte consapevolezza dell’importanza che una famiglia non problematica, adeguatamente assistita a casa, costituisce un elemento di serenità e di maggiore efficienza per il personale in attività, e che troppo spesso le componenti non militari della famiglia militare sono soggette a tensioni e stress che non vengono fatte emergere come meriterebbero proprio per non gravare ulteriormente sulla condizione psicologica di chi comunque non può sottrarsi agli obblighi professionali. Il modello dei sette stadi più sopra ricordato trova una reale rispondenza nei racconti che le mogli e le compagne di Ufficiali, Sottufficiali e soldati hanno voluto condividere con i ricercatori: lo shock iniziale del distacco può diventare meno forte con il ripetersi delle esperienze, ma proprio la sua reiterazione può causare la progressiva insopportabilità della situazione; la capacità del recupero di una routine durante l’assenza del partner è evidentemente segnata dai sostegni su cui la famiglia può contare, l’inadeguatezza o l’assenza dei quali solo di rado può essere compensata da particolari doti di resistenza e di adattamento che la piccola unità fami-

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liare in alcuni casi mostra di possedere. Per tutti il problema del distacco è poi correlato ad un analogo e speculare problema del ritorno, della ripresa di una routine diversa, che richiede continui sforzi di adattamento e ri-adattamento. Passando alle soluzioni possibili, la ricerca mostra che laddove le difficoltà non trovano sostegni nella cerchia parentale, che rimane comunque il primo ambito a cui chi può tende a fare riferimento, l’aspettativa di riceverli dall’Istituzione militare è diffusa, anche se non generalizzata; va però osservato che, anche in presenza di soluzioni «private» di tipo familistico, l’idea che la condizione di problematicità particolare e insieme la rilevanza che si potrebbe definire «strategica» della famiglia militare dovrebbero essere maggiormente riconosciute dall’Istituzione militare stessa. Inoltre, solo in alcuni casi le famiglie sono state in grado di indicare autonomamente quali tipi di sostegno sarebbero considerati più adeguati e preferibili, e questo mostra anche come il problema, anche se esteso, sia ancora troppo spesso percepito come problema privato, poco tematizzato come discorso pubblico, e di conseguenza scarsamente esprimibile in termini di istanza concreta da rivolgere ad un soggetto istituzionale definito. Dovendo invece considerare alcune soluzioni proposte dai ricercatori, e che si richiamano alla tipologia della quattro strategie più sopra accennata, le famiglie hanno potuto esprimere quanto meno delle preferenze, la cui varietà è utile da considera-


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comprensivo come il tipo a., ma nemmeno troppo gravoso da sostenere sul piano della partecipazione e dell’impegno come i tipi b. e c.. Si tratta, com’è ovvio, di proposte. Migliorabili sicuramente, ma di cui non si può negare un carattere di sobrietà e anche di autolimitazione che ne faciliterebbe l’adozione. Guido Sertorio Direttore del Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Torino Marina Nuciari Vice Direttore del Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Torino

BIBLIOGRAFIA Charles C. Moskos Jr., From Institution to Occupation.: Trends in Military Organization, in «Armed Forces & Society», 4, 1, 1977. L. Coser, Greedy Institutions: Patterns of Undivided Commitments, «The Free Press», New York, 1974. Mady W. Segal, The Military and the Family As Greedy Institutions, «Armed Forces & Society», 13, 1, 1986. McCubbin, H.I., and Patterson, Family Adaptation to crises, in H. I. McCubbin, A.E. Cauble and J. Patterson (eds.), «Family Stress, Coping and Social Support», Springfield, C.C. Thomas, 1982. Hill R., «Families under Stress», New York, Harper & Row, 1949. De Soir E., Hoe beleeft het thuisfront een uitzending ? Die emotionele standia bij langdurige inzet, in R. Moelker and F. Jansen (eds.), «Kernvraag: Thuisfront en de militair», 123 (1), 2000, pp. 19-26. R. Moelker and I. Van der Kloet, Military Families and the Armed Forces: A Two-sided Affair?, in G. Caforio (ed.), «Handbook of the Sociology of the Military», Kluwer Academic/Plenum Publishers, N.Y., 2003, pp. 201223. J.V. Bartone & P.T. Bartone, Missions Alike and Unlike: Military Families in War and Peace , relazione presentata al «IX Convegno ERGOMAS», Parigi, 2004.

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re in vista di interventi concreti. Le varietà di sistemi di sostegno presentati sono le seguenti: a. un’organizzazione istituzionale, interna e costruita secondo un formato unitario ma diffusa e gestita localmente presso ogni reparto, in grado di fornire assistenza e aiuto in diversi campi professionali (medico, socio-psicologico, assitstenziale, legale...); b. un’associazione volontaria, esterna all’Istituzione, autonoma e senza legami o vincoli di alcun tipo con l’organizzazione militare; c. un’associazione volontaria che però riceve riconoscimento e sostegno istituzionale a livello locale, ovvero dal reparto presso il quale sorge e opera, utilizzando spazi, mezzi di comunicazione e supporto logistico interni; d. una sorta di «sportello» dove chiedere e ricevere informazioni, appositamente istituito e dedicato alle famiglie dei militari, collocato a livello Brigata o reggimento, con personale militare specializzato nel fornire informazioni e indicazioni (ad esempio, nell’indirizzare verso prestazioni di esperti o nell’eseguire qualche procedura burocratica complicata). La soluzione più gettonata risulta proprio quest’ultima, mentre la prima, tipicamente istituzionale e comunitaria, è stata considerata troppo interna e forse percepita come potenzialmente «invasiva» della vita privata, a conferma tra l’altro di un diverso orientamento verso le forme dell’assistenza e del sostegno rispetto alla realtà statunitense, più individualistico e meno istituzionale in Italia, o semplicemente più incline a servirsi dei servizi disponibili nella società in senso lato purchè con adeguata informazione. La soluzione di tipo b., comunitaria ma non istituzionale, è stata valutata positivamente in astratto, ma come estremamente difficile da realizzare laddove non sia riscontrabile un forte orientamento a socializzare e mobilitarsi autonomamente, e comunque incapace di mantenersi senza sostegno pubblico; un’analoga associazione dotata però di appoggi e riconoscimenti interni, il tipo c., che richiama la tipologia individualistica ma istituzionale, è stata considerata troppo legata a particolarità locali, con gli stessi problemi della precedente e i difetti di quella di tipo a.. E dunque la soluzione preferita appare quella di un sistema di sostegno misto, semi-istituzionale ma, in un certo qual modo, anche burocratico, che sulla base della teoria delle quattro strategie si potrebbe definire come un esempio di sistema insieme individualistico e semi-istituzionale: qualche cosa di meno del modello interno, comunitario e istituzionale, qualche cosa di più di una associazione libera ma anche troppo distaccata; in definitiva, ciò che viene richiesto è un tipo di sostegno non troppo invasivo e onni-



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IL COLLEGIO MILITARE DI VERONA


IL COLLEGIO MILITARE DI VERONA Una Scuola Militare «europea» nella Repubblica Veneta Fondato nel 1759 dalla Serenissima nella città-fulcro del suo sistema difensivo di Terraferma, il Collegio Militare di Verona mirava a creare una stabile riserva di giovani Ufficiali di elevata estrazione sociale e a formare - grazie a programmi scientifico-culturali di prim’ordine - una classe scelta e preparata di ingegneri e artiglieri. Meritevole di essere annoverato tra le grandi Scuole Tecniche Militari europee, è su di esso che si innestano le «radici» storiche dell’attuale Accademia Militare di Modena.

Il 3 settembre 2009, anno in cui l’Esercito Italiano ha dedicato il proprio calendario agli Istituti di formazione e addestramento, cade anche il 250° anniversario di fondazione di un’importante Istituzione scolastica militare pre-unitaria italiana. La nostra riflessione sull’esperienza - breve ma significativa - del Collegio Militare di Verona vuole evidenziare la trasformazione della cultura e della pratica militare nel contesto complesso, e per certi versi paradossale, dell’ultimo mezzo secolo

di vita della Repubblica Veneta; uno Stato in cui, a partire dalla metà del secolo XVIII, ad elementi di assoluta modernità si accostano tendenze conservatrici, talvolta anacronistiche, ed il cui Esercito evidenzia un’inquietante «debolezza militare», una generale condizione di «abbandono», aggravata dalla mancanza di «Ufiziali abili». La fondazione dell’Istituzione veronese va inserita in un quadro di riorganizzazione dell’Esercito veneto che, a sua volta - per coglierne analogie e differenze - va contestualizzato in una dimensione per così dire «europea». La trasformazione in atto della stessa «arte della guerra», connessa alle sempre più numerose innovazioni tecnologiche, tende, infatti, a stimolare in Europa la creazione di nuovi istituti finalizzati alla formazione degli Ufficiali (soprattutto, e non a caso, di artiglieria e genio) nel senso moderno del termine. Mentre altrove sorgono Istituzioni quali l’Accademia del Genio a Vienna (1717), la Reale Scuola di Artiglieria a Torino (1739), l’Ecole des Ingénieurs a Mézières (1748) - che in seguito concorrerà con l’Ecole des Ponts et Chausées a creare l’Ecole Polytechnique - la formazione di ingegneri e artiglieri veneziani si fonda ancora su un’«ottica di mestiere». I timidi tentativi riformistici delle Forze Armate venete in questo arco di tempo sono ben poco incisivi in confronto ai progressi registrati dalle maggiori potenze europee e si limitano a correttivi volti a

In apertura. Ponte Scaligero e Castelvecchio a Verona. A sinistra. Lo scienziato ed ufficiale ingegnere Anton Mario Lorgna, BCVr, Ritratti.

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colmare le lacune più macroscopiche. L’idea della Dominante di creare, con il Collegio Militare di Verona, una stabile riserva di giovani Ufficiali di elevata estrazione sociale ed altrettanto elevata preparazione tecnica, per formare militari dotati di solide cognizioni tecnico-scientifiche, appare perciò una prima, concreta risposta all’improrogabile esigenza di rinnovamento dei suoi ranghi militari. E rappresenta, soprattutto, il risultato di un processo di interscambio di idee e tendenze europee che trovano terreno fertile nelle più dinamiche personalità politiche e culturali della tarda Repubblica. Una linea in decisa controtendenza con l’inerzia dell’apparato militare veneziano, fossilizzato in strutture organizzative di stampo arcaico e legate a strategie difensive ormai superate, riconosciute tali anche da illustri contemporanei, come l’intellettuale veronese Scipione Maffei. Sottolineando i limiti della politica militare veneziana e la necessità di formare una nuova classe di militari professionisti, il Maffei non a caso fratello di un militare, il Generale Alessandro, al servizio della Baviera - già nel 1732 sosteneva la necessità di una netta scissione tra la vocazione alle armi e quella per altre occupazioni. Solo intorno alla metà del secolo, tuttavia, i tempi sembrano essere maturi perché anche a Venezia un «tecnico delle armi» possa diventare un Ufficiale ad alta professionalità, secondo la L. Salimbeni: «Degli archi e delle volte», Verona, 1787, concezione moderna che richiede personale milifrontespizio, BCVr. tare specializzato per affrontare le nuove sfide legate ai progressi tecnologici in ambito bellico: nel 1740 - sulla falsariga dei modelli europei - si abbozzano alcune prime riforme per uno svecchialegio Militare di Verona. Superate incertezze e mento dell’Esercito, e nel settembre 1759 è costicontraddizioni dei primi tempi, Lorgna - che già tuito ufficialmente il Collegio Militare di Verona, dal 1761 affiancava il Direttore, Tommaso Pedricui viene destinata come sede la struttura di Canelli, e nel 1763 era stato nominato Secondo stelvecchio. La Scuola mira a formare una classe Maestro con il grado di Capitano degli ingegneri scelta di ingegneri ed artiglieri, - punta ad una preparazione di livello nettamente superiore culturale e scientifica d’alto lirispetto alle Scuole per Cadetti ...nel 1740 si abbozzano vello e, attuato un coraggioso di fanteria e cavalleria; i prodei programmi, alcune prime riforme per aggiornamento grammi sono ambiziosi e punconferisce un’«organica sistetano «all’affermazione delle co- uno svecchiamento del- mazione normativa» alla Scuonoscenze tecnico-scientifiche l’Esercito, e nel settembre la veronese. Essa raggiunge in ambito non soltanto milita- 1759 è costituito ufficial- così livelli significativi in un re», per coinvolgere tutti i Cor- mente il Collegio Militare di più ampio contesto culturale, pi, al di là delle cosiddette armi Verona, cui viene destinata in virtù di un percorso di studi «dotte». su una formazione e come sede la struttura di fondato Dopo qualche anno di non professionalizzazione avanzata esaltante «rodaggio», nel 1765 Castelvecchio dei futuri cadetti, cui si richieviene assegnato l’incarico di de impegno nello studio, ma si riorganizzare la Scuola al mariconoscono anche merito intematico ed ingegnere militare Anton Mario Lordividuale e proprie qualità intellettuali. gna, che del Collegio è il vero fondatore e princiL’educazione impartita nel Collegio mira ad una pale animatore; questo evento costituisce senza preparazione accurata, attenta a quanto di innodubbio un discrimen tra due fasi distinte del Colvativo è prodotto a livello europeo in campo

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Castelvecchio nel XVIII sec., versione a colori, BCVr, Sezione Stampe.

scientifico-militare e ispirata da una spiccata mentalità meritocratica. Si punta anche sull’esperienza pratica e sulla sperimentazione diretta delle conoscenze acquisite dai cadetti: ciò grazie ad un attrezzato gabinetto scientifico dove a guidare le esercitazioni degli Allievi - che si svolgono in un «campo di batteria» e prevedono anche lo scavo di gallerie per le esercitazioni pratiche di artiglieria - è un insegnante d’eccezione, il matematico Leonardo Salimbeni, che ricoprirà un ruolo fondamentale nelle successive vicende della Scuola. La Scuola Militare veronese si distingue inoltre per un legame più significativo e stretto con la «teoria matematica», e per i criteri di assegnazione degli Allievi del Collegio ai vari corsi (i primi classificati della graduatoria finale al Corpo del genio, i meno quotati all’artiglieria e, infine, gli ultimi alla fanteria e alla cavalleria), che già sembrano sovvertire le gerarchie dell’ancien régime. In questo senso, il Collegio Militare di Verona si connota anche come Istituzione «ponte» tra una cultura di ancien régime di stampo clerical-nobiliare e una cultura moderna di tipo «meritocrati-

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co». Inoltre, come le Scuole Militari di Torino, il Collegio si rivela in grado di catalizzare spiriti riformatori più degli atenei dei rispettivi Stati, e non a caso - ancora come Torino - dal 1782 la città scaligera sarà coinvolta nelle vicende di un’importante accademia scientifica, la Società Italiana dei XL, che fa capo al Collegio stesso. L’Accademia - fondata l’anno precedente da Anton Mario Lorgna - è costituita da quaranta scienziati italiani e si connota subito come il primo nucleo di opinione pubblica italiana di rilievo culturale e politico organizzato in una «struttura sopranazionale promossa non già dal mecenatismo statale o aristocratico, ma direttamente dagli scienziati». E la corrispondenza intercorsa negli anni Sessanta - Ottanta fra Anton Mario Lorgna e Alessandro Vittorio Papacino, direttore della Scuola di Artigliera di Torino, ci consente di cogliere proprio l’orgoglio dello scienziato e del militare: cifra, potremmo dire, dell’affermarsi di una sorta di «internazionale degli artiglieri» che, a partire da Verona e Torino, tocca ormai le Scuole parigine, berlinesi, russe.... Se Anton Mario Lorgna rappresenta quasi una sorta di paradosso - uomo «di antico regime» che trasmette alla Storia Militare un retaggio «rivoluzionario» - e si colloca sulla linea di demarcazio-


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stinato alla chiusura definitiva. Ma la tradizione ne tra la generazione di ingegneri tout-court e la culturale ed educativa del prestigioso Collegio generazione di ingegneri di professione, Leonardo non sarebbe morta: al contrario, proprio a ModeSalimbeni, direttore di Castelvecchio, sarà destina è destinata a rinascere, a perpetuarsi e ad nato piuttosto a diventare emblema di una nuova operare sino alla fine dell’esperienza napoleoniclasse di Ufficiali che coincide con l’élite fautrice ca, producendo una vera e propria élite di «milidi opere scientifiche relative all’applicazione di teorie matematiche ad usi sia militari che civili. tari-scienziati». L’Accademia modenese è infatti Il Collegio veronese, per la sua originalità e la impostata e diretta proprio da Leonardo Salimbesua validità, diviene una sorta di «pietra miliare» ni, ultimo Direttore dell’Istituto veneto. Il suo della storia delle Istituzioni Miobiettivo è chiaro: ricostruire a litari di formazione e, ottenuta Modena il Collegio veronese. ...il Collegio di Verona rap- Molti sono i punti in comune chiara fama anche all’estero, contribuirà anche dopo la sua presenta una realtà scolasti- fra le due Istituzioni (criteri di chiusura all’affermazione e alla ca fondata sull’idea di un ammissione, esami, programdiffusione di una cultura sciendi studio). Ma l’elemento centro di alti studi omogenei mi tifico-militare determinante più evidente e concreto di sugli sviluppi degli istituti di e specialistici, paragonabile continuità, vero e proprio trait educazione e formazione mili- in questo - ecco la sua «di- d’union tra le Istituzioni di Vetare in età rivoluzionaria e na- mensione europea» - solo rona e Modena - che consente poleonica. di affermare che un’Accadeall’Ecole Polytechnique Con la caduta della Serenissimia, quasi, nacque dall’altra ma nel 1797 e l’istituzione, nel è costituito dalla presenza 1798, della Scuola Militare del Genio e dell’Artinella nuova Scuola dello stesso Leonardo Salimglieria di Modena - voluta dal Bonaparte per dobeni e di parte del personale direttivo del Colletare il nascente Esercito Cisalpino di un Corpo di gio scaligero. Nello staff modenese troviamo iningegneri degno della tradizione scientifica franfatti vari docenti reclutati tra ex Ufficiali della Recese e italiana - il Collegio di Castelvecchio è depubblica veneta (Filippo Psalidi, Francesco Dorsan, Francesco Brognoligo, Ruggiero Bidasio Imberbi, Giovanni Zanardini, Luigi Cagnoli), mentre tra gli Allievi si distinse, fin dall’inizio, il gruppo A. M. Lorgna, «Planchette balistique», BCVr, Fondo Lorgna, b. 10.6. degli ex veneti, figli di professori del Collegio di Verona o di Ufficiali democratici marciani. In conclusione, il Collegio di Verona - come, in altro contesto, l’Accademia di Torino - rappresenta una realtà scolastica fondata sull’idea di un centro di alti studi omogenei e specialistici, paragonabile in questo - ecco la sua «dimensione europea» - solo all’Ecole Polytechnique. A ciò va aggiunto - ed è forse l’aspetto più degno di nota - il fatto che il Collegio Militare di Verona, pur operando in un clima conservatore e in uno Stato che da tempo aveva rinunciato alle grandi riforme, è esempio paradigmatico di una Scuola in grado di formare nuovi ranghi di burocrati con un background tecnico-scientifico destinato al servizio pubblico. Come questo sia stato possibile, in un contesto come quello degli ultimi anni della Repubblica veneta, resta ancora parzialmente da indagare; in ogni caso, le vicende successive al 1797, la fondazione della Scuola Militare di Modena e gli homines novi che dall’Adige si spostarono in Emilia con il loro bagaglio di conoscenze e di professionalità testimoniano ancora oggi l’eccellenza del Collegio Militare di Verona.

Francesco Premi Pubblicista e storico militare

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ESERCITO E INCONTRO CON LE COMUNITÀ TERRITORIALI


ESERCITO E INCONTRO CON LE COMUNITÀ TERRITORIALI Un’analisi della relazione esistente tra Forze Armate e società, una relazione che nel passato era di tipo obbligatorio, basata sull’etica, sul senso del dovere, sull’affettività, cioè la Leva; una relazione, oggi, basata sulla specializzazione, sulla razionalità, cioè il reclutamento volontario. Solo l’attiva e costante presenza delle Forze Armate sul territorio nazionale può dare consapevolezza alla società civile della funzione istituzionale che esse assolvono.

LA RELAZIONE FORZE ARMATE-SOCIETÀ

A destra. Morris Janowitz.

Tra le tematiche che fanno parte della riflessione In apertura. sociologica sulle Forze Armate, quella riguardante Incontro tra Forza Armata e civili. la relazione tra l’Istituzione militare e la società civile occupa una posizione di forte rilievo, tanto da costituire per Morris Janowitz uno dei tre essenziali campi coperti dalla sociologia militare: lo stumilitare adeguato dio dei conflitti e della guerra in particolare, lo ad una Nazione studio delle Forze Armate come organizzazione di cittadini, di complessa e come campo professionale specifico, fatto tale came lo studio della relazione Forze Armate-società. biamento deriva Nel definire l’esistenza di questa particolare relada quello ben più zione tra due oggetti sociali, Janowitz intendeva ampio e radicale mettere in luce come le Istituzioni militari non siache ha rovesciato no mai entità staccate e a sè stanti, bensì derivino l’ancien régime e dato corso ad una società nuova. e siano fortemente influenzate dal tipo di società a L’estendersi di analogo modello di società nei Paecui inevitabilmente appartengono. Se da un lato gli si europei, e non solo, produce di fatto la stessa studiosi hanno più volte messo in evidenza la peropzione per quanto riguarda le Forze Armate, e sistenza attraverso il tempo dei modelli di orgal’Esercito di massa diventa il modello tipico delle nizzazione armata, la speciale somiglianza (defininuove democrazie man mano avviate verso l’induta anche come un caso di isostrializzazione. Quando, nel morfismo) che accomuna le isti1996, sempre la Francia «sotuzioni militari nei diversi Paesi . . . J a n o w i t z i n t e n d e v a spende» la leva obbligatoria e e aldilà delle diverse realtà so- mettere in luce come le si rivolge al reclutamento vocio-culturali, pur tuttavia cia- istituzioni militari non sia- lontario, non è il primo Paese scuna è parte della società in cui ad attuare questa trano mai entità staccate e a europeo si forma, ne è influenzata e insformazione, ma, al pari di aldotta al cambiamento dalla in- sè stanti... tri, proprio la patria dell’Esercicessante dinamica sociale. Un to di leva ammette la nuova esempio della presenza e della condizione sociale, la nuova forza di tale relazione è dato dalle trasformazioni epoca post-bipolare, e la conseguente nuova monei modelli di reclutamento, che pur non essendo dalità di costituire un’istituzione militare adeguata numerosi, transitano nella storia spinti dalla forza alle nuove condizioni. del cambiamento sociale e culturale, delle trasforLe ragioni in base alle quali la gran parte dei Paesi occidentali, tra cui il nostro, sceglie promazioni economiche e politiche. Quando nel 1793 gressivamente e in uno stesso lasso temporale la Francia rivoluzionaria sancisce la forma istitu(l’ultimo decennio del Novecento) di abbandozionale dell’Esercito di massa e istituisce la levée nare il modello dell’Esercito di leva a favore del en masse come il solo modello di reclutamento

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parte di quanti ritenevano che le nuove attività non potessero essere efficacemente svolte se non da professionisti, esperti per formazione ed in grado di accumulare ed affinare le capacità di far fronte a sempre più diverse e variegate esperienze. Se il modello del soldato di leva richiamava ed era coerente con la metafora della società fordista (produzione di massa, labour intensive, sostanziata dalla grande impresa rigidamente organizzata che opera su mercati stabili e prevedibili, rideclinata come difesa di massa, contro minacce

Una pattuglia mista Esercito e Carabinieri in servizio di ordine pubblico.

stabili e prevedibili), il modello del soldato flessibile diventa ora la metafora della nuova società post-fordista, nella quale la minaccia (come i mercati) diventa imprevedibile, instabile, differenziata e globale. Il soldato flessibile deve coniugare esperienza e adattabilità, conoscenza acquisita e capacità di continuo apprendimento, secondo i principi della teoria organizzativa contemporanea, che sostiene la produzione snella e la flat organization, e definisce la natura dell’organizzazione come learning organization, l’organizzazione che apprende, immagazzina e riutilizza la conoscenza man mano accumulata. Un tale tipo di personale si forma in maniera più adeguata con il reclutamento su base volontaria e con il trattenimento in

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reclutamento su base volontaria sono più d’una, di ordine politico, interno e geostrategico, di ordine economico, di ordine culturale ed anche etico, di ordine organizzativo ed operativo, ma in tutti i casi le conseguenze sono simili per tutti i Paesi: cambia il rapporto, positivo o problematico che sia, tra la società civile e le sue Forze Armate. Tra quanti paventavano questa trasformazione, uno dei motivi addotti, forse il principale, per dimostrare la migliore qualità complessiva del modello della coscrizione obbligatoria, non era di ordine economico (ritenendo la professionalizzazione la causa di un sicuro aumento dei costi), bensì di ordine ideale e morale: eliminare nella pratica la condizione per la quale la funzione militare, l’uso legittimo della forza, stava di fatto nelle mani e nella responsabilità di tutti i cittadini, avrebbe inevitabilmente portato ad un distacco progressivo tra cittadini volti al perseguimento dei propri pacifici interessi e non più interpellati dal dovere civile della difesa della collettività, e quella istituzione a cui gli stessi cittadini avrebbero finito per delegare acriticamente l’onere della «gestione legittima della forza». Senza voler qui richiamare i timori di scarso lealismo che fin dai primi anni della Repubblica Italiana venivano sollevati ogniqualvolta il discorso pubblico riproponeva la questione dell’abolizione della leva a vantaggio del professionismo militare, e che nell’ultimo ventennio del Novecento sono stati infine decisamente superati, le ragioni avverse al professionismo militare intendevano sottolineare il rischio di una perdita di visibilità dell’Istituzione militare e di una ancor peggiore perdita di prestigio e di legittimazione: Forze Armate destinate, così pareva appena dopo la fine della Guerra Fredda, a non essere impiegate per ragioni interne di sicurezza nazionale ma eventualmente per partecipare ad attività all’estero per conflitti esterni e dunque in un certo senso estranei al sentire comune, avrebbero progressivamente ma rapidamente finito per essere percepite come estranee esse stesse, opache, sconosciute ai più. La partecipazione dei cittadini, ancorchè ormai minoritaria e comunque transitoria, al funzionamento dell’Istituzione militare che la leva consentiva, veniva considerata come la miglior garanzia non tanto della lealtà delle Forze Armate al Paese (cosa che appariva ormai scontata), ma del mantenimento dell’interesse dei cittadini verso le Forze Armate, al fine di evitare l’insorgere di una diffusa indifferenza, certamente di grande nocumento al funzionamento stesso dell’organizzazione militare. D’altro canto, proprio le esigenze nuove di partecipazione a missioni congiunte sulla scena internazionale, non più occasionali ma ormai frequenti e infine di routine, portavano ragioni dalla


L’incontro di Massa Marittima.

servizio prolungato. Quella che Janowitz aveva con sconcertante lungimiranza definito come force-in-being, una Forza Armata di dimensioni relativamente limitate, altamente professionale e tecnologicamente avanzata, e soprattutto di pronto impiego, si regge sul reclutamento volontario e sulla figura del militare di professione. Ma anche qui la conseguenza sulla società civile deve venire valutata con lucidità: se una larga parte della cittadinanza diventa di fatto estranea alla vita delle istituzioni militari, come faranno queste a competere vantaggiosamente sul mercato del lavoro, accaparrandosi il personale qualitativamente e quantitativamente adeguato? Come fare per evitare che l’attività militare diventi una scelta residuale, la scelta di «chi non ha altra scelta»? La relazione Forze Armate-società nei due tipi di reclutamento si basa su due logiche diverse e per alcuni aspetti antitetiche in cui si possono individuare due dimensioni centrali: il tipo di partecipazione, che può essere diretta o mediata, e il tipo di impegno, che può essere obbligato o volontario. Nel caso dell’Esercito di leva la partecipazione della società alle Forze Armate è diretta e l’impegno è obbligato: il riconoscimento e la legittimità si fondano sul concetto di cittadino-soldato e comunque sul «dovere» del cittadino di difendere la patria secondo una concezione univer-

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salistica. Tra Forze Armate e società esiste un legame etico, basato sul dovere. La logica è quella della collettività nazionale che si rispecchia nell’Esercito come segno dell’unità nazionale, la relazione è affettiva e diffusa, e implica un attaccamento di tipo istituzionale, che identifica le Forze Armate con la collettività nazionale. Nel caso del formato professionale la partecipazione della società alle Forze Armate è invece mediata e l’impegno è volontario: il riconoscimento e la legittimità dell’attività militare si fondano sul concetto di specializzazione dei ruoli e di differenziazione delle funzioni. La difesa della collettività è delegata ad esperti che se ne accollano l’onere per tutta la società. La logica è di tipo sistemico, razionale e specifico (attaccamento professionale per il personale militare, controllo razionale dell’efficienza della spesa per il resto della società, secondo logiche di mercato). Se nella prima logica la partecipazione diretta consente all’istituzione militare di essere conosciuta ed esperita direttamente dalla collettività nazionale (pur con le molte e diversificate eccezioni), nella seconda logica si dà per scontato che solo alcuni conosceranno dall’interno il funzionamento reale dell’istituzione armata e se ne accolleranno i rischi, mentre la grande maggioranza della società può diventarne sempre meno consapevole. Il problema di Forze Armate professionali è quindi quello di mantenere una relazione con la collettività, non lasciando che le attività militari appaiano separate, distanti, dalla vita reale della società.


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relazioni sociali orientate cooperativamente e fondate su un diffuso senso di fiducia i sociologi danno il nome di capitale sociale, capitale perché si tratta di una risorsa utilizzabile per scopi sia indiviEcco in quale modo si può porre una problematiduali che collettivi, sociale perché fatta di relazioni ca relazionale tra Esercito e collettività territoriali: sociali e inestricabilmente legata ad un «luogo sol’istituzione militare deve mantenere legami terriciale» definito, la comunità territoriale appunto. toriali anche quando il reclutamento non ha più Tra le caratteristiche delle comunità territoriali rappresentanza territoriale nazionale come accadeconnotate da alte dosi di capitale sociale si è osva con la coscrizione obbligatoria. Considerando la servata tra l’altro la presenza di istituzioni pubblisituazione del reclutamento nel nostro Paese, inolche efficienti, di «buone amministrazioni», in grado tre, tale rappresentanza è molto squilibrata a favodi generare fiducia nell’attività pubblica e di godere re di un numero ristretto di regioni (amministrative, a propria volta di tale fiducia da parte della popolama anche socio-culturali), notoriamente quelle zione; il sentimento generalizzato di fiducia sostiemeridionali, che se da un lato ha portato al costine il senso di appartenenza e l’attaccamento territuirsi ex-novo di subculture militari basate sulla toriale, facilita il funzionamento positivo delle reti comune origine locale (si pensi alla Brigata «Garisociali e consente che esse possano essere «aperbaldi»), dall’altro ha indebolito le subculture militate» verso ingressi dall’esterno, ampliando così la ri locali già esistenti come nel caso degli Alpini, capacità di cooperazione e i confini della partecisalvo la fortunata eccezione della Brigata «Sassari». pazione della comunità territoriale ai processi della Se in alcune società locali il legame territoriale esisocietà più ampia. L’intensa frequentazione persoste in virtù di un reclutamento professionale ampio nale e la reciproca conoscenza, tipiche della società e in grado per questo di autoalimentarsi, dove locale, sono ulteriori pilastri che quest’ultimo scarseggia o è asconcorrono a rendere fluidi e sente il legame deperisce. Il rischio è quello di una relazione Far parte della rete so- produttivi i processi sociali nelle tra società e Forze Armate «a ciale fiduciaria significa comunità territoriali. Dove sta il nesso tra le caratteristimacchie di leopardo», interrotta poter utilizzare il capitale allora che delle comunità locali e l’esie diseguale, fortemente radicata territorialmente in alcuni punti, sociale presente sul terri- genza di nuovo radicamento e torio e, considerata la na- legittimazione diffusa dell’istitulabile e distante in altri. Come e cosa fare per evitare tura eminentemente coo- zione militare «al tempo del solquesta eventualità? Ci si può qui perativa e solidaristica del - dato di professione»? A mio palimitare a sottolineare gli aspetti l e F o r z e A r m a t e , p o t e r rere il nesso è visibile proprio necessità dell’incontro, più legati alla socialità delle concorrere a mantenerlo e nella della presentazione, della copersone, partire dalle radici, dal struzione della reciproca conoterritorio, per mettere in giusta ad accrescerlo scenza che permetta all’istituevidenza quelle forze sociali lozione Esercito di entrare con i cali che possono dare una mano propri membri e le proprie attività nella rete delle a costruire (ma anche a ri-costruire) un tessuto di relazioni sociali della comunità locale, diventando relazioni sociali che includano le Forze Armate tra le varie e diverse istituzioni localmente rilevanti e una della istituzioni significative sul territorio, anriconosciute. Nella ricerca sociologica sulle comuche se per vocazione e necessità è chiamata ad nità locali una particolare enfasi è stata data alla operare a livello nazionale e, ancor più al presente, qualità delle relazioni sociali che legano tra loro i internazionale. Far parte della rete sociale fiduciaria soggetti sociali presenti in un dato territorio: lo significa poter utilizzare il capitale sociale presente studio del fenomeno dei distretti industriali italiani sul territorio e, considerata la natura eminenteha da tempo messo in evidenza come la riuscita mente cooperativa e solidaristica delle Forze Armadelle attività produttive, il successo di molte realtà te, poter concorrere a mantenerlo e ad accrescerlo. imprenditoriali locali ma capaci di competere sui Esito, quest’ultimo, in epoca di crescente indivimercati internazionali, sia da imputarsi, tra l’altro, dualismo e di paventato venir meno delle riserve di proprio al clima culturale di radicata e spontanea capitale sociale, particolarmente positivo per tutti fiducia reciproca, dovuto alla diffusa conoscenza gli attori coinvolti: l’Esercito, le collettività locali, e interpersonale, ad un senso di comune appartela società nel suo insieme. nenza ad un «luogo» e ad un insieme di tradizioni culturali e di comporamenti tipici che permettono Marina Nuciari di tenere viva un’ampia rete di relazioni sociali siVice Direttore gnificative e funzionali a sostenere un orientamendel Dipartimento di Scienze Sociali to sociale di tipo cooperativo. A questo insieme di dell’Università di Torino ESERCITO E SOCIETÀ LOCALE: TRA CAPITALE SOCIALE E FIDUCIA

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Incontro con la comunità territoriale di Massa Marittima L’incontro, avvenuto a Massa Marittima e organizzato dal Priore di Borgo Luciano Bartolozzi, ha rappresentato un momento molto significativo, in cui la cittadinanza ha potuto toccare con mano la testimonianza e l’esperienza militare diretta e autorevole di due attori che hanno operato sul campo, nella ricostruzione dei martoriati Paesi che vedono i nostri soldati impegnati da più di un decennio.

L'Esercito è una forza viva ed operante nella società e per la società. Quando opera nelle cosiddette missioni fuori area (ad esempio in Bosnia, Kosovo, Afghanistan, Iraq, Libano) agisce su preciso mandato dell'autorità politica, agendo spesso anche nella ricostruzione di questi Paesi devastati da guerre esterne o civili e a favore delle popolazioni colpite da immani tragedie, sempre, ovviamente, garantendo comunque il controllo del territorio e le condizioni di sicurezza necessarie al ripristino di un minimo di normalità che possa restituire fiducia alla gente del luogo. Nelle attività di ricostruzione (ponti, scuole, strade, ospedali, ecc.) sono impegnati principalmente sia i reparti del Genio sia quelli del CIMIC (Cooperazione civile-militare) e non di rado in tali lavori sono coinvolte appositamente maestranze locali che, oltre a essere di stimolo all'economia locale, apprendono a volte il «mestiere» e cooperano direttamente con i soldati italiani, rendendosi così conto che i nostri militari non sono nelle loro terre per «occupare» bensì per aiutare la gente del posto anche in zone lontane

dai centri abitati dove spesso neppure le autorità locali e/o tribali riescono a portare aiuto. In tali attività i nostri militari eccellono e questo fatto è unanimemente riconosciuto in tutti i Teatri operativi. Naturalmente ciò non esclude che all'occorrenza i nostri soldati siano altrettanto bravi nel garantire, con le armi se necessario, la sicurezza del territorio, senza la quale non si può avere un ritorno alla vita «normale».

Le attività di ricostruzione sono inoltre attività molto complesse che richiedono quindi elevate capacità tecniche, di pianificazione dei lavori e del relativo supporto logistico, nonché di dialogo con le popolazioni e grande sensibilità nello scegliere e condurre i lavori, spesso fianco a fianco con la popolazione civile. Sempre i lavori e le zone dove effettuarli vengono scelti sulla base di accordi complessivi con gli

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Da sinistra: il Presidente AVIS Mauro Franceschi, il Priore di Borgo Luciano Bartolozzi e i conferenzieri, Colonnello Marco Ciampini e Capitano Federico Collina.

esponenti delle comunità locali, senza trascurare nessuno e distribuendoli secondo una logica mai impositiva bensì di concertazione. Tali attività, di per sé complesse e meritorie, sono, per forza di cose e causa i tempi ridotti, trattate dai media nazionali in modo marginale. Ritengo quindi che i cittadini italiani possano a volte non cogliere appieno questo lato, pur importantissimo, della nostra attività all'estero, sommersi anche dal «rumore mediatico»

che altre attività, forse anche correttamente, provocano. È quindi importantissimo, a mio avviso, che l'Esercito incontri le comunità territoriali per riferire su ciò che effettivamente viene svolto dai nostri militari. L'incontro con la comunità di Massa Marittima è un esempio di come tale attività sia stata effettuata «de visu» , verso i cittadini, favorevolmente colpiti da ciò che hanno sentito e visto, come emerge dall'articolo del sindaco di questa bellissima ed ospitale cittadina toscana. Riportiamo di seguito l'apparato iconografico della conferenza, corredato di didascalie che illustrano esempi significativi di quanto fatto dall'Esercito, per dare anche ai lettori di «Rivista Militare» il senso di ciò che è stato fatto all'estero e mostrato al pubblico. La gente comune, il cittadino, vuole sapere cosa fa il nostro Esercito e l'incontro con le comunità territoriali serve proprio a questo, come evidenziato peraltro dall'articolo della Dottoressa Nuciari che da decenni segue il mondo militare. L'Esercito serve per la gente e si nutre anche del sostegno di questa, gente che lavora, produce, vive ed ama e mostra di voler bene ai nostri militari, come dimostrano l'interesse suscitato e gli applausi di questa bellissima gente toscana. Marco Ciampini Colonnello, Direttore di «Rivista Militare»

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L’Esercito Italiano e la Ricostruzione Nel corso della Conferenza si è presa consapevolezza del valore del ruolo svolto dall’Esercito Italiano, fuori dai confini nazionali, in condizioni di estrema complessità e spesso di pericolo. Si è potuta riscontrare l’importanza degli interventi tecnici operati dal personale della Forza Armata e, in particolare, dell’Arma del Genio e del CIMIC, impiegato per interventi su scuole, ospedali, strade e infrastrutture di primaria importanza distrutte dalla guerra o dalla forza della natura, risolvendo per le popolazioni di questi Paesi problemi spesso insormontabili e migliorandone anche le condizioni di vita. Oltre alla grande umanità dei nostri soldati, sono emersi altri aspetti fondamentali come la professionalità e la capacità di risolvere rapidamente problematiche difficili e complesse e una conoscenza delle dinamiche sociali dei territori in cui si opera, coniugate anche a una capacità di gestire relazioni e instaurare rapporti di fiducia con le popolazioni. Aspetti, questi, che implicano competenze di carattere tecnico-logistico.

KOSOVO: 1999 Tra i progetti di carattere strategico-logistico, 2 ponti furono montati nell'estate-autunno 1999 dal 10° reggimento Genio Guastatori di Cremona, quello di Zaimovo e quello di Lozika che hanno permesso il ripristino della statale Pèc-Pristina, che, tagliando il Kosovo da Est ad Ovest, conduce sulla direttrice principale Belgrado-Skopje.

IL PONTE DI ZAIMOVO Il primo intervento si è configurato come un parziale recupero di un ponte preesistente danneggiato parzialmente dai bombardamenti. La struttura metallica è stata costruita sulle pile in cemento armato del ponte preesistente.

Sotto e a destra. Il ponte di Zaimovo.

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PONTE DI LOZIKA Il secondo intervento ha comportato la costruzione di un ponte metallico a campata unica su di un’interruzione di circa 60 metri, a monte della struttura irrimediabilmente danneggiata dai bombardamenti. I lavori hanno compreso la realizzazione delle spalle di appoggio e dei raccordi stradali. Dati tecnici del ponte: • lunghezza 81 mt; • carregiata 4,2 mt; • classe 80 per veicoli militari cingolati; • classe 110 per veicoli militari ruotati.

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A destra e sotto. Il ponte di Lozika distrutto, le varie fasi di gittamento del nuovo ponte e il progetto del raccordo stradale.

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KOSOVO: 2003 Tra i lavori del genio su scala municipale-provinciale si menzionano il ponte in località Cerim e la strada di Bèc-Zedrelle, entrambi nella provincia di Dakovika realizzati dal 10° reggimento Genio Guastatori di Cremona.

IL PONTE DI CERIM Il ponte Bailey, 33 metri, sorge sul letto di un fiume dalle caratteristiche stagionali ed ha permesso il congiungimento di realtà claniche locali alla città di Dakovica, nell’ottica del rilancio dell’economia locale e delle istituzioni pubbliche. In senso orario. Le fasi di realizzazione del ponte, dalla posa delle spalle di appoggio al varamento ed il collaudo.

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LA STRADA DI COLLEGAMENTO TRA I VILLAGGI DI BÈC E ZEDRELLE Sulla base degli stessi presupposti è stata asfaltata e riparata la strada che collega il villaggio di Bèc a quello di Zedrelle, nella municipalità di Dakovica, consentendo un veloce accesso tra i piccoli centri.

Sopra e a sinistra. Posa di tubazioni stradali, un escavatore nella fase di realizzazione del cassonetto.

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Sotto. Asfaltatura post operam della sede stradale.

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AFGHANISTAN: 2004 KABUL Di grossa importanza dal punto di vista militare e come opera di impatto sociale ed urbano è la strada di 10 km che collega la periferia orientale di Kabul (dove sono ubicate le basi NATO del Regional Command Central e del Battle Group a framework italiano) alla statale per l’aeroporto internazionale. Oltre ad accorciare il braccio logistico dei rifornimenti, la strada ha consentito il rapido collegamento delle statali per Mazari Sharif e Baghram a Nord e per Peshawar e Jalalabad ad Est. I lavori sono stati realizzati dal 3° reggimento Genio Guastatori di Udine nel 2004. Nel 2006 la strada è stata manutenuta ed ulteriormente potenziata dal 6° reggimento Genio Pionieri di Roma.

A destra e sotto. Il cantiere stradale: fase di escavazione e livellamento del piano stradale.

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HERAT Le unità che operano nell’attività di ricostruzione del Paese sono i Provincial Reconstruction Team di stanza nelle città di Herat, Farah, Qala-e Now e Chagcharan. Le unità sono sotto leadership nazionale italiana, americana, spagnola e li-

tuana e gestiscono i rispettivi finanziamenti nazionali, pianificano e coordinano i lavori di ricostruzione di concordo con la missione ONU in Afghanistan (UNAMA, United Nations Assistance Mission in Afghanistan) e le Organizzazioni Internazionali (IOs, International Organizations e NGO, Non-Governamental Organizations). I progetti sono elaborati in stretto coordinamento con le autorità afghane e rispondono ad uno studio delle reali necessità e richieste delle comunità locali. Rispettano inoltre le priorità tracciate dal

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Sopra e sotto. Fasi della realizzazione di un canale di scolo delle acque, trasversale all’asse stradale.

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A sinistra. Un importante centro scolastico aperto nell'estate 2008. Sotto. Il ponte sul fiume Kharta. In basso. Il Comandante della Brigata «Ariete» Gen. B. Roberto Ranucci, il Comandante del 10° reggimento Genio Guastatori (Task Force «Bravo») Col. Marco Ciampini e l’Autorità civile di Suk Shuyuckh durante la cerimonia di consegna dei lavori svolti.

piano di sviluppo nazionale (ANDS Afghan National Development Strategy). Sono oltre 1 600 i progetti realizzati dal 2002 ad oggi (per un ammontare superiore ai 200 milioni di dollari). Tra i prinicipali progetti (cosiddetti quick impact project) realizzati nel primo semestre 2008, il ponte sul fiume Karta, alle porte di Herat, la rete fognaria al centro di Herat, centri di correzione giovanili e scuole cittadine.

IRAQ: 2004-2005 PROVINCIA DI DHI QAR Nel corso delle attività di stabilizzazione della sicurezza in Iraq, nell’ambito dei progetti di cooperazione civilemilitare, il personale della Forza Armata ha provveduto a realizzare varie opere civili, nel settore viario, ospedaliero, scolastico, igienico-sanitario e idrico, alleviando i disagi della popolazione civile nonostante la continua minaccia terroristica portata dai ribelli di varia estrazione e dai guerriglieri di Al-Qaeda. L’azione di ricostruzione dei genieri italiani si è sviluppata soprattutto nei centi abitati della provincia di Dhi Qar e in particolare nelle città di An Nasiriyah e Suk Ash Shuyuckh, area di responsabilità del contingente italiano. Il lavoro svolto dai nostri uomini e donne non ha avuto soste.

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INTERVENTI SULLA RETE IDRICA E SUI FIUMI

Sopra. Ristrutturazione rete fognaria in An Nasiriyah.

A destra. Realizzazione rete idrica in Al Chibaish.

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Sotto. Innalzamento argini fiume Eufrate.

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INTERVENTI SULLE STRADE E RETI VIARIE

In alto e in basso. Fase della costipazione della superficie e livellamento stradale per il ripristino della viabilitĂ di un quartiere di Al Batat.

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L’ESEMPIO DI SUQ ASH SHUYUKH Il 10° reggimento Genio Guastatori è stato impiegato per risanare da zero l’area urbana di Suq Ash Shuyukh, circa 10 chilometri quadrati con uno sviluppo lineare di strade e vie interne di quasi 1 500 metri. Inoltre, è stata effettuata anche la posa di un sistema di raccolta, canalizzazione e smaltimento delle acque reflue di produzione domestica, interrato nello strato di sottofondo delle sopracitate sedi stradali.

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In alto. Intervento del Genio Guastatori nella scarificazione del manto stradale e nella ralizzazione di un sistema di canalizzazioni di acque reflue.

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COSTRUZIONE DI UN SISTEMA DI 30 CHIUSE LUNGO I FIUMI EUFRATE E AL GHARAF

PAKISTAN: 2005-2006 OPERAZIONE «INDUS» L’8 ottobre 2005 vi fu un violentissimo terremoto di magnitudo 7.6 della scala Richter che colpì numerose regioni dell’Asia centrale tra cui il Pakistan, l’India e l’Afghanistan. A seguito di tale sisma vi fu una missione umanitaria di soccorso della NATO a cui partecipò anche l’Italia. Il continSotto e a destra. Lavori di consolidamento di una strada franata e sua successiva ricostruzione.

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gente italiano, la Task Force «Elefante», ha operato in soccorso della popolazione di Bagh in Pakistan. Il lavoro dei nostri genieri è stato unanimemente apprezzato dalle Autorità locali e dalle organizzazioni internazionali.


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In basso. Rimozione delle macerie.

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In alto. L’abbattimento di strutture pericolanti.

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La crescita della comunità attraverso la dialettica tra Istituzioni - La voce diretta del Primo cittadino di Massa Marittima Ho raccolto con grande entusiasmo l’invito rivoltomi dal Terziere di Borgo per la partecipazione ad una conferenza con l’Esercito sui temi della ricostruzione nelle missioni militari all’estero. Il Terziere è più di una circoscrizione, di un rione, di un quartiere: è una comunità che affonda le sue origini culturali nelle società corporative medievali, lo spirito vivente di un’antica tradizione che risale ai ceti più umili di un antico libero Comune per la cui difesa minatori, boscaioli e fienaioli L’intervento del Sindaco Dott.ssa Lidia Bai. avrebbero lottato sino alla morte. La mia non che per le popolazioni civili di questi Paesi hanè una compiaciuta rieno avuto gli interventi realizzati dai nostri milivocazione del passato glorioso di un Comune che tari nelle scuole, negli ospedali, nelle strade difu tra i più antichi d’Italia: voglio con orgoglio instrutte dalla guerra. vece esprimere che quel forte senso civico esiste Insieme all’immagine positiva e di grande umaancora nella mia città, capace con una sua nutrita nità dei nostri soldati, di cui tutti siamo diffusacomunità, animata da genuini intenti filantropici, mente consapevoli, sono emersi altri aspetti fondi organizzare un evento di così forte interesse damentali come la grande propubblico e sociale, un incontro fessionalità, la competenza, la con i nostri militari che su una vasta scala geografica e geopoInsieme all’immagine po- capacità di risolvere in tempi litica difendono gli stessi valori problematiche difficili e sitiva e di grande umanità rapidi per cui in un lontanissimo pascomplesse. Si tratta di una sato vissero e morirono gli an- dei nostri soldati...sono competenza che si esplica nelle emersi altri aspetti fonda- questioni di carattere tecnico, tichi Massetani. L’iniziativa pubblica che il mentali come la grande pro- logistico ma anche nella grande Terziere di Borgo ha voluto fessionalità, la competenza, conoscenza delle dinamiche offrire ai cittadini di Massa la capacità di risolvere in sociali dei territori, nella capadi gestire le relazioni e di Marittima ha rappresentato un tempi rapidi problematiche cità saper instaurare un rapporto di significativo momento di cofiducia con le popolazioni. noscenza dell’esperienza mili- difficili e complesse La conferenza, che ha visto la tare, nella ricostruzione dei partecipazione di un pubblico Paesi dove i nostri soldati sonumeroso, ha consentito così di condividere i valori no impegnati da molti anni. Attraverso la testidi cui l’Esercito Italiano è portatore nei luoghi del monianza diretta e autorevole del Colonnello mondo colpiti dalla guerra e ha reso la cittadinanza Marco Ciampini e del Capitano Federico Collina, più che mai vicina alle sue donne e ai suoi uomini. è stato compreso con chiarezza il valore del ruolo svolto dall’Esercito Italiano, fuori dai confini nazionali, in situazioni di estrema complesLidia Bai sità. Si è potuta riscontrare infatti l’importanza Sindaco di Massa Marittima

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Il valore delle milizie comunali nella storia medioevale: l’esempio di Massa Marittima

Massa Marittima è una cittadina medioevale dell’Alta Maremma, situata sulle colline metallifere da cui sovrasta il golfo di Follonica e l’isola d’Elba. Sul suo centro medievale ed il circondario archeologico etrusco di notevole rilevanza, si è già concentrato l’interesse d’importanti magazine di gusto, storia e società: quella di Massa di Maremma non è solo una realtà turistica di primissimo piano, ma anche la sede di una comunità dalla spiccata vivacità culturale e civica, in cui rivive l’antico spirito corporativo dei comuni, il fiorire delle arti e dei mestieri. Copatrono della città è San Bernardino degli Albizzeschi, nato in realtà a Massa Marittima l’8 settembre del 1288, conosciuto come da Siena, morto a L’Aquila il 20 maggio 1344. La sua predi-

Si ringraziano l’Ing. Renato Gambazza per dati e riferimenti storici sul Comune di Massa Marittima e Luciano Bortolozzi per informazioni sulla storia e le funzioni della Società dei Terzieri e dei Balestrieri. Le foto sul Balestro sono una gentile concessione di Foto Pepe Bruno.

Sopra. Un’antica pianta della città di Massa Marittima. A sinistra Gli sbandieratori.

cazione fu sprone di forte rinnovamento per la Chiesa e per il movimento francescano. Famosissime le sue prediche per le quali è divenuto protettore dei pubblicitari. La festa del Santo è il 20 maggio, periodo in cui Massa Marittima rivive in suo onore le proprie origini medievali (1) dando vita a una suggestiva rievocazione storica, il Balestro del Girifalco (2), avvincente gara d’abilità nel tiro di precisione con la balestra da posta all’italiana, riperpetrando i tempi in cui i giovani in età d’arme, guidati dai «magistri balistrarum», si esercitavano nell’uso della temibile arma, utile in tempi d’assedio. Una gara emozionante fatta di cavalieri, di soldati, d’onore e di anelata libertà, il culmine di un profondo sentimento di civica fie-

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UNA LUNGA STORIA PER LA VITA E LA LIBERTÀ


di chi è erede del significato culturale di quell’apparizione, onorano memorie illustri come Bernardino, Ugo da Massa poeta del dolce stil novo, il codice delle miniere, primo nel tempo e nel diritto, e tanti altri eventi della loro lunga storia non avara di lotte per la vita e per la libertà.

L’ESERCITO DI UN LIBERO COMUNE Come la maggior parte delle città medioevali, l’Esercito Massetano era un Esercito di popolo, rappresentante dell’intera comunità dei cittadini del libero comune, intesa come quella parte della

Figuranti che rappresentano le alte cariche comunali.

rezza, il vivido perpetrarsi del periodo più fulgido della storia politica della città. È con queste tradizioni storiche che nel 1952, grazie al risveglio ed alla passione di un gruppo di persone, fu fondato il Comitato per le feste in onore di San Bernardino. In occasione della elezione a Pontefice di Giovanni XXIII, il 25 aprile del 1959, gli fu reso omaggio con una cavalcata per le vie di Roma fino a Piazza San Pietro con figuranti in costume duecentesco del Comune di Massa Marittima. Era il preludio alla nascita della Società dei Terzieri Massetani che avvenne nel 1959, perché grazie al clamore dell’iniziativa di Roma, si cominciò a ricercare nelle biblioteche e negli archivi di Pisa, Siena, Firenze documenti storici attinenti a tradizioni storiche e finalmente l’Avvocato Tommaso Ferrini trovò nella Biblioteca Comunale la deliberazione del Consiglio Generale del Comune e del Popolo della città di Massa recante la data del 10 agosto 1476, nella quale si stabiliva che si disputasse un balestro ogni tre mesi. Il 12 giugno del 1960 riemerge dall’oblio della storia il Balestro del Girifalco, disfida tra i terzieri di Borgo, Cittavecchia e Cittanuova: la prima edizione fu dedicata a San Bernardino, figlio illustre di Massa Marittima. Nel Balestro rivive lo spirito di una genuina competizione capace di rinsaldare il senso civico e la solidarietà della comunità: cosiddetto Trium discordantium concordia, questo antico principio corporativo è ancora oggi lo stimolo di un diffuso spirito competitivo tra i tre terzieri, un tempo votati al reciproco sacrificio per la strenua difesa della libertà e dell’identità del libero comune. Entrano nella piazza con la disinvolta sicurezza

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Il Duomo.

popolazione della città che vantava il diritto di cittadinanza in quanto titolare di «fuochi» (famiglie) ed iscritta alla «Lira» del Comune. Essendo cittadini, avevano registrati i propri redditi mobili ed immobili nella Lira appunto e di conseguenza pagavano le relative imposte: in cambio avevano il diritto di essere difesi dal Comune negli interessi personali e nell’integrità, con il dovere di ricoprire incarichi politico-amministrativi e prestare servizi


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IL TERZIERE

per la comunità, come la custodia delle mura e l’obbligo, se chiamati, di prestare il servizio militare, se uomini da 14 a 70 anni. Questi cittadini titolari di redditi al suono della «campana del Bargello» erano tenuti a radunarsi nella piazza maggiore con i propri armamenti in difesa del libero comune, dei suoi cittadini e a tutela delle proprietà, delle attività commerciali e artigianali e dell’industria estrattiva del piombo, rame e argento. Come consuetudine delle realtà comunali, Massa di Maremma era divisa in tre unità politicoamministrative e militari, i Terzieri di Cittanova, di Mezzo e di Borgo. Ogni area esprimeva trenta membri del Consiglio Maggiore, idonee personalità per i vari incarichi amministrativi e a sua volta era divisa in compagnie militari che raggruppavano un massimo di 200 uomini atti alle armi con a capo un Capitano eletto dal Consiglio Maggiore. L’armamento individuale, essendo completamente a carico del cittadino militare, era evidentemente in relazione al reddito personale inscritto nella Lira. I redditi oltre 20 Libbre di denari rappresentavano la fanteria, con armamento composto di cotta, spada lunga, picca e scudo. I redditi sopra le 35 Libbre rappresentavano le specializzazioni della fanteria come Balestrieri, Arcieri e Pavesari (armati, questi, con grandi scudi che usavano per proteggere gli arcieri e i balestrieri durante le operazioni di ricarica delle armi). Oltre

le 92 libbre si era obbligati a essere cavalieri con lancia, spada e tavolaccio, oppure Balestrieri a Cavallo o Arcieri a cavallo. Nel periodo di massima espansione del Comune erano presenti 200 compagnie militari rappresentanti la città e il contado prossimo non tutte al massimo delle 200 unità che esprimevano in totale, ricostruibile dal numero degli abitanti e dalla stratificazione sociale, una forza di 1 200 fanti (400 tra balestrieri ed arcieri, 100 pavesari e 700 fanti di mischia) e 340 cavalieri (270 cavalieri e 70 tra balestrieri e arcieri a cavallo). Quanti pur vivendo a Massa non avevano redditi propri iscrivibili nella Lira (quindi inferiori alle 20 libbre), come operai e braccianti, erano arruolati nei reparti ausiliari a supporto dell’Esercito, detti in generale degli Scarmiglioni, con le specialità rappresentate dai Saccardi, Fienaioli, Minatori, Boscaioli e Guastatori, in tutto dalle 300 alle 400 unità. A queste unità erano affidati i compiti di trasporto delle vettovaglie per il mantenimento degli uomini, dei cavalli e degli animali da soma (per i Saccardi e i Fienaioli). Ai Minatori, Boscaioli e Guastatori era affidato il compito di devastare il contado nemico, distruggendo i raccolti, compresi gli alberi da frutto e gli uliveti, i ponti ed i tratturi, i casali e le mura di Castelli e punti forti del nemico. Il bottino di guerra era diviso in due parti, una spettava al Comune, mentre l’altra era divisa tra le truppe.

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La Società dei Terzieri è ormai diventata una realtà nella cittadina di Massa e ne è la testimonianza della presenza del Sindaco, come membro di diritto all’interno del Consiglio direttivo. Il Terziere di Borgo ne fa parte e partecipa in maniera attiva con alcuni suoi membri alla vita e alle scelte della Società dei Terzieri. Inoltre organizza in maniera autonoma anche altre attività diverse dal «Balestro del Girifalco». Un Consiglio di quindici persone, eletto ogni tre anni dai suoi trecento Soci, ha il compito di promuovere e coordinare una serie di iniziative, coinvolgendo tutte le fasce d’età a partire dai ragazzi fino alle persone più anziane, queste ultime vero motore dell’attività con attinenza culinaria. Queste iniziative, possiamo dire, si sviluppano per tutti i 365 giorni dell’anno dando così modo ai sostenitori di partecipare attivamente alla vita del Terziere e di far crescere lo spirito di appartenenza. Le iniziative possono essere varie a seconda che le scelte si indirizzino sui bambini, con spettacoli teatrali Da sinistra a destra: lo stemma Terziere di Borgo; lo stemma Terziere di Città aventi come tema fiabe riadattate o il Vecchia; lo stemma Terziere di Città Nuova. Carnevale festeggiato con un veglioncino ogni anno con tema particolare, sui ragazzi con concerti di musica o con manifestazioni a carattere popolare come la festa in onore di San Rocco patrono del Terziere o la «Cenciata» oppure con conferenze di natura culturale. Il Terziere è da sempre molto attento all’attività svolta da alcuni suoi Soci che si contraddistinguono in iniziative importanti. Infatti, a questo proposito recentemente, abbiamo organizzato un pulman per partecipare al debutto a Terni, in occasione del festival annuale Umbro in onore di Rossini, di una giovane soprano nostra socia e figlia di un componente del consiglio.


I BALESTRIERI TRA ONORE E TRADIZIONE In Italia si trovano notizie sui balestrieri in cronache che risalgono a poco dopo il Mille, quando nessun altro popolo aveva avuto di essi milizie regolari. Con la nascita dei liberi Comuni e l’istituzione delle milizie popolari e cittadine si usò la balestra non soltanto nel campo di battaglia ma anche durante i periodi di pace, in occasione di gare che si organizzavano prevalentemente nei giorni festivi e avevano la funzione di mantenere in esercizio i cittadini addetti all’uso delle armi. Notizie della prima «compagnia del popolo» e delle sue esercitazioni si ritrovano nell’ordinamento comunale di Pisa dell’anno 1162, nel quale si stabilisce che, in tempo di pace, un Capitano dovesse esercitare gli uomini alle armi attraverso le prove del tiro della balestra, della lancia e della verga sardanesca. Attorno alla metà del secolo XIV inizia la crisi della milizia cittadina in seguito all’avvento delle truppe mercenarie. L’evento trova la sua giustificazione nella notevole evoluzione economico-sociale della città, seguita allo sviluppo e all’incremento di tutte le attività commerciali e imprenditoriali. I Corpi specializzati mercenari, anche se formati di uomini assoldati, riescono a dare un’immagine di efficienza e a perfezionare anche l’arte bellica e l’uso di alcune armi, tra cui la balestra da posta. I cittadini sono comunque chiamati alle armi e alla loro pratica, tanto è che un documento del 1476, conservato nell’Archivio Comunale di Massa Marittima, recita: che si balestri un balestro ogni tre mesi ... e in questo modo si diviaranno i giovani della caccia e inviaronnosi al laudevole exercizio del balestro, da poter essere utili nelli casi et tempi occorrenti. La decadenza della balestra inizia nella seconda metà del ’400, con l’introduzione delle armi da fuoco e la temibilissima arma di precisione sarà da allora solo impiegata per le gare di abilità, fino ai nostri giorni. Nel 1965 nasce la Federazione Italiana Balestrieri con il proposito di organizzare ogni anno una competizione a livello nazionale. Il 10 luglio del 1966 le quattro Società di San Marino, San Sepolcro, Gubbio e Massa Marittima si incontrarono a San Marino per

Sopra. Un balestriere durante la gara. Sotto. Il corniolo. A destra. La misurazione della freccia vincente.

disputare il primo Torneo Nazionale della balestra. Successivamente, il 9 aprile 1972, fu approvato l’ingresso nella federazione nazionale Balestrieri della città di Lucca. che disputarono una gara per il titolo di «Re della balestra». Il premio per il vincitore era un collare d’oro messo in palio dall’Associazione Armatori Armi Antiche. Il regolamento impone ancora oggi l’obbligo di rimettere in gioco il collare l’anno successivo a meno che il titolo non sia vinto per tre volte consecutive dello stesso balestriere. Idrio Brinzaglia, 63 anni, balestriere del Terziere di Borgo, inizia la sua attività agli inizi degli anni 70 e vince ben quattro edizioni del Balestro del Girifalco negli anni 1973, 1983, 1985, 1988. Vincitore del titolo di «Re della Balestra» negli anni 1987-1998 è stato per molti anni responsabile dell’attività dei balestrieri del Terziere fino ad assumere l’incarico di Maestro d’Armi (responsabile dell’attività di tutti i balestrieri di Massa). Come egli spiega: l’arte della balestra include una rigorosa progettualità: nel passato molti balestrieri erano gli artigiani delle proprie armi. Consapevoli dell’offesa micidiale che esse potevano arrecare, avviavano i giovani a tale arte con il proposito di dare un insegnamento di vita fondato sul rispetto dell’uso della forza. Nelle gare così come in guerra la vittoria era conseguita attraverso la ricerca tecnica, la creatività artigianale, il rispetto dell’avversario e del caso. Ancora oggi cerchiamo di portare avanti questi insegnamenti perché riteniamo che possano essere anzitutto utili nella costruzione dello spirito civico dei nostri ragazzi.

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accompagnati da rilevanti guasti operati nel contado nemico. Spesso erano gli Eserciti delle città capolega, per esempio Siena, Pisa e nel contesto Toscano, che reggevano il peso maggiore delle campagne mentre le alleate come nel caso di Massa prima con Siena poi con Pisa, mandavano contingenti in appoggio e principalmente svolgevano compiti di devastazione dei contadi, assedi di Castelli e piazzeforti nemiche e soprattutto svolgevano opera di presidio delle principali vie di comunicazione per impedire il flusso dei rifornimenti verso i centri dello schieramento nemico. Federico Collina Capitano, in servizio presso la Direzione Generale dei Lavori e del Demanio del Segretariato Generale della Difesa/DNA

Il Palio dedicato a San Bernardino.

La guerra tra i Comuni si limitava spesso a brevi periodi, concentrati tra la primavera e l’autunno, con lunghe tregue invernali. Periodi più lunghi non erano compatibili con la vita delle città in quanto si distraevano dalle attività commerciali, artigianali e dal settore agricolo grandi masse di popolazione con gravi danni economici anche per la parte vincente, solo parzialmente ristorata da proventi di vittorie e dalle penali imposte ai vinti. Rari erano gli scontri campali, di solito evitati da entrambi i contendenti, preferendo i lunghi assedi

(1) Il libero Comune di Massa Marittima toccò il suo apice fino al 1335 anno in cui fu sottomesso, dopo assedio, al dominio di Siena. La città è divisa in tre parti, gli storici Terzieri: • la «città vecchia», raccolta intorno al Duomo con i palazzi importanti del Comune e del Podestà; • il Borgo coevo alla città vecchia con le botteghe di artieri armaioli, fabbri, legnai e la Palazzina della Zecca dove veniva coniata la moneta Massetana, il Grosso; • la «città nuova» dall’aspetto urbano razionale e rettilineo, sulla sommità del colle dove si erge il Castello di Monteregio, la Torre del Candeliere e la Chiesa di San Pietro. (2) «Il Balestro del Girifalco» si svolge nella piazza del paese due volte all’anno: la quarta domenica del mese di maggio e la seconda domenica d’agosto. La gara di maggio è in onore di San Bernardino degli Albizzeschi (copatrono di Massa Marittima), mentre il balestro di agosto ricorda la costituzione del Libero Comune avvenuta il 31 luglio 1225.

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NOTE


Paolo Pierantozzi: «Libano - missione italiana Leonte 3», P. Pierantozzi Editore, Roma, 2009, pp. 95, s.i.p.. Questo libro vede nella doppia veste di autore ed editore il giornalista romano Paolo Pierantozzi, che vanta un esperienza ventennale in questioni inerenti la Difesa, la sicurezza e la politica Internazionale. A lui si deve questa nuova opera, che racconta la lunga permanenza (quasi otto mesi) in terra libanese della Brigata corazzata «Ariete» impegnata nell'operazione «Leonte 3», nell'ambito della missione UNIFIL dell'ONU, nel periodo ottobre 2007-maggio 2008. L'autore, richiamato in servizio e assegnato all'11° reggimento bersaglieri, racconta la missione dei fanti piumati, di stanza presso la base di Italbatt 1, intitolata al lagunare «Matteo Vanzan», tristemente perito nell'attacco alla base Italiana in Iraq. I bersaglieri sono di nuovo protagonisti e ritornano in libano dopo venticinque anni da quella prima missione fuori area, denominata Italcon, che li vide pattugliare le strade di Beirut lasciando il ricordo di un’Italia seria ed efficiente, come fu allora detto. L'opera è il racconto fotografico fedele e cronologico degli avvenimenti e descrive il lavoro svolto da questi formidabili uomini in tutti i campi dalle attività operative a quelle più prettamente umanitarie quali la cooperazione civile e militare, testimonianza tangibile e vanto per il nostro Paese. Ma è anche e sopratutto un formidabile strumento di documentazione, dove si rispecchieranno tutti coloro che della missione «Leonte 3» sono stati i principali artefici.

Alexandre Korganoff: «Il mistero di Scapa Flow, L'incredibile impresa dell'U-47», in Testimonianze fra cronaca e storia, 1939-1945: Seconda guerra mondiale, traduzione a cura di Franco Bissocoli, Mursia, 1972, pp. 223, euro 17,00. L'autore del libro, Alexandre Korganoff, ha magistralmente ricostruito i fatti svoltisi all'inizio della Seconda guerra mondiale, nella notte tra il 13 e 14 ottobre 1939. In quel breve lasso

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di tempo, il sommergibile tedesco U-47 comandato dal Tenente di Vascello Prien violò, navigando in superficie, la principale base navale della Royal Navy, Scapa Flow, sita nelle isole Orcadi a nord-est della Scozia. Incredibilmente l'unità della Kriegsmarine silurò e affondò la corazzata Royal Oak causando la morte di 800 uomini. Inoltre, durante l''attacco, riuscì a danneggiare anche l'incrociatore Repulse. I tedeschi erano riusciti a beffare la Royal Navy! Tuttavia l'Ammiragliato britannico rispose ambiguamente che il Repulse era in mare. Come sottolinea Korganoff: «L'Ammiragliato rifugge dalla menzogna, preferendo ricorrere eventualmente ad acrobazie linguistiche e, nel caso della Repulse, la risposta è laconica: nella notte dal 15 al 14 ottobre 1939 esso era in mare. Questo è certo ma in che condizioni?». Cosa avvenne realmente? Ma cosa ancora più importante oggi sappiamo che l'incursione di Prien provocò serie conseguenze per la Marina britannica. Lasciando temporaneamente Scapa Flow, giudicata poco sicura, la Home Fleet cadde nella trappola tesa dal Comandante degli UBoote che aveva fatto minare le basi di riserva. La prima edizione di «Il mistero di Scapa Flow» risale al 1969 e questo è un particolare significativo: Korganoff ha intervistato i superstiti del sottomarino U-47. L'autore fornisce al lettore sia una ricostruzione storica particolareggiata e plausibile sia un'interessante ricostruzione della vita e dei sentimenti degli uomini che nel bene o nel male sono stati i protagonisti della storia. Il inguaggio tecnico è reso accessibile dalle ricche note a piè di pagina, la prefazione, scritta da Korganoff, è un piccolo gioiello, un breve ed esauriente saggio di storia. Tuttavia la cosa estremamente interessante è la ricca appendice che riporta documenti di importanza tecnica-operativa e storica. Il libro è corredato anche da cartine geografiche e foto d'epoca che ricordano al lettore che non si tratta di un racconto di fantapolitica o di un semplice romanzo a sfondo storico. Laura Ester Ruffino


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l’implementazione di un approccio Network-Centric, rompe i vincoli che hanno da sempre rilegato un confronto tra mondo militare e manageriale a qualcosa di inappropriato e inconsistente. La somiglianza con il modo di operare delle aziende più competitive sul mercato può, con gli opportuni distinguo, aprire un dibattito sulla necessità di procedere ad una riconcettualizzazione del pensiero strategico. Il Polo Nord: una ricchezza da spartire, di Daniele Cellamare (pag. 6). Petrolio, gas, patrimonio ittico e, forse, oro, nichel e persino miniere di diamanti rendono «infuocata» la spartizione «amichevole» dei tesori dell’Artico. Diplomatici russi, americani, norvegesi, canadesi e danesi sono al lavoro per cercare di risolvere l’annosa questione, ma riemergono antichi conflitti.Tra vecchie e nuove pretese geografiche, politiche ed energetiche, il Polo Nord, l’ultimo santuario ecologico del nostro Pianeta, si sta trasformando in un teatro di sfide e possibili conflitti. Nilo: la ricchezza di un fiume, di Antonio Picasso (pag. 12). Una risorsa preziosa destinata a diminuire a causa della siccità, dell’evaporazione e della filtrazione nel terreno. Ciò rende inderogabile una condivisione della problematica, affinchè il fiume più lungo del mondo sostenga la politica di sviluppo dei dieci Paesi che si affacciano sul suo bacino idrografico. Se si pensa che nove di essi vivono sotto la soglia di povertà, è urgente intervenire. L’Italia, da parte sua, dà il suo contributo attraverso la FAO e grazie alla cooperazione italiana. Forza NEC: inizia la sperimentazione, di Fortunato Mario Teodoro di Marzio (pag. 20). Questo progetto, di assoluta valenza strategica per la Forza Armata, costituisce il «motore della trasformazione» dell’intero strumento terrestre. Il 2009 segna il definitivo passaggio alla fase di industrializzazione e realizzazione dei sistemi di pre-serie, nonché di realizzazione delle strutture di Modelling & Simulation che dovranno supportare l’intero ciclo di trasformazione «retecentrica». L’Operational Mentoring Liaison Team in Afghanistan, di Ignazio Gamba (pag. 28). Fondamentale è il contributo dell’Italia nell’attività di assistenza all’Esercito Nazionale Afghano. Tra gli elementi chiave per il successo conseguito in tale delicato settore vi è il giusto approccio dimostrato dal soldato italiano, un approccio «open mind» che può rivelarsi vincente nell’attività di mentoring ancora poco conosciuta a livello internazionale. L’evoluzione del PRT italiano di Herat, di Manuel Solastri (pag. 36). Combinando insieme capacità militari, diplomatiche ed economiche, il Provincial Reconstruction Team italiano ha saputo conquistare nel tempo il consenso della popolazione afghana. La duttilità d’impiego e la concretezza dimostrate nel supportare i settori della sicurezza, della ricostruzione e dello sviluppo sono il segreto del successo di un’«eccellenza» tutta italiana. Ricostruire l’Afghanistan, di Sara Greggi (pag. 42). L’opera umanitaria e civile dei contingenti stranieri in Afghanistan riveste un ruolo chiave nel processo di ricostruzione del Paese. Un’attenzione particolare è rivolta al lavoro svolto da Italia, Canada, Australia e Paesi Bassi che negli ultimi anni ha raggiunto risultati importanti in un contesto ancora pieno di ostacoli e sfide da vincere. Azienda ed Esercito: un confronto oggi plausibile, di Devis Mizza (pag. 54). La trasformazione dello strumento militare, attraverso

L’Artiglieria del XXI secolo, di Nicola Pignato (pag. 66). Le recenti trasformazioni e l’accentuarsi di nuove tendenze dimostrano l’importanza dell’artiglieria negli Eserciti moderni. Le esperienze belliche in Afghanistan, in Iraq e in Israele hanno visto un impiego limitato ma fondamentalmente efficace di tali sistemi anche nelle guerre asimmetriche. Il disturbo post traumatico da stress: prevenzione e cura, di Mariano Pizzo (pag. 78). L’articolo descrive gli aspetti storici, diagnostici, preventivi e psicoterapici del Disturbo Post Traumatico da Stress (DPTS), esplorando le iniziative a favore della comunità, del gruppo e dell’individuo che tendono a prevenire il verificarsi degli eventi traumatici e, qualora essi si verifichino, la possibilità di intervenire con personale specializzato in situazioni di emergenza. Attualmente, l’Esercito ha già realizzato una serie di iniziative per prevenire il DPTS, manifestando una particolare attenzione per il benessere della risorsa umana. Lo slancio vitale e la forza delle tradizioni, di Ernesto Bonelli (pag. 88). «La storia delle gesta di un reparto costituisce un legame che unisce tutti quelli che ad esso appartengono ed è cemento che si mantiene anche nelle più difficili situazioni di guerra. Si ha così qualche cosa di indistruttibile, che continui ad avere influenza anche se, come nell’ultima grande guerra (ndr. Prima guerra mondiale), i reggimenti debbano ripetutamente ricostituirsi: i resti dell’antico spirito di Corpo si trasfondono in breve tempo negli elementi nuovi». La famiglia militare è una famiglia come le altre, di Guido Sertorio e Marina Nuciari (pag. 94). La società postmoderna investita da processi e spinte globali ha determinato un profondo cambiamento nella famiglia e nel rapporto di quest’ultima con l’Istituzione militare. La ricerca sociologica si propone di analizzare i diversi aspetti delle relazioni tra sfera privata e Forze Armate al fine di favorire una piena sinergia e integrazione tra il ruolo professionale e quello familiare. Il collegio militare di Verona, di Francesco Premi (pag. 106). Fondato nel 1759 dalla Serenissima nella città-fulcro del suo sistema difensivo di Terraferma, il Collegio Militare di Verona mirava a creare una stabile riserva di giovani Ufficiali di elevata estrazione sociale e a formare - grazie a programmi scientifico-culturali di prim’ordine una classe scelta e preparata di ingegneri e artiglieri. Meritevole di essere annoverato tra le grandi Scuole Tecniche Militari europee, è su di esso che si innestano le «radici» storiche dell’attuale Accademia Militare di Modena. Esercito e incontro con le comunità territoriali, di Marina Nuciari, Marco Ciampini, Lidia Bai e Federico Collina (pag. 112). Un’analisi della relazione esistente tra Forze Armate e società, una relazione che nel passato era di tipo obbligatorio basata sull’etica, sul senso del dovere, sull’affettività, cioè la leva; una relazione, oggi, basata sulla specializzazione, sulla razionalità, cioè il reclutamento volontario. Solo l’attiva e costante presenza delle Forze Armate sul territorio nazionale può dare consapevolezza alla società civile della funzione istituzionale che esse assolvono.

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the implementation of a network-centric approach, breaks the bonds that have always reduced the comparison between the military and the managerial world to something inappropriate and inconsistent. The similarity to the companies’ more competitive approach on the market can, with the appropriate distinctions, open a debate on the need to proceed to a new concept of the strategic thought.

The North Pole: A Wealth for Sharing, by Daniele Cellamare (p. 6). Oil, gas, plenty of fish and, perhaps, gold, nickel and even diamond mines, make «overheated" the «friendly" sharing of the treasures of the Arctic. Russian, American, Norwegian, Canadian and Danish diplomats are trying to solve the age-old question, but ancient conflicts reemerge. Among old and new geographic, political and energy claims, the North Pole, the largest ecological sanctuary on our planet, is changing into a theatre of challenges and potential conflicts. The Nile: The Wealth of a River, by Antonio Picasso (p. 12). A precious resource, destined to diminish due to drought, evaporation and percolation into the ground. This makes sharing these problems undelayable, in order to have the longest river of the world support the development policy of the ten Countries that border its hydrographic basin. If we just think that nine of them are below the poverty line, we see how urgent it is to act. Italy is also giving her contribution, through FAO and national cooperation. NEC Force: The Experimentation Begins, by Fortunato Mario Teodoro di Marzio (p. 20). This project, of absolute strategic value for the Service, is the «motor of the transformation" of the entire land instrument. 2009 marks the definitive progression to the industrialization and implementation phase of the pre-series systems, as well as to the phase of realization of the Modelling and Simulation structures that will support the entire cycle of the “network-centric" transformation. The Operational Mentoring Liaison Team in Afghanistan, by Ignazio Gamba (p. 28). The Italian contribution to the activity of assistance to the Afghan National Army is vital. The key element of the success achieved in this delicate sector is the right approach shown by the Italian soldiers, an “open-mind" attitude that can prove successful in the mentoring activity, which is still little known at international level. The Evolution of the Italian PRT in Herat, by Manuel Solastri (p. 36). Combining military, diplomatic and economic capabilities, the Italian Provincial Reconstruction Team has been able, with time, to win the acceptance of the Afghan population. The ductility of employment and the concreteness shown in supporting the sectors of security, reconstruction and development are the secret of the success of a fully Italian “excellence". Reconstructing Afghanistan, by Sara Greggi (p. 42). The humanitarian and civil activity of the foreign contingents in Afghanistan are playing a key role in the process of reconstruction of the Country. Special attention is paid to the work carried out by Italy, Canada, Australia and the Netherlands, which in the last years have obtained important results in an environment still full of obstacles and challenges. Enterprise and Army: A Conceivable Comparison, by Devis Mizza (p. 54). The transformation of the military instrument through

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The Artillery of the 21st Century, by Nicola Pignato (p. 66). The recent transformation and accentuation of new trends are proof of the importance of the artillery in modern Armies. War experiences in Afghanistan, Iraq and Israel have witnessed a limited but very effective employment of the artillery systems, also in asymmetrical wars. Post-Traumatic Stress Disorder: Prevention and Treatment, by Mariano Pizzo (p. 78). The article describes the historical, diagnostic, preventive and psychotherapeutic aspects of the Post-traumatic Stress Disorder (PTSD), explaining the initiatives in favour of communities, groups or individuals, aimed at preventing the occurrence of traumatic events and, should they occur, the possibility of organizing interventions with specialized personnel in emergency situations. At present, the Army has already implemented a series of initiatives for preventing PTSD, with special attention to the welfare of the human resource. The Vital Impulse and the Force of Traditions, by Ernesto Bonelli (p. 88). «The history of the feats of a unit constitutes a link that unites all the men that belong to it and is a cement that keeps also in the most difficult war situations. Thus there is something that is indestructible, which continues to have an influence even when, like in the last great war (e.n.: the First World War), the regiments must be reconstituted over and over again: the rests of the old esprit de corps in a short time are transfused into the new elements». The Military Family is a Family Like the Others, by Guido Sertorio and Marina Nuciari (p. 94). Post-modern society, hit by global processes and spurs, has caused a deep change in the family and its relationship with the military institution. The sociological research intends to analyse the various aspects of the relations between the private sphere and the Armed Forces, in order to foster a full synergy and integration between the professional and the family roles. The Military College of Verona, by Francesco Premi (p. 106). Founded in 1759 by the «Serenissima» in the fulcrumcity of its defensive system on the Terraferma (dryland), the Military College of Verona aimed at creating a permanent reserve of young Officers, of high social standing, forming - thanks to first-class scientific-cultural programmes - a selected and prepared class of engineers and artillerymen. Deserving to be counted among the great European Military Technical Schools, the historical «roots» of today’s Military Academy of Modena are springing from it. The Army’s Relations With the Territorial Communities, by Marina Nuciari, Marco Ciampini, Lidia Bai and Federico Collina (p. 112). An analysis of the relation existing between Armed Forces and society. A relation that in the past was compulsory, based on ethics, sense of duty, affectivity, i.e. conscription. A relation that today is based on specialization and rationality, i.e. on voluntary recruitment. Only an active and constant presence of the Armed Forces on the national territory can give to civil society the consciousness of the institutional function that they accomplish.


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ble, par Devis Mizza (p. 54). La transformation de l’instrument militaire, à travers la mise en œuvre d’une approche Network-Centric, fait une brèche dans l’ancienne conviction selon laquelle la confrontation entre le monde militaire et celui des entreprises est une chose inappropriée et inconsistante. La similitude par rapport au modus operandi des entreprises les plus compétitives du marché pourrait donner lieu, avec les distinguo nécessaires, à un débat sur le besoin d’entreprendre une nouvelle conceptualisation de la pensée stratégique. Le Pôle Nord: une richesse à partager, par Daniele Cellamare (p. 6). Pétrole, gaz, ressources en poissons et, probablement, or, nickel et même des mines de diamants. Voilà qui suffit à rendre explosive la question du partage «amiable» des trésors arctiques. Diplomates russes, américains, norvégiens, canadiens et danois ont beau s’employer à résoudre l a question qui dure depuis de années, les anciens conflits affleurent à nouveau. Face aux vieilles et aux nouvelles convoitises géographiques, politiques et énergétiques, le Pôle Nord, ce dernier sanctuaire écologique de la Planète, se transforme en un théâtre d’enjeux et de conflits possibles. Nil: la richesse d’un fleuve, par Antonio Picasso (p. 12). Une ressource précieuse destinée à s’amoindrir à cause de la sécheresse, de l’évaporation et de la filtration dans le terrain. D’où le besoin urgent d’affronter la question de façon conjointe, pour que le fleuve le plus long du monde continue à soutenir le développement des dix pays qu’il traverse, dont neuf eux vivant sous le seuil pauvreté. C’est dire à quel point l’affaire presse. L’Italie, pour sa part, intervient à travers la FAO et grâce à la Coopération italienne. Force NEC: l’expérimentation commence, par Fortunato Mario Teodoro di Marzio (p. 20). Ce projet qui revêt une valeur stratégique absolue pour cette Force armée, constitue le «moteur de la transformation» de l’ensemble de l’instrument terrestre. L’année 2009 aura été celle du passage définitif à la phase d’industrialisation et de réalisation des systèmes pré-série, ainsi que de mise en place des structures de Modelling & Simulation qui devront soutenir tout le cycle de transformation Network-centric. L’Operational Mentoring Liaison Team en Afghanistan, par Ignazio Gamba (p. 28). Le concours de l’Italie dans le cadre de l’assistance à l’Armée Nationale afghane s’est avéré fondamental. Les éléments clef qui en ont déterminé le succès dans un secteur d’intervention aussi délicat résident en l’approche adoptée par les soldats italiens., une approche «open mind» qui pourrait être un véritable atout dans l’activité de mentoring encore méconnue au niveau international. L’évolution de la PRT italienne de Herat, par Manuel Solastri (p. 36). En conjuguant capacités militaires, diplomatiques et économiques, la Provincial Reconstruction Team italienne a su gagner la confiance et le consensus de la population afghane. La ductilité d’emploi et l’efficacité concrète dont l’équipe a fait preuve au moment d’intervenir dans le cadre de la sécurité, de la reconstruction et du développement, sont le secret de ce succès directement liée à une «excellence» italienne. Reconstruire l’Afghanistan, par Sara Greggi (p. 42). L’œuvre humanitaire et civile des contingents étrangers en Afghanistan joue un rôle clef dans le processus de reconstruction du pays. Une attention toute particulière est attribuée au travail réalisé par l ’Italie, le Canada, l’Australie et les Pays-Bas, qui a permis, au cours de ces dernières années, d’obtenir d’importants résultas dans un contexte encore hérissés d’obstacles et d’enjeux. Entreprise et Armée: une confrontation devenue plausi-

L’Artillerie du XXI siècle, par Nicola Pignato (p. 66). Les récentes transformation et les nouvelles tendances qui prennent pied témoignent de l’importance que revêt l’artillerie dans les Armées modernes. Les expériences de guerre en Afghanistan, en Iraq et en Israël auront vu un emploi limité mais fondamental de ces systèmes, y compris dans les guerres asymétriques. Le trouble de stress post-traumatique: prévention et traitement, par Mariano Pizzo (p. 78). L’article décrit les aspects historiques, diagnostiques, psychothérapeutiques et de prévention du Trouble de stress post-traumatique (TSPT), à travers l’analyse des initiatives mises en œuvre à l’intention de la communauté, du groupe ou de l’individu, pour prévenir les évènements traumatiques et, le cas échéant, intervenir avec du personnel spécialisé dans les situations d’urgence. Actuellement, l’Armée a déjà réalisé une série d’initiatives visant prévenir le TSPT, faisant preuve de l’importance croissante qu’elle attribue au bien-être de ses ressources humaines. L’élan vital et la force des traditions, par Ernesto Bonelli (p. 88). «L’histoire des exploits d’une unité constitue un lien qui unit tous ceux qui en font partie. C’est un ciment qui tient même dans les situations de guerre les plus difficiles. C’est quelque chose d’indestructible qui continue d’exercer une influence même si, comme lors de la dernière grande guerre (ndr: la Première Guerre mondiale) les régiments doivent se reconstituer continuellement: les restes de l’ancien esprit de Corps sont rapidement inculqués aux nouveaux éléments». La famille militaire est une famille comme les autres, par Guido Sertorio et Marina Nuciari (p. 94). La société post-moderne avec ses processus et ses élans mondialistes a profondément changé la famille et son rapport avec l’Institution militaire. Les études sociologiques visent à analyser les différents aspects des relations entre le domaine privé et les Forces armées, et ce pour favoriser la pleine synergie et l’intégration entre la vie professionnelle et la vie familiale.. Le Collège militaire de Vérone, par Francesco Premi (p. 106). Fondé en 1759 par la Sérénissime dans la cité principale de son système défensif de terre, le Collège militaire de Vérone se proposait de créer une réserve stable de jeunes Officiers de haute lignée et à former - à travers des programmes scientifiques et culturels de haut niveau- une classe d’ingénieurs et d’artilleurs d’élite. Figurant parmi les grandes Ecoles Techniques Militaires européennes, le Collège a jeté les bases de l’actuelle Académie Militaire de Modène. Armée et communautés territoriales, par Marina Nuciari, Marco Ciampini, Lidia Bai et Federico Collina (p. 112). Une analyse des rapports entre Forces armées et société. Si par le passé ces relations avaient un caractère obligatoire et se basaient sur l’éthique, sur le sens du devoir et sur l’affectivité, (le Service militaire), aujourd’hui elles se basent sur la spécialisation, sur la rationalité et sur le recrutement volontaire. Seule la présence active et constante des Forces armées sur le territoire national peut développer au sein de la société civile une véritable conscience quant à la fonction institutionnelle qu’elles remplissent.

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Der Nordpol: ein aufzuteilender Schatz, von Daniele Cellamare (S. 6). Erdöl, Gas, reiche Fischgründe und vielleicht Gold, Nickel und sogar Diamantvorkommen lassen die «freundschaftliche» Aufteilung der Schätze der Arktis zu einer «heißen» Angelegenheit werden. Russische, amerikanische, norwegische, kanadische und dänische Diplomaten bemühen sich um eine Lösung der seit vielen Jahren anhängigen Angelegenheit, doch alte Konflikte brechen wieder auf. Alte und neue geographische, politische und energiebezogene Forderungen werden wieder geltend gemacht; der Nordpol, letztes Öko-Heiligtum unseres Planeten, ist auf dem besten Wege zu einem Schauplatz gegenseitiger Herausforderungen und möglicher Konflikte zu werden. Der Nil: Reichtum eines Flusses, von Antonio Picasso (S. 12). Eine wertvolle Ressource, die auf Grund von Trockenheit, Verdunstung und Versickerung in den Erdboden immer geringer werden wird. Dies macht ein gemeinsames Angehen der Problematik unumgänglich, auf dass der längste Fluss der Welt unterstützendes Element der Entwicklungspolitik jener zehn Länder werden möge, die sein hydrographisches Becken umschließen. Wenn man bedenkt, dass sich neun dieser Länder unter der Armutsgrenze befinden, erkennt man die Dringlichkeit der Angelegenheit. Italien leistet seinen Beitrag über die FAO und Dank der italienisch-afrikanischen Zusammenarbeit. NEC-Streitkraft: die Versuchsphase beginnt, von Fortunato Mario Teodoro di Marzio (S. 20). Dieses Projekt, das für die Streitkraft von absolut strategischer Bedeutung ist, bildet den «Umwandlungsantrieb» der gesamten terrestrischen Kraft. 2009 markiert den endgültigen Übergang zur Industrialisierungs- und Umsetzungsphase der «vor-serienmäßigen» Systeme, sowie die Durchführung der Modelling & SimulationStrukturen, die den gesamten, «netz-zentrierten» Umwandlungszyklus unterstützen sollen. Das «Operational Mentoring Liaison Team» in Afghanistan, von Ignazio Gamba (S. 28). Im Wesentlichen handelt es sich um Italiens Beitrag zur Unterstützung des Afghanischen Nationalheeres. Schlüsselelement des in diesem heiklen Sektor erlangten Erfolgs ist der von den italienischen Soldaten gewählte Ansatz, ein «open mind»-Ansatz, der sich im Rahmen einer auf internationaler Ebene noch wenig bekannten Mentoring-Aktivität, als erfolgreich erweisen kann. Die Evolution des italienischen PRT von Herat, von Manuel Solastri (S. 36). Militärische, diplomatische und wirtschaftliche Fähigkeiten kombinierend, hat es das italienische Provincial Reconstruction Team verstanden, Schritt für Schritt den Konsens der afghanischen Bevölkerung zu gewinnen. Die Anpassungsfähigkeit im Einsatz und die gezeigte Konkretheit bei der Unterstützung der verschiedenen Sektoren im Bereich Sicherheit, Wiederaufbau und Entwicklung, sind das Erfolgsgeheimnis einer italienischen «Außergewöhnlichkeit». Der Wiederaufbau Afghanistans, von Sara Greggi (S. 42). Der humanitäre und zivile Einsatz der ausländischen Kontingente in Afghanistan spielt beim Wiederaufbau des Landes eine grundlegende Rolle. Besondere Aufmerksamkeit wird der von Italien, Kanada, Australien und den Niederlanden geleisteten Arbeit gezollt, denen es in den vergangenen Jahren gelungen ist, in einem so schwierigen und an Herausforderungen reichen Zusammenhang, bedeutende Ergebnisse zu erzielen.

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Unternehmen und Heer: Ein heute plausibler Vergleich, von Devis Mizza (S. 54). Die Verwandlung des militärischen Instruments dank der Umsetzung eines «network-zentrischen» Ansatzes, zerschlägt die Verbindlichkeiten, die seit jeher einen Vergleich zwischen Welt des Militärs und Welt des Managements zu etwas Unangemessenem und Inkonsistentem verdammt hatten. Die Ähnlichkeit mit dem Modus operandi der wettbewerbsfähigsten Unternehmen auf dem Markt könnte, mit entsprechenden Vorbehalten, eine Debatte über die Notwendigkeit einer Neu-Konzeptualisierung des strategischen Gedankens einleiten. Die Artillerie des XXI. Jahrhunderts, von Nicola Pignato (S. 66). Die jüngsten Veränderungen sowie das Fußfassen neuer Trends bezeugen die Bedeutung der Artillerie in den modernen Heeren. Im Rahmen der Kriege in Afghanistan, Irak und Israel, also in asymmetrischen Kriegen, wurden diese Systeme in begrenztem Masse jedoch äußerst effizient eingesetzt. Posttraumatische Belastungsstörungen: Vorbeugung und Behandlung, von Mariano Pizzo (S. 78). Der Artikel beschreibt die historischen, diagnostischen, vorbeugenden und psychotherapeutischen Aspekte Posttraumatische Belastungsstörungen (PTBS), die Initiativen zu Gunsten der Gemeinschaft, der Gruppe und des Einzelnen erforschend, die dem Aufkommen traumatischer Ereignisse vorbeugen können und im Falle eines traumatischen Ereignisses, den Einsatz von für Notstandsituationen spezifisch ausgebildetem Personal vorsehen. Derzeit hat das Heer bereits eine Reihe von Initiativen durchgeführt um PTBS vorzubeugen, dem Wohlergehen der Humanressourcen besondere Aufmerksamkeit schenkend. Lebenskraft und Kraft der Traditionen, von Ernesto Bonelli (S. 88). «Die Geschichte der Heldentaten einer Abteilung ist ein alle ihr Angehörenden vereinendes Band und ist jenes verbindende Element, das auch in den schwierigsten Kriegssituationen Einheit schafft. So entsteht etwas Unzerstörbares, das auch dann Einfluss haben kann wenn, wie im letzten Weltkrieg (A.d.R. Erster Weltkrieg), die Regimenter immer wieder neu zusammengestellt werden müssen: der alte Korpsgeist wird binnen kürzester Zeit von den Jüngeren übernommen». Die militärische Familie ist eine Familie wie jede andere, von Guido Sertorio und Marina Nuciari (S. 94). Die von globalen Entwicklungen und Impulsen überflutete, postmoderne Gesellschaft hat zu einer tiefgehenden Veränderung der Familie und der Beziehung Letzterer zum Militär geführt. Soziologische Forschungen beabsichtigen, die verschiedenen Aspekte der Beziehung zwischen Privatsphäre und Streitkräfte zu analysieren, um eine umfassende Synergie und Integration zwischen Rolle im Beruf und in der Familie zu ermöglichen. Das Militärkollege von Verona, von Francesco Premi (S. 106). 1759 von der Serenissima in der für ihr terrestrisches Verteidigungssystem wichtigsten Stadt errichtet, sollte das Militärkolleg von Verona für eine beständige Reserve junger Offiziere aus höhergestellten Familien sorgen und - Dank wissenschaftlich-kultureller Programme ersten Ranges - eine ausgesuchte und hervorragend ausgebildete Klasse von Ingenieuren und Artilleristen schaffen. Das Kolleg zählt zu Recht zu den großen Militärisch-Technischen Schulen Europas und auf es sind die historischen Ursprünge der heutigen Militärakademie von Modena zurückzuführen. Das Heer und die Begegnung mit den Gebiets-Gemeinschaften, von Marina Nuciari, Marco Ciampini, Lidia Bai und Federico Collina (S. 112). Eine Untersuchung zur Beziehung zwischen Streitkräften und Gesellschaft, einer Beziehung, die in der Vergangenheit gezwungenermaßen bestand, aufbauend auf Ethik, Pflichtbewusstsein, Zugehörigkeit, kurz: die Wehrpflicht. Eine Beziehung, die heute auf Spezialisierung und Rationalität aufbaut, das heißt, auf der freiwilligen Rekrutierung. Nur die aktive und beständige Anwesenheit der Streitkräfte, auch auf nationalem Boden, vermag der Zivilgesellschaft das Bewusstsein für die institutionelle Funktion, die sie erfüllen, zu vermitteln.


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Empresa y Ejército: un cotejo plausible, Devis Mizza (pág. 54). La transformación de la herramienta militar, a través de la adopción de un enfoque Network-Centric, está abriendo una brecha en la arraigada y vieja convicción de que la confrontación entre mundo militar y empresarial era algo inapropiado e inconsistene. La similitud con el modus operandi de las empresas más competitivas del mercado, podría, poniendo los debidos reparos, abrir un debate sobre la necesidad de una nueva conceptualización del pensamiento estratégico. El Polo Norte: una riqueza para compartir, Daniele Cellamare (pág. 6). Petróleo, gas, recursos pesqueros y, quizá también oro, níquel y hasta minas de diamantes vuelven «incandescente» la cuestión el reparto «amigable» de los tesoros del Artico. Diplomáticos rusos, norteamericanos, noruegos, canadienses, y dinamarqueses, están ocupándose a solucionar este viejo asunto, pero siempre salen a relucir antiguos conflictos. Entre las viejas y las nuevas contiendas geográficas, políticas y energéticas, el Polo Norte, el último santuario ecológico de nuestro planeta se está convirtiendo en un teatro de desafíos y posibles conflictos. Nilo: la riqueza de un río, Antonio Picasso (pág. 12). Un valioso recurso destinado a aminorarse a causa de la sequía, de la evaporación y de la filtración en el terreno. De ahí la necesidad apremiante de encarar conjuntamente la cuestión para que el río más largo del mundo sostenga la política de desarrollo de los diez países que se asoman a su cuenca hidrográfica. Si se considera que nueve de ellos viven debajo del umbral de pobreza, urge que alguien intervenga. Italia, por su parte, da su aportación a través de la FAO y gracias a la Cooperación italiana. Fuerza NEC: comienza la experimentación, Fortunato Mario Teodoro di Marzio (pág. 20). Este proyecto, que representa un valor estratégico absoluto para esta Fuerza armada, constituye el «motor de la transformación» de toda la herramienta terrestre. El año 2009 marca el paso definitivo a la fase de industrialización y realización de los sistemas pre-serie, así como de realización de las estructuras de Modelling & Simulation en las que habrá de basarse todo el ciclo de transformación network-centric. La Operational Mentoring Liaison Team en Afganistán, Ignazio Gamba (pág. 28). Resulta fundamental la aportación de Italia en la actividad de asistencia al Ejército Nacional Afgano. Los elementos clave que posibilitaron los logros conseguidos en este sector tan delicado radican en el enfoque adoptado por los soldados italianos, un enfoque «open mind» que puede resultar decisivo par el éxito de la actividad de mentoring aun mal apreciada a nivel internacional. La evolución del PRT italiano de Herat, Manuel Solastri (pág. 36). Conjugando capacidades militares, diplomáticas y económicas, el Provincial Reconstruction Team italiano supo conquistar el consenso de la población afgana. La ductilidad de empleo y la eficacia comprobada a la hora de prestar asistencia en el marco de las actividades de seguridad, de reconstrucción y de desarrollo, son el secreto del éxito de una «excelencia» propia de Italia. Reconstruir Afganistán, Sara Greggi (pág. 42). La labor humanitaria y civil de los contingentes extranjeros en Afganistán desempeña un papel primordial en el proceso de reconstrucción del país. Cabe destacar al respecto, el trabajo llevado a cabo por Italia, Canadá, Australia y Países Bajos, que en estos últimos años ha logrado resultados importantes en un contexto aun lleno de obstáculos y de retos.

La Artillería del siglo XXI, Nicola Pignato (pág. 66). Las recientes transformaciones y las nuevas tendencias que van asentándose cada vez más, comprueban la importancia que ha cobrado la artillería en los Ejércitos modernos. En las experiencias bélicas en Afganistán, Iraq e Israel, el empleo de dichos sistemas ha sido limitado pero resultó fundamental y eficaz, incluso en las guerras asimétricas. El trastorno de estrés post-traumático: prevención y tratamiento, Mariano Pizzo (pág. 78). El artículo describe los aspectos históricos, diagnósticos, sicoterapéuticos y de prevención del trastorno de estrés posttraumático (TEPT), explorando todas aquellas iniciativas y actuaciones a favor de la comunidad, del grupo y del individuo, encaminadas a prevenir los eventos traumáticos y, en caso de ya existir dichos eventos, intervenir con personal especializado en situaciones de urgencia. Hoy día, el Ejército ya ha llevado a cabo una serie de iniciativas para prevenir el TEPT, lo cual pone de manifiesto su interés por el bienestar de los recursos humanos. El impulso vital y la fuerza de las tradiciones, Ernesto Bonelli (pag. 88). «La historia de las hazañas de una unidad es un vínculo que aúna a todos los que pertenecen a dicha unidad y constituye un aglutinante o un cemento que resiste hasta en las más adversas situaciones de guerra. Así, es como algo indestructible que sigue teniendo influencia a pesar de que, como en la última guerra (ndr: La Primera Guerra mundial) los regimientos tengan que volver a formarse repetidamente: los restos del antiguo espíritu de Cuerpo se inculcan rápidamente en los nuevos elementos». La familia militar es una familia como todas las demás, Guido Sertorio y Marina Nuciari (pág. 94). La sociedad posmoderna, con sus procesos e impulsos globales, ha cambiado profundamente la familia y su relación con la Institución militar. La investigación sociológica apunta a analizar los distintos aspectos de las relaciones entre el ámbito privado o familiar y las Fuerzas armadas, con el fin de favorecer la sinergia y la integración o conciliación entre vida profesional y vida familiar. El colegio militar de Verona, Francesco Premi (pág. 106). Fundado en 1759 por la Serenissima en la ciudad clave de su sistema defensivo de Tierra firme, el Colegio Militar de Verona pretendía crear una reserva estable de jóvenes Oficiales de alcurnia y a formar - mediante programas científicos y culturales de alto nivel, - una clase selecta de ingenieros y artilleros. Figurando entre las mayores Escuelas Técnicas Militarse europeas, este Colegio sentó las base históricas de la actual Academia Militar de Módena. El Ejército y las comunidades territoriales, Marina Nuciari, Marco Ciampini, Lidia Bai y Federico Collina (pág. 112). Un análisis de la relación entre Fuerzas armadas y sociedad. Ayer era una relación, obligatoria basada en la ética, en el sentido del deber, en la afectividad, o sea el Servicio Militar; hoy es una relación basada en la especialización, en la racionalidad, o sea el reclutamiento voluntario. Tan solo las Fuerzas armadas, con su presencia activa y constante en el territorio nacional, pueden comprobar ante la sociedad civil la función institucional que desempeñan.

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mentação de uma aproximação Network-Centric, rompe os vínculos que desde sempre têm ligado um confronto entre mundo militar e de management a qualquer coisa de inapropriado e inconsistente. A semelhança com um modo de operar das empresas mais competitivas do mercado pode, com as oportunas distinções, abrir um debate sobre a necessidade de proceder a uma re-conceitualização do pensamento estratégico.

O Pólo Norte: uma riqueza a repartir, de Daniele Cellamare (pág. 6). Petróleo, gás, património marinho e, talvez, ouro, níquel e até minas de diamantes tornam «fervente» a repartição «amigável» dos tesouros do Ártico. Diplomáticos russos, americanos, noruegueses, canadianos e dinamarqueses estão ao trabalho para tentar resolver a velha questão, mas reemergem antigos conflictos. Entre velhas e novas pretensões geográficas, políticas e energéticas, o Pólo Norte, o último santuário ecológico do nosso Planeta, está a transformar-se num teatro de desafios e possíveis conflictos. Nilo: a riqueza de um rio, de Antonio Picasso (pág. 12). Um recurso precioso destinado a diminuir por causa da seca, da evaporação e da filtração no terreno. Isto torna inderrogável uma condivisão da problemática, para que o rio mais longo do Mundo sustenha a política de desenvolvimento dos dez países que assomam à sua bacia hidrográfica. Se se pensa que nove destes vivem sob a margem da pobreza, é urgente intervir. A Itália, de sua parte, dá o seu contributo através da FAO, graças à cooperação italiana. Força NEC: inicia a experimentação, de Fortunato Mario Teodoro di Marzio (pág. 20). Este projecto, de absoluta valência estratégica para a Força Armada, constitui o «motor da transformação» do inteiro instrumento terrestre. 2009 marca a passagem definitiva para a fase de industrialização e realização dos sistemas de pré-série, assim como de realização das estruturas de Modelling & Simulation que deverão suportar o inteiro ciclo de transformação «rede-cêntrica». O Operational Mentoring Liaison Team no Afeganistão, de Ignazio Gamba (pág. 28). Fundamental é a contribuição da Itália na actividade de assistência ao Exército Nacional Afegão. Os elementoschave para o sucesso conseguido em tal delicado sector são a justa aproximação demonstrada pelo soldado italiano, uma aproximação open mind que se pode revelar como vencedora na actividade de mentoring ainda pouco conhecida a nível internacional. A evolução do PRT italiano de Herat, de Manuel Solastri (pág. 36). Combinando capacidades militares, diplomáticas e económicas, o Provincial Reconstruction Team italiano soube conquistar no tempo o consenso da população afegã. A ductilidade de emprego e a concretização demonstradas no apoio dos sectores de segurança, da reconstrução e do desenvolvimento são o segredo do sucesso de uma «excelência» toda italiana. Reconstruir o Afeganistão, de Sara Greggi (pág. 42). A obra humanitária e civil dos contingentes estrangeiros no Afeganistão reveste um papel-chave no processo de reconstrução do país. Uma atenção especial é dada ao trabalho desenvolvido pela Itália, Canadá, Austrália e Países Baixos que nos últimos anos atingiu resultados importantes num contexto ainda cheio de obstáculos e desafios a vencer. Empresa e Exército: um confronto hoje plausível, de Devis Mizza (pág. 54). A transformação do instrumento militar, através da imple-

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A Artilharia do séc. XXI, de Nicola Pignato (pág. 66). As recentes transformações e o acentuar-se de novas tendências demonstram a importância da artilharia nos Exércitos modernos. As experiências bélicas no Afeganistão, no Iraque e em Israel viram um emprego limitado mas fundamentalmente eficaz de tais sistemas também nas guerras assimétricas. O distúrbio de stress post-traumático: prevenção e cura, de Mariano Pizzo (pág. 78). O artigo descreve os aspectos históricos, diagnósticos, preventivos e psicoterapêuticos do Distúrbio de Stress Post-Traumático (DPTS), explorando as iniciativas a favor da comunidade, do grupo e do indivíduo, que tendem a prevenir a verificação dos eventos traumáticos e, caso estes se verifiquem, a possibilidade de intervir com pessoal especializado em situações de emergência. Actualmente, o Exército já realizou uma série de iniciativas para prevenir o DPTS, manifestando uma especial atenção no bem-estar do recurso humano. O ímpeto vital e a força das tradições, de Ernesto Bonelli (pág. 88). «A história dos gestos de uma repartição constitui uma ligação que une todos aqueles que a ela pertencem e é cimento que se mantém mesmo nas mais difíceis situações de guerra. Adquire-se assim qualquer coisa indestrutível, que continue a ter influência mesmo que, como na última grande guerra (ndr. Primeira Guerra Mundial), os regimentos devam, repetidamente, reconstituir-se: os restos do antigo espírito de Corpo transfundem-se em breve tempo nos elementos novos». A família militar é uma família como as outras, de Guido Sertorio e Marina Nuciari (pág. 94). A sociedade post-moderna atingida por processos e estímulos globais determinou uma profunda mudança na família e na relação desta última com a Instituição militar. A pesquisa sociológica propõe-se analisar os diferentes aspectos das relações entre a esfera privada e as Forças armadas com o fim de favorecer uma completa sinergia e integração entre o papel profissional e o familiar. O colégio militar de Verona, de Francesco Premi (pág. 106). Fundado no 1759 pela Serenissima na cidade-fulcro do seu sistema defensivo de Terra-firme, o Colégio Militar de Verona mirava a criar uma reserva estável de jovens Oficiais de elevada origem social e a formar - graças a programas científico-culturais de primeira ordem - uma classe escolhida e preparada de engenheiros e artilheiros. Merecedor de ser incluído entre as grandes Escolas Técnicas Militares europeias, é sobre ele que se enxertam as «raízes» históricas da actual Academia Militar de Modena. Exército e encontro com as comunidades territoriais, de Marina Nuciari, Marco Ciampini, Lidia Bai e Federico Collina (pág. 112). Uma análise das relações existentes entre Forças Armadas e sociedade, uma relação que no passado era de tipo obrigatório e baseada sobre a ética, sobre o sentido do dever, sobre a afectividade, ou seja, a Recruta; uma relação, hoje, baseada na especialização, na racionalidade, ou seja, a recruta voluntária. Apenas a activa e a constante presença das Forças Armadas no território nacional pode dar consciência à sociedade civil da função institucional que estas desempenham.



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