ROMA DI FRONTE ALL’EUROPA AL TEMPO DI ALESSANDRO VI

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PUBBLIC AZIONI DEGLI ARCHNI DI STATO SAGGI 68

ROMA DI FRONTE ALL'EUROPA AL TEMPO DI ALESSANDRO VI Atti del convegno (Città del Vaticano-Roma,

a cura

di M. CHIABò

-

S.

1-4 dicembre 1999)

MADDALO - M. MIGLIO - A.M. OLI VA

TOMO!

MINISTERO PER I BENI E LE AT TIVITÀ CULTUR ALI DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHNI

2001


SOMMARIO

DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI SERVIZIO DOCUMENTAZIONE E PUBBLICAZIONI ARCHIVISTICHE

TOMO!

Direttore generale per gli archivi: S alvatore Italia Direttore del Servizio: Antonio Deutoni-Litta

Premessa

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Parole di apertura

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2000

any dels Borja Proyectos Valencianos

MASSIMO MIGLIO,

Comitato per le pubblicazioni: S alvatore Italia, Presidente, Paola Carucci, Antonio Deutoni-Litta, Ferruccio Ferruzzi, Cosimo Damiano Fonseca, Guido Melis, Claudio Pavone, Leopoldo Puneuch, Isabella Ricci, Antonio Romiti, Isidoro Soffietti, Giuseppe Talamo, Lucia Fauci Moro, segretaria.

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Le ragioni di una revisione storica

ALBERTO TENENTI,

Tra due età

15 19

El entorno eclesiastico de Alejandro VI. Nota sobre la formaci6n de la clientela politica borgiana (1429-1503)

27

GILLI, Alexandre VI et la France d'après les sources con­ temporaines: physionomie d'une relation diplomatique inconciliable

59

PAULINO IRADIEL-JOSÉ Ma CRUSELLES,

PATRICK

ALFRED KOHLER,

liano

El sacro Imperio Romano en la época de Maximi77

MARIA CONSIGLIA DE MATTEIS,

mito negativo FRANCESCO

1484

Alessandro VI: alle origini di un 85

S oMAINI, Il cardinale Rodrigo Borgia ed il conclave del

MARCO P ELLEGRINI, Il profilo politico-istituzionale

nell'età di Alessandro VI: persistenze e novità

GABRIELLA AlRALm, Il

grafiche

Lufs ADAO DA tugueses

del cardinalato 1 77

ruolo di Alessandro VI nelle scoperte geo-

FoNSECA,

21 7

Alexandre VI e os descobrimentos por227

Liber notarum di Giovanni Burcardo

249

Il comune di Roma al tempo di Alessandro VI

323

ANNIBALE ILARI, Il PAOLA PAVAN,

99

Alessandro VI e le famiglie romane di antica nobiltà: gli Orsini

FRANcA ALLEGREZZA, ©

Vendita:

2001 Ministero per i beni e le attività culturali

Direzione generale per gli archivi ISBN 88-7 125-214-4. Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato-Libreria dello Stato Piazza Verdi 1 0, 001 98 Roma Stampato dalla Union Printing SpA

VI e i Colonna: motivazioni e strategie nel conflitto fra il papa Borgia e il baronato romano

331

ANDREAS REHBERG, Alessandro

345

TOMO Il

CIRILLO SIRRI, Il tempo che a Roma «Havfa mas putas que frayles en Venecia»

TERESA

387


PIERO SCAPECCHI, PAOLA FARENGA,

Savonarola e la stampa

Le edizioni di Eucario Silber

399 409

CONCETTA BIANCA,

Le orazioni a stampa

441

ANNA MoDIGLIANI,

Cittadini romani e libri a stampa

469

MARIA GIULIA AuRIGEMMA,

decennio del '400 ANNA MoDIGLIANI,

dro VI

Case di fiorentini a Roma nell'ultimo 495

Uso degli spazi pubblici nella Roma di Alessan521

VI e l'antico: architettura e opere pubbliche tra magnificentia e liberalitas

571

QuATTROCCHI, Alessandro VI: il cerimoniale del possesso

tratto dai modelli dell'antico trionfo

I funerali romani del principe Giovanni e della regina Isabella di Castiglia: rituale politico al servizio della monarchia spagnola

593

MANUEL VAQUERO PINEIRO,

GIOVANNI PESIRI,

Sermoneta: 1499-1503

STEFANIA TARQUINI,

Nepi e Civita Castellana

Stato delle ricerche sulla toscanizzazione del romanesco tra Quattro e Cinquecento

Opere di architettura e scultura per il cardinale Ludovico Podocataro, vescovo di Cipro

873

LORENZO FINOCCHI GHERSI, SABINE FROMMEL,

Giuliano e Antonio da Sangallo

GIOVANNA CASAGRANDE-PAOLA MONACCHIA,

fronte ad Alessandro VI ANNA MORISI GUERRA, Il profetismo

895

Colomba da Rieti di 917

al tempo di Alessandro VI

Alessandro VI e la crociata

961 971

549

CHRISTOPH L. FROMMEL,

ANGELA

861

FRANCO CARDINI,

MAURIZIO GARGANO, Alessandro

La porta santa di Alessandro VI e di Cle­ mente VII e un 'opera sconosciuta di Baldassarre Peruzzi a S. Pietro

Un committente spagnolo nella Roma di Alessandro VI: Bernardino Carvajal

FLAV IA CANTATORE,

INDICI

979

- delle abbreviazioni

981

- dei nomi

983

-delle fonti manoscritte

1 029

-delle figure

1 039

641 657 705

LUISA AURIGEMMA,

71 7

ToMo ili PAOLA GUERRINI,

La produzione artistica dei conventi amedeiti

737

Il toro dei Borgia: analisi di un simbolo fra tradizione araldica e suggestioni pagane

759

Pinturicchio «familiare» della corte borgiana: l 'Appartamento di Alessandro VI a Castel Sant 'Angelo

781

L'orientalismo e l'idea della pace nella pittura romana del! 'epoca di Alessandro VI

803

MARINA MoNTESANO,

ANNA CAVALLARO, SABINE P oESCHEL,

Durante i lavori del Convegno sono state presentate anche le relazioni: DE MAlo, Alessandro VI e Savonarola; LAURA FoRTINI, Per un censimento della produzione a stampa da Alessandro VI a Giulio II; Guy LE THIEC, Il papa, il re, l 'ostaggio: nuove idee su un progetto di crociata di Carlo VIII; DOMENICO MAFFEI, Alessandro VI giurista?; CLAUDIO STRI­ NATI, Il giubileo e l'attività del Pinturicchio, che non è stato possibile ac­ quisire agli Atti.

ROMBO

La scultura funeraria a Roma, 1492-1503: chiavi di lettura e proposte per un cantiere di studi

821

Il "cielo" di Raffaellino del Garbo alla Minerva: artisti toscani e decorazioni all'antica nella Roma di fine Quattrocento

837

SARA MAGISTER,

ENRICO PARLATO,


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PREMESSA

Ai primi di giugno del 1 979, introdotto dalle parole del cardinale Anto­ nio Samorè, si apriva nell'Aula Vecchia del Sinodo in Vaticano, il seminario Scrittura Biblioteche e Stampa a Roma nel Quattrocento. Aspetti e proble­ mi; i relatori, anche chi li coordinava, erano, o erano stati, allievi della Scuo­

la Vaticana di Paleografia, Diplomatica e Archivistica. A quel primo incon­ tro altri ne seguirono: nel 1982 ancora un seminario dedicato a Scrittura Bi­ blioteche e Stampa a Roma nel Quattrocento; nel 1984 (nello stesso anno quanti avevano partecipato a questa e alle precedenti esperienze avevano creato l'Associazione Roma nel Rinascimento) la linea storiografica della ri­ cerca venne parzialmente modificata e indirizzata all'analisi dei complessi rapporti, nel Quattrocento, tra i pontefici e la città. Venne così realizzato il convegno Un pontificato ed una città. Sisto IV (147I-I484). A questo ha fat­ to seguito nel 1992 Alle origini della nuova Roma. Martino V (14I7-1431). Oggi, a distanza di venti anni dal primo incontro e a quindici dalla na­ scita di Roma nel Rinascimento, proponiamo, ancora nell'Aula Vecchia del Sinodo, la necessità di una revisione critica, in tutti i suoi aspetti, del pon­ tificato di Alessandro VI. Abbiamo cominciato la preparazione di quello che pensavamo potesse essere un solo incontro nel marzo del 1 997; nell'ottobre dello stesso anno abbiamo fatto circolare presso amici, colleghi e istituti universitari una gri­ glia tematica chiedendo eventuali integrazioni; nel giugno del 1 998 abbia­ mo coinvolto Istituzioni culturali e studiosi : la risposta è stata tanto positi­ va da suggerire l 'opportunità dello svolgimento di più incontri di studio. Ai primi di ottobre di quest' anno il nostro impegno, e quello dei nostri com­ pagni di strada, è stato coronato con il riconoscimento da parte del Mini­ stero per i Beni e le Attività culturali, che ha proposto per gli incontri la co­ stituzione di un Comitato Nazionale. È naturale ringraziare le Istituzioni che hanno accettato di organizzare con noi questo lungo percorso: l'Accademia di Spagna in Italia, il Comité Espafiol de Ciencias Hist6ricas, il Dipartimento di Storia Medievale del­ l 'Università di Valenza, il Dipartimento di Italianistica dell'Università di Bari, il Dipartimento di Paleografia e Medievistica dell'Università di Bo­ logna, il Dipartimento di Scienze Storiche dell'Università di Perugia, la E­ scuela Espafiola de Historia y Arqueologfa, la Generalitat Valenciana, l'I­ stituto sui rapporti itala-iberici del CNR di Cagliari. Ancora più ampio sarebbe l 'elenco di quanti hanno patrocinato l 'ini­ ziativa. Mi si permetta soltanto di ricordare il Presidente della Repubblica


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PREMESSA

Italiana, che ha concesso l 'Alto Patronato, e che in questi giorni è in Spa­ gna, l ' Ambasciata di Spagna in Italia e l 'Ambasciata di Spagna presso la Santa Sede. Di significati ancora più densi si articola per l'Archivio Segreto Vatica­ no e per la Biblioteca Apostolica Vaticana il ringraziamento, legato com'è alla genesi di Roma nel Rinascimento, a una tradizione consolidata, ad una privilegiata consuetudine di lavoro; Archivio e Biblioteca interpretano anco­ ra il dettato della bolla sistina di fondazione: «Ad decorem militantis Eccle­ siae, fidei catholicae augmentum, litterarum studiis insistentium virorum cornmoda et honorem». Se questo Convegno oggi può aprirsi si deve anche a tutte queste Isti­ tuzioni; ma, soprattutto, si deve all'impegno di Myriam Chiabò e di Anna Maria Oliva, che è andato oltre i limiti della tolleranza. MASSIMO MIGLIO

Presidente Comitato Nazionale Alessandro V I

PAROLE DI APERTURA

Illustri Professori, Rev.mo Padre Prefetto dell'Archivio Segreto Vati­ cano, Rev.mo Padre Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, Signore, Signori. Sono ben lieto di accogliere voi tutti, illustri partecipanti a questo Con­ vegno, nell'ambiente oggi chiamato Aula Vecchia del Sinodo, ma in realtà sede un tempo della Biblioteca Apostolica Vaticana nonché dell'Archivio Segreto Vaticano, poiché, all'inizio, come si sa, ambedue queste Istituzioni ne formavano una sola. E appunto il salone che adesso ci accoglie era quel­ lo dove Sisto IV fece sistemare la sua collezione di manoscritti e libri, pri­ mo passo ufficiale per la futura Biblioteca Apostolica e Archivio Segreto Vaticano. Siamo qui riuniti per studiare di nuovo il contesto storico di una figu­ ra di pontefice assai discussa, quella di Alessandro VI, al secolo (come si è soliti dire) Rodrigo B mja di Jativa in Spagna. E mi preme dire subito che, nonostante il titolo di questo Convegno - Roma di fronte all'Europa al tem­ po di Alessandro VI - il contesto storico, quello geografico e ancora quel­ lo geopolitico, è senz'altro, se si guarda al programma che abbiamo davan­ ti a noi, molto più vasto: non si può fare a meno, infatti, di ricordare il fat­ to, così gravido di conseguenze, della scope1ta di ciò che oggi si chiama A­ merica e del ruolo di papa Alessandro in quel decisivo frangente, che ha cambiato in un ce1to modo la storia dell'Europa e quella del mondo tout court. Io, che provengo da quella parte del globo tenestre, ci tengo a che questa nostra presenza finalmente esplicita e attiva nel panorama della sto­ ria universale, venga ben attestata e valutata. Comunque sia, il centro del nostro Convegno rimane la figura del Pa­ pa B mja. Una figura discussa, come ho detto già prima. Ora, una figura di­ scussa è già di per sé una figura aperta alla discussione. Senza nulla quindi pregiudicare dell'esito di questo Convegno, mi preme dire che quanto si fa per mettere in giusta luce e meglio apprezzare la persona e l 'operato di qualsiasi persona, privata o pubblica che sia, ma soprattutto di un Sommo Pontefice, è sempre gradito. Ed è sempre vero, secondo la regola da Leone XIII proposta quando decise l'apertura dell'Archivio Segreto agli studiosi, che la Chiesa non ha paura della verità, adeguatamente e scientificamente documentata, anche se a Lei o alle persone che la rappresentano, compresi anche i Pontefici, risultasse sfavorevole; per la stessa ragione, anzi ancora di più, se ne rallegra e congratula, se di qualche personaggio, la cui inmm-


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PAROLE DI APERTURA

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gine storica non è tanto luminosa, si riscoprono o si rivelano, dopo più at­ tento studio o una più completa interpretazione, aspetti positivi oppure quanto può oggettivamente ridimensionare aspetti negativi predominanti per una o l'altra ragione nella memoria storica. Tanto mi premeva di dire ali' apertura di questo importante Convegno, al �uale a�guro un buon successo, sperando, nel rigoroso rispetto dei me­ . todi stonc1 e senza alcuna preclusione, aiuti noi tutti a meglio situare nel suo contesto personale, sociologico e geopolitico, la figura di Rodrigo Borja, Papa Alessandro VI. Siate dun�u e tutti benv�nu�i, e che il Signore della Storia accompagni . . e renda fecondi 1 vostn studi e 1 vostri colloqui. JORGE M. ME.JfA

Archivista e Bibliotecario di SRC

2000 ANY DELS BORJA PROYECTOS VALENCIANOS

Muy buenos d1as: la llegada del 2000 encierra un reto de especial trascendencia para quienes desde la Generalitat Valenciana trabajamos por hacer de la cultura una eficaz herramienta capaz de implicar a la ciudada­ n{a en un proyecto cohesionador y a la vez, ilusionante. Un proyecto que sobre el poso de nuestra personalidad historica, cimentada ampliamente en el contesto sociocultural europeo, continua proyectando decid1damen­ te sus anhelos hacia el futuro. La celebraci6n el afio del Jubileo Romano, conmemoraci6n que qui­ nientos afios antes fue presidida por Alejandro VI, un papa perteneciente a la familia de los Borja, constituye una cita inexusable que invita al conjun­ to de la sociedad valenciana a mirar hacia una parte de su gran historia co­ mo garantla para afrontar el futuro con confianza. Las Cortes Valencianas, deseando remarcar la trascendencia de esta efe­ mérides asi como la de la familia mas universal que ha dado nuestra tierra, a­ probaron por unanimidad la declaracion del 2000 como Any dels Borja, uno de cuyo primero eslabones fue el concierto de campanas O Roma Nobilis, es­ trenado en junio como preambulo solenme a los actos a celebrar en Roma con motivo de la festividad jubilar. Por todo ello, me cabe la grata satisfaccion de presentar los actos conmemorativos del Any dels Borja, en calidad de espe­ cial contribucion de la Generalitat Valenciana al conjunto de celebraciones con el que nos predisponemos a entrar, junto a todos los valencianos y va­ lencianas, en los nuevos tiempos. El Any dels Borja parte de una filosofia muy clara al respecto, basada en tres ejes basicos: La propria celebracion de la llegada del afio 2000 por medio de un gran ciclo de eventos culturales de primer orden, organizado en el contexto del Programa Civitas Europa, el cual permitira a la Comunidad Valenciana desplegar a nivei internacional toda la potencialidad de su cultura. La invitacion a que por medio de este ciclo, la so­ ciedad valenciana pueda conocer de primera mano y a cargo de reconocidos expertos mundiales, nuestra implicacion en los caminos de la Edad Moderna, con los Borja como actores principales y la Italia del Renacimiento como te­ lon de fondo. Y naturalmente, el enorme valor simbolico contenido en el he­ cho de que desde la colaboracion entre el Gobierno Autonomo, la delegacion diplomatica espafiola acreditada en Roma, los ayuntamientos de las principa­ les ciudades borgianas de nuestra Comunidad, asi como importantes funda­ ciones y entidades de Espafias e Italia, todas las disciplinas cientlficas, art1s­ ticas y literarias converjan en la configuracion del Any dels Borja como lo


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2000 ANY DELS BORJA PROYECTOS

2000 ANY DELS

VALENCIANOS

que es: uno de los proyectos culturales de rnayor envergadura acornetido por la Generalitat Valenciana corno especial salutacion al nuevo siglo. El Any dels Borja tiene pues un doble motivo de celebracion, al cual hernos querido verter todo nuestro entusiasmo. Por una parte, la divulga­ cion del legado que en todos los ordenes irnprirnieron los valencianos del siglo XV, capitaneados rnuy especialrnente por esta farnilia unica que llego al cénit de las aspiraciones rnateriales y espirituales de la época. En colaboracion con la Fundacion Roma nel Rinascimento, la realizacion de seis congresos intemacionales en destacadas ciudades borgianas como Ro­ ma, celebrado este rnisrno rnes; Valencia (febrero/2000); Perugia (rnarzo/2000); Bari (rnayo/2000); Bolonia (octubre/2000) y Ciudad del Vaticano (enero/2001), permitira un mejor grado de aproximacion teorica, libre de apriorismos, al transcurso de esta familia y a su trascendencia mas alla de la histmia. Igual­ rnente, nurnerosos ciclos de conferencias a cargo de impmtantes especialistas conhibuiran a difundir aspectos precisos de esta época en Canals (enero-mar­ zo/2000), Xativa (abiil/2000) y Gandia (mayo/2000). En otro orden de cosas, quiero destacar la gran exposicion cuyo periplo prolongara este marco hasta bien entrado el afio 2001. Me estoy refrriendo a Los Borja. Del mundo gotico al universo renacentista. Esta importante muestra se realiza en colaboracion con el Ministerio de Cultura, las Cortes Valencianas y la Fundacion Memmo, prestigiosa entidad italiana dedicada a la promocion del arte, y cuenta, a su vez, con el pahucinio de impmtantes entidades corno Bancaixa o la CAM. La exposicion Los Borja, cmnisariada por Learco Andalo, por la parte i­ taliana, y por Eduard Mira, experto en temas de implicacion valenciana en las dinamicas culturales europeas, se celebrerei en el Museo de Bellas Artes de Va­ lencia entre diciembre del 2000 y febrero del 200 l , para pasar posteriormente a Roma, en donde podra ser visitada de marzo a junio del 200 l . So n especial­ rnente destacables otras tres impmtantes exposiciones: Del trapig a la taula del princep, a celebrar en el Hospital de Sant Mare y el Palau Ducal de Gan­ dia (septiembre-diciembre/2000); Vestir un personatge als temps dels Borja, en el Museo de Bellas Artes de Valencia Gunio-agosto/2000) y, por ultimo, Art i arquitecrura al llar dels Borja, en el Alrnudin de Xàtiva (ocrubre-diciem­ bre/2000). Asirnismo, y sin olvidar el especial caracter Indico que queremos irnp1imir a este ciclo de conmernoraciones, una completa se1ie de actos con­ tribuiran a hacer del Any dels Borja un gran encuentro con la culrura al que querernos invitar a toda la Comunidad Valenciana. Asi, ciclos de concie1tos, representaciones teatrales y operistica, junto a presentaciones de libros, mate­ riales de difusion rnultimedia, jomadas gastronomicas y otras actividades complementarias permitiran la reunion de nuestras aspiraciones y a su vez, la confluencia de las mismas con las de nuestras ciudades borgianas: Canals, Gandia, Xàtiva y Valencia. La musica, elemento clave en nuestra culrura, es­ tara presente en el Any dels Bmja, por medio de un buen numero de concier­ tos, a cargo de la Capella de Ministres y el Coro de Valencia, como los que ten-

BORJA PROYECTOS VALENCIANOS

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dnin lugar en Canals: MLisica religiosa en tiempos de Calixto III y Alejandro VI (rnarzo/2000); Xàtiva y en Gandia: MLisica profana en tiempos de Calixto III y Alejandro VI (abril y agosto/2000 respect.), asi corno en Valencia: MLisi­ ca religiosa y profana en tiempos de Calixto III y Alejandro VI Gulio/2000) y Una velada con los Bmja, recital que se ofrecen1 previo a la inaguracion Los Borja, y que se llevara tarnbién a Roma. Igualrnente, los apartados escénico y lirico, con la representacion del Misteri dels tres reis, del Corpus de Valencia, Gunio/2001) y la opera Lucrecia Borgia, de Donizetti, en el Teatro Principal de Valencia (enero-febrero/2000), acornpafiaran a este ciclo borgiano ofre­ ciéndonos atlll rnas alicientes. La participacion conjunta en este marco de estas cuatro destacadas po­ blaciones ha servido de punto de partida para la configuracion de la Ruta de las Borja, un producto cultural dinamico y rnultidisciplinar que acrecente­ ra las potencialidades turistica de la zona a través de sus nurnerosos recur­ sos artisticos e historicos. A tal efecto, debernos recordar que las tareas de restauracion y rehabilitacion acornetidas por la Generalitat Valenciana, no solo en los conjuntos rnonurnentales de estas ciudades, sino tarnbién en Ro­ ma, ha sido rnuy notable. Basten corno ejernp1os, la presentacion a lo largo del proximo afio de las obras finalizadas de restauracion en conjuntos corno el Oratorio de los Borja, en Canals; la Casa de l' Ardiaca, en Xàtiva; el Au­ la Capitular del Monasterio de la Valldigna; las criptas de la Iglesia de Pa­ pa Luna, en Pefiiscola; la Capilla Daurada, del Palau Ducal de Gandia, fu­ tura sede permanente del centro de Estudios Borgianos, o la Capilla de los Borja, con los rnonurnentos funerarios de Calixto III y Alejandro VI, en la Iglesia Nacional Espafiola de Santiago y Montserrat, en Roma. Creo en definitiva que el rnensaje ultimo del Any dels Borja rnarcara indudablernente un antes y un después en rnuchos aspectos, y en particular, en el rnayor grado de farniliaridad hacia esta saga y su época al que puede optar el publico valcnciano. El cornetido al que nos entregarnos dia a dia desde la Generalitat Valenciana con toda la ilusion de que sornos capaces, no es otro que dar pieno sentido al cornprorniso que nos une, en el ambito de la cultura en este caso, a esta sociedad que se dispone a entrar con con­ fianza en el III rnilenio. Un cornprorniso de gran calado y de gratas repercusiones que estoy convencido agradara a todos, oriundos y fonineos, y que a su vez, reforza­ ra el eco de otro cornprorniso, trabado ciuco siglos antes, por la sociedad de la que provenirnos, aquel que nos hizo escribir con letras capitales una de las paginas rnas sobresalientes de la historia europea. Muchas gracias MANUEL MARZAL ÀLVARO \.'

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Conselleria de Cultura Educaci6 y Ciència Generalitat Valenciana


MASSIMO MIGLIO Le ragioni di una revisione storica

Sembrano ovvie le ragioni di una revisione critica della storia del pa­ pato tra fine Trecento e primi decenni del Cinquecento. Forse meno sem­ plice è esplicitarle ad apertura di una serie di convegni monografici. La let­ teratura storiografica relativa, non solo in Italia, si segnala più per le assen­ ze che per le presenze. Il volume di Arnold Esch dedicato a Bonifacio IX è del 1 969, quasi ad indicare un trentennio che può essere scelto come refe­ rente cronologico. Sono state scritte storie dello Scisma e storie dei Conci­ Iii, non sono state scritte storie dei singoli pontificati. Potrei indicare una li­ sta di nomi di pontefici, abbastanza nutrita, che, dopo Bonifacio IX, evoca­ no in ognuno di noi suggestioni particolari, ma per i quali non abbiamo cer­ tezze storiografiche. Parlo di certezze nella coscienza della loro assoluta re­ latività; avrei dovuto meglio dire che per ogni pontificato, tra fine Trecen­ to e primo Cinquecento, abbiamo larghissimi vuoti o una stanca ripetizione di luoghi comuni tramandati da storico a storico, o che vengono ancora og­ gi recuperati direttamente dalla pubblicistica coeva. Procedendo a sbalzi, il breve pontificato di Innocenza VII evoca ucci­ sioni di cittadini romani e fughe da Roma, qualche brandello significativo di storia culturale; anche per Eugenio IV ricordiamo una fuga precipitosa da Roma accanto alla più sostanziale stagione conciliare. Sul pontificato di Nicolò V è rimasta spalmata fino ai giorni d'oggi l 'immagine onnivora di pontefice umanista, costruita a pochi giorni dalla morte dalla suggestiva biografia di Giannozzo Manetti e dalla scrittura di tanti umanisti. Per Pio II l' autobiografia dei Commentari continua a condizionare la lettura di un pontificato incredibilmente disatteso dalla ricerca storica a fronte del rilie­ vo nell'immaginario collettivo. Ancora più presente e definito nell'imma­ ginario Alessandro VI. Romanzi, biografie, films, racconti hanno costruito per il pontefice, per Cesare Borgia e per Lucrezia, un'immagine che ha pe­ scato le sue componenti nelle più sotterranee tensioni dell'uomo e che ha vellicato le più ambigue attenzioni del lettore, dell'ascoltatore, del pubbli­ co in genere. Con il sicuro errore, che oltre ad essere di metodo è anche di buon senso, di annullare la specificità e l 'individualità dell'uno negli altri: Alessandro, Cesare e Lucrezia sarebbero tre corpi con un'unica testa. Ep­ pure di Alessandro VI si è scritto molto, forse moltissimo, soprattutto in­ torno agli anni cinquanta di questo secolo, ma anche in anni più recenti, con linee storiografiche precise e contrapposte; basti ricordare, tra gli italiani, la querelle tra Giovanni Soranzo e Giovan Battista Picotti.


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MASSIMO MIGLIO

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Non credo si debba, a fronte della sua complessità articolata e diffici­ le da investigare, insistere sulla necessità di una storia del papato che sia tessuta nelle singole individualità. Era già, questa, coscienza umanistica del Platina che, se coglieva la forza della continuità, e la coglieva iniziando la sua storia, in modo significativo, da Cristo, individuava con altrettanta for­ za la rottura di linee politiche, di scelte religiose, di comportamenti, di at­ teggiamenti, da pontefice a pontefice. Solo da una fotografia d'insieme, so­ lo lungo la linea della lunga durata, risaltano gli scarti individuali e le spe­ cificità. Sarà forse questo il merito maggiore dell'imminente Storia dei pa­ pi del Dizionario biografico degli Italiani ed è questo il merito del Dizio­ nario Storico del Papato di Philippe Levillain. Ma se leggiamo alcune di queste voci biografiche, e nel caso in questione abbiamo la fortuna di tro­ vare tra gli autori i massimi studiosi di Alessandro VI, Picotti e Batllori, i condizionali prevalgono, le ipotesi rimbalzano, le linee di ricerca aperte in­ calzano. Provo ad indicarne qualcuna: la politica religiosa nelle sue diver­ se componenti e soprattutto la politica beneficiaria, le nomine episcopali, la contrapposizione agli ottomani, l' attività politica all' interno dello Stato del­ la Chiesa, i rapporti con gli uomini di cultura, l' attività di mecenatismo ar­ tistico. In qualche caso, anche quando l'intervento del pontefice è presen­ tato come innovativo, sembra invece di poter leggere una solida tradizione alle spalle; ed è pur questo un problema che si pone alla valutazione sto­ riografica, dal momento che, oggi, possiamo riconoscere che, se per tutto il Quattrocento si modificano continuamente le coordinate di riferimento, co­ sì gli anni del pontificato alessandrino sono sicuramente quelli di una tran­ sizione da un'età ad un' altra anche per la storia del papato. *

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Revisione è definizione che suscita oggi qualche timore. li revisionismo, pmtato avanti con irruenza e in qualche caso con preoccupazioni più politiche che storiche, soprattutto per il mondo contemporaneo, suggerisce cautela per la filologia storica. Anche per la storia della Chiesa e per quella del papato ho colto, in questi mesi, preoccupazioni che la nostra iniziativa volesse costitui­ re una riabilitazione. Non è questo il compito della ricerca storica. Sono d'ac­ cordo con quanto recentemente affe1mava Gennaro Sasso che, per controb­ battere «l'impetuoso torrente dell'odierna così detta storiografia revisionisti­ ca», rifiutava di «oppone l'ovvio e persino banale Iilievo che ogni stmia che si sc1 iva è per definizione revisionistica, se il suo compito è di rivedere criti­ camente quel che si sa alla luce sia di un più feimo e lucido giudizio sia di quel che ora si sia appreso di nuovo e ieii non era invece nel patrimonio de­ gli studiosi». Debbo confessare che questa era, è, la volontà di molti di noi, forse con uno scarto ulteriore. Cercare quello che fino ad oggi non si cono-

LE RAGIONI DI UNA REVISIONE STORICA

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sceva o a cui non era stato posto attenzione, e leggere insieme quanto già si conosceva con tecniche nuove rispetto al passato, nella consapevolezza che storia è metodologia e che i metodi cambiano, le tecniche evolvono, il me­ stiere di storico affina i propri strumenti tanto più si allontana dalle ideologie. Esprimo anche una diversità di opinione. «Alla storiografia- a�giun­ geva Sasso -, se è vero che il suo co11_1pi�o è di a�ut�re a �eder meglio nel . profondo delle cose, a coglierne le rag10m, essenzia� (si �rrebbe) e non ac­ cidentali, appartiene invece di radicalizzare e persmo di esasperare, non certo di attenuare». Se accogliessi questa suggestione per Alessandro VI, andremmo ben oltre il Ranke, in negativo; oltre Soranzo, in positivo. Ma servirebbe questo a capire un personaggio e la sua epoca? Non c'è nessuna volontà di attenuare, né di radicalizzare, né di giusti­ ficare, né voluttà assolutoria. Non credo siano questi i compiti di chi fa ri­ cerca storica. *

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Provo a immaginare una conclusione a queste ragioni, nella speranza e nella certezza di doverle riscrivere integralmente alla fine di questo ciclo di Incontri di studio. A pochi giorni dalla elezione di Alessandro VI, �ietro Martire scrive­ va il 1 8 settembre 1492 ad uno dei familiari del pontefice: «Nonostante tut­ to sono incerto se rallegrarmi o meno, per noi e per la religione cristiana. D� un lato mi tranquillizza la speranza, dall' altro il timore mi inquieta. Quest'uomo ha talento ed è preceduto da prove evidenti di grandezza d'a­ nimo (de grandeza de alma): due qualità che di solito portano con sé o la salvazione o - come la spada nella mano di un pazzo - lo sconcerto. S � smette di essere così partigiano (apasionado), così ambizio�o, così leg�to ai suoi figli - cosa che ostenta senza alcun rossore - allora si consacrera �Ila Chiesa e penso che avrà consegnato la sua prosperità alla Sed� �postol�c �. Se invece con ancora maggiore risolutezza aumenta la sua cec1ta verso 1 fi­ gli, tutto crollerà. L'Italia sarà sconvolta, tremerà il mondo cri�tiano>> . Francesco Guicciardini pennellava invece nelle Stone fiorentme un giudizio conclusivo a bilancio del pontificato: «Fu insomm� più cattivo e più felice che mai pei secoli fussi stato pa�� alcuno». Accoghe:e ques�a va­ lutazione potrebbe significare voler condizionare quanto verra detto m se � guito. La propongo invece come unico contributo personal� alla l�ttura d� un pontificato che sembra accentuare parossisticamente o�m �u a aziOne. DI . un pontefice che si muove in ogni campo - ma questo e, gmdiziO personale -, spesso, secondo una tradizione ormai nel Quattroce�to s �ldame�te con­ solidata, ma sempre con qualcosa �i eccessivo, nella vita _rnvata e 1� quel­ , . la pubblica. Le sue scelte personali hanno prevalso nell I�ag�nan� col­ lettivo. È certo che l'ideologia del pontifex-imperator trovo m lm la pm, al-


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ta coscienza interpretativa; anche in questo caso secondo la tradizione ma . ' con eccessi. Su questo hanno lavorato cronisti e scrittori, uomini di cancelleria e d : apparato , architetti e pittori. L'unica strada per risolvere l 'interrogativo di . Pietro Martire e dare un senso alla valutazione del Guicciardini è nella fi­ lologia della storia.

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Non v'è ricostruzione degli eventi che si verificarono in Italia ed Eu­ ropa intorno al 1 500 - e quindi intorno al pontificato di Alessandro VI ­ scevra dalla sensazione che in quegli anni appunto si assistette ad una svol­ ta della storia dell'Occidente. Nello stesso tempo non si può fare a meno di constatare che, ligia alle regole del proprio mestiere, la maggior parte degli interpreti attribuisce ancora un peso pressoché determinante alle testimo­ nianze dei contemporanei di quel papa. Così, in trattazioni anche molto re­ centi e considerate autorevoli, non solo vengono citati con larga adesione passi più o meno ampi degli scritti del Machiavelli o del Guicciardini ma anche giudizi che espressero nel secolo XIX sulla loro scia il Ranke o il Gregorovius. Il rispetto per questi classici, per certi riguardi certamente at­ tendibili, sembra tuttavia aver ingenerato altresì alcuni degli inconvenienti propri di chi osserva gli spettacoli troppo da vicino e quasi come se vi fos­ se immerso o vi partecipasse. In altri termini è ovvio che, come a quasi tut­ ti i protagonisti delle vicende è preclusa una visione distaccata e capace di misurarle su di una scala più ampia, così i testimoni più ravvicinati di esse pervengono assai di rado o soltanto a sprazzi a valutazioni sufficientemen­ te valide in prospettiva. Non ci pare dunque fuori luogo provare, se non a tenere in maggior conto, almeno ad abbinare agli apprezzamenti più immediati e fattuali quel­ li che possono derivare dall'adozione di un'angolatura alquanto più larga e magari di un atteggiamento più disincantato. Non s 'intende con questo bia­ simare del tutto la preoccupazione di conoscere e di ricostruire come di me­ se in mese o di anno in anno poterono andare le cose. Si vuole sottolineare nondimeno che questa esigenza non è l'unica possibile né necessariamente la più fondata e nemmeno la più redditizia. Occorre ammettere che la con­ siderazione degli eventi non va realizzata solo a scala topografica ma anche panoramica, non contestualizzando in senso ristretto, e che anzi distaccan­ dosi alquanto dall'intreccio delle vicende se ne può raggiungere una com­ prensione più adeguata e pertinente. È questo uno dei rari vantaggi consen­ titi a chi può far altro che storia contemporanea come a chi non si preoccu­ pa soltanto di rintracciare come si svolsero le vicende per soddisfare inte­ ressi immediati o volgerne l 'interpretazione all' appagamento di valutazio­ ni di parte. I turbinosi avvenimenti che agitarono gli anni intorno al 1 500 costitui­ scono d 'altronde una congiuntura atta a persuadere che nessuno dei loro at­ tori era in grado di prevederne in alcun modo lo sbocco e neppure di valu-


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tarne appieno il senso. Nello stesso tempo è abbastanza evidente che l'a­ zione e l 'intervento del Valentino in Romagna, ad esempio, produssero dei risultati immediati non più di quanto fossero all'origine di acquisizioni a lunga scadenza. Il dominio di Cesare Borgia risultò addirittura effimero, mentre il ritorno di quelle tene entro lo Stato della Chiesa rappresentò un approdo che doveva rimanere fermo per secoli. Non è difficile trasferire queste osservazioni dalla Romagna alla stessa Roma, in particolare nei ri­ guardi dell'Europa. Le peripezie che investirono l 'Urbe tra la fine del Quat­ trocento e l 'inizio del Cinquecento non furono certo di poco conto: eppure sussistettero loro malgrado delle linee di fondo che partivano dal Trecento e sottesero le fortune della città almeno fino alla seconda metà del Seicen­ to. Proprio rispetto all'Europa appare questa lunghezza d'onda più appro­ priata per scandire la traiettoria seguita dal papato e dalla sua sede fra due età relativamente imprecisate (anche se nella povertà del linguaggio tuttora in uso le loro due nozioni non sono evitabili). Con questo si vuol indicare che nelle nostre considerazioni verrà fatto posto, fra il periodo ritenuto medioevale e quello non meno inconsistente­ mente definito moderno, ad una fase tra rinascimentale e barocca, entro la quale anche il pontificato di Alessandro VI (per quanto ci si renda conto che tali categorie sono approssimative malgrado il loro impiego) potrà assume­ re un proprio senso. Certo, non ci si potrà riferire altro che all'ambito del­ l ' Europa centro-occidentale, nel contesto del quale peraltro è giustificato tracciare i contorni· di quella fase. Non si negherà che proprio allora il com­ plesso degli eventi umani tese già in qualche modo a mondializzarsi: ma il peso specifico di tale processo rimase assai ridotto e del resto non si farà a meno di sottolineare come anche Roma vi si seppe efficacemente inserire. Si potrebbe dire quindi che la temperie qui messa in primo piano fu quella in cui Roma venne maggiormente a spiccare come polo nevralgico, fra due altre fasi - i secoli XII-XIII da un lato ed il XVIII-XIX dall'altro - nelle quali, se non si oscurò del tutto, per lo meno venne ad eclissarsi. Si ag­ giungerà che nessuna scansione temporale può pretendere di riuscire pe­ rentoria e tanto meno assoluta. Quindi la nostra non va presa in senso an­ tologico ma piuttosto funzionale, come misura atta a favorire un inquadra­ mento soddisfacente ed un collocamento orientativo entro una visione glo­ bale. Occone considerare ovvio infatti che, da un lato, linee e flussi di più lunga durata pervadono le varie epoche della civiltà occidentale (e Roma è attraversata da almeno alcuni di essi lungo tutta la loro traiettoria), dall'al­ tro che i momenti di transizione iniziale e terminale di ciascuna fase sono raramente bruschi e simili a rotture ma piuttosto sfumati e non precisamen­ te determinabili, costituendo a loro volta delle congiunture innanzitutto nel senso letterale del termine. Fra Tre e Quattrocento la cattività avignonese e lo Scisma si accavallarono con la guerra dei Cent'Anni, l 'accentuato offu-

scarsi dell'autorità imperiale fu parallelo al sofferto delinearsi del profilo delle penisole iberica ed italiana. Verso la metà del Seicento non mancaro­ no eventi più tramautici e considerati più rapidamente decisivi: tuttavia ac­ corsero pure vari decenni perché nuove realtà si affermasserò ed altre con­ flittualità si esaurissero. In un certo senso, infine, tra la metà del XIV e la metà del XVII secolo si susseguì addirittura un intenotto assestarsi religio­ so e culturale come politico ed economico. È in quel contesto comunque che più discernibile ed insieme più intenso appare il rapporto tra Roma e l'Europa centro-occidentale. Che il pontificato di Alessandro VI si sia ve­ nuto a situare proprio nel momento nevralgico della proiezione delle due potenze iberiche al di là degli oceani non fa che mettere maggiormente in evidenza il ruolo anche extraeuropeo di Roma. Incentrando l 'attenzione sugli sviluppi e sulle sorti dei domini pontifi­ ci fra Quattrocento e Seicento, vi si è voluta ravvisare la fase della costru­ zione vera e propria dello Stato della Chiesa in quanto potenza tenitoriale italiana ed europea. A nostro parere è essenziale a questo riguardo coniuga­ re l'identificazione di innegabili snodi ed il realizzarsi di processi pur indi­ scutibili con la misura del loro peso specifico appunto a scala centro-occi­ dentale europea. Non vi è alcun dubbio che una certa costituzione di una forma di Stato ecclesiastico a partire all'incirca dal 1 450 abbia avuto im­ portanti significati per Roma e per il Papato, costituendo insieme un feno­ meno non trascurabile a livello internazionale. Ma equivarrebbe a rove­ sciare poco fondatamente la prospettiva e la buona misura dei processi sto­ rici tralasciare di prendere in considerazione nello stesso tempo che questo avvenne in buona parte anche grazie a fattori chiaramente esterni agli svi­ luppi propri del dominio tenitoriale della Chiesa. Così - non certo per il gu­ sto di condividere le ben note osservazioni machiavelliane in merito - non ci sembra contestabile che lo Stato ecclesiastico si realizzò come organismo anomalo rispetto al contesto europeo dell'epoca. In quest'ultima affermazione non v'è una particolare adesione al clichè storiografico - per alcuni versi tutt'altro che inconsistente - dello Stato na­ zionale come nervatura essenziale della modernità nel continente. Saremo anzi inclini a definire piuttosto monarchica che statalnazionale la fase che sta ora al centro della nostra attenzione. Nello stesso tempo tuttavia risulta davvero troppo tenue l 'assimilazione e la conseguente aggregazione dello Stato della Chiesa all'insieme di quelli che emersero appunto sulla scena europea fra il Quattrocento ed il Seicento. In altri termini, ' anomalo' in ta­ le contesto significa più o meno al di fuori della norma, come tali rimasero - se pur in misura senz'altro minore - le repubbliche di Venezia e di Lucca e s'impose poi quella delle Provincie Unite. Indipendentemente insomma dal destino che lo attendeva nei secoli a noi più vicini quello della Chiesa era un organismo territoriale sostanzialmente a parte, allotrio. Esso non a­ veva in nessun modo minor diritto degli altri ad esistere ed a conformarsi

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così come si strutturò, ad imitazione almeno parziale e come deviata delle altre entità politiche contemporanee, senza per questo appartenere alla me­ desima specie, avendone d'altronde ben poco l'esigenza ed ancor meno l 'intenzione. Senza dubbio l' operazione che è consistita nell'equiparare i domini pontifici ai vari Stati europei dell'epoca si è fondata sul fatto che anche nei primi prendevano posto forme di gestione politica, di amministrazione pub­ blica, di economia e di assistenza in parte comparabili con quelle di altri territori europei coevi. Ma come non è proprio sufficiente la presenza di qualche cardinale alla vetta di alcuni governi occidentali per introdurli ipso facto nella stessa famiglia del regime ecclesiastico, così è valida la recipro­ ca e la presenza di qualche connotazione o di personale laico non fa rien­ trare quel regime nel medesimo complesso degli altri organismi del conti­ nente. A nostro parere ha svolto anche in questo caso il suo ruolo larga­ mente ambiguo e radicalmente fuorviante la nozione di Stato moderno, a­ doperata in modo acritico e come ingannevole stereotipo, venendo in essa equivocamente a confluire per di più il criterio cronologico con quello ca­ tegoriale. Si dovrà dunque dire per chiarezza che fra il secolo XV ed il XVII non vi furono in Europa Stati che possano pertinentemente essere definiti mo­ derni per quanto in alcuni di essi, in maggiore o minore misura, venissero a manifestarsi anche nettamente delle caratteristiche che furono proprie di quelli successivi. Sarebbe inoltre un sotterfugio linguistico, oltre che in par­ te un anacronismo, definire quegli organismi ' premoderni' , come è una pa­ tente incoerenza parlare di Antico Regime - questo ben reale nel Vecchio Continente - e per la stessa epoca di ' modernità' . Quanto ai domini eccle­ siastici, la presenza di un cerimoniale di tipo monarchico, di una corte lar­ gamente strutturata benché articolata in modo singolare, il funzionamento pressoché esemplare per l'epoca di una diplomazia e di servizi d'informa­ zione non rendevano a tutti sufficientemente esplicito il divario essenziale fra lo Stato della Chiesa e quelli contemporanei dell' Occidente. In Italia quello scarto venne nondimeno ben percepito durante tutto il periodo in questione, anche se nella comunicazione culturale collettiva dello Stato di­ venuto unitario quelle voci hanno poi risuonato con forza ed insistenza ec­ cessive a discapito di quelle tante che avevano avuto accenti assai diversi. Ci è parso tutt' altro che superfluo puntualizzare i rapporti che si ven­ nero ad instaurare fra lo Stato della Chiesa e quelli del Quattro, del Cinque e del Seicento, anche se in proposito si potrebbero fare numerosi altri rilie­ vi. Per fare un solo esempio, la fmtuna cinquecentesca di Ancona, notevo­ le quanto innegabile, derivò ben poco dal fatto che la città fosse stata rein­ serita fermamente nei domini ecclesiastici, quanto invece da una congiun­ tura geo-economica internazionale favorevole ma quasi del tutto indipen­ dente dall' azione pontificia. Discorso analogo, anche se alquanto meno e-

vidente, potrebbe essere fatto riguardo alla gestione ed allo sfruttamento delle importanti miniere di allume di Tolfa. Che lo Stato della Chiesa ve­ russe preso nell'intreccio non solo delle trame politico-religiose ma anche in quello dei traffici euromediterranei non significa che - a differenza del suo ruolo nelle prime - nei secondi si facesse motore dei reali sviluppi o che almeno i loro risultati fossero frutto di una costruttiva strategia e di organi­ ci impulsi. Quello che è emerso in maniera sempre più fondata è comunque che tanto lo Stato pontificio quanto le potenze europee traversarono una fase omogenea e ben distinguibile anche se tormentata fra i primi decenni del se­ colo XV e la seconda metà del XVII. Paradossalmente si può affermare che uno dei caratteri di questo non breve periodo, malgrado i numerosi conflitti che lo agitarono, fu proprio il tentativo di mantenere l'unità spirituale del­ l'Europa centro-occidentale, e poi di imporla, in una prova di forza dalla quale sarebbe dovuto uscire un solo vincitore. In questo alternato processo Roma fu senza alcun dubbio la sola vera capitale, in quanto essa tentò per­ vicacemente di preservare e di far trionfare la causa cattolica, animando inintenottamente lo schieramento che la sosteneva, mentre di fronte a lei, in Europa, nessun altro centro fu in grado di polarizzare altrettanto le forze che a quella causa continuarono ad opporsi. Come fin dal Cinquecento venne ben percepito e come continuò a verificarsi fino alla seconda metà del seco­ lo successivo, gli intenti del papato vennero sostanzialmente a combaciare con quelli delle dinastie asburgiche di Madrid e di Vienna, portando alla co­ stituzione di un fronte unico. Le reazioni vigorose ed efficaci, che vi si con­ trapposero, si susseguirono in modo relativamente disorganico, il mondo protestante non realizzando in continuità un'azione coerente, se pur final­ mente essa riuscì a prevalere per l'intervento della cattolica Francia, politi­ camente logico ma asimmetrico. Per quanto la tradizione laica, che risale almeno all'illuminismo, abbia presentato e fatto vedere nella luce meno favorevole l' azione che global­ mente è stata messa sotto il segno della Controriforma, è difficile non con­ statare che quanto rimaneva dell'unità dell'Europa venne proprio difeso dal papato e dalle monarchie asburgiche. Il patrimonio spirituale ed inevitabil­ mente insieme politico che Roma cercò in ogni modo di salvaguardare - e malgrado tutto rimase pienamente vitale fra Quattrocento e Seicento - non solo venne combattuto e del tutto compromesso ma per di più assai debol­ mente sostituito dai nuovi riferimenti etico-politici. Di fatto questi ultimi furono proprio all'origine dell'attuale disarmo morale dell'Europa oltre che dell'irrimediabile perdita di un suo valido principio unificante. In altri ter­ mini, guardando in prospettiva la parabola seguita dai destini del Vecchio Continente, lo sgretolamento della Cristianità venne a rappresentare come la conclusione della traiettoria della sua civiltà. Questa poi si fece intima­ mente sempre più fragile e frammentata, sempre più fuorviata dai suoi ap-


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parenti successi tecnologici ed economici, per approdare ad un progressivo svuotamento dei suoi contenuti, fin troppo mal compensati da quelli delle compagini nazionali. È quanto mai opportuno sottolineare in questa prospettiva il fascio sempre più vasto di iniziative missionarie che Roma non solo secondò ma sempre più promosse, divenendone il centro propulsore nella direzione del­ l ' America, dell'Africa e dell'Asia. Non è chi non vede nel mondo attuale la vasta ricaduta di tale indefessa e molteplice opera, nella quale Roma ed il papato profusero tante energie e si fecero guida di una vastissima espansio­ ne. Quest'ultima può certo venire contestata e messa in discussione, come magari è altresì travagliata nel suo interno da ogni sorta di moti e di pro­ cessi di assestamento: eppure sul piano degli impulsi spirituali essa rimane uno dei maggiori fenomeni mondiali da ascrivere senz'altro agli impulsi motori provenienti da Roma. Su questo piano essa, oltre a farsi capitale i­ spiratrice della cattolicità europea, si faceva polo d'irradiamento intercon­ tinentale con il supporto delle potenze a lei fedeli. Queste considerazioni prescindono dunque dalla misura non ancora calcolata in modo adeguato, anche se certamente non trascurabile, in cui lo Stato pontificio concorse a sostenere l 'azione di Roma e del papato in Eu­ ropa e fuori dal continente. Anche a questo proposito riteniamo tuttavia che se i proventi dei domini ecclesiastici poterono nutrire in grado assai largo le energie sprigionate dalla loro capitale, colà sostanzialmente si coagula­ rono, vennero messe a fuoco, irradiandosi appunto da Roma, vero fulcro a raggio universale di questo periodo. Nello stesso tempo quanto si è appena osservato prescinde dalle contrastanti valutazioni di parte che si sono fatte inevitabilmente in passato e possono ancora sussistere, come da quelle che potranno venir formulate fra qualche generazione, quando i processi attual­ mente in corso si saranno ulteriormente sviluppati e forse decantati. Quello che già appare innegabile è il molo centrale rappresentato e saputo svolge­ re da Roma di fronte all'Europa fra il Quattro ed il Seicento. In particolare da parte di certi studiosi e non a torto, si è parlato infat­ ti di Europa delle capitali. Nella fase qui evocata non v'è alcun dubbio che si tratta di un fenomeno di grandissimo rilievo ed in buona misura nuovo. Mentre alcuni grandi centri dell'epoca precedente - come Venezia, Milano, B arcellona, Firenze o le città renane - stavano declinando in modo più o meno netto e pochi si mantenevano o crescevano come Parigi e Costanti­ nopoli, si affermavano delle città animate da nuovi slanci propulsori come Vienna, Madrid, Amsterdam e la stessa Londra. Esse vennero a costituire i veri punti di riferimento europei di questo periodo e fra loro occupò, alme­ no su certi piani, il primo posto proprio Roma. È senz'altro significativo che questa parabola dell'Urbe abbia trovato il proprio rinnovato slancio al­ la fine dello Scisma d'Occidente, cioè nella recuperata coesione della Cri­ stianità, e nello stesso tempo ali' alba della ricostituzione del dominio ec-

clesiastico in Italia, oltre che della rinascita demografica, urbanistica ed ar­ tistico-culturale del suo cuore cittadino. È stato anzi opportunamente illustrato il processo non casuale e co­ sciente attraverso il quale i papi - e fra loro non ultimo Alessandro VI hanno saputo rimettere in orbita fra Quattro e Cinquecento, e proseguito poi fino a tutto il Seicento con perseveranza e lucidità non minori, la stmttura della città, privilegiando i suoi punti focali religiosi, per giungere a costi­ tuire a poco a poco un vero e proprio tessuto cristiano originale e capace di innegabile attrattiva. In qualche modo gli eventi euromediterranei si rivela­ rono favorevoli in questa congiuntura, che risulta inquadrata dalla caduta di Costantinopoli in potere degli Ottomani islamici, dal conseguente scivola­ re in loro possesso di una Gemsalemme quindi sempre meno agevolmente raggiungibile ed infine dalla stessa rivolta luterana. Senza alcun dubbio il fatto che l 'Oriente venisse ad essere più strettamente controllato dalla mez­ zaluna contribuì ad innalzare di rimbalzo il molo di Roma come città san­ ta. Ma anche l'accentuata animosità delle varie chiese e sètte protestanti, la loro insistente polemica antipapale che insieme veicolava gli spiriti nazio­ nalistici dei paesi settentrionali ridondarono a vantaggio dell'opera di re­ staurazione ed insieme di creazione del millenario centro tiberina, vieppiù incitato per reazione ad esprimere e convogliare le energie di una riplasma­ ta cattolicità. In questa capitale che stava realizzando il suo splendore, nella sede di una corte che si era organizzata da tempo ma si stava ulteriormente asse­ stando come epicentro di uno Stato e soprattutto di un mondo cattolico, af­ fluirono uomini ed ingegni da una buona parte dell'Europa, ed in particola­ re dall'Italia. La penisola mancava di unità civile e soprattutto economica, ma delle potenti dimensioni unificanti le vennero sul piano culturale, arti­ stico ed editoriale oltre che ecclesiastico proprio dalla Roma pontificia, che peraltro operò pure per salvaguardarla nella sfera politica e militare. In un certo senso non inferiori furono gli impulsi coagulanti che dalla città rag­ giunsero le consonanti capitali e regioni europee. Sia pure in un componi­ mento encomiastico, Pierre Corneille rivolgendosi al Mazzarino celebrava nel 1 643 questa Roma nella quale vedeva riassunta tutta la storia antica e attuale, quasi che non vi fosse stata soluzione di continuità fra la grandez­ za latina e la sovranità mtistico-spirituale recente. L'Urbe era ridivenuta un vero baricentro ed un punto essenziale di gravitazione per uomini di ogni estrazione e di ogni attività, da quella diplomatica o ecclesiastica a quelle della religiosità, dell' mte e del disciplinamento delle coscienze ed anche di 1 un certo tipo di economia. Non stupirà allora che su scala sempre più vasta si sia risvegliato il mi­ to di Roma e verificato il fenomeno di una sua crescente capacità di capta­ re gli spiriti ed insieme gli interessi molteplici in primo luogo dei credenti. Se non si vorrà dire che nell'immaginario europeo l 'idea e la rappresenta-


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zione di Roma abbiano costituito e continuino a fungere da possen te riferi­ �ento della perennità inestinguibile della civiltà peculiare dell'Europa, si nco�oscera' almeno che nel suo seno ne vive ancora l'inconfondib ile me­ mor�a. Qu�st� si è �on�ret�t a oco a poco nelle chiese ricostr uite, nei pa­ � � l �zzi ��g�wn o m�non ed�ficati ppunto fra Quattro e Seicento, negli stes­ � SI assi VIan che la ntmano m mamera inconfondibil e inglobando e come in­ c �ston�ndo l� testimonianze dell'Antichità. Grazie all 'Umanesimo ed al­ . l �tell�ghen�Ia ecclesiastica, l 'Antichità è apparsa riconciliata con il Cri­ stia�esnno, nemergendo come la matrice delle genti dell'Occiden te. Che a partire dal s�c�lo XY_ l'i nu�agin� stess.a �i Roma - come il suo imponente corpo �rbamst1co - siano nsultati frutti di una sorta di calcolo progre ssivo e cosc�ente non �a che sottolin are ancor più l 'alto grado in cui questo tipo . �. . _ di commuta ed Il potere che mmterrottamente la resse furono all'alte zza della creazione di questa singolarissima e magnetica capitale.

PAULINO IRADIEL - JOSÉ MA CRUSELLES El entorno eclesidstico de Alejandro VI. Nota sobre la jormaci6n de la clientela polltica borgiana ( 1429-1503)

En los ultimos tiempos, desde el Departamento de Historia Medieval de Valencia, se viene desarrollando un firme intento de explicar las transforma­ ciones experimentadas por la sociedad valenciana a lo largo del siglo XV des­ de perspectivas que integren acontecimientos y experiencias tocantes a los ambitos de la organizacion economica, la constitucion politica y la articula­ cion social del pa1s. El objetivo es, en definitiva, explicar las circunstancias que presidieron la constitucion del sistema politico nacido del Compromiso de Caspe y la entronizacion de la dinastia Trastamara, y su posterior cuestio­ namiento y definitiva crisis a lo largo del reinado de Fernando II. Un sistema que entre ambos momentos se caracterizo por la relativa concordia de las o­ ligarqu1as urbanas, en abieito contraste con la violenta ruptura que hab1a su­ frido anterimmente la sociedad politica. Armoma que complementaba, que nada incluso de la identificacion de las oligarqu{as con el proyecto politico de la Corona, y que se tradujo por una parte en el refuerzo de la capitalidad politica y economica de Valencia con respecto al reino, y por otra en el deci­ dido apoyo, humano y financiero, que las oligarquias valencianas prestaron a las empresas mediterraneas y peninsulares de Alfonso V y Juan II '. El retraso, abandono incluso, que han sufrido los estudios sobre la Igle­ sia valenciana tardomedieval, ha apartado por lo generai a los clérigos de es­ tas explicaciones de conjunto, confimindolos al territorio de una 'historia de la Iglesia' cerrada sobre si misma y alcanforada por tantos afios de discursos descriptivistas y autoexplicativos, cuando no hagiograficos o meramentc cx­ culpatorios. Actualmente, integrar la historia de la Iglesia en una historia 'total' de la sociedad civil y politica resulta, mas que un reto, una necesidad que nace de la comprobacion de que las estructuras eclesiasticas jugaron un papel destacado relevante en las estrategias de reproduccion de las oligar­ quias y sus colaboradores. Un asunto tanto mas relevante en el caso valen­ ciano, cuanto que hemos aceptado, desde la obra de Burns, que la Iglesia ju­ go un papel de primera magnitud en la constitucion del nuevo reino, que en nada se corresponde con el casi absoluto olvido al que ha quedado relegada, mas alla del siglo XIII, en las preocupaciones de nuestra historiografia. Ca-

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1 Cfr. R. NARBONA-E . CRUSELLES, Espacios econ6micos y sociedad pol(tica en la Valencia del siglo XV, «Revista d'Història Medieval», 9 (1998), pp. 1 93-214.


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EL ENTORNO ECLESIASTICO DE ALEJANDRO VI

recemos aun, y ésta es nuestra peor rémora, de una prosopografia minima­ mente detallada y competente, que sin embargo parece a punto para buena parte de la sociedad laica (élites politicas, profesionales, mercantiles o arte­ sanales); pero podemos ya intuir que, lejos de resultar marginai en las estra­ tegias de reproduccion de los grupos dirigentes urbanos, la carrera eclesias­ tica tuvo una parte importante en las practicas profesionales de buen nume­ ro de familias repartidas en los distintos niveles de la jerarquia socioecon6mica. El analisis de estas cuestiones requiere, necesariamente, superar tanto las explicaciones vocacionales como las que convierten al clero en un co­ modo retiro para segundones, haciendo recaer la reproduccion de los capita­ les familiares de manera exclusiva en las actividades comunes de los laicos. Porque si algo parece evidente en el caso valenciano, incluso en la precaria situacion actual de los estudios de campo, es el papel dinamizador que la ca­ rrera eclesiastica pudo terier en cierto numero (habria que establecer cual) de trayectorias individuales y familiares. Resulta significativo, al respecto, el caso de Nicolau Conill, curial de Benedicto XIII y luego de Martin V, cuya actividad administrativa y carrera beneficiai conocemos bien a través de los articulos de Milian Boix 2, y que gestionaba sus rentas eclesiasticas valen­ cianas a través de su hermano, el mercader Joan Conill 3• El clero valenciano particip6 de la misma relacion con el poder regio que mantuvo el conjunto de las oligarquias ciudadanas a las que pertenecian sus dirigentes; y la definitiva liquidacion del Cisma de Occidente, consumada en tierras valencianas entre 1423 y 1429, no deja lugar a dudas acerca de las ca­ racteristicas de dicha colaboracion. Las biografias de Alfonso de Borja se de­ leitan, entre otros manidos lugares comunes, en su dramatica embajada a Pe­ fiiscola y en el papel eminentemente pasivo que jug6 el rey Alfonso V en aquel episodio4• Podemos pensar, sin embargo, que se trat6 de una escenifica­ cion concertada previamente, lo que explicaria la facilidad con que Alfonso de Borja convenci6 a Clemente VIII, el ' terco aragonés ' que sucedi6 a Bene­ dieta XIII, quien en realidad no era sino otro agente del monarca 5• Tanto la eleccion pontificia de 1423, realizada en el contexto de la retirada de Napo­ les, como la extincion del Cisma seis afios mas tarde, cuando el rey prepara-

ba la guerra contra Castilla y emprendia las negociaciones con el legado pon­ tificio Pedro de Foix, fueron acontecimientos orquestados por Alfonso V a través de sus colaboradores valencianos, tanto laicos como clérigos. El baile generai Joan Mercader y Gil Sanchez Mufioz, canonigo de la catedral de Va­ lencia, tomaron patte en el primero de ellos, y del segundo se encargaron el también canonigo de Valencia Alfonso de Bmja, que era consejero y vice­ canciller del rey, el secretario real Francese d' Arinyo, y Pons Despont, jura­ do de Valencia en diversas ocasiones y miembro de diversas delegaciones di­ plomaticas al servicio del Consell desde los afios anteriores al Interregno 6• Las iniciales simpatias urgelistas de Alfonso de B orja, que Sanchis Sive­ ra da por descontadas, le convertirian en un buen ejemplo de la suma de vo­ luntades que, tras el Compromiso de Caspe, alinea al conjunto de la clase po­ litica valenciana con los intereses de la nueva dinastia. Desde 1417 lo encon­ tramos al servicio del rey, primero ocupado en asuntos de pequefia indole y luego en otros de mayores dimensiones, y entre éstos los relativos al Cisma. Casi inmediatamente comenzaron las intercesiones del monarca en pro de la carrera eclesiastica de l'amat conseller nostre e promotor dels negocis de nos­ tra cort, Alfonso de Borja, quien entre 1419 y 1423 consigui6 cargos de cre­ dente impmtancia en Valencia, Lérida, Barcelona y Cerdefia, e incluso lleg6 a ser postulado para el cardenalato en 1421 7• Su acceso a la administracion de la diocesis de Mallorca en 1424 pone de relieve un tercer aspecto, no menos

2 Cfr. M. MrLIAN Bmx, Nicolas Conill, curia[ y prior del lugar Pfo de la Coro­ na de Arag6n en Roma (1380?-1435), «Anthologica Annua», 12 (1 964), pp. 84-127; y ID., Nicolas Conill: un valenciano en la corte de tres Papas (1403-1439), «Antho­ logica Annua», 17 (1970), pp. 11-132. 3 Cfr. APPV, n. 23682, Francese Vilba; 1435, abril 1 , mayo 13 y julio 2. 4 Véase, por ejemplo, S. SclfOLLER-PIROLLI, Las Papas Borgia. Calixto III y A­ lejandro VI, Valencia 1 991, pp. 1 1 -19. 5 No puede inferirse otra cosa de las curiosas circunstancias eu que el canoni­ go de Valencia Gil Sanchez Mufioz fue elegido papa eu Pefifscola eu 1423, sin ha­ ber sido antes cardenal del difunto Benedicto XIII; y del hecho aun mas sorpren-

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dente de que Mufioz fuera pariente politico del baile generai de Valencia, Joan Mer­ cader, y de que su p1imera irrupcion eu la cnestion del Cisma fuera como mensaje­ ro de dicho baile encargado de transmitir a los cardenales de Pefifscola las instruc­ ciones de Alfonso V relativas a como debfa llevarse a cabo la eleccion del sucesor del Papa Luna; cfr. M. GARciA Ml:RALLES, La personalidad de Gil Sdnchez Mufiuz y la soluci6n del Cisma de Occidente, «Temei», 12 ( 1 954), pp. 82-94. 6 Véase un relato pormenorizado de los acontecimientos qne rodearon las ne­ gociaciones entre el legado de Martin V y Alfonso el Magnanimo relativas a la li­ quidacion del Cisma eu V. A. ALVAREZ PALENZUELA, Extinci6n del Cisma de Occi­ dente. La legaci6n del cardenal Pedro de Foix en Arag6n (1425-1430), Madrid 1977. Acerca de Francese d'Arinyo y sus vfnculos con el gobiemo municipal va­ lenciano, A. RUBIO VELA, L 'Escrivania municipal de València als segles XIV i XV: burocràcia, poHtica i cultura, Valencia 1 995, que no se hace eco, sin embargo, de la participaci6n del personaje eu el asunto del Cisma; y acerca de la carrera muni­ cipal de Pons Despont, el Llibre de memòries de diversos sucesos e fets memorables e de coses senyalades de la ciutat e regne de València (1308-1644), ed. S. CARRE­ RES ZACARÉS, I, Valencia 1 930, pp. 302-303, 375, 384, 509, 5 1 1 , 515 y 528. 7 Cfr. J.B. ALTISENT JovÉ, Alfonso de Bmja en Lérida (1408-1423), después Papa Calixto III, Lérida 1 924; y J. SANCHIS SIVERA, El obispo de Valencia don Al­ fonso de Bmja (Calixto III).1429-1458, «Boletfn de la Real Academia de la Histo­ ria», 88 ( 1 926), pp. 241-3 13.


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relevante, de la relacion entre el rey y el clérigo. El juego politico en torno al Cisma habia proporcionado al Magnanimo una notable capacidad de actua­ cion en los asuntos eclesiasticos. La substraccion de la obediencia a los papas en conflicto (a Benedicto XIIIpor Fernando I de Antequera en 1416, y a Mar­ tin V por el propio Alfonso el Magnanimo en 1423) hicieron posible el se­ cuestro de las rentas que las iglesias catalano-aragonesas destinaban a Roma. Ademas, el interés de Martin V por poner fin al Cisma dio pie, a través de las negociaciones con los sucesivos legados pontificios, a importantes concesio­ nes en materia de provision de cargos y beneficios, utilizadas por el monarca para promocionar la carrera de sus leales y aumentar a través de ellos su in­ fluencia sobre el aparato eclesiastico de sus reinos. Finalmente, y el sino del arzobispo de Zaragoza pudo tener caracter ejemplar, el Magnanimo estaba dispuesto a recurrir a los métodos mas expeditivos para conseguir que los prelados apoyaran sus proyectos politicos con el necesario fervor religioso y financiero 8• Por tanto, no resulta extrafio que en 1424, y tras la huida a Ro­ ma del obispo de Mallorca, el rey consiguiera imponer a Alfonso de Borja como administrador de las rentas del obispado. Recientemente, han sido puestos de relieve los servicios financieros que Borja presto al rey desde el mencionado cargo, que gestionaba a través de procuradores salidos de su propio entorno familiar y eclesiastico 9• El acceso al obispado de Valencia, conseguido tras la embajada a Pefiiscola y la solucion del Cisma, tuvo tam­ bién una importante dimension financiera, tanto por el dinero que Borja in­ greso de inmediato en la tesoreria real, como por las cantidades que su ges­ tion al frente de la diocesis dirigio hacia aquella en los afios inmediatamen­ te siguientes 10• Es erroneo considerar, a partir de estos datos, que Alfonso de Borja consiguio el obispado de Valencia s6lo por dinero; y aunque también

puede resultar ingenuo pensar que su triunfo fue consecuencia tan s6lo de sus servicios leales y competentes, no cabe duda de que su relacion con la Corona resulto en ultima instancia determinante. Borja no era un hombre ri­ co cuando ensefiaba en la Universidad de Lérida en la década de 1410-20, y el papel que en los afios siguientes asumio en el control de las rentas ecle­ siasticas no fue consecuencia de una estrategia personal de enriquecimiento, sino de su actuacion como agente de Alfonso V. En este sentido, Borja fue una criatura del Magnanimo desde que consiguio la rectoria de San Nicolas hasta el momento de su acceso al pontificado: solo a partir de entonces sus cmninos politicos comenzaron a distanciarse " . Por su parte, el Magnanimo siempre se mostro orgulloso de los éxitos eclesiasticos de su consejero, que consideraba consecuencia de su propia proteccion e interés. Sus cartas a pro­ posito del nombramiento cardenalicio de 1444, y los festejos y embajadas que siguieron a la eleccion papal de 1455 no dejan lugar a dudas 12 • Por otro lado, y siempre a decir de los cronistas, el propio Borja no pudo evitar cier­ to prurito patriotico a rafz de su conversion en monarca de la Iglesia uni­ versal 13. Los servicios financieros que Alfonso de Bmja presto al rey no deben hacernos olvidar sus servicios polfticos, diplomaticos y administrativos, e incluso los que tocaban a la propaganda religiosa, como apunta la promo­ cion en Valencia, en los primeros tiempos de su episcopado, del culto a las reliquias de San Luis, obispo de Tolosa, que Alfonso V habia llevado a la ciudad en 1423 como parte del botfn de Marsella. Como canonigo, obispo y luego cardenal, Alfonso de Borja fue un hombre del rey; como también lo fueron otros clérigos valencianos, comenzando por Gil Sanchez Mufioz (Clemente VIII), cuyo origen turolense ha permitido a algunos prescindir de su verdadero entorno familiar y eclesiastico para recurrir al siempre co­ modo topico de la terquedad aragonesa 14• Esta por hacer la nomina de los eclesiasticos valencianos que participaron en la empresa de Napoles, una

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8 En 1429, la detenci6n y muerte de Alfonso de Arguello permiti6 al rey secues­ trar tanto los bienes personales del prelado como las rentas e inmuebles de la archi­ di6cesis, puestos de inmediato al servicio de los preparativos bélicos contra Castilla (cfr. L.P. MARTfNEz, La promoci6 d'Alfons de Bmja al bisbat de València i la polftica

d'Alfons el Magnànim. Església i finances estatals a l'entorn de la guerra de Caste­ lla de 1429-1430, en Xàtiva, els Borja: una projecci6 europea, I, Jativa 1995, p. 284).

9 Las rentas episcopales de Mallorca permitieron fmanciar diversos préstamos proporcionados por los florentinos afincados en Valencia y por el propio Consell de la ciudad, asi como cie1tos gastos militares en Napoles y Castilla (cfr. ibid., pp. 285-288). 10 En mayo de 1429, el tesorero generai acus6 recibo de 6.000 florines que le entreg6 Alfonso de Borja, consejero del rey, «los quals donà al dit senyor [rei] gra­ ciosament per sguart de certes provisions favorables per eli obtengudes del dit sen­ yor, en les quals de la present quantitat no és feta menci6 alguna, ne per aquells era tenguda donar aquella». A estos se aiiadieron los 4.000 florines que el cabildo valentino presto al rey en 1430 (cfr. ibid., pp. 282-283).

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11 A menos de dos afios de su elecci6n como pontffice, el cardenal Alfonso de Bmja segufa prestando dinero al rey. En septiembre de 1453 le habfa facilitado la no­ table cantidad de 3.880 ducados venecianos, que fueron restituidos por el tesorero ge­ nerai Pere Mercader en abril de 1454 (cfr. AMV, Protocolos, 7-1 , Jaume Eximeno). 12 Cfr. SANCIDS SIVERA, El obispo de Valencia cit., pp. 282-285. 13 Como se desprende de las palabras atribuidas al nuevo papa: «Magna pro­ fecto est gloria nationis catalanae diebus nostris: Papa catalanus, Rex Aragonum et Sicilia catalanus; vicecancellarius catalanus; capitaneus Ecclesiae catalanus; gene­ ralis ordinis minorum catalanus» (cfr. J. Rrus SERRA, Catalanes y aragoneses en la corte de Calixto III, «Analecta Sacra Tanaconensia», 3 (1 927), p. 1 95). 14 Sanchez Mufioz pas6 de la 'sede' de Pefifscola al obispado de Mallorca, hasta aquel momento administrado por Alfonso de Borja, y no sin vencer cie1ta resistencia


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tarea que permitini establecer sus relaciones con la sociedad civil valencia­ na y profundizar, en ultima instancia, en la identificacion de aquella con el proyecto politico del Magnanimo. Mostraremos tan solo algunos casos. El mas modesto, el del capellan y cronista Melcior Miralles, autor del conoci­ do Dietari, que participo en diversas embajadas antes de la torna de Napo­ les y que después se instalo en esa corte como maestro de gramatica 15• Mas relevante el de Joan Manomà, por sus vinculaciones tanto con la Corona como con la administracion municipal valenciana, y porque su caso nos re­ mite a la constitucion originai de las clientelas borgianas en Valencia. En el caso de los Manomà confluyen algunos de los principales pro­ cesos formativos de la sociedad civil valenciana del Cuatrocientos. Su pa­ dre, originario de Oliva, debio instalarse en la capitai a fines del siglo XIV tras obtener el titolo de notario, en busca de mejores oportunidades profe­ sionales. En las décadas siguientes, su trabajo le aproximo a algunas fami­ lias de la oligarquia: nobles como los Monsoriu, vinculados a la adminis­ tracion de la orden de Montesa; juristas como los Jàfer, ennoblecidos a par­ tir de los servicios a la Corona y a la administracion municipal. Integrado en ésta desde los afios treinta, el notario Manomà regento el cargo de sin­ dico durante tres décadas y formo parte del grupo de 'hombres del rey' que dominaba el municipio 16• Su hijo Joan era, en 1434, uno de los clérigos que seguian a la corte del Magnanimo, y parece probable que completara sus es­ tudios de derecho en alguna universidad italiana hacia 1437. Tras la con­ quista de Napoles se incorporo también a la nueva corte 17• En 1440 era ya canonigo y paborde de la Seo de Valencia, y los jurados se referian a él co-

mo miembro del consejo real 18 • Su presencia en la corte romana en 1443 lo sima en el entorno de Alfonso de Borja, que por aquellas fechas actuaba co­ mo embajador del Magnanimo ante la Santa Sede 19• No hizo, sin embargo, canera curial. En 1446-1448 continuaba entre Napoles y Roma, pero en 1452 habia regresado ya a Valencia, y Sanchis Sivera lo incluye en la no­ mina de los vicarios episcopales de Alfonso de Borja 20 ; un cargo que vol­ vio a ejercer para Rodrigo de Borja, al menos, en los afios 1466 y 1467 2 1 • Pese a las discordias politicas entre un Calixto Ili preocupado por el a­ vance turco en los Balcanes, y un Alfonso V que atendia solo a sus necesida­ des mas inmediatas, ambos gobemantes compartieron en buena medida perso­ nal militar y eclesiastico. Ocunio, desde luego, durante la época del cardena­ lato (1444-1455), como hemos visto en el caso de Joan Manomà y veremos en el de Pere Vila-rasa; pero también durante los tres afios del pontificado, como se desprende de la prosopografia recopilada por Rius Sena. Doce miembros de esta lista de 'hombres del papa' gozaron de la calificacion de consejeros reales en algun momento de su carrera politica o eclesiastica, y a ellos se afiade algun capellan y cie1to ujier de armas de Alfonso V. Se trata, por tanto, de dignata­ rios y gestores de especial relieve en la corte napolitana; y en algunos casos re­ cibieron tales titulos cuando estaban ya al servicio de Calixto Ili. El grupo cuenta con tres valencianos: el caballero Joan del Milà, pariente del papa, el también militar Antoni Olzina, vinculado sin duda al secretario real Joan Olzi­ na, y el clérigo Ausiàs Despuig, a quien no� referiremos inmediatamente 22• En Valencia, el acceso de Alfonso de Borja al cardenalato abrio nota­ bles esperanzas de progreso profesional y economico. Éxitos tan rutilantes

por parte de Alfonso V, que preferfa otro candidato para aquel cargo. En Ultima instan­ cia se impuso el agradecimiento y, sobre todo, la prudencia politica de Martfn V (cfr. GARcfA MIRALLES, La personalidad de Gil Sanchez Mufioz cit., pp. 94-95). " Compartfa estas tareas con otro clérigo valenciano, Jaume Torres, ayudante de camara y bibliotecario del Magnanimo (cfr. Dietari del capellà d'Anf6s el Magnànim, ed. J. SANCHIS SIVERA, Valencia 1 932, y especialmente las noticias bio­ graficas recabadas por Sanchis Sivera en Valencia y Napoles). 16 Acerca de la canera notarial y los vinculos familiares y sociales de Joan Ma­ rromà, cfr. J. M. CRUSELLES G6MEZ, Els notaris de la ciutat de València. Activitat professional i comportament social a la primera meitat del segle XV, Barcelona 1 998. Sobre su malograda candidatura a la escribania municipal en 1437- 1438, cfr. RuBio VELA , L'escriban{a municipal cit., pp. 67-68. En aquella ocasion, la negati­ va del propio Manomà a aceptar cargo municipal alguno sin el expreso consenti­ miento del rey, resto fuerza a los jurados para oponerse al candidato de Alfonso V, un escribano de la curia regia. 17 Cfr. J. M. CRUSELLES G6MEz, Las juristas valencianos en la Italia renacentis­ ta. Estudiantes y cortesanos, «Revista d'Història Medieval», 3 ( 1992), pp. 154-155.

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Cfr. AMV Lletres missives, g'- 1 9 , ff. 2 15v-216v (22 de agosto de 1440). escriben los jurados de Valencia el 20 de noviembre de 1443 pa­ ra recomendarle al sfndico Manuel Suau (cfr. AMV, Lletres missives, g'-20, f. 1 82). 2° Cfr. S ANCHIS SIVERA, El obispo de Valencia cit. , p. 269. 2 1 Cfr. ARV, Clero, libro 1777, f. 1 3v ; y Protocolos, n. 1 839, Jaume Pinosa; 1490, febrero 1 1 , donde se hace referencia a otro documento otorgado ante el nota­ rio Joan Ribera el 24 de marzo de 1467. 22 Aparecen algunos otros personajes de relieve, como los catalanes Bernat Bosch, que en 1417 fue embajador en la corte imperial, Guillem Pons de Fenollet, embajador ante la Santa Sede en 1 428 y luego vicario generai de la diocesis de Bar­ celona, y Antoni Pere Ferrer, abad de Montserrat; o el arzobispo de Tarragona, Pedro de Urrea, reconvertido en capitan generai de la armada pontificia y que termino sien­ do acusado de piraterfa junto con Antoni Olzina y otros comandantes de la flota (cfr. Rrus SERRA, Catalanes y aragoneses cit., pp. 234, 25 1 , 253, 299-300). En 1452, An­ toni Olzina, miembro de la orden de Santiago de la Espada y preceptor de Montai­ han, Sagra y Sanet, residente en la cmte de Napoles, gestionaba sus asuntos en el rei­ no de Valencia a través de un vecino de Denia, Pasqua! Corts (cfr. AMV Notales, s. I, Jaume Eximeno; 1452, enero 8). Habfa otros Olzina en el entomo pontificio: los 18

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como el del propio cardenal y otros mas modestos aunque no mucho menos llamativos, como el de Joan Marromà, eran la muestra palpable de hasta donde se pod{a llegar combinando de la manera adecuada la sabidurfa que se obtema en las escuelas y las universidades con el servicio en la adminis­ tracion regia y, por qué no, eclesiastica. Las campafias mediterraneas del decenio 1432-1442 hab{an ofrecido oportunidades de enriquecimiento a los guerreros de la pequefia nobleza, y particularmente a los vinculados a la ca­ sa real y a las clientelas militares del monarca 23• Las expectativas que se a­ brieron en Roma desde 1444 requer!an hombres distintos, pero los mismos linajes que hab!an producido unos pod{an producir los otros. Hijo de un modesto servidor de la Corona, Llufs Despuig actuo como embajador regio y como militar tanto en las campafias napolitanas de los afios treinta y cua­ renta como en las posteriores empresas de Italia, de las que no le aparto la designacion como maestre de Montesa en 1453 24• Su sobrino Ausiàs Des­ puig fue uno de los clérigos que pasaron de la cmte napolitana a la romana tras la eleccion de Calixto III. Doctor en derecho canonico y consejero re­ al, fue recomendado por Alfonso V para el cargo de subdiacono pontificio, que ocupo desde 1456. En 1457, el rey lo nombro canciller de la Universi­ ciad de Lérida, y ese mismo afio consiguio la rectorfa parroquial de San Ma-

teo y una precentor{a en la catedral de Barcelona. Obispo de Monreale (Si­ cilia) en 1458, accedio al cardenalato en 1473, y hasta su muerte en 1483 fue uno de los miembros mas destacados del grupo catalan del Vaticano 25• El caso de Pere de Vila-rasa resulta similar, aunque su carrera eclesiasti­ ca no alcanzo tanto relieve. Su abuelo, el caballero Joan de Vila-rasa, hab!a desempefiado diversos cargos municipales entre 1389 y 1414, y milito en el bando Soler-Vilaragut. El hijo de éste, Llufs, fue ujier de annas de Fernando de Antequera y participo tanto en la torna de Balaguer en 1413, como en la expedicion de Alfonso V a Cerdefia en 1420. Retirado de la milicia, fue ele­ gido jurado en 1434 y al afio siguiente fmmo parte de la comision municipal encargada de gestionar el rescate del rey tras la batalla de Ponza 26• En 1447, ya muerto Llu1s de Vila-rasa, su viuda Castellana de Cabanyelles abrio un cré­ dito de mil ducados de camara en Roma para su hijo Pere, cuyas letras de cambio debian ser cobradas en Valencia por el fiorentino Domenico di Gio­ vanni 27• No podemos albergar dudas acerca del motivo que hab!a llevado a Pere hasta la capitai de la Iglesia. En el documento de 1447 se le otorga el ran� go de doncel, como a muchos vastagos de la nobleza, pero en otro redactado en 1452 por Jaume Exirneno, entonces escribano de la tesoreria del Magnani­ mo, consta como doctor en derecho eclesiastico y cubiculario papal residente en la corte romana. En aquella ocasion gestionaba ciertos asuntos eclesiasti­ cos por cuenta de los valencianos asentados en Napoles 28• Instalado en Roma, Pere no hab!a perdido el contacto con la corte napolitana: en 1455, siendo de­ an de la catedral de Valencia, formaba part:e de la embajada enviada a Roma por Alfonso V para felicitar al nuevo papa Calixto III29•

he1manos Joan y Martf, originmios de Tanagona, y su sobrino Jaume, que obtuvo di­ versas expectativas beneficiales en Cmtagena y Segorbe, asf como la iglesia de Montfmt en 1458 (cfr. Rrus SERRA, Catalanes y aragoneses cit., pp. 280-28 1). En cuanto a los Milà, existe una discordancia onomastica entre Rius Sena y Batllori que debe ser resuelta a favor de este ultimo. El mmido de Catalina, he1mana de Alfonso de Borja, y padre del que luego seria cardenal Llufs-Joan del Milà, era Joan del Milà Centelles, sefior de Massalavés (cfr. M. BATLLORI, El llinatge Borja del segle XIII al XVI, en BATLLORI, Obra completa, N. La famrua Bmja, Valencia 1994, pp. 7 y l O), y cabe suponer que fue éste el encargado de ejecutar el testamento de Pere del Milà, militar y consejero de Alfonso V, mue1to en 1455, y que si atendemos a Batllori no seria otro que su propio hijo (cfr. Rrus SERRA, Catalanes y aragoneses cit., p. 272). Todo lo cual implica que la familia Milà-Borja se traslad6 a Roma con todos sus e­ fectivos, procedentes de Napoles o de Valencia, tras el conclave de 1455. 23 El protagonismo militar de la pequefia nobleza en las empresas mediterra­ neas de Alfonso V, fruto de la decisi6n politica de limitar la presencia de los grandes contingentes ligados a la alta nobleza, ha sido destacado por J. SArz SERRANO, La

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caballer{a de Alfonso el Magnanimo en la expedici6n mediterranea de 1432. Re­ clutamiento y estructura de las tropas en la Corona de Arag6n, «Saitabi», extraor­

dinario (1 996), pp. 23-64. 24 Su padre era Bemat Despuig, baile de Jativa. Sobre la pmticipaci6n de Llufs Des­ puig en la mmada de Sicilia de 1432, cfr. ibid., p. 60; y en generai sobre sus actividades en Italia, cfr. E. GUINOT RoDRfGUEZ, L'Orde de Montesa a Itàlia en el segle XV, Actos XIV Congreso de Historia de la Corona de Arag6n, III, Sassari 1996, pp. 489-502.

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Cfr. LoRENZO CARDELLA, Memorie storiche de ' cardenali della Santa Roma­ na Chiesa, III, Roma 1793, pp. 1 85-186; Rms SERRA, Catalanes y aragoneses cit., pp. 248-249; T. FRENZ, Die Kanzlei der Papste der Hochrenaissance (1471-1527), 25

Tubinga 1 986, pp. 292-293. 26 Sobre Joan de Vila-rasa, cfr. Llibre de memòries cit., I, pp. 178, 195, 2 1 8, 224, 23 1 , 334, 416, 429, 434, 453; y acerca de su hijo Llufs de Vila-rasa, cfr. ibid., pp. 426, 429, 536, 553. 27 Cfr. APPV, n. 22179, Antoni Llopis, jr.; 1447, abril 1 8 . 28 Fue nombrado procurador por Amau Negre, residente en Napoles, pm·a ejer­ cer ante el Papa y el obispo de Tortosa el derecho de presentaci6n que le conespon­ dfa como patr6n de un beneficio eclesiastico en dicha ciudad (cfr. AMV, Notales, s . 1 , Jaume Eximeno; 1452, agosto 7). 29 Cfr. SANCHIS SIVERA, El obispo de Valencia cit., p. 285. Su nombre no apm·ece en la relaci6n de servidores de Calixto IIIrecogida por Rius Sena, de manera que es po­ sible que volviera por aquellas fechas a Valencia, en cuya catedral ocup6 una canongfa y el cm·go de sac1istan. Su testa111ento fue otorgado el 29 de mm-zo de 1477 (cfr. R. CHA­ BAs LLORENS, Indice del archivo de la catedral de Valencia, ed. DE S. VAzQUEZ CAP­ LUURE, Valencia 1997, p. 545).


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Es probable que semejante reconversion de la espada en libro presen­ tara mayores dificultades conforme mas encumbrados estuvieran estos li­ najes nobiliarios en la escala de las fortunas, o mas especializados en el ser­ vicio militar. Asi parece ocurrir con la familia Monsoriu, vinculada a la clientela militar de la casa real desde los conflictos con Castilla de los afios veinte. La generacion del maestre de Montesa, Gilabert de Monsoriu, que pmticipo en las guerras de Italia entre 1432 y 1441, conto en sus filas con un clérigo de cierto relieve, Nicolau Monsoriu, hermano del anterior, rector de la Universidad de Lérida hacia 1427 y luego dean y canonigo de la Seo de Valencia 30• En 1442, poco después del regreso de su hermano a Valen­ cia, Nicolau realizo un viaje a Italia cuyo motivo inmediato se nos escapa, pero cuya relacion con la reciente torna de Napoles parece evidente 31 • De­ s�parecido e� 1 �54, no parece que la familia contara con eclesiasticos ni ju­ nstas en la s1gmente generacion, aunque siguio manteniendo estrechas re­ laciones con el gobierno municipal y la milicia 32• Podemos establecer, sin embargo, los vinculos indirectos que la fmnilia trabo con las clientelas bor-

gianas a través de sus propias relaciones clientelares y de parentesco. Du­ rante el periodo en que los Monsoriu disfrutaron del sefiorio util de la es­ cribania de la Gobernacion de Valencia, se aseguraron cierto ascendiente sobre la pléyade de notarios, funcionarios y burocratas urbanos. Fue parti­ cularmente intensa su relacion con el notario Joan Marromà, a quien ya nos hemos referido, y con el discipulo de éste, Antoni Llopis, escribano de la Gobernacion entre 1445 y 149 1 , cuyo hijo Joan se convirtio desde los afios setenta en uno de los hombres de confianza de Rodrigo de Borja 33• También las familias de ciudadanos vinculadas a la administracion mu­ nicipal y regnicola se aprestaron a aprovechar una oportunidad para la que estaban bien preparadas técnica y politicamente, y el caso de los Saera re­ sulta significativo. De nuevo, la carrera eclesiastica en Roma constituia la prolongacion por otro camino de la carrera militar al servicio de la Corona. En 1444, y recién ascendido Alfonso de Borja al cardenalato, los jurados de Valencia le remitieron una carta de recomendacion a favor de Joan Saera, doctor en derecho canonico, que solicitaban fuera tornado al servicio del prelado y 'promovido' en la Iglesia 34• Este Joan Saera pertenecia a una fa­ milia emblematica de funcionarios municipales. Entre 1384 y 1420, el ju­ rista Guillem Saera habia llevado a cabo una dilatada carrera politica como jurado, embajador y, sobre todo, abogado de la ciudad. Su hijo mayor Fran­ cese, el padre de Joan, desaparecio pronto; pero el menor, también llamado Guillem, continuo el camino paterno y entre 1456 y 1477 goberno la ciudad para Juan II desde el cargo de racional. Su primera eleccion como jurado se consumo pocos meses después de que fuera enviada la mencionada carta al cardenal Borja 35• Unos afios antes, en 1432, una hermana del futuro racio­ nal estaba casada con el caballero Pere Ciscar, menar de dies 36, miembro de una familia distinguida en el servicio militar a la Corona, tanto en la guerra de Castilla de los afios veinte como en las campafias napolitanas posterio­ res 37• Esta alianza resulta significativa por cuanto pone de relieve una doble confluencia, sancionada por lazos de parentesco, en la constitucion politica

Gilabe1t de Monsoriu, clavaria de Montesa y comendador de Sueca, partici­ p6 en la hueste contra Castilla de 1429-1430 al frente de una compafiia de 140 hom­ bres. Su he1mano Gracià de Monsoriu, camarero real, mandaba otra de 24 junto con su pariente Francese de Monsoriu, comendador de Tortosa por la orden de San Juan de Jerusalén; cfr. J. SAlz SERRANO, Noblesa i formaci6 de tropes de cavalleria al Pa­ (s Valencià tardomedieval: la participaci6 en les guerres reials del llinatge del sen­ yor d'Albaida, «Alba», 9 ( 1994), pp. 1 56-1 57. Sobre su participaci6n en la mmada de 1432, en la que dirigia un grupo de 20 guelTeros y ostentaba el cm·go de abande­ rado y alférez mayor, cfr. SAlz SERRANo, La caballeda de Alfonso el Magnanimo cit., p. 59; Y acerca de su posterior presencia en Sicilia e Italia, cfr. CRUSELLES, Las juris­ tas valencianos cit., pp. 153- 1 54. Sobre la relaci6n de Nicolau de Monsoriu con la Universidad de Lérida, cfr. Llibre de memòries cit., I, p. 5 10. Acerca de su caiTera e­ clesiastica en Valencia, cfr. CHABAs, indice cit., p. 35 1 . 3 1 Sus he1manos Violant, Aldonça y Galceran contrataron con Gherardo Giovan­ ni Figliazzi, mercader fiorentino afincado en Valencia, sendos créditos en favor de Ni­ colau por un total de mil ducados (cfr. APPV, n. 22174, Antoni Llopis jr. ; 1442, no­ viembre 14). 32 racià y Gal�eran de Monsoriu, hermanos del maestre de Montesa, ejercie­ ron en d1versas ocaswnes los cargos de mostassaf y jurado entre 1424 y 1443, al i­ guai que un segundo Gracià y un Berenguer entre 1462 y 1488. En 1453, Joan de Monsoriu se encontraba en Napoles al servicio del rey Alfonso (cfr. AMV, Proto­ colos, 6-1 ; 1453, agosto 21). Tres miembros del linaje tomaron parte contra la re­ vuelta age1manada e intervinieron en la batalla de Almenara, donde perdieron la vi­ da dos de ellos, Pere Ram6n y Jeroni de Monsoriu, este ultimo seìior de Faura. El tercero, Gaspar, fue jurado en 1 526 y justicia civil en 1 534 (cfr. Llibre de memòries cit., II, pp. 1 20 1 - 1 202). 30

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33 Cfr. J. M. CRUSELLES G6MEZ, Familia y promoci6n social: las Lopiç de Valencia (1448-1493), «Estudis Castellonencs», 3 (1 986), pp. 355-380. 3 34 Cfr. AMV, Lletres missives, g -20, f. 243v. 35 Cfr. Llibre de memòries cit., Il, p. 1 1 64. 36 Cfr. ARV, Manaments i empares, n. 14, mano 4, f. 2. 37 Un Pere Ciscar formaba parte, como hombre de armas, de la hueste real a fi­ nes de los aìios veinte (cfr. SAiz NAVARRO, No blesa i farmacia de tropes de cavalle­ ria cit., p. 1 56), y junto con su hermano Francese Ciscar se embarc6 en la armada de 1432 (cfr. SAiz NAVARRO, La caballeda de Alfonso el Magnanimo cit., p. 57), contandose ambos entre los prisioneros de Ponza (cfr. J. AMETLLER VINAS, Alfonso V de Arag6n en Italia y la crisis religiosa del siglo XV, I-II1, Gerona 1 903-1 928).


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de la oligarqula valenciana del siglo XV. Por una parte, la que reuni6 en tor­ no al contro! de las instituciones rnunicipales y a la devoci6n trastarnarista a quienes hasta 1412 hablan estado enfrentados por las bandosidades de Centelles y Vilaraguts 38• Por otra, la que desde rnucho antes se venia pro­ duciendo entre los dos grupos que dorninaban el espacio social urbano: la pequefia nobleza militar y los ciudadanos encurnbrados a través del corner­ cio y, cada vez rnas, de la adrninistraci6n publica 39• No parece que Joan Sae­ ra consiguiera hacer carrera en la curia romana, pero tarnpoco en la adrni­ nistraci6n rnunicipal ni en la Iglesia valenciana, lo que resulta cuanto rne­ nos extrafio si pensarnos en quién lleg6 a ser su tio paterno durante los afios sesenta y setenta. Es probable, en consecuencia, que nos encontrernos, co­ rno en el ca�So de su padre, ante una rnuerte prematura. Quienes si consi­ guieron hacerse un hueco en la curia romana fueron los Ciscar. Guillern era can6nigo de la Seo de Valencia desde 1440 y obispo de Huesca desde 1443. Durante el reinado de Calixto IIIactu6 corno referendario, cargo vin­ culado a la adrninistraci6n de justicia. Instalado en Roma, donde rnuri6 ha­ eia fines de 1457 o cornienzos de 1458, arrendaba sus beneficios hispanos a través de su hermano Pere, a quien quepa identificar quizas con el cuna­ do del futuro racional Saera 40• No era necesario pertenecer a una farnilia de funcionarios tan destaca­ dos corno los Saera para probar fortuna en Roma. Aunque sin carta de re­ cornendaci6n de los jurados de Valencia, Bernat Vallseguer se traslad6 alli antes de la elecci6n pontificia de 1455. Era rniernbro de una farnilia vincu-

38 Un Pere Ciscar, probablemente el padre de este personaje, fue mìembro des­ tacado del bando Soler-Vilarragut y jurado de Valencia en 1 397, llevando a cabo diversos encargo de indole militar hasta la época del Intenegno. En 1414 segufa formando parte de las comìsiones municipales; en 1418 fue elegido justicia cìvil, y en 1422 de nuevo jurado (cfr. Llibre de memòries cit., II, pp. 23 1 , 240, 250, 4 1 1 4 1 3 , 453, 477, 488). Por el contrario, el jurista Guillem Saera aparece entre los prohombres que apoyaban la causa Trastamara en 1412 (cfr. R. NARBONA VIZcAf­ NO, Gobierno polftico y luchas sociales. Estrategias de poder del patriciado ur­ bano. La ciudad de Valencia (1356-1419), tesis de doctorado, Universidad de Va­ lencia 1 988). 39 La familia Saera constituye un buen ejemplo del ascenso socìal a través del notariado, la universidad y la practica legai, y el enlace con los Ciscar da muestra de los éxitos conseguidos. Sin embargo, el gmpo no descuid6 establecer s6lidos vfnculos familiares con los medios de los cuales procedia, el de Ios notarios y fun­ cionarios publicos, y el de los artesanos y mercaderes (cfr. CRUSELLES, Els notaris cit., p. 285). 4° Cfr. CHABAs, indice cit., p. 129 ; y Rrus SERRA, Catalanes y aragoneses cit., p . 295.

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Iada al notariado y a la adrninistraci6n rnunicipal, aunque en posiciones rnas rnodestas que los Saera 41 • En 1430 era un estudiante de cierta edad, proba­ blernente dedicado al aprendizaje del derecho can6nico 42• No sabernos en qué momento se traslad6 a Roma, pero podernos pensar que corno tantos o­ tros se sinti6 anirnado por la conquista de Napoles y la prornoci6n carde­ nalicia de Alfonso de Borja. Muri6 en la corte pontificia hacia 1452 o 1453, dejando vacante un beneficio en la parroquia de San Nicolas de Valencia 43• El Dietari del capellà da cuenta, en unas pocas y arnbiguas llneas, del irnpacto que la constituci6n del reino aragonés de Napoles y el pontifica­ do de Calixto III tuvieron sobre el cornpmtarniento colectivo de los valen­ cianos, y en patticular de su oligarqula polftica (si entendernos corno tal la expresi6n grans homens). El texto, después de hacer referencia a la sequla de Ios afios 1455 a1457, cuyos perjuicios consideraba agravarniento de los ya provocados por las pestes y fiebres de 1450 y 145 1 , y tras dar notieia de la victoria sobre los turcos de 1456, afiade: «En los anys darnunt dits, de tantes novitats e fortunes, rnoltes gents e grans hornens s6n anats ab gran puxança ha Roma al papa Calixti, e rnolts a Nàpols al senyor rey, e los rnes s6n tornats endeutats e ab prou congoys» 44• Sanchis Sivera no du­ da en relacionar la ernigraci6n de valencianos a Italia con las catastrofes naturales que sufrla el pafs, en un esfuerzo un tanto ingenuo y en gran rne­ dida innecesario por justificar el nepotismo de Calixto III45• Con ser gra­ ve, no parece que una sequla pudiera provocar sernejante éxodo, sobre to­ do en el caso de los grans homens. Por otro lado, una fuente tan sensible

41 Su padre, Jaume Vallseguer, fue nombrado notario de la ciudad de Valencia en 1378 y notario real en 1393 (cfr. ARV, Justicia Civil, n. 660, s.f.), justicia de tres­ cientos sueldos ef1 1 397, sindico de la ciudad hacia 1399-1400 y diputado en Cor­ tes en 1414 (cfr. Llibre de memòries cit., I, pp. 248, 260, 274, 45 1 ; y APPV, n. 28642, Dionis Cervera; 1409, agosto 27). Por las mìsmas fechas, actuaban en la ciu­ dad otros notarios del mismo apellido. Bernat Vallseguer, quizas he1mano del ante­ lior, fue nombrado subsfndico de la ciudad en 1414, y justicia de trescientos suel­ dos en 1417 (cfr. Llibre de memòries cit., I, pp. 442, 469); en 1420 lo encontramos trabajando para el baile generai Joan Mercader (cfr. APPV, n. 16383, Dionis Cerve­ ra; 1420, septiembre 2). Pere Vallseguer, hijo de Jaume y hermano de nuestro Ber­ nat, accedi6 a la profesi6n notarial en 1413, y en 1418 actuaba como escribano de las generalitats (cfr. ARV, Manaments i empares, n. l , ultima mano, s.f.; y Proto­ colos, n. 2419, Vicent Saera; 1418, mayo 2). 42 Ese afio fue designado como procurador por Joan de Copons, doncel y bachiller en leyes (cfr. APPV, n. 25743, Pere Todo; 1430, septiembre 6). 43 Cfr. AMV, Lletres missives, g3-21 , f. 286. 44 Cfr. Dietari del capellà cit., p. 198. 45 Cfr. SANcms SIVERA, El obispo de Valencia cit. , p. 307.


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a este tipo de noticias corno el Llibre de memòries no hace rnencion algu­ na del asunto. El cornentario, que procede de un clérigo que habia pmtici­ pado personalmente en la ernpresa de Napoles, viene desde luego a refle­ jar un estado de animo provocado por tantes novitats e fortunes, una ' dé­ cada milagrosa' que, entre 1442 y 1455, afecto sin duda a las estrategias de reproduccion social de buena parte del patriciado y de los gmpos rne­ dios urbanos, desorganizandolas en rnuchos casos, y abriendo en otros ciertas expectativas de progreso. El gmpo catalano-aragonés de la curia pontificia se constituyo entre 1444 y 1458 a partir de la confluencia entre los curiales napolitanos de Al­ fonso V y la nueva clientela organizada en torno a Alfonso de Bmja. Éste recunio en prirnera instancia a sus familiares rnas inrnediatos, y una vez convertido en papa otorgo el cardenalato a sus sobrinos Rodrigo de Borja y Lluis-Joan del Milà. Sernejante decision concito el inrnediato re­ chazo del Magnanimo, que acusaba al pontifice de practicar un nepotismo vergonzoso al tiernpo que negaba el reconocirniento a su propia progenie napolitana y ponia en entredicho su proyecto dinastico 46• El rey albergaba serias sospechas bacia los nuevos colaboradores del papa, que forrnaban parte de una red clientelar progresivarnente distanciada de la corte regia 47• La biografia del joven Rodrigo estuvo rnarcada, desde antes de su naci­ miento, por la carrera ascendente de su tio materno. Fu'e la posicion de Al­ fonso en la cmte real la que determino, en 1419, el matrimonio de su her­ rnana Isabel con pequefio noble de Iativa, Jofré de Bmja 48; y lo misrno ca­ be suponer del matrimonio de otra herrnana, Caterina, con Joan del Milà, sefior de Massalavés, que segun Batllori fue acordado en 1447, pero que

probab1ernente haya que situar en u n momento anterim·49• A patiir de aqui, la Iglesia se convirtio en algo rnas que una profesion-refugio para los se­ gundones de estas familias de caballeros provincianos. Primero con:� ��is­ . po de Valencia, y luego corno cardenal y papa, Alfonso de BorJa dmgw el éxito de la familia a través de una via distinta a la de los pequefios sefiori­ os y los desrnanes feudales. Desde 1455, la acurnulacion de cargos �cl�­ siasticos y la administracion de sus rentas se convirtio en el rnotor prmci­ pal de la reproduccion social de un gmpo en el que los clérigos, es decir, l?s segundones, dirigfan las estrategias del conjunto. Desde este punto de VIS­ ta, el fenomeno borgiano nos perrnite intuir· que la rnonarquia no fue el u­ nico segmento de la sociedad civil que, a lo Im·go del siglo XV, intento a­ sumir en provecho propio el contrai de las instituciones eclesiasticas. Un contrai que, en nuestro caso, fue subsidiario en un principio de los esfuer­ zos regios para luego cabrar autonomia desde las posiciones ganadas den­ tro del propio gobierno de la Iglesia. La prornocion cardenalicia de Rodri­ go de Borja y Llufs-Joan del Milà tiene, por tanto, el valor de asegurar la reproduccion arnpliada del patrimonio simbOlico y economico de la fami­ lia, que a partir de este punto se alejaba de la tutela regia. Durante los tres afios que duro su pontificado, Calixto IIIintento reorga­ nizar los vinculos que le unian a Alfonso V desde una progresiva indepen­ dencia politica que suponia, por un lado, la discusion de los objetivos priori­ tarios del monarca en funcion de las necesidades superiores de la diplornacia vaticana; y por otro el fortalecirniento del grupo borgiano de la curia a partir de la suma de elernentos venidos del entomo del Magnanimo con otros di­ rectamente vinculados a la familia pontificia, dentro de una nueva estmctura de relaciones clientelares en cuya cuspide no estaba ya el rey, sino el papa y sus sobrinos. Corno se desprende de la prosopografia ordenada por Rius Se­ rra, el colectivo estaba formado por dos gmpos rnayoritarios de catalanes (38 '7%) y valencianos (25 '8%), a los que se unian otros menores de arago­ neses (13'2%), mallorquines (4' 5%) y navanos (4'2%). Ademas, se estable­ cieron vinculos con algunos curiales italianos. En 1457, el urbinés Geronimo Santucci era secretario de Rodrigo de Borja, y tanto éste corno su tio el papa y el cardenal Piccolomini le respaldaron ante el duque de Milan como candi­ dato a la prepositura de la catedral de Pavia. Asimisrno, en 1457 encontramos a un familiar del papa originario de Pontremoli, Giovaillli Castellini, que es­ taba al servicio del m·agonés Miguel Fener, secretario pontificio. En 1466, Rodrigo favorecio el acceso al cargo de notario de la Cancillerfa de su secre-

46 Conflicto patente en la acalorada discusion que mantuvieron Calixto III y el conde de Concentaina y embajador regio, Eximén Pérez de Cm·ella (cfr. A. RYDER, Alfonso el Magnanimo, rey de Arag6n, Napoles y Sicilia (1396-1458), Valencia 1 992, pp. 508-509). 47 Ademas de los sob1inos carnales, elevados a las mas altas dignidades del go­ bierno de la Iglesia, Calixto IIIrecurri6 a otros parientes consanguineos o polfticos, como el mencionado Joan del Milà Centelles, padre del cardenal Llufs-Joan del Milà y cufiado del papa, el gobemador de Spoleto Galceran de Borja, p1imo patema de Rodrigo de Borja, o los eclesiasticos Joan y Miguel de Bmja, que ejercieron diver­ sos cargos administrativos y militares durante el pontificado (cfr. Rrus SERRA, Cata­ lanes y aragoneses cit., pp. 228-229). 48 Un enlace que hubiera sido dificil en otras circunstancias dado el defecto de nobleza de la familia de la novia, y que Alfonso de Bmj a compenso pagando al no­ vio una suculenta dote, 33 .000 sueldos valencianos; cfr. L.P. MARTfNEZ-J. CASTILLO­ J. SArz, Els or{gens de la fanu1ia Bmja, en L'Europa renaixentista (Simposi sobre els Bmja, Valencia, 25-29 d'octubre 1994), Gandia 1 998, pp. 39-62.

49 Puesto que un hijo de ambos, Pere del Milà, muri6 en Italia en 1455 tras con­ traer alli matrimonio y eng1·endar dos hijos, Joan y Adriana, lo que parece irnprobable si hubiera nacido en torno a 1448 (cfr. BAILLORI, El llinatge Bmja cit., pp. 7 y 10).


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tario Antonio Tridentone, jurista de Parma, y en 1473 tenia como capellan a Giovanni Bagliotti, de Novara, que en tiempos de Calixto III habia actuado como secretario del cardenal Juan de Mella 50• Mas relevancia tovo, durante el pontificado del propio Rodrigo de Borja, el jurista modenés Gianbattista Fenari, designado datario pontifico en 1495 y cardenal en 1500 5'. Por otro la­ do, el nombramiento cardenalicio por parte de Calixto IIIde Eneas Silvio Pic­ colomini, que se convi1ti6 en su sucesor con el nombre de Pio ll52, le vali6 a Rodrigo una notable protecci6n durante los tiempos siguientes a la desapari­ ci6n de su tlo, asi como la colaboraci6n financiera de la compailia Spanno­ chi, que el futuro Alejandro VI prefiri6 a los banqueros florentinos 53• Desde al menos los afios ochenta, aparece instalada en Valencia una compafiia filial dirigida por Pietro y Giaccomo Spannochi, que intervino activamente en la g�sti6n financiera de los asuntos vinculados con Roma y la curia pontificia, e mcluso lleg6 a prestar diversos servicios a los Reyes Cat6licos 5\ aunque el grueso de sus operaciones parece estar relacionado con la formaci6n y admi­ nistraci6n del ducado borgiano de Gandia, y con la gesti6n de las rentas del episcopado valentino 55•

La muerte de Alfonso V en 1458 sancionaba la independencia politica de Calixto III y de los suyos, como se desprende de las palabras atribuidas al viejo papa en aquella ocasi6n: «S ' ha trencat el dogali i ara nosaltres que­ dem lliures» 56• La circunstancia permiti6 tornar posesi6n de algunos cargos eclesiasticos que el monarca se habia resistido a entregar, y especialmente del obispado de Valencia, concedido por Calixto a su sobrino Rodrigo 57• Pe­ ro, unas semanas después, la muerte del pontffice culminaba el colapso de la presencia catalana en Italia, en medio de una sensaci6n de fracaso que tanto el Dietari del capellà como otros improvisados cronistas se apresura­ ban a recoger58• Los valencianos siguieron estando presentes en Napoles, y sobre todo en Roma, pero el regreso de la Corona a tienas hispanas y el vuelco poHtico sobre si misma que impuso la guerra civil catalana abrieron una época nueva en la que los valencianos de Italia quedaron aislados o vin­ culados a otros poderes. Algunos guerreros y letrados permanecieron junto al nuevo rey de Napoles. Fue el caso de Jamnot Torres, muerto en el com­ bate de Carinola de 1460 59; el del jurista oriolano Lope d'Espejo, que habia llegado a Italia en 1438 con Alfonso de Borja y Eximén Pérez de Cm·ella,

5° Cfr. M. ANsANI, "Curia/es " lombardi nel second o '400: appunti su carriere e benefici, en Roma Capitale (1447-1527), a cura di S. GENSIN I, San Miniato 1994,

56 Cfr. S. SOBREQUÉS VIDAL, L'afer de !es diòcesis catalanes vacants en 14571460 i la politica italiana de Joan Il, Actos IX Congreso de Historia de la Corona

pp. 436, 438, 440, 460. 51 Cfr. FRENZ, Die Kanzlei cit. p. 372; y L. CÉLIER , Les dataires du XVe siècle et !es origines de la Datarie Aposto lique, Paris 1910, pp. 59-65. 52 Cfr. CARDELLA, Memorie storiche cit., pp. 1 32-136 . 53 La compafiia sienesa de Ambrogio Spannochi y Alessandro Miraballi ba a cabo operaciones comerciales y bancarias en Roma y Napoles, y en lleva­ 1457 era acreedora de la Camara apostolica por 34.000 florines, lo que supone que su activi­ dad en el Vaticano habfa comenzado ya en tiempos de Ca1ixto III. Pio II Piccolo­ �ini nombro a dicho Ambrogio Spannochi depositario apostolico (1458), cargo ha­ �l��lmente conferido a las banqueros papales (cfr. M. CASSANDRO, I banchieri pon­ tificz nel XV secolo, en Roma Capitale cit., pp. 228-229). 54 Cfr. A. DE LA ToRRE, Documentos sobre relacio nes internacionales de las Reyes Cat6licos, I, Barcelona 1 949, pp. 1 -3 y 349. Sobre la compra del ducado y su poste1ior ampliacion sobre las sefiorios vec i­ nos cfr. J. L. PASTOR ZAPATA, Gandfa en la baixa Edat Mitjana. La vila i el senyoriu dels Borja, Gandfa 1992; y acerca de las mencionadas operaci ones fmancieras, cfr. AHN, Secci6n Nobleza. Osuna, leg. 745, 1 1 , que contien e cuentas tanto de la época del cardenalato como del pontificado de Rodrigo de B mja. En 1 500- 1 50 1 , Giacomo Spa�nochi actuaba como 'procurador, factor y negociador' de la duquesa de Gandfa, :tv.rana Er�n_�uez (cfr. APPV, n. 19272, Gaspar Martf; 1500, septiembre 24, y 1 501, ju­ mo 1 2 y JUlio 16). Por esos afios, dicho Giaccomo actuaba en nombre de los herederos d� Ambrogio Spannochi, anendadores de las rentas y fmtos del arzobispado de Valen­ cra (cfr. APPV, n. 19269 y 19272, Gaspar Martf; 1500, junio 25, y 1 501, julio 1 6). 55

de Aragon, III, Napoli 1984, p. 327. 57 Cfr. J. SANcms SIVERA, El cardenal Rodrigo de Borja en Valencia, «Boletfn de la Real Academia de la Historia», 84 (1924), pp. 126-1 27. 5 8 El regreso de los curiales valencianos de Alfonso V fue cie1tamente luctuo­ so: el monedero Arnau Sabrugada y el vicecanciller Guillem Pe1egrf murieron en Florencia; en Génova el caballero Miquel Pelegri, hermano del anterior, y el jurista Nicolau Fillach (cfr. Dietari del capellà cit. , p. 222). Con todo, al autor del Dietari se le va la mano cuando afinna que durante el éxodo murio también Jaume Pele­ grf, vicecanciller de Alfonso V y padre de los mencionados Guillem y Miquel. En realidad, Jaume habfa desaparecido casi veinte afios atras (cfr. APPV, 22172, Anto­ ni Llopis jr. ; 1441, agosto 28). Al inicio de su viaje, Sabrugada y Guillem Pelegri, acompaiiados por Jaume d' Arago, habfan pasado por Roma. Allf Calixto III las ha­ bfa nombrado embajadores pontificios ante el nuevo rey, Juan II, y los proveyo de un salvoconducto que inclufa un total de veinte personas (cfr. Rrus SERRA, Catala­ nes y aragoneses cit., pp. 223 y 3 16). Respecto a la muerte de Calixto III, el cléri­ go Miralles da cuenta de «la gran adversitat del dit papa e de tots las cmtesans ca­ talans, quis trovaren en Roma en la mort del dit sant pare papa Calixti» (cfr. Dieta­ ri del capellà cit., pp. 2 1 8-21 9), y el notario Antoni Altarriba, que abrfa su protoco­ lo de 1458 dando noticia de la mue1te del rey, del papa y de la reina Maria, detalla­ ba que «morf en Roma papa Calixte alias Alfonso de Barga, e fon feta gran perse­ cucio contra sos nebots» (cfr. ARV, Protocolos, n. 703). Cfr. J.C. ROVIRA, Humanistas y poetas en la corte napolitana de Alfonso el Magnanimo, Alicante 1 990, pp. 1 14-1 15. 59


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tutores del joven Ferrante 60; o el de Maties Mercader, hijo del baile gene­ rai Joan Mercader, canonigo de Valencia y vicario generai de dicha dioce­ sis bajo Rodrigo de Borja 61• En Roma, tras la caceria de catalanes que si­ guio a la muerte de Calixto III, la eleccion de Eneas Silvio Piccolomini co­ mo papa Pio II dio un respiro al joven cardenal Rodrigo de Bmja, que de­ saparecidos su tio y su hermano Pere-Lluis, y separado el reino de Napoles de la Corona de Aragon, se convirtio en el referente fundamental de sus connacionales 62• En Valencia, los miembros de la familia Borja no llevaron a cabo ca­ rreras politicas especialmente destacadas, ni en la administracion municipal ni en la corte regia. Sin embargo, las ramas secundarias del linaje se man­ tuvieron en contacto permanente con sus parientes asentados en Italia, y en especial con el cardenal Rodrigo, convertido ahora en el jefe de la familia. Los dos personajes mas destacados fueron los hermanos Galceran y Ot de Borja Montcada, sobrinos politicos de Calixto III, que en 1460 hubieron de componerse con la justicia regia por su implicacion en el asalto a la More­ ria de la capitai, perpetrado en 1455 63• Después de este episodio, Galceran de Borja, sefior de Quartell, habia acudido a Roma para ponerse al servicio del nuevo papa, quien le confio la administracion de Spoleto. Tras la muer­ te de Calixto regreso a Valencia, donde saldo sus cuentas con la justicia y ejercio algunos cargos municipales de poca importancia 64• A partir de 1470,

cuando la figura del cardenal Rodrigo de Borja se afianzaba en Roma, am­ bos hermanos mejoraron su posicion en la municipalidad. Galceran fue e­ legido jurado en una ocasion y Ot en cuatro, aunque murio en 1490 sin ha­ ber llegado a iniciar su ultimo mandato 65• Ninguno de los dos mantuvo vin­ culos significativos con la corte real. Por otro lado, las relaciones del car­ denal Borja con el rey Fernando II se saldaron en los afios ochenta con re­ sultados ambiguos a los que no pudo sobrevivir esa 'vieja amistad' que al­ gunos autores atribuyen a ambos personajes, y que dataria de los tiempos de la legacion de Rodrigo en Espafia (1472- 1473), y del apoyo que enton­ ces dio a las aspiraciones castellanas de Fernando 66• En los· afios ochenta, el acercamiento del hijo mayor del cardenal, Pere-Lluis, a una corte regia em­ pefiada en la larga y gravosa guerra de Granada, termino de manera abrup­ ta con la disputa por el arzobispado de Sevilla. Sin entrar aqui en detalles, cabe sefialar que la politica eclesiastica habia comenzado a empafiar las re­ laciones entre el cardenal y el rey desde que este ultimo accedio al trono a­ ragonés, como se desprende de una atenta lectura de los documentos publi­ cados por Antonio de la Torre 67• En 1485 la relacion entre ambos se re­ compuso: el cardenal Borja renuncio a disponer del arzobispado de Sevilla y su hijo Pere-Lluis recupero la libe1iad y consiguio el ducado de Gandia 68 • Pero el precipitado regreso del nuevo duque a Roma evidencia las notorias deficiencias de aquella reconciliacion, dictada mas por las inmediatas ne­ cesidades politicas de ambos que por una verdadera sintonia. Esta situacion de alejamiento relativo entre el linaje Bmja y la Corona se refleja bien en el caracter de los hombres que, desde los afios sesenta y se­ tenta, van conformando el circulo de colaboradores inmediatos del cardenal.

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tiempos de Alfonso V ejerci6 diversos cargos en la administraci6n judi­ cial y financiera napolitana, y estuvo encargado de la educaci6n de Ferrante. El é­ xodo de 1 458, auspiciado por el nuevo rey, lo devolvi6 a la Peninsula Ibérica, don­ de permaneci6 durante diez afios entre Menorca, Barcelona y Valencia, para regre­ sar a la corte de Napoles en 1468 (cfr. LUPo DE SPECHIO, Summa dei re di Napoli e Sicilia e dei re d'Aragona, ed. A. M. COMPAGNA FERRONE CAPANO, Napoles 1 990, pp. 1 5-23). 61 Acerca de su permanencia en Napoles cfr. A. FERRANDO FRANCÉS, El segle XV. Llengua i literatura, en Historia del Pa{s Valencià, II. De la conquesta a lafe­ deraci6 hispdnica, Barcelona 1 989, p. 413. Pere-Lluis Borja, que durante el pontificado de su tfo Calixto IIIhabia obte­ nido los mas altos cargos militares y politicos, se convirti6 en el principal objeto de la venganza de los Orsini, y aunque su novelesca fuga de Roma se vio coronada por el éxito, tennin6 muriendo unos dias mas tarde en Civitavecchia (cfr. Rms SERRA, Catalanes y aragoneses cit., pp. 229-231 ; y L. VON PASTOR, Storia dei papi dalla fi­ ne del Medio Evo, I, Roma 1 958, pp. 771 -775). 63 Eran hijos de Galceran de Borja Escrivà, cuiiado del papa Calix.to (cfr. B AT­ LLORI, El llinatge Bmja cit., pp. 1 6-17). Acerca de su implicaci6n en el asalto a la morerfa de Valencia, cfr. Dietari del capellà cit., pp. 239-240. 64 Es mencionado como gobemador de Spoleto en ciertos documentos de 1458 (cfr. Rrus SERRA, Aragoneses y catalanes cit., p. 228). En 1462 y 1469 fue uno de 62

los auxiliares extraordinarios del Justicia Criminal (cfr. Llibre de memòries cit., II, pp. 632 y 647). Su esposa Tecla, hija del jurista Joan Navano, muri6 victima de una epidemia en 1468 (cfr. Dietari del capellà cit., p. 292). 65 Galceran fue elegido jurado en 1472. Por su parte, Ot formo parte en 1455 del grupo de lugartenientes provisionales que debia asistir al Justicia Criminal en los alborotos provocados por el asalto a la moreria de Valencia, en el que luego fue im­ plicado. Fue jurado en 1470, mostassaf en 1472 (coincidiendo con la venida de su primo, el cardenal Rodrigo de Borja, en calidad de legado pontificio), de nuevo ju­ rado en 1484, Justicia Criminal en 1485 y muri6 tras haber sido elegido por ultima vez jurado a finales de mayo de 1490 (cfr. Llibre de memòries cit., II, pp. 596, 650, 652-653, 685, 687 y 698). 66 Cfr. SANCHIS SIVERA, El cardenal Rodrigo de Bmja cit., pp. 120-1 64. Cfr. A. DE LA ToRRE, Documentos sobre las relaciones internacionales de las Reyes Cat6licos, I-VI, Barcelona 1 949- 1966. Cfr. M. B ATLLORI, Alexandre VI i la Casa Reial d'Arag6 (1492-1498), en BATLLORI, Obra cit., N, pp. 171-212. 67

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Al contrario de lo que habfa ocurrido en tiempos anteriores, ahora resulta di­ ffcil establecer cualquier tipo de complicidad cortesana con la monarqufa ca­ talano-aragonesa. En generai, se trata de gentes de origen mas modesto, cu­ yos apellidos raramente aparecen en las listas de las altos cargos municipa­ les, por otro lado cada vez mas mediatizadas por las intereses regios. Las apellidos de la pequefia nobleza valenciana aparecen entre algunos colabora­ dores laicos de caracter secundario 69, pero los 'hombres del papa' , y entre ellos buena parte de los cardenales creados a partir de 1492 por Alejandro VI, procedfan, en primer lugar, de las filas de la propia familia Borja y de otras ligadas con ella y por lazos de parentesco politico; y en segunda instancia, aunque no menos importante, de la nomina del clero, el funcionariado y los jmistas universitarios de las clases medias urbanas. Gentes cuya fmtuna de­ pendia exclusivamente de una carrera eclesiastica y curial realizada a la som­ bra de Rodrigo de Borja, y que en los afios sucesivos fueron ocupando bene­ ficios, obispados y cardenalatos. Si los vinculos con la administracion regia tendieron a aflojarse, no ocurrio lo mismo con las establecidos con la socie­ dad civil valenciana, aunque sin duda sufrieron una importante reorganiza­ cion. El grupo borgiano de Roma ya no servia como correa de transmision de los intereses y de las estrategias de reproduccion de las oligarquias locales que lo consideraron en principio una prolongacion de la cmte napolitana del Magnanimo. Ya no existfa la intercesion regia, y Rodrigo de Bmja gestiono la relacion con sus connacionales en funcion de sus propias necesidades e in­ tereses. Las clientelas borgianas se reorganizaron siguiendo las vfnculos fa­ miliares y las lealtades personales que hemos podido reconstruir con detalle en el caso del datario, obispo y luego cardenal Joan Llopis 70• Los lazos entre las Llopis y las Borja tenfan su origen en los niveles in­ tetmedios de la administracion regnicola, a partir de la relacion entre el no­ tario Antoni Llopis y los Jàffer, una familia de jmistas que prospero al ser­ vicio de la monarqufa entre finales del siglo XIV y comienzos del XV, y que hacia los afios cuarenta habia ingresado en las filas de la caballerfa y disfru­ taba de la explotacion de las rentas reales 71• Como sefiores utiles de la escri-

banfa de la gobernacion de Valencia utilizaban los servicios técnicos del no­ tario Llopis y de algunos de sus colegas, que gestionaban la oficina median­ te un contrato de arrendamiento cuyas condiciones fueron cambiando a lo largo de la centuria, siempre en un sentido favorable a los intereses econ6micos de los Jàffer. El vinculo familiar de éstos con los Borja constituyo el primer nexo de union de Llopis con el circulo borgiano. Es dificil asegurar que una relacion de estas caracteristicas determinara las estrategias educati­ vas y profesionales de una familia, la de los Llopis, que en la generacion de Antoni estaba fuertemente ligada al notariado y a la burocracia urbana. Des­ de este punto de pmtida, los estudios universitarios y la carrera administrati­ va constituian una opcion evidente, casi 'natura!', acreditada en un numero mas que significativo de trayectorias sociales 72• Por otro lado, cabe sefialar que la expectacion creada entre los valencianos por la presencia de sus con­ nacionales en Roma, aunque pudo verse metmada con la desaparicion de Ca­ lixto III, nunca llego a extinguirse, y la visita realizada a Espafia entre 1472 y 1474 por Rodrigo de Bmja como legado pontificio no hizo sino reavivar­ la 73• Para estas fechas, los hijos del notario Llopis se encontraban ya estu­ diando en Italia, y el mayor de ellos, Joan, se encamino hacia la corte ponti­ ficia en 1474, donde las relaciones de su familia le permitieron sumarse a las filas de quienes servfan al cardenal vicecanciller. Tras unos afios de pacien­ te servicio, que a punto estuvieron de agotar la paciencia y la capacidad fi­ nanciera del padre 7\ comenzaron a llegar los frutos: en 1478 el Préstamo de Alicante, en 14 79 la rectorfa del Valle de Seta, en 1484 la rectorfa de Torrente y una canongfa en la catedral de Valencia, en 1486 la vicarfa de la parroquia de San Juan del Mercado y la dignidad de dean de la Seo, en 1491 la Al­ mosnerfa de Zaragoza y la abadfa riojana de Valbanera, a la que Joan renun-

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Como los jefes de la casa de Jofré de Borja, principe de Squilace, en tiem­ pos del pontificado de Alejandro VI, unos Querubf de Centelles, Ferran d'Ixer y An­ toni Gurrea cuya rapida sucesi6n se deberfa, segun Batllori, a la escasa confianza que el papa depositaba en ellos (cfr. ibid., p. 191). 7° Cfr. J. M. CRUSELLES G6MEZ, El cardenal de Càpua, en L'univers dels pro­ homs, Valencia 1995, pp. 217-256. 71 Acerca de los tres juristas llamados Guillem Jàfer, que actuaron entre finales del siglo XIIIy finales del XIV, véanse los datos recopilados por M. BATLLORI, La cul­ tura escrita, en Història del Pafs Valencià, II. De la conquesta a la federaci6 hispa­ nica, Barcelona 1989, p. 428; y mas recientemente por v. GRAULLERA SANz, Los pri69

meros juristas valencianos. Valencia en la baja Edad Media. Siglos XIII y XIV, Va­

lencia 2000, pp. 158-159. Sobre el abandono de la profesi6n de las leyes por parte de esta farnilia, su ingreso en las filas de la pequefia nobleza urbana y su vinculaci6n con los Monsoriu, los Borja y los Llopis, cfr. CRUSELLES, Els notaris cit., pp. 175-1 86. 72 Cfr. ibid., pp. 285-288; y también CRUSELLES, Las juristas valencianos cit., pp. 143-160. 73 En el viaje de regreso embarc6 con Rodrigo de Borja un buen numero de j6venes valencianos que se dirigfan en parte a las universidades italianas, y en patte a probar fortuna en la corte romana. Mnchos de ellos perecieron en el naufragio de las galeras venecianas frente a Pisa (cfr. Dietari del capellà cit., pp. 384-385). 74 Acerca de la dificil situaci6n que ambos, padre e hijo, vivieron en 1476, cuando los gastos se acumulaban y los beneficios se retrasaban, véanse algunas con­ sideraciones incluidas en J. M. CRUSELLES G6MEz, Valencianos en la universidad de Bolonia: rentabilizaci6n social de los estudios superiores a finales del siglo XV, en Llufs de Santàngel i el seu temps, Valencia 1992, pp. 387-400.


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cio para compiacer al rey Fernando 75• También su carrera curial experimen­ taba un poderoso impulso, y si en 1483 habia conseguido un puesto entre 1os abreviadores de cmtas apostolicas, en 1491 se convntio en secretario del Co­ legio Cardenalicio. Tomo parte en el conclave de 1492 como acolito del car­ denal Borja, y la apoteosis de su patron lo proyecto a las mas altas dignida­ des eclesiasticas. Designado datario apostolico, obtuvo a fines de ese mismo afio el obispado de Pemgia, el cardenalato en 1496 y el arzobispado de Ca­ pua eu 1498 76• Durante el reinado de Alejandro VI ocupo un lugar destaca­ do junto al pontifice, de cuya voluntad politica fue siempre considerado un fiel intérprete, tanto eu la época en que ejercio la dataria (1492-1496) como tras la promocion cardenalicia 77 • Es importante, con todo, no considerar a Joan Llopis como un perso­ naje aislado cuya participacion eu la empresa borgiana se limitaba a su par­ ticular lealtad y competencia. Como miembro del eutorno inmediato de Ro­ drigo de Bmja, Llopis se convirtio a su vez eu polo secundario del sistema de relaciones clientelares, al que aporto los servicios de su propia parente­ la. En primer lugar los de su hermano, el jurista Jeroni Llopis, que formo parte del entorno del duque de Gandia, Joan de Bmja, y participo activa­ mente eu la adquisicion y gestion del ducado en los afios noventa 78• Tam­ bién los de Francese Gacet, servidor y maestro de los hijos del notario Llo75 El monarca se comprometi6 a hacer efectiva la compensaci6n que habia pro­ metido por ese motivo a Joan Llopis, a quien calificaba de secretario del cardenal Bmja (cfr. DE LA ToRRE, Documentos cit., III, p. 383). 76 Cfr. FRENZ, Die Kanzlei cit. p. 378. 77 En las relaciones y despachos de 1499-1500, los embajadores venecianos lo consideraban casi un alter ego del papa, una posici6n que en aquella época compar­ tfa solo Joan de Bmja-Llançol, sobrino de Rodrigo. Asi, en junio de 1499, Girolamo Donato sefialaba el canicter marcadamente personalista del gobiemo de Alejandro VI: «Niun poteva col Papa, ma solo lui feva quello li pareva, licet do siano li primi apresso soa Santità, videlicet el cardinal Capua, olim suo datmio, et il nipote cardi­ nal Borgia, et non ha consultmi» (cfr. MARINo SANUTO, I Diarii dal 1496 al 1532, ed. F. STEFANI, l, Venecia 1879, pp. 836-837). Ambos, Llopis y Borja-Llançol, aparecen junto al papa en los delicados momentos que precedieron a la invasi6n francesa de 1499 (cfr. ibid., p. 958); pero tras la marcha del sobtino como legado pontificio a Mi­ h1n y su poste1ior mue1te en Urbino a principios de 1 500, Joan Llopis se convilti6 en el unico confidente del papa: «il reverendissilno Capua, olim datario, stà sempre a presso il Papa, e sà quello vol il Papa, e tutti i suoi secreti» (cfr. ibid., ed. R. FULIN, III, Venecia 1 880, p. 844). 78 En 1494 el duque de Gandia, Joan de Bmja, deseaba enviar a Jeroni Llopis a Roma para que deshiciera ante el papa algunos malentendidos relativos a sus actua­ ciones personales y financieras. En el memoria! de instrucciones redactado en aque­ lla ocasi6n, se incluyeron algunos comentmios relativos al lugar que ocupaba Jeroni en la administraci6n del ducado de Gandfa: «Pero més crech yo sia (sa santidat) in-

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pis, estudiante junto a ellos eu Bolonia, convertido eu uno de los hombres de confianza de Alejandro VI en los tiempos azarosos de la invasion frau­ cesa de 1494 79• A estos se sumaba un gmpo de notarios, juristas y eclesias­ ticos vinculados con los Llopis por relaciones de compafierismo profesio­ nal, amistad y parentesco, que contribuyeron en Valencia a la gestion de los asuntos eclesiasticos y familiares de Rodrigo de Borja, tanto en los afios del cardenalato como durante el pontificado 80 • No conocemos con la misma precision el entorno sociofamilim· de otros destacados acolitos de Alejandro VI, pero cabe suponer que todos ellos ac­ tuaron como polos secundarios eu la articulacion de las clientelas borgianas, extendiendo los beneficios de su posicion a parientes y amigos, y sirviéndo­ se a su vez de ellos para gestionar sus asuntos en Espafia y nutrir de servi­ dores las familias cardenalicias que constituian la base humana del partido

dignada per alguns falsos repmts. E a aquesta més principal causa tramet yo a ell dit mossén Lapis a la Santidad sua, per ésser persona de veritat viltuosa y de bé, a qui la Santidad donarà crédit havent ell vist y tengut les mans en totes les coses deçà e negocis de ma casa». Se dice que Jeroni ha intervenido dn·ectamente en las compras de las baronias de Llombay, Turis y Corbera para el duque de Gandfa, y que ha tra­ tado con la compafiia Spannochi para encontrar la manera de enviar desde Roma a Valencia el dinero que el duque pide al papa para quitar los censos que recaen sobre dichas baronfas. Jeroni se llevaria consigo a Roma las cuentas de la casa ducal, pero antes debfa pasm· por Napoles para transmitir a los reyes los saludos del duque (cfr. R. CHABAS , Alejandro VI y el Duque de Gand(a. Estudio sobre documentos valen­ cianos, «El Archivo», 7 ( 1893), pp. 1 24-128). Al cabo, el viaje no pudo realizarse y las instrucciones fueron remitidas al datario Joan Llopis, que fue el encargado de jus­ tificar al duque de Gandia ante su padre (cfr. ibid., p. 1 31). 79 Francese Gacet pe1tenecfa a una familia de a1tesanos y notarios que procedfa de las comarcas del sur valenciano: sus hermanos trabajaban como pelaires en Valen­ cia, su padre era vecino de Cullera y tenfa pmientes en Denia y en Callosa (APPV, n. 26623, Francese Menar; 1468, febrero 1 1 ; y n. 21513, Joan Gamiça; 1474, marzo 23). Acerca de su relaci6n con la familia Llopis y de los esfuerzos de Joan por colocarlo en el servicio del vicecanciller Bmja, cfr. CRUSELLES, El cardenal de Càpua cit. , pp. 226-231 , 234 y 240-241 . En la cutia, la cmTera de Gacet pas6 por los cm·gos de abre­ viador de cmtas pontificias ( 1480), notmio (1493) y solicitador (1493-1498), que compaginaba con los de cubiculmio y magister domus pape. Obtuvo diversas canon­ gias en Segorbe, Barcelona, Mallorca y Toledo, en 1498 fue nombrado obispo de Pe­ mgia en sustituci6n de Joan Llopis, y muri6 en Roma el 29 de julio de 1499 (cfr. FRENz, Die Kanzlei cit., p. 329). Su participaci6n en los incidentes que rodearon el viaje de Lucrecia Bmja a Pesm·o en 1494 puede seguirse a través de la conesponden­ cia borgiana publicada en su dia por PASTOR, Storia dei papi cit., III, pp. 1050-1081). 80 Los Llopis y sus asociados gestionaron, por ejemplo, el acuerdo matrimo­ nial de 1492 entre Lucrecia Bmja y Gaspar de Pròxida, hijo del conde de Almena­ ra, en cuyos capitulos participaron, cumpliendo uno u otro papel, tanto los herma-


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borgiano en Roma. Éste se organizaba, por tanto, en diferentes niveles que convergfan piramidalmente hacia Rodrigo de Borja y su principal factor de cohesi6n, aunque no unico, eran los vfnculos de parentesco. El nucleo duro, el entorno inmediato del pontifice, estaba constituido por los parientes mas allegados: los hijos y los sobrinos. Los primeros, con independencia de Cé­ sar Bmja tras su reconversi6n de cardenal en condottiero, fueron siempre de­ masiado j6venes para pmticipar activamente en la torna de decisiones, pero constitufan las piezas clave de una compleja estrategia de reproducci6n del capitai simbolico y materia! de grupo que comenz6 a gestarse con la adqui­ sici6n del ducado de Gandfa. La finalidad ultima del proyecto era utilizar las estmcturas eclesiasticas para ganar espacios de riqueza y poder politico en la sociedad civil, conjurando asi la inevitable precariedad de las posiciones alcanzadas en el seno de la Iglesia. No cabe duda, y son muchos los autores que lo han puesto de manifiesto, que Pere-Llufs, Joan, Lucrecia, Jofré y Cé­ sar hasta 1498, fueron peones en el juego politico de Alejandro VI, que los utiliz6 de la misma manera que tantos principes y reyes utilizaban a sus pro­ genies. La originalidad, para muchos extravagancia, radicaba en que era ne­ cesario, en el transito de una generaci6n a otra, transformar una estrategia de apropiaci6n de las rentas eclesiasticas poco ordenada y de ambiciones limi­ tadas si se quiere, en otra mucho mas audaz (y en buena medida ilusoria) de constituci6n de dinastias territoriales. Es dentro de ese programa colectivo, que dirigido por Rodrigo de Borja implicaba al conjunto de las clientelas borgianas, donde cabe situar la secularizaci6n de César, peculiaridades psi­ col6gicas y ambiciones personales aparte 8 1•

El grupo de eclesiasticos mas inmediato a Rodrigo de Borja, el de los principales consejeros y colaboradores, estaba formado en buena parte por parientes consangufneos o politicos a los que, primero como cardenal y lue­ go como papa, aup6 a las mas altas dignidades de la Iglesia. Podrfamos de­ nominar este cfrculo como el de los cardenales-sobrinos, dada la posici6n preeminente que en él ocupaban personajes como Joan de Borja, llamado 'el mayor' , hijo del Galceran de Borja que habfa sido gobernador de Spo­ leto en tiempos de Calixto III 82; los hermanos Joan de Borja-Llançol, lla­ mado 'el menor' , y Pere-Llufs de Borja-Llançol 83; Joan de Castellar, obispo

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nos Joan y Jeroni como su tio paterno, el notario Francese Menor, su cufiado Joan Cirera, doctor en leyes, y el hermano de éste, Mateu Cn·era, doctor en derecho ca­ nonico, que actuaba como procurador del cardenal Borja, padre de la novia (cfr. CRUSELLES, Familia y promoci6n social cit. , pp. 376-378). Conocemos algunos da­ tos sobre la carrera eclesiastica de Mateu Cirera. En 1489 era titular de un benefi­ cio en la iglesia de Alcoi cuyas rentas cobraba a través de un notario local, Joan Bodi (ARV, Protocolos, n. 1 854, Jaume Desprats; 1489, octubre 30). En 1491 os­ tentaba la rectoria de Belgida y era vicario episcopal de la diocesis de Valencia por cuenta de Rodrigo de Borja (cfr. ibid., n. 1 856, Jaume Desprats; 149 1 , diciembre

1 2).

81 Ya eu su dia, Ludwig von Pastor puso en duda uno de los extremos de la leyen­ da negra borgiana, el asesinato del duque de Gandia a manos de su he1mano César. Por otro lado, de su relato se desprende la conelacion entre este episodio y la seculruiza­ cion de César, que el pontffice tmmino aceptando como t1nica salida posible a la crisis, al tiempo que reconocia a su hijo la capacidad para tomru· decisiones polfticas que a­ fectaban al conjunto de la familia. Era el p1imer paso de un recambio generacional fi­ nahnente fmstrado (cfr. PASTOR, Storia dei papi cit., III, pp. 434-444 y 449-450).

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82 At1n menor de edad obtuvo una canongia en la catedral de Valencia, el deca­ nato de dicho cabildo (1479) e incluso el obispado siciliano de Momeale ( 1483), al que afiadio en 1494 el de Fenara y en 1 503 la dignidad de Patriarca de Constanti­ nopla. Fue el primer cardenal creado por Alejandro VI en 1492, y asumio durante el pontificado diversas misiones polfticas y diplomaticas. Murio en el verano de 1 503, unos dias antes que su tio el papa. Su hijo Galceran contrajo matrÌ1nonio en 1 5 1 8 con Caterina, hija de Pere Jàfer de Lloris (cfr. B ATLLORI, El llinatge Bmja cit., p . 1 8 ; C . EUBEL, Hierarchia catholica Medii Aevi, II , Monasterii 1 914, pp. 22 y 153). Se­ gun Cru·della habria sido designado gobernador de Roma en tiempos de Inocencio VIII (cfr. CARDELLA, Memorie storiche cit., pp. 248-249). Entre 1479 y 1483 de­ sempefio en la curia pontificia los cargos de abreviador, corrector, escribano, nota­ rio, solicitador y protonotario (cfr. FRENZ, Die Kanzlei cit. p. 364). 83 Eran hijos de Jofré de Bmja-Llançol, sobrino matemo de Alejandro VI. Se­ gun Batllori, Joan de Borja 'el menor' habria nacido hacia 1474, juventud que ratifi­ caba el embajador Gn·olamo Donato en 1499: «li cardinal Borgia è amico di la Si­ gnoria nostra, ha anni27» (cfr. SANUTO, I Diarii cit., ed. G. BERCHET, II, Venecia 1 879, p. 837). Fue nombrado canonigo, chantre y dean de la catedral de Valencia antes de cumplir los diez afios de edad. Protonotmio apostolico, obispo de Amalfi (1494), ar­ zobispo de Capua ( 1496) y finalmente de Valencia (1499), fue nombrado cardenal en la promocion de 1496. Fue gobernador de Spoleto en 1494, y realizo legaciones a Napoles en 1496, a Pemgia en 1497 y a Bolonia y Venecia en 1499. Murio en enero de 1 500, cuando regresaba a Roma tras haber asistido a la entrada en Milan del rey de Francia Luis XII(cfr. BATLLORI, El llinatge Borja cit., pp. 27-28; CHABAs, indice cit., p. 284; EUBEL, Hierarchia catholica cit., p. 24; CARDELLA, Memorie storiche cit., pp. 273-274). Acuciado por la muerte prematura de su hermano, Pere-Lluis de Borja-Llançol salto al escenario politico en los afios mas turbulentos del pontificado de Alejandro VI. Colaborador destacado de César Borja, fue creado cardenal en sep­ tiembre de 1 500 y ostento el arzobispado de Valencia entre 1 500 y 1 5 1 1 , afio de su muerte en Napoles, donde se habia refugiado tras el ascenso de Julio II al solio pon­ tificio (cfr. BATLLORI , El llinatge Bmja cit., p. 28; EUBEL, Hierarchia catholica cit., p. 25; CARDELLA, Memorie storiche cit., pp. 280-281). Puede tratarse del mismo Pe­ re Borja que en 1497 poseia un cru·go de esc1ibano en la cancilleria pontificia (cfr. FRENZ, Die Kanzlei cit. p. 425).


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de Trani 84; Francesc-Galceran de Lloris, obispo de Elna 85; y dos primos o qui­ zas sobrinos del papa en un grado aun impreciso: el tesorero pontificio Fran­ cese de Borja 86 y el prefecto de Sant'Angelo Joan de Castro 87• A estos se uni-

an otros parientes mas remotos como Bartomeu Matti, obispo de Segorbe 88, el procurador de los duques de Gandia y agente del cardenal Borja en Espafia, Jaume Sena 89, e incluso el nuncio ante los Reyes Cat61icos, Francese Des­ prats 90• Algo distinto resulta el caso de Joan Llopis, puesto que el parentesco

84 Hijo de Bernardona, prima hermana de Alejandro VI, y de Galceran de Cas­ tellar, seiior de Picassent (cfr. B ATLLORI, El llinatge Borja cit., p. 1 6). Probable­ mente se trate del Joan Castellà que en 1471 tomo posesion como canonigo y ar­ cediano de Sagunto (cfr. CHABAs, Indice cit., p. 1 1 6). Obispo de Trani en 1493 y de Monreal en 1503, obtuvo el cardenalato en 1 503. Cardella afirma que se refu­ gio en Napoles tras la muerte de Alejandro VI, y que, enfermo él mismo, regreso a Valencia donde murio en 1505 a la edad de 63 aiios (cfr. EUBEL, Hierarchia catho­ lica cit., p. 26; CARDELLA, Memorie storiche cit., p. 294). 85 Hijo de Pere Jàfer de Lloris y de Isabel, hermana de Joan de Borja ' el mayor' . Obispo de Temi en 1498 y de Elna en 1499, fue nombrado cardenal en 1503 y arzo­ bispo de Trani y Patriarca de Constantinopla ese mismo aiio. Murio en 1506 (cfr. BATLLORI, El llinatge Borja cit., pp. 17- 1 8). Frenz recoge su actuacion como secre­ tario pontificio entre marzo y octubre de 1 500 (cfr. FRENz, Die Kanzlei cit. p. 331). 86 B atllori lo sitUa en una rama latera! de la parentela borgiana cuya conexion con los restantes troncos ignoramos, y que cabrfa remontar a la generacion del padre de Alejandro VI o quizas a tiempos anteriores (cfr. BATLLORI, El llinatge Borja cit., p. 19). Cardella le atribuye unos 70 aiios de edad en el momento de la muerte, en 1511', lo que vendrfa a hacerlo diez aiios mas joven que Alejandro VI; aunque este autor también recoge la afilmacion de que era hijo de Calixto III, extremo cuya fal­ sedad ha demostrado Batllori (cfr. CARDELLA, Memorie storiche cit., p. 286). Fran­ cese era doctor en decretales y canonigo de Valencia. En la curia vaticana desempe­ iio los cargos de solicitador entre 1491 y 1496, de protonotario entre 1493 y 1495, de escribano en 1496 y 1499, y actuo como cubiculario y tesorero pontificio entre 1493 y 1500. Obispo de Teano en 1495 y de Cosenza en 1499, fue nombrado cardenal en 1 500 (cfr. FRENZ, Die Kanzlei cit. p. 326). En 1 5 1 1 y poco antes de su muerte, fue uno de los promotores, junto con el cardenal castellano Bemardino Lopez de Carva­ jal, del conciliabulo cismatico reunido en Pisa contra Julio II (cfr. J. DousSINAGUE, Fernando el Cat6lico y el cisma de Pisa, Madrid 1946). 87 Joan-Galceran de Castro Pinos, miembro de una farnilia de la nobleza catala­ na, era clérigo de la diocesis de Elna y caballero de San Juan de Jerusalén. Batllori es­ tablece su parentesco con los Borja a través de los Fenollet y lo remonta al matrimo­ nio entre Roderic-Gil de Borja, bisabuelo de Alejandro VI, y Francesca de Fenollet, muerta hacia 1375 (BATLLORI, El llinatge Bmja cit., p. 14). Obtuvo el obispado de Agrigento (Sicilia) en 1479 y el segundo papa Borja lo nombro prefecto del castillo de Sant'Angelo y cardenal en 1496. Seglin Cm·della, que seiiala su origen nobiliario y lo hace oriundo de Valencia, murio en Roma en 1506, a los 76 aiios de edad (cfr. CAR­ DELLA, Memorie storiche cit., p. 272; EUBEL, Hierarchia catholica cit., p. 24). Sobre su actividad al frente de la fortaleza de Sant'Angelo en vfsperas de la llegada de Car­ los VIII, rey de Francia, a Roma (1494) cfr. M. BATLLORI, El català a la cort de Roma, en BATLLORI, Obra cit., IV, p. 153.

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88 Batllori supone que era sobrino de Mateu Martf, uno de los cuiiados de Ca­ lixto III (cfr. BATLLORI, El llinatge Bmja cit., p. 10). Canonigo de Valencia y escri­ bano apostolico en 1472 (cfr. FRENZ, Die Kanzlei cit., p. 298), obtuvo el obispado de Segorbe en 1473 (cfr. T. DE AzcoNA, La elecci6n y reforma del episcopado es­ pafiol en tiempos de las Reyes Cat6licos, Madrid 1960, pp. 90-94) y Alejandro VI lo nombro prefecto del palacio pontificio y cardenal en 1496 (cfr. CARDELLA, Me­ morie storiche cit., III, pp. 271-272). 89 Rius Sena indica que era clérigo de Gerona y enumera los beneficios que ob­ tuvo en dicha diocesis mientras estuvo al servicio de Calixto III (cfr. Rms SERRA, Catalanes y aragoneses cit., pp. 294-295). Si atendemos a B atllori, era de origen va­ lenciano y pariente de B artomeu Serra, cuiiado de Jofré de Borja, el padre de Ale­ jandro VI. Obtuvo en 1492 el obispado sardo de Oristano y fue nombrado cardenal en 1500 (cfr. B ATLLORI, El llinatge Bmja cit., p. 15). Fue uno de los consejeros asignados por el cardenal Borj a a su hijo Pere-Llufs cuando este acudio en 1484 a la corte espaiiola pm·a negociar la compra de Gandfa, y también uno de los encar­ gados de negociar el matrimonio de dicho Pere-Llufs y luego de su hermano Joan con Maria Enrfquez, prima del rey Fernando (cfr. B ATLLORI, Alexandre VI i la Ca­ sa Reial d'Arag6 (1492-1498) cit., pp. 175-177 y 1 82). En los ultimos aiios del pon­ tificado de Alejandro VI regreso a Roma, ejerciendo entre 1497 y 1499 el cargo de procurador de contradicciones, uno de los que se ocupaban de la redaccion y expe­ dicion de las bulas pontificias (cfr. FRENz, Die Kanzlei cit., p. 359). En 1500 recibio el nombramiento de legado pontificio en Perugia (cfr. EUBEL, Hierarchia catholica cit., p. 25). También sirvio como legado a Leon X Medici, quien le otorgo el obis­ pado de Palesttina. Murio en Roma en 1517 (cfr. CARDELLA, Memorie storiche cit., p. 281). 90 Nacido en Orihuela, pe1tenecia a una familia emparentada en el siglo XIV con la rama valenciana de Ios Fenollet, que por aquella época habfa establecido vfnculos también con los Borja de Jativa (cfr. B ATLLORI, El llinatge Borja cit., p. 17). Estu­ diante de derecho canonico en Lérida, en 1480 consiguio una canongfa en la cole­ giata de Orihuela y en 1483 se encontraba en Roma al servicio de Rodrigo de Bmja. Antes del conclave de 1492 actuaba ya como inte1mediario entre el cardenal y los monarcas espaiioles, conviltiéndose después en colector y nuncio de Alejandro VI. Durante Ios aiios siguientes acumulo toda suerte de beneficios y dignidades eclesias­ ticas en diferentes diocesis hispanas (Cartagena, Valencia, Barcelona, Zaragoza, Cordoba) y en 1498 obtuvo el obispado siciliano de Catania, que en 1500 cambio por el de Astorga primero y por el de Leon después. De vuelta en Roma, fue nombrado cardenal en 1 503. Tras la mue1te de Alejandro VI permanecio en la capitai de la Igle­ sia, e incluso obtuvo nuevos beneficios del gran enemigo de los Bmja, Julio II. Mu­ rio en 1504 a la edad de 50 aiios (cfr. J. FERNANDEZ ALoNso, Don Francisco de Prats, primer nuncio permanente en Espafia (1492-1503). Contribuci6n al estudio

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no fue causa de la relaci6n de servicio, sino que vino a reforzarla a poteriori 91• De hecho, otros cinco integrantes de este grupo selecto de cardenales borgia­ nos no mantenian vinculos familiares de ningun tipo con el pontifice, lo que no les impidi6 verse promovidos al cardenalato, aunque fuera en fechas tardi­ as. Nos referimos, por un lado, al vicario generai de la di6cesis de Valencia, el jurista y can6nigo Joan de Vera 92, al camarlengo Jaume Casanova93, y al juez

de Savonarola, el catahin Francese Remolins 94, todos ellos vinculados al res­ to por sus origenes geognificos; afinidad que resulta mas indirecta en el ca­ so del castellano Bernardino L6pez de Carvajal 95, y desaparece por comple­ to cuando se trata de los italianos Gianbattista Ferrari 96 y Adriano Castelle­ si 9\ sin duda los personajes mas excéntricos de la élite politica borgiana.

de las relaciones entre Espafia y la Santa Sede durante el pontificado de Alejandro VI, «Anthologica Annua», l (1953), pp. 67-154).

91 Un parentesco por otro lado muy indirecto: su hetmano Jeroni contrajo ma­ trimonio hacia 1488 con Dmniata de Lloris, pariente de Pere Jàfer de Lloris, patron del notario Antoni Llopis en la escribania de la Gobemacion de Valencia y marido de Isabel, hija de aquel Galceran de Bmja que Calixto IIIhabfa nombrado gobema­ dor de Spoleto, y hermana por tanto del cardenal Joan de Borja 'el mayor' (cfr. B AT­ LLORl, El llinatge Bmja cit., p. 17; y CRUSELLES, Els notaris cit., p. 1 85). 92 En 1497 Femando el Catolico pedfa al papa que destituyera a rnicer Joan de Ve­ ra como vicario valentino, a causa de ciettas acusaciones vertidas contra él por abusos deshonestos, que finalmente no pudieron ser probados (cfr. DE LA ToRRE, Documentos cit., V, p. 486; y VI, p. 59). En 1500 se traslado a Roma llevando consigo algunas peti­ ciones de los jurados de Valencia, que inclufan la solicitud de la bula de ereccion de la universidad, y el mego de que el papa favoreciera la cmTera eclesiastica de los hijos de la ciudad, «axi com sa Sanctedat bé e sanctament acostumat», cfr. J. SANCHIS SIVERA,

Algunos documentos y cartas privadas que pertenecieron al segundo Duque de Gan­ d(a don Juan de Bmja (Nota para la historia de Alejandro VI), «Anales del Instituto

Generai y Técnico de Valencia», 4 (1919), p. 9. Ese rnismo afio fue nombrado arzobis­ po de Salemo y cm·denal. En 1501 viajo como legado pontificio a la Marca de Ancona y la Romana. Murio en Roma en 1507 (cfr. CARDELLA, Memorie storiche cit., pp. 286287; EUBEL, Hierarchia catholica cit., p. 25). En 1 505 obtuvo de Julio II el obispado de Leon, vacante tras la muerte de Jaume Desprats. La oposicion de Femando el Cato­ lico le aconsejo rechazar el nombrarniento, lo que no impidio que le fueran confiscadas las rentas y bienes del obispado de Salemo, el monasterio de Valldigna y otros benefi­ cios eclesiasticos (cfr. AzcoNA, La elecci6n y reforma cit., pp. 176-179). 93 Era natura! de Jativa (cfr. BAJLLORl, El llinatge Borja cit., p. 17). Canonigo de Valencia, entre 1479 y 1484 tenia en la curia un oficio de abreviador, al que afiadio en 1493 los de esclibano y de lector y auditor. En 1497 ejercfa como subdiacono pontifi­ cio. Fue promovido al cardenalato en 1503, aunque mulio al afio siguiente (cfr. FRENZ, Die Kanzlei cit., p. 354). Los servicios que prestaba a Alejandro VI parecen especial­ mente volcados en la esfera doméstica, como avalaria el tftulo de camarlengo papal (cfr. EUBEL, Hierarchia cat!wlica cit., p. 26), su preocupacion por el mobiliario de los apartamentos Bmja y los trabajos del Pinturicchio (cfr. M. BA1LLOR1, La corres­ pondència d'Alexandre VI amb els seusfamiliars i amb els reis catòlics en BATLLORl Obra cit., IV, p. 167), o el hecho de que a la muerte del pontffice fuera' el depositm'Ì� de las Ilaves del palacio vaticano, que le fueron mTebatadas a la fuerza por Michele Ca­ rella, el sicm'Ìo de César Borja (cfr. CARDELLA, Memorie storiche cit., p. 306).

94 Cm·della lo da por oriundo de Lérida y estudiante en Pisa. Miembro de los tdbunales pontificios, fue el presidente de la comision que juzgo y condeno a Sa­ vonarola en 1498. Arzobispo de Sonento en 1 50 1 , fue nombrado cardenal en 1 503, estuvo entre los cardenales borgianos refugiados en Napoles tras la designacion pa­ pal de Julio II, y mm'io en Roma en 1 5 1 8 , a los 56 afios de edad (cfr. CARDELLA, Me­ morie storiche cit., pp. 294-296). 95 Inicio su vida pt1blica como colector en Espafia y embajador de Inocencio VIII ante los Reyes Catolicos, en los momentos de tension diplomatica que marcm·on el i­ nicio de dicho pontificado. Su eleccion como obispo de Astorga en 1488 fue uno de los escasos episodios en que los monarcas y el pontffice obraron de comun acuerdo, cfr. T. nE AzCONA, Relaciones de Inocencio VIII con las Reyes Cat6licos seg!tn el Fon­ do Podocataro de Venecia, «Hispania Sacra», 32 (1980), p. 1 1 . En los afios siguientes actum·ia en Roma como embajador de Femando e Isabel, obteniendo sucesivamente los obispados de Badajoz (1489) y Cmtagena (1493). Alejandro VI lo nombro carde­ nal en 1493, lo que padria entenderse como una concesion a sus patrones, los reyes castellano-m·agoneses. Sin embm·go, las sucesivas rnisiones diplomaticas encargadas a Cm-vajal por el segundo papa Borja, entre las que destacan la legacion de Anagni en 1494 y la de Alemania en 1496, lo colocan netamente en el entomo borgiano de Ro­ ma, en una posicion similar a la que Francese Desprats ocupaba en la cmte regia, par­ ticipando ambos del aprecio y la confianza de los dos poderes polfticos entre los cua­ les ejerc1an el papel de mediadores (cfr. M. BATLLORl, Bernardino L6pez de Carvajal, legat d'Alexandre VI a Anagni el l494, en B ATLLORl, Obra cit., IV, pp. 227-243 ; PAs­ TOR, Storia dei papi cit., III, pp. 424-426). % Segun Cm·della, toda la carrera de este clét'igo y jm'ista modenés se urdio a la sombra del cardenal Rodrigo de B orja, que padria a su alcance una canongfa en su ciudad natal y otros cm·gos en la cancillerfa pontificia (cfr. CARDELLA, Memorie sto­ riche cit., pp. 289-29 1). Su nombre aparece entre los abreviadores a pmtir de 147 1 y hasta 1500, en vfsperas de su promocion cardenalicia. A este oficio unfa el de refe­ rendario en 1475, el de solicitador entre 1482 y 1487, y el de notario en 1492. Cuan­ do ya actuaba como datario, tomo ademas el cargo de secretario pontificio en 1497, y el de regente de la cancilleria en 1499 (cfr. FRENZ, Die Kanzlei cit., p. 372). Aun­ que Eubel lo da como datario apostolico en noviembre de 1495 (cfr. EUBEL, Hin·ar­ cllia catholica cit., p. 2 18), dicho oficio fue ejercido por Joan Llopis hasta que acce­ dio al cardenalato en febrero de 1496, momento en que Fenari asumio la tarea que cimento toda una reputacion de avaricia, rapacidad y eficacia al set-vicio de las nece­ sidades financieras del papa Bmja (cfr. CÉLIER, Les dataires cit., pp. 59-65). 97 Originat'io de Cometa, actuaba como solicitador en la cm'ia vaticana en 1482. Notm'io ( 1484-1489) y luego clérigo (1494-1503) de la camara apostolica, escribano


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Por debajo de los que antes o después ocuparon plaza entre los prin­ cipes de la Iglesia, los colaboradores de Alejandro VI constituian un gru­ po mas extenso, en gran medida desconocido, aferrado firmemente a las estructuras eclesiasticas hispanas y a los oficios de la cancilleria pontifi­ cia. No estamos, desde luego, en condiciones de facilitar una nomina completa, ni siquiera de establecer distinciones funcionales, aunque en lo que respecta a los origenes geograficos es evidente el predominio de los valencianos, entre los que cabria destacar a personajes como Bartomeu Vallescar, secretario del cardenal Borj a en los afios setenta y mediador su­ yo ante los Reyes Cat6licos en los ochenta 98, el secretario del duque de Gandia Genis Fira 99; los hermanos Joan y Francese Marrades 100, Joan

d' Artés 101 o el ya mencionado Francese Gacet. No faltaban, sin embargo, ca­ talanes como Jeroni Pau, afecto al circulo humanista de la curia 102, el cubi­ culario secreto Gaspar Pou 103 y Miquel Remolins, hetmano del juez y luego cardenal Francese Remolins 104; ni castellanos como Juan Ottega de Gomiel, el tercer datario de Alejandro VI 105, o el secretario Francisco Troche 106•

(1489-1494), protonotario (1497-1503) y secretario privado de Alejandro VI tras la destitucion de Bmtomeu Flores en 1497, sustituyo al cardenal Francese de Bmja co­ mo tesorero pontificio en 1500. Titular sucesivamente de los obispados ingleses de Hereford y Bath, accedio al cardenalato en 1503 y fue privado de él en 1 5 1 8 . Murio hacia 1 521 (cfr. FRENz, Die Kanzlei cit., p. 344). 98 Canonigo de Valencia y m·cediano de Segorbe, ocupaba el cm·go de escribano pontificio en 1468, el de notmio de la cancillerfa romana entre 1470 y 1492, y el de subdiacono entr·e 1491 y 1492 (cfr. FRENZ, Die Kanzlei cit., p. 300). Hacia 1474 reci­ bia en Roma a Joan Llopis, entonces un joven bachiller recién llegado de Bolonia (cfr. CRUSELLES, Valencianos en la Universidad de Bolonia cit., p. 394). Entre 1484 y 1486 tomo parte en las negociaciones desarrolladas entre el cm·denal Bmja, el papa !no­ cencio VIIIy los reyes espafioles, en la dificil coyuntura que presidio el comienzo de dicho pontificado, y que coincidio con la compra del ducado de Gandfa por los Bmja y las agrias disputas por el obispado de Sevilla y otras sedes castellanas. Se encontra­ ba de vuelta en Roma a principios de 1487 (cfr. AzcoNA, La elecci6n y reforma cit., pp. 143-148; DE LA TORRE, Documentos cit., Il, pp. 11, 24, 391-392). 99 Canonigo de Cartagena y de Valencia, la noticia mas antigua que conserva­ mos de este familim· de Alejandro VI data de su pmticipaci6n en el certamen poético valenciano de 1474. En 1493, estando en Roma, particip6 en la preparacion y desa­ rrollo del viaje de Joan de Borja para tornar posesion del ducado de Gandfa. De vuel­ ta en Roma, actu6 como secretario de Alejandro VI, al fina! de cuyo reinado debio regresar definitivamente a Valencia, donde murio en 1 5 14 (cfr. R. CHABAs , El can6nigo Ginés Fira y Sentacilia, «El Archivo», 7 ( 1 893), pp. 356-363; In., Alejandro VI cit., pp. 90-102; BATLLORI, El català a la cort de Roma cit., pp. 148-149). 100 Joan Manades era canonigo de Segorbe, cubiculario secreto y camarero de Alejandro VI. Ejercio como secretmio y notario en la curia pontificia entre junio 1494 y septiembre de 1495, cuando resigno el cm·go a favor de Guillem Ramon de Centelles. En 1498 obtuvo el obispado de Segorbe (cfr. FRENZ, Die Kanzlei cit. , p. 378). B atllori ha llamado la atencion sobre la amistad que unfa a este personaje con el cardenal Joan de Bmja 'el mayor' (cfr. M. B ATLLORI, Entorn de la bibliofi1ia d'Al­ fans II de Nàpols, en BATLLORI, Obra cit., IV, pp. 222-223). Su hennano, Francese Manades, formo patte del entomo de Jofré de Bmj a en Napoles (cfr. M. BELLONCI,

Lucrezia Borgia. La sua vita e i suoi tempi, Verona 1939, p. 1 1 8 ; BATLLORI, La correspondència d'Alexandre VI cit., p. 1 66). . . 101 Clérigo de la diocesis de Valencia. En 1500 obtuvo el cargo de sohc1tador en la curia por muerte del también valenciano Felip Joan (cfr. FRENZ, Die Kanzlei cit., pp. 362 y 435); anteriormente habfa sido miembro de la casa del duque de Gan­ dia, Joan de Borja, y servidor de César Borja (cfr. M. BATLLORI, El naixement de lo­ an de Bmja i Enr{quez, tercer due bm·già de Gand{a, en B ATLLORI, Obra cit., IV, pp.

134-1 35).

Clerigo y jurista barcelonés, estudio en Pisa y quizas en otras universidades italianas. Hacia 1475 se traslado a Roma para ponerse al servicio del cardenal Ro­ drigo de Bmja. Abreviador de cartas apostolicas entre 1479 y 1492, obtuvo sendas canongfas en Bm·celona y Vie, y publico diversos libros latinos, entre ellos un elo­ gio de su protector (cfr. M. VILALLONGA, El viatge dels catalans a Roma durant el segle XV, en Estudis defilologia catalana. Dotze anys de l 'Institut de Llengua i Cul­ tura Catalanes. Secci6 Francese Eiximenis, B arcelona 1 999, pp. 208-220; FRENZ, 102

Die Kanzlei cit., p. 349. 103 Este clérigo ilerdense ocupaba Ios cm·gos cmiales de secretario y notario en 1503 (cfr. ibid., p. 339), y aunque no ostento nunca el tftulo de secretario privado del papa, ejercio dicha funcion para Alejandro VI (cfr. P. PARTNER, The Pope 's men. The Papa! Civil Service in the Renaissance, Oxford 1990, p. 207; FRENZ, Die Kanzlei cit., p. 207). de t().l Miquel Remolins pmticip6 en 1501 en las negociaciones del matrimonio ese Borja César de servicio al pasado habria y Lucrecia Bmja con Alfonso d'Este, mismo afio (cfr. BELLONCI, Lucrezia Borgia cit., pp. 236-238 y 25 1). Obtuvo el cargo de regente de la cancilleria pontificia en octubre de 1 503, durante el breve mandato de Pio IIIPiccolomini, y lo mantuvo hasta su propia muerte en mayo de 1504 (cfr. FRENZ, Die Kanzlei cit., p. 409). 105 Clé1igo y jurista de migen burgalés, ejercio diversos oficios en la cancilleria pontificia desde 1487, cuando era procurador de contradicciones. Abreviador (14911494), escribano (1497-1503) y secretario (1499), fue nombrado datmio apostolico tras la promocion de Gianbattista Fenmi al cm·denalato, en 1500, aunque sus actua­ ciones estan documentadas solo a pmtir de 1502. Obispo electo de Potenza en 1502, murio al afio siguiente cuando contaba 41 afios de edad (cfr. ibid., p. 375; CÉLIER, Les dataires cit., pp. 66-69). 106 Clérigo de la diocesis de Avila, cubiculario y secretario privado de Alejan­ dro VI, en 1 500 ejerc.fa como escribano y secretario en la curia pontificia. Mmio a­ justiciado en julio de 1 503 (cfr. PARTNER, The Pope's men cit. , p. 207; FRENZ , Die . Kanzlei cit., p. 334). ·


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Estaban por ultimo los laicos, reclutados en su gran mayorfa entre los parientes y los connacionales, jerarquizados al igual que los eclesiasticos segun el grado de parentesco que los unia con el pontffice y la calidad de las funciones que ejercfan. Aqui cabrian desde cortesanas intrigantes como Adriana del Milà y Giulia Farnese, protagonistas de uno de los episodios mas grotescos del pontificado 107, hasta jefes de guerra mas o menos afectos como el condottiero Joan Cervello, el sicario Michele Carella o los marinos Bernat de Vilamari y Franci de Pau, capitanes de Fernando II de Arag6n puestos ocasionalmente al servicio de Alejandro VI. La desaparici6n del segundo papa Borja volvi6 a dejar en la mfandad a los catalanes de Roma, especialmente tras la llegada al solio pontificio de un enemigo de la talla de Julio II della Rovere. Sin embargo, la situaci6n poli­ tica italiana e hispana distaba mucho de la que sucedi6 a la muerte de Al­ fonso el Magnanimo. Si entonces habia tenido lugar un repliegue de la mo­ narquia catalano-aragonesa sobre sus territorios ibéricos y sus problemas in­ ternos, ahora la nueva monarquia hispanica se encontraba en piena expan­ si6n territorial e institucional. La parentela borgiana sigui6 siendo cantera de cardenales, prelados y curiales, pero ya no estaba en disposici6n de mante­ ner la autonomia politica que la caracteriz6 en tiempos de Rodrigo de Bor­ ja, y el unico camino posible era el de la identificaci6n con la empresa mo­ narquica de Fernando II, y luego la imperia! de Carlos V. Los esfuerzos por ganarse el favor del rey resultan evidentes entre los Borja valencianos, tan­ to por lo que se refiere a las ramas secundarias del linaje asentadas en la ciu­ dad de Valencia, como a la casa ducal de Gandia. Una reconciliaci6n que no result6 facil, si atendemos a las reticencias que Fernando II demostraba en 1 503 hacia algunos miembros de la familia y, en generai, de la pequefia no­ bleza valenciana con ocasi6n del asedio de Salses 108, pero que qued6 defini­ tivamente cerrada con la militancia antiagermanada del tercer duque borgia­ no de Gandia, y sobre todo con el auge de la figura politica de Francisco de Borja, estrechamente asociada a la monarquia de Carlos V.

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Y de los que mas tinta han hecho con·er, dada la necesidad que sentfan los historiadores catolicos por catalogar la moral sexual de Alejandro VI. Véanse al res­ pecto los documentos exhumados por PASTOR, Storia dei papi cit., m, pp. 1056108 1 ; fundamento de las paginas exculpatorias de G. S oRANZO, Il presunto scanda­ lo di Giulia Farnese e Papa Alessandro VI, en Studi intorno a Papa Alessandro VI (Borgia), Milan 1 950, pp. 92-1 29; y de la condena de G. B . PICOTTI, Nuovi studi e documenti intorno a Papa Alessandro VI, «Rivista di Storia della Chiesa in Italia», 5 ( 1 95 1), pp. 207-209. 108 Cfr. Llibre de memòries cit., II, pp. 735-736.

PATRICK GILLI Alexandre VI et la France d' après les sources contemporaines: physionomie d'une relation diplomatique inconciliable

Un pape pour deux rois de France: Alexandre VI a été un protagoniste essentiel de la politique italienne des rois de France. Mais son pontificat entre celui d'Innocent VIII plut6t bienveillant envers Charles VIII et Jules II, papa terribilis pour la monarchie française, reste mal défini. Le chemi­ nement de sa stratégie et, inversement, l ' attitude très contrastée des mo­ narques transalpins à son égard, ont fait l' objet d' études érudites mais le plus souvent circonscrites à des documents diplomatiqu es, certes fondamentaux, camme les dépèches, mais qui laissaient quelque peu dans l 'ombre les juge­ ments que portaient les sources contemporaines sur ces relations'. La pré­ sente étude a pour objet la présentation des méandres de cette diplomatie au­ tant que la façon dont elle a été perçue par les acteurs et les historiens des deux rois. C'est un portrait d'Alexandre VI qu'elles dessinent en mème temps qu'un tableau des forces et faiblesses de la monarchie de France à l' égard de la papauté. A son arrivée sur le tr6ne pontificai en aout 1492, le pape Borgia doit très vite choisir son camp entre les revendications françaises sur le royaume de Naples et les Aragonais. La déception que provoqua chez le roi Ferrant la nouvelle de son élévation pontificale2 laissait augurer un rapprochement avec la France: il est d'ailleurs significatif qu'en France mème cet espoir semblait clairement entretenu; on a retrouvé des lettres de jeunes écoliers qui appre­ naient, sous la conduite d'un maftre, à rédiger en latin et qui font, ùans cet exercice d'école, l 'éloge de l'amitié entre Alexandre VI et Charles VIII, ami­ tié porteuse d'espoir pour la chrétienté tonte entière. Les historiens français comme Robert Gaguin, historiographe certes non officiel mais bien informé3, ,

' Une exception toutefois, le récent mticle de J.N. H1LLGARTH, The Image ofA­ lexander VI and Cesare Borgia in the Sixteenth and Seventeenth Centuries, «Jour­ nal of the Warburg and Courtauld Istitutes», 56 (1996), pp. 1 1 9-129, mais qui ne s'intéresse pratiquement pas aux historiens français du premier XVIe siècle. 2 FRANCOIS GmcHARDIN, Histoire d'Italie, éd. et trad. J.L. FoURNEL-J.C. ZAN­ CARINI, I, Paris 1 996, p. 9: le roi aurait pleuré en apprenant la nouvelle (voir aussi L. VON PASTOR, Histoire des papes, V, Paris 1 898, p. 372). 3 Sur le statut histmiographique de cet auteur, F. CoLLARD, Un historien au tra­ vai[ à la fin du XVe siècle: Robert Gaguin, Genève 1996, pp. 109-1 10.


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dont le Compendium de l 'histoire de France s 'arrete en 1499, ne manquent pas de souligner les appels pressants d' Alexandre VI à leur roi au motif d'une croisade: «Ceux qui poussaient à l 'entreprise étaient, au premier pian, le pontife romain Alexandre VI et Ludovic Sforza, tous deux violents ennemis d'Alphonse d'Aragon». Au demeurant, la diplomatie française est alors fermement convaincue de l'engagement pontificai dans la cause fran­ çaise. Une étonnante dépeche de l 'ambassadeur français Perron de Baschi en 1493 contient les termes suivants dans lesquels l 'illusion des Français autant que la mauvaise foi du pape apparaissent cn1ment: Perron a deman­ dé une audience privée pour s ' enquérir des dispositions de Rome à l' égard du souverain. Alexandre ne répond qu' en termes généraux aux demandes concernant l 'investiture du royaume de Naples, mais, ajoute le diplomate français: «des yeux, de la bouche, de tonte la physionomie, le pape, bien qu' il ne dit rien, me faisait signe que le roi devait tenter l 'Entreprise, en­ voyer des troupes et compter sur lui»4• On comprend aisément l'incrédulité de ces memes Français lorsqu'ils apprennent la volte-face pontificale: l'investiture du royaume de Naples conférée à Alphonse II, laquelle intervient après des mois de duplicité di­ plomatique pendant lesquels le pape continue de négocier avec Charles sa venne en ltalie, et ce jusqu ' au début de l ' année 14945• Pomtant en mars 1494, la rupture semblait consommée après l'investi­ ture de l ' Aragonais. Les basses manoeuvres du pape pour tromper le roi et son entourage se retournent contre lui: en février 1494, le carme espagnol Gratien de Villanova porte au roi une lettre pontificale dans laquelle le pape feint d'ignorer que le roi Ferrant est mort, s 'inquiète de la puissance de l'Aragonais et l'exhmte à ne pas quitter la France; quand Charles apprend, par les ambassadeurs milanais, que la lettre était fallacieuse car le pape connaissait à cette date la mort du roi Ferrant et avait donc sciemment men� ti, il comprend qu'il a été joué; il utilise alors, pour la première fois dans ses relations avec ce pape, l ' arme préférée des monarques transalpins à l 'égard de la papauté, à savoir la menace d'un concile. En retour et non sans ironie, le pape annonce à la cour de France l'investiture prochaine d'Alphonse oc­ troyée le 9 mars en meme temps qu'il envoie au souverain qu'une rose d'or, signe de la bienveillance pontificale, ce qui ne fait qu' accroi'tre la rancreur française. Peu d'historiens français ont perçu avec promptitude la duplicité pontificale, à l'exception de Commynes qui, dans son 7ème livre écrit, il est vrai en 1495-1496, donc post eventum, compte Alexandre VI palTlli les en-

nemis du roi6• En revanche, rares sont les historiens français, tout empreints de culture gallicane, à mesurer les difficultés objectives d' Alexandre; son di­ lemme était le suivant à la fin de l ' année 1493 et au début de 1494: il ne pou­ vait accepter les conditions des Aragonais alliés aux Orsini, qui pouvaient l'écraser aisément au cas où le pape adresserait des encouragements trop ex­ plicites au roi de France; en sens inverse, la menace constante d'une allian­ ce franco-impériale lui semblait entramer le risque d'un concile qui allait im­ manquablement le déposer. C'est entre ces deux maux que se situe son acti­ vité. Seul Paul Jove l ' a bien compris: la diplomatie d'Alexandre consiste à laisser chaque camps, français et aragonais, croire que le pape est de son céì­ té, unique façon de les maintenir à une distance de sécurité de Rome. Les jeux de la diplomatie tant ouverte que secrète dont parle Paul Jove ont pour visée de monnayer plus chèrement l'alliance avec le pape7• Que la menace de l'un d'eux se fit plus pressante et c'est avec l'autre qu'il négocie. Le chro­ niqueur de la cour romaine, Sigismondo dei Conti, ne dit pas autre chose quand il affiime que si le pape a fait écrire en ce sens (d'une intervention des Français), ce n'était pas qu'il espéràt la venne de Charles, mais qu'il pensait mettre à profit la terreur du nom français, camme l 'avaient fait beaucoup d'autres papes, entre autres le très prudent Paul II; mieux meme, qui eut pu croire qu'unjeune roi, alors que les affaires de l'Etat n 'étaient pas totalement réglées, allait abandonner son royaume et son fils unique pour se lancer dans l'aventure italienne. Les Français eux-memes savaient bien que les ltaliens sont plus faits pour tromper que pour etre trompés. Comment ont-ils pu se laisser gruger par la parole des ltaliens?'.

F.H. DELABORDE, L'expédition de Charles VIII en Italie, Paris 1882, p. 282. Ibid., p. 296: envoi du carme espagnol Gratien de Villanova en France pour encourager l ' entreprise. 4

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PHILIPPE DE CoMMYNES Mémoires, éd. B. DE MANDROT, II, Paris 1 903, p. 1 3 1 . 7 PAUL JoVE, Historiarum sui temporis, Venise, sumptibus D. Petri Boselli, I, 1552, p. 1 8v: «Ipse pontifice [ . . . ] in incerto habebat Gallis ne fuerat an Aragonio­ rum amicitiam sequeretur. Timebat potentiam propinqui praevilidique regis ne fo­ ret hostis [ . . . ] perhorrebat ex adverso gallica arma quae sine confusione rerum om­ nium in Italiam evocari non poterant. Quibus de causis vir emditus artificio simu­ lationis, modo hamm modo illamm pmtium legatos alia palam, alia secreto men­ tiendo ac pollicendo ipsa spe ineundae sacietatis mirifice distinebat: ita tamen ut multi eum ad Aragonios inclinare manifeste sentirent at si quid propensius vel a­ pertius in causa diceret aut faceret, id eo simulante fieri arbitrarentur, ut anxis et dubitantibus Aragoniis, amicitiam suam gravioribus impositis conditionibus ven­ ditaret». Sur la date de composition des Histoires, et singulièrement de cette pre­ mière partie, cfr. T.C. PRICE ZIMMERMANN, Paolo Giovio. The Historian and the Crisis of Sixteenth-Century Italy, Princeton 1 995, p. 298, qui estime qu'elle fut ré­ digée vers 1 521- 1523. A ce moment-là, Jove n' a pas encore eu connaissance des Mémoires de Commynes dont la première édition est de 1 524. 8 SIGISMONDO DEI CoNTI, Historiae sui temporis - Storia dei suoi tempi, II, Ro6

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Bien sùr, il n'était pas dans l 'ordre de l 'historiographie française d'expliciter les subtilités douteuses d' Alexandre VI, mais il est frappant que ces subtilités aient échappé à la plupart des sources. Les chroniqueurs français contemporains n 'ont pas fait preuve d'une grande lucidité; plu­ sieurs auteurs, partis avec le roi à la conquete de Naples, passent meme sous silence l 'attitude sinueuse du pape. Ainsi dans sa continuation du Compendium de Robert Gaguin, le juriste et historien Pierre Desrey de Troyes semble totalement ignorer les manreuvres pontificales; en dé­ cembre 1494, alors que l 'armée française est à Viterbe et que la Tré­ mouille est envoyé à Rome pour y négocier le passage dans la Ville, Des­ rey se contente d'écrire que le pape promit d'etre loyal, sans évoquer plus avant les conditions surprenantes de cette loyauté9. Meme son de cloche chez le soldat Guillaume de Villeneuve, auteur d'une relation sur la

me 1 883, p. 60: «Scripsit igitur pontifex ad regem Carolum, Ludovico Sfortia non dissuadente, brevem epistolam [ . . . ] ut ad repetendum regnum Neapolitanum ani­ muro adiiceret; fore enim, quod semper optasset, ut facillimo Romano pontifice u­ teretur: quae quidem Alexander scribi mandaverat, ut terrore norninis Gallomm, quod multi alii pontifices, praesertim Paulus II sapientissimus fecerat, non quod re­ gem venturum speraret. Nam quis prudentior suspicatus esset, regem adolescentem ferme, qui quator et viginti annos natus esset, qui unicum filium, et eum quidem in­ fantem haberet tam opulentum regnum impolitis praesertim adhuc Britanniae et Burgundiae rebus, ut Alpes transcenderet, relicturum, incerta pro certis secuturum et fidei Italorum, quos magis idoneos fallere, quam falli credunt, et dictitant, se commissurum?». 9 PIERRE DESREY, De l'entreprise du voyage du roy Charles VIII pour alter re­ couvrer son royaume de Naples et comment il y fut incité, dans L. CIMBER-F. D'AN­ JOU, Archives curieuses de l'histoire de France, Ière sér., l, Pmis 1 834, p. 232: «le roy y demoura cinq jours (à Viterbe) [ . . . ] puis il envoya le seigneur de la Trimouille par devers le pape Alexandre VI, lequel prornit d'etre loyal au roi; et, pour mieux l'en assurer, il luy envoya quelques cardinaux et évesques et mesmement son confesseur». Cette édition par Cimber et D' Anjou reprend, en réalité, un passage de Grandes Chronique des roys de France parues sous le titre Histoire de Charles VIII, éd. TH. GoDEFROY, Paris 1684, pp. 190 e s. Ces Grandes Chroniques constituent en fait une traduction-continuation du Compendium de Robert Gaguin (parue en 1 5 1 4 chez Galliot du Pré) accomplie par Pierre Desrey. Ce meme Desrey avait également publié en 1 5 1 2 à Palis pour J. Petit et M. Le Noir, une continuation de la Chronique de Monsterelet, qui démarque, pour le règne de Charles VIII, le texte d'André de la Vigne, (Le voyage de Naples). Sur les rappmts complexes entre toutes ces sources histmiographiques relatives à l 'entreprise, cfr. l'introduction à ANDRÉ DE LA VIGNE, Le voyage de Naples, éd. A. SLERCA, Milano 1 98 1 , srntout pp. 57-70; sur les conti­ nuationes-amplifications de l'�uvre de Gaguin par Pierre Desrey, qui tenta d'ac-

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conquete de Naples 10• Bien des années après, le brave bourgeois mar­ seillais Honorat de Valbelle, auteur d'une histoire journalière, utilise me­ me un raccourci saisissant pour décrire les relations franco-pontificales: Alexandre VI aurait béni l 'initiative royale et conféré le titre de roi de Naples à Charles VIIIu. L'historien officiel de l'Entreprise, André de la Vigne, qui accompagna le roi en Italie rapporte dans son Voyage de Naples que les deux hommes entretenaient des relations de franche cordialité12• Dès la fin de novembre 1494, le roi n 'étant pas encore entré à Rome, la duplicité d' Alexandre n' était plus ignorée de l 'entourage royal. Le céré­ moniaire Burckard rapporte à cette date l 'entrevue à laquelle il participa camme interprète entre le pape et l'envoyé impérial, Rodolphe, comte d' Ascagne, durant lequel le pape chercha à indiquer que Charles voulait la couronne impériale et cherchait à s ' emparer de villes relevant de la juridic­ tion de l'empire: le pape assurant son interlocuteur que, meme l'épée sur la gorge, il n 'aurait jamais consenti à une telle spoliation13; le roi en est infor­ mé. Plus encore, on apprit bientòt les pratiques d'Alexandre VI et de Baja-

créditer l'idée qu'il s'est contenté de 'pirater' la vraie traduction faite par Nicole de La Chesnaye en 15 13, cfr. F. COLLARD, Histoire de France en latin et histoire de France en langue vulgaire: la traduction du Compendium de origine et gestis Fran­ corwn de Robert Gaguin au début du XVIe siècle, dans PH. CoNTAMINE-Y. M. B ER­ CÉ édd., Histoires de France, historiens de la France (Actes du colloque internatio­ nal de Reims, mai 1 993), Palis 1994, pp. 96-98. 10 GUILLALME DE VILLENEUVE, Mémoires (1494-1497), Paris 1 820 (Collection Petitot, XIV). 11 HONORAT DE VALBELLE, Histoire journalière (7498- 7539). Journal d'un bourgeois de Marseille au temps de Louis XII et François Ier, éd. V.L. BoVRRILLY, Aix-en-Provence 1 985, p. 6: «Entré en Italie, sans opposition, il fit la paix avec le pape Alexandre VI, obtint sa bénédiction et fut couronné roi de Naples». Sur l'ab­ sence d'investiture pontificale, cfr. Y. LABANDE-MAILFER, Charles VIII et son mi­ lieu. La jeunesse au pouvoil; Paris 1 975, p. 3 14. 12 DE LA VIGNE, Le voyage de Naples cit., p. 235: «Si bonne amour et parfaicte allance/furent entr'eulx, comme Dieu le vouloit/que bras soubz bras devisant a plai­ sance/en compagnon l'un a l'autre parloit/et tellement que bien souvent falloit». 1 3 CIMBER-D' ANJOU, Archives curieuses cit., p. 239, qui citent Burckard: «Fe­ ria secunda quatta die novemblis (24 novembre) venit coram sanctissimo nostro do­ mino vocatus et me secum interpretantem duxit magnificus et illustlis dominus Ru­ dulphus comes Ascanie cui S.D.N. commemoravit insolentiam regis Franciae quam faciebat S.R.E. et quod forte non solum quereret se dominum faceret civitatum et tetTarum Italiae ad sanctum romanum imperium spectantium, sed etiam nomen et ti­ tulum imperii ejusdem sibi usurpare, cui tamen sanctitas sua nunquam esset consen­ sura etiam si gladius nudus propterea sibi ad guttur suum apponetur».


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zet visant à renforcer la défense du royaume d' Alphonse. Rien ne transpire chez les chroniqueurs, hormis Commynes, qui est davantage un mémoria­ liste qu'un historien (dont les Mémoires n'ont d'ailleurs aucun caractère of­ ficiel, mais qui sont connus des auteurs postérieurs 14). Dans le fond, cette phase des relations franco-pontificales reproduit sur un temps très bref l 'essentiel des stratégies intemationales des deux camps depuis un derni-siècle: còté français, obtenir la reconnaissance pon­ tificale du royaume napolitain en menaçant le pape d'un concile en cas de refus 15; còté pontificai, isoler la France, en excipant de ses prétentions ja­ mais ouvertement affichées mais souvent évoquées à l 'empire. Sur ce dis­ positif assez classique depuis Pie II au moins, les sources françaises font silence. Méme la découverte par le cardinal de Giirck des lettres de Buz­ zardo, l 'envoyé du pape, chargé de négocier l 'entente avec Bajazet, ne semble pas marquer les esprits en France, alors que l ' affaire fit grand bmit en Italie. Dans ses lettres avec Alexandre VI, Charles, mis au courant de la trahison du pape, n'évoque jamais la saisie de ces lettres sur le contenu desquelles il est informé depuis le 27 novembre 149416• Son silence pèse sur l'historiographie de son temps. Des auteurs pourtant renseignés com­ me Robert Gaguin taisent l 'événement. Còté diplomatique, tout semble fait alors pour ne pas brusquer le pape. Les lettres royales expédiées en dé­ cembre font assaut de politesse et de déférence envers Alexandre VI. Mieux méme, Charles reprend l'initiative diplomatique. Fin novembre, il fait rédiger un mémorandum à tonte la chrétienté, aussitòt traduit en italien nous assure Marino Sanudo17, dans lequel il expose les raisons de sa pré­ sence en Italie. Or, ce mémorandum, qui est un mandement royal, est re­ pris et traduit en français par le chroniqueur bourguignon Molinet qui, à son tour, fait silence sur les agissements du pape et son appel à Bajazet, a­ lors méme que le document ne s 'explique pas sans l ' anière-plan des ma­ n�uvres pontificales18• Que dans la pratique, tout ait été fait pour ménager

le pape, tout en le conduisant à son corps défendant à une plus grande bienveillance envers les Français, se comprend; que rien n'ait filtré chez les contemporains français semble plus difficile à expliquer. Cette ambiguité maìtrisée ou involontaire se trouve mise en scène as­ sez clairement lors des prerniers jours de l 'installation française à Rome. L'épisode est connu mais mérite qu'on y revienne. Décontenancé par la vi­ tesse de l 'avance française, Alexandre VI, rapporte Commynes, aurait re­ connu avec tristesse que la conquéte s ' était faite avec des «éperons de bois et (seulement) de la craie» pour marquer les logis à réquisitionner et sans opposition, façon de dire que nul n'avait tenté d'y faire obstacle. Pour sa part, le roi ayant obtenu le passage à Rome le 31 décembre 1494, s'instal­ le au c�ur de la Ville. Le poète et historien français André de la Vigne, dans la Ressource de Chrétiente19, passage moralisé qui ouvre le Verger d'honneur ( 1495) croit déceler un changement d'attitude du roi: Charles, dit-il, fit ériger deux fourches patibulaires, pour bien signifier que la Ville changeait de maìtre et «qu ' il a, à Rome comme à Paris, haute, moyenne et basse justice». La méme idée d'une dornination royale sur la capitale de la chrétienté est exprimée par le poète Octavien de Saint Gelais selon qui Charles «laissa à Rome le glaive de la justice et zèle d'amour, extirpant tout meffaict»20• L'épisode des fourches patibulaires est repris par les his­ toriens du temps, mais en général moins comme signe de l 'autorité du roi sur la Ville que comme manifestation de son désir de justice, car ce sont surtout des soldats de l 'armée française qui sont pendus21• Au demeurant, la réalité est plus complexe que ce qu' en rapportent André de la Vigne ou Octavien de Saint Gelais, qui ont écrit quelque temps après le retour en France. Charles est maìtre de Rome, mais son attitude à l 'égard du pape manifeste toujours une forme d'ambiguité dont se fait le témoin le néo-car­ dinal Briçonnet dans une lettre à la reine Anne: «Nostre Saint Pere est plus tenu au roy qu'on ne pense, car si ledit Seigneur eust voulu obtempérer à la plupart des messeigneurs les cardinaulx, ils eussent faict un autre pap­ pe, en intencion de refmmer l'Eglise, ainsi qu'ils disoient. Le roy desire bien la reformation, mais ne veult point entreprendre sa depposicion, quelque

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14 Sur la tradition des Mémoires, cfr. J. DUFOURNET, Les premiers lecteurs de Commynes ou les Mémoires au XV!e siécle, dans ID., Philippe de Commynes. Un his­ torien à l'aube des temps modernes, Bmxelles 1 994, pp. 145-1 92. Edités dès 1524, ils fuerent bient6t comms et traduits dans tonte l'Europe. Pour la circulation de l'reuvre en Italie, cfr. TH. MAISSEN, Von der Legende zum modell, Biìle 1995, pp. 286-296. 15 Cfr. , en général, A. LANDI, Concilio e papato nel Rinascimento (1449-1516) : u n problema irrisolto, Tmino 1 997. 1 6 LABANDE-MAILFERT, Charles VIII cit. , p. 298. 1 7 MARINo S ANUDO , La spedizione di Carlo VIII in Italia, éd. R. FULIN, Vene­ zia 1 873 (Archivio Veneto, 3), p. 173. 18 Chroniques de Jean Molinet, édd. G. DoUTREPONT-0. JODOGNE, II, Bmxelles 1935, p. 403.

19 ANDRÉ DE LA VIGNE, Ressource de Chrétienté, éd. C. BROWN, Toronto 1 989; le texte est repris ensuite dans DE LA VIGNE , Le voyage de Naples cit., p. 234; cfr. Y CLOULAS, Charles VIII et les Borgia en 1494, dans Italie 1494, éd. C.A. FIORATO, Paris 1995, p. 45. 20 R.W. ScHELLER , Imperia! Themes in Art and Literature of the Early French Renaissance: the Period of Charles VIII, «Sirniolus», 12 (1981-1 982), p. 4 1 , note

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21 Cfr. par exemple Jean Bouchet, Robe1t Gaguin, le continuateur de Nicole Gilles (cfr. infra).


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chose qu 'il luy fait adherer à son ennemy»22• Commynes confirme cette disposit�on du r�i envers Alexandre VI en rappelant que Charles s 'est par deux f01s oppose a, la canonnade du chàteau Saint Ange où s 'était réfugié Alexandre23• �a s �è?e de l� première rencontre entre le roi et le pape nous est de­ meuree celebre grace notamment à la description de Burckard. Se trouvant dans le� jardin� du Vatican, le roi aperçoit le souverain pontife et accomplit d��x �enuflexi?�� que Ie pape feint de ne pas voir. Alors que le roi s ' ap­ . _ pr �te � une troiSieme genuflexwn, le pape se précipite vers lui, le relève pms lm promet le libre passage des troupes françaises dans ses états contra omnem pontificis voluntatem ajoute perfidement le cérémoniaire. L� meme source nous avait déjà révélé la volonté pontificale de feindre I'accommo­ dement pour mieux imposer ses vues. En effet, Iors de l'envoi de I'ambas­ sade française en décembre 1494 chargée de négocier I 'entrée du roi, Burc­ �ard, en bon maìtre de cérémonies soucieux du protocole, avait été amené a chasser les prélats français qui, contre tous Ies usages, avaient pris piace dans la grande chapelle du palais sur les sièges des cardinaux. Aussitòt le pap� prend à p �rtie l'i�for�uné maìtre de cérémonies en lui disant que �on espn� protoc_olmre allmt �umer ses plans en lui mettant Ies Français à dos, et qu � fallmt done l es laisser occuper Ies places qu 'ils désiraient24• La encore, les sources narratives françaises, contemporaines de ces 22 J. �A PILORGERIE, Campagnes et Bulletins de la grande année d'Italie, Nant�s-Pans 1 866, � · 135. Cfr. aussi Arnauld le Ferron, continuateur de Paul Emi­ le, qm rep�·end cette rdée d 'une conspiration des cardinaux destinée à déposer le pa­ _ pe, en � aJouta?�· �lus lucrde qu� les historiens français qui l'avaient précédé , que _ les cardmaux n etarent pas les rmeux placés, en matière de simonie, pour faire la Ie­ ç�n au pape CA_RNoL�o FERRONI, De rebus gestis Gallorum libri IX, Paris 1550, p. 8. «A�exander rn ':'atrcano s�?e�serat, praesidiumque id firmm et [ . . . ] Agitatum est · _ �e abr_ogan�a drgm�ate pontrfrcr, admoteque sunt machinae bellicae Vaticano, cum rs pacrs regrs �egatrs de pace acturis pmtas clausisset. Ipsi purpurati palam agere _ coeperunt et drcere decernandam m eum quaestionem: ex Vaticano invictum edu­ cendu� , secernendos dandosque iudices apud quos causam dicat, Ascanius Sfortia _ � on�rfrca_tu� emptu� ai�bat, idem plerique alii, et sane haud insulse, ni ipsi mundi­ �rambus rpsrs prefa?tr fmssent, cum et vicecancellarii (-sic enim vocant-) ordinem, mgentemque pecumam cum domo pontificia idem ipse Sfmtia recepisset» ). 23 COMMYNES, Mémoires cit., Il, p. 1 87. 24 , CIMBER-D'ANJou, Archives curieuses cit., p. 267 qui citent Burckard: «[26 d�cemb�·e 14�4] Erant autem cum dictis tribus oratoribus multi Gallis quorum sine ahqua drscr�twne posuerunt se prope praelatos et in eornm etiam scammis sederun t, vosque eos r�d� tollerem et ad convenentia loca ponerem. Papa mihi ad se vocato i­ . rato ammo drxrt �� rem suam destmere et quod Gallos stare pennitterem, ubi vel­ . lent, pro eorum hbrto voluntatrs».

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cérémonies, n' ont rien perçu de l' ambigui"té d� p ape. II existe une �el�tio� _ épistolaire inédite de ces rencontres, conservee �ux archiVes de l Is�re a , Grenoble vraisemblablement écrite par le conseiller royal Rabot, qm de­ crit par I ; menu Ies rencontres du pape et du roi, mai_s qui n 'en�isage �u�­ lement Ies arrière-pehsées du pape: dans ce manusc-:It, le conseiller ��cnt le «pape qui prit le roi par Ies joues, l'embrasse ternblement, ta�t qu rl se povoit souler de le baiser [ . . . ] Et puis il print le roy par �a mam et mar­ _ le pa­ chèrent en un autre jardin, et avoit le roy un bonnet au pomg. Mms pe prenoit toujours le bonnet du roy et le luy remetoit et à chacune foys, _ il le baisoit et le baisa bien XX foiz avant qu'Ils fussent en la chambre du pape»25• Assurément cette I�ttre puremen� �nform�t�ve n'av�it pas �o�r objet d' analyser Ies souterrams de la strategie pontrficale, mms �lle reve­ le une sorte de cécité française. A aucun moment, ce conseiller, � ar ailleurs avisé, ne semble entrevoir la duplicité d� pape. C'est une verswn très semblable que diffuse l'indiciaire de la Mmson de Bourgogne, Jean Molinee6• Un seui auteur, il est vrai d'importance puisqu 'il s ' agit de Ro­ bert Gaguin, historiographe, non officiel mais bien informé, �elate da�s son Compendium que Ies cardinaux faisaient pression sur le roi pou-: qu Il déposàt le pape. Or, dit I'historien, le roi entendant cela refusa � ' agrr per­ fidement alors qu'il venait de d�mner sa parole au pape27• C� pomt �e �ue n'est pas toujours repris par des compilateurs contemporams ?u Iege�e­ _ ment postérieurs comme Jean Bouc�e�, aut�ur d�s. Annale� d A9 uztame _ ( 1524) qui se contente d'évoquer la ceremome rehgieuse qm sm�'It la ren­ contre au cours de laquelle Charles «servit le pape co�e prem1er en!ant de I'Eglise»28 • Ce sont terme à terme les p �r�les du contmuateur �� Nico­ _ XI), qm evoque le Gilles (en son temps historiographe officiel de Loms 25 Cité par LABANDE-MAILFER, Charles VIII cit., p. 2 6 MOLINET, Chroniques cit., p. 406. 21 ROBERT GAGUIN, Annales de regum Francorum

317.

. . ave? la _contmu�twn ple­ de HUBERT VELLEN, Paris, chez Piene Viard, 1521, f. 292: «Fuere srcutl acceptlre ut abduxe 1m capt drum lexa � nt : � rique ex cardinalium coetu qui Carolo suadere. _ rase facere pontificatu amoveretur. Quibus audi�ns non fmt p�u� pnnceps perfrde tus, si post datam fidem calumniam mfenet pontrfrcr». . 28 JEAN BoUCHET, Chroniques d'Aquitanie. Faicts et gestes en sommatre des � itiers 164_4, p. � 10. roys de France et d'Angleterre, Pays de Naples et de_ Milan, � d1vm rem «Fecrt note: qui �� pon�ifex �rque Gaguin Robert La source pourrait etre rmms �rav1t>� . Sr?�a­ post sumptam eucharistiam vinum �n sacrum calic�m Carolus d�posrtwn chame pro la d cus convam � lons qu'en revanche, les auteurs itahens sont _ esser nv dr a dubrtav «molto �to del pape le � que écrit d' Alexandre: Marino Sanudo ; sc�sma» segmr et papa, ltro n eletto s fu re del teneva � li cardina � li da ver �� papato, o ] . . . [ adopera «Carolo que t estrmar un autre ' diariste' vénitien Domenico Mahprero per [ . . . ] desmetter el papa e crear in suo luogo el cardinal Ascanio». gestis,


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l a promenade amicale des deux hommes dans les jardins du Vatican29• Plus étonnant encore, le traducteur de Gaguin en 1 5 14, Nicole de La Chesnaye, évite de traduire l 'interprétation donnée par sa source quant au maintien d 'Alexandre VI. L'affirmation d'une fidélité royale à la parole donnée ne semble mème plus utile à mettre en avant pour justifier la pru­ ��nce de Charl�S30• II faut atte�dre des historiens très postérieurs, de l �poque �e Loms XII et �ranç01s Ier, et meme au delà, pour voir appa­ raitre des ]Ugements plus Circonspects sur l 'attitude du pape envers le roi au moment de leur rencontre. Tel est le cas de Brantòme qui, dans san E­ lo?e du roi C,harles 1_1111 qui ouvre sa galerie de portraits des grands capi­ tam�s françms, exphque la modération du roi face à l' empressement des card�n�ux p�r sa profond� piété, précisant seulement que le monarque n'a pas ete paye en retour pmsque le pape l'a par la suite encore trahi'1• Mais aucune sourc� �e s ' enyent à l'analyse faite par Briçonnet: le roi ménage le pape pour eviter qu Il ne renforce le camp des Aragonais. La rencontre du 16 janvi�r est en revancl:e d'une grande importance pour le pape: non se�lement Il . con �erv� la tiare, mais il poussera l 'ironie jusqu' à faire pemdre par Pmtuncchw des fresques pour le chateau Saint Ange dans les­ quelles, sernble-t-il, étaient représentés les épisodes de subordination du roi au p ape: Charles tenant l' étrier du p ape, Charles agenouillé devant le pontife, etc32 • Or, les sources françaises sont passées totalernent à còté de GILLES, Anna/es et chroniques (continuées jusqu'en 1 557) Paris chez Ambroise de la Porte 1 557, f. 1 1 4v. ' ' Il fau� utilise�· la traduction de Nicole de La Chesnaye avec précaution tant il . , latnust s avere un pietre e; par conséquent, tonte interprétation de ce texte en termes politiques risque de toumer à vide, et les lacunes dans la traduction sont davanlage imputables à l'incurie du traducteur qu'à sa volonté de repensepeut-etre r le con­ tenu de l'reuvre originale (sur la traduction, cfr. COLLARD, Histoire de France en la­ fin cit., pp. 1 0 1 - 1 1 5). Eloge du roi Charles VIII, dans Oeuvres complètes de Pierre de Bourdeille, seigneur de Brantome. Grands capitaines françois, éd. L. LALANNE, II, Paris 1 866 p. 288: «�ais le v�olement de la Sainte religion le retira et le reproch e qu'on lu eust Pu fmre d'avo?" offensé sa saincteté, bien qu'elle lui en eust donné sujet, et se . . . doutmt-o� bie� qu Il luy en donnermt un autre, conune il fit et pour ce force gens le poussm�nt a luy rendre la pareille, quand ce n ' eust été que pour se tenir sur ses gardes; mms ��n: s 'en faut qu'il luy rendit tout honneur et obéissance, en luy en tonte humilite la pantoufle». Sur le projet historiographique de Brantò baisant me, cfr. M. LAZARD, Brantome, Paris 1 995, pp. 309-31 5 . 32 Cfr. D. TORACCA, Storie dipinte di pontefici, dans La libreria Piccolomini nel duomo di Siena, édd. S. SErrrs-D . TORRACA, Modena 1 998, pp. 227-236, et G. LE Tm:Ec �u Convegne "Roma di fronte all'Europa al tempo di Alessandro VI", Città del Vaticano-Roma 1 -4 dicembre 1999. 29

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l'événernent. Merne Comrnynes, fin connaisseur d� l 'ltal�e, se �onten�e d'une allusion à cette première entrevue («Et luy fmt le �m obedienc� fi­ liale, en toute humilité que roy sauroit faire» ): il est .vrm que pour lm, l � problème majeur du roi tenait �lors . à la disp�oportwn entre la :'�l?�te royale d'imposer la réforme de l Eghs.e �t la faib�esse. de ses possibihtes , autrement dit, à demi-mots ; le mémonaliste confirmmt que le pape et le� cardinaux semblaient trop coriaces pour le jenne monarque, mal entoure par ses conseillers33• • 11 est inutile de reprendre des pomts connus de longue date sur la façon dont Rodrigue Borgia est parvenu à éluder l'essentiel des attentes du mo­ narque français, en particulier s�n investiture �u royau,m� de Naple� . D �ns le fond, l'historiographie françmse, par san silence, revele une petit� VIC­ toire de la diplomatie pontificale qui a parfaitement su cacher ses m�en­ tions. Et pourtant cette historiographie est très loin d'ètre neutre; elle VI�re d'un gallicanisme toujours réaffirmé: le toucher des. écro�elles, :a forte �­ pression laissée sur les Romains par l �s fourches patibuian;es; meme les dif­ férents pèlerinages du roi de France a Rome sont rappeles pour ex�lter sa piété, mais il s'agit d'une piété se passe pape: le traducteur de ,G�gmn, o�­ trepassant sa source, nous montre Charles se ren?a�t dans les e.glises �t re­ glant les affaires romaines «pa�ce que }e pape e.tai� absent>: aJout�-t-Il en guise d'explication. Seule la fm�e de �esar Borgia a Velletn, do.m:e en ga­ ge de bonne fai par le pape et qm devmt accompagner les,Françm� a Napl:s a suscité davantage de désapprobation des auteurs. Andre de la VIgne, poe­ te et chroniqueur, dénonce la trahison enver� le mon.arque, et a,nnonce que le pape s'eu repentira, lui qui verra ses deux flls empnsonnes. L. auteur sugar l es sourc�s gère aussi que le pape était au coura�t de ce coup fourre'34. p , � françaises, prévaut l'hypothèse (vrmsemblablement erronee) d u�e comph­ cité dans ce parjure entre le père et le fils. Les mèmes accu�atwns se re­ trouvent dans les sources françaises à propos de la mort de DJem: nul don­ te ne semble planer sur la nature et l'auteur de ce décès suspect. Commynes

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33 CoMMYNES Mémoires cit., p. 1 88: «car il estoit jenne et mal accompaigné pour conduyre un ;i grand oeuvre que de réfmmer l'Eglise, dont il avoit bien le pouvoir, mais qu'il l'eust sceu bien faire». . . . . 34 CIMBER-D 'ANmu, Archives curieuses c1t., qm c1tent Andre de la VIgne, Ver­ ger d'honneur: «Et se tint [le roi] jusqu'au moys de fevrier [à Velle:ri] où cependa�t plus vite qu'un lévrier le fils du pape/secrètement pae nuyt/se desro?at et d� fmt s'enfuyt/devers le pape, dont tous deux mal gardè�ent/l�ur �oy pronnse, car ils se parjurèrent/de qui personne ne doit tenir conte/car Il avmt fmt au roy le serment/Et . se fioit en luy si grandement». Cfr. aussi DE LA VIGNE, Le voya_ge de N�ples c1t., p. 241, qui reprend le thème de la trahison, «le vilain tour qu'avmt coillillls le tres de­ loyal trai'tre». ,


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comme Gaguin, plus tard Paul Jove et Guichardin l' ont suggéré ou affir­ mé'5. Sur I'attitude du pape à la suite du retour du roi en France, nous ne sommes guère renseignés par les historiens. Seui Robert Gaguin remarque encore une fois qu'au départ de Naples des Français, le pape a fermé Ies portes de Rome et qu'avec ses cardinaux, il a pris une fuite honteuse mal­ gré les p;éca�tions militaires prise� ; cependant le roi de retourn de Naples et avec l agrement du peuple romam fmt une halte dans la cité pontificale36 . Aprè� la �erte de Naples et de la majeure partie du royaume, Alexandre avmt con�rrme � o� engagem�nt dans la ligue, non sans une prudente mesu­ re toute�m.s: en Jmllet 1496, il envoie comme légat le cardinal Carvajal avec pour nnss1on de menacer le roi d'excommunication si celui-ci tente de re­ prendre pied en Italie, mais contrairement aux objurgations vénitiennes il se refus� toujours à excommunier le roi37• C'est que de fait la situation du pape A assurée à Rome. Les prédications enflammées de Savonarole est lom d'etre son messianisme pro-français constituent autant de menaces d'un retour de� �ransalpins en Italie et d'une déposition du pape. Menaces Ioin d'ètre vaines Sl l' on pense que Charles VIII avait en janvier 1497 demandé un avis à la Sorbom:e au sujet de la question du concile38. Finalement la mort presque concm�utante de Savonarole et de Charles VITI semblait modifier la donne en Italie. Le pape �spérait controler la situation d'autant qu'il avait des annes en son pouvorr. Avec l'arrivée au trone de Louis XII, en effet, Alexandre VI se retrou­ ve en position de force. Le roi est marié à Jeanne de France fille de Louis XI, qu'il avait du épouser à la demande de ce dernier. Dès s�n avènement le roi avait fait savoir son désir de divorcer et entrepris des démarches e� ce _ s �ns'9: Or, une telle proc�dure �elevait du pouvoir spirituel. Dès le 4 juin, , deux mms de regne, le pape envoyait une ambassade soi­ smt a peme apres gneuse�ent choisie munie d'une mission précise: négocier la dissolution �u m�nage contre une promesse d'union princière pour César Borgia et son etabhssement e� _Fran�e. Plusi�urs lettres et ambassades sont échangées dont la bulle qm enumere les d1vers motifs de nullité (29 juillet 1498) jus•

eur des dispenses pontificales qui u ' à l'arrivée du due de Valentinois, portBretagne, car �e� l�ens ?e c��san­ de ermettent à Louis d ' épouser Anne 8). Le pape a smv1 l affarre delicate 149 guinité les unissent ( 18 décembre contre toute att nte, Jeanne �e Fran­ de ce divorce avec attention. Alors queauprès �es deux�Juges conmns p�r le ce parvient à faire entendre sa cause149 8 Ph1l- ippe de Lux�mbourg, �,veque pap e, ce dernier nomme le 31 aout hàtera la sentence fmale du diVorce: du Mans, camme troisième juge, qui , smmm• , c'es t un ami de Louis XII40D ret. Alb � d' e rlott Cha � use épo lui, à En mai 1499, César, quant x Vl­ m e soc1 s'as e pap Le e. � titué cons est nne une nouvelle alliance europée du royaume de �-aples: Ferdinand sées franco-espagnoles de démantèlement une bulle pont1f1c ale vass�ux d? d' Aragon et Louis XII sont déclarés parde Naples est déposé au motlf qu'1 l Saint Siège Guin 150 1)41• Le roi Frédéric à Ascagne Sforza, dans une lettre a négocié avec les Tures !42 Ce qui fait dire' tout français '4'. à son frère d'avril 149 9, que le pape estsession de Naples et le roi che�c�e L' armée française prend alors pos sa tentative de réforme a?111lms­ à s'y implanter durablement, à l'instar de ce sont les méandres dl�loma­ trative milanais e. Ce qui nous retient ici,is sait qu il lui faut e méfwr des � tiques: plus avisé que Charles :'Ili, Lo�a Na les, Il: a ordon e, �n 1 �02, _ _1� � qu ue atiq � ptom sym Borgia. N'est-il pas _ t1 c1ta 0n d Isa1e. une er grav Il fmt frappe d'un ducat d'or au revers duquel n de B abylone et du Gra�d Turc sirnilatio Perdam Babylonis nomen. Si l'as ion de Rome-B abylone, au sortrr de la ruct dest la à e renc va de soi la réfé plus44• En effet, ap�ès ��e pre­ crise sav�narolienne, n'est pas à exclure non ns de convergence d'mter,et� , le� mière période si ce n'est d'amitiés , du moi dre une tournure plus seve re a relations franco-pontificales allaient pren

1 994, p. 75. Sur le divorce, �fr. _R. �­ «Bibliothe­ pp. 1 97-204. que de l'Beole des Chartes », 57 ( 1896 ), 77. p. VI, cit., oire Hist 4' PASTOR, tury,

B AUMGARTNER, Louis XII, Londres r VI et le divorce de Louis XII, M. DE MAULDE LA CLAVIÈRE, Alexande 4° F. J.

nt, 1204-1571, 2, The XVth. Cen SETTON, The papacy and the Leva . . , Philadelphia 1978 , p. 5 14. . tra Alesm documentz relatzw all alleanza 43 Cfr. L. G. PÉLISSIER, Sopra alcu », 1 �- 1 8 atria o della Società Romana di Sto�·ia sandro VI et Luigi Xl, «Archivi d1 G . cura a m, Dza I , MARINO SANUDO (189 5), p . 109. Meme idée exprimée par ). Guin 1499 BERCHET, II, Venezia 1 879, p. 798 cfr. D. WEINSTEIN, Sa42 K.

Co� , Mémoires: cit., II, p. 202. Pour un examen récent de l'affaire Djem, �- \T_ATIN, L ordre de Saznt-Jean-de-Jérusalem, l'Empire ottoman et la Méditer­ rane� onentale enti-e !es deu� sièges de Rhodes (1480-1522), Louvain-Paris 1994. 35

cfr. .

. ?AGUIN, Annales c1t., f. 292: «Redeunti pmtas urbis Alexander claudit. _ et aggeribus vallasset, ometum tamen cum cardinalibus se con­ Quam Ii�et foss1s fert. Vemens Romam Carolus favente populo in ea statione fecit». 37 PASTOR, Histoire cit. , V, p. 464; et LABANDE-MAILFER Charles VIII ci·t . , ' p. 426. 38 PASTOR, Histoire cit., VI, p. 33. 3 9 B. QUILLER, Louis XII, Paris 1 986, pp. 1 95-1 96.

.

Savonarole, Sur l'assinlilation Rome-Babylone chez i se souvenir que cette �terrré­ auss faut ll 90. 1 p. vonarole et Florence, Pmis 1 973, ens is XIIn'est pas une vue de� seuls, h1�ton_ tation 'pré-réfmmatrice' du motto de Lou urs allema ds t;fr nçms po�elll ent qum aute � � � 1contemporain s. Dès le XVIIIsiècle, des and XII zs Lou ScHELLER, Gallza czsalpma: sur le sens de cette formule. Cfr. R. W. (198 5), pp. 1 9-20. taly 1499-1508, «Simiolus», 1 5 44


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partir de 1502. Les Borgia, singulièrement César lui créa 1·ent des d"ff· . . tes: , le duc de ·u valentmm. s, rms , l Icul-. en possession de' la R t ait dés?rmai� à la �osc�ne et Pi�e f isait flotter ses � . armes���; �iJ�t �d� a, Asti, Loms reçmt Cesar et lm enjo . mt de modérer ses amb1t10 ' " ns toscanes46 dans le mem t��fesd �"J lm· offre trm. ; s cents lances supplémentaires pou terminer la co: r t e Naples. cedendant, l 'alerte tant plus chaud� que l'a:r��;�r;e; . , .a été d 'au­ e alors que ce dernier tenait un c�� ;ar aupres u l"OI de France mtervenait :;� e? co:p�nie de tout�s les forces i­ taliennes hostiles aux Borgia-. pos é, Pier Varono fi"ls du tyran . ba do e ontefeltro , flls .du due dévamcu de Camerm · anm Sforza de Pesaro et François' de Gonza ue4 . · o, Gwv . 7 L pour le moins mitigées à l'é ard d e� F�.a.nç�s so ?t dans des di�p ositions es Ol Ia· es sig nes, complmsamment ? . rapportés par les chroniqueurs , semblent mdiqu . er que le Pasteur de l 'Egl"Ise n� me,nte pas sa piace. Jean d' Au . . ot�e pnncip ce historiographique sur le règne ton (14 66ale s our­ � . de Louis a be d An gle en qm accompagna le roi da Pm_ tou, . . ' s a t ate la chut� d:�me partie d� palais pontific a� e f: O pape, et, a l mstar de bien des sources italien . . nes, Y vmt moms . un présag� d' un avemr sombre qu 'une punition céleste· . A" n s t P : çus le sou peult estre indice de la disperci :am p �steur, qui : d s s re IS_r ou persecvei utwn d Icelles»•'. Et pourtant d'Auton n ' est pas touI·age roya1 l ' un des person . ' dans l'en nages les plu' s hostiles à Rodngu ' e Borgi. a. Sa grande mim itié s 'exerce plutòt contre César Bo i·gi·a, qu ' ave c une pudeur d'abbe' Ie · ':Dormateur, �. l appel­ le «�eveu du frère du pape»49. Il est vrai d'a1"lleurs que d' Auton a du . motwn à la sa proh r p ' : :; :e � de l 'épisode de la chute d'une parti:dt =l �is l c :é =

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y CLOULAs, Les Borgia , Pmis 1 987 , p. 284. , JEAN D AUTON Chronique . s de Louzs XII e'd R. DE MAULDE LA '

Palis4 1 893 , p. 15- 16. 7

'

cLOULAS,

·

Les Borgia cit. , p. 292. , D AUTON, Chroniques cit. I Pmis 1 889 p . 296· 49 Ibz"d. II, p. 1 2. Sur I 'inirni ' ' tié que portait 'd , Auton à C �sm . , . Bor 48

. . . le chomqueur ne se fait pas fante gia, zbzd ., p. 87: de rappeler comment Phi. hppe de ral de la flotte, l'a pris à part1" Rav . este in, amien lm reprochant de ne pe1Iser. qu ' , · ,rets, en a ses mte ayant poussé à la signature d'u . n accor·d avec Fre'denc me a, la guerre de Naples (aout . , d' Aragon pour mettre un ter150 so , eche de février 1) Cfr.· auss1 supra nota 34 · Cfr. la dep 1 503 d� ven , itle · · n andalo, ambassadeur résident en France, citée par de Maulde la Claviere, dans D AUTON, Chr oniques cit. , I, p. XIV: ,

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A

de l'Eglise puisqu'il écrivit peu après une Epistre élégiaque par l'Eglise militante, encore inédite, mais dont les miniatures représentent la chute d'une colonne de la basilique (de Rome?) sur l' Allégorie de l'Eglise; l' autre colom1e est soutenue par la figure de Louis XII en Charité51• Quant à Humbert Verens, continuateur de Robert Gaguin jusqu'en 1 521, il ponctue sa nanation de l'événement en ajoutant que bientòt sur Alexandre allait s 'abattre un destin plus cruel que les poutres du palais: il viendrait avec Louis52• En revanche, d' Auton se révèle plus avisé que les historiens de Charles VIII lorsqu'il relate l 'anivée des troupes françaises à Rome en juin 1501 et leur accueil par le pape. Instruit par les épisodes précédents, d'Auton analyse ainsi la réception: «le p ape, nonobstant qu ' il fust Espai­ gnol et maulvaix Françoys, toutesfoys dissimula son maulvais vouloir et avec joyeuse chère receut les capitaines françoys»53• Cette fois-ci, à la dif­ férence de 1494, personne dans l'entourage n'est dupe du pape. En juillet 1501, un ambassadeur vénitien G. Cornelio rapporte les propos du cardi­ nal d' Amboise selon lesquels il y avait en Italie trois hommes néfastes: Lu­ dovic Sforza, Maximilien, et le pape54• De fait, ce n' étaient pas de vains propos puisqu'en octobre 1501, le cardinal d'Amboise part négocier à Trente avec Maximilien la déposition du pape et sa propre accession à la tiare: un mémorandum secret ne laisse aucun dante à cet égard, qui définit toutes les étapes de la réforme à venir55• On ne s' étonnera pas si la mort du pape est reçue en France avec une fmme d'indifférence polie, voire d'ironie mordante. D' Auton affirme que pour l'houneur de la chrétienté, il n'en dira pas plus56• Mais à la cour de France, circulent des épitaphes cruelles, camme celle du poète Dardanus57, I, p. 297. Continuateur de GAGUlN, Annales cit., f. 3 12: «Quippe Alexander fulmineris afflatus ventis mortuus creditus est. Set mox convaluit. [ . . . ] Ego facile crederim in certos saevissimos fortunam (quo Ludovicum cum unum efferat de alto - si dii si­ nant - mox elisura)». 53 o ' AUTON, Chroniques cit., II, p. 34. 54 Ibid., II, p. 87. 55 Ibid., II, p. 143. 56 Jbid., m, p. 202. Il ne peut s'empecher, toutefois, de rappmter ce que d'au­ tres auteurs ont colporté, à savoir l'état lamentable de décomposition de la dépouil­ le mortelle, sujet de toutes les interprétation et suspicions quant à la nature du décès. 57 Ejusdem Dardani Epitaphium Alexandri Sexti, pontificis maximi; cfr. aussi: «urbem rapinis, igne, ferro, funditus/ Vastavit, hausit, eruit, humana jura nec minus celestia!Ipsosque sustulit deos/ Ut scilicet, heu scelus, proptie nate conjugeret/ Nec execrandis abstineret nuptiis/ Timore sublato semel [ . . . ] Nunc aut Caligula nomina/ turpes aut Helios Gaballos», dans o ' AUTON, Chroniques cit., m, p. 201 . 51

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CLAVIÈRE, III,

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lbid.,


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qui évoq?e les a��urs incestueuses du pap es et en fait l' égal à Rome des Né­ ro� , Call�gula, Hehogabal. Quant au con tinuateur de Gaguin, il note avec un �md cymsme: ce fut un excellent pontifice JUgements sur la personne et sa prévaric pour sa famille58• Cependant, les ation, son obsession à construire une dy�ast!e ital�enne ou française (peu de temps avant de mourir alors que . l�s hostilites avarent repris entre la Fran ce et lie, le pap� s ' ét�it proposé de payer le deu l'Espagne pour le Sud de l'Ita­ x tiers de la guerre contre les Es­ pagnols �� ��ms � accordait à son f � s le titre de roi de Sicile, ce qui _ semble sigmfier qu Alexandre env1sag emt une reconquete française au-delà du royaume de NapleS59) ne doivent pas occulter que son attitude à l'égard Continuateur de GAGUIN, Annales cit., f. 3 14: «optimus fuerit pontifex sola prole notandus ». C' est �e qu ' �ff"rr:ne B AUMGA�1NER, Lou is XII cit., p. 1 3 1 ; cependant cet _ . me aute�r. renv a ce SUJet a u� _ma�uscn_t de la Collectio n Dupuy (ms. 28, f. 1 7) de la _ _ ca�10n fmt �� l. Nat. �e Par��- Or enf1 ; �, l� texte inséré dans un ensemble portant le htre Re��ezl de pzec s, mstr uctlOns, memmres conc�rnant l' � histoire de l 'Jtalie, XVe­ XVII� szec�e ne confnme pas l 'hyp othèse du savant américain. Au folio 17, il y est qu�stron d �n accor� entre A!e andre et le roi de France pour pérermiser les insta l­ l�tio�s des frls Borgra. En vmcr�la teneur abrégée: «Don Jehan Borgia, due de Can ­ dra, trent et possede au royaulme en Ten e de labour le duché [ . . . ] et tient l'office de connestable et pour ce que ledit office de onne�table est dudit due de Candia lequel est de l , aage de sept ans et est absent et � mhabille a exercer ledit office sa sainteté est contant� s'il pla�st at� roy que le�it office soit baille au due de Vallentinoy [. . .] Don Geoffroy Borgra, pnnce d ,Esquilla sse re du royaulme et y a neuf ans qu'il a touj [ . . . ] est locothete cest a dire protonotai­ ours tenu et tient et exerce ledit office». Les revenus d� Valentinois sont bien sur détaillés. n y est aussi question des enga ­ geme�ts du rm de F�·ance et des concessio cognm� se que sa samteté a sincerement ns pontificale: «Et affin que le roy mieulx et liber des mamtenant est contante sa sainteté donn allement envers ledit roy, ce faisant er et remettre liberallement et resolu­ ment tout le terme que ledit roy est tenu payer pour sa porcion dudit royaulme qui est xxnnm. ducats l' an ée et de ce, sa sain teté en fera bulle autentique du conseil � et consentement de messerg neurs les cardinaux et aultres si veult sa sainteté donner �t reme,t�re tou� ce qu� le roy Frederic est oblige payer a sa sainteté par son obliga­ _ _ hon q� rl luy �rst de l mve �trture d� royaulme qui est de C.m ducats au payement desqme��x ledrt roy Fredenc se obligea luy ses biens et ses _ me. Et s il plars t au roy de faire et conclure en ceste faco possessions au royau­ n pouna accepter et con­ cl�re de soy mesme et fair·e lesdits privilege s en forme oportune ou envoyer procu­ ratwn et f�culte a ses ambassadeurs esta nt par deca de pouvoir· conclure. En ce fai­ sant, sa samtete baillera lesdites bulles d'irrvestiture et remission dudit terme libe­ r�ll�me�t a ses ambassadeurs sans les mec tre es mams du cardinal Samt Severin a�s1 q� on avm. t �o�clu premie�·ement» f. 17. S 'agissant d'un recueil aussi compo­ SI�e, qm plus est ecnt en françms, alors qu'il s'agit vraisemblablement d'une lettr pnvée ou d'un projet d'accord, il va de e soi que le document est une traduction; l'o58

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de Louis XII n'a pas eu les memes ondulations qu'avec Charles Vlll. Il est resté toujours fidèle à l' alliance française en qui il voya�t le �lus sùr moy�n de conforter ses ambitions familiales. Il est d' ailleurs smguher que les his­ toriens français l'aient reconnu, malgré le mépris qu'ils afficha,ie_nt pour la , simonie et le népotisme comrne mode de gouvernement, et n a1ent guere chargé le portrait du pape, décochant leurs flèches sur ses successeurs. C'est ainsi que Jean Bouchet, auteur des Faicts et gestes en somma_ire des roys �e France et d'Angleterre, Pays de Naples et de Milan ou le contmuateur de N�­ coles Gille comrnentent la mort du Pie Ill, successeur d' Alexandre: «S 'Il eust longuement veseu eust faict plusieurs grands. ennu�s �ux Fr�nçais car ia avoit comrnencé mais il deceda d'une fistule qu'1l avmt a la cmsse»60• Seul Nicole de La Chesnaye en 15 12, traducteur de Robert Gaguin, ajoute «Tou­ tesfoys à l'exemple du pape Alexandre, il [Pie Ill] comrnenc?it ?e �onspirer _ contre les Françoys comrne indigne et malcontent de la veorr ams1 g�oneu­ sement regner en Itales et en Lombardie. Pour qu?i il esp�rait leur f�rre des domrnages es jours advenir. Mais Dieu le tout pmssant s�Igneu� (qm a tou­ _ jours perservé le lys et la noble couronne et les tres chret1ens rms de Fran�e de toute adversité) perrnist qu'il ne regna pas longuement>: \f. 2�6). Ma�s dans l'ensemble, il faut remarquer l'effacement dans l histonographie contemporaine de la figure du pape. Le poète et historien Gringore, da�s son opuscule intitulé L 'espoir �e paix, publié �n. 1 5 10, �ress_e un po:tr�It des _ pontifes depms les ongmes de l Eghse, en d1stnb ant principaux souverams � _ bons et mauvais points61: faut-il s 'étonner s'il n'a pas JUgé bon de mentwn­ ner le cas d' Alexandre VI? Il est vrai que l'anivée sur le trone de Jules Il, papa terribilis, allait fournir à cette historiographie française gallicane l'occasion de se décha�­ ner sans retenue62• Car, au final, l 'essentiel est là: l'historiographie françm-

riginal ne nous est pas connu. Mais il est difficile d'affirmer, ��mme le fait B aun;­ gartner, qu'il s'agit d'un projet d'investiture du royaun�e de Srcile. n semble plutot qu'il s'agisse d'une confirmation de l'investiture pronnse du royaume de Nap�es. 60 B oucHET, Chroniques d'Aquitaine cit., p. 3 12; GILLE, Anna�es et chromques . cit., p. 121. A remarquer, toutefois, que les diplomates et les pohtrques du tem�s _ semblaient plus modérés dans leurs jugements. Le chancel�er Guy de �ochefo�t e­ crivait le 30 septembre 1 503 à Piene de Bourbon que «le legat luy a fart scavorr �a création du pape [Pie ill] , lequel sera bon, comme il le d�t, _ro�r le roy et ses affm­ _ res», cité par L.G. PÉLISSIER, Quelques documents pour l hzstozre de Szenne (14991503), «Bullettino Senese di Storia Patria», 7 ( 1900), p. 7. , I, PIERRE GRINGORE, L' espoir de Paix, dans GRINGORE, illuvres completes, (Euvres politiques, éd. C. D 'HÉRICOURT-A. DE MONTAIGLON, Paris 1 858, pp. 1_�9-185. Par une singulière convergence, catholiques et protestants du �le srecle al­ laient développer un portrait favorable à Louis XII et très défavorable a Jules II, la 61

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se aut�nt que la diplomatie des monarques transalpins à l'égard des papes s'appuw?t sur des donn�es élémentaires mais essentielles. Qu'importe, en �ffet, qu Alexandre VI mt cherché quelquefois à gmger les rois: sur le fond, Il ne les a n�lleme�t e�peché de parvenir à conquérir le royaume de Naples ou le duche de Milan; Il n'est pour rien dans la défaite; meme la constitu­ ti?n de la Ligue de Venise en 1495 ne lui est pas imputée comme une tra­ hison .. A l'aune de ces considérations très pragmatiques, on mesure mieux le� rmsons �· �ne relativ� �ndifférence de� sources françaises contempo­ _ _ rames ou leger �ment posteneures au pontificat. Il en va tout autrement pour le grand en�emi d�s Franç�is en Italie, celui qui non seulement apparaissait �omme un mgrat a l ' endrmt des Français mais qui avait meme réussi à dé­ JOuer la menace conciliaire, à savoir Jules II. Les besogneuses manoeuvres d' Alexandre VI, tout englué dans une stratégie purement familiale ne sem­ blaient décidément pas retenir l' attention de ceux dont la missio� était de narrer la geste royale en dénonçant ceux qui en empechaient le déroulement harmonieux. L' attitude ambigue du pape, rarement ouvertement anti-fran­ ç�ise, lui valait de fait la relative indifférence ou le mépris silencieux des _ histonens français. J?inte à la violence des attaques anti-françaises d'un �?-les II,, elles �ch�vmen: de confiimer, à leurs yeux de gallicans, l'impé­ _ d une reforme dont le roi très-chrétien se devait d'etre le neuse necessite garant.

lutte ��tre les deux �ouverains occultant quelque peu le souvenir d'Alexandre VI (sur l image d� Loms xn, cfr. F. J. BAUMGARTNER, Le roi de bonté: the Image of _ Louzs I Durmg the French Wars of Religion, dans Politics, Religion and Diplo­

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macy m Early Modem Europe. Essays in Honor of De Lamar Jensen, édd. M. R. ThoRP-A. _ J. SLAVIN, Kirksville 1 994, pp. 1 13-126). Je n'ai pas pu consulter, sur les sour_ces drrectement contemporaines de Louis Xll, M. SHERMAN, The Selling of Lo':us XII: Propaganda and Popular Culture in Renaissance France, Ph. D . Disser­ _ tatiOn, Chicago 1 974.

ALFRED KOHLER El Sacro Imperio Romano en la época de Maximiliano

Qué fue el Sacro Imperio Romano? Un Estado medieval y por es� un Estado feudal? O fue un Estado federativo y moderno o un con:posltum mixtum una monarquia o una aristocracia? Fue sucesor del Impeno Roma­ no? y ;or eso los emperadores fueron a la cumbre de los principes de todo _ Europa, juridicamente, nominalmente? Con poder o sm fuerza? . ., . Mis declaraciones se refieren a dos temas, pnmero a la constitucion o sea a las costumbres juridicas del Imperio en la época de Maximiliano I, al segundo me ocupo de los conflictos politicos y juridicos entre el emperador y los Estados del Imperio. . . Cmiles eran los territorios y las fronteras del Impeno? «El Impeno a­ barcaba un dominio de derecho mas extenso que la Alemania actual. De­ pendian del Imperio territorios que corr�s�onden a los Estado� actuales �e _ Belgica, Luxem?urgo, Liechte tem, Austria, Republica Checa, Eslovema, �� el este de Francia, el oeste de Polonia, el norte de Italia (con excepc10n de los territorios de la Republica de Venecia), asi como también, hasta la paz de Westfalia que se celebr6 en 1 648, los Paises Bajos y los Estados de los confederados suizos. El Imperio era entonces un sistema de estados federa­ les en el que vivian una gran cuantidad de pueblos diferentes con lenguas distintas» 1 • El Sacro Imperio pasa a la Edad Moderna como un 'Estado feudal' (Le­ hensstaat) con diversos territorios de muy distintas dimensiones. Esta con�­ tituido tanto por grandes Estados territoriales, del tipo de l ?s y aises austr:­ acos y Brandemburgo, como por los mas o menos 1 45 mmus�ul�s dor:n­ nios que poseian los condes y lo� ca_balleros y los 83 , mona�tenos �pen�­ , les ' . Habia mas o menos 24 'pnncipados seculares (weltlzche Fw stentu­ , mer) y 46 'prin�i?ados ecles�asticos ' (geist�iche Fur�tentur::er) y, �demas, , _ se contaba tambwn con 85 'cmdades Impenales (Rezchsstadte), «sm men­ cionar los aproximadamente tres centenares de 'feudos imp�riales ' (Reichs­ lehen) del norte de Italia como Milan, M6dena y Génova. �m embargo, to­ dos estos 'feudos imperiales' tenian algo en comun: al monr el vasallo o el sefior feudal (el Emperador o sea el Rey), el feudo tenia que ser renovado. Todos los sefiores de feudos imperiales dependian directamente del Impe-

1 F. EDELMAYER, El Sacro Imperio a comienzos de edad Moderna, en Durero Y la Edad de Oro del Grabado Aleman (s. XV-XVI), Madrid 1997, pp. 1 9-34.


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rio (reichsunmittelbar), es decir, dependian unicamente del Rey o sea del Emperador. La articulacion de los miembros del Imperio quedo regulada de un modo definitivo en las postrimerias de la Edad Media, y el sistema feu­ dal entonces definido se mantuvo hasta el final del Imperio, que se produ­ jo en 1 806»2• Se habla de diez o doce milliones de habitantes en las zonas de habla ale­ mana del Imperio en 1500. 90 por cientos de la poblacion agrar ia vivia en el campo, donde los campesinos tenian mas facilidades para el aprov ision a­ miento de comestibles que las capas sociales inferiores de las ciuda des. La agitacion social de las grandes ciudades (hacia 1 500 habitantes , Estrasburg o, Augsburgo y Nuremberg unosColonia tenia 30.000 estratos sociales inferiores y de los precios crecientes 20.000) nacia de los de alimentos. El Imperio fue la mas grande monarquia electiva delos Euro pa. Desde la 'Buia de Oro' (Goldene Bulle) del emperador Carlos N, del afi o 1356 elegi­ an al rey de romanos siete electores (Kurfiri sten): los arzob ispos de Magun­ cia, Colonia y Tréveris, el rey de Bohemia, el conde de Palat ino, el duque de Sajonia y el marqués de Brandemburgo . El papa podia coron ar como empe­ rador al rey en Roma, lo que sucedio por ultima vez en el afi o 1452 , cuan do Federico IIIviajo hasta esta ciudad. Su hijo, Maximili ano I no pudo ir a Ro­ ma por culpa de las guerras que mantenia con Venecia, él mismo se autocorono. Maximiliano I se llamo, por de modo que en 1 508 dor de los romanos' . «Desde entonces queda establecidello, 'Electo empera­ practica de que el emperador intentase convencer en a definitivamente la que eligiesen Rey de Romanos 'vivente imperatore' , vida a los electores de el cual, a la muerte el emperador, asumiria por su parte el titulo imperia!. Este la Casa de Austria; de modo que entre 1438 y 1 806 proceso favorecio a bros de esta familia los reyes de Romanos o los Empsiempre fueron miem­ erado La Constitucion del Imperio, fijada tanto por la 'Buia res»3• como por un conjunto de derechos y costumbres, doto de Oro' de 1356 , de un marco federativo anticuado pero restistente. Soloal centro de Europa servado como residuo el principado eclesiastic o: tres aqui se habia con­ de los principes elec­ tor.es y la mayoria de los miembros de la curia principesc a eran arzobispos, obispos o abades, dependientes como tales no solo de su parte de la cabeza del Imperio, sino también de su conf investidura por del papa. Solo en el Imperio le habia sido posible al irmacion por parte nobleza (el estamento de los principes del Imperio), estrato superior de la y a una parte conside­ rable de la mediana y baja nobleza (condes y sefiores, les), establecerse como Reichsunmittelbar, es decir, caballeros imperia­ 'inmediatos' al Impe2

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Ibid. , p. 2 1 . Ibid., p. 22.

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rio. Esta figura juridico-constitucional de la Reichsunmittel�ar�eit cubria realidades polfticas extraordinariamente d�versas: w·an�es temto�IOS COn Un principe del Imperio a su cabeza y con dwtas terntonales prop1as, p�r un }ado y, por otro, un gran conjunto de sefiorios pequefio� y muy pequen�s, a los cuales quedo asegurada una existencia propia, no m�egrados en u�Ida­ des tenitoriales mayores, hasta el mismo final del Impeno. Pero el caracter de 'Estado del Imperio' , en el sentido de participacion en la Dieta del Im­ perio - el organo de legislacion y decision que el emperador convocaba 0 casionalmente, de acuerdo con los prfncipes electores, y a cuya cabeza se encontraba -, solo lo tenian los principes, condes y sefiores, abades Y aba­ desas, asi como las ciudades imperiales. «El Rey o Emperador convocaba la Dieta imperial (�eichstag), la a­ samblea de los 'Estados del Imperio' (Reichsstiinde), la mas grande asam­ blea de los estados en Europa. La Dieta imperia! se reuni6 durante los si­ glos XV y XVI a intervalos irregulares y la estaba cons�itu�da por los elec­ , tores, por los Prfncipes (principes imperiales tanto eclesiastic ?s como s��u­ lares, como, por ejemplo, el Arzobispo de Salzburgo, el Obispo de .wurz­ burgo, el Abad de Fulda, el Archiduque de Austria, el Duque d� Baviera, el Duque de Braunschweig, el Duque de Wiirttemberg, el Marques de Baden, etc.; sin embargo, de los Principes imperiales italia�DS solo . tenia .derecho a articipar el Duque de Saboya), asi como por las cmdades nnpenales (Nu­ remberg, Ratisbona, Frankfurt, Worms, Augsburgo etc.)»4• Dentr? d�l . con­ sejo de los principes solo poseian votos 'viriles' , .esto es, votos mdivid�a­ les, los prfncipes espirituales y temporales. El conJunto de los prelados dis­ ponia de dos votos curiales, al igual q�e e� conj�nto d� los condes.. «Quienes formaban parte de la Dieta 1m��nal teman como objet�. v� o­ cuparse, junto con el Emperador, de la solucwn de los problemas mas Im­ portantes del Imperio. En aquellos primeros afios de la Edad Mo�erna, es­ tos problemas fueron sobre todo cuestione� ��ares (como �or eJe�plo la lucha del Imperio contra los turcos), la JUSticia del Impeno (Rezchsge­ richtswesen) y el ordenamiento monetario del Imperio (Reichsmiinzord­ nung), y después la division religiosa entre catolicos y protestanteS»5• En las Dietas imperiales estaban representados entonces, y con muy pocas excepciones, tan solo principes y ciu�ades del territorio de habla al�­ , mana. Comullillente se consideraba al prop10 emperador como a un prmci­ pe aleman. Pero la existencia ?e la dignida� imperia! �z? que, hacia 1 � 00, la gente de habla alemana tuviese una conciencm de si rmsma muy p.articu­ lar. Se sintio el 'pueblo imperia!' que, como tal, gozaba de una gran Impor-

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Jbid. , p. 22. Jbid., pp. 22

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tancia en Europa. El Imperio - y sobre todo los tenitorios de habla alema­ na - constitia todavia en 1 500 el centro del mundo cristiano, se regia por un soberan� �ue se con �ider�ba, junto al papa, la cabeza de la cristiandad, y era, por ultnno, una p1eza Impmiante en el engranaje del comercio europeo. . Dentro de l ?s ��tados tenito�·ia�es alemanes se repetia, en un segundo mvel, la contrad1ccwn entre el pnnc1pe y los estamentos. Los sefiores ecle­ siasticos (en Alemania centrai y septentrional también cada uno de Ios obis­ pados, individualmente) fueron socios de los principes tenitoriales en el de­ sanollo de una estatalidad moderna, que intentaba sustraerse cada vez mas a la injerencia de los organos del Imperio. No obstante, el desarrollo interno d� los tenit�rios p�rmanecio durante largo tiempo dependiente, en gran me­ dida, de la Situacwn generai en el Imperio. La investigacion sistematica del engranaje entre estos diversos factores (por ejemplo, la correlacion entre die­ tas �mp_erial�s y die�as territoriales, o entre legislacion imperia! y Iegislacion temtonal) solo ha s1 do emprendida en época muy reciente. El hecho de que la est�talidad moderna en el ambito lingUistico aleman (Prusia-Alemania, Austna) posea raices territoriales ajenas a la tradicion constitucional del Im­ perio, ha incidido durante mucho tiempo en esta direccion. Venimos a la segunda parte que se refiere a los conflictos entre Maxi­ miliano y los Estados del Imperio. En la época de Maximiliano I Ios con­ flictos con los Estados culminaron durante el periodo desde 1495 basta 1512. _Existio un grave disenso entre la politica dinastica del emperador y los ob]etos de los estados que quisieron un emperador fuerte por Iuchar con­ tra !os enemigos del Imperio - turcos, franceses, y ademas una politica im­ penal en Italia - pero quisieron determinar totalmente el ambito politico del emperador - su politica extranjera, también guerra y paz. Los esfuerzos de lo � _estados por reformar la constitucion del Imperio en la época de Maxi­ rmhano I fueron conducidos del arzobispo de Maguncia, Berthold de Hen­ neberg, que queria establecer un régimen centrai incluido la participacion �e los �st��os. Pero los esfuerzos por reformar la constitucion imperia! ba­ JO MaXIrmhano I no se habian resuelto decisivamente. La creacion del 'Tri­ buna! de Camara' (Reichskammergericht) en 1495, con la proscripcion ex­ presa del derecho de autodefensa (Fehde), significo un Iogro durable; se trataba de una institucion mixta, cuyos miembros eran previstos por el em­ perador y por los estados del Imperio segìin una clave numérica. También continuaria su existencia la division del Imperio en diez c:fr­ c�los (tras 1 512); los c:frculos tenian una importante funcion en el manteni­ rmento de l � pa� te�to�ial y �orno organos de coordinacion. El antagonis­ mo en�re la mstitucton nnpenal y los estamentos ( desarrollo aqui de com­ petencias centrales; asseguramiento alla de las libertades estamentales y construccion de los estados territoriales) vino a solventarse abiertamente en la cuestion del ' gobierno del Imperio', esto es, en el intento de crear un or­ gano centrai de gobierno del Imperio. Maximiliano queria que fuese una

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instancia monarquica, mientras los estados del Imperio deseaban u n orga­ nos de tipo federativo. En el curso de la �u�h_a entre los �sta�os Y el e�perap1darador, el 'gobierno del Imperio' de Max1rmhano se habm d1suelto . . mente (entre 1500 y 1502). Del mismo modo quedaron en e1 camino 1os m­ tentos de creacion de un 'impuesto imperial' , asi como otros proyectos de modernizacion. El emperador podfa acabar su desastre politico en los _a�os desde 15 _10 basta 1 5 19. Fue el éxito dinastico - las bodas con la farmlia d_e los Jagie­ llones en 15 15 - por eso la sucesion en los reinados de Bohemm y Ungrfa. Solo �n Italia Maximiliano perdio su posicion contra �en�cia. Del papa no podfa lograr la coronacion como emperador, por eso s1gma la autocorona­ cion en Trento en 1508. Con el comienzo del reinado de Carlos V, la lucha entre el emperador y los Estados del Imperio por disefiar en futuro para _ !� constitucion impe­ ria! entro en un nuevo y mas diffcil estadio. Las posicwnes de poder � los co�promisos extraalemanes del emperador podian significar para los mte­ reses individuales de los Estados tanto una amenaza como una �escarga. Otra cosa sucedia con los intereses de los Estados de menor t�mano Y tam­ bién con muchas ciudades imperiales que marchaban en ocaswnes confor­ mes a las tendencias monarquicas del emperador. Los nuevos campos de conflicto aparejados a la crisis de la Iglesia han de verse sobre el tras!on�o de este antagonismo de principio entre el emperador y el Estado temtonal de impronta estamental. . . . . La Casa de Austria era, a causa de sus vanas alianzas matrimomale� , la mas importante dinastia europea internacional. Al final d� la Edad Medm la tenia una fuetie orientacion centroeuropea, per? ya �edenco III, �l � adre de Maximiliano habfa introducido con su matnmomo con la pnnctpesa potiuguesa Leo�or (1452) una nueva d�m��sion dinastica que enc�ntro su _ a continuacion en el matrimonio de Maxlllllliano con la heredera bmgono � Maria (1477). La orientacion politica que acompafi6 a estos. enlaces perrm­ tio a la Casa de Habsburgo salir de la estrechez de las relacwnes centroeu­ ropeas y situarse entre las dinastias mas importantes de �uropa. En 1492 Maximiliano, que desde 1486 ostentaba el titulo de rey �e _T?­ manos, sucedio a su padre en el S acro �mperio R?�ano. �n. esta posicion tuvo que hacer frente a un nuevo cometido: la pohttca tradictonal de la ca­ beza del Imperio. Su segando matrimonio con _Blan�a Marfa �!orza (1493/�4) se explica por su afan de obtener el apoy? !manc1ero y ��tar de las pr�­ cipales dinastias de la alta Italia, un proposito que fracaso, tgual que s� m­ tento de obtener el apoyo permanente eficaz de lo� �sta�os del Impeno a su politica italiana. La constante escasez d� _ los mas mdts�ensabl_es recur­ _ �I� fonda­ sos financieros para llevar a cabo una politica europea, dtferen mentalmente la situacion de Maximiliano de la de los Reyes Catohcos, � a la menudo criticada volubilidad de la politica de Maximiliano se exphca


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también por el abismo insalvable que existia entre la intencion y la realiza­ cion politico-militar. Entre los reinos de la pen{nsula ibérica, las constantes bodas entre las casas reinantes habian sido una contribucion esencial a la union politica. Esto ocurio sobre todo en Castilla y Aragon, especialmente en el siglo XV. Las proyectos matrimoniales ingleses y habsburgueses estaban destinados a asegurar la defensa del Rosellon y del sur de Italia frente a las ambicio­ nes francesas. En ambos casos estaban amenazadas las posiciones aragone­ sas, sobre todo el reino de Napoles, que desde la campana de Carlos VIII �e F�an�ia (1494) se habia de conve11ir en el objetivo principal de la poli­ tica Italiana de los Reyes Catolicos. Napoles era el objeto de litigio entre Espa?a y �rancia y allanaba al mismo tiempo el camino para una conver­ gencta de mtereses de las fuerzas antifrancesas de Europa, entre las que Maximiliano I ocupaba un lugar destacado. Su compromiso italiano convirtio a Maximiliano I en el enemigo per­ manente de Francia y le puso dellado de las Reyes Catolicos. En marzo de 14:5 se ��irio a la Liga Santa constituida por las monarcas espanoles con la mt��cwn de expulsar a Carlos VIII de Italia. Pero la coordinacion politi­ co-militar con Espana fracaso por la falta de medios financieros (1496). De esta manera el du��do de Milan quedo en las anos 1499 y 1500 bajo la in­ _ de la poht1ca francesa. La lucha con Francia por Milan y con Ve­ flu�ncta necia por una parte de la 'tena ferma' constituyeron desde entonces las ob­ jetivos primordiales de la politica italiana de Maximiliano en las dos ulti­ mas décadas de su reinado. Pero mientras las Reyes Catolicos consiguieron apoderarse de Napoles, Maximiliano no pudo desalojar a las franceses de Milan. Habria de ser su nieto Carlos V quien padria acabar al predominio francés en la alta Italia. Sin el transcendental acontecimiento de la campana italiana de Carlos VIII _de Francia, dificilmente se habria hecho realidad el proyecto del doble �at�1?Ionio ent:e los hijos de las Reyes Cat6licos - Juan y Juana - y de Ma­ Xlillihano - Fehpe el Hermoso y Margarita - la 'boda espanola' durante las anos 1495 y 1497. No se trataba, por lo tanto, solo de ponerse de acuer­ do las matrimonios proyectados, sino también de un tratado de amistad y de prom�sas de aY_U?a militar. La firma de archicanciller de Maguncia po­ n� �d�mas. de mamf1esto que el Sacro Imperio Romano estuvo dese el prin­ CipiO nnplicado en las tratados matrimoniales. La posicion del papado, que habia superado la crisis del siglo XV sin llegar a emprender la reforma exigida en las consilios, por un lado, la ide­ ol� g{a del fasto y el prestigio, propia de la cultura renacentista italiana, ga­ na la mano en la corte papal, por otro, la curia, poder entre poderes, se vio envue!ta en las luchas por Italia y por la hegemonia europea, luchas que se suced1eron dese 1494. La concunencia de esta autoafirmacion politica y de la nueva forma de autoexposicion cultural del papado, con tendencias mas

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el papado desanolladas bacia la centralizacion intraeclesial, implico para ser sufi­ puede no que s, una situacion novedosa de graves consecuencia la de ' muncientemente descrita a partir de categorias moralizadoras como danizacion' . Las relaciones entre el imperio y el papado o sea la curia fueron muy los papas estrechos en razon de las relaciones medievales y la posicion decorona r el podia papa el ente solam e en la constitucion del imperio, porqu ca­ o derech del ncias t compe mas � emperador. Ademas la curia tenia mucho ena. Inglat o ia Franc en que io nonico en frente a la iglesia del imper ­ La situacion en el Imperio, donde la ausencia de prerrogativas monar de ion enc interv libre la a s puerta las abria _ quicas faltan como en Francia hcam» , Roma. Las «gravaminas nationis Germanicae contra sedem apostomas di­ presentados una y otra vez por las Estados del Imperio, reunian_ del popul ­ s escnto e o papad al s � ataque las �_ verso tipo. Aun mas fuertes eran a precan la de n olacw extrap tal de través A res o en panfletos humanistas. u en ? situacion propia, y su fijacion acusatoria en Roma, pudo mantenerse rapi­ muy o cambi ion situac La nia. Alema de principio el consenso dentro _ ma­ damente, una vez clara que una actuacion decididamente reforrmsta ende la teria religiosa llevaba, bajo aquellas circunstancias, a una crisis global sociedad. Fiscalizaci6n y comercializaci6n de la administracion eclesial, espeta­ cialmente en su centrai romana. Junto a la cuantificaci6n de las presen la de cion ciones y los c6mputos de gracia y penitencia; junto a la institu ni­ ? uitect ar compra de dispensas o la venta de bulas para financiar obras _q_ un siste­ cas (la nueva basilica de San Pedro de Roma, entre otras) , surg10 del de­ ma fiscal global, que aparecia fundamental desde el punto de :istaconc r­ recho eclesiastico, pero que, sobre todo en aquellos no proteg1dos s ?mdariamente contra la intervenci6n de la curia, suscito reacciones fuerte eluso extremas frente a Roma. La Todo esto con la consecuencia de un aumento de la fiscalizacion . a portab s e io Imper el desde __ porci6n de impuestos de la camara apostoli�a to­ 16 por cientos y antes solamente 5 o 6 por c1entos en comparacwn con de ento au el 1a cuenc conse por ?I da la iglesia cat61ica. Este fenomeno tenia Roma­ los impuestos. Unos anos antes Martin Lutero , en el Sacro Impeno la cu­ Sede, Santa la y ador emper el no existi6 una crisis de confianza entre ta par­ ria romana. El éxito de Lutero en el publico del Imperio se remon li­ aposto sedem contra anicae Germ cialmente a las «gravaminas nationis de época la de decir, es , futuro del ctos cam». Fueron las temas de las confli io se­ Carlos V o de la reforma en el siglo XVI, en la época cuando el Imper V. ra parte del imperio mundial de Carlos


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BIBLIOGRAFIA F. , El Sacro Imperio a comienzos de edad Mod la Edad de Oro del Grabado Aleman (s. XV-XVI) erna, en Durero , Madrid 1997 , pp. 19-34.

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MARIA CONSIGLIA DE MATTEIS Alessandro VI: alle origini di un mito negativo

Manca purtroppo per Alessandro VI un libro come quello recentemen­ te apparso a cura di Jean Coste su Bonifacio VITI'. Circostanza che rende poco agevole qualsiasi tentativo di ricostruzione della personalità del pon­ tefice, al secolo Rodrigo Borgia, in termini verosimilmente oggettivi, e pre­ giudica quindi la possibilità di individuazione delle ragioni basilari di un mito fortemente negativo, che come è noto, attiene la persona e l'operato di papa Borgia, figura complessa e contraddittoria, avvezza a una pratica di vi­ ta dissipata e licenziosa, ma non del tutto priva di qualità2• Uomo pavido, ma non codardo, protervo ma generoso, ostinato ma tollerante, morbosa­ mente avido di potere e di beni materiali per sé e per la sua famiglia, ma an­ che attento amministratore dei beni della Chiesa e tutore delle libertà ec­ clesiastiche, grande ostentatore di ricchezze inoltre, e generoso mecenate di scienziati ed artisti. Una sintesi, insomma, di doti scarsamente apprezzate, parrebbe, e di vizi smisuratamente considerati che hanno alimentato nel tempo la proposizione di una tetra immagine del Borgia. La sua elezione a pontefice, lunga e contrastata, come si evince dalle testimonianze coeve3, si inserisce in quel contesto politico di fine Quattro-

CosTE, Boniface VIII en procès: articles d'accusation et dépositions des té­ (1303-1311), Roma 1995. 2 Indicazioni dettagliate di carattere biografico e in ordine ai vari uffici eccle­ siastici ricope1ti nel corso della vita del pontefice in questione si trovano oltre che negli scritti che saranno citati nelle note successive, nella voce curata da G.B. PI­ COTII in DBI, 2, Roma 1960, pp. 196-205 e nella voce curata da J. FERNANDEZ A­ LONSO per il Dizionario storico del Papato, I, Torino 1996, pp. 3 1 -34. Si veda inol­ tre A. FLicHE-V. MARTIN, Storia della Chiesa, Torino 1963, soprattutto XV, pp. 170172; G. PEPE, La politica dei Borgia, Napoli 1946, oltre ovviamente al pur sempre utile L. VON PASTOR, Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, III, Roma 1932, pp. 327-637. Si veda, oltre la descrizione puntuale e mticolata dell'evento fornita in ibid., III, pp. 281-287, le considerazioni sull'argomento di G.B. PICOTII, Nuovi studi e docu­ menti intorno a papa Alessandro VI, «Rivista di Storia della Chiesa in Italia», 5 (1951), pp. 169-173. n lavoro in questione è tanto più apprezzabile per la documen­ tazione relativa agli atti del Conclave in Appendice (pp. 241-262); si veda inoltre del­ lo stesso G.B. PrcoTII, Ancora sul Borgia, «Rivista di Storia della Chiesa in Italia», 8 1 J.

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cento, segnato da forti contrasti tra le potenze europee, Napoli e Milano so­ p�attutt� , poco interessa�e �ll'a�parenza, ma di fatto attivamente partecipi a1 lavon del Conclave n umtos1 per la successione di Innocenza VIII il 6 agosto del � 492, alla presenza di ventitré cardinali, tra i quali emergevano per la candidatura alla dignità papale, Giuliano Della Rovere uomo di to­ tale fiducia del sovrano di Napoli Ferrante, Ardicino della Po�ta e Ascanio S!orz.a, candidati p �rticolarmente graditi a Milano. Già dopo il terzo scruti­ ma, nsultato come 1 due precedenti negativo, si delineava tuttavia un orien­ tamento d!ve:s � , in s.eguito all'intervento di Rodrigo Borgia, che attraverso contrattazwm s1 momache riusciva ad ottenere la tiara pontificia4• L'elezio­ ne, annunziata la matti�a dell ' l l agosto, nonostante l'illiceità procedurale, con.fut�ta dal . Soranzo m un lavoro pubblicato nel 19505, appariva valida a tutti gh e�etti e b�n .acce�ta ai pi� , che vedevano nel neo eletto, forse per le sue capacita, amnnmstratiVe e diplomatiche, la guida ideale di una Chiesa wavata da problematiche politiche, più di quanto dovesse esserlo di com­ piti ecclesiastici6• (1954), pp. 3 13-355. Quanto alle fonti coeve il 1iferimento concerne sostanzialmente JOHANNis BUR�KARDI Liber notarum ab anno MCCCCIXXXJII usque ad annum MDVI, a cura d1 E. CELANI, RIS2, 32/1, (1907-1 910), ma anche il Diario della città di Roma di s:efano Infessura scribasenato, a cura di O. ToMMAsiNI, Roma 1 890 (Fonti per la Stona d'Italia, 5). Molti inoltre i documenti inediti contenuti nell'Archivio Se­ gret? Vaticano e quelli conservati in molti archivi italiani e non. Utile inoltre la lettu­ ra di F. GREGOROVIUs, Storia della città di Roma nel Medioevo, Torino 1973. n B ?r�ia sin dall'inizio dei lavori avrebbe operato un pesante condiziona­ mento dell es1to del conclave attraverso patteggiamenti con i cardinali Orsini Co­ I�nna, Savelli, Pallavicini ed altri, sino ad assicurarsi, al momento del terzo s�mti­ mo, quattordici voti. n conseguimento del quindicesimo, necessario per l'elezione che yre�ede�a, �ome è noto, la convergenza sullo stesso candidato di almeno due t�r�1 de1 voti de1 cardinali presenti, si proponeva, al momento, come una meta dif­ ficilmente perseguibile sia per l 'ostilità verso il Borgia di cardinali come Giuliano Della �overe, Lorenzo Cybo ed altri, sia per l'inconuttibilità di cardinali come il Co�ta: il . Carafa, il Piccolomini, Io Zeno, per ricordare solo i più significativi. Tut­ tavia 1l nsultato, v?luto da� Borgia, fu sancito dal voto del novantacinquelllle cardi­ n�le Ghe�·ard� , fac�li?e�te mdotto al voto, palTebbe, dalle considerazioni oppmtuni­ S�l�he d.m sum farmhan. Ma cfr. per un'analisi dettagliata dei lavori del Conclave i­ mzmto ll 6 agosto 1492 PASTOR, Storia dei papi cit., pp. 282-283. � SORANZO, Studi intorno a papa Alessandro VI Borgia, Milano 1950 (Vita e ��ns1ero : X�). T�tta l'opera del Soranzo in definitiva, è intesa al recupero di un ��agme pos1t1va d1 papa Borgia, del suo impegno e della linea politica del suo pont1f1cato. 6 Così : s ?lo per esempli�icare, �igismondo de' Conti, che a detta del Pastor (Sto. na del pap1 c1t., p. 285) con il Borg1a vantava una dimestichezza pressoché quotidia4

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Si trattava di una valutazione che prescindeva ovviamente dal modell? di vita del Borgia, pure incompatibile con il nuov? molo. In questo . senso � del Soranzo, mirato al recupero, in favore d1 Alessandro VI, di una dilavoro . tà morale attraverso un giudizio di un suo impegno come pontefi. ce, d�l gm ' · e st�ssa, era destl· 1 di vita precede�t1 l' e1e�w � tutto scisso dalle consuetudll1 . nfless1o d1 atezza inadegu la nascere sul �. mm su�portate da nato a mostrare riscontri documentari e puntualmente respinte dal Picott� �� una. ncer�a, me­ todologicamente ineccepibile, app ars� nel. l951 nell� Rivista .d1 stona d�lla Chiesa in Italia7• La ricerca del P1cotti era mtesa tra l altro a dnnostrar� l �t­ tendibilità del Liber notarum, fonte storica per eccellenza e oper� d1 Gw� vanni Burckard8, cerimoniere pontificio e vescovo di Orte, oggetto I�vece di modesta attenzione da parte del Soranzo, il cui impegno, sempre nvolto al perseguimento di una riabilitazion� , p�r così dire, del Bor�ia, ap�are quanto meno discutibile per le argomentaziOni addotte, eh� semb� ano fm � gran con­ to delle lacune presenti nella versione pervenutac1 del L1ber: faticosamente recuperato dopo la morte del � urcka�·d e gelosamente custodito dal su� suc­ cessore: Paride Grassi9• Una, m pmi1colare, tra le tante lacune, appanv a al ·

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do� na, gli riconosceva grande perizia n�l maneggio degli affari, ma anc�e n�tevoli cm su ro p�ra: aspett senza, � pre bella una � spirituali, oltre che un contegno digmtoso e . . �a che pm estenon tton f at attente te tivamen significa � insistono altre testimonianze . . gmzte condotta morale di un uomo che aveva raggiunto una postZ�one ragguardevole �aure� al cumulo di benefici generosamente elargiti dallo zio Calltsto ill. Forte della infatti e otte e, bologne Studium lo presso 1456 � � in diritto canonico, conseguita nel d?po to sub e ca apostol de S della � notaio di nomina la a � dapprim � zio, dei favori dallo nttv cons gh che ��1esa � � l ac­ l'ufficio, certo più prestigioso, di vicecancelliere della . . altn eser­ 11_10lt1 d1 venb pr at i cumulat che, ici � quisizione di enmmi vantaggi econom . tempo. n del cardmali 1 tra a ricchezz di ptimato il ano decretav ne cizi ecclesiastici . a�opera­ era s nte inutilme � conseguimento della tiara pontificia nel 1492, �er. cui già . , btto nel­ ptt o traguard il come qumdt ava, �� . to dopo la mmte di Sisto IV, si configur � rlo la caniera di Rodrigo Borgia, ma ciò nonostante mcapace, panebbe, dt distoglie dalla pratica di consuetudini affatto co�p�tibili con il suo molo. . 7 PICOTTI Nuovi studi e documenti Clt., pp. 172-173 .. �urck�r? Sl mt�rrompe del diario II . 371 p. I, cit., s BURCK�I Liber notarum d ­ al 14 giugno per riprendere con la descrizione di avvenimenti relatiVI alla pnma ? ns, decemb II. s, adventu prima menica di Avvento (2 dicembre 1492): «Dominica domus r magtste ape n. d. ss. tii ai ensis, _r y � r.p.d. Bartholomeus episcopus segobric . [ . , .] cantavit missam solerm1em, papa et cardm�l�bus presentt�us». manoscntta, del valore .ston­ 9 Per una descrizione dettagliata della tradtztone dal co dei 'libri' del Burckard e delle relative vicende degli stessi, nel p�ssag�10 do­ e studz Nuovl , TTI o rc P del lavoro nato menzio già il veda Burckard al Grassi si cumenti cit., pp. 173-1 80.


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?� � �assima at�enzione p � iché si riferiva ad un arco cronologico . d� c�ca s.er �e�I , contenuti tra Il 14 gmgno ed il 2 dicembre 149210, più di al­ . tn SI��frcatr:r, dal momento che comprendevano il periodo in cui si erano s : ol�I ! lavon del Co �1c� ave c�e aveva sancito l 'attribuzione al B orgia della d�gruta p apale, !avo�I ai quah, per di più lo stesso Burckard aveva presen­ z�a�o . S 1 tratta di t�� mtero fasci ��lo l : ul�o del primo libro, sottratto, a giu­ . diZIO del � oranzo , pe�· gh elogi mdmzzati al neo eletto che presumibilmen­ . te s � ba?I - quel fascicolo avrebbe contenuto, in palese contrasto con le an­ notazi�m concement� �li �nni successivi, tutt' altro che lusinghiere per il pontefice, e come ta�I ?md1c �te da� Soranzo inteipolazioni o «aggiunte po­ . s ��e». Sarebb� diff� cile altnmenti comprendere il «duplice e contradditto­ no ntratto eh� Il cen�oniere papale avrebbe dato del Borgia», ritratto che . p �r pa�e sua Il P1� ott1 reputava del tutto ovvio, atteso il fatto che - e la cita­ . ZIOne e del P1�ottr -'- : «la contraddizione era nella vita intima ed esteriore di Al�ssandro, e I.n q uell'et� , non di lui soltanto» 1 2, mentre la lacuna attinente il . penodo sopra m�r � ato, SI potrebbe giustificare con un casuale smanimento S r nzo d lla

.

. . del fascicolo md1z1ato. Scontata quindi l ' autenticità del testo del Burckard

� � � Liber di interpola­ �alla ;olontà .di tra.smettere comunque un'immagine negati­ � . v� d\ pap� � orgia. � esemplificaziOne del Soranzo riguarda, nella fattispe­ cie, .1 esplicita allus10� e contenuta nel Liber a Giulia Farnese, definita con­ v n bbe me o anche l ' ipotesi relativa alla presenza nel

ZIOn suggente

�ubma pa?a� , espressiOne pure presente - ma lo aveva già rilevato il Picot­ �el Dzarw della C:i�tà di f!-oma di Stefano Infessura13• Circostanza que­ , , st �ltim� che non legittima l Ipotesi alternativa proposta dal Soranzo alter­ tl -

. nati a SI ntende

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cub naggiO eh

� quella delle interpolazioni, e per la

� SI legge nel

quale l ' accusa

Burckard sarebbe una derivazione dal

di con­ Diario

dell Infessura, m quanto quell ' accusa interviene in entrambi i testi a propo-

:� Cf�. Prcm;rr.' Nuovi studi e documenti cit., p. 178.

Pe1 la posiZIOne del Soranzo, antitetica a quella del Picotti, rimandiamo an­ cora una volta alla puntual.e ricostr.uzione degli avvenimenti relativi al Conclave del 6 agost� 1.492 ed alle relative considerazioni del Picotti presenti in Nuovi studi e do­ cumenti cit., pp. 1 8 1 -220. 12 Jbid. , p. 1 80 . 1 3 Ibid., P · 1 79. L'es�ressione Julia bella concubina papae, dal Soranzo giudi­ . cata c�me una mterp?la�wne tar�iva, ipotesi respinta dal Picotti (pp. 179-1 80), si legge m Infessura, . D1ano . della . . . c1ttà di Roma. cit ., p . 287 . La dettagliata descnziO. �e dena cenmoma nuziale llliZia nel Diario in questione a p. 285. Nel Liber notal um �el �urcka�d l a stessa ceiimonia viene rappresentata in forma del tutto diversa . . la Citazi?ne di Gn�lia Farnese è proposta come segue: «Hanc sequebatur d. Julia e �arnes10, :on�ub�na papae, et hanc molte mulieres romane», (I, p. 444). Le due fonti sono qurndi chiaramente indipendenti. ·

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ALESSANDRO VI: ALLE ORIGINI DI UN MITO NEGATIVO

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feste nuziali di nere­ di un evento specifico: le sito della rappresentazione dell 'I fessura m f r­ e d ckar via nel Liber del Bur zia B orgia, ripmtate tutta perCio stesso a pnono udo differenti'\ che escl ma e con particol m·i del tutto . del primo dal secondo ri qualsiasi ipotesi di derivazione superflu , forse , Picotti, alle quali non sarà Fin qui le osservazioni del del Burck rd I ta to, razione personale. l Lik er aggiungere qualche conside za soggettiva, melme e, fornisce una testimoman come tutte le fonti narrativ avvenimenti registrati, ipretazioni personali degli a notazioni dettate da inte , stati d' animo varia­ da coinvolgimenti emotivi mai del tutto avulsi quindi ntamento favorevoicienti a determinare un orie bili, elementi di per sé suff ifico Ale ssandro VI. nista del racconto : nello spec le 0 no al soggetto protago lche apprez am nto re del fatto che , a parte qua E questo anche a voler tace Burckard si e mce B orgia, dalle notazioni . del per l' attività pastorale del c , ma omo g nea n ne­ ente omogenea del pontefl un' immagine sostanzialm nlevante p r 1 sum c on­ di un fasc icol o, per qua to . gativo . La perdita quindi p essiYa del �Tbe.r credo, la valutaziOne com io , care iudi preg può tenuti, non fascicolo smarrito , Il detto infatti che proprio nel stesso . E non basta: chi ha i per l ' operato di A­ in apprezzamenti elogiativ Burckard si sarebbe profuso al Burckard, in quanto più verosimile pensare che less andro VI? A me pare , non potevano essere ri del Conclave del 1492 testimone oculare dei lavo orgia ed i s oi op � . si tra i cardinali fautori del . sfuggiti gli accordi intercor Ignorare gli mtnghi va pote io tific pon ere moni ceri il no ome tant né , tori posi icolo mancante che rtati probabilmente nel fasc simoniaci di Rodrigo ripo e. Quanto poi all ' ac­ rio al periodo del Conclav vedi caso - si riferiva prop che la stessa pos sa es­ al pontefice, non mi pare cusa di concubinato mos sa orale del B orgia. Per probante la condotta imm sere assunta come fattore concub ina paf!ae che si infatti l' espressione Julia . quanto oltraggiosa appaia a?bm o 1 to - nul­ nel Burckar .soltant - lo. legge nel B urckard'5 � ma no e dr hcenzi Sita e lu su­ lll e di fatto a quell lilmgm la toglie e nulla aggmng del �ontef1 e; a cm re­ ate ente le vicende priv ria che distingueva abitualm soglio pontifiCIO, e per­ al prima e dopo l ' asce sa lazione con Giulia Farnese, B orgia, .della Farnese o stes voluto peraltro dallo . sino dopo il matrimonio , e test1moruanze del nell ontn che trov a ampi risc con l ' Orsini , è cos a ben nota letter d llo stesso pon­ to inequivocabile di alcune . tempo, come nel contenu s1derazwm hanno, come Ebb ene, se le nostre con tefice e della Famese' 6•

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'4 Rimandiamo '5 Ibid.

te. a quanto già detto nella nota preceden

dro VI a Gi.ulia �arnese del 2 � �tSi veda, ad esempio, la lettera di _Alessan Clt., rc ro di P orrr , Nuovi studi e documenti tobre 1494 ripmtata in appendice al lavo pp. 258- 259. 16


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ATIVO ORIGINI DI UN MITO NEG ALESSANDRO VI: ALLE

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. della scorncredo, un qualche fondamento sembra lecito an�lle a p�·oposrto ' . parsa del fascicolo del I libro de1 B mckard ' ragiOnare .m termini . . diversi ri. ma anche al p · c tt' S e f spetto ' non solo al S manzo, s 01 1 �v.�� : ; ������ iù i · u t� r s e rn a s i 1 1 � r f eb ovvio, : e P � -r � � : d ��� �� 1 g � �����1.z1. che SI era eone1uso con l' e1 zw· ne del�Bo1rgra, 0 � . . rappresentava senza dubbio la p�.ova mco �Itabrle della Illegittimità o presunta illegittinn'ta' della sua nornrna Pur se m .m� c lirna d'I totale l assisrno e . . doveva di assenza di etica comportarnentaÌe Presm�brlmente la srmonw . ' _ apparire al cerimoniere ontif!CIO un reato dr estrema gravità, sicuramente . più grave delle altre acc�se - e sono tante pure al pontef'ree, persr. mosse . . no della più ricorrente quella d'1 o�It:� · g�a�ch�, il �·eato �i sin:onia ap­ % . di un ruo­ � � mi pariva di fatto come I' co in r egittirnare l eserciZIO lo acquisito con elargizione di lenaro e la �romessa di allettanti benefici, un . comunque molo che ad ogni buon conto r'l B urckard nteneva dovesse essere . . . salvaguardato. In quest' ottica è ve: srnn' le Ipotizzare l . ?ccultarnento, o meglia la eliminazione per mano d �o stesso autore, pr�ma della sua scom. parsa, di quel fascic;lo che sr· proponeva come una odiOs · · enza testimonianza di conferma di un : � l t��f:: �� 7 ; o� � : � � tt � � � � : r::i;� � Ma questioni di validità o invalidità a �art� sta d1· fatto che l'ascesa del Borgia al soglio ontificio18 r s �ntava mrzial'��nte un programma di � � . opposizione ai Turchi, di rigiradicale riforma dell:Chiesa . ' di. e ermmata . · �t'Iz�· a, d'1 npns da e oculata aiTI11l'nr l ' straziOne di sever a gm . · · tmo e tutela del. . ' . l'ordine pubblico e sembrava av�Ia�e s?�to I Imghon auspici l'alta funzio· ne di Alessandro ' il quale tuttavw mdInzzava ben presto I·1 suo Impegno . ttos o I. I. tereSSI. personali e SO­ verso altre mete, per il erse uimento pm . ; � ? prattutto per il potenziirnent� deIla propna �annghal9 e ciò, nonostante i

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. . . ., . superamento delle ultime pm riot. . resistenze anche da parte der cardmalr . tosr a qualsiasi forma di patteggramento come lo Zeno ' I·1 p·Icco1ormm, Il. Carafa o il · . Costa, e. quindi l'unanmu · 'ta' dr' consens1. che porterà alia elezwne del Borgra è da in· tendersr, presumibilmente com l' esi't d'� �na valuta�ione mirata a proporre alla . cristianità l'immagine di �na ez ttlma, tale msm"?ma da vanificare il ri­ schio di uno scisma: «danno ù g a stessa scelta dr un pontefice indegno» come annotava il Picotti , ibi ., p. 205 . . . a pontefice di Rodri 0 Bo · IS L · accolta con srmulato a normna g rgra vemva piacere da parte di stati come Firenze e Genova e con autentico c_ompracrmento · da altn. · . quali Mantova, Fenara e soprattutto M'l . Ludovrco il Moro appariva come r ano, dove l'autentico promotore del successo del Catalano. . . NeIla folta schiera di parenti e amici che, do�o la n?mma del Borgia a. pontefrce, si riversarono prontamente a Rorna per sollecrtarne 1 favon, : r· pm · · , pnvrlegia­ . . tl, ovvramente, apparivano i figli·. Cesare, a·wvanm, Jofre, e Lucrezia, ciascuno dei · 11

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. Dap­ do, si trovava ad essere coinvolto strin­ lgra ma suo , cui in i itic pol i egg n i, ma ante d'Aragona, sovrano di Napol prima in aperto conflitto con Ferr con Milano e Venezia, e il 25 aprile del inde­ geva successivamente una intesa rco, finalizzata essenzialmente all' po tem 149 3 aderiv a alla Lega di San Ma da il re di Francia Carlo VIII, che bolimento dei legami tra Milano edi Napoli. Solo quando i contrasti tra gli aspirav a all' investitura del regno nti della minaccia francese, si facevano stati italiani, all' apparenza incuraed incertezze personali, finiva con l'opta­ palesi, il Borgia, vincendo dubbi regno di Napoli, dove nel frattempo all' e­ re per una riconciliazione con il succeduto Alfons o II. Il tentativo, inteso a nergico e ambizioso Ferrante era sovrano francese, sembrava suggerito ol­ contrastare la discesa in Italia del e dal pontefice apertamente professato , o tre che dall' amore per l'Italia, pur stato pontificio, dalla preoccupazione dalla cura per gli interessi dello - per sé e per il suo ufficio, in conside­ questa sì profondamente avvertita ncia e, presso la corte di Carlo VIII, di razione anche della presenza in Frasuo avversario e per di più - è appena il Giuliano Della Rovere, da sempre nclave dell'agosto 149 2. caso di ricordarlo - membro del Coia di Carlo VIII, che si presentava come La fortunata spedizione in Ital com­ iesa, i ripetuti quanto vani sforzi il campione della riforma della Ch ngere alleanze utili ad arrestare l' avan­ possi­ piuti dal papa nella speranza di stri a ricorrere, per timore forse di una zata dei francesi, la sua riottosità ali, come suggeriva il sovrano di Napoli20, bile destituzione, alle armi spiritu VIIInel giorno di San Silvestro del 1494, l' ingresso quindi a Roma di Carlomette conto di indugiare oltre. No n meno sono eventi ben noti su cui non i patteggiamenti tra Alessandro VI ed il a, noti del resto risultano i successiv di disordine in Roma o nella Chiessse o stat lo e pur e com se, nce fra o ste sovran datesche francesi, la marcia delle aggravato dall'irruzione delle sol so degli anni si ag­ to di cariche rilevanti cui nel cor quali veniva prontamente investi i, altrettanto prestigiosi e remunerativi che fini­ giungevano numerosi altri benefic più forti, come avvenne appunto per Cesare, uo­ dei comune, al qua­ vano con l'esaltare l'ambizione nto militare e amministrativo non Storia dei papi tale un di tato «do e , mo - panebb R O T AS P ( ia» à del tutto straordinar co, al quale pure le associava una forza di volont poco incline allo stato ecclesiasti il consenso del a ariv app cit., ili, p. 297 ); costui con , rna, ma da cui si distaccava era stato avviato per volontà pate 8. Data dalla quale l'irtreresse di Cesare, sem­ 149 collegio cardinalizio il 17 agosto mire paterne, si rivolgeva allo espletamento di pre assecondato dalle ambiziose di volta in volta dalle circostanze e dal contesto, iti compiti di natura diversa, sugger atteva il Pontefrce. dib si cui in , oso ultu tum no verso la fine del più o me le vicende del regno di Napoli gonese (1266del le era 20 Per un quadro gen ioino e ara Napoli. Mezzogiorno ang '400 cfr. G. GALASSO, Il regno di ino 1992, pp. 731 -77 5. /l , Tor 1494), in Storia d'Italia, XV


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verso Napoli e l'invasione, nel febbraio 1495, della città campana, la ratifi­ ca inoltre di un patto noto come Lega Santa tra Venezia, Spagna, Massimi­ tiana d'Austria, Ludovico il Moro e Alessandro VI a sostegno della sede a­ postolica, la fuga quindi del pontefice a Orvieto prima e a Perugia poi, il tentativo di annientamento dell'esercito francese attaccato presso Fornovo, eventi calamitosi infine, come l'inondazione del Tevere nel 1495, sono tut­ ti motivi di crescente tensione per il pontefice, la cui resistenza subisce per di più un colpo durissimo in seguito all'assassinio, nella notte fra il 14 e il 15 giugno 1497 di Giovanni, duca di Gandia e figlio amatissimo del Borgia che da quel momento appariva sempre più consapevole della sua vulnera­ bilità in politica21 e conseguentemente della !abilità della sua posizione ec­ clesiastica, e angosciato e smarrito diveniva facile preda della volontà del­ l' altro figlio: Cesare, uomo tanto abile quanto privo di scrupoli, come vo­ leva Francesco Guicciarclini nelle Historiae Fiorentinae22, e promotore di una linea politica filofrancese che lo portava ad operare in sintonia con il successore di Carlo VIII, Luigi XII, dal quale otteneva il ducato di Valenti­ nois23. Come luogotenente di Luigi XII il 6 ottobre 1499 Cesare infatti af­ fiancava il sovrano nel suo ingresso a Milano e si adoperava con grande de­ terminazione nell'affermazione della presenza francese in Italia, oltre che, ovviamente, per l'invigorimento del suo stesso prestigio24. Pur nella necessaria stringatezza del quadro appena abbozzato, emer­ gono chiaramente le ragioni che giustificano la profonda amarezza e le ac­ cuse rivolte dall'intransigente Girolamo Savonarola ad Alessandro VI, re­ sponsabile, a suo avviso, di tutti i mali che affliggevano l'Italia e, nello spe­ cifico, la Chiesa. E per quanto fallace si proponga la valutazione del Frate,

che all'irruente campagna ai danni del pontefice contrapponeva l'esaltazio­ ne, incomprensibile, per la verità, della missione di Carlo VIII, risulta co­ munque improponibile un qualsivoglia giudizio di apprezzamento in ordi­ ne al contesto politico, sociale e religioso del tempo e all'inerzia, su questo piano, del Borgia25. Se adesso, per concludere, alla luce delle considerazioni fin qui emerse, focalizziamo l'attenzione sull'assunto del nostro tema e quindi sulle origini della negatività che da sempre contrassegna papa Borgia, non possiamo di­ sconoscere il fondamento delle accuse mossegli: simonia, lussuria, concubi­ nato, nepotismo, mali tuttavia che, atteso il clima etico-sociale del momen­ to, non sembrano di per sé rilevanti, ché anzi sono di solito guardati con una certa indifferenza. Non è così evidentemente per Alessandro, le cui colpe am­ piamente attestate e fmtemente stigmatizzate si caricano, parrebbe, di una ri­ levanza maggiore, mai scalfita negli anni, da una attenta e analitica valuta­ zione degli aspetti positivi pure presenti nell'operato del Borgia: dalla inten­ sa attività di promozione a favore degli Ordini Mendicanti, all'impegno pro­ fuso nella preparazione del Giubileo del 1500. Convinto avversario degli e­ retici ai quali è destinata la bolla In coena Domini, riproposta in momenti di­ versi a partire dal 4 aprile 1493, promotore, in Inghilterra, per il tramite del suo nunzio Adriano da Cometa, della riforma di Chiesa e Monasteri succes­ sivamente estesa a Francia e Spagna, difensore nei Paesi Bassi dei privilegi ecclesiastici, aggiungeva a tutto ciò l'impegno per la conversione degli indi­ geni nei territori americani di recente rinvenimento e la crociata contro i Tur­ chi, condotta finalmente con grande determinazione fra il 1501 e il 1502, do­ po il fallimento e l'interruzione dei precedenti tentativi26. L'amore, infine, per l'arte e il suo mecenatismo non sembrano bastevoli a sottrarr-e l'immagine di Alessandro VI alla pesante e penalizzante rappresentazione comunemente proposta27• Modesti e inefficaci infatti i tentativi di riabilitazione del Borgia tin qui compiuti, ad opera di studiosi come il già menzionato Soranzo o il Fenara28 o anche Olmos y Canalda29, intesi tutti ad oppone al giudizio fin

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2 1 Per un racconto puntuale degli avvenimenti che hanno preceduto e seguito l'assassinio del duca di Gandia rimandiamo ancora a PASTOR, Storia dei papi cit., III, pp. 358-375. 22 FRANCEsco GUICCIARDINI, Storie Fiorentine, in Classici Italiani, Torino 1983. Per Alessandro VI confronta pp. 1 11 -23 1 . 23 Utile ricordare, tra gli episodi più significativi del periodo, dopo il conferi­ mento del ducato di Valentinois, il matrimonio dello stesso Cesare con Carlotta d' Albret, sorella del re di Navarra e congiunta del sovrano di Francia. 24 Dopo la presa di Pesaro, Rimini e Faenza, Cesare infatti otteneva da Ales­ sandro VI il titolo di duca di Romagna, che veniva ad aggiungersi alle insegne di gonfaloniere della Chiesa, già prima ricevute dal Pontefice. L'adesione di Alessan­ dro poi, con la bolla del 25 giugno 1 50 1 , al trattato di Granada, che segnava la fine degli aragonesi a Napoli e la spartizione del regno fra Spagna e Francia, sono un se­ gno in più della spregiudicatezza del Valentino, che assecondando il disegno fran­ cese ricopriva un molo attivo nella sottrazione del regno ad un sovrano che proprio da lui era stato incoronato.

Si veda, per questi aspetti PAsTOR, Storia dei papi cit., III, pp. 379-418. Un quadro sintetico, ma significativo dell'impegno, in ambito ecclesiastico, di Alessandro VI è sempre nel Pastor, (ibid. , pp. 481 -497). Per la guena turca con­ dotta negli anni 1499-1502 v. pp. 441-452. 27 Per questi aspetti v. ibid., pp. 498-5 19. 28 SORANZO, Studi intorno a papa Alessandro VI cit. ; In., Il tempo di Alessan­ dro VI papa e di fra Girolamo Savonarolçt, Milano 1 960. Per quanto concerne il giudizio del Ferrara su papa Borgia cfr. O. FERRARA, El papa Borgia, Madrid 1 9473• 29 E. OLMOS y CANALDA, Reivendicaci6n de Alejandro VI (el papa Borja), Valencia 1 954. 25

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MARIA CONSIGLIA DE MATIEIS

ALESSANDRO VI: ALLE ORIGINI DI UN MITO NEGATIVO

troppo severo del Pepe30 una ricostruzione apologetica della figura e dell'o­ pera di papa Borgia. A questo punto le ragioni di una valutazione che non esitiamo a defini­ re incoerente, si possono soltanto supporre. Due intanto gli aspetti più in­ quietanti e significativi del modello di vita proposto dal Borgia: l'esercizio di pratiche simoniache e il nepotismo. Ebbene, dei capi di imputazione ap­ pena menzionati, il più grave, più grave intendo per le potenziali implica­ zioni e conseguenze, sembrerebbe la simonia, che, se gioca un ruolo deter­ minante nel Conclave del 1492, negli anni immediatamente successivi si tra­ duce piuttosto in fattore condizionante - ma in negativo - la politica del pon­ tefice. Dubbi, timori, incertezze ripetutamente manifestate dal Borgia nel corso del suo pontificato sono riconducibili, credo, alla consapevolezza del­ la fragilità del suo ruolo, determinata da manifesta incapacità procedurale. E se è vero che la elezione di Alessandro VI non risulta del tutto atipica, in considerazione di casi precedenti, se non identici, almeno simili, per i quali era stata ipotizzata la possibilità di assimilazione del peccato di simonia a quello di eresia, è perlomeno altrettanto vero che l'eventualità di una accu­ sa formale nei riguardi di un papa eretico non costituiva certamente una no­ vità31. Su di un piano giuridico-formale o, se si vuole, teologico-canonistico, era entrata nel circolo della stessa casistica relativa alle prerogative papali sin dai tempi di Gregorio VII, con varie alterazioni testuali che non è certo qui il caso di esaminare, relative a varie redazioni del Dictatus papae32• Un

testo di Deusdedit era entrato in Graziano ed era stato oggetto di varie inter­ pretazioni e glosse nel corso del secolo XII, prima di approdare alle stesse de­ cretali di Gregorio IX. Nella realtà fattuale, il caso del papa eretico si era pre­ sentato in forma clamorosa nel corso del processo indetto da Filippo il Bello a Bonifazio VIII33, dopo la mmte del papa, in seguito al dossier raccolto dai car­ dinali Colonna e da altri personaggi autorevoli della corte di Francia34 - oltre che dalla presa di posizione della Università di Parigi - dal momento che il pa­ pa era accusato palesemente di simonia e quindi illegittimo, indipendente­ mente dall'accusa di incapacità giuridica a succedere a Celestino V, la cui ab­ dicazione era stata giudicata invalida, in quanto un papa non avrebbe potuto abdicare. E singolare era stata la difesa di Pietro di Giovanni Olivi, sostenito­ re dell'illegittimità dell'abdicazione, in quanto il titolo papale non imprimeva nessun carattere indelebile, come il sacramento35• Quindi la cessazione di un papa, indipendentemente anche dalla questione alquanto controversa circa l'i­ dentità tra simonia ed eresia, era stata una possibilità già contemplata, sia pu­ re due secoli prima di Alessandro Vl: onde non ha 1ilevanza ad inficiare l'i­ potesi da noi avanzata, di una spada di Damocle, recentemente espressa anche in un lavoro edito da Adriano Prosperi che, proprio in ordint: al pontificato di Alessandro Vl scriveva: «L'accusa di eresia non era di per sé più efficace di quella di simonia che non aveva impedito a Rodrigo Borgia di diventare papa e di restarlo»36• E ciò almeno sino a quando Giampietro Carafa diventato papa Paolo IV (1555-1559) introduce la regola «che escludeva dal diritto di voto at­ tivo e passivo in Conclave i cardinali sospetti o inquisiti per eresia»37, regola

30 PEPE, La politica ci t. 31 Per le problematiche connesse alla questione della ingiudicabilità del ponte­ fice o alla possibilità invece che anche un papa possa essere accusato di simonia e giudicato eretico rimandiamo a O. CAPITANI, Ipotesi sociali del francescanesimo medioevale: orientamenti e considerazioni, in Personaggi e momenti del:france­ scanesimo medioevale, Bologna 2000, pp. 9-28 e per quanto concerne il pensiero di Pietro di Giovanni Olivi in proposito si vedano soprattutto le pp. 21-25. 32 Se il Dictatus papae sintetizza il programma d'azione di Gregorio VII e pre­ vede come motivo riconente della politica del pontefice l'appello al primato papale conferito da Dio al principe degli Apostoli e da questi trasmesso a tutti i successori, occone tener presente che anche le Auctoritates Apostolicae Sedis (raccolta di 37 te­ si scopette da Hubert Mordek in un codice pistoiese) si allineano nella sostanza alle dichiarazioni del ptimato papale, già rivendicato dal Dictatus papae. Ma per tutto questo, nonostante il tema di base riguardi la legittimità o meno del pontefice di giun­ gere alla sospensione di un sovrano da un suo molo, cfr. M.C. DE MATTElS, La ri­

conciliazione di Canossa: tra «Dictatus papae» e «Auctoritates Apostolicae Sedis» , «Studi Medievali», 3a ser., 19/2 (1978), pp. 681-699. Per il riferimento alla posizio­ ne di alcuni vescovi, sospesi dall'esercizio della potestas ordinis proprio nel corso

del pontificato di Gregorio VII si vedano soprattutto le pp. 691-692.

33 Per una ricostruzione precisa delle vicende relative al pontificato di Bonifa­ cio VIII cfr. il pur sempre valido lavoro di R. ScHOLZ, Die Publizistik zur Zeit Phi­

lipps des Schonen und Bonifaz VIII. Ein Beitrag zur Geschichte der politischen An­ schaugen des Mittelalters, Stuttgart 1903. Si veda inoltre M. DELLE PIANE, La di­ sputa tra Filippo il Bello e Bonifacio VIII, in Storia delle idee politiche, economi­ che e sociali, II, Torino 1983, pp. 497-541 ; H. WoLTER-H.G. BECK, Celestino V e Bonifacio VIII, in Storia della Chiesa, VII , Milano, 1976, pp. 387-404; l LECLERQ, L'idée de la Royauté du Christ au Moyen Age, Paris 1959; M. C. DE MATTEIS, Poli­ tica e teologia in Matteo D 'Acquasparta, in Matteo D 'Acquasparta francescano, fi­ losofo, politico (Atti del XXIX Convegno storico internazionale, Todi, 1 1-14 otto­

bre 1992), Spoleto 1993, pp. 15 1-172. 34 Una puntuale e interessante ricostruzione del processo di Bonifacio VIII è stata fornita di recente dal CosTE, Boniface VIII en procès cit. 35 Per la posizione di Pietro di Giovanni Olivi rimandiamo a CAPITANI, Ipotesi sociali cit., pp. 21-25. 36 A. PROSPERI, Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari, Torino 1996, pp. 135-146. 37 Ibid.


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che può essere intesa come indizio di un tentativo di risoluzione finalmen­ te di una questione, quella appunto del papa eretico, che sul piano giuridi­ co appariva quasi insolubile, atteso il principio di ingiudicabilità del papa già proposto in termini categorici dal Dictatus papae, ma anche prima. Ri­ mane comunque, nel caso di papa Borgia, se non la certezza quanto meno la probabilità, credo, che il timore di una destituzione o semplicemente di una destabilizzazione della sua autorità, abbia contribuito in maniera deter­ minante a farne un succube, dominato completamente dalla volontà di Ce­ sare, non a caso dal Pastor rappresentato come «il più terribile uomo del Ri­ nascimento»38 che sembrava superare nettamente per dissolutezza, cupidi­ gia, ma anche e soprattutto per determinazione, il modello paterno. Così, la risolutezza e spregiudicatezza di Cesare contrapposte alle titu­ banze e ai timori del Pontefice, indotti presumibilmente dalla 'atipicità' della sua elezione, ne compromettono ulteriormente l'immagine, sino a produrre una sorta di sovrapposizione, o meglio di assimilazione delle due personalità in una sola, identificabile ovviamente con quella di Alessandro VI, come che sia la più emblematicamente negativa, e perciò stesso fatalmente destinata ad assommare alle debolezze personali quelle più inquietanti del figlio Cesare. Dovendo, ora, per i termini di tempo imposti sintetizzare, mi pare che questi siano sostanzialmente i punti emersi da questo intervento: l)

ATIVO ORIGINI DI UN MITO NEG ALESSANDRO VI: ALLE

MARIA CONSIGLIA DE MATfEIS

alle origini del mito negativo occone riconoscere l'assunzione da par­ te della storiografia 'ufficiale' di criteri di giudizio sostanzialmente moralistici, circa la 'dignità' del comportamento del papa, senza nes­ suna vera preoccupazione di contestualizzarlo ali' ambiente della curia pontificia del tardo Quattrocento .

2) La presentazione delle fonti narrative più importanti in ordine all'as­ sunto del tema trattato in questa sede (Liber notarum e Diario dell'In­ fessura) è stata letta e adattata secondo le chiavi interpretative del pre­ supposto appena indicato. Le due fonti, pur diverse tra loro, non sono state sufficientemente valutate per quelle che erano, cioè testimonianze troppo vicine, per così dire, alla vicenda personale di papa Borgia e per­ ciò costituzionalmente incapaci di quel distacco dal singolo oggetto narrativo che solo consente un più adeguato giudizio storico. Per una di­ versa valutazione basterebbe pensare a Machiavelli ed a Guicciardini. Lo sfondo su cui potevano e dovevano essere valutati pregi e difetti del­ la condotta del papa rimaneva solo uno, quello politico, non quello di una mancata o parziale rispondenza ad una certa tipologia morale.

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PASTOR, Storia dei papi cit., III, p.

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, iamato la ' negatività' dell' azione Premesso quanto � s�ato appena rich a elle incertez;e e contraddittorietà di un n d � �� a�s�����:i�nanti qu . papa Borgm non sembra aver det::� =:�� �: f�: �!��:�:�� le dl . . litico La preoccupazione d"l papa sue incertezze dt onen�amento a disi�voltura pragmatica del figlio B orgia sembra allor�, dt f�onte �� potenzialità della posizione paterna e le o ssnn �a a tta sfru che , are Ces ione del potere 1� - cioè la detenz, sem quindi della sua effettrv_a forz� polit" bra finaliz­ mo eva dic a o�gia . . d" uel otere e quindi alpapale - la preoccupaztone dt papl . zata esse?�i�l:nente al recup�r? d: � ��1;:: �nteAce. La pos sibilità l� intangtbtl�ta d���;�: ���:��à di quella 0posizione, che non era co­ l ., dt revocare �n du . rrente, e_ s� e solit"l credere ha operato da dete com sì remota o tpotettca p�lo non morale , ma psico­ sa di incertezza dectstonale, da scruclima specifico determinato da cau . he nel logtco,_ ad �sporsi ad. . una accusa c to delle otenze europee, avrebb e cer con _n�l . a ittc dalla sttuazwne_ pol , _ nto decisivo per una aperta scon­ fornito con. ogm probabthta 1 argom�ce su un ptano che sfruttato pol iponteft ' fessione dt tutto l' operat0 del . l. .· p n olitici spregiudicati e violenti cui re ave a e pot :. i­ ticamente, no_n grto : il cui operato avrebbe determ o non aveva esttato dt ncorrere � . . �n uom nde "ti· uno del gra t po n�to fata�en�e p�ntefice Alessandro VI, : 1 ��� � dt stato, �sare, 11�.a,��r �� c a���� .= connotazione negativa ancora ogresponsabtle pereto stesso di quella dt. papa Borgt. a. gi inscindibile dalla memoria stanca

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r FRANCESCO S OMAINI Il cardinale Rodrigo Borgia ed il conclave del l.

1484

L'oggetto, le fonti, la possibilità di un giudizio storico

Scopo di questo intervento è quello di portare un piccolo contributo al­ la conoscenza della figura del secondo pontefice di casa Borgia, con parti­ colare riferimento agli anni precedenti alla sua ascesa al soglio papale. Non ci occuperemo, dunque, di Alessandro VI papa, ma di Rodrigo Borgia car­ dinale vicecancelliere. In pmticolare, muovendo da un approccio evenemenziale, e seguendo un taglio che potremmo definire di tipo fotografico (o forse 'fotografistico'), cer­ cheremo di avvicinarci al personaggio Borgia, inquadrandolo e mettendolo a fuoco in un momento specifico della sua lunga vicenda biografica. Parlere­ mo cioè del conclave del 1484; conclave che fu il quarto dei cinque cui il Borgia ebbe occasione di pmtecipare nel corso della sua vita, e che nel con­ tempo vide anche il suo primo serio tentativo di conquistm·e la tiara papale. Gli avvenimenti di cui ci andremo ad occupare si svolsero a Roma, nel­ l ' arco di tempo compreso tra la notte del 12/13 agosto del 1484 (quando si verificò la morte di papa Sisto IV), e le prime ore del successivo 29 agosto, quando i 25 cardinali che erano entrati in conclave nel Palazzo Vaticano, procedettero ali'elezione al pontificato del cardinale di Molfetta Giovanni Battista Cybo, che divenne così papa Innocenza VIII. Più dettagliatamente ancora, prenderemo in considerazione il momento del conclave vero e pro­ prio, che si aprì nel primo pomeriggio di giovedì 26 agosto (al termine del­ le esequie novendiali del papa defunto) per concludersi per l ' appunto nelle prime ore di domenica 29 1•

1 Circa l'ora esatta della mmte di Sisto IV le fonti coeve concordano nell'indi­ care un orario oscillante tra l'ora IV e l'ora Vl (nel computo ab occasu) della notte fra il 1 2 ed il 13 agosto del 1484, il che ci porta all'incirca ad un orario compreso tra le ore 23.00 del giorno 12 e le 02.00 del 13. Più precisamente il diarista romano Antonio de Vascho parlò dell'ora IV di notte (tra le 23 e le 24); mentre Sigismondo de' Conti da Foligno e lo scribasenato Stefano Infessura indicarono l'ora V (tra la mezzanotte e l'una). Sempre di hora quinta ab occasu parlò anche la lapide sepol­ crale del papa in Vaticano, e lo stesso fece Paolo dello Mastro. Johannes Burckard, Giacomo Gherardi e Gaspare Pantani accennarono invece ad un'ora compresa tra la IV e la V (dunque tra le 23 e l'una); mentre l'oratore estense Bonfrancesco Arlotti, vescovo di Reggio, fissò gli estremi cronologici del decesso tra l'ora V e l'ora Vl


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FRANCESCO SOMAINI

In pratica, proponemo una ricostmzione minuziosa di questi eventi, tentando di sottolineare il ruolo che in essi ebbe a svolgere l'allora Vice­ cancelliere, e sforzandoci altresì di comprendere quanto quell'episodio poté poi incidere nelle sue successive vicende. Prima di entrare in medias res, non saranno tuttavia inopportune alcu­ ne brevi considerazioni preliminari. Bisognerà infatti riconoscere che in realtà gli eventi del conclave di Innocenza VIII - al pari dei fatti che vi fe(ossia tra la mezzanotte e le 2). Cfr. Il diario della città di Roma dall'anno 1480 al­ l'anno 1492 di Antonio de Vascho, a cura di G. CHIESA, RIS>, 23/3, (1904-1911), pp. 5 1 1-5 12; SIGISMONDO DEI CONTI DA FOLIGNO, Le storie de ' suoi tempi dal 1 475 al 1510, I, Roma-Firenze 1 883, p. 204; Diario della città di Roma di Stefano Infes­ sura scribasenato, a cura di O. ToMMASINI, Roma 1 890 (Fonti per la Storia d'Italia, 5), p. 154; Diario e memorie delle cose accadute in Roma (a. 1422-1482) di Paolo dello Mastro, a cura di F. IsoLDI , RIS>, 24/2, (1910-1912), p. 100; JoHANNIS BURCKARDI Liber notarum ab anno MCCCCLXXXIII ad annum MDVI, a cura di E. CELANI, RIS\ 32/1, (1907-1910), p. 13; Il diario romano di Iacopo Gherardi da Vol­ terra dal VII settembre MCCCCIXXIX al XII agosto MCCCCLXXXXIV, a cura di E. CARusr, RIS>, 23/3, (1904-1911), p. 135; Il diario romano di Gaspare Pantani, già riferito al 'notaio del Nantiporto ' (30 gennaio 1481-25 luglio 1 492), a cura di D. ToNI, RIS2, 3/2, (1907-1908), p. 37; e ASMo, Ambasciatori, Roma, 4 (Adotti al

duca Ercole I d'Este, 1484 agosto 13, Roma). Per quanto concerne invece l'ora di ingresso dei cardinali in conclave, le fonti non danno in realtà indicazioni precise. Dovette comunque trattarsi del primo po­ meriggio del 26 agosto. I locali del Palazzo Vaticano in cui si svolse il conclave comprendevano la Capella Maior (ossia la Cappella Sistina); la contigua Capella Minor, e le due aule corrispondenti all'attuale Sala Ducale. I cardinali entrarono in conclave in processione, muovendo dalla vecchia basilica di S. Pietro, dopo aver as­ sistito alla messa dello Spirito Santo celebrata dal cardinal Marco Barbo; cfr. BURCKARDI Liber notarum cit., I, pp. 24 e 29; Il diario romano di Gaspare Pantani cit., p. 4 1 ; Il diario della città di Roma di Stefano Infessura cit., p. 170; e Il diario della città di Roma di Antonio de Vascho cit., p. 517 (il de Vascho erra peraltro nel­ l'indicare il 26 di agosto come un lunedì, anziché come un giovedì). Riguardo infine all'ora dell'elezione di Giovanni Battista Cybo al pontificato abbiamo le seguenti indicazioni: l'oratore fiorentino Guidantonio Vespucci parlò di un'elezione avvenuta «circha due hore inanzi dì». Gaspare Pantani, parlò dell'ora VII (e dunque tra le 2 e le 3 del mattino circa). Johannes Burckard indicò l'ora X (all'incirca tra le 5 e le 6). Gli Acta Camerarii, ovvero il registro 52 dell' Armarium 3 1 dell'Archivio Segreto Vaticano, indicarono l'ora XI (all'incirca tra le 6 e le 7), mentre Stefano Infessura parlò dell'ora Xlii (tra le 8 e le 9 circa del mattino): cfr. ASF, Dieci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 29, Roma); Il diario romano di Ga­ spare Pantani cit, p. 42; BURCKARDI Liber notarum cit., I, p. 47; ASV, Arm. XXXI, t. 52, c. 102r. (1484 agosto 29); e Il diario della città di Roma di Stefano Infessu­ ra cit., p. 170; per una discussione dell'ora più probabile dell'elezione cfr. infra la nota 149.

IL CARDINALE RODRIGO BORGIA ED IL CONCLAVE DEL

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cero da contorno - sono stati nel complesso già ampiamente studiati, ed an­ che il ruolo specifico del Borgia è già stato più volte preso in considerazio­ ne: dapprima dalla tradizione erudita e poi da una gran quantità di studi sto­ rici (o anche di pubblicazioni divulgativeY. Generazioni di studiosi si sono insomma già misurate con le fonti memorialistiche coeve e con la docu­ mentazione superstite. Non sempre però si è pervenuti alle medesime con­ clusioni. I vari studi che si sono succeduti hanno infatti spesso evidenziato anche le incongruenze e le contraddizioni di questo complesso di fonti e di testimonianze, il che in qualche caso ha a sua volta provocato anche dei problemi di disorientamento interpretativo, nel senso che non è mancato chi ha finito per rassegnarsi ad una sorta di sospensione forzata del giudizio. Il fatto - per dirla con le parole di Christine Shaw - è che sembrerebbe dav2 Non ho in effetti compiuto una ricerca approfondita sulla tradizione emdita re­ lativa all'episodio del conclave di Innocenza VIII, e dunque non pretendo di attri­ buire un carattere di completezza alle mie segnalazioni. Tra le ricostmzioni più anti­ che di questa vicenda posso tuttavia ricordare, a mero titolo d'esempio, il lavoro di Gregorio Leti sui Conclavi de 'pontefici, che nella pmte relativa al conclave del 1484 presenta una ricostmzione basata essenzialmente sui diari del Burckard e dell'Infes­ sura (cfr. GREGORIO LETI, Conclavi de ' pontefici quali si sono potuti trovare fin à que­ sto giorno, s. l. 1667, pp. 65-71; e ID., Histoire des conclaves depuis Clément V jus­ qu 'à présent, Paris 1688, pp. 49-54). Rapidi riferimenti a quell'episodio si potevano peraltro già trovm·e nell'opera del Gm·irnberto (pubblicata a Venezia nel 1 568), o nel­ la grande rassegna di inizio Seicento del Chacòn (poi integrata ed a�pli�ta dall'O�­ doino nell'edizione romana del 1 677): anche in quel caso la fonte pnmana era costi­ tuita sempre dal Burckard e dall'Infessura, dei cui diari si possono del resto trovare delle riduzioni e delle traduzioni italiane anche in taluni manoscritti anonimi (data­ bili a loro volta tra fine Cinquecento ed inizio Seicento), attualmente custoditi alla Biblioteca Apostolica Vaticana o all'Archivio di Stato di Modena; cfr. GIROLAMO

GARIMBERTO, La prima parte delle vite, overo fatti memorabili d'alcuni papi, et di tutti i cardinali passati, Venezia 1568, in patticolare p. 125; e ALFONSO CHACON [a­ lias CIACCONIUS] e ANTONIO 0LDOINO [alias 0LDOINUS], Vìtae et res gestae Pontifi­ cum romanorum et S. R. E. cardinalium ab initio nascentis Ecclesiae usque ad Cle­ mentem IX P. O. M., III, Roma 1677, col. 9 1 ; nonché Bibl. Ap. Vat., Vat. lat. 1 2 1 82 [Miscellanea Ann. XJ - 123]; oppure Capp. lat. 1 60; o ancora i due codici adespoti ora in ASMo, Stati e Città, 129 (Conclavi 1378-1592 e Conclavi 1316-1605).

Passando poi a ricerche più propriamente storiografiche, si potrà ricordare che negli anni Sessanta del secolo scorso, Ferdinando Petmccelli della Gattina, nella sua Histoire diplomatique des conclaves, fu il primo a proporre una ricostmzione delle vicende dell'elezione di Innocenza VIII, che fosse fondata - oltre che sulle vecchie testimonianze diaristiche e cronachistiche - anche sullo spoglio piuttosto minuzioso ed incrociato di un cospicuo materiale documentario proveniente da ar­ chivi diplomatici (e in particolare da quelli di Firenze e di Milano) (cf�. F. PE­ TRUCCELLI DELLA GATTINA, Histoire diplomatiques des conclaves, II, Pans 1 864, pp. 298-3 18; lavoro che qualche anno dopo venne ripreso, con taglio più divulga-


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vero non esserci alcuna possibilità «di compone tutti i dettagli di queste contrastanti versioni in un quadro unitario, e neppure un criterio sicuro per scegliere una versione in luogo di un'altra»3• Proprio il ruolo di Rodrigo Borgia è risultato in tal senso uno dei no­ di su cui hanno maggiormente pesato queste difficoltà di interpretazione. Non c'è dubbio infatti che sul comportamento del Vicecancelliere nel conclave dell' 84 le fonti coeve agli eventi (o ad essi illllediatamente ll suc­ cessive) a prima vista parrebbero proporre delle ricostruzioni pressoché tivo, anche nella maliziosa opera: O. Pro, Storia segreta dei conclavi, Milano 1 878, pp. 133-143. Poco più tardi il Thuasne, nella sua edizione del diario del Burckard, ripropose in appendice gran parte di quegli stessi documenti (in particolare i celebeiTimi di­ spacci dell ' oratore fiorentino Guidantonio Vespucci), dopodiché il tema del concla­ ve innocenziano venne nuovamente toccato dallo Hagen e dal Sagmiiller, mentre autori quali il Gregorovius o il Leonetti si limitarono invece a delle ricostruzioni as­ sai più succinte; cfr. BuRCHARDI Diarium sive rerum urbanarum commentarii (1483-1506), a cura di L. THUASNE, I, Paris 1 883-1 885, pp. 495-520; T. HAGEN, Die Papstwahlen von 1484 und 1492, Brixen 1 885; J.B . SAGMÙLLER, Die papstwahlen und die Staten von 1447 bis 1555 (Nikolaus V bis Pau! V), Tiibingen 1 890, pp. 1 0 1 1 14; F. GREGOROVIUS, Storia della città di Roma nel Medioevo, IV, Roma-Torino 1 900- 1 902, pp. 1 -2; e A. LEONETTI, Papa Alessandro VI secondo documenti e car­ teggi del tempo, I, Bologna 1 880, p. 141. Con questo secolo, sul tema del conclave dell'84 e sull'operato di Rod1igo Bor­ gia, si è poi avuta una gran quantità di ricostmzioni più o meno minuziose. Basti pen­ sare ai nomi di Pastor, di De Roo, di Rodocanachi, di La Torre, e di Collison­ Morley; per non par·lare delle pagine di Ferm·a, Paschini, Soranzo, Brion, Picotti, Fu­ sero, Mallett, Cloulas, e altri, fino a lavori anche recentissimi, come ad esempio la bella biografia di Giulio II ad opera di Cluistine Shaw; cfr. L. VON PASTOR, Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, III, Roma 1942-1962, pp. 170-175; P. DE Roo, Mate­ rialfor a Histmy oj Pope Alexander VI, his Relatives and his Time, II, Bruges 1924, pp. 239-243; E. RoDOCANACfll, Histoire de Rome. Une cour princière au Vatican pen­ dant la Renaissance. Sixte N, Innocent VIII, Alexandre VI Borgia. 1471 -1503, Paris 1 925, pp. 79-83; F. LA ToRRE, Del conclave di papa Alessandro VI, Firenze 1 933, pp. 41-44 e 83-88; L. COLLISON-MORLEY, Histoire des Borgia, Paris 1934, pp. 28-29; O. FERRARA, Il papa Borgia, Novara 1969, pp. 60-61 ; P. PASCHINI, Roma nel Rinasci­ mento, Bologna 1 940, pp. 279-286; G. SORANZO, Studi intorno a papa Alessandro VI (Borgia), Milano 1 950, pp. 15-17 e 20; G.B. PrcoTTI, Nuovi studi e documenti intor­ no a papa Alessandro VI, «Rivista di Storia della Chiesa in Italia», 5 (195 1), p. 1 82; M. BRION, Les Borgia. Le pape et le prince, Paris 1 957, pp. 49-52; G.B. Prcorrr, Alessandro VI papa, in DBI, 2, Roma 1 960, p. 1 97; C. FusERO, I Borgia, Milano 1966, pp. 162-1 64; M. MALLETT, The Borgias. The Raise and Fall oja Renaissance Dynasty, London 1969, pp. 97-98; I. CLOULAS, I Borgia, Roma 1988, pp. 82-84; ID . , Giulio II, Roma 1993, pp. 56-60; e C. SHAw, Giulio II, Torino 1995, pp. 56-61 . 3 Cfr. S HAW , Giulio II cit., p . 60.

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inconciliabili . Certo, tutte le testimonianze concordano pur sempre su al­ cuni punti, e nessuno, ad esempio, contesta che il Borgia figurasse co­ munque tra i ' grandi elettori' del nuovo pontefice. Tuttavia su altri deci­ sivi passaggi della vicenda si registrano in realtà dei significativi contra­ sti . Abbiamo ad esempio delle testimonianze che ci descrivono il Vice­ cancelliere come uno dei grandi protagonisti dell'elezione di Innocenza VIII, ma non mancano altre versioni che invece ridimensionano decisa­ mente il suo ruolo, fino a presentarlo come un semplice comprimario, o addirittura come un cardinale costretto a subire in modo pressoché inerte un gioco diretto da altri4• A fronte di simili divergenze, dobbiamo allora rassegnarci all'impossi­ bilità di formulare un qualunque giudizio storico? Certo, un 'opzione di que­ sto tipo pot1:ebbe essere facilmente presentata come una forma di ripiega­ mento à la page verso atteggiamenti che potrellllllo definire di ' storia de" Nel racconto di Stefano Infessura si legge ad esempio che il Borgia - pur limi­ tandosi ad assecondare l 'iniziativa del Gran Penitenziere Giuliano Della Rovere ­ avrebbe avuto in effetti un ruolo di primaria impmtanza nell'elezione di Giovamli Bat­ tista Cybo, persuadendo un gran numero di altri porporati a confluire su questa can­ didatura (cfr. Diario della città di Roma di Stefano Infessura cit., pp. 170-171). Dai dispacci dell ' oratore fiorentino Vespucci a Lorenzo de Medici e ai Dieci di Balia e­ merge invece un quadro molto diverso, con un ruolo del Vicecancelliere tutto som­ mato poco sig1lificativo, soprattutto a confronto del protagonismo dei cardinali A­ scmlio Sforza e Giovanni d'Aragona, i quali sarebbero stati coloro che per p1imi e più attivamente aderirono e propiziarono l ' accordo con lo stesso Della Rovere: cfr. ASF, MAP , 39, c. 302a (Vespucci a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 29, Roma); e Dieci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 29, Roma). La stessa linea interpretativa (anzi senza neppure un cenno al ruolo del Borgia) emerge da un dispaccio del 3 1 di agosto scritto da Napoli dali' oratore milanese Branda Castigliani, e così pure da una lettera del l o settembre sc1itta da Roma dal ferrarese Bonfrancesco Adotti, vescovo di Reggio: cfr. ASM, Sforzesco, 244 [Na­ poli] (Castigliani al duca, 1484 agosto 3 1 , Napoli); e ASMo, Ambasciatori, Roma, 4 (Adotti al duca, 1484 settembre l , Roma). Altre versioni ancora menzionano però solo l ' opera del futuro Giulio II (cioè il Della Rovere), facendo dunque passare sotto silenzio tanto il Borgia, quanto lo Sforza, l'Aragonese o altri eventuali cardinali terzi: cfr. ad esempio ASF, MAP, 39, c. 306 (Lotti a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 30, Roma); e ASSi, Balia, 520 (Lan­ ti ai signori di Balia, 1484 settembre 3, Roma). Ma c'è anche una quarta versione che per contro viene nuovamente a riservar·e al Vicecancelliere un ruolo centrale (ed anzi forse anche superiore a quello dello stesso Della Rovere). È quanto emerge dalla testimoniar1za che venne raccolta alla cmte di Na­ poli dall'oratore estense Battista Bendedei ad appena due gionli dalla chiusura del con­ clave: cfr. ASMo, Ambasciatori, Napoli, 6 (Bendedei al duca, 1484 agosto 3 1 , Napoli). La confusione tra le diverse testimonianze appare come si vede piuttosto forte.


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bole'5• Inoltre una simile scelta ci permetterebbe di sottrarci con eleganza al rischio ed all'imbarazzo di incappare nelle trappole tipiche delle vecchie controversie tra gli studiosi di cose borgiane, spesso impegnati - anche in relazione a questo episodio - più nella ricerca di argomenti con cui suffra­ gare o confutare le molte accuse indirizzate ad Alessandro VI, che non nel perseguimento di valutazioni storiche più serene6• Personalmente tuttavia io non apprezzo gran che questi atteggiamenti di tipo rinunciatario, e al contrario - anche al rischio di essere tacciato di ingenuità positivistica - ritengo che sia senz' altro possibile (oltre che del tutto legittimo sul piano intelleth1ale) tentare una ticostmzione dei fatti che possa apparire ai nostri occhi credibile e persuasiva. Ciò non significa ne­ gare la soggettività e l' artificialità di ogni possibile discorso storico (per parte mia questi predicati sono anzi assunti a priori, e quindi considerati impliciti). Si tratta però di affermare la possibilità di una nostra onesta let­ tura e interpretazione dei fatti, e dunque anche di una ricostruzione e spie­ gazione di essi alla luce dei dati empirici in nostro possesso e dal nostro particolare punto di vista. Nella fattispecie degli eventi di cui qui ci stiamo occupando, credo del resto che tentare una composizione dei vari tasselli a nostra di.sposizione non sia a ben vedere nemmeno un' impresa così dispe­ rata. Il piccolo ma complesso mosaico del conclave dell' 84 non è insomma un inestricabile rompicapo, e le discordanze tra le fonti non costituiscono dopo tutto un problema insormontabile. Il punto, semplicemente, è che oc­ corre sforzarsi di valutare quelle testimonianze con un approccio critico, di5 Riprendo questa definizione da A. Musr, La storia debole, critica della 'nuova storia' , Napoli 1994. 6 In effetti, anche l'episodio del conclave del 1484, al pari di quasi tutti gli eventi

collegabili alla biografia del Borgia, è stato oggetto di polemiche assai accese tra de­ trattori e difensori di Alessandro VI. Ludwig von Pastor, per esempio, volle dare pmticolare credito e risalto alle te­ stimonianze dell'oratore fiorentino Guidantonio Vespucci (e di quello estense Bon­ francesco Adotti), soprattutto laddove venivano evidenziate le tendenze simoniache del Vicecancelliere ed i suoi ripetuti tentativi di comprare i voti del conclave. Peter �e Roo,. nella . sua preziosa opera in cinque volumi su Alessandro VI, si ripropose mvece di scagwnare il Borgia da ogni possibile accusa che gli potesse essere rivol­ ta; e c�sì cercò di respingere come inimediabilmente false e faziose tutte quelle te­ stimomanze (cfr. PASTOR, Storia dei papi cit., m, p. 174; e DE Roo , Materialfor a History cit., Il, p. 240). Sono polemiche che in questo dopoguerra sono riaffiorate anche nella celebre querelle b �rg�ana tra Soranzo e Picotti, con Soranzo impegnato su posizioni non . . troppo dissimili da quelle sostenute a suo tempo dal De Roo e Picotti più legato in­ vece alla tr�dizionale lettura pastoriana (cfr. SORANZO, Studi intorno a papa Ales­ sandro VI Cit., p. 20; e Prcorrr, Nuovi studi cit., p. 1 82).

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stinguendone il livello informativo da quello ideologico, e dunque cercan­ do di interpretarle a loro volta come eventi, fino a ripercorreme, ove possi­ bile, i meccanismi di formazione. Una volta che di quelle fonti si sia poi va­ lutata la qualità, e che si sia appurata l'assenza di espliciti intenti mistifica­ tori, le si potrà poi fare interagire proficuamente tra loro, senza peraltro che questo comporti che le si debba assolutizzare (ovvero che ciascuna di esse debba essere inte1pretata come depositaria esclusiva della verità, o, vice­ versa, come l'espressione di una sorta di volontà deformante più o meno consapevole). In pratica non si tratta di mettere le fonti in contrapposizio­ ne, né di eliminame le divergenze e le diversità con una sorta di abile gio­ co di intarsi e di selezioni, bensì di comprendere quelle differenze (ed e­ ventualmente risolverle) proprio alla luce di una più piena individuazione delle peculiarità di ciascuna fonte7• 7 In proposito, per meglio chiarire queste considerazioni, possiamo anche fare un paio di esempi (sempre collegati al nostro specifico tema). Prendiamo innanzitutto il caso dell'Infessura. L'attendibilità alquanto parziale del suo diario è in vero cosa risaputa (cfr. ad esempio O. TOMASSINI, Prefazione al Diario della città di Roma di Stefano Infessura cit., pp. XVII-XXI). Riguardo al conclave dell' 84, la ricostruzio­ ne dello scribasenato appare però sostanzialmente priva delle connotazioni parti­ giane riscontrabili in altri passaggi della stessa opera. Non vi sono quindi elementi che autorizzino a mettere in dubbio la sincerità di questo resoconto. Al contrario es­ so appare assai dettagliato e puntuale, tanto da rendere evidente che l'autore dovet­ te riportare delle notizie di prima mano, apprese da testimoni diretti. Il problema, al­ lora non sarà tanto quello di accettare o respingere quella particolare versione dei fatti, quanto, piuttosto, comprendere chi potessero essere stati i testimoni interpel­ lati, e quale potesse essere il loro punto di vista. Nel caso dell'Infessura - tenendo presenti le sue ben note simpatie colonnesi - io credo ad esempio che si possa af­ fermare con buona sicurezza che i suoi·principali informatori dovettero essere il car­ dinal Giovam1i Colonna o il cardinal Giovanni Battista Savelli, o tutt'al più qualcu­ no dei loro conclavisti (che furono, rispettivamente, Pietro de Segovia e Giovanni Mariani; e Pietro de Monteimo e Ludovico Sabino) (cfr. BURCKARDI Liber notarum cit., I, pp. 26-28). Alla luce di ciò, la relativa centralità che Infessura attribuì al mo­ lo del Vicecancelliere nel conclave dell' 84 (cfr. supra la nota 4), ci apparirà dopo tutto facilmente spiegabile. È vero infatti che i cardinali di parte 'colonnese' erano legati in modo molto stretto a Giuliano Della Rovere, ma ai loro occhi il Vicecan­ celliere doveva apparire, per autorità e per prestigio, come il capo naturale della lo­ ro controparte, cioè come il punto di riferimento di tutti i cardinali vicini alla Lega. Che poi non fosse esattamente così, e che in questo gruppo vi fossero anche altre personalità (come un Gioval111i d'Aragona e un Ascanio Sforza), che non erano cer­ to passivamente al traino del Borgia, è cosa che in fondo all'Infessura e ai suoi infmmatori non doveva interessare gran che, perché dal loro punto di vista si tratta­ va di dettagli minori. Dopo tutto, infatti ciò che a loro importava evidenziare della vicenda del conclave era il molo vincente di Giuliano Della Rovere, ed il fatto che


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cardinale Rodrigo Borgia alla morte di Sisto IV

E veniamo con ciò al nostro tema. Vorrei cominciare, innanzitutto, pro­ prio da Rodrigo Borgia. Che cosa possiamo dire di lui all'epoca dei fatti che qui vogliamo considerare? Qual' era la sua autorità in seno al Collegio? Quanto erano fondate, in quella particolare circostanza, le sue chances di puntare eventualmente alla tiara? egli avesse saputo orchestrare un'intesa coi cardinali dell'altro gruppo, e dunque, di per ciò stesso, col Vicecancelliere. Insomma Infessura (senza alcuna malafede) ci parla di un accordo tra Della Rovere e Borgia senza soffermarsi troppo sull'opera ­ to di altri porporati, il che però non significa che tali cardinali non abbiano avuto al­ cun ruolo nella vicenda, né d'altro canto che Infessura debba essere ritenuto una fonte mendace. Semplicemente si tratterà di leggere il suo 'Diario' con particolar i avvertenze. Un giudizio analogo (ma speculare) può essere espresso anche per l'al­ tra fonte principale dell'episodio, vale a dire i dispacci di Guidantonio Vespucci , nella cui ricostruzione il ruolo dei cardinali Sforza e d 'Aragona viene invece molto valorizzato, mentre si assiste alla relativa sottovalutazione dell'operato del Borgia (cfr. supra la nota 4). Ora, in realtà noi sappiamo che il Vespucci non aveva parti­ colare simpatia per il Vicecancelliere, e che anzi espresse più volte dei dubbi circa la sua sincerità e lealtà (cfr. infra la nota 34). Questo però non significa in nessun modo che i suoi resoconti debbano essere giudicati come scarsamente attendibil i. È evidente infatti che il Vespucci con le sue lettere stava svolgendo i compiti di un am­ bas� atore chiamat� a trasmettere notizie riservate al suo governo ed al suo patrono pohtico Lorenzo dei Medici. Le sue valutazioni, di conseguenza, saranno anche sta­ te in qualche misura viziate dai suoi pregiudizi, ma non per questo le si deve rite­ nere menzognere. Come per l'Infessura, anche per il Vespucci si tratterà piuttosto di valutare q�ali fossero le sue fonti, perché questo ci darà forse modo di comprend e­ re parecchie cose. Ebbene, in questo caso, i referenti dell'oratore dovettero essere certamente dei cardinali vicini alla Lega, e in primo luogo proprio gli stessi Gio­ vanni d 'Aragona ed Ascanio Sforza. Che il suo resoconto tendesse dunque a mette­ re in risalto proprio l'operato di questi due porporati non può destare pmticolar e sor­ presa; mentre il ruolo in fondo marginale riservato al Vicecancelliere potrà essere facilmente spiegato proprio alla luce del fatto che il Vespucci, non essendo in ami­ cizia col Borgia, non doveva nemmeno godere della sua confidenza, e dunque non dovette ricevere da lui alcuna informazione. Anche qui, insomma, non si tratta né di negare la credibilità della fonte, né di accoglierla acriticamente, bensì di valutaria con una particol�re sensibilità. Considerazioni simili potrebbero essere svolte per tutte le altre fonti a nostra disposizione: dai dispacci dell'Adotti e del Bendedei (e di altri), allo stesso diario del Burckard, che fu un testimone diretto del conclave ma non assistette ai vari maneggi dei cardinali (e perciò non ne dette conto). In 0� gni ca�o il pu�to �ssenziale mi pare questo, e cioè che ogni ricostruzione o rappre­ sentazwne dei fatti doveva riflettere non soltanto la varietà dei punti di vista dei sin­ goli autori, ma anche e soprattutto le loro diverse modalità di reperimen to delle no­ tizie, e la diversità delle rispettive fonti di informazione. Anziché attribuire un va-

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Diciamo subito che al momento della morte di Sisto IV il Borgia dove­ va presumibilmente aver superato da pochi mesi la soglia dei cinquant'an­ ni". Egli era cardinale da quando ne doveva avere 22 (cioè dal settembre del lore assoluto a quei resoconti (per poi magari dover riconoscere delle divergenze in­ sormontabili), si tratterà allora di relativizzarli, riconducendoli al loro particolare angolo visuale e cogliendone la necessaria parzialità. A quel punto, la soluzione dei nodi più controversi si potrà forse rivelare impresa meno difficile di quanto a prima vista potesse sembrare. 8 La data di nascita di Rodrigo Borgia è in vero una questione piuttosto contro­ versa. Nel Liber notarum di Johannes Burckard, in corrispondenza della data del l o gennaio del l498, si legge la seguente nota: «papa [Alesander VI], benedictione post missam data, dixit cardinalibus, me audiente, sese complevisse heri sexagesimum septimum annun etatis sue, ac natum esse prima die hebdomadis, prima die mensis, et prima die anni, anno primo pontificatus felicis memorie Eugenii pape quarti» (BURCKARDI Liber notarum cit., II, p. 67). L'affeimazione del papa, riportata da Burckard, pone subito qualche problema: Alessandro VI dichiarò infatti di aver completato il suo 67° anno di vita alla data del 3 1 dicembre 1497, il che vorrebbe dire che egli doveva essere nato il lo gennaio del l 43 1 (che in effetti cadde di lu­ nedì, cioè nel primo giorno della settimana, come appunto dichiarato dal pontefice). A quella data però si era ancora nell'ultimo anno di pontificato di Martino V, men­ tre il Burckard riferì che il papa aveva parlato espressamente del primo anno del pontificato di Eugenio IV. La nascita del Borgia andrebbe allora presumibilmente spostata al l o gennaio del l432 (anno I del pontificato di Eugenio), ma d'altro can­ to quel giomo non cadde di lunedì (bensì di martedì), e inoltre in quel caso, nel gen­ naio del '98, il papa avrebbe dovuto in realtà dichiarare di aver terminato il 66° an­ no di vita, mentre, come si è detto, egli parlò del 67o. La maggior parte degli studiosi, prendendo le mosse dal passo del Burckard, si è in effetti divisa tra i fautori di una datazione al l 0 gennaio del ' 3 1 (cfr. ad esem­ pio PICOTTI, Alessandro VI cit., p. 1 96; e FusERO, I Borgia cit., p. 72), e i propu­ gnatori del l o gennaio del ' 32 (ad esempio DE Roo , Materia! for a History cit., II, p. 9 ; e FERRARA, Il papa Borgia cit., p. 43). Non sono per dire il vero mancate po­ sizioni diverse, come ad esempio quella del Pastor, che suggerì come data più pro­ babile il 1430, senza tuttavia portare particolari spiegazioni a supporto della sua af­ fermazione (cfr. PASTOR, Storia dei papi cit., I, p. 751). Occorre però fare alcune os­ servazioni. Innanzitutto si dovrà notare che il Burckard, a ben vedere, si limitò a ri­ pmtare una dichiarazione di Alessandro VI (papa [. . .] dixit cardinalibus). Della sua testimonianza non abbiamo motivo di diffidare, ma questo non significa che anche la dichiarazione del papa dovesse essere necessariamente veritiera. Per qualche mo­ tivo (per sembrare più anziano e maturo, oppure per esaltare la curiosa serie nume­ rica di quella catena di primi giorni), il Borgia poteva in effetti essere interessato ad attribuire la propria nascita ad una data diversa da quella reale. Peter De Roo nelle sue minuziose ricerche sul B orgia, ritrovò d'altra parte una serie di bolle papali, risalenti ai tempi di Niccolò V, che sembrerebbero dare delle indicazioni diverse. L' I l luglio del l 447 Rodrigo B orgia veniva ad esempio quali­ ficato come un giovane clericus valentinus nel suo 14o anno di vita. La stessa indi-


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1456), mentre da quasi 27 anni (cioè dal novembre del 1457, quando do­ veva essere soltanto ventitreenne) era altresì titolare della carica di Vice­ cancelliere9. Più di recente, e cioè dal gennaio del 1483 , egli era inoltre approdato al rango (essenzialmente onorifico ma non per questo meno prestigi oso) di decano del Sacro Collegio, sebbene il titolo di cardinale vescovo Hostiencazione si ritrova in un'altra bolla dell' 8 agosto dello stesso anno. Una terza bolla ci avverte che il 23 dicembre del 1450 il futuro Alessandro VI si trovava nel suo 17° anno d'età; mentre una quatta ci dice che il 22 ottobre del 1453 egli era nel suo 20° anno (cfr. DE Roo, Materia! for a History cit., I, appendici documentarie alle pp. 535-549; e II, p. 9). In base a questi elementi - e a dispetto delle deduzioni enate che De Roo volle tratTe dai documenti da lui stesso prodotti, e che a suo avviso confennavano senz' om­ bra di dubbio l'ipotesi del l o gennaio 1432 - si può dunque stabilire che la nascita del Borgia doveva essere avvenuta tra il 23 dicembre del 1 433 e l' 1 1 luglio del 1435, e, più probabilmente, nella prima metà del 1434. In questo senso è dunque ra­ gionevole suppone che alla morte di Sisto IV (nell' agosto del 1484) egli dovesse per l' appunto aver superato soltanto da qualche mese la soglia dei cinquant' anni. Una simile conclusione indubbiamente smentisce le affermazioni di Alessandro VI del 1 o gennaio 1498 (riportate dal Burckard), poiché in base a questi calcoli il pon­ tefice a quella data doveva avere non già 67 anni, bensì un'età compresa tra 63 e i 65. Non mi pare invece di ravvisat·e un particolare contrasto con la valutazione di massima di Giacomo Gherardi, che nel 148 1 aveva stimato l'età del Borgia in anni circiter quinquaginta (doveva averne in realtà 46 o 47) (cfr. Il diario romano di Ia­ copo Gherardi cit. p. 48). 9 Come noto Rodrigo Borgia fu creato cardinale in pectore dallo zio Callisto III il 20 febbraio del 1456 (unitamente al cugino Luis Juan Milà e a Jayme de Aviz, fi­ glio dell'Infante Giovanni di Pmtogallo), ma venne poi formalmente pubblicato sol­ tanto il successivo 17 settembre, al termine di una complessa pattita con i cardina­ li, che avevano cercato di ritardare il più possibile l'effettiva pubblicazione dei ni­ poti papali. II successivo 26 novembre, con la cerimonia della aperitio oris, Rodri­ go era quindi entrato a pieno titolo nel Sacro Collegio, come diacono cardinale. II papa gli aveva assegnato la chiesa diaconale di S . Niccolò in Carcere Tulliano, di cui egli conservò poi la titolat"ità fino al febbraio del 1 48 1 , e dunque ben oltre il pas­ saggio al rango di cardinale vescovo, avvenuto nel l 47 1 (cfr. qua sotto la nota 10). Quanto alla nomina a Vicecancelliere - carica che era di fatto vacante dal l 453 � ossia dalla morte del cat·dinale Francesco Condulrner - essa ebbe luogo in data l maggio 1457, ma anche in questo caso (sempre per attenuare l'opposizione del Sa­ cro Collegio), Callisto IIIpreferì inizialmente tenere segreta la sua decisione, e so­ lo il 3 novembre del '57 procedette alla pubblicazione della bolla di nomina. Su tutte queste vicende cfr. PASTOR, Storia dei papi cit., I, pp. 752-758 ; C. Eu­ BEL, Hierarchia catholica Medii Aevi, sive summorum pontificum, S.R.E. cm·dina­ lium, ecclesiarum antistutum series, Miinster 1 9 1 3 -1 923, II, pp. 12 e 3 1 ; e DE Roo, Materia! far a Histmy cit., pp. 30-35, 69-70, 108, e 1 65 , nonché il doc. n. 6 1 , pp.

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solitamente attribuito al cardinale più anziano e dunque associato alla dignità decanale -, gli fosse stato in effetti ' soffiato' da Giuliano Della Ro­ vere, mentre egli era rimasto cardinale vescovo di Porto (sede che gli era stata affidata nel 1476)10• Nel 1484 Rodrigo Borgia era indubbiamente anche uno dei cardinali più ricchi, e forse il più ricco in assolutoll . La sua dotazione in termini di benefici era senz'altro assai cospicua, e le relative rendite dovevano aggirarsi, all'inizio degli anni Ottanta, intorno a valori quasi certamente superiori ai 30/35.000 ducati annui12 • Il grosso di questo ingente patrimonio di benefici - a cominciare ovviamente dalla ric-

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420-421 . Per l'episodio della creazione cardinalizia del Borgia cfr. anche ENEA SIL­

VIO PrccoLOMINI (PAPA Pro II), I Commentarii, a cura di E. ToTARO, I, Milano 1 984,

pp. 1 60-1 65. 10 Rodrigo Borgia divenne decano dei cardinali vescovi, e dunque decano del Sa­ cro Collegio, alla morte di Guillaume d'Estouteville nel gennaio del 1483. A quella data il Vicecancelliere era in effetti il più anziano dei cardinali vescovi in carica. E­ gli era infatti entrato nel primo ordine cardinalizio il 30 agosto del l 47 1 , con la pro­ mozione alla sede suburbicaria di Albano, vacante a seguito della nomina di Filip­ po Calandrini alla sede portuense. Il 22 luglio del l476 (alla morte dello stesso Ca­ landrini), il Borgia era quindi a sua volta passato al vescovato di Porto e Santa Ru­ fina. Con la scomparsa del d'Estouteville, titolare del vescovato di Ostia, il Vice­ cancelliere sarebbe in teoria dovuto subentrargli come vescovo Ostiense (essendo la sede di Ostia per tradizione destinata proprio al decano dei cardinali vescovi). Sisto IV volle però conferire quel vescovato al nipote Giuliano Della Rovere (all'epoca vescovo di Sabina), per cui, nel 1484 si aveva l'anomala (ma non del tutto inedita) situazione di un cardinale Ostiense, cioè appunto il Della Rovere, che occupava sol­ tanto la posizione di quatto membro del Collegio in ordine di anzianità, mentre il primo posto era appunto riservato al cardinale di Porto Rodrigo Borgia (cfr. EuBEL, Hierarchia catlwlica cit., II, pp. 8, 1 1 , 12, 17, 59-6 1 ; e BVRCKARDI Liber notarum cit. , I, pp. 17, 25-26, e 44). Vale anche la pena di notare che tra il Borgia e il Della Rovere - nato nel di­ cembre del '45, creato cardinale nel dicembre del '71 e promosso cardinale vesco­ vo nell' aprile del '79' - esisteva una significativa differenza tanto di età quanto di anzianità cardinalizia. Borgia era infatti maggiore di Della Rovere di circa 1 1 an­ ni; era stato promosso cardinale con 1 3 anni d' anticipo, ed era diventato cardinale vescovo 8 anni prima. 11 Nel 148 1 Giacomo Gherardi aveva scritto che il Vicecancelliere era forse il membro più ricco del Sacro Collegio dopo Guillaume d'Estouteville (cfr. Il diario romano di Iacopo Gherardi cit., p. 48). Con la morte del d'Estouteville (nel gen­ naio dell'83) Borgia doveva dunque aver conquistato il primato della ricchezza. 12 La stima (del tutto approssimativa) del valore dei numerosissimi benefici ec­ clesiastici del Borgia attorno al 1484 si basa sulle indicazioni di Peter De Roo circa il patrimonio beneficiario del Vicecancelliere; indicazioni per le quali si t"irnanda qua sotto alla nota 1 3 .


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ca sede vescovile di Valencia (che da sola assicurava entrate non inferiori ai 16.000 ducati) -, era stato assegnato a Rodrigo Borgia ai tempi dello zio Callisto III. Ma anche sotto i pontificati successivi non erano mancate im­ portanti acquisizioni. Sotto Sisto IV, in particolare, il Borgia era stato com­ piaciuto, nel 1471, della ricca abbazia di Subiaco e del vescovato di Alba­ no (poi ceduto nel 1476 per passare a quello di Porto); dopodiché nel 1482 egli aveva ricevuto - senza perdere la sede di Valencia - anche il vescova­ to di Cartagena (dal valore di non meno di 7.000 ducati l' anno)13• A mero titolo di confronto si può ricordare che un cardinale di medio prestigio, come il milanese Giovanni Arcimboldi, nel corso della sua carriera cardinalizia ( 1473-1488) avrebbe visto le proprie rendite annue di provenienza beneficiaria va­ l"iare da un minimo di 3-4.000 ducati a un massimo 9- 1 1 .000 (cfr. F. SOMAINI, Un prelato lombardo del XV secolo. Il card. Giovanni Arcimboldi, vescovo di Novara, arcivescovo di Milano, (in corso di statnpa), pp. 777-778 e 856-858). Ascanio Sfor­ za, che nel 1484 era il cm·dinale di nomina più recente, ma che per le sue origini p1"incipesche non si poteva certo considerare l 'ultimo anivato, all'epoca doveva in­ vece vantare un'entrata annua complessiva di circa 25.000 ducati (di cui 10.000 pro­ venienti dai suoi benefici) cfr. M. PELLEGRINI, Ricerche sul patrimonio feudale e be­ neficiario del cardinale Ascanio Sforza, «Archivio Storico Lombardo», 122 ( 1 996), pp. 47 e 73-74. 1 3 Possiamo qui provare a ricapitolare, in base alle ricerche minuziose del De Roo, tutti i benefici, conseguiti da Rodrigo Borgia nel corso della sua carriera, da­ gli esordi fino alla morte di Sisto IV (per quelli acquisiti sotto il pontificato di In­ nocenza VIII cfr. invece infra le note 1 59 e 1 64). ll suo primo beneficio sembra fosse un canonicato della cattedrale di Barcello­ na, assegnatogli da Eugenio IV (143 1 -1447) nel lontano 1444. Sotto Niccolò V (14471455) arrivarono comunque altre acquisizioni: entro l ' aprile del '48 una cappellania nella cattedrale di Valencia; entro il gennaio del '49 un canonicato nella stessa chie­ sa, nell' agosto del '50 la sacrestia (sempre nella cattedrale valenzana); nel dicem­ bre seguente un canonicato e la percentoria della collegiata di S. Maria di Xàtiva (terra natale del Borgia stesso); nel marzo del ' 5 1 un canonicato nella cattedrale di Urgel; nell' ottobre del '53 il decanato della collegiata di Calatambio (in diocesi di Tarazona) e l ' arcipretura della cattedrale di Saragozza; e infine, nell' ottobre del '54, la rettm"ia della chiesa pmmcchiale di Cullera (in diocesi di Valencia). Con l' ascesa al pontificato dello zio Alfonso Borgia (eletto papa 1' 8 aprile del '55), i benefici di Rod1"igo naturalmente si moltiplicarono. Nel giugno del l455 ar­ rivò irmanzitutto il decanato della collegiata di Xàtiva; poi, entro la fine dell'anno, la rettoria della chiesa parrocchiale di Quart (in diocesi di Valencia); nel gennaio del '56 un canonicato e l ' arcipretura della cattedrale di Segovia; nell' agosto seguente la rettoria dell'Ospedale di S. Andrea di Vercelli; e in settembre il decanato della cat­ tedrale di Cartagena più altri benefici minori di quella diocesi. Nel novembre del 1456, dopo la promozione al cardinalato, anivò invece la diaconia di S. Niccolò in Carcere Tulliano; quindi in dicembre l ' abbazia di S. te Marie de Clairvaux (in dio­ cesi di Cambrai). Nel febbraio del '57 si aggiunse la prepositura della cattedrale di

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Accanto ai benefici, si deve poi tenere presente che il Borgia, come si

è già visto, dal 1457 era anche il responsabile del più importante dicastero

della curia romana, vale a diTe della Cancelleria, la quale - oltre a costitui­ re un centro di potere di tale rilievo da essere unanimemente considerata come «Un altro papato» - assicurava da sola una rendita netta non inferioMagonza; nell' aprile seguente il vescovato di Girona più altri benefici minori in diocesi di Siviglia; e nel luglio dello stesso anno la cosiddetta ' abbazia secolare' di Hennides nella cattedrale di Palencia. Nel marzo del '58 venne poi l ' abbazia di S. Angelo a Massa (in diocesi di Narni); e in maggio di quella dei SS. Stefano e Mar­ tino di Fossanova (in diocesi di Terracina). Infine il 30 giugno del 1458 fu la volta del vescovato di Valencia. Morto Callisto, Rodrigo collezionò poi, sotto Pio II (1458-1464), i seguenti al­ tri benefici: nel settembre del '58 la diacmùa di S. Maria in Via Lata di Roma (uni­ ta al monastero di S. Ciriaco); nel gennaio del '59 la percentoria della cattedrale di Barcellona e la cosiddetta ' abbazia secolare' di Herundes nella cattedrale di Plasen­ cia con un canonicato della stessa chiesa; nel settembre del 1460 l ' abbazia della Beata Vergine della Roccia (in diocesi di Tanagona); nell' aprile del '62 l ' abbazia di S. Maria di Ripoli (in diocesi di Vich); nel luglio seguente alcuni priorati minori in diocesi di Pamplona; e nell'aprile del '63 il gran priorato della chiesa agostiniana di Tortosa. Sotto Paolo II ( 1464- 147 1 ) fu invece la volta di due cospicue pensioni sulle ren­ dite dei vescovati di Talavera e di Viseu (nel '64); e dell'arcidiaconato della catte­ drale di Saragozza (nel febbraio del l469). Infine con Sisto IV, B orgia ricevette, nell' agosto del '71 l ' abbazia di S. Scola­ stica di Subiaco e il vescovato suburbicario di Albano; nel maggio del '72 l ' abbazia di S. Milian de la Cogolla (in diocesi di Calahorra); nel luglio del '73 l ' arcidiaco­ nato e un canonicato della cattedrale di Burgos; e nel maggio del '74 una pensione di 500 ducati annui sul vescovato di Messina più una serie di benefici minori in dio­ cesi di Siviglia. Nel luglio del '76 egli ebbe quindi il vescovato suburbicario di Por­ to e Santa Rufina; nell' agosto seguente l' abbazia di Valdefia, presso Valencia; nel novembre del '77 il decanato della cattedrale di Talavera e un canonicato nella cat­ tedrale di Lisbona; nel luglio del '78 l'abbazia di S. Maria di Regali (in diocesi di Elna); nel 148 1 l 'arcidiaconato della cattedrale di Jaen; nel maggio del 1482 una pensione di 700 ducati sul vescovato di Coimbra; e nel luglio seguente il vescova­ to di Cmtagena. Nel gennaio del 1483 arrivarono poi una pensione di 500 ducati an­ nui sull'arcivescovato di Siviglia; e nel febbraio seguente i l titolo presbiterale di S . Pudenziana e l'arcipretura di S. Maria Maggiore i n Roma. D a ultimo, nell'aprile del 1483 venne l'abbazia di S. Mm·ia Rivalta (in diocesi di Città Ducale). Certo non tutti questi benefici furono cumulati e mantenuti contemporaneamen­ te: la promozione alla sede valenzana nel '58 comportò ad esempio la rinuncia al vescovato di Girona, alla sacrestia di Valencia, al decanato di Xàtiva, alle rettorie di Cullera e di Quart, e al canonicato di Segovia; mentre in precedenza Borgia aveva già rinunciato - ma in cambio di pensioni - al canonicato e alla percentoria di Xàtiva (nel gem1aio del 1454); al decanato di Calatambio e all'arcipretura di Saragozza (nel


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re agli 8.000 ducati l'anno (e col tempo si passò certamente ad introiti an­ che molto superiori)14• Ci sono del resto diversi indicatori che possono essere utilizzati per a­ vere un'idea della ricchezza straordinaria di questo cardinale. Pensiamo ad esempio alle dimensioni della sua familia. Dallo studio di un rotolo di sup­ pliche del 1472, Ulrich Schwarz ha potuto constatare che in quell'anno il Vicecancelliere doveva contare tra i suoi soli familiares chierici non meno

giugno del 1455); all'abbazia di Clairvaux (subito dopo la collazione nel dicembre del 1456), e al canonicato della cattedrale valenzana (nell'aprile del 1457). Negli anni seguenti, ancora, Borgia cedette (nel 1459) la percentoria di Barcellona, il ca­ nonicato di Palencia e l 'abbazia secolare di Herundes; l 'arcidiaconato di Viseu (nel '70); l 'arcidiaconato e il canonicato di Burgos (nel '74); il decanato di Talavera e il canonicato di Lisbona (nel '77), l 'arcidiaconato di Jaen e la diaconia S. Niccolò in Carcere in Roma (nel 148 1), e infine l ' abbazia di Città Ducale (nel 1483). Inoltre nel 1476 (a seguito della promozione a Porto) Borgia aveva naturalmente ceduto anche il vescovato di Albano. Su tutte queste vicende beneficiarie cfr. DE Roo, Materia! far a HistOI)' ci t., II, pp. 14, 17, 22-27, 30, 33, 35, 39, 60, 63, 65, 83-86, 92-93, 108-1 10, 127, 129, 135, 136, 148-149, 1 55, 1 64, 1 68, 214-215, 217-2 1 8, 221-222, 23 1 -232, 235-237 e 25025 1 ; e anche EUBEL, Hierarchia catholica cit. , II, pp. 12, 37, 39, 59, 60, 1 1 9 e 26 1 . 14 L a carica d i Vicencalliere (che dalla fine del XII secolo, con la scomparsa della figura del Cancelliere, conispondeva a quella del primo responsabile della Cancelleria Apostolica) intorno al 1480 venne valutata dal Gherardi per un'entrata di 8.000 ducati l ' anno ( Il diario romano di Iacopo Gherardi cit., p. 48). Nel 1492 tuttavia lo stesso Rodrigo Borgia, all'indomani dell 'elezione al pontificato, fece notare che quella carica (ora passata ad Ascanio Sforza), ormai rendeva non meno di 10.000 ducati l ' anno (e anzi negli ultimissimi tempi era salita addirittura fino a 1 4.000), di contro ai 6 o 7 .000 di quando egli ne era diventato titolare (cfr. PELLE­ GRINI, Ricerche sul patrimonio cit., p. 68 e nota). Questo notevole incremento di in­ troiti era dovuto in p1imo luogo alla diffusione della venalità delle cariche di curia (una pratica che conobbe un forte incoraggiamento soprattutto a partire dagli anni di Sisto IV). ll fenomeno aveva infatti interessato anche gli uffici dipendenti dalla Cancelleria Apostolica, una parte dei quali era di nomina del Vicecancelliere. L' au­ mento del numero delle cariche venali fece dunque aumentare anche la quantità di posti riservata alla designazione del Borgia, con conseguente dilatazione delle sue entrate. Basti pensare ad esempio che nel 1479 Sisto IV elevò da 60 a 72 l 'organi­ co del collegio degli abbreviatori, portando da 12 a 21 il numero di posti riservati al Vicecancelliere. Dei 100 sollecitatori (il loro numero venne fissato a questa ci­ fra nel 1482) al Borgia ne furono riservati non meno di 25 ; cfr. DE Roo, Materia! far a Hist01)' cit., II, pp. 7 1 -77; e T. FRENZ, Die Kanzlei der Papste der Hochre­ naissance (1471-1527), Tiibingen 1 986, pp. 202-203 . L a definizione della Vicecancelleria come «uno altro papato» s i trova invece in una lettera del 4 agosto 1492 dell'oratore estense Giovanni Andrea Boccaccio, ve­ scovo di Modena, alla duchessa di Ferrara: cfr. ASMo, Ambasciatori, Roma, 8

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di 139 individui, il che lascia pensare ad un entourage complessivo di al­ meno 2 o 300 persone, laddove una normale familia cardinalizia della fine del Quattrocento mediamente giungeva ad annoverare, fra chierici e laici, non più di 100/120 individui (con una percentuale di chierici compresa tra il 50 e il 60% circa)15• Sempre per farsi un'idea della ricchezza di Borgia in rapporto ad altri porporati, possono rivelarsi abbastanza interessanti anche dati più curiosi, come ad esempio quelli relativi ai consumi di vino della sua domus. Nel corso del 1475, per esempio, gli agenti del Vicecancelliere acquistarono al mercato all'ingrosso del vino presso il porto della Ripa Romea, ai piedi del­ l' Aventino, vini di diversa provenienza per una quantità superiore ai 100.000 litri. Solo Giuliano Della Rovere in quella circostanza fece acquisti ancor più cospicui, mentre tutti gli altri cardinali si tennero su livelli considere­ volmente più bassi16• Ne possiamo dedurre che anche i consumi della casa del Borgia erano in effetti tra i più elevati di tutta Roma; segno evidente di una domus affollata ed ospitale, e dunque indizio inoppugnabile di un car­ dinale particolarmente ricco e facoltoso.

(Boccaccio a Eleonora d'Aragona, 1492 agosto 4, Roma); citata anche in PASTOR, Storia dei papi cit. , m, pp. 1019- 1020; nonché in SORANZO, Studi intorno a papa A­ lessandro VI cit., p. 20). '5 Cfr. ù. SCHWARZ, Die Papstfamiliaren der Ersten Stunde. Zwei Expektativen­ rotuli fiir Sixtus IV (l . ]an. 1472), «Quellen und Forschungen aus italienischen Ar­ chiven und Bibliotheken», 72 ( 1 993), nota 1 12 a p. 33 1 . Per i dati sulle dimensioni medie di unafamilia cardinalizia di fine Quattrocento (e sulle percentuali di chie1ici e laici) cfr. G. FRAGNITO, Le corti cardinalizie nella Ro­ ma del Cinquecento, «Rivista Stmica Italiana», 106 ( 1994), p. 22. Si può anche ag­ giungere che Paolo Cmtesi, nel 1 5 10, avrebbe indicato in 140 il numero ideale dei membri della corte di una cardinale, e in 80 (pari al 57%) la quota deifamiliares chie­ lici (cfr. PAOLO CoRTESI, De cardinalatu libri tres, Castro Cartesio 1 5 10, cc. 56v 57r). Sempre a proposito del Borgia e delle dimensioni della suafamilia si può anche ricordare il celebre episodio dell'ottobre del 1473, allorquando il Vicecancelliere, di ritorno dalla Spagna, perdette in un sol colpo, in un drammatico naufragio, non me­ no di 75 familiares (fra cui 3 vescovi e 12 protonotari). Costoro si trovavano a bor­ do di una galea che affondò travolta da una tempesta nel Tineno. Va notato però che in quell'occasione vi era anche un'altra galea, su cui erano imbarcati il Borgia ed al­ tri membri dell'entourage, i quali riuscirono a rimanere incolumi (e c'erano poi tut­ ti ifamiliares che dovevano essere rimasti a Roma) (cfr. PASTOR, Storia dei papi cit., II, p. 447; e DE Roo, Materia! far a Histmy cit., II, p. 204). 16 Cfr. A. EscH, Importe in das Rom der Renaissance. Die Zollregister der lah­ re 1470 bis 1480, «Quellen und Forschungen aus Italienischen Archiven und Bi­ bliotheken», 74 (1 994), p. 443. Le notizie raccolte da Esch provengono dai registri della cosiddetta Dogana di Mare compresi nel fondo Camerale I, Camera Urbis dell'Archivio di Stato di Ro-


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Tutta questa ricchezza si traduceva ovviamente anche nella possibilità di esibire una particolare magnificenza. n palazzo romano del Vicecancelliere (oggi in parte coincidente con Palazzo Sforza Cesarini), da lui edificato a partire dal 1458 nel rione Pon­ te lungo il tracciato della via Mercatoria, venne ad esempio definito da Ga­ spare da Verona (verso la fine degli anni Sessanta) come una delle più ele­ ganti residenze principesche non soltanto di Roma, ma di tutt'Italia17• In quel grande palazzo, progressivamente ampliato, il Borgia aveva fatto trasferire sin dal principio gli uffici della Cancelleria, ma esso fungeva anche da lus­ suosa residenza privata, e non a caso il Gherardi ci dà notizia della gran quantità di suppellettili, di paramenti preziosi, di ricchi codici e quant' altro, di cui quella casa era mirabilmente fornita18•

ma. Detti registri riportavano tutte le operazioni di scambio che venivano effettuate presso il Porto della Ripa Romea, e tra queste, in primo luogo, gli acquisti di vino all'ingrosso, che avvenivano di regola proprio in quella sede. I cardinali godevano in realtà di un diritto di franchigia (che permetteva loro di non essere tenuti ad al­ cun dazio), ma le loro operazioni venivano comunque annotate, sicché è possibile ricavare le quantità totali comprate da ciascun pmporato. Per l'anno giubilare 1475, studiato con particolare cura dall'Esch, abbiamo dunque che il Borgia acquistò vi­ no delle diverse qualità (greco, corso, latino, ecc.) per un totale di 221 botti e 8 ba­ rili, il che -- tenendo presente che un barile romano aveva una capacità di 58, 34 li­ tri, e che il contenuto di una botte risultava equivalente a quello di 9 barili - ci dà appunto un totale di circa 1 1 6.500 litri di vino in un anno ! Giuliano Della Rovere fece in vero ancora di più, con l ' acquisto complessivo di 306 botti e 7,5 barili (pari ad un totale di 203 . 100 litri). Ma gli altri cardinali si ten­ nero invece su valori più contenuti (per quanto pur sempre cospicui). Per esempio: il ricco Guillaume d'Estouteville comprò un totale di ' sole' 155 botti e 8 barili (cir­ ca 8 1 .850 litri); Marco Barbo si fermò a 142 botti e 2, 5 barili (pari a poco meno di 49. 1 00 litri); mentre Francesco Todeschini Piccolomini, il futuro Pio Ili, non andò oltre la quota di 44 botti e 5 barili (conispondenti a poco meno di 23.400 litri) (per i dati sul Della Rovere e il d'Estouteville cfr. ibid. , p. 443; quelli sul Barbo e il To­ deschini Piccolimini sono stati invece effettuati in base a miei personali conteggi in ASR, Camerale I, Camera Urbis, reg. 144, cc. 121r- 371r). 17 GASPARE DA VERONA, De gestis temporis pontificis maximi Pauli secundi, a cura di G. ZIPPEL, RIS2, 3/16, (Le vite di Paolo II di Gaspare da Verona e Michele Canensi, a cura di G. ZIPPEL), (1904- 1 9 1 1 ) p. 38; «inter eximia palatia Italiae faci­ le potest connumerati. et summis laudibus tolli» . 1 8 «Vasomm argenteomm, margaritamm, vestis stragule et sacre ex auro et seri­ co, ac libromm omnis doctrine vis maxima ei est, cuncta spetie et ornatu regio et pontificio. Mitto lectomm et equomm ornamenta innumera, etiam aurea, argentea et serica; mitto vestem sui usus admodum pretiosam et multam; mitto signati auri in­ gens, ut dicitur, pondus» (Il diario romano di Iacopo Gherardi cit., pp. 48-49). La testimonianza del Gherardi può essere pienamente confe1mata anche dalla fa­ mosa lettera di Ascanio Sforza a Ludovico il Moro dell'ottobre del 1484, scritta al-

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Nel corso degli anni, del resto, il Borgia, oltre che per l'impresa del pa­ lazzo, si era distinto anche per altre impmtanti iniziative edilizie; basti pen­ sare ai grandi restauri introdotti nella sua chiesa titolare di S. Nicola alle Car­ ceri e nella chiesa di S. Biagio (nei pressi del palazzo stesso), oppure ai lavo­ ri promossi in S. Maria del Popolo, o a quelli che a partire dal 1483 furono avviati in S. Maria Maggiore (ove tra l' altro Borgia fondò ed istituì anche una scuola di musica). Lasciando la scena di Roma potremmo poi ricordm·e l'erezione del palazzo vescovile di Pienza, la ricostruzione del castello abba­ ziale di Subiaco, o gli ingenti investimenti compiuti nell'ingrandimento del­ la cattedrale valenzana o in altre chiese poste sotto la sua giurisdizione19• Accanto a questo fervore edificatorio, si debbono poi aggiungere i con­ tributi straordinari di cui il Vicecancelliere si fece carico a sostegno di par­ ticolari iniziative papali. Al tempo di Pio II (nel 1461) egli aveva ad esem­ pio provveduto ad armare a proprie spese un piccolo contingente militare per la guerra contro i Malatesta, e nel 1464 aveva finanziato l'armo di una galea per la crociata anti-turca20• Sotto Sisto N, invece, a titolo di risarcimento per un donativo di ben 15.000 ducati erogato a vantaggio delle casse papali, egli si vide riconoscere la possibilità di costituirsi una propria piccola signoria tenitoriale nell'ambito del­ lo Stato Pontificio; il 23 gennaio del 1479, infatti, si aggiudicò il governo dei castelli e delle terre di Nepi e di Civitacastellana nel Patrimonio (e a Nepi egli intraprese tra l'altro dei significativi e costosi lavori per il rifacimento della roc­ ca, spendendo non meno di 4.500 ducati nel solo quadriennio 1479-1483)21• Possiamo aggiungere, ancora, che da tempo le feste e gli eventi monda­ ni organizzati dal Vicecancelliere eccellevano per sfarzo ed eleganza, come già si era visto ad esempio nel 1462 con lo spettacolo offmto ai Romani in oc­ casione della solenne traslazione della testa di s. Andrea, o con la celebre pro­ cessione viterbese di quello stesso anno per la festa del Cmpus Domim'22•

l 'indomani di un fastoso ricevimento che il Borgia aveva offe1to nel propl'io palazzo a re Penante d'Aragona e ad alcuni cm·dinali (cfr. PASTOR, Storia dei papi cit., Ili, pp. 1 83 e 836). 1 9 Cfr. ibid., Il, pp. 206, 438, 643, 646, e Ili, p. 270; e DE Roo, Materia! far a Histmy cit., Il, pp. 93, 108, 1 1 1 , 1 37, 158 e 234-235. 2° Cfr. PASTOR, Storia dei papi cit., Il, p. 274; e DE Roo, Materia! far a History cit., Il, pp. 128 e 1 36. 2 1 Ibid., Il, pp. 221-23 1 . Oltre a Nepi e Civitacastellana, il Borgia si assicurò nel­ la stessa circostanza anche la tena e il castello di Anticoli, in Campania. 22 Cfr. PASTOR, Storia dei papi cit., Il, pp. 1 89 e 223 ; e DE Roo, Materia! far a Histmy cit., Il, pp. 128-1 29. Una bella descrizione di questi due famosi episodi si troverà in PrccoLOMINI (PAPA Pro Il), I Commentarii cit., pp. 1 508-1557 e 1 595- 1 6 1 3 (sul ruolo svolto dal Borgia i n quelle due celebri riconenze cfr. ibid. , rispettiva­ mente alle pp. 1 538-1540 e 1 600-1 603).


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Tutti questi aspetti (e se ne potrebbero cettamente aggiungere altri) con­ tribuiscono insomma a rendere il quadro di un cardinale non soltanto dotato di grandi risorse economiche, ma anche di grande prestigio. Non v'è dubbio del resto che il Vicecancelliere godesse in effetti di una notevole autorità an­ che sul piano politico. Ancora nel lontano 1460, quando non doveva avere più di 26 anni, Borgia era stato ad esempio indicato da Pio II come un cardinale degno, ancorché giovane, di una particolare benevolenza e considerazione23• Sotto Paolo II egli si era poi procurato un'influenza ancora più alta, tant'è che sin dal principio di quel pontificato gli veniva attribuito un «gran credito» presso la persona del papa24• Era stato però con l 'avvento di Sisto IV - nella cui elezione Borgia aveva indubbiamente giocato un ruolo importante - che la sua autorevolezza si era potuta affetmare in modo ancora più netto25• Sin dal 1473, ad esempio, quando ancora egli si trovava impegnato nella difficile legazione spagnola, Iacopo Ammannati si era rivolto al Vicecancel­ liere riconoscendone senz'altro la grande autorità in seno al Collegio («aucto­ ritas tua multa hic est>>), ed anzi indicandolo come l'unico cardinale che con la sua sola presenza a Roma avrebbe saputo resistere al papa ed alla sua pre­ tesa di imporre la promozione di un ingente numero di nuovi porporati26•

23 L'apprezzamento che papa Piccolomini volle riservare in quella circostanza a Rodtigo Borgia indicandolo come un modello di gravità e di modestia - gravitatis et modestiae specimen - è in vero tanto più sorprendente se si tiene conto del fatto che esso venne fmmulato in occasione di una celebre reprimenda rivolta al Vicecancel­ liere per le presunte levità da lui commesse in un allegro festino senese. Quella let­ tera, decisamente famosa, viene in effetti sempre citata dai detrattori di B orgia a ti­ prova della sua condotta dissoluta e del suo temperamento mondano; ma la cosa in­ teressante - a prescindere da questo aspetto - tisiede proprio nel fatto che il papa pur rimproverando il Borgia, ne riconosceva in ogni caso il grande prestigio (cfr. PASTOR Storia dei papi cit., I, pp. 753-754; e DE Roo, Materia!far a History cit., II, pp. 1 13126: la celebre lettera di Pio II al Borgia è ripmtata ivi, alle pp. 43 1 -432). 24 Così rilevava all'inizio del pontificato paolina il corrispondente gonzaghesco Giovanni Pietro Arrivabene in una lettera alla marchesa di Mantova del 4 settembre 1464: ASMn, AG, 842 [Roma] (Anivabene a Barbara von Hohenzollern-Brandburg, 1464 settembre 4, Roma); cfr. anche PASTOR, Storia dei papi cit., II, p. 733 nota. 25 Sul molo del Borgia nell'elezione di Sisto IV cfr. PETRUCCELLI DELLA GATTI­ NA, Histoire diplomatique des conclaves cit., pp. 291 -297; PASTOR , Storia dei papi cit., II, pp. 429-433 ; e DE Roo, Materia! far a History cit., II, pp. 1 5 1 - 1 52. 26 IACOPO AMMANA N TI PICCOLOMINI, Lettere (1444-1479), a cura di P. CHERUBI­ NI, III, Roma 1 997, doc. n. 665 (Iacopo Ammannati a Rodrigo Borgia, 1473 giugno 19, Roma), pp. 1 7 1 9- 1721 . La lettera dell'Ammannati fu scritta dopo circa un me­ se dalla creazione cardinalizia del 7 maggio del 1473, con la quale Sisto IV aveva proceduto alla promozione di 8 nuovi cardinali (Philippe Lévis de Quelus, Stefano Nardini, Auxias des Puig, Pedro Gonzalez de Mendoza, Giacomo Antonio Venieri, Giovanni Battista Cybo, Giovanni Arcimboldi, e Philibert Hugonet). La loro nomi,

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La stessa legazione spagnola del '72-'73, era stata del resto un grande successo personale per il Borgia, che era riuscito a presentarsi come il pa­ cificatore delle guene civili di Castiglia e di Aragona e come colui che a­ veva spianato la strada all'unificazione dinastica dei due regni sotto il go­ verno dei re CattolicF7• Negli anni successivi, dopo il suo rientro in cmte, il Vicecancelliere a­ veva poi ulteriormente consolidato la propria posizione. Una prova del fat­ to che egli godesse di un notevolissimo credito e di un grande peso politi­ co ci viene ad esempio dal dato della sua ricorrente presenza nelle princi­ pali commissioni cardinalizie, vale a dire in quegli organi informati, di no­ mina per lo più pontificia, che durante il papato sistino furono largamente utilizzati come un agile strumento consultivo per coadiuvare il papa nelle sue decisioni28• Analizzando un certo numero di queste commissioni, ho po­ tuto verificare che il Borgia fu senza alcun dubbio uno dei porporati mag­ gimmente presenti ed utilizzatF9•

na non era stata apprezzata dall' Ammannati, che la interpretò come un episodio de­ stinato a gettare discredito (dedecus) sul prestigio del Collegio (ibid.). 27 Tale è per lo meno il giudizio che si può evincere da lavori come quello di M. BATLLORI, Alejandro VI, in Diccionario de Historia Eclesiastica de Espafia, I, Ma­ drid 1 972, pp. 36-39; o anche dagli studi sui re Cattolici, come ad esempio la recen­ te monografia di Ioseph Pérez (J. PEREZ, Isabella e Ferdinando, Torino 1 99 1 , pp. 7 1 73). M a cfr. anche il buon vecchio D E Roo , Materia! far a History cit. , II , pp. 1 67213. 28 Il fenomeno della diffusione tardo-quattrocentesca delle commissioni cardina­ lizie è stato visto giustamente come il canale attraverso cui si pervenne alla progres­ siva burocratizzazione del cardinalato: un processo cui Sisto IV avrebbe dato in ef­ fetti un notevole impulso, e che avrebbe poi trovato il suo compimento con la com­ parsa, nel Cinquecento, delle Congregazioni Romane (e poi con la loro definitiva i­ stituzionalizzazione nel 1588). Al riguardo cfr. P. PRODI, Il cardinale Gabriele Pa­ leotti (1522-1597), II, Roma 1959-1967, pp. 484-486; ID., Lo sviluppo dell'assoluti­ smo nello Stato pontificio (secoli XV XVI) , I, Bologna, 1 968, pp. 104- 1 1 1 ; e ancora ID., Il Sovrano pontefice. Un corpo e due anime: la monarchia papale nella prima età moderna, Bologna 1 982, pp. 179- 1 85. Ma cfr. anche (per il periodo precedente a quello qui considerato) G. MOLLAT, Contribution à l'histoire du Sacré Collège de Clement V à Eugène IV, «Revue d'histoire ecclésiastique», 46 (195 1), pp. 80-95. Qualche cenno si troverà anche in SOMAINI, Un prelato lombardo cit., pp. 705-707. 29 Nell' aprile del 1479, tanto per fare qualche esempio, Borgia venne inserito nel­ la commissione chiamata a pronunciarsi sull'ipotesi di una pace con Firenze che po­ nesse fine alla guerra di Toscana; nel luglio del 1480 fu nominato nella commissio­ ne che doveva predispone l'organizzazione di una crociata anti-turca (e che poi si trovò a dover prendere le prime contromisure, dopo l 'annuncio dello sbarco dei Tur­ chi ad Otranto). Sempre di 'cose turche' il Borgia si occupò anche tra la fine del 1480 ed i primi dell' 8 1 , mentre nell'ottobre del 1482 venne inselito nella commissione che -


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FRANCESCO SOMAINI

Certo, a fronte di questo dato, si potrebbe anche obiettm·e che quelle commissioni in fondo non erano che uno stmmento nelle mani dei pontefici per attuare una politica di ridimensionamento del molo del concistoro, e per depotenziare la capacità del Collegio di porsi come una sorta di contrappeso costituzionale dell'assolutismo papale. L'intensa partecipazione del Borgia a quegli organismi informali potrebbe allora farci pensare che egli, più che un cardinale autorevole, potesse essere stato considerato da Sisto N come un prezioso alleato nella sua grande offensiva politica anti-cardinalizia30•

doveva mettere a punto gli accordi con la Lega napoletano-milanese-fiorentina per la tregua (e poi la pace) con cui Sisto IV mppe la precedente alleanza veneziana, e pas­ sò quindi da un campo all'altro nella guerra di Ferrara. Nell'83, ancora, lo si vide in una commissione chiamata a pronunciarsi sul caso dei cardinali Colonna e Savelli (che Sisto N aveva fatto atTestare l'anno plima), mentre in seguito egli si occupò delle vertenze tra Orsini e Colonna per il controllo delle contee di Alba Fucense e di Tagliacozzo, e quindi (ai primi dell'84) dell' analoga disputa per Zagarolo. Al riguardo (per limitm·ci alle testimonianze attingibili dagli archivi di Milano e di Modena) cfr. ad esempio ASM, Sforzesco, 86 [Roma] (Talenti a Bona di Savoia e al duca, 1479 aplile 6, Roma); 87 [Roma] (Trivulzio e Bracelli a Bona di Savoia e al du­ ca, 1480 luglio 24, Roma); 88 [Roma] (Tlivulzio a Bona di Savoia e al duca, 1480 no­ vembre 2, Roma); 87 [Roma] (Castigliani, Trivulzio e Botta al duca, 1481 gennaio 21, Roma); ASMo, Ambasciatori, Roma, l (Cm·amelli al duca, 1482 novembre 2, Roma); ASM, Sforzesco, 93 [Roma] (Tlivulzio e Castigliani al duca, 1483 agosto 25, Roma); 94 [Roma] (Tlivulzio e Castigliani al duca, 1483 ottobre 26, Roma); e 95 [Roma] (Ca­ stiglimù, Trivulzio e Castigliani al duca, 1484 gennaio 26, Roma). 30 Sul fatto che la politica di Sisto N nei confronti del cardinalato fosse stata ca­ ratterizzata da un atteggiamento di progressiva compressione dell'autorità e della forza politica del Collegio, e anzi da una vera e propria offensiva contro le sue an­ tiche pretese oligarchiche, non possono in vero sussistere troppi dubbi. L'indeboli­ mento del concistoro mediante il ricorso alle commissioni ristrette di cardinali (e il suo frequente scavalcamento nella trattazione delle cosiddette res arduae) (cfr. no­ ta 28); l'italianizzazione del Sacro Collegio come stmmento per togliere al cm·dina­ lato rappresentatività (cfr. injra nota 77); la spinta alla dilatazione numerica del cor­ po cardinalizio come elemento funzionale alla riduzione della sua compattezza (cfr. infra nota 7 1 ); l'impulso all'esaltazione di cardinali 'politici' (ossia di porporati le­ gati ai vari governi o alle dinastie d'Italia e d'Europa) come fattore di potenziale di­ visione interna; e in fondo la stessa politica di deliberata istigazione di una crescente rivalità fra Orsini e Colonna finalizzata ad introdurre fra i cardinali elementi di spac­ catura (così da esaltare il molo dei nipoti papali quali m·bitri e referenti di queste contrapposizioni) (cfr. infra nota 39): erano tutti elementi che rientravano in una precisa strategia di indebolimento del cardinalato, cui Sisto IV si dedicò in vero in modo del tutto sistematico. Su tutti questi aspetti mi permetto di rimandare a S o­ MAINI, Un prelato lombardo cit. , pp. 472-480, 665-669, 678-680, e 707-7 1 3 , con la bibliografia ivi indicata.

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IL CARDINALE RODRIGO B ORGIA ED

IL CONCLAVE DEL 1484

1 19

Non va dimenticato, però, che era proprio per la sua autorità che il Vi­ cecancelliere veniva chiamato in quelle commissioni, nel senso che il papa sapeva che per tenere in soggezione il cardinalato (impedendogli di espri­ mere una linea di opposizione), gli occorreva blandire i cardinali più in­ fluenti così da evitare di doverseli trovare contro. Insomma, pur a fronte di un Collegio che stava perdendo rapidamente potere al cospetto del papa, il Vicecancelliere poteva ancora indubbiamente presentarsi come uno di quei pochi porporati in grado di far sempre sentire la propria voce. Non per nulla nell'agosto del 1488, in una celebre lettera scritta a Lo­ renzo il Magnifico, l'oratore fiorentino Giovanni Lanfredini avrebbe ricor­ dato, rievocando proprio gli anni di Sisto IV, che quel pontefice, «a tempo suo, conduceva tute le sue voglie con tri cardinali, quali sempre ne erano di meglio et conducevano li altri, e' quali erano il Vicecancelliere, che è di grande ingegno, Roano et Mantova»31• Questi «Roano et Mantova» erano rispettivamente i cardinali d'Estouteville e Gonzaga, che però vennero en­ trambi a mancare nel corso del 148332• Dunque, dei tre porporati che se­ condo il Lanfredini avevano avuto più peso ed autorità al tempo di papa Si­ sto, il Borgia si ritrovò in vero ad essere l'unico ancora in vita quando ven­ ne il momento di procedere all'elezione di un nuovo pontefice. E chiaro, al­ lora, che nel 1484 egli poteva pacificamente ritenersi uno dei pretendenti più seri per tentare la scalata al pontificato. Forte di un bagaglio di espe­ rienza politica di primissimo ordine, «esperto diplomatico, petfettamente al corrente della situazione, lavoratore instancabile, prudente ed astuto allo stesso tempo, ben voluto dal popolo di Roma, stimato e apprezzato dalla maggior pmie dei regnanti e dei governi, [egli] era uno dei cardinali più qualificati a ricevere la tiara»33•

31

ASF, MAP, 40 (Lanfredini a Lorenzo de Medici, 1488 agosto 30, Roma). Guillaume d'Estouteville morì a Roma il 22 gennaio del 1483. Francesco Gon­ zaga si spense invece a Bologna il 21 ottobre dello stesso anno (cfr. ASV, Ann. XXXI, t. 52, c. 99r - 1483 gennaio 22; 52, c. 100v - 1483 ottobre 21). Su questi due cardinali si possono vedere rispettivamente G. MoLLAT, Estouteville Guillaume de, in Dictionnaire d'histoire et de géographie ecclésiastiques, 15, Paris 1 963, coll. 1080- 1 08 1 ; R. DARRICAU, Estouteville (Guillaume d'), in Dictionnaire de Bio­ graphie Française, 13, Paris 1 975, coll. 126- 128; R. AUBERT, Gonzaga Francesco, in Dictionnaire d'histoire et de géographie ecclésiastiques, 21 , Paris 1 986, coll. 629-63 1 ; e D. S. CHAMBERS, A Renaissance Cardinal and his Wordly Goods: the Will and Inventory of Francesco Gonzaga (1444-1483), London 1 992. 33 Queste parole costituiscono il giudizio con cui Ferdinando La Torre presentò a suo tempo Rodrigo Borgia in relazione al conclave del 1492. A me sembra che es­ se possano essere senza difficoltà anticipate anche alla sua situazione del 1484 (LA TORRE, Del conclave di Alessandro VI cit., p. 2). 32


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FRANCESCO SOMAINI

Certo, su di lui pesavano anche taluni handicaps: intanto non era un cardinale italiano (anche se questo non era poi un ostacolo insormontabile); ma soprattutto egli doveva scontare il fatto che non tutti si fidavano di lui, poiché, pur riconoscendone l'abilità e la scaltrezza politica, la competenza e il prestigio, molti lo ritenevano poco leale, e (forse proprio per il ruolo ri­ coperto durante il recente pontificato) non tutti lo apprezzavano in modo in­ condizionato34. D' altronde la sua grande ricchezza lo metteva oggettivamente nella condizione di disporre di eccellenti argomenti per superare tali difficoltà, poiché i suoi benefici, la carica di Vicecancelliere, le sue signorie persona­ li di Nepi e Civitacastellana, il suo palazzo romano (con tutti gli arredi e le suppellettili), e le grandi disponibilità di denaro contante costituivano in­ dubbiamente dei potenziali ' articoli di scambio' per procurarsi l'appoggio di altri cardinali. E Borgia era pronto a servirsi di queste armi con la mas­ sima determinazione.

3 . I torbidi romani Lasciamo però per l'intanto l' analisi della condotta del nostro perso­ naggio, e spostiamoci a considerare la situazione più generale. «Alla morte del papa» - ha scritto giustamente Jacques Heers - «tutto barcolla, tutto entra in una fase di aspettativa»35. Nella Chiesa del Rinasci­ mento, è vero, i passaggi da un pontificato all' altro non tendevano più ad a-

34 Tra i critici più severi della scarsa affidabilità del Borgia vi fu, come si è già ncordato (cfr. supra nota 7), il fiorentino Guidantonio Vespucci, le cui opinioni, ol­ tre a riflettere indubbiamente una sua personale diffidenza dovevano senz' altro ri­ sentire anche del giudizio di altri cardinali. Sta di fatto, ad esempio, che il 1 5 ago­ sto, commentando l' accordo intercorso tra il Borgia e Girolamo Riario (cfr. infra nota 1 14 con il testo conispondente), il Vespucci così scriveva; «non so come [il Riario] si possi fidare [del Borgia] , se non quanto si cognoscerà il prefato Vice Can­ celliero esserci el facto suo», cfr. ASF, Dieci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 1 5 , Roma). li 2 1 di agosto egli aggiunse poi che B orgia stava in effetti praticando per la propria elezione, ma osservò che egli «è tenuto per superbo et di mala fede, che non se ne ha paura», cfr. ASF, MAP, 39, c. 292 (Vespucci a Lorenzo de Medici, 1 484 agosto 2 1 , s. L [ma Roma]). Altri esempi della diffidenza che circondava la persona del Vicecancelliere (in qualche caso si arrivarono a formulare dei veri e propri veti contro di lui) si trove­ ranno injra nota 1 1 8. 35 J. HEERS, La vita quotidiana nella Roma pontificia ai tempi dei Borgia e dei Medici (1420-1520), Milano 1 988, p. 60.

IL CARDINALE RODRIGO B ORGIA ED IL CONCLAVE DEL

1484

121

vere una durata eccessiva36. In altre parole, le interminabili vacanze che si erano conosciute nel secondo Duecento o nel primo Trecento ormai erano solo un lontano ricordo37. Tuttavia, per quanto rapidi nel loro svolgimento, i passaggi di pontificato costituivano comunque, anche nel pieno XV seco­ lo, dei momenti di grande incertezza, spesso accompagnati da vere e pro­ prie fibriUazioni. Il mutamento degli equilibri di potere che ci si poteva pre­ sumibilmente aspettare con il ricambio del papa tendeva infatti ad innesca­ re molto facilmente dei processi di riassestamento nei rapporti di forza al­ l 'interno dello scenario di Roma o delle altre città e tene dello Stato Ponti­ ficio, il che produceva appunto una tensione diffusa. Soprattutto nella capitale, la morte del papa veniva quasi invariabil­ mente a creare un clima di notevole instabilità, in cui non mancavano di ve36 Tra la morte di Martino V, il 20 febbraio del 1 43 1 , e l'elezione di Eugenio IV, il 3 marzo dello stesso anno, vi fu una sedevacanza di soli I l giorni. Lo stesso in­ tervallo si registrò tra la mmte di Eugenio IV, il 23 febbraio del 1 447, e l'elezione di Niccolò V il successivo 6 marzo. Nel 1455 (tra la morte di Niccolò V e l'ele­ zione di Callisto III) l'intenegno durò 1 5 giorni (dal 24 marzo all' 8 aprile) ; così come nel 1464 (la morte di Pio II sopravvenne infatti i1 1 5 agosto, mentre Paolo II fu eletto il giorno 30 dello stesso mese). Ne1 1 45 8 la vacanza si era invece protrat­ ta per 1 3 giorni (Callisto III morì il 6 di agosto, e Pio II fu eletto i1 1 9 dello stesso mese); e nel 1 47 1 , 14 (Paolo II morì i1 26 luglio, e Sisto IV fu eletto papa il 9 di a­ gosto). I 17 giorni di sedevacanza del 1484 (cfr. supra nota 1), furono appena un poco più lunghi della media del periodo (ma lo stesso intervallo si sarebbe regi­ strato tra la morte di Innocenza VIII il 25 luglio del 1492 e l'elezione di Alessan­ dro VI il successivo 1 1 agosto) (cfr. W. ULLMANN, Il papato nel Medioevo, Roma­ Bari, 1 987, pp. 392-393). 37 Il XIII secolo era stato in effetti l'età in cui si erano registrate le più lunghe va­ canze papali. Tra la mmte di Celestino IV, il lO novembre de1 124 1 , e l'elezione di Im10cenzo IV il 25 giugno del 1243 passarono ad esempio non meno di 20 mesi. Quasi tre anni trascorsero tra la morte di Clemente IV il 29 novembre del 1268 e l'e­ lezione di Gregorio X il l o novembre de1 1 27 1 ; e non meno di 27 mesi durò a sua volta l'intervallo tra la mmte di Niccolò IV il 4 aprile del 1292 e l'elezione di Cele­ stino V il 5 luglio del 1294. Anche nel primo Trecento si registrarono vacanze deci­ samente lunghe: tra la morte di Benedetto XI il ? luglio de1 1 304 e l'elezione di Cle­ mente V il 5 giugno del 1 305 passarono quasi 1 1 mesi; ed altri 27 mesi e mezzo durò l'intenegno tra la mmte dello stesso Clemente V il 20 aprile del 1 3 14 e l'elezione di Giovanni XXII il 7 agosto del 1 3 1 6 (ibid., p. 392). Con l'età avignonese questi lunghi periodi di sedevacanza vennero a cessare. Ciò dipese naturalmente dalla piena istituzionalizzazione della prassi del conclave. Tale istituto era stato introdotto, come noto, da papa Gregorio X, con la celebre costitu­ zione Ubi periculum del 1274, che cercò di trasferire alle procedure per l'elezione del papa alcune norme in vigore presso taluni comuni italiani in merito alla scelta di de­ terminati magistrati. L' applicazione di questa innovativa costituzione gregoriana non fu peraltro immediata, ma ebbe luogo solo con il XIV secolo. La Ubi periculum fu


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FRANCESCO SOMAINI

IL

rificarsi regolamenti di conti, vendette, incidenti ed agitazioni. Era stato co­ sì, ad esempio, alla morte di Eugenio IV nel 1447, e anche alla morte di Niccolò V nel 1455. Ancora più delicate erano poi state le vacanze seguite alla scomparsa di Callisto III, di Pio II e di Paolo II (rispettivamente nel 1458, nel 1464, e nel 1471)38• Nel 1484, però, i disordini furono pmticolarmente gravi e preoccupanti. La mmte di Sisto IV sopraggiunse infatti in un momento particolar­ mente critico, in cui lo scontro tra Orsini e Colonna, rinfocolato fino al pa-

CARDINALE RODRIGO B ORGIA ED IL CONCLAVE DEL

1484

123

rossismo dallo stesso pontefice (per una serie di cause, di fattori, di calcoli e di considerazioni), era giunto di fatto a livelli di veemenza estrema39• Girolamo Riario (il potente nipote papale, le cui convulse ambizioni territoriali avevano già indotto il pontefice a destabilizzare ripetutamente

39 I contrasti tra Orsini e Colonna avevano conosciuto nella prima metà degli an­ ni Ottanta una bmsca ripresa, con un improvviso ritorno di fiamma. Sulle cause di questo fenomeno sono state fornite diverse spiegazioni. Autori quali Pastor, Rodoca­ nachi, Simeoni e Valeri, insistettero in patticolare sulla tendenza del papa (e in patte anche del re di Napoli) ad alimentare una crescente rivalità tra i condottieri Colonna

infatti a lungo contestata dai cardinali, non tanto e non solo per via delle restrizioni piuttosto severe che essa prevedeva per lo svolgimento dei conclavi stessi (restrizio­ ni che furono poi attenuate dalla costituzione

Ne Romani del 1 3 1 1), quanto soprat­

ed Orsini in merito all' aggiudicazione delle condotte papali (e di quelle napoletane). Tali rivalità, nell'imminenza della guena di Fenara, si complicm·ono ulteriormente, allorquando re Penante (nel 1481) dispose il trasferimento delle contee abmzzesi di

tutto per il fatto che essa aveva imposto dei limiti molto precisi all' autorità del Sacro

Alba Fucense e di Tagliacozzo dagli Orsini ai Colmma, cosa che fece da vero e pro­

Collegio durante la sedevacanza, riducendo le competenze dei cardinali alla sola e­

prio detonatore per la ripresa in grande stile delle ostilità (cfr. al riguardo PASTOR,

lezione del nuovo pontefice (e tutt'al più a pochi altri provvedimenti di carattere ec­ cezionale), ed escludendo formalmente la possibilità da parte loro di emanare dispo­ sizioni di ordine generale circa la vita e l'ordinamento della Chiesa, o di porre dei

Storia dei papi cit., II, pp. 545-549; RoDOCANACID, Histoire de Rome cit., pp. 49-50; L 'Italia nell 'età dei principati. Dal 1343 al l516, Milano 1 949, pp. 6 126 1 3 ; e L. SIMEONI, Le signorie, II, Milano 1 950, pp. 548-549 e 696).

N. VALERI,

vincoli di qualunque genere alla piena potestà dei futuri pontefici.

Pio Paschini, volle invece pone l ' accento soprattutto su alcuni precedenti epi­

Con il Trecento, come si è detto, l' istituto del conclave (pur attenuato rispetto

sodi politici (come ad esempio quello del 1472 relativo alla mancata conferma da

alle rigidità a suo tempo previste da Gregorio X) si impose; e le vacanze papali si

parte di Sisto IV del diritto di successione dei Colonna alla carica di prefetto del­

fecero in effetti molto più brevi. Tuttavia il nodo che aveva a suo tempo animato la

l'Urbe, a dispetto di una precedente concessione di Pio

Ubi periculum (che pure Boni­ facio VIII nel 1298 aveva voluto formalmente inserire nel Liber Sextus) non si può dire che fosse ancora del tutto risolto nemmeno nel XV secolo. Molti conclavi del tenace resistenza cardinalizia contro la costituzione

sini e Colonna, a partire all'incirca dal 1480, fossero a loro volta pericolosamente amplificate dalla rivalità tra le fazioni romane dei S antacroce e dei Della Valle (cfr.

Roma nel Rinascimento, Bologna 1 940, pp. 253-254; In., l Colonna, I Boveschi e gli Orsini, Roma 1 960, p. 94). Questa linea interpretativa è stata recentemente ripresa anche da Pao­ lo Chembini, il quale ha peraltro osservato che se Paolo II era stato «particolarmente

Quattrocento e pedino del primo Cinquecento furono infatti accompagnati dalla

P. PASCIDNI,

predisposizione da parte dei cardinali di capitolazioni elettorali, le quali - ripren­

Roma 1 955, pp. 37-38; e G. MARCHETTI LONGID,

dendo un precedente del 1352 (peraltro giudicato subito inicevibile, proprio perché in palese contrasto con la costituzione di Gregorio X e con la stessa

Ne Romani) -

II, risalente al 1461). Inol­

tre egli volle anche evidenziare, al pari di Marchetti Longhi, come le tensioni tra Or­

prevedevano di vincolare gli eligendi pontefici al rispetto di alcuni impegni assunti

attento al tema della riappacificazione» tra le fazioni romane, Sisto IV fece invece

prima dell 'elezione. Un' analoga capitolazione fu tra l ' altro predisposta, come ve­

l ' opposto, e mise in campo un' azione «volutamente destabilizzante al fine di crea­

dremo più avanti, anche in occasione del conclave del 1484.

re condizioni tali da giustificare l 'intervento risolutivo della pubblica autorità» : P.

Al riguardo, su tutte queste questioni, cfr. E. RUFFINI, Conclave laico e conclave ecclesiastico [1926], in RUFFINI, La ragione dei pùì. Ricerche sulla storia del principio maggioritario, Bologna 1 977, pp. 17 5-184; e In., Le origini del conclave papale [1 927], ibid., pp. 1 85-209; M.C. DYKMANs, Les pouvoirs des cardinaux pendant la vacance du Saint Siège d' après un nouveau manuscript de Jacques Stefaneschi, «Archivio della So­ cietà Romana di Storia Patria», 104 (1981 ), pp. 1 1 9- 145; J. LULVES, Papstliche Wahlka­ pitulationen. Ein Beitrag ziir Entwickelungsgeschichte des Kardinalats, «Quellen und Forschungen aus Italianischen Archiven und Bibliotheken», 1 2 (1 909), pp. 212-235; e

Tra violenza e crimine di Stato; la morte di Lorenzo Oddone Colonna, Un pontificato ed una città. Sisto IV (1471-1484) (Atti del Convegno, Roma, 3-

CHERUBINI, in

7 dicembre 1 984), a cura di M.

Mrouo-F. NrurrA-D. QUAGLIONI-C. RANIERI, Roma­

Città del Vaticano 1 986 (Littera Antiqua, 3) pp. 367 e 370-37 1 . Mario Caravale, prescindendo d a queste considerazioni di ordine più strettamen­ te evenemenziale, ha a sua volta posto l ' accento soprattutto sulla politica agraria di Sisto IV. Questi, a pattire dalla metà degli anni Settanta, avrebbe di fatto incoraggia­ to - al fine di risolvere i problemi annonari di Roma - una massiccia espropriazione

W. ULLMANN,

degli incolti baronali (destinati in genere alla pastorizia) e la loro messa a coltura da

nonici», 12 ( 1 956), pp. 246-278. Cfr. inoltre anche P.

parte di medi e piccoli investitmi Tra coloro che furono maggiormente danneggiati

The Lega[ Validity ofthe Papa[ Electoral Pacts, «Ephemerides Iuris Ca­ Juorn, Conclave (fino al Concilio di Trento), in Dizionario Storico del Papato, l, Milano 1996, pp. 400-403. 38 Al riguardo sarà sufficiente rimandare a PASTOR, Storia dei papi cit., I, pp. 323-324 e 5 8 1 ; e II, pp. 5-6, 279-280, e 429-430.

da tale politica vi sarebbero stati in primo luogo proprio i Colonna, i quali, finirono di conseguenza per entrare in palese rotta di collisione col papa, che invece trovò un appoggiò negli Orsini (cfr. M. CARAVALE,

Lo Stato pontificio da Martino V a Grego-


124

FRANCESCO SOMAINI

lo scenario della Penisola), da grande protettore degli Orsini ne era di fat­ to diventato, nel giro di pochi anni, una sorta di ostaggio politico, dal mo­ mento che gli Orsini stessi costituivano in realtà l 'unico appoggio sicuro cui egli avrebbe potuto rivolgersi per trovare protezione dalla vendetta dei

rio XIII, in M. CARAVALE-A. CARACCIOLO, Lo Stato Pontificio da Martino V a Pio IX, Storia d'Italia a cura di G. GALASSO, XIV, Torino 1978, pp. 107-109).

ì

IL CARDINALE RODRIGO BORGIA ED IL CONCLAVE DEL

1484

125

suoi nemici una volta che il papa fosse venuto a mancare40• Così, trascina­ to da questi suoi ingombranti alleati, il Riario si era lasciato indurre a pre­ mere per una soluzione di forza contro il clan dei Colonna, e il papa ave­ va ancora una volta assecondato le istanze del nipote, sposandone in tutto e per tutto gli indirizzi e la strategia. In questo modo, contro i Colonna era stata avviata una lotta senza quartiere, che aveva l 'obiettivo di pervenire alla completa distruzione del-

in

Christine Shaw non ha contestato queste osservazioni, ma ha d' altronde sottoli­ neato come Orsini e Colonna - oltre che condottieri, e grandi baroni del Patrimonio, della Sabina e della Campania - fossero in realtà anche un punto di riferimento del­

40 La stretta collaborazione tra Girolamo Riario e gli Orsini era in vero un feno­

le lotte di fazione di Roma, e così pure di quelle di diverse altre città dello Stato Pon­

meno non recentissimo, che aveva cominciato a delinearsi sin dal 1474, ai tempi

Orsini) o ghibellina (i Colonna), le due consorterie erano insomma anche i vertici di

ta precedente). Nel corso degli anni questa intesa aveva però conosciuto delle alter­

tificio (in patticolare dell' Umbria). In forza della loro antica tradizione guelfa (gli due grandi pattiti sovracittadini, rispetto ai quali operavano in qualche misura da pro­ tettori e da

brokers presso il pontefice. La politica di Sisto N, di notevole intromis­

sione nelle vicende di diversi centti dello Stato Pontificio, avrebbe dunque contri­ buito a far salire la tensione interna in molte città con effetti che si ripercossero an­ che sulle due grandi consmterie baronali. Tra gli eventi più significativi la Shaw ha ad esempio ricordato proprio la campagna umbra di Giuliano Della Rovere del 1 474. Gli interventi del cardinale di S. Pietro in Vincoli a Todi e Spoleto furono infatti let­ ti per lo più come marcatamente favorevoli ai Colonna e contrari agli Orsini, e per tale motivo contribuirono appunto a riaccendere la loro competizione (cfr. C. SHAW,

The Politica! Role of the Orsini Family in the Papa! States c. 1480-1534, Oxford 1983, pp. 1 32-164; e EAD., Giulio II cit., pp. 15-17 e 21). Un' altra possibile concausa della ripresa delle tensioni tra i due maggiori clan ba­ ronali dell'Agro Romano è stata infine suggerita dal sottoscritto (sviluppando una precedente osservazione di Peter Partner). Secondo la mia interpretazione (che pe­ raltro non vuole negare la validità delle altre, ma soltanto integrmle con un ulteriore elemento di valutazione), il 1iaccendersi di forti contrasti tra Orsini e Colmma (e tra i loro alleati Conti e Savelli) fu deliberatamente favorito dal papa, in parte anche per finalità legate alla volontà di spaccare l'unità del Collegio cardinalizio, così da esal­ tme il ruolo centrale dei propri nipoti.

In

sostanza, soffiando sul fuoco della rivalità

tra le maggiori consorterie baronali, il papa mirava - tra le altre cose - anche ad in­ debolire il cardinalato, inc1inandone la potenziale capacità oppositiva, proprio me­ diante una nuova forte polarizzazione tra una componente 'filo-ursina' ed una 'filo­ colonnese'. Non a caso Sisto IV, nel giro di appena 3 anni, cioè tra 1'80 e 1'83, no­ minò non meno di 5 nuovi cardinali provenienti dalle maggimi famiglie baronali ro­ mane (Cosimo Orsini, Giovanni Colonna, Giovanni Battista S avelli, Giovanni Con­ ti e Giovanni Battista Orsini); più di quanti non ne avessero nominati gli ultimi 6 pa­ pi nei precedenti 60 anni. L'obiettivo era chiaro, ed era cioè quello di indurre il cat·­ dinalato a dividersi (come in patte avvenne), di modo che i nipoti del papa, incorag­ giati ad assumere la funzione di referenti delle due patti in contrasto, si potessero poi impone come i veri arbitri del gioco politico (cfr. al riguardo SOMAINI,

Un prelato lombardo cit., pp. 695-703; ed anche P. PARTNER, The Pope 's Men. The Papa! Civil Service in the Renaissance, Oxford 1 990, p. 203).

della già 1icordata campagna umbra di Giuliano Della Rovere (cfr. qua sopra la no­ ne fortune. Nel 1478, in particolare il palese coinvolgimento del Riario nella Con­ giura dei Pazzi contro Lorenzo de' Medici (marito di Clarice Orsini e sincero allea­ to di tutto il

clan), aveva per qualche tempo compromesso quelle iniziali prospetti­

ve di collaborazione. Il perdurante legame tra i Colom1a ed il Della Rovere (grande rivale di Girolamo Riario), costituiva però un elemento destinato ad innescare co­

munque un'inevitabile convergenza tra lo stesso Riat·io e gli Orsini. Per cui, dopo la scomparsa di Napoleone Orsini (morto nel 1480), questa intesa si ve1me facendo in effetti sempre più stretta. Il Riario (succeduto allo stesso Napoleone nella carica di

capitano generale della Chiesa), riuscì infatti ad entrare in particolare sintonia con il signore di Bracciano Virginio Orsini, che era a sua volta subentrato al padre Na­ poleone come nuovo capo riconosciuto dell'intera consmteria (cfr. SHAW,

The Poli­

tica! Role of the Orsini cit., pp. 1 90-20 1 ) .

È interessante peraltro seguire l 'evoluzione che questo rapporto tra i l Riario e gli

Orsini ve1me conoscendo nel breve volgere di pochi anni. Inizialmente furono so­

prattutto gli Orsini a ricercme la tutela e la protezione dell' onnipotente nipote pa­ pale, ma già intorno al 1482-83 i termini del rappmto potevano dirsi di fatto inver­ titi. Si cominciò infatti a comprendere che gli Orsini erano sì disponibili a sostene­ re le ambizioni territoriali di Girolamo, ma pretendevano per contraccambio di es­ sere a loro volta smaccatamente sostenuti dal Riario stesso e dal papa nei loro dise­ gni politici.

È

in questo senso che va intesa l ' osservazione di Sigismondo dei Con­

ti da Foligno, il quale notò che per lo meno dalla primavera del 1482 Girolamo Ria­ rio

a Virginio Ursino [. . .] assidue inflammabatur (SIGISMONDO DEI CoNTI DA FoLI­

GNO, Le storie de ' suoi tempi cit., l, p. 1 14). Nel dicembre del l483, del resto, lo stes­

so Riario dovette ammettere davanti agli oratori della Lega di non poter far altro che

assecondare tutte le richieste dei suoi influenti alleati, «dubitandose che alla mmte del Pontifice li Ursini non se gli rivoltassero alle spalle»: cfr. ASM,

Sjorzesco, 94

[Roma] (Trivulzio e Castigliani al duca, 1483 dicembre 4, Roma). Sette mesi più tardi, nel giugno del 1484, l ' oratore fiorentino Vespucci, poté a sua volta rilevare che il Riario aveva dovuto spingersi «tanto inanzi» nella guerra contro i Colonna perché sapeva che «a voler vivere sicuro et a voler assicurare el Chamarlengo [cioè suo nipote Raffaele Sansoni Riario]» era in effetti «necessario farsi cosÌ»: cfr. ASF,

MAP, 39, c. 206 (Vespucci a Lorenzo de' Medici, 1484 giugno l , Roma).


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FRANCESCO SOMAINI

la loro potenza se non addirittura alla loro totale cancellazione. Nel giugno del 1484, in particolare, c'era stato, in Roma, l 'episodio dell'attacco e del­ la distruzione del palazzo colonnese ai piedi del Quirinale, con la cattura del protonotario Lorenzo Oddone Colonna, e con la sua successiva esecu­ zione avvenuta in Castel Sant'Angelo il 30 di giugno. Poi, nelle settimane seguenti le truppe del Riario e quelle degli Orsini avevano messo mano ad una campagna sistematica per espugnare tutte le rocche colonnesi nell' A­ gro Romano e per espellere definitivamente i Colonna da tutte le piaz­ zeforti da essi controllate. Quando il papa morì - poche ore dopo aver ri­ cevuto gli ambasciatori della Lega che gli avevano comunicato la notizia dell'adesione delle potenze alleate alla pace di Bagnolo con i Veneziani ­ il Riario e Virginio Orsini erano per l 'appunto impegnati in questa campa­ gna, e si trovavano all'assedio della rocca colonnese di Paliano (presidia­ ta da Prospero Colonna), mentre Marino, Cave, Capranica e Montecompa­ tri erano già tutte cadute4'. La situazione dei Colonna si stava in effetti facendo disperata, ma que­ sti non erano in realtà ancora vinti quando per l ' appunto si diffuse la noti­ zia della morte del pontefice. A quel punto si pervenne in modo pressoché fulmineo ad un radicale ribaltamento di tutta la scena. I Colonna e i loro fautori passarono immediatamente alla controffensiva, mentre la situazione del Riario si fece sin dal primo momento assai critica, tanto che la campa­ gna contro Palliano dovette essere subito interrotta, e a stento poté essere evitato lo sbandamento generale delle truppe assedianti42.

41 Cfr. PASTOR, Storia dei papi cit., II, pp. 569-573; RoDO CANA Cm , Histoire de Rome cit., pp. 64-7 1 ; PASCHINI, Roma nel Rinascimento cit., pp. 262-268 ; ID., I Co­ lonna cit., pp. 39-4 1 ; F. PETRUCCI, Colonna Fabrizio, in DBI, 27, Roma 1 982, p. 289; EAD., Colonna Prospero, ibid. , p. 4 1 9 ; e soprattutto CHERUBINI, Tra violenza e crimine di Stato cit., pp. 355-380. Tra le fonti coeve cfr. invece SIGISMONDO DEI CoNTI DA FoLIGNO, Le storie de ' suoi tempi cit., I, pp. 1 88-204; Diario della città di Roma di Stefano Infessura cit., pp. 107- 1 5 5 ; Il diario romano di Iacopo Gherardi cit., pp. 1 32- 1 34; Il Diario della città di Roma di Antonio de Vascho cit., pp. 506-5 1 1 ; BVRCKARDI Liber notarum cit., I, pp. 1 1 - 1 3 ; e Il diario romano di Gaspare Pantani cit., pp. 30-33. 42 All'indomani della morte del papa Girolamo Riario fece in effetti un timido tentativo di proseguire nella sua impresa contro Paliano, ma fu subito chiaro in realtà che il grosso delle sue truppe non avrebbe più mantenuto alcuna disciplina: cfr. ASMo, Ambasciatori, Roma, 4 (Arlotti al duca, 1484 agosto 14, Roma). Non a ca­ so, «saputa la nova, lo campo cominciò a fardellare et redurse insieme, et caricomo tutta l' artigliaria nelli cani per condurla in loco sicuro, et quelli di Paliano, essen­ dosi accmti et della morte et ch'el campo se levava, uscirono fora a scaramucciare et ferirono circha 300 delli nostri, li quali abandonorno l' artigliarie et molti le loro tende et padiglioni, di modo che quelli di Paliano guadagnarono tutte le artegliarie,

IL

CARDINALE RODRIGO B ORGIA ED IL CONCLAVE DEL

1484

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Il contraccolpo si avvertì ovviamente anche a Roma, ove le tensioni e le contrapposizioni di pmie montarono rapidamente senza più alcun freno. Già a poche ore dalla morte del papa il corrispondente mantovano Stefano Guidotti riferì ad esempio al marchese Francesco II Gonzaga che «tutto il loco de la terra che è in Trastiberim è in arme, e sono partesani de Colone­ si»43. li giorno seguente (cioè il 13) questi primi sussulti si fecero più mi­ nacciosi e i populares legati ai Colonna presero in massa le armi e sac­ cheggiarono il palazzo del Riario a S. Apollinare, nonché taluni fondaci di Genovesi a Trastevere e alla Ripa Romea44• La moglie del Riario, ovvero Caterina Sforza, con indubbia prontezza, riparò allora con alcune truppe a Castel S . Angelo, e al grido di «Duca! Du­ ca! Hieronymo ! Hieronymo !» si impossessò della fortezza (con la compli­ cità del vescovo di Todi Francesco Masciadri, preposto alla custodia del ca­ stello stesso)45• In pratica, con una mossa analoga a quella che avrebbe com­ piuto Cesare Borgia all'indomani della morte di papa Pio III nel 1503, Ca­ terina Sforza si asserragliò nella rocca da cui dipendeva la sicurezza del Pa-

tende et padiglioni che furono abandonati et tutto il campo se ne venne a Roma» (Il diario romano di Gaspare Pantani cit., p. 3 8 ; e cfr. anche SIGISMONDO DEI CONTI DA FoLIGNO, Le storie de ' suoi tempi cit., II, p. 207). Che la situazione del Riario fosse improvvisamente divenuta pericolosa fu subito chiaro a tutti gli osservatori. Per esempio, gli inviati veneziani Luca Pisani e Niccolò di Cà Pesaro, che avevano da poco concluso gli accordi di Bagnolo, fecero subito no­ tare, dalla Lombardia, l'altissima probabilità che con la scomparsa del pontefice il Riario «l'habi a mal capitare et ch'el non se habi a fidar più de intrar in Roma, né de amico, né de parente»: cfr. R. CESSI, La Pace di Bagnolo dell'agosto 1484, «Annali triestini di diritto, economia e politica», 13 ( 1 941), pp. 277-356, doc. n. 22 (Pisani e Ca' Pesaro al doge, 1484 agosto 15, dagli acquartieramenti di San Zeno), a p. 350. 43 ASMn, AG, 847 [Roma] (Guidotti al marchese, 1484 agosto 12 [ma quasi certa­ mente alle p1ime ore del 13], Roma). Secondo Antonio de Vascho, sin dal giorno 12, forse addirittura prima che il papa morisse, «in Roma si cominciò a fare cose strane, cioè mbbare, ferire et altre simili», mentre Gaspare Pantani 1ilevò che dal momento stesso della mmte del papa «Roma comenzò ad andare in bisbiglio» (cfr. Il diario romano di Antonio de Vascho cit., p. 5 13 ; e Il diario romano di Gaspare Pantani cit., p. 38). 44 Cfr. ASF, Dieci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 14, Roma); e ASSi, Balia, 5 1 9 (Lanti ai Signori di Balia, 1484 agosto 14, Roma). I saccheggi ai danni dei Genovesi riguardarono due fondaci in Trastevere e due navi cariche di vino che si trovavano alla fonda presso il porto della Ripa Romea. Secondo l 'Infessura furono inoltre saccheggiati anche i granai di S . Teodoro e di S . Maria Nova ( Il diario della città di Roma di Stefano Infessura cit., p . 1 6 1 ; e anche Il diario romano di Gaspare Pantani cit., p. 38). 45 Cfr. ASMo, Ambasciatori, Roma, 4 (Arlotti al duca, 1484 agosto 14, Roma); ASMn, AG, 847 [Roma] (Guidotti al marchese, 1484 agosto 15, Roma); e ASF, Die­ ci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 1 5 , Roma).


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lazzo Vaticano, in un estremo tentativo di difendere la barcollante causa del marito e di negoziare per lui un trattamento dignitoso, o forse addirittura con l'intento di far «prova di fare papa per forza a la intentione loro»46• In una situazione così incerta, tutti si trovavano in realtà in uno stato di agitazione convulsa e febbrile. La sensazione generale era che si fosse sul punto della conflagrazione di una vera e propria guerra civile per �e strade . della città. Il 14 agosto l'oratore estense Bonfrancesco Arlott1 scnveva ad esempio che «questi Ursini molto se fortificano et Colonesi et Savelli da l 'altra prute», con il che «questa terra è tutta sublevata et posta in arme, in modo che ogniuno se sta in periculo et tema»47• A Trastevere, fedele ai Co­ lonnesi, furono chiuse le porte di accesso al rione; Ponte Sisto venne bloc­ cato con delle barricate; mentre vennero saccheggiati l 'ospedale di S. Gio­ vanni dei Genovesi ed altri fondaci di mercanti liguri48• Intanto, nei dintorni di Roma, la riscossa dei Colonna era ormai in pie­ no svolgimento; nel giro di un paio di giorni vennero infatti riconquistate Marino, Cave e Capranica49• Poi, tra il 1 5 ed il 1 6 agosto, i cardinali S avel­ li e Colonna fecero rientro in città, con non meno di 2.000 uomini armati50• Sul fronte opposto Girolamo Riario e Virginio Orsini, provenienti dal campo di Paliano, si erano intanto portati, il 14, alle pmte di Roma, siste­ mandosi presso Ponte Molle con 1 1 squadre di gente a cavallo e non meno di 800 fanti51• Tre giorni dopo, su istanza del Sacro Collegio, il Riario ac-

cettò, come gesto distensivo, di ripiegare di qualche miglio, e si pmtò quin­ di al castello ursino dell' Isola (oggi Isola Farnese)52• Questo suo arretra­ mento non valse comunque a calmare le acque agitate di Roma, anche per­ ché Castel S. Angelo rimaneva pur sempre nelle mani di Caterina Sforza, mentre in città continuavano ad affluire truppe ed ru·mati da tutte le parti. Il giorno 15, ad esempio, si erano viste girare per Roma le «cerne delle terre de Casa Orsina» (anche se Virginio Orsini il 1 6 agosto si ritirò a sua volta nelle sue proprietà dei dintorni); mentre il 1 6 arrivarono Prospero e Fabri­ zio Colonna, ed anche Mariano Savelli, con centinaia di armati («cavagli non molti ma grande fantaria») , il che indusse a sua volta Paolo Orsini a rafforzare Monte Giordano, mentre altri uomini reclutati anche all'Aquila, a Terni, ad Amelia ed altrove andavano a rafforzare il fronte colonnese. Il 17 arrivarono «le squadre del signor Jacomo Conte e del fratello del vesco­ vo di Massa [Girolamo Conti]» ; il 18 entrò in Roma Antonello Savelli «con buona compagnia di homini d'arme e cavagli», seguito di lì a breve da Co­ la da Sermoneta con altre tre squadre «in favore delli Colonnesi»53• Altre truppe si erano messe in moto dalla Lombardia. La fine della guerra di Fer­ rara aveva infatti smobilitato gli eserciti che si erano precedentemente fron­ teggiati nel Ferrarese e nel Bresciano, e ora molte di queste squadre rima­ ste senza impiego si dirigevano in gran fretta alla volta di Roma54•

e cfr. an46 ASSi, Balia, 5 1 9 (Lanti ai Signori di B alia, 1484 agosto 14, Roma); Roma). 15, agosto 1484 Dieci, ai i (Vespucc 32 che ASF, Dieci, 14, Roma). 47 ASMo, Ambasciatori, Roma, 4 (Al·lotti al duca, 1484 agosto 1 62- 1 63 . pp. , . cit Infessura ano 4' Cfr. Il diario della città di Roma di Stef ASSi, Balia, Roma); , 5 1 agosto 1484 Dieci, ai (Vespucci 49 Cfr. ASF, Dieci, 32 della città di Ro­ 5 1 9 (Lanti ai Signori di Balia, 1484 agosto 1 6 , Roma); e Il diario

presente però che in questo caso l ' arrivo del Riario e dell 'Orsini a Ponte Molle vie­

Cfr. anche

ma di Stefano Infessura cit. , p. 1 64. 1 6, Roma); Il 5° Cfr. ASSi, Balia, 5 1 9 (Lanti ai Signori di B alia, 1484 agosto Roma di Ste­ di città della diario Il e ; 9 3 p. cit., Pantani Gaspare di romano diario de fano Infessura cit., p. 1 65. Cfr. anche Il diario della città di Roma di Antonio agosto, 7 1 al collocati sono questione in eventi Vascho cit., p. 5 1 4 (ove peraltro gli cfr. infra e non tra il 15 e il 1 6) . Per qualche notizia bibliografica sui due cardinali la nota 97.

i appresso n cardinal Savelli arrivò a Roma la sera del 15 agosto, portandos 1 6) . Il car­ giorno del Lanti del dispaccio il (cfr. più» o 400 «grande stuolo di gente, una quantità di dinal Colonna dovette invece atTivare in città il giorno seguente con due cardinali era­ armati ancora più ingente. Nel complesso le truppe al seguito dei uomini. no stimate in non meno di 2.000 1484 ago­ 51 Cfr. ASMa, Ambasciatori, Roma, 4 (Arlotti al duca post scriptum, 5 1 9 (Lanti sto 14, Roma; e AI·lotti al duca, 1484 agosto 1 5 , Roma); e ASSi, Balia,

di Gaspare ai Signori di Balia, 1484 agosto 1 5 , Roma) ; nonché Il diario romano p. 164. cit., essura Inf ano f Ste di Roma di città della diario Il e ; 8 3 Pantani cit . , p.

Il diario della città di Roma di Antonio de Vascho

cit., p. 5 1 4 (tenendo

ne erroneamente collocato alla data del 1 6 agosto anziché al 14).

52 Girolamo Riario si pmtò all'Isola il 1 7 di agosto, cfr. ASMo,

Ambasciatori,

Roma, 4 (Al-lotti al duca, 1484 agosto 1 8 , Roma); e ASF, Dieci, 32 (Vespucci ai Die­ ci, 1484 agosto 1 8 , Roma). Egli si allontanò dal presidio di Ponte Molle dopo aver avuto un colloquio con gli oratori della Lega (che gli dettero esplicite garanzie di non abbandonarlo al suo destino) e dopo aver già preso precedentemente accordi precisi sul proprio futuro anche con lo stesso Rodrigo Borgia (cfr. 1 1 6) .

infra note 1 14 e

È dunque errata la notizia secondo cui egli sarebbe partito da Roma il giorno

16 (come sostenuto dal Pantani e dall 'Infessura), ed è parimenti errata la notizia ri­

Il diario romano di Gaspare Pantani cit. , p. 3 8 ; Il diario della città di Roma di Stefano In­ fessura cit., p. 1 6 5 ; Il diario della città di Roma di Antonio de Vascho cit., p. 5 14. 53 Cfr. ASSi, Balia, 5 1 9 (Lanti ai Signori di Balia, 1484 agosto 16, Roma; Lanti ai Signori di Balia, 1484 agosto 1 8 , Roma); SIGISMONDO DEI CONTI DA FOLIGNO, Le storie de ' suoi tempi cit., I, p. 208 ; Il diario romano di Gaspare Pantani cit., pp. 3839; Il diario della città di Roma di Stefano Infessura cit., p. 1 65 . portata dal de Vascho, che colloca la sua pattenza al 1 8 o al 1 9 ; cfr. anche

54

Ancora in data 2 0 agosto, l ' oratore senese a Firenze Tommaso d e Notati 1-iferì

del passaggio da quella città delle truppe di Giovanni da Tolentino e di Giulio Orsi­ ni (fratello del cardinale Giovanni B attista Orsini), ed aggiunse che più in generale tutte le «genti ecclesiastiche tornano indietro per la via di Romagna, et tutte le gen­ ti casse in Lombat·die, cioè il più forte fantaria, parte per questa [via di Firenze] et


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IL CARDINALE RODRIGO B ORGIA ED

FRANCESCO SOMAINI

li 17 agosto i Colonnesi vollero fare una solenne esibizione di forza, organizzando «tma mostra di fanti 4.000 per chi si trovò a vedere»55• La tensione dunque continuava a salire. Il 1 8 di agosto si verificò un primo scontro armato in platea Iudeorum (cioè al Pmtico d'Ottavia) in cui furono coinvolti alcuni uomini dei Savelli ed altri dei Santacroce (legati agli Orsini). L'oratore senese Lorenzo Lanti, subito dopo quei fatti, così scriveva; «la cità, maxime verso Capitolo, San Marcho, Pillecciaria, secon­ do ho veduto questa matina, si sbana, e dicesi per tutto ogni homo si vuo­ le sbarrare, fare ripari, e fornirsi. Li cardinali hanno fornite le case loro co­ me castegli di gente et artaglierie. [... ] Ognuna de le pmti si guarda. [ ... ] Ogni homo stracorre a robbare e fare ogni ribaldaria, per modo non si può man­ dare e' cavagli a bere, nè muli fuore de casa. Non è cardinale alchuno che ministri iustitia. Ciaschuno che può se la fa co' le mani»56• I cardinali in realtà si stavano sforzando incessanter, con quotidiane riunioni in S . Lorenzo in Damaso (ossia nel palazzo del Camerlengo San­ soni Riario), di «ponere più ordine che sia possibile», e in tal senso prese-

parte per Romagna [ . . . ] vanno a Roma, e som10 grande numero di conestabili che si sono aviati giù». Anche Giovanni Antonio Savelli, che aveva militato con i Vene­ ziani, si stava avviando con le sue truppe alla volta dell ' Urbe, cfr. ASSi,

Balia, 5 1 9

(de Notari ai Signori di B alia, 1484 agosto 20, Firenze) .

IL

CONCLAVE DEL

1484

131

ro anche taluni provvedimenti. Oltre a fissare il calendario delle esequie pa­ pali, essi procedettero ad esempio alla nomina di Giacomo Conti alla guar­ dia del Palazzo, mentre affidarono all'arcivescovo di Tarantaise Jean Com­ poys il compito di tenere sotto controllo le truppe del Riario. D 'intesa an­ che con i conservatori di Roma e con i caporioni, cercarono inoltre di invi­ tare la popolazione alla calma57• Questa linea di condotta era però giudicata da taluni porporati eccessi­ vamente docile e ancora del tutto insufficiente. Giuliano Della Rovere, in particolare, diceva di sentirsi minacciato dalla presenza in Roma e negli im­ mediati dintorni delle truppe del Riario e dei suoi alleati Orsini, e chiedeva delle prese di posizione decisamente più nette. Anzi, con la scusa della sua personale sicurezza, oltre a fortificare il proprio palazzo ai SS. Apostoli e ad annoiare in gran fretta un gran numero di armati alle sue dirette dipen­ denze, egli rifiutò per diversi giorni di partecipare alle stesse riunioni degli altri cardinali, e perfino di prendere parte alle esequie del papa (che erano cominciate ufficialmente il 17 agosto)58• Il comportamento del cardinale di S. Pietro in Vincoli venne imitato anche da altri porporati a lui vicini. Giovanni Battista Cybo, Giovanni Co­ lonna, e Giovanni Battista Savelli, in particolare, si uniformarono total­ mente alla condotta del loro capo, e non vollero prendere parte né alle riu­ nioni di S. Lorenzo in Damaso, né ai novendiali per il papa defunto59• Il mi­ lanese Giangiacomo Schiaffenati e Domenico Della Rovere, anch'essi le-

Ibid., (Lanti ai Signori di Balia, 1484 agosto 1 8 , Roma). Ibid. Il quadro del Lanti è puntualmente confermato anche dal dispaccio coevo del 55 56

fiorentino Vespucci; e così pure dal diario del de Vascho (che tra l ' altro prese parte di persona alla scaramuccia del Portico d' Ottavia). Il Vespucci, in pmticolare, rife­ riva che «tutte le botteghe et principali stanno serrate, né in piazza viene grano né biada da vendere per paura del sacco» , cfr. ASF, Dieci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 18, Roma). Il de Vascho annotò invece che, «Stando Roma in questi termini, le case de cardinali tutte stavano serrate e piene di gente mmata, secondo la loro possibilità; e di giorno e di notte si facerono guardie e molti sbmTarono le loro stra­ de, e così per Roma in moltissimi luoghi si piantarono sbarre» . Poco prima lo stes­ so de Vascho aveva inoltre rilevato che «qualunche homo forastiero fusse passato a Sancto Angelo era spogliato; et da Camigliano [oggi piazza del Collegio Romano] in su e da Santa Maria Rotonda [il Pantheon] in su era spogliato; e se fusse stato ro­ mano che ce fussa andato, se non era conosciuto per grande loro partesciano era spogliato» anche

(Il diario della città di Roma di Antonio de Vascho

Il diario della città di Roma di Stefano Infessura

cit. , pp. 5 14-5 1 5 ; e cfr.

cit., p. 1 66).

Quanto agli incidenti alla Platea Iudeorum, si trattò essenzialmente di un assal­ to di uomini dei Savelli (filo-colonnesi) contro case controllate dagli uomini dei

57 Cfr. ASF, Dieci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 14, Roma); ASMo, Am­ basciatori, Roma, 4 (Adotti al duca, 1484 agosto 1 5 , Roma); nonché Il diario ro­ mano di Gaspare Pantani cit., p. 3 8 ; e Il diario della città di Roma di Stefano In­ fessura cit., p. 1 64. 58 Cfr. ASF, Dieci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 15, Roma); ASSi, Balia, 5 1 9 (Lanti ai Signori di B alia, 1484 agosto 1 6 , Roma); ASF, Dieci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 1 8 , Roma); ASMo, Ambasciatori, Roma, 4 (Arlotti al duca, 1484 agosto 1 8 , Roma); e ASSi, Balia, 5 1 9 (Lanti ai Signori di Balia, 1484 agosto 18, Ro­ ma). E cfr. inoltre BURCKARDI Liber notarum cit., I, pp. 17- 1 8 ; SIGISMONDO DEI CON­ TI DA FoLIGNO, Le storie de ' suoi tempi cit., I, pp. 207-208 ; Il diario della città di Roma di Stefano Infessura cit., p. 1 64; e Il diario romano di Gaspare Pantani cit.,

pp. 39-40.

59 Su questi tre cm·dinali cfr.

infra nota 97. Vale peraltro la pena di ricordare che

i cardinali Savelli e Colonna, una volta entrati in Roma (cfr.

supra nota 50) si era­

no in effetti entrambi acquartierati nei pressi dei SS. Apostoli, ove sorgeva il palaz­ zo del Della Rovere ed ove sorgevano altresì le rovine del palazzo (ma sarebbe me­

Santacroce (filo-ursini), i quali contrattaccarono mettendo i nemici in fuga. Secon­

glio dire del qumtiere) fortificato dei Colonna, attaccato e parzialmente distrntto dal

do Guidantonio Vespucci negli scontri ci furono in tutto 3 morti. Secondo Stefano

Rim·io nel precedente mese di giugno; cfr. ASSi,

Infessura 5. Secondo Lorenzo Lanti (che fu presente ai fatti come testimone) 6, più

lia, 1484 agosto 1 8 , Roma; e de Notari ai Signori di B alia, 1484 agosto 20, Firen­

diversi feriti.

ze); e Il

Balia, 5 1 9 (Lanti ai Signori di Ba­

diario romano di Gaspare Pantani cit., p. 39.


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FRANCESCO SOMAINI

IL CARDINALE RODRIGO BORGIA ED IL CONCLAVE DEL

gati al cardinale di S. Pietro in Vincoli, scelsero invece un contegno un po' meno polemico: essi non parteciparono alle riunioni in casa del Camerlen­ go, ma si recarono almeno alle esequie di Sisto IV60• Che questi 6 cardina­ li costih1issero di fatto un gruppo piuttosto compatto era ormai del tutto e­ vidente, ma era chiaro altresì che la situazione della città, anche per via di questo atteggiamento di fronda di taluni porporati, non lasciava presagire nulla di buono. La tensione era in realtà così alta che il 1 8 di agosto il Ve­ spucci (l'oratòre fiorentino) arrivava addirittura a paventare il rischio di uno scisma: «se questa materia non se accorda per qualche verso, io fo gran dubio questa tena non vadia a sacco e faccisi duo papa»61• Lo scenario sembrò prendere un altra piega con l 'arrivo in città dei 4 cardinali veneziani: Marco Barbo, Giovanni Michiel, Giovanni Battista Zen e Pietro Foscari. li loro rientro nell'Urbe, la sera di quello stesso 1 8 agosto, riuscì a placare almeno in patte i timori di Giuliano Della Rovere, e quindi rese meno inquietante la situazione generale62• In effetti già all'indomani, e cioè giovedì 19 agosto, nella casa del cardinale di Novara Giovanni Arcim­ boldi, venne negoziata una tregua tra i cardinali Orsini e Savelli, a nome ri­ spettivamente delle fazioni ursina e colonnese63• Il 20 l'accordo venne

ro Cfr. ASSi, Balia, 5 1 9 (Lanti ai Signori di Balia, 1484 agosto 16, Roma; e Lanti ai Signmi di Balia, 1484 agosto 1 8 , Roma). E cfr. BURCKARDI Liber notarum cit., I, p. 17. Sui cardinali Schiaffenati e Domenico Della Rovere cfr. infra nota 97. 61 ASF, Dieci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 1 8 , Roma). La stessa valuta­ zione venne espressa anche da Sigismondo dei Conti: «res non procul erat a schi­ smate» (SIGISMONDO DEI CONTI DA FOLIGNO, Le storie de ' suoi tempi cit. , I, p. 208). Il timore di una duplice elezione, con conseguente esito scismatico, era preso in se­ ria considerazione anche alla corte di Napoli, ove oltre tutto re Penante asseriva di aver avuto in tal senso delle profezie, cfr. ASM, Sjorzesco, 244 [Napoli] (Castiglia­ ni al duca, 1484 agosto 23, Napoli). 62 Cfr. ASF, Dieci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 1 8 , Roma); e ASSi, Balia, 5 1 9 (Lanti ai Signori di Balia, 1484 agosto 20, Roma). E anche SrmsMONDO DEI CoNTI DA FoLIGNO, Le storie de ' suoi tempi cit. , I, p. 208. Sui quattro cardinali ve­ neziani cfr. infra nota 105. 63 Cfr. ASF, Dieci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 2 1 , Roma); ASMn, AG, 847 [Roma] (Anivabene al marchese, 1484 agosto 22, Roma); e Il diario romano di Gaspare Pantani cit., pp. 39-40. I telTllÌni dell' accordo di tregua erano i seguenti; innanzitutto Castel S. Angelo sarebbe stato immediatamente sgomberato dalle tmppe del Riario (o meglio di Ca­ teiina Sforza). La custodia della rocca sarebbe però stata ancora affidata (fino all'e­ lezione del nuovo papa) al vescovo di Todi Francesco Masciad1i, già castellano in carica, nonché maestro di casa (e dunque uomo di strettissima fiducia) del cardinal camerlengo Raffaele Sansoni Riario. La guardia del castello sarebbe stata invece in­ tegralmente sostituita (ma a sceglierla sarebbe stato lo stesso Camerlengo). Girola­ mo Riario sarebbe invece dovuto partire entro il giorno 24 per la Romagna alla vol-

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senz' altro approvato anche dal Sacro Collegio; mentre Girolamo Riario, dal suo acquartieramento dell'Isola fece sapere di essere disponibile a far sgomberare Castel Sant'Angelo dalle sue truppe64• Il 21 anche il cardinal Camerlengo (Raffaele Sansoni Riario) notificò il proprio benestare, e l'ora­ tore fenarese Bonfrancesco Adotti poteva dunque scrivere ad Ercole d'E­ ste di essere ormai convinto che si potesse «venire sicuramente a la ellec­ tione del novo papa senza dubio et tema de violenza alcuna»65•

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ta della sua signoria di Imola, con il seguito di 4 delle sue 1 1 squadre, e con la scor­ ta di due prelati. Le sue restanti 7 squadre (ivi compreso Virginio Orsini) si sareb­ bero invece portate a Viterbo, ave si sarebbero tenute agli ordini dell'arcivescovo di Tarantaise Jean de Compoys. Tutte queste tmppe sarebbero state in compenso pa­ gate con un apposito stanziamento di 8.000 ducati da parte del Sacro Collegio. An­ che il Riario sarebbe stato regolarmente pagato per le sue condotte e per le cariche militari affidategli dal papa defunto. Le varie rocche e fortezze dello Stato Pontifi­ cio attualmente tenute da uomini di Girolamo Riario si sarebbero riconsegnate al pa­ pa. Orsini e Colonna avrebbero fatto uscire da Roma tutti i loro uomini armati, e si sarebbero impegnati a non dare luogo a scontri di sorta per lo meno fino a tutto il primo mese daW elezione del nuovo pontefice. Alcuni cittadini romani delle oppo­ ste fazioni sarebbero stati scambiati come ostaggi a garanzia della tregua. Infine Giacomo Conti avrebbe dovuto lasciare la guardia del Palazzo Apostolico, cfr. ASF, Dieci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 2 1 , Roma); ASMn, AG, 847 [Roma] (Ar­ rivabene al marchese, 1484 agosto 22, Roma); ASF, Dieci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 23, Roma); ASMa, Ambasciatori, Roma, 4 (Arlotti al duca, 1484 ago­ sto 26, Roma) ; ASSi, Balia, 520 (Lanti ai Signori di Balia, 1484 agosto 26, Roma); cfr. anche Il diario della città di Roma di Stefano lnfessura cit., pp. 1 66-167). 64 Cfr. ASF, Dieci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 21, Roma); ASMa, Am­ basciatori, Roma, 4 (Arlotti al duca, 1484 agosto 2 1 , Roma); e ASMn, AG, 847 [Ro­ ma] (Arrivabene al marchese, 1484 agosto 22, Roma). Il giorno 20 il senese Lorenzo Lanti aveva a sua volta confe1mato l'impressione di un significativo calo della tensione con queste parole: «le cose di Roma si sono assai racquetate, le brigate cioè di questi baroni si guardano le case loro, per la città non trasconano più così in grosso. Li ladroncegli si vanno rimediando», cfr. , ASSi, Balia, 5 1 9 (Lanti ai Signori della Balia, 1484 agosto 20, Roma). 65 Cfr. ASF, Dieci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 23, Roma); e ASMa, Am­ basciatori, Roma, 4 (Arlotti al duca, 1484 agosto 2 1 , Roma). Domenica 22 agosto la notizia dell'accordo del precedente giovedì venne for­ malmente comunicata dal Vicecancelliere Rodrigo B orgia anche alle autorità citta­ dine di Roma, ovvero al primo conservatore della città Evangelista di Rienzo Mar­ tino, al priore dei capo-1ioni Vale1io Fraiapane e al maestro degli edifici e delle stra­ de B attista Arcioni (Il diario romano di Gaspare Pantani cit., p. 40). Contestual­ mente (sempre il giorno 22) venne inoltre stabilito di tenere regolarmente il concla­ ve in Vaticano, 1inunciando all'ipotesi, che pure era stata suggerita alcuni giorni pri­ ma dai conservatori della città di spostare l'elezione del nuovo pontefice alla chie­ sa di S. Maria sopra Minerva (ave già si erano tenuti i conclavi di Eugenio IV e di


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Non a caso, lunedì 23 agosto (settimo giorno delle novendiali) anche Giuliano Della Rovere (con gli altri tre cardinali dissidenti suoi arnici) si fe­ ce vedere in S . Pietro alle esequie di Sisto N (e Giovanni B attista Cybo fu anzi chiamato a cantare la messa); dopodiché i quattro comparvero anche alla Congregatione degli altri cardinali in S . Lorenzo in Damaso66• Tutto sembrava dunque ormai volgere al meglio; e anche se il 24 ago­ sto ci furono dei nuovi incidenti nei pressi del Pantheon, le clausole del­ l 'accordo del 1 9 cominciarono comunque ad essere mandate ad esecuzione senza particolari problemi67• Nella notte tra il 25 ed il 26 agosto (giorno pre­ visto per l 'apertura del conclave) la situazione sembrò tuttavia nuovamen­ te e improvvisamente precipitare. Caterina Sforza, infatti, all'ultimo mo­ mento, non soltanto si rifiutò di lasciare Castel S . Angelo, ma vi fece en­ trare nottetempo anche altri 140 uomini. La tensione, a quel punto, risalì

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immediatamente: i cardinali «de la factione contraria a li Orsini» (cioè gli amici di Della Rovere), si dissero sdegnati, e ripresero ad assoldare truppe, mentre i caporioni di Roma ordinavano di rimettere «le sbarre dove erano levate»68• Per venire a capo di questa crisi dell'ultima ora fu necessario l'inter­ vento urgentissimo di una delegazione di 7 o forse 8 cardinali, che con e­ strema pazienza convinsero infine Caterina Sforza ad uscire dalla rocca, petmettendo quindi al Sacro Collegio di riunirsi per l 'elezione senza l 'om­ bra di particolari minacce69• Come si vede, però, ancora soltanto a poche ora dall'ingresso dei car­ dinali in conclave la situazione di Roma appariva tutt'altro che sicura, e tut­ ti gli accordi e tutte le tregue potevano ancora facilmente saltare per aria. Ba­ sti dire del resto che anche dopo che i cardinali si furono chiusi nel Palazzo Vaticano, tra filo-ursini e filo-colonnesi si registrarono in città dei nuovi in­ cidenti, mentre altre truppe (per l'esattezza l . 600 fanti provenienti da L'A­ quila) entravano nell'Urbe ed andavano a sistemarsi presso i quartieri dei Colonna70• Indubbiamente, insomma, la sedevacanza del 1484 non ebbe uno svol­ gimento pacifico, e sotto il profilo dell'ordine pubblico fu anzi una delle più delicate del XV secolo.

Niccolò V) cfr. ASSi, Balia, 5 1 9 (Lanti ai Signori di B alia, 1484 agosto 1 8, Roma, e Lanti ai Signori di Balia, 1484 agosto 22, Roma). 66 Cfr. ASF, Dieci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 24, Roma); cfr. anche BURCKARDI Liber notarum cit., I, p. 18; e Il diario romano di Gaspare Pantani cit., p. 40. 67 L'episodio del Pantheon (il cosiddetto tumultus magnus di cui parlò l ' Infes­ sura), consistette in realtà in una violenta scaramuccia tra i Della Valle (filo-colon­ nesi) ed i Crescenzi (filo-ursini). Secondo Antonio de Vascho (che peraltro retro­ data l'episodio al giorno 23) si trattò di incidenti determinati dalla volontà dei fi­ lo-colonnesi di vendicare la sconfitta negli scontri di Piazza Giudea di qualche giorno prima. Anche in questo caso ci furono comunque dei morti (cfr. Il diario della città di Roma di Stefano Infessura cit., pp. 1 68-169; Il diario romano di Ga­ spare Pantani cit. , p. 41 ; e Il diario della città di Roma di Antonio de Vascho cit., p. 5 1 6). La vicenda non incise comunque sulle pratiche in atto per l 'esecuzione degli ac­ cordi di tregua. Già il 22 agosto - come si è visto qua sopra alla nota 65 - Rodrigo Borgia, in qualità di decano del Sacro Collegio, aveva formalmente notificato la notizia della tregua del 1 9 al primo conservatore della città, al priore dei caporioni e al maestro degli edifici e delle strade (Il Diario romano di Gaspare Pantani cit., p. 40). Poi il 23 il vescovo di Castres Jean d' Armagnac aveva a sua volta sostituito Giacomo Conti nella guardia del Palazzo Vaticano, mentre il vescovo di Cervia Achille Ma­ rescotti aveva assunto il comando delle fanterie preposte alla guardia dell a porta del Palazzo stesso, cfr. ASF, Dieci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 24, Roma); e BURCKARDI Liber notarum cit., I, p. 19. Girolamo Riario, sempre il giorno 23, ave­ va inoltre ricevuto i suoi 8.000 ducati, dopodiché il giorno 25 si avviò alla volta del­ la Romagna con le 4 squadre assegnategli, mentre le altre 7 si portarono a Viterbo. Lo stesso giorno 25 il vescovo di Todi, Francesco Masciadri, castellano di Castel Sant'Angelo, giurò fedeltà al Sacro Collegio, cfr. ASSi, Balia, 520 (Lanti ai Signo­ ri di B alia, 1484 agosto 26, Roma) ; e ASMa, Ambasciatori, Roma, 4 (Adotti al du­ ca, 1484 agosto 26, Roma).

4. Struttura e composizione del Sacro Collegio Mentre si assisteva a tutte queste vicende, comunque, i cardinali erano venuti frattanto attrezzandosi per il momento chiave della scelta del nuovo pontefice. Alla morte di Sisto N, il Sacro Collegio risultava formalmente costi­ tuito da un organico di 32 membri71•

68 Cfr. ASSi, Balia, 520 (Lanti ai Signori di B alia, 1484 agosto 26, Roma). 69 Ibid., nonché Il diario romano di Gaspare Pantani cit., p. 4 1 ; e Il diario della città di Roma di Stefano Infessura cit., p. 1 69. Cfr. anche N. GRAZIANI-G. VENTU­ RELLI, Caterina Sforza, Milano 1 987, pp. 69-70 n Pantani e l'Infessura collocano la resa di Caterina Sforza al 25 agosto, ma più probabilmente occonerà invece prestare credito al senese Lorenzo Lanti, che parlò in proposito della mattinata del 26. 7° Cfr. Il diario romano di Gaspare Pantani cit., pp. 41 -42. 7 1 n pontificato sistino si era ape1to nell'agosto del 1 47 1 con un corpo cardina­ lizio costituito da un organico complessivo di 24 porporati. Sisto N puntò subito su una politica di significativo incremento numerico del Collegio, che dunque salì a 26 componenti dopo soli 4 mesi dall'elezione del papa, e raggiunse poi la quota di 33 dopo la creazione cardinalizia del 7 maggio 1473 (cfr. supra nota 26). Il picco più

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La stragrande maggioranza, ossia 24 membri (pari al 75% del totale), era costituita da porporati creati dal pontefice appena defunto72• C'erano poi 6 cardinali paolini (il 18,75%); l cardinale piesco (il 3, 12%); e 2 cardinali callistini (tra cui naturalmente Rodrigo Borgia) (pari al 6,25%)73•

alto venne toccato con la promozione del 1 0 dicembre del l477 allorquando gli or­ ganici del Collegio arrivarono ad un totale di 36 cardinali (cifra che non era stata più toccata dopo il XII secolo). Il l o febbraio del 1478, con la morte di Cristoforo Della Rovere, si ridiscese a 35, ma 9 giorni più tardi, la nomina di Domenico Del­ la Rovere (fratello dello stesso Cristoforo) riportò il totale a 36; livello che venne mantenuto fino alla mmte di Angelo Capranica, il 3 luglio di quello stesso anno. La successiva promozione di 5 cardinali del l 5 maggio 1480 sopraggiunse quando gli organici si erano ridotti a 30, e quindi 1iportò il numero a 35. Poi si scese a poco a poco fino a 28; cifra che venne toccata nell'ottobre del 1483, per risalire poi a 33 con la creazione del 15 novembre di quello stesso anno. La morte di Teodoro Pa­ leologo il 22 gennaio 1484, fu compensata dalla creazione di Ascanio Sforza il 17 di marzo successivo. Poi sopravvenne il 5 di luglio la scomparsa di Hélie de Bour­ deilles, la cui morte fece appunto scendere gli organici del Collegio al totale di 32 con cui appunto si chiuse il pontificato sistino (per tutti questi calcoli sarà suffi­ ciente rimandare a E uBEL Hierarchia catholica cit., II, pp. 1 1- 1 9). Più in generale sul tema della dilatazione numerica del Collegio come elemen­ to della strategia papale di indebolimento politico del cardinalato cfr. S oMAINI , Un prelato lombardo cit., pp. 685-690. 72 L'elenco dei 24 cardinali sistini ancora viventi al momento della mmte del pontefice comprendeva per ordine di anzianità cardinalizia i seguenti nominativi (ri­ porto tra parentesi l'anno della nomina): Giuliano Della Rovere (1471), Stefano Nardini (1473), Pedro Gonzalez de Mendoza (1473), Giovanni Battista Cybo (1473), Giovanni Arcimboldi (1473), Philibert Hugonet (1473), Jorge da Costa (1476), Charles de Bourbon (1476), Pierre de Foix (1476), Girolamo Basso Della Rovere (1477), Gabriele Rangone (1477), Pietro Foscari (1477), Giovanni d'Ara­ gona (1477), Raffaele Sansoni Riario (1477), Domenico Della Rovere (1478), Pao­ lo Campofregoso (1480), Giovanni Battista S avelli ( 1480), Giovanni Colonna ( 1480), Giovanni Conti (1480), Joan Margarit i Pau (1483), Giangiacomo Schiaffe­ nati (1483), Giovanni B attista Orsini (1483) ed Ascanio Sforza (1484) (cfr. ancora EUBEL, Hierarchia catlwlica cit., II, pp. 1 6-20). Durante il proprio pontificato Sisto N aveva in realtà proceduto alla nomina di 34 nuovi cardinali, ma 1 0 di questi erano mmti prima di lui (ibid.). 73 Dei 10 cardinali creati da Paolo II durante il suo pontificato (1464-1471 ), 6 era­ no ancora in vita nel 1484. Essi erano (lipmto sempre tra parentesi la data della crea­ zione cardinalizia): Thomas Bourgchier (1467), Olivieri Carafa ( 1467), Marco Barbo (1467), Jean Balue (1467), Giovanni B attista Zen (1468) e Giovanni Michiel (1468). Dei 12 cardinali creati da Pio II (1458-1464), l'unico ancora vivo nel 1484 era il fu­ turo Pio m Francesco Todeschini Piccolomini (che era stato creato cardinale nel 1460). Infine, dei 9 cardinali creati da Callisto III (1455-145 8), restavano nell'84 solo i due cugini Milà e Borgia (entrambi promossi nel l 456) (ibid., II, pp. 12-15). ,

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Le componenti nazionali erano invece così ripartite: vi erano 5 cardi­ nali iberici (3 catalani, l castigliano e l portoghese, pari in tutto al 15,62%?4• I francesi erano 4 (di cui uno era però un borgognone, mentre al­ tri due provenivano dalle casate principesche dei duchi di Bourbon e dei conti di Foix). In percentuale essi anivavano comunque al l2,5% del totale75•

74 Era in effetti castigliano l'arcivescovo di Toledo Pedro Gonzalez de Mendoza, il quale era figlio del marchese di Santillana e fratello del primo duca dell'Infanta­ do, Diego Hurtado de Mendoza, ed era inoltre il consigliere forse più autorevole ed ascoltato dei Re Cattolici; cfr. R. GONZÀLVEZ, Gonzalez de Mendoza Fedro, in Dic­ cionario de Historia Eclesitistica de Espafia cit., l , pp. 1036-1037; e J. GoN! GAT­ ZAMBIDE, Gonzalez de Mendoza (Fedro), in Dictionnaire d'histoire et de géographie ecclésiastiques cit., 21, coll. 678-685. Rodrigo Borgia, Luis Juan Milà (nipoti di papa Callisto ill) , ed il vescovo di Gi­ rona Joan Margarit i Pau (già cancelliere di Giovanni II e poi di Ferdinando II d'Ara­ gona) erano invece catalani, anche se per l'esattezza (come ben noto) i primi due ve­ nivano in realtà dal Regno di Valencia. Sulle figure del Milà e del Margarit i Pau si possono vedere J. GoN! GATZAMBIDE, Mila, Luis Juan del, in Diccionario de Historia Eclesiastica de Espafia, suppl. I, Madrid 1987, pp. 489-492; e R. B . TATE, Joan Mar­ garit i Pau. Cardinal-Bishop of Gerona. A Biographical Study, Manchester 1955. Quanto all'arcivescovo di Lisbona Jorge da Costa, egli era naturahnente portoghe­ se, sebbene i suoi rapporti con la Corona di Portogallo sotto Giovanni li non fossero più così buoni come lo erano stati con il vecchio re Alfonso V - mmto nel l481 - (su di lui cfr. D. S. CHAMBERS, What Made a Renaissance Cardinal Respectable? The Ca­ se of Cardinal Costa ofPortugal, «Renaissance Studies», 12 (1998), pp. 87-108). 75 Era borgognone il cardinal Philibert Hugonet, vescovo di Miìcon, e fratello di Guillaume Hugonet, Cancelliere di B orgogna al tempo di Carlo il Temerario (cfr. T. DE MoREMBERT, Hugonet (Philibert), in Dictionnaire de Biographie Française, 25, Paris 1 989, col. 1464; e In., Hugonnet (Philibert), in Dictionnaire d'histoire et de géographie ecclésiastiques, 25, Paris 1 995, col. 17 1 . Charles de Bourbon, arcivescovo di Lione, era invece un fratello del duca Gio­ vanni II di Borbone (cui nel 1488 sarebbe per breve tempo succeduto) , mentre un altro suo fratello era Pierre de Bourbon, conte di Beaujeu (e a sua volta futuro du­ ca) e marito della reggente del Regno di Francia Anne di Beaujeu; cfr. J. GARJN, Bourbon (le cardinal Charles II de), in ibid. , 10, Paris 1 938, coll. 1 13 - 1 1 5 ; e R. Lr­ MOUZIN-LAMOTHE, Bourbon (Charles de), in Dictionnaire de Biographie Française, Paris 1 954, coll. 1 393-1394. Pierre de Foix, vescovo di Vannes, era invece figlio del conte Gastone IV di Foix, e della futura regina di Navarra Eleonora di Trastamara. Egli era inoltre cugi­ no del duca di Bretagna Francesco II d'Etampes, e zio del futuro re di Navana Fran­ cesco Febo de Foix; cfr. R. AUBERT, Foix (Pierre de), in Dictionnaire d'histoire et de géographie ecclésiastiques cit., 17, Paris 1 97 1 , col. 736. Quanto a Jean Balue, arcivescovo d' Angers, egli era un vecchio collaboratore del defunto re di Francia Luigi XI, anche se poi, nel 1468, era caduto completamente in disgrazia, e per ben 1 1 anni (vale a dire fino al 1480) era rimasto imprigionato nel


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C'era poi un inglese (pari al 3,12%)76• Ma il grosso era costituito dai 22 car­ dinali italiani (pari al 68,75% )77• Questa forte componente italica presentava a sua volta la seguente ar­ ticolazione interna; vi erano 5 cardinali liguri; 4 veneziani; 4 romani; 4 lom­ bardi (includendo in questo gruppo anche l 'arcivescovo di Milano Stefano Nardini, che era in realtà romagnolo); 2 cardinali del Regno; un senese e un piemontese. Infine, in una posizione un po' anomala vi era il francescano

castello di Loches sulla Loira (su di lui cfr. H. FORGEOT, Jean Balue, cardinal d'An­ gers (1421?-1491), Paris, 1 895; P. CALENDINI, Balue (Jean), in Dictionnaire d'lli­ stoire et de géographie ecclésiastiques, 6, Paris 1 932, coll. 436-438; e M. PREVOST, Balue (Jean), in Dictionnaire de Biographie Française, l , Paris 1 9 5 1 , coll. 1 6-19. 76 Si trattava di Thomas Bourgchier, arcivescovo di Canterbury dal 1454 e car­ dinale dal settembre del 1467, legatissimo a re Edoardo IV di York, ma in grado di mantenersi in buoni rapporti anche con i suoi successori (così come lo era stato pre­ cedentemente con Enrico VI di Lancaster). Su di lui cfr. J. GAIRDNER, Bourchier Thomas, in The Dictionmy of National Biography, 2, Oxford [1959, ma 1 8851 886] , pp. 923-926; e I.J. CHURCHILL , Bourgchier (Thomas), in Dictionnaire d'lli­ stoire et de géographie ecclésiastiques cit., 10, coll. 1 68-170. 77 Cfr. EuBEL, Hierarchia catholica cit. , II, pp. 1 2-20. Vale la pena di notare che quella del 1484 fu la prima sedevacanza dai tempi del Concilio di Costanza in cui la nazione italiana si ritrovò ad avere un numero di cardinali superiore ai 2/3 del Col­ legio. Alla mmte di Martino V nel 1 43 1 i cardinali italiani erano infatti ancora sol­ tanto 12 su 22 (il 54, 5%). Nel 1 447, alla mmte di Eugenio IV, essi erano scesi a 1 0 s u 2 6 (il 38,4%); e nel 1455, a l termine del pontificato d i Niccolò V, s i erano ulte­ rionnente ridotti a 7 su 22 (il 3 1 ,8%). Alla mmte di Callisto III, essi erano passati a 10 su 28 (il 35,7%); mentre nel 1464, alla fine del pontificato di Pio II, erano risali­ ti a 12 su 28 (pari dunque al 42,8%). Infine nel 1 47 1 , alla mmte di Paolo II e alla vi­ gilia dell'elezione di Sisto IV, gli italiani erano proporzionalmente ancora aumenta­ ti, passando 16 su 25 (pari al 64%). In quel caso la quota dei 2/3 era già stata in ef­ fetti sfiorata, ma senza ancora essere raggiunta o superata; cosa che appunto avven­ ne soltanto al termine del pontificato di Sisto IV. Quando dunque si affetma che a pattire dalla metà del secolo si registrò una notevole spinta verso l 'italianizzazione del cardinalato, e quando si rileva che gli anni di Sisto IV si posero in assoluta con­ tinuità con questa tendenza, si esptime in definitiva un giudizio facilmente verifica­ bile sul piano numerico: cfr. B . Mc CLUNG HALLMANN, Italian Cardinals Refonns and the Church as Property, Berkeley-Las Angeles-London 1 985, pp. 4-8; e W. REINHARD, Struttura e significato del Sacro Collegio tra la fine del XV e la fine del XVI secolo, in Città italiane del '500 tra Riforma e Controriforma (Atti del Conve­ gno Intemazionale, Lucca, 13-15 ottobre 1 983), Lucca 1 988, pp. 257-265. Questa tendenza era per molti versi un'inevitabile conseguenza dell'italianizzazione della curia, dell'incremento degli uffici venali, e della fmmazione di un rapporto di stret­ ta compenetrazione tra mondo curiale e ceti dirigenti italiani: cfr. su tali fenomeni D. HAY, La Chiesa nell'Italia rinascimentale, Roma-Bari 1979, pp. 70-8 1 ; PARTNER, The Pope 's Men cit., pp. 2-1 3 , 37-39, 150-1 82 e 1 97-200; M. RosA , 'La scarseZZa di

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Gabriele Rangone, che era sì di nascita veronese (e dunque teoricamente suddito veneziano), ma si era però formato principalmente in Ungheria, sot­ to la protezione di Mattia Corvino78• Tutti questi dati si riferiscono peraltro agli organici completi del Sacro Collegio. Ma qui dobbiamo occuparci in realtà del conclave, e dunque non ci interessano tutti i cardinali, ma solo quelli che si trovarono a Roma per quell'occasione. Alla morte di Sisto IV, molti porporati erano in effetti lontani dalla città (anche per via della stagione estiva). Parecchi di loro rientrarono rapida-

nostro Signore ', aspetti dellafiscalità pontificia nell'età moderna, «Studi Storici», 10 (1987), pp. 825-830; e M. PELLEGRINI, Corte di Roma e aristocrazie italiane in età moderna, «Rivista di Storia e Letteratura Religiosa», 30 ( 1994), pp. 548-55 1 . Nel contempo però si trattava anche di un elemento che rientrava nella strategia di inde­ bolimento del cm·dinalato, poiché è chiaro che accentuando la presenza italiana si an­ dava di fatto a diminuire la capacità del Collegio di presentm·si come una sorta di al­ ta rappresentanza della Chiesa universale (o addirittura del Concilio) di fronte al­ l'autorità del papa (al riguardo cfr. supra nota 30, ed anche S oMAINI , Un prelato lom­ bardo cit. , pp. 680-685). 78 I cinque cardinali liguri erano i tre nipoti papali (di origine savonese) Giulia­ no Della Rovere, Raffaele Sansoni Riario e Girolamo Basso Della Rovere; più l ' ar­ civescovo e doge di Genova Paolo Campofregoso, e il cardinale di Molfetta Gio­ vanni B attista Cybo (che era nato per la verità a Napoli e vissuto a lungo nel Regno, ma genovese di famiglia e di tradizione). I quattro veneziani erano invece i tre ni­ poti di papa Paolo ll, e cioè Marco Barbo, Giovanni B attista Zen, e Giovanni Mi­ chiel, più il vescovo di Padova Pietro Foscm·i, già prirnicerio della basilica di S. Marco di Venezia, e nipote del celebre ex-doge Francesco Foscari. I 4 lombardi comprendevano a loro volta l ' arcivescovo di Milano Stefano Nardini (di nascita for­ livese), il vescovo di Novara Giovanni Arcimboldi (già autorevole ufficiale sforze­ sco), il vescovo di Patma Giangiacomo Schiaffenati (già cubiculario di Sisto IV), ed il vescovo di Pavia Ascanio Sforza, zio del duca Giangaleazzo, e fratello del reg­ gente Ludovico il Moro. I 4 porporati romani erano Giovanni B attista Orsini e Gio­ vanni Conti (di parte filo-ursina), Giovanni Colonna e Giovanni B attista Savelli (fi­ lo-colonnesi); mentre i 2 cardinali napoletani erano, rispettivamente, Olivieri Cara­ fa (arcivescovo di Napoli) ed il figlio di re Ferrante, Giovanni d'Aragona. Il cardi­ nale senese era invece Francesco Todeschini Piccolomini, nipote di Pio II; mentre quello piemontese era Domenico Della Rovere, che apparteneva al cosiddetto ramo torinese dei Della Rovere, ed era perciò assimilabile in certo qual modo al gruppo dei cardinali nipoti. Quanto al Rangone, egli era come si è detto un francescano di nascita veronese (o secondo altri di Chiari, in Franciacorta). Tutta la sua carriera ec­ clesiastica si era svolta però in Ungheria, ove egli era giunto da giovane al seguito di Giovanni da Capistrano, ed ove poi si era legato a Mattia Corvino, distinguendo­ si dapprima come vicario dell'ordine francescano nella provincia d'Austria (com­ prendente anche i l regno ungherese), e poi come inquisitore generale contro gli Hussiti. Era stato del resto proprio Mattia Corvino a volerlo portare, nel 1472, alla


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mente79• Ma altri non si misero nemmeno in viaggio; Luis Juan Milà, cugi­ no del Borgia, rimase ad esempio in Catalogna ove si era ormai definitiva­ mente trasferito sin dalla fine degli anni Sessanta80• Thomas Bourgclùer, ar­ civescovo di Canterbury, restò in Inghiltena, dove aveva sempre fatto resi­ denza"'. Pedro Gonzalez de Mendoza se ne rimase in Castiglia82• Charles de Bourbon (che alpari del Bourgchier e del Mendoza non si sarebbe mai pre-

guida della cosidetta diocesis Transilvana (vale a dire il vescovato di Erdely, alias Alba Julia), e sempre Mattia Corvino ne aveva chiesto (ed ottenuto) la promozione alla più prestigiosa sede di Eger (alias Agria, alias Erlau) nel 1475, e quindi l 'ele­ vazione alla pmpora nel 1477. Il Rangone insomma era un cardinale italiano per o­ rigine e per cultura, ma con legami fortissimi soprattutto con la monarchia magiara. Su di lui, in assenza di una bibliografia si dovrà rimandare ancora al vecchio G. Mo­ RONI RoMANo, Dizionario di erudizione storico ecclesiastica, LVI, Venezia 1 852, pp. 1 63-164; altre notizie su di lui si possono trovare in GARIMBERTO, La prima par­ te delle vite cit., pp. 35-36; e naturalmente in EUBEL, Hierarchia catholica cit., II, pp. 19, 82-83, e 254. 79 Abbiamo già parlato del rientro in Roma dei cardinali Giovanni Battista Sa­ velli e Giovanni Colonna tra il 1 5 ed il 1 6 agosto (cfr. supra nota 50); e così pure di quello dei quattro cardinali veneti, che an·ivarono congiuntamente in città la sera del 1 8 agosto (cfr. supra nota 62). Sempre il 18 agosto rientrarono anche i cardinali Francesco Todeschini Picco­ lomini e Giovanni d'Aragona, cfr. ASF, Dieci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 1 8, Roma); e ASSi, Balia, 5 19 (Lanti ai Signori di Balia, 1484 agosto 20, Roma). La sera del 23 ruTivò infme anche Ascanio Sforza, che era pattito da Milano il 1 6 agosto, cfr. ASF, Dieci, 3 2 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 24, Roma); e BURCKARDI Liber notarum cit., I, p. 19; ed anche, infra, note 122 e 123). Per quanto concerne il Borgia egli era invece uno di quei 16 cardinali che si tro­ varono in Roma sin dal p1imo momento, tant'è che già a poche ore dalla morte del papa, egli aveva potuto personalmente provvedere ex more alla rottura di tutti i cal­ chi dei sigilli del pontefice defunto (ibid. , p. 14). 80 Sulla figura del Milà mi limito a rimandare al testo già segnalato sopra nella nota 74. La sua ultima attestazione in cmte di Roma risaliva all'ottobre del 1468, dopodiché egli se ne partì definitivamente per la Catalogna, da cui non fece più ri­ torno fino alla mmte (cfr. EUBEL , Hierarchia catholica cit., II, p. 36). 81 Sul Bourgchier - che il 6 luglio del 1483 aveva incoronato re d'Inghiltena a West­ minster l'ultimo Plantageneto Riccardo III di York, e che due anni più tardi avreb­ be fatto lo stesso con il vincitore della battaglia di Boswmth Enrico VII Tudor - cfr. i testi segnalati sopra nella nota 76. 82 Il cardinal de Mendoza nella p1imavera del 1484 era in effetti giunto a Toledo per prendere possesso dell'ru·civescovato (che gli era stato conferito due anni pri­ ma). È possibile che egli si trovasse ancora là al momento della morte di Sisto IV, ma ad ogni modo era certamente in patria, e del resto egli non venne mai a Roma, per lo meno da cardinale (cfr. supra i testi segnalati nella nota 74).

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sentato in corte di Roma) non si allontanò da Lione, ove si era ormai ritira­ to dopo la morte di Luigi XI nel l483"3• Jean Balue era invece a Parigi, nel­ l'ambito di una controversa legazione affidatagli da Sisto IV l'anno prece­ dente"4. E sempre a Parigi, si trovava anche il cardinale Piene de Foix, im­ pegnato ad affiancare il Balue nelle sue ambigue manovre85• In pratica, la sera del 23 agosto, con l'arrivo dell'ultimo cardinale (e cioè Ascanio Sforza), i porporati presenti in Roma furono in tutto 25 ; i non italiani erano soltanto 4 (Rodrigo Borgia, Plùlibett Hugonet, Jorge da Co­ sta, e Joan Margarit i Pau), mentre tra gli italiani mancava solo l'arcivesco­ vo-doge di Genova Paolo Campofregoso86• Con ogni evidenza, il conclave sarebbe stato dunque donùnato da logiche soprattutto ' peninsulari' .

83 Cfr. i testi segnalati supra nella nota 7 5 (anche se ivi si ritrova l'errata infor­ mazione di una sua partecipazione al conclave). 84 Il Balue, dopo essere rimasto per circa 1 1 anni nelle mani di Luigi XI (cfr. su­ pra nota 75), era stato infine liberato grazie all'intervento di Giuliano Della Rove­ re nel dicembre dell' SO, e nel febbraio dell'82 si era quindi ripresentato a Roma in compagnia di quest'ultimo. Nell'ottobre dell'83 - morto Luigi - egli era però ri­ partito per la Francia come legato apostolico, e qui le sue manovre contro la reg­ gente Am1e de Beaujeu (cfr. infra nota 85) lo avevano posto al centro di grandi po­ lemiche. Il 14 agosto dell'84 in particolare il Consiglio della Corona dispose che e­ gli non venisse riconosciuto come legato, mentre il 20 di agosto, il Parlamento di Parigi si volle pronunciare in suo favore (cfr. FoRGEOT, Jean Balue cit., pp. 1 1 1- 126; e anche EUBEL, Hierarchia catholica cit., II, pp. 44 e 46). 85 La presenza di Piene de Foix a Parigi al fianco del cru·dinal Balue nell'agosto del 1484 è confe1mata anche dai dispacci fiorentini di Bartolomeo Ugolini; i due cardinali stavano collaborando nel tentativo di rappacificare i duchi di Bretagna, di Bourbon e di Orléans per poi eventualmente coalizzarli contro la reggente A1me de Beaujeu; cfr. ASF, Dieci, 32 (Ugolini ai Dieci, 1484 agosto 5, Parigi; Ugolini ai Die­ ci, 1484 agosto 17, Parigi); nonché FoRGEOT, Jean Balue cit., p. 122. È da notru·e che il cardinal de Foix dal momento della sua promozione al cardi­ nalato nel 1476 non era ancora mai venuto in corte di Roma, ove infatti sarebbe comparso, per un breve soggiorno, solo nell'aprile del 1488 (cfr. EUBEL, Hierarchia catholica cit., II, p. 48). 86 I 25 cardinali che presero patte al conclave furono i seguenti: 5 cardinali ve­ scovi, e cioè Rodrigo Borgia, Olivieri Carafa, Marco Barbo, Giuliano Della Rovere e GiovailllÌ Battista Zen; 14 cardinali preti, vale a dire Stefano Nardini, GiovailllÌ Arcimboldi, GiovailllÌB attista Cybo, Philibert Hugonet, GiovailllÌ Michiel, Jorge da Costa, Girolamo Basso Della Rovere, Gabriele Rangone, Pietro Foscm·i, Domenico Della Rovere, GiovailllÌ d'Aragona, Joan Margm·it i Pau, GiovailllÌ Conti e Gian­ giacomo Schiaffenati; e infine 6 cardinali diaconi: Francesco Todeschini Piccolo­ mini, Raffaele Sansoni Riario, Giovanni Savelli, GiovailllÌ Colonna, GiovailllÌ Bat­ tista Orsini ed Ascanio Sforza, cfr. ASV, Arm. XXXI, 52, c. 102r (1484 agosto 26); BURCKARDI Liber notarum cit., I, pp. 26-28; e anche ASMn, AG, 847 [Roma] (Ar­ rivabene al marchese, 1484 agosto 25, Roma).


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In base alla costituzione Licet de Vitanda del 1 179 per l'elezione del pon­ tefice era richiesta la maggioranza dei 2/3 dei cardinali presenti87• Ciò signi­ fica che per diventare papa occorreva raggiungere un quorum di 17 voti••.

I 21 cardinali italiani costituivano 1'84 % del totale (contro il 1 6 % degli stranie­ ri), anche se il dato non significava per vero dire gran che, dato che gli italiani non costituivano in alcun modo un blocco unitario. Riguardo a Paolo Campofregoso, che preferì rimanersene a Genova, cfr. M. CAVAN­ NA CIAPPINA, Fregoso (Campofregoso) Paolo, in DBI, 50, Roma 1998, pp. 427-432. 87 Sulla costituzione Licet de Vitanda del 1 179 si può vedere R. FOREVILLE, La­ tran I, II et III et Latran IV, in Histoire des Conciles Oecumeniques, a cura di G. DUMEIGE, VI, Paris 1965, pp. 143-1 44. Ma cfr. anche V. MARTIN , Le cardinaux et la curie, Paris 1 930, pp. 175 e 1 8 1 - 1 82; C. LEFEBVRE, Les origines et le role du cardi­ nalat au Moyen Age, «Apollinaris», 4 1 ( 1968), p. 64; e W. PLOCHL, Storia del dirit­ to canonico, II, Milano 1963, p. 75. 88 In un primo tempo ci fu in realtà una discussione riguardo all ' ammissibilità di Ascanio Sforza in conclave, cfr. ASF, MAP, 39, c. 285, (Vespucci a Lorenzo de Me­ dici, 1484 agosto 14, Roma). Ascanio infatti era stato creato cardinale soltanto il pre­ cedente 17 marzo, e al momento della morte del papa non si era ancora presentato a Roma per essere ammesso formalmente in seno al Collegio (cfr. M. PELLEGRINI, A­ scanio Maria Sforza: la creazione di un cardinale 'di famiglia ', in Gli Sforza, la Chiesa lombarda, la corte di Roma (1450-1535), a cura di G. CHITTOLINI, Napoli 1 989, pp. 286-289). Ma in base alla costituzione In eminenti di papa Eugenio IV del 25 ottobre del l431 (promulgata a seguito del famoso 'caso Capranica') un cardina­ le che non avesse ancora ricevuto la aperitio oris (che era poi l 'atto finale del ceti­ moniale di ammissione) non avrebbe potuto considerarsi un porporato a tutti gli ef­ fetti, ma solo un cardinale in pectore, e come tale non avrebbe potuto godere legal­ mente del diritto di voto attivo e passivo in conclave. Nel 147 1 , ad esempio, gli al­ lora cardinali in pectore Pietro Foscari e Giovanni Battista Savelli, creati da Paolo II, erano stati esclusi dal conclave stesso, ed anzi il loro rango cardinalizio non era sta­ to in alcun modo ticonosciuto, tant' è che essi avevano dovuto attendere una seconda promozione negli anni successivi) (su tutte queste questioni mi permetto di rimanda­ re a SOMAINI, Un prelato lombardo cit., alle pp. 5 16, 536, 652-653 e 827). Ancora il 18 agosto non era dunque del tutto chiaro se accorressero « 1 6 o 17 voci ad optenere el dono, perché sono 25 con Monsignor Aschanio, e bisogna i 2/3», ASF, MAP, 39, c. 289 (Vespucci a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 18, Roma). Nei giorni seguenti però dovette prevalere la considerazione circa l 'inoppmtunità politica dell'e­ sclusione dal conclave dello zio del duca di Milano, per cui fu deciso di ammettere senz'altro lo Sforza alle operazioni di voto, ticorrendo ad un vero e proprio escamota­ ge gimidico per aggirare la costituzione eugeniana. Si fece notare, cioè, che sebbene ad Ascanio non fosse stata ancora ' apetta la bocca', non gli era stata per vero dire nem­ meno 'chiusa' (la chiusura simbolica della bocca era in effetti il passaggio cerimoniale che precedeva quello dell'apertura), per cui - con un argomento francamente un po' ti­ rato - lo Sforza avrebbe dovuto essere normalmente ticonosciuto membro a pieno ti­ tolo del Collegio (cfr. BURCKARDI Liber notarum cit., I, p. 45).

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Per contro, 9 cardinali disposti a fare blocco avrebbero potuto far sal­ tare qualsiasi candidatura89. Arriviamo con ciò al tema decisivo dei 'partiti cardinalizi' . Identificare con precisione i confini degli schieramenti in campo non è possibile, perché questi erano in realtà degli aggregati fluidi e non ben definiti. Certo, gruppi di porporati legati tra loro da vincoli di solidarietà non mancavano, e del resto anche nel recente passato si erano avuti i casi di conclavi caratterizzati da net­ te spaccature tra due o più 'pattiti' tivali. È un fatto però che nel Quattrocen­ to le fazioni cru·dinalizie avevano in genere una connotazione piuttosto effi­ mera, e - a differenza di quanto era ad esempio accaduto in età avignonese non costituivano più delle strutture stabilmente e compattamente organizza­ te90. Nel corso del secolo XV, i progressi dell'assolutismo papale nei confron­ ti delle pretese oligarchiche del Sacro Collegio avevano da questo punto di vi­ sta finito per disarticolare anche la capacità dei cardinali di aggregarsi aperta­ mente in 'partiti' , e finché il papa era in vita la loro visibilità era perciò mol­ to limitata (per non dire pressoché nulla). Soprattutto con i pontefici più por­ tati ad un atteggiamento autmitario verso il cardinalato (e questo fu appunto il caso di Sisto IV) era difficile che potesse essere tollerato lo sviluppo di un'a­ petta dialettica all'interno del Collegio, il che peraltro non esclude che da par­ te papale vi potesse comunque essere l'interesse ad alimentare delle divisioni e delle tivalità sottenanee tra singoli cru·dinali o anche tra gruppi di essi 91•

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Proprio in questo modo, ad esempio, nel conclave del 1455, il cardinale Lati­ no Orsini, controllando soltanto 5 voti su un totale di 15, era riuscito a far saltare l 'elezione di Angelo Capranica; mentre nel conclave precedente, e cioè in quello del 1447, Giovanni di Tagliacozzo, con lo stesso espediente, aveva fatto mancare a Pro­ spero Colonna i 2 voti che ancora gli accorrevano per l 'elezione, rendendo così ne­ cessaria la scelta di un candidato di compromesso, che fu poi Tommaso Parentucel­ li, ovvero Niccolò V (cfr. PASTOR, Storia dei papi cit., I, pp. 329 e 584). 'Xl Verso la fine dell'età avignonese, ad esempio, i pattiti cm·dinalizi avevano cono­ sciuto un forte sviluppo organizzativo, tanto che il cosiddetto 'partito francese', che riu­ niva i cardinali di lingua d'oi1 ed i loro numerosi alleati (anche non provenienti dalla Francia Settenttionale), aveva addirittura sviluppato dei propri apparati e delle proprie stmtture, per non pm·lare dell'uso di codici cifrati per le cmrispondenze 'interne' (cfr. al tigum·do H. BRESc, La genèse du Schisme; les partis cardinalices et leurs ambitions dy­ nastiques, in Genèse et devuts du Grand Schisme d'Occident, Paris 1980, pp. 45-57). 91 Nella nota 30 (cfr. supra) abbiamo già ricordato alcuni caratteri della politica anti-cardinalizia di Sisto IV, e abbiamo visto altresì che essa era in patte mirata a far perdere al cardinalato la propria capacità di presentarsi unito di fronte al pontefice, per dividerlo, anzi, in gmppi, fazioni, o schieramenti rivali. Era questo ad esempio uno dei significati sottesi alla nomina dei cosiddetti cardinali 'politici' , ed era sem­ pre questo - come si è detto anche nella nota 39 -, uno dei motivi per cui si volle­ ro riaprire le porte del Collegio alla rivalità tra Orsini e Colonna. Nel contempo però i 'partiti ' cardinalizi erano comunque fmtemente ostacolati nella loro possibilità di


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In occasione delle vacanze papali, tutti i giochi - è ben vero - si ria­ privano rapidamente, ma poiché tutto avveniva in modo quanto mai conci­ tato (con i cardinali che cadevano in preda ad una sorta di moto browniano, ognuno con i propri sottili disegni e le sue personali strategie), non era ra­ ro che anche gli schieramenti che si venivano a delineare per l 'occasione a­ vessero in vero dei tratti del tntto disorganici e casuali92• Del resto era tutt' altro che raro che nel momento decisivo antiche amicizie o solide al­ leanze si frantumassero all'improvviso, e che per contro si costituissero in modo repentino delle nuove cordate, o delle aggregazioni più effimere dal carattere del tutto spontaneo. Trame sottili, astuti doppi giochi, voltafaccia improvvisi, o accordi dell'ultima ora perfino tra porporati che soltanto po­ co prima erano parsi acenimi rivali non erano forse mai davvero mancati da quando (a partire dall'XI secolo) i cardinali erano stati trasformati nel corpo elettorale dei pontefici. Ma certo nei conclavi del Rinascimento si

venire allo scoperto, ed era loro impedito di esprimere una coerente capacità d'a­ zione, che non fosse tutt'al più quella di rapportarsi agli onnipotenti nipoti papali. Nel luglio del 1473, ad esempio, l 'oratore sforzesco Sacramoro da Rimini aveva provato a descrivere al duca di Milano Galeazzo Maria Sforza una sorta di 'mappa politica' del S acro Collegio, che desse conto delle propensioni dei vari cardinali in rapporto alla grande rivalità che all'epoca contrapponeva lo stesso Galeazzo Maria al re di Napoli Penante I. In quella descrizione troviamo in effetti un elenco di car­ dinali filo-ducali («la nostra squadra») e filo-napoletani («li ferdinandeschi» ), ma subito ci accorgiamo che i veri leaders delle due fazioni erano in realtà i nipoti del papa Pietro Riario e Giuliano Della Rovere: cfr. ASM, Sjorzesco, 73 [Roma] (Sa­ cramoro al duca, 1473 luglio 1 2, Roma). Sempre nel 1473, il cardinale Ammannati aveva invece rilevato che i porporati contrari alla politica di Sisto IV erano mmai del tutto incapaci di esprimere una mini­ ma opposizione nei confronti del pontefice, perché erano paralizzati da una smta di tenore fisico per le sue possibili reazioni, «actionibus nostris tenemus, quae ultionis metu servire nos cogunt»: cfr. AMMANA N TI PICCOLOMINI, Lettere cit., III, pp. 17131 714, lettera 662 (Ammannati a Narciso di Verdun, 1473 giugno 4, Roma). Né si trat­ tava di timori del tutto infondati: nel giugno 1482, ad esempio, i cardinali 'filo-colon­ nesi' , Giovanni Colmma e Giovanni Battista S avelli furono addirittura atTestati dal pa­ pa (cosa che non era più accaduta dai tempi dello Scisma), e per quasi un mmo e mez­ zo (fino al novembre del 1483) furono tenuti prigionieri in Castel Sant'Angelo (su tut­ ta questa vicenda, dai suoi antefatti alla conclusione, si possono ad esempio vedere: SIGISMONDO DEI CONTI DA FOLIGNO, Le storie de ' suoi tempi cit., I, pp. 1 14-1 1 5 e 1321 57; e Diario della città di Roma di Stefano Infessura cit., pp. 87-107). 92 Significativamente ad esempio il senese Lorenzo Lanti, il 22 agosto, com­ mentando le fitte manovre che si andavano delineando nell'imminenza del concla­ ve, rilevava che ciascun cardinale si preoccupava di badare soprattutto a sé stesso ben più che agli schieramenti; «Ogni homo adopera li ferri suoi et suo ingegno», ASSi, Balia, 5 1 9 (Lanti ai Signori di Balia, 1484 agosto 22, Roma).

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trattava di un fenomeno talmente diffuso da essere pressoché scontato93• In realtà, come ebbe a scrivere il senese Lorenzo Lanti il 26 di agosto «cia­ schuno lavora sotacqua et parla poco: se li tradimenti, simulationi et ingan­ ni fussero perduti, qui si ritrovano in questi giorni»94• Con tutto questo però una certa configurazione di forze e di schiera­ menti era comunque percepibile; e il 20 di agosto, per esempio, Branda Ca­ stigliani, oratore milanese a Napoli, scriveva di avere «inteso che ce era una grande liga de una parte de cardinali, di quali era capo San Pietro ad Vincu­ la [Giuliano Della Rovere], che tirava con sé molti altri, che puoteria dare grande tracollo alla creatione del Pontefice»95• Che Giuliano Della Rovere si presentasse in effetti come un vero e pro­ prio capoparte era in realtà un dato che si era già compreso negli anni pre­ cedenti. Il suo atteggiamento spesso dissidente verso Sisto IV, il suo lungo contrasto con i cugini Pietro e Girolamo Riario, il suo ostentato legame con i Colonna (anche nel momento del massimo scontro tra questi ed il papa), lo avevano consacrato come una sorta di leader dell'opposizione96• I cardi­ nali Colonna, Savelli, Cybo, Schiaffenati e Domenico Della Rovere erano certamente con lui, e prima del conclave lo fecero chiaramente capire - co­ me si è già ricordato - imitandolo nel rifiuto di partecipare alle riunioni di S. Lorenzo in Damaso97• Altri cardinali come Girolamo Basso Della Rove-

93 Tanto per fare degli esempi tratti da conclavi non troppo distanti da quello dell' 84 si potrà ad esempio ricordare che nel 1455 - dopo l'impallinamento di An­ gelo Capranica cui si è accennato sopra nella nota 89 - sembrò per un momento pro­ filarsi l'ipotesi di una convergenza generale su Bessarione, il quale però venne im­ provvisamente 'bruciato' da un intervento ostile del cardinal Alain de Coetivy, che all'ultimo momento riuscì ad indurre alcuni sostenitori del cardinale greco ad ab­ bandonarlo. Allo stesso modo nel 1458 il cardinale Prospero Colonna, che pure a­ veva in precedenza votato per Guillaume d'Estouteville, si pronunciò all'improvvi­ so per Enea Silvio Piccolomini, rendendo con ciò possibile l 'elezione di Pio II (sui due episodi si può vedere PICCOLOMINI (PAPA PIO Il), I Conunentarii cit., pp. 1 54155 e 2 1 8- 2 19). 94 ASSi, Balia, 520 (Lanti ai Signori di Balia, 1484 agosto 26, Roma). 95 ASM, Sforzesco, 244 [Napoli] (Castigliani al duca, 1484 agosto 20, Napoli). 96 Cfr. SHAW, Giulio Il cit., pp. 37-38 e 45-5 1 ; e EAD., A Pope and his Nipote: Sixtus IV and Giuliano Della Rovere, «Atti e Memorie della Società Savonese di Storia Patria», 25 ( 1 988), pp. 233-250. 97 Sui cardinali Giovanni Colom1a e Domenico Della Rovere si possono vedere F. PETRUCCI, Colonna Giovanni, in DBI, 27, Roma 1 982, pp. 342-344; e F. C. Um­ NET, Della Rovere Domenico, ibid., 37, Roma 1 989, pp. 334-337. Rigum·do alla dipendenza di Giovamri Battista Cybo da Giuliano Della Rovere, si potranno invece ricordm·e i giudizi di Guidantonio Vespucci e di Bonfrancesco Adotti, scritti dopo l'elezione del Cybo stesso al pontificato. ll Vespucci, lapidarian1ente, os­ servò ad esempio che il Cybo p1ima di diventare papa «era tutto di San Pier in Vincu-


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re, Philibert Hugonet, Jorge da Costa o Gabriele Rangone erano a loro vol­ ta legati a questo gruppo, seppure in modo più sfumato (anche perché alcu­ ni di loro, come il Costa e il Rangone, sapevano che con un atteggiamento tendenzialmente super partes sarebbero forse potuti emergere al momento opportuno come eventuali outsiders)98• Nel complesso possiamo comunque dire che il Gran Penitenziere doveva contare su un pacchetto di voti oscil­ lante tra i 6 ed i 10. A questo schieramento - che aveva dalla propria parte anche tutte le in­ genti forze filo-colonnesi confluite in città nei giorni precedenti - se ne op­ poneva però un altro di consistenza più o meno eguale, anche se molto più articolato al proprio interno. Era questo il gruppo che potremmo definire dei cardinali 'amici della Lega' (ossia vicini alle posizioni dei governi di Napo­ li e di Milano e dei loro alleati)99• Ne facevano parte almeno 3 dei 4 cardi-

la, et lui lo fece far cardinale», ASF, MAP, 39, c. 302 a (Vespucci a Lorenzo de Medi­ ci, 1484 agosto 29, Roma). L'Adotti fu ancora più esplicito: «San Piero ad Vincula [cioè Giuliano Della Rovere] lo fece fare vescovo, et poi cardinale, et novissimamente li ha durato fatica assay et havuto bona parte a farlo papa. [...] Non dico mo' de la con­ tinua familiarità et mutua cordiale benivolentia hano de continuo observati et anche de la subventione li prestava, perché in minoribus l'era el più necessitoso cardinale li fus­ se, de le quale cose io ne posso rendere testimonianza ex certa scientia>>, ASMo, Am­ basciatori, Roma, 4 (Adotti a Eleonora d'Aragona, 1484 settembre 13, Roma). Riguardo invece a Giovanni Battista Savelli occorrerà ancora rifarsi a MORONI RoMANO, Dizionario di erudizione cit., LXI, Venezia 1 853, pp. 305-306; oppure a R. GREGOIRE, Il Sacro Collegio, dall'elezione di Sisto IV all'elezione di Giulio II (1471-1503), «Atti e Memorie della Società Savonese di Storia Patria», 25 ( 1 988), p. 219. Ma cfr. anche SHAW, The Politica! Role of the Orsini cit., pp. 105-106. Infine, per notizie su Giangiacomo Schia:ffenati, si dovrà rimandare a PASTOR, Storia dei papi cit, Il, pp. 607-608; FRENZ, Die Kanzlei cit., p. 386; e PARTNER, The Pope 's Men cit., p. 203. Un ritratto di lui si trova anche in Il diario romano di Ia­ copo Gherardi cit., pp. 125-126. 98 Su Girolamo Basso Della Rovere si può vedere G. DE CARo, Basso Della Ro­ vere Girolamo, in DBI, 7, Roma 1965, pp. 1 52-1 5 3 . Su Jorge da Costa, Philibert Hugonet e Gabriele Rangone cfr. rispettivamente supra le note 74, 75 e 78. 99 Quando parliamo di Lega ci riferiamo ovviamente all 'alleanza tra il re di Na­ poli Ferrante l, il duca di Milano Giangaleazzo e la Repubblica di Firenze: alleanza che era stata sottoscritta nel marzo del 1480, e che nel 1482 si era poi mobilitata a difesa del Ducato di Ferrara. Cfr. VALERI, L'Italia nell'età dei principati cit., pp. 608-610; SIMEONI, Le signorie cit., I, pp. 544-545 ; F. CATALANO, Ludovico il Moro, Milano 1 985, pp. 44-5 1 ; e M. MALLETT, Diplomacy and War in the Later Fifteenth­ Century Italy, in Lorenzo de ' Medici. Studi, a cura di G. C. GARFAGNINI, Firenze 1 992, pp. 238-244. In questo momento peraltro solo i governi di Napoli e di Mila­ no disponevano di cardinali a loro strettamente legati.

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nali lombardi; e cioè Ascanio Sforza, Giovanni Arcimboldi e (su posizioni un poco più autonome) Stefano Nardini100• C'erano poi i 2 napoletani Gio­ vanni d'Aragona e Olivieri Carafa101• Venivano quindi i 3 cardinali amici del Riario e degli Orsini (vale a dire il Camerlengo Raffaele Sansoni Riario, Giovanni Battista Orsini e, più defilato, Giovanni Conti)102• Prossimi a que­ sto gruppo, ma ancor meno organici, erano poi Francesco Todeschini Picco­ lomini e Joan Margarit i Pau (che sperava, al pari del Conti e del Nardini di poter a sua volta emergere come un eventuale candidato di compromesso)103• Infine c'era Rodrigo Borgia, che alcuni giudicavano essere il capo naturale

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Su Ascanio Sforza si 1imanda (per tutte le sue vicende precedenti al conclave dell'84) a PELLEGRINI, Ascanio Maria Sforza cit., pp. 215-289. Su Giovanni Arcimbol­ di cfr. SoMAINI, Un prelato lombardo cit. Riguardo invece a Stefano Nardini il contri­ buto più serio rimane a tutt'oggi quello di C. MARcoRA, Stefano Nardini, arcivescovo di Milano (1461-1484), «Memorie Stmiche della Diocesi di Milano», 3 (1956), pp. 257488. Tra i cardinali lombardi figurava in realtà anche Giangiacomo Schiaffenati, di na­ scita milanese e vescovo di Pmma. Questi era tuttavia legato in primo luogo a Giuliano Della Rovere (cfr. supra la nota 97), sebbene nel momento decisivo egli avrebbe poi di­ mostrato di saper attivamente collaborare anche con lo Sforza (cfr. infra la nota 146). 101 Cfr. P. RrcHARD, Aragon (Giovanni de), in Dictionnaire d'histoire et de géo­ graphie ecclésiastiques, 3, Paris 1 924, coli. 1388-1399; E. PÀSZTOR, Aragona Gio­ vanni di, in DBI, 3, Roma 1 96 1 , pp. 697-698; L. JADIN, Cm·afa (Oliviero), in Dic­ tionnaire d'histoire et de géographie ecclésiaistiques, 1 1 , Paris 1949, coli. 991-992; e F. PETRuccr, Cm·afa Oliviero, in DBI, 19, Roma 1 976, pp. 588-596. 102 Notizie sul Sansoni Riario si troveranno in A. S cHIAVO, Profilo e testamento di Raffaele Riario, «Studi Romani», 8 ( 1 960), pp. 414-429. Sull'Orsini cfr. MoRo­ NI RoMANO, Dizionario di erudizione cit., XLIX, Venezia 1 848, p. 1 69 ; e GREGGI­ RE, Il Sacro Collegio cit., p. 220. Ma cfr. anche SHAW, The Politica! Role of the Or­ sini cit., pp. 80, 87-88, 92 e 1 92. Sul Conti cfr. invece J. RUYSSCHAERT, Conti Gio­ vanni, in Dictionnaire d'histoire et de géographie ecclésiastiques, 1 3 , Paris 1 956, col. 787; e A. STRNAD, Conti Giovanni, in DBI, 28, Roma 1 983, pp. 4 1 6-419. 103 Sul Todeschini Piccolomini cfr. A. STRNAD, Francesco Todeschini Piccolomini; Politik und Miizenatentum im Quattrocento, «Romischen histmische Mitteilungen», 89 (1964-1965 e 1965-1966), pp. 101-425; sul Margarit i Pau cfr. supra la nota 74. Giovanni Conti, pur essendo per tradizione famigliare «ursinescho» (e dunque vici­ no al Riario), tendeva in realtà a presentarsi come un cardinale relativamente neutrale, ed aveva inoltre fama di essere «bona persona e vechio». Proprio per questo, nei giorni precedenti, egli era stato in più di un occasione accreditato come un potenziale candi­ dato alla tiara. Lo stesso dicasi per Nm·dini, le cui possibilità erano 1itenute buone, «per esser vechio, amato da Romani, e favorito da molti cardinali»; e ancora per Margarit i Pau «per esser pur vechio, bona persona, e neutrale a queste parte», cfr. ASMo, Amba­ sciatori, Roma, 4 (Adotti al duca, 1484 agosto 14, Roma); ASMn, AG, 847 [Roma] (Guidotti al marchese, 1484 agosto 15, Roma); ASSi, Balia, 5 19 (Lanti ai Signori di Ba­ lia, 1484 agosto 16, Roma; e Lanti ai Signori di Balia, 1484 agosto 22, Roma); e anco­ ra ASF, Dieci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 23, Roma).


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di tutta questa variegata coalizione, mentre altri lo consideravano come un elemento estraneo e tutto sommato scarsamente affidabile. Nell'insieme, co­ munque, i cardinali di questo schieramento potevano forse arrivare fino ad un totale di 1 1 voti, anche se l 'unità interna del 'blocco ' non era in alcun mo­ do scontata; non c'era infatti un candidato unitario, vi erano delle rivalità e delle diffidenze interne, e molti avevano dei legami di amicizia e di stima con altri cardinali'04•

1 04 li 23 agosto Guidantonio Vespucci spiegò lucidamente ai Dieci che lo schie­ ramento degli 'amici della Lega' avrebbe potuto essere fortissimo se solo fosse li­ masto unito e coeso; «se li cardinali delli quali può disporre la maestà del re et la excellentia del duca di Milano saranno fedeli, faranno uno pontefice al loro modo, non perché loro sieno bastanti ad farlo, ma sono bastanti ad tenerlo»: ASF, Dieci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 23, Roma). Questa coesione non era però affatto certa, e la riprova ci viene ad esempio dal fatto che nemmeno il giomo prima del­ l 'ingresso in conclave i cardinali vicini alla Lega seppero in realtà avanzare il nome di un candidato comune unitario, ma dovettero limitarsi ad indicare una rosa (cfr. infra la nota 125). E non è tutto; infatti le divisioni non erano soltanto tra un sotto­ gmppo e l 'altro (per esempio tra lombardi e napoletani), ma anche all'intemo dei singoli sottogruppi. Il cardinale Olivieri Carafa, ad esempio, figurava come uno dei candidati uffi­ ciali di re Fenante I, e il suo nome si trova in effetti inse1ito anche nella rosa pro­ posta congiuntamente dai duchi di Calabria e di E mi (e cioè Alfonso di Calabria e Ludovico il Moro); poi venne più volte ribadito da re Fenante; e infine venne com­ preso tra i candidati prescelti alla vigilia del conclave: cfr. ASMa, Ambasciatori, Roma, 4 (Adotti al duca, 1484 agosto 21, Roma); ASF, MAP , 39, c. 292 (Vespucci a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 2 1 , s. l. [ma Roma]) ; ASMa, Ambasciatori, Na­ poli, 6 (Bendedei al duca, 1484 agosto 14, Napoli); ASM, Sforzesco, 244 [Napoli] (Castigliani al duca, 1484 agosto 20, Napoli); ASF, Dieci, 32 (copia di lettera del duca di Calab1ia [Alfonso d'Aragona] e del duca di Bari [Ludovico Mmia Sforza] ai loro ambasciatori [Arcamone e Talenti], 1484 agosto 26, Trezzo); e ASMo, Am­ basciatori, Roma, 4 (Adotti al duca, 1484 agosto 26, Roma). Eppure sin dal l 4 a­ gosto, il Vespucci aveva riferito in cifra a Lorenzo de Medici che «LA FAMIGLIA �UA [cioè del Carafa] NON È BEN SATISFACTA DEL RE, ET LUY [Carafa] NE E MALISSIMO contento» . Questa sua diffidenza era a sua volta evidentemente ri­ cambiata, poiché alcuni giorni dopo lo stesso Vespucci aveva aggiunto, parlando di Giovanni d'Aragona, che «non si sente infino a hora si rischaldi per NAPOLI [cioè appunto per Carafa]» , cfr. ASF, MAP, 39, c. 285 (Vespucci a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 14, Roma); ibid. c. 296 (Vespucci a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 25, Roma [ho ripmtato in maiuscolo le pmti sc1itte in cifra]). Non per nulla Olivie­ ri Carafa fu poi tra quei cardinali che non vennero coinvolti neli' accordo che portò all'elezione di Giovanni Battista Cybo (cfr. infra la nota 1 50). Nel gmppo dei cardinali lombardi le cose non sembravano andare molto meglio. Prima che Ascanio arrivasse a Roma, e si imponesse senz'altro come il leader della pattuglia dei cardinali sforzeschi (che in effetti si unifmmarono piuttosto docilmente

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Oltre a questi due schieramenti principali, c'era poi un terzo gruppo più piccolo, ma molto compatto, che risultava costituito dai quattro cardinali "Marcheschi", ossia i veneziani Barbo, Zen, Michiel e Foscari105• Essi - co­ me si è visto - il 1 8 di agosto erano entrati in Roma tutti assieme proprio per sottolineare la loro unità d'intenti, mentre i Pregàdi avevano mandato loro delle istruzioni comuni, con l'invito ad operare congiuntamente per la revo­ ca dell'interdetto del maggio dell'83, ed esprimendo parimenti l 'auspicio che l'elezione potesse cadere su uno di loro'06• Il candidato ritenuto unanime­ mente più fmte era del resto proprio uno di questi 4 cardinali veneti, e cioè Marco Barbo, che godeva di notevole credito, ed era in grado di attingere consensi in tutti gli altri gruppi'07• C'era però un problema nei suoi riguardi:

alle sue indicazioni), vi era stato - come già sappiamo - chi aveva sollevato il pro­ blema della sua inammissibilità nel conclave (cfr. supra la nota 88), e il Vespucci a­ veva notato che presumibilmente questa «briga» gli era «data dalli sua per esser più liberi ne voti» ibid. , c. 285 (Vespucci a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 14, Roma). D 'altro canto sappiamo (cfr. infra la nota 107) che un cardinale come Marco Barbo, che in teoria doveva essere il principale avversario dei cardinali vicini alla Lega, aveva in realtà anche in questo schieramento degli estimatori, e pelfino degli amici che lo dovettero sostenere e votare. 105 Su Marco Barbo, Pietro Foscari e Giovanni B attista Zen cfr. rispettivamente G. GUALDO, Barbo Marco, in DEI, 6, Roma 1 964, pp. 249-252; P. PASCIITNI, Barbo Marco, in Dictionnaire d'histoire et de géographie ecclésiastiques cit., VI, coli. 660-662; R. AUBERT, Foscari (Pietro), ibid., 17, coli. 1 1 97-1198; G. DEL TORRE, Foscari Pietro, in DEI, 49, Roma 1997, pp. 341-344; G. SORANZO, Giovanni Batti­ sta Zeno, nipote di Paolo II, cardinale di S. Maria in Portico (1468-I501), «Rivista di Storia della Chiesa in Italia», 1 6 (1962), pp. 249-274; G. DEL ToRRE, 'Dalli pre­ ti è nata la servitù di questa Repubblica '. Ecclesiastici e segreti di Stato nella Ve­ nezia del Quath·ocento, in Venezia. Itinerari per la storia della città, a cura di S. GA­ SPARRI-G. LEVI-P. MORO, B ologna 1997, pp. 140-144. Su Giovanni Michiel, in assenza di un suo recente profilo biografico, occorrerà invece ancora rifarsi alle notizie rintracciabili in PASTOR, Storia dei papi cit., II, p. 371 ; GREGOIRE, Il Sacro Collegio cit., p. 206; e DEL TORRE, Dalli preti è nata la ser­ vitù cit., pp. 141-142 e 144. 106 Cfr. ASVe, Senato, Deliberazioni, 32, cc. 84v-85r (parte dei Pregàdi del 1 8 ago­ con acclusa copia di lettera del Senato ai quattro cardinali veneti [Barbo, Zen, 1484 sto Michiel e Foscari], 1484 agosto 18, Venezia). L'interdetto del 24 maggio 1483 era sta­ to fulminato contro Venezia da parte di papa Sisto IV, dopo che questi - pur essendo precedentemente entrato nella guerra di Fenara come alleato della Serenissima - nel dicembre del 1482 aveva formalizzato il proprio ribaltamento delle alleanze, ed il suo passaggio dalla pmte della Lega (cfr. i testi indicati infra nella nota 108). 1 07 Circa le ottime possibilità che venivano attribuite a Marco B arbo cfr. infra la nota 113. Vale comunque la pena di notare che il 2 1 di agosto il Vespucci accredi­ tava al cardinale di S . Marco l ' appoggio di «tutti e' Genuesi in favor, e tutti e' Mar­ cheschi, e pmte delli Ultramontani, et alcuno di quelli della Lega, per l a particular


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egli era per l'appunto veneziano, e Venezia era la potenza che aveva appena dimostrato, con la recente guerra di Ferrara, di avere delle velleità espansio­ nistiche che avevano destato in tutti grande preoccupazione108• È ben vero che quella guerra si era appena conclusa e che la pace di Bagnolo del preceden­ te 7 agosto aveva di fatto posto fine alle ostilità; ma verso la Repubblica ve­ neziana si era ormai innescato in Italia un clima di grande diffidenza e di cre­ scente sospetto, che i troppo recenti accordi di pace non avevano certo anco­ ra potuto fugare'09• Agli occhi di molti osservatori era insomma troppo gran­ de il rischio che un papa veneziano potesse riprendere quell'aggressiva poli­ tica di collaborazione tra la Serenissima e lo Stato Pontificio che già Sisto N aveva perseguito tra 1'80 e 1'82, e che appunto era stata all'origine del più grave episodio di destabilizzazione che il sistema degli Stati italiani avesse conosciuto dai tempi della pace di Lodi del 14541 10•

amicitia ha con loro», ASF, MAP, 39, c. 292 (Vespucci a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 21 , s. L [ma Roma]). Quanto ai cardinali veneziani essi erano certamente tra i primi sostenitori del B arbo, anche se questo non significa che essi non fossero co­ munque a loro volta disponibili a tentare anche altre strade. Per lo meno due di lo­ ro, e cioè Michiel e Foscari, furono ad esempio tra i cardinali che parteciparono al­ l 'accordo per l'elezione di Innocenza VIII; lo si ricava (per esclusione) dalle pagi­ ne di Stefano Infessura sui nomi dei porporati che non presero parte a quella tratta­ tiva finale (cfr. infra la nota 1 50). 108 Risulta eloquente, da questo punto di vista, il giudizio del mantovano Stefa­ no Guidotti, in una lettera del 1 5 agosto; «Altri» - si legge nel suo dispaccio - «han­ no parir ch'el cardinale di San Marcho ge debba far bello per esser di tempo e pru­ dente e reputato d'assai et in Colegio et altrove; ma l'è veneto ! » : ASMn, AG, 847 [Roma] (Guidotti al marchese, 1484 agosto 15, Roma). Sulle vicende della guena di Ferrara, in particolare dal punto di vista venezia­ no, la bibliografia essenziale può essere costituita dai seguenti testi: E. PIVA , La guerra di Ferrara, Padova 1 893-1 894; R. CESSI, Per la storia della guerra di Fer­ rara, 1482-1483, «Archivio Veneto», 44-45 ( 1 949), pp. 57-76; e M. MALLETI, Ve­ nice and the War of Ferrara, 1482-1484, in Wm; Culture and Society in Renaissan­ ce Venice. Essays in Honour offohn Hale, a cura di D.S. CHAMBERS-C.H. CLOUGH­ M.E. MALLETI, London-Rio Grande 1993, pp. 57-72. Cfr. comunque anche VALE­ RI, L'Italia nell'età dei principati cit., pp. 6 10-6 1 5; e SIMEONI, Le Signorie cit., I, pp. 548-555. Una ricostruzione estremamente accurata di tutti gli eventi del conflitto si può comunque ritrovare nell'ingente apparato di note storiche e di commenti nel­ l ' opera curata da N. Rubinstein, LORENZO DE MEDICI, Lettere, VII ( 1482-1484), a cura di M. MALLETI, Firenze 1 998. 109 Sulla pace di B agnolo, oltre ai testi indicati nella nota precedente, cfr. CESSI, La pace di Bagnolo cit., pp. 277-356; e F. B ENNATO, Note per la storia della pace di Bagnolo, «Archivio Veneto», 90 ( 1 959), pp. 1 - 1 3 . 110 Sulla delicata fase politica compresa tra la conclusione dell'alleanza veneto­ papale del 1480 e lo scoppio della guerra di Fenara nel 1482, cfr. E. PIVA, Origine

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D i fatto, proprio dal campo di Bagnolo i duchi di Calabria e di Bari (va­ le a dire Alfonso d'Aragona e Ludovico il Moro, il primo erede al trono di Na­ poli, il secondo reggente nel Ducato di Milano) formularono ripetutamente un esplicito veto nei confronti dell'ipotesi dell'elezione di un cardinale "marche­ scho"; veto che venne senz'altro condiviso anche dai govemi di Ferrara e di Firenze, dalla corte napoletana di re Ferrante, e da Girolamo Riariom. Contro Marco Barbo c'erano dunque delle resistenze di non poco conto.

e conclusione della pace e dell'alleanza fra i Veneziani e Sisto IV (1479-1480), «Nuovo Archivio Veneto», 21 ( 1 901), pp. 35-69; e ID., L'opposizione diplomatica di Venezia alle mire di Sisto IV su Pesaro e ai tentativi di una Crociata contro i Tur­ chi (1480-1481), ibid., 23 (1903), pp. 49-104, 422-466 e 1 32-173. Cfr. inoltre M . MALLETI, L e origini della guerra di Ferrara, i n LoRENZO D E MEDICI, Lettere cit., VI, Firenze 1 990, pp. 345-3 6 1 . "' Marco Barbo doveva sicuramente essere stato fatto oggetto di u n esplicito ve­ to da patte di Alfonso di Calabria e di Ludovico il Moro già nella prima lettera (pur­ troppo perduta) che questi scrissero agli oratori della Lega, e che giunse a Roma il 20 agosto (cfr. infra la nota 1 1 8). La stessa posizione venne poi ribadita in una let­ tera successiva ai cardinali Giovanni d'Aragona ed Ascanio Sforza (anche questo dispaccio non ci è pervenuto); e infine venne nuovamente replicata nella seconda lettera agli oratori scritta da Trezzo d'Adda il 26 agosto, cfr. ASF, Dieci, 32 (copia di lettera del duca di Calabria [Alfonso d'Aragona] e del duca di Bari [Ludovico Maria Sforza] ai loro ambasciatori [Arcamone e Talenti], 1484 agosto 26, Trezzo). La posizione estense si può evincere da una lettera dell'oratore milanese a Fena­ ra B attista Sfondrati: ASM, Sjorzesco, 330 [Ferrara] (Sfondrati al duca, 1484 agosto 18, Fenara). li fatto che a Firenze (e così pure da parte di Lorenzo de Medici) si condivi­ desse quella stessa linea emerge chiaramente dai dispacci del Vespucci: ad esem­ pio cfr. ASF, MAP, 39, c. 292 (Vespucci a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 21 , s . L [ma Roma]); e Dieci, 3 2 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 23, Roma). Per quanto conceme la posizione di re Ferrante (per altri versi più ambigua), bi­ sogna dire che su un punto almeno egli era sicuramente d' accordo con i suoi allea­ ti: bisognava agire «unitamente» per non far eleggere «alcuno venetiano, per le ra­ gione che sono manifeste»: ASMo, Ambasciatori, Napoli, 6 (Bendedei al duca, 1484 agosto 14, Napoli) ; e cfr. anche ASM, Sjorzesco, 244 [Napoli] (Castigliani al duca, 1484 agosto 20, Napoli; e Castigliani al duca, 1484 agosto 23, Napoli). Quanto al veto di Girolamo Riario, esso fu espresso in modo patticolarmente e­ splicito. Egli dichiarò infatti agli oratori alleati che in caso di elezione dei cardinali Barbo, Savelli, Costa e Cybo sarebbe stato pronto ad «AGGREDI REM IN ARMIS et far andar la cosa a suo modo»: ASF, MAP, 39, c. 288 (Vespucci a Lorenzo de Me­ dici, 1484 agosto 18, Roma [riporto in maiuscolo le parti in cifra]). Infine, un esplicito veto anti-veneziano era stato espresso anche da parte di Giangaleazzo Sforza: cfr. ASM, Sjorzesco, 330 [Ferrara] (Sfondrati al duca, 1484 a­ gosto 1 8, Fenara); e 244 [Napoli] - Castigliani al duca, 1484 agosto 23 , Napoli).


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Certo, un'interferenza così marcata poteva in realtà provocare anche delle reazioni di segno contrario in seno al Collegio. I cardinali vicini al Della Rovere, ad esempio, sembravano alquanto propensi, proprio alla luce di questi veti, a sostenere (almeno strumentalmente) la candidatura del car­ dinale di S . Marco, il quale godeva oltre tutto di buone amicizie anche tra alcuni porporati vicini alla Lega. n fiorentino Vespucci era non per nulla molto preoccupato, e il 18 di agosto atTivò ad attribuire al Barbo un poten­ ziale di partenza di non meno di « 1 3 voci certe», il che significava essere a un passo dall' elezionem. Tutte le fonti concordano del resto nel dire che Barbo sembrava avere delle ottime chances di successo113• Grande però era stato, nel frattempo, anche l' attivismo di altri cm·dina­ li, che certo non erano rimasti ad assistere a questi sviluppi in modo passi­ vo. Tra i più dinamici vi fu proprio Rodrigo Borgia. 5 . Il Vicecancelliere in azione Sin dai primi giorni della sedevacanza, il Borgia aveva in realtà dato corso alla sua grande manovra per approdare al traguardo dell'elezione, e in tal senso si era mosso abilmente su più direttrici. Innanzitutto egli aveva pun­ tato a prendere degli accordi con Girolamo Riario, cosa che entro il 15 ago­ sto dovette essere in vero conclusa114• L'intesa prevedeva a quanto sembra un impegno esplicito in difesa della malcerta posizione del «conte Hieronymo», che per contro doveva assicurare i voti dei 3 cardinali che a lui facevano in

11 2 ASF, MAP, 39, c. 289 (Vespucci a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 18, Roma). 11 3 Che Marco B arbo fosse uno dei 'papabili' più accreditati si trova attestato in numerosi dispacci: cfr. ASMo, Ambasciatori, Roma, 4 (Al·lotti al duca, 1484 agosto 14, Roma); ASMn, AG, 847 [Roma] (Guidotti al marchese, 1484 agosto 15, Roma); ASMo, Ambasciatori, Roma, 4 (Adotti al duca, 1484 agosto 1 8, Roma); ASF, MAP, 39, c. 289 (Vespucci a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 1 8, Roma); ASMo, Amba­ sciatori, Roma, 4 (Al·lotti al duca, 1484 agosto 2 1 , Roma); ASF, MAP , 39, c. 292 (Vespucci a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 2 1 , s. L [ma Roma]); e ASSi, Balia, 5 1 9 (Lanti ai Signori di Balia, 1484 agosto 22, Roma). A Napoli, dopo l'elezione di I1mocenzo VIII, si disse anche che il Barbo era in effetti entrato «in conclave con ce1tezza di essere papa», ASM, Sforzesco, 244 [Na­ poli] (Castigliani al duca, 1484 agosto 3 1 , Napoli). 114 ASF, AR, Dieci, Responsive, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 1 5 , Roma). Come si è già ricordato la situazione di Girolamo Riario all'indomani della mor­ te del �apa era parsa subito molto precaria (cfr. supra l a nota 42), e proprio per que­ sto egli era quanto mai bisognoso di accordarsi con qualcuno che si facesse garan­ te della sua posizione e del suo avvenire (cfr. infra la nota 1 1 6).

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qualche modo capo. In tal modo, l'ipotesi che nei giorni precedenti era par­ sa acquisire una certa consistenza, di un sorprendente ricompattamento di tutti i nipoti sistini attorno al Della Rovere sembrò essere sostanzialmente di­ sinnescata (o quanto meno fu messa da patte del Borgia un'ipoteca per non restare tagliato fuori da questa eventuale intesa)115• Il secondo obiettivo del Vicecancelliere era stato quello di imporsi come il principale punto di riferi­ mento di tutto il variegato gruppo dei cardinali vicini alla Lega. L'accordo con il Riario da questo punto di vista costituiva già un primo passo, poiché (nonostante i malumori dei Fiorentini) era preciso interesse della Lega tene­ re il Riario dalla propria patte ed impedire che questi pencolasse altrove; in forza di quell'accordo dunque Borgia poteva trattare con la Lega anche a no­ me del suo alleato, e in tal modo poteva imporre il proprio gioco116• Non a ca­ so Guidantonio Vespucci, sin dal 1 5 agosto, rilevò che il Vicecancelliere si

11 5 L'ipotesi di un accordo tra i cardinali sistini era stata contemplata come un'e­ ventualità non troppo remota dall'oratore estense Bonfrancesco Arlotti, in una let­ tera ad Ercole d'Este del 14 agosto; «perché li cardinali sixtini sono pur assaij, ac­ cordandosi come mostrano volere fare, et già San Georgia [Raffaele Sansoni Ria­ rio] et San Piero in Vincula [Giuliano Della Rovere] hano facti tanti abraciamenti et strectosi insieme, che è un gran facto, serà legier cosa facino un papa a loro modo et cetera», ASMo, Ambasciatori, Roma, 4 (Arlotti al duca, 1484 agosto 14, Roma). Ma il 1 6 agosto - dopo l'accordo Borgia-Riario - il senese Lorenzo Lanti dava già una lettura diversa della situazione. Egli riteneva infatti che l'ipotesi di un eventua­ le accordo di tutto il gruppo dei nipoti di Sisto IV (con gli altri loro seguaci) fosse in fondo ancora plausibile, ma valutava che essa potesse risolversi proprio a favore dell'elezione di Rodrigo B orgia o in subordine di Giovanni Conti: cfr. ASSi, Balia, 5 1 9 (Lanti ai Signori di B alia, 1484 agosto 16, Roma). 116 Sin dal 1 3 agosto, quando ancora Girolamo Riario non era giunto a Roma (cfr. supra la nota 5 1) il cardinal Camerlengo, ossia Raffaele Sansoni Riario (nipote di Gi­ rolamo), aveva in effetti fatto istanza agli oratori della Lega circa la necessità che que­ sta si facesse carico del problema di suo zio, e il giomo seguente l'oratore ferrarese Bonfrancesco Adotti aveva sottolineato l'opportunità di prendere accordi con il Ria­ rio, per impedire, che egli, con i cardinali suoi amici, si volgesse verso Rapax, cioè i Veneziani, come venivano chiamati in codice dalla diplomazia estense: cfr. ASF, Die­ ci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 14, Roma); e ASMo, Ambasciatori, Roma, 4 (Adotti al duca, 1484 agosto 14, Roma); ed anche ASM, Sforzesco, 244 [Napoli] (Ca­ stigliani al duca, 1484 agosto 17, Napoli). Qualche giomo dopo, e cioè il 17 agosto, il Riario si accordò in effetti con gli o­ ratori della Lega, che lo andarono a trovare a Ponte Molle prima della sua partenza per l 'Isola (il Vespucci al riguardo ricevette dei rimproveri da Firenze per aver trattato con il mandante della Congiura dei Pazzi del 1478, ma, scrivendo a Lorenzo de Medici il 21 di agosto, egli obiettò contro i suoi detrattori che «la vendetta si vuol far di grande et non si scoprir per frasche, perché quelli sono cani da pagliaio» ); cfr. ASMo, Amba­ sciatori, Roma, 4 (Adotti al duca, 1484 agosto 18, Roma); ASF, Dieci, 32 (Vespucci


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poteva già considerare come il vero capo della fazione opposta al Della Ro­ vere: «Per quanto si comprehenda usque nunc» - egli scriveva - «si dimo­ stra essere qui nel Collegio duo capi di factione: una delle quale è capo el Vi­ cecancelliero, et con questo me pare tiri el Camerlengo; l 'altra Sancto Petro in Vincula»117• Per consolidare questo risultato accorrevano comunque anche altre mosse. Sappiamo infatti che in realtà il Borgia era guardato dalle po­ tenze alleate con una certa diffidenza. Ludovico il Moro e Alfonso di Cala­ bria, ad esempio, in una prima lettera scritta congiuntamente da Bagnolo agli oratori della Lega, e giunta a Roma il 20 di agosto, avevano dato segre­ tamente disposizione di non favorire la candidatura del Vicecancelliere, rite­ nendolo evidentemente inaffidabilell8•

ai Dieci, 1484 agosto 18, Roma); e MAP 39, c. 292 (Vespucci a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 21, s. L [ma Roma]). In ogni caso però, Borgia era stato più rapido di tutti nel prendere accordi con il Riario, e questo lo favoriva nell'accreditarsi nel ruolo di potenziale leader di tutto lo schieramento anti-roveresco ed anti-veneziano. 117 Ibid. , Dieci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 15, Roma). 1 18 Questa prima lettera congiunta di Alfonso di Calabria e di Ludovico il Moro agli oratori della Lega non ci è in realtà pervenuta. Ne possiamo però ricostmire al­ meno parzialmente il contenuto sulla base dei resoconti contenuti in due distinte let­ tere che furono scritte da Roma il 21 di agosto: la prima da Bonfrancesco Adotti ad Ercole d'Este, la seconda (con lunghe parti cifrate) da Vespucci a Lorenzo de Me­ dici. Nella lettera dell'Adotti si riferiva infatti che i due duchi avevano rivolto un invito pressante a porre «industria et studio perché la sorte cada sopra persona af­ fectionata a la Serenissima Liga»: ASMo, Ambasciatori, Roma, 4 (Adotti al duca, 1484 agosto 2 1 , Roma). Nel dispaccio del Vespucci si dava invece conto di alcune specifiche indicazioni circa i candidati da sostenere. Ecco il passo (metto in maiu­ scolo le parole della lettera scritte in cifra); «NOMINANO PER PAPA UNO DI QUESTI; NAPOLI [Olivieri Carafa] , NOARA [Giovanni Arcimboldi] , MILANO [Stefano Nardini] , AGRI [Gabriele Rangone] , SIENA [Francesco Todeschini Picco­ lomini], GIRUNDA [Joan Margarit i Pau] . EXCLUDONO MALFETA [Giovanni Battista Cybo], ULISBONA [Jorge da Costa], ET EL VICECANCELLIERE [Ro­ drigo Borgia], dicendo primo che con costui si vadi con una grande destrezza che non si facesse trabuchare», ASF, MAP, 39, c. 292 (Vespucci a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 2 1 , s. L [ma Roma]). In un altro passaggio di quella stessa lettera (o forse in una versione più ufficia­ le) il veto nei riguardi di Borgia non era stato espresso, mentre erano espressamen­ te esclusi dal gradimento dei due duchi i cardinali Costa, Cybo, S avelli e Barbo. Lo si evince dalla seconda lettera che Alfonso di Calabria e Ludovico il Moro scrisse­ ro ai loro oratori da Trezzo d'Adda il 26 agosto, quando peraltro i cardinali erano già entrati in conclave: cfr. ASF, Dieci, 32 (copia di lettera del duca di Calabria [Alfonso d'Aragona] e del duca di Bari [Ludovico il Moro] ai loro oratori [Arca­ mone e Talenti], 1484 agosto 26, Trezzo). ,

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Il Borgia vantava tuttavia un rapporto privilegiato con l 'oratore napo­ letano Aniello Arcamone (che a sua volta doveva peraltro agire con piena approvazione di re Ferrante), e questo lo dovette indubbiamente aiutarell9• Inoltre, con grande attivismo, egli si stava mobilitando per attirare verso di sé anche altri cardinali, non senza un intenso ricorso alle sue ingenti ric­ chezze. Il 1 8 di agosto, in particolare, il Vespucci scriveva a Lorenzo de Medici che il Vicecancelliere, proprio con l 'aiuto dell' Arcamone, stava di fatto cercando «di corromper el mondo: chi con denari, chi con ufici e chi con beneficii». Si diceva in particolare che a Giovanni d'Aragona fossero stati promessi «l' officio et la casa» (cioè la Vicecancelleria e il palazzo nel rione Ponte), al cardinal Giovanni Colonna «vinticinquemila ducati et l ' a­ badia de Subiaco; et el simile al Savello [Giovanni Battista Savelli]»120• Pochi giorni più tardi, gli oratori estense, fiorentino e senese riferirono di come le manovre del Borgia fossero ancora in pieno svolgimento. Lo­ renzo Lanti, il 22 agosto, scriveva ad esempio alla Balia di Siena che «el Vicecancelliere non lassa che fare per sé»; mentre il 21 il Vespucci aveva confidato a Lorenzo de Medici che «el Vicecancellero fa grande forza per sé, con promettere denari, ufici, la casa sua, beneficii»121• Poi il giorno 24, all'indomani dell'arrivo di Ascanio Sforza a Roma, Rodrigo Borgia fu tra coloro che subito si incontrarono con lui122• Ascanio in realtà il 1 8 di agosto (nel suo viaggio da Milano alla volta di Roma) si era incontrato a Cremona con il fratello Ludovico il Moro, dal quale aveva ricevuto l'espresso incarico di lavorare per l 'elezione del cardinale di No­ vara Giovanni Arcimboldi (o in subordine per quella dell'arcivescovo di Milano Stefano Nardini), con la facoltà di mettere nell'impresa anche del­ le grosse somme di denaro123• Il principale obiettivo sforzesco doveva però essere quello di fare quadrato con Giovanni d'Aragona per impedire a qua-

Ibid., MAP 39, c. 288 (Vespucci a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 18, Roma). Ibid., (Vespucci a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 18, Roma). 121 Cfr. ASSi, Balia, 5 19 (Lanti ai Signori di Balia, 1484 agosto 22, Roma); e ASF, MAP, 39, c. 292 (Vespucci a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 21, s. l. [ma Roma]). Sempre il 21 agosto l' Arlotti aveva scritto a Ercole d'Este che «sopra tutti, più for� za de pratica fa el Vicecancelliero per sé»: ASMo, Ambasciatori, Roma, 4 (Arlott1 al duca, 1484 agosto 2 1 , Roma). 122 Sull'arrivo di Ascanio Sforza in Roma cfr. supra la nota 79. Egli, per potersi muovere con più agio, aveva fatto ingresso in città in incognito, presentandosi con un solo farniglio e «brevi habitu indutus, adeo quod potius laicus quam clericus videre­ tur». Riconosciuto, fu però immediatamente visitato da diversi cardinali, anche se fu con il Borgia che egli venne stringendo i contatti più stretti, cfr. ASF, Dieci, 32 (Ve­ spucci ai Dieci, 1484 agosto 24, Roma); e BURCKARDI Liber notarum cit. , I, p. 19). 123 Il fatto che da parte milanese si puntasse sull'Arcirnboldi era stato ritenuto al­ tamente probabile sia da re Ferrante sia dal Vespucci sin dal 14 agosto: cfr. ASMo, 1 19

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lunque costo l'elezione di un cardinale ostile, e soprattutto per sbarrare la strada all'ipotesi veneziana. Il Borgia si offrì subito di sostenere questa o­ perazione, assicurando - come ebbe a rilevare il Vespucci - di essere del tutto «volto a excludere Marcheschi, con dire che Savello et Colonna lo se­ guitarebbono in questo»124• Ciò lo proiettò in modo pressoché immediato nella posizione di leader potenziale di tutti i cardinali vicini alla Lega. Pro­ va ne sia che il 25 agosto, vigilia del conclave, i cardinali Ascanio Sforza, Giovanni Arcimboldi, Raffaele Sansoni Riario, Giovanni Battista Orsini, Giovanni d'Aragona e Rodrigo Borgia si riunirono a lungo nel Palazzo Va­ ticano, e dopo lunghe discussioni si compattarono infine intorno all'ipotesi di sostenere in prima istanza le candidature di Giovanni Arcimboldi e di 0livieri Carafa, e in seconda battuta proprio Rodrigo Borgia1 25•

Ambasciatori, Napoli, 6 (Bendedei al duca, 1 484 agosto 14, Napoli); ASF, MAP, 39, c. 285 (Vespucci a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 14, Roma). Entro il 17 di agosto la decisione del regime sforzesco divenne in effetti ufficiale; a quella data anzi, la notizia era già stata trasmessa anche a Firenze, da dove Lorenzo de Medici ne aveva subito dato comunicazione al Vespucci, che il giomo 2 1 rispose con delle sue valutazioni, esprimendo dubbi sulle possibilità di quella candidatura, per essere l' Arcimboldi ancora relativamente giovane e per avere un figlio legittimo, ibid., c. 292 (Vespucci a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 2 1 , s. I. [ma Roma]). II 17 di agosto, comunque, allorquando Ascanio Sforza (che aveva lasciato Mi­ lano il giorno precedente) si incontrò in serata a Cremona con Ludovico il Moro - al riguardo cfr. ASM, Sforz.esco, 373 [Venezia] (Ludovico il Moro ai segretari du­ cali Calco e Terzaghi, 1484 agosto 17, B agnolo) - la decisione milanese di puntare su Giovanni Arcimboldi (e in subordine su Stefano Nardini) venne messa a punto in modo ancor più dettagliato: ibid., 96 [Roma] (minuta di Ludovico il Moro ad Asca­ nio Sforza, s. d., s. I. [ma tra il 19 ed il 29 agosto 1484, Bagnolo o Trezzo]). Successivamente la cosa venne ribadita anche nella lettera congiunta che venne scritta da Ludovico il Moro e da Alfonso di Calabria (cfr. supra la nota 1 1 8). Dunque quando Ascanio giunse a Roma (la sera del 23 agosto), dette subito a ve­ dere di voler lavorare in primo luogo proprio alla candidatura Arcimboldi ( «Ascha­ nio par desiderare NOVARA [Giovanni Arcimboldi]>> ). Ciò non gli impedì però di prendere accordi anche col Vicecancelliere, ASF, MAP 39, c. 296 (Vespucci a Lo­ renzo de Medici, 1484 agosto 25, Roma [riporto in maiuscolo le parole sClitte in ci­ fra]); e cfr. pure ASMo, Ambasciatori, Roma, 4 (Arlotti al duca, 1484 agosto 26 [ma con notizie del 25], Roma). "" ASF, MAP 39, c. 295 (Vespucci a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 24, Roma). Secondo Stefano Infessura Rodtigo Borgia nutriva anche un sincero odio nei con­ fronti di Marco Barbo, per cui non gli dovette essere troppo difficile prendere formal­ mente un impegno per fare opposizione contro di lui (cfr. Il diario della città di Ro­ ma di Stefano lnjessura cit., p. 171). Del resto i sentimenti del Borgia erano petfetta­ mente ticambiati da patte del Barbo (cfr. PrcoTTI, Nuovi studi e documenti cit., p. 183). '" Cfr. ASF, MAP, 39, c. 296 (Vespucci a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 25, Roma). Riferendo di quelle discussioni del 25 agosto, il Vespucci, che non era certo par,

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Questi dovette a quel punto sentirsi pressoché certo, in forza dei pre­ cedenti accordi segreti con cui credeva di avere legato a sé i cardinali Sa­ velli e Colonna, di poter a sua volta spaccare il gruppo del Della Rovere, facendo confluire tutti questi voti (e poi altri ancora) sulla propria perso­ na. Non a caso, al momento dell'ingresso in conclave, il 26 di agosto, il Borgia pare fosse davvero convinto di avere l' elezione a portata di mano, tant'è che secondo quanto ebbe a scrivere il fiorentino Luigi Lotti egli fe­ ce «dare bastie alle porte della casa sua per difenderla dal sacco se fussi fatto papa» '26• A Roma però esiste il detto famoso, che era già in uso anche all'epo­ ca: «chi per opinione intra papa in conclave usisce fora cardinale»127• 6. Il primo scrutinio Il conclave - si è detto - ebbe inizio nel pomeriggio del 26 agosto128• I cardinali procedettero innanzitutto a farsi registrare; poi furono assegna­ ti loro gli alloggi; quindi fu servita la cena ' 29 • L'indomani, e cioè il 27, do­ po una messa mattutina, i porporati si portarono nell' aula tertia conclavis

ticolarmente amico del Borgia, riteneva che questi avesse ormai guadagnato una po­ sizione di particolare forza: «Si sente Aschanio [Ascanio Sforza] haver volto VI­ CENCANCELLIERE [Rodrigo Borgia] insieme con lui a pratichar per NOVARA [Giovanni Arcimboldi] . Cape in questi ragionamenti RAGONA [Giovanni d'Ara­ gona] , et non si sente infino a hora si rischaldi per NAPOLI [Olivieri Carafa] . Io son di parere che VICENCALLIERE gli habbi a ingannar tutti dui>> (ibid.). 116 Jbid., c. 306 (Lotti a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 30, Roma). "' ASMo, Ambasciatori, Roma, 4 (Arlotti al duca, 1484 agosto 2 1 , Roma). 118 Cfr. supra la nota l . Oltre ai 25 cardinali, entrarono nel conclave, come perso­ nale di servizio altre 58 persone: il sactista della cappella papale Giovamli Paolo Bos­ si, abate del monastero di S. Sebastiano di Roma (con un suo famiglio di nome Nic­ colò Giacomitli); i due cerimmlieti Johannes Burckard e Giovatuli Matia 'de Podio ' ; i medici Giacomo Solleciti d a Sanginesio e 1l1eodor van Cocleghein; più 52 concla­ visti, in ragione di 2 per ogni cardinale (tranne che per Stefano Narditli e Joan Mar­ garit i Pau, cui ne furono assegnati 3, in quanto dichiaratisi infermi). Per quanto con­ cerne Rodrigo Borgia i suoi conclavisti erano due abbreviatori di Parco Millore, en­ trambi valenzani: Jaime Casanova (che era anche protonotatio apostolico) e Juan Lo­ pez. Alcuni amli più tardi Alessandro VI li avrebbe entrambi elevati alla porpora, ti­ spettivamente nel l 503 e nel 1496 (cfr. B URCKARDI Liber notarum cit. , I, pp. 26-28). 119 Burckard riferisce che dopo la registrazione alcuni cardinali «redierunt ad ca­ meras suas; alii cum aliis hinc inde deambulantes confabulabantur, alii divinum of­ ficium persolvebant>>. All 'ora XXII (cioè alle 1 8 circa) venne servita la cena in co­ mune (ibid., p. 29).


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(la parte posteriore dell'attuale Sala Ducale), ove tornarono anche dopo pranzo per procedere alla stesura delle capitolazioni elettorali130• Quindi ne

fu predisposta una seconda che ne contava altri 21, per un totale di 45 pun­ ti131. Il giorno dopo, e cioè il 28, il capitolato d'elezione era completato e

130 n capitolato approvato dai cardinali si articolava in 45 punti (divisi in due di­ stinte sezioni; dal punto l al punto 24, e dal punto 25 al 45). I p1imi 24 punti ave­ vano il seguente contenuto: l ) il nuovo papa, prinla della pubblicazione, avrebbe giurato il capitolato, impegnandosi per iscritto a confermarne la validità e dichia­ rando nullo ogni tentativo di contravvenirvi; 2) i cardinali con meno di 4.000 duca­ ti annui di rendita avrebbero avuto diritto a una pensione mensile di 100 ducati; 3) il papa non avrebbe potuto procedere contro i beni o la persona di un cardinale sen­ za il consenso di almeno i 2/3 del Collegio, e avrebbe comunque proceduto con l ' as­ sistenza di 3 cardinali (uno per ordine) designati dai confratelli; 4) i cardinali a­ vrebbero goduto di esenzione da ogni dazio, gabella o decima (come al tempo di Niccolò V e di Callisto III) ; 5) i benefici dei cardinali sarebbero stati esenti da an­ nate o altre contribuzioni; 6) i benefici dipendenti dalle chiese o dai monasteri dei cardinali in caso di vacanza extra curiam sarebbero stati riservati alla loro collazio­ ne, oppure, se vacati in curia, li si sarebbe assegnati col loro consenso; 7) i privile­ gi dei cardinali sarebbero rimasti validi anche in caso di non residenza in corte di Roma; 8) i privilegi accordati da Sisto IV o dai suoi predecessori a singoli cm·dina­ li sarebbero stati automaticamente confermati; 9) i cardinali Borgia, Della Rovere e Sansoni Riario avrebbero conservato la titolarità della Vicecancelleria, della Peni­ tenzieria e del Camerlengato; 10) non sarebbe più stato possibile fulminare un car­ dinale con la scomunica o l'interdetto, salvo che per i casi previsti dalle nmme ca­ noniche; 1 1 ) i cardinali sarebbero stati rifusi dei loro crediti nei confronti di Sisto IV; 12) tutte le bolle apostoliche sarebbero state d'ora in poi registrate «in registro generali litterarum apostolicarum dumtaxat et non alibi» (con la sola eccezione del­ le litterae officiorum); 1 3) un cardinale non avrebbe potuto essere costretto a la­ sciare Roma per una legazione; 14) il pontefice avrebbe rimesso ai cardinali ogni condanna in cui questi fossero incorsi in passato, e avrebbe restituito loro i beni o i proventi eventualmente sequestrati; 1 5) non sarebbe più stato possibile emanare nuove costituzioni senza il consenso scritto della maggioranza dei cardinali; 1 6) i cardinali signori di qualche terra o castello dello Stato Pontificio lo sarebbero rima­ sti vita natural durante; 17) i cardinali avrebbero goduto del diritto di regresso su tutti i loro benefici cui avessero deciso di rinunciare; 18) il papa si sarebbe impe­ gnato a difendere i cardinali cui fosse stato inlpedito il possesso di un beneficio; 1 9) i benefici di S. Pietro, S. Giovanni in Laterano e S. Maria Maggiore sarebbero sta­ ti 1iservati ai soli romani; 20) i cardinali che si fossero recati a Palazzo per avere u­ dienza dal papa avrebbero avuto diritto ad attendere l 'udienza in un'anticamera lo­ ro riservata, senza doversi mischiare a persone di rango inferiore; 21) il papa non a­ vrebbe potuto più affidare a dei non cardinali la giurisdizione e l 'amministrazione «in spiritualibus et temporalibus» relativamente a quegli affari «que graviora sunt et magni momenti»; 22) il papa sarebbe stato tenuto a rifondere «de propriis pecuniis et introitibus Romane Ecclesie» quei cardinali che avessero subito il sequestro di un beneficio da parte di un'autorità secolare; 23) tutti gli atti compiuti dal S acro Col­ legio durante la sedevacanza sarebbero stati confermati; 24) il capitolato sarebbe stato scrupolosamente osservato (cfr. BURCKARDI Liber notarum cit., I, pp. 29-39).

131 I secondi 21 punti si distinguevano dai primi, perché in questo caso non era previsto un semplice giuramento da parte del nuovo pontefice, bensì una conferma solenne con tre distinte bolle «ad perpetuam rei memoriam, habentes vinl decretalis et constitutionis perpetue». Il contenuto di questi altri punti era il seguente: 25) qua­ lora si fosse reso necessario difendere i popoli cristiani «contra perfidos Turcos», il papa avrebbe offerto non meno di 50.000 ducati, mentre i cardinali si sm·ebbero inl­ pegnati fino ad un contributo di 10.000 (da ripartire proporzionalmente in base alle ricchezze di ciascuno); in caso invece di organizzazione di una crociata il papa a­ vrebbe potuto ordinare delle decime e delle ventesinle al clero della Cristianità fino ad un impmto di 100.000 ducati, mentre i cardinali ne avrebbero offe1ti fino a 20.000 in tutto; 26) il papa, entro tre mesi dall'elezione, avrebbe promosso la riforma «in ca­ pite et in membris» della curia romana col consenso della maggioranza dei cardina­ li; 27) si sarebbe provveduto alla convocazione di un Concilio generale per promuo­ vere la rifmma della Chiesa e dei costmni e la mobilitazione contro gli infedeli, e la sede del Concilio sarebbe stata scelta col consenso del Collegio; 28) non si sarebbe­ ro potuti creare nuovi cm·dinali (nemmeno su 1ichiesta dei principi) di età inferiore ai 30 anni e che non fossero dottori; 29) il papa non avrebbe potuto elevare al cardina­ lato più di un solo suo parente; 30) il Sacro Collegio non avrebbe potuto superare il tetto massimo di 24 membri, e non si sarebbe potuto procedere a nuove creazioni car­ dinalizie finché il numero dei cardinali non fosse sceso sotto detto tetto; 3 1 ) i nuovi cardinali sarebbero stati subito pubblicati, e non tenuti segreti; 32) la creazione di nuovi cardinali sarebbe avvenuta con consultazioni da svolgersi «consistoriliter et non auriculariter»; 33) i benefici maggiori non avrebbero potuto essere conferiti «ni­ si consistorialiter aut interveniente consensu saltem maioris pmtis cardinalium»; 34) i prìncipi secolari non avrebbero più potuto godere di alcun p1ivilegio in tema di be­ nefici; 35) non sarebbe più stato possibile al papa rilascim·e a favore dei principi bol­ le che limitassero la potestà papale in materia di benefici; 36) il papa non avrebbe più potuto avallare la privazione di un chierico ad istanza dei principi senza regolare pro­ cesso; 37) i cardinali e tutti i chierici avrebbero potuto disporre liberamente del pro­ prio patrimonio privato; 38) non sarebbe più stato possibile al papa infeudare (o ven­ dere o cedere) regni, città, terre o castelli senza aver sentito «consistorialiter» i car­ dinali, e senza aver ricevuto il consenso di almeno i 2/3 di essi; 39) guerre e paci sa­ rebbero state decise col consenso dei 2/3 dei cardinali; 40) i vassalli, i vicari, e gli of­ ficiali della Chiesa, avrebbero giurato fedeltà non già al papa bensì alla Chiesa, e gli ufficiali avrebbero giurato di rimettere il loro mandato al Sacro Collegio dopo la mmte del pontefice; 41) le rocche di Castel S. Angelo, Civitavecchia, Tivoli, Spole­ to, Fano e Cesena non sarebbero più state affidate a parenti del papa, né assegnate a chicchessia per più di 2 anni (salvo parere diverso di almeno i 2/3 dei cm·dinali); 42) non sarebbe più stato possibile al papa utilizzare nelle bolle la formula «de consilio fratmm nostromm» «nisi prius realiter et cum effectu consistmialiter vota fratmm su­ per contentis in ea sint exquisita, et major pars consenserit»; 43) ogni tre mesi tutti i presenti capitoli sarebbero stati letti in concistoro, e i cardinali si sarebbero riuniti due volte all' anno per verificarne l 'applicazione: in caso di inadempienza, il papa sa-


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venne sottoscritto da tutti i porporati con la sola eccezione di Pietro Fo­ scari132. Conclusa questa fase, si passò alla discussione delle procedure e-

rebbe stato ammonito «caritative» fino a tre volte, dopodiché sarebbero scattate la pena «periurii et anatemathis»; 44) il capitolato sarebbe rogato da un notaio, e se il papa non dovesse aver emanato la bolla di conferma entro tre giorni dall'incorona­ zione, avrebbe comunque avuto valore di bolla; 45) i capitoli sarebbero stati ratifica­ ti e approvati dal papa prima della pubblicazione «mediante promissione, voto, jura­ mento ac subscriptione sua» (BURCKARDI Liber notarum cit., I, p. 39-43). 1 32 L'insieme dei 45 punti del capitolato elettorale approvato dai cardinali può es­ sere suddiviso in tre distinti gmppi. In parte (ad esempio per quanto concerne la fis­ sazione di un tetto alle dimensioni del Collegio) essi comprendevano alcune tradi­ zionali rivendicazioni del cardinalato (già presenti in forma analoga o addirittura i­ dentica, nelle precedenti capitolazioni del 1 352, del 1 43 1 , del 1458, del 1464 e del 1471), oppure (come ad esempio si vide nella richiesta di attribuire ex officio a tut­ ti i cardinali il diritto di regresso sulle loro resignazioni beneficiarie) costituivano anche un ampliamento di quelle istanze, ma sempre in linea di continuità con la tra­ dizionale vocazione oligarchica del Collegio (a tale riguardo, si possono vedere MoLLAT, Contribution à l'histoire du Sacré Collège cit., pp. 100-104; LULVÈS, Pii­ pstliclze Wahlkapitulationen cit., pp. 213-21 9 ; PASTOR, Storia dei papi cit., I, pp. 258-259, e II, pp. 9 e 283-294; e E. PÀsZTOR, Funzione politico-culturale di una struttura della Chiesa: il cardinalato, in Aspetti culturali della società italiana nel periodo del papato avignonese, Todi 1 98 1 , alle pp. 2 1 6-220; nonché SoMAINI, Un prelato lombardo cit. , pp. 6 19-62 1 , 642-648, e 670-677). Altri capitoli invece (a cominciare da quello relativo alla convocazione del Con­ cilio) riflettevano più che altro la pretesa del cardinalato stesso di proporsi come una smta di paladino di quanto restava del movimento conciliare della prima metà del se­ colo, in conformità con le idee di personalità quali quelle di Francesco Zabarella, di Piene d'Ailly (o anche di Niccolò Cusano), i quali avevano immaginato il cardina­ lato come una smta di alta rappresentanza della congregatio fidelium e della Chiesa universale, e dunque come una sorta di proiezione pe1manente del Concilio stesso al cospetto del papa (cfr. W. ULLMANN, The Origins ofthe Great Schism A study infour­ teenth-centUJ)' ecclesiastica! hist01)', London 1 948, pp. 191-23 1 ; e B . TIERNEY, Foundations oj the Conciliar The01)', The Contribution of the Medieval Canonists jrom Gratian to the Great Schism, Cambridge 1 955, pp. 220-237; F. 0AKLEY, The Politica! Thought of Pierre d'Ailly. The Voluntarist Tradition, New Haven-London 1 964, pp. 141-150; e P.F. SIGMUND, Nicholas ofCusa on the Constitution ojthe Chur­ ch, in Nicholas of Cusa an Christ and the Church. Essays in Memol)' oj Clzandler McCuskey Brooks far the American Cusanus Society, a cura di G . CHRISTIANSON­ T.M. lzBICKI, Leiden-New York-Koln 1996, a p. 1 3 1). Vi erano infine altre rivendicazioni - come ad esempio quella sulla non proce­ dibilità contro i beni o le persone dei cardinali - che, più semplicemente, costitui­ vano una sorta di reazione rispetto ai sopmsi e alle umiliazioni che molti cardinali avevano dovuto subire sotto Sisto IV (al riguardo cfr. supra la nota 30). Più in generale, bisogna poi chiedersi se queste capitolazimù avessero ancora un effettivo valore, o se la loro compilazione fosse ormai diventata soltanto una sorta di

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lettorali. Il Borgia, che in qualità di decano aveva la presidenza del con­ clave, propose preliminarmente di adottare una soluzione che si rivelò de­ cisiva: vietare la possibilità di ricorrere sin dal primo scrutinio all' istituto dell' accessum, ossia a quel particolare sistema in uso nelle elezioni papa­ li, per cui dopo lo spoglio di tutte le schede era consentito a ciascun cardi­ nale aggiungere verbalmente ai nomi dei propri candidati (già votati per i­ scritto), un ulteriore nominativo (che avesse ricevuto però almeno un vo­ to), così da accedere per l ' appunto a quel nome, aumentandone i voti to­ tali. Il Collegio approvò la proposta Borgia, per cui il ricorso all' accessum (già rivelatosi risolutivo nei tre precedenti conclavi), sarebbe stato am­ messo soltanto a partire dalla seconda votazione133• A quel punto si dette i­ nizio alle operazioni di voto; i porporati espressero le loro scelte su delle schede, che vennero riposte in un grande calice, e poi scrutinate134• stanco rituale. Va ricordato infatti che nel 1464 - con una poderosa offensiva dottri­ nale - Paolo II aveva di fatto proclamato l'assoluta illegittinùtà di qualunque tenta­ tivo cardinalizio di condizionare la plenitudo potestatis del papa, e in tal modo ne a­ veva di fatto disinnescato og1ù possibile portata eversiva. In questo senso non c'è dubbio che le capitolazimù elettorali costituivano in vero un'arma ormai ampiamen­ te spuntata, perché i pontefici avevano in realtà affermato in modo defilùtivo di non essere in alcun modo vincolati dalle decisioni sottosc1itte nel conclave (nemmeno nel caso che queste fossero state confe1mate formalmente dopo l'elezione). li fatto, tut­ tavia, è che nulla vietava ai cardinali di coltivare la speranza di potersi un giomo mi­ surare con un papa più debole e più remissivo, e che fosse quindi disposto al rispet­ to di quelle condizimù (lo stesso Innocenza VIII, del resto, per certi versi si sarebbe rivelato piuttosto sensibile al dettato della capitolazione elettorale, il che dimostra che essa non era poi così inutile). A tale riguardo cfr. LULVÈS, Papstiliclze Wahlkapi­ tulationen cit., pp. 21 9-220; ULLMANN, The Lega! Validity cit., pp. 271-274; ed an­ che H. JEDIN, Storia del Concilio di Trento, I, Brescia [1 949-1 957] 1 973-1 981 , p. 104; SORANZO, Studi intorno a papa Alessandro VI ci:t., pp. 1 5- 17. 1 33 Cfr. BURCKARDI Liber notarum cit., I, p. 44; nonché ASM, Sjorzesco, 244 [Napoli] (Castigliani al duca, 1484 agosto 3 1 , Napoli); e ASMo, Ambasciatori, Na­ poli, 6 (Bendedei al duca, 1484 agosto 3 1 , Napoli). Per quanto concerne la procedura dell' accessum, un'eccellente desc1izione si può trovare in PrccoLOMINI (PAPA Pro ll), I Commentarii cit., I, pp. 198- 199 e 216219. Cil·ca i precedenti conclavi si potrà invece ricordare che in effetti tanto l'ele­ zione di Pio ll (nel 1458), quanto quella di Paolo II (nel 1464) e quella di Sisto IV (nel 1471 ) si erano risolte proprio grazie al sistema dell'accessum (e negli ultimi due casi la cosa era stata risolta in questo modo sin dal primo scmtinio). Tra l 'altro nel '58 e nel ' 64 tra i cardinali accedenti vi era stato anche Rodligo Borgia, mentre nel 1 47 1 egli era stato invece tra gli elettmi dil·etti dell'allora Francesco Della Ro­ vere (cfr. PASTOR, Storia dei papi cit., II, pp. 8-9, 284, e 432-434). 134 Rodrigo Borgia, come decano, votò per primo, seguito da Olivieli Carafa, e poi da tutti i cardinali secondo il loro ordine. Stefano Nardini, che era infirmus, non poté partecipare alla votazione, né assistere allo scmtinio come p1iore dei cardinali


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D voto non era segreto (ogni cardinale-elettore doveva infatti contrasse­ gnare la scheda col proprio sigillo). Era ammessa, però, la possibilità del vo­ to multiplo; si poteva cioè esprimere un numero illimitato di preferenze135• Purtroppo - diversamente da altri conclavi, come ad esempio quello del 1471 o quello del 1492 - non conosciamo come avessero votato i vari cardi­ nali, né sappiamo quanti voti ebbero coloro che furono in effetti votati136• Qualcosa però siamo comunque in grado di dirla. Al termine del primo scru­ tinio, secondo le previsioni, Marco Barbo tisultò in testa su tutti. Le fonti non concordano su ogni dettaglio; Burckard (che era presente sul posto) parlò in­ fatti di 10 voti; Infessura di 1 1 ; mentre Branda Castigliani riferì che a Napo­ li giunse la notizia di 12 voti137• In ogni caso è certo che il cardinale di S. Mar­ co «hebbe molte più voci che alchun altro»138• Altri pmporati, come i candi­ dati della Lega Arcirnboldi e Carafa, ebbero invece solo qualche voto, con il che potevano già considerarsi 'bruciati' . Borgia non ne ebbe nemmeno uno (ma questo era in fondo previsto, avendo egli progettato di uscire allo sco­ perto solo dopo aver lasciato logorare gli altri pretendenti)139•

preti. Fu perciò Giovanni Arcimboldi a riporgli la scheda nel calice; e fu il Borgia a rimpiazzarlo come scmtatore (cfr. B URCKARDI Liber notarum cit., I, pp. 44-45). 135 Una precisa desCiizione delle procedure elettorali seguite nei conclavi quattro­ centeschi si può trovare - proprio con riferimento al conclave del 1484 - ibid., p. 45. n sistema era identico a quello che papa Pio II aveva descritto per il conclave del 1458 (cfr. PICCOLOMINI (PAPA Pro Il), I Commentarii cit., I, pp. 214-215). Può essere interes­ sante 1icordare che la prassi del voto segreto sarebbe stata introdotta nei conclavi papa­ li solo con la bolla Aeterni Patris di Gregmio XV del 15 novembre 1621. In quella cir­ costanza fu abolito anche il sistema del voto multiplo, che in precedenza era invece nor­ malmente in vigore (cfr. PASTOR, Storia dei papi cit., Xffi, pp. 88 e 92). 136 Per il conclave del 1 47 1 ibid., II, pp. 432-434; per quello del 1492 cfr. inve­ ce LA TORRE, Del conclave di Alessandro VI cit., pp. 1 24-125. 1 37 Cfr. B URCKARDI Liber notarum cit., I, p. 45; Diario della città di Roma di Ste­ fano Infessura cit., p. 170; e ASM, Sforzesco, 244 [Napoli] (Castigliani al duca, 1484 agosto 3 1 , Napoli). 138 Cfr. ASF, Dieci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 29, Roma); e MAP , 39, c. 306 (Lotti a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 30, Roma). 139 Luigi Lotti, il 30 agosto, parlando dei voti presi dai vari cardinali nel primo scmtinio, scrisse così; «el Vicecancelliere [Rodrigo Borgia] non si fa mentione ne havessi [. . .] . Milano [Stefano Nardini] non ha havuto voce, così affe1mano [ . . .] . No­ vmia [Giovanni Arcimboldi] e Napoli [Olivieri Cm·afa] se dice haveme havuta qual­ chuna» ibid. , (Lotti a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 30, Roma). Per contro, il registro 52 dell'Armarium XXXI dell'Archivio Segreto Vaticano, in conispondenza dell'elenco dei cardinali che entrarono in conclave, riporta accanto al nome di alcuni, un piccolo segno a fmma di croce. Potrebbe (1ipeto potrebbe) anche trattarsi dei nomi dei cardinali che ebbero voti nella prima votazione (sappiamo infat­ ti che nel secondo scrutinio il Collegio si pronunciò all'unanimità sul cardinal Cybo).

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Il Vicecancelliere, insomma, aveva ancora in mano tutte le_proprie car­ te, anche se non v'era dubbio che risalire da O a 17 voti non sarebbe stata comunque un'impresa agevole. Sappiamo in ogni caso che a questo punto - nel pomeriggio del 28 a­ gosto - egli cominciò ad operare perché i voti di tutto il gruppo dei cardi­ nali alleati confluissero verso un altro candidato, e cioè il vecchio cardi­ nale di Girona, Joan Margarit i Pau. Quale fosse il reale obiettivo di que­ sta manovra non è in effetti del tutto chiaro. Vespucci dichiarò che il Vi­ cecancelliere, dopo la prima votazione, si era subito reso conto di non po­ tercela fare, e che per questo ripiegò sulla candidatura del Margarit (così da potersi imporre, se non come papa, per lo meno come pope maker). Il re d'Aragona Ferdinando II (che certo avrebbe salutato con gioia l 'elezio­ ne del suo cardinale di Girona) fu invece più diffidente nella lettura dell'i­ niziativa borgiana, e successivamente al conclave ebbe a scrivere eloquen­ temente allo stesso Margarit di essere più che convinto che il Borgia non gli fosse stato in vero di alcun aiuto, e che anzi lo avesse seriamente dan­ neggiato nelle sue possibilità di aspirare alla tiara: «creemos bien que el vos haurà fecho todo el mal que haurà podido en lo del papado»140• Secon-

Tali nomativi sono i seguenti (in ordine di anzianità); Marco Barbo, Stefano Nardini, Giovanni Arcimboldi, Giovanni Battista Cybo, Philibert Hugonet, Gabriele Rangone, Pietro Foscmi, Giovanni d'Aragona, e Joan Margarit i Pau (ASV, Arm. XXXI, t. 52, c. 102r [o c. 69r]-1484 agosto 26). Rispetto alla lettera del Lotti sembrerebbe dunque i­ nesatta la notizia secondo cui Nardini non avrebbe ricevuto voti, e così pure quella se­ condo cui Carafa avrebbe avuto qualche suffragio. Per contro sarebbe confermata la notizia che Arcimboldi ne ebbe qualcuno, e Borgia nessuno. Non bisogna comunque dare a quei segni di croce del registro 52 un eccessivo valore: è certo infatti che essi non corrispondono con esattezza ai nomi di tutti i cardinali che ricevettero voti, poiché dall'unica scheda che conoscialllo davvero (e cioè quella relativa a Giuliano Della Ro­ vere), sappialllo che anche i cm·dinali Sansoni Riario ed Orsini (che nel registro non sono in alcun modo segnati) 1icevettero in realtà almeno un voto (cfr. injra la nota 141 ). A mio giudizio le croci del registro 52 potrebbero tutt'al più corrispondere ai no­ mi dei cm·dinali indicati come prima preferenza, dato che il voto di ciascun porporato, pur essendo multiplo, era comunque espresso - come aveva spiegato Pio II nei suoi Commentarii - con la «tacita conditione ut prior nominatus praeferatur» (il che peral­ tro non implicava che le seconde, le terze, le quarte, o le ennesime indicazioni non a­ vessero per questo valore, poiché qualora le prime preferenze non fossero bastate al­ l' elezione, anche le altre dovevano essere nmmalmente conteggiate; «quod si [p1ior nominatus] non habeat vota quae sufficiant, succedat proximus ut eo facilius in unum conveniatur») (cfr. PrccoLOMINI (PAPA Pro Il), I Commentarii cit., I, pp. 214-216). 140 li 29 agosto il Vespucci riferì la sua ricostruzione della faccenda con le se­ guenti parole; «La sera [del 28], veduto el Vicecancellero [Rodrigo Borgia] non po­ tere essere, cerchò di volgere el favore delli Reverendissimi Cardinali di Raona [Giovanni d'Aragona] et Visconti [Ascanio Sforza] ad Geronda [Joan Margarit i


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do questa interpretazione - che anche a mio avviso sembrerebbe più che fondata - il Vicecancelliere stava insomma ancora lavorando per la propria elezione, ma intendeva presumibilmente avanzare un' altra candidatura fit­ tizia, prima di lanciare il proprio affondo finale nel terzo scrutinio. Ad o­ gni modo - sia che si trattasse ancora di una semplice scelta tattica o di un abile diversivo per prendere tempo, sia che egli si fosse invece davvero persuaso di essere già fuori gioco e avesse quindi determinato di dover se­ riamente lavorare a quest' altra ipotesi (per quanto di ripiego) - vi è comun­ que un dato che sembrerebbe del tutto evidente. Dal punto di vista del Bor­ gia era assolutamente essenziale che tutto il gruppo dei cardinali vicini al­ la Lega si mantenesse compatto dietro di lui per almeno altre 24/48 ore, perché quella compattezza garantiva quanto meno la possibilità di tenere tutti gli altri sotto scacco con un semplice veto. Per contro, con l'eventua­ le sfilacciamento della propria ' fazione' , Borgia avrebbe di fatto corso il serio rischio di uscire dal conclave come il principale sconfitto della par­ tita (a meno che a fronte di un simile cambiamento di scenario non gli fos­ se riuscito di modificare all'ultimo momento tutta la propria strategia). Sta di fatto, però, che questa eventualità dello sfilacciamento fu proprio l ' ipo­ tesi che già nella serata del 28 agosto parve delinearsi con più concretez­ za, mentre la linea della contrapposizione intransigente si dimostrò in bre­ ve del tutto impercorribile. Ciò dipese in particolare dall' atteggiamento di Giuliano Della Rovere, il quale, nel giro di poche ore, riuscì in effetti a porsi decisamente al centro del gioco, volgendo la situazione a proprio favore, e attirando verso di sé (e verso il suo candidato Giovanni Battista Cybo) un numero crescente di car­ dinali degli altri schieramenti. 7. L'elezione Il Della Rovere - a quanto sembra - nel primo scrutinio (del 28 ago­ sto) non aveva in realtà votato per Barbo, anche se molti dei suoi ' amici' dovevano essersi verosimilmente orientati verso quella candidatura'4'. Tut-

Pau]»: cfr. ASF, Dieci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 29, Roma); e MAP, 39, c. 302 a (Vespucci a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 29, Roma). Per quanto conceme invece la lettera di Ferdinando il Cattolico a Joan Margarit i Pau cfr. TATE, Joan Margarit i Pau cit., p. 1 0 1 . 1 41 n voto di Giuliano Della Rovere è l'unico voto del conclave dell' 84 che ci sia davvero noto, in quanto ci è rivelato dal diario del Burckard, che lo ripmtò come e­ sempio del formulario utilizzato nella compilazione delle sch,�de. Grazie al Burckard sappiamo dunque che il cardinale di S. Pietro in Vincoli non votò per Mar-

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tavia, il buon risultato ottenuto dal cardinale di S. Marco ed il veto anti-ve­ neziano formulato da parte delle potenze della Lega, posero di fatto il Gran Penitenziere nella condizione di potersi affermare come il vero e proprio ar­ bitro del conclave. Alla luce dei risultati del primo scrutinio, infatti, egli si vide offrire la possibilità di giocare proficuamente tra due opzioni alterna­ tive, e di scegliere quella che gli si sarebbe presentata come più redditizia: adetire in modo esplicito alla candidatura Barbo, incassando alte contro­ pattite ed imponendosi di fatto come l' mtefice di quella elezione; oppure a­ gitare lo spauracchio del probabile successo del candidato veneto per co­ stringere tutto il gruppo vicino alla Lega (o comunque una rilevante por­ zione di quei cardinali), ad accordarsi con lui su un nome di suo gradimen­ to, che poi era appunto quello del cardinal Cybo. Entrambe queste ipotesi dovettero essere in realtà sondate con una cer­ ta attenzione dal Della Rovere. Infatti, fra il tardo pomeriggio e l'inizio del­ la sera del giorno 28, egli fece quasi certamente delle avances a Marco Bar­ bo per verificare se fosse possibile spuntare con lui un accordo soddisfa­ cente142. Nel contempo però egli aprì anche un fronte parallelo di trattativa per verificare la possibilità di un accordo con gli amici della Lega e anche

co B arbo, bensì per Giovanni B attista Cybo (sua personale creatura) e per i cardi­ nali Raffaele Sansoni Riario e Giovanni B attista Orsini (cfr. BURCKARDI Liber nota­ rum cit., I, p. 45). Queste ultime due indicazioni sono particolarmente interessanti, poiché erano un evidente segnale di appeasement verso gli 'amici' di Girolamo Ria­ rio, nella speranza verosimilmente di indurii a contraccambiare la cortesia. 1 42 Per quanto riguarda le aperture nei confronti di Marco Barbo, vale la pena di ricordare che, secondo Stefano Infessura, Della Rovere -invitò il-Barbo stesso a pro­ mettere a Giovanni d'Aragona Palazzo San Marco, suggerendogli che in questo mo­ do egli avrebbe guadagnato almeno altti 3 voti. n Barbo avrebbe però rifiutato con sdegno questa soluzione, giudicando che assegnare il suo palazzo al figlio del re di Napoli sarebbe equivalso a mettere in mano a re Ferrante una fortezza imprendibile nel cuore di Roma, col rischio di mettere sotto ipoteca il futuro della città e dell'inte­ ro Stato della Chiesa (cfr. Diario della città di Roma di Stefano Infessura cit., p. 170). In realtà noi non siamo in grado di stabilire con certezza se la notizia di queste offer­ te debba essere ritenuta autentica, anche perché lo stesso Infessura non presentò co­ me certa la cosa, ma si limitò a parlare di voci (utfertur). È anche vero però che mol­ ti anni dopo, e cioè nel settembre del 1503, lo stesso Giuliano Della Rovere avrebbe ricordato - parlando proprio del conclave dell' 84 - di avere a suo tempo cercato di fare in modo che «se facesse papa el cardinale de Sancto Marco [Marco Barbo], ma li altri non lo volssino», cfr. ASMa, Ambasciatori, Roma, 14 (Costabili al duca, 1503 settembre 2 1 , Roma). Che al Barbo fossero dunque state fatte delle proposte (fos­ s' anche soltanto per lanciare un ballon d'essai e per sondarne discretamente la di­ sponibilità ad un accordo) è dunque in fondo altamente probabile, e non è affatto da escludere che in questa prospettiva il Della Rovere avesse anche cercato di coinvol­ gere Giovanni d'Aragona, sebbene sia più difficile credere che quest'ultimo - pur es-


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con lo stesso Borgia. A tale riguardo, anzi, il Della Rovere dovette subito ri­ scontrare un atteggiamento di notevole disponibilità da parte di Giovanni d'Aragona (il quale in effetti sin dai giorni precedenti aveva avuto incarico anche dal padre Ferrante di operare esplicitamente per la ricerca di questa soluzione di compromesso)143. Il cardinale d'Aragona si dovette verosimilmente attivare per convin­ cere gli altri porporati ad aderire a questa intesa, persuadendo nel contem­ po il Gran Penitenziere a lasciar definitivamente cadere la prospettiva di un accordo con Barbo. La sua azione fu indubbiamente efficace, tant'è che molte testimonianze indicano proprio nel cardinale Aragonese uno dei per­ sonaggi chiave nell' esito del conclave144.

sendo certamente interessato ad un accordo col Gran Penitenziere (cfr. infra la nota 143) -, fosse disponibile a spingersi fino al punto di votare per un veneziano. 1 43 Giovanni d' Aragona sin dal 14 agosto, e dunque qualche giorno prima di giungere a Roma (cfr. supra la nota 79) aveva avuto un incontro ad Aversa con suo padre re Penante, e forse già in quella occasione egli aveva avuto istmzione di ado­ perarsi in favore di un' intesa in chiave anti-veneziana tra i cardinali amici della Le­ ga e il gmppo dei cardinali 'rovereschi' : ibid. , Napoli, 6 (Bendedei al duca, 1484 a­ gosto 14, Napoli); e ASM, Sforzesco, 244 [Napoli] (Castigliani al duca, 1484 ago­ sto 20, Napoli). Prima dell' apertura del conclave, in ogni caso, questa era sicura­ mente la posizione napoletana, tant' è che i1 23 agosto l' oratore sforzesco a Napoli Branda Castigliani aveva riferito a Giangaleazzo Sforza che, «intendendo prefata Maiestà [re Ferrante] la divisione essere nata nel Collegio, gli pareva di fare omne opera et diligentia ch'el Cardinale di San Pietro a Vincula [Giuliano Della Rovere] si vedesse di concordare con Vicecancellero [Rodrigo Borgia] al proposito et favo­ re de le cose commune», ibid., (Castigliani al duca, 1484 agosto 23, Napoli). Si può del resto aggiungere che dopo l' elezione di Innocenza VITI si venne in realtà a sa­ pere che re Penante - a dispetto dei veti contro il Cybo fonnulati da parte di Alfon­ so di Calabria nelle sue lettere congiunte con Ludovico il Moro (cfr. supra la nota 1 1 8) - aveva segnalato al figlio il cardinale di Molfetta (cioè appunto il Cybo) co­ me un candidato tutt' altro che sgradito, e questo evidentemente proprio nella pro­ spettiva di un accordo con Della Rovere: ASMo, Ambasciatori, Napoli, 6 (Bende­ dei al duca, 1484 agosto 3 1 , Napoli). Giovanni d' Aragona, dunque, si dovette muovere prop1io lungo questa direzio­ ne, e nel pomeriggio del 28 agosto dovette essere presumibilmente proprio lui a sug­ ge�·ire al cardinale di S. Pietro in Vincoli l' abbandono dell' ipotesi Barbo e il perse­ gmmento della soluzione alternativa (ossia quella dell' accordo con i cardinali anti­ veneziani) (cfr. infra la nota 144). 1 44 In particolare ibid., Roma, 4 (Arlotti al duca, 1484 settembre l, Roma; e Ar­ lotti ad Eleonora d' Aragona, 1484 settembre l , Roma) ; e ASM, Sforzesco, 244 [Na­ poli] (Castigliani a Bartolomeo Calco, 1484 settembre 4, Napoli).

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L'operazione dovette però risultare meno semplice del previsto, poiché divenne subito chiaro che i vari cardinali si stavano orientando verso Della Rovere in ordine sparso, e non già unitariamente. Non a caso, Guidantonio Vespucci riferì che mentre Borgia ancora si stava attardando sull'ipotesi di Margarit i Pau, «isto interim si tramava per Sancto Petro in Vincula accor­ dare Orsino et il Camarlengo con questi Colonnesi, et volgerli al favore di Malfetta [Giovanni B attista Cybo] . Et de facili pareva vi si dovessino vol­ gere, per essere Malfetta guelfo, et così della medesima factione che è Or­ sino, et per essere decto Malfecta parente del Camarlingo»145. Fu a quel punto, che per evitare uno sbriciolamento generale del fron­ te della Lega, e per impedire la defezione alla spicciolata di tutti i singoli porporati, si dovette fare avanti in modo più risoluto Ascanio Sforza, il qua­ le, avvisato dal cardinal Schiaffenati del probabile sganciamento dei cardi­ nali Orsini e Sansoni Riario, dovette decidere di rompere senz'altro gli in­ dugi e di farsi direttamente promotore di un accordo generale col Della Ro­ vere e di un' adesione alla candidatura Cybo di tutto lo schieramento vicino alla Lega, in raccordo quindi con Giovanni d'Aragona e con lo stesso Bor­ gia146. Questo intervento di Ascanio si rivelò indubbiamente decisivo, e lo stesso Innocenza VIII, un paio di settimane dopo l'elezione, avrebbe espli­ citamente riconosciuto come lo Sforza gli avesse di fatto «dato questo pon­ tificato», portandogli i voti per iscritto di non meno di 14 cardinali147.

145 ASF, Dieci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 29, Roma). 146 Ecco quanto riferì il Vespucci il 29 di agosto: «Inteso questo Monsignore de

Visconti [Ascanio Sforza] , et veduto che le voci dalla parte di qua titubavano, inci­ tato da Monsignore di Pmma [Giangiacomo Schiaffenati], il quale dimostra essere il tuto con Sua Signoria, cognobbe il partito et volsesi a questa patte, perché si ri­ cognoscessi il pontificato da lui. Et volsesi el Vicecancelliere [Rodrigo Borgia], il quale era de facili possibile ad volgercelo, veduto che, se non consentiva ad questo, el pontificato cadeva in qualche più suo inimico. Et volsesi Raona [Giovanni d'A­ ragona]», ibid. , (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 29, Roma). Cfr. però anche il dispaccio a Lorenzo de Medici: «Concludovi che questa elec­ tione si dà tutta all'opera di Monsignor di Visconti», anche se in altro passo i ' me­ riti' di Ascanio vengono poi 1ipartiti anche con Giovanni d'Aragona: «li Reveren­ dissimi Monsignori di Ragona [Giovanni d'Aragona] et de Vesconti [Ascanio Sfor­ za] , veduto non poter far el Vicecancelliere [Rodrigo Borgia], e veduto el Vicecan­ celliere cerchava fm· Gironda [Joan Margarit i Pau] , se ingignorono tirar qui el Vi­ cecancelliere et far el fatto loro», ibid., MAP, 39, c. 302 a (Vespucci a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 29, Roma). 147 Vale la pena a questo proposito di riportare integralmente il passo della lettera che l'oratore sforzesco Giovanangelo Talenti scrisse al duca di Milano il 10 di set­ tembre, riferendo dell'udienza accordatagli dal nuovo pontefice (alla presenza dello stesso Ascanio). ll papa infatti, replicando ad un'osservazione di Ascanio che con


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A quel punto i giochi potevano dirsi fatti. Raggiunta l 'intesa attorno al nome del futuro pontefice, si procedette comunque ad un lungo mercanteg­ giamento, per patteggiare con i singoli grandi elettori le condizioni della lo­ ro adesione. Il tutto si svolse nella notte tra il 28 ed il 29 agosto. Mentre Mar­ co Barbo, ed altri cardinali più anziani dormivano nelle loro celle ignari di tutto, i vari porporati coinvolti nell'operazione furono chiamati ad uno ad uno nell'alloggio del cardinal Cybo. Grazie alla penna di Johannes Burckard (testimone diretto dei fatti) disponiamo di un resoconto quanto mai sugge­ stivo di quella scena notturna. Ecco dunque le sue famose parole: il cat·dina­ le di Molfetta (cioè appunto il Cybo), «ante horam sextam noctis [dunque prima dell'una], incepit in camera sua signare supplicationes ad instantiam quonmdam cardinalium. Genuflexus super uno genu, supplicationes super quodam forzerio ante se positas signabat, cardinalibus aliquibus circumstan­ tibus qui signaturas huiusmodi petebant et expectabant. Supervenit ad hec Reverendissimus dominus cardinalis Senensis [Francesco Todeschini Picco­ lomini], qui, huismodi videns, subridendo dixit; "Questo va a riverso; el pa­ pa signando sta in ginocchione, et noi che domandiamo stiamo ritti !"»148• L'indomani, i cardinali che avevano stretto l ' accordo annunciarono ai loro confratelli di avere raggiunto e superato il quorum necessario dei 17 voti, e quindi di avere in mano l 'elezione. Gli altri cardinali dovettero pren­ dere atto del fatto compiuto, e Giovanni Battista Cybo di primo mattino (presumibilmente intorno alle 6), divenne dunque papa, con il voto unani­ me di tutto il Collegio nemine discrepante149• Stefano Infessura, ci ha de-

mod�stia aveva cercato di sminuire il valore del proprio operato, pronunciò queste precise parole che il Talenti volle riferire in discorso diretto: «Misser Joanne Ange­ lo, se Monsignore mio [cioè Ascanio] ve negasse haveme dato questo pontificato, noy lo convenciressemo con XX testimonij, peroché ad uno tracto ne pmiò XIillvo­ ce de cardinali che haveeno posto el voto suo in scripto, in modo che l'è necessario ch'el confessa quello vi havemo dicto del beneficio ne ha conferto Sua Signoria, in questa nostra promotione, et così vi comandamo ne scrivati al Signore vostro et al Si­ gnor ser Ludovyco [Ludovico il Moro], chiarindoli che per lo interesse de quello stato siamo per fare non manco como per lo nostro proprio, sì per nostra naturale in­ clinatione, sì ancora per la obligatione ne reputamo havere verso Monsignore vo­ stro». Da queste parole il Talenti ne ricavò, giustamente, che «l'opera de lo Illustris­ simo et Reverendissimo Monsignore vostro barba [cioè Ascanio] da Nostro Signore [Innocenza VIII] è indicata essere stata potissima causa de la sua promotione, et in questa sententia resta tutta questa corte, il che cede ad reputatione grandissima de Sua Signoria Reverendissima et ad non picola auctorità de quello inclito stato vo­ stro»: ASM, Sforzesco, 96 [Roma] (Talenti al duca, 1484 settembre l O, Roma). 1 48 BURCKARDI Liber notarum cit., I, p. 47. 149 Abbiamo già parlato nella nota l (cfr. Supra) delle discordanze tra le diverse fon­ ti circa l'ora dell'elezione del cardinal Cybo. In parte le divergenze possono dipendere

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scritto da par suo il momento in cui i cardinali che non erano stati messi a parte dell' accordo notturno vennero informati dell'accaduto; «mane autem facto, vocaverunt illos dormientes, dixeruntque illis; "Venite, papam feci­ mus ! . At illi dixerunt ; "Quem?". Responderunt "Melphitensem". Dixerunt illi: "Quomodo?". Responderunt: "Hac nocte, dum donnivistis : congrega­ vimus omnes voces praeterquam vestrum dormientium". At illi, videntes quod erant decem octo, vel decem novem, qui consenserant, et quod ipsi, tamquam pauciores, non poterant actum disturbare, consentierunt»150• Una volta eletto, il Cybo fu posto a sedere sul seggio papale, ricevette l'anello che era stato di Sisto IV, e dichiarò di scegliere il nome di Innocenza VIII ; dopodiché fu subito chiamato a sottoscrivere il capitolato elettorale del giorno prima. A sottoscrizione avvenuta, il cardinale di Siena Francesco To­ deschini Piccolomini, in qualità di priore dei cardinali diaconi, aprì la finestra della capella minor e annunciò alla folla sottostante l'avvenuta elezione151• "

dal fatto che talune fonti (come ad esempio il Vespucci) potrebbero aver frainteso tra l'ora dell'elezione formale e l'ora in cui un numero di cardinali sufficienti ad assicurare l'elezione stessa prese l 'impegno di eleggere il Cybo. Ad ogni modo le fonti più atten­ dibili, e cioè il diario del Burckard e il registro degli Acta Camerarii si differenziano per un'ora soltanto (Burckard parla infatti dell'ora X e il registro dell'ora XI). Non sarà ir­ ragionevole allora, pensare ad un orario che possa in qualche modo avvicinarsi al pas­ saggio da un'ora all'altra, il che ci porterebbe all'incirca intorno alle 6 del mattino. Riguardo l'unanimità dell'elezione cfr. invece BURCKARDI Liber notarum cit., I, p. 47. Guidantonio Vespucci (cfr. infra la nota 1 50), dichiarò peraltro che Marco Barbo (evidentemente piuttosto scornato) non volle votare direttamente per il car­ dinal Cybo, ma vi aderì per ultimo con il sistema dell' accessum. 15° Cfr. Diario della città di Roma di Stefano Infessura cit., p. 1 7 1 . Analoga la ri­ costruzione di Guidantonio Vespucci: «Et facto questo, veduto che il numero delle voci si appressava alla perfectione, lo feceno intendere a quelli che erano contrarii, affeimando esser tanti che bastavano. Et inteso questo, inanzi si venissi allo scruti­ nio, tutti consentirono, in modo che, faccendosi poi lo scrutinio, due hore innanzi dì, tutti decteno la voce scoperta, excepto che Sancto Marcho, el quale la decte per accessum», ASF, Dieci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 29, Roma). I cardinali dormientes secondo Infessura furono Giovanni Conti, Marco B arbo, Joan Margarit i Pau, Jorge da Costa, Francesco Todeschini Piccolomini (ma dalla te­ stimonianza del Burckard sopra riportata sappiamo che egli in realtà ebbe modo di assistere alla scena svoltasi nella cella del cardinal Cybo), Olivieri Carafa, e forse, aliqui dicunt, anche Giovanni B attista Zen (cfr. Diario della città di Roma di Stefa­ no Infessura cit., p. 171). 151 B URCKARDI Liber notarum cit., I, p. 48. La fmmula con cui venne annuncia­ ta alla folla l 'elezione era già quella ancor oggi in uso; «Annuncio vobis gaudium magnum. Papam habemus. Reverendissimus cardinalis Melfitensis electus est in summum pontificem et elegit sibi nomen Innocentium VIII» (ibid.) .


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Giuliano Della Rovere - in quanto potente protettore del nuovo ponte­ fice - appariva certo come il principale vincitore della partita, tant'è che il Vespucci ebbe subito a notare, il giorno stesso dell'elezione, che «lui è papa e plus quam papa»: giudizio che venne senz'altro condiviso anche da tutti gli altri osservatori152• Ma anche i vari porporati che avevano partecipato al­ le serrate contrattazioni notturne non rimasero comunque a mani vuote. An­ zi, proprio il Della Rovere (essendo il Cybo cardinale povero) dovette farsi carico dei maggiori sacrifici per compensare i singoli elettori. Giovanni Bat­ tista Savelli, ad esempio, ebbe la legazione di Bologna (più il castello di Monticelli, presso Isola); e Stefano Nardini ebbe la legazione di Avignone (con in più l'arcipretura di S. Giovanni in Laterano). Giovanni Colmma, cui ini�ialmente si era pensato di attribuire la legazione del Patrimonio (che poi fu mvece assegnata ad Ascanio Sforza) ebbe il castello di Ceprano, più 1 5.000 ducati a risarcimento dei danni subiti nella recente guerra, una pro­ messa per benefici futuri non inferiori ai 7.000 ducati annui, e l'assicurazio­ ne della nomina di suo fratello Prospero a praefectus Urbi (in luogo di Gio­ vanni Della Rovere, fratello di Giuliano)153• Giovanni Arcimboldi (già can­ didato ufficiale della Lega) fu confermato nella legazione dell'Umbria e nel­ la titolarità della Segnatura di Giustizia, ricevette l'assegnazione di una ren­ di�a di 600 ducati l 'anno sui proventi della Dogana di Roma, ottenne (pro­ pno dal Della Rovere) la ricca abbazia di S. Sofia di Benevento (sia pure ri­ nunciando alla più modesta abbazia di S. Maria di Chiaravalle di Castagno­ la), e inoltre ebbe promessa dell'arcivescovato e dell'abbazia di S. Ambro­ gio di Milano (che si ritenevano di prossima vacanza per le condizioni di in­ fermità del Nardini)154•

152 Cfr. ASF, MAP, 39, c. 302 a (Vespucci a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 29, Roma); e anche Dieci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 29, Roma); MAP 39, c. 306 (Lotti a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 30, Roma) ; ASMo, Ambasciatori, Ro­ n:a, 4 (�·lotti al duca, 1484 settembre l , Roma); ASSi, Balia, 520 (Lanti ai Signo­ _ n d1 Baha, 1484 settembre 3, Roma); e ASMo, Ambasciatori, Roma, 4 (Arlotti a E­ leonora d'Aragona, 1484 settembre 1 3 , Roma). 1 53 Cfr. Diario della città di Roma di Stefano Infessura cit., pp. 1 7 1 - 172; e altre­ sì ASF, Dieci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 29, Roma); MAP 39, c. 302 a (Ve­ spucci a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 29, Roma); c. 306 (Lotti a Lorenzo de Me­ dici, 1484 agosto 30, Roma). Gli impegni di Itmocenzo VIII nei confronti dei cardinali Savelli, Nardini e Co­ lmma cui erano state affidate delle legazioni (così come verso Giovanni Battista Or­ sini, che ebbe la legazione della Marca) furono regolarmente onorati in data 22 set­ tem re 1484 a meno di un mese dall'elezione, cfr. ASM, Sforzesco, 96 [Roma] (A­ scamo Sforza al duca, 1484 settembre 22, Roma). '54 Su tutte queste vicende cfr. SoMAJNI, Un prelato lombardo cit., pp. 859-863 e 912.

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Tutti i cardinali che parteciparono all'accordo, ebbero insomma qual­ cosa, e dunque uscirono dal conclave con buona soddisfazione155• 8. Rodrigo Borgia da un conclave all'altro E Borgia? L'improvvisa manovra a favore del Cybo, definitasi nella tarda serata del giorno 28 aveva indiscutibilmente mandato in fumo tutta la sua strategia, costringendo il Vicecancelliere a rinunciare in via defini­ tiva all'ipotesi della sua elezione. Per uno che aveva fatto fortificare le porte di casa convinto di avere in tasca il pontificato, si dovette indubbia­ mente trattare di uno smacco di non poco conto. Da questo punto di vista, dunque, non c'è dubbio che il Vicecancelliere dovette sembrare come uno dei principali sconfitti del conclave dell' 84. Attenzione però a trarre delle conclusioni troppo affrettate. Borgia, infatti, con la prontezza e la lucidità che tutti sempre gli avevano riconosciuto, si rese conto tempestivamente di avere perduto, e seppe dunque limitare i danni aderendo in tempo utile alla coalizione vincente. Anzi, dato il ruolo di leadership che egli si era sa­ puto precedentemente conquistare, gli venne di fatto riconosciuta una po­ sizione di primo piano nella negoziazione dell'accordo finale, tanto che autori come Infessura (lo abbiamo già ricordato) riconobbero in lui la ve­ ra grande controparte di Giuliano Della Rovere e il co-autore dell'elezio­ ne del Cybo (anche perché non v'è dubbio che fino all'ultimo un atteggia­ mento di opposizione ad oltranza da parte di Borgia avrebbe potuto rimet­ tere tutto in discussione)156• li suo prestigio personale, in questo senso, non fu in alcun modo indebo­ lito dal conclave innocenziano, ma anzi risultò di fatto rafforzato, poiché Bor­ gia aveva dopo tutto dato prova di grande duttilità, dimostrando di non essere accecato dall'ambizione. Non a caso negli anni seguenti egli continuò a gode-

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,

155 Possiamo ad esempio aggiungere (oltre a quanto si è già ricordato) che al car­ dinale d'Aragona fu accordata la casa in S. Lorenzo in Lucina che era stata del car­ dinal Cybo, più la signoria su Pontecorvo. Ascanio Sforza ebbe la legazione del Pa­ trimonio, più la casa a sua tempo appartenuta a Girolamo Riario (in parte coinci­ dente con l ' attuale Palazzo Altémps) da restaurare a spese del papa. Giovanni B at­ tista Orsini ebbe la legazione della Marca (rilevata in cambio di denaro dal Camer­ lengo), più la signoria di Cerveteri; Philibert Hugonet ebbe Capranica più la pro­ messa del vescovato di Avignone; Giangiacomo Schiaffenati ebbe un palazzo alla Magliana; cfr. ASF, Dieci, 32 (Vespucci ai Dieci, 1484 agosto 29, Roma); MAP 39, c. 306 (Lotti a Lorenzo de Medici, 1484 agosto 30, Roma) ; e Diario della città di Roma di Stefano Infessura cit., pp. 1 7 1 - 1 72). 156 Ibid., pp. 170-1 7 1 . ,


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re di quella stessa grande influenza che gli era stata riconosciuta al tempo di Sisto IV, e non perdette in alcun modo né potere, né credito, né autorità157• Per il suo comportamento in conclave egli ebbe inoltre da Innocenza VIII delle ricompense ingentissime. Sin dal 30 agosto gli fu assegnata ad e­ sempio una pensione di 600 fiorini su una non meglio precisata abbazia di cui era titolare Giuliano Della Rovere158. Ma qu�llo non era che un piccolo anticipo. li 'piatto forte' arrivò infatti due giorni più tardi, e cioè il l o set­ tembre, allorquando Rodrigo Borgia venne provvisto in concistoro dell'ar­ civescovato di Siviglia, vacante dal gennaio del 1483 159. Certo, è ben vero che i re Cattolici rifiutarono poi di ammettere il Vicecancelliere al possesso di quella Chiesa (che era la seconda più prestigiosa sede di Spagna, dopo quella di Toledo), ma il papa si volle a sua volta impuntare a difesa delle ra­ gioni del suo grande elettore, e così ne nacque una lunga vertenza politica, che conobbe anche momenti di estrema asperità (come quando si an·ivò al­ l ' arresto di Pedro Luis Borgia, figlio del cardinale, ed al temporaneo seque­ stro di tutti i benefici spagnoli e di tutti i beni patrimoniali del Vicecancel­ liere e dei suoi parenti). Di fatto solo nell'agosto del 1485, il Borgia, aven­ do ormai compreso l 'iiTemovibilità dei sovrani spagnoli, decise infine di ce­ dere, e dunque rinunciò ai propri diritti sulla Chiesa Ispalensis, che in tal modo finì a Diego Hurtado de Mendoza. Ma il Vicecancelliere ebbe co-

157 A mero titolo d'esempio può essere interessante ricordare la seconda parte della lettera dell' ambasciatore fiorentino Giovanni Lanfredini a Lorenzo de Medici del 30 agosto 1488, che già ci è capitato di menzionare sopra nella nota 3 1 . Infatti dopo aver affennato - come si ricorderà - che i tre cardinali più potenti deli ' epoca di Sisto IV erano stati Rod1igo Borgia, Francesco Gonzaga e Guillaume d'Estoute­ ville, il Lanfredini completò il suo ragionamento facendo notare che «Rora è il Vi­ cecancelliere [Rodrigo Borgia], et in luogo di Mantova è Ascanio [Ascanio Maria Sforza] ; Roano è il Vincula LGiuliano Della Rovere] . Siché questi tri, quando fus­ seno d'acordo, qual non sono come erano quelli, farebbono ogni factione», cfr. ASF, MAP, 40 (Lanfredini a Lorenzo de Medici, 1 488 agosto 30, Roma). 158 La notizia di questa prima pensione è riportata da SHAW, Giulio II cit., p. 60. L'autrice peraltro sembrerebbe ritenere che questa possa esser stata la sola ricom­ pensa attribuita al Vicecancelliere da prute del nuovo pontefice, per la qual cosa es­ sa si chiede anzi se il Borgia possa essere davvero considerato come uno degli rute­ fici dell'elezione del Cybo, data la modestia della sua 'rimunerazione' (ibid.). ll dub­ bio sarebbe in effetti anche legittimo se il ' compenso' del Borgia si fosse effettiva­ mente limitato a quella sola pensione, ma in realtà non fu affatto così, come si può facilmente dimostrare in base ai dati riportati qua sotto nelle note 1 59 e 1 6 1 - 1 64. 159 Molti documenti sulla vicenda della collazione al B orgia dell' arcivescovato di Siviglia (il cui valore era stimato per non meno di 1 5.000 ducati annui) si posso­ no trovare in ASVe, Podocataro, 2. Qui ci limiteremo a menzionare i p1imi in ordi­ ne cronologico: ibid., (copia di breve di Innocenza VIII a Pedro Gonzalez de Men­ doza, 1484 settembre l , Roma apud Sanctum Petrum; copia di breve di Innocenza

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munque di che consolarsi, in quanto - in cambio della sua rinuncia a Sivi­ glia - ebbe modo di vedere di lì a pochi mesi (e cioè nel dicembre dell' 85), lo stesso Pedro Luis elevato all'ambìto e prestigioso rango di duca di Gan­ dia160. Né d'altro canto l'arcidiocesi di Siviglia fu l'unico 'premio' tributato a Rodrigo Borgia da patte del papa. Già il 12 di settembre (del l484) egli si fece infatti conferire l ' abbazia di S. Benedetto extra muros di Valencia161; do­ podiché, due giorni più tardi, arrivò la conferma dell'investitura a vita di Ne­ pi e Civitacastellana, accompagnata (nella stessa circostanza) anche da altre significative concessioni, tra cui un indulto sulla collazione dei benefici del­ le diocesi di Porto, Valencia e Cartagena, e una conferma di hitta una serie di precedenti privilegi (risalenti al tempo di Pio II, Paolo II e Sisto IV) rela­ tivi al governo della diocesi valenzana e della Vicecancelleria162. Meno di una settimana dopo inoltre, e cioè il 18 settembre, atTivò a Borgia l'assegna­ zione a vita del castello e del territorio di Soriano, seguita il giorno 22 da

VIII (manu propria) a destinatario imprecisato [ma Ferdinando II d'Aragona e Isa­ bella I di Castiglia] , 1484 settembre l , Roma apud Sanctum Petrum; e copia di bre­ ve di Innocenza Vill a Rodrigo B orgia, 1484 settembre 3 , Roma apud Sanctum Pe­ trum). 160 Una buona ricostruzione della complessa crisi diplomatica legata alla vicen­ da dell' arcivescovato di Siviglia si può trovare in PÉREZ, Isabella e Ferdinando cit., p. 175; e in T. DE AzcoNA , Refm·ma del episcòpado y del clero de Espafia en tiem­ po de las Reyes Catolicos y de Carlos V (I475-I558), in La Iglesia en la Espafia de las siglos XVy XVI, a cura di J. L. GoNZALEZ NovALIN (ill/1 della Historia de la I­ glesia en Espafia, a cura di R. GARCIA VILLOSLADA) , Madrid 1980, pp. 1 25- 1 26. Avendo finito per rinunciare all' arcivescovato di Siviglia, di cui non aveva in realtà mai potuto prendere possesso, il Borgia conservò la sede di Cartagena, che altrimenti avrebbe dovuto cedere (cfr. EUB EL, Hierarchia catholica cit. , II, pp. 1 19 e 165. Per quanto concerne l 'investitura di Pedro Luis B orgia a duca di Gandia, il 3 di­ cembre del 1485, cfr. FusERO, I Borgia cit., pp. 170- 17 1 ; e anche MALLETI, The Borgias cit., p. 102. 161 Cfr. DE Roo, Materia[ far a Histmy cit., II, p. 243. 162 Per la confe1ma della signoria borgiana di Nepi e Civitacastellana (e così pu­ re di Anticoli) ibid., II, p. 223. Tra gli altri plivilegi per cui il Borgia si fece rila­ sciru·e bolla di conferma il 14 di settembre, ricorderemo invece quello del l o otto­ bre 1463 (già confe1mato da Paolo II nel ' 65 e poi anche da Sisto IV nel ' 7 1 ) in me­ lito alla facoltà di intervenire discrezionalmente nella riforma dei monasteri fem­ minili della sua diocesi valenzana; oppure ricorderemo quello del 6 marzo 1472 sul­ la possibilità di designare e rimuovere dei prop1i sostituti nella Vicecancelleria; e quello del 2 1 marzo '72 sulla facoltà di accordare dispense matrimoniali in diocesi di Valencia (ibid., II, pp. 78 e 99-103). Per quanto concerne invece l 'indulto che concedeva al Borgia la provvista dei benefici riservati alla Sede Apostolica, relati­ vamente ai propri vescovati, cfr. ibid., II, p. 243.


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una bolla relativa alla conferma della facoltà di disporre per testamento di gran parte dei propri benefici163• E anche questi erano in realtà soltanto i pri­ mi segnali di quella lunga serie di ricche elargizioni che il Borgia sarebbe riuscito ad ottenere senza alcuna difficoltà da Innocenzo VIII lungo tutto l'arco di quel pontificato. Basti pensare, a mero titolo d'esempio, al vesco­ vato di Majorca (conseguito nell' 89) o a quello di Eger (nel '91), oppure al­ l'erezione della sede di Valencia in arcidiocesi (nel luglio del '92): per non parlare nemmeno, poi, dei numerosi altri monasteri o della gran quantità di benefici di cui egli venne graziosamente compiaciuto nel corso degli anni164•

163 Per quanto riguarda Soriano, ibid., pp. 243-244. Sulla bolla di conferma della facoltà di dispone per testamento dei benefici (un privilegio che Rodrigo Borgia si era già visto accordare da Sisto N nel gennaio del 1472 e che era stata poi rinnovata nel gennaio del 1480), ibid., II, p. 1 69. '64 Possiamo qui ricapitolare succintamente i benefici di cui B orgia venne com­ piaciuto da Innocenza Vill durante gli 8 anni di quel pontificato (tralasciando però le concessioni del 1484, di cui ci siano appena occupati): ebbene, nel gennaio del 1485 egli ebbe una pensione di 300 ducati sulla diocesi Silvensis; nel gennaio dell' 8 6 un'altra pensione di 700 ducati sulla diocesi di Talavera, nel marzo seguen­ te la precettoria di S . Antonio di Napoli, seguita a sua volta da un canonicato e da una 'abbazia secolare' nella cattedrale di Burgos e da altri benefici minori in quella stessa diocesi. Successivamente, col settembre dell' 86, arrivò il priorato di Nogera in diocesi di Calahona; poi nel febbraio dell'87 l 'arcidiaconato della cattedrale di Segovia, e nel giugno seguente l 'abbazia cistercense di Peterwardein (in Ungheria), ed entro agosto un canonicato nella cattedrale di Salamanca. Nel febbraio dell'89 atTivò poi il priorato di S. Maria di Urgel, quindi in marzo un'abbazia in diocesi di Vich (poi rinunciata), in settembre l ' abbazia di Trianos (in diocesi di Leon), in ot­ tobre il già ricordato vescovato di Majorca, e in novembre l 'arcidiaconato della cat­ tedrale di Plasencia. Nel febbraio del 1490 fu quindi la volta dell'abbazia di Monte Aragòn (in diocesi di Huesca); alla fine del 1491 del vescovato di Eger; e nel mag­ gio del 1492 della precettoria dei Cavalieri Teutonici di Palermo (ibid. , pp. 243-256; e EUBEL, Hierarchia catholica cit., II, pp. 82-83, 1 65, 1 84 e 263). Riguardo in particolare all'assegnazione al Vicecancelliere del vescovato di Majorca, bisogna subito diTe che essa fu accompagnata dall' estensione anche a quell a diocesi dell' indulto di cui il Borgia già godeva per gli altri suoi vescovati spa­ gnoli (DE Roo, Materials far a HistOI)' cit. , p. 252). Quanto invece all'erezione in arcivescovato della sede valenzana nel luglio del 1492, si può ricordare che essa fu accompagnata dalla attribuzione a quella nuova provincia ecclesiastica dei vescovati di Cartagena e Majorca, sedi entrambe sotto­ poste, all'epoca, alla titolarità dello stesso Borgia, il quale quindi si ritrovò ad esse­ re ad un tempo arcivescovo e suffraganeo di se stesso. La creazione della nuova pro­ vincia valenzana non implicò patticolari sconvolgimenti nella geografia ecclesiasti­ ca iberica, in quanto sia Valencia, sia Cartagena, sia Majorca erano sedi immediate subiectae a Roma (ibid., pp. 90-91 ) .

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Insomma nel 1484, Rodrigo Borgia tentò indubbiamente la conquista del pontificato (ed era la prima _volta che lo faceva con de�er�azi�ne). Ma�c� l'o� biettivo, ma da quell'espenenza egli_ non usci, tuttavm mdebohto. Infatti nusci a trasfmmare comunque quell'insuccesso in una mezza vittoria; e questo, otto anni più tardi, gli permise oggettivamente di ripresentarsi con immutato presti­ gio (ed anzi ancor più ricco e più forte ?i prima) al decis�vo appu�tamento con il nuovo conclave, seguito alla morte di Innocenzo VIIIil 25 luglio del 1492.


MARCO PELLEGRINI Il profilo politico-istituzionale del cardinalato nell'età di Alessandro VI: persistenze e novità

È indubbio che il pontificato di Alessandro VI segnò un periodo di in­ debolimento dell'ethos cardinalizio, intendendo questo concetto non tanto nei termini di una generica moralità, ma più precisamente nell'accezione in cui esso veniva percepito nel secondo Quattrocento, ossia come neces­ sario punto di intersezione fra officium giuridico e onus etico'. Nel tentati­ vo di fornire una chiave d'interpretazione storica per simili avvenimenti, è stato giustamente notato che fu la stmmentalizzazione della dignitas car­ dinalizia a fini allotri rispetto ai suoi compiti istituzionali a scatenare la de­ cadenza morale: se ne può avere la conferma guardando alla politicizza­ zione di una cospicua frazione del Sacro Collegio e all' asservimento di es­ sa a obiettivi di politica partigiana, fenomeno peculiare dell'epoca rinasci­ mentale2. A riprova di ciò, si può aggiungere che la successiva riforma del cardinalato, durante il ' secolo lungo' dell'applicazione del Tridentino alle stmtture della curia, dovette anzitutto puntare alla neutralizzazione dei po­ teri del cardinalato sul piano della politica temporale, preludio alla sua successiva burocratizzazione3• La questione è assai complessa e, allo stato attuale, la storiografia non ha ancora fornito trattazioni sistematiche ed esaustive del proble­ ma4. Nel ricostmire qui sommariamente i lineamenti giuridico-istituzio-

' Indicazioni preliminari sull'argomento in M. PELLEGRINI, Da Iacopo Am­ mannati Piccolomini a Paolo Cortesi. Lineamenti dell'ethos cardinalizio in età ri­ nascùnentale, «RR roma nel rinascimento. Bibliografia e note», 1 998, pp. 23-44. Un esempio relativo all'età di Alessandro VI è illustrato in D.S. CHAMBERS , What made a Renaissance cardinal respectable? The case o] cardinal Costa of Portugal, «Renaissance Studies», 1 2/1 (1 998), pp. 87-108. 2 J.A.F. THOMSON, Popes and Princes, 1417-1517. Politics and Policy in the Late Medieval Church, London 1 980, pp. 57-77. 3 W. REINHARD, Struttura e significato del Sacro Collegio tra la fine del XV e la fine del XVI secolo, in Città italiane del '500 tra Riforma e Controriforma, Luc­ ca 1988, pp. 257-265; N. PELLEGRINO, Nascita di una 'burocrazia ': il cardinale nel­ la trattatistica del XVI secolo, in 'Familia ' del principe e jcÙniglia aristocratica, a cura di C. MozzARELLI, II, Roma 1988, pp. 63 1 -677. 4 Il volume di B. Mc CLUNG HALLMANN, Italian Card�nals, Reform, and the


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IL PROFILO POLITICO-ISTITUZIONALE DEL CARDINALATO

nali del cardinalato così come è dato coglierli nell' epoca di Alessandro VI, si prenderà come punto di partenza la constatazione, assodata da una lunga tradizione di studi, del declino attraversato dall' auctoritas cardi­ nalizia in età rinascimentale. Prima di addentrarci nel discorso, non sarà inopportuno richiamare alla memoria che, fin dalla genesi dell'istituzione nel secolo XI, ciò che animava il codice di comportamento dei cardinali di curia, in quanto vi­ gilanti oculi Romanae Ecclesiae, era il costante ossequio all' autorità pon­ tificia e all'onore della Chiesa5• Il principio della libertas Ecclesiae, che costituiva la raison d' etre istituzionale della corte di Roma e del Senato cardinalizio, non doveva mai essere contraddetto dal cardinale nel suo comportamento, almeno in pubblico. Questo significava, nei fatti, che qualsiasi porporato doveva attribuire la sua obbedienza, il suo debitum fi­ delitatis, a nessun altro sovrano terreno se non al sommo pontefice; il quale a sua volta era vincolato a un suo peculiare officium, un metro in base al quale poteva essere giudicato e condannato, risalente al bonum Ecclesiae, al retto governo della cristianità in generale e della Chiesa ro­ mana in particolare6• Attribuire ad altre fonti di autorità - nella fattispecie, alle potenze se­ colm·i - la propria dependentia, rappresentava per il cardinale una devia­ zione che tendeva a distruggere la sua immagine. Tanto per citare un so­ lo importante esempio, relativo all'epoca qui trattata, di porporato sog-

giogato alle logiche del secolo, ricorderemo Federico S anseverino, il car­ dinale Malleacense, la cui reputazione in corte di Roma era ricoperta di fango da due ordini di motivazioni, che risultavano concatenati l'un l'al­ tro. Il primo era la sua compromissione con la politica secolare e i suoi metodi. Prima di ricevere il cappello rosso, egli aveva svolto mansioni di governo a Milano, esercitando, benché chierico, funzioni di tutela del­ l ' ordine pubblico e di amministrazione della giustizia: fattore che gli a­ veva imposto, all'occorrenza, di mandare al patibolo i malfattori e di cir­ colare per la città con un seguito di armati, come un bargello. Privo del­ l ' autorizzazione papale, questo comportamento risultava detestabile al­ l 'opinione di curia, secondo la quale un uomo di Chiesa doveva piuttosto subire che fare uso della violenza e doveva aborrire lo spargimento di san­ gue, soprattutto se provocato da ragioni attinenti alla politica secolare7• Il secondo ordine di motivazioni riguardava lo stile comportamentale del Sanseverino, che anche in pubblico teneva più del rude e prepotente uo­ mo d'arme che del sorvegliato e cerimonioso alto prelato della corte ro­ mana. Per questo solo fatto, la figura del Malleacense suscitava l'univer­ sale avversione alla corte romana, tanto che non si parlò mai di lui se non come di un contraltare negativo all'ideale del perfetto porporato8• Secondo un'angolatura di tipo giuridico-istituzionale, il proliferare in età rinascimentale di simili personaggi per i quali era irrilevante la capacità di esercitare correttamente le proprie prerogative di governo della Chiesa, può essere interpretato come indice dello svuotamento di quelle stesse pre­ rogative e della loro sostituzione con funzioni di natura diversa9• Le origini di tale processo sono rintracciabili nei primissimi decenni del Quattrocen­ to: quando, vanificate le pretese di governo oligarchico che avevano spinto il Sacro Collegio verso la china del Grande Scisma10, si aprì il processo di restaurazione della monarchia pontificia, da Martino V in poi. Nel nuovo contesto storico, la dignità del cardinalato fu assorbita progressivamente nella sfera della suprema autorità papale e venne sceverata di ogni forma di potere indipendente da essa. A sintomo del mutamento di atmosfera può es-

Church as Property (1492-1563), Berkeley 1 985 (Publications of the UCLA Center for Medieval and Renaissance Studies, 22), oltre a riferirsi a un periodo cronologi­ camente posteriore a quello qui preso in esame, è incentrato quasi unicamente sul­ lo studio dei compmtamenti economici dei cardinali cinquecenteschi, specialmente in relazione all' approvvigionamento attraverso la proprietà ecclesiastica. Una buo­ na sintesi introduttiva è il saggio di M. FIRPO, Il cardinale, in L'uomo del rinasci­ mento, a cura di E. GARIN, Roma-Bari 1988, pp. 75- 1 3 1 . 5 Una recente e stimolante messa a fuoco di tali questioni nella collettanea di E. PÀSZTOR, Onus Apostolicae Sedis. Curia romana e cardinalato nei secoli XI-XV, Roma 1999, soprattutto pp. 29-46. 6 Si può aggiungere che è sulla base di tale principio, assai più che non a cau­ sa dei famigerati misfatti commessi nel privato del suo entourage familiare, che A­ lessandro VI sarebbe stato imputabile di scandalo e di indegnità da parte di un ipo­ tetico tribunale conciliare. Ne può costituire esempio un tentativo compiuto nel 1495 dal re di Spagna di incriminare il papa per abuso per avere investito il figlio Giovanni B orgia, duca di Gandìa, della città pontificia di Benevento, che venne co­ sì alienata al patrimonio temporale della Chiesa (cfr. infra, nota 59). Tutte queste imputazioni avrebbero fatto aggio sul primo e più grave capo d'accusa che un e­ ventuale processo avrebbe sollevato contro il B orgia, l ' elezione simoniaca.

7 ASF, Mediceo Avanti il Principato, filza 52, c. 145: Piero Alamanni a Loren­ zo de' Medici, 1491 maggio 1 8, Roma. 8 G.B. PrcoTTI, La giovinezza di Leone X, il papa del Rinascimento, Milano 1 928 (rist. anast. Roma 1 9 8 1), p. 298. 9 P. PRODI, Il sovrano pontefice. Un corpo e due anime: la monarchia papale nella prima età moderna, Bologna 1982, pp. 1 69-189. 10 M. S oucHON , Die Papstwahlen in der Zeit des grossen Schismas. Entwick­ lung und Verfassungskampfe des Kardinalates, 1378-1417, Braunschweig 1 8981 899; E . PÀSZTOR, Funzione politico-culturale di una struttura della Chiesa: il car­ dinalato, in PÀSZTOR, Onus Apostolicae Sedis cit., pp. 347-363.


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sere preso un pronunciamento di Eugenio IV avvenuto nel 1440, in occa­ sione di un'impm1ante disputa di precedenze alla corte papale. Esprimen­ dosi attraverso il linguaggio del cerimoniale, il papa poté asserire la supe­ riorità del cardinalato in quanto officium, cioé magistratura preposta ad as­ sistere il pontefice nel governo della Chiesa, e non in quanto orda sacer ché i cardinali erano pur sempre vescovi, preti e diaconi - su qualsiasi altro orda, civile ed ecclesiastico, arcivescovile o primaziale che fosse11• L'uni­ versalità della iurisdictio del cardinalato veniva dunque fatta derivare dal­ l'universalità della iurisdictio del papato, e non poteva sussistere al di fuo­ ri - e men che mai contro - di quest'ultima. Fu questo l 'orizzonte di valori dominante alla corte di Alessandro VI. Qui l 'antica nozione ierocratica, di ascendenza leonina, dell'indivisibilità e dell'universalità della giurisdizione del sommo pontifice sopra gli affari della cristianità, nel temporale come nello spirituale (regimen totius mun­ di), era talmente invalsa nella mentalità corrente da costituire il fondamen­ to primo del bagaglio giuridico degli ufficiali di curia12• Ad essa si accom­ pagnava la definizione della Chiesa romana come monarchia pontificia, se­ condo le coordinate dottrinali esposte un cinquantennio prima dal Torque­ mada nella Summa de Ecclesia13• Ne discendeva che solo nella comparteci­ pazione in via subordinata alla multiforme attività giurisidizionale del vi­ cario di Cristo, sovrano assoluto della Chiesa, poteva risiedere l'ubi consi­ stam della dignitas cardinalizia. In quali modi fosse legittimo per il porporato espletare le sue giuste prerogative di iudicium e di consilium non era chiaro ancora alla fine del Quattrocento. Alla metà del secolo, il giurista lodigiano Martino Garati - la cui fama doveva essere ben viva anche all'università di Bologna, all'epoca in cui vi studiò il giovane Rodrigo Borgia - affrontò l 'argomento in un trat­ tatello De cardinalibus. In esso veniva anzitutto ribadita l 'unità del ceto

cardinalizio con il papa, con cui costituiva, secondo l a visione organicista comune alla cultura medievale, unum corpus di cui il pontefice era caput: tutto l 'insieme si definiva come la Chiesa romana. Passando a considerare l ' officium dei porporati, esso veniva indicato nel «gubemare totum mundum» insieme al papa: lo spazio di intervento cardinalizio era localizzato nelle decisioni e negli ardua negotia spettanti al pontefice, e per il quale era richiesto un apporto di tipo consultivo, tenden­ te a potenziare una capacità decisionale che il pontefice non deteneva a ti­ tolo individuale ma corporativo, in quanto primate della Chiesa romana. Ri­ spetto alla figura del papa, ijratres del Collegio si ponevano dunque in un rapporto di contiguità necessaria, in linea con un'ispirazione d'impronta co­ stituzionalista che tendeva a divaricare il modello di governo ecclesiastico da quello del principato secolare coevo: il quale, soprattutto in Italia, aveva invece imboccato la via di un esercizio 'tirannico' dell'autorità. Dal quadro delineato dal Garati risultava, per contrasto, un modello aristocratico di conduzione degli affari ecclesiastici, entro il quale il Sacro Collegio rive­ stiva le funzioni di un senato che, nel richiamarsi esplicitamente a quello dell' antica Roma, faceva proprio l ' antecedente già rievocato da s. Pier Da­ miani ai primordi dell' istituto cardinalizio'4• Sono queste le fonti giuridiche di un linguaggio letterario destinato a una certa fortuna nel periodo a cavallo fra Quattro e Cinquecento, quasi su­ pernuotante una realtà storica che si faceva sempre più sorda, quando non avversa, alle aspirazioni costituzionali di cui era veicolo. Com'è noto, il Sa­ cro Collegio nel De cardinalatu di Paolo Cortesi è chiamato senatus e la so­ vranità sulla respublica christiana è detenuta dal papa e dai cardinali con­ giuntamente, come esprime la formula romaneggiante che il Cortesi coniò (P.M.S.Q.: Pontifex Maximus Senatusque), riprendendo l 'archeologico ter­ mine di Pontifex Maximus introdotto da Niccolò V'5• Dietro tali ricercati ar­ tifici stava un'ideologia ben precisa, che potremmo definire temperata se ri­ ferita al papato, senatoria e principesca se riferita al cardinalato. Espressa . nei termini anticheggianti propri dell'umanesimo curiale, tale visione era ce11amente condivisa da un certo numero di membri del Sacro Collegio nel­ l' età di Alessandro VI; fra di essi, spiccava Ascanio Sforza, il cardinale­ principe della dinastia ducale milanese, colui che suggerì al Cortesi di mu-

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11 W. ULLMANN, Eugenius IV, Cardinal Kemp and Archbishop Chichele, in London 1976, cap. XIII, pp. 3 7 1 -373. 12 Come si può desumere dall'elenco di conclusiones dibattute nel 1494 intor­ no a questioni de maioritate et obedientia, riportato in JOHANNIS BURCKARDI Liber notarum ab anno 1483 usque ad annum 1506, a cura di E. CELANI, RIS2, 32/1 ( 1 90719 10), p. 463. li principio secondo cui al papa competeva il regimen totius mundi risaliva, com'è noto, a Leone I, il definitore della plenitudo potestatis apostolica; una sua applicazione pratica, all'alba dell' età modema, fu il trattato di Tordesillas. 1 3 Sulla funzione trainante dell'opera del Torquemada nell'evoluzione dell'ec­ clesiologia quattrocentesca in senso papalista, cfr. T.M. lzBICKI, Protector of the ULLMANN, The Papacy and Politica! Ideas in the Middle Ages,

Faith. Cardinal Johannes de Turrecremata and the Defense of the 1nstitutional Church, Washington D.C. 1 9 8 1 , pp. 75 e ss.

14 G. S oLDI RoNDlNINI, Per la storia del cardinalato nel secolo XV (con l'edi­ zione del trattato 'De cardinalibus ' di Martino Garati da Lodi), Milano 1973 (Me­

morie dell'Istituto Lombardo-Accademia di S cienze e Lettere. Classe di Lettere, Scienze morali e storiche, 33/I), pp. 60-61. 15 I . KAIANTO, Pontifex Maximus as Title of the Pope, «Arktos. Acta Philo1ogi­ ca Finnica», 15 (1981), pp. 37-52.


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tare il suo progetto di trattato sul perfetto principe in quello che noi leggia­ mo come lo ' specchio' del cardinale ideale del rinascimento16• È lecito supporre che il patrocinio di una visione corporativa e aristo­ cratica del cardinalato, incentrata sull'idea di eccellenza personale e istitu­ zionale del porporato in seno a una Chiesa romana in cui papa e cardinali sono tutt'uno, derivasse allo Sforza dal suo background di principe di san­ gue ducale, più che da una lucida e riflessa consapevolezza delle proprie prerogative in quanto cardinale di curia. Tale considerazione sorge dal con­ statare che, nel suo modellarsi sull' esempio della grande nobiltà secolare, l'immagine cartesiana del pe1fetto porporato che splendeva di luce propria, emanazione di una virtus prodotto di natura e cultura ed esprimentesi al massimo grado nell' attività ' politica' di governo della Chiesa, racchiudeva in sé sul nascere qualcosa di inattuale, se non proprio di contraddittorio ri­ spetto al presente: vagheggiava cioè, imbevendole di essenza classicista, un insieme di prerogative cardinalizie che stavano già declinando e trasfor­ mandosi in altro al momento della pubblicazione del trattato17• Ciò non to­ glie che fossero proprio questi i lineamenti più generalmente individuati dali' opinione comune fra Quattro e primo Cinquecento nel definire lo sta­ tus del cardinale. L'associazione dei porporati alla sacralità pontificia fu, insieme alle favolose ricchezze da loro cumulate e al loro rango sociale, assimilato a quello dei re, l'elemento che giocò maggiormente sull'immaginario collet� tivo in età rinascimentale. Tali elementi produssero un'immagine quasi mi­ tologica del cardinale, dovuta alla sua comunione privilegiata con la mae­ stà spirituale del pontefice e alla sua preminenza nella gerarchia non solo ecclesiastica, ma anche terrena. Per citare un solo esempio fra i molti pos­ sibili della percezione della dignità cardinalizia allora diffusa nella cristia­ nità occidentale, osserveremo che nei sermoni di uno dei più celebri predi­ catori italiani della seconda metà del Quattrocento, Bernardino da Feltre, la figura del cardinale compare come detentrice di poteri straordinari, tanto da diventare l' allegoria della grazia divina. Per trasmettere ai suoi ascoltatori l'idea agostiniana della grazia liberatrice, per la quale non è mai troppo tar­ di intervenire, Bernardino da Feltre attinse al testo di illustri giuristi, quali Baldo degli Ubaldi e Paolo di Castro, che comprovavano che se un con­ dannato a mmte avesse incontrato per la strada verso il patibolo un cardi-

naie che gli avesse posto il pileo sopra il capo, sarebbe stato salvo. Dunque:

16 D. CANTIMORI, Questioncine sulle opere progettate da Paolo Cortesi, in Stu­ di di bibliografia e storia in onore di Tammaro De Marinis, I, Verona 1 963, pp. 278-

279.

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G. FERRAÙ, Politica e cardinalato in un'età di transizione. Il "De cardina­ latu " di Paolo Cortesi, in Ronza capitale (1447-1527), a cura di S . GENSINI, Pisa 1 994, pp. 5 1 9-540.

Umbra pilei cardinalium liberat a morte18•

Colpisce notare come le deformazioni subite dal concetto di cardinala­ to nella mentalità corrente trovassero un riflesso nella produzione letteraria proprio nel momento in cui l ' auctoritas ad esso connat�rata st�v� co�o­ scendo un inarrestabile declino. Nell' arco del XV secolo s1 era ch1anto l m­ dirizzo lungo il quale si sarebbe risolto il conflitto di poteri ape1tosi fra il papato e il Sacro Collegio durante l'età avignonese, in conseguenza dell' e­ norme crescita di importanza acquisita dal ceto cardinalizio entro le strut­ ture della corte pontificia19• In ultima analisi, la sola delle originarie prero­ gative cardinalizie destinata a rimanere davvero indisputata nei secoli suc­ cessivi sarebbe stata l 'elezione del pontefice; e l 'unico momento nel quale il Sacro Collegio avrebbe potuto godere senza dispute della plenitudo pote­ statis sarebbe stato quello della vacanza della Sede apostolica: potestas pa­ pae remanet in Collegio papa defuncto, recitava un ada�io allor� �itt:uso. In tale speciale occasione, i cardinali amavano paragonarsi alle rad1c1 d1 un al­ bero, nelle quali si conserva la forza vitale nel momento in cui, con la mor­ te del papa, il tronco viene tagliato20• A questo proposito, può essere interessante aggiungere che nel secon­ do Quattrocento fu proprio la funzione elettorale del Collegio a offrire lo spunto per una suggestiva riasserzione della sua natura di corpo sovrano. Entrò allora in circolazione una leggenda apocrifa che, per via figurata, ten­ deva a risolvere affermativamente la controversia intorno allo ius divinum del cardinalato, fondendolo con lo ius divinum del primato del vescovo di Roma in quanto successore di Pietro. . , . Secondo tale leggenda, Pietro volle ricreare a Roma la comumta degh apostoli riunita a Gerusalemme, con la quale si con�ultav� abitualmente )Jri­ ma che il gruppo si spargesse per il mondo a predicare il Vangelo. Il VIca­ rio di Cristo fondò pertanto nell'Urbe un collegio di ventiquattro preti e dia­ coni da lui prescelti, decidendone il numero in base al modello dei venti­ quattro vegliardi dell'Apocalisse; sotto papa Silvestro, tali consultori apo-

18 BERNARDINO DA FELTRE, Sermoni, a cura di C.VARISCHI, I, Milano 1964, pp. 1 68-169. 1 9 Può essere opportuno ricordare che fu solo nel primo Trecento, e ad opera di un cardinale espe1to canonista come Giovanni Monaco (Jean Lemoine), che fu sta­ bilita la norma di diritto consuetudinario che prescriveva al papa di attenersi al con­ sensus jratrum nel disporre delle res arduae (H. JEDIN, Storia del concilio di Tren­ to, I, Brescia 1973, pp. 90-91 ) . 20 W. ScHORMEYER, Das Kardinalskollegium unter Pius Il, Berlin 1 9 1 4 (Historische Studien, 122), p. 90. Sul problema in generale, cfr. L. SPINELLI, La vacanza della Sede apostolica dalle origini al Concilio tridentino, Milano 1 955.


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stolici presero il nome di cardinali, in quanto cardines della Chiesa roma­ na. Pietro stesso riconobbe il loro diritto a presiedere alla scelta dei futuri vicari di Cristo, quando sottopose Clemente, che egli aveva designato co­ me suo successore, ali' approvazione del senato della Chiesa romana. Que­ st'ultimo respinse Clemente, elesse Lino al suo posto e dichiarò erronea la procedura adottata da Pietro in quanto, legittimando un sistema di succes­ sione per adozione da parte del primate, sarebbe risultata nociva al giusto governo della Chiesa romana, che era da intendersi costitutivamente come collegiale. Mostrando una remissività maggiore di quella di molta parte dei suoi successori, secondo tale leggenda Pietro si conformò al parere dei suoi confratelli del protocollegio cardinalizio, ritirò la propria designazione a fa­ vore di Clemente e riconobbe come valida l 'elezione di Lino. Il singolare racconto, diffuso ancora nel primo Cinquecento quando venne registrato dal maestro cerimoniere pontificio, era stato costruito con il chiaro intento di salvaguardare il principio dello ius divinum del cardinalato mediante un argomento filosofico, risalente alla tesi, di ascendenza aristote­ lica, della superiorità del giudizio dei molti su quello di uno solo e dunque della perfezione della collegialità come metodo di governo della Chiesa ro­ mana. Tramontate le condizioni della sua fortuna a solo pochi decenni dalla sua nascita, la pia leggenda si confuse fra le tante altre che circolavano allo­ ra per Roma intorno all'età dei mmtiri e dei papi santi e venne presto con­ dannata all' obsolescenza, se non a una vera e propria censura21• Come perfino la circolazione di simili storie può a contrario dimostra­ re, il pontificato di Alessandro VI si inserisse entro la stagione autunnale del cardinalato medievale; proprio a quest'epoca risale una lapidaria sentenza, espressa per bocca di un ambasciatore veneziano a Roma, che può bene es­ sere sussunta a cifra di tutta la vicenda testé tratteggiata, conclusasi nella perdita di ogni autonomo valore politico-costituzionale del cardinalato di fronte al nascente assolutismo papale della prima età moderna: «Senza il papa, i cardinali non possono far nulla»22• Occorre però dire che gli esiti della Machtbestrebung quattrocentesca tra papato e cardinalato sarebbero stati decifrabili solo a lungo termine, os­ sia non prima del secondo decennio del Cinquecento. Sotto Alessandro VI, quello che risaltò agli occhi dei contemporanei fu piuttosto la fragilità dei

fondamenti dell'autorità di un papa di cui era nota la natura simoniaca del­ l'elezione, un elemento che rese il Borgia perennemente vulnerabile davan­ ti a un'azione secessionista da parte di un gruppo di cardinali dissidenti. li problema venne alla ribalta in tutta la sua drammaticità fra 1494 e 1495, in occasione della calata di Carlo VIII: circostanza in cui si affacciò l'ipotesi di un concilio gallicano in terra italiana, davanti al quale Alessandro VI sareb­ be stato condotto a giudizio per essere deposto23• L'iniziativa, nata all'interno del partito dei cardinali avversari del Borgia, abmtì a un passo dalla sua rea­ lizzazione, a causa del disinteresse di Carlo VIII a impegnarsi in una riforma della Chiesa che lo avrebbe distolto dalla conquista di Napoli24• I travagli che agitarono il pontificato borgiano possono essere letti co­ me una risorgenza di problemi che la chiusura dello Scisma d'Occidente, do­ vuta a un'azione esterna alla curia romana, aveva soffocato assai più che ri­ solto, con l'elezione a Costanza di Mmtino V. Ricomposta l 'unità della Chie­ sa, rimase da dirimere il problema di quanto la funzione di auxilium et con­ silium espletata dal Collegio cardinalizio potesse rappresentare un vincolo costituzionale all'arbitrio del sovrano pontefice, e addirittura un freno alla ri­ costruzione della monarchia pontificia che i papi del Quattrocento intrapre­ sero senza inizialmente disporre di adeguati strumenti di legittimazione. L'occasione in cui le tendenze aristocratiche e costituzionaliste del Sacro Collegio potevano dispiegarsi in tutta la loro ampiezza era data dal­ le capitolazioni elettorali, apparse per la prima volta nel 1 352 e da allora sottoscritte dai cardinali in ogni conclave, con regolarità pari alla loro inef­ ficacia, nell'intento da un lato di strappare privilegi corporativi per il lo­ ro ceto, dall'altro di costringere le azioni di governo del futuro papa en­ tro alcuni basilari parametri di legittimità25• Nei fatti, tuttavia, l ' attrito che

La leggenda è stata arbitrariamente inserita da Cristoforo Marcello nella sua edizione manipolata, apparsa nel 1 5 16, del trattato sulle cerimonie in corte di Roma redatto sotto Innocenza VIII dal vescovo di Pienza, Agostino Patrizi Piccolomini: cfr. M. DYKMANS, L'oeuvre de Patrizi Piccolamini ou le cérémonial papa! de la pre­ mière Renaissance, I, Città del Vaticano 1 9 80 (Studi e Testi, 293), p. 38. 22 Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, a cura di E. ALBERI, (s. II, 3), VII, Firenze 1 846, p . 5 (P. Cappello, 1500). 21

23 P. DE Roo, Materia[ far a Hist01y of Pope Alexander VI, III, Bmges 1 924, pp. 407-420, 43 1 -434; E. VEccm PINTO, La missione del card. Francesco Piccolo­ mini legato pontificio presso Carlo VIII (ottobre-novembre 1494) , «Archivio della Società Romana di Storia Patria», 68 ( 1 945), pp. 97- 1 1 0 . 24 PHILIPPE D E COMMYNES, Mémoires, edd. J . CALMETIE-G. DURVILLE, III, Pa­ ris 1 925, pp. 86-90, dove si esagera sulle proporzioni del seguito cardinalizio a di­ sposizione del re di Francia, con l 'affermare che Carlo VIII aveva ben diciotto por­ parati dalla sua parte. A titolo di congettura, si può ritenere che agli ambienti del­ l' opposizione cardinalizia fosse legato anche il maestro cerimoniere Burcardo, il cui celebre diario in alcune parti sembra essere stato redatto anche quale memoriale di imputazioni per un eventuale processo a carico di Alessandro VI. 25 J. LULVES, Die Machtbestrebungen des Kardinalskollegiums gegeniiber dem Papsttum, «Mitteilungen des Instituts fiir 6steneische Geschichtsforschung», 35 (1914), pp. 438-455; ID., Papstliche Wahlkapitulationen. Ein Beitrag zur Entwick­ lungsgeschichte des Kardinalats, «Quellen und Forschungen aus italietùschen Archi­ ven und Bibliotheken», 1 2 (1909), pp. 2 12-235.


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nacque tra l' autorità papale e quella cardinalizia a proposito dell ' inosser­ vanza di impegni costantemente disattesi oppure ridotti a mero strumen­ to di contrattazione si ritorse a tutto svantaggio del cardinalato. Un feno­ meno già discernibile durante il pontificato del primo Borgia, Callisto III, che trovò sotto Paolo II una sistemazione giuridica, originata proprio dal proposito di polverizzare una volta per tutte la cogenza delle capitolazio­ ni elettorali. Suonarono inappellabili le dure conclusioni a cui intorno al 1464, per commissione di Paolo II, giunse il giurista Andrea Barbazza: siccome il cardinalato riceve «esse et subsistentiam» dal papato, e non viceversa, «non poterunt cardinales praefigere legem papae». Spinto dal proposito di can­ cellare ogni traccia di fondamento per le pretese del Collegio alla Mitregie­ rung, il Barbazza arrivò addirittura a intaccare la veneranda dottrina, nata nel contesto della Riforma gregoriana, dello ius divinum del cardinalato, se­ condo la quale i porporati figuravano come i successores apostolorum26• Come si vede, il giurista di Paolo II andò molto al di là dell'intento pratico di invalidare gli obblighi assunti dall' eligendo pontefice in con­ clave. Alla ricerca della verajons et origo della sovranità nella Chiesa, os­ sia del detentore ultimo della plenitudo potestatis, il Barbazza prese spun­ to dalla contesa intorno alle capitolazioni elettorali per arrivare a una pie­ na giustificazione teorica della subordinazione del cardinalato alla monar­ chia pontificia, basata sull' esigenza di unità al vertice della Chiesa carat­ teristica del momento storico. Da grande apologeta del papato della re­ staurazione quattrocentesca e del rilancio del clero secolare intrapreso da Paolo II, il Barbazza si richiamò all' analogia con la necessità di un 'unica autorità vescovile all'interno di un particolare populus, ossia diocesi, per giustificare l' esistenza di un solo caput per tutto il popolo cristiano, arri­ vando alla ferrea sentenza: così come uno solo è il vescovo a capo della diocesi, così «papa solus erit caput et solus reget ecclesiam, et non cum cardinalibus»27•

26 Sulle origini di tale dottrina, poggiante sull' idea del trasferimento a favo­ re del Collegio cardinalizio delle prerogative del Collegio apostolico, cfr. G. AL­ BERIGO, Ricerche storiche sul cardinalato, Firenze 1 96 8 , p. 29. È da notare che, benché infirmata dal B arbazza e demolita del tutto dal Lelli, che la definì «su­ perstitiosa» e frutto di umane convenzioni, la dottrina sopravvisse al XV secolo e conobbe nuova fortuna nell'età tridentina: cfr. R. TAMPONI, Il 'De cardinalis

Dignitate et Officio ' del milanese Girolamo Piatti e la trattatistica cinque-sei­ centesca sul cardinale, «Annali di Storia moderna e contemporanea» , 2 ( 1 996),

p . 1 03 . 27 W. ULLMANN, The Lega! Validity of the Papa! Electoral Pacts, in ULLMANN, The Papacy cit., cap. XV, pp. 258-260.

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Il pontificato di Paolo II rappresentò un momento particolarmente fe­ condo di elaborazioni giuridiche in chiave papalista, che cominciarono a es­ sere messe in pratica con l' avvento al soglio di Pietro nel 147 1 di Sisto IV, considerato il primo vero papa-re del rinascimento28• La successiva elezio­ ne di Innocenza VIII nel 1484 comportò tuttavia una battuta d'anesto nei progressi della monarchia pontificia in relazione all' autorità cardinalizia, dovuta al sentimento di subalternità del papa verso il suo patrono e grande elettore, il cardinale Giuliano Della Rovere (nipote di Sisto IV e futuro pa­ pa Giulio II) e verso il partito cardinalizio da lui guidato. Fu questa l'incompiuta situazione che Alessandro VI ereditò nel 1492. All' atto della sua intronizzazione, malgrado la costruzione di una nuova ecclesiologia di tipo monarchico avesse già toccato uno stadio avanzato in ambito curiale, il principio collegiale di governo della Chiesa romana re­ stava tuttora, almeno parzialmente, dominante nelle opinioni dei suoi con­ fratelli e dei suoi stessi collaboratori. Tale assunto, secondo il quale era da considerarsi indebito un uso della suprema potestas papale nelle res ar­ duae effettuato senza il consenso del Collegio, avrebbe fornito al partito cardinalizio degli oppositori del Borgia le ragioni sufficienti a ergersi a sa­ nior pars Ecclesiae per indire un concilio, davanti al quale trascinare il pa­ pa a giudizio. Per meglio comprendere il nesso fra costituzionalismo cardinalizio e conciliarismo in tutto il suo carattere dirompente a fine Quattrocento, oc­ corre precisare che su di esso si imperniava la prasseologia della via con­ cilii, che si presentava come praticabile solo se collegata a un'iniziativa di natura giudiziaria, aperta da un gruppo di cardinali attori nei confronti di un pontefice imputato di illiceità e soprattutto di incapacità a provvedere ai bisogni presenti della Chiesa29• La considerazione dello status generalis Ecclesiae, di cui una frazione di cardinali dissidenti avrebbe potuto farsi carico per reclamare un concilio ecumenico, continuava a rappresentare il mezzo più atto ad aggirare lo scoglio dell'ingiudicabilità del papa: un prin­ cipio di origine tardoantica (papa a nemine iudicatur), che era stato ag­ giornato un trentennio prima da Pio II con la costituzione Execrabilis e

za P. RrCHARD, La monarchie pontificate jusqu'au Concile de Trente, «Revue d 'Histoire Ecclésiastique», 20 ( 1924), pp. 4 13-456. 29 A. LANDI, Concilio e papato nel Rinascimento (1449-1516). Un problema ir­ risolto, Torino 1 997. È opportuno sottolineare che il diTitto del Sacro Collegio di convocare in via d'emergenza un concilio per la riforma della Chiesa, affermato da Ailly e Gerson, non fu mai condannato dalla Sede apostolica, anche perché autore­ volmente fatto proprio da canonisti di gran fama nell'ambiente romano quali Zaba­ rella e Tudeschi (Panormitano).


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corroborato dell'imputazione ai trasgressori dei crimini di eresia e di lesa maestà30• Tutti questi fermenti esplosero in un momento assai delicato, quando il re di Francia, comparso di persona alle porte di Roma nella condizione di nemico di papa Borgia sul piano politico-militare, si dichiarò pronto a spo­ stare la contesa sul piano ecclesiale, avendo dalla sua parte dai tre agli otto cardinali che sembravano pronti a sostenerlo. Si sarebbe così riaperta una disputa tra il papato romano e il regno di Francia le cui ragioni erano insi­ te nelle modalità stesse con cui era stata sanata la crisi del Grande Scisma d'Occidente, appena un quarantennio prima. Si ricorderà che fu solo sotto Niccolò V che l 'antipapa Felice V, eletto dal concilio di Basilea, acconsentì ad abdicare; l'operazione fu condotta con la mediazione del re di Francia, che da protettore dell' assemblea conciliare divenne garante dei patti con cui lo Scisma venne chiuso31 • Fra tali condizioni, vi era la convocazione perio­ dica di un concilio ecumenico: disatteso da Niccolò V e dai suoi successo­ ri, tale obbligo avrebbe offerto al re di Francia in qualsiasi momento un fon­ dato motivo per rimettere in questione l 'impalcatura monarchica e centrali­ sta che il papato romano conferì alla Chiesa occidentale una volta che essa. ebbe recuperato l'unità32• Tale era la situazione alle spalle degli eventi del 1494-95. Sembrò allo­ ra possibile che, con il fondamentale avallo di Carlo VIII nella duplice veste di avvocato della Chiesa gallicana e di arbitro della Chiesa romana, un grup­ po di porporati dissidenti, capeggiato da un vecchio antagonista del Borgia come Giuliano Della Rovere, giungesse a mettere sotto processo Alessandro VI, al fine di deporlo e di sostituirlo con un antipapa, che verosimilmente sa­ rebbe stato lo stesso Della Rovere. La principale imputazione sarebbe stata quella di elezione simoniaca, che di tutte era la più incontrovertibile e ven­ ne rispolverata ad hoc dai cardinali dissidenti33; ad essa sarebbero stati ap-

poggiati probabilmente altri capi d'accusa, quali le esorbitanze dovute al fa­ milismo e all'avidità del pontefice, che presi di per sé sarebbero risultati o­ pinabili e meno incisivi. Benché Giuliano Della Rovere figurasse quale capopartito dei seces­ sionisti, in virtù dei suoi antichi legami d' amicizia con il regno di Francia , il più reputato fautore della soluzione conciliarista che allora annoveras­ se il Collegio era il cardinale di Napoli, Oliviero Carafa, membro di primo piano del gruppo dei cosiddetti ' cardinali vecchi'34• Eclissatosi per motivi di convenienza politica durante i fatti del 1494-9535, il Carafa ebbe modo di mettersi in evidenza durante i travagli degli anni successivi, quando giunse addirittura a proteggere il Savonarola in funzione del progetto, che il frate fenarese aveva fatto proprio, della convocazione di un concilio gal­ licano finalizzato a depone papa Borgia36• Mentre tali progetti ribollivano, né si sarebbero spenti con la scomparsa del S avonarola, la visione costitu­ zionalista del porporato napoletano conobbe una seconda e inaspettata oc­ casione per esprimersi al principio dell'estate del 1497: quando, all'indo­ mani della morte del duca di Gandia, Alessandro VI, sprofondato in una crisi di coscienza e bisognoso di prendere tempo per organizzare la ven­ detta contro gli assassini, promosse la ben nota riforma della curia roma­ na, affidando la redazione del programma a un comitato presieduto dai due più prestigiosi esponenti del gruppo dei 'cardinali vecchi' : il Carafa e il Costa37• Non essendo questa la sede per analizzare per esteso le ragioni del fal­ limento di questa clamorosa iniziativa, ci limiteremo a mettere in risalto quegli elementi di attrito fra potestà pontificia e pretese cardinalizie che af­ fiorarono nel corso della vicenda. Per stendere il disegno di una riforma della Chiesa romana che nelle sue intenzioni doveva investire non solo i co­ stumi della cmte, ma anche il governo dello stato e la cura degli edifici sa-

30 G.B. PrcoTTI, La pubblicazione ed i primi effetti della 'Execrabilis' di Pio II, «Archivio della Società Romana di Storia Patria>>, 37 (1914), pp. 5-56. Le implicazio­ ni ecclesiologiche del divieto di Pio II furono tempestivamente sviluppate nel trattato anticonciliarista Contra Supercilium (1464) del Lelli, ripubblicato in J.B. SAoMOLLER,

34 Su di lui, cfr. la voce di F. PETRUCCI in DEI, 19, Roma 1976, pp. 588-596, dalla quale risulta che il Carafa fu protagonista dell'opposizione cardinalizia anco­ ra sotto Giulio Il. La qualifica di 'cardinale vecchio' indicava tanto l' anzianità quan­ to la presenza nel Collegio per più di un pontificato; nel caso del Carafa, la sua ele­ vazione alla porpora risaliva all'età di Paolo Il. 35 Egli fu probabilmente condizionato dalle pressioni della sua famiglia, i Carafa, i quali auspicavano una rapida ed incmenta conquista francese del regno di Napoli e furono i principali artefici della dedizione della capitale a Carlo VIII. Cfr. GIROLAMO PRIULI, I Diarii, a cura di A. SEGRE, RlS2, 24/1, (1912-1921), p. 16. 36 R. DE MAI O , Savonarola e la curia romana, Roma 1 969, pp. 133-146. 37 Sull'episodio, cfr. L. CELIER, Alexandre VI et la réforme de l'Eglise, «Mé­ langes d' Archéologie et d'Histoire de l 'Ecole Française de Rome», 27 ( 1 907), pp. 65-1 24.

Zur Geschichte des Kardinalats. Ein Traktat des Bischofs von Feltre und Treviso Theo­ doro de ' LeZZi iiber das Verhiiltnis von Primat und Kardinalat, Rom 1 893. 3 1 N. VALOIS, La crise religieuse du XV.me siècle. Le pape et le concile (14181450), II, Paris 1 909, pp. 327-358.

32 Tali elementi restarono fonte di attrito fra la Chiesa romana e il regno di Francia fino all'età di Leone X e di Francesco I: cfr. J. THOMAS, Le concordat de 1516, I, Paris 1 910, pp. 53-60. 33 F. LA ToRRE, Del conclave di Alessandro VI papa Borgia, Firenze-Ginevra­ Roma 1 933, pp. 1 22-1 23.


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cri, fra l' altro con la costruzione di una cupola in S. Pietro, Alessandro VI designò il 19 giugno 1497 una deputazione composta da sei cardinali, due per ogni ordine: Costa e Cm·afa per i vescovi, Pallavicina e Sangiorgio per i preti, Piccolornini e Riario per i diaconi. Nella redazione del memoriale di riforma, costoro sarebbero stati assistiti da Ludovico Podocataro vescovo di Capaccio, segretario domestico del papa, e dai due auditori di Rota Felino Sandei e Guillaume Pérès38• Nei suoi primi giorni di vita, la commissione cardinalizia lavorò ala­ cremente: tenne consulta ogni mattina nel Palazzo apostolico e raccolse i progetti di riforma curiale già preparati dai papi quattrocenteschi, da Mar­ tino V a Sisto IV. Contemporaneamente, vennero richiesti pareri sulle ir­ regolarità nel funzionamento degli uffici curiali, specialmente della Can­ celleria; sulla base di tali dati, i cardinali commissari stilarono alcuni me­ moriali per la riforma, dei quali si sono conservati i due più importanti, quelli redatti da Costa e Carafa. Da essi si trassero poi i decreti che ven­ nero inseriti sotto forma di articoli nella bozza di costituzione pontificia con la quale Alessandro VI intendeva promulgare la riforma in capite del­ la Chiesa. Come prima cosa, si cercò di regolamentare il comportamento dei car­ dinali, fissando a non più di 6.000 ducati l 'ammontare delle loro entrate be­ neficiarie, che non dovevano comprendere più di un vescovado, e riducen­ do le loro spese suntuarie negli abiti, nel tenore di vita e nelle dimensioni dellajamilia, che non doveva superare gli 80 membri. A questo severo di­ sciplinamento dello stile di vita cardinalizio fecero seguito norme assai ri­ gide per lo svolgimento del conclave, che avrebbero dovuto evitare il ripe­ tersi di casi di elezione simoniaca. Quindi, la commissione cardinalizia pas­ sò ad affrontare gli aspetti più controversi del governo della Chiesa, tanto nel temporale quanto nello spirituale, mettendo sotto esame l'esercizio del­ la suprema potestas pontificia. A questo punto, l'intesa fra Alessandro VI e i cardinali riformatori si ruppe. In virtù del compito di progettare la riforma, il gruppo dei 'cardina­ li vecchi' , che era stato l' anima dell'opposizione ai metodi e ai fini nepoti­ sti del governo di papa Borgia, si era trovato d'improvviso in una posizio­ ne di superiorità nel suo conflitto con un pontefice a cui aveva sempre con­ testato l'elezione simoniaca e il comportamento alieno dall' officium papa­ le. Già ai primi di luglio, fu evidente che l 'impresa si era trasformata in

una competizione fra il sovrano pontefice e il senato cardinalizio, la cui po­ sta in palio non verteva più sulla riforma delle pratiche della corte romana, ma sull'essenza e sui modi di esercizio della suprema autorità nella Chiesa. Allarmato dalla prospettiva di vedersi limitati i propri poteri di monarca della cristianità da un gruppo di cardinali zelanti e ansiosi di rivalsa, Ales­ sandro VI cominciò a insabbiare i lavori della comrnissione39• Nell'agosto, fu chiaro che il pontefice si stava adoperando sotterranea­ mente ad abbattere le pretese costituzionaliste del Sacro Collegio, insieme alle quali sarebbe presto affondata anche l'istanza di riforma della curia ro­ mana. Può essere interessante notare che, tra gli espedienti con cui Ales­ sandro VI aggirò l'operato della commissione cardinalizia, vi fu l' appello all'intesa diretta tra i principi e la Sede apostolica, al fine di conservare un sistema verticistico di governo delle Chiese locali40• Con ciò, papa Borgia ripeté lo stratagemma grazie al quale i suoi predecessori di circa mezzo se­ colo prima, quali Eugenio IV e Niccolò V, poterono trovare una via d'usci­ ta alla crisi conciliare4'. Mettendo a confronto linguaggi di tipo diverso, è significativo osser­ vare che quando i cardinali Cm·afa e Costa dovettero definire nel loro ab­ bozzo di riforma la relazione fra papa e cardinali, scartarono la metafora del

38 Sulla figura del primo, cfr. infra, nota 47. Sul secondo, qualche indicazione in C. SAMARAN, Un Français à Rome au XV.me siècle. Guillaume Pérès condomois, auditeur de Rate (1420?-1500), «Annuaire-Bulletin de la Societé de l 'Histoire de France» , 1 93 1 , pp. 1 -40 dell'estratto.

39 Così scrisse, in una lettera cifrata, un osservatore bene addentro agli affari della corte papale come l ' ambasciatore milanese a Roma: «Il papa mi ha parlato a longo sopra questa reformatione; et reuscendo liberamente, mi ha dicto non volere che li cardinali li limitano la potentia in tutte le cose grave et de momento, così spi­ rituale como temporale, in le quale Sua Sanctità dice volere usare la potestà sua sen­ za limitatione. Et se questi cardinali ellecti, in li quali alchuni per il desiderio del papato procedano pur severamente, non si temperano, mi pare comprendere che la Sua Sanctità li farà poco honore, col fare intenumpere le institutione loro da li altri cardinali overo col temporezarli» (ASM, Sforzesco, Potenze Estere, Roma 1 22 : S . Taverna a Ludovico il Moro, 1 497 luglio l , Roma). 40 «La Beatitudine Sua ha in substantia voluto demonstrare et inferire che que­ sta refonnatione non sia al proposito de li principi, perché li cardinali vorriano per­ stringere a Sua Sanctità arbitrio talmente che la non potesse fare a contemplatione de li principi molte cose che sono conveniente et necessarie, como è de concedere cose quale sono contra libertatem ecclesiasticam, in le quale se includeno le nove graveze che li principi hano imposto et imponeno; item, de non possere concedere a li principi decime né subsidii ecclesiastici et de non posserli absolvere de cose de importantia né dispensarli senza il consenso del Collegio de' cardinali, et anche al­ tre institutione le quale tendeno contra il bisogno de li principi» (ibid. , lo stesso al­ lo stesso, l 497 luglio 6, Roma). 41 J.W. STIEBER, Pope Eugenius IV, the Council of Base! and the Secular and Ecclesiastica! Authorities in the Empire, Leiden 1 978 (Studies in the History of Christian Thought, 13), pp. 58 e ss. e 276 e ss.


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rapporto fra vescovo e popolo diocesano, già impiegata dal B m·bazza, e pre­ ferirono fare riferimento al rapporto fra vescovo e canonici del capitolo del­ la cattedrale: una relazione di marca collegiale e tutt'altro che pacifica­ mente definita, nell'epoca di cui stiamo parlando. Dall'uso di paragoni di questo tipo, traspare una presa di posizione nettamente contraria alle ten­ denze assolutiste della monarchia pontificia da patte degli estensori del do­ cumento e di tutto il partito cardinalizio che si opponeva ai metodi e agli o­ biettivi di governo fatti propri da Alessandro Vf42• Le convulsioni prodottesi a più riprese nella Chiesa romana sotto il pontificato di Alessandro VI dimostrarono la vitalità di un ideale che non si estinse con la diserzione di re Carlo VIII dal campo del conciliarismo gal­ licano, ma venne ripreso fra 1498 e 1 500, stavolta con il patrocinio di una coalizione antipapale, mai attuata nella pratica, tra Ferdinando il Cattolico e Massimiliano d'Asburgo43• In continuità con la persistente, magmatica di­ sponibilità di una frazione del Collegio a soluzioni di stampo scismatico an­ drebbe letto anche lo scoppio nel 15 1 1 - per ironia della sorte, con Giulia­ no Della Rovere seduto sul soglio di Pietro - del famoso conciliabulum di Pisa-Milano. Godendo di un ben più deciso sostegno da parte del re di Fran­ cia Luigi XII, i cardinali dissidenti uscirono in questo caso allo scopetto, as­ sumendo il ruolo di sanior pars Ecclesiae al fine di impostare una riforma della Chiesa in senso antimonarchico44• È il caso di ricordare che il principale animatore del conciliabolo gal­ licano - dal quale sembra venisse perfino eletto antipapa, con il nome di Martino VI - fu il cardinale spagnolo Bernardino Cm·vajal, il quale a suo tempo era stato un favorito di Alessandro VI45• Se ne può inferire che, in età

borgiana, non solo nel Sacro Collegio, ma perfino nell'entourage del Pa­ lazzo apostolico, l'ipotesi conciliarista conoscesse una certa qual latomica fortuna, se è vero che a difesa di essa scrisse uno dei più brillanti canonisti e funzionari di curia allora attivi nel Sacro Collegio: il lombardo Gian An­ tonio Sangiorgio, l'Alessandrino. Sull'onda degli avvenimenti del suo tem­ po, il Sangiorgio presentò la via del concilio come extrema ratio per rifor­ mare la Chiesa; e sostenne ciò malgrado il vincolo di obbligo e di servizio che lo legava ad Alessandro VI, che lo aveva innalzato al cardinalato46• La figura dell'Alessandrino è peraltro accostabile a quella di un altro dei più importanti collaboratori domestici di Alessandro VI, il referendario e audi­ tore di Rota Felino Sandei, vescovo di Lucca: un amico del cardinal Cara­ fa, che forse proprio per il legalismo delle sue vedute in merito al governo della Chiesa non arrivò mai alla porpora47• Alla luce di queste tensioni costituzionali e delle prospettive di nuove ricadute scismatiche che esse implicavano, andrà valutata la politica cardi­ nalizia di Alessandro VI, la quale, molto più che ispirata dal desiderio ' car­ nale' di innalzare parenti e familiari - elemento certo ben presente in que­ sto papa, ma solo in sottordine alla difesa della propria autorità - fu detta­ ta dall'intento di prevenire il rischio di una deposizione ad opera del parti­ to cardinalizio a lui nemico. li Borgia non fu il primo pontefice quattrocentesco ad alterare, attra­ verso massicce e frequenti promozioni, la composizione del Sacro Collegio, al fine di modificare a proprio favore gli equilibri esistenti al suo interno e cautelarsi così contro il pericolo di uno scisma. Gli era certamente ben viva nella memoria l 'esperienza di Sisto N, il quale in almeno un paio di occa­ sioni si era trovato a fronteggiare la minaccia di una ripresa del conciliari­ smo: nel 1478, durante la guena seguita alla congiura dei Pazzi, ad opera del re di Francia e dei suoi alleati italiani, fra cui Lorenzo il Magnifico; e nel 1482, per iniziativa di Andrea Zamometic' , il vescovo Crainense, che tentò di riconvocare l'assemblea basileese con l'ausilio del re dei romani48•

42 CELIER, Alexandre VI et la réforme cit., pp. 1 2 1 - 1 24. Sulla preistoria delle concezioni espresse dal cardinal Carafa, cfr. G. ALBERIGO, Cardinalato e collegialità. Studi sull'ecclesiologia tra l'XI e il XIV secolo, Firenze 1 969; A. BLACK, Monarchy and Community. Politica! Ideas in Later Conciliar Controversy, Cambridge 1 970. 43 JEDIN, Storia del Concilio cit., I, pp. 6 1 -63. 44 W. ULLMANN, Julius II and the Schismatic Cardinals, in ULLMANN, The Papacy cit., cap. XVI . 45 Su di lui, cfr. H. RossBACH, Das Leben und die politisch-kirchliche Wirk­ samkeit des Bernardino Lopez de Carvajal, Breslau 1 892. Le singolari vicende del Carvajal sono state giustamente messe in relazione alle sue convinzioni profetiche intorno all'imminente avvento di un pastor angelicus alla testa della Chiesa roma­ na: cfr. N.H. MINNICH, The Role of Prophecy in the Career of the Enigmatic Ber­ nardino Lopez de Carvajal, in Prophetic Rome in the High Renaissance Period, a cura di M. REEVES, Oxford 1 992, pp. 1 1 1 - 120. Si può aggiungere che tali credenze si attagliavano benissimo a posizioni costituzionaliste in merito al governo della Chiesa.

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JEDIN, Storia del Concilio cit., I, pp. 1 10-115.

47 lvi, pp. 1 10-1 1 1 . Su questa interessantissima figura, cfr. N. HlLLING, Felinus

Sandeus, Auditor der Rota, «Archiv fiir katholisches Kirchenrecht», 84 ( 1904), pp. 94-106; M. MONTORZI, Taccuino Feliniano, Pisa 1984. La figura del Sandei fa per molti versi pensare a quella del più conseguente trattatista sul concilio dei p1imi de­ cenni del Cinquecento, l'uditore di Rota e poi cardinale Domenico Jacobazzi. Ancora sotto Giulio n il conciliarismo risultava attivamente rappresentato all'interno della cmte papale da Giovanni Gozzadini, sul quale cfr. H. JEDIN, Giovanni Gozzadini, ein Konziliarist am Hofe Julius' II, «Romische Quartalschrift», 47 ( 1 939), pp. 193-267. 48 L. VON PASTOR, Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, II, Roma 1942, pp. 5 18-524; 551-557; JEDIN, Storia del Concilio cit., I, pp. 66-70, 1 17-122.


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Determinato a erodere con tutti i mezzi possibili il fronte dell'opposi­ zione cardinalizia, papa Della Rovere elevò alla porpora un numero insoli­ tamente grande di proprie creature, le quali, più spesso che no, erano suoi congiunti: e questo non soltanto a dimostrazione di una pietas erga paren­ tes giustificata dal bisogno di collaboratori fiduciari, come pure è stato det­ to49; bensì anzitutto per frantumare la compattezza del Sacro Collegio e me­ nomarne la capacità di resistenza alle decisioni che egli tendeva a imporre, più che a proporre, in sede concistoriale. Il ricambio effettuato da Sisto N fu coronato da un pieno successo post mortem, poiché il partito delle sue creature, detto dei 'cardinali sistini' e guidato dal nipote Giuliano Della Ro­ vere50, si affermò come egemone al conclave del 1484 e riuscì a impone l'e­ lezione di uno dei suoi membri, il cardinale di Molfetta, Giambattista Cy­ bo, che prese il nome di Innocenza VIII. Quale corollario della sua politica cardinalizia, finalizzata a consolida­ re l 'assetto monarchico della Chiesa romana e la sua collocazione peninsu­ lare, Sisto N inaugurò l'utilizzo in grande stile delle promozioni cardinali­ zie in funzione di pegno di alleanza con i sovrani secolari, soprattutto italia­ ni51; usanza che, aprendo le porte del Collegio a un rilevante nucleo di car� dinali-principi, tornò a detrimento dell 'autorevolezza spirituale del ceto car­ dinalizio nel suo insieme, poiché approfondì tensioni e diseguaglianze al suo interno. In sintesi, sotto Sisto N il rappmto fra cardinalato e potestà ponti­ ficia conobbe un nuovo, pesante sbilanciamento a favore di quest'ultima, mediante l'impiego di un' mma nuova, o per lo meno applicata con una con­ sequenzialità fino ad allora inusitata: l 'espansione numerica del Collegio, condotta sotto la ristretta regia del papa e dei suoi fiduciari. Su questa stessa linea si mosse Alessandro VI, in un modo forse ancor più sistematico rispetto a Sisto IV, ma veicolato attraverso subdoli espe­ dienti, dovuti alla fragilità delle basi del suo potere che, soprattutto all'ini­ zio del suo pontificato, dipendeva quasi interamente dal sostegno che il par­ tito del suo grande elettore, Ascanio Sforza, avrebbe prestato ai suoi atti di governo. Se messe a confronto, le cifre indicano bene una similarità di in­ tenti e di metodi: Sisto N creò 34 cardinali in 8 promozioni, durante 13 an­ ni di regno; di costoro, ben 6 erano suoi nipoti. Alessandro VI creò 43 car-

dinali in 9 promozioni, durante 11 anni di regno; fra di essi, si contarono 17 suoi connazionali, fra cui 5 suoi consanguinei52. La principale differenza nelle logiche selettive dei due papi sta nel più intenso ricorso da parte di Sisto N ai propri parenti, laddove Alessandro VI, pur non dimenticando figli e nipoti, preferì innalzare alla porpora pro­ pri servitori di nazionalità catalana, spesso di modesta estrazione sociale, la cui fedeltà era stata provata attraverso lunghi anni di tirocinio nella suaja­ milia cardinalizia. In ogni caso, son questi i due pontificati che registraro­ no in assoluto il maggior numero di creazioni cardinalizie in tutto l'arco del XV secolo. Il traguardo da loro toccato fu superato solo da Leone X nel 1517, con la ben nota promozione di 3 1 cardinali in un colpo solo, in se­ guito alla repressione della congiura del cardinal Petmcci53. La moltitudine dei porporati creati da Alessandro VI, sebbene non riuscisse infine a condi­ zionare efficacemente la scelta del successore, costituì nondimeno un gra­ ve ostacolo alla libertà d' azione dei papi che vennero dopo di lui. Eloquen­ te al proposito è l'icastica metafora impiegata da Giulio II per definire il partito cardinalizio borgiano: una fastidiosa e puzzolente carogna, «proce­ dente dal numero di tanti cardinali», con cui Alessandro VI aveva ingom­ brato la strada che il suo successore avrebbe dovuto percorrere54. Dalle esperienze del recente passato, Leone X riprese fra l'altro un'e­ pocale novità introdotta da Alessandro VI, consistente nel richiedere gros­ se somme di denaro in cambio del cappello rosso. La pratica, universal­ mente riprovata come simoniaca ma tollerata perché conispondente ai de­ sideri di ambo le parti interessate, fece la sua prima comparsa nel settem­ bre 1493, quando il Borgia creò in un colpo solo ben dodici cardinali, ri­ chiedendo alla maggior parte di loro un contributo che venne negoziato ca­ so per caso, partendo da una base minima di 1 5-20.000 ducati. Anche per la creazione del 28 settembre 1500 è attestata la compravendita del galero cardinalizio55. In seguito, il prezzo della dignità cardinalizia salì: l'ablazione richie­ sta da Leone X a buona parte dei neoeletti nel 1 5 17 partì da 25-30.000 du­ cati ciascuno. Non è possibile esagerare l 'impmtanza dell'estensione al car­ dinalato del principio della venalità, a cui si assistette sullo scorcio del

49 W. REINHARD, Nepotismus. Der Funktionswandel einer papstgeschichtlichen Konstante, «Zeitschrift fiir Kirchengeschichte», 86 ( 1 975), p. 1 64. 50 C. SHAW, A pope and his nipote: Sixtus IV and Giuliano della Rovere, «Atti

52 Una panoramica della composizione del Sacro Collegio durante il pontificato borgiano in DE Roo, Materialfor a History cit., II, pp. 3 14-326; III, pp. 395-407. 53 F. WINSPEARE, La congiura dei cardinali contro Leone X, Firenze 1 957 (Bi­ blioteca dell'Archivio Storico Italiano, 5), pp. 175-179. 54 Riportata in Dispacci e lettere di Antonio Giustinian, ambasciatore veneto in Ronza, a cura di P. VILLARI, II, Firenze 1 876, pp. 272-273. 55 BURCKARDI Liber notarum cit., II, pp. 242 e ss.

della Società Savonese di Storia Patria», n. ser., 24 ( 1988), pp. 233-250. 51 M. PELLEGRINI, Ascanio Maria Sforza: la creazione di un cardinale 'di fa­ miglia ', in Gli Sforza, la Chiesa lombarda, la corte di Roma, a cura di G. Cmrro ­ LINI, Napoli 1 989, p. 216, nota 6.


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Quattrocento: un fenomeno che finì per rendere la dignità cardinalizia un bene comprabile e dunque raggiungibile attraverso una strategia di avanza­ mento curiale pianificata sulla base di investimenti di tipo economico56• La ricchezza personale o familiare cominciò così a entrare fra i requi­ siti primari dei candidati alla porpora. Complementare a tale criterio di se­ lezione fu la propensione, che Alessandro VI riprese sempre da Sisto IV, a dare il cappello ai rampolli di grandi famiglie aristocratiche, se non addirit­ tura di case regnanti, dotati di cospicui mezzi monetari. La maggior parte dei cardinali-principi creati dal Borgia fu italiana (Grimani, Cornaro, Este, Aragona, Trivulzio, Fieschi, Soderini), ma è da rilevare una significativa presenza di oltremontani di stirpe regale (Federico Casimiro di Polonia, Fi­ lippo del Lussemburgo, Amanieu d' Albret) e di ministri di sovrani (John Morton, Georges d'Amboise, Guillaume Briçonnet, Thomas Bak6cz, Mel­ chior von Meckau). A proposito di quest'ultima componente, è peraltro da ravvisare una precisa direzione antiscismatica nella strategia cardinalizia di papa Borgia, volta a ingraziarsi quei monarchi europei che avevano dato prova di vo­ lerlo sostenere contro le insidie conciliariste sostenute ora dal re di Fran­ cia, ora dal re di Spagna. Soprattutto con i Re cattolici - i quali furono pro­ prio da lui insigniti di questo titolo - Alessandro VI intrattenne rapporti quanto mai ambigui. Se ne ha conferma nel fatto che, dei molti spagnoli a cui egli conferì il cappello rosso, nessuno poteva davvero dirsi una creatu­ ra del re di Spagna; a parte forse il Carvajal, che aveva svolto servizio di­ plomatico per i sovrani iberici ed era favorito dalla regina Isabella, ma che poteva vantare una preesistente introduzione nel mondo curiale, per esse­ re il nipote del celebre cardinale Juan Carvajal. Il partito cardinalizio spa­ gnolo, o per meglio dire valenzano e catalano, era nella sua essenza il par­ tito borgiano, al quale la comunanza di origine geografica e di lingua con­ feriva un elemento supplementare di coesione davanti ai gruppi concor­ renti. La sua soggezione ai Re cattolici, in quanto sovrani della nazione di appartenenza, era solamente virtuale; sul piano della politica internaziona­ le, tale gruppo risultò in maggiore sintonia con gli obiettivi di Luigi XII di Francia che con quelli di Ferdinando il Cattolico. Peculiare del partito cardinalizio borgiano era un motivo di differen­ ziazione che da anagrafico tendeva a configurarsi come culturale. Poiché

l' anima dell' opposizione ad Alessandro VI era rappresentata dal gruppo dei 'cardinali vecchi' , che erano stati quasi tutti suoi rivali al tempo del cardi­ nalato57, le fitte promozioni di Alessandro VI andarono a costituire un par­ tito di 'cardinali giovani' , ossequiente all 'autorità personale del papa, co­ stituito all'incirca da una ventina di membri, per la maggior parte catalani ma con qualche significativa eccezione: fra le quali è il caso di ricordare i romani Giuliano Cesarini e Alessandro Farnese (il futuro Paolo III) . Proprio per la relativamente giovane età e soprattutto per l'estraneità ai tradizionali meccanismi di progressione nella carriera ecclesiastica e di cooptazione nel Collegio, i ' giovani' militanti del partito b01·giano, e so­ prattutto i catalani, risultarono portatori di un ethos radicalmente in contra­ sto con quello prescritto ai cardinali dal tradizionale codice di comporta­ mento curiale. Più che sulla salus Ecclesiae, il loro principale assillo verte­ va sulla necessità di difendere la sopravvivenza del loro gruppo, a cui era­ no legate a doppio filo le fortune di casa Borgia, in un futuro di cui la mor­ te di Alessandro VI avrebbe costituito il momento discriminante. Provenne di qui la loro disinvoltura intorno ai mezzi da impiegare per collaborare con la casata b01·giana alla conservazione di un potere ecclesiastico che Ales­ sandro VI aveva ereditato da suo zio Callisto III, che tentò di perpetuare ma che infine, fatalmente, non riuscì a trasmettere alla sua discendenza. Una disinvoltura di sapore machiavelliano: l 'uso dell'aggettivo non è improprio, data la contemporaneità fra il tirocinio politico del Segretario fiorentino ed esperienze di secolarizzazione dell'agire politico che nacquero proprio al cuore della cristianità europea, nei penetralia del Palazzo apostolico. Il degrado derivante dall'asservimento alla causa del 'principato nuo­ vo' borgiano toccò punte di vera e propria scelleratezza, come raramente si ricordano nella storia del Sacro Collegio. Il caso-limite è certo rappresenta­ to dalla triste fine del cardinal Michiel, avvelenato per ordine dei suoi con­ fratelli Borgia e Remolino, i quali intesero compiacere Alessandro VI e Ce­ sare Borgia, che volevano mettere le mani sul suo patrimonio beneficiario. Il più compiuto esempio di servitore della grandezza di casa Borgia fu il già ricordato Giovambattista Ferrari, vescovo di Modena, utilizzato in vita e in morte da Alessandro VI come «attissimo instrumento a recuperar denari». Dopo avere esercitato con grande spregiudicatezza le sue mansioni di data-

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Interessanti osservazioni al proposito ih P. PARTNER, The Pope 's Men. The Papa! Civil Service in the Renaissance, Oxford 1 990, pp. 76 e ss. Un inquadramento generale del problema in M. PELLEGRINI, Corte di Roma e aristocrazie italiane in età moderna. Per una lettura storico-sociale della curia romana, «Rivista di Storia e Letteratura Religiosa», 30 ( 1 994), pp. 543-602.

57 Uno dei suoi capi fu il futuro Pio m, sul quale cfr. l ' ampio saggio di A.A. STRNAD, Francesco Todeschini Piccolomini. Politik und Mazenatentum im Quattro­ cento, «Ri:imische Historische Mitteilungen», 8-9 ( 1964-66), pp. 1 0 1 -425. Per un al­ tro porporato appartenente a questo partito, cfr. G. S oRANzo, Giovanni Battista Ze­ no, nipote di Paolo II, cardinale di S. Maria in Portico (1468-1501), «Rivista di Storia della Chiesa in Italia», 1 7 ( 1 962), pp. 249-274.


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rio, il Fenari venne insediato nel 1499 come reggente della Cancelleria apo­ stolica da Alessandro VI, il quale con un gesto inaudito aveva sequestrato le rendite dell'importantissimo ufficio al suo detentore, il cardinale vice­ cancelliere Ascanio Sforza. Nel 1 500, il Fenari venne elevato al cardinala­ to, continuando a mantenere la reggenza della Cancelleria e a versarne i proventi nelle casse pontificie. Solo due anni dopo, morì prematuramente: si disse di veleno, somministratogli dal suo segretario, il cremonese Seba­ stiano Pinzoni, per ordine di un papa che in più di un caso si dimostrò pron­ to a divorare le sue stesse creature58• Andando al di là delle tragedie individuali che contribuirono alla forma­ zione della légende noire borgiana, si può osservare all'opera la collabora­ zione fra il partito dei cardinali 'nuovi' e le mire familiste di Alessandro VI in uno degli episodi che maggiormente attirarono sul clan Borgia la riprova­ zione dei contemporanei: la sottrazione del ducato di Benevento e delle città di Tenacina e Pontecorvo al patrimonio temporale della Chiesa e la loro in­ feudazione a Giovanni Borgia, duca di Gandìa, primogenito del papa. · Per portare a effetto una concessione che per dimensioni non aveva precedenti nella storia del nepotismo pontificio, Alessandro VI attese di po� tere infoltire il proprio seguito nel Collegio, pmtandolo da 5 a 9 membri con la promozione del febbraio 1496. Contemporaneamente, l 'opposizione cardinalizia venne intimidita con mezzi che indussero alcuni dei porporati a fuggire da Roma; in tal modo, al concistoro che decretò l 'investitura, il 7 giugno 1497, nessuno dei partecipanti osò protestare, a parte il Todeschini Piccolomini, al quale diede man forte l 'ambasciatore spagnolo59• Solo l'i­ nopinata scomparsa del duca di Gandìa intervenuta di lì a poco, unita alle minacce del re di Spagna, atteggiantesi ad avvocato degli interessi tempo­ rali della Chiesa, consentì infine il recupero alla Sede apostolica di territo­ ri la cui alienazione attirò su Alessandro VI un capo d'accusa che ne a­ vrebbe giustificato la citazione a giudizio. Ancor più nota di tale episodio è la collaborazione prestata dal partito cardinalizio bm·giano al tentativo che Cesare Borgia operò senza fmtuna al­ la morte del padre per conservare il proprio ducato di Romagna, impeden­ done la devoluzione alla Chiesa60• A parte queste, che furono però le estre-

me manifestazioni di sudditanza alla causa borgiana da patte di un gruppo cardinalizio numeroso ma destinato a dissolversi con la morte del suo fon­ datore, il mezzo abituale attraverso cui le creature di papa Borgia contri­ buirono al consolidamento del fragile potere monarchico detenuto dal loro patrono fu l 'acquiescenza dimostrata verso lo spostamento del baricentro dei processi decisionali della Chiesa romana. Questo era ormai passato dal Sacro Collegio alla cerchia palatina dei consiglieri del pontefice. La distanza fra il Palazzo apostolico, situato in un punto remoto dal cen­ tro cittadino, e i palazzi cardinalizi, che sempre più sontuosi si concentrava­ no per lo più nella vivace e attivissima zona del Campo Marzio, si impose nella seconda metà del Quattrocento come un fatto che andava al di là della topografia monumentale dell'Urbe. Una svolta verso la cristallizzazione di tale dualismo venne impressa da Pio II intorno al 1458-59, durante la lotta con i cm·dinali che si erano opposti alla sua elezione. Nell'intento di privare i suoi antagonisti di ogni potere di mediazione entro i meccanismi di appro­ vazione delle petizioni - o suppliche - al pontefice, Pio II concentrò tale fun­ zione nella persona del referendario domestico, che divenne così il respon­ sabile unico del tribunale della Segnatura. La riforma della procedura di pre­ sentazione delle suppliche, che venne strappata ai cardinali e avocata a per­ sonaggi di rango inferiore ma fiduciari del papa, determinò il crollo del si­ stema delle raccomandazioni che i porporati usavano sporgere all'atto di sot­ topone personalmente tali documenti al papa: una pratica da cui essi usava­ no trarre una fonte non trascurabile di introiti, la quale venne invece convo­ gliata verso la tesoreria privata del pontefice - quella che più tardi fu detta 'la scarsella di Nostro Signore'61 - nella forma non più di sportule e propi­ ne, ma di tasse cancelleresche e di compositiones. Nel contempo, Pio II de­ legò a due suoi segretari domestici il potere esclusivo di approvare preven­ tivamente le minute dei brevi da sottoporre al papa, sempre al fine di estir­ pare quelle che venivano stigmatizzate come pratiche simoniache, di cui car­ dinali e dignitari curiali facevano uso per anicchirsi62• Dopo la mmte di Pio II, la sovrintendenza al tribunale della Segnatura tornò saldamente a essere prerogativa della dignità cardinalizia, attraverso la

61 La quale era altra cosa rispetto alla Camera apostolica, che restò sotto il con­

58 Dispacci e lettere di Antonio Giustinian

cit., I, pp. 474-475; II, pp. 342-343, 3 5 1 (per il Michiel); ibid. , I, pp. 59-61 (per il Fenari). Anche la mmte del cardinal B attista Orsini fu imputata al veleno, che Alessandro VI gli avrebbe fatto sommini­ strare in un momento di aspre tensioni con gli Orsini (ibid. , I, pp. 4 1 1 -412). 59 PASTOR, Storia dei papi cit., III, pp. 428-430. 60 M. MALLET, The Borgias. The Rise and Fall of a Renaissance Dinasty, Lon­ don 1 969, pp. 242-252; C. SHAw, Giulio II, Torino 1 995, pp. 1 32-136, 147-148.

trollo del cardinale camerlengo: cfr. N. STORTI, La storia e il diritto della Dataria a­ postolica dalle origini ai nostri giorni, Napoli 1 969 (Contributi alla storia del dirit­ to canonico, 2), pp. 63 e ss. 62

ENEA SILVIO PrccoLOMINI (PAPA Pro II), I Commentarii, a cura di L. ToTARO, I, Milano 1 9 84, pp. 258-259. Un panorama della situazione precedente tali riforme in E. PITz, Supplikensignatur und Briefexpedition an der romischen Kurie im Pon­ tifikat Papst Calixts III., Ti.ibingen 1 972 (Bibliothek des Deutschen Historischen In­ stituts in Rom, 42).


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figura dei cardinali prefetti, i quali però vennero assorbiti nell'ambito della

all' accentramento del governo ecclesiastico in un ristretto comitato pala­ tino, composto dal pontefice e da pochi suoi fedelissimi. Un marchio di definitività ai mutamenti sedimentatisi nella struttura del governo curiale lungo l ' arco del Quattrocento venne impresso da Sisto IV, il cui indirizzo venne ribadito, dopo qualche iniziale titubanza, da Innocenza VIII67. Sen­ za addentrarci in tematiche assai vaste, quali l'espansione e la venalità degli uffici curiali, che risulterebbero eccentriche rispetto all'argomento qui trattato, diremo che lo spazio per una consultazione diretta con la per­ sona del pontefice rimasto a disposizione del S acro Collegio in seguito al­ le innovazioni papali della seconda metà del Quattrocento, fu ridotto en­ tro i limiti di quelle commissioni temporanee, o congregazioni cardinali­ zie, costituite da un pugno di porporati che venivano deputati dal papa a vagliare un problema specifico e a riferirne in concistoro68. Negli anni di Alessandro VI, particolarmente notevole fu l' attività di tali commissioni speciali nel progettare una crociata contro i turchi che mai si attuò; men­ tre la politica temporale della Sede apostolica, e specialmente la politica italiana, non trovò certo nelle congregazioni cardinalizie il proprio centro decisionale. La principale conseguenza sul piano istituzionale dell' adozione da par­ te dei papi tardoquattrocenteschi di uno stile di governo improntato all' au­ tocrazia, perfettamente accostabile a quello dei coevi 'tiranni' d'Italia, fu che il principale collaboratore del sovrano pontefice per il disbrigo degli affari concernenti la politica temporale divenne il suo secretarius domesticus: una figura funzionariale che è stata vista come l 'antesignano del Segretario di Stato dell'età moderna, ma che alla fine del XV secolo non si era ancora staccata dall'ambito della familia papale. Innocenza VIII aveva però com­ piuto il passo decisivo verso tale evoluzione, riconoscendo la primazia del segretario domestico all'interno del suo entourage amministrativo metten­ dolo a capo del collegio, riplasmato e reso venale, della Segreteria apostoli­ ca69. Al segretario domestico, sorta di primo cancelliere, sovrintendente alla corrispondenza diplomatica pontificia e all'emissione dei brevi, si affianca­ va un piccolo nucleo di cardinali palatini, per lo più suoi nipoti o creature, i quali risiedevano nelle stanze del Palazzo apostolico e godevano del quoti­ diano contatto con la sua persona.

familia del Palazzo apostolico e rappresentarono altra cosa rispetto ai nor­

mali cardinali di curia. Sotto Innocenza VIII, comparve la distinzione della Segnatura nei due rami della Grazia e della Giustizia, attribuiti ciascuno a un cardinale prefetto. Con il mantenere intatta tale bipartizione, Alessandro VI avallò la nuova strutturazione della Segnatura inaugurata dal suo predeces­ sore, la quale venne portata a compimento da Giulio Il63. In ultima analisi, tutte queste debbono essere interpretate come tappe di un processo di lungo periodo, caratteristico della curia romana della restaurazione quattrocente­ sca, il cui momento d'inizio può essere identificato con la fondazione del collegio dei referendari da parte di Eugenio IV. Il principio che animò tale e­ voluzione fu l 'intento di privare la Cancelleria apostolica delle più impor­ tanti facoltà discrezionali nell'emissione dei documenti pontifici; esse ven­ nero sottratte all'influenza diretta dei cardinali e attribuite al personale del Palazzo apostolico, il quale - almeno teoricamente - agiva sempre in prae­ sentia papae64•

Lo strapotere dei funzionari domestici di Alessandro VI sollevò non poche proteste in seno alla curia romana: fra di esse, fu particolarmente veemente quella dei Maestri del registro, che nel 1497 accusarono il data­ rio di Alessandro VI, il già citato Giovambattista Ferrari, di disporre a pro­ prio piacimento delle suppliche che dovevano essere presentate al papa, trattando tali documenti come se fossero scripturae macellariorum. È inte­ ressante notare che i due cardinali prefetti della Segnatura, il Sangiorgio e il Pallavicina, difesero in questo frangente le controverse procedure fatte proprie dal datario, contro i reclami di chi voleva l 'osservanza delle vecchie regole65. L'allargamento delle attribuzioni burocratiche del datario avvenu­ to sotto il pontificato di Alessandro VI è testimoniato, fra l 'altro, dal fatto che risale a quest'epoca il più antico elenco che si conosca delle materie soggette a composizione per via di Dataria, con le relative tariffe66. Non solo in campo amministrativo, ma anche e soprattutto in quello politico e diplomatico fu evidente nel secondo Quattrocento la tendenza

63 B. KAITERBACH, Referendarii utriusque Signaturae, Città del Vaticano 1 9 3 1 (Studi e Testi, 55), pp. XIV, 54-70. 64 W. VON HoFMANN, Forschungen zur Geschichte der kurialen Behorden vom Schisma bis zur Reformation, I, Rom 1 9 14 (Bibliothek des kéiniglichen Preussi­ schen Historischen Instituts in Rom, 1 3), pp. 56- 1 6 1 . 65 M. TANGL, Die papstliche Kanzleiordnungen, 1200-1500, Innsbruck 1 894 (rist. Aalen 1 959), pp. 386-412. 66 L. CELIER, Les dataires du XV.me siècle et !es origines de la Daterie aposto­ lique, Paris 1 91 0 (Bibliothèque de l'Beole Française d'Athènes et de Rome, 103), pp. 56-70, 103- 1 1 6. n 'tassario' è riportato alle pp. 1 52-155.

67 Una sintetica esposizione di tali mutamenti in M. PELLEGRINI, Curie (XV.me siècle), in Dictionnaire historique de la papauté, a cura di P. LEvrr.LAIN, Patis 1 994, pp. 5 1 8-521 . 68 Esempi in SCHÙRMEYER, Das Kardinalskollegium cit., pp. 46-75. 69 P. RrcHARD, Origines et développement de la Secrétairie d'Etat apostolique (141 7-1823), «Revue d'Histoire Ecclésiastique», 1 1 ( 1 9 10), pp. 56-72.


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A costoro si aggiungeva un pugno di esponenti dell' alta gerarchia cu­ riale, tutti appartenenti allafamilia papae, residenti al Vaticano e dunque di­ stinti dai numerosi membri dei collegia degli ufficiali della Sede apostoli­ ca, dislocati nel centro dell' Urbe: il datario, i cardinali prefetti della Segna­ tura, i referendari domestici, che erano consultori soprattutto in materia di governo spirituale; alcuni camerieri (o cubicularii) particolarmente fidati; uno o più esperti di questioni finanziarie, che potevano essere il banchiere depositario del papa e il suo tesoriere segreto; infine, il nipote laico del pa­ pa, investito di norma del gonfalonierato della Chiesa, carica che assom­ mava le funzioni di ministro della guerra e degli affari temporali della Se­ de apostolica e implicava fra l 'altro il controllo de facto delle più importanti fortezze dello stato pontificio, prima fra tutte Castel S. Angelo, in concor­ renza con l 'autorità del cardinal camerlengo. Questo delicatissimo ruolo, che faceva del nipote laico il coordinatore della politica italiana del papato, sotto Callisto III e Sisto N fu occupato da due nipoti, rispettivamente Pe­ dro Luis Borgia e Girolamo Riario; Alessandro VI lo affidò invece a un pro­ prio figlio laico: prima a Giovanni Borgia, duca di Gandìa; dopo l' assassi­ nio di questi, a Cesare, che all'uopo depose l ' abito cardinalizio. Era la cerchia palatina, vero e proprio consilium pontificis, benché mai definito così per deferenza verso l'istituto cardinalizio, a rappresentare il comitato esecutivo del governo pontificio. Rispetto a tale apparato di go­ verno, il cardinalato appariva ridotto a mera appendice di una struttura de­ cisionale antagonistica e anzi inaccessibile. Lo dimostrò fra l'altro il tenta­ tivo, compiuto da Ascanio Sforza agli inizi del pontificato di Alessandro VI, di venire associato al pontefice, in quanto suo grande elettore, nella sovrin­ tendenza agli affari della Chiesa, soprattutto nel temporale. L'esperimento intendeva ripetere quanto si era verificato durante i primi mmi del pontifi­ cato di Innocenza VIII, quando il suo grande elettore Giuliano Della Rove­ re venne chiamato a partecipare al governo della Sede apostolica, venendo però licenziato dopo un biennio e sostituito saltuariamente con il venezia­ no Barbo e il francese Balue. L'influenza dello Sforza durò per un periodo ancora minore di quello del Della Rovere, neppure un anno; alla prima oc­ casione, egli venne estromesso e rimpiazzato da un manipolo di creature del pontefice, fra cui suo figlio Cesm·e Borgia, che per la sua forte tempra man­ tenne il primato all'interno della cerchia palatina sia prima che dopo l'ab­ bandono dell'abito cardinalizio. Come i cardinali di maggior spicco finivano per essere relegati ai mar­ gini del governo della Chiesa, così il concistoro si ritrovò a essere l 'organi­ smo nel quale, a posteriori, venivano comunicate le decisioni prese dal pa­ pa e dei suoi collaboratori, al fine di ottenere un'approvazione assembleare che appariva sempre più il ritualistico residuo di una prassi collegiale ormai al tramonto. Benché privati di una sostanziale prerogativa decisionale, i di­ battiti concistoriali in epoca rinascimentale potevano assumere toni conci-

tati e addirittura roventi; per questo, erano visti con una certa insofferenza dai pontefici, che tendevano a scavalcarli in vari modi. D 'altro canto, una tradizione canonistica tuttora in vigore voleva che una serie di misure di particolare rilievo - fra le quali anzitutto quelle relative alla creazione di nuovi cardinali - dovessero figurare come l 'esito di una consultazione av­ venuta in concistoro, testimoniata nelle bolle apostoliche dalla sottoscrizio­ ne comune del papa e dei cardinali e dall'uso delle clausole collegiali di prammatica, quali: de fratrum nostrorum consilio, de communi consensu Collegii, scitu et auctoritate Collegii, etc. Per piegare i porporati ai loro voleri, i pontefici del Quattrocento ave­ vano imparato a fare ricorso a molteplici espedienti. Fra di essi, si può ri­ cordare l'impegno all 'assenso che, con una serie di interlocuzioni private, il papa strappava a una minoranza di porporati, dotati ognuno di un proprio seguito, a nome di tutto il Collegio; oppure la raccolta contrattata del voto di ciascun cardinale, che magari veniva fatto mettere per iscritto e unito a un pacchetto di voti da esibire ai renitenti e agli oppositorF0• Anche per appianare tali difficoltose pratiche, era consigliabile per il pontefice il disporre di un nucleo di seguaci devoti e ubbidienti nel Colle­ gio. Alessandro VI mise insieme un partito di proprie creature che per di­ mensione numerica non aveva eguali nella storia del Sacro Collegio e, co­ me si è visto, di esso si avvalse per imprimere il proprio indirizzo famili­ sta al governo della Chiesa. Occorre però aggiungere che la compattezza interna del partito cardinalizio borgiano venne fortemente minata dal pas­ saggio di Cesare Borgia allo stato secolare nel 1498, evento che privò la fazione delle creature di Alessandro VI del suo capo riconosciuto. Al vuo­ to che si produsse, il duca Valentino poté malamente supplire attraverso un controllo dall'esterno del suo partito cardinalizio che fu per forza di cose imperfetto. L'incapacità di Cesare in quanto capo laico di casa Borgia a mantenere efficacemente la guida dei suoi seguaci in Collegio emerse drammaticamente al momento dei due conclavi che seguirono a breve di­ stanza la morte di Alessandro VI: in entrambi i casi, la fazione borgiana, disorientata e tendente allo sfaldamento, non riuscì a imporre l 'elezione di un papa amico. La cattiva prova data in ben due conclavi non fu che il pro­ logo della distruzione di tale gruppo ad opera di Giulio Il, dopo che già Pio III si era accinto a farlo. In definitiva , la fazione borgiana fu il più folto ma anche il più evanescente di tutti i raggruppamenti cardinalizi quattro­ centeschi, quello che peggio resistette al banco di prova rappresentato dal-

70 Esempi di tali procedimenti, che talora potevano assumere l ' aspetto di una commedia preventivamente concertata, in PrccoLOMINI (PAPA Pro II), I Commentarii cit., pp. 672-678, 141 8-1445; PrcoTTI, La giovinezza di Leone X cit., pp. 179 e ss.


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la successione di un pontefice nemico del proprio fondatore. Il rischio del­ la rapida scomparsa dal partito borgiano, una volta che esso fosse stato pri­ vato del suo capo naturale, fu probabilmente intuito da Alessandro VI e sottovalutato da Cesare; se così fosse, acquisterebbe una piena intelligibi­ lità il ben noto screzio che oppose padre e figlio, in seguito alla decisione del secondo di convertirein principato temporale la potenza familiare che il primo aveva ereditato dallo zio, Callisto III, sotto la forma di una car­ riera ecclesiastica saldamente imperniata sulla permanenza nel Collegio e sulla detenzione del massimo ufficio curiale, la Cancelleria. Tornando ai rapporti fra papa e concistoro, si può notare che talora po­ teva risultare conveniente per il pontefice aggirare non soltanto il dibatti­ to conc;istoriale, ma anche il normale iter di redazione dei documenti pa­ pali, che passava attraverso i grandi uffici di curia, quali la Cancelleria o la Camera apostolica, ricadenti sotto la giurisdizione dei più potenti cardi­ nali. In alternativa, era possibile al papa ricorrere a quelle procedure che il diritto canonico lasciava alla discrezione dell' autorità pontificia, e dunque non solo alla sua persona, ma anche al nucleo dei suoi più stretti collabo­ ratori di Palazzo, fra cui anzitutto il segretario domestico e il datario. Di qui l 'infittirsi, sotto Alessandro VI, dell' uso di tipologie documentarie quali il motu proprio, le lettere in forma brevis che passavano per la via della Segreteria, le provviste beneficiarie sola signatura per via di Dataria, i brevi cum supplicatione introclusa, nonché l'uso della dispensa papale per le materie più disparate, seguita dal versamento di una compositio che finiva direttamente nelle casse private del pontefice. È indubbio che tali servizi apparivano preferibili anche a molti utenti della burocrazia roma­ na, che erano disposti a pagare profumatamente la facilitazione e la con­ trazione dei tempi nell'emissione dei documenti apostolici71 • La praticità a­ veva naturalmente un pesante inconveniente: le sbrigative procedure di ap­ provazione delle suppliche diedero adito ai famigerati illeciti che, una vol­ ta scoperti, dovettero essere pagati con la vita del segretario domestico del papa, l 'arcivescovo di Cosenza, Bartolomé Flores, sottoposto a un finto processo e infine sacrificato come capro espiatorio delle irregolarità del pontificato borgiano72•

Il disordine, sconfinante nell'illegalità, che le innovazioni della cerchia p alatina di Alessandro VI portarono nell'amministrazione della Chiesa, so­ prattutto nello spirituale, fu ingenerato in primo luogo da impellenti neces­ sità finanziarie. Tuttavia, in esso .si può cogliere anche un riflesso della frat­ tura tra il Sacro Collegio e l'autorità pontificia, con il primo a fare le spese dell'accrescimento che la seconda indubitabilmente conobbe, pur attraver­ so le molte contestazioni che misero a repentaglio la permanenza di Rodri­ go Borgia sul soglio di Pietro. Frastagliata e satura di contraddizioni, la situazione interna al Sacro Col­ legio nell'età di Alessandro VI conobbe tutti i malesseri di un'età di transizio­ ne: il disagio economico soppmtato da una parte dei porporati e la conflittua­ lità intestina che da ciò sorgeva rappresentavano il principale riflesso di una trasformazione strutturale di cui riusciva difficile per gli interessati cogliere le motivazioni di fondo. Più che le cause, si avvertivano ben chiare le ripercus­ sioni dell'esautoramento politico e dell'impoverimento, rispecchiate dalle di­ namiche di aggregazione interna che davano adito a nuove, informali gerar­ chie di patronaggio e regolavano la formazione dei diversi partiti cardinalizi. Indebolito dalla sua crescita numerica, che implicava fra l 'altro un ab­ bassamento della quota individuale nella spartizione dei redditi e dei be­ nefici in concistoro, nonché da una politica di promozioni del tutto estra­ nea ai suoi interessi di ceto, il Sacro Collegio nell'età del rinascimento di­ venne vittima di un contrasto sempre più esasperato: mentre alcuni suoi membri godevano di una ricchezza e di un prestigio senza pari, per molti altri si poneva l'increscioso problema di come finanziare un tenore di vita molto elevato, dettato da un'interpretazione sempre più aristocratizzante della dignitas cardinalizia, pienamente in linea con le tendenze delle élites italiane ed europee dell'epoca73• La 'povertà' lamentata da alcuni cardina­ li era certamente relativa, ma non meno vergognosa della miseria che nel­ lo stesso periodo tormentava i molti gentiluomini decaduti, divenuti perciò pauperes verecundi, che nelle città italiane erano costretti a mendicare in segreto74; ed era acutizzata dalla crescita fra Quattro e Cinquecento della competizione nelle spese suntuarie fra i porporati più ricchi, particolar-

7 1 Un'esigenza che traspare, ad esempio, da una ragguardevole fonte coeva co­ me la Practica Cancellariae Apostolicae saeculi XV exeuntis, hsg. von L. SCHMITZ­ KALLEMBERG, Mtinster 1909, specialmente pp. 1 6 e ss. Pertinenti considerazioni sul problema in E. Prrz, Die Romische Kurie als Thema der vergleichenden Sozialge­ schichte, «Quellen und Forschungen aus Italienischen Archiven und Bibliotheken», 58 ( 1 978), pp. 2 16-359. 72 La scabrosa vicenda è desc1itta in BURCKARDI Liber notarum cit., II, pp. 54-58.

73 D.S. CHAMBERS, The Economie Predicament of Renaissance Cardinals, «Studies in Medieval and Renaissance History», 3 ( 1966), pp. 289-3 1 3 ; A.V. AN­ TONOVICS, A Late XV.th Centwy Division Register ofthe College of Cardinals, «Pa­ pers of the British School at Rome», 35 ( 1967), pp. 87- 1 0 1 ; b. HAY, The Renais­ sance Cardinals: Church, State, Culture, «Synthesis», 3 ( 1976), pp. 35-46. 74 Un caso di 'cardinal povero' per questi anni è quello di Gian Giacomo Schiaffenati, nativo lombardo ma avversato dai duchi di Milano e proprio per que­ sto condannato a soffrire disagi economici: cfr. R. B rzzoccm Chiesa e potere nel­ la Toscana del Quattrocento, Bologna 1 987, pp. 125- 1 3 1 . ,


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mente evidente nell'aumento delle dimensioni dellafamilia cardinalizia in questo periodo75• li dislivello economico fra i diversi gruppi di porporati e l 'incombere della povertà su una parte di essi resero la struttura del Sacro Collegio par­ ticolarmente esposta alla frammentazione in reti clientelari che si innesta­ rono sulle dinamiche fazionarie tradizionalmente operanti al suo interno. Alimentate da masse di benefici che non potevano essere conferiti o redi­ stribuiti senza l 'avallo dei sovrani dei territori in cui essi si trovavano, le consorterie che come ragnatele attraversavano il Collegio cardinalizio fi­ nivano per metter capo all'esterno della corte di Roma, presso i potenti di questo mondo. Costoro avevano tutto l 'interesse a servirsi del mezzo eco­ nomico per ingerirsi nelle endogene dinamiche di aggregazione e di con­ flitto fra i cardinali, onde cercare di influire sugli orientamenti politici del­ la Chiesa romana. Un organico legame tra principi e cardinali si era stabilito in epoca avi­ gnonese, periodo in cui è attestata la presenza in curia di cardinali che si fa­ cevano carico degli interessi diplomatici dei sovrani secolari prendendo spunto dalla necessità, ineludibile, dell'intervento di un mediatore nei mec­ canismi della provvista dei benefici maggiori in sede concistoriale76• In que­ sta veste, il cardinale veniva definito ponens o promotor o relator, poiché nell'assemblea proponeva un candidato e 1iferiva sulle sue qualità; ma la sua attività venne assimilata, nel linguaggio corrente, piuttosto a quella tuitio che i cardinali di curia accordavano tradizionalmente a un ordine religioso o ai chierici bisognosi77• Modellata su tale rapporto giuridico e fondata sul lega­ me fiduciario tra il cardinale e un certo sovrano, la funzione protettorale era sancita dal secondo con la concessione a favore del primo di emolumenti, solitamente nella forma di benefici ecclesiastici del proprio dominio confe­ riti allo stesso protettore o ai porporati che gravitavano attorno a lui. La situazione si ripropose in questi termini ancora fra Quattro e Cin­ quecento, quando i cardinali politicamente più fortunati usavano cumulare, con l 'appoggio dei sovrani loro alleati, un patrimonio finanziario e benefi­ ciario che poteva essere di molte volte superiore a quello della media dei

75 G. FRAGNITO, Cardinals ' Courts in Sixteenth-Century Rome, «Joumal of Mo­ dem History», 65 ( 1 993), pp. 26-56. 76 H. FoKCINSKY, Conferimento dei benefici ecclesiastici maggiori nella Curia romana fino alla fondazione della Congregazione concistoriale, «Rivista di Storia della Chiesa in Italia», 35 ( 1 9 8 1 ), pp. 334-354. 77 J. WODKA, Zur Geschichte der nationalen Protektorate der Kardiniile an der romischen Kurie, Innsbriick-Leipzig 1938 (Publikationen des ehemaligen Òstenei­ schen Historischen Instituts in Rom, 4/I), rist. 1967, pp. 4-6 e 29.

IL

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loro confratelli78• Tali ricchezze venivano in buona parte devolute in spese suntuarie e in mecenatismo, finalizzati a sottolineare la distinzione di ran­ go che nasceva dalla disparità delle condizioni economiche; ma una pm1e non trascurabile delle risorse veniva destinata alla costruzione di un edifi­ cio immateriale, fatto di reputatione e di dependentie. In altre parole, i car­ dinali più facoltosi e meglio provvisti di coperture politiche erano in grado di dispensare redditi e favori ai loro confratelli indigenti, assumendo nei lo­ ro confronti un ruolo patronale che tornava ad accrescimento della loro per­ sonale autorità e di quella dei sovrani a cui erano legati. Il fenomeno era accentuato dal fatto che, in occasioni speciali come il conclave, i principi mettevano a disposizione dei cardinali loro emissari i mezzi economici per rafforzare ulteriormente quelle reti di dipendenza che essi avevano creato attorno a loro. Il legame con le potenze secolari costitui­ va in tali circostanze la carta vincente per quei porporati che, potendo già con­ tare su di un proprio seguito, ambivano a diventare capi di una fazione e dar battaglia in conclave: una battaglia che consisteva nel cercare di allargare i punti deboli negli schieramenti avversari, usando poi le armi della corruzio­ ne e delle pressioni diplomatiche per anivare a spezzare e ricomporre a pro­ prio vantaggio i diversi partiti in cui si suddivideva il Collegio79• Negli amù da noi considerati, un'operazione simile fu svolta nel con­ clave del 1484 da Giuliano Della Rovere, che utilizzò a tal fine il proprio patrimonio, cumulato con il favore di suo zio Sisto IV e del re di Francia; e nel conclave del 1492 da Ascanio Sforza, il quale, più che al proprio patri­ monio personale, attinse a quello del suo candidato, Rodrigo Borgia, il qua­ le aveva cumulato con il favore di suo zio Callisto IIIe dei reali di Spagna una massa notevolissima di risorse proprio nella speranza di scambiarle con la propria elezione a papa. È da notare che in entrambi i casi il cardinale che determinò la vittoria non concorse direttamente alla tiara, ma impose la scelta di un proprio favorito, qualificandosi piuttosto come pope-maker che come aspirante pontefice. Nei propri calcoli, errati in entrambi i casi, il grande elettore contava di prepm·arsi la scalata al soglio pontificio median­ te la collaborazione del papa da lui creato. Anche a causa dei particolari meccanismi che decidevano dell'attribuzio­ ne del papato, il controllo del rapporto fra i principi e la curia romana divenne

78 L'esempio del più ricco porporato dei primi anni di Alessandro VI è illustra­ to in M. PELLEGRINI, Ricerche sul patrimonio feudale e beneficiario del cardinale A­ scanio Sforza, «Archivio Storico Lombardo», 122 ( 1 996), pp. 41-83. 79 Osservazioni in tal senso, riferite al conclave del 1492 e tendenti a compli­ care e sfumare la nozione di simonia, in LA ToRRE, Del conclave di Alessandro VI cit., pp. 69-73.


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nel corso del Quattrocento uno dei teneni su cui più spiccato si delineò lo scontro fra l'autorità pontificia e i poteri del Collegio. La contraddizione fra dipendenza economica indotta dal rapporto privilegiato con le potenze secola­ ri e ideologia della libertas Ecclesiae rende conto delle ragioni che stavano al­ la base del conflitto quattrocentesco fra autorità pontificia e cardinalato a pro­ posito dell'esercizio delle funzioni protettorali nei confronti degli stati. Nell'affrontare questo argomento, occorre premettere che sull'attività protettorale cardinalizia verso i potentati secolari gravava il divieto delle co­ stituzioni papali di riforma che si susseguirono nel corso del XV secolo, al­ cune senza neppure venire promulgate ufficialmente80• Memori di come l'al­ leanza con i sovrani secolari avesse rappresentato uno dei punti di forza dei cardinali avignonesi nel loro braccio di ferro con il papato, i pontefici della restaurazione quattrocentesca non temettero di opporre un veto all'attività protettorale che risultava in aperta contraddizione con la realtà dei fatti. Le prime disposizioni di riforma di questo tipo, redatte da Martino V nel l 425, erano accompagnate da un richiamo alla canonica definizione dei cardinali come assistentes papae: strenui e disinteressati difensori dell'o­ nore ecclesiastico, che delle potenze di questo mondo avrebbero dovuto fungere non da avvocati, ma da giudici81• Il tema della libertas come assen­ za di condizionamenti di natura secolare nell'opera di consilium al pontefi­ ce ricone in tutti i progetti di riforma curiale ideati nel corso del secolo, vieppiù collegato alla denuncia della mondanizzazione dei comportamenti cardinalizi; fino ad anivare all'abbozzo di riforma del 1497, in cui venne­ ro condannati come abusivi molti aspetti dello stile di vita correntemente praticato da molti dei cardinali allora presenti nel Collegio82•

L. CELIER, L'idée de réforme à la cour pontificate du Concile de Bate au Concile du Latran, «Revue des Questions Historiques», 86 ( 1 909), pp. 41 8-435; H. JEDIN, Proposte e progetti di riforma del Collegio cardinalizio, in JEDIN, Chiesa del­ la fede Chiesa della storia, Brescia 1 972, pp. 1 56-192.

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li documento stilato dai cardinali Costa e Carafa, che congiunge l 'eser­ cizio del protettorato alla frequentazione di corti e cancellerie da parte di al­ cuni loro confratelli bollati come degeneri, rispecchia un metro di misura ef­ fettivamente circolante alla corte papale ancora all'epoca di Alessandro VI e tendente a delegittimare la categoria dei porporati «interessati agli affari di stato», per usare una bella autodefinizione del cardinal Soderini83• Quando ad esempio il cardinale-principe veneziano Marino Grimani prese le parti della Serenissima durante una controversia politica, l 'ambasciatore milane­ se fu pronto a censurare il suo comportamento, affermando che «in questo loco faceva officio de veneciano e non de cardinale»'4• Tuttavia, sotto il secondo papa Borgia, i tempi stavano cambiando; un mu­ tamento strutturale stava maturando, per impulso di un pontefice che lungo il suo tirocinio come cardinale di curia aveva lui stesso svolto mansioni di pro­ tettore dei sovrani di Spagna. I presupposti della legittimazione del protettora­ to cardinalizio degli stati risiedevano nel diritto che le nationes cristiane recla­ mavano di essere rappresentate davanti al pontefice e all'interno della Sede a­ postolica. Associato alla dignità cardinalizia, tale principio era stato positiva­ mente riconosciuto in età conciliare, quando l'assemblea di Costanza dichiarò la necessità di istituire una rappresentanza permanente e paritetica delle natio­ nes al vettice della curia romana: una riforma che avrebbe trasformato il Sacro Collegio in una smta di parlamento universale della Chiesa d'Occidente, in cui la protectio delle nazioni cristiane sarebbe stata esercitata per prerogativa co­ stituzionale e, ciò che più conta, gratuitamente85• Sebbene nell'età della restaurazione post-conciliare i papi si guardassero bene dall'attuare tale proposito, essi poterono ammettere senza troppa diffi­ coltà che in via eccezionale alcuni cardinali venissero investiti di funzioni pro­ tettorati nei confronti di questa o quella nazione con cui intrattenevano parti­ colari legami di favore, sia per nascita sia per altro motivo, quale ad esempio

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«ltem, ut prefati domini cardinales liberius assistere valeant eidem Domino Nostro in consilio et aliis actibus, prefatus Dominus Noster statuit et ordinavit quod de cetero nullus dominomm cardinalium protectionem alicuius regis, principis aut communitatis tyranni aut alterius saecularis personae sibi vendicare praesumat aut protectionis huiusmodi solitum officium etiam iam assumptum exercere» (Doc. cit. in WODKA, Zur Geschichte der nationalen Protektorate cit., p. 34). 82 «Decet ut Sancte Romane Ecclesie cardinales, qui tanquam cardines et Ec­ clesie columne totius ecclesiastici regiminis pondus cum Summo Pontifice substi­ nere debent, seculares curias secularibus dimittant frequentandas; prohibemus igitur ne aliquis cardinalis, absque expressa et scripta Romani Pontificis licentia, apud quemcumque secularem potentatum quasi tanquam consiliarius vel secretarius aut protector vel procurator conversetur, neque in Romana curia pro tali ullatenus repu-

tetur, ut neque principes statum ecclesiasticum cum seculari immiscere, neque do­ mini cardinales in utroque statu pedem tenere videantur; sed, evangelici verbi me­ mores: Que sunt Cesaris Cesari, que sunt Dei Dea, ad soli Pontifici iuvandas occu­ pationes liberi et tota mente deserviant et soli Pape assistant» (ibid. , p. 35).

83 K. LoWE, Church and Politics in Renaissance Italy. The Life and Career of Cardinal Francesco Soderini, 1453-1524, Cambridge 1 993, pp. 46-52; la citazione

(tradotta in inglese) è a p. 50. 84 Cit. in L. PELISSIER, Sopra alcuni documenti relativi al!'alleanza fra Ales­ sandro VI e Luigi XII (1498-1499), «Archivio della Società Romana di Storia Pa­ tria», 1 8 ( 1 895), p. 1 87 . 85 H . JEDIN, Concilio episcopale o parlamento della Chiesa? Un contributo al­ l'ecclesiologia dei concili di Costanza e Basilea, in JEDIN, Chiesa della fede Chie­ sa della storia cit., pp. 1 27-155.


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l'avervi svolto una legazione di pmticolare rilievo. In ogni caso, l'attività pro­ tettorale non avrebbe dovuto mai implicare per il porporato un principio di di­ pendenza dall'autorità secolare, fattore che in linea di principio avrebbe com­ portato l'incompatibilità con l' officium di senatore della Chiesa. Compresso dentro questo orizzonte di valori, il protettorato cardinali­ zio degli stati visse nel Quattrocento una lunga stagione di clandestinità. Per la seconda metà del secolo, si hanno notizie di cardinali di curia, so­ prattutto francesi, che svolsero opera di protettori per conto del loro sovra­ no, in continuazione di una prassi che sembrerebbe in auge già a partire dai primi decenni del secolo86• Le notizie intorno a tale attività furono però sempre accompagnate da reticenze, oppure da espressioni di condanna, in una duplice direzione. Da una pmte, il protettorato era considerato illegale in quanto forma di mediazione lesiva dell'autorità suprema del pontefice nei suoi rapporti con principi e nazioni'7; dall'altra, esso era reputato una mansione del tutto indegna del rango di un cardinale, in quanto degradava quest'ultimo al livello nemmeno di un ambasciatore, ma più in basso, a quello di un procuratore o sollecitatore di curia''. Per comprendere l'effettiva misura di queste accuse, occorre ricordare che fin dal XIII secolo esisteva in curia la figura del procurator: una sorta di avvocato, incaricato di presentare ai referendari pontifici una supplica, redatta secundum stilum curiae, per conto di un cliente che desiderava ot­ tenere una concessione dal pontefice ma non poteva essere fisicamente pre­ sente a Roma. Il procurator poteva riunire in sé anche le funzioni del solli­ citator, qualora si preoccupasse poi di seguire attraverso i meandri della bu­ rocrazia curiale anche la expeditio, o trasformazione in lettera apostolica, della supplica che aveva ottenuto l'approvazione mediante la signatura'9•

Se è vero che in qualche sporadica occasione un procuratore riuscì ad­ ?irittura a diventare cardinale grazie alla raccomandazione del sovrano per Il quale aveva lavorato in curia90, è da dire che in linea di principio la man­ sione di procuratore era considerata troppo bassa per un dignitario curiale, consistendo in una prestazione d'opera a scopo venale. Negli anni da noi esaminati, intorno al concreto compito di presentare la supplica si riscon­ tra una certa confusione di competenze all'interno degli apparati di rap­ presentanza diplomatica permanente degli stati alla corte di Roma. Nor­ malmente, le suppliche di personaggi e istituzioni che intendevano avva­ lersi dei canali della diplomazia del principe giungevano nelle mani degli ambasciatori residenti, i quali potevano anche curare personalmente la consegna delle suppliche ai referendari o al datario. In alcuni casi, già a questo livello iniziale poteva entrare in azione il cardinale protettore, di persona o attraverso suoi agenti, per avvicinare qualche alto ufficiale di cu­ ria e richiederlo di un favore9'. È interessante osservare che l 'esercizio di incarichi procuratoriali era considerato indegno, nonché di un cardinale, perfino dello status di un am­ basciatore residente in corte di Roma. In alcune circostanze emerse anche questo secondo aspetto dell'avversione, caratteristica dell'ideologia curia­ lista, alla contaminazione fra i diversi livelli della gerarchia di una corte che non rifiutava il contatto con il mondo secolm·e ma lo relegava ai gradini più bassi. Durante il pontificato di Callisto III, ad esempio, la cerchia di intran­ sigenti consiglieri catalani del papa aveva proposto di espellere dalla curia romana tutti quegli oratori residenti che svolgessero anche compiti di pro­ curatore92. La confusione tra i diversi ruoli continuò tuttavia a essere tollerata lun­ go tutto l'arco del secondo Quattrocento. Contemporaneamente a essa, e a dispetto del suo persistente carattere abusivo, l 'istituto del cardinale protet­ tore degli stati andò rafforzandosi, in quanto conveniente agli stessi ponte­ fici: fra l 'altro, proprio per scavalcare la mediazione del Sacro Collegio, at­ traverso la prassi dell' accordo al vertice con i sovrani secolari.

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86 A.A. STRNAD, Aus der Friihzeit des nationalen Protektorates der Kardiniile, «Zeitschrift der Savigny-Stiftung fiir Rechtsgeschichte, Kanonistische Abteilung», 8 1 ( 1964), pp. 264-27 1 . 87 Esemplare fu la risposta data da Pio II al card. Barbo che gli richiese il dirit­ to di mediazione esclusiva - dunque, il protettorato - negli affari riguardanti la re­ pubblica di Venezia. Pio II rifiutò, affermando che tale concessione avrebbe indot­ to i veneziani ad adorare il cardinale, e non il papa, come capo della Chiesa (Prc­ COLOMINI (PAPA Pro II), I Commentarii cit., I, p. 268). 88 JACOPO AMMANNATI PICCOLOMINI, Lettere (1444-I479), a cura di P. CHERUBI­ NI, II, Roma 1997 (Pubblicazioni degli Archivi di Stato. Fonti, 25), pp. 533-543. 89 R. voN HECKEL, Das Aufkommen der stiindigen Prokuratoren an der piipstli­ chen Kurie im 13. Jahrhundert, in Miscellanea F. Ehrle, II, Città del Vaticano 1 924 (Studi e Testi, 38), pp. 3 1 1-343; G. MoRONI, Dizionario di erudizione storico-eccle­ siastica, alle voci: Procuratori di Collegio del Sagra Palazzo apostolico, LV, Venezia 1 852, pp. 270-278; Sollecitatori delle lettere apostoliche o giannizzeri, LXVII, Vene­ zia 1 854, pp. 172-173.

90 Un esempio, lievemente posteriore al periodo qui esaminato ma pienamente rientrante in tale schema, è quello dell'inglese Bainb1idge, su cui si veda D.S. CHAMBERS, Cardinal Bainbridge at the Court of Rome, 1509-1514, Oxford 1 965. 91 Ne abbiamo una precisa testimonianza per il caso del cardinal Juan Carvajal, il quale agiva in stretto raccordo con i procuratori spagnoli, come si descrive in AM­ MANNATI PrccoLOMINI, Lettere cit., II, p. 748. Altri esempi, relativi agli interventi del card. Todeschini Piccolomini a sostegno dei procuratmi tedeschi, in J. S CHLECHT, Pius III. und die deutsche Nation, Kempten und Miinchen 1 914, pp. 21 e ss. 92 M. ANsANI, La provvista dei benefici (I450-1466). Strumenti e limiti dell'in­ tervento ducale, in Gli Sforza, la Chiesa lombarda, la corte di Roma cit., pp. 14-15.


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Entro una pratica negoziale di curia a cui l'indirizzo autocratico del go­ verno pontificio, particolarmente nel campo della politica estera, diede un impulso non trascurabile, il protettorato cardinalizio trovò dunque uno spa­ zio nuovo. Con il suo ruolo di introduzione e di assistenza degli oratori nel corso dell'udienza privata e le sue possibilità di contatto diretto e informa­ le con il pontefice e con i membri del suo entourage, la figura del cardinal protettore nella sua accezione politica può ben dirsi frutto dello sviluppo ri­ nascimentale della diplomazia italiana ed europea, che trovò il suo fulcro nella cm1e di Roma93• Non a caso si rintracciano, quali antecedenti di tale i­ stituzione, per primi i cardinali patrocinatori di potenze che vantavano per consuetudine un rapporto privilegiato col papato: il regno di Francia, l'Im­ pero e, nel corso del Quattrocento, alcuni stati italiani, fra cui il ducato di Milano94• Quando infatti le controversie si facevano particolarmente aspre, il pa­ pa stesso dimostrava di preferire il colloquio diretto con i rappresentanti di­ plomatici delle potenze interessate alle singole questioni, assistito da pochi consiglieri di fiducia. Ne derivò uno sdoppiamento procedurale, che fece dell'udienza 'privata' fra il papa e gli oratori residenti la sede preposta al negoziato politico, lasciando al concistoro 'pubblico' , ossia quello a cui ve­ nivano ammessi di diritto gli ambasciatori insieme ai cardinali, una funzio­ ne eminentemente cerimoniale. Tutto ciò portò alla legittimazione, e prima sul piano pratico che su quello teorico, dell'assunzione di funzioni di rappresentanza politica da par­ te dei porporati fiduciari dei principi. Per fare un solo importante esempio, relativo a un cardinale 'politico' per eccellenza dell'età di Alessandro VI, si può citare una fonte - un dispaccio papale al nunzio apostolico in Germa­ nia - in cui il sistema normativa curiale è assolutamente libero di esprimer­ si. In questa sede, senza alcuna ombra di giudizio negativo, il papa riferisce di aver comunicato alcune delicate notizie ad Ascanio Sforza, nella sua qua­ lità di pro duce Medio/ani agente95• Per i potentati italiani - e il caso dello Sforza è davvero esemplare in tal senso - il discorso relativo al protettorato cardinalizio si arricchisce di

93 G. MATTINGLY, Renaissance Diplomacy, B altimore 1 955, pp. 9 1 - 1 1 8 . 94 Cfr. al proposito l e considerazioni di J . VINCKE nella recensione, pubblicata in «Zeitschrift der Savigny-Stiftung fiir Rechtsgeschichte, Kanonistische Abtei­ lung», 28 ( 1 939), pp. 5 1 6-520, allo studio di WoDKA, Zur Geschichte der nationa­ len Protektorate cit. 95 Doc. cit. in L. PELISSIER, Sopra alcuni documenti relativi alt' alleanza fra A­ lessandro VI e Luigi XII (1498-1499), «Archivio della Società Romana di Storia Pa­ tria», 1 7 (1 894), p. 3 15.

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componenti extra-istituzionali, poiché il dispiego di tali funzioni fu grande­ mente facilitato dall'immissione fra i seggi del Sacro Collegio di cardinali di famiglia principesca, per i quali l 'attività diplomatica rappresentava una ricaduta della frazione di sovranità detenuta sopra il proprio stato96• L'azione di Alessandro VI valicò decisamente gli angusti limiti del si­ stema interstatale italiano e del reticolo di famiglie signorili che lo domina­ vano, le quali per forza di cose potevano vantare un più stretto contatto con l'apparato di governo della Chiesa romana97• Piegando l 'esistenza di tale controversa figura istituzionale - che già aveva fatto una nominale compar­ sa nel 1485, a proposito della Francia, con il cardinal Balue98 - ai fini del consolidamento della propria autorità monarchica, all'indomani della sua in­ coronazione Alessandro VI introdusse ufficiahnente nell'uso il termine di cardinalis protector, applicandolo al regno d'Inghilterr-a e all'impero99• Occone sottolineare che si trattava di un provvedimento di carattere strategico, volto anzitutto a restringere l 'intesa con le potenze europee ne­ miche della Francia, con cui Alessandro VI ebbe contrastati rapporti all' i­ nizio del suo pontificato. D 'altro canto, su di un più generale piano eccle­ siale, il passo di Alessandro VI, che probabilmente non fece altro che con­ fermare una svolta già predisposta dal suo predecessore Innocenza VIII,

96 Un altro illustre esempio di cardinale-principe italiano rinascimentale è quel­ lo di Francesco Gonzaga, ritratto da D.S. CHAMBERS, A Renaissance Cardinal and His Worldly Goods. The Will and Inventmy of Francesco Gonzaga (1444-1483),

London 1992. A questo, che fu il primo dei cardinali-principi italiani del secondo Quattrocento, risale una precisa asserzione delle proprie funzioni protettorali nei confronti degli affari politico-ecclesiastici di famiglia: cfr. ID., A Defence of Non­

Residence in the Later Fifteenth Century: Cardinal Francesco Gonzaga and the Mantuan Clergy, «Journal of Ecclesiastical History», 36 ( 1 985), pp. 605-633. 97 A. PRosPERI, 'Dominus beneficiorum' : il conferimento dei benefici ecclesia­ stici tra prassi curiale e ragioni politiche negli stati italiani tra '400 e '500, in Strut­ ture ecclesiastiche in Italia e in Germania prima della Riforma, a cura di P. FRODI­

P. JoHANEK, B ologna 1 984 (Annali dell'Istituto storico itala-germanico, Quaderno 1 6), pp. 73-79. 98 H. FoRGEOT, Jean Balue, cardinal d'Angers (1421 ?-149!), Paris 1 895 (Bi­ bliothèque de l'Beole des Hautes Etudes, 106), dove viene fra l 'altro riportata (p. 238) una quietanza per la conesponsione al cardinale delle 2.000 lire tornesi spet­ tanti al cardinale quale pensione annua per i suoi servizi di protettore del regno di Francia. 99 ScHLECHT, Pius III. und die deutsche Nation cit., pp. 46-48 ; W.E. WILKIE, The Beginnings of the Cardinal Protectorship of England: Francesco Todeschini Piccolomini, 1492-1503, Fribourg 1 966, ripreso come cap. I in WILKIE, The Car­ dinal Protectors of England: Rome and the Tudors before the Reformation, Cam­

bridge 1 974.


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era diretto ad attenuare una vampata antiromana sempre in agguato dal mondo germanico: prova ne sia il fatto che il primo cardinale ad assumere il protettorato ufficiale allo stesso tempo delle nazioni tedesca e inglese fu un vecchio partigiano dell'impero come il cardinale di Siena, Francesco To­ deschini Piccolomini, nipote di Pio II e futuro Pio III. Proprio per tale com­ plesso di motivi, il privilegio del protettorato cardinalizio non fu inizial­ mente applicato al re di Francia; quest' ultimo poté tuttavia continuare indi­ sturbato a servirsi, come già faceva da decenni, della protezione ufficiosa accordatagli dai porporati-diplomatici che aveva all'uopo inserito in Colle­ gio'oo. Analogamente ad altre materie di conflitto, il protettorato delle nazio­ ni e dei principi venne dunque disciplinato a fine Quattrocento sulla base di una concessione volontaria - o gratiosa - del pontefice: benché tardiva, è indubbio che la sua istituzionalizzazione consentì una più compiuta subor­ dinazione di esso sul piano giuridico alla potestà pontificia. A conferma del­ l 'aderenza di tali provvedimenti alle necessità della politica temporale del­ la Chiesa rinascimentale, basterà ricordare che la linea imboccata da Ales­ sandro VI sarebbe stata ripresa, su più vasta scala, da Giulio II; e che con· la Controriforma, la figura del cardinal protettore divenne strumento di ag­ giornamento del rapporto fra il papato e le nazioni cattoliche10'. Anche in questo traguardo è dato cogliere una riprova di quella sagace duttilità che i contemporanei ravvisavano in Alessandro VI, il quale riuscì a piegare agli obiettivi della monarchia pontificia un'istituzione così antagonistica ad es­ sa come il cardinalato. Per converso, la strada era aperta per una nuova articolazione del Sa­ cro Collegio in fazioni che guardavano al mondo della politica secolare in termini parzialmente nuovi, più apertamente ancorati ai giochi della grande diplomazia europea. Ancora nel 1490, al momento dell' ammissione in Col­ legio di Giovanni de' Medici (il futuro Leone X), risultava curiosamente in vigore la denominazione di 'guelfa' e ' ghibellina' per indicare quelle due fazioni cardinalizie che si contendevano l 'egemonia, contrapposte l'un l'al­ tra come «Ostra e Tramontana»102• Dietro tali arcaiche persistenze nomina­ li, si poteva intravedere la lotta tra i due partiti del momento, capeggiati

l'uno da Giuliano Della Rovere e l ' altro da Ascanio Sforza, afferenti ri­ spettivamente a Napoli e a Milano: furono queste le forze che si disputaro­ no il controllo dell'elezione pontificia al conclave del 1492. Con l'aprirsi della lunga stagione delle guene d'Italia, crollò subita­ neamente il sistema interstatale che per più di mezzo secolo aveva fatto da quadro di riferimento per gli orientamenti politici dei partiti cardinalizi. Nuovi cambiamenti si produssero nella struttura del Collegio alla mmte di Alessandro VI nel 1 503, quando per la prima volta comparve un inedito cri­ terio di denmninazione delle fazioni cardinalizie, destinato a un grande e lungo sviluppo futuro. Cancellati i partiti filomilanese e filonapoletano, a dominare la scena rimase la fazione ' gallica' , entro la quale erano compre­ si il gruppo dei cardinali borgiani e i molti italiani aderenti alla Francia. A costoro si contrapponevano i cardinali partiales per l 'Impero: un raggrup­ pamento dentro il quale, per ragioni di alleanza politico-dinastica, avrebbe­ ro militato anche i fautori del re di Spagna, almeno per i primissimi decen­ ni del Cinquecento103• In nuce, si era già dispiegata la struthlra caratteristi­ ca dei conclavi della prima età moderna, risalente alle pressioni delle gran­ di monarchie che si contendevano l 'egemonia sullo scenario dell'Europa cattolica'04•

100 Per un personaggio esemplare in tal senso, cfr. C. SAMARAN, Jean de Bilhè­ res-Lagraulas, cardinal de Saint-Denis. Un diplomate français sous Louis XI et Charles VIII, Paris 1 92 1 (Bibliothèque du XV.me siècle, 26). 101 WoDKA, Zur Geschichte des nationalen Protektorates cit., pp. 9-10 e 37-38; A. V. ANroNOVICS, Counter-reformation Cardinals: 1534-1590, «European Studies

Review», 2 ( 1 972), pp. 3 1 8-3 19. 102 PICOTII, La giovinezza di Leone X cit., pp. 1 89-1 92.

103 T. GAR, Lettera dell'imperatore Massimiliano I ai suoi oratori presso la cor­ te di Roma (MDIII), «Archivio Veneto», l ( 1 87 1 ), pp. 84-95. 10.. J.B. Sii.GMÙLLER, Die Papstwahlen und die Staaten von 1447 bis 1 555 (Niko­ laus V bis Pau! IV). Eine kirchenrechtlich-historische Untersuchung iiber den An­ fang des Rechts der Exclusive in der Papstwahl, Tubingen 1 890, pp. 77 e ss.


GABRIELLA AIRALDI Il ruolo di Alessandro VI nelle scoperte geografiche

Nel 1 502 Cristoforo Colombo, al culmine di una fase molto critica della sua vita, scrive una lettera a papa Alessandro VI, un documento pre­ zioso che avvicina due personaggi famosi, che hanno attraversato vicende destinate a imprimere un segno profondo nel loro tempo. Come sempre, promana dalla scrittura colombina, tanto nella corrispondenza ufficiale quanto in quella privata, l 'indubitabile carisma caratteristico di un indivi­ duo che, al di là di ogni giudizio, vive ed esprime compiutamente il ruolo che si è imposto e ha imposto al mondo. La sua è una complessa struttura psicologica sorretta da una fortissima tempra, da un'ambizione smisurata, da una capacità tecnica fuori del comune, da uno spregiudicato ma calco­ lato amore del rischio, che lo rendono simile e diverso dai molti uomini della sua stirpe d'origine ma di più antica aristocrazia, che egli ha accom­ pagnato in imprese mediterranee e atlantiche, attraverso le quali ha matu­ rato il suo disegno. Un uomo di spada ma non un hidalgo, un cristiano a­ bihlato alla crociata e alla missione alla maniera genovese. Un colonizza­ tore alla genovese, poco amante del dominio diretto, proteso piuttosto alla ricerca del monopolio commerciale e all' investimento finanziario, dunque certo legato con mille nodi alle aristocrazie europee ansiose di controllo territoriale, a cui d' altra parte appartengono le grandi famiglie che hanno costruito gran parte della storia iberica e dell'espansione; gente abituata sia a gestire direttamente - come capiterà con la ' maona' di Chio fino al 1546 - oppure, come capita di solito, ad avere quartieri e far commercio o prestare capitali come ha fatto per tutta l'età medievale in Castiglia e farà per la ' scoperta' . Un uomo ben adatto a esprimere il tipo del Quattrocento così come lo è il vescovo di Valencia nel 1492, Cesare Borgia, il figlio di Alessandro VI, allora ancora cardinale Valentino, poi, nel 1498, duca Va­ lentino per volontà di Luigi XII. Anche l'uomo che a quel momento è asceso al soglio pontificio, Ales­ sandro VI, come ha ben sottolineato Walter Ullmann, rappresenta come po­ chi altri nella Respublica Christiana di fine secolo il complesso ruolo svol­ to da un papato dominato dall'intensa azione individuale di pontefici che ne segnano il ruolo con la loro volontà e le loro scelte. E d'altra parte mai co­ me in questo momento, a un anno dalla morte, Alessandro VI si sente ed è un papa spagnolo. La lettera di Colombo ad Alessandro VI, che risale al febbraio del 1502 - l'unica che ci sia pervenuta - va collocata nel contesto di preparazione al quarto viaggio e si accompagna ad altre due missive di grande significato:


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l ' una, celebre per la sempre citata espressione «Bien que el coerpo ande aca, el coraç6n esta ali de continuo», indirizzata al Banco di San Giorgio, in cui, secondo il gesto abituale ai grandi uomini d' affari genovesi, istitui­ sce una donazione; l' altra inviata al frate novarese Gaspar Gonicio, del con­ vento di Las Cuevas, amico, archivista ed esecutore testamentario, con cui accompagna un memoriale e copia del Libro dei Privilegi. Colombo è ormai celebre e ricco, ma al centro di una fmte campagna di contestazione in ambito spagnolo e non solo a corte. La sua lettera è lun­ ga e dettagliata. Racconta, come ha già fatto e farà, le sue varie esperienze; è evidente, come è stato già detto, che ci si trova di fronte a un estremo ten­ tativo di autodifesa. Tuttavia Colombo, come Alessandro VI, è stato troppo studiato e troppo giudicato alla luce suggestiva dei ruoli, che già l'epoca in cui i due sono vissuti ha disegnato. In realtà questa lettera rappresenta qual­ cosa di diverso e di più profondo di un manifesto propagandistico. Essa è, soprattutto, la dichiarazione esplicita degli intendimenti che di solito l' Am­ miraglio del Mar Oceano propone alla Corona (esiste una sequenza molto interessante di questi scritti), ma che solo in quest'unica lettera appare in­ vece espressa a un pontefice. Certo, Colombo si rivolge a papa Alessandrò in quest'ora estrema di difficoltà, come all' autore delle 'bolle alessandrine' , per la cui stesura anche l'Ammiraglio si è prodigato a fornire i dati neces­ sari a un'ipotesi di spattizione del mondo (la prima, in effetti), sancita da quel trattato di Tordesillas del 7 giugno 1494 risolutivo del contrasto con il Portogallo sulle aree di espansione. Tocca solo al papa, vicario di Dio su una tena tutta riconducibile alla Respublica Christiana, dire la parola deci­ siva quando si tratta di problemi internazionali, in assenza di un diritto uni­ versalmente riconosciuto: una questione intorno alla quale si intrecciano le nascenti problematiche sul concetto del mare liberum. Più complesso e profondo il tema diventa quando si tratta dell'evangelizzazione e della sua relazione con la conquista. Anche tra le bolle alessandrine, come in molti precedenti atti pontifici emanati sul tema dell' espansione, ve n'è di espres­ samente dedicate a questa difficile problematica, che esiste da secoli e che, nel caso specifico, arriva rapidamente a scontrarsi col diritto di 'patronato' già reclamato dalle Corone iberiche. Tuttavia nella sua missiva Colombo e­ sprime una sola, precisa richiesta. Egli desidera che «me dé aiuda de algu­ nos sacerdotes y religiosos que para ello conosco que son idoneos, y por su Breve mande a todos los superiores de cualquier orden de San Benito, de Cattuxa, de San Hier6nimo, de Menores et Mendicantes». Evidentemente la situazione da questo punto di vista in colonia non lo soddisfa, se deside­ ra scegliere egli stesso. Era stato Bernardo Boyl ad accompagnarlo nel se­ condo viaggio e la prima missione ufficiale era stata quella dei Francesca­ ni inviati dal potente cardinale Cisneros e giunta insieme con Francesco de B obadilla, colui che avrebbe riportato in catene l'Ammiraglio. Anche loro - come già altri - avevano scritto lettere di fuoco e inviato un memoriale al

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Cardinale accusando los Faraones, e cioè i genovesi, non solo di voler ro­ vinare l 'isola, ma anche di volerla consegnare agli altri de su naci6n. La Corona vieta l 'accesso degli stranieri; ma non sono questi divieti a sanare una situazione che ha radici diverse. In realtà si verifica qui, forse per la prima volta nella lunga storia dei rapporti tra genovesi e iberici, un contrasto di culture e di mentalità differenti. I frati fanno, ovviamente, il lo­ ro dovere, ma solo contro i genovesi; non siamo ancora a Las Casas. Forse è loro più familiare o meno difficile da accettare il sistema dell' encomien­ da piuttosto che quello mercantile-capitalistico organizzato per secoli dai genovesi, che con le loro finanze e i loro matrimoni al vertice, hanno mol­ to collaborato a vivificare l 'economia iberica e la sua espansione. I geno­ vesi, che si considerano altrettanto cristiani dei castigliani, hanno invece ben chiara la coesistenza dei giochi del denaro con la fede cristiana; si trat­ ta della ricerca di un difficile equilibrio, perseguito fin dall'età di san Tom­ maso e del coevo Innocenza IV. Lo scontro dunque non verte solo sul tema più profondo delle sopraffazioni dell'uomo sull'uomo in qualsiasi modo es­ se avvengano, ma anche sull'esistenza di identità nazionali in ambito euro­ peo, divergenti se non negli scopi certamente nei metodi. Si tratta, infatti, di un contrasto fra modelli di colonizzazione, diversa­ mente da quanto è già accaduto, per esempio alle Canarie o nell'espansio­ ne portoghese, dove la capacità dei finanzieri genovesi, abili a inserirsi per tutto il Mediterraneo e oltre, si è ben omologata alle esigenze dell'impian­ to coloniale. Ma al di là di questo pur grave motivo, altro e più sottile è il fine di Co­ lombo. Alla conclusione della lunga missiva, egli aniva, infatti, a toccare un tema che gli è particolarmente caro: la riconquista di Gerusalemme, un chiodo fisso dei suoi ultimi anni. Non è questa una giustificazione legata al­ l'utopia o alla memoria di possibili origini ebraiche ma, ancora una volta, il richiamo all'attualità e al tema fondatore della nazione cui appartiene: quella Crociata che il più antico cronista genovese, Caffaro, aveva posto co­ me base e simbolo della storia 'imperiale' della sua gente. «Esta empresa se tomo con fin de gastar lo que d'ella se oviesse en pre­ sidio de la Casa sancta a la Sancta Iglesia»: un richiamo ai temi della guer­ ra antiturca, all' Alessandro ortodosso, antiereticale, il papa del Giubileo, a colui che aveva accompagnato ad Ancona il vecchio Pio II con una galea a sue spese, al legato in Spagna per la crociata. Un richiamo alla ragione più alta dell' azione compiuta, quella Gerusalemme per la quale il tema della conquista, riconquista e scoperta nasce e cresce nella Respublica Christia­ na giustificando ogni aggressione. In questo senso Colombo si qualifica per quello che è: l'erede di antichi crociati, il novello Guglielmo Embriaco. Tuttavia parlando al papa, pur sen­ za venir meno al suo ruolo attuale di suddito castigliano, chiaramente espres­ so in tutta la missiva, egli si propone qui in veste diversa, in una dimensione


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più alta: quello appunto di cittadino della Respublica Christiana. Un molo che, senza rinnegarne nessun altro, agli altri si sovrappone. Cittadino del mondo Colombo lo è per più ragioni: come genovese appmtiene alla più grande potenza finanzimia dell'epoca; come ammiraglio castigliano, con il suo nuovo nome Cristobal Colon e il suo stemma, è ormai entrato a far patte delle alte sfere; come cristiano è il leader d'un'espansione le cui asprezze de­ vono essere sfumate dall'azione missionaria. Proprio perché si considera suddito di una più ampia giurisdizione, l'u­ nica che attraverso il diritto canonico copra a quel tempo l'area di dliitto in­ ternazionale, pone se stesso allo stesso livello dei titolari delle Corone por­ toghese e castigliana; trattando con il papa su una questione che intreccia il potere temporale con quello spirituale, si arroga un molo sovrannazionale, in qualche modo superando perciò non solo il livello dell'autodifesa, ma la rigidità d'una politica nella quale, pur essendo trono e altare uniti, essi so­ no anche costantemente alle prese con i terni della sovranità. Per le Corone iberiche, infatti, la successione delle bolle papali ha solo un valore relativo fino al momento in cui vengono stesi i trattati di Alcaçovas e di Tordesillas. Questo è anche il tenore dell'orazione di obbedienza recitata dallo spa­ gnolo Bernardino Carvajal al nuovo papa spagnolo, Alessandro VI. D ' altra patte, il papa non farà altro che seguli·e un cammino di routine, conside­ rando la sequela di bolle emesse sia per la Corona portoghese sia per quel­ la spagnola (comprese quelle di Callisto III, zio di Alessandro) intese a le­ gittimare a ridosso della scoperta il controllo di territori da evangelizzare. Concedimus, donamus, assignamus, investimus sono termini che hanno of­ feito spazio a infinite speculazioni di storici del diritto. Se l'ambiguità del­ le Indie di Colombo e le ambigue parole del testo alessandrino provocano una prÌ111a, dura e comprensibile reazione portoghese presto sanata, la suc­ cessione stessa delle bolle dÌ1llostra però in maniera evidente il peso politi­ co dell'azione compiuta da Colombo, lontana e diversa da quella dei pmto­ ghesi, davvero operativi verso l 'India. Si è molto ragionato sul valore delle varianti formali tra una bolla e l'al­ tra, sull'essenza teocratica che ne sgorga, sui legami che il valenciano Ro­ drigo Borgia, grande artefice del matrÌ1llonio tra Isabella e Ferdinando, ebbe con il suo paese di origine; su questo diplomatico oscillante tra intrighi fa­ miliari ed europei, ma attento al dibattito sul tema crociata e missione, lega­ to ad un'espansione di cui il papa è sempre e subito al corrente perché Ro­ ma è al centro dell'informazione diplomatica. Certo, Alessandro è p1ima di tutto un papa che media tra i suoi interessi italiani ed europei e il suo antico e mai perduto potere valenciano in un'area di grande interesse economico anche in relazione al declino barcellonese. Un'area nella quale si sono in­ crociati gli interessi di grandi gmppi familiari genovesi, un'area dove cultu­ re diverse ed economie intrecciate hanno fatto crescere il molo di Valencia nel Meditenaneo quando Siviglia lega le sue sorti all'Atlantico.

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Alessandro è un uomo di potere attento, come già suo zio, come il ge­ novese Innocenza VIII e poi i savonesi Sisto IV e Giulio II e prima ancora l'altro genovese, Innocenza N, che aveva fatto oggetto di studio e d'elabo­ razione concettuale il tema della ' guerra giusta' ; ed è interessante conside­ rare l'ascesa nello scacchiere curiale romano e sulla scena internazionale di questi papi di fine Quattrocento, tutti di mistocratica progenie, ma figli di culture mercantili legate tra loro. Alcuni tra gli aristocratici mercanti genovesi che Ì111portano i loro vel­ luteros a Valencia sono gli stessi che finanziano i viaggi colombini. E, co­ me si sa, Rodrigo Borgia fu determinante per l'elezione del genovese Inno­ cenza VIII. Forse anche parlando di papi, occorre pensare a un'Europa, in cui il Mediterraneo occidentale appare ora più che mai la plaque tournante di una storia nella quale anche Roma rientra nei progetti politici dei grandi clans familiari. E un gioco internazionale, in cui appaiono inseriti alla corte castigliana in ruoli di potere economici 'conversi' come i Boyl e i Santangel o Sanchez, cui è diretta la prima importante lettera colombiana sul primo viaggio. Essi sono tutti valenciani, come molti di quegli spa­ gnoli che circondano il Borgia; d' altra parte tocca ai genovesi Centurio­ ne, Doria, Spinola, Lomellini finanziare l'ultimo viaggio di Colombo. La ' repubblica internazionale del denaro' intesse la sua rete ben oltre le fi­ gure di Carlo VIII e di Luigi XII, anche se quest'ultÌ1llo è ora signore di Genova; al di là di Ferdinando e Isabella e della spartizione franco-spa­ gnola, sancita dal trattato di Granada del 1 500. D ' altra parte, da tempo il Sacro Collegio appare controllato da potenti cardinali liguri, spagnoli e portoghesi - Fieschi, Campofregoso, Cybo, Della Rovere, De Costa -, le cui famiglie hanno condotto esperienze di crociata e missione guardando a Oriente e a Occidente, ma ora sempre più a Occidente, lasciando al­ l'Europa orientale il compito di essere antemurale dell'Islam. In definitiva, nessuna delle forze europee del Meditenaneo occidenta­ le prescinde mai da Roma, né Roma rinuncia mai alla sua azione evange­ lizzatrice del mondo sempre in nuove direzioni. Alessandro, con tutti i suoi problemi e la sua fragilità, appare in questa luce il pontefice per il quale l'Europa è ormai solo una base di lancio ver­ so altri orizzonti. E Colombo, «il nostro diletto Colombo», come egli lo de­ finisce, è il suo messaggero. L'espansione europea può davvero essere let­ ta ad un tempo come il disegno convergente di una progettualità economi­ ca e di un programma c1istiano; un disegno nato e cresciuto nel cuore di un'Europa mediterranea, di cui nel Quattrocento l'epicentro è costituito dall'area itala-iberica. Nel momento dell'Ì111presa decisiva infatti, sono di fronte un papa valenciano e un navigatore genovese.


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APPENDICE

cual sera a su gloria y homa de la Santa Religion Cristiana. La cual raçon me descansa y haçe que yo non tema peligros ni me dé nada de tantas fati­ gas y rnuertes que en esta ernpresa yo he passado con tan poco agredeçi­ miento del mundo. Yo espero de Aquel Eterno Dios la victoria d'esto corno de todo el passado. Y çierto, sin ninguna duda después de vuelto aqui non sosegaré fasta que venga a Vuestra Santidad con la palabra y escriptura de todo, el cual es magnanimo y ferviente en la homa y acrescentamiento de la Sancta fe cristiana. Agora, beatissime Pater, supplico a Vuestra Santidad que para mi con­ solacion y por otros respectos que tocan a esta tan sancta e noble empresa, que me dé aiuda de algunos sacerdotes y religiosos que para ello conosco que son idoneos, y por su Breve mande a todos los superiores de cualquier orden de San Benito, de Cartuxa, de San Hieronirno, de Menores et Mendi­ cantes que pueda yo o quien mi puder tuviere excojer d'ellos fasta seis, los cuales negocien adonde quier que fuere rnenester en esta santa ernpresa, por­ que yo espero en Nuestro Sefior de divulgar su Santo Nornbre y Evangelio en el Universo; assi que los superiores d'estos religiosos que yo escojere de cualquier casa o rnonasterio de las ordenes suso nornbradas o por nornbrar, cualquier que sea, non les irnpidan ni pongan contradiccion por privilegios que tengan ni por otra causa alguna, antes los apremien a ello y aiuden e so­ conan cuanto pudieren, y ellos hayan por bien de acquiescer y travajar e o­ bedesçer en tanta Sancta y Catholica negoçiaçion y ernpresa; para lo cual piega esso rnesrno a Vuestra Santidad de dispensar con los dichos religiosos in adrninistratione spiritualiurn non obstantibus quibuscurnque, etc., conce­ diéndoles insuper y mandando que siernpre que quisiesen volver a su mo­ nasterio sean reçebidos y bien tratados corno antes y rnejor, si sus obras lo demandan. Grandissima rnerçed reçibiré de Vuestra Santidad d'esto y seré rnuy consolado y sera grand provecho de la religion cristiana. Esta ernpresa se tomo con fin de gastar lo que d'ella se oviesse en pre­ sidio de la Casa Sancta a la Sancta Iglesia. Después que fui en ella y visto la tiena, escrevf al rey y a la Reina, mis Sefiores, que dende a siete afios yo le pagaria çincuenta mill de pie para esto cinco mill de cavallo en la conquista d'ella, y dende a çinco afios otros cincuenta mill de pie y otros çinco rnill de cavallo, que serian dies mill de cavallo e çient mill de pie para esto; Nuestro Sefior rnuy bien arnostro que yo compliria, por experiencia arnostrar que po­ dia dar este afio a Sus Altezas çiento y veinte quintales de oro y çerteça que seria ansi de otro tanto al térrnino de los otros çinco afios. Sathanas ha des­ tm·bado todo esto y con sus fuerças ha puesto esto en término que non haya effecto ni el uno ni el otro, si Nuestro Sefior non lo ataja. La govemacion de todo esto me habian dado prepetua, agora con furor fui sacado d'ella. Por muy çierto se ve que fue rnalicia del enemigo y porque non venga a luç tan sancto proposito. De todo esto sera bien que yo dexe da hablar antes que es­ crevll· poco.

Lettera di Cristoforo Colombo a papa Alessandro VI (febbraio 1 502) Beatissime Pater, luego que yo torné esta impresa y fue a descobrir las Indias, prepuse en mi voluntad de venir personalmente a Vuestra santidad con la relacion de todo; nascio a esse tiernpo differencia entre el Sefior Rey de Pmtogal y el Rey e la Reina, mis Sefiores, diziendo el Rey de Portogal que también queria ir a descobrir y ganar tienas en aquel camino hazia aquellas partes, y se referia a la justicia. , El Rey y la Reina� mis Sefiores, me reernbiaron apriessa a la ernpresa para descobrir y ganar todo, y ansi non pudo haver effecto mi venida a Vuestra Santidad. Descobri d'este camino y gané mill e cuatrocientas islas y treçientas e treinta y tres le[n]guas de la tiena firme de Asia, sin otras is­ las farnosfssirnas, grandes y rnuchas al oriente de la isla Espafiola, en la GUal yo hize assiento, y la cual vojé ochoçientas leguas de cuatro millas cada una; y es populatissima, de la cual hiçe yo en breve tiernpo tributario la gen­ te d'ella toda al Rey y a la Reina, mis Sefiores. En ella hay mineros de to­ dos rnetales, en especial de oro y cobre: hay brasil, sandalos, lino, aloes y otres rnuchas especias, y hay ençenso, el arbol de donde él sale es de mira­ bolano. Esta isla es Tharsis, es Cethia, es Ophir y Ophaz e Cipanga, y nos le havemos llamado Espafiola. D'esta viaje navegué tanto al Occidente, que cuando en la noche se me ponia el sol le cobravan los de Calis en Espafia dende a dos horas por Oriente, en manera que yo anduve dies lineas del otro emisperio; y non pudo haver hieno, porque hubo entonçes eclipsis de la luna en catorze de Setiernbre. Después fue necessario de venir a Espa­ fia apriessa y dexé alla dos herrnanos con mucha gente en rnucha necessi­ dad y peligro. Torné a ellos con remedio y hiçe navegacion nueva hazia el austro, a­ donde yo fallé tiena infinitissimas y el agna de la mar dulçe. Crei y creo a­ quello que creyeron y creen tantos sanctos y sacros theologos, que alli en la comarca es el Parafso Tenenal. La necessidad en que yo avia dexado a mis hermanos y aquella gente fue causa que yo non me detuviesse a esperi­ mentar mas essas partes y volviesse a mas andar a ellos. Alli fallé grandis­ sima pesqueria de perlas, y en la isla Espafiola la mitad de la gente alzada vagamundeando, y donde yo pensava haver sosiego ya de tanto tiernpo que yo començé, que fasta entonçes non me habia dexado una hora la muerte de estar abrazado conmigo, refresqué el peligro y travajos. Gozara mi anima y descansara si agora en fin pudiera venir a Vuestra Santidad con mi escrip­ tura, la cual tengo para ello, que es en la forma de los Comentarios e uso de César, en que he proseguido desde el prirnero dia fasta agora, que se atra­ veso a que yo aya de haçer en nombre de la Sancta Trinidad viaje nuevo, el


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La lettera di Colombo posta in appendice al testo è ricavata da C. VA GIL, Cristobal Colon. Textos y documentos completos, Madrid 1 9922, doc. LXI. Per le altre lettere citate, cfr. docc. LXII, LXIII, LXIV, LXV. Per le controversie con i frati, cfr. J. GIL-C. VARELA , Cartas de parti­ culars a Colon y relaciones coetaneas, Madrid 1984, docc. XXVI-XXX. Per alcuni temi colombiani qui esaminati, cfr. M.A. LADEF O QUESADA, El intorno hispanico de Cristobal Colon, in XVII Congreso Internacional de Ciencias Historicas, Madrid 1990. Per il profilo 'genovese' di Cristoforo Colombo, cfr. P.E. TAVIANI, Cri­ stoforo Colombo: la genesi della grande scoperta, Novara 1974, e lD., I viag­ gi di Colombo, Novara 1979; J. HEERS, Crisoforo Colombo, Milano 1983; per il suo profilo 'spagnolo' si veda C. VARELA, Cristobal Colon. Retrato de un hombre, Madrid 1992 e inoltre G. AIRALm, Christophe Colomb, un homme en­ tre deux mondes, in Christophe Colomb et la découverte de l'Amérique. Ré�­ lité, imaginaire et reinterpretation, «Études Hispano-Italiennes», 5 (1994). Su Colombo e sul ruolo e l'impatto della ' scopmta' : J. GIL, Miti e uta­ pie della scoperta. Cristoforo Colombo e il suo tempo, Milano 199 1 ; G. AI­ ­

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LuiS ADÀO DA FONSECA Alexandre VI e os descobrimentos portugueses

l . A consideraçao da atitude tomada por Alexandre VI em relaçao aos problemas portugueses tem sido, na historiografia portuguesa, limitada à in­ tervençao deste Papa no contencioso luso-castelhano sobre a partilha oceà­ nica. Refiro-me às quatro bulas do ano de 1493, todas elas dirigidas aos Reis Cat6licos, fundamen�ais no contexto das negociaç6es diplomaticas que vao conduzir à assinatura do tratado de Tordesilhas, em 14941: l . Buia Inter Cetera, datada de 3 de Maio, pela qual se proclama a so­ berania de Castela sobre as ilhas e terra firhe do Oceano2; 2. Buia Eximiae devotionis, datada do mesmo dia, pela qual se conce­ de a Castela o mesmos direitos que Portugal possui no Oceano3; 3. Buia Inter Cetera, datada de 4 de Maio, pela qual se concede a Cas­ tela as terras descobertas situadas a Oeste de urna linha de demarcaçao pro­ jectada a 100 léguas dos Açores e de Cabo Verdé.

1 De modo geral, a recordaçao deste Papa na historiografia portuguesa tem ex­ elusivamente sido associada a este problema. A tftulo de exemplo, veja-se o artigo de R. AMENDOEIRA, Alexandre VI, em Diciondrio de Hist6ria dos Descobrimentos Portugueses, direcçao de L. DE ALBUQUERQUE, coordenaçao de F. CoNIENIE Do­ MINGUES, I, Lisboa 1 994, p. 49. 2 AGI , Patonato, leg. l, ramo l, n. l . Publicada: J. M. SILVA MARQUES, Des­ cobrimentos Portugueses, m, Lisboa 1 97 1 , doc. 253, pp. 374-377 (onde se indicam outras fontes e publicaç6es anteriores; traduçao portuguesa, doc. 254, pp. 377-380); Corpus Documenta! del Tratado de Tordesillas, direcçao conjunta L. ADA.o DA FoN­ SECA-J. M. RUIZ AsENSIO, Valhadolid 1 995, doc. 75, pp. 1 1 9-1 2 1 ; traduçao castel­ hana, pp. 1 2 1 - 1 23 (onde se indicam outras fontes e publicaç6es anteriores). Veja-se também A. GARCIA GALLO, Las bulas de Alejandro VI y el ordenamiento jur{dico de la expansi6n portuguesa y castellana en Africa e Indias, «Anuario de Historia del Derecho Espafiol», 27-28 ( 1957-1 958), pp. 521-522, nota 99. 3 ASV, Reg. Vat. 879, f. 234r; AGI, Patonato, leg. l , ramo 4 (copia de 1 5 15 .03.22.). Publicada: SILVA MARQUES, Descobrimentos Portugueses cit., doc. 255, pp. 3 8 1 -382 (onde se indicam outras publicaç6es anteriores; traduçao pmtu­ guesa, doc. 256, pp. 383-384); ADA.o DA FoNSECA, Corpus Documenta! cit., doc.76, pp. 1 23-124; traduçao castelhana, pp. 1 24-125 (onde se indicam outras publicaç6es anteriores). Veja-se também GARCIA GALLO, Las bulas de Alejandro VI cit., pp. 528-529, nota 1 20. 4 AGI , Patonato, leg. l, reg. n. 3 . Publicada: SILVA MARQUES, Descobrimentos Portugueses cit., doc. 257, pp. 385-387 (onde se indicam outras fontes e publi-


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4. Buia Dudum Siquidem, datada de 26 de Setembro, pela qual se con­ cede a Castela as ilhas e terra firme, descobertas e a descobrir a ocidente e no sul, que ainda nao estejam na mao de um poder cristao, quer a ocidente quer nas fndias5. Sem entrar agora na amllise pormenorizada do contendo de cada um destes textos e dos problemas heuristicos que levantam6, interessara sobre� tudo apontar as grandes linhas da posiçao papal. Os factos sao conhecidos. A 4 de Março de 1493, quando Colombo en­ tra no Tejo, primeira escala europeia no regresso da América, abre-se um periodo de negociaç6es sobre a soberania das ilhas descobertas e da conse­ quente divisao do espaço ocdìnico, que conduzirao, meses depois, à assi­ natura do tratado de Tordesilhas, em 7 de Junho de 1494.

caç6es anteriores; traduçao portuguesa, doc. 258 , pp. 3 88-390); ADJi.o DA FoNSECA, Corpus Documenta! cit., doc. 77, pp. 1 26-128 ; traduçao castelhana, pp. 128-130 (onde se indicam outras fontes e publicaçoes anteriores). Veja-se também GARCIA GALLO, Las bulas de Alejandro VI cit., pp. 524-525, nota 107. 5 AGI, Patronato, leg. l, n. 2. Publicada: SILVA MARQUES, Descobrimentos Portugueses cit., doc. 282, pp. 420-421 (onde se indicam outras publicaç6es ante­ riores); ADJi.o DA FONSECA, Corpus Documenta! cit., doc. 9 1 , pp. 1 3 7- 1 3 8 ; traduçao castelhana, pp. 138-139 (onde se indicam outras fontes e publicaç6es anteriores). Veja-se também GARCIA GALLO, Las bulas de Alejandro VI cit., pp. 5 3 1 -532, nota 1 28 .

6 Entre a numerosa bibliografia dedicada a este assunto, é ainda fundamental o es­ tudo de ibid., pp. 461 -829. Vejam-se ainda: F. MATEos, Bulas Portuguesas y Espafio­ las sobre Descubrimientos Geograficos (Actas do Congresso h1temacional de Hist6ria dos Descobrimentos), IIl, Lisboa 1960, pp. 327-414; M. M. VAs MrNoo, Las bulas a­ lejandrinas y la fijaci6n de las limites a la navegaci6n en el Atlantico, em El Tratado de Tordesillas y su época, II, Valhadolid 1995, pp. 1071-1089; C. MARTIAL DE WITTE, Les bulles pontificales et l'Expansion Portugaise au XVe siècle, Separata da «Revue d'Histoire Éclesiastique», 48, 49, 5 1 , 53, ( 1 953, 1954, 1956, 1958) sobre estas bulas, 53, (1958), pp. 443-470. Pela minha parte, dediquei a este tema alguns trabalhos. Entre eles: L. ADJi.o DA FONSECA, Tratado de Tordesilhas e a diplomacia luso-castelhana no século XV (leitura do texto do tratado de Maria Cristina Cunha), Lisboa 1 9 9 1 ; Io., Portugal en­ tre dos mares, Madrid 1993, pp. 27 1 -294; ID . , O Tratado de Tordesilhas: algumas reflexoes sobre o seu significado, em El Tratado de Tordesillas y su época cit., II, pp. 1 1 87-1205; ID., De Tordesilhas a Saragoça, do !).tltìntico ao Pacifico, 500 anos depois, em Corpus Documenta! del Tratado de Tordesillas cit., pp. 9-23. Entre as actas de reunioes cientfficas, sao importantes: El Tratado de Tordesi­ llas y su proyecci6n (Primer coloquio luso-espafiol de Historia de U1tramar, Segun­ das Jornadas Americanistas de la Universidad de Valladolid), II, Valhadolid 1 973; El Tratado de Tordesillas y su época cit.

ALEXANDRE

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O rei de Portugal, D. Joao II, tem, fundamentalmente, dois objectivos: primeiro, diferenciar, em termos de espaço maritimo, a expediçao de Co­ lombo das navegaç6es dos portugueses; segundo, garantir aos responsaveis de Castela que as expediçoes lusitanas respeitariam tal demarcaçao. Neste sentido, defende inicialmente o critério de demarcaçao vigente, tal como tinha sido assinado no tratado das Alcaçovas-Toledo de 1479-1480, segun­ do o qual se tinha estabelecido urna linha de demarcaçao de caracter hori­ zontal ao nivei da ilha mais meridional das Canarias. So numa segunda fa­ se aceitara a alteraçao do critério definidor dessa linha demarcadora, agora de caracter meridiano. Aparentemente, o conflito parece surgir do proposito castelhano de asse­ gurar o reconhecimento da respectiva soberania nas ilhas descobertas a Od­ dente. Mas, no fundo, o problema é outro: de facto, na Primavera de 1493, en­ tre Castela e Pmtugal, a divergencia nao resulta de que ambos os reinos pre­ tendam exercer a soberania sobre a mesma area geografica (seriamente, Por­ tugal nao tem ambiç6es a respeito das ilhas descobertas por Colombo), quan­ to de que, a proposito de um problema concreto - a viagem do genoves - se discutem coisas diferentes. Enquanto Portugal deseja um mero reajustamen­ to técnico, considerando - como ja se disse - estar ainda vigente o quadro di­ plomatico dentro do qual as negociaç6es se realizariam, Castela regressa a um momento anterior a 1479-1480, na medida em que reivindica a soberania das fndias baseada no direito de descoberta. Se assim nao fosse, nao teriam os Reis Catolicos demonstrado tanto empenho em que o descobrimento e a con­ sequente posse fosse sancionada pela autoridade papal. Com efeito, ao reme­ terem a discussao do problema para Roma, Fernando e Isabel, em termos far­ mais, retroprojectavam a questao para o tempo em que Portugal recebera do papado a doaçao das terras por ele descobertas. Com efeito, é importante perceber como, desde o inicio dos contactos, e­ xiste a 1-eferida divergencia de fundo. Penso que tal divergencia é acentuada por urna compreensao mais rigorosa das implicaç6es do quadro diplomatico ainda em vigor (o Tratado das Abiçovas) pela parte de Portugal. De qualquer modo, a argumentaçao castelhana contem em si urna dimensao geradora e po­ tenciadora de conflitos. A meu ver, este aspecto é importante na medida em que nos permite perceber melhor o que realmente se encontra entao em deba­ te. Com efeito, se é verdade que, sob o ponto de vista formai, as bulas alexan­ drinas se situam na continuidade dos anteriores diplomas pontificios concedi­ dos ao rei de PortugaV, as circunstàncias desse momento alteram profunda­ mente as consequencias politicas da atitude papal de 1493.

7 Cfr. , por exemplo, MARTIAL DE Wrrrn, Les bulles pontifica/es cit., 53 (1958), p. 479.


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É neste contexto que devem ser situadas as bulas papais lnter caetera I e II e Eximiae devotionis, datadas a primeira e a terceira de 3 de Maio des­ se ano, e a segunda do dia seguinte. O contendo e os objectivos de cada urna sao diferentes. A Inter caete­ ra I prop6e-se legitimar as pretens6es castelhanas, demarcando-as da j ­ y risdiçao portuguesa; provavelmente, surge como resposta ao pedido dos Reis Catolicos, feito imediatamente a seguir à chegada de Colombo da pri­ meira viagem, e ao qual ja se fez referència. Na Inter caetera Il, o papa Alexandre VI entra numa outra questao: prop6e um critério de delimitaçao entre os territorios de Portugal e os de Castela, sugerindo urna linha meridiana situada a l 00 léguas a Ocidente de Cabo Verde. Finalmente, a bula Eximiae devotionis mostra a preocupaçao papal por transpor - anulando -, em relaçao às terras novas do ocidente, as doaç6es anteriormente concedida aos monarcas portugueses. De facto, analisadas em conjunto, as bulas papais apresentam-se como um factor nao pequeno de desestabilizaçao. A actuaçao pontificia, neste ca­ so, nao parece ter sido muito linear: Alexandre VI favorece claramente ·OS interesses castelhanos, embora nem sempre seja claro o processo diploma­ tico de que elas sao expressao, e sobre o qual, alias, nao se encontra unani­ midade de opini6es na bibliografia. Alias, duas das bulas a lnter caetera I e a Eximiae devotionis, a serem aceites, destruiriam todo o edificio juridico em que tinha assentado a ex­ pansao portuguesa desde o inicio, contradizendo anteriores documentos pontificios. Compreende-se assim a relutancia manifestada por D. Joao II em aceitar o seu contendo como base de negociaçao. No caso da bula Inter caetera Il, a situaçao é diferente. Em si, a pro­ posta é inexequivel: nao existe n{tnhuma linha imaginada e figurada desde o polo artico ou setentriao até o polo antartico ou meio-dia que diste para os lados do ocidente e sul cem léguas de qualquer das ilhas vulgarmente chamadas dos Açores e de Cabo Verde, como se lè na bula. De qualquer modo, parece ter havido urna certa evoluçao na posiçao pontificia, quando este prop6e um reparto oceanico. De facto, esta bula embora formalmente esteja muito proxima da Inter caetera l, apresenta diferenças suficientes para comprovar como o espirito com que foi redigida ja é outro. Por exemplo, retroprojecta para o dia 25 de dezembro de 1492 (ou seja, para urna data anterior ao regresso de Colom­ bo) os efeitos da doaçao, procurando assim obstar a eventuais expediç6es portuguesas. De qualquer modo, importa ressaltar que a proposta pontificia, embo­ ra, em termos materiais, se diferencie da posiçao portuguesa, aceita no eu­ tanto, um critério de delimitaçao formalmente semelhante. É hoje sabido que tal resulta de urna sugestao directa de Colombo: nn­ ma carta dos Reis Catolicos dirigida ao Almirante, em 5 de setembro de

1493, faz-se referència à «raya que vos dixistes que devia venir en la Bula del Papa»8. No outono de 1493, as negociaç6es nao parecem evoluir. Mas, o papa­ do empenha-se cada vez mais claramente ao lado de Castela. Com data de 26 de setembro, surge urna nova (e quarta) bula - Dudum Siquidem - que nao so confirma as doaç6es anteriores, como destroi todo o fundamento construido a favor de Portugal pelos documentos dos anteriores pontifices, abrindo, inclusive, aos castelhanos a possibilidade de realizarem viagens de descobrimento no Atlantico meridional. Em nenhuma passagem da buia é feita alusao directa a Portugal. Mas, quando se escreve que sao declaradas nulas e sem efeito quaisquer disposiç6es anteriores, mesmo as que se tra­ duzam em actual e efectiva posse («per actualem et realem possessionem») , concedidas a reis, principes, infantes, Ordens Militares ou Religiosas («qui­ buscunque Regibus Principibus Infantibus aut quibusuis aliis personis aut ordinibus et Militiis» ), é diflcil nao pensar em quem seria o visado. Se o estipulado nesta bula tivesse sido posto em pratica, teriamos as­ sistido a urna fase de conflito abet1o a todo o Atlantico. Talvez porque o rei de Portugal teve consciència dessa possibilidade, procura a partir de entao convencer Isabel e Fernando a dispensarem a intervençao papal. Lendo o texto e o sentido das letras pontificias, verifica-se, entre outros aspectos, o seguinte: dirigidas aos monarcas castelhanos, as bulas preconi­ zam um nivelamento entre as concess6es a ambas as monarquias, compre­ ensivel em termos de urna desejavel equiparaçao juridica, mas que dificil­ mente poderia ser aceites por Pmtugal quando vè, assim, ampliada a outra monarquia um tipo de jurisdiçao, até ao momento, so por ele usufruido, e, o que é pior, quando, à luz do direito internacional, sao criadas condiç6es fa­ vorecedoras e legitimadoras de um enfrentamento entre Pmtugal e Castela. Por tudo isto, penso que a recusa de D. Joao II em aceitar, sem mais, o sentido da proposta papal se explica pelo desejo de evitar colocar no centro das discuss6es um texto que, numa primeira leitura, diminuia grande parte das vantagens adquiridas por via de acordos anteriores. As negociaç6es deconem a pat1ir de entao à margem do papado, condu­ zindo, como se sabe, à assinatura de um novo tratado em junho de 1494. De-

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8 Carta dos Reis Cat6licos diligida a Clist6vao Colombo, na qual, além de o in­ fmmarem sobre as negociaçoes com Pmtugal e de lhe pedirem que nao demore a par­ tida nem apmte às rotas da navegaçao lusitana, lhe solicitam um parecer sobre a pos­ sibilidade de existencia de ilhas e de terra firme entre o Cabo da Boa Esperança e a Iinha de demarcaçao propugnada na buia alexandrina Inter Cetera de 1493.05.04. Publicada: ADAo DA FoNSECA, Corpus Documenta! del Tratado de Tordesillas cit., doc. 90, pp. 136- 1 37, onde se indicam as fontes e publicaçoes anteriores.


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ve-se, alias, notar que o texto, tal como foi assinado em Tordesilhas, na sua dimensao politica, diplomatica e maritima, acaba por se situar na sequéncia da diplomacia e dos tratados luso-castelhanos anteriormente assinados9. Neste sentido, pode-se considerar que os citados diplomas pontificios - importantes pelo que representaram enquanto elemento reforçador de posteriores inter7 venç6es papais na area ultramarina - acabaram por ter escassas consequén­ cias, no que diz directamente respeito às negociaçoes diplomaticas.

esta orientaçao (estratégia ligada ao problema do ouro14 e dos escravos15, im­ pmtancia das navegaç6es corsarias16), parece evidente a existéncia de urna preocupaçao politica de contemplar as exigéncias derivadas do comércio ma­ ritimo17. Alias, como tem sido ultimamente apontado por mais de um autor,

2. No entanto, e salvo melhor opiniao, julgo que a intencionalidade das referidas bulas se compreendera melhor se se considerarem num qua­ dro mais vasto possibilitado pelo conjunto dos diplomas de Alexandre VI relacionados com Portugal. Para começar, impmta referir todo um conjunto que se debruça sobre o problema dos Turcos e do apoio à guerra portuguesa em Marrocos. É urna preocupaçao que se manifesta logo do inicio do pontificado. Alexandre VI, pela bula Salvator noster, de 26 de Agosto de 1492, dirigida ao governador e administrador da Ordem de Avis, pede-lhe que mande fazer preces solenes na Ordem, para que Deus ilumine o Sumo Pontifice no go­ verno da Igreja e na Iuta contra os Turcos10. Para situar o contexto deste di­ ploma, recorde-se que, nesta mesma data, o Sumo Pontifice exorta Isabel a Cat6lica para que continue a defender a Fé Cat6licall. Alias, a comunicaçao da eleiçao papal fora feita, pelo menos aos Reis Cat6licos, apenas dois dias antes, pelo que as bulas do dia 26 (a enviada à Ordem de Avis e a dirigida à rainha de Castela) podem ser consideradas na mesma sequéncia12. Da parte da monarquia lusitana, a sensibilidade demonstrada em relaçao ao problema turco nao constitui novidade. Em certa medida, deve ser situada na sequéncia da importancia dada por Portugal à area meditenanea, visivel desde o inicio da dinastia de Avis, num processo que é claramente acentuado a partir de meados da centuria13. Sendo mtiltiplas as motivaç6es que explicam

9 Sobre este assunto, veja-se o que escrevi em ADAO DA FoNSECA, O Tratado de Tordesilhas e a diplomacia luso-castellzana no século XV cit. 10 IAN /TT, Ordem de Avis, n. 3 1 . Sumariado: Visconde de SANTARÉM, Quadro Elementar das relaçoes polfticas e diplomdticas de Portugal com as diversas poten­ cias do mundo, X, Lisboa 1 866, pp. 1 10-1 1 1 . 11 L. SuAREz FERNANDEZ, Pol(tica Internacional de Isabel la Catolica. Estudio e documentos, m [1483-1493], Valladolid 1 969, doc. 93, pp. 301-303 . 1 2 Ibid., doc. 92, pp. 299-301 . 1 3 Sobre este assunto, e sem pretender indicar toda a bibliografia existente, ve­ jam-se os meus estudos L. ADAO DA FoNSECA, Navegaci6n y corso en el Medite­ rraneo Occidental. Las Portugueses a mediados del siglo XV, Pamplona 1978 ; ID . , O Condestdvel D. Pedro de Portugal, a Ordem Militar de Avis e a Penfnsula Ibéri-

ca do seu tempo (1429-1466), Porto 1 982; e ID., Portugal entre dos mares cit., pp. 1 5 1 e ss. Vejam-se ainda: F. THEMUDo BARATA, Navegaçiio, comércio e relaçoes po­ Hticas: os portugueses no Mediterraneo Ocidental (1385-1466), Lisboa 1998; M. MENDONçA, Aspectos das relaçoes entre Portugal e as Rep�lblicas ltalianas no �a­ timo quarte! do século XV, reeditado em As relaçoes externas de Portugal nos finais da Idade Média, Lisboa 1994, pp. 63-90; V. RAU, Portugal e o Mediterraneo no sé­ culo XV. Alguns aspectos diplomdticos e economicos das relaçoes com a Italia, Lis­ boa 1 973. 14 Sobre este assunto, e sem pretender indicar toda a bibliografia existente, vejam-se: F. BRAUDEL, I metalli monetari e l'economia del XVI secolo, e Monete e ci­ viltà. Dall'oro del Sudan all'argento americano: un dramma mediterraneo, (ree­ diçao italiana em BRAUDEL, I tempi della storia. Economie, società, civiltà, Bari 1 986, pp. 205-236 e 1 37-158); V. MAGALHAEs GomNHO, O Mediterraneo Saariano e as caravanas do auro. Geografia economica e social do Saard Ocidental e Cen­ tra[ do XI ao XVI século, Colecçao da «Revista de Hist6ria», 8 (1 956); J. HEERS, Le Sahara et le commerce méditerranéen à la fin du Moyen Age, «Annales de l'Insti­ tut d' Études Orientales», 16 (1958), pp. 247-255; M. MALOWIST, Quelg ues obser­ vations sur le commerce de l'or dans le Soudan occidental au Moyen Age, «Anna­ Ies Économies Sociétés Civilisation», ( 1 970), pp. 1630-1 636; R. RrcARD, Études sur l'histoire des Portugais au Maroc, Coimbra 1 955, pp. 8} -201 e ID., Lajactorie por­ tugaise d'Gran (1483-1487), «Annales de l'Institut d'Etudes Orientales», 5 (19391941), pp. 129-136. Neste quadro, Granada e Manocos constituem referencias fundamentais. Além do meu estudo, L. ADAo DA FoNSECA, O papel de Granada no horizonte da polftica pe­ ninsular portuguesa em meados do século XV, em Actas do IV Coloquio de Historia Medieval Andaluza, Almeria 1988, pp. 383-392; vejam-se: A. DIAs FARINHA, Portugal e Marrocos no século XV, m, Lisboa 1 990, (dissertaçao de doutoramento policopiada); F. MEus·, Malaga nel sistema economico del XIV e XV secolo, em Mercaderes italia­ nos en Espafia, siglos XIV-XVI, Sevilha 1976, pp. 1-65. 1 5 Como obra fundamental, veja-se C.VERLINDEN, L 'esclavage dans l 'Europe Médiévale, Bruges-Gant, 1 955-1977. 16 Cfr. o meu estudo ADAo DA FoNSECA, Navegacion y corso en el Mediterraneo Occidental cit. Continuam validas as paginas que a este respeito escreveu F. BRAUDEL, O Mediterraneo e o Mundo Mediterranico na época de Filipe II, II, Lisboa 1985, pp. 230-259.

1 7 Tive

oportunidade de sublinhar a importancia desta dimensao, primeiro, em As rotas da navegaçiio portuguesa entre o Mediterraneo e o Atlantico na época de Colombo, in Navi e navigazione nei secoli XV e XVI (Atti del V Convegno Inter­ nazionale di Studi Colombiani), Génova 1 990, pp. 5 1 9-535, e em Le Portugal entre la Méditerranée et l'Atlantique au XVe siècle, em Le Portugal au XVe siècle (Actas


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a importancia dada pela monarquia pmtuguesa ao horizonte mediterraneo nao constitui, em momento algum, urna orientaçao que entre em conflito com a dimensao privilegiada confe1ida ao espaço atlantico18. De qualquer modo, sao varios os diplomas de Alexandre VI, dirigidos ao rei de Portugal, onde este problema é abordado. Assim, em 12 de Maio de 1495, pelo breve Quamvis arbitremur maies� tati tue, convida-o a entrar na Liga Santa19. Significativamente, neste mes­ mo dia, os Reis Cat6licos dirigem ao rei de Inglaterra, Henrique VII, iden­ tico convite20. Como sabemos, a Liga Santa, proclamada em Veneza em finais de Março de 1495 21, tem, como objectivo formai, a Iuta contra a ameaça turca,

do col6quio), Paris 1 989, pp. 147- 1 62, separata dos «Arquivos do Centro Cultural Portugues», 26 ( 1989), e, depois, num trabalho dedicado ao interesse dos estudos de J. HEERS para a hist6ria portuguesa desta época: La storiografia portoghese tra Me­ diterraneo e Atlantico, em L Europa tra Mediterraneo e Atlantico. Economia-So­ cietà-Cultura, dir. G. AIRALDI, Genova 1 992, pp. 15-2 1 . Refiro-me, em especial, a­ os seguintes trabalhos deste autor: G. AIRALDI, L 'expansion maritime portugaise à la fin du Moyen Age: la Méditerranée, «Revista da Faculdade de Letras» [de Lis­ boa], 2a sér. , 22/2 (1 956), pp. 5-33 e EAD., Portugais et génois au XVe siècle: la ri­ valitéAtlantique-Mediterranée (Actas do IIICol6quio Internacional de Estudos Lu­ so-Brasileiros, Lisboa 1 957), III, Lisboa 1 960 (ambos os trabalhos foram reeditados em Société et économie à Genes [XIVe-XVe siècles], Variorum Reprints, 1 979). É ainda fundamental V. MAGALHÀES GODINHO, O Mediterraneo no horizonte dos Eu­ ropeus do Atlantico, em Mito e mercadoria, utopia e pratica de navegm: Séculos XIII-XVIII, Lisboa 1 990, pp. 1 8 1 -222. 18 Por exemplo, vejam-se: J. BoRGES DE MACEDO, A pol(tica atlantica de D. Joiio II e o Mediterraneo, em Bartolomeu Dias e a sua época (Actas do Congresso Internacional), I, Pmto 1989, pp. 3 87-403, (texto reproduzido, sem notas, «Ocea­ nos», 3 ( 1990), pp. 62-70); L.F.F.R. THOMAZ, O projecto imperialjoanino (tentati­ va de interpretaçiio global da polftica ultramarina de D. Joiio II), em Bartolomeu Dias cit., I, pp. 8 1-98 ; e ID., L'idée impériale manuéline, emLa découverte, le Por­ tugal et l'Europe, Paris 1990, pp. 35-103. Nao é numerosa a bibliografia disponivel sobre as relaç6es da monarquia por­ tuguesa com Mediteniìneo turco. Para o século XV, veja-se a dissettaçao de mestra­ do de P. LIMAO , Portugal e o Império Turco na drea do Mediterraneo (século XV), Lisboa 1995, pp. 232-306. Um panorama geral em J. P. CosTA, Turcos, em ALBu­ QUERQUE, Diciondrio de Hist6ria dos Descobrimentos Portugueses cit., II, pp. 10481052. 19 AGS, leg. 60, f. 4 1 . Publicado: SuAREz FERNANDEZ, Polftica Internacional de Isabel la Cat6lica cit., IV [1494-1496], doc. 88, pp. 37 1 -372. 20 Ibid., doc. 89, pp. 372-373. 2 1 Ibid., doc. 75, pp. 327-347.

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mas acaba por ser urna aliança anti-francesa22• Assim, o convite feito, em Maio de 1495, ao rei de Portugal para entrar na Liga significa, naquele mo­ mento, o convite ao alinhamento internacional de Portugal ao lado de Castela. Numa carta de instruçoes enviadas pelo monarca lusitano ao seu em­ baixador sobre a obediencia ao Papa, sem data, mas que se pode datar da Primavera adiantada de 1495, é evidente a atitude de expectativa por parte de Portugal: «Se as cousas esteverem como screvestes que ora stan assi di­ ferentes que nin o rey de França se junte con o Papa nin p asse pera Françia, o rey de Portugal ha por beyn que sobreestes asi no dar da obediençia hata se haver partido nos casos ja decrarados, e se per ventura o rey de França estover concertado con o Papa, o rey de Portugal ha por beyn que para dar a obediencia na maneyra e como vos lo ten escrito e mandado miredes vos as cousas que vos o rey ten scrito. E se o Papa fugir de Roma e nom esta em so estado non dedes a obediencia. E se per ventura as cousas do rey de França non foren adeante e el se vier adversidade e as cosas de Italia e do Papa stan en so estado e souberedes que o rey de Romanos ha de vir cedo a Roma esperares por el e por sua mano ha o rey de Portugal por beyn que dedes obediençia; e se souberedes sua vinda non he çerta e em breve, dade a obediençia seyn esperar por el»23. Posteriormente, multiplicam-se os diplomas pontificios, onde explici­ tamente se aborda a guerra contra o Infiel. Em 1 2 de Novembro de 1499, pelo breve Quanto studio et labore, dirigido a D. Manuel, é solicitado apoio contra os Turcos, e pedido o envio de um embaixador com amplos poderes para Roma, a fim de, em conjunto com os demais principes cat61icos, de­ cidirem sobre a expediçao contra o Infiel24. A resposta lusitana deve ter si-

22 Ibid., pp. 79 e ss. Cfr. o breve de Alexandre VI dirigido ao imperador Maxi­ miliano, possivelmente em Abril de 1495, convidando-o a fazer a guena a França (ibid., IV [ 1494-1496], doc. 8 1 , pp. 360-362), assim como a carta de identico teor deste aos Reis Cat6licos (ibid., IV [1494-1496], doc. 82, pp. 362-364). Urna expo­ siçao de conjunto sobre este conjunto de problemas (a partir da eleiçao de Alexan­ dre VI) pode ser consultada em L. SuAREz FERNANDEZ, Historia de Espafia, dirigi­ da por R. MENÉNDEZ PIDAL, XVII/2, Madrid 1 969 pp. 338 e ss. Nao sendo este o lu­ gar adequado para indicaç6es bibliognificas prolixas sobre a figura deste Papa, li­ mito-me a citar a revisao apresentada por A. BoRROMEO, El pontificado de Alejan­ dro VI: corrientes historiogrdficas recientes, em El Tratado de Tordesillas y su é­ poca cit., II, pp. 1 1 33-1 1 5 1 . 23 SUAREZ FERNANDEZ, Polftica Internacional de Isabel la Cat6lica cit., IV [1494-1496], doc. 90, pp. 374 -375. 24 IAN/TT, Bulas, maço 36, n. 68. Sumariado: SANTARÉM, Quadro Elementar das relaçoes cit., p. 120; J. SANTos ABRANCHES, Fontes do direito eclesidstico por­ tugues, I. Suma do buldrio portugues, Coimbra 1 895, pp. 5 1-52.


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do rapida, a avaliar pelo breve de 10 de Fevereiro do ano seguinte, Accepi­ mus nuper litteras tuas, dirigido a D. Manuel, onde se declara o gosto com que o Papa recebera as cartas dele sobre urna expediçao contra os Turcos, e onde se louva o seu zelo em defender a fé 25• Poucos dias depois, pelo bre- ' ve Postquam ad litteras tuae Majestatii, também dirigido a D. Manuel, lou­ vando o seu zelo em defender a fé, informa-o da decisao de tratar da expe­ diçao contra os Turcos numa pr6xima reuniao em Roma, prevista para l de Março 26• No entanto, apesar da boa vontade manifestada por Portugal, como é sabido, o processo nao tem sequència. Neste sentido, sao elucidativas as instruçoes dadas no inicio de 1501 por D. Manuel a Francisco Lopes, en­ viado ao Papa. Ai, o rei de Portugal declara que, estando disposto a ajudar na guerra contra os Turcos, nao encontrara resposta do papa, pelo que de­ cidira passar a Africa; mas que, perante o pedido de ajuda recebido de Ve­ neza, abandonara este projecto, e retomava a sua disponibilidade em lutar contra os Turcos 27• Tenha-se em conta, a este respeito, a carta do dito Francisco Lopes a D. Manuel, de 28 de Agosto de 1 50 1 , onde se fala de assuntos da politica intema italiana, mas nao se aborda a referida guena28•

De qualquer modo, em 1 5 de junho de 150 1 , parte de Portugal a arma­ da comandada por D. Joao de Meneses. O itinerario seguido pela frota é conhecido: Mers-el-Kebir, Alicante, Ibiza, Cagliari, Sicilia, Napoles e Va­ lana, na Grécia. Regressa em finais de dezembro, nao tendo chegado a en­ trar em combate 29. Entretanto, em 23 de outubro de 1 50 1 , sao dirigidas a D. Manuel duas bulas: pela Catholice fidei, é concedida indulgència plenaria a quem pas­ sasse a Africa, extensiva à guerra contra os Turcos 30, e pela Etsi disposi­ tione suprema, sao concedidas as décimas dos bens eclesiasticos por tres a­ nos, para a guerra contra os mesmos 31. Sendo evidente que estes diplomas nao sao alheios à renovaçao da ideia de cruzada em Portugal, propugnada nestes anos pela monarquia lusitana 32, compreende-se assim que, em 3 de

25 IAN/TT, Bulas, maço 36, n. 63. Sumariado: SANTARÉM, Quadro Elementar das relaçoes cit., p. 1 2 1 . 26 1500.02. 16. - IAN/TT, Bulas, maço 3 6 , n . 17. Sumariado: SANTARÉM, Qua­ dro Elementar das relaçoes cit., p. 1 2 1 . 27 Sumariado: SANTARÉM, Quadro Elementar das relaçoes cit., pp. 122- 123. Publicado: L. A. REBELO DA SILVA, Corpo Diplomatico Portuguez... , I, Lisboa 1 862, pp. 1-5. Informaçao semelhante em D. DE G6Is, Cronica do felidssimo Rei D. Ma­ nuel, I, Coimbra 1 949, capitulo 47, pp. 1 14-1 1 5 . 28 IAN/TT, Corpo Cronologico, Parte l , maço 3 , doc. 25. Sumariado: SANTA­ RÉM, Quadro Elementar das relaçoes cit., pp. 1 24-125. Publicado: REBELO DA SIL­ VA, Corpo Diplomatico cit., pp. 5-13. É possivel que com estes assuntos esteja relacionado o envio a Roma de Rui de Sousa, deao da Sé do Porto, como embaixador (1501 .09.29. IAN/TT, Corpo Cronologico, Parte l , maço 3, doc. 69. Sumariado: SANTARÉM, Quadro Elementar das relaçoes cit., p. 127) Outros diplomas sobre esta embaixada: 1502.03.06. (IAN/TT, Gaveta 20, maço 6, n. 5 . Sumariado: SANTARÉM, Quadro Elementar das relaçoes cit., pp. 1 30-13 1 . Publicado: As Gavetas da Torre do Tomba, X, Lisboa 1 974, pp. 462-463); 1502.03.07. (IAN/TT, Gaveta 20, maço 6, n. 6. Sumariado: SANTARÉM, Quadro Elementar das relaçoes cit., pp. 1 3 1-133. Publicado: REBELO DA SILVA, Corpo Diplomatico cit., pp. 28-3 1 ; As Gavetas da Torre do Tomba cit., pp. 464-466); 1 502.06.02. (IAN/TT, Gaveta 20, maço 6, n. 4. Publicado ibid., pp. 457-461).

29 LIMAO , Portugal e o lmpério Turco cit., pp. 301-302, e I. L. MORGADO DE SousA E SILVA, A Ordem de Cristo (141 7-1521), dissertaçao policopiada, I, Pmto 1998, y. 1 28 (onde se indicam as fontes). E ainda conhecido o episodio protagonizado por D. Diogo Fernandes de Al­ meida, prior do Hospital (R. PINA , Cronica de D. Afonso V, em Cronicas, Porto 1 977, cap. 208, p. 874). Sobre este personagem, veja-se P. M. CARVALHO PINTo CosTA, A

Ordem Militar do Hospital em Portugal: dos finais da Idade Média à Modernidade, dissertaçao policopiada, I, Pmto 1 998, pp. 433-435. Em cmta datada de 25 de Janei­ ro de 1504, escrita em Palermo, e dirigida aos Reis Catolicos, o Vice-Rei da Sicilia da noticia da fmma como o plior do Hospital, capitaneando urna pequena frota crista, infringiu urna denota aos turcos. A descriçao da refrega encontra-se em IAN/TT, Corpo Cronologico, maço 4, n. 74, incluida na copia enviada pelos Reis Catolicos ao rei de Pmtugal, com data de 1 7 de Ablil do mesmo ano (publicadas por L. SuAREz FERNANDEZ, Documentos referentes a las relaciones con Portugal durante el reina­ do de las Reyes Catolicos, Ill, Valhadolid 1963, docc. 5 1 8-5 1 9, pp. 1 13-1 14). Cfr. ainda o diploma de 1502.06.02. (IAN/TT, Gaveta 20, maço 6, n. 4) citado na nota an­ terior. 30 IAN/TT, Bulas, maço 1 6, n. 25. Sumariada: SANTARÉM, Quadro Elementar das relaçoes cit., pp. 128-1 29; SANTos ABRANCHES, Fontes do direito eclesiastico portu­ gues cit., p. 53. Publicada: REBELO DA SILVA, Corpo Diplomatico cit., pp. 1 6-18. 3 1 IAN/TT, Bulas, maço 1 3 , n. 14. Sumariada: SANTARÉM, Quadro Elementar das relaçoes cit., p. 129; SANTos ABRANCHES, Fontes do direito eclesiastico portu­ gués cit., p. 53. Publicada: REBELO DA SILVA, Corpo Diplomatico cit., pp. 1 8-24. 32 Vejam-se os estudos de L.F.F.R. THOMAZ, Descobrimentos e evangelizaçao. Da Cruzada à missao pacifica, em Actas do Congresso Internacional de Historia Missionaçao Portuguesa e Encontro de Culturas, I, Braga 1 993, pp. 8 1 - 1 29; e Da Cruzada ao Quinto lmpério (em colaboraçao com J. SANTOS ALVEs), em A Memo­ ria da Naçao, dir. F. BETHENCOURT-D. RAMADA CURTO, Lisboa 1991, pp. 8 1- 1 64. Cfr. ainda os trabalhos deste mesmo autor citados na nota 1 8 , assim como MoRGA­ no DE SousA E SILVA, A Ordem de Cristo cit., I, pp. 140-143.


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julho de 1502, Alexandre VI tenha enviado a D. Manuel, a seu pedido, o breve Exigunt merita, no qual lhe concede faculdade para mandar visitar o Santo Sepulcro e os Santos Lugares por pessoas da sua escolha33.

3. O apoio dado pelo Papa à participaçao portuguesa contra os Turcos deve ser entendido como urna manifestaçao do que foi urna das suas preo­ cupaç6es fundamentais. Deve, no entanto, ser também relacionado com ou­ tros apoios: às Ordens Militares, nomeadamente à Ordem de Cristo, e à ex­ pansao da Igreja em terras de Além-Mar. A este proposito, importa ter presente que o rei de Portugal D. Manuel é simultaneamente governador e administrador da Ordem Militar de Cris­ to 34, pelo que todo o apoio concedido à politica 'ultramarina' da monarquia é simultaneamente dado às milicias que tao pr6ximo se encontram do po­ der régio; e 'vice-versa' . É o caso da bula Sincere devotiones, datada de 15 de outubro de 1493, e dirigida a D. Manuel, na qualidade de governador e administrador da Ordem de Cristo, pela qual concede à referida Ordem que dois dos seus freires que sirvam na capela do rei possam ter um beneficio secular 35, e da bula Roma­ ni Pontificis sacri apostolatus, datada de 20 de junho de 1496, autorizando, a pedido de D. Manuel, na mesma qualidade, os freires das Ordens de Cristo e de Avis a casarem-se 36. E outros diplomas podem também ser citados 37.

33 IAN/TT, Bulas, maço 16, n. 12. Sumariado: SANTARÉM, Quadro Elementar das relaçoes cit. , p. 1 35; SANTOS ABRANCHES, Fontes do direito eclesiastico portu­ gues cit. , p. 54. Publicado: REBELO DA SILVA, Corpo Diplomatico cit., pp. 37-38. 34 MoRGADO DE SousA E SILVA, A Ordem de Cristo cit., I, pp. 1 23 e ss. 35 IAN/TT, Bulas, maço 35, n. 29. Sumariado: SANTARÉM, Quadro Elementar das relaçoes cit. , p. 1 1 1 ; SANTOS ABRANCHES, Fontes do direito eclesiastico portu­ gues cit., p. 50. 36 IAN/TT, Bulas, maço 15, n. 19; Gaveta 7, maço 3 , n. 32, e maço 7, n. 1 1 ; Ordem de Cristo, cod. 234, l a parte, ff. 60r-60v; Lisboa, Bibl. Nac. , cod. 735, ff. 1 02v e 106. Sumariado: S ANTARÉM, Quadro Elementar das relaçoes cit. , pag. 1 1 51 1 6; SANTOS ABRANCHES, Fontes do direito eclesiastico portugues cit., p. 50. Publi­ cada: A. CAETANO DE SousA, Provas da Historia Genealogica da Casa Rea! Portu­ guesa, II, Coimbra 1 947, pp. 326-328 (com a data errada de 1492); ODORICO RAY­ NALDO, Annales Ecclesistici ab anno qua definit Card. Caes. Baronius . . . , XIX, Co­ lonia 1 693, p. 458 . Sobre este assunto, veja-se G6rs, Cronica do felidssimo Rei D. Manuel cit., I, cap. 17, pp. 37-38 . 3 7 l) 1495.04.26. Bula Hodie nobis, dirigida ao arcebispo de Lisboa, e ao chantre e mestre-escola da respectiva Sé, onde se confnma a D. Manuel, na quali­ dacie de governador e administrador da Ordem de Cristo, o estipulado no estatuto celebrado em capftulo, pelo qual se concede aos comendadores, cavaleiros e freires da dita Ordem que possam dispor e testar os seus bens e fazenda, pagando os 3/4 -

ALEXANDRE VI

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Alguns nao sao alheios à expansao portuguesa, como a bula Eximiae de­ votionis, de 23 de junho de 1496, onde se autoriza a transfmmaçao da casa da Ordem de Cristo, existente em Belém, em mosteiro da Ordem de S. Jer6nimo 38, e do breve Expositum nobisfuit, de 17 de maio de 1503, dirigido a D. Manuel, confirrnando algumas chiusulas do testamento do Infante D. Henrique39.

das rendas de suas comendas, tenças e beneffcios que tèm da Ordem, para a fabrica do convento de Tornar, até ao dia de S. Joao Baptista; e, no caso de monerem abin­ testados e sem herdeiros, os seus bens ficariam para a Ordem, ficando para o Prior, Comendador-Mor e Claveiro o que determinavam os estatutos (IAN/TT, Livro B5 1- 1 5 , ff. 53r-55v [versao latina] ; Ordem de Cristo, cod. 232, 2• parte, ff. 1 85 - 1 86v [versao portuguesa]; Gaveta 7, maço l , n. 1 2; Bulas, caixa 8, maço l , n. s 5 [origi­ nai] e 6 [copia] ; Lisboa, Bibl. Nac., cod. 735, f. 1 0 1 . Sumariado: SANTARÉM, Qua­ dro Elementar das relaçoes cit. , pag. 1 12). Este assunto esta ja contemplado pelo In­ fante D. Henrique, em 1426.05. 1 9. (Monumenta Henricina, III, Coimbra 1 9 6 1 , doc. 60, pp. 1 12-1 1 5), e nos Estatutos de 1449 (ibid., X , Coimbra 1969, doc. 84, pp. 133-1 34; reproduzido na Regra de 1 503 - cfr. A. M. F. PESTANA DE VASCONCELOS, A Ordem Militar de Cristo na Baixa Idade Média. Espiritualidade. Normativa e Pra­ tica, «Militarium Ordinum Analecta», 2 ( 1 998), p. 68). 2) 1496.05 . 1 1 . - Breve dirigido a D. Manuel, pelo qual se concede ao Administrador, Comendadores e Cavaleiros da Ordem de Cristo que possam rezar as Horas de Nos­ sa Senhora, as oraçoes do Pai-Nosso e Avé Maria, e quaisquer outras que pelos Es­ tatutos sao obrigados a rezar juntamente, em qualquer momento e lugar, satisfazen­ do a sua obrigaçao como se o fizessem às horas devidas (IAN/TT, Ordem de Cristo, cod. 234, la pmte, ff. 58-58v; Lisboa, Bibl. Nac., cod. 735, f. 103). Esta disposiçao é, assim, menos rigida do que a que vn·a a ser iuclufda na Regra de 1503 (cfr. VAs­ CONCELOS, A Ordem Militar de Cristo cit., p. 70). 3) 1502. - Bula Conunissum nobis de super, pela qual D. Manuel é autorizado a tro­ car Vila Franca de Xira, da Ordem de Cristo, por outro lugm· do patrimonio régio (IAN/TT, Bulas, maço 35, n. 20. Sumariado: SANTos ABRANCHES, Fontes do direi­ to eclesiastico portugues cit., p. 54). 38 C. DOS SANTos, Os Jeronimos em Portugal. Das origens aos fins do século XVII, Pmto 1 980, p. 22. 39 IAN/TT, Bulas, maço 32, n. 28. Sumariado: SANTARÉM, Quadro Elenzentar das relaçoes cit., p. 137; SANTos ABRANCHES, Fontes do direito eclesiastico portu­ gues cit., p. 54. Publicado: REBELO DA SrrsA, Corpo Diplomatico cit., pp. 40-4 1 ; Monumenta Henricina cit., XV, Coimbra 1 974, doc. 92, pp. 1 35-136. Como ja foi apontado, é clara a ligaçao deste diploma à expansao miental portuguesa (cfr. MoR ­ GADO pE SousA E SILVA, A Ordem de Cristo cit., I, p. 1 3 1) . E especialmente interessante o caso do breve Dudum pro parte, datado de 1 3 de Outubro de 1 50 1 , dnigido a D. Manuel, sobre a permuta d a vila de Sines, d a Or­ dem de Santiago (a merecer urna ancilise particulm·, a fazer em outro momento) (IAN/TT, Bulas, maço 16, n. 4. Sumariado: SANTOS ABRANCHES, Fontes do direito eclesiastico portugues cit., p. 52).


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ALEXANDRE VI E OS DESCOBRIMENTOS PORTUGUESES

Se outras raz6es nao fossem consideradas, a simples conjugaçao de algu­ mas datas aponta, desde lago, para a associaçao destes apoios (à politica ul­ tramm·ina do monarca e à fundaçao dos Jer6nimos em Belém) às bem conhecidas preocupaç6es deste Pont{fice em matéria de reforma eclesiastica 40. Nesta ordem de ideias, o papa Alexandre VI responde, por mais de urna vez, em termos positivos às solicitaç6es do rei de Portugal relacionadas com as campanhas lusitanas no nmie de Africa. É interessante sublinhar que, em alguns casos, é manifesta a preocupaçao de nao diferenciar ambas as mo­ narquias ibéricas. A titulo de exemplo, refiram-se as seguintes: - em 1 3 de setembro de 1496, pela bula Cum Charissimus in Christo, apoia o esforço de guena do rei de Portugal em Marrocos, e concede os u­ suais beneficios espirituais aos fiéis que contribuam com dois reais de prata para cura dos doentes na campanha ou para a edificaçao de igrejas nos luga­ res conquistados 41;

- em 17 de junho de 1499, pela bula In apostolicae dignitatis, designam­ se para constituir o distrito e diocese da Catedral de Safim os seguintes luga­ res: Azamor, Almedina, Tite, Mazagao, e todos os lugares adjacentes 42; - em 23 de agosto de 1499, pelo breve Cum sicut nobis nuper, é con­ cedido ao rei D. Manuel o padroado de todas as igrejas que se fundem nos lugares de Africa conquistados aos mouros 43. Caso interessante - revelador dos meandros da orientaçao praticada pelo Papado - é o da bula Ineffabilis et summi Patris Providentia, de l de junho de 1497, pela qual se doa ao rei D. Manuel e aos seus sucessores a posse perpétua das tenas conquistadas aos Infiéis, sem prejuizo dos mo­ narcas cristaos que a essas terras tenham direito 44. Se é certo que esta car-

40 Cfr. o breve Cum alias, dirigido ao bispo da Guarda e ao vigario de Tornar, de 1 50 1 . 10. 1 3 . , pelo qual autoriza o recmtamento das pessoas nomeadas pelo rei D. Manuel para a edificaçao de casas da Ordem de Sao Jer6nimo (IAN/TT, Bulas, maço 16, n. 3. Sumariada: SANTARÉM, Quadro Elementar das relaçoes cit. , p. 1 27 ; SANTOS ABRANCHES, Fontes do direito eclesiastico portugues cit. , p . 5. Publicada: REBELO DA SrLVA, Corpo Diplomatico cit., pp. 14- 15). Sobre o significado desta bu­ Ia, veja-se o que escreveu J. S. DIAs DA SILVA, Correntes de sentimento religioso em Portugal (séculos XVI a XVIII), I, Coimbra 1960, p. 98. Data deste mesmo dia um conjunto significativo de diplomas onde é manifesta a referida preocupaçao refmmadora: l . IAN/TT, Bulas, maço 16, n. l . Sumariado: ABRANCHES SANTOS, Fontes do di­ reito eclesiastico portugues cit., p. 52; 2. IAN/TT, Bulas, maço 1 6, n. 9. Sumariado: ibid., pp. 52-53; 3. IAN/TT, Bulas, maço 16, n. 1 3 . Ibid., p. 53; 4. IAN/TT, Bulas, maço 22, n. 6. Sumariado: ibid. , p. 53; 5 . IAN/TT, Bulas, maço 16, n. 14. Sumariado: SANTARÉM, Quadro Elementar das relaçiJes cit., pp. 127-128; SANTOS ABRANCHES, Fontes do direito eclesiastico por­ tugues cit., p. 53. Publicado: REBELO DA SILVA, Corpo Diplomatico cit. , p. 1 5 . Cfr. também o breve de 1 502.07.03. (IAN/TT, Bulas, maço 1 6 , n. 5. Sumariado: SANTOS ABRANCHES, Fontes do direito eclesiastico portugues cit. , p. 54. Publicado: REBELO DA SILvA, Corpo Diplomatico cit., pp. 36-37). 4 1 Sumariada: SANTARÉM, Quadro Elementar das relaçoes cit., pp. 1 16-117. Publicada: 0DORICO RAYNALDO, Annales Ecclesistici cit., p. 457; L. M. JoRDAO,

Bullarium Patronatus Portugalliae Regum in Eclesiis Africae, Asiae atque Ocea­ niae, I ( 1 1 7 1 - 1 600), Lisboa 1 868, p. 55. MARTIAL DE WITTE, Les bulles pontifica­ /es cit., 53 ( 1958), p. 33, chama-lhe Redemptus noster. É interessante ter presente a génese do texto desta bula, urna vez que ela, em linhas gerais, retoma a doutrina da Orthodoxe fidei, bula de cruzada concedida a Portugal em 1486.02 . 1 8 . (ibid. , pp. 39-41 e 450), Por sua vez, esta ultima inspira-se na bula com o mesmo nome

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de 1482.08.10., concedida aos Reis Cat6licos para a conquista de Granada (ibid., p. 41). Cfr. também a bula de 1494. 1 2 . 1 7 . , dirigida aos Reis Cat6licos, prorrogan­ do a indulgencia concedida aos que combatessem os mouros em Africa (SuAREz FERNANDEZ, Pol(tica Internacional de Isabel la Cat6lica cit., IV [1494-1496] , doc. 5 9 , pp. 279-282) . Recordem-se ainda duas outras bulas do mesmo dia ( 1496.09. 1 3 . ) : a Eximiae devotionis, dirigida a D. Manuel, concedendo-lhe licença para comerciar com os Mouros, excepto em ferro, armas e cousas proibidas, que podera exportar para a Guiné desde que disso nao advenha dano para cristaos (IAN/TT, Bulas, maço 1 6 , n. 24. Sumariado: SANTARÉM, Quadro Elenzentar das re­ laçoes cit., pp. 1 17 - 1 1 8 ; SANTOS ABRANCHES, Fontes do direito eclesiastico portu­ gues cit., p. 50) ; e a Cogimur jubente, concedendo o dfzimo dos rendimentos ecle­ siasticos portugueses, por dois anos, a favor da cmzada manuelina (ASV, Reg. Vat. 873 , ff. 244v-248. Snmariada: MARTIAL DE WITTE, Les bulles pontifica/es cit., 53 (1958), pp. 33 e 450). 42 IAN/TT, Bulas, maço 1 6 , n. 2 1 . Snmariado: SANTARÉM, Quadro Elementar das relaçiJes cit. , p. 1 1 8; SANTOS ABRANCHES, Fontes do direito eclesiastico portu­ gues cit., p. 5 1 . Publicada: JoRDAO, Bullarium cit., p. 5 8 ; SILVA MARQUES, Desco­ brimentos Portugueses cit. , doc. 334, pp. 5 1 8-5 1 9 . 4 3 IAN/TT, Bulas, maço 1 6 , n . 15. Sumariado: SANTARÉM, Quadro Elementar das relaçiJes cit., p. 1 19; SANTOS ABRANCHES, Fontes do direito eclesidstico portu­ gues cit., p. 5 1 . Publicado: SILVA MARQUES, Descobrimentos Portugueses cit., doc. 340, p. 548. Cfr. o breve deste mesmo dia, Exponi nobis, dirigido aos bispos da Guarda, Tanger e Fez, concedendo-lhes licença, atendendo às representaç6es de D. Manuel, para fundarem tres mosteiros de qnalquer ordem (IAN/TT, Bulas, maço 16, n. 2. Sumariado: SANTARÉM, Quadro Elementar das relaçiJes cit. , pp. 1 19-120; SAN­ TOS ABRANCHES, Fontes do direito eclesidstico portugues cit. , p. 5 1). 44 IAN/TT, Bulas, maço 1 6 , n. 22. Sumariado: SANTARÉM, Quadro Elementar das relaçiJes cit., p. 1 1 8 ; SANTOS ABRANCHES, Fontes do direito eclesidstico portu­ gues cit., pp. 50-51 (onde indica equivocadamente o ano de 1487). Publicada: ODORI­ co RAYNALDO, Anna/es Ecclesistici cit., p. 469; JoRDAo, Bullarium cit., pp. 56-57; SILVA MARQUES, Descobrimentos Portugueses cit., doc. 3 15, pp. 479-480; ADAO DA FoNSECA, Corpus Documenta! del Tratado de Tordesillas cit., doc. 1 1 9, p. 1 82.


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ta apostolica recorda muito urna outra, datada de 13 de Fevereiro de 1495 - buia Ineffabilis et summi Patris Providentia , dirigida aos Reis Catoli­ cos45 (esta redigida em termos muito similares), é importante ter presente que a de 1497 antecede em semanas a partida da armada de Vasco da Ga­ ma para a India (partira em inicios de julho) 46. Vislumbra-se, assim, neste momento, na atitude de Roma, um siual de alguma mudança de orientaçao: sob a aparencia formai de urna equiparaçao entre Portugal e Castela, os efeitos praticos das letras pontiflcias benefi­ ciam, de facto, as pretensoes lusitanas. Urna manifestaçao clara desta interpretaçao encontra-se nos tres breves de 26 de março de 1 500. Pelo primeiro breve, Cum sicut majestas tua, é concedido a D. Manuel, na qualidade de governador e admiuistrador da Ordem de Cristo, capacidade para nomear um comissario apostolico, com poderes de ordinario, para os lu­ gares pmtugueses no Indico, situados para além do Cabo da Boa Esperança 47;

Pelo segundo breve, Cum sicut nobis super majestas tua, é igualmen­ te concedido ao rei de Portugal, na mesma qualidade, a terça parte dos di­ reitos de todas as terras conquistadas e que se conquistassem no Indico, si­ tuados para além do cabo da Boa Esperança 48. Finalmente, pelo terceiro breve Exponi nobis dirigido aos bispos de Vi­ seu, Guarda e Fez, é autorizada, a pedido do rei D. Manuel, a fundaçao de mosteiros e casas religiosas mendicantes nos lugares portugueses no Indi­ co, situados para além do cabo da Boa Esperança 49. Qual é a importància destes tres diplomas? Datados de março de 1500, poucos dias depois da partida para a India da armada comandada por Pedro Alvares Cabrai, teriam sido provavelmente solicitados na sequencia do re­ gresso a Lisboa de Vasco da Gama, capitao da primeira frota que demandou as partes orientais, no verao de 1499. É interessante notar que, no fim da missa que teve lugar na véspera da pmtida de Pedro Alvares Cabrai - a 8 de março - tera sido entregue ao capitao a bandeira com a cruz da Ordem de Cristo 5°. Esta bandeira vai estar presente na missa rezada no Brasil, caloca­ da no lado do Evangelho 51. A referencia é significativa porque, como se po­ de ler numa das cronicas portuguesas quinhentistas, o rei tera entregado a Cabrai a bandeira com as armas reais, ao mesmo tempo que lhe tera caloca­ do na cabeça «hum barrete bento que ho Papa lhe mandara»52. É possivel, neste contexto, perceber um pouco do que se tera passado. O rei de Portugal, imediatamente a seguir à chegada de Vasco da Gama, de­ ve ter pedido apoio papal para a sua politica orientai. Escreveu ao Cardeal Alpedrinha 53, e sabemos que este intetferiu nesse sentido; com efeito, no

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45 SuAREZ FERNANDEZ, Pol{tica Internacional de Isabel la Cat6lica cit., IV

[1494-1496], doc. 64, pp. 299-302. 46 A respeito desta bula, Charles Martial de Witte escreve umas observaç6es que, apesar do seu interesse, nao me parecem demonstrar que a viagem de Gama nao poderia estar subjacente: «Le silence observé par la bulle Ineffabilis et summi sur l'endroit où dom Manuel entendait porter ser conquetes ne fait pour nous aucu­ ne difficulté quant aux intentions du roi. Il ne peut s'agir que de l'Afrique et le do­ cument constitue certainement avec les bulles Redemptor noster et Cogimur juben­ te, - ou l'Afrique est expressément nommée -, un bloc homogène. C'est à tmt que l' on a pensé à nnde, vers où, à la meme date, Manuel Ier envoyait Vasco da Gama. L'expédition de ce dernier était, sans contestation possible, un voyage de décou­ velte, sans intentions belliqueuses. Si la bulle Ineffabilis et summi ne nonnne pas la région que le roi de Portugal voulait conquérir, c'est tout simplement, parce que, après avoli· donné solennellement l'Afrique aux souverains espagnols, il était im­ possible à Alexandre VI de la donner une seconde fois, meme sous la forme partie­ lle de 'villes, chiìteaux [...] terres et régions' au roi de Portugal. Nous retrouvons donc ici un procédé analogue à celui que nous avons cm déceler dans la bulle Dum diversas, du 1 8 juin 1452: le silence est fait sur le théiìtre des futures conquetes por­ tugaises pour éviter les protestations du rival espagnol» (MARTIAL DE WITTE Les bulles pontificales cit., 53 (1958), p. 452). 47 IAN/TT, Bulas, maço 16, n. 10; Livro B-5 1 - 1 5 , ff. 26r 26v; Ordem de Cris­ to, cod. 235, 3" parte, f. 37; Lisboa, Bibl. Nac., cod. 737, f. 67v. Sumariado: SANTOS ABRANCHES, Fontes do direito eclesiastico portugues cit., p. 52. Publicado: Bulla­ rium collectio quibus serenissimus Lusitaniae et Algarbiorum regibus... , Lisboa 1707, apendice, pp. 4-6; JoRDAO, Bullarium cit., p. 59; CAETANO DE SousA, Provas cit., II, pp. 302-303; SILVA MARQUES, Descobrimentos Portugueses cit., doc. 363 , p. 591. ,

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48 IAN/TT, Bulas, maço 1 6, n. 6. Sumariado: SANTOS ABRANCHES, Fontes do direito eclesiastico portugues cit., p. 52. 49 IAN/TT, Bulas, maço 1 6, n. 1 1 . Sumariado: S ANTos ABRANCHES, Fontes do direito eclesiastico portugues ci t., p. 52. Publicado: F. FÉLIX LoPES, Fr. Henrique de Coimbra. O missionario. O diplomata. O bispo, «Studia», 37 ( 1 973), doc. 2, pp. 9495, reeditada em Colectanea de estudos de Hist6ria e Literatura, III, Lisboa 1 997, pp. 425-426. Cfr. os diplomas pontificios, de 1499.08.23., citados na nota 43. 50 J. DE BARROS, Asia. Década l , ediç. de H. CIDADE-M. MuRIAs, I, Lisboa 1 945, p. 1 8 1 ; G6rs , Cronica do felidssimo Rei D. Manuel cit., I, p. 127. 5 1 Carta de Pero Vaz de Caminha, ediç. J. M. GARCIA em Viagens dos Desco­ brimentos, Lisboa 1 983, p. 25 1 . 5 2 F. LOPES DA CASTANHEDA, Hist6ria do descobrimento e conquista da india pelos portugueses, I/1 , Coilnbra 1 924, p. 72. 53 Carta de 28 de Agosto de 1499; IAN/TT, Colecçao S. Vzcente, l. 14, ff. 1-2v. Publicada pela prilneira vez por TEIXEIRA DE ARAGAO, Vasco da Gama e a Vidiguei­ ra, «Boletiln da Sociedade de Geografia de Lisboa>>, 6" ser., 9-10-1 1 ( 1 886), doc. 5, p. 674. Algumas reediç6es: A. FoNTOURA DA CosTA, Roteiro da primeira viagem de Vas­ co da Gama (1497-1499) por Alvaro Velho, prefacio, notas e anexos de, Lisboa 1960,


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breve Cum sicut majestas tua, atras citado, o Sumo Pontffice afirma que escreve a solicitaçao de D. Manuel, apresentada através deste cardeal por­ tugués 54. A este respeito, recorde-se que o éxito da viagem de Vasco da Gama, so­ bretudo com a sua chegada a Lisboa no verao de 1499, teni representado urna primeira ruptura no clima geral de consenso luso-castelhano vigente na Pe­ nfnsula desde a assinatura do Tratado de Tordesilhas, em 1494. Entre outras manifestaç6es de dificuldades, no reino vizinho, os cfrculos afectos a Colom9o p6em abertamente em causa a legitimidade das navegaç6es portuguesas no Indico para além do cabo da Boa Esperança, ptimeiro passo anunciador da de­ fesa da ideia que o tratado de 1494 nao garantia, por si s6, a resolu9ao de to­ dos os diferendos. Isto é, abre-se a porta para a doutrina de que o Indico po­ deria ser dominado pelo reino - Portugal ou Castela - que dele tornasse efec­ tivamente posse, no que pode ser considerada urna primeira manifestaçao do que mais tarde dara origem ao debate sobre o problema do antimeridiano 55. Sendo este o contexto em que se discute o envio de urna segunda arma­ da ao Oriente (a de Pedro Alvares Cabrai de 1 500-1 501), a monarquia portu­ guesa tent diligenciado, assim, obter junto do Papado apoio contra a ameaça castelhana de considerar o cabo da Boa Esperança como o limite orientai do espaço reservado a Portugal no tratado de Tordesilhas 56. Neste sentido, os tres citados diplomas pontiffcios de 26 de Março de 1 500, ao reconhecerem a capacidade lusitana de actuaçao na area situada

para além do referido cabo, revelam, de facto_, um sinal inequfvoco do apoio papal à expansao da polftica portuguesa no Indico. Por vezes, a bibliografia tem considerado que a actuaçao do Sumo Pontffice se pautou por urna constante preocupaçao de neutralidade 57, mas, como se comprova, pelo menos neste momento, assim nao teni acontecido. Nao sao estes, finalmente, os unicos diplomas de Alexandre VI rela­ cionados com Portugal. Com efeito, sao varias as letras apost6licas que tra­ tam ainda de apoios pontuais ao monarca lusitano 58, ou de outros assuntos de interesse secundario para o presente trabalho 59.

pp. 199-20 1 ; SILVA MARQUES, Descobrimentos Portugueses cit., doc. 341 , pp. 549550; A REGo DA SILVA, Documentaçao para a hist6ria das missoes do Padroado Por­ tugues do Oriente, I (1499- 1 522), Lisboa 1949, doc. 2, pp. 6-1 1 . 54 Sobre este persongem, veja-se o estudo de M . MENDONçA, D . ]orge da Cos­ ta. Cardeal de Alpedrinha, Lisboa 1 99 1 . Registem-se ainda os diplomas de Alexandre VI , dirigidos a D. Manuel, sobre a posse do Cardeal Alpedrinha como arcebispo de Braga, respectivamente, de 1 502.07.08. (IAN/TT, Bulas, maço 36, n. 50. Sumariado: SANTARÉM, Quadro Ele­ mentar das relaçoes cit., pp. 1 36-137; SANTOS ABRANCHES, Fontes do direito ecle­ siastico portugues cit., p. 54), de 1 50 1 . 10 . 1 9 . (IAN/TT, Bulas, maço 14, n. 30. Su­ mariado: SANTos ABRANCHES, Fontes do direito eclesiastico portugues cit., p. 53), de 1 502. 1 2. (IAN/TT, Bulas, maço 33, n. 15. Sumariado: SANTOS ABRANCHES, Fon­ tes do direito eclesidstico portugues cit., p. 54) e de 1 503.05.22. (IAN/TT, Bulas, maço 16, n. 1 8. Sumariado: SANTARÉM , Quadro Elementar das relaçoes cit., p. 1 3 8 ; SANTOS ABRANCHES, Fontes do direito eclesiastico portugues cit., p. 54. Publicado: REBELO DA SILVA, Corpo Diplomatico cit., p. 42. 55 Cfr. o que escrevi em L. ADAo DA FoNSECA, Fedro A1vares Cabra!. Uma via­ gem, Lisboa 1 999, p. 12. 5 6 Cfr. ibid.

do de guardar as leis e ptivilégios do reino, quando subiu ao trono. Esta absolviçao é concedida a pedido do proptio duque, na sequència da restituiçao ao mesmo da vila de Monfmte, que lhe tinha sido confiscarla pelo antetior monarca, D. Joao II (IAN/TT, Bulas, maço 33, n. 9. Summiado: SANTARÉM, Quadro Elementar das relaçoes cit., p. 119; SANTOS ABRANCHES, Fontes do direito eclesiastico portugues cit., p. 51); 3) 1496.09 . 1 3 . - Mohl proprio autorizando o rei de Pmtugal, D. Manuel, sua mul­ her, e seus filhos, a escolher confessar (IAN/TT, Bulas, maço 35, n. 32. Sumariado: SANTARÉM, Quadro Elementar das relaçoes cit., p. 1 1 6. Sumatiado: SANTOS A­ BRANCHES, Fontes do direito eclesiastico portugues cit., p. 5 1 ) ; 4) 1500.03.26. - Breve autorizando D. Manuel a entrar em conventos de freiras (IAN/TT, Bulas, maço 16, n. 7. Sumariado: ibid. , p. 52); 5) 1502.07.03. - Breve em que absolve D. Monso V e D. Joao II, a pedido de D. Manuel, da excomunhao em que incorreram pela prata que tomaram de igrejas e mosteiros, nao a tendo atempadamente devolvido (IAN/TT, Bulas, maço 16, n. 1 6 . Sumariado: S ANTARÉM , Quadro Elementar das relaçoes cit., pp. 135-136; SANTOS ABRANCHES, Fontes do direito eclesiastico portugues cit., p. 54. Publicado: REBE­ LO DA SILVA, Corpo Diplomatico cit., pp. 38-39). 59 Por exemplo: l ) 1492. - Bula Rationi congruit, pela qual confirma a Joao de Sousa e a todos os

4. Julgo que é possfvel, a partir da apresentaçao feita das letras do Pa­ pa Alexandre VI relativas a Portugal (embora sem o proposito de exaustao), encontrar alguma coeréncia.

57 Por exemplo, MARTIAL DE WITTE, Les bulles pontificales cit., 53 (1958), pp. 452 e 453 . 58 Por exemplo: l) 1495.04.14. - Bula Ex commisso nobis de super, pela qual concede licença ao rei de Pmtugal, D. Joao II, para construir um pahicio em Évora, numas casas que per­ tenciam ao mosteiro de Sao Francisco (IAN/TT, Bulas, maço 1 3 , n. l . Sumariado: SANTARÉM, Quadro Elementar das relaçoes cit., pp. 1 1 1 - 1 12; SANTOS ABRANCHES, Fontes do direito eclesiastico portugues cit. , p. 50); 2) 1499.06.22. - Bula Vìve vocis oraculo, passada pelo bispo de Ostia e penitenci::hio da cmte apostolica, dirigida a D. Jaime, duque de Bragança, segundo a qual, por indi­ caçao de Alexandre VI, o rei de Portugal D. Manuel é absolvido do juramento presta­


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Sao conhecidas as grandes linhas orientadoras da sua acçao. Com urna larga carreira na Curia romana, foi enviado como legado à Penfnsula Ibéri­ ca (1472-1473). Entre os seus objectivos, levava a bula de permissao do matrimonio de Isabel com Fernando, efectuado em 1469, base da pacifi­ caçao do reino, para além da pregaçao da cruzada. Este aspecto tem certa imporHinGia porque é possivel que a sua futura politica em relaçao à Penfn­ sula Ibérica possa ter sido pensada a partir desta experiencia. Se, durante a­ nos, o futuro Alexandre VI pode ser visto como um homem-chave dos in­ teresses dos Reis Catolicos na Curia (sobretudo durante os pontificados de Sisto IV e de Inod�ncio VIII), mais tarde, como Papa, mantera esta orien­ taçao, pelo menos nos primeiros anos do seu pontificado; mas, a partir de 1498, parece haver um afastamento em relaçao a Fernando o Catolico. Na verdade, pouco tempo depois da sua eleiçao, Alexandre VI tem de enfrentar os problemas provocados pela viagem de Colombo. Mais sensibi-

lizado para as exigencias da politica dos Reis Catolicos, cujo apoio aos pro­ blemas italianos lhe sao fundamentais, possivelmente deficientemente in­ formado sobre as implicaç6es e peculiaridades atlanticas, mais perto das quest6es do mundo mediterraneo, o Sumo Pontffice - na ' doutrina' subja­ cente às bulas de 1493 - tera dado maior peso à linha tradicional (herdada dos anos 60/70), que tenderia a favorecer a uniao dos reinos peninsulares. A bula de 27 de julho de 1500, Precellens Romani Pontificis, conceden­ do dispensa a D. Manuel para casar com Da Maria, filha dos Reis Catolicos, e irma de Da Isabel, sua primeira mulher, atendendo à paz que este casamento prometia a ambos os reinos e a Iuta contra os Infiéis, num contexto de alguma 'dificuldade' no relacionamento ibérico, tem, assim, algum significado 60. Num conjunto ligeiramente superior a meia centena de diplomas, distri­ bufdos por todos os anos do seu pontificado (de 1492 a 1503), notam-se, no entanto, alguns momentos chave. Refiro-me à importancia dos anos 14951496 (anos iniciais do nova monarca D. Manuel) e 1499-1501 (anos fulcrais no lançamento da politica orientai portuguesa); a esmagadora maioria das le­ tras apostolicas anteriormente referidas pe1tencem a estes anos (quase meta­ de ao triénio 1499-1501).

seus herdeiros o padroado da igreja de S. Miguel de Sousa, no bispado de Coimbra, que lhe tinha sido dado por D. Afonso V em 148 1 .08.08. (IAN/TI, Chancelaria de Filipe II, L 19, ff. 263r-264r; Ordem de Santiago, n. 1 29, ff. 61r-62v. Sumariado: SANTOS ABRANCHES, Fontes do direito eclesiristico portugues cit., p. 49); 2) 1495. 10.27. - Bula Admonet nos, enviada a pedido de D. Joao II, sobre rendas da fabrica da Sé de Évora, que podem ser administradas por dois dos seus c6negos (IAN/TT, Bulas, maço 13, n. 1 3 . Sumariado: SANTARÉM, Quadro Elementar das re­ laçiJes cit., p. 1 1 5); 3) 1496.04.30. - Breve de confinnaçao dos privilégios do Mosteiro de Alcobaça (IAN/TI, Bulas, maço 15, n. 16. Sumariado: SANTOS ABRANCHES, Fontes do direi­ fa eclesiristico portugues cit., p. 50); 4) 1496.08.20. - Breve pelo qual se da quitaçao ao rei de Portugal da entrega da im­ pmtiìncia que se indica (IAN/TT, Bulas, maço 32, n. 1 1 . Sumariado: SANTOS ABRAN­ CHES, Fontes do direito eclesiristico portugues cit., p. 50); 5) 1499.08.23. - Breve autorizando D. Manuel a incorporar os hospitais pequenos de Évora, Coimbra e Santarém nos hospitais maiores dessas cidades (IAN/TI, Eu­ las, maço 1 6, n. 8. Sumariado: SANTOS ABRANCHES, Fontes do direito eclesiristico portugues cit., p. 5 1). Em 1 50 1 . 10.27., bula com identica autorizaçao em te1mos ge­ rais (IAN/TT, Bulas, maço 16, n. 26. Sumariado: SANTOS ABRANCHES, Fontes do di­ reito eclesiristico portugues cit., p. 53); 6) 150 1 . 10 . 1 3 . - Breve sobre a permuta de urna casa foreira do convento de Santos (IAN/TT, Bulas, maço 16, n. 17. Sumariado: SANTOS ABRANCHES, Fontes do direi­ fa eclesiristico portugues cit., p. 53). Outros: 1495 . 1 0.27. - IAN/TI, Bulas, maço 1 6, n. 23 . Sumariado: ibid., p. 50; 1499.05. 1 8. - IAN/TT, Bulas, maço 1 6, n. 27 e 28. Sumariado: SANTOS ABRANCHES, Fontes do direito eclesiristico portugues cit., p. 5 1 ; 1 50 1 . 10.23. - IAN/TI, Bulas, maço 16, n. 19. Sumariado: SANTOS ABRANCHES, Fontes do direito eclesiristico por­ tugues cit., p. 53; 1501 .08.20. IAN/TI, Bulas, maço 34, n. 17. Sumariado: S AN TOS ABRANCHES, Fontes do direito eclesiristico portugues cit., p. 54. -

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1492 1493 2

5

1494

1495 5

1496 9

1497

1498

1499 7

1500 7

1501 15

1 502 5

1503 2

Parece legftimo, em suma, admitir que tera havido urna crescente com­ preensao e aproximaçao das posiç6es advogadas pela monarquia lusitana, sobretudo a partir de 1499. De qualquer forma, o espfrito de igualdade for­ mal, apontado a respeito das bulas de 1493, parece ter-se mantido. Neste sentido, se nao se pode pensar que a actuaçao de Alexandre VI em relaçao a Portugal se tenha revestido de rasgos determinantes na evoluçao dos acon­ tecimentos, nao crei o estar longe da verdade se considerar que, ao longa des­ tes anos fulcrais na transiçao do século XV para o XVI, o Sumo Pontffice te­ ra desenvolvido urna orientaçao progressivamente equidistante entre as duas monarquias peninsulares. É de aceitar que esta orientaçao nao seja, por sua vez, alheia à tendencia desenvolvida pelo poder lusitano de encontrar em Roma um complemento diplomatico que legitimasse a politica manuelina no Mediterraneo, no nmte de Africa e, sobretudo, no Oriente. Neste sentido, ol­ hando para o conjunto dos diplomas alexandrinos, pode-se considerar que este proposito tera sido correspondido.

60 IANT/TT, Bulas, maço 35, n. 22. Sumariado: SANTARÉM, Quadro Elementar das relaçiJes cit., pp. 121-122; SANTOS ABRANCHES, Fontes do direito eclesiristico portugues cit., p. 52.


ANNIBALE ILARI Il Liber notarum di Giovanni Burcardo

Le concessioni feudali di Callisto ill ( 1 455- 1458)1 e di Sisto IV (147 1 - 1484?, ritenute segnali della secolarizzazione dello Stato della

1 J. HEERS, A la cour pontifica/e au temps des Borgias et des Medicis 14201520, Paris 1 986; D. QUAGLIONI, Coccodrilli umanistici: due m·azioni per la mor­ te di Callisto III, Torino 1985; F. RoLFE, Les Borgia, Paris 1 984; S. SCHÙLLER-PI­ ROLI, Die Borgia-Dynastie. Legend und Geschichte, Miinchen 1 982: Alonso de

Bmja, Callisto III, nato a Torre de Canals il 3 1 dicembre 1378 (Roma 6 agosto 1458), dottore in utroque jure dell'Università di Lerida, nominato canonico di Le­ rida e vicario generale dall'antipapa Benedetto XIII (Pedro de Luna 1 394- 1423), nel 1417 entrò a servizio di Alfonso V, re d'Aragona di Sicilia e di Napoli, influì sull' antipapa Clemente VIII ( 1425-1429) per la rinuncia alla tiara, nominato nel 1429 da Martino V arcivescovo di Valencia. Fondò a Napoli il tribunale di S. Chia­ ra, curò l'educazione di Ferdinando I, figlio illegittimo del re. Eugenio IV, il 2 maggio 1444, lo creò cardinale dei SS. Quattro Coronati (cardinale di Valencia). E­ letto papa 1' 8 aprile 1455, il 17 settembre 1456, presso S. Maria Maggiore (il Qui­ rinale) creò cardinali i nipoti Ludovico (Luis Juan) Milà, vescovo di Senigallia, del titolo dei SS. Quattro Coronati e Rodrigo B mja, sacrista valentino, diacono di S . Nicola i n Carcere. Egidio d a Viterbo (1469- 1 532) nelle Historiae rimprovera il pontefice per il nepotismo. 2 L. VON PASTOR , Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, II, Roma 1 9 6 1 , pp. 434-448: Francesco della Rovere, teologo eminente, predicatore famoso, ministro generale dei Frati Minori (1464), cardinale di S. Pietro in Vincoli ( 1 8 sett. 1467), eletto il 10 agosto 147 1 al supremo pontificato con il favore del duca di Milano, diresse lo Stato della Chiesa alla stregua di un principato italiano, continuò il ne­ potismo fino a programmare uno stato per Pietro Riario (t 1 474) e poi per Girola­ mo Riario (figlio di Paolo e di Bianca, sorella del pontefice), che fece sposare a Ca­ terina Sforza, figlia naturale di Galeazzo Sforza, duca di Milano (E. BREISACH, Ca­ terina Sforza. A Renaissance Vìrago, Chicago-London 1 967) e gli concesse terri­ tori della Chiesa in Romagna (Imola e Forlì). Girolamo, allo scopo di fondare un proprio stato capace di sopravvivere al pontificato dello zio, nel 1482 promosse con Venezia la guerra contro Ferrara (G. CoNIGLIO, La partecipazione del regno di Napoli alla guerra di Ferrara 1482-1484, «Partenope», 2 (1961), pp. 53-74; R. CESSI, Per la storia della guerra di Ferrara 1482-1483, «Notizie degli Archivi di Stato», 8 ( 1 948), pp. 63 � 72). li pontefice non controllò la crescita esuberante dei curiali, accentuò il fiscalismo - che incentrò nel cardinal datario - ed istituì molti uffici venali cfr. P. PARTNER, The "budget" of the Roman Church in the Renais­ sance Period, in Italian Renaissance Studies, ed. E. F. JACOB, London 1 960, pp.


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ANNIBALE ILARI

Chiesa3 (auspicata da circa due secoli da Guglielmo di Ockham4 e fomentata dalla condotta dei cardinali5), trovarono continuità in Innocenza VIII, Ales­ sandro VI6 e Giulio II (1503- 15 13), ed ebbero espressione esplicita, dall'ul­ timo anno di pontificato di Sisto IV (147 1-1484) ai primi tre anni di quello di Giulio II (1503-1 5 13), in Giovanni Burcardo (Hasslach, Alsazia, 14507 Roma 1 6/17 agosto 1506), maestro delle cerimonie pontificie, la cui opera, edita parzialmente nel 1 6498, apparve integralmente a cura del Thuasne

256-278; C. BAUER, Studi per la storia delle finanze papali durante il pontificato di Sisto IV, «Archivio della Società Romana di Storia Patria» , 50 ( 1 927), pp. 3 19400. Al concludersi del pontificato i turchi sbarcarono in Italia - Otranto fu terro­ rizzata per un anno - (F. BABINGER, Mehemed der Erorber und seiner Zeit, Miin­ chen 1 963, pp. 430-435). Eppure il primo punto delle capitolazioni che aveva sot­ toscritto in conclave riguardava la difesa contro i turchi (cfr. U. MANUCCI, Le ca­ pitolazioni del conclave di Sisto IV (I 47I). Con notizia di un codice ignorato sui conclavi dei secoli XV e XVI, «Romische Quartalschrift fiir christliche Alter­ tumskunde und fiir Kirchengeschichte», 29 ( 1 9 1 5), p. 83. 3 Un pontificato ed una città: Sisto IV (147I-I484), (Atti del Convegno, Ro­ ma 3-7 novembre 1 984), a cura di M. MIGLIO-F. NrurrA-D. QUAGLIONI-C. RANIE­ RI, Città del Vaticano - Roma 1 986, (Littera antiqua, 5); K. A. FINK- E. IsERLOH, I papi del primo rinascimento, in Storia della Chiesa, dir. H. JEDIN, V/2, Milano 19792 , p. 3 1 5 : erano state inasprite le disposizioni sul completamento del Sacro Collegio: i cardinali creati senza l' approvazione del concistoro sarebbero decaduti alla morte del papa. 4 GuGLIELMO DI OcKHAM, Breve discorso sul governo tirannico, intr. di A. Gm­ SALBERTI, Roma 2000 (Fonti e ricerche, 1 5). 5 G. SOLDI RONDININI, Per la storia del cardinalato nel secolo XV (con l'edi­ zione del trattato De cardinalibus di Martino Garati da Lodi), «Memorie dell'Isti­ tuto Lombardo», 33 ( 1 973), pp. 8-9 1 . Cfr. PASTOR, La storia dei papi cit., II, Roma 1 925, pp. 603 e ss.; m, pp. 263-274. 6 Ibid., cfr. Alessandro VI, Rodrigo B mja y Bmja, in Appendice. 7 P. PASCIDNI, A proposito di Giovanni Burcardo cerimoniere pontificio, «Ar­ chivio della Società Romana di Storia Patria», 5 1 ( 1 928), p. 34. 8 DENYS GODEFROY, Extrait du Journal d'un maistre des cérémonies de la Cour de Rome, in appendice alle Mémoires del "Comynes", Paris 1 649, il secondo estrat­ to pubblicato dal figlio nel 1684 riguarda il Savonarola (DENYS GoDEFROY, Obser­ vations sur l'histoire de Charles VIII, Paris 1 684, p. 710). Il Raynaldi si servì del Li­ ber notarum nella redazione del tomo XI degli Annales ecclesiastici del Baronia. Il Leibnitz si era prefisso di pubblicare integralmente il Libei· notarum dal manoscritto della Biblioteca di Wolfenbuttel GoTIFRIEo WILHELM LEIBNITZ, Specinzen historiae arcanae sive anecdotae de vita Alexandri VIpapae seu excerpta ex Diario Johannis Burchardi argentinensis, capellae Alexandri papae VI clerici cerimoniarum magi­ stri, Hannoverae 1697, p. 108; Io., Epistolae ad diversos theologici iuridici medici philosophici..., I, Lipsiae 1734-1742, pp. 373, 392. L'Eckart nel 1723 lo inserì nel

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negli anni 1883-1 8859 e del Celani nel 190610. Scopi istituzionali dell'uf­ ficio del cerimoniale papale erano, come sono tuttora, quelli di predispor­ re e di dirigere le funzioni liturgiche del pontefice e di !asciarne traccia ad futuram memoriam. li Burcardo non fu il primo maestro delle cerimonie papali ad aggiungere notizie di altro genere nel diario d'ufficio, come vor­ rebbe il Constant11 , se a principio del secolo lo aveva già fatto François de Conzié12, seguito da Antonio Rebiol (1447-1484)13 e da Pedro Gonzalez (Petrus Gundisavi Burgensis, 145 1 - 1453) 14, e se lo stesso Burcardo ram­ menta di aver consultato memorie di suoi predecessorF 5. Il Burcardo però,

suo Corpus historicorum scriptorum medii aevi. Il Foncemagne nel 1741 decrisse la copia chigiana (Mémoires de littérature, tirés de l' «Academie royale des inscriptis et belles-lettres», 1 8 ( 1741), p. 597), il de Bréquigny nel 1787 elencò i manoscritti esistenti nella Biblioteca reale di Parigi (ibid.). Il Gennarelli nel l 854 pubblicò le no­ tizie riguardanti Innocenza vm e quelle dei primi di pontificato di Alessandro V1 (JOHANNIS BURCHARDI ARGENTINENSIS Diarium Innocentii VIII, Alexandri VI, Pii III et Julii II tempora complectens . . . , a cura di A. GENNARELLI, Florentiae 1 854). 9 JOHANNIS BURCHARDI ARGENTINENSIS Diarium sive renun urbanarum com­ mentarii (1483-1506), ed. L. THUASNE, I-m, Paris 1 883-1885. L'edizione è basata sul testo esemplato al tempo di Alessandro VII. (I codici chigiani sono il n. 2349 (L.I. 15), cartaceo del sec. XVI, ff. 543; n. 2344 (L.I. lO) Diarium caeremoniarum in V tomos divisum ab anno 1483 ad 1506, tomo I, anni 1483-149 1 , cartaceo del sec. XVII, ff. 7 1 2; n. 2345 (L.I. l 1 ) dal 1492 al l 496, tomo II, cartaceo del sec. XVII, ff. 715; n. 2346 (L.I. l 2) dal 1497 al 1499, tomo m, cartaceo del sec. XVII, ff. 470; n. 2347 (L.I. l 3), tomo IV, dal 1 500, del sec. XVI, ff. 50 1 ; n. 2348 (L.I. l 4) ff. 430, dal 1501al 1505; il n. 2854, ff. II-3 1 5 ; Diario delle cose più singolari accadute in Ro­ ma sotto il pontificato di Alessandro VI, ff. 1-42; sunto dei Diari di Firmano Cor­ nelio, cerimoniere di Pio V, n. 3238, ff. 40-89. 10 JoHANNIS BuRCKARDI Liber notarum ab anno MCCCLXXXJII usque ad an­ num MDVI, a cura di E. CELANI, RIS 2, 32/1-2 (1907-1 942). L'originale è salvo in piccola parte in ASV, Arm. XII, t. 13 per gli anni 1 503- 1 506; il Celani individuò una copia nel Vat. lat. 5632 per gli anni 1492-1496, sarebbe stata eseguita sotto il controllo del Panvinio verso la metà del secolo XVI. 11 M. G. CoNSTANT, Les maftres de céremonie du XVI siècles, «Mélanges d'ar­ chéologie et d'histoire», 23 ( 1 903), pp. 3 1 9 e ss.; cfr. GIOVANNI BATTISTA GATIICO, Acta selecta caeremonialia Sanctae Romanae Ecclesiae ex variis codicibus et dia­ riis, I, Romae 1753, p. Vm. 12 Bibl. Ap. Vat., Vat. lat. 5633, f. 86; M. DIKMANS, Le Cérémonial de Nicolas V, «Revue d'histoire ecclésiastique», 63 ( 1968), pp. 91-106, 356-408. 1 3 Bibl. Ap. Vat., Borg. lat. 409, del secolo XV; F. WASNER, Tar der Geschich­ te. Beitrtige zwn ptipstlichen Zeremonienwesen im 15. Jahrhundert, «Archivum hi­ storiae pontificiae», 6 (1968), pp. 129-1 36. 14 DIKMANS, Le Cérémonial cit., pp. 356-408. 1 5 BURCKARDI Liber notarum cit., I, pp. 105, 217, 354-355.


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nell' accingersi ad ottemperare agli obblighi d'ufficio, specificò di voler corredare i suoi scritti di notizie non necessariamente connesse con le ce­ rimonie papali, allo scopo di tutelare la sua persona in caso di controlli1 6. La presunzione che tali dichiarazioni provengano da una situazione perso­ nale precaria induce a ritenere che il Burcardo volesse iniziare il suo uffi­ cio con una tutela che non sarebbe venuta meno con la redazione 'ufficia­ lizzata' del Liber notarum. Dopo simile dichiarazione è difficile accettare, come voleva Mario Menotti, che Burcardo si fosse «limitato a descrivere la vita della corte vaticana dal proprio punto di vista, cioè quello del ceri­ moniale»17. La minaccia di «far giustizia da sé», così come proposta, non dà l ' im­ pressione di una millanteria o di un modo extra ordinem, ma mostra l ' in­ tenzione di proporsi come detentore della verità. Il Picotti però dichiara che, sebbene si possa in generale ritenere il Burcardo affidabile, non è di­ sposto a crederlo completamente sincero come invece da molti è ritenuto. Lo studioso prosegue affermando: «A me egli fa piuttosto l'impressione d' uno di quegli uomini che, sotto un' apparenza di freddezza inalterata, sono terribilmente maligni e mordaci e lanciano insinuazioni a mezza vo­ ce e si dilettano di raccogliere e divulgare rumori correnti, senz' aver l ' a­ ria di dir male. Paride de Grassi quando giudicava quel suo predecessore «supra omnes bestias bestialissimus, inhumanissimus, invidiossismus» (II, 5 12 n. 33 ll. 17-19) non era spassionato, certamente: ma temo che non più spassionato fosse il Burckard verso i molti, e papa Alessandro fu tra i primi, che s' opponevano agli ordini suoi di cerimoniere, o, peggio alla se­ te di nuove e più ricche prebende»18.

1 6 Ibid., l, p. 3: «Quum ceremoniamm clericum plurimum conveniat ad singulos esse intentum, ego Johannes Burckardus, clericus ceremoniarum capelle ss. d. n.- pa­ pe, res meo tempore gestas, que ad ceremonias pertinere videbuntur, etiam forsitan quedam extra, inferius annotabo, ut facilius de commisso mihi officio rationem redde­ re possim». Paride de Grassi, collega e successore immediato del Burcardo dal 1504, fece propti questi stessi intenti avvettendo però che, senza previa autmizzazione, non avrebbe acquisito notizie estranee al suo ufficio come accade nell'ingresso in Roma de­ gli ambasciatmi d'Inghilterra: Paris, Bibl. Nat., ms. lat. 5 1 64 f. l v. «Magister ceremo­ niamm tenetur in sctiptis redigere ornnia que in dies aguntur in officio»; f. 4r: «Licet antequam in officium ego ingressus fuerim, oratores regis Angliae ingressi fuetint, et sic de hoc actu non deberem aliquam notam facere cum de ilio rogatus non fuerim si­ cut quisque ex duobus magistlis solet». n diario di Paride de Grassi è stato edito in gran pmte da C. G. HoFFMANN, Nova scriptorum ac monumentorum . . . collectio, Lipsiae 173 1 . Cfr. FRANCESCO CANCELLIERI, Descrizione delle Cappelle pontificie e cardinali­ zie nelle feste di tutto l'anno, Roma 1790: esempio di diario liturgico tipico. 1 7 M. MENOTTI, Documenti inediti sulla famiglia e la corte di Alessandro VI, Roma 1 917, prefazione. 18 G.B. PrcoTTI, Bibliografia, «Archivio della Società Romana di Storia Patria», 38 (191 5), p. 377: «dirò schiettamente che, pur ritenendo in generale il Burckard de-

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Non sempre, sostiene Picotti, il Cerimoniere, nonostante il suo incari­ co, era a conoscenza di quanto accadeva nei palazzi pontifici e nella stes­ sa Roma. Come quando, per esempio, narra del banchetto nuziale di Lau­ ra Orsini durante il quale le donne presenti avrebbero desinato con il pon­ tefice. Nel riferire tale avvenimento Burcardo afferma di essere stato pre­ sente ed indica addirittura l 'ora del suo ritorno a casa, sebbene il de Gras­ si, in quegli stessi giorni, riferisce che quel particolare gli era stato narra­ to ma che non lo riteneva vero. Alla luce di questo episodio il Picotti si chiede quante altre volte si possono essere verificati eventi nel palazzo papale dei quali il Burcardo non aveva notizie certe ma che faceva propri, senza troppi scrupoli, riferendoli come veri. Un'ipotesi sull'individuazione dei presunti nemici del Burcardo po­ trebbe ricavarsi dali' analisi della sua carriera ecclesiastica, che si presenta divisa in due segmenti, il primo dei quali inizia e si esaurisce con il diso­ nore di una sentenza di condanna pronunciata dal tribunale ecclesiastico della diocesi di Strasburgo19, il secondo si conclude con la nomina a ve­ scovo di Otte (Viterbo), mercanteggiata nell' ambiente curiale romano20• Eppure il Burcardo, impiantatosi a Roma nonostante l 'onta della condanna e privo di certezza - come sembra - di qualunque sostentamento, riuscì a

gno di fede, non sarei disposto a considerarlo tanto sereno e sincero, quanto lo crede, con molti, il nuovo editore (cfr., p. XII, l. 14 e ss.). Ma, nonostante il suo ufficio, egli era in grado di essere infomato con sicurezza di quello che avveniva nel palazzo pon­ tificio o nella città. Quand'egli raccontò del pranzo nuziale di Laura Orsini, nel quale le donne mangiarono col papa (Il, 497 ll. 15-17), noi siamo disposti a dargli fede, per­ ché egli asserisce di essere stato presente e registra fin l'ora del suo ritomo a casa; ma non dimentichiamo che il Grassi scriveva ne' giorni medesimi essergli stato narrato quel pmticolare, ma non poterlo credere; se dunque costui, ch'era pur cerimoniere pontificio, non aveva notizia cetta di un fatto, che doveva essere tuttavia abbastanza palese, quant'altre volte saranno corse nel palazzo papale voci difficili da accertare, che il Bmckard poté senza troppi scmpoli raccogliere e dar come vere?». 1 9 J. LESELLIER, Les méfaits du cérémonier Jean Burckard, «Mélanges d'ar­ chéologie et d'histoire», 44 ( 1 927), pp. 1 1 -34: entrato a servizio di Johannes Wege­ rauft, canonico di S. Tommaso e vicm·io generale in spiritualibus di Ruprecht von Simmern, vescovo di Strasburgo, ottenne da Paolo II la cappellania perpetua del­ l'altare di S . Eligio di Strasburgo. Accusato di aver confezionato e venduto formu­ lari in cambio di dispensa dalle pubblicazioni mattimoniali, monitori muniti del si­ gillo del Wegerauft e di aver rubato un fiorino ed una spada, fu processato e con­ dannato. 20 Giunto diciottenne a Roma, ottiene il 26 luglio 1471 da Paolo II l'aspettativa per la cappellania di S. Eligio di Strasbmgo, reclamata da Johan Goswin ed Heimich Kirch­ beros e portata in tr·ibunale ma finita con la vittoria del Burcardo. ll primo gennaio 1472 è al seguito del cm·d. Mm·co Barbo, penultimo dei suoi 80 familimi e commensali con il titolo di canonicus ecclesie sancti Thome Argentinensisi (ASV, Reg. Vat. 678, f. 677). n


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guadagnarsi addirittura i favori di Sisto IV21, al punto di essere in grado di offrire la somma di tutto rispetto di 450 scudi d'oro22 a Costantino Patrizi­ Piccolomini (che non compilò nessun diario) per acquistare la direzione dell'ufficio delle cerimonie papali23. La presunzione che a supportare la scalata curiale del Burcardo sia sta­ ta la protezione del primo papa della Rovere non sembra infondata: Sisto IV lo nominò cappellano papale l ' 1 1 aprile 147824, protonotario apostolico

Burcardo, dopo l 'assoluzione per i fatti di Strasburgo (ASV, Registra supplicationwn 695, f. 157), ha una svolta irnpmtante nella sua vita con l 'entrare nel 1473 nella famiglia del cardinale Giovanni Arcirnboldi (t 13 sett, 1488) - norrlinato il 4 maggio 1473 cardi­ nale da Sisto IV su intervento del duca di Milano - e con l'inserimento nella con·ente ro­ mano-sforzesco-roveresca. Nel 1475 è al servizio di Tommaso de Vincentiis, vescovo di Pesaro e tesmiere generale pontificio, successore del card. Pietro Riario. n Burcardo, il 26 gennaio 1484 succede ad Agostino Patrizi Piccolorrlini (BURCKARDI Liber notarum cit., I, p. 39) promosso da Sisto IV il 1 9 gennaio 1484 al vescovato di Pienza e Montal­ cino cfr. C. EUBEL, Hierarchia catholica Medii Aevi, sive summorum pontificum, S.R.E. cardinalium, ecclesiarwn antistitum series, I, Miinster 1913-1923, p. 216. 21 ASV, Borghese I, 105-1 06, Summarium diariorum f 1: Sixti papae IV ab an­ no 1479 usque ad annum 1484 (non consultato). 22 Uno scudo d' oro della seconda metà del secolo XIV sembra equiparabile ad un milione e mezzo di oggi, stando alle indicazioni di A. MARTINI, Manuale di me­ trologia . . . , Roma 1 976 (ed. anastatica dal 1 883). 23 AGOSTINO PATRJZI PrccoLOMINI, Rituum ecclesiasticorum sive sacrarum ce­ rimoniarum sanctae Romanae ecclesiae libri tres non ante impressi, Gregorio De Gregari, Venezia 1 5 16, del quale sopravvivono 25 manoscritti esemplati tra il 1488 ed il 1 5 16. L' opera del Patrizi fu riedita a Firenze nel 1 52 1 , a Colonia nel 1 527, a Roma nel 1 560, a Colonia nel 1572, a Venezia nel 1 579, 1 582, 1 676 e da Hoffmann a Leipzig nel 1733. La sua Descriptio adventus Friderici 1I1 imperatoris ad Pau­ lum papam Il, RIS XXIII, Mediolani 1 733, pp. 205-2 1 6 ; di cui MICHAEL CANEN­ srus VITERBIENSIS, Vita Pauli II Pont. Max. ex codice angelicae bibliothecae de­

sumpta, in A. M. QUIRINUS, Pauli li Veneti Vita premissis ipsius sanctissimi ponti­ ficis vindiciis adversus Platinam aliosque obrectatores, Romae 1 740, pp. 1 -104 fu apprezzata dal Mabillon (Museum italicum . . . , Lutetiae Parisiorum 1 687- 1 689, I/2 parte, pp. 256-272). Cfr. M. DYKMANS, Le pontifica! romain révisé au XVe siècle, Città del Vaticano 1 985, p. 1 27, incunabolo del 1497 curato da Giacomo Luzzi, o­ riginario di Sutri, vescovo di Caiazzo, edito da S. Plannck (cfr. Catalogue ofbooks printed in the XVth centw)' now in the British Museum, IV, London 1 9 1 6, pp. 88, 99; L'oeuvre de Patrizi Piccolomini . . . , ed. M. DYKMANS, Città del Vaticano 1 980 (Studi e testi, 293), R. AVESANI, La biblioteca di Agostino Patrizi Piccolomini, in Mélanges Tisserant, VI, Città del Vaticano 1 964 (Studi e testi, 236) p. 89; cfr. Dia­ rio della città di Roma di Stefano lnfessura scribasenato, a cura di O. TOMMASINI, Roma 1 890 (Fonti per la Storia d'Italia, 5), p. 7 1 ; Cronache romane inedite del me­ dio evo, a cura di A. DE ANTONIIS, Roma 1 893, p. 34. 24 ASV, Reg. Vat. 657, f. 140.

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il 2 febbraio 148 125 e cerimoniere pontificio il 21 novembre 148326 (la mor­ te del pontefice avverrà il 1 2 agosto 1484). Innocenza VIII non gli fece mancare la sua protezione: il 19 ottobre 1487 gli concesse l'uso delle inse­ gne vescovili nella chiesa di S. Florenzio di Strasburgo nella quale era tito­ lare di una cappellania27. La protezione papale si accentuò poi con il se­ condo papa Della Rovere: Giulio II, nel giorno della sua coronazione (26 novembre 1503), gli confermò la nomina di vescovo di Orte (in luogo del­ la sospirata Nepi28) che aveva ottenuto da Pio III, subito dopo la corona­ zione (8 ottobre 1503) su richiesta del vicecancelliere Ascanio Sforza, e gli conferì l 'ordinazione episcopale il 9 aprile 1504 insieme con altri cinque vescovi29. Il Burcardo, subito dopo l'ordinazione, chiese ed ottenne dal pontefice di essere nominato referendario di grazia30 pur essendo sprovvi­ sto di gradi accademici. La militanza del Burcardo in casa Della Rovere, che ebbe, come detto, inizio sotto il pontificato di Sisto IV, continuò senza dubbio con il cardina­ le Giuliano Della Rovere, per il quale lo zio non solo aveva disatteso la ca­ pitolazione firmata in conclave31 ma non aveva lesinato incarichi e benefi-

25 lbid. 26 ASV,

Reg. Vat. 659, f. 137. Le prime annotazioni sono del 2 1 dicembre 1 483, del 24 dicembre 1483, del 26 gennaio 1484 e del 28 marzo 1484. 27 ASV, Reg. Vat. 729, f. 240. 28 BURCKARDI Liber notarum cit., II, pp. 389-390, 414. 29 Bibl. Ap. Vat., Vat. lat. 641 6. 30 BURCKARDI Liber notarwn cit., II, pp. 445-446. 3 1 MANUCCI, Le capitolazioni cit . , pp. 82-90. Sisto IV, il 1 6 dicembre 1 47 1 , obliterò l e capitolazioni sottoscritte in conclave contro i familiari: n . 4 : «De pa­ rentela vero et consanguinitate sua non plures quam unum dumtaxat qualifica­ tum, ut supra, promovebit, neque unquam excedet numerum viginti quatuor car­ dinalium» ; n. 5 : «Item quod providebit de centum florenis Camerae Apostolicae omni mense cuilibet cardinali non habenti integre de beneficiis et capello quatuor milia florenorum quosque ei provisum sit de dieta summa in redditione et quod cardinales omnes habentes quaecumque beneficia etiam incompatibilia in titulum, vel commendandam manutenebit, et defendet in possessione eorum» ; n. 1 1 : «Item quod nullam infeudationem de regnis, civitatibus et terris et castlis insignibus et­ iam de rebus quae consueverunt infeudari, seu alienationem sub quocunque titulo etiam vicariatus, pignoris emphiteosis vel alterius contractus faciet in quamcum­ que personam ecclesiasticam vel secularem aut communitatem de rebus et imi­ bus et bonis spectantibus ad patrimonium Ecclesiae, aut diminutionem vel remis­ sionem censu terrarum Ecclesiae faciet nisi deliberatione prius habita consisto­ riali et consentientibus omnibus cardinalibus cum eorum subscriptionibus» ; n. 1 6 : «Item quod arces S. Angeli, Civitate Vetulae, Tiburti, Narniae, Spoleti, Suria­ ni Viterbii Rocchae Contatae et Fani et alia maioris importantiae non concedat al cui de p rentela sua», nominò cardinali Pietro Riario (t5 gennaio 1474), suo ni-

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ci ecclesiastici tanto da costituirgli una rendita enorme32. L'ipotesi, quindi, che il Burcardo fosse schierato dall'epoca di Sisto IV con il 'partito' dei Della Rovere, capitanato dal cardinale Giuliano (che diverrà Giulio II) ne­ mico irriducibile dei Borgia33, appare fondata. Dedurre quindi da una situa-

pote, al quale conferì in commenda 5 monasteri dal 19 luglio 1472 al 24 dicem­ bre 1473 ed i vescovati: il 4 settembre 1472 Treviso (450 fiorini), i1 25 settembre 1472 Valence e Dien (4.500 fiorini), il 23 novembre 1472 Costantinopoli ( 1 .500 fiorini) il 28 aprile 1473 Spalato (400 fiorini), i1 20 luglio 1473 Firenze ( 1 . 500 fio­ rini), il 25 giugno 1473 Sevilla (5.000 fiorini di Camera), il 3 novembre 1473 Mende (500 fiorini). La rendita annuale superava i 1 6. 850 fiorini (EUBEL, Hie­ rarchia catholica cit., II, p. 1 6, nota 2; oltreché il cardinale Giuliano, del quale si dirà; FRANCESCO SANSOVINO, Della origine e de 'fatti delle famiglie illustri d'Ita­ lia, Venezia, A. Salicano, 1 582. 32 EUBEL, Hierarchia catholica cit., II, p. 1 6, nota 3; ; GREGORIO LETI, Il nepo­ tismo di Roma, o vero relatione delle raggioni che muovono i pontefici all'aggran­ dimento de ' nipoti, s.n.t., 1 667. Sisto IV conferì al card. Giuliano Della Rovere, ol­ tre i 10 monasteri in commenda, i vescovati: il 1 6 ottobre 147 1 Carpentras ( 1 .500 fiorini), il 3 1 gennaio 1472 (700 fiorini), il 23 maggio 1474 Avignon (1 .850 fiorini), il 1 5 luglio 1476 Coutances ( fiorini 400), il 3 luglio 1478 Mende ( 3.500 fiorini), il 3 dicembre 1477 Viviers (4.400 fiorini), il 3 novembre 1483 Bologna (1 .000 fiori­ ni) per una rendita annuale di 13.308 fiorini. Alessandro VI il 24 gennaio 1 502 gli conferì il vescovato di Vercelli (1. 200 fiorini). Un fiorino della seconda metà del se­ colo XIV può oggi essere valutato f 1 .500.000 circa, cfr. MARTINI, Manuale di me­ trologia cit., p. 605. Il fiorino d'oro, o ducato d'oro, con iscrizione sul dritto Marti­ nus PP. Quintus e sul rovescio Sanctus Petrus et Paulus, del peso di gr. 3,532 al ti­ tolo di 1000, fu valutato nel 1 883 1ire italiane 12, 17. Se un primario dell'Ospedale della Consolazione di Roma aveva, al tempo di san Pio V (1 566-1 572), uno stipen­ dio mensile di 5 scudi che oggi supera i 1 5.000.000 di lire lorde mensili segue che i 14.000 corrisponderebbero a circa 210 miliardi. 33 PASTOR, Storia dei papi cit. , III, p. 545: «L'avversione (di Giulio Il) contro la schiatta del suo indegno antecessore si spinse tanto oltre, che il 26 novembre 1507, dichiarò di non voler abitare l' appartamento Borgia affinché l' affresco di Alessan­ dro VI, che quivi trovavasi, non gli avesse a ricordare quel marrano di cattiva e scia­ gurata memoria»; A. HAUSRATH, Martin Luthers Ronifahrt. Nach einem gleichzei­ tingen Pilgerbuche erlaiitert, Berlin 1 984, p. 7 1 ; H. WRAMPEL-MEYER, Tagebuch iiber Dr. M. Luther, gefiihrt von Dr. Corradus, Balle 1885, p. 414: Lutero racconta che Giulio II fece spezzare gli stemmi di Alessandro VI. Il cardinale Giuliano Del­ la Rovere sapeva che Alessandro VI aveva provato a farlo rapire nel luglio 1 502, cfr. BURCKARDI Liber notarum cit., Il, p. 330: «Feria III, XXI dicti mensis junii, in sero, intrarunt in barca in ripam eis paratam, si recte intellexi, r. d. cardinalis Dal­ breto, d. Franciscus Trochia segretarius pape et dux Valentinensis et culli eis due pulchre cortesane itale, Thomasina et Magdalena, ituri in galea per mare ad regem Francorum se fingentes; aliis post paucos dies aliter sentientibus, de quo infra. Fe­ ria sexta, XXIV junii predicti [ . . . ] nunciatum est pape ducem Valentinensem subju-

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zione tanto consolidata che i nemici dei Della Rovere coincidessero con quelli del Burcardo appare logico, per cui in questo dovrebbe rinvenirsi la radice di quelle ' nefandezze' ricordate nell'opera del Burcardo34. I molti episodi sconcertanti del Liber notarum, pur essendo inverosimi­ li oltre che demonizzantP5, non vagliati criticamente, hanno ottenuto irnme-

gasse sibi Urbinulli [ . . . ] Subiungebant alii cardinalelli Dalbreto culli Trochia, XXI huius, ad hoc ex Urbe missos; quod cum essent prope Saonam, ubi r. d. cardinalis Sancti Petri ad Vincula residebat, quidam eidem r. d. cardinali Sancti Petri ad Vin­ cula optime notus, qui eis ad hoc Rome adiunctus fuerat, descenderat de galea ad terram per schifum et predicto r. d. cardinali Sancti Petri ad Vincula adventum car­ dinalis Dalbreto et Trochie predictorum nunciaret ac ipsulli induceret ad ve1ùendum in barca obviam cardinali Dalbreto et Trochie eiusdem quod si idem cardinalis sane­ ti Petri ad Vincula faceret, cum esset in galea, retinerent eum et velocius quo pos­ sent ducerent Romam et presentarent pape ne posset ipse cardinalis Sancti Petri ad Vincula duci Urbini, affini suo, consulere et ei pro recuperatione sui Status apud re­ gem Francie favores impetarare ac alias designationes pontificis et filii sui obesse»; ibid., pp. 331-332: «Eadem die martis, XII julii, redierunt ad Urbem secreto, prout etiam recesserant, cardinalis Dalbreto et Franciscus Trochia cum meretricibus suis qui, commissionem eis datam non fuerunt exequuti, r. cardinalem Sancti Petri ad Vincula de manibus impiorum Domino preservante». EUBEL, Hierarchia catholica cit., II, p. 24, nota 23: Amadeus de Albreto (Lebreto) cardinale diacono di S. Nico­ la in Carcere Tulliano il 28 sett. 1 500, morì il 20 dic. 1520. Trochia, cameriere se­ greto del Papa, (ibid., p. 56), era stato inviato a Savona per catturare Giuliano Del­ la Rovere. 34 PASTOR, Storia dei papi cit., m, p. 123: «Durante il governo di Innocenza VIII il guasto giunse a tale punto, che dopo la sua morte poté venire eletto per cor­ ruzione Alessandro VI». Il Pastor, appellatosi alla conduzione dell'amministrazione ecclesiastica, dichiara di non essere rimasto sorpreso dell'elezione del cardinale Ro­ drigo Bmja al supremo pontificato. Alessandro VI fu condannato da: G.B. Prcorrr, Nuovi studi e documenti intorno a Papa Alessandro VI, «Rivista di Storia della Chiesa in Italia», 5 (1951), pp. 1 69-262 con risposta di Soranzo e replica di Picotti, ibid., 6 ( 1 952), pp. 96- 1 10; G. S oRANZO , Studi intorno a papa Alessandro VI (Bor­ gia), Milano 1 950 (Pubblicazioni dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, 34); PASTOR, Storia dei papi cit., I, pp. 678 e ss.; II, pp. 267 e ss.; III, p. 294; H. DE L' É­ PINOIS, Alexandre VI, «Revue des questions historiques», 29 (1881), pp. 357-427; controbatte Leonetti; H. MATAGNE, Le Cardinal Rodrigue Borgia. Réponse au R. P. Ollivier, «Revue de questions historiques», 1 1 - 1 2 ( 1 872), pp. 1 8 1-1 98; J. A. M6LHER , Kirchengeschichte, II, Regensburg 1 867-1 870, p. 523: «La disgrazia di questo papa fu la sua famiglia ma questa fu ad un tempo la disgrazia della Chiesa». 35 Le gravi accuse non sono ritenute acclarate: BURCHARDI Diarium cit., I, p. 13, nota; E. STEINMANN, Die Sixtinische Kapelle, I, Miinchen 1 90 1 , p. 9; K . J . HEFELE­ J. HERGENROTHER, Konziliengeschichte. Nach den Quellen dargestellt, VIII, Frei­ burg 1 887, p. 268; A. CREIGTON, A history of the Papacy during the period of the Reformation, III, London 1 882, p. 1 1 5.


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diati consensi nell'evidente scopo di radicalizzare i comportamenti di un personaggio assmto a pontefice romano. Soltanto da circa una trentina d'anni gli studiosi si sono rammentati che esiste una critica testuale ed una valutazione storica omnibus pe1pensis36 e che l 'odio contro la dominazione spagnola, vivo per tutta la seconda metà del secolo XV, culminò con la damnatio memoriae esplosa durante il pontificato di Clemente VIII37 e che condusse alla profanazione del sepolcreto borgiano in S. Maria del Popo­ lo38. La storiografia protestante di fine secolo XIX prima metà del XX, in concomitanza con l 'ape1tura dell'Archivio Segreto Vaticano39, i giudizi del

36 G. SORANZO, Il tempo di Alessandro VI e di fra ' Girolamo Savonarola, Mila­ no 1960; O. FERRARA, El papa Bmja, Madrid 1 9472; J. H. WHITFIELD, New upon the Borgia, «History», 29 (1944), pp. 77-78; P. DE Roo, Materia/far histmy ofpope A­ lexander VI, Bmges 1 924: non apprezzato dalla critica. 37 Bibl. Ap. Vat., Urb. lat. 1062, ff. 1 9 1 v- 192r (in novis): «Avviso del 2 aprile 1594. Nel concistoro pubblico di giovedì tenuto in Palazzo Apostolico non fu fat­ to altro che preso il voto dalli auditori di Rota et da altri officiali di questa corte per la canonizzazione del beato Jacinto da farsi in san Pietro la seconda festa di Pa­ squa et qua è comparso il vicario di Bitonto mandato a dar conto a Nostro Signo­ re del miracolo scritto. In questo mezzo si sa che Sua Beatitudine martedì nel visi­ tare la chiesa del Popolo ordinò che si levasse la sepoltura della Madre del Duca Valentino et manda Sua Beatitudine polize a diversi di questa corte intimandogli le residenze personalmente per la vigilanza della Santità Sua super gregem. È stata data la casa per carcere alla moglie del quondam Signor Vincenzo Vitelli per una lettera trovata à dosso a un servitore diretta ad alcuni banditi per far uccidere in Ca­ stello luogo qua vicino un commissario apostolico con certi altri» . 38 L'epigrafe funeraria di Vannozza de Cathaneis in Bibl. Ap. Vat., Chigi I. V. 167, f. XV attribuita all'Anonimo spagnuolo ma copiata in S. Maria del Popolo ver­ so il 1 570 da Alfonso Ciacconio (Chacon, 1540-1599) ora nel portico della B asili­ ca di S . Marco al Campidoglio (F. HERMANIN, S. Marco, Roma [1932] in Le chiese di Roma illustrate, a cura di C. GALASSI PALUZZI n. 30) trasmette il nome dei figli avuti dal card. Rodrigo Borgia. Il nome di Cesare si legge nonostante il tentativo di obliterarlo. 39 ASV, Sala Indici, nn. 1 1 3 e 1 14; n. 106 Repertorium de electione romani ponti­ ficis. L'Archivio Vaticano (Ann. XII, t. 9) ha una non sicura copia di fine secolo XVI, altra copia in Arm. XII, t. 13 consta di 27 fogli posseduta da Paride de Grassi cfr. Bibl. Ap. Vat., Vat. lat. 5635, f. 240v, la scrittura del Burcardo è difficilissima a leggersi (di­ stici ripmtati dal Sanudo, I Diarii, V, pp. 95-97 sono del Grassi?) il segretario del E m­ cardo era Michael Sander. Cfr. A MERCATI, Sussidi per la consultazione dell'Archivio Vaticano, a cma di G. GUALDO, Città del Vaticano 1 989, p. 103; G.B. BELTRAMI, Felice Conte/ori e i suoi studi negli archivi del Vaticano, «Archivio della Società Romana di Stmia Patlia>>, 2 (1879), pp. 164-208, 257-279; 3 (1880), pp. 1-47; MERCJITI, Sussidi ci t., p. 103; Felice Contelmi (B.M. ANTOLINI, Felice Conte/ori, in DBI, 28, Roma 1983, pp. 336-342), nato a Cesi nel dic. 1588 e mmto il 28 sett. 1652, st11diò al Collegio Ro­ mano, protetto dal card. Scipione Borghese, addottorato in teologia ed in utroque iure,

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L/BER NOTARUM DI GIOVANNI B URCARDO

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Pastm40, peraltro non dogmatici - come avvertito dal Picotti41 e da altri au­ tori -42 convincono che la ricerca della verità storica non sia stata raggiunta. I giudizi velenosi dell'Infessura, dettati da ragioni personali di insoddisfa­ zioni economiche, hanno avuto giustizia dal Pastor43. In Italia ed all'estero si sottolinevano la memoria prodigiosa, la grande intuizione politica e l'elo­ quenza affascinante di AlessandroVI44: Sigismondo de' Conti, contempora­ neo dell'Infessura, descrive il pontefice come uomo assai abile, con grandi doti di spirito e con capacità non comune nel maneggio degli affari4s.

assunto nello st11dio di Giovan B attista Caccino, decano della Rota Romana, esercitò l'avvocatura, bibliotecario dei Barberini, primo custode della Biblioteca Vaticana (27 nov. 1626), commissario della Camera Apostolica valutò l'opera del falsario Ceccarel­ li (Bibl. Ap. Vat., Vat. lat. 9200, ff. 200 e ss.) e la carta di guar·dia del Vat. lat. 491 1 , Ur­ bano VIli lo nominò prefetto dell'Archivio Segreto il 9 luglio 1626, e per questo moti­ vo fece n·asferire da Castel S . Angelo in Vaticano molti documenti tra i quali i diari del Burcar·do e di Paride de Grassi, l giugno 1634 canonico di S . Pietro, 17 genn. 1635 re­ ferendario utriusque Signaturae, 12 aprile 1 644 segretar·io dei brevi ai principi, 1 8 gen­ naio 1645 prelato domestico, destituito da segretario dei brevi, destituito da prefetto del­ l' ar·chivio da Innocenza X (1644-1655). Come generale della Camera Apostolica lasciò 28 volumi intitolati Cameralia o Informationes camera/es o Varia ad cameram spec­ tantia conservati in ASV, Arm. XXXVII, tt. 1-27, 40. 40 PASTOR, Storia dei papi cit., I, pp. 678 e ss. ; II, pp. 267 e ss. 41 G.B. PrcoTTI, Ancora sul Borgia, «Rivista di Storia della Chiesa in Italia», 8 (1 954), p. 337; ID., Nuovi studi cit., pp. 1 69-262, con risposta di Soranzo e replica di Picotti, cfr. C. VIOLANTE, Giovan Battista Picotti storico, in La scuola nell'Occi­ dente latino nell'alto medioevo, I, Spoleto 1972 (Settimane di Studio del Centro i­ taliano di Studi sull'Alto Medioevo, XIX). 42 SORANZO, Il tempo di Alessandro VI cit. ; E. OLMOS Y CANALDA, Reivindica­ ci6n de Alejandro VI, Valencia 1 9547, S oRANZO, Studi cit . ; G. GRILLO, Alessandro VI e la recente bibliografia, «Studium», 5 ( 1952), pp. 305-3 1 1 ; FERRARA, El papa Bmja cit.; WmTFIELD, New upon cit.; DE Roo, Materia[ far history cit. ; DE L ' ÉPI­ NOIS, Alexandre VI cit. , contl"O batte Leonetti (Papa Alessandro VI, Bologna 1 8 80); D. DAL RE, Discorso critico sui Borgia con l'aggiunta di documenti inediti relati­ vi al pontificato di Alessandro VI, «Archivio della Società Romana di Storia Pa­ n·ia», 4 ( 1 88 1), pp. 77-147; H. MATAGNE, Une réhabilitation d'Alexandre VI, «Re­ vue des questions historiques», 4 ( 1 870- 1 871), p. 446. 43 PASTOR, Storia dei papi cit., III, p. 306, nota 2. Si noti, ad esempio, che Ste­ fano Infessura, nel dar conto della creazione çardinalizia del 20 settembre 1493, smentisce il deliberato concistoriale: «inter primos fuit creatus filius ipsius natus ex se et quadam muliere quam ipse nupserat cuidam Dominica de Aregnano, et sem­ per fuit habit11s, tentus et reputatus eius filius et ipse fecerat episcopum in Hispania de Pampaluna» ma il vescovato di Pamplona era stato conferito a Cesare Borgia il 12 settembre 149 1 da Innocenza VIII. 44 Ibid., m, p. 546. 45 SJGISMONDO DE' CoNTI DA FOLIGNO, Le storie dei suoi tempi dal I475 al i 510,


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Rimane inspiegabile come non sia stato preso in considerazione il ma­ noscritto napoletano del Liber notarum in cui non risultano le deprecate ' nefandezze' , illustrato fin dal 1963 dal Wasner46. Come infatti avrebbe po­ tuto il Burcardo redigere tali racconti quando non poteva ignorare che ne­ gli appartamenti papali - e non solo nel Palazzo Aposto�ico - incombeva la sinistra e tragica vigilanza del Valentino. B urcardo era m grado di_ valutare la fine che avrebbe fatto insieme ai suoi scritti, se questi fossero venuti a conoscenza dei Borgia. Gli intenti del Burcardo non furono condivisi da Paride de Grassi47, suo collega dal 1 503 al 1506, uditore del cardinal Valentino (Cesare Bor­ gia)4s, nominato suo successore il 1 8 maggio 1 504 da Giulio II49. Il de Grassi, per dimostrare la difformità della sua gestione da q�ella del Bu�­ _ cardo affermò che le annotazioni del maestro delle cenmome debbono li­ mitar�i all'ambito delle sue competenze istituzionali50, tanto da dichiarare di aver omesso di dar conto della presentazione delle lettere credenziali da parte degli ambasciatori inglesi per non aver ricevuto istmzioni in meri­ to51. E dal de Grassi vennero due giudizi di critica severa contro il Bur­ cardo: il primo «magistro meo college Burchardo, tamquam mendaci et nugatori ambagioso, ulla in re credam, tanquam alteri a virtute obsoleto, alteri a veritate abolito»52; il secondo, quando già il B urcardo era morto, è II, Roma 1 883, pp. 53, 268, 270. 46 Napoli, Bibl. Naz., ms. VI.

G. 23; cfr. F. WASNER, Eine unbekannte Hand­ schirift des Diarium Burckard, «Historisches Jahrb�c�». 83 (1 963), pp. 300 e ss.; ' _ p. PrcoTII, Nuovi studi cit., p. 173. Ringrazio della notlZla Il prof. Albert Roth ed Il

Silvano Giordano. 47 M. DYKMANS , Paris de Grassis. Sa biographie jusqu 'à la mort de Jules II, «Ephemeiides liturgicae», 96 (1 982), pp. 407-482. 48 Ibid. , p. 468 ; ASV, Arm. XXXIX, t. 17. 49 ASV, Reg. Later. 1 143, ff. 1 29v-1 30v. 50 B uRCKARDI Liber notarum cit., II, p. 542, nota 4. 5 1 Palis, Bibl. Nat., Par. lat. 5 1 64, f. lv: «Magister ceremo12iarum tenetur in scriptis redigere omnia que in dies aguntur in officio»; f. 4r: «Licet antequam in of­ ficium ego ingressus fuelim, oratores regis Angliae ingressi fuelint, et sic de h�c ac­ _ _ tu non deberem aliquam notam facere curo de illo rogatus non fuenm s1cut qmsque ex duobus magistlis solet». Cfr. J.J.J. DòLLINGER, Beitrage zur politischen, kircl�li­ chen und Cultur-Geschichte der sechs letzten Jahrhunderte, III, Regensburg-W1en 1 863- 1 882· PARIDE DE GRASSIS, Diarium, in Le due spedizioni militari di Giulio II tratte dal diario di Paride de Grassis bolognese con documenti, ed. L. FRATI, Bolo­ gna 1 88 8 (Documenti e studi pubblicati per conto della Deputazione di Storia Pa­ tlia per le Provincie di Romagna, l). Un esempio tipico di diario liturgico è quello di Biagio Martinelli, (Diarium caeremonialium tomus ab anno I518 usque ad an­ num 1532, in Bibl. Ap. Vat., Vat. lat. 1 2308, 1 2344, 1 242 1 , 1 2422, 1 2776). 52 Bibl. Ap. Vat., Vat. lat. 4739, f. 144, prefazio del de Grassi al suo trattato sul-

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una furiosa stroncatura senza appello, nonostante la dichiarazione di es­ sersi preoccupato di avergli dato onorata sepoltura53. Non sorprendono quindi i dissensi della storiografia di fine secolo XIX54. Il Gregorovius, lo storico di Lucrezia Borgia, (nonostante le sue fan­ tasie su Vannozza)55 non ha temuto di affermare: «Nessuno vorrà credere che Lucrezia Borgia in mezzo alla corruttela di Roma e nell' ambiente dei suoi familiari potesse conservarsi immune da falli: ma in pari modo nessun uomo che giudichi senza pregiudizi vorrà asserire che ella sia resa di fatto

la creazione cardinalizia scritto verso il 4 gennaio 1 506: «Nempe ut ego ipse, ma­ gister idemque discipulus, eidem mihi discipulo, duo hec propterea obedienda de­ derim: primum ut neque posthac eidem libro, tamquam erroneo, confusaneo et a­ dulterino, neque eius auctori, scilicet magistro meo college Burchardo, tamquam mendaci et nugatori ambagioso, ulla in re credaro, tanquam alteri a virtute obsole­ to, alteri a velitate aboluto [ . . . ] Quapropter, non in ipsius libri nugatoria lectione, nec in mei college Burchardi subdola deceptione, sed in facti visione confisus, re­ liquis onmibus, que commtmi piane usui et stilo ac hodierne observationi reluctan­ tur, postergatis, singula de singulis, quecumque viderim, statui pro virili mea par­ te, maxime ut iuvarem studia studiosorum novitiorum, Deo opitulatore, singillatim ac distincte annotare atque ita annotare ut in prilnis ipsum quero dixi meum colle­ gam Burchardum, cum suo illo libro mendaci, mendacio arguam. Denique si forte fortuna, meo tempore iteratum cardinalium creationem cogi oporteat, ut saltem rur­ sus non oporteat duorum holninum labori inanem operam dare, mei se rogandi, et sui me decipiendi». 53 BURCKARDI Liber notarum cit., II, p. 5 1 2, nota 3, scrisse Paride de Grassi: «Hic fuit ille magnus t1imagister et trigenialis ceremoniarum nostrarum, qui si hu­ manus vivens fuisset sed quoniam non solum non humanus sed supra ornnes be­ stias bestialissimus, inhumanissimus, invidiosissimus, ideo nostre cerimonie et conculcate et implicite et obscurate fuenmt; immo curo viveret, quia non mtem quam solus ex diversis libris occultissilnis occultissime rapiebat demonstrare aut docere noluerat nisi in facto, et illa quidem confusissime, ut etiam post vitam suam nemo imbiberet, ita inhunanilniter egit quod libros quos ex talibus inscripserat ne­ ma intelligere potest nisi diabolus assertor eius aut saltem Sibilla, sic enim cif1is, id est caracteribus obscurissilnis depinxit, aut litteris obliteratis et oblitis figuravit ut credo ipse habuisset diabolum pro copista talis scripture, sicut partim vide1i po­ test in fine huius libri ubi aliquos quinternos alligavit. Itaque in sua felicitate sic ja­ cet curo suis spiritibus in alieno mundo prout in hoc curo holninibus se habet. Sed nonobstantibus iniquitatibus et malignitatibus eius, ego sciens non ipsi jam mortuo et incensato, sede Inihi post honorem sepulture eius cessurum si ipsum honorifice sepelliri fecero» . 54 A . VON REUMONT, Geschichte der Stadt Rom, II/ l , Berlin 1 867-1 870, p. 296: «Lucrezia va assolta senz'altro dalla maggior parte delle accuse ammassate contro di lei». 55 PASTOR, Storia dei papi cit., III, p. 294, nota 3.


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colpevole di quelle 'innominabili nefandezze ' »56. Da giudizi di tanto netta riprovazione si trae che il redattore, almeno in questi casi, non è degno di fede e che la sua narrazione deve essere rivisitata. Il riconoscimento o il di­ sconoscimento della paternità burcardiana esige, prima ancora della pro­ nuncia dello storico, il raggiungimento di attente valutazioni paleografiche sulla genuinità della trasmissione testuale o sulla ricostmzione critica del­ l 'archepito57. Dopo di che si potrà discutere, tenuto presente che unus testis nullus testis, sulla validità testimoniale del Burcardo specialmente in ordi­ ne alle ' innominabili nefandezze' borgiane. Tutto ciò non toglie che il Li­ ber notarum costituisca un'ampia riserva di informazioni, sia pure da valu­ tare, sulla weltanschauung della Roma della seconda metà del secolo XV. Le traversie del testo burcardiano ebbero inizio poco dopo la morte del Burcardo con un vulnus alle sue ultime volontà. Il Burcardo, chiesta ed ot­ tenuta da Sisto IV la facoltà di disporre liberamente di tutti i suoi berù (7 lu­ glio 1478)58, nominò erede universale il cardinale Raffaele Sansoni Riario, pronipote dello stesso Sisto IV59. Giulio II (Giuliano Della Rovere, Albis­ sola 5 dic. 1443-Roma 21 febbr. 1 5 13), che non era privo di una cultura giu­ ridica60, con atto d'imperio sostituì l 'erede testamentario burcardiano con il cardinale Giuliano Cesarini (t l maggio 1 5 10) che, pur essendo debitore con Alessandro VI del cappello cardinalizio (20 settembre 1493)61, era di­ venuto antiborgiano. La sostituzione dell'erede testamentario, tuttora non chiarita, oltre che sorprendere dal punto di vista del diritto comune non può non suscitare dubbi sull'operato di un esecutore testamentario estraneo alla

56 F. GREGOROVIUS , Lucrezia Borgia, nach Urkunden und Correpondenzen iher eigen Zeit, Stuttgmt 1 875, p. 159. 57 BURCKARDI Liber notarum cit., II, pp. 303-304. 5 8 ASV, Reg. Later. 786, f. 216. 59 EUBEL, Hierarchia catholica cit. , I, p . 1 8 , nota 22, nominato cardinale da Si­ sto IV il lO dicembre 1477, morì il 9 luglio 1521; ANGELO POLIZIANO, Della con­ giura dei Pazzi, a cura di A. PEROSA, Padova 1958; F. MoRANDINI, Il conflitto fra Lorenzo il Magnifico e Sisto IV dopo la congiura de ' Pazzi. Dal carteggio di Giro­ lamo Morelli, ambasciatore fiorentino a Roma, «Archivio Storico Italiano», 107 ( 1 949), pp. 1 13-154: coinvolto da Lorenzo de' Medici nella congiura dei Pazzi, nel­

la quale Giuliano de' Medici fu trucidato in cattedrale mentre assisteva alla messa solenne del 26 aprile 1478. Era pronipote di Bianca sorella di Sisto IV. 60 Bibl. Ap. Vat., Vat. lat. 1 342, ha le Institutiones di Giustiniano, era stato ac­ quistato da fra' Giuliano Della Rovere. 61 EUBEL, Hierarchia catholica cit. , I, p. 22, nota 6; PASTOR, Storia dei papi cit., m, pp. 330-33 1 : fu l'unico cardinale ad essere ricevuto con gli onori dovuti da Car­ lo vm, che era stato accompagnato a Roma dal card. Giuliano Della Rovere; ibid., p. 525, il Valentino, mentre abbandonava Roma (l sett. 1 503), rifiutò a porta Viri­ daria il colloquio richiestogli dal Cesarini.

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LIBER NOTAR UM DI GIOVANNI BURCARDO

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volontà del testatore. Il dubbio pertanto sull'imposizione di un particolare e­ secutore testamentario di fiducia aliena induce a credere che l 'esecutore a­ vesse avuto il compito di intervenire, in funzione delle prospettive del nuo­ vo pontificato, per ' normalizzare' i rapporti del Burcardo con Alessandro VI, anche, se non soprattutto, in relazione al Liber notarum. Un secondo e­ pisodio - non meno sorprendente e rimasto parimenti insoluto - accadde il 30 maggio 1506, cioè quattordici giorni dopo la morte del Burcardo. Paride de Grassi, prima collaboratore e poi successore del Burcardo62, trovatosi in difficoltà per organizzare le cerimonie papali in imminenza della Penteco­ ste, ebbe necessità di consultare i libri cerimoniarum del Burcardo. Erano scomparsi. Il de Grassi, costatatane la sparizione alla festività della Pente­ coste ( 30 maggio 1506) chiese ed ottenne da Giulio II l 'inogazione della scomunica latae sententiae per chi li aveva sottratti63. I libri cerimoniarum ricomparvero ed il de Grassi annotò l ' 1 1 giugno 1507 di averne preso vi­ sione («in libris episcopi Ortani praesertim de armo 1497») per la prepara­ zione delle cerimonie papali per la processione del Corpus Domini64. Ne sa­ peva forse qualcosa il nuovo esecutore testamentario? Il problema dell'autenticità del testo del Liber notarum, con riguardo particolare al pontificato alessandrino, sembra presentarsi subito dopo la morte di Alessandro VI e, probabilmente, a cominciare dal momento della trasmigrazione del Burcardo nell'area antiborgiana del cardinale Giuliano Della Rovere. Salito Giulio II al trono papale, lo stesso Burcardo continuò senza necessità di esser confermato - a redigere le memorie d'ufficio. Que­ ste memorie, tuttora racchiuse in 27 fogli autografi dal 12 agosto 1 503 al 27 aprile 1506 conservati nell'Archivio Segreto Vaticano65, sono in scrittura au­ tografa, definita da Paride de Grassi di lettura difficilissima66, e sono stati pubblicati dal Pieper (che li ha scoperti), dal Constant67 e dal Celani68. La

62 DYKMANS, Paris de Grassis cit., «Ephemerides liturgicae», 96 (1 982), pp. 407-482; 99 (1985), pp. 383-417; 100 (1986), pp. 270-333. 63 BURCKARDI Liber notarum cit., II, p. 5 1 2; PrcoTII, Bibliografia cit., p. 374. 64 Bibl. Ap. Vat., Vat. lat. 4739, f. 214: autografo di Paride de Grassi. 65 ASV, Arm. XII, t. 13. 66 BURCKARDI Liber notarum cit., II, p. 5 12, nota 25: annotazione del Grassi: «li­ bros quos ex talibus inscripserat nemo intelligere potest, nisi diabolus assertor eius aut saltem Sibillla, sic enim in cifris, id est caracteribus obscmissimis depinxit, aut litte­ ris obliteratis et oblitis figuravit ut credo ipsum habuisse diabolum pro copista talis scripture, sicut pmtim videri potest in fine huius libri ubi aliquos quintemos alligavi». 67 M. G. CONSTANT, Deux manuscrits de Burchard. Fragments du Diaire (14921496), «Mélanges d'archéologie et d'histoire», 22 (1902), pp. 239-250. 68 BURCKARDI Liber notarum cit., II, p. XXVI: riconosce che vi sono ancora al­ cuni punti oscuri, lacune e lezioni non certe.


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ANNIBALE ILARI

scrittura di questo fascicolo nulla ha in comune con i manoscritti Vat. lat. 563269 e 12265 che si vorrebbero ritenere gli unici testi autografi70. Coefficiente d'importanza, data la scomparsa degli autografi burcar­ diani, nella ricerca degli eventi di Alessandro VI è quello della veridicità del testo esemplato sotto la supervisione di Onofrio Panvinio (Verona 1 530 Palermo 1568) per il Fugger71. li Panvinio pmtroppo non dà conto di qua­ le archetipo, o di quale apografo o di quale antigrafo si sia servito. Se gli autografi venissero raggiunti - si dice che un cardinale di S . Angelo72, ni­ pote di Paolo III, li abbia posseduti tra il 1 562 e il 1564 - la prova sulla lo­ ro veridicità73 sarà necessaria per una revisione storica.

69 n Vat. lat. 5632, di fogli 257, secondo il Cerroti è una copia fatta da Girola­ mo Ok:ino che confuse con il Vat. lat. 563 1 , copiato sotto la sorveglianza del Bur­ cardo: ASV, Archivio della Prefettura DA l , ff. 20r, 54r originale. 70 n Vat. lat. 5632, pubblicato dal Thuasne (pp. 8-257) e dal Celani, che va dal 2 di­ cembre 1492 alla fine del 1496, reca una firma autografa di Paride de Grassi. F. Cenati (Bibliografia di Roma medievale e moderna, I, Roma 1883, p. 1 60) asserisce che una copia fu fatta per Girolamo Ok:ino ma confonde il Vat. lat. 5631 con il Vat. lat. 5632. 71 Sia il Thuasne (BURCHARDI Diarium cit., m, p. LIV) che il Constant (Deux manuscrits cit., p. 212) dichiarano che il Panvinio esemplò per conto di Hans Jakob Fugger di Augsburg gli antichi libri del cerimoniale - compreso il dimio delle ceri­ monie del Burcardo - per costituire un Corpus, che attualmente è costituito da 14 vo­ lumi in folio - il diario del Burcardo ne riempì 4 - che si trova nel manoscritto Mo­ nacense latino 136. n Constant ritenne che tale manoscritto cmTisponda al Vat. lat. 5632, di cui non menziona la nota autografa dello stesso Panvinio. Il Panvinio, se­ condo il Thuasne, nella nota che avrebbe vergato a pagina 645 del Monacense latino 1 35, dichiara che le copie erano intitolate Libri caeremoniarum Curiae Romanae vetustiores item Diaria magistrorum caeremoniarum. n Vat. lat. 10623, Vita et facinora Alexandri VI, è stato donato nel 1 830 dal card. Zondadmi, arcivescovo di Siena, alla Biblioteca Apostolica Vaticana. 72 EuBEL, Hierarchia catlwlica cit., II, p. 72. Tra i cardinali di S. Angelo, per esservi stati cardinali sia presbiteri che diaconi nella seconda metà del secolo XVI, compaiono Ranuccio - morto in Roma il 29 ottobre 1565 - ed Alessandro Farnese junior, fratello di Ranuccio, costruttore della chiesa romana del Gesù - morto in Ro­ ma il 2 marzo 1 589 - si è indotti a ritenere che le ricerche dovrebbero condursi sul­ le carte farnesiane conservate nell'Archivio di Stato di Napoli anche perché la Bi­ blioteca Nazionale di Napoli conserva il manoscritto VI. G. 23. 73 PrcoTII, Bibliografia cit., p. 372: «Poiché, giova ripeterlo, noi abbiamo in­ nanzi, per la maggior parte del diario, apografi dovuti a copisti, che difficilmente potevano decifrare il testo: e, quanto allo stesso Vaticano Lat. 56732, se pare che più volte l'amanuense ricorresse al Burckard e questi suggerisse le giunte o le corre­ zioni, è da dubitare assai che il cerimoniere avesse tempo o volontà di rivedere la copia».

Fig. l . - Xàtiva, Arxiu Històric de la Col•legiata, Fans incorporats. , c. F-5, ff. 92 v - 93r


APPENDICE* I familiari di Alessandro VI

Adriana Borja y Milà,

figlia di Pedro Milà, figlio di Juan Milà e di Catalina Borja y Martf so­ rella di Callisto m (1455-1458), cugina di Alessandro VI, sposa Ludovico Orsini (t 1489), signore di Bassanello (Viterbo), da cui nasce Orsino Orsi­ ni malito di Giulia Farnese, sorella di Alessandro poi papa Paolo m: 20 maggio 1489, tavole nuziali rogate dal notaio capitolino Camillo Beneimbene, pubblicate dal Gregorovius1 • Angustio Borja,

non meglio conosciuto: Arm. XXXVII, t. 3, f. 97. Agustin Borja, canonicus Valentinus: 1 9 ottobre 1530: lo spoglio è donato al cardinale Franciotto Orsini (l luglio 15 17), arcivescovo di Urbino (t 1534): Arm. XL, t. 28, f. 121. Alessandro VJ2,

Rodrigo Borja y Borja, figlio di Jofré Borja y Doms e di Isabella de Borja y Mmtf (t1468), nepos ex sorore Calixti III: l gennaio 143 1 nasce a Jativa3; 10 maggio 1455 protonotaio della Sede Apostolica: Reg, Vat. 454, f. 58; 3 giugno 1455 decano della chiesa di Nostra Signora di Jativa: Reg. Vat. 436, ff. 239v-24 1 ; 1 8 giugno 1455 studi giuridici a Bologna4; * Le fonti archivistiche citate, laddove non indicato, sono conservate presso l'Archivio Segreto Vaticano. Per ulteriori dati biografici sulla famiglia Borja cfr. M. BATLLORI, La Famflia Bmja, in BATLLORI, Obra completa, IV, Barcelona 1994. 1 F. GREGOROVIUS, Lucrezia Borgia secondo documenti e carteggi del tempo, Fi­ renze 1 885, pp. 355-358. 2 Lafamilia de Alejandro VI, in Historia genealogica y heraldica de la monar­ qufa espafiola casa rea! y grandes de Espafia, ed. F. FERNANDEZ DE BÉTHENCOURT, IV, Madrid 1902, pp. 24-35. 3 JoHANNIS BURCHARDI Diarium sive rerum urbanarum commentarii (14831506), ed. L. THUASNE, II ( 1492-1499), Paris 1 8 84, p. 425: nato a Jativa il primo gennaio 1 43 1 da Jofridus e da Elisabetta ex Porciorumfamilia (Porcari). 4 L. VON PASTOR, Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, I, Roma 1925, p. 7 5 1 , nota 5 .


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ANNIBALE ILARI

13 gennaio 1456 praestimonia nelle diocesi di Compostela e di Cuen­ ca: Reg. Vat. 447, f. 262v; 6 febbraio 1456 prepositura della diocesi di Magonza in commenda: Reg. Vat. 446, f. 195; 23 marzo 1456 aspettativa su tutti i domini del re di Castiglia: Reg. Vat. 460, f. 14; 21 agosto 1456 rettore dell'ospedale di S . Andrea di Vercelli: Reg. Vat. 444, f. 230; 9 sett. 1456 decanato ed altri benefici in diocesi di Cartagena: Reg. Vat. 446, f. 195; 17 settembre 1456 cardinale della diaconia di S . Nicola in Carcere: Reg. Vat. 445, ff. 1 63r-164v 5 ; Reg. Vat. 446, f. 27; Reg. Vat. 450, ff. 152r 153v; 31 dicembre 1456 legato della Marca Anconetana: Reg. Vat. 445, ff. 295 r-296r; Reg. Vat. 446, f. 27; Reg. Vat. 450, ff. 152r-1 53v; 3 1 dicembre 1456 commenda del monastero di S. Maria di Chiaraval­ le (diocesi di Cambrai); 1 9 gennaio 1457 lascia Roma per la Marca Anconetana: Reg. Vat. 499, ff. 344r-345v; Reg. Vat. 461 , ff. 95r 96r; Reg. Vat. 446, f. 27; 10 febbraio 1457 estensione dell' aspettativa sui benefici nei domini sa­ bandi: Reg. Vat. 45 1 , f. 7 1 ; 1 2 febbraio 1457 estensione dell'aspettativa nei domini sabaudi: Reg. Vat. 464, f. 109v; 4 marzo 1457 commenda del monastero benedettino di S. Angelo in Massa (diocesi di Narni): Reg. Vat. 45 1 , f. 7 1 ; Reg Vat. 452, f. 152. scomunica Virginio Orsini e il figlio Giovanni Giordano, che sposerà una figlia di Giulio II: Reg. Vat. 873 ; Indice 1 14, f. 35v. ; 1 1 dicembre 1457 Capitano generale di tutte le tmppe pontificie in Ita­ lia e comandante di Castel S . Angelo: Reg. Vat. 464, f. 1 14; 7 maggio 1458 commenda del monastero di Fossanova dell'Ordine Cister­ cense (diocesi di Terracina): Reg. Vat. 461, ff. 95-96; Reg. Vat. 465, f. 153; 25 maggio 1458 conferma estensione aspettativa sui benefici dei do­ mini sabaudi: Reg. Vat. 537, ff. 309v-3 10v; 26 novembre 1458 torna a Roma: Reg. Vat. 446, ff. 8-9; Reg. Vat. 499, ff. 344r-345v; nominato vicecancelliere: Reg. Vat. 499, ff. 344r-345v; Reg. Vat. 464, f. ·109v; 22 dicembre 1458 legato al re di Spagna per concludere la lega contro -

-

5 C. EUBEL, Hierarchia catholica Medii Aevi , II, Monasterii 1 9 1 1 , p. 1 2.

APPENDICE: I FAMILIARI DI ALESSANDRO VI

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i turchi: Reg. Vat. 719, f. 8; Indice 322, f. 294r; Reg. Vat. 553, f. lv; In­ dice 274, f. 9r; 30 agosto 147 1 vescovo di Albano: Reg. Vat. 553, ff. l r-3v; Reg. Vat. 719, f. 8 ; Indice 274, f. 9r; Indice 332, f. 294r; 8 gennaio 1472 camerlengo del Sacro Collegio dei Cardinali: Reg. Vat.

660, ff. 17v- 1 8v; 25 marzo 1472 «recessit de Palatio associatus ad Pontem S. Mariae»: Reg. Vat. 660, ff. 17v-1 8v; Reg. Vat. 546, ff. 62r-63v; 1 1 settembre 1473 fa testamento; Reg. Vat. 445, ff. 303v-334: «Rode­ rico etc. conceditur facultas concedendi pro se vel aliis familiaribus suis semel tamen in martis articulo remissionem omnium peccato­ mm». Il Pastor sostiene che si tratta di 'indulgenza' ; 1476 opta per Porto e S . Rufina, era il cardinale più ricco dopo l'E­ stouteville (Tuttavilla), bastardo del re di Francia6 ; Al momento del conclave possedeva le città di Civitacastellana e di Nepi, un'abbazia a L'Aquila con 1 .000 ducati di rendita, 1 .000 ducati dal vescovato di Albano, il vescovato di Porto con 1 .200 ducati, l'ab­ bazia di Subiaco con 2.000 ducati, 16 vescovati in Spagna, il vescova­ to di Erlau con 10.000 ducati7, possedeva l'esemplare di Livio stam­ pato a Roma nel l 469 in pergamena (Reg. Vat. 445, f. 289), ora nel Bri­ tish Museum8; 1 1 agosto 1492 eletto sommo pontefice; 14 agosto 1492 testamento. Il notaio non è noto, forse potrebbe essere Giovanni Lopez9• Alonso de Arag6n, duca di Bisceglie, figlio naturale d'Alfonso II re di Napoli, terzo marito di Lucrezia Borgia10: nato circa 148 1 ;

6 JACOBI VoLATERRANI Diarium Romanum ab a. 1472 usque ad a. 1484, RIS2 , 23/3, ( 1 904- 1 9 1 1 ) , pp. 8 1 -203; C. DE' RosMINI, Dell'historia di Milano, IV, Milano 1 820, p. 32; NICOLA RATTI, Delle famiglie Sforza-Cesarini, Savelli, Peretti, Montal­ to, I, Roma 1794, p. 84; A. LEONETTI, Papa Alessandro VI, secondo documenti e carteggi del tempo, I, Bologna 1 880, p. 1 5 1 ; PASTOR, Storia dei papi cit., III, pp. 280, 282. 7 Ibid., I, p. 478. 8 D. MARZI, I tipografi tedeschi in Italia durante il secolo XV, «Zentralblatt fiir Bibliothekswesen», 8/23 ( 1 900), pp. 5 10-5 1 3 . 9 EUBEL, Hierarchia catholica cit., II, p. 23. 10 JOHANNIS BURCKARDI Liber notarum ab anno MCCCCLXXXlll usque ad an­ num MDVI, ed. E. CELANI, RIS2 , 32/2, ( 1 9 1 1 -1 942), II, p. 14.


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ANNIBALE ILARI

20 giugno 1498 sponsali con Lucrezia Borgia11; agosto 1498, il 20 dicembre 1497 sentenziata la nullità di matrimonio di Lucrezia Borgia con Giovanni Sforza, contrae matrimonio per ver­ ba de praesenti con la stessa Lucrezia 12; l novembre 1499 assegnazione di ducati 1 54 per soldo ai balestrieri: Arm. XXIX, t. 53, f. 20 motu proprio; 3 novembre 1499 provvigione di soldo per armigeri: Arm. XXIX, t. 53, f. 17; l gennaio 1 500 giunge al Laterano con la moglie e ricco corteo13; 18 agosto 1500 strangolato da sgherri del Valentino, sepolto in S. Ma­ ria delle FebbrF4. Alonso Borja, canonicus Valentinus,

nipote e familiare del card. Rodrigo Borgia: Reg. Vat. 447 , ff. 1 50v,

APPENDICE: I FAMILIARI D I ALESSANDRO VI

27 1

Angela Borja,

sorella del card. Borja: 25 agosto 1 500 promessa di matrimonio con Francesco Maria Della

Rovere rogata dal notaio Beneimbene16.

Anichino,

messere, intimo borgiano, incaricato di accompagnare Giulia Farnese e Adriana Milà a Roma a fine novembre 1494. Antonio da Brescia,

marmoraro di Palazzo Venezia, sospettato primo marito di Vannoz­ za17, compare - non più tale -, nel rogito per la nomina dei tutori di Juan Bmja del l483, muore dopo il 1493.

canonico della chiesa di Jativa (Valencia), nipote di Alessandro VI: 30 luglio 1496 indulto per la percezione dei frutti maturati durante la sua assenza: Reg. Vat. 88 1 , ff. 197v-199r, II Diversorum Alexandri VI, f. 198.

Aurelio de Mattutiis (Mattuzzi), figlio di magister Pietro, marito di Isabella, figlia di Alessandro VI: 14 ottobre 1494 canonico a S. Pietro, priore di S. Maria di Blera (Vi­ terbo) e parroco di S. Nicola (diocesi di Viterbo) all'età di 12 anni : Reg. Vat. 786, f. 273; 27 agosto 1497 cappellano di S. Rossore di Lolino Lucano, S. Martino di Retignano, S . Pietro di Retignano, S. Giacomo de Podio, parroco dei Ss. Clemente e Colombano, ospedaliere di S. Giacomo di Pietrasanta all'età di 14 anni: Reg. Vat. 8 07 , f. 1 92; 11 ottobre 1498 canonico e prebendario in Tivoli: Reg. Vat. 828, f. 228; l marzo 1499 cancelliere perpetuo di Roma: Reg. Vat. 830, f. 95; 8 maggio 1 500 parroco di S. Maria de Marziali e di S. Matteo de Si­ cula (Modena) all'età di 17 anni: Reg. Vat. 833, f. 95; 8 maggio 1500 Alessandro VI gli conferisce le chiese parrochiali di S. Maria de Marziali e di S . Matteo de Sicula della diocesi di Modena: Reg. Vat. 833, f. 95.

Alonso Borja y Marti,

Battistina,

300; Reg. Vat. 461 , f. 1 1 8 ;

5 maggio 1490 conferimento della chiesa parrocchiale di S. Antonio da Villanova de Cubelles: Reg. Vat. 748, ff. 259v-262r; Indice 275, f. 102v; 27 maggio 1490 dispensa per possesso di tre benefici incompatibili: Reg. Vat. 748, ff. 2 14v-2 1 5 v; 7 giugno 1490 facoltà di conservare tre benefici incompatibili: Indice 275 , f. 102r; Alonso Borja y Arag6n ( 1 5 1 1 -1538),

abate del monastero cistercense di S. Maria de Valldigna: Reg. Vat. 1 120, ff. 179r- 1 8 lv; Indice 278, f. 306v15. Alonso Milà,

fratello germano di Isabel Borja, madre di Alessandro VI, zio di Pedro Luis Borja (t 1458, senza successori), di Rodrigo (Alessandro VI t l 8 agosto 1503), di Juana, di Tecla (senza successori) e di Beatrix (senza successori).

11 GREGOROVIUS, Lucrezia Borgia cit., doc. 1 6 . 12 BURCKARDI Liber notarum cit., II, p. 1 1 6 . 1 3 lbid., II , p . 1 95 . 1 4 Ibid. , II, pp. 237, 240-24 1 . 15 FERNANDEZ D E BÉTHENCOURT, Historia genealògica cit., p . 9 1 .

figlia di Teodorina, nipote di Innocenza Ville di Gherardo Usodima­ re, sposata con Luigi d'Aragona marchese di Gerace (1492), zio di Ferran­ te, re di Napoli18; sposa Pietro dei Mari19.

16 BURCKARDI Liber notarum cit., II, p. 1 1 6. CH.YRIARTE, César Borgia. Sa vie, sa captivité, sa mort, I, Paris 1 889, p. 52. 1 8 BURCKARDI Liber notarum cit., I, p. 243 . 19 Ibid., I, p. 368.

17


272

ANNIBALE ILARI

Beatrice Borja,

sorella germana di Alessandro VI20, sposa Ximén Perez de Arena. Catalina Borja,

sorella di Callisto III, moglie di Juan del Milà, IV barone di Masa­ lavés, madre di Pedro del Milà. Cesare Borja,

detto il Valentino, figlio del card. Rodrigo Bmja e di Vannozza de Cathaneis (1475- 1507) 2 1 : 1474 nasce22, secondo una tradizione locale, nel castello abbaziale di Subiaco (Roma); l ottobre 1480, dichiarato legittimo all'età di sei anni da Sisto N de epi­ scopo cardinali genitus e dispensato dall'impedimento canonico dell'ille­ gittilnità dei natali per abilitarlo a ricevere gli ordini sacri 23;

20 J. SANcms Y SIVERA, Algunos documentos y cartas privatas que pertenecie­ ran al segundo duque de Gandia . . . Valencia 1 9 19, p. 26. 21 Cfr. Vannozza (diminutivo di Giovanna) de Cathaneis ( 1 9 maggio 1441 -26 novembre 1 5 1 8). 22 BURCHARDI Diarium cit., I, p. 420. La data del 1473 è sostenuta da A. voN REu­ MONT, Rassegna bibliografica. Saggio di Albero genealogico e di memorie sulla fami­ glia Borgia, specialmente in relazione a Ferrara di L. N. CITTADELLA, «Archivio Sto­ rico Italiano», 3" ser., 17 (1 873), p. 324-327; C. Cantù aveva benevohnente presentato il saggio di Cittadella, «Archivio Stmico Italiano», 3" ser., 1 6 ( 1872), pp. 490-491 ; C. VON H6FLER, Don Rodrigo de Bmja (Papst Alexandre VI) und seine Salme, don Pedro, este1; und don Juan, zweiter Herzog von Gandia aus dem Hause Bmja, Wien 1 8 89, p. 75 propone tra il 1474 ed il 1475; il 1475 è sostenuto da H. DE L' ÉPINOIS, Alexandre VI, «Revue des questions historiques», 29 (188 1), pp. 357-427 e da M. D. OLIVER, Rodri­ go de Bmja (Alejandro). Sus hijos y descendientes, «Boletfn de la Real Academia de la Historia>>, 9 (1886), pp. 409, 420, 427, 434; YRIARTE, César Borgia cit., p. 36 e GRE­ GOROVIUS, Lucrezia Borgia cit., p. 1 2 propongono il 1476. L'anno 1474 è sostenuto dal PASTOR, Storia dei papi cit. , m, p. 845: «Archivio Segreto Pontificio, Conc. Regest. 772 f. 153: Dilecto filio Cesmi electo Valentinensi [ . . . ] electus Pampilonensi, quem hmc in decimo octavo vel circiter tue etatis anno constituhim ASV, Corre. Regest. 772 f. 153: Dilecto filio Caesm·i electo Valentino. [ . . . ] electus Pampilonensis, quel tunc in decimo septimo vel circa tue etatis anno constitutum felicis recordationis Innocentius papa Vill, predecesor noster, ecclesie Pampilonensi ordinis Sancti Augustini [ . . . ] adrninistratorem in spiritualibus et temporalibus [ . . . ] constituit et deputavit ac quam p1imum dichim vi­ cesimum septimum annum attigisses ex tunc eidem ecclesiae Pampilonensi de tua per­ sona providit teque illi prefecit in episcopum et pastorem [ . . . ] et ad presens in decimo octavo anno vel circa [ . . . ] Dahim Romae plid. Cal. sept.». 23 BURCHARDI Diarium cit., II, p. 521, nota l. SIGISMONDO DE' CONTI DA FOLIGNO, Le storie dei suoi tempi dal I475 al 1510, II, Roma 1 883, p. 6 1 : «adolescentem spei magnae et indolis optirnae»; F. VETIORI, Viaggio in Alemagna, Paris 1 837, pp. 74 e

APPENDICE: I FAMILIARI DI ALESSANDRO VI

273

parroco: Reg. Vat. 621 , ff. 61v-64r; Indice 274, f. 1 90v; arcidiacono di Valencia: Reg. Vat. 621 , ff. 91 v-93r; Indice 274, f. 19 1r;

Reg. Vat. 642, ff. 1 68v-170v; Indice 274, f. 245 ; 13 settembre 1484 tesoriere cartaginese: Reg. Vat. 700, ff. 68v-7 1r; In­ dice 275, f. 7v; esenzione dalla giurisdizione vescovile: Reg. Vat. 643, ff. 90v-93r; In­ dice 274, f. 247r; arciprete cesaraugustano: Reg. Vat. 643, ff. 103v-105r; Indice 259 ; arciprete della cattedrale di Zaragoza: Reg. Vat. 643, ff. 103v-105r; In­ dice 274, f. 247r ; 1482 protonotario apostolico 24; 11 marzo 1485 arcidiacono di Jativa, concessione della «facultas ar­

rendandi canonicatum et praebendam et praeposituram» di Albal e del­ l 'arcidiaconato di Jativa: Reg. Vat. 682, ff. 1 88r-1 89r; 12 aprile 1486 riceve la precettoria della diocesi di Mallorca e della chiesa parrocchiale di Inebia (Tanagona): Reg. Vat. 7 1 3 , ff. 99r-100r; Indice 275, f. 42r; 4 giugno 1486 Innocenza VIIIgli conferisce un canonicato, la preben­ da ed il decanato della diocesi di Tarazona: Re g. Vat. 7 14, ff. 291 v294r; Indice 275, f. 152r; 16 maggio 1487 Innocenza VIII gli spedisce la lettera di Sisto N del 12 settembre 1484 con la quale gli era conferita la tesoreria cartagine­ se: Reg. Vat. 700, ff. 68v-71r; Indice 275, f. 7v; 1 8 maggio 1489 autorizzato ad incassare le rendite di canonico e di ar­ cidiacono della cattedrale di Lerida benché assente: Reg. Vat. 759, ff. 213v-218v; Reg. Vat. 770, ff. 255v-257v; Indice 275, f. 129v; 1 1 novembre 149 1 conferimento di quattro patrimoniali: Reg. Vat. 750, ff. 77v-80r; Indice 275, f. 106v; 7 maggio 1492 Innocenza VIII lo nomina vescovo di Pamplona (ave­ va 1 8 anni) con facoltà di eseguire la visita pastorale con un sostituto: Reg. Vat. 704, f. 1 87v;

ss.; A. CORRADI, Nuovi documenti per la storia della medicina in Italia, Milano 1 8 84; E. ALVISI, Cesare Borgia duca di Romagna. Notizie e documenti, Imola 1 878, p. 463 ed L. HESNAUT (L. THuASNE), Le malfrançais à l'époque de l'expédition de Charles VIII en Italie, Pmis 1 886, pp. 24 e ss., 49 e ss., ritengono che Cesare, al pari dei car­ dinali Ascanio Sforza e Giuliano Della Rovere, fosse affetto da morbus gallicus. DE L'ÉPINOIS, Alexandre VI cit., p. 373 ; H6FLER, Don Rodrigo de Bmja cit., pp. 5 e ss., 420, ma il BURCKARDI Liber notarum cit., nell'indice alfabetico del secondo volume sub voce Borgia Cesm·e: «proclamato legittimo di Domenico d'Avigliano (sic) e Van­ nozza Catanei (an. 1493)» ! 24 H6FLER, Don Rodrigo de Bmja cit., p. 427; PASTOR, Storia dei papi cit., m, pp. 269, 845; OLIVER, Rodrigo de Bmja (Alejandro) cit., p. 427.


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ANNIBALE ILARI

3 1 agosto 1492 Alessandro VI gli conferisce in commenda il vescova­ to di Valencia, che rendeva 1.600 ducati: Cane. Regest. 772, f. 57v 25; ed il monastero cistercense di Vallisdegna (Valencia): Cane. Regest. 772, f. l v ; 3 gennaio 1493 commenda del monastero di S . Gerardo Aureliaci presso Ste-Géneviève-sur-Argence (arcid. di Rodez): Reg. Vat. 796, f. 200; 14 febbraio 1493 concessione in commenda del monastero benedetti­ no di Banyoles (Carcassonne): Reg. Vat. 781, f. 29 1 ; 9 aprile 1493 concessione di tutti i benefici goduti d a Juan de Borja, secondo duca di Gand{a: Reg. Vat. 784, f. 137; 11 agosto 1493 concessione di benefici per 500 ducati di rendita già posseduti dal card. Andrea Spinay: Reg. Vat. 792, f. 24; 19 settembre 1493 con il breve Exigentibus meritis è dichiarato figlio legittimo del fu Domenico Giannotti (Giannozzi) d' Arigliano e di Vannozza di Giacomo de Cathaneis: Arehivum Areis, Arm. IX, casset­ ta I, n. 50 26;

25 PASTOR, Storia dei papi cit., III, p. 846, nota 17, «Archivio Segreto Pontifi­ cio, Conc. Regest. 772 f. 57v, 3 1 agosto 1492: "Ganfrido de Borgia clerico Roma­ no notario [ . . . ] patTochialis ecclesia de Incha, Maioricensis diocesis, quam dilectus filius Caesar electus Valentinus, quem hodie administratorem ecclesiae Valentinae per assumptionem nostram [ . . . ] vacantis in spiritualibus et temporalibus usque ad certum templus de frarum nostrorum consilio constituimus et deputavimus ad dein­ de de persona sua illi providimus, ex concessione et dispensatione apostolica in commedam obtinebat [ . . . ] Datum Romae 1492 prid. Cal. septembris"». 26 BURCKARDI Liber notarum cit., l, p . 562, nota 2. L. CELIER, Alexandre VI et ses enfants, «Mélanges d'histoire et et d'histoire», 26 ( 1 906), pp. 3 1 9-334: pubbli­ ca dall'originale: «Alexander episcopus servus servorum Dei, Dilecto filio Caesari electo Valentino salutem et apostolicam benedictionem. Exigentibus meritis tue de­ votionis quam ad nos etiam cum cardinalatus fungebamur honore semper habuisti [ . . . ] Cum itaque nuper, legitimo precedente processu, ex nostra commissione, pro veritatis testimonio facto, habita per nos in consistorio coram venerabilibus fratri­ bus nostris S . R. E. cardinalibus per commissarios ad id deputatos, relatione fideli dare compertum fuit te de legitimo thoro et constante matrimonio, videlicet de quondam Dominica Jannotii de Arignano, milite, legum doctore, tunc in humanis a­ gente, et dilecta in Christo filia Vanotia Jacobi de Cathaneis, muliere romana eius legitima uxore, ex qua postmodum, ipso Dominica vita functo et ea vidua relicta, etiam dum dicto cardinalatus fungebamur honore, dilectum filium nobilem vimm Johannem de Borgia ducem Gandie procreavimus, genitum fuisse et ita, in eodem consistorio de eorumdem cardinalium consilio, te legitimum esse ex attestationibus testium qui plenam de rei veritate noticias habebant rite et legitime receptis ac aliis in dicto processu deductis, decretum fuerit comprobatum [ . . . ] etiam in diversis stu­ dimum Italie universitatis instmi fecerirnus [ . . . ] in familiam et cognationem no-

APPENDICE:

I FAMILIARI D I ALESSANDRO VI

275

20 settembre 1493 a Cesare gli viene conferito il cardinalato motu pro­ prio, insieme a Giovanni Antonio Sangiorgio, vescovo di Alessandria, al quindicenne Ippolito d'Este: Bibl. Ap. Vat., Chigi. I. 14; ed al venti­

cinquenne Alessandro Famese27; 28 dicembre 1493 commenda del monastero benedettino di Esduno (Limoges): Reg. Vat. 878, f. 172; 16 gennaio 1494 concessione motu proprio di una pensione annuale di 200 ducati sulla mensa vescovile di Castro in Sardegna: Reg. Vat. 787, f. 1 0 1 ; 17 gennaio 1494 concessione di 200 ducati annui sulla chiesa di Hi­ sbania: Reg. Vat. 707, f. 16; 17 gennaio 1494 concessione di una pensione annua di 200 ducati d'o­ ro su alcuni benefici della chiesa di Liegi: Reg. Vat. 799, f. 108; 26 marzo 1494 concessione in commenda del monastero del beato Ge­ rardo nella diocesi di S anta Fiora: Reg. Vat. 787, f. 299; 26 marzo 1494, mercoledì santo, insieme a Juan Borja riceve infra Missarum solemnia gli ordini minori ed il suddiaconato, da Giovanni Antonio Sangiorgio, detto il cardinale alessandrino28; 6 maggio 1494 concessione della panocchia di S . Michele di Grosse­ to; Reg. Vat. 782, f. 252; 3 giugno 1494 commenda del monastero di S . Michele di Cuxano (BI­ na): Reg. Vat. 783, f. 34; 24 agosto 1494 assegnazione della chiesa parrocchiale di S. Felice di Arezzo con rendita di 60 ducati d'oro all'anno: Reg. Vat. 786, f. 199; 1 5 novembre 1494 concessione di beneficio nella diocesi di Strigonia: Reg. Vat. 880, f. 23; 7 gennaio 1495 con i cardinali Carafa, Orsini, Giovanni Antonio San­ giorgio, Pallavicina e Juan de Borja, ripara con il papa in Castel

stram [ . . . ] auctoritate presentium recipirnus et adoptamus ac de eadem familia seu cognatione in postemm perpetuo esse censeri [ . . . ] Non obstantibus contitutionibus et ordinationibus apostolicis ceteris contrariis quibuscumque [ . . . ] Nulli ergo amni­ no hominum liceat hanc paginam nostre receptionis, adoptionis, voluntatis, manda­ ti, indulti, decoris, inhibitionis et benedictionis infringere vel ei ausu temerario con­ traire. Si quis autem hoc attemptare presunpserit indignationem omnipotentis Dei et beatorum Petri et Pauli apostolorum eius se noverit incursumm». 27 Nato nel 1468, discepolo di Giulio Pomponio Leto, era stato nominato da In­ nocenza VIII protonotario apostolico e vescovo di Montefiascone e Cometa (oggi Tarquinia). 28 BURCHARDI Diarium cit., Il, p. 99. EUBEL, Hierarchia catholica cit., Il, p. 22: ordinato vescovo nel 1478, nominato cardinale dal 20 settembre 1493, morto il 1 4 marzo 1 509.


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APPENDICE: I FAMILIARI DI ALESSANDRO VI

ANNIBALE ILARI

Sant'Angelo, per sfuggire a Carlo VIII (t 7 aprile 1498)29 che, inse­ diatosi in Roma, minacciava la deposizione del papa30; 10 gennaio 1495 resa del Papa per il crollo nella notte di parte delle mura castellane31; 20 giugno 1495 commenda del monastero di S . Andrea fuori le mura di Brindisi: Reg. Vat. 794, f. 59; 20 febbraio 1496 concessione della chiesa di S. Filippo di Carmona (Sebilla) con reddito annuo di 30 ducati d'oro: Reg. Vat. 8 10, f. 292; 30 aprile 1496 concessione di alcuni benefici goduti da Giovanni de Copis con pensione annua di 200 ducati d'oro: Reg. Vat. 800, f. 1 5 1 ; maggio 1496 offre il cappello cardinalizio al Savonarola32; 9 giugno 1497 delegato a coronare Federico, re di Napoli: Reg. Vat. 8 12, f. 24233; 14 giugno 1497 partecipa alla cena nella vigna di Vannozza presso S. Pietro in Vincoli insieme con Juan, secondo duca di Gand{a ed il card. Juan Borja; viene incolpato della morte del duca di Gand{a suo fratel­ lo, ritrovato cadavere nel pomeriggio del 1 6 giugno sulla sponda del Tevere in prossimità del giardino del card. Ascanio Sforza (nei pressi di S. Maria del Popolo)34;

29 Luigi XI, re di Francia (146 1 - 1483) pretendeva il regno di Napoli, ritenen­ dolo usurpato dagli Aragonesi ai d 'Angiò, ed il ducato di Milano per eredità di Va­ lentina Visconti sposata ad un Orléans; gli successe il figlio Carlo VIII (1483-1498) e dopo questi Luigi XII, figlio di Carlo di Orléans ( 1498- 15 15). 30 K. DE LETTENHOVE, Lettres et négociation de Ph. de Commines, II, Bmxelles 1 868, p. 208; III, 1 874, p. 1 5 . 3 1 SIGISMONDO DE' CONTI DA FOLIGNO, L e storie cit., II , pp. 1 0 1 e ss. 32 J. SCHNITZER, Savonarola im Lichte der neuesten Literatur, «Historische-po­ litische BHitter», 121 ( 1 898), pp. 465 e 721 ritiene l 'offe1ta incontestata ed ince1to solo il tempo. 33 BURCHARDI Diarium cit., II, p . 402. 34 GREGOROVIUS, Lucrezia Borgia cit., p. 1 6 1 , nota l ; ALVISI, Cesare Borgia du­ ca di Romagna cit., p. 44, nota l . Nulla dice HlERONIMI DE BURSELLIS, Anna/es Bo­ nonienes, RIS XXIII, Mediolani 1733, pp. 867-91 6 . Gli Anna/es arrivano all'otto­ bre 1497 ed attribuiscono l 'assassinio alla vita sregolata del duca. Nulla scrive SER TOMMASO DI SILVES1RO NOTARO, Diario, a cura di L. FUMI, Orvieto 1 89 1 - 1 895, p. 103. REUMONT, Rassegna cit., p. 225; J. BROSCH, Alexander VI und Lucrezia Bor­ gia, «Historische Zeitschrift di Sybel», 23 ( 1 875), p. 360; V. NEMEC, Papst Alexan­ der VI, Klagenfurt 1 879, pp. 370, 372; A. Luzro-R. RENIER, Mantova e Urbino, To­ rino-Roma 1 893, p. 1 37; H6FLER, Don Rodrigo de Bmja cit., pp. 78-79 ritiene che la voce sul fratricidio si basi sul fatto che Cesare in circostanze del tutto diverse an­ nientò i tiranni romagnoli.

! '

277

15 luglio 1497 commenda del monastero di S. Benedetto in Alpi (Faen­ za) con reddito annuo di 150 fiorini d'oro: Reg. Vat. 807, f. 238; 18 luglio 1497 riceve dalla Camera Apostolica 3.000 ducati d'oro per andare a Napoli a coronare il re Federico; 18 luglio 1497 lascia Roma con grande seguito: Exitus 529, f. 21 135; 17 agosto 1497 Louis de Villeneuve, ambasciatore di Luigi XII, re di Francia, giunge a Roma per accompagnarlo in Francia; primi di settembre, tornato a Roma, non scambia in concistoro parola con il papa36; poco dopo si apprese che avrebbe sposato una princi­ pessa; conferimento della signoria di Cesena e Fano37; 28 settembre 1497 Alessandro VI invia un breve autografo a Luigi XII nel quale chiama il figlio duca del Valentinois38• L'atto d'investitura era stato consegnato dal de Villeneuve39. Recò al re l ' atto di dispensa del matrimonio ed il cappello rosso per George Amboise, arcivescovo di Rouen40. Luigi XIIgli offrì la mano di Carlotta d' Albret41 ; l ottobre 1497 parte per la Francia42; 10 ottobre 1497 rinuncia al vescovato di Capua43; autunno del 1497 decide di tornare allo stato laicale, di ottenere un principato e di sposare una principessa44;

35 ASV, Exitus 529, f. 2 1 1 , 18 luglio 1497, «solvit ducatos 3000 auri de came­ ra Rev.mo Domino cardinalis Valentino legato ad coronationem Ill.rni regis Frede­ rici pro suis expensis». 36 BURCHARDI Diarium cit., II, pp. 402-404. 37 MARINo SANUDO, I Diarii, I, a cura di F. STEFANI, Venezia 1 879, pp. 787, 792, 832-833. 38 G. MOLINI, Documenti di storia italiana, I, Firenze 1 836, p. 28: pubblica il breve; ALvrsr, Cesare Borgia duca di Romagna cit., pp. 466 e ss; A. CLÉMENT, Les Borgia. Histoire du pape Alexandre VI, de César et de Lucrèce Borgia, Paris 1 882, p. 464; L. G. PÉLISSIER, Sopra alcuni documenti relativi all'alleanza tra Alessandro VI e Luigi XII, 1498-1499, «Archivio della Società Romana di Storia Patria», 1 8 (1 894-1 895), pp. 99-373. 39 YRIARTE, César Borgia cit., I, p. 145; PÉLISSIER, Sopra alcuni documenti cit., p. 342. 40 A. DE GALLIER, César Borgia et documents inédits sur san séjours en Fran­ ce, Paris 1 806. 41 BURCKARDI Liber notarum cit., II, pp. 1 37, 200; SANUDo, I Diarii cit., II, a cura di G. BERCHET, Venezia 1 879, pp. 562, 617, 640. 42 BURCHARDI Diarium cit., II, pp. 495-496. 43 Ibid., II, p. 498. 44 Ibid., II, p . 500.


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APPENDICE: I FAMILIARI DI ALESSANDRO VI

ANNIBALE ILARI

9 dicembre 1497 commenda del monastero premostratense di Ripalta:

24 maggio 1499 il card. Sanseverino legge una sua lettera in concisto­ ro: Acta consistorialia 303, f. 5450; 9 agosto 1499 legato di tutta la cristianità5 1 ; 25 settembre 1499 Alessandro VI decide di conquistare la Romagna con il suo appoggio. Luigi XII prima di rientrare in Francia, pone ai suoi ordini una parte del suo esercito52; novembre 1499, campagna contro Caterina Sforza ed i figli avuti da Girolamo Riario; Imola sul principio di dicembre apre spontaneamen­ te le porte: Reg. Vat. 906, ff. 291 v-293v; Indice 277, f. 52v; 26 febbraio 1 500, accolto a Roma come un trionfatore53; 10 marzo 1500 pagamento di 3.500 ducati d'oro per soldo delle mili­ zie: Arm. XXIX, t. 53, f. 69v; 19 marzo 1 500 (Dominica Laetare) riceve dalle mani del papa le inse­ gne di gonfaloniere della Chiesa e la rosa d'oro54; 26 aprile 1 .500 ducati 1 50 a suo favore: Arm. XXIX, t. 53, f. 92; l giugno 1 500 investitura di Castel Bolognese da lui ribattezzata Roc­ ca Cesarina; confaloniere di S.R.C. e capitano generale in Romagna: Reg. Vat. 87 1 , f. 362; 18 agosto 1 500 Alfonso di Bisceglie, marito di Lucrezia, che militava con il re di Napoli, reduce dall'aggressione subita in piazza S . Pietro, lancia dal Palazzo Apostolico frecce contro di lui che stava passeg­ giando nel giardino della casa. Rimasto indenne fa tagliare a pezzi

Reg. Vat. 8 10, f. 72;

9 dicembre 1497 commenda del monastero cistercense di Morimondo (Milano) con reddito annuo di 1 .500 fiorini d'oro: Reg. Vat. 8 10, f. 115; 9 dicembre 1497 ·commenda della precettoria della domus di S . Leo­ nardo di Siponto dell'Ordine Teutonico Gerosolimitano; dicembre 1497 devoluzione di tutte le rendite del defunto card. Sclafe­ nati ammontanti a 1 2.000 ducati; 17 agosto 149845 consenso concistoriale dei cardinali per la riduzio­ ne allo stato laicale46. La destinazione dei suoi benefici, ammontanti a 32.000 ducati d'oro47, fu rimessa al papa, il quale conferì l ' arcive­ scovato di Valenza al card. Juan Borja48: Acta consistorialia C 303, f. 8 ; 1 8 settembre 1498 le commende di S . Maria di Morimondo milanese e di S. Vittore fuori le Mura milanese passano dall'ex-cardinale Cesare al card. Juan Borja: Reg. Vat. 8 17, f. 77; 13 maggio 1499 Luigi XII annuncia a Blois la conclusione dei suoi sponsali con Carlotta d'Albret ed il Valentino; da Carlotta d'Albret (muore alla Motte-Feuilly nel 15 14) ha Luisa ( 1500-1553), che in prime nozze sposò Louis de la Trémouille (t l 524) ed in seconde nozze Luigi di Borbone (t 1557); da altre donne ebbe: l) Gaspare Jofré, nato nel 1497; 2) Lucrezia, mo­ naca a Ferrara; 3) Geronimo, dal 1 5 1 8 a Ferrara; 4) Giovanni: Indice 1 14, f. 82: «habitus post sextum annum pontificatus primo legitimatus uti filius Ceasaris ducis Valentini deinde idem pontifex asserens se id fe­ cisse ex certis respectibus fatetur esse suum filium met uti suum legiti­ mat et convalidat primam legitimationem in tertio anno constitutus de anno 1501 creatur dux Nepesinus et Prenestae et Zagaroli, Frascati alio­ rumque locum dominus»; 19 maggio 1499 è accolto nella confraternita cavalleresca di S . Miche­ le in Francia49;

45 Ibid. , II, pp. 492 e ss. 46 F. GREGOROVIUS, Storia della città di Roma nel medio evo, IV, Roma 1 90 1 , p. 100: nel contempo avveniva l o scioglimento del matrimonio di Lucrezia con Giovanni Sforza, signore di Pesaro. 47 ALVIsr, Cesare Borgia, duca di Romagna cit., p. 26. 48 SANUDo, I Diarii cit., I, p. 1 1 10; II, pp. 67, 269. 49 BURCHARDI Diarium cit., II, p. 532.

279

,

50 «Per eundem r. d. Sanseverinitatem lecte fuerunt in sacro consistorio littere

}.!

eiusdem christianissimi regis sua manu gallico idiornate ad S . D . N. scripte in mon­ ticulis Blesis die XIIImai 1499 de matrimonio scilicet inter D. Cesarem Borgiam et dominam Carolam de Labreto die X mai contracto ac die XIIconsummato. Lec­ te fueruntr in sacro consistorio littere ipsius dorninae de Labreto sua manu ad S. D. N. sine ulla data exarate in quibus curo placuisset chrisitanissimo regi et illustri ge­ nitori suo et domino Cesari B orgiae nuptui traderetur sibi quoque talem virum pla­ cuisse ferebit futmumque perpetuo gratum atque iucundum sperare et se bonam fi­ Iiam fore semper venturamque brevi ad osculandum pedes Sue Beatitudinis polli­ ceri». 5 1 BURCHARDI Diarium cit. , II, pp. 552-553. 52 SANUDo, I Diarii cit., II, pp. 562, 617, 640; III, a cura di R. Fulin, Venezia 1 880, p. 103; SIGISMONDO DE' CONTI DA FOLIGNO, Le storie dei suoi tempi cit., II, p. 209. 53 BURCHARDI Diarium cit., Ili, p. 19 e ss.; SIGISMONDO DE' CONTI DA FOLIGNO, Le storie dei suoi tempi cit., II, p. 209. 54 BURCHARDI Diarium cit., III, pp. 22, 26 e ss.; SIGISMONDO DE' CONTI DA Fo­ LIGNO, Le storie dei suoi tempi cit., Il, p. 228.


280

ANNIBALE ILARI

dalla sua guardia del corpo il cognato Alfonso55; 23 agosto 1 500 Alessandro VI informa l 'oratore veneto che Alfonso a­ veva attentato alla vita di Cesare56; 28 settembre 1500 si procaccia denaro dai nuovi cardinali, compresi Ludovico Borja e Francesco Borja57; Alessandro VI gli consegna le en­ trate del giubileo del 1 500 per le sue imprese nelle Romagne58. A Fi­ renze si impadronisce dei danari del giubileo59; primo ottobre 1 500, lascia Roma con 10.000 uomini accompagnato da Orsini, Savelli, Giampaolo Baglione di Perugia, Vitellozzo Vitelli di Città di Castello 60; 25 maggio 1 50 1 , 3.500 scudi per stipendi alle milizie del Valentino e di Ercole Bentivoglio: ASR, Mandati Camerali anni 1501- 1503, f. 40 ; 1 9 novembre 1501, 5.200 ducati per le milizie del Valentino, di Giu­ lio Orsini e di Vitellozzo Vitelli : ASR, Mandati Camerali anni 15011503; 3 maggio 1 502, 14.000 ducati per Giulio e Paolo Orsini e per Vitelloz­ zo Vitelli61 ; duca di Romagna62; concessione di Pisa: Reg. Vat. 906, ff. 257r-282v; Indice 277, f. 52r; occupa Bertinoro: Reg. Vat. 925, ff. 644r-655v; invade Bologna: Reg. Vat. 902, ff. 256r-259r; Indice 277, f. 43v; invade Cesena: Reg. Vat. 923, ff. 23r-25r; invade Forlì: Reg. Vat. 906, f. 228v; Indice 277, f. 52r; Reg. Vat. 925, ff. 25v-27v;

APPENDICE:

I

28 1

FAMILIARI D I ALESSANDRO VI

invade Forlimpopoli: Reg. Vat. 925, ff. 642r-643v; investitura di Pesaro: Reg. Vat. 906, ff. 257r-262v; Indice 277, f. 52r; acquista per 50.000 ducati l 'artiglieria del detronizzato re di Napoli: Bibl. Ap. Vat., Barb. lat. 242. La Camera Apostolica paga in soldo al solo Cesare 54.000 ducati; 10 maggio - 12 luglio 1 502 compera 83.098 libre di polvere da sparo al prezzo di 40 ducati per ogni 1 .000 libre63; 20 luglio 1 502 il papa si fa leggere con grande soddisfazione la lettera scrittagli da Cesaré4; 3 dicembre 1502 riceve aiuti finanziari dalla Camera Apostolica: In­ troitus et exitus 533, f. 201 : «Die III decembris ( 1502) recepì ducatos 9.000 auri in auro [ . . ] a S .D.N. numerata in camera Susanne [ . . ] mit­ tenda in summa ducatorum 1 .500 duci Valentino que recepì in duobus sacculis»; 10 e 1 1 aprile 1 503 il ricchissimo cardinale Michiel muore nella notte, forse per avvelenamento65; 12 agosto 1503 Alessandro VI nella mattina si sente male, nel pome­ riggio ebbe vomiti e febbre che durarono per tutta la notte; anche il Va­ lentino si sentì male66; 18 agosto 1503 Alessandro VI moribondo si confessa dal vescovo di Carinola, si comunica, muore all'ora del vespro e viene sepolto 24 ore dopo in S. Maria della Febbre67; 22 agosto 1503 giura fedeltà al collegio dei cardinali, è confermato ca­ pitano generale della Chiesa fino all'elezione del nuovo pontefice; i cardinali riescono il primo settembre a farlo uscire da Roma68; 29 ottobre 1503 nel Palazzo Apostolico, insieme con il card. Giuliano Della Rovere e con l 'accordo dei cardinali spagnoli, conviene che, se il Della Rovere fosse eletto papa, sarebbe stato nominato gonfaloniere della Chiesa e favorito nell a persona e nei possessi69; 10 dicembre 1 503 manda segnali a Giulio n per la restituzione delle .

.

55 SANUDO, I Diarii cit., III, pp. 67 1 , 842; E. ALBÈRI, Le relazioni degli amba­ sciatori veneti al senato durante il secolo decimosesto, 2a ser. , III, Firenze 1 8391 855, pp. 3-14. 56 SANUDo, I Diarii cit., III, pp. 685, 846-847. 57 BURCHARDI Diarium cit., III, p. 77; SANUDo, I Diarii cit., III, pp. 855, 857, 878, 879. 58 SIGISMONDO DE ' CONTI DA FOLIGNO, Le storie dei suoi tempi cit., Il, p. 2 1 8 . 5 9 J . NARDI, !storie della città di Firenze, ed. L. ARBIB, Firenze 1838-1841, l.

IV.

60 ALVISI, Cesare Borgia duca di Romagna cit., pp. 1 24 e ss. 6 1 D. DAL RE, Discorso critico sui Borgia, «Archivio della Società Romana di

Storia Patria», 4 (1881), pp. 77-145. 62 BURCHARDI Diarium cit., III, p. 1 3 1 , nota 2; GREGOROVIUS, Storia della città di Roma cit. , IV, p. 1 1 3 ; ALVISI, Cesare Borgia duca di Romagna cit., p. 1 8 1 .

63 A. GoTILOB, Camera apostolica 226, «Atti e memorie della Romagna», 1 4 ( 1 896), pp. 76 e ss. 64 A . GIUSTINIANI, Dispacci 1502-1505, a cura di P. VILLAR!, I, Firenze 1 886, p. 64. 65 BURCHARDI Diarium cit., III, p. 338; PASTOR, Storia dei papi cit., III, pp. 470-47 1 . 66 BURCHARDI Diarium cit. , III, p. 23&. 67 Ibid., III, pp. 239, 243. 68 Ibid., III, pp. 255-257. 69 Ibid., III, p. 293.


282

ANNIBALE ILARI

fortezze di Romagna: Arm. XXXIX, t. 22, ff. 5r (4r) , 10 (12r); 29 gennaio 1504, pur avendo restituito le rocche della Romagna ed ot­ tenuta assicurazione di libertà, viene ristretto nella rocca di Civitas Ve­ tula (Civitavecchia): Arm. XXXIX, t. 22, ff. 10r, 19v; 12 marzo 1507 muore nell'assedio di Viana (Pamplona)70. Documenti a firma di Cesare Borgia: Bibl. Ap. Vat., Chigi 3497, ff. 12, 157. Domingo Borja,

padre di Callisto III71. Felino Sandeo,

ferrarese, uditore di Rota, commissario con il cardinal Alessandrino, per la dichiarazione di nullità del matrimonio ex capite impotentiae di Giovanni Sforza (illegittimo di Costanzo Sforza, signore di Cotignola) vi­ cario di Pesaro e fratello di Ludovico il Moro, con Lucrezia Borja. In pri­ me nozze aveva sposato Maddalena Gonzaga, morta di parto nell'agosto 1490. Felipe Cardador,

marito di Francisca Bmja. Francisca Borja di Valencia,

moglie di Felipe Cardador: 9 ottobre 1493 riceve il confessionale72: Reg. Vat. 8 7 0, f. 54r-.

70 S . ScHùLLER-PIROLI, Borgia, Die Zerst6rung einer Legende, die Geschichte einer Dynastie, Freiburg 1 963, pp. 3 1 9-397; SANUTO, I Diarii cit. , III, p. 846. 7 1 GASPAR EscoLANO, Historia de Valencia, II, Valencia 1 6 1 9, p. 200; JERONIMO ZURITA, Anales de la Corona de Arag6n, Zaragoza 1610. 72 ll 'confessionale' era un testo destinato a dare istmzioni sul sacramento del­

la penitenza, quello più diffuso era il Confessionale divi Antonini archiepiscopi fio­ rentini, 1 508; cfr. J. BURKHARDT, Die Cultur der Renaissance in Italien. Versuch, 3 ed. a cura di L. GEIGER, Leipzig 1 877- 1 87 8 ; J. GEFFCKEN, Der Bilderkatechismus des 15 Jahrhunderts, I, Leipzig 1 855. ASV, A , 92, 36: «Creditum est hunc fuisse filium Calixti III Papae ita memini a patmo meo audivisse qui id a Julio II acce­ perat, vir fuit mitis naturae, nec sine literis educatus cum A1exandri VI a quo post adeptum pontificatum factus est thesaurarius ex protonotario archiepiscopus Co­ sentinus inde ad dignitatem cardinalatus assumptus».

APPENDICE: I FAMILIARI D I ALESSANDRO VI

283

Francisca Borja,

sorella di Callisto III, beata nei documenti di famiglia. Francisco Galcerado de Loriz,

nipote del card. Rodrigo Borja, vescovo di Porto: 12 settembre 1484 riserva di pensione: Reg. Vat. 7 1 1 , ff. 1 88v-1 68v; In­ dice 27 5 , f. 37r; 13 gennaio 1485 Innocenzo VIII conferma l 'investitura di un beneficio di diritto di patronato richiesta da suo padre: Reg. Vat. 7 1 , ff. 1 66v1 68v; Indice 27 5 , f. 37r. Francisco Borja (t 1 5 1 1), Sativensis agri Valentini, hispanus, cugino di Alessandro VI, tesoriere

del papa73: Pomponio Leto gli dedica il suo compendio sulla storia romana74; 1 9 agosto 1495 vescovo di Teano75; 1 8 agosto 1499 accompagna alla sepoltura in S . Maria delle Febbri Alfonso di Bisceglie marito di Lucrezia, assassinato dal Valentino; 6 novembre 1499 vescovo di Cosenza76; Reg. Vat. 895, ff. 617r-619r; porta Rodrigo, nato nel 1499 (t 1 5 1 2) da Alfonso di Bisceglie e da Lu­ crezia, al battesimo, amministrato dal card. napoletano Carafa; 28 settembre 1 500 nominato cardinale da Alessandro VI del titolo di S . Cecilia77; la lettera è spedita il 22 dicembre 1 503 d a Giulio II con i l pri­ vilegio di conservare le diocesi di Cosenza e di Teano: Reg. Vat. 985, f. 617 (535v-536v); 22 giugno 1501 lascia Roma per prendere possesso in nome del papa di Rocca di Papa e di altri castelli dei Colonna78; 17 gennaio 1502, legatus a latere per accompagnare Lucrezia a Ferra­ ra, giunto a Gubbio riparte per Roma79;

73 BURCKARDI Liber notarum cit., I, p. 1 3 5 74 V. ClAN, Il Cortegiano del conte Baldesar Castiglione annotato e illustrato, Torino 1 893, p. 428, nota 2. 75 EUBEL, Hierarchia catholica cit., II, p. 249. 76 lbid., II, p. 142. 77 BURCHARDI Diarium cit., m, p. 77. 78 lbid. , III, pp. 146, 148; SANUDo, I Diarii cit., IV, a cura di N. B arozzi, Vene­ zia 1 880, p. 6 1 . 79 BURCHARDI Diarium cit., m , p . 88.


284

ANNIBALE ILARI

1 1 agosto 1506, traslato al titolo di SS. Nereo e Achileo; 1508, rinuncia del vescovato di Teano; 24 ottobre 1 5 1 1 Giulio II lo depone da cardinale insieme al Carvajal, al Briçonnet ed al Prie, per aver aderito alla politica del re di Francia che intendeva deporlo80. Francisco Borja, canonicus Albinensis, pensionato da Leone X: Reg. Vat. 1012, ff. 487r e ss. ; Reg. Vat. 1072, ff. 225r-226; Indice 278, ff. 55v, 247v. Francisco Borja (1480-1 543):

3 luglio 1492, precettore della domus di Annyon e di Videcone del­ l 'Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme (Tarazona), nipote del card. Rodrigo Borja, vescovo di Porto, aveva prestato servizio per vari an­ ni nel convento di Rodi: Reg. Vat. 764, ff. 1 9 l r- 192r; Indice 275, f. 1 39v. Francisco Borja, detto il Cardator, canonicus Valentinus, decretorum doctor, litterarum apostolicarum sollicitator, continuo commensale del cardinal Rodrigo Bor­ gia, vescovo di Porto, nipote exfratre germano di Francesco cardinale di S .

Cecilia81: l marzo 1490 dispensato «ad retinenda beneficia sub eodem tectu»: Reg. Vat. 771 , ff. 1 1 6v-1 19r; cede le diocesi di Valencia e di Diens delle quali, pur non avendone preso possesso, aveva incassato le rendite: Reg. Vat. 900, ff. 250v252v; Indice 277, f. 39r.

Francisco Borja, clericus Valentinus, de militari genere procreatus, nipote e continuo commensale del cardinale Rodrigo Borgia vescovo di Porto: doctor de­ cretorum, litterarum apostolicarum sollicitator, familiare di Innocenza

APPENDICE: I FAMILIARI DI ALESSANDRO

VI

285

12 settembre 1484 riserva di pensione: Reg. Vat. 698, ff. 78r-80r; In­

dice 275 f. 2v;

24 maggio 1491 dispensato ad retinenda beneficia sub eodem tectu:

Reg. Vat. 77 1 , ff. 1 16v-1 19r;

pensione assegnata da Leone X: Reg. Vat. 1012*, ff. 48r-50r; Indice 278, f. 55v. Francisco Borja,

25 marzo 149382 25 marzo 1494 cubiculario di Alessandro VI83• Francisco Borja,

9 dicembre 1 507 nominato notaio apostolico da Giulio II: Reg. Vat. 930, ff. 1 88v-189r. Francisco Borja (1524-1 578),

santo, IV duca di Gand!a, terzo generale della Compagnia di Gesù, fi­ glio di Juan II (1494-1543) terzo duca di Gand!a, figlio di Juan I e di Ma­ ria Enriquez, pronipote di Alessandro VI. Francisco lloris (de Loris) Lanzol de Romani (t 22 luglio 1506)84, nipote di Alessandro VI ex parte matris filiae Johannae sororis Alexandri VI:

19 marzo 1498 vescovo di Terni;

6 settembre 1499 nominato vescovo di Elne: Reg. Vat. 883, f. 339;

31 maggio 1 503 cardinale di S . Maria Nova85; 9 agosto 1 503, patriarca di Costantinopoli86: Reg. Vat. 892, ff. 30v-32r, 34r-35r; Reg. Vat. 985, ff. 619v-620v; Indice 277, f. 1 9r; il 26 novembre 1 503 lettere di Giulio II di nomina e di conservazione delle diocesi di Valence e Die: Reg. Vat. 883, f. 339; Reg. Vat. 892, ff. 30v-32r, 34r-35r; Indice 277, f. 1 9r.

Vill:

80 P. DE GRASSI, Diarium, in Le due spedizioni militari di Giulio II tratte dal Diario di Paride de Grassis bolognese con documenti, ed. FRATI, Bologna 1 888 (Documenti e studi pubblicati per conto della deputazione di Storia Patria per le pro­ vincie di Romagna, 1 ) , p. 197. 8 1 EUBEL, Hierarchia catholica cit., III, p. 7 .

82 B URCKARDI Liber notarum cit., I, pp. 10- 1 1 . 83 Ibid., I , pp. 430, 436; BURCHARDI Diarium cit., II, p . 57. 84 P. DE GRASSIS, Beitrage zur politischen, kirchlichen und Cultur-Geschichte der sechs letzten Jharhunderte, ed. J. J. J. D6LLINGER, II, Resenburg und Wien 1 863- 1 882, p. 372. 85 EUBEL, Hierarchia catholica cit., II, pp. 25, 1 3 5 , 450; III, pp. 8, 69. 86 Ibid. , II, p. 1 3 5 .


286

ANNIBALE ILARI

APPENDICE: I FAMILIARI DI ALESSANDRO VI

287

Gaspar Jofré Borja (t 1556),

Francisco L.anzol (Lançol, Lençol)87, frater miles dell'Ordine della Beata Maria di Montesa e di S. Gregorio

nipote di Pedro Luis de Borja cardinale titolare di S. Marcello90, arci­ diacono di Valencia nominato il 28 maggio 1508: Reg. Vat. 934, ff. 296r298.

dell'Ordine Cistercense, nipote del cardinale Pedro Luis Borja, diacono di S. Maria in via Lata, fratello di Girolamo Lenzol: Reg. Vat. 897, ff. 264r265r.

Gherardus Castellaecert,

milite, nipote di Callisto III: Arm. XXXIX, t. 7, ff. 10v- l l r.

Francisco Loris, di Tortosa, familiaris Papae, precettore della domus de la Sonia, alla quale aveva

rinunciato a favore di Garcia Loris: 19 marzo 1501 ottiene la facoltà di non tornare a Rodi dove aveva sog­ giornato per 10 anni: Reg. Vat. 883, ff. 391r-394r .

Giacomo Milà,

conte di Alabyd, figlio di Alessandro VI: 30 luglio 1496 «patiens defectu natalium de cardinale genitus et salu­ ta mandatur recipi[tur ?] in militiam S. Jacobi de Spata» : I Diversorum Alexandri VI , f. 199.

Gaçet Francesco,

canonico di Toledo, intimo borgiano, aveva assistito al matrimonio di Giulia Farnese con Orsino Orsini ed aveva accompagnato Lucrezia a Pe­ saro.

Giovanni Antonio Sangiorgio del titolo di S. Prassede, detto Cardinale Alessandrino, commissario per la dichiarazione di nul­ lità di matrimonio di Giovanni Sforza con Lucrezia; l'altro commissario era il fenarese Felino Sandeo, uditore di Rota.

Galcerano Borja (Calcerandus, Collerando, Coerulando), miles Valentinus, Alexandri VI secundum carnem nepos, fratello del card. Juan Borgia (l' arcivescovo di Monreale), miles Ierosolymitanus:

Giovanni Battista,

1494 per ordine di Alessandro VI porta il vessillo della Chiesa nella ce­ rimonia d'incoronazione di Alfonso II, re di Napoli88: ASR, Mandati di Alessandro VI, 1495-1500, f. 8 1v.

figlio del marmoraro Antonio da Brescia (v.), canonico di S. Maria in via Lata. Giovanni Sforza (1466- 15 10), illegittimo di Costanzo Sforza conte di Cotignola, vicario di Pesaro: 2 febbraio 1493 sponsali con Lucrezia Borgia virgo incorrupta rogati da Camillo Benimbene, testimoni per lo Sforza Nicola da Saiano, Lu­ dovico Cardano, e Giovanni Francesco de Arditis, per Lucrezia Stefa­ no Tavena, Giovanni Lopez, Giovanni Casanova, Pietro Caranza e Giovanni Marades tutti intimi e familiari di Alessandro VI91; 6 marzo 1494 mandato camerale di fiorini 102 per lo stipendio; 28 maggio 1494 riceve con la moglie Lucrezia il confessionale: Reg. Vat. 870, f. 54r; 29 aprile 1495 riceve un breve da Alessandro VI abbastanza duro per la sua militanza; 9 maggio 1495 riceve a Pesaro due brevi: uno di rallegramenti per la

Ganfridus Borja,

chierico romano, notaio: 3 1 agosto 1492 nominato panoco di Incha (Mallorca) : Cane. Regest. 772, f. 57v. Garcia Loris,

nipote di Francesco Loris, vescovo di Elne89: 13 marzo 150 1 , dopo aver ricevuto l ' abito di S . Giovanni Gerosolimi­ tano ottiene di ritenere alcune chiese panocchiali: Reg. Vat. 883, ff. 389v-391r.

87 Ibid. , II, p. 249. 88 BURCKARDI Liber notarum cit. , I, pp. 494. 89 EUBEL, Hierarchia catholica cit., II, p. 1 50, vescovo di Elne dal 6 settembre

90 lbid., III, p. 64. 9 1 BURCKARDI Liber notarum cit. , I, pp. 443-446.

1499.

i


288

ANNIBALE ILARI

carica militare ottenuta, con l 'ordine di portarsi subito a Roma, l'altro per sollecitare la partenza di Lucrezia per Roma; 6 giugno 1495 un breve ordina a Giovanni e Lucrezia di raggiungere subito il papa a Perugia, dove arrivano il 1 6 giugno 1495 scortati da 80 cavalieri; 20 giugno 1495 Giovanni viene fatto tornare al suo esercito ed al suo Stato; raggiunta Roma vi rimase fino al febbraio 1496; 5 gennaio 1497 Alessandro VI gli ordina con un breve di tornare a Ro­ ma; il 15 gennaio parte per Roma92; un corrispondente di Mantova il 27 gennaio scriveva da Roma che Lucrezia «se trova mo' ben conten­ ta et impacisce de lui»93; 20 marzo 1497 riceve tramite Lelio Capodiferro un altro breve ponti­ ficio che lo richiama a Roma; 24 marzo 1497, fugge da Roma94; 30 marzo 1497 Alessandro VI intima allo Sforza di tornare a Roma: ri­ ceve non solo un rifiuto ma la richiesta di inviare Lucrezia a Pesaro; 1 8 novembre 1497 riunione in Pesaro di Mattia da Ponte Corona, prio­ re dei domenicani, di p. Paolo Antonini da Vercelli maestro di teologia, di p. Alessandro da Fano teologo francescano, di Gian Galeazzo, fra­ tello di Giovanni Sforza, di messer Leonardo Dolce da Spoleto dotto­ re in utroque jure, di messer Lelio Maddaleni Capodifeno e del notaio Ludovico Cardano, che aveva rogato la procura a messer Nicola da Saiano per la celebrazione del matrimonio con Lucrezia; 25 luglio 1498 riceve una provvigione per un mutuo: Diversorum Ca­ meralium 52, f. 96; 1 504 sposa Ginevra Tiepolo, figlia di Matteo, senatore di Venezia, dal­ la quale il 4 novembre 1 505 ha Costanzo che muore il 5 agosto 1 5 12. Girolama Borja (circa 1462-1491),

figlia del card. Rodrigo Borja e di madre diversa da Vannozza95. 24 gennaio 1483 tavole nuziali con Gianandrea Cesarini, rogate nel pa­ lazzo del Cardinale Mediolanense - residenza del cardinale Rodrigo dal notaio capitolino Camillo Benimbene alla presenza del card. Ro-

92 A. Luzro, Isabella d'Este e i Borgia, Milano 1 9 1 5 , p. 29 93 lbid. 94 BURCKARDI Liber notarum cit., II, pp. 19, 4 1 , 1 0 1 , 1 1 6. 95 L. N. CnTADELLA, Saggio di albero genealogico e di memorie sulla famiglia Borgia specialmente in relazione a Ferrara, Ferrara 1 872, p. 49, n. 32; GREGORO­ vrus, Lucrezia Borgia cit., p. 1 8 ; REUMONT, Rassegna cit., p. 330.

APPENDICE: I FAMILIARI DI ALESSANDRO V I

289

drigo Borja, vescovo di Porto, dei testimoni cardinali Stefano Nardini del titolo di S . Maria in Trastevere, detto il Cardinale Mediolanense, Giovanni Battista Savelli del titolo di S. Nicola in Carcere, del con­ dottiero Virginio fu Napoleone Orsini, di Giuliano Cesarini e di Anto­ nio Porcari, nelle quali è dichiarata sorella germana dell'adolescente Pedro Luis e dell'infante Giovanni Borgia, è riconosciuta dal cardina­ le Rodrigo Borja come propria figlia da dare in moglie a Gianandrea, figlio naturale e legittimo del domicella Gabriele Cesarini, con dote di 4.000 ducati d'oro in oro96. Girolama Borja,

sorella germana del card. Borgia: 8 settembre 1498 notaio Benimbene «sponsalia inter magnificum d. Fabium filium magnifici domini Pauli de Ursinis (e di Francesca della Valle) ex uno et magnificam dominam Hieronymam Borgiam germa­ nam sororem cardinalis Borgia contracta in praesentia SS. D.N.»97. Girolama Farnese,

sorella di Giulia e del cardinal Alessandro Farnese, figlia di Pierluigi e di Giovanna Caetani, moglie di Giuliano conte dell'Anguillara, uccisa da Battista, figlio di Giuliano, il l novemnbre 150498. Girolamo Borgia,

vescovo: Bibl. Ap. Vat. , Barb. lat. 1 903. Girolamo de Vich,

signore del Castello di Lauro (Valencia), oratore di Ferdinando, re d'A­ ragona e di Sicilia, e di Giovanna, regina di Castiglia e Leon (Juana la Lo­ ca, 1479-1 555): 27 dicembre 1 507 riceve il confessionale insieme al fratello Ludovico, alla sorella Castellin, a Ludovico Girolamo Scholaris e figlio, alla ma­ dre Damiata de Vich di Valtena, alla moglie Violante, a Maria Madda­ lena de Vich, alle figlie Maddalena Aloisia e Violante junior de Vich: Reg. Vat. 988, ff. 12v-14v.

96 GREGOROVIUS, Lucrezia Borgia cit., pp. 353-354; F. GREGOROVIUS, Lucrezia Borgia, nach Urkunden und Correspondenzen ihrer eigenen Zeit, Stuttgmt 1 874, p. 371 , tavole nuziali in app. n. 9 (Stuttgart 1 875, p. 365, doc. VII; p. 382, doc. XV: tavole nuziali). Cfr. G. PrcoiTI, Ancora sul Borgia, «Rivista di Storia della Chiesa in Italia», 8 ( 1954), p. 337. 97 BURCKARDI Liber notarum cit., II, p. 344. 98 Ibid., pp. 462 e ss.


� -.

290

APPENDICE: I FAMILIARI DI ALESSANDRO VI

ANNIBALE ILARI

Girolamo Lopez, milite di Valencia,

10 marzo 1501 riceve il confessionale con la moglie Damiata de Loris, con i figli Giovanni, Girolamo, Francesco, Giovanni, Angela, con il fratello Michele e le sorelle Giovanna e Isabella Lopez99 ed i loro ma­ riti, rispettivamente nipoti, fratelli e sorelle del card. Giovanni Lopez del titolo di S. Maria in Trastevere100: Reg. Vat. 882, ff. 488v-49 1r. Giulia Farnese Orsini (1473-marzo 1 524), figlia di Pierluigi (t 1489), e di Giovanna Caetani di Sermoneta, sorel­ la di Onorato Caetani primo duca di Sermoneta, sorella di Angelo sposato con Lella Orsini, di Alessandro (Paolo Ill) e di Girolamo: 20 maggio 1489, tavole nuziali con Orsino Orsini rogate dal notaio ca­ pitolino Camillo Benimbene alla presenza del card. Rodrigo Borja, vescovo di Porto e vicecancelliere, con dote di 3.500 ducati d'oro in oro lO l ; 9 maggio 1 490 sposa Orsino Orsini fu Ludovico, signore di Vasa­ nello (Viterbo)102, monoculus Ursinus, figlio di Ludovico Orsini (t 1 500) e di Adriana Borja y Milà, figlia di Pedro Milà, figlio di Juan Milà e di Catalina Borja y Marti sorella di Callisto Ill, cugina di A­ lessandro VI103; novembre 1493 abita con Lucrezia Bmja ed Adriana Borja y Milà nel palazzo del card. Giambattista Zeno del titolo di S. Maria in Portico in Campitelli, contiguo, sul lato sinistro, al palazzo papale. Giulia, dopo aver accompagnato Lucrezia a Pesaro, si porta a Capodimonte per la morte del fratello Angelo, rifiuta di tornare a Roma senza il permesso del marito, che soggiornava a Vasanello; fine novembre 1494, rilevata da messer Anichino, accompagnata dalla sorella Girolama Farnese Pucci e da Adriana Milà parte per Roma con l'assenso del marito; 29 novembre 1494 è catturata dalle avanguardie delle truppe di Carlo VIII e condotta a Montefiascone; Alessandro VI paga 3000 scudi per il riscatto inviato tramite il cubiculario Alessandro Marrades. Giulia è scmtata fino a Roma da 400 francesi;

99 E. RICCA, La nobiltà del regno delle Due Sicilie, 452.

r

m,

Napoli 1 859- 1 879, p.

100 EUBEL, Hierarchia catholica cit. , II, pp. 23, 64, 214: cardinale il 1 9 febbraio 1496, vescovo nel 1498, arcivescovo nel 1498, mmto 5 agosto 1 50 1 . 101 GREGOROVIUS, Lucrezia Borgia cit., pp. 355-358. 102 ASR, Coll. Not. Cap., notar capitolino Benimbene, anni 1407-1506. 103 BURCKARDI Liber notarum cit. , I, p. 306.

291

8 novembre 1505 - 4 marzo 1 506 vedova e tutrice della figlia Laura104; la figlia Laura, sposa Nicola Della Rovere, nipote di Giulio IF05; vende il castello di Carbognano per 16.800 ducati d'oro ad Antonio Della Rovere; ASC, Fondo notarile (Agostino Mahon), sez. I. vol. 443, fase. 2, f. 95; 14 marzo 1524 testamento rogato dal notaio Tranquillo de Romanis, chiede di essere sepolta nell'isola Bisentina (lago di Bolsena); 23 marzo 1524 muore. Forse è sua l'immagine proposta dalla statua della Giustizia che orna il monumento sepolcrale di Paolo Illnell'ab­ side della Basilica Vaticana. Giustina Mattei,

figlia di Ciriaco Mattei e Lucrezia Borja, nipote di Juan Borja (14801 548). Moglie di Giovanni Battista Panphili, ascendente di Innocenza X. Guillem Ramon Borja (t 19 agosto 1 503), fratello di Giovanni Borja cardinalis Montisregalis 106. Guillén-Ramon Lançol de Romani,

canonico di Albi: Reg. Vat. 1072*, ff. 225r-226r; Indice 2778, f. 196v. Isabella regina di Castilla e Leoò e Ferdinando d'Aragona,

2 dicembre 1485 revocano l 'ordine di requisizione dei beni del cardi­ nal Rodrigo Bmja, vescovo di Porto, di Juana de B orja Lançol de Ro­ mani, e di Juan Borja, arcivescovo di Monreale, e di Pedro Luis de Borja: Reg. Vat. 682, ff. 287r-v. Isabella Borja (1462- 147 1), figlia del card. Rodrigo Borja e di madre diversa da Vannozza de Cathaneis sposa Pietro Matuzzi (de Mattutiis). Isabella Borja (1497- 1557), figlia di Juan, secondo duca di Gandia, e di Maria Enriquez, nipote di Alessandro VI, monaca.

104 BURCKARDI Liber notarum cit., II, p. 496. 105 II Confalonieri, archivista di Castel S. Angelo, nel 1 627 trovò tutte le lette­ re inviate da Alessandro VI alle donne e le ordinò in otto volumi, cfr. Index volumi­

num VII in quibus praeter litteras ad eundem Pontificem scriptas nonnulla alia ad eiusdem pontificatum spectantia continentur in septem volumina distincta: ASV, AA Arm. I-XVIII, t. 5025. 106 BURCKARDI Liber notarum cit., II, p. 25 1 .


292

ANNIBALE ILARI

Isabella Borja y Marti (t 1468), domicella Valentinensis, sorella germana di Callisto III, sposa di Jofré

Bmja y Doms, figlio di Rodrigo Gil (Jaime, Jacobus) Borja e dell'aragone­ se Sibilla Doms, da cui Pedro Luis Borja y Borja, Rodrigo Borja y Borja (Alessandro VI), Juana Bmja y Bmja (sposata a Pedro Guillen Lançol de Romani), Tecla (sposata a Vidal de Villanova), Beatrice (sposata a Jimen Pérez de Arena t 1 5 03 )107 . Lamentele del papa perché cercava di far gran­ di le figlie con il danaro di San Pietro108. Morì testata nel 1458109: 26 ottobre 1455 concessione di altare portatile: Reg. Vat. 455, f. 1 15. Isabella Lucrecia Lançol de Romani y Borja, figlia di Juana sorella di Alessandro VI, domicella valentina:

10 luglio1487 Innocenza VIII la dispensa per consanguineità con Juan Milà miles neapolitanus: Reg. Vat. 506, f. 403v; Arm. XXXIX, t. 1 9 , ff.

462v-463r; Indice 733, f. 202v. Isabella Sforza,

compare qui per la prima volta nella genealogia borgiana. Secondo l'e­ pigrafe funeraria, murata dal Borromini nel corridoio di accesso alle sacre­ stie110, era figlia di Giovanni Sforza terzo marito di Lucrezia Borgia, e di

APPENDICE: I FAMILIARI DI ALESSANDRO VI

293

donna ignota; nasce nel 1499, muore il 22 gennaio 1 556. Era figliastra di Lucrezia Borgia, sorellastra consanguinea dei figli della stessa Lucrezia; se­ polta nella cappella di patronato dei Muti Papazzurri nell' Arcibasilica La­ teranense. Jacobus de Milà,

conte di Albayd, coniugato, della diocesi di Valencia, nipote di Ales­ sandro VI, «patiens defectu natalium de cardinali genitus»: 30 luglio 1496 Alessandro VI ordina alla milizia di S . Giacomo della Spada di riceverlo: Reg. Vat. 8 8 1 , ff. 1 97v-200r. Jacobus Jaffredi,

familiare e cubiculario di Callisto III: Introitus et exitus 434, ff. 131r, 143r.

Jafredus Borja Lançol de Romani,

barone di Villalonga e di Villa Anna, feudi di dominio della Sede Apo­ stolica, nipote dd card. Rodrigo Borja, vescovo di Porto: 2 1 aprile 1489 nunzio presso Ferdinando II, re di Castiglia e di Arago­ na: Reg. Vat. 770, ff. 227v-228v. Jofré Borja,

1 07 H6FLER, Don Rodrigo de Bmja cit., p. 1 0 1 . 1 08 Es coLANO , Historia cit., II, p. 2. 1 09 Monumenta historica Societatis Jesu. S. Francisci Borgia, I, Matriti 1 894,

p. 1 64.

1 10 Dispose per testamento di essere sepolta nell' Arcibasilica come attestato

dall'epigrafe «D(eo) Optimo) M(aximo) Isabellae Sfortiae l Ioannus Pisaurientium domini F(iliae) l faeminae sui temporis l prudentia ac pietate insigni l Exec(utor) Test(amentarii) P(osuit) l vix(it) ann(os) LVII m(enses) VII d(ies) IIIl obiit an(ni) MDLXI XI kal(endas) febr(umii) l consensu nobilium de Mutis Pappazuris» nel­ l' antica cappella della famiglia romana dei Muti Papazzurri dedicata a S . Costan­ za, ora scomparsa (CESARE RASPONI, De basilica et Patriarchio Lateranensi, Ro­ mae 1 656, p. 58). Cfr. RATTI, Della famiglia Sforza cit., pp. 1 63-168: Giovanni Sforza, figlio naturale di Costanzo (t luglio 1483) e di Fiore di Ugolino Boni, go­ vernò con la matrigna Camilla d'Aragona nipote di Ferdinando, re di Napoli, in­ vestito del vicariato di Pesaro da Sisto IV (5 dic. 1483), da Innocenza VIII ( 1 5 maggio 1490) e d a Giulio I I (7 maggio 1 504). Aveva avuto tre mogli: l ) il 27 ott. 1489 sposò Maddalena Gonzaga, figlia di Federico I, marchese di Mantova, e di Margherita di B aviera; 2) rimasto vedovo, il 1 2 giugno 1793 sposò Lucrezia Bor­ gia; 3) annullato il matrimonio ex capite impotentiae, sposò nel 1 504 Ginevra Tie­ polo, -figlia di Matteo, senatore di Venezia, da cui il 24 febbraio 1 5 1 0 ebbe Co­ stanzo II. (Ibid., II, pp. 172-1 82): Isabella, figlia naturale di Giovanni, nata nel 1 503-4, educata nel monastero di S. Maria Maddalena di Pesaro, sposa il 29 sett.

figlio di Cesare111 «qui ut credebatur patiebatur defectum natalium in tertio vel circa aetatis anno constitutus, natus ex Cesare Borgia de Francia, Romandiolae et Valentiae duce saluto nunc S. R. E. armigerarum gentium capitaneo et confalonerio generali et ex saluta pienissime legitimatur in omnibus cum facultate succedendi in omnibus civitatibus»: Reg. Vat. 868, f. 153v; Indice 1 14, f. 62r. Jofré Borja,

chierico romano, de episcopo cardinali et saluta genitus, nipote del cardinale Juan Luis Borja y Milà del titolo dei SS. Quattro Coronati:

1 520 Cipriano del Nero, fiorentino. Rimasta vedova si diede agli studi, pubblicò Della vera tranquillità dell'anima, Venezia 1 543; Nuovo libro di letture, Piacenza 1 544; Di molte valorose donne. Piacenza. Se Giovanni Sforza, fuggito a Venezia (BURCKARDI Liber notarum cit. , II, p. 41), ha la figlia Isabella in quella città nel 1 504 e si risposa nello stesso anno con Giacinta Tiepolo, dopo l'annullamento del matrimonio con Lucrezia (sentenza del 20 dicembre 1497 e breve papale del 10 giugno 1498 ex capite impotentiae) sembra presumibile che la Giacinta Tiepolo ne fosse la madre. 1 1 1 BURCHARDI Diarium cit., II, p. 402, nota 14.


294

ANNIBALE ILARI

16 settembre 1489, all' età di 8 anni è dispensato dal difetto dei natali per ricevere gli ordini sacri ed i benefici ecclesiastici: Reg. Vat. 771, ff. 122r-123r;

marzo 1490 confelimento della prepositura della diocesi di Valencia: Reg. Vat. 77 1 , ff. 125r-126v.

APPENDICE: I FAMILIARI DI ALESSANDRO VI

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l settembre 1501 paternità di Alessandro VI: Regesti ufficiali di Ales­ sandro VI, vol. 88, ff. 176r-v; copia originale nell' archivio del duca di Ostuni; 1501 quattro cardinali sono nominati tutori: Reg. Vat. 87 1 , ff. 144, 196;

Jofré Borja,

28 aprile 1494 «scholalis Valentinus in 6 vel circiter anno constitutus, nepos Johannis tit. S. Susannae presbyter cardinalis, natus ex Galceran­ do de Borgia milite Valentino, Alexandri 6 secundum carnem nepotem, saluto et ex saluta patiens defectu natalium dispensatur ad ecclesias et beneficia recipienda»: Reg. Vat. 870, ff. 282 e ss.; Indice 1 14, f. 64v ; l settembre 1501 «Cum autem defectum praedictum non de praefato Duce, sed de nobis et dieta muliere saluta patiaris quod bono respectu in litteris praedictis specifice exprimere noluimus [ . . . ] At nihilhominus si contingat te tempore procedente in quibuscumque litteris scripturis seu instrnmentis cuiuscumque qualitatis et conditionis et donationibus et concessionibus etiam quantumcumque maximis etiam a nobis et se­ de praedicta ac praefatis duce, fratre et sorore et aliis quibuscumque personis, faciendis, littelisque apostolicis desuper concedendis praefa­ ti ducis filium dici et nominari ac quoscumque alias actus sub dieta no­ minatione gerere et et exercere, ac insignibus et armis praefati Caesa­ ris ducis etiam publice quomodolibet uti motu etc declaramus nullum propterea tibi praeiudicium quomodolibet affeni nec praesentibus in a­ liquo derogatum censeri etc. Datum Romae kalendis septembris 1501»: Reg. Vat. 868, f. 174; l settembre 1501 paternità del Valentino: Regesti ufficiali di Alessan­ dro VI, vol. 868, ff. 1 53v-1 57v112;

1 1 2 n Pastor osserva che: «Uno strano errore rigum·do alla seconda bolla è acca­ duto al Gregorovius (GREGOROVIUS, Geschichte der Satdt Rom im Mittelalta Vom 5. bis zum 1 6. Jahrhundert, edizione in italiano migliorata, Roma 1 90 1 3 , l a e 2a e­ dizione tedesca, p. 459) ; secondo una copia della Biblioteca B arberini egli lesse "Cum autem tu defectum praedictum non de praefato duce sed de nobis et de dieta muliere patiaris quod bono respectui litte1is praedictis specifece exprimere volui­ mus ", dedusse che Alessandro avesse apertamente e spudoratamente legittimato Juan. n senso del breve convince che devesi leggere noluimus, e il Gregorovius ha questa lezione nella sua ristampa. Nella 3a edizione tedesca del suo volume Vll è pure sparita la falsa lezione la quale però viene ripetuta nella sua monografia su Lu­ crezia p. 1 74 (GREGORovrus, Lucrezia Borgia nach Urkunden cit., p. 1 94). Qui a p. 175 (ed. 3a p. 195) il Gregorovius ipotizza che i due decreti fossero stati emanati nel­ lo stesso giorno perché «le leggi canoniche impedivano al papa di riconoscere il suo

proprio figliolo». Se non che tanto dal Burcardo (Diarium cit., m, p. 170) quanto specialmente dall'assai credibile Sigismondo de' Conti chiaro risulta che Juan, na­ to probabilmente dopo il l 8 giugno 1497, era in realtà un figlio di Alessandro (GRE­ GORovms, Lucrezia Borgia cit., «Degne di nota e tali, continua il Pastor, da manda­ re in fumo l'ipotesi del Creighton sono anche le parole della p1ima bolla, ch'essa cioè debba valere anche per il caso che si levassero dubbi sulla paternità di Cesare e si volesse sostenere che il padre di Juan fosse qualche altra persona laica od ec­ cleisastica etiam cuiuscumque dignitatis et excellentiae mundane vel ecclesiastice etiam supreme. Qui evidentemente si accenna al contenuto della seconda bolla [ . . . ] Il segreto sulla seconda bolla, come risulta sui Dispacci di A. Giustinian I, 109 ven­ ne dapprima ottenuto; Leone X nel l 5 1 5 dice che Alessandro aveva dato Camelino cuidam Johanni Borgiae; v. Regesta Leonis X n. 1524 1 ; solo più tardi nel sec. XVI degli stmici copiarono il documento, il quale non solo si trova nel menzionato ma­ noscritto della Barberini ma anche nel Cod. Ottob. 2528 f. 78 con la soprascritta Narratur legitimatio et habilitatio pro eodem Johanni Borgia eumque Papa ex se natum agnoscit>> . Il Ronchini litiene che il diploma sulla patemità alessandlina doveva 1imanere segreto (A. RoNCHINI, Documenti borgiani dell'Archivio di Stato di Parma, «Atti e memmie della RR Deputazioni di Storia Patlia per le Province dell'Emilia», n. ser. l (1877), p. 41), per cui il Pastor deduce che le induzioni del Gregorovius non erano fondate (PASTOR, Storie dei papi cit., m, p. 455). L'asserzione dell'Ademollo che Juan sia nato da Alessandro VI e da Lucrezia Borgia fondata su una bolla del 1 5 ot­ tobre 1 50 1 è controbattuta per tabulas dal Dal Re mostrando che in detta bolla è sc1itto: «Johannes Borgia frater illustris dominae Lucretie minor annos 25 maior ta­ men 18» (D. DAL RE, Discorso critico sui Borgia con l'aggiunta di documenti ine­ diti relativi al pontificato di Alessandro VI, «Archivio della Società Romana di Sto­ ria Patlia», 4 (1881), pp. 90, 280: «Storici autorevoli quali il Roscoe, il Campmi, l' Antonelli, il Cittadella ed il Gregorovius in pmticolare, hanno già addotto le ragio­ ni, per cui l'accusa di incesto con la propria figlia Lucrezia messa fuori a vitupelio di Alessandro VI dai poeti Sannazzaro e Pontano, dagli stmici e politici Matarazzo, Marco Attilio Alessio, Guicciardini ed alhi debba qual mera calunnia esser rigettata [ . . . ] Manca ogni fondamento di ce1tezza per poter affennare che Giovanni sia la ne­ fanda prole di Alessandro VI e di Lucrezia; però che abbiamo due bolle, tutte e due del primo settembre 1 50 1 , in cui si afferma nell'una la paternità del Valentino e nel­ l 'altt·a quella del papa stesso per rispetto a quel fanciullo. Ma mentre né nell'una e né nell'altra si tien parola alcuna della madre di lui, quello che è ce1to si è che nella bol­ la del 15 ottobre l'infante Giovanni Borgia viene detto fratello di Lucrezia (Johan­ nes Borgia frater illustris dominae Lucretie minor a;znos 25 maior tamen 18)». CIT­ TADELLA, Saggio di albero genealogico cit., p. 48; REUMONT, Rassegna bibliografi­ ca cit.; Burcardo chiama la madre quaedam Romana; FRANCESCO GUICCIARDINI, Sto-


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17 settembre 150 1 , investito del ducato di Nepi che comprendeva Pa­ lestrina, Olevano Romano, Paliano, Frascati, Anticoli (di Campagna, oggi Fiuggi): Acta consistorialia 1489- 1 503 , C2 f. 44113; 8 ottobre 1501 riceve i due terzi dei pascoli di Montalto di Castro: Reg. Vat. 87 1 , f. 73 ; 1 5 ottobre 1501 «Johannes Borgia frater illustris dominae Lucretie mi­ nor annomm 25 maior tamen 1 8»; 2 settembre 1502, secondo il diploma del 30 aprile 1515 di Leone X (Re­ gesta Leonis X n. 15241) Alessandro VI lo aveva investito nel quinto an­ no di età del ducato di Camerino: Arm. XXXV, t. 42, ff. 23v-30v114 («cui­ dam Johanni Borgie tunc in quinto vel circa sue etatis anno costituto», quindi era nato nel 1497) e gli assegnò i tutori115: Reg. Vat. 871 , f. 196; 24 settembre 1502 investito della contea di Gallese cum mero e mixto imperio e riduzione di un quinto della gabella del sale, con provvigio­ ne di 260 ducati: Reg. Vat. 878, f. 70; 19 gennaio 1 5 1 8 «Johannes Borgia, frater illustris dominae Lucretiae, minor annomm 25, maior tamen 18»116• Jofré Borja, Janfridus (1482-1517), nipote di Callisto III, nipote del card. Juan Luis Bmja y Milà del tito­ lo dei SS. Quattro Coronati, figlio riconosciuto dal cardinale Rodrigo, ve­ scovo di Pmto, e di Vannozza: Cane. Regest. 772, f. 57v117;

ria d'Italia, I, Capolago 1 836) Lo Schlecht congettura che i registri di Alessandro VI, ricchi di legittimazioni e dispense potrebbero contenere qualcosa di nuovo sull'ince­ sto (Historische Jahrbuch cit., p. 659), a parte l'enore logico evidenziato dall a pos­ se ad esse non valet illatio, risponde il Pastor, che di Archivio Seg�·etro Vaticano se ne intendeva: «A tal proposito non sia soverchio osservare ched avendo io esamina­ to scmpolosamente h1tti i volumi dei registri, non poruto trovare niente di simile» (PASTOR, Storia dei papi cit. , III, p. 456, nota 5 in fine ). 11 3 RON CHINI , Documenti borgiani cit., pp. 42 e ss., 52 e ss. 1 !4 Ibid. , pp. 46 e ss., 62 e ss. 115 Ibid. , pp. 44 e ss. Un'isc1izione nomina Franciscus card. Cusentinus Tutor di Juan, cfr. G. TOMASSETTI, Della campagna romana nel Medio Evo, «Archivio del­ la Società Romana di Storia Patria», 7 (1 884), p. 403; DAL RE, Discorso critico sui Borgia con l'aggiunta di documenti inediti relativi al pontificato di Alessandro VI cit., p. 90. 116 REUMONT, Rassegna bibliografica cit., p. 330; CITTADELLA, Saggio di albe­ ro genealogico cit. , p. 48. 117 Epigrafe funebre di Vannozza murata nella parete destra dell'atrio di S. Mar­ co al Campidoglio. '

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1488 nominato da Sisto IV scriptor bullarum: Reg. Vat. 657, ff. 229v230r; ad otto anni d'età Innocenza VIII lo dispensa ad ordines et beneficia ed ottiene l 'arcidiaconato dell'archidiocesi di Valencia: Reg. Vat. 771, ff. 122r- 123r; 12 gennaio 1491 riceve da Sisto IV la prepositura dell'archidiocesi di Va­ lencia in commenda e la sacristia di Mallorca rinunciata dal card. Rodri­ go Borja, vescovo di Porto: Reg. Vat. 760, ff. 44r-45v; Indice 275, f. 129v;. 3 1 agosto 1492 in età di 12 anni Alessandro VI gli conferisce la par­ rocchia di Incha, diocesi di Maiorca, rimasta vacante per la concessio­ ne in commenda a Cesare Borja del vescovato di Valencia118, dove egli compare come canonico prebendario e arcidiacono della cattedrale: Reg. Vat. 772, f. 57119; 31 agosto 1492 assegnazione di 400 fiorini annui: Reg. Vat. 772, f. 1 8 1 ; marzo 1493, Ferrante, re di Napoli, per evitare l'alleanza del papa con Ve­ nezia e con Ludovico il Moro, manda a Roma l'abate Rugio anche per ap­ pianare la contesa su Cerveteri ed Anguillara e propone di far sposare a Ce­ sare, che voleva lasciare il cardinalato, una figlia del re di Napoli, ed una principessa di casa d'Aragona con Jofré120. Tutto fallì, forse ad opera del card. Ascanio Sforza, ma la Lega fu pubblicata a Roma il 25 aprile 1493; 6 agosto 1493 , iscritto con motu proprio alla nobiltà romana (Domi­ cellus Romanus), legittimati i natali perché «de nobis tunc episcopo Pmtuensi Sanctae Romanae Ecclesiae vicecancellario genitus et de muliere vidua» (Vannozza de Cathaneis era rimasta vedova di Dome­ nico Giannotti d' Arigliano): Vat. lat. 869, f. 85v121;

1 18 PASTOR, Storia dei papi cit. , III, pp. 846-847, nota 17; ASV, Cane. Regest. 772, f. 57v: «Ganfrido de Borgia clerico Romano [ . . ] in XII anno etatis vel circa constitutus [ . . . ] parrochialis ecclesia de Incha, Maioricensis diocesis, quam dilecrus filius Caesar elechls Valentinus, quem hodie administratorem ecclesiae Valentinae per assumptionem nostram [ . . . ] vacantis in spirih1alibus et temporalibus usque ad cerh1m tempus de fratmm nostromm consilio constih1imus et deputavimus ac dein­ de de persona sua illiprovidimus ex concessione et dispensatione apostolica in com­ mendam obtinebat. Datum Romae 1492 prid. Cal. septembris». l l 9 DE L'ÉPINOIS, Alexandre VI cit., p. 378. 12o F. TRINcHERA, Codice Aragonese, ossia lettere regie, ordinamenti ed altri atti go­ vernativi de ' sovrani aragonesi in Napoli riguardanti l'amministrazione interna del rea­ me e le relazioni all'estero, II, Napoli 1886, pp. 3 17, 320, 325, 330, 338, 343, 344. 121 PASTOR, Storia dei papi cit., III, p. 848, nota 19: «Dilecto filio Janfrido de Borgia, domicello Romano [ . . . ] illegitime genitos [ . . . ] Attendentes igih1r quod sicut habet fide dignorum assentio nosque etiam novirnus hl, qui defecrus natalium patie­ ris de nobis runc episcopo Pmtuensi Sanctae Romanae Ecclesiae vicecancellario ge.


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7 maggio 1494 (16 agosto 1493?) sponsali con Sancha d'Aragona, fi­ glia illegittima d'Alfonso principe di Squillace, rappresentata dallo zio principe Federico figlio del re Ferrante122• Donna di cattiva fama tanto da essere esiliata (t1504)123, ricevette in dote il principato di Squillace con rendita di 40.000 ducati annui124, e la contea di Cariata (Cane. Re­ gest. 869, ff. 88 e 90)125. Sancha, che era stata promessa ad Onorato Caetani, nipote del conte di Fondi, fu sostituita con Lucrezia d' Arago­ na, figlia naturale del re Alfonso: Indice 1 14, f. 82: «Alexandri Papae VI filius Goffridus, seu Jaffridus, seu Rodericus gentium armigerarum pro S.R.E. capitaneus et custodiae Palatii capitaneus, dux et princeps Squillacis, comes Curitae, regni Siciliae protonotarius et locumtens. Duxit in uxorem Sanctiam de Aragonia filiam naturalem Alphonsi re­ gis Siciliae». 1 1 maggio 1494 matrimonio con Sancha; celebrato in Castel Nuovo di Napoli; Jofré ebbe la rendita annua 40.000 ducati126; agosto 1497 sospetto assassino del duca secondo di Gandia ( 14-1 5 giu­ gno 1497)127 ha ordine da Alessandro VI di lasciare Roma con la mo­ glie e di stabilirsi a Squillace, ordine eseguito il 7 agosto128; 8 agosto 1499 accompagna Lucrezia, nominata reggente, a Spoleto129; 5 gennaio 1503 è mandato ad occupare Monte Rotondo e dintorni, ma il 23 gennaio 1 503 gli Orsini, i Colonna ed i Savelli assaltano Ponte Nomentano; l 'attacco viene respinto ed il papa gli ordina di fmtificare il Vaticano e di accelerare il ritorno di Cesare in Roma130;

nitus de muliere vidua, defectum huiusmodi honestate morum et vitae aliisque pro­ batis et viltutum meritis multipliciter recompensas [ . . . ] motu proprio [ . . . ] Datum Romae apud S. Petrum 1493 VIII idus augusti pontificatus nostri anno primo» . 122 BURCHARDI Diarium cit. , II, p. 336. 123 GREGOROVIUS, Lucrezia Borgia cit., pp. 208 e ss.; DAL RE, Discorso critico cit., p. 139; SANUDO, I Diarii cit., II, pp. 1049, 1075, 1089. 124 BURCHARDI Diarium cit., II, p. 129. 125 TRINCHERA , Codice aragonese cit., II, pp. 2, 1 1 3 e ss., 121 e ss., 129 e ss. 126 BURCHARDI Diarium cit. , II, pp. 129 e ss., 1 5 1 e ss., 154. 127 KN6PFLER, Tod des Herzog cit., p. 468 e H6FLER, Don Rodrigo de Bmja cit., p. 79. 128 PASTOR, Storia dei papi cit., III, p. 372, nota 2, cita dall'Archivio di Stato di Modena, lettera di Lodovico Carissimi dell'8 agosto 1497. «Heri se partite de qui il principe de Squilazo con la principessa per andare ad habitare al loro principato et se dice che la S. del papa non vuole più tenersi apresa figlioli on nepoti alcuni et in bre­ vi mandarà etiam madonna Lucretia, mogliere del signore di ad habitare a Valentia». 129 BURCHARDI Diarium cit., II, p. 552; PASTOR, Storia dei papi cit., III, p. 429. 130 Dispacci di Antonio Giustiniani, ambasciatore veneto in Roma dal 1502 al 1505, a cura di P. VILLAR!, I, Firenze 1 876, pp. 342, 349; SANUDo, I Diarii cit., IV, p. 654; GREGOROVIUS, Storia della città di Roma cit., IV, pp. 500 e ss.

APPENDICE: I FAMILIARI

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17 novembre 1 503, Giulio II indirizza a Francesco Maria Della Rove­ re un breve a favore di Jofré131; Jofré sposò in seconde nozze Maria de Milà, da cui ebbe Francesco, Lu­ crezia e Maria. Jofré Lançol y de Borja ( 1477-1 503),

decano di Lerida nato da Juana, sorella di Alessandro VI, fratello di Geronima sposa di Fabio Orsini, fratello di Rodrigo capitano della guardia di Palazzo, jamiliaris et continuo commensalis del card. Rodrigo, vescovo di Porto: Reg. Vat, 759, f. 213. Juan de Borja, hispanus, nepos ex sorore Alexandri VI,

1 9 sett. 1494 vescovo di Melfi; 1 9 febbr. 1496 diacono cardinale di S . Maria in Via Lata, vescovo di Capua132; 9 agosto 1499 nominato in concistoro segreto legatus a latere della cri­ stianità133; 26 agosto 1499 dalla Porta Viridaria o di S. Pietro parte per Venezia134, legato di Bologna, saputo che era stata presa la rocca di Forlì, parte con i cavalli di posta da Roma per Urbino; 6 sett. 1499 arcivescovo di Valencia; 1 6 gennaio 1500 muore a Fossombrone; 27 gennaio 1500 sepolto in S. Maria del Popolo a Roma135. Secondo Pa­ ride de Grassi sarebbe morto ad Urbino per una caduta da cavallo136. Juan de Borja,

10 luglio 1493 investito dell'arcidiaconato di Valencia posseduto dal­ l'ex-cardinale Cesare Borja: Reg. Vat. 784, f. 140; 22 maggio 1497 legato a Perugia137.

13 1 PASTOR, Storia dei papi cit., III, p. 558 nota 6: cita dall'Archivio di Stato di Firenze. 132 BURCHARDI Diarium cit., II, p. 387; EUBEL, Hierarchia catholica cit., II, pp. 2 1 , 67, 1 1 8 , 1 89. 1 33 BURCHARDI Diarium cit., II, pp. 552-553 . 1 34 Ibid. , II, p. 557. 135 BURCKARDI Liber notarum cit., II, p. 199; BURCHARDI Diarium cit., III, p. 1 1 . 136 DE GRASSIS, Diarium cit. , p. 297. 1 37 BURCHARDI Diariwn cit., II, pp. 356, 368.


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Juan de Borja,

«infans Romanus, dux Nepesinus, defectum natalium patiens ex Caesa­ re Borgia de Francia Romandiolae et Valentiae [ . . . ] Genitus ex saluta in 3 vel circiter anno constitutus ut narratur in bulla in qua eidem dat tutores qua­ tuor cardinales. Datum Romae 17 kal, dee. 1501»: Reg. Vat. 871, f. 196: « 17 kal. decembris 1501 ut in historia camerali f. 10», Indice 1 14, ff. 64v-65r . Juan Borja ( 1476-14-15 giugno1497), dux Gandiae et Suessae de Arag6n, figlio del card. Rodrigo B mja e di Vannozza de Cathaneis, secondo duca di Gandia;

1483 il card. Rodrigo Borgia nell' atto di donazione lo dichiara figlio suo; presenti Vannozza madre del medesimo, sposata in seconde nozze con Giorgio della Croce; Menica nonna materna vedova di Ia­ copo pinctor; i parenti stretti di Vannozza: Giovanni Battista, cano­ nico di S . Maria in Via, dichiara di non accettare la tutela per essere troppo occupato nell' amministrazione dei beni ecclesiastici; Paolo dichiara di non accettare la tutela per essere troppo preso da inimici­ zie. Tutori del bambino: Giovanni Borgia, il fratello Pedro Luis, il cugino Ottone Borja e Antonio da Brescia, sospettato primo marito di Vannozza138; 13 giugno 1490 capitano generale di Santa Romana Chiesa139: Reg. Vat. 873, f. 463r; Indice 1 14, f. 36v; Indice 27 3 , f. 63r; 149 1 presente nel primo contratto di nozze della sorella Lucrezia140; 1493 proposto dall'ambasciatore spagnolo come marito per Maria, fi­ glia dello zio del re Ferdinando141 ; 2 agosto 1493 si reca in Spagna142; 19 settembre 1493 dichiarato da Alessandro VI figlio suo e di Vannoz­ za vedova143; 9 maggio 1 494 ottiene i principati di Tricarico e di Squillace, la contea di Cariati144; sposa in seconde nozze la sedicenne Maria Enriquez, figlia di Enrico

138 lbid. , II, pp. VI-Vill; YRIARTE, César Borgia cit., p. 32; H6FLER, Don Rodrigo de Bmja cit., p. 52 . 139 BURCKARDI Liber notarum cit., I, p. 464. 140 Ibid., II, p. 563 sub voce. 14 1 H6FLER, Don Rodrigo de Borja cit., pp. 62-63. 142 Alejandro VI y el Duque de Gandia. Estudio sopre documentos valencianos,

«El archivo. Revista de ciencias historicas», 8 ( 1 893), pp. 85 e ss. 143 BURCKARDI Liber notarum cit., I, p. 405, nota l . 144 Ibid., I , p . 5 1 1 .

APPENDICE: I FAMILIARI DI ALESSANDRO

VI

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cugino del re di Castiglia Ferdinando il Cattolico145, di nobile famiglia di Valencia: Indice 1 14, f. 82: «Alexandri Papae VI filius, Joannes Bor­ gia de Aragonia S.R.E. capitaneus generalis, dux Gandiae et Suessae, dux Beneventi, princeps Tricaricensis, comes Claramontis, comes Lau­ riae, comes Carinolae, cuius uxor fuit Maria Enriquez, die 14 junii 1597 (sic ma 1497) interemptus»; 2 agosto 1495 insieme alla moglie, alla duchessa Maria de Luna, mo­ glie di Enrico Enriquez grand'ammiraglio di Castiglia, riceve il con­ fessionale e la facoltà di entrare nei monasteri della detta Maria: Reg. Vat. 879, ff. 220v-222r, 232v; Arm. XXXV II, t. 19, f. 19; I Diversorum Alexandri VI f. 2146; 7 febbraio 1496 donazione dei 40.000 scudi detratti dai 70.000 scudi che i figli di Virginio Orsini dovevano versare alla Camera Apostolica: Reg. Vat. 873, f. 464; Indice 1 14, f. 36; 7 giugno 1497 Alessandro VI annuncia nel concistoro di voler investi­ re Juan I di Benevento e di Pontecorvo, eretti in ducato; si oppone sol­ tanto il card. Francesco Todeschini-Piccolomirù (Pio III) 147; 14 giugno 1497 di ritorno dalla cena organizzata da Vannozza nella sua vigna tra la chiesa di S. Lucia in Selci e quella di S. Martino ai Monti, fermatosi in Piazza degli Ebrei (piazza Giudia), prende con sé un uo­ mo mascherato e lascia un palafreniere con l'ordine di allontanarsi se entro poco tempo non fosse tornato; trovato cadavere il giorno dopo sul greto del Tevere, sepolto in S. Maria del Popolo dove era stato se­ polto Pedro Luis, primo duca di Gandia. Le due salme sotto Giulio II furono trasferite a Gandia148; 19 giugno 1497 Alessandro VI dichiara di non dubitare più della col­ pevolezza degli Orsini, del conte della Mirandola, del card. Cesare Borja - nominato ai primi di giugno legato per la coronazione di Fe­ derico, fratello di Alfonso II, a re di Napoli - del card. Ascanio Sforza, di Guidubaldo di Montefeltro duca di Urbino e di Giovanni Sforza, si­ gnore di Pesaro, primo marito di Lucrezia ed il 5 luglio ordinò di chiu­ dere le indagini; 1 9 settembre 1 50 1 con il breve Exigentibus meritis dichiarato figlio del card. Rodrigo Bmja e di Vannozza de Cathaneis in stato di vedovan­ za149: Archivum Arcis, Arm. IX, cassetta I, n. 50.

145 PASTOR, Storia dei papi cit., ill, pp. 269, 304, 370, 504. 146 S. ScHOLLER-PIROLI, Die Borgia Dynastie. Legende und Geschichte, Wien 1982, tavola IV. 147 BURCKARDI Liber notarum cit., II, p. 4 1 . 148 Ibid., II, pp. 42-44. 149 BURCHARDI Diarium cit., II, p. 521, nota l .


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ANNIBALE ILARI

Juan II ( 1494-1543),

figlio di Juan I e di Maria Enriquez, terzo duca di Gandia, pronipote di Alessandro VI, padre di san Francesco Borgia ( 1520-1 578), quarto duca di Gandia, terzo generale della Compagnia di Gesù: 19 settembre 1 500 ottiene l'indulgenza del giubileo con il figlio Gio­ vanni infante e gli abitanti di Gandia: Reg. Vat. 882, ff. 60v-62v; II Di­ versorum Alexandri VI, ff. 60 e ss. Juan Borja (nato nel 1473),

chierico valentino e notaio, continuo commensale del card. Rodrigo Borja, vescovo di Porto: 3 1 maggio 1479 nominato scrittore apostolico da Sisto IV: Reg. Vat. 657, ff. 229v-230r; 28 novembre 1491 diviene decano e canonico della cattedrale di Leri­ da: Reg. Vat. 759*, ff. 213v-218r ; 26 marzo 1494, mercoledì santo, insieme a Cesare riceve injra Missa­ rum solemnia gli ordini minori ed il suddiaconato da Giovanni Anto­ nio Sangiorgio detto il Cardinale alessandrino150. Juan Borja,

cappellano della Cappellania Testa presso l 'altare di S. Antonio nella chiesa panocchiale di Palo (Bayonne): 12 dicembre 1491 nominato commensale: Reg, Vat. 760, f. 294; Indice 275, f. 13 1r.

APPENDICE: I FAMILIARI DI ALESSANDRO VI

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beneficio da Sisto IV: Reg. Vat. 647, ff. 69v-72v; Indice 274, f. 259v; Juan Borja, valentinus, hispanus, detto Cardinalis Montisregalis, figlio di Galce­

ran Gil de Borja, fratello del padre di Alessandro VI, fratello di Galceran cavaliere giovannita e di Guillen Ramon capitano della guardia di palazzo: 13 settembre 1483 vescovo di Monreale; 3 1 agosto 1492, cardinale del titolo di S. Susanna: Cane. Regest. 869, f. 5 1 152; 26 marzo 1494, mercoledì santo, insieme al cardinale Cesare Borja ri­ ceve infra Missarum solemnia gli ordini minori ed il suddiaconato da Giovanni Antonio Sangiorgio detto il cardinale alessandrino153; 18 aprile 1494 incarico di recarsi a Napoli per incoronare il re Alfonso II d'Aragona, primogenito del re Ferdinando I d'Aragona (t 25 gen­ naio 1494) e di Isabella di Chiaromonte154; 1 8 maggio 1494 compie l 'incoronazione in Napoli: Arm. XXXV, t. 4 1 , ff. 36v-40v; 7 gem1aio 1495 segue Alessandro VI che, attraverso il corridoio di Bor­ go, si rifugia in Castel S. Angelo per sfuggire alle milizie di Carlo VIII entrate in Roma155 ; 19 dicembre 1498 a Viterbo per sedare le turbolenze popolarF56; 8 dicembre 1499, seconda domenica di avvento, compare alla Messa del Papa dopo circa due anni perché sofferente di 'mal gallico' . Morì

Juan Borja, (1498-1 548),

duca di Camerino e di Nepi, da cui Lucrezia, sposa di Ciriaco Mattei, da cui Giustina Mattei sposa di Giovanni B attista Pamphili (avi di Inno­ cenza X), signore di Castelnuovo di Segovia: 1 9 settembre 1493 dichiarato figlio del card. Rodrigo Borja nel breve Exigentibus meritis: Archivum Arcis, Arm. IX, cassetta I, n. 50; settembre 1 548 riceve il confessionale da Paolo III: Arm. XL, t. 30. Juan Borja Lançol de Romani,

nipote ex matre Johanna sorore Alexandri VI, padre di Juan Borja, ar­ civescovo di Monreale dal 1483151;

1 50 Ibid., 15 1

1 96.

II, p. 99; EUBEL, Hierarchia catholica cit., II, p. 22. B URCHARDI Diarium cit., II, p. 402; EUBEL, Hierarchia catholica cit., III, p.

152 «Dilecto fi1io Johannis titu1i S . Susannae presbytero cardinali [ . . . ] atten­ dentes quod tu, qui ecclesiae Montisregalis ordinis S. Benedicti hactenus lauda­ bi1iter praefuisti [ . . . ] habita super his cum eisdem fratribus nostris deliberatione matura de illorum unanimi consilio assensu [ . . . ] Datum Romae 1492 prid. Cal. septembris pontificatus nostri anno primo» pubblicata da PASTOR, Storia dei pa­ pi cit., III, p. 845, nota 1 6 ; Acta consistorialia 1489-1503 C2 , f. 44: «die veneris ultima augusti 1492»; Bibl. Ap. Vat. , Barb. Lat. XXXII, 242. Il diario romano di Iacopo Gherardi da Volterra dal 7 settembre 1479 al 12 agosto1484, a cura di E. CARUSI, R1S 2 23/3, ( 1 904- 1 9 1 1 ) , p. 546; B. F. B OGLINO, La Sicilia e i suoi cardi­ nali, Palermo 1888, pp. 30-3 1 e in app. n. 1 6 breve di nomina del 3 1 agosto 1492. 1 53 B URCHARDI Diarium cit., II, p. 99; EUBEL, Hierarchia catholica cit, II, p. 22. 1 54 P. MAGISTRETII, Lutto e feste della corte di Napoli. Relazione diplomatica dell'ambasciatore milanese al duca di Bari, «Archivio Storico Lombardo» 6/4 ( 1 879), p. 7 1 2. 1 55 B URCHARDI Diarium cit., II, p. 219. 1 56 Ibid. , II, p. 500.


304

ANNIBALE ILARI

il 5 agosto 1 503. Nominato vescovo di Coria-Càceres (Toledo)157 in cambio delle dimissioni dall'arcivescovato di Ferrara da conferire al card. Ippolito d'Este, assegnatogli 1'8 ottobre 1503 da Pio III (t 18 ot­ tobre 1503)158; l agosto 1503 muore: Bibl. Casanatense cod. 214 1 , f. 160v. Juan de Castello, magiste1; canonicus Valentinus, notaio, nipote del card. Rodrigo Bmja: 14 settembre 1484 in lista per la nomina di Notarius de numero parti­ cipantium: Reg. Vat. 682, ff. 28r-29v159• Juana Borja,

sorella di Alessandro VI, sposata a Pedro Lançol de Roman1160. Juan Borja, valentinus, hispanus, figlio d'un fratello di Alessandro VI, protonota-

rio apostolico, vescovo di Melfi, nunzio a Napoli: 19 febbraio 1496 cardinale diacono di S. Maria in Via161, Cesare Bmja, presente al concistoro, si sottoscrive «Caesar S. Marie Nove diaconus Cardinalis Valentinus manu propria subscrips»162. Il pontefice aveva chiesto il voto per la promozione del nipote, il 1 5 febbraio 1496, al c ard. Giovanni Colonna163;

1 57 Ibid., III, pp. 1 56-157. 158 EUBEL, Hierarchia catholica cit. , II, p. 2 1 . 159 BURCHARDI Diarium cit. , I , pp. 424, 428. 160 S. ScHOLLER-PIROLI, Die Borgia Papste Kalixt III und Alexander VI, Miinchen 1980; ID., Borgia. Die ZerstiJrung einer Legende cit., Freiburg 1963, pp. 92-93, 186-187.

Cfr. nota 245. 161 BURCHARDI Diarium cit., II, p. 264; SANUDO, I Diarii cit., II, p. 3 1 . 162 BURCHARDI Diarium cit., II, p. 264; ASV, Acta consistorialia con la data er­ rata del 1 9 febbraio 1495; Cane. Regest. ff. 361-364. 163 PASTOR, Storia dei papi cit., m, p. 855, nota 33: pubblica dall'archivio Colon­ na, ora trasferito a Subiaco, il breve: «Dilecte fili etc. Quia intendimus, Deo conce­ dente, inpresentiamm creare cardinalem dilectumn filium Ioharmem de Borgia, elec­ tum Melfitensem, nepotem et legatum nostmm Neapoli existentem et aliquos prelatos domesticos antiquos familiares nostros: postquam circumpectio tua cuius presentiam valde optaremus est absens, rogamus illam ut circa huiusmodi creationem cardinalium votum tuum ut in pectore nostro aut in aliquo cardinale ut [ . . . ] Vicecancellario de quo confidere possis per tuas litteras rernittere velis, in qua re circumspectio tua nobis vehementer complacebit. Et hac de causa rnittimus ad te presentem tabellarium quem statim oppmtuno responso ad nos rernittas. Datum Romae apud S. Petmm sub annu­ lo piscatoris, die XV febmarii 1496 pontificatus nostti anno qumto».

APPENDICE: I FAMILIARI DI ALESSANDRO VI

305

maggio 1497 legato di Perugia164; successore del Valentino nell' arcivescovato di Valencia: Acta consisto­ rialia C. 303, f. 8 165; 22 maggio 1497 legatus a latere per il ducato di Urbino166; 12 gennaio 1 500 partito da Milano, dove era giunto per assistere al­ l 'ingresso di Luigi XII, muore ad Urbino167• Burcardo attribuisce la morte al veleno168. Secondo altre fonti, partito febbricitante da Urbino per congratularsi con Cesare della conquista di Forlì, muore a Fos­ sombrone: Reg. Vat. 906, ff. 228v-230v; Indice 277, f. 52r169. Juan de Milà,

milite napoletano, nipote di Luis Juan, cardinale dei Ss. N Coronati: 24 luglio 1462, Abbadia S . Salvatore (Chiusi), dispensato dall'impedi­ mento del III grado di consaguineità per sposare Isabella Lucrezia Lançol de Romani y de Borja, domicella valentina, nipote del card. Rodrigo Bmja, diacono di S. Nicola in Carcere Tulliano. Juan de Sori,

cognato di Juan de Borja, castellano della rocca di Ostia: Introitus et

exitus 434, ff. 129r, 13 1r.

Juan Lopez, cardinalis Capuanus, diacono di S . Maria in Via Lata: Bibl. Ap. Vat. , Vat. lat. 12269, f. 452v; 5 agosto 150 1 , sepolto nella Cappella Calisti della basilica di S. Pie­

tro11o.

Juan Luis Borja y Milà, nepos Calixti III ex sorore Catalina de Borja y Mart(, vescovo di Se-

nigallia: 17 settembre 1456 cardinale prete dei Ss. IV Coronati insieme a Ro­ drigo Borja y Borja, «nepos ex sorore Calixti III Isabella de Borja y Marti, sacrista valentinus».

164 BURCHARDI Diarium cit., II, p. 368. 165 SANUDO, I Diarii cit., I, p. 1 1 10; II, pp. 67, 900. 1 66 BURCHARDI Diarium cit., II, p. 368. 1 67 Ibid., II, p. 264; III, p. 1 1 . 168 Ibid. 169 ALvrsr, Cesare Borgia, duca di Romagna cit., p. 83. 1 70 BURCHARDI Diarium cit., m, p. 1 55.


306

ANNIBALE ILARI

Juana Borja,

sorella di Callisto III, moglie di Matteo Marti. Girolama,

sorella consanguinea di Pedro Luis, figlia del card. Rodrigo B mja e di donna diversa da Vannozza, nata circa il l 469171. Laura Orsini,

1492 nasce da Orsino Orsini e da Giulia Farnese; 2 aprile 1499 per atti di Camillo Benimbene promessa sposa al cugino Federico Farnese fu Ranuccio (che poi sposò Ippolita Sforza di Santa Fiora); 1 6 novembre 1505 per atti Benimbene sponsali con Nicolò Franciotti Della Rovere, nipote di Giulio II alla presenza del pontefice172. Lella Orsini,

moglie di Angelo Farnese, capo di casa Farnese, cognata di Giulia Far­ nese, vedova: giugno/luglio 1494 prende il velo nelle Murate di Firenze. Lucrezia Borja,

nasce nel 1478173 o il 18 aprile 1480, secondo il primo contratto ma­ trimoniale pubblicato dal Gregorovius174, dal card. Rodrigo Bmja e dalla romana Vannozza de Cathaneis o Cattanei ( 1442-26 novem­ bre 1 5 1 8) nel castello abbaziale di Subiaco secondo una tradizione lo­ cale, conferito in commenda al cardinale nel 147 1 dallo zio Callisto III175; educata da Adriana Borja y Milà in una delle residenze romane

17 1 GREGOROVIUS, Lucrezia Borgia cit., p. 1 8 ; REUMONT, Rassegna bibliografi­

ca cit., p. 330.

172 BURCKARDI Liber notarum cit., I, pp. 306, 496-498. DE L'ÉPINOIS, Alexandre VI cit., p. 378 ; CITTADELLA, Saggio di albero genealogico cit., p. 34; D. BRUNENGO, Rivista

173 PASTOR, Storia dei papi cit., III, p. 268;

della stampa italiana. Saggio di albero genealogico e di memorie su la Famiglia Borgia, specialmente in relazione a Ferrara di L. N. Cittadella, «La civiltà cattoli­ ca», 29 ( 1 872), pp. 724-725. 1 74 GREGOROVIUS, Lucrezia Borgia cit., appendice di documenti n. 4.; REUMONT, Rassegna bibliografica cit., p. 33 1 ; LEONETTI, Papa Alessandro VI cit. 1 75 A. TUMMOLINI, Storia sublacense che si avvalse di una cronaca Ricordi dei cardinali commendatari, scomparsa dall' archivio del monastero di Subiaco.

APPENDICE: I FAMILIARI DI ALESSANDRO

VI

307

degli OrsinF76 e dalle suore domenicane di S. Sisto in Piscina sulla via Appia davanti alle terme di Caracalla177; 26 febbraio 149 1 , sponsali con Querubin Juan de Centelles, signore della valle d'Ayora (regno di Valencia), confermato nel giugno 149 1 (che sposò poi Juana de Heredia): notaio Camillo Benimbene, 2 6 feb­ braio 149 1 178; 24-30 aprile 1492, sponsali per procura con Gaspare di Giovanni Fran­ cesco d'Aversa conte di Procida, figlio del conte di Aversa, giovane di 15 anni di famiglia valenzana, ratificati 1'8 novembre 1492 per atti Be­ nimbene179 annullati da Alessandro VI il 10 giugno 1498 non senza re­ sistenza di Gaspare180, che poi sposò Catalina del Milà nipote di Cata­ lina de Borea, sorella di Callisto III; 2 febbraio 1493, sponsali per procura con Giovanni Sforza181, conte di Cotignola, signore di Pesaro, vedovo di Maddalena Gonzaga, sorella del marchese di Mantova, parente degli Sforza di Milano182, per interessa­ mento del card. Ascanio Sforza; dote di Lucrezia 3 1 .000 ducati d'oro,

1 76 GREGOROVIUS, Lucrezia Borgia cit., app. n. 10: l'oratore ferrarese scrive che Adriana de Milà «ha sempre governata (Lucrezia) [ . . . ] in casa propria». 1 77 BURCKARDI Liber notarum cit., II, p. 41 ; Très joyeuse, plaisante et récreati­ ve histoire . . . du bon chevalier de Bayart, a cura di J. ROMAN, Paris 1 878, p. 239. 1 78 II contratto, scritto in catalano, prometteva una dote di 30.000 timbres - par­ te in denaro e parte in oro, gioielli e ornamenti - donata dal padre e dai fratelli. Lu­ crezia doveva recarsi a Valencia e concludere il matrimonio entro sei mesi. Pubbli­ cato da GREGOROVIUS, Lucrezia Borgia cit. , pp. 358-364; BURCKARDI Liber notarum cit., II, p. 1 0 1 . 179 Una copia era nei manoscritti d i CoSTANTINO CoRVISIERI ora conservata nel­ la Biblioteca della Società Romana di Storia Patria. 180 Diario della città di Roma di Stefano Infessura scribasenato, a cura di O. TOMASSINI, Roma 1 890 (Fonti per la Storia d'Italia, 5) p. 285: «mpto federe datis­ que dicto Hispano tribus rnillibus ducatomm ut uxorem praedictarn renuntiaret, ite­ mm dicto domino nupsit, adhuc suo primo marito vivente et propter dictam pecu­ naiam tacente et renuntiante» atto di scioglimento in GREGOROVIUS, Lucrezia Bor­ gia cit., p. 371 , tavole nuziali in app. n. 9, p. 365, doc. VII, p. 382 doc. XV; le ta­ vole nuziali fra Jeronima Borgia, figlia di Alessandro VI, e G. S . Cesarini del 24 gennaio 1483, ivi; PrcoTTI, Ancora sul Borgia cit., p. 337. 181 0REGOROVIUS, Lucrezia Borgia cit.; ALLEGRETTO ALLEGRETTI, Diari delle cose sanesi del suo tempo, RIS XXIII, Mediolani 1733, p. 827. 182 Alessandro VI fu eletto con il voto determinante del card. Ascanio Sforza, fratello di Ludovico il Moro, al quale l'eligendo aveva promesso l'ufficio di vice­ cancelliere, il proprio palazzo, il castello di Nepi, il vescovato di Erlau (cfr. ASV, Acta concistorialia, 31 agosto 1492, decreto di nomina in Conc. Regest. 772, f. 201 v; 869, f.1r).


308

ANNIBALE ILARI

reddito dello sposo 12.000 ducati, oltre lo stipendio di comandante del­ l'esercito del duca di Milano183, procuratore Niccolò da Saiano; 12 giugno 1493 matrimonio celebrato in Vaticano alla presenza del pa­ pa, che pmtecipò al banchetto nuziale con dodici cardinali seduti tra le dame, tra le quali era Giulia Farnese (t marzo 1524)184, sorella del card. Alessandro Farnese185; 15 settembre 1493 ingiunzione di Alessandro VI a Giovanni Sforza, che nell' agosto era partito da Roma per Pesaro, di tornare entro un me­ se anche per ricevere l 'intera dote186. Lo Sforza, tornato a Roma dopo il 1 0 novembre, andò ad abitare nel palazzo di S. Maria in Portico - nei pressi della basilica di S. Pietro - di cui disponeva Lucrezia187; 8 giugno 1494 va a Pesaro accompagnata da Adriana de Milà, da Giu­ lia Farnese e da Francesco Gaçet, intimo borgiano188. Il papa aveva in­ giunto alle tre donne di rientrare a Roma entro un mese, ma Lucrezia fece ritorno nell'autunno del 1495;

1 83 PASTOR, Storia dei papi cit., III, p. 305. 1 84 Diario della città di Roma di Stefano Infessura cit., p. 293 : la dichiara con­ cubina di Alessandro VI; A. FABRETTI, Cronache della città di Perugia, II [13931561], Torino 1 887-1 892; IACOPO SANNAZARO, Epigramma l, in Opera omnia, Lugduni 1 592, p. 1 59. Il PASTOR, Storia dei papi cit., III, pp. 306-307, nota 3, doc. 28 a pp. 852-853 del 29 nov. 1494, ritiene più probante la lettera di Alessandro VI del 24 luglio 1494 a Giulia con rinvio a F. UGOLINI, Storia dei conti e duchi di Ur­ bino, II, Firenze 1 859, pp.521-522: lettera citata di Alessandro VI a Lucrezia nella quale esprime il suo dispiacere per la partenza di Giulia; lettere di L. Pucci del 23 e 24 dicembre 1493 pubblicate da GREGOROVIUS, Lucrezia Borgia cit, IV, p. 70, nota 98 ed app. 1 1 ; parimenti SANNAZARO, Epigramma l , p. 1 59; RATTI, Delle famiglie cit, I, p. 66; GREGOROVIUS , Lucrezia Borgia cit., app. n. 10. Il Vasari ritiene che il Pinturicchio abbia ritratto Giulia sopra la porta di una camera della Sala dei Miste­ ri nel volto della Madonna e nello stesso quadro la testa di papa Alessandro che la venera. Il Pastor (Storia dei papi cit., III, p. 5 1 3) osserva che il papa è davanti al Re­ dentore, che la Madonna dipinta non ha il papa e che tale pittura non esiste nelle al­ tre stanze Borgia. 1 85 Alessandro Farnese, nato nel 1468, discepolo di Pomponio Leto, nominato da Innocenza VIII protonotario apostolico e vescovo di Montefiascone e Cometa (Tarquinia). Alessandro VI, subito dopo la sua elezione, lo nominò tesoriere gene­ rale (GoTTLOB, Camera apostolica cit., pp. 2 1 , 87, 275) e cardinale nel concistoro del 30 settembre 1492; BURCKARDI Liber notarum cit., I, pp. 443-446. 1 86 M. BELLONCI, Lucrezia Borgia, Milano 1 939, doc. n. l ; GREGOROVIUS , Lu­ crezia Borgia cit., p. 70: consegna dell' intera somma a matrimonio consumato. 1 87 Era il palazzo che il card. B attista Zeno, diacono di S. Maria in Portico, si era costmito, e che nella primavera del 1493 lo aveva lasciato. lvi risiedevano con Lucrezia, Adriana de Milà e Giulia Famese. 1 88 Canonico di Toledo, informatore di Alessandro VI.

APPENDICE: I FAMILIARI DI ALESSANDRO VI

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12 luglio 1494 partenza di Giulia da Pesaro per Capodimonte (lago di Bolsena) per visitare il fratello Angelo, capo di casa Farnese; mal­ contento di Alessandro VI e breve a Lucrezia, portato da messer Le­ lio Capodiferro, intimo borgiano. Altro breve a Orsino Orsini porta­ to a Capodimonte dall' arcidiacono Pietro de Solis con il quale si or­ dina di lasciar partire per Roma Giulia ed Adriana: rinvenuto da Giambattista Confalonieri nell' archivio di Castel S . Angelo, che de­ scrive «minuta manu eiusdem Pontificis pro litteris scripta ad Ursi­ num» ; 1496 concessione di altare portatile a Lucrezia: Reg. Vat. 873, f. 492; 26 maggio 1497 fra' Mariano da Genazzano, generale degli agostinia­ ni, antagonista del Savonarola, delegato per manifestare a Lucrezia l'intenzione di Alessandro VI di procedere all'annullamento del matri­ monio contratto con Giovanni Sforza, signore di Pesaro189; 4 giugno 1497 Lucrezia entra nel convento romano delle domenicane di S. Sisto alla Passeggiata archeologica19°; 19 giugno 1497 dichiarazione in concistoro di Alessandro VI sull'an­ nullamento del matrimonio di Lucrezia ex capite impotentiae viri19 1 con ammissione di Lucrezia192. Lo Sforza, rifiutate le pressioni di Lu­ dovico il Moro e del card. Ascanio Sforza, dà comunque incarico al cardinale di trattare, non senza sostenere di aver consumato il matri­ monio193;

1 89 BURCHARDI Diarium cit., II, p. 455. 190 GREGOROVIUS, Lucrezia Borgia cit., p. 95; Luzro , Isabella d'Este e i Bor­ gia cit., p. 33; B. FELICIANGELI, Un episodio del nepotismo. Il matrimonio di Lu­ crezia Borgia con Giovanni Sforza, signore di Pesaro, Torino-Roma 1 90 1 , p. 46. 191 PASTOR, Storia dei papi cit., III, p. 858. 192 FELICIANGELI, Un episodio di nepotismo cit., p. 48: «intervenute hmmai fra essi grandissime inimicitie, maxirne per le testificationi facte da Madonna Lucretia de la irnpotentia del prefato Signore». 193 P. DE Roo, Materia[ far history of Pope Alexander VI, I, Bruges 1 924, p. 3 1 8 ; GREGOROVIUS, Lucrezia Borgia cit., p. 97; FELICIANGELI, Un episodio di ne­ potismo cit. , p. 76. Lo Sforza, nel giugno 1497, all'oratore ferrarese a Milano di «haverla conosciuta infinite volte». Il fatto che la veneziana Ginevra Tiepolo, spo­ sata dallo Sforza nel 1 50 1 , gli avesse dato un figlio non prova apoditticamente la non esistenza dell'impotenza: infatti B URCHARDI, Diarium cit., II, p. 305 : «Joan­ nem Borgiam, filium suum, quem in pontificatu habuit cum quadam romana» ; Cri­ stoforo Poggio, segretario del Bentivoglio il 2 marzo 1498 scrisse al marchese di Mantova che: «quel Perotto camariero di N. S . quale non se ritrovava intendo es­ sere in presone per aver ingravitato la figliola di Sua Santità madonna Lucretia» (PASTOR, Storia dei papi cit., III, p. 867, nota 44; Luzro, Isabella d'Este e i Borgia cit., pp. 503-504; P. PASOLINI, Nuovi documenti su Caterina Sforza, «Atti e memo-


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APPENDICE: I FAMILIARI DI ALESSANDRO VI

ANNIBALE ILARI

l novembre 1499 dà alla luce un bimbo al quale impone il nome di Ro­ drigo20I ; 1 1 novembre 1499 Rodrigo, figlio di Alfonso di Bisceglie e di Lucre­ zia, è battezzato nella cappella di Sisto N della basilica vaticana dal card. Francesco Borja202; 12 febbraio 1 500 acquista dalla Camera Apostolica, per 80.000 ducati d'oro, Sennoneta con tutte le pertinenze203; 1 5 luglio 1 500, Alfonso d'Aragona, aggredito e gravemente ferito in piazza S. Pietro, riesce a salvarsi fuggendo in Vaticano. Viene curato da Lucrezia e dalla sorella Sancia; il 18 agosto 1 500 viene strangolato da Michelotto Carella, capitano di Cesare Borja204; 3 1 agosto 1 500 Lucrezia, accompagnata da circa 600 cavalieri, si reca a Nepi: «Ut caperet aliquam consolationem et recreationem propter do­ lorem et perturbationem»205; dicembre 1500 Alessandro VI inizia le trattative per un nuovo matri­ monio di Lucrezia con il duca di Ferrara206; 27 luglio 1501 Alessandro VI, recatosi a Castel Gandolfo, a Rocca di Papa ed a Sermoneta, affida a Lucrezia l 'amministrazione del Palazzo Apostolico con facoltà di aprire le lettere giunte nel frattempo; inci­ dente con il card. Giorgio de Costa di Lisbona207. II pontefice riaffida a Lucrezia la stessa delega in occasione del viaggio a Nepi dal 25 set­ tembre al 23 ottobre 1501208; 26 agosto 1 50 1 , sponsali trattati in Vaticano con intervento di Luigi XII, re di Francia; l settembre 1501 ratifica degli sponsali per procura nel castello di Bel­ fiore; la notizia giunge a Roma il 4 settembre209; 30 dicembre 1501 matrimonio nella basilica vaticana; Alfonso è rap­ presentato dal fratello Penante che consegna l 'anello; 6 gennaio 1502 Lucrezia lascia Roma ed aniva a Fenara il 2 febbraio, accompagnata dal card. Francesco Borja fino a Gubbio;

19 dicembre 1497 la commissione cardinalizia deputata decide per la nullità e Lucrezia, presente all'udienza, risponde in elegante lati­ noi94; 20 dicembre 1497 annullamento del matrimonio con Giovanni Sforza, signore di Pesaro, e restituzione della dote di 3 1 .000 ducati; 20 giugno , l 498 . sponsali con il diciassettenne Alfonso, figlio naturale di Alfonso II d'Aragona e fratello di Sancha, moglie di Jofré. Lucrezia reca in dote 40.000 ducati ed il re di Napoli si obbliga di dare ad Alfon­ so il ducato di Quarata e Bisceglie195; 21 luglio 1498 Alessandro VI assiste alla celebrazione del matrimo­ nio in Vaticano196. Gli sposi vanno ad abitare nel palazzo di Lucre­ zia a S . Maria in Portico. Da Alfonso di Bisceglie, fatto uccidere il 18 agosto dal Valentino, ebbe Rodrigo, duca di Bisceglie e di Ser­ moneta; 2 agosto 1499 al sesto mese di gravidanza si dispera per l 'assenza del marito ed ha per caduta un abmto197; 8 agosto 1499 nominata da Alessandro VI governatrice di Spoleto e Foligno198, lascia Roma accompagnata dal fratello Jofré; entra in Spo­ leto il 14 agosto. Con il marito, che l ' aveva raggiunta il l 9 settembre, incontrano il papa a Nepi il 23 settembre per l 'investitura di quel du­ cato 199; 9 ottobre 1499 è nominata governatrice di Nepi con donazione della rocca, tenimento rendite e privilegi, col diritto di !asciarli ai figli o a chi crederà200: Reg. Vat. 87 1 , ff. 54-56;

rie della R. Deputazione di Storia Patria per le Province di Romagna», 3a ser., 1 5 ( 1 897), p. 88). Cfr. GREGOROVIUS, Lucrezia Borgia cit., app. nn. 29 e 30. U n di­ spaccio inviato da Venezia il 1 5 marzo 1498 al duca di Fenara recava «da Roma accertasi che la figliola del papa ha partorito» cfr. ibid. , p. 147. 194 FELICIANGELI, Un episodio di nepotismo cit., p. 74. 195 GREGOROVIUS, Lucrezia Borgia cit., doc. XVI; BURCKARDI Liber notarum cit., II, p. 1 1 6. 196 PASTOR, Storia dei papi cit. , III, pp. 1044-1045, n. 46, pubblica la relazione deIl' oratore di Mantova tratta dall'Archivio Gonzaga di Mantova. 197 BURCKARDI Liber notarum cit., II, p. 128, nota 25. 198 F. MANciNI, Lucrezia Borgia governatrice di Spoleto, «Archivio Storico Ita­ liano», 1 1 5 ( 1957), pp. 182-1 87. 199 MANciNI, Lucrezia Borgia governatrice cit., p. 1 83. 200 B URCKARDI Liber notarum cit., II, p. 1 66.

311

201 Ibid., 202 Ibid.,

II, p. 1 7 1 . II, pp. 174-176. 203 Ibid., II, p. 20 1 . 204 B URCHARDI Diarium cit., III, pp. 67 1 , 749, 845; SANUDO, I Diarii cit., III, p .

845.

205

BURCHARDI Diarium cit., II, p. 241 . SANUDO, I Diarii cit., III, p . 1 1 30. 207 BURCKARDI Liber notarum cit., II, p. 294. 208 Ibid., II, p. 30 1 . 209 Ibid., II , p . 299.

206


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ANNIBALE ILARI

APPENDICE: I FAMILIARI D I ALESSANDRO VI

7 gennaio 1502 lettera di Alessandro VI alla figlia; 24/25 giugno 1 5 1 9 muore di parto a Ferrara. Lucrezia ebbe da Alfonso I duca di Ferrara (25 gennaio 1505-3 1 ottobre 1534): Alessandro ( 1 505 vissuto un mese), Ercole II duca di Fenara (1508-1559) che sposò Renata di Francia nel 1 528; Ippolito ( 15091572), cardinale; Eleonora (15 1 5- 1 575) badessa del Corpus Domini di Fenara; Alessandro ( 1 5 14- 1 5 1 6) ; Francesco ( 1 5 1 6- 1 578) marchese di Massalombarda; Isabella Maria (giugno-novembre 1 5 19).

17 giugno 1 5 0 1 entra i n Roma d a Porta del Popolo e l o riceve i l capitano di Porta del Palazzo del Papa suo fratello germano ed il giorno dopo vie­ ne ricevuto in pubblico concistoro. Lodovico nel 1 5 10 era in relazione con il poeta spagnolo Vasquez213. Muore a Napoli per caduta da cavallo, viene sepolto nella chiesa di S. Pietro a Maiella di Napoli (non vi è epi­ taffio)214.

Lucrezia ebbe nipoti: dal figlio Ercole Il, duca di Fenara: Anna (153 1-1607) sposata al duca di Guisa; Alfonso II (1533-1597) duca di Ferrara; Lucrezia (1535-1598); Leonora (1537-1581); Luigi ( 1538-1586), cardinale; dal figlio Francesco: Bradamante, figlio naturale; Mmfisa, figlia naturale che sposò in prime nozze Alfonsino d'Este ed in seconde nozze Alde­ ramo Cybo. Lucrezia Borja,

figlia di Juan Borja (1498- 1 548), l 'infante romano, moglie di Ciriaco Mattei, da cui Giustina Mattei, moglie di Giovanni Battista Pamphili a­ scendenti di Innocenza X. Ludovico Orsini (t 1489),

signore di Bassanello (Viterbo), marito di Adriana Bmja y Milà, figlia di Pedro Milà, figlio di Juan Milà e di Catalina Borja y Mart{, sorella di Cal­ listo III, cugina di Alessandro VI: 20 maggio 1489, tavole nuziali, rogate dal notaio Camillo Benimbene, pubblicate dal Gregorovius210. Ludovicus Borja (t 1498),

protonotario e segretario apostolico, nipote del cardinale di S. Gior­ gio2u. Luis Borja, valentinus, hispanus, figlio di una sorella di Alessandro VI, fratello

germano di Juan arcivescovo di Valencia, cugino o nipote del Valentino, creato cardinale di S . Maria in Via Lata il 28 settembre 1 500212 , peniten­ ziere maggiore, già priore di S . Eufemia dell' Ordine Gerosolimitano. Il

m,

210 GREGOROVIUS,

Lucrezia Borgia cit., pp. 355-358; BURCHARDI Diarium cit.,

p. 143.

2 1 ! BURCKARDI Liber notarum

212 BURCHARDI Diarium

cit., II, p. 1 1 8. cit., m, pp. 76-77, 82.

Luis Borja,

milite gerosolimitano (fratello del cardinale Borja, legato di Bologna morto in Foro Sempronio [Forlì] dopo il giovedì 16 gennaio [1499?] ed il lunedì 28 trasferito in S. Maria del Popolo a Roma215), riceve il vescovato di Valenza216: nipote del Valentino il 28 settembre è creato cardinale del ti­ tolo di S. Maria in via Lata, diaconia217; entrato in città è accolto dal capi­ tano della Porta di Palazzo, suo germano, ed il 17 giugno 1501 è ricevuto in pubblico concistoro218: 8 luglio 1487 dispensato da Innocenza VIII per contrane matrimonio con Isabella, nipote del cardinale Rodrigo Borja, vescovo di Porto e vi­ cecancelliere: Arm. XXXIX, t. 19, ff. 462v-463r. Luis Juan, cardinale del titolo di S. Marcello, 10 dicembre 1 503 fugge da Roma: Arm. XXXIX, t. 22, ff. 2, 5r (7r)2 1 9 ; benefici ottenuti: Reg. Vat. 563, ff. 1 14v-1 15v; Indice 274, f. 39r. Luis Juan, cardinale del titolo dei SS. Quattro Coronati, reservatio: Reg. Vat. 555, ff. 46r-47v; Indice 274, f. 1 6v; Reg. Vat. 556, ff. 66v-67v; Indice 274, f. 1 9r; Reg. Vat. 563, ff. 253r-v; Indice 274, f. 40r; conferimento priorato: Reg. Vat. 565, ff. 265v-266r; Indice 274, f. 45v; benefici: Reg. Vat. 563, ff. 114v-1 15v; Indice 274, f. 39r; facoltà di testare: Reg. Vat. 599, ff. 11 8v-120r; Indice 274, f. 1 36r; regressus regularum: Reg. Vat. 617, ff. 25v-26v; Indice 274, f. 1 8 1v; monitoria: Reg. Vat. 278, ff. 283v-285r, 293r-297v; Indice 274, f. 82v; scomunicato da Sisto N: Reg. Vat. 639, ff. 291 v-293r; Indice 274, f. 238r.

21 3 PASTOR, Storia dei papi 2 1 4 PAULUS CORTEsms, De

cit., m, pp. 50-56. cardinalatu . . . , in Castro Cmtesio Symeon Nicolai

imprimebat 1 5 10, f 1 83v. 2 1 5 BURCHARDI Diarium cit., m, p. 1 1 . 216 Ibid., m, p. 67. 217 Ibid. , m, pp. 76-78. 2 1 8 Ibid. , m, pp. 143-144. 1 21 9 EUBEL, Hierarchia catholica cit., II, pp. 14, 200;

m,

p. 3.


314

ANNIBALE ILARI

Luis Juan Borja de Mil (t 15 10), ex sorore Catalina nipote di Callisto III: 17 settembre 1453 (1455?) nominato cardinale da Callisto III, vescovo di Segovia e della chiesa unita della B . Maria de Albariazino: Reg. Vat. 445, ff. 301r-302r. Luis Maior,

penitenziere maggiore220, riceve da Giulio II il nudo titolo di S . Mar­ cello, la casa per l 'abitazione della famiglia, la restituzione dei casali e dei beni che aveva ceduto al card. Bernardino Lopez Carvajal (1456-1523) il 3 agosto 1 507: Reg. Vat. 920, ff. 120-1 2 1 ; 277, f. 87v.

APPENDICE: I FAMILIARI DI ALESSANDRO VI

315

sposa i n seconde nozze Juan, figlio dello stesso cardinale e di Vannozza de Cathaneis, succede nel ducato di Gandia (II duca di Gandia), assassinato in Roma nella notte tra il 14 ed il 15 giugno 1497: 19 settembre 1 500 con il figlio Juan, III duca di Gandia, riceve il giu­ bileo: Reg. Vat. 882, ff. 60v-62v. Mariano da Genzano,

frate, incaricato di convincere Giovanni Sforza, conte di Pesaro, a chie­ dere l 'annullamento del matrimonio per impotenza con Lucrezia Borja a senso delle decretali223. Micheletto,

Luis de Aragona,

sposato con Battistina figlia di Teodorina Cybo, figlia di Innocenzo VIII, e di Gherardo Usodimare. Luis Juan de Milà,

nipote di Callisto III, figlio di Catalina Bmja, sorella di Callisto III, moglie di Luis de Milà, barone di Masalavés: Vat. lat. 12264, ff. 134v22 1 ; 29 gennaio 1453 vescovo di Segovia222; 17 settembre 1455 nominato cardinale da Callisto III: Reg. Vat. 445, ff. 1 63v-1 63v; 1 8 marzo 1463, inviato nel principato di Catalogna e di Barcellona per comporre le discordie tra Juan II, re d'Aragona, e la popolazione: Reg. Vat. 498, f. 85, reservatio: Reg. Vat. 555, ff. 46r-47r; Indice 274, f. 16r; Reg. Vat. 556, ff. 66v-67v; Indice 274, f. 19r; Reg. Vat. 563, f. 253 ; Indi­ ce 274, f. 40r; Liber prioratus Reg. Vat. 565, ff. 265v-266r; Indice 274, f. 45v; Monitorium Reg. Vat. 578, ff. 283v-285r, 293-297v, Indice 274, f. 82v; facoltà di testare: Reg. Vat. 599, ff. 1 18v-120r; Indice 274, f. 136v; Regressus regularum Reg. Vat. 617, ff. 25v-26v; Indice 274, f. 1 8 1 .

confidente del Valentino224: 21 maggio 1503 chiuso nelle carceri di Tar di Nona per aver assassina­ to Alfonso d'Aragona, duca di Bisceglie, marito di Lucrezia Borja225. Navarrico,

spagnolo intimo borgiano: 19 ottobre 1494 reca da Capodimonte lettere di Giulia Franese per Ales­ sandro VI con le quali rifiuta di tornare a Roma senza l'assenso del ma­ rito Orsino Orsini, di Adriana Milà, di Francesco Gaçet e del card. Ales­ sandro Farnese. Orsino Orsini,

figlio di Ludovico Orsini (t 1489), signore di Bassanello (Viterbo), e di Adriana Borja y Milà, figlia di Pedro Milà, figlio di Juan Milà e di Cata­ lina Borja y Marti, sorella di Callisto III: 21 maggio 1489 sposa Giulia Farnese (t marzo 1524)226 del fu Pier­ luigi, sorella del card. Alessandro (1468-1549), poi Paolo III, discepo­ lo di Giulio Pomponio Leto;

Maddalena Gonzaga,

prima moglie di Giovanni Sforza, vicario di Pesaro, morta di parto. Maria Enriquez di Castiglia ( 1480-1537),

cugina di Ferdinando il Cattolico, sposata in prime nozze con Pedro Luis duca di Gandia (morto prima del 149 1), figlio del card. Rodrigo Borja,

220 E . G6LLER, Die papstliche Ponitentiarie von ihrem Ursprung bis zu ihrer Umgestaltung unter Pius V, II, Rom 1 902, p. I O . 221 BURCKARDI Liber notarum cit., I, pp. 6, 227. 222 EUBEL, Hierarchia catholica cit., II, p. 234.

223

Corpus iuris canonici, Decret. Gregorii IX, lib. IV, tit. XI cap. V et XVI, decretale di Celestino III del 1 195: «statim separatur si de impotentia coeundi con­ stet alias cohabitabunt coniuges per triennium et cum septimae manus propinquo­ rum iurent quod dederint operam carnali copulae et non potuerint coniungi»; Decr. Gregorii IX, lib. IV, tit. XV e XVI, decretale di Onorio III del 1 220: «matrimo­ nium illud dirirnitur in quo vir per septennium uxori cohabitans eam cognoscere non potest» . 224 BURCKARDI Liber notarum cit., II, p. 2 1 6. 225 Ibid., II, p. 343. Le fonti menzionano anche un Michele Borja. 226 ASR, Col!. Not. Cap. Beneimbene.


316

ANNIBALE ILARI

30 aprile 1495 Alessandro VI concede a lui ed alla moglie Giulia Far­ nese l 'indulgenza per la chiesa di S . Maria di Bassanello: II Diverso­ rum Alexandri VI, f. 200;

Alessandro VI gli invia a Bassanello un breve, tramite l 'arcidiacono Pietro de Solis, per convincerlo a lasciar partire Giulia per Roma: Or­ sino acconsentì; il 28 novembre 1494 ottiene da Alessandro VI grosse somme per pa­ gare le truppe.

Paolo III, Alessandro Farnese, fratello di Giulia Farnese moglie di Orsino Orsi­

ni, zio materno di Laura Orsini. Pedro Borja (1497),

scrittore apostolico227. Pedro Milà,

figlio di Catalina, sorella germana di Callisto III, signore di Tropea. Pedro Guillen Lançol de Romani: maggio 1457 gentium armorum capitaneus generalis, castellano di Ca­ stel S. Angelo con lo stipendio di 200 fiorini d'oro: ASV, Introitus et exitus 434, ff. 1 1 9r, 128r, 137r; riceve un beneficio da Sisto IV: Reg. Vat. 647, ff. 69v-72v; cfr. Indice 274, f. 259v. Pedro Luis Borja,

domicella romano, figlio del cardinale Rodrigo Borja, diacono di S . Nicola i n Carcere, e di madre diversa d a Vannozza, primo duca di Gandia: 5 novembre 148 1 legittimato228; 3 settembre1485 ricevuto nella milizia di S. Giacomo della Spada, no­ nostante il difetto dei natali, con riserva di conferimento di precettoria: Reg. Vat. 682, ff. 288v-289; 1485 investito dal re Ferdinando del ducato di Gand1a, per essere figlio di genitori di alto lignaggio, meritevole di essere segnalato per scienza

227 BURCKARDI Liber notarum cit., II, p. 37, r. 29. 228 BURCHARDI Diarium cit. , III, suppl. App. III; OLIVER, Rodrigo

de Bmja (A­ lejandro VI) cit. , pp. 402-447: è detto «adolescens de tunc Diacono Cardinali et so­ Iuta», doveva aver circa venti anni.

APPENDICE: I FAMILIARI DI ALESSANDRO VI

317

di guerra e disciplina militare e per aver servito con zelo nella guerra contro il re moro di Granada: Arm. XXXV, t. 33, f. 82; 2 dicembre 1485 liberato dal carcere di Castel S. Angelo dove era sta­ to ristretto per ordine di Innocenza VIII: Reg. Vat. 498, f. 10; 20 settembre 1486 Innocenza VIII gli riconosce il diritto di patronato sulla chiesa parrocchiale della Beata Maria dell'Oppido o Villagandia (Valencia), lo dice nipote del card. Juan Luis Bmja y Milà, vescovo di Senigallia, del titolo dei Ss. Quattro Coronati, nipote di Callisto III ex sorore Catalina: Reg. Vat. 682, ff. 392r-394v; 1488 giunge a Roma dopo aver celebrato gli sponsali con Maria Enr1quez, figlia del maggiordomo e zio del re Ferdinando di Napoli; muore prima del 149 1 . Pedro Luis de Borja y Borja (26 sett. 1458), figlio di Jofré Borja y Doms e di Isabella Borja y Mart1, sorella di Cal­ listo III, nipote di Callisto III, fratello di Alessandro VI, camerlengo di Alfonso V il Magnanimo (1396-1458): nominato castellano di Castel S. Angelo da Callisto III: Reg. Vat. 455, 2 febbraio 1455, capitano generale della Chiesa Romana, nominato go­ vernatore di Todi, Terni, Rieti ed altro: Reg. Vat. 443, f. 96; 21 settembre 1456, governatore di Assisi, Amelia, Civitavecchia, Foli­ gno, Narni, Nepi, Nocera e Castro Lugnano, Spoleto, prefetto di Ro­ ma: Reg. Vat. 465, ff. 203v-205r, 208v-209v, 235r; 18 febbraio 1457, canonico della Beata Maria di Jativa, facoltà di por­ tare le almuzie: Reg. Vat. 462, f. 8v; 31 gennaio 1458 prefetto di Roma e, di conseguenza, vicario di Ca­ prarola, Civitavecchia, Vetralla, Monte Romano: Reg. Vat. 465, ff. 203v-205r, 208v-209v, 235r, 288r;

Pio II ordina il sequestro dei beni che aveva in Castel S. Angelo: Reg. Vat. 498, f. lOv; 26 settembre 1458 muore a Civitavecchia.

Pedro Luis Borja (t 1 5 1 1),

nipote di Cesare Borja, fratello del card. Giovanni Bmja (arcivescovo di Valencia), precettore della domus di S . Eufemia (Nicastro), nipote di A­ lessandro VI: 28 sett. 1 500 nominato cardinale di S. Maria in via Lata229 e poi di S . Marcello: Reg. Vat. 936, ff. 129r-13 1r; Indice 277, f. 1 04r230.

229 EUBEL, Hierarchia catholica cit. , II, p. 24. 230 BURCKARDI Liber notarum cit. , II, pp. 236,

239, 242, 246.


318

ANNIBALE ILARI

319

APPENDICE: I FAMILIARI DI ALESSANDRO VI

Pedro Caldes o Calderon, detto Perotto, Pyrone cameriere di fiducia di Alessandro VI: 14 febbraio 1498 viene ucciso231.

l a guardia di custodia del Palazzo235: IV Diversorum Alexandri VI, f.

Peretta,

Reg, Vat. 869, f. 66; Indice 1 14, ff. 41-42r; 21 ottobre 1501 è nominato duca di Sermoneta; 27 agosto 1502 il card. Francesco Borja, vescovo di Cosenza, tutore di Rodrigo e di Giovanni Borja deposita 2.000 ducati d'oro nel banco di

neta con Ninfa, Cisterna, Nettuno, Ardea, Nemi, Albano ed altre città:

figlia di Teodorina, nipote di Innocenza Vm, e di Gherardo Usodima­ re nel novembre 1489 sposa Alfonso del Carretto, marchese di Finale, ve­ dova sposa Andrea Doria232. Petrus de Mattutiis, magister, marito di Isabella, figlia di Alessandro VI: 18 nov. 1498 riceve 200 ducati d'oro (manca la registrazione). Pedro de Solis,

arcidiacono, intimo borgiano: settembre 1494 reca a Capodimonte un breve di Alessandro VI ad Or­ sino Orsini per ordinare la partenza per Roma di Giulia Farnese e di A­ driana Milà. Raimondo Borja233 Rodrigo ( 1502/3- 1527),

figlio di Alessandro VI e di ignota, abate del monastero di Cicciano di Nola: Reg. Vat. 1094, ff. 107v-109v; Indice 278, f. 247v. Rodrigo de Arag6n Borja,

figlio di Lucrezia Borja e di Alfonso d'Aragona duca di Bisceglie: l novembre 1499 nasce a Roma, battezzato nella Cappella Sistina; 1500 rimasto orfano di padre, Alessandro VI nomina suoi tutori i car­ dinali Antoniotto Pallavicina, Giovanni Vera, Francesco Bmja ed lp­ polito d'Este: Reg. Vat. 87 1 , f. 78234; 13 maggio 150 1 ha concessione di erigere la confraternita della Concezione della B. Maria Vergine per ambo i sessi; è detto signore di Villalonga e di Villa Anna, nipote di Alessandro VI e capitano del-

23 1 Jbid., n, pp. 71 -74, 3 1 3 ; SANUDO, I Diarii, 232 B URCKARDI Liber notarum cit., I, p . 243.

47 1 ; 1 7 settembre 1501 è investito da Alessandro VI del ducato di Sermo­

cit., I, p. 83;

233 FERNANDEZ DE BÉTHENCOURT, Historia genealogica 234 BURCKARDI Liber notarum cit. , I, p. 412; n, p. 473.

Ill, p.

Giulio Spannocchi di Roma. Alessandro VI gli conferisce Fermo con­ quistata dal Valentino nel dicembre 1 502236; 6 ottobre 1501 è creato duca di Nepi (il Contelori annota «nato suo in 2 vel circiter aetatis anno»); 1504, Giulio II toglie il ducato di Sermoneta a Rodrigo e lo restituisce ai Caetani; 15 12 muore.

Rodrigo Borja: 10 marzo 1455 de nobili ac militari genere procreatus, protonotario a­ postolico: Reg. Vat. 454, f. 58. Rodrigo Borja Lançol de Romani y Moncada, domicella valentino: 11 maggio 1493 con la moglie Jerònima de Calatayud y Mercader237,

nipote di Alessandro VI, Bianca de Moncada, Elisabetta de Castelin, E­ leonora Flos vedova del milite Francesco de Valtera, Maria Maddale­ na de Valtera, Girolamo e Violante coniugi, Michele Andrea cittadini valentini, riceve il confessionale: Reg. Vat. 879, ff. 207r-208r . Rodrigo Gil (Jaime, Jacobus) Borja,

marito di Sibilla Doms, padre di Jofré Bmja y Doms sposo di Isabella Borja y Marti, sorella di Callisto m. Era nonno di Alessandro VI. Sibilla Doms,

aragonese, moglie di Rodrigo Gil Borja, suocera di Isabella sorella di Callisto m, nonna di Alessandro VI.

486.

cit. , p. 357.

235 Jbid. , II, pp. 174, 176. 236 FuLVI, Documenti di storia di Fermo, Fe1mo 1875 237 FERNANDEZ DE BÉTEHNCOURT, Historia genealogica

cit.,

pp.

362-363.


320

ANNIBALE ILARI

Teodorina Cybo,

figlia avuta da Innocenza VIII prima del sacerdozio, madre di Peretta, sposata con Gherardo Usodimare238. Teseo Seripando,

frate, intimo di Giulia Farnese e di Orsino Orsini.

APPENDICE: I FAMILIARI DI ALESSANDRO VI

321

confuso244. L'epigrafe funeraria di Vannozza de Cathaneis245, copiata dal­ l' Anonimo spagnolo (Alfonso Ciacconio, Chacon, 1 540-1599) in S . Maria del Popolo verso il 1570246, ora nel portico della Basilica di S . Marco al Campidoglio, trasmette il nome dei figli avuti dal card. Rodrigo Borja. Il nome di Cesare si legge nonostante il tentativo di obliterarlo247. In vec­ chiaia fece della beneficenza248.

Vannoza Catanei,

(Roma il 13 luglio 1442- 26 novembre 1 5 1 8), ebbe cinque mariti: il 29 gennaio 1483 sposò in prime nozze Antonio da Brescia (fratello del pittore Jacopo) del quale la madre di Vannozza era rimasta vedova nel 1483239, da cui ebbe Juan-Bautista de Briscia canonico di S. Maria in Via Lata; in se­ conde nozze sposò Domenico Giannotti de Arigliano (Arignano) attestato dal primo decreto di legittimazione del 1 9 settembre 1493 con il quale A­ lessandro VI dichiara Cesare Borja figlio legittimo dei due coniugi e lo a­ dotta ed inoltre riconosce come suo figlio Juan di Gand1a; nel secondo de­ creto dello stesso giorno riconosce Cesare come suo figlio240. Vmmoza eb­ be Ottaviano dalle terze nozze contratte con Giorgio della Croce (t 1486), milanese, scrittore delle lettere apostoliche di Sisto N, fondatore della cap­ pella funeraria in S . Maria del Popolo (cappella di S . Lucia già del ' Corpo di Cristo'); sposò in quarte nozze Carlo Canale, cameriere del card. Fran­ cesco Gonzaga e poi del card. Sclafenati di Parma, segretario della Peni­ tenzieria Apostolica, capitano di Tor di Nona. Vannoza fece testamento il 15 gennaio 1 5 17 per atti di Andrea CarosF41, fu sepolta in S. Mm·ia del Popo­ lo, le spoglie scomparvero in seguito alla damnatio memoriae. Il ritratto sicuro di Vannoza non si conosce, nella cappella di S. Lucia vi era un quadro della santa ritenuto ritratto di Vannoza, fatto rimuovere da Alessandro VII242. Due probabili ritratti cinquecenteschi sarebbero conser­ vati dalla Congregazione di carità e dalla Congregazione della Ss.ma Con­ cezione243. Pasini-Frassoni tratta dello stemma di Vannoza in modo assai

238 BURCKARDI Liber notarum cit., I, pp. 48, 243-244; SIGISMONDO DE CoNTI DA FoLIGNO, Le storie dei suoi tempi cit., II, p. 33. 239 OLIVER, Rodrigo de Bmja cit.; OLIVER Y URTADO , Don Rodrigo de Bmja (A­

lejandro VI) cit., doc. n. 9. 24° CÉL1ER, Alexandre VI et ses enjants cit., pp. 3 1 9-334; YRIARTE, César Bor­ gia cit., p. 32; H6FLER, Don Rodrigo de Bmja cit., pp. 52 e ss.; BURCKARDI Liber notarum cit., I, p. 862. 24 1 ASC, Cred. XIV, t. 72, p. 305; M. MENOTTI, Documenti inediti sulla fami­ glia e la corte di Alessandro VI, Roma 1917. 242 M. ARMELLINI, Le chiese di Roma, I, Roma 1 942, p. 387. 243 MENOTTI, II Borgia, storia e iconografia cit.

244 F. PASINI-FASSONI, Ancora lo stemma di Vannozza Borgia de Cataneis, «Ri­ vista araldica» 7 (1909), pp. 488-489. 245 Bibl. Ap. Vat. , Chigi L V. 1 67, f. XV 246 F. HERMANIN, S. Marco, Roma [1932], in Le chiese di Roma illustrate, a cu­ ra di C. GALASSI PALUZZI, n. 30. 247 V. FoRCELLA, Iscrizioni delle chiese e d'altri edifizi di Roma, VIIl, Roma 1 876, pp. 136 e 520. 248 FoRCELLA, Iscrizioni delle chiese cit., I, 1 869, p. 335: «de xenodochio Late­ ranensi meritae [ ...] vixit annos LXXVI menses IV, dies Xli obiit anno MDXVIII, XXVI novembris». Cfr. U. GNOLI, Alberghi e osterie romane della rinascenza, «Pan» (1935); altri possedimenti in BURCKARDI Liber notarum cit., I, pp. 562, 563; GREGOROVIUS, Storia della città di Roma cit., IV, pp. 23 e ss.; ID., Lucrezia Borgia cit., pp. 10 e ss. ; DE L'ÉPINOIS, Alexandre cit., pp. 379 e ss. ; P. PERICOLI, L'ospedale di S. Maria della Consolazione, Imola 1 879, pp. 74 e ss. Donò l' albergo della Vacca a Campo de' Fiori cfr. ASR, Camerale I, Mandati Camerali 842; M. RoMANI, Pelle­ grini e viaggiatori nell'economia di Roma dal XIV al XVII secolo, Milano 1948.


PAOLA PAVAN Il Comune di Roma al tempo di Alessandro VI

Le fonti coeve non sono generose di informazioni sul Comune di Ro­ ma durante il pontificato di Alessandro VI: il Diario della città di Roma di Stefano Infessural, di grande interesse per noi proprio per la sua ottica tut­ ta municipale2, si arresta ai primi mesi del 1494, l'opera di Marco Antonio Altieri, vera e propria «epopea della società municipale romana», come scrive Massimo Miglio, «frammentata in tre libri della maturità, in qualche verso della giovinezza», Li nuptiali, Li baccanali, il Commentario de privi­ legi de grazie e indulti della Confraternita del Salvatore ad Sancta Sancto­ rum3, contiene solo alcuni spunti. Mute, se si prescinde dalle riforme statu­ tmie, le fonti ufficiali del Comune: la serie dei verbali delle sedute del Con­ siglio si è conservata solo a pmiire dal l 5 1 54. Ciò nonostante, è possibile cogliere nel pontificato di Alessandro VI un momento cruciale e decisivo per la stmia del Comune. Una storia segnata, nel corso del Quattrocento, dall' affetmazione e dall'evoluzione di un nuo­ vo ceto dirigente, vera e propria oligarchia di censo, che trae la sua forza dalle proprie capacità produttive e imprenditoriali più che da privilegi feu­ dali e di nascita, costituita tanto da nobiles viri che da ex popolari, da ban­ chieri e pescivendoli, da notai e mercanti, che si alternano nelle cariche pubbliche e negli uffici5. Superando la tradizionale divisione tra milites e pedites, nobiles e populares, la nuova oligarchia tiesce a far riassorbire, al1 Diario della città di Roma di Stefano Infessura scribasenato, a cura di O. TOMMASINI, Roma 1 890 (Fonti per la Storia d'Italia, 5). 2 Per l'importanza di tale fonte nella ricostruzione di alcuni passaggi significa­ tivi della storia del comune romano, cfr. P. PAVAN, Permanenze di schemi e modelli del passato in una società in mutamento, in Un pontificato ed una città. Sisto IV (1471-1484), (Atti del Convegno, Roma, 3-7 dicembre 1 984), a cura di M. MIGLIO­ F. NIUTTA-D. QuAGLIONI-C. RANIERI, Roma-Città del Vaticano 1 986, (Littera Anti­ qua, 3), pp. 307-3 1 5 . 3 Li nuptiali di Marco Antonio Altieri pubblicati da Enrico Narducci, Introdu­ zione di M. MIGLIO, Appendice documentaria e indice ragionato dei nomi di A. Mo­ DIGLIANI, Roma 1 995 (RRinedita. anastatica, 9), p. 9*. 4 ASC, Camera Capitolina, cred. L 5 Per la composizione sociale del nuovo ceto dirigente cittadino, cfr. M. FRAN­ CESCHINI, Le magistrature capitoline tra Quattro e Cinquecento: il tema della "ro­ manitas " nell'ideologia e nella committenza municipale, «Bollettino dei musei co­ munali di Roma», 3 (1989), pp. 64-73 ; P. PAVAN, "Inclitae urbis Romae iura, iuris-


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PAOLA PAVAN

IL COMUNE DI ROMA AL TEMPO DI ALESSANDRO VI

l 'interno degli organismi comunali, istanze e ordinamenti della parallela or­ ganizzazione di popolo6. Il proeesso di svuotamento politico delle preroga­ tive del senatore a vantaggio di magistrature di origine popolare, prima fra tutte quella dei conservatori, avviene cautamente ed in modo quasi som­ merso, nella preoccupazione tutta politica di non compiere fratture trauma­ tiche con il passato e nella consapevolezza che la continuità ideale con l'an­ tico Senato romano è fonte primaria di legittimazione della stessa autono­ mia comunale7. D ' altro canto, l ' affermazione del primato papale e del potere tempo­ rale della Chiesa cesserà di trovare i suoi presupposti unicamente nel Con­ stitutum Constantini8, per riallacciarsi direttamente alla romanità e ai mi­ ti storiografici del pater patriae e del restaurator Urbis9 , come nel caso di Martino V e di Niccolò V, degli imperatori tardo antichi, come nel ca­ so di Paolo II, o della giustizia e della potenza traianea, come nel caso di Sisto IV. In un sottile gioco di rinvii e di metafore, non sempre necessariamente e­ spliciti, che finisce per legare indissolubilmente il tema della restauratio ope­ rata dal pontefice a quello della restitutio al popolo romano degli originari pri­ vilegi e prerogative, la dimensione ideale della romanità comincia a divenire,

a partire dal pontificato di Martino V10, lo stmmento più efficace di legittima­ zione da un lato della nuova classe dirigente e delle istituzioni da essa espres­ se, dall'altro del potere temporale della Chiesa. In questa chiave di reciproca legittimazione, che fonde diritto romano e consuetudine, diritto canonico e cultura umanistica, storia di Roma re­ pubblicana e imperiale e tradizione municipale, oltre che, naturalmente, di concreti interessi per la tutela del diritto, dell'ordine pubblico, delle com­ petenze giurisdizionali, va anche riletto, a mio avviso, il rapporto dialettico tra papato e comune, tra potere centrale e potere locale, tra vertici di go­ verno e classi sociali all'interno della città. In tale rapporto, gli Statuti cit­ tadini, la cui validità giuridica non verrà mai messa in discussione neppure nei momenti di massima affermazione dell'assolutismo papale, costituiran­ no per secoli il punto di riferimento obbligato per entrambe le parti, via via terreno di accordo, di rivendicazioni, di scontro, di patteggiamento. A partire dal 1425, data della conferma degli Statuti trecenteschi da parte di Martino v n, le riforme statutarie che via via si succedono offrono uno specchio fedele della capacità contrattuale della municipalità nei con­ fronti del governo papale, nel difficile equilibrio tra la difesa dei privilegi del passato e le urgenze della realtà politica del presente. Ogni modifica, ogni aggiunta presuppone un confronto, un patteggia­ mento, un recepimento o un rigetto da parte del pontefice di istanze rap­ presentate dai magistrati cittadini. Basta analizzare, accanto al contenuto dei singoli articoli aggiunti o riformati, la stessa stmttura fisica dei codici e delle edizioni a stampa degli Statuti quattro e cinquecenteschi, per notare quanto costante sia lo sforzo di salvaguardare da un lato le forme di regime più funzionali agli interessi dei gmppi egemoni, dall'altro di adattare l'or­ ganizzazione comunale alla nuova centralità che Roma andava assumendo come capitale dello Stato della Chiesa. Il punto di incontro tra le due esigenze, spesso contrastanti, avviene sul terreno della reciproca legittimazione: il pontefice, nel promulgare o con­ fermare le norme statutarie si impegna a riconoscerne la validità giuridica e a difenderne l'osservanza, i magistrati cittadini, dal canto loro, nell'ordi­ nare la trascrizione delle disposizioni pontificie nei codici statutari, assicu­ rano loro il consenso e l 'osservanza da parte del popolo romano. Man mano che si procede verso la fine del Quattrocento, le profonde trasformazioni del tessuto non solo politico, ma anche economico e sociale della città costringono la classe dirigente romana ad uno sforzo di adegua­ mento anche istituzionale.

dictiones et honores ": un caso di damnatio memoriae?, in Alle origini della nuova Roma. Martino V (141 7-1431), (Atti del Convegno, Roma 2-5 marzo 1 992), a cura di M. CHIABò G . D 'ALESSANDRO-P. PIACENTINI-C. RANIERI, Roma 1 992 (Nuovi Studi Storici, 20), pp. 301-309; M. FRANCESCHINI, "Populares, cavallarocti, milites vel doctores ". Consorterie, fazioni e magistrature cittadine, ibid., pp. 29 1-300; A. MomGLIANI, "Li nobili huomini di Roma " . Comportamenti economici e scelte pro­ fessionali, in Roma Capitale (1447-1527), a cura di S. GENSINI, San Miniato 1 994, pp. 345-372; A. EsPOSITO, "Li nobili huomini di Roma". Strategie familiari tra città, curia e municipio, ibid. , pp. 373- 388. 6 M. FRANCESCHINI, Dal consiglio pubblico e segreto alla Congregazione e­ conomica: la crisi delle istituzioni comunali tra XVI e XVII secolo, in Il Comu­ ne di Roma: istituzioni locali e potere centrale nella capitale dello Stato pontifi­ cio, a cura di P. PAVAN, «Roma moderna e contemporanea», 4/2 ( 1996), pp. 337351. 7 P. PAVAN, I fondamenti del potere: la legislazione statutaria del Comune di Roma dal XV secolo alla Restaurazione, in Il comune di Roma cit., pp. 3 1 1- 329. 8 Si leggano in proposito le considerazioni di O. CAPITANI , Roma tardo medie­ vale come problema storiografico, in Un pontificato ed una città cit., pp. 747-760, e di G. SEIBT, Anonimo romano. Scrivere la storia alle soglie del Rinascimento, Ro­ ma 2000, pp. 147-174. 9 M.G. BLASIO, Radici di un mito storiografico: il ritratto umanistico di Mar­ tino V, in Alle origini della nuova Roma cit., pp. 1 1 1-124. -

10 P. PAVAN, "1nclitae w·bis Romae iura" cit. 1 1 ASC, Camera Capitolina, cred. XV, t. 45.


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IL COMUNE DI ROMA AL TEMPO DI ALESSANDRO VI

Mentre i pontefici, dalla politica fiscale a quella annonaria, dall'orga­ nizzazione degli uffici a quella dell'esercito, dallo sviluppo della curia al­ l 'accentramento amministrativo e alla conversione in vitalizie e venali delle cariche prima elettive, vanno gettando le basi del nuovo Stato, si fa acuta e dolorosa la percezione che gli antichi privilegi rischiano di divenire inade­ guati o, addirittura, insostenibili 12• Gelosa tutrice della propria tradizione, la classe dirigente municipale approfitta, tuttavia, di ogni sede vacante e di o­ gni nuova elezione del papa per tornare a chiedere l'osservanza degli statu­ ti e delle bolle di concessioni di diritti ad unguem13. È quanto accade, puntualmente, anche in occasione della morte di In­ nocenza VIII, nell'estate del 1492. Stefano Infessura, lettore in civile alla S apienza e scribasenato, annota nel suo Diario della città di Roma: «die primo augusti, populus romanus in sacristia S . Petri ponexit capitula colle­ gio, quae petiit observari, et fuemnt lecta; et data sunt bona verba per vice­ cancellarium nomine omnium cardinalium»14. li vicecancelliere che tanto benevolmente accoglie i cittadini romani è il card. Rodrigo Borgia. L'autore non riporta il testo dei capitoli presentati al Sacro Collegio, ma più oltre, nel riferire le voci che accusavano Rodrigo Borgia di tentati­ vi di cmruzione in seno al conclave, aggiunge, senza soluzione di conti­ nuità: «civibusque Romanis multa promisit»15. In occasione dei festeggiamenti per l 'incoronazione del Borgia, assun­ to al trono pontificio col nome di Alessandro VI, annota ancora l'Infessu­ ra: «cui per urbem factus fuit maximus honor. Multi arcus triumphales et magis quam numquam alii pontifici factum fuerit per romanum populum potissime»16. Notazioni troppo scarne per riuscire a comprendere il reale atteggia­ mento dei romani nei confronti del nuovo pontefice, ma, poco più oltre, il medesimo cronista annota, al settembre del l 492: «Alexander ordinavit vi­ sitatores carcemm et fecit quattuor commissarios qui audirent querelas in Urbe, et ordinavit sindicatum Vignole et suomm officialium, et statuit etiam audientiam in die martis omnibus civibus tam maribus quam foeminis, et audivit ipsemet querelas; et iustitiam mirabili modo facere coepit»17. Se si riflette che il tema della giustizia, associato a quello dell'ordine pubblico, è per l 'Infessura e per la classe di cui è espressione quasi un to-

pos per indicare il buon governo, se ne può dedune un sostanziale atteg­

1 2 Eloquente, in proposito,

è l ' opera di Marco Antonio Altieri, cit., MIGLIO, Introduzione cit., pp. 9*- 38*. 13 Diario della città di Roma cit., p. 168. 14 Ibid. , p. 278. 1 5 Ibid. , p. 282. 16

17

Ibid. Ibid., p. 283.

v.

Li Nuptiali

giamento favorevole nei confronti del pontefice. Del clima di collaborazione instauratosi, almeno in tale materia, tra il pontefice e le autorità comunali è prova sostanziale la formulazione dei ca­ pitoli delle Reformationes et nova Statuta, riguardanti gli affari civili e cri­ minali, promulgati nel 1494. Con bolla l marzo dello stesso anno, il pontefice aveva dato mandato ai tre conservatori di redigere, insieme ai caporioni e a quattordici cittadini romani, appositamente designati, tra i quali figurano Paolo Planca, Camil­ lo Beneimbene, Marco Salamonio, Luca Casali, Lorenzo Caffarelli, la riforma degli Statuti in materia civile e criminale. Il testo delle riforme, di­ viso in due libri, ci è giunto nell'edizione a stampa del 1 5 19-23, aggiunto come libro IV al testo degli Statuti riformati nel 146918, segno che ormai costituisce pmie integrante del corpus statutario cittadino. Quello che più conta, tuttavia, è che proprio con Alessandro VI ven­ gono definite per la prima volta in modo esplicito le attribuzioni dei con­ servatori. Il capitolo «De officio Conservatomm», inserito al cap. XXV del primo libro delle suddette riforme19, stabilisce infatti: «Ad officium conservatomm ante omnia spectat vigilem ac precipuam curam pro statu S .D.N. pape ac sancte Romane ecclesie et pro urbis tutela et pro civium quietem semper habere». Da questo principio generale, vengono fatti discendere, come conse­ guenza necessaria, tutte le ulteriori attribuzioni, dalla tutela delle antichità al controllo sull' annona, sulle arti e sui loro Statuti, dalla concessione del­ la cittadinanza romana al controllo della Camera di Campidoglio, dalla giurisdizione civile e criminale sui feudi del popolo Romano alla nomina dei loro ufficiali e deputati, dall' appalto delle dogane e delle gabelle dei ponti e delle porte alla celebrazione delle feste «in assumptione beate Ma­ rie virginis de mense augusti et in Agone et Testatia», dall' assistenza

18 S. P. Q.R. Statuta et novae rejormationes w·bis Romae, eiusdemq. Varia pri­ vilegia a diversis Romanis Pontificibus emanata in sex libros divisa novissime com­ pilata; la data e la nota tipografica compaiono in calce al libro III, alla p. 67: «Ad

commodum Incliti populi Romani Volumen statutomm Urbis Romae impressum per me Stephanum Guillareti. Anno domini MDXXIII, quarto Kalendas Iulias, regnan­ te Adriano Sexto Pontifice Maximo, anno eius secundo». L'esemplare consultato è in ASC, Cqmera Capitolina, cred. XIV, t. 65. ll testo della citata bolla di Alessan­ dro VI del l marzo 1494 è riportato all'inizio del libro IV. 19 Ibid. , L I, cc. 7v-8 ( ripetuto al l. IV, cc. lOv-1 1). Il testo dell'intero capitolo è edito da M. FRANCESCHINI, I Conservatori della Camera Urbis: storia di un 'isti­ tuzione, in Il Palazzo dei Conservatori e il Palazzo nuovo in Campidoglio. Momen­ ti di storia urbana, Pisa 1 996, pp. 22-24.


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PAOLA PAVAN

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IL COMUNE DI ROMA AL TEMPO DI ALESSANDRO VI

«Generali gymnasio urbis» all' elezione dei riformatori e dei notai dello

temporanei per l' improvvisa morte del pontefice, grande nel bene e nel ma­

Studio20.

le, era comparsa anche nel giudizio dell' Altieri. In un passo de

Proprio con Alessandro VI l ' oligarchia romana riesce dunque, dopo ol­ tre cento anni di esercizio di fatto di funzioni politiche, giurisdizionali e amministrative21, a far entrare di diritto nel

corpus statutario tradizionale la

pienezza delle funzioni della magistratura dei Conservatori. Ed

è

sintoma­

Li Nuptiali,

soppresso dalla censura pontificia e pubblicato dal Narducci in appendice

al testo ufficiale, possiamo leggere, con riferimento ad Alessandro VI: «Sì che questo

è lo amore, questa è la benevolentia,

questa

è la gratitudine che

per Romani dalli lor pari se ne aspecta. Ma non piccola né meno despiace­

tico che, quasi a voler dare maggior forza di legittimazione a tale magistra­

vole recompenza dovemone tenere; vedendo già B orgieschi tutti infine ad

tura, che finora non si era osato codificare esplicitamente per l 'impossibi­

hogie dal profondo della terra exterminati, sì come piante venenose a Dio

lità di discostarsi dall' antico nome del Senato Romano22, il testo del capi­

ingrate, et inimice molto atroce alla natura»25.

tolo riguardante le attribuzioni dei Conservatori venga ripmtato, con una

La chiave di lettura per comprendere le cause della rottura dell'intesa

singolare ripetizione, che difficilmente potrebbe essere ascritta a banale di­

iniziale tra Alessandro VI e la classe dirigente municipale ci

sattenzione, oltre che nel libro IV, contenente le riforme di Alessandro VI,

prio dall' Altieri, in un altro passo del testo censurato de

Gabriele Cesarini, Marco Antonio Altieri, Pierleone de' Pierleoni, Mar­

nel libro I, ossia all 'interno del nucleo antico degli Statuti23. Viene fatto di pensare che le Costituzioni di Alessandro VI, compren­

co Mezzocavallo, Giovan B attista Miccinello e Tommaso Capoccia, tutti

denti questo importante capitolo, siano il mantenimento di parte sostanzia­

appartenenti a famiglie che possono vantare la qualità di

le delle promesse a suo tempo fatte ai romani, di quel «multa bona promi­

mani naturalP6,

sit civibus Romanis», di cui parlava l'Infessura. D ' altra parte,

citadini

e di

ro­

discorrono della famiglia e della patria, ossia della loro

città. I partecipanti alla conversazione ricordano le vicende delle proprie fa­

è impensabile che un tale risultato non sia stato raggiunto

grazie alle pressioni sul pontefice degli stessi

è fornito pro­

Li Nuptiali.

cives romani e che questi ultimi

non lo abbiano percepito almeno inizialmente, come un impmtante successo. Come spiegare, allora, l 'esultanza manifestata dai Romani per la mor­

miglie, i meriti accumulati nei confronti della Chiesa e dei passati pontefi­ ci, deprecando la condizione attuale di emarginazione. Pierleone Pierleoni, che ha appena ricordato come la sua famiglia si sia distinta per l' aiuto generoso a suo tempo prestato ad Urbano II27,

è invitato

dagli amici a narrare «la impresa assai litigiosa de Alexandro» .

te di Alessandro VI? Scrive Francesco Guicciardini: «Concorse al corpo morto d' Alessan­

Dopo aver affermato che il racconto puntuale sarebbe stato troppo hm­

dro in San Piero con incredibile allegrezza tutta Roma, non potendo saziar­

go e tedioso, Pierleone annuncia che si limiterà a narrare solo la parte «prin­

si gli occhi di alcuno di vedere spento un serpente, che con la sua immode­

cipale», per la quale «io me confido el miserabil stato nostro bene assai

rata ambizione e pestifera pedidia, e con tutti gli essempi di orribile cru­

comprenderase».

deltà, di mostruosa libidine e d 'inaudita avarizia, vendendo senza distin­

Pierleone aveva chiesto, a sostegno della sua «misera e debile vec­

zione le cose sacre e profane, haveva attossicato tutto il mondo. E nondi­

chiezza», ad Alessandro VI la concessione di un beneficio di curia, ricor­

meno era stato esaltato con rarissima, e quasi perpetua prosperità dalla pri­

dandogli la promessa fattagli quando il papa era ancora vicecancelliere.

ma gioventù insino all'ultimo della vita sua, desiderando sempre cose gran­

Il pontefice risponde di non essere tenuto a soddisfare obblighi con­ tratti da altri: «la cascione si era, che quando quel tutto li diceva fussi el ve­

dissime, e ottenendo più di quello che desiderava»24. La metafora del veleno, che tanto doveva aver impressionato i con-

ro, Io Vicecancellario ne Io promettessi, et quello al presente in satisfarlo lo observassi; ma esso essere Papa Alexandro et non più Vicecancellario, ma Pontefice Maximo ; et con questo argomentare demostravase in cosa alguna

20 Per il rilievo di tale competenza, cfr. P. PAVAN, Il Comune romano e lo «Stu­

dium Urbis» tra XV e XVI secolo, in Roma e lo Studium Urbis. Spazio urbano e cul­ tura dal Quattrocento al Seicento, Roma 1 992, pp. 88-100. 2 1 FRANCESCHINl, I Conservatori cit., pp. 19-24. Si veda anche, dello stesso autore, Dal Consiglio pubblico e segreto cit., pp. 346-352. 22 PAVAN, Ifondamenti del potere ci t., pp. 328-329. 23 Cfr. sopra, nota 1 8. 24 Della Historia d'Italia di m. Francesco Guicciardini, gentil'huomo fiorenti­

no, libri XX, in Venetia, presso Gio. Antonio Be11ano, MDLXXX,

L

VI, p. 1 62.

non me essere obbligato»28.

25 Li nuptiali cit., p. 188. 26 lbid., MIGLIO , Introduzione cit., pp. 1 1 *-12*. Per infmmazioni sui personaggi

citati, si rinvia a ibid. , A. MoDIGLIANI, Appendice documentaria cit. , pp. 45*-120*. 27 Ibid. , p. 22. 28 lbid. , p. 1 86.


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PAOLA PAVAN

Ma Pierleone non demorde. Ricorda al papa un altro episodio, nel qua­ le non come vicecancelliere, ma come Rodrigo Borgia e nipote di Callisto «promise farme per quanto la vita me durassi molto honorato et ricco gen­ tilhomo». La risposta del Borgia è quanto mai illuminante e tale da offrire uno spiraglio per comprendere le ragioni del malcontento della classe dirigente romana: «come Pontefice, delle cose ecclesiastice era obligato augumen­ tarle et conservarle alla sedia apostolica, et che tenessilo per certo, dove non fussi scrupolo de' conscientia, sempre recordariase de me; maximamente in nelli officii romani, de' quali toccando allo rione mio, secundo ce venissi­ m, menne faria partecipare»29. In altre parole, il romano Pierleone avrebbe potuto sperare solo in un incarico municipale, ma nel più assoluto rispetto dei modi e dei tempi sta­ biliti dagli Statuti. La legittirnazione della classe dominante, il riconoscimento del ruolo centrale dei Conservatori, il diritto dei cittadini romani a ricoprire incarichi municipali, la stessa autonomia comunale, con tanta forza rivendicati e con­ quistati, erano stati pagati dunque ad un prezzo altissimo: l'esclusione dei romani stessi dagli incarichi curiali e, di lì a poco, anche dal Sacro Collegio. È ciò che l ' Altieri, nella sua epopea municipale, non sa e non può con­ fessare, ma che ormai ha intuito. E sulla sua amara delusione sembra cam­ peggiare, irridente, l 'immagine del pontefice tratteggiata dal Guicciardini: «in Alessandro Sesto (così volle essere chiamato il nuovo Pontefice) fu so­ lerzia, e sagacità singolare, consiglio eccellente, efficacia a persuadere ma­ ravigliosa, e a tutte le facende gravi, sollecitudine, e destrezza incredibile. Ma erano queste viltù avanzate di grande intervallo da' vizj»30.

29 Ibid., p. 1 87. 30 Della Historia

d'Italia cit., l. I, p. 3.

FRANCA ALLEGREZZA Alessandro VI e le famiglie romane di antica nobiltà: gli Orsini

Nell'agosto del 1492, dopo trentasei anni di presenza nel Sacro Collegio, il cardinale Rodrigo Borgia saliva al soglio di Pietro con il nome di Alessan­ dro VI1. Non diversamente dai pontefici che lo avevano preceduto, il cardi­ nale Borgia divenne papa soltanto grazie al sostegno più o meno esplicito di potenze politiche a rigore estranee al Conclave, e soltanto grazie alle proffer­ te sirnoniache, promesse di benefici, forse offerte di denaro, fatte ai cardina­ li incerti sul voto dopo i primi due scrutini andati a vuoto. I due schieramen­ ti in cui era diviso il Conclave, e che facevano capo rispettivamente al cardi­ nale Della Rovere, sostenuto dal re di Napoli, e al cardinale Ascanio Sforza, sostenuto dal duca di Milano, non riuscivano infatti a prevalere uno sull'altro e soltanto dopo nuovi accordi si arrivò all'elezione. Al terzo scrutillio la vo­ tazione fu finalmente unanime. L' 1 1 agosto una Roma apparentemente esul­ tante salutava il nuovo pontefice. L'andamento del Conclave è documentato da un'ampia serie di fonti ed è stato da tempo ricostruito dalla storiografia, ma le vicende legate all'ele­ zione del pontefice rappresentano il punto di partenza di queste pagine per­ ché tra gli elettori guadagnati al voto con promesse sirnoniache sedevano quattro cardinali appartenenti a famiglie romane di antica nobiltà: si tratta­ va dei cardinali Giovanni Battista Orsini, Giovanni di Antonio Colonna, Giovanni Conti e Giovanni Battista Savelli. Orsini, Colonna, Conti, Savel­ li nomi tutti che da quasi tre secoli risuonavano all 'interno del Collegio car­ dinalizio2.

1 L'elezione ed il pontificato di Alessandro VI - nominato cardinale da Calli­ sto Ili nel 1456 - hanno goduto di grande attenzione sia presso i contemporanei che presso gli storici del papato rinascimentale; per una buona ricostmzione d'insieme, oltre a L. VON PASTOR, Storia dei papi dallafine del Medio Evo, Ili, Roma 1959, pp. 329-356; cfr. M. CARAVALE, Lo Stato pontificio da Martino V a Gregorio XIII, in M. CARAVALE-A. CARACCIOLO, Lo Stato pontificio da Martino V a Pio IX, in Storia d'I­ talia, a cura di G. GALAsso, XIV, Torino 1978, pp. 1 39-163; per l 'elezione del pa­ pa pp. 139-140. 2 Per riflessioni in margine all' argomento cfr. G. FALCO, Sulla formazione e la costituzione della signoria dei Caetani (1283-1303), «Rivista storica italiana», 42 (1 925), pp. 225-226, rist. in FALc o , Albori d'Europa, Roma 1 947, pp. 293-333, e S . CAROCCI, Baroni di Roma. Dominazioni signorili e lignaggi aristocratici nel Due­ cento e nel primo Trecento, Roma 1993, (Nuovi Studi Storici, 23), pp. 24-45.


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FRANCA ALLEGREZZA

LE FAMIGLIE ROMANE DI ANTICA NOBILTÀ: GLI ORSINI

Considerate le profonde trasformazione subite nel corso del XV seco­ lo dal papato, la complessità dei rapporti che lo univano alla città di Roma, le modifiche avvenute in seno alla stessa nobiltà cittadina, quale ruolo svol­ gevano, alla fine del Quattrocento, le famiglie romane di antica nobiltà nel­ l'ambito della politica dei pontefici3? Per provare ad inquadrare i rappmti di Alessandro VI con famiglie di antica nobiltà nel loro contesto storico è necessario partire da questo interrogativo. La risposta implica una somma­ ria quanto rapida ricostruzione dei precedenti storici della presenza di que­ ste famiglie nel Sacro Collegio.

za continuata degli Orsini - assenti dal Sacro Collegio soltanto dal 1342 al 1350 , la partecipazione delle famiglie nobili romane alla vita della curia non cessò. Gli Orsini, i Colonna, ma anche i Conti e gli Annibaldi furono quindi ancora presenti in Curia per tutta la prima metà del Trecento. Quando negli anni dello Scisma, poi durante il trionfo dell' obbedienza romana, il Sacro Collegio si era necessariamente aperto ad una consistenza europea, al suo interno aveva quasi sempre mantenuto un piccolo manipo­ lo di cardinali romani - anche se non sempre erano stati i membri delle fa­ miglie di più antica nobiltà a ricevere la porpora -, per esplicita scelta del­ la maggior parte dei pontefici, di qualunque provenienza essi fossero.

* * *

Nel corso del Duecento e nel primo Trecento la presenza nel Sacro Collegio aveva costituito per le famiglie nobili romane la massima occa­ sione di rappresentanza politica, il principale strumento della loro promo­ zione sociale e il mezzo per accendere un'ipoteca sul controllo di un so­ vrano di importanza meditenanea ed europea, quale era il pontefice: era stato così almeno fino agli inizi del XIV secolo4. È vero che negli anni del papato avignonese questa presenza aveva poi mutato consistenza e fisiono­ mia, ma non era mai venuta del tutto meno. Certamente il numero dei car­ dinali romani all'interno del Sacro Collegio, e più generalmente dei roma­ ni all'interno della Curia, era diminuito nel corso del Trecento. Soprattutto si erano ridotte le famiglie romane in grado di ottenere la porpora: si era ve­ rificata una drastica selezione dei casati capaci di mantenere le proprie can­ didature come autorevoli. E se non tutte le famiglie godettero della presen-

3 Non esistono ancora sintesi persuasive sulle complesse vicende del secondo Trecento e primo Quattrocento romano, con particolare attenzione ai rappmti tra le fa­ miglie cittadine e il pontefice; per un'introduzione alla situazione romana si deve li­ conere ad opere scatulite da interessi diversi come ad es. C. GENNARO, Mercanti e bo­

vattieri nella Roma della seconda metà del Trecento (da una ricerca sui protocolli no­ tarili), «Bullettino dell'Istituto Stolico Italiano per il Medioevo», 78 (1967), pp. 155203; A. EscH, Bonifaz IX. und der Kirchenstaat, Tlibingen 1969; Alle origini della nuova Roma. Martino V (1417-1431 ), (Atti del Convegno, Roma, 2-5 marzo 1 992), a cura di M. CHIABò-G. D'ALESSANDRO-P. PrACENTINI-C. RANIERI, Roma 1992 (Nuovi Studi Storici, 20); alcuni contributi comparsi nel volume Roma capitale (1447-1527), a cura di S. GENSINI, Pisa 1994; F. ALLEGREZZA, Organizzazione del potere e dinami­ che familiari. Gli Orsini dal Duecento agli inizi del Quattrocento, Roma 1998, (Nuo­ vi Studi Storici, 44), pp. 103-133; molto utile, ma inedito e praticamente non consul­ tabile, C. SHAW, The Politica[ Role of the Orsini Family in the Papal States c. 14801534, Ph. D. Diss., Oxford 1983, cmtesemente segnalatomi da Andreas Rehberg. 4 Cfr. ALLEGREZZA, Organizzazione del potere cit., pp. 195- 1 96.

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-

* * *

Dopo la metà del Quattrocento i voti dei pochi cardinali romani pote­ vano dunque ancora spianare la via o mettere in discussione l'elezione di un pontefice. Rovesciando ed approfondendo la domanda, quale ostacolo o quale garanzia di successo per la politica pontificia erano allora in grado di mettere in campo le loro famiglie? Innanzitutto è necessaria un' osservazione: parlare di famiglie con rife­ rimento alla nobiltà baronale, già nel corso del Trecento, risulta riduttivo. Orsini, Colonna, Conti erano infatti divenuti, tra lo scorcio del XIII secolo e i primi decenni del successivo, organismi molto complessi, composti da decine di individui, intorno ai quali ruotavano centinaia di clienti; organi­ smi che avevano intessuto fitte reti di alleanze e clientele nei tenitori sog­ getti a Roma5. Queste loro alleanze, rispondendo a necessità sociali molto estese, si estrinsecavano a livelli differenti. Era stata proprio la ramifica­ zione delle alleanze intrecciate uno dei fattori che aveva permesso alle fa­ miglie baronali di superare, prima della metà del secolo, le difficoltà del go­ verno di Cola di Rienzo e, dopo la morte del tribuno, gli anni della riforma statutaria e del governo della Felice Società dei Balestrieri e Pavesati. Ed era stata questa ramificazione che aveva permesso di mantenere una forza pressoché intatta durante i periodi di assenza dal Sacro Collegio. Gli studi dedicati negli ultimi decenni alla organizzazione e alla ge­ stione del potere nelle città italiane nel tardo Medioevo hanno messo in lu­ ce la funzione di aggregazione sociale avuta dai grandi gruppi familiari tra­ mite la tutela dei vincoli consortili, la tessitura di legami di patronato, il mantenimento dei rapporti di vicinato. Anche a Roma quindi, e forse tanto

5 Cfr. F. ALLEGREZZA, Trasformazioni della nobiltà baronale nel Trecento, in Roma medievale. Aggiornamenti, a cura di P. DELOGU, Firenze 1 998, pp. 2 1 1 -220; ALLEGREZZA, Organizzazione del potere cit., pp. 195-200.


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più a Roma per la forte incidenza politica conservata per ?ecenni e dec�n­ ni, le famiglie della nobiltà baronale svolsero senza dubb1 o questa funziO­ ne di aggregazione sociale. Ma il diritto di accedere o meno all'elezione del pontefice non riposava soltanto sulla garanzia dei cardinali romani, ancora forti delle vaste e ar­ ticolate clientele familiari cittadine, di tutelare l 'ordine civico. Clara Gen­ naro scriveva, trattando nel 1 967 della pax romana del 1 5 1 1 , ma con riferì­ mento ai pontificati quattrocenteschi, che «era un principio da tempo ac­ cettato dal papa e dal Sacro Collegio che nell' elezione cardinalizia si te­ nesse presente il nome di coloro che da sempre garantivano una sorta �i continuità con il passato, perché i baroni romani chiamati a questa alta di­ gnità della Chiesa garantivano ai pontefici la possibilità di un rapporto co­ stante e sorvegliato con le forze cittadine più potenti e temibili, uno stru­ mento di controllo indiretto di notevole rilievo» 6. È un' affermazione che deve essere condivisa, ma anche rafforzata, e in parte corretta. La concessione della porpora a membri delle famiglie baronali, o a membri di famiglie 'clienti' non rappresentava, nel Quattrocento, soltanto un mezzo per garantirsi il rapporto con le forze cittadine più potenti e te­ mibili. L' immagine di Roma, offerta dagli informatori nei dispacci invia­ ti alle amministrazioni di appartenenza, o affidata dai cronisti alle loro pa­ gine, corsa ad ogni elezione papale, ad ogni sollevazione di popolo da gruppi di saccheggiatori al grido di «Orso, orso ! ! !» o «Colonna, colon­ na ! !» condiziona ad una simile lettura, ma risolve solo in parte gli inter­ rogativi legati agli strumenti attraverso cui le grandi famiglie dell' antica nobiltà cittadina riuscivano a mantenere la propria influenza7. La rinnova­ ta, seppure meno sistematica, promozione alla porpora dei memb�·i dell� famiglie baronali rappresentava infatti anche e soprattutto uno de1 mezzi per assecondare gli interessi di famiglie che deteneva�o ampi� �one d�ll� Stato pontificio, per vera e propria delega da parte de1 pontef1c1, e qumd1 indirettamente per controllare queste terre. Le famiglie Orsini, Colonna e i loro alleati gestivano perciò un rapporto attivo, attuale con il territorio extraurbano. Già durante gli anni dello Scisma, con Urbano VI e con Bonifacio IX in particolare, poi durante il pontificato di Mrutino V, ma ancora dopo la metà del secolo durante il regno di Niccolò V, le famiglie baronali romane erano state sistematicamente coinvolte nella politica di rifondazione del pri-

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mato romano. Al secolare possesso di ampie fasce territoriali in allodio e in feudo si era intrecciata, sovrapposta, la nuova forma di coinvolgimento nel­ la gestione delle terre della Santa Sede. Questo coinvolgimento era avve­ nuto attraverso il riconoscimento del loro ruolo politico, ovvero tramite la concessione di vicariati apostolici sulle terre possedute in allodio o in be­ neficio dalla Chiesa, e attraverso il riconoscimento del loro ruolo militare ' ovvero attraverso l'esercizio di cariche militari per conto dei papi. La nuova politica inaugurata dai papi di obbedienza romana alla fine del Trecento - politica che avrebbe provocato anche un riassestamento interno in alcuni grandi gruppi familiari, con una crescita di importanza dei rami coinvolti nella strategia pontificia -- traeva ispirazione dalla riconquista del cardinale Albomoz e sarebbe proseguita almeno sino agli anni trenta del nuovo secolo8. Gonfalonieri della Santa Sede, rettori laici delle province del­ lo Stato o capitani delle milizie pontificie i baroni avevano servito ad sti­ pendia ecclesiae già sullo scorcio del Trecento e gli inizi del Quattrocento, come Paolo di Francesco Orsini, al servizio di Bonifacio IX già dal 1395, e tanto temuto che, quando era al servizio di Firenze, Giangaleazzo Visconti aveva fomentato discordie a Roma, secondo un informatore lucchese, per al­ lontanarlo dal campo di battaglia 9. Erano state quelle, cadute sullo scorcio del Trecento, le prime prove - certamente di modesta portata, se confronta­ te con le successive - degli esponenti baronali come condottieri. li coinvol­ gimento dei baroni romani nelle vicende politiche italiane sarebbe cresciuto in parallelo con il loro coinvolgimento nelle condotte al servizio dei ponte­ fici, dei sovrani di Napoli, dei dogi di Venezia, dei duchi di Milano. Sru·eb­ bero infatti stati loro, i condottieri, gli arbitri delle fmtune delle loro fami­ glie fino alla fine del XV secolo. Contemporaneamente si approfondiva e modificava il livello di parte­ cipazione nella vita politica italiana attraverso la creazione di rapporti di parentela con le stirpi signorili dell'Italia centrale. Orsini e Colonna spo­ savano membri di famiglie nobili delle terre della Chiesa e del Regno di Sicilia e Napoli già dalla fine del Duecento10• Ma il segno dell'attualità e del riconoscimento quattrocentesco delle famiglie di antica nobiltà roma­ na passava ora attraverso le nozze contratte con i Medici, con i Montefel­ tro, non volendo tenere conto delle unioni con nipoti di pontefici, legate ad una politica di più breve respiro.

8

Cfr. ALLEGREZZA, Organizzazione del potere cit., pp. 200-203. Cfr. EscH, Bonifaz IX. cit., p. 249, nota 1 87. 10 Cfr. ALLEGREZZA, Organizzazione del potere cit., pp. 1 59-167 e S. CAROCCI,

9 6 C. GENNARO, La «Pax romana» del 1511 , «Archivio della Società Romana di Storia Patria», 90 ( 1967), pp. 36-37. 7 V. ad es. Diario della città di Roma di Stefano Injessura scribasenato, a cu­ ra di O. ToMMASINI, Roma 1 890 (Fonti per la Storia d'Italia, 5), pp. 1 82-183.

Una nobiltà bipartita. Rappresentazioni sociali e lignaggi preminenti a Roma nel Duecento e nella prima metà del Trecento, «Bullettino dell'Istituto Storico Italiano per il Medioevo», 95 ( 1 989), pp. 109- 1 1 1 .


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LE FAMIGLIE ROMANE DI ANTICA NOBILTÀ: GLI ORSINI

Per tutto il Quattrocento le famiglie romane parteciparono così con in­ tensità e maniere differenziate all'esercizio del potere temporale dei papi come forze interlocutrici e talvolta risolutive della loro strategia politica e militare. Nelle loro mani si trovavano tre strumenti di pressione tra loro strettamente uniti: la presenza nel Sacro Collegio, cui era connesso il con­ trollo delle fazioni cittadine, il possesso di ampie fasce territoriali, con il conseguente controllo sugli uomini, e l'esercizio dell� condotte, con la con­ seguente valenza politica italiana delle loro azioni. E in questo senso e te­ nendo conto di tutto questo che il giudizio di Clara Gennaro deve essere rafforzato e corretto.

pre intorno al riconoscimento dei particolarismi signorili 13• Così, mentre i rapporti tra pontefici e città giunsero - secondo Sandro Caroccil4- ad una più stabile sistemazione soltanto dopo la metà del secolo, non altrettanto può dirsi dei rappmti tra i pontefici e le famiglie nobili romane, rapporti che restarono fluidi, talvolta contraddittori, fino alla fine del Quattrocento: non esiste infatti una tradizione né una tendenza univoca di comportamento tra i pontefici del XV secolo nei confronti delle famiglie di antica nobiltà. Nel rapido susseguirsi di due pontificati, ad esempio, quelli di Eugenio IV e di Niccolò V, la politica papale nei confronti delle grandi famiglie ro­ mane subisce un repentino mutamento di rotta. Eugenio, che tenta di recide­ re la potenza dei Colonna, troppo lievitata durante il pontificato del suo pre­ decessore, viene trascinato in una guerra durissima, che infiamma in breve tutte le province settentrionali dello Stato e gli fa perdere lo stesso controllo su Roma1 5. Soltanto dopo il 1443, e soprattutto grazie all'opera di Niccolò V, quindi dopo il 1447, la situazione torna a stabilizzarsi, a Roma e ovunque nelle terre soggette al controllo pontificio. Niccolò V valorizza, al contrario del suo predecessore Martino V, le famiglie delle oligarchie cittadine, sia a Roma, sia nelle periferie. Orsini - che tornano nel Sacro Collegio con Lati­ no nel 1448 - e Colonna - che dal 1419 avevano il cardinale Prospero - di­ vengono 'partiti di governo' , ricevendo dal papa pari riconoscimenti e pari onori1 6. Il risultato è tutto a vantaggio della comune tranquillità. E non è su­ perfluo osservare che il pontificato di Niccolò non è affatto un pontificato 'debole' . Nelle tene della Chiesa Niccolò si dedica infatti con sistematicità e successo a quella che Giacomo Bandino Zenobi, nei suoi studi sulle Mar­ che, ha definito la 'grande recupera' 17• A Roma, il papa rafforza il controllo esercitato dalla curia sul governo capitolino, giungendo a disperderne per un lungo periodo le speranze di rivincita, con la dura reazione contro la con­ giura guidata da Stefano Porcari, che viene giustiziato nel 1453 1 8 •

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* * *

L'analisi dei rapporti stabiliti dai diversi pontefici con le grandi fami­ glie romane si intreccia, a causa della forza dei loro e�pone!l�i - laici ed ec� clesiastici - con un problema ancora dibattuto dagh stonc1, quello degli strumenti utilizzati dai papi nella costruzione dello Stato pontificio: un pro­ blema complesso, che è comunque necessario mantenere sullo sfondo, per­ . ché vincolante nei confronti della valutazione dell'opera del pontef1ce11. Quando Alessandro VI ottenne la tiara, dunque, si fece interprete di una strategia politica innovativa, riuscendo a neutralizzare o ad indirizzare per i suoi fini i potenti stmmenti e la forza delle famiglie di antica nobiltà ro­ mana? E, ancora, durante il suo pontificato si registrarono novità, muta­ menti di strategia, drastiche cesure con l'epoca precedente nei rapporti con queste famiglie? . . . . . . A tale proposito si deve osservare che, come nsulta rmposs1b1le mdlviduare una politica coerente e continua nella costruzione degli apparati dello Stato per le caratteristiche intrinseche del dominio pontificio - che è una monarchia elettiva e di breve durata12 - così risulta impossibile indivi­ duare una conservazione o un'evoluzione coerente nei rapporti tra papato e famiglie romane di antica nobiltà, che vengono riconosciute in qualche mo­ do a priori, dal momento che lo Stato della Chiesa si era strutturato da sem-

1 3 Ibid. , pp. 1 5 1 -157, con 1ife1imenti bibliografici; per i problemi generali con­ nessi con le prime affermazioni statali centralizzate non si può prescindere da Origi­

ni dello Stato. Processi di formazione statale in Italia fra medioevo ed età moderna,

1 1 Le strade percorse dagli storici che hanno affrontato il problema della cre­

scita dell'assolutismo papale nel Quattro e Cinquecento sono spesso opposte: v., per due valutazioni antipodiche, P. PRODI, Il sovrano pontefice. Un cmpo e due anime: la monarchia papale nella prima età moderna, B ologna 1 982, e il già citato CARA­ VALE, Lo Stato pontificio cit. 12 Cito quasi testualmente da S. CAROCCI, Governo papale e città nello stato della Chiesa. Ricerche sul Quattrocento, in Principi e città alla fine del Medioevo, a cura di S. GENSINI, Pisa 1996, p. 153.

a cura di G. CHITTOLINI-A. MoLHo-P. ScHIERA, Bologna 1994. 14 V. di nuovo CAROCCI, Governo papale cit., p. 1 56. 15 Cfr. CARAVALE, Lo Stato pontificio cit., pp. 49-60. 16 Ibid., pp. 68-75, che mutua l'espressione da K. PLEYER, Die Politik Nikolaus V, Stuttgart 1927; v. anche CARoccr, Governo papale cit., pp. 1 70-172. 17 Cfr. G.B . ZENOBI, Le "ben regolate città ". Modelli politici nel governo del­ le periferie pontificie in età moderna, Roma 1 994, pp. 33-36. 1 8 Cfr. CARAVALE, Lo Stato pontificio cit., pp. 75-76; sulla congiura di Stefano Porcari, v. R. CESSI, La congiura di Stefano Porcari, in Saggi romani, Roma 1 956,


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La valorizzazione delle famiglie di antica nobiltà romana, come entità politica, e la debolezza del potere pontificio non sono quindi elementi di un binomio. Come d'altra parte non sono elementi di un binomio la valorizza­ zione delle famiglie e la forza del potere pontificio. Dal momento che a questi estesi gruppi parentali e clientelari viene riconosciuta, per tutto il Quattrocento, una precisa fisionomia politica, altri fattori concorrono a complicare il quadro: la situazione italiana e i rapporti dei pontefici con i diversi Stati dell'Italia, ai quali queste famiglie erano legate da interessi di natura militare e patrimoniale. Nel giugno del 1484 Sisto IV condannava a morte il protonotaio Lo­ renzo Colonna19. A fare da sfondo alla pretestuosa giustizia pontificia era la disputa in corso tra Colonna e Orsini per il possesso delle contee di Al­ ba e Tagliacozzo, che i primi avevano sottratto ai secondi durante la guer­ ra combattuta contro il papa e a fianco del duca di Calabria - e con il con­ senso di questo - due anni prima, nel 148220. Nella contesa che opponeva le due famiglie, il papa aveva tutto l 'interesse ad appoggiare gli Orsini, per­ ché l 'aiuto delle squadre dei condottieri Virginio e Paolo Orsini per la guer­ ra della Lega che univa il duca di Milano e Sisto IV contro i veneziani - il primo per motivi territoriali, il secondo perché voleva dare feudi adriatici ai suoi nipoti - era indispensabile. Il papa temeva infatti che Virginio Or­ sini chiedesse - come aveva del resto fatto nel marzo del 1484 - «la licen­ tia d'aconzarse con venetiani» e abbandonasse la Lega, non sentendosi vin-

pp. 65- 109; M. MIGLIO, "Viva la libertà et populo de Roma ". Oratoria e politica: Stefano Porcari, in Paleographica, Diplomatica et Archivistica. Studi in onore di Giulio Battelli, I, Roma 1 979, pp. 381-428, ora in MIGLIO, Scritture, scrittori e sto­ ria, II. Città e corte a Roma nel Quattrocento, Manziana 1 993 (Patrimonium. Studi di storia e mte, 4), pp. 59-95; A. MoDIGLIANI, La famiglia Porcari tra memorie re­ pubblicane e curialismo, in Un pontificato ed una città. Sisto IV (1471-1484), (Atti del Convegno Roma, 3-7 dicembre 1 984), a cura di M. MIGLIO-F. NwrrA-D. QuA­ GLIONI-C. RANIERI, Roma - Città del Vaticano 1 986 (Littera Antiqua, 3), pp. 3 1 7-353 ; A. MomGLIANI, I Porcari. Storie di una famiglia romana tra Medioevo e Rinasci­ mento, Roma 1994 (RRinedita. saggi, 10), pp. 46-78. 1 9 Ampia e tragica testimonianza dell'episodio si trova nel Diario della città di Roma cit., pp. 107- 1 4 1 . Più in generale, per il pontificato di Sisto IV, oltre alle sin­ tetiche osservazioni di CARAVALE, Lo Stato pontificio cit., pp. 99- 1 1 8, v. anche il vo­ lume Un pontificato ed un città cit. 20 Sulle vicende di questi anni relativamente alla famiglia Orsini v. anche F. ALLEGREZZA, Formazione, dispersione e conservazione di un fondo archivistico pri­ vato: il fondo diplomatico dell'archivio Orsini tra Medioevo ed Età Moderna, «Ar­ chivio della Società Romana di Storia Patria», 1 1 4 (199 1), pp. 87-89 e C. SHAW, Ju­ lius Il. The Warrior Pope, Oxford 1 993, pp. 52-54.

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colato alla condotta per la Chiesa nel caso non gli fossero restituite le con­ tee abruzzesF1. La fortissima valenza politica acquistata dalla vicenda di Lorenzo Colon­ na è denunciata dalla molteplicità delle fonti, romane e italiane, che l'hanno tramandata e dalla concorrenza di tanti elementi internazionali nella sua evo­ luzione. A Ferrara circolava addirittura la voce che fossero stati i veneziani a p �rsuadere il protonotaio Lorenzo Colonna a riaprire il contrasto con gli Orsi­ m, nella speranza che nuovi tafferugli a Roma tra le famiglie Orsini e Colon­ na sollecitassero i condottieri Orsini, e il duca di Calabria, ad abbandonare la guerra in Lombardia, alleggerendo così il fronte a loro nemico22. Altra riprova del ruolo giocato alla metà del secolo dalle famiglie è of­ ferta dal precipitare della situazione dopo la morte di Sisto IV: il Conclave per l'elezione del nuovo pontefice fu addirittura rimandato fino a che un ac­ cordo tra le diverse fazioni non ebbe sancito la momentanea cessazione del­ le ostilità. Certamente non deve essere sottovalutato l ' ampio spazio resti­ . tmto nel Sacro Collegio alle famiglie baronali proprio da Sisto che aveva chiamato alla porpora, tra il 1478 e il 1483, due Orsini, un Colonna, un Sa­ velli, un Conti, ma il palcoscenico su cui questi e i loro parenti si muove­ vano travalicava, come si è detto, Roma. * * *

È sullo sfondo di quadri complessi come quello del 1484 che bisogna collocare i rappmti di Alessandro VI con i potentati familiari Orsini e Co­ lonna e i loro collegati e clienti. Rapporti riguardo ai quali i contemporanei non ebbero dubbi: Alessandro VI percepiva il potere esercitato dalle fami­ glie baronali romane come oppressivo nei confronti della Santa Sede e cercò di reciderne la forza con l' astuzia e la perseveranza23• I più espliciti furono a tale proposito gli osservatori romani. Marco An­ tonio Altieri, ripercorrendo nei suoi Nuptiali le vicende del ceto baronale da­ gli anni del pontificato di Pio II fino ai giorni in cui scrive, indica i momen­ ti principali della lotta intrapresa dai papi per indebolire il potere ora di que­ sta ora di quella famiglia romana: una lotta che avrebbe raggiunto il suo cul-

21 Per l'osservazione e la citazione della fonte v. P. CHERUBINI, Tra violenza e

crimine di stato: la morte di Lorenzo di Oddone Colonna, in Un pontific ato ed una città cit., pp. 355-380 . 22 Ibid. .

23 Sulla figura del pontefice e sulla sua spregiudicatezza politica è d'obbligo il

nmando a NrccoL6 MACHIAVELLI, Il Princip e, in Opere, a cura di C. VIVANTI, I, To­ lino 1997, in particolare pp. 1 34-1 3 6 e 148-1 49.


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mine proprio durante il pontificato di Alessandro VI24. Anche Paolo Giovio, nella sua biografia del cardinale Pompeo Colonna, interpreta la lotta mante­ nuta accesa da Alessandro VI tra i grandi casati come l'espediente usato dal papa «per poter poi, quando si fossero consumati tra loro, spegnerli senza al­ cuna fatica»25. Questi giudizi, praticamente concordi, devono però essere valutati te­ nendo conto che entrambi gli autori, pure spettatori di quegli anni, scrissero diversi lustri dopo la fine del pontificato di Alessandro, e quindi trovandosi nelle condizioni di riesaminare in qualche modo le azioni di quello al di fuo­ ri del susseguirsi degli eventi, ma anche alla luce degli allora imprevisti e imprevedibili sviluppi di quelle azioni, e soprattutto, scrissero nella tempe­ rie politica del primo Cinquecento. Per valutare in maniera più distaccata i rapporti di Alessandro con le famiglie romane, e con gli Orsini in particola­ re, credo sia perciò necessario sfumare questi giudizi, redatti a posteriori, cercando di restituire alle scelte del pontefice la loro contingenza storica. I rapporti tra Alessandro VI e gli Orsini si intrecciarono per tutta la du­ rata del suo pontificato e ricordarli tutti equivarrebbe a ricostruire la storia italiana dal 1492 al 1503. Due episodi - lo scontro tra il papa e gli Orsini per il possesso di Anguillara e Cerveteri, e la guerra scoppiata tra Alessan­ dro e la famiglia baronale dopo la discesa di Carlo VIII - possono però es­ sere utilizzati per dare conto, a mio avviso in maniera piuttosto esplicita, della complessità, ma anche della contraddittorietà di questi rapporti, e su questi mi soffermerò. Il 3 settembre 1492 Franceschetto Cybo - figlio del defunto Innocenza VIII prometteva di vendere Anguillara, Cerveteri, Monterano ed altre ter­ re nel Patrimonio di San Pietro in Tuscia a Virginio Gentile Orsini. Il prez­ zo pattuito, che era molto elevato - 45.000 ducati - e il luogo in cui avven­ ne l'atto - il palazzo del cardinale Giuliano Della Rovere - furono sufficienti a mettere in allarme il pontefice26. E infatti il papa, venuto a conoscenza del-

24 Li Nuptiali di Marco Antonio Altieri, pubblicati da Enrico Narducci, Intro­ duzione di M. MIGLIO, Appendice documentaria e indice ragionato dei nomi di A. MomGLIANI, Roma 1 995

(RRinedita. anastatica, 9), p. 1 8 8 ; per una valutazione del­ le sue testimonianze v. poi GENNARO, La «Pax romana» cit., pp. 30-3 1 e l'intero saggio per il modello interpretativo proposto. 25 Le vite di Leon Decimo et d'Adriano Sesto sommi pontefici et del cardinale Pompeo Colonna, scritte per mons. PAOLO GIOVIO, tradotte da m. LoDOVICO DoME­

Nrcm, Firenze 1 55 1 , p. 350. 26 La più dettagliata e ampia ricostruzione delle vicende di quegli anni è anco­ ra quella di E. PoNTIERI, Ferrante d'Aragona re di Napoli, Napoli 1 9692, pp. 529573, cui rimando per intero.

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l'episodio, vi vide agire, a torto o a ragione, la longa manus di Piero de' Me­ dici e soprattutto quella del re di Napoli, Ferdinando I. Virginio Orsini dete­ neva beni, in allodio e in feudo, tra il lago di Bracciano, la Sabina e la valle dell' Aniene. I suoi domini si estendevano, senza soluzione di continuità, tra la Via Cassia e la Via Tiburtina; scavalcavano il confine con il Regno di Na­ poli, dove teneva terre in feudo regio sino al bacino del Fucino27. Un ulte­ riore ingrandimento dei suoi domini non rappresentava soltanto una minac­ cia per il papato, circondato da forze di incerta fedeltà in tutta la fascia set­ tentrionale di Roma, ma il serio pericolo di veder crescere l'influenza fio­ rentina e soprattutto napoletana sulle terre della Chiesa: Virginio era impa­ rentato con i Medici - Alfonsina, la moglie di Piero, era sua cugina - ed era capitano generale dell'esercito napoletano. Non sbagliava quindi il papa nel denunciare, nei suoi messaggi al du­ ca di Milano, «la Maestà regia e Piero essere uniti a fare grandi questi ba­ roni de terra de Roma et conculcare questa Sancta Sede et nuy per traherne a le voglie loro»28. La stessa alleanza che aveva un tempo unito Lorenzo de' Medici e Ferdinando si era fondata sul presupposto del comune interesse politico, fiorentino e napoletano. Alessandro, però, sfruttando i buoni rap­ porti con Ludovico il Moro, grazie alla promessa di nozze tra Lucrezia e Giovanni Sforza, signore di Pesaro e parente di Ludovico, riuscì a rove­ sciare a suo vantaggio la situazione e a divenire promotore di un'alleanza ­ la Lega di San Marco - che, unendo i signori di Milano, Ferrara, Mantova, Siena e la Serenissima, isolava Firenze e il re di Napoli. E questo proprio mentre si profilava dalla Francia il pericolo di una spedizione nel Regno. La ferma presa di posizione del pontefice spinse Ferdinando ad assumere un atteggiamento politico più moderato, e a farsi egli stesso sostenitore di una soluzione di compromesso tra le parti coinvolte nella promessa di ven­ dita. Nell'agosto del 1493, finalmente, Alessandro VI dava il suo consenso alla vendita e permetteva agli Orsini di perfezionare l 'atto. Il papa aveva ot­ tenuto un doppio successo alla fine della vicenda: era riuscito ad imporre il rispetto del principio giuridico della necessità del consenso pontificio alla vendita - Anguillara e Cerveteri erano state concesse a Franceschetto Cybo in feudo da Innocenza VIII e, soprattutto, era riuscito ad indurre Ferdi­ nando a moderare la propria ingerenza nelle terre della Santa Sede. -

27 Per le origini del ramo della famiglia da cui discendeva Virginio e sulla for­ mazione dei p1imi nuclei dei possessi da quello detenuti v. ALLEGREZZA, Formazio­ ne, dispersione cit., pp. 89-90 e EAD . , Organizzazione del potere cit., pp. 129- 1 3 1 . 28 Così Alessandro VI allo Sforza: cito da PONTIERI, Ferrante d'Aragona cit., p. 537.


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Quale molo avevano avuto gli Orsini in tutto questo? Chiaramente un molo del tutto secondario e la vicenda avrebbe potuto avere analoghi esiti anche se vi fossero stati coinvolti altri personaggi: i veri protagonisti erano stati il re di Napoli e il papa, e alla soluzione della complessa situazione a­ vevano poi collaborato le diverse potenze italiane. Né il papa aveva mostra­ to particolare animosità nei confronti degli Orsini, benché i contemporanei avessero letto nelle sue azioni la riconferma dell'astio tradizionale che op­ poneva i Borgia alla famiglia29, un astio che sarebbe risalito al pontificato di Callisto III: questi aveva infatti privato Francesco Orsini del titolo di prefet­ to di Roma e del connesso controllo del tenitorio tra la Via Cassia e il mar Tirreno, concedendolo al nipote Pedro Luis Borgia. L'acquisizione di An­ guillara e Cerveteri restituiva comunque, con il consenso del papa, agli Or­ sini pmte della autorità perduta nella zona. Più complesso e determinante il molo avuto dagli Orsini, come forza militare condizionante per il pontefice, tra il 1494 e il 149730. Il 3 settem­ bre 1494 Carlo VIII, forte dell' appoggio del duca di Milano, passava le Al­ pi e iniziava la sua avanzata in Italia. Nessuna potenza provò a sbanargli il passo. Soltanto il papa e naturalmente il re di Napoli avevano preso posi­ zione contro l'impresa. Ma l'esercito napoletano, su cui il papa contava per fermare Carlo VIII, veniva sconfitto in Romagna, mentre nel Lazio i Co­ lonna si preparavano per unirsi al re francese, occupando Ostia. Il pontefi­ ce si era rivolto a Virginio Orsini e ai suoi perché difendessero la città. Fu­ rono rafforzate le difese nei castelli e nelle rocche degli Orsini e gli uomi­ ni di Virginio dichiararono di essere pronti a morire piuttosto che permette­ re ai francesi di passare sulle loro terre. Dopo l'accordo con Piero de' Medici, l'avanzata di Carlo VIII verso Roma fu però inanestabile. Virginio Orsini decise allora di permettere alle armate francesi di accamparsi nelle sue tene, ma partì per Napoli per unir­ si all'esercito del re Alfonso. Il papa, forse in malafede, lo accusò di tradimento. Non poteva però ri­ nunciare a cuor leggero all'aiuto militare che gli avrebbe potuto offrire e ne cercò ancora la condotta per la Lega - anche questa volta fu una 'Lega san­ ta'- con Venezia, Spagna, Impero e Milano contro Carlo. Virginio rifiutò e preferì restare con le forze italiane che combattevano per la Francia in Ita-

29

30

Ibid.

Per una ricostruzione generale delle vicende v. sempre CARAVALE, Lo Stato pontificio cit., pp. 146-147, da integrare, relativamente alla guerra tra gli Orsini e le tmppe di Alessandro VI intorno a Bracciano, con G. TOMASSETII, La Campagna Ro­ mana, antica, medioevale e moderna, a cura L. CHIUMENTI-F. BILANCIA, III, Firen­ ze 1 976, pp. 1 0 1 - 1 02.

LE FAMIGLIE ROMANE

DI

ANTICA NOBILTÀ: GLI ORSINI

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lia. Caduto prigioniero delle truppe aragonesi, venne poi rinchiuso nell' a­ gosto del 1496 nel carcere di Castel dell'Ovo. Alessandro approfittò della sua prigionia per cercare di strappare alla famiglia i beni posseduti a nord di Roma. L'incarico di prendere i castelli degli Orsini venne affidato alle truppe guidate da Guidubaldo di Montefeltro e Giovanni duca di Gandfa e sostenute dai Colonna. Dopo alcuni iniziali successi, la resistenza di Brac­ ciano, dove conversero le truppe raccolte dai figli di Virginio in Umbria e in Toscana, si rivelò formidabile e il 24 gennaio 1497 l'esercito pontificio subì una gravissima sconfitta presso Soriano. Virginio, morto da pochi gior­ ni in prigione, «et molti judicono fusse manchato de morte violenta»31, non seppe della vittoria dei suoi, che poco dopo rientravano in possesso di tut­ te le loro terre, ad eccezione di Anguillara e Cerveteri, trattenute dal papa. * * *

Nelle vicende qui ricordate emerge con chiarezza la capacità di resi­ stenza della famiglia Orsini. Questa appare fondata sulla fedeltà dei territo­ ri soggetti, sulla sua forza militare, sulla grande fama di condottiero di Vir­ ginio e sui suoi agganci familiari e politici. Pressoché irrilevante, al di là del momento contingente dell'elezione del pontefice, la presenza di un cardi­ nale Orsini in Curia. Ma dalle vicende di questi anni emergono anche le difficoltà del papa a rinunciare ai servizi militari garantiti dalle famiglie romane e le sue diffi­ coltà ad ipotizzare una diversa organizzazione territoriale. Nonostante i giu­ dizi di Marco Antonio Altieri e di Paolo Giovio, Alessandro VI non appare quindi come il pontefice più determinato e costante nel condurre la sua lot­ ta contro le famiglie dell'antica nobiltà cittadina; né, tenendo presenti i tre punti di forza nelle mani del baronato romano del secondo Quattrocento possessi feudali, condotte, presenza curiale -, il suo pontificato si connota come un pontificato di svolta. Alessandro, come altri papi che lo avevano preceduto, quando riuscì a strappare possessi territoriali alle famiglie roma­ ne o li riassegnò ai loro nemici o li devolse a suoi familiari. Non ipotizzò ­ e forse non avrebbe potuto farlo - un passaggio sotto il diretto dominio del­ la Chiesa. Quando dovette assumere iniziative militari impegnative, adoperò sì i suoi figli, il duca di Gandfa, Cesare, ma non volle o non poté rinunciare - neanche il Valentino poté farlo - alle m·mi degli Orsini e, in misura mino­ re, a quelle dei Colonna. Riguardo alla gestione delle promozioni cardinalizie, è vero che il pa­ pa non si piegò mai alle pressioni, esercitate fin dal tempo della prima pro-

31

MARINO SANUTO, I Diarii, I, a cura di F. STEFANI, Venezia 1 879, p. 484.


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mozione il 20 settembre del 1493, dai porporati romani di accrescere il lo­ ro numero nel Sacro Collegio. Spirati durante il suo pontificato i cardinali Giovanni B attista Savelli e Giovanni Conti, morto in circostanze sospette il cardinale Orsini, Alessandro si guardò bene dal sostituirli con nuovi roma­ ni. E se anche sotto questo aspetto il papa non inaugurò una tradizione, ché il suo predecessore, e altri ancora prima, avevano resistito alle pressioni della nobiltà cittadina, certamente la rafforzò indirettamente, se si tiene sol­ tanto presente l 'eccezionale numero dei porporati - quarantatre - chiamati dal Borgia nel Sacro Collegio. Ma per limitare efficacemente il potere delle famiglie baronali era ne­ cessario tenere costantemente presenti le tre radici della loro forza, e inde­ bolirle tutte. Non bastava precludere loro l'accesso nel Sacro Collegio, ren­ dendone acefalo l'ascendente sulle clientele cittadine: era necessario ridi­ mensionare il loro potere signorile sul territorio, infrangendo la fedeltà dei soggetti, ed era necessario tenere i loro esponenti il più possibile lontano dalle condotte papali e dal servizio armato. Un quadro che fu ben chiaro a Giulio II: con il suo pontificato, a mio avviso, si assiste davvero ad una nuova e radicale definizione dei rapporti tra nobiltà romana e papato; con Giulio II, che a Roma nel 1506 allontana­ va i baroni e i nobili cittadini dall'esercizio ambito e tradizionale di guar­ dia al palazzo papale, sostituendoli con truppe di svizzeri e che, in guerra, fu sempre determinato «ad non volere mai alli stipendi sua né Orsini né Co­ lonnesi, ma valersi ne' bisogni di forestieri, insegnandoli fare cosi la expe­ rientia delli sua antecessori che col mezo de danari della chiesa sono stati oppressati»32.

ANDREAS REHBERG Alessandro VI e i Colonna: motivazioni e strategie nel conflitto fra il papa Borgia e il baronato romano *

Introduzione

I� papa Alessa�1dro VI visse in un periodo di grandissimi personaggi quali_ 1l re d1_ Francia Carlo VIII, il duca di Milano Ludovico il Moro ed il cardinale Giuliano Della Rovere, il cui influsso sull'andamento del suo pontificato è indiscusso. Ma il papa Borgia fu anche circondato da persone che pur essendo - per così dire - di seconda categoria politica, influirono non poco sulla sua politica. A questo gruppo appartengono senz'altro i Co­ lonna che, insieme agli Orsini, 1 furono i principali esponenti del baronato romano. La cerchia delle grandi famiglie baronali romane si era ridotta or­ mai a poche stirpi come i Conti, i Caetani e i Savelli. Era passato già più di un sec?lo da quan�o i baroni romani avevano avuto nelle loro mani il go­ verno �1d1_ sc�sso d� Roma e, al momento dell'ascesa di Rodrigo Borgia al trono d1 S. Pietro, Il ruolo dei baroni era totalmente cambiato rispetto alla prima metà del Trecento2.

* Ringrazio tanto mia moglie Laura per l'aiuto prestatomi nella traduzione in italiano e gli addetti della Biblioteca Statale di S. Scolastica a Subiaco - attuale se­ de dell'Archivio Colonna - nonché la dott.ssa Fausta Dommarco della Sovrinten­ denza Archivistica del Lazio a Roma. 1 Per gli Orsini rinvio al conttibuto di Franca Allegrezza in questi Atti. . 2 l baronato r�mano nel u� e Trecento è stato abbastanza studiato negli ultinn anm, mentre la ncerca per 1l p1eno Quattrocento dovrebbe essere ancora intensi­ ficata: cfr. S. CAROCCI, Baroni di Roma. Dominazioni signorili e lignaggi aristo­ cratici nel Duecento e nel primo Trecento, Roma 1 993 (Nuovi studi storici, 23); F. ALLEGREZZA, Organizzazione del potere e dinamiche familiari. Gli Orsini dal Due­ cento agli inizi del Quattrocento, Roma 1 998 (Nuovi studi storici, 44); A. REHBERG,

Kirche und Macht im romischen Trecento. Die Colonna und ihre Klientel auf dem kurialen Pfriindenmarkt (1278-1378), Tiibingen 1999 (Bibliothek des Deutschen

32 Per puntuali osservazioni sulla politica di Giulio II v. GENNARO, La «Pax ro­ mana» cit., p. 37; SHAW, Julius II cit., in particolare pp. 288-289 per le mancate con­ cessioni di condotte di atmati ai baroni romani, e EAD., The Politica[ Role cit., per

la citazione.

Historischen Instituts, 88). Per il periodo intorno all'anno 1 500 esiste soltanto un u­ nico studio moderno dedicato ad una famiglia baronale, cioè la tesi di dottorato di Christine Shaw (The Politica[ Role ofthe Orsini Family in the Papa[ States c. 14801534. Disse1iazione dattilografica, Oxford 1 983). Per i Colonna nel Quattrocento ­ non ancora studiati in modo approfondito - cfr. le trattazioni generali in A. CoPPI, Memorie Colonnesi, Roma 1855; P. CoLONNA, l Colonna dalle origini all'inizio del secolo XIX, Roma 1 927; P. PASCHINI, l Colonna, Roma 1 955 (Le grandi famiglie


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Nuovi documenti, trovati negli archivi romani e, non per ultimo, nel­ l ' Archivio Colonna3, permettono di approfondire il ruolo che i Colonna eb­ bero nel pontificato di papa Borgia. La loro posizione è da vedere nell'in­ sieme del complicato intreccio di relazioni e interessi diversi che univano lo spagnolo alla capitale e ai suoi dintorni, e che, per il loro significato geopo­ litico - come è ovvio -, dovevano occupare un ruolo importante nei calcoli della sua politica. Questo pontefice minacciò come nessun'altro papa del

Quattrocento - in un continuo crescendo - l 'esistenza fisica dei baroni che gli erano, allo stesso tempo, indispensabili ma altrettanto di ostacolo nella realizzazione dei suoi piani4. I componenti della famiglia Colonna - che non si deve immaginare come un blocco unito ma come una stirpe ormai da tem­ po separata in più rami indipendenti - si trovarono spesso in posizioni di­ verse l'uno dall' altro. Si può partire da quattro singoli individui del casato che - come pare - rappresentano molto bene tre ruoli tipici per il baronato romano alla soglia del Cinquecento, cioè il cardinale, il condottiero, il corti­ giano-funzionario papale5. Tali personaggi sono il cardinale Giovanni Co­ lonna, i condottieri Prospero e Fabrizio, infine il signore di Palestrina Fran­ cesco Colonna. Pmtire direttamente dagli individui ha il vantaggio di poter chiarire meglio le aspettative e le strategie del comportamento di questi no­ bili romani che possono eventualmente essere anche rappresentativi di altri esponenti del baronato. Il fatto che fra i personaggi qui trattati ci siano tre membri del ramo di Genazzano e - con Francesco - soltanto uno di quello di Palestrina, non solo è dovuto alla diseguaglianza per numero ed impor­ tanza delle fonti, che privilegiano i primi, ma anche ad una conseguenza del­ la suddivisione del potere all'interno del casato. Tale situazione sbilanciata si era definita nei primi decenni del XV secolo a causa del nepotismo di Martino V che aveva favorito i parenti di Genazzano piuttosto che quelli lon­ tani di Palestrina6. Altri rami secondari, come quello di Zagarolo7 e quello di Riofreddo8, non ebbero più un profilo rilevante e non stabilimno più rapporti

Romane, 1 1); V. CELLETTI, I Colonna principi di Paliano, Milano 1960. Per la loro posizione all'inizio del secolo cfr. R. LANCIANI, Il Patrimonio della Famiglia Co­ lonna al tempo di Martino V (141 7-1431), «Archivio della Società Romana di Sto­ ria Patria», 20 ( 1 897), pp. 369-449 e A. REHBERG, Etsi prudens paterfamilias . . . pro pace suorum sapienter providet. Le ripercussioni del nepotismo di Martino V a Ro­ ma e nel Lazio, in Alle origini della nuova Roma. Martino V (1417-1431 ), (Atti del Convegno, Roma 2-5 marzo 1 992), a cura di M. CHIABò-G. D' ALESSANDRO-P. PIA­ CENTINI-C. RANIERI, Roma 1992 (Nuovi studi storici, 20), pp. 225-282. Per il perio­ do di Sisto IV cfr. P. CHERUBINI, Tra violenza e crimine di stato: la morte di Loren­ zo Oddone Colonna, in Un Pontificato ed una città. Sisto IV (1471-1484), a cura di M. MIGLIO-F. NrurrA-D. QUAGLIONI-C. RANIERI , Città del Vaticano-Roma 1 986 (Littera Antiqua, 3) pp. 355-380. 3 L'Archivio Colonna è stato trasferito nel 1 996 dalla sua vecchia sede nel pa­ lazzo della famiglia a piazza SS. Apostoli alla Biblioteca Statale di S . Scolastica a Subiaco. Anche se è di scomoda ubicazione, si può comunque dire che l ' Archivio Colonna, dopo anni di chiusura, è ormai aperto a tutti. Per preparare una ricerca è consigliabile la consultazione degli inventari nella Sovrintendenza Archivistica del Lazio a Roma che offre anche la possibilità di studiare un gran numero di perga­ mene scannerizzate su computer. Per il periodo di Alessandro VI sono conservati una sessantina di pergamene e documenti originali su carta. Questo, naturalmente, è poco in confronto alla mole contenuta nell'Archivio Orsini presso l 'Archivio Sto­ rico Capitolino. Mentre manca quasi per intero la documentazione amministrativa riguardante il governo dei territori dei Colonna e la loro corrispondenza politica e privata, nell'Archivio Colonna sono tramandati innanzitutto titoli di proprietà e pri­ vilegi emessi dai re di Napoli e i pontefici nonché brevi papali; questi ultimi mol­ to preziosi data la perdita dei registri dei brevi del papa Borgia nell'Archivio Se­ greto Vaticano: cfr. ASV, Indice 1 3 3 II. L'Archivio Colonna è, però, solo quello del ramo di Genazzano. L'archivio del molto meno fortunato ramo dei Colonna di Pa­ lestrina - che nel 1 630 furono costretti a vendere il loro capoluogo ai Barberini - è invece confluito nell'Archivio B arberini Colonna di Sciarra che viene conservato nella Biblioteca Vaticana. Purtroppo qui sono pochi i documenti antichi che sono sopravvissuti alle note vicissitudini politiche e patrimoniali. Questo materiale par­ ziale deve essere integrato da altre fonti come i registri finanziari papali, conserva­ ti nel Vaticano (ASV, Cam. Ap., Div. Cam. 50-55 e Intr. et ex. 524-535) e nell' Ar­ chivio di Stato di Roma, un protocollo notarile dell' Archivio Notarile di Palestrina (v. nota 1 1 9) e da dispacci diplomatici e testi letterari che cominciano ad abbonda­ re nel nostro periodo e che verranno citati al momento.

4 Per la considerazione dei baroni da parte del papa v. tra l'altro G.

politica dei Borgia, Napoli 1 945, pp. 92 e ss.

PEPE, La

5 Qui si può ritrovare il modello storiografico-interpretativo proposto non da ultimo da Eugenio Garin. Cfr. L'uomo del Rinascimento, a cura di E. GARIN, Roma­ Bari 1 988 (Economica Laterza, 57). I capitoli relativi alla figura del cardinale, del condottiero e del cortigiano sono stati affidati a M. Firpo (pp. 73- 1 3 1 ), M. Mallett (pp. 43-72) e P. Burke (pp. 1 33- 1 65). Va detto subito che il mio contributo non in­ tende entrare nel dibattito sulla tipologia dell"uomo' del Rinascimento - se non in via indiretta - per il confronto della matrice generale con i fattori sociali-politici molto particolari 1ispetto ad altre realtà con i quali dovevano fare i conti i papi, an­ zi il papa Alessandro VI, e i baroni romani nella Roma intorno all'anno 1 500. 6 Cfr. REHBERG, Etsi prudens cit., pp. 244 e ss. 7 Per la nascita di questo ramo tramite una divisione dei beni all 'interno di quel­ lo di Palesttina nel 1448 v. nota 125. Per un p1imo mientamento possono servire le ta­ vole genealogiche (non sempre esatte nei dettagli) in P. LITTA, Famiglie celebri ita­ liane, II, Milano 1836 e C. PIETRANGELI, Palazzo Scim-ra, Roma 1987, pp. 1 1 3 e ss. 8 Questo ramo in realtà stava per estinguersi nella linea femminile, perciò ne nacque una lunga lite fra i Caffarelli e i Colonna di Genazzano: cfr. G. PRESUTTI, I Colonna di Riofreddo, «Archivio della Società Romana di Storia Patria», 61 ( 1 938), pp. 241-290.


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diretti con i papi. La riduzione dei Colonna a solo due rami significativi co­ stituisce un elemento di differenza notevole rispetto agli Orsini che erano ra­ mificati in tantissimi nuclei9. La ridotta base numerica della famiglia portò i Colonna - quasi avessero un complesso di inferiorità - a cercare ostinata­ mente di raggiungere i livelli di potere e prestigio che occupavano gli Orsi­ ni e specialmente il barone romano più invidiato dei suoi tempi, Virginio Or­ sini (t 1497)10, che i Colonna, con molto rispetto e aristocratica cortesia chiamarono domine, pater11 o, più raramente, frater12 . Questa ostentata re­ verenza contrasta con l'impertinenza con la quale i Colonna aspiravano alla 'restituzione' delle contee di Tagliacozzo e Alba13 «in quel modo et fmma le tene epso signor Virgilio»14• Se ora ci dedichiamo ai singoli personaggi, va ricordato che il punto di partenza per i Colonna - almeno quelli di Genazzano - agli esordi del pon­ tificato di Alessandro VI non fu molto favorevole. Negli anni intorno al

1484 erano stati coinvolti in scontri pericolosissimi con papa Sisto IV (t 1484); poterono, però, riprendersi sotto Innocenza VIII a loro più favore­ vole. 15

9 SHAw, The Politica[ Role cit., p. 17.

10 Per Virginio oppure Gentil Virginio Orsini cfr. tra l'altro A. DE B oùARD, Let­ tres de Rome de Bartolomeo de Bracciano à Virginio Orsini (1489-1494), «Mélan­ ges d'archéologie et d'histoire», 33 ( 1 9 1 3), pp. 267-336; E. PoNTIERI, Alessandro VI, Ferrante I d'Aragona e Virginio Orsini (A proposito della questione di Anguil­ lara e di Cerveteri), in PONTIERI, Per la storia del Regno di Ferrante I d'Aragona, re di Napoli, Napoli 1 946, pp. 351-4 1 6 ; V. CELLETTI, Gli Orsini di Bracciano. Glo­ rie, tragedie e fastosità della casa patrizia pizì interessante della Roma dei secoli XV, XVI e XVII, Roma 1 963 , pp. 30 e ss.; B. PANUNZI, Gentil Virginio Orsini: vita e imprese di un feudatario romano, in Bracciano e gli Orsini. Tramonto di un pro­ getto feudale (Catalogo della mostra, Bracciano, 27 giugno-27 agosto 1981), a cura

di A. CAVALLARO-A. MIGNESI TANTILLO-R. SILIGATO, Roma 1 9 8 1 , pp. 28-35. 11 Fabrizio lo chiamò illustre domine uti pater firmando con il proprio nome e uti.filius: ASC, Arch. Orsini, Pmte I, Conisp., 102, c. 477 (1491 maggio 8), cfr. un'al­ tra sua lettera con l'allocuzione simile: c. 454 (1491 marzo 8). In quegli anni c'erano anche momenti di una buona intesa fra Virginio Orsini e Fab1izio Colonna, tanto che girava la voce che il primo cercasse un'alleanza matrimoniale fra le loro famiglie: ibid., c. 294, DE B oùARD, Lettres de Rome cit., pp. 284 e s., doc. 10 (1490 maggio 1). 12 Prospero Colonna si rivolse a Virginio Orsini - forse irtcoraggiato dalla sua anzianità rispetto a Fabrizio - chiamandolo illustre domine tamquam frater: ASC, Arch. Orsini, Parte I, Corrisp. , 102, c. 1 52 ( 1 490 dic. 21). 1 3 I Colonna non potevano dimenticare che le contee di Alba e Tagliacozzo il cui possesso il re di Napoli Penante aveva confermato a Fabrizio e ai suoi fratelli nel 1480 erano passate a Virginio Orsini: ACol., III BB XXXVI , 1 9 (1480 nov. 15); COPPI, Memorie Colo1mesi cit., p. 220. 14 Così nella promessa del re di Francia di ' restituzione' delle dette contee: ACol., Mise. m AA 94175G ( 1494 set. 10) v. nota 7 1 . Un simile passo si trova pu­ re nell'investitura di Tagliacozzo ed Alba concessa da re Federico m nel 1497 a Fabrizio: ACol., IIIBB XXXVI, 44 ( 1497 lug. 6).

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l . Il cardinale Giovanni Colonna n cardinale Giovanni Colonna (t 1 508) per rango occupò sicuramente la posizione più alta fra i suoi parenti. Non ci interessa in questa sede il profilo politico-istituzionale del cardinalato nell'età di Alessandro VI16, quanto piut­ tosto il molo di questa dignità nell'ambito dei baroni romani. Per essi avere un rappresentante nel Sacro Collegio, già dal Duecento, era una cosa essen­ ziale; anche se un cardinale romano aveva allora un altro peso politico ri­ spetto ad un suo successore nel Quattro e Cinquecento. Anche il suo molo al­ l'interno della stirpe era ormai cambiato e un cardinale non poteva più aspi­ rare alla guida del suo clan, come erano riusciti ad ottenere invece personag­ gi abili come il cardinale Riccardo Annibaldi (t 1 276)17 e Napoleone Orsini (t 1342)18. n ridimensionato - sebbene sempre importante - molo degli ec­ clesiastici nel baronato romano viene confermato anche dalla figura del car­ dinale Giovanni Colonna. n figlio di Antonio, nipote di Mattino V, e fratello del condottiero Prospero, deve la sua nomina cardinalizia a Sisto IV che lo fe­ ce anche amministratore della diocesi di Rieti. Lo stesso papa però già due anni dopo, in seguito alla cmenta e ben nota lotta contro i Colonna, lo impri­ gionò a Castel Sant'Angelo. Sotto Innocenza VIII il cardinale ebbe occasio­ ne di vendicarsi degli Orsini19. Contribuì all'elezione di Alessandro VI ed ot­ tenne come compenso in commenda l'abbazia di Subiaco20.

15 Per i conflitti nei quali erano coinvolti i Colonna sotto Sisto IV cfr. CHERU­ BINI, Tra violenza cit., passim. Per le loro faccende sotto Innocenza VIII cfr. L. VON PASTOR, Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, III, Roma 1 959, pp. 2 1 8 e ss. 16 Per questi aspetti rinvio al contributo di Marco Pellegrini in questi Atti. 17 D. WALEY, Annibaldi Riccardo, in DBI, 3, Roma 1 9 6 1 , pp. 348-35 1 ; CA­ ROCCI, Baroni di Roma cit., pp. 3 1 1 e ss. 18 Per il cardinale Orsini cfr. ALLEGREZZA, Organizzazione cit., ad indicem e in particolare pp. 79 e ss. (con ulteriore bibliografia). Per i mutamenti dei ruoli diffe­ renti fra ecclesiastici e laici nel seno delle famiglie baronali nel corso del Trecento cfr. ibid., pp. 85 e ss. ; REI-IBERG, Kirche und Macht cit., pp. 77 e s. 1 9 Per un breve scorcio biografico (con una svista riguardante l'anno della con­ segna di Subiaco) cfr. F. PETRUCCI, Colonna Giovanni, in DEI, 27, Roma 1 982, pp. 342-344. 20 Per il ruolo di Giovanni ( «principalissirno strumento alla elevazione del Bor­ gia») nel conclave cfr. - tra l' altro - G.B . Prcorrr, Giovanni de ' Medici nel concla­ ve per l'elezione di Alessandro VI, «Archivio della Società Romana di Storia Patria»,


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Dall'Archivio Colonna si sa di altre sue entrate ecclesiastiche21. Non ebbe però il tempo di accumulare tanti benefici ecclesiastici, come erano abituati a fare i grandi cardinali e come lo stesso Colonna aveva fatto du­ rante il pontificato di Innocenza VIII22; Giovanni rischiò persino di perder-

li quando subì censure ecclesiastiche, come avvenne nel 149423 e - come vedremo ancora meglio più in là - nel 1 50 1 . La stima delle entrate dei car­ dinali in occasione del calcolo della decima per la guena contro i Turchi, effettuata nel 150 l , rivela che il cardinale Colonna aveva una rendita di 3000 ducati, e che era perciò tenuto a pagarne 30024. Era certamente una somma bassissima, se confrontata con i 30.000 o 20.000 ducati delle entra­ te dei suoi colleghi Giuliano Della Rovere e Ascanio Sforza; il molto meno ricco cardinale Giambattista Orsini dichiarò comunque oltre tre volte in più rispetto al Colonna, cioè 10.000 ducati25. Tanto più prezioso fu per il cardi­ nale Giovanni che il re Federico III di Napoli promettesse, nel 1497, di in­ tercedere presso il papa affinché gli fossero concessi i primi benefici eccle­ siastici che si sarebbero liberati nel suo regno fino ad un valore di 3000 du­ catF6. Il re proseguì la linea politica di concessione dei privilegi, già attua-

44 (1924), pp. 87-168, in particolare pp. 104 e s., 1 3 1 nota l (con i benefici che ot­ tetme il cardinale) e 149 nota 3. Per Subiaco cfr. ACol., IIIBB VI, 22 (1492 ago. 26). Cfr. PASTOR, Storia dei papi cit., m, p. 335. Per evitare liti che potevano nascere dal­ le pretese che i due nobili romani e fratelli Antonio e Cola Caetani proclamavano sul castello di Trevi, appartenente al monastero del Sacro Speco di Subiaco, Alessandro VI obbligava l'abate commendatario Giovanni Colonna a pagargli una pensione di 80 ducati annui: ACol., III BB VI, 23 (qui il nome dei due romani risulta illegibile); la bolla papale è registrata in ASV, Reg. Vat. 87 1 , ff. 29 l r-293r ( 1492 set. 22). Cfr. P. DE Roo, Materia! far a HistOI)' ofPape Alexander VI, his Relatives and his Time, II, Bruges 1 924, p. 1 63 (non «20th of September, 1492»). 21 Nel l493 Alessandro VI conferì al cardinale Giovanni Colonna una pensione annua di 400 ducati d'oro sulla mensa vescovile di Mende e 300 ducati sul monaste­ ro di Bonnecombe (Bonacumba) nella diocesi di Rodez (v. il mandato papale agli e­ secutori in ACol., IIIBB VI, 25 [1493 apr. 29]). Sappiamo però da ASV, Arch. Con­ cist. , Acta Camer. l , f. 55v che il cardinale aveva prima rinunciato in favore del ve­ scovo di Mende Clemente Della Rovere: [1493] «Die lune xxviiii aprilis Sanctitas dominus noster ad relationem reverendissimi domini admisit resignationem mona­ stetii beate Marie de Bonacumba Cisterciensium ordinis Ruthenensis diocesis in ma­ nibus Sue Sanctitatis per reverendissimum dominum cardinalem de Columna factam. Et illud de persona reverendo in Christo patri domino Clementi episcopo Mimatensi commendavi!». La pensione allora è da considerare una ricompensa per questa ces­ sione. In rapporto con questa rinuncia sono da vedere due procure del vescovo di Mende che confetmano la pensione per il cardinale: ACol., III BB VI, 24 ( 1493 mar. 30) e LXV, 1 8 (1493 mag. 15). Non fu caso raro che in partibus le pretese del cardi­ nale romano non fossero accolte bene. Ci vollero, nei mesi successivi, un monito fat­ to dall'esecutore della lettera papale e una intimazione di un procuratore del Colon­ na venuto a Mende per incitare il vescovo al pagamento del dovuto che già in gen­ naio aveva fatto il p1imo tentativo di opporsi alla provvista papale non ancora avve­ nuta ufficialmente: ibid., Lill, 3 1 (1493 gen. 21); VI, 26 (1493 giu. 3); LXill, 38; LXV, 6 (ambedue 1493 lug. 19). Mentre questa faccenda intorno ad una sola entrata ecclesiastica (forse perché contestata) è provata da più atti, sono rari i documenti per altri benefici ecclesiastici del cardinale per la cui situazione completa si dovrebbe, co­ munque, controllare anche i vari registri dell'Archivio Segreto Vaticano come i Reg. suppl. 960-1 169, i Reg. Lat. 925-1 126/1128 e Reg. Vat. 772-884: Sussidi per la con­ sultazione dell'Archivio Vaticano, a cura di G. GUALDO, Città del Vaticano 1989 (Col­ lectanea Archivi Vaticani, 17), pp. 192-195, 282-285 ; B . KATTERBACH, Inventario dei Registri delle Suppliche, Città del Vaticano 1932, pp. 60-68. 22 Tanti documenti snperstiti nell'Archivio Colmma, che qui non è il caso di ci­ tare, provano che il Colonna, sotto Innocenza VIII, ottenne molti più benefici che sotto il papa successore. Un - casuale - documento della necessità finanziaria del

cardinale si è conservato nell'Archivio Colonna: nel 1495, il suo camerario, Marco

de Achillis di Genazzano, quietanzò a Pietro di Vicenza, uditore della Camera Apo­ stolica, un mutuo di 400 ducati d'oro: ACol., III BB LXV, 17 ( 1495 ott. 6).

23 Ciò deriva dall'assoluzione del Colonna dalle censure ecclesiastiche inflit­ tegli per l'aiuto che aveva prestato ai suoi parenti banditi: ACol., III BB VI, 27 (1495 feb. 1), pubblicato secondo la registrazione in ASV, Reg. Vat. 869, ff. 235r238v in DE Roo, Materialfor a Histmy cit., III, pp. 553-557, doc. 143. Non fu cer­ to la prima volta che un cardinale Colonna dovette affrontare questo rischio. Dal 1297 fino al 1 305 i cardinali Jacopo e Pietro Colonna erano privati delle loro di­ gnità, un fatto che ebbe forti conseguenze finanziarie e politiche per tutto il resto della famiglia: REHBERG, Kirche und Macht cit., pp. 54 e ss., 1 50, 25 1 e s. 24 JOHANNTS BURCKARDT Liber notarum ab anno MCCCCIXXXI II usque ad annum MDVI, RIS2, 32/2, (1911-1942), p. 227; J. DELUMEAU, Vie économique et sociale de Ro­ me dans la deuxième moitié du XVIe siècle, I, Pmis 1957-1959, pp. 450-452. Del resto il Colom1a sotto Alessandro VI non pagò nessuna rata della decima: ASR, Camerale I 1 189, f. 28v. Questo rifiuto di pagare anche da pmte di alai cardinali - che è evidente nella stessa fonte - è da considerm·e, nell'intetpretazione della misura straordinaria del papa, come un atto fiscale rivolto contro il Sacro Collegio dato in M. CARAVALE, Lo Sta­ to pontificio da Martino V a Gregorio XIII, in M. CARAVALE-A. CARACCIOLO, Lo Stato pontificio da Martino V a Pio IX, in Storia d'Italia, a cura di G. GALASSO, XIV, Torino 1978, pp. 154, 163. 25 BURCKARDI Liber notarum cit., II, pp. 226 e s.; per la datazione cfr. p. 226 nota l . Dei 42 cardinali elencati solo sette rimasero con le loro entrate sotto quelle del cardinale Colonna dichiarandone 2000 ducati. 26 ACol., III BB XLill, 30/2 (1497 feb. 5). ll re giustifica questa sua ingerenza per le «optime et amorevole demonstratione facte verso de noi et stato nostro per lo reverendissimo signor cm·dinale Colonna et havendo respetto a li gratissimi et accep­ ti servitii quali de continuo ne ha prestati et presta lo illustre signor Prospero Colon­ na, fratre de dieta reverendissimo signor cardinale, el quale in omne eventn de fmtu­ na senza alcuno respecto have non solamente posto in peticulo lo stato suo ma la vita proptia per la conservatione del stato nostro, volendo usare officio de grato ptincipe».


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ta da suo padre Ferrante sette anni prima, che era ancora limitata a due a�­ ni e al valore di 2000 ducati27. Anche la nuova potenza spagnola che sosti­ tuì la dinastia aragonese nell'Italia meridionale si mostrò nel 1503 ugual­ mente disposta a favorire la 'caccia ai benefici' del prelato romano aumen­ tando il loro valore alla cifra esorbitante di 1 5.000 ducati28, i cui esiti però non sono ancora ben documentabili e paiono essere stati - almeno sotto il pontificato di Alessandro VI - in realtà modesti29• I documenti dell'Archivio Colonna evidenziano comunque che il ruolo politico del cardinale durante il governo del Borgia non va sottovalutato. Quando il cerimoniere papale Johannes Burckard non registra più la presen­ za in curia del cardinale30, lo troviamo invece spesso presente ad importanti atti fuori di Roma riguardanti la sua famiglia. Così il cardinale Giovanni rap­ presentò, nel 1495, il fratello Prospero assente in occasione degli atti di o� maggio e di fedeltà stipulati alla presa di possesso della sua nuova contea di Fondi31 e di Castelnuovo di Terra di Lavoro concessagli dal re di Francia32. Nel capitolato di pace con i Conti nell'agosto dello stesso anno troviamo il cardinale Giovanni equiparato a suo fratello Prospero33. Ma anche Alessan­ dro VI, conoscendo bene la struttura delle famiglie baronali, apprezzò il ruo­ lo importante del cardinale e lo impegnò anche per i suoi scopi politici. Quando il papa, per esempio, nell'agosto del 1495 preparò un percorso si-

curo per suo nipote Giovanni Borgia, vescovo di Melfi, in viaggio verso il re Ferdinando (Ferrantino) di Napoli attraverso le tene colonnesi, racco­ mandò l 'emissario innanzitutto al cardinale34. E fu il Borgia che, quando i Colonna nell'estate 1495 abbandonarono Carlo VIII, esortò ripetutamente il romano a prestare aiuto militare al re Ferrantino contro i francesi35. I contat­ ti del papa con il cardinale potevano anche essere riconducibili a retroscena - per dire - più banali. Quando il comune di Velletri per esempio denunciò al papa il fmto di 40 bufali commesso a causa di vecchie liti di pascolo da Girolamo Colonna, cioè un nipote del cardinale, il pontefice si rivolse diret­ tamente allo zio prelato per intimare la restituzione del bestiame36. A volte rimane il dubbio su quanto il papa Borgia sia stato guidato da una vera stima per il cardinale Giovanni Colonna dal momento che, per esempio, nel febbraio 1496 gli chiese un parere sulla nomina al cardina­ lato del sopra ricordato nipote Giovanni Borgia37. Questa confidenza tem­ poranea indusse subito il Colonna a richiedere dal papa un favore non me­ glio specificato38. Ovviamente, anche se Giovanni non può essere considerato l'unico ve­ ro capo della famiglia, il cardinale sostenne la linea politica del fratello Pro­ spero e del cugino Fabrizio ed assecondò attivamente le loro imprese. Per i parenti doveva essere pmticolarmente prezioso il suo ruolo di relazione con altri esponenti del Sacro Collegio. Troviamo così spesso il Colonna accanto ai cardinali Ascanio Sforza e Giambattista Savelli nei momenti in cui le loro famiglie ebbero interessi politici comuni39. li 20 luglio 1499 Giovanni dovet-

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ACol. , III BB XLIII, 30/1 ( 1490 set. 5). Cfr. il decreto corrispondente del vicerè Consalvo di Cordova ACol. , III BB XLIII, 30/3 (1503 set. 1 1). 29 Che concessioni di questo tipo fossero una medaglia a due facce lo rileva già l'esperienza ambigua che ne fece il cardinale Pietro Colom1a nel XIV secolo: REH­ BERG, Kirche und Macht cit., pp. 109 e ss., 1 50 e ss. 30 Spiccano due lunghe assenze del cardinale Giovanni dalla curia, cioè una dal­ l'inizio del 1495 fino al dicembre 1496 e l'altra dal 20 luglio 1499 quando egli fuggì da Roma per tornarci - dalla Sicilia - dopo la morte di Alessandro VI solo nel 1 503; BURCKARDI Liber notarum cit., I, p. 650; II, pp. 154, 368; cfr. DE Roo, Materialfor a Histmy cit., III, p. 45 1 ; IV, p. 33 1 . Durante le sue pe1manenze alla curia il prelato partecipò spesso ad atti importanti della vita alla Curia come cerimonie religiose, ri­ cevimenti di potentati o funerali. Cfr. BURCKARDI Liber notarum cit., passim. 31 ACol., III BB XLII, 4 ( 1495 apr. 28-mag. 3). 32 Ibid., XLII, 5 ( 1 495 lug. 1). Sorprende quest'ultima data visto che il re Car­ lo già si trovava sulla via del ritorno in Francia e l'aragonese Ferrantino era ritor­ nato a Napoli da qualche giorno. Cfr. per il retroscena storico PASTOR, Storia dei pa­ pi cit., III, pp. 414 e ss. 33 ACol., Mise. II A 33, 4 ( 1495 ago. 7). Alessandro VI in un breve datato sei giorni dopo raccomandò al cardinale Giovanni Colonna di osservare la tregua sta­ bilita «inter domum tuam de Columna et domum de Comitibus»: ACol. , III BB XVI, 45 (1495 ago. 1 3). 28

34 Ibid., XVI, 46 (1495 ago. 17). Poiché il fratello del cardinale (Prospero) vie­ ne nominato solo incidentalmente, si può pensare che costui in quei mesi fosse as­ sente e che il cardinale avesse preso tutto il governo delle terre di proprietà comune. 35 Per questo motivo il papa scrisse parecchie volte al cardinale: ACol. , III BB XVI, 48 ( 1495 set. 5); XVI, 5 1 (1495 nov. 17); XVI, 53 ( 1 496 gen. 26). Cfr. PA­ STOR, Storia dei papi cit., III, p. 422. 3 6 ACol. , III BB XVI, 50 (1495 nov. 8). Dallo stesso documento risulta del re­ sto che anche i cittadini di Velletri e il vescovo cardinale di Albano, invocato per mediare, si erano rivolti sempre direttamente al cardinale Colonna. 37 ACol., III BB XVI, 54 ( 1 496 feb. 1 5); pubblicato in PASTOR, Storia dei papi cit., III, p. 1033, doc. 35. Per la promozione di nuovi cardinali del 1 9 febbraio 1496 cfr. ibid., p. 429 con la nota 3 . 3 8 li papa aveva prima desiderato che il Colonna tornasse, poi lo esortò a ri­ manere preferibilmente là dove si trovava; ACol., III BB XVI, 55 (1496 mar. 4). 39 Nell'Archivio Colonna si conserva una lettera del cardinale Ascanio Sforza scritta a Marino, allora territorio colonnese, e indirizzata al cardinale Colonna per stabilire un incontro (nel postscritto gli comunica l'arrivo di navi francesi ad Ostia): ACol . , Mise. II A 36 II, 64 (1494 ott. 1 ) . La lettera, nella quale da Viterbo il re di Francia Carlo VIII promise protezione e in cui si parla della liberazione di Prospe-


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te fuggire da Roma, dopo che Ascanio si era ritirato nei tenitori dei Colon­ na40. Dopo l'inizio promettente del pontificato di Alessandro VI l 'andamen­ to della politica pontificia nei confronti dei baroni romani deve aver ramma­ licato molto il cardinale che però seppe prendere le distanze dai famigliari al momento giusto; una mossa che, nell'agosto 1 501, gli salvò se non le tene al­ meno i titoli e le rendite ecclesiastiche, eccettuata l'abbazia di Subiaco41. Il papa, però, al prelato prudentemente assente non affidò nessun alto incarico o, almeno, nessuna delle legazioni così ambite per il prestigio e per le entra­ te42. Al papa Borgia non bastò l'aver umiliato il cardinale Colonna e da ulti­ mo addirittura incarcerato il cardinale Orsini, mmto a Castel Sant'Angelo nel febbraio 150343; egli non nominò nessun barone romano cardinale. Fra i ben 43 cardinali creati da lui non si trovano che due romani, Giu­ liano Cesarini e Alessandro Farnese, e questi ebbero la porpora - come si sa - principalmente per motivi di parentela con il p ap a44. Così il cardinale

Colonna alla morte del papa si trovò come unico barone romano nel Sacro Collegio. Solo negli anni successivi potè recuperare, o meglio raggiunge­ re, un Prestigio e una ricchezza che gli erano stati negati da Alessandro , VI45. E evidente che il papa spagnolo aveva capito che un' arma efficace per colpire il baronato romano sarebbe stata il rifiuto del capello cm·dina­ lizio. Per una stirpe baronale avere un· cardinale in famiglia era molto di più che aver sistemato bene un proprio rampollo. Oltre alle entrate conta­ vano la speranza - rinnovata ad ogni conclave - di poter essere fra i 'pa­ pabili'46 e i preziosi contatti in curia, che servivano per avere informazio­ ni di prima mano nel centro del potere. Il ' mercato' dei benefici ecclesia­ stici e dei privilegi papali, nel quale un cardinale potente poteva essere un prezioso intermediario, dette anche tante possibilità di crearsi una rete clientelare47. Da alcuni documenti nell'Archivio Colonna si possono ve-

ro Colmma detenuto dal papa in Roma, è indirizzata non solo al cardinale Colonna e a Fabrizio ma anche al cardinale Savelli: ACol., III BE XCV, 49 (1494 dic. 12). Che il cardinale Savelli allora fosse ugualmente colpito dal bando papale, si evi­ denzia dalla sua assoluzione ottenuta insieme con il collega Colonna nel 1495 (v. nota 23). I due cardinali facevano parte del seguito reale quando Carlo VIIl entrò a Roma il 3 1 dicembre 1494; PASTOR, Storia dei papi cit., Ill, p. 396. In quei giomi movimentati il cardinale Colonna ottenne dal papa due salvacondotti per passaggi incondizionati persino ad Ostia; ACol. , III BE XVI, 42 e 43 ( 1494 dic. 14/16). 40 BuRCKARDI Liber notarum cit., I, p. 1 54. 4 1 Cfr. la bolla di condanna per ribellione che colpì tutta la casa Colonna, cita­ ta a nota 1 56; ibid. II, p. 287 ricorda il consensus - sicuramente contro voglia - del cardinale per la cessione di Subiaco. FRANCESCO GUICCIARDINI, Storia d'Italia, a cu­ ra di C. PANIGADA, II, Bari 1929 (Scrittori d'Italia, 120-121), p. 25 racconta che il generale d' Aubigny, il quale perseguitò i Colonna senza pietà, concordava con il re Federico che i cardinali Colonna e di Aragona dovessero continuare a godere delle entrate ecclesiastiche che avevano nel regno di Napoli. 42 DE Roo, Materialfor a History cit., IV, p. 175 elenca fra le concessioni di A­ lessandro al re Carlo VIIl, che stava avvicinandosi a Roma, l'obbligo di ticonciliarsi con i baroni romani e di nominare il cardinale Colonna, ovviamente [m' allora emargi­ nato, a legato papale nella Campagna. li non essere onorato da questi incmichi - sep­ pur spesso di mera rappresentanza - già nel Trecento significava per un cardinale live­ stire un ruolo secondmio nella curia. Cfr. REHBERG, Kirche und Macht cit., pp. 66, 69. 43 Per la morte del cardinale Giambattista Orsini cfr. per ultimo I. CLOULAS, Les Borgia, Pmis 1 992, pp. 3 1 4 e s. 44 Per i cardinali creati da Alessandro VI cfr. K. EUBEL, Hierarchia catholica, Ill, Monasterii 19 142 (ristampa anast. Padova 1 960), pp. 21-25. Per gli altri cardina­ li romani indicati v. ibid., p. 19. Secondo CARAVALE, Lo Stato pontificio cit., p. 144 il favoritismo nei riguardi dei suoi parenti per le nomine cardinalizie fu motivo di so­ stegno che tanti baroni prestarono al cardinale Giuliano Della Rovere e a Carlo VIIl.

45 Giovanni divenne pure arciprete della basilica di S. Giovanni in Laterano: cfr. PETRUCCI, Colonna Giovanni cit., pp. 343 s. 46 Dopo l'ultimo papa romano - appunto un Colonna! - in realtà le chances dei cardinali romani di poter salire sul trono di S . Pietro furono sempre più scarse. La causa di questa emarginazione fu, tra l'altro, sicuramente la paura degli altri cardi­ nali di un possibile nepotismo da parte di un papa romano per le ripercussioni che avrebbe potuto avere sul Lazio, cioè il cuore politico dello Stato della Chiesa. Tale eventualità sarebbe stata più pericolosa del pure evitabile nepotismo di un estraneo all'ambiente romano-laziale. Questi 'pregiudizi', che meriterebbero di essere stu­ diati di più, potrebbero aver trovato una nuova conferma nella persona del papa ne­ potista Paolo IIIFamese, ultimo esponente per molto tempo di una famiglia laziale sulla cattedra Petri. Casi di papi nepotisti come Paolo IV Carafa e Urbano VIIlBar­ berini dimostrano, però, che anche papi non-romani erano fortemente tentati di ra­ dicare le loro famiglie nel Lazio. Per ulteriori considerazioni cfr. W. RETNHARD, Herkunft und Karriere der Papste 141 7-1463. Beitrage zu einer historischen Sozio­ logie der romischen Kurie, «Mededelingen van het Nederlands Instituut te Rome», 38 (1976), pp. 87-108; CHR. WEBER, Senatus Divinus. Verborgene Strukturen im Kardinalskollegium derfriihen Neuzeit (1500-1800), Frankfurt-Main 1 996 (Beitra­ ge zur Kirchen - und Kulturgeschichte, 2). 47 Per questo aspetto l' Archivio Colonna dà poche informazioni mentre uno spoglio delle lettere di provvista papali nell' ASV (v. sopra nota 21) potrebbe fomi­ re un ricco materiale. Per la metodologia, però centrata sul Trecento, cfr. REHBERG, Kirche und Macht, passim. Un - casuale - esempio per questi meccanismi lo forni­ sce la lettera papale con la quale un nipote del cardinale, Giulio Colom1a - dopo la tinuncia di Giuliano Cesmini promosso alla pmpora - otteneva un canonicato a S. Pietro in Vaticano; ASV, Reg. Vat. 777, ff. 27v-38r (1493 set. 22). Per la interces­ sione di suo zio cardinale il chierico fu esonerato dall' obbligo di pagare le annate per lo stesso canonicato: ASV, Cam. Ap. , Div. Cam. 50, f. 153r (senza data, però si­ curamente ancora del 1493). Giulio qualche anno più tm·di cominciò una carriera militare: F. PETRUCCI, Colonna Giulio, in DEI, 27, Roma 1 982, pp. 347 e s.


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dere legami di familiarità e di protezione48. Questi, del resto, influirono an­ che in un campo dove il cardinale Colonna ebbe una notevole fortuna e do­ ve potè danneggiare parecchio l 'immagine di Alessandro VI cioè in cam­ po letterario49. Non è qui il luogo per approfondire i meriti del prelato co­ me cultore dell' arte e della letteratura, ma non si possono non ricordare gli epigrammi velenosissimi che un suo protetto, il nobile romano Evangeli­ sta Maddaleni Capodiferro, detto Fausto, dedicò ai Borgia50• Il poeta non celebrò solo il suo moecenas, ma anche Fabrizio e Prospero Colonna, che lottavano dal 1495 sotto le insegne della casa aragonese di Napoli contro gli odiati gallici51. Tanta fu la rabbia tra le figure colpite dai Borgia che es­ se, come dimostra la famosa lettera aperta all'alleato dei Colonna Silvio

Savelli del 1 50 1/252, non esitarono a coprire di fango ad ogni occasione la loro condotta e memoria.

48 Così troviamo - per fare pochi nomi - nel 1495 nell' entourage del cardinale Colonna: Gasparre Malvezzi di Bologna e due romani, l' «utriusque juris doctor et scriptor apostolicus» Alessandro Boccabella e il futuro cardinale e ancora canonico di S . Pietro Andrea Della Valle; ACol., III BB XLII, 4 (per il contenuto v. sotto no­ ta 76). 11 cardinale Giovanni concesse a Giovanni Sanctis Fiaschetta una vigna pres­ so Genazzano: ACol., III BB XXV, 1 1 (1500 dic. 10). E insieme al fratello Prospe­ ro dette al nobile bolognese Persio Malvezzi una casa nel rione Colonna: ACol., Mise. II A 2, n. 7 (ff. 5lr-53v; a questa copia manca la datazione). Per i Malvezzi nominati cfr. Malvezzi. Storia, genealogia e iconografia, a cura di G. MALVEZZI CAMPEGGI (Le famiglie senatorie di Bologna), B ologna 1 996. 49 L'uso delle clientele anche per motivi polemici contro gli avversari non fu nuovo per i Colonna. Ricordo solo la vasta produzione antibonificiana nell'ambien­ te dei Colonna nel corso del conflitto fra questi baroni e papa B onifacio VIII negli anni 1297-1 303; cfr. REHBERG, Kirche und Macht cit., pp. 207 e ss. 50 L'opinione che Evangelista, persona dai tratti non sempre coerenti, ebbe dei B orgia variava secondo esigenze di protezione e motivi personali (pro-borgiani so­ no p. e. le poesie sotto il titolo Alexander VI in Bibl. Ap. Vat. , Vat. lat. 5383, ff. 1 r-20r). Qui di patticolare interesse sono le sue poesie ed epigrammi anti-borgiani che si trovano - oltre alle copie autografe in Vat. lat. 3419 - nel Vat. lat. 335 1 , «una sorta di zibaldone su cui egli annotò in ordine grosso modo cronoì.ogico sue poe­ sie (cambiandone poi con indifferenza, a seconda delle necessità, l 'intitolazione a donne e a mecenati), notizie di cronaca romana e familiare, entrate e uscite, debi­ ti, epigrafi, cifrari» (così definisce il codice G. BALLISTRERI, Capodiferro Evange­ lista Maddaleni de', detto Fausto, in DBI, 1 8 , Roma 1 975, pp. 621-625; qui in par­ ticolare p. 624), e sono editi in gran parte da O. ToMMASINI, La vita e gli scritti di Niccolò Machiavelli nella loro relazione col Machiavellismo, II/2, Roma 1 8831 9 1 1 (rist. anast. Bologna 1 994-1999), pp. 1 108- 1 1 1 8 . Per questo personaggio si veda inoltre O. TOMMASINI, Evangelista Maddaleni de ' Capodiferro, «Atti della R. Accademia dei Lincei, serie IV, Classe di scienze morali e storiche», 1 0 (1 892), pp.

3-20.

5 1 Cfr. per i due Colmma laici, Bibl. Ap. Vat., Vat. lat. 335 1 , ff. 25v-26r, 27r,

36v, 44v, 5 1r, 6lv, 69r, 79v-80r, 84v, 104v.

2. I condottieri Prospero e Fabrizio

I cugini Prospero (t 1 523) e Fabrizio Colonna (t 1520)53 apparteneva­ no alla categoria dei condottieri e possono essere presentati insieme anche perchè seguirono una politica uniforme, che aspirava ad innalzare quanto più possibile la propria posizione. Le proprietà dei Colonna nel Lazio furo­ no vaste, ma producevano - per la loro posizione in parte montuosa - rela­ tivamente poca ricchezza54. Il loro principale valore era strategico, visto che i loro possessi lungo la via Prenestina e la via Casilina controllavano im­ portanti vie di transito, quali quelle della valle del Sacco che conduceva nel regno di Napoli. E proprio questo era l 'unico campo di espansione disponi­ bile per i baroni romani, che a casa propria non potevano più aspirare a gua­ dagni territoriali se non per via ereditaria. La fermezza di Alessandro VI nella nota questione di Cerveteri e Anguillara55 mostra come i pontefici del­ la fine del Quattrocento non accettassero più l'espansione incontrollata di

52 BURCKARDI Liber notarum cit., II, pp. 3 12-3 1 5 . Per la sua datazione v. - per ultimo - CLOULAS, Les Borgia cit., pp. 293 e s. e per il suo ruolo nella ' leggenda nera' intorno alla famiglia Borgia v. M. HERMANN-R6TTGEN, Die Familie Borgia. Geschichte einer Legende, Weimar 1 992, pp. 62 e ss. Per un ulteriore giudizio an­ ti-borgiano espresso dall'ambiente della nobiltà municipale filo-colonnese cfr. sot­ to nota 52. 53 Per la biografia dei due Colonna v. F. PETRUCCI, Colonna Prospero, in DBI, 17, Roma 1 982, pp. 41 8-426; EAD., Colonna Fabrizio, in ibid., pp. 288-293. 54 I territori dei Colonna non furono neanche poveri. Il loro valore, sommato a quello delle terre degli Orsini, ammontava, secondo una fonte fiorentina del 1492, a 25.000 fiorini d'oro. Confrontando questo valore con quello di altri centri, si può constatare che è pari alle entrate che ebbero città come Rimini e Faenza e che da so­ le rendevano fra i 10 e 12.000 fiorini: F. GREGORovms , Die Geschichte der Stadt Rom im Mittelalter, VII, Stuttgart 1 8944, p. 343 nota 2; cfr. DE Roo, Material jor a History cit., IV, p. 54. Analogamente a quanto osserva SHAW, Politica! Role cit., pp. 17 e ss. per gli Orsini, in mancanza di fonti contabili, è molto difficile quantifi­ care esattamente le entrate dei Colonna. 55 Le vicissitudini e conseguenze politiche intorno alla vendita di questi feudi da parte di Franceschetto Cybo a Virginio Orsini nel settembre 1492 che coinvol­ gevano i rapporti fra Alessandro VI e il re di Napoli nonché Firenze sono state de­ scritte per esempio da P. NEGRI, Studi sulla crisi italiana alla fine del secolo XV, «Archivio Storico Lombardo», 50 (1 923) pp. 1 -135; 5 1 (1924) pp. 75-144, qui in particolare parte l , pp. 59 e s . e PoNTIERI, Alessandro VI cit.


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una singola famiglia baronale nei dintorni di Roma56. Tanto più attiravano i nobili le possibilità di guadagnarsi terre e titoli che da secoli offrivano i re di Napoli57• Per quanto appetibili fossero queste prospettive, esse però por­ tarono anche all'inevitabile rischio, da parte dei baroni romani, di doversi impegnare nelle lotte politiche che assumevano dimensioni internazionali. E così, come il papa Borgia, anche i Colonna si trovarono presto in mezzo a complicate relazioni politiche che richiedevano una presa di posizione spesso molto rischiosa. Seguendo i cambiamenti continui delle alleanze, i baroni romani dovevano tentare di reagire con abilità, anche se talvolta qualcuno si ritrovava ad ' aver puntato sul cavallo perdente' . I sovrani e po­ tentati invece, in cerca di alleati e condottieri nel baronato romano, valuta­ vano non solo il valore strategico delle loro terre ma anche la rete cliente­ lare collegata a queste personalità. Così il re di Napoli Ferrante, nel 1493, invita i suoi condottieri romani - fra l 'altro anche Prospero e Fabrizio - ri­ tornati a casa, «che tengano ben disposte tucte intelligentie, quali hanno con cardinali et citadini romani et con homini del paese58». Nei primi anni di Alessandro VI non mancarono buoni rapporti tra il papa e i Colonna59• Del resto Fabrizio e Prospero, all'inizio, erano anche legati da forti interessi finanziari al pontefice spagnolo, visto che risultano creditori presso la Camera Apostolica60 di grosse somme che furono loro saldate, tra l 'altro, tramite la Camera Urbis. Non vengono sempre specifi­ cate le cause di questi crediti, che però sono da cercare soprattutto in con­ dotte militari. Così il primo pagamento, di 2846 fiorini, effettuato nel mag­ gio 149361, si può collegare a servizi militari prestati sotto Innocenza VIII,

la cui riscossione il Sacro Collegio, durante la vacanza della sede pontificia del ' 92, affidò ai doganieri del pascolo di Roma62. I pagamenti per le con­ dotte che i Colonna stipularono con il papa Borgia sono elencati nei registri finanziari dall'inizio del 1494, e riguardano inoltre gli anni 1495 e 149663. La loro distribuzione cronologica, nonché la repentina sospensione, rispec­ chia l 'evolversi della situazione politica nei successivi anni e le preferenze del papa che fece molto più affidamento sui servizi degli Orsirri64. Ma i Colonna stavano anche al soldo di altri potentati. All'inizio del pontificato di Alessandro VI, Prospero e Fabrizio erano mercenari di re Fer­ dinando (Ferrante) d'Aragona65, il cui successore Alfonso II cominciò nel febbraio 1494 a trattare con loro una nuova condotta66. Il suo mandatario la

56 Cfr.

CARAVAIE, Lo Stato pontificio cit., pp. 50 e s., 77, 88 e ss., 108 e ss., 140 s. Cfr. per gli Orsini ALLEGREZZA, Organizzazione del potere cit., passim; per i Colonna nel sec. XV COPPI, Memorie Colonnesi cit., pp. 168 e s., 1 73, 192, 217, 220. 58 Così il re si espresse in una lettera a Marino Tomacello: F. TruNcHERA, Co­ 57

dice Aragonese o sia lettere regie, ordinamenti ed altri atti governativi de ' sovrani aragonesi in Napoli riguardanti l'amministrazione interna del reame e le relazioni all'estero, Napoli 1 868-1870, qui II/l , pp. 382-384, doc. CCCXCV (1493 apr. 30).

59 Alessandro Vl mandò un breve al suo luogotenente nella Campagna e Marit­ tima, il vescovo di Venafro, ordinandogli di prestare aiuto a Prospero Colonna nella consegna della metà della rocca di Supino contestatagli da Giacomo D 'Anguillara: ACol., IIIBB XVI, 40 ( 1493 set. 23). Cfr. per la vicenda di Supino nota 129. 60 Per il ruolo della Camera Apostolica sotto Alessandro Vl tinvio ai contributi di Peter Partner e Luciano Palermo, previsti negli Atti del Convegno Alessandro VI e lo Stato della Chiesa (Perugia 13-15 marzo 2000) di prossima pubblicazione. 61 ASV, Cam. Ap. Intl: et ex. 524, ff. 87v, 124v ( 1493 mag. 2 1-lug. 3 1) riguar­ danti 2846 fiorini (= fl.) e 63 bolognini (= bol.), conispondenti a 2733 ducati de car­ linis, in seguito ad un mandato di pagamento ai dohanerii pascuorum alme Urbis in ASR, Camerale I, Mandati 855, f. 36r ( 1493 apr. 26).

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Questo retroscena 1isulta da ASV, Cam. Ap. , Div. Cam. 50, ff. 1 35v- 136r (1493 gin. 1 9) : «ratione stipendiomm tempore eiusdem Innocentii debitorum super introitibus dohane pecudum alme urbis pro summa quinquemilium quadragintasex ducatorum de carlinis x pro ducato». Con lo stesso documento Alessandro Vl so­ spese - del resto per cause non meglio specificate - il pagamento di una seconda parte della somma intera di 5046 ducati de carlinis, cioè 2300 ducati, che erano sta­ ti destinati e già promessi ai sottoposti dei Colonna, cioè ai due romani Domenico Massimo (900 due.) e Stefano Margani (600) nonché Giovanni Turredinus (200), Pietro Ricasoli ( 100) e Alessandro de la Casa (500). Che anche questi anetrati alla fine furono pagati si può dedune con grande probabiltà da ASV, Cam. Ap., Intl: et ex. 525, f. 1 68r (1494 feb. 19) 1iguardanti 2409 fl. e 2 bol. (= 23 1 2 e 3/4 due.) - co­ me una rata di un credito di 8662 fl. e 65 bol. - in seguito ad un mandato di paga­ mento ai dohanerii pascuorum alme Urbis in ASR, Camerale I, Mandati 855, f. 70r ( 1 494 gen. 28). Per un altro pagamento elevato nei primi anni del pontificato di Alessandro VI cfr. ASV, Cam. Ap. , Intl: et ex. 524, f. 1 39r ( 1493 ago. 3 1 ) riguar­ danti 2500 fl. in seguito ad un mandato di pagamento ai banchieti Spam10chi, che si devono servire del census napoletano pagato proprio in quei giorni con grande ri­ tardo, in ASR, Camerale I, Mandati 855, f. 60r (1493 ago. 21). Ringrazio Luciano Palermo per alcuni utili suggerimenti in me1ito. 63 ASV, Cam. Ap., Intl: et ex. 525, f. 175r (1494 marzo 14): Prospero Colonna riceve 5000 fl. pro iiii.or paghis. Ibid. 527, f. 1 48v (1495 ago. 24): 4 1 66 fl. e 48 bol. pro quatuor paghis. Ibid. 528, f. 107v ( 1 496 ott. 20): v. sotto nota 82. Cfr. DE Roo, Materialfor a HistOJ)' cit., IV, pp. 278 e ss. 64 n ruolo privilegiato degli Orsini in questo campo si evidenzia già da uno sguardo veloce sulle liste dei condottieri papali forniti in ibid., pp. 278 e s . , 507-510, doc. 155 e SHAW, Tlze Politica[ Role of the Orsini Family cit., pp. 267 e ss. 65 NEGRI, Studi sulla crisi italiana cit., l, p. 46, nota 2; PASTOR, Storia dei pa­ pi cit., III, p. 3 3 1 . Cfr. TRINCHERA, Codice Aragonese cit., II/l, p. 228, doc. 261 (1492 dic. 21). Per la situazione nel l493 cfr. NEGRI, Studi sulla crisi italiana cit., l , p. 7 8 ; TruNCHERA, Codice Aragonesf! cit., II/l, pp. 382-384, doc. 395. 66 Cfr. la procura per il segretario reale Berm·dino de Bernardo per trattative con Fabrizio e Prospero Colonna: ACol., III BB XXXVI, 2 ( 1 494 feb. 7).


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concluse il 25 febbraio con il solo Fabrizio; il 6 marzo vetme ratificata dal re67• Nell' aprile Fabrizio accontentò anche il papa con la resa di Ostia al pontefice dopo la partenza per la Francia del cardinale Giuliano Della Ro­ vere, vecchio alleato dei Colonna68• Alessandro VI in seguito confermò a Fabrizio il possesso di Grottaferrata69. Ma i tempi dell'intesa politica finirono presto. Nuovi documenti dell'Archivio Colonna confermano che i Colonna, tramite condotte con­ cordate con il cardinale Ascanio Sforza70 e suo fratello Ludovico il Moro, che fungevano da prestanome, nel settembre '94 entrarono nelle file fran­ cesi71. Dai capitoli della condotta milanese di Fabrizio Colonna risulta che il re di Francia promise, fra l'altro, di passare le contee di Alba e Taglia­ cozzo da Virginio Orsini al Colonna. Risulta in modo chiaro l'importanza strategica delle terre del Colonna, chiamate ' stato', come base militare per le truppe francesi in arrivo. Ogni anno la condotta doveva rendere ben 20.000 ducati per ciascuno dei due cugini; il suo inizio formale era retrodatato al l o maggio72. Abbiamo anche testimonianze dei pagamenti. Il re Carlo VIII, all'ini­ zio del 1495 dopo la sua entrata a Roma, resa possibile non da ultimo dai

67 Cfr. la ratifica: ibid., XLVII, 12 (1494 mar. 6). Il giorno dopo il fratello del re, Federico, accompagnò il dono di un cavallo con una lettera autografa al suo «ca­ rissimo fratello» Fabrizio: ibid., Mise. II A 36 II, 30 (1494 mar. 7). 68 Cfr. la minuta non datata del capitolato tra Fabrizio Colonna e il rappresen­ tante del papa per la consegna di Ostia: ibid., Mise. Il A 33, 7. 69 ACol., III BB XVI, 4 1 (1494 mag. 24), pubblicato da PASTOR, Storia dei pa­ pi cit., m, p. 1030 doc. 29. Cfr. per i retroscena ibid. , p. 373; CARAVALE, Lo Stato pontificio cit., p. 144. 70 Per i contatti del cardinale Sforza con i Colonna mentre dimorava nell' esta­ te 1494 più volte nelle loro terre, cfr. H. DELABORDE, L'Expédition de Charles VIII en Italie. Historie diplomatique et militaire, Paris 1 888, p. 366; PASTOR, Storia dei papi cit., m, pp. 375, 378. 7 1 DELABORDE, L'Expédition de Charles VIII cit., pp. 366 e ss. Per i capitoli della condotta fra il duca di Milano e Ludovico il Moro rappresentati dal cardinale Ascanio e Fabrizio Colonna che fanno riferimento ad un accordo già raggiunto fra i milanesi e Prospero cfr. ACol. , Mise. m AA, 94175G ( 1494 set. 10) pubblicato in F. TOMASSETTI, Nozze Colonna-Stavro, XXII Ottobre MCMXXV, Roma 1 925, pp. 2325, doc. l . La ratifica da parte di Giangaleazzo Sforza e di suo zio Ludovico: ACol. , III BB XXXVI, 39 ( 1494 set. 23). Per una controffensiva da parte del re di Napoli Alfonso che nel luglio 1 494 si era incontrato a Vicovaro con il papa e aveva coin­ volto nelle trattative con i due cugini Colonna anche il cardinale Giovanni e il car­ dinale Savelli cfr. nota 1 7 1 . 72 Cfr. nota 7 1

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cugini condottieri Colonna73, fece pagare loro 13.800 ducatF4; inoltre il re francese conferì Montefortino, tolto ai Conti, a Prospero75, insieme con la contea di Fondi e il ducato di Traetto, tolti ai Caetani76• Fabrizio ottenne le contee di Alba e Tagliacozzo tanto desiderate e finalmente strappate agli Orsini77. In queste lotte, più stabilmente di quanto si potesse pensare, si consolidavano le vecchie alleanze fra le principali famiglie baronali. I Con­ ti seguivano gli Orsini, i Savelli i Colonna, e perciò il re francese. Quando i Colonna nell'ottobre 1494 furono banditi dal papa, questa condanna colpì anche alcuni Savelli e Girolamo Totavilla, anch'essi stipendiarii francesF8. Presto però i Colonna capirono che la fortuna stava lasciando Carlo VIII e, nell'estate del 1495, entrarono al servizio del nuovo re di Napoli

73 Per alcune azioni pro-francesi dal settembre 1494, concentrati sulla conqui­ sta di Ostia, v. BURCKARDI Liber notarum cit., I, p. 534; PASTOR, Storia dei papi cit., m, pp. 383, 390. 74 P. MAZIO, Di un documento inedito che riguarda la calata di Carlo VIII in Italia, «li Saggiatore. Giornale romano di storia, belle arti e letteratura», 2/3 ( 1 845), p. 24. Si paragoni questa cifra con le entrate annuali relativamente modeste del car­ dinale Giovanni che, invece, vennero stimate solo 3000 ducati. 75 Cfr. ACol., IIIBB XLI, 26; Bibl. Ap.Vat., Vat. lat. 7975, pp. 98-99 (ambe­ due 1495 feb. l) e PASTOR, Storia dei papi cit., m, p. 405. 76 In seguito alla consegna reale delle nuove tene a Prospero Colonna, effet­ tuata nel gennaio, vennero stipulati degli atti di omaggio e fedeltà al re e al nuovo signore. Fu il cardinale Giovanni che rappresentò il fratello assente in quella occa­ sione: ACol. , III BB XLII, 4 ( 1495 apr. 28-mag. 3 con la consegna reale come in­ serto). Cfr. simile ibid., LVII, 66 ( 1 495 apr. 28). 77 Lo strumento d'investitura da parte del re di Francia è tramandato solo in una copia del sec. XVI che presenta molti errori di trascrizione e non è escluso che in realtà si tratti di un falso: ibid., XXXVI, 40 ( 1 495 mar. 24). 78 La pubblicazione di questo bando in volgare è tramandato in ACol. , Mise. m AA, 94/73B (l'esemplare affisso alla porta della Cancelleria) e - in fmma quasi iden­ tica - in BURCKARDI Liber notarum cit., I, pp. 536-538 (1494 ott. 6); cfr. le due tra­ scrizioni d'età moderna, i n Bibl. Ap.Vat. , ms. Capponi 63, cc. 96v-100v e ACol. , Mise. II A 3 6 II , 17. I Savelli incriminati furono Antonello, Troiano e Troilo. Per la persona di Girolamo Totavilla, un figlio del cardinale d'Estouteville e di Girolama To­ sti, dal 1492 come esule in servizi milanesi v. BURCKARDI Liber notarum cit., I, pp. 536 s. nota 4 e F. GABOTTO, Girolamo Tuttavilla, uom d'arme e di lettere del secolo XIV, «Archivio Storico per le Province Napoletane», 14 (1889), pp. 4 1 3-53 1 . Per l'in­ serimento dei Colonna, Savelli e del Totavilla negli stipendi francesi, cfr. DELABORDE, L'Expédition de Charles VIII cit., p. 366. Alessandro VI considerò questi legami in una sua minuta, non datata, per la riconciliazione con i Colonna, avvenuta all'inizio del 1495: G. GASCA QUEIRAZZA, Gli scritti autografi di Alessandro VI nell'Archivium Arcis, Torino 1 959, pp. 16 e ss.


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Ferrantino e - dopo la sua morte prematura nell'ottobre 1496 - al servizio del successore Federico III d'Aragona. Dai dispacci raccolti da Sanuto si conosce l 'itinerario faticoso da un campo di battaglia all'altro che i due condottieri fedeli seguivano specialmente nell'Italia meridionale79 e che portò loro, come riconoscenza, dopo un po' , la conferma dei loro ultimi ac­ quisti, cioè del ducato di Traetto e della contea di Fondi per Prospero, del­ la contea di Tagliacozzo per Fabrizio80. L'ira comprensibile portò Virginio Orsini, dichiarato nel frattempo ribelle anche dal papa, dalla parte dei fran­ cesi81. Quando il pontefice, nel 1496, gli mosse guerra, i Colonna si tenne­ ro però apparentemente in disparte, anche se fu Guidobaldo da Montefel­ tro, cognato di Fabrizio, a guidare le truppe papali82. Durante il governo di Alessandro VI i due Colonna non videro spesso le loro terre. Quando si trovavano a Roma e nel Lazio dovevano di solito affrontare le rivalità con gli Orsini. Inoltre Alessandro VI si mostrò sempre più ostile nei confronti delle famiglie baronali, cercando di trarre

profitto dai loro antagonismi che riaccendevano le vecchie alleanze clien­ telari. Questo atteggiamento, poco degno di un pontefice, fu già criticato dai contemporanei83. Sembra che alla fine anche il baronato romano capì di es­ sere abilmente strumentalizzato dal papa e da suo figlio Cesare. Quando la guerra fra i Colonna, inizialmente incoraggiati dal pontefice84, e gli Orsini scoppiò di nuovo nell' agosto del l 497, e quando Giacomo Conti - affianca­ to dagli Orsini - assediò Torre Mattia85, le due fazioni, con il coinvolgimen­ to dei cardinali Colonna, Orsini e Savelli, arrivarono ad una tregua86. Si giunse infine, 1'8 luglio 1498, alla pace di Tivoli87, che ancora una volta mostra bene gli schieramenti contrastanti, adesso uniti nella paura di un ne­ mico comune, cioè il papa, che a sua volta restò intimidito di fronte a que-

79 Cfr. MARINO SANUTO, I Diarii, l, a cura di F. STEFANI, Venezia 1 879 ad in­ dicem. Il re Ferrantino dette a Fabrizio Co1omla pieno potere di trattare con tutte le città e castelli dell'Abbmzzo, fedeli alla Francia, il loro assoggettamento al re di Na­ poli: ACol. , IIIBB XLVII, 1 1 ( 1496 ago. 4). 80 Per la confetma nel possesso di Tagliacozzo, Fabrizio deve sollecitare il re Ferrantino, cfr. SANUTO, I Diarii cit., I, col. 47. Questi ottenne l'investitura con Ta­ gliacozzo ed altre terre d' Abbmzzo dal re Federico III nel luglio 1497 che con que­ sto atto mantetme una promessa del suo predecessore sul trono, re Fenantino II: ACol. , IIIBB XXXVI, 44 ( 1497 lug. 6). 8 1 PASTOR, Storia dei papi cit., III, p. 425. ll Sanuto commenta che l'Orsini cambiò fazione anche «per l'odio di la parte colonese, la qual questo atmo era con la Chiesia e col re di Napoli contra il re di Pranza, al contrario di quello fue l 'anno avanti» SANUTO, I Diarii cit., I, col. 50. 82 L'unico condottiem Colonna anuolato dal papa - come pare - per la guena contro gli Orsini fu il signore di Palesttina Francesco (v. nota 135). Per la guena cfr. PASTOR, Storia dei papi cit., III, pp. 425 e ss. Però non fu cetto un caso che proptio in quei mesi Alessandro VI fornì due volte una gratificazione di ben 1250 fiorini a Fabrizio Colonna: ASV, Cam. Ap., Intr. et exit. 528, f. 1 07v, 125r (1496 ott. 20/dic. 22). n papa si aspettò dal famoso condottiero probabilmente una consulenza che, però, - se si segue M. MALLETT, The Borgias. The Rise and Fall of a Renaissance Dynasty, London-Toronto 1969, pp. 146, 148 - si rivelò controproducente, visto che portò nel gennaio 1497 alla sconfitta delle tmppe papali a Smiano. SIGISMONDO DEI CoNTI DA FoLIGNO, Le storie de ' suoi tempi dal 1475 al 1510. Ora la prima volta pubblicate nel testo latino con versione italiana a fronte, II, Roma 1 883, pp. 170 e ss. e FRANCESCO SANSOVINO, L'Historia di casa Orsini, Venezia 1565, pp. 123 e s., però, non menzionano nessun coinvolgimento di Fabrizio. SANUTO, I Diarii cit., I, col. 496 elenca fra gli sconfitti, unico della sua casa, Muzio Colonna.

83 84

Cfr. nota 1 85 . Cfr. BURCKARDI Liber notarum cit., II, pp. 4 9 e s s . con l a nota 2: Alessandro VI s 'indignò per l 'attacco dei Conti sul «castro sive turre Matthie [. . .] per illos de Comitibus Colunmensibus fraudulenter capto». Secondo SHAW, The Politica! Role cit., pp. 1 12 e s., 1 54 Alessandro incoraggiò i Colonna contro gli Orsini. 85 Per le tappe della guena v. BURCKARDI Liber notarum cit., II, p. 87; Srm­ SMONDO DEI CONTI DA FOLIGNO, Le storie cit., II, pp. 173 e ss. Ibid. , p. 1 80 racconta della mediazione intrapresa dallo scrittore papale Alessandro Boccabella (v. per la sua persona nota 48). 86 ACol. , Mise. III, AA, 94/73D. Questo documento non è datato, per l a data­ zione cfr. SHAW, The Politica! Role cit., p. 1 1 2 nota 2 («between January 1497 and the summer of 1498»). Un' aggiunta scritta da un' altra mano in volgare riguarda gli adherentes dei Colonna: «Adherentes nominati pro nos (sic) sunt hi: Lo signore Francesco Colonna [di Palestrina] Lo signore Petro Colonna [di Palestrina] Lo signore Perfrancesco Colonna [di Zagarolo] Lo protonotaro Gaetano de Sermoneta Lo signore Guglielmo e li nepoti Lo signore Antonio de Felectino con li consmti Lo signore Sigismundo Conte Lo signore Ceccho di Morricone con lo fratello Lo signore Johannes Babtista della Roccha de Siniballi con li consorti Lo signore Ramundo de Maensa Lo signore Alexandro Paiano con li consorti Lo signore Berardino dell'Anguillara Lo signore D. Sambuci et de Saracinescho». 87 n testo di questa pace è conservato in più esemplari. ACol., Mise. III, AA 94/73 (1498 Juli 8) costituisce la copia destinata al camerario del cardinale Giovanni Colon­ na Marco d'Achille a Genazzano. Un'altra copia completa è ACol., Mise. III, AA 94/73E. Non complete sono ibid., 94/731 e 94/73L. Cfr. COPPI, Memorie Colonnesi cit., pp. 235 e s.; SHAW, The Politica! Role ofthe Orsini Family cit., pp. 103 nota 3, 1 12. ,

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sta alleanza minacciosa88. Senza coinvolgere più i cardinali di famiglia89, in seguito i laici Prospero e Fabrizio Colonna da un lato e Giangiordano e Giu­ lio Orsini dall'altro, si accordarono anche in nome dei loro alleati, rispetti­ vamente Savelli e Conti. Praticamente si ripristinò lo status quo. I Colonna e gli Orsini concordarono, per la questione di Tagliacozzo e Alba, di invo­ care il giudizio di re Federico III90. Mentre la tregua precedente - vista la presenza di alti prelati - prevedeva ancora la conferma del papa, nella pa­ ce di Tivoli il pontefice non è neppure nominato. La pace stabilì inoltre mu­ tua assistenza in caso di un' aggressione da parte di un terzo. Anche se que­ st'ultimo non era specificato, i contemporanei capirono subito che questo capitolo era rivolto contro il pontefice91. Lo scenario politico cambiò radicalmente quando nel tardo autunno del 1498 Alessandro VI si avvicinò sempre di più alla Francia, che seppe conquistarselo sostenendo i piani ambiziosi del figlio Cesare. La conse­ guenza a Roma fu che i Colonna si trovarono di nuovo sul fronte degli av­ versari papali; essi appoggiarono il cardinale Ascanio Sforza e il re Federi­ co III di Napolin. Di fronte alla disfatta di Milano quest'ultimo non potè fare altro che venire incontro ai desideri espressi dagli insaziabili Colonna che accumulavano alti incarichi93. L'apice del conflitto tra i Colonna e il

88 Per le premonizioni del papa cfr.

BURCKARDI Liber notarum cit., II, p. 1 1 4

nota 2.

89 Non so su quale base il Burckard introduca il cardinale di S. Severino come

mediatore della pace: ibid. , p. 1 14. 9° Nel febbraio successivo il re Federico III si pronunciò in favore di Fabrizio feb. Colonna e contro Giovanni Giordano Orsini: ACol., III BB XXXVI, 52 (1499 3). Gli Orsini non si arresero neppure allora. Ancora nel giugno 1501 essi «sperano rehavere [cioè dai francesi] tutto lo stato che parte tien Colonesi» SANUTO, I Diarii lo­ cit., IV, col. 60. E in realtà Carlo VIII, sulla via verso la Francia, aveva restituito GRE­ ro da Torino il 20 ottobre 1495 pro forma Tagliacozzo e Alba ormai perduti: GORovms, Die Geschichte der Stadt cit., VII, p. 387 nota l . 9 1 Cfr. SANUTO, I Diarii cit., I, col. 1 0 1 6 (1498 lug.): «Et dicitur hanno uno ca­ pitolo, che s'il papa li varano far guerra, uniti siano contra lui». 92 Cfr. PASTOR, Storia dei papi cit., III, pp. 5 10, 5 1 5 e s. 93 Fedelico liigià nella questione di Tagliacozzo favorì Fablizio Colonna (v. nota 90) e gli concesse una nuova condotta: ACol., Mise. II A 30, 1 8A ( 1499 mag. 26) pub­ un blicato da TOMASSETIT , Nozze Colonna-Stavro cit., pp. 26-30, doc. 2. n re confelmÒ e liguardant Fe1rante, Napoli di re il padre suo da privilegio, concesso il 1 6 febbraio 1475 Fa­ di proplietà di Lazio nel Mruino di castello del abitanti gli per tasse l'esenzione da a blizio Colonna che trafficavano nel Regno e conferì, infine, i pieni pote1i nel Regno 24). giu. (1501 13 , VII XL 17); apr. Fabrizio Colonna: ACol., III BB XXXVI, 54 (1501 Per la successiva fuga del re dai francesi cfr. PASTOR, Storia dei papi cit., III, p. 530.

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papa94 fu raggiunto quando la nuova invasione francese in Italia nel 1 50 1 , preparata d a u n accordo con l a Spagna, raggiunse i l Regno di Napoli che ­ con l 'approvazione papale95 - fu destinato alla spartizione96. I due cugini si trovarono nella situazione più difficile della loro vita che per poco non portò all'estinzione totale della presenza dei Colonna nel Lazio. Il papa ri­ fiutò il tentativo colonnese di sottomettersi alla volontà del collegio cardi­ nalizio (e non del pontefice sovrano !) e, dal giugno 1501, fece occupare le loro terre già duramente colpite dall'incursione dei francesi sotto il coman­ do del generale d' Aubigny97. Nell'agosto 1501 sanzionò la loro deposizio­ ne98. Con la bolla Coelestis altitudinis vennero suddivise le terre dei Co­ lonna - insieme con quelle confiscate ai Savelli e ai Caetani - tra il figlio del papa, Giovanni, e suo nipote Rodrigo, figlio minorenne di Lucrezia na­ to dal matrimonio con il principe di Bisceglie Alfonso d' Aragona99.

94 Il Borgia accusò Fabrizio Colonna nel maggio 1500 di sostenere nelle sue tene ladroni e malfattori: BURCKARDI Liber notarum cit., II, p. 217. Interessante per il clima di sospetti - che fu caratteristico per gli ultimi anni di Alessandro VI - è il verbale di confessione di un sicalio di Onorato Caetani che doveva avvelenare Pro­ spero Colonna e che cercò - per difendersi - di incolpare a sua volta il Colonna at­ tribuendogli un coinvolgimento nell' assassinio del duca di Gandia: ACol. , III BB LXV, 13 (1499 lug. 2), cfr. Regesta Chartarum. Regesto delle pergamene dell'Ar­ chivio Caetani, ed. G. GAETANI, VI, Perugia-San Casciano Val di Pesa 1932, pp. 207 s. Pare che il papa, già l 'anno precedente avesse avuto proprio questo sospetto nei confronti del Colonna: SANUTO, I Diarii cit., I, col. 994. 95 Cfr. DE Roo, Materialfor a History cit., IV, pp. 5 3 1 -536, doc. 165 ( 1 50 1 giu. 28): «Lega Alexandri pape cum Regibus Francie et Hyspanie contra Turcos et suo­ rum adherentes et complices et omnes volentes turbare Statum Sue Sanctitatis ac Statum predictorum regum in regno Neapolitano et divisio regni cum investitura». Era previsto che i sovrani francesi e spagnoli dovessero perseguitare i Colonna e i S avelli come complici dei turchi: ibid. , p. 535. 96 PASTOR, Storia dei papi cit., III, p. 528. Commentò giustamente il Sanuto (I Diarii, IV, a cura di N. BARozzr, Venezia 1 880, col. 65.) «che questo acordo di Fran­ za e Spagna fa andar li baroni dispersi». 97 BURCKARDI Liber notarum cit., II, pp. 287, 289-290; SANUTO, I Diarii cit., IV, col. 6 1 ; PASTOR, Storia dei papi cit., III, pp. 529, 547. 98 Cfr. nota 1 56. 99 ASV, Reg. Vat. 871 , ff. 42r-48r ( 1 50 1 set. 17), pubblicato - secondo la ver­ sione su pergamena conservata nell'Archivio di Stato in Parma - A. RONCHINI, Do­ cumenti Borgiani dell'Archivio di Stato di Parma, «Atti e Memorie delle RR. De­ putazioni di Storia Patria per le Provincie dell'Emilia», n. ser., l ( 1 877), pp. 52-61 , doc. 2 ; ed. in prute secondo i l registro papale in DE Roo, Materia[far a Histol)' cit., IV, pp. 550-553, doc. 1 7 1 . Per un elenco dei castelli passati ai parenti v. PEPE, La politica dei Borgia cit., Appendice I, pp. 294 e s. sulla base di una raccolta cinque­ centesca di notizie intorno ai Borgia in Bibl. Ap. Vat. , Barb. lat. 245 1 . Per le tene consegnate ad altri destinatari v. nota 176.


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I due condottieri, all'ultimo momento, - ma ancora in tempo - offriro­ no la loro abilità militare alla parte vincente; fu solo questo loro passaggio

al servizio degli spagnoli100 - che� alla guida dell'eroe di Granada Consalvo di Cordova occuparono la Puglia - a salvare i Colonna. Sufficientemente no­ to è l'episodio della disfida di Barletta, nel febbraio del l 503, nel quale i ro­ mani furono protagonisti di prirn' ordine10 1 . Gli abili condottieri italiani si di­ stinsero per valore sotto il comando iberico, e ciò fu presagio della egemo­ nia spagnola degli anni successivi. L'aver riconosciuto in tempo questa co­ stellazione portò i Colonna a nuovi orizzonti, che forse gli stessi protagoni­ sti non capirono fino in fondo. Chi avrebbe potuto immaginarsi che grazie a questa alleanza con gli spagnoli la famiglia Colo�na, che . all'inizi.o �el _ g? ­ verno del papa Borgia era ancora all'ombra della figura brillante di V1rgmw Orsini, ed era ostacolata dai ricordati difetti strutturali della stirpe, avrebbe raggiunto una posizione pari se non superiore a quella. �ei loro �tern� avve�­ sari? Gli Orsini invece attraversarono un momento cntlco, decimati e unn­ liati dallo stesso pontefice al quale si erano legati fin troppo 102. Accanto alle indiscutibili doti militari, festeggiate dai loro contemporanei103, vanno rico­ nosciuti ai Colonna, e principalmente ai nostri due condottieri, realismo e chiaroveggenza politica104.

1oo Cfr. le promesse del gran capitano Consalvo de Cordova rivolte a Fabrizio di Napoli nel ca­ e Prospero Colonna circa il mantenimento dei loro stati nel Regno n A 30, 1 9 Mise. ACol., Spagna: di so che questo venisse acquisito dalla Corona con don Colonna Vittoria Sveva donna di Nozze TII, ( 1502 set. 7 ) , F. TOMASSE dell'Archivio nti Docume XX II. MCMX dicembre XXXI Pio, Principe Falcò Alfonso la sua rea­ Colonna, Roma 1932, pp. 1 6- 1 8, doc. 4. li papa fu irritato come mostra «Ci­ conquistò Fabrizio ; 698 col. IV, cit., Diarii I zione nel febbraio 1503: SANUTO, e artilarie a fanti di ajuto mandà havia e Spagna, di favori con vien e Chieti; vita di . Troylo S avello; di che il papa si à dolto col cardinal San Severin» 101 Dalla bibliografia, spesso di stampo risorgimentale-nazionalista, cito solo F. e suo teJTito­ ABIGNENTE, La disfida di Barletta , Trani 1903; D. PERINI , Genazzano rio. Studi e ricerche dalle origini al i565, Roma 1924, pp. 1 1 6 e ss. 102 V. il contributo di Franca Allegrezza in questo stesso volume. 103 Fabrizio Colonna è anche conosciuto per essere stato inserito come interlocuto­ (cfr. l'edi­ re principale da Niccolò Machiavelli nel suo trattato Dell'arte della guerra pp. 307 1961, Milano n, , BERTELLI zione in NICCOLÒ MAcHIAVELLI, Opere, a cura di s. e

ss.).

104 Dal loro comportamento negli anni successivi e dalle scelte politiche spes-

che non tutti i so assai burrascose, che ebbero le generazioni seguenti, emerge però trovare il giu­ e successo questo bene re perpetua componenti della famiglia seppero _ . fanngha a­ una lunga alla nò condizio che a cambiat te totalmen sto molo in un'Italia a di fallire in pa­ giata come i Colonna la quale seppe imporsi in guerra ma rischiav a nota 2 nonindicata fia bibliogra la ce. V. per la storia dei Colonna nel XVI secolo

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3. Il signore di Palestrina Francesco Colonna

Accontentarsi di fare il cortigiano e funzionario papale 105 è atteggia­ mento che meno ci si aspetta da un barone romano degli anni intorno al 1500, quando risuonava il rumore delle armi e quando - ad esclusione di re e pontefici - solo cardinali e condottieri famosi facevano notizia, e non cer­ to personaggi che sceglievano una vita meno ambiziosa, come il signore di Palestrina Francesco Colonna. Eppure il cugino di Prospero e del cardinale Giovanni per via materna, che guidò il ramo più antico del casato, non fu affatto estraneo alla vita che conducevano i suoi parenti di Genazzano o al­ tre persone di pari grado sociale. Le ricerche di Maurizio Calvesi per l'in­ dividuazione dell'autore della Hypnerotomachia Poliphili hanno arricchi­ to i dati per la sua biografia106. Non è questa la sede per discutere la famo­ sa questione se nella persona del signore di Palestrina si possa individuare

ché J. HooK, Clement VII, the Colonna and Charles V: a study of the politica[ in­ stability ofItaly in the second and third decades oj the sixteenth century, «European Studies Review», 2 (1972), pp. 281 -299. Per la loro situazione finanziaria sempre più precaria cfr. adesso S. RAIMONDO, Il prestigio dei debiti. La struttura patrimo­ niale dei Colonna di Paliano alla fine del XVI secolo (I 596-I606), «Archivio della Società Romana di Storia Patria», 120 (1 997), pp. 65-1 65 . Secondo CARAVALE , Lo Stato pontificio cit., p. 1 60 una delle cause dei loro problemi finanziari fu proprio il fatto che i baroni romani, tanto colpiti dalla politica antibaronale di Alessandro VI, dovettero ricorrere a nuovi prestiti. 105 P. BURKE, Il cortigiano, in L'uomo del Rinascimento cit. p. 142 solo en pas­ sant menziona i cortigiani-burocrati laici. Diversamente dalla figura del cortigiano - molto ben studiata - quella del funzionario (specialmente di alto rango) nel Rina­ scimento è stata meno esmninata nella vasta letteratura sulla corte e sulle origine dello Stato moderno che qui non è il caso di approfondire. Cfr. solo per esempio N. ELIAS, Die hofische Gesellschaft, Neuwied 1 969 (trad. ital. La società di corte, Bo­ logna 1980) e La corte e il cortegiano, n. Un modello europeo, a cura di A. PRo­ SPERI, Roma 1 980 (Biblioteca del Cinquecento, 9). L'Histoire comparée de l'admi­ nistration (IVe-XVIIIe siècles), (Actes du XIVe colloque historique franco-alle­ mand, Tours, 27 mars - Ier avril 1 977), publiés par W. PARAVICINI-K. F. WERNER, Miinchen 1 980 (Beihefte der Francia, 9) non fa cenno alla questione. Per il periodo successivo cfr. lo studio prosopografico in Legati e governatori dello Stato Pontifi­ cio (1550-I809), a cura di CHR. WEBER, Roma 1994 (Pubblicazioni degli Archivi di Stato. Sussidi, 7). 106 Calvesi dagli anni sessanta è ritornato più volte sulla persona del signore di Palestrina e sulla questione dell'autore del romanzo citato: M. CALVESI, Il sogno di Polifilo prenestina, Roma 1 980 (Ars fingendi, l); ID., Hypnerotomachia Poliphili. Nuovi riscontri e nuove evidenze documentarie per Francesco Colonna signore di Preneste, «Stmia dell'arte», 60 (1987), pp. 85-136; In. , La "pugna d'amore in so­ gno " di Francesco Colonna romano, Roma 1996 (a quest'ultima sintesi, e in parti-


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l'autore del famoso romanzo d'amore107, ma anche senza attribuire la pa­ ternità del celebre libro al Colonna romano, la sua vita - per quanto si può ricavare dalle fonti - mostra interessanti elementi. Certo, dal punto di vista della carriera politica - specialmente quella militare - manca qualsiasi splendore108. Approfondiamo invece i tratti della sua biografia, che la ren­ dono tipica per uno stile di vita che coesisteva con .quelle altre forme eh� abbiamo presentato appena negli schizzi biografici di un alto prelato e dei due condottieri. Non deve stupire il fatto di trovare il nostro Francesco inizialmente nelle vesti di un chierico. La tonsura non pregiudicava in modo irrepara­ bile la vita di un nobile. Non solo nell'ambiente dei Colonna si trovano ca­ si di ritorno allo stato laicale109, e così fu anche per Francesco. Egli iniziò

la sua carriera ecclesiastica come canonico di S. Giovanni in Laterano110• Nel 1473 fu nominato prima protonotaio apostolicolll e poi canonico di S . Pietro, succedendo al colto Niccolò Della Valle112• Essere protonotaio apo­ stolico per un barone significava o la base per un' ascesa ulteriore o una po­ sizione di stallo: proprio quest'ultimo fu il destino del Colonna113. Sappia­ mo dal diario del cerimoniere papale Johannes Burkhard che Francesco prendeva molto seriamente i compiti protocollari della carica114• Il giova­ ne nobile era già allora un erudito e un cortigiano colto tanto da meritare epistole ed epigrammi lusinghieri dai suoi amici, che tra l'altro proveniva­ no da famiglie romane come i Porcari e i Della Valle che avevano forti le­ gami clientelari con la stirpe colonnese115• Anche se il barone nel 1482, co­ me riconoscimento della fedeltà del ramo di Palestrina a papa Sisto IV, a­ veva ricevuto la commenda dell'abbazia di S. Pastore nella diocesi di Rie-

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biografia colare alle notizie a pp. 259 e ss., rinvierò in seguito per alcune tappe della che scrittori gli Fra ). opportuno quando andole riconsider e ole del Colonna, ampliand _ attenzlO­ seguono la tesi di Calvesi merita, per gli aspetti biografici, una particolare cerchia, ne S. DANESI SQUARZINA, Francesco Colonna, principe, letterato, e la sua da­ avranno si imenti approfond Ulteriori 37-154. 1 pp. «Storia dell'arte» , 60 ( 1987), a Roma, tenutosi nto Cinquece e Quattro tra svolta nella Roma o Convegn del atti gli 28-3 1 ottobre 1996, di prossima pubblicazione. 107 Notevole è la bibliografia intorno alle due posizioni che sono state più vol­ il mo­ te riassunte (per esempio G. PATRIZI, Il romanzo di Polifilo: il libro, il sogno, Le te­ numento, «RR roma nel rinascimento. Bibliografia e note», 1989, pp. 17-28). - da si di Calvesi (sostenute tra l 'altro - per citare solo qualche contributo recente Palestri­ di Fortuna della tempio dal Polifilo, di sogno in reale F. BENZI, Percorso pur na a palazzo Colonna in Roma, «Storia dell'arte», 93-94 (1998), pp. 198-206 e arti­ teoria e nica architetto con cautele - da S. BoRSI, Polifilo Architetto . Cultura stica nell Hypnerotomachia Po1iphili di Francesco Colonna (1499), Roma 1995, Colon­ pp. 132 e ss.) sono state contestate per ultimo dai sostenitori del Francesco CoLON­ O FRANCESC in 1527) nel na 'veneto' (cioè un domenicano di Venezia morto 1998 NA, Hypnerotomachia Poliphili, a cura di M. ARIANI-M. GABRIELE, Milano anche rifiuta e discute ss. e LXXXII pp. Ibid., ss. e LXXI p. II, 66), (Classici, alle altre attribuzioni (per esempio a fra' Eliseo da Treviso o Leon B attista Alberti) der in Natur und ur Architekt G, STEWERIN R. in quali si può ancora aggiungere la tesi an erkes W des ung Zuschreib die und 1499) s (Manutiu Poliphili" "Hypnerotomachia Niccolò Lelio Cosmico, Hamburg 1996, pp. 172 e ss. che propone il poeta padova­ membro no Niccolò Lelio Cosmico (t 1500) attestato a Roma dal 1461 al 1466 e Leto. Pomponio di dell'Accademia Romana 108 Questo va detto in contrasto a qualche lode esagerata di un amico del Co'

lonna: cfr. CALVESI, Pugna d'amore cit., p. 326. 109 Per il caso di Giulio Colonna v. nota 47. Secondo B URCKARDI Liber notarum destinato cit., I, p. 534, nota 2; persino Fabrizio Colonna, nella sua gioventù, era stato Per l'u­ alla cmTiera ecclesiastica, ma fuggì di casa e andò a combattere contro i turchi. 90 e s. pp. cit., Macht und Kirche REHBERG, so conente del 1itorno allo stato laicale cfr.

110 In Bibl. Ap. Vat., Vat. lat. 8036/Ill, c. 91 si trova, sotto l'anno 147 1 , la seguen­ te notizia dalla mano di Pierluigi Galletti (t 1790), che fu anche archivista della basili­ ca di S. Giovanni in Laterano: «Francesco di Stefano della Colonna protonotajo apo­ stolico, canonico ai 25 di agosto. Nell'anno 1476 fu trasferito al canonicato di S. Pie­ tro, e gli successe nel Lateranense Bernm·dino de Lei». Cfr. PH. LAUER Le Palais de ' Latran. Étude historique et archéologique, Pmis 1911, p. 63 1 . m Bibl. Ap. Vat., Arch. Barberini-Colonna di Sciarra, tomo 1 60, fase. 3 ( 1473 mag. 15), cfr. CALVESI, Pugna d'amore cit., p. 260 (non 5 maggio 1473). 112 Bibl. Ap. Vat., Arch. Barberini Colonna di Sciarra, tomo 1 60, fase. 4 (1473 set. 26). CALVESI, Pugna d'amore cit., p. 337 ena se pm·la di «due copie della mede­ sima bolla: una è in versione completa, l 'altra è un estratto»; in realtà si tratta della let­ tera papale di provvista e il corrispondente mandato agli esecutori (in questo caso di­ retto ai vescovi di Urbino [cioè il romano Giovanni Mellini], Tm·azona e Rieti) il cui compito era di procurare al chierico il beneficio desiderato. 1 13 Per il titolo 'protonotaio apostolico' cfr. W. VON HOFMANN, Forschungen zur Geschichte der kurialen Behorden vom Schisma bis zur Reformation, Roma-To­ rino 1 971 2 (Bibliothek des Kgl. Preuss. Historischen Instituts in Rom, 12/13), pp. 56 e ss. 114 La pmtecipazione a vari eventi curiali da parte di Francesco Colonna come protonotario apostolico viene ricordata nel diario del celimoniere - con intenuzio­ ni - dal conclave dopo la morte di Sisto IV nel 1484 fino al 1489: BURCKARDI Li­ ber notarum cit., I, pp. 20, 22, 96, 1 88, 228, 250. Dell'importanza socio-politica in­ discutibile delle cerimonie e dei rituali nella Roma moderna trattano vari contribu­ ti in Cérémonial et rituel à Rome (XVIe-XIX.e siècle), a cura di M. A. VISCEGLIA-C. ERICE, Roma 1997. 1 15 Cfr. DANESI SQUARZINA, Francesco Colonna, principe cit., passim; CALVE­ SI, Pugna d'amore cit., pp. 3 17 e ss. ed inoltre M. DE NICHILO , Una miscellanea u­ manistica e una lettera di Niccolò della Valle a Francesco Colonna, «RR roma nel rinascimento. Bibliografia e note», 1 992, pp. 343-386.


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ti116, sembra evidente che, alla lunga, non avrebbe potuto aspirare a dignità maggiori, già occupate - e perciò bloccate - da suo cugino Giovanni. Quello che rende invece assai singolare la carriera del barone, che dopo la morte di suo padre Stefano, nel 1 484, aveva ereditato cinque castra (Pale­ strina, Passarano, Gallicano, Penne e, al nord di Roma, Castelnuovo di Porto)117, è la circostanza per cui egli fu, almeno dal 1485 al l 486, gover­ natore papale di Tivoli118. Questo incarico in una città tutto sommato pic­ cola, certamente non fu importante, perciò sembra lecito concludere che Francesco si accontentò di un suo ruolo secondario, come si evidenzia an­ che dal ritrovamento del protocollo notarile del notaio di Palestrina Fran­ cesco Leonardi119 (attivo dal 1485 al 1 5 10), che ebbe una funzione di fi­ ducia da parte del suo signore che lo fece chiamare per la stipula di atti im­ portanti e che gli aprì il suo palazzo, appena restaurato, anche in altre oc­ casioni come comodo luogo per svolgere la sua attività per la popolazione prenestina120. Dagli atti di Francesco Colonna, che qui figurano registrati, risulta che il signore di Palestrina, quando si trovava nel suo capoluogo o nella vicina seconda residenza di Passarano, svolse la comune vita - come si può suppon·e - di un nobile di campagna. Lo troviamo protagonista di atti di compravendita o di locazioni, di riconciliazione di sudditi coinvolti

1 16 Bibl. Ap. Vat., Arch. Barberini Colonna di Sciarra, tomo 160, fase. 5 (1482 giu. 26), cfr. CALVESI, Pugna d'amore cit., pp. 260 e s. e E. DUPRÉ THESEIDER, L'Ab­ bazia di San Pastore presso Rieti, Rieti 1919, in patticolare p. 58. 11 7 Questi suoi possessi risultano dal protocollo notarile citato a nota 119 e dal documento del 1 503 citato a nota 149. Per il padre cfr. F. PETRUccr, Colonna Stefa­ no, in DBI, 27, Roma 1982, pp. 442-443. 118 Ciò provano i brevi papali tramandati nei registri ASV, Arm. XXXIX, voll. 16 e 19 citati in CALVESI, Hypnerotomachia Poliphili. Nuovi riscontri cit. , pp. 123 s . ; ID., Pugna d'amore cit., pp. 262 s. Per la fine ince1ta del suo incarico a Tivoli v. ibid., p. 265. MicHELE GIUSTINIANI, De ' vescovi e de ' governatori di Tivoli libri due, Roma 1 665, lacunoso, non conosce Francesco Colonna e comincia la sua lista dei governatori con Nicola Bonafede di San Giusto, nominato governatore di Tivoli da Alessandro VI nel 1497 (ibid. , p. 1 13). 119 Citato in P. PETRINI, Memorie Prenestine disposte informa di annali, Roma 1795, il libro delle imbreviature del notaio prenestina costituisce oggi il vol. 415 bis dell'Archivio Notarile mandamentale di Palestrina (d'ora innanzi ASR, Arch. Nota­ rile di Palestrina), che viene conservato nella sede succursale dell ' ASR in Via Gal­ la Placidia e che attualmente è sottoposto ad un 1iordino e all'inventariazione. 120 Qui non è la sede per prolungarsi sull'esame estrinseco ed intrinseco di que­ sto protocollo notm·ile che me1ita un' analisi approfondita. Fra i clienti del notaio do­ minano esponenti della nobiltà e del clero locale. Questi nomi - a volte di prove­ nienza non locale - potrebbero anicchire le conoscenze dell'ambiente socio-cultu­ rale di Palestrina.

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in faide, di rappresentanza ad eventi locali importanti e di procure rila­ . sciate a nobili e chierici locali o romani per svolgere vari affari finanziari e giuridici121. Proprio negli anni 1491-92 quando divenne papa Alessandro VI, il no­ s�ro Fran��sco abbandonò - anche se non ne conosciamo i retroscena preci­ _ SI - defrmtlvamente la carriera ecclesiastica122 e sposò Orsina Orsini del ra­ mo di Gravina123. Non sono stati tramandati che pochi documenti che ri­ guardano i rapporti fra il signore di Palestrina e il pontefice, che all'inizio dovettero essere cordiali, visto che egli sicuramente in onore del papa dette al secondogenito il nome Alessandro, un nome questo fin' allora mai usato nella fainiglia124• Qualche elemento utile si può ricavare dalle relazioni am­ �ig_ue che Fra_ncesco ebbe con i parenti di Genazzano, che non furono di pa­ n li�ello. Egli presr_ �dette un ramo della stirpe che dopo il duro colpo inflit­ togli da papa Eugemo IV125 aveva perso il suo peso politico. Da una lettera autografa del Colonna prenestina, conservata nell'Archivio Orsini, datata da Palestrina il 12 settembre 1494 e indirizzata a Virginio Orsini126, risulta

1 21 Gli atti riguardanti Francesco cominciano dopo il suo incatico a Tivoli: ASR, Arch. Notarile di Palestrina, vol. 415 bis, cc. 2r-4r (1489 lug. 1 3/24), 7r (1490 nov. 11), 12v (1491 gen. 7), 13v-14r (1491 feb. 13), 23v (1492 set. 17), 27r (1493 apr. 5), 30v-31v (1493 nov. 19), 4 1v-42v (1494 apr. 28), fol. 50r (1495 nov. 30), 60v (1497 lug. 3 1), 64v-65r (1498 feb. 1 1), 67v-68r (1498 giu. 28), 84v-85r (1500 nov. 1). 1 22 Ibid., ff. 1 3v e 23v il nostro Francesco si trova citato per ultimo come reve­ rendus e protonotaio il l3 febbraio 149 1 ; nella sua successiva appatizione, il 1 7 set­ tembre 1492, viene indicato invece come magnificus (più tardi si trova anche illu­ stris) senza alcun titolo ecclesiastico. 1 23 Per la moglie cfr. LITTA, Famiglie celebri cit., tav. VIII e CALVESI, Pugna d'amore cit., p. 266. Dal protocollo citato risulta che questo cambio nello stato civi­ le del barone non compmtò mutamenti notevoli nelle attività a Palestrina che già pri­ ma della sua laicizzazione non facevano trasparire (come del resto non è da aspet­ tarsi da un libro di imbreviature di un notaio in un centro, tutto sommato, piccolo co­ me Palestrina) i suoi particolari interessi culturali. Lo stesso vale per chi cerca pro­ ve per un eventuale autore della Hypnerotomachia Poliphili. 124 11 primogenito si chiamò Stefano (v. nota 153). Francesco ebbe anche tre fi­ glie: cfr. ASV, Arm. XXXVI, t. 6, f. 43v. 125 Per la conquista e successiva distruzione di Palestrina ad opera del famige­ rato cardinale Giovanni Vitelleschi negli allllÌ 143611437 v. PETRINI, Memorie Pre­ nestine cit., pp. 174 e ss. Ugualmente contribuì al degrado dei Colonna di Palestrina la divisione dei beni all'interno della famiglia effettuata nel 1448 che creò una nuo­ va linea, quella di Zagarolo. Cfr. ibid., p. 1 8 1 . 126 ASC, Arch. Orsini, Patte I, Conisp. , 102, c. 650 (1494 set. 12). La lettera firmata «Vestro filio et servo Franciscus Colurnna 'è indirizzata' allo mio illustris­ simo signor Virginio Ursino de Aragonia».


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che il nobile seguì la linea politica del papa Borgia; cioè Francesco raccontò all'Orsini i movimenti e i preparativi militari dei suoi parenti Fabrizio e Prospero nonché del cardinale Ascanio Sforza, che proprio in quei mesi si distaccavano definitivamente dal pontefice. Gli era già giunta la notizia che Fabrizio era entrato al soldo di «Monsignor Ascanio o vero dallo amba­ sciatore de Francia»127• Da tutto ciò Francesco si sentì minacciato («con questo noi siamo fortemente minacciati»). Che il signore di Palestrina in­ trattenesse rapporti con re Alfonso, pure menzionato nella 1ettera, risulta dalla procura rilasciata nell'aprile precedente tramite un suo messo che do­ veva recarsi alla corte di Napoli128• Il motivo dell' aperto dissenso con i pa­ renti di Genazzano aveva - come abbiamo visto - sicuramente radici lon­ tane, ma potrebbe essersi aggravato per contrasti sul possesso del castello di Supino, dove avevano diritti gli Anguillara per via del matrimonio di Deifobo Anguillara con Caterina, sorella di Francesco129. Il fatto che Ales­ sandro VI sostenne i diritti di Prospero Colonna su Supino130 potrebbe spie­ gare perché il papa, cercando un compenso per la sfortunata Caterina, le concesse, dal dicembre del 1496, una pensione di 15 ducati di Camera131.

127 E indica come stipendio 1 0.000 ducati. Per la condotta stipulata proprio due giorni prima v. nota 7 1 . 128 ASR, Arch. Notarile di Palestrina, vol. 4 1 5 bis, cc. 39v-41 (1494 apr. 28), ed. PE1RINI, Memorie prenestine cit., pp. 462 s., doc. 64 (non aprilis die 21). 129 Caterina aveva ottenuto dal fratello, da quanto sembra dall'inventario, una parte di Supino come dote: ACol., III BB II, 2 e XXXVII, 40 (1484 Apr. 17). Que­ st'ultimo documento, una copia moderna su carta, da me non visto, è descritto - pur­ troppo non molto chiaramente - in P. FANCELLI, Demolizioni e 'restauri' di antichità nel Cinquecento romano, in Roma e l'antico nell'arte e nella cultura del Cinquecen­ to, a cura di M. FAGIOLO, Roma 1 985 (Biblioteca internazionale di cultura, 17), pp. 357-403, qui p. 360 con la nota 7 (con riproduzione della prinla pagina a p. 359, fig. 2). Da BoDARD, Lettres de Rome cit., pp. 289 e ss. , doc. 14, risulta che Caterina ave­ va perso Supino nel 1 490 al govematore papale della Campagna Marittima. Per il suo matrimonio v. P. CHERUBINI, Deifobo dell'Anguillara tra Roma, Firenze e Venezia, «Archivio della Società Romana di Stmia Patria», 103 ( 1980), pp. 209-234. 1 3° Cfr. nota 59. 1 3 1 Per l' assegnazione della pensione motu proprio cfr. ASV, Cam. Ap. , Div. Cam. 5 1 , fol. 1 59v e ASR, Camerale I, Mandati 856, f. 54v (nov. 1496). I pagamenti mensili a Caterina, provenienti dal monopolio sull' allume, sono puntualmente regi­ strati nei fogli successivi e, come mostrano i pagamenti ibid., Mandati 857, finiro­ no solo nell' agosto 1501. Pare allora che Caterina rimase tutto il tempo a Roma, e ciò pure dopo che suo figlio Giacomo d'Anguillara, nel febbraio, aveva pensato di portarla nel Veneto - un proposito abbandonato dopo la morte per avvelenamento di quest'ultimo ad Acquapendente: cfr. SANUTo, I Diarii cit., III, a cura di R. FULIN, Venezia 1 880, col. 1 439; cfr. CALVESI, Pugna d'amore cit. , pp. 1 99, 265.

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Pare che il signore di Palestrina, che del resto nelle sue decisioni do­ vette anche rispettare i diritti del fratello Pietro132, non si distinse in modo particolare durante il pontificato di Alessandro VI nella vita pubblica. L'ex­ governatore di Tivoli si accontentò di prestare, nel 1494, servizio militare per il papa che gli venne retribuito con uno stipendio annuo di 416 fiori­ ni 133, una cifra non confrontabile con quanto guadagnato da Prospero Co­ lonna che, nello stesso anno, per quattro mesi ottenne ben 5000 fiorini134. Certo da Francesco Colonna nessuno si aspettava che portasse molti guer­ rieri con sè. Quando partecipò, nel 1496, per quanto appare dai registri del­ le entrate ed uscite papali, come unico condottiero papale Colonna nella guerra contro gli Orsini - del resto suoi parenti e vecchi amici! - il suo ma­ nipolo era di solo 20 balestrieri a cavallo e 10 fanti135•

1 32 Pietro, probabilmente fratello minore, appare accanto al Francesco domi­ nante in ASR, Arch. Notarile di Palestrina, vol. 4 1 5 bis, ff. 4r (1489 lug. 24), 1 3v (149 1 feb. 1 3). Nel 1 500 troviamo citati i due fratelli e il loro diritto di presentazio­ ne quando il capitolo di S . Giovanni in Laterano conferì una delle tre porzioni della cappellania dei SS. Filippo e Giacomo al sacerdote B artolomeo de Textoribus della diocesi di Acqui «per dominum Franciscum de Columna tam suo quam procuratmio nomine domini Petri de Columna eius fratris carnalis . . . ad quos aut eomm alterum coniuntinl vel divisim vis presentandi capellanum ad capellaniam seu portionem huiusmodi spectare dignoscitur», in Bibl. Ap. Vat., Arch. Barberini-Colonna di Sciarra, tom. 122, fase. 1 3 ( 1 500 marzo 28; già nel 1 494 Francesco aveva presenta­ to Sanctus de Gerutiis per la stessa capella: Roma, Arch. del Capitolo di S. Giovan­ ni in Laterano, Q.3.H. l l) . Di questo fratello Pietro si sa che - per una paga mensile di 4 1 6 fimini - militò sotto papa Innocenza VIII: ASV, Cam. Ap., Intl: et ex. 523, f. 126r (1491 nov. 29), 149r (1491 dic. 1 3), 205v (1492 giu. 21); cfr. per un inlpegno precedente ASV, Arm. XXXIX, t. 1 9, f. 107v (1486). Ibid., f. 93r (1485 dic. 1 3). Pie­ tro figura come signore di Castelnuovo di Porto, consegnatogli probabilmente come appannaggio e per il quale pagò per gli anni 1495-1498 (anche se con ritardo) alla Camera Urbis il sale e il focatico per l 'importo assai modesto di 7 fl. e 60 soldi di moneta romana: ASR, Camera Urbis, 174, ff. 3r, 5r, 5v, 7r. BURCKARDI Liber nota­ rum cit., I, p. 6 1 5 racconta che il cardinale legato Bernardino de Carvajal nel l496 fu suo ospite fuori di Castelnuovo di Porto (pernoctavit in hospitio d. Petri de Co­ lumna exn·a Casn·um novum). Cfr. inoltre per la sua persona LITTA, Famiglie celebri cit., tav. VIII e CALVESI, Pugna d'amore cit., p. 263. 1 33 Questa cifra si deduce dal pagamento pro medietate stipendii presentis an­ ni, cioè 208 fl. e 24 bol., registrato in ASV, Cam. Ap. , Intr. et ex. 526, f. 205r ( 1494 ago. 13). 134 ASV, Cam. Ap. , Intr. et ex. 526, f. 175r (1494 mar. 14). 13 5 Questo servizio, che però non viene espressamente' collegato con la con­ comitante guerra contro gli Orsini, gli rese pro una pagha 162 fl. e 34 bol.: ASV, Cam. Ap. , Intr. et ex. 528, f. 109v (1496 ott. 25).


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Incontriamo Francesco e i suoi territori anche in altri registri finanzia­ ri: come i suoi parenti di Genazzano pagò la tassa del sale a grosso, trave­ stita - come si sa - nell'obbligo di comprare grandi quantità di sale dai do­ ganieri salis Urbis136• Diversamente dai cugini, ma anche dalla maggior parte dei baroni ro­ mani, Francesco J;bbe.ancora un altro campo comune coll' amministrazione papale: lui e il fratello Pietro fecero pascolare le loro pecore sui prati pub­ blici del distretto di Roma, per cui dovevano pagare una tassa alla Dogana dei pascoli sottoposta alla Camera Apostolica137• Significativo è che le greggi dei due Colonna di Palestrina non fossero fra le più numerose, queste invece appartenevano ai ricchi mercanti agrico-

li della nobiltà municipale romana138. Anche in campo fiscale Francesco, si­ gnore di un piccolo territorio, faceva di tutto per non provocare le ire del suo sovrano, e pagava diligentemente le tasse. Mentre i cugini per i loro impegni politici furono spesso assenti dalle proprie terre, lui, Francesco, si potè - a quanto pare - dedicare ai suoi inte­ ressi epigrafici e letterari nonché alla ricostruzione del palazzo baronale a Palestrina139. Però, viste le faccende spesso burrascose che hanno caratte­ rizzato le biografie dei Colonna di Genazzano, spesso ribelli contro i papi regnanti, la cauta riservatezza di Francesco nei confronti delle posizioni dei suoi parenti diventò una strategia per la sopravvivenza politica. Eppure Alessandro VI non risparmiò neppure le terre prenestine dalla sua volontà di elevare di rango la propria prole. Il comportamento di Fran­ cesco in questa fase è caratterizzato da una rassegnazione sorprendente per un esponente di una famiglia tanto fiera come quella dei Colonna140. Le tap­ pe che portarono alla fine temporanea del governo colonnese su Palestrina sono note: nell'agosto 1501 Francesco e suo fratello Pietro vennero inclusi nella bolla di condanna che colpì tutta casa Colonna141. Il 17 settembre con­ secutivo il papa divise le terre confiscate ai Colonna e attribuì Palestrina al figlio minorenne Giovanni Borgia, principe di Squillace142• Mentre i suoi parenti di Genazzano vivevano ormai in esilio, Francesco di Palestrina, in­ vece, cercò ancora di mantenere buoni rapporti con i B orgia. Nel dicembre 1501 - insieme con la moglie e un seguito numeroso - accompagnò Lucre­ zia Borgia nel corteo nuziale a Ferrara143. Confermata la sua estraneità ri­ spetto alle azioni offensive degli altri Colonna (innanzitutto di Prospero e Fabrizio), il papa, il 1 o giugno 1 502, restituì a Francesco i suoi beni 144, tran-

136 Visto che i registri del dare e avere delle comunità per la tassa del ' sale a grosso', conservati in ASR, Camera Urbis, 248 e ss., finiscono già nel 1458, per il periodo di Alessandro VI i volumi relativi sono ASR, Camera Urbis, 245-247 che costituiscono tre Libri introitus salis recepti per communitates (purtroppo in parte conservati male e lacunosi) che registrano per gli anni 1 493-1 498 i singoli paga­ menti. Ogni comunità aveva pensato da sola a pagare la propria quota. Forse Fran­ cesco, con una procura destinata al chierico romano Francesco de Albis per poter trattare l 'acquisto di 1 60 rubra salis in due anni (cioè 80 rubra salis per anno), vo­ leva unificare questi pagamenti se non si tratta di un affare per commercializzare queste quantità di sale: ASR, Arch. Notarile di Palestrina, vol. 4 1 5 bis, cc. 67v-68r (1498 giu. 28), ripetuto a c. 88r. Nei confronti della tassa del sale e focatico dovu­ ta alla Camera Urbis, pare che non si osservasse tanta diligenza da pmte dei Co­ lonna. Furono solo alcuni piccoli centri governati dai Colonna come Castelnuovo di Porto (v. nota 132kGenzano o Rocca di Papa a pagarle. Per questi pagamenti è tramandato per il nostro periodo solo un registro, cioè ASR, Camera Urbis, 174, che raccoglie i dati per gli anni 1496-1499. Mancano del tutto per il pontificato di Alessandro VI i registri delle Tesorerie provinciali, Marittima, Campagna, Lazio e S abina nel Fondo Camerale I dell' ASR. Per i diversi tipi di tasse cfr. per ultimo M. G. PASTURA, Linee di tendenza della fiscalità pontificia nel Lazio meridionale e a Sermoneta nel Medio Evo, in Sermoneta e i Caetani. Dinamiche politiche, sociali e culturali di un territorio tra medioevo ed età moderna (Atti del Convegno, Ro­ ma-Sermoneta, 1 6-19 giugno 1 993), a cura di L. FIORANI, Roma 1999 (Studi e do­ cumenti d 'archivio, 9), pp. 143-159 (con ulteriore bibliografia). Per l ' attenzione che Alessandro VI prestò ai diritti della dogana dei pascoli cfr. CARAVALE, Lo Sta­ to pontificio cit., p. 143. 137 Sono due i Libri dohane pascuorum Urbis conservati per il pontificato di Alessandro VI: ASR, Camera Urbis, 1 63-1 64 (1498-1501). Francesco, nel 1499, pagò per 1400 pecore sui pascoli dei dintorni di Roma 13 due. e 12 bol.; Pietro, in­ vece, pagò per 904 bestie 8 due., 37 bol. e 8 den.: ibid. , 1 63 , ff. 36v e ss., 38v e ss. Due anni più tardi pagarono per 1 272 rispettivamente 1060 pecore 17 due. e 70 bol. nonchè 14 due. e 60 bol.: ibid. , 1 64, ff. 58v e ss., 62v e ss.

1 3 8 Alcune cifre di paragone: Virginio Orsini, che ebbe sicuramente anche al­ tre greggi altrove, pagò, nel 1499, per 1 800 pecore, il suo parente Giovanni di Ceri per 1670, i nobili romani Giambattista Miccinelli per 2995, Marcantonio Altieri per 1450 e un Capizucchi per 1 835 bestie: ibid. , 1 63, ff. 37v, 39 v . 1 39 Cfr. CALVESI, Pugna d'amore cit., passim e L. H. HEYDENREICH, Der Pa­ lazzo Baronale der Colonna in Palestrina, in Walter Friedlaender zum 90. Geburts­ tag, Berlin 1965, pp. 85-9 1 . 14° Cfr. i l giudizio espresso in LTITA, Famiglie celebri cit., tav. VIII e CALVESI, Pugna d'amore cit., pp. 262, 267, secondo il quale questa rassegnazione rispecchia l 'atteggiamento epicureo-pacifista presente nella Hypnerotomachia. 14 1 Cfr. il documento citato a nota 1 56. 1 42 Cfr. il documento citato a nota 99 (1501 set. 17). 143 SANUTo, I Diarii cit., N, 199, ricordato in BURCKARDI Liber notarum cit., II, p. 306, nota 5. 144 Una copia notarile della lettera papale commissionata dallo stesso Francesco è ASC, Arch. Orsini, II A XX , 2 1 . Copie modeme sono in ASV, Arm. XLIX, t. 46, ff_


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ne Castelnuovo di Porto che fu consegnato alla Camera Apostolica145. Ma presto seguì una strategia d'intimidazione contro il barone146. Lamentando­ si del fatto che il papa aveva mandato armigeri a Palestrina per occupare la città, Francesco protestò il 5 maggio 1 503 davanti al notaio prenestina Francesco Leonardi, fatto venire appositamente a Roma, e dichiarò di ce­ dere i suoi beni solo perchè costretto e che il conferimento di un'eventuale ricompensa sarebbe stata da considerare comunque obbligata147. Infatti cin­ que giorni dopo Alessandro VI, in una dichiarazione solenne firmata dai cardinali, gli elargì un vitalizio di seicento ducati annui148. La versione uf-

382r-383v e in Bibl. Ap. Vat., Ottob. lat. 1 853, pars II, ff. 422r-423r (quasi illegibi­ le). Manca invece oggi ibid., Arch. Barberini Colonna di Sciarra, tomo 1 60, fase. 6. Cfr. CALVESI, Pugna d'amore cit., p. 265 (con la nota 38). 145 Ne nacque un lungo contenzioso fra la Camera Apostolica e gli eredi dei fi­ gli di Francesco Colonna, per il quale nel 1 509 e nel 1582 furono sentiti testimoni anziani locali che dovettero esprimersi sui periodi in cui Castelnuovo fu soggetto al­ la Camera ovvero ai Colonna. Tanta importanza venne data alle circostanze precise della ripresa del potere a Castelnuovo da parte dei giovanissimi figli di Francesco. Ne risultano interessanti testimonianze sulla percezione del papa Borgia nella me­ moria collettiva dei sudditi dei Colonna ca. 80 anni dopo la sua mmte che meritano un esame più dettagliato a parte: cfr. ASV, Arm. XXXVI, t. 6, ff. 30r e ss. 146 Nel marzo 1 50 1 si ebbe un primo conflitto fra l ' amministrazione papale e gli abitanti di Palestrina per un agguato e rapina a due mercanti, sudditi del princi­ pe di Squillace (Giovanni Borgia), come risulta dalla minaccia di rappresaglie lan­ ciata dal cardinale camennio Raffaele Riario contro la comunità di Palestrina, sen­ za però che si facesse il nome di Francesco Colonna: ASV, Cam. Ap., Div. Cam. 53, f. 225r (1501 mar. 12) . Pare che Francesco, alla fine, si sentisse minacciato a tal punto che, il 7 dicembre 1502, vendette Penne a Gian Conado Orsini di Mugnano per 3600 ducati de carlenis e, il 1 5 dicembre, lo fece investire - tramite il notaio Francesco Leonardi - del possesso del castello: ASC, Areh. Orsini, II A XX, 24, 25 ; cfr. CALVESI, Pugna d'amore cit., p. 266. Che questo atto fosse una vendita fittizia (poi senza efficacia) per salvare almeno un castello dall'esproprio imminente viene confetmato dal documento del 1 503, citato a nota 148, che annovera Penne fra i ca­ stelli ceduti dal Colonna al papa. 147 Cfr. l 'atto di protesta in ASR, Arch. Notarile di Palestrina, vol. 415 bis, ff. 1 3 6v-137v ( 1 503 mag. 5), ed. PE1RINI, Memorie prenestine cit., pp. 466 e ss.; cfr. CALVESI, Pugna d'amore cit., p. 266. 148 Questa somma doveva pagare la Camera Apostolica dalle sue entrate deri­ vanti dal monopolio sull'allume: ASV, Reg. Vat. 871 , ff. 148r-150v (1503 mag. 10); quasi illeggibile a causa del passaggio d'inchiostro risulta la copia di età moderna, in Bibl. Ap.Vat., Ottob. lat. 1853, pars II, ff. 420r-v. Un'altra copia su carta è in Bibl. Ap. Vat., Arch. Barberini Colonna di Sciarra, tomo 1 60, fase. 7. Cfr. DE Roo, Ma­ teria! far a History cit., IV, p. 332.

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ficiale fu che Francesco «mnni iuri, quod sibi ac heredibus et sucessoribus suis in civitate Penestrina et aliis locis [cioè Castelnuovo, Gallicano, Pas­ sarano e Pem1e] ac bonis inunobilibus tam in alma Urbe et eius districtu quam alias ubilibet consistet, in manibus nostris spante et libere cesserit il­ laque omnia et quascumque actiones nobis et Camere Apostolice donaverit, Nosque [cioè Alessandro VI] dictam civitatem, loca, bona et iura predicta ac actiones huiusmodi predicte Camere Apostolice perpetuo applicaveri­ mus et appropriaverimus», come si legge anche nel mandato papale del l o luglio, rivolto al camerario e al tesoriere papale, il quale specificò come il vitalizio concesso nella bolla precedente doveva essere pagato: Francesco Colonna avrebbe avuto 40 ducati al mese e suo fratello Pietro 10149. Abbia­ mo appena un breve accenno nel protocollo notarile citato alla reggenza di Giovanni Borgia che a Palestrina si fece rappresentare da un gubernatorrso, e che tramontò dopo solo un mese con la mmte del papa, che da parte sua aveva imposto un castellanus spagnolo nella rocca soprastante Palestrina (cioè in Castel S . Pietro)151. Pare che Francesco non sopravisse a lungo al tanto temuto signore: già dal 1 505 si trova nominato come signore di Pale­ strina il suo successore Giovamri Colonna152• Anche se i Colonna di Palestrina riottennero i loro beni con Giulio II - diversamente dai parenti di Genazzano - non riuscirono più a ripren­ dersi dopo questo nuovo colpo. Mentre nel Cinquecento e in seguito quelli di Genazzano poterono conservare una posizione di spicco nella società ro­ mana, questi - anche se non mancarono personaggi importanti come il fi­ glio stesso di Francesco, il famoso condottiero Stefano153 - persero sempre

149 ASV, Cam. Ap., Div. Cam. 55, ff. 70v-7lv, ed. PETRINI, Memorie prenestine cit., pp. 468 e s., doc. 69 (con lacune). Cfr. DE Roo, Materia!far a History cit., IV, p. 332. 1 50 PETRINI, Memorie prenestine cit., p. 199. 151 La Camera Apostolica pagò questo castellano dal 1 0 maggio: ASV, Cam. Ap., Intr. et ex. 533, ff. 1 62v ( 1503 mag. 10), 168r (giu. 2), 174r (lug. 2). 152 CALVESI, Pugna d'amore cit., p. 267. Dal 23 gennaio 1 506 Giovanni appa­ re anche in ASR, Arch. Notarile di Palestrina, vol. 4 1 5 bis, c. 1 84r. Visto che Gio­ vanni 1iunì di nuovo Palestlina e Castelnuovo di Porto sotto un governo comune, pare che egli non fosse un fratello di Francesco, ma piuttosto un suo nipote, figlio probabilmente di Pietro (anche lui ormai deceduto), che governò per i cugini anco­ ra minorenni. Infatti, già nel 1484 viene nominato, accanto a Pietro, un Johannes Stephanus come nepos dell'allora chierico Francesco Colonna: ACol. III BB XXXVII, 40 (1484 Apr. 17); cfr. la riproduzione fotografica in FANCELLI, Demolizioni e 're­ stauri' cit. , p. 359, fig. 2. Per la sua posizione genealogica cfr. LITTA, Famiglie ce­ lebri ci t., tav. VIII. Per la prima apparizione dei figli di Francesco al ritorno dei Co­ lonna a Castelnuovo v. sopra nota 145. 153 F. PETRUCCI, Colonna Stefano, in DBI, 27, Roma 1982, pp. 443-445.


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di più ricchezza e terre, fino a quando nel 1 630 furono costretti a vendere Palestrina154.

ri della pubblica quiete158 e dei rifornimenti per Roma159. Li trattò come sud­ diti e vassalli160, rifiutando l 'immagine che questi nobili avevano di se stes­ si quali signori indipendenti che riconoscevano al papa solo la superiorità formale161. Per il papa si prospettò un conflitto di lealtà quando i suoi baro­ ni condottieri passarono al soldo di forze straniere162. Il pontefice considerò le loro continue ribellioni atti di lesa maiestas: i loro reati non erano rivolti

4. La posizione di Alessandro VI nei confronti dei Colonna

Abbiamo visto alcune forme di atteggiamento dei Colonna, tipici anche per altri esponenti del loro ceto, nei confronti di papa Borgia, dettati da mo­ tivi di strategia, calcoli personali o dalla semplice paura, che portarono - se­ condo le loro differenti possibilità, come cardinale, condottieri o piccolo si­ gnore di castello - a collaborazione temporanea, ribellione aperta o rasse­ gnazione. Come invece considerò Alessandro VI i Colonna? Il papa guardò alla famiglia Colonna come a tutte le famiglie baronali romane, innanzitut­ to con gli occhi del signore di Roma e della Chiesa Cattolica che doveva fa­ re i conti con le realtà politiche del Lazio. fu questa ottica è ce1tamente da inquadrare la lunga tradizione di rapporti reciproci non sempre positivi fra la nobiltà baronale e il papato155. E così il pontefice spagnolo nella elabora­ ta arringa della bolla solenne, con la quale nell'agosto 1501 condannò le pe­ stiferos & nocivos domus Colonna e Savelli, si compiacque di 1ifarsi ai pre­ decessori Bonifacio VIIIe Sisto IV che avevano lottato contro questa fami­ glia156. Non è, perciò, da stupirsi che tanti obiettivi e termini del buon go­ verno che papa Borgia evoca, facciano parte in realtà del repertorio propa­ gandistico tradizionale dell'amministrazione papale157. Ripetutamente il pontefice si lamentò dei Colonna e di altri baroni romani ritenuti disturbato-

1 54 A.

REHBERG, Colonna, in Die grojJen Familien Italiens, a cura di V. REINHARDT, Stuttgart 1 992, p. 1 86. 155 Solo SHAW, The Politica! Role cit., pp. 34 e ss., 1 65 e ss. cerca di affronta­ re obiettivamente questo rapporto difficile fra il papato e i baroni visto troppo spes­ so nella ottica che il potere degli ultimi fosse stato «a barrier to the establishment of effective papal govetmnent» (p. 3). 156 La costituzione di Alessandro VI si trova registrata in ASV, Reg. Vat. 871 , ff. 33r-41 v (150 1 ago. 20) ed è tramandato anche nell'Archivio Colmma in due esempla­ ri della versione a stampa del l 586 «apud haeredes Antonii Bladii, irnpressores came­ rales» cioè ACol., Mise. II A 65, 2 e Mise. II A 6, pp. 5-8. Cfr. PASTOR, Storia dei papi cit., III, pp. 546 s. che osserva a p. 547 nota l - con 1iferirnento a P. BALAN, Storia d'I­ talia, Modena 1 8952, V, p. 523, nota l - che la bolla fu pubblicata solo nel Concistoro del 24 settembre. 1 57 L'autocoscienza e l 'autmiflessione dei papi come padroni delle terre della Chiesa si sviluppò più concretamente da Innocenza III ( 1 198- 1216) in poi. Cfr. - ol­ tre alle opere di Prodi e Caravale già citate - la miniera documentaria offerta in A. THEINER, Codex diplomaticus dominii temporalis S. Sedis. Recueil de documents pour servir à l'histoire du gouvernement temporel des Etats du Saint-Siège, Roma

1 8 6 1 - 1 862 nonché in alcuni studi sulla storia dello stato pontificio: D. WALEY, The Papa! State in the Thirteenth Century, London 1 961 ; ID., Lo stato papale dal pe­ riodo feudale a Martino V, in Comuni e signorie nell'Italia nordorientale e centra­ le: Lazio, Umbria e Marche, Lucca, in Storia d'Italia, cit., VII/2, Torino 1 987, pp. 229-320; P. PARTNER, The Papa! State under Martin V, London 1958; ID., The Lands of St Peter. The Papa! State in the Middle Ages and the Early Renaissance, London 1 972; S. CAROCCI, Governo papale e città nello Stato della Chiesa. Ricerche sul Quattrocento, in Principi e città alla fine del medioevo, a cura di S. GENSINI, San Miniato 1996 (Collana di Studi e Ricerche, 6), pp. 1 5 1-224. 1 58 Poiché «tumultuationes et discordie impediant quietem patrie», Alessandro VI, nel l495, raccomandò al cardinale Giovanni Colonna di osservare la tregua con­ clusa fra Colonna e Conti: ACol., III BE XVI, 45 ( 1495 ago. 13). Nella stessa dire­ zione puntò un altro breve del papa per questa tregua da rispettare «pro communi familiarum ipsamm bono necnon ornnium et singularum civitatum comitatum ter­ rarum et locomm eiusdem provinice [= Campanie] tranquillitate et pace» : ACol., III BE XVI, 49 (1495 ott. 19). Cfr. analoga bolla di condanna dell'agosto 1501 citata a nota 1 56. 159 NEGRI, Studi sulla crisi italiana cit., parte 2, pp. 122 e s. La minaccia per le vettovaglie destinate a Roma viene rivolta contro i Colonna anche nel bando del­ l'ottobre 1 494 (v. nota 78) e nella bolla di condam1a dell' agosto 1 50 1 (v. nota 1 56). 16° Così il papa si espresse nella bolla di condanna citata a nota 1 56. Cfr. I ba­ roni nostri subditi in NEGRI, Studi sulla crisi italiana cit., parte 2, pp. 122 e s. 1 6 1 Così il re Ferrante di Napoli stigmatizzò questa visione politica dei baroni in una lettera rivolta a M. Belprato: «Ursini, Colonnesi, Conti, Gaetani et altri ba­ roni di Campagna non riconoscono il Papa in vita ne in morte de confirmatione d'in­ vestitura ne di altra sollennità acto o scrittura, perche sono di quelle loro terre veri domini et lo Papa non ha da investire ne confirmare ma ha solamente l a superiorità che quelle terre sono poste intra lo suo distritto et de venditione, successione, alie­ natione o altre obligazioni non se ne impaccia ne ha da darci consenso, perche det­ ti baroni sonno signori non feudatarii o vicarii che riconoscono il papa de confir­ matione et investitura»: ACol., III BE XXXVI 37 ( 1491 mag. 1 9 ; in una copia del XVII sec.). Cfr. per lo stato giuridico dei baroni romani nel Quattrocento l 'osserva­ zione in P. PARTNER, Lo Stato della chiesa nel XV e nel XVI secolo, in Storia della Società Italiana, VIII. I secoli del primato italiano: il Quattrocento, Milano 1 988, p. 412 secondo il quale il loro dominio fu organizzato «in fmma di consorteria al­ lodiale» e SHAW, The Politica! Role cit., pp. 39 e ss. 1 62 Di tale aspetto si occupa ibid. , pp. 1 65 e ss.


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solo contro di lui ma contro la Chiesa163; in tal modo Alessandro - al di là delle intenzioni dei Colonna - trasferì un conflitto di potere in campo reli­ gioso-morale164. Forse più di altri e a maggior ragione, viste le vicissitudini politiche, del suo pontificato, questo papa viveva nella paura che gli inter­ venti dall'esterno - cioè in particolare dai re di Napoli e di Francia - potes­ sero servire - come si espresse nel febbraio 1493 - «ad fare grandi questi ba­ roni de terra de Roma et conculcare questa Sancta Sede»165. Come era anche realistica la sua paura che i nemici eterni, Colonna e Orsini, potessero unir­ si nella «ofensione di le terre di la Chiesia e a mina dil papa»166. Già durante la sua lunga carriera di vicecancelliere il Borgia aveva a­ vuto modo di conoscere intimamente le stmtture interne del casato dei Co-

l 63 In questo modo il papa prosciolse i cardinali Colonna e S avelli nel febbraio

1495 da qualsiasi «excessibus criminibus et delictis etiam contra nos et prefatam ec­ clesiam commissis et perpetratis etiam que lese maiestais crirnina directe vel indi­ recte censeri quomodolibet possent»: ACol. , III BB VI, 27 (v. nota 23). Un simile discorso si trova nella bolla di condanna dell' agosto 1501 citata a nota 1 56. ll pare­ re negativo del papa sui baroni romani traspare anche in SrGISMONDO DEI CoNTI DA FoLIGNO, Le storie cit. , Il, p. 166. Per il reato di lesa maestà cfr. M. SBRICCOLI, Cri­ men lesae maiestatis. Il problema del reato politico alle soglie della scienza pena­ Ustica moderna, Milano 1974. Per il concetto di Stato del papa B orgia rinvio ai con­ tributi di M. Caravale e di P. Prodi previsti negli Atti del Convegno Alessandro VI e lo Stato della Chiesa (Perugia 13-15 marzo 2000). 164 È evidente che i Colonna con le loro ribellioni non cercarono di colpire il papa o lo Stato della chiesa come istituzioni alle quali, del resto, furono legati da forti interessi reciproci. Appartengono proprio al pontificato di Alessandro VI due espressioni del sentimento religioso dei Colonna, tramandati nell'Archivio Colon­ na: così il riformatore e visitatore in spiritualibus et temporalibus dell'ordine bene­ dettino di Cluny, Wilhelmus Heyck, abbate di S. Maria a Lussemburgo, associò ai devoti del suo ordine il cardinale Giovanni, commendatario dei monasteri benedet­ tini di Subiaco, nonché Prospero, sua moglie Cobella di San Severino e Marcanto­ nio Colonna (pure lui un condottiero noto) includendoli nelle preghiere del proprio ordine: ACol., III BB VI, 30 (1498 set. 27). Ugualmente fece Domenico, abate ge­ nerale di Monteoliveto, nel 1499, con Prospero iscrivendolo in libro benefactorum dell'ordine: ibid. , VI, 3 1 (1499 apr. 24). B ibl. Ap. Vat., Vat. lat. 7975, p. 33 ripro­ duce due iscrizioni cinquecentesche della facciata della chiesa di S. Magno a Mon­ teoliveto che ricordano l'impegno continuo del Colonna per il restauro di questo monastero che aveva anche visitato personalmente. 165 Citato dal rapporto di Stefano Taverna a Lodovico Sforza su un colloquio con Alessandro VI il l 5 febbraio 1493: NEGRI, Studi sulla crisi italiana cit., parte 2, p. 122. Per il retroscena (a proposito della questione di Cerveteri e il timore del pa­ pa rispetto ad un accordo fra Napoli e Firenze) v. nota 55. 166 S ANUTO , I Diarii cit., I, col. 663 (riferito al giugno 1497).

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381

lonna. Conosceva perfettamente i singoli lignaggi che lo componevano, e a loro come pontefice riservò - come abbiamo visto - un diverso trattamento a seconda delle loro particolarità. I Colonna di Genazzano per esempio ven­ nero co�siderati come un ' unità, anche se in realtà emergevano più membri, dal cardmale Giovanni a Prospero e Fabrizio167. Dobbiamo ricordarci che nei primi due anni 168 del pontificato prevalsero buoni rapporti tra il papa e i Colonna, che furono sempre ricercati come possibili alleati169 e condottie­ ri170. Pare che nei giorni del suo incontro con re Alfonso a Vicovaro nel lu­ glio 1494171, quando divenne noto che i Colonna stavano per entrare nelle fi­ le francesi, Alessandro VI progettò seriamente di «spogliargli delle castella le quali in terra di Roma possedevano»172. ll successo di Carlo Vill costrin­ se il pontefice a riconciliarsi con loro; ma il sospetto rimase, anche quando ebbe ancora bisogno dei Colonna nel 1496 conh·o gli Orsini. L'anarchia del­ l 'anno 1498, provocata dalla guerra fra gli Orsini e i Colonna, dovette con­ tribuire ad un indurimento della posizione dello spagnolo nei confronti dei baroni. Grazie alla seconda calata dei francesi nel 1501 potè godere della soddisfazione di aver definitivamente eleminato i Colonna dalla carta politi­ ca del Lazio173. È significativo, ad indicare il graduale accerchiamento nei confronti dei baroni che caratterizzò la politica borgiana, che l 'unico docu­ mento nel quale Alessandro VI si rivolse indistintamente a quasi tutti i Co­ lonna, di tutti i rami, sia la tanto citata bolla di condanna del 1501 174. La linea dura contro i baroni fu provocata non solo dalla volontà, più che giustificata, di tranquillizzare e far rifiorire i dintorni della capitale, ma

167 Così Alessandro VI, nel l495, raccomandò, per questioni di giustizia, al suo governatore nella Campagna e Marittima, i sudditi di questi tre Colonna: ACol., III BB XVI , 44 (1495 mag. 9). 168 Invece secondo MALLETT, The Borgias cit. , p. 1 1 9 i baroni romani temette­ ro fin dall'inizio il nuovo papa spagnolo a strong Pope. 169 Nel giugno e novembre 1498 il papa pensò persino ad alleanze matrimoniali fra Orsini e Colonna con i Borgia: SANUTO, I Diarii cit., I, col. 998; II, col. 140. 17° Cfr. nota 63. 171 Cfr. BURCKARDI Liber notarum cit., I, pp. 5 3 1 -532, nota l . 172 GurcCIARDINI, Storia d'Italia cit., l, p. 56. 173 ToMMASINI, La vita e gli scritti di Niccolò Machiavelli cit., I, p. 268 nota 3 cita una nota di Evangelista Capodiferro (v. sopra nota 50) in Bibl. Ap. Vat., Vat. lat. 335 1 , f. 1 6r: «Solebat se jactare Alexander VI pont. max. se caeteris praestare pon­ tificibus, quod familias B aronum eiecisset, quod multi ante se frustra conati fuerant, idque inter suas laudes putabat maximum». 174 Cfr. nota 1 56. Questo processo d'indurimento nei confronti dei baroni vie­ ne già proposto - ma con uno scopo apologetico - da DE Roo, Materia[ jor a Hi­ story cit. , IV, pp. 269 e ss.


382

ANDREAS REHBERG

partì soprattutto dal suo amore eccessivo per i propri parenti. Il nepotismo di papa Borgia superò tutti i precedenti simili e provocò forti scossoni nel­ l ' assetto politico del Lazio dei baroni 175• Il fatto che Alessandro non sotto­ pose le terre confiscate ai Caetani, Colonna e ai Savelli al governo diretto della Santa Sede, bensì le divise nella maggior pmte176 fra i suoi parenti mi­ norenni177, dimostra che - almeno nel Lazio - egli privilegiò forse più la pro­ pria famiglia che il bene dello Stato178. Naturalmente questo giudizio non e­ sclude che alla base di questa decisione del Borgia, bisognoso di sostegno e­ sterno, non ci fosse anche l ' idea di appoggiarsi su signorie, conferite ai pro­ pri famigliari come strumenti del governo papale179. Dubito, invece, che il movente della politica borgiana vada cercato in una divergente visione del­ lo stato rispetto ai baroni, ritenuti - in contrasto con la figura tutt'altro che minacciosa di Francesco Colonna - spesso con poca misericordia, per lo più anarchici e tiranni, sempre contrari alle norrnative dei papF 80.

da 1ifiutare una visione apologetica del papa Borgia come si trova in Borgia ibid., V, pp. 110 e ss. Per MALLETI, The Borgias cit. , p. 145 «papal policy and le fun­ per inoltre Cfr. bene. molto e conciliar fecero si VI ro dynasticism» per Alessand 179. nota nella ntale rinascime e e medieval papale o nepotism del ve governati zioni a (v. Apostolic Camera alla 176 Solo Castelnuovo di Pmto fu consegnato, infine, tem­ stesso allo però, che Subiaco di ia all'abbaz dati nota 145). Alcuni castra furono cit., po, fu sottoposta al patronato di Cesare Borgia: DE Roo, Materia[ for a History , I Colon­ II, pp. 435-437, doc. 72 (non datato, ma probabilmente del 1501); PRESUTII alcun fon­ na di Riofreddo cit., pp. 277-279 doc. 6 (con datazione 1 500 ago. 20 senza ti «rimanen delle ottenuto avessero Orsini gli che invece, risulta, damento). Non mi p. 156. tene sottratte ai Colonna>> come sostiene CARAVALE, Lo Stato pontificio cit., 1 75 Perciò è

177

Cfr. nota 99. Già i contemporanei videro il papa ossessionato dal pensiero «di far grandi nel i suoi figliuoli» (così riporta un detto dell' ambasciatore veneziano Cappello ihrer ndenzen Correspo und 1500 F. GREGOROVIUS, Lucrezia Borgia nach Urkunden 18853 , p. eigenen Zeit, Stuttgart 1 874, qui citato dalla trad. di R. Mariano, Firenze Gurc­ 277); cfr. similmente SANUTO, I Diarii cit., per esempio I, coll. 527, 870; 518 pp. m, , cit. papi dei CIARDINI, Storia d'Italia cit., I, p. 7. Anche PASTOR, Storia uno crearsi per parenti suoi dei e Borgia papa e s. parla dei ' disegni nepotistici' del 92 e s. stato 'privato' . E ugualmente giudica PEPE, La politica dei Borgia cit., pp. 179 Che il nepotismo papale aveva anche una funzione stabilizzante per il go­ CARAVALE, verno di Alessandro VI o anche in generale di un papa medievale. Cfr. s­ Funktion Der us. Nepotism D, REINHAR W. 56; 1 52, 1 pp. Lo Stato pontificio cit., eschich­ Kircheng fiir ift «Zeitschr en, Konstant en chichtlich papstges einer wandel te» , 86 (1975), pp. 145-185; S. CARoccr, Il nepotismo nel medioevo. Papi, cm·dina­ li e famiglie nobili, Roma 1 999 (La corte dei papi, 4). 180 Cfr. per questi contrasti specialmente nel campo della politica agraria CA­ 143. Le te­ RAVALE, Lo Stato pontificio cit. , pp. 108 e ss. (per il periodo di Sisto IV), 58 e s. Per pp. , cit. Role Politica[ The si di Caravale sono state confutate da SHAW, 17 8

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Se recentemente sono stati riscontrati effetti innovativi nella gestione delle nuove signmie per me1ito dei Borgia181, almeno per i Colonna man­ cano elementi che confermino questa ipotesi e che possano evidenziare co­ me questi effetti, se ci sono stati, siano poi continuati quando i Colonna ri­ presero, nel 1503, le proprie terre182. Sembra che i Colonna abbiano appro-

il processo (ovviamente lodevole ai nostri occhi oggi) della centralizzazione nelle terre della Chiesa, fatto però iniziare nella regola dopo Alessandro VI, e special­ mente sotto Giulio II, cfr. J. DELUMEAU, Les progrès de la centralisation dans l'É­ tat pontifica[ au XV/e siècle, «Revue Historique», 126 (196 1 ), pp. 399-410 e R. VOLPI, Le regioni introvabili. Centralizzazione e regionalizzazione dello Stato Pon­ tificio, Bologna 1983, in particolare pp. 48 e ss. e 66 e ss. nonché, P. PRODI, Il so­ vrano pontefice, Un co1po e due anime. La monarchia papale nella prima età mo­ derna, Bologna 1 982, pp. 83 e ss., 105- 1 07. Per il rapporto complesso e ambiguo fra la dinastia dei Borgia e le tene della Chiesa si 1imanda agli Atti del Convegno Alessandro VI e lo Stato della Chiesa, (Perugia, 13-15 marzo 2000). 181 M. VAQUERO PINEIRO, Il Liber anendamentorum dei Ducati di Nepi e Ser­ moneta (1501 -1503) , «Archivio della Società Romana di Storia Patria», 1 17 (1994), pp. 1 7 1 - 1 86; ID., La signoria di Se1moneta tra i Borgia e i Caetani, in Sermoneta e i Caetani cit., pp. 125- 141. Fu proprio l'elevazione della signoria del piccolo Ro­ drigo Borgia in un ducato che secondo l' opinione espressa da M. MOMBELLI CA­ STRACANE, L'organizzazione del potere nel ducato di Sermoneta tra il 1501 e il 1586, in Sermoneta e i Caetani cit., pp. 1 6 1 -203 abbandonò il vecchio sistema feu­ dale e creò un modello di una signoria rafforzata alla quale aspiravano pure i Cae­ tani ritornati che, però, solo nel 1 586 ottennero questo titolo. I Colonna che per se­ coli non ebbero titoli nobilimi precisi, finalmente, nel 1570 e 1 57 1 furono nomina­ ti duchi e principi di Paliano e Palestrina: COPPI, Memorie Colonnesi cit., p. 339. 182 Al contrario della speranza espressa in VAQUERO PINEIRO, Il Liber anenda­ mentorum cit., p. 186 non si trovano documenti sulla gestione dei feudi dei Colon­ na al loro ritorno né nell'Archivio Colonna per quanto si può vedere dagli inventa­ ri né nel libro delle imbreviature del notaio prenestino citato a nota 1 19. Anche l'in­ telmezzo dei Borgia nei dominii dei Colonna è poco documentato. Cfr. PERINI, Ge­ nazzano e suo territorio cit., p. 105. Una 1icerca nei protocolli notarili di Genazza­ no ivi citati, conservati oggi nell' Archivio Comunale di Genazzano (ringrazio Iva­ na Ait per questa informazione), potrebbe portare ad ulteriori chimimenti. Nell' Ar­ chivio Colonna sono solo due i documenti che riguardano il periodo in questione: ACol., III BB XVI, 57 (1501 giu. 15) è un breve di Alessandro VI ad Antonello di Rocca Priora, castellano della rocca di Subiaco, perché consegni la stessa al nuovo castellano Luigi de Aprea, e con la bolla ibid., LXXXIX, 30 ( 1 50 1 set. l) Alessan­ dro VI conferì a Giovanni Cichi di Arsoli la prebenda parocchiale di Ardea. Ci si rammarica anche che la situazione del sistema feudale nel Lazio sul finire del XV secolo è ancora poco studiato (v. la non vasta bibliografia rispettiva in VAQUERO PINEIRO, Il Liber arrendamentorum cit., p. 173, nota 9 e SHAw, The Politica[ Role cit., pp. 39 e ss.).


384

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ANDREAS REHBERG

fittato dell 'attenzione di papa Borgia per il sistema difensivo dei castelli, acquistati due anni prima. Così Guicciardini ricorda che i C?lonna -:- del re­ sto favoriti da un accordo con Cesare Borgia, che era alla ncerca disperata di nuovi alleati183 - ritornarono nelle loro fortezze, «le quali con spesa gran­ de erano state fortificate e ampliate da Alessandro»184. Per combattere i baroni il papa Borgia impegnò abilmente diversi stru­ menti che vanno dalle azioni militari a rimedi più sofisticati. Anche se i conte�poranei criticarono Alessandro VI per aver appro�ittato degli a�1ta­ gonismi antichi nel baronato185, che riattivarono le :ecchi� alleanze c�e�­ telari, non mancarono tentativi sinceri di sedare le discordie fra le fannghe

183 GrncciARDINI, Storia d'Italia cit., II, p. 98; G. B . CARINCI , Lettere di Ono­ ano le noti­ rato Caetani, Roma 1 8932, pp. 197-199 ripmta due lettere che confenn sTOR , Sto­ A P Cfr. . Colonna coi Cesare di ione zie del Guicciardini circa la convenz 326. p. cit., Borgia Les , CLOULAS ; 3 nota 642, p. , III ria dei papi cit., 1 84 GrnccrARDINI, Storia d'Italia cit., II, p. 98 e s . ; cfr. PERINI, Genazzano e suo Rocche territorio cit., p. 105 e - per il caso della fortezza di Nettuno - T. S �ALESE, m Sermoneta e , ) 3 492-150 (I VI ro Alessand di to pontifica e fortificazioni durante il o progetta­ i Caetani cit., pp. 5 85-598, in particolare p. 593. Per il sistema difensiv ro Alessand di dad Herman Santa to da Alessandro VI cfr. il contributo di L AIT, La nd1 Aless egno m� Co al i, pontific territori :o dei � VI: un progetto di controllo militare Borgra di­ papa 1l che Pare 2000). marzo 13-15 , (Perugia Chiesa, della VI e lo Stato parenti e quel­ stinse poco le spese che fece per il bene delle terre consegnate ai suoi sempre con la qui ato �� (termine Chiesa della le in difesa degli interessi dello stato . _ le occupaziO­ per nnhtan spese le Così nti. coincide assai vide dovuta cautela!) che i per pensioni le e ni delle nuove tene dei parenti, le guarnigioni per la loro difesa . evi­ come a) Palestrin di signori dei vecchi proprietari (previste ahneno nel caso da a a�era denziano sopra le note 148 e 1 5 1 - furono maggi�nnent� so�tenut� terr1ton nsul­ nuov1 ne1 propn interessi anche aveva ima quest'ult Che ca. Apostoli vede che Ales­ ta da ASV, Cam. Ap. , Intr. et ex. 533, f. 172v (1 503 giu. 30) dove si (il romano nsium Columne ten·is in arius commiss un sandro VI aveva nominato (Pierpaolo m Ursinoru terris in arius commiss un anche come ni) Norman Mariano Ibid., grascia. la per Roma a de Andreotiis) che coordinavano il trasporto di frumento super arii commiss come pagati risultano ri f. 1 83r-v (1503 ago. 7) questi funziona

� �

frumento.

185 Cfr. SANUTO, l Diarii cit., per esempio II, col. 799 e s . ; GrncciARDINI, Stoun discor­ ria d'Italia cit., I, p. 306. Marcantonio Altieri ricorda i l papa B orgia in ro Alessand e «Success così: romani baroni li principa ai so tenuto nel 1 5 1 1 davanti , vi si ac­ discordie vostre delle o proposit suo qualche per osi dilettand che a questo, a morte, overo cese molto, e molto v'initò l'uno contro l ' altro, per potervi redune ando le Ar­ accomod altro all' et all'uno, denari o ad una estrema calamità prestand Nar ucci,_ rico E da ti pubblica eri, Alti Antonio Marco di nuptiali Li � cfr. _ tiglierie» , dez nonu o ragwnat indzce Introduzione di M. MIGLIO, Appendice documentaria e . XVIII p. 9), a, anastatic ita. di A. MoDIGLIANI, Roma 1995 (RRined

I

COLONNA

385

baronali - speciahnente quando i disordini nel Lazio disturbavano la situa­ zione politica generale. Così nel settembre 1495 quando ad Alessandro in­ teressava che il cardinale Colonna prestasse aiuto al re Ferdinando di Na­ poli contro i francesi, assicurò al prelato che avrebbe pensato lui a frenare Virginio Orsini e i Conti da eventuali attacchi contro i Colonna186. E infat­ ti, nell'ottobre, venne conclusa una tregua fra i Colonna e i Conti che il pa­ pa si affrettò a confeimare e ad estendere alla città di Anagni187. Due altre strategie applicate dal papa nei confronti dei baroni di­ mostrano quanto bene conosceva le carattetistiche del loro ceto rispetto ad altri tipi regionali di nobiltà. Prima: il comportamento del papa nei con­ fronti dei cardinali romani e speciahnente di quelli di estrazione baronale, che abbiamo già indicato, mostra come il papa spagnolo avesse capito che un'anna efficace per ridimensionare il baronato romano era il diniego del cappello cardinalizio. Alessandro VI considerò i benefici ecclesiastici un' arma per garantirsi la buona condotta del cardinale Colonna, invitato del resto - ovviamente per un migliore controllo - a far residencia in corte188. Seconda: il papa Borgia era consapevole che attaccare i Colonna voleva di­ re colpire anche la loro rete clientelare, composta da «subditos vasallos ac consanguineos et ad vestra stipendia militantes ac amicos familiares et ser­ vitores vestros»189. Diversamente da alcuni contemporanei e cronisti Ales­ sandro VI però non usò più, per la fazione dei Colonna, sempre ancora for­ te anche oltre i confini del Lazio, l' appellativo di 'ghibellini' mmai senza più significato concretoi9°.

186 Era stata proprio la paura di una invasione nemica ad aver indotto il cardi­ nale Colonna a trattenersi ancora delle forze militari destinate al re di Napoli: ACol., IIIBB XVI, 48 ( 1495 set. 5). 187 Ibid., XVI, 49 ( 1495 ott. 19). Per lo stesso nesso fra gli aiuti per il Regno e la tregua con i Conti cfr. ibid., XVI, 5 1 (1495 nov. 17). 188 Cfr. una sua minuta per la riconciliazione con i Colonna, databile all'inizio del 1495 in GASCA QUEIRAZZA, Gli scritti autografi cit., p. 17. Per la funzione di­ sciplinante della Cmia Romana intesa come corte cfr. PRODI, Il sovrano pontefice cit., p. 103 e la letteratura citata a nota 105. 189 Così il papa si espresse quando c1iticò i cardinali Colonna e Savelli per aver dato sostegno ai loro parenti ribelli, fautori di Carlo VIII: ACol., III BB VI, 27 (v. nota

23).

190 Sono invece i cronisti contemporanei che amano ancora gli appellativi an­ tichi 'guelfi' e 'ghibellini' (v. per esempio SIGISMONDO DEI CoNTI DA FOLIGNO, Le storie cit., passim). Giustamente S HAW, The Politica! Role cit., pp. 132 e ss. dà mol­ to rilievo a questi legami di clientela che ebbero una eco anche nel Patrimonio di S . Pietro, nella Campagna e i n Umbria e nelle Marche. È però d a considerare che - ahne­ no nel periodo di Alessandro VI - l'importanza dei Colonna per le lotte inteme nei centri fuori dal Lazio fu molto meno rilevante che per gli Orsini che per la loro for-


386

ANDREAS REHBERG

I baroni romani capirono tardi di essere stati strumentalizzati dal papa e da suo figlio Cesare. Fu solo grazie alla mmte imprevista del papa e al ro­ vescio della fortuna di Cesare, che i Colonna e altre famiglie baronali ro­ mane si salvarono191.

i

za numerica coltivarono più contatti nell'Umbria. Per i legami dei Colonna con cen­ tri come Terni, Camerino ed Urbino cfr. ibid., pp. 1 37 e s., 153. Alcuni di essi eb­ bero radici fin dal Trecento: REHBERG, Kirche und Macht cit., pp. 242 e ss., pp. 3 1 7 e ss. 1 9 1 Va segnalato che per i Colonna non ho ancora potuto rintracciare una di­ chiarazione di reintegrazione ufficiale da parte di Giulio n come è stata tramandata per i Caetani. Una nota fuorviante nel manoscritto settecentesco ASV, Arm. XLIX, t. 46, f. 9r e PETRINI, Memorie Prenestine cit., p. 199 (ambedue riferendosi al Lib. 7 Bullm: Jul. II., f. 298) nonché CALVESI, Pugna d'amore cit., p. 267 (con la nota 42) 1inviano a ASV, Reg. Vat. 892, ff. 298r-299r ( 1504 feb. 12) che, però, riguarda il reintegro in possesso di Paolo Margani, un seguace dei Colonna perseguitato da A­ lessandro VI. La causa di questo silenzio va cercato probabilmente negli accordi di Cesare B orgia con i Colonna di Genazzano non tramandati che avevano già stabili­ to il ritorno dei loro beni (v. nota 1 83). Tumultuosamente si svolse il rientro dei fi­ gli di Francesco di Palestrina a Castehmovo per il quale esistono racconti vivacissi­ mi nei verbali di un processo con la Camera Apostolica che venne celebrato negli anni 80 (v. nota 153). È invece del 24 gennaio del 1504 la bolla di Giulio n che di­ chiara nulle e illegali le confische di Alessandro VI nei confronti dei Caetani e per­ ciò ripristina la situazione vigente p1ima del l501: cfr. l' edizione in CAETANI, Rege­ sta Chartarum cit., VI, pp. 23 1 -236.


SOMMARIO TOMO l

Premessa

7

Parole di apettura

9

2000 any dels Bmja Proyectos Valencianos MASSIMO MIGLIO,

Le ragioni di una revisione storica

ALBERTO TENENTI,

11 15 19

Tra due età

El entorno eclesiastico de Alejandro VI. Nota sobre la formaci6n de la clientela polftica borgiana (1429-1503)

27

Alexandre VI et la France d'après les sources con­ temporaines: physionomie d'une relation diplomatique inconciliable

59

PAULINO lRADIEL-JOSÉ Ma CRUSELLES,

PATRICK GILLI,

ALFRED KOHLER,

El sacro Imperio Romano en la época de Maximi77

liano MARIA CoNSIGLIA DE MATTEIS,

mito negativo FRANCESCO SoMAINI,

Alessandro VI: alle origini di un 85

Il cardinale Rodrigo Borgia ed il conclave del 99

1484

Il profilo politico-istituzionale del cardinalato nell'età di Alessandro VI: persistenze e novità

MARCO P ELLEGRINI,

GABRIELLA ArRALDI,

Il ruolo di Alessandro VI nelle scoperte geo-

grafiche

177 217

Lufs ADAO DA FONSECA, Alexandre VI e os descobrimentos por227

tugueses ANNIBALE

ILARI, Il Liber notamm di Giovanni Burcardo

PAOLA PAVAN,

Il comune di Roma al tempo di Alessandro VI

249 323

Alessandro VI e le famiglie romane di antica nobiltà: gli Orsini

331

Alessandro VI e i Colonna: motivazioni e strategie nel conflitto fra il papa Borgia e il baronato romano

345

FRANCA ALLEGREZZA, ANDREAS REHBERG,

TERESA CIRILLO SIRRI,

TOMO Il

Il tempo che a Roma «Hav{a mds putas que

frayles en Venecia»

387


PIERO SCAPECCHI,

Savonarola e la stampa

Le edizioni di Eucario Silber

PAOLA FARENGA,

CoNC ETIA BIANCA,

Le orazioni a stampa

ANNA MoDI GLIANI, Cittadini romani e libri a stampa

MARIA GIULIAAURIGEMMA, Case di fiorentini a Roma nell'ultimo

decennio del '400

ANNA MoDIGLIANI,

dro VI

399 409 441 469 495 521

MAURIZIO GARGANO,

549

La porta santa di Alessandro VI e di Cle­ mente VII e un'opera sconosciuta di Baldassarre Peruzzi a S. P ietro

571

Alessandro VI: il cerimoniale del possesso tratto dai modelli dell'antico trionfo

593

!funerali romani del principe Giovanni e della regina Isabella di Castiglia: rituale politico al servizio della monarchia spagnola

641

CHRISTOPH L. FROMMEL,

ANGELA QUATI ROCCHI,

MANuEL VAQUERO P!NEIRO,

GIOVANNI PESIRI,

Sermoneta: 1499-1503

S TEFANIA TAR QUINI,

Nepi e Civita Castellana

L UISA A URIGEM MA,

Stato delle ricerche sulla toscanizzazione del romanesco tra Quattro e Cinquecento

861

Opere di architettura e scultura per il cardinale Ludovico Podocataro, vescovo di Cipro

873

LORENZO FINOCCHI GHERSI, SABINE FROMMEL,

Giuliano e Antonio da Sangallo

GIOVANNA CASAGRANDE-PAOLA MONACCHIA,

ANNA MORISI G UERRA, FRANCO CARDINI,

Il profetismo al tempo di Alessandro VI

Alessandro VI e la crociata

895

Colomba da Rieti di

fronte ad Alessandro VI

Uso degli spazi pubblici nella Roma di Alessan-

Alessandro VI e l'antico: architettura e opere pubbliche tra magnificentia e liberalitas

Un committente spagnolo nella Roma di Alessandro VI: Bernardino Carvajal

FLAVIA CAN TATORE,

917 961 971

INDICI

979

- delle abbreviazioni

981

- dei nomi

983

- delle fonti manoscritte

1029

- delle figure

1039

657 705 717

ToMoill PAOLA G UERRINI,

La produzione artistica dei conventi amedeiti

737

Il toro dei Borgia: analisi di un simbolo fra tradizione araldica e suggestioni pagane

759

P inturicchio «familiare» della corte borgiana: l'Appartamento di Alessandro VI a Castel Sant'Angelo

781

L'orientalismo e l'idea della pace nella pittura romana dell'epoca di Alessandro VI

803

MARINA MON TESANO, ANNA CAVALLARO,

SABINE P OESCHEL,

SARA MAGISTER, La

scultura funeraria a Roma, 1492-1503: chiavi di lettura e proposte per un cantiere di studi

821

Il "cielo" di Raffaellino del Garbo alla Minerva: artisti toscani e decorazioni all'antica nella Roma di fine Quattrocento 837

ENRico PARLATO,

Durante i lavori del Convegno sono state presentate anche le relazioni: Alessandro VI e Savonarola; LAURA FORTINI, Per un censimento della produzione a stampa da Alessandro VI a Giulio II; Guy LE THIEc, Il papa, il re, l'ostaggio: nuove idee su un progetto di crociata di Carlo VIII; DOMENICO MAFFEI, Alessandro VI giurista?; CLAUDIO S TRI­ NATI, Il giubileo e l'attività del Pinturicchio, che non è stato possibile ac­ quisire agli Atti.

ROMEO DE MAIO,


TERESA CIRILLO SIRRI

Il tempo che a Roma «hav(a mds p utas que jrayles en Venecia» La frase elevata a titolo di questa comunicazione propone, in fanna i­ castica e colorita, una immagine della Roma licenziosa tra la fine del Quat­ trocento e i primi anni del Cinquecento, quando la città, considerata senti­ na di tutti i vizi, brulicava di meretrici. L'espressione che accantona ogni

pruderie lessicale, non si risolve solo nella percezione di una crisi diffusa, nella cruda constatazione degli eccessi e della corruzione che diedero lo spunto a polemiche richieste di una riforma, ma fa avvertire anche il peso di una incalzante dismisura, di una anomalia che contribuisce ai guasti e al degrado morale della Città Eterna che dovrebbe essere «cabeza de santi­ dad», e che invece è civitas meretrix, che una volta era caput e ora è coda mundi, come aveva già notato Boccaccio e come ripeterà l'Aretino nella Cortigiana. Il tempo «cuando Roma triunfava, que havia mas putas que frayles en Venecia, y fil6sophos en Grecia, y médicos en Florencia, y cinigicos en Françia y maravedis en Espafia, ni estufas en Alemafia, ni tyranos en Italia, ni soldados en Campana»

è il tempo di Alessandro VI e la battuta, che ha il è detta

ritmo sentenzioso e il sapore realistico di una filastrocca popolare,

con nostalgica irriverenza da uno dei centoventicinque personaggi che ani­ mano il Retrato de la Lozana andalusa1, una vivace e spregiudicata narra­ zione dialogata composta da Francisco Delicado, un prete spagnolo emi­ grato in Italia alla fine del Quattrocento e diventato vicario della chiesa ro­ mana di Santa Maria in Posterula, nel nucleo antico della città. L'opera di Delicado mette in scena, sullo sfondo di una Roma-Babilo­ nia, il cursus honorum, la carriera libertina di un'attraente donna andalusa,

1 RETRATO DE! la Loçana: andaluza: en lengua espafiola: !muy clarissima. Compuesto en Roma. /El qual Ren·ato demuestra lo que en Ro!ma passaua y con­ tiene munchas mas !cosas que la Celestina. Mancano le indicazioni di autore, luo­ go e data di edizione. Dell'opera è rimasto un solo esemplare della princeps ritro­ vato nei fondi della Biblioteca Imperiale di Vienna verso la metà dell'Ottocento; nel l 857 lo studioso Pascual de Gayangos ha potuto attribuire con certezza la patemità del Ren·ato al sacerdote Francisco Delicado che lo diede alle stampe a Venezia in­ torno al 1 530. Cfr. ora: F. DELICADO, Retrato de la Loçana Andaluza, ediz. critica di B.M. DAMIANI-G. ALLEGRA, Madrid 1 975 da cui cito; trad. it.: F. DELICADO, Rin·at­ to della Lozana Andalusa, a cura di T. CIRILLO SIRRI, Roma 1998. La frase assunta a titolo si trova nel manwn·eto (capitolo) XXVIII del Retrato.


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TERESA CIRILLO SIRRI

la procace Lozana che, approdata nella città dei papi, diventa scaltra mae­ stra nel gioco degli adescamenti, degli amori venali e della ruffianeria, met­ tendo a frutto la sua esperienza di navigata cortigiana acquistata negli anni della prima gioventù trascorsa nei grandi empori d'Europa e d'Oriente, sot­ to la guida di un sagace protettore. Nel nanare le avventure romane di Lozana, Francisco Delicado, croni­ sta e testimone dei fatti, entra anche lui in scena e si fa personaggio tra i personaggi nel ruolo trasgressivo e ambiguamente autobiografico di un ec­ clesiastico afflitto dal mal francese e cliente, oltre che amico, confidente e interlocutore, della attraente andalusa alla quale, col passare del tempo ven­ gono attribuiti nomi diversi: da bambina, precoce e maliziosa, si chiama Al­ danza, nel periodo delle sue prime esperienze mondane in giro per il mon­ do e, più tardi, a Roma è conosciuta col soprannome di Lozana (nel senso di donna fiorente, in omaggio alla sua procace avvenenza); in vecchiaia il nome muterà in Vellida a testimonianza dell'ultimo mutamento del volto di­ venuto rugoso e col mento cosparso di peli. *

*

*

li mondo rappresentato da Delicado non è quello delle raffinate corti­

giane che vivono nel fasto della Roma rinascimentale. Nel Ren·ato c'è qual­ che accenno a rinomate peccatrici di lusso, capricciose e raffinate meretri­ ci di alto rango arniche di nobili e di prelati, come l'italiana Chiarina o la spagnola Garza Montesina, ma certamente la Lozana e le sue consorelle hanno ben poco da spartire con Veronica Franco o con Tullia d'Aragona. In realtà, l'esperienza personale, maturata nel lungo soggiorno romano da Delicado, porta all'accumulo di ricordi, spunti e variazioni, un materiale

basso che nella scrittura si risolve, di fatto, in una serie di quadri triviali, in

un susseguirsi di situazioni narrative condotte al limite dell'esasperazione grottesca e maliziosa. Nel suo racconto Delicado chiama in causa personag­ gi reali, si serve di brandelli di vita vissuta fra nuclei sociali emarginati, in una società dell'intrigo e del torbido profitto, si vanta di narrare cose viste e dette «en realidad de verdad»; il proposito realistico induce l'autore a deli­ neare senza veli e senza infingimenti un significativo spaccato di vita roma­ na, così ricco di pittoresco verismo da consentirgli di proclamare, fin dal frontespizio del libro, che il ritratto della Lozana andalusa «demuestra lo que

en Roma passaua y contiene munchas mas cosas que la Celestina»2.

2 La Celestina o Tragicomedia de Calisto y Melibea, pubblicata anonima a Burgos nel 1499 e attribuita a Fernando de Rojas, pone al centro dell' azione la straordinatia figura di una vecchia prostituta, furba mffiana ed esperta manipolatri­ ce di filtri e pozioni.

IL TEMPO CHE A ROMA «HAVIA MÀS PUTAS QUE FRAYLES EN VENECIA» 389

La nanazione di Delicado si distingue non tanto per l'argomento scabro­ so che spesso ricorr-e nella letteratura goliardica e d'intrattenirnento e nella produzione libellistica sui costumi delle cmtigiane dell'epoca, quanto per la compiaciuta e complice rninuziosità con cui vengono mostrati, attraverso l'e­ spressività della struttura dialogica e dell'incessante fluire del parlato plurilin­ gue, aspetti del galateo della seduzione e del meretricio esercitato a Roma. Gli splendori e le miserie della vita delle prostitute nell'alma ciudad sono osser­ vati con disincanto da Delicado che, giunto a Roma all'epoca di Alessandro

VI,

è costretto a rifugiarsi a Venezia subito dopo il castigo luterano del

1527.

La rappresentazione di Roma messa in scena da questo prete 'forestie­ ro', si svolge con modalità realistiche percorse da un ambiguo intento mo­ raleggiante rivelato e, allo stesso tempo contraddetto, dal ghigno ironico, dall'efficacia oscena della parola travestita, dal ricorso ai detti sentenziosi che accentuano il gioco della maschera e il volto.

In realtà l'oscuro vicario di Santa Maria in Posterula usa il potere derniur­

gico dell'ironia per scandagliare a fondo la conuzione romana, accordandosi in controcanto con la denunzia degli esaltati fustigatori di costumi e degli alluci­ nati profeti di sventure che in quegli anni predicavano nelle piazze.

In tal mo­

do Delicado continua in forma beffarda una tradizione letteraria che, in Italia, aveva origine dalla asprezza dell'accigliata indignazione dantesca, dalla mora­ le sonidente del Decamerone, dalla libertà espressiva dei dialoghi dell'Aretino. La figura della cortigiana di basso rango che esercita il mestiere nella Roma putana dell'epoca dei Borgia, è eletta, da Delicado, tra gli elementi emblematici della città erede della antica grandezza imperiale e patria

comLtn dei cattolici: per sottolineare questa particolare connotazione della vita romana del proprio tempo, lo scrittore non resiste alla tentazione di in­ serire un topico palindromo tra i molti giochi verbali che fioriscono nelle pagine del Retrato: voltando las letras, dice Roma, amor. Una conferma della diffusione dell'amore mercenario, e della grande ca­ lata delle prostitute a Roma durante il papato di Alessandro

VI,

proviene an­

che dalle pagine dell'anonimo Ragionamento del Zappino. Invece, la rievo­ cazione di quel tempo Francisco Delicado l'affida, nel suo racconto, a uno spregiudicato personaggio, al disincantato maggiordomo di un monsignore romano. Navigato uomo di mondo, gaudente e scettico quanto basta, il mag­ giordomo ricorda con nostalgia l'epoca del papa spagnolo tessendo l'elogio di una rinomata cmtigiana che furoreggiava nella Roma dei Borgia; in vec­ chiaia, persa ogni attrattiva, la famosa putana aveva seguito le orme della Ce­ lestina diventando fattucchiera e medicona, abile nell'uso dei cosmetici e in­ superabile nell'arte di ridonare alle ragazze la verginità perduta. Imitando questa cani era esemplare, nella Roma meretrix e concubina de las forasteros, anche la giovane Lozana, florida e attraente nonostante il mal francese che le ha deturpato il volto, diventa un'attiva protagonista del­ la vita galante romana; col passare degli anni, poi, mette da parte il piacere


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TERESA CIRILLO SIRRI

come valore assoluto diventando un' avida e venale megera, una sordida mezzana attorno alla quale aleggiano i vapori vagamente sulfurei esalati dalla sua frenetica attività. Infatti, a gara con ebree, more, zingare, greche e siciliane, la Lozana invecchiata riesce a sopravvivere esibendo una sua straordinaria enciclopedia di saperi popolari, di nozioni di medicina, di co­ smetica e di farmacopea. Alle cortigiane cura il 'mal di madre' , ai monsi­ gnori che non osservano il voto di castità ridona vigore e lenisce le ulcere della sifilide. Esperta di arti magiche e celestinescas, la Lozana imbroglia le credulone borbottando parole in una lingua incomprensibile che fa colpo sulle ingenue clienti, si esibisce come indovina spargendo a terra il piombo fuso o scrutando una chiara d'uovo gettata in un vaso da notte, si cimenta nella pratica di adobar novias ricostituendo la verginità perduta dalle ra­ gazze da marito, si distingue nell' arte di depilare il viso e il corpo, di cura­ re i capelli, di applicare lisci, unguenti e belletti, di nascondere le imperfe­ zioni della pelle con ricette segrete sperimentate in Spagna e in Oriente. N eli' alma ciudad vista da Delicado, gli abitanti sono personificazioni di vita quotidiana degradata, espressioni di un mondo che vive di traffici e di raggiri che fanno intuire, a un livello più alto e generalizzato, il luogo co­ mune apocalittico che rende Roma sede della cmruzione e centro di vio­ lente contraddizioni nell'assetto civile e religioso, mali che si manifestano con virulenza ali' epoca dei Borgia. È questa l' aria che si respira a Roma dove, sullo sfondo della tradizio­ nale immoralità curiale, trionfano nefandezze, lussuria, corruzione. Nei bassi livelli sociali, nel mondo dei ruffiani, dei ladri, dei lestofan­ ti e delle donne di piacere, il peccato diventa veniale trasformandosi nel volgare raggiro, nell' astuto sfruttamento delle occasioni afferrate al volo giorno per giorno. I personaggi di Delicado si muovono, indolenti o indaf� farati per i loro traffici tra il Pantheon e la Zecca, il sepolcro di Lucrezia ro­ mana e l' obelisco di Romolo e Remo, il Settizonio e la Colonna di Marco Aurelio; s'intrattengono nelle Stufe, i bagni pubblici che spesso offrono piaceri trasgressivi; giocano d' azzardo nelle Barater(as; vanno in gita nel­ le vigne fuoriporta; fanno la spesa tra i banchi che a Piazza Navona espon­ gono dolciumi, selvaggina e invitanti mucchi di frutta e verdura, si aggira­ no tra cavadenti, ciarlatani, salti mbanchi, profeti e predicatori che affollano Campo de' Fiori. O gni famiglia o consorteria ha una sua collocazione nella topografia cittadina: i mercanti combinano affari nel ghetto e nella via dei Banchi; le camiciaie spagnole, ebree convertite, lavorano e spettegolano nel quartiere di Pozzo Bianco, vicino al ghetto; la Lozana e le sue consorelle abitano in viaAsinaria; la famiglia napoletana di Rampfn, il giovane prestante che di­ venta il servo-amante della Lozana, in via Calabrache. A Roma le prostitute si dmmo appuntamento a ponte Sisto, alcune di lo­ ro, giovani e vecchie, passeggiano a gruppi, velate e sculettanti, seguite da

�TEMPO CHE A ROMA «HAvfA MÀS PUTAS QUE FRAYLES EN VENECIA»

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uno sciame di cmteggiatori, altre adescano in via dell 'Orso occhieggiando dalle finestre velate da gelosie e da impannate; tutte pagano un tributo al ca­ pitano di Tor Savella, impinguano le casse papali coll'imposta sul meretri­ cio ricordata nel Candelaio da Giordano Bruno3, e devono difendersi dai ruf­ fiani avidi come lo Zoppino. Le cmtigiane partecipano volentieri alla vita sociale: quando si battezza un bambino fanno un regalo intervenendo nella cerimonia della 'lavanda dei compari' ; assistono tutte in ghingheri alle funzioni religiose, tranne alla Via Crucis a loro proibita con un editto; sono invitate a feste e a scampagnate; so­ no amiche affettuose e benevole di cantanti effeminati come l'imbellettato Settefichette, ma conoscono anche i ladroni che infestano il bosco di Bacca­ no4; nessuna di loro resiste alla tentazione di farsi chiamm·e con nomi fanta­ siosi e altisonanti5 e le meno furbe o le più sfortunate sono soggette al tre­ mendo oltraggio dello stupro collettivo del trentuno; quasi tutte sperperano quel che guadagnano e, da vecchie, spesso si riducono al mestiere di lavan­ daia o di mezzana; quando la sifilide non lascia loro scampo, vengono porta­ te su una carretta all'Ospedale di San Giacomo o degli h1curabili, un ospeda­ le dove è stato ricoverato anche Delicado, il curato spregiudicato che si divi3 «come in Napoli, Roma e Venezia, che di tutte sorte di nobilità son fonte e specchio al mondo tuto, non solamente son permesse le puttane, o corteggiane co­ me vogliam dire [ . . . ]. In Roma, perché erano disperse, nell' anno 1 569 Sua Santità ordinò che tutte si riducessero in uno, sotto pena della fmsta, e li destinò una con­ trada determinata [ . . . ] il che fece non già per vedere il conto suo circa quel che ap­ partiene alla gabella». (G. BRUNO, Candelaio, a cura di V. SPAMPANATO, B ari 1 923 , V, 1 8) . 4 B artolomé d e Torres Nahano, vissuto a Roma nei primi anni del Cinquecen­ to e poi, a partire dal 1 5 1 7 , a Napoli dove fa stampare la sua raccolta di opere poe­ tiche e teatrali, La Propalladia, dedicata al Marchese di Pescara, accenna alla bmt­ ta fama del bosco di B accano, covo di malfattori; nell'Introito y argumento della Comedia Tinelaria, riferendosi scherzosamente al futuro papa Clemente VII, scrive: «Prestamente,/por ser su fama excelente,/ fue Cardenal de San Iano,/ y llamado vul­ gannente/ el Cardenal de Bacano». Nel la Cortigiana dell' Aretino, (Teatro, a cura di G. PETROCCID, Milano 1 97 1 ) , il Forestiere affenna nel Prologo: «Può far Damene­ dio che i poeti ci diluvino come i luterani? Se la selva di Baccano fosse tutta di lau­ ri, non basterebbe per coronare i crocifissori del Petrarca, i quali gli fan dire cose con i lor comenti, che non gliene fariano confessare dieci tratti di corda». li bosco è ricordato nelle Sei Giornate e nelle Carte parlanti sempre dell'Aretino. Gli itine­ rari romani percorsi dai protagonisti nelle opere di Delicado, di Tones Nahano e dell'Aretino e nel Persiles y Sigismunda di Cervantes, spesso coincidono. 5 Cfr. l ' elenco in PIETRO ARETINO, Sei Giornate, a cura di G. AQUILECCIDA, B ari 1 969, p. 120: «Ora si fanno chiamare Giulia, ora Laura, ora Lucrezia, ora Cassandra».


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IL TEMPO CHE A ROMA

de tra altari e lupanari e che, dopo aver sopportato per molti mmi i dolori del mal francese, sarà felice di poter compilare, per l' altrui sollievo, il Modo de adoperare el legno de India occidentale, un trattatello, scritto in italiano, sul­ l'infuso di legno di Guayaco, un rimedio importato dall'America che l'ha fi­ nalmente guarito e che per un certo tempo ha avuto una notevole diffusione. S e nel racconto di Delicado la topografia cittadina è riprodotta con mi­ nuzia degna di un Baedeker, molti particolari descrittivi consentono di ri­ costruire anche gli ambienti dove si svolge la vita domestica dei popolani nella Roma di quel tempo; inoltre l'unica copia che ci rimane della prin­ ceps del Retrato presenta, in una delle varie xilografie che l'adornano, una scena d'interno6, la casa della Lozana. L'illustrazione mostra la padrona di casa, dalle forme giunoniche e con la fronte e il naso deturpati dal mal fran­ cese, seduta al centro di una stanza, intenta a depilare le sopracciglia della cortigiana italiana Clm·ina che, inginocchiata, si specchia controllando l'o­ perazione; altre due clienti aspettano il loro turno ascoltando una amica che legge ad alta voce un libro; in questa atmosfera operosa da laboratorio co­ smetico, s'inseriscono una coppia di amanti che s'intrattiene in un letto dal ricco baldacchino e la duplice rappresentazione di Ramp!n che armeggia con un mortaio e un pestello (arnese che maliziosamente adombra il vigo­ re sessuale), tutto intento alla preparazione di intrugli depilatori a base di vetro pestato7. In primo piano, pendono dal soffitto alcuni melograni, forse allusivi emblemi erotici che ammiccano tra i numerosi attrezzi del mestie­ re della Lozana. Il censimento della città di Roma del 1 5268, che annota anche nazio-

nalità e attività delle cmtigiane, trova un riscontro in un lungo e scherzoso catalogo snocciolato da un amico di Lozana. Dopo un incontro amoroso con l ' eroina del Retrato, il cliente, esperto conoscitore del mondo della pro­ stituzione, offre preziose informazioni alla Lozana che è da poco anivata a Roma. Egli afferma che nella città dei papi esercitano il mestiere una gran quantità di cortigiane (l'anonimo autore spagnolo del Viaje de Turqu(a, scritto verso la metà del Cinquecento, assicura che sono tredicirnila a paga­ re il tributo al papa, e a grandi numeri alludono anche Marin Sanudo, In­ fessura o Buchell). Ci sono meretrici che provengono da tutte le parti, con una settantina di 'specializzazioni' : alcune esercitano in casa e adescano mostrandosi alla finestra, o lavorano nei retrobottega, al lume di candela; altre si recano nelle piazze dove si allestiscono mercati e fiere, si mettono al riparo nei fossati lungo le strade, cercano clienti nei quadrivi o nelle ca­ se di piacere. Insomma, la Roma conotta e gaudente degli inizi del Cin­ quecento è diventata, secondo la voce popolare, «triunfo de grandes sefio­ res, parayso de putanas, purgatorio de j6venes, ynfierno de todos, fatiga de bestias, engafio de pobres, peçiguer{a de bellacos»9• A giudizio della Lozana, le puttane migliori sono quelle spagnole che an-ivano a Roma dopo aver attraversato il Golfo del Le(n)one. In realtà, dalla penisola iberica non an-ivano solo puttane: dopo aver popolato la corte di Napoli al tempo di Alfonso d'Aragona, gli spagnoli giungono in massa a Roma, al seguito dei Borgia, trapiantando nella città lingua, usi e costumi. Nel Retrato questo microcosmo urbano alloglotto è rappresentato da una affollata galleria di personaggi plebei in cui il misti­ linguismo acquista uno spessore teatrale. L'aspetto composito della pittore­ sca comunità degli stranieri stanziati a Roma si ritrova rappresentata nei dialoghi plurilingui che compongono parte del fitto tessuto dell'opera di Delicado. Parlano italiano cortigiane e fruttivendoli, custodi dei bagni pub­ blici, sbini e soldati; l'uso dello spagnolo e del catalano aggiunge vivacità a uno scambio di improperi tra Lozana e una donna di Maiorca e l' espres­ siva crudezza delle battute lascia indovinare i gesti volgari delle due donne durante l 'alterco10; in genere, i dialoghi che s 'intrecciano tra italiani, spa­ gnoli, portoghesi ed ebrei rappresentano una ghiotta occasione p er equivo­ ci e quiproquo in cui si concentra lavis comica generata dal dinamismo del­ le distonie verbali.

6 Le illustrazioni, a volte criptiche o ambigue, della princeps del Retrato della Loçana andalusa sono descritte e interpretate in F. UGOLINI, Nuovi dati intorno al­ la �iografia di Francisco Delicado desunti da una sua sconosciuta operetta, «An­ nali della Facoltà di Lettere e Filosofia, Università degli S tudi di Perugia» , 12

(1974-1975), pp. 443-616.

7 Questa ricetta è rivelata da Lozana a una zia di Rampin:

«Lozana i, Y de qué se haçe este pegot� o pellejador? T{a i, De qué? De trementina y de pez greca, y de çalcina virgen, y çera. Lozana Aquf do me lo posistes se me a hinchado y es cosa suzia. Mejor se haze

con vid�o sotil y �uy delgado, que lleva el vello y haçe mejor cara. Y lnego un po­ co de olio de pep1tas de calabaza y agna de fior de habas a la veneciana, que haze una cara muy linda» . (Rett·ato cit., cap. XIV). 8 Cfr. L. ARMELLINI, Un censimento della città di Roma sotto il pontificato di Leone X, in Gli studi in Italia, Roma 1882; D. GNoLI, La Lozana Andaluza e le cor­ tigiane nella Roma di Leone X, in La Roma di Leone X, Roma 1938; A. ROMANO, Marginali: prostituzione e letteratura, in Taverne locande e stufe a Roma nel Rina­ scimento, Roma 1999 (RRinedita. saggi, 23), pp. 110-124.

«HAviA MAS PUTAS QUE FRAYLES EN VENECIA» 393

9 Rett·ato cit., cap. XV.

10 «Sogorbesa Aquexa dona i, hon te ha tengut tot vuy? Lozana Yo, sefiora, agora lo vi, y le rrogaron unas sefioras que me ensefiase aquf 1:

junto a una casa. Sogorbesa Anau al burdell, i laxau estar mon fili. Lozana, Id vos, y besaldo donde sabéys», Rett·ato cit., cap. X.


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CIRILLO SIRRI

n segno di un'identità specificamente municipale caratterizza i napolita­ nos che nel testo parlano spagnolo con intarsi in italiano e vaghe coloriture par­

tenopee. Insieme a un gioviale ambasciatore napoletano, 'sciupafemmine' e generoso uomo di mondo, la meglio rifinita delle figurine partenopee è la ma­ dre di Ramp:fn, una 'buona donna' astuta, aggressiva, chiacchierona, che a Poz­ zo Bianco, quarti'ere di ebrei e di ruffiani, sbarca il lunario preparando belletti, unguenti, creme depilatorie. Bartolomé de Torres Naharro, letterato vissuto a Roma al servizio del cardinale Carvajal, ha denunziato anch' egli con sarcasmo la corruzione del­ la Curia e ha mostrato al vivo l'aspetto della Roma cosmopolita nei primi anni del Cinquecento con la Comedia Tinellaria11; anche Torres NahatTO ri­ produce dal vero le parlate di servi e scudieri, ladri, rissosi e sboccati l 2, pro­ venienti da varie nazioni, riuniti nel tinello di un palazzo cardinalizio. Nel­ la corte papale che, alla vigilia delle Tesi luterane e della diffusione del pen­ siero di Erasmo, è divenuta «purgatorio de bondad, infierno di caridad, pa­ rafso di lujuria»13, erano spagnoli molti cardinali e cmtigiani, i favoriti di Cesare Borgia e perfino 'il boia, don Michelotto>I4. Ancora Torres Naharro con la Comedia Soldadesca pmta in scena gli alterchi mistilingui e gli equivoci verbali che sorgono tra alcuni contadini dell' agro romano e un gruppo di militari spagnoli affamati, i bisofios15 che

11 Cfr. Propalladia and Other Works ofB. de Torres Naharro, edited by J. E. GILLET, II, Pennsylvania University Press 1943, pp. 187-268. 12 In un alterco a più voci tra servi italiani, portoghesi, tedeschi, spagnoli e ba­ schi volano improperi e bestemmie: «Fabio L'ha dito al Maestro di stalla l que tu li robasti il feno. Francisco Dios no pese si no hago que me bese l hablando con reverencia Fabio Ecco là il portogalese l ch'egli era anchor in presencia. Portugués Nau sei nada. la Ile dera hua pancada l que jYOto ao corpo de Deus! 1 Mais teueren-me da espada aquelas porcos iudeus . . . Tudesco Ego non l jper Deum! Francisco l,Habhiis a6n? Portugués jFi de caun!» (Tinellaria, II, vv. 28-42). 13 Cfr. Propalladia and Other Works cit., I, p. 163. 14 A. FARINELLI, Italia e Spagna, II, Torino 1929, p. 81; B. CROCE, La Spagna nella vita italiana durante la Rinascenza, B ari 19494, p. 163, ricorda che a Roma, nel gennaio del 1513 fu recitata una farsa di Juan del Encina e allo spettacolo, co­ me scriveva l' agente del duca di Mantova, assistevano più donne pubbliche spa­ gnole che uomini italiani. 15 La parola bisoiio usata per primo da Torres Naharro, indica il coscritto spa­ gnolo inesperto e affamato che, in un italiano stentato, ripete: «Daca bisofio, mado­ na», «ho bisogno, dammi qualcosa da mangiare, madonna».

IL TEMPO

CHE A ROMA «HAVIA MAs PUTAS QUE FRAYLES EN VENECIA» 395

fanno razzia nelle campagne; questi soldati rimpiangono il tempo di Ales­ sandro VI e «el padre de los soldados,/ el buen duque Valentino», ossia l'ambizioso Cesare Borgia venerato dalla truppa p er la sua generosità. Al contrario, la Lozana esprime una opinione diffusa quando, rimproverando un amico approfittatore, gli ricorda che ormai da un bel po' di tempo è mor­ to il duca Valentino che manteneva un esercito di oziosi e di vagabondi16. Nella 'Roma Babilonia' dove si mescolano razze e lingue, sono molti gli spagnoli e, fra questi, si distingue una colonia giudeo-spagnola che s'infoltisce dopo la cacciata degli ebrei dalla Spagna, nel 1492, voluta dai Re Cattolici. Del resto anche per Delicado e per i due protagonisti del suo libro, Lozana e Rampfn, si adombra il dubbio di una ascendenza ebraica. I giudei di Roma formano una comunità chiusa, che mantiene lingua, costumi e religione: nel ghetto, la vigilia del sabato, p er le strade si spande l'odore dell'adafina, la pietanza tradizionale cotta in una pentola di coccio sul fornello a carbone; la Lozana annusando golosamente gli effluvi di que­ sto cibo, forse per finta ingenuità o per (in)volontario umorismo, lo scam­ bia per porchetta arrosto, una carne rifiutata dagli ebrei. Del resto, dall'i­ ninterrotto fluire della parlantina della Lozana, spesso affiora il ricordo di cibi e di bevande; tra i manicaretti che lei si vanta di saper preparare da cuo­ ca rifinita, vi sono anche alcuni piatti a base di melenzane, un ortaggio mol­ to usato nella cucina ebraica. Nel suo primo giro per la città, guidata da Rampfn che conta molti ami­ ci nel quartiere ebreo, Lozana si rende conto che vi sono una decina di sina­ goghe, una per ogni comunità nazionale rappresentata a Roma. Secondo Rampfn, gli ebrei più dotti sono quelli spagnoli (e in effetti appartengono a questo gruppo alcuni illustri letterati come Yehudah Habrabanel, il Leone E­ breo autore dei Dialoghi d'amore pubblicati a Roma nel 1 535); quelli meno osservanti sono i romani che avevano tentato di opporsi alla venuta dei con­ fratelli spagnoli offrendo ad Alessandro VI una ricompensa di mille ducati d'oro: il papa aveva respinto la richiesta, aveva inflitto agli ebrei romani una forte multa e li aveva obbligati a ospitare i profughi spagnoli. n proverbiale affarismo ebreo si compendia nella figurina, splendidamente tratteggiata in poche battute, del rivendugliolo Trigo, un abile maneggione esentato dal por­ tare il contrassegno rosso obbligatorio per gli ebrei e capace di trasfmmare la «paja en oro»; Trigo, intuendo le doti di Lozana, la riveste a nuovo e, come spesso si usava, affitta per lei una casa per darle modo di cominciare a eser­ citare il mestiere. Il mondo romano frequentato da Lozana, popolato da frati, monsigno­ ri, servi, soldati, trafficanti, mezzane, usurai e prostitute di varie naziona-

16 Retrato cit., cap. LII.


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lità viene scrutato senza remare da un naiTatore che rivendica il rispetto do­ cumentario della contraddittoria realtà del mondo che frequenta e spia con maliziosa curiosità. In questo microcosmo minuziosamente descritto arri­ vano solo gli echi della grandezza lussuriosa degli alti ecclesiastici. Ma an­ che se nella narrazione ricolTe di tanto in tanto la premonizione del Sacco imperiale, interpretato come castigo divino, le incerte tentazioni di fustiga­ tore dei costumi espresse da Delicado sono platealmente contraddette dal­ la sua vena Iudica. L'osservazione di Delicado rimane sempre improntata a una morale antifrastica, prende il valore di un exemplum di forma elusiva ed ironica, in una fabula in cui vengano maliziosamente ribaltati il buon senso e il sano ammaestramento della morale conclusiva. Usando il paradosso come forma di approccio critico alla verità, Deli­ cado conclude che il tempo migliore, per Roma, è stato quello della gran­ dezza immorale dei B orgia, era il tempo in cui Roma trionfava proprio per­ ché nella città degli eccessi vivevano e prosperavano più puttane17 di quan­ ti frati ci fossero a Venezia, filosofi in Grecia e medici a Firenze. . . .

17 Cfr. l'anonimo Ragionamento del Zappino fatto frate e Ludovico puttaniere, dove contiensi la vita e genealogia di tutte le cortigiane di Roma (attribuito a F. De­ Iicado), a cura di M. CICOGNANI, Milano 1969, p. 47: «E venendo poi a Roma al

tempo d'Alessandro furono spinte e allassate. Né le due sorelle vicentine dal bor­ dello, dove alla maggiore fu segnato il volto, accioché dalla minor sua sorella, a cui somiglia assai, sia conosciuta».

Fig. 1 . Wien, Biblioteca Imperiale, La Lozana nel suo laboratorio. _


PIERO SCAPECCHI Savonarola e la stampa

Premessa necessaria a queste riflessioni è la convinzione che lo studio della storia della tipografia nel XV secolo si debba organizzare in base ad un principio di evoluzione progressiva. Il periodo in esame (1495- 1500) è già molto lontano dalla data dell'introduzione della stampa in Italia: l'or­ ganizzazione del lavoro in officina è divenuta specialistica, anche la diffu­ sione degli esemplari raggiunge un livello elevato in rappmto ai limiti insi­ ti nella produzione, che sono tecnici (impossibilità di produrre oltre un cer­ to numero di copie), e mercantili, determinati questi ultimi dalla necessità di un ritorno economico veloce, con la vendita, degli investimenti di capi­ tale effettuati. ISTC1 registra oltre 230 edizioni comprendenti nel titolo la voce ora­ tio, depurate di quelle che non riguardano il nostro specifico argomento; ad esse si devono aggiungere quelle relative al Savonarola, ai suoi amici e se­ guaci e ai suoi avversari (solo le edizioni di sue opere prodotte a Firenze nel XV secolo e conservatesi sono oltre 1 10). Il giro d'affari era imponente, soprattutto se si considera che, per le edi­ zioni di poche carte - e aggiungerei per il Savonarola -, patte della produ­ zione è perduta. Molti dati, me1itevoli di studio per la diffusione e l 'uso, po­ tranno venirci dagli esemplari conservati (soprattutto dall'esame dei grandi cataloghi come quello della British Library, della Bibliothèque Nationale de France, della Biblioteca Apostolica Vaticana o, per il Savonarola, dallo stes­ so catalogo della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze). Mentre a Firenze predomina nella produzione Bartolomeo de' Libri, a Roma, per questo genere editoriale, prevalgono Stephan Plannck, Eucarius Silber e Andrea Freitag2; inoltre, se nella prima città è comune far ricorso a compagnie tipografiche, nella seconda pare che questo non si verifichi. Ma anche a Roma, come a Firenze, la prevalenza delle edizioni nel periodo 14951550, desunta (con uno spoglio non esaustivo) dai dati offerti da ISTC, di-

1 Cfr. Illustrateci Incunable Short-Title Catalogue, Generai Editor M. DAVIES, Reading, Primary Source Media Ltd.- The British Library 1996. 2 Ottimi spunti sono presenti a questo proposito nello studio di M.G. BLASIO,

Cum gratia et privilegio. Programmi editoriali e politica pontificia. Roma 14871527, Roma 1988 (RRinedita, 2).


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mostra che la produzione è nella massima parte rivolta a testi legati alla Cu­ ria e alla sua attività; testi dunque richiesti e di facile collocamento sul mer­ cato: ad esempio 95 edizioni nel 1495, da cui si devono escludere le opere del Campano, del Cantalicio e un'edizione di Pietro Candido Decembrio; nel 1496 34, nel 1497 28; nel 1498 31 , con l'esclusione delle opere di Annio da Viterbo; nel1499 38 edizioni; mentre per il 1 500 ISTC dà 259 edizioni, ma tale numero deve essere depurato da quelle edizioni sine notis che vengono raggruppate in questo anno pur essendo collocabili nel decennio precedente e successivo; solo 20 hanno data espressa e 17 di esse sono Mirabilia, pro­ babilmente edite in relazione all'anno giubilare. Questo genere di produzione fu molto ricercato perchè: l - innanzitutto essa sostituiva, per i chierici in cura animarwn- come notò Alhaique PettinellP -, ' i manuali di predicazione' molto in voga oltralpe; 2 - era sostenuta a Roma dalla presenza della curia e dalla necessità di diffondere sia orazioni di genere politico che prediche legate alla liturgia e al culto; 3 - non era estranea alla volontà di raccogliere e collezionare in miscella­ nea\ (volontà che vale anche per la produzione savonaroliana); 4 - le spese di edizione erano anticipate molto probabilmente dagli stessi autori, eliminando così il rischio degli investimenti, determinante per i ti­ pografi nella produzione dei primi anni (è da aggiungere che la tecnica di imposizione e di stampa facilitava il lavoro dei tipografi e permetteva di e­ conomizzare sulla carta, sui tempi di impressione e sulle fasi successive). Dunque la produzione romana e fiorentina (con l'eccezione delle edi­ zioni greche) risponde agli stessi interessi e requisiti, a differenza di quella veneziana che mantiene la spinta iniziale determinata dal rifornire i mel-ca­ ti del nord Europa, che richiedevano ed assorbivano altro genere di opere. li caso Savonarola non provocò crescita nella produzione romana e l'e­ pisodio fiorentino rimase di fatto estraneo al mondo della tipografia romana. Solo due sono le edizioni relative al caso (evidentemente entrambe antisavo­ naroliane): nel 1497 Girolamo Porcari, Dialogus Tusc.i et Remi adversum Sa­ vonarolam, Roma [Eucharius Silber, dopo il 2 VII 1497] IGI 803, nel 1498 3 Elementi culturali e fattori socio-economici della produzione libraria a Ro­ ma nel '400, in Letteratura e critica. Studi in onore di Natalino Sapegno, III, Roma 1 979, pp. 1 0 1- 143. 4 M. MIGLIO, Di un incunabolo conservato e di altri sparsi per il mondo: l'af­ fetto fraterno e il dono di una raccolta di m·azioni, in L'umana compagnia. Studi in onore di Gennaro S avarese, a cura di R. ALHAIQUE PETTINELLI, Roma 1 999, pp. 289303 . Devo sottolineare che anche gran parte delle edizioni savonaroliane di singole prediche venne raccolta con le stesse motivazioni, ne sono testimonianza le nume­ razioni conenti manoscritte, che ripmta gran parte degli esemplari; tali raccolte mi­ scellanee vennero distmtte dal collezionismo dei secc. XIX e XX.

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Epistola di Giovanni Francesco Poggio senza note tipografiche ma sempre

Silber IGI 79465; si deve però valutare il peso della presenza a Roma del car­ dinale Giovanni de' Medici e della sua influenza sui fiorentini residenti6. La produzione savonaroliana ha grande vivacità, ma, per capirne gli sviluppi, occorre notare che questa, dove predominerà la predicazione, ini­ ziò con trattati devoti e opere dottrinali quali: -Libro della vita viduale, Firenze, Francesco Bonaccorsi, 149 1 (IGI 8744 è la prima edizione a stampa del frate ferrarese), - Compendium logicae, Pescia, [Tip. del Savonarola H 14475], 24 VIII 1492 (IGI 8686), - Apologeticum de ratione poeticae artis, [Pescia Tip. del Savonarola H 14475, 1492], - il Confessionale, opera prodotta con maggior continuità per tutto il '500, che ebbe una sola edizione incunabola, ma ben 29 fino al 1 598 e che continuò ad essere stampata oltre la metà del secolo, quando le opere del frate cessarono di essere pubblicate anche a Venezia per il concretarsi, con il Concilio, di un rinnovato ed efficace desiderio di riforma della Chiesa. I testi savonaroliani vennero collezionati e studiati proprio nell'ambito dei ten­ tativi di rifmma della Chiesa pretridentina, anche dagli oppositori del frate; ogni biblioteca conventuale o monastica possedeva almeno una miscellanea di predi­ che del frate da usarsi, con le dovute cautele, imposte dalla censura, negli studi. La maggior parte delle edizioni savonaroliane negli anni 1495- 1498 è relativa a singole prediche; in questo momento esse assumono carattere di novità e di informazione sugli sviluppi della situazione politica fiorentina. Ce1tamente Savonarola cercò di controllare la produzione a stampa7. A

5 Nella dedicatoria Giovanni Francesco Poggio si dichiara florentinus Aposto­ lice sede devotus e si rivolge al Savonarola acerrimus hostis [ ...] immo verissimus antichiristus, giudizio che appare ripreso negli affreschi di Luca Signorelli nella

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Cappella di San Btizio del Duomo di Orvieto. Cfr. R. Brzzoccm, Chiesa e potere nella Toscana del Quattrocento, B ologna 1 987, p. 1 63: «li suo cammino [di Giovanni dei Medici] verso il cardinalato, rap­ presentò, oltre che la premessa di un grande futuro, un punto d'arrivo nella tradi­ zionale e progressiva identificazione tra il potere a Firenze e i vertici a Roma». 7 Si considerino, a questo proposito, le sempre acute considerazioni di E. B AR­ BIERI, Il libro nella storia. Tre percorsi, Milano 1 999, p. 215: «Una ricostmzione un po' superficiale ha fin qui individuato un preciso progetto propagandistico del frate o dei suoi partigiani, l 'origine di tale eccezionale (dal punto di vista quantitativo) massa di stampe [ .. ] Un'analisi più dettagliata permette di distinguere diversi fatto­ ri», così che, conclude Barbieri «tutti questi dati mostrano una realtà assai più com­ plessa del prevedibile, e spingono a tidimensionare di molto la presunta capacità del Savonarola di controllare davvero il mezzo tipografico». .


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fine luglio del 1495 fa sentire le sue rimostranze perché la lettera a Carlo Vill«è stata messa a stampa senza averlo io i nteso e vi fu molti errori» ; ag­ giungeva che ciò non doveva a suo giudizio più accadere; concludeva con «prego la Signoria del Reverendo Vicario che non lasci mettere in stampa queste cose se non sono prima da lui rivedute» e auspicava che neppure i tipografi «le piglino senza il segno del vicario c sua licentia»8• Ma era solo un tentativo di pressione psicologica e di opinione; a Fi­ renze in questi anni non poteva determinarsi un controllo sulla stampa; si tenterà di farlo, con deboli risultati, solo nel periodo del gonfalonierato di Pier Soderini, affidando nel 1 507 a Marcello di Virgilio Adriani l'incarico di concedere i permessi di stampa quando, oramai scomparso il frate, la sua figura suscitava ancora fortissime tensioni; ma la 'rete editoriale' permette­ va di superare tale tentativo con la circolazione di testi non prodotti in città. , E certo che Savonarola assegna e riconosce al libro un ruolo essenzia­ le nella diffusione e nella giustificazione (o all'inverso nella condanna) del­ la sua dottrina; di ciò sono esempio i passi della sua lettera ad Alessandro VI del � 1 luglio 1495, relativi al Compendio di rivelazioni, da cui il papa­ . egh scnve - potrà conoscere le sue opinioni sul rinnovamento della Chie­ sa, o quelli dell'Epistola relativa al Triumphus Crucis del 20 maggio 1497, . successiva alla scomunica papale. La produzione tipografica fiorentina nel periodo 1495-1498 è monopoliz­ zata dalle opere del frate9; di lui ci sono note 112 edizioni, ma altre sono scom­ parse e altre si stamparono a cura di suoi amici o avversari, sempre in relazio­ ne alla dottrina ed alla attività del Domenicano. A Firenze lavorano per lui pri­ ma Lorenzo Morgiani e poi B artolomeo de' Libri, e, per la necessità di far pre­ sto p�ù �h� per il guadagno, si giunge a costituire una compagnia tra tipografi, che SI divise un suo testo in tre parti. Bartolomeo dopo la morte del frate assu­ me un ruolo dominante 1_1ella produzione dei suoi scritti: caratteri, xilografie, . c �pilettera della sua officma passarono a Lorenzo de Alopa, a Andrea Ghìrlan­ di, a Angelo di Michele (cartaio piagnone, confratello della Compagnia di San­ ta Caterina e San Zanobi in San Marco, che stampa probabilmente una serie di operette spesso riunite in miscellanea negli anni 1508- 1509), a Stefano di Car­ lo, cui si deve il Trionfo della Croce del 1516, ristampa il cui esemplare di ti­ pografia è una copia dell'edizione di Bartolomeo de' Libri del 1497 conserva­ ta nei fondi della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (Pal. 25.2.4.90).

8 È evidente il riferimento alle disposizioni contenute nel breve di Innocenza del 17 novembre 1487 che aveva dato origine a tale genere di legislazione (cfr. B LASIO, Cum gratia cit., pp. 14-15). 9 Cfr. D.E. RHODES, Gli annali tipografici fiorentini del XV secolo, Firenze 1 988 (Biblioteca di Bibliografia Italiana, 1 1 3).

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I testi a stampa del Domenicano presentano problemi di carattere filo­ logico che non è mio compito affrontare. Vincenzo Romano10 ha fatto anni or sono il punto, ancor oggi valido, sulla questione: - le singole prediche sono sempre edite immediatamente, rispetto all'insie­ me organico di ogni ciclo (questo è essenziale per comprendere il fenome­ no del continuo apparire di edizioni tra 1495 e 1498); - gli scritti editi a stampa sanno sempre di lucerna e di calamaio, perché il testo tipografico è sempre più diffuso ed ordinato, nella sua ossatura esege­ tica e dottrinale, rispetto alle reportationes manoscritte. .Si deve anche considerare che Savonarola aveva piena padronanza del­ la retorica e dell'oratoria ed iniziò presto la sua attività di predicatore (nel monastero fiorentino delle Murate nel 1482); aveva in Firenze a sua disposi­ zione una ricca biblioteca, tra le più importanti e le più fornite della città; u­ tilizzò appunti stesi su codicetti in 8°, che in parte assunsero il ruolo di reli­ quie e furono conservati religiosamente dai discepoli11 ; faceva uso di incu­ naboli per predispone schemi e pensieri per la predicazione (si veda ora a questo proposito il suo Breviario in edizione facsimilare, oppure lo Speculum exemplorum da lui postillato ed utilizzato a Brescia); il suo scrittoio in San Marco è stato oggetto di studio, così come sono stati studiati i frati suoi di­ scepoli (come Robeito Ubaldini da Gagliano, il quale trascrisse i testi·sotto dettatura di Girolamo, come attesta la postilla sull'esemplare del Triumphus Crucis proveniente da San Domenico di Fiesole, dove l 'Ubaldini annota «qui scripsit originale propria manu ipso frate Hieronymo autore dictante dum composuit illum»12; Girolamo Ben ivieni, ser Lorenzo Violi e il benedettino Dionisio della Badia fiorentina). Accanto ai testi a stampa circolarono in città anche testi, o meglio, ap­ punti manoscritti, che i seguaci trascrissero durante le prediche. Sono rac­ colte di pensieri prese dalla sua viva voce13 (come del resto avveniva anche per altri predicatori) e registrati con un sistema tachigrafico utilizzato anche da ser Lorenzo Violi, uno dei principali editori delle prediche del frate. La tiratura delle edizioni savonaroliane costituisce un problema aper­ to. Solo in due casi è nota per esplicite testimonianze: il Compendio di ri-

10 V. RoMANO, Predicazioni savonaroliane e attività redattrice dei primi edito­ ri, «La Bibliofilia», 69 ( 1967), pp. 277-308. 1 1 Sulla tipologia dei codici savonaroliani cfr. G. CAITIN, Il primo Savonarola: poesie e prediche autografe dal codice Borromeo, Firenze 1973 e, in rife1imento al codice B .R. 398 della Bibl. Naz. Centr. di Firenze, P. ScAPECCID, Il manoscritto: sto­ ria e tipologia, in Savonarola e la politica, a cura di G. C. GARFAGNINI, Firenze 1997, pp. 229-235 12 Firenze, Bibl. N az. Centr., C.S. J.I. 5 1 . Firenze, Bibl. Naz. Centr. , NA 1 300.

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velazioni viene tirato in 1 500 esemplari (testimonianza di Pietro Dolfin), le Prediche nell' edizione Violi sono tirate in 1200 esemplari, come risulta dal

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contratto. Ma le singole prediche, che erano impresse immediatamente do­ po essere state pronunziate, non potevano oltrepassare una tiratura di circa trecento esemplari, perché era improbabile che si potesse, p er i limiti insiti nella tecnica tipografica; superare tale tiratura nel giro di 24 o 48 ore (an­ che se conosciamo la presenza di successive edizioni tirate pagina p er pa­ gina e dunque, come ho detto, di più facile realizzazione). Un altro aspetto è da considerare: Savonarola conosceva perfettamen­ te l 'impmtanza del rappmto testo/illustrazione. In un caso fece produrre un' incisione con la Corona della Vergine, de­ scritta nel Compendio di rivelazioni, p erché potesse essere eventualmente venduta separatamente dali' edizione. Così patti colare materia di studio è offerta dalle xilografie che in molti casi illustrano i testi; come ha notato Maria Grazia Ciardi «ogni xilografia è dotata di p erentoria chiarezza»14 e mostra uno stretto rapporto con il testo; ciascuna illustrazione mette a frut­ to il secolare addestramento dei lettori a impossessarsi del messaggio figu­ rativo attraverso la memoria collettiva. A queste considerazioni è ovvio aggiungere che la produzione a stampa dei testi savonaroliani non si anestò con la sua mmte15; si ebbe infatti una persistenza delle edizioni savonaroliane nel XVI secolo, soprattutto evidente per la stampa delle prediche ordinate in cicli, che appaiono essere il più inci­ sivo contributo del '500, quando molti esemplari superano il vaglio della cen­ sura ecclesiastica, con la previa rescissione dei fogli che riportano prediche non ammesse dall'autorità e quando si instaura un modus vivendi tra tipogra­ fi, lettori e censori. La persistenza è dovuta anche allo spostarsi della produzione da Fi­ renze a Venezia e, in casi più rari, ma interessantissimi, a Bologna, Ferrara e Lione. Alla base di questa emigrazione tipografica sta la storia della Con­ gregazione di San Marco e dei religiosi che operavano in questi centri. Laz­ zaro de' Soardi a Venezia è certo un tipografo ' domenicano' osservante16, basta sconere i suoi Annali p er rendersene conto. Così i motivi della conti­ nuità vanno ricercati nella fede dei piagnoni (il già citato cartolaio e tipo-

14 Immagine e azione riformatrice: le xilografie degli incunaboli savonaroliani nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, a cura di E. 'TuRELLI, Firenze 1985.

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Contribuirono vari fattori: innanzitutto il fiorire di episodi di predicazione profetica, la sentita necessità di riforma della Chiesa, la posizione dello stesso papa­ to verso Firenze e il persistente messaggio del Domenicano cfr. L. Pouzzorro, The Elected Nation. The Savonarolian Movement in Florence 1494-1542, Oxford 1 994. Cfr. D. E . RHODES, Annali tipografici di Lazzaro de ' Soardi, Firenze 1 978.

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grafo Angelo di Michele ne è un esempio) e della Congregazione di San Marco che, come S ante Pagnini e i fiorentini, raccolti nella domenicana chi esa di S anta Maria del Conforto in Lione, e - ancora dopo il tragico as­ sedio del 1530 - Zaccaria da Lunigiana a San Secondo di Venezia, conti­ nuano tale opera significativa. Gli scritti del Savonarola indicano le attese, le speranze, le strade da battere. Questa ampia produzione savonaroliana può ritenersi produzione popolare? . . . . . S e dovessimo arrestarci a comparare le ediZIOm savonarohane con quella che è stata definita e studiata come tale dai bibliografi dovremmo rispondere negativamente. . o . . . o . . Il libro popolare è carattenzzato p er Il suo presentarsi m 4 o m 8 , m pochissime carte, mal stampato, senza note tipografiche, su due colonne. Grendler17 ha indicato anche una serie di titoli: Fiore di virtù, Imitazione di Cristo, Officio della Madonn a, romanzi popolari. Si vede subito, prima di affrontare altri aspetti della questione, che i te­ di sti Savonarola non sono estranei al diritto d'autore, come egli stesso di­ mostra, protestando presso il vicario (si deve richiamare quanto accetmato all'inizio sulla trasformazione della produzione a stampa a fine secolo ri­ spetto ai primi decenni) . I suoi testi si accavallano, tanto che Robeiio Ridol­ fi poté scrivere di 'letteratura libellistica', soprattutto per i� perio�o maggio­ agosto 1497, tanto più che sicuramente parte della produztone dt questo. p �­ riodo, pur testimoniata dalle fonti, non ci è pervenuta, come ad esempiO Il foglio a stampa sul Giudizio di Dio (prova del fuoco), che sappiamo affisso alla pmta di Santa Croce. . . . Così oggi, rivedendo le nostre conoscenze e le anahs1 condotte sul libro popolare, spostando l' accento sulla figura del lettore piuttosto che sul­ la tipologia della produzione tipografica - che però in molte edizioni savo­ naroliane si accorda con le caratteristiche elencate da Grendler - si può ri­ tenere gran patte della produzione savonaroliana, edita mentre il frate era ancora vivo, di carattere popolare. Infatti, come è stato notato, non esisto­ no letture particolari di lettori specifici, le cesure culturali non sono deter­ minate in chi l egge da uno stato socio-culturale pmticolare. Alla diffusione del libro e alla sua lettura contribuiscono in Firenze sia l'alto livello di al­ fabetizzazione che la tradizione di produne testi popolari (affermatasi so­ prattutto con la tipografia di Santo Jacopo di Ripoli che i ques o setto�e fe­ ce uno dei suoi punti di forza più vivaci) ma anche altn fatton come Il te-

17 P. F. GRENDLER, Il libro popolare nel Cinquecento, in La stampa in Italia nel Cinquecento (Atti del Convegno Roma, 17-2 1 ottobre 1 989), a cura di M. SANTO­

RO, I, Roma 1992, pp. 2 1 1-236.


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nue prezzo di vendita, la distribuzione capillare, la scelta e la selezione di testi per attirare il lettore (che cosa si sarebbe voluto leggere da patte dei fiorentini in anni di scontri politici e religiosi così vivaci?), e infine la scel­ ta editoriale della lingua volgare (spessissimo accade nelle edizioni savo­ naroliane che il testo volgare preceda quello latino).

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!Contra !ratrcnt l�ieronyn1utn Jl�e rcfl3rcba hbcllus et,p,elfus .

Fig. 1 . Roma, Bibl. Angelica, Inc. 4(7) c. lr: Ioha�nes Franciscus , dopo Poggius, Epistola contra Savonarolam [Niirnberg, Ambrosms Huber i1 1 9 aprile 1498] IGI 7945. -


PAOLA FARENGA Le edizioni di Eucario Silber*

Negli anni Settanta del Quattrocento il numero delle tipografie attive a Roma era costantemente e tumultuosamente aumentato; intorno alla metà del decennio successivo assistiamo invece ad una progressiva riduzione del loro numero finché negli anni 1489- 1491 registreremo esclusivamente edi­ zioni riferibili alle due tipografie di Stephan Plannck ed Eucario Silber1. Questo fenomeno di progressiva concentrazione dell'attività editoriale che caratterizza all'incirca il decennio 1485-1495 non coincide con una riduzione del totale della produzione a stampa romana, che si mantiene su valori costan­ ti, assimilabili a quelli degli anniprecedenti. ll solo dato quantitativo, tuttavia, non è per sé significativo, poiché se non diminuisce il numero delle edizioni, si­ curamente ne modifica la qualità: si assottiglia considerevolmente la presenza di stampe di opere impegnative, sia da produrre che da commercializzare, men­ tre aumenta considerevolmente il numero di quelle di modesta consistenza e di

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* Propongo qui di seguito alcune, prime, riflessioni sul complesso delle edizio­ ni stampate dal tipografo Eucario Silber, rinviando ad una prossima pubblicazione del catalogo completo, arricchito dalla descrizione degli apparati paratestuali, per il loro approfondimento e la loro verifica. L'aver utilizzato per questo intervento par­ te del materiale raccolto per un catalogo delle prefazioni alle edizioni romane a stampa, anch'esso - spero - di prossima pubblicazione, spiega come qui io abbia fatto, forse troppo, riferimento agli apparati paratestuali che corredano le edizioni del Silber. 1 Cfr. P. CASCIANo-G. CASTOLDI-M. P. CRITELLI-G. CuRCio-P. FARENGA-A. Mo­ DIGLIANI, Qualche indicazione per la tipologia del libro, in Scrittura biblioteche e stampa a Roma nel Quattrocento. Aspetti e problemi (Atti del Seminario 1-2 giu­ gno 1 979), a cura di C . BIANCA-P. FARENGA-G. LOMBARDI-A. G. LUCIANI-M. MI­ GLIO, Città del Vaticano 1 980, (Littera antiqua 1 ,1 ) , pp. 363-373; in occasione di quel Seminario le stesse autrici redassero un censimento delle edizioni romane a stampa del sec. XV che venne pubblicato come secondo volume degli Atti: Indice delle edizioni romane a stampa (I467-I500) (d'ora in avanti citato come IERS). I dati del censimento del 1 980, confluiti nell'IERS, davano un totale di 1 8 1 8 edi­ zioni romane. Questi dati non risultano sostanzialmente modificati dal successivo d censimento proposto nell'Illustrated Incunable Short-Title Catalogue (2n edition), General Editor M. DAVIES, Reading, Primary Source Media Ltd.- The British Li­ brary, 1 998 (d'ora in avanti citato come ISTC). Dall'interrogazione di ISTC risul­ tano 1 870 edizioni romane stampate prima del 1 50 1 , da queste bisogna sottrarre le 9 edizioni di tipografi ebrei per le quali cfr. R. DI SEGNI, Nuovi dati sugli incuna­ boli ebraici a Roma, in Un pontificato ed una città. Sisto IV (!471 -1484), (Atti del


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PAOLA FARENGA

LE EDIZIONI DI EUCARIO SILBER

più facile smercio: dai cataloghi de?li st�mpatori r�m�ni s��mpaion� presso­ . ché totalmente le edizioni delle fonti e dei commenti gmndiCI mentre il settore delle stampe di autori classici si riduce ad editoria di nicchia. È evidente che questi dati, che sono comunque da considerarsi come in­ dicativi, stanti le note difficoltà di datazione ed attribuzione delle edizioni quat­ trocentesche prive di note tipografiche2, potrebbero più facilmente essere letti se la documentazione relativa ai rapporti societari ed economici che governa­ rono l'attività delle tipografie non fosse, per Roma, estremamente carente. Un simile repentino ricambio sulla scena dell'editoria romana con la progressiva scomparsa di imprese altrimenti presenti con vivacità sul mercato romano, e la contemporanea concenti·azione dell'attività in mano a pochi, e nuovi, stampa­ tori non può essere infatti spiegata solo alla luce delle scelte editoriali ma de­ ve sottintendere, da parte di questi ultimi, una disponibilità di capitali o una ca­ pacità di individuare fonti di finanziamento che andò probabilmente a saldarsi con una più avveitita sensibilità nei confronti della domanda del mercato. Ciò premesso, cercherò di ricostruire le linee guida di un'esperienza imprenditoriale, quella di Eucario Silber che, per estensione temporale e varietà, si caratterizza sicuramente come la più significativa in quest'ultimo ventennio del secolo.

Eucario Silber, chierico della diocesi di Wiirzburg, inizia la sua attività di stampatore nel 1480, forse rilevando la bottega i n Campo dei Fiori che aveva ospitato la tipografia di Sweynheym e Pannartz3, e la porta avanti fi­ no al 1509 quando a lui subentra il figlio Marcello. Dei trent'anni di attività di Eucario restano a lui attribuibili circa 450 edizioni di cui 65 stampate ne­ gli anni 150 1-15094. Silber esordisce nell'attività tipografica stampando le Cautelae di Bartolomeo Cipolla5, una raccolta di circa 320 consigli pratici destinati ad avvocati e giudici che nel Quattrocento conobbe una notevole fortuna, se ne contano infatti 19 edizioni. Non si trattò di una scelta pmti­ colarmente originale anche considerato che l'edizione Silber si limitava a riproduiTe quella stampata, sempre a Roma, dal Lauer l'anno precedente. Per il suo esordio, dunque, quello che sarebbe stato uno dei più importanti imprenditori della tipografia romana preferiva affidarsi ad un testo già col­ laudato. Silber firmava nel colophon l'edizione ma a quella data egli non doveva ancora disporre di un'officina propria in quanto essa risulta stam­ pata con i caratteri del Guldinbeck, un tipografo attivo a Roma già dal 14756. L'edizione delle Cautelae è datata 20 maggio 1480, ma già negli ul­ timi mesi dello stesso anno Silber doveva essersi attrezzato con una sua of-

Convegno, Roma, 3-7 dicembre 1 984), a cura di M. MIGLio-F. NIUTTA-D. QUA­ GLIONI-C. RANIERI, Roma-Città del Vaticano 1 986, (Littera Antigua, 5), pp. 29 1 304, e tener conto del fatto che i l database di ISTC quando inteiTogato sulle edi­ zioni stampate a Roma estrae anche le 'schede' di edizioni generalmente attribuite a tipografie di altre città per le quali esista una proposta di attribuzione a Roma: si veda ad esempio l' edizione di JOHANNES SULPITIUS, De versuum scansione et sil­ labarum quantitate (is00854000), generalmente riferita a [Venezia, Reynaldus de Novimagio, circa 148 1 ] ma attribuita da Reichling 747 a Silber, o quella delle due edizioni, latina e italiana di PHALARIS, Epistulae (ip00553000 ed ip00570000), ri­ tenute generalmente un prodotto della tipografia napoletana [Tipografia del Silva­ ticus, circa 1 474], ma attribuite da Pellechet, 9396 (9225) e 9377 (9206), alla ti­ pografia romana del Guldinbeck. Inoltre, nel caso di più opere stampate in modo da poter essere vendute sia singolarmente che cumulativamente (è il caso degli Scriptores rei militaris raccolti da Sulpizio e stampati dal Silber nel 1487) ISTC scheda come tre diverse edizioni quelle che altri repertori, e IERS, censiscono co­ me un'unica edizione, per cui nel caso citato avremo 3 edizioni in ISTC contro una sola di IERS. In conclusione l'incremento rispetto a IERS si riduce ad un numero tale di edizioni da risultare ininfluente per quello che riguarda la valutazione quan­ titativa dell' andamento complessivo della produzione romana a stampa, e questo vale ovviamente anche per il singolo caso della tipografia del Silber. 2 A questo proposito cfr. P. ScAPEccm, Abbozzo per la redazione di una se­

quenza cronologica delle tipografie e delle edizioni romane degli Han e di Riessin­ ger negli anni tra 1466 e 1470, «RR roma nel rinascimento. B ibliografia e note», 1 997, pp. 3 18-326; e P. VENEZIANI, Andreas Freitag e il «tipografo A. F», «RR ro­

ma nel rinascimento. B ibliografia e note», 2000, pp. 243-250.

3 Cfr. A. MODIGLIANI, Mercati, botteghe e spazi di commercio a Roma tra me­ dioevo ed età moderna, Roma 1 998 (RRinedita. saggi, 1 6), pp. 202 e 245. 4 Per il Quattrocento dispmùamo dei dati raccolti in iERS ed ISTC. Più fluida la si­

tuazione per quanto riguarda l' attività della tipografia nel XVI secolo nonostante sia di­ sponibile il meritorio catalogo di A. TINTo, Gli annali tipografici di Eucario e Marcel­ lo Silber (1501-1527), Firenze 1968 (d'ora in avanti citato come: TINTo), qui sono re­ gistrate 340 edizioni di cui 65 attribuite ad Eucatio. In aggiunta a questi dati andratmo poi considerate le 24 edizioni, assenti negli Annali, atttibuite da ISTC alla tipografia di Eucm·io Silber e datate ad amù successivi al 1500. Inoltre il Censimento delle Cinque­ centine curato dall'Istituto Centrale per il Catalogo Unico (ICCU), consultabile nel si­ to EDIT 16 (http:/edit1 6@iccu.sbn.it), registra, attribuendoli all'attività di Eucmio Sii­ ber, 41 titoli di cui 35 già censiti in TINTo e 6 'nuovi' ; ma non accoglie da TINTo le al­ tre 30 edizioni di cui alcune sicuramente stampate dal Silber e conservate in bibliote­ che italiane (ad esempio TINTo 9, 17, 1 9, 34). Queste divergenze si spiegano con il fat­ to che il Censimento è opera in fieri generosamente messa a disposizione degli studio­ si in una forma ancora incompleta. Per Mm·cello Silber EDIT 1 6 registra 247 titoli. Ovviamente l 'indicazione va presa con la dovuta cautela, considero questa la prima edizione riferibile al Silber in quanto è la prima 'firmata' nel colophon: <<Fi­ niunt Cautele utriusqu.e Iuris Monarche Domini Bartholomei Cepolle Veronensis. Impresse Rome per venerabilem vimm magistmm Eucharium Silber Anno dornini nùllesimoquadringentesimooctuagesimo vicesima die mensis Mai. Pontificatus S. In Christo pattis et D. N. D. Sixti Pape quarti anno eius nono». La prima edizione 'firmata' dal Guldinbeck è quella di GIOVANNI MARIA TrnE­ RINO, Relatio de Simone puero tridentino stalllpata con la data 19 giugno 1475 e ti­ stampata il 24 luglio dello stesso anno; una terza edizione senza indicazione di data

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ficina come dimostra nelle edizioni successive l'uso di serie di caratteri pro­ prii con i quali stampa le orazioni di Francesco d'Assisi e Stefano Tegliati, le Regulae della cancelleria e la bolla Domini et Salvatoris nostri. Fin dai primissimi anni di attività della tipografia una caratteristica si rivela co­ stante: la presenza di un buon numero di edizioni che potremmo definire 'di consumo' quali quelle di manuali professionali e ad uso del clero, formula­ ri e bolle, guide per i pellegrini, libri devozionali e di intrattenimento, pro­ nostici ed orazioni7, stampe non particolarmente impegnative dal punto di vista dei costi di produzione e facilmente smerciabili in una bottega che si apriva su Campo dei Fiori, centro nevralgico del commercio romano e di passaggio obbligato per quanti si recavano in Vaticano8• Accanto a queste edizioni altre poi se ne collocano che denunciano un collegamento privilegiato del tipografo con gli ambienti di curia: sempre nel 1480 Silber stampa la Relatio circa canonizationem beatae Catharinae de Svetia di Giovanni Francesco Pavini, personaggio di spicco negli am­ bienti curiali, come testimonia il ruolo da lui svolto nella vicenda di Simo­ ne da Trento9. Negli anni Settanta il Pavini aveva spesso collaborato con gli stampatori romani nell'approntamento di edizioni commentate di fonti giu­ ridiche - che verranno più tardi ristampate a Pavia e Venezia -, e a Roma, per i tipi del Lauer, erano apparsi i suoi Tractatus visitationis (1475) e De officio et potestate Capituli Sede vacante (148 1). Dopo questa data le ope­ re del Pavini saranno stampate esclusivamente dal Silber. Ma non si tratterà

e di tipografo è anch'essa attribuita alla stamperia del Guldinbeck. Sono pochissime le edizioni 'firmate' dal Guldinbeck, la maggioranza di quelle che figurano da lui stampate gli vengono atttibuite sulla base dell'analisi dei caratteri utilizzati. Per la vi­ cenda di Simone da Trento e la campagna di stampa orchestrata dal vescovo Gio­ vanni Hinderbach al fine di accreditare la tesi dell'omicidio rituale per mano degli e­ brei, campagna cui è legato anche l 'inizio della stampa a Trento, cfr. A. EsPosrro, La morte di un bambino e la nascita di un martire: Simonino da Trento, in Bambini san­ ti, a cura di A. B ENVENUTI PAPI-E. GrANNARELLI, Torino 1 99 1 , pp. 99- 1 1 8 . La Espo­ sito (p. 117, nota 47) segnala il finanziamento (30 ducati per trecento copie) da par­ te del vescovo di Trento della stampa delle Resolutiones del Pavini in materia, per le quali cfr. A. MODIGLIANI, La tipografia "apud Sanctum Marcum " e Vito Puecher, in Scrittura biblioteche e stampa a Roma nel Quattrocento (Atti del 2° Seminario, 6-8 maggio 1 982), a cura di M. Mrauo, Città del Vaticano 1 983 (Littera Antiqua, 3), pp. 1 1 1 - 1 34; D. QUAGLIONI, Propaganda antiebraica e polemiche di curia, in Un ponti­ ficato ed una città cit., pp. 243-266; BATTISTA DE' Grumcr, Apologia iudaeorum. In­ vectiva contra Platinam, a cura di D. QUAGLIONI, Roma 1 987, (RRinedita, 1 ) . 7 Per l e quali si rinvia a l contributo di Concetta Bianca i n questi Atti. Per questi testi si può ipotizzare che fossero l'autore stesso, o persone a lui legate, a pagare in tutto od in parte le spese di stampa. 8 Per tutto questo cfr. MODIGLIANI, Mercati, botteghe e spazi di commercio a Roma cit. 9 Cfr. QUAGLIONI, Propaganda antiebraica cit., pp. 257-266.

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più della s�a produzione �i canonista ed �ditore .di fo�ti be�sì d�l e re�a­ zioni da lm stese nell'ambito delle cause di canomzzazwne di santi naziO­ nali' quali Leopoldo d'Austria e Caterina di Svezia, canonizzazioni per le quali forte era la pressione e l'interesse dei rispettivi sovrani10. E da una committenza principesca deriva anche l'edizione dell' Onus mundi di s. Eri­ gitta ( 1 485) finanziata dal conte del Palatinato inferiore e curata dal suo fa­ miliare Wolfgang Sandizeller: essa è preceduta da una avvertenza al lettore al quale si raccomanda di curarne la circolazione. La raccomandazione al lettore ben si sposava col carattere profetico del testo che annunciava la prossima venuta di un 'dux' che sarebbe stato strumento dell'ira divina nei confronti dell'umanità degenerata promuovendone la palingenesi. Il tono apocalittico dell'opuscolo, già pubblicato in tedesco a Norimberga e Aug­ sburg, e nel quale è espressamente dichiarato il suo collocarsi all'interno della tradizione del profetismo gioachimita, ben si inseriva nell'atmosfera di inquieta attesa degli eventi futuri che caratterizza una fine di secolo se­ gnata dal riacutizzarsi della minaccia turca che si era manifestata in tutta la sua gravità nel 1480 quando la conquista di Otranto da pm1e di Maometto II aveva riproposto con urgenza la necessità di predisporre una risposta a­ deguata. Nel febbraio di quello stesso anno i romani, secondo quanto narra il Diario romano del GherardP1, avevano assistito all'atTivo di Leonardo di Tocco, despota dell' A11a, scacciato dai Turchi dai suoi tenitori, che, con i fratelli ed i figli, si recava dal pontefice per invocare un sussidio. Al figlio, ed erede, di questi, Carlo, sul finire degli anni Novanta, un medico ebreo convertito, Giovanni Battista Verae Crucis, dedicherà l'edizione, stampata dal Silber, della traduzione del Tractatus de perscrutatione mundi di Ye­ da'yah hap-Penìnì ben Abraham da Beziers ( 1 499). Anche il Verae Crucis era personaggio ben introdotto negli ambienti di curia: egli infatti partecipò al conclave successivo alla morte di Alessandro VI insieme a Scipione Lan­ cellotti come medico del conclave ed al successivo come conclavista del cardinale François De Lonis12. Dell'urgenza di intervenire per contrastare l'avanzata turca un riflesso consistente è nel catalogo del Silber negli anni 1 480 -82: oltre alla bolla Domini et Salvatoris nostri ed alle due lettere d'in­ dulgenza promulgate a favore di quanti contribuiranno a finanziare la guer­ ra contro i Turchi, egli stampa le orazioni Contra Turcos di Stefano Teglia10 Pavini fu anche relatore nella causa di beatificazione di s. Bonaventura e la sua Relatio circa canonizationem beati Bonaventurae fu stampata dal Silber e vie­ ne datata agli anni 1486-' 87. ll Il Diario Romano di Iacopo Gherardi da Volterra dal 7 settembre 1479 al 12 agosto 1484, a cura di E. CARUSI, R1S2, 23/3, (1904- 1 9 1 1), p. 12. 1 2 La notizia in JOHANNIS BURCHARDI Diarium sive rerum urbanarum commentarii (1483-1506), a cura di L. THuASNE, III, Patis 1 885, pp. 271 e 303, che lo definisce lai­ cus romanus. G. MAru:Nr, Degli archiatri pontifici, I, Roma 1784, p. 280 e V FoRCELLA,


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ti e Francesco d'Assisi, procuratore generale dei francescani, una Descrip­ tio obsidionis Rodiae w·bis di Guglielmo Caoursin, in latino ed in tedesco, una Quaestio iuris an sit licitum clericis ex mandato Papae contra Turcos arma sumere del giurista spagnolo, originario di Segovia, Juan Lopez, Joh�nnes Lupus, familiare del cardinale Todeschini Piccolornini che più t�r� lo nominò suo vicario generale a Siena13, ed infine un opuscolo che numsce alcune composizioni poetiche di Giacomo Moretti, veronese, del­ l' ordine dei crociferi. Esso raccoglie un Carmen contra Turcos indirizzato al Pontefice, seguito da un'esortazione ai principi cristiani e da un De turci mo­ ribL�s �tti in esametri, il verso eroico per eccellenza. Si tratta di quello che oggi chiameremmo instant book, confezionato però non abbastanza in fretta da anticipare la morte di Maometto che dovette intervenire in corso di stam­ pa costringendo l'autore ad aggiungere in coda un carmen a Sisto IV in cui si dà c?nto della �nmte di lui. Precede il testo una esortazione al libro perché si . rechi a Roma, m Vaticano, e si prostri ai piedi di Sisto IV invocandone la let­ tura e promettendogli in cambio l'innnortalità. L'autore doveva aspettarsi dal pontefice, in cambio dell'irnrnmtalità promessa, qualcosa di più del semplice apprezzamento. Pubblicando, sempre presso il Silber, qualche am10 più tardi l 'Oratio in suae religionis laudem e dedicandola a Innocenza VIII egli infat­ ti si lamentava di aver ricevuto dal predecessore solo parole in cambio dei suoi versi «qui mihi pro numeris dulcia verba dedit». E' probabile che il Mo­ retti non si aspettasse tanto vantaggi personali quanto piuttosto un intervento a favore dell'ordine cui egli apparteneva presentato nell' Oratio ad Innocen­ za VIII spogliato di tutti i suoi piivilegi e privato delle sue pertinenze. Ad un intento dichiaratamente autopromozionale risponde invece l'edi­ . ZIOne, stampata nel l484 dei Miracula Mariae Virginis di Giovanni Vincen­ zo Biffi, edizione che riflette un progetto molto più articolato di quella del Carmen del Moretti, essa è infatti caratterizzata da un complesso apparato para�estuale che consente anche di ricostruirne la storia. L'opera del Biffi consiste nella fedele traduzione in esametri, con l'aggiunta di un distico fi­ nale mm:aliz�a?te, dell'anonima raccolta volgare di Miracoli della Vergine . Marza, di cm SI contano nel Quattrocento 32 edizioni, fra le quali anche una I�crizioni delle chiese e d'altri edificii di Roma, l, Roma 1 869, pp. 159, n. 595, lo iden­ tificano con il Giovanni Battista Grafia Dei autore del De confutatione hebraicae sec­ tae stampato da Silber il 14 maggio 1 500 con dedica a Bemardino Carvajal che trovia­ mo legato insieme all' Examen mundi nell'inc. Ross. 544 della Biblioteca Apostolica Va­ ticana. Per il Verae Cmcis cfr. da ultimo A. K. OFFENBERG, Johannes V0rae Crucis. A Fifteenth Centwy Translator and Imitator ofJedaiah Hapenini ben Abraham Bedershi ' in Incunabula. Studies in Fifteenth Century Printed Books Presented to Lotte Hellinga ' ed. by M. DAVIES, London 1999, pp. 215-230. 13 Del Lopez il Silber pubblica nello stesso torno di tempo il De han·esi et hae­ reticorum reconciliafione.

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stampata dallo stesso Silber nel 1483. L'operazione del Biffi è inversa a quella consueta di volgarizzazione di testi classici al fine di consentirne la fruizione e tende invece a nobilitare, attraverso l'uso del verso eroico, con­ tenuti propri della tradizione volgare. Il libro si apre con la dedica a Sisto IV, seguita dal testo dei Miracula, e quindi da dediche al cardinale Sclafenati ed al vescovo di Barcellona Gonzalo de Heredia di una breve raccolta di epi­ grammi che si conclude con una lettera, a carattere autobiografico, dell' au­ tore al nipote Lucio. Chiudono il libro un Carmen in lode dello stampatore e uno al libro. Tanto le dediche quanto la lettera al nipote si presentano co­ me capitoli di un curriculum vitae che tra educazione scolastica, esercizio dell'insegnamento presso le più illustri famiglie milanesi, frequentazione di intellettuali di prestigio: Filippo Beroaldo, Annio da Viterbo, Pietro Marso, Giacomo Antiqumio, Pomponio Leto, disegnano un percorso di esperienze e relazioni che mira evidentemente a coronarsi con incarichi curiali. Finan­ ziatore dell'edizione fu il mercante milanese con bottega in via del Pellegri­ no Antonio da Besana14. È questo uno dei pochi casi di edizioni stampate dal Silber per la quale sia dato conoscere con cettezza la committenza. Eppure, come ho già detto, la conoscenza degli aspetti economici del­ l' attività del Siber, sapere chi e in che misura finanziava la stampa, aiute­ rebbe non poco nel definire funzioni e comprendere le ragioni di determi­ nate scelte. Purtroppo, per il momento, ho individuato solo un numero li­ mitato di edizioni per le quali esiste la certezza di un committente: sono, ol­ tre al citato Onus mundi di s. Brigitta ed ai Miracula del Biffi, il De pote­ state papae et concilii generalis del Torquemada, la cui stampa fu finan­ ziata dallo stesso Innocenza VIII, le edizioni delle Epistulae di Plinio il gio­ vane e degli Opera di Sallustio curate da Pomponio e finanziate da Gio­ vanni da Reggio, l ' Opera del Campano, curata e finanziata da Michele Fer­ no, le Antiquitates di Annio stampate con il contributo dell'oratore spagno­ lo Garcilaso de la Vega15 e le committenze di Giovanni Filippo De Ligna­ mine per l'edizione del volgarizzamento in ottave di Giuliano Dati dell'E­ pistula de insulis nuper inventis di Colombo (15 giugno 1493)1 6, di Pietro

14 MoDIGLIANI, Mercati, botteghe e spazi di commercio a Roma cit., p. 203. 15 Cfr. M. G. BLASIO, Cunz grafia et privilegio. Programmi editoriali e politica 16

pontificia. Roma 1487-1527, Roma 1 988 (RRinedita, 2) p. 27.

Il poemetto tennina: «Questa chomposta de Dati Giuliano/ a preghiera del ma­ gno chavaliere/ messer Giovan Filippo ciciliano/ che fu di Sisto quarto suo schu­ diere/ e chomessario suo e chapitano/ a quelle cose che fur di mestiere/ a lande del Signior si canta e dice/ che ci conducha al suo regnio felice», la committenza è poi ribadita nel colophon «per messer Giuliano Dati tradutta di latino in versi vulgari [ . . ] a preghiera del magnifico messer Giovan Filippo de Lignamine domestico fa­ miliare dello illustrissimo Re di Spagna». Silber stampò anche la traduzione latina di Leandro de Cosca dell 'Epistula di Colombo. .


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Della Torre17 per la stampa del De parentum cura in liberos e del De libe­ rorum erga parentes obedientia, honore et pietate di Antonio Mancinelli (20 luglio 1 503), e di Giacomo Mazzocchì per quella del De bello persico di Procopio da Cesarea tradotto da Raffaele Maffei (7 marzo 1509). E men­ tre l'edizione delle Conclusiones di Pico fu finanziata dall' autore, per quel­ la stampata, come recita il colophon, cura auctoris del Carmen hucolicum di Antonio Geraldini non è chiaro se la formula adottata sottintenda anche un intervento economico del Geraldini stesso nel finanziarne la stampa. Infine c'è il caso dell'edizione del Contra pragmaticam gallorum sanctionem del vescovo di Tours Helias de Bourdeille pubblicata nel 148618 opera et impensis Eucharii Silber, come recita il colophon stampato con grandi caratteri gotici per conferirgli maggiore evidenza19. Può essere que­ sto un indizio che il finanziamento della stampa da pmte del tipografo era un fatto eccezionale o non va piuttosto inteso come un mezzo per acquisi­ re meriti presso il pontefice sottolineando il contributo dato alla politica pontificia attraverso la stampa? I colophones sono, nel caso del Silber, come pure della maggioranza dei tipografi del XV secolo, lo spazio privilegiato per la comunicazione di­ retta con il pubblico dei lettori. Silber, specie nei suoi primi anni di attività, mette a profitto questo spazio per comunicare in prima persona, o, in alcu­ ni casi, con la mediazione degli autori, un concetto impmtante e cioè che le sue stampe si segnalano, e si distinguono, per la correttezza del testo e l'ac­ curatezza della stampa. Questo poi ad una verifica non risulta sempre vero, ma nel mondo della comunicazione spesso è l'autorevolezza dell'afferma­ zione a far agio sulla sua veridicità. La prima attestazione in questo senso la troviamo nelle note tipografiche apposte in fine dell'edizione del For­ mularium instrumentorum ad usum Curiae Romanae dalle quali apprendia­ mo che esso fu stampato exactissima diligentia, una preoccupazione dove­ rosa considerata la natura del testo20. Ma in queste prime edizioni del Sii-

ber il tema ritorna ancora, e con notevole efficacia, tanto più notevole se si pone mente alle contemporanee lamentele per la scorrettezza e la trascura­ taggine degli stampatori, a volte anche evocata surrettiziamente per giusti­ ficare errori degli autori stessF1 . In altri casi l'omaggio nei confronti del ti­ pografo si manifesta in forme più complesse: l 'edizione dei Miracula del Biffi, sopra citata, si conclude con un carmen in lode del tipografo che ini­ zia: «Iam Veneti sileant nec vano nomine iactent // se superare omnes». È un incipit significativo perché denuncia l'effettiva difficoltà di mantenere il passo rispetto alla conconenza agguenita della tipografia veneziana. Ad es­ sa si può rispondere solo affermando un primato della qualità così che il Biffi scriverà che la maestria del Silber supera quella di Fidia e Prassitele, Zeusi e Panasio le cui opere vix extant mentre le stampe del Silber sono de­ stinate ad assicurare l'eternità. Appare evidente che Silber considerava un punto di forza dei propri prodotti la qualità della stampa e la conettezza dei testi proposti: su toni simili sono tessuti i versi composti in lode del tipo­ grafo da Martino Filetico per l'edizione del Teocrito latino: qui Eucario su­ pera Dedalo artibus e ingenio e le cmte sconono sotto le sue mani più ve­ loci delle acque del Tevere. La cura della conettezza non impediva tuttavia allo stampatore di in­ conere in improvvidi incidenti: nella nota finale all'edizione del De aquae­ ductibus di Frontino curata da Pomponio Leto e Giovanni Sulpizio, il com-

17 Pietro Della Tane era librarius in Parione, cfr. A MoDIGLIANI, Indice dei car­ tolai attivi a Roma, in Scrittura biblioteche e stampa a Roma nel Quattrocento (Atti del II Seminario) cit., p. 444 e fra 1490 e 1499 aveva firmato 6 edizioni mentre altre 1 1 gli vengono atttibuite. Fra queste l'edizione del 1i·actatus cum consiliis contra pu­ dendagram seu morbum gallicum di Gaspare Tonella stampato nel 1499 e dedicato dall'autore a Cesare Borgia. 1 8 n vescovo era morto due anni prima nel 1484. 19 È questa una tipologia di colophon che ritorna anche in altre edizioni di que­ sti anni, ad esempio nella Gerontocomia di Gabriele Zerbo (stampata con la data 27 novembre 1489, ISTC iz00026000; IERS 1 120). 20 Stampato il 19 gennaio 1481 (ISTC if00256000; IERS 7 1 3). Il testo del co­ lophon è: «exactissima diligentia litteris venetis Romae impressum per honorabilem virum magistmm Eucharium Silber» esso si ripete senza alcuna variante anche nel-

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l'edizione del Formularium procuratorum et advocatorum Curiae Romanae (2 otto­ bre 1 48 1 , ISTC if00264500; IERS 7 19) e nella ristampa del Formularium instru­ mentorum dell'anno seguente ( 1 1 giugno 1482, ISTC if00256400; IERS 757) e vie­ ne ripreso e modificato nell'edizione del 1494 «exactissima diligentia conectum no­ viter et emendatum adiectisque nonnullis instmmentis necessariis» (21 gennaio 1494, ISTC if00260500; IERS 1430). Nel colophon dell'edizione del De potestate papae et concilii generalis stampato de mandato domini Papae Silber afferma di aver assolto il suo compito maximo cum ingenio ac maturitate. n Plannck, pubbli­ cando anch'egli il Formularium instrumentorum riprende nel colophon la fonnula exactissima diligentia (22 ottobre 1482, ISTC if00256500; IERS 741). Attenzione metita la formula litteris venetis: che ritorna, simile nel colophon dell'edizione degli Opera del Campano nel 1495: Characteribus venetis impressum Romae. La formula sembra sugge1ire che i caratteri utilizzati dal Silber per queste edizioni fossero di pro­ venienza veneziana. Infatti per la stampa dei formulati Silber utilizzò il carattere di tipo 72G che presenta strettissime affinità con i caratteri utilizzati nel 1480 a Vene­ zia da Adam de Rottweil, la cui presenza è sicuramente attestata a Venezia fino al gennaio del 1480 per poi passare a L'Aquila dove è documentata con certezza il 3 novembre dello stesso anno. I redattori del BMC ipotizzano un suo passaggio a Bo­ logna e Roma da dove avrebbe preso la strada de L'Aquila (VII, p. LXXX) . Cfr. P. CASCIANO, Le presunte disavventure editoriali di Nicolò Ferretti, mae­ stro di grammatica a Forlì alla fine del XV secolo, in Mo�sa. Scritti in onore di Giuseppe Morelli, Bologna 1 997, pp. 45 1 -467.

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positore inciampa in un errore di inversione proprio là dove si afferma che il testo fu approntato con tale attenzione «ut perpaucorum in eo locorum cro­ rectio [sic] desideretur» e che rarissimi sono i luoghi, di cui di seguito si dà l 'elenco, «guae librarius corrupit aut pretermisit». Nonostante questi infor­ tuni - «nemo satis lynceus esse potest» avve1te Sulpizio in calce all'edizio­ ne di Vitruvio - Silber poteva continuare a firmare alcune sue edizioni con un distico che ne esaltava la maestria nell'atte: «Argirios opus hoc Eucha­ rius arte magistra l impressit, summa perlege lector ope» che, ovviamente, come nel caso del paragone con Fidia e Prassitele, fa riferimento non solo, e non tanto, alla conettezza del testo ma al complesso della resa tipografica. Di un'attenta cura del testo parla anche il colophon dell'edizione delle o­ pere filosofiche di Cicerone, stampata dal Silber nel l481 , la sua prima di un au­ tore classico: «per optime emendati impressi sunt Rome ductl1 et expensis per Eucharium Archirion». Qui l'incongruità grmnmaticale, che lascia in sospeso l'identità del finanziatore, non denuncia la svista di un compositore distratto bensì una più complessa vicenda editoriale. li colophon riproduce, infatti, fe­ delmente quello dell'edizione stampata a Venezia da Filippo di Pietro l'anno precedente, che a sua volta aveva riprodotto pagina per pagina l'edizione di Gia­ como da Fivizzano del 1472 il cui colophon recitava: «qui peroptime emendati impressi sunt Venetiis ductl1 et expensis Iacobi Lunensis de Fivizzano in domo magistri Mat·ci de comitibus». A questa altre edizioni di autori classici seguiro­ no nel 1482: l'Ars amandi e il De remedio amoris di Ovidio, gli Opera di Sal­ lustio e Terenzio e le Fabulae di Esopo, rotte ristampe di edizioni precedenti. Anche in questo caso, dunque, come era avvenuto per le Cautelae del Cepolla, i primi passi di Silber furono prudentemente misurati sulle orme di altri tipografi. Ma a differenza dell'edizione delle Cautelae, rimasta pratica­ mente isolata nel suo catalogo, le stampe di classici e della letteratura ad es­ si correlata da quel 148 1 trovarono per un decennio ospitalità nel suo catalo­ go e cura attenta nella sua tipografia segnando l'emancipazione dalle espe­ rienze altrui ed i sempre più stretti legami con lo Studium e con il circolo dei pomponiani. Già nel 1482 Silber pubblicava il testo delle Elegiae di Proper­ zio curato da Antonio Volsco, e Mattino Filetico gli affidava la stampa della propria traduzione degli Idyllia teocritei e del commento alle Epistulae se­ lectae di Cicerone, opera quest'ultima impegnativa in quanto destinata a vei­ colare le due invettive In corruptores latinitatis nelle quali l 'anziano maestro si difendeva, attaccando e chiamando in causa i proprii referenti curiali, dagli attacchi mossigli da un più giovane ed agguerrito collega22.

Ma i risultati più interessanti della collaborazione fra il tipografo di Wtirzburg e gli intellettuali romani, in patticolare quelli legati all'Accademia romana, erano destinati a manifestarsi alcuni anni più tardi, fra 1487 e 1492, quando per i tipi di Silber venivano pubblicati la princeps del De architectu­ ra di Vitruvio e gli Scriptores rei militaris curati da Giovanni Sulpizio23 ed il Frontino curato dallo stesso Sulpizio e da Pomponio ( 1487), le Epistulae di Plinio il giovane e gli Opera di Sallustio curati ancora da Pomponio Leto, le Epistulae di Cicerone curate da Bartolomeo Saliceto e Ludovico Regio e il commento a Virgilio di Antonio Mancinelli (1490), la traduzione dell'Ethica Nicomachea di Giovanni Argiropulo ed il commento di san Tommaso24 alla Politica di Aristotele curato dal domenicano Ludovico da Ferrara ( 1492), per culminare nell'edizione delle Castigationes plinianae del Barbaro ( 1492-'93) con le quali il dibattito innescato a Roma dalla diffusione a stampa dei testi classici andava a saldat·si alle sue origini con risultati di inaspettata novità e con l'affacciarsi di un nuovo metodo di approccio ai testi25. È evidente che in questo rinnovato sforzo della culmra romana di met­ tere in circolazione opere in alcuni casi difficilmente fruibili o di fornire nuo­ ve o più conette edizioni di altre anche notevolmente vulgate, il ruolo svol­ to dal Silber fu esclusivamente quello di mettere a disposizione dei curatori gli strumenti di un'arte attenta alla resa conetta del testo. Ed infatti la preoc­ cupazione per la diligenza del tipografo torna con insistenza nelle dediche a corollario delle notizie sulla storia dell'edizione26• E se Giovanni Sulpizio fi-

22 Identificato dal Dionisotti con il Volsco («Lavinia venit litora». Polemica vir­ giliana di M. Filetico, «Italia medioevale e umanistica», l ( 1 958), pp. 283-3 1 5). M. A. Pincelli, curatrice della recentissima edizione delle due invettive (MARTINI Pm­

LETICI In corruptores latinitatis, Roma) propone invece Pomponio Leto come prin­ cipale bersaglio del Filetico.

23 L'edizione contiene: VEGEZIO, Epitome rei militaris; ELIANO, De instruendis aciebus; FRONTINO, Stratagematicon, tutti curati da Sulpizio e stampati con le date 29 gennaio 1487, 1 4 febbraio 1487, l giugno 1487. A questi tre testi fa riferimento il curatore nella dedica al suo allievo Pietro Paolo de' Conti stampata sul verso del­ la c. l di Vegezio. A questi si aggiunge MODESTO, De vocabulis rei militaris stam­ pato con la data 7 giugno 1487 in un fascicoletto di 6 carte. 24 In realtà di Tommaso e di Pietro d' Alvemia. 25 Cfr. V. FERA, Poliziano, Ermolao Barbaro e Plinio, in Una famiglia venezia­ na nella storia. I Barbaro, a cura di M. MARANGONI-M. PASTORE STOCCHI, Venezia 1 996, pp. 1 93-234. 26 Nella prefazione al lettore dell'edizione del De architectura di Vitruvio, stam­ pata fra il primo gennaio 1487 (data dell'elezione di Marcello Capodiferro e Cola Porcari a maestri delle strade, come tali citati nella dedica al Riario) e 1 6 agosto del­ lo stesso anno (data dell'acquisto di un esemplare dell'opera, unitamente ad una co­ pia del De aquaeductibus di Frontino, da parte del vescovo di York John Shirwood per il quale cfr. infra nota 83; ISTC if00324000; IERS 1 2 11 ), Sulpizio afferma di a­ ver collazionato molti manoscritti di Vitruvio «et in primis uno nostri Delii manu sa­ tis accurate perscripto». Anche Pomponio nella dedica dell'edizione delle Epistulae di Plinio il giovane (ISTC ip00809000; IERS 1 173) afferma di aver collazionato «Ve­ tustis exemplmibus». Molto più complesso fu per Pomponio il lavoro preparatorio


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duciosamente confida nella maestria del tipografo «si fidelis ut spero libra­ rius fuerit»27, altri preferiscono delegare a persone di propria fiducia il con­ trollo nelle fasi di stampa: è il caso dell'edizione di Sallustio curata da Pom­ ponio, risultato di una lunga trattativa conclusasi positivamente grazie alla fi­ ducia riposta dal Leto nel bibliopola Giovanni da Reggio ed alla buona pro­ va data dal Silber nella precedente edizione di Plinio, non senza però che il Leto si cautelasse ulteriormente: «ltaque Iohanni Rhegiensi bibliopolae [ . . . ] permisi ut impressoribus traderet cui antea dederam C.Plinii epistolas et sub ce1ta condicione pepigimus ut interesset qui cognosceret, homo negociosus et officiosus ita faciendum recepit». Di un correttore di fiducia in tipografia si avvalse anche Ludovico da Ferrara durante la stampa della sua edizione del commento di s. Tommaso alla Politica, l'incarico venne dato a Martino da Ninùra che, in una lettera al curatore stampata in fine del libro dà conto del proprio impegno: «Ego igitur qui tuo hmtatu in imprimendo hoc precla­ ro opere librariis prefui quamvis studiose caverim ne quid in componendis caracteribus aberraret, panca tamen hec fuenmt perperam expressa, qu(( hic in sequenti pagina annotare institui ad legentium commoditate». E la stessa preoccupazione avrà il Barbaro nel dare alle stampe le Castigationes plinia­ nae: «Nunc libri passim imprimuntur, sed impressi scatent enoribus. In hoc autem editione nostra, pmtim instando pmtim muneribus et gratia, consecu­ ti sumus ut opifices haberemus et diligentes et doctos ita uti ne syllaba qui­ dem aut subsultet fere aut perperam collocata esse videatur, idque in graecis quoque verbis, quae non pm11m multa necesse fuit inserere»; mentre la cor­ rezione della stampa della traduzione del De bello Persico tradotto da Raf­ faele Maffei sarà affidata ad Andrea Nucci28.

Spesso le edizioni di classici affidate ai torchi del Silber sono il risulta­ di to un complesso progetto editoriale: esemplare il caso del commento alla Politica aristotelica sopra citato. Possiamo ricostmire l' iter di questa edizio­ ne grazie all' apparato paratestuale che restituisce l 'immagine di un gmppo impegnato nel recupero e rimessa in circolazione di un testo ritenuto fonda­ mentale: da Agostino Piccolomini, ideatore e promotore del progetto29, una cui lettera a Ludovico da Ferrara apre l'edizione, al cardinale Francesco To­ deschini Piccolomini, finanziatore dell' operazione30, cui è indirizzata la de­ dica del curatore, allo stesso Ludovico sul quale ricadde l 'onere non solo della restituzione del testo del commento ma anche quella, non meno impe­ gnativa, della scelta di affiancargli la traduzione del Bruni in luogo di quel­ la tradizionale di Guglielmo di Moerbeke31, a Mattino da Nimira conettore nelle fasi di stampa. Ugualmente l'edizione delle Epistulae ad Brutwn, ad Quintum fratrem, ad Atticum di Cicerone nasce dalla committenza di Ago­ stino Maffei32 e dall'impegno di Bmtolomeo Saliceto e Ludovico Regio in­ caricati di emendm·e un codice del Maffei per poi curarne la stampa «cura­ vimus ut nulla pagina imprimeretur quae non prius esset a nobis ociose et pensiculate regustata», e lo scmpolo dei curatori si espresse anche nella scel­ ta di segnalare «Asteriscis [ . . . ] minusculis» quei luoghi che risultassero in­ sanabili «librariorum indiligentia vel temporum vitio». Nel dar conto del­ l'impegno profuso nella restituzione del testo ciceroniano, condotta sulla base di un codice «mendosissimum [ . . . ] utpote indignum» attraverso la col­ lazione «variisque adiuta exemplaribus» i curatori non dimenticano di tri­ butare il doveroso riconoscimento del contributo dato da chi li ha precedu-

dell'edizione di Sallustio (ISTC is00075000; IERS 1 177) in quanto la tradizione si presentava come una selva intricatissima «Nam cum omnia volumina corrupta sint quae ad nostram venere aetatem nemo (qui se novit) attingere audet»; quindi «con­ tractis antiquis exemplaribus invenimus multa esse addita, multa prepostere commu­ tata [ . . . ] Emendavimus nihil addendo, detraximus non panca fide vetustatis admo­ nente». Difficoltà simili affrontarono Bartolomeo Saliceto e Ludovico Regio alle prese per l'edizione delle Epistulae di Cicerone (ISTC ic00501000; IERS 1 1 79); con un codice così sconetto da indurii a chiedersi se colui che lo aveva scritto avesse vo­ lontariamente ricercato gli enori «nec satis est aestimare maius ne illi fuerit Cicero­ nis scripta depravandi studium an perdendi membranas» e che li cost1inse «recogni­ tione etiam bis repetita, variisque adiuta exemplaribus». 27 Nella prefazione al lettore dell'edizione del De architectura di Vitruvio, cfr. nota precedente. 28 «lmpressum Romre per Magistrum Eucharium Silber alias Franck. Castiga­ tum per Andream Nucium Or. Hu. Ro. Academire Capellanum» (TINTO, p. 42). Al­ la stampa delle Constitutiones Alexandrinae dell' ordine francescano ( 150 1) so­ vrintese, invece, un magister Franciscus maceratensis come avverte il colophon

«Impresse sunt Rome per spectabilem virum Eucharium Silber alias Franck [ . . . ] Assistente magistro Francisco Maceratensi illarum impressioni» (TINTO, p. 1 1). Il Piccolornini afferma di aver trovato il codice in Toscana mentre Ludovico da Ferrara scrive, offrendo l 'edizione al Todeschini, di restituire conetto il testo al­ la biblioteca dalla quale era uscito, dunque probabilmente il codice proveniva da Siena o da Pienza. 3° Che probabilmente finanziò la stampa in 1500 esemplari. Per questo cfr. M. G. BLASIO, L'editoria universitaria da Alessandro VI a Leone X: libri e questioni, in Roma e lo Studium Urbis (Atti del Convegno, Roma, 7-10 giugno 1989), Roma 1992, pp. 303-307. 3l Scelta che si rivelerà particolarmente felice nonostante che apparentemente a­ vrebbe dovuto prodursi un effetto stridente fra la traduzione medievale usata dall'a­ quinate e la traduzione umanistica del Bruni «qure ita confuse impressa est ut ne ver­ bum quidem Arretini contineat adnectere velimus, possimus uno tempore Aristote­ lem mendis vacuum Divumque Thomam in tenebris latitantem in lucem emittere». 32 Ad Agostino Maffei è anche dedicata l 'edizione degli Opera di Sallustio, co­ sì come in precedenza a lui Domizio Calderini aveva dedicato l'edizione del com­ mento alle Silvae di Stazio pubblicato da Pannartz nel 1475.

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ti nell' impegnativo esercizio filologico: «Et ut fateamur ingenue per quos _ �rof�cm:u�s Iacobo cardinali Papiensi, Iohanni Andreaeque episcopo Ale­ n enst, vms aetate nostra doctissimis ferre acceptum decet quicquid lucis in _ datur cernere . Illi enim exsudato diu labore, quamquam non plenam at hts tulerint, pro beneficio tamen habendum est quod minus multoper eos hallu­ cinamur» 33 . Così come Ludovico da Ferrara nella prefazione all'edizione del com­ mento alla Politica, nel prendere posizione nel dibattito sull'eloquenza dei filosofi, aveva ritenuto di dover riconoscere il ruolo decisivo svolto nella dif­ fusione degli autori greci dal Bruni - e questo è in sintonia con la scelta di pubblicarne la traduzione - e dal Gaza, ugualmente gli editori delle Epistu­ lae di Cicerone ritengono di dover riconoscere i meriti di chi, pionieristica­ mente, ha aperto loro la strada. Gli intellettuali che fra la fine degli anni Ot­ tan�a �d i p�·imi anni Nov�nta si impegnano a Roma nella correzione degli _ a_ntlcht �est� �er la drffusi ?ne a stampa avvertono l 'importanza dell'espe­ nen�a di chi li ha preceduti e, pur nell' ambito di una più accorta filologia, se ne nconoscono allievi. Tuttavia se nell'impegno nella restituzione dei testi vie�1� affermata una continuità con l'esperienza unica ed irripetibile del so­ daliz�o del Bussi_ con Sweynheym e Pannartz, per quanto riguarda l' attività d�l � Ilber, che pu�e trasse prestigio dalla sua collaborazione con gli accade­ miCI, questa SI_ svrluppò secondo parametri del tutto diversi. L'impresa dei due prototip�grafi visse �nasi esclusivamente di edizioni miranti al recupe­ . _ :o ��Ila trad�zwne classica, nsultato dell'impegno di un uomo solo, quasi _ pngwmero m un carcere cmiaceo ' , occasionalmente soccorso da aiuti ami­ chevoli, mentre nel caso del Silbèr, invece, le edizioni di testi classici o di corm�enti costituirono soltanto un settore, magari prestigioso, ma neppure _ _ della sua produzione, mentre alle spalle di queste edizioni si maggwntano intra_vv�d� l '�mpegno di una sodalitas che opera di concerto ed ha propri punti dr tifenmento non solo culturali ma anche curiali ed economici. Anch� tipolo?ia�ente le edizioni di Silber differiscono da quelle dei due prototrpograf1: ndotto ad un numero limitato di edizioni il ricorso al formato grande, �n foglio, prevale nettamente quello più maneggevole, in quarto, mentre viene adottata in alcuni casi una soluzione, quella di stam­ pare sul recto della prinm carta il titolo dell' opera, che era funzionale ad ac­ crescere la vendibilità del libro34. _

33 Per il Bussi e la sua attività di editore cfr. G. A. B ussi, Prefazioni alle edizioni di Sweynlzeym e Pannartz prototipografi romani, a cura di M. MIGLIO, Milano 1978. 34 Nel XV secolo sono in tutto 16 le edizioni in folio stampate dal Silber mentre

altre 3 se ne contano fra 1 500 e 1509. Per quanto riguarda il frontespizio si va da u­ na forma molto semplice: «Oratio Rhodionlm» sul recto della prima carta dell ' Ora­ _ pro Rhodiorum obedientia ad Alexandrum VI di Marco Montano (c. 1493; ISTC tzo

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L' aspetto economico, nella produzione e messa in circolazione dei li­ bri a stampa, viene generalmente ignorato nell' apparato pm·atestuale per la­ sciar spazio a motivazioni più nobili quali la volontà di favorire la diffusio­ ne, e quindi la conoscenza, di opere fondamentali. Ma a volte le ragioni del­ la polemica possono far salire a galla motivazioni più str·ettamente c�ntin­ genti. Nel difendersi dalle critiche del Perotti, Giovanni Andrea �uss1 �ve­ _ va ricordato orgogliosamente che le stampe con le sue prefazwm «ab tm­ pressoribus cum eorum util�ta;e J?l�tis venundari» ; nell' �ndiri�za�·e al_ s�o _ allievo Zagarello Cambttelli l ediziOne del commento at Fastz dt OvtdiO, stampato dal Silber nel 1489, Antonio Costanzi affermava «Nosti enim et contempsisse nos semper eos questus quos multi ab impressoribus aucu­ pantur, cum iimnortalis dei munere satis superque divitiis abundemus»: Dio lo ha fatto nascere ricco e ciò gli ha consentito di non doversi preoccupare di dare alle stampe le sue opere35. im 00824000; IERS 1390); oppure VEGETIUS DE RE MILITARI in capitale nell' edi­ zione degli scriptores rei militaris stampati nel 1494 (ISTC is00344000; IERS 1436); a quella più articolata dello Speculum di Bartolomeo Sibilla «SpeculU peregrinan1 qmyu: Ad lllusttissimil Ptiucipil Il Alfonsum: de At·agonia Invictissimil Ducem Cal ­ brie» (ISTC is00491000; IERS 1395); al frontespizio estremamente complesso dell'edi­ zione dell' opera del Campano (ISTC ic0073000; IERS 1 491) che presenta al centro una campana sonnontata da un distico al lettore, e affiancata, nella parte superiore dal­ l'indicazione delle opere raccolte nell'edizione e da un cannen, mentt·e un altt·o cal711en si trova nel margine infetiore al di sotto della campana; o la vignetta a piena pagina del­ l'edizione dei Mirabilia stampata c. 1500 (ISTC im00593050; IERS 1 326) raffigurante s. Btigitta in preghiera e in ptùno piano la lupa che allatta i gemelli e sullo sfondo la città di Roma. L'edizione degli Epigrammata di Mamllo (ISTC im00341 000; IERS 1 196) pre­ senta un frontespizio di tipo epigrafico in capitale nella metà superiore del recto del­ la prima carta bianca. ISTC data l'edizione fra 1483 e 1490, IERS circa 1490, A. Perosa curatore dell'edizione MICHELIS MARULLI Carmina, Ziirich 1 95 1 , pp. IX-X, la data invece ai prilni mesi del 1489. 35 Costanzi appmteneva ad una generazione per la quale la forma ptivilegiata di pub­ blicazione poteva ancora essere l'affetta di una copia dell'opera ad un ptincipe ed infat­ ti il commento era stato affetto manosclitto (oggi Urb. lat. 360 della Bibl. Ap. Vat.) a Fe­ detico da Montefeltro preceduto da una dedica a lui indilizzata che figura anche in testa alla stampa, mentre la vera prefazione all'edizione si può considerare la lettera a Zaga­ rello, collocata in fine del testo, in cui l'autore livendica la ptimità del proptio commen­ to tispetto a quello di Paolo Marsi, pubblicato a Venezia nel 1482, e tisponde a ctitiche mossegli da questi a proposito dell'interpretazione dell'espressione spicam cilissam e della lezione Dodona!Dione. A fm· da tt·aruite fra Costanzi e Silber avrebbe potuto esse­ re Ottavio Cleofilo, allievo prediletto del Costanzi, che fra 148 1 e 1483 aveva stampato con lo stesso tipografo l' Epistula ad amicos ferrarienses, il De coent poetarum, le Epi­ stulae, e le Stinchae, tllttavia l'assenza di qualsiasi menzione dell'allievo rende poco pro­ babile l'ipotesi.


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Ma per chi non godeva della stessa fortuna e doveva faticosamente co­ struire la propria carriera, così come per gli stampatori ed i loro finanziato­ ri, la resa economica di un'edizione costituiva argomento di prioritaria im­ portanza, e l'affermazione del Costanzi costituisce una conferma indiretta della redditività di queste stampe molto probabilmente indirizzate al pub­ blico degli Studia36. Ancora maggiore doveva essere la resa economica del­ le edizioni destinate all'insegnamento di base dal momento che risponde­ vano alle esigenze di un pubblico molto più ampio. Ed è proprio in questo settore, così come - seppure in diversa misura - per le stampe di orazioni, che ancor più si incontrano, e si saldano, le ragioni economiche e quelle culturali o di promozione personale. Fra la fine degli anni Ottanta ed i primi anni Novanta nel catalogo del . Sllber accanto alle non numerosissime, ma qualitativamente prestigiose, edi­ zioni di autori classici trova spazio un numero considerevole di manuali grammaticali indirizzati all'insegnamento di base. Oltre ai classici di Guari­ no37, Gaspare da Verona38 e Agostino Dati39, vengono stampati i trattati gram­ maticali di Giovanni Sulpizio40 e di Antonio Mancinelli41, e quelli dei meno illustri Giacomo Cerrini (De scansione et syllabarum quantitate, circa 1495), Lorenzo Quagliolini (Grammatica e Metrica, circa 1488), Domenico Mimi-

36 Per i rapporti fra Studio e tipografie cfr. M. G. BLASTO, Lo Studium Urbis e la produzione romana a stampa: i corsi di retorica, latino e greco, in Un pontificato ed una città cit., pp. 48 1 -502; EAD., L'editoria universitaria da Alessandro VI a Leone X cit. 37 Regulae grammaticales; Carmina dif.ferentialia; De diphthongis, 1491 (IERS 1 242; ISTC ig00537400). ISTC registra un totale di 57 edizioni entro il 1 500 per le

Regulae grammaticales con i Carmina dif.ferentialia di cui 50 stampate in Italia; di queste 30 contengono anche il de diphthongis. 38 Regulae constructionis, 1 49 1 (ISTC ig00 109800). Di queste ISTC registra

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sette edizioni tutte stampate in Italia di cui due romane. Elegantiolae, 28 marzo 1 49 1 (IERS 1246; ISTC id00077600). Di queste ISTC registra 1 10 edizioni entro il 1 500 di cui 52 italiane e 5 romane. 4° Conunentariolus in Quintiliani «de compositionis ratione», 22 ottobre 1487 (ISTC is00845000; IERS 1052); De componendis et ornandis epistolis, circa 1490 (ISTC is00846000; IERS 1209); De arte grammatica, 1490 (IERS 1 1 7 1 ; ISTC is00838000); De versuum scansione et syllabarum quantitate, circa 1492 (ISTC is00844000; IERS 1325). 41 Spica; Versilogus; circa 1488 (ISTC im001 39500; IERS 1 10 1 ) ; Carmen deflo­ rib�ts; dopo il 1 agosto 1489 (ISTC irn00107000; IERS 1 1 1 5) ; Carmen defiguris, do­ po 11 5 agosto 1489 (ISTC im00106000; IERS 1 1 1 6); Epitoma seu regulae construc­ tionis; Sununa declinationis; De poetica virtute; circa 1490 (ISTC im001 1 1300; IERS 1 195); De poetica virtute, circa 1495 (ISTC im00 125000; IERS 1 505).

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ti42. Edizioni che rivelano un mondo di maestri impegnati nell'educare i figli della classe dirigente e speranzosi di conseguire attraverso la diffusione dei loro manuali un ritorno in termini economici e professionali. La dedica dell' Orda grammatices del Minuti, stampato dal Silber nel dicembre 1488, ed oggi conservato in un unico esemplare presso la bi­ blioteca Colombina di Siviglia, definisce una geografia provinciale, tra Ti­ voli e Formello, che ha in Roma, e in Curia, il suo approdo e nell'inse­ gnamento il mezzo attraverso il quale assicurarsi una promozione sociale. Della provincia di Tivoli è il maestro, di Formello, e civis romanus, il de­ dicatario dell'opera Giacomo Mancini, canonico lateranense e scrittore a­ postolico, destinatario il giovane nipote di questi Giov�nni Filip�� affid�­ . to dallo zio alle cure del Minuti. Mentre frequentazwm ancora pm presti­ giose documenta la dedica dell'Epitome ac emendatio Alexandri gramma­ tici a Gabriele Cesarini esponente di una delle più autorevoli famiglie del patriziato romano che gli aveva affidata l'educazione del figlio Giovan­ giorgio43. La dedica ad un proprio allievo costituisce, come è ovvio, una costante di queste edizioni, considerando quelle stampate dal Silber, accanto al Cesa­ rini ed al Mancini, appaiono Bernardino Ariano, figlio di Niccolò da Parma procuratore fiscale, allievo di Giovanni da Camerino che gli dedica il De mo-

42 Possiamo ragionevolmente ipotizzare che fossero destinate all'insegnamen­ to di base anche le ristampe del De viris illustribus attribuito ad Aurelio Vittore ( 1 8 agosto 149 1 ; ISTC ia0 1 390000; IERS 1 25 1) e del De historia romana di Sesto ufo (23 agosto 1 49 1 ; ISTC ir00357000; IERS 1253), entrambe curate da Angelo Tifer­ nate già stampate due volte intorno al 1474. 43 L' Emendatio porta la data di stampa 9 ottobre 1488 mentre l ' Orda gramma­ tices quella del 2 dicembre dello stesso anno, tuttavia, nonostante la presenza dei due colophones, le due operette erano destinate a fmmare un unico libro infatti l' er­ rata corrige che segue il testo dell' Orda registra correzioni al testo dell' Emendatio. I preparativi per il matrimonio di Giovangiorgio Cesarini con Maria Sforza ( 1504) fanno da sfondo ai Nuptiali di Marco Antonio Altieri. Nella premessa all'Appendi­ ce documentaria della ristampa anastatica de Li Nuptiali di Marco Antonio Altieri pubblicati da Enrico Narducci (Roma 1 995), Anna Modigliani scrive: «I Cesarini si possono collocare già nella seconda metà del Quattrocento in quel livello più alto del ceto dirigente municipale che strinse alcuni legami mat1imoniali piuttosto si­ gnificativi dal punto di vista politico [ . . . ] da una parte con esponenti delle famiglie baronali e dall'altra con quelli delle più prestigiose famiglie curiali. Gabriele padre di Giovangiorgio, aveva sposato Gulina Colonna, suo figlio Giovanni Andrea la fi� glia del futuro Alessandro VI, Girolama Borgia, nel 1482 [ . . . ] li forte legame con 1 Borgia [ . . . ] dette i suoi frutti immediati con l ' ascesa di Rodrigo Borgia al soglio . pontificio: nel settembre 1493 infatti il figlio di Gabriele, Giuliano, fu eletto cardi­ nale del titolo dei SS. Sergio e Bacco» (p. 47*).


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do studendi in utroque iure44, Michele Vitéz, nipote di Giovanni vescovo di Veszprém e oratore del Re d'Ungheria, allievo del Mancinelli che a lui ed al­ l 'autorevole zio dedica il Carmen de figuris, Filippo Gentile Pallavicini, ni­ pote del datario Antoniotto Pallavicini, e Alessandro Farnese, ornatissimum adulescentem, ai quali Giovanni Sulpizio dedica rispettivamente il De com­ ponendi epistolis necnon orationibus ed il De versuum scansione, e Falcone Sinibaldi cui lo stesso Sulpizio dedica il Commentariolus in Quintiliani "de compositione orationis" perché il nipote Francesco «ad sui stili consumatio­ nem primos hinc fructus decerpat»45. E mentre ad un suo allievo, Claudio Vallati, Sulpizio affida la propria difesa nella disputa sulla quantità delle sil­ labe latine con Paolo Pompilio46 la dedica sicuramente più prestigiosa è quel­ la con la quale lo stesso Pompilio offre l'edizione del De Syllabis (1488) a Cesare B orgia, mentre nel colophon sarà inserita la formula «ex sodalitate sancti Victoris et sociorum in Viminal»47, coniugando nella stessa edizione la protezione di una delle più autorevoli famiglie di Curia con quella dell'al­ trettanto autorevole, sul piano culturale, Accademia pomponiana. Ciononostante è nelle edizioni di testi grammaticali che si recupera la dimensione più propria del mezzo tipografico, poiché, aldilà della ricerca da parte degli autori di compiacere autorevoli protettori, qui si attiva una co­ municazione diretta fra autore e destinatario cui l ' autore fornisce, mettendo a frutto la propria esperienza didattica, oltre al testo anche gli strumenti per fruirne. Esse infatti presentano di regola anche dediche, che forse è più cor­ retto definire prefazioni, spesso indirizzate al lettore, che propongono indi­ cazioni di metodo nell'uso di quegli strumenti. Così l'indirizzo al lettore di Paolo Alessio Sulpitianus nell'ultima cmta della stampa che accoglie i Sy­ nonyma pseudociceroniani e i Synonyma di Bartolomeo Facio (Silber 1487) avverte: «Habes iam puer duos tibi utilissimos de verborum copia et elegan­ tia libros, in quibus siquid tui recto preceptoris iudicio est improbandum ca-

44 26 maggio 1491 (IERS 1248; ISTC ic00072000). 45 Ad un altro suo allievo, Pietro Paolo de' Conti, Sulpizio aveva dedicato l'edi­ zione degli Scriptores rei militaris. 46 Per questo cf1: M. CinABò, Paolo Pompilio, professore dello Studium Urbis, in Un pontificato ed una città cit., pp. 507-508; e BLASIO, Lo Studium Urbis e la pro­ duzione romana a stampa cit., pp. 495-497. Tuttavia Pompilio affe1merà di aver in­ dagato fra i membri della famiglia Vallati alla ricerca di un Claudio che ha appurato . non esistere. 47 Una fmmula simile è presente nel colophon, inse1ito in un frontone all'antica dell'edizione veneziana del commento ai Fasti di Paolo Marso: «Relligiosae littera� riae sodalitati Viminali et universae academiae latinae ad viventium posterumque u­ sum Pauli Marsi Piscinensis poetae romani». Per questo cfr. M. DYKMANS, L'hunza­ nisme de Pierre Marso, Città del Vaticano 1988 (Studi e testi, 327), p. 17 nota.

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nina littera annota; siquid depravatum emenda; siquid addendum videbitur, signa in margine, ut nec Ciceronis nec Fatii id esse appareat». Ancora più puntuali le istruzioni fomite al lettore48, quasi un corso bre­ ve di didattica, nell'edizione del Carmen de floribus di Antonio Mancinelli stampato da Silber circa il 1489: «Sciens itaque multos recte docendi et via et consuetudine carere, ne idem uno libello accideret eius aperiendi modum paucis expediam. Mane quoque carmina aliqua pue:is e�ode?tur in �u�e­ . rum, inde curiosus pr�eptor [ . . . ] vocabula 1psa omma sc1tu d1gna excipien­ tibus dictitet, vesperi autem repetendo illa cunctos interroget, declinareque etiam cogat obscuriora tum quoque sabbato totius dictata hebdomadis repe­ tat viritim interrogando, sic enirn et citius et facillime quisquam proficiat». Le operette di Antonio Mancinelli costituirono un vero best seller per nu­ mero di edizioni49 tanto che l'autore ritenne di dover certificare l 'offerta dan­ do l'elenco delle sue opere a stampa e di quelle ancora inedite nella dedica a Battista Gorio, padre del suo allievo Tiberio, della seconda edizione del­ l'Epitoma seu Regulae constructionis (Plannck 1490)50 precisando «in Urbe enim impressa omnia sunt» . Ma la domanda dovette essere tale da provoca­ re numerose ristampe 'pirata' oltre a quelle autorizzate dall'autore. Oltre a non essere autorizzate queste ristampe molto spesso erano scorrette così che il Mancinelli, nel pubblicare la Sermonum decas dedicata ad Angelo Coloc­ ci, fu costretto ad aggiungere una avvertenza «Siquis Ant. Mancinelli opu-

48 La dedica al lettore è preceduta da una dedica ad Orso Orsini rettore dello Stu­ diunz Urbis cui Mancinelli dedicherà l'anno seguente l'edizione del suo commento alle Bucoliche ed alle Georgiche di Virgilio (20 ottobre 1490, ISTC iv0021 9500; IERS 1 1 8 1). L'accostamento di una dedica al lettore accanto ad una 'personalizzata' è costante nelle edizioni delle operette grammaticali del Mancinelli. 49 Ne restano per il Quattrocento 71 edizioni, stampate in Italia e fuori, di que­ ste 20 sono romane ma solo 5 stampate dal Silber. Tuttavia nei primi anni del seco­ lo successivo Mancinelli affiderà al Silber la stampa di tre raccolte di sue opere per contrastare la diffusione di stampe non autorizzate e scorrette. 50 L'opera venà poi fatta ristampare a Venezia dallo stesso Mancinelli con dedi­ ca a Nicolò Rossi, dei cui figli era precettore, in essa l' autore ripropone, aggiorna­ to, l'elenco delle sue opere a stampa. L'elenco crea qualche problema nel raffronto con le edizioni a noi giunte: dell'Epitoma nella dedica, datata 3 novembre 1490, si dice questa essere la seconda edizione che segue la prima di quattro anni, ma fra le edizioni a noi giunte nessuna è datata o databile al 1486, salvo identificare la prima edizione con quella IERS 1 1 95 , ISTC im001 1 1 300, attribuita al Silber e datata cir­ ca 1490. Nell'elenco poi non si fa cenno, né come edito né come inedito, del De o­ ratore brachylogia di cui restano 5 edizioni nessuna però datata. Anche del De ar­ te libellus, citato come già a stampa, resta ora una sola edizione attribuita alla stam­ peria fiorentina di Bartolomeo de' Libri e datata intorno al 1 500.


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scula iam saepius per Io. Tacuinum linguae latinae exitium Venetiis impres­ sa inde Mediolani & alibi extra Urbem per alias legerit, quod Tacuini exem­ plaria secuti sunt, nullam illis fidem adhibeat, conupta enim maxima parte. Qua de re Vulcano tradiderit emendanda. Ematque Romae impressa sicuti forte illa placuerint. Ubi vero occasio dabitur eadem cum pluribus aliis una propediem Venetiis emendatissima imprimerentur. Tuncque Mancinellum non Tacuinum legerint". La qualità delle stampe romane ancora una volta viene proposta come garanzia per il lettore.

re de Foix54. Nel 1490 era la volta di Paolo Pompilio di pubblicare, sempre presso il Silber, la Vita Senecae con la Sylva Alfonsina (16 febbraio), e quindi la Panegyris de triumpho Granatensi (l aprile), dedicate rispettivamente a Juan Lopez segretario di Rodrigo Borgia (ed i rapporti del Lopez con Rodrigo Borgia consentono al Pompilio di sviluppare all 'interno della dedica un elogio del Borgia) ed a Bernardino Carvajal legato dei Re di Spagna, dedica, questa, che si conclude con l'elogio di Girolamo Pau che al Pompilio aveva dedicato il suo poema Barcinon (stampato a Barcellona nel l491)55 e aveva pubblicato presso il Silber il De fluminibus et montibus Hispaniarum dedicato a Rodrigo Borgia. L'intreccio di relazioni che converge sulla bottega del Silber suggeri­ sce che questi avesse saputo stabilire un rappmto privilegiato con i sempre più influenti ambienti spagnoli in curia56.

Ma è il settore delle stampe legate all'attualità quello che sicuramente caratterizza in maniera originale il catalogo del Silber. Abbiamo già visto co­ me la preoccupazione per l 'avanzata turca si era riflessa nelle edizioni dei pri­ mi anni Ottanta, più tardi, allo scadere del decennio, essa si tradurrà in una setie di stampe volte a celebrare l 'impegno decisivo dei Re di Spagna nella guena contro i mori di Granada. Ogni successo nell'avanzata dell'esercito di Ferdinando d'Aragona trova la sua eco in testi composti appositamente ed af­ fidati per lo più ai torchi del Silber: del 1487 è la stampa dell' Oratio de vic­ toria Malachitana recitata da Pietro Bosca51 durante il concistoro del 21 ot­ tobre, nella quale vengono svolti temi che poi saranno costanti nella pubbli­ cistica filospagnola, vi si afferma infatti che i Re di Spagna sono i soli nel mondo cristiano impegnati nel combattere e mettere in fuga i nemici della fe­ de, e che in questa impresa sono mossi «solo fidei zelo». L'anno successivo sempre il Silber pubblica la Breve epithoma rerum apud Malacam gestarum dedicata al cardinale Giovanni Balue dal segretario del cardinale Pietro Men­ doza, Diego de Muros, e accompagnata dall'Epistula De victoria Regis Hi­ spaniarum contra Mauros granatenses52, nelle quali narra dell'assedio e con­ quista di Malaga e della successiva avanzata dell'esercito spagnolo nel terri­ torio del regno di Granada. Del 1489 è la Silva de triumphata Bassa Almeria et Granata composta da Alessandro Cortesi53 su richiesta dal Cardinale Pier-

5 1 Il giorno 1 1 ottobre in S. Maria del Popolo il Bosca aveva celebrato la messa di ringraziamento per la vittoria del Re di Spagna. Egli sarà anche incaricato di re­ citare l'orazione celebrativa della conquista di Granada i l 5 febbraio 1492. 52 Il cardinale Pietro Mendoza era in campo a fianco del Re, e Diego de Muros, suo segretario, lo accompagnava e da questa posizione privilegiata nana la presa di Malaga e l'anno successivo di Almeria e Bassa. Nell'epitome, per illustrare la ric­ chezza di salmerie dell'esercito spagnolo il de Muros afferma «ut Rome in Campo Flore non in castris versari existimares». 53 L'edizione è datata da ISTC (ic00940400) dopo il 5 gennaio 1492, cioè dopo la conquista di Granada, in realtà essa andrà invece riferita agli avvenimenti del 1489 considerato che il Cortesi morì nel 1490. Alessandro Cmtesi compose anche un poemetto encomiastico De laudibus Mathiae Corvini, in cui celebrava le impre­ se militari del Re d'Ungheria, stampato dal Silber circa il 1485.

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54 A queste vicende ed alle feste romane per le vittorie spagnole fa riferimento Pietro Marso nella dedica ai Re di Spagna del Panegyricus in memoriam sancti Au­ gustini, per il quale cfr. DYKMANS , L'humanisme de Pierre Marso cit., pp. 27 e 77 e D. DEFILIPPIS, Un accademico romano e la conquista di Granata, «Istituto Univer­ sitario Orientale. Annali. Sezione romanza», 30/1 (1988), (Atti del Convegno inter­ nazionale Dall' Umanesùno napoletano dell'Età Aragonese al Rinascimento in Ita­ lia e in Spagna, Napoli-Caserta 1 1- 1 5 maggio 1 987) pp. 223-229. 55 Cfr. IERONI PAU, Obres, a cura di M. VILALLONGA, Barcellona 1986. La Practica cancellariae apostolicae dello stesso Pau, curata da Francesco Borgia, preceduta dal Provinciale omnium ecclesiarum e seguita dagli Excerpta ex menzorabilibus Hieronymi Pauli . . . ve1me stampata a Roma da Joham1 Besicken e Sigismund Mayr nel 1493. 56 A titolo esemplificativo, e senza pretese di esaustività si possono citare a suppmto di questa affe1mazione le edizioni dell' Oratio de Trinitate coram Innocentio VIII . . . ad comitem de Tendilla di Alfonso de Mora, cappellano del cardinale Balue [Silber, dopo il 21 maggio 1486], dell' Oratio ad comitem de Tendilla di Girolamo Gaona [Silber, dopo il 13 settembre 1486 - non dopo il 1487], il Tendilla era stato inviato a Roma come amba­ sciatore dei Re di Spagna nel 1486, dell Oratio de divino amore di Johannes Sancius de Miranda [Silber, dopo il 22 maggio 1496] a proposito della quale scrive il Burchardo «Se1monem fecit quidam hispanus, cappellanus dicti D. episcopi Segobricensis, prolixum nimis et tediosum, cum Pape et omnium indignatione». Per la tipografia del Silber pas­ sarono anche molte delle attestazioni di cordoglio seguite alla mmte dell'erede al trono di Spagna; si tratta dell 'Epistola consolatoria in ohitu lohannis Hispaniae principis di Ber­ nardino Carvajal tradotta dallo spagnolo in latino da Garcia Bobadilla, segretario dello stesso Carvajal e preceduta da una dedica del traduttore al cardinale Diego Mendoza, del­ la Panegyris in obitu Johannis Hispaniae principis di Diego de Muros e dell'Oratio de obitu Johannis Hispaniae principis ad Senatum apostolicum dell'Inghirami preceduta da una dedica a Garcilaso de Mendoza. Anche la notizia della mmte di Isabella di Castiglia lascia traccia di sé nel catalogo del Silber con l'edizione, nel 1505, dell' Oratio de obitu Helisabeth Hispaniarum et utriusque Siciliae ac Hierusalem regine di Ludovico Bmni (TiNTo, n. 24). Per tutto questo cfr. P. FARENGA, Non solo classici: politica e attualità (e storia) nelle edizioni romane del Quattrocento, in Alessandro VI. Dal Mediterraneo al­ l 'Atlantico (Atti del Convegno, Cagliati, 17-19 maggio 200 l) di prossima pubblicazione. '


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Questa attenzione per le vicende spagnole può essere messa facilmente in relazione con le istruzioni che Ferdinando d'Aragona aveva inviato ai suoi oratori Antonio Geraldini e Francisco de Rojas subito dopo la presa di Ronda nel giugno 1485 sollecitandoli a dare la massima pubblicità ai suc­ cessi nella guerra contro i Mori57. La celebrazione dell'impresa di Granada culminerà a Roma, dopo la conquista della città, con le feste del carnevale del 1492 e con la rappresentazione, e poi con la stampa, dedicata a Raffaele Rim·io, dell' Historia Baetica di Carlo Verardi (7 marzo 1493). li Verardi era un anziano curiale, all'epoca impegnato nella costruzione della carriera in curia del nipote Marcellino alcune elegie del quale sono pubblicate in ap­ pendice al testo dell' Historia Baetica58• Egli vent'anni prima aveva fatto patte dellafamilia del cardinale Pietro Riario, zio di Raffaele, ed a lui si era rivolto Ottavio Cleofilo per attenerne l ' appoggio per essere ammesso al ser­ vizio di Pietro Riario ed era stato proprio il Verardi ad accoglierlo nel suo primo ingresso nel palazzo del cardinale. L'episodio è narrato dal Cleofilo nell' Epistula ad amicos ferrarienses, eccezionale testimonianza e quadro di estrema vivacità dell'ambiente romano dei primi anni settanta, l' Epistula venne pubblicata da Silber intorno al 148559 insieme a due raccolte di versi del Cleofilo: Stinchae ed Epistulae ed al De coetu poetarum. Ma non sono questi gli unici testi poetici dati alle stampe dal Silber, in quegli stessi anni verranno stampati oltre agli Epigrammata del Marullo, la Passio Christi di Adamo da Montaldo, i Miracula tradotti dal Biffi ed i suoi Epigranunata, e le raccolte di versi di Antonio Geraldini: Carmen bucolicum ( 1485), Carmi­ na (con dediche a Pomponio Leto e Pietro Mendoza)60, Epodon liber pri­ mus61. E se il Biffi devolgarizzava i Miracoli della Vergine Maria, per altro

verso nel catalogo del Silber è attestata un'attenzione per il volgare che si­ curamente denuncia una sensibilità del tipografo per le attese di fasce di­ verse di pubblico: sono meno di quaranta le edizioni di testi in volgare pre­ senti nel catalogo del Silber, meno del lO% sul totale delle edizioni a lui at­ tribuite, tuttavia presentano scelte interessanti quale quella di pubblicare i volgarizzamenti delle Heroides, della Phm·salia e il Bellum Carthaginense, Syrum, Partichum et Mithridaticum di Appiano tradotto dal fiorentino A­ lessandro Bracci62 o la traduzione in ottava rima di Giuliano Dati dell' Epi­ stola de insulis nuper inventis di Cristoforo Colombo pubblicata su com­ mittenza di Giovanni Filippo De Lignaminé3. Ritornando a considerare nel suo complesso il catalogo del Silber, an­ che nel confronto col suo diretto concorrente Stephan Plannck, possiamo constatare che di fatto intorno alla metà degli anni Ottanta egli, in virtù evi­ dentemente della sua maestria ma anche della capacità di mantenersi in re­ lazione con gli ambienti curiali e culturali, era riuscito ad assicurarsi salda­ mente un ruolo primario all'interno del sempre più ristretto mondo dell'edi­ toria romana: mentre i suoi conconenti progressivamente chiudono per la sua tipografia passano i documenti degli avvenimenti culturali e politici di maggior rilievo. È noto che tutta la vicenda legata alle tesi di Pico si snoda attraverso edizioni da lui stampate, da quella delle tesi stesse a quella delle bolle di condanna e di istituzione del controllo sui testi da stampare da par­ te del magister sacri palatii, a quella delle Determinationes magistrales con­ tra conclusiones Joannis Pici Mirandulae di Pedro Garcia in cui le tesi pi­ chiane venivano confutate64. I fatti sono noti e non mi sembra opportuno fermarmi su di essi, mi preme invece sottolineare la presenza nel catalogo del Silber, accanto a queste edizioni e accanto alla più tarda stampa delle

57 Cfr. P. FARENGA, Circostanze e modi della diffusione dell"'Historia Baetica ", in CARLo VERARDI, Historia Baetica. La caduta di Granata nel l492, a cura di M. CIDABò-P. FARENGA-M. MIGLIO, con una nota musicologica di A. MORELLI, Roma 1 993, (RRinedita. anastatica, 6), p. XX . 58 Nel progetto di sistemazione in cmia di Marcellino Verardi rientrò anche la com­ posizione da prute di quest'ultimo della tragicommedia Fernandus sen,atus ispirata al­ l'attentato subito da Ferdinando d'Aragona, pubblicata dal Silber probabilmente nel 1493; per tntto questo cfr. ibid. . , pp. XXVII-XXX. Sempre nel 1493, il 14 aptile, il Silber pub­ blicava l'edizione del De raptu Prose1pinae di Claudiano curata da Marcellino Verardi. 59 Cfr. C. DIONISOTTI, Gli umanisti e il volgare fra Quattro e Cinquecento, Fi­ renze 1968, pp. 27-37. 60 Sull'ode a Sisto IV raccolta in questo volume cfr. ANDREA BRENTA, Discorso sulle discipline per l'inaugurazione dell'anno accademico nello Studium Urbis, a cura di M. CAMPANELLI, Roma 1995, (RRinedita, 1 1 ), pp. 136-140. 61 E di carmina, per lo più epigrammi, abbondano gli apparati delle edizioni del Silber in un reciproco scambio encomiastico che ha espressamente la funzione di confermare l'appartenenza dell'autore ad una societas literaria autoreferenziale.

62 li testo è preceduto da una dedica a Giovanni Paolo Orsini. Alessandro Brac­ ci, o Braccesi, fu seguace di Savonarola e in quanto tale inviato a Roma nel 1497 per mediare con il pontefice che lo trattò molto bmscamente. Segretru·io della Se­ conda Cancelleria nel 1498, fu sollevato dall'incarico dopo la morte del Savonaro­ la e sostituito da Machiavelli. Nell'autunno 1 502 era a Roma come inviato della Si­ gnoria e qui morì l'anno seguente. 63 Per il De Lignamine e la sua attività di editore cfr. P. FARENGA, Le prefazioni alle edizioni romane di Giovanni Filippo de Lignamine, in Scrittura biblioteche e stampa a Roma nel Quattrocento (Atti del 2° Seminario) cit., pp. 1 3 5-174. Per le e­ dizioni romane in volgare cfr. A. M. AnoRISIO, Cultura in volgare a Roma tra Quat­ tro e Cinquecento, in Studi di biblioteconomia e storia del libro in onore di Fran­ cesco Barberi, Roma 1976, pp. 1 9-36; e P. FARENGA, «lndoctis viris . . . mulierculis quoque ipsis»: cultura in volgare nella stampa romana?, in Scrittura biblioteche e stampa a Roma nel Quattrocento. Aspetti e problemi cit., pp. 403-415. 64 Cfr. BLASIO, Cwn grafia et privilegio cit., pp. 1 1 -35.


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Antiquitates di Anni o, di una serie di testi che riflettono un più generale in­

bombyce di Ludovico Lazzarelli68 dedicato ad Angelo Colocci e dell' Oratio ad sanctam crucem di Giovanni Mercurio da Coneggio stampata nel 1499, al­

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teresse per quelle «Magorum et caballistamm vanitates et superstitiones» che il Garcia condannava nelle Conclusiones di Pico. In questa galassia che accoglie l 'edizione dell'Ars brevis di Raimondo Lullo, già molte vol­ te stampata nel Quattrocento e la rara edizione del trattato alchemico del­ l 'arabo Geber65, il contributo più originale è dato dagli ebrei convertiti, molti dei quali originari della Spagna, che sia traducendo e commentando i testi della tradizione ebraica, sia utilizzando quella tradizione per dimo­ strare la verità della religione cristiana, contribuirono a metterne in circo­ lo i contenuti66. Il caso più noto è quello dell'Epistula de secretis e della Corona regia di Paolo di Heredia, stampati fra 1486 e 1487, ma anche il già citato Tractatus de perscrutatione mundi pubblicato forse nel 1499, ed il De confutatione ebraicae sectae dell'ebreo convertito Giovanni Battista Gratia Dei, stampato nel 1 500 preceduto da una dedica a Bernardino Car­ vajal67. Sempre a questo filone che coniugava la riscoperta del misticismo ebrai­ co della cabala con l'interesse per i testi etmetici avendo sullo sfondo diffuse credenze e timoti millenatistici è possibile ricondune anche le edizioni del De

65 Summa pe1jectionis magisterii; Liber trium verborum; De investigatione magisterii; Epistola Alexandri Imperatoris; Parabola super lapide philosophonun, edizione attribuita a Silber e variamente datata: 1483- 1490, 1486-1488, circa 1500 (ISTC ig001 1 2000; IERS 1 1 89). 66 A questo proposito cfr. l'episodio nanato da Giacomo Gherardi (Il Diario Ro­ mano di Iacopo Gherardi da Volterra cit., p. 49) che racconta dell'orazione tenuta da Guglielmo Moncada (Flavio Mitridate), familiare del cardinale Giovanni Batti­ sta Cybo, il futuro Innocenzo VIII, sul tema della Passione nel 148 1 : «Orationem de passione habuit Guilelmus Siculus ex contubemalibus cardinalis Melfitensis, vir doctus ebraice, grece et latine. Retulit misteria omnia passionis lesu Christi, eaque probavit hebreorum ac arabum auctoritate et scriptis verba ipsa eomm lingua in me­ dio afferens, qui hebreus a nativitate fuit et eius lege peritissimus habitus ante an­ nos circiter quattuordecim Christianomm baptismate initiatus. Ostendit plurima iudaeorum arcana, nobis hodie omnino incognita, quibus luce clarius monstratur, ludaeos non tam caecitate et ignorantia, quam contumaci pertinacia in erroribus ipsomm perseverare». Ricordato in F. SECRET, Pico della Mirandola e gli inizi del­ la Cabala cristiana, «Convivium», 4 ( 1 957), pp. 3 1 -47. 67 La dedica al Carvajal è seguita da un appello agli ebrei nel quale l'autore affer­ ma esplicitamente di essere un ebreo convertito e di essersi conve1tito «non enim vis, non bonomm fmtune ante conversionem indigentia, non divitiamm post conversio­ nem cupiditas, non glorie vanitas, nec vesh·e discipline» ma di aver maturato la sua conversione frequentando S. Malia sopra Minerva ed ascoltando la predicazione dei frati domenicani, e di essersi proposto «per has meas vigilias lucubrationesqne eas vo­ bis aperit·e et demonstrare».

lo scadere del millennio (fig. 1). Quest'ultima tinvia ad un etmetismo forse comvo ma di sicuro impatto. L'autore era stato protagonista della singolatis­ sima cerimonia della domenica delle Palme del 1484 illustrata nell'Epistola Enoch del Lazzarelli69. Si tratta di un'edizione patticolare che nell'impagina­ zione del testo ripete la forma della croce e ne scandisce le sezioni con il ri­ corso all'inchiostro rosso, conferendo al foglio un carattere di sacralità che ne sottolinea la funzione di talismano contro «omnem mortis diabolique furore et super ac contra omnia celi temve et maris ac totius huius blasphemati et mi­ serabilis seculi infelicissimique orbis et tenebrosi ac infernali chaos infortunia pericula atque cettamina». Più modesto, confidenziale e popolare, privo di retroterra filosofico, ma egualmente stampato da Silber allo scadere del secolo, un altro opusco­ lo contenente il De dominica oratione attribuita a san Cipriano di Antio­ chia, poteva promettere ai lettori di «destruere tucte le facture maligne e in­ canti e omne potestate de spirito captivo» con il valore aggiunto che «la donna gravida pmtandol addosso non disperderà». Il versante opposto dell'indagine della complessità dei fenomeni na­ turali nella loro relazione con i moti celesti si riflette invece nella non nu­ merosa letteratura scientifica, ed in particolare medica, pubblicata dal Sii­ ber. Anche in questo caso nel catalogo del Silber si incontrano ristampe di opere fmtunate quali il De genitura hominis di Pier Candido Decembrio, circa 1485 (nove edizioni nel Quattrocento di cui sette romane) ed il De conservatione sanitatis di Benedetto da Norcia, prima dell'ottobre 1484 (sette edizioni di cui sei romane), forse una prestigiosa editio princeps,

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princeps fu stampata circa il 1498 e conetta dall'autore, ad essa seguì poco tempo dopo una seconda edizione stampata sempre dal Silber; cfr. M. P. SACI, Lu­ dovico Lazzarelli da Elicona a Sion, Roma 1999 (Qnadenri di storia della ctitica e del­ le poetiche. Collana minor, 21), pp. 101-104 e129-130 e relativa bibliografia. L'edizione dell'Epistola Enoch de apparitione novi atque divini prophetae, viene attribuita alla tipografia nrilanese di Leonard Pachel e datata en-ea il 1490 in ISTC i100 107200. Per Giovanni Mercurio da Correggio cfr. P. O. KmsTELLER, Mar­

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silio Ficino e Lodovico Lazzarelli. Contributo alla diffusione delle idee ermetiche nel Rinascimento, it1 Studies in Renaissance Thought and Letters, l, offset reprint, Roma 1 984 (Storia e letteratura. Raccolta di studi e testi, 54), pp. 230-232; ID . , An­ cora per Giovanni Mercurio da Correggio, in ibid. , pp. 249-257 ; ID., Lodovico Laz­ zarelli e Giovanni Mercurio da Correggio, due ermetici del Quattrocento e il ma­ noscritto II.D.I della Biblioteca Comunale degli Ardenti della città di Viterbo, ibid., ID,

Roma 1993 (Stmia e letteratura. Raccolta di studi e testi, 178), pp. 207-225; SA­ CI, Lodovico Lazzarelli cit.


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quella degli opuscoli ippocratici tradotti da Andrea Brenta70 e l 'edizione del Carmen medicinale di Quinto Sereno Sammonico curato da Sulpizio (circa 1487), e, infine, opere di autori contemporanei più o meno vicini al­ la curia. Nel 1489, dedicata al pontefice Innocenza VIII, viene pubblicata la Gerontocomia di Gabriele Zerbo, raccolta di norme igieniche finalizza­ ta a ritardare i processi d'invecchiamento e ad assicurare una vecchiaia in buona salute, e, circa il 1490, la Coena di Battista Fiera, dedicata a Raf­ faele Riario, in cui l' autore in distici elegiaci illustrava le virtù di frutta carni e verdure. E l 'importanza dell'igiene alimentare è affermata anche d� Pietro Pintor, medico di Alessandro VI, autore dell' Aggregator sententia­ rum de pestilentia ( 1499), che nella dedica al pontefice raccomanda «So­ crates predicare solebat: solum ut vivas comedis, non autem vivis ut co­ medas, quod non pauci spernentes in maximas labuntur egritudines». L'o­ pera consiste in una summa di precetti estratti dalla letteratura medica clas­ sica e finalizzati a fornire norme igieniche destinate alla cura ma soprat­ tutto alla prevenzione delle affezioni. A testimonianza dell'efficacia· dei precetti raccolti nel suo trattato Pintor adduce il proprio caso: egli infatti, affe:ma, p ur co�nvolto in numerosissimi impegni derivanti dalla sua pro­ . f�sswne di medico e dalla cura della famiglia «cum muliere filioque et fi­ habus duabus» e nonostante avesse raggiunto l ' età di 74 anni, poté con­ durre a termine la propria opera «sine ullo corporis nocumento». Anzi l ' anno successivo diede alle stampe un altro trattato, anch'esso dedicato ad Alessandro VI, sulla sifilide: De morbo faedo et occulto ( 1500).

Le guerre d'Italia non avevano portato, infatti, solo lo sconvolgimento degli equilibri politici della penisola, esse favorirono anche il diffondersi della sifilide che si propagò in forma epideinica, così che fra 1497 e 1 500, oltre al De morbo faedo del Pintor, altre due opere mediche dedicate alla patologia ed alla cura del ' mal francese' furono pubblicate a Roma: il Trac­ tatus cum consiliis contra pudendagram seu morbum gallicum (Pietro del­ la Torre 1497, ristampato da Besicken circa ill505) ed il Dialogus de dolo­ re cum tractatu de ulceribus in pudendagra (Johann Besicken e Martino da Amsterdam 1500) entrambi di Gaspare Torrella, valenzano e vescovo di: Santa Giusta, ed entrambi dedicati a Cesare Borgia che di lue era malato71.

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n periodo di maggior ricchezza del catalogo del Silber coincide gros­ so modo con gli anni del pontificato di Innocenza VIII e ciò sorprende per­ ché, considerati i rapporti privilegiati con gli ambienti spagnoli che sem­ brano sottesi a molte sue edizioni, ci si aspetterebbe che l 'elezione di Ro­ drigo Borgia avesse deterininato una situazione favorevole ad un ulteriore sviluppo dell' attività del tipografo. In realtà dal punto di vista politico fu­ rono anni non facili e probabilmente il modificarsi delle condizioni di vi­ ta rese più ardua anche l 'attività degli stampatori. È significativo, ad e­ sempio, che delle 1 1 edizioni databili al 1494 solo quattro siano riferibili agli ultimi mesi dell' anno72: due pronostici, di Antonio Arquato e Giovan-

71 Per il Tonella cfr. A. M. OLIVA-O. SCHENA, I Torrella, una famiglia di medici tra Valenza, Sardegna e Roma, in Alessandro VI. Dal Mediterraneo all'Atlantico cit. Affini

70 Di questa raccolta (De natura hominis; de victu; De tuenda valetudine; Medi­

cinae lex; Iusiurandum; Demonstratio quod artes sunt; Invectiva in obtrectatores medicinae) ISTC registra tre edizioni, tutte romane, di controversa attribuzione e di

incerta datazione: ISTC ih002775000 (Herolt, c. 148 1 , da IGI 4785 attribuito invece a Plannck, c. 1490); ISTC ih00278000 (Silber, 1483-1490); ih00279050 (Plannck 1492- 9 ), è quindi difficile dire se quella attribuita a Silber fu effettivamente la pri­ . ma edrzwne o una nstampa di quella pubblicata da Herolt/Plannck. P. Casciano pro­ pone comunque di datare la dedica a Francesco Diedo entro il febbraio 1483, (cfr. A

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proposito di un 'falso ' umanistico: la «Caesaris oratio Vesontione Belgicae ad mili­ tes habita» di Andrea Brenta, professore dello Studium Urbis, in Un pontificato ed una città cit., pp. 548-549, nota 33). Nella dedica a Sisto IV Brenta racconta di aver

r�perito un c?dice c�n�enente i testi ippocratici da lui tradotti in una villa sull'Esqui­ lino del cardmale Olivrero Carafa. ll dato è importante perché, in sintonia con quan­ to affermato da Bartolomeo Saliceto e Ludovico Regio a proposito delle Epistulae di . Crcerone e da Agostino Piccolomini e Ludovico da Ferrara a proposito del commen­ to alla Politica (cfr. supra), conferma l'osmosi che si era venuta a creare fra biblio­ teche, romane e non, di personaggi di curia ed il mondo delle tipografie. Sempre a Roma e sempre tradotto da A. Brenta venne stampato anche il De insomniis di Ippo­ crate da Oliviero Servio c. 148 1 .

a queste edizioni di trattatistica medica si possono considerare due altre edizioni di testi di letteratura scientifica: l'Oratio ad Innocentium VIII, in esametri, databile agli anni 1485-'87 (ISTC il00291000; IERS 1 800), sorta di storia della civilizzazione culminante nell'elogio dell'arte marinara e contenente la celebrazione dell'invenzione dell'arte del­ la stampa «aethereas scribendi contnlit artes/ qui labor in tenues cum durus forsitan esset/ nec cunctis commune bonum, Germania nostro/ tempore divino nutu commota le­ vavit/ pondus, et unius dextrae sudore peregit/ munus anhelantnm tercentnm forte, ni­ tenti/ impressae splendore notae, quo dives, inopsque/ scire simul possent scriptis qua­ cumque fuerunt/ a priscis mandata viris, parientia saltern! corporibus, certamque animis ex lege salutem ». È questa una delle edizioni che portano il colophon «Argirios opus hoc Eucharius arte magistr-a/ impressit, summa perlege lector ope». L'altra edizione è quella dello Speculum peregrinarum quaestionum del domenicano Bartolomeo Sibilla (per il quale cfr. M. DE NICHILO, L'orazione in morte di Ippolita Sforza, in Monopoli nel­ l'età del Rinascimento (Atti del Convegno internazionale di Studio, Monopoli, 22-24 marzo 1985), a cura di D. CoFANO, Monopoli 1988, p. 692, nota 35; e G. DESANTIS, L'o­ razione in morte di Francesco, Federico e Nicola del Balzo, in ibid., pp. 731-753) stam­ pato dal Silber con la data 27 agosto 1493 (ISTC is00491000; IERS 1395). Si tratta di un trattato enciclopedico dedicato dall'autore ad Alfonso d'Aragona, duca di Calabria. 72 Ci sono giunte solo tre edizioni di testi di orazioni riferibili alla stamperia del Silber per il 1496.


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LE EDIZIONI DI EUCARIO SILBER

ni Basilio Augustoni, e questo dice molto sull'insicurezza del vivere, l 'E­ pistola indirizzata da Carlo VIII ad universos Christifideles il 22 novem­ bre mentre si dirigeva alla volta di Roma e la ristampa degli Scriptores rei militaris13 , quasi che l' evolvere minaccioso della situazione italiana aves­

1camoroso processo all'arcivescovo di Cosenza Bmtolomeo Florido78 falsi. freatore dei brevi, l ' acquisto di Milano da patte del Re di Francia, sono tut· · t ' vvenimenti che trovano eco nel suo catalogo. Per 1·1 resto mcontnamo .c1orlari di cancelleria, operette devozionali, confessionali, manuali ad uso del ero, pronostici, orazioni e mirabilia, quei t�sti .d� �acile s_mercio che ave� vano finito per costituire la spina dorsale dell att1v1ta del Silber e anche de1 suoi conconenti sulla piazza romana. . . . . Sicuramente le vicende politiche che segnarono gh anm del pontificaproto di Alessandro VI non bastano da sole a giustificare il contrarsi della . duzione della tipografia del Silber, ma, insieme ad esse, davette gwcare un ruolo decisivo la concorrenza di nuove imprese, in pmticolare quella d�l Besicken79. Se si escludono, infatti, alcune sporadiche p�·esenze, dal 1486 Il . mercato romano era stato monopolizzato da Plannck e S1lb�r� � 01, nel 149� , e proprio in coincidenza con l 'elezione di Alessandro VI, Imzra la sua attr-

se loro conferito nuova attualità. Per il 1495 ISTC registra 25 edizioni ma quelle che si possono piferire a quest' anno con approssimativa sicurezza sono solo quattro74, mentre per l ' anno seguente contiamo solo tre edizioni di orazioni. L' attualità sembra essere rimasta l'unico elemento caratterizzante il ca­ talogo del tipografo di Wtirzburg anche negli anni del pontificato B orgia: le edizioni del Silber funsero, infatti, da cassa di risonanza per il versante ro­ mano della vicenda del Savonarola, con l'edizione del Dialogus Tusci e Re­ mi adversus Savonarolam di Girolamo Porcari (c. 1497)75, dell'Epistola contra Savonarolam di Giovan Francesco Poggio (c. 1498), e del testo del Processo di Fra Girolamo Savonarola ( 1498?f6. L'elezione di Alessandro Vl77, la scoperta dell'America, l'attentato subito da Ferdinando d'Aragona, l'alleanza del pontefice con Venezia e Milano in chiave antiaragonese, l'i­ nondazione del Tevere nel 1495, la morte di Juan erede dei Re Cattolici, il

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78 Questi era lo stesso che aveva celebrato con un'orazione l'alleanza del ponte­

73 Stampati con le date 24 ottobre (Vegezio) e 3 novembre 1494 (Frontino). L'e­ dizione contiene oltre a Vegezio, Eliano, Frontino e Modesto, già pubblicati nel 1487, anche il testo di Onosander, De optimo imperatore, tradotto da Niccolò Sa­ gundino, di cui questa è la prima edizione. 74 Sono le Regulae cancellariae apostolicae, datate 8 agosto 1495 (ISTC ia00379300; IERS 1490); gli Opera del Campano, datati 31 ottobre 1495 (ISTC ic00073000; IERS 1491); GIULIANO DATI, Del diluvio di Roma del l495, stampato do­ po il 4 dicembre 1495 (ISTC id00045500; IERS 1492) e l' Oratio in festum sancti Johannis Evangelistae di Michele Femo, stampata dopo il 27 dicembre 1495 (ISTC if00 104600; IERS 1493). Le altre edizioni sono rifelite con approssimazione al 1495, alcune anche con ampia oscillazione temporale, ad esempio il modus confitendi di An­ drea de Escobar (ISTC ia00671500) datato 1495-98. 75 Cfr. A. MODIGLIANI, Roma e Firenze, «Tuscus et Remus». Due modelli in op­ posizione?, «Studi Romani», 46 (1998), pp. 5-28. 76 Per questo cfr. l'intervento di Piero Scapecchi (Savonarola e la stampa), in questi Atti. 77 Tutto il corredo di questo evento trova spazio nel catalogo: dall'orazione fu­ nebre per Innocenza VIIl del Chieregati, a quella De eligendo summo pontifice te­ nuta in conclave dal Carvajal, alle m·azioni d'obbedienza, all ' Epistula de legatio­ num italicarum adventu di Michele Femo (per la quale cfr. M. G. Blasio negli Atti del Convegno Principato ecclesiastico e riuso dei classici: Gli Umanisti e Ales­ sandro VI (Bali - Monte Sant'Angelo, 22-24 maggio 2000), al Commentarius de creatione et coronatione Alexandri VI di Girolamo Porcari (per il quale cfr. A. Mo ­ DIGLIANI, I Porcari. Storia di una famiglia romana tra Medioevo e Rinascimento, Roma 1994, (RRinedita. saggi, 10), pp. 196 e 460.

fice con Venezia e Milano: Oratio confoederationis initae inter Alexandrum �I et Venetorum Mediolani et Bari Duces, recitata il 25 aprile 1493 e stampata dal Silber (ISTC if00228200; IERS 1392). . 79 «Negli ultimi dieci anni del Quattrocento,. pur mantenendosi �ostant� la produzione totale rispetto al decennio precedente, Il panoram� delle ti�ograf1� roma­ ne appare più miicolato: della situazione di quasi monopolio delle tipografie mag­ giori, stabilizzatasi a partire dagli anni '80, :iene a �ar. p�r�e ora: accan�o a quelle del Silber e del Plannck e con orientamenti non dissimili, la tipografia del Be­ sicken. Rispetto al 27,13% del Plannck e al �9,41o/� del .S �lber, il Besi��en si af­ feima con il 29,79% della produzione totale di quegli anm, Impone��o�I I� t.al n:o­ , do - e inlmediatamente - sugli altri tipografi: questo dato e tanto pm significativo se si considera che egli inizia a stampare solo nel 1493. Emergono inoltre, a parti­ re dal 1492 la tipografia del Fritag [ . . . ] e dal 1490 quella di Pietro del�a �orr�» , CASCIANO-CASTALDI-CRITELLI-CURCIO-FARENGA-MODIGLIANI, Qualche mdzcazw­ ne per la tipologia del libro cit., pp. 365-366. Besicken operò da solo ed in. società con Sigismund Mayr, Andreas Fritag e Martino da Amsterda�. Qt�est:ultimo nel 149 1 era alle dipendenze di Francesco Del Tuppo da 14 anm, qumdi dal 147�, quando si era sciolto il sodalizio fra Del Tuppo e Riessinger con �l ritomo del ti­ pografo tedesco a Roma (cfr. P. FARENGA, Del Tuppo, Francesco, m DBI, 38, R�­ ma 1990, p. 318). Dopo aver collaborato a Napoli, nel 1498, alla stampa de� De lz­ beralitate del Pontano e aver stampato in proprio le Horae ad usum Celestznorum ordinis s. Benedicti, datate 27 gennaio 1499, nel 1500 è a Roma con il Besicken e vi resterà fino al 1502 per poi ritornare a Napoli. Anche Sigismund Mayr (o Mayer) si trasferì da Roma a Napoli dove nel 1504 stampò l'edizione dell ' Arcadia del San­ nazaro curata dal Summonte e, a partire dal 1505, sempre per il Summont�, _ Ie �­ pere del Pontano «ex archetypis Pantani ipsius manu scriptis: quae Neapoli m bi­ bliotheca divi Dominici cuncta servantur».


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vità Andreas Fritag80 e l'anno successivo Johann Besicken che da solo o in collaborazione con Sigismund Mayr stampa in questo primo anno di attività circa 28 edizioni contro le 1 8 attribuite a Plam1ck e le 21 riferibili a Silber. Anche tenendo conto dell'approssimazione con la quale molte edizioni vengono datate risulta immediatamente evidente che almeno fino al 1496 l 'attività della nuova tipografia fu intensa, poi nel 1496 tutte le tipografie r?mane �tamparono pochissime edizioni e dal 1497 fu di nuovo la stampe­ na �el � Ilber ad avere un ruolo primario sia per numero che per qualità di . ediZIOm. Queste considerazioni ovviamente vanno prese con le dovute cau­ tele, considerato che i dati in nostro possesso sono tutt'altro che certi tut­ tavia quel che mi sembra indubitabile è che effettivamente in quest'uÌtimo . scorciO del XV secolo si verificò una significativa contrazione dell'attività delle tipografie romane e che questo fenomeno non si manifestò solo come riduzione del numero complessivo delle edizioni stampate ma soprattutto come mortificazione dell'offerta venendo essa a consistere, per lo più, di . stampe di consumo, quasi che fra la città ed i suoi stampatori si fosse de­ terminato un divorzio che portava lontano, fuori di essa, le sue risorseSI se­ guendo un percorso che era stato anche quello del 'romano' Aldo Manuzio.

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LE EDIZIONI DI EUCARIO SILBER

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Sono appena una decina le edizioni del Silber a noi note stampate fra 1501 e 1 503. L'attività del tipografo, almeno apparentemente, si va esau­ rendo; co_n Giuli� II �i avrà una ripresa, seppur debole, dell'attività però senza mai eguagliare Il volume d'affari degli anni precedenti82• Nel 1 509 Eucario Silb�r mu?re e lascia al figlio l 'impresa da lui creata, un'impresa che era crescmta vigorosa sfruttando le pmticolarità della situazione roma­ na, da una parte individuando ed assecondando la domanda del mercato '

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8° Cfr. A. MoDIGLIANI, Freitag (Fritag) Andreas, in DE I, 4 1 , Roma 1 998, pp. 45 1-453; e VENEZIANI, Andreas Freitag e il «tipografo A.F» cit. 8 1 Abbiamo visto come Antonio Mancinelli si lamentava di Giovanni Tacuino lingua � latinae e::itium, ma c ' è da notare che la maggior parte delle edizioni più . . p�·�stlgwse del Sil?er, ma ovviamente non solo le sue, vennero ristampate, anche p�u :ol�e, a enezm e� in altre città italiane. Cito solo a mo ' d'esempio le edizio­ m dr VrtniVIO e �rontmo, De aquaeductibus, curate da Sulpizio e Pomponio, ri­ s �ampate a Venezra nel 1495 , quella cosiddetta degli Scriptores rei militaris, 1494, nstampata a Bologna l ' anno seguente, quella della Politica di Aristotele con il c ?mmento attribuito a s. Tommaso, ristampata a Venezia nel 1 500, e infine l'edi­ ZIOne degli Opera di Sallustio curata da Pomponio che conobbe almeno 10 ri­ stampe in diverse città italiane (Venezia, Milano, Torino, Brescia) e quattro tra Lione e Parigi. 82 È probabile che il numero delle edizioni stampate dal Silber sia destinato ad aumentare quando sarà completato il censimento delle cinquecentine.

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Fiori83. e �1on la �rande r�te co.�er�iale .veche era quello di Campo dei cm legarm con gli ambienti di cuna e eziana , e dall'altra stabilendo profl azione di competenza e accurate�­ ell' Accademia romana grazie alla reput o crem·e ma soprattutto grazie saput era si za nella realizzazione tecnica che va h1tti i gangli vitali della società road una fitta rete di relazioni che tocca mana.

83 Cito Campo dei Fiori in quanto metafora della realtà del commercio librario ro­ mano nel senso che la città richiamava a sé gran numero di stranieri e pellegrini, re­ sidenti per periodi variabili, che costituivano potenziale serbatoio di clie�ti cui offri­ re prodotti rnirati alle loro esigenze. Per questo cfr. MomGLIANI, Mercatz, �ottef!l�e : spazi di commercio a Roma cit. Un caso esemplare, pur nella sua e��ezwnalita, e . quello del vescovo di Durham, John Shirwood, a Roma dal 1474. Qm rl 13 gennaro acquista l 'edizi�ne delle Orationes di Cicerone stamp ata da Sweynhe�m e � a�artz tre anni prima. E questo il primo atto documentato di una campagna di acqms�I con­ dotta con assiduità fino a tutto il 148 1 e destinata ad assicurargli il possesso dr 32 e­ dizioni a stampa per lo più di testi di autori classici (i moderni sono sei: Pio Al­ berti, Leonardo Bruni, Platina, Sisto IV e Trapezunzio), privilegiando per molti quel­ le dei due prototipografi, alle cui edizioni si erano mdirizzati in m�niera esclus�va gli acquisti tra il 1474 ed il 1476 (su 32 edizioni 17 sono romane e dr queste 13 nsulta­ . no stampate da Sweynheym e Pannartz o dal solo Pannartz, 2 dal Silber e sono Fron­ tmo e Vitruvio). La predilezione dello Shirwood per le edizioni di Sweynheym e Pan­ nartz costituisce sicuramente l'espressione di tm gusto collezionistico personale ma è anche indizio del fatto che edizioni che assicurassero determinati standards quali­ tativi avevano ancora un mercato. Parte della biblioteca dello Shirwood, acquistata dopo la sua mmte a Roma nel 1493/1494 da Robeit Foxe, confluì poi m gran patte m quella del Corpus Christi College di Oxford fondato nel 1 5 1 5 dal Foxe (per tutto questo cfr. D. E. RoHODES, A Catalogue ofIncunabula in all the Libraries of Oxfor� University outside the Bodleian, Oxford 1982, pp. XXVI-XXVIl e P. S. ALLEN, Bz­ shop Shinvood ofDurham and his Librmy, «English Historica� Revie:V», 25 [1910], pp. 445-456. John Shirwood pubblicò a Roma, forse presso la trpografra ? el Plannck, nel 1482, un Epitome de ludo arithmomachiae, preceduta da una dedrca a Marco Barbo.

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CONCETTA B IANCA Le orazioni a stampa

Ad Hersfeld in Germania, e precisamente presso il Monastero dei fra­ ti minori, un luogo che aveva suscitato tra gli umanisti degli anni '20-'30 grandi attese per le scoperte dei classici ed altrettanto grandi delusioni 1, ve­ niva allestito nel 1509 un libro da parte di un certo frate Filippo: il libro, co­ me frate Filippo scriveva nella nota di possesso, era stato rilegato (com­ pactus) proprio nel 15092. Esso costituisce l'attuale St. Pal. N 145 della Bi­ blioteca Apostolica Vaticana, un volume conservato in un fondo, quello Pa­ latino, che riconferma l 'origine tedesca dello stesso3. La struttura del libro composito aveva da sempre consentito, in particolare per tutto il Quattro­ cento, e soprattutto in ambiente scolastico, di radunare manoscritti diversi ed affini secondo una linea di attenzione che privilegiava i testi rispetto an­ che alla eventuale eleganza di un codice miscellaneo4. In questo caso il composito Pal. IV 145 è tutto costituito da edizioni dei primissimi anni del '500 (entro ovviamente il 1 509), per lo più stampate a Deventer, tra le qua­ li prevale il genere della orazione5. Tutte orazioni a stampa del resto erano

Fig. l . - Miinchen , Bayerische Staatsbibliothek, Giovanni Mercurio da Correggio, Oratio ad sanctam crucem, [Eucario Silber], Romae 1499.

1 R. SABBADINI, Le scoperte dei codici latini e greci ne ' secoli XIV e XV. Edi­ zione anastatica con nuove aggiunte e conezioni dell' autore a cura di E. GARIN, I, Firenze 1 967, pp. 107-109. 2 Bibl. Ap. Vat., St. Pal. IV 145. A f. 1 r, che costituisce il frontespizio del primo testo, si legge la seguente nota di possesso: «Philippi [ . . . ] est Hersfeldie compactus anno 1 509 in monasterio Minimomm». 3 La biblioteca Palatina anivò alla Biblioteca Vaticana nel giugno 1623: J. BIGNA­ MI 0DIER, La bibliothèque Vaticane de Sixte IV à Pie XI. Recherches sur l'histoire des collections de manuscrits, Città del Vaticano 1 973 (Studi e Testi, 272), pp. 107-108. 4 Miscellaneo è ad esempio il ms. 70 dell a Biblioteca vescovile di Udine, con­ tenente solo m·azioni, descritto da L. BERTALOT, Eine Sammlung Paduaner Reden des XV. Jahrhunderts, «Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken», 26 ( 1 935-1936), pp. 245-267, rist. in BERTALOT, Studien zum ita­ lienischen und deutschen Humanismus, hrsg. P. O. KRISTELLER, II, Roma 1 975 (Sto­ ria e Letteratura, 1 30), pp. 209-235. 5 Se ne fornisce l ' elenco: l ) Baptistae Mantuani Carmelitae De patientia, De­ venter, Richardus Pafraet, 1 503; 2) Baptistae Mantuani Cannelitae De vita beata, Deventer, Richardus Pafraet, 1 502; 3) pezzo mancante 4) [Battista Spagnoli], Carmina de beata Virgine Maria que et Parthenice dicuntur, Deventer, Richardus, 1 502; 4bis) Baptiste Mantuani secunde Parthenius opus, Deventer, Iacobus de Sie­ da, 1 502; 5) Alexandri Hegii Dialogi, Deventer, Pafraet, 1 503; 6) Enee Silvii Pii se-


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quelle che f?r��vano, �ome ha di recente illu�trato Massimo Miglio, il vo­ . lume che Vrrgilio Bovro regalava m segno dr affetto fraterno a Girolamo Bovio nel 1489, e del quale è rimasto solo il primo pezzo (con il relativo e­ l?nc? del cont�nut?)6. Lo St. Pal. IV 145 allestito ad Hersfeld non è dunque l umco esempiO di raccolta precoce tutta allestita con libri a stampa: il nu­ mero 8 di tale raccolta, che si estende per le attuali cc. 3 1 1 -3 16, è costituì­ to �a un terni?ne, stamp;to a Lipsia da Martin Landsberg ed assegnato da­ . . . gli mcunabohsti al 1495 circa e che comunque, in base a dati interni, va collocato ante il 1 8 agosto 1 503 , ovvero prima della morte di Alessandro VI: il papa modernus, ovvero il pontefice attualmente vivente menzionato nel frontespizio, altri non è che il papa Borgia8. Il contenuto cÙ tale edizio­ ne è costituito dalla pubblicazione di due orationes decoratissime entram­ be recitate a San Pietro, preceduta da una dedica che sembra co�posta in occasione della stampa9. Se la bellezza delle orationes era stato il motivo prioritario per procedere alla messa in stampa, non di meno altrettanto sim­ boliche risultavano essere quelle stesse m·azioni, sia ovviamente per gli au-

cundi ... In sacratissinzam passionem domincam sapphico pede incedentem cum dilu�i�a interpretationr: Petri N. Drolshagii, Deventer, Richardus Pafraet, 1 505; 7) . Vzrgzlwcentone� vetens et novi testamenti [Lipsiae, Martinus Herbipolensis: H* 69 �4); 8) C:ratwn�s decoratissime, Deventer [1495] : v. injra, note 7-8 ; 9) (olim 8bis) Ioachim Donng, Carmen in divinam hostiam a Iudaeis pataviensibus subduc­ tam (s.a., s. t.: H* 6398); 10) (olim 9) Virgilii Bucolica cum comnzentariis Herman­ ni Torrentini (s.a., s. t.); 1 1 ) Iuvenci presbyteri historia evangelica carmine expressa (s.a., s.t.: � 3421). Il n. 3 era costituito da un'altra opera del Mantovano (sul quale cfr. d� ultimo CHR. MAAs, Il "Contra poetas impudice loquentes" di Battista Spa­ gnuo h A!antovano «RR �orna nel rinascimento. Bibliografia e note», 1 997, pp. 67.' 72), pero manoscntta, e ciOè l 'Apologeticon indirizzato a Ludovico Foscari e a Gio­ van Battista Refrigerio, che è stata scorporata dalla miscellanea palatina ed inserita , nell attuale Vat. lat. 10806, ff. 37-50, dove però si può scorgere l'antica foliazione (ff. 83-96). Su Hegius e la sua presenza a Deventer cfr. J.C. BEDAUX, Hegius poeta ' Leiden 1 998, pp. 23-28. 6 M. �OLIO, Di un incunabolo conservato e di altri sparsi per il mondo: l'affetto fr�terno e zl dono dz. una raccolta di m·azioni, in L'umana compagnia. Studi in onore dz Gennaro Savarese, a cura di R. ALHAIQUE PEITINELLI, Roma 1999, pp. 289-303. 7 C 448 8 ; GW 6625; Sheehan C-225. . 8 A c. 1r (= St. Pal. lV 145, c. 3llr) il frontespizio: «Orationes decoratissime Rome m eclesia Sancti Petri, in funere Innocentii pape Villcm·am cetu cardinalium prinra, se­ cun a cor� papa modemo Alexandro sexto in prestanda obedientia, habite». La dedica a c. av (= c. 3 1 1v): «Reverendo patri nobilique viro domino Guntero d� B �·unaro, decretorum doctori apostolice sedis prothonotario, Sanctorum Seba­ stran: Mag�e�urgensis et Petri Budyssinensis ecclesiarum praeposito etc., domino suo wcundiSSimo, Iohannes de Velmede de Meschede iuris baccalarius salutem et debitam reverentiam».

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LE ORAZIONI A STAMPA

CONCEITA BIANCA

per le circostanz� � c�i . erano state protori che le avevano recitate, sia da Leonello Chiengatr m morte del pon­ ta unciate. La prima è quella recita è quella recitata da Sebastiano Badoer da fice Innocenza VIII10; la secon Repubbli.ca y�neta1� . N�l frontesp�­ < n prestanda obedientia» a nome della vengono precrsatr 1 no� dei du� �uton: zio di questa edizion� tedes�a non tutta tesa ad esalt�re � esempl�nt.� della si tratta ovviamente dr una nstampa ono trascurati gli elementi p�u co�­ forma, il modello, ed in quanto tale veng due orazioni infa�i erano �tate �·rspet�­ nessi alle particolari circostanze. Le di San Pietro , il 28 luglio ed il 17 di­ vamente recitate a Roma, nella Basilica e; addirittura, a qua�to consen­ cembre 1492 , e subito dopo date alle stamp te conservate, a Ro�a SI .e�a �roce­ tono di verificare le edizioni attualmen diverse, in caratten .go�ICI e m ca� duto per entrambe ad almeno due stampe enza VIII e, tradrta m caratten ratteri romani. L'orazione in morte di Innoc ni assegnati al .Silber13, �eu­ gotici assegnati al Plannck12 e in caratteri roma Sebastiano Badoer m caratten go­ tre l'orazione de praestanda obedientia di assegnat� a� �lann�k15, dove va tici assegnati al Fritag14 e in caratteri romani esclusiVI di un tipografo ma, rilevato che i caratteri romani e gotici non sono ne accordo, il mercato dei come in questo caso, sembrano coprire, di comu romani e �uell� �he, for�e lettori, quelli che preferivano leggere in caratteri i ar tten .gotici. Pr.opno per tradizione, e forse di area stra��r�, prefer:ivano � � sr lancrav.an? gh st:a: m) contro la stampa romana (o meglio 1 tipografi roma decoratzsszme, cwe ones li dell' autore della dedica di queste due orati eva al decretorum rivolg si Johannes von Velmede, iuris baccalaurius, che her de Brunaro. Gunt , olica doctor, nonché protonotaio della sede apost

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o patris domini Leonelli epi­ Ibidem, c. a 2r (= c. 312r): «Reverendissimi in Christ Pe�i �n funere feli?is recorda­ scopi Concordiensis oratio habita Rome in ecclesia Sancti ndissimomm dommmum car­ revere tu ce tionis domini Innocentii papae VIIIcoram sacro apostolica sede vacante». CXCII MCCC iulii s mensi l dinalium et tota cmia die XXVil is 11 Ibidem, c. [a 5]r (= c. 3 15r): «Sebastiani Badumii, equitis patricii et senatm icem pontif Vl ndrum Alexa ad is, Veneti, illustrissime Venetorum republice orator maximum in prestanda obedientia». . 1 2 Senza colophon di stampa: IGI 275 1 ; GW 6623, IERS 1286; Sheehan C-223 1205, lat. . Ottob . ms del Uno dei due esemplari della Biblioteca Vaticana fa parte manoscntte . che in realtà contiene diversi incunaboli ed alcune opere 1 3 14; Sheehan C-224. IERS 6624, GW 2752; IGI a: 1 3 Senza colophon di stamp na, l'at�mle !ne. lV Vatica Anche l'unico esemplare conservato presso la Biblioteca parte di un volume a facev ), (1920 371 (2), che reca una moderna rilegatura in seta composito. an B-1. Uno 14 Senza colophon di stampa: IGI 1 144; GW 3 159; IERS 1269; Sheeh supra, no(v. 1205 lat. . Ottob dell' dei due esemplm·i della Biblioteca Vaticana fa pmte ta 12). 1 5 Senza colophon di stampa: IGI 1 145; GW 3 1 60; IERS 1 300; Sheehan B-2. w

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444

CONCETIA BIANCA

LE ORAZIONI A STAMPA

L'autore di questa dedica era stato anche l 'editore in senso proprio: egli a­ veva infatti corretto la littera, ovvero aveva eliminato gli errori di stampa, procedendo così non ad una ripetizione meccanica, ma ad un controllo se­ vero di verifica. I risultati di questo lavoro editoriale erano stati, a giudizio dello stesso Iohannes von Velmede, tali da consentire di classificare la produzione a stampa romana come qualcosa di superato, da potersi facilmente uguaglia­ re, se non addirittura superare16. La stampa romana, dopo gli inizi presti­ giosi e variamente contestati, si era adeguata, come è stato più volte sotto­ lineato1 7, ad una produzione di consumo, non esclusivamente in volgare o diretta indoctis viris mulierculisque per riprendere un titolo di Paola Faren­ ga a proposito del ristretto settore romano di incunaboli in volgare 18. La produzione a stampa di bolle ed orazioni, un settore veicolato dalla lingua latina per l'ovvio motivo della internazionalità della stessa, rimaneva co­ munque una produzione di basso livello, che serviva per usi profes sionali, tutta rivolta al giro prestigioso, ma fondamentalmente ristretto, della curia, delle cancellerie degli stati, degli ambasciatori. Non per questo, ovviam en­ te, ne risultava indebolito il carattere ideologico di manifesto. La scelta di abbinare le orazioni di Leonello Chierigati e di Sebastiano Badoe r era so­ s�anzialmente dovuta al fatto che in qualche modo Chierigati e Badoer , gra­ vrtando nell'area veneta, avevano avuto maggiori contatti con l'ambi ente tedes�o ed in ogni caso erano considerati oratori abili e famosi . In pattico­ lare dr Leonello Chierigati, di nobili origini, vescovo, e incaricato di deli-

16

Orationes decoratissime, c. av: (= c. 3 1 1 v): «illico subsecuturas (ut in nostromm

larium alumpnorum proficiscerentur) communionem premendas commendatas su­ sceperim recenti recenseo memmia et, ut tuis votis et iussionibus digne (ut decet) re­ spondisse videar, qui tuus fui sumque omni quo volutabor evo (et ero), qua compta et omata quave bene conecta littera, romanis non salurn comparanda, (sed ut, rectius dicam), anteponenda». 17 Cfr. M. MIGLIO, La diffusione della cultura umanistica negli incunaboli: Ro­ ma, «Accademie e biblioteche d'Italia», 65 ( 1997), pp. 1 5-30. Cfr. anche M. G. BLA­ sro, L'editoria universitaria da Alessandro VI a Leone X: libri e questioni, in Roma e lo Studium Urbis. Spazio urbano e cultura dal Quattro al Seicento (Atti del Con­ ve?no, Roma, 7-10 giugno1 989), a cura di P. CHERUBINI, Roma 1 992, pp. 289-3 12; e, m questo stesso volume, l 'intervento di P. SCAPECCHI, Savonarola e la stampa. 1 8 P. FARENGA, "Indoctis viris ... mulierculis quoque ipsis". Cultura in volgare nella stampa romana?, in Scrittura, biblioteche e stampa a Roma nel Quattrocento. Aspetti e problemi, (Atti del seminario, 1-2 giugno 1 979), a cura di C. BIANCA-P. FARENGA-G. LOMBARDI-A.G. LUCIANI-M . MIGLIO, Città del Vaticano 1 980 (Littera antiqua, 1 ,1 ) , pp. 403-4 1 5 . Cfr. anche EAD. , La tipologia del libro, in Gutenberg e Roma. Le origini della stampa nella città dei papi (1467-1477), a cura di M. MIGLio-O. RossiNI, Napoli 1 997, p. 75.

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cate missioni in Francia e soprattutto in Germania19, circolavano già diver­ come al tem­ se edizioni a stampa delle orazioni più famose e significative, ?ratio co�·am Cc�rol� VIIP.0 e l ' Grati� c�rc�m Hen­ VIII l' po di Innocenza 1 rico VIP. e soprattutto rl Sermo m pubhcatwne confoederatwms mter In­ 22 nocentiun VIII et dominium Venetorum , o al tempo dello stesso Alessan­ dro VI il Senno in publicatione confoederationis inter Alexandrum VI et

Romanorum et Hispaniae reges Venetorumque ac Mediolanensium duces, sermo che era stato pubblicato non solo a Roma dal Besicken23 e dal

Plannck24, ma anche a Pavia25 e a Milano26, nel territorio cioè di quel du­ cato milanese che, tra le diverse potenze sopranominate, aveva partecipato al patto clel l2 aprile 1495 . Del resto anche la stessa Oratio infunere In�o­ centii octavi seguiva una tradizione, quella dell'orazione funebre, ampra­ mente illustrata da McManamon, nella quale la biografia del defunto sem­ pre più veniva accompagnata da considerazioni eli carattere politico ed ec­ clesiale, come si conveniva al molo del biografato27. Leonello Chierigati,

19 Cfr. A. FoA, Chiericati, Leonello, in DBI, 24, Roma 1980, pp. 682-689. Cfr. anche P. PASCHINI, Leonello Chieregato, nunzio d'Innocenza VIII e di Alessandro VI. Note biografiche e documenti, Romae 1 935 (Lateranum, n.s., 1 ,3); L. GuALDO RosA,

Un documento inedito nell'ambiente culturale padovano della seconda metà del se­ colo XV: il "Dialogus" di Leonello Chierigati, «Quaderni per la storia dell'Univer­

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sità di Padova», 4 (197 1), pp. 1 -37, con l'edizione del dialogo consolatorio per Francesco Diedi a pp. 14-37. 20 Sono state assegnate due edizioni al Plannck, entrambe dopo il 20 gennaio 1488: IGI 2753 e 2754; GW 6619 e 6620; IERS 1066 e 1067; Sheehan C-226. 2 1 L'edizione è assegnata al Silber a dopo il 29 marzo 1490: IGI 2755 ; GW 6622; IERS 1 175; Sheehan C-227. 22 L'edizione è assegnata al Guldinbeck, a dopo il 2 febbraio 1487: IGI 2763; GW 6617; IERS 1 0 1 8 ; Sheehan C-232. Un'altra edizione è assegnata al Silber: IGI 2764; GW 66 1 8 ; IERS 1043. 23 L'edizione assegnata al Besicken a dopo il 1 2 aprile 1495 è in caratteri ro­ mani: IGI 276 1 ; GW 6627 ; IERS 1440; Sheehan C-229. Sul Besicken cfr. M. DAVlES, Besicken and Guillery, in The Italian Book, I465 - 1800. Studies Presentecl to Dennis E. Rhodes on his 70th Birthday, ed. by D. V. REIDY, London 1 993, pp. 3554. 24 L'edizione assegnata al Plannck è in caratteri gotici: IGI 2762; GW 6626; IERS 1467. Un'edizione fu anche stampata a Lipsia, assegnata a Martin Landsberg: IGI 2758 ; GW 6630. 25 IGI 2760; GW 6628; Sheehan C-230 (assegnata a Franciscus Girardengus). 26 IGI 2759; GW 6629; Sheehan C-23 1 (assegnata a Philippus Mantegatiis). 27 J. McMANAMON, The Idea! Renaissance Pope: Funeral Oratoryfrom the Papa! Court «Archivum Historiae pontificiae», 14 (1976), pp. 9-70; ID., Funeral OratOI)' and tl e Cultural1deals of1talian Humanism, Chapel Hill-London 1989; ree. di M. DE NrcHILO, «RR roma nel rinascimento. Bibliografia e note», 1990, pp. 174-178.

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CONCETI'A BIANCA

L E ORAZIONI A STAMPA

infatti, prima ancora di delineare il cursus honorum di Innoce nza VIII o l.1 lustrare I' l carattere d'I quel pontef'Ice28, SI. soffermava sui o t t . . ni egli argom maza cIle afflIggevano 1'l presente: suna testa de1. Cnstia entava, 111c · ombe . . . . a 1"'urcorum eroczta ' la lmmanzsslm s, 1a Hussitarum fi . · I· «nepIlandis pe1fi·c.tla . . 1 em mthodoxam»29 Iaddove se SI11ll errores contra f'd ' . . c nd° u�a tr �IZIOne � ormai consolidata fin dai tempi del Gra�de Scis�a, e ancm d1. pm �opo l'Unione con cui si era chiuso il Concilio di Ferra .. . ra e Fue . . nze problerm ecclesial1' e J?Olitlci si. vem. vano a saldare fort emente3o. I temp'i. erano ver a­ mente dun: cresce - sottolineava Chier · IgafI - �na pervz.cax contum . aci contro la santa romana sede che e' 111v a ece la matrzx della Iu· sa . v rsa cresce Il lusso tra il clero; crescono le; � � m_u � le lotte e 1e ei e dei nnci. �� � . tra di loro. E poi, scendendo a con J? �I cnstiani side . raziom. pm VIC111e , Il Patnmom. o di San Pietro è completamente s quass�tus ; l 'ager romanus è turb ; atus sa città di Roma è percors a d la stes. m. e . . a UCCISio rap111e regi· strando 111 uno status ampiamente visibi tal . modo . . le ed ogm gwrno ver' ific p·m, mo abi le3 I . derata, ma dello stesso tono l'O . ra:w de praestanda obedientia di Sebastiano Badoer32 . l 'esalta zw . ne pe1· Ia creaziOne de1 . nuovo pontefic sandro VI rientrava senza dtib ' e Ales. b IO ne . lano, dr. cm. rimangono molti. esem . l genere amp1amente dI' ffiIso della gratupi non solo a stamp�· ma ma . . gualmente scontato era il ric �oscntti; ed nordo d l . den�e po tefic come si riscontra in quasi tut � � �orgra, Callisto II,I te le r rec itat e 111 C I elezione di Alessandro VI. � !a 111 occasione della Ma a difef Ien . z della �ra�IZIO ne precedente, l'e­ � spressione «vemm etiam nov is et necess ns sanctwmbus upremo Clu"istianomm principe dignis Petri naviculam ecoratumm rm. � mme dubitamus»33

.

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·

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�; ��lv!ANAMON, Th� I�eal Renaissance Pope cit., p. J atw

10.

nes decorat1ssune, c. a2r-v 0 (= c. 3 12r-v) . 3 Cfr. J. HANKINs , Renazssa . nce Cru sad ers .. Humam.st CJ.usade L .tter Age ojMehemed II «Dumbat p ton Oak s apers», 49 (1 995 ) pp. 1 1 l ature in the ' 3 1 0rat.wne 207

- · s decoratissime, c. a2v (= c. ' 3 1 2v). 32 Cfr. G. CRAcco, BadoeJ; Sebastian , o i DB Id 5, Ro�a 196 3, C�si Giovanni Burckard des �P· 124- 126 . criveva l'arri;o �ella ele gaziOne venezwna: «Feria qumta, VI decembris hoi·a XXI . I Vel Circ. a, per po�tam v·m' d ana · m mtr quattu . · avemnt Urbem i orator'es et cum eis fu . or nov . . qumtus , qm contm . . . . · us m ' uo pn eiat, dommu Venetorum romana curia . , videlicet dd. Ma�1llu s Leo nus, Christophorus Duodus Paulus Barbus et Sebastian . us · d. Andreas Cappello, an-' · us orator, qui a familiis s Ba duanus novi .et. eu� ets trqu d n. e et car dmalium ac oratoribu tentatuum in Urbe existentib: s regum et po­ � r�cep��i l uer�nt e� usq ue ad domum d. Petri de Ro circa Porcarios et Minervam ma i n qua hospitandi erant, more solito ' HANNIS BURCKARDI Lib associati» (Ioer notarum ab anno MCCC CLXXII MD I, l: a cma di E. CELANI X I usque ad annum , RIS2, 32/1 ( 1 907-19 10), p. 3 O t .one 374 ). w l s decoratissime, c. [a5]v (= c. 3 1 5v) .

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perdeva il tono della ripetitività per caricarsi di nuovi e lucidi messaggi. Del resto un richiamo all'attualità, o meglio alla veridicità di quanto veniva affer­ mato all'interno di questo tipo di testi, è dato da Girolamo Porcari che dedi­ cando ai sovrani di Spagna Ferdinando ed Isabella il suo Commentarius de creatione et coronatione Alexandri sexti, stampato dal Silber il 18 settembre 149334, a clistanza di due giorni dalla prima e contrastatissima creazione car­ dinalizia da parte di Alessandro VI, portava a testimonianza della propria fe­ 35 deltà quel populus hispanorum Romae commorantium , ovvero quella natio che si era stabilita nell'Urbe di recente o forse meglio fin dai tempi di Callisto m, rivendicando al contempo la legittimità dei sovrani36• 31 Un'altra Oratio, multum sententiosa , trovava la strada della stampa: si tratta di quella Oratio de eligendo summo pontifice che Bernardino Car­ vajal, nella sua carica di vescovo, aveva recitato il 6 agosto 1492, ad apeltu­ ra di conclave, commentando il versetto «Ne laeteris, inimica mea, super me: si cecidi, consurgam» (Michea VII 8): dell'allestimento dell'edizione38 si era

34 IGI 8030; IERS 1396; Sheehan P-462. ll Commentarius era dedicato ai sovrani Ferdinando ed Isabella di Spagna, come si ricava dall' inscriptio della praefatio: «Ad Ferdinandum et Helisabeth Hispaniamm et Granatae reges augustos Hieronimi Porcii praefatio commentarii» (c. [6]r). Su Girolamo Porcari cfr. A. MoDIGLIANI, I Porcari. Storie di una famiglia romana tra Medioevo e Rinascimento, Roma 1 994 (RRinedita. saggi, 10), pp. 50 1-508; EAD., Roma e Firenze: "Tuscus et Remus". Due modelli in opposizione?, «Studi romani», 46 (1998), pp. 5-28. V. infra, note 105-108. 35 Commentarius, c. [1]r-v: «Qui sum et maiestatibus vestris affectus, quantum ex meo quem ad ipsas mitto libello perlecto, qui vos semper efficiet augustos, u­ nanimes, inclyti reges, facilius iudicabitis nova nec me sed vetusta servitus tenet. Testis est conscientia mea, testis est populus hispanorum Romae commorantium, meorum opemm testimonium perhibeant et veritatis vestri omnes ad summos pon­ tifices variis annis oratores insignes potuisset meus iste libellus ad maiestates ve­ stras regum et divorum principum praesidio munitus et litteris pervenisse». 36 Ibid. , c. [2]r: «Scio vos legitimos reges Hispaniamm occupatum aliquando operibus propriis vendicasse, propagasse illud et prop1iis firmasse virtutibus». 37 V. injra, nota 1 12. 38 Così l ' inscriptio a c. [a2]r: «Oratio de eligendo summo pontifice habita Rome in ec­ clesia Sancti Peni ad sacratissimum senatum cardinalium Innocentio octavo demmtuo per reverendum in Christo patrem Bemardinum Carvajal Pacensem episcopum, regis et regine Hispanie oratorem, die transfigurationis dominice sexta augusti millesimo quadringentesimo nonagesimo secundo». L'edizione è assegnata al Plannck: IGI 2536, IERS 1288; Sheehan C-121. L'esemplare conservato in Biblioteca Vaticana costituisce i ff. 45-54 dell ' Otto b. lat. 1205 (v. supra, nota 12). Altre due edizioni si devono al Sii­ ber, rispettivamente IGI 2537 e 2539; GW 6148 e 6152; IERS 1315 e 1398; un'altra fu stampata a Lipsia da Georg Bottinger (lGI 2538; GW 6151). Cfr. G. FRAGNITO, Car­ vajal, Bernardino Lopez de, in DBI, 21, Roma 1978, pp. 28-34.


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CONCETIA BIANCA

LE ORAZIONI A STAMPA

fatto cadeo Iohannes Valesius, decretorum doctor, con lo scopo di diffonde­ re un testo oratorio pari alla fama di Demostene; egli anzi dedicava l'edizio­ ne a stampa al suo maestro, Didaco de Muros, arcidiacono di Catmona, non­ ché segretario del Carvajal, il quale si sarebbe dovuto far carico di trasmette­ re l'opera al potente prelato spagnolo39. Il Carvajal, del resto, doveva sicura­ mente apprezzare la diffusione dei propri testi a mezzo dei torchi se erano sta­ te già stampate l' Oratio in die omnium sanctorum recitata il l o novembre 148240 e l ' Oratio in die circumcisionis recitata il primo gennaio148441 e so­ prattutto quel Senno in commemoratione victoriae Bacensis che aveva reci­ tato il 10 gennaio 1490 davanti ai cardinali presso la Chiesa di S. Giacomo degli Spagnoli42. Ben consapevole che ogni elezione pontificia costituiva un momento di fragili equilibri, nella Oratio de eligendo summo pontifice Car­ vajal, che tra l' altro faceva ape1tamente riferimento all'orazione nuper reci­ tata del Chierigati43, ribadiva, secondo le linee di una solida provvidenzialità,

la pienezza dell'autorità pontifica44, anche in tempi tormentati dal pericolo turco45. Un'ulteriore edizione, di cui gli incunabolisti discutono la prove­ nienza tra Firenze e Roma, confermava la fmtuna dell'Oratio stessa46. Quello che sorprende è che di tante m·azioni de obedientia molte va­ dano ai torchi, ed ovviamente, in primo luogo, nella città in cui erano sta­ te pronunciate, cioè Roma, anche se non mancava qualche ristampa, come accade per l' Oratio di Giovanni Lucido Cattanei recitata il 5 novembre 1492 per conto del marchese di Mantova, che venne stampata a Roma47, ma anche poco dopo a Parma insieme con altre e precedenti orazioni del­ lo stesso Cattanei48. Di esse, tra l'altro, molto spesso si trova menzione nel Liber notarum di Johann Burckard, sempre attento a registrare tutti i pas-

39 Si trascrive l'intera dedica della Oratio de eligendo summo pontifice scritta da

Iohannes Valesius decretorum doctor. Cum debeam tibi plurimum, amatissime Di­ dace, quod meis rebus non seetis ac tuis auxilio fueris, quid autem rependam non satis habeam; cogitavi vel partem meae obligationis implere idque non mediocriter ab­ solvam, cum orationem sapientissimam quam de eligendo summo pastore nuper Pacensis antistes, nostri evi splendor ac pmtentum, apud sacratissimum senatum In­ nocentio octavo demmtuo cum magna omnium laude, immo admiratione, habuit, tibi in primis destinandam censuerim. Coniecta in ea simul aspicies moralia theologica et oratmia universa. Sed nescio quid vive vocis actus divinus perstrepebat ut seipsum au­ disses sua resonantem verba Demostenis memor esses . Accipe igitur illius luculentis­ sime orationis ptimitias, communes eas facias domino meo reverendissimo cardinali Hispanie ac illustri marchioni Villene ac mihi observande plurimum nobile nutrici serenissimi Hispaniarum ptincipis. Lege eam feliciter et vale» (c. [a]v). Nel ms . Lan­ di 3 1 della Biblioteca Comunale Passerini-Landi di Piacenza è conservata una lettera di un ce1to Johannes Valesius a Niccolò V (cfr. P.O. KRIS1ELLER, Iter italicum, li, Lon­ don-Leiden 1 967, p. 71): non è possibile accertare però se si tratta della medesima per­ sona oppure, visto il lungo intervallo di tempo tra il pontificato di Niccolò V e quello di Alessandro VI, di omonimia. 40 L'edizione in caratteri romani è assegnata all'Herolt: IGI 254 1 ; GW 6154; IERS 73 1 . Cfr. O' MALLEY, Praise and Blame. Rhetoric, Doctrine, and Reform in the Sacred Orators of the Papa[ Court, c.I450-1521, Durham 1 979, p. 247. 41 Due le edizioni di quest' Oratio, entrambe in caratte1i gotici assegnate al Plmmck: IGI 2533 e 2534; GW 6146 e 6 147; IERS 828 e 108 1 ; Sheehan C-1 1 8 e C-119. 42 L'edizione è assegnata al Plmmck: IGI 2540; GW 6153; IERS 1475; Sheehan C-122. In essa Carvajal sottolineava per così dire un'inversione di tendenza: «Non iam ad lugubria cmmina, non ut alias ad referendum Bizantium deperditum, non ad collachrymandum excidia Christianorum invitati, sed ad vere foeliceÌn sanctissime victoriae diem celebrandum commemorandum que conventus hic agitur» (c. ar). 43 lbid., c. a3v: «De Innocentii autem excessu nuper, dignissime Concordiensis antistes, sapientissimus atque omatissimus orator plura disseruit».

44 Ibid., c. [b2]r-v: «Si ergo patres ad summmum pontificatum semper et onmi tempore melior assumendus fuit, quanto magis tempestate nostra, quando propter mi­ nam auctoritatis libettatis et refmmationis ecclesie difficilior est illi regiminis via adeo ut non modo videatur indigere hodie pontificis successione Pletri (!) in plenitu­ dine potestatis clavium, vemm et in plenitudine gratie miraculmumque cum fere miraculo ascribi debeat et tanta ruina ac fere ex sterco ecclesiam erigere». 45 Ibid., c. [b2]v: «Profligabit cum prudentia Thurcos infestissimos hostes a fi­ delium tetminis qui quotidie imminet dorso nostro ac membratim christiana domi­ na conscidunt». 46 IGI 2535; GW 6 149; Sheehan-120. L'esemplare vaticano è segnato lnc. Ross. 1384. Cfr. D. E. RHODES, Gli annali tipografici fiorentini del XV secolo, Firenze 1988, p. 46, n. 1 6 1 . 47 Due le edizioni stampate a Roma, entrambe in caratteri romani, una assegnata al Fritag (IGI 2575; GW 6217; IERS 1267; Sheehan C-144) e l'altra al Plannck (IGI 2576; GW 6216; IERS 1296; Sheehan C-143) . Cfr. R. ZAPPERl, Cattanei, Giovanni Lucido, DEI, 22, Roma 1 979, pp. 406-408. In quanto oratore per il marchese di Man­ tova, il Cattanei ricordava due episodi che coinvolgevano la città, e precisamente la sosta di Mmtino V a conclusione del Concilio di Costanza e la convocazione del Congresso di Mantova voluta da Pio II (c. A5r). li Cattanei che nel 1485 si era trasferito a Roma fu residente mantovano da1 1487 al 1505: Cfr. A. Luzro , I dispac­ ci romani di Giovan Lucido Cattanei, in Isabella d'Este e i Borgia, «Archivio stori­ co lombardo», 53 ser., 2 (1915), pp. 412-464. 48 IGI 2578; GW 621 9; Sheehan C-145. A c. A5v il colophon, con riferimento all'ultima orazione: «Habita Romae coram Alexandro VI pontifice maximo et sacro apostolico senatu die quinta novembris 1492, impressa Parmae per Angelum Ugo­ letum die prima martii 1493». Il volume contiene l'edizione di altre sei orazioni recitate dal Cattanei a Mantova tra il 1482 e il 1484. Quest'edizione, con pmticolare riferimento per 1' orazione in morte del cardinale Francesco Gonzaga, è stata ampia­ mente utilizzata come fonte da D. S. CHAMBERS, A Renaissance Cardinal and his Worldly Goods: the Will and lnventmy of Francesco Gonzaga (1444-!483), Lon­ don 1 992 (Warburg Institute Surveys and Texts, XX), p. 1 79.


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CONCETTA B IANCA

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saggi del caerimoniale . Basta ricordare le edizioni romane dell ' Oratio di Giacomo Spinola per i genovesi5°, di Gentile Becchi per i fiorentinisr , di Antonio Galeazzo Bentivoglio per i bolognesi52, di Giason del Maino per

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na traccia, però, dei giomi relativi alla morte di Innoce nza VIII e l'elezione di Alessandro VI: l'editore, E. Celani, pur segnalando questa assenza, non la riteneva dovuta a lacune meccaniche o tanto meno ideologiche: BURCKARDI Liber notarum cit., I, p. 372, nota 2. 50 Oratio gratulatoria ad Alexandrum VI nomine Genuensium habita: di quest' orazione sono conservate due edizioni a stampa, risalen ti a dopo il 12 dicem­ bre 1492, una con caratteri romani assegnata al Plann ck (IGI 9 1 34; IERS 1 298; Sheehan S-280) e l'altra con caratteri gotici assegnata al Silber (IGI 9 1 35; IERS 1 322; Sheehan S-281 ). Burckard così registrava l' arrivo della legazione genovese: «Eadem die [2 dicembre 1492], circa horam XXil l, per portam Viridariam in­ traverunt Urbem quatuor oratores ianuenses, videlicet spectabiles viri dd. Iacobus Spinola, utriusque iuris doctor, Ioannes Baptista Adum us, Paulus de Flisco et Sil­ vester lnvrea, cives ianuenses, qui a familiis ss. d. n. ac rr. dd. cardinalium more sol�to recepti et usque ad domnum hospitii emum angula rem, videlicet oppositam cune Sabelle regionis Regule, associati fuerunt» (BURC KARDI Liber notarum cit., I, pp. 371-372). 5 1 Oratio Florentinorum coram Alexandro VI habita: ugualm ente due edizioni a stampa, assegnate dopo il 28 novembre 1492, l'una in caratteri romani assegnata al Pla�nck (IGI 1428; IERS 1 297; Sheehan G-35) , l'altra in caratteri gotici assegnata al Sllber (IGI 1429; IERS 1 321 ; Sheehan G-34). L'oraz ione del Becchi ebbe tanto successo che fu ristampata dal Calvo nel 1 525. Sul Becch i cfr. C. GRAYSON, Bec­ chi, Gentile, in DEI, 7, Roma 1 965, pp. 49 1-493 , e, da ultimo , R. FUBINI, Gentile Becchi tra servizio mediceo e aspirazioni cardinalizie, e una sua intervista bilingue a papa Paolo II (l marzo 1471 ) , in FUBINI, Quattrocent o fiorentino. Politica, diplo­ mazia, cultura, Pisa 1 996, pp. 333-3 54. 52 «Oratio ad Alexandrum VI nomine Bononiensiu m habita »: tre le edizioni a stamp a, assegnate a non prima del settembre 1492, in caratteri romani, due al Plan­ nck (IGI 1483 e 1484; IERS 1 289 e 1 290; Sheehan B-134 e B-135), e una al Silber (IGI 1485; IERS 1 3 1 6; Sheehan B-136 ). L'orazione di Anton Galeazzo, figlio di Giovanni II Bentivoglio, è una delle poche, tra le orationes pro obedientia provviste di dedica per la stampa: in questo caso il decret ar doctor Ferdinandus d� Salazar si rivolgeva al proprio maestro Giovanni da Sala, che sempre aveva di­ mostr�to grande fiducia verso la famiglia Bentivoglio : «Orationem, quam nuper lu­ . culentrssrmam habuit ad Pontificem maximum Reipu blicae Bononiensis nomine An�oniu� Galeacius prothonotarius Bentivolus, cum imprimendunm curarem, cui potms dicandum arbitrarer quam tibi inveniebam nemin em» (IERS 1289, c. av). Questa dedica è presente in tutte e tre le edizioni roman e, non costituendo quindi un elemento distintivo per stabilire i rapporti cronologici tra le tre edizioni a stampa. Il testo dell'Oratio è d'altra parte talmente breve (un solo foglio) da non consentire di ricostruire rapporti testuali.

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i roilanesi53, di Nicolò Tigrini per i lucchesi54, ecc., quasi �utte sine notis, ma stampate in tempi pressocché coevi da diversi stampaton_. Con tutta pro­ . babilità le orazioni che per un qualche motivo non fossero nsultate dr preno gradimento, non raggiungevano i torchi, come �ei_Ubra potersi dedurre da qual­ . che affermazione dello stesso Burckard55. Ogm smgola orazwne stampata ub­ bidiva a finalità ben precise e tutte facilmente individuabili nel contesto di pro­ venienza, come ad esempio l' Oratio di Gentile Becchi nella quale il pu!l�o no­ dale è fornito dal ricordo personale56, ma in realtà di forte spessore politrco ed ecclesiale, innnediatamente a ridosso della scomparsa di �orenzo de' Medi�i: Becchi, creando un circolo allusivo, ricordava come Callisto Ill avesse spre-

53 Oratio pro Mediolanensium principe coram Alexandro. VI, sta�pata, ?opo il 1 3 dicembre 1492, in tre edizioni, e precisamente due in caratten romam, una nsalente al Fritag (IGI 6029; IERS 1268) e l'altra al Plannck (IGI 60�8 � IERS 1 299), ed un'altra ancora in carattere gotici, senza assegnazione alcuna dr tipogra:t:o (C 3944; IERS . 1330). L'orazione fu anche stampata a Pavia: IGI 6030 e 603 1 . Partrcol�ente ampia la descrizione del Burckard che collocava l'orazione milanese al 5 dicembre 1492: «Feria quarta, V decembris, SS.D.N., paratus amictu et pl�viali ru? eo �um perlis �c mitra preciosis, venit ad tertiam aulam consuetam pro pub�co consrs�on� par��am, r_n quo ili. d. Hermes Maria Sfortia, cum quatuor aliis oratonbus Ioa�s �aleatn ducis Mediolani et Ludovici ducis Barii, presentatis ex more duabus drversis eorumdem ducum litteris credentialibus, prestitit obedientiam solitam et consuetam ss. d. n. As­ sociati fuerunt dicti oratores ex parva capella per sex dominos assistentes, videlicet archiepiscopum Cusentimum et Castrensem, Tricaricens�m, Dole�sem, Volaterranum et Alexandrinum episcopos, ad presentiam ss. d. n. Oratwnetn'f�cit d. Iason Maynu� , . quintus oratorum, post quem retro bancum presbytermum cardm�um ste�erun� epi� scopus Terdonensis et d. Stephanus Tavema, antiqui orator�s �ucis Mediolam, qm tamen non fuerunt per prelatos ad presentiam ss. d. n. assocratr, aut ad ?sculum re­ . cepti, neque illuc venenmt, sed manserunt apud dictum ban�um dictos qumque novos oratores ibidem expectantes» (BURCKARDI Liber notarum crt., I, PP: 372-373). 54 Oratio pro Lucensibus ad Alexandrum VI, assegnata a dopo il 25 ottobre 1492, . . in tre edizioni, due assegnate al Fritag, rispettivamente con caratten romam (IGI 9669; IERS 1 264; Sheehan T-263) e gotici (IGI 9670: IERS 1265; Sheehan T-265) ed una terza con caratteri rommù al Plannck (IGI 967 1 ; IERS 1394; Sheehan T-264). 55 Relativamente al 1 4 dicembre 1492 scriveva il Burckard: «Orationem fecit prefatus d. episcopus [Ioannes episcopus dunelmensis] be�e e� elega�ter composi­ tam, sed propter inexpeditam expressivam eiusdem audrent�bus nnnus gratam» . . (BURCKARDI Liber notarum cit., I, p. 381). Nessuna t�a:ci� d� tale �razr�ne, tanto meno a stampa, pur non escludendo in assoluto che ediZIOni dr pochi fogli pos� ano essere andate perdute. Con molta probabilità non bastava l'eleganza dell'orazione per arrivare alla stampa. . . . . 56 Oratio jlorentinorum, c. 3v: «Videmus primanae failllhae hereditatis nostrae funiculum sedere tahdem cum primcipibbus populi sui». ·

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gato a co�imo, il primo pate patr r iae di Firenze, che il pontefice em . . vera­ mente il vzcan·us C'lan.stl·57, una temat . ca yss � che era stata riproposta da Niccolò ma che Alessandro VI sembrava npre ndere in pieno ed allargare. De1 resto la tr�dIZion · · · e canomsta delle due chiavi era espressamente rib ad't 1 a daIl' o. . c ratore milanese, il Lam oso gi·�nsta G�a son del Mai no che nell a sua Ora tio ad Alexandrum VP9 faceva ampiamente sfoggio della sua cultura l me · a, �l· percorrendo una breve storia degli oratori dell'a _çc ' ntichita60, ma souermandOSI soprat tutto sul concetto dell' auctoritas pontlificia61 . cu1· Lace c va segmto · una mte . res· stanzrata sante e crrco · VIta dello stesso pontefice62 Ed an h . pro � e ne11a 0ratlo Ferdinando itala regé3 il meno noto e prestigi ;so Rutili·o zenone oratore · te da N rol'� pr?v�men : :; . co� la legazione aragonese, pur cela . ndosi dieh o la propna mespenenza nbadiVa l ' alta relig . iosità del ar n e g . st.fi ' cando die�ro la malat i ­ tia il ritardo della stessa l e' t Ì · a ro aveva suscitato qualche inconvenien te6s.

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57 !bi�., c.3v : «C:alixti sapientissimi avunculi tui ac predecessoris tui ea . ad C srmu� , ynmum patnae nostrae patr . . . ? em vox fuit, os ns um Il � r se esse vrcanum Chnstr cui tot ecclesias fabricavit» . cfi·. A ERo le umanzst Portrait of mo de , Medici pater patriae «The WN, Cosi. Jo m l of the Warburg and Courtau ' � d Institutes», 24 ( 1 961 ), pp. 1 86-22 1 · G. HnLM Es oszmo and the Popes, in Cosimo ' il Vecchio ' de ' Medici, 1389-1464 'ed bY,F fil A :,� vlliS-LEWIS, Oxford 1 992 , pp. 21-3 1 . · 58 Cfi.. M. Mrauo, 'Nzccolo V . . umanista di Cristo, m U.maneszm o e Padri della Chiesa. Manoscritti e incunaboli p . . at tzcz ' da Francesco Petrarca al primo Cinquecento, a cura di S. GENTILE Rom a 1 7 pp. 77-8 3 . ' ' 59 v. supra, nota 53. Mol . . n del ti consilia e lecturae di Lzaso . atr. a Mamo furono pubbhc stampa: cfr. IGI 598 8-6032. 60 Grati pro znc · lytzs · smw · Mediolanensium duce (IGI 6029) . 0 c. m.. 6 1 Ibzd ., c. a2r: «In romano ponff . ' . I rce duo precrpua reqmri ex geminarum cla­ . vium traditione sacri canones mte rpretantur, quarum una potestatem designat, altera sapientiam». 62 Vita che ha inizio . • . con 1 espressi· One Patrza tzbz. est Hisp ania (c· [a6]r) 63 L' edrzw ' . ne e, assegnata al . Plannck a dopo Il · 21 drce mbre 149 2: IGI · 104 39; IERS 1 30 1; Sheehan Z-1 2. . M Oratzo pro Ferdinando itala rege.· «<m ese · . .rmbecil . � r:�ra ve�o quam consrdero praeter litatem mearum virium in maxrm e me wcn mgemo personam excellen mam quam in dicendo sustm tissi' ere tam repente coatus sum non . . . poss um nom Beatrssr. me Pater, in tanto illustriu uhil, m doctissimorum u ho : num co nsessu �tque o ·­ dine et in tam celeberrimo totius � � nu � Rei . �· chn stranae atque adeo totm . terrarum (ut ita dicam) theatro hoc Publica s orbrs er:m: e tissr mo non con tremiscere» (c. [l]r) n r: 65 Ibid., c. [2]r.. «E . apropter rex relig10 sr · · cellentes et illustres viros ac totius . � s�us h.os v�nerabrles praesules, hos exregru �lll pnmanos crves et me post rem o legatos ad Sanctitatem tuam uam celerit r adver�am va�itudinem suam mittere studuit». Questo il re's conto del B . . . �ra�a �rt [21 drcembre 1492] secu aula ante cameram apostolicam cum . nda anms et rg rs m ea accensus : consisto rium hoc habitum est pro obedientia per . � . . ora ores seremsslllll regis Ferdinan di neapolitani

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Le modalità diverse con cui si procedeva alla stampa di queste ora­ zioni getta qualche luce sugli scopi e soprattutto sui promotori del passag­ gio ai torchi. Anche in questo caso, come già osservava Paola Farenga a proposito delle dediche a stampa66, che si infittiscono di numero con il pro­ cedere degli anni, si rivelano particolarmente significative le più o meno brevi prefazioni che precedono la stampa stessa delle orazioni. In alcuni ca­ si, ovviamente, nulla rimane di dediche o altro, come per la stampa dell'O­ ratio junebris recitata da Pietro Marso per la morte di Pomponio Leto nel 149867. Il vetus institutum, quello cioè dell' oratio junebris, a cui fa riferi­ 68 mento il Marso all'inizio della stessa Oratio , paradossalmente sembra non adattarsi facilmente alla routine delle edizioni a stampa: quella per Pompo­ nio Leto fa eccezione, come del resto ben si comprende per la statura del personaggio e per la fama acquisita nella città. In realtà vengono stampate quasi esclusivamente le orazioni funebri che rigum·dano da vicino perso­ naggi ecclesiastici o quelle pronunciate in occasioni di particolare gravità, come accade agli inizi del 1498, per tutto quel gruppo di orazioni pronun­ ciate e stampate in occasione della morte del principe Giovanni d'Aragona, figlio di Ferdinando ed Isabella69 . Tommaso Fedra InghiramF0, Bernardino

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prestita. Proposite fuerunt tres commissiones. Primam proposuit d. Angelus de Ces­ sis, secundam d. Octavianus suessanus, tertiam d. Paulus Planca; et quia oratores post finem tertie commissionis nondum venerant, de mandato ss. d. n. asserentis ip­ sam tettiam commissionem esse importantie et eius substantiam non bene in­ tellexisse, d. Paulus iterata vice ipsam recitavit, ac d. Coronatus pater suus, etiam de mandato pape, se illius propositioni opposuit, ut tempus usque ad oratorum adven­ tum suspenderetur» (BURCKARDI Liber notarum cit., I, p. 382). 66 P. FARENGA, Il sistema delle dediche nella prima editoria romana del Quat­ trocento, in Il libro a corte, a cura di A. QUONDAM, Roma 1 994 (Biblioteca del Cinquecento, 60), pp. 57-87. 67 Petri Marsi funebris oratio habita Rome in obitu Pomponii Laeti: IGI 6210; IERS 1565, Sheehan M-144. Lunghi brani di questa Oratio sono editi nelle note relative alla parte riguardante quest'opera: M. DYKMANS, L'humanisme de Pierre Marso, Città del Vaticano 1988 (Studi e Testi, 327), pp. 78-85. 68 Ibid., p. 79: «Vetus fuit institutum philosophiae gravitati consentaneum viri ornatissimi animos gravi aliquo casu afflictos, et dira egritudinis mole prostratos, ef­ ficacissimis rationibus ex uberrimo naturae conmmnis et propriae, necnon eximie cuiusdam eruditionis fonte manantibus, lenitos erigere nec patì falsa illos opinione miseros esse, quibus aliquid incommodi aut mors (qua plerique terrentur maxime), aut fmtuna quae impetu temerario grassatur, invexerit». 69 Sulle manifestazioni romane in onore del principe Giovanni si veda M. VAQUE­ RO PIN:ElRO, I funerali romani del principe Giovanni e della regina Isabella di Castiglia. Rituale politico al servizio della monarchia spagnola, in questi stessi Atti. 70 Oratio de obitu Iohannis Hispaniae principis, assegnata al Silber; IGI 5 1 45; IERS 1794. Per l'Inghirami, v. infra, nota 103.


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Carvaja F1 Dida M � n scn· vono orazioni in morte dello sfortunato principe; ; per o ann -agona scn_ ve anche il_ vescovo di Cef . . alù il domemcano Regmaldo Montor 73 ., ' h d mpo veva intuito le gran di potenzialità della stampa ad s ; i r g n a po li Ica, ma anche per ren. . . dere più efficaci e velocI.' alcnn � o�eraZI m d massa, come ad esempio le 400 bolle di disp n e matnm _ omah da lm� ord�mat c al tipografo Olivino da Bruges74. D el es o o stesso Mo ntoro nel suo Sermo de visione Dei � . . et ap par � one beatz Stephani, pronunciata cor am papa il 26 dicembre 1496 · lla stampa75 • pur riprendendo la tradizione di que ti mo e s f ante esti mon ianza era stata for�f nita negli anni '70 da i u h r a v ia nei confronti della Chiesa tropp; o r

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dica de o pmo a, c e precede la sua Oratio de obedientia, è des tinata a . 1 1 Epzst ula consolatoria in obitu Johanins . . . His �.ae przn czpzs, assegnata a dopo il l dicembre 149 7 al Silber: IGI 253 1 · GW 6 IERS 1 554 ; Sheehan C-1 1 6. L' Epistula era stata tradotta da ' . Garci·a B obad"ll 1 a. ' np anegyrzs de obitu Iohannis His a · .zncz · ·pzs, pl · assegnata a dopo il 20 novembre 1497 al Silber: IGI 6760 IERf l · 73 L' Oratio funebr · d b · ' . . . · . . . � lz rz�sz z rznczp zs Iohannis Aragonei, stampa­ ta a Messina il 27 geU:i: l e Ic ter (IG I 66 4), è edita in C. BrANCA, Stampa, cultura e società a Mes sina ��! _n � del QuattiO �ento II, Palermo 198 8 (Centro di studi filologici e linguist · am. Supplementi. Sen� e med ici s IC iolatina e umanistica, 5), pp. 365 -38S 74 G. O���· L arte della stam pa in Sicilia nei secoli XV e XVI, . . «Ai.chi.viO co �;r la Sicilia Orientale», 8 (1 9 Ston11), pp. 82- 1 3 1 e 351 -407 ' S : (������; ��� � ��; � : n h: :: 3 , I ZC, Doctnne, and · Reform in the Sacred Orators cit., p. 213 . 76 P. O. KRISTELLER, An Unk . nown H�manzst S�rn__wn on St. Stephen by Guil­ laume Fichet, in Mélan es Eu , . . ?e ';; zssewnt, VI, Citta del Vaticano 1 964 (Studi e Testi 236) pp 459-497g ns t In fiK! � STELLER Studzes " zn ' ' · · Renaissance Thought and ' . Letters II Roma 1 985 (S t ona : e L ette ratura, '1 66), pp. 407-442. ' . 77 Ha avuto modo d1 osservar . e Massimo Miglio.. 0g u. tiratu r ra ha una sua stmia, spesso non facile da ricostruire·, og . . �< ,. , m copia puo LOrnn·e framme fl d" . . . . . · e Indi s�ggeme ZI, linee di ricerca o concretizzare ipot � . l �tona esi già prop os t e, c h Ianr e influenze, pre. Cisare presenze individuare perso na�g� In poche arole può contrib uire a esplicitare � � 1 'ind ualità della cultura della soc1 . , ivid eta romana d1 età Iinascnn . · enta1e e la sua Iden . tlta e diVersità rispetto agli altri cen . . tli I"taliam ed europei» (MIGLio, La diffusione della cultura umanistica cit., p. 16). a

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Ludovico Maria Sforza, duca di Bari, di cui si richiede la protezione78• La lettera veniva addirittura composta il giomo successivo alla recita dell'ora­ zione stessa79 , ed in essa vengono precisati i committenti della stampa, cioè le autorità cittadiné0. Per l' Oratio ad Alexandrum VI pro Bonifacio de Monteferrato di Benvenuto Sangiorgi81 , ad esempio, viene stampata una lettera dell'autore al futuro cardinale Giovanni Antonio Sangiorgi, referen­ dario e uditore delle cause del sacro palazzo, che dedica non è, ma che co­ stituisce per così dire una lettera di accompagnamento della stessa orazio­ ne prima della stampa: il testo dell' epistola è infatti racchiuso tra l 'intesta­ zione all'alto prelato e la firma, per così dire, dello stesso oratore82. In que­ sta lettera Benvenuto, nell'inviare al Sangiorgi la sua orazione anche a no78 V. supra, nota 50. A c. ar la lettera: «lacobus Spinola iuris utriusque doctor il­ lustrissimo ac excellentissimo principi domino suo singularissimo Ludovico Maria Emi duci salutem et commendationem». V. testo alle note successive. 79 Ibid., c. ar: «Gratulatoriam orationem pridie habitam, princeps illusttissime ac domine mi singularissime (qua et patriae mandata persolvi et excellentiae tuae iucun­ ditatem attuli) radendam impresentia et ornni ex prute dilacerandam video, quippe quae de rebus altissimis pro inclita et excelsa communitate apud summum totius orbis pon­ tificem fuerat habenda per aetate inlmatumm iuvenem et orationis expertem prodierit". Così Burckard registrava l'orazione dello Spinola: "Fetia quruta, XII decembris, fuit publicum consistmium in tertia aula palatii apostolici apud Sanctum Petmm, in quo quattuor oratores magnificomm dominomm Augustini Adurni gubernatoris genuensis et ducalis locumtenentis ac consiliiantianomm communis Genue, videlicet d. Iacobus Spinola utriusque imis doctor, Ioannes Baptista Adurnus, Paulus de Flisco et Silvester Invrea cives ianuenses, nomine gubernatoris locumtenentis et consilii predictorum, prestitemnt obedientiam debitam et devotam. [...] Orationem fecit primus oratomm, videlicet d. Iacobus Spinola, et elegantissime; qui et, consistorio finito, fimbrias poste­ Iiores pluvialis pape more solito pmtavit» (BURCKARDI Liber notarum cit., I, p. 380). 80 Spinola, Oratio de obedientia, c. ar: «Vemm praece nonnullmum patmm et concivium meorum voto coatus eam edendam et imprirnendam statui. Quare, non ignorans multomm iudicium esse subiturum, ad illustrissimam dominationem tuam confugio, quae et patriam nostram diligit et me sui observandissimum servitorem esse cognoscit, cui hoc vile munusculum trado, dedico et insciibo, sperans te laeta et hilari fronti ac humanitate consueta suscepturum, taliterque suscepturum quod ornnes defectus a solius inscriptionis tuae titulo delebuntur». 81 L'edizione è assegnata a dopo il 17 febbraio 1493 al Plannck: IGI 8592; IERS 1372; Sheehan S-57. Quest'Oratio fu anche stampata a Milano; entrambe le edi­ zioni sono assegnate a Leonhard Pachel: IGI 8593 e 8594. Allo stesso tipografo, a dopo il 1 5 marzo 1 494, è assegnata l ' Oratio ad Maximilianum de obitu Bonifacii de Montejerrato (IGI 8595). 82 La lettera a c. av: «Reverendissimo imis consulto domino Ioanni AIItonio de Sancto Georgia episcopo Alexandrino Sanctissimi Domini Nostti pape referendruio palatii apostolici causamm auditori etc». Termina con «Ecclesie romane Deo volente


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me del marchese di Monferrato, precisava di averla ricopiata veloci manu raggruppando diversifragmenta (probabilmente schede e fogli sparsi) nel� lo stesso giomo della recita83. Era stato proprio Sangiorgi, del quale tra l'al­ tro erano stati già pubblicati alcuni commenti a testi di diritto canonico84 a promuovere e finanziare l'edizione a stampa? Analogamente la dedica che precede l'Oratio Rhodiorum recitata il 10 marzo 1493 dali' arcivescovo Marco Montano85 e che è indirizzata dallo stesso Montano al vicecancel­ liere Guglielmo Caorse si configura non come una premessa all'edizione a stampa, ma come l' adempimento di istruzioni diplomatiche86 .

Ed ancora: la dedica del domenicano Timotheus de Totis di Modena è ri­ volta al datario Giovanni Battista Ferrari, vescovo di Modena87 e parente di Lu­ dovico de88 Ferraria: tale dedica precede infatti l'Orafio in funere Ludovici de Ferraria recitata dallo stesso Timotheus de Totis in onore del magister Lodo­ vico (morto il 21 settembe 1496), che era stato procuratore dell'Ordine dei fra­ 89 ti predicatori e che aveva insegnato filosofia e teologia allo Studium Urbis . Questi, nato a Valenza, si era, come ricordato nell'orazione funebre, ben presto trasferito a Bologna, dove a sua volta aveva pronunciato un' orazione funebre (accompagnata da un componimento di 60 versi) in morte del suo maestro, il giurista e professore Andrea B m·bazza90; a Roma, poi, aveva collaborato alla re­ visione del testo aristotelico dei Politica nella versione del Bruni, al fine di al­ lestire quell'edizione a stampa che uscì dai torchi del Silber il 19 luglio 149291 .

fùius Benvenutus de Sancto Georgia eques iherosolomitanus illustrissimi marchionis Montisferati orator». Giovanni Antonio Sangiorgi in quello stessodomini anno 1493 d�va alle stampe la sua Lectura super Decretum Gratiani, un'edizione assegna­ ta al Fntag e datata l o luglio 1493 (IGI 8599; IERS 1360, Sheehan S-58 · cfr. BLAsro L'editm·ia univ�r�itaria cit., p. 309), mentre già nel 1481 era stato pubblicato il su� _ Sermo zn Donunzca de Passione (assegnato alla tipografia del Sancto Georgia: IGI 8610 ; �RS 6:"2) e nel 1483, in due edizioni, l ' Grafia in exequiis cardinalis Torna­ _ rispettivamente dal Plannck (IGI 8609; IERS 784; censzs, Sheehan S-59) e dal Gul­ dinbeck (IGI 8608; IERS 767; Sheehan S-60). . to S �ngwrg1,· Gratza· ad Alexandrum VI, c. av: «Orationem pro obe. 83tia . Benvenu die prae tanda st�mmo pontificatu Alexandri VI pontificis maximi per me � � habita� hodie�u.e veloci manu et e fragmentis quibusdam meis in unum congesta m ad te mitto, qm Illam J?ro eo quod apud pontificem geris officio requisisti; gratum _ fm� ad?Jodum quod pnus tuas in manus inciderit, tum officii tui iure, tum maxime qm� ems �xamen et censuram subitura est, qui summa me semper prosecutus est bemvo_l�n�Ia, ea�, pater et praeceptor mei optime, pro temporis necessita corrigi­ t? et ?mgito me semitam rectam, quia servus tuus ego sum nec facile teabenave­ nm si lucerna fulgoris tui illuminabit me». 8� S_i veda IGI 8596-861 0. In particolare del Sangiorgi erano stati pubblicat i a Ro­ ma sia Il Senno in dominica de passione (IGI 8610; IERS 652) sia l' Gratio in exequiis cardinalis Tornacensis (IGI 8608 e 8609; IERS 767 e 784; Sheehan S-59 e S-60). 85 L' Gratio Rhodiorum è assegnata al Silber: IGI 6707; IERS 1390; Sheehan M-34�.. A c. [l]v la le�tera di acc�m?agn�mento: «Marcus Rhodius archiepis copus _ magnifico et excellenti artmm et mns utnusque doctori Gulielmo Caorsino Rhodi­ orum vicecancellario et camiti palatino salutem dicit». Al tennine dell'Gratio veni­ vano �recisate le circostanze della cerimonia: «Habita Rome X martii anno Verbi in­ carnati MCCCCLXXID XX assistentibus r. dominis ordinis Hierosolymitani F. Petro Stoltz, m��no �ermaniae Bailivo, et F. Berengario Santii de Barospe priore Navarrae, Rhodus etlam oratoribus»(c. 4r). A c. [l]r il frontespizio (Gratio Rhodi­ oru��), �e�tre a c. [4]v una sorta di c�ntrofrontespizio (Gbedientia Rhodiorum). Gratza Rhodz_?rum, c. [l]v: «Oratwnem a me nuper habitam in apostolico senatu ad Summum D ommum Nostrum Alexandmm VI pontificem Maximum ad te mitto. In ea siquidem gravissirnas instmctiones sapientissirni principis nostrinunc pro virili mea exec�tus sum: Verum si non ea qua decuit elegantia tuae partes enmt, excusatum me ut facms: tu ennnqui prima mihi litteramm documenta dedisti cuiusque monitis in m

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celebenimo Parisiomm Gyrrmasio theoricis potius disciplinis quam oratoriis institutio­ nibus operam dedi, in magnam huius oneris pmtem accedis. Vale et me a quo plurimum coleris ama». L'antico molo di maestro-discepolo giustificava tale lettera, che doveva Iisultare fumi delle consuetudini epistolografiche. Marco Montano non mancava di ri­ cordare Callisto IIIper la sua azione nei confronti della politica orientale. 87 AI 1495 risaliva la nomina vescovile: C. EUBEL, Hierarchia catholica Medii Aevi, II, Monasterii 1914, p. 198. 88 L'edizione è assegnata al Silber a dopo il 4 maggio 1497: IGI 9 695; IERS 1550; Sheehan T-197. A c. av la dedica: «Timotheus de Totis de Mutina, theologiae professar ordinis Praedicatorum, domino Ioanni Baptistae presuli dignissimo et summi domini nostri pape datario salutem plurimam dicit». Cfr. BLASIO, L'editoria universitaria cit., p. 307. 89 TH. KAEPPELI, Scriptores Grdinis Praedicatorum Medii Aevi, m, Roma 1980, pp. 92-94; BLASIO, L'editoria universitaria cit., pp. 303-306. La data della morte si trova al termine della dedica di Pietro Marso (v. infra, nota 93) al lettare: «Mortuus est autem prefatus magister Ludovicus die XXI septembris 1496». 90 Gratio infunere Ludovici de Ferraria, c. a 2v. 9I Tale edizione conteneva, oltre ai Politica, il commento di san Tommaso e alcune Conclusiones dello stesso Ludovico de Ferraria: IGI 841 ; GW 2448; IERS 1317; Shee­ han A-438. Di tale stampa Agostino Patrizi Piccolomini, che 1ivolge la dedica a Lu­ dovico de Ferrmia (c. av), fu l'editore; Mmtino de Ninrira, che scrive una postfazione al­ lo stesso Ludovico (cc. 253v-254v), fu il correttore. A sua volta Ludovico de Ferraria (0 de Valentia, come viene anche chiamato in base alla città natale) dedicava il suo la­ voro al cardinale Francesco Todeschini Piccolomini, che fu probabilmente, come sug­ gerisce M.G. Blasio, (L'editoria universitaria cit., pp. 306-307�, il fina�i�tore della _ stampa, quel cardinale 'senese' a cui del resto, già nel l483, Mm1ano Cuccnn dedicava la sua edizione delle Decisiones rotae romanae: (cfr. C. BIANCA, Un codice universitario romano: il Vat. Ross. 1028 e Mariano Cuccini, in Roma e lo Studium Urbis. Spazio ur­ bano e cultura dal Quattro al Seicento (Atti del Convegno, Roma, 7-10 giugno1989), a cura di P. CHERUBINI, Roma 1992, in part. pp. 151-153 (edizione della dedica). Quanto a Mmtino de Ninrira, il suo Senno de passione Domini, recitato il 3 apiile 1494, fu mes­ so a stampa; l'edizione è assegnata al Silber (IGI 6921 ; IERS 1421; Sheehan N-75).


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CONCETIA BIANCA

Nel caso dell' Oratio in fimere Ludovici de Ferraria era stato Giovanni Battista de Ferraria a finanziare la stampa per onorare il suo defunto? Di se­ guito all'Orario di Timotheus de Totis seguiva la stampa di due sermoni, reci­ 92 tati da Ludovico de Ferraria, coram papa , un genere questo di cui O' Mal­ ley, senza far distinzione tra testi manoscritti e testi a stampa, ha tracciato una ricostruzione, anche quantitativa, davvero ampia. I due sermoni servivano a dimostrare quanto grande fosse l'abilità oratoria dello stesso Ludovico de Fer­ raria, ed erano preceduti da una dedica al lettore di un altro eloquentissimus vir, anche egli uomo di curia, Pietro Marso che paragonava l'autore di queste due orazioni ai due massimi oratori dell'antichità, Cicerone e Demostene93. L' Oratio per il giomo della passione recitata davanti ad Alessandro VI da par­ te di Aurelio Brandolini, tutta giocata sul versetto biblico da commentare, se­ condo la tradizione dell'oratoria sacra, e con il titolo De virtutibus domini no­ 94 stri Iesu Christi è preceduta nella stampa da una dedica dello stesso Brando­ lini al pontefice95: l'offerta del dono, in questo caso l 'edizione a stampa, da pmte dell'autore è segno di fedeltà verso il pontefice96. A ciascuno il suo com­ pito commenta Brandolini: ad Alessandro VI il compito di difendere e con­ servare la res publica Christiana, a lui quello di rendere omaggio al suo pro­ tettore97, facendosi con tutta probabilità finanziatore dell'edizione stessa. Ac­ canto ad Aurelio Brandolini che al tempo di Innocenza VIII aveva recitato (e dato alle stampe) un'orazione per s. Tommaso d'Aquino98, anche il più giova­ ne Raffaele Brandolini si serviva della stampa per la sua Oratio de obitu Gui92 Oratio in funere Ludovici de Ferraria,

c.bv: «Senno quod omnino datur ul­ timus finis creature rationalis»; c. [b4]v: «Sermo eiusdem qualiter possimus Iesum Cristum induere coram Alexandro sexto». A c. [c3]v: «Expliciunt se1mones duo coram Alexandro sexto cum una lucubratione funeb1i ad dominum dominum Ioan­ nem Eaptistam de Fermiis episcopum Mutine ac sanctissimi domini domini nostri pape dignissimum datarium magistri Thimothei de Mutina». 93 Ibid., c. br: «Eloquentissimus vir Petrus Marsus de eodem ad lectorem». Cfr. DYKMANS, L'humanisme de Pierre Marso cit., p. 31. 94 L'edizione è assegnata al Eesicken a dopo il l o aprile 1496: IGI 2037; GW 5017; IERS 1513; Sheehan E-456. Cfr. A. RoTONDò, Brandolini, Aurelio Lippo , in DEI, 14, Roma 1972, pp. 26-28. 95 La dedica dell' Oratio de virtutibus Iesu Christi a c. a2r: «Lippus Aurelius au­ gustinia�us heremita beato patri ac domino nostro Alexandro VI pontifice maximo salutem domino et foelicitatem dicit». 96 Ibid., c. a2r. 97 Ibid., c. a2v: «Tu interea christianam rempublicam, ut facis, defende et serva>>. 98 L' Oratio pro s. Thoma Aquinate è assegnata al Silber intorno al 1485-90: IGI 2036; GW 5016; IERS 988; Sheehan E-455. Cfr. J. W. O' MALLEY, Some Renais­ �ance Panegyrics of Aquinas, «Renaissance Quartely», 27 (1974), pp. 174-192, rist. O 'MALLEY, Rome and Renaissance Studies in Culture and Religion, London 1981, m

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L E ORAZIONI A STAMPA

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!elmi Perrerii, uditore delle cause apostoliche, recitata il 1 o dicembre dell'an­ no 1500 nella Chiesa di S. Maria del Popolo99. Questa Oratio a stampa è pre­

ceduta da una lettera-dedica datata Roma 17 dicembre con la quale egli invia­ va al canonico ferrarese Niccolò Avogadro, doctor iuris canonici, ma soprat­ tutto amico incomparabile100, la stessa Oratio in modo da farla leggere anche ai cardinali Giovanni Antonio Sangiorgi e Francesco Todeschini Piccolomi­ nitot. In questa stessa dedica Raffaele Brandolini già riportava il giudizio alta­ mente positivo dello stesso Avogadro che, nonostante i tempi ristretti, aveva trovato l' oratiuncula piena di bellezza e dignità102. La decisione di stampare il testo si era dunque articolata nello spazio di una quindicina di giorni, e con tut­ ta probabilità la stampa di questa Oratio, organizzata e forse finanziata dal suo autore, si veniva a realizzare nell'arco di pochi giorni. . La partecipazione dell'autore all'iter della pubblicazione a stampa di­ viene palese ed esplicita quando l 'orazione è preceduta da una dedica com­ posta appositamente per l 'edizione a stampa: è questo il � aso di un'orazio­ . . ne accademica, come quella in onore di san Tommaso recitata alla Mmerva dal più famoso oratore del tempo, Tommaso Fedra103: la dedica, composta

n. VI. ID., The Feast of Thomas Aquinas in Renaissance Rome. A Neglected Docu­ ment and its Import, «Rivista di storia della Chiesa in Italia», 35 (1981), pp. 1-27. Quest'orazione è stata anche diversamente assegnata a Raffaele Erandolini. 99 L' Oratio de obitu Guilelmi Perrerii è assegnata al Silber: IGI 2038; GW 5018; IERS 1757; Sheehan E-457. A c. a2r l 'Inscriptio: «Raphaelis Erandolini Lippi iu­ nioris Oratio parentalis de obitu Guillermi Perrerii primarii causarum apostolicarum auditoris Romae in tempio Sancte Mariae de Populo kalendis decembris habita MC». Cfr. O' MALLEY, Praise and Blame cit., pp. 171-176; G. EALLISTRERI, Bran­ dolini, Raffaele Lippo, in DEI, 14, Roma 1972, pp. 40-42. 10o La dedica dell ' Oratio parentalis a c. ar: «Raphael Erandolinus Nicolao Ad­ vogmio canonico ferrariensi, eximio canonum doctori, amico incomparabili salutem plmimam dicit». 10 1 Jbid., c. av: «Quam ob rem, miAdvogmi, quam a me totiens efflagitasti orationem accipe, eamque (ut consuevisti singula) diligenter perpendo. Si probaveris (ut spe�o et opto) tantum ne gravere Ioanni Antonio praesuli alexandtino et �rancisco Picolho�neo senensi, hero tuo, amplissimis patribus ac praecipuis virtutum littermumque fautonbus (quippe qui orantem me sua presentia honestmunt et in ea mihi videntur oratione si­ gnificanter fuisse depicti) praebere legendam». 102 Ibid., c. ar: «Quidnam venustatis ac dignitatis in ea tibi oratiuncula videri po­ tuit? Quae tam angusto temporis intervallo et lucubrata et pronunciata fuerit equidem non intelligo: non verba electa, non graves sententiae, non perpetuus orationis duc­ tus illic fuit. ltaque vereor ne iudicium de me tuum ex amore profectum sit». I03 n Panegyricus in memoriam divi Thomae è assegnato al Silber a dopo il 7 mm·zo 1500: IGI 5146; IERS 1754; Sheehan l-26). O' Malley lo assegna invece al 1495, in base alla testimonianza di Eurchkard (The Feast of Tlwmas Aquinas, p. 10). Sull'lnghirmni, con precedente bibliografia, O' MALLEY, Praise and Blame cit., pp. 1 14-116; L. GUALDO


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espressamente per la stampa («coactus fonnis tradidi imprimendam»), è ri­ volta al potente cardinale Bernardino Carvajal104. La presenza dell'autore era tangibile in modo più evidente laddove si trattava dell'edizione non di brevi orazioni ma di testi più strutturati come il citato Commentarius di Gi­ rolamo Porcari 105, che proprio in quegli anni era in stretto contatto con il . . . Pol!Ziano 106 .· l a prefaziOne deil' opera e' preceduta non solo da una epistola al pontefice Alessandro VI107, ma anche da una dedica ai sovrani spagnoli che sembra composta appositamente per la stampa108. Non l ' autore, ma un intermediario su evidente ed esplicita commissione, interviene per la mes­ sa a s�ampa di altre. orazioni: così ad esempio lo spoletino Giulio Campel­ lo scn_ve�a una de rca a� ferrarese �uca Ripa pubblicando una edizione per _ quella recitata dal vescovo Niccolò Maria d'Este cosi, drre ferrarese , eroe a nome dello stesso duca Ercole II d'Este109. L'importanza dell'edizione ve-

RosA, Ciceroniano o cristiano? A proposito dell'orazione "De morte Christi " di Tom­ maso Fedra Inghirami, in Roma Humanistica. Studia in honorem rev. Iosaei Ruyss­ chaert, ed. I. lJSEWI�, Leuven 1985 (Humanistica Lovaniensia, XXXIVA), pp. 52-64; e, sul vers�te filol�grco, E. RoMANo, Congettureplautine di Tommaso 'Fedra ' Inghira­

_ «Matenali_ e drscussioni per l'analisi dei testi classici», 14 (1985), pp. 239-249; L. D AsciA, n� "Laudatio Ciceronis" inedita di Tommaso Fedra Inghirami, «Rivista di Iettera ra rt ��>, (19 7), pp. 479-501 ; I. RoWLAND, Tommaso Fedra Inghirami e il _ tttto sull zmlt zwne, m Poliziano nel suo tempo (Atti del VI Convegrro inter­ dzb � � _ nazionale, Chiancrano-Montepulciano, 1 8-2l luglio 1994), Firenze 1996, pp. 275-282; L. CINEUI, I panegirici in onore di s. Tommaso d'Aquino alla Minerva nel XV secolo ' «Memmie domenicane», n. ser., 30 (1999), pp. 19-146, in part. pp. 47-50 e 131-141. . 104 panegyn.�us m . memorzam . col"zvz '7'1 1 tZOmae, c. l v: «Tu enim id vel unus poteris iu. drcare, �ue� totres orantem patres populusque et audiverint et obstipuerint, quique cum duno� srt spect�e �irtutis conditio quam incognitae per ornnes tamen gr·adus non _ mmus giona quam drgmtate conscenderis». L'Inghirarni, insieme con il Burckard ave­ va f?tto parte di �nella leg�zione che, con a capo il cardinale Bemardino Carvaj l, era partrta da Roma rl 29 lugho 1496 per i ncontrare a Meda l'imperatore Massirniliano. 105 V. supra, note 34-36. 106 C. BIANCA, Poliziano e la curia, in Agnolo Poliziano poeta scrittore filolo­ go (Atti del onvegno Intemazionale di Studi, Montepulciano, 3-6 novembre 1 994), a cura dr V. FERA-M. MARTELLI, Firenze 1 998, pp. 460-461 . 107 Commentarius, c. [3]r-v. '�8 Ibid., c. [ r; < �ronirnus Porcius patritius romanus, rotae ptimarius auditor, . . _ _ crvrlis et pontifrcn mns mterpres ac Sancti Petri canonicus Ferdinando et Helisabeth Hispaniarum et Granatae regibus augustis pmtium comrnentarium compilavit». . . . 109 Le due ed"mom deli' Gratza pro Hercule Estensi, una in caratteri gotici del Fritag (IGI 3719; GW 9397; IERS 1355; Sheehan E-3 1) e l'altra in caratteri romani del Plan­ nck (IGI 3718 ; G 93 6 ; IERS 1 37 1 ; Sheehan E-30) presentano un colophon ab­ _ bastanza smgol �e, nspettrvamente «Rome impressa per magistmmAndreamFritag, Iulio ampello spoletm_o procurante, am1o Salvatoris 1493 nonis ianuariis» (c. 4r) e «Romae llllpressa per magrstmm Steffanum Plannck Iulio Campello spoletino procurante armo

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LE ORAZIONI A STAMPA

CONCEITA BIANCA

duta da una lettera e prece · accresciuta dal fatto che l'orazione era anch . , mva + " dall' autore per l occasiOne, a conLerma d1 una ad Alessandro VI, composta pello era s�ato l'e�ec�t�re_110. . , complessa operazione di cui Cam ttutto m quelli pnvi dr dedica, l autosopra e e, In altri casi, ovviament edimento di stampa: dell' Oratio pro dell' orazione sembra lontano dal proc Tigri ni, �legantissi e t:ecita­ edientia praestanda, ad esempio, di Niccolòa n me der Lucchesi,:rz.esrst ono ottobre 1492 � ta nel concistoro pubblico il 26 1: ck11 n Pl del a � u o sconette, du� del Fr�t.ag e� � , � _ tre differenti edizioni, 112 molt m rone edrz dell ptl a� termine ?eli mscn � l a parola emendata , �he s i le�ge una spietata concorrenza, ��Ila quale orna testn g, Fnta � caratteri romani del to per regolai?entare � 1ter della l'autore dell' orazione non era mtervenu era avvem�ta pnma eh� Il testo fos­ stampa. L' emendatio in questo caso non ento della nstampa che m quanto tase andato in tipogr·afra, ma solo al mom affrettate . . . le voleva rimediare ad edizioni troppo dal crrcmto che ano lonta ra semb ore l'aut cui in nque comu Nei casi e opera, la cura editor�ale e so: vrebbe portato all'edizione di una particolar sembra non m�no �vrde�te. E prattutto la scelta di linea culturale e ��litica _ _ e ac d1gmtate cardmah�tnt dr Leo­ questo il caso della stam�a �el D� ongm nnes Zujfatus nella dedrca a stamnello Chierigati113, dove rl vrcentmo Ioha

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t dove la data nonis ianuariis va proba ilmen Salvatmis 1493 nonis ianuariis» (c. [4]r), dr o grom e com non e ello Camp di parte da _ intesa come quella di consegrra all'editore te­ mbe _le e izio recano u m des o fro completamento dell'edizione stessa . Entra en­ Hadn opt eprsc tensts Nrcolar ar1ae E spizio a c. [l]r: «illustris et reverendi domini Estensi Fenanae du e secundo> . Sullo ule Herc to incly suo eo nguin consa sis oratio pro M. E. CosENZA, Italwn Humanzsts and in ione spoletino Giulio Campello semplice menz !300-1800, I, Boston 1962, P·. 8 13 . the World of Classical Scholarship in !tal)\ no Così scriveva Campello nella dedica: «Mea igitur opera _cum ept tola _ad P?n ­ sirnis viris effla rtaretur, rmpnme rm­ tificem, presertim quom a multis etiam claris pro Herntle Es en�l, . c. 2r). La lettera. del primendam edendamque curavi» ( Oratio [3]r. Conclude l edtzrone, composta dr un vescovo Niccolò Maria d'Este a cc. [2]vg­ c. [4]v (Oratio ad lectorem). Da un sonda bifoglio, un componimento di 20 versi a sto. t simo med il o 1_1 nta gio effettuato le due edizioni prese 126 , Shee� 1 !1 Andreas Fritag allestì una stampa m caratten romarn (IGI 9669; RS en rot � caratt m ); T-265 an Sheeh 1265; han T-263) e un'altra in gotici (IGI 9670; IERS e r g10 buon co ). T-264 an Sheeh ; 1294 IERS _ è l'edizione del Plannck (IGI 967 1 ; e 1 goti­ cara n g Fnta e cronologica: l) è stata proposta da Biihler la seguente succession ons of Edztz est Earlt The R E ùHL C. F. B ci; 2) Plannck; 3) Fritag in caratteri romani: . 97-99 pp. 5), (19 uch» Jalrrb nberg «Gnte the "Oratio "(1492) by Nicolaus Tygrinus, ndro Alexa mo ensium oratio luculentissirna pontifici max1 m IGI 9669 c. ar: «Lnc a in consistmio Lucensem uttiusque iuris octorem_ habit num VI per Nicolau Tygri data>> . Emen ns. octob ts men� XXVI publico pro obedientia praestanda 1492 die 1; 1 13 L'edizione è assegnata al Silber a dopo il 5 luglio 1498 : IGI 2757 ; GW 662 IERS 1 582; Sheehan C-228.

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CONCETTA BIANCA

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LE ORAZIONI A STAMPA

pa114 diretta al giureconsulto Niccolò Chierigati, consanguineo dello stesso Leonello, ripercorre le fasi della operazione tipografica. Mentre lo stesso Chierigati, nella sua qualità di vescovo e di legatus in Germania, si trovava lontan� da �orna, Iol�annes Zuffatus, rovistando tra le sue carte (scriptu­ 115 rae), SI era Imbattuto m quendam eius archetypum , probabilmente auto­ ?r �fo, che da tanto t�mp� giaceva sepolto in schedulis116• L'entusiasmo per 1l ntrovament? , qu �s1 pa:1 a �ue�lo che altri curiali avevano provato nel por­ tare alla luce 1 testi degh antichi, traendoli quasi da un carcere, secondo la ben nota tenninologia poggiana, trova conferma nel contenuto di quella che do_ve�a e�sere un'orazione pubblica. Infatti questa Oratio, composta in po­ chi g�or�1, n �l 1489, al tempo di Innocenza VIII, quando il Chierigati era . stato mv1ato m Francia per presiedere alla presa di cappello cardinalizio di An�reas de Epinay (creato appunto cardinale il 9 marzo 1489), non aveva ma1 avuto luogo perché la cerimonia era stata organizzata in altro luogom. . Ma 1l testo valeva la pena di stamparlo118: l 'incastro delle citazioni dei Pa­ dri della Chiesa, il ricorso ali' autorità di u01nini come il cardinale Giuliano Cesarini o come i pontefici Eugenio IV e Paolo II, faceva sì che la rico­ sti·uzione, anche storica operata dal Chierigati, a partire dai tempi di Silve­ stro e con esplicito richiamo alla Donazione di Costantino11 9, fosse uno l l4 Così a c. ar: «Epistola in Sermonem prestanti ssimi patris ac domini domini Leonelli episcopi Concordiensis, summi domini nostri pape refe rendarii domestici nunc in en�ania apostolici lega ti cum potestate legati de latere, de origine ac digni� tate cardmalium. Ioham1es Zuff atus vicentinus doctissimo imis consulto Nicolao de Chierigatis consaguineo suo salut em plmirnam dicit». Nel Vat. lat. 5890, l l lr-1 12r e f. 1 13r-v, sono conservate due lettere di Francesco Maturanzio a Iohannes Zuffatus: cfr. KrusmLLER, Iter Italicum cit., II, p. 377. De origine ac �ignitate �ar�inalium, c. ar: «Ideo cum nuper in colli . gendis sarcr�s, ut crebr? frt m pr:ofectwmbus, quae saepe cont ingunt in hac eius operosa legatl ne germ mca, odrcrll?s reliquasque scripturas revolvens incidissem in quen­ dam ems ar:che rpum, � quo m er cetera escriptus erat sermo de origine ac dignitate S.R. E. car·dmalium, ammadvertrss emque mter legendum eum nobis factum non fuisse cornmunem, ipsum publicatione dignum estimavi. [ .. .] Cum omn . . em pene antiqui­ tatem ec lesra strc m referat, eumque tibi prec ipue committendum putavi ut per te co od us ad re quos nos ra es viros emd itos quasi per manus traditus perv . eniat». . Ib d., c. av. ! sr mer avrg ha che «tam emdrtus sermo tanto tempore in . schedulis latursset».

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. 1 17 Ibid.,

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c. av: «cardinalis Lugdunensis voluit in ecclesia sua Burdegal ensi pileum sumere». Cfr. FoA, Chie ricati, Leonello cit., p. 685 . 118 De origine ac dignitate cardinalium, c. av: «lccirco, cum hunc sermonem a se paucis diebus ela oratu n n pronunciasset non curavit ut in ? . publicum prodiret, quem, cum perlegens, mdr cabrs longi carceris iniuriam pass um» . ll9 Ib .d., cc.

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[a8v] -br.

�lesiali e politiche di Alessandro VI. �l Ch��rigat�, no� a cas.o, aveva ded��­ tmmento di assoluta importanza, in stretto collegamento con le linee e ­

cato il suo A11tidotwn Pietro Edo120, m anm m cm la discussione sul cardi­ nalato giungeva in qualche modo al termine, aprendo la strada ad altr� for. me di intervento come quella enunciata da Paolo C01tes1 nel De car�mala­ tu 121 . Ed anche nelle stesse orazioni coram pontifice si ripercuoteva m forma palese l 'appello alla st�periorità teo�ra�ica del papato, come. delineata da Alessandro VI: ad esempiO per l'Gratza m adventu del122l498 1l doctor ar­ tium et sacrae theologiae, Marcus Antonius Ticinensis , nel commen�are il versetto biblico Ex. 23,20 («ecce ego mitto angelum meum ante fac1�m meam»), ribadiva l'unità della Chiesa che do?biam� fi1:n:iter tenere et vm­ l23 dicare , cioè difendere e mantenere salda, m contmmta con q�ella h. �ea che si era affermata con Eugenio IV (tenere primatL�m� , a pa�1re dali u­ . nione sancita al Concilio di Firenze124. L'ac�enno p01 m �ostn :heolog z a : . , quanto da essi scritto ed affermato, ll_letteva m evidenza l a�tuahta, dell m­ cre­ tero discorso; e sono proprio i teologi a sostenere che non s� potrebbe 125 dere al Vangelo se non si avesse fiducia n�lla roma_na eccl��za . In questo caso emergono dalla dedica altri elementi per delmeare l lter c�e p�rtava . dalla recita dell'orazione alla decisione di metterla m stampa: e Michele Ferno che scrive la dedica al protonotaio Niccolò Lipomanno fornen�o al­ cune precisazionF26: un certo Lelio, fmniliare del Lipomanno, nonche fra­ tello di Marco Antonio, si era recato dallo stesso Ferno un anno dopo che 12o Cfr: M. MIGLIO, L'umanista Pietro Edo e la polemica sulla Do zione di C?stan­ �� tino, «Bullettino dell'Istituto Stmico Italiano per il Medio Evo e Archivro Muratonano», 79 (1968), pp. 167-232; ID., Capretto, Pietro, in DBI, 19, R�ma 19?�· pp. 1 8�- 189. 121 Cfr. G. FERRAÙ, Politica e cardinalato in un ,eta, d! tranSlZl�ne. Il , De cm.�l.­ nalatu" di Paolo Cortesi, in Roma capitale (1447-1527), a cura dr � · GENS�, yrsa . 1994 (Collana di Studi e ricerche, 5), pp. 519-540; ID., I� slstema d�ll esemplanta nel . Resta, a cu­ "De cardinalatu " di Paolo Cortesi, in Filologia umanisttca. Pe� Gwnvzto ra di v. FERA-G. FERRAÙ, II, Padova 1997 (Medioevo e Umanesrmo, 95), pp. 8 15-846. 1 22 L' Oratio è assegnata al Besicken a dopo il 25 dicembr� 1498: IGI 6173 ; IERS 1 567· Sheehan T-1 83; cfr. O' MALLEY, Praise and Blame c1t., p. 1 35. 123 Ora;io in adventu, c. [a4]v: «Hanc ecclesiae unitatem qui non tenet tenere se

fidem credit? [ . . .] Quam unitatem firmiter tenere et vindicare ebemu » 124 Cfr. c. BIANCA, I cardinali al Concilio, in Firenze e l l Concl lz:� del 1439 (Convegno di Studi, Firenze, 29 novembre - 2 dicembre 1 989), a cura dr P. I, Firenze 1 994 (Biblioteca Storica toscana, pp. 147-173. 12s Oratio de adventu, c. [a3]v: «Et tamen nostri sciunt et scribun the?logr. . quantum a vestro suscipiunt eloquio: irnmo evangelio non crederemus ms1 qma ro­ manae ecclesiae credimus». 126 La lettera di Michele Ferno precede l'edizione e si ti·ova alle cc. ar - [a2]r: «�a­ . o N Lippomano protonotano apostolico tri et patricio veneto, optimo reverendo do : M. Phemus m.». Cfr. M. CERESA, Ferno, M1chele, m DBI, 46, Roma 1996, pp. 359-361 .

XXIX),

VITI,


464

CONCEITA BIANCA

l'orazione era stata recitata davanti al pontefice apud atissima lecti­ sternia, davanti alla sacra mensa, cioè davanti all'altare: sacr evid

entemente nel proprio archivio familiare era conservato il testo di tale orazione. Nessuno forse più del Ferno, che tra l 'altro aveva par tecipato al conclave di Ales­ s �ndro VI come causarum procurator127, e che aveva già collaborato con Silber per la monumentale impresa dell 'edizione degli Opera mnnia il del Campan o128, pote a essere interess ato a procedere ad una pubblicazio : ne a stampa affl. �ando l testo ad un tipo grafo (calchographusj l29. A giudizi � o del Ferno l : orazwne d1 Marcus Antoni us Ticinensis doveva sicuramente essere app�·ezz�ta perc�é priva di arrogan za e vanità130; . (unz��rsl htte ran) �v:eb?ero c mpreso, aggiunge iltutti gli uomini di cultura Ferno, che egli, curato­ ? . r� d1 rmpmtanti edizwm, contmu ava nel campo della tipografia a primeg­ �Iare 131: e �e l'aspetto formale �ra �n qualche modo gar antito dalla sua espe­ nenza, egli era pero, costretto, dich . iarando la propria incompetenza in teolo­ gia, a sottop?rre al dedicatario � · a petto dottrinale1 32: probabilmente il Fer­ no �on seg IVa l , anti. co topos di � � nverenza ed omaggio verso il des tinatario dell ?Pei�a, m � lesto caso il des tina ario dell 'edizione, promotore � e forse fi­ nanZiatme dell Impresa, ma suggen� va qualcosa di più: come il domenic ano s�agnolo Pedro Garcia e ·a ri scit � o in qualche modo a sconfiggere il Poli­ Ziano nella corsa alla can� ea d1 bibliotecario della Vaticanal33, cos ì qualun-

127 Il �·esoconto (Conclave Alexand ri VI pontificis maximi) si conserv lat. 865 6; rl Ferno aveva tra l'alt a nel Vat. ro scri tto di propria mano il De morte Sixt conclave Innocentii VIII ne11' attu i IV et ms. XVill.E.3 della Biblioteca Universitari Genova: CERESA, Ferno, Micheleale a di cit., p. 3 60 . 18

2 La stampa era stata terminata dal Silber il 31 ottobre 1495·. IGI 2383 · GW 593 9; IERS 149 1 . ' 129 Ibid., c. ar: «Reverende pater, ven it ad oratrone a? �ntonio �erap�ici dogmatis ·ofe me nuper Lelius familiaris tuus cum : ssore germano s�w anno superi�re a­ pud sa�r.atrs�n�a lectrstemra �ora .Pice m r ntrf habita, eam ut studio quodam augendi ? fraterm no�ms chalcographis consllw meo trad eret publicandam». ::� Ib�d., c. ar: «nihil habet anxium, nihi1 in quo eum unquam credas dasse». Ibzd., c. av: �<E o vero pater reve rende, non modo sum cohortatusexu legenda� . eam studiOsi�� omm;bus quidem ut prosparget in orbem, sed operam etiam me�m dr�gen�.�m s�dmm spopond mrurem cognosceret Marci Antoni et univ demque htterat: Intelhgerent Phemul_lli inuteaetcon ersi C�p�num e�1d1t. Romae, eloquentiae post silii ratione prestare, in qua iam olÌni adnnn:culator Immmtalitatis sÌni, inde fatigatiunum Ciceronem columen unicum ut ssimus his qui bona Iuculentis litt�ris volunnna condant». 132 Ibicf c. [a2� «At niam in theologia nulli sunt a me adhuc libri ·� .quo Cer.eijL. �oncilian , dum d�e mcumbm �us luti, non ego ita audax esse volui». 3 Sul Garcia c�r. da ultnno,evo con precedente bibliografia, M. Mrauo, Xàt Roma, Barcellona: Pzetro Garcia, «RR roma nel rinascimento. Bibliografia e noteiva, 199 9, pp. 257-260. »' •

r:

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LE ORAZIONI A STAMPA

que edizione a stampa, che potesse costituire veicolo di messaggi ecclesiali che doveva ape politici' veniva sottoposta ad una sorta . . . di approvazione, . prodare alla esplicita formula cum gratza et prlVl·zegw 134, ma che gia era presente come tematica concettuale tra gli intellettuali del tempo135 . Del resto ella citata dedica di Benvenuto Sangiorgi, che precede l' Oratio ad Alexan� rum VI pro Bonifacio de Monteferrato , i te�ni �on i qu�li Ben;en�to si rivolgeva al referendario del sacro palazzo Giovanm A_n�om� S �ngw:gi era­ no davvero espliciti: quest'ultimo ne aveva fatto esplicita nchiesta m base all' officium che ricopriva, e dunque il testo dell'oraziOne stessa era stato sottoposto ad examen e censura 136. . Ed era ancora Michele Ferno che nel 1495 si faceva promotore dell e­ dizione di un testo di bmciante attualità, l'Epitoma de regno Apuliae et Si­ ciliae' una sorta di sommario compilato dal giurista Felino Sandei137, che già al tempo di Innoc�n�� VIII �veva lasciato � 'inseg�a�e� o pr�sso lo Stu­ dio pisano per trasfem·s1 m cuna, «ma�re .de h ca�oms�I» 1 , ed I cm. tratta­ . ti di diritto canonico ricevevano propno m quegli anm una particolare at­ tenzione da patte di tipografi ed editori139 . Dopo la discesa di Carlo VIli e . la delicata situazione dinastica del regno di Napoli, l'Epitoma poteva costt­ tuire un saldo elemento teorico e giuridico a sostegno della dinastia arago'

,

1 34 Cfr. M. G. BLASIO, "Cum gratia et privilegio " . Programmi editoriali e politica pontificia: Roma 1487-1527, Roma 1988 (RRinedita, 2). . ,. 3 È

1 5 stata da Monfasani parzialmente edita ma soprattutto com�enta�a l Im­ portante lettera di Niccolò Perotti a Francesco Guarnieri nella quale sr profilava la necessità di un controllo editoriale, tutto rivolto alla conettezza del testo: J. �ON­ FASANI, The First Calljor Censorship: Niccolò Pero�ti, Gi�vannz. A�drea Bussz, An­ tonio Moreto and the Editing of Pliny 's "Natura! Hzstory , «Renms�anc� Quatt�r­ ly», 4 1 (1988), pp. 1-3 1 , rist. in MoNFASANI, Language and Learnzng zn Renazssance Italy. Selected Articles, Aldershot 1994, n. Xl. . . .. 1 36 V testo alla nota 83. Se pur non riconendo l'espressiOne cum gratza et przvzlegio, il procedimento è peifettamente delineato. . 1495: IGI 8650,. IE�S 137 L'edizione è assegnata al Besicken a dopo il. l3 apnle 144 1; Sheehan S-61. Così l' inscriptio dell'opera a c. [a4]r: «Epitom� de ��g�o �puhe et Sicilie reducens summatim in unum quecunquae de eo tangunt hist?nc� mCid��ter et sparsim dum universaliter rerum omium gesta describunt». Un d1ba�tito politico ben diverso si era svolto agli inizi del regno con Alfonso d'Aragona, per il quale Val­ la aveva composto l ' Oratio aliud Siculum aliud Neapolit�n�r:z esse regnzt11_1, e che �ra stato oggetto di numerosi interventi: E. PISPISA, Regnun: Szczlzae. f:a polemzca sulla zn­ titolazione, Palemo 1988 (Supplementi. Serie mediolatma e uma��tr�a, 4), pp. 45 e ss : . d� 138 Così scriveva il Sandei il 1 9 febbraio 1484 agli. UffiCialt dello StudiO Pisa: M. MoNTORZI, Taccuino jeliniano. Schede per lo studio della vita e l'opera dz Felino Sandei, Pisa 1 984, p. 128. 139 Si veda IGI 8621 - 8650.


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nese, nel momento in cui, tra l 'altro, si discuteva dello ius e della successio dei re aragonesi. Michele Ferno racconta di aver trovato il testo del Sandei presso un amanuense, di aver esitato a lungo prima di procedere alla stam­ pa dell'Epitoma, non tralasciando comunque il necessario lavoro di reco­ gnitio, di aver consultato diversi cardinali, di aver mostraro loro il testo, di essere stato incerto se premettere una dedica o meno: alla fine la dedica non poteva che avere un destinatario, Pomponio Leto, che continuava a discet­ tare coi morti, anche quando tutti erano quotidianamente travolti dalla guer­ ra140. «Succurristi tu tamen milii, mi Laete, alter nostri Latii Apollo, musa­ rum rex, bonarum litterarum parens», esclamava Michele Ferno141, ricono­ scendo al Leto un insegnamento che non era solo dottrinale, ma morale. Continuare, ed in questo caso continuare a servirsi della stampa, poteva es­ sere l 'unico baluardo di normalità in una situazione che normale non era. Nessuno meno idoneo di se stesso, come dichiarava Michele Ferno di là dal topos della modestia, poteva farsi editore di un testo giuridico e storico: il Ferno, come testimoniava il lavoro svolto per l'edizione del Campano, era abituato a trattare di retmica, di poesia, di storia142. Ma proprio per questo

140 La lunga lettera-dedica al Leto, datata aprile 1496, si trova a cc.ar-a2r. Scrive­ va Femo: «Quid agas in Quirinali tuo, Pomponi, etsi coniecto, qui semper cum mor­ tuis disceptas, minus tamen me gallici tumultus, qui nos quottidie agitant, scire per­ mittunt? [.. .]. Nuper, cum in exemplarias stationas ut sunt mea pleraque in foro nego­ tia divertissem, codicillum illic offendi apud manuensem in quo ornnium qui rem si­ culam, quod regnum neapolitanum dicunt, tenuerint nomina tempora fortunae miro or­ dine continebantur. Protinus ad auctorem ut fit oculos, intendi: Felini opus erat, illius ferrariensis auditmis rotae vili clarissirni, cui in iure parem eo ex ordine multae aetates protulere neminem quem surnmus pontifex palatinis ob ingentem illius et admù·andam vntutem, vitae integritatem, morum candorem mirum, nisi ad surnmum quoppiam fastigium efferat, edibus apud se suscepit. [...] Sciebarn enim nihil hoc tempore quo regum neapolitanorum ius successioque in disceptationem posita est optabilius hac una epitomataria lucubratione studiosis contingere posse, qua quoad historiographi sparsirn fuseque suis voluminibus prodidissent, uno tanquam in cmpusculo congestum perlegere possent. [ ...] Audiebam complures cardinales aliosque permultos exemplum habuisse: Ad illos confestim ego concessi, habui, legi, obstupui, [...] Suspensum me vero diu habui, praefarer ne aliquid, dicarem cuipiam et tanquam recognitum in manibus hominum prospargerem. Narn edendi fortasse auctor consultius supprimi poterarn: et ego unus sum qui maxirne solearn contendere». 1 41 Ibid., c. a2v. 1 42 Ibid., c. a2v: «Ad recognoscendum autem minus idoneus me nemo, qui tarn­ etsi Carnpanum aprutinum pontificem, oratorem omnium qui unquam a Cicerone dixerint consensione omniurn p1incipem, imprirnendum suscepi, opus multifario tractatu, oratione, familiari epistola, historia et epigrarnmate quam amplissirnum, va­ rium, illustre, tamen hoc uno in recognoscendo potui subvereri, quod ex tot historiis decerptum est, quorum ne partem quidem mediam vidisse affirmare ausirn».

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LE ORAZIONI A STAMPA

CONCEITA BIANCA

. dei aveva compo. one dell' Efitoma: che lo stesso San motivo la pu�b�cazr iva corredata non ven VI143 ' One del pon tefree Al ssandro 4 drstlcl nvolt"l sto su comiDISSI con . izio al Leto, ma. anche da un frontesp sette distici nei solo dalla dedrca no Fer il tfazrone al Sander·I44 145' .che stam alla ad le.ctorem � da una pos re mTe �a, pub dominus meus Ric ·amare gr . olo ide finali non esrt�va. a c lta � a, e�­ sce eimom , bolle� diveniva deli cata decr­ nti me mo blicando ora�t?m: s i are fiss st m a si potevano a l rso ttrave rc�. oli � p e e � clesial politici, si poteva a re�derli . oti ad ampi gruppi e � po st , rah enz � ess ed sivi mino insidioso e diffrcile. l prccoli passi d"l un cam are nd ma tra tto ttu sopra .

.

.

·

lo il quale scriveva: «Cum pau

dei' . 1 43 A c. a4v la dedica ad Ales sandro VI del Sanut qm s·1C1"liae Apuliaeque posses-

+' er pat rasset a me , s. v. c1el_lle�lflSSime li.' , collegi me ipsum paulisper ante desyde . enem . re1. set . pos f1en s viu e I b a d . rnem ord et sores fmssent, quo ores sess . . avl dill" genter ut et pos es) wg brosque meos (sunt emm complur . nt» tire ape Fernus et tempora istius regni mi� . umerata·. «Ad lectorem Michael cart a tesptzlO 1 44 Precede il fro� � �o� 5 -[ 6]r la postdedica al Sandei; . c dts . �· e .e erende, mù"ificum nostri evi mediolanensis» , a cm. seguono 1 4 l, te sere �. . scriveva Ferno: «Audto suc.cen eras ut edi aliquan­ quomarn stc tpse non compeg decus, quod hoc opus publicetur, m meum d. do posse sperare s». . . . ufl dall' intitulatio «Ad dominu 145 A c. [g6]r i 7 d1st1c1 sono preced Felinum Michael idem».

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ANNA MODIGLIANI Cittadini romani e libri a stampa

Produzione e commercio di libri L'industria tipografica romana ebbe una nascita precoce rispetto ad al­ tre città italiane e raggiunse, nel corso del Quattrocento, livelli di produ­ zione notevoli sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Calco­ lando - ma si tratta di cifre puramente orientative - una tiratura media di 300 copie per ciascuna edizione', le circa 1 828 edizioni incunabole roma­ ne2 conispondono a poco meno di 550.000 libri suddivisi nell'arco dei 34 anni della produzione romana del XV secolo. E ancora, per ogni anno del pontificato di Alessandro VI si possono calcolare più di 20.000 libri stam­ pati a Roma. Alla produzione interna c'è poi da aggiungere un flusso di

1 La tiratura di 300 copie, che è stata qui utilizzata per i calcoli che seguono, è certamente molto più bassa di quanto fosse in realtà, se si tiene conto delle più recen­ ti stime relative alla situazione italiana in generale (400-500 copie nell'età degli incu­ naboli, 1500 alla metà del Cinquecento), della progressiva tendenza alla crescita «pa­ rallelamente alla messa a punto di sistemi più efficienti di distribuzione e vendita» (e il pontificato di Alessandro VI si colloca a cavallo tra XV e XVI secolo), dell' aumen­ to del numero di copie per le edizioni di piccolo formato (molto più numerose di pri­ ma ai tempi di papa Borgia). Per tutto questo, riguardo all'Italia in generale, cfr. A Nuovo, Il commercio librario nell'Italia del Rinascimento, Milano 1998, cap. 2. Tra le scarsissime notizie relative alla tiratura degli incunaboli romani si può ricordare l'in­ dicazione di 275 copie (con alcune significative eccezioni fino alle 1 100 copie delle Epistolae di s. Girolamo) per la maggior pmte degli incunaboli stampati da Sweynheym e Pannartz tra il 1465 e il 1471. Su questo v. GIOVANNI ANDREA Bu ssi, Prefazioni alle edizioni di Sweynheym e Pannartz prototipografi romani, a cura di M. MIGLIO, Milano 1978 (Documenti sulle mti del libro, XII) pp. 83-84 e Introduzione, cap. N; R. HIRSCH, Printing, selling and reading, Wiesbaden 1974, pp. 65-66. Per i dati relativi all'uso dei diversi formati a Roma cfr. P. CASCIANO-G. CASTOLDI-M. P. CRITELLI-G. CURCIO-P. FARENGA-A. MODIGLIANI, Qualche indicazione per la tipologia del libro, in Scrittura, biblioteche e stampa a Roma nel Quattrocento (Atti del semi­ nario 1-2 giugno 1979), a cura di C. BIANCA-P. FARENGA-G. LoMBARDI-A. G. LUCIA­ NI-M. MIGLIO, I, Città del Vaticano 1980 (Littera Antiqua, 1,1): pp. 363-370 e tav. 40 . 2 Sono questi i dati emersi da Indice delle edizioni romane a stampa (14671500), a cura di P. CASCIANO-G. CASTOLDI-M.P. CRITELLI-G. CURCIO-P. FARENGA-A. MODIGLIANI, in Scrittura cit., ll (d'ora in avanti = IERS) . Questi dati sono stati so­ stanzialmente confermati - con pochissime aggiunte - da The Illustrated ISTC an CD-ROM, in association with the British Librmy.


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ANNA MODIGLIANI

CITTADINI ROMANI A LffiRI E STAMPA

importazione di libri a stampa pm · , d'ff I Ici. 1e da quantificare ma tutt che trascurabile di cui· I'esta me' 'altro . nei. reg . . mona istri den a dogana Citt ' dm nelle note di acquisto poste sug li stessi libn· 4 U a f�cr'le l ttur � a3 e a dJ quest� � dati potrebbe sug gerire un' imm agine dei · �t d �. rom m� me randJ consumatori dì cultura scritta, e in _I. pro ottr�?m ? partìcola d sene con la nu�va invenzione dei torchi a caratteri mob� L l o tesso mo . do, la fw rente mdustria e l'importazion e de'I paternostn e delle �lilagu · lm · n sac trebbero ess ere interpretate com re po . . e test'1moma . · 1annente mnza d1 una p artrco tensa - quasi ossessiva - relig' . . IOSI·ca dei rom . am. Ma non c 'è neppure biso-

g no di ricordare che a Roma c'erano - così si esprime un documento del 1 495 - «cives et curiales in ea habitantes et ad ipsam continuo venientes»5. A Roma, nella Roma del secondo Quattrocento e in quella di Alessandro VI, accanto ai cives c ' era un numero molto elevato di persone che passa­ vano, sostavano, restavano in città. Persone che come i romani consuma­ vano generi di prima necessità e dei quali veniva perciò sempre tenuto conto nei provvedimenti di carattere annonario. I cives diventavano poi ad­ dirittura una minoranza tra coloro che acquistavano determinati tipi di merci offerte dal mercato romano: tra queste certamente anche i libri6. Se si considera infatti che la maggior parte di coloro che si recavano in viag­ gio a Roma avevano un livello culturale abbastanza elevato rispetto alla media (si pensi ai numerosissimi frati e religiosi provenienti da ogni parte d'Italia e d'Europa, che sono al primo posto - secondo quanto risulta dal­ le note di acquisto e di possesso7 - tra gli acquirenti dei libri a stampa, o a

.

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V. CENTINI, Jl

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per questo P. CHERUBINI-A ESPOSITO-A . MODIGLIANI-P. SCARCIA PIA­ costo de/ libro in Scrittzu � bz. . � · l��teche e stampa a Roma nel cento (Atti del 2o semina� io , 6 ttro­ . ggw 2), a cura di M. MIGLIO, conQua laborazione di p. FARENGA· e A .- 8Mma la colODIGLIANI C'rtt'a del V;atlc · ano 1 983 (Littera Antiqua, 3), pp. 323 -553· A EscH, D eu tsel1e ' .. Fruhdrucker · R m · papst Pauls 11.: «Gut ' enberg Jahrb , 68 (199 3) , pp. 44��52,� Io.m, den Reg.istern Importe das Rom der Renmssance . Dz'e Z · uch» . ter der Jahre l egzs 1470 bzs ' 148O, «Quellen und Forschungen aus italienischenollArc hiven und B'b I l'wtheken», 74 (19 411. 94), pp. 4I04 DI· grande interesse anche per . ? h.�ran. o romano lo studio del m�rcat biblioteca raccolta da Remando Colon è l'ampia fi lio ? servata presso la Biblioteca Colombina' d1 S bastardo dr Cnstoforo Colombo, conev1'll a. e sue. note di acqm· sto · d'Icano . .one il con gra. nde preCisr . o (np luogoÌ la data e I'l pr.�zzo d'Ll ogm . mtate, hbr zioni del XV secolo anche ne Ca; per le edit 'l�go de mcunables de la Bibliot eca Capitular y Colombina de Sevill�, a cura di A. E URA MORERA-P. VALLEJO 0RELLANA-J GUIL LE�, s evr'lla 1 999 ). Gra . n pmt . di uesti libri fu�.�n� �cqm. statr. a Roma :F. sAEZ swne di due viaggi compiuti tra lae fin m occ a� del 151 5 (cfr. T. MARfN MARTiNEz J M RUIZ 151 2 e nuzw del 151 3 e alla fine del ASENCIO-K WAGNER , Cata'logo concordado de la Biblioteca de Hernand · · o ColOn I S · na 1993 �4-1 P 9?) . Ur:a prima in­ J? dagine su queste note _ alle quali sarà ded � · ' ha consentito di stabilire che tra il l51 2 ic:�� n studw pm analitic: o seguito ­ e I'l l51 I·� mercato romano offriva, accanto. alle più recenti edizioni stampate a Rorna non� solt . anto m lt'1 esemp1an· dr. edrz. rom rom. ane. degh anni ' 80 e ' 90 de1 Quattroce . nto ma anc . he nun:e.r.�sr· libn. fwr venezrmu, milanesi, napoletani stampati tra i entm.i, . la f ne del XV e gh rmz lo (v. ad esempio i nn. 712 808 8 1 1 958 r del XVI o­ del catalogo del 1999): libri chesec ' dr' u' . , 1 176 l'assenza di qualunque s�gno . , per tIlizzaz wne precedente a queIlo d'1 Remand C.o.lon , . e per essere in gran parte ed'rzro o · m. d'1 poch'rss1.me cmt e, d'ff I 1c' ilinente smerciabI1I smgolmmente sul mercato d Il';atoll . . era no quasi c�Itar_nente tutti libri nuovi. I libri di poche cmte sono racc : sc n�.: �on un cnteno tematico . Una di que­ s�e (Sevilla, Bibl. Colombina,olti6-3-28 � � zrom_ , tr� incunaboli e cinquecentine )di otes � te, -�d esempi_�, ?Itre q�Iaranta edi­ � vo p�r_ lo pm versi e con illu­ _ , stampate a strazwm Roma�Firenze "'���zra. e acqgaru _I,st�t � l a Roma alla fine del 151 5, ' con note in calce a ciascun por setiembre de 151 5». di esse de rpo «Este libro costo en Roma 2 quatrines ,

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5 ASV, Diversa Cameralia, 51, c. 52v. È uno dei moltissimi esempi - e nep­ pure il più esplicito - dell ' immagine tripartita della popolazione romana costante­ mente proposta dalle fonti coeve, documentarie e nanative (cfr. il noto passo del Diario della città di Roma di Stefano lnjessura scribasenato, a cura di O. TOMMA­ SINI, Roma 1 890 [Fonti per la storia d ' Italia, 5], p. 174: «cives [ . .. ] alienigenae et cu­ riales»; più articolata, ma nella sostanza non dissimile, è la distinzione sugge1ita da un documento camerale del 1463, che si rivolgeva «civibus Romanis, incolis et ha­ bitatoribus Alme Urbis, cortesanis et forensibus, tam clericis quam laicis», ASV; Di­ versa Cameralia, 30, c . 46r-v). Pur nella consapevolezza dell ' impossibilità di sepa­ rare nettamente i tre gmppi di persone presenti a Roma nel tardo Medioevo, ovve­ ro romani, curiali e forestieri, perché i punti di contatto reciproci sono numerosi e talvolta inestricabili (questa l ' indicazione suggerita da M. MIGLIO, Raccontano le cronache. Curia, corte e municipio, in Le due Rome nel Quattrocento. Melazzo, An­ toniazzo e la cultura artistica del '400 romano (Atti del Convegno Internazionale di Studi, Università di Roma "La Sapienza", Facoltà di Lettere e Filosofia, Istituto di Storia dell'Arte, Roma 21-24 febbraio 1996); a cura di S. Rossi-S . VALERI, Roma 1997, pp . 161-171, si è deciso tuttavia di scegliere come oggetto di questa indagine i Romani cives, che vivono e operano in una dimensione prevalentemente cittadina e la cui coscienza politica e culturale, al di là delle inevitabili interferenze con la Cu­ ria, dei rappmti politici o di parentela, dei meccanismi di imitazione, resta comun­ que legata alle tradizioni municipali. 6 A. MODIGLIANI, Costo e commercio del libro a stampa, in Gutenberg e Ro­ ma. Le origini della stampa nella città dei papi (1467-1477), a cura di M. MIGLIO­ O. RosslNl, Napoli 1997, pp. 91-96 e bibliografia citata. 7 Un solo esempio tra i tanti che se ne potrebbero Iicordare, che risulta peraltro interessante anche come testimonianza della presenza sul mercato romano di nume­ rosi libri stampati in città diverse da Roma e soprattutto a Venezia, che sembra aver fatto una conconenza molto dura negli ultimi due decenni del secolo alle tipografie romane: Petrus Vederhen da Colonia, chierico della Penitenzietia apostolica e dun-


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quanti si recavano e soggiornavano a Roma per incarichi presso la Curia o di altro genere8), e se si tiene anche conto del valore simbolico e sacrale attribuito durante tutto il Medioevo ai libri e agli oggetti provenienti da Roma, ne consegue che, in proporzione, il mercato librario romano era sensibilmente più influenzato dalla presenza dei forestieri9 di quanto non fosse, ad esempio, il mercato del grano o del vino .

que residente a Roma con una certa stabilità, acquistava nel novembre 1 502 una co­ pia dell'edizione veneziana della Historia di Giustino con l ' Epitome di Floro, cura­ t d� Marco Antonio Sabellico (H* 9654; IGI 5558; BMC V 421 ) e una copia del­ _ l ediZione romana della Historia de imperio post Marcwn di Erodiano, tradotta da Angelo Poliziano (Roma, stampatore dello Herodianus, 20 giugno 1493; H 8466; BMC 1 37: IER 1402) p�r il prezzo di quattro carlini senza legatura. Sul foglio dr_ guardra der due mcunaboh, tuttora legati insieme (Roma, Bibl. Cas., Inc . 250! 1 2) s i legge, dopo i l nome dell' acquirente: «iure emptionis me possidet, 1 502; em­ ptum de �en�e Nove�bris 1 502 cum Gerodiano carl(enis) quatuor sine ligatura; se­ g�e, con mch�ostro drverso e tratto più sottile: in toto carl(enis) 6 IllÌnus X q(uatre­ ms)». Probabilmente a Roma e in quegli stessi anni fu acquistata anche una miscel­ l�nea di edizio romane (Venezia, Bibl. Naz. Mare., Mise. 2 1 65), che porta la nota dr possesso e drverse note del frate Dominicus Candianus, vissuto in area veneta. Es­ sa comprende tre edizioni romane di Mirabilia (H 1 1 1 80, Roma Stephan Plannck, 14.3. 1 496; H 1 1 1 98 , Roma [Eucharius Silber, ca. 1495] e una cinquecentina stam­ pata da Valeria Doria), il Modus confitendi di Andrea de Escobar (H* 1007 H 1 0 1 1 ; GW 179 1 , [Roma, Eucharius Silber, c. 1 500]), il Confessionale: interrogatio­ n:s et octrinae (H* 925 , W 7302, [Roma, Eucharius Silber, 1 485- 1490]), la Co­ _ m uratw malzgnorum spzrztuum (IGI, VI. 3 1 64-A, [Roma, Eucharius Silber, c. 1500]), le Divisiones decem nationum totius Christianitatis (H* 6308, GW 8572, [Roma, Johann Besicken e Sigismund Mayer, giugno 1494?]) e il Lunarium ab an­ no 1494 ad annum 1550 di Bernardus de Granollachs (R 924, GW 1 1 3 1 6 [Roma' ' Johann Besicken e Sigismund Mayer, 1494]). 8 Nel 1 489 Virgilio B ovio inviava al fratello Giacomo, che sarebbe stato sena­ tore di Roma nel 1 5 1 3 - 1 5 1 4, una raccolta di orazioni stampate a Roma, accompa­ gnata da una lettera nella quale spiegava la loro utilità per comprendere la storia contemporanea (su questo cfr. M. MIGLIO, Di un incunabolo conservato e di altri sparsi per il mondo: l 'affetto fraterno e il dono di una raccolta di m·azioni, in L'u­ mana compagnia. Studi in onore di Gennaro Savarese, a cura di R. ALHAIQUE PET­ TINELLI, Roma 1 999, pp. 289-303). 9 I r:isultati di un recente studio (C. BrANCA, Libri a stampa nelle biblioteche romane, m Gut�!1 erg e Ro�za ci ., pp. 1 1 3- 1 20) confermano non soltanto l' appar­ . tenenza delle pm rmportantr brblroteche romane a uomini di curia cardinali e ve­ s ovi r:eside�ti a Roma, e ad istituzioni (conventi, chiese e confrate ·nite), ma anche l acqmsto dr un �ot�volissimo numero di incunaboli stampati a Roma da parte di personaggi_ forestren - soprattutto religiosi, cardinali e vescovi non residenti a Ro­ ma - che si erano recati in viaggio nella città dei papi.

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I libri negli inventari di beni

Non saranno dunque quelli dell'industria tipografica e dell'importazione di libri a stampa gli indici dell'uso che i cittadini romani facevano dei prodot­ ti della nuova arte. È stato perciò necessario cercare altrove i segni di tale uso e - va detto fin dall'inizio - i risultati di questa ricerca sono stati molto poco fruttuosi. Un primo campo di indagine è stato quello degli inventari dei beni dei cittadini romani, per lo più conservati nei protocolli dei notai. C'è da dire innanzitutto che si tratta di documenti abbastanza rari, poiché venivano redat­ ti - per iniziativa dei tutori - soltanto nel caso che gli eredi fossero minori, op­ pure quando sorgeva qualche contestazione sui diritti all'eredità. In condizioni diverse, anche in presenza di un testamento, i beni passavano direttamente al­ l'erede o agli eredi universali e non c'era alcuna necessità di descriverli nel det­ taglio. Nonostante questo, restano tuttavia diversi inventari nei quali sono an­ notati minuziosamente tutti i beni, mobili e immobili, di un personaggio a bre­ ve distanza dalla sua morte. Spesso il documento precisa anche gli ambienti della casa in cui i singoli oggetti si trovavano, e questo elemento serve a com­ prendere meglio l'uso che di ciascuno di essi veniva fatto. Per quanto riguarda i libri, spesso il notaio indica se fossero manoscritti o libri a stampa, talvolta ne riporta il titolo e il nome dell'autore o la materia, talvolta soltanto il numero. Da uno studio degli inventari di beni di interesse librario a Roma condot­ to alcuni anni fa da Alda SpottF0 sono emersi, su 146 inventari esaminati, 34 con la menzione di qualche libro. Un dato - quello della presenza di libri in cir­ ca 1/4 degli inventari - che indicherebbe una notevole diffusione della cultura scritta tra i romani di età rinascimentale. Ma tra i 34 inventari con libri sono presenti anche quelli (una decina) che comprendono soltanto libri di carattere contabile e scripture, che attestano - ed è già un dato importante - la capacità di leggere e scrivere dei loro proprietari, ma non possono essere considerati li­ bri in senso proprio. il rappmto scende così a circa 116. C'è poi da tener conto del fatto che un certo numero di questi inventari - spesso i più ricchi - appar­ tengono a uomini di curia e cardinali, come Guglielmo d'Estouteville11, oppu10 A. SPOTTI TANTILLO, Inventari inediti di interesse librario tratti da protocolli notarili romani (1468-1523), «Archivio della Società Romana di Storia Patria», 98

( 1975), pp. 77-94. L'articolo pubblica una parte dei risultati della tesi discussa da Alda Spotti presso la Scuola Speciale per Archivisti e Bibliotecari dell'Università degli Studi di Roma nell'anno accademico 1 972-1 973 dal titolo Notizie di bibliote­ che romane del Rinascimento tratte dai protocolli notarili (1460-1527), che l' autri­ ce IllÌ ha cortesemente permesso di utilizzare per questo studio. 11 A. EsPOSITO ALIANO, Testamento e inventari per la ricostruzione della bi­ blioteca del cardinale Guglielmo d'Estouteville, in Scrittura cit., 1 979, pp. 309-342, e bibliografia citata.


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re a chiese, conventi e ospedali. Messi da parte anche questi - che non si possono annoverare tra i patrimoni librari dei cittadini romani, oggetto del­ la presente ricerca - si scende ad un rapporto di l a 8. Inoltre, nella mag­ gior parte dei casi la presenza di libri in questi inventari è costituita da uno o due libri, per lo più un messale o un offitiolo. I casi di cittadini romani che possedessero più di IO libri (e si parla qui ancora in maniera indistinta di manoscritti e libri a stampa) si contano dunque - tra i 146 inventari esami­ nati dalla Spotti - con le dita di una mano. Occone a questo punto abbandonare i dati quantitativi - questi ultimi davvero molto approssimativi - per esaminare altri elementi qualitativi emer­ si sia dagli inventari schedati dalla Spotti che da altri inventari ritrovati negli archivi romani. Mi sembra importante registrare, innanzitutto, alcune assenze significative, ovvero non soltanto la quasi totale assenza di libri tra i beni di artigiani e piccoli commercianti, ma anche la loro scarsissima presenza nei patrimoni di ricchi mercanti e di personaggi di qualche spicco nella società romana. Girolamo Ramoraccia era un cimatore e la già compiuta affelmazio­ ne sociale della sua famiglia è attestata dai Nuptiali di Marco Antonio Altie­ li1 2: nel suo inventario di beni del 1502 sono compresi, tra l'altro, una casa, una vigna, due anelli d'oro, un sigillo con lo stemma di famiglia, un'imma­ gine sacra, ma nessun libro13. Nell 'inventario - redatto nel 1491 - dei beni di Pietro Paolo de Mantaco, proprietario di un fondaco nei pressi di Campo de' Fiori, il cui capitale ascendeva alla riguardevole somma di 6259 ducati, sono elencati molti libri contabili appartenenti allo stesso fondaco, ma nella sua ca­ sa, piena di oggetti e anedi di pregio, non c'era neppure un libro14. Marco Ca­ pogalli, nobilis vir e mercante di panni, prop1ietario di un fondaco in piazza Giudea, aveva in casa - l'inventruio è del 1496 - denaro, gioielli, argenteria,

12 I Ramoraccia sono ricordati tra le più note famiglie delle contrade romane di Pellicceria e Pietra dei Pesci in Li Nuptiali di Marco Antonio Altieri pubblicati da Enrico Narducci, Introduzione di M. MIGLIO. Appendice documentaria e indice ra­ gionato dei nomi di A. MoDIGLIANI, Roma 1 995 (RRinedita. anastatica, 9), p. 15. 1 3 ASR, Col!. Not. Cap., 1 673, cc. 303v-304v (notaio Iohannes Paulus domini Gregorii de Sethonicis). L'inventario è del 28 ottobre 1502. I notai romani hanno tra­ mandato anche l'inventario dei beni di Angelo Ramoraccia, cimatore del rione Pigna e padre di Girolamo, del 22 giugno 1468 (ASR, Col!. Not. Cap., 1643, cc. 473r-v; notaio Marianus Scalibastri): tra i suoi beni soltanto lo libro [...] della apoteca. 1 4 L'inventario del fondaco è inASR, Col!. Not. Cap., 1731, cc. 1 85v-186r (no­ taio Iohannes Matthias quondam Petri de Taglientibus) e qui si trova la notizia del­ l'entità del capitale del fondaco. L'inventario dei restanti beni ritrovati nelle diver­ se stanze della sua casa è in Col!. Not. Cap., 1 728, cc. 93r-v (stesso notaio). Ambe­ due gli inventari, fatti redigere dai tutori Antonio de Mantaco e Matteo Specchio per conto dei figli minori, sono del 10 novembre 149 1 .

roscio . . 'br.l· [ ] de diversi rascioni e conti, uno libro e s o p e d o zo «Un m� tabili erano nel fo�dac )/ ma � t » (e �itre scritture con d e . d oo t a . am [.. .] chi . . . Un altro mercante dl panm romano de1 rione P1gna' 1ac . 15 bro ne, li n vig , alcune . neppure � . d P el 1497 cinque case a Roma _a agine sacra, imm un' , bus Iannznz e �tteo, _lasci daco i fon del o il , i p anni bem tra l , pm e ra nte roie me una ferr . ·annette ,· nessun libro16 · Tra i beni del rcaarg � c quattro ne entescza 9, arti d 149 nel tre p rancesco C na e Spinis; redatto de France_scho � enul rione del � � no ma coll'arme . IOchare ad tav le ' una taz ria, «uno tavohen da ancora dal l'inventano del E 7 ro1 lib n?zze» : nessun . da de gran _ rone ltano da cal uno hl redatto nel 1496, risu O dl B attista Capizucc ovlC Lud are ro Gasp Piet di 8 di n . tario ni be llbro1 · Nell'i ven · e P0l'IZZe, ma .nep.pure un deo . son . · 507 1 molti istrumentl to nel none Ttevl, redat . dello officio: ' anche se _ e appellazwm del d di Pietro, notato de11 rii u icia i tti protocoll" t scritti soltanto �c�·ztture, fessione fosse stato lo svo�g m nto della sua pro per o zat . qualche libro utiliz tavia certamente una questo notato non aveva tut confuso con un protocollo, . � lOteca19 . . ' di ese�plO mo grande b'bl' a chi po to tan sol ati ricord. Casi come questi - ne -�o questa ncerca. . entan del beni esaminati per m h neg ma : nm scarsa di lilto costituiscono la mo no un a diffusione sta atte an ent inv i est qu , Nel comple sso

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r-v (notaio Francesco Tasca) -v e 391 �, cc. 3 88r 173 p., Ca . Not. Coll. . 15 ASR, di Marco Anto. nio o .ncor·datl" m L1" Nuptiali di · c ap ogalh son l e h glia ne A . 6 149 . rzo 30 ·ma altro esponente · questa ofann " · pp. 15 - 16 · Cu_ ca. cent' anm pnma unfuo elF l d cov ves p01 e Altzerz· ctt., ra Mu ri le lo . Pao S d" e _ b lh, o­ pog P la Ca , m ane van c � romana, Gto le tradizioni rom

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resse per : gr n ie inteanz o a No­ tre e Belluno, leggeva un oh_p�ra a un manoscritto conserdivatfam oni . N� t' t. e�t': iglia, a mm ste suo listoria di Giovanni Caval m il pogalli Ca _ del o ; t \ ava rec che G �o ­ o di dut a" vara - oggi per � Roma e s g .P.Q.R . (M. Mio{ro , La "Polistori _ lio­ dt Btb mune imento. l� Co del c . « R a nel rinas quello crztto scompm so, R rom vanni Cavallini ed un manos . taio Iohanne� �apgrafia e note», 1996, pp. 5P- 1 4)927 3 1 3r-3 18v e 334r-3 36r (no 1 6 ASR , Coli. Not. C� · : ' cc. como, cittadm . . t robre. 149 7 · I figli di Giaora ..s) . L' m otto 26 del e o tan · ven vm s bile Imz de hon . tista . . tt. m 1 6 maggio 1520 Antonam un atto d�1-73 mani di Pigna, erano defiCap v e 80r-8 1 v (notaio Philippus 72 cc. . , 123, ente 17 ASR , Col!. Not. a probabilm anche) nte, che esercitav rca me l d o ent am test � Il is). din Car " tii de e' zbid· ' cc· 70r-v e 83r-v.. .czs. . . . 1 1 apnle dello stesso anno ji un' attività dt presttto, deIl' (notaio Pacificus de Pa, ciNo ! 8 ASR, Coli. Not. C�p ., 118 1, cc. 743J�-745v tizie TII SPO . Cfr 6. 149 bre em e .il 1 dic e b e nov 2? i1 tra Pa­ , att red TORE fu NTA o CA tari � cfr. F. L'inven t glia Capizucchi men­ Cle di e o V _o e. s � ua �nn Sist di a cit., p. 82. Su questo mventan ? to nella Rom ser., 21 (1993), pp. 4 1 e zz o lazzo Capizucc�ti. Tr,asf?rnza · sm a ei chitettura», n. �� ton d l te X, «Quaderm dell Istttuto sco Tasca). passim. 0 c. 240r-v (notaio France 19 ASR, Coli. Not. Cap ., 174 ' �

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bri nell e case dei romani alla fine del Quattrocento sia . . in amb"t 1 o artigi . ano · ocrazia ' mercanti·1. e c. h.e presso l ' anst :ti · municipale e gli stess i pro ess . . -. . wm . sti n di e notan"l e. Una s1tuazwne piutto eul tura gm d1ca sto d".Iue ["{: rente da quella d1. · a, 1tali tante. altre citt ane tra · uecento, dovelailseconda meta' de1· Quattrocento. e l. primi decenm del crnq possess 0 d1" libn era molto diffuso anche in ambienti mercantili2o. . In questo panorama di generale dis attenzi . one per il libro - Sia scntto che a stampa - spicca manono alcuni e sonaggi. che av vano nelle loro case collezioni librarie che � . andava b lo to v i te s e l a e � � s p sse�s on di l bn e mtt ma si po sso no individuare con sto var : ia, . p ? notevole p ecisiOne gh am . bienti m cui i li­ bri circolavano con maggiore . fr nza. el tutto nconsueta zione sociale relativamente b ass e p � pn. e an. o, e� ad ese � per l ' es tra­ mpw la piccola collezione di libri (6 in tut � to) del pr us vzr Sa n�onetto, figlio delottaio Giovanni Paolo del candel .· l h ns ulta da d�� suoi beni redatto il 1 un � i � �ventario enn 98 gilio e un Transitum beati . . . e I n a stampa, legati, un VirH ovver� u� a raccolta d� let vita, la mo1te e i miracoli tere sulla di i o attnbUita ad Eusebw da na, vissuto tra IV e V sec . Cremo', olo , ma m realta composta nena pn. ma me XIV secolo, nota con ta del il titolo Vita et trans . � �s be�tz. Hz.eronymi, che co­ nobbe una notevole fortun . a editoriale - m l a mo e I? volgare - nel Quat­ trocento2 I); poi una Bibbia . un libro sen a tito lo, un h?ro qui vocatur Mo gante e un altro qui voc r­ at�r la S?agna ,� ol re a qu esti unum bastarde llum recordorum ovvero un � . " lib r·o · d I nco rd1 p atnmo. nial o un l"b · . a, 1 ro d1· famrgh forse anche ' con qualche . : n 0 t"IZia dI" cronaca c1tt adm a mente - non resta alcuna tra . . ' de1 qua1e - ovvi. accia22 . D obbIam o questo mv entario al fatto che ·

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. ne mc pera conobbe un� sola edr.zro . una quella stampata da Stephan. L'o bola romana, Pla nn k o opo d .il !48 0 (HC 946 1), in italiano. Ma il titolo rip o� 863 5; IG I 373 8; GW guano sono in volgare) lascia pen ato :�l notaiO m latm. o (mentre gli altri che sestampate a Venezia e in altre citta' "tsarlie pmttosto ad una de11e tante edrzw " . m. latine a ane . ? 2-A SR , 30 Notai Cap . . itolini uff 4 voi 7 (notaro Szmon Antonius quondam domini Nicolai Pirati). Nell' " · . ' ' mventano anche tazze d' arg . ento e unum gladium cum manico argenti. ·

l'eredità di Sansonetto, che aveva ucciso la sorella Lucrezia23, era stata contestata da parte di alcuni parenti. Stupisce, più che il resto, la presenza nella piccola collezione di Sansonetto di un autore latino come Virgilio. C'é anche da dire che tra i libri descritti in questi inventari ancora più sor­ prendentemente rara è la cultura volgare. Un caso particolarmente interessante - ma piuttosto tardo, del 1524 - è quello di un sarto, Viniano, che insieme ai re­ gistri relativi all 'esercizio dell'arte aveva un breviario, un Fior de virtù in stam­ pa, la Vzta de Sancti Padri vulgaris (un volgarizzamento delle Vztae Sanctorum Patrum di Girolamo), un missale piccolo in stampa, un officiolo, li Fioretti de la Bibia, una Bibia in volgare in tucto foglio, uno Specchio de la fede e diversi altri libri (in tutto sedici) a carattere devozionale24. Uno libro chiamato Pogni lingua possedeva Angelo da Cmtona, morto prima dell'agosto 1487, del quale non si ha pmtroppo alcuna notizia di carattere biografico25. Per il resto, i libri volgar·i sono molto scarsi nelle biblioteche dei romani di cui ci sia giunta noti­ zia, e quei pochi sono prevalentemente operette devozionali o di edificazione morale. Due soli libri di Dante, ad esempio. Uno apparteneva ad una donna del­ l' aristocrazia municipale romana, Caterina Veneraneri, vedova del cavaliere An­ tonio di Battista di Pietro Matteo Albertoni, mmto prima del settembre 147026.

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2o A titolo di esempio . azr. one , per un paragane c?n l a srtu Les marchands écrivains fiorentina, cfr. C. BEe . , . A'JJa 1+. zres et aum amsme à Florence. 1 3 75-143 . ' H aye 196 7; In. , Les livr 4 es desflorentins (14 15- 160 . , : Pans-La 8)' F�en�e �984. Pm le, cfr. A. PETRuccr, Le bib m genera­ liotech . tura e consumo , a cura di A. Aso o e antiche' i ettew R R sA pp. 528 -s A. QUO lfalzana, II. Produzione NDAM , La letteratur pografia, in ibid., pp. 555- 586 ' a in ti' 21 Cfr. GW 9446-9481 .

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23 Così attesta un documento del 12 febbraio

1500 in ASV, Diversa Cameralia, 53, cc. 61r-62v. Nel dicembre del l 478 Sansonetto, che era stato coinvolto in una li­ te, con ferite e percosse, con un cittadino del rione Trevi, contraeva una pace stipu­ lata dal notaio Evangelista de Bistusciis (ASC, Notarile, Sez. I, 67/I, cc. 44r-48v). 24 ASC, Notarile, Sez. I, 298, cc. 55r-68v (notaio Iohannes Dominicus de Fi­ delibus). L'inventario è edito in S POTIITANTILLO, Inventari cit., pp. 92-94. Un altro sarto che viveva a Roma nel rione Ponte, morto prima del febbraio 1455, magister Antonius de Fulgineo, aveva tra i suoi beni «unum libmm vocatum lo Spiecchio del­ la Croce, umnn dialagum sancti Gregorii in carta bunbicina, unum libmm Evange­ listarum et epitolarum (sic) in carta emina relictum ecclesie Sancti Augustini»; la­ sciava inoltre 21 ducati d'oro alla crociata contra Theucros fienda (ASR, Col!. Not. Cap., 1726, cc. 207r-208v e 217r-21 8v). 25 L'atto di tutela per la figlia minore con l'inventario dei berli mobili è del 5 agosto 1487 (ASR, Col!. Not. Cap., 1726, cc. 39r-41 v e 44r-45v ; (notaio Iohannes Matthias quondam Petri de Taglientibus). Nell'inventario sono compresi diversi og­ getti d'oro e d'argento, «doi sugelli d'oro con l'arme, uno laborato et l'altro liscio», stoffe e abiti di un ce1to pregio, un numero imprecisato di bestie vacine. 26 Su Antonio di Battista Albe1toni v. Li Nuptiali di Marco Antonio Alfieri cit., pp. XXXIII, XXXV, 45, 109. Questo personaggio non va confuso - come per mio errore ibid., p. 82* - con Antonio di Angelo di Paluzza di Pietro Matteo Albe1toni (cognato del­ lo stesso Marco Antonio Altieri e 1icordato ibid., p. 12), che sposò Caterina di Gabriele Cesarini nel 1472 (DOMENICO IAcovACCl, Repertorii di famiglie, in Bibl. Ap. Vat., Ottob. lat. 2548/I, p. 267). Un tenninus ante quem per la data di morte di Antonio di Battista si evince da im atto del 5 settembre 1470, che Caterina, già vedova, compie come tutrice del figlio Marco (ASR, Col!. Not. Cap., 124, cc. 30v-31r; notaio Philippus Antonatii).


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L'inventario, redatto nel 1487, comprende uno libro alli, (non si sa se qualcunodedimequedicstiinafosdese cav pa), e insieme le anni che erano app a sta m­ mtenute allo strenuus miles morto da oltre quindici anni: una scimitarretta senza manicho, doi !ance langhe sciana et una gennetta27• , una parti­ Se le annirimandano necessarimn ente ad una figura maschile, i libri volgmi potevano ben essere sta donna romana, in Roma che, verso la fi ti oggetto di lettura della nobil­ ne del secolo, registra un fmte in­ cremento della prouna duz ion e vol gar e a sta mp a ni '70 avevano iniziato a rivolgersi esplicitmne dove i tipografi fin dai primi an­ ente ad un pubblico di uomini in­ docti e perfino alle mulier cule28• Ancora una donna municipale romana, Ippolita de Cambiis mo appartenente all'aristocrazia tra i suoi beni - l'inventario è del 3 dicembreglie di Agapito de' Rustici, aveva 149929 - un solo libro, uno offi­ ciolo fornito d'argento : si tra tta di una del le ope i proprietmi di pochi libri30, stampata anche rette devozionali più diffuse tra ziosità dell'oggetto fa escludere che si trattasa Roma, ma in questo caso la pre­ no invece probabilmente i lib1i slegati e forse di un incunabolo. A stampa era­ Barzellona, appmtenente ad un'altra famigliase anche smembrati che Lucrezia mana, aveva tra i suoi beni: nell'inventario, del l'mistocrazia municipale ro­ cassa cum certis petiis librorum, dei quali nonredatto nel 1512, è ricordata una zia31. Anche il nobilis vir Alfonso Gaetani, di viene fomita alcuna altra noti­ origine pisana ma onnai Romanus civis del rione Pigna (aveva spo sat o la fig lia di Carlo Gaetani, che aveva ottenuto insieme ad Ludovico Margani), figlio di quel altri dalla Cmnera apostolica l'apDante et certi altri libri in vulgari

27 ASR, Ospedale del mo Salvatore ad Sancta San IV, mazzo IX, n. 52C. È daSS. rum, cass. 458 , arm. que sta documentazione che risucto della donna, Veneraneri. lta il nome di famiglia 28 P. FARENGA , «Indoc tis viris... mulierculis quoque ipsis» Cultura in volgare nella stampa romana? in Scr ittura cit ., 197 9, pp. 403-41 29 ASR, Coll. Not. 5. Cap ., 1 1 8 1 , cc. 956r-v e 965 r-v. Cfr. SPOTTI TANTILLO, ventari cit. , pp. 80- 8 1 . Ag In­ api era figlio del l'umanista Cencio de' Rustici, sui qua­ li cfr. G. LOMBARDI, Note su toCen cio dei Ru stic i, in Scrittura cit ., 198 2, pp. 25, 27 e bibliografia citat 23- 35: a. 30 Girolamo de Blanchis, chi eric o della diocesi di Como, possedeva pio sette libri, tutti di questo gen ad esem­ ere: tre breviari usati, un messa de la Donna et un Diurno le et uno officiolo ; un libro Rationale divino runz officiorunz (ovver l 'op di Guglielmo Durante). L'inventa era rio è del 3 settembre 1 5 1 6 (AS 1 138 , cc. 1 94r- 196v, notaio Iohann R, Col!. Not. Cap ., es Ma ria de Miccinocchis). Non no di questi libri fosse a stampa. si sa se qualcu­ Cfr. SPOTTI TANTILw, Invent 3 1 ASR, Col!. Not. Cap ari cit ., p. 92. ., 60, cc. 640r-6 41v e 646r-6 47v (notaio Stephanus de Anzannis). L'inventario è del 12 luglio 151 2. Cfr. SPoTTI, No che la famiglia Barzellona è rico e cit. , pp. 85- 86 An­ rdata in Li Nuptiali di Marcotizi 15 e ad indicenz. Antonio Altieri cit., p.

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palto delle mu�. .I.�re_ della _T�lf� ed era .stato poi coinvolto nella disgrazia in cui caddero i Med1c1 m tempi di Sisto IV, �pegfinato e�,li.; stesso nell'estrazione del· a dell'impresa e ad attenenanzlu.u l'allume fmo ad assume�e l'. l. ntera gestione re- nel 1490 --:!a depositena· deIIa Crociata32 proprietario di un cospicuo patn-. monio Ìlm�ob_Ili�I:e, aveva, 14 l ti de libri legati de hunumità et altre sorte, due libn di mtere�se ����z�ona�:. ��vero doi missali, uno scritto a mano . l'altro a stampa, come nsulta da un mventmio del 149733 e ancora, nella sua ca. 34. mera, uno ll"bro della Bl"bl·a de pergamena antlqua Un messale grande a_ st�mpa de carta bambacina coperto de roscio a �ttta coperta aveva anch� -msie d altro messale de carta pecorina scrzp­ to a mano, grande - l os�e? :�:S.u�iacomo degli Spagnoli n�l 15123s, �a c'è da notare - anche_ s_e I li:_ n. degli .ospedali e delle confratermte non co�tl­ tuiscono oggetto specifico d quest cerca - che alcuni episodi sembrano m­ dicare �ma c�rta avversi_one �l_ ues�er� tituzioni nei confronti del libro a stam­ pa. Si ncordi, ad esempio, �ue{ia cop::del. Missale Romanum, stampato aRo­ ma nel 1475, con la qual� l anno succe��:� mil tipografo Ulrich Han aveva pa­ gato l'affitto della propna casa alla �o e ita di S . Maria dell'Anima, co­ pia subito rivenduta dalla confrate�t� - eppure si trattava di un'edizione particolannente pregia. ta - per tre ducati3 . E ancora nel 1487 ' tra i numerosi libri antichi e di apparato, in pergamena, gra d" belli notati e inmeniati, posseduti dalla Società del Sal_vatore_ ad San�ta. ;. a�ctoru;n e conservati nella bibliote­ t1 m occasione del passaggio delle conca, che o�m. aml_o v_emvano . mventma re i medesimi nell'm·co di diversi. anm,· f"�se segne tra l guardram e nsultano p � _ gura un unico incunabolo, l� Blbl� d t a in papiro ma questo item vemva subito banato e accanto si legg . �e:d�;f?. Tale avve�sione, o mancanza di interesse, nei. conf_ ront"l d_ el nuovo prodotto m. sene. SI. deve tuttavia collegare soprattutto ad altn fatton, «aIl'. a�t"IChit'a della. raccolta libraria e alla sua completezza, nel senso che se la biblioteca era gia, ampiamente fmnita di testi spe­ 32 Per tutto questo cfr. G. �lPPE�, L' a !lume di Tolfa e il suo commercio, «Archivio. della Società Ro�ana di Stona P t ·ia» 30 ( 1 907), pp. 20-2 1 e 420-423 e (a;_ passzm. J. DELUMEAU L alun de Rome V-XIX siècle) , Paris 1962, pp. 79 96 e

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passim.

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33 ASR, Coll. Not. Cap., 1738 ' cc . 43 1 r-434r (notaio Francesco Tasca; 2 settembre 1497). Cfr. SPOTII TANTILLO Inventm.z· Cl"t ., pp. 82 e 91-92. 34 ASR, Coll. Not. . c_ap: , 1 1 8 Ì.' _cc. 184r-v. Questo inventario, del 2 agosto 1 494, comprende anche l hbn descntt���n più attenzione nell'inventario del 1497. . 35 ASR Coll. Not. Cap., 60, cc. 1 -V e 693r-v . L' inventario è del 4 novembre 1512. Cfr. SPOTTI, Notizie cit_., p. 86. . _ 36 A MoDIGLIANl, Tzpogra fi a Roma pnma della stampa. Due società per fare . libri con le forme (1466- 1470), Roma 1989 (RRmed1" t a, 3) pp · 42-43 · ' . 37 ASR, Ospedale del SS.mo Salvatm e ad Sancta Sanctorum, 28, c. 121r ·


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cialistici non si procedeva all'acquisto di un esemplare a stampa»38. La stessa co��ternita di �- Maria dell'Ani ma, into rno alla qual e si racc ogli eva la co­ mumta tedesca d1 Roma, aveva nella propria biblioteca già nel 147 1 ben die­ ci ��ri a sta�p�: diversi testi di diritto canonico, un s. Agostino De civitate Dez, I Moralza d1 Gregon_o Magno, un s. Tom mas o, un P isci 1 ano le Epistulae dello pseudo-Fa!ar�de39. E nel 1484 Enrico Meyer cubiculario de Ì pap a, nel ri­ cev�re quattro libn oggetto di un legato testamentar·io a favo re dell a confra­ ter�ta fatto da Iohannes Laurentii canonicus Lubicensis, che furo no conse­ g�ati all_a con�at��ta solt�nto n�l 1492, annotava con l'orgog lio del conn a­ ZIOnale_ 1 norm de1 tlpograf: �he li av vano stampati: «Decret um imp � ress um per Ulricum Gallum non IDimatum et m coopertorio ligatum· Item Decretales rubricatas et miniatas in asse1ibus ligatas; Item Sextum De�reta lium et Cle­ men_tinas impres�um per Geo m Laier (sic), ambos ligatos in asse 1ibus»40. Particol�rm�n_te m?ica�ivo dellrgiu 'apertu�a verso il mercato dei libri a stam per l� collez1om librar·1e d1 nuova form aziOne è il caso della biblioteca di S.paMa­ na della Pace, allestita in meno di cinq mesi (tra la fine del 1483 e l'inizio d�l 1484) nella nuova chiesa istituita daueSist N e concessa alla Congrega­ ZIOne Lateranense: su 133 volumi, 58 erano aostam pa41. Duos libello in vulg�ri poss dev � a anc he Dom . �addalem Capod1ferro - l mventan�o, fatto redigere enico di Evangelista dalla vedova Baptista, � d l �2 ttobre 1 �� 54� che i agg � iung ? ono ad � un . più anzioso nucleo di hbn d1 dm�to: «VI�mti voluiDina librorum in iure civilisost et manserunt m s�1d10 prefati d mini Dominici, ex quibus duocanonico, qui re­ m�n?». Domemc� Maddalem?Capodif_ en·o, esponente di una sunt de perga­ IDigl�a roman_a residente nel rione Pigna, fu lettore di dnitto impmtante fa­ le presso lo Studzum Urbzs durante il pontificato di Sisto IV43 e priore dellcivi a Società del38 BIANCA, Libri a stampa cit., pp. 1 1 3 e passim. 3� R?ma, Archivio di S. Maria dell 'Anima, Miscellanea, E, tomo 3, c. 58r (l'in­ ventano e del 30 settembre 147 1). 40 Ibid., A. V, tomo l, c. l r. 41 L'inventario, redatto il 5 febbraio 1484 , è edito in A.P. FRUTAZ, La bibliote­ c de!la Pr cura Gen

erale della Congregazione del Salv � ? atore Lateranense del­ l Ordm� dez Ca onici Regolari di S. � Agostino a S. Maria della Pace. Rom a I484, «Vallesia. Bulletm Ann

uel de la Biblioth et des Archives cantonales du Valais des ��sées de Valère et de la Mmjorie èque ' 33 (197 8), pp. 311-325 . », ASR, Col!. Not. Cap ., l i S I , cc. 20l r-204v e 250r -25I v � . Un pagamento a suo favore è attestato soltanto per il 1473, ma la serie dei regi.s�n. della gabella Studii è discontinua (M. C. DORATI DA EMPOLI' I lettori dello Stud:o e i ��e�tri di grammatica a a da Sisto N ad Alessandro VI, «Ra na degli :Uchivi di Stato», 40 [1980], p.Rom 111) . Domenico era lo zio di Evangelistasseg _ Mad­ ?a�em Cap�dif�rro, d�tt� �austo, di cui si dirà in segu ito. La famiglia Capodiferro _ a m Lz Nuptza e ncordat h dz Marco Antonio Altieri cit., p. 16.

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l'Annunziata nel 148544. Alla sua attività di insegnamento sono anche da ascrivere certas eius lecturas disligatas comprese tra i suoi beni: è più �r�­ dibile che si tratti di appunti per le lezioni universitarie piuttosto che d1 h­ bri a stampa non legati di materia giuridica. Con D�menico s_i passa ad �n� categoria di persone che più di ogni altra � Ron�a. f1�ura tra 1 p_os�e�son d1 libri, e in particolare di libri a stampa: gh uoiDim di cultura gmnd1co-no tarile, che per l'esercizio della propria professione facevano �mp1_ ? uso d�: testi di mole e costi notevoli e si avvalsero con grande soddisfaziOne de1 vantaggi economici offerti dall'invenzione dell'arte tipografica. Più che nella produzione di libri in volgare - che pur si rivolgeva, secondo quanto dichiarano le prefazioni, ad un pubblico dotato di una cultura _v?lg_are _e mercantile45 - è in ambito giuridico che il riscontro tra la quanbta d1 edi­ zioni in questa materia prodotte a Roma46, le tr�onfal�st_ic�e dichiarazioni degli editori nelle prefazioni47 e le biblioteche d1 uom1m d1 legge attestate dagli inventari si fa più concreto e verificabpe. . . . _48 e vescovo d. Appartenente ad una famiglia romana d1 antiche ong1m Terracina, dunque ai confini tra il gruppo dei Rom�ni cives e qu�llo degli: uomini di Curia, Corrado Marcellini dettava il propno testamento 11 13 febASC, Notarile, Sez. I, 68/2, c. 56v (notaio Evangelista de Bistusciis). 45 Su questo v. più avanti, alla fine del saggio.

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46 Uno studio di alcuni anni fa - condotto sui dati dell'IERS - ha calcolato che le edizioni romane di materia giuridica nel XV secolo sono pari al l 2,35% della pro­ duzione totale (P. CASCIANO-G. CASTOLDI-M. P. CRITELLI G. CURCIO-�. F�NGA CAPRIOGLIO-A. MoDIGLIANI, Materiali e ipotesi per la stampa a Roma, �n Scr� tt�tr� cit., 1979, pp. 222-224). Ma nella valutazione quantitativa della produzwne d1 libn di diritto va tenuta nel debito conto quanto Victor Schoelderer correttamente osser­ vava riguardo alla stampa italiana: «If the lengt� �nd si�e �f the boo�s r_ather than the mere number of editions were made the statistical cntenon, the�e IS little do�bt _ pnn­ that the law would outdistance ali other subjects with which the earhest Itahan ters concemed themselves» (V ScHOELDERER, Printers and Readers in the Fijteenth Century, in Fifty Essays in Fifteenth and Sixteenth-Century Bibliography, ed. by D.E. RHODES , Amsterdam 1966, pp. 213). . 47 Ricordo ad esempio - ma si tratta di un topos piuttosto radicato - la prefa­ zione dell'editore Giovanni Guarino al tipografo tedesco Vito Puecher, �he pr�cede l'edizione del Digestum Novum del 1476, dove si esaltano i vantagg_I_ - m _P�ticola­ re per le discipline giuridiche - dell'arte tipografica, che ha consentito «di nportare la giustizia sulla terra» (H* 9580; IGI 5449; IERS 7? 2). Per ques�o cfr. A. MoJ_:>I­ _ GLIANI, La tipografia «apud Sanctum Marcum» e Vzto Puecher, m Scnttura Cit., 1982, pp. 1 19-120. . . 48 n fratello di Corrado, Giovanni, fu conservatore e riformatore dello Studzum Urbis. I due fratelli sono menzionati in Li Nuptiali di Marco Antonio Alfieri cit., pp. 1 15, 153-154; alcuni elementi cronologici suggeriti dall' Altieri non concordano tut­ tavia con quanto emerge dal testamento di Conado. -


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�:a�� i4�:�;uasc�ava alla cappella?�a de�l'altare di S . Stefano nel e­ . a zii ��d�ne e P�olo e il lafraciri Giovanni, «unu;:; bl�:�a���:i�e�:;;a sum tell o eno quo 1

nis eius patmi e unum missale novum�m erg mt prefati domini Oddo­ � ameno et alia necessaria in­ dument,a pro celebratio ne s mi sam unum calicem argenteum» � u�leazio (dove c è da notare la completa assm �tlam e paramenti liturgici) · alla chiesa di S . M na. nem. del. messa1e agli. a1tn· oggetti � VIa Lata, contigua - spiega il notaio nell' actum _:_ alla casa d'l abl.tazw ne. del vescovo, «unum breviariu. m in. carta membrana ipsi'us dormm . . testaton giO, ai quali il testatore attribuiva un valor ��prs» . Oltre a. ques t'.l libn· d'l prenale e celebrativo del l'onore proprio e dell: rm�t��tto .sin:bohco� devozio­ -. come di consueto - d'I celebrare messe per g Ia (nch�edev. a m. cambio l'. �mm� s�1� e dei suoi antenati), c'erano due libri a stampa d' l d' iV r � a qua lita vo lasciava - insieme al prop;io pluv�z� e - all e. Slgmficato, che il vesco­ � �hlesa cattedrale na: «un di Tenacium librum qui appellatur Ratwnale diV . sum m. carta bambacina e ancora un Decretum morum off'lCIO· rum Imp . resDe cre t a 1 e, s ext um mentmas m. parvo volurm'ne Imp . sum» . Libn.' d' uso, che vem. vanoetdesCleti-nati a colui che avrebbe preso· I'l res posto come v.escovo di Terracina. Al­ tri libri d'uso e di studio urtropsuoo senza . . ' qualità («Oilllles libros Ipsi�us dorm� m. testatoalns�tmtaamIndicazione· 'lidi numero e mre CIVI quam canonico») ven. ivano destinati al nipote Alessan Bm abe d ro occ . Anehe Il notaio romano - ma di ori m� . ted s a e conllaso. . � una clientela in gran parte tedesca51 _ Io! .c � �s l cui� mv ent mio 1 49452, aveva nella sua bi�f:�;:;a� {� ����� aI �t mpa. Oltr adfu redatto nel m�nti de opere ad forma incerti auc�r�s a e � � alcuni «frag­ Oi lec tur e sci Olte a ffonna de rmsser Francesco Aret'IO <Francesco 'Accol ti> s o1uto matnmomo» alle «opere de Orazio de fforma sci'olt.e co11o commento» compawn blioteca del notaio amolti . ica . no' con · o ne11'a bi. ­ altri libn scz.oltz,. che Ind buona probabi·

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49 ASR, Col!. Not Cap , 176 4' cc. 1 8v-20r (ad annum , not ar'o 1v1axmuts de 'T'1 1zel · 50 Alessandro Boccab .. e11 fu scnttore apostolico dal 149 3 al FRENZ Die Kanzlel' der Pap 1 507 (cfr T ste der Hochrenaissance (1471152 7), Ti.ibingen 1 986: p. 273 : n. 61) . . 51 Cfr A E . sulla Osservazwm popolazione rionale , in D . B ARBALAR GA P. URCIO-A ESPOSITO-A . MODIG' LIANI-M . pROCACCIA, Panone durante il pontificat Il rion . e . o sistino . analzsz ' dz' un area campione . , . cato ed una cztt , m Un pontifia. Sisto IV (14 71 -1484) (A ttr. d e l Con veg no, Roma 3-7 dicembre 1984), a cura di M. Mrouo-F Nr TT A-D. Ql!AG�IONI-�. di S tmici, [51]) - Città del Va�ica 198 6 (StuRANIERI o 1 9 86 (Lrttera trqua 5) ' p p., Roma ' . 65 1 662. 5-? L'mv entano , dell ' 8 febbraio 1494. (ASR An ' 145 v e 1 85r- 1 86v) è edito in ' Col!. !'�t. Cap ., 118 1, cc. 144r­ SPOTTI TANTILLO, lnve ntarz c1t. , pp. 89- 91 . . ). baldzs

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lità la loro natura di libri a stampa. Un totale di 15 libri, in gran parte di di­ ritto (Ludovico Pontano, Oldrado da Ponte, Giovanni Battista Caccialupi da Sanseverino, Paolo da Castro, gli statuti di Roma) e dunque direttamente funzionali all'esercizio della professione notarile, ma anche opere di autori classici (Terenzio, Donato, Teofrasto, Quintiliano, un Livio vulgare che ri­ sulta di particolare interesse se si tiene conto della cultura latina e tedesca, e soltanto più tardi italiana, di questo notaio). Iohannes Michaelis, che eserci­ tava la professione notarile almeno dal 1467, era certamente una di quelle persone («Oilllles et singulos advocatos, procuratores et notarios, qui in Cu­ ria Capitolii versantur») alle quali nel giugno del 1474 era stato imposto dal­ la Camera Apostolica l'acquisto di una copia degli statuti cittadini riformati da Paolo II e stampati da Ulrich Han, senza la quale non avrebbero potuto più continuare a svolgere la propria attività nella Curia di Campidoglio53. Accanto al diritto, l'altra materia discretamente rappresentata negli in­ ventari di libri dei cittadini romani è la medicina. Il caso più significativo è quello del «nobilis vir et egregius artium et medicine doctor» Angelo de Va­ sco, lettore di medicina presso lo Studium Urbis nel 1473-14745\ il cui in­ ventario dei beni fu redatto il 22 marzo 1474 per conto degli eredi. Nella bi­ blioteca del medico romano era conservato un discreto numero di libri, pro­ babilmente attinenti all'esercizio della sua professione, che il notaio descri­ ve solo sommariamente nel loro aspetto esteriore: «undecim volumina li­ brorum tabulatorum inter grandia et parva; quatuor alia volumina librorum tabulatorum; decem et octo volumina librorum sine tabulis»55 . Trentatre li­ bri in tutto, senza una minima indicazione del loro contenuto. E neppure è precisato se si trattasse di libri a stampa o di manoscritti. Soltanto per i di­ ciotto volumi senza legatura si può tuttavia suppone con un buon margine di probabilità che fossero incunaboli. Se i cittadini romani non dimostravano, nel complesso, eccessivo amo­ re per la lettura, a parte quella dei libri di interesse professionale, coloro che si possono definire intellettuali di cultura umanistica (e si parla qui ancora di romani, e non di cardinali o curiali di recente immigrazione, anche se tal­ volta è impossibile operare un taglio troppo netto tra romani e curiali) erano i principali fmitori di quanto l'industria del libro - manoscritto e a stampa ­ produceva nel campo della letteratura, della storia, della cultura classica in generale. Gli inventari dei beni utilizzabili per questi personaggi sono mol53 Su questo documento (ASV, Diversa Cameralia, 36, cc. 274v-275r) cfr. A Statuti in tipografia, «RR roma nel rinascimento. Bibliografia e note», 1999, pp. 253-256. 54 DORATI DA EMPOLI, [ lettori cit., p . 126. 55 ASR Col!. Not. Cap., 926, cc. 79r-80v 98r. Cfr. SPOTTI TANTILLO, Inven­ , tari cit., p. 88.

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ANNA MODIGLIA NI

to pochi, ma il fen eno �· �:� d a, ---:rr. u�ta prevalen_temente da altre fonti. Tra le notizie di om car re a �iv��{i���u: libri regiatte s.trati senza �: ;r��Is���: ����.:��:�t:�i�s�:; t�� p ut1 a Francesco Porcari conezwru · · · e n. rafi. e sta�ta di tue antiche,' desp tinartataenrio ' � ? . di una. raccol re di Felice Fehciano e ani­ matore di un circolo cultur . cotnafd'IruI .lette a! e I cm . q�a ta .br. sono ancora tutti da definire56. Resta inoltre memoria dei. �: � � : senza tit�lo né autore che costi­ tuivano la biblioteca - o e lettore di grammatica e pr!or·Ica r�a sobiblolioteca .- di Antonio da Amiterno, Studntm Urbis nel 15 14, pro p niente dall'ambiente di o eto e le a Pierio Valeriano, Paove­ lo Giovio e Marco Antonio ��� n�:�. D � nco . rdagato limiti cronologici di questa ri�e�c � n uar re - anche se resta fuori dai città e la Curia - è l 'inventano. ei� em?redda un personaggio vissuto tra la att� nel 152 1 di Camillo Porca­ ri, vescovo di Teramo le e fessore di . retorica .pres�o lo Studium Urbis e organizzatore dell� �;��� ��� a o t at al cessione della cittadinanza romana a G�ml�Iane m Campidoglio per la cono e Lore_nz? d� ' Med'ICI· nel 15 l 3 : esso comprende una . oltr ric ca bib lio tec a � e 50� l:bn di. Interesse pre­ � valentemente umanistico, di cui 150 defIm. b manoscntti, mentre gli altri erano con ogni probabilità a stampa58 . . . Ma la testlm anza più interessante -per . , e il. numero la qualita lumi .e per la- preom dei vocis ion e del d ocu me che ne fa m�mona, · autografo del propnetario, è l'inventario della biblionto ec.a .d'I. Evangehsta Maddaleni Capo­ diferro59, cittadino romano dI. ant'Iche ton giru e membro dell'accademia di _

56 . C!r. A. MODIGLIANI, I Porcari. Storie d'1 una fiamzglz . a mmana tra Medioevo e Rm asczmento, Roma 199 . ' 10), �P· 89- 93, 468-477 e passim L'invel_ltario di Francesco è4edi(RR' dIta. . to e 124 . I hbn. n

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lo studiO, insieme alla raccolta erano conservati nel­ di anti��ta,, ma nella came1�an ma Francesco. gna dove donniva 7 Cfr. SPom TANTILLO, 5 Inventari cit pp 82- 83 e 92 , . . m,. dell , 1 1 marzo 1523, è in ASR · L mventano dei. suoi beN, . , · , C o ll �Cap ., 1 143 c. 270r-v (notaio Iohannes Maria de Miccinocchis). Su A t . o d� terno v. Lz.' Nup Altieri cit., pp. 27* e 9 ,. E . i di Marco Antonio . studentesche atial Co;�� , cca emze to, Roma 1 985, p. 8 1 . Roma nel Cinquecen. , ' ' ventano 58 L'rn e edIto in I JoNEs' c:mz'llo Pm ca . !adio di Collevecchio in Sa : �·z e la famiglia, in Blosio Palbin� nella R �a tra Gzu B ENTIVOGLio, Co llevecchio Sabina 199 pp. 130 lzo II e Giuli� III, a cura di E. -140. Su che MODIGLIANI I po can. · Cin illo Porcari v. anI· t: , pp. 100 -10 l' e bibliografia citaCam ta. 59 Sul Mad'daIem: capodif erro cfr. G. BALLIS�RI, Ca odi. Maddaleni, in DBI, 18, Ro P_ ferro, Evangelista 197 5 , pp. 62 1-6�5. L mventano datto dallo stesso Evangelisma della biblioteca, re. ta 180r, 189r e 191 r; è edito in 0è ��servato m Bibl. A� . Vat., Vat. lat. 335 1 , ff. 179v­ Evangelz ta ro accademico ... e stori co, «R�ndi=�r:ena R. Ac s M�dda�eni de ' Capodifercadenna dei Lincei, classe di

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Pomponio Leto, noto anche con il nome letterario di Fausto. Si tratta di una raccolta libraria molto ampia, nella quale era confluita patte della biblioteca di Andrea figlio di Giorgio da Trebisonda (di questa parte, tenuta distinta dal resto, era indicata la provenienza: de Trapezuntiis)60. La biblioteca del Mad­ daleni Capodiferro (compreso il nucleo ereditato dal suocero) era composta prevalentemente di classici latini e greci, opere di autori cristiani e testi tre­ quattrocenteschi: Cicerone, Cesare, Seneca, Livio, Suetonio, Polibio, Dio­ doro Siculo, Giovenale, Macrobio, Gellio, Tibullo, Catullo e Properzio, Vir­ gilio, Lucano e Marziale, Lucrezio, poi Lattanzio, Platone, s. Paolo e Ago­ stino, Tommaso, Boezio, Leone Magno, Isidoro e ancora Dante, Petrarca, Leonardo Bruni, Platina, Tortelli. Diversi libri sono a stampa. Nessuno tra quelli della capsa meno piena proveniente da Giorgio e Andrea Trapezunzio. Diversi libri a stampa erano invece nella seconda cassa: «lunianus maius de proprietate priscorum verborum in stampa, frater Augustinus de Ancona in stampa, Cicero ad Lentulum in stampa et adAtticum, Epistulae M. Tullii [ ...] in stampa, Lactantius in stampa, Commentum Calderini in Martiale ad stam­ pa, Evangelia in bambacina ad stampa, Cornucopia in stampa, Summula confessionis fratris Antonini archiepiscopi fiorentini ad stampa, Suetonius et alii de Cesaribus in stampa, Elegantiae Laurentii Vallae in stampa, Silvae Statii cum Calderina ad stampa» . Nel terzo elenco (f. l89r) ancora a stam­ pa: «Tito Livio de stampa romana, un Petrarcha, Tibullo [...] et Propertio in stampa piccola (prestati a Camillo Porcari), le opere de Ovidio ad stampa (prestate ad Antonio de Magliano), Mmtiale et Oratio in forma piccola, Suescienze morali, storiche e filologiche», 4a ser., 10 (1892), pp. 3-20. L' inventario - o forse soltanto gli elenchi presenti nei ff. 179v-1 80r - sembra essere stato redatto in­ torno agli anni 1508-1 509. 6° Così è indicato nello stesso inventario (f. 179v). Evangelista aveva sposato nel 1506 Faustina di Andrea Trapezunzio. Non mi sembra possibile affermare con certezza che l ' intero elenco di libri riportato ai ff. 179v-1 80r appartenga al nucleo proveniente da Andrea Trapezunzio. La nota de Trapezuntiis si trova infatti sul margine dell ' elenco di libri conservati in una cassa meno piena, al quale segue un elenco più sostanzioso di libri contenuti in capsa alia (ff. 179v-1 80r), la cui pro­ venienza dalla biblioteca del Trapezunzio resta a mio parere alquanto dubbia. Gli altri libri elencati al f. 1 89r (prestati dal Maddaleni e poi riavuti) e al f. 191r non recano infine alcuna indicazione di provenienza e sono probabihnente tutti del Maddaleni. n carattere occasionale e la difficile datazione di questi elenchi di libri non consente peraltro di attribuire ad essi un carattere di completezza. È stato os­ servato che l ' inventario dei libri del Maddaleni non contiene alcuna opera di Gior­ gio da Trebisonda, a parte un registrum bullarum, e che i manoscritti dell 'umani­ sta ebbero dunque una diversa destinazione (J. MoNFASANI, Collectanea Trapezun­ tiana. Texts, Documents, and Bibliographies of George of Trebizond, Binghamton­ New York 1 984, p. 81).


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. :Dorma grande, tonio in stampa romana» ; e nell'ultimo (f 191r) .· «Plin"IO m . mma grande, Instituta in l am Terentio senza commemto ad forma In sf"rnt f ' forse qu�lcosa di �i� che forma piccola» . Una bibliote d . , n come e sta�a defimta6I . il segno della «cultura di un a a s oma poco �nma del Sac­ Evangelista Maddaleni nacque nel 14 77 e m . . u mcancato �� tenere !ezio­ co de1 1 527. Durante il pontificato di Le ne . ni di storia di fronte ai conservatori d om� , e nel 1523 gli fu affidato il . compito di creare una biblioteca so ra l ggm del p�lazzo dei Conservaton t�z �utore di versi e a­ ri, ma di questa biblioteca non si h o c . o el I n a stampa, che an­ man�e della cultura classica, non dis eg ò . . che I sum amici dell'Accademia p��pomana - come si vedrà - leggevano e annotavano volentieri e spesso coneggevano con cura . '

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Le note

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r · d�.v · u�re qualche traccia dell'uso che Utile strumento di ind · gli uomini di cultura roma n ei �� a stamp� , oltre i pòchi inventa- . . � ri conservati, sono le note oste sug I st��si mcunaboh. Va detto irnlanzihitto potuta cond�rr� -- per la vastità del che si tratta di una ricerca d fficile : . o signa del _li�n a stampa attuai­ lavoro - soltanto su una cam ion�t r . · e uso dei libn a stampa da parte mente conservati nell� biblio che. Tracce . dei cittadini romani ai tem i d ssan�o VI non e�ergono infatti soltanto . . ' ma si poss�no ovviamente Iitrovare - e si dalle edizioni romane di qu gli . . .c e :n ed"IZ:· o�· precedenti. La presono ritrovate - anche 1.11 ediZIom non romane . . senza di note di possesso62 e di steillil. lldI. J.armgIia rmmatl sul primo foglio63 si

. p. 623 . Anche Il. 6 ! B A_LL�STRERI, Capodiferro, Evangelista Madd�lenz. crt., . . . . rano, poca «su�rcrente ad un cmtrg Tommasnu gmdica la biblioteca del Maddaleni • ,. " · p. 1 2) l.Jerro crt., per uno storico» (TOMMASINI , Evangelzsta. 1v1adda lenz de ' Ca'POdi.f. . 62 Un esemplare vaticano del De lustona Romana di Sesto Rufo (Bibl A Vat. lnc. Ross. 20 1 9 t a a m ��c�rio �il�er nel 149 1 (H 14032;

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0 s. {.IO�e. «Hic li�er est mer. Francisci Macta», probabilmente appartenente �la. ./ ra wmana der Mazzabufali. . . con .amrg 63 Uno stud10 p �b 0r1. romam conservati presso la Bibliodotto su alcurn mcun . · s:a, «� ro�a nel rinasc�ento. Bi­ ���� teca Nazionale di Pmigi (M· Mra b�ogra�a e note», 1 993, pp. 247_���) h e mato l ampiO fenomeno dr .esporta· 1I· e dI" acqmsto. Rozwne dr questi libli di cui si è detto, attestato dalle note margma . . a de Commentanus ' . de creatione � op et corona­ mana mvece la destinazione di una l � p tione Alexandri VI di Girolamo m can (Roma, Eucharius Silber, 1493; H 1 3295 ·, . Porcan. e IGI 8030; IERS 1 396) , Res. ' K . 1 1 52, che reca due stemm, I· de.Ila fa�. gha . . uno de� cardmale Giovan Battista Orsini (ibid . �· p. 248) .. I ambrente e romano, ma si tratta dr personaggi che si collocano tra. l a crtta e la Cuna.

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847 ) porta una not

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rginali - anche di a, molto più rara delle note ma è inoltre rivelata scarsissim icame l'autore ­ offrono la possibilità di identif grande interesse, ma che non sulle edizioni di ar­ mplari . Si è iniziato a lavorare che si leggono in tanti ese i lettori a Iiflet­ vano un particolare stimolo per gomento storico, che suggeii anei e sulle vi­ por ino , sui fatti politici contem tere sul pontificato alessandr i. Ma i confini ent rec fino agli avvenimenti più cende di Roma dal l' antichità erati in varie direzioni. li exemdella stmia sono stati poi sup iezione sul contemporaneo deg Di patticolare interesse per la pro le note o son e ent rec tratta di un passato piuttosto Barto­ di pla del passato - e qui si um tific pon e o dell' edizione delle Vita ni che ma poste su un esemplare vatican le del a Un . 564 viso il 10 febbraio 148 di arulÌ i lomeo Platina stampate a Tre agl ene mti app probabilità romana i ogn con o bol una 'inc l no annota artino V a­ passato si notano analogie (M al to pet Ris ili. lo Pao di o cat pontifi f. CXIVr; lus m ad Sanctum Marcum» , Pau c nun «Ut oli; ost Ap . SS bitò ai venuti a Ro­ erico m e alla moglie Eleonora, Fed a ro ont inc ò and V ò col Nic c Paulus m le della basilica di S. Pietro ; «Si sca alle ne, zio ona cor l'in per ma et ambo eccle­ gradus Sancti Petri obiam fuit ad to ona cor tori era imp -alo Cm ione (Martino V spesso i segni di una degeneraz più ); l r CXXl , nt» aru intr siam e instituhlm Se­ ere i benefici; «Tale deberet ess ced con nel te den pru lto mo era V era modesto e latorum», f. CXIVv; Niccolò dis Apostolice et omnium pre temporibu s no­ una così alta carica; «Utinam pensava di non essere degno di !», f. CXXr). cerent ascensmi ad tanhlm apicem la Biblio­ stris inperfechlm suum cognos a edizione, conservata presso In un' altra copia della medesim rgine alle vi­ leggono alcune note poste in ma teca Casanatense di Roma65, si o IX, a pro­ po. Accanto alla vita di Bo nifaci te dei pontefici più vicini nel tem s quingentis an­ è annotato: «qui graecas littera posito di Manuele Ciisolora, o V: «Qua­ ; sul margine della vita di Martin erma sul­ nis conticentes in Italiam attulit» soff si facta sit»; e quando il Platina a di not­ modo domus Medices opulenta liav veg lo ll, che dormiva di giorno e ro. Ma la difficoltà di incontrare Pao Pet s. a · me e perle: Hoc non didicerat ad una te, rivoltando ti a le mani gem ano ort rip a e di un a riflessione antica a papa to anche gli echi di una vicend ica ded anea. Quando, nel capitolo o Eu­ ond proiezione sul l'età contempor sec che nte della conuttela del clero, da uta vol Marcellin o, si parla ampiame ni stia Cri la persecuzione contro i ­ rgi ma sul sebio sarebb e stata la causa del to zia den peccati, l'intero passo è evi Dio come punizione per quei per. sem us otib si legge: No ta de sacerd ne e accanto ad una manicula ve distanza contemporaneo, scritta a bre Ancora una nota di interes se ma questa Ill, Pio di VI, subito dopo la morte dal pontificato di Alessandro

mplare è conservato in Bibl.

BMC IV 897 ; IGI 785 9. Questo ese . 40. Ap. Vat., !ne . Arch. Cap . S. Pietro,8.B 103 . 65 Roma, Bibl. Cas ., !ne 64

H* 1 304 8 ;


I A LIB RI E STAMPA CITIADI NI ROM AN

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. . . del libro è p osta sull ultrma pagrna di volta del tutto slegata dal contenuto . ' . . . · · l11 · rebus l elentus un esemplare vaticano dell'ediZIone veneziana del De dif.fi . . .. dubus , opera spuria di Cicerone e d Synon�ma et �'{ferentiae di Bartolo­ cembi � l ?OO : «Ale�ander multos meo Facio, stampata a Venezia il l . . vixit crudelis in annos l At Pius in nuIlum. Q md mvat esse Pmm?» A neh e l ' evento del Sacco di Roma del 1527 e, bre� emente annotato in . una copia conservata a Roma del Cl dl" Euseb�o stampato a Mila­ un a�vemme�to accaduto ol­ no da Filippo di Lavagna laddove tre mille anni prima, ov�ero dell � c p �one di Cartagme da parte di . . c1s mvadIt omnesque opes usus, excru­ Genserico . . . («Carthaginem dolo p a . . . ciahs diverso tormentorum genere CIVI" bus, m ms suum vertit») : « 1527, die . xisten_te, H�spa_ni et Teutonici fe­ sexta Mai: sunlillo mane nebul re 12 millia Romam ing;essi e O_lllpel car�mahs Columne, tanto furore ac rabie papam Clem�ntem 7 cardmales, ep�scopos sacerdotesque . ' · Romanos · · mcolas ac omnis g�nei.�twms omnes atque ecclesias et !oca p 1a, . et mercatores Rome existentes inseq�u(1 su�t, �t, 4 milibus mterfectis hominibus Romanis , ipsarumque gentmm prmc1pe (Mons.r� de B arbon, a . . suo Gallorum rege rebellato) perempto Urb·lS d?��1 fach, eam depreda. . ' verunt, tam in bonis mund · s �cns rehqun� et aliis � a.cris, et pu­ e rru �mque m�herum nn�ume peper­ dicitie insuper sacrarum v i cerunt, captivos quam primos fecerunt episcopos ahosque cunales multos occiderunt67». . . . Il nucleo più interessante - e sostanzi s - del. �bn a stampa �n�otati . appartiene a lettori che si possono ·osso o o defllllre mtellettuali dl cui­ . . tura umanistica. Talvolta - grazie e carattenshche della scrittura utilizzata ,

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. . 66 L' edI. ZIOne, stampata a Venezia da Manfredo de Bo�ellis e Giorgio de Ru. sconibus (H 5357; GW 7037; IGI 2985 ), c ompiende anche I Synonyma di Cicero· Bl" bl. Ap. Vat., !ne. Fen: ne, che mancano in questa copi·a· L' esemplare annotato .è �� . IV. 6529/2 ed è l egato insieme al De modo ep zsto landz di Franciscus Niger, stampato a Venezia da Giacomo de Ragazo111. bus il 1 0 aprile 1494 (H* 11871 ,· IGI 6913 · BMC V 543) e al Formulario di e · t l ;z[;� �bil��toforo Lan�ino ('\ene.zia: . M�nfredus de Bonellis, 10 ottobre f;�;of; : . ,43). Alla fme dell ultimo . . . a i li tà dei tre mcunabo con ogn prob bili l efati i�swme ?la da q�ando furono letti e annotati - là dove sono elencate le diverse m..mu e per nvolgersi a personaggi di di­ verso rango e qualità si legge una nota che m qualc�e m?do conferma l'ambiente romano in cui il libr� fu utilizzato.. «paulo de Rubeis utnusque iuris professori egregio [...] vicario dignissimo» 67 H 6716; IGI 3752; GW 9432 [Milano c . 1474 1475 ] . SI. tratta di. un'edizio' . ne del Chronicon tradotto in latino d: arro · l a�o (fm? al 29�), con la continuazione dello stesso Girolamo (fino al 381) �prospero Aqmtan� (fmo al 448) e del fioren­ tino Matteo Palmieri (fino al 1448) . uesto esemplare e conservato a Roma, Bibl. Ang., !ne. 715. •

ia pomponiana68 o sono ricondurre all' Accadem - gli autori delle note si pos la loro romanità è nella maggior parte dei casi 9 allo stesso Pomponio6 , ma nza di alcuni ele­ dimostrata - dalla concomita soltanto suggerita - e non molto) la decora­ e, si è già detto, non significa menti: l 'edizione romana (ch di queste note è va­ delle annotazioni. La qualità zione del l ibro, il contenuto i dei personaggi che riportano sul margine i nom più importanti ria: dai semplici notabilia si pas niculae che sottolineano i menzionati nel testo, alle ma e ai confronti i diz di correzione testuale, ai giu di questi e­ nto per il lettore, agli interventi fro con mpressione che si trae dal e di scuo­ ion con l'et à contemporanea. L'i ens dim ro per lo più usati in una , o piut­ ola semplari annotati è che venisse Scu o. estr egato da un ma spi va veni nto qua di so pul la, sotto l'im vani e adulti, do­ a letteraria , frequentata da gio tosto università70 o accademi gerisce la qua­ sug Lo i. ne ai testi classic rgi ma in ni sio cus dis o van ra in diver­ ve si svolge iglianza che talvolta si riscont som te for la e ni zio ota ann si tratta.con lità delle Ad un uso di scuola - e qui ne. zio edi ssa ste la del lari rio tenuto da si esemp iana o di un corso universita pon pom ia dem cca l'A del romana del certezza mplare vaticano dell'edizione ese un he anc a and rim o ponio, che è Pomponi re di Salul stio, edite da Pom ope le del 0 149 ile apr 3 del Silber sta sul tema del­ autografi dello stesso umani tti cri nos ma li fog 4 da uto preced e sta lavorando di grande interesse - sul qual to tes un di tta tra Si 1. ria7 dell'edizione la sto ntico in un esemplare vaticano ide ova ritr si che a eng Far Paola dicembre 148 172. ata da B attista de Tortis i1 23 mp sta io ust Sall di ana ezi ven note di interes­ artengono i libri contenenti Ad un secondo gruppo app possono tuttavia autori di queste note (che non i Gl no. adi citt e re ilia fam se sono esponenti di in maniera netta dal primo) ti tin dis ere ess e ent tam olu ass

ndotto l ' esemplare vaticano (Bib.

se rico 68 All'Accademia pomponiana va for a a Roma iastica di Eusebio stampat

toria eccles S 465 ). Ap. Vat., !ne. Ross. 9 15) dellaoHis 1476 (H* 671 0; IGI 376 1 ; IER Erodiano, stampata dal De Lignamine il l 5 maggi tor di m rcu Ma erio post 69 Un esemplare della His ia de imp 137 ; IERS 1402) conservato presso la 6; BMC IV, ponio: si tratta di a Roma il 20 giugno 149 3 (H .846 ., !ne. ill.206) è annotato da Pom Vat Ap bl. (Bi na ' imperatore Com­ l del Biblioteca Vatica ito pos a natura. A pro ers div di oni azi erv oss e o test al i iculum (f. 10v ). correzion ponio annota: spectaculum rid Pom a lott la nel iva esib (H 147 34; si che do o mo mplari dei Punica di Sili Italico 70 Sull ' utilizzazione di alcuni eseversità romana cfr. M. G. BLASIO, Lo "Studium dell'uni IGI 8973) da parte di studentiana rica, latino e greco, in Un a stamp a: i corsi di reto rom e ion duz pro la e Urbis" , p. 485 . pontificato ed una città cit. lare è in Bibl. Ap. Vat., Inc. N 1 1 1 . Questo esemp C BM 0; 855 l IGI 17; 7 H* 142 ponio Leto. Saggio cri­ V. ZABUGHIN, Giulio Pom cfr. i libr due sti que Su . Ross. 441 hèque de Fulvio Orsini, 141 -146; P. DE NoLHAC, La bibliot tico, II, Roma 191 2, pp. Paris 1 887 , p. 207 . (H* 142 11; IGI 8543; BMC V 321 ). 72 Bibl. Ap. Vat., !ne. ll . 1 1 1


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famiglie municipali romane, spesso investiti di cariche comunali, i quali, pur non avendo necessariamente raggiunto livelli apprezzabili nella cultura umanistica, sono tuttavia fortemente interessati alla storia, alle leggi e alle tradizioni di Roma, nelle quali ricercano le proprie origini familiari, la loro identità di ceto e la dimostrazione dei propri diritti politici. il rapporto tra il testo a stampa e il testo della nota manoscritta può esse­ re più o meno diretto, ma la scelta di un libro piuttosto che di un altro ha sem­ pre un significato. Così non è un caso che la scelta di un cittadino romano che intendeva parlare delle glorie della propria famiglia cada sull'edizione degli Statuti di Roma stampati da Ulrich Han intorno al 147F3. Un libro che è il simbolo del potere delle magistrature comunali e dei cfuitti dei cittadini ro­ mani. Due esemplari di questa edizione recano sul primo foglio un'identica decorazione con lo stemma del comune romano e la lupa con i gemelli. Sul­ l'ultimo foglio di uno di questi due esemplari, conservato presso la Bibliote­ ca Vaticana74, si leggono le note di un Frangipani, che ticorda alcune vicende familiari ed esalta l'antichità e l'onore della propria stirpe, gli incarichi co­ munali tramandati di padre in figlio. Ricorda la morte del padre, Cherubino, nel 1484, con una sorta di epitafio in prima persona («Sum ille Cherubinus ducens originem ex preclara Fregepanum familia, ex qua Gregorius et Leo pontifices duxere, et ob singularem prudentiam perpetuus scriba Senatus»)75, 73 H 1 5019; IGI 8432; IERS 78. Per la data di questo incunabolo v. alcune os­

servazioni contenute nel mio Statuti in tipografia cit. 74 Bibl. Ap. Vat., Inc. Chigi, II. 362. Questo incunabolo (il cui frontespizio è ri­ prodotto in Gutenberg e Ronza cit., fig. 48), reca sul margine inferiore uno stemma raffigurante una torretta sufondo rosso, che sembra 1ichiamare quello della famiglia Catadioci, della quale non si ha tuttavia alcuna notizia nel tardo medioevo (cfr. T. AMAYDEN, Storia delle famiglie romane, l, Roma 19872, p. 284). L'altro esemplare di questa edizione decorato dalla stessa mano, con la lupa e i gemelli, è conservato a Roma presso la Biblioteca del Senato (cfr. Gli statuti dei comuni e delle corpora­ zioni in Italia nei secoli XIII-XVI, Roma 1 995, pp. 128 - 131, n. 1 10). 75 Cherubino viene anche definito Cherubinus Folianus ex patritia gente Phre­ gepaniorunz. Questo nome deriva dai possedimenti familiari nel castrum Foliani, nella diocesi di Civitacastellana (Prospero, Giovanni B attista e Marcello, figli di Cherubino, donavano un casale appartenente al castrum nel 1508; così Domenico Iacovacci nei Repertorii di famiglie, in Bibl. Ap. Vat., Ottob. lat. 2550ill, p. 327). Escluso Marcello, che era il fratello dell'autore delle note (v. oltre), resta da sup­ porre che questi sia da identificare con Prospero, che abitava nel rione Campitelli, scribasenato egli stesso e membro della Società del Salvatore ad Sancta Sanctorum (P. EGIDI, Necrologi e libri affini della provincia romana, II, Roma 1914 [Fonti per la storia d'Italia, 45], p. 526), oppure con Giovanni Battista. Prospero, discretus vir del rione Campitelli, ammalato di peste, dettò un testamento al notaio Pacifico de' Pacifici il 1 8 luglio 1 505 (ASR, Coll. Not. Cap., 1 185, cc. 68v-69v, ad annum) .

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MPA MANI A LIBRI E STA CITIADINI RO

150277. cita di un nipoteènlel, uti�i as la n 776 9 4 nel l zza reo And zzae adr la m la .mmte del � a al testo a stamp�,è descntta la es n co nte n me etta str e mpr se . quale si D.tVersa' emEavang od"f1 erro. - dellogi elista Madd. �1eni Cap co quale tl Chromeno ne ch -cro .· r s � � � �� ��lioteca - fa di un libro dSt �trtere : ;i cano dell'edizioe � mplare vati att a. t sare evol Ce 8 di o di Eusebi setle:b�.�14837ni�truna demallanegg ina: una pag �:eziana di Erhard Ratdolt �elanml� sul a si l eg zione per�o­ ica rdo l'ind rico h ; � ? uarto con inserire qualche le . q la ent:o tca oolog mf cron e e eral glia �omoda gril che fa il Maddalem, aru,wt.ando sul margine lat più impoen ­ rtan nale . È que agm· e, m· r·iferimento a1 smg anni' gli eventicontemto li o l e d re · . p . La ston. a umversa, le dt"venta così tta r·e. di alcunepria fanug. l ta. . o 11 e t ra f l de asc . Rotl della pro liare. Il n. �ordo pt. ù recente e quello della n us patrtt. ms la storia famietto Aureho, «Aurefms Magdalenus Capoferre 479 (f. 1 64v). d el 1 . Ral·mondo 'citur hora XXIII» dutiliz es r b em v No s d en l a k V � za tl sol o noX . manus nas rit oso, la propna n s tta n l 1477 ;,.dove si nus na­ Andando a r «F ustus Ma �a� n � apofe eus patritius Roma . Al� 'anno me accademisco:Martn.� XXIX d��e, s:p�i�a hora noctis» (f. 1 62r_)mo i il suo matn �to con a, scitur mens l Nico adre del ta ) nasct us la data olanza: «Ntcola figli osa 1 449 è così diricorLeli e n e e Vall � a fili Dell a brosin � Ambrosina nascituro mense De bns . � :uscepit ex Ammun dum qm � t Ra us 7 us, alen � dict Magd Faus us e g Evan IS am qui sex: s filio Valle de Lelii .

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tua est infir�tate val. uxor. d. ctl. doffil· ni Chembini mor t. . h do a prima die mensis SeptemAndreozia 76 «Domina e II t t de acuta quae i?s.am �t������ f� �i ;�:�s � dicti �ensis ho�a 1 ��� ��� arzo l M m ' . ento il 10 anno D omm bri . ssue anno LXX» . Andreozza detto l1 propn· 0 testam figli : Prospero, il tre i onati enzi m tlS no so e l v) , nel qua , c. 1 34r. . . sta � M arc. ello Coll. Not. Cap. , 1728 Ba�tl tentlbus �n vanni primogenito, Gio s tertla Man. hora (s:p�Zio bianco) , luna et sole exis Sil77 «In die veneri n· o in coniunctionis aspectu, ercu M et ere Ven u, t c aspe . t». · · Marte in sext1.li . Gemm1s, fratns· Mar·celli natus eson ralis natu �to s filiu et s e comprende, oltre � qua nepo s edizi viu ta s ue Q . 943 W � uazwG contm 3753; . la e GI I ; anch . 8 7 H * 6717 a d1 sopr a (H 671 6), annotato da1 Maddaanes L . e c1tat , plare . i à presente nell 'ediZIOne .mil :::. fmo �11 o 1481 'esem en Pal ca . anche alc��� i at M � � ano ncu pis del L'i � �e odiferro e m Bibl. A?. Va . , iV. 290 . ddalnabem�loCapreodif erro. �l a leni Cap o la fami lia Ma da oa: ngu nst � non che Co aii o, M man �ntznop 29 note di altra m (f. 95�. ) · al 1 45 3 : nt!U xe del�a Ma One tra enzi con n 3 1 6 · Constantinus 1457 , en re nel testo sl fa riferimento all'inv , quand «ID ? al � � «hoc tempore» ovvero nel 1457 li� ca:p�a (f. l 53r); e on reiffu si ncre ' d gu sua a_ M a 11 e a oru 0 d 144 �. . . a;. Racio librorum ùnprimen stampa nel ��;; g � �� rop p OffilleS fere orbis prutes data ,y lascia apelti diversi intenog�tlVl sm e avio n l J re _ perta (f. 1 54v). Questa della. morte di Biondo Ftl�s a se (�. i 561.) a otizi i a n l o a cant Ac a. . ni della stamp Blondis nuncupa �;eri ' si legge: et :postel t·S surs strata dal Pa,ulll ,

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MPA NI A LIBRI E STA CITTADINI RO MA

ANNA MODIGLIANI

Aurelius, duos Alexandros, Caesarem et Ioannem B aptistam, qui Lepidus dictus, filiam unam Brigidam ab avia paterna et materna sic appellatam, a­ bortivos quatuor» (f. 152r)19. Il mito dell'antichità classica aveva dunque contagiato, oltre ad Evangelista, anche due suoi fratelli minori, che ama­ vano farsi chiamare con un nome accademico (Aurelio, Lepido). Un am­ pio salto cronologico riporta indietro al 1 393, data della morte di Paolo di Gocio Capodiferro80 (genero di quel Lelius priscus con cui - sempre a ri­ troso - si conclude il breve itinerario familiare), sepolto in S . Maria sopra Minerva accanto al suocero «Paulus Gogii et Franciscae filius Capofer­ reus, Lelii prisci gener, obiit VIII kalendas octobris, conditur in aede Mi­ nervae iuxta socerum» ; (f. 147v). Il ricordo familiare più antico risale dunque al 1390: è la morte di co­ lui che fu artefice della fmiuna dei Maddaleni, Lelius Magdalenus priscus, bisnonno di Evangelista, sepolto in S. Maria sopra Minerva nella tomba di famiglia. Della sua vita Evangelista ricorda un solo episodio importante: in epoca di carestia, fece giungere a sue spese dalla Sicilia un carico di fru­ mento e salvò così la città dalla fame «Lelius Magdalenus priscus periit XIII kalendas Decembris, conditur in aede Minervae in sepulchro Magda­ lenorum. Is, dum esset penuria frugum, suis impensis a Sicilia frumentum tranvexit et Urbem et patriam fame liberavit»; (f. 147v). È lo stesso episo­ dio che racconta il testo di una lapide posta accanto alla pietra tombale di Lelio, ambedue tuttora conservate nella chiesa81• Queste aggiungono qual­ che particolare interessante alla memoria del pronipote letterato. Il testo in caratteri gotici che eone intorno alla figura di Lelio, vestito con un ampio abito a maniche lunghe e scarpe a punta, lo definisce insignis civis et ja­ mosus in Urbe mercator. Mercante di panni, bovattiere e cambiatore, Lelio Maddaleni ebbe importanti incarichi municipali al tempo del comune po­ polare romano, come quello di camerlengo della Camera Urbis, e ottenne anche appalti dalla Camera apostolica. Evangelista non sottolinea la qualifica mercantile del bisnonno, perché i valori della società romana sono nel frattempo molto cambiati . Resta tut­ tavia importante il ricordo di un personaggio che visse e operò attivamente in un'epoca - il secondo Trecento - sulla quale era stata calata nel corso del secolo successivo una pesante coltre di oblìo da parte di quelle stesse fami-

493

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o far. Ipal . . e o che avevano costruito le lor n mu a l craZ . �n é2 �� aristo lar po ell' po _ , glie d _ entlta decenni del regime politica e p rd Cm o e lor ro att la Qu e tune . o d'l gr·ande spr�eco nella cultura romana tra . tutti. ques r· ggr ona rs dr pe . . che parla nelle sue opere � altro n . o Al Evan?ehsso ste llo de quecento , �arco Ant? � e o en dif po i Ca ;len l glia M . ento molto diverso nei confronti depersonaggr. della falll . . ram egg att un ra t os m . fallll' glia nel Trecento: un ngoroso SIsta , suo mpote83 , r a una della propr . ziale, gli artefici della fort Alterz'us Corraducii, spe · tt"l 1a figura del brsnonno � nf di r nta me ma no am un io, o on nzi rim le . oltre ad un grande pat . tl, nden ce drs al . ti come _ che aveva dato lgari mercatanti indica zu Alter me co � o ro­ famiglia84. ��mi nica volgare dell'Anonim e g l pr n�l rato vrleg �a co�­ �� pubblico pn cento85 e tutta costruita sul Tre del anm negli ata mano, complet ?��86 . S e la dichiarazione dell ' Anommo n­lant ' emp es dell la Cro. . . cezione liviana1 , dr' un topos letterario, se . ce npresa li emp s e ' non e ta rea consrstenza87 ' sponde alla ubbl'reo di lettori di qualche p un a Rom a vero dav ebbe

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nica

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. honores»: e ura, iurisdictiones et

.

tae urb s_R_oma ! 17P. PAVAN, «lncl per questo a Martino V (14 . !Alle on.lgm . , ALEs.. l della nuo va Rom . ? m , ae emon . m D atw ò-G. danm CHIAB di M. un caso di , Roma, 2-5 marzo 1992) , a cura M· MIGLIO' La «Cronica» 1431 )' (Atti del Convegno 309· 013 , 2 9 a 19 Rom PP , RI ' RANIE c . · INI. nne . nto Bibliografia e note», 1992, p. 34 . sANDRO-P. PlACENT roma nel rmasc · RR « o, onzan r mo . dell'Anoni c ' t P 9 1 53 -154 e 92*. 83 Li Nuptiali di Marco Antonw Al!Wi l �-[ � �;. l� storia di Roma del secondo t 158 : 156 . 84 Cfr A. MoDIGLIANI, I protocolh no_ m l lff gra m e note», 1995 , pp· 151ho Bib n t tm nasc n l n a ziali rom �. ��, Tra scienza e mercato. Gli spe a Roma � Trecento , «RR e c h an v. u aduc . . Corr rius Su Alte . evo, Rorna 199 6 , 49-50 e passun ti· n� medw do tar . . nel · risalgono al 135 7, con una pos dt ta ss Gli ultimi eventi regtstratl. ne11a CI O�!ca cita a ' · one della Cronic oduztone a11' edlZl ntr ll'I ne Porta sMa seppe o rat Giu ost ì dim (cos e ha del 1360 nda_ fas_e dl' omposizione - com sec ta GLIO, ques MI . A (M XIII ). o ? log p. pro to, il segui romano e ono l c;:z�:o� d:' i�teressecul tura medievale italian� (11 GO­ simo Miglio - app�rtengsen a nell ia to · so m Il ano, . rom 14-17 maggto 1993), Anonimo Intemazwnale di studio , Pistoia egno Conv XIV del (Atti ), 1350 .. . vul gare perché de essa pozza trare uttlit_ate Pistoia 1995, p. 187). . . · m vo ' tanti e mtra 86 «Anche questa. cromca scn _ , como soco vulgari merca letere sao nte e cem li stmp utl' litate e le . une qua la omm c iente per onne lettera non mtenne Dunqua ON ( �O ROAN » era lett moita bona I. ente 1 a qua1e perre, per . benché io l'aia ià fatta ulga 1 25� , era pht, op Adel : diletto fo questa 9912 [Piccola Biblioteca G. � ORTA, Mt' lano 1 , Sl­ � cura l LI� a DIG ca, Mo oni cit.; A. MANO , Cr IO Anonimo romano cfr. », te ana uesti Itali q ca Su Stori 5). � p. o, vista olog «Ri Pr romano ,

82 V.

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·

·

79 Nicola era figlio di Evangelista di Lelio e sposò Ambrosina Della Valle nel 1470 (cfr. Li Nuptiali di Marco Antonio Altieri cit., pp. 26, 28 e 92*).

80 Die mittelalterlichen Grabmaler in Rom und Latium vom 13. bis zum 15. Jahrhundert, I: Die Grabplatten und Tafeln, bearbeitet von T. BLITTERSDORFF (e al­ tri), redigiert von J. GARMs R. JUFFINGER-B . WARD-PERKINS, Rom-Wien 1981, n. XXIII.

-

4, pp. 179-180 e fig. 98. 81 Ibid., n. XXlii. 3, pp. 178-179 e fig. 97a.

mo ����n�ni .

: l lO (1998), PP: � 57-4 10 e bib_liog�e �������a è attestata soltanto a partire dal Cina t t oscn . a edtzw 87 La tradtzwne man ' . ne dell'opera' ANoNIMO ROpnm lla a � t tes a l t n la to . G . PoRTA, Milano 1979 , pp. 271 -347) ed �� quecento (v. per ques d ura l c a a ttc cn one edizi a, O, Cronic

omca» e gnori e tiranni nella «Cr a

MAN


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ANNA MODIGLIANI

c 'è allora da domandarsi se questi sp eziali merca . . . nti. e bovattre schi_ - tra le cui mani pass n trecente' ava ancora qualche carta de1 . . .. gw co dmo - non avessero una po ht . . . , lco cittamaggiore sensib iiit a culturale di quanta non avrebbero mostrato di aver·e - secondo quanto emerge d . aila documentazione fm ora esaminata - gli sp eziali e i bovattl. en. romam_ tra la trocento e gli inizi del CI· fine del Quatnquecento. E quando neIla . . . pre fazi. one dr un 'edizwne romana del 147 6 de . l volganzzamento di' Tt . . · I ? L"IVIO, un cartol · SI nvolge ad un me braw aio-Iircante ded"Ica dogr� «uno hb ro, onde tu pa ssi pren­ � dere innumerabili exempli he questi potra leggere «9uand de urbane et dalla mercatu o dalle faccen­ �� I avanza tempo » e che gh darà «dilecto grandissimo [ ] et utilr"ta' non . mmore» ambedu · . .·· Il cattolaio è Luca di Giovanm· B on' acc . � 1 protagom· stl sono fiorentini. orsi, rl mercante Bernardo Cambini ss. di Nicolò

:

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è dunque impossibile valuta to. Altrettanto dififcile - nonresolla fortuna dtll 'opera nel Trecento e nel Quattrocen­ senza di studi sistematici sulle bibta lt� p:r a scarsità delle fonti, ma anche per l 'as­ fusione e la qualità della cultu�;li� ec e roma�e del XN secolo - è definire la dif��t�a ; Roma m _ quest'epoca. 88 H 1 0 144, IGI 5782 IE st�mpata nell ' officina tipo�· rafic V u ��e�ta rmpm:ante edizio?�· la Princeps' _ gra sm due personaggi cfr. MoDIGLIAa di ito. p . c er,_ e per alcune notrzre bro fiche _ «ap ud Sanctum 1 14, 13 1-1 32 e bibliografia cita NI' La tlpo gTafia Marcum» cit. , pp. ta. .

MARIA GIULIA AURIGEMMA Case di fiorentini a Roma nell 'ultimo decennio del '400

Questo contributo, che rientra in una ricerca su Toscana e Roma av­ viata da Mina Gregari, si concentrerà, per il momento e considerato lo spa­ zio a disposizione, su due soli esempi, diversi tra loro ma appunto per que­ sto in più modi significativi. Dopo l 'elezione al porporato nel marzo 1489 Giovanni de' Medici, fi­ glio di Lorenzo e Clarice Orsini, attese prudentemente qualche anno, data forse anche la sua giovanissima età e l 'inesperienza, prima di insediarsi a Roma, ancora sotto il pontificato di Innocenza VITI, al quale era legato per le nozze di Maddalena Medici con Franceschetto Cybo1 . Nell'inverno del 1492 egli lasciò Firenze2 e giunto a Roma scriverà laconicamente: «lo Ve­ nerdì mattina fui ricevuto in pubblico, accompagnato da Santa Maria del Popolo insino a Palazzo, e da Palazzo in fino in Campo di Fiore da tucti questi cardinali, et da quasi tucta la corte, et da una gran piova»3 . La scelta della residenza dunque era già caduta su Campo dei Fiori. Membri della famiglia Medici avevano soggiornato nell'Urbe dalla metà del secolo - si pensi ad esempio a Carlo e Giovanni de' Medici4 - ma come si rileva anche dallo studio di De RooverS, la loro 'visibilità' era mol­ to più modesta di quanto il loro ruolo sulla scena politica ed artistica ita-

1 Le vicende della famiglia Orsini-Medici sono narrate negli affreschi di An­ toniazzo nel castello di Bracciano, per il quale si veda J. KLIEMANN, Gesta dipinte , Cinisello Balsamo 1993, pp. 16-18; anche Niccolò Orsini fece decorare il suo pa­ lazzo di Ghedi (Ungheria) con soggetti analoghi nel 1506 (affreschi staccati, ora al Museo di Budapest). 2 JOHANNIS BURCKARDI Liber notarum ab anno 1483 usque ad annum 1506, a cura di E. CELANI, RIS2, 32/1 (1907-1910), pp. 342-348, descrive la partenza da Fi­ renze e le lunghe cerimonie all ' arrivo a Roma. Si veda anche G. Prco'ITI, Giovi­ nezza di Leone X, Milano s.a [1928], p. 354, nota 99, e il cap. Nello splendore del­ la pmpora.

3 C. FALCONI, Leone X Giovanni de ' Medici, Milano 1987, p. 126.

4 F.

CAGLIOTI, Bernardo Rossellino a Roma, I. Stralci del carteggio mediceo (con qualche briciola sul Filarete), «Prospettiva», 64 (1991), pp. 49-5 1 e In., Ber­ nardo Rossellino a Roma, II. Tra Giannozzo Manetti e Giorgio Vasari, «Prospetti­

va», 65 (1992), pp. 34 e 38-39, a p. 43, nota 83, si rileva, secondo Vasari, che Co­ simo aveva pagato sei finestroni in S. Pietro. 5 R. DE RooVER, Il Banco Medici dalle origini al declino, Firenze 1970.


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MARIA GIULIA AURIGEJ'V!MA

CASE DI FIORENTINI A ROMA NELL' ULTIMO DECENNIO DEL ' 400

liana avrebbe fatto supporre. Non esiste v a una vera se de, ma · · · 1 a f"rlra · le vecom e «1 a ragwne che segu e la corte» o «r· w stn· C le s e gu no la corte di Roma»6, perché l ' avevano _ � segu i t d . _ esil io o di Con cili o. Cos ì non . . m ante I pe no dr di abbiamo edifi i r � el Hl sen so lato a ma, e questo è tanto più evi Rodente se con sr. den. . . . am o rn c on fron to r. 1 B Medrcr a Mr lan o con anc . o la mo num en t al e face . , . ' rata pa les emen te on . · entata mostrare l aggror . a nam . ento de Il ' areh rtet . . " tura frorentrna , come n· avr mo dal drse gn o del suo pro get . . � tatore Filarete e dal � b elh ssr mo po rta le dr zo tuttora esi ste nte . Mr ch elo zNonostante l 'abbond . . anza di alazzi car· . r r atl o trasfo , le destinazione Gi . . . . d·��alJZ rmati per ta� ovanni de M e drcr . · sr msedro quasr nurn . .' . suo parentado m e t rzz . an dosr con Il . un nornlale e d1"f·ICIO . . . abrta " trv · o già · tente e dr propn· età eS ls gh Orsuu, le Case . de. Orsini (fr"g l) suIl . a p azza dr Cam der· p·IOn· no n lontan 1 · sra dal palazzo Orsin . e i di piazz 0 a p�s o (poi distrutto per costruire Palazzo Brasch i) sia da qu elle degli r I. 1ll l ontegiord ano s . Mentre S p adre Lorenzo si da Firenze il raccomandav a che I a . . sto ord · cas . a fos se «pm ' · pre l1ta che ncca e pomp mata et po osa>>, e d a1 vescovo . . dr Rimi m· essa sem rentia, aspecto e t a bra . va «de appamato hor1es t"rssrma» 9 un . . a lettera . d·l Nofn T n abu sr stava facendo car oni, che . . � � ico di questo delica to �ns mnento del Me romana, illustra le drc r sul la scena . scelte organizzar" ss a a ncer a dello mera adeguata, della scalea , di una ca­ � � : _ quantità nece i ar�entena, der tappet soprattutto delle sto i da tavolo e ffe (la corte p apale ed I s u r men b i d 'alt importanti compra ron � de erano i più : � tori di sete del l a bo ttega der Medrc1) 10. " mva m drcata

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. . 6 �bid. , p. 27 9: quando Eugenio IV all . . · Novel . oggia m S . Mana drcr affrttano lì una casa com la a Fn· enze i Mee f"l I ra · le d"1 Roma , usando I· fron 7 ·m· dr· Camera romani. S. VALTIERI' Storie e arc '·'zc"te . . · ttlll e Intorno ad un ant . «VIa papallS eco " percorso dc. Roma: la >> . Il tratto di via del Gove . .o . 1 no " . · de1 D . vec clu «Q uad tr:rmomo euu ' Architettonico e Urban lS . rtnnento P arpa · t" !CO », . 211 2 ( 1 992) ' PP 1 6 29 , . cap . prazza sopra rl teatro di Pompeo ite ' alla . . . · ., : m nelle �ropr.reta · , Or.sm r vrsse ar tempi di Eugenio Francesco Condulmer' il pal . IV azzo ospito . . . nel 1477 Cat nn . , gl l oraton dr Spagna e il cardinale de Foix ' ne 1 527 � � Sforza e neglr anni 80 vr abrta Saramuccia Trivulzio con una famiglia di 103 per sone . N l a g . e! data anch� particolare attenzione _ Casa _Galli e al palazzo O w a rsini cellena Vecchia (in parte dem di i zz asqmn? , nonche al pa�azzo Borgia-Can­ o li t _ er la c ostr nr_one dr Corso Vrttorio Il passaggio degli oratori di Emanuele). Franci e Spagna �e ncorda to da B URCKARDI Liber notarum cit., passim. s Un riassunto bibliografico aggiam . ato e nuo . . . vr contnb sono in K. TRIFF BURGARD, utr su Montegiordano Tiwo Seventeenth-C . entzIl}, Plans oJ.+ t1ze Palaz te Gzordano in Rome, «M zo di Mon. itteilungen des Kunsthrs ton. sches Institut in Florenz», ( 1 998 ), pp. 5 1 1 -52 3. 42 9 Prcorrr, Giovinez7a cit. , pp 332333 e appendrce 10 DE ROOVER, Il Ba " II , doc . X X . · nco Medic i cit., p. 27 7. ·

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Quando nell' aprile 1 492 Lorenzo de ' Medici morì, in segno di lutto il

cardinale Giovanni «indutus est veste violacia obscura: depositis de came­

ra omnibus sedibus ex bruchato et veluto, retinuit tantum sedes ex corio m­ beo coopertas et scabella consueta: valisiam fieri feci t de panno violatio oh­

scuro sine armis:supra tabulis tantum tapetia et credentia et lectis pannos de

rascia retinuit: et oll1lles servitores suos ex panno nigra vestiti sunt» u . La casa era dunque pronta, anedata con vero lusso da arazzi e mobili; e la co­

munità fiorentina sembrò quasi tutta unita e solidale nella circostanza.

Nofri Tomabuoni aveva ereditato ne11'87 la filiale romana del Banco Me­

dici da Giovanni Tomabuoni, colui che aveva recuperato i debiti papali annul­

lati con la crisi del '78 da Sisto IV12; nel '94 la filiale Medici entrò di nuovo in crisi, anche a causa di prestiti agli Orsini e a Franceschetto Cybo, e col crollo

politico prima e il sequestro poi di tutti i beni dei Medici a Firenze da parte di Carlo

VIII nel

1494, Tomabuoni senior col figlio e il nipote Nofri aveva rile­

vato la filiale medicea di Roma in accordo col nuovo govemo fiorentino. Oltre alla celebre cappella Tomabuoni in S . Maria Novella, Giovanni Tomabuoni a­

veva esteso anche a Roma il suo interesse per le arti commissionando gli af­

freschi perduti di una cappella in S . Maria sopra Minerva - di nuovo una chie­ sa domenicana - ove nel 1477 era stata sepolta la moglie.

Dunque Giovanni de ' Medici aveva scelto per la sua dimora (o me­

glio altri avevano scelto per lui) piuttosto un punto di commercio intenso

che un luogo rappresentativo, definito nel 1 47 1 da Francesco Ariosto «quella spaciosa piaza de Campo de fiori h abundante et copiosissima de

ciascuna cosa» 1 3 ; e il nome della piazza forse rammentava vagamente al giovane cardinale quello della sua città natale. Campus Flore era stata pa­

vimentata sotto Eugenio

IV

- quando la «domus Ursinorum propinqua

cum orologia campi florae qua eximius Franciscus venetus vicecancella­

rius fun davit»

il nipote del p apa, Francesco Condulmer) 1 4 - e di nuovo

1 1 B URCKARDI Liber notarum cit., p. 347; (cit. in PICOTTl, Giovinezza cit. , p. 367 e FALCONI, Giovanni cit., p. 1 29). 12 DE RoOVER, Il Banco Medici cit., pp. 284-285. Si veda anche in generale G. HOLMES, How Medici Became the Pope 's Bankers, in Fiorentine Stz1dies. Politics and Society in Renaissance Florence, a cura di N. RuBINSTEIN, London 1968, pp. 357-380. r3 E. CELANI, La venuta di Borso d'Este in Roma l 'anno 1571, «Archivio del­ la Società Romana di Storia Patria», 1 3 ( 1 890), p. 406. 14 R. LANCIANI, Storia degli scavi di Roma, I, Roma 1 902 (nuova ed. Roma 1 989), p. 23 1 ; S. VALTIERI, La zona di Campo de 'Fiori prima e dopo gli interventi di Sisto IV, «L'architettura», 346-347 (1 984), p. 652: la proprietà Orsini e la pre­ senza della torre Apacata o AI-pacata è attestata dal 129 1 ; nel 1 483 viene aperta via dei Giubbonari. S. VALTIERI, Il ruolo dell 'area compresa nell 'ansa del Tevere nelle strategie papali dal Medioevo fino al XV secolo, in Saggi in onore di Renato Bonelli


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CASE DI FIORENTINI A ROMA NELL' ULTIMO DECENNIO DEL

MARIA GIULIA AURIGEMMA

�ell' 8915, e l'imponei�te. torre con l' orologio citata nei documenti poneva

l accento sul lato Orsim; mentre poco distante, oltre le case sul teatro di . Pompeo, SI ergeva la casa già di Enea Silvio Piccolomini (poi distrutta P er fa�· �.osto al complesso .dei Teatini), e ancora da vedute molto poste­ . . nor.: SI uleva la forma cub1ca e la merlatura tipica di questo palazzo di meta '400 . A sua volta Piccolomini aveva descritto il lusso neroniano del­ la casa d� ��dri�o B �rgia, già Cancelleria Vecchia e attuale palazzo Sfor­ za Ces �nm - Il cm sfarzo colpì anche Ascanio Sforza divenuto a sua volta vicecancellario - e che venne ampliato ed arricchito con statue e pit­ t�Ire dal st�o successor� Galeotto Franciotto Della Rovere. Basta scorrere . l �lbertim per rendersi conto di quante dimore ornate ed ora scomparse e.s1steva�o ancor� nel 1 5 � 0 1 7 . Solo un portale con lo stemma scalpellato . ncorda Il luogo 111 cm viveva il cardinale veneziano Giovanni Michiel nelle vicinanze di palazzo Venezia e nulla resta della sua torre suburbana sul m�nte Pincio18; per non parlare della casa di Jacopo Galli tra S . Lo­ renzo 111 Damaso e S . Pantaleo, dove nel 1 496 alloggiò Michelangelol9

.

Fronz Stgn to Design . Environmental Process and Reform in Early Renais­ sance Rome, Cambridge-London 1 990. 15 GmDo�r,. Le� transfonnations du quartier Arenula et le rayonnenzent de , l urb usme jarne�zen, 1 � Le Palais Farnèse, I, Roma 1 9 8 1 , p. 68. P. ToMEr , L arclutettura a Roma nel Quattrocento, Roma 1 942, pp. 1 87-1 90; ROUGHS,

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. . partrcolarmente mteressante a proposito di Rodrigo Borgia prima di divenire papa . la vrcenda nar�:ata da Infessura della ricostruzione di S. Maria in Via, lasciata in for­ . ma molt� rustica ed Irregolare con colonne di riporto; ma la gran parte dei manni e . travertmr passarono ai magistri architectores (ibid. ' p . 1 77) . 17 Opusculum de mirabilibus novae et veteris Urbis Romae editum a Francisco Albertini Cl�rico Florentino, Roma 1 5 10, ed. A. ScHMARsow, Heilbronn 1 886,

P?· 23�3 1 . Una npro:a re�ente è stata la riscoperta in palazzo Doria Pamphilj di af­ �reschr del palazzo dt Fa�IO Santm'_O : eseguiti tra 1 505 e 1 507 da Ripanda e aiuti, per . I quali v. Il.palazzo Dona PamphzlJ al Corso e le sue collezioni, a cura di A.G. DE MARCHI, Fn·enze 1 999, Introduzione, pp. l 0- 1 1 . 18 LANCIANI, Storia degli scavi cit., I , p. 108. 19 Il giovane Michelangelo, (Catalogo della mostra, Firenze 1999-2000) a cu­ ra dt K. WEIL GARRIS B RANDT-C . ACIDINI LUCHINAT-J.D. DRAPER-N. PENNY, Firen•

499

di Pierfrancesco de' Medici, piuttosto che rotetto da Firenze da Lorenzo vanni. al vicinis simo ma debole Gio ndi molto più artico�ato .��ch.e se sost� quin era tico anis urb ro . n quad fme ll , ato da Spezzafeno e Gmdom , smo � � . zialmente , come e stato nlev 'Isione l' organizzazione urbana basata sulla �I: del '400 prevaleva in Roma scelse di famiglie feudali; il giovane Medici in aree di influenza delle gran eullo que sist�ma familiare piu�tosto .che in . appunto di inserirsi in questo va ten a app _r � per m quello econonnco �m o o ruol per tava spet gli riale che e pacifica ma non pnva di nsc hi, com nascita: una scelta apparentemente vedremo . dell 'estate del '92, una c�rta pruDopo l 'elezione di Ale ssandro VI ­ no nel biennio 149 3-94 a prefenre pale denza indusse il cardinale fiorenti di­ l n m , nze � � famiglia attor�o a .Fire semente il soggiorno nelle ville di rw del Dza dal o v1am nca e com e a, Rom a nte cembre ' 96 egli era certame era co- _ ana rom il ' 9821 : dunque la casa Burcardo vi fu presente sino a tutto . icea a . R�ma. . . . munque e per tutti la residenza med 111 cnsi ad osa mes fu m van Gw di le ona pers Nel 1 497 la sistemazione uno Bo ·gia22 nipot� di Ales �andro pera del cardina�e di Momeale Juan � as­ , dia Gan di a duc dei quali uno,. Il dei cinque B orgia con questo nome, , 497 1 so stes o dell no Cesare nel gmg sassinato forse per ordine del fratello . dro. un annus horribilis per papa Alessan inio Orsini24 , il cardinale Juan Bo_rg1a, Virg tile Gen to In quell'anno, mor ilis vir Iacopo Santacroce, che SI stacon la mediazione del magnificus et nob •

«Quadet�n� dell'Istituto �i Storia �ell'archite�tura», n. ser., 1 5-20/1 ( 1990-1 992), pp. 338-339: m que�to saggiO sono nprodotte (frg. 8) una veduta del cortile interno del palazzo m. ques�wne disegnata dal Maggi nel 1 6 1 8 (da A. B ARTOLI, Cento vedute di Rom� anttca, Ftrenze 1 9 1 1) e una pianta prima delle demolizioni (fig. 1 : ASR, Di­ segm e Mappe, l, c. 87, 11. 571). Sono citate (p. 343, n. 32) come fonti i mss. 309 (f. 1 69_) e 3 1 0 (f. 2) del Fondo Vittorio Emanuele della Biblioteca Nazionale Cen­ �rale dt Roma e una descr�zione del 1 670 (ASF, Carte Strozziane, l, serie 233). Per Il Condulmer (p . 86), per Il contesto e per il B anco Medici si veda anche CH. BUR­ .

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L. FROMMEL, Raffaele Riario, _ la Cancel­ ze-Milano 1 999 ; si cfr. in particolare CH. smo al 1 49� ngelo, p. 145. Riario abitò almeno leria, il teatro e il Bacco di Michela aso puo Dai? S. so pres t� men ta spos e questo . in palazzo Riario Altemps , dunque anch qu�sto m e l'anno successt�o. St veda anch aver provocato la reazione dei Borgia I / ap­ W. R01 a o ngel ? .M. PIRAS, Mrchela . stesso catalogo N. BALDINI-D. Lomco-A del Milanese, pp. 1 52-� 5� (�n par�tco­ re . assa Bald con e i Gall porti con la famiglia ntmz a ' Medici e mercanti-bancluen fi.or� de esco ranc Pie1j di nzo Lore lare il cap. , e K. renze tra tenere banco o esser� cass1en) . Roma, e le precisazioni sulle diffe 1 35 347pp. , z Gall del Roma: il giardino WEIL GARRIS BRANDT, Michelangelo a . 2° Le Palais Farnèse cit., pp. 63-8 2. a gennaiO (p. 2 1 BuRCKARDI Liber notarum cit., II: è segnalato in città nel 1 498 ­ e (pp. 60, �5) ; nell'.aprile 1498 accompa 8), marzo (p. 1 8) , giugno (p. 4 1 ), dicembr S . Mana Maggtor 0). 89-9 (pp. e itto di . gna il papa a visitare i lavori per il soff 1 959, P· 349. 22 L. voN PASTOR, Storia dei papi dalla fine del medwevo, III, Roma 23 BURCKARDI Liber notarum cit., II, pp. 42-45. and Italy. Reici and Virginio Orsini, in Florence 24 C. SHAW, Lorenzo de ' Med LEY- C. ELAM, DEN P. di cura a in, inste Nicolai Rub naissance Stztdies in Honour of

London 1988 , p. 40.


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MARIA GIULIA AURIGEMMA

va imparentando coi Farnese25 e che rappresentava Giovanni Giordano Orsi­ ni, pretese ed ottenne di acquisire a vita la casa Orsini in Campo dei Fiori per 3000 ducati, contro gli 8000 di obbligo e ipoteca accumulati e da saldare co­ munque da parte di Piero de' Medici fratello di Giovanni26, marito di Alfonsi­ na Orsini e in quel momento bandito da Firenze. Non è un caso che contem­ poraneamente Alessandro VI ponga il suo stemma (fig. 2) grande ed evidente sull ' isolato (demolito nel 1 858) che chiudeva la piazza, sul lato opposto, con l'angolo volto verso l 'inizio di via del Pellegrino27, di fronte al palazzo di Raf­ faele Riario che per l'appunto vi risiedeva stabilmente proprio dalla fine del '9628; quindi il papa ed il suo clan si stavano concentrando su quella zona, co­ sa del resto avviata nel gennaio 1495 con l'acquisto poco lontano, da pmte di Alessandro Farnese, del palazzo già Albergati e Ferriz, poi palazzo Farnese. In questo modo con una mossa unica si sgretolava la supremazia arsina e si mi­ nava la presenza del Medici a Roma: nel 1498 seguirà il grave episodio del­ l' assalto ad un gruppo di mercanti fiorentini in viaggio per Roma da parte di famigli dei Farnese , che avrebbe fruttato un bottino di 1200 ducati29.

25 Per i Santacroce cfr. A. EsPOSITO, Per una storia della famiglia Santacroce

«Archivio della Società Romana di Storia Patria», 105 (1982), p. 214. 26 ASR, Notai Tribunale A.C, 4835, f. 305r (v. Appendice). 27 L'epigrafe ricorda il compimento del restauro di Castel Sant'Angelo: Alexan­ nel Quattrocento: il problema delle fonti,

der VI Pont (ifex) Max (imus) l post instauratam Adria l ni mole angustas Urbis l vias ampliari iussitl MCCCLXXXVII. VALTIERI, Il ruolo dell'area cit., p. 340, nota che es­

so si trova sull'isolato attuale a seguito di una demolizione ottocentesca, ma era co­ munque in origine non all'inizio della strada ma più vicino al palazzo Riario segnan­ do l'inizio del vicolo del Gallo che p mtava a Palazzo Borgia-Cancelleria Vecchia (di cui è pubblicata una pianta prima delle demolizioni moderne). Cfr. anche A. CEEN,

The Quartiere de ' Banchi: Urban Planning in Rome in the First Half of the Cinque­ cento, Ph D. thesis, Univ. Pennsylvania 1977, pp. 43, 228. 28 K. WEIL GARRJs BRANDT-N. BALDINI, Cronologia ragionata del periodo gio­ vanile di Michelangelo con particolare riguardo al primo soggiorno romano, in Il giovane Michelangelo cit., p. 443, per ogni altro riferimento cronologico circa i fio­ rentini - e non - a Roma nello scorcio del '400. Per la p1ima metà del '400 A. EseH, Florentiner in Rom um Quattrocento. Namenverzeichnis der ersten Quattrocento-Ge­ neration, «Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken», 52 (1972), pp. 476-525. Si veda anche S. B oRsr-F. QUINIERIO-C. VAsrc' VAToVEc', Maestri fiorentini nei cantieri romani del Quattrocento, a cura di S. DANESI SQUAR­ ZINA (in particolare il saggio di quest'ultima Roma nel '400: il brusio dell'architet­ tura, pp. 9-42), Roma 1988 (ma anche il capitolo sul Pontificato di Alessandro VI e

il ruolo di Antonio da Sangallo il vecchio, di S. BoRSI, pp. 274-300).

29 I. POLVERINI Fosr, Il consolato fiorentino a Roma e il progetto per la chiesa nazionale, «Studi Romani», 37 (1989), p. 53.

CASE D I FIORENTINI A ROMA NELL' ULTIMO DECENNIO DEL

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La crisi a Firenze era in pieno svolgimento e Savonarola era avversato da Alessandro VI quanto, ovviamente, dagli stessi Medici: ma, come narra Guicciardini, tutti i fiorentini, anche non alleati dei Medici, «usavano libe­ ramente le case dei Medici non come di rubelli, ma come dello oratore fio­ rentino residente a Roma»30, costituendo quindi un serio pericolo per il pontefice. Filomedicei31 erano Simone Ricasoli, Bernardo Bini, Alessandr� e Pandolfo Della Casa, Lionardo B mtolini, Pietro del Bene, Paolo Rucellm (un altro Rucellai era invece seguace di S avonarola) . . . Nell'atto stipulato il 30 settembre 1 49732 la «domus s1ve palatmm positum in Urbe in Regione Parione cui a parte anteri?ri est plat� a Ca�­ po Flore ab aliis duobus lateribus circum dictum palat�u� sunt v1e �ubh­ ce a parte vero posteriori sunt cantine domus FranclSCl Straballat1 [ . . . ] quod palatium ad presens inhabitat reverendissi�us dominus Joann�s cardinalis de Medicis» viene ceduta a Juan Borgta, tanto potente che 1l passaggio avviene «cum p acto et conditione quod in casu �u? pre_fatus dominus [ . . . ] reverendissimus citaretur pontifex» la casa rest1 m suOI ere­ di· la cessione definitiva è perfezionata tre giorni dopo «in palatio apo­ st�lico in Camera ipsius reverendissimi cardinalis presentibus domino Angustino de Ghigiis cive et mercatore Senen . Romanam Curiam se­ quenti»33 ed ancora, quando il 7 ottobre si aggiunge un� «Pro�issio re� staurandi domum» che accolla la spesa dell'eventuale ncostruzwne agh Orsini in caso di crollo, l ' atto è steso «in via publica in regione Pontis prope bancum de Spannochis presentibus Angustino de Ghigiis et Alexan­ dro Franci civibus et mercatoris senesibus»34: è proprio il B anco Span­ nocchi che pochi giorni dopo sarebbe stato colpito dalle conseguenze del­ l 'esplosione della polveriera35 di Castel S . Angelo, ed è _ben no o che �n� che approfittando di questo B anco senese le fortune d1 Agostmo Ch1g1 presero slancio sotto Alessandro VI. . L'Orsini che cede il palazzo con annesse botteghe, aveva qumd1 maggior interess � in quel momento ad accattivarsi la benevolenza dei Borgia, vista la clausola che sembra prevedere l 'elezione al papato di Juan. La ca­ sa doveva essere lasciata vacuam liberam e per alcuni anni un Giovanni de'

.

p. 352. ' 30 R. BlZZOCCHI, Chiesa e potere nella Toscana del 400, Bologna 1987, in i

Si veda anche A. MoDIGLlANI, Roma e Firenze «Tuscus et Remus». Due modell opposizione? , «Studi Romani», 46 (1998) , pp. 5-28. 3t PoLVERINI Fosr, Il consolato fiorentino cit., p. 5 1 . 32 ASR, Notai Tribunale A.C., 4835, ff. 3 10r-v (v. Appendice). 33 Ibid. , f. 3 1 1 r (v. Appendice). 34 Ibid., f. 3 12r (v. Appendice). diamo (p. 35 BURCKARDI Liber notarum cit., II, p. 58. Dalla stessa fonte appren feste luogo ebbero Faenza a no Valenti del vittoria la 279) che nell'ap1ile del 1501 per re. o fl Campo in et Borgia Juan di davanti alla casa


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MA RIA GIU LIA AURIGE MMA

�edici déraciné, il cui ruolo in questa

' CASE DI FIORENTINI A ROMA NELL ULTIMO DECENNIO DEL

. come in altre cuc . ostanze coeve36 e, di scarso spessore, viaggiò er . pa . sol l'Italia37 e , uiO ve l'atto di affitto del palaz o ? �el l 503 sottoscri­ di Sinul:Do l astell ; Ottien a S. Eustachi o3s , cui seguirà due anni dopo l 'ac quisto. In questo caso la scelta cadde , . . . su un area appena nq uahficata dagli interventi promossi da papa B Oig . . ia. . . Un mento da sem. p�� ascn· · ttog 1.I e, quello di aver raccolto nel 149 7 in un unico ed'lfIC�. O le atti ita del lo Studium Ur­ bis39, voluto nelle strette vic inanze d na chiesa azi_YOnale spa gnola, la cui facciata dava sulla ora scom ? arsa vi apw�za e che fu completata nel l'anno 1 500 dal vescovo etro de A a z c n ll �econ o prospetto va­ Iuta dal pontefice sul lato del la Platea ona z· a chie sa divenne non solo uno spazio di culto ma un fulcro bifron pe l �I.Il tera area. . Nel 1 503 mumono Pw . ro d ' M d' · , · l a � �l andro VI no successivo4o nella nuova . L'an­ , � cas Gi v n e ICI o n per la festa dei SS . Cosma e Damiano un 'co ' o , pr . nvito m� dIce �o segno del maggiore profilo che il cardinale · I·zi'ava m ad espnmere · a � d d· mosse, come è stato magistral p mente spiega�o M ·e -i� u �

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36 Narra Burcardo (Liber notarunz CI.t., I p 346) cl1e poc · 1e volle rec o dopo I' aiJi.·vo a Roma l. l car·dma · . arsi pre sso Ia chlesa ' . d' l' cm. era tito . . lare · m , S . Ma�.w ca, ma la trovo, chm DOl1lu l sa. ili quanto abbate co . · o di. �o en ? tan nte traccia di sé: solo con la mmte ' cassmo non lasciò � d p· . d �e Cl pres�o Il Garigliano nel 1 503 e la costruzione del monumento � lll eb e a asi Ica cassmense da Sangallo la presenza medic . .s . lVI io _ , cfr. B D ' ad opera, di Anton ea prese lancw .,. . . ONORIO, L Abbazw montecassino, Cinisello Balsam di o 1 982, p. 29 . 37 NeI novembre 1495 Gio vanni si reca a Milano speran . . . . do di. trovar-e appoggio alla fal1llgh a per rientrar·e a FI'r·enze da cm. . era ban dita (cf r C · dino delle sculture di Lorenzo de ' Medic · · ELAM, ll gwr i, in Il gz. ·dmo · d'l �an Marco . Maestri e compagni del giovane Michelangelo (Catalo go della mostra, F1renze 1 992) a ' cura di· P. BAR ccHI Cnu · . sello Balsamo 1 992 p 1 65 e C EL , orenzo de Medici 's Sculpture Garden: «Mitteilungen des Kuns;hi�torisc ·T. �� � hes ll1SthLlt m Florenz» 36 (1 992 . . Giovanm nceve da Ale ) , p. 52. Nel 1498 ' ssan dro ren di'te neIIa dwce ' s1. d1' Mo . . . . sull rimondo, cfI.· M. MENOTTI, Documentz znedztz a famiglia e la coJ·te c.t·z Alessa ndro VI, Milano 1 9 1 7 p . 1 97 38 E . FUMAGALLI, La fac . . czata quattrocentesca de l pa . : . Madama: un disegno e alcune . �- ·onz,. «Ar _ _ lazza Medzcz zn piazza cons�'c.eJ l mali di architettura», 3 ( 1 99 1 ) � � pp . 26-3 1 ; E. FUMAGALLI , ll sog no d · · a Roma: proget-' tz· e realizzazioni, in Villa Me . z un « lsola» . I lzto�Jn· mec.tzcez dzc ' Il ogno d'z un cardznale . Collezioni e artisti di _ Ferdinando de ' Medici, (Catalog del a mostra, Roma 1 999-2000) a CHMANN, Roma 1 999 , �- 95 cura di M. Ho. 39 Roma e lo Studzu m Urb is · (Atti del Convegno Roma 1 989 . spa� z�J·bano e cultura dal Quattro al Seicento ) a CUI a d1 P CHERUBINI ' 0 Roma 1 992 ' 4 POLVERINI Fosr, Il Con · ' · solato cit. , p . 52 . t . . 4 M. TAFURI, RzceJca del . Rmascmze nto, Torino 1 992, pp. 97- 105 . ·

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getto di palazzo monumentale inglobante l 'adiacente piazza Navona secon­ do il bellissimo disegno di Giuliano da Sangallo. Per il secondo esempio di edificio civile privato della fme del Quattrocen­ to esaminato si prendono le mosse dagli atti tiguardanti le proptietà dell'ospe­ dale di S. Spirito sia in Borgo sia al di là del fiume nella zona di Banchi e del­ la chiesa di S. Celso. Apro qui un piccolo inciso per segnalare dalla stessa fon­ te archivistica un contratto d' affitto42 del settembre 1499 di una casa di proptietà dell'Ospedale, in cui è specificata la collocazione sulla via nova seu alexandri­ na, ed è il secondo caso sicuro - dopo l'atto dell'agosto '99 pubblicato da From­ mel43 - dell'uso già con·ente del termine alexandrina, poiché il documento, da­ tato aprile 1496 e relativo ad Adtiano da Cometo, per la cava ai fori di manni antichi destinati al suo palazzo sulla via alexandrina resta irrepetibile e forse prodotto da un noto falsario ottocentesco44. Nell'incarico a Rimio del gennaio 1499 l'atteria di Borgo viene definita novam stratam, termine questo che ticor­ re con frequenza ancora per qualche anno, e nella bolla Etsi Universis del 1500 è chiamata via recta alexandrina nuncupata45 . Infme vorrei notare che sull'as­ se della nuova strada, in posizione centrale, è compresa ancora una volta una chiesa dedicata a san Giacomo, santo nazionale spagnolo. Ma tomiamo indietro al 1490, quando l'ospedale di S. Spirito affitta a Pietro Ricasoli una casa che si specifica essere «sitam in urbe in regione pontis retro bancho et oppositam bancho de Mattellis»46 ossia all'inizio di via dei B anchi47, ceduta in enfiteusi fino alla terza generazione e per un af42 ASR, Ospedale di S. Spirito, 1444, f. 1 66v. 43 CH. L. FROMMEL, Der Romisclze Palastbau der Hochrenaissance, II, Ttibingen 1973, p. 207 (doc. tratto dal fondo archivistico dell' Ospedale di S. Spirito, 1 93, f. 1 38v) . 44 n dubbio su Girolamo Amati Veime sollevato da LANCIANI, Storia cit., I, pp. 120-1 2 1 che segue D. GNOLI, La Cancelleria ed altri palazzi di Roma attribuiti a Bra­ mante, «Archivio storico dell ' arte», 5 ( 1 892), p. 343 . Per una completa ed equilibrata

panoramica relativa al documento scompar-so - in1pmtante perché segnerebbe un am­ pio anticipo dell ' intervento urbanistico del Borgia - a confronto con altre fonti, rinvio a FROMMEL, Der Romische Palastbau cit., II, p. 207, nota l . 45 E . GUIDONI-G. PETRUCCI, Urbanistica per i Giubilei. Roma, via Alessandri­ na. Una strada «tra due fondali» nell'Italia delle corti (1492-1499), Roma 1 997, p. 96 . li testo contiene documenti relativi alla via, in particolare al lato verso Castel Sant' Angelo, e la bibliografia aggiomata, alla quale si rimanda. 46 ASR, Ospedale di Santo Spirito, 1444, ff. 30rv-31r (v. Appendice). 47 A. EsPos , Osservazioni sulla popolazione rionale, in D. BARBALARGA-P. CHE­ RUBINI-G. CURCIO-A. EsPOSITO-A. MODIGLIANI-M. PROCACCIA, Il rione Parione durante il pontificato sistino: analisi di un'area campione, in Un pontificato e una città. Sisto N (1471-1484), (Atti del Convegno, Roma, 3-7 dicembre 1984), a cura di M. MIGLIO-F. NrurrA-D. QUAGLIONI-C. RANIERI, Roma-Città del Vaticano 1986 (LitteraAntiqua, 3), p. 653, ha calcolato una percentuale quasi identica e prevalente di lombar-di e fiorentini.

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MAR IA G IULIA AURIGEMMA

fitto annuo che compre nde anche una libbra d'incenso e una di pe l' ospedale insiste per pe: però chè sull 'edificio contin ui ad apparire scolpito il suo stemma, dal che o dipinto si deduce che nonosta nte gli impegni che ven presi da parte dei Ricas gono oli - per il tramite del loro delegato - di mig al più presto l'edific liorare io, esso non sarebbe mai diventato 'palazzo Del resto la politica ado Ricasoli'. ttata da questa come da altre imp ortanti famigl rentine sembra quella ie fio­ di considerare la casa madre sempre a Firenze sa romana come sed e la ca­ e commerciale senza n ecessità particolari di tanza. L'accordo per rappresen­ l'affitto così prolungato non è un 'eccezione pe lo stes so volume arch rché nel­ ivistico ne comp aiono altri sempre riguardan prietà dell 'ospedale: è ti pro­ però un periodo molto più lungo di quello di tretro anni rilevato da Gio quat­ vanna Curcio48 per le cas e di Parione all ' epoca sto IV; ciò può essere di Si­ dovuto sia alla particolar e personalità giuridica contraenti sia ad un m dei due aggiore consolidamento del tessuto urbano per portanza economico-str l'im­ ategica che quella zona a veva ormai assunto . Come già detto, il lun go atto è steso materialme Banco dei M artelli ( la nte presso il vicino casa dei quali, ora dis trutta, era in via dell'O quel momento (e sino al rso) ; in '99) era fattore del Ban m a la presenza della co a Roma Carlo Mart famiglia era saldissima elli, sin dall 'arrivo nel 143 berto M artelli, già res 9 di Ro­ ponsabile del B anco Medici a Basilea durant cilio e poi dal '39 al '64 e il Con­ nell 'Urbe, ed è appunto tamente riconsiderata Roberto49, di cui va att la maggiore durata e en­ stabilità attraverso vari cati e in quanto deposi pontifi­ tario della Camera Apo stolica (e sino al l 45 8), il pers onaggio-chiave dell 'econo ali' epoca di Niccolò V Da quasi s essanta ann mia romana di metà '4 i la sede commerciale 00. dei Martelli era un pre to di riferimento nella ciso pun­ città. I Ricasoli (già present i a Roma50, e poi rappre no meditando un radi sentati da Simone) sta camento notevole, ovv n­ iamente per scopi com mercia48 G. CuRcro, I proc es_si di trasformazione città cit., p. 7 1 1 . edilizia, 49 Robe1to Martelli

è l' eminenza grigia dal

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Un pontificato e una

pap di Eugenio IV in poi: fronto va ce1to ridimension ato nel papato di Nicolò ato al con­ già evidenziato da Ch. Bu V il molo di Tommaso Spine lT oug hs c he rias sume la sua posizione e quella opp lli, Tafuri e Gargano in Alberti e Roma, in Leon Batti osta di sta Alberti, (Catalogo Mantova 1 994), Milano 1 994, dell a mo a stra, cur a di J. RYCKWERT- A. E veda anche CAGLIOTI, B erna NGEL, p. 155, nota rdo 1 6. Si Ross elli no ci t., p. 43, nota 8 3. La presenza li (talvolta con Nello da Bolo di Mart gna) el­ nei doc um en ti è pio le quietanze conservate preponderante, si vedano ad esem­ d' accueil et de recherche- (ma in cattivo stato) a Parigi, Archives National es CAR (Ce ntre AN), L 5 1D l-2 e L24A3 (144 1 50 ASR, Notai Tribun 1455). ale A . C. , 4835 , f. 854r logia e storia della f ( 1 48 8). Cfr. L. PASS ERINI, Genea­ amiglia Ricasoli, Fire nze 1 86 1 .

CASE DI FIORENTINI A ROMA NELL' ULTIMO DECENNIO DEL

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. . on assando attraverso Il filtr � c?nd'�zionante delle famiglie romane, ma t cn e tramite una gr �nd c Isumz Ì non senza solennizzare l acr t do con lunghi e complessi rmpegn , o conto sopratmtto che la casa cor � . a . «repamn d e rehedificanda propns sump l t'bus et expensis infra terrmera num trium annorum». . . È sempre l'ospedale di S . Spmto , . . che affitta nel 1 49551 ad Antomo Altoviti di Firenze, padre di Bi�do, una casa ol ozzo (sino alla quarta generazione) al di là del ponte Eho e non q ll i iazza di Ponte52 che con�­ l'osp ale sulla facciata: forse Il scl· arno anche questa con lo ste�a . ' . mercante voleva espandere l.� propna attivi't'a m un'area commerciale nuo. . . va verso S · Pietro avendo gia sentore deIle intenzioni del pontefice nguar' . do l 'apertura di una vza nova. . Queste case-banco mercantili del '400 sono andate pressoch� tutte ?l. strUtte , ed è possibile ricavare u� ' Idea deila loro organizzazione hpologica . solo da alcuni preziosi a�ticoli di Domemco Gnoli53 della fine dell' 800: le . . . . · de1 illustrazioni mostrano (fig. 3) m demolizione la casa dei Bim m via . . Consolato - e nello sfon�o la faccia vata della Zecca - con una gran­ de sala che essendo al pianterreno essere destinata al pubblico e al · commercw. . · · 54 che come un nuoMolto diverso l ' esempiO del s�nese Agostino Chigi . . . e tile - con un arco VIcmo che vo ricco fonderà una sede residenziale da lui prese il nome - per giunger imo della magnificenza (da ne della villa �uburbana: nel 148? cui il noto soprannome) con la co t a venti anni egli aveva preso la r�si. denza definitiva m Roma e aperto � . Banco prima con Stefano Ghinucc � co dopo con i senesi Spannocchi, per poi acquistarne �a �ede nel oliss ha disegnato una pianta �i� . . . 4) sommaria ma utihssrma che a: � 'idea anche degli altri banchi d�ll �. zio del ' 500, con le botteghe sul fronte e un cortile sul retro, su cm si apn­ .

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. . . 1 , Ospedale dr Santo Spu.Uo, l 444 , ff. 78rv-79rv ( 1 495): «don:us �osita . . . ' . B 5. ASR . o Sancti Petn locata dommo A�oom B mdi de Altoviti de Florentm pro an. . . ' l che come casa d' affitto. :Ua ::ponsione ducatomn: �tto. >� e ut�:z:zb;:z:� 52 D. GNOLI, Le demohzwm m Ro . o Altoviti, «Archivio storico dell' arte» ' l ( 1 888) , pp. 202-2 l l . . 53 D · GNOLI Le demoliziom. m Roma. Il �alazzo dei Bini, ibid., PP 268-272· · ' · 54 G . CUGNONI Agostino Clugr· r' l Magmifico, «Archivio della Società Romana . ' d' Storia Patna» 2 ( 1 8 79) ' pp. 37-84 e .ID., l"'V Ote a l commentario di Alessandro VII s�lla vita di Ago�tino Chigi (conti�uazr;re) 'b 'd p 209-226. : 55 D . GNoLI Il banco di Agostmo ugr, :<lr�Jvio storico dell'arte» l , ( 1 888), ' . . pp. 172-175: ali' ultrrno piano era un soffitto a ottago�. con Marte e Venere, Vulcano e Cupido, e la stella dello stemma Chigi con Mercuno.


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vano un tinello e una sala a lunette, che ricorda molto alla lontana il Colle­ gio del Cambio di Perugia e che costituiva il Banco vero e proprio56. Que­ sti ambienti non avevano un'uscita esterna probabilmente per misura pre­ cauzionale, perché la sicurezza dei beni e del denaro era la finalità prima­ ria dell' edificio, e d' altronde anche Alberti trattando appena delle case mer­ cantili aveva raccomandato di chiuderle da tutti i lati con muri alti e mas­ sicci per protezione; il pianteneno del Banco Chigi appariva estremamente decaduto nell'800 (fig. 5), ma anche in origine non doveva essere molto e­ laborato, poiché anche l' Alberti per le case mercantili si limitava a scrive­ re che «per l'anedamento interno si può, senza sminuire il decoro, far uso di mattoni crudi, graticci, fango con paglia, legna»57; nei due piani superio­ ri di casa Chigi erano invece le stanze con soffitti decorati ad ottagoni con figure mitologiche, tra le quali spiccava in particolare il propizio Mercu­ rio. Non mi soffermo qui sulle case a schiera dei fiorentini in via del Con­ solato e sulla casa di via Giulia 82, entrambe collocabili tra fine '400 e ini­ zio '500 quando furono alquanto modificate, per le quali rinvio alle schede di Spezzafeno nello studio su via Giulia58. La zona di Ponte nella sua evo­ luzione dal '500 in avanti è stata studiata da Hubertus Giinther59; ancora sot­ to Alessandro VI si trattava di una specie di zona franca e il pontefice, che

56 È in questo ambiente così scarno e funzionale che nel 1497 furono conserva­ te in pegno parte del tesoro di Lorenzo de' Medici lasciato da Piero, e parte della rac­ colta di Francesco Gonzaga: R. BARTALINI, Due episodi del mecenatismo di Agosti­ no Chigi e le antichità della Farnesina, «Prospettiva», 67 (1992), p. 21 nota 35, p. 37 nota 38. 57 LEON BATTISTA ALBERTI, De re aedificatoria, a cura di G. 0RLANDI - P. PoR­ TOGHESI, V, Milano 1968, pp. XVIII, 436. FRANCESCO DI GIORGIO, Trattati, a cura di C. MALTESE-L. MALTESE DEGRASSI, II, Milano 1967, pp. 343-344, prevede qual­ che comfort: «Le case de' mercatanti, più utili eccetto che per li predetti, dieno a­ vere stanzie per fare mercati belle e spaziose, con banchi da far conti ornate. E si­ milmente una stanzia o più che servi per fondaco e magazeni, acciò che la sua mer­ canzia possi in casa ricevere e contrattare; e sieno le ditte stanzie libere et espedite da l'altre della famiglia per la medesma ragione. Et oltre a questo debba avere una stanzia o più per li forastieri».

58 L. SALERNO-L. SPEZZAFERRO-M. TAFURI, Via Giulia: una utopia urbanistica del '500, Roma 1975, pp. 260-262. 59 H. GUENTHER, Das Trivium vor Ponte S. Angelo. Ein Beitrag zur Urbanistik der Renaissance in Rom, «Romisch Jahrbuch fiir Kunstgeschichte», 21 (1984), pp. 165-249. Si veda anche A MODIGLIANI, Mercati, botteghe e spazi di commercio a Ro­ ma tra Medioevo ed età moderna, Roma 1998 (RRinedita. saggi, 16); e C. CoNFORTI, La «Natione Fiorentina» a Roma nel Rinascimento, in D. CALABI-P. LANARO, La città italiana e i luoghi degli stranieri, Bari-Roma 1999 e relativa bibliografia.

IO DEL A NELL' U LTIMO DECENN CAS E DI FIORENTINI A ROM

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i ttosto ad altre .ar·ee, non dav t abbiamo visto interessato piu senze. econonnche non eran t proe ficato ad un luogo .dove le pre sull sino a tfIm pratici e accettavano per igià teressate ad app.anr e, se non era ne azio vano l�ro· la fiorentinizz o p per ente p�·i� sed s evid era confrate�ita -: ma non e g i mziata a. · arehitettomc mta dig . . , l'assenza di case con peculiare w.age m �vida e-_ ento � s1 a: � s que re esse e � ro potrebb 1 L'ipotesi. di lavo . . . . hi ra matici fiOrentim non avevano tra e pro Sia gi B el � spans�on� lità, manca: e a hit tture private di speciale qua s prie I alita acce le be entram �io� d�l tettura di facciata, in ! �e la sp a d . archi . de1 cm­ va c10 i . azz pal 1 e ini go, con .1e case s d termine. Le ecceziom sono m Bor ono allud esc si se re e ma al dl qtl� del dinali Alessandrino e. da <:orneto; con.tica oni tett rchi � tà ' aci · la vera volonta e cap , ore mm Zia dili e l d' i mp . ese cum li . che so rattutto il clan Ria t 1 . rizzare no�o atte car a à gi ua n_ d lla ca elleria Vecchia, . 1 no-Della Rovere , - e SI p . - che coerentemente contlR o a v i di te 1 iesploderà sotto il papato v . l Giulio il.

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APPENDICE

l . ASR, Notai Tribunale A.

c., 48 35

f. 30 5r Cum sit qu od quondam do . . mus "t UI·be �.� no tea Campi Flore quam ad �e P�ri?nis in Pia­ presens in it t tenet reve nus Johannes cardinalis de rend . iSSimus domi­ MedI. CIS etc. Sit. o?�gata et ypotech co viro Petro de Medicis pro ata magnifisumma octo illllium ducat . oru� ad raciOne decem karlenorum pro quoli . m bet ducato . t atms c . onstare d cetur publico I�s�rumento etc. sive cedula � � w � ma . g1mi Ursini ad quod et quam nu illus nss�illl condam do�m Gentilis Vir­ etcè �t cum dieta domus fue nt per magistrum dominum Jacobum de Sa ncta t p ese tem ill str oha �ssimo domino � � nni Jordani Ursini etc. revere si o o�no c rd�i�ah M . hs solvere ad vitam ipsius ontls Rega­ reverendissiil.l1 dOilllm car � dmahs pro pretio 3000 ducatorum aur.;'" I·n aur·o de C amere prout co stat m · rio etc. bine est quod prefatu mento mihi nota� . · mstru s petrus . d e M e d 1c1 s pro fratrum nomi· m· bus pro quol"b I et quoque de rato promis . �t etc. al . as de suo propn. o � . attendere etc. venditionem predictam · omnia . et SIng l m �Ict o instrumento contenta rat cavit etc. ac promisit mihi . ifi­ n ot n di omnia et singula mihi no � ? i ras�npto. etc. vendicionem huiusmotano Infrascnpto contenta etc. attendere etc. ac servanda tamen eidem Petro fr . . . . et atn· bus pre . dictls o �mbus suis iuribus actionius eis eorum nulis sup er d" ICta dorno competentlbus . s presentibu dominis Angelo de Leom. . ms de Ty_bure,· magistro Johanne de Silva Greco ac dmnino . do n. o Angelo Silv s archipresbitero Cas Galere, Cesare de B ech tri arellis e onom.a canom�cotn Novarien.

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ff. 3 10r-v In nomine Domini. Amen. . . Per hoc rese cunctis pateat evidenter qu . � . n � publicum mstrmil1 umentum od ann o a nat1v1tate emsdem dOi llm . . · · entesim · quatng . . l esimo . o nonagesimo septlillo, m dIct . lon . . . e XV die ·o septembns UltImo, ponti" fIca · tus sanctissimi . ' . . ver do mi ni . nos tl"I Al exa nd n divma providentia pape sexti anno sexto . In . mei· notar. u. testmm . . que infrascn.ptorum ad spec1ahte r vocatorum et rogator um . hec . . prese�tia personalite r constitutus illustlissimus dominus Johann es Jordanus Ursmus de Ar . agom. a armorum piincipalis pro se ipso citra tam en quorumcumque suorum proc eum hactenus quomodolibet . uratorum per . consft I utorum revocatw . . nem bus modo, VIa omnI"bus melion. , VIce, causa et forma qm"b . . us de mr e diCI. fieri effici et cense-

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li potest utilius et validius fecit, constituit, creavit et ordinavit nominavit et

sollempniter deputavit suum verum, legitimum et indubitatum procurato­ rem actorem, factorem, negotimumque suorum infrasc1iptorum gestorem ac nuntium specialem et generalem ita tamen quod specialitas generalitati non deroget nec e contra videlicet magnificum virum dominum Jacobum de Sancta Cmce civem romanum absentem tamquam presentem soluere inso­ Iidum scilicet specialiter et exprexe ad ipsius domini constituentis nomine et pro pro eo vendendi ac venditionis titulo dandum tradendum et conce­ dendum quandam ipsius domini consitutentis domum sive palatium posi­ tum in Urbe in Regione cui a parte antetiori est platea Campo Flore ab aliis duobus lateribus circum dictum palatium sunt vie publice a parte vero po­ stetiori sunt continue domus Francisci Straballati vel alii si qui sunt verio­ res confines aut vocabula vedora; quod palatium ad presens inhabitat reve­ rendissirnus dominus Joannes cardinalis de Medicis cum omnibus et singu­ Iis ipsius domus iuribus et iurisdictionibus exitibus et introitibus ac paten­ tis et pertinentiis antedictis et connexis salvis et reservatis eidem domino constituenti apotecis sub dicto palatio existentibus quas ullo modo per pre­ fatum procuratorem alienati posse non vult, reverendissirno domino domi­ no cardinali Montis Regalis sanctissimi domini domini nostri nepoti, dic­ tam domum emere volenti solum et dumtaxat ad ipsius emptoris vitam i­ ta quod ipso defuncto domus huiusmodi cum omnibus suis imibus et ac­ tionibus ad ipsum dominum constituentem revertatur vel ad ipsius heredes et successores absque alicuius precii restitutione per ipsum emptorem vel alium ipsum nomine in dicto domo et palatio exposito vel reponito pro pretio trium millium ducatomm auri in auro de Camera cum pacto et con­ ditione quod in casu quo prefatus dominus reverendissimus citaretur ponti­ fex sive moriretur, tunc ad ipsum dominum constituentem sive eius heredes et successores pieno iure revertatur sine aliqua pretii restitutione predictum palatium sive domus necnon ipsius domus pretium recipiendo et receptum confessandi ipsiusque tenutam et corporalem possessionem donandam et tradendam et in casu emictionis de pretii restitutione promictendum et ca­ vendum et instrumenta venditionis conficiendum cum omnibus clausulis necessariis et oportunis et in ampliori forma camere apostolice etc. cum pe­ na iuramento et aliis pactis et obligationibus consuetis prout dicto procura­ tori videbitur et placebitur. Et generaliter omnia alia faciendum et promic­ tendum que ipse dominus constituens facere et promictere possit si perso­ naliter interresset etiam si talia forent que exigerent speciale mandatum. Promictens prefatus dominus constituens mihi notario ut publice persone sollempniter stipulanti vice et nomine omnium quorum interest aut in futu­ rum interesse poterit necessado iuramento ac corporaliter tactis sctipturis se ratum et gratum perpetuo habitumm totum et id quod per dictum suum procuratorem gestum factum, promissum et obligatum edt quem relevavit ab omni onere satisdationis et iudicio si ipsi sine obligatione et ypoteca om-


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nium sumum bonorum mobilium et inmobilium presentium et futurorum et qualibet alia iuris et facti renuntiatione ad hec necessaria et oportuna. De quibus omnibus premissis idem dominus constituere voluit fieri atque con­ fici presens publicum instrumentum in rei geste fidem et memoriam. Acta fuerunt hec in castro Anguillare Sutrine diocesis in domibus illu­ strissimi domini Caroli Ursini in sala magna presentibus discretis viris do­ mino Benedicto Castellano de Fara et domino Bonifatio de Turrio et ser Joanne Andrea de Turrita testibus ad premissa ornni a et singula vocatis, ha­ bitis et rogatis. Et ego Jacobus Antonii de Castro Fara, publicus imperiali auctoritate notarius qua predictis omnibus et singulis dum sic agerentur et fierent in­ terfui et presens fuy de hiisque rogatus scribere scripsi aliisque occupatus negotiis concordato cum originali in hanc publicam formam redegi, feci et pro fidum scribam scribi iussi publicavi et me subscripsi, signumque meum apposui consuetum. Signum mei Jacobi.

f. 3 l l r YHS (Jesus). die 3 octobris 1497

In Dei nomine. Amen. Magnificus et generosus vir dominus Jacobus de

Sancta Cruce, civis Romanus de regione ut et tamquam procurator et eo no­ mine illustrissimi domini domini Joannis Jordani Ursini de Aragonia prout de sue procurationis mandato constat publico instrumento rogato et publi­ cato per ser Jacobum Antonii de Castro Fare notarium publicum sub die ul­ timo mensis septembris proxime preteriti vendidit et venditionis titulo de­ dit etc. reverendissimo in Christo patri et Domino domino Joani de B orgia tituli Sancte Susanne, Sancte Romane Ecclesie presbitero cardinali Montis Regalis vulgariter nuncupato: presenti etc. duntaxat ad ipsius reverendissi­ mi domini cardinalis vitam et eo vivente et non ultra, quamdam ipsius illu­ strissimi domini Joannis Jordani domum seu palatium posita in Urbe in re­ gione Parionis cum omnibus et singulis ipsius iuribus, iurisdictionibus, exi­ tibus et introitibus annexis et connexis : ac adjacentiis et pertinentiis qui­ buscumque. Cui quidem domui sive palatio a patte anteriori est Platea Campi Flore: a parte posteriori sunt bona Francisci Straballati: ab aliis vero lateri­ bus sunt vie publice vel aliis etc. Quam domum seu palatium cum iuribus, iurisdictionibus exitibus, introitibus annexis et connexis ac adjacentiis et pettinentiis illius predictis ad presens tenet et inhabitat reverendissimus do­ minus dominus Joannes de Medicis Sancte Romane Ecclesie Sancte Marie in Domnica diaconus cardinalis vacuatn, liberam etc. Simili modo prefatus dominus Jacobus ut et tanquam procurator predictus et eo nomine vendidit etc. eidem reverendissimo domino cardinali presenti, etc. solum et dum-

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taxat ad ipsius reverendissimi domini cardinalis emptoris vitam et eo vi­ vente et non ultra omnia et singula iura etc. prefato illustrissimo domino ser Jordano quolibet competenti etc. in et super dieta domo sive palatio et illius iuribus et pertinentiis etc. predictis etc. nullo iure nullaque actione eidem il­ lustrissimo domino Johanne Jordano de et super dictis bonis, vivente dicto reverendissimo domino cardinali emptorc, et ad ipsius revcrcndissimi do­ mini cardinalis vita dumtaxat reservatis etc. spectante et pertinente intelli­ gatur ac spectet et pertinent. ad habendum, tenendudum etc. et de dieta do­ mo seu palatio et illius juribus et pertinentiis etc. predictis faciendum et di­ sponendum etc. totum id etc. quicquid dicto reverendissimo domino cardi­ nali emptori ac nominandis ab eo seu cui vel quibus iura sua cesserit, pla­ cuerit etc. solum et dumtaxat ut premictit ad ipsius reverendissimi domini cardinalis vita et eo vivente et non ultra et non aliter nec alio modo. Ita et taliter quod ipso reverendissimo domino cardinali emptore vita funct. do­ mum predicta sive platium cum omnibus et singulis ipsius iuribus iurisdic­ tionibus exitibus, introitibus, annexis et connexis ac adiacentiis et pertinen­ tiis quibuscunque ac omnibus et singulis iuribus et actionibus eidem reve­ rendissimo domino cardinali ut supra per dictum dominum Jacobum quo supra nomine venditis ad prefatum illustrissimum dominum Joannem Jor­ danum, eiusque heredes et successores ac cui vel quibus iura sua cesserit, revetti debeat et revettatur ac ipsius illustrissimi domini Johannis Jordani eiusque heredum et successorum ac cui vel quibus iura sua cesserit esse in­ telligatur et sit: et ad eum et ad eos pleno iure spectare et pettinere intelli­ gatur ac spectet et pettinent absque aliqua infrascripti pretii dicti reveren­ dissimi domini cardinalis heredibus et successoribus vel aliis qualitercum­ que aliqua restitutione ac melioramentorum quorumcunque per ipsum re­ verendissimum dominum cardinalem in domo predicta sive palatio et illius membris quomodolibet faciendorum refectione: perinde ac si presens emp­ tio et venditio nunquam facta fuisset et per prefatum reverendum dominum cardinalem nunquam infrascriptum pretium solutum extitisset: nec melio­ ramenta aliqua per quem in domo seu palatio predicto facta fuissent. Quod quidem infrascriptum pretium ac melioramenta quecunque per eum ut pro­ mictitur facienda. Idem reverendissimus dominus cardinalis emptor dona­ tione pura imevocabili et inter vivos dieta illustrissimo domino Johanni Jordano licet absenti et mihi notario publico infrascripto presenti etc. ex mmc etc. donavit, etc. Quia sit sue reverendissime dominationi bene face­ re, placuit, et visum est. Constitutens dictis dmninus Jacobus quo supra no­ mine venditor eundem reverendissimum dominum cardinalem emptorem procuratorem et dominum, etc. itaquod etc. ipsius reverendissimus dominus cardinalis vita durante et ad eius vitam et non ultra etc. Voluitque idem do­ minus Jacobus dieta nomine venditor ipsum reverendissimum dominum cardinalem de dieta domo etc. investiri etc. et donec etc. Quam ampiandam etc. imeram dedit etc. hanc autem venditionem etc. prefatus dominus Jaco-


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bus quo supra nomine venditor fecit eidem reverendissimo domino cardi­ nali emptori presenti etc. pro pretio et nomine pretii trium milium ducato­ rum auri in auro de Camera. Que quidem tria milia ducatorum auri in auro de camera pretium predictum prefatus reverendissimus dominus cardinalis emptor promisit et convenit dieta illustrissimo domino Joanni Jordano licet absenti ac domino Jacobo dieta nomine venditori predicto et mihi notario publico infrascripto presentibus etc. effectualiter solvere eidem illustrissi­ mo domino Johani Jordano: sive pro eo dieta domino Jacobo de Sancto Cruce hic Rome statim et in continenti omni et qualibet iuris et facti ex­ ceptione remota: quod ipse reverendissimus dominus cardinalis emptor die­ te domus etc. cum illius iuribus et pertinentiiis etc. vacuam et pacificam possessionem fuerit assecutus. Et si plus dieta pretio trium milium ducato­ rum auri in auro de Camera/ dieta domus seu palatium cum illius iuribus et pertinentiis ut supra vendita valeret sive fuerit id plus idem dominus Jaco­ bus dieta nomine venditor eidem reverendissimo domino cardinali emptori presenti etc. donatione pura, imevocabili et inter vivos donavit quia sic ipsi domino Jacobo dieta nomine fede facere placuit et visum est. Ac etiam pro­ misit dictus Jacobus de supra nomine eidem reverendissimo domino cardi­ nali et mihi notario publico infrascripto presentibus etc. de evictione, etc. et imma(?) defensione, etc. in forma dictas et affirmans etc. Ac facere con­ sentire. etc. Pro quibus prefatus reverendissimus dominus cardinalis se ipsum et predictus vero Jacobus dictum illustrissimum dominum Johannem Jorda­ num etc. obligavit etc. sub penis camere apostolice in fmma pleniori etc. cum clausulis consuetis. Etc. Dederunt licentiam etc . Iurarunt etc. Actum Rome in palatio apostolico in Camera ipsius reverendissimi cardinalis presentibus ibidem domino Angustino de Ghigiis cive et merca­ tore Senen. Romanam Curiam sequenti et domino Antonio de (?) de Mon­ te Rotundo scriptore apostolico testibus etc.

f. 3 12r

Die VII eiusdem mensis octobris 1497 Promissio Jacobi de Sancta Cruce restaurandi domum Nobilis vir dominus Jacobus de Sancta Cruce predictus vice et nomine prefati illustrissimi domini Joannis Jordani pro quo de rato et ratihabitione promisit etc. in forma alias de suo ipsius domini Jacobi de Sancta Cruce proprio attendere et observare etc. promisit et convenit suprascripto reve­ rendissimo domino domino Johanni Borie cardinali predicto licet absenti et mihi notario publico infrascripto presenti etc. quod in casum et eventum in­ conveni sue quos et quitens cum suprascripta domus seu palatium eidem re­ verendissimo domino cardinali ad suam ipsius reverendissimi domini car-

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dinalis vitam salurn et dumtaxat et non ultra vendite in aliqua sui parte rui­ nam aliquam pateret ita et taliter quod in parte huiusmodi que sicut premit­ titur ruinam aliquam passa fuisset comode et condecenter habitari non pos­ set: partem predictam sicut prefe1tur dirutam, suis ipsius illustrissimi domi­ ni Joannis Jordani sumptibus et expensis ad omnem ipsius reverendissimi domini Johannis B orgie cardinalis simplicem requisitionem refici et restau­ rari facere integraliter et eo effectu, ita quod in tali diete domus sive palatii parte comode et decenter sicuti nate talem ruinam habitari possit et valeat, pro quolibet etc. dictus Jacobus prefatum illustrissimum dominum Johan­ nem Jordanum ac se ipsum etiam pro ratificatione etc. eidem reverendissi­ mo domino Johanne Borgie cardinali etc. obligavit etc. sub penis Camere Apostolice cum clausulis consuetis etc. in forma pleniori etc. iuravit etc. Actum Rome in via publica in Regione Pontis prope bancum de Spa­ nochis presentibus ibidem Angustino de Ghigiis et Alexandro Franci civi­ bus et mercatoribus Senensibus, Romanam curiam sequentibus testibus etc. 2. ASR, Ospedale di Santo Spirito, 1444 ff. 30rv-3 1r In nomine Domini. Amen. Anno a nativitate eiusdem millesimo qua­ dringentesimo nonagesimo, indictione ottava, die vero secunda mensis !u­ nii, tempore sanctissimi in Christo patris et domini nostri domini Innocen­ tii, divina providentia pape ottavi, anno vero pontificatus eiusdem sexto. Per hoc presens publicum instrumentum pateat evidenter et sit notum quod constitutus coram me notario et testibus infrascriptis reverendus pater do­ minus Constantius de Roma, praeceptor hospitalis Sancti Spiritus in Saxia de Urbe ac totius ordinis eiusdem generalis magister, attendens quod que­ dam domus sita in Urbe in regione Pontis retro banchum in apposito ban­ chum de Martellis; cui domui est via publica a duobus lateribus comunis cum Capitulo et canonicis ecclesie Sancti Petri de Urbe et sit pro indivisa et tendat ad ruinam et quod domus ipsa indigeat reparatione et hospitale predictum pro nunc habeat plures et maximas expensas, et propterea com­ mode reparationi et restaurationi medietatis diete domus vacare non possit, ac cogitans quod si dieta domus concederetur alieni in emphitheosim ad ter­ tiam generationem reparandam, sumptibus et expensis illius cui dieta do­ mus concederetur sub certo canone quod cederet in utilitatem tam dicti ho­ spitalis quam diete ecclesiae Sancti Petri; unde videns ipse preceptor quod ex medietate diete domus pro indivisa dumtaxat quinque ducatos quolibet anno recipere solet, unde praefatus dominus praeceptor agens vice et nomi­ ne dicti hospitalis ac pro evidenti utilitate eiusdem, dictam domum ut supra positam pro indiviso in emphitheosim locavit et locationis titulo dedit, ces­ sit et concessit quad (sic!) partem dicti hospitalis dumtaxat nobili viro do-


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mino Petro de Ricasulis, mercatori Fiorentino Romanam Curiam sequenti licet absenti, eiusque filiis et nepotibus maschulis per directam lineam de­ scendentibus, et pro eo ac eis nobili viro Hieronymo de Deo, ex Fiorentino, presenti et pro dieta Petro ac eius filiis et nepotibus recipienti et legiptime stipulanti ad eorum et cuiuslibet ipsorum vitam duntaxat sub annuo canone quinque ducatorum auri in auro de Camera et unius libre piperis ac alterius libre thuris quolibet anno in festo Sancti Spiritus de mense Ianuarii dieta hospitali et eius preceptori pro tempore existenti solvendorum. Rane autem locationem, dationem et concessionem in emphitheosim ad tertiam genera­ tionem maschulinam fecit prefatus dominus preceptor eo quia dictus Hie­ ronimus vice et nomine prefati domini Petri eiusque filiorum et nepotum pro quibus de rato et ratihabitione promisit et sollempni stipulatione con­ venit prefato domino Constantio preceptori stipulanti et recipienti nomine dicti hospitalis quod dictus dominus Petrus de Ricasulis prefatam domum sibi locatam rehedificabit et restaurabit quamprimum propriis sumptibus et expensis ipsius domini Petri de muris, solaribus et tecto ita quod possit commode habitari , et deinde quolibet anno ipse dominus Petrus et eius fi­ lii et nepotes maschuli ut supra solvent preceptori dicti hospitalis in festa Sancti Spiritus de mense Ianuarii ducatos quinque de auro in auro de Ca­ mera ac unam libram piperis et aliam libram thuris et semper retinebunt ar­ ma dicti hospitalis depicta seu sculta in muris diete domus ita quod publice possint videri; et dictam domum aut ipsius iura nemini alinabit nec vendet aut in alium transferet sine expresso consensu ipsius hospitalis, hiis con­ dictionibus appositis, quod si dictus dominus aut ipsius filii et nepotes dic­ tam domum infra duos annos non reparabunt vel dictum canonem per duos annos continuos non solverint aut arma dicti hospitalis in muris diete do­ mus depicta seu sculpta retinere neglexerint aut illam sine consensu dicti hospitalis vendiderint aut alienabunt, quod tunc et eo casu dictam domus cum omnibus iuribus et actionibus suis et melioramentis in ea tunc factis, absque partis reclamatione seu libelli datione aut alicuius iudicis sententia et declaratione revertatur ad dictum hospitale et preceptor pro tempore exi­ stens de parte diete domus sic locate possit libere disponere sicuti ante pre­ sentem concessionem disponere poterat. Et nichilominus voluit quod dictus dominus Petrus vel eius filii et nepotes teneantur ad canonem non solutum pro quibus omnibus et singulis observandis et plenarie adimplendis dictus dominus Constantius praeceptor promisit eidem domino Petro licet absenti eiusque filiis et nepotibus masculis et pro eis eidem Hieronymo et mihi no­ tario ut publice persone stipulanti et recipienti vice et nomine dicti domini Petri eiusque filiorum et nepotum quod dieta domus non est alieni pro par­ te dicti hospitalis alicui locata sub aliquo canone mmuo ad aliquam genera­ tionem sed ipsum dominum Petrum eiusque filios et nepotes in dieta con­ cessione de iure defendere, auctorizare et disbrigare in omni Curia et coram quocumque indice. Et dictus Hieronimus vice et nomine dicti domini Petri

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ac filiorum et nepotum masculorum tantum quod finita dieta tertia genera­ tione maschulina tam dieta domus quo ad partem dicti hospitalis revertetur libere ad dictum hospitale absque aliquo impedimento; et quod dictus do­ minus Petrus eiusque filii et nepotes masculi observabunt et adimplebunt omnia et singula super in presenti contractu descripta et discribenda (sic!) et contra illa aliqua racione vel pacto non contravenire, sub pena centum ducatorum auri pro parte Camere apostolice applicanda et pro alia parte parti observanti. Et ita se ad invicem obligarunt dictique praeceptor et Hie­ ronymus nomine dictorum domini Petri et filiorum et nepotum renumptia­ verunt omnibus et singulis exceptionibus et defensionibus ipsis et cuilibet ipsorum competentibus et competituris quibus presens instrumentum pos­ set aliquo modo cancellari. Et ita diete partes iurarunt videlicet idem domi­ nus preceptor in pectore more prelatorum, et dictus Hieronymus nomine eiusdem domini Petri filiorum et nepotum ad sancta Dei evangelia corpo­ raliter manibus tactis scripturis praedicta omnia et singula durante dieta lo­ catione in emphitheosim observare et adimplere. De quibus omnibus et sin­ gulis diete partes mandaverunt mihi notario infrascripto ut unum vel plura publicum seu publica conficerem instrumentum vel instrumenta. Acta fue­ runt hec Romae in dieta hospitali sub anno, indictione, mense ac pontifica­ tu quibus supra, presentibus ibidem discretis viris Dominica de Grandis de Trintino (?) clerico Casalensis diocesis et Sancte de Baronellis sensali apud Ripam et Petro Tacha de Urbe de regione Transtiberim testibus ad praemis­ sa lìabitis, vocatis atque rogatis. Ego Lucianus supradictus manu propria ad fidem premissorum sub­ scripsi.

(La trascrizione dei documenti è della dott.ssa J. Neralic' )


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Fig. l .

Roma, veduta di Campo dei Fiori con palazzo Orsini (da Pianta di Roma di Antonio Tempesta, 1 593). -

Fig. 2. Roma, angolo tra Campo dei Fiori e piazza della Cancelleria, stemma di Alessandro VI. -


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Fig. 3. - Roma, casa dei Bini in demolizione in via del Consolato (da Le demolizioni in Roma di D. Gnoli, 1 8 88).

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Fig. 4 . - Roma, Banco Chigi, pianta (da Il banco di Agostino Chigi di D. Gnoli, 1 8 88).


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ANNA MODIGLIANI Uso degli spazi pubblici nella Roma di Alessandro VI

Le cerimonie pontificie

Il 26 agosto 1492 si svolse a Roma la cerimonia dell'incoronazione e del possesso di Alessandro VI. Le fonti sono piuttosto concordi nel sotto­ lineare l 'eccezionalità della cerimonia organizzata per papa Borgia: «per Urbem factus fuit maximus honor, multi arcus triumphales, et magis quam nunquam alii (sic) pontifici factum fuerit, per Romanum populum potissi­ me»1. Le vie di Roma erano addobbate come per un trionfo, arazzi e tap­ peti ricoprivano le facciate delle case, immagini del nuovo pontefice era­ no appese o dipinte in diversi luoghi, distici ed epigrammi esposti lungo il percorso della cavalcata rendevano ancora più esplicita la valenza ideolo­ gica della cerimonia e del nascente pontificato alessandrino. Alcuni di que­ sti versi - che sembrano essere stati commentati poco favorevolmente a multis gravibus viris, racconta Pietro Delfino - suggerivano l'accostamen­ to di Alessandro VI a Giulio Cesare, anzi indicavano rispetto a quest'ulti­ mo la superiorità del nuovo pontefice, imperator cristiano: ille vir, iste Deus2• La proposizione di un'ideologia del pontificato che si poneva in una linea di continuità con l'impero romano non era nuova e i papi quattro­ centeschi - riprendendo peraltro linee già percorse nei secoli precedenti l' avevano esplicitata in modi diversi3, a Roma e fuori. Ma il rilievo ester-

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Fig. 5 . - Roma, B anco Chigi, interni (da Il banco di Agostino Chigi di . D. Gnoh, 1 888).

Diario della città di Roma di Stefano Infessura scribasenato, a cura di O. TOMMASINI, Roma 1 890 (Fonti per la Storia d'Italia, 5), p. 282. Sul possesso di Alessandro VI v. anche BERNARDINO CoRio, Storia di Milano, a cura di A. MORISI GUERRA, II, Torino 1978, pp. 1486-149 1 ; F. CANCELLIERI, Storia de ' solenni posses­ si de ' sommi pontefici detti anticamente processi o processioni . . . , Roma 1 802, pp. 5 1 -53, che riporta e commenta diverse fonti coeve; B . MrrcHELL, The Majesty ofthe State. Triumphal Progresses of Foreign Sovereigns in Renaissance Italy, Firenze 1 986, p. 25 . 2 Così riferisce il veneziano Pietro Delfino su questi versi, che «a multis gra­ vibus viris haud multum commendati audivi» (CANCELLIERI, Storia de ' solenni pos­ sessi cit., p. 52). I versi sono ripmtati anche in CoRio , Storia di Milano cit. , II, p. 1490. E ad illustrare una scena di vaticinio dipinta su un arco trionfale allestito per l'occasione (v. oltr·e, nota 8), c'era «una tavola a modo antiquo pendente con littere che dicevano: Vaticinium Vaticani Imperii» (ibid., p. 1489). 3 Su tutto questo cfr. M. MIGLIO, Il ritorno a Roma. Varianti di una costante


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USO DEGLI SPAZI PUBBLICI NELLA ROMA DI ALESSANDRO VI

no del possesso di Alessandro VI era stato maggiore: il nuovo papa aveva osato portare nelle vie di Roma quanto Pio II aveva messo in scena altro­ ve, nella processione viterbese del Corpus Christi del 1 4624. Trent' anni non erano passati invano e lo stesso Stefano Infessura, cronista municipa­ le filo-colonnese dai toni spesso violentemente anti-curiali (ma la sua av­ versità più forte si registra nei confronti di Innocenza VIII) ammette che il popolo romano salutò con entusiasmo l' elezione di papa Borgia5. La ceri­ monia, che si avvaleva di una direzione scenica raffinata e potente e uti­ lizzava tutti i mezzi visivi e sonori per colpire l' attenzione degli spettato­ ri, era ricca di riferimenti dotti, spesso proposti in maniera molto didasca­ lica, e si prestava - come ormai consueto in età rinascimentale - a diversi livelli di lettura, riuscendo a coinvolgere persone dotate di una cultura molto differente. Anche Girolamo Porcari, stretto collaboratore di Alessandro VI, udi­ tore di Rota e futuro vescovo di Andria, cittadino romano di antica tradi­ zione, ma ormai soprattutto uomo di curia6, racconta l' incoronazione del 1492 in un' operetta d' occasione data alle stampe l' anno successivo. Pre­ cisa innanzitutto il significato della tiara, «guam nos regnum dicimus» , ri­ ferendo il termine regnum direttamente alla donazione di Costantino: «Nec regnum hoc pro significatione recipias, sed ad divi Constantini do­ nationem referas, a quo imperialis apparatus beato Silvestro conceditur, qua de re diademate pontifex coronatur et imperatoriis utitur ornamen-

tis»7. Descrive poi la cerimonia del possesso con la cavalcata attraverso la città: «Stratas linteis coopertas, per quas transiturus erat, stricto agmine cingit»s. Le strade da percorrere con il corteo erano state protette e cir­ condate da una fitta schiera di armati. Spettatori privilegiati - ma il giudi­ zio è del Porcari - i cittadini romani, per i quali erano stati collocati dei theatra in diversi luoghi della città. «Omnia Urbis loca equestribus erant ornata theatris, unde populus Romanus iuvenesque senesque sese ad spec­ tandam coronationem bellissime comparaverant» . Numerosissima era la folla accorsa per assistere allo spettacolo, «ad quam tantum undique ho­ minum confluxit, ut plerique, <qui> inter vias ac vicos positis tabernacu­ lis manerent, pre turba elisi sint»9. Alla penna di Giovanni Burcardo, cerimoniere pontificio e autore del Diario romano dal 1483 al 1506, attento osservatore di ogni dettaglio del cerimoniale e intransigente nel denunciare quanto si allontanava dalla tra-

nella tradizione dell'Antico: le scelte pontificie, in Roma, centro ideale della cultu­ ra dell'Antico nei secoli XV e XVI. Da Martino V al Sacco di Roma, a cura di S. DA­ NESI SQUARZINA, Milano 1 989, pp. 21 6-220; ora in MIGLIO, Scritture, scrittori e sto­ ria, II: Città e corte a Roma nel Quattrocento, Manziana 1 993 (Patrimonium, 4), pp.

1 39-148. Di particolare importanza, per l ' uso di apparati e simboli che rimandava­ no alla donazione di Costantino, le cerimonie di Paolo II (cfr. M. MIGLIO, Storia­ grafia pontificia del Quattrocento, Bologna 1 975, pp. 121- 153). 4 Per la processione organizzata da Pio II a Viterbo nel 1462 in occasione del­ la festa del Corpus Christi cfr. MIGLIO, Il ritorno a Roma cit. 5 E lo stesso Infessura sembra esprimere approvazione per le prime iniziative di Alessandro VI in tema di giustizia (la visita alle carceri, il riordino della giusti­ zia, «et iustitiam mirabili modo facere coepit»; Diario della città di Roma di Stefa­ no Infessura cit., p. 283). 6 Girolamo Porcari, lontano parente di Stefano, fu canonico di S. Pietro, udi­ tore di Rota dal 147 1 , lettore di diritto canonico presso lo Studium Urbis al tempo di Sisto IV. Fu eletto vescovo di Andria da Alessandro VI nel 1495 e mantelllle la carica fino alla morte, nel 1 503. Per questo cfr. A. MoDIGLIANI, I Porcari. Storie di una famiglia romana tra Medioevo e Rinascimento, Roma 1 994 (RRinedita. saggi, 10), pp. 96-98 e passim.

7 HIERONYMI PoRCI! Commentarius de creatione et coronatione Alexandri VI,

Roma, Eucharius Silber, 1 493 (H 13295 ; IGI 8030; IERS 1396), f. 24v. Il testo di questo incunabolo è piuttosto sconetto, ma la tradizione manoscritta di questa ope­ retta sembra completamente perduta. Girolamo Porcari utilizzò ampiamente in que­ sta e altre opere degli anni '90, per sostenere le pretese teocratiche del pontificato alessandrino, la Roma instaurata di Biondo Flavio, con la ripresa di interi brani e senza fare a questo alcun riferimento esplicito (A. MoDIGLIANI, Roma e Firenze, «Tuscus et Remus». Due modelli in opposizione?, «Studi Romani», 46 [1998], p. 8); a sua volta il Biondo aveva ripreso da Francesco Petrarca i medesimi temi, «il les­ sico e la tensione religiosa del Petrarca [ ... ], funzionali, nella proposta (del Biondo) della sacralità della prima Roma cristiana, alla rinnovata ideologia pontificia che in­ dica nel vicariato di Pietro la legittimazione del potere papale nello spirituale e nel temporale» (M. MIGLIO, Petrarca, una fonte della «Roma instaurata» di Biondo Flavio, in Roma, magistra mundi. ltinei·aria culturae medievalis. Mélanges offerts au Père L. E. Boyle à l'occasion de san 75e anniversaire, ed. J. HAMESSE, Louvain­ la-Neuve 1 998, pp. 61 5-625). 8 PORCII Commentarius cit., f. 25r. Su questo il Corio: «Erano su la piaza dii tempio XX squadre de gente d'arme con la lanza sopra la cossa, il loro capitanio era Nicolao Ursino, e questi stavano doppo la coronatione facta in Sancto Pietro per compagnarlo a Sancto Giovanne Laterano [ ... ] ; davante erano ite le gente d ' arme e pigliarono li lochi per la via de Sancto Giovanne a custodia dii pontifice. [ ... ] Alho­ ra molte artelerie tirarono dal castello, per caduno merlo dil quale era uno homo d'arme». Un arco trionfale, opera effimera allestita all'ingresso della chiesa di S. Celso, si presentava «a similitudine de quello de Octaviano presso al Coliseo con quatro colonne di grande grosseza et alte a due patte, e sopra capitelli quatro homi­ ni armati a modo de baroni antiqui con le spade nude in mano» (CoRIO, Storia di Milano cit. , II, pp. 1486- 1 488). 9 PoRCI! Commentarius cit., f. 25v.


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dizione e dalla norma, dobbiamo la descrizione di molte altre cerimonie e processioni del pontificato alessandrino. Il valore della sua testimonianza sta proprio nella peculiarità del suo punto di osservazione delle vicende ro­ mane. Il Diario non risente infatti soltanto di una generica prospettiva cu­ riale, ma è frutto dell'esperienza di chi gestiva in prima persona le cerimo­ nie pontificie e operava a contatto diretto con il Borgia, traducendo in for­ me esteriori quanto da questo e dal suo più stretto entourage gli veniva sug­ gerito e - il più delle volte - imposto. Una fonte dunque, per la storia della città, assolutamente estranea e di parte, che si rivela tuttavia di particolare interesse quando racconta i termini del dibattito o esprime critiche personali nei confrçmti delle decisioni del pontefice sull'organizzazione delle pubbli­ che cerimonie e sugli spazi ad esse destinati. Una fonte che - per la sua pe­ culiarità - va letta in stretto rapporto con quanto le altre fonti cittadine e fo­ restiere osservano sugli stessi episodi. L' 1 1 dicembre 1492 giunse a Roma Federico d'Aragona principe di Al­ tamura, in visita di obbedienza al pontefice per conto del padre Ferdinando re di Napoli. La cavalcata si snodò dal Colosseo attraverso la via Mercato­ ria (S. Angelo in Pescheria, piazza Giudea, Campo de' Fiori) fino al palaz­ zo apostolico accanto alla basilica di S. Pietro. Nei punti più stretti - e più pericolosi - del percorso il principe fu accompagnato da quattro cardinali, «quod - commenta il Burcardo - honestius fuit». Il ritorno verso il palazzo dei SS. Apostoli, dove Federico era ospitato, avvenne per la via del Papa10, tradizionàlmente destinata ad usi cerimoniali ma - come si è visto - spesso abbandonata a favore della via Mercatoria, che era stata oggetto di inter­ venti di allargamento ai tempi di Sisto IV e attraversava i centri economici e mercantili più vitali e affollati. Le mule con i bagagli non accompagnaro­ no il corteo fino al palazzo apostolico, ma girarono sulla destra prima di ponte S. Angelo e raggiunsero i SS. Apostoli attraverso la via Recta. Le tre strade dell'antico tridente, che si apriva da Canale di Ponte verso la città dei romani, erano, ancora ai tempi di papa B orgia, le principali arterie del traf­ fico urbano, rispetto alle quali non esisteva - per i cortei e le cerimonie alcun percorso alternativo11• Era peraltro una scelta precisa quella compiu­ ta non soltanto da Alessandro VI, ma in generale dai pontefici quattrocen­ teschi, di utilizzare quanto più possibile le vie e le piazze più frequentate

della città, i più vivaci percorsi mercantili (primo fra tutti la via Mercato­ ria) per gli usi cerimoniali e di apparato, affinché venisse assicurato ad es­

10 JOHANNIS BURCKARDI Liber notarum ab anno 1483 usque ad annum 1506, ( 1 9 1 2- 1 932), pp. 379-380. 11 Per un utile schema della viabilità cittadina tra Quattrocento e inizio del Cin­ quecento cfr. M. TAFURI, "Roma instaurata " . Strategie urbane e politiche pontifi­ cie nella Roma di primo Cinquecento, in Raffaello architetto, a cura di CH.L. FRoM­ MEL-S . RAY-M. TAFURI, Milano 1 984, p. 69. ed.

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si e al potere che rappresentavano il massimo grado di pubblicità. Le strade di Roma ponevano tuttavia al pontefice e ai suoi cerimonieri diversi problemi per l'organizzazione delle cavalcate attraverso un tessuto urbano che, nel nuovo centro addensatosi in maniera spesso disordinata nel­ l'ansa del Tevere12, si presentava intricato e difficile da adattare alle accre­ sciute esigenze funzionali e rappresentative della capitale dello Stato della Chiesa. Alcuni tratti di strada, alcuni incroci erano poco sicuri. Nascevano spesso occasioni di disaccordo su come risolvere qùeste difficoltà e il Dia­ rio del Burcardo ne rende puntuale testimonianza. Ma differenti erano anche i modi di intendere le cerimonie cittadine. Il cerimoniere tedesco insiste più volte nel criticare la scelta pontificia di portare nelle cavalcate un eccessivo numero di armati. Lo dice espressa­ mente a proposito della visita a S. Maria Maggiore del 27 febbraio 1493: «Huic nostre equitationi magna copia gentium armorum interfuit preter so­ litum, quod ab omnibus fuit minus laudatum»13• A questa breve nota del Bur­ cardo fa eco una lettera di Filippo Valori, oratore fiorentino a Roma, indi­ rizzata agli Otto di Pratica: «Nostro Signore chavalchò a Santa Maria Mag­ giore dove fu la statione in pontificalibus, come è consueto, ma con gran­ dissima pompa. Et questa è la prima volta, poi che fu coronato, che habbi chavalchato per Roma. Oltre il consueto degli altri pontefici, la Sua Sanctità haveva dinanzi ad sè tre squadre di cavalli legieri armate di tutte arme, e·pri­ vigionati della guardia in corazina con corgierini, partigiane e imbracciatu­ re, in modo che la crocie posta avanti a pena si vedeva. Drieto alla Sua San­ tità andarono due squadre di gente d'arme con lancie lunghe armate come se andassino a combattere: che questo etiam tempore belli li altri pontefici mai hanno consueto fare. Per tutto Roma è suto parlato assai di questo modo et biasimato generalmente, non mancho per essere inconsueto et per non con­ venirsi ad uno pontefice, andando maxime ad una devotione»14• E ancora il 25 marzo dello stesso anno, in occasione della festa del­ l' Annunciazione, il Burcardo racconta di aver consigliato per la cavalcata di non far precedere e seguire il pontefice da uomini armati, ma di collo­ carli soltanto nei luoghi più rischiosi ( «eos ad loca et stratas suspectas pre­ mitteret et deputaret»). Questa volta il consiglio fu, in parte, seguito. Il paf"

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1 2 Sul lento spostamento del centro cittadino dalla zona dei Fori, dove si tro­ vava in età antica, all'ansa del Tevere, evidente soprattutto a partire dall'XI-XII se­ colo, cfr. R. KRAUTHEIMER, Roma. Profilo di una città, 312-1308, Roma 1 98 1 . 1 3 BURCKARDI Liber notarum cit., I , p. 401 . n corsivo è mio. 1 4 La lettera, del 28 febbraio 1493, è edita ibid. , nota 3 .


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pa fu comunque circondato da 40 fanti con le spade nella guaina, mentre al­ tri 100 fanti precedevano la croce, armati di ronconi e spade, ma senza lan­ ce15. Queste fonti, tutte relative al primo anno del pontificato, in maniera piuttosto concorde registrano le voci di disapprovazione che conevano in città ed evidenziano le novità più eclatanti nello stile di questo pontificato, le deroghe e i cambiamenti più significativi rispetto alle tradizioni consoli­ date. I simboli del potere spirituale sono scarsamente visibili, la croce è na­ scosta dalle armature e tutto questo viene immediatamente giudicato come sconveniente per un pontefice. Cavalli e armature, spade e bombarde diventano uno spettacolo sem­ pre più frequente nelle strade di Roma durante il pontificato alessandrino. Una presenza ingiustificata - osservava il Valori - in periodo di pace, ma già il 25 aprile 1493, quando il papa si recava a celebrare la festa di s. Mar­ co con cavalieri e armati e pubblicava la lega con Venezia e Milano, facen­ do suonare le campanè del Campidoglio e delle altre chiese romane, l 'In­ fessura leggeva chiaramente segnali di guena, anche perché - prosegue Alessandro VI «aptavit et quodammodo de novo fecit muros Urbis a pala­ tio Sancti Petri usque ad Castrum Sancti Angeli, fortificando eos cum tur­ ribus»16. E al ritorno del pontefice da Viterbo, nel dicembre del 1493, tutte le strade erano ornate di panni, ma Castel S. Angelo era - racconta il Bur­ cardo ornatissimum, più di quanto mai egli ricordasse in precedenza. Tra i merli della tone erano state collocate «armature composite in formas ho­ minum custodientium, et angelus atmatus, ac alia diversa ornamenta adhi­ bita, ac stendardi expositi, et multe et multe bombarde emisse» 17. Il matu­ rare degli eventi bellici e poi i successi militari del Valentino determinaro­ no un ' crescendo' nella presenza di armati in città. Mille fanti accompa­ gnavano Cesare Borgia che tornava vittorioso a Roma dopo la conquista di Imola e di Forlì, il 26 febbraio 1 500. Marciavano in fila per cinque, «ince­ dentes suo ordine» e - lamenta il Burcardo - ignorarono l'ordine del ceri­ moniale stabilito in curia («non curarunt ordinem nostrum» 18). Il duca ave­ va intorno a sé cento staffieri, «singuli singulos roncones novos manu de­ ferentes et diploides de velluto nigro et caligas panni nigri»19. Alla fine di maggio del 1 502 tutta l' artiglieria che il papa aveva acquistato dal re di Na­ poli per 1 3.000 ducati, scaricata al porto di Ripa, viene trasportata attraver­ so la città. Ottanta cani, trascinati da cavalli e da bufali, passano per Cam-

1 5 Ibid., I, p. 2 1 1 . 16 Diario della città di Roma di Stefano Infessura cit., pp. 284-285. 17 BURCKARDI Liber notarum cit., I, p. 453. Ibid., II, p. 205. Ibid.

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po ?e' Fiori e giung�no in C:�s �el S : Angelo. Il papa controlla l'intera ope­ raziOne dal castello2 . Esercrtl rnten e poderosi arsenali venivano così im­ post� dal pontefice alle strade più frequentate della città, strade lungo le quah sr. affastellavano le b�tteghe degli artigiani e percorso obbligato per . romam, curiali e forestieri. E difficile dire se e in che misura esistessero al­ ternative, ma sembra in ogni caso lecito affermare che queste sfilate erano anche :- al di là delle necessità obiettive - spettacolo e messaggio offerto ai romam e al mondo della potenza militare di Alessandro VI e della sua con­ cezione fortemente laica e imperiale del pontificato. . Acc�nto al �ragor� delle armi, il lusso degli abiti del pontefice e della . cuna, der potentr con loro seguiti, che cercavano di adattarsi alle strade strette e spesso troppo sporche, alle carenze della rete viaria della capitale dello Stat? del!a Chiesa, ancora ben distante nella realtà dei fatti da quel modello nnascrmentale che piacerebbe immaginare come scenario delle ce­ rimonie dei Borgia. Strade sporche e fangose, quando pioveva. È ancora il � urcardo a spiegare i problemi smti, «propter tempus pluviosum», in occa­ swne della processione del Corpus Christi del 1493. I cardinali più anziani ave:�no �ropo�to un percorso più veloce dal palazzo apostolico fino alla basrhca dr S. Pretro, «tum propter ipsos cardinales, tum etiam propter para­ . menta, que per pluvram et lutum vastarentur», ma il pontefice decise di non tener conto del rischio di rovinare i preziosi paramenti e volle che si arri­ vasse dal palazzo fino a Castel S. Angelo per la via che costeggiava le mu­ ra cittadine e di lì si raggiungesse la basilica attraverso la via Sancta (poi B orgo Vecchio)� 1. E �a pulizia delle strade - come sempre - apparteneva . pmttosto alla dnnenswne dello straordinario che a quella dell'ordinario: quando, nel dicembre del 1493, il papa stava per rientrare a Roma da Vi­ terb� , do:e si era rifugiato per la peste, fu dato l 'ordine al capitano di Bor­ go dr pulire la strata Burgi e a tutti i cittadini di ripulire e addobbare il trat­ to di strada davanti alle loro case, per accogliere il pontefice nella maniera più onorevole22. Queste erano le condizioni delle vie di Roma e anche del­ la zo?a di � orgo - assolutamente centrale per gli usi cerimoniali di papa Borgra - pnma dell'apertura della via Alessandrina per il giubileo del 1 500.

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.� 1 !�id. , l, p. 439. I cardinali proponevano «quod vel processio ipsa per aulam palatn VIa consueta vel portam principalem palatii exeundo per planum ibidem ad d��tram ant� au�ientiam transeundo basilicam predictam intraret». Di fango e spor­ 20

Ibid., II, pp. 328-329 .

CIZia nelle VIe di Borgo prima dell' ape1tura della via Alessandrina parla anche Mi­ chele Ferno in una lettera del 3 maggio 1499 a Raffaele Maffei da Volterra (cfr. M. G�GANo, Verso l 'Anno Santo del 1500: la Via Alessandrina tra «magnificentia» e . <<hbe �lztas», «Topos e Progetto», a cura di M. MANIERI ELIA, l ( 1999), p. 3 1). . . - BURCKARDI Lzber notarum cit., I, p. 45 1 .


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Vie e piazze di Roma: gli interventi di Alessandro VI

Fango e sporcizia, pericolo di agguati. Sono gli stessi motivi che ave­ vano indotto i predecessori di Alessandro VI, da Martino V in poi, a pren­ dere iniziative per le principali strade cittadine. Se papa Colonna aveva pre­ so provvedimenti per allontanare le attività artigianali più inquinanti dai percorsi centrali della città23, Paolo II cercò di affrontare il problema del­ l' igiene urbana e delle frequenti epidemie estive con una rinnovata atten­ zione per la pulizia degli spazi pubblici più frequentatF4. All' esigenza di si­ curezza delle strade e di controllo militare e politico della città da parte dei pontefici si era invece dimostrato particolmmente sensibile Niccolò V, il quale (riprendendo peraltro per alcuni aspetti i contenuti degli statuti del co­ mune popolare redatti intorno al 1 363) ordinò negli statuti dei maestri del­ le strade del 1452 la rimozione dei mignani e porticali che ostacolassero la viabilità pubblica25. La medesima linea fu seguita con grande determina­ zione, un paio di decenni più tardi, da Sisto IV26• Ne1 1475 - racconta Ste­ fano Infessura - Ferdinando d'Aragona, in visita a papa Della Rovere, gli aveva consigliato di allargare le strade di Roma, se voleva essere davvero «signore di questa tena», buttando giù porticali e mignani che ingombra­ vano le strade e impedivano il controllo militare della città27. Se l'opera di Sisto IV per l' allargamento delle strade, celebrata peral­ tro con toni trionfalistici dal poeta di corte Aureli o Lippo Brandolini28, fu indubbiamente rilevante (ma ancor più importanti per la viabilità cittadina sono forse da considerare la costruzione di ponte Sisto e la ricerca di per­ corsi alternativi, almeno per le merci, all' antico tridente ormai del tutto

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23 Questo il senso della bolla Etsi in cunctarum del 1425; per cui cfr. O. VER­ Maestri di edifici e di strade a Roma nel secolo XV. Fonti e problemi, Roma 1 997

(RRinedita, 14), pp. 22-38 e bibliografia citata. 24 Ibid., pp. 63-68 e bibliografia citata. 25 Ibid. , pp. 44-59 e bibliografia citata, in particolare p. 49, nota 65. 26 Ibid., pp. 68-8 1 . 27 Diario della città di Roina di Stefano Injessura cit., p . 79. A seguito di que­ sto colloquio - annota l'Infessura all' anno 1480 - Sisto N cominciò a mettere in pratica il consiglio del re di Napoli, cominciando «alli armaroli in Ponte» (ibid., p . 8 5 ) , ovvero all'imbocco del tridente viario già licordato. 28 I versi del Brandolini sono conservati, tra l'altro, nella Bibl. Ap. Vat, Vat. lat 5008; Urb. lat. 739; sui quali cfr. L. SPEZZAFERRO, La politica urbanistica dei papi e le origini di via Giulia, in L. SALERNO-L. SPEZZAFERRO-M. TAFURI, Via Giulia. Una u­ topia urbanistica del '500, Roma 1973, pp. 42-43. Sul Brandolini cfr. anche G. DE Lu­ CA, Un umanistafiorentino e la Roma rinnovata da Sisto IV, «La Rinascita>>, l (1938), pp. 74-90; A. ROTONDÒ, Brandolini, Aurelio Lippo, in DBI, 14, Roma 1972, pp. 26-28.

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insufficiente29), la qualità degli usi cerimoniali delle strade cittadine che ca­ ratterizzò - esasperando tendenze già manifestate in precedenza - il pontifi­ cato di Alessandro VI non poté non scontrarsi con l'inadeguatezza dei per­ corsi che attraversavano la città. Ben lungi dalla realizzazione di quella gran­ de trasformazione urbana per la quale era già stata esaltata sia l'opera di pa­ pa Della Rovere che quella di Innocenza VII130, la Roma di Alessandro VI aveva - si è visto - strade ancora poco adatte alla sontuosità degli abiti e de­ gli apparati. Ma soprattutto gli antichi tracciati viari, stretti e spesso tortuo� si, ancora invasi da costruzioni abusive a dispetto delle norme emanate dm pontefici, erano poco recettivi per le numerose genti d' arme che papa Bor­ gia non rinunciava a riversare sulla città in ogni pubblica occasione. Nella valutazione delle scelte urbane di Alessandro VI è generalmente prevalsa nella pur scarsa storiografia degli ultimi decenni la linea interpr�ta­ tiva che riconduce il pontificato Borgia all'interno di un programma umta­ rio che accomuna - al di là delle inevitabili differenze - i progetti dei 'papi re' quattro-cinquecenteschi da Niccolò V a Giulio ll31 . Tale linea trova so-

29 A. MomGLIANI, Mercati, botteghe e spazi di commercio a Roma tra medioe­ vo ed età moderna, Roma 1 998 (RRinedita. saggi, 1 6), pp. 3 1 8-322 e passim.

30 Nella dedica di Giovanni Sulpizio da Veroli al cardinale Raffaele Riario dell'e­ dizione del De architectura di Vitruvio (Copinger 6268, BMC IV 124-125; Roma, Eu­ charius Silber, ca. 1490) si 1icordano i principali interventi urbani di Sisto N (la costm­ zione e il restauro delle chiese, la biblioteca, la costruzione di ponte Sisto, il radddzza­ mento e la pavinlentazione delle strade cittadine; vias direxit et stravit) e di Innocénzo VIII, che si avvalse dell'opera di Falcone Sinibaldi, «sui questoris» e dei maestri delle strade Marcello Capodifeno e Cola Porcad: durante il pontificato del Cybo «tum Flore Campus tum Circus Flanlinius (piazza Navona) latedbus aptissinle stemituD>, f. 4v. 31 SPEZZAFERRO, La politica urbanistica cit., pp. 44-45; TAFURI, "Roma instaura­ ta " cit., pp. 70 e 109; M. GARGANO , Roma nel XV secolo: topografia e architettura, <<RRroma nel rinascimento. Bibliografia e note», 1995, pp. 39-47; ID., Verso l'Anno Santo cit. Non mi sembra cmTetta l'attribuzione - e relativa c1itica - di Maurizio Gar­ gano (Roma nel XV secolo cit., p. 47) a Simonetta V ltieri di u�a lin�a interpret�tiva op­ posta rispetto a quella ora enunciata, sulla base dell affermazwne d1 «un cambmme�to di programma avvenuto nei primi anni del pontificato di Alessandro Vl», che l'autrice riferisce al solo palazzo della Cancelleria: S. VALTIERI, La fabbrica del palazzo del car­ dinale Raffaele Riario (la Cancelleria), «Quadelni dell'Istituto di Storia dell' Architet­ tura», 27 (1982), p. 3. Sulla continuità degli interventi alessandrini per la fortificazione di Castel S. Angelo con le teorizzazioni di Leon Battista Alberti a proposito della città del tiranno insistono M.L. MADoNNA, Una operazione urbanistica di Alessandro VI: la via Alessandrina in Borgo, in Le Arti a Roma sotto Alessandro VI, a cura di M. CAL­ VESI, Roma 1981, p. 4; EAD., L'architettura e la città intorno al 1500, in Roma. La città degli anni santi (1300-1875). Atlante, Milano 1985, pp. 126-127; e M. FAGIOLO-M.L. MADONNA, La rifondazione umanistica di Roma nei piani giubilari del Quattrocento, in La storia dei giubilei, II. 1450-1575, Firenze 1998, p. 33.


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stanziale conferma anche dal confronto con alcuni nuovi elementi emersi dai documenti di epoca alessandrina, dai diari e dalle cronache già ricorda­ te, che proporrò come spunti di riflessione32. Ma alcune novità - tutt' altro che irrilevanti - ci sono nel pontificato di Alessandro VI e occorre metter­ le nella giusta evidenza. Soltanto ulteriori approfondimenti consentiranno poi di precisare continuità e cesure in relazione ai singoli pontificati che precedettero quello del Borgia e di comprendere meglio il senso dei suoi in­ terventi sulla città, nella persuasione che qualsiasi periodo storico vada let­ to nella sua specificità, che deriva dagli inevitabili scontri ed equilibri tra vecchio e nuovo. Riguardo alla viabilità cittadina, non quella di B orgo ma dell' ansa del Tevere, che pur costituiva - per i motivi che si son detti - un problema di grande importanza per l'uso che papa B orgia intendeva fare delle strade e delle piazze di Roma, gli interventi alessandrini non sono stati finora og­ getto di particolare attenzione. Si è più volte fatto riferimento ad un con­ cistoro del 26 novembre 1498 che, in vista del giubileo, si proponeva di affrontare il problema di risistemare le vie e di consolidare i ponti di Ro­ ma, «ut peregrini et viatores commode et tute ire ac redire possent»; l'in­ carico di soprintendere all'operazione veniva affidato al cardinale Raf­ faele Riario33. Ma le iniziative alessandrine non erano finalizzate soltan­ to all'anno santo e leggerle in quest'unica prospettiva rischia di falsarne o di ridurne il significato34. Fin dai primi anni di pontificato Alessandro

32 Non è questa ovviamente la sede (né questo è il senso della presente ricer­ ca) per affrontare il problema degli interventi urbani di Alessandro VI nella loro glo­ balità, del loro signliicato e della loro comprensibilità sotto le categorie di magnifi­ centia e/o liberalitas (per il quale rimando alla bibliografia citata di seguito). A tali interventi si farà riferimento soltanto se collegati all'uso degli spazi pubblici e alla viabilità cittadina. 33 L. VON PASTOR, Storia dei papi dallafine del Medio Evo, m, Roma 1959, p. 621 ; E. MONTZ, Les arts à la cour des papes Innocent VIII, Alexandre VI, Pie III (1484-1503), Paris 1 898, p. 1 85 ; FAGIOLO-MADONNA, La rifondazione cit., pp. 3334; GARGANO, Verso l'Anno Santo cit. , p. 34. . . ' 34 Il gm 1 eo e, ovviamente, spesso l 'occasione per realizzare grandi opere b'l . pubbliche, ma come lo scopo della costruzione di ponte Sisto andava ben al di là della sua utilizzazione da parte dei pellegrini recatisi a Roma nel 1475, così l'aper­ tura della via Alessandrina rispondeva ad esigenze cerimoniali e auto-rappresenta­ tive che si Iiferiscono all'intero arco del pontificato di Alessandro VI. È stato pe­ raltro giustamente osservato che i preparativi di papa Borgia per il giubileo furono «astonishingly modest» (CH.L. FROMMEL, Papal Policy: The Planning oj Rome Du­ ring the Renaissance, in Art and History. Images and Their Meaning, ed. by R.I. ROTBERG-T.K. RABB, Cambridge 1 988, pp. 49-50).

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VI, riprendendo la politica perseguìta da Sisto IV, si occupò non soltanto

dell' allargamento delle strade romane, ma fu anche molto attento al de­ coro e all'ornato degli spazi pubblici, decoro e ornato che papa Della Ro­ vere aveva reso parole-chiave dei propri interventi urbanP5. Un docu­ mento del 1497 offre un'interessante testimonianza in questo senso. Una vigna fuori porta Portese, molto ricca di lapides. Si tratta probabilmente di un' area, esterna alle mura Aureliane e posta lungo la via Portuensis, dove in età romana si estendeva la parte più periferica di Trastevere con edifici di grande rilievo monumentale come la Naumachia, costruita da Augusto e oggi completamente perduta36. Il papa decide - imponendo al proprietario del terreno confinante, gravato di servitù di passaggio, di por­ tare pazienza perché verrà risarcito dei danni subìti - di consentire lo sca­ vo dei pregiati materiali e il loro trasporto in città «cum vecturis et curri­ bus». Scopo dichiarato dell' operazione la «non parva utilitas omnibus in Urbe edificantibus, presertim pro ampliandis et ornandis viis et domibus de mandato nostro per magistros stratarum Urbis nuper dirutis». Era sta­ to dunque lo stesso Alessandro VI ad ordinare nuove distruzioni di case ai maestri delle strade ed era sua intenzione - precisa il documento - con­ tinuare nella medesima direzione. Le pietre erano infatti necessarie «pro usu reficiendorum edium per ipsos magistros dirutarum et diruendarum» e occoneva fat sì che «dieta opera per dictos magistros edificiorum in­ cepta, que maximum afferunt Urbi ornamentum, compleantur et dicti la­ pides communi usui edificantium convertantur et non perdantur»37. Un al­ tro documento dello stesso anno, riguardante il pagamento di una grande quantità di mattoni forniti dal mercante Girolamo de' Picchi, che erano serviti per l' ammattonato della via pubblica di fronte alla chiesa di S. Martinello nel rione Arenula, conferma l'impegno di Alessandro VI in questo settore: al di là del caso specifico, viene menzionato il più genera­ le incarico che i maestri delle strade allora in carica (Camillo Beneinbene e Pietro Mattuzzi) stavano svolgendo per la cura delle strade cittadine, sottoposte a lavori di ampliamento e lastricatura («cum [ . . . ] supersint am-

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35 G. CURCIO, I processi di trasformazione edilizia, in D. BARBALARGA-P. CHE­ RUBlNl-G. CURCIO-A. ESPOSITO-A. MODIGLIANl-M. PROCACCIA, Il rione Parione du­ rante il pontificato sistino: analisi di un 'area campione, in Un pontificato ed una città. Sisto IV (1471 -1484), (Atti del Convegno, Roma 3-7 dicembre 1 9 84), a cura di M. MIGLIO-F. NIUTTA-D. QUAGLIONl-C. RANIERI, Roma 1 986 (Studi Storici, [5 1 ] ) - Città del Vaticano 1986 (Littera Antiqua, 5 ) , pp. 722-724. 36 V. F. CoARELLI, Roma, Roma-Bari 1 989, pp. 337 e 355-357. 37 ASV, Diversa Cameralia, 5 1 , cc. 2 10r-2 l l r (motu proprio del 22 maggio 1497). II proprietario della vigna era Domenico di Stefanello Tozzoli, il confinante Antonio Priami.


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pliandis et sternendis viis Urbis»?8• E ancora al 1497 appartiene l'epigrafe che il pontefice fece porre all'imbocco di via del Pellegrino, di fronte al pa­ lazzo della Cancelleria: ALEXANDER VI PONTIFEX MAXIMUS POST INSTAURATAM ADRIANI MOLEM ANGUSTAS URBIS VIAS AM­ PLIAR! IUSSIT39. Decoro e ornato, allargamento delle strade. Non c'è testimonianza, per il pontificato alessandrino, di conflitti importanti con i cittadini romani per l'ab­ battimento di alcune case, come era avvenuto ai tempi di Sisto N40. Forse il ri­ sarcimento era stato più adeguato ai danni subiti di quanto non fosse stato in precedenza. O forse papa Borgia era riuscito a conquistare il favore e il con­ senso dei romani più di quanto non avesse fatto papa Della Rovere, il quale riferisce l'Infessura - si era meritato per il suo stile di governo un poco lusin­ ghiero paragone con Nerone41. L'opera di distruzione di case per ampliare stra­ dè e piazze continuava dunque nell'ultimo decennio del Quattrocento, al di qua e al di là di ponte S. Angelo. Per creare un fossato intorno a Castel S. Angelo, per ampliare l'imbocco del ponte dalla parte della città dei romani, ovvero quel­ la piazza S. Celso che già Niccolò V aveva voluto rendere più spaziosa facen­ do demolire molte case dopo l'incidente del 1450, quando erano morte circa duecento persone a causa dell'eccessivo affollamento dei pellegrini sul ponte42.

E nel novembre del l500 - siamo ormai completamente fuori dalla prospet­

38 ASR, Coll. Not. Cap., 996, cc. 49v-50v (notaio Thomas de Meis). L' atto è del ottobre 1497. Le spese erano a carico dei proprietari delle case che affacciavano sulla via. La tassa per l 'ammattonato gravava - al tempo di Alessandro VI - anche su coloro che avevano banchi di vendita nelle piazze di mercato e lungo le vie pub­ bliche e su chi trasportava merci attraverso la città con catTi e carrette (v. per que­ sto il decreto dei maestri delle strade del 1495 citato più avanti, alla nota 95). 39 V FORCELLA, Iscrizioni delle chiese e d'altri edifici di Roma dal secolo XIfino ai giorni nostri, Xlll, Roma 1879, p. 534, n. 1336; I. KA.JANTO, Papa! Epigraphy in Re­ naissance Rome, Helsinki 1982 (Annales Academiae Scientiarum Fennicae, 222), p. 84. 40 Si ricordi, ad esempio, un episodio del marzo 1482, quando Antonio Cencio figlio di Mm·cello (forse un Rustici) si era opposto con la forza alla distruzione della propria bottega in Canale di Ponte, ordinata da Sisto IV, ed era stato infine condotto in carcere, v. Il diario romano di Iacopo Gherardi da Volterra, dal VII settembre MCCCCIXXIX al XII agosto 1484, a cura di E. CARUSI, in RIS2, 23/3 (1904), p. 92. 41 «Gaude, prisce Nero, superat te crimine Xystus» (Diario della città di Roma di Stefano Infessura cit. , p. 1 58).

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42 Il "Memoriale" di Paolo di Benedetto di Cola dello Mastro del rione di Pon­ te, a cura di F. !SOLDI, in RIS2, 24/2, (1910- 1 9 1 2), pp. 94-95; Diario della città di Roma di Stefano Infessura cit., pp. 49-50; GIANNOZZO MANETTI, Vita di Nicolò V, traduzione italiana, introduzione e commento a cura di A. MoDIGLIANI, con una pre­ messa di M. MIGLIO, Roma 1 999 (RRinedita, 22), pp. 1 16-1 17; C. BURROUGHS,

From Signs to Design. Environmental Process and Reform in the Early Renaissan­ ce Rome, Cambridge, Mass.-London 1 990, pp. 233-237 e passim.

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tiva giubilare - Alessandro VI fece distruggere ancora case nello stesso luo­ go, «ubi voluit plateam esse liberam, non domos»43. Ad esigenze prevalen­ temente funzionali - e solo più tardi, con la costruzione di palazzi e ville44, rappresentative - 1ispondeva anche la progettazione di Alessandro VI di un nuovo importante asse viario, la via della Lungara, realizzata soltanto in parte durante il suo pontificato. Una strada molto ampia ( 1 1 - 1 3 metri di lar­ ghezza), che offrì alla zona del Vaticano un nuovo collegamento per uomi­ ni e merci con il porto di Ripa e - attraverso ponte Sisto - con Campo de' Fiori e il centro più vitale dei commerci cittadini, alleggerendo così il traf­ fico che si incanalava lungo le strade dell' ansa del Tevere. Alle vie del tridente e soprattutto alla via Mercatoria, il cui tradiziona­ le uso cerimoniale viene riconfe1mato e incrementato, papa Borgia dedica dunque interventi di restauro e allargamento, che 1ientrano in una linea di sostanziale continuità con le iniziative dei predecessori, anche se la qualità delle cerimonie alessandrine che in queste strade vengono portate indica si è visto - novità di qualche rilievo. Altrettanto nel segno della tradizione si presentano la maggior parte degli interventi architettonici di Alessandro VI. «Ornanda restaurandaque Urbe ac templis plurima destinavit» annun­ ciava Girolamo Porcari a breve distanza dall'elezione al soglio di Pietro45• Durante il pontificato alessandrino furono eseguiti interventi edilizi - re­ stauri, costruzioni nuove o prosecuzione di lavori già iniziati - nelle più im­ portanti basiliche e chiese romane, da S. Pietro a S. Giovanni in Laterano, a S. Maria Maggiore, a S. Giacomo degli Spagnoli, a S. Rocco, a S. Ago­ stino, a S. Maria dell'Anima, per ricordare i principali. Si tratta di interventi che rientrano nella consuetudine di un pontificato giubilare, e ancor di più le spese per il restauro delle chiese di Roma sono un topos ricorrente nelle biografie pontificie medioevali tramandate dal Liber pontificalis e dalle stesse Vitae pontificum di B artolomeo Platina46. Castel S. Angelo fu ogget­ to di particolare attenzione da parte di papa Borgia per la sua importanza strategico-militare: completamente circondato da un fossato, fu rafforzato con la costruzione di quattro bastioni angolari, tre dei quali inglobarono le

43 BURCKARDI Liber notarum cit., II, p. 248.

44 È stata messa in rilievo la novità, per Roma, del vero e proprio Villenviertel realizzato da Giulio II lungo via della Lungara (CH.L. FROMMEL, Der Rb'mische Pa­ lastbau der Hochrenaissance, I, Tiibingen 1 973, pp. 1 5- 1 6). 45 PoRCII Commentarius cit., ff. 36v-37r. 46 Sui rapporti tra il Liber pontificalis e l'opera del Platina cfr. M. MIGLIO, Tra­

dizione storiograjica e cultura umanistica nel «Liber de vita Christi ac omnium pontijicum», in Bartolomeo Sacchi il Platina, Padova 1 986 (Medioevo e umanesi­ mo, 62), pp. 63-89.


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torri di Niccolò V. Fu ricostruito il corridoio coperto (murum, sive deambu­ l�torium) che collegava il palazzo del papa con Castel S. Angelo. Fu ag­

gmnta una torre possente (tane Borgia) agli appartamenti papali. Anche questi interventi si inseriscono in una tradizione dalle origini molto lonta­ ne. Di notevole rilievo e novità - in relazione alla più generale attenzione dedicata da Alessandro VI alla zona di piazza Navona - è invece l'iniziati­ va alessandrin� per la costruzione di una nuova sede per lo Studium Urbis, tra la dogana d1 S . Eustachio e la chiesa di S . Giacomo degli Spagnoli47. So­ no interventi ben noti48, sui quali non è il caso di soffermarsi nel dettaglio, anche perché non direttamente legati al tema di questa ricerca. ' pera più in�isiva e innova�iva realizzata da papa B orgia in ambito . _L ? vmno e senza dubbiO la «ruptura VIe nove recte a pmia Castri S ancti Angeli ad portam palatii apostolici apud Sanctum Petrum»49, detta via Alessandri­ na, inaugurata il 24 dicembre 1499 alla vigilia dell' anno giubilare. I cardi­ nali e gli altri che si recavano a S. Pietro cavalcarono per la nuova strada. La vecchia era stata sbarrata - racconta il Burcardo - affinché tutti fossero obbligati a seguire il percorso appena aperto. La via Alessandrina fu ovvia­ mente utilizzata - al posto delle altre strade di Borgo - per le cerimonie re­ ligiose50. Ma le esigenze di apparato di papa Borgia andavano ben oltre questa prospettiva. La linea di «continuità formale nella sistemazione e nel­ l' apertura di viae rectae da parte dei papi-re del Rinascimento»51 , a pmiire dal progetto edilizio di Niccolò V, è stata già ampiamente sottolineata dal­ la storiografia. L' atteggiamento deciso di Alessandro VI nel passare dai

47 Sugli interventi alessandrini a pattire dal 1497 per la costruzione del nuovo edificio, isolato dal resto dell' abitato per mezzo di quattro strade pubbliche (una di queste, l ' �ttuale via del Teatro Valle, fu ape1ta nel 1499) cfr. A. BEDON, Il palazzo della Sapzenza a Roma, Roma 1991 (RRinedita, 4). pp. 1 5-23. Su piazza Navona v. anche più avanti. 48 Ovvio il riferimento a MONTZ, Les arts cit., pp. 1 39-267. V. anche la biblio­ grafia citata nelle note seguenti. 49 BURCKARDI Liber notarum cit., II, pp. 1 9 1 -192. 50 Un solo esempio: la processione del Corpus Christi del 1496, che utilizzò dal r:alazzo la via iuxta muros e la via Sancta (poi Borgo Vecchio), addobbate dai cardmali, fino alla basilica di S . Pietro (BURCKARDI Liber notarum cit., I, pp. 6076 1 3). Quando fu ape1ta la via Alessandrina, essa sostituì subito - già nella proces­ . SIOne del Corpus Christi del 1 500 - la via che costeggiava le mura (ibid., II, p. 233). 5 1 TA:uru, . "Roma instaurata" cit., p. 70; v. anche p. 1 0 1 , nota 48. Riguardo al progetto mccolmo per Borgo, è stata richiamata l' attenzione sulla sua «notevolissi­ ma influenza progettuale sulle successive sistemazioni dell' area, dalle opere di Si­ sto IV alla via Alessandrina» (E. GUIDONI, L'urbanistica di Roma tra miti e proget­ ti, Roma-Bari 1 990, pp. 1 17 e 1 26).

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progetti ai fatti e nell'ordinare la ?e�olizione di moltissi�e case post� nel­ l'area interessata consente tuttavia d1 affermare che la v1a Alessandnna f� in realtà «the first artificially straight since the days of ancient Rome»52. E stato anche correttamente messo in evidenza il significato laico della nuo­ va strada, rettifilo con un fondale costituito dal palazzo pontificio (e coin­ cidente con la strada di destra del tridente progettato da Niccolò V, quella tendente verso la porta del palazzo), in contrapposizione alle 'prospettive' a fondale religioso53. La via Alessandrina può essere in sostanza considera­ ta l'iniziativa urbana che meglio esprime lo stile del pontificato di Alessan­ dro VI, che Francesco Vettori - traendo le somme di un ragionamento squi­ sitamente politico - paragonava a Giulio II: ambedue «pontefici [ ... ] tanto grandi, che più presto si potevano dire imperatori che pontefici»54. Anche se il Vettori non pensava certamente alla politica viaria di questi papi, furo­ no proprio Alessandro VI e Giulio II a realizzare ex nova l� due p�ù in:p�r­ tanti viae rectae della Roma rinascimentale, via Alessandnna e VIa Gmlia, creando un varco entro un tessuto abitativo denso e consolidato. In Borgo Alessandro VI sollecitò e favorì il trasferimento della residenza di molti curiali di diverso grado e importanza, dando nuovo impulso ad una tendenza già affermatasi negli anni precedenti. Alcuni di essi, soprattutto i car­ dinali, costmirono e progettarono palazzi di grande pregio e valore mon�men­ tale55, altri si trasferirono in case prese in affitto. Gli incentivi del pontefice per creare intorno a sé un quartiere di uomini di propria fiducia giungevano fino al pagamento dell'intero affitto da parte della Camera Apostolica, come nel caso di un nipote del papa, Bmiolomeo Sena: il canone annuo di 50 ducati della do� mus affittata nel 1497 per lui e per la sua famiglia, sicuramente qualcosa d1 molto simile ad un palazzo, gravava interamente sui fondi camerali56. Anche 52 FROMMEL, Papa! Policy cit., p. 50. 53 GUIDONI, L'urbanistica di Roma cit., p. 126. Per il progetto niccolino delle tre strade, che si dipattivano dalla grande piazza di fronte a Castel S. Angelo, cfr. MANETTI, Vita di Nicolò V cit., p.133. 5 4 FRANCESCO VETIORI, Sommario della !storia d'Italia, in VETIORI, Scritti sto­ rici e politici, a cura di E. NrccoLINI, B ari 1972, p. 148. E ancora il Vettori nel Sac­ co di Ronza (ibid. , p. 294): «E veramente chi essaminerà bene la vita di papa Ales­ sandro, la trovelTà simile a quelli imperatori romatù che facevano ogni cosa per regnare». . . . . 55 Su questo, durante il pontificato di Alessandro Vl e negli atll1l 1mmed1atamente successivi, cfr. FROMMEL, Der Romische Palastbau cit., I, pp. 13-15; P.N. PAGLIARA, Il Palazzo Branconio dell'Aquila di Raffaello, «Controspazio», 5 (1973), pp. 68-92; MA­ DONNA, Una operazione urbanistica cit. ; A. BRuscm, Edifici privati di Bramante a Ro­ ma. Palazzo Castellesi e Palazzo Caprini, «Palladio», n. ser., 2/4 ( 1989), pp. 5-44. 56 ASV, Diversa Cameralia, 5 1 , c. 1 82v. ll proprietario della casa era il fioren­ tino Iulianus Antonii Saxo, abitante a Roma.


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questa tendenza a fare di Borgo un quartiere curiale trova radici lontane, ma soprattutto richiama alla mente - pur in un contesto ideologico e politico molto diverso - alcuni aspetti del progetto del vicus curialis, che cin­ quant'anni prima Niccolò V aveva affidato alla memoria di Giannozzo Ma­ netti insieme all'intero programma edilizio per Borgo57. Ma come non può essere considerata casuale la ripresa - dal progetto del tridente viario di Niccolò V - della sola strada che conduceva alla por­ ta del palazzo, a sottolineare la valenza temporale del potere pontificio, co­ sì la diversa tipologia della strada e dell'intero quartiere che si stendeva al di là del Tevere mostra le differenze profonde tra il progetto del Parentucelli e quello del Borgia. Niccolò V aveva immaginato sui due lati della strada che conduceva alla porta dèl palazzo pontificio «due file di case pressoché identiche, poste le une di fronte alle altre e destinate agli artigiani di medio livello con diverse specializzazioni»58. La presenza - all'interno del vicus curialis - di questi insediamenti mercantili e artigiani (che interessano an­ che le altre due strade del tridente) conferma il modello niccolino di una città fmtificata e chiusa, autonoma e autosufficiente rispetto alla città dei ro­ mani59. La via Alessandrina, fiancheggiata da residenze curiali prestigiose, creava invece un accesso solenne al palazzo pontificio assimilabile alle ini­ ziative urbane realizzate dai principi rinascimentali di diverse città italiane, privilegiando gli intenti di apparato già presenti nel progetto niccolino del­ le tre viae rectae, ma lasciando cadere da un lato le due restanti strade del tridente (delle quali una - quella che conduceva alla basilica - aveva evi­ dentemente più delle altre la funzione di indicare agli uomini meno dotti i significati e i valori della fede cristiana60), dall'altro le baniere - simboli­ che e reali - tra la città del papa e quella dei romani. Al di là dell'importante funzione difensiva riconfermata a Castel S . Angelo, il 'quartiere curiale' di Alessandro VI non si presenta infatti come la cittadella fmtificata racconta­ ta dal Manetti, così vicina alla città del tiranno teorizzata da Leon Battista Alberti61. Piazza S. Pietro è aperta a tutti, anche agli uomini d' arme, con tut-

57 Per il vicus curialis 58 Ibid., p. 1 34.

cfr. MANETII, Vita di Nicolò V cit., pp. 133-135.

59 «Un nuovo quartiere che partisse dalla porta della Mole Adriana e si esten­ desse fino alla basilica di Pietro principe degli apostoli, costmito in modo tale, con i suoi posti di guardia e le sue fortificazioni, che tutta quanta la curia avrebbe potu­ to abitare al suo interno sufficientemente sicura e tranquilla» (ibid. , p. 130). 60 Ibid., p. 179. 61 A prescindere dall'ampio dibattito storiografico sulla possibilità o meno di un intervento albertiano nel progetto edilizio di Niccolò V, che vede come principali pro­ tagonisti da un lato C.W. WES1FALL, L'invenzione della città. La strategia urbana di Nicolò V e Alberti nella Roma del '400, con una introduzione di M. TAFURI, Roma

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ti i rischi che la loro presenza comportava. Se nel luglio del 1493 Gaspare da Sanseverino, detto il Fracassa, entrato a Roma con molti armati, si mo­ strava al papa dalla piazza62; nell'aprile del 1495 scoppiava una rissa in piazza S. Pietro tra alcuni svizzeri e spagnoli. Le violenze degli spagnoli non si anestarono alle porte del palazzo apostolico né a quelle della basili­ ca. Alcuni svizzeri furono depredati e uccisi63. Non soltanto nell'assetto di Borgo Alessandro VI riprende per alcuni a­ spetti, forse senza esserne pienamente consapevole, il progetto di Niccolò V, adattandolo alle proprie esigenze e ad una diversa ideologia del pontifi­ cato, ma anche nella tendenza a concentrare nelle sue piazze e nelle sue strade le cerimonie pontificie. Anche in questo lo stacco è tuttavia piuttosto netto. Se per il Borgia ogni atto - politico o spirituale - del pontefice re­ gnante era e doveva essere spettacolo offerto al pubblico più numeroso possibile, Niccolò V aveva disegnato per il papa percorsi protetti da ogni peri­ colo, passaggi diretti dal palazzo alla basilica64, addirittura uno spazio chiu­ so - il giardino - destinato alla liturgia pontificia65. Alessandro VI si allontanava poi completamente dalla prospettiva nic­ colina nell'intuire - ma i tempi erano ormai maturi per questo - la necessità di porre il segno pontificio anche su molte feste e spettacoli 'laici', che ap­ partenevano alle più antiche tradizioni municipali romane. Oltre alla desti­ nazione di alcune somme, prese dalla gabella Studii, per le feste del Natale di Roma66, che erano state riproposte per la prima volta da Pomponio Le­ to67, papa Borgia partecipò più di una volta personalmente ad una impor­ tante manifestazione della solidarietà cittadina, la festa del 'maritagio' , che veniva celebrata ogni 25 marzo dalla confraternita dell'Annunziata nella

1984, e dall'altro lo stesso Manfredo Tafuri nell'introduzione citata e in M. TAFURI, Ricerca del Rinascimento. Principi, città, architetti, Torino 1992, cap. II, si ricordi su questo aspetto specifico l'analisi di M. MIGLIO, L'immagine del principe e l'immagi­ ne della città, in Principi e città allafine del Medioevo, a cura di S. GENSINI, Pisa 1996 (Studi e Ricerche, 6; Pubblicazioni degli Archivi di Stato. Saggi, 41), pp. 317-321 . 62 Diario della città di Roma di Stefano Injessura cit., p. 29 1 . 63 BURCKARDI Liber notarum cit. , I , p . 582.

64 «li sommo pontefice, accompagnato da una grande folla di prelati, passava dal palazzo fino al tempio attraverso diversi splendidi ingressi» (MANETII, Vita di Nicolò V cit. , p. 149). 65 Nel giardino progettato da Niccolò V c'era «Un grande atrio a volta predi­ sposto per le riunioni, i conclavi, le incoronazioni pontificie e altre simili rare e im­ portanti cerimonie», sovrastata da una loggia per le benedizioni (ibid., pp. 1 38-139 e nota 68). 66 ASV, Diversa Cameralia, 53, f. 93r; 54, f. 61: 67 Su questo v. anche BURCKARDI Liber notarum cit., Il, p. 278.

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chiesa di S. Maria sopra Minerva, mentre la piazza antistante la chiesa ve­ niva solennemente addobbata per accogliere il corteo papale e la cittadi­ nanza. Nel 1497 e ancora nel 1504 le fanciulle povere ricevettero le borse con la dote dalle mani dello stesso pontefice68. Alessandro VI finanziò inol­ tre con alcuni cospicui contributi il carnevale romano, che per la lunga tra­ dizione di gare e giochi cavallereschi tra i più prestigiosi rappresentanti dei rioni di Roma era considerata la festa della municipalità romana per eccel­ lenza: 175 ducati per il camerlengo dei giochi di Agone e Testaccio nel 1499, più il prezzo di due tori, in via eccezionale, «quia cat"iori pretio soli­ to illos emere oportet»69; 100 ducati «pro supplemento festi Testacie» nel 150070; 100 ducati «exponendos in fabrica et ornatu curruum triumphalium in ludis Agonis et Thestatie» nel 150371. Nell'attenzione per queste manife­ stazioni il modello di riferimento più vicino a papa Borgia era Paolo II, ri­ cordato con ammirazione nelle cronache cittadine per aver incrementato i giochi e i palii72, che dopo aver percorso la via Lata (una delle pochissime viae rectae esistenti a Roma a quel tempo) terminavano di fronte al palazzo papale di S. Marco, sotto lo sguardo del pontefice e degli uomini di curia. Feste e spettacoli laici, che non soltanto cominciano a recare il segno forte del potere pontificio, ma che vengono anche portati - ed è questa una delle novità più impressionanti del pontificato alessandrino, che rovescia completamente le intenzioni di Niccolò V per la zona del Vaticano, ma ri­ prende ed esaspera usi già introdotti da Innocenza VIII73 - con sempre

maggior frequenza in piazza S. Pietro, con l'effetto di confondere e scon­ volgere la sacralità del luogo: la corrida organizzata il 24 giugno 1500 per la festa di s. Giovanni Battista, alla quale partecipò anche il Valentino a ca­ vallo combattendo contro i tori, nella piazza sbarrata tutto intorno da travi di legno74; l'assalto armato dato dalle genti del Valentino, a mo' di spetta­ colo ed esercitazione militare, ad un castrum di legno allestito in piazza S . Pietro, il 30 dicembre 150 1 , mentre Lucrezia, in procinto di partire per Fer­ rara per le nozze con Alfonso d'Este, vestita alla spagnola, accompagnata da cinquanta donne romane e accolta dai musicisti collocati sopra le scale di S. Pietro che iniziavano a suonare magna vehementia, usciva dalla casa accanto alla basilica per recarsi al palazzo, dove in presenza del papa e dei cardinali riceveva i doni del futuro marito75; le corride di tori e di bufali che si svolsero il 2-3 gennaio 1 502, «more Romanorum cum magno festo et triumpho», nella piazza che era stata ancora una volta «ab ornni parte tra­ bibus et aliis lignis conclusa»76; l'esposizione al pubblico, con la mitra in capo in segno di infamia, di un falsario e di un falso testimone sulle scale della basilica (luogo assolutamente inconsueto per le giustizie esemplari) il 6 luglio 1 50277; il magnumfestum del 23 luglio dello stesso anno per cele­ brare la resa di Camerino al Valentino78. In piazza sostavano anche coloro

68 Ibid., II, pp. 21 e 442. Anche Innocenza VIII aveva consegnato le doti alle fan­ ciulle nel l492 (ibid., I, p. 345). La partecipazione del pontefice e dei cardinali a que­ sta festa, «dapptima eccezionale, [... ] diviene con Innocenza VIII [. ..] tanto costante da essere inserita nella complessa liturgia della festa e successivamente codificata nei capitoli statutmi» (A. Esposrro, Le confraternite del matrimonio. Carità, devozione e bisogni sociali a Roma nel tardo Quattrocento, con l'edizione degli "Statuti vecchi" della Compagnia della SS. Annunziata, in Un 'idea di Roma. Società, arte e cultura tra Umanesimo e Rinascimento, a cura di L. FORTINI, Roma 1993, p. 20). 69 ASV, Diversa Cameralia, 52, f. 2 1 8r. 70 Ibid. , 53, f. 75r. 7 1 Ibid., 57, f. 23r. 72 Diario della città di Roma di Stefano Infessura cit., p. 69. Su tutto questo cfr. F. CRUCIANI , Teatro nel Rinascimento. Roma 1450-1550, Roma 1984, pp. 120-125.

73 Rilevante soprattutto la presenza di armati in piazza S. Pietro al tempo di pa­ pa Cybo. li 27 dicembre 1485 «le genti del signor Robetto (da Sanseverino), cioè le trenta squadre, ferno la mostra et vennero da Campo di Fiore et andorno a Palazzo con molta fantaria et ci fu quasi tutta Roma a vederla, et nella piazza de San Pietro lo signor Roberto et li doi figlioli legitimi corsero le lancie et papa lm10centio sta­ va a vedere», cfr. Il diario romano di Gaspare Pantani, già riferito al "notaio del Nantiporto " (30 gennaio 1481-25 luglio 1492), a cura di D. TONI, in RIS2, 3/2,

(1907-1908), p. 54. Il 26 marzo 1486, «domenica de passione, fu mostrato lo Volto Santo et fatta la benedittione. Fu tutto San Pietro pieno de gente d'arme et stavano parecchie squadre nella piazza; fucce giostrato» (ibid. , p. 58). 74 BURCKARDI Liber notarum cit. , II, p. 234. 75 Ibid. , II, pp. 3 1 1 -3 12. 76 Ibid. , II, p. 3 1 5. 77 Ibid. , II, p. 331. Non è da sottovalutare l'importanza della scelta di mettere in scena questo spettacolo di giustizia sulle scale di S. Pietro. Luogo consueto per le giu­ stizie esemplmi era sempre stato il Campidoglio, spazio di mercato e sede del potere politico municipale. Quando il reo veniva trascinato attraverso la città per ampliare la risonanza della sua condanna, venivano toccati altri luoghi molto frequentati, soprat­ tutto Campo de' Fimi Le pmti del corpo squartato venivano sovente appese alle por­ te della città (per questo cfr. M. MIGLIO, L'immagine dell'onore antico. Individualità e tradizione della Roma municipale, «Studi romani», 3 1 [1983], pp. 252-264; ora in MIGLIO, Scritture, scrittori e storia cit., II, pp. 149-161). Al tempo di Innocenza VIII capitava di trovare al mattino alcuni uomini impiccati accanto al cm·cere di Tor di No­ na: segno di decadenza dei tempi, co=entava l 'Infessura (Diario della città di Ro­ ma di Stefano Infessura cit., p. 244; v. anche MoDIGLIANI, Mercati cit. , pp. 36-39). Con questa condanna esemplare in piazza S. Pietro Alessandro VI sottolineava il fatto che la giustizia era interiDnente nelle mani del pontefice e veniva eseguita nei luoghi do­ ve il suo potere era rappresentato. Per una giustizia in piazza Navona - luogo altret­ tanto nuovo per questo tipo di ' spettacoli' - v. oltre, nota 99 e testo relativo. 78 BURCKARDI Liber notarum cit., II, p. 336.


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che, pur essendo stati invitati, non erano poi stati ammessi all'interno del pa­ lazzo: perfino il loro malumore è segno del potere e dell'arbitrio del sovra­ no. Il 12 giugno 1493 Alessandro VI celebrò nel palazzo papale le nozze del­ la figlia Lucrezia con Giovanni Sforza: furono invitate 150 nobilissimae Ro­ manae mulieres, gli ufficiali del comune, il senatore, i mariti di quelle don­ ne, gli ambasciatori. Furono fatte entrare soltanto le donne ·e poi la porta fu chiusa - racconta l 'Infessura - fino alla fine della subarratio e della de­ sponsatio. Gli altri attesero fuori. Forse Alessandro VI temeva che non ap­ prezzassero il modo alquanto inconsueto con cui l'evento fu festeggiato: il papa presentò 1 50 coppe d'argento piene di confetti, che in segno di grande letizia furono rovesciate «in sinu multarum mulierum, potissime pulchrarum [... ] et hoc (commenta il cronista) ad honorem et laudem omnipotentis Dei et Ecclesiae Romanae»79. E il 25 dicembre 1 502 «post prandium iverunt ad plateam Sancti Petri circiter XXXmascherati habentes nasos lungos et gros­ sos in formam priaporum sive membrorum virilium in magna quantitate»; seguono gli scutiferi e i mazzieri, un uomo a cavallo con un vecchio cappello da cardinale, alcuni vestiti da cappellani; i mazzieri cavalcano asini così pic­ coli, che i loro piedi toccano terra. Saliti fino alla piazzetta tra la porta del palazzo e la sala delle udienze, si mostrano al papa, che li guarda dalla fine­ stra. Dopo, cavalcano per tutta la città80. Al Valentino, che sollecitava il pa­ pa a reprimere queste forme di irrispettosa ironia, sembra che il papa abbia risposto - riferisce l'oratore ferrarese a Ercole d'Este - che «Roma he terra libera et che si ha consuetudine de dire et de scrivere como l'homo vale. Et che se anche de la Santità sua se dice male, se lasci dire»81. Nel segno della grandezza e della festa anche l'ultimo ' omaggio' al corpo morto, «nero en­ fiato e bruttissimo», di Alessandro VI, come lo racconta un feroce denigra­ tore del pontefice, Francesco Guicciardini: «Concorse al corpo morto d'A­ lessandro in San Piero con incredibile allegrezza tutta Roma, non potendo saziarsi gli occhi d'alcuno di vedere spento un serpente che con la sua im­ moderata ambizione e pestifera perfidia, e con tutti gli esempli di orribile crudeltà di mostruosa libidine e di inaudita avarizia, vendendo senza distin­ zione le cose sacre e le profane, aveva attossicato tutto il mondo» s2.

Un uso insistito di Borgo e di piazza S. Pietro caratterizza dunque il ponti­ ficato alessandrino, ed è un uso polivalente: cerimonie pontificie e religiose, fe­ ste della famiglia Borgia, feste laiche e cittadine, feste profane e profanatrici del­ la sacralità del tempio del vicario di Cristo. Si è voluto proporre un paragone tra Alessandro VI e Niccolò V, ma le differenze - si è visto - restano profonde. Il grande progetto edilizio niccolino nascondeva tutto ciò che poteva essere letto come manifestazione della gloria terrena di un principe rinascimentale dietro la giustificazione che gli edifici sono da considerare soltanto veicoli di comunica­ zione dei contenuti ideologici del cristianesimo agli uomini più ignoranti. Ales­ sandro non solo non percepiva affatto l'esigenza di mimetizzare la mondanità del suo regno, ma apriva la piazza e gli spazi che circondavano la basilica e il palazzo a principi, romani e curiali, pellegrini, soldati e buffoni, asini e tori, che con la loro presenza testimoniavano la fama e la grandezza del pontefice.

79 Diario della città di Roma di Stefano Infessura cit., p. 286.

80 BURCKARDI Liber notarum cit. , II, p. 341. Su questo episodio, e sul suo si­

gnificato di «stravolgimento blasfemo delle processioni» cfr. M. Mlouo, Liturgia e cerimoniale di corte, in Liturgia in figura. Codici liturgici rinascimentali della Bi­ blioteca Apostolica Vaticana, a cura di G. MoRELLO-S . MADDALO, Roma 1995, p. 50. 81 La lettera è citata in F. CLEMENTI, Il carnevale romano nelle cronache con­ temporanee dalle origini al secolo XVII, I, Città di Castello 1 939, p. 1 34. 82 FRANCESCO GUICCIARDINI, Storia d'Italia, a cura di C. PANIGADA, II, Bari 1967, p. 97.

Gli spazi e le cerimonie dei romani

E gli spazi dei romani nella città, in quella che Alessandro VI definiva Al­ ma Urbs nostra83? Li abbiamo visti arretrare ancora, le pareti della case più

sporgenti lungo le strade dei percorsi pontifici, addobbarne le facciate in ono­ re del papa. Erano spesso esclusi dalle cerimonie della corte dei Borgia, come per il già ricordato matrimonio di Lucrezia con Giovanni Sforza del 1493. Di solito i romani non accompagnavano il corteo pontificio, ma lo aspettavano in alcuni luoghi della città per rendergli omaggio, insieme al governatore di Ro­ ma, al senatore, ai conservatori, ai caporioni, ai cancellieri, in Campo Marzio prope Columnam (piazza Colonna), in Campo de' Fiori, al di là di ponte S. Angelo, in piazza S. Pietro84. Spazi abbastanza ampi da consentire le dovute distanze, ad evitare i momenti di eccessivo affollamento. Sono le piazze e gli incroci che si trovano lungo i principali percorsi cittadini. Nelle altre piazze, ai margini di questi percorsi, i romani mantengono più facilmente il control­ lo degli spazi, ne fanno un uso ancora non troppo lontano da quello delle piaz­ ze private o semi-pubbliche di età medioevale85.

83 Così, ad esempio, in un documento del febbraio 1497 in ASV, Diversa Ca­ meralia, 5 1 , f. 1 82v.

84 Questi sono i luoghi toccati nella già ricordata occasione del ritorno del pa­ pa da Viterbo nel dicembre del 1493 (BURCKARDI Liber notarum cit. , I, p. 453). 85 Su questo cfr. H. BROISE - J. C. MAIRE VIGUEUR, Strutture famigliari, spazio do­ mestico e architettura civile a Roma alla fine del Medioevo, in Storia dell'arte italia­ na, III/5 Momenti di architettura, Torino 1983, pp. 124-128; per il caso dei Cenci cfr. M. BEVILACQUA, Il Monte dei Cenci. Una famiglia romana e il suo insediamento ur­ bano tra medioevo ed età barocca, Roma-Reggio Calabria 1 988, pp. 1 6-22 e passim.


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Per i funerali, ad esempio, che erano tra gli episodi più importanti del cerimoniale dei cittadini, del cerimoniale privato, si potrebbe dire, se que­ sto aggettivo non contraddicesse la forte valenza pubblica anche di queste cerimonie, che intendevano coinvolgere l 'intera popolazione cittadina, ma in una dimensione diversa da quella curiale e pontificia. ll Diario del Bur­ cardo serve soltanto marginalmente per i funerali dei romani. Si parla solo di quei romani che avevano ottenuto impmtanti cariche curiali, come Pro­ spero Caffarelli, vescovo di Ascoli, sepolto alla Minerva nel febbraio del 150086, o Niccolò Grato de' Conti, vescovo di Conza, morto nel settembre del 1494, alla cui cerimonia funebre parteciparono cardinali, curiali e citta­ dini romani. Il rito ebbe luogo nella casa del defunto, ma poiché questa era «stricta et angusta» e non bastava ad accogliere il gran numero di gente in­ tervenuta, coinvolse anche gli spazi pubblici adiacenti. Dalla piazza, dove erano stati sistemati coloro che portavano le torce insieme ai funesti e agli scutiferi del papa e dei cardinali, si potevano sentire «multe mulieres mul­ tum flentes et ululantes, Romano more»: segno dell'importanza del perso­ naggio e della sua famiglia. Il corteo si diresse verso S . Maria in Aracoeli, dove il vescovo fu sepolto, ma i frati si rifiutarono di portare il feretro, «di­ centes apud eos non id esse consuetum», fecero entrare il corteo dalla por­ ta laterale e ancora posero ostacoli al cerimoniale da svolgersi all'interno della chiesa, organizzato dallo stesso Burcardo, che riuscì tuttavia ad otte­ nere che i piedi del defunto fossero rivolti verso la porta principale e il ca­ po verso l 'altare maggiore87. Si tratta di conflitti che non riguardavano il Conti in particolare, ma più in generale l 'intera gestione del cerimoniale da parte della curia, che i frati dell' Aracoeli consideravano un'indebita inge­ renza. Gli stessi problemi sorsero infatti in altre occasioni, come nel marzo 1493 per le esequie in Aracoeli di Domenico de' Mari, cugino di Innocenza VIII e zio di Lorenzo cardinale di Benevento. Anche allora i frati si erano rifiutati di portare il feretro, «asserentes se non esse fachinos»88. Per i fune­ rali dei romani le fonti più ricche di informazioni sono le volontà espresse talvolta con molti dettagli - nei loro testamenti89, le leggi suntuarie emana­ te per evitare che la famiglia del defunto assumesse un risalto eccessivo9D;

oppure opere letterarie come i Nuptiali di Marco Antonio Altieri, difensore delle tradizioni municipali romane, che nelle poche pagine dedicate alle ce­ rimonie funebri ne sottolinea e teorizza la forte valenza pubblica, richia­ mando «quello abito lugubre» con il quale «li più conioncti coprirsece la te­ sta, et pocho collachrimassiro defuncti, et per rincontro le donne in simili accidenti col capo aperto et scapillate, con lacerarsence lo viso publica­ mente, non tanto in casa ma per la strada et per la chiesa ad alta voce de­ monstrino dolerse»91. In occasione delle nozze le piazze antistanti le case delle famiglie dell' a­ ristocrazia municipale romana diventavano luogo di festa per i parenti e per gli invitati e insieme spazio semi-pubblico, dove si mostrava l'importanza e l'o­ nore delle famiglie. È ancora l' Altieri a ricordare alcune cerimonie nuziali del secondo Quattrocento, che colpirono la fantasia dei romani per la loro solen­ nità: quelle di Marcello del Bufalo con Gregaria di Antonio Caffarelli («coper­ sece la piazza de Colonna, receptandoce quanti baroni erano in Roma»), quel­ le di Saba Porcari con Agostina Sinibaldi del 1468 («copersece la piazza de sancto Ianin della Pigna [. . . ] con un concurso meraviglioso de magnifici gen­ tilhomini»), quelle di Pietpaolo Crescenzi con Eugenia di Pietro Leni, celebra­ te «coprendoci la piazza da costa a Sancto Stati con grandissimo ornato de ric­ ca et copiosa tapezzarìa, stupenda argentarla, con balchi intomo de molti gra­ dili, per commodo recepto de qualunca gentilhomo li piacessi intervenirve, con suoni, canti et profusa hilarità; et con tanta copia et tal diversità de condimen­ ti, quanto se acconvenissi per receptarce un glorioso et assai potente re»92. Sono spazi controllati e gestiti dai romani, spazi estranei alla curia, do­ ve si vuole tuttavia imitare la magnificenza del principe93. Ma quando le fa­ miglie - o alcuni esponenti di queste famiglie - perseguivano apertamente, senza esitazioni o ripensamenti, una linea politica filo-curiale, il gioco si ri­ baltava e la presenza del pontefice in quegli stessi spazi che altri tenevano a difendere da ogni ingerenza veniva auspicata e sollecitata. Proprio in piazza della Pigna, che aveva ospitato i fautori della congiura di Stefano Porcari contro Niccolò V in quel sanguinoso gennaio del 1 453 e nel 1468

86 BURCKARDI Liber notarum cit., II, pp. 201 -202. 87 lbid., I, pp. 534-536. 88 lbid., I, p. 406. 89 Per il testamento di Cornelio di Battista Porcari del 1488, nel quale veniva

previsto ogni dettaglio del corteo funebre che lo avrebbe accompagnato da porta del Popolo alla chiesa di S. Maria sopra Minerva, cfr. MoDIGLIANI, I Porcari cit. , p. 209. 0 9 I. LORI SANFILIPPO, Morire a Roma, in Alle origini della nuova Roma. Mar­ tino V (141 7-1431), (Atti del Convegno, Roma, 2-5 marzo 1 992), a cura di M. CHIABò-G. D 'ALESSANDRO-P. PIACENTINI-C. RANIERI, Roma 1 992 (Nuovi Studi Sto­ rici, 20), pp. 619-623.

9 1 Li Nuptiali di Marco Antonio Alfieri pubblicati da Enrico Narducci, Intro­ duzione di M. MIGLIO. Appendice documentaria e indice ragionato dei nomi di A. MomGLIANI, Roma 1995 (RRinedita. anastatica, 9), p. 36. Il corsivo è mio. 92 lbid., p. 6. 93 Sul problema dei modelli della corte pontificia e delle corti cardinalizie e del loro influsso sui costumi e le abitudini delle famiglie romane cfr. M. MIGLIO, Mar­ co Antonio Altieri e la nostalgia della Roma municipale, in «Effetto Roma». No­ stalgia e rimpianto, Roma 1 992, pp. 9-23; ora in MIGLIO, Scritture, scrittori e sto­ ria cit., II, pp. 2 17-229; cfr. anche In., Feste di matrimonio a Roma, in Patrimonium in festa. Cortei, tornei, artifici e feste alla fine del Medioevo (secoli XV-XVI), a cu­ ra di A. MODIGLIANI, Orte 2000, pp. 1 1 9- 1 3 1 .


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la festa nuziale di Saba, Girolamo Porcari - e qui non impmta sapere se si tratti di realtà o di finzione letteraria - faceva fermare il corteo del posses­ . so dr Alessandro VI per far pronunciare ad un suo nipote dodicenne una lunga orazione che esaltava la monarchia pontificia e una - altlimenti non verificata - parentela tra la gens Porcia e i Borgia94. Piazza Navona

Un uso molto diverso degli spazi aperti caratterizza dunque le piazze e le s �rade toccate ogni giorno dal traffico cittadino e dai cortei dei potenti e . le prazze su cm gravitava la vita familiare e rionale. Ancora differente l'u­ s ? di una piazza, o meglio di uno spazio di antica tradizione municipale, il crrco Agonale o campus Agonis, dove si svolgevano i giochi cavallereschi del carnevale e dove dal l 477 Sisto IV aveva istituito un nuovo mercato set­ timanale delle arti, che nel giro di qualche decennio sostituì quello del Campidoglio95. Uno spazio centralissimo nella città dei romani, ma una

94 PORCII Commentarius cit. n nipote dodicenne di Girolamo, il cui discorso occupa i ff. 27v-35r dell'incunabolo, potrebbe essere Camillo, più tardi canonico di S : Pietro, v�scovo di Teramo, letterato, professore di retorica presso lo Studium Ur­ bzs � or�amzzatore dello spettacolo teatrale in Campidoglio per la concessione del­ la Cittadmanza romana a Giuliano e Lorenzo de' Medici, fratello e nipote di Leone X, nel 1513 (cfr. MoDIGLIANI, I Porcari cit., pp. 100-101 e bibliografia citata). Al­ tre m:azioni pubbliche di Camillo Porcari sono note a pmtire dal 1502 (cfr. I. JONES, Canullo Porcari e la famiglia, in Blosio Palladio di Collevecchio in Sabina nella Roma tra Giulio II e Giulio III, a cura di E. BENTIVOGLIO, Collevecchio in Sabina 1990, pp. 107-108). 95 Cfr. MoDIGLIANI , Mercati cit., cap. VI. All'anno 1499 appartiene peraltro un documento inserito nei registri dei Diversa Cameralia (ASV, Arm. XXIX, 52, cc. 227r-v; pubblicato da A. EsPOSITO, Un'altra Roma. Minoranze nazionali e comu­ nità ebr�iche t�a �edioevo e Rinascimento, Roma 1995, pp. 91-92), che riporta un elenco d1 :en�1ton nel mercato di Agone: 41 banchi di vendita, tra i quali soprat­ tutto quelli de1 pizicaroli e dei venditori di spezie. Questa lista, probabilmente re­ datta per l� con.cessione delle autorizzazioni alla vendita con il pagamento di una t �.ssa (ma Il �eg1stro non offre alcuna indicazione al riguardo), indica in ogni caso l mte1:e�s� d1 �l�ss �n?�o VI per la sistemazione della piazza e degli altii luoghi pu?bhci cittadim adibiti ad uso mercantile, ai quali è dedicato un decreto dei mae­ stn delle strade databile al 1495, che intimava a coloro che avevano «loca seu scan­ na vel. mensas in plateis seu stratis in locis publicis et in foro Agonis» di rinnova­ re la licenza, che sarebbe stata annotata in un apposito registro, e di pagare la tas­ sa dovuta (C. ScACCIA SCARAFONI, L'antico statuto dei "magistri stratarum " e al­ . tn documenti relativi a quella magistratura, «Archivio della Società Romana di Storia Patria», 50 [1927], pp. 288-289).

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piazza alla rovescia, perchè tutte le case affacciavano sul lato esterno del circo. I romani, ignorando ogni divieto, l 'avevano sempre utilizzata per gettare le immondizie96. All'epoca di Alessandro VI Agone ha già iniziato ad assumere l'aspetto e le funzioni di una piazza vera e propria: alcune ca­ se aprono accessi all'interno97, nel 1 500 viene realizzato un nuovo ingres­ so sulla piazza per la chiesa di S. Giacomo degli Spagnoli98. Gli ovvi lega­ mi dell'importante chiesa della comunità spagnola romana con papa Bor­ gia indicano da un lato l'assenso e il contributo del pontefice alla trasfor­ mazione - già in atto - di Agone in una piazza in senso compiuto, dall'al­ tro l 'imposizione di una presenza spagnola di peso reale e simbolico non indifferente a questo spazio ancora così poco caratterizzato. Al 1493 risale quello che è forse il primo caso di giustizia esemplare in Agone nel XV se­ colo: il 23 luglio vi fu impiccato - dopo il taglio delle mani - uno sbirro del bargello, che aveva sfregiato un crocefisso in una chiesa del rione S. Eustachio99. Le precedenti (ma anche successive) giustizie esemplari - sul­ le quali molto spesso si soffermano con ricchezza di dettagli cruenti Stefa­ no Infessura e gli altri cronisti romani100 - ebbero luogo di preferenza nel­ le grandi piazze di mercato, come il Campidoglio, sede delle magistrature comunali, o in Campo de' Fiori, fulcro della vita commerciale cittadina.

96 Così un capitolo degli statuti del comune popolare romano, redatti intorno al 1363: «De irnrnundicia non proicienda in Agone. [... ] nullus audeat proicere in cam­ po Agonis finum vel aliquam putredinem» (Statuti della città di Roma, ed. C. RE, Roma 1880 [Biblioteca dell'Accademia storico-giuridica, 1], libro II, cap. CXCV, p. 189). n divieto veniva ribadito negli statuti dei maestri delle strade emanati da Niccolò V nel 1452: «Che nullo possa gittare stabio né letame in Nagoni» (E. RE, Maestri di strada, «Archivio della Società Romana di Storia Patria», 43 [1920], cap. XXIX, p. 97). 97 Su alcune iniziative di Sisto IV per la rimozione dei tenapieni esistenti den­ tro il circo Agonale e per la regolarizzazione delle sporgenze delle case sul bordo interno della piazza cfr. A. ESPOSITO, I protocolli notarili per gli studi di topogra­ fia: un esempio romano dal rione Parione, in Scritti in memoria di Giuseppe Mar­ chetti Longlzi, II, Anagni 1990, pp. 286-290. L'ape1tura degli accessi delle case al­ l'interno di quello che, ancora diversi anni dopo l'istituzione del mercato, veniva definito campus Agonis, ager Agonis o circhum Agonis, è fenomeno piuttosto gra­ duale, come attestano i documenti dell'epoca (per alcuni di essi cfr. MoDIGLIANI Mercati cit., pp. 293-294). 98 Sull'importanza dell'istituzione del mercato e della costruzione di nuovi pa­ lazzi nella trasformazione dello stadio in una vera e propria piazza cfr. CH.L. FRoM­ MEL ' Der Romische Palastbau der Hochrenaissance, I, Tiibingen 1973, pp. 17-18. 99 Diario della città di Roma di Stefano Infessura cit., pp. 291-292. Nessun'altra delle tante esecuzioni raccontate dall'Infessura ebbe luogo in piazza Navona. IOO Cfr. per questo MIGLIO, L'immagine dell'onore antico cit. ,


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Anche questo episodio può di conseguenza essere letto come il segno del­ la trasformazione - in parte avvenuta, in parte auspicata dal pontefice - di Agone in una vera e propria piazza, in grado di offrire a questo spettacolo tutto il pubblico di cui aveva bisogno per raggiungere il proprio scopo e­ semplare. Non è un caso che proprio su questa piazza ancora tutta da riempire, da ridisegnare e soprattutto da risignificare - peraltro adiacente alla rinnovata sede dell'università cittadina - si concentri l'attenzione di papa Borgia, che si mostra invece scarsamente interessato a lasciare la propria impronta su­ gli spazi più frequentati ed economicamente più vitali della città (si pensi a Campo de' Fiori o alle tradizionali piazze occupate dal mercato giornaliero e dalle botteghe attigiane), spazi importanti e insostituibili da utilizzare per le cerimonie e le cavalcate, ma naturalmente più restii a recepire i simboli del potere pontificio101. E non è peraltro neppure un caso, ma un segno di continuità che, pur nella diversità degli interventi proposti o realizzati su questo spazio, porta da Sisto IV ad Alessandro VI a Leone X, che ancora su piazza Navona - e con una manifestazione molto più eloquente e provoca­ toria dell'impronta pontificia, anche se dalla carta non si passò poi mai al­ la pietra - si appunti il grandioso progetto architettonico di Giuliano da Sangallo del 1 5 1 3 , promosso da Leone X, di una «enorme residenza medi­ cea», che «avrebbe assunto [ . . . ] piazza Navona come proprio vestibulum, collegandosi allo Studium Urbis e a un secondo palazzo mediceo: quello di Alfonsina Orsini - la madre di Lorenzo di Piero - iniziato nel 1 5 14 circa» 102. Alcuni momenti significativi dell'uso di Agone e della festa del carne­ vale da parte di Alessandro VI sono raccontati dal Burcardo e da altre fon­ ti. Febbraio 1493: la corsa di nove palii, come sempre «prout est superiori­ bus annis factum ac fieri consuevit»103. Febbraio 1499: «Hoc anno habita sunt omnia festa carnisprivii Romanomm»104, con la corsa dei soliti palii fi­ no a piazza S. Pietro. n papa e Lucrezia - scrive un oratore modenese - os-

servano lo spettacolo da «tma logieta scoperta» in Castel S . Angelo «per ve­ dere le maschere passare sul ponte»105. Il dispaccio di un altro oratore mo­ denese racconta poi che in Agone fu celebrato «el triumpho de Vespasiano et Tito» con «cinquanta copie di cittadini romani tuti vestiti a l'antica cum belli cavali et bene adobati quali accompagnavano il triumpho»106• Feb­ braio 1 500: il carnevale viene celebrato in Agone, pulchre, more suo solito ornatum, con corse e palii, ma viene introdotto un ulteriore elemento di no­ vità, denso di riferimenti alle vicende politiche più recenti: undici carri trionfali celebrano la vittoria di Giulio Cesare, con chiara allusione alle vit­ torie militari del Valentino, appena rientrato a Roma dopo la conquista di Forlì e la nomina a gonfaloniere della Chiesa. Nell'ultimo carro siede Giu­ lio Cesare coronato d'alloro, con corazza e clamide: quasi certamente una comparsa e non lo stesso Cesare Borgia, il quale non manca tuttavia di com­ parire personalmente in pubblico e cavalca dal palazzo apostolico fino ad Agone, «in quo servate sunt fatuitates Romanomm, more solito» 107. n Va­ lentino festeggia dunque il proprio trionfo occupando simbolicamente i luo-

101 Non sono molte le epigrafi poste da Alessandro VI a testimonianza dei pro­ pri interventi sulla città. A parte la già ricordata epigrafe del 1497 in via del Pelle­ grino e un'altra che ricorda il restauro della fontana nella piazza di S. Maria in Tra­ stevere (FORCELLA, Iscrizioni cit., XIII, p. 1 04, n. 142), le altre riguardano le porte cittadine o gli interventi in Castel S . Angelo (ibid. , passim). 102 TAFURI, Ricerca del Rinascimento cit., p. 97 e bibliografia citata a p. 1 3 1 , nota 29. A distanza di pochi amri, Antonio da Sangallo elaborò un altro progetto di palazzo mediceo che conservava il medesimo rapporto con piazza Navona di quel­ lo di Giuliano. 103 BURCKARDI Liber notarum cit., I, p. 398. 104 Ibid., II, p. 1 26.

105 CLEMENTI, Il carnevale romano cit., p. 1 19. 10 6 Ibid., p. 1 1 9-120. 107 BURCKARDI Liber notarum cit., II, p. 206. Sull'uso di Agone per il cmneva­ le e le feste organizzate durante il pontificato di Alessandro VI cfr. CLEMENTI, Il car­

nevale romano cit., pp. 1 1 2-134; CRUCIANI, Teatro nel Rinascimento cit., pp. 243302. V. anche A. PINELLI, Feste e trionfi: continuità e metammfosi di un tema, in Me­ moria dell'antico nell'arte italiana, II. I generi e i temi ritrovati, a cura di S. SETTIS, Torino 1985, p. 330. Questa manifestazione è stata conettamente inserita - insieme alla celebrazione ufficiale del Natale di Roma nel 1501 - nel «clima culturale più in­ tensamente antichizzante» che caratterizza gli ultinri anni di pontificato di Alessan­ dro VI ( 1 500-1503), «forse in rapporto con il programma ideologico e il tentativo po­ litico di Cesare Borgia» (A. BRUSCHI, L'architettura a Roma al tempo di Alessandro VI: Antonio da Sangallo il Vecchio, Bramante e l'antico. Autunno 1499-autunno 1503, «Bollettino d'Arte», 70/29 [1985], p. 68). V. anche M. BmTEUX, Parcours ri­ tuels romains à l'époque moderne, in Cérémonial et rituel à Rome (XVIe-XIXe siè­ cle), études réunies pm· M.A. VrscEGLIA-C. ERICE, Roma 1997, p. 78. La riproposi­ zione di un tlionfo antico richiama il 'Tlionfo di Paolo Enrilio', elemento antichiz­ zante e profano introdotto da Lorenzo il Magnifico nelle feste fiorentine di san Gio­ vanni del 1 49 1 , «che mette in evidenza il ruolo monarchico che Lorenzo desiderava giocare agli occhi dei suoi sudditi» (N. CAREW-REID, Feste e politica a Firenze sot­ to Lorenzo il Magnifico, «Quaderni medievali», 24 [1987], p. 36; v. anche EAD., Les jetes florentines au temps de Lorenzo il Magnifico, Firenze 1995, pp. 9 1 -93 e pas­ sim). Sulla ripresa dei trionfi classici nell'Europa del Rinascimento v. anche R. STRONG, Le feste del Rinascimento (1450-1650), trad. it. di R. MrsEROCCHI, Milano 1987, pp. 72-89; S. BERTELLI, Il corpo del re. Sacralità del potere nell'Europa me­ dievale e moderna, Firenze 19952.


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ANNA MODIGLIANI

ghi dove i milites romani usavano mettere in mostra le proprie virtù guer­ resche con l'esecuzione di quei giochi cavallereschi che erano il segno del­ la loro condizione di ceto dirigente. Ormai, soltanto fatuitates. Febbraio 1 50 1 : non si celebrano i giochi di Agone e Testaccio, ma in diverse piazze romane controllate dagli Orsini «mactati <sunt>boves ac etiam homi­ nes»108. 31 dicembre 1 50 1 : la festa del carnevale si trasferisce in piazza S. Pietro ( «fuit habitum in platea S. Petri festum Romanorum, quod jovis car­ nisprivii in Agone haberi consuevit»109). Espropriazione di luoghi e di tra­ dizioni municipali, ma nessuno - commenta il Burcardo - sembra essere or­ mai più consapevole del loro significato: sono portate a S . Pietro «XII car­ ruce regionum de antiquitatibus Romanorum que non intelliguntur, more solito»110. I carri dei rioni di Roma, gloria delle magistrature e delle milizie cittadine, sfilano come sempre attraverso le strade di Roma, ma vengono in­ globati - senza apparenti traumi o nostalgie - nell'apparato festivo di papa Borgia. Il loro percorso culmina in quello spazio che Alessandro VI, por­ tando a compimento tendenze già manifestate dai predecessori, ha reso il simbolo del potere temporale dei pontefici e della loro signoria sulla città.

1 08 BURCKARDI Liber notarum cit., II, p. 109 Ibid., II, p. 3 1 2. 1 10 Ibid.

269.

MAURIZIO GARGANO Alessandro VI e l 'Antico: architettura e opere pubbliche tra Magnificentia e Liberalitas

Per Massimo S., mentre il suo tempo si spezzava

11 14 aprile 1496 (come si evince da documenti conservati nell'Archi­ vio di Stato di Roma relativi alle proprietà dell'Ospedale della Consolazio­ ne situato al Foro, presso la cosiddetta Basilica Emilia1), si concede al pro­ tonotaro apostolico Adriano Castellesi da Cometa la licenza di estrarre ma­ teriale lapideo dall'orto dell'Ospedale al fine di costruire il suo palazzo su 'Via Alessandrina' 2.

1 Il presente saggio è parte di una più ampia ricerca dal titolo «Architettura e opere pubbliche a Roma durante il pontificato di Alessandro VI Borgia: Antonio da Sangallo il Vecchio, Bramante e l 'Antico». Per dettagliati rife1imenti bibliografici_ e per le segnature dei documenti d'Archivio in seguito citati si rimanda al testo con­ clusivo della ricerca, ancora in corso. Ciò vale particolarmente per quanto accenna­ to nelle note 5 , 9, 10, 1 3 , 22, 23. Cfr. anche M. GARGANO, Verso l'Anno Santo del 1500: la Vìa Alessandrina tra «magnificentia» e «liberalitas», «Topos e Progetto», a cura di M. MANIERI ELIA, l ( 1 999), pp. 3 1 -42. 2 Relativamente vasta è la letteratura che si è occupata di questa nuova strada facendo oscillare le analisi tra rilievi archeologici delle arterie dell' antichità clas­ sica, emergenze monumentali e ricostruzioni del percorso alessandrino, anche in funzione della presenza e localizzazione della piramide nota come Meta Romuli: in proposito cfr. B .M. PEEBLES, La Meta Romuli e una lettera di Michele Ferno, «At­ ti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia, Se1ie III, Rendiconti», 1 3 (1936), i n particolare pp. 38-40, i n cui s i riflette sulla localizzazione della Meta ri­ perconendo precedentì studi di L. Canina, Ch. Huelsen e R. Lanciani e a cui si ri­ manda per le ampie note bibliografiche. Per una bibliografia più generale sul tema e per analisi interpretative relative alla Via Alessandrina si rimanda, sinteticamen­ te, a M.L. MADONNA, L'architettura e la città intorno al 1500, in Roma 1300-1 875. La città degli anni santi. Atlante, a cura di M. FAGIOLO-M.L. MADONNA, Milano 1985, pp. 1 26-132 e, della stessa M.L. Madonna sul medesimo tema, cfr. pure Una operazione urbanistica di Alessandro VI: la via Alessandrina in Borgo, in M. CAL­ VESI, Le arti a Roma sotto Alessandro VI (dispense del corso universitario A. A. 1980-8 1 , Istituto di Storia dell'Alte, Facoltà di Lettere), Roma 1 98 1 . Sempre su Via Alessandrina v. , tra l ' altro, anche H. GùNTHER, Die Anlage der Via Alessan-


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1496. A soli quattro anni dall'elezione del cardinale Rodrigo Borgia a papa col nome di Alessandro VI e ben due anni prima della ratifica ufficia­ le con cui, in vista dell'imminente anno santo, si decide di razionalizzare, di rammodernare la viabilità della Città Leonina: 26 nov. 1498, come testi­ moniato dal Libro concistoriale degli anni nov. 1498-lug. 1499, conservato nell'Archivio Segreto Vaticano. Già dal 1496, dunque, ci si orienta verso l' apertura di una di quelle strade rectae su cui si concentrano vari progetti dei papi fin dal pontificato di Niccolò V (1447- 1455) ma si potrebbe estendere questo analogo orien­ tamento anche a Giulio II (1503- 15 13) e addirittura a Sisto V (1585-1590). Progetti concreti o programmi solo ideali tutti tesi a fornire, in ogni caso, un contributo sensibile alla modernizzazione della città di Roma. Una mo­ dernizzazione faticosamente impegnata ad affrancarsi da una rete infra­ strutturale e da unafacies architettonica ancora lontana, nella seconda metà del Quattrocento, da quella vagheggiata rinascenza di magnificenze all'an­ tica, da far rinascere appunto dopo il cosiddetto oblio dell'Età di Mezzo. Una rinascenza da cogliere sotto il segno di una perseguita restitutio di antichi splendori che, lentamente, si cercava di confotmare, non senza contra­ sti con le opposizioni municipali ostili alle ambizioni papali orientate in tal senso e, più in generale, indirizzate verso una pretesa autonomia di gestione dello sviluppo della città di Roma. Una singolare Renovatio Urbis a cui si ten­ tava di dare forma, con azioni spesso dissimulate dai vari papi, per contrasta­ re quelle opposizioni. Questioni su cui si è già avuto modo di riflettere3, fun-

zionali a una suggerita rilettura di alcune delle imprese, a scala urbana, pro­ mosse ciclicamente da vari pontefici della seconda metà del Quattrocento. I­ niziative intraprese o programmate all'insegna di un tentativo di rammoder­ nare la dileggiata 'città de vacai' - e note sono le cronache dei fiorentini in pro­ posito - anche, e soprattutto, con attenzioni rivolte alle opere-pubbliche. Un settore, quest'ultimo, spesso trascurato dagli studi concentrati, per varie ragio­ ni, su architetture civili o religiose di ben più rilevante portata ma, forse, solo apparentemente. Opere ad uso pubblico, dunque, (approvvigionamenti idrici e fontane; re­ stami di mura o argini del fiume; ripristino o ricostmzione di ponti; selciature di piazze e strade, ritocchi alle tradizionali e storiche arterie cittadine: apertu­ re, addirittura, di nuovi tratti viari), imprese pubbliche, insomma, attraverso cui controbilanciare i primi timidi tentativi di sovrapporre alla città comunale segni papali di Magnificentia mediante frammenti architettonici di antico splendore cesaroaugusteo. Segni sovrapposti sia ai tradizionali complessi reli­ giosi, sia alle residenze cardinalizie o papali. E, in proposito, basta pensare al­ le chiese sistine o ai palazzi di Paolo II e della Cancelleria. Ma parallelamente a quegli aneliti di magnificenza architettonica, pro­ mossi esclusivamente per via di architettura, si assiste pure, sotto la dissimu­ lata forma di doni alla cittadinanza (una fontana, un ponte ricostruito, una nuova strada), a una progressiva rinascita e risignificazione dell'antico con­ cetto di Liberalitas, solo raramente associato dalla storiografia pontificia a questo tipo di lettura di quei progetti papali orientati verso le opere di utilità pubblica. Una elargizione di doni - le opere pubbliche - dissimulata sotto la forma di un gesto liberale, come si vedrà, per caricare di duplice valore il si­ gnificato stesso attribuibile a una construenda Res publica Christiana enfa­ tizzata, così, anche proprio sotto l 'aspetto etimologico del termine re-s publi­ ca: cosa pubblica. Politica di modernizzazione (acque, ponti, strade) e celebrazione del­ l'Antico (le rappresentazioni, cioè, legate alle inaugurazioni delle Òpere pub­ bliche) vengono dialetticamente associate, nei disegni papali, come per n­ connettersi all'Antico nel tentativo di saldare la frattura dovuta all'età di mezzo. Per restituire alla città l 'immagine adeguata a una storia assopita da risvegliare, da far rinascere in quella sorta di Renovatio Urbis intesa, ap­ punto, come Restitutio: quale è, del resto, quella che si mette in scena a Ro­ ma fin dal ritorno dei papi dall'esilio ad Avignone. E per rievocare, allora, anche sotto l 'aspetto di una rinnovata attenzione per la cosa pubblica, l ' api­ ce raggiunto dall'antico splendore dell'età augustea, più volte celebrata. Pu­ re in quest'ottica, si pensi al titolo di Pontifex Maximus già emblematica­ mente riesumato da Niccolò V. Attraverso l'analisi e l'attenzione da rivolgere proprio al confronto dialet­ tico tra queste forme di modernizzazione (la eterogeneità degli interessi per un apparato che oggi si definirebbe 'infrastrutturale') e questo pmticolare aspetto

drina, «Jarbuch des Zentralinstituts fiir Kunstgeschichte», l ( 1 985), pp. 287-293; HoWE, Alexander VI, Pinturicchio and the Fabrication of the Via Alessandrina in the Vatican Borgo, in An Architectural Progress in the Renaissance and Baro­ que. Sojourns In and Out of Italy, a cura di H.A. MILLON-S .S. MUNSHOWER, Penn­ sylvania 1 992, pp. 64-79; E. GUIDONI-G. PETRUCCI, Urbanistica per i Giubilei: Ro­ ma, Via Alessandrina, una «strada tra due fondali» nell'Italia delle Corti (1492E.

I499), Roma 1997. 3 In proposito si rimanda a M. GARGANO, Niccolò V La Mostra dell'acqua di Trevi, «Archivio della Società Romana di Storia Patlia», 1 1 1 ( 1 988), pp. 255-266; lD., Sisto IV Il 'Pons Ruptus' : tecniche, simbologie e finalità di una ricostruzione, in Il modo di costruire, Roma 1990, pp. 219-23 8 ; lD., Nuove acquisizioni su Ponte Sisto (1473-I475), «Quaderni dell'Istituto di Stmia dell'Architethira», n. ser. , 2 1 , ( 1993) (ma 1 994), pp. 29-38 ; lD . , Note sul gettar-ponti a Roma nel X V secolo. Pon­ te Sisto: tra Leon Battista Alberti e Leonardo da Vinci, «Rassegna di Architettura e Urbanistica», 84-85 ( 1 996), pp. 1 5-27; lD., 'Renovatio Romae ' da Niccolò V ad A­

lessandro VI: topografia e architettura della nuova 'Res publica Christiana', in r Coloquio Internacional Civitas Europa (Convegno Internazionale sulla città nel XV secolo, Valencia, 4-9 novembre 1996), in corso di stampa.

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della celebrazione dell'Antico (l'antica forma della Liberalitas a cui si fa nuo­ vo e costante ricorso, quasi per calibrare i rischi di una Magnificentia eccessi­ vamente ostentata) è forse consentito verificare i delicati passaggi dalla Pietas (e dunque dal medioevale concetto di carità) a una nuova e più modema preoc­ cupazione per la pubblica utilità. Testimonianza sensibile verso quella che è opportuno leggere come 'modemizzazione' di uno stato, di una città-stato, in via di trasformazione. E anche la Roma papale, al pari di altre città, si avviava ad esserlo nella seconda metà del XV secolo. Una città-stato da cogliere, allo­ ra, nei momenti aurorali della sua configurazione. Avviando l'analisi da questa ricercata e propagandata pubblica utilità, occasionalmente ma costantemente perseguita con la promozione di opere ad uso pubblico (e in questo senso dunque anche attraverso la rinascita e la ri­ significazione della Liberalitas aristotelica o augustea) affiora la vera doppia natura di quei 'doni' papali alla cittadinanza. Doni capaci cmtamente di ge­ nerare pubblica felicità (migliorando la qualità della vita quotidiana) ma, pu­ re, - e questo svela la reale finalità dell'interesse pontificio - assistenza ci­ vica e, quindi, obbedienza sociale nei confronti di chi elargisce simili doni, di chi mostra di convogliare denaro nella pubblica utilità, senza apparente­ mente tradire un immediato e personale profitto. Un donatore, allora, che si infiltra progressivamente nella fitta rete dei protagonisti che ruotano intomo alle magistature comunali, tradizionalmente deputate alle opere pubbliche. Un donatore non certo disinteressato, però, che trova inoltre, proprio nella i­ deale doppia figura del papa (capo della Chiesa e presunto capo di uno stato in formazione), il più singolare dei protagonisti di quel nuovo modo di con­ cepire e vivere la politica e l'attività di uno stato. Uno stato tendente all'as­ solutismo, dissimulato tuttavia sotto la forma di una nuova Res publica, ma Christiana perché promossa dal vicario di Cristo sulla terra. E le opere pub­ bliche, di riflesso, si offrono come puntuale e ideale strumento di attuazione per un tale ridisegno di govemo politico e di razionalizzazione del confuso �essuto medioevale. In generale, cioè, della casualità urbana, in tutta la com­ plèssità che questa espressione racchiude. Nell'invenire - rimandando all'etimologia latina del termine - ma quasi nel propagandare l'antica forma della Liberalitas cesariana o augustea si in­ travede, allora, un nuovo modo all'antica, attraverso cui lo Stato modemo va ad invadere progressivamente, con la sua presenza ingombrante e protettiva, settori e nodi vitali della realtà umana precedentemente ritenuti del tutto e­ stranei alla sfera del pubblico, inteso come 'soggetto politico' su cui costrui­ re consenso e ottenere successo. Ma solo sotto questa patticolare luce, attra­ verso quei 'doni' alla cittadinanza (siano essi fontane, ponti o strade), attra­ verso quella sorta di rinato congiarium augusteo, nella riproposizione del­ l'antica accezione della Liberalitas è allora forse possibile rilevare e disvela­ re (più che attraverso le singole opere di architettura) il complesso 'disegno' papale per una nuova-Roma. Per una degna e modema città-stato. E ipotiz-

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zare, solo così, quella uniformità di programmi che sembra accomunare i va­ ri pontefici ben oltre le apparenti, e pure esistenti, diversità. In tal modo si rende, altresì, possibile cogliere - e distinguere meglio - il configurarsi di quella Liberalitas rispetto alla peculiarità della Magnificentia pa­ pale, troppo spesso ricercata e rintracciata dalla varia storiografia quasi esclusi­ vamente, nelle fabbriche di più imponenti architetture civili e religiose. Attraverso questo intreccio si possono, dunque, cogliere (indipenden­ temente dal consolidarsi delle istituzioni pontificie o dal loro precoce de­ clino rispetto alle strutture che stanno crescendo nelle altre regioni europee) frammenti decisivi, indizi, che testimoniano pure del ruolo svolto dalla po­ litica dei papi nel quadro generale degli Stati modemi. Le iniziative portate a termine, i progetti solo avviati e i protagonisti di quelle opere su cui, in questo senso, si vuole attirare l' attenzione costitui­ scono, allora, le tessere - da ritrovare e da ricomporre - del mosaico che ca­ ratterizza il confronto dialettico, appena ricordato, tra 'modemità' (Novitas, quasi albertiana) e 'celebrazione dell'Antico' (Liberalitas) nella singolare forma della Renovatio Urbis Romae capace, solo così, di svelare i reali con­ fini e la puntuale accezione della cosiddetta nuova res publica Christiana. Le attenzioni papali rivolte ad opere destinate ad un uso anche pubbli­ co - e non solo quindi limitate al cerimoniale religioso - sono allora i segni e i segnali di una politica concentrata sull'uso e sulla funzione di questo ge­ nere di programmi-progetti finalizzati, pure, a ridisegnare la tradizionale e medioevale rete delle infrastrutture della città dei romani. Una sorta di car­ tina-toma-sole della lenta ma progressiva strategia di appropriazione e ge­ stione anche della cosa pubblica non priva di attriti, s'è già accennato, con le forze municipali e con le magistrature competenti in materia di opere pub­ bliche: i Magistri Viarum et Stratarum Urbis. E basti pensare, in proposito, ai ciclici patteggiamenti per il rispetto delle reciproche aree di influenza (già sotto Martino V, Eugenio N o, in particolare, durante il pontificato di Nic­ colò V) fino ai raggiri, azzardando l'uso di questo termine, attuati anche at­ traverso quei doni alla cittadinanza cui si alludeva inizialmente. Doni cele­ brati sotto la forma di una magnanima Liberalitas augustea ma, in realtà, o­ rientati sempre più a svuotare di potere le autonome competenze delle ma­ gistrature comunali4. Un ambito istituzionale inaggirabile, da dominare, per concretizzare qualsiasi progetto-programma di trasformazione della città.

4 Sull'argomento in generale cfr. O. VERDI, Maestri di edifici e di strade a Ro­ ma nel secolo XV. Fonti e problemi, Roma 1 997 (RRinedita, 14) ed i preziosi ri­ mandi bibliografici contenuti nelle note al testo. In particolare, relativamente alle te­ si qui sostenute in merito alle azioni pontificie nei riguardi di queste magistrature, si rimanda anche a quanto rilevato dalla stessa autrice alle pp. 56-57 circa il ponti­ ficato di Niccolò V, in cui tra l 'altro si legge che: «La nuova stesura degli statuti dei


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Ma è il caso, ora, di provare a intrecciare sinteticamente tali conside­ razioni generali all'apertura della via Alessandrina promossa dal papa in questione. Un papa che proprio con il suo ridisegno di una strada sembra inserirsi perfettamente in quella unità di programmi e di iniziative finaliz­ zate al rinnovamento urbano di Roma. Iniziative e progetti che la più atten­ dibile storiografia ha ricostruito e rintracci ato nell' agire comune e costante di vari pontefici : pur distanti cronologicamente tra loro, trascurando troppo frettolosamente Il ruolo svolto dal papato alessandrino, almeno sotto questo aspetto. A partire d� quella data citata inizialmente (1496), relativa al pro­ gramma costruttivo di_ un palazzo (Castellesi da Cometa) che orienterà la sua facciata principale sul cuore della futura via Alessandrina si intravede lo sviluppo della strada in anticipo rispetto a quando sarà av�iato ufficial­ mente il programma realizzativo: non prima del novembre1498. Già da que�la data e da quel progetto di un palazzo affiorano, quindi, indizi con­ creti per una rilettura di quella nota impresa che non va circoscritta, come a volte è stato fatto, in interpretazioni essenzialmente concentrate su una semplice ' selciatura' o sulla limitata funzionalità simbolica relativa al ceri­ moniale papale in previsione dell'imminente anno santo del 1 500. Un progetto di palazzo in fieri - tornando a quell'indizio iniziale - che contribuirà, certo non da solo, a configurare la futura strada, valorizzata centralmente da piazza Scossacavalli e poi perimetrata, a sua volta, da altri progetti di palazzi: palazzo Della Rovere o Convertendi-Penitenzieri e pa­ l �zzo Caprini. Edifici che si andranno ad orientare, con le loro facciate prin­ . cipali, su quella nuova platea completata dalla omonima chiesa di S. Gia­ como Scossacavalli, rendendo sempre più secondari i tradizionali orienta­ menti degli edifici sulle preesistenti arterie leonine, pur valorizzate già da Niccolò V o Sisto IV (via Sistina, via di B orgo Vecchio/Carriera Santa, via di Borgo S . Spirito). In tal senso è opportuno ricordare sinteticamente lo stato di alcune del­ le proprietà nell' area: - su via Sis�a affacciavano le residenze di Francesco Soderini, degli ere­ . . di di mastro Almsw di Vigevano (l'area del futuro palazzo Castellesi da Cor­ neto), di Ardicino della Porta, le proprietà inedificate di Sabba di Domenico de Porcmis; le chiese di S. Angelo dei Corridori e di S . Michele Arcangelo;

maest� ne� 1452 co�tituì difatti la base normativa per la sistemazione della capitale nella dr�ezwne ausprcata dal pontefice» (p. 57). Successivamente, durante il ponti­ . . IV, e ancor� a puro titolo di esempio per questa ipotesi di lettura, nel­ frcato dr Srsto lo stesso testo della Verdr: «Sisto IV e la legge edilizia del 1480: la fine dell'auto­ nomia della magistratura delle strade», pp. 68 e ss .

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� sulla Carriera Santa-via di Borgo Vecchio insistevano le residenze di Francesco Cybo, di Carola di Lusignano (regina di Cipro), le proprietà inedi­ ficate dell'ospedale di Santo Spirito (sulla piazza Scossacavalli), così come il palazzo Della Rovere o la chiesa di S. Giacomo Scossacavalli con alle sue spalle, verso Castel Sant'Angelo, una fitta serie di ca�e su l�tti 'g?tici' di va� ri proprietari o affittuari in enfiteusi di terreni del Capitolo dr s . . Pietro, che SI estendevano fino a S. Maria in Traspontina (Andrea da Brescra, Angelo de Prodia, Demetrio Schiavo, Pietro Capranica, Sabba Scocciapila, e altri)5. Una rinnovata piazza, con nuovi palazzi e chiesa - si sottolineava -, che fungerà da cerniera per i due tratti stradali della nuova via Aless �ndri­ na (il tratto verso il palazzo Apostolico e quello verso la fmtezza adnanea di Castel Sant'Angelo), com'è noto, del resto. Dal concistoro, già ricordato (26 novembre 1498), emerge dunque uf­ ficialmente la volontà progettuale del papa e dei suoi consiglieri, con l ' au­ silio di funzionari e tecnici competenti, di intervenire sulla tradizionale via­ bilità del Borgo vaticano realizzando una strada «Ut peregrini et _viatores commode et tute ire ac redire possent», una volta attraversato il ponte Sant'Angelo per recarsi in S . Pietro. Lo stesso documento ricorda, inoltre, che si fece «etiam verbum de anno jubilei proxime instantis»6. L'occasione dell'imminente anno santo del 1 500 sembra, dunque, of­ frire l 'ennesima opportunità, il pretesto di migliorare la rete stradale di un'area della città certamente densa di valori simbolici ma, e non va tra-

5 Per una restituzione grafico-planimetrica dello stato delle proprietà, qui sinteti­ camente limitate ad alcune figure emergenti, v. le Tavole a cura di Giulia Petmcci con­ tenute nel testo GurnoNI-PETRUCCI, Urbanistica per i Giubilei cit. Uno dei testi, nella parte curata dalla Petmcci, più attenti alle fonti d'archivio relative alle vicende de��a­ pertura di via Alessandrina ma di cui non si condivide l'impost�zio�� storico-�ntrca complessiva. In particolare si è in disaccordo con alcune �on�lusrom mterpretatrve a­ , . . vanzate dalla stessa Petmcci in merito al valore e alle ragrom da attnbmre ali apertu­ ra della strada. Conclusioni, del resto, in sintonia con il discutibile impianto generale del volume, dovuto a E. Guidoni. Valga da esempio un passo a p. 50 in cui la Petmc­ ci scrive: «nel caso della via Alessandrina non si può parlare di una operazione edili­ zia economicamente vantaggiosa, che attrae capitali a scopo di investimento». Nono­ stante il cospicuo numero di enfiteuti nell'area in questione, su cui pure ci sarebbe molto da commentare, basta pensare ai vari palazzi di rilievo che sorgeran�o sull� strada (a partire da quello Castellesi) e agli obblighi di manutenzione e cura �postr agli stessi enfiteuti, per orientare lo sguardo nella d�·ezi?ne che �n questa sede sr vuo­ le evidenziare e che la già ricordata ricerca mostrera ner dettagli. 6 ASV, Arch. Concistor. Acta Vicecancellarii, I, c. 9; cfr. in merito, anche L. voN PASTOR, Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, Ili , Roma 1 959, p. 5 3 1 e GONTHER , Die Anlage cit., pp. 289-290.


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scurato nel futuro sviluppo dell'impresa, anche fondiari. Ed è sotto questa particolare luce che va colta la ragione di quelle anticipazioni sullo stato delle proprietà a cui si è fatto rapido cenno. Ma su quest'ultimo pmticolare aspetto si cercherà di tornare ad insistere tenendo a mente il senso genera­ le di quelle iniziali note introduttive. Ancora una volta, all'approssimarsi di un anno giubilare, pare dissi­ mulata sotto la forma della peregrinorum commoditate un'iniziativa che in­ vece estende i confini delle sue ragioni pretestuali a indicazioni di percor­ so di ben più ampio respiro. A un 'progetto' comune, in questo senso, a va­ ri pontefici e di cui già Niccolò V si era fatto promotore con il suo noto te­ stamento programmatico7. Una lettera di Michele Ferno (intimo di papa Alessandro VI , discepolo di Pomponio Leto, avvocato e notaio in Milano ma residente in Curia, dedi­ catosi alla carriera ecclesiastica dal l 500 e morto nel l 5 13 all'età di circa 46 anni), inviata il 3 maggio 1499 all'indirizzo di un tale Volterranus (indivi­ duabile nella figura del più noto Raffaele [o Raffaello] Maffei da Volterra, 1451-1522, storico-umanista, studioso anche di Vitruvio) fornisce una testi­ monianza indiretta sulle motivazioni dell'apertura della strada: ' igiene urba­ na' e 'ordine pubblico' , oltre a fornire, ovviamente, una testimonianza più diretta circa le manifeste preoccupazioni di alcuni umanisti per la demolitio­ ne metae ante Vaticanum, come emerge, del resto, dall'intestazione stessa della lettera, centrata essenzialmente sulla questione della famosa Meta Ro­ muli su cui, in questa sede, non ci si può soffermare ma che pure incastra la sua storica localizzazione sulle vicende in questione. Sia la sostanza della lettera, sia il contenuto del documento appena ri­ cordato (quello relativo al Concistoro del 1498) hanno spesso fuorviato gli studi rivolti all 'impresa alessandrina relegandola frettolosamente nello stretto e angusto ambito della semplice 'selciatura' di un fangoso e sterrato percorso preesistente. Anche le preziose vedute di van Heemskerck hanno fornito un distorto contributo in tal senso. Gli stessi frequenti ricorsi di vari studiosi ai regolamenti edilizi sul­ l'altezza dei fabbricati o alla nota bolla papale («Etsi universis», 1500)8 che

incentivava l'edificare sulla nuova strada, hanno privilegiato letture essen­ zialmente concentrate sull'architettura dei palazzi9, parallelamente o pro­ gressivamente costruiti sul percorso di via Alessandrina, sorvolando invece sul ruolo fondativo di quel tracciato per quelle stesse architetture. Non va dimenticato, in proposito, che oltre a quei palazzi già ricordati (Converten­ di-Penitenzieri, Castellesi e Caprini) su quelle proprietà sorgeranno quasi i­ stantaneamente, e comunque suggeriti dall'apertura della strada, i palazzi di Iacopo da Brescia e Branconio-Dall' Aquila. Una funzione di sostegno, al­ lora, quella svolta dalla via Alessandrina, quasi un'opera di 'urbanizzazio­ ne primaria' si direbbe oggi, certamente comune a qualsivoglia nuova si­ stemazione urbana o miglioria dell'esistente ma che, in ogni caso, sembra inscrivere l'impresa promossa da Alessandro VI nei più generali disegni dei papi per la modernizzazione, per la trasformazione e costruzione di una 'nuova Roma' . Una nuova configurazione che procede per singole parti di città, non direttamente collegate, ma che attraverso selciature di piazze e tratti di strade ridisegnate o realizzate ex-nova, con relativi sistemi fognari e approvvigionamenti idrici destinati ai nuovi insediamenti10, fissa dei poli urbani e dei suggerimenti topografici vieppiù ineludibili. Ed è questa la traccia di modernità rilevabile in imprese di tal genere: la rete fognaria e i nuovi approvvigionamenti idrici connessi a quei palazzi e a quella strada. E saranno poi i vari pontefici, contagiati dalla cultura umanistico-rinascimen­ tale, a sviluppare questa indicazione di percorso. Il Cura renan publicarum, pro peregrinorum (ma anche romanorum) commoditate, che accompagna, infatti, nelle epigrafi e nelle medaglie com­ memorative tutte le iniziative papali cosiddette infrastrutturali (strade, piaz­ ze, fontane, ponti, mura, restauri di acquedotti - e si fa qui esplicito riferi­ mento a quanto si è già avuto modo di porre in risalto nelle analisi relative alla nuova mostra dell'Acqua di Trevi e a ponte Sisto 11-) tradisce, allora, in-

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7 Cfr. GARGANO , Niccolò V cit., passim.

8 Cfr. Bullarium diplomatum et privilegiorum sanctorum Romanorum pontifi­ cum Taurinensis editio, V, Torino 1 860: Alex.VI, n. XII, «Etsi universis», p. 378.

Per una ulteriore trascrizione della bolla, con qualche variazione sintattica ma so­ stanzialmente uguale nei passi che qui si sottolineano, cfr. ANTONIUS B ARDus , Fa­

cultates magistratus, curatorum viarum aedificiorumque publicorum et privatorum almae w·bis aedilium curulium antiquitus nuncupati . . . , Roma 1 565, NN-QQ e Bul­ larium Romanum... , ed. LAERTIO CHERUBINO, I, [Roma] 1 638, p. 530.

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9 L'attenzione, dunque, è rivolta a una più complessa e autorevole idea di deco­ ro urbano (dignitas et elegantia: Femo-Maffei) supportata anche da precisi regola­ menti edilizi in merito all'altezza dei fabbricati: <<nsque ad debitam mensuram per nos ordinatam videlicet ad altitudinem cannarum septem» (ml 1 5,64 ca.). Per i passi relativi alla questione 'contenuti nella bolla papale' v. B ARDus , Facultates magistra­ tus cit. Sui riflessi di quei regolamenti edilizi nell'edificazione dei palazzi compresi in quella parte di città si rimanda ai vari e noti studi di A. Bruschi, Ch. L. Frommel, H. Giinther, P. N. Pagliara, di cui si forniranno commenti e indicazioni bibliografiche a 1icerca ultimata. 10 È questo uno degli aspetti essenziali verso cui rivolgere particolmi attenzioni. Tale aspetto è trascurato anche dai vari studi relativi all'apertura di via Alessandlina. 1 1 Sull'argomento v., qui, i rimandi bibliografici citati alla nota 3 , i n pmticola­ re cfr. GARGANO, 'Renovatio Romae ' cit.


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teressi manifesti, per quanto dissimulati nell'apparenza di un dono disinte­ ressato alla cittadinanza, per una res publica inaggirabile dalla perseguita in­ stauratio Romae: da una nuova città che si voleva - è ben noto - conforma­ ta a Divinis. Una Res publica Christiana, appunto, quasi a Dea fabricat[a], come già indicava Niccolò V stando, almeno, al 'commento' di Giannozzo Man�tti. Enfatizzando, così, il molo che avrebbe dovuto assumere un papa nel nnnovamento urbano di questa città. Un programma-progetto idealmen­ te unitario, quello dei vari papi, a cui non si sottrae neppure Alessandro VI. Un progetto perseguito attraverso opere parziali, frammenti apparentemente scollegati, ma ricomposti nell'idea unitaria della costmzione di una nuova Roma, fatta rinascere anche da una nuova rete infrastmtturale. Fin dal ritorno dei papi dall'esilio ad Avignone, la delicata inteiTelazio­ ne tra instauratio religiosa, non ce1to priva di connotazioni politiche, e mo ­ numenta capaci di dare forma alla Res publica Christiana è stata non ca­ sualmente oggetto di cicliche opposizioni o consensi. Ed è ancora il papato di Niccolò V, caratterizzato da una forte volontà costmttiva orientata in tal senso, a fornire testimonianze. E sarà lo stesso pontificato alessandrino ad aggiungere un tratto non secondario al disegno di quel mosaico già abboz­ zato e successivamente, progressivamente, ampliato. Ma la spesso celebrata, quanto controversa, costruzione della nuova Res publica Christiana sovrap­ pone e confonde abilmente, come s'è già fatto notare, la natura etimologica di una simile definizione politica con quella forse più appropriata, invece, a un 'nuovo principato pontificio'12, una nuova città-stato in via di istituzione. E, forse, anche sotto questo patticolare aspetto l'agire di Alessandro VI con i successi politico-militm·i da questi 'consentiti' a Cesare Borgia e celebrati da Machiavelli, trova una non estranea collocazione13. La propagandata costruzione della nuova Res publica Christiana non può, allora, che dissimulare i suoi reali obiettivi (proprio per la sua natura, at­ tenta alla Res publica) attraverso interessi sempre più marcati verso la sfera del pubblico14, secondo quanto inizialmente posto in risalto. Ed ecco, allora, che le attenzioni rivolte dai papi alle opere pubbliche svelano la loro doppia e ambigua natura: 'doni', non certo disinteressati, offe1ti alla cittadinanza. Anche l'ape1tura di una strada raggiunge, così, lo status di un frammento al­ tamente denso di significati.

12 Per l 'accezione di 'nuovo principato ' si fa qui riferimento alle convincenti tesi avanzate da P. PRODI, Il sovrano pontefice. Un corpo e due anime: la monarchia papale nella prima età moderna, Bologna 1 982, pp. 83-126. 1 3 Anche per analisi volte a una ' localizzazione' intermedia, e non estranea del P?ntificato di Alessandro VI nella catena ideale delle strategie pontificie qua tro­ cmquecentesche vale quanto indicato qui alla nota l . 1 4 Su questo particolare aspetto cfr. GARGANO, 'Renovatio Romae ' cit.

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Opere pubbliche in generale, quindi, come frammenti di un 'progetto' sempre meno ideale per una nuova Roma che ha, nel pmticolare della stessa via Alessandrina, una tessera di rilievo per quell'ampio e ambizioso mosaico da comporre e confmmare. Corollario sensibile, allora, non poca cosa. Non una semplice selciatura di un fangoso percorso preesistente. Un'impresa che investe una parte di città faticosamente tendente a ricongiungersi con il cuo­ re della città dei romani separata, eppure unita, dal ponte Sant'Angelo alla Città Leonina. Intervenendo tra due poli di alto valore topografico e simboli­ co - S. Pietro-palazzo apostolico e la rocca di Castel Sant'Angelo - Alessan­ dro VI agisce in sintonia con quanto già progratnmato o parzialmente realiz­ zato nella viabilità del Borgo vaticano sia da Niccolò V che da Sisto IV. Nonostante il difficile superamento della persistente ' cesura' tra il Va­ ticano e la ' città profana', la nuova strada darà sì un sensibile contributo al necessario miglioramento di questa singola pa1te di città - pure allusiva a una construenda Hierusalem terrena entrando però in dialogo, parallela­ mente, anche con le opere e gli adeguamenti viari esterni alla chiusura di Borgo già promossi anch'essi, sotto varie forme, da Niccolò V e Sisto IV (sono noti gli interventi niccolini all'indirizzo dei Maestri delle Strade nel 145215 e le ordinanze sistine: revisione degli Statuti cittadini del 1469 o le bolle relative a provvedimenti edilizi, viabilità ed esproprF6). Un dialogo, con quelle imprese, ribadito ulteriormente anche dall' aper­ tura promossa, sempre da Alessandro VI, di un tratto di strada di servizio al­ lo Studium Urbis (l'attuale via del Teatro Valle)17 e destinato a ulteriori svi­ luppi considerando quanto promuoverà per la rete viaria, pure ad uso pub­ blico, lo stesso Giulio II, presunto antagonista del papa Borgia: antagonisti da cardinali, certo, ma forse non più da papi. -

15 Relativamente all'ordinanza del 1452 cfr. E. RE, I maestri di strada, «Ar­ chivio della Società Romana di Storia Patria», 43 (1920), pp. 5- 102 e l 'Appendice m, pp. 86-102 che ripmia integralmente le XLII Rubriche dello Statuto; e cfr. VER­ DI, Maestri cit., in particolare pp. 56-57 16 Per gli adeguamenti viari di Niccolò V e Sisto IV cfr. M. TAFURI, «Roma in­ staurata». Strategie urbane e politiche pontificie nella Roma del primo '500, in CH. L. FRoMMEL-S. RAY-M . TAFURI, Raffaello architetto, Milano 1 984, in patiicolare v. p. 64. Per quanto riguarda la lettura delle vicende relative a via Alessandrina si svi­ luppano alcune delle conclusioni di Tafuri in contrasto con il suo sintetico giudizio interpretativo di questa strada, all'oscuro del resto, allora, di alcune fonti d'archivio su cui si concentra, invece, l'ipotesi critica qui sostenuta. In particolare, per le ordi­ nanze sistine, cfr. VERDI, Maestri cit., pp. 68 ss. 17 Cfr. , in merito, A. BEDON, Il palazzo della Sapienza di Roma, Roma 1991 (RRinedita, 4), passim, e quanto in proposito commentato da M. TAFURI, «Principi, città, architetti», in Ricerca del Rinascimento, Torino 1992, p. 99.


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Tralasciando, in questa sede, la complessa vicenda Alessandro VI Giulio II è il caso di tornare ai fatti relativi all' apertura della via Alessan­ drina: dal Concistoro del 1498, una fitta serie di documenti e testimonian­ ze risalenti all'intero anno 1499 scadenzano le date relative all'apertura del­ la nuova strada18• Il 1 8 gennaio del 1499 registra nella figura del cardinale Raffaele Riario il responsabile di fiducia del papa per la soprintendenza ai lavori e per il reperimento dei fondi necessari all'impresa, anche attraverso la riscossione di tasse. E se si deve a un ambasciatore veneto la data dell'i­ nizio dei lavori - dispaccio dell' 8 aprile 1499: «El papa ha facto dare prin­ cipio ad una strata che da la porta del palacio se ne va a filo a la porta del Castello che sera una bella cosa, quando sera fornita» - è al Burcardo che si deve la cronaca della fine lavori, risalente al 24 dicembre del 1499: «Ho­ die [ ... ] completa est ruptura vie nove recte a pmta castri s. Angeli ad por­ tam palatii apostolici apud s. Petrum, et per eam venerunt omnes cardina­ les et alii ad basilicam s. Petri venientes, quia antiqua fuit barrata et clausa ita ut omnes cogerentur per novam equitare» 19. Prendendo spunto da queste testimonianze, senza tralasciare di ricor­ dare e rimandare ai molti studi su via Alessandrina20, la nuova arteria oltre a proporsi come un rinnovato collegamento processionale tra ponte Sant'An­ gelo e la basilica, migliorando la funzione svolta dalla preesistente via di Borgo Vecchio, avrebbe privilegiato il collegamento tra il palazzo vaticano e la rocca di Castel Sant'Angelo. Tra due poli, cioè, di alto valore simboli­ co ma pure funzionali a dare vita a quelle idee di Castrum e di Palatium21 , in evidente sintonia con l a letteratura umanistico-architettonica del periodo (si pensi ai passi relativi di L. B . Alberti nel suo De re aedificatoria). In o­ gni caso si sarebbe realizzato, comunque, un nuovo percorso pubblico pa­ rallelo a quello privato, sopraelevato e riservato alla corte papale: il passet­ to di Borgo, anch'esso restaurato per volere di Alessandro VI e reso mag­ giormente efficace a fini difensivi.

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Documenti riportati anche da GùNTHER, Die Anlage cit., p. 290. JOHANNlS BURCKARDI Liber notarum ab anno 1483 usque ad annum 1506, a cura di E. CELANI, Rrs2, 32/2 ( 1 9 1 1 - 1 942), p. 1 9 1 . 20 Oltre ai vari studi citati, v. qui alla nota 2 , si fa particolare riferimento a quel­ li di MADONNA, L'architettura cit. e EAD., Un 'operazione urbanistica cit., cui va il 19

merito di aver attirato l'attenzione sulla nuova strada caricandola di significati ben maggiori di quelli esclusivamente circoscritti alla semplice selciatura di un percor­ so preesistente, ma su cui si avanzano alcune riserve circa le conclusioni interpreta­ tive, come si vedrà più avanti nel testo. 21 «viam a porta Castri ad palatium» si legge, infatti, nel documento datato 20 febbraio 1499, conservato in ASV, Arch. Concistm: Acta Vicecancellarii, I, c. 3 5 ; v. anche, in proposito, GDNTHER, Die Anlage cit., p. 290.

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Ma il dibattito intorno al progetto della strada allargò i suoi confini, coinvolgendo intellettuali-umanisti (ne è prova il carteggio Ferno-Maffei) e architetti (tra questi ultimi è ipotizzabile la presenza di Antonio da Sangal­ lo il Vecchio e, forse, anche di Bramante, attivi in quegli anni presso la cor­ te borgesca?2. Quella strada assunse, allora, oltre ai connotati funzionali a una migliore viabilità, molteplici significati. La nuova arteria avrebbe in­ fatti risposto a diverse esigenze: a) si sarebbe conclusa in una nuova porta di accesso al Palatium, una specie di Porta Santa che contribuisse a cele­ brare, alle soglie del nuovo secolo, il definitivo trasferimento dei papi dal Laterano al Vaticano e che facesse da sfondo trionfale alla prospettiva via­ ria della via Alessandrina; b) sul versante opposto, un'altra porta avrebbe fatto da fondale e da ingresso alla mole del Castello, quel Castrum che co­ sì avrebbe confermato sempre più il suo tradizionale ruolo di cerniera tra la città dei papi e quella dei romani; c) tra i due poli, infine, la nuova strada ne avrebbe valorizzato un terzo (ma forse sarebbe più opportuno rilevare che ne avrebbe sfruttato funzionalmente un terzo, come si sosterrà più a­ vanti: la cosiddetta Meta Romuli) attraverso il quale avrebbe ribadito, sce­ nograficamente, l'allusiva magnificenza di un'impresa all'antica, stando a una suggestiva ma azzardata ipotesi di Maria Luisa Madonna. Ma ci si chiede se si tratta davvero - rileggendo le originali interpreta­ zioni di M. L. Madonna - di un'impresa che va nel senso della dignitas et elegantia (come pure testimonia il Ferno) e, quindi, della Magnificentia, ce­ lebrata anche dal rinnovato Castel Sant'Angelo e dalla nuova Porta Santa del Palazzo vaticano: sfondo trionfale alla strada con il suo sintagma al­ l' antica caratterizzato da un arco inquadrato dali' ordine architettonico. Concordando parzialmente con quelle analisi interpretative, è tuttavia op­ portuno tornare sui possibili effetti della via Alessandrina, pur se inizialmente solo raddrizzata e ampliata in luogo di uno pseudo-tracciato preesistente. Per quanto sia verosimile ipotizzare che la nuova strada segni cronolo­ gicamente la prima rinascita di una strada all'antica coscientemente dise-

22 Su queste singolari figure e sui loro coinvolgimenti nelle opere promosse da Alessandro VI è il caso di tornare a 1iflettere anche per cogliere gli effettivi contri­ buti architettonici di Antonio da Sangallo il Vecchio. Contributi da chiarire, che non sembrano essere solo circoscritti alle più note opere di ingegneria-fortificatoria, a maggior ragione in anni in cui la presunta presenza romana di Bramante confonde tuttora la specifica e reale influenza di queste due figure durante il pontificato bor­ gesco. Si pensi, solo a titolo di esempio, alle questioni ancora aperte relative al cor­ tile d'onore all'antica della rinnovata fortezza di Civita Castellana, questione da sottoporre a verifica circa la verosimile paternità dell'opera per mano di Antonio il Vecchio e non di Bramante.


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gnata, è forse il caso di ribadire il particolare valore assegnato a una strada, e in generale alle opere pubbliche, rispetto a quello riservato dai papi alle architetture militari o civili e, su tutte, a quelle religiose. Se all'architettura è, infatti, destinato il ruolo di celebrare ed afferma­ re una digna magnificentia, capace di creare stupore verso l' auctoritas sia politica che religiosa, alle opere de publica commoditate sembra venire de­ mandato il compito di rinnovare i fasti etico-sociali, non alieni dal dono al­ la cittadinanza e dal bene pubblico (il senso originario di quella rivisitata Liberalitas), che avevano reso memorabili, anche sotto questa specifica lu­ ce, le gesta di Cesare o Augusto23. La sottile ma sensibile distinzione tra Magnificentia e Liberalitas su cui si concentrano gli interessi e gli studi degli umanisti diviene sempre più, in questi anni, campo di ricerca strumentale per chi ambiva ad avere un in­ discusso primato politico: fosse un papa, signore-assoluto o il principe lai­ co di una signoria illuminata24. Noti e non isolati sono, in tal senso, gli studi che Giovanni Pontano

( 1493) dedica alla questione - distinguendo liberalitas e magnificentia - e che vedono la luce proprio negli anni del pontificato di Alessandro VI25• I dettami aristotelici a riguardo, fissati già del resto dall' Etica Nicomachea26, ispirano il pensiero di Pontano e, certamente, non sfuggono all' attenzione degli umanisti che popolano la corte pontificia alessandrina o, più in gene­ rale, quella papale post-avignonese. La translatio di significati che assume allora il Congiarium augusteo27 - cifra di una Liberalitas da reinvenire - ha dunque proprio nelle attenzio­ ni rivolte alle opere pubbliche la sua più puntuale occasione di rinascita. Non è, infatti, privo di significati veder associata, sotto quest'aspetto, l'ef­ figie dello stesso cardinale Raffaele Riario - fiduciario papale per l'apertu­ ra di via Alessandrina - all'icona e al termine Liberalitas in una medaglia la cui realizzazione è attribuita ad Adriano Fiorentino28. È in quest'ottica che va problematicamente riletto questo genere di im­ prese promosse dai vari papi. Interessi ciclici ma costanti e, a volte, addirit­ tura dissimulati agli occhi degli oppositori dell'ingerenza pontificia nel­ l'amministrazione della cosa pubblica, di tradizionale e autonoma compe­ tenza comunale. È nelle opere pubbliche che sembrano infatti tradursi, reifi­ carsi i suggerimenti aristotelici della 'distribuzione' e della 'donazione (quei doni alla cittadinanza stigmatizzati inizialmente) propri di «coloro [ ... ] che sono chiamati liberali»29. Ed è, quindi, sul teneno della gestione delle opere pubbliche che si dissimula e si articola - più che altrove - il conflitto tra i due poteri contrapposti: papale e municipale. Un conflitto che vede impe­ gnati i singoli papi nella realizzazione di un 'progetto-Roma' da non contra­ stare, idealmente associati nell'edificazione di una nuova Res publica Chri­ stiana. Nelle attenzioni rivolte alla cosa pubblica, negli investimenti urba­ ni attraverso cui ridistribuire la ricchezza del signore assoluto, si riesce

23 È questo un nodo centrale e generale intorno a cui andrebbero rilette le at­ tenzioni pontifice rivolte al tema delle opere pubbliche. Solo allo scopo di indicare il campo di riferimenti verso cui è orientata la presente indagine, si rimanda sinteti­ camente ai contributi di H. KLoFT, Liberalitas Principis, Herkunft und Bedeutung, Koln-Wien 1970; A. D. FRASER JENKINS, Cosimo de ' Medici 's Patronage of Archi­ tecture and the Theory of Magnificence, «Journal of the Warburg and Courtauld In­ stitutes», 33 (1970), pp. 1 62- 1 70; S. LANG, Sforzinda, Filarete and Filelfo, ibid. , 35 (1 972), pp. 391 -397 e, in particolare, pp. 394-395; L. GREEN, Galvano Fiamma, Az­ zone Visconti and the Classica[ Themy of Magnificence, ancora in ibid., 53 (1990), pp. 98- 1 1 3 ; R. A. GOLDTHWAI1E, Wealth and the Demand ofArt in ltaly 1300-1600, Baltimore-London 1993, trad. it. Ricchezza e domanda nel mercato dell'arte in Ita­ lia dal Trecento al Seicento, Milano 1 995, in partic. pp. 215-235 ; P. SPILNER, Gio­

vanni di Lapo Ghini and a Magnificent New Addition to the Palazzo Vecchio, Flo­ renz, «Journal of the Society of Architectural Historians«, 52 ( 1993), pp. 457-460; M. WARNKE, Liberalitas principis, in Arte, committenza ed economia a Roma e nel­ le corti del Rinascimento. 1420-1530, a cura di A. EscH-CH.L. FROMMEL, Torino 1 995, pp. 83-92 e M. WINNER, Papa Sisto IV quale exemvlum virtutis magnifi­ centiae nell'affresco di Melazzo da Forlì, in ibid., pp. 1 7 1 - 1 95. 24 Basti solo pensare, in tal senso; ad una delle prime impronte 'anticheggianti'

impresse sulla medaglia di Alfonso d'Aragona, realizzata da Pisanello nel 1449 con un'iscrizione che menziona la Liberalitas Augusta di Alfonso. Medagli a a cui posso­ no esseme associate altre, con analoghi riferimenti alla Liberalitas quali, ad esempio quella successivamente qui citata nel testo, realizzata da Adriano Fiorentino all'indi­ rizzo del cardinale Raffaele Riario (ricordato proprio per le vicende di Via Alessan­ drina). Cfr. A Corpus ojltalian Medals of the Renaissance before Cellini, a cura di G. F. HlLL, London 1930, effigi passim.

25 Cfr. GIOVANNI PoNTANO, I trattati delle virtù sociali, a cura di F. TA1EO, Ro­ ma 1965: in partic. v. De liberalitate ( 1493), pp. 1 80, 1 84; De Magnificentia, p. 234. Per l 'importanza del trattato De Magnificentia di G. PoNTANO nell'elaborazione del concetto rinascimentale dell' atte, cfr. F. TA1EO, La poetica di G. Pontano, «Filolo­ gia Romanza», 6 ( 1959), pp. 277-303, 337-369. Su Pontano, tra i vari studi, v. an­ che sinteticamente, S. SBORDONE, Saggio di Bibliografia delle opere e della vita di Giovanni Pontano, «Quaderni dell'Accademia pontaniana», 3 (1982). 26 ARISTOTELE, Etica Nicomachea, cfr. in proposito, IV, l : «La liberalità» e IV, «La magnificenza», trad. it., a cura di M. ZANATTA, Milano ( 1986) 1994, pp. 255 4: e ss., 271 e ss. con relative note di commento dello stesso curatore. 27 Cfr. in proposito, WARNKE, Liberalitas cit. , p. 90. 28 Cfr. A Corpus ofItalian Medals cit., medaglia n. 333, commento alle pp. 82-83. 29 ARisT01ELE, Etica Nicomachea cit., IV, l, 1 1 20a- 1 1 20b, p. 257.


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maggiormente a suscitare ammirazione e devozione: ben oltre lo stupire p �r assog�ettare � s�pportando - anche in tal modo - il tentativo dei pa­ pi post-av1gnones1 d1 trasformare tutta Roma e il suo territorio in una coin­ volgente Biblia pauperum, a cui non si sottrae lo stesso papa Borgia. L'accezione aristotelica della Liberalitas sembra dunque venire rivisi­ tata, nella eccezionale- condizione politico-religiosa di una città quale è Ro­ ma, p�r �ffr�ncare la pur necessaria Magnificentia papale da quelle preoc­ cupazwm g1à avanzate da Poggio Bracciolini per i provvedimenti edilizi e per l'attività costruttiva di Niccolò V. Perplessità che, forse, avevano ana­ logamente anche spinto Leon Battista Alberti, in quegli anni, a manifestare disappunti per gli ambiziosi progetti di ricostruzione della basilica di San Pietro. L'idea della Liberalitas, viene dunque traslata nelle attenzioni pontifi­ . cie per le opere pubbliche, verso opere la cui pubblica utilità si traduce pu­ re nel creare opportunità di lavoro e servizi per la cittadinanza. È in questo senso che quella ideale continuità dell'agire papale, accennata inizialmen­ te, può addiritt�ra esten�ersi fino a Sisto V. Attenzioni per un terreno ope­ rativo capace d1 creare nconoscenza e consenso unitamente a interessi per l'autonoma gestione di un delicato ambito istituzionale che vedranno in­ fatti, c�clicamente contrapposte a Roma, non a caso, sia le magistratur; co­ . mun�h sia la Camera Apostolica. E sotto quest'aspetto, allora, che la via Alessandrina tende ad assume­ re il significato di una vera, augustea, strada all'antica che travalica le sem­ plici e pur necessarie esigenze di selciatura. Una sorta di strada laboratorio attraverso cui ricercare, in via sperimentale, una ideale sintesi umanistica modernamente all'antica - tra la 'città celeste' e la 'città terrena' : esperi­ mento da esportare anche fuori del Borgo Vaticano, come tenterà verosi' milmente, Giulio II. Un' �ziativa ponte �la via Alessandrina), in materia di opere pubbli­ ch�, n�n Is�lata ma, anzi, collocabile tra i timidi e analoghi suggerimenti dei �an � api che precedono il pontificato di Alessandro VI e tra quelli, più mamfest1, che lo seguiranno in tal senso. Le coeve o successive via della Lungara e via Giulia, in qualche modo, entrano in questa catena ideale no­ nostante (almeno via Giulia) si presti a ben più complesse interpretazioni ' come i continui studi relativi tendono a dimostrare3°. Tralas�iando, � quest� sede, le analisi comparative pur necessarie per . rilevare le smgolanta o le differenze esistenti tra le varie imprese papali, non

. .

30 Su questo tema in particolare, cfr. M. GARGANO, recensione ai rispettivi sag­ BRus cm e P. N. PAGLIARA sul Palazzo dei Tribunali e su Via Giulia, in «RR

gi di A .

roma nel rinascimento. Bibliografia e note», 1 997, pp. 1 23-125 .

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un er rso r ttificat� può essere ridimensionata la novitas - all'r:ntica - di � �� . � fondali sigmficatiVI due ente capace comunque di congiungere prospetticam Palazzo Vaticano del lesso comp il architettonici: la basilica di S . Pietro con va trascurato, non rso perco quel di e la mole di Castel Sant'Angelo. Ciò che certamente il è nali, funzio nte ivame lasciando al margine gli aspetti esclus to, orien­ ribadi va ma, tica all'an gesto rinnovato significato di un simbolico teo. augus e sapor di tato verso una rievocata Liberalitas frammento La via Aless andrina appare, quindi, essa stessa come un onianza di Testim . Roma per e papal tto esemplare del più vasto proge ificentia e Li­ un'impresa , di un'opera ad uso pubblico in bilico tra Magn o circoscritta nel Borgo beralitas. Un'iniziativa a scala urbana, per quant apre a un nuovo se­ che santo anno un di Vaticano, realizzata alle soglie lierà su di sé, co­ colo e a nuovi orizzonti operativi. Una strada che accog rappresentativi el me già rilevato, l' architettura di alcuni dei palazzi più inoltre, al compito cosiddetto rinascimento romano assolvendo in pieno , dell� p�oprietà an­ primario di una strada moderna: accrescere il profitt? viano, per l apdiarie e immobiliari valorizzate da un nuovo tracciato punto. in questa sed� La stessa presenza dell'antica Meta Romuli (trascurata e usata nei lment ma non estranea all'intera operazione), lambita e parzia nuova quella per calcestruzzi e nei lastricati di marmo che la rivestivano ­ truttu infras a natur selciatura, contribuirà al completamento della moderna ­ monu al tanti sottos rale dell'impre sa alessandrina. La presenza di 'floiali' infat­ pare lo, Romo mento piramidale che accoglieva le presunte spoglie di po di approvvi­ ti consentire la sfruttabilità di una rete fognaria e lo svilup essi P.alaz.zi .che s negli gionamenti idrici funzionali alla vita quot diana i � architetti nnadegli e st1 completeranno il disegno all'antica degli umam scimentali. si in rpretat In ogni caso, ben oltre la pluralità delle precedenti ipote CI� c e . n­ VI, andro Aless ve sui significati traslati della strada voluta da di viatic� sorta una na: andri mane è l 'indicazione progettuale di via Aless t qu i come , apaci � . �� � caso, di per nuove e future imprese infrastruttur�li c. mciSIVI, moder­ Segm . Roma di condizionare e caratterizzare la topografia e. Nuovi trac­ oeval medi o urban ni, da imporre al caotico e desueto tessuto , nel corso mente essiva progr luce, ciati di pubblica utilità che vedranno la del Cinquecento.

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MAURIZIO GARGANO

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Fig. l . - Roma, Borgo Vaticano con la Meta Romuli prima dell' apertu­ ra della via Alessandrina, incisione, particolare (da Liber Cronicarum di Hartmann Schedel, 1493).

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Fig. 2. - Ricostruzione schematica del Borgo Vaticano con, in eviden­ za, il percorso della via Alessandrina (disegno di M. Gargano).


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MAURIZIO GARGANO

Fig. 3. - Giovanni Antonio Dosio, disegno della via Alessandrina, ( 1560-1 569 ca.).

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Fig. 4. - Riproduzioni di monete romane con scene del congiarium.


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CHRISTOPH L. FROMMEL La Porta Santa di Alessandro VI e di Clemente VII e un'opera sconosciuta di Baldassarre Peruzzi a S. Pietro

La Porta Santa è stata aperta il 24 dicembre 1999, a mezzanotte esatta, quando il papa, nell' atrio di S. Pietro, ha inaugurato l'Anno Santo del 2000 (figg. 1-3). Fino a quel momento erano trascorsi cinquecento anni da quan­ do Alessandro VI aveva fatto aprire la Porta Santa nell'atrio di S . Pietro, probabilmente per la prima volta in quel luogo. Mai come in questi ultimi tempi i giubilei sono stati al centro della ricerca scientifica e di numerosis­ sime pubblicazioni. È sorprendente però che siano stati considerati relati­ vamente poco i resti materiali della Porta Santa di Alessandro VI e del suo successore, opera finora sconosciuta di Baldassarre Peruzzi, alla quale è de­ dicato questo intervento1. Il maestro di cerimonie Giovanni Burcardo riferisce che la sera del 1 8 dicembre 1499 Alessandro VI s i era fatto condurre d a lui a quell' apertura della cappella del Sudario che i canonici chiamavano Porta Aurea2 (figg. 46). Di questa si diceva che venisse apetta dal papa ogni cento anni in occa­ sione dell'Anno Santo: «locum in capella Veronice, quem dicunt canonici basilice esse portam auream nuncupatam que singulo centesimo jubilei an­ no consuevit per summos pontefices aperiri, quod et sepius audivi in vulgo dici et teneri». Stando al Burcardo, il papa si era deciso quasi all'ultimo mo­ mento a riprendere questa tradizione. Pertanto aveva ordinato di aprire que­ sta porta verso l' atrio con le stesse dimensioni dell' apertura interna quam ab intra ostendebat. E aveva fatto poi demolire alcuni dei muri della cap­ pella del Sudario, per facilitare l'ingresso attraverso la nuova porta.

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Fig. 5. - Adriano Fiorentino (attrib.), medaglia di Raffaele Riario, ante 1488 ca. , Liberalitas (da A Corpus of Italian Medals of the Renaissance before Cellini di G. F. Hill, 1 930).

1

N. PAULUS, Zur Geschichte des Jubilaums vom Jahre 1500, «Zeitschrift ftir Katholische Theologie», 25 (1900), pp. 173 e s . ; H. THURSTON, The Holy Year of Ju­ bilee. An Account of the Histmy and Ceremonial of the Roman Jubilee, London 1900; J. E. WEIS LIEBERSDORF, Das Jubeljahr 1500 in der Augsburger Kunst, Mtin­ chen 190 1 , pp. 1 - 1 9 ; E.M. JUNG-lNGLESSIS, La porta santa, «Studi Romani», 23 (1975), pp. 473-485 ; Roma 1300-1875. L'arte degli Anni Santi (Catalogo della mo­ stra, Roma 20 dicembre 1984-5 aprile1 985), a cura di M. FAGIOLO-M.L. MADONNA, Milano 1984. Per la traduzione ringrazio Elisabetta Pastore e per la collaborazione Georg Schelbert ed He1mann Schlimme. 2 JOHANNIS BURCHARDI ARGENTINENSIS Diarium sive rerum urbanarum com­ mentarii anni 1483-1506, ed. L. THUASNE, II, Parigi 1 884, pp. 582 e ss. ; G. MoRONI,


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CHRISTOPH L. FROMMEL

LA PORTA SANTA DI ALESSANDRO VI

Le porte auree delle altre tre basiliche patriarcali dovevano essere aper­ te da cardinali, rimanere anch'esse aperte per tutto l'Anno Santo ed essere sorvegliate attentamente. Tutti i fedeli che, a determinate condizioni, aves­ sero visitato queste basiliche, avrebbero ricevuto l'indulgenza plenaria, mentre in precedenza erano state abolite tutte le indulgenze. A seguito di ciò il papa, continua Burcardo, aveva ordinato all'architetto romano (o piuttosto muratore) Tommaso Mattarazzi di realizzare i lavori di muratura: «quod mu­ rum (quantum porta aurea continet) ruat usque ad grossitudinem quatuor vel quinque digitorum, nullatenus tamen perforet, ut, cum Sanctitas sua, bora vesperarum vigilie predicte, manus in eum injecerit, faciliter et sine mora ca­ 3 dat, atque omnibus liberum aditum prebeat» . In quel luogo però non si era rinvenuta alcuna porta murata. li muro era continuo. In esso l'architetto avrebbe poi praticato un' apertura di cir­ ca due palmi più larga della porta interna, dotandola di un architrave: «quod in eo loco nunquam fuit porta prius, sed murus undique altera par­ te ejusdem muris equalis et colligatus. Fuit autem solitum altare in eodem loco predicto quem portam dicebamus, et cum populus opinionem porte hujus haberet, nolui eos in opinione que potius devotionem inducit per­ 4 turbare» . Nel caso della porta interna quindi si trattava di una falsa porta, pro­ babilmente della cornice di marmo di quella porta trasferita - secondo la tradizione - da Gerusalemme, attraverso la quale Cristo avrebbe portato la croce. Burcardo, ad ogni modo, preferì lasciare il popolo nella sua con­ vinzione, e questo difficilmente all'insaputa del papa. Anzi egli riferisce che il papa stesso lo aveva incaricato di aggiungere alla preghiera, che a­ vrebbe recitato prima del primo passaggio attraverso la Porta Santa, l 'af­ fermazione secondo cui la Porta Aurea già in passato era stata aperta in occasione degli Anni Santi: «portam hujusmodi in eo aperiri consuevis­ se» 5. È probabile che Alessandro, la cui fama non era senza macchia, te­ messe addirittura la reazione dei fedeli, se si fosse saputo che la Porta S anta non esisteva. Originariamente questa supposizione era stata tutt'altro che infondata, ma è probabile che si riferisse soprattutto alla basilica lateranense. Già nel .marzo del 1400 un commerciante fiorentino aveva riferito dell'apertura di

una Porta Santa murata in S. Giovanni in Laterano: «Èssi aperta una porta, qui, a Santo Giovanni Laterano, che è anni 50 più no'ssi aperesse: che chi passa per essa 3 volte, a lat' a lato, dicie à perdonanza di pena e di cholpa. Ed e un miracholo la gente passa per essa. Nel giubileo che fu or fa 10 an­ ni detta porta non ssi aperse: ché non volle il papa. Sì che, se vuoi andarne in paradiso, vienci»6• Si trattava certamente dello stesso portale, visto poi a­ perto da Giovanni Rucellai all'inizio del 1450: «Delle quali cinque porte [di S. Giovanni in Laterano] ve n'è una che del continuo sta murata, eccetto che l'anno del giubileo, che si smura per Natale, quando comincia il giubi­ leo; et è tanta la divotione che le persone ànno ne' mattoni et calcinacci, che subito come è smurata, a furia del popolo sono portati via, et gli olromon­ tani se ne gli portavano a casa come relliquie sancte. Dicesi che la figura del nostro Signore Yesu Christo passò per detta porta, ch'ella si posò nella tribuna dell'altar maggiore di detta chiesa; et per detta divotione ciascuno che va al perdono passa per detta porta, la quale si rimura subito finito il giubileo»7. In una guida di Roma del 1472 si legge che la Porta Aurea di S. Giovanni veniva aperta solo per l'Anno Santo8. Ma anche chi passava at­ traverso gli altri tre portali della basilica, presumibilmente i tre centrali, ve­ niva redento dai propri peccati. Nelle guide dell'epoca antecedente il 1499 si parla anche di una Porta Aurea murata presso la cappella del Sudario in S. Pietro, stranamente però non in connessione agli Anni Santi: i Mirabilia di Muffel del 1450 riferi­ scono che Cristo vi aveva portato attraverso la croce9. La sua cornice era di marmo pregiato e si riteneva che fosse stata portata a Roma all'epoca di Ti­ to e Vespasiano, cioè dopo la distruzione di Gerusalemme. Vi si vedeva an­ cora il frammento di un battente di porta in legno di cipresso. Secondo la leggenda, ai malviventi che l'attraversavano, venivano rimessi i peccati, e questo era valso fino a quando uno particolarmente cattivo, non aveva in­ dotto il papa - ma non dice quale papa - a murarla e quindi a porre fine a questa remissione troppo facile. Nella guida del 1472 si legge che questo papa si era fatto addirittura tumulare lì, per impedirne per sempre la riaper­ tura10. Stando ad Alfarano e Grimaldi, nella nicchia, allargata più tardi a

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6 A. EsCH, I giubilei del 1390 e del 1400, in La storia dei Giubilei 1300-1423,

Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica,

II,

Venezia 1 840, pp. 1 1 5 e ss.; LIV,

Venezia 1 852, pp. 1 80 e s . 3 Su Tommaso Mattarazzi, vedi: E. MDNTZ, Les arts à la cour des papes Inno­ cent VIII, Alexandre VI, Pie III(!484-1503), Paris 1 898, pp. 49, 78, 90, 93, 1 60, 1 84, 209 e s., 279, 28 1 -284. 4 BURCHARDI Diarium cit., II, p. 583. 5 Ibid., p. 597.

I, Firenze 1 997, p. 288.

7 Giovanni Rucellai ed il suo Zibaldone, I: Lo Zibaldone quaresimale, a cura di A. PEROSA, London 1 960 (Studies of the Warburg Institute, 24), p. 70; WEis Lrn­ BERSDORF, Das Jubeljahr cit., p. 6. 8 Ibid. , p. 5. 9 NICOLAUS MUFFEL, Beschreibung der Stadt Rom, a cura di W. VoGT, Tubin­ gen 1 876, pp. 1 9 e s.; WEIS LIEBERSDORF, Das Jubeljahr cit., pp. 6 e S. 10 Ibid., pp. 5 e s.


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LA PORTA SANTA DI ALESSANDRO VI

Porta Santa, si trovava l'altare dell'oratorio di papa Giovanni VII e proba­ bilmente Muffel alludeva a lui11. Sempre da Burcardo apprendiamo che solo quello stesso 24 dicembre il portale venne dotato, anche verso l'atrio, di una pregiata camice di marmo: «posita fuit extra pmta marmorea omata»12. A differenza di quanto racconta­ to a proposito del 1 8 dicembre, Burcardo riferisce ora che tale portale non era due palmi più largo dell'originaria apettura intema, ma due palmi più al­ to. Probabilmente l'errore è in questa seconda affermazione: un'altezza di 2 palmi inferiore rispetto alla porta attuale, e cioè di soli m. 3,12, sarebbe stata sufficiente per la processione papale, mentre una larghezza di 2 palmi infe­ riore, cioè di soli m. 1 ,56, sarebbe stata abbastanza stretta. Gli scalpellini ad ogni modo avevano avuto a disposizione solo cinque giorni per la realizzazione di questa cornice di marmo. Probabilmente essa è rappresentata nella tavola di Hans Burgkmair del 150 l conservata ad Au­ gusta, che mostra la facciata della vecchia basilica di S . Pietro (fig. 7)13• Burgkmair riproduce tanto il mosaico di Cristo e dei simboli degli evange­ listi, quanto la vista, dietro il battente apetto della pmta, sulla navata late­ rale destra estema, con una delle colonne tortili, conforme alla veduta di Grimaldi della cappella dall'interno. Se Burgkmair non era stato mai a Ro­ ma, allora doveva aver avuto un buon informatore o più probabilmente un disegno della facciata. Egli mostra il portale fiancheggiato da due paraste riccamente decorate con capitelli corinzieggianti, che sorreggono una tra­ beazione con l'iscrizione, in capitale, difficilmente abbreviata in modo cor­ retto: Alexande(r) Borgia Pa(pa) VI Pont(ifex) Max(imus) anno Iubilei . Nel timpano a segmenti è sistemato lo stemma di Alessandro VI. Questo porta­ le è spesso stato considerato come un'invenzione di Burgkmair, ma edico­ le analoghe si ritrovano nell' Appmtamento Borgia, e quelle dipinte dal Pin­ turicchio sono ancora più simili di quelle in mam10, mentre nell'opera di Burgkmair non ritornano più analoghi pmtali (fig. 8)14. È poco probabile che un portale così sontuoso fosse realizzato in cin­ que giorni e quindi non è da escludere, che venissero utilizzate parti già e­ sistenti. In questo periodo l'unico architetto di rango di Alessandro VI era

Antonio da Sangallo il Vecchio15, che aveva costmito, con molta probabi­ lità, la Torre Borgia. Dal 1499 circa egli stava edificando la Rocca di Civi­ ta Castellana e nel dicembre di quell'anno si trovava probabilmente a Ro­ ma. È quindi possibile, che Antonio fornisse non solo i disegni per le porte dell'Appartamento Borgia, ma anche quelle per la Porta Santa. Anche per le aperture delle corrispondenti Porte Auree in S . Giovanni in Laterano, S . Paolo fuori le Mura e S . Maria Maggiore, che avrebbero do­ vuto rappresentare parte del rito, ci furono difficoltà. Ciononostante la sera della vigilia di Natale la cerimonia seguì il corso previsto. Sebbene Ales­ sandro avesse perentoriamente ordinato che nessuno prima di lui dovesse attraversare la Porta Aurea aperta, uno degli operai lo precedette per spo­ stare una traversa che dava fastidio16• A questa cerimonia si attennero anche i papi successivi. Sulle medaglie che Clemente VII fece coniare nel 1524 per il successivo Anno Santo, la Por­ ta Santa è rappresentata con un frontone triangolare, ma ancora senza le vo­ lute della porta attuale (fig. 9). Forse si tratta di una ripetizione schematica del portale di Alessandro VI, che sarebbe rimasto inalterato fino al Natale del 152417, ma forse anche di un accenno al progetto di una nuova porta. Pare che quello venisse poi restaurato solo alla richiusura, e cioè alla fine del­ l'Anno Santo 1525. Ciò è quanto emerge dall'annotazione di un colloquio tra Clemente VIIe il suo cerimoniere, Paride Grassi: «pro clausura portamm aurearum quattuor in quattuor basilicis urbis pro fine iubilei»18. Nel corso di questo colloquio il papa aveva chiesto se fossero stati presi tutti i provvedi­ menti del caso: «An [ ...] habeatur calx condita, idest cimentum in sufficien­ tia cum reliquis necessariis pro clausura totali tunc incoanda et perficienda, etiam cum stipitibus et cornicibus ac trabibus marmoreis?». Ovviamente si trattava di una porta nuova, in quanto è difficile che fossero necessari stipi­ ti, cornici e traverse in mmmo per una semplice chiusura. Che l'attuale Porta Santa risalga effettivamente al pontificato di Cle­ mente VII è testimoniato da due schizzi dell'epoca del pontificato di Giu­ lio III e da un disegno della fine del Cinquecento. Giovanni Colonna da Ti­ voli disegnò verso il 1554 una delle volute, annotandovi affianco «baldas­ sar la porta santa» (fig. 10)19. E con baldassar egli intendeva senz' altro Bal­ dassarre Peruzzi, secondo architetto di S. Pietro dal 1520 fino alla morte nel

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1 1 TrnERIUS ALPHARANUS, Basilicae Vaticanae antiquissima et nova structura, a cura di M. CERRATI, Roma 1 9 14, p. 107. Vedi anche: GIACOMO GRIMALDI, Descri­

zione della basilica antica di S. Pietro in Vaticano, Codice Barberini Latino 2733, a cura ed. R. NIGGL, Città del Vaticano 1 972, pp. 106, 127. 12 B URCHARDI Diarium cit., II, p. 598. 1 3 WEIS LIEBERSDORF, Das Jubeljahr cit., p . l; Roma 1300-1875 cit., pp. 68-69. 1 4 F. EHRLE-E. S1EVENSON, Gli affreschi del Pinturicchio nell'Appartamento Borgia del Palazzo Apostolico Vaticano, Roma 1 897, tav. V; Wms LIEBERSDORF, Das Jubeljahr cit., p. 2.

15 CH . L. FROMMEL, Roma, in Storia dell'architettura Italiana. Il Quattrocen­ to, a cura di F. P. FIORE, Milano 1998, pp. 374-433; S. FROMMEL, Giuliano e Anto­ nio da Sangallo, in questo stesso volume. 1 6 BuRCHARDI Diarium cit., II, p. 600. 17 Roma 1300-1875 cit. , pp. 1 97, 204. 1 8 1bid. 1 9 CH . L. FROMMEL, La porta ionica nel Rinascimento, in Studi in onore di Re­ nato Cevese, Vicenza 2000, p. 271 . -f t


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1536. Una porta a volute appare anche nello schizzo di Taddeo Zuccari, che mostra l'apertura della Porta Santa per mano di Giulio III a Natale del 1549 (fig. 1 1)2°. La porta vi appare ancora murata, ma ha già l'attuale cornice e le volute laterali che vediamo anche oggi. Ancora verso la fine del Cinquecento essa era conosciuta come opera di Pemzzi. Sul disegno di un alzato conservato all'Albertina si legge espressa­ mente che «questa e la porta s(anta) di S(an) Pietro in roma e fu djsegnjo dj baldasarj da siena»21 (figg. 12, 13). Il disegnatore dà le misure esatte e i pro­ fili precisi anche dei dettagli e accentua sul verso ancora una volta la sua ap­ partenenza alla Porta Santa: «Questi modinature sonno della porta santa di S(an) pietro come se vedono contra segnjate qui adrieto». Rispetto alla si­ tuazione attuale si differenziano soprattutto le volute e l'alzato. Evidente­ mente, all'epoca, sugli angoli della cornice c'erano piccoli piedistalli con le palle dei Medici - «queste pale sonno picate dal muro e cioe tonde» - e al centro, sopra un piedistallo a forma di base, c'era una lapide con l'iscrizio­ ne «pjtafio de vivo» (sic), anch'essa quindi staccata dalla parete. Il profilo delle attuali volute si avvicina molto più allo schizzo di Giovanni Colonna che al disegno viennese, dove tra i listelli laterali descrive una doppia linea ondulata. Neanche l'avvolgimento inferiore delle attuali volute e la sua fo­ glia simile ad una lingua senza ornamenti di acanto, sembrano conformi in ogni dettaglio alla situazione originale. Con 9 2/3 x 1 6 palmi romani, le misure luci della Porta Santa corri­ spondono ancora oggi al disegno dell'Albertina e alla situazione descritta da Alfarano, antecedente allo spostamento nell'atrio di Paolo V (figg. 1-3, 14)22. Del resto, la cornice è ancora completamente intatta e scolpita in un unico blocco e quindi garantisce la larghezza originale. Il portale è incorniciato su tre lati da un architrave a tre fasce, seguito, verso l ' alto, da un fregio pulvinato e dalla cornice sorretta dalle volute la­ terali. Il marmo rosso grigio dell'architrave, della cornice e delle vDlute pro­ veniva da Chio, quindi probabilmente da antiche spoglie, e prese già nel Cinquecento il nome di ' marmo di Portasanta' proprio dal portale di Peruz­ zi23. Questo marmo rossogrigio contrasta molto elegantemente con quello grigioverde, di analoga struttura, dei listelli sotto le volute. Il fregio di uno stridente verde antico, con l'iscrizione di Gregorio XIII, invece potrebbe essere stato inserito solo per l'Anno Santo 1 575 e aver sostituito un' analo-

ga iscrizione di Clemente VII. Le sue estremità a forma di trecce, in pietra calcarea gialla, appartengono ad ogni modo ad un fregio a festoni, che Pe­ ruzzi, seguendo il modello delle Terme di Tito, utilizzò dopo il 1 532 anche nel portale di Palazzo Massimo24. Quando Peruzzi progettò la Porta Santa, la nuova basilica si trovava già da oltre diciannove anni in costruzione e c'era una concreta speranza di ter­ minare in tempi prevedibili anche il corpo longitudinale, all'epoca previsto con ormai solo tre campate25• Se si spesero tanti soldi per materiali preziosi, è perché si pensava probabilmente di trasferire la Porta Santa nel nuovo e­ dificio. Ad ogni modo anche Antonio da Sangallo il Giovane utilizzò simili portali a volute nei suoi progetti del 1 5 19-1 520 circa per l'esterno, gli unici portali che conosciamo risalenti a questa fase della costmzione di S. Pietro26• Il fatto che Clemente VII non incaricasse del portale Sangallo, il suo primo architetto, ma Peruzzi, il suo secondo, potrebbe aver avuto diversi motivi. Sangallo era insostituibile più come progettista completo e costmt­ tore che come inventore di bei dettagli. In questo gli era senz'altro superio­ re Pemzzi, che godeva di grande fama anche come pittore. Per quanto sap­ piamo Pemzzi aveva progettato il suo primo portale a volute nel 1522, cioè poco prima, per la facciata di S . Michele in Bosco a Bologna27. In questo si era orientato sulle descrizioni dell'antica porta ionica di Vitruvio e soprat­ tutto di Alberti, come rivelano l'apertura che si restringe verso l'alto, le o­ recchie, le volute e il fregio convesso e riccamente ornato. L'articolazione più perfetta di una porta ionica, Peruzzi l'avrebbe però realizzata solo dieci anni più tardi nel vestibolo di Palazzo Massimo28. La sua Porta Santa, an­ ch'essa ovviamente una porta ionica, non raggiunge, né nei rapporti né nel dettaglio, la stessa eleganza di questi due capolavori. Poiché non c'è dubbio sulla sua attribuzione, ciò è spiegabile solo con le particolari condizioni: e cioè da una patte le misure luci dell'antica porta di Cristo e dall'altra forse anche il desiderio di adeguarsi al progetto di Sangallo per i pmtali del nuo­ vo esterno. Comunque sia, la Porta Santa di Peruzzi venne rispettata anche da Paolo V, e quello di integrare la vecchia porta nel contesto del nuovo a­ trio fu uno dei primi compiti affidati da Maderno al giovane Borromini29•

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24 FROMMEL, La porta ionica cit. , pp. 271-273. 25 CH.L. FROMMEL, San Pietro, in Rinascimento da Brunelleschi a Michelan­ 20 Roma 1300-1875 cit., pp. 73, 98 e s., cat. II. 4. l . 21 Wien, Bibl. Albertina, Az. Rom 750r e v (su gentile indicazione di Georg Schelbe1t). 22 ALPHARANUS, Basilicae Vaticanae cit. 23 R. GNOLI, Marmora Romana, Roma 1 97 1 , p. 145.

gelo. La rappresentazione dell'architettura, a cura di H. MILLON-V. MAGNAGO LAMPUGNANl, Milano 1 994, pp. 417-42 1 . 26 FROMMEL, La porta ionica cit., pp. 266 e s. 27 Ibid., pp. 269-272. 28 Ibid., pp. 271 -273. 29 M. C. COLA, in Il giovane Borromini: dagli esordi a San Carlo alle Quattro Fontane, a cura di M. KAHN-ROSSI-M. FRANCIOLI, Milano 1999, pp. 404 e ss.


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Tutto sommato sembra dunque che l'introduzione della Porta Santa a S. Pietro fosse una manovra assai complessa: solo con tale porta e con l'in­ dulgenza plenaria ad essa legata, S . Pietro guadagnò per i pellegrini la stes­ sa importanza della basilica lateranense. Sebbene le entrate delle indulgen­ ze spettassero alla Camera Apostolica30, può darsi che il capitolo di S . Pie­ tro ne beneficiasse in qualche modo. Ma per poter dichiarare che la porta fosse santa e per poter dare credibilità all 'indulgenza plenaria, si doveva af­ fermare che Cristo l'avesse miracolosamente attraversata. Proprio per la sua importanza sotto tanti aspetti, stupisce che il papa decidesse tutto que­ sto solo pochi giorni prima dell'apertura dell'Anno Santo.

30 MORONI, Dizionario cit., XXXN, Venezia 1 845, pp. 267-290.

Fig. l . - Roma, S. Pietro, Porta Santa.

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Fig. 2. - Roma, S . Pietro, Porta Santa, particolare.

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Fig. 3 . - Roma, S. Pietro, Porta Santa, particolare.

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Roma, pianta del vecchio S . Pietro, particolare (da Basilicae Vaticanae antiquissima et nova structura di Tiberio Alfarano). Fig. 4.

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Fig. 5. _ Roma, S. Pietro, vestibolo con Port� Santa, p �rticol�re (da .

Descrizione della basilica antica di S. Pietro di Giacomo Gnmaldi).


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Fig. 6. - Roma, S. Pietro, cappella del Sudario, particolare (da Descri­

zione della basilica antica di S. Pietro di Giacomo Grimaldi).

Fig. 7. - Augusta, Staatsgalerie, Hans Burgkmair, S. Pietro con Porta

Santa, patticolare.


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Fig. 8. - Roma, Vaticano, Appartamento Borgia, Sala dei Misteri, nic­ chia finta.

Fig. 9. - Riproduzione della medaglia di Clemente VII per l'Anno San­ to 1525 (da Numismata Summorum Pontificum di F. Bonanni, 1 699).


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Fig. 10. - Città del Vaticano, Bibl. Ap. Vat. , Vat. lat. 7721, Giovanni Co­ lonna da Tivoli, schizzo della mensola della Porta Santa di Baldassarre Pe­ ruzzi, particolare.

Fig. 11. - Paris, Musée du Louvre, Taddeo Zuccari, apettura della Por­ ta Santa da patte di Giulio III, 1550, pmticolare.

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Fig. 12. - Wien, Biblioteca Albertina, Az. Rom 750r, Anonimo della fi­ ne del ' 500, alzato della Porta Santa.

Fig. 13. Wien, Biblioteca Albertina, Az. Rom 750v, Anonimo della fi­ ne del ' 500, Porta Santa, particolari.

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ANGELA QUATTROCCHI

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Alessandro VI: il cerimoniale del possesso tratto dai modelli dell 'antico trionfo

L'aragonese Rodericus de Lanzol-Borja (Lenzuelli-Borgia), cardinale diacono di S. Nicola in Carcere' e vescovo di Albano, Porto e S. Rufina, fu eletto pontefice dal collegio dei cardinali riuniti in conclave2 l ' 11 agosto del 1492 . La cerimonia congiunta dell'incoronazione e del possesso, l'ultima in cui i due riti si susseguirono consecutivamente nello stesso giorno, si svolse nella domenica del 26 agosto; soltanto dopo due settimane dalla elevazione al soglio, e ad un mese dalla morte del predecessore, Innocenza VIII3. Le manifestazioni pubbliche durarono l'intera giornata; dalle undici del mattino, Alessandro tornò nella residenza in Vaticano all'una della not­ te4. Il defatigante rituale inaugurale d'insediamento lo provò al punto che per ben due volte perdette i sensi e fu necessario rianimarlo5. In questa rievocazione si procederà tracciando due ricostmzioni in pa­ rallelo: l'una, quella della processio, vale a dire del corteo a cavallo che ac­ compagnava il pontefice verso la sua sede vescovile, analizzandone le ca­ ratteristiche, la disposizione gerarchica, i codici prossemici, l' allestimento degli apparati, delle suppellettili sacre e del vestiario; l 'altra, quella della coronatio Urbis, che per origine, fonti e finalità, costituiva una delle mani­ festazioni visibili della pompa trionfale che la città tributava, sempre meno

1 C. EuBEL, Hierarchia catlwlica Medii Aevi, II (143 1 -1 503), Mtinster 1 9 1 3 , p. 1 2 «nepos [Calixto III], sacrista (postea archiepiscopus) Valentin. diaconus s. Ni­ colai in Carcere Tull. dein episcopus Albanen. ( 147 1 Aug. 30) et Pmtuen. ( 1476 Jul. 24)» ; ibid. , nota l «Die Venetis 17 Sept. 1456 Calixtus III, existens in s. Matia majore propter pestem, assumpsit ad dignitas cardinalis tres dominos, videl. Ludo­ vicum ep. Segobricen. nepotem suum, Jacobum de Portugallia administrator eccle­ sia Ulixbonen. , ab Urbe absentes, et Rodericum sacristam Valent., nepotem suum. Quibus dedit titulos, videlicet: Ludovico tit. ss. IV Corm1. presb. card. , Roderico ne­ potibus tit. s. Nicolai in carcere, Jacobo tit. s. Eustachii diac. card.». 2 Ibid. , p. 2 1 , nota 6. 3 Il genovese Giovan Battista Cybo muore il 25 luglio del 1492. 4 Ibid., «die circa horam ptimam noctis associatus a card. per viam Transtibe­ rim rediit in palatium s. Petri.». 5 Cfr. Lettera di Pietro Delfini del 27 agosto 1492 in JOHANNIS BURCHARDI Diarium sive renan urbanarum commentarii (1483- 1506), ed. L. THUASNE, Il, Paris 1 883- 1 885 , p. l . =

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Fig. 14. - Alzato dello stato attuale della Porta Santa (disegno di G. Diller).


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spontaneamente, come segno tangibile del legame e del rapporto tra la città di Roma e il suo vescovo. Ambedue gli aspetti non dispongono del medesimo suppmto docu­ mentario per essere sufficientemente analizzati e confrontati con lo stesso ti­ po di informazioni. Se per le spese sostenute dalla Reverenda Camera Apo­ stolica, le carte contabili, fonti specifiche per la storia della cultura materia­ le, consentono una puntuale ricostruzione di tutto ciò che veniva predispo­ sto per la processione lustrale, non altrettanto si può affermare per la realiz­ zazione delle architetture effimere e per la coronatio Urbis, per le quali, la mancanza di atti della Camera Urbis, relativi al periodo in questione, non consente una rievocazione se non tramite fonti indirette e di altra natura, co­ me le descrizioni e la cronaca dei testimoni che assistettero all'evento. L'uso di incoronare il papa alla fine della messa di consacrazione era una pratica in uso già a partire dal 1059 con Niccolò II6; dai tempi di Gre­ gorio VII (1073- 1085), per le feste solenni, anche nelle processioni stazio­ nalF il pontefice, dopo la messa, portava la tiara8 che, al contrario della mi­ tra, non era adoperata per un uso liturgico. Nel Liber politicus del canoni­ co Benedetto, composto tra il 1 140 e 1 143, si enumerano diciotto giorni fe­ stivi del temporale e del santorale in quibus papa debet coronari; il rito si svolgeva all'esterno, sul sagrato della chiesa, nel luogo in cui montava a ca­ vallo per avviarsi in città. La processione della coronazione9 da San Pietro al Laterano è istitui­ ta, teorizzata e codificata solo alla fine del XII sec. nell' Orda di Bale 10 ed ha un carattere prettamente curiale. Il termine possessio11 in sostituzione del vocabolo processio o processione è citato per la prima volta in un testo sul­ l'insediamento di Urbano VI nel 1378.

«La coronatio Urbis, cioè l' addobbo festivo delle vie urbane con fio­ ri, drappeggi, oggetti preziosi, decorazioni in oro e argento è un uso profon­ damente radicato nella civiltà meditenanea. Così come si ornavano di fe­ stoni e ghirlande le proprie case in occasione di matrimoni e nascite, e i templi il giorno della loro dedicatio, anche intere città venivano decorate in questa maniera per le grandi festività religiose e civili dell' antichità, come le processioni consolari, le ascese al trono di imperatori, il loro adventus, e in particolare per la celebrazione della vittoria, il trionfo. Per quest'ultimo caso un ruolo fondamentale nella decorazione della città era svolto, sia nel­ l' antichità che nell' alto medioevo, dalle gilde e dalle corporazioni munici­ pali che non si limitavano solamente a radunare la folla per le acclamazio­ ni. Le decorazioni erano fornite dagli abitanti che risiedevano lungo i per­ corsi, i preparativi implicavano che le strade cittadine venissero pulite e co­ sparse di fiori, forse veniva sparsa anche della segatura nei punti meno net­ ti del percorso imperiale. Nella tarda antichità questa consuetudine era pas­ sata, dall'uso secolare privato e pubblico, alla decorazione delle chiese»12 . La coronatio per il possesso pmtiva dalla basilica vaticana per tenni­ nare al Patriarchio, snodandosi lungo tutto il percorso della via papalis in diverse forme di allestimento ed apparati decorativi e focalizzando poli di attrazione ed interesse, sotto forma di realizzazioni architettoniche effime­ re, in tappe strategiche del percorso legate ai luoghi più significativi nella topografia dell'itinerario urbano. I monumenti romani, colonne, trofei, ar­ chi trionfali, rafforzati dai rilievi rappresentanti le medesime processioni, come durature commemorazioni della vittoria imperiale, intercalavano gli spettacolari riconoscimenti allestiti per l'occasione (fig. 1). Le architetture realizzate nella tipologia di archi trionfali venivano at­ traversate dal corteo papale e, al passaggio del pontefice, le statuarie figu­ re collocate in nicchie o sopra colonne si animavano cantando o declaman­ do versi di adulazione e lode, palesando persone vive dietro figure dall' ap­ parente natura mimetica dei colori marmorei dell'incarnato e dell'abbiglia­ mento. I partecipanti alla marcia solenne erano al contempo attori, per la cit­ tadinanza acclamante, e spettatori di fronte a queste pantomime ad effetto di carattere mitologico e agli scenografici quadri viventi. «La maggior par­ te degli spettatori aveva una certa familiarità con le figure mitologiche e in­ dovinava assai più facilmente che altrove i personaggi storici ed allegorici, perché desunti da un ciclo di tradizioni universalmente conosciute». Altri tipi di architetture d' entremets realizzate come apparato scena­ grafico nello svolgersi del percorso urbano, erano quelle ammirate sotto

6 E. ErCHMANN, Weihe und Kronung des Papstes im Mittelalter, Miinich 1 95 1 . 7 Per le processioni stazionali vedi A. QUATIROCCm, Le processioni staziona/i: cerimoniale papale, fonti e topografia, (in corso di stampa negli Atti del Congresso Internazionale di Studi sulle Chiese di Roma [IV-X secolo] del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, Roma, 4-10 settembre 2000). 8 A. PARAVICINI BAGLIANI, Le chiavi e la tiara, Roma 1 998, pp. 66-72.

9 A. BoUREAU, Vel sedens, vel tmnsiens: la creati011 d'un espace pontificai aux Xlème et Xllème siècles, in Luoghi sacri e spazi della santità, a cura di S . BOESCH GAIANO-L. ScARAFFIA, Torino 1 990, pp. 367-379. 10 B. SCIITMMELPFENNIG, Ein bisher unbekannter Text zwn Wahl, Konsekration

und Kronung des Papstes in 12 Jahrhundert, «Archivium Historiae Pontificae», 6 ( 1968), pp. 43-70. L'edizione dell Orda di Bale va confrontata con gli Ordines di

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Cencio e d'Albino. 11 S. DE BLAAUW, Cultus et decor. Liturgia e architettura nella Roma tar­ doantica e medievale, I, Città del Vaticano 1 994, pp. 321 -322, nota 287.

12 R. TURCAN, Les guirlandes dans l'antiquitè classique, «Jahrbuch fiir Antike und Christentum», 1 4 ( 1 97 1), pp. 92- 1 39.


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forma di quadri plastici allegorici per comunicare messaggi di benevolen­ za; la funzione a cui assolvevano era concettualmente la stessa, scandendo anch'essi poli di attrazione, orientati però, ai lati dell'itinerario urbano, tal­ volta presso le residenze di alti dignitari o nobili che, insieme ad una mag­ giore enfasi nella decorazione della propria facciata, volevano manifestare l'attiva partecipazione all'evento, messaggio tacito di schieramento e al­ leanza politica. In una trascrizione di Onofrio Panvinio13 del Rituale Ecclesiae Roma­ ne ac Chronicum Romanorum Pontificum del camerario Cencio si ripropo­ ne l'uso antico di provvedere alla ornamentazione della città da parte dei ro­ mani. Anche se la trascrizione del Panvinio è più tarda rispetto all'avveni­ mento di cui si tratta, si ritiene che attesti una prassi usuale: l'autore appor­ ta delle modifiche al testo originale in funzione probabilmente della presa d'atto di questa consuetudine, aggiornando anche taluni toponimi. In que­ sto testo rivisitato dei Libri Ritualis14 si elencano le cifre ripartite tra i pro-

prietari delle abitazioni prospicienti le strade che venivano percorse dal pa­ pa per la realizzazione degli archi trionfali in suo onore; i contributi veni­ vano versati dai nobili romani insieme ad un'altra serie di mansioni minori svolte da alcune corporazioni. Nel possesso di papa Borgia è la Camera Urbis ad occuparsi della co­ ronario, anche se le finanze municipali erano gestite dal camerario della Ca­ mera Urbis ormai di nomina pontificia. Lo confermano i mandati di paga-

1 3 Per un approfondimento sull'attività del Panvinio vedi il contributo di J. L. FERRARY, Onofrio Panvinio et les antiquités romaines, Roma 1 996. 14 ASV, ONOFRIO PANVINlO, Libri Ritualis, «Pars Secunda: De Presbyterio, quod datur Civibus Romanis pro arcubus, quomodo et quibus detur. Caput I. Quotiescunque D. Papa a B asilica S . Petri in precipuis festis in sollemni pro­ cessione ad Palatium Lateranense revertitur, in via per quam transit, Nobiles Roma­ ni in eius honorem arcus honorabiles faciunt, et omnes Clerici Romani Sacris vesti­ bus induti, eidem Pontifici ubicunque possunt, cum thuribulis occununt. In cmus hosteris remuneratione, civibus Romanis pro arcubus datur Presbyterium triginta quinque librarum provisionorum Clericis vero pro thuribulis tresdecerim librarum cum dimidia provisionorum Presbyterium igitur triginta 5 librarum, quod datur illis qui arcus faciunt, tali modo distribuitur. In primis itaque Magistris S. Petri, qui su­ per gradibus arcum faciunt ferramentorum donanter duodecirn provisioni: A pallia­ rijs usque ad S. Gregorium 45 Solidi provìsionorum. A negotiatoribus usque ad fio­ larios 42 solidi provisionorum. A Santo Gregorio usque ad viculum quindecirn soli­ di provisionorum. A fiolarijs usque ad porticam Romanam arcem solidi provisiono­ rum: Deinde usque ad pisces, octo solidi provisionorum. Postea usque ad sub fonta­ na, 7 Solidi provisionorum. A fontana per totam aliam pmticum 10. solidi provisio­ norum. In Castello Crescentij. alias S. Angeli 6. solidi provisionorum: In fonte S. Angeli 2 solidi provisionorum: A domo Stephani Theobaldi usque ad S . Celsum, 3 solidi provisionorum: Deinde usque ad arcum, ubi est domus Joannis Pauli, 28 soli­ di provisionorum: Deinde usque ad domum Stephani de Girone 10. Solidi provisio­ norum: Deinde usque ad domum quae est marmorea, novem solidi provisionorum: Per totam regionem Parionis 6 libre provisionorum: Deinde usque ad domum Maxi­ morum 1 2 libre provisionorum: Deinde usque ad domum Maximorum 1 2 solidi pro­ visionorum: Deinde usque ad turrim Odonis Borri fili decem solidi provisionorum: Deinde usque ad domum Falconcellorum 1 0 solidi provisionorum: Deinde usque ad domum Johannis cum zocculis cum caselino Nicolai de Hugone 1 0 solidi provisio-

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norum: Deinde usque ad domum Gonzi 6 solidi provisionum: Deinde usque ad viam de Calcarij 6 solidi provisionorum: Deinde usque ad domum Cesario, 24 solidi et gratis 4 solidi provisionorum: Deinde usque ad Amigdalam l O solidi provisionorum. Ab Amigdala usque ad S. Laurentium pensilem 40 solidi provisionorum: In ipso portica 2 solidi provisionorum: Deinde usque ad domum Nicolai Gozzi: Deinde usque ad angulum 4 columnarum 7 solidi provisionorum: Deinde usque ad domum Gizubam 6 solidi provisionorum: Deinde usque ad Marforium 5 solidi provisiono­ rum. Deinde usque ad domum Gonzi 7 solidi provisionorum: Deinde usque ad do­ mum Nicolai Ferri, sex solidi provisionmum: Deinde usque ad arcum de Miranda 9 solidi provisionorum: Ab arco usque ad SS. Cosma et Damiani pmticum 7 solidi provisionorum cum Monasterio cui dati sunt 2 solidi: Oliverio 2 solidi provisiono­ rum Joanni de Anagnia 4 denarij Joanni de Ruberto 2 solidi provisionorum Foce Mamen. 16 denarij : Clericis S . Cosma 2 solidi provisionorum: Theophilacto 2 soli­ di provision: In loco ubi fuerunt Palatia Frangepanorum 3 solidi provisionum Ro­ mano de Bonella 12 denarij Joanni Adultetino 2 solidi provisionum Citae 8 denarij : Joanni de Tinto 6 denarij : in domo Joannis de Gregorio 6 denarij In domo Saxonis Macellarij 8 denarij In domo Gregorii de B enedicta 2 solidi provisionorum: in do­ mo Dode 1 2 denarij In domo Tholomaei 5 denarij In domo Rainucij de Franco 5 de­ narij : in domo Sansonis Macellarij 7 denarij : in domo B enedicta de Pagano 1 2 de­ narij . In domo D. Adelatiae 8 denarij : In horto 2 solidi provisionorum, Joanni de Martino pro domo sua et nepotis, 20 denarij : Pro domo Petri de Mantino 8 denarij : In domo Petri de Paulo 12 solidi provisionorum: Familiae Fraoepanmum de Cartu­ laria 7 solidi et denarij provisionorum: In domo Sansonis de Manchino 2 solidi Pro­ visionum In domo Sansonis de olianta 1 2 denarij : In domo Joannis Bulgarelli 8 de­ narij In tota domo balnei 2 solidi provisionorum: In domo B erardi 2 solidi papien­ ses: In domo Grisotti 1 8 denarij In domo Marie Joannis de Rainuccio 4 denarij In domo Ausonijs Fomarij 4 denarij : In domo Uxi Presbyteri 4 denarij : In domo Joan­ nis de gregorio 1 8 denarij ; In domo Petri de Roberto 30 denarij: In domo Odonis ro­ mani et·asci 30 denarij: in domo Robatiani romani de Romanaccio sex denarij: In do­ mo Marmorata usque ad sambucos 10 solidi denarius. Dehinc usque ad S. Nicolaum de Colosseo 5 solidi provisionorum: Dehinc usque ad S .Mariam. de Ferrarijs 10 so­ lidi provisionorum: De hinc usque ad domum Joannis Papae 8 solidi provisioni De hinc usque ad angolum S . Clementis 8 solidi provisionorum: Ab angulo ipso usque ad Palatium Lateranense 45 solidi provisionorum: Et quamvis horum nomina tran­ slata sint et termini signa; mutata nihilominus tamen Presbyterium ipsum, sicut pre­ diximus per loca divitur supradicta». (Le sottolineature sono dell'autore)


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mento, pubblicati dal Mùntz15, che evidenziano un legame di sovrintendenza e verifica della Camera Apostolica sull'operato della Camera Urbis; il primo per un pagamento di trecento ducati d'oro saldati al magistro Lorenzo de Pie­ trasancta, il secondo di cento ducati al camerario della Camera Urbis Ludo­ vico Mosca in relazione agli apparati allestiti lungo le vie pubbliche e, gli ul­ timi due, ai conservatOli, per i miglioramenti attuati lungo la via papalis con paramenti, arazzi e panni di diversi tipi. Lorenzo da Pietrasanta, figlio di Ja­ copo di Cristoforo da Pietrasanta, maestro architetto della chiesa di S. Ago­ stino e del porticato dei SS. Apostoli, aveva progettato anche le architetture effimere realizzate in legno e stucco per il possesso di Innocenza VITI. Due altri mandati attestano il pagamento di cinquecento ducati d'oro per il can­ tiere della loggia delle benedizioni in costruzione, ad opera di magistro Gra­ tiadeo muratore, e lo spianamento del terreno antistante la basilica. Per la descrizione dei superbi archi trionfali e delle macchine teatrali che costellavano il percorso, occorre riferirsi alle testimonianze oculari: per questo aspetto, la cronaca più ricca di dettagli risulta essere quella di Ber­ nardino Corio contenuta nella sua Historia Patria16• L'autore non si soffer­ ma a illustrare gli apparati decorativi in Borgo: accenna ai festoni all' anti­ ca all'entrata del ponte e alla presenza di uomini armati per ciascun merlo del Castel S. Angelo insieme allo sventolare dei vessilli papali. Infatti, sul­ la sommità della torre del castello era stato issato, su un'antenna, un gran­ de vessillo17 di damaschino rosso sul quale Antoniazzo Romano18 aveva di­ pinto in oro l'arme del Borgia. n fondo dello stendardo era seminato di co­ rone d'oro raggiate con i colori del papa e tutt'intorno, a coronamento, cor­ reva un fregio d'oro fine di un palmo e mezzo. In cima al maschio rotondo centrale della fortezza, ve n'era un altro19 sul quale erano state dipinte le chiavi decussate sormontate dalla tiara con lo sfondo seminato a corone d'oro raggiate con armi più, piccole e a strisce multicolori. Sulle torri quadrangolari dei rivellini, che fiancheggiavano l 'ingresso dal ponte configurato a guisa di porta monumentale romana e de­ corata con festoni all'antica, erano stati issati altri due vessilli20 con le stes-

se effigi della Santa Romana Chiesa e del papa e sfondo simile ai prece­ denti. Il Cmio menziona anche uno stemma del pontefice scolpito in mar­ mo sopra il mosaico. Tiri d' artiglieria e trombettieti con pifferi, trombetti, trombe (trentasei) e tromboni provvedevano a scandire i momenti salienti della cavalcata; gli strumenti a percussione e a fiato erano decorati con ban­ derale a frange dei colmi del papa, o con pendoni per metà raffiguranti l' ar­ me del vescovo di Roma e per metà della Chiesa21. Infine, per la luminara di notte, i conti camerali menzionano un sostegno per una grande croce. Tutti i vessilli e stendardi di zendado realizzati per l' occasione furono commissionati al fornitore di fiducia dei palazzi Apostolici e massimo pit­ tore a Roma dal 1470 alla fine del secolo XVI, Antonio Aquili22 detto An­ toniazzo Romano, figlio del pittore Benedetto che aveva la bottega in piaz­ za Cerasa oggi Rondanini. n contratto sembrerebbe consociativo con il Pe­ rugino, mentre le pitture in S . Giovanni di anni e sgabelli ad uso della cap­ pella di S . Silvestro sono di Pier Matteo d' Amelia23 e del senese Pietro Tu­ rini. n carattere altamente imprenditoriale della bottega di Antoniazzo, (è console della confraternita di S . Luca, redattore degli statuti per la corpora­ zione dei pittori di Roma), fa supporre che mastro Aquili abbia sovrainteso ai lavori di dipintura delle insegne e dei vessilli e forse anche degli appara­ ti effimeti, già da lui stesso realizzati per l'incoronazione di Paolo TI nel 1464 e Innocenza VITI, come per le esequie della regina di Cipro. Al tempo di Innocenza Vill, nelle processioni locali che si svolgevano all'interno di Borgo, si usciva dalla basilica nella piazza antistante, dove il papa aveva fatto erigere una fontana allo sbocco delle due strade ptincipa­ li, e ci si dirigeva a sinistra lungo la via Sistina fino a Castel S . Angelo, ri­ tornando indietro lungo la via Sancta. Nella cerimonia del possesso di Alessandro VI, il corteo papale si av­ viava perconendo la via Sancta lambendo, ad un centinaio di metri dalla Mole Adtiana tra l'edilizia minuta, la Meta Romuli ancora integra, e subito dopo i ruderi del quadrilatero Adrianeo (fig. 2), del quale si poteva vedere ancora l' ordine24 gigante d' angolo (figg. 3-4), per giungere poi ad attraver-

1 5 E. MÙNTZ, Les arts à la cour des papes Innocent VIII, Alexandre VI, Pie III

2 1 Lo sparo dei mortaletti era una prerogativa delle feste dei Borgia. J. BuRCKHARDT, La civiltà del Rinascimento in Italia, II, Firenze 1940, pp. 158-188. 22 S . Rossr, Tradizione e innovazione nella pittura mmana del Quattmcento: i

(1484-1503), Paris 1 898, pp. 25 1-262. 1 6 BERNARDINO CoRio, Storia di Milano, a cura di A. MoRISI GUERRA, II, Tori­ no 1978, pp. 1486-149 1 . L'opera terminata i1 25 marzo 1 503 narra la storia di Mi­ lano dalle origini fino alla fuga del Moro in Germania. 17 Le dimensioni erano: sei canne di lunghezza e quattro canne di larghezza. 1 8 A. CAVALLARO, Antoniazzo Romano e gli antoniazzeschi. Una generazione di pittori nella Roma del Quattrocento, Udine 1 992. 19 Lungo due canne e due palmi e largo una cam1a e tre palmi. 20 Lunghi una canna e cinque palmi e larghi una canna e un palmo.

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maestri e le lom botteghe, in Le due Rome del Quattmcento. Melazzo, Antoniazzo e la cultura artistica del '400 mmano (Atti del Convegno internazionale di Studi, U­

niversità "La Sapienza", Roma, 2 1-24 febbraio 1996), a cura di S . Rossr-S. VALERI, Roma 1996, pp. 19-39. 23 Pier Matteo Lauro de' Manfredi ( 1450-1503). Cfr. C. STRINATI, Le stelle d'o­ ro di Piermatteo D 'Amelia, in Le due Rome del Quattrocento cit., pp. 105-108. 24 L'ordine gigante era in travertino formato da due paraste e una trabeazione decorata nel fregio da teste di toro e festoni. Per i disegni vedi: T. AsHBY, Six-


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sare l 'antica Porta di S. Pietro all' Adrianeo, posta alla base della torre qua­ drata che fiancheggiava l'ingresso al Ponte Elio. Superate le estreme propaggini fortificate del Borgo Leonino al ponte S . Angelo, dove si era svolto il tradizionale rito di omaggio della comunità ebraica25 romana, e attraversato l'arco di Graziano, Valentiniano e Teodo­ sio sulla sponda opposta del ponte, si poteva ammirare il primo arco realiz­ zato in suo onore che si trovava lungo la via Celsa, attuale via del Banco di S . Spirito, poco prima della chiesa di S. Celso, ed il successivo collocato s �bit? dopo l'e�ific�o sacro. Il Corio lo descrive a tre fornici con una cop­ pia dr colonne ai lati dell' arco centrale poggiate, probabilmente, su alte ba­ si. Sopra i quattro capitelli erano poste statue di uomini armati a modo de baroni antiqui con le spade sguainate in mano. Sull ' attico, l'iscrizione de­ dicatoria: Alexandro Sesto Pontefice Maximo, dipinto con lettere d'oro su fondo azzurro. Fregi e pannelli dipinti disposti in vari punti dei pilastri ri­ portavano figure antique che pareva volassino con le lance in mano. Sulla s �mmità dell 'archivolto, in chiave, si �rovav� l'arme pontificia fiancheg­ , giata da corm_ dell abbondanza e festom. Sull'mtradosso dell'arco, dall'im­ posta in giù, era dipinta una scena di vaticinio ed appesa una tavola a mo­ do antiquo26 con su scritto Vaticinium Vaticani Imperii e, dall'altro lato, Di­

Al bivio tra l'attuale via dei Banchi Nuovi e la via dei Banchi Vecchi era collocato un grande stemma pontificio costellato di putti su fondo azzurro, fe­ stoni e ghirlande. Lungo il percorso della via Sacra erano state montate dop­ pie travi che poggiavano sugli aggetti dei fabbricati prospicienti la strada, le quali fungevano da sostegno per omamenti ed arazzi con lo stemma dell'elet­ to. Sulle facciate delle case che prospettavano sulla via erano esposti drappi intessuti d'oro e d'argento. Il cronista descrive un terzo arco dopo la casa di Franceschetto Cybo, ed un altro all'altezza del palazzo di Napoli. Quest'ulti­ mo dovrebbe essere il palazzo di Francesco Orsini in Agone, allora possedu­ to dal cardinale di Napoli Oliviero Carata, da collocare nella topografia ro­ mana dell'epoca nella patte dell'isolato dove sorgeva la torre di Cencio Mo­ sca e dove ora insiste palazzo Braschi. Altri tre archi trionfali vengono citati, ma non descritti, nell'area compresa tra Macel de' Corvi, la piazza che si chia­ merà poi della Conca di S. Marco e il Clivus Argentarius. La zona era stata in­ teressata di recente da lavori di sistemazione viaria nel 1489 sotto Innocenza VIII, come ricorda una lapide che era posta nel cantone tra la scomparsa piaz­ za di Macel de' Corvi e la via di Martorio. Bernardino Corio rimane colpito da una fonte realizzata con le sem­ bianze di un bue, sembra in prossimità di uno dei due archi eretti a S. Mar­ co, da cui sgorgavano vino (dalla fronte), e acqua (dalle corna, dalla bocca, narici, occhi e orecchie). Il motto Laeta Ceres e Divo Alexandro magno maiori maximo erano dipinti insieme ad un bove rosso sulle basi delle co­ lonne che sostenevano cornici di foggia antica e festoni. Nel 1492 il ciclo delle nove tele del Trionfo di Giulio Cesare in Gallia di Andrea Mantegna (fig. 5), nonostante fosse ancora incompiuto, suscitava già grande ammirazione; non si conosce se Alessandro Borgia avesse avuto oc­ casione di vedere i dipinti ma, l'associazione di Alessandro a Cesare nel di­ stico posto sulla facciata della residenza del protonotario Agnello, scritto a let­ tere d'oro su fondo azzurro richiama esplicitamente alla mistica della vittoria e alla glorificazione del valore militare. «Cesare magna fuit nunc Roma est maxima. Sextus regnat Alexander, ille vir, iste deus» l'accostamento rivelava la sua adeguatezza al comando, in relazione con quello che era ritenuto il più grande generale di tutti i tempi personificato prima in un uomo oggi in un dio. Nel possesso di Alessandro VI il rimando all'antico27 è totale e si mani­ festa in ogni elemento caratterizzante il percorso, nelle suggestioni visive, nei

vi Alexandri Magni Coronatio.

Superata la chiesa di S. Celso, il secondo arco sembrerebbe, dalla de­ scrizione, essere ad un fornice con l'intradosso della volta cassettonato a mezzo di modanature a rilievo, come fiori dorati che accoglievano al cen­ tro conchiglie marine. Sopra la comice, probabilmente poggianti su colon­ ne, erano fanciulle che recitavano versi in latino e in volgare all'arrivo del pontefice. Ai lati dell' arco, due nicchie dove l' Oriente e l 'Occidente erano personificati da una fanciulla mora vestita all' orientale e l 'altra all'o cci­ dentale. All 'imposta dell'arco, a sinistra, i motti Liberalitas. Roma. Iusticia, r�ffigurati ciascuno da una ninfa. Roma aveva il mondo ai piedi e nelle ma­ m un bove che pasceva e la mitra episcopale. A destra, sempre all' imposta dell'arco figuravano Pudicitia. Florentia. Charitas. Sui lati minori dei pila­ stri, altre iscrizioni Eternitas. Victoria. Europa. Religio.

teenth-C�ntwy Drawings ojRoman Buildings attributed to Andreas Coner, «Papers . of the Bntrsh School at Rome», 2 (1904), pp. 48-49, n. 96. (75) 'castri s. angeli ' . Vedi anche i disegni di Giuliano da Sangallo Barb. 9, 1 7v, 37v, 38, Sien. 36 e Iaco­ po Sansovino Uffizi 4330 (ibid.). 25 La stessa comunità ebraica aveva «affidato un intero tratto della strada pa­ pale dall' Arco di Tito al Colosseo che essi debbono provvedere ad addobbare con arazzi insegne e cartelloni raffiguranti emblemi e passi biblici allusivi del trionfo del nuovo pontefice e alla devota obbedienza assicurata dalla comunità». 26 Sono, nel caso in questione, le tabulae ansatae con estremità sporgenti.

27 M. MIGLIO, Il ritorno a Roma. Varianti di una costante nella tradizione del­ l'Antico: le scelte pontificie, in Roma, centro ideale della cultura dell'Antico nei se­ coli XV e XVI. Da Martino V al Sacco di Roma, a cura di S. DANESI SQUARZINA, Mi­ lano 1989, pp. 21 6-220. Cfr. anche M . A. VISCEGLIA, Cerimoniali romani: il ritorno e la trasfigurazione dei trionfi antichi, in Roma, la città del papa, a cura di L. Fro­ RANI-A. PROSPERI, Torino 2000, pp. 1 1 1 - 170.


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simboli mitologici e nei rimandi evocativi degli epigrammi. È certo il coin­ volgimento di Gaspare Biondo28 notaio di Camera, primogenito dei figli di Flavio Biondo. L'ispirazione di tutti gli elementi costitutivi dell'allestimento è identificabile all'interno del repertorio del rituale pubblico dell'antica tradi­ zione romana del trionfo. La cerimonia ha il carattere fastoso della parata trionfale, che concentra al suo interno tutti gli elementi importanti in modo che ogni spettatore in qualsiasi punto del percorso potesse coglierli. Lo con­ ferma l'allestimento dei theatra all'uso romano ricordati da Girolamo Porca­ ri29. Biondo Flavio ne parla nella sua Roma Triumphans30: «e tutta questa strada trionfale, [...] si soleva d'ogni parte ornare di cortine; e di lauro; [ ... ] e le finestre, e i tetti s'ornavano: et in quel giorno si vestiva tutto il popolo le migliori vesti, che havesse; e non era niuno (come diceva Giosefo) che non havesse in quel giorno lasciato casa sua; e venuto qui per vedere; e i templi, che erano presso questa strada trionfale [ ... ] si vedevano in quel giorno tutti aperti, et inghirlandati; e se ne sentiva uscire un soavissimo odore di profu­ mi, e d'altre cose odorifere; che vi si ardevano: andava una gran moltitudine di ministri con bastoni indorati in mano, facendo fare largo per la strada a cio non fusse ritardata o impedita la pompa da l'ordine suo e prima; in quel che diceva Giosefo, de la Veste di purpura, di quella, che più rara si trova; depin­ te vagamente con arte babilonica, è da sapere, che questa tal purpura rara, è quella c'hoggi chiamano cremesina, o violata: e gli antichi chiamavano lavo­ rate con arte babilonica tutte quelle cose, che erano di vari colmi interteste, o di seta diversa o d'oro; o pure de l'uno e de l'altro; del qual lavoro se ne ve­ de hoggi per tutta Italia uno abuso troppo grande, e dannoso». Se per la coronatio Urbis le fonti sono limitate, per l'allestimento del cmteo si è conservata la documentazione relativa alle spese sostenute. In un gruppo di manoscritti e carte appattenenti all'eredità Visconti, è compreso un manoscritto31 di diciotto carte in latino, ben conservato, estratto da un vo­ lume di un registro camerale che Pietro Ercole Visconti riteneva «Un rmissi­ mo e prezioso documento». Il fascicolo rilegato con cura, reca sul frontespi­ zio la seguente dicitura: «Ordini di pagamento del Camerlengo Card. di S. Giorgio per l'incoronazione di papa Alessandro VI»: tali ordini risultano es­ sere i mandati di pagamento che costituivano una fase determinante dell' iter

28 Gaspare Biondo fece parte dell'Accademia di Pomponio Leto e lo stesso Le­ to gli dedicò una Vita del poeta Stazio. 29 «Omnia Urbis loca equest:ribus erant ornata theatris, unde populus Romanus iuvenesque senesque ad spectandam coronationem bellissime comparaverant». 30 Roma Triumphans di Flavio B iondo scritta tra il 1457 e il 1459 stampata a Mantova ne1 1472, fu donata a Pio II a Mantova nel 1459. Ne1 libro X inizia la par­ te dedicata ai trionfi. 3 1 ASV, Mise. Arm. XV, 1 6 1 , ff. 1 r- 1 8v.

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di estinzione dei crediti delle maestranze impiegate nei lavori di allestimen­ to: la fase cioè nella quale il prezzo proposto dalle imprese, già sottoposto al vaglio del tesoriere che lo riduceva quasi costantemente in media di un ter­ zo rispetto alla cifra richiesta, veniva passato al depositario che provvedeva al pagamento. Già a suo tempo il Miintz ne aveva pubblicato una rassegna che non comprendeva i mandati contenuti nel fascicolo conservato nell' Ar­ chivio Segreto Vaticano. Quest'ultima raccolta integra i mandati del registro camerale32 del 1 492, conservato nell'Archivio di Stato di Roma, in quanto ne costituisce un quinterno sottratto, presumibilmente, nell'800. In tal mo­ do, la serie dei mandati contenuti nel volume del Miintz è stata completata e la procedura amministrativa e contabile delle spese sostenute ha un pieno ri­ scontro, anche tramite il raffronto con altri due tipi di fonti contabili come i Registri di entrata e uscita33 della Camera Apostolica e i Computi34 presen­ tati dalle maestranze (v. Appendice). Tale documentazione risulta ancor più rilevante, come testimonianza oggettiva, per l' assenza di notizie del possesso nel diario dei cerimonierP5. Infatti, dei due maestri di cerimonie in carica allora ancora stranieri36 come stabiliva il Concilio e che istituzionalmente avevano il compito di sovrin­ tendere ai preparativi per l'incoronazione, il più anziano, il prefetto del­ l'ufficio delle cerimonie, Giovanni Burcardo, non ha lasciato traccia del­ l'evento nei suoi diari, (il vuoto documentario comprende il periodo dal 14 giugno al 2 dicembre 1492), né risulta esistere documentazione !asciataci dal suo secondo (Rebioli, Gutteri, Paris de Grassis) o dal soprannumerario (Jean Marie de Podio) i quali, ambedue più giovani, dovevano comunque deferire ai suoi ordini. Occorre dire però che, nei documenti a cui si è fatto riferimento precedentemente, risulta il pagamento dello stipendio mensile di agosto a tre maestri di cerimonie: Giovanni Burcardo, Jean Marie de Po­ dio e Alessandro Piccolomini, nonostante alcuni autori ritengano verosimi­ le l'assenza del Burcardo da Roma. Si presume che questo dato possa av­ valorare l 'ipotesi che, data l'importanza del ruolo di coordinamento del ce­ rimoniere in simili avvenimenti, l'assenza della memoria dell'evento nel diario non comporti necessariamente il fatto che egli non fosse presente.

32 Mandati della R.C.A. (1418-1802). Inventario, a cura di P. CHERUBINI, Ro­ ma 1 988, p. 104. li volume è il n. 855 (ago. 1492-mag. 1494) dove mancano 1 8 car­ te dal f. 1 2 al f. 29 ora in ASV, Mise. Arm. XV, 1 6 1 . 33 ASV, Cam. Ap., Intr. et Ex, 524. 34 ASV, Cam. Ap., Div. Cam., 50, ff. 47r-55r. 35 M.G. CONSTANT, Les maftres de eérémonies de XVI siècle. Leurs diaries, «Mélanges d'archéologie et d'histoire», 23 ( 1 903), pp. 1 6 1 -229 e 3 1 9-344. 36 Solo con B iagio da Cesena la carica di cerimoniere fu riservata ad un italia­ no passando da zio a nipote.


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Sulla base di questi dati, avendo sullo sfondo la trama tracciata dai d_ett�mi del cerimoniale del possesso, lo scenario degli apparati effimeri SI è m qualche modo 'materializzato' , consentendo così una ricostruzione ideale dell' evento. Che, peraltro, risulta non aver lasciato traccia nelle rappresentazioni iconografiche37 dell' epoca, mentre, di converso, ha avu­ to un' ampia eco nella cronaca contemporanea, come la già nota descri­ zione di B ernardino Corio e del veneziano Pietro Delfini. Il dettagliato computo estimativo a disposizione offre un rendiconto completo delle spese di quasi tutte le maestranze: pittori, ricamatori, banderari setaioli merciai, brillari, sellari e bastiarii, cantori e musicisti, indoratorÌ, e molt� altre �ateg�rie �oinvolte. L'an:bito dei lavori riguarda gli apparati legati al cenmomale, Il compenso d1 tutte le categorie della curia incaricate di assolvere compiti d'istituto, gli abiti delle persone preposte a presenziare al corteo papale, l' approvvigionamento di tutti i generi di conforto neces­ sari nei due fulcri religiosi di partenza e di arrivo. Le carte contabili con­ sento�o in�ltre �i verificare se esista concordanza o meno tra ciò che pre­ vede Il cenmomale del possesso e le opere effettivamente realizzate. Tale verifica dell' allineamento o del discostarsi dalle regole della liturgia ro­ mana è difficile da condurre tramite un altro tipo di fonti, soprattutto nel caso di rituali così lunghi e complessi. Per l' ordine della processione sono state confrontate le prescrizioni del cerimoniere Giovanni Burcardo, previste per il possesso di Innocenza VIII avvenuto sei anni prima, e il cerimoniale papale di Agostino Patrizi PiccolominP8 e dello stesso Burcardo, ritenendo, o meglio presumendo, che tutto il rito si sia svolto attenendosi alle prescrizioni del nuovo cerimonia­ l � , D� Cerir:zon is Curiae Romanae Libri Tres, consegnato appena pochi an­ m pnma - Il l marzo del 1488 - al defunto papa Innocenza VIII il quale ne aveva commissionato la redazione nel dicembre del 1 485. Bernardino Corio introduce la descrizione del possesso accennando brevemente al rituale del bacio del piede39, all'intronizzazione e all'incoro­ nazione. Alessandro, affiancato dai cardinali Francesco Todeschini Picco­ lamini e Raffaele Riario, ammantato con il piviale rosso e la mitra episco­ _ pale, ncevette al portico di S. Pietro l' omaggio del bacio del piede da par-

!

37 Cfr. M. MIGLIO, Liturgia e cerimoniale di corte, in Liturgia in figura. Codi­ ci liturgici rinascimentali della Biblioteca Apostolica Vaticana, a cura di G. Mo­

RELLO-S. MADDALO, Roma 1995, pp. 43-50. 38 M. DYKMANS, L'oeuvre de Patrizi Piccolomini ou le cérémonial papa[ de la première Renaissance, Città del Vaticano 1 980 (Studi e testi, 293). 39 M. CAFFIERO, La maestà del Papa. Trasformazioni dei rituali del potere a Roma tra XVIII e XIX secolo, in Cérémonial et rituel à Rome (XVIe-XIXe siècle) a ' cura di M.A. VISCEGLIA-C. ERICE, Roma 1997, pp. 295-302.

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te dei due prelati; entrato in basilica, sotto il baldacchi�o �ealizzato �o_n drappo in argento, si recò all'altare di S. Andrea per vestire I paran:entl �­ _ c n 1l palho turgici per l'ufficio sacro. Attorniato «da una _turba d�_ prel�tl», � _ ricamato a croci nere posto sull' altare, al termme dell mtrmto, salì sulla cat� tedra coperta di panno d'oro40. I cardinali e gl� altri prelati �u?va��nte gli baciarono il piede, la mano e la bocca, dopo d1 che prosegm l uff1c1o della messa. Al termine, ebbe luogo l'incoronazione davanti all'ingresso del por­ tico nel sagrato della basilica, dove venne eseguita una tribuna coperta di pan�o verde al centro della quale era stato posto un faldistorio in seta �osa e un sedile. Dopo le trasformazioni di Pio II41 il rialzo, profondo quasi 17 m. e largo più di 44,50 m. , consentiva ai cardinali e ai cap?rioni con � g�n­ _ faloni dei rioni di Roma di disporsi alle spalle del pontefice affmche l m­ coronazione fosse visibile a tutto il pubblico presente. Il cerimoniale pre­ vedeva che il diacono a sinistra deponesse la mitra e il diacono a destra gli collocasse sul capo la tiara42. . . Lasciata quindi da Alessandro VI la tribuna, acclamato con 1l Kyneleison dal popolo e proclamata dai diaconi l'indulgenza in latino e v�lg�re, il pontefice monta sul suo cavallo con una scala, aiutato da un alto d�gmta­ rio che ne tiene la staffa. Il capitano Nicola Orsini, a capo delle venti squa­ dre di milizia a cavallo, precedeva il corteo; i gendarmi a difesa dell'inco­ lumità di Alessandro, dislocati nei punti nevralgici del percorso, furono og­ getto di attenzione di molti testimoni43, probabilmente per l'ingente nume­ ro di persone utilizzato. L'ordine della processione d'insediamento prevede_va all��nizio de� corteo un primo gruppo di personaggi di minor co�t� e pe� 1 qu�li 1 �ena�t1 �o� pongono alcuna attenzione: valletti con le ':'ahg1e �el car�mah, fanngh d1 . _ cardinali e laici - misti e in numero Imprecisato - 11 barbiere e 1l sarto del

40 n panno d'oro o nassiccio, di origine orientale, era_ in assoluto il tessuto più Ve­ prezioso sul mercato; è conosciuto già dal Duecento e vemva prodotto a Lucca, nezia e Genova. 41 DE BLAAUW, Cultus et decor cit., pp. 73 1-732. Le misure sono tratte dal. l' ALFARANO, 20. 42 In un istrnmento del 19 novembre 1492 risulta già pignorata «Summa ahoet unius rnm mille similium florenos auri de Camera per pretio unius balasci magni gem­ auro m �reziosa alem pontific mytram pignoris ] margarite sive perle magne [... � pp. s P�ul f�.re. fec1t � quam ornata one extimati pretii magni ad tis mis et margari ­ m o s prec1osi gems � ale quam mytra idem [. . . ] pignus pectorale aureum pontific a medzcea a ban della Fortuna D, BULLAR � tum» A questo proposito cfr. M. MERIAM d1 S. GENSINI, Roma nel tardo Quattrocento, in Roma Capitale (1447-1527), a cura Pisa 1994, p . 249. . coronatione Alexandrz VI, 43 HIERONYMI PORCII Commentarius de creatione et Romae, Eucharius Silber, 1493, f. 251:


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papa con una dotazione di due valigie di scarlatto44, dove erano contenute le vesti del pontefice, i suoi famigli e scudieri, i nobili della curia (ma di minor conto) e, a seguire, i nipoti e parenti dei cardinali. Procedeva poi un palafre­ niere vestito di rosso che, tenendo una mazza del medesimo colore nella ma­ no sinistra, conduceva un cavallo bianco coperto anch'esso di scarlatto, sul quale era stata posta la scala adoperata dal pontefice per montare sul suo ca­ vallo, e che avrebbe riutilizzato una volta giunto a S. Giovanni. Avanzavano poi su cavalli che procedevano all'ambio, con coperte e freni di velluto cher­ misi45, sei coppie di cursori di curia vestiti di rosso con le frange 'a divisa', armati di piccole lance e vessillidi zendado46 rosso con l'arme del papa, in­ seriti in apposite tasche di cuoio rosso turchesco. A seguire, procedevano i tredici caporioni a cavallo, ciascuno con una piccola lancia e il gonfalone della propria regione. Nel cerimoniale era previsto che i Romani provvedes­ sero autonomamente al loro allestimento, ma nel possesso di Alessandro i pagamenti per la fattura dei vessilli47 risultano a carico della Camera Apo­ stolica. Gli stendardi erano stati realizzati in zendado da Giuliano Sasso e di­ pinti da Antoniazzo Romano e Pemgino, con una banda superiore aggiunta sulla quale erano state pitturate, alle estremità e da ambedue le parti, tre ar­ mi in oro dei Borgia. Altri due cursori a cavallo e in abiti rossi pmtavano due vessilli più grandi con l'effige di due chembini con lance bianche. Il secondo gmppo comprendeva in sequenza cinque eminenti perso­ naggi, attorniati da familiari o servitori: apriva il gonfaloniere Domino Ga­ briele Cesarinis con la tufa48, la bandiera del Popolo Romano, seguiva il procuratore di Pmssia con lo stendardo dell'Ordine della Beata Maria dei Teutonici su fondo bianco con una croce nera in mezzo, il conte Antonio de la Mirandola con l'emblema del Borgia su campo rosso, il Signore de Co­ regio con l'insegna delle Chiavi su fondo bianco e, infine, il procuratore di

Rodi con il vessillo di S. Giovanni Gerosolimitano su campo rosso con una croce bianca al centro. Ciascuno di loro ricalcava nelle sopravesti e nelle giornee di taffetà, nelle bardature del cavallo e nelle sopravesti militari dei quattro fanti che li seguivano, i colori del proprio vessillo. Il carattere mili­ tare dei vessilliferi armati di astile ed elmo, con il cavallo bardato fino agli zoccoli, testa compresa e l'effetto coloristico e dei tessuti serici aumentava la forza dell'impatto visivo sugli spettatori. Seguivano dodici palafrenieri con baculi dorati, che conducevano cia­ scuno un cavallo bianco sellato e ornato sulla fronte con fiocchi d'oro e se­ ta chermisi. Per questo tipo di processioni si preferivano i cavalli bianchi d'Irlanda49 molto apprezzati per la loro bellezza e mansuetudine. Procede­ vano al seguito la mula sellata, con cinghie e staffili a rosone e i quattro pi­ lei del papa sostenuti da altrettanti nobili scudieri. L'introduzione della mu­ la50 costituiva una pratica recente del cerimoniale, come rimando simbolico all'ingresso di Cristo in Gemsalemme descritto nel passo del Vangelo51. I quattro pilei, invece, erano dei cappelli issati su bastoni coperti di velluto chermisi di quattro palmi di lunghezza che evocavano i berretti di feltro di forma conica, ben aderenti alle tempie, portati dai romani nei giorni di festa e nei conviti. La fattura dei pilei rinascimentali è molto più elaborata: erano di velluto chermisi, cuciti con fettucce, cordoni e fiocchi dorati, con frange e pendenti pesanti misti d'oro e rosso. Superato il gmppo a cavallo dei camerieri extra-camera del papa, in­ cedevano gli ambasciatori di principi e re, i chierici non prelati con i baro­ ni e i nobili maggiori. Di questo ampio gmppo le cronache menzionano so­ lo la presenza dei due oratori spagnoli, l'uno abbigliato in velluto nero e l' altro in damasco verde e pavonazzo52, ciascuno seguito da otto scudieri. I

44 PARAVICINI BAGLIANI, Le chiavi e la tiara cit., p. 125 del Glossario «Lo scar­ latto era un panno pregiato di lana tinta in rosso acceso ma il termine nel Basso Me­ dio Evo veniva usato anche per tessuti pregiati di altro colore come ad esempio il bianco "brillante". Nelle valigie erano previste quattro salviette di seta cremisina in­ tessute di filo d'oro per avvolgere le vesti preziose». 45 Il termine proprio per indicare il colore rosso di qualità più pregiata é il cher­ misi; deriva dal nome della pregiata e costosa materia tintoria proveniente dall'O­ riente: il chetmes. Cfr. G. SANDBERG, The Red Dyes: Cochineal, Madder, and Mu­ rex Purple A World Tour of Textile Techniques, Ascheville 1994. 46 Lo zendado era un tessuto di seta tra i più usati adoperato nell'abbigliamen­ to soprattutto per foderare le maniche. 47 Lunghi 9 palmi e larghi 4. 48 Lo stendardo imperiale presso i romani si chiamava tufa. BEDA, Hist. Ecc!., l . II c. 16, ed. B . CoLGRAVE-R.A.B . MYNORS, London-Cambridge-Ma. 1 969, p. 1 92.

49 Sono molto grata al prof. Eric Haywood di avermi segnalato un passo di Paolo Giovio a questo proposito «Equi autem tota Hybernia tollutarii inconupta so­ bole progignuntur, quos a mollissimo incessu hobinos Angli vocant, ob idque deli­ catis expetuntur, et in Gallia Italiaque nobilioribus foeminis dono dantur; ex hoc ge­ nere duodecim, candoris eximii purpura, et argenteis phaleris exornatos, in pompa summorum Pontificum sessore vacuos duci videmus: iusta proceritas illis deest, sed fmma, decore, spiritu maxime praecellunt». PAOLO GIOVIO, Descriptio Britanniae, Scotiae, Hyberniae et Orchadum, in Opera, IX: Dialogi et descriptiones, ed. a cura di E. TRAVI-M. PENCO, Roma 1 984. 50 Nei rendiconti esiste una nota per una spesa di ventiquattro coperte rosate ri­ camate per i muli. Il dato riguarda le ventiquattro mule che con coperte, freni e fron­ tali decorati portavano i cibi a S. Giovanni per il banchetto. 5 1 Vangelo secondo Luca, 1 9 . 52 Il pavonazzo era una variante del rosso e s i otteneva dalla sovrapposizione del rosso ottenuto, non con il chermes, ma impiegando il brasile (o verzino) al bia­ vo cioé all'azzurro.


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velluti53 di seta neri dopo quelli di colore rosso erano i più pregiati e rap­ presentavano la massima pompa nell'abbigliamento cerimoniale. La pre­ ziosità derivava dal peso, dalla lavorazione e dalla difficoltà nell'ottenere il colore 'nigro'54 così come il damasco, caratterizzato dalla giustapposizione di motivi lucidi e opachi di chiara origine orientale (nella duplice, vivace compresenza del verde e del pavonazzo) manifestava, in maniera evidente nella ricercatezza del tessuto della veste, l'eccellenza del personaggio e del suo ruolo nel contesto politico e sociale. Dietro la croce astile d'oro, sostenuta dal suddiacono fiancheggiato da due maestri ostiarii con sottili baculi d'oro brunito, incedevano davanti al Sacramento del Corpo di Cristo dodici familiari del papa vestiti in rosso e recanti torce accese. Due lanterne argentate, portate da chierici a cavallo, introducevano l'epifania della cassa contenente l'Eucarestia protetta dal­ l'umbraculo di broccato bianco, portato alternativamente da tredici nobili romani di ciascuna regione e trasportata da un cavallo bianco con la gual­ drappa di rosato finemente ricamata con chiavi e tiara e finimenti d'oro. Su ognuno dei ventotto drappelloni pendenti dal cielo del baldacchi­ no erano dipinte le insegne del papa. Il suono del campanello al collo del cavallo, portato con la destra da un familiare del sacrista, annunciava agli astanti il momento solenne del passaggio del Corpo del Cristo. Tra l'asten­ sione eucaristica e il manifestarsi della presenza fisica del pontefice si in­ tercalava, in parte a cavallo, tutta la gerarchia ecclesiastica più eminente, ciascuna con le vesti liturgiche55 preposte al ruolo: il sacrista, i due prefet­ ti navali, i cantori56 della Schola Cantorum, i segretari e gli avvocati, gli ac­ coliti, i chierici di Camera, gli uditori di Rota, i subdiaconi apostolici, il dia­ cono e il suddiacono greci, gli abbati forestieri, i vescovi, gli arcivescovi, gli abbati della città, gli arcivescovi assistenti del papa, il patriarca, i cardi­ nali-diaconi, cardinali-presbiteri, e cardinali-vescovi, i due diaconi assi­ stenti del papa e il priore dei diaconi. In questa tumultuosa torma è neces­ sario inserire altri soggetti come il gruppo di persone al seguito della 'fa­ milia' di ciascun cardinale che nell'abbigliamento cosiddetto ' a le armi ' ri­ proponeva spesso i colori o anche i simboli gentilizi identificativi della sua casata. La capricciosità delle diverse fogge viene in parte descritta dal Co-

rio: egli cita il seguito di Ascanio Sforza57 costituito da dodici scudieri con farsetti58 di raso chermisi, la sopraveste in pavonazzo e le fodere cangian­ ti59; del cardinale di S . Giorgio60, Raffaele Riario, con vestiti e sopravesti di raso chermisi; o del cardinale di Parma61, «con li soi vestiti con zupponi ra­ so cremisino, gabanelle de argentino e fodre de sandale verde cinte et a le braze haveano certi monili e armille». I cardinali Giovanni B attista Orsini62 «ch'avea li suoi con calze de ro­ sato e giornie de veluto verde con franze bianche e rosse», Federico Sanse­ verino63 «con dodici vestiti de raso sambugato in gabanelle langhe»; Gio­ vanni Battista Zeno64, «con li sui vestiti de veluto negro»; Oliviero Carafa65, «con veluto pelo de leone»; Antonio Pallavicino66 «con gabanelle di dama­ sco verde» e Ardicino Della Porta67 'di rosato' , sono solo alcuni esempi del­ la moltitudine di vesti ricercate e ornamenti la cui tipologia rispecchiava e

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53 n termine ' velluto' indicava la pelosità del tessuto caratterizzato dal filo sol­ levato. n velluto poteva essere ad uno, due o tre peli, alto e basso, cioè con peli a diverse altezze. 54 Per ottenere il nero occoneva applicare la tintura ottenuta dal mallo delle no­ ci al tessuto già tinto. 55 Dalmatica, pianeta, mitra e pluviale. 56 Sono noti i nomi dei cantori della Cappella: si veda in proposito l'appendi­ ce documentaria.

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57 EUBEL, Hierarchia catholica cit., p. 20, «Ascanius (Maria) Sfortia de Vice­ comitibus, ep. (vel potius el.) Papien. = s. Viti in macello diac. card. (Ascanius); t 1505 Maii 27; creatus sub Sixto IV in octava promotione die 17 Martii 1484»; «che havea XIIscuderi con zupetti di raso cremisino e sopraveste di raso pavonazo, le fo­ dre cangiante e bastoni depinti a l ' arme de Visconti e Sforceschi». 58 n farsetto veniva detto anche diploide, zupone o zuparello. 59 Per le fodere cangianti vedi il Carnevale di Roma del 1 508. 60 EUBEL, Hierarchia catholica cit., p. 1 8 «Cardinal diaconus S. Georgii ad velum aureum: Raphael (Sansonus) Riario, protonot. apost., tr. postrnodum ad tit. s. Sabinae; nepos Sixtus IV= dein presb. tit. s. Sabinae, denique s. Laur. in Dam. (s. Georgii); t 1521 Jul. 9; creatus cardinal sub Sisto IV in quarta promotione die 10 Dee. 1477». 61 lbid. , p. 19 «Joannes Jacobus (Sclafenatus) ep. Parmen. , cubicul. S. P. = tit. s. Stephani in Coelio monte (Parmensis), tr. ad tit. s. Caeciliae 1484 Nov. 17 (?); t 1497 Dee. 9; creatus cardinal in septima promotione die 1 5 Nov. 1483». 62 lbid. «(Joannes) B aptista de Ursinis, protonot. apost. = s. Mariae in Domni­ ca, dein s. Mariae novae diac., demum tit. ss. Joh. et Pauli presb. card. ; t 1503 Fe­ br. 22; creatus cardinal in septima promotione die 15 Nov. 1483 sub Sisto lV». 63 lbid., p. 21 «Federicus de s. Severino, protonot. apost. = s. Theodori diac. (s. Severini seu Sanseverinus) a Julio n priv. a Leone X restit. , tunc s. Angeli diac.; t 1 5 1 6 Aug. 7 ; creatus cardinal sub Innocentio VIII die 9 Martii 1489». 64 lbid. , p. 15 «Joannes B apt. Zeno, protonotarius apost. nepos Paulus II = diac. s. Mariae in porticu, dein presb. tit. s. Anastasiae 1470, denique ep. Tusculan. , t 1 50 1 Maii 7; creatus cardinal in secunda promotione die 9 Nov. 1468». 65 Ibid., p. 1 4 «Olivierus Carafa, ep. Neapolitan. = tit. ss. Marcellini et Petri, dein s. Eusebii (Neapolitanus), t 1 5 1 1 Jan. 20; creatus sub Paulo II in prima pro­ motione die 1 8 Sept. 1467». 66 lbid., p. 21 «Antoniottus Pallavicinus, ep. Auriensis = tit. s. Anastasiae dein s. Praxedis, t 1507 Sept. 10; creatus cardinal sub Innocentio VIIIdie 9 Martii 1489». 67 lbid., p. 20 «Ardicinus de la Porta, ep. Alerien. = tit. ss. Joannis et Pauli (A­ leriensis), t 1493 Febr. 4; creatus cardinal sub Innocentio VIII die 9 Martii 1489».


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identificava il ceto di appartenenza. All'epoca, la distinzione del rango so­ ciale si manifestava nella qualità della stoffa68, da cui dipendeva la minore o maggiore vivacità dei colori. Per quanto riguarda i disegni delle trame in velluto, raso e in raso vellutato, si possono immaginare in una limitata gam­ ma di temi decorativi riferiti ai simboli della passione di Cristo, della re­ surrezione e della vita eterna69. Il tronco secco rifiorente nelle due tipologie a 'griccia' e 'cammino' alludeva alla vita eterna donataci dal sacrificio di Cristo. Davanti al pontefice procedevano, a piedi, i conservatori e altri uffi­ ciali e nobili romani, ciascuno con il proprio seguito. La milizia pontificia circondava l 'Eletto per proteggerlo, mentre il soldano Giovanni Ierona, !ad­ dove la calca gli impediva il passaggio, gettava carlini e ducati d'oro di nuovo conio con l 'effige di Alessandro. Al centro del corteo dunque, giun­ geva, sotto il baldacchino dorato di broccato bianco, sostenuto da nobili o ambasciatori, Alessandro Borgia. Il cavallo bianco del pontefice aveva la chinea falerata con la stragula ed il freno di velluto chermisi ornati d'oro come i finimenti; le staffe indorate palesavano dentro e fuori l'arme ponti­ ficio. Le cronache non riportano a chi fosse affidato il compito dell' officium stratoris. Agostino Paravicini Bagliani annota come «una pe1fetta, ma in­ versa simmetria [vi] accomuna vesti (bianca e rossa) e cavallo (bianco con bardatura rossa) [ ... ] ambedue richiamano simbolicamente la figura del pa­ pa alla Chiesa Romana»70• Chiudeva l 'esercito vittorioso, il gmppo com­ posto dal decano della Rota, da un portatore dell' umbrella pontificale71 ar­ mato e a cavallo, dal vicecamerario e da altri prelati non parati e, a conclu­ sione del lungo corteo, i sette protonotarii, l 'uditore delle udienze contrad­ dette e, a cavallo, il correttore delle lettere apostoliche. Il corteo terminava con un numero imprecisato di altri togati. Da questa descrizione si è potuto verificare come nel caso del posses­ so di Alessandro VI le spese sostenute assolsero alle medesime necessità previste dal cerimoniale pontificio, aderendo al rituale con un valore ag­ giunto legato allo sfarzo dell'oro, delle stoffe preziose, e all'uso dei colori che solo in parte sono strettamente legati al loro significato liturgico e alla

visibilità eristica, quanto anche ad una ostentazione di sfarzo e ricchezza, e alla massima esaltazione dell'emblema dei Borgia. Ma si vedano le cromie che contraddistinguono la processione. Se quelle liturgiche sono il bianco, simbolo di purezza, il rosso che ricorda la passione, il nero indice della pe­ nitenza, e il verde come colore neutro, nella processione di Alessandro la ricchezza e la varietà dei colori è spesso legata alla multiforme fantasia de­ gli emblemi araldici che rappresentano il codice interpretativo anche degli abiti dei partecipanti.

68 Anche il peso della stoffa era considerato un fattore di pregio. 69 Cfr. R. BoNITO FANELLI, The Pomegranate Motif in Italian Renaissance

Silks: a Semiological Interpretation ojPattern and Color in La seta in Europa. Sec. XII-XX, (Atti della Ventiquattresima Settimana di Studi, Prato, 4-9 maggio 1 992), a cura di S. CAVAcroccm, Firenze 1 993. Cfr. R. ORSI LANDINI, Alcune considerazioni sul significato simbolico dei velluti quattrocenteschi, «Jacquard», 33 ( 1997). 70 PARAVICINI BAGLIANI, Le chiavi e la tiara cit. pp. 47-49 e 76-78. 7 1 L' umbraculum era di taffetà gialla e rossa con in cima un angelo indorato con undici arme d'oro ricamate senza chiave e tiara.


612

ALESSANDRO V I : IL CERIMONIALE DEL POSSESSO

ANGELA QUATIROCCHI

f. 2v3

APPENDICE

Ludovico Musce (sic) Similiter salvi faciatis Domino Ludovico Musce camerario Camere Alme Urbis ducatos centum de fiorini X pro ducato

l . ASR, Camerale I, Mandati Camerali, 855

pro apparatu viamm in coronatione S.D.N. Quos in vestris

f. l v

computis admictemus Datum Rome die XXI Augusti 1492

Alexander Farnesius apostolicus protonotarius et S.D.N. papae generalis thesaurarius spectabilibus viris heredibus

f. 2v4

Ambrosii de Spannochiis pecuniarum Camerae Apostolicae

Conservatoribus Almae Urbis

depositariis presentium tenore mandamus quatenus de dictis

Similiter salvi faciatis Magnificis Dominis Alme Urbis

pecuniis solvatis honorabilibus viris Antonio de Altovitis

Conservatoribus ducatos auri in auro di Camera

et sotiis zecheriis zecche Alme Urbis infrascriptas

quinquaginta pro emendis pannis ad coperiendas vias

pecuniamm summas pro solutione et satisfactione totidem

principales quos in vestris computis admictemus.

per ipsos datamm reverendo patri domino Iohanne

Datum Rome in Camera apostolica die 25 augusti 1492

Gerona apostolice Camere clerico partim ad proicendum populo per vias partim ad presentandum omnibus prelatis

Cantoribus Capelle

S. Silvestri in die coronationis S.D.N. papae videlicet

Raphael et salvi faciatis infrascriptis officialibus et

ducatos CCC

Item ducatos auri in auro de Camera viginti quinque

ducatos XXV

carlenorum pro quolibet ducato

Lta

Item ducatos quinquaginta ad rationem XII

cantoribus Capelle palatii apostolici summas pecuniarum infrascriptas videlicet reverendo in Christo patri domino episcopo Cortonensi Magistro diete Capelle

Item pro valore viginti trium librarum argenti numerati ad

costituentes in totum summam florenomm

sacriste eiusdem Capelle

bologninorum LXXII pro quolibet floreno Quos etc.

CC XXIII b. VII 112

CC XXIII b.

Datum etc. die XIII septembris anno p1imo f. 2r1 Magistro Laurentio de petrasancta et sociis Similiter salvi faciatis magistro Laurentio de Petrasanta et sociis ducatos tricentos auri in auro pro edificiis coronationis ad bonum computum quos in vestris computis admictemus Datum Rome die XIIII augusti 1492

f. 300

f. 2v2

Similiter salvi faciatis magistro Gratiadeo muratori palatii ducatos quingentos ami de Camera in auro pro edifitio beneditionis in ipso palatio construendo et ad bonum computum quos in vestris computis admictemus. Datum

Rome die XVIIIAugusti 1492 ante coronationem Sanctissirni Domini N.D. Alexandri pape sexti

1 2

7

1/2

Io. Monstmel Io. Radulphi

f. X

Io. B arbe Io. Baltassar

Ar. Blasii

Geor. de Dumo

Re de Mastanig

Iu. de Spres

An. B aucston

Io. Iuvenis

Capelle pro quolibet

In. Cosee

Ray. de onderie

florenos octo auri

Io. Mereuen

Phi. de Pmnis

in auro de Camera

Ber. Vacqueras

Ro. de Anglia

Mar. de Otto

Io. de At·agonia

Cantoribus Cappellanis eurisdem

f. C.LX

Pe. Lefranch Cri. Ronsseon Thome Risii

Magistro Gratiadeo muratori

f. X

reverendo patri domino Iohanni Abbati S. Sebastiani

rationem nonaginta septem pro qualibet libra argenti monetati ad (sic) rationem carlenorum X: pro quolibet ducato

f. 50

ff. 4r-v

et officialibus Romanae Curie in Capella Primo ducatos aurei papales in auro numero trecentos

f. 100

Capellanis missamm pro quolibet

F. Can·ega

fiorenos quinque sunt

Io. Brochardi

Magistris cerimoniamm pro quolibet

Io. Marie

fiore nos quinque

Al. de Picholomitùbus f. 500

Cfr. ASV, Int1: et Ex. , 524, f. 92v.

3 Cfr.

Cfr. ibid., f. 937:

4 Cfr.

ibid. ibid., f. 92v

f. X f. xv

613


614

ALESSANDRO VI: IL CERIMONIALE DEL POSSESSO

ANGELA QUATTROCCHI

Ni. Jacomini

Clericis Capelle pro quolibet florenos

Eras. Nicolai

duos sunt

Camera Apostolica Die XXIX octobris MCCCCLXXXXIl f.

III1

pontificatus etc anno primo f. 9v7

Constituentes in totum summam florenorum ducentomm et novem auri de Camera in auro pro eorum salario et provisione preteriti mensis Augusti. Quos in vestlis

Magistro B altasari R. Sancti Georgii etc. solvi faciatis Magistro B altasari

computis admittemus. Datum. Rome in Camera die X

Recamatori infrascriptas pecuniarum summas pro

Septembris 1492 pontificatus S .D.N.D. Alexandri pape

infrascriptis operibus per eum factis in coronationis S.D.N. pape et primo

Sexti anno primo

Pro libris XVIII! unciis quatuor

f. 5r5

denarii III franzie de auro et cremosino pro uno

Antonio de Altovitis sotiis

fornimento brochati de auro filato ad rationem ducatorum

Raphael et solvi faciatis honorabilibus viris Antonio

X pro qualibet librarum iuxta ipsius dicreptione ut patet

de Altovitis et sociis Zecheriis Zeche Alme Urbis

ex cedui a registrata libro primo diversarum domini

infrascriptas pecuniarum summas pro solutione et

Alexandri folio . . . florenos auri in auro de Camera

satisfactione totidem per ipsos datarum Reverendo Patri

LXXXXIIII0' bo! XXXIX qui valent de ratione

domino Johanni Gerona apostolice Camere clerico partim

Item pro texuto brochati cremosini pro retinis parvis eiusdem fornimenti juxta discreptionem factam ut supra

ad proiiciendum populo per vias partim ad dandum

florenos similes VI qui valent de ratione

omnibus prelatis et officialibus romane curie in Capella

ltem pro fiocho posito in dictis retinis parvis de auro et

Sancti Silvestri in die coronationis S.D.N. pape videlicet Primo ducatos auri papales in auro numero Trecentos ltem ducatos auri in auro de Camera numero vigintiquinque Item ducatos quinquaginta ad rationem XII carlenorum

f. CCC

f. :XXV

ta in quattrinis

f. VII b. XV

seta cremosini qui ponderavit libra l a uncia l a ad rationem

ducatorum VIII pro libra juxta eandem discreptionem florenos similes VIII b LX qui valent de karlinis

f. L ta in quattrinis

f. X b. XXX

tirato pro eodem fomimento ad rationem duorum ducatmum pro qualibet arma juxta eandem discreptionem

rationem carlenmum nonagintaseptem pro qualibet libra

florenos similes XXV qui valent de karlinis

argenti monetati ducatos ducentos vigintitres bologninos

que omnes summe costituunt summam florenorum auri in

f. X XX

auro de Camera centum trigintaquatuor bol VIIII l/2 qui

septem cum dimidio ad rationem carlenorum decem pro quolibet ducato costituentes in totum summam florenorum ad rationem bologninorum LXXIIorum pro quolibet ducato

f. CXIIII b. XXIIII

Item pro decem insigniis sive armis recamatis de auro

pro quolibet ducato

ltem pro valore vigintitrium librarum argenti monetati ad

f. 50

ducatos CCXXIIIbo! VII l/2

quos in vestris computis admittemus Datum Rome in Camera Apostolica die XIII septembris 1492 pontificatus S.D.N.D. Alexandri papae Sexti anno primo

f. 9r6

costituunt de karlinis

f. CLXI

quos in vestris computis admicti faciemus Datum Rome in Camera Apostolica die p1ima Novembre 1492 mmo plimo ff. 10r-v8

Antoniacio de Roma et sotiis R. Sancti Georgii etc. solvi faciatis Antoniacio de Roma et

D. franc.o Theoli

sotiis infrascriptas pecuniarum summas pro infrascriptis

R. Sancti Georgii etc. solvi faciatis Francesco Theoli capitanei

operibus per eos factis pro coronatione S.D.N. papae et primo

Regionis Transtiberim florenos quinquaginta de karlinis X

Pro pictura vexilii magni qui tenetur in Castro Sancti

pro floreno, ratione redemptionis et recuperationis baldachini

Angeli et pro auro posito in frixiis circumferentie et

pm1ati supra S.D.N. die coronationis et per eundem

omnibus aliis que in eo sunt iuxta ipsius discriptionem

franciscum prefato S.D.N. restituti et assignati quos

prout patet ex cedula registrata libro plimo diversarum D .

quinquaginta florenos Sua Santitas eidem Francisco donat et

Alexandri folio florenos auri i n auro d e Camera C qui

quos in vestris computis admitti faciemus. Datum Rome in

5 Cfr. ibid., f. 93v. f. 94.

6 Cfr. ibid.,

7 Cfr.

ibid. , f. 951:

8 Cfr. ibid.

615


616

ALESSANDRO VI: IL CERIMONIALE DEL POSSESSO

ANGELA QUATIROCCHI f.

valent de karlinis Item pro uno vexilio quadro qui ponitur in prute rotunda

CXX

dicti Castli similiter iuxta ipsius discreptionem in eadem

cedula factam florenos auri in auro de Camera LX qui

f.

valent de karlinis

Item pro duobus vexiliis positis super duabus tutTibus

revellini dicti Castri iuxta discreptionem in eadem ceduia factam florenos auri in auro similes f.

Lta qui valent de karlinis Item pro pictura vexilii populi Romani iuxta discreptionem in eadem cedula factam florenos auri similes XXXVI qui

f.

valent de karlinis Item pro pictura XX pendonum Tubarum qui fuenmt ad

LXXII LX XL b. XV

dandum diversis Comunitatibus etc. juxta discreptionem in eadem cedula factam florenos auri in auro similes CXX qui valent de karlinis

Item pro pictura XIlil vexilium quos portaverunt cursores iuxta eadem discreptionem florenos similes XXXVI qui valent de kru·linis

Item pro pictura drapellonum duorum baldechinorum ubi

fuerunt xxvm drapellones pro quolibet baldachino iuxta ipsius discreptionem in cedula registrata ut supra florenos similes XXX qui valent de karlinis

Item pro pictura unius alterius baldechini cum auro demitade iuxta eandem discreptionem florenos similes qui valent de karlinis Item pro

X

Xffi vexiliis xm regionum Urbis juxta eandem

discreptionem florenos similes xx qui valent de karlinis

f.

C.XLI!Uor

f. XLm b. XV

f. XXXVI f. f.

Item pro Commutationem insignium Pape et aliorum in

quatuor vexiliis videlicet S. Ro. E. Pape fidei Cristianae

XII

xxmror

re. d. I1mocentii et mutatis dictis insigniis servierunt diete auro de Camera similes

XX qui valent de karlinis

Item pro pictura XX baculorum palafrenariorum

f. XXIIIlor

deauratmum juxta eandem discreptionem ut supra florenos similes xx qui valent de karlinis

f.

Item pro pictura unius haste ad portandum lanternam in

Corporis Christi juxta discreptionem ut supra florenos similes Il qui valent de karlinis Item pro XX pendonibus tubarum et tribus pifariis Castri Sancti Angeli juxta eandem discreptionem florenos similes XXV qui valent de karlinis

Item pro pictura XXilli hastarum pro baldachinis et V

Item pro rescitura et reachapatura supradicti vexilii magni Castri qui in advertenter fuerat destructis in sua parte inferiori ita quod oportuit ipsum de novo pingere et de haurare iuxta descriptionem in eandem factam florenos simi!es XII qui valent de karlinis

que onmes summe licet facere maiorem summa fuerunt reducte ad summam quingentorum florenomm auri in auro de Camera qui constituunt de karlinis quos in vestris computis admitti faciemus Datum in

Xliii pro vexiliis

cursorum et baculorum XV pro famulis qui duxerunt equos albos ante papam juxta eandem discreptionem

f. XIlil b. XXX

f. CCCCCC

Camera Apostolica Die prima Novembris 1492 pontificatus etc. anno primo f. 10v9 Magistro Petro de Senis R. Sancti Georgii etc salvi faciatis magistro Petro de Senis florenos vigintisex de karlinis

X pro floreno

bologninos 30 pro pictura XL . . . scabellorum pro

cardinalibus in coronatione S.D.N. pape quos in vestris computis admitti faciemus Datum Rome ut supra

f. XXVI

2. ASV, Mise. Arm. XV, 161

ff . 1 r-v (olim ff. 12r-v)

Petro Mariani merzario R. Sancti Georgii etc. salvi faciatis Petro Mariani merzario summam pecuniarum infrascliptam pro infrasc1iptis rebus per eum datis in coronatione S.D.N. papae et primo Pro unciis VI den.

XV. fetucie auri posite in sellis equorum X. florenorum auri pro libra iuxta

S.D.N. ad rationem

ipsius descliptionem patet ex cedula registrata libro primo

xxmror

f. II b. XXX

f. XXX

Camera V. b . XLVII qui valent de karlinis

Item pro unciis V. den. octo franzie cremosini et auri

iuxta eandem discreptionem et eandem rationem florenos similes I!IIor b. LV qui valent de karlinis Pro libris XIII 1/2 fiochorum cremosini et auri pro

frontibus equorum ad rationem octo ducatorum iuxta

f. VI. b.

f.

V. b.

XLVII

XLV

eandem discreptionem florenos auri in auro de Camera similes C.Vm qui valent d e karlinis

Item pro unciis m 1/2 fiochomm cremosini et auri modo

f. C.XXVI!II. b. XLV

Napoleta11o que fuemnt posite in duabus sedibus

pontificalibus ad rationem decem florenomm pro qualibet libra iuxta eandem discreptionem florenos similes Il b. 22 1/2 qui valent de karlinis

hastarum et seu lancearum pro vexillis predictis et hastarum XIII pro vexiliis regionum et

f. VI

diversarum domini Alexandri folio . . . , florenmum auri de

et religionis Prutenorum que fuerant facta temporibus fe. coronationi juxta eandem discreptionem florenos auri in

florenos auri similes V qui valent de karlinis

617

9 Cfr. ibid.

f. m. b. XXXVII


618

ALESSANDRO VI: IL CERIMONIALE DEL POSSESSO

ANGELA QUATTROCCHI

ff. l v-2r (olim ff. 12v- l 3r) 10

Item pro libris V franzie et auri modo Napoletano pro vexilio populi Romani ad rationem decem florenorum pro

Magistro Francisco fomimentario

qualibet libra iuxta eandem discreptionem florenos

similes V• qui valent de karlinis

R. Sancti Georgii etc. solvi faciatis magistro Francisco

f. LX

fornimentario summam pecuniarum infrascriptam pro

Item pro unciis VI 1/2 franzie auri et cremosini modo

infrascriptis operibus per eum factis in coronatione S.D.N.

Napoletano posite imparte superiori sedium predictarum

pape et primo

ad eandem rationem X florenorum iuxta discreptionem florenos similes V. b. XXXVII 1/2 qui valent de karlinis

Pro X tronchonibus de ere dehauratis ad f. VI. b. XXXVII 1/2

rationem unius ducati pro fornimento auri tirati iuxta

Item pro libris VI. unciis Il cremosini simpliciter pro

discreptionem ipsius cedule registrate libro primo

drapellonibus balachinorum (sic) ad rationem ducatorum

diversarum domini Alexandri pape sexti folio . . . , florenos

pro qualibet libra iuxta eandem discreptionem florenos auri similes XLVIlll b. XXX. qui valent de karlinis

Item pro libra l a unciis Il franzie filatici rubei iuxta

auri de Camera X qui valent de karlinis f. LVIII b. XV

eandem discreptionem florenos similes, b. LX qui valent

eandem discreptionem florenos similes Il b. XXX qui valent de karlinis

Item pro libris XVIII franziarum et bottonum filatici pro

de karlinis f. Il. b. LX

iuxta eandem descriptionem florenos similes I. qui valet de karlinis

discretionem ad rationem XX carlenorum pro qualibet

Item pro l

libra florenos similes XXXIII b. XLV qui valent de karlinis

f. XI, b. XV

ponitur tertia pars cremosini ad rationem quatuor

ducatorum pro libra iuxta eandem discreptionem florenos sirniles XLV b. 30 qui valent de karlinis Item pro III franzie filatici pro vexilio ordinis

qui valent de karlinis

Item pro libris V. unciis Illl. franziarum et botonum

o pario de sostenenti pro eodem fomimento iuxta eandem discreptionem florenos similes l o qui valeant de karlinis

f. Lllll. b. XXX

f. VII b. XV

sirici ad divisam cum tertia parte cremosini pro tubis et

florenos similes Ilil qui valent de karlinis

fornimento iuxta eandem discreptionem florenos similes

XII qui valent de karlinis

fomimento iuxta eandem discreptionem florenos similes VIII qui valent de karlinis

de karlinis

ltem pro fibulis dehauratis ad rationem trium carlenorum pro qualibet florenos similes l de karlinis

in auro de Camera trigintorum vigintinovem qui valent f. CCC.LXXXXIIII b. LX

f. Xllll b. XXX

Item pro armis XVI de ere in aurato pro eodem

Item pro Illl0' pontalibus dehauratis pro eodem

f. XXIlil b. XXV

f. IIII. b. LX

alia fomimento cremosini iuxta eandem discreptionem

florenos similes XII qui valent de karlinis

pifariis Castri Sancti Angeli ad rationem quatuor

Que omnes summe constituunt summam florenorum auri

f. I. b. XV

Item pro XV livreis videlicet coronis et flamis de ere pro

florenorum pro qualibet libra iuxta eandem discreptionem florenos similes XX b. XXV qui valent de karlinis

f. I. b. XV

Item pro corio et manifactura eiusdem fornimenti

Pruthenorum ad rationem duorum florenorum pro qualibet libra iuxta eandem discreptionem florenos similes VI

f. Il

Item pro XX clavis dehauratis pro eodem fornimento

pendonibus tubarum ad divisam iuxta eandem

Item pro libris XI unciis Ilil sirici fini ad divisam in qua

f. XII

Item pro V fibulis dehauratis pro eodem fornimento iuxta

o b. XXII qui valent

o

f.

Xliii.

b. XXX

f. VIIII b. XLV f. I. b. XXXVIl l/2

Item pro l pario de sostenenti pro dieta fornimento iuxta

Quos in vestris computis admitti faciemus Datum Rome

eandem discreptionem b. XLV qui valent

in Camera apostolica die Il" Novembris 1492 pontificatus

Item pro rossetis et uncinis et aliis iuxta eandem

S.D.N. domini Alexandri pape VI anno primo.

discreptionem florenos similes II b. XLV qui valent de karlinis

f. O. b. XLV

f. III

Item pro corio et manifactura eiusdem secundi fornimenti florenos duos b. XLV qui valent de karlinis

f. III

Item pro dehauratura trium flenorum et unius paris calcarium pro S.D.N. iuxta eandem discreptionem florenos similes XXI qui valent de karlinis

10 lbid., f. 95v.

f. XXV b. XV

619


620

ALESSANDRO VI: IL CERIMONIALE DEL POSSESSO

ANGELA QUATIROCCHI

Item pro Xliii fibulis cingulis stafilibus sellari S . D.N.

iuxta eandem discreptionem florenos similes 1111°' b. xv

qui valent de karlinis

Que omnes summe constituunt summam florenorum auri in auro de Camera LXXXI b. LII 1/2 qui constituunt

de karlinis

Quos in vestris computis admitti faciemus. Datum Rome

in Camera Apostolica die II" Novembris 1492,

f.

f. V. f. LXXXXVIII

Alexandri folio... , florenmum auri ad rationem X

ducatorum pro qualibet libra centum quadraginta unum b. XXII 1/2 qui valent de karlinis

R. Sancti Georgii etc. solvi faciatis magistro Radulpho

Pro libris VI unciis VIIIfiochorum ami et sete cremosini ad

setaio1o summam pecuniamm infrascriptam pro operibus infrascriptis et primo videlicet pro in coronatione S . D.N.

VIII ducatorum pro libra iuxta eandem discreptionem

florenos similes LIII b. XXX qui valent de km·!inis

Pro franziis duomm pileorum pontificalium auri et

cremosini cum pendentibus ponderis libnuum VI 1/2 ad

Pro duabus libris unciis 1 1 1 1 cordonum de auro et seta

rationem VIII ducatorum pro qualibet libra iuxta

auri in auro de Camera LII qui valent de karlinis

Pro fectucia auri posita in cusitu dictomm pileorum

f. LX b. XXX

ponderis unciamm trium ad racionem decem ducatomm

pro qualibet libra florenos auri sirniles II b. XLV qui

valent de karlinis

qualibet libra iuxta eandem descreptionem florenos auri sirniles IIII0' qui valent de karlinis

Pro filo dictomm pilleomm et manifactura iuxta

discreptionem florenos sirniles II qui valent de karlinis

Pro manifactura duomm baculomm copertomm de

f. III

Pro factura regni pontificalis florenos sirniles VI qui valent de karlinis Que omnes summe constituunt summam sexagintaseptem auri in auro de Camera b. XLV qui costituunt de karlinis Quos in vestris computis adrnitti faciemus datum Rome

in Camera apostolica die II Novembris 1492 pontificatus

961:

qui valent de karlinis

Pro libris II fiochorum et bottonum de auro et seta

f.

cremosini iuxta discreptionem pro quatuor paribus

ducatomm pro libra florenos sirniles XVI qui valent

de karlinis

Pro unciis VI franzie auri et sete cremosini pro suplemento testiere equi pape iuxta eandem discreptionem florenos

f. IIII0' b. LX

similes V qui valent de karlinis

Que omnes summe costituunt summam ducentomm. triginta quatuor florenomm auri de Camera b. 30

f. II b. XXX

qui costituunt de karlinis

f. l. b. XV

Magistro B accio Saxo banderm·io

cremosino ad portandum eandem pilea ante papam iuxta

o qui valent

eandem discreptionem f!orenos sirniles XXVIII b. LX

retinamm ad ducendum equos etc. ad rationem VIII

Pro cordonibus et fiochis parvis eorundem pilleomm

ponderis unciamm VI ad racionem VIII ducatorum pro

f. LXIIII

cremosini ad manuducendum dictos equos albos iuxta

discreptionem ipsius prout patet ex cedula registrata libro primo diversamm domini Alexandri folio ... florenorum

f. CL.IX b. XXXVIII

ponendum super frontibus equomm albomm ad rationem

pape

l i lbid., f.

S.D.N. pape et primo: Pro libris XIIII unciis l " 1/2 franzie

auri et sete cremosini pro trihus cope1tis veluti cremosini

in Camera apostolica libro primo diversarum domini

Magistro Radulpho setaiolo

S.D.N.D. Alexandri pape VI anno primo.

apud Secham Veterem summam pecuniamm infrascriptam pro infrascriptis operibus per eum factis in coronatione

iuxta discreptionem ipsius prout patet ex cedula registrata

ff. 2r-v (olim ff. l 3r-v)11

de karlinis

R. Sancti Georgii etc. solvi faciatis B attholomeo setaiolo

et uno fornimento veluti cremosini pro equo S.D.N. pape

pontificatus S.D.N. Domini Alexandri pape VI anno primo

eandem discreptionem florenos auri sirniles l

2v (olim f. l 3v)1 2

B artholomeo setaiolo

f. VII b. XV

f. LXXXI

Quos in vestris computis adrnitti faciemus. Datum ut supra. f. 3r (olim f. 14r}'3 R. Sancti Georgii etc. solvi faciatis magistro B accio Saxo banderario summam pecuniarum infrascriptam pro infrascriptis operibus per eum factis et venditis in coronatione S.D.N.D. pape et primo Pro una petia boccacini albi iuxta ipsius cedule discreptionem

registrate libro primo diversarum. domini Alexandri pape VI

folio XLVI florenorum auri in auro de Camera II b. XLV

1 2 lbid., f. 95v.

1 3 lbid.

f. XVIIII b. XV f. VI f. CCLXXXI b. XV

621


622

ALESSANDRO VI: IL CERIMONIALE DEL POSSESSO

ANGELA QUATrROCCHI

qui valent de karlinis Item pro libris Xliii fetucie filatici ad divisam pro

f. II. b. LXXV

de Camera VIII qui valent de karlinis

pendonibus tubarum et aliis divisis ad rationem duorum

florenos auri similes III qui valent de karlinis

ducatorum pro qualibet libra iuxta eandem discreptionem

Pro VI testeriis ad ducendum equos ad manum iuxta

florenos auri similes XXVIIII qui valent de karlinis Item pro libris VII unciis X similis fectucie iuxta eandem

f. XXXIII! b. LX f. XVIII b. LX

qui valent de karlinis

Item pro libra una unciis 9 l/2 fectuccie ad eandem

f. O. b. LX f. O. b. XVIIII

Item pro soprasellis ex corio soapto pro equis sbanarum

eandem florenos auri similes II b. LXXVII qui valent de karlinis f. XVI b. XV

discreptionem florenos similes O qui valent f. II b. XXX.

discreptionem florenos auri in auro similes XXVIII

Quos in vestris computis admitti faciemus. Datum ut supra.

b. XXX qui valent de karlinis

qui costituunt de karlinis

f. XXXIIII. f. IIII b. XXX.

f. VI. b. XV

f. 3v

(olim f. 14v)14

S.D.N. pape et primo sede pontificali magna iuxta discreptionem cedule

f. I. b. XXX 1/2

registrate in Camera Apostolica libro primo diversarum domini Alexandri folio . . . , florenomm auri in auro de

Que omnes constituunt summam florenorum auri de Quos in vestris computis admitti faciemus. Datum ut supra.

R. Sancti Georgii etc. solvi faciatis Alfonso Ispano

Pro opere eris dehaurate positi in una

Item pro unciis VII diete franzie ad divisam iuxta eandem

Camera centum quatuor b. XLV qui valent de carlinis

f. 4r (olim f. 1 5rjl5

infrascriptam pro operibus per eum factis in coronatione

discreptionem florenos similes VI b. XV qui valent

discreptionem florenos similes l b. XV qui valent de karlinis

f. C.XXV. b. XXX 1/2

Camera centum qui valent de karlinis

f. CXX.

Item pro simili operi posito in una sede minori iuxta discreptionem ut supra florenos similes L qui valent de karlinis

Magistro Sellario. B .

Item pro decem paribus martellomm de ere dehaurato ad

R. Sancti Georgii etc. solvi faciatis magistro B artholomeo

ponendum super baculis palafrenariomm ducatos auri

sellario summam pecuniarum infrascriptam pro

in auro similes iuxta eandem discreptionem LXXXX

infrascriptis operibus per eum factis tempore felicis

qui valent de karlinis

recordationis domini Innocentii pape VIII qui non erant

Item pro dehauratura angeli qui portah1r super umbriela

tradite et primo: Pro duabus sellis novis iuxta ipsius

pape florenos similes XX qui valent de karlinis

discreptionem patet ex cedula registrata libro primo

Item pro dehauratura quah!Or frenomm et duabus paribus

diversamm domini Alexandri folio ... , florenos auri in auro

staffarum pro equis domini nostri iuxta eandem

14 Ibid., f. 961:

f. XXI b. VII

servienti armorum S.D.N. pape summam pecuniarum

Item pro libris II unciis VII diete fectucie iuxta eandem de karlinis

f. O. b. XX.

Alfonso Ispano

discreptionem florenos similes III b. LX qui valent de karlinis

f. III b. II

Que omnes summe constituunt in totum summam

decem et septem ducatorum auri de Camera hL LXXVII

Item pro libra l" unciis X diete fectucie albe iuxta eandem

f. O. b. LV

ltem pro quatuor fibulis fomimento iuxta eandem

XX carlenorum pro qualibet libra iuxta eandem

Item pro libris XVII bottonum ad divisam. ad rationem

f. O. b. XLV

florenos similes

f. IIII. b. VII l/2

Item pro libra una franzie albe iuxta eandem discreptionem florenos similes II qui valent de karlinis

f. I. b. LX

ltem pro una capezia duplici iuxta discreptionem eandem Item pro alia reaptura unius selle iuxta discreptionem

Pro libris VI unciis X similis fectucie iuxta eandem discreptionem florenos XIII b. LX qui valent de karlinis

eandem discreptionem

f. V. b. V 1/2

rationem iuxta eandem discreptionem florenos similes III b. LII qui valent de karlinis

eandem discreptionem florenos similes I. b. XLV qui valent de karlinis

Item pro reaptura unius selle equi sbarrarum

Item pro libris II similis fectucie unciis l 1/2 iuxta

eandem discreptionem florenos similes llll0' b. XXII l/2

f. III b. XLV

Item pro VI fiochis auri pro equis sbarrarum iuxta

discreptionem florenos similes XV b. LX qui valent de karlinis

f. VIIII b. XLV

Pro VI fomimentis florenorum iuxta eandem discreptionem

15 lbid., f. 95r.

f. LX.

f. C.VIII f. XXIIII -

623


624

ALESSANDRO VI: IL CERIMONIALE DEL POSSESSO

ANGELA QUATIROCCHI

discreptionem florenos O b. XXII 1/2 qui valent

discreptionem florenos auri de Camera similes XLVIII qui valent de karlinis

f. LVII b. XLV.

Que ornnes summe constituunt in totum summam

f. CCCLXVIIIL b. XLV.

Quos in vestris computis admitti faciemus. Datum ut supra.

ducatorum octo auri in auro de Camera qui de karlinis

Que ornnes summe constituunt florenos tricentos octo auri in auro de Camera qui constituunt de karlinis

f. O. b. XXII 1/2 f. VIIII b. XLV

Quos in vestris computis admitti faciemus. Datum ut supra. f. 4v ( olim f. 15v)

f 4r (ulim f. 15r)1 6

Magistro bastario R. S ancti Georgii etc. solvi faciatis magistro . . . bastario

B a�tholomeo setaiolo

R. Sancti Georgii etc. salvi faciatis Bartholomeo setaiolo

summam pecuniarum infrascriptam pro infrascriptis rebus

summam pecuniarum infrascriptam pro infrascriptis

et operibus per eum factis in coronatione S.D.N. pape et

operibus per eum factis in coronatione S.D.N. pape et

primo

primo

Pro uno basto novo pro equo qui portavit scalam

Pro palmis LX texuti cremosini pro retinis pa�·vis

iuxta ipsius discreptionem ut patet ex cedula registrata

equorum alborum iuxta discreptionem cedule registrate

libro primo diversamm domini Alexandri folio . . .

libro primo diversamm domini Alexandri folio . . . ,

florenomm auri in auro de Camera tres b . XXX

florenomm auri de Camera octo qui valent de karlinis

f. VIIII b. XLV

eandem discreptionem

ad foderandum copettas equorum cremosini florenos similes II b. XLV qui valent de karlinis Que ornnes summe costituunt summam fiorenorum auri in auro de Camera X b. XLV qui constituunt de ka�·linis Quos in vestris computis admitti faciemus. Datum ut supra.

qui valent de karlinis Item pro uno alio basto pro equo Corporis Christi iuxta

Item pro cannis tellee rubee fine date Johanni bandarario f. II b. LX f. XII b. XLV

florenos auri similes III b. XXX qui valent de karlinis Item pro reparatione scale et pictura iuxta eandem

f. I1I1 f. I1I1

discreptionem florenos auri similes I b. XXX qui valent de karlinis

f. I. b. XLV

Item pro pictura aimomm pape in dieta scala iuxta

Magistro Alberto brillario

eandem discreptionem florenos O b. XXXVII 1/2

R. Sancti Georgii etc. salvi faciatis magistro Albetto

Que omnes summe constituunt summam florenomm auri

btillario: summam pecuniarum infrascriptam pro

in auro octo b . XLVII 1/2 qui constituunt de karlinis

infrascriptis operibus per eum factis in coronatione

Quos in vestris computis admitti faciemus. Datum ut supra.

f. 4v (olim f. 15vJI1

qui valent

f. O. b. XLVII 1/2 f. X b. XVII l/2

sanctissimi domini nostri pape et primo: Pro duobus frenis ex ere ad dehaurandum pro equo et mula D.N. pape cum

f. 5r (olim f. 16r)

aliis fornimentis iuxta discreptionem ipsius ut patet ex

Magistro Petro Matheo

cedula registrata libro primo diversamm domini Alexandri

R. S ancti Georgii etc. salvi faciatis magìstro Petro Matheo de Amelia pictori summam pecuniarum infrascriptam pro

folio. . . , florenorum auri in auro de Camera IIII b. LXVI qui valent de ka�·Iinis

f. V. b. LII 1/2

Pro pictura V finestramm cum a�·mis pape in palatio

eandem discreptionem florenos similes I b. XXII 1/2 qui valent de ka�·linis

f I b. XXXVII 1/2

de karlinis Item pro XII tornetis pro frenis iuxta discreptionem

eandem florenos auri sirniles O b. LII 1/2 qui valent

Item pro aliis necessa�·iis in dictis frenis iuxta eandem

S. Johannis Lateran. florenos auri de Camera II b. XLV qui valent de karlinis

Item pro cingulis et fibulis pro sellis iuxta discreptionem eandem florenos auri similes I b. XXII 1/2 qui valent

infrascriptis picturis per eum factis in coronatione S.D.N. pape

Item pro quodam alia freno pro equo uno albo iuxta

f. I. b. XXXVII 1/2 f. O. b. LII 1/2

Pro pictura Illlor rotundomm pictomm in eodem palatio

f. III

iuxta discreptionem florenos similes Il qui valent

de ka�·Iinis

f. II. b. XXX

Pro pictura atmomm VIII pape impapiro (sic) iuxta eandem discreptionem florenos sirniles I b. XLV qui valent de karlinis

f. I. b. LX

Pro pictura X scabellorum pro cardinalibus iuxta eandem

1 6 Ibid. , f. 95v. 17 Ibid.

discreptionem florenos similes III qui valent de karlinis

f. III. b. XLV

Que ornnes summe constituunt sunnnam florenomm ami auri (sic) de Camera decem qui valent de karlinis

f. X. b. LXX

625


626

ALESSANDRO VI: IL CERIMONIALE DEL POSSESSO

ANGELA QUATIROCCHI

Quos in vestris computis admitti faciemus. Datum ut supra.

Sancio de Medina expenditori Palatii florenos duomillia noningentos sexagintasex baiochos trigintaquatuor de

f. 5r (olim f. l 6r)

carlinis X pro floreno pro residuo et complemento

Magistro Joharmi lignario

expensarum infrascriptarum per enm factarum infrascriptis

R. Sancti Georgii etc. salvi faciatis magistro Johanni

locis et primo

lignario de Stasio summam pecuniarum infrascriptam pro

Pro convivio facto im palatio Sancti

infrascriptis operibus in coronatione S.D.N. pape et primo

Joham1is Lateranen. in die coronationis S.D.N. pape in

Pro duabus antennis exabiete pro vexilio magno supra turrim Castri S. Angeli iuxta eius discreptionem cedule

quo viso computo pa1ticulariter expositi fuisse reperiuntur floreni similes

registrate libro primo diversarum domini Alexandri

Item pro expensis per eundem factis in mense Augusti

folio . . . , florenorum auri in auro de Camera Ili qui valent de karlinis Pro XL, scabellis pro cardinalibus iuxta eandem

f. XXI b. XLV

Pro duabus aliis antennis pro vexilis minoribus Castri ut supra florenos similes I qui valent de karlinis

in Urbe in domo sui cardinalatus florenos etiam similes sex centos sexagintaduos bol. 74 florenos VI c LMI bol. LXXllll.

f. VIc LXII b. LXXllli

Item pro expensis extraordinariis per euro factis in eadem domo custodien per mmtem felicis recordationis

f. I b. XV

Pro quatuor lanceis sive antermis ad portandum vexilla

domini Innocentii pape VIli computatis salariis balistariorum et spingarderiorum etc. ac aliorum

Sancte Romane Ecclesie iuxta eandem discreptionem florenos auri in auro similes II qui valent de karlinis

f. M. VI c XLVI bl. XXV

proxime preteriti pro familia D.N. pape adhuc existente f. Ili b. XLV

discreptionem florenos auri similes XVlll qui valent de karlinis

eiusmodi florenos similes tricentos trigintaquinque f. II b. XXX

Que omnes summe constituunt in totum summam XXIIII

b. trigintaduos Item pro expensis ordinarie et extraordinarie factis

Xl mensis

florenorum auri in auro de Camera qui valent de karlinis

impalatio (sic) apostolico pro familia a die

Quos in vestris computis admitti faciemus. Datum ut supra.

usque ad totam diem ultimam mensis Augusti proxime preteriti florenos similes M.V. b. 54

f. 5v (olim f. l 6v)

f. CCCXXXV b. XXXII

f. M. V. b. Lllll.

De quibus omnibus expensis deducta summa sexcentorum

Magistro B mtholomeo Sellm·io

octuaginta quatuor florenorum similium et bolognini

R. Sancti Georgii etc. salvi faciatis magistro B artholomeo sellario summam pecuniarum infrascriptam pro

unius quam idem Sancius expenditor aliter recepit remanent prefati

infrascriptis operibus per eum factis in coronatione S.D.N.

Quos in vestris computis admitti faciemus. Datum Rome

pape et primo

f. llMVIlll�XVI b. XXXllll

in Camera Apostolica die XII Novembris 1492,

Pro ll sellis pro equo S.D.N. iuxta ipsius

pontificatus S.D.N.D. Alexandri pape VI am10 primo

discreptionem patet ex cedula registrata libro primo diversarum domini Alexandri folio ... florenorum auri de

Camera Vll qui valent de karlinis

ff. 7v-8rv (oli m ff. 1 8v-19rv) f. VITI. b. XXX.

Item pro VI fornimentis corei pro equis albis iuxta eandem discreptionem florenos similes Vllll qui valent de karlinis

f. X. b. LX

pape et primo f. VI

Item quia reparavit XII sellas equorum alborum iuxta

Quos in vestris computis admitti faciemus. Datum ut supra.

f. 7r ( olim f. l 8r)

R. Sancti Georgii etc. salvi faciatis venerabili viro domino

Pro factura unius baldachini brochati albi iuxta ipsius discreptionem patet ex cedula registrata libro primo diversarum domini Alexandri pape VI folio . . .

f. II

Que omnes summe constituunt summam ducatorum auri in auro de Camera vigintitres b. 30 qui valent de karlinis

banderario summam pecuniarum infrascriptam pro infrascriptis operibus per eum factis in coronatione S.D.N.

Christi et scala iuxta eandem discreptionem florenos

discreptionem eandem florenos similes n b. 30 qui valent de karlinis

Juliano Saxo B anderario R. Sancti Georgii etc. salvi faciatis magistro Johannino

Item pro copertura duorum bastorum pro equis Corporis similes V qui valent de karlinis

627

florenos auri de Camera Ili qui valent de karlinis

f. Ili b. XLV

Pro factura XX pendonum tubarum iuxta eandem f. XXVlll.

discreptionem florenos auri similes VIli qui valent de karlinis

f. Vllll b. LX

Pro reparatione duorum baldechinorum antiquorum iuxta eandem discreptionem florenos similes ll qui valent de karlinis

f. Il b. XXX


f!

628

ALESSANDRO VI: IL CERIMONIALE DEL POSSESSO

ANGELA QUATIROCCID

Pro factura Xliii vexilliorum quos portarunt cursores

iuxta eandem discreptionem florenos similes IIII qui valent de karlinis

Pro factura XIII vexilliorum regionum Urbis iuxta eandem discreptionem florenos similes XX qui valent de karlinis

Pro factura trium vexilliorum mediocrium pro Castro Sancti Angeli iuxta eandem discreptionem florenos similes III qui valent de karlinis

Pro factura vexilli magni ex damaschino iuxta eandem discreptionem. florenos similes IIII qui valent de karlinis Pro factura umbrele pontificalis de taffeta iuxta eandem

discreptionem florenos similes V qui valent de karlinis Pro factura IIIl copertarum veluti cremosini pro equis sanctissimi patri iuxta eandem

discreptionem florenos similes III qui valent de karlinis

Pro factura unius sedis magne coperte ex veluto

cremosino iuxta eandem discreptionem florenos similes

III qui valent de karlinis

Pro factura alterius sedis minoris florenos similes I I qui valent Pro factura quatuor copertarum rosati pro equis albis florenos similes unum qui valent de karlinis Pro factura sopraveste equi procuratoris Rodi florenos auri similes III qui valent de karlinis Pro factura sopraveste procuratoris Perusii florenos . .is similes qui valent Pro factura sopraveste rubee sive divisa pro comite Mirandule florenos similes II qui valent de karlinis Pro factura sopraveste albe pro domino de CoiTegio florenos similes II qui valent de karlinis Pro factura quatuor lignmum ad portandum sediam pape florenos similes I qui valent de karlinis

Pro factura coperte equi Corporis Christi rosate florenos auri similes

O l b. 45

qui valent Pro factura quatuor ex valixiarum ex rossato florenos similes II qui valent de karlinis

Pro factura duorum pendonum pro tubis et trium pro pifariis Castri Sancti Angeli florenos similes

l qui valent

de karlinis Pro sede magna pontificali ineruata iuxta discreptionem

florenos similes III qui valent de karlinis

Pro factura alia sede minori ex ligno ut supra florenos auri similes II qui valent de karlinis

Pro quatuor lignis ad portandum dictas sedes inervatas

florenos similes I. b. XLV qui valent de karlinis

Pro cordis coriis et clavis earundem sedium florenos

O

f. lli b. XLV f. Illl b. LX

f. VI b.

O

f. III b. XLV

f. III b. XLV f. II b. XXX f. I b. XV

f. III b . XLV f. III. b. XLV f. II b . XXX

f. II b. XXX f. I. b. XV

f.

Pro factura vexilii populi Romani florenos similes

f. IIII b. LX

f. XXIIIl b.

O b . XLV

f. I b. LX

f. I I b . XXX f. I. b. xv

f. III b. XLV f. II. b . XXX. f. I b. LX

is similes I qui valent de karlin ad faciendum albi elli guarn iis brach Pro VII es pulumobe arum florenos simi . . drctrs sedrbus florenos Pro libre XXIIII piume pro de karlinis similes II b. XLV qui valent ad portandum. umbrelam parvis lignis is divers ex Pro bologrùnos XLV pontificalem florenos sinùles unum nis karli de t . qui valen . . . portandum vexil!a m eqms Pro taschis ex corio soato ad de karlinis f!orenos auri similes l qui valet totum summam in tuunt consti e summ Que omnes ra octuagintaseptem f!orenorum auri in auro de Came qui valent de karlinis us. Datum Rome Quos in vestris computis admitti faciem mbris 1492, Nove XII die tolica Apos ra Came in pape VI anno primo pontificatus S .D.N. Domini Alexandri

f. l. b. xv f.

O b. XLV

f. Il b. LX f. I b. LX

f. I b. XV f. C.IIII b. XXX

ff. ! Or-v (olim ff. 21r-v) Magistero Petro recamatori

is magistro Petro R. Sancti Georgii etc. solvi faciat summam pecuniarum us atorib racam sotiis et atori recam bus per eum factis in infrascriptam pro infrascriptis operi

coronatione S.D.N . pape Pro XI armis auri positis in umbrella ptionem absque clavibus et tiara iuxta discre . . divers arum dommi primo libro cedule desuper registrate auri in auro Alexandri p ape VI folio . . . florenos is de Camera XXII qui valent de karlin ta cassee (sic) Pro aliis VI similibus armis pro coper va1ent de karlinis qui XII s simile os floren ti Corporis Chris clavibus et tiara coperte Pro duabus armis maioribus cum similes auri in auro os supradicti Corporis Christi floren is karlin de t va1en qui de Camera VIII clavibus et tiara in Pro aliis quatuor arnùs magnis cum s XVIII simi1e os duabus copertis equorum floren

. qui valent de karlinis magna et duabus parvrs Pro aliis tribus amùs videlicet una s absque clavibus et supra ve1um ad coperiendum calice _ _ t de karluus valen qui VII s mitra f!orenos simile orum Romanorum Pro una alia arma supra cassam offici is florenos similes I qui va1ent de karlin mulis et quadam alia Pro XXIIIIor copertis recamatis pro simi1es in totum os fioren so gabas pro a coperta magn C .XXV qui valent de karlinis totum summam Que omnes summe constituunt in t de karlinis va1en qui 3 9 1 auro in florenorum auri

f. 26. b. 30 f. 14. b. 3 o

f. 9. b. 45.

f. 2 1 . b. 45

f.

8. b. 30

f. l. b. 1 5 f. 1 . 50. f.

629


630

ALESSANDRO VI: IL CERIMONIALE DEL POSSESSO

ANGELA QUAITROCCHI

f. lOv (olim f. 2 1 v)

depositarios ducatos tres auri in auro de Camera

F. Sancti Georgii diaconus cardinalis domini pape

pro pretio 1 44 librarum ferri positi in Castello pro

Camerarius. Reverendo patri domino

sustinenda banderia in coronatione et baiochos

A. Farnesio apostolico protonotario et generali thesaurario

XXV pro simili causa per ipsos depositarios solutos

presentium tenore mandamus quatenus de pecuniis

Blasio Fiorentino de eorum pecuniis quos in vestris

Camere Apostolice per manus spectabilium viromm

computis admittemus. Datum ut supra.

f. 3. b. 25

heredum Ambrosii di Spannochis pecuniarum earumdem depositarimum reteneri penes eos faciatis ducatos

f. 1 l r (olim f. 22v)

duodecim mille septingentos auri de Camera in auro pro

R. Sancti Georgii etc. retineri faciatis penes ipsos

totidem per eosdem depositarios solutìs hoc modo

depositarios ducatos centum auri largos papales quos

videlicet:

iidem depositarii de suis pecuniis solverunt Johanni Marie

Pro cannis octingentis quadragentatribus cum tribus

Ferrarien. pro emendis tappetis ad ad ( ! ) usum Palatii

qumtis de panno rosato prime sortis

Apostolici: quos in vestris computis admittemus. Datum

ltem pro cannis quadringentis trigentasex pauonatii

Rome in Camera Apostolica die XVill Novembris 1492

prime smtis

pontificatus S.D.N.D. Alexandri pape VI anno primo

Item pro cannis centum duabus rosaceis secunde smtis Item pro cannis septuaginta duabus pauonatii

f. 1 1 r (olim f. 22v)

secunde sortis

R. Sancti Georgii etc. retineri faciatis ducatos triginta

Et pro pluribus aliis pannis et sericeis datis et pro serraria

auri de Camera pro totidem per ipsos depositarios solutis

in coronatione S.D.N. constituentibus in toto dictam

Johanni Lenzolo magistro stabuli S.D.N. pape pro

summam XIIM LXX ducatomm auri in auro

fomimentis et ornamentis equomm in coronatione:

de Camera qui debentur eisdem depositariis ex causa

quos in vestris computis admittemus. Datum ut supra.

f. 30

predicta ex computo desuper facto: Quos in vestris computis admittemus: Datum Rome in

f. l l r (olim f. 22v)

Camera Apostolica die XX Novembris 1492,

R. Sancti Georgii etc. retineri faciatis penes ipsos

pontificatus S.D.N.D. Alexandri pape VI anno primo.

depositarios ducatos quadragintatres de karlinis X pro ducato pro totidem quos solvemnt de suis propriis

f. l l r (olim f. 22r)

pecuniis Bernardo forrerio Palatii pro emendis rebus pro

R. Sancti Georgii etc. retineri faciatis penes ipsos

in coronatione de quibus rebus redidit rationem reverendo

depositarios ducatos quadraginta auri de Camera in auro 4

patri domino episcopo Segobricen. magistro domus

decem auri larghos pro totidem per eos de suis propriis

Palatii: quos in vestris computis admittemus.

pecuniis solutis magistro B artholomeo de Venetiis

Datum ut supra

f. 43

pro pendentibus regni parvi et deauratione dictì regni in coronatione: quos in vestris computis ad mittemus. Datum ut supra.

f. 12r (olim f. 23r) f. 40/10 lm·gos

R. Sancti Georgii etc. retineri faciatis per ipsos depositarios ducatos quadraginta de karlinis X pro ducato

f. l l r (olim f. 22r)

pro totidem per eos de propriis pecuniis suis solutis

R. Sancti Georgii etc. retineri faciatis per ipsos

magnifico domino Gabrieli de Cesm·inis confalonerio

depositm"ios ducatos decem et octo de karlinis pro ducato

Urbis pro una soproveste equi in coronatione: quos in

pro totidem per eos de suis propriis pecuniis magistro

vestris computis admictemus. Datum ut supra

Gratiadeo muratori pro amotione teiTeni implatea S. Petri

f. 12r (olim f. 23r)

in die coronationis S.D.N. pape: Quos in vestris computis admittemus. Datum Rome in Camera Apostolica

R. Sancti Georgii etc. retineri faciatis ducatos quinque

die XX Novembris 1492, pontificatus S .D .N.D. Alexandri pape VI anno primo

f. 40

mille centum quinquaginta septem auri in auro de Camera f. 1 8

pro totidem per eos de suis propriis pecuniis solutis familiaribus S .D.N. et domini magistri domus sui quos

f. l l r (olim f. 22r) R. Sancti Georgii etc. retineri faciatis penes ipsos

in vestris computis admittemus. Datum ut supra

f. VM.C.LVII

63 1


632

1l

ANGELA QUATTROCCHI

f. 1 3 v

(olim f. 24v)

complemento operum per eum factarum in coronatione

Magistro B artholomeo de Thomasi is

S.D.N. pape quos in vestris computis admitti faciemus.

R. Sancti Georgii etc. solvi faciatis magistro Bartholomeo

Datum Rome in Camera Apostolica die

de Thomasiis Zallerio ducatos quindecim auri de Camera

1493 pontificatus S.D.N.D.

Alexandri pape VI anno primo.

in auro pro magisterio et laborerio mitre parve pontificalis per eum facto quos in vestris computis admicti faciemus. Datum Rome in Camera Apostolica die 1492, pontificatus S.D.N.D. Alexandri pape f. 14v

(olim f.

VI

XXII

anno primo.

Xliii Januarii

f.

f. 1 6r (olim f. 21r)

Decembris

cum dimidio auri de Camera in auro penes ipsos depositarios pro totidem per eos solutis pro manifactura unius parve mitre pro concistorio S.D.N. quos in vestris

25v)

f.

computis admitti faciemus.Datum ut supra.

R. Sancti Georgii etc. solvi faciatis Johanni B aptiste f. 17v

R. Sancti Georgii etc. retineri faciatis et permictatis penes

sibi datis in coronatione S.D.N. pape: quos in vestris

eosdem depositarios ducatos duodecim auri de Camera in

computis admitti faciemus. Datum Rome in Camera

auro pro totidem per eos solutis pro manifactura

Apostolica die prima Decembris 1 492 pontificatus

copertarum rosati in coronatione S.D.N. pape quos in f. 1 3 1/2

(olùn f. 26r)

XXIIIor,

vestris computis admitti faciemus. Datum. ut supra. 3. ASR,

XII

1/2

Camerale I, Mandati Camerali, 855

R. Sancti Georgii etc. solvi faciatis Paulo Montebona

Hiero Cimatori

comissario salis ducatis vigintiduos cum dimidio auri

R. sancti Georgii etc solvi faciatis hieronimo cimatori

de Camera pro tribus cannis panni rosati ei datis in

ducati octo de Camera auri in auro pro cimatura pannorum in coronatione S.D.N. papae : quos in vestris

coronatione S.D.N. quos in vestris computis admitti f. 22 1/2

computis admitti faciemus f. 8

Datum ut supra f 1 5r

f.

f. 30v

Paulo de Montebona

faciemus . Datum ut supra.

XVIII.

(olim f. 28v)

caballario Camere Apostolice ducatos trexdecim cum dimidio auri de Camera pro tribus cannis panni rosati

domini Alexandri pape VI anno primo.

IIII

R. Sancti Georgii etc. retineri faciatis ducatos decemocto

f. 1 5

Johanni B aptiste caballario

f. 1 5r

633

ALESSANDRO VI: IL CERIMONIALE DEL POSSESSO

l

(olim f 26r)

Magistro S acri Palatii

f. 30v

R. Sancti Georgii etc. solvi faciatis domino Paulo

Jmmocto Artes

magistro Sacri Palatii florenos vigintiquinque auri de

R. Sancti Georgii etc solvi faciatis Jannocto Artes ducatos

X pro ducatos pro residuo

Camera pro quinque cannis panni nigri pro coronatione

quadragintatres de karlinis

S .D.N. quos in vestris computis admitti faciemus.

fornimentorum equi S .D.N. in coronatione ipsius S.D.N.

Datum ut supra.

f. 25

quos in vestris computis admitti faciemus Datum Rome in Camera Apostolica

f 1 5r

(olim f 26r)

Die

XXI Januarii 1493 pontificatus

S.mi D.N. pape D. Alexandri papae

S acrista Capelle R. Sancti Georgii etc. solvi faciatis reverendo patri domino abbati Sancti Sebastiani florenos vigintiquinque

f. 3 l v

pro quinque cmmis panni nigri sibi debitos pro coronatione

Magistro Jo. banderario

f. 43

R. Sancti Georgii etc solvi faciatis Magistro Johannj

sanctissimi domini nostti quos in vestris computis admicti faciemus. Datum ut supra.

VI Anno primo

f. 25

banderario summam pecuniarum infrascriptam pro infrascriptis rebus datis in coronatione D.N. papae juxta

f. 16r

(olim f. 21r)

descriptionem cedule registrate libro primo diversarum

B aldasati recamatori

folio . . . et primo

R. Sancti Georgii etc. solvi faciatis B altasari recamatori

Pro taschis corei ad portandum banderias

florenos quatuor auri de Camera pro residuo et

pro unciis

XI ducati 4 sirici cremosini et auri pro papa

ducatos Il b.

O

ducatos VITTI b. 24


634

ALESSANDRO VI: IL CERIMONIALE DEL POSSESSO

ANGELA QUATIROCCHI

pro libre 4 frangie cremosini ut supra pro parva sede pape pro libre 3 unciis 3 similis franzie pro alia sede

pro uncia l a den. 12 frangie ut supra pro umbrella

Item pro libre 2 unciis 2 frangie filaticii ad divisam

ducatos XI,

ducatos XXXII b. XLV ducatos I b. XXII 1/2

Item pro libre tres unciis 4 similis frangie pro banderiis

ducatos IIII b. XXX

cursorum

ducatos VI b. XLV

pro pendonibus cursorum

635

Costituentes in totum summam florenorum auri de Camera LXXXXV bo!. LXXVI 1/2

ducatos LXXXXV b.

Quos in vestris Computis admitti faciemus Datum Rome in Camera apostolica Die XXVI Januarii 1493 pontificatus S.D.N.D. Alexandri Pape VI Anno Primo f. 44v Benzi R. Sancti Georgii etc. solvi faciatis Nicolao Benzi florenos sex de auri de Camera pro infrascriptis operibus factis in coronatione S.D.N. iuxta discreptionem factam ut patet ex cedula registrata libro primo diversorum Domini Alexandri papae VI folio 48 etc pro uno morsu de aurato cum Borgiis et pro deauratura alterius morsus antiqui etiam cum B orgiis ducati sex que res sunt pro equis S.D.N. juxta eandem discreptionem: quos in vestris Computis admicti faciemus Datum Romae in Camera apostolica Die X Martii 1493 pontificatus anno primo

f. 6

Fig. l. - Città del Vaticano, Bibl. Ap. Vat., Barb. lat. 4424, f. 19v, Giu­ liano da Sangallo, disegno dell'arco di Costantino.


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ALESSANDRO VI: IL CERIMONIALE DEL POSSESSO

ANGELA QUATIROCClll

Fig. 2. Città del Vaticano, Bibl. Ap. Vat. , Barb. lat. 4424, f. 35r, Giu­ liano da Sangallo, disegno del quadrilatero adrianeo. -

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Fig. 3. London, Soane Museum, codex Coner, f. 75r, n. 96, disegno dell'ordine gigante d' angolo del quadrilatero adrianeo (Andreas Coner, attrib.). -


638

ANGELA QUATIROCCHI

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ALESSANDRO VI: IL CERIMONIALE DEL POSSESSO

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Fig. 4. - Città del Vaticano, Bibl. Ap. Vat., Barb. lat. 4424, f. 9r, Giu­ liano da Sangallo, disegno del capitello di Castel S . Agnolo al pilastro.

Fig. 5. - Andrea Mantegna, Trionfo di Giulio Cesare in Gallia (tela 1 : Trombettieri, portatori di insegne e vessilli).


MANUEL VAQUERO PINEIRO

I funerali romani del principe Giovanni e della regina Isabella di Castiglia: rituale politico al servizio della monarchia spagnola

La prematura morte dell'infante Giovanni nel 1497 costituì uno de­ gli eventi che in maniera più negativa segnò il destino del regno dei Re Cattolici 1 . Con la scomparsa del figlio di Ferdinando ed Isabella, infatti, tramontava la possibilità di garantire alla nascente unità di Castiglia ed A­ ragona una linea successoria maschile diretta e si creava una difficile si­ tuazione dinastica che sarebbe diventata ancora più complicata nell' arco di appena un decennio2. Come ha ben messo in evidenza una recente sto­ riografia, la chiave di volta del processo destinato a conferire una solida identità e continuità, alla duplice monarchia dei Re Cattolici era, infatti, la costruzione di un progetto ideologico intorno alla figura dell'infante

1 Alcuni autori situano nel 1497 la fine del regno dei Re Cattolici e l'inizio di un lungo periodo di squilibri dai quali la monarchia spagnola uscì soltanto nel 1 522 con ia nomina dell'imperatore Carlo V, cfr. J. PEREZ, Isabella e Ferdinando, Tori­ no 1 988, p. 3 1 9. 2 Ad un anno di distanza della morte del principe Giovanni, avviene il de­ cesso della sorella Isabella. Nel 1 500 muore anche il piccolo Michele, figlio di I­ sabella e di Emanuele del Portogallo, il quale, se fosse sopravvissuto, sarebbe stato l 'erede delle tre corone di Aragona, Castiglia e Portogallo. Nel 1 504 muo­ re la regina Isabella, seguita nel 1 506 da Filippo I 'il Bello' marito di Giovanna 'la Pazza' che, pur essendo I'mùca e legittima erede al trono castigliano, visse fi­ no al 1 5 55 rinchiusa nel castello di Tordesillas in un permanente stato confusio­ nale e di malinconia. Il risultato finale di questa catena di coincidenze luttuose è il lungo regno di Ferdinando il Cattolico ( 1 506- 1 5 1 6) e per ultimo l ' arrivo al po­ tere del nipote Carlo V, figlio di Giovanna e di Filippo. In questo modo, si con­ sumò il passaggio dai Trast<1mara spagnoli agli Asburgo centroeuropei. Su questi tenù cfr. : L. SUAREZ FERNANDEZ, La Espafia de los Reyes Cat6licos (14 74-1516), in Historia de Espafia, dir. R. MENÉNDEZ PIDAL, Madrid 1 978, XVIl!II; E. B ELEN­ GUER, Fernando el Cat6lico. Un monarca decisivo en las encrucijadas de su é­ poca, B arcelona 1 999, pp. 269-273. Un recente contributo alla storia di questo periodo è quello di M. LADERO QUESADA, La Espafia de los Reyes Cat6licos, Madrid 1 999; dello stesso autore anche, La Espafia de los Reyes Cat6licos, in Bi­ storia de Espafia, 4. De la crisis medieval al Renacimiento (siglos XIV-XV), Bar­ celona 1 998, pp. 359-5 83.


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MANUEL VAQUERO PINEIRO

I FUNERALI ROMANI DEL PRINCIPE GIOVANNI

GiovannP. Nei piani di Ferdinando II ed Isabella, Giovanni era il punto car­ dine del percorso che avrebbe portato alla definitiva saldatura politica delle due grandi Corone. Sotto quest'ottica, la nascita dell'infante fu celebrata 'in odore' d'intervento divino e ad ogni atto o manifestazione legata alla vita del futuro re venne conferita grande risonanza pubblica. Si comprende, così, per­ ché la sua morte improvvisa, accaduta il 6 ottobre del l497, solo alcuni mesi dopo il matrimonio con Margherita d'Austria e quando ancora Giovanni non aveva compiuto venti anni, rappresentò un durissimo contraccolpo e precipitò la società spagnola in uno stato di dolore e smarrimento collettivo. In lode del giovane erede scomparso si scrissero numerose composizioni letterarie ed in molte città spagnole si celebrarono sentite cerimonie religiose che, attraverso un ampio spiegamento di mezzi - la stampa, in questa circo­ stanza, giocò un molo molto importante - cercavano di trasmettere la dimen­ sione nazionale delle tragedia. Anche le città italiane sotto il dominio spagno­ lo parteciparono alle solenni celebrazioni. È il caso, ad esempio, di Messina. Come ben sappiamo dagli studi condotti da Concetta Bianca, quando anivò la triste notizia, il senato cittadino proclamò nove giorni di lutto e allo scopo di ribadire l'adesione del gmppo dirigente messinese alla ideologia del potere spagnolo4, fu allestita una solenne processione che culminò con una messa nel corso della quale vennero letti pùemi in onore del principe scomparso5. Nelle

intenzioni non troppo velate dei committenti locali, le composizioni lette­ rarie e le funzioni liturgiche fungevano in questo caso da strumento per ri­ badire un incontestabile messaggio di continuità e di comune partecipazio­ ne alla medesima entità politica: la monarchia dei Re Cattolici. Anche nei tenitori italiani fuori dal dominio dei Re Cattolici, la morte dell'infante Giovanni ebbe diverse ripercussioni. In particolare Roma, capi­ tale dello Stato della Chiesa e luogo di residenza di numerosi gmppi spagnoli di rilevante peso politico-culturale, fu scenario di una serie di significative manifestazioni in onore del giovane erede defunto. Nella corte romana, dif­ ferentemente di quanto accaduto a Messina o in altre città della penisola ibe­ rica, le cerimonie non avevano però il fine di dimostrare dall'interno i vin­ coli esistenti tra la collettività locale e il destino universale della monarchia spagnola, ma possedeva una valenza prettamente internazionale. li messag­ gio politico che si voleva diffondere attraverso le funzioni religiose, volute ed organizzate da un gruppo nazionale straniero, aveva come destinatari le autorità curiali, i vertici del potere municipale, gli ambasciatori e tutti colo­ ro che, pur in un contesto luttuoso, si voleva assistessero ad una spettacola­ re rappresentazione della grandezza di Spagna e dei suoi sovrani6. Chi già dal primo momento capì che i funerali romani per il figlio dei Re Cattolici rappresentarono qualcosa di anomalo e profondamente diver­ so da quanto visto in precedenza fu il maestro di cerimonie del papa, Gio­ vanni Burcardo, il quale, mediante le sue molteplici annotazioni e ricostru­ zioni dei fatti7, ci mette in condizione di sapere che la morte di Giovanni fu ampiamente stmmentalizzata per propagandare - in una città carica di va­ lori simbolici come Roma - la grandezza ormai raggiunta dalla monarchia spagnola. Alcuni aspetti di quanto accaduto sono ormai noti ma, nonostan­ te lo stesso Burcardo abbia lasciato più d'una testimonianza; manca ancora una lettura d'insieme del significato delle cerimonie celebrate a Roma tra il 10 e il 16 gennaio del 1498.

3 Sull'esaltazione della figura del principe Giovanni, cfr. AI. CARRAsco MANCHA­ DO, Propaganda politica en las paneg(ricos de las Reyes Cat6licos. Una aproximaci6n, «Anmuio de Estudios Medievales», 25/2 (1995), pp. 532-533; T. AzcoNA, El principe

Don Juan, heredero de las Reyes Cat6licos en el V Centenario de su nacimiento, «Cua­ demos de Investigaci6n hist61ica», 7 (1983), pp. 219-243; L. CARDAILLAC, L'Espagne les Rois Catholiques. Le prince San Juan. Symbole de l'apogée de un régne, 1474-1500, Pa­ lis 2000; A. ALcALA-J. SANZ, Vida y muerte del Principe Don Juan, Valladolid 1999. 4 C. BIANCA, "In urbe messana nobilissima " : tre incunaboli in morte di Gio­ vanni d'Aragona, in La civiltà siciliana del Quattrocento (Atti del Convegno, Mes­ sina 21 -24 febbraio 1 982), Messina 1984, pp. 3-9. 5 C. BIANCA, Stampa, cultura e società a Messina alla.fine del Quattmcento, II, Pa­ lelmo 1988, pp. 323-33 1 , 341-349, 359-365. Si veda anche il suo contributo in questi Atti. Pure in Spagna furono composte numerose opere e panegilici in onore dell'illfan­ te defunto, cfr. J.L. GoNZALEZ NovALIN, El Dean de Santiago. D. Diego de Muros. Su puesto en la historia del humanismo espaiiol, «Anthologica Annua», 22-23 (19751976), pp. 64-70 e 97-104; F.G. OLMEDO, Diego Ramirez Villaescusa (1459-1537), Ma­ drid 1944, pp. 219-296; J. SANZ HERMIDA, Literatura consolatoria en torno a la muer­ te del principe Don Juan, «Studia Histmica. Historia Medieval», 1 1 (1993), pp. 157170; M.A. PEREZ PRrnao, Historia y literatura en torno al principe D. Juan. La «Re­

presentaci6n sobre el poder del amor» de Juan del Encina, in Coloquio sobre la litera­ tura del siglo XV, Valencia 1992, pp. 337-349; L.F. GARCIA MARo - F.J. GARCIA MAR­ co, El impacto de la muerte del Principe Juan en Damca (1497-1498). Poes(a eleg(a­ ca y ritual urbano, «Arag6n en la Edad Media», 10-11 (1993), pp. 307-337.

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6 Sulla creazione di un rituale politico da parte della monarchia spagnola, cfr. J. M. NIETO SORTA, Del rey oculto al rey exhibido: un sintoma de las transjormaciones politicas en la Castilla Bajomedieval, «Medievalismo», 2 ( 1992), pp. 5-27. 7 JOHANNIS BURCKARDI Liber notarum ab anno MCCCCLXXXIII usque ad an­ num MDVI, a cura di E. CELANI, in RIS2 32/2 ( 1 9 1 1 -1942), pp. 69-7 1 ; Bibl. Ap. Vat. , Vat. lat. 5955, cc. 2 1 8v-219r. Su Burcardo e i l suo diario, cfr. M. G. CoNSTANT, Deux manuscrits de Burchard. Fragments du Diarie (1492-1496). Le cérémonial, «Mé­ langes d'archéologie et d'histoire» , 22/2-3 (1902), pp. 209-250; ID . , Les maftres de cérémonies du XV!e siécle. Leurs diaries, «Mélanges d' archéologie et d'histoire», 23/1-3 ( 1903), pp. 1 6 1 -229; 23/4-5 ( 1 903), pp. 3 1 9-343. L'opera di Giovanni Bur­ cardo continua a sollevare forti dubbi e intenogativi, cfr. l'intervento di A. limi in questo stesso volume.


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I FUNERALI ROMANI DEL PRINCIPE GIOVANNI

Secondo quanto racconta il cerimoniere pontificio, la notizia della mmte di Giovanni fu comunicata ad Alessandro VI verso il 20 novembré , durante un'udienza che venne immediatamente sospesa lasciando intende­ re l'interesse dimostrato dagli ambienti spagnoli di curia a far passare la morte di Giovanni come un evento straordinario dal quale Roma non pote­ va rimanere distaccata. Le considerazioni negative del Burcardo che espri­ me il suo disappunto per il gesto di Alessandro VI, si trasformano in profon­ da indignazione nel segnalare come papa Borgia, accogliendo le richieste degli spagnoli, autorizzasse anche la celebrazione di una messa nella Cap­ pella Papale. Si trattava infatti di un fatto del tutto eccezionale poiché, co­ me si sa, nella Cappella Papale o Palatina si potevano svolgere soltanto fun­ zioni religiose in onore di pontefici e di sovrani. Lo scontro tra la tradizio­ ne incarnata dal maestro di cerimonie e le novità sollecitate dagli spagnoli risulta emblematico di come la corte di Roma e più concretamente i luoghi più simbolici dell'identità del potere papale, non potevano rimanere estra­ nei ai condizionamenti imposti da un contesto europeo in piena e veloce tra­ sformazione. Ma il desiderio di svolgere la funzione religiosa nella Cappella Papale, non si comprende completamente senza p1ima considerare che uno dei tratti distintivi della dinastia dei Trastamara, alla quale appartenevano sia Isabella che Ferdinando, fu proprio la fondazione di una Cappella Reale, cioè, un'i­ stituzione ecclesiastica autonoma e sotto la giurisdizione diretta dei sovrani che diventò di fatto massimo esempio del potere assoluto della monarchia spagnola9. Dalla prima metà del XV secolo nelle principali chiese e cattedra­ li della penisola iberica si crearono cappelle reali gestite da un clero piena­ mente identificato con il destino quasi divino dei suoi sovrani10 e costituito da «individuos seleccionados, particularmente actos, desde la perspectiva de las aspiraciones de control eclesiastico del monarca, para que una vez distribuì-

dos adecuadamente por la jerarqu{a eclesiastica, se convirtieran en un meca­ nismo que asegurase la omnipresencia de la soberama regia sobre la Iglesia castellana»11. S 'intende, dunque, perché gli alti prelati spagnoli presenti nel­ la curia alla fine del XV secolo - alcuni di loro forse formati culturalmente e politicamente nella Cappella Reale dei Re Cattolici - considerassero la Cap­ pella Papale vaticana come la sede più adatta per lo svolgimento dei funerali del principe Giovanni; dalla loro prospettiva, risultava, infatti, logico e natu­ rale che una simile cerimonia fosse organizzata nella basilica di San Pietro. Niente, quindi, fuori dalla regola dal punto di vista spagnolo sebbene, così fa­ cendo, si contribuisse a diffondere il chiaro messaggio che a Roma si pote­ vano, anzi si dovevano, mettere in atto gli stessi criteri e principi utilizzati nella penisola iberica per propagandare il carattere sacro dei sovrani. In fin dei conti, un deciso intento di omologazione che, data la portata dei passi compiuti, non sfuggì al rigido maestro di cetimonie. In quest'ottica, il trattamento riservato all'infante Giovanni si presenta­ va come un tentativo deliberato e molto calibrato di forzare il cerimoniale papale per adattarlo agli interessi del gmppo nazionale politicamente domi­ nante. La cerimonia nella Cappella Papale non aveva però nulla d'ordinario e il Burcardo commenta sdegnato che tutto ciò fu possibile perché Alessan­ dro VI intendeva così ' adulare' il suo re ispano12. Si potrebbe discutere a lun­ go sull'effettivo significato che bisogna dare a questo termine e se il Bur­ cardo lo impieghi guidato da quel senso critico e a volte fmtemente causti­ co che impregna il suo Liber notarum. Comunque, in questa circostanza, il papa Borgia non sembra imporre la sua volontà, risulta, invece, fortemente condizionato dal complesso e mutevole insieme di fattori esterni ai quali neppure lui era estraneo. Ma le novità non si limitarono alla cerimonia or­ ganizzata il lO gennaio 1498 nella Cappella Papale di S. Pietro. Alcuni gior­ ni dopo, il l6 gennaio, nella chiesa di San Giacomo degli Spagnoli a piazza Navona 13, si tenne una seconda messa e anche in questo caso le innovazio­ ni furono di tale pmtata che meritarono ampi e critici commenti. Sempre dal racconto particolareggiato del Burcardo apprendiamo che questa seconda cerimonia religiosa si svolse alla presenza dell' ambasciatore spagnolo Gar­ cilaso de la Vega, di undici cardinali tra cui il Valentino, del governatore del­ la città, di vari ambasciatori e di molti altri membri della corte. n cronista

8 È datata 20 novembre 1497 la lettera-panegirico stampata a Valladolid in cui Diego de Muros comunica al pontefice e al collegio cardinalizio la scomparsa del figlio dei Re Cattolici, cfr. GONZALEZ NOVALIN, El Dee/n de Santiago cit., pp. 67-68. 9 Sul significato assunto dalle cappelle reali nel consolidamento del potere dei sovrani spagnoli, cfr. J.M. NIETO SORIA, Propaganda pol(tica y poder rea! en la Cas­ tilla Trastamara: una perspectiva de analisis, «Anuario de Estudios Medievales», 25/2 ( 1 995), pp. 509-514; ID . , Iglesia y génesis del Estado moderno en Castilla (1369-1480), Madrid 1993, pp. 375-380; ID., La realeza, in Or(genes de la monar­ qu(a hispanica: propaganda y legitimaci6n (ca. 1400-1520), Madrid 1 999, pp. 606 1 ; J.M. L6PEZ Y ANDRÉS, Rea! Patronato eclesiastico: la iglesia de Almer{a como iglesia de Estado, «Bolet{n del Instituto de Estudios Almerienses», l (1981), pp. 1 27-140. 10 NIETO SoRIA, Propaganda pol(tica cit., pp. 5 1 3-514.

11 NIETO SoRIA, Iglesia y génesis cit., p. 344. 12 Sul rapporto non sempre facile tra i Re Cattolici e Alessandro VI, cfr. LA­ DERO QUESADA, La Espafia cit., ( 1 999), pp. 250-255 . 1 3 Sulla chiesa castigliana di Roma, cfr. J . FERNANDEZ ALoNso, Santiago de las Espaìioles en el siglo XVI, «Anthologica annua», 6 ( 1 956), pp. 9-122; M . VA QUERO P!NEIRO, La renta y las casas. El patrimonio inmobiliario de Santiago de las ­

Espaiioles de Roma entre las siglos XV y XVII, Roma 1 999.


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I FUNERALI ROMANI DEL PRINCIPE GIOVANNI

non stupito dall'elevata condizione sociale dei pattecipanti, la cui presenza, peraltro rientrava nella normalità per tali cerimonie, è invece incredulo da­ vanti al monumentale apparato effimero allestito iimanzi al coro della chie­ sa. Si trattava di un catafalco o castrum doloris che oltre a sorprendere per le misure e i particolari elementi decorativi utilizzatil4, destava perplessità trattandosi di un monumento funerario che non racchiudeva nessun corpo. Si ha così un'altra novità che sconcetta il Burcardo. Se prima era stato costret­ to ad assistere ad una indebita cerimonia nella Cappella Papale, dopo si tro­ vava a partecipare ad un funerale in cui l'apparato funerario veniva indebi­ tamente impiegato: «non bene factum fuit quia hoc castmm debitur illis sa­ lurn Cardinalibus et Regibus quibus in eodem loco ubi cadaver est presens exequiae fiunt et nunquam pro absentibus fieri debent castrum sed tantum cathalectus sive feretrum» ; ma tali novità erano accettate perché, come scri­ ve lo stesso Burcardo, bisognava «obedii·e hispanis dominantibus»15. Fuori dall'ambito romano, va sottolineato che cerimonie funebri prive di qualsiasi raffigurazione del defunto sono attestate in alcune città spa­ gnole già a metà del XV secolo16. Da questo punto di vista, si potrebbe di-

re che le corone spagnole nel tardomedioevo si configuravano come l' am­ biente ideale per la nascita di un nuovo rituale funerario; i numerosi e geo­ graficamente distanti tenitori che le componevano erano il contesto adatto per la creazione di una nuova tipologia di rituale politico in grado di perpe­ tuare l'inmlagine del potere reale, quasi sempre fisicamente assente e quin­ di bisognoso di procedimenti comunicativi particolari. Prospettare delle i­ potesi su una questione storica che ancora richiede ulteriori approfond�en­ ti risulta molto prematuro, ma incrociando i dati tratti dalla documentaziOne romana con quanto è stato detto in merito all'evoluzione del rito funerario nella monarchia spagnola fra XV e XVI secolo17 ci sono buoni motivi per ritenere che a Roma, nel 1498 per le cerimonie dell'infante Giovanni, ven­ ne predisposta una scenografia funeraria di matrice ispanica18 la quale, oltre alle proprie caratteristiche originarie, si anicchì di quegli elementi che sol­ tanto l'ambiente rinascimentale romano era in grado di conferirle19. Senza analizzare in dettaglio tutti gli aspetti architettonici e decorativi uti­ lizzati nella cerimonia svolta a S. Giacomo degli Spagnoli, già l'insieme di mezzi impiegati consentono di percepii·e la straordinarietà di quanto accaduto. I funerali per Giovanni si inseriscono dunque in quell'ampio e del resto ben do­ cumentato filone di manifestazioni politiche, culturali e sociali che fecero di Roma durante gli ultllni anni del XV secolo un vero e proprio teatro urbano20

14 «Igitur castrum positum fuit super columnis quatuor ab ormù patte duas can­ nas habens altidudinis, etiam duarum cannarum quaelibet colurm1a, et desuper tec­ tum altitudicis mùus cam1ae cum dinùdia. Sub castro huiusmodi constructum fuit aliquod aedificium sex gradibus habens ab omni parte: primus gradus in plano ec­ clesiae positus ab omni parte sui quadri erat, longitudinis ucius cannae cum dinù­ dia; alii quinque tendebant magis in longum quam quadrum; sextus gradus qui fa­ ciebat quoddam planum, erat longitudliùs novem palmorum vel circa; supra planum erat longitudinis novem palmorum vel circa; supra planum sexti gradus huiusmodi positus erat cathalectus seu capsa quaedam enùnens et alta prout pro cardinalibus, post obitum, in ecclesiis fieri consuevit, quae supra eorum sepulchra ponitur quousque eorum memoria fiat: capsa huiusmodi cooperta erat pulcherrimo pallio pulcherrimi bruchati auri; gradus omnes cum plano superiori pallio bruchati erant cooperti, vi­ delicet pars illa seu gradus versus altare maius et versus portam palliis rubeis extra castrum», Bibl. Ap. Vat., Vat. lat. 5944, cc. 2 1 8v-2197: 1 5 Ibid, c. 2 1 8v . 1 6 Ad esempio nel 1458 la morte di Alfonso V 'il Magnanimo' fu celebrata in nu­ merose città della Corona d'Aragona; se in alcune di queste, come Huesca e seguen­ do l'influsso d ' oltralpe, fu predisposta una statua 1iproducente i tratti fisici del mo­ narca scomparso, in altri luoghi - Valenza o Barcellona - furono invece allestite ca­ mere ardenti sprovviste di qualsiasi linmagille attistica o oggetto destinato a rappre­ sentare il senso materiale del corpo, cfr. C. LALIENA CoRBERA-M. T. !RANZO MuN!o, Las exequias de Alfonso en las ciudades aragonesas. Ideologia real y rituales polfti­ cos, «Arag6n en la Edad Media», 9 (1991), pp. 55-75. Sull'impiego di statue di cera

nei funerali reali allo scopo di rendere visibile il corpo del monarca, cfr. G. Ricci, Il principe e la morte, Bologna 1998; su questo stesso a�·gomento, cfr. S. BERTELLI, Il corpo del re. Sacralità del potere nell'Europa medievale e moderna, Firenze 1990.

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17 J. VARELA, La muerte del rey. El ceremonial funerario de la monarqu{a es­ paiiola, Madrid 1 990, pp. 49-50; cfr. M. GARCIA FERNANDEZ, Las castellanos y la muerte. Religiosidad y comportamientos colectivos en el Antigua Régimen, Ma­ drid 1 996. 18 Questo probabile trasfe1imento a Roma di un rito funeratio maturato nella Co­ rona d'Aragona, m parte corregge la tradizionale limnagine della Spagna come impor­ tatrice di modelli culturali italiatù, cfr. A.J. MoRALES, Italia, las italianos y la intro­ ducci6n del Renacimiento en Andaluda, in Reyes y mecenas. Las Reyes Cat6licos Maximiliano I y las inicios de la Casa de Austria en Espaiia, Toledo 1992, pp. 1771 95; secondo le testlinonianze del tempo, nel 1428 un maestro lombardo costmì nella città di Valladolid una complessa struttura architettocica e gli archi di ttionfo si diffu­ sero per la Spagna dopo la visita di Ferdmando II a Napoli nel 1506, cfr. G. PALOMO FERNANDEZ - J.L. SENRA GABRIEL Y GALAN, La ciudad y la fiesta en la historiografia castellana de la Baja Edad Media: escenografia hldico-jestiva, «Hispania», 54/1, (1994), pp. 32-33; F. RUIZ TEOFILO, Fiestas, torneos y s{mbolos de Realeza en la Cas­

tilla del siglo XV. Las fiestas de Vallada!id de 1428, m Realidad e imdgenes de poda Espaiia a fines de la Edad Media, Valladolid 1988, pp. 249-265. 19 Cfr. P. PRODI, Il sovrano pontefice, B ologna 1982, pp. 100-103.

zo Dal tmdo medioevo, le città e, al loro interno, le piazze dove si svolgeva il mercato diventat·ono il luogo principale per l'organizzazione di cerimonie e mani­ festazioci pubbliche, cfr. NIETO SoRTA, La realeza cit, pp. 52-55; PALOMO FERNAN­ DEZ-SENRA GABRIEL Y GALAN, La cìudad y la fiesta cit., pp. 20-24.


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in cui la 'Spagna felice ' e il carattere messianico della monarchia dei Re Cat­ tolici21 venivano tempestivamente esteriorizzati, ora con un funerale, ora con delle m·azioni commemorative22, ora con una festa di piazza23, ora con la costruzione di un edificio religioso24. Tuttavia questo multiforme proces­ so volto a sancire un'effettiva assimilazione diplomatica cominciò ad incri­ narsi nei primi anni del XVI secolo e proprio un altro funerale regio con­ sente di verificare i profondi cambiamenti accaduti nel breve intervallo di tempo che va dalla morte dell'infante Giovanni a quella di sua madre Isa­ bella di Castiglia nel 1504. Nel 1503 si colloca la scomparsa di Alessandro VI e il totale quanto veloce sgretolamento del suo disegno di creare un do­ minio familiare25. Costituirebbe, tuttavia, una visione troppo riduttiva ricon­ durre l 'ampia e poliedrica questione dei rapporti Spagna-Roma durante il Rinascimento ai destini dei Borgia. Troppo breve il periodo e troppo circo­ scritto il potere della casata valenzana per poter essere ritenuta la principale ragione di una tendenza che, partendo dal dinamismo spiegato dalla società castigliana in pieno XV secolo, proseguì poi con risultati alterni, lungo tut­ ta l 'Età Moderna, fino a quasi la metà del XVill secolo. In questo dilatato 21 G. CARLO Rossi , I Re Cattolici in testimonianze letterarie e storiche italia­

ne del tempo, (V Congreso de Historia de la Corona de Arag6n), I, Zaragoza 1 955, pp. 47-72; F. GIUNTA, Italia e Spagna nelle cronache italiane dell'epoca dei Re Cat­ tolici, in Presencia italiana en Andaluda. Siglos XIV-XVII, (Actas del I Coloquio Hispano-Italiano), Sevilla 1 985, pp. 1 39-173. Bisogna inoltre ricordare le pagine in cui il Castiglione parla della grandezza raggiunta dai Re Cattolici, BALDASSARE CA­ STIGLIONE, Il cortegiano, a cura di C. CORDIÉ, Milano 1 99 1 , pp. 241-242. 22 In questo senso risulta molto significativa l'esaltazione che nel 1493 Giro­ lamo Porcari fa dei Re Cattolici esortandoli a recarsi a Roma per fondere il domi­ nio con quello degli antichi imperatori romani, Bibl. Ap. Vat. , inc. VI/8 ; cfr. C. Bian­ ca in questi stessi Atti. Alcuni anni prima, nel 1490 a cura di Bernardino Carvajal fu letta un'orazione al senato cardinalizio riunitosi nella chiesa di San Giacomo degli Spagnoli per celebrare la conquista della città di Baeza, Bibl. Ap. Vat., inc. IV/539. 23 Uno degli eventi più esaltati fu la vittoria di Granada, cfr. CAROLUS VERAR­ DI, Historia Baetica. La caduta di Granada nel l492, a cura di M. CmABò-P. FA­ RENGA-M. MIGLio-A. MoRELLI, Roma 1 992 (RRinedita. anastatica, 6), principal­ mente pp. XX-XXXII. 24 Cfr. F. CANTATORE, La chiesa di San Pietro in Montorio a Roma: ricerche ed ipotesi intorno alla fabbrica tra XV e XVI secolo, «Quaderni dell'Istituto di Storia dell' Architettura», n. ser. 24 ( 1 997), pp. 3-34. 25 Cfr. A. Mu sr, L'Italia dei viceré. Integrazione e resistenza nel sistema impe­ riale spagnolo, Cava de' Tirreni 2000, pp. 92-93, anche M. VAQUERO P!NEIRO, La signoria di Sermoneta tra i Borgia e i Caetani, in Sermoneta e i Caetani. Dinami­ che politiche, sociali e culturali di un territorio tra Medioevo ed età moderna (Atti del Convegno, Fondazione Camillo Caetani, Roma 16-19 giugno 1 993), Roma 1 999, pp. 125- 142.

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quadro temporale, i funerali di Giovanni, sulla base di un'analisi che neces­ sita ancora di ulteriori approfondimenti, indicherebbero, e l'uso in questa circostanza del condizionale è più che prudente, il momento culminante del­ la capacità spagnola di esercitare su Roma e il papato un'ampia posizione e­ gemone, mentre quelli di sua madre Isabella la Cattolica, celebrati appena otto anni più tardi, rifletterebbero, piuttosto, l'avvio di una fase dei rapporti monarchia spagnola-papato di ben altro significato e tono. Come nel caso di Giovanni, anche per i funerali di Isabella è rimasta più di una redazione a cura dei maestri di cerimonie Giovanni Burcardo e Paride de Grassi26. In breve la notizia della morte di Isabella di Castiglia, verificata­ si il 26 novembre 1505, giunse a Roma quasi un mese dopo ed in segno di lut­ to, Bernardino Carvajal, cardinale di S. Croce in Gerusalemme e ambasciato­ re dei Re Cattolici, prese la drastica decisione di non partecipare alle celebra­ zioni per l'imminente Natale27. La scelta del porporato spagnolo fu ampia­ mente criticata perché mai un evento luttuoso, pur importante come quello re­ lativo al decesso di una regina, poteva essere una valida ragione per rifiutarsi di condividere la felicità universale per la nascita del Signore. Una decisione quella adottata dal Carvajal, 'creatura' di Isabella come lo definisce il Burcar­ do28, di ampie valenze politiche come evidenzia l'interesse mostrato perché anche per la regina si svolgessero le esequie nella Cappella Papale. Nel 1504

26 BURCKARDI Liber notarum cit., pp. 471 -472; Bibl. Ap. Vat. , Vat. lat. 5635, cc. 82r-84v; Vat. lat. 5944, cc. 21 5v-217v; Vat. lat. 12267, cc. 1 87v-189v; Vat lat., 1 2272, cc. 64v-66v. Le differenze tra queste versioni alcune volte sono abbastanza importanti. Ad esempio, nell'edizione del diario del Burcardo per la descrizione del funerale di Isabella si impiegano 450 parole mentre nel codice manoscritto Vat. lat. 5635 appartenente al de Grassi ne vengono utilizzate 1 350; questa forte disparità è dovuta al fatto che nel codice 5635 la descrizione dell' apparato funerario occupa grande spazio, mentre la versione edita finisce con la frase: «Forma castri doloris est in alia carta». Su Paride de Grassi, cfr. M. DYKMANs, Paris de Grassi, «Ephe­ merides Liturgicae», 96/4-6 ( 1982), pp. 407-463; 99/4-5 ( 19 85), pp. 383-417; 1 00/3 ( 1986), pp. 270-333. 27 Bernardino Carvajal ordinò inoltre che tutti i cardinali spagnoli presenti a Roma indossassero cappe di colore viola in segno di lutto, Bibl. Ap. Vat., Vat. lat. 12267, c. 84v. Giulio II nell'ottobre 1505 ordinò ai prelati spagnoli di abbandonare il lutto, Bibl. Ap. Vat., Vat. lat. 5635, c. 1 67r. 28 II molo centrale della regina Isabella nella carriera politica di alcuni perso­ naggi chiave non sfuggiva agli osservatori più attenti: «a nostri tempi tutti gli omini grandi di Spagna e famosi in qualsivoglia cosa, sono stati creati dalla regina Isabel­ la», CASTIGLIONE, Il cortegiano cit., p. 242. Sulla figura di Bernardino Carvajal, car­ dinale di Santa Croce, cfr. G. FRAGNITO, Carvajal, Bernardino L6pez de, in DB I, 21, Roma 1 978, pp. 28-34; T. FERNANDEZ Y SANCHEZ, El discutido extremeiio Cardenal Carvajal, Caceres 1 9 8 1 .


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si voleva dunque seguire lo stesso percorso di alcuni anni prima, vale a dire, organizzare, avvalendosi del rituale delle cappelle papalF9, una funzione reli­ giosa nel luogo di massimo valore politico e simbolico . Ma questa volta, a dif­ ferenza di quanto accaduto solo pochi anni prima, Giulio II rispose negativa­ mente richiamandosi a una stretta osservanza del cerimoniale pontificio che non prevedeva funzioni,;religiose nella Cappella Papale per le regine30. Da questo rifiuto scaturì un intenso quanto aspro contrasto sull'origine del potere reale che, nella tesi portata avanti dal pontefice Della Rovere, tendeva a ridi­ mensionare di molto il ruolo delle regine31• Nel caso specifico della realtà spa­ gnola dei primi anni del XVI secolo, l'intento pontificio di ridune di contenuti il potere politico delle regine, aveva delle implicazioni molto più profonde in quanto Giulio II, pur ragionando unicamente in chiave di rigoroso rispetto del cerimoniale, non poteva ignorare che il vero punto di forza della monarchia dei Re Cattolici era stato di fatto la grande capacità espansiva della Corona di Castiglia. Sono questi elementi che senza dubbio il papa nel corso della trat­ tativa con Bernardino Carvajal valutò molto attentamente in un momento, per di più, contrassegnato dalle clamorose vittorie spagnole nel Sud della peniso­ la contro l'esercito francese32• Perciò la risposta negativa potrebbe essere in­ terpretata come un desiderio di non assecondare le richieste provenienti dalla componente spagnola più forte in Curia, cioè la frazione castigliana. li cardinale Carvajal, verificata l'impossibilità di poter utilizzare la Cappella Papale e quindi scontata una bruciante sconfitta sul piano diplo­ matico e personale, organizzò le esequie per la regina castigliana nella chie­ sa di San Giacomo degli Spagnoli33; il giorno scelto fu il mercoledì34 1 6

29 Cfr. G. MORONI, L e cappelle pontificie cardinalizie e prelatizie, Venezia

1 84 1 , p. l. 30 Questa disposizione d i carattere generale rimase in vigore anche per altre re­ gine europee (Maria Stuart di Scozia, Maria I Tudor d'Inghiltena, ecc.) ma sembra che Giulio II la concepì proprio in occasione delle esequie d'Isabella di Castiglia, cfr. MoRONI, Le cappelle cit., pp. 8 1-82. 3 1 Bibl. Ap. Vat. , Vat. lat. 5635, c. 82v. 32 Sul movimentato scenario italiano dei primi anni del XVI secolo, cfr. A. TE­ NENTI, L'età moderna. XVI-XVIII secolo, Bologna 1 980, pp. 80-96; come bibliografia di carattere generale, C. CIPOLLA, Storia delle signorie italiane dal !3!3 al I530, Mila­ no 1 88 1 ; E. STUMPo, Il sistema degli stati italiani: crollo e consolidamento (I492I559), in La Storia. I grandi problemi dal Medioevo all'Età Contemporanea. L'Età Mo­ derna, Torino 1 986, pp. 35-54; C. VIVANTI, La storia politica e sociale. Dall'avvento delle signorie all'Italia spagnola, in Storia d'Italia, Wl, Torino 1 974, pp. 275-427. 33 Della cerimonia romana per Isabella di Castiglia non ne parlano i principali cronisti spagnoli del tempo, cfr. ANDRÉS BERNALDEZ, Memorias del reinado de las Reyes cat6licos, ed. a cura di M. GoMEz MoRENO-J. DE CARRIAZo, Madrid 1 962. 34 In questa circostanza fu annullato il settimanale mercato di Piazza Navona.

febbraio 1 505 e tra i presenti si contavano 25 cardinali, il duca d'Urbino, il principe di Salerno, il prefectus Urbis, gli arcivescovi di Firenze, Ragusa, Bari e Taranto, nove ambasciatori e molti nobili della città. La cerimonia, solenne e preparata nei minimi particolari, vide la costruzione nella navata centrale di un imponente castrum doloris di fronte al quale il cerimoniere papale rimase colpito per le misure e le caratteristiche architettoniche del­ l 'apparato funebre utilizzato, quanto per il massiccio impiego di elementi ornamentali del tutto estranei alla tradizione romana35. Da quanto chiara­ mente emerge dalle descrizioni, i funerali per Isabella si allacciano a quel­ li di Giovanni nel consolidamento di un archetipo di funzione funeraria rea­ le che da questo momento in poi verrà ampiamente riprodotto fino a rag-

35 «Et primo in media ecclesia licet parva erectum fuit castrum doloris, non simpliciter sicut pro Papa aut Cardinalibus fit sed maioris elegantiae quam pro Car­ dinali; cuius altitudo colurnnarum fuit mensurae Romanae in totum pedum XVI, a solari vero usque ad apicem piradimis pedes XVIII, latitudo pedum XX, longitudo pedum XXVIII. Et habuit ipsum castrum quinque tunicellas cum suis propugnacu­ lis, videlicet unum in pinaculo in qua hmicella erat intus quasi alia subtilis tunicu­ la. In quatuor angulis quatuor turricellas similes altitudinis palmmum X et in una quaque tunicella erat vexillum cum armis ex auro magnis Reginae et supra atmis in uno quoque erat titulus cum litteris aureis» e continua «Colurnnae castri erant de to­ to coopertae de velluto nigro. Et ab omni parte superiori castri ubi pro cardinalibus solent esse atma in tela picta, ibi erant petiae de velluto nigro et ab omni patte erant arma tria magna auro, argentoque contexta quasi per modum aurifrigionum. Sub quadratura castri surgebat thalamus septem gradum, quorum tres gradus erant intra colurnnas castri et unus erat in quo ipsae columnae recte figebantur. Aliitres gradus colunmatum excedebant. Isti ultimi tres erant simul cum quarto coope1ti de panno nigro; alii autem tres panno de velluto viridi cum bracato tegeba(n)tur quod pende­ bat a lectica sive [... ]. Super eo thalamo sub castro desuper erat forma depositi ele­ vati non sicut nos facere solemus sed in summo rotundi etiam connexi [ . . . ] superius circulati, longitudo eius fuit palmis de meis XIII, latitudo palmis VIII, altitudo cir­ cularis palmis V, videlicet ab inde in summum erat semicirculus quod depositum sic fabricatum (ut dixi) partim tegebatur panno amato non de toto, sed hoc modo. Erant petiae multae consutae de velluto viridi in fmmam pallii tegentis ipsum depositum et tres gradus primus inclusive. Super hoc pallio de velluto viridi erant duae petiae de brochato riccio pulchro dispositae in fmmam crucis; itaut (sic) ab omni patti tha­ lami et depositi penderet una pars bracati super ipso velluto viridi» , Bibl. Ap. Vat., Vat. lat. 5635, cc. 83r-v. In merito alle esequie-di Isabella di Castiglia, B aldassare Castiglione parla di una cerimonia organizzata 'secondo il modo di Spagna' , cfr. FERNANDEZ ALONSO, Santiago de las Espaiiales cit., p. 10. Sul modo di organizza­ re i funerali dei papi e dei cardinali alla fine del XV secolo, cfr. M. DYKMANS, L'aeuvre de Patrizi Piccalamini au le Cérémanial papa! de la première Renaissan­ ce, Roma 1 980-1 982 (Studi e testi, 293-294), pp. 221-237.


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giungere le sue massime espressioni artistiche sotto gli influssi dei canoni estetici della cultura barocca36. La chiesa di San Giacomo degli Spagnoli per l'occasione era ricoperta con panni di velluto nero, illuminata con can­ dele per un equivalente di 3000 libre di cera, addobbata con bandiere e scu­ di di Castiglia, Aragona e Portogallo37 e sulle pareti della chiesa testi scrit­ ti in lettere d'oro38 ricordavano ai presenti il carattere divino, ' augusto' , del-

le missioni compiute dalla compianta regina. Oltre al lusso e all'ampio spie­ gamento di mezzi utilizzati nei funerali tanto di Giovanni che di sua ma­ dre39, entrambe le cerimonie avevano una dimensione politica del tutto sco­ nosciuta fino a quel tempo. Risulta perciò molto emblematico osservare co­ me Paride de Grassi consideri pertinente finire il suo trattato sulle esequie di papi, cardinali e sovrani stranieri riportando la descrizione particolareg­ giata di due casi concreti che, secondo il maestro di cerimonie, in futuro a­ vrebbero potuto servire di modello: i funerali in questioni sono appunto quelli di Giovanni e d'Isabella40. Morta Isabella, venne nominata regina di Castiglia la figlia Giovanna 'la Pazza' e Ferdinando, pur avendo capacità per intervenire negli affari del regno della sua defunta moglie, ritornò a occuparsi in prevalenza dei tradi­ zionali interessi della Corona d' ATagona nel Meditenaneo, il regno di Na­ poli in primo luogo41. A questo punto non sarebbe neppure da escludere che il rifiuto di Giulio II a concedere la Cappella Palatina fosse determinato dal­ la consapevolezza dei grossi intenogativi politici e dinastici che si apriva­ no per il futuro delle Corone spagnole42. Mancando Isabella, l 'ampia proie­ zione internazionale della monarchia subirà una forte battuta d' anesto e per Ferdinando, coinvolto in una complessa questione successoria43, la capita-

36 Tra i primi esempi di grandi monumenti funerari vengono sempre ricordati quelli costmiti nel 1 539 e nel 1 549 per l 'imperatrice Isabella, moglie di Carlo V, e per Maria del Portogallo, prima moglie di Filippo II, cfr. A. BONET CoRREA, TLimu­ los del Emperador Carlos V, «Archivo Espafiol de Arte», 33 ( 1 960), pp. 55-57. Do­ po questi, saranno i funerali dello stesso imperatore Carlo V ( 1 558) ad imprimere una decisa aècelerazione al consolidamento, quale prodotto culturale tipo dei gran­ di apparati effimeri, cfr. C. CoNFORTI, Feste Medicee: il battesimo, le esequie, l'a­ poteosi, in La città effimera e l'universo artificiale del giardino. La Firenze dei Me­ dici e l'Italia del '500, Roma 1 980, pp. 108-109; V. SoTo CABA, Las catafalcos rea­ les del Barroco espaiiol (Un estudio de arquitectura ej(mera), Madrid 1 99 1 , pp. 941 0 1 . Sul castrum doloris in epoca barocca ed in generale sul rituale dei funerali dei secoli XVI-XVIII abbiamo ormai un'abbondante e particolareggiata bibliografia, M. FAGIOLO DELL'ARco, La festa barocca, Roma 1997, pp. 53-54; O. BERENDSEN, The Italian 16th. and 1 7th. CentW)' Catafalques, New York 1 96 1 ; L. POPELKA, Ca­ strum doloris oder "Trauriger schauplatz " . Untersuchungen zu Entstehung und we­ sen ephemerer architekur, Wien 1 994; SoTo CABA, Las catafalcos reales del Bar­ roco espaiiol cit. ; A.S. ARBURY, Spanish Catafalques of the Sixteenth and Seven­ teenth Centuries, New Bmnswick 1992; Il "funeral teatro " . Apparati e mausolei ef­ fimeri dal XVII al XX secolo a Palermo, a cura di M. C. RuGGIERI TRrcou, Palermo 1 993; VARELA, La muerte del rey cit. , pp. 49-62. 37 Isabella era figlia di Giovanni II di Castiglia e Isabella del Portogallo; gli stretti rapporti familiari tra Castiglia e Portogallo dimostrano che, pur essendo indi­ pendenti le due Corone si sentivano partecipi di uno stesso ambito politico, cfr. M. A. LADERO QUESADA, El proyecto pol{tico de las Reyes Cat6licos, in Reyes y Me­ cenas cit., p. 82. L'elemento araldico rivestirà un ruolo di primo piano nei funerali dei membri della casa degli Asburgo, cfr. F. CHECA, El caballero y la muerte (Sobre el sentido de la muerte en el Renacimiento), «Revista Universidad Complutense», 1 982, pp. 244-245. 38 «In medio, super maius, erant mma regine defuncte, iuxta que a latere dextro erat scriptum litteris aureis 'Surrexit'; a latere sinistro 'Non est hic', et ab huiusmodi litte1is infra in modum selnicirculi sc1iptum erat 'Sub umbra alamm tuamm protege nos' . Supra arlnis scliptum erat 'Diva Elisabeth, Dei gratia Hispaniamm, utriusque Si­ cilie ac Hiemsalem regina catholica, potentissima, clementissima, sempre augusta'. In mmis hinc et inde iuxta altare affixe erant due cedule in quibus litteris aureis scriptum erat sub arlnis 'Dilexisti justitiam et odisti iniquitatem' ; propterea elegit te Deus pre consmtibus tuis, pre pratibus tuis; nati sunt tibi filii; constitues eos p1incipes super om­ nem terram», B URCKARDI Liber notarum cit., p. 472. Sull'intensivo uso fatto dai Re

Cattolici dei simboli per tt·asmettere l'idea d'unità e supe1iorità del potere reale, cfr. NIETO SoRIA, La realeza cit., pp. 44-46. Per l 'orazione composta in occasione di que­ sta ce1imonia, Lunovrco BRUNI, De obitu Helisabeth Hispaniarum et utriusque Sici­ lie ac Hierusalem regine oratio, Roma 1505 ; A. TiNTo, Gli annali tipografici di Eu­ cario e Marcello Silber (1501-1527), Firenze 1 968, p. 24. 39 In generale, gli sfarzosi funerali romani contrastano con l 'austerità delle cerimonie organizzate in Castiglia le quali, per desiderio della regina, dovevano essere dimostrazioni senza lussi e ricchezze mondane, cfr. NIETO SoRTA, La reale­ za cit., p. 55. Nella città di Gerona fu allestita una camera ardente con quattro co­ lonne ed illulninata da cento candele, cfr. L. B ATLLE Y PRAT, El Rey Cat6lico y la ciudad de Germw, «Anales del Instituto de Estudios Gemndenses», 7 ( 1 952), pp. 250-252. 40 Bibl. Ap. Vat., Vat. lat. 5944: «De exequiis domina Elisabeth Reginae Hi­ spaniamm Romae apud Ecclesiam Sancti Iacobi celebratis» cc. 2 1 5v-217v; «De particolari lnissa exequiali in Cappella Papali pro primogenito regis Hispaniarum de alia etiam silnili lnissa habita in eadem S . Iacobi de natione», cc. 21 8r-21 9v. Su que­ st'opera, cfr. DYKMANS, Paris de Grassi cit., ( 1 985), pp. 403-409. 4 1 Cfr. Musr, L'Italia dei viceré cit., pp. 94-103; BELENGUER, Fernando el Cat6lico cit., pp. 3 15-326. 42 Ibid. , pp. 283-383; LADERO QUESADA, La Espaiia cit., ( 1 999), pp. 449-45 1 . 43 Cfr. PEREZ, Isabella e Ferdinando cit., pp. 325-329; J.H. ELLIOTT, La Spa­ gna imperiale, 1469-1716, Bologna 1982, pp. 1 5 1 -157.


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le dello Stato della Chiesa perdeva gran pmte del valore che aveva avuto in precedenza, quando i Re Cattolici sembravano che fossero in grado d'inseri­ re stabilmente Roma nell'asse Napoli-Sicilia-Sardegna mediante il quale rafforzare la propria supremazia di fronte agli stati italiani ed europei nonché stabilire un efficace baluardo contro il pericolo turco44. Consolidata l'egemo­ nia nel Mezzogiorno - attraverso anche un ricambio delle figure cardine del­ la politica spagnola in Italia45 -, i rappmti con il papato cambiarono di tono46,

imboccando una strada sempre meno adatta a trovare formule e soluzioni di compromesso come dimostrano prima il S acco del 1527 e più tardi, la qua­ si guena del 1 556. Nello scenario che va delineandosi dopo il 1505, non può essere neppure considerata una semplice coincidenza il fatto che Fer­ dinando, durante il suo lungo soggiorno a Napoli47 tra il settembre 1506 e l 'agosto 1 507 , non sentisse l 'urgenza di portare a termine quello che forse alcuni anni prima per lui sarebbe stato il suo più fervente desiderio: com­ piere un magnifico e solenne ingresso a Roma48, passando sotto quegli ar­ chi di trionfo che così bene avrebbero immortalato le sue ripeh1te conqui­ ste. Per Ferdinando la questione romana, nell'altalenante scacchiere italia­ no dei primi decenni del Cinquecento, poteva attendere e così bisognerà a­ spettare il 5 aprile del 1536 perché Carlo V - in un contesto europeo radi­ calmente mutato - faccia il suo ingresso nella corte papale49 ma lo farà in­ vestito dall'aureola d'imperatore e non come monarca spagnolo.

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44 Cfr. G. D ' AGOSTINO, La formazione dello Stato moderno nei territori italia­ ni sotto il dominio spagnolo: Napoli, Sicilia e Sardegna nei secoli XV-XVIII, in Per la storia del Mezzogiorno medievale e moderno. Studi in memoria di fole Mazzole­ ni, I, Roma 1988, pp. 389-406; per una messa a punto del dibattito storiografico sul­ l'inserimento degli stati italiani nel sistema imperiale spagnolo, cfr. Musr, L'Italia dei Viceré, pp. 37-55. LADERO QUESADA, La Espaiia cit., ( 1999), pp. 430-432. Dato

il suo carattere speciale, da qui l'importanza di avere un ambasciatore petmanente alla corte papale, cfr. LADERO QUESADA, La Espaiia cit., (1 998), pp. 680-690. Ad e­ sempio, nel 1492 gli oratori spagnoli a Roma provvidero a diffondere ampiamente la notizia della conquista di Granada inviando relazioni e lettere a tutte le signorie italiane, cfr. VERARDUS, Historia Baetica cit., p. XX. Anche L. SuAREz FERNANDEZ, PoHtica internacional de Isabel la Cat6lica. Estudio y documentos, I, Valladolid 1 965, pp. 254-256. 45 Se l'intervento dei Re Cattolici in Italia tra la fine del XV e l'inizio del XVI secolo passò attraverso l'azione di due castigliani cresciuti e formati politicamente all'ombra della cmte della regina Isabella (il cardinale Bernardino Carvajal e il Gran Capitano Gonzalo Ferm1ndez de C6rdoba), Ferdinando si affrettò ad insediare nei posti di prestigio uomini con cui si voleva dimostrare che la politica in Italia conti­ nuava ad essere una questione esclusivamente della Corona d'Aragona: Jer6nimo Vich ambasciatore a Roma e Giovanni d'Aragona viceré nella capitale del Regno, cfr. Musr, L'Italia dei Viceré cit. , pp. 100-103. Dalle lettere dell 'ambasciatore a Ro­ ma si evince il forte desiderio di estromettere il cardinale Carvajal dagli affari di sta­ to, cfr. BARON DE TERRATEIG, Pol!tica en Italia del Rey Cat6lico. I507-I5I6. Cor­ respondencia inédita con el Embajador Vich, Madrid 1 963 . 46 Un motivo concreto di scontro fu il rifiuto di Giulio n di procedere all'in­ vestitura di Ferdinando come re di Napoli; tutti gli intenti per trovare una media­ zione alla fine si dimostrarono inutili data l'intransigente posizione delle parti, cfr. BELENGUER, Fernando el Cat6lico cit., pp. 325-326; TERRATEIG, Politica en Italia ci t., pp. 59-66. Sui differenti motivi che condizionavano negativamente i rapporti tra il pontefice e i sovrani europei, cfr. J.A.F. THOMSON, Popes and Princes, 1417-1517. Politics and Polity in the Late Medieval Church, London 1980. Nel caso spagnolo già dalla fine del XV secolo si riscontra un alto livello di tensione tra la monarchia e il papato per il desiderio dei sovrani di poter avere più capacità di controllo sulla chiesa nazionale e possedere così l'autorità per intervenire in questioni quali la di­ stribuzione dei benefici o la fiscalizzazione delle rendite ecclesiastiche, cfr. Nrnm SoRIA, Iglesia y génesis cit., pp. 354-356.

47 Per l' ingresso di Ferdinando in Napoli, cfr. B. MrTCHELL, The Majesty of the State. Triumphal Progresses of Foreigen Sovereings in Renaissance Italy (I4941 600), Firenze 1 986, pp. 1 30- 1 3 3 ; per questo tipo di cerimonie nelle città spagnole, cfr. F.J. PIZARRO GOMEZ, La entrada triunfal y la ciudad en los siglos XVI y XVII, «Espacio, Tiempo y Forma. Serie Vll. Historia del Arte», 4 ( 1 99 1 ) , pp. 1 2 1 - 1 34; R.

NARBONA VIZCAINO, Las fiestas reales en Valencia entre la Edad Media y la Edad Moderna (siglos XIV-XVII), «Pedralbes. Revista d'Historia Moderna», 1 3 (1 993), pp. 463-472; ID., La fiesta dvica: rito del poder real. Valencia, siglos XIV-XVI, in El poder rea! en la Corona de Arag6n (siglos XIV-XVI), (XV Congreso de Historia de la Corona de Arag6n), I, Zaragoza 1 996, pp. 403-41 9 ; R. ANDREs DIAZ, Las en­ tradas reales castellanas en los siglos XIV y XV, segLin las cr6nicas de la época, «En la Espafia Medieval», 4 (1984), pp. 48-62; M. FALOMIR FAUS, Entradas triunfales de Fernando el Cat6lico en Espaiia tras la conquista de Ndpoles, in La visi6n del mun­ do cldsico en el arte espaiiola, Madrid 1 993, pp. 49-55. 48 Questo onore fu riservato al Gran Capitano Gonzalo Ferm1ndez de Corda­ ba il quale nei primi mesi del 1497 fece il suo ingresso trionfante a Roma dopo aver liberato la rocca di Ostia. Il militare spagnolo, «accompagnato da gridi del popolo Romano» e da «tamburi et suoni di trombe» sfilò per la città portando incatenato il pericoloso pirata Manaldo Guerra Navarra; Gonzalo Ferm1ndez fu in questa circo­ stanza ricevuto da Alessandro VI e dal collegio cardinalizio «in una grandissima et amatissima sala» ; durante il suo soggiorno a Roma partecipò a tutte le cerimonie nelle quali gli venivano riservati grandi onori per «haverne liberato Roma da tante calamità», PAOLO Grovro, La vita di Consalvo Ferrando di Cordova detto il gran capitano, trad. M. Lodovico Domenichi, Firenze 1550, pp. 66-67 ; anche BURCKARDI Liber notarum cit., II, pp. 16- 1 9. 49 Cfr. A. CHASTEL, Il sacco di Roma 1527, Torino 1983, pp. 1 96-203.


GIOVANNI PESIRI Sermoneta : 1499-1503

La decisa accelerazione impressa da Alessandro VI, tra il 1499 e il 1502, alle ostilità contro i baroni romani, non soltanto colpì i tradizionali avversari, i Colonna e i Savelli, ma travolse prima di tutti i Caetani, che fu­ rono rapidamente spogliati del feudo di Sermoneta nella Marittima, su cui esercitavano una signoria ormai plurisecolare e che avevano curato di in­ grandire con una lunga serie di acquisti territoriali 1. Le tappe salienti del tracollo di Casa Caetani sono ben note: Alessan­ dro VI intervenne con estremo rigore nell'ennesima, e stavolta sanguinosa, controversia tra i signori di Sermoneta e la comunità di Sezze circa i confi­ ni territoriali e l 'uso delle terre di pianura, decretando, il 22 settembre 1499, la scomunica di Giacomo e Guglielmo Caetani e la confisca del feudo. A distanza di pochi mesi Giacomo, che aveva scelto di affrontare il conse­ guente processo, fu condannato e morì prigioniero in Castel Sant' Angelo2 . 1 Per le vicende di Sermoneta, anche nel periodo dei Borgia, resta tuttora d'ob­ bligo il riferimento alle opere di PIETRO PANTANELLI, Notizie storiche della Terra di Sermoneta, ed. L. CAETANI, Roma 1908-1 909, e di G. CAETANI, Domus Caietana. Storia documentata della famiglia Caetani, I/2, Sancasciano Val di Pesa 1 927-1 933; In., Regesta chartarum. Regesto delle pergamene dell'Archivio Caetani, Perugia­ Sancasciano Val di Pesa 1 922-1 932; ID., Epistulariwn Honorati Caietani, Sanca­ sciano Val di Pesa 1 927; ID., Varia. Raccolta delle carte phì antiche dell'Archivio Caetani e regesto delle pergamene del Fondo pisano, Città del Vaticano 1 936. Sul­ l'argomento non mancano, tuttavia, contributi recenti, come quelli editi nel volume

Sermoneta e i Caetani. Dinamiche politiche, sociali e culturali di un territorio tra Medioevo ed Età Moderna (Atti del Convegno della Fondazione Camillo Caetani, Roma-Setmoneta, 1 6- 1 9 giugno 1 993), a cura di L. FIORANI, Roma 1 999 (Studi e do­ cumenti d'archivio, 9): si segnalano, in patticolare, M. VAQUERO-PINEIRO, La signo­ ria di Sermoneta tra i Borgia e i Caetani, pp. 125- 142; M.G. PASTURA, Linee e ten­

denze dellafiscalità pontificia nel Lazio meridionale e à Sermoneta (secoli XV-XVI), pp. 143-160; M. MoMBELLI CASTRACANE, L'organizzazione del potere nel ducato di Sermoneta tra il 1501 e il 1586, pp. 1 6 1 -204; M. PROCACCIA, Gli ebrei a Sermoneta (secoli XVI-XVII), pp. 205-212; T. ScALESSE, Rocche e fortificazioni durante il pon­ tificato di Alessandro VI (1492-1503), pp. 585-598. Ai temi specifici della gestione

delle risorse economiche del ducato borgiano di Setmoneta è dedicato lo studio di M. VAQUERO-PINEIRO, Il Liber arrendamentorum dei ducati di Nepi e Sermoneta (15011503), «Archivio della Società Romana di Storia Patria», 1 17 (1 994), pp. 1 7 1 - 1 86. 2 Cfr. CAETANI, Domus cit., pp. 224-235 . Per il testo della bolla di confisca, ID . , Regesta cit., VI, pp. 210-2 1 1 .


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Meno note restano tuttora le vicende di Sermoneta nelle tre fasi della brevissima signoria bm·giana (ottobre 1499-agosto 1503): territorio imme­ diatamente soggetto al papa, dominio di Lucrezia Borgia, capitale del du­ cato omonimo affidato all'infante Rodrigo Borgia. È sembrato, perciò, ne­ cessario un supplemento di indagine sulle possibilità offerte dalle fonti lo­ cali, cioè dagli archivi delle istituzioni operanti nel territorio del feudo ser­ monetano (terre di Sermoneta e Bassiano, oltre alle tenute disabitate di Nor­ ma, San Felice, Ninfa, San Donato, Tivera e Cisterna), e nell'area ad esso contigua. Purtroppo, in questa parte del Lazio meridionale le scritture ante­ riori al XVII secolo hanno subito notevoli dispersioni: gli atti più antichi dell'Archivio comunale di Sermoneta risalgono al 1 5203; nell'ex collegiata di S. Maria Assunta restano pochissime carte del XV secolo e la maggior parte del materiale è posteriore alla metà del Cinquecento4. Una situazione molto simile ho rilevato per i documenti comunali e notarili di Bassiano5. La ricerca tra le pergamene del comune di Sezze6 e soprattutto nel fondo

3 L'archivio storico del Comune di Se1moneta fu oggetto, nel 1 978, di un inter­ vento di recupero e di sommmio 1iordinamento (cfr. M.T. CACIORGNA, Sistemazione e ordinamento dell'archivio comunale, in Sermoneta. L'archivio antico, [Sezze] 1 980, pp. 8-1 3); attualmente ne è in corso l'inventmiazione, sotto la direzione della Soprin­ tendenza archivistica per il Lazio. Per un primo ragguaglio sugli archivi utili alla ri­ costmzione della storia di Se1moneta, 1invio a S. PASSIGLI, Fonti e documenti per la storia del territorio di Sermoneta, in Sermoneta e i Caetani cit., pp. 35-39. 4 L'archivio di S. Maria Assunta - che comprende anche le carte dell'ex colle­ giata di S. Michele Arcangelo e di varie confraternite - è stato riordinato e inventa­ riato nel 1 995 con un finanziamento dell'Amministrazione archivistica. Da segna­ lare, per il periodo che ci interessa, tre buste di quinterni di amministrazione (14451 593), una busta atti vari di amministrazione (secc. XVI-XVIII), un fascicolo di do­ cumenti diversi (secc. XV-XVIII), il breve emanato da Alessandro VI in favore del­ la Confraternita dei B attenti (20 gennaio 1 500), copia della bolla dello stesso pon­ tefice ( 1 5 ottobre 1 499) e della conferma di Innocenza Xl (12 giugno 1 682) «sopra la plivativa dei benefici a favore dei Se1monetani». Per un esame delle fonti eccle­ siastiche locali, cfr. L. FIORANI, Aspetti della vita religiosa a Sermoneta nel!' età mo­ derna, in Sermoneta e i Caetani cit., pp. 272-273 e passim. 5 Entrambi i fondi si trovano presso l 'Archivio di Stato di Latina. L'unico do­ cumento quattrocentesco dell'Archivio comunale di Bassiano (inventariato) è il ca­ tasto compilato nel 1 489 sotto Nicola Caetani; un altro catasto è databile intorno al secondo decennio del '500. Le serie degli atti civili e delle deliberazioni consiliari partono dal 1 549, la documentazione contabile dal 1 568. Gli atti più antichi del no­ talile di B assiano (non inventmiato) risalgono al 1 526. 6 Vedi sotto, note 12, 13 e 23. Sul cospicuo fondo membranaceo comunale (in­ ventariato ), ora conservato in pmte a Sezze e in parte presso l'Archivio di Stato di Latina, cfr. M.T. CACIORGNA, Le pergamene di Sezze (1181-1347), Roma 1989, pp. VI-XII (Codice diplomatico di Roma e della regione romana, 5); EAD., L'archivio

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notarile di Sermoneta ha sortito invece risultati migliori, con l'individuazione di atti del periodo 1498-15047. Tre dei protocolli consultati appartengono al notaio Giacomo Graziani, che si è rivelato personaggio molto vicino ai Caeta­ ni, per i quali roga in momenti di una certa importanza8; collaborerà, inoltre, alla revisione degli statuti di Lucrezia Borgia ordinata da Guglielmo Caetani9. Nel protocollo più antico finora ascrivibile a questo notaio è custodita la memoria degli ultimi giorni di permanenza in Sermoneta dei membri del­ la famiglia Caetani, prima dell'abbandono del feudo nelle mani del com­ missario pontificio. Tra il l2 e il 24 ottobre 1499, a circa un mese dalla bol­ la di scomunica e confisca (22 settembre), è Giacomo Graziani l'estensore di alcuni rogiti per le donne di Casa Caetani: la vendita di una bottega da parte di Eleonora Orsini, vedova di Nicola, tre refutationes dotis di altret­ tante famulae di Caterina Orsini, vedova di Onorato III, rappresentata dal­ la nuora Francesca Conti. La stessa Francesca, moglie di Guglielmo Caeta­ ni, presenzia alla refuta della dote fornita a due delle sue fantesche10. Luo­ go della stipulazione è la curia o palatium, nel complesso di edifici che for­ mano la rocca, dove le tre dame risiedono abitualmente.

comunale di Sezze, «Archivio della Società Romana di Storia Patria», 99 ( 1976), pp. 1 17- 1 29; la documentazione cartacea risale al 1 530. Nell' archivio del Comune di Cmi (inventariato), un tempo 1icco di pergamene, non si trovano documenti ante­ riori al 1 5 1 9. 7 ASL, Notarile di Sermoneta, bb. 35, 56, 65, 8 1 , 85, 200; la parte più antica del fondo, non ordinata, è dotata di un elenco parziale. La ricerca mi è stata note­ volmente facilitata dalle indicazioni di Pamela Fratarcangeli e dalla disponibilità del personale in servizio nella sala di studio dell'Archivio di Stato, ai quali va la mia ri­ conoscenza. 8 Giacomo Graziani incola Sermineti originario di Monteroduni nel Molise, feudo dei Caetani, è attestato nel 1488 e considerato il capostipite della famiglia (PANTANELLI, Notizie storiche cit., I, pp. 520-521 ) ; nel novembre dello stesso mmo è al servizio di Nicola Caetani (redige l'inventario di una refurtiva; CAETANI, Rege­ sta cit., VI, p. 1 32); il 26 luglio 1 494 viene chiamato, con il notaio Petrus notarii Antonii, al capezzale dell' agonizzante Nicola Caetani, di cui riceve le ultime vo­ lontà per bocca del cancelliere Piacentino de Sanctris (ID., Domus cit., pp. 217-2 1 8 ; ID., Regesta cit., VI, pp. 1 69-170). Per altri se1vigi resi d a Graziani alla famiglia tra il 1499 e il 1 5 17, v. ibid., pp. 58, 1 99 ; 289-290; ID., Varia cit., p. 329. Notizie sui discendenti del notaio in PANTANELLI, Notizie storiche cit., pp. 592-593. 9 Il suo nome è scritto su rasura, insieme a quelli del locumtenens designato da Guglielmo Caetani e di altri rappresentanti della comunità di Se1moneta, in calce al­ l 'elegante codice dello statuto borgiano, tuttora conse1vato a Roma dalla Fond. C. Caetani, Archivio Caetani, Miscellanea, 1 1/32. 10 ASL, Notarile di Sermoneta, b. 65, prot. 1499 apr. 4-dic. 3, rispettivamente alle cc. 28v-29v (24 ottobre) ; 21 v-22v, 23r-24r e 24r-25v (12 e 1 4 ottobre); 25v-26r e 27r-28r ( 1 2 ottobre).


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La concentrazione di tali rogiti in così breve lasso di tempo rende plau­ sibile l'ipotesi che le tre signore abbiano voluto sistemare alcune pendenze, in vista del non favorevole esito del processo, che doveva aprirsi il 23 no­ vembre e concludersi il 29 gennaio del 1500 con la condanna a mmte di Giacomo e Guglielmo Caetani. La già citata alienazione di una bottega da parte di Eleonora Orsini (24 ottobre 1499) fa pensare alla volontà di realiz­ zare denaro liquido, cedendo un bene destinato a inevitabile confisca; il giorno successivo l'acquirente ricorre al medesimo notaio per rivendere la bottega, con un guadagno di 10 ducati11. Il primo periodo della signoria borgiana (12 ottobre 1499-12febbraio 1500): clero, fiscalità, lavori pubblici

Le previsioni non ottimistiche dei Caetani si rivelano giustificate. I pri­ mi atti di Alessandro VI dopo la confisca sono volti a ' normalizzare' la si­ tuazione e a spegnere prontamente le tensioni create dall'inaspettato epilo­ go della sanguinosa guetTa tra Sermoneta e Sezze: con un breve del 22 set­ tembre 1499 (la stessa data della bolla di confisca) il pontefice invita la città di Velletri a muovere in aiuto dei setini insieme con truppe del capitano d'armi Giovanni Battista Conti e a infliggere il maggior danno possibile a quelli che vengono definiti «temerarii ac scelerati illi de Sermineta»; il gior­ no successivo ordina a velletrani e coresi di prestare ogni assistenza a Lu­ dovico di Procida, commissario deputato a procedere contro i ribelli ser­ monetani. Un significativo mutamento di rotta si avve1te nel breve del 29 settembre, teso a impedire che i velletrani si spartiscano gli animali cattu­ rati nel corso dell'attacco contro Sermoneta e affidati loro in custodia. Infi­ ne, il 2 novembre 1499, Alessandro VI giunge a minacciare gravi sanzioni contro Velletri, se non restituirà il bestiame ai commissari pontifici e al po­ polo di Sermoneta, che si è sottomesso all' autorità di Santa Romana Chie­ sa12; e in pari data invia analogo ordine alla comunità di Sezze13. I documenti fin qui presentati inducono a tentare una ricostrnzione delle fasi attraverso cui il papa ottenne la definitiva sottomissione dei sermonetani. n primo elemento da considerare è la brevissima durata (tra il 24 e il 28 set11 Ibid., cc. 29v-30r; la bottega era stata rivenduta da Eleonora Orsini, tenendo fede al pactum redimendi, contenuto nell'atto di acquisto. 12 ASL, Archivio comunale di Sezze, Pergamene, 172, (v. Appendice, doc. 1). Ringrazio Pier Luigi De Rossi per la segnalazione di questa pergamena, contenente copia autentica dei quattro brevi pontifici, redatta il 2 1 novembre 1499 a Velletri su richiesta della comunità di Sezze. 1 3 ASL, Archivio comunale di Sezze, Brevi, 38. (v. Appendice, doc. 3).

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tembre 1499) dell'intervento delle milizie pontificie con l'ausilio di velletra­ ni e setini (e forse di coresi), che sembra avere il fine prioritario di riaffetma­ re il controllo dello Stato sul territorio e troncare il conflitto con Sezze, re­ cando grave danno alle proprietà degli abitanti e dei signori di Sermoneta con il sequestro del bestiame, una risorsa basilare dell'economia locale. Diviene, invece, meno credibile l'ipotesi, spesso pacificamente accettata, di una resi­ stenza annata dei sermonetani o di un assedio posto dalle truppe pontificie al­ la rocca della città14. A ciò si oppone, peraltro, il comportamento stesso dei Caetani e dei loro sudditi, preoccupati di evitare una decisa rottura con il so­ vrano, che avrebbe precluso i residui margini di trattativa. Come già detto, il protonotario Giacomo volle mettersi a disposizione della giustizia; e le pur sommarie notizie desumibili da un elenco degli atti del processo contro i due fratelli confermano che una delegazione di sermonetani e bassianesi si recò a Roma per espon·e le proprie ragioni, secondo le istruzioni ricevute da Gu­ glielmo Caetani, e che essi alla fine dovettero giurare fedeltà al sovrano, di­ stinguendo la propria posizione da quella dei loro signori e obbedendo anche all'ordine di scrivere a Guglielmo perché venisse di persona15. Sono indizi

1 4 Dal già ricordato breve di Alessandro VI, risulta che il 29 settembre 1499 le truppe di Velletri, mobilitate il 22 e 23 settembre, erano già rientrate con un bottino multorum diversi generis animalium e che si era già proceduto alla spartizione del bestiame (v. Appendice, doc. l ) ; e un avviso del l o ottobre 1499, nel dar notizia del­ l 'arresto di Giacomo Caetani, evidenzia solo il fatto che il papa «li ha fatto torre be­ stiame per più di 8.000 ducati» (documento riportato in CAETANI , Domus cit., p. 228, nota b). La tradizione dell' assedio di Sermoneta da parte di truppe francesi guidate da Cesare Borgia, forse nata agli inizi del Settecento (cfr. PANTANELLI, Notizie sto­ riche cit., I, p. 539), si arricchì nel sec. XVIII di altri particolari, come quello della «valida difesa che fecero della terra pelfino le donne» (CAETANI, Domus cit., p. 230). li Gregorovius, che in un primo tempo accenna genericamente alla fuga di Gu­ glielmo Caetani e ali' occupazione di Sermoneta da parte delle truppe pontificie (F. GREGOROVIUS, Storia della città di Roma nel Medio Evo, XIV, Città di Castello 1 944, p. 1 55), nel saggio su Lucrezia Borgia scrive che la città fu occupata con la forza e che la popolazione non si arrese senza resistere; è una piccola concessione alle memorie di famiglia, comprensibile in un volume espressamente dedicato a Mi­ chelangelo Caetani (ID., Lucrezia Bmgia, secondo documenti e carteggi del tempo, Firenze 1 874, p. 1 1 8). Gelasio Caetani (Domus cit., p. 230) annnette di non aver tro­ vato conferma documentaria del presunto assedio. !5 Cfr. CAETANI, Varia cit., p. 307: «62 De recognitione superioritatis pontificis per civitates et Iaea dominorum de Sermoneta consulto facienda. 63 Guillielmus ita suasit. 64 De oratoribus rnissis ad pontificem. 65 Quod illis Guillielmus connnisit ut ipsi commendarent pontifici. 66 De recessu Guillielmi. 67 Oratores coram ponti­ fice omnia cesserunt et fidelitatem iuraverunt. 68 Papa commonuit ut scriberent Guillielmo ut personaliter veniret. 69 Quod noluit comparere».


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che rendono più attendibile la versione dei fatti tramandataci dagli appunti del notaio corese Antonio Fasanella, il quale scrive in un suo protocollo: «In nello anno 1499, ad die XXIIII septembre fo pigiato lo prete­ not<ar>o de Sermoneta (scil. il protonotario Giacomo Caetani) dallo governatore de Roma da parte de papa Alexandro in terran­ gna de Vellitri la nocte; e lo di sequente fo menato et misso in pri­ sone in castello et quillo die fo corsa Sermoneta dallo fiume in qua et non remase bestia et lo primo di de octoro fo recorsa una altra volta. A die XII de octoro (cioè 1499) fo cetato lo singnore Gu­ glelemo et si fo renvesto lo papa de Sermoneta; et lo don preteno­ taro fo morto de iullio sequenti»16. Vi furono, secondo Fasanella, due incursioni delle milizie pontificie nel territorio di Sermoneta, il 25 settembre e il primo ottobre, con la com­ pleta razzia del bestiame: è verosimile che tra la prima e la seconda scor­ reria una delegazione di cittadini si recasse a Roma e concludesse la pro­ pria missione il 12 ottobre 1499, assicurando al pontefice il pieno posses­ so del castrum. Proprio tale data recano, come abbiamo visto, quattro dei sei atti stipulati a Sermoneta da Francesca Conti e da Eleonora Orsini, al­ la quale pare che sia stato concesso di risiedere nella rocca almeno fino al 24 ottobre17.

1 6 ASL, Notarile di Cori, b.

1 66, prot. 3692, c. 1 87v. Sull'arresto di Giacomo, cfr. CAETANI, Domus cit., p. 229. Il Burcardo offre una sintesi di questi avvenimenti, collocata dopo una annotazione relativa al 23 settembre e prima di una del 3 ottobre: «Superioribus diebus SS. D. N., propter quemdam excesSUll). R. P. D. Jacobi proto­ notarii de Se1moneta, detineri fecit eumdem protonotarium in castro s. Angeli et op­ pidum Se1monete cum omnibus pertinentiis suis dicioni inlmediate romane Ecclesie subjunxit. Venerunt propterea plures habitantes et incole eiusdem terre ad Urbem, et in manibus SS. D. N. pape, in presentia presidentium camere apostolice, fidelitatem promiserunt» (cfr. JOHANNIS BURCHARDI Diarium sive rerum urbanarum commenta­ rii (1483-1506), a cura di L. THUASNE, II, P atis 1 8 84, pp. 563-564). 17 V. sopra. Eleonora Orsini era la vedova di Nicola Caetani, mmto il 26 luglio 1494 per avvelenamento, di cui alcuni attlibuirono la responsabilità ai Borgia (cfr. CAETANI, Domus cit., pp. 217-218, e M. RAFFAELI CAMMAROTA, Caetani Nicola, in DBI, 16, Roma 1 973, p. 196). Nel corso del processo intentato contro Giacomo e Gu­ glielmo Caetani dopo la confisca di Se1moneta fu, invece, addebitato a quest'ultimo anche l'assassinio del fratello Nicola (cfr. CAETANI, Domus cit., pp. 21 8-219) e tale circostanza potrebbe essere il motivo del particolm·e riguardo usato da Alessandro VI verso la vedova, quasi a voler allontanare ogni ombra di sospetto dalla propria fami­ glia. Non va comunque escluso il mero enore del notaio, considerata la non pe1fetta sequenza cronologica degli atti contenuti in queste cmte.

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La strategia borgiana improntata all'intransigenza verso i Caetani e al­ l 'apertura verso i sermonetani mirava evidentemente a spezzare il legame di solidarietà tra gli ormai estromessi baroni e i loro vassalli, rinsaldatosi nel corso delle ultime lotte contro i setini18. Dopo il 12 ottobre essa si esplica in una serie di provvedimenti molto ben accetti ai nuovi sudditi, se non addi­ rittura sollecitati. Con bolla del 15 ottobre 1499, Alessandro VI dispone, infatti, che i be­ nefici ecclesiastici di Sermoneta, Bassiano, Ninfa e Norma siano ' sempre' conferiti a persone del luogo, affinché l 'effettiva presenza dei chierici assi­ curi un adeguato servizio di culto. Nel testo affiora una punta polemica ver­ so i Caetani, che 'non sempre' designavano membri del clero locale al go­ dimento dei benefici vacanti: un atto del genere, che può valere anche co­ me indicatore della fase di crescita demografica attraversata da Sermoneta e Bassiano, soddisfa le aspettative dei maggiorenti locali, interessati ad eli­ minare ogni conconenza esterna nell'accesso alla carriera ecclesiastica19. La concessione alessandrina consegna alle ' civili famiglie' sermonetane il monopolio sulla titolarità delle prebende offerte dai corpi canonicali di S. Maria Assunta (13 beneficiati) e di S . Michele Arcangelo (9 beneficiati), nonché dalle numerose altre chiese e cappelle, prerogativa che difenderan­ no gelosamente, reagendo con decisione a ogni tentativo di intaccarla20. n 16 ottobre 1499 viene accordata per quattro anni a Sermoneta e Bas1 8 La difesa dei confini territoriali, in una realtà come la Marittima medioeva­ le, rappresentava un momento di massima coesione all'intemo delle comunità, co­ me ha messo in luce M. T. CACIORGNA, Assetti del territorio e confini in Marittima, in Sermoneta e i Caetani cit., pp. 66-67; v. anche EAD , Ninfa prima dei Caetani (se­ coli XII e XIII), in Ninfa, una città, un giardino (Atti del Colloquio della Fondazio­ ne Camillo Caetani, Roma - Se1moneta - Ninfa, 7-9 ottobre 1 988), a cura di L. Fro­ RANI, Roma 1 990 (Studi e documenti d'archivio, 2), pp. 46-50. 1 9 Copia della bolla - pubblicata da PANTANELLI, Notizie storiche cit., I, pp. 533-535 - è ancora presso l 'Archivio di S . Maria Assunta, in Sermoneta (Documenti diversi, b. l, fase. 5), insieme alla conferma fattane da I1mocenzo XI il 1 2 giugno 1 682 (testo in PANTANELLI, Notizie storiche cit., II, p. 90). Nel corso del Duecento alcuni provvedimenti dell' autorità ecclesiastica, finalizzati a garantire un ' idonea cu­ ra animarum, avevano aperto a sacerdoti estemi l'accesso ai benefici della colle­ giata di S . Maria Assunta, che sul finire del secolo «sembra rientrare nel ' circuito beneficiale' a favore dei chierici legati alla Curia» (G. BARONE, Istituzioni e vita re­ ligiosa a Sermoneta nel Medio Evo, in Sermoneta e i Caetani cit., p. 78). 2° Cfr. PANTANELLI, Notizie storiche cit., I, p. 156, e FIORANI, Aspetti della vita religiosa cit., pp. 276-278. Nel l 595 gli ancora pingui benefici del castrum dirutum di Ninfa erano appam1aggio quasi esclusivo di canonici e chierici sermonetani, se­ condo i dati rilevati da L. FIORANI, La vita religiosa a Ninfa nelle visite pastorali post tridentine, in Ninfa, una città, un giardino cit., pp. 179-1 80, nota 14. .


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siano la riduzione di un terzo della tassa camerale del 'sale a grosso' ; Ser­ moneta beneficia, inoltre, dell'esenzione quadriennale dalla tassa del 'sale e focatico' dovuta alla Camera Urbis21. Il pontefice si mostra, dunque, ben informato degli umori dei nuovi vassalli e della loro renitenza al pagamento: dai registri degli esattori camerali emerge, infatti, che dopo il 145 1 Sermone­ ta si sottrae quasi sistematicamente all'obbligo di pagare per il 'sale e focati­ co' e che, insieme a Bassiano, versa con poca puntualità quanto dovuto per il 'sale a grosso' , tributo camerale ben più oneroso istituito a metà del secolo22. Nel quadro dell'accorta linea politica orientata alla pacificazione degli animi e alla costruzione del consenso si inserisce, naturalmente, la solleci­ ta definizione della sanguinosa controversia tra sermonetani, bassianesi e setini sull'uso dei territori contestati; il primo compito del commissario pontificio Geremia Contugi di Volterra, vescovo di Assisi, che assume il go­ verno di Sermoneta, è l'avvio di un'opera di mediazione, che porterà al­ l'accordo stipulato il 6 gennaio 1500 a Roma, presenti il papa, lo stesso Ge­ remia e il cardinale Giovanni Lopez, protettore della terra di Sezze: le co­ munità di Sermoneta, Bassiano e Sezze danno mandato al commissario di far eseguire la sentenza pronunciata il 17 giugno 1499 e ratificata dal pon­ tefice prima dello scoppio delle ostilità23. Tra i procuratori di Sermoneta 2 1 ASV, Camera Apostolica, Diversa cameralia, 54, ff. 3 1 e 43, con i provve­ dimenti di conferma delle concessioni, in data 26 maggio 1 50 1 ; cfr. CAETANI, Do­ mus cit., p. 230. Sull'uso non infrequente dello strumento dell'agevolazione fisca­ le da parte di Alessandro VI, cfr. VAQUERO PrNEIRO, Il Liber anendamentorum cit., p. 1 8 1 , nota 39; In., La signoria di Sermoneta cit. , p. 129 e nota 33. 22 Per le difficoltà e resistenze, peraltro riscontrabili in altri centri di Campagna e Marittima, con cui Sermoneta e Bassiano fecero fronte al pagamento dei due tri­ buti, cfr. PASTURA, Linee e tendenze cit., pp. 146-1 55 . Le richieste di sgravi fiscali non erano, comunque, estranee alla prassi di governo dei Caetani: la comunità di Bassiano nel 1 426 ottiene da Martino V l'esonero dalla tassa del ' sale e focatico ' , pri­ vilegio che riesce a conservare almeno fino al 1478 (cioè fino alla morte di Onorato III) , pur non senza contestazioni; tra il 1537 e il 1 539 Sermoneta venà del tutto e­ sentata dalla tassa del 'sale a grosso', probabilmente in virttì della parentela dei Cae­ tani con Paolo III. E, forse, per lo stesso motivo le due commùtà dal 1 543 al 1550 - anno della morte del papa - tenteranno inutilmente di sottrarsi alla nuova imposi­ zione detta ' sussidio triennale' (ibid.). 23 Un esemplare dell' atto (pubblicato in estratto da PANTANELLI, Notizie stori­ che cit., I, pp. 63 1 -633) è conservato in ASL, Archivio comunale di Sezze, Perga­ mene, 49. Gerenùa Contugi era sul posto alla fine di ottobre del 1499, come testi­ moniano due brevi pontifici diretti alla comunità di Sezze: nel primo, del 2 novem­ bre, si ordina di contribuire alla riparazione degli argini del Fiume Nuovo danneg­ giati nel corso dei recenti scontri e di inviare due rappresentanti per la composizio­ ne della lite territoriale, appena il comnùssario Geremia Contugi rientrerà a Roma (ASL, Archivio comunale di Sezze, Brevi, 39; v. Appendice, doc. 2). Con quello del

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compaiono il discretus vir Piacentino de Sanctis (più propriamente de San­ tris) di Amelia, già cancelliere dei Caetani, e i notai Antonio Quatrassi e Pietro notarii Antonii, due delle figure più autorevoli della comunità; Bas­ siano è rappresentata dai notai Giovanni Magnacarne e Giovanni Cifra24. Una volta ottenuto il pieno controllo del feudo, Alessandro VI rivela non minore prontezza nell' attuare i suoi progetti, primo fra hltti l' amplia­ mento della rocca di Sermoneta: il 1 8 novembre 1499 stipula con i maestri costruttori e architetti Iohannes Anestasius florentinus e Iohanellus da Mi­ lano, abitante a Sermoneta, il contratto per la ristrutturazione del palatium e di altri punti delle fortificazioni; la durata dei lavori, per cui si prevede una spesa iniziale di 1 .000 ducati, è stabilita in 1 5 mesi a partire dal 1 o marzo 1 50025. L'iniziativa appare dettata da ragioni eminentemente militari, data la posizione strategica di Sermoneta su una delle principali vie di comunica-

7 novembre il papa vieta ai setini di condune animali e senùnare nei tenitori og­ getto di controversia con Sermoneta (ibid., 40; v. Appendice, doc. 4). Non sembra inutile segnalare che la citata serie comprende altri brevi pontifici, relativi a fasi pre­ cedenti e successive alla sentenza del 1 7 giugno 1499 sulla questione territoriale: il 3 maggio 1499 Alessandro VI ordinò ai setini di intenompere le incursioni nelle lo­ calità contese con gli abitanti di Bassiano e di riconere al giudice per tutelare i pro­ pri diritti (ibid. , 35); il 3 giugno prescrisse agli ufficiali di Sezze di dare ospitalità e obbedienza all' arcivescovo di Ragusa, inviato a decidere sulla lite, non avendo la comunità obbedito agli ordini impartiti nel precedente breve (ibid., 36); secondo l'ordine del 7 settembre 1499, la stessa comunità, che aveva ripreso le arnù contro Se1moneta, doveva inviare a Roma un prop1io rappresentante per udire le decisioni pontificie sulla questione dei confini, in quanto l'arcivescovo di Ragusa aveva ri­ solto solo alcuni dei punti controversi, sospendendo il giudizio sui rimanenti in at­ tesa di acquisire ulteriori dati (ibid., 37). 24 Gli altri rappresentanti di Sennoneta sono Biordus Sanctis, Iohannes Franò­ sci, Ludovicus Tuccii e Francischinus de Mediolano. I due procuratmi di B assiano sono gli stessi che il 1 9 giugno 1499 avevano ratificato, insieme ai connestabiles del­ la comunità, la sentenza sui confini pronunciata il 17 giugno dall'arcivescovo di Ra­ gusa (CAETANI, Varia cit., p. 304), mentre Piacentino de Santris compariva negli atti prelinùnari della causa come secretarius di Giacomo Caetani (ibid., p. 287). 25 Cfr. CAETANI, Domus cit., pp. 23 1 -232. Brani del documento (ASV, Ann. XXXIV, t. 1 3 , cc. 304r-305v) sono riportati da T. SCALESSE, Aspetti dell'architettu­ ra nei feudi dei Caetani tra Quattro e Cinquecento, in Ninfa, una città, un giardino cit., p. 215. Sul programma di ammodernamento delle fortificazioni, attuato a Ro­ ma e in area laziale da Alessandro VI, v. ID., Rocche e fortificazioni cit. , pp. 585598. L'impronta data alla fortezza dalle trasformazioni borgiane influì in modo de­ telminante anche sulla 'filosofia' dei restami attuati da Gelasio Caetani agli inizi di questo secolo (cfr. A. Dr FALco, I restauri di Gelasio Caetani al castello di Sermo­ neta, in Sermoneta e i Caetani cit., pp. 603-608).


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zione tra Roma e il Regno di Napoli, oggetto delle mire politiche dei Bor­ gia; ma essa acquista, di fatto, non minori - e probabilmente intenzionali valenze simboliche, oltre che urbanistiche ed economiche. Le ingenti modifiche apportate dai Borgia alla struttura del vecchio pa­ latium degli Annibaldi e dei Caetani conferiscono alla rocca di Sermoneta l 'aspetto di vera e propria fortezza che ha connotato per secoli, e ancor og­ gi connota, l'immagine della città e dei suoi signori. Esse non risparmiano un altro luogo-simbolo della signoria dei Caetani, la chiesa di S. Pietro in curte, facente parte del complesso fortificato, dove sorgevano le tombe dei membri della famiglia, tra cui Onorato III; l 'antica chiesa collegiata e par­ rocclùale viene rasa al suolo e i suoi beneficiati ottengono il trasferimento del titolo nella cappella di S. Pietro ad vincula della collegiata di S . Maria26. Anche il quartiere circostante, la decarcia della Rocca, è coinvolto nel­ l 'opera di trasformazione edilizia: le parole di Pantanelli, secondo cui «per dar sito alla fabrica del castello si demolirono non poche abitazioni», tro­ vano parziale conferma in un rogito concernente una casa acquistata dal commissario pontificio Geremia da Voltena e rasa al suolo «pro nova arce que in ilio loco nunc construitur»27. Sempre a dire del canonico Pantanelli, le demolizioni provocarono l 'ulteriore sviluppo del quartiere di Torre Nuova28 e, per quanto l 'afferma­ zione vada considerata con cautela, vi sono motivi per credere che l'inter­ vento borgiano diede effettivo impulso all 'attività edilizia, settore che nel­ la prima metà del secolo aveva attraversato a Sermoneta una fase di cresci-

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ta, sotto Onorato IIICaetani, in concomitanza con lo spopolamento di Nin­ fa, Norma, Cisterna e San Felice 29. Espressione del cosciente disegno di coniugare l'esigenza di un feneo controllo militare del tenitorio con il sostegno all'economia locale è il fat­ to che per la ristrutturazione del sistema difensivo castrense, nella quale era previsto l 'impiego di 30 squadre di capimastri, Alessandro VI preferì, co­ me già detto, l'arclùtetto Iohanellus da Milano abitante a Sermoneta. Deve trattarsi di quel magister Ioannellus Tabioli de Travaglino (cioè l 'attuale Travaìno, frazione di Caronno Varesino), che la curia signorile nomina tu­ tore del figlioccio Francesco e che, quindi, il 22 maggio 1 503 compila l'in­ ventario dell'eredità lasciata dal defunto maestro muratore Gabriele Varese, anch' egli lombardo, coniugatus et civis Sermoneti30. A ben guardare, Gio­ vannello Tabioli si rivela come l 'esponente di spicco di una nutrita colonia di maestranze edili, in prevalenza lombarde e residenti da tempo a Sermo-

29 Sullo spopolamento di questi centri, oltre a quelli minori di Acquapuzza, Ti­ vera e San Donato, e sull'ampliamento della cinta muraria nelle zone di Torre Nuova e Pmta del Pozzo, voluto da Onorato Ili, si veda P. PAVAN, Onorato III Caetani: un tentativo fallito di espansione territoriale, in Studi sul Medioevo cristiano offerti a Raffaello Morghen per il 90° anniversario dell'Istituto Storico Italiano (I883-I973), Roma 1 974 (Studi Storici, 88-92) pp. 637-639; EAD., Ninfa e i Caetani nel Quattro­ cento, in Ninfa, una città, un giardino cit., pp. 142-144; si vedano anche A. EsPOSITO, Economia e società a Ninfa alla fine del Medioevo: popolamento e attività produtti­ ve, ibid., pp. 97-100, e M.T. CACIORGNA, Presenza ebraica nel Lazio meridionale: il caso di Sermoneta, in Aspetti e problemi della presenza ebraica nell'Italia centro­ settentrionale (secoli XIV e XV), Roma 1983, p. 135, nota 24 (sulla presenza a Ser­

26 Cfr. CAETANI, Domus cit., p. 250, che 1iprende in parte PANTANELLI, Notizie storiche cit., I, p. 541 . Un legato del 1 6 marzo 1 500 riguarda ancora la chiesa di S. Pietro, la quale non viene ricordata in un testamento del 1 2 luglio successivo (ASL, Notarile di Sermoneta, b. 35, prot. 1 500 mar. 1 6-ott. 12, cc. 1r-5r e 24r-26r). Di una chiesa detta S. Pietro in corte, situata presso il castello e «amministrata da un prio­ re e da tre chierici con rendita di 1 5 aurei» continuano a parlare le Relationes ad li­ mina presentate dal vescovo di Terracina nel 1 624 e nel 1638; ma in quella del 1 7 1 2 compare solo l a cappella d i S . B arbara, situata nella rocca, «che evidentemente prende il posto della chiesina di S. Pietro» (FIORANI, Aspetti della vita religiosa cit., pp. 276-277). 27 PANTANELLI, Notizie storiche cit., I, p. 55. L'atto che rammenta la demoli­ zione della casa è del 1 agosto 1501 (ASL, Notarile di Sermoneta, b. 65, prot. 150 1 gin. 10-nov. 1 1 , cc. 1 2v-14r; riprodotto in Guerra, peste, fame e <iforesciti». Docu­ a

menti per il Cinquecento del territorio provinciale. Mostra permanente. I facsimili in mostra, a cura dell'Archivio di Stato di Latina, Latina 1 997, tav. 23, n. 46). 28 PANTANELLI, Notizie storiche cit., I, p. 541 . Resta anche da acce1tare l'atten­ dibilità di un' altra presunta conseguenza dei lavori borgiani, cioè il trasfe1imento della «residenza del giudice e magistrato» dalla piazza d'armi della rocca nella zo­ na più a valle, comunemente denominata pubblica piazza (ibid. , pp. 541-542).

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moneta di immigrati da San Felice). Per il trasferimento a Sermoneta dei frati Minori di S. Giovanni, che dopo l'abbandono di Ninfa si stabilirono (1406) nella chiesa ex panocchiale di S. Nicola, cfr. BARONE, Istituzioni e vita religiosa cit., p. 8 1 ; su possi­ bili interventi edilizi connessi a tale operazione, C. BozzoNI, Insediamenti mendican­ ti a Sermoneta e nel territorio, XIII-XV secolo, in Sermoneta e i Caetani cit., p. 389. 30 ASL, Notarile di Sermoneta, b. 85, prot. 1 502 dic. 17-1503 gin. 4, cc. 46r50v. L'inventario viene redatto a poco meno di un anno dalla mmte di Gab1iele Va­ rese, la cui vedova Nanna Christofari Teserone riceve dal secondo marito Antonius Iacobus Sicilianus la quietanza relativa ai beni dotali promessigli nel contratto ma­ tlimoniale già stipulato verbalmente (ibid. , cc. 45r-46r). Potl·ebbe 1iferirsi a lui l'in­ troito di 2 carlini registrato il 9 agosto 1 502 «per la morte de mastro Gab1iele delli confrati», cioè membro della confraternita dei B attenti (Archivio di S. Maria Assun­ ta, Quinterni di Amministrazione, b. 3, anno 1 502, c. 9r). Gabriele Varese 1isulta, pe­ raltro, coniugato e residente a Sermoneta almeno dal 1496 (ASL, Notarile di Senno­ neta, b. 85, prot. 1496 mar. 20-ago. 1 2, cc. 38r-39r); il 3 dicembre 1499 acquista per 4 ducati due teneni dell'estensione complessiva di 2 tinelli (ibid., b. 65, prot. 1499 apr. 4-dic. 3, cc. 34v 35v) e come civis et incola Sermoneti presenzia a un testamen­ to del primo agosto 1500 (ibid., b. 35, prot. 1 500 mar. 1 6-ott. 12, cc. 3 1 v-32v). -


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neta31, che ce1tamente furono chiamate a dare un massiccio appmto al can­ tiere della fortezza; di alcuni artigiani si sa che vennero nella città proprio al­ l'epoca dell'inizio dei lavorP2. Basta, infatti, leggere l'inventario dell'eredità di Gabriele Varese per avere un campione significativo delle possibilità oc­ cupazionali offerte dal settore edilizio in questo periodo. ll maestro muratore si è sposato a Sermoneta, ha costmito la propria casa soprelevando quella di sua moglie, ha acquistato o preso in affitto vigne, tene, oliveti. Negli ultimi anni di vita (1500-1502) è stato impegnato in almeno dieci lavori di costru­ zione o ristrutturazione per committenti privati, da solo o in società con altri

31 Tracce di un movimento migratorio a Setmoneta, risalente all'ultimo venten­ nio del XV secolo, sono state messe in luce da VAQUERO P!NEIRO (La signoria di Ser­ moneta cit., pp. 135-136), grazie a un verbale del 14 settembre 1507 concemente la lite tra i Caetani di Setmoneta e di Maenza circa l'uso del bosco di Norma (Roma, Fond. C. Caetani, Archivio Caetani, Miscellanea, 12/897). Tra i testimoni escussi si nota la presenza di immigrati lombardi, in prevalenza artigiani qualificati nell'edilizia, di cui i verbali di intenogatmio forniscono interessanti dati biografici. Agostino di Mi­ lano de villa Cassinamat (l'attuale Cassina Amata, fraz. di Pademo Dugnano, prov. di Milano; oppure Cascina Amata, fraz. di Cantlì, prov. di Como) è guardianus, ha 45 anni, abita a Sermoneta da 25, possiede beni per 1 50 ducati (ibid., cc. 9v-12r). Gio­ vanni Tadei de Pinu, di Carone de Visconte (prob. attuale Caronno Varesino), maestro muratore di 40 anni, abita da 20 a Setmoneta, dove ha costmito molte case; è ritoma­ to spesso al suo paese e dichiara di non essere vassallo setmonetano (ibid., cc. 14r1 5 r). Bemardo Tadei de Pinu, fratello del precedente e anche lui maestro muratore, frequenta Setmoneta da 1 8 anni, dove tisiede quando gli affidano lavmi (ibid., cc. 15r1 6v ). Magister Antonio Petri Francisci di Varese, di 40 anni, vive da 15 a Setmoneta e da 10 vi si è sposato e ne è cittadino (ibid., cc. 17v-1 8r); Filippo Lombardus, che tra il 1490 e il 1497 era solito tagliare legname nel bosco di Nmma (ibid., cc. 6 1 r-v). Non mancano, poi, maestranze originmie di altre regioni, come Lorenzo Donati Guasta­ ferri di Spigno (ora Spigno Saturnia, Latina) nella contea di Fondi, maestro muratore di 50 anni, da 1 7 cittadino sennonetano (ibid., cc. 1 9 r v) ; dal mantovano proviene Giovanni Antonio Boptarius, miginmio di Castel Goffredo, carpentiere trentacin­ quenne venuto a Setmoneta intomo al 1490 e trasfelitosi dopo nove anni a Cori, do­ ve abita nel 1507 e possiede beni per 100 ducati (ibid., cc. 6 1 r v). 32 È il caso del toscano Salvatore Mattei de Menscalcho di Carrara, maestro fa­ legname di 30 anni, da 7 a Sermoneta (siamo nel 1 507), dove ha preso moglie e cit­ tadinanza (ibid., cc. 1 6v-17v); anche Pietro Georgii Andree albanensis maestro fale­ gnatne sessantenne, risulta dal 1500 habitator Sennoneti ed affetma di aver tagliato legname per la costmzione di botti e case (ibid., cc. 1 8v- 1 9r). ll fondo notarile con­ serva testimonianze della stabile dimora a Sermoneta di altli attigiani lombardi, co­ me maestro Berm·dino di Como civis et incola Sermoneti (atto del primo agosto 1 500; ASL, Notarile di Sermoneta, b. 35, prot. 1 500 mm·. 1 6-ott. 12, cc. 3 1v-32v) e maestro Giacomo di Arona lombardus, coniugatus Sermonete (atto del 14 agosto 1 503; ibid. , b. 8 1 , prot. 1 503 giu. 15-1504 mar. 3 1 , cc. 12v 14r) . -

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colleghi, come Francesco de Travaglino e Agostino lombardus33• Ma ha col­ laborato anche alla realizzazione di opere ordinate dal papa per la cinta mu­ raria della città; tra i suoi creditori figurano venditori di calce, acqua, corde. Ci aiutano a integrare il quadro le notizie di lavori su edifici di culto, come il convento di San Francesco e l'oratorio della Confratemita dei Battenti, cui non mancò il favore di Alessandro VI34. E bisogna ricordare che Sermoneta, come centro della vita amministrativa ed economica di un feudo poco densa­ mente popolato, continua ad essere meta di un flusso migratorio attratto dal­ le opportunità offerte dall'allevamento, dall'agricoltura e dalla pesca, nonché dalla posizione lungo un'impmtante via di traffici tra Roma e Napoli35; i do­ cumenti notarili registrano, anche in epoca borgiana, presenze di inunigra-

33 Ibid. , b. 85, prot. 1 502 dic. 17 - 1 503 giu. 4, cc. 46r-50v. Agostino lombar­ dus potrebbe essere Agostino di Milano de villa Cassinamat (v. nota 3 1 ); per Fran­ cesco di Travaglino v. nota 37. 34 Con breve del 20 gennaio 1 500, diretto al commissario pontificio Geremia Cont1.1gi, Alessandro VI concede alla Confraternita dei B attenti di possedere pacifi­ camente l'edificio fatto costruire nel cimitero annesso alla chiesa di S. Maria As­ sunta per ampliare la vecchia sede (documento tuttora conservato nell'Archivio di S. Maria, pubblicato da PANTANELLI, Notizie storiche cit., I, pp. 536-537); è presu­ nùbile che il provvedimento abbia persuaso i confratelli a intraprendere nuovi la­ vori, se il 17 maggio successivo il priore Giovanni Apulee e il camerlengo Giovan­ Ili Cole Vaci vendono per 6 ducati e mezzo a Pietro Paolo Toscano una terra in con­ trada Cerciletto «pro incollat1.1ra lamie cappelle ipsomm confratrum et sociorum amplificate noviter et pro novis sepulturis in ea faciendis ac aliis necessariis eidem» (ASL, Notarile di Sermoneta, b. 35, prot. 1 500 mar. 1 6-ott. 12, cc. 1 8v-19v). Sulle fasi costmttive del convento di S . Francesco, assegnato agli Osservanti con breve di Alessandro VI del 23 luglio 1495 (testo in PANIANELLI, Notizie storiche cit., I, pp. 525-526) ma già iniziato nel 1478, cfr. BozzoNI, Insediamenti mendicanti a Sermo­ neta cit., pp. 391-396. Che i lavori di completamento del convento proseguissero anche nel periodo della signoria borgiana è confetmato dalle dichiarazimù rese nel 1 507 dal frate osservante Benedetto Donati de Baptista di Viterbo (cfr. VAQUERO P!NEIRO, La signoria di Sermoneta cit., p. 1 35). In particolare, fra Benedetto diclùa­ ra di essere a Sennoneta da circa 1 3 anni come «presidente nella fabrica et opera de Sancto Francisco» e di aver sempre fatto taglim·e legname di castagno da maestro Cola di Aquino per le necessità del convento (Roma, Fond. C. Caetani, Archivio Caetani, Miscellanea, 12/897, cc. 80r-8 1v). 35 Per le attività produttive del territorio sennonetano, basate essenzialmente sull'agricoltura, l'allevamento e la pesca, cfr. PAVAN, Onorato III Caetani cit., pp. 632-64 1 ; A. EsPOSITO, Economia e società a Ninfa cit., pp. 99- 1 04; M. VENDITIEL­ LI, La pesca nelle acque interne del territorio ninfesino nel Medioevo. Tecniche di sfruttamento ed interessi di gestione, in Ninfa, una città, un giardino cit., pp. 1 13138; A. CORTONESI, Ninfa e i Caetani: affermazione della signoria e assetto del ter­ ritm·io (secoli XIII-XIV), in ibid. , pp. 77-83.


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ti provenienti da varie località del Regno, dello Stato Pontificio e da altre regioni, che non di rado prendono dimora nella città, vi contraggono matri­ monio e alimentano la domanda di abitazioni36 Non sorprende, perciò, che sempre nel maggio 1503, quando ormai i lavori del castello dovevano essere conclusi da circa due anni, anche l' ar­ chitetto fiorentino Iohannes Anistasius frequenti ancora Sermoneta, dove, con il collega Giovannello Tabioli di Travaglino e il già noto Francesco di Travaglino, è testimone al contratto matrimoniale di Salvatore Matthei Me­ nescalchi, maestro falegname toscano che sceglie di restare a Sermoneta37. La signoria di Lucrezia Borgia (12 febbraio 1500-1 7 settembre 1501 ) : il riassetto amministrativo

Con le notevoli e celeri modifiche al sistema delle fmtificazioni Alessan­ dro VI dà ai vassalli se1monetani un segno tangibile della sua magnilicenza e liberalità e realizza una pluralità di obiettivi: favorire l'economia locale, creare un munito caposaldo sulla via per il Regno di Napoli, ottenere il pieno dominio del nuovo territorio attraverso un presidio mmato, posto sotto il comando di un castellano spagnolo e stipendiato direttamente dalla Camera apostolica38.

36 Negli atti compaiono immigrati provenienti da Traetto, Fondi, Vallecorsa, Monte San Giovanni, Atina, Sessa Amunca, Nocera, Salemo, Venafro, Monteroduni, Albano, Amelia, Cremona, Fenara, Genova e dal Piemonte. Pietro Dammiani de Ve­ nafro il 4 giugno 1 503 stipula il contratto mahimoniale con una se1monetana (ASL, Notarile di Sermoneta, b. 85, prot. 1 502 dic. 17-1503 giu. 4, cc. 53v-54v). Polidoro de Cremona e Antonio cocus piemontese, cives et incole Sernwneti prendono in affitto una delle osterie (hospitium) situate in località Piedimonte, cioè lungo la strada per Roma (ibid., b. 65, prot. 1 500 ott. 1 2- 1 50 1 mar. 1 8 , cc. l r-3r, 1 2 ottobre 1500). 37 ASL, Notarile di Sermoneta, b. 85, prot. 1502 dic. 17-1503 giu. 4, cc. 52r-53v (su di lui v. nota 37). È dubbia l'identificazione di Francesco di Travaglino, qui chia­ mato Franciscus Petri de Travaglino, con il Francischinus de Medio/ano civis et inca­ la Sermonete, che funge da testimone all'atto rogato immediatamente prima di quello già citato (ibid., cc. 50v-52r) e compare tra i procuratori della comunità di Se1moneta nell'accordo stipulato con Sezze il 6 gennaio 1 500 (v. nota 24). Dell' architetto Gio­ vannello Tabioli di Travaglino sappiamo che si trova a Se1moneta il l2 novembre 1 5 1 9, quando vende una casa seu sedium (ibid., prot. 1 5 1 9 nov. 7-dic. 1 1 , cc. l v-2r). 38 I pagamenti schedati da Gelasio Caetani (27 mar.-2 apr. 1 502) riguardano Mi­ chele de Fonterabia, incaricato di custodire la fmtezza con cento uomini; un man­ dato è a favore di Giovanni de Torres, familiare del papa e castellanus arcis Senno­ nete (Roma, Fond. C. Caetani, Schedario cronologico); cfr. VAQUERO P!NEIRO, La si­ gnoria di Sermoneta cit., p. 138, nota 16. Michele de Fonterabbia presidia il castel­ lo al momento dell' affitto generale di Se1moneta (luglio 1 502), come vedremo.

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Il 12 febbraio 1500, poco dopo la conclusione della vertenza territo­ riale con Sezze, si apre formalmente una seconda fase nella vicenda bor­ giana di Sermoneta, che è venduta per 80.000 ducati d'oro a Lucrezia, du­ chessa di Bisceglie e principessa di Salerno, rappresentata dal procuratore Guglielmo Ramundo de Borgia39• Nei primi tempi della nuova signoria non sembrano verificarsi muta­ menti di rilievo: il governo del feudo resta affidato a Geremia Contugi, di Volterra, vescovo di Assisi, che beneficia della protezione di Francesco Soderini, il cardinalis Vulterranus legato ad Alessandro VI e a Cesare Borgia40. Geremia aggiunge al titolo di commissario quello di luogote­ nente di Lucrezia Borgia e in tale veste, 1'8 aprile 1500, conferma l ' atto con cui maestro Abramo di Mosè, ebreo di Sermoneta, cede a Pietro nota­ rii Alexandri una casa, due botteghe, un casale in contrada 'Li S andaccio­ ni' e due vigne per la somma di 250 ducati di carlini, che riceve sull'i­ stante41. Questa vendita aggiunge il tassello mancante a una vicenda in parte già nota: Nicola Caetani (t 1494) confisca un casale ad Abramo di Mosè e lo concede al conte palatino Stefano magistri Cicci. Abramo, do­ po averne ottenuto la restituzione dal luogotenente di Lucrezia Borgia, de­ cide di vendere in blocco le sue proprietà e di abbandonare Sermoneta, prevedendo un non lontano ritorno dei Caetani; nel 1 5 1 5 Guglielmo Cae­ tani restituisce il casale ai figli di Stefano magistri Cicci per ricompensa-

39 Cfr. CAETANI, Domus cit., pp. 235-236. 40 Geremia Contugi, cardinalis Soderini familiaritate illustris, fu vescovo di Assisi dal 1496 al 1 509; gli successe, dopo un brevissimo periodo di amministra­ zione del cardinal Soderini, Zaccaria Contugi propior affinis, il quale «non minus quam Hieremias eius antecessor bonarum artium scientia dicitur inclaruisse» (FER ­ DINANDO UGHELLI, Italia sacra, I, Venezia 1717, coli. 482-483). Nel 1496 accom­ pagnò a Milano il legato pontificio inviato presso l 'imperatore Massimiliano I (cfr. BURCHARDI Diarium cit., II, ad indicem) ; n·a il 1498 e il 1 500 celebrò a Roma fun­ zioni religiose, talvolta nella cappella papale e con la presenza di Alessandro VI (ibid., II, pp. 435, 460-461 , 5 1 9 ; III, Paris 1 885, p. 23). Nell'ottobre 1 5 0 1 Geremia era a Macerata come vicelegatus Mare/zie; fu anche vicelegato a Pemgia (A. CRl­ STOFANI, Delle storie d'Assisi, II, Assisi 1 875, p. 28 1 ; v. anche pp. 77-78 e 1 69) e nel 1 503 ricoprì la carica di governatore di Viterbo (G. MoRONI, Dizionario di eru­ dizione storico-ecclesiastica, CI, Venezia 1 860, p. 352). Sul cardinal Soderini v., ad esempio, K.J.P. LoWE, Church and Politics in Renaissance Italy: the Life and Ca­ reer of Cardinal Francesco Soderini (1453-1524) , Cambridge 1993. 41 ASL, Notarile di Sermoneta, b. 35, prot. 1 500 mar. 1 6-ott. 1 2, cc. 1 1v-1 3r; all ' atto, rogato «in arce diete terre, videlicet in camera solite residentie predicti do­ mini episcopi», sono presenti Piacentino de Santris di Amelia, il notaio Giovanni Cifra di Bassiano, Pietro Pistillone di Sermoneta e il «venerabilis vir dominus Pe­ trus archiepiscopus Gaietanus».


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GIOVANNI PESIRI

re la loro fedeltà e sostiene che quel bene era stato indebitamente reso dai Borgia al vecchio proprietario42. L' amministrazione borgiana riconosce, invece, la validità delle ragioni addotte dall 'ebreo e tale atteggiamento di equità e comprensione giunge al punto di agevolargli la vendita di tutti i beni in Sermoneta e il trasferimento in una località più sicura. Non si tratta del solo caso in cui il luogotenente di Lucrezia Borgia ri­ vede decisioni assunte dai Caetani, dando ascolto alle suppliche di vassalli che si sentono ingiustamente gravati: anche Giovanni di Bartolomeo Ritii ottiene 20 tinelli di tena come risarcimento (pro recompensa et restaura­ tione) per una casa tolta al padre da Onorato III, quindi più di vent'anni pri­ ma, «nulla iusta causa precedente, set de facto». L'appezzamento viene da­ to a Giovanni dal notaio Antonio Cifra di Bassiano, allora 'tesoriere e esat­ tore degli introiti' di Lucrezia Borgia43. È difficile valutare se questi due episodi, per ora isolati, siano espres­ sione di una linea programmatica di Lucrezia, tesa ad accreditare il suo go­ verno come l 'avvento di una 'giustizia giusta' e ad accentuare, anche sotto questo profilo, lo scarto tra nuova e vecchia signoria. Ma il risultato più si­ gnificativo, e non effimero, del brevissimo dominatus di Lucrezia Borgia afferisce proprio al tema della certezza del diritto: alludo alla revisione del­ le consuetudini e delle leggi locali, culminata nell'emanazione di un nuovo statuto. In calce all'elegante codice statutario, che anche nella cura forma­ le manifesta l 'intento di distinguersi dal passato, compariva la sottoscrizio­ ne autografa di Lucrezia, letta nel 1930 'con i raggi ultravioletti' da Gela­ sia Caetani e Cesare Ramadori44 La stessa carta cita gli mtefici della com-

42 Il testo del documento del 1 5 1 5 è pubblicato da PANTANELLI, Notizie stori­ che cit., I, pp. 549-550. Sull'episodio cfr. CACIORGNA, Presenza ebraica cit., p. 1 5 1 , e PROCACCIA, Gli ebrei cit., pp. 210-2 1 1 . 43 ASL, Notarile di Sermoneta, b. 65, prot. 1 500 ott. 12- 1 50 1 mar. 1 8 , cc. 3 1v-

33r. L'atto viene rogato il 21 febbraio 1501 dinanzi al nuovo governatore e luogo­ tenente Malatesta Gabuzzi di Montalboddo, su richiesta del tesoriere ed esattore Ferrandus de Castiglia, per conferire pieno valore giuridico alla concessione, che non era stata formalizzata per negligenza del beneficiario. 44 Statuto di Lucrezia Borgia (Roma, Fond. C. Caetani, Archivio Caetani, Mi­ scellanea, 1 1132), c. 65v: «lta sancimus ex certa scientia l Lucretia de Borgia manu propria» (riproduzione facsimilare in CAETANI, Domus cit., II, p. 1 7). Sul recto del­ la carta successiva si legge l 'appunto relativo all' avvenuta 'decifrazione' in data 21 gennaio 1 930, contenente una lettura provvisoria della firma. Non vi sono, peraltro, motivi per non collocare la compilazione e l 'emanazione del nuovo statuto durante la signoria di Lucrezia Borgia (12 febbraio 1 500-17 settembre 150 1 ) o, al limite, po­ co tempo dopo; il codice recherebbe, altrimenti, la sottoscrizione del cardinale Fran­ cesco Borgia, tutore del nuovo signore, il duca Rodrigo, come ha già notato VA­ QUERO PINEIRO, La signoria di Sermoneta cit., p. 1 39, nota 44; v. anche MoMBELLI

SERMONETA:

1499-1503

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pilazione: il luogotenente generale di Lucrezia, che si avvale della consu­ lenza di cinque cittadini designati dai consiliarii dell'università di Sermo­ neta, quattro dei quali sono ce1tamente notai. Tutti i nomi risultano erasi e sostituiti da Guglielmo Caetani, tranne quelli dei notai Antonio Quatrassi e Nicodemus; il cognome o patronimico di quest'ultimo è stato, tuttavia, eli­ minato per lasciare spazio all'inserimento di Pietro Alexandri. Anche stavolta i rogiti notarili consentono di formulare una congettura credibile sul luogotenente, finora sconosciuto, che ebbe l 'incarico di redigere il testo: dovrebbe essere Malatesta Gabuzzi di Montalboddo (l'attuale Ostra, nelle Marche) dottore in utroque iure, la cui permanenza a Sermoneta, come gubernator et locumtenens di Lucrezia Borgia, poi del duca Rodrigo Borgia, è attestata dal 21 febbraio 1501 al 24 marzo 1 50345• Nella rasura del codice si riesce a leggere sia la qualifica iuris utriusque doctor che il riferimento alla legum peritia, cancellati da Guglielmo Caetani, perché tali requisiti non era­ no quelli del suo luogotenente, Maurizio Boccarini di Amelia46.

CASTRACANE, L'organizzazione del potere cit. p. 1 65 (datazione tra 1500 e 1 503) e M. VENDITTELLI, «Domini» e «universitas castri» a Sermoneta nei secoli XIII e XIV

Gli statuti castellani del 127I con le aggiunte e rifanne del 1304 e del secolo XV,

Roma 1 993 (Studi e documenti d'archivio, 3), pp. 1 8 e 50. L'inizio del vero e pro­ prio lavoro di revisione statutaria può collegarsi con l'arrivo del nuovo governato­ re Malatesta Gabuzzi di Montalboddo, dottore in utroque iure. 45 Per l'atto del 21 febbraio 1501 vedi nota 43; cfr. , inoltre, ASL, Notarile di Sermoneta, b. 65 , prot. 1501 giu. 10-nov. 1 1 , cc. 27v-29v (2 settembre 1501); ibid., prot. 1501 nov. 22- 1502 apr. 28, cc. 48v-49v ( 1 9 aprile 1 502); ibid., b. 85, prot. 1502 dic. 17-1 503 giu. 4, cc. 20v-23r (23 febbraio 1 503) e cc. 33v-34v (24 marzo 1 503). 46 Statuto di Lucrezia Borgia cit., c. 65v. Il testo della redazione borgiana è il se­ guente (segnalo in corsivo le lacune dovute alle correzioni di Guglielmo Caetani): «Su­ prascripta statuta sanctiones et decrelta per nos ordinata ac per [ ...] i[uri]s l [utriu]sque d[octorem...] M[a]l[at]est[a]m l [G]ab[utium] de [Monte]b[odio] in terris Se1molneti ac Bassiani locumtenentem nostrum, cuius l sole1tiam l[e]g[u]m peritiam ac circa no­ stras iussiones l fidem iam ex multis rerum argumentis cognolvimus, auctmitate nostra et de mandato nostro composita l sub examine spectabilium virmum ser Pl[a]c[entin]i l d[e] A[me]l[ia], notmii Antonii de Quadrussis (sic), nota![ri]i P[etri] n[otar]ii A[n­ ton]ii, notmii N[icol]a[i] l [...] et notmii Nicoderni [. ..] l civium Se1moneti ad id per con­ siliarios diete terre deputatorum ac demum per nos revisa castigata et emendata confir­ mamus validamus et aprobamus ac pe1petuis futmis temporibus in tena Sermoneti ob­ selvmi inviolabiliter mandamus, suplentes omnes et singulos defectus si qui forsan in­ telvenissent. Et pro maiori robmis firmitate nostra manu subscripsimus». I cittadini ser­ monetani incmicati da Guglielmo Caetani di rivedere il codice statutmio bm·giano, oltre ai già citati notai Antonio Quatrassi e Nicodemo, sono Alessandro Bi01rli, Bernardo Raz­ za, Piett·o Alexandri e i notai Giacomo Graziani e Giacomo Bordonius, ma di essi non si fa più menzione nell'esemplm·e ufficiale dello Statuto di Guglielmo Caetani (Roma, Fond. C. Caetani, An:hivio Caetani, Miscellanea, 44133).


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GIOVANNI PESIRI

Il proemio del codice borgiano, per quanto un' ampia lacuna ne com­ prometta la piena comprensione, propone il nuovo statuto come un risulta­ to innovativo, uno sforzo di far chiarezza nella stratificazione degli ordina­ menti e consuetudini locali di Sermoneta (il corsivo è nostro) : «adhibitis ex opido prudentioribus et nonnullis aliunde accersitis sapientibus, compen­ diosas has leges describi et promulgari curavimus, quibus digna bonorum habetur ratio et improborum conquisitio non negligitur, lites dirimuntur, se­ dantur discordie, seditiones comprimuntur, consulitur humilioribus, imbe­ cillioribus subvenitur, magistratus ordinantur vicissim et munera, que con­ fusa erant, omnia pulcherrima distribuuntur serie; verus Deo cultus re­ gnanti honos et obedientia, magistratibus reverentia minoribus obsequium, parentibus pietas fratribus dilectio, concivibus caritas externis humanitas. Quas igitur sanctas inviolabilesque fore edicimus»47. Il senso del preambolo, al di là della ridondanza tipica dei testi giuridi­ ci, diviene più chiaro se si tiene presente la produzione statutaria di Sermo­ neta, caratterizzata, ancora nel Quattrocento, dalla disomogeneità tipica de­ gli statuti castrensi laziali duecenteschi e trecenteschi, dal sovrapporsi delle modifiche (degli anni 1304, 1412, 1427, post 1427) al testo base elaborato nel 127 1 . Se si considerano, poi, i mutamenti intervenuti per consuetudine e non codificati, è ragionevole credere che alla fine del XV secolo tale accu­ mulo di norme apparisse a molti fanaginoso e bisognoso di sistemazione48. Del resto, la funzionalità e modernità del lavoro di rielaborazione della nor­ mativa locale in un corpus organico strutturato in cinque libri viene, di fat­ to, riconosciuta dallo stesso Guglielmo Caetani, la cui revisione lascia prati­ camente inalterato l'impianto dello statuto borgiano49; i suoi interventi nei li-

47 Statuto di Lucrezia Borgia cit., cc. 1r-v. Anche in questo passo si pone l ' ac­ cento sulla partecipazione di consulenti, locali ed esterni, alla stesura del testo sta­ tutario, che rimane comunque una concessione del dominus. 48 Sulle caratteristiche dello statuto sennonetano del 1 27 1 e della successiva e­ voluzione normativa, si veda l' ampia analisi di VENDITTELLI, «Domini» e «universi­ las castri» cit., in particolare le pp. 41-5 1 . Sembra, peraltro, tutta da dimostrare l'i­ potesi di Gelasio Caetani (Domus cit., II, pp. 17-1 8), secondo cui lo statuto borgiano nascerebbe dalla rielaborazione di un testo fatto compilare da Onorato m Caetani per sostituiTe la «mdimentale» nmmativa precedente; la Tedazione «in nuova e più bella fmma» e la correzione del testo di Onorato m sarebbero opera di un giurista della Curia pontificia assistito da una commissione di probivrri e notai se1monetani. Si ve­ dano, al riguardo le osservazioni di VENDITTELLI, «Domini» e «universitas castri» cit., pp. 50-5 1 ; cfr. anche MOMBELLI CASTRACANE, L'organizzazione del potere cit., pp. 1 65-166. 49 Cfr. VAQUERO PINEIRO, La signoria di Sermoneta cit., p. 1 32. Gli emenda­ menti apportati da Guglielmo Caetani sono testimoniati dalle rasure, cancellature, note marginali presenti nel codice bm·giano; risultato della revisione è il già citato

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bri dedicati alla giustizia riguardano in prevalenza le pene pecuniarie, che vengono di solito attenuate, la limitazione di quelle corporali, i casi in cui l'entità della sanzione è demandata alla discrezionalità del giudice50. Il primo libro dello statuto obbedisce, invece, al bisogno di razionaliz­ zare e meglio articolare, partendo dall' antiqua consuetudo, la struttura am­ ministrativa, al cui vertice rimane il massimo rappresentante del signore o del suo luogotenente51 , cioè il capitaneus, che nel semestre del suo man­ dato esercita la funzione di giudice, controlla l'ordinato svolgersi dell'am­ ministrazione comunitativa, ha la responsabilità dell'ordine pubblico; deve aver compiuto 35 anni ed è espressamente vincolato al giuramento di os­ servare e difendere «omnia iura municipalia et consuetudines diete tene»52. Nell'organigramma borgiano, il capitaneus si avvale della collaborazione del notaio «criminalium extraordinariorum et dampnorum datorum», fore­ stiero e da lui scelto e stipendiato, il quale è tenuto non solo a redigere gli atti delle cause criminali e miste, ma a indagare su tutti i maleficia com­ messi nella città e nel territorio, denunciandoli alla curia. La competenza del notarius maleficiorum riguarda, inoltre, le frodi commerciali, la vigi­ lanza sulla città, la custodia dei coltivi, l 'igiene, le acque, nonché il perse-

esemplare dello Statuto di Guglielmo Caetani (Roma, Fondazione C. Caetani, Ar­ chivio Caetani, Miscellanea, 44/33), emanato dallo stesso Guglielmo tra il 1504 e il 1 5 1 9 (cfr. CAETANI, Domus cit., II, p. 1 8 , e MOMBELLI CASTRACANE, L'organizza­ zione del potere cit., p. 173). 50 Per alcune considerazioni sull'argomento cfr. CAETANI, Domus cit., II, pp. 19-20, e MoMBELLI CASTRACANE, L'organizzazione del potere cit. , pp. 190- 1 9 1 . 51 Sulla figura del locumtenens, i n parte assimilabile ·a quella dell' antico vice­ comes, v. ibid. , p. 174. Le modifiche allo statuto del 1271 parlano genericamente an­ che di un vicarius (cfr. VENDITTELLI, «Domini» e «universitas castri» cit., pp. 4243): un personaggio così qualificato è presente in documenti del 1 343 (v. nota 52) e del l 422 (CAETANI, Regesta cit., IV, p. 29). 52 Statuto di Lucrezia Borgia cit., l. I, cap. 2 «De capitaneo eligendo» e cap. 3 «De iuramento et officio capitanei». L'uso della denominazione capitaneus, detta nello statuto borgiano antiqua nuncupatio, non è rilevabile nella nmmativa prece­ dente ma in altre fonti: un capitaneus castri Sermoneti, forse identificabile con il ca­ stellanus previsto dagli statuti del 1 27 1 , compare insieme al vicarius in un atto del 1 343 (VENDITTELLI, «Domini» e «universitas castri» cit. p. 43). La presenza, nel 1452, di un capitano di Sermoneta qualificato come legum doctor (CAETANI, Varia cit., p. 1 66) fa supporre che egli sia titolare della funzione di giusdicente; è ce1to che nel 1473 il capitaneus Sennoneti amministrava la giustizia (ASL, Notarile di Ser­ moneta, b. 65, atto singolo) e sembra ipotizzabile che la consuetudine di chiamare così l 'ufficiale dotato di parte delle competenze prima svolte da un castellanus e da un iudex si sia instaurata durante la signoria di Onorato m ( 1 421-1478). Per un'a­ nalisi dei compiti del capitano in base allo Statuto di Guglielmo Caetani, cfr. MoM­ BELLI CASTRACANE, L'organizzazione del potere cit., pp. 175 e 178- 1 82.


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SERMONETA:

guimento dei 'danni dati' , settore in cui opera a suo favore la preventio

aliis officialibus53.

cum

Si tratta, insomma, di un'ulteriore forma di controllo e re­

pressione della delinquenza, che interferisce nella sfera di azione pertinente agli altri ufficiali della comunità54, non esclusa quella del minato dal

capitaneus

socius miles

no­

per dare esecuzione agli atti giudiziari, mantenere

l ' ordine pubblico e indagare sui reati55. Di nomina signorile e se1monetano

rimane, invece, il notaio delle cause civili56. Le modifiche borgiane al vec­ chio ordinamento, fondato sulle figure di un

notarius curie,

non incontrano

il

iudex

(poi

capitaneus)

e di un

pieno gradimento di Guglielmo Caetani,

che preferisce unificare tutte le funzioni della cancelleria giudiziaria nella

notarius bance, maleficiorum, extraordinario­ rum et damnorwn datorum -, sermonetano e nominato direttamente dal do­ minus, e istituisce due socii milites, anziché uno, pure di nomina signorile57. persona di un solo notaio - il

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1499-1503

In materia di amministrazione della comunità, lo statuto borgiano ri­

è dato sapere, la prima notizia sulla procedura seguita nel­ 12 consiliarii, che secondo la riforma statutaria del 1304 era

porta, a quanto l 'elezione dei

effettuata ogni sei mesi dal popolo di Sermoneta. I consiglieri uscenti desi­ gnano

4 mediales, i quali scelgono 12 uomini, uno per ogni decarcia, che sa­

ranno i consiglieri del semestre successivo, dopo l ' approvazione del signo­

re o del suo luogotenente58. Il testo cita ancora una volta l ' antica consuetu­ dine

(antiquam consuetudinem imitantes),

di cui non sembra curarsi Gu­

glielmo Caetani, quando decide che siano eletti 24 uomini, due pe� decarcia � tra cui il dominus sceglierà i 1 2 nuovi consiglieri; si ha la sensazwne che 1 Caetani, di fronte a una norma innovativa, vogliano assicurarsi, attraverso la facoltà di selezione dei

consiliarii, almeno un margine di discrezionalità nel­

la nomina dei rappresentanti di una comunità le cui prerogative erano dive­ nute meno vaghe anche per effetto della codificazione borgiana59. Sebbene resti dubbia l ' attribuzione di una simile riforma, il passaggio dal meccani­

cit., l. I, cap. 6: «De officio notarii criminalium extraordinariomm et dampnorum datomm. Notarius unus forensis deputatur per ca­ pitaneum suis expensis et de salario ad banchum, qui scribat et rogetur de omnibus actis causarum criminalium et mixtamm per totamque terram et districtum malefi­ cia commissa perquirat et ad noticiam curie deducat, quod si negligens fuerit inci­ dat in penam decem libramm pro quolibet maleficio neglecto; et presumatur ne­ glectum post octo dies in oppido non clam commisso, idem in stradis et locis extra oppidum palam commissis. Similiter idem sit notarius forensis ad extraordinaria pondemm, mensurarum, pretiorum, annone, carnium, vini et omnium fraudum in omnibus commissamm; item custodiarum vigiliarum immunditiarum stillicidiorum ageribus fossamm aquarum decursibus et omnibus aliis, que sub extraordinariorum titulo contineri possunt de iure et consuetudine, non obstante quod super illis spe­ tialiter alii sint officiales deputati; item ad omnia damna data in oppido et districtu ipsius, de quibus debitam inquisitionem facere debeat, sub pena decem librarum si negligens fuerit, et cum aliis officialibus habeat locus preventio». Il capitolo risulta espunto da Guglielmo Caetani, perché inutile ( «vacat»). 54 I settori interessati dall'intervento del notarius maleficiorum erano deman­ dati dallo statuto al socius miles e ad ufficiali eletti dai consiglieri della comunità, come i curatores aquarum (o aquara li) e i praefectì annonae (o superstantes); cfr. Statuto di Lucrezìa Borgia cit., l. I, capp. 5 , 1 0 e 12). 55 Statuto di Lucrezìa Borgia cit., l. I, cap. 5 «De officio sotii militis». Per le funzioni del socius miles, v. MOMBELLI CASTRACANE, L'organizzazione del potere cit., p. 1 80. 56 Statuto di Lucrezìa Borgia cit., l. I, cap. 7 «De officio notarii bance et eius mercede». 57 Statuto dì Gugliemo Caetani cit., l. I, cap. 5 «De officio notarii bance, cri­ minalium, extraordinariomm et damnomm datomm» e cap. 4 «De officio socii mi­ litis». Secondo lo statuto del 1 27 1 (capp. [9] e [32]) e le aggiunte del 1 304 (cap. [8]), la giustizia era amministrata da un iudex coadiuvato da un notarius curiae (VEN­ DITTELLI, «Domini» e «universìtas castri» cit. pp. 45-46); e con tale nome viene de-

53 Statuto di Lucrezia Borgia

smo dell'elezione diretta dei consiglieri da patte degli

homines Sermineti a 4 media­

quello della cooptazione effettuata dal consiglio uscente, tramite i

les, permette a una ristretta élite di controllare il massimo organo rappresen­

tativo della commùtà. Il fatto che Lucrezia Borgia abbia favorito questo pro­ cesso

è in armonia con la politica di

apertura ai maggiorenti locali, funzio­

nale al consolidamento della nuova signoria. Una novità introdotta dai Borgia si può ritenere na l ' attività dei notai per garantire una

solida fides

il capitolo che discipli­

ai loro atti:

I'erarius del

signore ha l ' obbligo di vigilare sulla corretta tenuta dei pr�toco i notarili con l ' apporvi un sigillo di autenticità e annotando su un registro 1l numero delle cmte di ciascun protocollo e la data di apposizione del sigillo. Inoltre,

signato ancora nel 1473 il notaio che affianca il capitaneus in t1 bunale e r�dige il liber actorum civilium (ASL, Notarile dì Sermoneta; b. 65, atto smgolo). Chiudono la serie degli ufficiali della curia baronale l' erarius (Statuto dì Lucrezia Borgia cit., L I, cap. 9) e il mandatarius (ibid. , cap. 15), per le cui competenze cfr. MOMBELLI CASTRACANE, L'organizzazione del potere cit., pp. 176- 177 e 1 8 1- 1 82. 58 Statuto di Lucrezia Borgia cit., l. I, cap. 8 «De officio consiliariorum». Su questa procedura vedi anche MOMBELLI CASTRACANE, L'organizzazione del f! otere cit., p. 174, e VAQUERO PINEIRO, La signoria di Sermoneta cit., p. 1 3 1 L'urne� te­ : stimonianza precedente sull'elezione dei consiglieri ci viene dalle aggmnt� e nf�r­ me statutarie del 1 304, cap. [3], in cui è previsto che «Finitis vero sex mens1bus dic­ ti officii, per populum nominatim alii Xllcim. consiliarii eligantur» (cfr. VENDITTEL­ LI, «Domini» e «universitas castri» cit. , p. 68). 59 Statuto di Guglielmo Caetani cit., l. I, cap. 6. Un accenno alle lamentele pro­ vocate nei secoli successivi dal condizionamento esercitato dai duchi di Sermoneta sull'amnunistrazione delle comunità è in G. DELILLE, Sermoneta e il Lazio meri­ dionale nell'età moderna, in Sermoneta e i Caetani cit., p. 1 15.


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ogni mese deve controllare la regolarità della trascrizione degli atti nei pro­ tocolli, funzione demandata anche al capitaneus60. Analoga considerazione credo possa valere per la norma che impone alla comunità di assumere un ludi magister; in tal senso ci orienta l 'emendamento dettato da Guglielmo Caetani, che espunge le ultime quattro righe, aggiungendo che il salario del maestro verrà contrattato tra le parti («prout melius inter eos conveniri pote­ rit>>)61, mentre nella correzione al capitolo concernente il predicatore si pre­ scrive che questi sia pagato «ut hactenus extitit consuetum»62. Particolare cura viene dedicata dallo statuto ai problemi di gestione del territorio: si attribuisce, ad esempio, grande rilievo ai compiti dei 4 curato­ res aquarum (o aquaroli), eletti dal consiglio, che presiedono alla manuten­ zione di fiumi e fossi . A differenza di quanto disposto per gli altri ufficiali della comunità, il loro mandato dura un anno, invece di sei mesi, evidente­ mente per garantire maggiore continuità e incisività ali' opera di tutela del complesso e delicato equilibrio idrico del comprensorio; una modifica non accettata da Guglielmo Caetani, che ripristinerà la durata semestralé3. Non è peraltro sfuggita la validità e, in parte, la novità per Sermoneta delle disposizioni riguardanti l 'igiene, il decoro, l 'ordinato sviluppo edili­ zio del castrum, il commercio e l 'agricoltura64. A Lucrezia Borgia è ascri60 Statuto di Lucrezia Borgia cit.,

l. II, cap. 49 «De notariorum prothocollis». La rielaborazione presente nello Statuto di Guglielmo Caetani (l. II, cap. 47) è mol­ to meno rigorosa: il compito di controllo risulta affidato a un notaio (il primo è An­ tonio Quatrassi) eletto dalla comunità e la sanzione per gli inadempienti viene ri­ dotta da 50 a sole 5 libre. Bisognerà attendere le riforme di Sisto V del 1588 per una regolamentazione generale sui notai e sui loro atti, che porterà all'istituzione di ar­ chivi notarili anche a Sermoneta, Bassiano e Cisterna; cfr. M.L. SAN MARTIN! BAR­ ROVECcmo, Gli archivi notarili sistini nella provincia di Roma, «Rivista storica del Lazio», 2/2 ( 1 994), pp. 293-307. 6 1 Statuto di Lucrezia Borgia cit., l. V, cap. 22 «De eligendo ludi magistro»; cfr. Statuto di Guglielmo Caetani cit., l. IV, cap. 20, in cui è fedelmente ripmtata la corr-ezione. 62 Statuto di Lucrezia Borgia cit., l. V, cap. 21 «De predicatore eligendo» ; cfr. Statuto di Guglielmo Caetani cit., l. IV, cap. 1 9 . 63 Statuto di Lucrezia Borgia cit., l. I, cap. 1 0 «De curatoribus aquanm1»; cfr. Statuto di Guglielmo Caetani cit., l. I, cap. 8. Anche in questo caso l'antica consue­ tudine («antiquam consuetudinem imitantes») è seguita solo in patte dal legislatore, che porta a un anno la durata del mandato dei curatores aquarum (o aquaroli). Que­ sti ufficiali curano che siano effettuati i lavori di manutenzione di ponti, strade, sca­ lichi d' acqua, fiumi e fossi, «ne offendant campum Sermineti et Ninphanim», e pro­ cedono alla stima dei ' danni dati' a causa delle acque; i loro compensi per tali so­ pralluoghi vengono diminuiti da Guglielmo Caetani. 64 Cfr. CAETANI, Domus cit., Il, pp. 20-21 , VAQUERO P!NEIRO, La signoria di Ser­ moneta cit., p. 132, MOMBELLI CASTRACANE, L'organizzazione del potere cit., p. 1 80.

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vibile anche il noto capitolo «De plantandis vel inserendis arboribus», se­ condo il quale ogni proprietario di vigna, orto o campo deve piantare o in­ nestare annualmente quattro diversi alberi da frutto, appartenenti a deter­ minate specie65. La norma, giudicata inutile dai Caetani, sembra volta a in­ crementare la frutticultura e a estenderne l ' area di produzione ai terreni se­ minativi, aggiungendo altre varietà a quelle (noci, fichi, ciliegie, pere, po­ marance) per cui Sermoneta era già rinomata, che fino allora si coltivavano «in pomariis et hortis» suburbani66. Lo statuto di Lucrezia Borgia legifera, probabilmente per la prima vol­ ta, riguardo agli ebrei sermonetani, segno che essi, ormai da tempo radica­ ti nel tessuto sociale di Sermoneta, sono ancora una realtà consistente e sta­ bile67: nel capitolo «De raptu mulierum, stupro, incestu et adulterio» si pre­ vedono sanzioni per i cristiani che hanno rapporti carnali con donne ebree e per analoghi comportamenti degli ebrei con donne cristiane, a meno che non intervengano la conversione al cristianesimo e il matrimonio68; l 'altra disposizione riprende il tradizionale divieto di dare balie cristiane a bambi­ ni ebrei e viceversa69 . Come è stato già notato, l'avvento dei Borgia non po­ teva incidere negativamente sulle condizioni della colonia ebraica sermo65 Statuto di Lucrezia Borgia cit., L V, cap. 14. Le specie da piantare erano: «Pnma damascena, Pruna de fratri, Pira ruspida, Pira glaciola, Pira muscarolla, Pre­ coqua de Damasco, Precoqua de Margre(m) (?), Azm·olla, Albergica alba, Albergi­ ca rubea, Mala punica dulcia, Mala punica austera» . Esse potevano essere importa­ te dalle città di Carinola, Napoli, Gaeta, Fondi o da «aliis locis ubi meliores prove­ niunt». Forse non è estraneo alla scelta di inserire Carinola (civitas Calinensis) il fatto che la città era stata concessa a Giovanni Borgia, duca di Gandfa, il fratello di Lucrezia mmto assassinato nel 1497; su di lui cfr. , ad esempio, GREGOROVIUS, Lu­ crezia Borgia cit., p. 343, e G. DE CARO, Borgia Giovanni, in DBI, 12, Roma 1 970, p. 7 1 8. 66 Per la testimonianza di Gaspare da Verona (1468) sulla frutticoltura a Ser­ moneta, cfr. PAVAN, Onorato III Caetani cit., p. 635 ; alla fine del secolo XIV orti con alberi da frutto erano nelle immediate vicinanze del castrum di Ninfa, nel cui telTi­ torio prevalevano nettamente le aree boschive e pascolive (v. CORTONESI, Ninfa e i Caetani cit., pp. 78-83). 67 Sulle caratteristiche dell'insediamento ebraico a Se1moneta cfr. CACIORGNA, Presenza ebraica cit., pp. 129- 173, e PROCACCIA, Gli ebrei cit., pp. 205-212. 68 Statuto di Lucrezia Borgia cit., L IIl, cap. 23 ; le conezioni non consentono di cogliere pienamente il senso della nmma. Guglielmo Caetani fissa a 100 libre la pena per il cristiano che ha rappmti con una dmma ebrea, conmlinando a quest'ultima la medesima pena. La sanzione per l'ebreo colpevole dello stesso reato è lasciata alla di­ screzionalità del signore (Statuto di Guglielmo Caetani cit., l. IIl, cap. 24). 69 Statuto di Lucrezia Borgia cit., l. IV, cap. 7 «De christianis lactantibus iu­ deos vel e contra». Questo capitolo viene integralmente recepito da Guglielmo Caetani.


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netana, data la benevolenza dimostrata da Alessandro VI verso questa mi­ noranza; e, in effetti, nei protocolli notarili esaminati non sono rari i riferi­ menti a ebrei, che esercitano il prestito su pegno, commerciano in pellame, coltivano terreni, vendono botteghe, fondi o case70. I personaggi su cui si hanno più informazioni sono David magistri Angeli e il medico Emanuele Danielis. Il primo, in un testamento del 28 agosto 1503, dispone legati per le sinagoghe di Sermoneta, Velletri, Marino e per la Schola Templi di Ro­ ma; cita il fratello Lustro, i figli Angelo, B onaventura e Pacientia, la mo­ glie Sarella, figlia di Raffaele di Manuele di Aversa, che gli ha portato in dote 300 ducati di carlini71. A Emanuele Danielis, invece, viene affidato nel luglio 1504 l'ingrato compito di curare i malati di peste fuori le mura di Sermoneta ( «deputatus et conductus mercede ad curandum infirmos extra terram Sermonete propter contagionem pestis in presenti vigentis Setmoneti» ). Il 20 luglio detta le sue ultime volontà, con cui destina 7 ducati alla schola hebreorum di Sermone­ ta, 10 ducati al cugino Leutius Lustri di Anagni e nomina eredi universali la moglie Marchesana Danielis de Mantua e i figli Daniele e Abramo; in caso di morte dei figli ed eredi, prevede legati per i parenti (Leutius, la cugina Annucciola Vitalis, la zia Perna Signorecti) e destina il resto dei beni alla so­ rella Perna e ai figli, ai quali assegna come tutori i suoi zii David e Lustro magistri Angeli. Ha contratto debiti - alcuni ex causa mutui o per acquisto

70 Alcuni atti documentano l 'attività di prestito su pegno di Lustro (ASL, No­ tarile di Sermoneta, b. 35, prot. 1 500 mar. 1 6-ott. 12, c. 35r, 5 agosto 1 500; b. 85, atto singolo, 8 agosto 1 503 (?); b. 65, prot. 1 504 mag. 1 8-dic. 1 8, c. lOv, 20 giugno 1 504) e di Germna soror magistri Manuelis (ibid. , b. 35, prot. 1 500 mar. 1 6-ott. 12, cc. 30r-3lr, 30 luglio 1 500). Gli eredi di Diociaiut(e) iudeus coltivano una tena che

rende il canone all'Abbazia di Valvisciolo (v. Appendice, doc. 6). A questo periodo daterebbe la venuta di Salomone di Manuele, ebreo di Sezze, che il 5 marzo 1499 è habitator Sennoneti e affida al rabbino Eruben di Alatri l'istruzione del fratello Ser­ vo; cfr. A. EsPo srro , Gli ebrei della regione di Campagna alla fine del Medioevo: prime indagini, «Latium», 7 ( 1 990), pp. 82-83. 71 ASL, Notarile di Sermoneta, b. 8 1 , prot. 1 503 giu. 15-1 504 mar. 3 1 , cc. 18v1 9v. David magistri Angeli abita in decarcia Portella, zona di abituale residenza de­ gli ebrei sennonetani, possiede beni (forse una casa) in decarcia Sancti Spiritus e un teneno (forse una vigna), entrambi contigui ai beni del già 1icordato Abramo di Mo­ sè (ibid., b. 35, prot. 1 500 mar. 16-ott. 12, cc. 1 1v-1 3r, atto dell' 8 aprile 1500). Il 6 agosto 1501 vende per 6 ducati di carlini una terra dell'estensione di l tinello (ibid., b. 65, prot. 1501 giu. 1 0-nov. 1 1 , cc. 1 5v-17r); il 7 febbraio 1 503 vende 4 tinelli di tena per 12 ducati di carlini (ibid. , b. 85, prot. 1 502 dic. 17-1 503 giu. 4, cc. 10r1 1 r). La sua vedova Sarella 1' 1 1 marzo 1 505 cede per 1 5 ducati di carlini una terra di 2 tinelli «iuxta rem Manuelis iudei de S ermoneta» (ibid., b. 65, prot. 1 504 dic. 20-1505 apr. 14, cc. 4 l r-42v).

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di pellame - verso cristiani, tra cui l'arciprete di S. Maria e l'imprenditore Antonio Setie; vanta diversi crediti per cure mediche prestate72. Le nmme emanate da Lucrezia Borgia non condizionano la libertà di azio­ ne degli ebrei sermonetani, limitandosi a ribadire alcune tradizionali disposi­ zioni del diritto canonico73; non pare da escludere che il loro inserimento nel co­ dice statutario rappresenti un riflesso dell'attività di predicazione svolta dagli Osservanti, insediati da alcuni anni nel convento di S. Francesco74. Dagli aspetti finora considerati risalta il valore fondamentale dello sta­ tuto borgiano nella vicenda del dominio signorile su Sermoneta, sia come momento chiave della riorganizzazione giuridica e istituzionale castrense, che come snodo di transizione da un dominatus di carattere privatistico-pa­ trimoniale a una signoria giuridicamente connotata dalle prerogative della sovranità75. Mi sembra però necessario fermare l'attenzione anche sul modo in cui fu attuata questa operazione, che ebbe come teatro principale proprio Sermoneta e come attori il locumtenens Malatesta Gabuzzi di Montalboddo, dottore in utroque e fido servitore di Lucrezia Borgia, al quale si deve il do­ cumento base, elaborato con l'ausilio di Piacentino de Santris, dei notai An-

n ASL, Notarile di Sermoneta, b. 65, prot. 1 504 mag. 1 8-dic. 1 8 , cc. 17v-19v). Emanuele sopravvive alla peste: il 7 agosto 1 5 1 1 è creditore verso un cristiano di 6 ducati «ex causa cure et medele» e fa mettere all'asta il possesso di tre petie di ter­ ra, che il debitore coltivava per conto della curia dietro conesponsione di un quar­ to dei frutti (ibid., b. 85, prot. 1 5 1 1 apr. 1 6-dic. 12, cc. 42v-44v). Sembra identifica­ bile con Emanuele di Daniele, che compare in altri quattro atti: il 21 aprile 1496 vende per 14 fiorini una terra sauda di l tinello, contigua alla vigna e al canneto di sua proprietà (ibid. , prot. 1496 mar. 20-ago. 12, cc. 14r-1 6r); il 15 ottobre 1498 acquista 1 4 pelli di bufalo per 1 7 ducati di carlini (ibid., b. 35, prot. 1498 apr. 01499 apr. 3, cc. 17r-v); il 13 febbraio 1 503 vende una bottega sotto la sua casa, s1t� in decarcia Portella, per 12 ducati di carlini, cum pacto redimendi entro tre anm (ibid., b. 85, prot. 1 502 dic. 1 7 - 1503 giu. 4, cc. 1 3r-14r); il 24 ottobre 1 509 stipu­ la una transazione con Angela Gervasii Cole Nardi sul diritto di appoggio al muro della propria casa sita in decarcia Portella (ibid., b. 35, prot. 1 507- 1 530, cc. 55r58r). Inoltre, un Emanuel hebreus de Sermoneta il 29 aprile 1 5 1 1 dichiara di ave� . ricevuto in mutuo da Vincenzo Capo Bianco, cittadino beneventano, 26 ducati d1 carlini, che promette di restituire entro 5 mesi, dando in garanzia la propria casa e gli altri suoi beni (ibid., b. 85, quinterno del 1 5 1 1 , cc. 1 r-2r). 73 Cfr. CACIORGNA, Presenza ebraica cit. , p. 153. 74 Cfr., ad esempio, EsPOSITO, Gli Ebrei della regione di Campagna cit., pp. 62-63, per un possibile influsso della predicazione osservante sulla normativa sta­ tutaria di Ferentino circa l ' allattamento di bambini ebrei. 75 Cfr. MoMBELLI CASTRACANE, L'organizzazione del potere cit., pp. 165-166, 173- 174, 1 85 - 1 87; VAQUERO P!NEIRO, La signoria di Sermoneta cit., pp. 1 30- 1 3 1 ; VENDITTELLI, Signori, istituzioni comunitarie cit., pp. 46-47.


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tonio Quatrassi e Pietro notarii Antonii e di altri esponenti della élite locale, depositari dell'esperienza giuridica e amministrativa maturata al seguito dei Caetani e nella trattazione degli affari della comunità. Ad essi lo statuto, in cui non mancano norme innovative, riconosce o conferma, come si è detto, un ruolo preminente nelle istituzioni comunitarie76. Alcune oscurità o in­ congruenze del testo,sono imputabili alla rapidità con cui la commissione condusse i suoi lavori, che durarono circa un anno e terminarono con la re­ visione finale ad opera di Lucrezia Borgia e dei suoi consulenti . Un'analisi puntuale del codice statutario, anche sotto l'aspetto stilistico, potrebbe met­ tere a fuoco le peculiarità del contributo bm·giano alla riorganizzazione del­ lo 'stato' di Sermoneta e i modi in cui anche su questo piano la nuova si­ gnoria si confrontava con la precedente . Grazie alle moderne tecnologie di restauro virtuale del testo, si aprono spiragli per la lettura dei brani nascosti, ma non del tutto, in alcune delle rasure, come nel proemio, dove l'estesa cor­ rezione di Guglielmo Caetani sembra voler fare giustizia di un'allusione non benevola alla produzione statutaria della sua famiglia77.

76 Su questi maggiorenti locali, cui peraltro si è già accennato, v. injra. Da una sommaria indagine su Malatesta Gabuzzi, esponente del patriziato marchigiano, ri­ sulta che alternò l' attività forense all'espletamento di cariche amministrative; la sua nomina a governatore di Sermoneta potrebbe aver attinenza con i rapporti che lo legavano, come il suo predecessore Geremia Contugi, all'entourage di France­ sco Soderini (v. nota 40). Tra le carte superstiti della famiglia Gabuzzi (ora presso l 'Archivio di Stato di Ancona; cfr. Guida generale degli Archivi di Stato italiani, I, Roma 1 98 1 , p. 353), sono rimaste infatti due lettere relative a Malatesta: nella pri­ ma (24 novembre 1 5 1 1 ) i priori di Urbisaglia (Macerata) gli confermano l'incarico di advocatus della comunità presso la curia generale della Marca, con sede in Ma­ cerata; l' altra (22 febbraio 1 5 14) da lui scritta ex castro Marthe (Viterbo), dove for­ se si trovava come governatore baronale, è diretta al figlio Marco Antonio, allora a Roma come magister domus del cardinale Francesco Soderini. La sua morte va col­ locata proprio nel 1 5 14, poiché la lettera citata reca l' mmotazione: «Questa fo l 'ul­ tima l(ette)ra che mio p(ad)re me scrisse in vita sua» (sono grato a Velia Bella­ gamba, dell'Archivio di Stato di Ancona, per la segnalazione di questi documenti). Risulta che tra il XV e il XVI secolo la famiglia Gabuzzi si trasferì a Macerata, en­ trando a far parte della nobiltà cittadina, M. TRoscÉ, Governanti e possidenti nel XVI e nel XVII secolo a Macerata, «Quaderni storici», 7 ( 1 972), pp. 834-836 ; ma­ ceratese è Girolamo Gabuzzi, nel 1 5 8 8 governatore di Loreto, cfr. Legati e gover­ natori dello Stato pontificio (1550-1809), a cura di C. WEBER, Roma 1 994 (Pub­ blicazioni degli Archivi di Stato, Sussidi, 7) pp. 280 e 682. 77 Sulle possibilità offe1te dalle nuove tecnologie per la lettura di scritture non più percepibili ad occhio umano, cfr. E. FREGNI, Alcune esperienze di restauro vir­ tuale, in La riproduzione dei documenti d'archivio. Fotografia chimica e digitale (Atti del Seminario, Roma 1 1 dicembre 1 997), Roma 1 999 (Quaderni della Rasse­ gna degli Archivi di Stato, 90), pp. 1 1 1 - 120.

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Il ducato di Sermoneta sotto Rodrigo Borgia d'Aragona ( 1 7 settembre 1501- agosto 1503) : la gestione delle risorse

La redazione dello statuto crea le condizioni per il passaggio all'ultima fase della dominazione dei Borgia su ·sermoneta. Quasi a segnare lo spar­ tiacque tra un periodo e l ' altro, si pone l a visita di Alessandro VT, che giun­ ge nella città il 3 1 luglio, accompagnato dal cardinale Francesco Borgia, e ne riparte il 3 agosto 1 50178. Il 17 settembre la bolla pontificia Coelestis al­ titudinis eleva al rango di ducato Sermoneta e Nepi, concesse rispettiva­ mente al piccolo Rodrigo Borgia d'Aragona, nato dal matrimonio di Lu­ crezia con il duca Alfonso di Bisceglie, e a Giovanni Borgia, figlio del pon­ tefice, anch'egli in età infantile; ad esse sono aggregate le terre tolte ai Co­ lonna, ai Savelli e ai loro presunti complicF9. Il ducato di Sermoneta com-

78 Cfr. PANTANELLI, Notizie storiche cit., I, p. 542, che riprende la notizia da A­ LESSANDRO BoRGIA, !storia della Chiesa e Città di Velletri, Nocera 1723, p. 394. Il viaggio del papa trova posto nell'elenco delle 'tribolazioni' del popolo corese stila­ to, come già detto, dal notaio Antonio Fasanella: «In nello anno 1 50 1 a di 26 de lu­ glio l se partio lo papa Alexandro de Roma et l vende ad Castello Cannolefo et ad 28 fo l ad Vellitri et lo ultimo fo allo casale l de Santo Loteri con 500 cavalli dove om(n)e homo de Cho(r)o l fo trivolato de portare victuagle l pane vino orgio carne fructi et de om(n)e l altre robe; et a tre di de aug(us)to lo l d(i)c(t)o papa fo in nel­ lo suprad(i)c(t)o loco pur con 500 cavalli pur ad nostre spese de tucte l cose et om(n)e homo de Cor(o) fo trivolato; l poi senne meno pur ad Vellitri» (ASL, Nota­ rile di Cori, b. 1 66, prot. 3692, c. 1 89v). Stando al racconto del Burcardo, Alessan­ dro VI pattì da Roma il 27 luglio con un seguito di 1 50 persone in tutto e fece tap­ pa a Castel Gandolfo, compiendo poi un'escursione a Rocca di Papa; il 30 giunse a Genzano, da dove partì il 3 1 per Sermoneta «etiam cum maxima pluvia et tempe­ state» (BuRCHARDI Diarium cit., III, pp. 153-154). Un primo sondaggio nell'Archi­ vio di S. Matia Assunta di Se1moneta (nella serie Quinterni di amministrazione) non ha fornito elementi circa il soggiorno del papa a Se1moneta. In occasione di questo viaggio il pontefice affidò a Lucrezia, rimasta a Roma, l' amministrazione tempora­ le del palazzo, con facoltà di aprire le lettere in arrivo (ibid. , p. 1 54; cfr. L. VON PA ­ STOR, Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, III, Roma 1 959, pp. 546-547). 79 La bolla è stata edita da A. RoNCHTNI, Documenti borgiani dell'Archivio di Stato di Parma, «Atti e memorie delle Deputazioni di Storia Patria per le Provincie dell'Emilia», n. ser. l (1 877), pp. 52-6 1 . In precedenza Lucrezia Borgia, come si af­ felma nella bolla, aveva rinunciato ai propri diritti su Nepi e Se1moneta, cedendole ai due infanti (v. anche ibid., pp. 40-42). Per altri esemplari del documento, cfr. MoM­ BELLI CASTRACANE, L'organizzazione del potere cit., p. 192, nota l . Dopo la mmte di Alessandro VI il piccolo Rodrigo, duca di Bisceglie e signore di Corato, fu condotto nel Regno di Napoli; affidato alle cure di Isabella d'Aragona, sorella maggiore del padre, morì quasi tredicenne a Bari nell'agosto 1 5 12 (cfr. GREGOROVIUS, Lucrezia Borgia cit., pp. 3 1 7-3 1 9 ; PASTOR, Storia dei papi cit., p. 5 1 8 , nota 4).


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prende, oltre al nucleo storico del feudo (Sermoneta, Bassiano, Ninfa, San Donato, Norma, Tivera, Cisterna e San Felice), altre 20 città e terre: Alba­ no, Nettuno, AI·dea, Civita Lavinia, Nemi, Genzano, Castel Gandolfo, Roc­ cagorga, Sonnino, San Lorenzo, Ceccano, Pofi, Vallecorsa, Santo Stefano, Monte San Giovanni, Strangolagalli, Falvaterra, Giuliano, Ripi e Arnara8o . Dalle fonti non emerge un ruolo di città 'dominante' assegnato, alme­ no sulla carta, a Sermoneta; il governo dei ducati è in mano al tutore dei due infanti, il cardinale Francesco Borgia, del quale si conosce l'impegno a da­ re un indirizzo uniforme alla gestione, almeno dal punto di vista finanzia­ rio, di due entità vaste e assai eterogenee81. Le funzioni di luogotenente nel feudo sermonetano continuano ad essere svolte da Malatesta Gabuzzi, che ricopre nel contempo l'ufficio di governatore della vicina Sezze. Una misu­ ra probabilmente ispirata dalla necessità di prevenire nuovi attriti con Ser­ moneta e Bassiano, il cui malcontento dovette indune Alessandro VI a or­ dinare, con breve del 2 marzo 1503, che la comunità setina consegnasse al governatore Malatesta la Torre Petrata - teatro d' aspre lotte nell'ultimo conflitto sui confini - per evitare il sorgere di ampliora scandala82. Nella documentazione notarile il 'tesoriere generale dei duchi di Sermo­ neta e di Nepi' , Bartolomeo Arriverius di Fenara, sostituisce il tesmiere ed e­ sattore locale, operante nel petiodo di Lucrezia Borgia, e il 19 aprile 1502 sti­ pula a Sermoneta una soccida quadriennale di 41 cupelli di api83. Lo stesso

80 Ibid. , p. 60. Cfr. VAQUERO P!NEIRO,

Il Liber arrendamentorum cit., pp. 171173, il quale precisa, tra l 'altro, che alcuni dei castelli confiscati non entrarono a far parte dei due ducati, ma passarono all' abbazia di Subiaco, di cui era commendata­ rio Cesare Borgia. 8 1 RONCHINI, Documenti borgiani cit., pp. 44-45 . li 14 novembre 150 1 il pon­ tefice aveva nominato tutori degli infanti i cardinali Francesco Borgia, arcivescovo di Cosenza, Antoniotto Pallavicina, Gianantonio Sangiorgi, Ippolito d 'Este, ma que­ sti ultimi preferirono delegare le cure della tutela al solo Francesco, che erà paren­ te dei due pupilli. Su Francesco Borgia si veda, da ultimo, G. DE CARo, Borgia Francesco, in DEI, 12, Roma 1 970, pp. 709-7 1 1 . 82 ASL, Archivio comunale di Sezze, Brevi, 41 (v. Appendice, doc. 5); il docu­ mento è riprodotto in Guerra, peste, fame cit., tav. 49, n. 96. Nella bolla del 22 set­ tembre 1499, con cui Alessandro VI dispone la confisca del feudo di Sermoneta, si evidenzia, tra l 'altro, che «prefati Iacobus et Gulielmus [ . . . ] , cohadunatis gentibus mmatis et machinis [ . . . ], turrim Pretatam nuncupatam, ad universitatem diete nostre terre Setie pertinentem, propria temeritate ac vi et violentia invaserunt et pro viri­ bus occupare temptaverunt» (CAETANI , Regesta cit., VI, p. 210; cfr. ID., Domus cit., I, pp. 228-229). 83 ASL, Notarile di Sermoneta, b. 65 , prot. 1501 nov. 22- 1 502 apr. 28, cc. 48v49v. Durante la signoria di Lucrezia Borgia l'incarico di thesaurarius et introituum exactor di Sermoneta fu ricoperto dal notaio Antonio Cifra di Bassiano (sotto Ge-

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personaggio a Piglio, Rocca di Cave e Capranica, dove è pure vicario, sotto­ scrive nel 1502 i contratti di affitto generale delle entrate di quelle tené4. Con criteri simili a quelli adottati in altri luoghi dei due ducati è redatta la convenzione per l'affitto generale di Sermoneta (luglio 1502) tra il cardi­ nale Francesco Borgia e gli imprenditori sermonetani Pietro notarii Alexan­ dri e Antonio de Setia85. L'appalto, di durata triennale, comprende tutte le en­ trate, frutti e redditi della curia a Sermoneta, Bassiano e nel castrum dirutum di Norma, le tenute di Acquapuzza, Cisterna, Dohana de Nimpha, Norma, San Donato, San Felice e Tivera, le 'hostelerie' di Piedimonte, Tivera, del Ponte della Trova e tutte le altre, gli affitti di 'pontiche' ed osterie «dentro la terra et da fora», la casa del macello, la gabella della piazza, le peschiere di San Felice, Ponte della Trova, Fogliano (che è stata già affittata per 500 du­ cati) . Vi sono inclusi anche i proventi dei 'danni dati' , mentre ne restano fuo­ ri quelli derivanti alla curia dall'amministrazione della giustizia, cioè «civi­ li, malefitii et extraordinarii» o altri che pervenissero «per via de banco del suo capitaneo de Sermoneta o vero de Bassiano». Gli affittuari devono vigi­ lare affinché le tene e le vigne siano ben coltivate e in caso contrario darle ad altri, cosa che potrà fare anche il cardinale tutore o il suo luogotenente. Possono usare i mulini di Ninfa, la cui manutenzione non sarà a carico del signore, e gli immobili della curia, tra cui il castello, per le loro necessità, ed esportare 200 some di frumento l'anno, sempre con licenza del cardinale o luogotenente. Clausole specifiche regolano la gestione del bestiame, una delle maggiori fonti di reddito: agli affittuari è consentito condurre mandrie al di qua della selce (ossia della via Appia), pagando solo il risarcimento dei danni anecati, tranne che nelle zone dello Schido e della Cerquitella (quan­ do sarà dichiarata 'difesa'), riservate ai buoi domati; a tutti è vietato portare e dare in fida 'bestiame grosso' fuori del feudo senza l'autorizzazione degli

remia Contugi) e successivamente (21 febbraio 150 1 ) da Ferrandus de Castiglia (ibid. , prot. 1500 ott. 12-1501 mar. 18, cc. 3 1 v-33r); il medesimo atto menziona an­ che un Giovanni Carbone «tunc factor predicte domine (scil. Lucrezia Borgia) et sue curie Setmoneti», che collabora con il tesoriere Antonio Cifra nell' amministrazione dei beni signorili. 84 Le copie di queste ed altre convenzioni (12 relative al ducato di Nepi, 6 a quello di Sermoneta) sono raccolte nel Liber arrendamentorum dei due duchi, con­ servato presso l' ASMo, Archivio segreto estense, Cancelleria, Amministrazione dei principi, 1 140. L'importanza di questa fonte è stata messa in luce da VAQUERO P!NEI­ RO, Il Liber arrendamentorum cit., che ne fornisce anche una descrizione generale (pp. 174- 176). 85 La copia conservata nel Liber arrendamentorum reca la data 9 luglio 1502 P!NEIRO, Il Liber arrendamentorum cit., p. 176); un altro esemplare è VAQUERO (cfr. datato 14 luglio 1502 (Roma, Fond. C. Caetani, Archivio Caetani, Pergamene, 2302).


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affittuari. Il duca può far pascolare nelle tenute, gratis e a suo piacimento, le bufale 'lactare' già presenti nel 'precojo de Colle Camso' e quelle che vi na­ sceranno. L'importo annuo dell'affitto, da versare in due rate semestrali, consiste in 3.000 ducati di carlini - ivi comprese le somme conisposte ai ca­ stellani di Sermoneta, Acquapuzza e Ninfa - e in 1 . 000 salme di fmmento buono, oltre a un donativo di 25 salme di orzo. In caso di ' guerra universa­ le' con il re di Napoli, che rechi ostacolo alle attività economiche, si defal­ cherà dal canone la somma stabilita da due periti e lo stesso si farà in caso di peste «per la quale un terzo de Sermoneta scasasse». Oggetto di un'altra convenzione, stipulata il 26 agosto 1502 dal cm·dina­ le Francesco Borgia, è l'affitto triennale del macello di Sermoneta, concesso ugualmente ai due imprenditori locali Veronzus e Renzus per 40 ducati annui, da versare in due rate semestrali86; uno di loro, Veronzus, è con molta proba­ bilità Santo Ioannis Verrontii, attivo nella lavorazione dei pellami, poiché nel 1503 gestisce una conceria fuori pmta Sorda87• I capitoli dell'affitto proibi­ scono a tutti la macellazione senza petmesso dei due atTendatori, i quali s'im­ pegnano a «fare came a sufficientia [ ... ] secondo li tempi et secondo le con­ suetudine facte per lo passato in Sennoneta, et quelle darle per lo prezo soli­ to et consueto et secundo li statuti de Setmoneta»88. Si riservano, inoltre, la facoltà di «fare lo macello dove loro piacerà per la tena con consentimento de lo consilio de la terra de Sermoneta et del govematore de Sermoneta», as­ sumendosi l'onere di pagare le consuete gabelle. Alcune clausole prevedono eccezioni per gli indigenti, consentendo loro di macellare per le proprie ne­ cessità «a discretione de dicti arrendatori» , e per i sermonetani le cui bestie «si guastassero casualiter»; infine, chi cattura animali selvatici ha facoltà di macellarli, ma può venderli solo agli affittuari. La novità dell' affitto generale delle entrate signorili, rispetto ai meto­ di di gestione fino allora seguiti a Sermoneta, è stata già ampiamente mes­ sa in risalto e mi sembra superfluo insistervi89. Vorrei solo osservare che l 'amministrazione borgiana è orientata a tener conto delle richieste dei propri vassalli, privilegiando come affittuari le comunità o imprenditori lo86 ASMa, Archivio segreto estense cit., cc. 176r- 178r.

Cfr. VAQUERO P!NEIRO, 176-177 e 1 85 . 87 «ltem unum ortum extra Portam Surdam all(e) Turricell(e) [... ] iuxta domum ubi exercet artem conciarie Sanctus Ioannis Verrontii» (v. Appendice, doc. 6). 88 Come notato da Vaquero Piiieim (Il Liber arrendamentorum cit., p. 1 85), si fa qui riferimento allo Statuto di Lucrezia Borgia, in cui è regolamentata l 'attività dei macellai (l. IV, cap. 3 «De macellariis» e cap. 4 «De porcis non retinendis in tena Sennoneti» ); credo che questo possa essere un altro argomento a favore di una data­ zione del codice statutario entro i limiti cronologici della signoria di Lucrezia. 89 Cfr. VAQUERO PINEIRO, Il Liber anendamentorum cit., pp. 185-1 86; Io., La signoria di Sermoneta cit., pp. 129- 1 30.

Il Liber anendamentorum cit., pp.

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cali9°. Nel caso specifico del feudo sermonetano tale scelta, come si è già avuto modo di vedere, sembra inserirsi in quella strategia di alleanza con le varie componenti della società castrense, adottata già nel 1499 per com­ pensare il più possibile gli effetti non positivi degli eventi traumatici che avevano segnato il debutto della nuova signoria; coerentemente con que­ sta linea, gli appaltatori preferiti da Francesco Borgia sono tutti del luogo: Santo Ioannis Verrontii (Veronzus), Renzus, Antonio de Setia e Pietro no­ tarii Alexandri, dietro il quale s'intravede la figura del più volte ricordato cancelliere Piacentino de Santris di Amelia. Di alcuni si può affermare che rimangono i punti di riferimento, sia per i Borgia che per i Caetani91. La carriera di Piacentino de Santris è esemplare sotto questo aspetto. Venuto a Sermoneta verso la metà del secolo, Piacentino si dedica al com­ mercio di bestiame e derrate e per oltre un quarantennio presta servizio al­ la corte dei Caetani92. Dal 1455 al 1499, in qualità di cancellarius, secre­ tarius o locumtenens, è a fianco di Onorato IIIe dei suoi figli, occupando­ si della gestione del loro patrimonio; ma intrattiene rapporti di familiarità anche con i Caetani di Maenza93. Nel periodo in cui la situazione econo­ mica di Onorato diventa più pesante, al fidato cancelliere spettano incari9° Per un esame degli elementi comuni e delle peculiarità locali presenti in que­

ste convenzioni, v. ibid. , pp. 1 77-1 85 . Riguardo a Nepi si veda anche il contributo di Stefania Tarquini in questo stesso volume. 9I Un primo ragguaglio su questi personaggi in VAQUERO PINEIRO, La signoria di Sermoneta cit., pp. 129-1 30, 1 34-1 35. 92 Nel 1507 Piacentino dichiara di avere 77 anni e di abitare da circa 54 a Ser­ moneta, di essere «commmlÌs anlÌcus et servitar tam donlÌnorum Sermoneti et Bas­ siani quam dominorum Magentie», di aver servito i Caetani come cancellarius ed esercitato «diversas mercantias presertim animalium et ca(m)pu(m)», accumulando un patrimmlio di oltre 10.000 ducati (Roma, Fond. C. Caetani, Archivio Caetani, Miscellanea, 12/897, cc. 76v-80r). 93 Cfr. CAETANI, Varia cit., p. 1 8 1 , atto del l 5 marzo 1455, in cui è chiamato Pla­ centinus Iuliani de Amelia; vedi anche ibid., pp. 1 82- 1 83 ; Io., Regesta cit., VI, p. 3 ; V, pp. 143 e 1 82. Ancora nel 1496 Piacentino cura, sempre come cancelliere, gli in­ teressi econonlÌci di Giacomo e Guglielmo Caetani (ASL, Notarile di Sermoneta, b. 85, prot. 1496 mar. 20-ago. 12, cc. 12v-13r); e nel l499 risulta secretarius di Giaco­ mo Caetani (v. nota 24). Presenzia come testimone ad atti importanti per i signori di Sermoneta: il 17 novembre 1462, quando, per riscattare Nicola Caetani, il consiglio generale di Se1moneta e Caterina Orsini convengono di chiedere un prestito di 2.000 ducati (CAETANI, Epistularium cit., p. 1 95); nel 1467 all'atto con cui Pietro Margani ed Evangelista Capodiferro si impegnano a vendere Cisterna e Castelvecchio a Ono­ rato III (Io., Regesta cit., V, p. 289); nel 147 1 al contratto per l'impianto di una fer­ riera e di una gualchiera a Ninfa (Io., Varia cit., p. 219; v. anche Io., Regesta cit., V, p. 143, per un caso analogo) e il 26 dicembre 1477, con i notai Alessandro Americi e Antonio Quatrassi, al testamento di Onorato Ili (lo., Varia cit., p. 239).


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chi delicati, che coinvolgono gli interessi della famiglia nei confronti di personaggi come il conte di Fondi Onorato II Caetani d'Aragona e i mer­ canti romani94. Il rapporto fiduciario che lo lega ai Caetani gli fa svolgere un ruolo chiave in un momento cruciale per la famiglia: il 26 luglio 1494 è lui, cancelliere e segretario dei tre signori di Sermoneta, a dettare ai no­ tai le ultime volontà del morente Nicola Caetani, in presenza di Giovanni Cifra di Bassiano, tesoriere e cancelliere95. Sotto i Borgia 'misser Piacentino cancelleri' non sembra ricoprire ca94 Nel 1465, in veste di cancelliere e procuratore di Onorato III, Piacentino è presente alla restituzione dei 2.250 ducati avuti in prestito per riscattare Nicola Cae­ tarri (CAETANI, Regesta cit., V, p. 244), stipula l'atto di riacquisto della metà del ca­ strum di Tivera venduta a Giovanni B attista Leni (ibid., pp. 254-255) e, come testi­ mone, sottosclive la polizza rilasciata da Onorato IIIal conte Onorato II Caetarri d'A­ ragona per un prestito di 700 ducati (ID., Epistularium cit., p. 230); il 3 dicembre 1 47 1 Onorato IIIrilascia al notaio Antonio Quatrassi la procura a contrane con il pre­ detto Onorato II Caetani un mutuo di 1 .000 ducati veneti da versare al cancelliere Piacentino (ID., Regesta cit., VI, pp. 1 0- 1 1) ; nel 1475 questi 1iceve la somma di 1 . 100 ducati prestata dallo stesso Onorato II (ID., Varia cit., p. 230; vedi anche ID., Regesta cit., VI, pp. 39-40). Risulta, inoltre, che il cancelliere Piacentino, insieme ad altri ser­ monetani, diede fideiussione per un debito contratto da Onorato III e dai suoi figli con il romano Pietro Leni (ibid., p. 97). Nel 1467 svolse, insieme a Iacobellus Mac­ ti, l'incarico di trattare e stipulare un accordo con i Caetani di Maenza, avendo rice­ vuto una procura generale da Onorato III(ibid., V, pp. 284-287). Egli può, quindi, di­ chiarare a ragione, nel 1 507, di essere aurico dei Caetani di Sermoneta e di Maenza e di aver svolto opera di mediazione nelle controversie su Norma tra Onorato III e i suoi figli, da una parte, e Cristoforo di Maenza, dall'altra, giungendo sempre a una transazione (Roma, Fond. C. Caetani, Archivio Caetani, Miscellanea, 12/897, cc. 76v-80r). Sui disastrosi effetti finanziari del piano di espansione territoriale attuato da Onorato IIIa danno dei Caetani di Fondi, sostenendo il partito angioino contro gli Aragonesi di Napoli (1460-1464), cfr. PAVAN, Onorato III Caetani cit., pp. 654-667 (v. anche nota 95). 95 CAETANI, Regesta cit., VI, pp. 1 69-170; cfr. ID., Domus cit., pp. 217-21 8 . Sembra che altri personaggi della fanriglia de Santris abbiano servito i Caetani nel­ lo stesso periodo di Piacentino. Un Iacobus de Sanctris de Ameria (detto anche Ia­ cobus Amerinus) nel 1460 è a Teano e a Sessa Aurunca come cancelliere e procura­ tore di Onorato IIIper trattare la concessione di privilegi da parte di Giovanni d'An­ giò, duca di Calabria, in cambio dell'appoggio dei Caetani di Sermoneta alla guer­ ra contro gli Aragonesi (ID., Epistularium cit., pp. 69-72). Il 25 gennaio 1485 si tro­ va a Roma in veste di procuratore di Giacomo e Nicola Caetani, e con Guglielmo procede alla consegna del corredo di Giacobella Caetani, la sorella andata sposa a Paolo Margani (ID., Regesta cit., VI, p. 103). Un Iulianus de Santris di Amelia in­ terviene come testimone al contratto matrimoniale stipulato il 4 aprile 1499 da Ca­ terina Orsini per una sua famula (ASL, Notarile di Sermoneta, b. 65, prot. 1499 apr. 4-dic. 3 , cc. lr-v).

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riche pubbliche, ma è tra i rappresentanti di Sermoneta che sottoscrivono l'accordo con Sezze sui confini territoriali e partecipa alla compilazione dello statuto borgiano96. È ancora attivo negli affari, in società con Pietro notarii Alexandri: come si è visto, i due prestano garanzia per Iohannellus da Milano incaricato di ristrutturare la rocca; inoltre, vendono a un com­ merciante di Velletri 45 iuvencos bubalinos, si aggiudicano l'affitto della te­ nuta di Norma97 e nel 1503 concedono un mutuo di 100 ducati, insieme ad Antonio Setie98. Il 29 agosto 1 507, prima di ritirarsi ad Amelia, Piacentino liquida la società con Pietro notarii Alexandri «in mercimoniis, emptioni­ bus tenutarum et introituum Sermoneti, Bassiani et Norbarum» e «pro ven­ ditionibus damnorum datorum Sermoneti»99. 96 Nella sua lunga caniera al servizio dei Caetmri, Piacentino doveva aver ac­ quisito un'ottima conoscenza delle controversie tenitoriali che da secoli opponeva­ no Sezze a Se1moneta e Bassiano; tra l'altro, nel 1460 aveva fatto parte della dele­ gazione inviata a Roma da Catmina Orsini per ascoltare le decisioni di Antonio Pic­ colonrini, nipote e commissario di Pio II, in merito alla cessazione delle lotte con i setini e per stipulare una tregua (CAETANI, Epistularium cit., pp. 82-83). È, quindi, verosimile che per queste sue competenze abbia prestato consulenza al commissario pontificio Gerenria Contugi nella pacificazione tra i setini e sermonetarri. Da segna­ lare il fatto che Piacentino, come già visto, funge da testimone all' atto dell'8 aprile 1 500, rogato in presenza del predetto commissar-io pontificio, con cui Abramo di Mo­ sè vende i suoi beni. 97 L'atto relativo alla vendita dei bufali (25 dicembre 1 500) è in ASL, Notarile di Sermoneta, b. 65, prot. 1500 ott. 1 2- 1 50 1 mar. 1 8 , cc. 17v-18v. In me1ito all'affit­ to di Norma si veda il già citato verbale del 1 507: uno dei testimoni parla di questa tenuta «la quale havea comparata dicto Abatesse [de Montellanico] in desturzo da Petro de Alexandro e Piacentino cancelleri al tempo che se teneva Nmmo (sic) per papa Alixandro» (Roma, Fond. C. Caetani, Archivio Caetani, Miscellanea, 12/897, c. 22v). Piacentino dovrebbe essersi aggiudicato la tenuta tra il 1500 e il 1 502, cioè p1ima dell'affitto generale dei proventi del feudo a Pietro notarii Alexandri e Auto­ trio de Setia, oppure il testimone considera notmia la partecipazione del cancelliere al medesimo affitto generale, anche se non contemplata negli atti ufficiali. Forse a questo molo di affittuario si riferisce anche la deposizione del maestro falegname Salvatore Mattei de Menscalco, al quale il castellano impedisce di pmtare via la le­ gna tagliata nel bosco di Norma perché non è cittadino sermonetano: il caso viene ri­ solto da una «lettera de misser Piacentino cancelleri directa ad dicto castellano, nel­ la quale faceva fede che diete piancelle ipso testimonio (sci!. Salvatore) le havea fac­ te ad instantia e pro usu delli honritri de Sermoneta» (ibid., c. 17r). 98 ASL, Notarile di Sermoneta, b. 85, prot. 1502 dic. 17-1503 giu. 4, cc. 33v34v ( 1 2 aprile 1 503). 99 Ibid., b. 35, prot. 1 507- 1 530, cc. 22v-25v. Piacentino vanta un credito di 100 ducati di carlini, cui si aggiungono 400 ducati d'oro prestati a Pietro, tramite il can­ celliere di Guglielmo Caetarri, per procurar·e al fratello Vincenzo l'ufficio di abbre­ viatore de parco minori. A Pietro, che promette di pagare quanto dovuto «in civita-


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La documentazione reperita su Pietro notarii Alexandri, figlio del no­ taio Alessandro de Americis, lo mostra nel 1499 al servizio di Giacomo e Guglielmo Caetani100. Durante la signoria borgiana, lo si è visto operare in società con Piacentino de Santris e aggiudicarsi con Antonio de Setia l ' af­ fitto generale delle entrate del feudo; e pochi mesi prima della morte di Alessandro VI egli ottiene dal capitolo della collegiata di S. Maria il per­ messo di demolire e ingrandire la cappella di S . Antonio di Padova101. Al ritorno di Guglielmo Caetani ne diventa magister rationalis102 ed è mem­ bro della commissione incaricata di rivedere lo statuto borgiano; nel 1 509 cede a Guglielmo un credito di 130 ducati in cambio di denaro contante103. te Amerina hinc ad festa Nativitatis domini nostri Iesu Christi» , restano le somme non ancora riscosse. Il fatto che tra le operazioni della società rientri anche l 'acqui­ sto delle entrate di Sermoneta, Bassiano e Nmma, e dei danni dati di Sermoneta, rende credibile l 'ipotesi che Piacentino, pur non comparendo ufficialmente, sia sta­ to coinvolto nell' affitto generale concesso da Francesco B orgia a Pietro notarii A­ lexandri e ad Antonio de Setia. 100 Per la sua appartenenza alla famiglia Americi vedi nota 10 1 . Il 2 settembre 1499, insieme a Petri de notar Antonio, riceve da Giacomo Caetani 50 ducati per il pagamento dei balestrieri a cavallo assoldati nella guerra contro Sezze (CAETANI, Varia cit, p. 305). 101 ASL, Notarile di Sermoneta, b. 85, prot. 1 502 dic. 17-1503 gin. 4, 3 lr-32v. È l'unico atto notarile, tra quelli esaminati, in cui egli viene chiamato Petrus nota­ rii Alexandri de Americis insieme al fratello Vincenzo; l 'identificazione di questo personaggio con Petrus notarii Alexandri o Petrus Alexandri è confermata proprio dalla presenza del fratello, detto altrove Vzncentius Alexandri, che nel 1 507 riceve da lui un consistente aiuto per l 'acquisto dell'ufficio di abbreviatore de parco mi­ nori (v. nota 99). Sembra che la famiglia abbia acquisito il giuspatronato della cap­ pella di S. Antonio solo più tardi, con atto del 14 febbraio 1 576 (ibid., b. 106, fase. 2, citato da E. BoRSELLINO, Sermoneta 1603. Gli affreschi del coro di Santa Maria Assunta, in Sermoneta e i Caetani cit., p. 357, nota 14). 102 Il 20 febbraio 1 505 come magister rationalis di Guglielmo Caetani, stipu­ la una soccida triennale di 1 50 scrofe pregne e di 1 6 verri (ASL, Notarile di Ser­ moneta, b . 85, prot. 1 504 dic. 20-1 505 apr. 14, cc. 36v-37v); il 26 settembre 1 507 è detto magister rationalis, exactor introituum et thesaurarius e vende per un anno il diritto di raccolta del mirto sui monti di Sermoneta, tranne che ad Acquapuzza, per 1 8 ducati (ibid. , b. 35, prot. 1 507- 1530, cc. 20v-2lv). La familiarità di Pietro nota­ rii Alexandri de Americis con la famiglia Caetani è confe1mata dalla sua presenza al testamento di Caterina Orsini, vedova di Onorato III, rogato il 9 gennaio 1504 (CAETANI, Varia cit., p. 324). 103 ASL, Notarile di Sermoneta, b. 35, prot. 1 507 - 1 530, cc. 24v-26v (atto del 7 agosto 1509). Il padre di Pietro Alexandri è il notaio Alessandro magistri Petri Ameri­ ci, la cui figlia Clarice ha sposato Ascanio, figlio del notaio Antonio Quatrassi (ibid., prot. 1496 mar. 20-ago. 12, cc. 3 8r-39r). Per sintetiche notizie su questa famiglia, che acquisì la cittadinanza romana, cfr. BORSELLINO, Sermoneta 1603 cit., pp. 350-35 1 .

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Nel frattempo non trascura nemmeno l' attività di mercante di bestiame104. Evidentemente a Sermoneta in questa congiuntura sia i nuovi che i vecchi domini con grande pragmatismo fanno ricorso alle competenze e al­ le risorse finanziarie di questi affittuari e commercianti, che sono anche membri autorevoli della comunità locale. Verso di loro le due famiglie mo­ strano grande condiscendenza, pur di assicurarsene gli utili servigi, funzio­ nali, per i Borgia, al consolidamento della nascente signoria, per i Caetani al risanam�nto della critica situazione economica provocata dalla parentesi borgiana. E sufficiente ricordare che Pietro notarii Alexandri aveva com­ prato in blocco i beni di Abramo di Mosè, ben sapendo che di essi faceva parte il casale confiscato da Nicola Caetani e restituito ad Abramo da Lu­ crezia Borgia; il fatto non gli aliena il favore di Guglielmo Caetani, che gli toglie il casale solo 15 anni dopo l'acquisto. Come è noto, la morte di Alessandro VI produce anche a Se1moneta un rapido ribaltamento della situazione: a distanza di pochi giorni fa ritorno Francesca Conti e a nulla valgono le minacce del cardinale tutore France­ sco Borgia, né la tardiva promessa di consegnare ai sermonetani la Torre Petrata e di garantire l' ape1tura della bocca del fiume conteso con Sezze1os. Il 6 settembre 1503 Guglielmo Caetani riceve buona accoglienza dai suoi vassalli e due giorni dopo ottiene, con l'esborso di 1 .000 ducati d'oro, il ri­ tiro della guarnigione spagnola rimasta nella rocca106. La sua clemenza ver­ so i maggiorenti che avevano collaborato con i Borgia conosce una sola ec­ cezione, il notaio Giovanni Cifra, processato dal tribunale signorile per tra-

104 L'8 marzo 1504 vende 105 maiali a Andrea Frasche di Palestrina per 210 ducati di carlini (ASL, Notarile di Sermoneta, b. 81, prot. 1 503 giu. 15-1 504 mar. 3 1 , cc. 53v-54v) ; il 7 agosto 1 5 14 vende a Giacomo Stephani de Civita e a Deo­ guardus Salvatoris Averse, cittadini di Velletri, 1 10 bestie bufaline per 660 ducati di carlini (ibid. , b. 85, prot. 1 5 1 4 ago. 1 - 1 5 1 6 apr. 8, cc. 5v-8v). 105 Cfr. CAETANI, Domus cit., I, pp. 244-245. La politica borgiana di equidi­ stanza in materia di confini territoriali con Sezze sembra non aver sopito il malcon­ tento dei se1monetani, abituati ad avere il pieno sostegno dei Caetani in tali contro­ versie; alla questione fa esplicito cenno la lettera inviata il 25 agosto 1 503 dal car­ dinale Francesco Borgia alla comunità di Smmoneta:«Et non vi generi disdegno del­ Ia Torre della Pretata che ex nunc vi promettemo darvela in mano et aperire quella contemptiosa bocca» (In. , Varia cit., pp. 320-322). 1 06 Cfr. CAETANI, Domus cit., p. 245. Vi furono momenti di fmte tensione tra i sermonetani e la guarnigione spagnola. Nel 1 5 1 1 Guglielmo Caetani acquista, con tre atti successivi, i ruderi di una casa situata sotto la rocca, «que domus fuit com­ busta ab hispanis custodibus arcis tempore martis felicis recordationis Alexandri pa­ pe VI et modo est casalenum detectum et omnia lignamina sunt combusta» (ASL, Notarile di Sermoneta, b. 85, prot. 1 5 1 1 apr. 1 6-dic. 12, cc. 3 1 r-33r; v. anche cc. 54v-57r e 67r-69r).


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dimento e lesa maestà in nome delle prerogative di quasi sovranità del do­ minus, che lo statuto borgiano aveva reso esplicite e che la famiglia Caeta­ ni continuerà a rivendicare, insieme al titolo ducale107•

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APPENDICE

l . ASL, Archivio comunale di Sezze, Pergamene, 172 1499 novembre 2 1 , Velletri

Ad istanza di Antonio Pagano, rappresentante della comunità e del popolo di S ezze, viene rilasciata copia autentica di quattro brevi di Alessandro VI (22, 23 e 28 sett., 2 nov. 1499) diretti alle comunità di Velletri e Cori, conservati nell' archivio veliter­ no e relativi alla confisca di S ermoneta e B assiano.

107 Su questo tema rinvio all' analisi di MoMBELLI CASTRACANE, L'organizza­ zione del potere cit., pp. 1 85-1 92. Per quanto riguarda il notaio Giovmmi Cifra, sap­ piamo che il 25 gennaio 1 505 stipula, tramite un procuratore, il contratto matrimo­ niale del nipote Francesco Iacobi Cifre con Francesca del fu ser Ascanio Quatrassi, per la quale interviene il nonno, notaio Antonio Quatrassi (ASL, Notarile di Sermo­ neta, b. 65, prot. 1 504 dic. 20-1505 apr. 14, cc. 17v-19v). La pena capitale inflittagli fu eseguita, dunque, tra il 25 gennaio e l' 1 1 marzo 1 505, data di un atto che menzio­ na una tena «quondam notarii Ioannis Cifre de B assiano» (ibid., cc. 41r-42v).

In nomine Domini amen. Hec est copia sumptum sive transu<m> ptum quarundam l(itte)rarum apostolicarum in forma brevium emanatarum a sanctissimo domino nostro domino Alexan/dro divina providentia pape) sexto, videlicet civitati et communi tene Velitrarum nec non communitati tene Core diocesis ostiensis, per quas l(itte)ras panduntur l manifestantur et declarantur rebelliones et sceleramenta homminuma) terre Sermineti dioce­ sis Terrecene) ac confiscationes bonorum eorundem de Sermineto sancte romane l ecclesie confiscatorum propter eorum demerita et facinora com­ missa contra dilectos et fideles homminesa) terre Setie, scripta facta exem­ plata et copiata ex ipsis propriis l l(itte )ris sive brevibus miginalibus scrip­ tis et sigillatis sigillo consueto et solito, quo similia et alia brevia prefati sanctissimi domini nostli et sedis apostolice sigillantur, l compettis in ar­ chivio et ubi res publice et scripture Vell(itr)i sunt per me Nicolaum Ioan­ nem de Benevenutis de Anagnia publicum imperiali auctoritate notarium habentem l auctmitatem infrascripta et supersctipta exemplandi transuntan­ dia) et publicandi pro fide facienda de contentis in ipsis l(itte)ris et brevibus, et hoc ad instantiam domini l Antonii de Paganis de Setia ut unius de po­ pulo terre Setie et pro ipsius nomine et totius universitatis diete tene Setie petentis pro futura et perpetua l memmia ac fide contentorum in ipsis l(it­ te)tis sive brevibus. Quorum de verbo ad verbum tenor ut sequitur talis est, videlicet extra l Dilectis filiis communitati et hominibus civitatis nostre Vellitrarum. In­ tus vero Alexander papa sextus. Dilectifilii, salutem et apostolicam l bene­ dictionem. Non sine maxima molestia ac displicentia intelleximus cedem et crudelitatem qua proxime usi sunt temerarii ac scelerati illi de Serminataa) contra subdiltos nostros setinos. Quare scripsimus statim ad dilectum fi­ lium Ioannem Baptistaa) de Comitibus armorum ductorem nostrum, ut ad ipsos setinos illico cum suis gentibus accedat eosque l quibus potuerit modis tueatur ac ipsorum de Serminetaa) temeritatem compescat. Volumus etiam, et ita vobis tenore presentium mandamus, ut vos quoque ipsis setinis,


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non l aliter quam si de vabis rebusque n(ost)ris"l propriis ageretw; omnibus auxiliis et presidiis assistatis et dictis de Sermoneta quecumque potestis damna iniferatis"l, ifa ut eos tantibl scele/ris sevitieque peniteat et aliis, ne talia audeant, sint exemplo. Datum Rome apud Sanctum Petrum sub anulo piscatoris die XXIla septe(m)bris MQ CCCCQ l LXXXXVIIII, pontificatus nostri anno octavo. Deinde in pede dicti brevis scriptum erat Hadrianus.

Tenor alterius brevis talis est. Extra l

Dilectis jiliis comunitatibus a) et homminibus a) civitatis nostre Velli­ trarum et terre nostre Core . Intus vero Alexa(n)der p(a)pa VI. Dilecti jilii, salutem l et apostolicam benedictionem . Volentes temeritatem et furorem facinorosorum illorum de Sermoneta, qua proxime usi sunt contra dilectos jilios subditos nostros setinos, compescere l deputavimus commissarium nostrum dilectum jilium Ludovicum de Procida scutiferum et familiarem nostrum contra dictos de Sermoneta. Cui cmnissario"l volumus l ac vobis ita tenore presentium comictimus"l et mandamus, <ut> in omnibus que quocl vobis contra dictos de Sermineta"l et in tutelam ipsorum setinorum ingiu(n)xerinfll diligenter l et amni vestro studio ac prontitudine exe­ quammini"l eidemque commissario assistatis et omnibus vestris presidiis faveatis, contrariis non obstantibus quibuscumque. Datum Nepe sub l a­ nulo piscatoris die XX!Ila septe(m)bris MQ CCCCQ l LXXXXVIIII, pontifi­ catus nostri anno octavo. Deinde in fine dicti brevis scriptum erat Ha­ drianus. l Tenor cuiusdam alterius brevis talis est, videlicet extra Dilectis jiliis communitati"l et homminibusal civitatis nostre Velitrarum"l . Intus vero A­ lexa(n)der p(a)pa sextus. l Dilecti jilii, salutem et apostolicam benedictio­ nem. Superioribus diebus, exigentibus demeritis sceleratorum homminum"l de Sermoneta, qui maxima crudelitate in dilectos jilios setinos l subditos no­ stros usi ftterant, mandavimus certis armigeris nostris ac vobis, ut quibuscum­ que possitis offentionibus"l tam personalibus quam realibus contra ipsos de Serminetaal, prout in l aliis nostris in forma brevis l(itte)ris latius co[n]tine­ tur. Cum autem intellexissemus vas mandatis nostris obtemperantes una cum ipsis annigeris nostris viriliter contra l ipsos de Sermoneta processisse, prontitudinem vestram ac obedientiam plurimum in Domino commendamus. Verum non parwn mirati sumus quod, cum multorwn diversi generis l ani­ malium preda a dictis de Sermoneta abacta eaque in istam civitatem pro maiori securitate aductaalfttisset, vas ipsa animalia retinuistis et, prout l vi­ sum vabisfttit, inter vas divisistis. Quare constituimus comissarium"l nostrum dilectum jilium Ludovicwn de Procida eumque istuc propterea remisimus, mandantes l vobis, sub excommunicationis et quinque milium ducatorum pe­ nis ipso facto si contra feceritis incurrendis, ut dieta animalia, que sic ad vas deducta penes vas remanserunt, e idem comissario"l notificare ac custodire et conservare curetis nec de eis aliter disponatis donec aliud a nobis habueritis in mandatis, contra<r>iis l non obstantibus quibuscumque. Datum Nepe sub

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anulo piscatoris die XXVIIIIQ septe(m)bris M CCCC LXXXXVIIII, pontifi­ catus nostri anno octavo. Hadrianus. l Tenor cuiusdam alterius brevis talis est, videlicet extra Dilectis jiliis conununitati et homminibus"l civitatis nostre Vellitrarum. Intus vero A­ lexa(n)der p(a)pa sextus. l Dilecti jilii, salutem et apostolicam benedictio­ nem. Assiduis et multiplicibus querelis aures nostre pulsantur quod vas ani­ malia quondam dominorum et hominum nostre terre Sermonete per homines l vestros tempore ipsorum dominorum privationis abducta commissariis no­ stris et illorum dominis non solum restituere contumaciter neglexistis, sed il­ lis verba dare et delusiones impignereflJ nitimini, nulla habita ratione moni­ tionum et -mandatorum nostrorum ac quantum et sedis apostolice et vestra intersit illum populum sermonetanum se nobis et sancte romane ecclesie su­ biecisse l et propterea in obedientia retinere, in qua non possumus retinen­ tiamgl vestram non improbare. Quare volumus ac vobis sub indignationis no­ stre et trium milium ducatorum camere apostolice l applicandorum penis ex­ presse mandamus, ut receptis his amni tergiversatione postposita ita inve­ stigare et curare omnino debeatis quod dieta animalia tam commissariis no­ stris quam illorum l particularibus dominis integre restituantw; alioquin quod cum gratia nostra facere recusaveritis, cum indignatione et da(m)no vestro adimplere cogemmini"l, contrariis non obstantibus quibuscumque. l Datum Rome apud Sanctum Petrum sub anulo piscatoris die Ila nove(m)bris M CCCC IXXXXVIIII, pontijicatus nostri anno octavo. Hadryanus•l. Que

omnia quidem l brevia signata erant sub solito anulo piscatoris et quo certa alia brevia apostolica signantur et sigillantur. l Et ego Nicolaus Ioannes de B (e)n(e)venutis de Anagnia publicus impe­ riali auctoritate notarius habens auctoritatem et pot(est)a(te)m conficiendi in­ strumenta et scripturas publicas ac ea et eas pu(blican)di l transuntandi exem­ plandi registrandi et copiandi ac alia faciendi, qua(( quilibet verus et fide di­ gnus notarius facere potest et debet, predicta ornnia et singula brevia sive lit­ teras apostolicas ut supra compertas et l repe1tas ex propriis originalibus sumsi"l transuntavi copiavi et exemplavi de verbo ad verbum, non addendo partem sy(lla)bam ve1 versum nec substantiam et veritatem mutando, eaque cum ipsis l originalibus coram eximio legum doctore domino Iacobo Anto­ nio de Rogeriis de Sutrio hon(orando) indice civitatis Vell(itr)i sedent(e) ad hune actum pro tribunali ad banchum iuris palatii civitatis predicte l una cum introscriptis egregiis et litteratis viris civibus velitenùs concordavi et ascul­ tavi"l ad instantiam et petitionem nobilis viri domini Antonii Pagani de Setia civis terraySetia(( l tanquam mùus de populo setino et pro ipso populo ac com­ mmùtate homminum•l et personarum generaliter et specialiter diete tena(( Se­ tia(( pro fide et futura memoria instantis et petentis in publicum reduci l et confici instrumentum sive instrumenta eidemque indubitatam fidem adhibe­ ri tanquam ipsis propriis originalibus ac ea omnia et singula comperta fue­ runt in omnibus et per omnia cum ipsis originalibus concorldari"l de verbo ad


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verbum. Qui dominus iudex ut supra sedens, visa comparitionehl dictorum brevium sive l(itte)rarum apostolicarum cum supradictis exemplis ac eorum ascultationeal recongnitionel et concordia, ita quod in l ipsis originalibus est sine diminutione seu adiuntioneal in supradictis exemplis et transumptis com­ pertum est, pronunciavit declaravit et mandavit supradictis exemplis et pre­ senti publico instrumento fidem l credulitatemque dari tanquam ipsis brevi­ bus et litteris apostolicis propriis originalibus et de bis publicum sive publi­ ca confici instrumentum sive instmmenta et propterea suam et communis ci­ vitatis Velitramm interposuit l auctoritatem pariter et decretum in absen­ tia(m)al dominorum Iacobi Guglielmi et Berardini de Gaietanis olim domi­ nomm de Sermoneta ac hominum et personamm de Sermoneta citatomm he­ ri pro hodie l ad hune actum per Thomassinum publicum mandatarium com­ munis Vell(itri), videlicet ad cathenam affixam in colu(m)na marmorea sita in platea Sancti Angeli de Vell(itr)o, loco publico et consueto ubi forenses et l similes persone in ipsa civitate citantur, ad instantiam supradicti domini An­ tonii de Paganis nominibus quibus supra, prout idem Thomasal mandatarius supradicto domino indici et mihi notario suprascripto et imfrasc<r>ilptisal notariis rectuliel, hodie die XXIa novembris anni Domini Ma CCCC LXXXXVIIII, pontificatus sanctissimi domini nostri domini Alexandri divi­ na providentia papaal sexti anno eius l octavo, ind(ictione) secunda, et prop­ terea ea omnia in hanc publicam formam ut supra requisitus rogatus redegi et presens hoc publicum confeci instmmentum, anno die mense inditionel loco et forma predictis, et l ad fidem et testimonium me hic subscripsi manu propria et signum quo utor meum apposui consuetum. l (ST) l Et ego Peregrinus Pauli Laur(ent)i de Vell(itr)o publicus imperiali aucto­ ritate notarius prredictis, comparitioni i) abscultationi1l recognitioni concordan­ tie et l decreti interpositioni ac aliis omnibus et singulis coram supradicto do­ mino indice ut supra sedente gestis et factis una cum sulpradicto et infrascrip­ tis notariis viris egregiis et licteratis personis fidedignis modo et forma loco et tempore ut supra rogatus l interfui in testem. Ideo me hic propria manu sub­ scripsi et ad fidem et testimonium signum meum posui consuetum. l (ST) l Et ego Io(annes) Franciscus Pizellus de Vell(itr)o publicus inperialial auctoritate notarius pr�dictis comparitionial abscultationial l recognutiionial et concordantie licterarum decreti interpositioni ac aliis omnibus et singulis coram supradicto domino l indice ut supra sedente gestis et factis una cum supradictis et infrascriptis notariis viris egregiis et personis licteratis l ac fi­ de dignis modo et forma loco et tempore ut supra in testem rogatus interfui. Ideo me hic propria manu l subscripsi et signum meum ad fidem et testi­ monium quo utor posui consuetum. l (ST) l Et ego Iohannes Eva(n)glistaal Baptista Cole Antonelli veliternus pu­ blicus imperiali auctoritate notarius predictis comparitlioniil abscultationial recognitioni et concordantie decretique int(er)po(s)it(ion)i ac aliis omnibus et singulis ut supra l coram supradicto domino indice ut supra sedente ge-

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stis et factis una cum supradictis et infrascripto l not(ariis) viris egregiis et personis l(itte)ratis ac fidedignis modo et forma loco et tempore ut supra ro­ gatus l et requisitus inte1fui ut testis. Ideo hic me propria manu subscripsi et ad fidem et testimonium signum meum apposui consuetum. l (ST) l Et ego Iulius Salvat(us) de Vell(itr)o publicus imperiali auctoritate no­ tarius l predictis comparitioniil auscultationi recognitioni et concordantie decretique interpositioni l ac aliis omnibus et singulis predictis coram su­ pradicto domino iudicial ut supra sedente gestis et l factis una cum supra­ dictis notariis viris egregiis et personis l(itte)ratis ac fide l dignis modo et forma loco et tempore ut supra rogatus et requisitus interfui. l Ideo me hic in testem manu propria subscripsi et ad fidem signum meum quo l utor po­ sui consuetum. l (ST) a) così nel testo b) lettera finale erasa, forse s c) cos1' nel testo, forse per que­ que d) corretto su parola illeggibile e) s finale espunta f) così nel testo, per impingere g) così nel testo, per renitentiam h) così nel testo, per comparatione i) così nel testo, per comparationi l) corretto su auscultationi

2. ASL, Archivio comunale di Sezze, Brevi, 38 1499 novembre 2, Roma Alessandro VI ordina ai setini di inviare a Roma i propri rappresentanti, insieme al colllnissario pontificio Gerelnia Contugi, per risolvere la controversia territoriale con i se1monetani. Ordina, inoltre, di riparare i guasti agli argini del Fiume nuovo o di fornire almeno il legname necessario.

Alexander papa VI' Dilecti filii, salutem et apostolicam benedictionem. Quoniam intendimus litibus et controversiis inter vos et se1monetanos hactenus exortis et adhuc pendentibus finem imponere, volumus ac vobis mandamus, ut dum venera­ bilis frater Hieremias episcopusal assisinatensis com/missarius noster istinc ad nos venerit oratores v[estr]os sufficienter super illis instructos cum pleno mandato una cum eodem episcopo ad nos destinare curetis, quoniam nostre intentionis est pro nostra in vosbl et istam communitatem singulari ac paterna dilectione liti l isti finem imponere et causas discordiarum istamm penih1s amputare. Preterea, ne interim ille nostre tenute ex aquamm inundationibus penitus dissipentur, iniungimus ac precipimus vobis sub mille ducatomm ca­ mere apostolice applicandorum l pena, quatenus statim bis acceptis rupturas novi fluminis per vos vigente bello cum se1monetanis factas omnino dande­ re aut saltem illuc lignamina ad dictam clausuram necessaria conducere et


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conduci facere debeatis, ut dictus l episcopus comrnissarius noster illas clan­ di et obstmi facere possit, alioquin pro certo habeatis nos talia conniventibus oculis et sine predicte pene exatione non transituros, contrariis non obstanti­ bus quibuscumque. Et niliilominus precipimus vobis l sub gravissimis penis nostro arbitrio imponendis, ut niliil super hoc interea via facti innovare de­ beatis. Datum Rome apud Sanctum Petmm sub annulocl piscatoris die rra no­ venbriscl MCCCCLXXXXVIIII, pontificatus nostri anno octavo. Hadrianus a) e corretto su altra lettera

b) vos corretto su nos

c) così nel testo

3 . ASL, Archivio comunale di Sezze, Brevi, 39 1499 novembre 2, Roma Alessandro VI ordina ai setini di non rinviare ulterimmente la restituzione, ai ser­ monetani e ai commissari pontifici, del bestiame catturato nel periodo in cui i si­ gnori di Se1moneta furono privati dei loro be1lÌ.

Alexander papa VP Dilecti filii, salutem et apostolicam benedictionern. Assiduis et multi­ plicibus querelis aures nostre pulsantur, quod vos animalia quondarn dorni­ nomrn et hominurn nostre terre Sermonete per homines vestros tempore ipsomm dominomrn privationis abducta comrnissariis nostris l et illorurn dominis non salurn restituere conturnaciter negligitis, sed illis verba dare et delusiones impingere nitimini, nulla habita ratione rnonitionurn et rnanda­ tomrn nostromm ac quantum et sedis apostolice et vestra intersit illum polpulum sermonetanum se nobis et romane ecclesie subiecisse et propte­ rea in benivolentia retinere, in quo non possurnus renitentiarn vestrarn non improbare. Quare volumus et vobis sub indignationis nostre et trium mi­ liurn ducatomrn l carnereal applicandomm penis expresse rnandarnus, ut re­ ceptis his amni tergiversatione postposita ita investigare et curare omnino debeatis quod dieta anirnalia tam cornmissariis nostris quam illorurn parti­ cularibus dominis integre restitulantur, alioquin quod curn gratia nostra fa­ cere recusaveritis, curn indignatione et damno vestro adimplere cogemini, contrariis non obstantibus quibuscumque. Datum Rome apud Sanctum Pe­ trurn sub annulobl piscatoris die rra novenbrisbl M CCCC LXXXXVIIII, pontificatus nostri anno octavo. Hadrianus a) omesso apostolice

b) così nel testo

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4 . ASL, Archivio comunale di Sezze, Brevi, 40 1499 novembre 7, Roma Alessandro VI vieta ai setini di seminare o di far pascolare bestiame nei luoghi og­ getto di controversia con Sermoneta e, in particolare, nel tenitorio di Bassiano e nel­ la tenuta di Acquapuzza.

Alexander papa VI" Dilecti filii, salutern et apostolicarn benedictionem. Scripsirnus vobis his diebus nos pro pace et quiete vestra et dilectorum filiomm cornrnuni­ tatis et hominurn terre nostre Sermonete intendere, discordias, controver­ sias ac lites inter vos et ipsam cornrnunitatern vertentes omnino, dante Domino, cornponere ac terlrninare rnandavimusque tarn vobis guam ipsis de Sermoneta, ut in reditu venerabilis fratris Hieremie episcopi asisina­ tensisal comrnissarii nostri aliquos bene instmctos cum pieno mandato ad nos rnittere curaretis atque interirn nihil innovaretis, sed ab ornni via fac­ ti ablstinere deberetis. Curn autem intelligamus vos, non obstante manda­ to nostro predicto ac etiarn rnonitionibus sub gravissirn[i]s penis vobis per ipsurn cornmissarium etiam personaliter factis, diversa anirnalia in confi­ nibus ac locis differentie irnmisissehl ac in illis seminare l et illa colerecl non formidassedl, nos, etsi ad executionem dictamrn penarurn quas ita in­ curristis, ut par est, procedere possernus, volentes tarnen rnitius vobiscum agere iterato vobis scribendurn duximus, ut omnino versari in locis diete differentie et l presertirn in tenirnento B asianial et in tenuta Aque Putie in illisque seminare aut pascere abstineatis nihil[q]ue innovetis, alioquin ad exactionem dictamm penarum et alia acriora rernedia contra vos irrernis­ sibiliter procedi faciemus. Daturn Rome l apud S ancturn Petrurn sub an­ nuloal piscatoris die VIP novenbrisal MCCCCLXXXXVIIII, pontificatus nostri anno octavo. Hadrianus a) così nel testo fmmidastis

b) corretto su immisistis

c) corretto su colore

d) corretto su

5 . ASL, Archivio comunale di Sezze, Brevi, 41 1 503 marzo 2, Roma Alessandro VI ordina ai setini di consegnare al loro attuale governatore, Malatesta Gabuzzi, la Turris Petrate sita in territorio di Sezze, per evitare il riaccendersi di lot­ te con le comunità confinanti.


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Alexander papa VP Dilecti filii, salutem et apostolicam benedictionem. Cum, sicut piene informati sumus, Turris Petrate in agro vestro sita magni momenti et im­ portantie sit ex eaque sepius scandala exorta fuerint formideturque, l ne am­ pliora in posterum oriantur, nos cupientes his occurrere pariterque provide­ re, ut vos vestrique finitimi in pace et tranquillitate vivatis, volumus ac va­ bis sub indigna/tionis nostre ac duorum millium ducatorum camere aposto­ lice applicandorum pt(nis precipimus et mandamus, quatenus visis presen­ tibus turrim ipsam dilecto filio Malateste l Gabutio v(est)roal moderno gu­ bernatori nostro et apostolice sedis nomine recipienti tradere et assignare debeatis per ipsum retinendam et custodiendam nostro et apostolice sedis nomine ad benelplacitum nostrum, alioquin ad executionem penarum pre­ dictarum contra vos irremissibiliter procedetur, contrariis non obstantibus quibuscumque. Datum Rome apud Sanctum l Petrum sub annulohl piscato­ ris die II martii M CCCCC m, pontificatus nostri anno undecimo. Hadrianus a) v corretta su n

b) così nel testo

6. ASL, Notarile di Sermoneta, b. 85, prot. 1502 dic. 17-1503 gin. 4, 1503 maggio 22, Sermoneta cc. 46v-50v Ioannellus Tabioli de Travaglino redige l 'inventario dei beni del defunto maestro muratore Gabriele Varese, in qualità di tutore del figlio Francesco.

In nomine Domini, amen. Anno Mo CCCCCIIP, pontificatus domini nostri Alexandri divina providentia pape sexti anno xro' indictione VIa die ' xxuo maii. In presentia mei notarii et testium infrascriptorum etc. consti­ tutus personaliter discretus vir Ioannellus Tabioli de Travaglino lombardus sanctulus ac tutor datus per curiam Francisci filii et heredis quondam ma­ gistri Gabrielis Varese lombardi ex Nanna Christofari Teserone de Sermo­ neta sua uxore, exponens eundem magistrum Gabrielem mensibus re­ trohactis, nondum elapso anno, suum diem clausisse extremum, relicto pre­ dicto Francisco eius unico filio legitimo et naturali ex predicta Nanna pu­ pillo et infante, et sciens se teneri infra annum post mortem predicti magi­ stri Gabrielis inventar:ium conficere de omnibus rebus et bonis hereditatis predicti magistri Gabrielis pro dieta Francisco, prout tenetur quilibet bonus et diligens tutor facere, illud idem inventarium in Dei nomine, premisso ve-

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nerabilis sancte + signaculo, in modum infrascriptum per manus mei nota­ rii confecit inceptum sub anno indictione et die predictisa>, ponendo et a­ scribendo prius in eo stabilia, secundo mobilia, 3° sese moventia, 4° et ul­ timo debita et eredita infrascripta, delato sibi iuramento per me notarium de dieta inventario bene diligenter fideliterbl et sine fraude conficiendo pro u­ tilitate et commodo dicti Francisci pupilli et in eo nulla utendo negligentia dolo et malitia ac etiam delato iuramento predicte Nanne hactenus diete he­ reditatis depositarie et conservatrici pro veritate dicenda de rebus et bonis diete hereditatis, 147r que remanserunt in eius custodia et manibus a die martis predicti magistri Gabrielis hucusque. Et primo prefatus magister Ioannellus, tutorio nomine quo supra, asseruit in ipsa hereditate invenisse infrascripta bona stabilia, videlicet solarium ultimum huius domus prefate Nanne confectum per prefatum quondam magistrum Gabrielem, hoc est suppremumc>, iuxta partem inferiorem predicte Nanne situm in decarcia Porte Surde iuxta rem Nardi Cole Mareni et alias fines etc. Item unam vi­ neam cum solo in tenimento Sermoneti in contrata que dicitur Sancto Be­ nedicto liberam mensure quinquedl petiarum vel circa emptam a quondam Nicolao Cont(e) iuxta rem Petri Alexandri, viam vicinalem et alias fines etc. Item unam aliam vineam in Casali Abbatie reddentem quartam partem fructuum ipsi abbatie ratione soli iuxta aliam rem ipsius abbatie, quam co­ lunt heredes Diociaiut( e) iudei, iuxta aliam rem diete abbatie, quam colit Ia­ cobus della Bella, viam publicam et alias fines etc. Item duos tinellos ter­ rarum allo Ponte della Carrara per ipsum quondam magistrum Gabrielem emptos a Nardo Andree iuxta rem Rose Macchiuti matris predicte Nanne, rem Iulii Nicolai Ioannis Colelli de Mesa, iuxta Fossellam Frigidam et alias fines. Item duos tinellos terrarum allo Puzo della Via dell'Urso emptos per ipsum magistrum Gabrielem a Berardino Pinti, iuxta suos fines. Item unam possessionem ad Fossa de Ciano eidem magistro Gabrieli locatam a cano­ nicis Sancte Marie de Sermoneta 147v usque ad tertium genus, reddentem annuatim eidem ecclesie carlenum unum. Item undecim pedes olivarum cum solo in Canara Cupa emptos a quondam Aglant(e) Capocciuti iuxta rem ipsius Nanne matris predicti Francisci, rem heredum Zazari et alias fi­ nes. Item septem pedes olivarum cum solo alli Colli emptos ab Antolino Cappell( e), iuxta rem Placentini Cappell( e), rem Ioannis Bianchi et alias fi­ nes. Item unum ortum extra Portam Surdam all(e) Turricell(e) iuxta rem Ioannis Francisci, iuxta montem, iuxta domum ubi exercet artem conciarie Sanctus Ioannis Venontii et alias fines etc. Et hec de stabilibus. De mobili­ bus vero unam testam capacitatis duodecim salmarum vel circa plenam vi­ no, unam aliam testam mensure septem salmarum vacuam. Item vinum exi­ stens in una testa Rose Macchiuti, avie materne eiusdem Francisci, piena capacitatis salmarum septem. Item unam aliam testam mensure duarum sal­ marum vacuam, unam tinam et unum tinotium pro vindemiando. Unum saccum usitatum. Unum armarium. Unam lecteram. Unam callariam ma-


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gnam unius salme de ere. Unam sartaginem novam. Unam concam de ere magnam novam, guam habuit idem magister Gabriel ab Alexandro Butii in pignore pro carlenis triginta tribus vel circa. Unum callarotium parvum de ere usitatum. Unam arcam parvam carpenetanam. Unum lectum endimecl veteris plenum panocchia cum uno /48r capitali pleno panocchia cum uno celane albo et una coperta alba ac uno pari linteaminum usitatorum duarum telarum cum dimidia. Item unum aliud linteum trium telarum usitatum. Unum mantile pro manibus. Duos pannicellos latos pro mensa. Certum fi­ latum, de quo potest extrahi una pezella cum dimidia panni lini. Unam ve­ stem virilem coloris celestis ipsius magistri Gabrielis. Quatuor cammiseas viriles ipsius magistri Gabrielis usitatas. Unum vandum pro purgando gra­ num. Unum pellicium tundum pro extrahenda harena. Unam cameracan­ dam. Item viginti frustra carnis porcine salite veteris. Item infrascripta in­ strumenta ferrea pro magistro muratore, videlicet unum palum ferreum, unam palam ferream, unum alium palum feneum, unam securim, unum li­ gonem pro vinea, unam falcem pro sepibus, unum runconem, unam falcem pro herba, unum grappellum quatuor grapparum pro orto, unum bidentem, unum martellum de ponta, unam gravinam, unum picchonem, unam mazam ferream, unam senam, tria mazola da scalpellini, duas cazolas, duas parvas partesanas, unum pectus coraze alla scivizara, quatuor scarapelloscl, unam squatram de ferro, unam zeppam de ferro, unum acervum calcis extimatus carlenisel. /48v Tres salmas ardei, duas salmas musti. Duos asinos, videlicet unum boccardum et alterum cum canda incisa miserum. Tres salmas grani, unam appistillaturam de argento, unum filatium pater noster de acoraglia. Et hec de mobilibus et sese moventibus. Credita vero asseruit in ipsa bere­ ditate invenisse infrascripta, ut ipse quondam magister Gabriel in articulo martis et in condendo testamentum dixit et in sua confexione se recogno­ vit. Imprimiscl dixit debere recipere communiter cum magistro Francisco de Travaglino a Ioanne del Monte ducatos decem ex causa confectionis unius scale de pretacl in eius domo et unius camminicl similiter in sua domo. A Ioanne Paladino una cum magistro Angustino lombardo ducatos quatuor pro certo muro simul facto in eius domo. A Paulo de Iudicibus carlenos de­ cem et septem ex causa residui operis fabrice in eius domo fact(i). Ab A­ bundantio Marinella carlenos duodecim ex causa residui operis in sua do­ mo fact(i). Ab Alexio Ioannis Piccinini albanens(i) carlenos decem salvo in­ re etc. ex causa residui operis fact(i) in eius domo. A Paulo de Perusio du­ catos quatuor ex eadem causa. A Victoria Dominici uxore quondam Ioannis Venontii carlenos decem et septem ex eadem causa. Ab Alexandro Butii carlenos triginta quatuor ex causa raboccature muri in domo sua in Pede­ mont(is) et in certo muro facto in orto suo prope moenia terre Sermoneti, pro quibus tenet in pignus unam concam de ere, ut supra continetur. /49r Debita vero dixit in venisse infrascripta, ut in confexione ipsius magistri Ga­ brielis in suo testamento scripto manu mei notarii patet. Imprimiscl dixit de-

SERMONETA:

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bere dare predicto magistro Ioannello suo compatri ducatos quatuor cum dimidio in pluribus vicibus sibi mutuatiscl, ex finali calculo facto. Nicolao Francioso pizicarolo Sermoneti ducatum unum et b(o)l(endin)os duos ex causa mutui. Ioanni Blasii albanensi carlenos duos ex causa residui ope­ rumf) sibi prestitorum. Stephano notarii Nicolai aromatario pretium unius medicine ab eo habite quando idem magister Gabriel ultima vice egrotavit. Leonardo Dominicl ducatum unum ex causa mutui. Bartholomeo Manocco carlenos octo et b(o)l(endin)os quinque, partim pro venditione aque de sua cisterna quando fecit fabricam in moenibus Sermoneti et partim pro tritatu­ ra grani. Item eidem Bartholomeo, communiter cum magistro Francisco de Travaglino lombardo, ducatum unum ex causa venditionis calcis, guam si­ mul investierunt et operati fuenmt in domo Ioannis del Monte. Petro Paulo Toscano carlenos quinque ex causa venditionis candavatii et funis. Prefato magistro Francisco de Travaglino ducatum unum ex causa mutui et carle­ nos octo ex causa finalis calculi inter eos facti de omnibus inter eos con­ tractatis, tam de operibus guam aliis negotiis simul confectis. Ioanni Anta­ natii carlenos decem et novem ex causa residui venditionis unius asini. /49v Alia autem bona stabilia et mobilia ac sese moventia, debita et eredita as­ seruit idem magister Ioannellus in dieta hereditate non invenisse hucusque, protestans propterea coram me notario et testibus infrascriptis quod, si qua obmiserit diete hereditati competentiagl scribi et annotari facere enore vel oblivione seu ignorantia aut quovis alia defectu, quod amni tempore hic vel alibi scribi et superaddi facere possit sine damno et preiudicio dicti Franci­ sci pupilli et heredis predicti, pari modo si apposuisset in presenti inventa­ rio mmc legitime competentia diete hereditati, faciens quidem omnia et sin­ gula pure simpliciter ac bona fide sine fraude et malitia; promittens dictus magister Ioannellus tutor mihi notario infrascripto tanquam publice perso­ ne presenti et stipulanti nomine dicti Francisci eiusque heredum et succes­ sonun ac nomine omnium et singulorum aliorum, quorum interest vel inte­ resse poterit quomodolibet in futurum, pro predicto Francisco pupillo bona omnia suprascripta bene diligenter et fideliter tenere conservare et guber­ nare, maxime que conservanda fuerint, et omnia alia et singula facere que ad eius tutelare officium commode competunt et requimntur tam de iure guam de consuetudine et que aumentumcl et melioramentum rerum pupil­ lorum perficiunt et concernunt vitareque ea que preiudicent et damnum in­ ferant diete hereditati et in omnibus et singulis uti veritate nec non quinter­ nionem idoneum facere et ordinare, qui in se contineat introit(us) et exit(us) divisim omnium rerum et bonorum diete hereditatis, ut tempore congrue ponendi rationem administrationis diete h1tele quando dictus pupillus, /50r Deo dante, factus erit adultus possit eidem pupillo vel alteri speciali procu­ ratori ab eo deputando ponere et assignare debitam finalem et bonam ratio­ nem; qua quidem posita, si in aliquo iuste sibi tenebitur vel condemnatus fuerit, restituere et satisfacere eidem pupillo vel suis heredibus et successo-


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GIOVANNI PESIRI

ribus sine aliqua renitentia promisitbl et, facta dieta satisfationecl, apodissam finalem et iustam a dieta pupillo vel suis heredibus et successoribus habe­ re teneatur; obligans se propterea idem magister Ioannellus tutor et omnia bona sua mobilia et stabilia presentia et futura mihi notario infrascripto pre­ senti et stipulanti nomine ipsius pupilli ac eius heredum et successmum per idoneam cautelam et ipotecam suorum bonorum predicta omnia et singula rata grata firma et imevocabilia hinc tenere etc. et contra non facere vel ve­ nire etc. ad penam ducatorum quinquaginta applicandam etc. me notario stipulante etc. qua pena etc. renuntians exceptioni doli mali vis metus frau­ dis etc. reique non sic geste, non taliter celebrati contractus, exceptioni dic­ torum bonorum in dieta hereditate non receptorum aut partis eorum, iuri quo lesis seu deceptis subvenitur, iuri dicenti generalem renuntiationem non valere, iuri cui renuntiari non potest et generaliter etc. Pro quibus om­ nibus et singulis firmiter adimplendis et inviolabiliter observandis etc. idem magister Ioannellus tutor, tactis per eum sacris litteris, in manibus mei no­ tarii iuravit ad sancta Dei evangelia. Super quibus omnibus concessit mihi notario licentiam etc. Actum Sermoneti in domo, hoc est in parte Nanne matris predicti Fran­ cisci subtus partem superiorem Francisci predicti, /50v presentibus Franci­ sco Nicovillo et Antonio Bolla de Sermoneta et magistro Francisco Gaspa­ ris de Monterodonio incola et coniugato Sermoneti testibus etc. a) inceptum ... predictis, a margine con segno di rinvio b) in interlineo c) così nel testo d) corretto su quatuor e) manca l'indicazione del numerale, forse tribus, o­ messo per la presenza del successivo tres f) segue spazio, con segno presumibil­ mente usato per colmarlo g) segue errore espunto

STEFANIA TARQUINI Nepi e Civita Castellana

Tenterò di delineare i rapporti fra i B orgia e Nepi tenendo conto degli elementi che sono emersi dalla consultazione dei documenti contenuti nel­ l' Archivio Segreto Vaticano, nell'Archivio di Stato di Viterbo e in quello di Modena. La documentazione è risultata tuttavia insufficiente per valutare il ruolo di Civita Castellana nella politica dei Borgia; l 'intervento verterà per­ ciò esclusivamente su Nepi. La trasformazione di Nepi da feudo della Santa Sede a dominio privato della famiglia Borgia si colloca negli anni del pontificato di Innocenza VIII, che, con una bolla del 1 8 ottobre 1484, donava la città e l 'intero districtum al cardinale Rodrigo Borgia1. Con tale scelta Innocenza VIII contravveniva alle decisioni che il suo predecessore Nicolò V aveva sancito in due bolle2, in cui stabiliva che Nepi non dovesse essere più infeudata per evitare che fosse perennemente teatro delle contese fra Orsini e Colonna e che venisse pertanto retta da governatori di nomina papalè La fortuna di Rodrigo Borgia ha origine dal nepotismo dello zio Alfonso, eletto papa nel 1455 con il nome di Callisto III. n futuro Alessandro VI otte­ neva dallo zio l'ufficio di vicecancelliere della Chiesa e la nomina a governa­ tore di Nepi. Lo stesso Callisto, con una bolla dell' 8 marzo 14554, approvava e confe1mava al feudo nepesino gli Statuti, Statuta municipalia, accordati da Giacomo Orsini alla città nel 1277; concedeva inoltre «omnibus et singulis ci­ vibus et habitatoribus irnmunitates, libertates, exemptiones, indulta, tolerata a tempore Jacobi de Ursi1Ùs», ponendosi come continuatore della politica di Martino V, il quale, alla fine del suo pontificato, aveva confe1mato tutti i pri­ vilegi alla città. n pontefice infine, ricordando gli ampi favori elargiti alla co­ munità dal suo immediato predecessore Nicolò V, rimetteva alla città «omnes et singulas condempnationes, delicta et culpas», si impegnava a sostenere in­ genti spese «pro reparactione muri» e affidava al governatore della città la fa­ coltà di far rispettare tali decisioni. Nella bolla, come in tutti gli altri documenti

1 ASV, Reg. Vat. 682, f. 22.

2 ASV, Arm. XXIX, t. 24, f. 104. 3 G. TOMASSETTI, Della Campagna romana, «Archivio della Società Romana di Storia Patria», 5 ( 1 882), p. 107; G. SILVES1RELLI, Città, castelli e terre della regione romana. Ricerche di storia medievale e moderna fino al 1800, Roma 1940, p. 558. 4 ASV, Reg. Vat. 436, f. 77.


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STEFANIA TARQUINI

NEPI E CIVITA CASTELLANA

presi in esame, Nepi viene definita come civitas, secondo l'antica denomina­ zione di età romana, attestata peraltro da Biondo Flavio nell'Italia Illustrata. Nepi ricoprirà un ruolo di indiscutibile centralità nella politica patri­ moniale e militare dei B orgia, quest'ultima testimoniata dagli interventi per il consolidamento delle mura da parte di Callisto III e successivamente da Alessandro VI, soprattutto in virtù della sua posizione geografica: situata sulla antica via Amerina, a pochi chilometri dalla via Cassia, essa si trova a metà strada fra Roma e Viterbo, in un'area di importanza strategica per il controllo dell' accesso a Roma. Per volontà di Innocenza VIII, il cardinale Rodrigo, dopo aver retto per quasi trenta anni il feudo di Nepi in veste di governatore, ne diventava uni­ co signore, legando indissolubilmente il destino della città alla politica del­ la famiglia Borgia e alle alleanze strategiche dei suoi membri. Il 12 agosto del 1492 il vicecancelliere Rodrigo veniva eletto papa gra­ zie al voto determinante di Ascanio Sforza, fratello del duca di Milano Lu­ dovico il Moro5. Dalla relazione sull'elezione di Rodrigo Borgia di Girola­ mo Porcari, vescovo di Andria e uditore di Rota durante il pontificato di A­ lessandro VI6 si percepisce la sorpresa che dovette suscitare l'esito della vo­ tazione e la consapevolezza delle reali circostanze nelle quali tale votazio­ ne avvenne: «Questa promotione è venuta fuori dall'expectatione di ogni persona, et monsignor Aschanio è stato quello che solo ha facto venire con arte non pichola il pontificato in costui. Quello che habbi inducto Aschanio non posso ancora intendere. Sua Signoria ha avuto l 'offitio della cancelle­ ria et la casa con ogni supellectile del vicecancelliere: ha avuto el castello di Nepi e la chiesa di Accia in Ungheria che rende diecimila ducati l ' anno, et molte altre cose [ . . . ] et per questo, et per molte altre dimonstrationi si può credere che sua signoria habbi avere più auctorità et stato col papa che nesun altro cardinale, perché sua Santità confessa ad ogni homo essere in questa sede per opera solo di monsignor Aschanio» 7. Girolamo Porcari in un'altra lettera del 14 agosto torna a sottolineare il molo politico ricoperto dal grande elettore del Borgia nella Curia: «Monsignor Aschanio è allogia­ to in palazo et tucta la reputatione et maneggio dello stato si volta a lui, né il papa li potrebbe dimostrare miglior animo, né dare più auctorità»8. Ales-

sandra VI contraccambiava perciò il favore avuto dal cardinale Sforza fa­ cendo di lui, con una bolla del 3 1 agosto 14929, «motu proprio, non ad al­ terius instantiam, l'unico signore del feudo di Nepi, possessor et patronus». Il pontefice, per suggellare e consolidare l 'alleanza con gli Sforza, dava in sposa la figlia tredicenne Lucrezia al cugino di Ascanio, Giovanni Sforza, signore di Pesaro, le cui nozze furono celebrate il 12 giugno del 1493. La testimonianza più significativa della carica di signore di Nepi rico­ perta dal cardinale Sforza è costituita dagli Statuti10, sanzionati dallo stesso il primo gennaio del 1495 al cospetto del castellano, del podestà, degli uf­ ficiali, dei priori, del consiglio e dell'intera comunità. Una lunga tradizio­ ne, risalente alla signoria di Giacomo Orsini nella seconda metà del XIIIse­ colo, consegnava i provvedimenti statutari redatti per il popolo nepesino ad Ascanio Sforza. Negli anni precedenti, come attesta il breve di Callisto III del 1455, gli stessi Statuti erano stati confermati da Martino V e dagli im­ mediati successori, Eugenio IV e Nicolò V, e in alcuni casi integrati per la concessione ai nepesini di immunità ed esenzioni di carattere prevalente­ mente fiscale. I testi statutari redatti nei secoli e negli anni precedenti quel­ li dello Sforza sono andati perduti e questa circostanza fa degli Statuti san­ zionati nel 1495 ed esemplati su quelli più antichi una testimonianza di grande rilievo e di estremo interesse. Quest'ultimi sono contenuti in un co­ dice e sono seguiti da altre norme statutarie, anch'esse esemplate su quelle della precedente tradizione e datate fino al 1 570. La pagina incipitaria degli Statuti del 1495 reca nel fregio una ricca de­ cm·azione vegetale a foglie d'acanto, verde e rosa, arricchita da inserti in fo­ glia d'oro, che si sviluppa sui quattro lati dello specchio di scrittura. Il te­ sto è introdotto da una miniatura tabellare nella quale Ascanio Sforza Vi­ sconti (come indica la scritta in oro), viene rappresentato assiso su di uno scranno nell' atto di ricevere i testi degli Statuti da due personaggi, proba­ bilmente ufficiali del comune, anche se non è possibile la loro esatta iden­ tificazione, posti ai lati della scena e accompagnati da altre tre persone. Al centro del margine inferiore viene di nuovo raffigurato Ascanio con il co­ dice degli Statuti aperto davanti a sé e circondato da sette personaggi. Complessivamente le norme elencate nei sette libri che compongono gli Statuti regolano la vita economica, politica, civile e religiosa di Nepi e

5 L. VON PAs'fOR, Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, III, Roma 1925, pp. 329-637. 6 A. MoDIGLlANI, l Porcari. Storia di una famiglia romana tra Medioevo e Ri­ nascimento, Roma 1994 (Rllinedita. saggi, 10), pp. 96-98.

7 JoHANNIS BuRCHARDI Diarium sive rerum urbanarum commentarii (1483-

1506), ed. L. TlmASNE, II, Paris 1883-1885, Appendice, pp. 6 1 0-613. 8 Ibid.

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9 ASV, Arm. XXXV, t. 40, f. 1 4 1 . 10 Nepi, Archivio comunale. Per le altre copie degli Statuti nepesini dei secoli sedicesimo e diciassettesimo cfr., Statuti cittadini, rurali e castrensi del Lazio. Re­ pertorio (sec. XII-XIX), a cura di P. UNGARI, Roma 1 993 (Pubblicazioni del Gruppo

di ricerca sugli usi civici e gli Statuti nel Lazio «Guido Cervati», Lmss, 2), pp. 1 39141.


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NEPI E CIVITA CASTELLANA

del suo distretto. n primo capitolo è interamente dedicato alla modalità di elezione dei priori, dei vicari, dei camerari e degli altri ufficiali del comu­ ne, con particolare riferimento all'autorità che esercitano; al numero e al potere dei consiglieri; all'elezione del podestà e dei suoi ufficiali; all'auto­ rità e all'ufficio del cancelliere e del notaio. Seguono poi le norme che re­ golano i rapporti fra «habitatores et cives Nepis et forenses» e che defini­ scono gli obblighi fiscali di quest'ultimi «de datiis solvendis a forensibus de eorum possessionibus in districtu Nepesino». Vengono inoltre fissati i giorni dedicati alle festività religiose «de celebrando dies festos in honorem Omnipotentis Dei et Virginis gloriose sive Matris et aliorum Sanctorum», e quelli nei quali si correva il pallio: «iuvenes et pueri Nepesini et forenses» gareggiavano con cavalli, buoi e asini, seguendo il percorso che andava da Prato Morto e dalle chiese di San Giorgio e di Santa Maria fino alla piazza di Sant'Eleuterio, dove i priori aggiudicavano la vittoria. «In vigilia Beato­ rum Martirum Tholomei et Romani», giorno in cui si correva il pallio, co­ sì come nel giorno di Natale e in quello dell'Assunzione, la Camera Apo­ stolica chiedeva «omnibus civibus Nepesinis et forensibus colationes de confectionibus, fructibus et vino». Nel capitolo dedicato al pallio non c'è alcuna menzione dell'esenzione dall'onere di mandare a Roma nel periodo di carnevale «nonnullos equites quam pedites in subistitutione Gallesino­ rum», concessa al popolo nepesino da Eugenio N, come attesta lo stesso A­ lessandro VI in un breve inviato alla città di Nepi. Soltanto successivamen­ te questo paragrafo fu integrato con l'indicazione della «sublevatio oneris Gallesinorum», provvedimento che, come si vedrà, è presente nelle norme statutarie degli anni successivi. Gli altri cinque capitoli contengono norme di carattere giurisdizionale che regolano questioni di ordinaria e straordina­ ria amministrazione. n repentino cambiamento della politica di Alessandro VI pose fine al do­ minio del cardinale Ascanio sul feudo nepesino e determinò l'immediato de­ clino della potenza degli Sforza a Roma. La necessità di stringere un'allean­ za con Napoli e di favorire il riavvicinamento alla Spagna, spinse i Borgia a sacrificare il matrimonio di Lucrezia con Giovanni Sforza: il papa annullò l'u­ nione il 20 dicembre del 1497, adducendo come pretesto la supposta «impo­ tentia generandi» del genero. n legame della famiglia Borgia con la casata di Milano era così irrimediabilmente spezzato. L'ambizioso piano di creare uno Stato dei Borgia che comprendesse le terre di Romagna e delle Marche, sot­ to la guida di Cesare, spinse Alessandro VI ad appoggiare la politica del re di Francia e il suo progetto di sottrarre Milano a Ludovico il Moro11. n 13 luglio del 1499 Ascanio abbandonava pertanto Roma per andare a combattere i fran-

cesi accanto al fratello: Luigi XII e Cesare Borgia avrebbero fatto il loro in­ gresso trionfale a Milano il 6 ottobre dello stesso anno. Nell'estate del 1499 Alessandro VI decideva di togliere Nepi al suo grande elettore, diventato in questa fase uno dei più acerrimi avversari di Luigi XII alleato indispensabile del papa per consolidare la posizione di preminenza assunta dai Borgia nello scenario politico italiano. Il pontefice costrinse così Ascanio a fargli omaggio della rocca, della città e del popolo di Nepi. Questo è quanto emerge dalle lettere inviate da Milano il 22 ago­ sto 1499 da pmie del cardinale Sforza alla città di Nepi e rese pubbliche il successivo 5 settembre dal notaio della città Giacomo Celsi12. I due docu­ menti, scritti in lingua volgare, sono indirizzati rispettivamente al castella­ no della rocca, Ugone Bisacci, e al notaio Celsi. In entrambi i casi il me­ diatore fra Ascanio e i due destinatari è il vescovo della città, Zanm·do Ba­ garotto13, il quale viene incaricato dal cardinale di far eseguire la propria vo­ lontà circa la rocca e la città. Il Celsi ripmia negli atti il racconto dettaglia­ to della consegna della rocca: il castellano, dopo aver letto il breve dello Sforza, «non sine magno dolore et lacrimis», si impegna a fare tutto ciò che gli viene ordinato dal vescovo a nome di Ascanio. In primo luogo, il vesco­ vo e il commissario ordinano al Celsi, ai priori della città e a Ugone di con­ segnare la rocca «et in ea omnia et singula existenctia», a Francesco Borgia, cugino di Alessandro VI, vescovo di Teano e tesoriere pontificio14• Il ca­ stellano consegna quindi le chiavi della rocca nelle mani del vescovo, il quale a sua volta le offre a Francesco Borgia, che le riceve a nome del pon­ tefice. A quest'ultimo viene così restituita da Ugone «bonam ractionem de omnibus habitis in dieta arce, tempore quo in ipsa arce intravit et secundum arcis inventarium». n Celsi non manca di sottolineare infine che Ascanio, secondo quanto riferito dal vescovo, consegna nelle mani del santissimo pa­ dre la rocca, la città e il popolo di Nepi, come figlio obbediente della santa madre chiesa e come suddito e servo del papa. Il feudo di Nepi tornava co­ sì ad essere dominio diretto della famiglia Borgia nella persona del tesorie­ re pontificio Francesco Borgia. La politica filo-francese di Alessandro VI aveva spinto il secondo ma­ rito di Lucrezia, Alfonso, duca di Bisceglie e figlio del re di Napoli, a la­ sciare Roma e a tornare nel Regno, nell'attesa che la moglie lo raggiunges-

11

FRANCESCO GurcciARDINI, Storia d'Italia, I, Milano 1988, p. 454.

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,

12 ASVt, Archivio

notarile di Nepi, prot. 3 1 , ff. 107v., 108v. I3 FERDINANDO UGHELLI, Italia Sacra, I, Venetiis 1717, p. 103 1 (il vescovo B a­ garotto fu eletto il 16 luglio del 1497 e morì il 24 agosto del 1 503, qualche giorno dopo la morte di Alessandro VI); T. FRENZ, Die Kanzlei der Piipste der Hochre­ naissance (1471-1527), Tubingen 1 986, p. 3 1 8. 14 Ibid., p. 684.


7 10

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NEPI E CIVITA CASTELLANA

se. Ancora una volta l'uomo che le era stato imposto veniva tolto a Lucrezia, !asciandola nella triste e umiliante condizione di sposa abbandonata. Ales­ sandro VI per distogliere la figlia dalla fuga verso il regno di Napoli, nell' a­ gosto del 1499, la nominava governatrice di Spoleto e di Foligno, dove fu raggiunta il mese successivo da Alfonso, il quale confidava, seppure a torto, nella possibilità di un riavvicinamento della casa aragonese con i Borgia. Il pontefice inoltre, per coronare l ' avvenuta riconciliazione con la figlia e al­ lontanare il ricordo dell'umiliazione subìta, aggiunse al titolo di governatri­ ce di Spoleto e di Foligno quello di signora di Nepi, città della quale Lucre­ zia veniva investita con un breve del 9 ottobre 149915. Nell'atto di investitu­ ra Alessandro VI sottolinea innanzitutto la rinuncia da parte di Ascanio «di­ miserit et relaxaverit» al dono che gli era stato fatto della città, della rocca, del territorio e del distretto di Nepi. Il cardinale Sforza non ebbe invece al­ tra scelta che allontanarsi il più possibile da Roma, dal momento che il suo grande protettore aveva rivolto altrove i propri favori. Il papa ricorda poi la benevolenza da lui dimostrata nei confronti della comunità, quando era an­ cora cardinale, in veste di governatore, e in particolare le spese sostenute «reparactione et instauractione m·cis» . Con la rinuncia di Ascanio il feudo di Nepi torna di proprietà dei Borgia e la città viene così trasferita a Lucrezia, ai suoi figli e agli eredi «cum illius arce, palatio integro, territorio, tenimen­ to, districtu et adiacentibus ac onmibus et singulis membris, iurisdictionibus, actionibus, proventibus, fmctibus, redditibus et emolumentis eorum ac penis etiam ex iusticia, et subsidio salis grossum huiusmodi civitatis Nepesine ac territorii ac districtus predictorum». Alessandro VI legittima la concessione alla figlia richiamandosi al diritto, «pieno iure», dei pontefici di disporre li­ beramente del feudo nepesino: «dare, donare, concedere et in alias quoscum­ que transferre». n breve si chiude con il riferimento al giuramento di fedeltà che il popolo deve a Lucrezia, «domina et patrona», e all'obbligo di inviare giocolieri a Roma, «lusores tempore carnisprivii». La notizia dell'investitura di Lucrezia Borgia giunge a Nepi il 12 ot­ tobre del 1499, giorno in cui il notaio Giacomo Celsi rende pubblici i bre­ vi emessi dalla cancelleria di Alessandro VI il 10 ottobre16. La cerimonia si svolge nella chiesa di Santa Maria, dove si riunisce il Consiglio, «ad so­ num campane et voce preconis» ; sono presenti 4 priori, 8 consiglieri, fra i quali lo stesso notaio, e «tres quartas partes toctius populi diete civitatis». Il segretario della duchessa Lucrezia, «Christofomm de Urbe, alta et mo­ derna lingua exponi ac publicari fecit quatuor brevia in pergamena et sub sigillo apostolico».

Come emerge dalla lettura dei quattro brevi, la politica di Alessandro VI nei confronti del feudo di Nepi non presenta tratti significativamente innova­ tivi rispetto a quella dei precedenti pontefici; anch'egli infatti è ben disposto nel concedere favori e privilegi alla città allo scopo di assicurarsi il consenso e l'approvazione degli abitanti. Negli atti si sottolinea più volte che la comu­ nità di Nepi, grazie alla intercessione «intervenctione», della sua nuova si­ gnora, potrà godere di innumerevoli favori, «indulta et gratias» e che dovrà pertanto prestarle omaggio di fedeltà e giuramento di vassallaggio. Alessan­ dro VI, richiamandosi alla intercessione della figlia «domina vestra nobis in­ stantissime supplicavit», concede così al popolo nepesino la facoltà di esige­ re liberamente gabelle nel proprio territorio dagli abitanti delle città e delle terre che le pretendono nel loro; sopprime la tassa del sale e del «focaticum» che la comunità doveva pagare alla Camera apostolica e solleva il feudo dal­ l'onere di inviare «tam pedites quam equites ad almam Urbem tempore privi­ carnis», ricordando, non a caso, il suo predecessore Eugenio IV che aveva e­ sentato il popolo nepesino da tali obblighi. Il papa conferisce pe1tanto a 20 cit­ tadini eletti dalle autorità nepesine e a 2 da lui designati la facoltà di correg­ gere alcuni capitoli degli statuti, al fine di accogliere in questi i privilegi ac­ cordati alla comunità. Dispone infine che gli statuti, corretti ed emendati, ven­ gano sottoposti all 'approvazione della stessa Lucrezia, dei governatori e degli altri ufficiali della città. Di seguito alla lettura dei brevi da patte del notaio e all 'esposizione in volgare del loro contenuto «ad claram intelligentiam prefa­ torum priorum et aliomm civium ibi astanctium», è previsto l'atto di omag­ gio e il solenne giuramento di fedeltà a Lucrezia: i priori e gli otto consiglie­ ri, «et multi alii cives», in nome di tutto il popolo, promettono a Lucrezia «Ve­ mm homagium, vassallagium, servitutem et fidelitatem» e, ponendo le mani sui libri sacri, giurano di adempiere a tutti gli obblighi che «veri et fideles vas­ salii» devono ai loro signori. Una pena di 4000 ducati colpirà la comunità nel caso in cui non dovesse prestare fede al giuramento. Il periodo di prosperità e di pace che Alessandro VI aveva prospettato agli abitanti del feudo nepesino sotto la dominazione di Lucrezia era desti­ nato ad avere breve vita. La necessità di consolidare l ' alleanza dei Borgia con la Francia spinse il papa a sacrificare non solo il secondo matrimonio di Lucrezia ma la stessa persona dello sposo, Alfonso di Bisceglie, il quale cadde assassinato per mano di Cesare B orgia il 1 8 agosto del 1 500, poiché costituiva l 'unico legame che univa il pontefice agli Aragonesi. In seguito a questo tragico evento Lucrezia si ritirò nel suo palazzo di Nepi, che rag­ giunse lo stesso 3 1 agosto con un seguito di seicento cavalieri17• Qui sareb-

1 5 ASV, Reg. Vat. 871 , f. 54. 1 6 ASVt, Archivio notarile di Nepi, prot. 3 1 , ff. 108v.,l09v.

17 F.

GREGOROVIUS, Lucrezia Borgia secondo documenti e carteggi del tempo,

Firenze 1 874, p. 148; BURCHARDI Diarium cit., ill, p. 74.


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be rimasta poco più di un anno; a Roma infatti il pontefice e Cesare Borgia, per favorire i propri disegni su Bologna e su Ferrara, pianificavano le sue terze nozze con Alfonso d'Este. Così la città di Nepi, nell' autunno del 150 1, vide per l 'ultima volta la sua signora lasciare la rocca e il palazzo per non farvi più ritorno. Alessandro VI, in seguito alla caduta della dinastia aragonese di Napo­ li e alla spartizione del Regno tra Francia e Spagna, confiscò i beni dei Co­ lonna, dei Savelli e dei Caetani; la fusione delle loro tene, che costituivano gran parte della Campagna romana, determinò la formazione di due ducati, di cui uno ebbe per centro Nepi18 e l 'altro Sermoneta, luoghi ai quali Lucre­ zia rinunciava in seguito al matrimonio con Alfonso d'Este, celebrato il 30 dicembre del 150 ! 19. n papa, con una bolla del 17 settembre 150120 asse­ gnava Sermoneta al nipote Rodrigo, nato dall'unione fra Lucrezia e Alfonso di Bisceglie, e Nepi a suo figlio Giovanni , la cui paternità, a lungo attribui­ ta a Cesare, è certa per il Burcardo: «Sanctissimus dominus noster investivit Johannem Borgia, filium suum, quem in pontificatu habuit cum quadam Ro­ mana, de ducato nepesino»21. La tutela dei due duchi fu affidata al cugino di Alessandro VI, il cardinale Francesco B orgia, tesoriere apostolico e vesco­ vo di Cosenza, nelle cui mani Ascanio Sforza aveva consegnato, qualche an­ no prima, la rocca e la città di Nepi. Parte della documentazione relativa al ducato nepesino è conservata in un codice dell'Archivio di Stato di Modena che ha per titolo Liber arren­ damentorum terrarum ad illustrussimos dominos Rodericum Borgia de A­ ragonia Sermoneti et lohannem de Borgia Nepesini duces infantes spec­ tantium aliarumque scripturarum status eorundem tangentium Biselli22.

Nel volume sono raccolti gli atti notarili concernenti l 'appalto delle entrate della curia signorile nei ducati di Nepi e Sermoneta; i documenti, datati dal 2 1 novembre 1501 al 5 gennaio 1503, sono complessivamente 1 8 , dei qua­ li 12 relativi al ducato di Nepi e 6 a quelli di Sermoneta. La piccola raccol­ ta di documenti rappresenta una delle rare testimonianze che consenta di far luce sulle attività economiche del ducato di Nepi, sulla sua amministrazio-

1 8 Ibid., p. 170, «Santissimus dominus noster divisit et distribuit tenas Columnensium in duas partes et erexit civitatem nepesinam in ducatum». 1 9 Ibid., p. 1 8 1 . 20 ASV, Ann. XXXIV, t. 1 1 , f. 70. 21 BURCHARDI Diarium cit., p. 170. 22 ASMo, Amministrazione dei principi, 1 140; GREGOROVIUS, Lucrezia cit., p. 284; M. VAQUERO PINElRO, Il liber arrendamentorwn dei ducati di Nepi e Sermone­ ta (1501 -1503), «Archivio della Società Romana di Storia Patria», 1 17 ( 1984), pp.

1 7 1 - 1 86.

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ne e gestione da parte dei Borgia. Il ducato sembra composto da 36 centri, compresi fra la Marittima, la Sabina, i monti Albani e il confine meridio­ nale dello Stato pontificio23. Le località menzionate negli atti sono: Piedi­ luco, Roccapriora, Nepi, Sgurgola, Morolo, Castro, Marino, Rocca di Ca­ ve, Piglio, e Capranica. I canoni d' affitto che le varie comunità devono cor­ rispondere alla curia sono annuali e prevalentemente in denaro. Dalla lettu­ ra degli atti è evidente che, come si è riscontrato per gli anni precedenti, l 'amministrazione del ducato nepesino è affidata ai membri stessi della fa­ miglia Borgia, nella fattispecie al cardinale Francesco, in qualità di tutore del duca, e ad alcuni funzionari a loro strettamente legati. La riscossione delle entrate signorili e la gestione del tenitorio non venivano esercitate di­ rettamente da Francesco Borgia ma, a seconda dei casi, il diritto di prelie­ vo spettava o alla «communitas castri», oppure a due o al massimo a tre per­ sone, quasi sempre grandi affittuari, denominati nei documenti «affidato­ res» oppure, in volgare, «comperatori». A Piediluco, ad esempio, come at­ testa un atto del 21 novembre 1 50 1 , la facoltà di gestire il tenitorio e le sue risorse viene conferita all'intera comunità, «tota universitas et totum com­ mune»; gli intermediari fra la civitas e il signore sono gli «homines massa­ rii» (ufficiali di ambito e nomina locale che durano in carica due mesi) e il vicario, sui quali ricade l 'onere di far rispettare gli accordi raggiunti con il cardinale Borgia e con il commissario e familiare del papa, Andrea Iaco­ bazzi. I beni ceduti in locazione alla comunità sono «omnes et singulos fructus, redditus et proventus introitusque etiam gabellarum, passus, lacus, frumentorum, bladorum, vini, herbarium, molendini, etiam malefitiorum preterquam homicidiorum et aliorum propter que pena capitalis aut bono­ rum confiscatio proveniret». Il canone d'affitto che Piediluco deve corri­ spondere alla curia è di 600 ducati di carlini, in cui è compreso anche il sa­ lario del vicario. Le altre località dove la facoltà di riscossione viene tra­ sferita all'intera «communitas castri» sono Roccapriora, Morolo, Marino e Sgurgola; anche per quest'ultime, a proposito della natura dei beni ceduti in locazione, viene usata la stessa espressione sopra citata «omnes et singulos fructus, redditus et proventus gabellarum». I canoni d'affitto che le suddet­ te comunità devono conispondere alla corte sono di 350 ducati di carlini per Roccapriora, 1 10 per Morolo, 1000 per Marino; Sgurgola deve coni­ spandere 1000 ducati di carlini , e insieme 644 «tumuli» di frumento. Nella maggior parte dei casi però i Borgia conferiscono a uno o a due grandi af­ fittuari «affidatores» la facoltà di riscossione delle entrate signorili e di ge­ stione del territorio, naturalmente con tutti i vantaggi e gli svantaggi che ta­ le autorità poteva comportare. L'esempio di Nepi è indicativo in tal senso:

23 Ibid., p. 173.


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fiTmatario dell'atto, datato 3 aprile 1502, è «Bartholomeus de Armeriis, lai­ cus Ferrariensis», tesoriere generale del ducato e vicario del piccolo duca Giovanni, denominato «arrendator» poiché riceve dal cardinale Francesco Borgia l'autorità di cedere in locazione a Francesco Giovanni «magistri Ciechi» di Nepi «affidator o comperatore singulos introitus, fructus, reddi­ tus et proventus diete terre provenientes ac ad curiam eiusdem spectantes». L'affittuario può disporre liberamente dei beni avuti in locazione ed è auto­ rizzato a vendere gli eventuali eccedenti fuori dal tenitorio di Nepi; si dice infatti, «che dicto comperatore possa diete intrate navigare et disponere ad suo piacere et farle exercitare a che le piacerà et che tutti i frutti de diete rendite possa mettere e cavare da Neptuna et de quello disponere ad suo be­ neplacito sensa altro impedimento et questo se intenda quando la terra non habbia necessità [ . . . ] che dicto comperatore et tutti soi beni sianno liberi et franchi da guardia e commamdamenti secundo che sempre e stato usitato». L' «affidator» deve corrispondere alla corte il canone d'affitto di 2.320 du­ cati di carlini, ripartito nel giorno dell'Assunta, in quello di Natale e di Pa­ squa, destinando 38 ducati di carlini al salario del castellano. In caso di guerra o di peste è prevista l'elezione di due arbitri ai quali si affiderà la va­ lutazione dei danni e la riduzione dello stesso canone. A Nepi, come a Pie­ diluco e a Roccapriora, viene affidata all'affittuario anche l'amministrazio­ ne dei proventi derivati dall'esercizio della giustizia, prerogativa che nella maggior parte dei casi spettava a FTancesco Borgia. n tesoriere generale ge­ stisce direttamente anche i territori di Piglio, Capranica e di Rocca di Cave, dando in affitto «omnes et singulos introitus, redditus, fructus et proventus curie»ad alcuni affittuari delle suddette località, i quali sono tenuti a versa­ re alla corte rispettivamente 1 90, 90 e 28 ducati di carlini. Per quanto riguarda le attività che caratteTizzano l'economia del duca­ to nepesino, queste sono da ricondurre pTevalentemente all'agricoltura e al­ l'allevamento. n Liber arrendamentorum, così come i documenti contenu­ ti nell'ATchivio notarile di Nepi, indicano il grano e l'orzo come i cereali più largamente coltivati; le entrate della corte signorile derivano però anche da prodotti come il vino, i legumi, la spelta, il farro, gli ortaggi, il lino e la canapa, e dall'usufrutto di prati, boschi, pascoli, forni e mulini. Per quanto concerne l' allevamento, nei documenti si fa riferimento soprattutto a quel­ lo bovino e suino, più raramente a quello ovino. Non mancano proventi di carattere straordinario derivati da fiumi, come nel caso di Nepi, o da laghi, come nel caso di Piediluco. Dalla lettura del Liber risulta evidente che, sebbene Nepi abbia muta­ to il proprio ordinamento istituzionale, passando da signoria a ducato, l'am­ ministrazione del tenitorio da parte dei Borgia non presenta tuttavia carat­ teri diversi rispetto al periodo precedente, dal momento che miTa ad affi­ darne il controllo diretto ai membri stessi della famiglia e ad alcuni funzio­ nari da quest'ultimi designati. Tale continuità con la politica degli anni im-

mediatamente precedenti è attestata peraltro dalla condotta di Francesco Borgia nei confronti della comunità nepesina: il cardinale, infatti, in veste di tutore del piccolo duca Giovanni, fece redigere e pubblicare gli statuti di Nepi, confermando pressoché interamente le norme sanzionate da Ascanio Sforza. L'unica variazione rispetto al precedente testo riguarda il capitolo sul Pallio: nel periodo di carnevale si sollevava la comunità dall' obbligo di inviare «tam pedites quam equites ad almam .Urbem». Con tale integrazio­ ne Francesco Borgia accoglieva pienamente le scelte fatte da Alessandro VI all'indomani della rottura con Ascanio Sforza e della donazione del feudo nepesino a Lucrezia; in questa fase di incertezza per il destino di Nepi il pontefice aveva elargito alla comunità ampi privilegi per assicurarsene il consenso e aveva perciò disposto la correzione degli statuti per accogliere tali concessioni. Il ducato di Nepi ebbe breve vita: Cesare Borgia, non appena apprese la notizia della morte del padre, il 18 agosto del 1503, ancora febbricitante la­ sciò immediatamente il palazzo Vaticano e si rifugiò nella rocca di Nepi, cer­ to della protezione dell'esercito francese, dislocato nella campagna roma­ na24, e confidando nell'elezione al soglio pontificio del cardinale d' Amboi­ se25. Il conclave non ebbe l'esito sperato dal Borgia: dopo il breve pontifi­ cato di Pio III, Nepi tornava dominio diretto del papato nella persona di Giu­ lio II, che, con una bolla del 24 gennaio 150426, restituiva le terre ai baroni spodestati da Alessandro VI. Nel documento il pontefice riconsegnava Nepi nelle mani di Ascanio Sforza, riportando il testo della bolla con cui papa Borgia, nell' agosto del 1492, aveva investito della città il suo grande eletto­ re e annullato ogni diritto di LucTezia, Giovanni, Rodrigo e Cesare su que­ sta terra.

24 GUICCIARDINI , Storia d'Italia cit., p. 608. 25 GREGOROVIUS, Lucrezia cit., p. 283. 26 ASV, Reg. Vat. 893, ff. 1 1 4r-1 17r.

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LUISA AURIGEMMA Stato delle ricerche sulla toscanizzazione del romanesco tra Quattro e Cinquecento 1

A pat1ire dalla pubblicazione della Cronica di Anonimo romano a cu­ ra di Giuseppe Porta2 e in particolare nell'ultimo decennio, vi è stato un pa­ lese incremento degli studi sul romanesco quattrocentesco e cinquecente­ sco3, legato alla specificità del 'caso Roma' rispetto agli altri volgari d'Ita­ lia. In un limitato arco di anni tra Quattro e Cinquecento il romanesco ha conosciuto una infiltrazione di tratti toscani, alla quale si è accompagnata la scomparsa di gran parte delle venature meridionali4. La toscanizzazione della lingua parlata in questa epoca è fenomeno esclusivo della città di Ro­ ma, in quanto in vari centri italiani come Napoli o Milano, nella stessa e­ poca, questo fenomeno ha riguardato notoriamente solo la lingua scritta. Questa precoce e peculiare evoluzione del romanesco, con acquisizio­ ne di tratti toscani, è stata oggetto principale dell'attenzione degli studiosi, che si sono soffermati sulle dinamiche sociolinguistiche che l'hanno deter­ minata. In particolare si è tentato di capire quali possano essere state le cau­ se, le modalità e i tempi del passaggio da una fase di vitalità della lingua parlata locale schietta a una fase di smeridionalizzazione del dialetto e di accostamento al toscano. Dal punto di vista metodologico «l'esatta deter-

1 L' intervento è stato presentato con il titolo Stato degli studi sul romanesco dell'epoca di Alessandro VI. 2 ANONIMO ROMANO, Cronica, ed. critica a cura di G. PoRTA, Milano 1 979; per una ampia e dettagliata bibliografia a riguardo cfr. M. MANCINI, Nuove prospet­ tive sulla storia del romanesco, in "Effetto Roma " . Romababilonia, Roma 1993, nota l . 3 Cfr. la bibliografia di P. D'AcHILLE-C. GIOVANARDI, La letteratura volgare e

i dialetti di Roma e del Lazio. Bibliografia dei testi e degli studi. Dalle origini al 1550, Roma 1 984; per notizie bibliografiche successive al l 984 cfr. C. CosTA, Ras­ segna di testi e studi sul romanesco antico, dal 1984 al 1995, «RR roma nel rina­ scimento. Bibliografia e note», 1 995, pp. 1 1 9- 1 50 e Lazio a cura di P. D 'AcHILLE, in Dieci anni di dialettologia nelle regioni d' Italia, «Rivista di dialettologia italia­ na», 1 1 (1987), pp. 413-426; 12 (1 988), pp. 291-336; 1 3 ( 1989), pp. 243-256 ; 1 5 ( 1 99 1), pp. 255-282; 1 8 ( 1994), pp. 253-308; 1 9 (1995), pp. 294-3 1 5 ; 20 ( 1 997), pp. 266-292. 4 Fondamentale è a questo proposito G. ERNST, Die Toskanisierung des romi­ schen Dialekts im 15. und 1 6. Jahrhundert, Tiibingen 1 970.


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minazione delle circostanze che hanno provocato la trasformazione del ro­ manesco antico implica il ricorso a fattori esplicativi molteplici, non solo linguistici in senso formale, ma anche sociali, politici, fino a coinvolgere la stessa storia economica della città di Roma»5. L'impronta sociolinguistica è presente già nei saggi di Bruno Migliori­ ni6, nei quali si afferma la tesi di ascendenza sostratista di una toscanizza­ zione 'dall 'alto' , dovuta alla vittoria del superstrato fiorentino sul sostrato etnico romanesco. La storia del romanesco è per Migliorini la storia del ' di­ sfacimento ' del dialetto originario, sul quale si sovrappone il più prestigio­ so idioma toscano in seguito a eventi demografici di grande portata, l'ac­ crescimento del nucleo fiorentino e la contrazione della popolazione indi­ gena, conseguenti a fatti avvenuti nella prima metà del Cinquecento, come la venuta dei papi medicei Leone X e Clemente VIIa Roma con la loro cor­ te e il Sacco di Roma del 15277. Questa tesi accolta in linea generale dagli studiosi successivi (Francesco Ugolini, Tuilio De Mauro, Gerhard Ernst, Giacomo Devoto, Francesco Brunis), basata su un approccio sostanzialmente ' quantitativo' e 'demogra­ fico', viene posta in discussione da Luca Serianni che si chiede «sarà stato veramente sommerso il dialetto originario? O non piuttosto soltanto italia­ nizzato con la persistenza di un celio numero di tratti locali?»9. Marco Mancini, in un articolo del 1987 10, si propone di rispondere a questo quesito, sostenendo l'inaccettabilità del modello d'interpretazione

5 MANCINI, Nuove prospettive cit., p. 1 1 . 6 B . MJGLIORINI, Dialetto e lingua nazionale a Roma, «Capitolium» , 1 0 ( 1 932),

infine in pp. 350-356, poi «Revue de linguistique romane» , 9 ( 1 933), pp. 370-382; 109-123. pp. 948, 1 MIGLIORINI, Lingua e cultura, Roma 7 MIGLIORINI, Lingua cit., p. 1 13 . 8 F.A. UGOLINI, Roma medievale e moderna: letteratura e vita letteraria, in Enciclopedia italiana, XXXIX, Roma 1 936, pp. 770-772, 790-79 1 , 814-8 1 5 , 8_32-833, 1 985, 892-893, poi in UGOLINI, Scritti minori di storia e filologia italiana, Perug1a pp. 286-289; T. DE MAURO, Storia linguistica dell'Italia Unita, B ari-Rom_a 1 63, _ d Ita­ pp. 24-25 ; ERNsT, Die Toskanisierung cit., pp. 1 -5 ; G. DEVOTO, Il hnguaggw Milano giorni, nostri ai preistoria dalla italiane he linguistic Storia e strutture

lia.

1 974, pp. 272-273 ; si veda anche G. DEVOTO, Profilo di storia linguistica italiana, Firenze 1 964, p. 72; F. BRUNI, L'italiano. Elementi di storia della lingua e della cul­ tura, Torino 1 984, pp. 4 1 3-414. 9 L. SERIANNI, Testi letterari e testi documentari nella dialettologia antica: il caso del romanesco, i n Studi in onore di Aurelio Roncaglia, Modena 1 989, pp. (da cui 1285-129 5 ; poi in SERIANNI, Saggi di storia linguistica italiana, Napoli 1989 ho attinto), p. 266. IO M. MANCINI, Aspetti sociolinguistici del romanesco nel Quattrocento, «RR roma nel rinascimento. Bibliografia e note», 1987, pp. 38-75.

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'quantitativo' . I n patticolare l'ipotesi di una toscanizzazione dall'alto avve­ nuta nel primo Cinquecento, viene smentita dalle due seguenti considera­ zioni: l) la presenza fiorentina in Roma era massiccia già a partire dalla pri­ ma metà del Quattrocento ed è, se caso, in questo secolo che vanno ricer­ cate le condizioni della toscanizzazione dell'idioma romanesco; 2) ancora nella seconda metà del Cinquecento esisteva una varietà arcaica del roma­ nesco, come emerge dalle battute della vecchia serva Perna11 nelle Strava­ ganze d'amore di Cristoforo Castelletti del 1587 1 2, che mal si concilia con la presenza del dialetto toscanizzato 13. L'impostazione schematica di Migliorini pone in risalto la dicotomia tra lingua scritta e lingua parlata, la prima basata inizialmente sul 'latino' e sul 'romanesco letterario' , poi sul 'latino' e sul 'toscano letterario' ; la se­ conda prima sul 'vernacolo romanesco' , poi sul 'toscano parlato' e sul 'ver­ nacolo romanesco> l4. Alla visione schematica miglioriniana Mancini con­ trappone un'articolata segmentazione del continuum linguistico romanesco del Quattrocento, prendendo in considerazione sia le differenze sociali sia quelle stilistiche. Egli individua tre varietà lungo l'asse diastratico (lingua 'ufficiale' , lingua 'media' e lingua 'popolare') e nelle ultime due fasce ('media' e 'popolare') un registro letterario e un registro usuale. Sulla base di dati documentari Mancini postula l 'esistenza di una varietà ' media' che è l 'anello di congiunzione tra il punto di partenza e il punto di anivo del cambiamento. Già Ugo Vignuzzi aveva notato alcuni tratti linguistici del registro 'me­ dio' del romanesco presenti nel Glossario di Iacopo Ursello (ultima decade

11 La lingua della serva Perna è l 'ultimo esempio di romanesco 'di prima fase' , posto però nell'ambito particolare della letteratura dialettale riflessa. A proposito del vernacolo romanesco 'plebeo' nel teatro cfr. L. SERIANNI, La letteratura dialettale romanesca, in Lingua e dialetto nella tradizione letteraria italiana (Atti del Con­ vegno, Salerno 5-6 novembre 1 993), Roma 1 996, pp. 243-245. 12 Cfr. l'edizione critica e il commento linguistico della sola parte dialettale a cura di C. MERLO, Vicende storiche della lingua di Roma, IL Le Stravaganze d'A­ more di 0: Castelletti (sec. XV), «L'Italia dialettale», 7 (1931), pp. 1 1 5- 1 37, poi in MERLO, Saggi linguistici, ·Pisa 1 959, pp. 63-85 e quella, sempre limitata alla parte dialettale, di F.A. UGOLINI, Per la storia del dialetto di Roma. La "vecchia roma­ nesca " ne 'Le stravaganze d'amore ' di Cristoforo Castelletti (1587), «Contributi di filologia umbra», 2 (1 982), pp. 73-203; per l'edizione critica dell'intera commedia con commento storico-filologico si veda Stravaganze d'amore. "Commedia ", a cu­ ra di P. STOPPELLI, Firenze 1 98 1 . 1 3 MANCINI, Aspetti cit., p . 42. 1 4 Questo schema, fondamentalmente statico, potrebbe indune a pensare che, a livello del parlato, tutti gli strati della popolazione romana tranne quello 'plebeo' , finissero per assumere il fiorentino come unica varietà.


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del Quattrocento-inizio Cinquecento) 15 e così anche Paolo D'Achille si era soffermato, a proposito delle didascalie del Monastero delle Oblate di Tor de' Specchi, sull'esistenza nell'autore delle scritte della nozione di romane­ sco 'medio' . Il modello della lingua letteraria ha molto probabilmente agito per D'Achille su l'autore delle didascalie, «nel senso che lo ha spinto ad e­ vitare forme linguisticamente troppo colorite puntando ad una lingua 'me­ dia', locale ma non 'plebea' , ma non ad accogliere toscanismi evidenti» 16. ll romanesco 'medio', che Vignuzzi e D'Achille avevano dunque postula­ to come concetto meramente linguistico-formale, come livello intermedio che non presenta caratteri né del registro letterario né 'plebeo', è assunto da Manci­ ni «con riferimento a un preciso coefficiente sociolinguistico»17 e va inteso «nel senso di varietà propria della classe intermedia della Roma rinascimentale»18. I parlanti della classe inte1media, per un bisogno di affe1mazione sociale di fron­ te alla classe dei curiali e a quella dei grandi mercanti fiorentilù, halll1o per Man­ cini, nel corso del Quattrocento, sentito l'interferenza del toscano, abbandona­ to i tratti fortemente stigmatizzati del romanesco19 e conservato tratti generica­ mente mediani20; la presenza di fiorentini a Roma funzionò dunque agli effetti

1 5 Non sono presenti nel Glossario di Iacopo Ursello «forme romanesche al­ trettanto ' strette' quali (h)aco,jaco, staco (e soco) - e invece compaiono come mag­ gioritarie forme tipiche della scripta appunto 'media' dell'Italia centrale del tipo (h)ando, fando, stando, ecc. [... ]. Insomma, rifiuto di una lingua sentita come mu­ nicipale in senso stretto (anche per Roma!)» U. VIGNUZZI, Il "Glossario latino-sa­ bino " di ser Iacopo Ursello di Roccantica, Perugia 1 984, pp. 24-25. 16 P. D 'ACHILLE, Le didascalie degli affreschi di Santa Francesca Romana (con un documento inedito del l463) , in F. SABATINI-S. RAFFAELLI-P. D' AcmLLE, Il

volgare nelle chiese di Roma. Messaggi graffiti, dipinti e incisi dal IX al XV seco­ lo, Roma 1 9 87, p. 174. 17 MANciNI, Aspetti cit., p. 45. 1 8 Ibid. , nota 27. 19 I tratti man mano abbandonati dai parlanti sono: dittongamento metafoneti­ co delle vocali toniche medio-basse, gli scambi tra b e v, la conservazione di J (e

l'esito parallelo di DJ e G + vocale palatale), la iotizzazione di L preconsonantica, l'esito s da SJ, l 'evoluzione GN> (n)n. Nella mmfologia tendono a scomparire le terze persone plurali del presente in -co, la forma verbale aio per 'ho', i futuri in -aio, le terze persone singolari del per­ fetto in -ao, le forme verbali si, simo, site «marcatamente 'antitoscane' » (MANCINI, Aspetti cit., p. 71). 20 Alcuni caratteri dei dialetti mediani, che si conservano nei documenti della varietà 'media', sono: l 'assenza di anafonesi, il mantenimento di e protonica e di ar atono, il vocalismo in -i- nella forma ditta e vinti e in -u- nelle forme secunno, mun­ no, le assimilazioni di KS in -ss-, di ND, MB in nn, mm, l ' affricazione della sibi­ lante nei nessi NS, LS, RS, il mantenimento delle occlusive sorde in casi come pa­ tre e matre, la riduzione di RJ a r, il passaggio di W germanico a v, l'esito di sibi-

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linguistici in maniera ideale, come gruppo di 'riferimento' (si tenga conto della distanza ideologica tra curiali, per lo più fiorentini, e cittadilù romani21). Dall' analisi dei dati linguistici di Mancini risulta smentito l'assunto mi­ glioriniano secondo cui il romanesco di ' seconda fase' si sarebbe formato grazie a degli eventi ' demografici' verificatisi nel primo Cinquecento e av­ valorata la tesi che il prodromo di quello che sarà il romanesco 'toscanizza­ to' era già formato in pieno Quattrocento22. Quanto affermato da Mancini è in linea con la tesi di Serianni che sostiene che non vi fu ' somrnersione' del dialetto originario, come conferma la presenza di diversi tratti innovativi au­ t�nomi, i�dipendenti dal toscano23, presenti dal Cinquecento in poi, e la per­ srstenza fino ad oggi di alcuni fenomeni esenti da spinte toscanizzanti24.

lante palatale da SSJ; le prime persone plurali in -amo, -enzo, -imo, i pronomi per­ sonali tonici obliqui mi, ti (ibid.). 21 Mancini riporta (ibid., p. 55) quanto affe1mato da Miglio: «più forte diven­ ne la divaricazione tra la curia, ormai trasformatasi in corte, ape1ta ad influenze e suggestioni europee, composta oramai in gran parte da personale non più romano, e quanti con impegno solo di difesa, con la riproposta dell'idea antica di Roma, pro­ teggevano propri declinanti privilegi. Anche le magistrature cittadine, divenute tut­ te di nomina papale e quasi non più elettive, sono per i non-romani, e tra questi una forte presenza è fiorentina, o di persone che con Firenze mantengono un filo rosso strettissimo. n loro giudizio sulla Roma municipale rimane fmtemente riduttivo e negativo ad indicare la impermeabilità, nel sociale, tra due realtà» M. MIGLIO, L'im­ magine dell'onore antico. Individualità e tradizione della Roma municipale, «Studi Romani», 3 1 (1 983), p. 260; cfr. anche ID., Il leone e la lupa. Dal simbolo al pa­ sticcio alla francese, «Studi Romani», 30 (1982), pp. 177- 1 86. 22 «Precisamente nella prima metà del Quattrocento si erano venute a creare quelle condizioni storico-sociali che favorirono l 'elaborazione di un nuovo compo­ nente all'interno del 'continuo' linguistico romanesco: tutto questo avvenne, secon­ do noi, a opera dei ceti intermedi della popolazione urbana. n romanesco 'medio' , ben distinto nella coscienza linguistica dei parlanti dalla varietà bassa, non è per­ tanto il frutto puro e semplice dell' 'invasione fiorentina' a Roma (che certo vi fu nel Cinquecento) e di un accoglimento passivo della lingua 'comune' da parte dei Ro­ mani» (MANCINI, Aspetti cit., pp. 74-75). 23 Ad esempio il monottongamento di uo in o aperta, sistematico dal Cinque­ cento e l 'apocope della sillaba finale negli infiniti, affermatasi tra Quattro e Cin­ quecento (L. SERIANNI, Per un profilo fonologico del romanesco belliano, in SE­ RIANNI, Saggi cit., pp. 298-299; cfr. anche P. TRIFONE, La svolta del romanesco tra Quattro e Cinquecento, in Studi in memoria di Ernesto Giammarco, Pisa 1 990, no­ ta 8 e la bibliografia ivi indicata). 24 La conservazione di e protonica all'intemo di frase, la riduzione di RJ a r, l 'assimilazione progressiva dei nessi nd e mb, l 'affricazione della sibilante dopo li­ quida o nasale, il mantenimento di ar atono nelle formazioni in -aralo, -areccio, ecc. (SERIANNI, Testi letterari cit., pp. 266-267).


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Pietro Trifone, nel suo articolo sulla svolta del romanesco tra Quattro e Cinquecento25, prende le distanze dall'impostazione metodologica di Mancini ritenendo necessario valutare attentamente fino a che punto gli usi 'medi' dei testi scritti conispondano realmente agli usi ' medi' della comunicazione orale, tenendo conto in particolare del divario tra lingua parlata e scritta in una città come Roma con notevoli stratificazioni sociali e culturali. L'indagine diastratica di Mancini non permette inoltre di di­ stinguere, sulla base della sola documentazione scritta, tra fattori diastra­ tici e fattori diafasici e si corre dunque il rischio di scambiare una diffe­ renza di registro per una differenza di strato. Trifone sostituisce inoltre al­ la nozione di lingua 'ufficiale' di Mancini quella di lingua ' alta ' , nella quale inserisce la distinzione tra testi del registro letterario o burocratico e testi del registro usuale o informale26. Questa distinzione permette di in­ serire in uno stesso livello diastratico documenti pubblici e privati di uno stesso scrivente, che altrimenti si troverebbe ad essere collocato su due li­ velli: «qualora non operassimo tale importante distinzione, saremmo co­ stretti a retrocedere automaticamente ad un livello diastratico inferiore le scritture private, non ufficiali, dei redattori di bandi e documenti curiali, con la conseguenza inaccettabile che uno stesso scrivente colto sarebbe classificato ora di serie A ora di serie B»27• Concentrando ancora una volta l'attenzione sulla toscanizzazione della lingua parlata, che è - come abbiamo detto - fenomeno proprio esclusiva­ mente della città di Roma, Trifone osserva in uno strumento notarile del 1455, che Mancini indica come esempio tipico del romanesco 'medio', un «tratto violentemente demotico, antitoscano e antilatino, come il dittongo metafone-

25 Thl:FONE, La svolta del romanesco cit. Gli stessi argomenti trattati in tale sag­

gio sono sviluppati in maniera più ampia nel volume sulla storia linguistica di Roma e del Lazio dalle origini ad oggi, corredata da una antologia di testi commentati: ID., Roma e il Lazio, Torino 1 992; cfr. anche la sua versione abbreviata, Roma e il Lazio, in L'italiano nelle regioni. Lingua nazionale e identità regionali, a cura di F. BRUNI, Tmino 1 992, pp. 540-593 e in L'italiano nelle regioni. Testi e documenti, a cura di F. BRUNI, Torino 1 994, pp. 557-604. 26 Questa partizione è necessaria «giacché esistevano romani capaci di stende­ re un atto ufficiale nel semi-toscano latineggiante delle cancellerie, e al tempo stes­ so inclini ad usare una lingua più prossima al parlato nella corrispondenza con i fa­ miliari o in una pagina di appunti» (Thl:FoNE, La svolta del romanesco cit., pp. 427428). Trifone porta ad esempio i Diari di Stefano Caffari, uomo di Curia e di affa­ ri, e una polizza dello stesso autore. Mentre nei Diari vi è un continuo passaggio dal latino al romanesco, nella polizza la maggiore accuratezza nell'esecuzione, sia gra­ fica che formale, si accompagna alla preferenza per le fmme 'toscane' (ibid. , p. 428). 27 Ibid., p. 427.

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tico ue28» e conclude che la toscanizzazione quattrocentesca parziale e limita­ ta nei testi ufficiali e notarili sarà stata ancora più ince1ta nella lingua parlata29. In alcuni documenti della metà del Quattrocento di Paolo di Giovanni Carbo­ ne, romano di elevata condizione30, il romanesco 'di prima fase' resiste in usi di livello socioculturale non basso31, così come nelle Visioni di santa France­ sca Romana, nel ricettario di Stefano Baroncello, nel registro della Confrater­ nita dell'Annunziata, nelle didascalie del monastero di Tor de' Specchi; ciò di­ mostra che «nel Quattrocento la partita decisiva tra romanesco e toscano era 28 In suelli 'soldi ' ; «Nell' àmbito di una documentazione unilaterale, tenden­ zialmente sbilanciata verso l ' alto, una fmma come suelli ci apre gli occhi sulla realtà del parlato delle stesse persone colte, imponendoci di allargare il nostro sguardo dal­ l' orizzonte diastratico a quello diafasico (ce1ti usi erano popolari o non erano piut­ tosto informali?) e a quello diamesico (fino a che punto gli usi ' medi' dei testi scrit­ ti corrispondevano agli usi ' medi' della lingua parlata?)» (ibid. , pp. 429-430). 29 L'esistenza di una numerosa e influente colonia di mercanti fiorentini non bastò a determinare la crisi del dialetto parlato nel Quattrocento; la presenza di un gruppo di riferimento linguistico è un fattore impmtante ma non necessariamente decisivo. Bisogna considerare che anche a Napoli ad esempio erano presenti mer­ canti toscani e ciò influì sulla fascia media dei testi napoletani del Quattrocento, ma non sni parlanti di Napoli, che hanno continuato ad usare il dialetto napoletano (ibid. , p. 43 1). 30 «Nella lingua di Carbone non sembra manifestarsi tanto la mobilità del mer­ cante, quanto piuttosto la staticità del proprietario teniero. Si spiega così la coeren­ za antifiorentina delle sue scelte» (ibid., p. 439). Alcuni tratti anti-fiorentini presen­ ti negli scritti di Paolo Carbone sono: la mancata anafonesi, il passaggio di o atona della sillaba iniziale ad u, il mantenimento delle occlusive sorde, l 'assimilazione progressiva LD > ll, la palatalizzazione di kj in ciareze 'chiarezza' , l 'articolo lo, il pronome personale mi(ne) 'me', l 'indefinito ciasche, la congiunzione como, il pos­ sessivo meia, i numerali vinti e milli, l 'avverbio sopre, le forme verbali sonno 'so­ no' e poza 'possa ' . Si ritrovano anche alt1i caratteri di stampo popolar·e o comunque tipici del romanesco dell'epoca, come ad esempio il rotacismo della laterale, la pa­ latalizzazione della sibilante, l 'epitesi di -e e di -ne, i plurali in -a, ecc. (ibid., pp. 439-440). 3 1 Nelle carte mercantili di Paolo Carbone ritroviamo i caratteri più tipici del dialetto arcaico: il dittongamento metafonetico, la conservazione di J, il passaggio di B a v in posizione intervocalica e di V- a b- in fonosintassi, la riduzione del nes­ so SJ a s, l 'esito n da GN; nella mmfologia verbale è evidente l' aderenza alle ca­ ratteristiche del romanesco 'di prima fase' , come ad esempio aio per 'ho' e il futu­ ro in -aio, la terza persona singolare in -ao del presente, del futuro e del perfetto, la terza plurale in -co del presente e del futuro, le forme ahi, abe in luogo di ' ebbi, ebbe' . Sono inoltre presenti tratti dialettali che permangono anche dopo il Cinque­ cento: il mantenimento di e protonica, la conservazione di ar in posizione intertoni­ ca, l' assimilazione progressiva ND > nn, l 'affricazione della palatale dopo liquida o nasale, la riduzione di RJ a r, in particolare nel suffisso -aro (ibid., pp. 437-438).


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ancora in parte da giocare»32. Tritone conclude che «la parziale toscanizzazio­ ne delle scritture medio-alte del Quattrocento non conduce necessariamente al­ la smeridionalizzazione del romanesco parlato avvenuta durante il secolo suc­ cessivo, pur costituendone un significativo 'prodromo'»33. Nel corso del Quat­ trocento va valutato il primato di Firenze su Roma, che deve essere inteso però in senso relativo, «nel senso cioè di un equilibrio spezzato piuttosto che di un'indiscussa egemonia>>34 e considerato in pmte contrastato dall' atteggiamen­ to di orgoglio municipale e dalla coscienza del valore del vernacolo locale. Senza l'autentica rivoluzione demografica della prima metà del Cinquecento le sorti linguistiche di Roma non sarebbero state troppo diverse da quelle di altre città italiane35. Decisiva è l'ondata migratoria di provenienza centro-settentrio­ nale, soprattutto toscana, successiva alla crisi demografica dovuta al Sacco di Roma del 1527, favorita dalla presenza dei papi medicei Leone X e Clemente VII36. Di conseguenza «la toscanizzazione linguistica diviene un aspetto forte­ mente simbolico della promozione sociale perseguita dai gmppi emergenti di una compagine urbana in continuo movimento»37. Tritone avvalora la tesi, già avanzata da De Mauro38, che il predominio 'quantitativo' e 'qualitativo', cioè 32 Ibid., p. 433. 33 Ibid., p. 43 1 . 34 Ibid., p . 441 . 35 Ibid., pp. 431-432. 36 L'apogeo della 'nazione' fiorentina è durante i due pontificati di Leone X ( 1 513-1521) e Clemente VII (1523-1534) come già rilevato da J. DELUMEAU, Vie éco­ nomique et sociale de Rome dans la seconde moité du XVIe siècle, Pmis 1 957-1959, pp. 207-2 1 1 e da L. voN PASTOR, Storia dei Papi dallafine del Medio Evo, IV, Roma 1960, pp. 351-356. Per una ulte1iore bibliografia in proposito cfr. TR!FoNE, La svolta del m­ manesco cit., nota 40. 37 Ibid., p. 442.

38 «La decadenza delle caratteristiche dialettali meridionali del romanesco è di­ rettamente legata agli aspetti quantitativi e qualitativi dello sviluppo demografico della città durante il Cinquecento» (DE MAURO, Storia linguistica cit., p. 24). Nel saggio che funge da introduzione al volume sul romanesco ieli e oggi, Tullio De Mauro individua quattro fattori dominanti che incrinarono, già prima del Cinque­ cento, la stabilità del patlimonio dialettale e dettero luogo alla ricerca di piattafor­ me linguistiche di mediazione: l) un fattore 'spaziale' , ' quantitativo' e demografi­ co connesso all' afflusso di conenti immigratmie dialettalmente eterogenee dopo il S acco di Roma del 1 527 ; 2) un fattore politico, connesso alla presenza di una clas­ se diligente panitaliana e in parte internazionale; 3) la 'medietà' del romanesco non solo in senso geografico ma anche ' strutturale' ; 4) una estesa e precoce alfabetizza­ zione dovuta al grande sviluppo delle scuole popolari di lettura (T. DE MAURO, Per una storia linguistica della città di Roma, in Il romanesco ieri ed oggi (Atti del Con­ vegno del Centro Romanesco T1ilussa e del Dipattimento di S cienze del linguaggio dell' Università di Roma "La Sapienza", Roma 1 2- 1 3 ottobre 1 984), a cura di T. DE

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economico e sociale della consistente colonia fiorentina, sia alla base della cri­ si delle caratteristiche meridionali del dialetto romanesco, precisando questa tesi con una ricca serie di dati. Riprendendo i dati offerti da LivP9, Trifone rivaluta quelli della De­ scriptio w·bis del 1526, dai quali si può constatare che la metà della popola­ zione dell'Urbe era costituita da romani e che, nell'ambito dei non romani, il 73,9 % era rappresentato da italiani e il restante 26,1 % da stranieri40. Tra gli italiani presenti a Roma nel primo Cinquecento c'è da rilevare l'enorme divario tra la componente centro-settentrionale (9 1 %) e quella meridionale (9 % ). Dai dati emerge in maniera evidente la scarsa immigrazione meridio­ nale e la supremazia quantitativa e qualitativa della colonia toscana; tale pre­ senza ha sicuramente inciso fortemente nel processo di smeridionalizzazio­ ne del dialetto. Trifone vede nella toscanizzazione del primo Cinquecento la conclusione di una esperienza già sviluppata nel Quattrocento dalle classi romane medio-alte nella lingua scritta e in particolare negli usi formali e che, dopo il Sacco, riguarderà anche la lingua parlata; inoltre «il dialetto primiti­ vo, sempre più vacillante negli strati medio-alti, è tuttavia in grado di resi­ stere negli usi popolari e informati dei 'romani-romani' , che rimangono co­ munque il nucleo più consistente della popolazione urbana»41• L'indagine viene estesa da Trifone al periodo successivo al Sacco di Roma, riportando i dati del De Dominicis42 tratti dagli atti battesimali del periodo 1531-1549, dai quali emerge che la percentuale dei non romani è cresciuta (55%), è rafforzata la componente centro-settentrionale (96%) e accresciuta la per­ centuale di toscani (dal 20% al 37,5%), che raggiunge una consistenza nu­ merica all'incirca equiparabile a quella dei romani. In conclusione dalla sua accurata analisi Trifone fa emergere chiara­ mente la distinzione tra toscanizzazione del romanesco scritto (già quattro­ centesca) e toscanizzazione del romanesco parlato (solo cinquecentesca) e

MAURO, Roma 1 989, in partic. alle pp. XX-XXX; poi in DE MAURO, L' Italia delle Italie, Roma 1 9922, pp. 1 64-175, 3 1 4-325). 39 L. LIVI, Un censimento di Roma avanti il Sacco Borbonico. Saggio di de­ mografia storica, «Giornale degli economisti e rivista di statistica», 48 ( 1 9 1 4), 3" ser. , pp. 1-100. 40 Viene radicalmente respinta da Tlifone l 'impostazione di Delumeau, che at­ tribuisce alla complessiva popolazione di Roma i dati percentuali 1iguardanti un ri­ stretto campione di circa 3500 individui dei quali è indicata la provenienza. La per­ centuale di romani veli si riduce con questo criterio a un decimo della popolazione complessiva, meno dei lombardi ( 1 5 %) e dei toscani (13%) (DELUMEAU, Vie écono­ mique cit., pp. 198-1 99). 41 P. TRIFONE, Roma e il Lazio, Torino 1 992, p. 42. 42 C. DE DoMINICIS, Immigrazione a Roma dopo il Sacco del 1527 (15311549), «Archivio della Società Romana di Storia Patria», 109 ( 1986), pp. 1 5 1 -193.


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la stretta connessione tra smeridionalizzazione demografica e smeridiona­ lizzazione linguistica; quest'ultima «avviata fin dal Quattrocento dai ceti urbani medio-alti soprattutto nell'uso scritto o formale, si è quindi estesa con progressione costante all'uso sia scritto sia parlato di ogni classe so­ ciale, includendo alla fine anche le più basse»43. Alla luce degli studi di Mancini e Trifone, ma nell'ottica particolare del­ lo storico dell'italianizzazione, Massimo Palermo44 si occupa di indagare i fenomeni di standardizzazione a Roma nel primo Cinquecento, ponendo la sua attenzione su documenti pubblici (bandi, editti, disposizioni dei pontefi­ ci per Roma, statuti in volgare per la provincia), confrontati con esempi di produzione memorialistica e di tipo letterario. I dati che emergono fanno parlare Pale1mo di 'toscanizzazione imperfetta', di «tma lingua sicuramente diversificata dal toscano, ma i cui tratti peculiari sono da definire in negati­ vo, per dif.ferentiam, rispetto alla norma fiorentina»45. Per Palermo sono scomparse ormai da più di un secolo le forme spiccatamente locali e l'insie­ me dei dati rivela nelle situazioni di conflitto romano-toscano la preferenza per le forme etimologiche, che avevano dalla loro parte il suppmto del dia­ letto e del latino. La tipologia di testi scelta, funzionale agli obiettivi dello studioso, dà lumi sulla lingua scritta di carattere ufficiale, ma non sulla realtà del parlato a Roma all'inizio del Cinquecento. Mancini46, riprendendo il discorso dalle considerazioni di Trifone, tenta invece di risalire dallo scritto al parlato o quantomeno al 'parlato-scritto '47, scegliendo testi che abbiano caratteristiche del registro informale (come stru­ menti, annotazioni, ricette). Lo studioso nota, nella seconda metà del Quat­ trocento, un incremento dei tratti ' medi' in questo tipo di testi con caratte1i di 'privatezza' e 'spontaneità'48 (ne riporta una ce1ta quantità a titolo esem­ plificativo49), la scomparsa di tratti dialettali arcaici e il mantenimento di tratti genericamente mediani. Tra questi anche un registro delle entrate e del43 TRIFONE, La svolta del romanesco cit., p. 450. 44 M. PALERMO, Fenomeni di standardizzazione a Roma nel primo Cinquecen-

to, «Contributi di filologia dell'Italia mediana», 5 ( 1 99 1 ), pp. 23-52. 45 Ibid., pp. 44-45. 46 MANCINI, Nuove prospettive cit. 47 Per la definizione del 'parlato-scritto ' cfr. G. NENCIONI, Parlato-parlato, parlato-scritto, parlato-recitato, «Strumenti critici», 1 0 ( 1 976), pp. 1-56, poi in NENCIONI, Di scritto e di parlato, Bologna 1983, pp. 126-179.

48 La pettinenza di questi parametri nella ricostruzione del 'parlato-scritto' è sot­

tolineata da P.

D'AcHILLE, Sintassi del parlato e tradizione scritta della lingua italia­ na. Analisi di testi dalle origini al secolo XVIII, Roma 1990, pp. 26-27. 49 Ripmta e analizza due testi già da lui stesso pubblicati (MANciNI, Aspetti cit., pp.

73-74) e quattro ticevute commerciali appattenenti alla famiglia Infessura tratte dalla te­ si di Daniela Romani, allieva di Luca Setiartni (laurea discussa nell'a.a. 1988-89).

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le uscite dell' Arciconfraternita della SS. Annunziata, un biglietto scritto da un certo Iacovo a Faustina (per Mancini Iacovo Frangipane scrive alla ma­ dre Faustina50) e alcune carte della fine del Quattrocento del possidente ro­ mano Battista Frangipane51. Nei brani riportati (presi da una polizza, da una bozza di testamento, da una lista di note di spesa), attribuiti a quest'ultimo52, Mancini 1ileva elementi contrapposti del registro informale, caratterizzato da un romanesco con tratti ' medi' , di quello formale, intriso di latino ed espur­ gato di quasi tutti gli elementi locali, e di quello presurnibilmente familiare, in cui sopravvivono elementi arcaici relegati per quest'epoca per lo più nel parlato basso (come dimostrano i testi in letteratura riflessa)53. Mancini vede una chiara affinità tra i tratti linguistici toscani presenti nelle scritture informali ' medie' romanesche di fine Quattrocento e quelli che si ritrovano nel romanesco ' di seconda fase' . Viene dunque postulata l'esistenza di una varietà ' media' parlata con elementi del toscano, che sarà lo strumento di integrazione linguistica al quale si rivolgeranno gli immi­ grati cinquecenteschi. L'affermarsi del romanesco toscanizzato «va inteso unicamente nel senso che, a seguito di forti immigrazioni cinquecentesche, deve essere avvenuta una espansione di quella piattaforma di mediazione linguistica da decenni già a disposizione dei ceti medi romani, una piat­ taforma oramai 'da spendere tutta e subito' , come nota Trifone; questi rile­ va infatti che 'il più naturale terreno d'incontro viene identificato appunto nella varietà toscanizzata o comunque smeridionalizzata'54»55. Le conclusioni di Mancini e Trifone sulle modalità del processo di to50 Trattandosi di un biglietto scritto alla madre, Mancini suppone un registro e­ stremamente infonnale. Maurizio Trifone smentisce questa attribuzione in quanto Faustina Bastardelli Frangipane non aveva figli e formula una prima ipotesi, che cioè Iacovo fosse il figlio di Valeriano Frangipane, fratello di Battista (marito di Faustina), e quindi Faustina fosse sua zia. Il registro utilizzato sarà tutt'altro che informale, per rispetto nei confronti della zia, alla quale chiede un prestito con la do­ vuta deferenza (M. TruFoNE, Le carte di B. Frangipane (1471-1500), nobile roma­ no e "mercante di campagna ", Heidelberg 1 998, p . 23). 5 1 Studiando le catte di B attista Frangipane, Maurizio Trifone titomerà più vol­ te a 1icostruire l 'identità degli scriventi dei testi citati da Mancini, basandosi su una precisa raccolta di dati storici e biografici, e smentirà con le sue correzioni le valu­ tazioni linguistiche sui documenti e alcune considerazioni conclusive alle quali è giunto Mancini (ThiFoNE, Le carte di B. Frangipane cit., pp. 23-25 e ID., Lingua e società nella Roma rinascimentale, l. Testi e scriventi, Firenze 1999). 52 L'elegante italica della bozza di testamento verrà considerata però da Mauri­ zio Ttifone molto lontana dalla sctittura di Battista Frangipane, che presenta tratti e le­ gatnenti tipici della mercantesca (Tru:FoNE, Le carte di B. Frangipane cit., pp. 23-24). 53 MANCINI, Nuove prospettive cit., p. 30. 54 TRIFONE, Roma e il Lazio cit., p. 44. 55 MANCINI, Nuove prospettive cit., p. 33.


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scanizzazione, come si vede, convergono in più punti, pur con diverse va­ lutazioni dovute ad una differente lettura dei dati, ma con una medesima prospettiva dovuta all'impostazione sociolinguistica, che porta ad eviden­ ziare concause storiche, socioeconomiche, culturali, linguistiche che hanno condotto alla ' svolta' del romanesco. Maurizio Trifone con il volume su Le carte di Battista Frangipane56 interviene nel dibattito sulle modalità e i tempi del processo di transizione del romanesco. Contemperando la prospettiva sociolinguistica con quella filologica, realizza l'esame accurato di una documentazione che, in una ve­ ste linguistica originale, presenta caratteri tipologici omogenei e corrispon­ denti ad un arco di tempo determinato (fine Quattrocento)57. Le testimonianze del ricco latifondista romano, delle quali Trifone ci dà l'edizione e l'analisi linguistica, sono di grande interesse in quanto au­ tografe. Esse occupano una sessantina di carte sparse qua e là in un volume dell' Archivio di Stato dell' Arciconfraternita dell'Annunziata e si possono suddividere in due gruppi: da un lato una lunga lista di registrazioni conta­ bili riguardanti l'ambito domestico e agricolo, scritte a fini esclusivamente pratici di memoria personale, dall' altro delle polizze aventi quasi sempre per oggetto un contratto di pascolo. La scelta di Maurizio Trifone di analizzare delle registrazioni contabili trova la duplice motivazione nella loro attendibilità filologica e nella vici­ nanza al parlato, poiché si tratta di testi 'scritti per sé' con caratteristiche di privatezza e spontaneità. Questi caratteri, presenti in testi filologicamente af­ fidabili quali sono le cmte di Battista Frangipane, risultano ancor più rilevan­ ti in relazione alla produzione diaristica e memorialistica del Quattrocento, pervenutaci attraverso copie cinque-seicentesche non sempre affidabili58.

56 ThiFoNE, Le carte di B. Frangipane cit. 57 Trifone sceglie un corpus di testi omogeneo nell'ambito dell'abbondante

produzione del Quattrocento. Per questo secolo D'Achille e Giovanardi nella loro bibliografia segnalano un centinaio di testi di area romana (D'AcHILLE-GIOVANAR­ DI, La letteratura volgare cit., pp. 36-62). 58 Diari e memorie, essendoci giunti in copie tarde, mostrano tracce evidenti di inquinamento «sia nel senso della sdialettizzazione sia nel senso opposto della iper­ caratterizzazione dialettale» (ThiFONE, Le carte di B. Frangipane cit., presentazione). Si vedano ad esempio Il 'Memoriale ' di Paolo di Benedetto di Cola dello Mastro del Rione di Ponte, a cura di F. !SOLDI, RIS2, 24/2 ( 1 9 10-1912), pp. 8 1-100 e 125-132; Il Diario della città di Roma di Stefano 1nfessura scribasenato, a cura di O. TOMASSI­ NI, Roma 1 890; La Mesticanza di Paolo di LeZZo Petrone (17 agosto 1434-6 marzo 1447), a cura di F. !SOLDI, RIS2, 24/2 (1910- 1 9 1 2), pp. V-LXXXIII, 1-63 e 125-132; Diario della città di Roma dall'anno 1480 all'anno 1492 di Antonio de Vascho, a cu­ ra di G. CHIESA, RIS2, 23/3 ( 1 9 1 1), pp. 447-599.

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Inoltre la presenza nelle testimonianze di Battista Frangipane di registri sti­ listici differenti, familiare-informale per le note di spesa e burocratico-for­ male nelle polizze, consente a Trifone di verificare «il diverso dosaggio del­ le variabili demotiche a seconda della maggiore o minore pressione della norma toscana»59. La considerazione più rilevante che emerge dalle carte di B attista Fran­ gipane, in particolare dalle note di spesa, nelle quali ricorrono con maggio­ re frequenza tratti dialettali arcaici60, è che ancora sul finire del Quattro­ cento, un romano di alto rango sociale usa una lingua caratterizzata da una notevole aderenza alla fenomenologia del romanesco ' di prima fase'61. Maurizio Trifone deduce che alla fine del secolo XV il processo di to­ scanizzazione del romanesco non si era ancora compiuto nel parlato anche di persone di elevata condizione sociale e che i tratti dialettali municipali arcaici tendevano però a scomparire nei testi scritti e/o contraddistinti da caratteri di formalità e ufficialità, come le polizze. La presenza di tratti locali arcaici, che nella tripartizione diastratica o­ perata da Marco Mancini vengono ascritti alla varietà popolare, dimostra per Trifone la difficoltà di distinguere tra diastratia e diafasia, fra usi po­ polari e usi informali. Lo studioso conclude che «dali' analisi dettagliata

59 TRIFONE, Le carte di B. Frangipane cit., p. 213. 60 Ricorrono con particolare frequenza, ad esempio, i seguenti tratti: il ditton­ gamento metafonetico (limitato quasi soltanto al tipo ie), la conservazione di J; l'e­ sito } da G + vocale palatale e anche da -BJ-, -VJ-, -DJ-, lo scambio di B con v (in posizione iniziale e intervocalica, e dopo vibrante), la riduzione del nesso SJ a s in caso 'cacio' ; l'evoluzione -GN- > -n- e -in-; la costanza degli articoli lo e uno, la terza persona singolare del presente in -ao, -eo, la terza persona plurale del presen­ te in -aco; la terza persona singolare del futuro in -ao; la terza persona singolare del passato remoto in -ao, -à; le forme verbali agio per 'ho' , abe in luogo di 'ebbe' (TRIFONE, Le carte di B. Frangipane cit., pp. 2 1 3-21 5); alcuni tratti del romanesco

'di prima fase' sono presenti peraltro anche nelle polizze come testimoniano forme come mieso, Castiello, iennaro, iugnio, Vaselica, devitore, erva, caso, agio, ao, le­ gierao, verrao (ibid. , pp. 2 15-21 6). 6 1 Operando un confronto tra le carte di Paolo Carbone, un testo dello stesso ambito tipologico ma di qualche decennio prima, e i documenti di B attista Frangi­ pane, Maurizio Trifone rileva coincidenze sia sul piano fonommiologico che su quello lessicale, ma nota anche una certa evoluzione: Battista Frangipane tende ad abbandonare alcuni tratti dialettali del romanesco 'di prima fase' come il dittongo metafonetico presente solo nel tipo ie (nelle carte di Paolo Carbone si trova sia nel­ la serie palatale che in quella velare), abbandona il passaggio da v- a b- in fonosin­ tassi (presente nei documenti di Paolo Carbone), sostituisce la terza plurale in -co (soscriveraco) , che figura ancora nelle carte di Paolo Carbone, con la forma tosca­ na soctoscriveranno (ibid., pp . 2 16-217).


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dei singoli microsistemi viene dunque fuori l'immagine di una lingua 'in movimento' , ma non certamente quella di una lingua 'disfatta' o 'deloca­ lizzata' : nella seconda metà del XV secolo la resistenza dei tratti schietta­ mente municipali appare ben salda, pur con le ovvie oscillazioni e defles­ sioni che documentano il processo di graduale avvicinamento del romane­ sco alla norma di prestigio. Si dovrà però attendere il secolo successivo perché i meccanismi di approssimazione al toscano si generalizzino fino ad interessare l 'intera comunità dei parlanti»62. Maurizio Trifone continua la sua indagine nel recente volume su testi e scriventi nella Roma rinascimentalé3, offrendo al pubblico di ricercatori una notevole quantità di documenti inediti, prodotti tra il 1454 e il 1548 da 353 scriventi di diversa estrazione sociale, conservati in un codice comu­ nemente conosciuto come ' archivio Frangipane'64. In esso sono documen­ tate varie operazioni di tipo economico avvenute tra un'ampia cerchia di ro­ mani e il possidente Battista Frangipane, la gran parte nell'ultimo decennio del Quattrocento. Oltre all'edizione dei testi, il ricercatore fa il 'censimen­ to' di tutti gli scriventi, dei quali fornisce un ampio ventaglio di infmn1a­ zioni biografico-sociali e relative alla realizzazione dei testi (paleografiche, linguistiche, documentali), per delineare la fisionomia sociolinguistica di chi redige il documento, ma anche per collocare ogni scrivente e i relativi testi all'interno di un determinato ambito tipologico. A dimostrazione di quanto sia legata l'interpretazione dei dati lingui­ stici all' analisi puntuale delle caratteristiche formali dei documenti e alla ricostruzione dell'identità e della posizione sociale dello scrivente si pos­ sono prendere in esame le considerazioni di Trifone su alcune carte già va­ lutate da Mancini65. Maurizio Trifone esamina la carta 490r, contenente le disposizioni te­ stamentarie di Battista Frangipane, scritte in una elegante italica pura, in una lingua intrisa di latinismi e quasi del tutto priva di tratti locali arcaici: «Mar­ co Mancini attribuisce il documento al nobile romano, al quale riconosce la capacità di trasconere da un livello all'altro del continuum linguistico e di variare il grado di accuratezza grafica a seconda del tipo di testo redatto. Ma in tutti gli scritti di cui è autore (ricevute, contratti, annotazioni contabili, ru­ briche, ecc.), Battista Frangipane usa una corsiva con elementi di mercante-

62 Ibid., p. 217. 63 Tru:FoNE, Lingua e società cit. 64 li codice

appartenente al fondo dell 'Arciconfraternita dell'Annunziata (tomo conservato presso l ' Archivio di Stato di Roma. Alcuni documenti sono tra­ scritti e commentati dal punto di vista linguistico in Tru:FoNE, Le carte di B. Fran­ gipane cit., pp. 43-218 (commento linguistico) e 2 1 9-291 (trascrizione dei testi). 65 MANCINI, Nuove prospettive cit., pp. 29-3 1 . 109) è

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sca di medio livello esecutivo, troppo distante tipologicamente dalla scrittu­ ra di c. 490r per essere ricondotta alla medesima mano»66. Questa difformità rispetto alle abitudini scrittorie del nobile fa verosimilmente pensare che il testamento sia stato scritto da un notaio67. Si vedano anche le osservazioni su quello che per Mancini è un «bi­ glietto scritto da Iacovo Frangipane alla madre Faustina, nel quale si deve presumere l'impiego di un registro estremamente informale»68. Per Trifone la lettera non è scritta da Iacovo Frangipané9, che dimostra solitamente un'abilità grafica nettamente superiore, e non è diretta a Faustina Frangipa­ ne, ma a Maria Infessura della quale Iacovo era nipote (la chiama infatti Madonna tia10) . Si tratta dunque di una richiesta di un prestito alla zia, alla quale si rivolge con deferenza in un registro tutt'altro che informale. Il to­ no enfatico della chiusa «Lo vostro figliolo Iacovo da Roma», che ha ge­ nerato il fraintendimento di Mancini, ne è conferma. Dalla precisa ricostruzione storico-filologica di Trifone, che qui ho so­ lo minimamente esemplificato, emerge il valore di un modello di indagine che tenga conto sia dei dati linguistici che di quelli extralinguistici, di gran­ de utilità, in particolare nel caso specifico, al fine di spiegare le dinamiche del processo di transizione del romanesco tra Quattro e Cinquecento.

66 ThiFONE, Lingua e società cit., p. 19. 67 Ibid., p. 20. 68 MANCINI, Nuove prospettive cit., p. 29. 69 Maurizio Trifone ritorna ad analizzare l ' identità dello scrivente, già presa in esame in ThiFONE, Le carte di B. Frangipane, p. 23 (cfr. con quanto esposto alla no­ ta 50 della presente trattazione). 70 TRIFoNE, Lingua e società cit., p. 21 .


732

LUISA AURIGEMMA

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S OMMARIO TOMO!

Premessa

7

Parole di apertura

9

2000 any dels B mja Proyectos Valencianos

MASSIMO MIGLIO, ALBERTO TENENTI,

11

Le ragioni di una revisione storica

15 19

Tra due età

E l entorno eclesùistico de Alejandro VI. Nota sobre laformaci6n de la clientela polftica borgiana (1429-1503)

27

Alexandre VI et la France d'après les sources con­ temporaines: physionomie d'une relation diplomatique inconciliable

59

PAULINO lRADIEL-JOSÉ Ma CRUSELLES,

PATRICK GILLI,

ALFRED KOHLER,

liano

El sacro Imperio Romano en la época de Maximi77

MARIA CONSIGLIA DE MATTEIS,

mito negativo

FRANCESCO SoMAINI, Il

1484

Alessandro VI: alle origini di un 85

cardinale Rodrigo Borgia ed il conclave del 99

MARCO PELLEGRINI, Il profilo politico-istituzionale

nell 'età di Alessandro VI: persistenze e novità

GABRIELLA AIRALDI, Il

grafiche

Lufs ADAO

ANNIBALE ILARI,

PAOLA PAVAN, Il

1 77

ruolo di A lessandro VI nelle scoperte geo-

DA FoNSECA,

tugueses

del cardinalato

217 Alexandre VI e o s descobrùnentos por-

227

Il Liber notarum di Giovanni Burcardo

249

comune di Roma al tempo di Alessandro VI

323

Alessandro VI e lefamiglie romane di antica nobiltà: gli Orsini

331

Alessandro VI e i Colonna: motivazioni e strategie nel conflittofra il papa Borgia e il baronato romano

345

FRANCA ALLEGREZZA, ANDREAS REHBERG,

TOMO Il

Il tem.po che a Roma «Havia mtis putas que frayles en Vénecia»

TERESA CIRILLO SIRRI,

3 87


PIERO ScAPECCHI, PAOLA FARENGA,

Savonarola e la stampa

399

Le edizioni di Eucario Silber

409

CONCETTA BIANCA,

Le orazioni a stampa

44 1

ANNA MODIGLIANI,

Cittadini romani e libri a stampa

469

MARIA GIULIA AURIGEMMA,

decennio del '400 ANNA MODIGLIANI,

dro VI

Case di .fiorentini a Roma nell'ultimo

Uso degli spazi pubblici nella Roma di Alessan-

MAURIZIO GARGANO, Alessandro VI e l'antico: pubbliche tra magnificentia e liberalitas

495 521

architettura e opere

La porta santa di A lessandro VI e di Cle­ mente VII e un'opera sconosciuta di Baldassarre Peruzzi a S. Pietro

Alessandro VI: il cerimoniale del possesso tratto dai modelli dell'antico trionfo

romani del principe Giovanni e della regina Isabella di Castiglia: rituale politico al servizio della monarchia spagnola

57 1 593

MA.NuEL VAQUERO PINEIRO, !funerali

GIOVANNI PESIRI,

Sermoneta: 1499-1503

S TEFANIA TAR QUINI,

Nepi e Civita Castellana

Stato delle ricerche sulla toscanizzazione del romanesco tra Quattro e Cinquecento

861

Opere di architettura e scultura per il cardinale Ludovico Podocataro, vescovo di Cipro

873

LoRENZO FINOCCHI GHERSI, SABINE FROMMEL,

Giuliano e Antonio da Sangallo

GIOVANNA CASAGRANDE-PAOLA MONACCHIA,

Colomba da Rieti di

fronte ad Alessandro VI ANNA MORISI GUERRA, FRANCO CARDINI,

I l profetismo a l tempo di A lessandro VI

Alessandro VI e la crociata

895 917 961 97 1

549

CHRISTOPH L. FROMMEL,

ANGELA QuATTROCCHI,

Un committente spagnolo nella Roma di Alessandro VI: Bernardino Carvajal

FLAV IA CAN TATORE,

INDICI

979

-delle abbreviazioni

981

-dei nomi

983

-delle fonti manoscritte

l 029

-delle figure

1 039

64 1 657 705

LUISA AURIGEMMA,

717

TOMOill PAOLA GUERRINI,

La produzione artistica dei conventi amedeiti

MARINA MoNTESANO, Il

737

toro dei Borgia: analisi di un simbolo fra tradizione araldica e sugge,çtioni pagane

759

Pinturicchio <<familiare» della corte borgiana: l'Appartamento di Alessandro VI a Castel Sant'Angelo

781

L'orientalismo e l'idea della pace nella pittura romana dell'epoca di A lessandro VI

803

La scultura funeraria a Roma, 1492-1503: chiavi di lettura e proposte per un cantiere di studi

821

ANNA CAVALLARO, SABINE POESCHEL, SARA MAGISTER,

ENRICO PARLATO, Il

"cielo" di Raffaellino del Garbo alla Minerva: artisti toscani e decorazioni all'antica nella Roma di fine Quattrocento

837

Durante i lavori del Convegno sono state presentate anche l e relazioni: RoMBO DE MAlo, Alessandro VI e Savonarola; LAURA FORTINI, Per un censimento della produzione a stampa da Alessandro VI a Giulio II; GUY LE THIEC, Il papa, il re, l'ostaggio: nuove idee su un progetto di crociata di Carlo VIII; DOMENICO MAFFEI, Alessandro VI giurista?; CLAUDIO STRI­ NATI, Il giubileo e l'attività del Pinturicchio, che non è stato possibile ac­ quisire agli Atti.


PAOLA GUERRINI La produzione artistica dei conventi amedeiti

«Veniet post illum bos cornupeta, et taurus non bos, Symon magus qui constituet in tempio Dei ementes et vendentes et mensas nummulariorum, de quo pauci confidere poterunt»1 . È fin troppo facile riconoscere in queste parole un malcelato atto di accusa nei confronti del pontificato di Alessan­ dro VI, contenuto in uno dei testi più diffusi negli ambienti religiosi italia­ ni del Cinquecento: l'Apocalypsis Nova, che costituisce l'esempio di uso, spregiudicato e astuto in chiave politica, di una ormai lunga tradizione pro­ fetica. Il volume sigillato dell 'Apocalypsis Nova venne aperto a Roma, nella chiesa di S . Pietro in Montorio, tra la Pasqua e l 'Ascensione del 1 502 per ordine del generale dei Minori fra ' Egidio Delfini. Poco dopo fra ' Isaia da Varese consegnò «lo gran tesoro del libro del Beato Amadio un sabbato di mattina per tempo al cardinale di Santa Croce», ossia allo spagnolo Ber­ nardino Carvajal; costui, leggendolo, si convinse di potersi riconoscere nel papa angelico annunciato dalla profezia e per questo fu tra i promotori del Concilio di Pisa2. Le premesse di uno dei più gravi atti di scissione all'in­ terno della Chiesa all'inizio del Cinquecento furono dunque poste in un te­ sto redatto nella primavera del 1482 da un francescano: il beato Amedeo da Silva. Nato a Campo Maior o in altro luogo del Portogallo dopo il 1427 da nobile famiglia cristiana (non ebrea, come hanno messo di recente in evi­ denza le ricerche di padre Sousa?, nel dicembre del 1452, o nell'anno se­ guente, Amedeo intraprese il suo pellegrinaggio alla volta di Assisi. Nel 1459 gli vennero conferiti tutti gli ordini nel convento di S . Francesco ad Oreno, in Lombardia, da dove iniziò il suo intenso apostolato. Propugnato-

1 Cfr. A. Morusr, «Apocalypsis Nova». Ricerche sull'origine e la formazione del testo dello pseudo-Amadeo, Roma 1970, pp. 16 e 22. Cfr. C. VAsou, Dall'«Apochalypsis nova» al «De harmonia mundi». Linee per una ricerca, in Ifrati minori tra '400 e '500 (Atti del XII Convegno Interna­ zionale, Assisi 18-20 ottobre 1 984), Assisi 1 986, pp. 257-29 1 . 3 A.D. D E SousA CosTA OFM, Studio critico e documenti inediti sulla vita del beato Amedeo da Silva nel quinto centenario della morte, in Nascere Sancta. Miscel­ lanea in memoria di Agostino Amore OFM (t 1982), a cura di I. VAzQUEZ JANEIRO OFM, II, Roma 1985, pp. 101-360. 2


738

PAOLA

GUERRINI

re di un'adesione alla regola di san Francesco ancor più austera e rigorosa di quella adottata dagli Osservanti, proclamatore di povertà, umiltà e pace, Amedeo riuscì ad ottenere la stima e l'appoggio di personalità quali i duchi di Milano, venendo così ad acquistare - assieme al suo movimento - pote­ re ed influenza anche in campo politico. Nell' arco di poco più di un decennio vennero fondati una dozzina di conventi nelle diocesi di Milano, Cremona, Brescia, nei quali ricorrono le intitolazioni di S. Maria della Pace e di S. Maria delle Grazie. L'appoggio dei duchi, una massiccia adesione popolare e l 'autonomia d'azione che fu a più riprese concessa dai papi al beato nei confronti dell' Osservanza, del­ la quale egli continuò tuttavia a considerarsi membro, procurarono ad A­ medeo antipatie e rappresaglie da parte dei Frati Minori di area lombarda. A questa situazione debbono essere ricondotti i contrasti e gli episodi tutt'altro che pacifici che si registrano numerosi nella storia della congre­ gazione e nella stessa vita del frate portoghese. Non sembra però che le di­ vergenze tra Amedeiti e Osservanti trovino riscontro anche in campo arti­ stico: un confronto tra le fondazioni lombarde dei due movimenti rivela anzi una generale conformità di tipologie e gusto4. Le chiese di entrambe le congregazioni si compongono di un corpo principale rettilineo scandito in due o tre navi da una specie di nartece interno, collocato a metà dell'in­ vaso ecclesiale, composto a sua volta da tre o più campate, coperte da vol­ te e aperte da arcate a est come a ovest, mentre il vano orientale si con­ clude in un piccolo coro, quello occidentale (in genere a tetto a vista), ar­ ricchito su entrambi i lati da tipiche cappelle sfaccettate salariate. I cicli pittorici sono per lo più affrescati sul tramezzo e ricorrono in prevalenza le immagini dei santi più significativi dell'ordine, ossia Francesco e Anto­ nio da Padova e, del ramo degli Osservanti, in particolare Bernardino da Siena5. Nel 147 1 fra' Amedeo giunse a Roma, proprio nel momento in cui ve­ niva promosso alla cattedra di Pietro un francescano conventuale che era sta­ to ministro generale dell'ordine: Sisto IV. Costui elargì una serie di conces­ sioni ai conventi amedeiti di Lombardia, donò ad Amedeo la facoltà di reg­ gere i frati della congregazione da vero superiore, con tutti i privilegi con­ cessi ai ministri dell'ordine, lo nominò suo confessore e gli offrì la chiesa di

4 Cfr. A. GALIZZI, La riforma amadeita e Santa Maria di Bressanoro: un epi­ sodio all'interno dell'Osservanzajrancescana, «Arte lombarda», 76-77 (1 986), pp. 62-68. 5 Cfr. G. FERRI PICCALUGA, Iconografia francescana in Valcamonica, in France­ scanesimo in Valle Camonica (Atti del Convegno di studio: VIll centenario della na­ scita di san Francesco, Breno 17-19 dicembre 1 982), Brescia 1984, pp. 253-282.

LA PRODUZIONE ARTISTICA DEI CON V ENTI AMEDEITI

739

S. Pietro in Montorio. Qui «in una spelonca sotto il loco dove fu crocifisso san Piero, dove arando et contemplando stava insino a vespro, di poi uscen­ do, di licentia del sommo pontefice celebrava la messa, la quale celebrata, dava audientia a molti, che lo venivano a visitare»6. Fra' Mariano da Firen­ ze fa riferimento anche alle apparizioni dell'arcangelo Gabriele e alle rive­ lazioni «circa alla creatione angelica et humana, et ruina degli angeli, et del­ la incarnatione di Christo, et della renovatione della chiesa, la quale diceva, presto doveva essere»7. Sopra la grotta ove, secondo la tr��izione, f�a' Amedeo dettò l'Apocalypsis Nova, nel luogo ove era stato crocifisso san Pie­ tro tra la fine del Quattrocento e i primi anni del Cinquecento venne co­ str�lito il tempietto del Bramante8 e la cripta fu trasform�t� in ca�pella, che sarebbe stata ornata di stucchi e dipinti nel corso del pontificato di Paolo III. Anche nella chiesa, sottoposta nel corso dei secoli a numerosi rifacimenti e restauri, scarse sono le testimonianze amedeite. Un affresco che era nella sa­ grestia, raffigurante il beato mentre stringe al petto il suo li?ro di rivela�io­ _ a un disegno del Ciac­ ni su cui è scritto Aperietur in tempore, è noto grazie conius nel codice Vat. lat. 54079 (fig. l). Lo stesso libro l 'Apocalypsis Nova, e la stessa scritta Aperietur in tempore appare con il monogramma del nome di Gesù Cristo sotto la pala d'altare raffigurante la Flagellazione di Seba­ stiano del Piombo nella cappella Borgherini della medesima chiesa10• I privilegi accordati da Sisto IV al beato portoghese facilitarono la dif­ fusione dei suoi conventi oltre i confini lombardi con un percorso che, lun­ go la dorsale appenninica, giunse fino alle porte del Lazio11. Qui gli Orsini

6

Cfr. DE Sous A CosTA, Studio critico cit., p. 237.

7 lbid.

;

s Cfr. F. CANTATORE, La chiesa di San Pietro in Montorio a Roma: ricerche ed ipotesi intorno alla fabbrica tra XV e XVI secolo, -«Quaderni del l'Istituto di Storia dell'Architettura» , n. ser. , 24 (1994) [1997], pp. 3-34. n Ciacconius è il teologo domenicano che nell'ultimo quarto del XVI secolo copiò ad acquarello gran parte dei mosaici e degli affreschi dell� chiese di Roma e in molti casi i suoi disegni sono l 'unica testimonianza esistente d1 opere perdute, cfr. G. MoRONI, Ciacconio Alfonso, in Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da s. Pietro sino ai nostri giorni, xm, Venezia 1 842, p. 120; P. L. VANNICELLI OFM, S. Pietro in Montorio e il tempietto del Bramante, Roma 1 97 1 , p. 38. lO Cfr. VANNICELLI, S. Pietro in Montorio cit., p. 38; J. JUNGié, Joachimist Prophecies in Sebastiano del Piombo 's Borgherini Chapel and Raphael's Transfi­ guration, in Prophetic Rome in the High Renaissance Period, a cura di M. REEVES, Oxford 1 992, pp. 321-343. . u Un elenco completo dei conventi eretti o accettati in dono e restaurati da beato Amedeo è fornito da B. GALLI, Il beato Amedeo Menez di Silva, Quaracch1 1 923, pp. 209-21 2.

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promossero la fondazione di chiese amedeite nei loro feudi al fine di sot­ trarli all'influenza dell'abbazia di Farfa. Il movente della prima costmzio­ ne era stata la miracolosa guarigione del figlio di Raimondo e Giustiniana Orsini grazie alle preghiere del beato Amedeo rivolte alla Vergine12. Così nel 1478 nacquero la chiesa e il convento di S. Maria delle Grazie a Ponti­ celli13 (fig. 2), ove ancor oggi nell'orto esiste una cappella edificata dal bea­ to Amedeo al fine di ritirarvisi in meditazione, che reca un'immagine del frate lusitano sottoposta nel corso del tempo a innumerevoli ridipinture, sot­ to le quali forse può ancora trovarsi il dipinto originario14 (fig. 3). Venne fondato l'eremo di Montorio Romano (fig. 4) che, sia per tipologia - sorge presso una grotta scelta da Amedeo per trascorrervi lunghi periodi di dura penitenza -, sia per intitolazione, riprende il modello di S. Pietro in Mon­ torio a Roma15. Oggi l'edificio privo del tetto e dell'arredo interno è ridot­ to alle sole mura perimetrali e sarebbe auspicabile un restauro che almeno potesse preservare la situazione attuale, anche in considerazione del fatto che il complesso si trova all'interno del Parco naturale dei Monti Lucretili e perciò è meta di escursioni domenicali. È stata dimostrata la provenienza dall'eremo di S. Michele Arcangelo a Montorio Romano del dipinto oggi nel Museo di Palazzo Barberini raffi­ ?urante �a vi�ione del beato Amedeo Menez da Sylva attribuito al pittore 1spano-frammmgo Pedro Fermindez da Murcia noto come Pseudo Braman­ tino16 (fig. 5). Definita «antiqua tabula coelestem gloriam exhibens, prout

12 Cfr. A.M. BERNASCONI, Storia dei Santuari della beata Ve1gine in Sabina' Siena 1905, pp. 269-284. 13 Cfr. L. BARELLI, Il beato Amadeo Menez de Sylva e la chiesa di S. Maria del­ le Grazie a Ponticelli Sabino, «Quaderni dell'Istituto di Storia dell'Architettura», n. ser. , 15-20 (1990-1992), pp. 407-41 8 ; M. BUITAFUOCO, Santuario di Santa Maria delle Grazie, in Patrimonio artistico e monumentale dei Monti Sabini, Tiburtini, Cornicolani e Prenestini, Tivoli 1995, p. 629. 14 La cappella nell'orto del convento di S. Maria delle Grazie a Ponticelli è ci­ tata in un manoscritto della fine del sec. XVII conservato nell'Archivio dell'Abba­ zia di Fada dal titolo Vita e difesa delle Rivelazioni del B. Amedeo al f. 20r e da VANNlCELLI, San Pietro in Montorio cit., p. 40. 15 Cfr. C.E. PIAZZA, La gerarchia cardinalizia, Roma 1703, p. 171: la descri­ zione del Piazza è trascritta nella Visita Cm·sini del l 780, della quale si conservano due copie: una all'Archivio vescovile di Magliano Sabina e l'altra nella Biblioteca dell'Accademia Nazionale dei Lincei a Roma, cfr. M. Przzo, Le visite pastorali del cardinale Andrea Cm·sini nella diocesi di Sabina (1 779-1 782), Roma 1 992, p. 36. 16 Cfr. M. MoN1EVERDI , Lungo percorso di un manierismo lombardo disceso dal Bramantino, «Arte lombarda», 2 (1956), pp. 94- 1 1 1 ; C. ANGELEITI, Motivi mar­ ginali del poema di Pietro Bmgia «De raptu Sabinarum», «Annali del Pontificio

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b. Amadeo fuerat ostensa» negli Annales Minorum11 e «tabulam antiquissi­ ma excellentissima manu depictam» nella Visita Pastorale del 1 63 6 18, la ta­ vola è accuratamente descritta in due manoscritti della fine del XVII seco­ lo: la Vita e difesa delle Rivelazioni del Beato Amedeo19 e la Cronaca di pa­ dre Lodovico da Modena20. L'arcangelo Gabriele invita il beato Amedeo a osservare la cm1e celeste assisa sopra un esoterico palco sospeso nell'aria che prende le forme di un'architettura di stile bramantesco. Cristo e la Ver­ gine sono circondati dai sei arcangeli (Michele, Saltiel, Raffaele, Uriel, Eu­ chudiel e Barchiel); sono collocati a destra del trono sei personaggi del­ l'Antico Testamento (Adamo, Abele, Noè, Abramo, Mosè e Davide) e san­ ta Giustina, in omaggio a Giustiniana Orsini committente della chiesa di S . Maria delle Grazie; sono disposti a sinistra otto personaggi del Nuovo Te­ stamento (s. Pietro, s. Giovanni, Giuda Taddeo, un apostolo non identifica­ bile, sant'Andrea, s. Giacomo, s. Tommaso e s. Francesco). A raccordare le due schiere sono s. Giuseppe che conclude il Vecchio Testamento e s. Gio­ vanni Battista che apre il Nuovo. Un'alta scala congiunge il paesaggio u­ mano, che con uno sfumato leonardesco riproduce forse i monti della Sabi­ na, con il paesaggio divino. Palese è, sotto l'aspetto figurativo, il riferi­ mento a Raffaello sia per l'impianto compositivo che riproduce la Disputa del Sacramento, sia per la fisionomia dei personaggi. L'iconografia del dipinto ricalca fedelmente la visione celeste del bea­ to Amedeo così come viene descritta nell'Apocalypsis Nova. La scala di Giacobbe, sia essa da intendere come la Meditazione o la Contemplazione o la Teologia, secondo una delle consuete interpretazioni, consente l'asce-

Istituto Superiore di Scienze e Lettere 'S. Chiara'», 1 1 ( 1961), pp. 1 5 1 -21 1 ; N. Dr CARPEGNA, Catalogo della Galleria Nazionale. Palazzo Barberini. Roma, Roma 1 964, p. 16; F. NAVARRO, Lo Pseudo-Bramantino: proposta per la ricostruzione di una vicenda artistica, «Bollettino d'arte», 67 ( 1982), pp. 37-68; L. Mocm ONORI­ R. VoDRET, La Galleria Nazionale d'Arte Antica. Regesto delle didascalie, Roma 1989, p. 5 1 ; T. DI STEFANO, Montorio Romano, Montorio Romano 1991, p. 69; M. TANZI, Pedro Fernandez da Murcia lo Pseudo Bramantino. Un pittore girovago nel­ l'Italia del primo Cinquecento, Milano 1997, pp. 27-30 e 1 1 9 e L. Mocm ONORI-R. VoDRET, Capolavori della Galleria Nazionale d'Arte Antica. Palazzo Barberini, Roma 1 998, p. 39. 17 Annales Minorum seu Trium Ordinum a S. Francisco Institutorum, XX (1565-1574), Ad Claras Aquas 1 933, p. 200. 18 ASV, Mise. Arm. VII, 90, (Vzsita Pastorale di mons. Battista Altie�·i 1636), ff. 896r-897r. Rieti, Archivio dell' Abbazia di Fada, Vzta e difesa cit., f. 1 1r. 20 Roma, Archivio del Convento di S. Francesco a Ripa, p. Lunovrco DA Mo­ DENA, Cronaca della Riforma dal l519 al l 722. Fondazione dei Conventi, m, pp.

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sa dell'anima a Maria e Cristo che sono alla sua sommità e costituiscono, appunto, l' oggetto della contemplazione teologica. Gli angeli, creati prima di ogni cosa e di ogni età, in un tempo aionico, insieme all' empireo, eccel­ lenti su tutte le creature, sono inferiori solo a Maria21• Nell'Apocalypsis Nova si accenna inoltre al dibattito sulla superiorità di Francesco o Giovanni Battista rispetto agli angeli. Ciò spiega il posto di rilievo dato all 'interno del quadro al Precursore, raffigurato nell' atto di in­ dicare la Vergine. Amedeo interpreta il tema dell'Immacolata Concezione come estensione della 'grazia' divina oltre che a Cristo e alla Vergine anche a Giovanni B attista. li beato lusitano collega il problema della 'grazia' di­ vina al tema della creazione dell'uomo; nella definizione di 'grazia' egli in­ dividua due entità distinte, la gratia originalis e la justitia originalis, po­ nendo particolare attenzione alla seconda, che considera come fondamento della sua antropologia teologica. La justitia originalis è un dono concesso da Dio al primo uomo nel paradiso tenestre, inerente la sua natura origina­ ria, un attributo della sua perfezione che prevedeva la piena felicità e l 'im­ mmtalità. Dopo il peccato di Adamo l'uomo può riconquistare la gratia o­ riginalis per i meriti della Passione di Cristo, ma raggiungerà lo stato di perfezione solo dopo aver recuperato la justitia originalis. Secondo il beato Amedeo sia la Vergine che il Battista hanno ricevuto il dono della justitia originalis prima della nascita, essi sono testimonianza dunque dell'opera di salvazione integrale, quasi di una nuova creazione, che Dio opera sull'uomo dopo il peccato originale: la Vergine in virtù del­ l'incmruttibilità del suo corpo, Giovanni Battista perché appare come un 'nuovo Adamo ' , infatti quest'ultimo tra i personaggi dell'Antico Testamen­ to è quello raffigurato più vicino al Precursore. Inoltre il Battista è simile al 'servo del re e suo messaggero' , e come tale partecipa al compito salvifico di Cristo e ne condivide i privilegi, tra i quali quello dell'incorruttibilità, os­ sia della justitia originalis22 . Padre Lodovico da Modena ricorda inoltre che nel coro vi era un cro­ cifisso ligneo «con un quadro in tela di mano di fra Giovanni Antonio da Padova di questa Provincia Romana in cui vi sono la beata Vergine adolo­ rata che dalla parte destra sta in ·atto di contemplare il sudetto crocifisso, il padre san Francesco e san Giovanni Battista e dall' altra parte del medesi­ mo quadro vi sono san Giovanni Evangelista, che parimente sta contem­ plando il medesimo crocifisso, sant'Antonio da Padova e san Geronimo». Nella chiesa vi erano tre altari «dalla parte del Vangelo [ . . . ] v'è la cappella

dedicata alla santissima Vergine, che con la destra sta in atto di porger la corda al padre san Francesco, e con la sinistra tiene il divin Bambino, il quale porge la corda a santa Elisabetta regina di Portogallo, vi sono anco nel medesimo quadro, quale è in tela, san Giovan da Capistrano, il beato Salvatore, san Bonaventura, san Pasquale, santa Chiara, san Bernardino, sant'Antonio da Padova, san Pietro d'Alcantara, santa Elisabetta Regina d'Ungheria, santa Rosa di Viterbo ed è mano del sudetto fra Giovan Anto­ nio e questo altare è ornato con cona di stucco. Dalla parte dell 'Epistola v'è il terzo altare dedicato al crocifisso, il di cui quadro è parimente in tela, ed anco mano del sudetto, in cui vi sono la Beatissima Vergine, quale tutta la­ grime sta contemplando il Crocifisso Signore, san Diego, san Ludovico ve­ scovo del Ordine nostro e dall'altra parte vi sono la Maddalena à piedi del Crocifisso, san Giovanni Evangelista ed il beato Giacomo della Marca»23. L'eremo, passato all'Osservanza francescana nel 1568 e ai religiosi del Ritiro del beato Bonaventura da Barcellona nel 1666, fu abbandonato in seguito alle soppressioni napoleoniche24. In questa circostanza la Visio­ ne del beato Amedeo passò alla collezione Sciarra2S, da dove pervenne al­ la Galleria Nazionale d'Arte Antica, mentre degli altri dipinti si sono per­ se le tracce. Sia il convento di S. Maria delle Grazie a Ponticelli che l'eremo di Mon­ torio Romano sono perfettamente visibili dalla rocca orsiniana di Nerola, con la quale formano una triangolazione perfetta. Una visita ai luoghi chiarisce senz'ombra di dubbio come gli Orsini si servissero degliAmedeiti per il con­ trollo del territorio. L' eremo di Montorio infatti costituisce l ' avamposto di un feudo che fino al XV secolo è Savelli e diventerà Orsini nel1492 insie­ me ad altri feudi Savelli quali Palombara, Stazzano, Moricone, Cretone e Castelchiodato26, un avamposto di notevole valore dal punto di vista strate­ gico in quanto sito nei pressi delle sorgenti di S . Angelo, alle quali attingo­ no ancor oggi anche cittadine molto distanti come Sant' Oreste sul Soratte e Monterotondo27•

2 1 Cfr. MoRISI, «Apocalypsis Nova» cit., pp. 47-49 . 22 Cfr. G. FERRI PICCALUGA, Le 'dispute ' teologiche nell'iconografia devozio­

nale di Raffaello, in Raffaello e l'Europa (Atti del IV Corso internazionale di alta cultura), a cura di M. FAGIOLO-M.L. MADONNA, Roma 1990, pp. 103-1 30.

23 Roma, Archivio del Convento di S. Francesco a Ripa, p. Lunovrco DA Mo­

DENA, Cronaca della Riforma cit., p. 341 . 24 Cfr. B. SPIT..A, Memorie storiche della Provincia Riformata Romana, l, Ro­ ma 1 890, pp. 213-214; G. ZuccoNI, La Provincia francescana romana, Roma 1969, p. 86; Dr S TEFANO, Montorio Romano cit., p . 7 1 . 25 Cfr. F. MARloTTI, La legislazione delle Belle Arti, Roma 1 892, p . 136 n . 146 e C. PIETRANGELI, Palazzo Sciarra, Roma 1986, pp. 342 e 358, n. 146. 26 Cfr. A. ATTILI, Montelibretti. Spigolature, Montelibretti 1993, p. 96. 27 Un elogio delle sorgenti di S. Angelo è contenuto nella Visita Pastorale del 1611: Magliano Sabina, Archivio Vescovile, Visitationes Sabinen. ab anno 1596 usque ad annum 1611, f. 28v, cfr. Dr STEFANO, Montorio Romano cit., p. 9.


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Nel 1490 gli Amedeiti subentrarono ai Conventuali nella gestione della chiesa e del convento di S. Maria delle Grazie sito in un altro importante feu­ do orsiniano: quello di Monterotondo (fig. 6). n monastero era stato fonda­ to da Giacomo Orsini e nella chiesa è ancora visibile il monumento funebre di Giordano Orsini, comandante delle truppe pontificie all'epoca di Sisto IV28. Si deve supporre inoltre un influsso amedeita nella chiesa di S. Fran­ cesco a Palombara Sabina, dei Minori Osservanti, per l 'esistenza di un arco diaframma tipico dell' architettura delle chiese mendicanti lombarde29 (fig.

gato agli Amedeiti, Giorgio Benigno Salviati ad esempio32, possa aver tra­ sportato la tavola a Capena per veicolare l'influenza francescana in un terri­ torio da tempo appartenente all'abbazia di S. Paolo fuori le mura. Le caratteristiche iconografiche del dipinto si prestano ad una sua riutiliz­ zazione in ambito culturale amedeita. n gesto del Bambino che vela con deli­ catezza divina, consapevole e assorta, la propria nudità agli occhi del mondo, esalta la purezza di Maria, che risulta esclusa, quasi estranea, dal significato di tale gesto, non necessario ai suoi occhi di madre integri dal 'peccato origina­ le'. S. Bernardino si era dichiarato a più riprese favorevole alla dottrina itmna­ colista, anche se non volle prendere parte al dibattito che divideva i teologi del tempo, temendo di ingenerare discussioni interminabili fra i suoi uditorP3. n beato Amedeo fu invece tra i più luminosi assettori e propugnatori del dogma dell'esenzione di Maria dal peccato originale34. Anche Alessandro VI si dimo­ strò particolarmente interessato all'incentivazione del culto dell'Immacolata come dimostrano le generose indulgenze elargite nel1494 ad inlmagini stret­ tamente pettinenti al tema dell'Immacolata Concezione35. Inoltre la barba non curata del santo costituisce un significativo elemento di connessione con la par­ te 'spirituale dell'ordine' , cui aderirono tanto il santo senese quanto il frate por­ toghese36. Anche il gruppo dell'Eterna Sapienza, insediato nel convento mila­ nese di S. Marta, istituito da s. Bernardino venne riabilitato da Amedeo37. La

7).

Si può far risalire all'ascendenza amedeita nella zona anche la presenza del doppio dipinto raffigurante sul recto la Madonna con il Bambino (fig. 8), e sul verso un santo francescano (fig. 9) visto da Federico Hermanin nell'a­ prile dell923 sul secondo altare a destra della chiesa di S. Antonio a Cape­ na. L'opera, poi trasferita nella chiesa di S. Michele Arcangelo e indicata suc­ cessivamente come dispersa nel volume Capena e il suo territorio30, oggi è conservata in una collezione privata31. Le caratteristiche stilistiche hanno permesso a chi scrive di ricondune la tavola ai primi anni dell' attività di Antoniazzo Romano, mentre l ' analisi iconografica - che si avvale dei risultati delle indagini diagnostiche esegui­ te per la prima volta sul dipinto - consente di identificare il santo francesca­ no con san Bernardino da Siena. Le caratteristiche fisionomiche del volto del santo corrispondono a quelle dei ritratti finora noti di Niccolò Perotti, segre­ tario del Bessarione, quali appaiono ad esempio negli affreschi con le Storie di san Michele nella basilica dei SS. Apostoli a Roma, e ciò ha permesso di ipotizzare che proprio il Perotti possa aver commissionato l 'opera fra il 1464 e il1469. Egli era infatti molto devoto al santo francescano e negli anni in cui fu rettore del Patrimonio di S. Pietro in Tuscia patrocinò la costruzione della cappella dedicata a s. Bernardino nella chiesa di S . Francesco a Viter­ bo. La scelta di Antoniazzo può essere stata determinata dal fatto che il pit­ tore era molto legato sia al Bessarione, dal quale aveva ricevuto l 'incarico di dipingere la propria cappella funebre nella chiesa dei SS. Apostoli a Roma, sia all ' ambiente francescano. A questo punto è possibile ipotizzare che dopo la bunascosa cacciata del Perottì da Viterbo nell469, quando la sua presen­ za in effigie non era più gradita, un personaggio del circolo bessarioneo le-

28 Cfr. P. GUERRINI, Chiesa di S. Maria delle Grazie, in Monterotondo e il suo territorio, Bari 1 995, pp. 164-169. 29 Cfr. BARELLI, Il beato Amadeo Menez de Sylva cit., p. 414. 3° Cfr. L. Russo, Opere trafugate, disperse, distrutte, in Capena e il suo terri­ torio, Bari 1 995, pp. 291 -296. 31 Cfr. P. GUERRINI-M.A. PAVONE, Alle origini di Antoniazzo Romano, un 'ope­ ra ritrovata, «Critica d'arte», 62/2 ( 1999), pp. 44-60.

32 Cfr. DIONISOITI, Umanisti dimenticati?, «Italia medioevale e umanistica», 4 (1961), pp. 287-321 ; C. VASOLI, Notizie su Giorgio Benigno Salviati (Juraj Dra­ gisié ) in VASOLI, Profezia e ragione, Napoli 1974, pp. 15-127; ID., Giorgio Benigno Salviati e la tensione profetica di fine '400, «Rinascimento», 29 ( 1989), pp. 53-78; ID., Giorgio Benigno Salviati (Dragisié ) in Prophetic Rome cit., pp. 121-156. 33 Cfr. G. FoLGORAIT, La teologia mariana di san Bernardino da Siena, Milano 1939, pp. 160-163; A. EMMEN, S. Bernardino e l'Immacolata Concezione di Maria. Nuova luce su un ,vecchio problema, «Studi francescani», 61 ( 1964), pp. 300-325; R. M. DEssì La controversia sull'Immacolata concezione e la 'propaganda 'per il culto in Italia nel XV secolo, «Cristianesimo nella storia», 12/2 (1991), pp. 265-293. 34 Cfr. Morusr, «Apocalypsis Nova» cit., p. 40; DE Sous A CosTA, Studio criti­ co cit., p. 232. Anche Giorgio B enigno Salviati partecipa ripetutamente alle discus­ sioni a favore del dogma dell'Immacolata Concezione, cfr. A. Morusr, Vangeli a­ pocrifi e leggende nella cultura religiosa del tardo Medioevo. Ricerche sul pensie­ ro teologico di Giorgio Benigno, «Bullettino dell'Istituto Storico Italiano per il Me­ dio Evo e Archivio Muratoriano», 85 (1974-1975), pp. 1 5 1 - 177 . 35 Cfr. FERRI PrccALUGA, Le 'dispute ' teologiche cit., pp. 106 e 1 12. 36 Cfr. L. BELLOSI, La barba di san Francesco, «Prospettiva», 22 ( 1 980), pp. 1 1 -34. 37 Cfr. G. FERRI PICCALUGA, Scelte figurative e concezioni religiose nella chie­ sa milanese del Santo Sepolcro, in Lombardia borromaica-Lombardia spagnola 1554-1659 (Atti del Convegno di studi, 17-21 settembre 1991), a cura di P. PISSA­ VINo-G. SIGNOROTTO, Roma 1995, pp. 9 15-946. ,

,


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paternità antoniazzesca del dipinto facilita la sua accettazione da parte del­ le cellule amedeitiche che negli stessi anni commissionano al pittore e alla sua cerchia l 'affresco della Madonna con il Bambino e sant'Anna per la chiesa di S. Pietro in Montorio a Roma38 e la pala con la Madonna e il Bam­ bino in trono tra i santi Francesco e Antonio da Padova per la chiesa di S . Maria delle Grazìe a Ponticelli39. L a parte inferiore di quest'ultimo dipinto raffigura un fatto d'arme che secondo lo Gnoli40 è riconducibile a Raimon­ do Orsini, duca di Gravina e conte di Nerola, committente della chiesa di S . Maria delle Grazie e dell'annesso convento, m a che la Cavallaro h a ricon­ dotto ad un tema desunto dallo studio dei rilievi antichi, tipico dell' am­ biente umbro-pinturicchiesco della fine del '40041 . Nel 1495, con breve datato 1 8 settembre, Alessandro VI a causa del­ l 'abbandono in cui versava la sede vescovile di S . Maria in Vescovio ridot­ ta «in loco omnino campestri et a nemine habitato et ob loci indispositio­ nem et cum non sit inibì domus ad recipiendum episcopum» trasferì l'ono­ re di cattedrale alla collegiata di Magliano, obbligando il vescovo ed il Ca­ pitolo a recarsi a Vescovio per celebrarvi la messa e i vespri nella festa del­ l 'Annunziata42. Non è difficile interpretare quest'atto come un tentativo da parte del clero secolare di recuperare il controllo religioso sulla diocesi, controllo che gli era stato sottratto nel corso dei secoli dall'abbazia di Far­ fa prima e dai francescani amedeiti poi. Poco dopo tutti i feudi Orsini furo­ no confiscati e amministrati dai Borgia43. Nel frattempo la condanna, sempre più aperta e veemente, della corru­ zione della sede romana assunse in Savonarola la forma di una trasparente i­ dentificazione di Alessandro VI con l 'Anticristo e della previsione dell'ine­ vitabile caduta della sua 'Babilonia'44. Il francescano bosniaco Juraj Dra-

gisié, meglio noto come Giorgio Benigno Salviati si schierò a favore del Sa­ vonarola con le Propheticae solutiones45 e stabilì relazioni tra Amedeiti e Piagnoni sia stringendo rappmti personali tra gli esponenti dei due movi­ menti, sia constatando la sostanziale concordanza dei temi trattati: la peni­ tenza e la minaccia del castigo in un contesto di fervido profetismo46. Poco dopo, tra il 150 2 e il 1503, il Salviati è impegnato nella complessa storia del­ l'apettura, in S . Pietro in Montorio, del testo profetico sigillato del beato A­ medeo: l 'Apocalypsis Nova e nella trasformazione della stesura originaria di quest'opera in un vaticinio postfactum (che riguarda soprattutto i pontifica­ ti di Sisto IV, Innocenza VIII, Alessandro VI, Pio III, Giulio II e le vicende politiche di quegli anni) e in un trattato teologico singolarmente ricco di te­ mi ai quali il frate bosniaco aveva sempre prestato molto interesse47. Si è detto dell'apertura del volume sigillato del beato Amedeo tra la Pasqua e l 'Ascensione del 1502. Secondo la testimonianza di un vecchio amedeita, fra' Antonio, resa al notaio ser Lorenzo Violi nel 154 1 , poco do­ po il processo fiorentino contro un nuovo preteso papa angelico, il libro del­ l' Amedeo, apetto per ordine di fra' Egidio e del Carvajal da un certo frate Giorgio (Benigno Salviati) divenuto poi vescovo di Cagli, sarebbe rimasto nelle mani di quest'ultimo per un intero anno. Durante questi mesi fra' Giorgio avrebbe comunicato il testo da lui rielaborato allo stesso Antonio e ad un notissimo piagnone fiorentino suo amico,. Ubertino Risaliti. Infine l 'Apocalypsis Nova sarebbe stata diffu sa dallo stesso frate e dal Carvajal in copie tutte provenienti dalla medesima fonte che - secondo la testimonian­ za del vecchio amedeita - non erano «secondo l 'originale perché eravi qual­ che aggiunta di detto frate Giorgio e, pettanto, recavano alcune eresie»48. Il motivo della rielaborazione del testo è la ripresa del mito del papa angelico con cui si identificavano sia il Carvajal che il Dragisié 49. Nel corso del pontificato di Giulio II benché un nipote di papa Della Rovere venisse nominato abate di Farfa al fine di ricondurre il tenitorio al­ la stretta obbedienza pontificia50, gli Amedeiti mantennero la loro influen-

38 Cfr. G.S. HEDBERG, Antoniazzo Romano and his School, New York 1 980, p. 199; A. CAVALLARO, Antoniazzo Romano e gli Antoniazzeschi, Udine 1 992, pp. 247-248. 39 Cfr. F. PALMEGlANI, Rieti e la regione sabina, Rieti 1 932, p. 484; L. MoRTA­ RI, Opere d'arte in Sabina dall'Xl al XVII secolo, prefazione di E. LAVAGNINO, Ro­ ma 1957, p. 40; HEDBERG, Antoniazzo Romano cit., p. 271 ; CAVALLARO, Antoniazzo Romano cit., p. 286. 40 U. GNOLI, Notizie. Scandriglia, frazione di Ponticelli, «Rassegna d'arte um­ bra», l (19 10), pp. 104-105. 41 CAVALLARO, Antoniazzo Romano cit., p. 286. Si coglie l'occasione per auspica­ re una più idonea collocazione del dipinto, che al momento è abbandonato in tena nel­ la biblioteca del convento, dove è soggetto ad mti e all 'oppressione della polvere. 42 Cfr. G. ToMASSETTI-G. BIASOTTI, La diocesi di Sabina, Roma 1909, pp. 59-60. 43 Dr STEFANO, Montorio Romano cit., p. 22; ATTILI, Montelibretti cit., p. 96. 44 Cfr. C. VASOLI, Civitas mundi. Studi sulla cultura del Cinquecento, Roma 1996, p. 30.

45 Cfr. G. GARFAGNINI, Giorgio Benigno Salviati e Girolamo Savonarola. Note per una lettura delle «Propheticae solutiones», «Rinascimento», 29 (1989), pp. 81-123. 46 Cfr. M.T. BINAGID, L'immagine sacra in Luini e il circolo di Santa Marta, in Sacro e profano nella pittura di Bernardino Luini, Milano 1975, pp. 49-76. 47 Cfr. VASOLI, Dall'«Apochalypsis nova» cit. , p. 261 . 48 lbid., p. 265 . 49 Cfr. R. RuscoNI, Il presente e il futuro della Chiesa: unità, scisma e riforma nel profetismo tardomedievale, in L'attesa della fine dei tempi nel Medioevo, a cu­ ra di 0. CAPITANI-l MrETHKE, B ologna 1990, pp. 1 95-220 ora in RUSCONI, Profezia e profeti alla fine del Medioevo, Roma 1 999, pp. 125- 140. 5° Cfr. TOMASSETTI-BIASOTTI, La Diocesi di Sabina cit., p. 59.


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za sia nella diocesi di Sabina che a Roma, dove Giorgio Benigno Salviati, teologo alla corte pontificia, contribuì al programma iconografico delle Stanze Vaticane e il beato Amedeo venne raffigurato in un piano arretrato della Disputa del Sacramento, accanto a un vescovo, un eremita e un reli­ gioso, si direbbe un francescano51 . Anche più tardi, quando nel maggior centro amedeita lombardo, la chiesa di S. Maria della Pace a Milano, tra il 1516 e il 1521 il Luini eseguì gli affreschi della cappella di S . Giuseppe, il modello dell'ispirazione è an­ cora l'Apocalypsis Nova52 . Nell'arco di circa sessant'anni, dalle prime fondazioni nella seconda metà del Quattrocento ai primi vent'anni del Cinquecento, la committenza amedeita non sembra dimostrare univocità di atteggiamenti in campo arti­ stico53: predilige dapprima pittori legati alla cultura spagnola, come il pri­ mo Antoniazzo, formatosi alla corte di Callisto III a contatto con il pittore catalano Salvatore da Valencia54, poi avvalendosi di artisti spagnoli, quali Pedro Fermindez, o appartenenti alla cerchia del Bramantino attiva a Cre­ mona negli ultimi anni del Quattrocento, quali l' Aleni e il Luini55, sembra aderire allo stile moderno legato ai grandi e nuovi testi del Rinascimento: Bramante, Raffaello e Leonardo. Tuttavia è lecito affermare che la Congre­ gazione fondata da Amedeo e almeno la prima generazione dei suoi segua­ ci elaborò iconografie specifiche per la decorazione delle proprie chiese e dei propri conventi56. Attraverso la raffigurazione di temi tratti dall'Apo­ calypsis Nova e l'immagine di santi francescani fra i quali spesso compare il beato lusitano i cenobi amedeiti parteciparono al dibattito teologico con­ temporaneo in particolare alla disputa sull'Immacolata Concezione, costi­ tuendo un avamposto lombardo e pauperistico nel territorio pontificio. I vari tentativi di unire ed incorporare nell'Osservanza le due congre­ gazioni degli Amedeiti e dei Clareni effettuati da Giulio II e Leone X falli-

rono. Pio V nel 1568 con bolla del 23 gennaio abolì la provincia di S . Pie­ tro in Montorio e aggregò i suoi 29 conventi ai territori delle rispettive pro­ vince osservanti dell' Ordine57. Più tardi Luca Wadding, annalista france­ scano e ' teologo dell'Immacolata' , avrebbe confutato - a volte con diffi­ coltà- l'enumerazione dei contenuti dottrinari del Liber revelationum co­ me una serie di eresiae, di errores e di fantasie derivate «ex cabalistarum insomniis, vel ex proprio cerebro» fatta dal teologo, ma anche storico del­ l'Ordine domenicano Abraham Bzovius58.

51 Cfr. H. PFEIFFER, Dotti e teologi alla corte pontificia. Il riflesso del loro pen­ siero nelle 'Stanze ', in Raffaello e ·t'Europa cit., pp. 85-97. 52 Cfr. BINAGID, L'immagine sacra in Luini cit., p . 63 . 53 Cfr. B . ToscANo, Oscillazioni della committenza religiosa a metà Quattro­ cento, in La pittura in Italia. Il Quattrocento, II, Venezia 1987, pp. 507-5 1 3 ; lD., Fra 'necessità ' e 'libertà '. Appunti su pittori e committenti fra Quattro e Cinquecento, in Scritti in onore di Giuliano Briganti, Milano 1990, pp. 6 1 -70. 54 Cfr. CAVALLARO, Antoniazzo Romano cit., p. 178. 55 Cfr. M. TANZI, Risarcimento dell'Aleni: verifiche in margine ad una mostra, «Bollettino d'arte», 6" ser., 6 1/37-38 ( 1 986), pp. 75-94. 56 Cfr. E. PARMA, Rapporti artistici tra Genova e le Fiandre nella prima metà del Cinquecento, in Fiamminghi a Roma I 508-I 608 (Atti del Convegno internazio­ nale, Bruxelles 24-25 febbraio 1995), a cura di N. DAcos, Roma 1999, pp. 41-62.

57 Cfr. GALLI, Il beato Am�deo Menez ci t., p. 2 1 1 ; P. SEVESI, San Carlo Borro­ meo e le congregazioni degli Amadeiti e dei Clareni, I 567-I570, con documenti i­ nediti, «Archivum Franciscanum Historicum», 37 ( 1944), pp. 104-164; B. PANDIZré, Amadeiti, in Dizionario degli Istituti di Pe1jezione, I, Roma 1 974, coli. 502-503. 58 Cfr. MoRISI, «Apocalypsis Nova» cit., p. 1 2 ; VASOLI, Dall' «Apochalypsis Nova» cit., p. 264 e G. FERRI PrccALUGA, Amadeo e Giovan Pietro. Cultura reli­ giosa in Valle Camonica nel secondo Quattrocento, in Il convento francescano del­ la SS. Annunciata in Valle Camonica. Storia e Arte, a cura di O. FRANZONI, B reno 1994, pp. 133-156.


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Fig. l . - Città del Vaticano, Bibl. Ap. Vat. , Vat. lat. 5407, f. 80 (olim f.

1 52), Ciacconius, Il beato Amedeo.

Fig. 2. - Ponticelli, chiesa di S . Maria delle Grazie, interno.

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Fig. 3 . - Ponticelli, convento di S. Maria delle Grazie, cappella nel­ l'orto, Anonimo pittore laziale, Il beato Amedeo.

Fig. 4. - Montorio Romano, eremo di S. Angelo.

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Fig. 5. - Roma, Galleria Nazionale di Palazzo Barberini, Pedro Fermin­ dez da Murcia, detto Pseudo Bramantino, Visione del beato Amedeo Menez

da Sylva.

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Fig. 6. - Monterotondo, chiesa di S. Maria delle Grazie, interno.

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Fig. 7. - Palombara Sabina, chiesa di S . Francesco, interno.

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Fig. 8. Antoniazzo Romano, Madonna della Pace (recto: Madonna con il Bambino), collezione privata. -


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MARINA MONTESANO Il toro dei Borgia: analisi di un simbolo fra tradizione araldica e suggestioni pagane

n toro non è fra gli animali simbolici che compaiono con maggior fre­ quenza nelle rappresentazioni araldiche. Nella prima epoca dell'araldica propriamente detta, cioè il XII secolo, esso non è mai segnalato1 . A partire dalla metà del Duecento, anche se gli animali più rappresentati rimangono il leone e l 'aquila (in Italia anche grazie alla rivalità fra Guelfi e Ghibelli­ ni, che avevano rispettivamente questi due animali come simboli), la lista di animali araldici si accresce: fra questi vi è anche il toro. Lo troviamo sul cimiero quattrocentesco del casato ducale di Kleve, situato fra Renania set­ tentrionale e Westfalia, così come mostra una pagina dell'Armoire Bellen­ ville, che raffigura armi, nobili e non, della Germania e dei Paesi BassF; sempre fra la fine del Tre e il Quattrocento lo incontriamo nelle armi di di­ verse famiglie europee3. Come tutti i quadrupedi, può essere passante (o­ rizzontale) o rampante (verticale), ma nel caso del toro si deve dire furioso. Non è noto a che punto della loro storia i Borgia abbiano assunto que­ sto animale quale simbolo: la spiegazione del poeta Ercole Strozzi, che in una composizione dedicata alla famiglia faceva derivare il nome Borgia dalla contrazione di bos e orgia, in quanto i loro antenati avrebbero cele­ brato l'uccisione di un bove con orge rituali, appare pretestuosa4. Inutile in­ vece chiedersi se si trattasse di un bue o di un toro: questi due animali non possono esser differenziati che grazie a dettagli assai sottili, peraltro inven­ tati dall'araldica seicentesca5. È stato scritto molto sul significato originario degli animali simbolici.

Fig. 9. Antoniazzo Romano, Madonna della Pace (verso: San Ber­ nardino da Siena), collezione privata. -

1 Per il periodo prearaldico cfr. G. SCHEIBELREITER, Tiernamen und Wap­ penwesen, Wien 1976; per quello bassomedievale e moderno, rimandiamo invece a M. PASTOUREAU, Le bestiaire héraldique au moyen age, VII, Paris 1 972 e ID, Traité d'héraldique, Pmis 1979. 2 Cfr. M. PASTOUREAU, Figures et couleurs. Etudes sur la symbolique et la sen­ sibilité médiévales, Paris 1986, p. 129. 3 M. PASTOUREAU, Couleurs, images, symboles. Etudes d'histoire et d'anthro­ polie, Paris s.d., p. 23 1 . 4 STROZZI POETAE Pater etfilius, B asilea 1545, f . 36r: 5 PASTOUREAU, Le bestiaire héraldique cit., p. 147.


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Sappiamo dalle fonti tanto letterarie quanto iconiche che i greci facevano uso di emblemi animali, vegetali e geometrici individuali o familiari, oltre che più ampiamente comunitari e cittadini. Le figure emblematiche dei gre­ ci non obbedivano a un sistema di regole precise e mutano a seconda delle situazioni, in modo che un personaggio non sembra mai legato al medesi­ mo emblema. A Roma, invece, era invalso l 'uso di legare la gens a un em­ blema ereditario, con significati simbolici o mitologici. Gli eserciti di epo­ ca imperiale recavano insegne e scudi comuni, anche se una legione pote­ va esser contrassegnata da una o più insegne, e gli stessi emblemi poteva­ no appartenere a diverse legioni. Il toro vi appariva con grande frequenza. Tuttavia, quando si pensa ai simboli araldici - soprattutto animali - del basso medioevo, si è generalmente portati a collegarli al mondo germano­ scandinavo. Questo si deve da una parte alla quantità di studi incentrati pro­ prio su tale nesso, certo più numerosi rispetto a quelli dedicati al mondo greco-romano6• Dall'altra, è noto a tutti il ruolo che il simbolismo animale e il travestimento animale rivestivano nelle culture germaniche antiche; ne cogliamo i segnali nelle fonti letterarie, archeologiche e artistiche altome­ dievalF. In sintesi, possiamo dire che è difficile individuare in modo uni­ voco l 'origine deli 'uso dei simboli animali nell'ambito dei clan familiari medievali, ai quali solo l 'araldica tardomedievale e moderna, con l'elabo­ razione dei blasoni, conferirà una razionalizzazione posteriore. Com'è noto, il toro ha nella cultura medievale un'immagine e una sim­ bolica controverse, dovute ai miti che lo avevano visto protagonista nelle civiltà precristiane mediterranee. La divinità più antica sicuramente attesta­ ta e legata all'immagine del toro è l'Enlil dei sumeri, al quale già nel IV millennio a.C. si sacrificavano i tori; così come avveniva per il dio babilo­ nese Anu, rappresentato come metà umano, metà taurino. Il mondo meso­ potamico nel suo insieme conosceva la doppia valenza simbolica di questo animale: da una parte effigie della fertilità, dall'altra della forza; latore quindi di un doppio segno, al contempo femminile e maschile. La com­ plessità della figura del toro si evidenzia in modo peculiare nella figura del­ l ' Apis egiziano, sulla quale torneremo. Anche a Creta il culto del toro - o, per meglio dire, di una divini{à raffigurata con sembianze taurine - si svi­ luppò o più probabilmente venne pmtato dai colonizzatori anatolici verso il

6 Per un approfondimento di questi temi e la bibliografia relativa si veda PA­ Traité d'héraldique cit., pp. 20-26. 7 In generale su questi temi, F. CARDINI, Alle radici della cavalleria medieva­ le, Firenze 198 1 , anche per l ' ampia bibliografia. Per un caso specifico, in riferi­ mento agli alamanni, cfr. E. SALIN, Les figurations anima/es du cimitière alamani­ que de Villey-Saint-Etienne, «Revue archéologique», 63 ser. , 11 (1 938), pp. 50-76. STOUREAU,

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V millennio a. C., associato al culto solare col quale condivideva il mede­ simo significato di propiziazione dell' abbondanza. È anzi a Creta che si si­ tua la nascita del tema delle corna quali simbolo di abbondanza; i giochi taurini sembrano esservi stati intensamente praticati e forse di là diffusi in altre aree del Mediterraneo. Le leggende di Europa o del Minotauro, com'è noto, nascono a Creta, ma è con la conquista greca del II millennio che tro­ vano la loro codificazione quale noi la conosciamo. Dietro il mito di Teseo che sconfigge il minotauro si legge il trionfo della civiltà greca su quella cretese, dopo una lunga competizione. La vittoria sul toro è al centro anche di altri miti, come quello di Giasone per la conquista del vello d'oro, e di Ercole che porta in Grecia il toro di Creta, sconfitto8• Molti fra i culti misterici prevedevano il sacrificio di un toro: dai riti dedicati a Dioniso9 alle iniziazioni a Cibele e a Mithra, nelle quali lo sgoz­ zamento e il bagno rituale dell'iniziando nel sangue dell'animale erano il momento culminante10• Lo straordinario successo del culto di Mithra nel­ l 'impero romano è cosa nota: ed è quel tipo particolare di sacrificio ad aver lasciato maggiori testimonianze iconiche; i culti misterici, che rispondeva­ no alle attese di una società alla ricerca di una spiritualità nuova, trovarono la loro maggiore fortuna quando il cristianesimo cominciava la sua ascesa. Si è dunque creduto che il toro, simbolo di culti direttamente concorrenti ri­ spetto al cristianesimo, trovasse una svalutazione nel mondo cristiano degli esordi, assimilato per via delle coma a un'immagine diabolica11 e così de­ monizzato, secondo un'immagine fin troppo comune del passaggio dal pa­ ganesimo al cristianesimo. In realtà, il discorso è più complesso. Il mondo cristiano si trovava di fronte alla ricca tradizione pagana greco-ellenica e romana, nella quale co­ glieva la centralità del toro quale animale sacrificale, ma al contempo por­ tava con sé la tradizione scritturale, nella quale il toro è pure un animale controverso. Nelle visioni di Ezechiele12 e di Giovanni13, il toro, il leone, l 'aquila e l 'angelo circondano il Cristo nell'Apocalisse e perciò sono stati presi a simbolo del percorso salvifico del Cristo (Vita-Passione-Resurre­ zione-Ascensione) o dei quattro evangelisti. Il toro, in quanto logico em-

8 R.F. WILLETS , Cretan Cults and Festivals, London 1 954. 9 Cfr. H. JEANMAIRE, Dioniso. Religione e cultura in Grecia, Torino 1972; K. KERÉNYI, Dioniso. Archetipo della vita indistruttibile, Milano 1992. Sui culti misterici si vedano A. DEMIRCOGLU, Der Gott auf dem Stier. Ge­ schichte einer bildtypus, Berlin 1938; F. CUMONT, Les mystères de Mithra, Bruxel­ les 1912; ID., Le religioni orientali nel paganesimo antico, Bari 1967. PASTOUREAU, Couleurs, images cit. , pp. 226-228. Ez., l , 1 -14. Ap. , 4, 1 - 1 1 .

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blema - alla luce della tradizione pagana cui abbiamo accennato - del sa­ crificio del Cristo, rappresenta la Passione oppure san Luca, perché il suo Vangel� ha inizio con il sacrificio di Zaccaria, reso muto per volontà del Si­ gnore. E certo vero che in un cristianesimo a forte vocazione veterotesta­ mentaria qual era quello altomedievale, doveva restare forte la perplessità di fronte al simbolo di Baal, l'Enlil babilonese, dinanzi al quale Israele si era piegato, tradendo il suo Dio, e per questo aveva patito l'esilio14. Allo stesso culto pagano rinviava il vitello d'oro, destinato a essere elevato a mo ' di insegna, del tipo di quelle che si incontrano negli scavi della vasta area compresa tra Mesopotamia ed Egitto. Ed è a figure alate per metà umane, per metà taurine - sullo stile di quelle mesopotamiche -, che si de­ ve presurnibilmente pensare quando l ' Esodo e poi il primo libro dei Re par­ lano dei cherubini posti simbolicamente a guardia del Tabernacolo e del Tempio di Salomone, prima che Israele giungesse a rinnegare ogni seppur formale collegamento con il politeismo dei popoli che l' avevano sempre circondato 15. Tuttavia, nonostante la pericolosità insita in questo simbolo, nei Padri della Chiesa e poi negli autori cristiani altomedievali la presenza del toro come emblema del sacrificio del Cristo era forte. Tertulliano paragonava esplicitamente il toro al Cristo: «Nam et benedicitur in haec verba (Deuter., XXXIII): Tauri decor ejus, cornua unicornis cornua ejus, in eis nationes ventilabit pariter ad summum usque terrae: non utique rhinoceros destina­ batur unicornis, nec Minotaurus bicornis; sed Christus in ilio significabatur, taurus ob utramque dispositionem; aliis ferus, ut judex; aliis mansuetus, ut salvator; cujus cornua essent crucis extima»16. Lo stesso Agostino non mancava, nell' esegesi testamentaria, di accostare il toro al Cristo: «Et Isaac Christus erat, et aries Christus erat [ ... ], Taurus est: attende cornua cruci»n. Nei secoli successivi è soprattutto Rabano Mauro ad aver lasciato, a commento di un passo del Genesi, testimonianza della forza e della persi-

stenza del parallelo toro-Cristo: «Taurus graecum nomen, sicut et bos. In­ dicis tauris color fulvus est, volucris pernicitas, pilis in contrarium versis. Caput circumflectunt flexilitate, qua volunt: tergi duritia ornne telum re­ spuunt, imrniti feritate. Taurus Christus. In Genesi: Et furore suo subner­ vaverunt taurum (Gen. XLIX) . ltem tauri, potestates saeculi hujus, cornu superbiae humiles plebes ventilantes, de quibus in Jerernia: Mugistis ut tau­ ri (Jer. L). Et alibi: Et tauri cum potentibus (!sa. XXXIV)»18. Nel momento in cui i Borgia presero il toro come emblema araldico, scelsero magari in modo parzialmente incoscio un simbolo dotato di una for­ te valenza. Come dicevamo, non è possibile sapere quando e perché lo scel­ sero. Ma non è forse inutile notare che la loro provenienza iberica li rende­ va particolarmente permeabili alla ricca simbolica taurina. n fatto che la tau­ romachia abbia ancora oggi in Spagna - in una forma, è chiaro, del tutto mu­ tata rispetto agli antichi sacrifici taurini - il suo centro principale è signifi­ cativo: e non ci riferiamo tanto ai combattimenti codificati nel Settecento, quanto ai numerosi riti taurini di piazza che nelle forme più selvagge posso­ no ricordare il diasparagmos dionisiaco. Come ha ormai stabilito Delgado Ruiz19, colmando una lacuna nel campo delle analisi storico-antropologiche della corrida, le feste popolari incentrate sul toro uniscono le reminiscenze pagane dei sacrifici iniziatici a interpretazioni cristiane del rito: elaborando a livello di cultura collettiva o folklorica lo stesso procedimento applicato dai padri della Chiesa a questo simbolo. Nell'araldica iberica il simbolo tau­ rino aveva dunque un significato più forte e pieno che altrove. Nel corso del suo pontificato Alessandro VI promosse diversi cicli di de­ corazioni che sembrano voler celebrare l'emblema taurino della sua famiglia: il primo e più noto negli Appartamenti Borgia in Vaticano, il secondo nella

14 N Reg., 17. . 15 Rispettlvamente Ex. 38, 8; I Reg., 6. Sul tema cfr. il lavoro di P. XELLA, Gli �n!en�ti i !Jio. i �inità e miti della tradizione di Canaan, Verona 1 982, anche per 1 nnvu bibliografici essenziali. 16 TERTULLIANI Adversus Marcionem, XVIII, in PL' II col 346. ' VIII, 17 AUGUSTINI Sermones ad populum, XIX, 3, in PL, XXX col 133; alle parole di Tertulliano e Agostino di possono accostare quelle, successive, di Eugippo: _ nostra mundatio et Dei propitiatio, nobis sine sanguine nulla est, sed illarum «qma figurarum veritas Christus est, cujus sanguine redempti et mundati sumus. Nam in figuris eloquiorum divinorum, et taurus dictus est, proprter veritatem (virtutem) crucis, cujus cornibus impios ventilavit» (EUGYPPll ABBATIS AFRICANI Thesaurus ' LXVII, in PL, LXII, col. 687).

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1 8 Prosegue ancora: «Tauri et in bonam et in adversam partem significationem trahunt. In bonam quoque, ut est illud in Evangelio: Ecce prandium meum paravi, et altilia occisa sunt, et omnia parata (Matth. XXII) . Quid ergo per tauros, nisi Fa­ tres testamenti veteris significantur? Nam dum ex pennissione legis acceperant, quatenus adversarios suos odii retributione percuterent, ut ita dicam, quid aliud quam tami erant, qui ininricos suos virtutis corporeae comu feriebant? Quid vero per altilia, nisi novi testamenti Patres figurantur, qui dum gratiam pinguedinis in­ ternae percipiunt, aeternis desideriis innitentes, ad sublimia contemplationis suae penna sublevantur. In contrariam vero partem tami positi accipiuntur, ut est illud in psalmo: Conciliu taurorum inter vaccas populorum (Psal. LXVII) . Hic per tauros haereticos significat indomitos, qui erecta cervice seducunt animas innocentes, et ad suum gregem trahunt, quos infelici persuasione decipimlt» (RAB ANI MAURI De uni­ verso, VII 8, in PL, CXI, col. 207). 19 M. DELGADO RUIZ, De la muerte de un Dios. Lafiesta de los toros en el uni­ verso simbolico de la cultura popular, B arcelona 1 986.


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chiesa di S. Maria Maggiore, il terzo a Civita Castellana. Il ciclo degli Ap­ partamenti fu realizzato dal Pinturicchio negli anni appena successivi all' ele­ zione di Alessandro. Il fregio che corre sotto il soffitto della navata centrale di S . Maria Maggiore si deve invece a Mino da Fiesole (che pure aveva la­ vorato negli Appmtamenti) e a Giuliano da Sangallo e venne ultimato nel 1498: esso mostra la doppia corona e i tori ai quali putti alati offrono cormi­ copie beneaguranti, oppure guidati da amorini. Gli affreschi e le decorazioni della fortezza di Civita Castellana, realizzati dal pittore umbro Pier Matteo d'Amelia nei primi anni del Cinquecento e analizzati in modo sistematico da Anna Cavallaro20, sono un trionfo della volontà celebrativa del pontefice, co­ me mostra la continua iterazione dell'emblema tam'ino, della doppia corona, ancora del toro bardato come un animale sact'ificale e recante un paniere di frutta simbolo dell'abbondanza (cui d'altronde rimanda l'immagine stessa del toro): il tutto realizzato con un gusto all'antica che, com'è stato notato, sem­ bra ispirarsi liberamente alle volte delle sale della Domus aurea. Torniamo ora agli affreschi del Pinturicchio, in cui la celebrazione del toro borgiano si colora di significati più complessi. Chiunque si avvicini a questo soggetto non può che partire dal contributo fondamentale offe1to nel 1945 da Fritz Saxl, all'interpretazione del quale gli interventi successivi del­ la critica hanno aggiunto precisazioni, ma non sostanziali innovazion:L2 1 . Le stanze degli Appmtamenti Borgia sono sei: nella prima sono rappresentate dodici coppie di Sibille e di Profeti dell'Antico Testamento. Nella seconda i profeti veterotestamentari sono affiancati ai dodici apostoli. li senso delle due rappresentazioni è chiaro: la profezia dei pagmù si congiunge a quella dei profeti delle Scritture ed entrambe sono coronate dalla venuta del Cristo. Pochi anni prima, nel 148 1 , era stato pubblicato a Roma un libretto con xi­ lografie delle sibille e dei profeti: comunque, le frasi nei cartigli sono origi­ nali e non corrispondono a questo modello. Nei cartigli degli apostoli vi so20 A. CAVALLARO, Un ciclo per i Borgia a Civita Castellana, in Il Quattrocen­ to a Viterbo, Roma 1 983, pp. 262-287 (al quale rimandiamo anche per le conside­ razioni su S . Maria Maggiore). 2 1 Lo si legge in traduzione in F. SAXL, La storia delle immagini, Roma-Bari 1 990, pp. 1 3 5- 1 64; ma cfr. anche B . D ' AGEN, Le peinture des Borgia, Pinturicchio: sa vie, san ouvre, san temps 1454-1513. Le monde pontifica[ et la société italienne pendant la Renaissance, Pmis 1 90 1 ; M. CALVESI-S. MACIOCE, Perugino e Pinturic­ chio in Vaticano, Roma 1988; C. CIERl VIA, Characteres etfiguras in opere magico. Pinturicchio et la décoration de la camera segreta de l'appartement Borgia, «Revue de l'art», 94 (1991), pp. 1 1 -26; EAD. , S acrae effigies et signa arcana: la decorazione di Pinturicchio e scuola nell'appartamento Borgia in Vaticano, in Roma, centro i­ deale della cultura dell'Antico nei secoli XV e XVI. Da Martino V al Sacco di Roma 1417-1527, (Atti del Convegno Internazionale di Studi su Umanesimo e Rillasci­ mento, Roma 25-30 novembre 1985), a cura di S . DANESI SQUARZINA, Milano 1 989.

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no invece frasi del Credo (da cui il nome della sala) e quelle dei profeti vi corrispondono nel significato. La terza stanza, forse lo studio del pontefice, è dedicata alle Alti liberali: ognuna di esse è sovrastata da una coppia di to­ ri. Nella sala dei Santi vi sono sant'Elisabetta madre di Giovanni nel mo­ mento della Visitazione; sant'Antonio e san Paolo erenùti nel deserto egi­ ziano, santa Caterina nella disputa con i filosofi pagani dell'imperatore (so­ vrastata dal toro con l'epigrafe Pacis cultori), santa Barbara, Susanna e i due vecchi (dal Vecchio Testamento: una scelta piuttosto inconsueta nel conte­ sto), san Sebastiano. Saxl ha acutamente interpretato l 'insieme come rap­ presentazione delle viltù: speranza, fede, carità, prudenza, fmtezza, giusti­ zia, temperanza. La quarta stanza contiene la rappresentazione, piuttosto co­ mune, delle cosiddette Sette gioie della Vergine, verso la quale Alessandro era molto devoto: l' Almunciazione, la Natività, l'Adorazione dei Magi, la Resurrezione, l'Ascensione, la Pentecoste e l'Assunzione. La decorazione che fa da contorno all'insieme è costellata in modo quasi ossessivo di immagini taurine: così com'era avvenuto - secondo quanto ricorda il Corio - durante il cmteo celebrativo dell'ascesa al so­ glio22. Tuttavia, più che il toro in funzione decorativo-celebrativa, è inte­ ressante soffermarci sulla celebre rappresentazione del mito di Iside e Osi­ ride che sovrasta le più consuete immagini dei santi nella quarta sala degli Appartamenti. Le scene rappresentano una fusione fra la versione ovidiana del nùto e altre tradizioni letterarie; nei Fasti Giove è attratto da Io-Iside; ma Giunone gelosa lo costringe a trasformarla in una vacca e solo dopo molte traversie Iside torna in Egitto, riprende le proprie sembianze e divie­ ne regina del suo popolo, al quale insegna i geroglifici: (fig. l) la vediamo infatti seduta, mentre regge un calamo e un libro, affiancata da Mosè: a sim­ boleggiare il parallelo fra la fondatrice della civiltà egizia e colui per mez­ zo del quale il Signore donò le leggi al popolo d'Israele. Subito, però, la narrazione riprende con quella che sembra la parte più originale dell'insieme. Le fonti principall non sono più Ovidio e la versio­ ne 'grecizzata' del nùto, bensì Diodoro Siculo e Plutarco, che con il suo De Iside et Osiride restituiva al tardo medioevo e al ril1ascimento un'Iside for­ se più confacente all'immagine dell'Egitto che alcuni intellettuali andava­ no costruendo in quello scorcio di secolo23. Come ha scritto Dario Del Cor22 BERNARDINO CoRio, Storia di Milano, a cura di A. MORISI GUERRA, II, Tori­ no 1 978, pp. 466 e ss. 23 «Quest'opera di Plutarco non poteva essere apprezzata dagli scrittori del me­ dioevo in quanto l'autore in questo scritto attacca l'evemerismo, dottrina questa che aveva pe1messo [ . . .] di parlare degli dei degli antichi come umnini divinizzati»: P. CASTELLI, Iside dal Medioevo al Rinascimento, in Iside. Il mito, il mistero, la ma­ gia, a cura di A.E. ARSLAN, Milano 1 977, p. 603.


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no a proposito dello stesso Plutarco, «la seduzione dell'Egitto attrarrà [ . .. ] tanti altri Greci: e sarebbe lungo ricordare i nomi e i casi di tutti: bastano tre grandissimi, Pitagora, Erodoto e Platone. [. . .] Comune a tutti era la con­ vinzione che la grande terra d'oltremare serbava, e avrebbe potuto dischiu­ dere, una via di conoscenza eterna, e insieme nuova per la Grecia chiama­ ta a divenire la luce dell'umano progresso in scienza e coscienza. Infine, se­ coli e secoli dopo, dall'Egitto rimase ammaliato Plutarco. Della tensione dei Greci verso la scoperta e la fondazione di un nuovo cosmo non rimane­ va più nulla, o assai poco; ed essi andavano tastando nel dubbio nuovi per­ corsi per uscire da una crisi che, dopo averli travolti politicamente, annien­ tava le loro fedi e i loro valori. La via maestra sembravano l 'Oriente e l'E­ gitto, ancora una volta. [ ... ] Così egli scelse di rivolgersi non all 'Egitto re­ centissimo della magia e della teurgia introdotte da altre culture, ma a quel­ lo apparso ai suoi antichi. L'Egitto di Plutarco è come il Proteo di Menelao e di Omero: vecchissimo, e padrone di ogni sapere»24. Era dunque questa la versione del mito più confacente alla corte roma­ na di Alessandro? Vediamola nei suoi tratti essenziali. Osiride era il dio ci­ vilizzatore degli egizi, cui insegnò la scrittura, l 'agricoltura e il culto degli dei, e stabilì le leggi. Sin dalla nascita era legato a I side, ma alla coppia se­ midivina si opponeva Tifone che con l 'inganno uccise Osiride. Dopo mol­ te vicissitudini Iside ne trovò il corpo smembrato (fig. 2), e con ogni parte delle quattordici in cui era diviso il corpo costruì una tomba, qui rappre­ sentata in foggia di piramide aurea, quasi fosse un lavoro di oreficeria. Se­ condo Plutarco, molte sarebbero le città che rivendicano la presenza delle spoglie di Osiride. Ma è a Menfi che «viene allevato e custodito il bue Apis, che è immagine dell'anima di Osiride, e si suppone che il suo corpo si tro­ vi lì»25. «Quasi tutti i sacerdoti - aggiunge Plutarco - sostengono che Iside e Osiride sono congiunti nella medesima identità: questa interpretazione ri­ vela la dottrina secondo la quale Apis andrebbe considerato come l'imma­ gine corporea dell ' anima di Osiride»26: infatti il Pinturicchio rappresenta l 'apparizione di Apis accanto alla tomba di Osiride (fig. 3). Ancora: «Apis è l 'immagine vivente di Osiriqe, e la sua nascita avviene quando alla luna cade un raggio di luce fecondante e va a colpire una mucca in calore. È per questo che Apis, col suo mantello misto di chiaro, grigio e nero, somiglia molto ai vari aspetti della luna»27. n particolare della luce lunare doveva

suonar familiare a quanti avevano letto Plinio, il quale, basandosi su nume­ rose fonti, riportava che il bue di Menfi «come segno di riconoscimento ha una macchia biancheggiante sul fianco destro, della forma dei corni della luna crescente [ ...] . Non è consentito dalla credenza religiosa che esso su­ peri un determinato numero di anni di vita, e lo uccidono immergendolo nella fontana dei sacerdoti; in lutto si mettono a cercarne uno che ne pren­ da il posto»28. Proprio così, con il crescente lunare sul fianco, Filippino Lippi rap­ presentava su un fronte di cassone quella che ancora oggi viene chiamata 'L'adorazione del vitello d'oro ' , ma che in realtà, nella polemica condotta a due riprese, negli anni Dieci-Venti e poi ancora negli anni Quaranta sul Burlington Magazine, è stata identificata con Apis : connesso dall' artista o da chi lo ispirò forse con il Vitello d ' oro dell' episodio biblico, forse con il toro inteso come segno zodiacale29 (fig. 4). Dopo l' apparizione di Apis, i sacerdoti lo riconoscono quale Osiride vivente e lo conducono in proces­ sione in un tabernacolo che, come ha notato Maurizio Calvesi, potrebbe esser stato ispirato da un particolare del mosaico nilotico di Palestrina (figg. 5 e 6)30• A questo punto, rimane da chiedersi chi sia stato l ' ispiratore del ci­ clo: Annio da Viterbo, si è affermato da più partPI, 'l'inventore' della leg­ genda circa il viaggio di Iside in Italia. Da parte nostra, non saremmo co­ sì categorici. Se è certamente vero quanto afferma Baltrusaitis, cioè che Annio «segna una radicale trasformazione delle fonti» perché «l ' Iside-Io di Ovidio che aveva predominato fino alla fine del medioevo» viene so-

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Iside e Osiride, a cura di M. CAVALLI, Introduzione di D. DEL 1 979, pp. 1 2- 1 3 (trad. che utilizziamo per le citazioni). Ibid. , 20, p. 78. 26 Ibid., 29, p. 87. 27 Ibid., 43, p. 103.

24

PLUTARCO,

CoRNo, Milano 25

28

PLIN.,

nat. hist. II 1 84- 1 8 6 (trad. di

G.B. CoNTE,

I, Torino 1 983, pp. 259-

�60� . Per una sintesi degli antichi culti egizi, nell'immensa bibliografia esistente,

nnv1amo al lavoro ancora valido di B. DE RACHEWILTZ, Egitto magico-religioso, To­ rino 1 96 1 . 29 Cfr. gli interventi di G.F. HrLL-F.J. MATHER-G. ROBERTSON-0. KURZ-R. EI­ SLER, «Burlington Magazine», rispettivamente 20 ( 1 9 1 1 - 1 9 1 2), pp. 1 7 1-172, 362363; 89 ( 1 947), pp. 145-147, 228; 90 ( 1 948), pp. 58-59. 30 S i è infatti onnai sicuri che fosse già noto in questa epoca: M. CALVESI, Il mito dell'Egitto nel Rinascimento. Pinturicchio, Piem di Cosimo, Giorgione, Fran­ cesco Colonna, «Art Dossier», 1988, p. 3 1 . 3 1 Lo notava già il SAXL, La storia delle immagini cit., pp. 148-149; ma rin­ viamo soprattutto a P. MATTIANGELI, Annio da Viterbo ispiratore di cicli pittorici, in Contributi alla storia degli studi etruschi ed italici. Annio da Viterbo. Documenti e ricerche, a cura di G. BONUCCI CAPORALI, I, Roma 198 1 , pp. 255 e ss.; W.S . SHEPHENS, The Etruscans ant the Ancient Theology in Annius ofViterbo, i n Umane­ simo a Roma nel Quattmcento, Roma-New York 1 9 8 1 , pp. 309-322. L'opera di An­ nio cui ci riferiamo è I cinque libri de le Antichità de Bemso sacerdote caldeo con lo commento di Giovanni Annio di Viterbo teologo eccellentissimo, Venezia 1 550.


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stituita da altre fontP2, bisogna dire che nulla della costruzione originale del viterbese - appunto, Iside in Italia - viene recuperata nel ciclo del Pin­ turicchio: sappiamo invece che questa leggenda, soprattutto nella parte che narra degli insegnamenti agli etruschi, venne accolta con grande inte­ resse in ambito locale e soprattutto nella stessa Viterbo33. Il fatto è, forse, che le teorie di Annio riportarono l ' interesse della corte pontificia intorno al mito di Iside-Osiride per la presenza di Apis e la possibilità di connet­ tere il toro araldico dei B orgia a questa figura. D ' altra parte, già Diodoro Siculo aveva scritto che gli egizi avevano insegne ed emblemi taurini che andavano certo legati ad Apis34. Le fonti alternative a Ovidio, magari in­ trodotte da Annio o da altri intellettuali, e non gli apocrifi del viterbese vanno messi all'origine dell'opera del Pinturicchio. D 'altra parte, si sa, l'uso delle immagini e dei simboli ha, soprattutto fra Quattro e Cinquecento, una storia nella quale a stento cogliamo una li­ nearità. Iside e il mito egizio incontrarono una particolare fortuna proprio a cominciare dagli ultimissimi anni del secolo, anche se già a cavallo fra Tre e Quattrocento si erano avute avvisaglie di questo rinato interesse nelle Ge­ nealogiae deorum gentilium e nel De mulieribus claris35 del Boccaccio o nella Cité des Dames36 di Christine de Pizan (che d'altronde proprio dal Boccaccio traeva ispirazione). Nel 1463 Marsilio Ficino aveva terminato la traduzione dal greco del Pimander e di tredici opuscoli ermeticP7. Ermete diveniva così il più antico civilizzatore, precedente 1ispetto allo stesso Mo­ sè, e l 'Egitto antichissimo era la terra cui guardare per scoprire l 'origine di ogni civiltà, inclusa quella greca. Non era forse, come dicevamo in prece­ denza, quello che già Plutarco aveva creduto di trovarvi?

Proprio a Roma il mito dell'Egitto trovò il suo primo, pieno dispiega­ mento, cmninciando una fortuna che sarebbe cresciuta nel Cinque-Seicen­ tQ per poi trovare l 'apoteosi che tutti conosciamo nel Settecento, così come ha ben prospettato pochi anni orsono la mostra del Louvre dedicata alla . 'egittomania' d'età moderna38. Per la Roma di fine-secolo si può forse ri­ correre alla categoria del ' gaio classicismo' , coniata dal Calvesi in una li­ nea di sostanziale continuità con il Counterrenaissance dello Haydn, l 'An­ tirinascirnento del Battisti o le ' abenazioni' del Baltrusaitis: ossia di una cultura che scopriva - anche grazie alla Domus Aurea o al mosaico di Pa­ lestrina - un mondo classico alternativo se non antitetico rispetto a quello razionalista di un Brunelleschi o di un Piero della Francesca; gli stessi scrit­ ti di Annio da Viterbo, come ha notato il Tigerstedt, vanno letti in chiave es­ senzialmente ' antiellenica'39. A Roma, oltre ad Annio, era stato Pomponio Leto a promuovere negli Anni Ottanta del Quattrocento l 'interesse per i mi­ ti degli antichi, ivi compresi gli egizi. Quasi coeva all'opera del Pinturic­ chio è l' Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna, stampata a Ve­ nezia nel 1498, in cui il mito di Iside - nella versione per così dire ' miste­ rica' o iniziatica offerta dalle Metamorfosi di Apuleio - è fortemente pre­ sente40. Fra l 'altro, è interessante notare che nel testo del Colonna emerge un'assimilazione di Iside con Venere e la Fortuna Primigenia, considerata mater omnium dearum: ebbene, nella stanza delle Sibille è raffigurata Ve­ nere su un cocchio, ma non trainato com'è tradizione da cavalli, bensì da tori. Nel corso dei secoli successivi, nel mito di Iside civilizzatrice della Germania (parallelo rispetto a quello di Annio, e forse a esso ispirato)41 , la divinità egizia sarà assimilata a Nerthus, che Tacito nanava esser celebrata

32 In particolare, per l'autore, da Diodoro Siculo: J. BALTRUSAITIS, La ricerca di Iside. Saggio sulla leggenda di un mito, Milano 1 985, p. 1 23. 3 3 MATTIANGELI, Annio da Viterbo cit., passim. 34 Dron. Src. I, 90; lo notava già il SAXL, La storia delle immagini cit., p. 149. 35 GIOVANNI B occACCIO, Genealogiae deorum gentilium VII-Vill, e De mulieribus claris, x, in Tutte le opere, a cura di v. BRANCA, Milano 1998. 36 Si legga la trad. in francese moderno (dal momento che il testo è stato edi­ to solo nell'ambito di tesi non pubblicate) Cité des dames, a cura di E. HICKS-T. MoREAU, Paris 1 986. 37 Per i testi rimandiamo al catalogo della Biblioteca Medicea Laurenziana, in Marsilio Ficino e il ritorno di Platone. Manoscritti stampe e documenti, a cura di S. GENTILE-S. Niccou-P. Vm, Firenze 1 9 84. Nell'ampia bibliografia esistente ci li­ mitiamo a ricordare: Marsilio Ficino e il ritorno di Platone. Studi e documenti, a cu­ ra di G.C. GARFAGNINI, I-II, Firenze 1 986; I. KLUTSTEIN, Marsilio Ficino et la théo­ logie ancienne, Firenze 1 987; P.O. KrusTELLER, Il pensiero filosofico di Marsilio Fi­ cino, Firenze 1988 (ed. riveduta e aggiornata); L'ermetismo nell 'Antichità e nel Ri­ nascimento, a cura di L. ROTONDI SECCID TARUGI, Milano 1 998.

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Egyptomania: l 'Egypte dans l'art occidental. 1 730-1930, Paris 1 994. Per l 'egittologia del Quattro-Cinquecento si vedano invece K. GIEHLOW, Die Hiero­ glyphenkunde des Humanismus in der Renaissance, «Jarhbuch der kinsthist. Samm­ lungen des A.H. Kaiserhauses», 32 ( 1 9 1 5) ; M. CALVESI, Il mito dell'Egitto nel Ri­ nascùnento cit. ; ID., L'Egitto fuori dal!'Egitto: Dalla riscoperta all'Egittologia, Bo­ logna 1 99 1 ; C. VASOLI, Il mito dei geroglifici come linguaggio sacro e simbolico, in Il simbolo dall'Antichità al Rinascimento. Persistenze e sviluppi, a cura di L. Ro­ TONDI SECCID TARUGI, Milano 1 995, pp. 2 1 3-245. 39 E.N. TIGERSTEDT, Joannes Annius and Graecia mendax, in Classica!, Me­ dieval and Renaissance Studies in Honor of B.L. Ullmann, II, Roma 1 964, pp. 393410. 4° FRANCESCO CoLONNA, Hipnerotomachia Poliphili, a cura di G. Pozzi-L.A. CIAPPANI, II, Padova 1980; per un commento, cfr. M. CALVESI, Il sogno di Polifilo prenestina, Roma 1 983; ID, Il gaio classicismo. Pinturicchio e Francesco Colonna nella Roma di Alessandro VI, in Roma, centro ideale cit., pp. 70- 10 l . 4 1 Cfr. BALTRUSAms, La ricerca cit., pp. 1 15-1 1 6.


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in un'isola e in un bosco a lei consacrati, condotta su un cocchio tirato da giovenche che concludeva la processione immergendosi ritualmente nelle acque di un lago42. Il senso complessivo della rappresentazione del mito di Iside e Osiride nell'Appartamento Borgia è sostanzialmente quello riconosciutogli già dal Saxl: la celebrazione della famiglia, rappresentata dall'emblema araldico e accostata alla più alta divinità civilizzatrice del paganesimo. Apis racchiu­ deva in sé molti degli attributi che, come abbiamo delineato brevemente, erano propri del toro in molti e differenti miti. In particolare, Apis era l'a­ nima della divinità che, perito il corpo, ritorna alla vita e continua a morire e a rinascere in un ciclo perpetuo. li parallelo con il Cristo morto e risorto viene spontaneo ed è rafforzato dall'insieme dei cicli presenti nelle stanze, che stanno a significare la linea di continuità tra il sapere degli antichi, i profeti dell'Antico Testamento e l'Avvento del Cristo. La stessa continuità testimoniata anche dai bassorilievi (fig. 7) in cui il toro con addobbo sacri­ ficale è raffigurato in ginocchio dinanzi alla croce e a un'effigie della Ver­ gine: simbolo della devozione del pontefice e della sua famiglia verso Cri­ sto e sua Madre; un simbolo denso di significato, se l'inginocchiarsi di un animale dinanzi alle immagini o ai luoghi sacri è un topos agiografico ben noto ed è un tema caro anche alle leggende di fondazione mariane, così dif­ fuse in quei decenni; è un toro quello che nella celebre leggenda dell'Ap­ paritio Sancti Michaelis, inginocchiandosi dinanzi al luogo in cui sorgerà il santuario garganico, decreta la morte del paganesimo e la sacralizzazione cristiana della montagna43 . Ma le due immagini fanno parte di un fregio, e i tori si inginocchiano in modo identico dinanzi all'effigie dello stesso A­ lessandro (fig. 8). Il mito di Iside è invece un momento centrale nel contesto delle stan­ ze; e il parallelo tra il sacrificio di Osiride-Apis e quello del Cristo merita forse un ultimo commento. È ce11amente vero che, come ha scritto il Saxl, «per quanto l 'intreccio di simboli pagani e cristiani ci possa apparire scon­ certante, esso era certamente ammesso nel Quattrocento»44; tuttavia l'evi­ dente simbolismo eristico del toro, all'interno di un contesto mitico pagano di morte e rinascita divine, aveva una portata difficilmente sottovalutabile: perché equivaleva, probabilmente al di là delle intenzioni, a far sì che la pe­ culiarità della Storia cristiana rispetto al paganesimo - l 'essere appunto sto­ ria, e non mito - venisse meno. La 'sfortuna', per così dire, di questi affre­ schi, che sappiamo poco conosciuti fino alla riscoperta di Leone XIII alla

fine del secolo scorso, è certo dovuta principalmente alla damnatio memo­ riae che aveva colpito i B orgia dopo il declino. Ma forse non è del tutto estraneo a tale sfortuna il rilievo nell'insieme delle storie di Iside, non suf­ ficientemente criptiche - anzi, ci sembra, tutt' altro che criptiche - come può esserlo per esempio la !e�nf!esta del Giorgi�n� per cita�·e un caso-li­ _ _ mite, e proprio per questo diff1c1lmente nconduc1b1li a una p1ena mterpre­ tazione cristiana.

42 43

TAc., Germ. XL. Apparitio Sancti Michaelis in Monte Gargano, ed. G. WAITZ, in MGH, SS. Lang, Hannover 1 878, pp. 540-543. 44 SAXL, La storia delle immagini cit., p. 146.

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. �ig. l : - Roma, Vaticano, Appartamento Borgia, Sala dei Santi, Pintu­ ncchiO, Iszde tra Ermete Trismegisto e Mosè.

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Fig. 2. - Roma, Vaticano, Appartamento Borgia, Sala dei Santi, Pintu­ ricchio, Ritrovamento delle membra di Osiride.


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Fig. 3. - Roma, Vaticano, Appmtamento Borgia, Sala dei Santi, Pintu­ ricchio, Adorazione di Apis, immagine corporea dell 'anima di Osiride.

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Fig. 4 - London, National Gallery, Filippino Lippi, Adorazione del vi­

tello d'oro.


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Fig. 5. - Roma, Vaticano, Appartamento B orgia, Sala dei Santi, Pintu­ ricchio, Processione di Apis.

Fig. 6. - Palestrina, Museo Archeologico Nazionale, mosaico del Nilo, pmiicolare.


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Fig. 7. - Roma, Vaticano, Appartamento Borgia, Sala dei Santi, fregio con bassorilievi, particolare.

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Fig. 8. Roma, Vaticano, Appartamento Borgia, Sala dei S anti, fregio con bassorilievi, particolare. -


ANNA CAVALLARO Pinturicchio <<.familiare» della corte borgiana: l ' Appartamento di Alessandro VI a Castel Sant 'Angelo

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li fatto che il pittore umbro Bernardino Pinturicchio fu durante la sua attività romana l'artista preferito dei Borgia è dimostrato, al di là del luogo comune di una naturale affinità tra la pittura fmtemente decorativa e ridon­ dante del pittore e il gusto del papa spagnolo, soprattutto dall'importanza delle committenze richieste da questa famiglia. Per il papa Borgia il pittore tenne aperti cantieri a metà degli anni No­ vanta del Quattrocento per decorare le sue residenze romane, l 'Apparta­ mento in Vaticano destinato alla vita pubblica e l' Appmtamento privato a Castel Sant'Angelo. Secondo il Vasari, che resta la fonte più completa dell'attività romana del Pinturicchio, a Castel Sant'Angelo il pittore decorò «infinite stanze a grottesche» nei piani superiori, e nel «torrione da basso nel giardino» sito nella parte anteriore della fortezza, dipinse «istorie di papa Alessandro»; in un altro passo vasariano si precisa che nella stessa zona del castello il pitto­ re decorò «logge e stanze» 1 . Delle grottesche menzionate dal Vasari non resta oggi traccia e neppu­ re è identificabile la loro esatta ubicazione nel castello. Le vicende di papa Borgia affrescate nel perduto appartamento papale costruito nella parte anteriore della fortezza e le altre decorazioni che si tro­ vavano nelle stanze possono ricostruirsi, invece, attraverso fonti letterarie ed epigrafiche2 .

1

GIORGIO VASARI, Le Vite de ' piiì eccellenti pittori scultori e architettori nel­ le redazioni del l550 e 1568, a cura di R. BETIARJNI, III, Firenze 1 97 1 , p. 575. Il biografo si sofferma ancora sugli affreschi di Castel Sant'Angelo nella Vita di Morto da Feltre ricordando che questo pittore giunse a Roma «nel tempo che il Pinturicchio per Alessandro VI dipingeva le camere papali e in Castel Sant' Ange­ lo le logge e le stanze da basso nel torrione, e sopra altre camere», ibid., IV, 1 976, p. 5 17. 2 Sugli affreschi perduti del Pinturicchio a Castel Sant'Angelo si veda A. SCHMARSOW, Pinturicchio in Rom, Stuttgart 1 882, pp. 64-7 1 ; E. STEINMANN, Pin­ turicchio, Bie1efeld-Leipzig 1 898, pp. 82-85; C. RICCI, Pintoricchio. Sa vie, son oeuvre et son temps, Paris 1903, pp. 1 3 8 - 1 4 1 ; A. GoFFlN, Pinturicchio, Paris 1905, pp. 83-84; E. MARcH PHILLIPS, Pintoricchio, London 1 908, pp. 98-99; C. Ricci, Pintoricchio, Perugia 1 9 12, p. 207; E. CARLI, Il Pintoricchio, Milano 1 960, p. 32; G. AGOSTI-V. FARINELLA, Interni senesi "all 'antica", in Domenico Becca-


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PINTURICCIDO «FAMILIARE» DELLA CORTE BORGIANA

L'appartamento di Alessandro VI a Castel Sant'Angelo rientrava nei grandi lavori promossi dal papa per fortificare il castello a partire dal 1492, quando l 'architetto Giuliano da Sangallo costruì una serie di strutture di­ fensive tra le quali un grande torrione rotondo di fronte all'imbocco del ponte. A questo tonione era annesso l 'appartamento privato del papa che comprendeva una serie di edifici prospicienti su un giardino pensile3 . L'appartamento è visibile in numerose incisioni del XVI e XVII seco­ lo4 (fig. 1): si trovava a destra del ponte, accanto al grande tonione del San­ gallo, e comprendeva un basso edificio rettangolare sormontato da una tor­ retta e fornito di una finestra che guardava sul fiume, e da un altro edificio rettangolare più alto concluso da merli e beccatelli; il complesso di edifici affacciava su un giardino pensile cinto da mura merlate e coltivato con al­ beri di aranci amari, o melangoli, secondo una consuetudine diffusa nei giardini privati romani del Quattrocento5 . In un'incisione cinquecentesca

particolarmente dettagliata che mostra una veduta laterale dell'appartamen­ to borgiano (fig. 2) appare il grande spazio del giardino pensile cinto da mu­ ra merlate, sul quale affacciava l 'edificio rettangolare a due piani, aperto a piano terra da un portico a tre arcate; accanto sorgeva l 'edificio più alto che sovrastava le mura ed era a sua volta coronato da merli e beccatelli. Le vedute cinquecentesche restituiscono l 'immagine di un giardino pensile fmtificato, ancora erede dei fortilizi medievali, ma allietato all'in­ terno da un ameno boschetto e da una loggia aperta dalla quale si poteva godere l'ambiente naturale circostante. ll torrione circolare del Sangallo e l'adiacente appartamento di Alessandro VI con il portico e il giardino di aranci sul fiume furono fatti demolire da Ur­ bano VIli nel settembre 1628. Autore della demolizione fu l'architetto militare Giulio Buratti che eliminò il complesso delle strutture borgiane alla testata del ponte per migliorare la difesa costruendo fortificazioni in quel punto6. Varie ragioni conconevano a rendere necessario l'abbattimento del complesso borgiano nel momento in cui papa Urbano VIII puntava a ren­ dere più sicuro e funzionale il castello. Nei documenti contemporanei si sot­ tolinea l 'ingombro creato dal torrione quattrocentesco per una corretta di­ fesa e per una più agevole viabilità del castello7 , e si insiste sulla sua inuti­ lità e sul valore soltanto estetico8 . Un ulteriore motivo a favore della demo-

fumi e il suo tempo, Milano 1990, pp. 583, 594-597, nota 24; E. HowE, Alexander VI, Pinturicchio and the Fabrication of the Via Alessandrina in the Vatican Bor­ go, in An Architectural Progress in the Renaissance and Baroque, Sojourns In and Out of Italy, a cura di H.A. MILLON-S . S . MUNSHOWER, Pensylvania, 1 992, pp. 6870; V. FARINELLA, Archeologia e pittura a Roma tra Quattro e Cinquecento, Tori­ no 1 992, p. 94; J. KLIEMANN, Gesta dipinte. La grande decorazione nelle dimore italiane dal Quattrocento al Seicento, Milano 1 993, p. 1 6 ; A. CAVALLARO, Le de­ corazioni perdute del Pinturicchio in alcuni palazzi romani della seconda metà del Quattrocento, «Roma moderna e contemporanea», 6/1-2 ( 1 998), pp. 103-125 ; L . TE STA, Il giubileo di Alessandro VI. Gli appartamenti vaticani, la ri­ strutturazione di Castel Sant'Angelo e la decorazione di Santa Croce in Gerusa­ lemme, in Arte a Roma. Pittura, scultura, architettura nella storia dei giubilei, a cura di M. CALVESI, Milano 1 999, pp. 62-63, uscito contemporaneamente alla mia comunicazione al Convegno. 3 Per i lavori di Alessandro VI a Castel Sant'Angelo cfr. C. D ' ONOFRIO, Castel S. Angelo, Roma 1 97 1 , pp. 206-21 3 ; ID. , Castel S. Angelo e Borgo tra Roma e pa­ pato, Roma 1 978, pp. 278, 298, 3 12; S. BORSI-F. QUINTERIO-C. VASIC VATOVEC, Maestri fiorentini nei cantieri roniani del Quattrocento, a cura di S. DANESI SQUAR­ ZINA, Roma 1989, pp. 284-285, 294; P. SPAGNESI, Castel Sant'Angelo. La fortezza di Roma, Roma 1 995, pp. 23, 72, 86, nota 60. 4 Cfr. D ' ONOFRIO, Castel S. Angelo cit., tavv. 109, 126, 1 85 e Castel Sant'An­ gelo nelle stampe della collezione d'Amelio, a cura di A. GHIDOLI, Roma 1 992, nn. 9, 10, 1 1 , 12, 1 3 , 16. 5 n giardino di Castel Sant'Angelo è descritto nel 1 523 da Giangiorgio Trissi­ no nel dialogo Il Castellano come «piccolo amabile giardino di aranci che è presso il fiume», cfr. D . R. CoFFIN, Gardens and Gardening in papa! Rome, Princeton 1 99 1 , p. 203 . Inoltre l 'indicazione «giardino delli merangoli» s i legge anche i n u n disegno seicentesco che mostra la pianta delle fmtificazioni del castello, cfr. D ' ONOFRIO, Castel S. Angelo cit., tav. 202; SPAGNESI, Castel S. Angelo cit. , tav. 6 1 .

6 Per i lavori di

Urbano VIII cfr. D ' ONOFRIO, Castel S. Angelo cit., pp. 234-238; Castel S. Angelo cit., p. 72. Per le spese relative alla demolizione della log­ gia e del torrione borgiano avvenuta nel 1628 («per buttatura abbasso del Torrione Borgia che stava in faccia al Ponte et altri lavori fatti. n tutto fatto per servitio della suddetta fmtificazione di Castel S. Angelo») cfr. ASR, Soldatesche e Galere, b. 23, cart. l (1628-1630), fase. I, I parte, cc. 1r- 1 6v in SPAGNESI, Castel S. Angelo cit., App. 3, p. 143. La demolizione avvenne tra i mesi di settembre e ottobre del 1 628, poiché in un avviso urbinate del 15 novembre 1628 erano in corso i lavori per sgomberare la strada dopo la demolizione del bastione borgiano: «Si fa lavorare notte et giorno atomo la fab1ica della strada, che li giorni addietro fu guastata per la demolitione che si fece del bastione del Papa Alessandro Borgia al fine di Ponte S. Angelo, acciò a quel tempo sia tal strada del tutto finita e ve si possa liberamente passare» (Bibl. Ap. Vat., Urb. lat. 1098, 2, c. 658r, cfr. D ' ONOFRIO, Castel S. Angelo cit., p. 86, nota 60). 7 In un passo della Vita di Urbano VIII di A. Nicoletti si ricorda che il papa de­ molì il tonione di Alessandro VI «il quale a ragione di buona fortificatione era non meno inutile, che d'inpedimento» (Bibl. Ap. Vat., Barb. lat. 473 1 , p. 1458, cfr. D ' O­ NOFRIO, Castel S. Angelo cit., p. 253). 8 Ancora neU' anno 1 630 circa negli Errori notabili delle nuove jortificationi di Castel S. Angelo considerati da Francesco Scala da Faenza per rappresentarli a Sua Santità si fa nuovamente cenno al «giardino, e torrione, che impedivano le di­ fese delli fianchi, benché imperfettissimi: et il torrione era inutile, essendo solo di bella fabrica, ma senza diffesa, e offesa di smte alcuna», (Bibl. Ap. Vat., Barb. lat. 4344, cc. 42-44v, cfr. D ' ONOFRIO, Castel S. Angelo cit. , p. 258). SPAGNESI,


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lizione era la sicurezza delle zone circostanti contro il rischio continuo di i­ nondazioni provocato dal restringimento del fiume in quel tratto, come ri­ corda l'epigrafe posta a memoria dei lavori di demolizione del 1 628 che menziona la «inutile torre» fatta abbattere da Urbano VIII, poiché chiudeva le prime arcate del ponte ostacolando il fluire delle acque del Tevere9 . Gli autori che in passato hanno dedicato qualche cenno al ciclo pintu­ ricchiesco in Castel Sant'Angelo, prestando fede al Vasari che parla di «tor­ rione da basso», hanno individuato nel torrione sangallesco il luogo dove si trovavano gli affreschi 10 • È invece fondamentale per stabilire la giusta collocazione del ciclo bor­ giano un brano del diario del viaggiatore tedesco Johann Fichard, che visitò il castello durante il suo viaggio a Roma nel 1536 fornendo una preziosa descri­ zione degli ambienti interni: «Inferius prope ingressum primarum pmtarum adjunctum habet amoenissimum hortum, sed non admodum et ipsum amplum. In eo Sphinges II masculus et foemina, fonna solita sculpti videntur. In eodem porticus est, antiquis Alexandri VI picturis (quoties ille a Carola VIIIputo o­ seulo pedum honoratus sit) ornatus. Eodem adjuncta conclavia duo, quarum interius ornatissimum est, tabulatis supernis in totum deauratis. Burgum An­ geli foris non aliam, quam turris rotundae, brevis sed crassissimae, speciem prae se fert, lapide tyburtino elegantissime extructum per Alexandrum VI» («Sulla parte bassa [del castello] vicino all'ingresso delle prime porte c'è an­ nesso un amenissimo giardino, ma anche questo non molto ampio. In esso ci sono due sfingi, maschio e femmina, scolpite nella solita forma. Nel medesi­ mo [giardino] si affaccia un pmtico ornato con antiche pitture di Alessandro VI (credo, tutte le volte che egli fu onorato da Carlo VIII con il bacio dei pie­ di). Al medesimo [giardino] sono annesse due stanze, le cui pareti interne so­ no amatissime con cassettoni nell'alto interamente dorati. Castel Sant' Ange­ lo all'esterno non ha altro edificio che una torre rotonda, bassa ma potentissi­ ma, da Alessandro VI costruita in travertino con estrema eleganza») 1 1 . 9 Per l' epigrafe cfr.

ibid., p. 234. 10 ScHMARsow, Pinturicchio in Rom cit. , p. 65; STEINMANN, Pinturicchio cit., pp. 82-85; Rrccr, Pintoricchio. Sa vie cit., 1903, pp. 138-141; GoFFJN, Pinturicchio cit., pp. 83-84; MARcH PHILLIPS , Pintoricchio cit. , pp. 98-99; Rrccr, Pintoricchio cit. , p. 207. 11 J. Fì:cHARD, Observationes antiquitatum et aliarum rerum memorabilium quae Romae videntur. Collectae per me F. Fichardum in eadem urbe mense VIIbri et VIIIbri anno MDXXXVI, «Frankfiirtisches Archiv fiir altere deutsche Literatur und Geschichte», 3 ( 1 8 15), p. 52; si veda anche l' edizione tidotta di A. ScHMARSOW, Excerpte aus loh. Fichard's «Italia» von 1536, «Repettorium fiir Kunstwissenschaft», 14 (1 891), pp. 1 37-138 e nota 13, il quale alla luce del passo del Fichard rivedeva quanto aveva scritto nel 1 882 tisultandogli ora chiaro che le sei storie erano dipin­ te sulla parete interna del portico.

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La descrizione del Fichard fornisce interessanti informazioni riguardo al complesso dell'appartamento borgiano. Si apprende che il giardino se­ greto del papa ospitava sculture di sfingi, probabilmente reperti antichi, in linea con la pratica sempre più diffusa alla fine del Quattrocento di ornare con sculture antiche i giardini ed i cortili dei palazzi di cardinali e di alti esponenti della società romana12 . In questo senso il giardino di Alessandro VI anticipa nel gusto e nella tipologia il giardino segreto realizzato da Giu­ lio II all'inizio del Cinquecento al Belvedere, anch'esso piantato a melan­ goli e decorato con statue antiche, come ricorda nel 1527 Andrea Fulvio nelle Antiquitates13• li Fichard accenna poi a due stanze dell'appmtamento riccamente ornate e concluse da soffitti a cassettoni dorati, ma è soprattutto chiaro nell'indicm·e l'u­ bicazione delle storie di Alessandro VI nel portico che affacciava sul giardino pensile: <<porticus est antiquis Alexandri VI picturis [...] ornatus». Con una buona dose di ironia il viaggiatore tedesco mette in evidenza il frequente ricorrere negli affreschi degli omaggi al papa da parte di Carlo VIII con il bacio dei piedi «quoties ille [Alessandro VI] a Carola VIII puto osculo pedum honoratus sit», introducendoci dunque ai contenuti di carat­ tere fortemente encomiastico e cerimoniale del ciclo. Gli affreschi rappresentavano i momenti più significativi della riconci­ liazione tra Carlo VIII e Alessandro VI avvenuta nel gennaio 1495, e le sin­ gole scene erano illustrate da iscrizioni che sono oggi le uniche testimo­ nianze rimaste a conservare la memoria di un ciclo che all'epoca ebbe si­ curamente una rilevante importanza politica e propagandistica per la fami­ glia Borgia. Le iscrizioni sono riportate da Hartmann Schedel nel Liber an­ tiquitatum cum epigrammatibus, ai ff. 1 63r e v- 164r (fig. 3). Il codice fu compilato tra il 1502 e il 1505 e contiene poesie e raccolte epigrafiche trat­ te da monumenti antichi e moderni di Roma1 4. Nel prologo alla raccolta, al 12 Reperti antichi posti ad ornamento dei giardini delle famiglie romane sono ri­

prodotti nel taccuino di M. van Heemskerck (Berlino, Staatliche Museen, Kupferstich­

E. FILIPPI, Marten van Heemskerck "Inventio Urbis", Milano 1990, 18 e 47; sui giardini 'all'antica' si veda I. BELLI BARSALI, l giardini di statue an­ tiche nella Roma del '500, in Gli Orti farnesiani sul Palatino, Roma 1990, pp. 341372; CoFFJN, Gardens and Gardening cit., pp. 17 e ss. 13 ANDREA FULVIO, Antiquitates urbis Romae, Roma 1527, f. 36. Sul giardino del Belvedere si veda U. GEESE, Antike als Programm. Der Statuenhof des Belve­ dere in Vatican, in Natur und Antike in der Renaissance, Frankfurt 1986, p. 32; BEL­ LI BARSALI, I giardini di statue antiche cit., pp. 344-348; CoFFJN, Gardens and Gar­ dening cit., pp. 13, 19-20; Il cortile delle statue. Der Statuenhofdes Belvedere in Va­ tican (Akten d. Int. Kongress, Rom 21-23 Oktober 1992), Mainz 1998. 14 Monaco, B ayerische Staatsbibliothek, Clm. 7 1 6, ff. 163r e v-164r. Il codice è datato 1505 al f. 325r, cfr. E. ZIEBARTH, De antiquissimis inscriptionum syllogis, kabinett), cfr. tavv.


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f. 89r, Schedel annota di aver ricevuto i testi delle iscrizioni dall'umanista tedesco Lorenzo Beheim, che trascrisse le epigrafi durante il suo soggiorno a Roma dal 1476 al 1502 15 . li Beheim era stato per ventidue anni al servizio del Borgia, dapprima come maestro di casa, poi come magister machinarum ossia comandante dell'artiglieria, quando Alessandro VI fu eletto papa. Dal pontefice ricevet­ te poi il dottorato in diritto canonico. Era legato all'Accademia di Pomponio Leto, amico del Burcardo, di Albrecht Diirer e di Willibald Pirckheimer16. Il codice ricorda che gli affreschi borgiani erano ubicati inferius in Or­ tu Pontificio ossia nel giardino del papa nella parte bassa del castello, testi­ monianza che concorda dunque con la descrizione fornita dal Fichard. Le iscrizioni erano sei e conispondevano ad altrettante scene dipinte:

«Epigramata Picturarum In Castello S . Angeli Inferius In Ortu Pontificio Carolus Sextus 17 Gallie Rex Regnum/ Parthenopes armis occupa­ turus Romam in/gressus Sex[tus] Alex[andr]o Pon. Max. redeunti ex/ arce Hadrianali in orto Pontificio beatos ped/es religiose subo­ sculatus est. Post felicem or/bis repa[ra]tio[ne]m: Anno M.cccclc. (invece di Mccccvc) Sui Pontifica/tus vero An[n]o iij. Rex Carolus Rex [Christi]anissimus in ampliss/ima edium pontifi­ ciarum aula sacris exosculatis/ pedibus. Sex Alex[andr]o pont. Max. publicum/ habenti Senatum in humanis divinisq[ue] rebus/ obedientiam prestitit. Pro Tribunali Sex Alex[andro] regis q[ui] in rem p[rae]sen/tem p[rae]tibus ductus Philippum presulem Cenomanen[sem]. Regis agnatum. Et Guilhelmu[s] antistitem maclouiensem Viros graves universo Senatu assentiente Purpureo Galero condecoravit. Ad Petri in Vaticano ad aram maximam Universo sacro sancto­ rum Patrum circumstante Senatu Alex[andr]o sum[m]o sacerdoti rem divinam facienti: manusq[ue] lavanti. Rex Carolus honorifi­ ce Aquam dedit. Sexto Alex[andr] o [Christi]ane Rei pu.ce sup[re]mo patri ad Augu­ stissimum templum sancti Pauli adeq[ui]taturo: Equum inscen­ dentj. Carolus Galliae Rex pedes ut vides pienissime fuit adiu­ me[n]to. Roma Neapolim Carolus abiturus Caesarem Borgiam Diac[onus] Car[dinalus] cognomento. Valenti. M[agnifico] Sex. Alex[andr]o pont. Max. carissimum: & Sultanum Zizimum Orientis competi­ torem magni Sultani fr[atr]em Bazayti Cadmi Thurcar[um] Regis profugum Rome captum secum abduxit».

«Ephemeris Epigraphica», 9 (1913), p. 2 1 3 e C.

HDLSEN, Di due sillogi epigrafiche urbane del secolo XVI. La silloge attribuita a Lorenzo Behem, «Atti della Pontifi­ cia Accademia Romana di Archeologia. Serie III. Memorie», l (1924), pp. 124- 130

con bibliografia precedente. Le iscrizioni dell'Appartamento bm·giano erano state segnalate da F. GREGOROVIUS , Lucrezia Borgia, Firenze 1 874, pp. 127-128, e poi pubblicate da SCHMARSOW, Pinturicchio in Rom cit., pp. 64-65 , il quale osservava che la trascrizione di Beheim non è precisa nelle abbreviazioni. 1 5 Dubbi sono stati espressi da HDLSEN, Di due sillogi epigrafiche cit., pp. 1291 30, che pensava piuttosto alla copia di una silloge compilata in precedenza, alla quale il Beheim «ha prefisso il suo nome come se fosse egli l 'autore». Tuttavia dal f. 133 al f. 168 si trovano poesie e notizie relative a fatti e a persone del pontificato di Innocenza VIII e di Alessandro VI. Sul codice si veda anche R. STAUBER, Die Schedelsche Bibliothek, Freiburg 1908, pp. 5 1 , 94-99; B. HERNARD, Die Graphik­ sammlung des Humanisten H. Schede!, Miinchen 1990, pp. 103-106. 16 Su Lorenzo Beheim cfr. C. S cHAPER, Lorenz und Georg Beheim Freunde Willibald Pirckheimers, Nurberg 1960, pp. 130- 1 3 1 , 145-146. Per i rapporti con A­ lessandro VI cfr. M. MENOTTI, I Borgia. Documenti inediti sulla famiglia e la cor­ te di Alessandro VI, Roma 1 9 1 7 , pp. 229-230 che riporta documenti dai quali ri­ sulta che il 16 maggio 1494 Alessandro VI concede a Lorenzo Beheim una pen­ sione annua di sei fiorini e il 27 oftobre 1501 gli concede prebende rivolgendosi a lui con l' appellativo di «dottore dei decreti». Per i rapporti con Durer cfr. O. HA­ GEN, War Albrecht Diirer in Rom?, «Zeitschrift fiir bildenden Kunst», 12 ( 1 9 1 619 17), pp. 255, 26 1 . Per l'ipotesi che Lorenzo Beheim abbia svolto il molo di so­ vrintendente delle fabbriche di fortificazione di Alessandro VI cfr. M. CARBONELL,

Rodrigo de Borja, cliente e promotor de obras de arte. Noticias sobre la icono­ grafia del apartamento B01ja del Vaticano, in M. MENOTTI, Els Borja, a cura di M. B ATLLORI-X. COMPANY, Valencia 1992, pp. 446 e ss. Inoltre, secondo S. S CHÙLLER­ PIROLI, Die Borgia Papste Kallixt III und Alexander VI, Munchen 1980, pp. 198201 il Beheim forse collaborò alla stesura delle iscrizioni e del programma del ci­

clo insieme ad un altro tedesco a Roma in quegli anni, il maestro di cerimonia Gio­ vanni Burcardo.

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Oltre alle storie borgiane, in testudine ossia sul soffitto a volta del por­ tico, erano dipinti medaglioni con ritratti imperiali accompagnati da versi latini che esaltavano la pazienza, la ragione, la moderazione e la generosità: «In Testudine v[erb]o h[oc] proverbia Diversor[um] Jmperator[um] Furor sit lesa sepius Pacientia. Agentem ratio ducat, non fortuna. 17 Invece di «Octavus»; secondo SCHMARSOW, Pinturicchio in Rom cit., p. 64 nota 5 , l'errore si spiega perché nell'iscrizione originale una cifra romana doveva essere in parte cancellata.


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Feras, non culpes: q[uondam] vitari non potest. Cui plus licet, minus libeat. Benefitium dando accepit, qui digno dedit. Difficilem oportet habere aurem, ad crimina. Cuj semper dederis: ubi neges rapere imp[er]as. Habet suum venenum blanda oratio». Gli episodi illustrati negli affreschi sono descritti anche nel Diarium del cerimoniere Burcardo e le due versioni dei fatti collimano in gran pmte. I­ noltre il Burcardo precisa i giorni del mese di gennaio 1495 in cui avvenne­ ro i singoli episodi: il 16 gennaio 1495 ci fu l 'incontro volutamente casuale di Carlo VIII, appena giunto a Roma, con il papa che usciva da Castel San­ t' Angelo, nei giardini vaticani; nella prima scena del ciclo era rappresentato l'omaggio reso in questa occasione al papa da Carlo VIII con il bacio dei piedi, come si legge nel primo epigramma: «in mto pontificio beatos pedes religiose subosculatus est». In realtà, se leggiamo il Burcardo, ci rendiamo conto che le cose andarono diversamente e soprattutto in maniera meno for­ male: il re procedette a grandi genuflessioni nel suo avvicinamento al papa, e quest'ultimo «finxit se non videre», ma giunto alla terza genuflessione fu il papa stesso ad andare incontro al francese e a baciarlo per primo. Anzi, poiché entrambi erano a capo scoperto, così il re «nec pedem, nec manum pape deosculatus est», non baciò né il piede, né la mano del papa, non av­ vemle insomma il rituale del bacio del piede rappresentato invece nella pri­ ma scena del ciclo di Castel Sant'Angelo, a voler ribadire la sudditanza del re già al suo primo incontro con il pontefice 1 8 . Nella seconda scena Carlo VIII prestava obbedienza al papa nella sala del Concistoro in Vaticano con il bacio dei piedi come si legge ancora nel secondo epigramma : «in amplissima edium pontificiarum aula sacris exo­ sculatis pedibus». Il Burcardo riporta questo episodio il 19 gennaio, e infor­ ma che fu egli stesso ad istruire il re, su preciso ordine del papa, sul com­ portamento e i modi di questo cerimoniale, che fu anche rimandato di qual­ che ora per volontà dello stesso Carlo Vill1 9 . Nella terza scena, che il Burcardo ripmta alla data del 2 1 gennaio, il papa conferiva la nomina cardinalizia a Guglielmo Briçonnet e a Filippo di Lussemburgo, cugino di Carlo VIII nomina che avvenne, precisa il Bur­ cardo «ad eiusdem regis importunam instantiam», su insistente richiesta del rezo . ,

18

JoHANNis B URCHARDI Diarium sive rerum urbanarwn commentarii (1483-

1506), ed. L. THUASNE, Il, Paris 1884, pp. 221-222. 1 9 1bid., pp. 227-228. 20 1bid. , pp. 230-23 1 .

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Nella qumta scena, avvenuta il 20 gennaio, il papa celebrava la messa solenne sull'altare maggiore di San Pietro lavandosi le mani con l 'acqua santa che gli versava Carlo VIII2 1 . Nella quinta scena era rappresentato l 'inizio della processione com­ piuta dal papa e dal re da San Pietro a San Paolo per mostrare la loro al­ leanza, e l'aiuto prestato da Carlo VIII al papa mentre saliva a cavallo, reg­ gendogli la staffa. Nell'iscrizione, con l 'inciso ut vides, si richiamava enfa­ ticamente l 'attenzione dell'osservatore sul gesto di deferenza di Carlo VIII. Il Burcardo descrive l'episodio il 25 gennaio, ma non fa cenno all'azione 22 della staffa, anzi lamenta il ritardo del re e l 'impaziente attesa del papa . Nell'ultima scena si vedeva la partenza di Carlo VIII per Napoli, av­ venuta il 28 gennaio; il re era accompagnato da Cesare Borgia e dal princi­ pe turco Djem, che aveva sottratto al papa, del quale questi era ostaggio, e che era divenuto suo prigioniero23 . Il ciclo illustrava episodi avvenuti in un periodo di tempo molto ravvi­ cinato, dal 16 al 28 gennaio 1495. Era una vera e propria cronaca dipinta, vi­ cina nel tempo e nel luogo agli avvenimenti illustrati24. Alessandro VI ave­ va scelto episodi pmticolannente significativi di un recente passato nel qua­ le il suo potere era stato seriamente minacciato . È noto che a seguito dell'occupazione militare di Roma attuata da Carlo VIII il 3 1 dicembre 1494, il pontefice si era precipitosamente rifugiato a Castel Sant'Angelo in compagnia di sei fidati cardinali, il 7 gennaio 1495, per sottrarsi ad una si­ tuazione di grave pericolo incombente25 . Gli affreschi sottolineavano invece con particolare enfasi gli episodi della riconciliazione tra il papa e il re, per restituire alla storia un'immagine trionfante e senza ombre del pontificato bm·giano. Erano infatti ricorrenti gli atti di sottomissione di Carlo VIII: al­ meno in due scene il re rendeva omaggio al papa con il bacio dei piedi, ser­ viva la messa, aiutava il papa a salire a cavallo all'inizio della processione che sanciva pubblicamente la loro alleanza. La forzatura dei fatti a scopo di personale propaganda dovette essere molto forte poiché, come si è visto, an­ che il resoconto degli avvenimenti di quei giorni fornito dal Burcardo risul­ ta talvolta diverso dalla versione apertmnente filopapale illustrata negli af-

21

Ibid., p. 233. p. 234. p. 236. Nel ciclo era anticipato l'episodio della nomina dei cardinali che nella realtà avvenne invece, come testimonia il Burcardo, dopo la celebrazione della messa in San Pietro. 24 KLIEMANN, Gesta dipinte cit., p. 16. 22 Ibid., 23 Ibid.,

25

Per il soggiorno di Carlo Vill a Roma e la fuga del papa a Castel Sant'An­ gelo cfr. L. VON PASTOR, Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, ill, Roma 1 942, pp. 395-404.


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freschi. Lo specifico interesse del committente nella scelta e nella illustra­ zione degli eventi oltrepassava ad evidenza quello del semplice cronista. Do­ po tanta paura per l 'arrivo in Italia di Carlo VIII il papa «se donnat la sati­ sfaction de triompher de lui, en peinture!» come sarcasticamente commen­ tava nel 1905 il Goffin nella sua monografia su Pinturicchio26. Nel compiere questa operazione che forzava la realtà dei fatti a favore del papa, il pittore aveva sotto gli occhi a Roma una tradizione di modelli medievali incentrati sulla supremazia papale nei confronti del potere impe­ Iiale: gli esempi più ovvi sono gli affreschi della cappella di San Silvestro ai Santi Quattro Coronati dove si vede Costantino in ginocchio di fronte a pa­ pa Silvestro, in atto di offrirgli la tiara e l' umbraculum, mentre Silvestro lo benedice27 ; oppure gli affreschi della sala presso l'oratorio di San Nicola al Laterano con Innocenza II che dà la corona imperiale a Lotario III, o anco­ ra il mosaico del triclinio leoniano sempre nel palazzo lateranense, con l'in­ vestitura imperiale di Leone III e di Carlo Magno da pmte di san Pietro; si tratta di immagini perdute, ma documentate da disegni seicenteschi raccolti nel volume di Waetzoldt28 . In tempi più prossimi al papa Borgia si colloca­ no poi gli affreschi della corsia sistina dell'ospedale di Santo Spirito raffigu­ ranti la vita di Sisto IV dove compaiono scene di omaggio imperiale al pa­ pa29 . Una sottile linea di continuità univa questi esempi di epoche, siti e pro­ tagonisti diversi basati sul comune riconoscimento della supremazia del pa­ pa sull'imperatore in ogni momento della storia e del più recente passato. Gli affreschi di Castel Sant'Angelo offrivano anche un prezioso spac­ cato della corte borgiana, con gli amici e i pm·enti del papa che partecipa­ vano alle cerimonie ufficiali, come ricorda il Vasari: «la bella Isabella regi­ na Catolica, Nicolò Orsini conte di Pitigliano, Giangiacomo Trivulzi con molti altri parenti et amici di detto papa, et in particolare Cesare Borgia, il fratello e le sorelle, e molti virtuosi di quei tempi»30 . Inoltre erano rap­ presentati Filippo di Lussemburgo, Guglielmo Brissonnet e il turco Djem fratello del sultano, come si apprende dalle iscrizioni. Una utile palestra dunque per il Pinturicchio ritrattista che continuava una tradizione già sperimentata nelle sue opere romane, dalla cappella Si­ stina, alla Bufalini, all'appartamento Borgia. Il pittore fu probabilmente te-

stimone diretto di alcuni tra gli episodi rappresentati, confuso nella folla de­ gli amici e parenti del papa che partecipavano alle cerimonie pubbliche, se possiamo prestare fede a Paolo Giovio il quale ricorda che il ritratto di Car­ lo VIII fu fatto dal vero e per questo preso a modello dallo stesso Giovio per illustrare la biografia del re negli Elogia virorum bellica virtute illu­ strium: «Sub effigie Caroli VIII Galliae regis (1470-1498). Hoc oris gestu et armorum cultu Carolum Galliae Regem eius nominis octavum Alexander Pontifex in mole Hadriani pingi iussit, quum Rex ipse pictori se exprimen­ dum accurate praebuisset» (Sotto il ritratto di Carlo Vili re di Francia (1470-1498). Con questa espressione del viso e con l'ornamento delle anni il papa Alessandro VI fece rappresentare in pittura a Castel Sant'Angelo il re di Francia Carlo VIII essendosi il re stesso mostrato al pittore per una rappresentazione fedele) 31 . Il ciclo bm·giano di Castel Sant'Angelo fu certamente il modello per le storie di Pio II che Pinturicchio dipinse nella Libreria Piccolomini di Siena ai primi del Cinquecento. Alcune scene del ciclo senese trattano infatti i medesimi temi, in particolare l'omaggio reso dal cardinale Enea Silvio Pic­ colomini a Eugenio IV con il bacio dei piedi nella sala del Concistoro alla presenza di una folla di cardinali, oppure la elezione cardinalizia di Enea Silvio Piccolomini da parte di Eugenio IV32 . Il carattere storico-celebrativo del ciclo senese e i temi trattati fanno pensare che Pinturicchio a Siena ten­ ne presente soluzioni compositive già dipinte a Castel Sant'Angelo. Anche la struttura delle storie senesi richiama probabilmente il perduto ciclo ro­ mano: qui, come a Siena, le scene dovevano disporsi entro arcate dipinte e si raccordavano alla volta a crociera attraverso un sistema di vele e peduc­ ci ornati a grottesche, motti e monocromi di gusto antiquario. Significativo nel ciclo bm·giano di Castel Sant'Angelo è il rapporto di integrazione tra immagini e testo che era fondamentale per questo genere di rappresentazione. Le iscrizioni latine fornivano infatti un preciso resoconto dei fatti e descrivevano dettagliatamente gli eventi raffigurati largheggian­ do in informazioni su personaggi e luoghi. Erano dunque un corredo indi­ spensabile delle immagini dipinte per la corretta comprensione di storie non altrimenti note, come del resto si era già visto nelle storie di Sisto IV del­ l'ospedale di Santo Spliito, altra importante cronaca dipinta della vita di un papa del XV secolo, dove le lunghe iscrizioni spiegano e integrano i conte­ nuti delle scene. Un'ultima considerazione riguarda il luogo dove erano situati gli af­ freschi: nel portico, in una collocazione all' aperto, efficace per mostrare

,

26 GoFFlN , Pinturicchio cit., p. 84. 27 M. GREENHALGH, Iconografia antica

e sue trasformazioni durante il Me­ dioevo, in Memoria dell'Antico nell'Arte Italiana, a cura di S. SETIIS , II. I generi e i temi ritrovati, Torino 1985, p. 195. 28 S. WAETZOLDT, Die Kopien des 1 7. Jahrhunderts nach Mosaiken und Wand­ malereien in Rom, Wien-Miinchen 1 964, figg. 1 19, 120. 29 HoWE, Alexander VI cit., figg. 3-23. 30 VASARI, Le Vite cit., p. 575.

,

3 1 PAOLO GIOVlO, Gli elogi degli uomini illustri (letterati, artisti, uomini d'ar­ me), a cura di R. MEREGAZzr, Vill/4, Roma 1 972, p. 363. 32 Cfr. CARLr, Il Pintoricchio cit., tavv. 1 3 1 , 134.


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agli ospiti e ai frequentatori della residenza le recenti vicende papali. È in­ teressante osservare che la collocazione in cortili e portici di simili crona­ che figurate diventa presto una consuetudine, al punto che ai primi del Cin­ quecento Paolo Cortesi nel De cardinalatu raccomanderà di dipingere sce­ ne di imperatori che si sottomettono all'autorità papale sui muri delle log­ ge e dei portici dei palazzi, posti alla vista dei visitator?3 . Paolo Cortesi in­ siste poi sull'importanza di dipingere scene di sottomissione al papa, forte solo del suo potere da parte di imperatori muniti invece di uomini e di ar­ mi, facendo intuire un riferimento quasi diretto alle recenti storie dipinte a Castel Sant'Angelo: «quid admirabilius quam Imperatorem Pontifice Ro­ mano maximo exercitu summaque belli disciplina praestantem eius se su­ bicere potestati velle qui sine ullo armorum militumque praesidio, execra­ ria tantum potestate niteretur?» 34. Altro esempio della collocazione all'aperto di una cronaca figurata è il grande affresco dipinto nel 1491 da Antoniazzo Romano per Gentil Virginio Orsini nel castello di Bracciano per celebrare i suoi successi politici e mili­ tari, raffigurante la visita di un esponente di casa Medici a Bracciano e la ca­ valcata d'onore dell' Orsini dopo aver ricevuto la nomina di comandante del­ le truppe aragonesi. In origine l'affresco si trovava sulla parete del pmtico di ingresso al cortile, in una collocazione all' ape1to che lo poneva immediata­ mente di fronte agli occhi di chiunque varcasse la soglia del castello35 . Ma a Castel Sant'Angelo le decorazioni a fresco non si limitavano al portico dell' appartamento papale. Alessandro VI fece dipingere anche un ciclo di storia romana, ubicato probabilmente nelle stanze interne del suo appartamento. Nel codice miscellaneo 1219 della Bibliothèque Municipale di Besançon, databile ai primi anni del Cinquecento e contenente una sillo­ ge epigrafica forse di Tommaso Volpio36, sono ripmtate infatti altre iscri­ zioni che illustravano le storie di Manlio Torquato e di Tarpea fatte dipin-

33 K. WEIL GARRis-J.F. D ' AMICO, The Renaissance Cardinal's Idea[ Palace: a Chapterfrom Cortesi 's De Cardinalatu, «Memoirs of the American Academy in Ro­ me», 35 (1980), pp. 90-91 e M. G. AURIGEMMA, «Qualis esse debeat domus cardi­ nalis» : il tipo della residenza privata cardinalizia nella cultura antiquaria romana del secondo '400, in Piranesi e la cultura antiquaria. Gli antecedenti e il contesto, Roma 1983, p. 65. 34 WEIL GARRis-D'AMico, The Renaissance Cardinal's cit., p. 92. 35 A. CAVALLARO, Antoniazzo Romano e gli antoniazzeschi. Una generazione di pittori nella Roma del Quattrocento, Udine 1992, pp. 100-109. 36 Besançon, Bibl. Mun., ms. 1219, ff. 63v-64r. Gli epigrammi sono stati se­ gnalati da AaosTI-FARINELLA, Interni senesi cit., p. 597, nota 24. Sul codice cfr. P. O. KRISTELLER, Iter Italicum, III, Leiden 1 983, p. 203, che lo assegna per la mag­

gior parte ad un copista nordico del XVI secolo.

l

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gere da Alessandro VI su 'pareti' non meglio precisate di Castel Sant'An­ gelo (fig. 4). Si trattava della vicenda di Manlio Torquato che ordina la mor­ te del figlio colpevole di aver trasgredito l 'ordine di non attaccare il nemi­ co, e dell'episodio di Tarpea che aprì le pmte di Roma ai Sabini e fu poi da questi uccisa sotto i loro scudi. Nel codice sono riportate le iscrizioni in capitale umanistica che ac­ compagnavano le scene: «In parietis Castelli S .Angeli quod olim vocabatur moles Hadria­ ni. Alexander VI pont. dipingi fecit Manlius Torquatus caput filii sui iubente abscidi ubi id scribi [ . ] curavit. T.MANLIUS TORQUATUS/ FILIUM SUUM QUOD IS/ CONTRA IMPERIUM IN/ HOSTEM PUGNAVERAT/ NECARI IUSSIT. Eodem in loco idem pontifex dipingi fecit Tarpeam virginem quemadmodum obruta scutis fuerit ubi id adnotatum est litteris auris. TARPEIA VIRGO AB SAB/INlS SCUTORUM CONGEST/ O­ BRUTA DOCUMENT/UM UT ESSET NlHIL/ USQUAM FI­ DUM/ PRODITORI ESSE». (Sulle pareti di Castel Sant'Angelo, che una volta si chiamava Mole Adriana, Alessandro VI fece dipingere l 'episodio di Manlio Torquato che ordina la decapitazione del figlio come fece scrive­ re [segue il testo dell'iscrizione in capitale umanistica che com­ mentava la scena] . Nello stesso luogo il pontefice fece dipingere Tarpea coperta dagli scudi come è spiegato in lettere d'oro [segue il testo dell' iscrizione che illustrava la scena]). . .

È singolare che siano ricordati soltanto due episodi di un ciclo certa­ mente più ampio di storia romana, accompagnato, come si specifica nel co­ dice, da iscrizioni in lettere d'oro. Le storie di Manlio Torquato e di Tarpea illustravano le punizioni subite dai traditori della patria ed erano tratte dal­ l'opera Ab urbe condita di Livio37 . Anzi l'iscrizione che illustrava la scena della mmte di Tarpea e ammoniva a non dare fiducia ad un traditore risulta ripresa interamente dal testo liviano38 . Con evidenza gli episodi erano stati scelti per il loro valore di monito e di avvertimento morale e non è escluso che nel ciclo si volesse velatamente alludere ai recenti avvenimenti vissuti da Alessandro VI quando aveva dovuto difendere Castel Sant'Angelo e l'intera città di Roma dai tentativi di occupazione di Carlo VIII. 37 Liv., Ab Urbe condita, I 1 1 , 5-9 (Tarpea),VIl 6, 1 -22 (Manlio Torquato), a cura di B.O. FOSTER, l, London-Cambridge 196 1 , pp. 42-44; IV, pp. 22-28. 38 Ibid. : «Accepti obrutam armis necavere, seu ut vi capta potius arx videretur, seu prodendi exempli causa, ne quid usquam fidum proditori esset».


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È probabile che queste pitture fossero ubicate in una delle due stanze dell'edificio che affacciava sul giardino il cui interno era, secondo il Fi­ chard, ornatissimum, e che il Pinturicchio ne fosse l'autore. Infine, come nell'Appartamento Borgia, il pavimento dell'appartamento di Castel Sant'Angelo era a mattonelle in maiolica con gli stemmi borgia­ ni, oggi in parte conservate39 • A compenso dei lavori eseguiti per il papa Borgia il Pinturicchio fu pa­ gato in natura: ricevette infatti per gli interventi in Vaticano e a Castel Sant'Angelo due teneni agricoli situati nei pressi di Chiusi, che gli venne­ ro dati in un primo momento in affitto e poi ceduti in dono in cambio di un' offerta simbolica40. Tramite degli accordi tra il papa e il pittore fu il car-

39 Per il pavimento maiolicato con emblemi di Alessandro VI cfr. R. PAPINI, Gli antichi pavimenti di Castel S. Angelo, «Faenza» (1 914), p. 68 e O. MAZZUCATO, I pavimenti pontifici di Castel S. Angelo, XV-XVI sec., Roma 1985, pp. 7, 19-24 che

descrive i frammenti di mattonelle con la corona raggiante dei Borgia, le fasce e le fiamme dei Lanzol e lo stemma completo con il toro ritrovati durante gli scavi del­ la fine del secolo scorso nelle parti interne del castello. 40 Una serie di decreti della Camera Apostolica e di Brevi papali conservati presso l'Archivio Segreto Vaticano e presso l 'Archivio di Stato di Roma (pubblica­ ti nel secolo scorso dal Vermiglioli, dal Miintz e poi dal Bombe), consentono di seguire la lunga trafila dei rapporti tra la corte pontificia e il pittore in relazione ai lavori in Vaticano e a Castel Sant'Angelo, e di chiarire la questione cronologica. Ri­ sale al 10 aprile 1495 un Breve di Alessandro VI che concede al Pinturicchio i due terreni nei pressi di Chiusi per un periodo di ventinove anni in cambio di un affitto annuo di trenta ceste di grano, a titolo di compenso per i lavori che il pittore stava realizzando a Roma in Vaticano e a Castel Sant'Angelo (documento in ASV, Diver­ sa Cameralia, 1495-1497, cc. l 2r-12v pubblicato da E. MDNTZ, Les arts à la Cour des Papes. Innocent VIII, Alexandre VI, Pio III (1484-1503), Paris 1 898, p. 177, no­ ta 1). li Breve viene poi ratificato con un decreto dello stesso pontefice del l a di­ cembre 1495 filmato dal cardinale camerlengo Raffaele Riario (ASR, Camerale I, 1492- 1 5 1 1 , c. 8v pubblicato da G.B . VERMIGLIOLI, Memorie di Bernardino Pintu­ ricchio pittore perugino, Perugia 1 837, pp.VII-X; W. B OMBE, Urkunden zur Ge­ schichte der peruginer Malerei im I6.Jahrhundert, Leipzig 1929, pp. 1 8-20). In se­ guito, risultando il canone d'affitto troppo oneroso per il pittore, con un decreto del 28 luglio 1497 l'affitto fu trasformato nell'offe1ta simbolica di due libre di cera bianca all'anno per un periodo di tre anni, da consegnare alla Camera Apostolica il giorno della festa dell'Assunta (ASR, Camerale l, 1492- 1 5 1 1 , c. 13v, pubblicato da VERMIGLIOLI, Memorie cit., pp. X-XIV; BoMBE, Urkunden cit., pp. 21-22). Un Bre­ ve di Alessandro VI del 24 ottobre 1497 ordinava al tesoriere di Perugia la restitu­ zione al pittore delle trenta ceste di grano che i mezzadri di Chiusi avevano richie­ sto per il 1497, contravvenendo al decreto precedente (ASR, Camerale I, 14921 5 1 1 , c. 14 pubblicato da VERMIGLIOLI, Memorie cit., pp. XIV-XVI). Il p1ivilegio dell'offerta simbolica a titolo di affitto fu poi esteso a ventinove anni con un sue-

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dinale Raffaele Riario, che nel decreto del 28 luglio 1497 elogiava le pittu­ re realizzate nella residenza papale di Castel Sant'Angelo ricordando la fa­ tica, la cura e le spese sostenute dal pittore e aggiungendo che, sebbene egli meritasse una degna ricompensa, tuttavia le precarie condizioni finanziarie delle casse papali non consentivano di pagarlo in denaro. Il pagamento tramite beni in natura, abbastanza usuale nel Quat­ trocento, non era certamente agevole per un capobottega come il Pinturic­ chio che aveva alle sue dipendenze numerosi collaboratori, i quali doveva­ no essere a loro volta pagati al termine dei lavori. Se il pittore accettava questa formula di pagamento poteva evidentemente contare su una situa­ , zione economica molto solida che gli consentiva di anticipare le spese . E significativo ricordare che anche in seguito, nel 1 506, il pittore venà ricompensato da Giulio II con l 'affitto di un teneno per la decorazione del coro di Santa Maria del Popolo a Roma. Per quanto riguarda la cronologia del ciclo di Castel Sant'Angelo, si desume dai documenti che i lavori nel castello iniziarono nella primavera del 1495, subito dopo il verificarsi degli eventi; erano in gran parte termi­ nati nell'estate del l 497, quando i documenti ricordano le pitture realizza­ te nella residenza papale di Castel Sant'Angelo e elogiano la fatica e le spe­ se sostenute dal pittore. Tuttavia resta il dubbio di un cantiere ancora aper­ to, poiché un Breve emanato l'anno successivo, il 1 6 maggio 1498, ricorda lavori ancora in corso nel castello. Le rendite personali consentirono al pit­ tore di continuare a lungo a pagare aiuti e collaboratori, poiché solo nel 15 1 1 egli venderà i teneni di Chiusi ricavando la cospicua somma di 577 ducati d'oro41 . I lavori compiuti da Pinturicchio in Vaticano e a Castel Sant'Angelo furono molto apprezzati dal papa e dai suoi famigliari, e i rapporti tra il pit­ tore e la famiglia Borgia si consolidarono. Oltre al riconoscimento delle sue

cessivo decreto del 5 febbraio 1498 (ASR, Camerale I, 1492- 1 5 1 1 , c. 16 pubblica­ to da VERMIGLIOLI, Memorie cit., pp. XVII-XXV; BoMBE, Urkunden cit., pp. 23-24). Il l6 maggio 1498 un altro Breve dichiarava che il pagamento delle due libre di ce­ ra aveva un carattere simbolico e che il Pinturicchio era me1itevole di ben altro per i lavori ancora in corso nel palazzo Vaticano e a Castel Sant'Angelo «in tuo artifi­ tio predicto perseverando in dictis Palatio et Arce etiam labores et incomoda tot pic­ turas et ornamenta effece1is» (ASR, Camerale I, 1492- 1 5 1 1 , c. 17v pubblicato da VERMIGLIOLI, Memorie cit., pp. XXV-XXXI). 41 L'ultimo atto della lunga vicenda del pagamento è del 20 settembre 1 5 1 1 , quando i l Pinturicchio vende i teneni di Chiusi a i perugini Pietro Paolo e Giulio Ce­ sare della Cmuia (l'atto di vendita si trova in ASV, Ann. XXIX, t. 77, cc. 30-34 pub­ blicato da VERMIGLIOLI, Memorie cit., pp. XLIV-LVIII; BoMBE, Urkunden cit., pp. 38-45).


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doti artistiche, trapela dai documenti di quegli anni una certa familiarità tra il Pinturicchio e i Borgia: per esempio in una lettera del 14 ottobre 1500 Ce­ sare Borgia lascia chiaramente intendere il rapporto di protezione della fa­ miglia nei suoi confronti: «Berardino Pintorichio de Perosa qual sempre ha­ verna amato per le virtù sue l 'havemo novamente riducto a li servitij nostri, per la qual cosa desideramo sia in ogni sua facenda recognosciuto per no­ stro familiare»42 • Si apprende che il pittore, qui appellato <<nostro familia­ re», era stato nuovamente chiamato a lavorare per la famiglia Borgia, ma nulla è no to di questa commissione. Resta da sottolineare infine che a compensare la nostra conoscenza del perduto Appartamento borgiano a Castel Sant'Angelo è pervenuta una di­ screta documentazione che consente almeno di immaginare la sua sontuo­ sità e la modernità delle soluzioni interne: le stanze riccamente ornate con storie antiche alle pareti, i soffitti a cassettoni e i pavimenti maiolicati, il portico che affacciava sul giardino con le pareti interne dipinte con episodi di cronaca contemporanea, i versi latini di contenuto moralizzante e i ritratti imperiali dipinti all'attacco delle volte a crociera, il piccolo aranceto orna­ to di sculture antiche. Si configura un raffinato intreccio di natura e storia di origine classica e una ricerca di lusso e di aggiornamento culturale che colloca l 'appartamento privato di Castel Sant'Angelo in linea con le più moderne tendenze della pittura e dell'edilizia romana di fine Quattrocento, facendo ancora di più rimpiangere la sua perdita.

42 Il brano è tratto da una lettera che Cesare Borgia sCiisse da Deruta al vice te­ soriere di Perugia, Alfano Alfani, affinché fosse concessa al Pinturicchio una cister­ na per la sua nuova casa a Pemgia. La richiesta non fu accolta e il Borgia se ne la­ mentò inviando pochi giomi dopo, il 20 ottobre, una seconda lettera all'Alfani rac­ comandando nuovamente la risoluzione della questione per l'anno successivo (ASP, Archivio Storico Comunale, pubblicato da W. BOMBE, Geschichte der peruginer Malerei bis zu Perugino und Pinturicchio, Berlin 1912, pp. 392-393).

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Fig. l . Antonio Salamanca, Castel Sant'Angelo, veduta frontale, inci­ sione, 1545 . -


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Fig. 3. - Miinchen, Bayerische Staatsbibliothek, Clm. 716, f. 163r, Liber antiquitatum cum epigrammatibus.


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Fig. 5. - Besançon, Bibliothèque Municipale, ms 1219, f. 64r. .

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SAB INE POESCHEL L' orientalismo e l 'idea della pace nella pittura romana dell 'epoca di Alessandro VI *

L' orientalismo è assai diffuso nella pittura religiosa del Rinascimen­ to, specialmente come elemento realistico, in funzione decorativa, nella rappresentazione dei luoghi della Tena S anta. Figure di turchi o di persia­ ni assistono ammirate alle azioni degli apostoli o accompagnano i tre Re magi come si vede in innumerevoli quadri dell'epoca, quadri molto noti come l 'Adorazione di Filippino Lippi nella Galleria degli Uffizi. Di questi 'orientali buoni' fanno parte anche scienziati, filosofi e poeti che sono ri­ tratti nello studiolo di Federico da Montefeltro nel palazzo ducale di Urbi­ no, oppure figurano come maestri delle Arti Liberali dell'Appartamento Borgia in Vaticano. Rappresentazioni del genere non hanno alcun significato politico e non rivelano alcun tipo di conflittualità tra il pittore e il suo soggetto. A partire dalla caduta di Costantinopoli, nel 1453, prese a diffon­ dersi anche l 'immagine del turco spietato e terribile. La morte dell' im­ peratore bizantino Costantino XI e l ' annientamento delle sue truppe fu­ rono deplorati seriamente dai papi e dalle nazioni cristiane anche se si trattava di eventi attesi dopo il fallimento del tentativo di unificazione, nel 1439, della chiesa romana con la greca. Il carattere dispotico e belli­ coso di Maometto II il Conquistatore offriva invece un movente a tali ca­ lamità, quindi il sultano venne ritenuto l 'unico colpevole della caduta di Costantinopoli 1. La fisionomia immaginaria di Maometto II divenne quella di un' os­ suta e severa figura con occhi tristi e sopraccigli minacciosi. Il copricapo tipico dei Paleologi appare ornato, in una incisione di Antonio del Pol­ laiuolo, con un drago, espressione del terrore da lui diffuso nei paesi cri­ stiani2 . Gli orientali vengono considerati in questo momento come i nemi­ ci per eccellenza di Cristo e dell'occidente cristiano.

* Ringrazio Paola Guenini e il 'ricercatore della pace' Hans-Mmtin Kaulbach, per le tante segnalazioni, l'amichevole aiuto e le discussioni fondamentali. 1 F. B ABINGER, Maometto il conquistatore e il suo tempo, Torino 1983, pp. 114 e ss. 2 ANTONIO DEL PoLLAIOLO, Ritratto immaginario di Maometto II, incisione, ca. 1475.


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Un atteggiamento positivo e rispettoso nei confronti della maestà del nemico trapela invece nel ritratto del sultano, opera di Gentile Bellini3 . Ve­ nezia aspirava alla pace con la Porta d'Oro e il pittore ufficiale della città attribuì al sovrano una maestosa dignità sebbene egli fosse, secondo quan­ to riferivano i contemporanei, «di aspetto più presto orrendo che reveren­ do»4. Nel ritratto di Gentile, al contrario che nelle incisioni, una delle pri­ me rappresentazioni occidentali di Maometto II prese dal vivo nel 1480, l 'artista ripropose i suoi lineamenti caratteristici con gli occhi larghi e scu­ ri, il naso aquilino e il piccolo mento barbuto. n pittore veneziano non poté nascondere del tutto i segni dell'esaurimento del sultano malato, ma sotto­ lineò la serietà e la gravità del sovrano impegnato nel governo politico di un impero. Lo sguardo del sultano è stanco ma pensieroso, l 'abbigliamen­ to (mantello rosso col collo di pelliccia) dignitoso ma modesto; un alto pa­ rapetto nasconde il corpo enorme e deformato dall'obesità. Con questi arti­ fici figurativi Gentile Bellini compì la sua missione diplomatica idealiz­ zando il ritratto del nemico religioso e militare. L' orientalismo nella pittura quattrocentesca si situa, quindi, anche sullo sfondo di questa situazione politica dominata dalla minaccia che i turchi rappresentavano per l'Europa occidentale. Per evitare questo peri­ colo si aspirava a una pace duratura con il nemico. Già l 'umanista, nonché amico di Pio II, Nicola Cusano era stato mosso da sinceri pensieri di pa­ cificazione quando aveva spinto papa Piccolomini a scrivere al sultano Maometto II5 . In questo scritto il pontefice esortava il sultano a ricono­ scere la superiorità del cristianesimo e a farsi battezzare come Costantino. Se si fosse convertito alla giusta religione sarebbe divenuto il più grande imperatore della storia. A prevalere fu tuttavia l 'intenzione delle nazioni cristiane di affron­ tare rnilitarmente i turchi6 . La preoccupazione per la minaccia turca di­ venne, quindi, un elemento centrale anche della politica papale. Il tema della crociata era onnipresente; alla corte papale dell'epoca i discorsi con­ tro il nemico erano all 'ordine del giorno e divennero un esercizio retori­ co di routine7 . Nel 1459 alla Dieta di Mantova anche Pio II esortò i cri-

3 London, National Gallery, GENTILE BELLINI, Ritratto di Maometto Il, 1480. 4 Descrizione di Iacopo de' Languschi in BABINGER, Maometto il conquistato­

re cit., p. 118. 5 Cfr. L. STINGER, The Renaissance i n Rome, B loomington 1985, pp. 1 1 8 e s. 6 D. MERTENS, Europiiischer Friede und Tiirkenkrieg im Spiitmittelalte1; in Zwischenstaatliche Friedenswahrung in Mittelalter undfriiher Neuzeit, a cura di H.

DUCHHARDT, Koln-Wien 199 1 , pp. 45-90. 7 S. PoESCHEL, Alexander Maximus. Das Bildprogram des Appartamento Bor­ gia im Vatikan, Weimar 1999, pp. 27-30.

' ' L ORIENTALISMO E L IDEA DELLA PACE

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stiani a intraprendere una crociata, da lui vista come una guena santa per riscattare l 'onore di Dio. Il papa citò la vittoria di Costantino nel segno della croce e sostenne che i principi europei avevano i mezzi per respin­ gere gli infedeli8 . Seguì il discorso del cardinale greco Giovanni Bessa­ rione, una delle figure centrali del movimento pro-crociata, che vedeva nella vittoria definitiva dei cristiani l ' unica condizione per una pace du­ ratura: «Bellum gerendum est, ut in pace vivamus, si bellum omittamus, pacem habemus nullam» 9. Anche dopo la pace in Italia conclusa nel l468 sotto Paolo II venne fat­ ta propaganda per la 'guerra giusta' contro gli spurcissim[os] infedeles. Nella disputa tra Bartolomeo Platina e Rodrigo Sanchez de Arevalo que­ st'ultimo sostiene che la guerra è il mezzo giusto per giungere alla pace 1 0 • Com'è noto la crociata non ebbe luogo, ma nel gennaio 1492 le tmppe spagnole di Ferdinando e Isabella conquistarono il califfato moresco di Gra­ nada. La vittoria degli spagnoli sui mori vem1e festeggiata come un trionfo della cristianità, fu considerata come una compensazione per la perdita di Co­ stantinopoli e diede spazio alla speranza di respingere ancora i musulmani 11 • Il tema dell 'orientalismo in Italia intorno al 1500 è segnato quindi dal sentimento del pericolo imminente che si riflette nella pittura di tutta l ' Ita­ lia e non solo. L' affresco con l'Arrivo di Pio II ad Ancona che il Pinturic­ chio dipinge per la libreria Piccolornini di Siena, la Madonna della famiglia Pesaro di Tiziano a Venezia e il suo quadro con Papa Alessandro VI che presenta a san Pietro Iacopo Pesaro di Anversa mostrano i protagonisti storici del conflitto in corso 1 2 . Ma, a differenza delle immagini discusse in ape1tura, numerosi quadri introducono anche in terni pittorici tradizionali un atteggiamento fortemen­ te ostile del committente o del pittore verso gli orientali, modificando e rin­ novando per alcuni aspetti l'iconografia della pittura sacra. Cristo fu fla­ gellato da soldati romani, ma Piero della Francesca ritrae un turco. Ai sol-

8 ENEA SILVIO PrccoLOMINI (Pro n), Oratio habita in conventu Mantovano, in Commentarium renun memorabilium, Roma 1584, p. 905. 9 Bessarionis Niceni cardinalis orationis, eiusdem ad principes de pace inter se conciliando et bello adversus Turcas suscipiedo exhortatio (Roma p. senza paginatura). 10 D. KURZE, Zeitgenossen iiber Krieg und Frieden anliisslich der Pax Paoli­ na (roem. Frieden) von 1468, in Krieg und Frieden in Horizont des Renaissan­ chehumanismus, a cura di F. J. WoRSTBROCK, Weinheim 1 986, pp. 69-103. 11 PoESCHEL, Alexander Maximus cit., pp. 179 e ss. 12 Siena, Duomo, Libreria Piccolomini, BERNARDINO PINTuruccmo, Arrivo di Pio Il ad Ancona, 1503; Venezia, S. Maria Gloriosa dei Frari, TIZIANO, Madonna della famiglia Pesaro, 15 19-1526; Antwerpen, Koninklijk Museum voor Schone Konsten, TrzrANo, Alessandro VI presenta Iacopo Pesaro a san Pietro, ca. 1506.


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dati di Adriano, colpevoli della strage di diecimila cristiani, Albrecht Diirer sostituisce orientali della sua epoca. Lo stesso Diirer in un'incisione, si ser­ ve di un turbante per caratterizzare Pilato come nemico di Cristo 13 . Il pericolo rappresentato dai Gentili per i seguaci di Cristo fu raffigu­ rato anche a Roma in un luogo privilegiato come il ciborio di Sisto IV in S. Pietro, realizzato nel 1475; in esso alcuni dei soldati che provocano la mor­ te di Pietro presentano abiti dalle fogge orientali e una figura equestre con turbante emerge tra la folla14. È particolarmente significativo che questo personaggio appaia in una scena che si svolse a Roma, mentre non si vedono orientali fra i seguaci di Cristo a Gemsalemme. Anche queste immagini veicolano un atteggiamen­ to negativo come risultato della situazione storica del momento, poiché po­ co tempo prima Sisto IV aveva svolto propaganda a favore di una guena contro i turchi. A Roma questa posizione politica influenzò interi program­ mi pittorici come ad esempio quello della cappella Carafa a S. Maria sopra Minerva, dipinta da Filippino Lippi negli anni tra il 1488 e il 149215 . L'u­ manista e scriptor apostolicus Paolo Cortesi descrisse la cappella come e­ semplare nel suo libro De cardinalatu16• La parete di destra mostra Il trionfo di Tommaso d'Aquino sugli eretici, e sopra ad esso il Miracolo del crocifisso parlante (fig. 1). La parete di fronte è occupata oggi dal monu­ mento sepolcrale di papa Paolo IV Carafa. Originariamente in questo spa­ zio era raffigurata una psicomachia. Nella sua descrizione della cappella, Giorgio Vasari menziona in primo luogo la Fede che soggioga eretici e in­ fedeli: «Vi si vede dove la fede ha fatto prigiona l'infedeltà, tutti eretici ed infedeli. Similmente, come sotto la Speranza è la Disperazione, così vi so-

13 Urbino, Galleria Nazionale delle Marche, PIERo DELLA FRANCESCA, Flagella­ zione di Cristo, 1458-60; Wien, Kunsthistorisches Museum, ALBRECHT DDRER, Marti­ rio dei l 0.000 Cristiani, 1508; ALBRECHT DDRER, Ecce Homo, incisione, ca. 1497-1498. 1 4 Ciborio di Sisto IV, Reverenda Fabbrica di S. Pietro. ll problema dell'attri­

buzione di questi importanti rilievi a Giovanni Dalmata, a Mino da Fiesole, a Pao­ lo Romano oppure alla figura moito incetta di Matteo Pollaiuolo non è risolto. Cfr. Roma 1300-1875. L'arte degli anni santi, (Catalogo della mostra, Roma 20 dicem­ bre 1 984-5 aprile 1985) a cura di M. FAGIOLO-M.L. MADONNA, Roma 1984, n. VIII. 10, pp. 357-368. 15 Cfr. G.L. GEIGER, Filippino Lippi 's Cw·aja chapel. Renaissance Art in Rome, Kirksville 1986, pp. 45-48; E. PARLATO, La decorazione della Cappella Cw·aja: alle­ goria ed emblematica negli affreschi di Filippino Lippi alla Minerva, in Roma centro ideale della cultura dell'Antico nei secoli XV e XVI. Da Martino V al Sacco di Roma 1417-1527 (Atti del Convegno Internazionale di Studi su Umanesimo e Rinascimento,

Roma 25-30 novembre 1985), a cura di S. DANESI SQUARZINA, Milano 1989, pp. 169184. 16 PAOLO CoRTESI, De cardinalatu, Castmm Cortesium 15 10, p. 54.

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17 no molte altre Virtù che quel Vizio, che è lor contrario, han soggiogato» . La Fede con «l'Infedeltà, tutti gli eretici ed infedeli» occupava verosi­ milmente uno spazio maggiore che non le altre Virtù, che soggiogavano soltanto una figura. La vittoria della Fede sull'eresia conispondeva quindi specularmente al Trionfo di san Tommaso su Averroè e sugli altri eretici18• Nella scena dell'Annunciazione sopra l 'altare il cardinale viene rac­ comandato da san Tommaso alla Madonna, Oliviero Carafa doveva quin­ vita azioni che lo avevano reso degno di aver compiuto nel corso della sua 19 della raccomandazione del santo . Gli affreschi di questa parete dedicata a Tommaso rendono chiaro co­ me questo legame non avesse origine solo nella posizione di Carafa come protettore dell'ordine. . . . Nella lunetta è raffigurato il Miracolo della croce, una scena m cm il crocifisso della chiesa di S . Domenico Maggiore a Napoli loda le opere del 20 santo: Bene scripsisti de me, Thomas (fig. 1) . Si vede il santo che prega davanti al crocifisso, mentre un raggio di luce celeste lo investe. La scena ha luogo di notte e viene osservata dal sacrestano Domenico da Caserta. Nell'affresco di Filippino questi è caratterizzato dalle chiavi. La sua sor­ presa di fronte a questo spettacolo notturno viene espressa nel suo essere a piedi nudi; pieno di stupore eone in strada per riferire l'accaduto. In primo piano sulla destra si vede un gmppo di persone di sesso, età e fede diffe­ renti, che reagiscono alla notizia del miracolo. Una giovane donna mette mano a un rosario e indica Tommaso mentre una più anziana la ascolta. Un giovanotto si rivolge gesticolando a un orientale richiamandone l ' attenzio­ ne su Tommaso; la mano destra di costui si alza in un gesto scostante nei confronti del giovane, mentre la sinistra tesa verso il basso rivela ira conte­ nuta. Anche gli occhi ombrosi, incavati sotto le sopracciglia conucciate, tra­ discono la rabbia di un musulmano di fronte alla prova divina, alla palese rivelazione della supremazia della fede cristiana. Questo affresco introduce in tal modo al tema della Disputa di san Tommaso, che si adattava ideai-

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GIORGIO VAsARI, Le Vite de ' più eccellenti pittori scultori ed architettori, a cura di G. MILANESI, Ill, Firenze 1906, pp. 1 69-1 84. 18 Cfr. P. GUERRINI, Dentro il dipinto; il Tommaso d'Aquino di Benozzo Goz­ zoli, in Il ritratto e la memoria, a cura di A. GENTILI, II, Fenara 1993 (Europa del­ le corti. Centro Studi sulle società di antico regime. Biblioteca del Cinquecento), pp. 113-131, 1 9 Cfr. D. KoKs, Die Stifterdarstellungen in der Italienischen Malerei des 13.15. Jahrhunderts, Koln 197 1 , p. 1 87. 20 G. GEIGER, Filippino Lippis Wunder des heiligen Thomas von Aquin in Rom des spiiten Quattrocento, «Zeitschrift fiir Kunstgeschichte», 47/2 (1984), pp. 247260.


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mente all'esaltazione delle forze cristiane in un periodo di grandi conflitti, come dimostra anche il Trionfo di san Tommaso di Benozzo Gozzoli21 . Se­ guendo l'iconografia tradizionale il santo mostra la Summa contra gentiles, mentre Averroè giace sconfitto ai suoi piedi. Il grande filosofo arabo viene però raffigurato dal Gozzoli come eretico e Gentile perché era un orientale. La contrapposizione tra san Tommaso e il commentatore di Aristotele fa ri­ ferimento al conflitto attuale. A questo allude anche l'assemblea dei con­ temporanei nella parte inferiore del quadro in cui sono inclusi i ritratti di Pio II, del futuro Sisto N e del cardinale greco Bessarione dopo la disputa sul sangue di Cristo e la predicazione della Crociata22 . Anche nella cappella Carafa quindi il tema degli affreschi è la lotta contro l'eresia, e fondamentalmente il trionfo dei cristiani sui musulmani. Gli scritti degli eretici si rivelano falsi e giacciono, ormai inutili, al suolo, contrassegnati dalla dicitura errar. Tommaso invece sostiene un libro aper­ to con l'iscrizione Sapientia vincit malitiam. Il libro di Tommaso allude al­ la sua Summa contra gentiles, le cui parole introduttive possono essere let­ te nel libro raffigurato sopra il trono: «Veritatem meditatibur guctur meu(m) et labia mea detestabuntur impium». Questa difesa della fede possiede un ulteriore carattere di attualità. Ai lati dell'edicola si offrono allo sguardo due vedute di Roma, il porto di Ripa Grande e il Laterano con la statua di Marco Aurelio, che allora vi si trovava. Questi due luoghi avevano un si­ gnificato particolare per il cardinale, che era partito per la crociata contro la città turca di Antalya proprio da Ripa Grande ed era tornato a Roma pas­ sando da Porta S. Giovanni, presso il Laterano, nel gennaio 1473 23 . Gli stessi caratteri di attualità possiede il ritratto di Niccolò Orsini, che osserva il gruppo di eretici sulla sinistra24. Nel 1498 Orsini era stato promos­ so generale della Chiesa romana. Nell'affresco, inoltre, si riferisce agli scetti­ ci eretici anche l 'iscrizione sullo zoccolo del trono di san Tommaso: Divo Thomae ob prostratem impietatem. Tommaso viene esaltato in tal modo come trionfatore sull'eresia e vincitore degli infedeli. Questi sono caratterizzati in parte come orientali per mezzo di turbanti, orecchini e tipo di barba. Un'allu­ sione diretta alla Palestina occupata dai musulmani è presente nell'affresco a-

21 Paris, Musée du Louvre, 147 1 - 1474.

BENOZZO Gozzou,

Trionfo di san Tommaso, ca.

22 GUERRINI, Dentro il dipinto cit., pp. 1 22-128; D. CoLE AHL, Benozzo Goz­

zoli, New Haven-Londra 1996, p. 240, accetta l 'interpretazione dell'opera come ri­ tratto di Sisto lV dopo la proclamazione delle crociate nel 147 1 . 23 Cfr. PARLATO, La descrizione della cappella Carafa cit., pp. 179 e ss; e l 'ar­ ticolo di A. EscH, Vedute riesaminate dei dintorni di Roma, «Strenna dei Romani­ sti», 5 8 (1997), pp. 133-136. 24 GEIGER, Filippino Lippi 's Carafa Chapel cit., pp. 100 e ss.

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diacente raffigurante l'Assunta. In esso compaiono i temuti giannizzeri di fronte alla città occupata di Gerusalemme. I giannizzeri erano soldati di un contingente formato dai figli dei prigionieri di guerra non musulmani, a volte anche cristiani. Essi venivano convertiti all'Islam e passavano per esserne i più accesi sostenitori, oltre che guerrieri particolarmente temibili. Nella cappella di San Tommaso d'Aquino sono presenti quindi ele­ menti di un conflitto in corso, in cui il Carafa era intervenuto di persona. Grazie alla campagna militare contro i turchi condotta dal cardinale, gli in­ fedeli erano stati sconfitti e sottomessi. Questa allusione alla spedizione en­ fatizza i meriti del Carafa e stabilisce un'analogia con Tommaso che aveva lottato contro gli eretici soprattutto contro l 'arabo Averroè. Grazie all'im­ presa turca il cardinale ottiene di venire raccomandato a Maria. Alla vittoria di san Tommaso sugli eretici, con riferimento al trionfo della Chiesa sui musulmani, conispondeva originariamente la vittoria del­ le Virtù sui Vizi. La figura principale era la Fede, che sottometteva tutti gli infedeli e gli eretici. Tale tematica è influenzata chiaramente dal conflitto in corso con i turchi, in occasione del quale rappresentazioni di trionfi servi­ vano a restituire prestigio alla Chiesa in pericolo25 . Gli orientali visti come nemici dei cristiani sono un tema trattato anche nell'Appartamento Borgia, affrescato nel 1492-1494 da Bernardino Pintu­ ricchio e dalla sua bottega, come dimostra in particolare la scena del Marti­ rio di san Sebastiano nella Sala dei Santi. Sebastiano era stato nominato co­ mandante della guardia del corpo dell'imperatore Diocleziano. La sua posi­ zione gli permise di socconere i suoi compagni di fede cristiana durante la persecuzione. Il santo è, dopo Pietro e Paolo, il martire più significativo di Roma. Nonostante la precisa indicazione del luogo offerta dalla veduta del Colosseo, che in quel periodo era ancora considerato come luogo di marti­ rio dei cristiani, solo uno degli arcieri è caratterizzato come romano, tutti gli altri sono raffigurati come figure di fantasia o come contemporanei26• Arcieri sia romani che contemporanei fanno parte dell' iconografia del martirio di san Sebastiano, ma in Pinturicchio salta all'occhio ancora una volta la figura di un giannizzero. È noto dal 1 898 che questa figura si deve a un disegno di Gentile Bellini27 .

25 R. B ALDWIN, Triumph and the Rhetoric of Power in Italian Renaissance Art, «Source», 9/2 (1990), pp. 7-13.

26 F. CERASOLI, Nuovi documenti sulle vicende del colosseo dal secolo XIII al XVIII, «Bollettino della conunissione archeologica comunale di Roma», 30 (1902),

pp. 300-3 15. 27 London, B1itish Museum, GENTILE BELLINI(copia da ?), Disegno di Giannizzero, ca. 1479-1480; cfr. G. FruzzoNI, Zu den venneintlichen Zeichnungen Pinturicchios fiir das Appartamento Borgia, «Repe1tmium fiirKunstissenschafu>, 21 (1898), pp. 284-285.


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principe, con il naso aquilino, gli occhi assai piccoli e la barba tagliata, ren­ dendo ulteriore omaggio alla sua nobiltà, come prima di lui Gentile Bellini aveva fatto con suo padre Maometto II. L'inserimento del ritratto nell'af­ fresco e la nobilitazione del personaggio si spiegano con il fatto che il prin­ cipe, fratello e nemico mortale del sovrano turco Bajazed II, era alleato del papa32. Djem soffriva di strabismo e di obesità, malattia diffusa nella famiglia degli Osmanidi che già aveva deformato il corpo di suo padre. Il principe era un ostaggio, ma restava pur sempre un'altezza reale di grande peso po­ litico. Perciò Pinturicchio lo riprende di spalle e mostra il suo volto di pro­ filo, in una prospettiva del tutto inconsueta all'epoca, al fine di conservat·e l'impressione di regalità. Questa posizione incarna in maniera esemplare le indicazioni dell' Alberti sull'uso da parte dei pittori antichi di evitare di raf­ figurare le parti brutte del corpo dei sovrani: «Depignievano gli antichi l 'immagine di Antigono solo da quella par­ te del viso ove non era manchamento dell' occhio e dicono che a Pericle era suo capo lungho e brutto e per questo dalli pittori et dalli sculptori non come li altri era col capo armato ritratto. Et dice Plutarco li antiqui pittori dipigniendo i re, se in loro era qualche vitio non volerlo però essere non no­ tato ma quanto potevano, servando la similitudine, l 'emendavano»33. La figura del principe viene messa in ulteriore rilievo e il suo valore ac­ centuato, per mezzo del mantello di broccato dorato ornato di arabeschi. La raffigurazione di un ostaggio infelice o della bestia musulmana sarebbe stata qui assolutamente fuori di luogo, perciò il Pinturicchio, secondo le regole del­ l' Albetti, evitò di riprodurre i tratti alterati del principe. Per mezzo della ve­ duta di schiena e di un ritratto ben identificabile il Pinturicchio mise in evi­ denza il personaggio e gli concesse maestà. Egli fa da contraltare alla solita figura deformata del musulmano visto come nemico di Dio, e al contrario il principe viene raffigurato come persona dignitosa e degna di rispetto. Il ritratto di Djem in questo contesto così importante riveste un signi­ ficato politico. Il principe non è affatto un particolare esotico in una scena che si svolge in Egitto e non fa la sua comparsa in quanto ospite di alto li­ gnaggio presso la corte apostolica. Piuttosto egli era un' arma mortale nelle mani del papa attraverso cui questi sperava di assicurare una temporanea protezione alla cristianità e di riconquistare i tenitori ceduti ai musulmani, in primo luogo Costantinopoli, e di giungere a una pace duratura. L'insoli-

In questa composizione altrimenti equilibrata, con il martire al centro e gli arcieri equamente suddivisi ai lati, questa figura dona a una delle due metà del quadro un peso maggiore, oltre a venire posta in rilievo dalla in­ consueta pastura a sedere e dal fatto di trovarsi in primo piano. Solitamen­ te il comandante di un plotone di esecuzione non viene raffigurato seduto comodamente al suolo. Perciò la figura dell'affresco acquista un rilievo patticolare per la sua forza ritrattistica. Riprendendo questa figura disegna­ t� da ?en�ile Bellini dal vivo alla corte di Maometto II a Costantinopoli, Pmtuncch10 assegna al martirio di san Sebastiano un significato che va ol­ tre la venerazione per il santo: il cristiano romano Sebastiano viene onen­ damente martirizzato per ordine di un musulmano. Il richiamare l 'attenzio­ ne sulla presenza di un giannizzero trasferisce il problema del pericolo tur­ co sullo sfondo di uno scenario romano caratterizzato con grande precisio­ ne topografica e rende attuale il tema proprio nel momento in cui i turchi assalivano l'Europa28. Ma la vera religione si dimostrerà superiore alla violenza della terribile belva, dell' immanitissima bestia, cui fanno riferimento numerose fonti29. La disputa sulla vera fede è raffigurata nella cappella Carafa per mezzo di libri. La superiorità della religione di Tommaso rispetto alle false dottrine è sim­ boleggiata dall'iscrizione sul libro che egli tiene in mano, mentre davanti al suo trono giacciono al suolo gli scritti degli eretici. Questa contrapposizione è paragonabile a quella presente nell'affresco con santa Caterina d' Alessan­ dria dell'Appartamento Borgia, opera del Pinturicchio (fig. 2)3o. La santa venne costretta dall'imperatore Massenzio ad affrontare gli argomenti di cin­ q�anta filosofi egiziani. �nche nell'affresco della disputa i libri ripudiati . gmcc10no al suolo e Caterma proclama la nuova e vera dottrina. In entram­ bi i casi gli avversm·i dei cristiani trionfatori sono in parte rappresentati con l 'aspetto di orientali, come i due filosofi al centro, uno con gli abiti dei gran­ di sacerdoti ebrei e nuovamente con un berretto da giannizzero, l 'altro con un semplice turbante. Nel loro gesto oratorio concitato e nell'atto di aggrap­ parsi al libro si rivela l 'insicurezza dei seguaci della vecchia fede. Da queste figure, caratterizzate come ostili nei confronti dei protago­ nisti cristiani, si distacca il principe orientale a cavallo. In questo perso­ . naggiO, che Ernst Steinmann ha identificato con il principe turco Djem, il quale visse in Vaticano come ostaggio, si rileva un peculiare collegamento (fig. 3)31. Pinturicchio ritrae con delicatezza i tratti del trentaquattrenne

32 Cfr. BABINGER, Maometto il conquistatore cit., pp. 438-445; K.M. SETION, The Papacy and the Levant 1207-1571, Il. The Fifteenth Century, Philadelphia 1978, passim. 33 LEON B ATTISTA ALBERTI, Il trattato della pittura, a cura di L. MALLÈ, Firen­

28 PoESCHEL, Alexander Maximus cit., pp. 140 e s. 29 Cfr. ad es. in SIGISMONDO DEI CONTI DA FOLIGNO, Le storie de ' suoi tempi dal 1475 al 1510, II, Roma 1883, doc. Xill, p. 421 . 30 POESCHEL, Alexander Maximus cit. pp. 146-1 60. 3 1 E . STEIMANN, Pinturicchio, Bielefeld-Leipzig 1898, p. 6 1 . ,

ze 1 950, p. 93.

� ;


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to ritratto che monumentalizza la figura è espressione di situazioni delicate e contraddittorie che la diplomazia papale era chiamata ad affrontare. A questo punto sorgeva però la questione se la pace con il nemico fos­ se poi P?ssibile, come dimostrano nella cappella Carafa e nell'Appartamen­ to !3 or�Ia la sottomissione degli infedeli alla vera fede. Con gli orientali era opmabile solo una pace cristiana come quella cui mirava Alessandro VI che ' si lasciava celebrare come pacis cultor nell'arco di Costantino, simbolo del­ la pax cristiana (fig. 2)34. Il pontefice lascia quindi il suo segno sul simbolo della vittoria del cristianesimo. Il motto PACIS CULTORI, che questi fece appo�e anche sulle medaglie per diffonderlo, ne fa un pacificatore come Co­ stantmo. E come pacificatore Alessandro VI fu celebrato in occasione della sua incoronazione35. L'immagine del pacificatore è parte dei topoi del panegirico, esatta­ mente come quella del condottiero invincibile, titolo del pari attribuito ad Alessandro VI. La tanto desiderata pace poteva essere ottenuta solo con la vittoria sui musulmani. Il toro posto sull' arco e il motto PACIS CULTORI accentuano il signi­ . ficato del monumento come richiamo alla pace ottenuta sotto Costantino cui già aveva fatto riferimento Pio II, e creano nel contempo un collega� mento con Alessandro VI36. La sua prima preoccupazione è il trionfo dei �ristiani sugli infedeli ed egli si augura una vittoria come quella di Costan­ tmo per portare pace ai cristiani. L'arco dipinto nell'appartamento vaticano pon� �lessandro �ella tradizione dell'imperatore cristiano, e sotto gli au­ . _ di tale tr diZwne egl� vuole operare. Costantino marciò contro il pa­ spiCI � gano Massenzw e fece engere l'arco come segno della sua vittoria; allo stesso modo Alessandro voleva marciare contro i turchi e dedicare il mo­ numento al PACIS CULTORI, quindi a se stesso . J\llo s��sso tem� o, e in relazione all'immagine del papa come pacifica­ tore, SI venfica alla fme nell'arte romana, sotto l'impressione dell'imminen­ te mi?accia, la riattualizzazione di un antico simbolo politico, e cioè dell'al­ legona de�la pace. L' allegoria della pace si trova su alcune medaglie di Si­ sto IV e d1 Innocenza VIII. Una medaglia del fiorentino Andrea Guazzalot­ ti mostra sul dritto il ritratto di �isto IV, con l'iscrizione SIXTUS PP III! UR-

34 A. PINELLI, Feste e trionfi: continuità e metammfosi di un tema in Memoria ' dell'antico nell'arte italiana, a cura di S. SETTIS, II, Tmino 1985, p. 285; FLAVIO BIONDO, De Roma instaurata, Torino 1 527, f. 39r. 35 BERNARDINO CoRio, Mediolanensis Patria Historia Milano 1503 p 619 . ' ' 36 ENEA SILVIO PICCOLOMINl, (PIO Il), Epistulae in Pontificatu editae, Novara o

1497, f. 2r: «Nam posterea quam Costantino principe pax reddita est ecclesiis num' quam dominici gregis ea pressura fuit quammodo cemimus».

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BIS RENOVATOR, e sul rovescio l'imperatore Costantino con il caduceo che saluta la personificazione allegorica della Chiesa nelle vesti della pax augu­ sta. L'iscrizione caratterizza il papa come Amator concordiae et pacis37.

Anche Costantino è dunque motivo ricorrente nelle medaglie del tempo. Nella pittura romana tuttavia la prima allegoria della pace in un luogo esposto si trova nella sala del Credo dell'Appartamento Borgia, in un'im­ magine ideata da Bernardino Pinturicchio (fig. 4)38. L'unico esempio signi­ ficativo nella pittura a fresco era quello famoso di Ambrogio Lorenzetti nel­ la sala del Buon Governo di Siena. Un'immagine allegorica meno vistosa, concepita con un linguaggio all'antica si trova negli affreschi di Raffaelli­ no del Garbo nella stanzetta sepolcrale della cappella Carafa39. Nell'Appartamento Borgia invece la pax viene posta in gran rilievo: la si trova al centro della stanza, di fronte all'ingresso rivolta verso chi entra; inoltre è l'unica figura nei tasselli fra le lunette e si trova in asse con la da­ ta e il nome di papa Alessandro VI. li fundavit può essere riferito sia alla costruzione della stanza che alla figura allegorica. Quest'inmlagine, che è l'unica allegoria della stanza, crea un collega­ mento, per mezzo della sua posizione prossima all'iscrizione e attraverso gli animali araldici, tra il nome del papa e il Credo. Come nella sala dei Santi, Alessandro VI viene messo in collegamento con il concetto della pace, una pace che unisce tutta la cristianità per mezzo del Credo, i cui articoli sono scritti sui rotoli degli apostoli. Il trionfo agognato della pax viene espresso per mezzo della sua raffigurazione su di un carro trionfale, in posizione fron­ tale, come quello degli imperatori in quanto condottieri vittoriosi. L'iconografia di questa immagine è del tutto nuova, non segue né il mo­ dello di Lorenzetti né l 'antica iconografia della pax augusta, raffigurata co­ me una persona che brucia le armi e regge una cornucopia. Piuttosto il pit­ tore si richiama qui alle raffigurazioni di carri trionfali della tarda antichità. Una medaglia d'oro del IV secolo mostra Costantino II su un carro trainato da sei cavalli affiancato dalle Vittorie, il ruolo delle quali viene assunto nel­ l' Appmtamento Borgia dai Putti (fig. 5)40. La Pax alata tiene in mano la pal­ ma della vittoria e fanno la loro comparsa i tori alati dei Borgia alla guida del carro. In questo modo l'antico concetto romano della pace viene ripreso

37 G. F. HILL, A Cmpus ofItalian Medals bejore Cellini, I, Londra 1930, p. 195,

nota 753; II, tav. 127.

38 PoESCHEL, Alexander Maximus cit., p. 214. 39 Vedi il contributo di Emico Parlato in questo volume. A differenza delle sce­

nette narrative l 'allegoria della pace non venne copiata nell'appartamento Borgia. 40 Esistono queste medaglie solo nel periodo di Costantino II e di Valentinia­ no, oggi London, British Museum.


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e traspmto. Ma la pax Romana viene sempre preceduta da una vittoria; la pa­ ce nasce dalla sottomissione dell'avversario così come la pax christiana eb­ be inizio solo dopo la vittoria di Costantino su Massenzio. La vittoria sul ne­ mico veniva considerata, dopo la caduta di Costantinopoli, come la condi­ zione indispensabile per la pace. L'attualità politica fa quindi il suo ingresso persino negli appmtamenti papali per mezzo dell'allegoria della pace e tro­ va il suo spazio tra gli articoli del Credo cristiano. Queste soluzioni iconografiche sono legate alla situazione politica ro­ mana intorno al 1500, tra progetti di crociata e 'euforia irenica' . L'ambiva­ lenza nella raffigurazione degli orientali o il motivo dei giannizzeri nei qua­ dri sacri nacquero da questa istanza. L'allegoria della pace riprese in segui­ to le forme all'antica, per esempio in un'incisione di Nicoletta da Modena del 1 507. Paolo III, da giovane molto legato ad Alessandro VI, capì il lin­ guaggio iconografico completamente nuovo sviluppato nell'Appartamento Borgia, un'allegoria della pace vincitrice sul nemico, e eli conseguenza si fece ritrarre dal Vasari nella sala dei Cento Giorni con due rami, l'uno del­ l'ulivo del pacificatore e l 'altro della palma come simbolo della vittoria41. Questo non è il solito topos della pacificazione come elogio del papa; corrisponde invece all'idea del predecessore. Solo la pace fra i principi cri­ stiani garantisce di nuovo la vittoria sui comuni nemici, cioè i turchi. La conciliazione fra i due sovrani, il sovrano temporale e quello spirituale, è quindi alla base della guerra contro gli infedeli e la vittoria sul nemico con­ clude la pace cristiana.

41 Roma, Palazzo della Cancelleria, GIORGIO VASARI, Paolo III conclude la pa­ ce fra Carlo V e Francesco I, 1546; cfr. J. KLIEMANN, Gesta dipinte. La grande de­ cm·azione nelle dimore italiane dal Quattrocento al Seicento, Milano 1993, p. 46.

Fig. l. Roma, S. Maria sopra Minerva, cappella Carafa, Filippino Lippi, Il miracolo del crocefisso parlante. -

7.

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Fig. 2. Roma, Vaticano, Appartamento Borgia, Sala dei Santi, Pintu­ ricchio, Disputa di s. Catarina. -

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Fig. 3. Roma, Vaticano, Appartamento Borgia, S �la dei S �nti, Pintu­ ricchio, Disputa di s. Catarina (Ritratto del principe Djem, particolare). -


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Fig. 4. Roma, Vaticano, Appartamento Borgia, Sala del Credo, Bot­ tega del Pinturicchio, Allegoria della Pace.

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Fig. 5. - London, British Museum, medaglia di Costanzo II .

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SARA MAGISTER La scultura funeraria a Roma, 1492-1503: chiavi di lettura e proposte per un cantiere di studi 1

L'intento di questo intervento è quello di analizzare alcuni casi di scul­ tura funeraria realizzati a Roma nella seconda metà del Quattrocento, con un' attenzione particolare all'epoca di papa Alessandro VI, senza la pretesa di dare una lisposta piena ai numerosi problemi che tale campo di indagine può pone2. D 'altra parte ogni tentativo di studio parziale anche di una sola delle tante espressioni della scultura romana del Quattrocento, per quanto illuminante, porta in sé inevitabili limiti dovuti alla mancanza di un censi­ mento globale e recente, anche solo nell'entità numerica, della scultura ro­ mana dell'intero Quattrocento3.

1 Ringrazio la prof.ssa Silvia Maddalo, e il Comitato, per avenni invitata a ri­ flettere nuovamente su questioni affrontate alcuni anni fa in sede di tesi di laurea. 2 Cfr. S. MADDALO , Il monumento funebre tra persistenze medioevali e recu­ pero dell'antico, in Un pontificato ed una città. Sisto IV (l47I -1484), (Atti del Con­ vegno, Roma 3-7 dicembre 1984), a cura di M. MIGLIO-F. NmrrA-D. QUAGLIONI-C. RANIERI, Roma 1986 (Studi Storici, [5 1]), Città del Vaticano 1986 (Littera Antiqua, 5), pp. 429-452. n saggio della Maddalo, di cui l'intervento di chi scrive vuole es­ sere una sorta di continuazione, analizza alcuni monumenti sepolcrali romani di età sistina tentandone una generica definizione tipologica e iconografica in connessio­ ne con ben detenninate conunittenze. Non vuole assolutamente essere esaustivo ma pone comunque le basi metodologiche per uno studio certamente più scientifico e moderno dei precedenti. 3 Tentativi sono stati fatti recentemente ma solo per la scultura funermia del se­ colo precedente, con qualche caso nel primo decennio del Quattrocento: Die Mitte­

lalterlichen Grabmiiler in Rom und Latium vom 13. bis zum 15. Jahrhundert, I. Die Grabplatten und Tafeln, a cura di J. GARMs-R. JUFFINGER-B . WARD-PERKINS, Rom­ Wien 198 1 ; Die Mittelalterlichen Grabmiiler in Rom und Latium vom 13. bis zum 15. Jahrhundert, II. Die Monumentalgriibe1; a cura di J. GARMs-A. S OMMERLECH­ NER-W. TELESKO, Wien 1994. Un tentativo di catalogazione è stato anche compiuto da M.H. LONGHURST, Notes on Italian Monuments of the X!Ith to XVIth Centuries,

ed. di J. LoWE, London [1963], ma l'opera è rimasta frammentmia e incompiuta; cfr. anche G.S. DAVIES, Renascence: the Sculptural Tombs of the Fifteenth Centwy in Rome, London 1910 (cui si rimanda ad indicem per delucidazioni su tutti i monu­ menti citati nel corso di questo scritto); A. GRISEBACH, Romische Portratbusten der Gegenreformation, Leipzig 1936; R. V. MONTINI, Le tombe dei Papi, Roma 1957, sullo stesso argomento cfr. M. MIGLIO, Sepolture pontificie dopo Avignone, in MI-


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SARA MAGISTER

Sulla base di una schedatura dei monumenti funerari di epoca alessan­ drina (circa venticinque-trenta unità) fatta da chi scrive4 e sulla base di que­ sta premessa, si è pensato dunque di propone, con la consapevolezza che solo di ipotesi si tratta, una serie di possibili chiavi di lettura e di conside­ razioni che potrebbero aiutare a comprendere la complessità di queste ope­ re. Venà data maggiore sottolineatura a quelle che si ritengono finora ine­ dite o non abbastanza considerate, dando ormai come assodate le proposte avanzate da precedenti studi5. GLIO, Scritture, scrittori e storia, II. Città e corte a Roma nel Quattrocento, Roma

1993, pp. 207-215. Fondamentali per raffronti con lo stato conservativo di alcuni dei monumenti in esame sono inoltre i rilievi contenuti in F. Tosi, Raccolta di monu­

menti sacri e sepolcrali scolpiti in Roma nei secoli XV e XVI, misurati e disegnati da Francesco Tosi, ed a contorno intagliati in rame da valenti artisti, Roma 1 853-

1856. Nel campo della scultura più in generale si citano qui alcune opere che tenta­ no uno studio globale o quasi: A. RiccoBONI, Roma nell'arte, la scultura nell'evo moderno dal Quattrocento ad oggi, Roma 1942 (ma presenta parecchie inesattezze nelle notizie riportate e soprattutto nei criteri attributivi); ancora valida resta l'ope­ ra di A. VENTURI, Storia dell'arte italiana, VI. La scultura del Quattrocento, Mila­ no 1908; J. POPE HENNESSY, Italian Renaissance Sculpture, London-New York 1958; C. jr. SEYMOUR, Sculpture in Italy 1400-1500, Hardmonsworth 1966; più re­ cente F. NEGRI ARNOLDI, La scultura del Quattrocento, Torino 1994. 4 È difficile stabilire l 'entità numerica dei monumenti realizzati tra il 1492 e il 1503 a Roma, sia per la loro collocazione non sempre facilmente accessibile, o per la loro frammentazione, ma soprattutto perché la datazione, tranne qualche caso, è incerta e difficilmente va a coincidere con la data di morte del personaggio sepolto. Si è deciso pertanto di far rientrare nella schedatura solo i monumenti di facile ac­ cessibilità e di basarsi, per la datazione, principalmente sulla data di morte del per­ sonaggio sepolto o sui documenti noti. L'elenco sommario dei monumenti che so­ no stati presi in maggiore considerazione e che si dà qui di seguito, ordinato per col­ locazione attuale e personaggi, è quindi passibile di eventuali aggiunte o esclusio­ ni: Sant'Agostino: Iacopo Sclafenati, Oliviero Fumario, Carlo Verardo; San Cosi­ mato: Lorenzo Cybo; San Gregorio al Celio: Antonio e Michele Bonsi; San Mar­ cello: Giovanni Michiel; San Pietro: Sisto IV, Innocenza VIII, Ardicino della Porta. San Pietro in Vincoli: Antonio e Pietro Pollaiolo; Santa Margherita: Lorenzo Geni­ sino; Santa Maria del Popolo: Bernardino Lonate, Giorgio Costa, Juan Ortega Go­ miei, Antoniotto Pallavicini; Santa Maria della Pace: Giovanni Andrea Bocciacci; Santa Maria in Aracoeli: Giovan Battista Savelli, Filippo Della Valle; Santa Maria in Monsenato: Juan de Fuensalida; Santa Maria sopra Minerva: Agostino Maffei, Benedetto Maffei, Benedetto Sopranzi, Andrea Bregno. 5 Cfr. le indicazioni metodologiche in MADDALO, Il monumento funebre cit. Ma anche la lettura di alcuni aspetti legati all'epigrafia o alla committenza in l. KAJANTO, Origin and Characteristics of the Humanistic Epitaph, «Epigraphica», 40 (1978), pp. 7-3 1 ; P. GUERRINI-S. MADDALO-F. NIUTTA-D. PORRO, Iscrizioni Ro­ mane Sistine, in Un pontificato ed una città cit., pp. 469-479; F. NruTTA, Temi e

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Facendo un'indubbia generalizzazione, i monumenti funebri possono es­ sere divisi in due categorie: i grandi memoriali a parete, e le steli e lastre ter­ ragne. È chiaro che i primi hanno un impatto visivo e comunicativo maggio­ re delle seconde e venivano creati proprio con l'intenzione esplicita di pro­ durre tale impatto. Il fine primario per cui si commissionavano queste opere, affrontando oneri economici non irrilevanti, era infatti quello, almeno in que­ st'epoca, di propone un monumentum nel senso antico, e in parte anche me­ dioevale, del tennine6. Un'opera destinata a tramandare ai posteri la memo­ ria di sé, c in molti casi anche ad assicurare la salvezza della propria anima. Queste opere complesse richiedono dunque esse stesse di essere ana­ lizzate in tutte le loro componenti, anche quelle architettoniche. Infatti si tratta di vere e proprie microarchitetture, indubbiamente realizzate parten­ do da progetti esecutivi in scala. L'esistenza di questi progetti spesso è confermata dai pochi documenti scritti finora noti, che affermano la pre­ senza di disegni con valore esecutivo e con funzione di promemoria per il committente7. L'importanza del disegno, ai fini dell'esecuzione, era tale

personaggi nell'epigrafia sistina, in ibid., pp. 38 1-408; D. PORRO, La restituzione della Capitale Epigrafica nella scrittura monumentale: epitaffi ed iscrizioni cele­ brative, in ibid. , pp. 409-427; G. L. GREGORI-S. 0RLANDI, Reminescenze classiche negli epitaffi degli umanisti. Un 'indagine campione, in Vox Lapidum: dalla risco­ perta delle iscrizioni antiche all'invenzione di un nova stile scrittorio (Atti del

Convegno Internazionale di Studi, Acquasparta-Urbino, 11-13 settembre 1993), «Eutopia, commentarii novi de antiquitatibus totius Europae», 3 (1994). Chiari e interdisciplinari consigli metodologici in MIGLIO, Sepolture pontificie dopo Avi­ gnone cit. 6 G.A. MANSUELLI, Il monumento commemorativo romano, «Bollettino del Centro di Studi per la Storia dell'Architettura», 12 (1958), pp. 4, 12 e ss. Interes­ sante è la sottolineatura della pseudofunzionalità degli elementi architettonici di cui erano costituiti i monumenti funebri romani. Essi erano come degli apparati, 'mac­ chine' atte a sostenere gli elementi essenziali per tramandare la memoria del defun­ to: l'epigrafe, i rilievi scultorei e il ritratto. I monumenti sepolcrali quattrocenteschi possono essere intesi come tali. Cfr. anche l. HERKLOTZ, "Sepulcra " e "Monumen­ ta" del medioevo. Studi sull'arte sepolcrale in Italia, Roma 1985, pp. 15 e ss. 7 Cfr. ad esempio un documento scoperto da P. FEDELE, I gioielli di Vannozza ed un'opera del Caradosso, «Archivio della Società Romana di Storia Patria», 28 (1905), pp. 464-466 pubblicato anche in E. B ATTISTI, I comaschi a Roma nel primo Rinascimento, in Arte e Artisti dei laghi lombardi, I, Como 1959, p. 30: «ogi a que­ sto dì quatro del mese de octobre 1500 la spectabile dona Vanotia de Catarri [ . . . ] à locato una certa opera di marmora che vulgare si chiama tabernaculo a maistro An­ drea de Monte Caballo et a maistro Johane de Larigo [ . . . ] Et di questo tabernacolo àno dato el disegno a dieta dona Vanotia, et àno promesso di farlo simile al supra­ decto [quello di San Giacomo degli Spagnoli] [ . . . ] et che del resto tuto serà lavora­ to come quello ho secundo el desegno dato et dimonstrato a dieta Vanotia».


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che a volte fungeva da vero e proprio ricatto, come accadde per il monu­ mento Brusati in S . Clemente, dove il disegno era conservato per metà da­ gli artisti e per l 'altra metà dal committente Florio Roverella8. Purtroppo, se ci sono pervenute le opere non ci sono rimasti i disegni, o viceversa9• Ma trattandosi di microarchitetture, anche uno studio diretto dell'opera, fatto da specialisti nel campo, potrebbe portare a qualche risultato utile. Sarebbe infatti interessante individuare il sistema proporzionale che regge l 'intera composizione, e anche il sistema metrico utilizzato. Lo studio del primo può portare infatti a una comprensione maggiore, come già è stato messo in luce10, del grado di assimilazione dell' antico. L'analisi del se­ condo darebbe un utile supporto, molto più scientifico del semplice attri­ buzionismo, per capire almeno l ' ambito di provenienza dell' artista che ha realizzato l'opera. All'epoca non esisteva infatti un unico sistema di misu­ razione. In genere l'artista, come è stato dimostrato per epoche immedia­ tamente precedenti a questa11 , anche per realizzare opere di microarchitet­ tura utilizzava il suo sistema metrico, a meno che non fosse esplicitamen­ te chiesto diversamente dalla committenza o dalla collaborazione con arti­ sti di altra formazione. Questa collaborazione si verificava di frequente, vi­ sto che osservando queste opere da vicino e anche leggendo i pochi, ma si­ gnificativi, documenti finora noti ci si rende conto di come quasi tutte sia­ no frutto di più mani12.

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Un altro fattore sarebbe da tenere in considerazione: quello delle colo­ razioni che spesso ricoprivano la parte scultorea del monumento. Queste sono forse un retaggio della scultura funeraria medievale romano-laziale13 0 lombarda, ma indubbiamente integrata con una chiara ripresa di modelli pittorici antichi, un dato che sembra non ricevere ancora il giusto peso. La morbidezza di intaglio che caratterizza questi monumenti, più pittorica che scultorea (fig. 1), la specularità con brani del Codex Escurialensis riprodu­ centi le grottesche14 e la stessa colorazione, frequente fin dall'età sistina, rende queste opere di scultura una precoce testimonianza (rispetto alla pit­ tura) del significato che ebbe la scoperta della Domus Aurea. Se è vero, in­ fatti, che il repertorio figurativo faunistico e fantastico, chiaramente tratto dalle grottesche della Domus Aurea, sembra comparire in scultura proprio all'epoca di Alessandro VI15, ammorbidendo in senso pittorico l'originaria derivazione dalla decorazione architettonica antica, proprio questa policro­ mia non è un dato da trascurare. La scoperta e le prime esplorazioni della Domus Aurea viene, infatti, solitamente datata, attorno agli anni Novanta del XV secolo proprio sulla base del suo impatto nel campo della pittura e del disegno16. Ma forse, osservando meglio anche la scultura romana, so­ prattutto nella sua caratteristica policromia, si potrebbe retrodatare l'episo­ dio di almeno un decennio17• Di una trentina di opere schedate, circa un ter­ zo presentano tracce di dorature e coloriture18, mentre per altre lo stato di 13

cente proprio il disegno conservato al British Museum è stato attribuito ad Andrea Bregno e analizzato attentamente alla luce dei monumenti in opera: F. CAGLIOTI, Sui

Si è spesso a ragione rilevato che questi monumenti rappresentano in realtà la modernizzazione, in senso quattrocentesco, di quelli medievali. Rimangono in­ fatti il gisant, il baldacchino (anche se non più goticheggiante), il podio con gli stemmi ecc. Cfr. MADDALO, Il monumento funebre cit., p. 442. 14 Qualche esempio che riguarda anche l'età sistina: le paraste a sinistra del monumento sepolcrale di Angelo e Domenico Capranica in Santa Maria sopra Mi­ nerva, degli anni Settanta del XV secolo, hanno un disegno simile alle grottesche nel Codex Escurialensis, ff. 19v, 35v (H. EGGER, Codex Escurialensis, ein Skizzen­ buch aus der Werkstatt Domenico Ghirlandaios, Wien 1905-1906). Lo stesso vale anche per la parasta sinistra del monumento di Agostino Maffei nella stessa chiesa, morto nel 1496, e i ff. 17, 19 del Codex. 1 5 Cfr. un esempio fra tanti: il monumento di Benedetto Maffei in Santa Maria sopra Minerva.

«Mitteilungen des Kunsthistorischen Instihltes in Florenz», 41 (1 997), pp. 213-253. 10 MADDALO, Il monumento funebre cit., p. 445 . 11 Uno sh1dio utile per il tardo medioevo italiano, ma con indicazioni valide an­ che per il secolo successivo è quello di V. AscANI, Il Trecento disegnato. Le basi progettuali dell'architettura gotica in Italia, Roma 1997. 12 Si veda ad esempio il monumento sepolcrale di Agostino Maffei (morto nel 1496) in Santa Maria sopra Minerva.

«Bollettino d'Arte», 5 1 (1966), p. 46; EAD., La decouverte de la Domus Aurea et la jormation des grottesque à la Reinassance, London 1 969, pp. 64-65. 1 7 Le prime versioni policrome della decorazione a grottesca, secondo quanto detto, non dovrebbero quindi essere cercate negli affreschi delle cappelle del Pinhl­ ricchio in Santa Maria del Popolo, ma proprio in questi monumenti, di un decennio precedenti. I miei più sentiti ringraziamenti vanno al prof. Antonio Giuliano per la illuminante conversazione fatta su questi argomenti. 18 I colori usati più spesso sono l'oro, il blu, il rosso e il verde. Ecco l'elenco

8 li monumento venne realizzato da Luigi Capponi insieme a un collaboratore nel 1485: D. GNOLI, Luigi Capponi da Milano scultore, «Archivio Storico dell'AI·­ te», 6 (1893), p. 85; F. NEGRI ARNOLDI, Luigi di Pietro Capponi da Milano, «Alte

Lombarda», 6 (1961), p. 195. 9 Disegni di tabernacoli, altari, monumenti funerari non più esistenti sono ad esempio conservati a Londra (A. E. PoPHAM-P. PoUNCEY, Italian Drawings of the

Department ofPrints and Drawings in the British Museum, the Fourtheenth and Fif­ teenth Centuries, London 1950,p. 175, tav. CCXLV, n. 275), e Windsor (A.E. POPHAM­ J.WILDE, Italian drawings of the XV and XVI centuries in the collections of his Majesty the King at Windsor Casile, London 1949, tav. 65, p. 366, n. 1 1 32). Di re­ primi tempi romani di Andrea Bregno. Un progetto per il cardinale camerlengo Francesco Trevisan e un san Michele Arcangelo per il cardinale Juan de Carvajal,

16 N. DAcos, Per la storia delle grottesche: la riscoperta della Domus Aurea,


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conservazione o la collocazione non permette un'analisi significativa. Due erano i metodi generalmente adottati: o le sporgenze e i rilievi decorativi venivano dorati lasciando lo sfondo neutro, o si colorava lo sfondo solita­ mente di blu, mettendo in evidenza i rilievi !asciandoli del colore del mar­ mo o dorandoli. L'impatto visivo in origine era quindi diverso rispetto a quello che abbiamo oggi. Oltre a impreziosire il monumento, rendendolo simile a un gioiello smaltato, il colore aveva anche un effetto di appiatti­ mento del rilievo scultoreo. Il fine probabilmente era quello di rendere più efficace l 'impatto visivo e di meglio integrare questi monumenti con la de­ corazione delle cappelle funebri di cui spesso facevano parte, come si può ancora vedere in S . Maria del Popolo. Molto spesso, infatti, i monumenti sepolcrali della seconda metà del Quattrocento non erano isolati ma inclu­ si in uno scenario molto più complesso che univa tutte e tre le atti: scultu­ ra, pittura e architettura. Tutto ciò contribuiva ad aumentare la visibilità e quindi l 'efficacia comunicativa 19. Le colorazioni si integravano meglio anche con le affrescature nelle lunette o nelle camere funebri, che spesso illustravano il tema iconografi-

dei monumenti funebri, ordinati per chiese, dove sono state riscontrate coloriture o dorature; sono stati rilevati solo i monumenti realizzati probabilmente durante il pontificato di Alessandro

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co del monumento. Ma, per quanto si è potuto rilevare, questa compresen­ za di affreschi e scultura sembra essere più frequente in età sistina piutto­ sto che all'epoca di papa Alessandro VI. A sostegno di tale osservazione è anche il fatto che i monumenti di età sistina, o comunque precedente quel­ la di Alessandro VI, siano giunti a noi in condizioni molto più frammenta­ rie e incomplete di quelli alessandrini. Infatti, passando in rassegna le ope­ re di scultura funeraria di età sistina si incontrano di frequente parti oggi vuote, ad esempio gli sfondi delle camere funebri o le lunette di corona­ mento. Sembra evidente che questi 'buchi' dovevano un tempo essere riempiti con rilievi scultorei, oppure, più probabilmente, con affreschi an­ dati perduti, più facilmente che le parti scultoree, nelle migrazioni cui que­ ste opere sono state sovente sottoposte20. I monumenti alessandrini invece, a differenza di quelli sistini, sono relativamente ben conservati nella loro completezza forse proprio perché sono opere quasi interamente scultoree. Un dato che finora sembra essere stato poco notato e che contribuiva al­ la coloritura, in altra forma rispetto a quella appena esaminata, è la tipologia del marmo utilizzato . In genere questi monumenti sono in marmo tenden­ zialmente bianco o con delicate venature, ma non è sempre così. Anche qui infatti occonerebbe una particolare competenza tecnica sui materiali. Un e­ sempio interessante è il monumento di Andrea Bregno (realizzato tra i1 1 504 e il 1506? 1 , di recente ripulito. A una osservazione ravvicinata ci si rende

VI (1492-1 503). Chiostro di Sant' Agostino: Iacopo Scia­

fenati ; San Marcello: Giovanni Michiel ; Santa Maria del Popolo: Bernardino Lona­ te, Giorgio Costa, Ludovico Podocataro, Antoniotto Pallavicini; Santa Maria della Pace: Giovanni Andrea Bocciacci; S anta Maria in Aracoeli: Filippo Della Valle; Santa Maria in Monserrato : Juan de Fuensalida; Santa Maria sopra Minerva: Andrea Bregno (all'interno del clipeo).

1 9 Molte cappelle funebri, di cui i monumenti in questione erano parte inte­

grante, sono andate perdute.

E'

il caso della cappella di Lorenzo Cybo in Santa Ma­

ria del Popolo, cfr. R. CANNATÀ, La pittura, in Umanesimo e primo Rinascimento in S. Maria del Popolo, a cura di R. CANNATÀ-A. CAVALLARO-C. STRJNATI, Roma 1980, p. 54; A. CAVALLARO, Introduzione alle cappelle maggiori, in Umanesimo e primo Rinascimento cit. , p. 78; quella dei fratelli Bonsi in San Gregorio al Celio (GNOLI, Luigi Capponi cit . , pp. 70, 94-98) ; quella di Agostino e B enedetto Maffei in Santa Maria sopra Minerva (E. VON STEINMANN, Michele Marini, ein Beitrag zur Geschi­ chte der Renaissanceskulptur in Rom, «Zeitschrift fiir Bildende Kunst», 38 (1903), pp. 148-150; G. PALMERIO-G. VILLETTI , Storia edilizia di S. Maria sopra Minerva in Roma, 1275-1 870, Roma 1989, p. 1 80). Conservate, del nostro periodo, quelle di Cristoforo e Domenico Della Rovere, Giorgio Costa in Santa Maria del Popolo (si

STRINATI, L'Architettu­ e la Scultura, in Umanesimo e primo Rinascimento cit., pp. 17-5 1); parziahnen­

vedano i già citati saggi di Cavallaro e Cannatà oltre che C. ra

te conservato il sacello funebre di Oliviero Carafa in Santa Maria sopra Minerva,

cfr. C. BERTELLI, Il restauro dellla cappella Carafa in S. Maria sopra Minerva a Ro­ ma, «Bollettino dell'Istituto Centrale del Restauro», (1965), pp. 145- 195; E. PAR­ LATO, La decorazione della cappella Cm·afa: allegorie ed emblematica negli ajjre-

schi di Filippino Lippi alla Minerva, in Roma centro ideale della cultura dell'Anti­ co nei secoli XV e XVI: da Martino V al Sacco di Roma, 1417-1527 (Atti del Con­ vegno internazionale di studi su Umanesimo e Rinascimento, Roma 25-30 novem­ bre 1985), Milano 1989, pp. 1 69-1 84. La decorazione delle cappelle, spesso di tipo

illusionistico, a volte completava il programma iconografico del monumento, come nel caso della cappella Carafa. E' chiaro quindi che la nostra comprensione di tale programma resta a mezza strada se la decorazione della cappella è perduta. 20 Un' eccezione alla regola, per l'età di Alessandro VI, sono i monumenti se­ polcrali di Agostino e B enedetto Maffei in Santa Maria sopra Minerva. Il monu­

mento di Agostino Maffei ospita nella camera funebre un affresco tardocinquecen­ tesco che circonda un rilievo contemporaneo al monumento stesso, qual'era l ' asset­ to originario del monumento? Un'ipotesi è che l' affresco attuale ne sostituisca uno precedente. Il caso del monumento di B enedetto Maffei è ancora più enigmatico.

Nella camera funebre, tra l ' architrave e il sarcofago c'è uno spazio vuoto che ad e­ videnza doveva essere riempito con ' qualcosa' . Probabilmente un affresco, perduto durante gli spostamenti di questi monumenti dalla collocazione originaria all ' attua­ le (per le vicende della cappella Maffei in S anta Maria sopra Minerva cfr. PALME­

RIO-VILLETTI, Storia edilizia cit., pp. 1 80-181). 2 1 Sul monumento sepolcrale del Bregno si veda DAVIES, Renascence cit., p. 284; E. LAVAGNINO, Andrea Bregno e la sua Bottega, «L' Arte»; 27 (1924), p. 249; GRISEBACH, Rb"mische Portatbusten cit., p . 48; RrccoBONI, Roma nell'arte cit. , I, p. 32; V GOLZ10-G. ZANDER, L'arte in Roma nel secolo XV, Bologna 1968, p. 342;


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conto come le sue pmti (escludendo i capitelli, che sono di cemento) siano in marmi diversi, o in qualità diverse dello stesso mm·mo, con un chiaro in­ tento decorativo, dove spicca in particolare la cornice superiore a chiare ve­ nature nerastre (fig. 2). L'uso di diversi marmi potrebbe essere interpretato come un ulteriore elemento di avvicinamento filologico all' antico, frutto di uno studio attento sull' architettura romana, vivacemente policroma. È importante anche studiare il monumento non solo nel contesto del­ l' eventuale cappella di cui faceva parte, ma anche in quello dell'edificio che lo ospitava, naturalmente nel suo assetto originario. Lo spazio eccle­ siastico era scandito allora, in epoca pre-concilio di Trento, secondo una ge­ rarchia precisa e severa e lo stare in un luogo più sacro o più riservato di al­ tri, oltre alla volontà di affiancarsi idealmente a illustri predecessori sepol­ ti nello stesso luogo, costituiva indice di ulteriore potenza e prestigio per il personaggio lì sepolto, come già sottolineato da Massimo Miglio22. I soggetti iconografici del periodo alessandrino sono quasi esclusiva­ mente di tipo religioso. Infatti, ad esclusione delle due tombe dei papi Sisto IV e Innocenza VIII, dove compaiono le virtù e le mti liberali23, è frequen­ te ancora la classica e apparentemente ' medievale' scena di presentazione del defunto a santi intermediari, ma con forme rinnovate come nel monu­ mento sepolcrale del cardinale Lorenzo Cybo, uno dei capolavori di questo periodo24. In alternativa sono rappresentati i santi e specialmente Maria con il bambino, senza il defunto (fig. 3), che comunque compare, posto chiara­ mente sotto la loro protezione, ritratto sdraiato sul letto funebre nella zona inferiore del monumento25. Altri monumenti hanno soggetti più inusuali, il che fa capire come gli anni del pontificato di Alessandro VI siano fecondi

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di idee26. Interessante è il fatto che i soggetti religiosi si trovano quasi e­ sclusivamente su monumenti sepolcrali di vescovi o cardinali. il che fa pen­ sare come la loro presenza sia forse effetto della legg� del decorum, più che di una cultura attardata ancora legata al medioevo27. E evidente che ci sono monumenti più aderenti all'antico rispetto ad altri, come quello del Bregno, privi di riferimenti religiosi anche nella parte epigrafica. Ma come ha posto in evidenza Alberto TenentF8, in quest'epoca l 'antichità, a Roma più che al­ trove, riemerge come la matrice culturale delle genti d'occidente, ma va a conciliarsi con il cristianesimo, non a sostituirvisi. Così, anche questi mo­ numenti apparentemente ' moderni' , se letti nel contesto più ampio, ad e­ sempio quello delle volontà del defunto, mostrano quanto siano espressio­ ne della stessa mentalità di quelli cosiddetti 'arretrati' . Quasi tutte le perso­ ne, tra cui il già nominato Andrea Bregno, erano infatti per devozione o per calcolo iscritte al libro dei raccomandati di qualche confraternita: mezzo in­ fluente e pubblico, alla pari del monumento, per assicurarsi la memoria dei posteri e la salvezza dell'anima29.

26 In realtà anche le raffigurazioni della Madomm col Bambino hanno sovente schemi iconografici inusuali; ma confronta i monumenti sepolcrali di Antonio e Pie­ tro Pollaiolo in San Pietro in Vincoli e di Juan Ortega Gomiel in Santa Maria del Popolo, con la figura di Dio padre benedicente; B ernardino Lonate in Santa Maria del Popolo, con una rappresentazione della resurrezione di Gesù.

27 La tradizione medioevale permane senza soluzione di continuità (come in

gran parte delle espressioni della cultura rinascimentale) in questi monumenti,

lin­

novata nelle forme. Ma piuttosto che di cultura attardata forse sarebbe più colTetto parlare di cultura religiosa, tutt' altro che reazionaria in un'epoca in cui la fede non era una tra le tante ipotesi in campo, e in cui le persone laiche nel senso areligioso

STRINATI, L'Architettura e la Scultura cit. , p. 48; P. CELLINI, Un'architettura del Bre­ gno: l'altare maggiore di Santa Maria del Popolo, in Umanesimo e primo Rinasci­ mento cit., p. 1 0 1 ; S. MADDALO, "Andrea scarpellino " antiquario: lo studio del­ l'antico nella bottega di Andrea Bregno, in Roma centro ideale della cultura del­ l'antico cit., p. 23 1 ; B . CONTARDI, La memoria dell'artista: morte dignitosa e di­ gnità accademica, «Ricerche di Storia dell'Arte», 55 (1 995), pp. 29-38. 22 MIGLIO, Sepolture pontificie dopo Avignone cit., p. 213. 23 L. D . ETTLINGEN, Pollaiolo 's Tomb of Sixtus IV, «Journal o f the Warburg and Courtauld Institutes», 1 6 (1953); B . KuscH, Zum Grabmal Innocent' VIII in Alt-St. Peter zu Rom, «Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz», 4 1 , (1997), pp. 361-376; MoNTINI, Le tombe dei papi cit., pp. 293-30 1 . 24 VON STEINMANN, Michele Marini cit., pp. 1 52-154; DAVIES , Renascence cit., pp. 216-217; S1RINATI, L'Architettura e la Scultura cit. , pp. 44-46. 25 Cfr. il monumento dei fratelli Bonsi in San Gregorio al Celio; Giovanni Mi­ chiel in San Marcello; Giorgio Costa, Ludovico Podocataro e Antoniotto Pallavicini in Santa Mmia del Popolo; Giovan B attista Savelli in Santa Maria in Aracoeli ; Ago­ stino Maffei e B enedetto Sopranzi in S anta Maria sopra Minerva.

del termine erano molto più l ' eccezione che la regola.

28 Cfr. in questo stesso volume. 29 Andrea Bregno era iscritto alla confraternita dell 'Annunziata in Santa Mmia sopra Minerva e a quella del Confalone, cui lascia pro eius anima diversi denari al fi­ ne di celebrare l' anniversario della sua m01te, come egli stesso dichiara nei codicilli

"Andrea scmpellino " cit. , p. 234. Sulle confraternite ro­ MARONI LUMBRoso-A. MARTINI, Le Confraternite romane nelle loro chiese, Roma 1963 ; cfr. inoltre P. PAVAN, Gli Statuti della società dei raccomandati del Salvatore ad Sancta Sanctorum (1331-1496), «Ar­ chivio della Società Romana di Storia Patria», 101 (1978), pp. 35-96; Le confraterni­ te romane. Esperienza religiosa, società, committenza artistica, a cura di L. FroRANI, «Ricerche per la St01ia religiosa di Roma» , 5 (1984); A. EsPOSITO, La documentazio­ ne degli archivi di ospedali e confraternite come fonte per la storia sociale di Roma, in Gli atti privati nel Tardo Medioevo: fonti per la storia sociale, a cura di P. BREZZI­ E. LEE, Roma-Toronto 1984, pp. 67-79; G. BARONE, Les confréries romaines de dé­ votion à la fin du Moyen-age, in Sociabilité, pouvoirs et societé (Actes du Colloque de Rouen, 24-26 novembre 1983), Rouen 1987, pp. 301-305 ; A. EsPOSITO, Le confraal suo testamento: MADDALO,

mane in generale è ancora valida l' opera di M.


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Sul rapporto con l' antico si è già molto parlato, e se ne parla anche fra le righe di questo intervento. È un altro elemento chiave per uno studio ac­ curato di queste opere. Molti fattori sono già stati analizzati: la derivazione dall' arte trionfale e funeraria antica, la rinascita dell'epigrafia sia nelle for­ me che nei contenuti, il sistema decorativo chiaramente antiquariale che ha modelli sia nel campo della scultura che in quello della pittura (figg . l , 2)30. Interessanti a questo fine sono anche le varie tipologie ritrattistiche di questi monumenti. La figura può essere rappresentata sul letto funebre o sdraiata sul sarcofago, oppure, ma i primi casi risalgono alla fine dell'epoca sistina3I, si creano dei busti-ritratto entro clipei. Le immagini clipeate hanno chiara derivazione dall'antico, ma non sono di certo invenzione del Rinascimento romano . Osservando però alcuni dei monumenti che le presentano si può no­ tare come in qualche caso l' aderenza all' antico sia maggiore rispetto ad al­ tri: mentre i ritratti del Bregno o dei Pollaiolo vestono indumenti contempo­ ranei (fig. 2), i fratelli Bonsi sono vestiti proprio ' all'antica' (fig. 4). Altro fattore da tenere in conto è quello della committenza. È stato già sot­ tolineato come questi monumenti sepolcrali a parete, a differenza delle lastre terragne o delle steli, siano prerogativa di determinate classi sociali, e in gene­ re, almeno per l'età sistina, sembrano riservati soprattutto all'alto clero32. Gli alti costi, ancora più onerosi se si aggiungevano a quelli delle cappelle sepol­ crali, erano naturahnente un freno per gran patte della popolazione. Ma è evi­ dente che qui rientra anche la teoria del decorum. Sembra infatti, anche alla lu­ ce di fonti letterarie del periodo, che questo genere di monumenti fosse titenu­ to riservato a persone 'nobili e onorate', ad imitazione di credute usanze anti­ che. Nella Roma Triumphans di Flavio Biondo, scritta tra il 1455 e il 1459, tro­ viamo indicazioni illuminanti non solo sulla prerogativa sociale di questi mo­ numenti sepolcrali ma anche sul repertorio antiquariale che in essi si trova33:

«Dopo de l' essequie, solevano anche a le volte gli antichi spargere la tomba di vari fiori, et odori, come in vari luochi si legge [ . . . ] e questo co­ stume si serva ancho hoggi in molti luoghi d'Italia [ . . ]. Dopo de l 'essequie costumarono ancho gli antichi di porre ne templi, e luochi publici, alcuni ornamenti in memorie et honore del morto, come erano scudi, corone e al­ tre simili cose, di che fa Macrobio menzione. E veggiamo ancho infino a giorni nostri usarsi da persone nobili e honorate» il medesimo concetto si ritrova circa un secolo dopo in Vasari, in un brano della vita di Domenico Ghirlandaio, a proposito della (perduta) tom­ ba di Francesca Tornabuoni in Santa Maria sopra Minerva realizzata, nella parte scultorea, dal Verrocchio34: «Era in quei tempi medesimi in Roma Francesco Tornabuoni, al quale, essendo morta la donna sopra parto [ . . . ] et avendo, per onorarla come si convenia alla nobiltà loro, fattole fare una sepoltura nella Minerva, volle anche che Domenico dipignesse tutta la faccia» Monumenti, quindi, riservati agli alti livelli della società laica e curiale. Ma da un'analisi statistica delle componenti sociali dei monumenti realizza­ ti durante il papato di Alessandro VI si ricava che, su una trentina di sche­ dati, una buona metà era composta da cardinali e vescovi, mentre l 'altra metà era composta da laici, molti impiegati in curia come segretari, medici, assessori, guardie, scrittori, ma anche artisti, nobili e mercantP5, homines novi in ascesa sociale, che avevano quindi buoni motivi per autocelebrare il proprio successo, intervenendo, a volte in maniera decisiva, sull'aspetto del­ le opere commissionate. Questo è dimostrato dai documenti36 e dalle coin­ cidenze e specularità compositive e decorative tra un monumento e l 'altro. È improbabile che questo fattore sia da attribuire solo alla scarsa fantasia dell 'artista37, in un periodo peraltro pieno di novità e di fermenti inventivi.

ternite del matrimonio. Carità, devozione e bisogni sociali a Roma nel tardo Quat­ trocento (con l'edizione degli statuti vecchi della Compagnia della S. Annunziata), in Un'idea di Roma. Società, arte e cultura tra Umanesimo e Rinascimento, a cura di L.

34 GIORGIO VASARI, Le Vite dei più eccellenti pittori, scultori e architettori nel­ le redazioni del 1550 e 1568, commento a cura di P. BAROCCHI, Firenze 1971, pp.

FoRTINI, Roma

1993, pp. 7-5 1.

30 MADDALO, Il monumento funebre cit. 31 Si veda ad esempio il monumento di Lorenzo Oddone Colonna in S anti A­

480-48 1 .

35 Cfr. ad esempio in Sant'Agostino i monumenti di Oliviero Fumario e Carlo

Verardo, curiali; in San Gregorio al Celio quello dei fratelli Bonsi, mercanti; in San Pietro in Vincoli quelli dei fratelli Pollaiolo; quello di Lorenzo Gherusino, guardia,

postoli.

32 MADDALO, Il monumento funebre cit.; NwrrA, Temi e personaggi cit., pp.

405-407.

33 Si cita qui una delle prime traduzioni in volgare: Roma trionfante di Biondo da Forlì, tradotta pur hora per Lucio Fauno di latino in buona lingua volgare, Ve­ netiis 1 544, f. 74. Su Flavio Biondo si veda: L. COLINI BALDESCHI, Studio critico su Flavio Biondo, Macerata 1 895; Scritti inediti e rari di Biondo Flavio, introduzione di B . NOGARA, Roma 1927 (Studi e Testi, 48); R. Wmss, Lineamenti per una storia degli studi antiquari in Italia. Dal dodicesimo secolo al sacco di Roma del 1527, «Rinascimento»,

.

9 ( 1958), pp. 164-1 65, 188.

in Santa Margherita in piazza Lancellotti; quello di Filippo Della Valle all' Aracoe­ li, medico; in Santa Maria sopra Minerva quelli di Agostino e Benedetto Maffei, cu­ riali e umanisti,

e

quello di Andrea Bregno.

36 Si vedano i documenti già citati per i disegni: FEDELE, I gioielli di Vannozza cit., pp. 464-466; BATTISTI, I comaschi cit., p. 30, dove all'artista (Andrea Bregno)

non è lasciata la libertà nemmeno di decidere i più banali dettagli decorativi; o an­ che GNOLI, Luigi Capponi cit., p. 85. del

37 In genere quasi tutti i monumenti sepolcrali romani dell'ultimo trentennio XV secolo sono attribuiti su basi stilistiche ad Andrea Bregno. Sulla sua ultima


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SARA MAGISTER

Sul problema attribuzionistico non mi soffermo, anche se sicuramen­ te è quello che più interessa la critica. Siamo ancora in attesa della pubbli­ cazione degli interventi di Claudio Crescentini38 e Claudia la Malfa39 al convegno su Sisto IV di due anni fa, e della ricerca di Thomas Popper, del­ la B iblioteca Hertziana, su Andrea Bregno. Credo però che sia necessario censire, oltre cb_e le opere., anche i documenti noti, che ci attestano la si­ cura partecipazione di artisti a determinate opere. Documenti editi da tem­ po ma spesso ignorati. E questa mi sembra essere anche la sorte di alcuni di quelli che ci riguardano più da vicino. Ad esempio i codicilli al testa­ mento del Bregno, scoperti dalla Maddalo circa dieci anni fa, sono stati pressoché ignorati dalla critica successiva, quando invece sono una fonte utilissima di notizie di ogni tipo sulla prassi della bottega, sulla casa, sui beni e la collezione dell' artista40, sulla gerarchia di artisti operanti a Roma e così via. Forse oggi i tempi sono maturi per pone più attenzione a nomi di 'minori' , che poi così minori all'epoca, a quanto pare, non erano. Lo stesso Bregno affida al suo assistente e parente Giovanni Antonio di Re­ gesa l 'eredità della sua potente e organizzata bottega, oltre che l'esecuzio­ ne del suo monumento sepolcrale41. È evidente che questo Giovanni Anto­ nio era un valente scultore, assai famoso se le uniche testimonianze note che a lui si riferiscono, poste in luce da Silvia Maddalo, riguardano una pe­ rizia a Roma su marmi antichi e una presunta esecuzione di una prestigiofase produttiva (sempre attribuita) grava inoltre un giudizio negativo, di una certa stanchezza creativa. Un'affermazione forse da smentire alla luce dell'osservazione diretta delle sue opere documentate, vista l'alta qualità del monumento Gomiel in Santa Maria del Popolo, di sicura mano bregnesca (MADDALO, "Andrea scarpelli­ no " cit., pp. 233-234). In molti casi la riproposizione di certi schemi compositivi de­ nota chiaramente la volontà del committente di rifarsi anche idealmente a prede­ cessmi, come è quasi certamente il caso del monumento di Giorgio Costa, quasi so­ vrapponibile a quello di Cristoforo e Domenico Della Rovere (cfr. DAVIES, Rena­ scence cit., p. 307; G. C. ScroLLA, Profilo di Andrea Bregno, «Arte Lombarda», 15, ( 1 970), pp. 52-58, p. 58, nota 24; S1RINATI, L'Architettura cit., pp. 35-36). li Costa aveva comprato la cappella in cui verrà posto il suo monumento proprio da Dome­ nico Della Rovere. 38 Gli Atti sono stati nel frattempo pubblicati: C. CRESCENTINI, "Andreas Mar­ morarius Sculptor Egregius " e la sua prima produzione funeraria, in Sisto IV, le ar­ ti a Roma nel Primo Rinascimento (Convegno internazionale di studi, Roma 23-25 ottobre 1997), a cura di F. BENZI, Roma 2000, pp. 363-384. 39 Gli Atti sono stati nel frattempo pubblicati: C. LA MALFA, Luigi Capponi scultore, in Sisto IV cit. pp. 353-362. 40 Sulla collezione di Andrea Bregno si veda, oltre MADDALO, "Andrea scar­ pellino " cit., anche S . MAGISTER, Censimento delle collezioni di antichità a Roma: 1471-I503, «Xenia Antiqua», 8 (1999), pp. 1 5 1 - 153. 41 MADDALO, "Andrea scarpellino " cit., p. 234.

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sa tomba a Venezia42. Ma queste sono notizie che non sono verificabili di­ rettamente. Penso che non sia stato a sufficienza considerato invece, e qui si accoglie l 'invito della Maddalo a osservare le cose su basi più concre­ te43, che fu con alta probabilità proprio lui ad eseguire il monumento fu­ nebre del Bregno, che questi gli affidò con la condizione che tornasse a Roma di lì a un anno, cosa che Giovanni Antonio fece nel 150444. Abbia­ mo quindi la fortuna di valutare da vicino un'opera di uno di questi artisti 'minori' . Ebbene, il monumento ad Andrea E regno è di alta qualità e raf­ finatezza (fig. 2) e dovrebbe fornire validi motivi per aprire una serie di studi su questo e altri scultori troppo ignorati.

42 Ibid., pp. 23 1 , 235, nota 3 1 . 43 Ibid. , p . 233. 44 H. EGGER, Beitrage zur Andrea Bregno Forschung, in Festschriftfur J. von Schlosser zum 60 Geburtstage, Zurich-Leipzig-Wien 1 929, pp. 122-136; GoLzro­ ZANDER, L'arte in Roma cit., p. 436.


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SARA MAGISTER

Fig. l . - Roma, S . Giorgio al Celio, atrio, monumento sepolcrale di An­ tonio e Michele Bonsi (1498- 1500 ca.), pmticolare.

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Fig. 2. - Roma, S. Maria sopra Minerva, transetto sinistro, monumen­ to sepolcrale di Andrea Bregno (1504-1 506 ca.), pmticolare della parte su­ periore.


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SARA MAGISTER

ENRICO PARLATO Il "cielo" di Raffaellino del Garbo alla Minerva: artisti toscani e decorazioni all'antica nella Roma di fine Quattrocento *

Nucleo di questa relazione è il sacello funerario di Oliviero Carafa, con la sua volta a stucchi, 'il cielo ' di cui parla Vasari. La prima parte sarà de­ dicata alla ricostruzione di questo ambiente, la seconda, invece, al suo im­ patto nel mondo artistico romano e al tentativo di seguire gli sviluppi del passaggio a Roma di Filippino Lippi, il pittore che - come è noto - affre­ scò la cappella Carafa1. La storia della cappella Carafa a S. Maria sopra Minerva a Roma si in­ treccia e collide con gli esordi del pontificato di Alessandro VI. La costru­ zione iniziò nel 1486, regnava Innocenzo VIII, e fu portata a termine nel 1488; la regolarità della planimetria, l 'attenzione ai prototipi antichi nel-

Figg. 3-4. - Roma, S . Gregorio al Celio, atrio, monumento sepolcrale di Antonio e Michele Bonsi ( 1498- 1500 ca.), particolari.

* Il testo corrisponde a quello presentato durante il Convegno nel dicembre 1999. Mi sono limitato ad aggiungere le note e ad apportarvi solo qualche piccola modifica. 1 Lo studio di Filippino Lippi non può prescindere dalla storica monografia di A. SCHARF, Filippino Lippi, Wien 1 935. Adesso lo stato delle indagini sull 'artista è raccolto in The Drawings of Filippino Lippi and His Circle, a cura di C.E . BAM­ BACH - G. R. GoLDNER, New York 1 997, dove è annunciata l'imminente pubblica­ zione di una nuova monografia da parte di J. Nelson e P. Zambrano. Per la cappella Carafa si rimanda ai contributi pionieristici di C. BERTELLI, Filip­ pino Lippi riscoperto, «Il Veltro», 7 ( 1 963), pp. 55-65; ID., Appunti sugli affreschi della cappella Carafa alla Minerva, «Archivum Fratrum Praedicatonlm», 35 (1965), pp. 1 1 6-135; ID. , Il restauro della cappella Cm·aja in S. Maria sopra Mi­ nerva a Roma, «Bollettino dell'Istituto Centrale del Restauro» , 42 ( 1 965), pp. 1 451 95; a un importante saggio di I.H. SHOEMAKER, Drawings after the Antique by Fi­ lippino Lippi, «Master Drawings», 1 6 ( 1 978), pp. 35-43 ; al volume di G.L. GEI­ GER, Filippino Lippi 's Cm·aja Chapel. Renaissance Art in Rome, St. Louis (Mo.) 1 986 (con bibl. preced.) , e anche a E. PARLATO, L'antico in Filippino Lippi, da Roma a Firenze, in Aspetti della tradizione classica nella cultura artistica fra U­ manesimo e Rinascimento, a cura di A. CAVALLARo-C. ClERI VIA, Roma 1 986, pp. 1 1 1 - 1 1 9 ; ID., La decorazione della cappella Cw·aja: allegoria ed emblematica ne­ gli affreschi di Filippino Lippi alla Minerva, in Roma, centro ideale della cultura dell'Antico nei secoli XV e XVI, a cura di S. DANESI SQUARZINA, Milano 1 989, pp. 1 69-1 84.


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ENRICO PARLATO

l 'ordine architettonico della grande arcata di ingresso depongono a favore di una costruzione ex nova, piuttosto che all' ampliamento di una struttura preesistente2. Stando alla recente proposta di Christoph Frommel, ne fu ar­ chitetto Antonio da Sangallo il Vecchio3. Il 26 agosto 1488 Filippino Lip­ pi giunse a Roma, preceduto dalla lusinghiera presentazione di Lorenzo il Magnifico, testimoniata da un dispaccio inviato dal Carafa a Gabriele Mazzinghi, abate di Montescalari: «essendo dal Magnifico Lorenzo com­ mendato, lo haveriamo preposto ad uno Apelle, overo a tucta Italia». Il due settembre fu stipulato il contratto e il giorno successivo il pittore fece ri­ torno a Firenze4. È probabile, anche se non certo, che già nell'autunno 1488 l'artista fos­ se di nuovo a Roma per dare avvio alla decorazione pittorica. Il 2 maggio 1489, da Roma, Filippino Lippi scrive a Filippo Strozzi dando conto dello stato dei lavori nella cappella: il pavimento di «pmfido e serpentino, tutto sot­ tilissimamente fatto», la balaustra di pavonazzetto ' amatissimo' sono già in opera ed è quasi pronto - «fassi ora» - l'altare marmoreo di cui «solo il mai-

2 La Geiger, basandosi su un documento relativo all'acquisizione della cappel­ la da parte del Carafa, nel quale si parla di ' ampliare' la medesima, ritiene che il car­ dinale si limitò ad ingrandirla aggiungendo solo il sacello funerario. Cfr. GEIGER, Fi­ lippino cit, pp. 45, 1 14, 1 86. n rogito, datato all'ottobre 1 486, ASR Notai Capitoli­ ni, Andrea de' Carusiis, 499, cc. 21 v-22r è segnalato dal BERTELLI, Appunti cit. p. 1 16, nota 4. 3 CH.L. FROMMEL, Roma, in Storia dell'architettura italiana. Il Quattrocento, a cura di F.P. FroRE, Milano 1 998, pp. 4 1 8-41 9. La proposta è di grande interesse e la possibile collaborazione tra Filippino Lippi e Giuliano da Sangallo era stata sug­ gerita in via interlocutoria dallo scrivente (cfr. E. PARLATO, Cultura antiquaria e committenza di Oliviero Carafa. Un documento e un'ipotesi sulla villa del Quiri­ nale, «Studi Romani», 38 [1990], pp. 278-280); convince meno, invece, la succes­ sione dei lavori proposta dal Frommel, in particolare, che l 'arco di ingresso alla cap­ pella sia stato costruito subito dopo gli affreschi, che Filippino Lippi abbia fatto chiamare A. da Sangallo. L'architettura è ritenuta «probabile opera di Giuliano e Be­ nedetto da Majano» da A. VENTURI, Storia dell'Arte italiana, VIII, Milano 1 923, p. 400, proposta ripresa da R. PANE, Il Rinascimento nell'Italia meridionale, I, Milano 1 975-1977, p. 104. 4 Per la cronologia della cappella mi sono avvalso di GEIGER, Filippino cit, pp. 45-46, J. NELSON, Aggiunte alla cronologia di Filippino Lippi, «Rivista d'arte», 43 (1991), pp. 38-39; ID., The Later Works of Filippino Lippi: from his Roman Soujourn until his Death (ca. 1489-1504), Ph. D. Diss. New York Univ. 1992, pp. 23-30. La lettera di Oliviero Carafa all'abate di Montescalari è stata pubblicata da E. MONTZ, Nuovi documenti: le arti in Roma sotto il pontificato di Innocenza VIll, ' «Archivio storico dell ' arte», 2 ( 1 889), pp. 480-48 1 , ed è qui citata da GEIGER, Fi­ lippino cit., pp. 1 86- 1 87.

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sterio monta a Fiorini 250 in oro larghi»5. Si tratta non solo della mensa d'al­ tare, ma anche - scrive la Geiger - della cornice destinata a racchiudere l 'An­ nunciazioné. Non si fa parola dei dipinti, anche se è probabile che la volta con le Sibille - come è stato proposto - fosse ormai affrescata. La messa in posa del pavimento e della balaustra dovrebbe essere successiva allo smon­ taggio del ponteggio per lavorare sulla volta, la struttura, pesante ed ingom­ brante, avrebbe potuto danneggiare l ' opus sectile. I lavori di muratura in cor­ so sulla parete d'altare per sistemarvi la cornice marmorea escludono invece che in questa area si fosse dipinto alcunché, anche se è chiaro che l'icono­ grafia e la disposizione delle pitture all'interno del sacello era ormai stata sta­ bilita in maniera definitiva. Gli impegni pregressi del pittore fecero sì che questi nel 1489 si dividesse tra Roma e Firenze, per poi trattenersi a Roma come ha dimostrato Jonathan Nelson -, in maniera più o meno continuativa, dal gennaio 1490 fino alla primavera 14937. Gli affreschi della cappella Ca­ rafa furono di cetto pmtati a termine all'inizio del 1493, almeno per quel che riguarda l'ambiente principale, mentre i lavori nella 'sepoltura' - lo spazio sussidiario a sinistra della cappella - si protrassero ancora per un anno. Questo primo termine ante quem per il completamento delle pitture è dato da un episodio assai noto, la visita di Alessandro VI, compiuta il 25 marzo 1493 in occasione della festa dell'Annunziata, visita che costituì una smta di inaugurazione del sacello. «Pontifex - leggiamo nel Diario del Bur­ cardo - venit ad capellam novam Annunciatae per r. d. cardinalem Neapoli­ tanum factam»8 .

5 n 21-4-1487, Filippino Lippi aveva sottosctitto un contratto con Filippo Stroz­ zi per dipingere la cappell a di S . Maria Novella a Firenze. La missiva romana è in­ viata per tranquillizzare il committente fiorentino assicurandogli l 'avvio dei lavori, ma anche per mettere in evidenza il diverso e più vantaggioso trattamento economico of­ ferto dal mercato romano. La lettera, ora dispersa, era conservata alla Biblioteca Ma­ mcelliana ed è stata trascritta da Z. BICCHIERAI, Alcuni documenti artistici non mai stampati, Firenze 1 855, pp. 1 5-16. n testo è qui citato da GEIGER, Filippino cit., p. 1 87. 6 GEIGER, Filippino cit., p. 46. 7 NELSON, Aggiunte cit.; ID., The Later Works cit., pp. 26-29. Lo studioso (ibid. , p. 28) ipotizza anche che durante gli anni '90 possa essere stata realizzata la deco­ razione della distrutta villa di Spedaletto, nei pressi di Volterra, impresa quindi che si sovrapporrebbe a quella romana. 8 JOHANNIS BURCKARDI Liber notarum ab anno MCCCCLXXXIII usque ad an­ num MDVI, ed. E. CELANI, RIS2, 3211 ( 1 907-1 9 10), p. 4 1 1 . BERTELLI, Appunti cit., p. 1 1 6, nota 9, sostiene che Alessandro VI visitò la cappella Carafa i l giorno 8 set­ tembre 1 492, basandosi sul testo della lapide posta a memoria dei benefici conces­ si dal pontefice. La festa della Natività della Vergine (e quella di s. Tommaso d'A­ quino) si riferiscono alle festività nelle quali si lucravano le indulgenze e non al giorno in cui il Borgia si recò nel sacello.


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ENRICO PARLATO

L' avvenimento si inserisce nei rapporti non facili tra il nuovo pon­ tefice e il cardinale napoletano. È noto che nel conclave dell'agosto 1492, Oliviero Carafa era stato uno degli antagonisti di Rodrigo B orgia e che quell'elezione costituì una sconfitta, anche personale, per il prela­ to che è ricordato dall'Infessura tra coloro che non solo rifiutarono qual­ siasi prebenda da parte dal nuovo eletto, ma che - se la testimonianza del cronista è veritiera - avrebbero ribattuto in modo polemico a quelle of­ ferte: «in pontificato voces dandas esse gratis et non muneribus». Poi il cardinale si allontanò da Roma, dando così pubblica manifestazione del proprio malcontento9. Il risultato del conclave non fu solo uno scacco personale, ma interferì nel rapporto fiduciario che legava i Carafa con gli Aragona e nell' alleanza tra Napoli e Firenze di cui, proprio nella cap­ pella Carafa, vi è concreta memoria nel broncone mediceo che al centro della volta cinge lo stemma del committente. Sullo sfondo abbiamo la nomina cardinalizia di Giovanni de' Medici. Vorrei qui ricordare che il 1 4 marzo 1492 furono celebrate alla Minerva le esequie in memoria di Lorenzo il Magnifico, l 'organizzazione delle quali sembra fu affidata ad Onofrio Tornabuoni, agente del banco mediceo, confermando il legame tra la chiesa minervitana e i signori di Firenze. Il cerimoniale imponeva che non vi partecipasse nessun cardinale, neppure Giovanni de' Medici, ma furono presenti, vestiti a lutto, Niccolò Orsini, conte di Pitigliano e capitano generale di S .R.E, insieme a Francesco Cybo, figlio di Inno­ cenza VIII e genero del defunto10. In seguito le ragioni della politica e della diplomazia prevalsero e i conflitti suscitati dal contrastato conclave dell' agosto 1492 furono mes­ si da parte. A partire dalla seconda metà del 1493, il Carafa si adoperò per consolidare le relazioni tra gli Aragonesi e la corte papale. Poi con l ' arrivo di Carlo VIII a Roma (3 1 - 12- 1494), si schierò senza ambiguità dalla parte del pontefice, ritirandosi con quest'ultimo a Castel S . Angelo insieme ai famigliari del Borgia, ai cardinali Orsini e Giovanni Antonio di S. Giorgio; nel frattempo gli altri cardinali presenti in città prestavano

9 Diario della città di Roma di Stefano lnfessura scribasenato, a cura di O. Roma 1 890 (Fonti per l a Storia d'Italia, 5) pp. 2 8 1 -282. I cardinali sono Carafa, Piccolomini, Giorgio da Costa e Della Rovere. L. VON PASTOR , Sto­ ria dei papi dalla fine del Medio Evo, III, Roma 1 959, pp. 330-336; F. PETRUCCI, Cm·aja, Oliviero, in DBI, 1 9 , Roma 1 976, pp. 588-596. 10 BURCKARDI Liber notarum cit., I, p. 350. La distribuzione dei ceri fu cura­ ta da Onofrio Tornabuoni, agente del banco mediceo a Roma. Il rapporto tra la presenza degli emblemi medicei nella cappella Carafa e la nomina a cardinale di Giovamù de' Medici spetta a BERTELLI, Filippino cit. ToMMASINI,

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omaggio a Carlo VIII e, per rappresaglia, i francesi e i seguaci dei Co­ lonna bruciavano la casa di un nipote del cardinale1 1 . La cappella Carafa era stata costruita e in buona parte decorata prima dell'elezione di Alessandro VI, il sacello era destinato ad essere sepoltura del committente e dei membri ecclesiastici della famiglia; già nel settembre 1488 le spoglie di Malizia Gesualdo, vescovo di Rapolla, nipote del cardinale, suo maestro di casa e segretario di Innocenza VIII, erano state qui accolte, come ricorda il Burcardo nel suo Diario e come è ancora oggi testimoniato dall'e­ pigrafe lombale (ulteriore termine ante quem per il compimento delle opere murarie)12. li sacello fu quindi progettato e decorato avendo presente tale fun­ zione: accanto all'ambiente maggiore fu predisposto uno spazio sussidiario destinato alla sepoltura, la così detta cappella funeraria, che, quando la deco­ razione pittorica giunse alla fine, attorno al 1493, rimase imperfetta. Lo stato lacunoso in cui oggi la vediamo non è dovuto solo alle traversie subite dal monumento, ma dipende anche dalla mancata esecuzione di una parte signi­ ficativa dello stesso13. Le vicende storiche prima accennate portarono ad un cambiamento di progetto. Nell'ottobre 1497 Oliviero dava inizio ad un fastoso sepolcro nella cattedrale di Napoli, nel quale la glorificazione personale veniva amplifi­ cata attraverso la traslazione delle reliquie di san Gennaro rinvenute qual­ che anno prima nel monastero di Montevergine, reliquie che vennero col­ locate nella confessione che il Carafa aveva destinato a propria definitiva

Il BURCKARDI Liber notarum cit., I, p. 560; 3 gennaio 1495: «Sabbato, 3 Januarii, spaliate et depredate fuemnt per Colurnnenses et Gallos domus electi consanensis ne­ potis r.d. cardinalis Neapolitani, filìi Jacobi de Conùtibus». Nel testo del cerimoniere si fa riferimento alla casa di Nicola Grato de' Conti, vescovo di Conza morto nel settem­ bre 1494; la sna dimora si trovava agli Spolia Christi, presso la chiesa di S . Mmia in Campo Cm·leo che sorgeva ai piedi del Cmnpidoglio. Per la situazione a Roma durml­ te il soggiorno di Carlo VIII, cfr. PASTOR, Storia dei papi cit., III, pp. 397-404. 12 BURCKARDI Liber notarum cit., I, p. 560. Malizia Gesualdo discendeva dai conti di Cumana, alla sua morte Troilo Carafa gli succedette nel vescovato rapolla­ no cfr. C. EuBEL, Hierarchia catholica Medii Aevi, II, Monasterii 1 9 14, p. 220. L'e­ pigrafe recita: «MALITIAE GESUALDO EPISCOPO RAPOLLANO l INNO­ CENT[ii] VIII PONT MAX SECRETARIO FIDE l INTEGRITATE MODESTIA CONSPICUO QUI MORUM l MANSUETUDINE ANIMIQUE INGENUITATE l BENIVOLENTIAM HOMINUM NACTUS MAGNUM SUI l MORTALIBUS DE­ SIDERIUM RELlQUIT l OLIVERIUS CARRAPHA CAD NEAP CONSOBRINO l CARISS [imo] PIE FACIUND[um] CUR[avit] VIXIT AN[nnos] XL MENS [es] VI D[ies] XV l OBITT ANNO SALUTIS CHRISTIAN[ae] MCCCCLXXXVIII». 13 Secondo BERTELLI, Appunti cit., p. 128, i prinù danni alla cappellina furono il risultato della disastrosa alluvione del 1495.


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sepoltura14• Con questa operazione il cardinale rinunciò a proiettarsi nelle vicende politiche italiane, curò i propri interessi a Napoli e nel Regno, con­ solidando la base territoriale della consorteria famigliare. Sono queste le ragioni che condussero a tale nuova scelta. Nella cap­ pella romana non fu quindi realizzato il monumento funebre che, se ese­ guito, sarebbe stato di certo uno degli elementi cardine dell'intero com­ (>lesso, a sancire lo stretto legame tra Oliviero Carafa e la Curia romana. E legittimo tentare di completare e ricostruire sia quanto è stato profon­ damente alterato o distrutto in seguito alla costruzione del monumento dedicato a Paolo IV ( 1566- 1572), sia quanto non fu mai realizzato. Nella parete destra si apriva nella parte superiore una bifora (sostituita dall' at­ tuale finestrone termale)15, che divideva in due parti le «poesie molto bel­ le» di cui dà notizia Vasari: «Vi si vede, dunque, dove la Fede ha fatto pri­ giona l 'infedeltà, tutti gli eretici ed infedeli. Similmente, come sotto la Speranza è la Disperazione, così vi sono molte altre Virtù che quel Vizio che è loro contrario hanno soggiogato» 16. Il foglio degli Uffizi messo in rapporto con la cappella Carafa da Carlo Bertelli è più di una prima idea per la Psicomachia, come si è fino ad ora ritenuto. La figura della Tem­ peranza (sul verso) che ha ai suoi piedi Sardanapalo mostra al centro il libro aperto, emblema personale del committente, divisa che appare an­ cora oggi in diverse parti della cappella; anche il tondo attorno al quale sono disposti i Simboli degli Evangelisti ad incorniciare il libro aperto, è un' altra trovata decorativa tracciata sul lato sinistro di questo stesso fo­ glio. Il motivo si basa sull' ambiguità e la contaminazione di iconografie sacre e profane: in questo contesto il libro sarebbe, naturalmente, il Van­ gelo, ma all'interno della cappella il legame con il blasone del commit­ tente è innegabile. Nel Trionfo di s. Tommaso è stato realizzato qualcosa di molto simile nel tondo che sovrasta il protagonista della scena: il libro aperto, su cui si legge l ' incipit della Summa contra Genti/es, è affiancato dai gigli e cimato dal disco solare, costituendo così l 'emblema dell'aqui­ nate che, anche in questo caso, si ' confonde' e quasi si sovrappone con

14 Per il 'Succorpo' cfr. F. S1RAZZULLO , La cappella Carafa del Duomo di Na­ poli in un poemetto del primo Cinquecento, «Napoli Nobilissima», 5 (1 966), pp. 596 1 ; PANE, Il Rinascimento cit., I, pp. 68, 79; II, pp. 103- 1 1 6; D. NoRMAN, The Sue­ corpo in the Cathedral of Naples: «Empress of all Chapels», «Zeitschrift fur Kunst­ geschichte», 49 ( 1986), pp. 323-355; F. ABBA1E, La scultura napoletana del Cinque­ cento, Roma 1992, pp. 49-66 (con ulteriore bibliografia). 15 GEIGER, Filippino cit., p . 1 1 8 . 1 6 GIORGIO VAsARI, Le Vite de ' più eccellenti pittori scultori e architettori, a cu­ ra di G. MILANESI, III, Firenze 1 878, p. 468.

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quello del committente. Si direbbe che i motivi iconografici e araldici messi a punto in questo disegno riflettano una fase ormai avanzata nella progettazione degli affreschi 17. Ragioni di simmetria inducono a credere che la parete sinistra fosse at­ traversata da una trabeazione dipinta, speculare a quella ancora esistente sul lato opposto. Più in basso, un grande arcone con una luce di circa quattro metri collegava l 'ambiente maggiore con il minore. Tale ricostruzione trae conforto sia dalla tipologia dei monumenti funerari, sia da esempi architet­ tonici vicini nel tempo al sacello romano: un arco, ma di dimensioni mino­ ri si apre nella parete d'altare della cappella Strozzi a S. Maria Novella di Firenze; nella cappella di S. Fina della collegiata di San Gimignano (Giu­ liano da Majano, 1468) grandi arcate scandiscono le pareti laterali, creando due anditi minori, suggerendo una soluzione non troppo lontana da quella che, forse, fu adottata alla Minerva18. Se diamo credito all' ipotesi qui formulata, possiamo immaginare l 'in­ tero sacello come un grande arcosolio, dove, addossato alla parete di fon­ do, sarebbe stato collocato il monumento funebre del prelato, di certo un'o­ pera di scultura. Sempre in via ipotetica possiamo immaginare che questa fosse composta dalla figura giacente del defunto e disposta in maniera tale da potere osservare, in effigie, l'altare con l'Annunciazione, dove il mede­ simo è dipinto in preghiera (figg. l , 2). Una ricostruzione che è del tutto conforme all'iconografia funeraria tardo-medievale e quattrocentesca basa­ ta sulla doppia e contemporanea rappresentazione della figura giacente e di quella inginocchiata in preghiera, spesso accompagnata dalla rappresenta­ zione delle virtù. Di tutto questo fu realizzato qui alla Minerva solo la par-

17 Firenze, Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, 617 orn. Il foglio at­ tribuito a Filippino dal Berenson è stato, a ragione, ritenuto una copia da SCHARF, Filippino cit., p. 132, nota 339; BERTELLI, Appunti cit., p. 1 1 8, nota 1 5 ; I.H. SHOE­ MAKER, Filippino Lippi as a Draughtsman, Ph. D. Diss. Columbia Univ. 1 975, pp. 250-25 1 , nota 62, lo ritiene autografo. GEIGER, Filippino cit., p. 1 1 6. Il libro aperto, come emblema del committente si ritrova nella cappella Carafa, nel pavimento 'co­ smatesco' , nella volta della cappellina funeraria, nelle cornici dipinte della volta. Il motivo ricorre anche nella cornice scolpita della Annunciazione e nella balaustra che separa la cappella dal transetto. In via del tutto ipotetica si potrebbe pensare che il tondo con il libro aperto e i Simboli degli Evangelisti fosse disposto simmetrica­ mente a quello dedicato a s. Tommaso, forse al centro della parete sinistra. Per il te­ ma del libro aperto come emblema di Oliviero Carafa cfr. A. REYNOLDS, The Priva­ te and Public Emblems of Cardinal Oliviero Cm·aja, «Bibliothèque d'Humanisme et Renaissance», 45 (1 983), p. 274. 18 Inutile qui ricordare che la cappella Strozzi fu decorata da Filippino Lippi a partire dal 1488.


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te pittorica: le virtìl contrapposte al vizio ad esse contrario, l 'Annzmciazio­ ne con il cardinale in preghiera, dove, come è stato osservato da Carlo Ber­ telli, il _ soffitto sullo sfondo riproduce la partizione a stucco, messa real­ mente m opera nella cappellina funeraria, rendendo chiaro il legame tra la camera funeraria e il dipinto d'altare 19• A dispetto di certe sue caratteristi­

c�e formali, così radicate nella cultura fiorentina di tardo Quattrocento, a dispetto delle consonanze botticelliane, l 'Annunciazione ha un carattere ex­ tra-temporale, una preghiera senza tempo, dove - per tale ragione - sono contemporaneamente presenti, nel medesimo spazio sacro, la Vergine, S. Tomm�so d �Aqltino e il committente. Anche se dinamica, si tratta di una pit­ _ che riflette interessi e gusti del Carafa: ossessione per tura di me�Itazwne la celebraziOne personale e dinastica, familiarità con la pittura fiamminga ben rappresentata nella Napoli del Quattrocento. L'Annunciazione è un'im­ magine e una preghiera per l 'eternità che ha la sua ragion d'essere nel con­ testo funerario della cappella. Nelle biografie di Filippino Lippi e di Raffaellino del Garbo (o dei Car­ li)20 , Vasari off�e impmtanti informazioni sul luogo destinato ad ospitare la to�ba del �ardmale. Nella vita del Lippi si legge che dopo avere terminato gh affreschi della Minerva il pittore era rientrato a Firenze «ma gli bisognò t�rnare a _Roma: dove fece per il detto cardinale, una sepoltura di stucchi; e dr gesso, m �no spartimento della detta chiesa, una cappellina allato a quel­ la, ed altre frgure; delle quali Raffaellino del Garbo, suo discepolo, ne la-

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21 vorò alcune» . Nella seconda biografia è invece scritto: « [Raffaellino] im­ parò a colorire a �em� era e� � fresco tanto _b�ne che le �? se sue prime so? _ mcredrbile, _ come s e detto. Nella Mi­ fatte con una pazienzm e dihgenzm nerva intorno alla sepoltura del cardinal Caraffa, v'è quel cielo della volta tanto fine, che par fatta da miniatori, onde fu allora tenut� da�li artefici_ in gran pregio»22• Le due citazioni, anche s_e in p at�e � o�traddittone, �anno In­ dicazioni sulla cronologia e sulla patermta, de1_ d1pmti della cappellina fune­ raria: questi furono eseguiti dopo l ' ambiente principale, quin?i dopo il mar� zo 1493, probabilmente nell' aprile 1494 e di certo non oltre 1l novembre d1 quell'anno e prima della cacciata di Piero de' Medici da Fi�enze, come sem­ . bra indicare la Pace con il broncone medrceo23 . Gli_ stucchi e le tempere che furono quindi realizzati al più tardi nel 1494 sono opere di �i�cole propor­ zioni e fortemente innovative che incisero nel panorama att1st1co della Ro­ ma borgiana; si trattò di una novità nel mondo romano che va annovera�a tra i primi effetti dell'esplorazione delle grotte neroniane �he aveva avuto 1� nizio nel penultimo decennio del Quattrocento, esploraziOne nella quale e documentata la partecipazione dello stesso Filippino Lippi24. L'esistenza

della cappellina funeraria era stata già segnalata dal Berthier, ma la sua ri­ scoperta e la discussione scientifica dei dipinti ebbe inizio solo dopo la pub­ blicazione delle tempere da parte di Carlo Bertelli nel 196325. Le incertez­ ze che potrebbero sorgere dalla lettura delle due biografie vasariane - ese­ cuzione del maestro con l 'assistenza dell'allievo o intervento del solo Raf­ faellino - sono state risolte, grazie ai contributi di Be1telli e della Carpane­ to a favore di un intervento di Raffaellino diretto dal suo maestro26. La 'pa-

19

BERTELLI, Appunti cit., p. 127. 20 Su Raffaellino del Garbo o dei Carli (1470 ca.-1527) si veda: M.G. CARPANE­ TO, Raffaellino del Garbo, «Antichità Viva», 9/4 (1970), pp. 3-23; 10/1 (1971), pp. 319; A. PADOA Rlzzo, R. Carli, in DBI, 20, Roma 1 977, pp. 173-175 (con bibliografia); _ del Garbo, in La pittura in Italia. Il Cinquecento, a cura di G. R. B ARTOLI, Raffaellzno BRIGANTI, Il, Milano 1988, p. 8 17; M. FERRETTI in Collecci6n Camb6, a cura di A. PÈ­ REZ SANcHEz-J. SUREDA I PONS, Madrid-Barcelona 1990-199 1 , pp. 248-259; A. CEc­ CfoU� F lippi�o �nd His Cin:le, D�sig1�ers far the Decorative Arts, in The Drawings of . Fzhppzno L;ppz ��d H1s Cu·c e crt., pp. 37-44, dove (p. 40) se ne posticipa la morte al _ 1527. Per l attrv1ta romana, si veda anche C . AciDINI, Pittori fiorentini al sen,izio dei papi, in Maestri e botteghe. Pittura a Firenze alla fine del Quattrocento, a cura di M. GREGORI-A. PAOLUCCI-C. ACIDINI, Firenze 1992, pp. 271-28 1 . tond� di Raffaellino del Garbo (Napoli, Capodimonte), proveniente dalla colle­ ZIOne dr Francesco Carafa duca d'Andria e discendente di un fratello di Oliviero Ca­ rafa, potrebbe forse essere annoverato tra le opere commissionate dal cardinale. La tavola è datat� attorno al 1505 e si colloca quindi in un periodo posteriore agli af­ freschi_ romam. Cfr. E.E. GARDNER, A Bibliographical Repertmy of Italian Private Collections, a cura di C. CESCHI, I, Vicenza 1 998, p. 1 94; Museo Nazionale di Ca­ podimonte. Dipinti dal XIII al XVI secolo, a cura di P. LEONE DE CASTRIS, Napoli 1 999, pp. 73-74, nota 40.

21 VASARI, Le Vite cit., IIl, pp. 469-470. 22 VASARI, Le Vite cit., IV, p. 235 . Filippino Lippi cit., p. 23 BERTELLI, Appunti cit., p. 129; PARLATO , L'antico in ogico all' aprile 1494. cronol limite il a precis 30, 1 13 , fig. 74. NELSON , Appunti cit. , p. ation des grotesques laform et Aurea s Domu la de erte 24 N. DAcos , La découv 3 1), pp. 140, 147, te, Institu rg à la Renaissance, London 1 969 (Studies of the Warbu , forse autogra­ PINO» l «FILI e crizion segnala la presenza nella volta dorata dell'is Ippolito per la di za Parten la copiò ino Filipp volta fa del Lippi. Da quella stessa Ev) rendendo 55 � 1 Stamp e, caccia (Firenze, Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle di fonda­ priva E ane. neroni grotte così indubitabile la presenza del pittore nelle re della tempe alle e i stucch agli a assegn 85) (p. sa mento la data 1505 che la studio cappellina funeraria. 1 9 10, pp. 1 95-19 6; 25 J.J. BERTHIER, L'Église de la Minerve à Rome, Roma sua scoperta e della uenze conseg le trasse BERTELLI, Filipp ino cit. li Berthier non lla a Raf­ cappe della volta nella ate affresc Sibille le 85) 1 continuò ad attribuire (p. faellino del Garbo. 9/4 (1970) , pp. 3 - 1 9. 26 BERTELLI, Appunti cit.; CARPANETO, Raffaellino cit.,


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zienzia e diligenzia' di cui parla il Vasari, il riferimento alla pittura a tem­ pera (usata qui alla Minerva), insieme all'analisi stilistica, sono tutti ele­ menti che fanno ribadire l'attribuzione a Raffaellino del Garbo degli episo­ di di storia antica e degli emblemi araldici del sacello funerario. Le tempe­ re hanno sul piano stilistico un carattere fortemente unitario e si può per­ tanto escludere la presenza di due mani, a dispetto del carattere mimetico che Vasari attribuisce all'allievo del Lippi. La qualità è sostenuta, tuttavia, soprattutto nel disegno, non si raggiungono i vertici formali ed esecutivi del pennello virtuoso di Filippino. Sono gli elementi calligrafici, il segno finito e chiuso - opera di una mano diligente, ma non del tutto sicura - le tipolo­ gie facciali che emergono nella cappellina e che si ritrovano nello Studio per S. Agostino degli Uffizi, concordemente attribuito, o nel controverso fo­ glio di Washington con SS. Antonio Abate, Caterina e Rocco, a costituire il supporto per l 'attribuzione a Raffaellino delle tempere romane27. La volta del sacello funerario era stata evidentemente progettata prima del l493, in­ sieme alla restante decorazione pittorica, come dimostra lo sfondo dell'An­ nunciazione. Allora Filippino, non solo aveva stabilito il disegno delle cor­ nici, ma probabilmente aveva studiato le singole scene, basate sulle esplo­ razioni archeologiche che aveva avuto modo di compiere durante il lungo soggiorno romano. Quando vi ritornò, forse nella primavera del 1494, fu presente sul cantiere per seguirne e coordinarne i lavori e affidando l ' ese­ cuzione delle pitture a Raffaellino. Le indicazioni grafiche del maestro fu­ rono tradotte dall'allievo e imitatore prima in modelli definitivi e poi nelle pitture. La produzione grafica di Raffaellino del Garbo è anche caratterizzata dalla presenza molto consistente di fogli predisposti ad essere ripmtati e tra­ dotti in tecniche diverse (dalla pittura vera e propria al ricamo), secondo una procedura che si radica nelle consuetudini del lavoro di bottega28. Avendo in mente questo aspetto 'seriale' della produzione del Carli non bisogna meravi­ gliarsi di ritrovare in replica - talvolta palmare - le scene dipinte nella sepol­ tura della Carafa all'interno dei tondi collocati all'imposta della sala delle Si­ bilie nell'appmtamento Borgia, immagini che subirono qualche piccola mo­ difica per adattarle alla sagoma circolare29. Delle otto raffigurazioni presenti almeno quattro possono essere ri'condotte con sicurezza al modello minervi27

Firenze, Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, 223 F; Washington, National Gallery, Woodner Collection, 1 99 1 . 1 90.I.h. 28 Per la produzione grafica di Raffaellino del Garbo si rimanda a C.C. BAM­ BACH, Raffaellino del Garbo, in The Drawings cit., pp. 338-35 1 ; G. DALLI REGOLI, Proposta per il ricongiungimento per due fogli fiorentini, in Per Luigi Grassi. Di­ segno e disegni, a cura di A. FORLANI TEMPESTI-S. PROSPERI VALENTI, Rimini 1988, pp. 40-47. 29 Impmtante osservazione che dobbiamo a BERTELLI, Filippino Lippi cit.

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tana: l) l ' Uccisione di Virginia, dove vi è una esatta rispondenza della parte sinistra, con la figura con le braccia levate e le mani nei capelli desunta (figg. 3-4), a sua volta, dalla Menade danzante del sarcofago bacchico di S. Maria Maggiore30; 2) la Rivolta, nella quale è stato però modificato il fondo archi­ tettonico (figg. 5-6); 3) il corteo di figure laureate che si preparano al sacrifi­ cio (figg. 3, 4, 7) i taurilia, la processione con il toro (figg. 8-9). A queste si può forse aggiungere la figura del toro sull'ara che potrebbe corrispondere con una scena, che nella cappellina funeraria è solo parzialmente leggibile. I tondi borgiani hanno molto sofferto per cattivi restauri e ridipinture, pertanto il riscontro iconografico di per sé non è probante. Tuttavia credo che la presenza di Raffaellino nell'Appartamento Borgia sia un'ipotesi piut­ tosto solida, tenendo anche presenti le proposte di Cristina Acidini che gli ha voluto attribuire alcune scene delle storie di Io-Isis nell'arcane della Sa­ la dei Sant?1 . La lettera che Giovanni Michi scrisse a Michelangelo nel 1508 prova infine che il Carli era molto ben inserito nel mondo delle bot­ teghe umbro-toscane che ruotava tra Roma e Firenze. Il Michi informa, in­ fatti il Buonarroti - in cerca di aiuti per dare inizio agli affreschi della Si­ stilla - che Raffaellino del Garbo sarebbe disposto ad entrare al suo servi­ zio « [allo stesso] salario che già gli dette maestro Pier Matteo d' Amelia»32. La decorazione pittorica dell'Appartamento Borgia fu realizzata in tem­ pi molto rapidi in rapporto all'ampiezza della residenza papale: i lavori ini­ ziarono alla fine dèl 1492 ed ebbero termine allo scorcio del 1494, tra il 1 6 e il 28 ge1maio del 1495; nella fase conclusiva, che va 'compressa' nel solo anno 1494, furono decorate le sale della torre Borgia (costrnita da Alessan­ dro VI), quella del Credo che nella volta mostra la data 1494 e quella delle Sibille che fu l'ultima ad essere dipinta, probabilmente alla fine dell'anno33. 30 Per il sarcofago di S. Maria Maggiore, ora al British Museum, si rimanda a R. RUBINSTEIN, A Bacchic Sarcophagus in the Renaissance, « The British Museum Yarbook », l ( 1 976), pp. 103-1 56; P.P. BoBER- R. RUBINSTEIN, Renaissance Artists and Antique Sculpture, London-Oxford 1 986, pp. 1 1 6- 1 1 9, nota 83. Sulla ripresa del motivo della Menade danzante nella voltina della Carafa cfr. PARLATO, L'antico cit., p. 1 14; ID., La decorazione cit. , p. 174. 31 AcrDJNI, Pittori cit., p. 276. 32 BERTELLI, Filippino cit., p. 63; P. BAROCCHI-R. RISTORI, Il carteggio di Mi­ chelangelo, I, Firenze 1 965, p. 73. 33 Nella vasta letteratura sull'Appartamento borgiano, mi limito a citare C. ClERI VIA, S acrae effigies et signa arcana: la decorazione di Pinturicchio e scuola nell'appartamento Borgia in Vaticano, in Roma centro ideale della cultura dell'An­ tico nei secoli XV e XVI. Da Martino V al Sacco di Roma 1417-1527, a cura di S . DANESI SQUARZJNA, Milano 1 989, pp. 1 93- 1 95 (per i tondi qui discussi) e l a recen­ te monografia di S . PoESCHEL, Alexander Maximus. Das Bildprogramm des Appar­ tamento Borgia im Vatikan, Weimar 1 999, in part. pp. 58, 238 .


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Se questa cronologia è conetta, bisogna concludere che Raffaellino lavorò nel­ la residenza pontificia subito dopo avere terminato le tempere della Minerva. L'intero appattamento fu un grande cantiere diretto - più che eseguito dal Pinturicchio. In particolare la preponderante presenza di aiuti è stata ri­ levata nelle due sale appena citate, che si differenziano dalle precedenti an­ che per il disegno più marcatamente all'antica delle volte, che sembra indi­ care un mutato orientamento della committenza papale. Oggi la proposta di Frommel che vede nel finto cassettone della sale delle Sibille un progetto di Antonio da Sangallo il Vecchio mi sembra di particolare interesse e met­ te in evidenza lo stacco che separa questa volta rispetto alle precedenti, un cambiamento di gusto che avrà un esito importante (visto che si parla di soffitti) nel grande cassettonato ligneo di S . Maria Maggiore34. La fiducia accordata dal pontefice ai fratelli S angallo, l'urgenza del Pinturicchio di portare a termine l 'impresa in tempi stretti costituiscono il quadro nel qua­ le tale intervento si poté verificare. Le premesse di tale nuovo orientamen­ to ebbero però una loro fase sperimentale nella cappella Carafa (accanto al­ la quale andrebbero segnalate le distrutte imprese del Mantegna al Belve­ dere (1488-1490?5. Le pitture di Filippino Lippi, negli apparati decorativi e nelle architet­ ture dipinte, spiccano per l 'inventiva archeologica che fino ad allora non si era mai connotata in maniera così radicale nella Roma di fine Quattrocen­ to: il confronto con un motivo analogo delle navi nelle candelabre della cappella di Domenico Della Rovere a S . Maria del Popolo (1488-1490) può chiarire tale profonda metamorfosi: l'interpretazione archeologica (e docu­ mentata) di Filippino Lippi sopravanza e spiazza la maniera pinturicchiesca legata al mondo della miniatura. Gli studi antiquari di Giuliano da S angallo hanno indirizzato quelli di Filippino Lippi e proposto al pittore una serie di modelli: il capitello fi­ gurato di S . Lorenzo fuori le mura, il monumento di Marco Antonio Lu­ po (ora parzialmente conservato nel chiostro di S. Paolo fuori le mura) fu­ rono disegnati dall' architetto nel Taccuino senese e riproposti dal pittore nell' orchestrazione archeologica degli affreschi minervitani, dimostrando una straordinaria comunanza di interessP6. Iniziavano allora - come si è detto - le prime esplorazioni della Domus Aurea, documentate nella gra-

34 FROMMEL, Roma cit., p. 4 1 8 . 35 DACOS, L a découverte cit., pp. 66-67. n saggio d i J . S CHULZ, Pinturicchio and the Revival of Antiquity, « Journal of the Warburg and Courtauld Institutes», 25 ( 1962), pp. 35-55, rimane ancora un contributo fondamentale per la storia dei sof­ fitti dipinti nella Roma del Quattrocento. 36 Il taccuino senese di Giuliano da Sangallo, a cura di R. FALB, Siena 1 902, tavv. xxxn, XLII; PARLATO, Cultura antiquaria cit., p. 279.

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fica di Filippino, sia di diretta derivazione, come nella Partenza di Ippo­ lito per la caccia, sia in disegni di soggetto mitologico che pur non ri­ pro ducendo affreschi antichi ne imitano l ' impostazione. Tra questi, la Morte di Meleagro di Londra è stata a sua volta ricopiata in controparte in foglio degli Uffizi per il quale è stato anche proposto il nome di Anto­ nio da S angallo. Si �Ie�a non solo una dipendenza (già nota) del pitto­ re nei confronti delle esplorazioni archeologiche de)J ' architetto, ma anche uno scambio tra Filippino e i due fratelli Giamberti37. Torniamo alla cappellina funeraria e agli spartimenti in stucco, che fu­ rono probabilmente eseguiti nel 1494. È verosimile che Filippino si affidò ad uno specialista, incaricato di mettere a punto una decorazione che ades­ so può apparire modesta, ma che allora costituiva una novità, anche da un punto di vista tecnico. Al momento possiamo escludere Raffaellino del Gar­ bo, che non sembra mai avere fatto ricorso a tale procedimento, e sarebbe un azzardo sbilanciarsi con qualche nome, anche se la presenza di Pietro Tonigiani nell'appartamento Borgia, dove avrebbe fatto - scrive Vasari «molti lavori di stucchi» è ipotesi molto seducente, ma non dimostrabile38. Questo della cappella Carafa è il primo esempio romano di recupero di ta­ le tecnica di cui non si è ancora arrivati alla definitiva messa a punto: le cor­ nici sono applicate e non modellate in situ, come dimostrano i tracciati a si­ nopia molto ben visibili dove queste sono cadute. Il disegno adottato mo­ stra tangenze molto significative e, credo, non casuali, con la volta dell' a­ trio della sagrestia di S . Spirito a Firenze (Giuliano da Sangallo, 1493) e con quella dell'ingresso della villa di Poggio a Caiano, cantiere nel quale, tra l 'altro, lavorò lo stesso Filippino nell'estate 1 493, dipingendovi il Sa­ crificio di Laocoonte39•

37 Firenze, Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, 1 255 Ev; London, Bri­ tish Museum, 1946-7-13-6; Firenze, Uffizi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, 203 E. I due fogli sono considerati copie da originali perduti dalla SHOEMAKER, Fi­ lippino Lippi cit., pp. 385-390, note 1 17 - 1 1 8 . Per i disegni dall' antico di Filippino cfr. ibid., pp. 254-274, note 64-74; ID., Drawings cit.; ID., Filippino and His Antique Sources, in The Drawings cit., pp. 29-36. n rappmto tra la grafica di Giuliano e An­ tonio da Sangallo e quella di Filippino è discusso da NELSON, The Later Works cit., pp. 288-293; ID., in Il giardino di San Marco. Maestri e compagni del giovane Mi­ chelangelo, a cura di P. BARoccm, Firenze 1992, pp. 1 3 8-139, nota 3 1. 38 VASARI, Le Vite cit., IV, p. 260. Su Torrigiani rimando al testo di G. AGOSTI, Stanza delle teste; e alle schede di F. BENEDETTUCCI, in Il giardino di San Marco. Maestri e compagni del giovane Michelangelo, a cura di P. B ARoccm, Firenze 1 992, pp. 97-106, 1 16-119, note 23-24. 39 NELSON, Aggiunte cit., p. 48. La datazione del Laocoonte agli inizii degli an­ ni '90 era stata suggerita da chi scrive: PARLATO , L'antico cit., pp. 1 12-1 1 3 ; ID., La decorazione cit. , p. 170, nota 10.


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Nel piccolo ambiente della Minerva Filippino Lippi, forse con il sup­ porto dei Sangallo, e, di certo, con una brigata di aiuti fiorentini, mise a pun­ to uno stile e una tecnica che trovarono eco immediata. E a proposito degli stucchi, vorrei ricordare gli appunti che Giuliano da Sangallo vergò sul Tac­ atina senese: «Marmo macinato e ben pesto l calcina viva l chiara d'uovo». Sono gli ingredienti per rifare gli stucchi resistentissimi degli antichi che po­ tevano «stare al'aqua»40. È solo un indizio, sufficiente forse, a dimostrare l'unità di intenti e i comuni interessi di questo gmppo di artefici.

4° FALB, Il taccuino cit., tav. LII.

Fig. l . Ricostmzione della parete sinistra della cappella Carafa. -

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Fig. 2. - Ricostmzione del sepolcro nel sacello funerario.

Fig. 3. - Roma, Vaticano, Appmtamento Borgia, Sala delle Sibille, Raf­ faellino del Garbo, Morte di Virginia e Corteo di figure laureate.


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Fig. 4. - �orna, S . Maria sopra Minerva, cappella Carafa, sacello fune­ . rano, Raffaellino del Garbo, Morte di Virginia.

Fig. 5. - Roma,Vaticano, Appartamento Borgia, Sala delle Sibille, Raf­ faellino del Garbo, Rivolta e Scena di sacrificio.


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Fig. 6. - Roma, S . Maria sopra Minerva, cappella Carafa, sacello fune­ rario, Raffaellino del Garbo, Rivolta.

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Fig. 7. - Roma, S. Maria sopra Minerva, cappella Carafa, sacello fune­ rario, Raffaellino del Garbo, Corteo di figure laureate.


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Fig. 8. - Roma, Vaticano, Appartamento Borgia, Sala delle Sibille, Raf­ faellino del Garbo, Apprestamento del sacrificio del toro e Sacrificio pres­ so un 'ara.

IL

"

CIELO

"

DI RAFFAELLINO DEL GARBO ALLA MINERVA

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Fig. 9. - Roma, S . Maria sopra Minerva, cappella Carafa, sacello fune­ rario, Raffaellino del Garbo, Apprestamento del sacrificio del toro.


FLAVIA CANTATORE Un cmmnittente spagnolo nella Roma di Alessandro VI: Be rnardino Carvajal

Tra i numerosi membri della comunità iberica, che intorno alla fine del XV secolo e l'inizio del XVI formano una presenza rilevante sia nella Curia sia in diversi settori dell'economia romana, il cardinale Bernardino L6pez de Carvajal è stato uno dei più importanti e influenti. Animato da fervmi religiosi ma anche da forti ambizioni politiche, per le quali strinse relazioni con Ludovico il Moro, Massimiliano d'Asburgo e Luigi XII, Carvajal legò il proprio nome soprattutto al Concilio di Pisa, or­ ganizzato nel 15 1 1 per destituire Giulio II. Nonostante ciò, egli godette presso i contemporanei della fama indiscussa di uomo di profonda intelli­ genza e vasta cultura, come testimoniano la dedica di vmie opere e, più di­ rettamente, i suoi stessi sc1itti e un intenso impegno di cmmnittente artisti­ co. Quest'ultimo aspetto dell'attività del prelato spagnolo, sinora poco ap­ profondito, appare legato alla sua azione articolata e multiforme di ammi­ nistratore e responsabile di alcune tra le più interessanti fabbriche e istitu­ zioni religiose del suo tempo. Una migliore conoscenza dell' operato del Carvajal potrebbe probabilmente fornire ulteriore documentazione, di vmio genere, relativa ai cantieri, alle maestranze, agli artisti e agli architetti con­ nessi alla sua opera. Nipote del cardinale Giovanni Carvaj al, l'abile diplomatico ed austero religioso mmto nel 1469, Bernardino nacque a Plasencia in Estremadura l' 8 settembre 14561. Giunto a Roma in data imprecisata, ma attestatovi dal 1482, all'inizio del 1484 risulta cubicularius del papa. Inviato in Spagna nel 1485, torna a Roma nel gennaio del 1488, dove sarà ambasciatore dei Re Cattolici insieme a Juan Ruiz de Medina, svolgendo per conto dei sovrani, durante i pontificati di Innocenza VIII e di Alessandro VI (fino al 1494, da­ ta in cui fu sostituito da Garcilaso de la Vega), un molo di rilievo sia nel campo della politica ecclesiastica che in quello della politica internaziona­ le. Grazie a Ferdinando ed Isabella, Carvajal intraprese una rapida e bril-

1 Su Carvaj al cfr. soprattutto G. FRAGNITO, Carvajal, Bernardino Lopez de, in DEI, 2 1 , Roma 1 978, pp. 28-34; F. MARfAs, Bramante en Espaiia, in A. B Ru­ scm, B ramante, Bilbao 1987, pp. 26, 29-59 ; C. VARAGNOLI, S. Croce in Geru­ salemme: La basilica restaurata e l 'architettura del Settecento romano, Roma 1995, p. 26.


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FLAVIA CANTATORE

UN COMMITTENTE SPAGNOLO NELLA ROMA DI ALESSANDRO VI

lante carriera con la nomina a vescovo di Astorga nel 1488, sede che cam­ biò con quella di Badajoz nel l 489. Dal l488 è responsabile (con Juan Ruiz de Medina) dei lavori del can­ tiere di S . Pietro in Montmio e nel l 49 1 viene eletto govematore della chie­ sa e dell' ospedale di S. Giacomo degli Spagnoli, assumendo la direzione dei lavmi di ampliamento della chiesa (in cui è probabile intomo al 1 500 l'intervento di Bramante2) nel 1498, in sostituzione del vescovo Pedro de Aranda, caduto in disgrazia. Il pontificato di Alessandro VI favorisce ulte­ rionnente le aspirazioni di Carvajal, con l ' assegnazione nel 1493 della dio­ cesi di Cartagena - in seguito lasciata per quella di Siguenza ( 1495 - 1 5 19) - e, ancora nel 1493, con la creazione cardinalizia, inizialmente con il tito­ lo dei SS. Pietro e Marcellino, poi con quello di S. Croce in Gerusalemme dal 1495 al 1 523 . In questo periodo cura le opere di restauro della basilica, proseguendo l'impegno già iniziato come agente del cardinale titolare suo predecessore, Pedro Gonzalez de Mendoza3. Negli stessi anni alcuni documenti attestano un lungo rapporto inter­ corso tra il Carvajal e i Millini, famiglia di antica nobiltà cittadina che pote­ va vantare tra gli esponenti più illustri vmi Conservatori di Roma, vescovi e cardinali4. In particolare sembra che con Mmio Millini, scdttore delle lette­ re apostoliche, cancelliere perpetuo di Roma, conte di Monterano alla mor. te del padre Pietro nonché marito (dal l491) di Ginevrina Cybo, nipote di In-

2 Sull' argomento cfr. A. B Ruscm, Bramante architetto, B ari MARiAs, Bramante e n Espai'ia cit., pp. 25-28.

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nocenzo VIII, il cardinale Cm·vajal abbia stabilito un legame di amicizia e di stima, come testimonia l'incarico che Mm·io affida al prelato nel suo testa­ mento del l 523 di esecutore delle propde disposizioni5. Tra il l496 e il 1 504 e ancora nel 1 5 17 (ma forse anche ptima e/o dopo) il cardinale, con tutta la sua famiglia, abita nel «palatium commune familie de Milinis»6, ovvero nel rione Pmione, in via Millina (l' attuale via di S. Maria dell'Anima) davanti alla chiesa di S. Agnese, allora mientata in senso opposto rispetto ad oggi: una zona centrale, attraversata dalle vie di comunicazione tra il Vaticano e la vecchia città municipale, a pochi passi da S. Giacomo degli Spagnoli. Lun­ go i due lati della strada i Millini possedevano numerose case. Il palazzo fu costr·uito durante il pontificato di Sisto IV da Pietro, che restaurò anche l'an­ tica torre gentilizia contigua. Il risultato di tale operazione doveva essere pmticolannente apprezzato dai contemporanei se il Platina, nella Vita Ioan­ nis Milini, a proposito di Pietro, affermava: «Splendide enim in Urbe aedificavit non longe a circo Flammineo [ ...] Haec domus, ut mihi quidem videtur, receptaculum totius civitatis et cmiae est» 7, esptimendo evidente­ mente non solo un giudizio estetico sull'edificio ma anche la valutazione della sua importanza sociale, culturale, politica come punto d'incontro e luo­ go di ospitalità per cittadini e cmiali. Pietro Millini, grazie alla sua profes­ sione di notaio, svolse un'intensa attività come procuratore di monasteri e di ptivati, tessendo una proficua rete di relazioni con impmtanti membti della società romana, laica ed ecclesiastica, mentre una meticolosa strategia ma­ trimoniale, costruita per figli e nipoti, stabiliva legami con le antiche fami-

1 969, pp. 860-86 1 ;

3 La fonte principale per la ricostmzione dei lavori ordinati da Carvajal per S . Croce i n Gemsalemme è costituita d a un'iscrizione celebrativa del cardinale posta sulla parete della rampa di accesso alla cappella di S . Elena: il restauro della volta e dei mosaici della cappella di S . Elena (decorazione attribuita a B aldassarre Pemz­ zi e datata intomo al 1507 - 1 508), la collocazione nelle navate laterali di altari dedi­ cati a cardinali santificati, la realizzazione dei chiostri nel monastero e del coro dei monaci nella basilica, l'edificazione dell' anticappella sottenanea, cfr. CH.L. FROM­ MEL, Progetto e archeologia in duè disegni di Antonio da Sangallo il Giovane per Santa Croce in Gerusalemme, in Roma, centro ideale della cultura dell'Antico nei secoli XV e XVI. Da Martino V al Sacco di Roma 141 7-1527 (Atti del Convegno In­ temazionale di Studi su Umanesimo e Rinascimento, Roma 25-30 novembre 1985), a cura di S. DANESI SQUARZINA, Milano 1 989, pp. 382-385; VARAGNOLI, S. Croce in Gerusalemme cit., p. 26. 4 Sulla famiglia Millini cfr. A.M. CORBO, La committenza nelle famiglie ro­ mane a metà del secolo XV: il caso di Pietro Millini, in A rte, committenza ed e­ conomia a Roma e nelle corti del Rinascimento 1420-1530, a cura di A. EscH­ CH.L. FROMMEL, Torino 1995, pp. 1 2 1 - 1 5 3 , dove è menzionato tra gli altri Gio­ vanni B attista, insigne teologo, vescovo di Urbino, creato cardinale da Sisto IV nel 1476.

5 Roma, Archivio Serlupi Crescenzi, Famiglia Millini, V, cc. 139r-146v. Nel te­ stamento Mario risulta residente nella domus magna prope Agonem (c. 144v) che, insieme ad altre due case confinanti (in una delle quali è la tone Millina) sono per la famiglia inalienabili. 6 Roma, Archivio Serlupi Crescenzi, Famiglia Millini, V, pergamena n. 102 ( 1504, giugno 2); IoHANNis BURCKARDI Liber notarum ab anno MCCCCLXXXIII usque ad annum MDVI, a cura di E. CELANI, RIS2, 32/1, ( 1907-1910), p. 615 (1496, luglio 6); FRAGNITO, Carvajal cit., p. 32 (1517, gennaio). Sulle case dei Millini, cfr. P. TOMEI, L'architettura a Roma nel Quattmcento, Roma 1 942, pp. 270-271 e fig. 199; G. ZAN­ DER, L'architettura a Roma e nel Lazio, in V. GoLzro-G.ZANDER, L'arte in Roma nel secolo XV, Bologna 1968, pp. 27, 174-175, 405-406; A. KATERMAA-0rrnLA, Le case­ torri medievali in Roma, Helsinki 1981, p. 43, n. 144, con bibliografia; M. ERRico-S . S. FINozzr-I. GIGLIO, Ricognizione e schedatura dellefacciate affrescate e graffite a Ro­ ma nei secoli XV e XVI, «Bollettino d' arte», 6• ser., 70/33-34 (1985), pp. 82-83, n. 10; CoRBa, La committenza cit., pp. 126-130 e nota 26. 7 Da M. G. BLASIO, Intel]Jretazioni storiche e filtri autobiografici nella Vita Ioannis Milini di Bartolomeo Platina, in Le due Rome del Quattmcento Melazzo, Antoniazzo e la cultura artistica del '400 romano (Atti del Convegno intemazionale di studi, Roma 21-24 febbraio 1996), a cura di S . Rossr-S. VALERI, Roma 1997, p. 179, nota 13.


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glie romane e c?n quell� di origine forestiera e destinate al soglio pontific io . come 1 Cybo e 1 Pamphih.. La frequentazione dei Millini avrà dunque offer­ to �l prelato spagnolo ul�e�ori po�sibilità di rappmti e di contatti. Carvaja l avra anche a��rezzato gli mteress1 culturali dei suoi ospiti, i quali vantava ­ n? m�a prestlgiosa r�cco�ta di antichità iniziata da Pietro con pezzi prove­ menti da ten:em. acqmstati al Palatin o, a S . Pancrazio e a Monte Mario e trae­ . . vano 1sprraz wne per le committenze dalla loro fervida devozione per la san­ ta C?I�oce8 Questo tema presentava evidenti connessioni con il titolo cardi­ : nalizi? di Bernardino, il quale già come segretario del cardinale Fedro C?onzalez de Mendoza, ��o pr�decessore, aveva seguito da vicino le opere di nnnov�mento della basilica d1 S . Croce in Gerusalemme che in partico lare nella tnbuna comprendevano la decorazione del catino absidale con l' affre­ sco della Leggenda della Vera Croce, opera attribuita ad Antoniazzo Roma­ no e alla sua bottega9 . L'ospitalità dei Millini dunque sembra avere una cer­ . ta 1m�mt�nza p e� le attività del cardinale: per di più il palazzo, oltre ad es­ . sere Sito m poslZlon� �e�trale rispetto alla città e agli interessi di Carvaja l, oltre ad essere ben visibile e noto a tutti, si presentava come una residen za comoda ed elegante, recentemente decorata a graffito in occasione delle noz­ z� di Mario c?n Ginevrina Cybo (1491) , consona insomma al prestig io so­ ciale consegmto dal cardinale. Nel 1496, come legat� a la�ere ?i Mass�mi� ano d'Asburgo, Carvaja lè . a Meda e da Milano , dove e ospite d1 Ludov1co il Moro, si reca a Vigevano, a Geno:a e a Como. Probabilmente in questo viaggio il cardinale ha occa­ . �IOne di c?noscere �ra��nte, eh� dai primi anni '90 è coinvolto nelle più nnportantl comrm. ss1�m di Ludov1co Sforza; oppure tale incontro potreb be essere avvenuto pochi mesi; dopo, nel l 497, in occasione della consacrazio­ ne della �ertosa di Pavia 10, quando Carvaj al nomina suo cappellano il sa­ cerdote milanese Tommaso Conti in premio dei servigi che questi aveva re­ so al beato Amedeo Menez de Silvall . 8 CoRBa, La committenza cit., pp.

124-127 .

� Il tema della Croce, evidentemente collegato alle origini della basilica

era di particolare at�ualità !n � eguito al ritrovamento della reliquia avvenuto nel . pro­ pno dur�nte l lavon di restauro dell' edificio, cfr. VARAGNOLI, S. Croce in Gerusa­ lemme c1t., pp. Per I' attribuzione degli affreschi, a lungo discuss a, cfr. A. CA­ . VALLAR

1492,

2�-26.

la

��ma del Quattror;ento,. Udine 1992, pp. 110-1 1 1 , 263-264 e figg. 239-24 1.

O, Antonzazzo Romano e glz antoniazzeschi. Una generazione di pittori nel­

A. �RUSC�, L archztettura a Roma a l tempo di Alessandro VI: Antonio da Sangallo zl Vecchzo, Bramante e l 'Antico. Autunno 1499-Autunno 1 503 ' «Bollettino d ' arte», 6" ser. , 70/29 (1985), p . 69 e nota 8. 11 p: M . SE_YESI B. medea Menez de Sylva dei . Frati Minori fondatore degli A­ . : madeztz (Vzta znedzta dz Fra Mariano da Firenze e documenti inediti), estratto da

«Luce e Amore»,

8/10-12 (19 1 1 [1912]) , pp. 62-64.

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DI ALESSANDRO VI UN COMMITTENTE SPAGNOLO NELLA ROMA

FLAVIA CANTATORE

Nell' ambito dei rapporti di Bernardino Carvajal co� gli �mmd.eiti, dei ·o IIJ_ �an­ quali era protettore, si colloca la committenza, � Roma, d1 S . P1e� 1.c fabb della iluppo � giamco­ sv lo � per ante torio, ovvero il periodo più import . . . B �rnar­ az1om: realizz d1 za ampiez per che ale lense, sia per estensione tempor v1�suto veva o Amede dove luogo � il se interes dino considerava di particolare nnno­ del co profetr testo Nova, alypsis l'Apoc dove i suoi ultimi anni di vita e stata era beato, al to �o�­ attribui Chiesa della le vamento morale e spiritua al . CarvaJ stesso dello volere per l502 nel ape1ta servata sigillata e in seguito Non sono noti in dettaglio i lavori eseguiti per diretto interes�ame.nt? dai dati fidel cardinale, tuttavia mi sembra utile riassumere quanto emerge 13 nora disponibili • . de Come si è già accennato, dal l O settembre 1488 B ernardmo Lope� antrer c del � Carvajal assume, insieme a Juan Ruiz de Medi.na, il �ontrollo . I lavon 1488 del Prnna co. Cattoli il ando Ferdin di volere per gianicolense on, per la chiesa erano già iniziati e dire�ti dal capomastr� Jo.rge. de .castell olgono s s1 � ed interessavano il corpo della fabbnca; nel 1494 nell edificiO iOne del costruz alla e chiesa della ra cope1tu alla attende si e sacre nie ce1imo con visto, aver di al campanile. !1 17 agosto 1498 Ferdinando scrive a Carvaj 14 ven OO ? l Nel • ��n? soddisfazione, «la traça de la yglesia y monesterio» m?: l e ilment probab consacrati la chiesa e l' altare maggiore. Al 1 502 risale p�u o 5-1506 � 5 1 il .' zio dei lavori del tempietto (che si concluderanno dopo ede s pr aJal r C , ion � _1 , m tardi). Sempre nel 1 502, tra la Pasqua e l' As�en� � � � , all �­ Delfim Eg1d10 Minon s. Pietro in Montorio, insieme al generale dei . 0 G10rg1 cano rances � del o ma pertura dell'Apocalypsis Nova, avvenuta per � n non forse lare, � partico aggiO Benigno Salviati 15. Quest' ultimo è un person ­ azi elabor all' eso ? nato impeg � teologo di grande originalità ma senz' altro . .' m empo, del ali : spmtu ze tenden e ne della complessa sintesi tra le oppost contatchiave scotista. Soprattutto, per la sua attività di studio so, appare m ,

zione, 12 Sull'Apocalypsis Nova, tuttora di problematica datazione e in�erpreta testo del one formaz l e rigine sull' e Ricerch � cfr. A. MoRISI, Apocalypsis Nova. Plan far : Nova ypszs Apocal The EAD., 1970; Roma o, dello pseudo-Amede , Essays ed1ted by M. Reform, in Prophetic Rome in the High Renaissance Period . volume stesso questo in , . . REEVES , Oxford 1992, p p . 27-50; E AD . zn Montano � Ro­ Pietro San di chiesa La ORE, CANTAT F. 1 3 Sull' argomento cfr. secolo, «Quadenn del­ ma: ricerche ed ipotesi intorno alla fabbrica tra XV e XVI

24 (1994), 3-34. . . 41, � 992, C! 67; 37 121-156;

pp. l'Istituto di Storia dell' Architettura» , n. ser., 14 Ibid. , p. . LLI, 15 Sulla figura del teologo Giorgio Bemgno Salv1at1, cfr. G. ERNST-P. ZAMBE J?P· a Ro i? DragiSié, Juraj (Benigno Salviati, Giorgio), in DBI, C. VASOLI, zorgzo Bemgno Salvzatz e nota MoRISI, Apocalypsis Nova cit., p. A. MoRISI, m questo stesso volume. cit., pp.

12.

(DragiSié), in Prophetic Rome

644-6� 1 :


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FLAVIA CANTATORE

UN COMMITTENTE SPAGNOLO NELLA ROMA D I ALESSANDRO VI

to con uomini di primo piano della scena politica e culturale italiana del tempo, quali il cardinale Bessarione, Federico da Montefeltro e Lorenzo de' Medici. Nel 1 500, al capitolo generale dei Minori a Temi, Benigno incon­ tra Carvajal, al seguito del quale è documentato fino al 1 507, anche se ave­ va iniziato a distaccarsene dopo l' elezione di Giulio II per schierarsi con il nuovo pontefice. Dopo aver preso parte all ' apertura dell'Apocalypsis Nova, Benigno avrebbe rielaborato e divulgato per conto di Carvajal, nel 1 5021 503, le rivelazioni attribuite ad Amedeo, contenenti non solo la profezia del pastor angelicus ma anche duri attacchi a Giulio Il. Non è attestata la pmtecipazione di Carvajal all' elaborazione dello scritto per i propri fini, non rivelando l' attività del cardinale prima del 1 5 1 1 sufficienti analogie con il testo, che mostra anche profonda distanza dal Concilio. Né si può affer­ mare che i nessi 1iscontrabili fra l'Apocalypsis Nova ed alcuni scritti del cardinale di S. Croce siano prova di una relazione diretta piuttosto che dell' appartenenza ad un repertorio comune di temi teologici; tuttavia è im­ portante rilevare che Carvaj al, secondo l'opinione contemporanea del cro­ nista dell'ordine francescano, Mariano da Firenze, credette di essere quel 'papa angelico' profetizzato da Amedeo, al punto da ribellm·si in seguito a Giulio II convocando il concilio scismatico di Pisa16. Ai personaggi ed alle vicende che si intrecciano intorno all'Apocaly­ psis Nova, sin qui descritte, sembra riferirsi in parte la realizzazione a S . Pietro in Montorio del tempietto di Bramante. L'intero monumento, ovvero cripta e tempietto soprastante, è datato correntemente al 1502, indicando in tal modo l'inizio o la fine dei lavmi17. Per la parte del tempietto fuori terra, a questa datazione si devono aggiungere quella posteriore al 1 505-1 506 in­ dicata da Bruschi, quella compresa tra il 1 508- 1 509 e il 1 5 1 2 proposta da De Angelis d' Ossat e condivisa anche da Bruschi, mentre Gtinther propone quella 1ife1ita al pontificato di Alessandro VI, tra il 1498- 1499 e il 1 5021 50318. Tafuri inoltre ha osservato che il luogo dove sorge il tempietto non

è solo quello del presunto martnio dell' apostolo Pietro ma anche quello in

1 6 Opinione che lascia qualche perplessità poiché la profezia trasmette un' im­

magine molto diversa da quella del cardinale, cultore di studi teologici ma comun­

que uomo d' azione, riformatore piuttosto che teologo, impegnato in un' opera di rin­

novamento politico-morale della Chiesa, cfr. MoRISI, Apocalypsis Nova cit., pp.

3637; N.H. MrNNICH, The Role of Pmphecy in the Career of the Enigmatic Bernardi­ no L6pez de Carvajal, in Pmphetic Rome cit., pp. 1 1 1-120; A. LANDI, Pmphecy at the Tùne of the Council of Pisa (1511 -1513), in Prophetic Rome cit., pp. 53-61. 17 B RUSCHI , Bramante cit., p . 992. 1bid. , pp. 994-995; G. DE ANGELIS n ' OssAT, Preludio mmano del Bramante, «Palladio», n. ser., 16/1-4 (1966), p. 98; H. GDNTHER, Bramantes Hofpmjekt um den 18

Tempietto und seine Darstellung in Serlios Drittem Buch, in Studi bramanteschi (At­

ti del Congresso internazionale, Milano-Urbino-Roma

1970), Roma 1974, p. 491 .

cui il beato Amedeo sc1isse la sua opera. Pertanto, la lapide datata 1 502 che ricorda l' impegno dei Re Cattolici e lascia dubbi circa il riferirsi alla cripta o all'intero sacello, alla commissione e concessione di denaro da parte dei sovrani, oppure all'inizio della progettazione o della costruzione, potrebbe anche celebrare la '1iscoperta' del testo profetico che, secondo quanto det­ to, aveva un'importanza non secondaria entro l' ambizioso disegno politico di Carvajal di conquista del titolo di pontefice19. Certamente anche il completamento della chiesa si inserisce nel eli­ ma di fervore religioso che il cardinale, convinto esponente della cerchia rigorista, non solo auspicava ma senz' altro sentiva particolarmente attua­ bile nel luogo dove il beato francescano aveva vissuto gli ultimi anni del­ la sua vita. A fronte del disinteresse di Ferdinando il Cattolico per un'in­ fluenza diretta sul progetto, che traspare dai documenti, la realizzazione della chiesa di S . Pietro in Montorio sembrerebbe dunque essere stata pen­ sata in ambito italiano: sollecitato da Amedeo, il sovrano avrebbe solo as­ solto il voto, formulato per la nascita di un figlio maschio, mettendo a di­ sposizione una certa quantità di denaro. Probabilmente al francescano è ri­ feribile la prima fase della chiesa, ovvero il coro e forse lo spazio ad esso antistante. A Bernardino Carvajal spetta invece, dal 1488, la committenza della seconda fase, consistita nella prosecuzione dei lavori già avviati nel corpo dell'edificio. Infine, il complesso gianicolense poteva forse fornire al cardinale l' oc­ casione di esercitare un potere effettivo. Egli in qualità di governatore di S. Giacomo degli Spagnoli godeva solo di autorità simbolica ed inoltre, dopo il 1505, i suoi rapporti con la chiesa castigliana divennero sempre più di­ staccati20. Associare il proprio nome a S . Pietro in Montorio21, la chiesa del re, potrebbe anche significare l' aspirazione, da pmte di Carvajal, ad istitui­ re una gerarchia dei poli religiosi spagnoli, essendosene già assicurato il vertice. 1 9 Tafuri propone inoltre una lettura del tempietto di B ramante come appro­ priazione da parte di Giulio II dell'Apocalypsis Nova, cfr. M. TAFURI, "Roma in­ staurata ". Strategie urbane e politiche pontificie nella Roma del primo '500, in CH. L. FROMMEL-S. RAY-M. TAFURr, Raffaello Architetto, Milano 1984, p. 102, no­ ta

65.

20 M. VAQUERO PINEIRO, Una realtà nazionale composita: comunità e chiese "spagnole " a Roma, in Roma Capitale (1447-1527), (Atti del IV Convegno del

Centro di S tudi sulla civiltà del tardo Medioevo, San Miniato

1992),

a cura di S .

GENSINI, San Miniato-Pisa 1994 (Collana di Studi e Ricerche, 5), pp. 485-486. 2 1 Si pensi all' intento di Carvajal, appena nominato responsabile della fabbrica, di allontanare dal cantiere il capomastro Jorge de Castellon, cfr. CANTATORE, La chiesa di San Pietm in Montorio cit., pp. 1 1-12.


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Bernardino Carvaj al, come si è detto, nel 149 1 fu eletto governatore della chiesa e dell'ospedale di S . Giacomo degli Spagnoli. L' anno seguen­ te, Bernardino e Juan Ruiz de Medina, in qualità di oratori spagnoli, orga­ nizzarono la rappresentazione della presa di Granada: fecero realizzare in Agone (l' attuale piazza Navona) una struttura in legno riproducente la città spagnola e offrirono doni a coloro che per primi vi entrarono22. Ulteriori te­ stimonianze di allestimenti di apparati temporanei di importante significa­ to politico curati dal Carvajal restano in due descrizioni fatte dal cerimo­ niere pontificio: nel 1498 Bernardino si occupa della cerimonia in suffragio del figlio dei Re Cattolici, il principe Giovanni, morto prematuramente, e nel 1 505 della celebrazione romana delle esequie della regina Isabella, pre­ disponendo in entrambi i casi un imponente castrum doloris all'interno del­ la chiesa di S. Giacomo degli Spagnoli23. Come è noto, la costruzione di S. Giacomo degli Spagnoli ha inizio in­ torno al 1450, sembra ad opera del vescovo Alfonso Paradinas, per offrire riparo ai pellegrini del Regno di Castiglia che giungevano a Roma24. Non ancora terminata nel 1470, in seguito ai danni di un allagamento nel 1496 è restaurata per volere del vescovo Pedro de Aranda. Alla fine del secolo S . Giacomo, cui s i accedeva dalla via della Sapienza, s i presentava i n forma di chiesa a sala, con tre navate di uguale altezza, coperte con volte a crociera e separate da tre pilastri. Tra il 1496-98 ed il 1500 fu previsto e realizzato l' ampliamento verso piazza Navona con l' aggiunta, in prosecuzione delle

22 Cfr. P. FARENGA, Circostanze e modi della diffusione della "Historia Baeti­ ca", in CARLO VERARDI, Historia Baetica. La caduta di Granata nel l492, a cura di M. CHIABò-P. FARENGA-M. MIGLIO, con nota musicologica di A. MORELLI, Roma 1993, (RRinedita. anastatica, 6), pp. XVI-XVII. 23 Cfr. Spettacolo e politica: il castmm doloris per le esequie a Roma di Isabel­ la di Castiglia (febbraio 1505), conferenza tenuta da F. CANTATORE-M.VAQUERO P!NEIRO per l ' Associazione Roma nel Rinascimento, 1997 (in corso di pubblicazio­ ne); cfr. M. VAQUERO P!NEIRO in questo stesso volume, con relativi rife1imenti ar­

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tre navate, di un nuovo coro, in corrispondenza della navata centrale, con due navate laterali affiancate. Nell' anno 1 500 probabilmente si procedette alla realizzazione della facciata su piazza Navona, ora in parte manomessa. Per questa prima fase, finora poco studiata, il rilievo attuale dell'edificio re­ stituisce l ' assetto in tutta la sua problematicità, dovuta alle numerose tra­ sformazioni, anche successive a quelle ora descritte. Intorno a Carvajal, committente senz' altro di primo piano della scena romana, compaiono spesso gli stessi artisti. A S. Giacomo degli Spagnoli Antoniazzo Romano, che già nel 1486 era intervenuto nella decorazione della tomba di Alfonso Paradinas, tra il 1500 e il 1501 decora l'organo fat­ to costruire dal vescovo di Zamora, Diego Melendez Valdes, e nel 1502 e­ segue uno stendardo e due quadri con le immagini di San Giacomo dipinte «ad modum ispanje»25. Alla bottega di Antoniazzo, attiva a S . Croce in Ge­ rusalemme, sono stati attribuiti, con datazione ai primi anni del XVI seco­ lo, gli affreschi raffiguranti Dio Padre, Sant'Anna con la Vergine e il Bam­ bino, David e Salomone nella cappella di S . Anna a S. Pietro in Montmio26. Nella stessa chiesa e nello stesso periodo un seguace di B aldassarre Peruz­ zi, Giovanni Pinura, esegue gli affreschi nella cappella di S . Gerolamo e in un' altra, forse quella di S. Antonio, mentre al Peruzzi spetterà il rifacimen­ to del mosaico della volta nel sacello di S . Elena in S . Croce in Gerusalem­ me, intorno al 1507- 150827. A S. Giacomo degli Spagnoli, come già ricor­ dato, si parla di un possibile intervento di Bramante, che per interessamen­ to del cardinale eseguirà il tempietto di S . Pietro in Montorio. La presenza dell' architetto a Milano sembra documentata per l'ultima volta alla fine del 1498. Come si è detto, a Milano Donato Bramante aveva avuto probabil­ mente l 'occasione di incontrare Carvajal e anche Oliviero Carafa, cm·dina­ le protettore dei domenicani mentre si realizzava la terminazione braman­ tesca di S . Maria delle Grazie e, a Roma, autorevole rappresentante del re di Napoli e del partito spagnolo. Donato giunge a Roma nel 1499, forse al­ la fine dell'estate ovvero alla vigilia degli eventi politici che causarono la fuga di Ludovico il Moro e l' occupazione francese, e soprattutto nei primi

chivistici e bibliografici.

24 TOMEI, L'architettura a Roma cit., pp. 98-103; J. FERNANDEZ ALONSO, Santia­ go de las Espafioles, de Roma, en el siglo XVI, «Anthologica Annua», 6 (1958), pp. 9-122; G. URBAN, Die Kirchenbaukunst des Quattrocento in Rom, «Ri:imisches Jahr­ buch fi.ir Kunstgeschichte», 9-10 (1961-1962), pp. 266-267, 281 ; BRuscm, Bra­ mante cit., pp. 859-862; M. VAQUERO Pr:NEIRO, L'ospedale della nazione castigliana in Roma tra Medioevo ed età modema, «Roma modema e contemporanea», 1/1 (1993), pp. 57-8 1 ; CH .L. FROMMEL, Roma, in Storia dell 'architettura italiana. Il Quattrocento, a cura di F. P. FIORE, Milano 1998, pp. 379-382; M. VAQUERO P!NEr­ RO, La renta y las casas: el patrimonio inmobiliario de Santiago de las Espaiioles de Roma entre las siglos XV y XVII, Roma 1999.

25 Cfr. CAVALLARO, Antoniazzo Romano cit., p. 1 16 e doc. LVII, pp. 544-545, p. 124 e doc. LIX, p. 545; MARIAS, Bramante en Espaiia cit., p. 41. 26 CAVALLARO, Antoniazzo Romano cit., pp. 247-248 e figg. 198-200; MARIAS, Bramante en Espaiìa cit., pp. 40-41 . 27 CANTATORE, La chiesa di San Pietro in Montorio cit., pp. 1 3 , 3 2 a . IV; CH .L. FROMMEL, "Disegno " und Ausfiihrung: Ergiinzungen zu Baldassarre Peruzzis figu­ ralem Oeuvre, in Kunst als Beteutungstriiger Gedenkschrift fiir Giinter Bandmann, herausgegeben von W. BuscH -R. HAUSSHERR-E. TRIER, Berlin 1978, pp. 205-250; VARAGNOLI, S. Croce in Gerusalemme cit., p. 26.


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tempi del soggiorno il suo nome appare legato, forse proprio tramite Car­ vajal e Carafa, a committenti spagnolF8. Secondo Vasari «trovassi al consi­ glio dello accrescimento di San Iacopo degli Spagnuoli in Navona»29, im­ pegno che Arnaldo Bruschi ha indicato come probabile pmiecipazione alla definizione progettuale dell' ampliamento della chiesa, anche se non docu­ mentata30. Si ticordi anche che Vasmi assegna a Brmnante la fontana di piazza S. Maria in Trastevere, poi ampiamente modificata, opera non docu­ mentata ma probabile, di committenza spagnola, databile intorno all' anno 150031. Suggestivo è ipotizzare il coinvolgimento di Bramante (che già duran­ te il periodo lombardo mostra interesse e competenza per allestimenti tea­ trali, feste e spettacolP2), in termini solo di parere, anche per il castrum do­ loris della regina Isabella in S . Giacomo degli Spagnoli, benché com­ pletamente da fondare su basi documentatie. È dunque necessario procedere a successive ticerche nel tentativo di connettere le indicazioni raccolte a quelle finora note sulla fabbrica di S. Giacomo degli Spagnoli, nella speranza di vedere delineata con maggiore chim·ezza la storia di un edificio di cui è andato in gran parte perduto l' as­ setto quattrocentesco e ptimo-cinquecentesco e del quale ancora è com­ plessivamente scarsa la conoscenza: in tal senso lo studio approfondito del­ l' attività di un eminente prelato quale il cardinale Bernardino Carvajal po­ trebbe aggiungere preziose informazioni sul molo della committenza e con­ tribun·e in modo detenninante al chiarimento di lacune, incertezze ed ipo­ tesi circa l' attribuzione delle opere.

28 BRuscm, Bramante cit., pp. XXXIV, 826-827; ID., L'architettura a Roma al tempo di Alessandro VI cit., p . 69 e nota 8. 29 GIORGIO VASARI, Le Vite de 'più eccellenti pittori scultori ed architettori, a cu­ ra di G. MILANESI, IV, Firenze 1 879, p . 155. 30 B Ruscm, Bramante cit., pp. 859-861 . 3 1 GIORGIO VASARI, Le Vite cit., p . 1 54; DE ANGELIS n' OssAT, Preludio romano cit., p. 92; B Ruscm, Bramante cit., pp. 839-841 . 32 BRuscm, L'architettura a Roma al tempo di Alessandro VI cit., p . 70 e nota 10.

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UN COMMITTENTE SPAGNOLO NELLA ROMA DI ALESSANDRO VI

FLAVIA CANTATORE

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Fig. l - Madtid, Biblioteca Nacional, Il cardinale Bernardino Car­ vajal, incisione del XVI sec., (da Bramante en Espafia di F. Marias).


LORENZO FINOCCHI GHERSI Opere di architettura e scultura per il cardinale Ludovico Podocataro vescovo di Cipro

Pietro Tornei, nel suo celebre testo del l942 che ancora oggi chi si occu­ pa di architettura romana del XV secolo spesso non può esimersi dal richia­ mare, per l'acutezza di osservazioni ancora più che valide, non manca di ri­ cordare, tra gli edifici civili minori del tardo Quattrocento, la casa del vesco­ vo di Cipro in via di Monserrato come un episodio di particolare interesse1. Lo studioso ne metteva in luce la consistenza architettonica, facendo intravedere, attraverso quanto resta delle strutture quattro-cinquecentesche, la raffinatezza e l'originalità della dimora romana di Ludovico Podocataro, vescovo di Cipro e intimo di Alessandro VI, che lo avrebbe fatto cardinale nel l 5002. Una data, 1 P. ToMEI, L'architettura a Roma nel Quattrocento, Roma 1942, pp. 274-275. L'e­

dificio, al n.20 di via di Monserrato, era già stato citato da R. LANCIANI, Storia degli sca­

vi di Roma e notizie intorno le collezioni romane di antichità, I, Roma 1902, p. 204; cfr. anche P. G. HùBNER, Le statue di Roma, l, Leipzig 1912, p. 1 10. Per un inquadramento complessivo della situazione artistica romana del tempo di Alessandro VI mi limito a se­

gnalar·e, come punto di partenza per l'indagine di una bibliografia più specifica a secon­

da delle esigenze personali della ricerca, il testo recente di I. ROWLAND, The Borgia Pa­ pacy: Alexander VI (1492-1503), in RoWLAND., The Culture of the High Renaissance, Cambridge 1998, pp. 42-67. 2 Su Ludovico Podocataro, vescovo di Cipro, cfr. : L. VON PASTOR, Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, lll, Roma 1959, pp. 215, 537, 613, 644. Per un inquadramen­ to stmico del personaggio cfr. MARINO SANUDo, I Diari, lll, a cura di R. FULIN, Bologna 1969 (list. anast. Venezia 1880) col. 455; IV, col. 484; V, col. 85; M!GNE, Dictionnaire des Cardinaux, Palis 1857, col. 1405; L. CELIER, Alexandre VI et la Réforme de l'Égli­ se, «Mélanges d'Archéologie et d'Histoire» École Française de Rome, (1907), pp. 7287. Sui documenti appartenenti al cardinale, ora conservati alla Biblioteca Nazionale Mar·ciana di Venezia, vedi L. G. PÉLISSIER, Catalogue des documents de la collection Podocataro à la Biblioteca Marciana à Venise, «Zentralblatt fiir Bibliothekwesen», 18, (Oktober 1901), pp. 473-493; (November 1901), pp. 521-541, 576-598. L a collocazio­ ne dei manoscritti è la seguente: Venezia, Bibl. Mar·c. , Lat. class. X, CLXXlV­ CLXXVI. Alla mmte del cardinale Tomrnaso Inghirami ne scrisse l'elogio, pubblicato

da p. ANGELO GALLETTI, Thomae Phaedri lnghirami Laudatio in Obitu Ludovici Podo­ cathari Cypri S.R.E. Cardinalis, Romae 1773. Qui (p. 8), si afferma che il Podocataru sar·ebbe mmto a Roma il 25 agosto 1504, e che in gioventù sarebbe stato educato a Fer­ rara in quanto discepolo di Guarino da Verona (p. 27), v. anche C. EUBEL, Hierarchia catholica Medii Aevi, Il, Regensburg 1960, p. 24.


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LORENZO FINOCCHI GHERSI

quest'ultima, che in seguito al ritrovamento di un documento contempora­ neo inedito, consente di legare strettamente tale alto riconoscimento del pontefice verso Ludovico ali' adattamento deli' edificio a residenza degna di un porporato. Giunto in Veneto dalla natìa Cipro forse al seguito di Caterina Cornaro3, le fortune del prelato in Italia sembrano assicurate da subito grazie a una erudizione non comune in ambito scientifico, che lo condurrà prima a di­ venire rettore dell'Università di Padova, e in seguito a trasferirsi a Roma. Qui sarebbe stato chiamato come medico personale d'Innocenza VIII, che il 12 marzo 1485, secondo fonti contemporanee, si riprese da una malattia seria grazie alle cure prestategli dal Podocataro. La sua fama di uomo pro­ bo, colto e affidabile, fu causa probabile, insieme alla fedeltà manifestata verso gli spagnoli, della sua nomina a segretario del cardinale Rodrigo Bor­ gia ancora prima che questi fosse elevato al soglio pontificio, divenendone uno dei collaboratori più stretti durante il pontificato. Sarà ancora Ludovi­ co, del resto, a prendersi cura del papa quando questi fu ferito in un crollo in Vaticano il 29 maggio 1 50 14, e anche la previsione della propria sepol­ tura in S . Maria del Popolo, in prossimità di quella di Vannozza Catanei e degli spagnoli più legati ad Alessandro, è un chiaro segno del rapporto di fiducia che lo legò sempre al pontefice5. Alla morte di questi, Ludovico vie­ ne indicato da Sanudo come uno dei favoriti nel conclave per l'elezione del nuovo papa6, segno di come il suo prestigio fosse riconosciuto al di là del­ la sua vicinanza ai Borgia. n 12 settembre 1 503 l'ambasciatore mantovano Ghivizzano lo dipinge come un uomo «per bene» al marchese Francesco Gonzaga, specificando che «Capacio» , ossia Podocataro, aveva ampie pro­ babilità di essere eletto, grazie al «favore spagnolo» che prediligeva, oltre a lui, i cardinali Piccolomini e Pallavicini a tutto svantaggio di altri come, ad esempio, Giuliano Della Rovere, cardinale di S. Pietro in VincolF. E ri­ tengo sia possibile dedurre che, alla luce dei fatti, dovette essere proprio la successiva elezione al soglio di quest'ultimo che lo determinò, nel 1 504, a trasferirsi in Spagna a causa della sua stretta familiarità con la cerchia bor­ giana, invisa a Giulio II, morendo forse a Milano durante il viaggio. Fra le carte relative alla famiglia Podocataro conservate all'Archivio di

3 Cfr. W. BucHOWIECKI, Handbuch der Kirchen Ronzs, m, Wien 1974, p. 127. 4 SANUDo, I Diarii cit., m, col. 455. 5 Sulla storia della fabbrica d i S . Maria del Popolo cfr. E . BENTIVOGLio-S. VAL­ TIERI, Santa Maria del Popolo, Roma 1976. In particolare, riguardo alla sistemazio­ ne del presbiterio all'inizio del Cinquecento, cfr. le pp.

6 SANUDo, I Diarii cit., V, col. 85. 7 Cfr. PASTOR, Storia dei papi cit., m, p.

644.

45-58.

OPERE DI ARCHITETIURA E SCULTURA PER IL CARDINALE PODOCATARO

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Stato di Venezias, ho potuto reperire un documento che, sebbene indiretta­ mente in realtà manifesta l'imminenza dell'elevazione alla porpora del ve­ scovo gettando finalmente luce sulla cronologia di una fabbrica che fino a� ora era stata tiferita genericamente all 'ultimo quindicennio del XV secolo. E solo il lO dicembre del 1499, infatti, che «Camillus Georgii magistri Anta­ trii Mafei de regione Arenule et Jachominus eius germanus frater [ ... ] span­ te et ex certa eorum et cuiusque ipsorum scientia, per se se suosque heredes et successores in perpetuum, vendiderunt et iure proprio et in perpetuum, re­ verendo priori domino Ludovico Podochataro, episcopo Cap� t�quen�1_ et Sanctissinri Domini nostri dignissimo secretario, habitatore urbts m regiOne Arenule [ ... ] unam integram terciam pmtem cuiusdam domus magne terra­ nee, solerate et tegulate cum cameris, sala, lociis, puteo intra se, orto retro _ se cum exitu versus ipsum ortum, qui exitus exit in stratam qua 1tur versus sa:1ctam auream». Dai termini del contratto risulta quindi chiaro che Podo­ cataro fino ad allora abitante nella stessa regione Arenule nei pressi del pa­ lazzo del suo affezionato protettore Rodrigo Borgia, acquistava la ter� a pa:­ te di due edifici, uno più grande e uno minore - una «domuncula extst�ntls iusta dictam domum magnam tenaneam et testatam cum orto retro» - l due . terzi dei quali erano proprietà, come si apprende dal documento, d1 un tal Corossati, avvocato e dottore in legge forse di origine catalana. Che tale ac­ quisto sia da abbinare a quella che anco�·� og�i viene definita la casa del �e­ scovo di Cipro è certificato dalla specificaziOne c�e «amb� d? mu� pos1te sunt in urbe in regione Arenule in panoclria Sanctl Johalll11S m AJnO», la chiesa nei pressi immediati dell'edificio9, confinando da un lato con la casa del Corossati e dall'altro con un' altra domuncula appmtenente alla vedova Lucarella Sanriteri. Il giardino interno, inoltre, era limitato �a que�o del �o­ . rossati e da un'altra casa appmtenente alla chlesa di S. G10vanm m AJnO, mentre la fronte dava sulla via publica che conduceva versus sanctam au­ ream titolazione della chiesa che sorgeva sul posto dell'attuale S. Spirito dei Nap ;letmri in via Giulia10. n prezzo pattuito fu di �inquecentocinquanta u­ cati, una somma notevole, quindi, che consente d1 comprendere come l m­ tenzione del prelato fosse entrare in possesso di una dimora adeguata all'alto rango al quale sarebbe stato elevato di lì a pochi me�i. . . Dal documento in questione, è possibile datare l'mtervento d1 nstrut-

:

5,

«Emptio duarum domomm pro reverendo_ pr�sbi_ter_o iSanctissimi Domini Nostri Pape secretano digmss quensi domino episcopo Caputa . mo» , v. appendice. , Handb uch der Kzr9 Sulla chiesa di S. Giovanni in Ajno cfr. W. BucHOWIECKl s

ASVe,

Podocataro,

chen Roms, II, Wien 1970, pp. 63-65. 10 Ibid., III, 1974, pp. 920-922.


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turazione dell'edificio ai primi anni del Cinquecento, ossia nell'ultimo pe­ riodo della vita e della permanenza romana del cardinale. Nelle piante di Tempesta ( 1593) e di Maggi (1625)11 (figg. 1-2), possiamo osservare come il frazionamento delle fronti sull'attuale via Monsenato apparisse all' epo­ ca ancora molto riconoscibile a dimostrazione delle diverse proprietà, fra le quali la dimora dei Podocataro fu oggetto d'interesse notevole in seguito anche da parte degli eredi, i fratelli Cesare e Livio, nipoti di Ludovico, che la resero celebre e rinomata per la raffinatezza della decorazione pittorica e scultorea, oggi quasi del tutto scomparsa ma testimoniata da Vasari come o-., pera in gran parte di Perino del Vaga. Anche la facciata su via Monserrato, che oggi appare severa e disadorna, è molto probabile che in origine fosse decorata con pitture ad affresco e a 'terretta' con quei motivi ornamentali tratti dal repe1torio antico e tanto apprezzati nella Roma del tempo. Presu­ mibilmente, in origine, la proprietà del vescovo doveva apparire come la ti­ pica casa in serie della Roma quattrocentesca, una struttura composta da va­ rie unità abitative riunite in un solo complesso edilizio, ma dotate ognuna della propria autonomia distributiva. L' acquisto della proprietà testimonia, d'altro canto, il carattere morigerato del Podocataro, schivo nell'esibizione del suo prestigio, certo molto più di quanto lo sarà il nipote Livio. La ritrovata datazione dell'inizio della costruzione del palazzo, infatti, consente di valutare meglio quello che rimane il pregio principale dell'edi­ ficio attuale, un'elegante loggetta a due piani posta in un piccolo giardino, che si apre sul fondo del cortile da cui si diparte la scala ai piani superiori (fig. 3). Vas ari, riferendosi a circa il 1517, scrive che l 'arcivescovo di Cipro, da identificarsi con Livio, nipote di Ludovico, «avendo egli una casa vicina alla chiavica, nella quale aveva acconcio un giardinetto con alcune statue ed altre anticaglie, certo onoratissime e belle, e desiderando accompagnarle con qualche ornamento onorato, fece chiamare Perino che era suo amicissimo, ed insieme consultarono che e' dovesse fare intorno alle mura di quel giar­ dino molte storie di baccanti, di satiri, e di fauni, e di cose selvagge, allu­ dendo ad una statua di un Bacco che egli ci aveva, antico, che sedeva vici­ no a una tigre: e così adornò qqel luogo di diverse poesie. Vi fece, fra l'altre cose, una loggetta di figure piccole, e varie grottesche e molti quadri di pae­ si coloriti con una grazia e diligenza grandissima: la quale opera è stata te­ nuta e sarà sempre dagli artefici cosa molto lodevole». La perizia di decora­ tore dalle doti non comuni dimostrata da Perino in questa occasione - con­ tinua Vasari - non mancò di procurargli un secondo incarico di tipo analo­ go, quando i Fugger, ammirati per quanto realizzato dall'mtista in casa Po-

11 Roma di Antonio Tempesta (1593 ); Roma di Giovanni Maggi (1625), in A. P. FRUTAZ, Le piante di Roma, II, Roma 1962, tavv. 271 , 320.

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docataro, gli commissionarono per la loro nuova residenza in Banchi presso S. Giovanni dei Fiorentini «un cortile ed una loggia e molte figure degne di quelle sue lodi [. . . ] che son l 'altre cose di sua mano» 12• I frammenti antichi che ancora si trovano murati sulle pareti del primo cortile del palazzo attuale sono numerosi: fanno probabilmente parte della decorazione originale dell'atrio a pianta rettangolare che si estende a ridos­ so dell'ingresso su strada dell'edificio, il quale è coperto da una massiccia volta a botte, apparentemente di fattura ancora quattrocentesca. Fra i vari pezzi è il caso di citare quello forse più significativo per la ca­ ratterizzazione di questo piccolo antiquarium, una colonna palesemente an­ tica sormontata da un capitello quattrocentesco a foglie d'acqua posto a so­ stegno di una statua superiore. Un pastiche all'insegna di un'esibizione clas­ sicista che, sebbene in fmme più modeste, sembra avvalersi degli esempi ro­ mani più celebri del momento, valga per tutti il giardino di palazzo Della Valle Capranica 13, paludato di resti scultorei ce1to molto più imponenti.

12 GIORGIO VASARI, Le Vite de ' pùì eccellenti pittori, scultori ed architettori, a cura di G. MILANESI, V, Firenze 1906, pp. 597-598. ULISSE ALDROVANDI, Le Statue Antiche di Roma, in Le antichità della città di Roma. . . raccolte. . . per Lucio Mauro, Venezia 1562, pp. 144-145 n. 1 14, cita la casa Podocataro in relazione alle sculture antiche che vi si trovavano: «Casa di Carlo da Fano [ . . . ] abitata dall'Arcivescovo di Cipro: nel giardinetto si vede una statua d'uomo nudo seduto su una pecora; la ma­ no destra manca. Forse è Phrisius: a sinistra una tavola di mmmo con le tre grazie in rilievo, l'iscrizione BATINIA PRISCILLA NIMPHIS SACRUM, altri rilievi. Cu­ pido e amorini su una fontana, alcuni sembrano piangere e uno guarda la donna che gli ha tolto la fm·etra e le frecce». L'iscrizione che indicava nel cardinale Ludovico colui che aveva raccolto i pezzi antichi è trascritta in CIL, VI, 548. È probabile che a quella data (1562) la casa non appartenesse più alla famiglia. Su Livio Podocataro, erede dei beni dello zio Ludovico oltre che del vescovado di Ci­ pro, e sulla committenza a Iacopo Sansovino del suo monumento funebre nella chiesa veneziana di San Sebastiano, cfr. B. BoucHER, The Sculpture of Iacopo San­ savino, I, New Haven-London 1 99 1 , p. 123. Amico di Pietro Bembo, Livio Podo­ catm·o cedette, in seguito al suo trasferimento a Venezia, la sua casa romana a Sci­ piane Orsini. Cfr. PIETRO BEMBO, Lettere, a cura di E. TRAVI, III, Bologna 1 992, p. 30 1 , che il 22 dicembre 1 53 1 , scrivendo a Cm·lo Gualteruzzi, si riferiva alla dimora dell'Orsini come quella che era stata la residenza dei Podocataro. Sulle catTiere ec­ clesiastiche di Livio e del fratello Cesare cfr. EUBEL, Hierarchia catholica cit., III, pp. 25 nota 29, 275. Livio Podocataro morì il 19 gennaio 1556, cfr. E. A. CICOGNA, Delle Iscrizioni veneziane, IV, Venezia 1 834, pp. 142-147, n. 7. A. UGUCCIONI, Decorazione e collezionismo antiquario nella sala grande di Palazzo Della Valle, in Roma, centro ideale della cultura dell'Antico nei secoli XV e XVI, Da Martino V al Sacco di Roma 141 7-1527, (Atti del Convegno Internazio­ nale di Studi su Umanesimo e Rinascimento, Roma 25-30 novembre 1985), a cura di S. DANESI SQUARZINA, Milano 1989, pp. 356-364.

13


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Osservando invece la loggetta posta nel giardino retrostante il cortile, è giocoforza notare come la struttura architettonica e gli ornamenti denun­ cino un' omogeneità che esclude, in questo caso, il rimontaggio di fram­ menti antichi, e che si dichiara per la presenza di elementi quattrocenteschi sia nel livello inferiore della loggia, che nel piano superiore. I capitelli a fo­ glie d' acqua delle colonne del piano terreno, torniti con eleganza, appaiono in sintonia con tanti altri esempi analoghi della Roma della seconda metà del Quattrocento14, e quindi lasciano intendere che, molto probabilmente, la piccola struttura dovette essere edificata all' atto dell' acquisto dell'edificio da parte del vescovo. Anche i capitelli ionici del livello superiore sono in li­ nea con altri esempi ricorrenti nelle logge romane del tardo Quattrocento, e credo che possano rientrare in un generale programma di ristrutturazione avviato a partire da quando s 'insediò il cardinale, probabilmente per confe­ rire alla nuova dimora un carattere più elegante ed esclusivo di quella pos­ seduta in precedenza. I due piani della loggia sono riuniti dalle mensole po­ ste sotto le arcate superiori, a siglare la cesura e, nello stesso tempo, il rac­ cordo morfologicamente corretto tra i due livelli. Impostata la trabeazione tripartita sopra le mensole come basamento per le snelle colonne sovra­ stanti, l'ignoto architetto dimostra una rara sensibilità compositiva per le proporzioni slanciate che caratterizzano un 'opera di dimensioni tanto limi­ tate. Ne è prova come questi perfezionò l' aspetto squisito della loggetta con la messa in opera di capitelli ionici lavorati e incisi con grande cura, a loro volta sormontati da una seconda serie di mensole a sostegno della trabea­ zione conclusiva della fabbrica. I lavori citati da Vasari come opera di Perino, invece, dovettero essere mirati a conferire alla loggia e a tutto il piccolo giardino segreto, la qualità di luogo remoto atto ai ritrovi di una cerchia elitaria: stucchi, affreschi con mo­ tivi all'antica e grottesche, dovettero essere realizzati dall'attista sulle mura­ ture esterne e interne, per enfatizzare al massimo grado la parvenza di sor­ prendente rarità archeologica prodotta dalla loggetta rinnovata e aggiornata secondo le nuove mode ispirate al Raffaello delle Logge Vaticane. I matmi antichi che vi dovevano essere stati sistemati, inoltre, sia all'interno che spar­ si nel giardino antistante, completavano l'opera, trasformando il loggiato da una componente abituale delle case romane del tardo Quattrocento, in un pic­ colo ma elegantissimo antiquarium, scrigno prezioso per le antichità posse­ dute dai nipoti del cardinale.

14 Per una sintesi sui diversi tipi di capitelli quattrocenteschi romani a foglie d'ac­ qua, posti alla sommità di colonne e pilastri, cfr. S. VALTIERI, L'architettura a Roma nel XV secolo: l'Antico come "imitazione "e come "inte1pretazione " nel suo processo for­ mativo ed evolutivo, in Roma, centro ideale della cultura dell'Antico cit., pp. 257-268.

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Il rimpianto per il fatto che di tutto l'insieme oggi rimangano solo la­ tracce15, non può fare a meno d'indurci a pensare a come fossero in­ bili fluenti, nel secondo decennio del Cinquecento, anche al di fuori delle gran­ di committenze papali, quelle preferenze di Raffaello e della sua bottega per un sistema decorativo onnicomprensivo, nel quale la creazione di un unico spazio all ' antica doveva essere il fine comune di architettura, pittura e scultura. Quanto ai Podocataro, è significativo che, se il vecchio Ludovi­ co pose le basi per un intervento di tale levatura con l' acquisto di un edifi­ cio in una posizione strategicamente importante per la vicinanza a palazzo Borgia16 e al Vaticano - forse l 'elemento che a lui stava più a cuore - la no­ vità del progetto decorativo spetta sicuramente all'iniziativa dei nipoti Ce­ sare e Livio. La loro ambizione di commissionare opere d' arte di livello ragguardevole ad artisti di grandi capacità creative non si fermò, infatti, con il palazzo romano, ma continuò anche nei decenni successivi, quando, rien­ trati definitivamente a Venezia, fecero erigere, su progetto di Iacopo San­ savino, un monumento funebre rigorosamente classicista per entrambi nel­ la chiesa di S. Sebastiano17. L'indubbia consonanza di questa sepoltura alla maniera della Venezia degli anni quaranta e cinquanta, così come la piena adesione ai dettami raf­ faelleschi rilevata nella sistemazione del palazzo romano, sono elementi che, al contrario, sembrano escludere i nipoti del vescovo dalla partecipa­ zione al progetto del sepolcro del cardinale, che si trova tuttora nel transet­ to destro della chiesa di S anta Maria del Popolo (figg. 4-5). Già il luogo ove il monumento è situato parla in favore di precise disposizioni date in merito da Ludovico. Come risulta chiaro dallo studio di Enzo Bentivoglio e Simonetta Valtieri sulla chiesa 18, la particolare predilezione di Alessandro VI per essa è testimoniata dal notevole intervento voluto dal pontefice ne-

15 Oltre ai frammenti marmorei murati nel primo cortile del palazzetto, duran­ te un sopralluogo ho potuto constatare solo dall'esterno come la volta del livello in­ feriore della loggetta, apparentemente restaurata di recente, presenti una decorazio­ ne a grottesche. Non avendo potuto accedere all'interno, mi è impossibile specifi­ care se si tratti di pittura cinquecentesca o posteriore. Numerosi lacerti di affreschi staccati apparentemente cinquecenteschi ma in gran parte ridipinti e quindi molto difficili da giudicare, sono attualmente conservati presso gli attuali proprietati del­ l' edificio. 16 Sul palazzo di Rodrigo Borgia, detto anche Cancelleria Vecchia, cfr. P. To­ MEI, L'architettura a Roma cit., pp. 1 87-190. 17 BoucHER, The Sculpture of Iacopo Sansovino cit., I, pp. 122-1 23 ; Il, pp.

340-34 1 . 1 8 BENTIVOGLIO-VALTIERI, Santa Maria del Popolo cit., pp. 27-34.


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gli ultimi anni novanta, mirato al rifacimento del presbiterio, coperto da una suggestiva volta a crociera che per la sua imponenza massiccia doveva a­ vere a modello altri esempi di tali strutture realizzati già nella Roma di Si­ sto IV, come quelle dei cori dei SS. Apostoli o di S. Pietro in Montorio, o le crociere svettanti di S . Agostino. La grande ancona dell'altare maggiore ideato da Andrea Bregno, oggi collocato in sacrestia (fig. 6), conferiva a questa nuova parte della chiesa un carattere di eleganza ufficiale che la fe­ ce prediligere dalla stessa Vannozza Catanei, madre dei figli del papa, per parvi, nel transetto destro, la propria cappella funeraria, oggi scomparsa, ornata da una lapide ritrovata da Bentivoglio e Valtieri nel chiostro di S . Marco19. Oltre che d a quello della nobildonna, dove erano sepolti Pietro Ludovico e Giovanni Borgia (morti nel 1488 e 1497), nei primi anni del Cinquecento nel transetto destro della chiesa già trovavano posto i monu­ menti di Marcantonio Albetioni, morto nel 1485, oggi nella cappella di S . Caterina della Rota, e quello del Podocataro. L a sepoltura di Giovanni Or­ tega Gorniel, vescovo di Burgos, oggi ugualmente in sacrestia, fu aggiunta dopo il 1 5 12. Ancora alla fine del Cinquecento sappiamo che vi si trovava anche quella di Pietro Rocca, morto nel l 48320. La decisione di pone il proprio sepolcro nei pressi immediati della tom­ ba di famiglia di un pontefice per il quale si era tanto prodigato, e che non gli aveva fatto mai mancare tutta la sua stima, dovette spettare direttamente al cardinale Podocataro, e con ogni probabilità dovette risalire anch'essa a cir­ ca il 1500, in coincidenza con l'elevazione alla porpora, poiché già nel 1497 si ha notizia di una sua donazione a S. Maria del Popolo, segno ulteriore di come la chiesa fosse particolarmente cara a tutta la cerchia borgiana. L'alta sepoltura a parete che, sebbene non esistano documenti al ri­ guardo, non sembra logico pensare sia stata spostata dal sito prestigioso do­ ve fu collocata in origine e dove si trova tuttora, costituisce senza dubbio un problema non indifferente qualora ci si chieda a chi spetti la responsabi­ lità del progetto e della realizzazione21. In primo luogo, infatti, tutti i rilie-

19 Ibid., p. 50 20 Ibid., pp. 55-56. 21 L'attribuzione a Giancristofaro Romano proposta da P. GIORDANI, Studi sul­

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vi sono incompiuti e in alcune parti addirittura semplicemente abbozzati, tanto da rendere ancora più difficoltosa un'analisi stilistica e filologica che possa in qualche modo aiutare a risolvere l'enigma dell'autografia. Per la sua valutazione, tuttavia, ci viene in aiuto la sintesi recente di Claudio Stri­ nati sulla scultura romana del primo Cinquecento, con la quale lo studioso invita a considerare come i primissimi del secolo siano anni cruciali per lo sviluppo della scultura a Roma. La compresenza di due tendenze ben pre­ cise, quella di ambito bregnesco aperta verso gli sviluppi della plastica dei Solari, dei Lombardo e dell'Italia del nord in genere, opposta ai grandi mo­ delli toscani delle tombe bronzee di Sisto N e Innocenza VIII di Pollaiolo, pare messa in crisi, all'inizio del secolo, dalla dirompente novità della Pietà di Michelangelo in S . Pietro. Quest'opera offusca inimediabilmente quella pratica abituale di compone i monumenti funebri con elementi noti e ripe­ titivi come la statua del giacente al centro, inquadrata da una struttura tim­ panata sorretta da pilastri con nicchie a conchiglia atte a ospitare statue di santi o allegorie di virtù. Anche quando lo schema si riferisce senza meno alla tradizione del passato, come nel caso in esame e al pari dei coevi mo­ numenti dei papi Piccolomini oggi in S . Andrea della Valle, sembra che non si possa fare a meno di conferire ai rilievi un più ampio respiro narrativo, quasi rievocando i risultati raggiunti da Agostino di Duccio in area umbro­ marchigiana nel secolo precedente. Se questo riferimento per la tomba di Pio III è suggerito a Strinati dall'origine umbra di Pietro Paolo da Todi, una vicinanza stilistica della tomba Podocataro a una certa animosità dei ri­ lievi ducciani sembra riconoscibile nei due angeli ai lati della Vergine con il Bambino al centro, nei quali ricorre lo stesso panneggio fratto e arioso che compare nelle allegorie delle Virtù (Fede, Speranza, Giustizia e Ca­ rità). È sufficiente comparare la rigidità delle figure di Bregno poste nelle nicchie dell'altare maggiore di S . Maria del Popolo, oggi spostato in sacre­ stia in seguito ai rifacimenti seicenteschi, per comprendere come nel mo­ numento Podocataro, insieme a una sopravvivenza dello schema architetto­ nico bregnesco, sia ravvisabile un tentativo di rinnovamento del rilievo in senso naturalistico ed espressivo che culmina nel gruppo della Pietà posto

la scultura romana, «L'Arte», 10 (1907), pp. 196-208, oggi non sembra più atten­

tica sul suo operato a Roma e sulla sua importanza come esponente della colTente

Giancristofaro negli ultimi anni del secolo presso la cmte mantovana di Isabella

Bregno, opposta per molti versi allo sviluppo virtuosistico della scultura toscana di

dibile per l ' inconsistenza delle prove documentarie addotte. Sull'esperienza di d'Este, per la quale dovette ricercare cimeli antichi per il celebre studiolo,

è fonda­

Vérso la maniera moderna: da Mantegna a Raffaello, in Storia dell'Arte Italiana, 6/1, Torino 1981, pp. 57-63. Un precedente studio sull' artista fu quello di A . VENTURI, Gian Cristoforo Romano, «Archivio Sto­ rico dell'Arte», l (1888), pp. 49-59, 107-118, 148-158. Per un' originale sintesi crimentale il contributo di G.

RoMANO,

di scultori legati ad una formazione lombardo-veneta propria della scuola di Andrea fine secolo, di cui a Roma gli esempi maggiori erano le tombe bronzee di Pollaiolo

per Sisto IV e Inuocenzo VIII ed infine la stessa

Pietà di Michelangelo, si rimanda

C. STRINATI, La scultura a Roma nel Cinquecento, in D. GALLAVOTII CAVALLERO­ F. D'AMico-C. STRINATI, L'arte in Roma nel secolo XVI, B ologna 1992, pp. 3 1 1a

320.


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al di sotto dell'iscrizione fiancheggiata dalle insegne familiari del cm·dina­ le. La scena, sebbene anch'essa largamente incompiuta, colpisce per l ' au­ tonomia delle figure dalla stessa struttura del monumento: un'innovazione notevole se si pensa che, negli stessi anni, Giancristofaro Romano realiz­ zava, sempre nella stessa chiesa, il dossale d' altare per il cardinale Giorgio Costa, strettamente ancorato, nella sua struttura tripartita, a una prassi di a­ scendenza lombardo-veneta particolarmente erudita, considerata la fre­ quentazione dello scultore della corte mantovana d'Isabella d'Este negli ul­ timi anni del Quattrocento. Nella tomba del vescovo di Cipro, al contrario, le figure del Compianto esprimono un sentimentalismo esasperato tanto da virare verso un espressionismo estraneo anche alle sculture superiori. La novità del rilievo, inoltre, è palesata dall 'avanzamento inconsueto, per la Roma del tempo, delle rocce sulle quali siede la Vergine tenendo fra le brac­ cia il corpo di Cristo. Quanto ai pezzi superiori, mi sembra opportuno no­ tarlo, una certa somiglianza formale si può segnalare, nei volti, tra il basso­ rilievo della Vergine col bambino e la Santa Caterina già nel dossale De Pe­ reris, sempre in S. Maria del Popolo e ora collocato nel corridoio verso la sacrestia della medesima chiesa (fig. 7), di recente attribuita a un maestro lombardo da Negri Arnoldi22. Una certa rudezza di particolari e l'iconografia di chiara origine set­ tentrionale del Compianto, uniti all' evidenza dell'incompiutezza del mo­ numento, sono elementi che inducono a ritenere che in questo caso ci si trovi di fronte a mani di artisti diversi, anche se di provenienza bregnesca. Tuttavia, sulla spinta dei grandi fatti artistici verificatisi a Roma nel primo Cinquecento, l' artefice ancora ignoto e i suoi collaboratori si dimostrano ansiosi di fare sfoggio di novità anche in un 'impresa che nasceva, per vo­ lontà del cardinale, decisamente in linea con le forme canoniche del mo­ numento funebre nella Roma di tardo Quattrocento. In tale schema, è quin­ di utile sottolinearlo, si fanno largo alcune sperimentazioni stilistiche che, se non per il risultato finale, sono sicuramente interessanti per compren­ dere come gli scultori attivi in città ripensino i loro modi compositivi alla luce di novità clamorose come gli esordi del Buonarroti, del quale sembra risentire non poco l' angelo posto ai lati della Vergine del Compianto, che replica puntualmente l 'Angelo inginocchiato in S . Petronio a Bologna. La chiesa di S. Maria del Popolo, per gli interventi grandiosi voluti al

22 F. NEGRl ARNOLDI, La scultura del Quattrocento, Torino 1 994, pp. 1 16, 124, nota 29. Sui numerosi dossali d'altare commissionati nell'ultimo decennio del Quat­ trocento dal cardinale Guillaume de Perrier, cfr. J. VON SCHMIDT, Die Altare des

Guillaume de Perriers und verwandte Werke. Ein Beitrag zur Geschichte der Rò'­ mischen Quattrocento Plastik, St. Petersbourg 1 899.

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suo interno prima da Alessandro VI e poi da Giulio II, si caratterizza al­ l'inizio del secolo come un luogo privilegiato per dare possibilità di e­ spressione a pittori, scultori e architetti che prefigurano, in un certo senso, la grandiosità degli interventi che di lì a poco lanceranno il Vaticano come fucina creativa degli artisti più geniali del loro tempo. L' ampio rinnova­ mento del coro era stato uno dei risultati sicuramente più notevoli tra i pro­ grammi artistici borgiani, e la scelta del transetto destro come luogo di se­ poltura dei parenti più stretti di Alessandro VI indica senza incertezze co­ me la magnificenza del luogo, all'insegna del classicismo più aulico, fosse ritenuta la cornice più degna per tramandare la memoria del mecenatismo del pontefice. Un monumento incompiuto, un palazzo cominciato ma terminato do­ po la morte del cardinale nel più esclusivo dei modi: due casi alquanto em­ blematici delle difficoltà di ogni genere che si venivano a creare tra i pro­ getti e la realtà nella Roma rinascimentale, il cui fascino è possibile perce­ pire ancora oggi non solo nelle imprese artistiche portate a termine, ma an­ che, sebbene in forma più occulta, nella comprensione delle intenzioni ini­ ziali mutate da fattori estranei alla committenza, e proprie, invece, della continua evoluzione interna del linguaggio artistico del primo Cinquecen­ to. Non a caso, nei primi anni del secolo questo assume toni così alti anche per la capacità di assorbire e rifondere al suo interno gli stimoli più diver­ si. Per riflettere su come gli artisti operanti a Roma sapessero interpretare spunti provenienti dalle diverse parti della penisola, penso che la dimora e il monumento Podocataro, relitti di una grandiosa alba epocale, costituisca­ no ancora un valido termine di confronto per la discussione delle atti a Ro­ ma nel primo Rinascimento.


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APPENDICE ASVe, Podocataro, b. 5 10 dicembre 1499. Vendita di case a Lodovico Podocataro In nomine Domini amen. Anno Domini millesimo CCCC LXXXX­ VIIIJ pontificatus Sanctissimi in Christo presbiteri et Domini nostri domi­ ni Alexandri divina providentia Pape sexti, indictione tertia, mensis decem­ bris die decima. In presentia mei notarii etcetera, providi viri Camillus Georgii magistri Antonii Mafei de regione Arenule et Jachominus eius germanus frater, qui Jachominus cum iuramento renuntiavit beneficio sue minoritatis viginti seu XXV annorum, nec quod infrascripta restitutionem in integrum pertineret, principaliter vel incidenter aliqua ratione, modo, iure, titulo, sive causa, spante et ex certa eorum et cuiusque ipsorum scientia, per se se suosque he­ redes et successores in perpetuum, vendiderunt et iure proprio et in perpe­ tuum, reverendo priori domino Ludovico Podochataro. episcopo Caputa­ quensi et Sanctissimi domini nostri dignissimo secretario, habitatore urbis in regione Arenule, presenti, ementi, recipienti et legitime stipulanti per se suisque heredibus et successoribus quibuscumque et cui, vel quibus, ipse reverendus presbiter dominus Ludovicus episcopus predictus eiusque here­ des et successores vendere, dare, donare, cedere, concedere, et alienare vo­ luerint. Idest unam integram terciam partem ipsorum venditorum cuiusdam domus magne terranee, solerate et tegulate cum cameris, sala, lociis, puteo intra se, orto retro se, cum exitu verso ipsum mtum, qui exitus exit in stra­ tam qua itur versus sanctam auream. Item unam aliam integram tertiam pmtem similiter ipsorum vendita­ rum alterius domuncule existentis iusta dictam domum magnam, terraneam et testatam, cum mto retro ipsam domunculam et cum quadam camera sub loco domus magne. Istas dictas duas integras fertias partes ut supra venditas dictarum do­ mus magne et domuncule, singula singulis recte et congrue referendo et earum iurium et pettinenciarum pro in divisiis cum aliis integris te1tiis par­ tibus dictarum domus magne et domuncule spectantibus et pertinentibus ut dicitur ad eximium in iure doctorem dominum Coroxatum de [. . . ]ancha, ad­ vocatum consocialem; que ambe domus posi te sunt in urbe in regione Are­ nule in parrochia Sancti Johannis in Ayna. Quarum domus magne et do­ muncule ab uno latere tenet quedam domus prefati domini Corosati, ab alio quedam alia domuncula domine Lucm·elle relicte quondam Johannis Pauli Samiterii. Retro tenet et est ortus dicti domini Cm·osati et quedam do­ muncula diete Eclesie Sancti Johannis in Ayna; ante est via publica. Vel si

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qui alii sunt vel esse possunt ad dictas domus plures aut rectiores confines, antiqui vel moderni, aut vocabula veriora spectantes et pertinentes, tam de jure quam de consuetudinibus, liberas et exemptas ab omni onere, censu, nexu, canone, servitute ac responsioni. Cum 0111llibus et singulis introitibus, exitibus, utili, utilitatibus, pertinentiis, comoditatibus et aderentiis ipsarum domus et domuncule tantum pro interesse dictarum portionum ut supra ven­ ditarum repperitis. Ad habitandum, intrandum, utendum, fruendum, fructi­ ficandum, pignorandum, donandum, cedendum, concedendum, vendendum et alienandum et de dictis duabus integris tertiis partibus ut supra venditis dictarum domorum, cum iuribus et pertinentiis earumdem faciendum et di­ sponendum pro ipsius domini emptoris suisque heredibus et successoribus libera voluntate. In sinrili modo et forma prefati Camillus et Jachominus vendiderunt prefato domino episcopo emptori, presenti et legitime stipulanti ut supra, omnia et singula iura, nomina et attinentia, iustitias et rationes, reales et per­ sonales, utiles et directas, tacitas et expressas, ypothecarias, pignoraticias, si­ ve mixtas, civiles et pretorias et in rem scriptas ac officium iudicis et bene­ ficium iuris quot, quas et quando dicti venditores mmc habent eisque com­ perient habere et comperire eis possent, nunc et quandolibet in futurum in de et super dictis duabus integris terciis pmtibus dictarum domus et domuncu­ le iuriumque et pertinentiarum erarumdem ut supra venditis, nullo iuri nul­ laque actioni in de et supra dictis pmtionibus ut supra venditis, eisdem ven­ ditoribus quandolibet de cetero reservans, ita quod dictis iuribus, nominibus, et rationibus, utilibus et directis ut supra expressis, prefatus dominus epi­ scopus emptor eiusque heredes et successores agant. petant, exigant, exci­ piant, recipiant et defendant eisque libere utantur, fruantur et experiantur, in iudicio et extra iudicium, utilibus et directis actionibus ad eorum velle et qui­ bus uti, frui, agere, excipere, recipere, defendere et experire poterant dicti Camillus et Jachominus venditores ante presentem venditionem. Et voluerunt dicti venditores dictum dominum emptorem presentem et legitime stipulantem et supra succedere in locum ius et privilegium ipsorum constituentes dicti venditores dictum dominum episcopum emptorem pre­ sentem recipientem et legitime stipulantem ut supra procuratorem tamquam in re propria sua et dedemnt dicti venditores et cesserunt dicto domino epi­ scopo emptori presenti, recipienti et legitime stipulanti ut supra, plenam, cer­ tam, omnimodamque facultatem, potestatem et valorem dictarum domorum tantum pro interesse poportionum ut supra venditamm cum iuribus et petti­ nentiis eannndem, propria ipsius temporis auctoritate, et sint alicuius iudicis vel curie licentia vel mandato intrandi, capiendi, aprehendendi, possidendi, fructificandi et alienandi et de dictis portionibus ut supra venditis proprio ad ipsius domini emptoris eiusque heredibus et successoribus libere voluntatis fa­ ciendi et disponendi et voluerunt dicti venditores ad maiorem cautelam dic­ ti domini episcopi emptoris eundem dominum episcopum emptorem inve-


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stn·e de dictis domibus cum iuribus et pertinentiis earum de rationem per prefato interesse portionum ut supra venditarum per nobilem virum domi­ num Thomasium quondam domini Filippi Urri de Cipro presentem et ac­ ceptantem quem ad hunc actum prefati Camillus et Jachominus venditores eorum procuratorem certum nuntium sollempniter spetialem constituerunt, ordinaverunt et fecerunt ad dictum dominum episcopum emptorem inve­ stendum de dictis domibus tantum pro dictis portionibus ut supra venditis cum iuribus et pertinentiis ipsarum domorum cum omnibus et singulis clau­ sulis solitis necessariis et oppportunis. Et donec dictus dominus emptor fue­ rit de predictis corporaliter et actualiter investitus, prefati Camillus et Ja­ chominus venditores constituerunt se se tenere et possidere dictas domus tantum pro dictis portionibus ut supra venditis nomine dicti domini episcopi emptori eiusque heredum et successorum, hanc cartam venditionis etc. et omnia et singula que dieta sunt et infra dicture fuerint. Dicti Camillus et Jachominus [ . . . ] de reverendo presbiteri domino Lu­ dovico episcopo et emptori predicto presenti et legitime stipulanti ut supra, pro precio et nomine precii quingentorum quinquaginta ducatorum auri ad rationem decem carlinorum pro quolibet ducato, quos quidem quingentos quinquaginta ducatos precium predictum habent dicti Camillus et Jachomi­ nus venditores presentialiter manualiter et integre habuerunt et receperunt ex dicto domino episcopo emptore predicto, presente dante et solvente, as­ serens idem dominus episcopus emptor medio eius iuramento prefatum pre­ tium esse de bonis propriis patrenalis ipsius extractum et non rationum ali­ cuius beneficii seu introitum dicti episcopatus, post quam manualem et nu­ meralem receptionem dictorum quingentorum quinquaginta ducatorum pre­ cii predicte iuste venditionis se se bene quietos contentos pacatos et sati­ sfactos vocaverunt et renunciaverunt exceptioni non habitorum, non recep­ torum, non numeratorum, non solutorum et non traditorum eiusdem vendi­ tionis dictorum quingentorum quinquaginta ducatorum preci! predicti ex­ ceptionis non numerati pretii, doli, mali, vis nis [ . . . ] . Infactum actioni con­ ditioni indebiti ob causam et sine causa presentisque future numerationis et receptionis illorum et generaliter omnibus aliis et singulis exceptionibus et defensionibus iuris et facti legibus statutis consuetudinibus urbis factis et fiendis quibus quod predicta vel aliquod predictorum facere dicere venil·e iurare et defendere et se se tueri quandolibet possent renuntiaverunt ex­ presse et ex cetia scientia. Et si plus dicto pretio quingentorum quinqua­ ginta ducatorum diete due integre tertie partes dictarum domus magne et domuncule cum iuribus et pertinentiis earum ut supra vendite nunc valeat aut valere possent quandolibet in futurum totum illud plus suis, fuerit par­ va fuerit magna quantitas, et si excederent denuntia iusti pretii, dicti Ca­ millus et Jachominus venditores stipulantes et cognoscentes bene pretium illarum eidem reverendo domino episcopo emptori presenti et stipulanti ut SUpra, donaverunt expresse titulo donationis intra ViVOS ac llTevocabiliter et

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inperpetuum sibi dederunt, cesserunt et concesserunt ob honestum amorem quem in eum habent et propter multa grata servitia et benefitia ue confessi fuerunt et inventa recognoverunt habuisse et recepisse a dicto domino epi­ scopo emptori presenti legitime stipulanti ut supra, ex eorum mera liberali­ tate et quia sic de rebus eorum sic bene facere placuit. Promiserunt insuper dicti Camillus et Jachominus venditores dicto do­ mino episcopo emptori presenti et stipulanti ut supra huic presenti vendi­ tioni et concessioni facere consentn·e omnem personam adiacentem vel ali­ quod ius habentem vel habere quidlibet pretendentem in de et super dictas duabus integris tertiis partibus dictarum domus magne et domuncule ut su­ pra vendite, cum iuribus et pertinentiis earum predictis, ad omnem simpli­ cem petitionem, requisitionem et voluntatem dicti domini episcopi empto­ ris eiusque heredum et successorum. Item promiserunt dicti Camillus et Ja­ chominus venditores quod liceat sibi domino episcopo emptori eiusque he­ redibus et successoribus proprio uti, frui et gaudere dictis pmtionibus diete domus magne et domuncule ut supra vendite, cum iuribus et pertinentiis earumdem predictis, et ipsas in pacifica possessione bonorum et iurium venditoris preteritis facere potiores. Item promiserunt dicti venditores dicto domino episcopo emptori presenti et stipulanti ut supra, super eis litem non inferre nec infertam quidlibet consentire quo minimo ipsum emptorem eiusque heredes et successores defendere, auctorizare et disbrigare ab am­ ni persona molestante, in iudicio et extra iudicium iudicumque, omnia que eis vel alteri eorum super dictis portionibus ut supra venditis quidcumque moventur, in se se ipsos suscipere statirn comperit, eis intimatum per sim­ plicem citationem, et in eo persistere a principio, medio, usque ad finem, cum propriis advocatis et procuratoribus, omnibus ipsorum venditorum sumptibus et expensis intus et extra. Item promiserunt dicti venditores die­ ta domino episcopo emptori presenti et stipulanti ut supra, quod iste diete integre tercie partes ut supra vendite, cum iuribus et pertinentiis earumdem, sunt ipsorum venditorum et ad eos spectant et pertinent pieno iure dominii vel contesti et pro nulli alteri persone, universitate, collegio sive loco, in to­ tum nec in parte fuerunt nec sunt vendite, date, donate, cesse, concesse, obligate, pignorate nec aliter alienate in totum nec in parte, nec de eis seu partis ipsorum est factus comeatus vel quasi comeatus cum aliqua alia per­ sona, universitate, collegio sive loco, nec factus apparebit, in preiudicium dicti domini episcopi emptoris et suorum heredum et successorum, et pre­ sentanti contractum venditionis et si contractum aliquo tempore appareret vel apparebit et ea occasione vel qua vis alia evinctio quovis modo consi­ gnetur, voluerunt dicti venditores teneri et obligatos esse dicto domino epi­ scopo emptori, presenti et stipulanti ut supra, de eiussione in forma eius­ sionis iuris, valida et in urbe consueta et ad omnia et singula dampna, ex­ pensas et interesse per dictum dominum episcopum emptorem vel eius he­ redes et successores, propter ea quandolibet partitandis, facitandis et incu-


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rendis in iudicio et extra iudicium; de quibus damnis, expensis et interesse et de eorum quantitate et numero stare et credere voluerunt soli et simplici sacramento dicti domini episcopi emptoris eiusque heredum et successo­ rum, quod sacramentum ex nunc pro ut ex tunc et ex tunc pro ut ex nunc habere voluerunt et promiserunt pro piena et sufficienti probatione absque alterius oneri probationis, indici, taxationis, arbitrio vel arbitratu alicuius al­ terius borri viri et ceterisque aliis probationibus et defensionibus quibus se se quolibet defendere vel iuvare possent renuntiaverunt expresse et ex cer­ ta eorum scientia. Et precibus et rogatu dictorum Camilli et Jachomini ven­ ditorum et pro eis, discretus vir Petrus Mancini de regione Arenule se et bo­ na eius omnia spetialiter obligando pro observatione omnium et singulorum supra et infra scriptomm, sponte et ex certa eius scientia et non per extor­ tum, fideiussit et fideiussionem fecit pro dictis Camillo et Jachomino ven­ ditoribus penes et apud dictum dominum episcopum emptorem presentem et stipulantem ut supra de eiussione prefata et de faciendo consensum ut su­ pra et de lite non inferendo nec inferri faciendo ut supra et de dampnis, ex­ pensis et interesse ut supra. Et in omnem casum, causam et cittationem om­ nium et singulorum predictomm voluit teneri et obligatus esse ad omnia et singula ad que tenerentur et obligati essen t dicti Camillus et Jachominus venditores in presenti contractu venditionis et contentorum. In eo pro qui­ bus omnibus et singulis observandis et adimplendis tam dicti Camillus et J achominus venditores quam dictus Petrus Mancinus eomm fideiussor et quilibet ipsorum, in solidum obligaverunt et pignori posuerunt dicto reve­ rendo presbitero domino Ludovico episcopo et emptori predicto, presenti et stipulanti ut supra, se se et omnia et singula eomm et cuiusque ipsomm bo­ na, mobilia et inmobilia, presentia et futura. Et voluerunt pro predictis om­ nibus et singulis posse cogi, compelli, constrigni et computari omni tempo­ re et in omni loco et in qualibet curia, tam ecclesiastica quam seculari, et coram quocumque indice vel auditore, retore, senatore, vicario ordinario, delegato vel subdelegato, diebus feriaris et non feriaris , quibus feriis et feriaris diebus renuntiaverunt expresse et ex certa scientia; renuntiaverunt etiam in his privilegio fori, beneficio cessionis bonomm cedendarum et di­ videndamm actionum et illi legi qua caventur, quod si debitor non habuerit aurum, vel argentum, vel aliquid mobile unde suo possit satisfacere credito­ ri, quod possit o:fferre de stabilibus, et dictus fideiussor epistole Divi Adria­ ni nove constitutionis beneficio et omnibus privilegiis in fideiussorum, quam legitirne introductis et generaliter omnibus aliquis et singulis legi­ bus, statutis, capitulis, exceptionibus et constitutionibus ac consuetudinibus urbis factis et fiendis, quibus que predicta vel aliquid predictorum facere, di­ cere, vel venire et se se quandolibet defendere vel iuvare possent, renuntia­ verunt expresse et ex certa scientia. Et ad maiorem cautelam omnium et sin­ gulorum predictorum, dicti Camillus et Jachominus ac dictus Petrus eomm fideiussor iuraverunt in manibus mei notarii publici infrascripti ad Sancta

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Dei Evangelia, corporaliter manibus tactis per eos et eorum quemlibet, sa­ crosanctis scripturis, predicta omnia et singula semper et perpetuo atendere et observare, omnia grata et firma habere et tenere, et in nullo contra facere, dicere vel venire, aliqua ratione, modo, iure, titulo. Fuit etiam sub ypotheca et obligatione predictis et vinculo dicti per eos et eorum quemlibet pretii iu­ ramentum rogavemntque diete partes me notarium publicum infrascriptum ut de predictis publicum conficendo instrumentum et institutum unum seu plura pro ut expeditum fuerit Actum Rome sul verso: Emptio duamm [ ... ] domomm pro Reverendo presbitero domino epi­ scopo Caputaquensi Sanctissimi Domini nostri Pape secretario dignissirno


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LORENZO FINOCCHI GHERSI

OPERE DI ARCHITETTURA E SCULTURA PER IL CARDINALE PODOCATARO

Fig. l . - Roma, sito del palazzo Podocataro (da Pianta di Roma di An­ tonio Tempesta, 1593).

Fig. 2. - Roma, sito del palazzo Podocataro (da Pianta di Roma di Gio­ vanni Moggi, 1 625).

Fig. 3 . - Roma, palazzo Podocataro, veduta della loggetta.

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LORENZO FINOCCHI GHERSI

OPERE DI ARCHITETTURA E SCULTURA PER

IL CARDINALE PODOCATARO

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Fig. 4. - Roma, S . Maria del Popolo, monumento funebre di Ludovico Podocataro, insieme.

Fig. 5. - Roma, S . Maria del Popolo, monumento funebre di Ludovico Podocataro, Compianto, particolare.

Fig. 6. - Roma, S. Maria del Popolo, sacrestia, Andrea Bregno, altare maggiore.


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LORENZO FINOCCHI GHERSI

SABINE FROMMEL Giuliano e Antonio da Sangallo

Nonostante fossero legati non solo dal sangue, ma anche da amicizia, da interessi comuni e da stretti rapporti nel loro mestiere come legnaioli, scultori e architetti, i fratelli Giuliano e Antonio da Sangallo (figg. l e 2) presero, durante il pontificato d'Alessandro VI (fig. 3), strade completa­ mente diverse. Questo momento interessante e umanamente commovente non è stato studiato ancora in modo approfondito1, benché abbia provoca­ to, in poco tempo, una separazione totale dell'attività dei due fratelli artisti. Antonio, il minore, ascese rapidamente al rango di primo architetto papale, mentre Giuliano divenne architetto del cardinale Della Rovere (fig. 4), uno degli avversari più feroci d'Alessandro VI, e dovette accontentarsi di po­ chissime commissioni. Questa contingenza drammatica, separò, almeno professionalmente, i due fratelli, che per molti anni apparteranno a due campi politicamente opposti. E se Antonio, che prima del 1492 non si era creato la reputazione di grande architetto, raggiunse nel corso di questo de­ cennio il culmine della sua carriera, la stella di Giuliano, l'architetto prefe­ rito di Lorenzo il Magnifico, cominciò lentamente a declinare. Tenterò di a­ nalizzare le condizioni e il retroscena di quest'episodio che, per quanto ve­ do, risulta unico nella storia dell'architettura. Vasari ha fornito informazioni fondamentali e copiose sull'attività di Giuliano e Antonio da Sangallo il Vecchio, derivate probabilmente in buo­ na parte da Francesco, figlio di Giuliano e dai nipoti Giovan Battista e Ari­ stotele2. Benché queste notizie provenissero da fonti affidabili, Vasari ave­ va difficoltà - come nel caso di tanti altri artisti che non conosceva di per­ sona - a concatenare i diversi eventi in una cronologia coerente e precisa. Nonostante la confusione di alcuni episodi e l 'incertezza delle date, gran parte del suo racconto sembra credibile.

Fig. 7. - Roma, S. Maria del Popolo, Santa Caterina dal dossale De Pereris.

1 GIORGIO VASARI, Le Vite de' phì eccellenti pittori scultori e architettori, ed. a cura di G. MILANESI, IV, Firenze 1 879, pp. 267-29 1 ; E. MDNTZ, Les arts à la cour des papes Innocent VIII, Alexandre VI, Pie III (1484-1503), Paris 1 898, pp. 162 e ss.; S. BoRsr, Antonio da Sangallo (il Vecchio), in S. BoRSI-F. QUINTERIO-C. VASIC VATOVEC, Maestri fiorentini nei cantieri romani del Quattrocento a cura di S. DA­ NESI SQUARZINA, Roma 1 989, pp. 275 e ss.; R. PACCIANI, Nuove ricerche su Antonio da Sangallo il Vecchio ad Arezzo e a Monte San Savino (1504-1532), «Annali di Ar­ chitettura», 3 (1991), pp. 40 e ss. 2 VASARI, Le Vite cit., p. 277.


SABINE FROMMEL

GIULIANO E ANTONIO DA SANGALLO

Vasari_ riferisce che dopo la morte di Lorenzo de' Medici, nel 1492, Giu­ Iim�o e�a ?�sperato � non vedeva un futuro chiaro: «rimase Giuliano con gli altn spllil mgegnosi sconsolatissimo»3 • Giuliano sapeva che sarebbe stato difficile trovare un committente tanto colto e competente nell'ambito dell' ar­ ch�tettura quant� Lorenzo, che gli avr�bbe permes�o, come quegli, di prose­ , gmre n�ll at�azwne della nuova architettura classicheggiante4. Già allora la fama di GI_ �liano era notevole: nell' ambito delle commissioni del Magnifico _ modello di una reggia per Ferrante d'Aragona, re di aveva formto anche Il _ Napoli, modello che era stato consegnato personalmente al sovrano nel 14885 . Nell'ottob�e del 1492, sei mesi dopo la morte di Lorenzo, portò il mo­ dello per una residenza di Ludovico il Moro a Milano6 . Negli stessi anni si occupò anche di altri incarichi prestigiosi come il convento cistercense di S . �addalena de' Paz�i, commissionato d a Jacopo SalviatF , genero del Magni­ fico, e la nuova Sapienza a Siena per il cardinale Francesco Piccolominis . Vi­ st� la ric�hezz� e I' or�ginalità della sua opera, non è da meravigliarsi che al_ _ tn COffiffilttenti Illustn cercassero di assicurarsi il suo ingegno.

Toscana, collaboran­ Intanto Giuliano continuò a vivere e costruire in 9 do con Antonio, più giovane di almeno dieci anni , sulla _eu� formazione egli esercitava un influsso decisivo. Ambed�e avev_an? comrncmt? co�e le­ gnaioli e scultori del legno. Sec�ndo yasan, �u Gmliano �he spmse Il fra­ at­ tello verso l'architettura: «ed all architettura m compagma sua lo fece 10 a­ _Y • tendere , avendo egli per il privat_o e pubblico a fare m?lt� �accende» cantiere un sari racconta che Giuliano spesso chiese ad Antonio di dmgere 11 quando nuove commissioni richiedevano altrove la sua prese�za . Co�ì lo sostiquando Giuliano presentò il modello alla corte aragonese, Antomo 12 . rato . p a Carcen tuì alla guida del cantiere della Madonna delle . . Ovviamente al tempo del Magnifico, Giuliano non a:eva bisogn? d1 incarichi da altri committenti, e Vasari probabilmente sbaglia quando gli at­ 13 tribuisce la rocca di Ostia . Giuliano Della Rovere la fece realizzare già tra il 1483 e il 1486, e Baccio Pontelli addirittura fece incidere il suo nome nel­ la trabeazione del portale: Baccio Pontelli Florent(inus) Architec:(usjl�. . Nell'anno 1492 si verificano quasi in coincidenza tre avvemment1 di­ -, versi: la partenza di Pontelli da Roma - non sappiamo per quale m?t�v.o 15 pontifiCI0 trono al Borgia Rodrigo di 'elezione l la morte del Magnifico e

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3 Ibid. , p. 534. La cacciata dei Medici da Firenze nel novembre del 1494 ren­ de ancor� più diffici�e la situazione di Giuliano da Sangallo, strettamente legato al­ la COffiffilttenza medicea, e contribuisce a spiegare il suo allontanamento dalla To­ scana, cfr. A. BELLUZZI, Giuliano da Sangallo e la chiesa della Madonna a Pistoia ' «Saggi e documenti di Storia dell'architettura», 1 7 ( 1 993), p. 14. 4 L'architettura di Lorenzo il Magnifico, a cura di G. MOROLLI- C. ACIDINI Lu­ CHINAT-L. MARCHETTI, Firenze 1 992, pp. 83 e ss.; R. PACCIANI, Firenze nella secon­ da metà del secolo, in Storia dell'architettura italiana. Il Quattrocento a cura di F P FIORE, Milano 1 998, p . 347. 5 G. MARCHINI, Giuliano da Sangallo, Firenze 1 942, pp. 28 e ss.; G. HERSEY, Alfonso Il and the Artistic Renewal ofNaples 1485-1495, New Haven 1 969, pp. 28 e ss.; H. B �, Das Palastmodell Giuliano da Sangallosfiir Ferdinand I Konig von Neapel, «Wiener Jahrbuch fiir Kunstgeschichte», 23 (1970), pp. 1 54-1 95; H. B IER­ MANN-E. WORGULL, Das Palastmodell Giuliano da Sangallos fiir Ferdinand I. Konig . von Neapel. Versuch ezner Rekonstruktion, «Jahrbuch der Berliner Museen» 21 (1979), pp. 9 1 - 1 1 8 ; V JvìlliN, Le projét de Giuliano da Sangallo pour le palais d;t roi de Naples, «Révue de l'Art>>, 25 ( 1974), pp. 66-70; B .L. BROWN, An Enthusiastic A­ mate�r: Lorenzo de 'Medici as Archit�ct, «�enaissance Qumterly», 46/1 ( 1993), p. 7. . C. VON FABRICZY, Progetto dz Gllthano da Sangallo per un palazzo a Mila­ no, «Rassegna d'Arte», 3 ( 1903), pp. 5-6. 7 A. LUCHS, Cestello. A Cistercian Church ofthe Fiorentine Renaissance, New York-Londra 1 977; R. PACCIANI, Santa Maddalena de 'Pazzi, in L'architettura cit., pp. 1 60 e ss. 8 Il taccuino senese di Giuliano da Sangallo, ff. 28v, 29r (prima redazione del progetto); �- 20v, 21r (probabile progetto), ed. R. FALB, Siena 1 902, pp. 39, 43; cfr. _ F. B ORSI, Gzuhano da Sangallo. I disegni di architettura e dell'antico Roma 1 985 ' ' pp. 420 e ss. ·

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9 La data di nascita di Giuliano è tra il 1445 e 1452 (cfr. FABRICZY, Progetto

cit., p. 1 2), quella di Antonio nel 1 455. 10 VASARI LE Vite cit., IV, p. 277. ' Il Cfr. G. sATZINGER, Antonio da Sangallo der Altere und die Madonna di San Biagio bei Montepulciano, Tiibingen 1 99 1 , pp. 159 e �s. che, �el suo elenco _cro_no­ logico dell'opera e della vita di Antonio da Sangallo Il VecchiO, esclude le mdica­ zione di Vasari per le quali mancano i documenti. 12 Antonio vi è documentato dal 17 al 24 novembre del 1488 ed è presente, il 23 ottobre dello stesso anno, alla stipula del contratto del ballatoio della chiesa pratese; (P. MoRSELLI-G. CORTI, La chiesa di Santa Maria delle carceri in Pr�to. Contributo _ di Lorenzo de ' Medici e Giuliano da Sangallo alla progettazwne, Frrenze 1 982, p. cit., p. 2�6). Sangallo da Antonio 108, doc. 3 1 e pp. 109 e ss., doc. 32; BoRSI, Il quale fu Rovere, la � de allora vescovo Ostia, di castellano «il 529 p. 13 Ibid., _ poi col tempo papa Giulio II, volendo acconciar� e �ettere m buon. ordm� quella fortezza, udita la fama di Giuliano, mandò per lm a Fwrenza, ed ordmatogh buona provisione, ve lo tenne due anni a farvi tutti quegli utili e comodità che poteva con l' arte sua». 14 Cfr. s. DANESI SQUARZINA, La qualità antiquaria degli interventi quat�ro­ centeschi in Ostia Tiberina in Il borgo di Ostia da Sisto IV a Giulio Il, a cura dr S. DANESI SQUARZINA-C. BoRGHINI, Roma 1981 , p. 43 . . 15 Cfr. CH.L. FROMMEL, Roma, in Storia dell'architettura italiana Cit., pp. 4 1 6 e ss.; i n questo saggio viene anche ipotizzato che Pintur�cc�o _abbia r�pprese�tato, nell' affresco di Santa Caterina dell'Appartamento Borgra, il ntratto di Antomo da Sangallo. La catena d'oro allude all' alta stima, di cui egli godeva presso Alessandro VI (ibid., pp. 418, 433).


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GIULIANO E ANTONIO DA SANGALLO

Giuliano da Sangallo godeva di una reputazione tale che il cardinale Della Rovere lo prese al servizio come successore di Pontelli. Non solo i progetti spettacolari per ville ma anche le competenze tecniche di Giuliano come ar­ chitetto militare lo raccomandavano in sommo grado a un committente guer­ riero come il cardinale16. A partire dal 1488, Giuliano aveva progettato per il Magnifico la città-fortezza di Poggio Imperiale, situata ai confini dello sta­ to fiorentino con quello senese17 e aveva avuto occasione di mostrare le sue capacità in campo fortificatorio, probabilmente fmtto dell'esperienza matu­ rata nella guerra di Sarzana18. Per la p1ima volta nella storia dell'architettu­ ra bellica si riuscì ad attuare, su tutto il perimetro della fortezza e delle mu­ ra, il principio della radenza e dell'incrocio dei fuochi, innovazione appena tentata nella rocca di Ostia19. Sicuramente Giuliano Della Rovere, anche in veste di cardinale uno dei massimi committenti del Rinascimento, aveva ri­ conosciuto presto le capacità di Giuliano: non è quindi da escludere che lo abbia incaricato nel 1492 di completare e forse di migliorare tecnicamente il sistema fmtificatorio della rocca di Ostia della quale il Della Rovere era pro­ prietario. E non c'è dubbio - come avrebbero dimostrato gli avvenimenti fu­ turi - che tra il cardinale e Giuliano da Sangallo si instaurò ben presto un rapporto stretto sia a livello umano che professionale. Ma anche Alessandro VI deve aver tentato di servirsi di un architetto militare tanto innovativo: infatti, secondo il Vasari, il soffitto ligneo di S . Maria Maggiore fu commissionato da Alessandro VI a Giuliano20: « a Papa Alessandro VI restaurò (Giuliano) il tetto di Santa Maria Maggiore che mi-

nava, e vi fece quel palco ch' al presente si vede»21. Molti anni prima, quan­ do era stato ancora arciprete della basilica, Rodrigo B orgia aveva fatto vo­ to di dotarla di un nuovo soffitto22. Dal diario di Giovanni Burcardo, mae­ stro di cerimonie di Alessandro VI, sappiamo che solo sette mesi dopo la sua elezione il 27 febbraio del 1493, Alessandro VI andò nella basilica per rendersi con�o dello stato dei lavori: «visums quae pro stmctura illius ec­ clesiae sive supracoelo parata erant»23. Se meno di un mese dopo, Juan Lo­ pez, vescovo di Pemgia, menzionò una �ostruzi�ne note� ole, qualche cosa doveva essere già visibile2". Cinque anm dopo, 1l 21 apr�e 14� 8, Alessa�­ dro VI si recò un'altra volta alla basilica per apprezzare Il soffitto: «ad VI­ dendum opus supercoeli illius basilicae quod ibidem fieri ordinavit»25. Da tre contratti del 1499 risulta che l 'esecuzione durò più di sei anni e fu ter­ minata, sotto la responsabilità di Antonio da Sangallo, puntualme_nte � er il giubileo del 150026. La sottigliezza e delicatezza delle for�e, per� , e Il : o­ cabolario di chiara impronta classicheggiante che carattenzzano Il soffitto . sono da assegnare a un'invenzione di Giuliano. In o� ni caso è poco v�rosi­ mile che il papa si sia rivolto già nel 1493 ad Antomo, dato che questi no� si era ancora creato un prestigio come architetto. Pare piuttosto che Vasan abbia ragione e che Giuliano avesse incaricat� il fratello di pren?ere in ma­ . . no la responsabilità del cantiere nel momento m cm egli era obbligato a par­ tire da Roma27. E questa partenza deve aver provocato un mutamento note­ vole nel rapporto tra i due fratelli.

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16 BORSI, Giuliano da Sangallo cit., pp. 375 e ss. 1 7 Ibid., p. 367; L. MASI, La fortezza di Poggio Imperiale a Poggibonsi, Pog­ gibonsi 1 992; L. PESCATORI-M. VALENTI-M. FERINI, Le fortificazioni di Poggio Im­ periale a Poggibonsi. Contributi preliminari per un recupero, in L'architettura cit., pp. 222-239. 18 Giuliano da Sangallo, in quanto maestro d'acia, aveva accompagnato Lo­ renzo de' Medici alla guerra di Sarzana. Il Magnifico, in un intervento personale, venne a soccorso delle truppe fiorentine impegnate nel difficile assedio ed esposte alle iniziative, alle spalle, dei Genovesi (NICCOLÒ MACHIAVELLI, !storie Fiorentine, VIII, XXX). 19 J.R. HALE, The Early Developpement of the Bastian, in J.R. HALE-J.R.L. HI­ GHFIELD-B. SMALLEY, Europe in the Midclle Ages, London 1 965, p. 48 1 . 20 P.J. JACKS, Alexander VI's Ceiling jor S. Maria Maggiore in Rom, «Rami� sches Jahrbuch fiir Kunstgeschichte», 1 2 ( 1985), pp. 63-82 aveva attribuito il sof­ fitto a Antonio da Sangallo. FROMMEL, Ronza cit., p. 417 propone, per ragioni stili­ stiche, di nuovo un'attribuzione a Giuliano. Cfr. anche BoRSI, Antonio da Sangallo cit., pp. 278 e ss. e SATZINGER, Antonio da Sangallo cit., pp. 1 3 1 e s. P. Anderson pubblicherà tra poco una ricerca su questo argomento.

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VASARI, Le Vite cit., p. 278. . .. . . . «Nam laquearia templi Beatae Mariae congnomento Mat?ns m. Exqml.ns, t», quod unicum ex eius piis operibus extat, voti multo ante concept1 reus maurav1 II, 1510, al 1475 dal tempi suoi ' de storie Le , FOLIGNO DA CoNTI SIGISMONDO DEI Roma 1 883, p. 146 (JACKS, Alexander VI's cit., p. 65). . 23 IoHANNIS BuRCHARDI Diarium sive renon urbanarum commentan, 1483's cit., p. 67) : 1506, ed. L. THuASNE, II, Pa1is 1 884, pp. 43-44 (JACKS, Alexander 24 «Labra en Santa Maria la mayor una muy insigne obra, aqui en el palacto de . Let­ San Fedro, en la benediccion, en Campo formio, y en muchos otros lugares» s, VI, Articulo de n leccio Co os. Historic Estudios FITA, tera pubblicata da R.P. FIEDEL 67). p. cit., s ' er Alexand (JACKS, 126 p. Madrid 1886, 25 BURCHARDI Diarium cit., p. 459 (JAcKS, Alexander 's cit., p. 67). 26 Roma, Archivio Capitolare di S. Matia Maggiore, Istromenti,. vol. V, ff. 77 r-v (JACKS, del 2 marzo 1499; ff. 8 l v-82r del 7 aprile 1499 ; ff. 82r-v del 8 apnle 1499; Alexander 's cit., pp. 80 e s.). . . . . . 27 VASARI, Le Vite cit., p. 279 «la quale andata era d1ff1c1le, percwcche Il palco il che lo fece non era ancor finito, e papa Alessandro non voleva ch' e' partisse. Per . fratello» suo Antonio per finire 22

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Nella primavera del 1494, i conflitti tra Giuliano Della Rovere e Ales­ sandro VI avevano raggiunto uno stato tanto drammatico che il cardinale di S . Pietro in Vincoli si rifugiò, il 24 aprile, prima nella rocca di Ostia e poi a Genova e nella natia Savona28. Egli deve aver chiamato subito Giulia­ no da Sangallo a Savona, cioè in un posto lontano dai Borgia e vicino alla _ Francia, e avergli commissionato il monumentale e splendido palazzo ro­ veresco29 (fig. 6). Il racconto, per quanto contraddittorio, del Vasari sul viaggio dell'ar­ . clutetto, prima in Liguria e poi in Francia, non sembra del tutto inventa­ , to30. E poco probabile però che il cardinale abbia portato Giuliano in Fran­ cia già nella primavera del 1494, come generazioni di storici dell'arte han­ no suggerito31 . Probabilmente il cardinale incontrò velocemente l 'architet­ to a Savona quando accompagnò Carlo VIII a Roma e a Napoli nell'in­ verno del 1494-149532, oppure dopo il tentato assalto a Genova nel giu­ gno-luglio 149533. Questa sosta gli avrebbe permesso di vedere il progres­ �o del pr_oprio pal�zzo e, fors' anche, di suggerire a Giuliano un soggiorno m Francia. Tuttavia non è neanche verosimile che un viaggio dell' archi­ tetto in Francia fosse stato previsto già nell'anno 1495, dal momento che ancora in dicembre Giuliano Della Rovere aveva intenzione di trasferirsi nella repubblica di Venezia34.

Per ragioni diplomatiche il cardinale rimase in Francia e nell'estate 1496 Carlo VIII pensò perfino di farlo eleggere papa (un progetto che ri­ flette in modo esemplare il disprezzo del re francese per Alessandro VI35). Sembra quindi che solo nella primavera del 1496 le condizioni fossero le più favorevoli per un soggiorno francese di Giuliano da Sangallo36. Pro­ prio in questo periodo egli potrebbe aver presentato a Carlo VIII, nell' a­ prile per qualche settimana presente a Lione37, il modello di un palazzo che secondo il Vasari egli aveva fatto per il cardinale38. Forse si trattava del modello per il palazzo di Savona o, più probabilmente, del modello per una nuova residenza ad Avignone, dove il cardinale risiedette come legato papale. Come risulta dalle indicazioni di Giuliano su un foglio del codice barberiniano, l 'architetto tornò in Italia tra il 26 aprile e il 4 mag­ gio 1496, toccando Avignone, Tarascon, Arles, Salon, Aix-en-Provence, Saint-Maximin, Grignolles, Draguignan e Grasse39. Grasse è situata poco a ovest di Nizza, dove il cardinale, che stava preparando le navi per un as­ salto di Genova, potrebbe aver aspettato il suo architetto40. Tornato a Sa­ vona, Giuliano deve essersi occupato subito del palazzo che nel frattem-

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28 L. VON PASTOR, Geschichte der Papste

ùn

Zeitalter der Renaissance m '

35 MARINo SANUTO, I Diarii, I, a cura di F. STEFANI, Venezia 1 879 (BROSCH, Papst Julius II cit., p. 73). 36 J. DE LAURIÈRE-E. MONTZ, Giuliano da Sangallo et les monuments antiques

'

Freiburg 1 924, pp. 384 e ss. . �9 P.F. FIORE, Diffusione e trasformazione del linguaggio architettonico fiorentmo: ll Palazzo della Rovere in Savona, «Bolletino del Centro di Studi per la Storia dell'Architettura», 25 ( 1979), p. 2; ID., La fabbrica quattrocentesca del palazzo del­ la Rovere in Savona, in Sisto IV e Giulio II mecenati e promotori di cultura a cura di S. BorrARo-A. DAGNlNO-G. RoTONDI TERMINIELLO, Savona 1 985, pp. 26 Ì -276 e 387-394; ancora in una lettera del l giugno 1496 si legge: «come Monsignore Rev.mo Cardinale Sancto P(iet)r(o) �d Vinculla fa fabricare in questa nostra città de Saona un palatio. Et ha deputati a la fabrica de ipso mti soi denm·i quali erano al go­ verno de Messer Jo.Baptista da Priamo», ASPi, Comma C30, f. 280r (cit. da FROM­ MEL, Roma cit., p. 4 1 3). 30 VASARI Le Vite cit., p. 280. 31 Ibid., p. 280; C. VON FABRICZY, Giuliano da Sangallo, I. Chronologischer Prospekt der Lebensdaten und Werke, «Jahrbuch der koniglich Preussischen Kunst­ sam ungen», 23 ( 1902), pp. 6 e ss.; BoRsr, Giuliano da Sangallo cit., p. 14. PASTOR, Geschichte cit., pp. 400, 407 e ss. 33 M. BROSCH, Papst Julius II. und die Griindung des Kirchenstaates, Gotha 1 878, p. 7 1 ; C. FUSERO, Giulio II, Milano 1 965, p. 205. 34 ASVe, Sen. Secr., XXXV,f. 206 del 1 2 dicembre 1495 (cit. in BROSCH Papst Julius II cit., pp. 72, 3 17 e ss.). ,

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du midi de la France, «Extraits de la Société nationale des Antiquaires de France», 45 ( 1 885), p. 8. 37 SANUTO, I Diarii cit., p. 98, «Nuove dil mexe di aprii 1496: Questo perché haveano, per lettere di 2 de l'instante da Lion il vescovo di Voltera orator die fio­ rentini, et come esso re lì a Lion era venuto per le cosse di Italia»; ibid. , p. 1 1 8, 26 aprile: «Di Pranza se intendeva il re era a Lion» e p. 1 38 «El re di Pranza, a di 26 aprii, a Lion fece uno edito contra venetiani [ . .] Et a di 27 parti per Ambosa; lassoe el ducha di Orliens a Lion». Anche in marzo Carlo Vill era presente a Lione (ibid. , p. 83) 38 «e d'un modello che Giuliano aveva fatto d'un palazzo per lui, fece dare un dono al re: ila quale modello era maraviglioso, ricchissimo d'ornamenti, e molto ca­ pace per lo alloggiamento di tutta la sua corte» (VASARI , Le Vite cit., p. 538); cfr. DE LAVRIÈRE-MONTZ, Giuliano da Sangallo cit., pp. 6 e ss. 39 Le tappe sono annotate sul verso del primo foglio -A- del Codice Barberi­ mano (Bibl. Ap. Vat., Barb. lat. 4424) coll'indicazione delle soste delle miglia per­ corse (DE LAVRIÈRE- MONTZ, Giuliano da Sangallo cit., p. 9; BoRSI, Giuliano da Sangallo cit., pp. 204 e ss.). 40 SANVTO, I Diarii cit., p. 1 3 8 «A Niza el cardinal San Piero in Vincula vi si trovava andato li dil suo vescoado di Avignon, et a Niza si feceva una nave di 2000 botte et se armava un'altra nava. Tentava pur di far voltar Zenoa». .


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po aveva raggiunto il livello sottostante i capitelli dorici dell'ordine del pian terreno41. Non sappiamo niente su altri progetti architettonici commissionati dal cardinale o dal re a Giuliano in Francia. In ogni caso pare che il sogno del­ l'artista fosse fallito. Egli non lasciò nessuna traccia in Francia, e neanche in Italia ebbe molto lavoro negli anni seguenti. Mentre il Vincula (come ve­ niva detto il Della Rovere, cardinale di S . Pietro in Vincoli) si trattenne fi­ no alla fine di maggio a Lione per recarsi a Parigi all'inizio di giugno42, il suo architetto ebbe gravissime difficoltà a tornare a Firenze43: Giuliano fu preso prigioniero presso Montecarlo (Lucca) da soldati pisani. Il 26 feb­ braio 1497 la signoria di Firenze si rivolse a quella di Lucca per la libera­ zione del prigioniero44, ma l'artista otteneva la libertà solo dopo sei mesi grazie al pagamento di una taglia di trecento ducati45. Secondo Vasari, An­ tonio, che era impegnato a Roma in questo momento, partì per Firenze per rivedere il fratello: «Aveva Antonio a Roma inteso queste cose, ed avendo desiderio di riveder la patria e' il fratello, con licenza partì da Roma»46. Dal 29 novembre 1497 Giuliano sostituì il fratello come capomastro dei Dieci di Balìa, una delle più importanti magistrature fiorentine47.

Antonio invece, godendo nella città eterna di una reputazione sempre maggiore, riuscì a ottenere un ruolo di primo piano alla corte pontificia: «il quale (Antonio) per avere ingegno buono e versatile, nel praticare la corte contrasse servitù col papa, che gli mise grandissimo amore»48. Benché man­ chino documenti, tantissimi elementi suggeriscono che Antonio fosse diven­ tato il successore di Pontelli, come architetto delle fmtezze della Camera A­ postolica49. Pare che Alessandro VI, poco dopo la sua elezione nell'agosto del 149250, abbia chiesto ad Antonio di rinforzare le fortificazioni di Castel Sant'Angelo, lavoro che cominciò nel 149351. Così Antonio riuscì a crearsi gran prestigio nell'architettura militare: «la quale opera gli diè credito gran­ de appresso il papa, e col duca Valentino suo figliuolo»52. L'iscrizione sul mastio, in cui si legge che «Alessandro VI pontefice massimo compì i re­ stauri l'anno 1495» fa capire che gran parte del cantiere in quell'anno era terminato53. Nel 1493 Antonio si occupò della modernizzazione delle forti-

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4 1 Matteo, il magister pidador sive pichapetra 1iceve il 17 maggio pagamenti: «pro pretio faciei sive petr·mum faciei et muri anterioris domum prefati réverendis­ simi domini domini Iuliani ad mensuram polmorum XXX a in altih1dine mensurate per Iulianum de Seingallo Florentinum magistmm petramm et picatorem» e «super solutione collonmum, m·chitravis, cornixioni, petrarum et marmoromm habitomm et haborendomm pro fabrica domus». Il pagamento conisponde alla somma di cin­ quecento ducati d'oro; G. MALANDRA, Documenti sulla cappella Sistina e sul Pa­ lazzo della Rovere a Savona, «Società Savonese di Storia Patria. Atti e memorie», n. ser., 8 ( 1 974), pp. 135-1 41 , (FIORE, La fabbrica quattrocentesca cit., p. 262). Si tratta della facciata su via dei Nattoni, l 'unica che ancora oggi si presenta con ordi­ ni sovrapposti ed un rivestimento in pietra e marmo al pian teneno (ibid.). 42 BROSCH, Papst Julius II cit., p. 73 43 Questo episodio documentato nel 1497, Vasari lo data erroneamente nel 1 503 (VASARI, Le Vite cit., IV, p. 28 1). 44 Firenze, Arch. d. Rif., Registro di lettere della Balla, filza 74 (cit. in GAYE, Carteggio inedito d'artisti dei secoli XIv, XV, XVI, I, Florenz 1 839, pp. 338 e ss.). 45 VAsARI, Le Vite cit., IV, p. 28 1 ; (cfr. MARcHINI, Giuliano da Sangallo cit., p. 109). 46 VASARI, Le Vite cit., IV, p. 281 (cfr. B oRsi, Antonio da Sangallo cit., p. 286). 47 ASF, Dieci di Balia, Stanziam e Condotte Cl. XIII, dist. 55 a c. 67t: «Giulia-. no di Francesco da Sangallo el quale hanno dichierato condotto ad provisione della persona sua per capomaestro in luogo del fratello a fior.5 larghi di grossi el mese, fior.X larghi di grossi per suo provisione di duo mesi al tempo dello officio loco fj 10LI» (cit. in FABRICZY, Giuliano da Sangallo cit., p. 20).

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48 VASARI, Le Vite cit., p. 279. 49 P. A. GUGLIELMOTTI, Storia delle fortificazioni nella spiaggia romana, Ro­ ma 1 887, pp. 93 e ss.; FROMMEL, Roma cit., p. 417. 50 La data dell'inizio dei lavori non è chiara. L'anno del ' 1492' è tramandato dal Diariwn di Burchm·d (PH. BONANNI, Numismata sununorum pontificum, I, Romae

1696, p. 135): «Addì ventidue del mese d'ottobre mille quattrocento novantadue si cominciò a demolire le case di maestro Giacopo il musica, e di altri romani, intor­ no al castello Santo Angelo; e furono poste le biffe sulle tracce del fosso che dovrà girare attorno all 'istesso castello» (cit. in GUGLIELMOTTI, Storia delle fortificazioni cit., p. 94). Non è da escludere però che l 'annotazione dell'emdito seicentesco sia inesatta dato che il 22 dicembre 1494 Buchard annotò nel suo Diarium (II, p. 2 11): «Feria secunda, 22 decembris (1494), incepta fuit mina domus Jacobi aurificis et aliorum circa castmm ipsum circumdare debet» (cfr. B oRSI , Antonio da Sangallo cit., p. 283). Guglielmotti cita un'inscrizione scolpita in mezzo alla cortina del se­ condo recinto: «Alessandro sesto pontefice massimo, nipote di papa Calisto terzo, di nazione spagnuolo, di patria valentino, e di casa Borgia, i baluardi e il passaggio dal palazzo Vaticano alla mole di Adriano, cadenti per vecchiezza, rifece più forti, l'anno della salute 1492» (GUGLIELMOTTI, Storia delle fortificazioni cit., p. 95) 5 1 E. MONTZ, Les antiquités de la ville de Rome au XIVe, XVe et XVIe siècle d'après des documents inédits, Paris 1 886, p. 62. La data ' 1493' è scolpita sul la­ to occidentale del bastione interno (V. FoR CELLA, Iscrizioni delle chiese e d'altri edificii di Roma dal secolo XI fino ai giorni nostri, XIII, Roma 1 879, n. 247; cfr. SATZINGER, Antonio da Sangallo cit., p. 1 26; F.T. FAGLIARI ZENI Bucmccmo, Le fonti documentarie sui baluardi di Alessandro VI a Castel Sant'Angelo, in Studi su Castel Sant'Angelo, a cura di L. PITIARELLO, Roma 1991 (Archivum Arcis, 3), pp. 87 e ss.). 52 VASARI, Le Vite cit., IV, p. 279. 53 Dato che Antonio fu occupato a Castel Sant'Angelo non vedo motivi per met-


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ficazioni pontificie di Offida e Tolfa54. Il 30 agosto 1494 egli fu mandato a Ostia come consulente degli assedianti55. Proprio questo episodio riflette in modo drammatico l'abisso che si era aperto tra le esistenze dei due fratelli: Antonio consulente degli assedianti della rocca, il signore della quale era Giuliano Della Rovere, committente di suo fratello56. Contemporaneamente Antonio realizzò lavori in Vaticano: la Torre Borgia era terminata già nel 149457 e, nel 1497, la porta di S. Pietro. Antonio deve essere stato impegna­ to continuamente alla cmte pontificia, se dal febbraio 1492 fino al dicembre 1494 manca ogni traccia di una sua attività a Firenze58. Ovviamente in questi anni si era stabilito un rapporto di grande fiducia tra Alessandro VI e il suo architetto: «E così mentre quel pontefice visse, egli di continuo attese a fabbricare; e per esso lavorando, fu non meno pre­ miato che stimato da lui» 59. Il papa fu così soddisfatto delle competenze del suo architetto nell' ambito delle fortificazioni che lo incaricò, probabilmen­ te già nel 149760, di trasformare la rocca di Civita Castellana in un vero pa-

lazzo inaugurando il cantiere di gran lunga più importante del suo pontifi­ cato61 (fig. 5). Nel frattempo però, e malgrado il successo sempre crescente alla corte pontificia, Antonio accettò, tra il maggio del 1495 e la fine del 149862, l'in­ carico di capomastro del Palazzo Vecchio a Firenze, un incarico prestigioso che doveva forse anche al suo ruolo alla corte pontificia. Si occupò della sa­ la nuova, e cioè della Sala del Gran Consiglio in Palazzo Vecchio63, e delle fortificazioni della repubblica. Pare assai sorprendente che l'architetto ponti­ ficio si sia allontanato da Roma per accettare un posto impegnativo nella città natia. Però i lavori cominciati in precedenza per Alessandro VI erano quasi terminati, mentre il {'rogetto ambizioso per la rocca di Civita Castellana non era ancora iniziato. E quindi probabile che Antonio, in questi anni, sia torna­ to a Roma regolarmente per dirigere i lavori a Castel Sant'Angelo64 - l'edi­ ficio fu tanto importante per il papa che, per vederne bene i progressi, spes­ so cavalcava all'intorno65 - e di porta S. Pietro. Può darsi che Alessandro VI abbia chiesto al suo architetto preferito anche di restaurare la rocca di Ostia nella primavera del 149766 e di modernizzare le strutture militari preesisten­ ti della rocca di Civita Castellana nell' agosto dello stesso anno67.

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tere in dubbio che lui sia identico al Magistro fiorentino muratori oppure al Magister Antonius florentinus menzionato nei contratti del 7 novembre 1494, ASV, vol. 527, f. 148v (cit. in MONTZ, Les arts cit., p. 200) e del 6 maggio 1495, ASV, Intr. et Ex. Cam., 1 494-1495, f. 1 86v (cit. in MÙNTZ, Les antiquités cit., p. 64); cfr. BoRSI, An­ tonio da Sangallo cit., p. 281 ; JACKS, Alexander 's VI cit., p. 69; SATZINGER, Antonio da Sangallo cit., p. 1 28; FAGLIANI ZENI Bucmccmo, Le fonti documentarie cit., p. 87. 54 ASR, Camerale I, Ufficiali Camerali, vol. 1 716, f. 67v del 1 8 ottobre 1493 (cit. in JACKS, Alexander VI's cit., pp. 69 e s.). 55 ASV, Intr. et Exitus, 1493-1494, f. 1 9 1 r. Dato che il 'magistro Antonio fio­

rentino' riceve solo 72 ducati, la sua responsabilità doveva essere limitata (cit. in MDNTZ, Les arts cit., p . 1 64; JACKS, Alexander VI's cit., pp. 69 e s.; BoRSI, Antonio da Sangallo cit., pp. 28 1 e s.). 56 Cfr. MDNTZ, Les arts cit., p. 1 64; BoRSI, Antonio da Sangallo cit., p. 282. 57 Lettera di Joan de Castre-Pin6s, vescovo di Agrigento ad Alessandro VI del 25 novembre 1493: «Mestre Antoni, murador, ha començat lavorar aci la porta; se­ gons diu, al dessenyo li ha manat vostra santedat. Lavora adagio, e diu és la causa per no haver dinés» (cit. da M. BATLLORI, De València a Roma. Cartes triades dels Bmja, Barcelona 1 998, p. 67); ringrazio Massimo Miglio di questa informazione. D. REma DE CAMPos, I palazzi vaticani, Roma 1 967, pp. 8 1 e ss.; cfr. FROMMEL, Ro­ ma cit., p. 417. 58 SATZINGER, Antonio da Sangallo cit., pp. 1 28 e 1 6 1 . 5 9 VASARI, Le Vite cit., N, p . 279. 60 ASR, Registro «ut supra dal novembre 1 496 al novembre 1497», f. 1 4 1 , «Se­ dici di agosto, 1497, ad messer Aloisio Attavanti, castellano di Civitacastellana, per insino a dì 1 6 di agosto, ducati sei di oro di Camera, ad carlini dodici per ducato, pagati per vigore di lettere camerali, per spese fatte nelle mtiglierie della réìccha». (GUGLIELMOTTI, Storia delle fortificazioni cit., p. 140). Vedere anche nota 59.

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61 Cfr. VASARI, Le Vite cit., IV, p. 279; su Civita Castellana vedere O. SPECIA­ LE, Antonio da Sangallo il Vecchio: Il Cortile della rocca di Civita Castellana, «An­ nuario dell'Istituto di Storia dell'Arte» (1973-1974), pp. 1 99-210; A. BRuscm, L'architettura a Roma al tempo di Alessandro VI: Antonio da Sangallo il Vecchio, Bramante e l'Antico. Autunno 1499-autunno 1503, «Bolletino d'Arte», 6• ser.,

70/29 (1985), pp. 67-90.

62 SATZINGER, Antonio da Sangallo cit., pp. 1 62 e ss. 63 D. FREY, Studien zu Michelagniolo Buonarotti und zur Kunst seiner Zeit,

«Jahrbuch der koniglich preuszischen Kunstsammlungen», 30 (1909), p. 1 19, Dok. 42. 64 Cfr. SATZINGER, Antonio da Sangallo cit., p. 128. 65 SANUTO, I Diarii cit., p. 6. 66 ASV, Inst1: Cam. 1 464-1502, c. 228, 1 8 marzo 1 497 (cit. in MDNTZ, Les arts cit., p . 221); cfr. BoRSI, Antonio da Sangallo cit., p. 286. 67 Già nell'ottobre del 1493 Alessandro VI visitò l'antica fmtezza: si legge in In­ fessura «Die XXVll octobris MCDXCIII, papa Alessandro VI recessit ab Urbe cum octo Cardinalibus, et dixit se velle ire Viterbium. Et postea reversus est» (cit. in Gu­ GLIELMOTII, Storia dellefortificazioni cit., p. 1 37). Nell'agosto del 1494 il papa fece at­ tum·e primi lavori non specificati: «Ad messer Antonio Petroni da Siena, già castella­ no di Civitacastellana addì 2 1 agosto 1494, ducati 25, et carlini 5 per certe spese fatte nella réìccha, pagati per vigore di lettere camerali addi 4 novembre 1494» (ASR, Regi­ stro della Contabilità della provincia del Patrimonio, novembre 1494, f. 126, cit. in GUGLIELMOTTI, Storia delle fortificazioni cit., p . 139); cfr. BoRSI, Antonio da Sangallo cit., pp. 287 e s.; BRUSCHI, L'Architettura a Roma cit., pp. 74 e ss.


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Tali impegni spiegherebbero il motivo per cui Antonio cedette la sua attività come capomastro dei Dieci di Balìa al fratello. Sembra che proprio nell' anno 1497 il progetto per Civita Castellana sia cominciato a concretizzarsi: «lEdificando versus Arcem [ . . . ] Versus Arcem novam [ . . . ] Versus Arcem quae nunc construitur»68. Alessandro VI chiese il parere anche di altri architetti se nel 1497 il Cronaca fu chiamato a Roma per dare un suo giudizio sul modello di un edificio che il papa voleva co­ struiré9. Nella primavera del 1499 Antonio tornò definitivamente a Roma70 e, nell' ottobre dello stesso anno, si impegnò a finire i palazzi di Nepi e di Civita Castellana entro 15 mesi71 . S e Giuliano, partendo per la Francia, aveva dovuto lasciare l 'esecuzio­ ne del palco di S. Maria Maggiore al fratello, Antonio ora ebbe una serie di prestigiose commissioni autonome. Dobbiamo però domandarci perché A­ lessandro VI avesse scelto invece di Giuliano, famoso maestro corteggiato da tanti committenti eminenti, il fratello più giovane e meno sperimentato. Giuliano deve essere stato un idealista, che contava sul dialogo con un committente sensibile e competente, tanto nell' ambito dell ' architettura quanto nell'interesse per l' antico, e umanamente attraente. Dopo la morte del Magnifico aveva trovato tale possibilità di dialogo nel cardinale Della Rovere, mentre il papa Borgia era di natura completamente diversa. Non è neppure da escludere che Alessandro VI sentisse una maggiore affinità con il linguaggio più massiccio e marziale, ma meno elegante, di Antonio. E ba­ sta paragonare il cortile della rocca di Civita Castellana con la facciata del palazzo Della Rovere a Savona (figg. 5 e 6), per accorgersi delle notevoli differenze: la facciata di Giuliano si distingue per le proporzioni equilibra­ te, le paraste sottili e i capitelli sofisticati, mentre il cortile di Antonio è ca­ ratterizzato da arcate tozze e da dettagli non privi di una certa grossolanità.

Basta inoltre guardare la facciata della chiesa di S . Giacomo degli Spagno­ lin, una delle rare architetture del pontificato di Alessandro VI, per capire quan­ to la città etema fosse ancora lontana dall' età d'oro di Giulio II e di Leone X. Malgrado la loro attività per committenti avversari, i due fratelli rima­ sero sempre legati da un'amicizia profonda. Continuarono ad acquistare in­ sieme teneni, come, nel dicembre 1497, un teneno edificabile per ingrandi­ re la loro casa in Borgo Pinti e, il 2 settembre 1502, un podere all' Antella73. Vasari riferisce che Antonio era intelligentissimo delle cose d' agricoltura74. Il palazzo di Savona probabilmente doveva raggiungere le dimensioni della Cancelleria, ma sotto la direzione di Giuliano non superò lo stadio frammentario del pian terreno. Nel 1499 Giuliano si recò a Loreto per co­ struire la cupola della basilica lauretana75, dove murò personalmente l'ulti­ ma pietra il 23 maggio del 1 50076 • Il committente era il cardinale G�ol�mo Basso Della Rovere, cugino del cardinale Giuliano che, anche dopo Il vraggio in Francia, continuò a proteggere il suo architetto. . L'elezione al trono pontificio di Giuliano Della Rovere, rl 26 novembre 1503, suscitò grande entusiasmo in Giuliano da Sangallo: «fu creato ponte­ fice il cardinale di S. Pietro in Vincola chiamato papa Giulio II; la qual co­ sa fu di grande allegrezza a Giuliano per la lunga servitù che aveva seco; o�­ de deliberò andare a baciargli il piede»77. In realtà il va et vient dell'archi­ tetto durante il pontificato di Giulio II è sintomo di un rapporto estrema­ mente conflittuale. Con grande probabilità Giulio II aveva subito chiamato Giuliano da Sangallo, che aveva accettato qualche mese prima la successio­ ne di Baccio d' Agnolo come capomastro del Palazzo de' Signori a Firen­ ze78. Quando nell 'invemo del l 503-1504 l'architetto anivò nella città etern

fig. 8 1 .

68 Archivio Notarile nel palazzo municipale di Civita Castellana, Atti di Gra­ ziani, del l 6 dicembre 1 497, Vill, p. 260 (cit. in GUGLIELMOTTI, Storia delle fortifi­ cazioni cit., p. 140); vedere anche BRuscHI , L'Architettura a Roma cit., p. 87. 69 VASARI, Le Vite cit., IV, p. 457. 70 li 9 gennaio Baccio d' Agnolo viene designato «capomagistrum muragl(i) e

super sala nova consilij locho Antonii Francisci de Sanghallo» (ASF, Deliberazioni e stanziamenti degli operai del Palazzo, filza 1 8, c. 26 cit. in FREY, Studien zu Mi­ chela?niolo cit., p. 121). L' 8 e il 9 aprile del 1499 viene firmato il contratto per il comprmento del soffitto di Santa Maria Maggiore (JACKS, Alexander VI's cit., pp. 80 e s.; cfr. SATZINGER, Antonio da Sangallo cit., pp. l 3 1 e s.). 71 ASV, Capitolo X, Instrumenta Camere 1 487-1496 , ff. 332-333 (Arm. XXXIV , n. 1 3) cit. in MDNz , Gli architetti Cola di Caprarola e Antonio da Sangallo il Vec­ chio a Nepi, «Arte e storia», 1 1 ( 1 892), pp. 33-35, n. 5.

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P. TOMEI, L'architettura a Roma nel Quattrocento, Roma 1 942, pp. 1 28 e ss., .

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73 ASF, Conv. soppr. Badia, di Firenze Libri Deb.'"' e Cred.,., dal 149 1 al 1 5 5 segn. Giornale H N° 4 a c. 31 (7 dicembre 1 497); Arroti del 1 504, Quart. S. Gw­ vanni, Primo, filza, I . 1 7 1 a c. 206, 2 settembre 1 502 (cit. in FABRICZY, Giuliano da Sangallo cit., pp. 21 , 38 e ss.). . 74 VASARI, Le Vite cit., IV, p. 290 (cfr. BoRSI, Antonio da Sangallo c1t., p. 292). 75 P. GlANUlZZI, La chiesa di Santa Maria di Loreto, «La rassegna nazionale», 3 ( 1 884), pp. 429-457; ID., Documenti inediti sulla basilica loretana, «Archivio storico

dell'Arte», l (1888), pp. 273-279, 321-328, 364-37 1 , 415-426 e 45 1 -462; M. CAMPA­ GNOLI, Gli architetti della basilica, in Il santuario di Loreto, Loreto 1994, pp. 27. 76 Nota autografa sul Taccuino senese cit., f. 5 1 v; (cit. in FABRICZY, Giuliano da Sangallo cit., p. 1 6; MARCHINI, Giuliano da Sangallo cit., p. 109). 77 VASARI, Le Vite cit., IV, p. 281 . 78 ASF, Deliberazioni degl 'Operai del Palazzo dal 1 503 al 1 508, Classe Vill, n. 23, Stanza m, Armadio 2, a c. 36 del 1 7 giugno (cit. in FABRICZY, Gi�tliano �a Sangallo cit., p. 41). Si tratta del posto che Antonio aveva posseduto tra il magpo 1495 e gennaio 1 499 (SATZINGER, Antonio da Sangallo cit., pp. 1 62 e ss.).


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na79, il papa gli affidò come primo lavoro la ristrutturazione di Castel Sant'Angelo, uno dei suoi luoghi preferiti80. Probabilmente si trattava solo dell'appartamento privato, al livello dei grandi cortili, del quale faceva par­ t� anche l � f�mosa loggia. Questa era finita nel secondo anno del suo pon­ . . t�Icato e cwe pnma del novembre del 1 50581. Durante questo periodo Giu­ liano dovette prendere atto che Bramante aveva acquistato un ruolo di pri­ mo rango alla corte pontificia: appena eletto papa, Giulio II gli aveva com­ missionato il Cortile del Belvedere, senza aspettare il ritorno di Giuliano da Sangallo, grande progettista di residenze e ville principesche. Un'altra de­ lusione aspettava l 'architetto nella primavera del 1 505 quando Bramante ri­ cevette anche l 'incarico del nuovo S . Pietro: «Perché Giuliano sdegnato, pa­ rendogli avere ricevuto ingiuria dal papa, col quale aveva avuto stretta ser­ vitù, quando era in minor grado, e la promessa de quella fabbrica, domandò licenzia»82. Secondo Vasari e Condivisi, Giuliano aveva dato dall'inizio spinte decisive a questo progetto grandioso83. Comunque provocò, con le sue critiche, almeno una svolta fondamentale della progettazione bramantesca84. c10 · ' nonostante deve aver sentito amaramente che il futuro apparteneva a Bramante; a quello stesso aveva dovuto cedere, già nel 1503, il fratel­ lo Antonio che dopo la morte di Alessandro VI tornò per sempre a Firenze. Tuttavia le scelte e le decisioni umane si rivelano più complesse di quanto appare a prima vista: se il nuovo papa deve aver subito capito che solo Bramante era in grado di tradurre la sua utopia imperiale in pietra, egli non aveva escluso Giuliano da Sangallo incaricandolo di lavori attraenti e interessanti, tanto che egli si stabilì a Roma con tutta la famiglia all'inizio del 1 50685. Sembra che nel 1 506 Giuliano abbia accompagnato il papa a

79 Cfr. VASARl, Le Vite cit. , IV, p. 283. Di un primo soggiorno di Giuliano du­ rante il quale «fu fatto esecutore delle sue prime fabbriche innanzi la venuta di Bra­ mante», manca ogni traccia. 80 ASV, Intl: et Ex. ad ann., 1 504 die XXX Maii: «Due. 25 auri de camera de mandato sub dieta die magistro Juliano Sangallo architecto pro residuo maioris summe pro nonnullis operibus factis in castro Sabcti Angeli ad usum S.D.N» (cit. in K. FREY, Zur Baugeschichte von Sankt Peter, «Jahrbuch der koniglich preuszischen Kunstsammlungen», 3 1 (1911), p. 32. 81 C. D 'ONOFRIO, Castel S. Angelo, Roma 1 97 1 , p. 213. 82 VASARl, Le Vite cit., IV, pp. 282 e s. 83 Ibid. ; AscANio CoNDIVISI , Vita di Michelangelo (1553), Firenze 1 944, pp. 35 e ss. 84 CH.L. FROMMEL, San Pietro, in A. B Ruscm-CH.L. FROMMEL-F.G. METIER­ NICH-C.THoENES, San Pietro che non c 'è, Milano 1 996, pp. 261 e s. · · 85 am 1·10 II aveva emesso il salvacondotto per il trasferimento in ottobre 1505· ASV, Brev. Julii II, ann. 2, 23, f. 686, dd0• 22 octobris 1505 (cit. in FABRICZY, Giu� Ziano da Sangallo cit., p. 41).

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Bologna, dove potrebbe essere stato responsabile dell'allestimento della processione cerimoniale86. L'arco di trionfo, realizzato da Antonio da San­ gallo il Giovane per il ritorno del papa nella città eterna, seguì senza dub­ bio un progetto di Giuliano87• Non è da escludere che Giuliano abbia parte­ cipato alla decorazione interna dell'appartamento papale, come farebbero i­ potizzare le edicole delle finestre della stanza da letto88. Comunque, nessu­ no dei grandi progetti di Giulio II - dal Cortile del Belvedere a S. Pietro, dalla ristmtturazione del Palazzo Vaticano fino al Palazzo dei Tribunali - fu assegnato a Giuliano da Sangallo. E non sappiamo in che modo una colla­ borazione con Bramante, segnalata da Vasari, potrebbe essersi mticolata: «non astante che egli fusse ordinato compagno di Bramante in altri edifizj che in Roma si facevano»89. Non è da meravigliarsi che già nel 1 507 Giuliano abbandonasse la cor­ te papale per lavorare di nuovo a Firenze90. Sollecitato dal papa, egli tornò ancora una volta a Roma nel 1508. Ve­ dendo che i grandi progetti non andavano avanti91, riuscì a ottenere la licenza per ritornare a Firenze all'inizio del 1509. n papa, in uno dei suoi temuti ac­ cessi collerici, aveva esitato a lasciar pmtire il suo architetto: «Credi tu che non si trovino de' Giuliani da Sangallo?»92 Infine gli fece un dono di cinque­ cento scudi augurandogli buon riposo e dichiarando che «in ogni tempo gli sa­ rebbe amorevole»93. Durante il pontificato di Giulio II, Giuliano da Sangallo non mise più piede a Roma, e solo nella primavera del l 5 13, subito dopo l'e­ lezione del figlio di Lorenzo il Magnifico, Leone X, tornò nella città eterna. 86 VASARl, Le Vite cit., IV, p. 283 ; CH.L. FROMMEL, Introduction. The Drawings oj Antonio da Sangallo the Youger: Histmy, Evolution, Method, Function, in The Architectural Drawings ofAntonio da Sangallo the Younger and his Circle, I (For­ tifications, Machines, and Festival Architecture), a cura di CH.L. FROMMEL-N.A­ DAMS, New York 1994, p. 1 1 . 87 C. JOBST, Die Planungen Antonios da Sangallo des Jiingeren fiir die Kirche S. Maria di Loreto in Rom, Wmms 1 992, p. 140; FROMMEL, Inn·oduction. The drawings cit. 88 CH.L. FROMMEL, Eine Darstellung der "Loggien " in Raffaels "Disputa", in J. MDLLER HoFSTEDE-W. SPIES, Festschrift fiir Eduard Trier zum 60. Geburtstag,

Berlin 1 982, p. 124, nota 39. 89 VAsARl, Le Vite cit., IV, p. 283. 90 L' 8 novembre riceve l'incarico, insieme con il Cronaca, Baccio d' Agnolo e suo fratello, di fare il modello definitivo per il ballatoio della cupola del duomo (C. GUASTI, La cupola di S. Maria del Fiore, Firenze 1 857, p. 1 22, doc. 341). 9 1 «vedendo che solo alla fabbrica di San Pietro si attendeva, ed anco a quella non molto», cfr. VASARl, Le Vite cit., IV, p. 284. 92 Ibid. 93 Ibid.


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Fig. l . - Amsterdam, Rijksmuseum, Giuliano da Sangallo, Ritratto di

Piero di Cosimo.

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Fig. 2. - Roma, Vaticano, Appartamento Borgia, Sala dei Santi, Pintmic­ chio, Disputa di s. Catarina (Ritratto di Antonio da Sangallo, particolare).


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Fig. 3. - Roma, Vaticano, Appartamento Borgia, Sala dei Misteri, Pintu­ ricchio, Papa Alqsandro Borgia, particolare.

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Fig. 4.

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Città del Vaticano, Pinacoteca, Melozzo da Forlì, Ritratto di

Giuliano Della Rovere, particolare.


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Fig. 5. - Rocca di Civita Castellana, cortile

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Fig. 6. Savona, Palazzo Della Rovere, facciata. -

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GIOVANNA CASAGRANDE-PAOLA MONACCHIA * Colomba da Rieti di fronte ad Alessandro VI

Interessarsi, sotto qualsivoglia angolazione, della figura della beata Colomba da Rieti, la mistica terziaria domenicana vissuta alla fine del XV secolo soprattutto in Perugia e qui morta nel 1501 a soli trentatre anni d'età, richiede sostanzialmente l'analisi di due distinti tipi di fonti: da una parte, la legenda agiografica del p. Sebastiano Angeli, già suo personale confessore, dall'altra la rilevante messe di documenti, in originale o in co­ pia autentica, che gli archivi locali e il processo di beatificazione hanno tramandato. Anche la specifica problematica connessa ai rapporti di Colomba e del suo monastero con Alessandro VI e la Curia romana non sfugge a questa logica e diventa imprescindibile collegare e comparare testo agiografico, documentazione civile e testimoni processuali. Il capitolo 34 della legenda di Colomba da Rieti - si utilizza in que­ sta sede il testo in volgare1 - s 'intitola De la investigatione publica de la vita sua per Alexandro sexto pontefice maximo. Questo titolo è già di per * Giovanna Casagrande ha redatto le pp. 917-942 e 948-95 1 ; Paola Monacchia le pp. 942-947 e 952-95 1 . 1 li testo della Leggenda in volgare consiste in un unico testimone conservato a Perugia, Biblioteca Comunale Augusta, ms. D 62 (d'ora in poi LV). La LV è sta­ ta, ad esempio, utilizzata da A. BAGLIONI, Colomba da Rieti (1467-1501), Roma 1 989, riduzione a carattere più divulgativo di una precedente stesura (BALEONEUS AsTUR, Colomba da Rieti, Roma 1 967), e da I. Tozzr, Una scelta di vita religiosa nella prima età moderna. Beata Colomba da Rieti, Bologna 1 996, testo a sfondo di­ vulgativo purtroppo privo di metodo storico-critico e con errori d'interpretazione storiografica. A Perugia in vista del 2001 - anno anniversario della scomparsa di Colomba - sta maturando l'iniziativa di pubblicare il testo della LV nella sua inte­ rezza. La versione latina è invece tramandata da cinque testimoni cfr. E. MENESTÒ, La legenda della beata Colomba e il suo biografo, in Una santa, una città (Atti del Convegno storico nel V centenario della venuta a Perugia di Colomba da Rieti, Pe­ rugia 10-12 novembre 1989), a cura di G. CASAGRANDE-E. MENESTÒ, rist. Spoleto 1991 2, pp. 1 6 1 -175. La figura di Colomba da Rieti è oggetto di recenti studi (che ovviamente rinviano alla letteratura storiografica precedente) quali: G. ZARRI, Le sante vive, Torino 1 990, pp. 87-1 63; traduzione inglese Living Saints: A Typology of Female Sanctity in the Early Sixteent Century, in Women and Religion in Medie­ val and Renaissance Italy, a cura di D. BoRNSTEIN-R. RuscoNI, Chicago-London 1996, pp. 219-303; della stessa cfr. la voce ne Il grande libro dei santi. Dizionario Enciclopedico, a cura di E. GUERRIERO-D. TuNiz, Cinisello B alsamo 1998, pp. 467-


T s� significativ� di quello che è in gran parte il tono impresso allo svolger­ della narraziOne legendaria dal confessore-biografo p. Sebastiano An­ geli2. �i trat a di un testo pervaso di tensione; un clima di sospetto, di co­ stante mdagm � , di �on inue investigazioni, impugnazioni, detrazioni per­ corre numerosi caprtoh del racconto di Sebastiano. Nonostante una non trascurabile bibliografia recente segnalata alla nota l , la legenda di Co1om? � non è stata ancora studiata in modo approfondito sotto i tanti e mol­ teplici aspetti di cui invece è ampiamente ricca. Non sta a noi rimediare a ciò in questa sede; qui s'intende solo centrare l' attenzione su Colomba di ronte ad Alessandro VI3 e quindi ai B orgia: un' angolatura specifica che . Immette 111 un contesto estremamente complesso e - si potrebbe dire - al­ tamente intrigante. La legenda è un testo problematico che presenta notevoli difficoltà dove riesce - ovviamente - difficile estrapolare l ' ' autentica' figura di Co �

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470; Una santa, una città cit.; R. RuscoNI, Colomba da Rieti, in E. MENESTò-R. RuscoNr, Unzbria. La strada delle sante medievali, Torino 1 989, pp. 179-1 96; R. ARGENZIAN_D , caterina da Siena (1347-1380) e Colomba da Rieti (1467-1501) un . r�ffrm�to dz vzta e di immagine, in Con l'occhio e col lume (Atti del corso semina­ . I

naie dr studr su s. Caterina da Siena, settembre-ottobre 1 995), a cura di L. TRENT ­ �· ANGE A DDABB O, Siena 1 999, pp. 269-305. La si incontra menzionata in rif!es­ s�om complessive sulla santità e sulla mistica femminile medievale, cfr., ad esem­ piO, C. WALKER BYNUM, Holy Feast and Holy Fast, Berkeley-Las Angeles-London 1 987, pp. 146-148 e ad indicem; R.M. BELL, La santa anoressia, Bari 1987, pp. 1 7- 1 83 ; P. DINZELBACHER, Rifiuto dei ruoli, risveglio religioso ed esperienza mi­ s ca delle donn� nel Medioevo, in Movimento religioso e mistica femminile nel Me­ dzoevo a cura dr P. �INZELB�C�ER-D.R. E AUER, Cisinello Balsamo 1 993, pp. 3 1 -89; : . In., Mzstzca e pro(ezza fenunz �ule nel Medioevo europeo. Una panoramica, in Don­ ne po;ere e pr fezza, � cura dr A . VALERIO, Napoli 1 995, pp. 121-138. Sul pers_onaggw cfr. T. KAEPPELI, Il registro di Sebastiano Bontempi D.P. . . przore provznczale romano (1510-15), «Archivum Fratmm PraedicatonJm» 3 1 ( 1 96 1 ), pp. 307-322; V I. COMPARATO, B,ontempi Sebastiano da Perugia, in DEI, 1 , Roma 1 970, pp. 437-43 8. Il personaggio è ovviamente presente ne La cronaca dz S. Domenico di Perugia, a cura di A. MAIARELLI, Spoleto 1 995, pp. 1 02- 103. Una recente m�ssa a �unto ha chiarito la confusione che si era per lungo tempo in­ generata sulla f�g�ra dr questo frate domenicano autore della Legenda e un altro fra­ . te om?I�I�o, eli�nando l'e�uiv�co eire� l 'appartenenza alla famiglia Bontempi di Perugra, rl Sebastrano per�gmo e semplicemente Sebastiano Angeli/d' Angelo, cfr. _ E. PANELLA , La contznuazzone quattro-cinquecentesca della Cronaca di San Dome­ nico i Perugia, «Arc�ivum Fratrum Praedicatorum», 65 ( 1995), pp. 291-303. . La nostra rdea dr approfondire I ' argomento Colomba di fronte ad Alessandro VI in occasione di questo Convegno è maturata indipendentemente dal suggeri­ ment? espresso da A: VALERIO, L'altra rivelazione. L'esperienza profetica femmini­ le nez sec. XIV-XVI, m Donna potere e profezia cit., p. 147.

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lomba dalle maglie in cui gli intenti, gli interessi, la sensibilità, la cultu­ ra, i fini personali dell' agiografo stesso l ' hanno in qualche modo ingab­ biata. Non c'è bisogno d'insistere sul fatto che i testi agiografici sono tra quelli meno ' oggettivi' su cui si esercita la più attenta analisi critica, bast pensare alla fin troppo celeberrima ' question e fran� esca� a'. a legenda dr _ agrografrco dr spessore se­ Colomba in particolare rientra in uno 'stereotrpo colare'4 dove si accavallano una pluralità di componenti: dai più vari e clas­ sici topo i agiografici (ad esempi� , C�lomb � fin dal �omp�rtamen_to i n an . . le è già santa penitente) ad un frtto 111trecc10 di rapimenti, estasi, ISI? m , . miracoli· dall'insistenza sulla vita penitenziale (astinenza, flagellazrom, CI­ lici ecc. alla sottolineatura della intensa devozione all'eucarestia ed all� passione di Cristo. Il p. Sebastiano inoltre è costantemente preoc�upat? dr modellare la figura di Colomba su quella di Caterina da Sien�6 e SI ag�mn­ ga che il contesto della legenda di Colomba è quello - ormai ben delinea­ to7 - delle 'sante vive' dove ad estasi, rapimenti e visioni si aggiunge il do­ no della profezia, anzi proprio quest'ultima è componente intrinseca d�l ca� risma loro riconosciuto e/o attribuito8. La dimensione mistico-profetrca dr Colomba è senza dubbio uno degli aspetti che più s 'impongono ad una sia pur superficiale lettura del testo legendario, ma a�canto a questo a�pe to ­ e consequenzialmente ad esso - ciò che colpisce rl lettore è anche rl drffu­ so clima di sospetti e di opposizioni, ciò che per certi versi, nell'intento d�l1' agiografo, diviene elemento per rendere più eroica l a fi�ura della eata 111 . grado di resistere alle forze a lei avverse, ma per altn e, r�velatore dr un s?: . . strato di preoccupazioni di varia natura: da una mentalita, umamstrca pr� . critica, pervasa tuttavia da componenti magico-superstiziose, ad un' ansi� dr . riforma della Chiesa che poteva sconfinare in netta avversrone al vertrce stesso dell'istituzione ecclesiastica. La figura di Colomba - come detto - non è affidata �erò solo alle � a� . . gine del p. Sebastiano: la documentazione rinvenuta negli archivi perugnn

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4 ZARRI, Le sante vive cit., pp. 103-104.

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5 Tutte componenti caratteristiche della mistica femminile dal secolo XII m poi, cfr. A.VAUCHEZ, La santità nel Medioevo, Bologna 1 989, pp. 172- 173; DINZELB ACHER, Rifiuto dei ruoli cit.; ID. , Mistica e profezia cit. . . 6 Cfr. MENESTÒ, La legenda della beata Colomba crt.; ARGENZIANO, Caterzna da Siena (1347-1380) e Colomba da Rieti (1467-1501) cit. 7 ZARRI, Le sante vive cit.; EAD. , Profeti di corte nell'Italia del Rinascimento, in Mistiche e devote nell 'Italia tardomedievale, a cura di D. BoRNSTEIN-R. RuscoNI, Napoli 1 992, pp. 209-236.

. . . . Per un quadro circa la diffusione della qualità profetlca femmmile m conco­ mitanza con istanze di rinnovamento e riforma della Chiesa cfr. VALERIO, L'altra ri­ ve!azione cit. s


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e cospicua 9 ; non mancano stralci di cronache 10; lo stesso Processo di beatificazio�e11 raccoglie materiale documentario di vario genere; tutto ciò ha consentlto e consente di verificare la consistenza storica reale di episodi e . fatti_ nanatl o per lo meno di conferire loro uno spessore di credibilità. È co­ sì pertanto credibile l'incontro tra Colomba ed Alessandro VI. Colomba e i Borgia nella narrazione di p. Sebastiano Angeli.

Né la Cronaca del Maturanzio12 né la Historia del PellinF3 accennano all'incontro di Colomba con Alessandro VI pur dedicando inevitabilmente qualche pagina alla presenza del papa Borgia a Perugia nel giugno del 1495 quando :- come è noto - il pontefice cercò di evitare ogni possibile incon­ _ tro r�vv1cmato con Carlo VIII che risaliva la Penisola. E il già menzionato capitolo 34 della legenda che nana l'incontro di Colomba con il pontefice. «Cap. 34: - De la investigatione publica de la vita sua per Alexandro sexto pontifice maXÌlllo. Die una de la sanctissirna Pentecoste neli' anni mille quatro­ _ el sanctissimo signore Alexandro papa VI cent� novant � cmque _ pont1f1ce max1mo venne nella sua cità de Peroscia precedente co9

G. CASAGRANDE, Terziarie domenicane a Perugia, in Una santa, una città Cit., pp. 109-159; P. MONACCHIA, La beata Colomba nella documentazione perugi­ _ Una santa, una città cit., pp. 1 99-228. na, m 10 Nella Cronaca della città di Perugia dal 1498 a/ 1503 di F. MATURANZIO «Ar­ chivio Storico Italiano», 1 6/2 ( 1 85 1), pp. 3-243, si parla di Colomba alle pp. 5-6. 11 Cfr. I. VENCHI, Il proc_esso di beatificazione, in Una santa, una città cit., pp. _ _ _ cm ongmale 229-237. Il Processo - Il si conserva nell'Archivio Diocesano di Pe­ rugia - è ora in gran parte trascritto ad opera di P. Monacchia. 12 Cfr. MATURANZIO, Cronaca cit., pp. 37-39. 13 f!oMP�o FELLINI, Del�'historia di Perugia, Venezia 1 664, III, Perugia 1970, pp. _ 6 1-62. E ovvio che l'episodiO è nmmto in tutte le biografie di Colomba da quella di LEAN�RO �BERTI, Vìta d�lla Beata Colomba da Rieti, Bologna 1 52 1 , a quelle, ad esempw, di E. Rrccr, Stona della b. Colomba da Rieti, Perugia 1 90 1 e di BAGLIONI Co�om�a da Rieti cit. Il Pastor, ad esempio, non accenna all'incontro, ma non trascu� r� rife�1mei�h_ a Colomba ed al suo biografo sulla scorta del Ricci (L. VON PASTOR, Sto­ na dez papz dalla f!n� del �e�ioevo, _III, Roma 1 959, p. 587). Colomba non compare mm_ n�l celebre J?wnum di Gwvamn Burcardo che per altro presenta una lacuna dal 12 apnle al lO dicembre del 1495 (JOHANNIS B URCHARDI Diarium sive rerum urbana­ rum commentarii (1483-1506), a cura di L. 'THuASNE, II, Paris 1 884, p. 252, nota 2). •

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COLOMBA DA RIETI DI FRONTE AD ALESSANDRO VI pioso apparato de exerciti e sequente la corte romana cum grande frequentia de populi. E quando intrava essa cità la devota vergene de Christo Colomba cum le suoi venerande suore e cum decente compagnia sedevano sopra li gradi avante a le porte de la ciesa per vedere la maiestà papale e consequire la benedictione del pontefi­ ce maxirno. E perché esso monarcha incedeva cum la faccia in de­ ricto e non guardava a la dextra, io genuflexo in terr-a chiamai: «Beatissimo padre la tua sanctità benedica quiste pie suore». Quil­ li che lo portavano stectero fermi. Quillo miravegliato dixe: «<n­ cedete via», ma quillistavano; e io iterai: «Beatissimo padre la vo­ stra benedictione in suora Colomba e le suoi clientule». Quillo re­ spuse: «io l'ò data» e cum li piedi stirnulava la sedia e cathedra che li portatore andassero. Miravelglia: quilli non se mutaro che prima a lei voltato solempnemente le benedixe. A quil tempo la Sua Santità uno dì era disceso a la ciesa de Sancto Pietro al quale retomando gimmo alegramenti inscontro e pregammo la Sua Beatitudine suplicirnente che se dignasse cele­ brare la festa del Corpo di Christo secondo la consuetudine de la nostra cità in esso permagnifico tempio de Dio cioè nella ciesa de Sancto Domenico che noi cultivamo e la Sua Beatitudine clemen­ tissimamente aceptò. E intrando in ciesa deliberò de parlare a es­ sa vergine de Christo in choro, la quale vocata dal maestro de le suore quanto più presto cum alcune matrone e citadine venne. Ma non haveriano poduto resistere a la strecta de la multitudine né de­ fendere da lo importunio de quilli che haveriano talgliate le suoi vestirnente. E in però impetrai li maçiere papali e così intra la fre­ quentia populare demmo el passo e adito e acesso per fino al so­ lio pontificio in capo del choro dove era circumstante de là e de qua li reverendissimi cardinali e ogni primato de la corte romana. E la pia vergine consequentemente genuflexa devotamente se pro­ strave supra li gradi a li beati piede de esso maximo autiste e ex­ pansi li braccia e mano occupò le extremità de li suoi vestirnente e rapta in spiritu se fé immobile como una pietra. E perseverando così in extasi impetrammo lo acesso a basciare li beati piede per tucte le suoi suore. Le quale così ordinatamente como venivano andavano via. E quando el pontefice medesimo havé seriosamen­ te examinata la genitrice de essa vergine haveria voluto che l ' a­ vessemo levata overo de se partire e lassarla così. Ma perché ha­ vea agrappati cum le mano e strecte le fine de le veste e li deta de le mano suoi più presto se seriano rocti che poderli flectere, biso­ gnò onminamente che expectasse. Intra el tempo molto me prega­ va el devoto oratore del re de Y spania che quilli patamostri che es-

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GIOVANNA CASAGRANDE-PAOLA MONACCHIA sa havea tra li deta io li havessi pigliati che la recevea per regio dono. Ma io temea de lo attentare. De po longa mora excitata asur­ rexe e facta da presso e recta, dimandata dal summo pontifici, pru­ dentemente respondea a tucte le cose cum quilla sua consueta sim­ plicità e modestia. Ma quando el papa la dimandò de certe cose più ardue, un'altra volta andò in extasi e remase recta como de pietra. Unde stupefacto ipso summo antiste comminatoriamente a me indixi: «Rabbie guardia patre che io so el papa e referisceme de quista ciò che ne sai e la pura veritade». Io era pocho de lunga inginochione, respuse: «Beatissimo Patre io so certamente che tu sei Christo e io dico la veritade. Quista serva de Christo suora Co­ lomba venne qua advena e peregrina una cum lo patre e honesta comitiva e da la devotione de quisto populo constrecta remase e persevera perfino a quisto tempo in ogni sanctimonia. Io dal prin­ cipio dubiò e de la verità incredulo la observai astutamente, nien­ tedemeno tucti li bene che de lei se dicono per experientia trova­ ma essere vere de facto. È in verità de suprema abstinentia e in oratione assidua e de devotissimo culto e veneratione de Dio e de uno gram rigore de penitentia. Ma per non essere lungo: iuro per lo vivente Iesu Christo e per la tua vivente maiestà che per quan­ to cognosco perfino a quisto tempo si nella legenda de sancta Catherina da Siena mutuato el vocabolo sia posta suora Colomba ciò che de essa essentialmente de costumi e de facti ogni cosa se ne verifica totalmente». E quisto dixe alta voce che l'audivano li circumstante. E così el reverendissimo monsignore Cesare Borgia el quale al pontefice assisteva, vulgarmente chiamato el cardillale de Valentia, publicamente dixe: «Beatissimo Patre de certo è da credere si magistro Sebastiano dice cusì de essa inperoché nelli anni superiori lui como de quista cosa dubiò qui avante a me mol­ to l' avea diminuita e represa e per lungo tempo cautamente per­ scruptata». Asurrexe similemente el reverendissirno cardinale de Siena14 da poi Pio papa tertio e a la scuperta e piena voce diligentemente e pienamente orò de uno bello sermone de la integrità de la vita de essa beata Colomba e de la sanctimonia. E puoi verso de me op­ puse e de noi se gravò che essa venerabele vergene andava a Sie-

1 4 Francesco Piccolomini; cfr. C. EUBEL, Hierarchia catholica Medii Aevi, Il, Monasterii 1 914, p. 235; PASTOR, Storia dei papi cit., III, ad indicem; G. MORONI, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, LIII, Venezia 1852, pp. 70-73. Il Pic­ colomini risulta legato di Perugia nel 1488, cfr. A. MARIOTTI, Saggio di memorie i­ storiche perugine, I/2, Perugia 1 806, p. 344.

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na e noi l 'havamo rapita e extorta. E li citadine senese suoi conci­ ve l 'haveano ordinatamente informato de quilla, li quale avante el serenissimo re de Francia e sempre christianissimo pansando quinde el re Ludovico15 la haveano da lui impetrata como cosa propria. Tucti li circumstanti se ne maravegliavano. Qualcuno çe­ lose de lo honore de la nostra religione se angustiavano che la co­ sa non finisse in confusione. Finalmente expergefacta essa vergi­ ne de Christo respuse a ogni cosa sapientemente e autenticamente intanto che el beatissimo antiste molto la laudò e afferisse a li suoi beneplaciti. E essa ultimamente rendecte gratie a la Sua Santità. de uno iubileo che havea conceduto al suo altare de Sancta Catenna senese per la fabrica del suo monasterio. Referiscono che la Sua Santità audì da essa in quilla bora an­ chora quillo che li era evenuto, cioè che la nocte precedente era caduto su de lecto. E quando esso summo pontifici escì del choro si andò a ingenochiare devotamente avante a ipso altare de Sanc­ ta Caterina in meço de la ciesa e quivi fece prolixa oratione. E non se partì de quinci innante che non benedicesse benignamente el fratello uterino de essa vergine alora novitio de l'ordine nostro. E iterò per breve de la Sua Santità tre anni sequenti al dicto altare tre· iubilei e essa ciesa donò de certi indulgentii, subsidii e honori. E el reverendissimo nostro protectore çelantissimo de nostro Ordine e sempre colendissimo monsignore Oliverio Carafa16 fece chiamare li primi maestri in sacra theologia profexori del conven­ to nostro in casa del permagnifico Iohanpaolo Bayone17 nel talamo de la generosa nepote de la sua reverendissima signoria donna Y­ polita18 de la illustre prosapia de li Comiti romani e prudent��en­ te sciscitava de essa beata Colomba. El quale odendo le opmwne variare dixe : «Non dice così maestro Sebastiano». E io respuse consequentemente: «Reverendissimo monsignore longo tempo io l'havea despreçata e neglexe altre volte le suoi viltù. Ma adesso a-

1 5 È possibile che si tratti di una qualche imprecisione del p. Sebastiano poiché Carlo VIIIfu re di Francia dal 1483 al 1498 . 16 EuBEL, Hierarchia catholica cit., II, p. 14; protettore dell'Ordine dal 1478 al 1 5 1 1 . Cfr. R. DE MAIO, Savonarola e la Curia Romana, Roma 1 969. 17 G. DE CARO, Baglioni Giampaolo, in DBI, 5, Roma 1 963, pp. 217-220; BALEONEUS AsTUR, I Baglioni, Prato 1964, ad indicem. . 18 Forse il p. Sebastiano è incorso in una qualche confusione; sono note lppoh­ ta dei Conti moglie di Giampaolo Baglioni (ASTUR, I Baglioni cit., ad indicem); lp­ polita Baglioni sorella di Giampaolo, moglie di CJ_iov�nni Gatti di Viterbo (ibid., ad . indicem). Qui sarebbe credibile pensare alla moghe d1 Grampaolo.


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GIOVANNA CASAGRANDE-PAOLA MONACCHIA testo, Iesu nostra comune misericordia, che essa pia e innocente vergine de Christo Colomba è vera ancilla de Dio. Reverendissimo monsignore è in verità molto compassionevole a li peccatore e de­ linquenti e venera summamente la nostra religione e li frate nostri intensissimamente ama in Christo». E così parlando sforçato per lo affecto de carità piangendo spargeva le lacrime. Ma alcuni de li no­ stri delegiandome dixe: «Le lacrime de li vechi sonno facile per niente» e che era seducto. E el reverendissimo monsignore como a quillo era decente cum ornne modestia e probità finalmente ne ren­ dette caute cum certi exempli e in ogni cosa ce assistette integeni­ mamente e ce fo propitio cum lo aiutorio sempre in ogni cosa. E una dì de una certa festa dicto el vespero era intorno gram multitudine nella capella de Sancto Pietro Martiri che lei me dixe: «Patre piaccia a la tua carità de me portare uno grappo de uva agre­ sta». La qualcosa presto fece e quilla elexe certi acini e presa la benedictione li succava; e puoi dixe: «Prego me portiate un poco de agna da bevere». E io andai in cella nostra e trovai supra la mensa già posta per la cena la increstanella cristallina e el bichie­ re de lo reverendissimo monsignore cardinali de Benevento19. El quale per sua benegnità se era dignato declinare quivi a quil tem­ po personalmente e haveace tucti de molte helemosine recreati . E prestamente retornai per la ciesa, palesemente la offerie a la pia vergine la quale volse che la benedicesse e signasse del segno de la croce e puoi in sancta ylarità bevé uno buono hausto de la die­ ta agna. Quando a lo reverendissimo cardinale lo expuse comandò che la increstanella e el bichiere fossero reservati como reliquie pie. Da puoi essa in secreto me dixe che havea facto così per cer­ ti ch'aveano vulgata non rectamente de lei, cioè che per nulla al­ tra cosa era substentata se non per l ' sacramento de la eucaristia. Avenga che fosse vero de tucta la quatragesima20».

Il primo incontro - come si legge - è di passaggio, una semplice bene­ dizione ottenuta �on una ce1ta insistenza; il secondo incontro è quello uffi­ ciale e solenne. E il giorno della festa del Corpus Domini, patticolarmente celebrata nella chiesa di S . Domenico di Perugia21 ; Colomba viene convo1 9 Lorenzo Cybo, nipote di Innocenza VIII (EUBEL, Hierarchia catholica cit., II, pp. 20, 104). 20 LV, cc. 36v-38r. Per i passi qui ripmtati in forma più estesa si rinvia anche al testo latino; per il cap. 34 cfr. Acta Sanctorum, Maii V, Antuerpiae 1 685, pp. 354-355. 21 POMPEO FELLINI, Dell 'historia di Perugia, Venezia 1 664, I, rist. an. Bologna 1 968, p. 1220.

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cata al cospetto del papa e, tra due ali di folla, va a prostrarsi ai suoi piedi ed entra subito in stato di rapimento estatico; sfilano le consorelle mentre l 'estasi si protrae e solo dopo un certo tempo Colomba ed il pontefice han­ no un primo colloquio che si svolge tranquillo fino a quando il pontefice domanda di «cose più ardue» e Colomba - per tutta risposta - va di nuovo in estasi. Il pontefice sembra perdere la pazienza e si rivolge a Sebastiano in termini duri. Sebastiano risponde sintetizzando la conetta condotta di Colomba e proponendo quella totale affinità con Caterina da Siena che si colloca come massima legittimazione in grado di eliminare qualsiasi possi­ bile dubbio, o per lo meno così avrebbe dovuto essere nell' ottica del p. Se­ bastiano. Interviene anche Cesare Borgia sostenendo Sebastiano che effet­ tivamente si era rivelato cauto nei riguardi di Colomba. Cesare Borgia era stato a suo tempo presente ad un miracolo attribuito a Colomba avvenuto in S . Domenico mentre era studente a Perugia. L'episodio è narrato da Seba­ stiano nel capitolo 29 ed è da collocarsi prima della professione solenne di Colomba del 149022. Sebastiano insiste - qui (capitolo 34) come altrove ­ sulla sua personale iniziale diffidenza quasi per presentare in modo più at­ tendibile la sua attuale stima verso Colomba, quasi per renderne indubita­ bili le doti, le qualità, i carismi eccezionali, sostanziare quindi la figura di Colomba - e perché no sè stesso - di un alone di più solida credibilità. Se l'intervento di Cesare Borgia è tranquillizzante, quello del futuro Pio III è invece motivo di seria preoccupazione. È vero che il cardinale esalta la san-

22 «Tempo era alora quando lo inlustrissimo signore Cesare Borgia, pronuntia­ to mo el duca Valentino, adolescentolo intra li nobilisti de lo Studio peruscino che studiava nelle legge. El quale, cum lo suo prudentissimo tutore maestro e cum tuc­ ta la sua spectabele comitiva, era desceso a solaço nello orticello de la cellula no­ stra per una certa consuetudine. E havendo facta la usança amdavamo alegramente e passavamo per la ciesa nella quale vedemmo una grande radun�ta de homine e donne intorno a beata Colomba avante a lo altare de Sancta Catenna Senese. E el nobele homo Grifone Baione era cum molta compagnia convenuto a lo specctaculo e subito che acorse del signore Cesare Borgia chiamò a alta voce: « O illustrissimo signore, beata Colomba cum le suoi oratione adesso à resuscitato quisto infante»; e puoi dixe: «Su maestro Sebastiano volemo sonare le campane perché quisto è uno miracolo evidentissimo». Alora io fece contraditione: «No, illustrissimo signore, perché farsa ne haverimo confusione inperoché quista sora è fo�estiera e peregrin� _ e nella religione novitia e quale sia anchora non lo sapemo. E st loro dtcano che e sancta e che non mangia, io so de certo che Cristo mangiò e bevé e così credo; se farsa quista sia cum santo Iohanne B atista io ne dubito. Enperoché è grande la ma­ litia de li homini e più de le donne, e sonno varie le arte da ingannare intanto che la mente immutano e lo animo alienano. Expectate, ve prego, che la proviamo alman­ cho per dece anni. E se questa serà donna de viltù e de sanctità la podiamo secura­ mente laudare» (LV, cc. 29r-v) .


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tità di Colomba, ma proprio per questo lamenta il 'dirottamento ' della Bea­ ta a Pemgia mentre and�:a verso S�ena. Le 'sante vive' sono ambite da più . sedi. Ma, n�l caso specifico, Perugia era già colpevole nei riguardi di Sie­ na ?�ta la VIcenda �el trafugamento del santo Anello da Chiusi. Perugia in venta sembra effettivamente cercare una sua legittimazione sacrale di for­ te ri?hiamo: l'indulgenza di s. Stefano Protomartire, pienamente concor­ renziale a quella francescana della Porziuncola, e la 'conquista' del santo A:nello sono antecedenti significativi23; il tema inoltre del timore di Perugia di perdere Colomba è riconente e si deve pur credere che non fosse del tut­ to privo di fo�damento24. La recriminazione del cardinale ingenera una cer­ ta preoccupaziOne e un brivido di tensione che la stessa Colomba scuote ria­ vendosi dall'estasi e togliendo tutti dall'imbarazzante situazione rispon­ dendo alle domande del pontefice in modo così soddisfacente da meritarne �a l ? de_. L'incontro si conclude felicemente: Colomba ringrazia il papa per Il gmbileo concesso all'altare di s. Caterina; il pontefice si reca davanti a questo altare dove sosta e prega devotamente; benedice il fratello di Co­ lomba, allora novizio, e concede ulteriori giubilei ed indulgenze. . L'incontro è in verità piuttosto drammatico: non si conoscono i tenni­ n� delle domande del pontefice né le risposte di Colomba, ma un incalzare �� �omande - stando al racconto di Sebastiano - vi fu; ben due estasi si ve­ nf�can? tra un. dialogo e l ' altro; estasi ' strategiche' , si potrebbe dire; il pon­ . tefice e Impa�I�nte, vuo�e sapere e rendersi conto: Colomba reagisce in pri­ mo. luogo legi�timandosi con stati di estasi e solo dopo rispondendo al pon­ �ef�ce; seb �stlano dal canto suo la presenta ufficialmente come perfetta . . mutatnce di Catenna da Siena e avalla la stima verso di lei sottolineando i dubbi avuti da lui stesso, rafforzato in proposito dall'intervento di rincalzo di C �sare _B o.rgia A rendere il tutto più teso si aggiunge l'intervento non pri­ : vo di recrmunazwne del futuro Pio III. Tutto si risolve per il meglio. Ma il lieto fine dell'incontro non slonta­ na necessariamente le ombre. Colomba è oggetto di dibattito in casa Ba­ glioni �er volontà dello stesso cardinale Carafa, né le parole e le lacrime di Sebastiano sembrano convincere tutti. I.l capitolo 34 è prèceduto e seguÙo da capitoli in cui il clima di sospet­ to e, ncorrente: Colomba è sempre sotto prova e sotto osservazione; se è ve23 G. CASAGRANDE, Devozione e municipalità. La compagnia del S. A11ello!S. Giu­ sep�e di erugia (1487-1542), in Le mouvement confraternel au Moyen Age. France, !taZze, Suzsse, Rome 1987, pp. 155-183; EAD., Perugia: il sacro e la città, in Itinerari del s ro in U�nbria, a cura d M. SENSI, Firen�e 1998, pp. 352-354. . Al ap1tolo 30 S bast1ano nana che gli stessi congiunti di Colomba cercaro­

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no dt convmcerla a lasciare Perugia, ma la città non voleva certo perdere il suo «ce­ leste tesauro» (LV, cc. 30v-3 1 r).

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ra nello stereotipo agiografico ro che l 'essere oggetto di persecuzioni rient sull' argomento da parte di Se­ delle ' sante vive '25, è pur vero che l 'insistenza , inoltre, è reso più intricato e bastiano è decisamente incombente e il tutto i, investigazioni n�n solo coin­ complesso dal fatto che persecuzioni, dubb enti in modo maggwre - lo stes­ volgono Colomba, ma - e forse in certi mom lire - se mai è possibile - una li­ so Sebastiano cosicché riesce difficile stabi to, se, in che misura i sospetti nea di confine tra i due sospettati, cioè quan sull' uno ricadano sull' altra e viceversa. ato a concl�s.ione �el me­ L'episodio del grappolo d'uva egresta, narr re una errata opm10ne divulga­ desimo cap. 34, intende anch 'esso corregge re di Colomba. ta da alcuni circa il comportamento alimenta o racc?nto che �on� Co­ Quanto si legge nel suddetto capitolo è l 'unic altn passaggi eviden­ ma ro VI; lomba direttamente di fronte ad Alessand altri Borgia, con carcon , efice ziano rapporti diretti o indiretti con il pont . dinali, con dignitari. il cardinale di S . Croce m ne azio in vede 35 il ente segu tolo Il capi e chiamò il maestro delle suo­ Gerusalemme, Bernardino CarvajaF6, il qual ne, ma. questi era ignaro del­ essio re deputato ad ascoltare Colomba in conf to si res: c�nto che d?ve­ prela alto ' la «interpretatione del parlare» e così l santità e dottnna m grado di co­ vano essere preposti alla vergine uomini di e da parte del papa che vol�a de noscere la verità; «per la quale cosa indix e la observassero per qum�e: _ proximo deputare quivi donne sagace le qual 27. DI fronte a questa necessita ce dì intra lo suo cubili exluse ogni persona» chiedere al cardinale che si tr�tti di certificazione il p. Sebastiano può solo a fam� e �on fe�e�e cortegia­ di «donne però religiose e .honeste e de buon asteno» . Il cardmale racco­ ne per respecto de le vergme nobele del mon alcuna cosa del comune stato manda a Sebastiano di vigilare «se revelerà ifice, inperoché molte cose son­ de Sancta Ciesa o vero de esso summo pont inente»29 • Se così, da un lato, è no revelate da Dio per quiste vergine abst penitenti dotate di preveggenza, evidente l 'interesse per queste figure di ità di tenerle sotto controllo . dall 'altro è palese la necessità e l' opportun fi u a di richi�mo ed ogget­ I capitoli 35-3 6 mostrano Colomba quale � � onaggi ncone a lei, la quale par­ to di devozione popolare. Una folla di pers del confessore - e parla c�n dol­ la con tutti - alla presenza, si noti bene, sua parola o un qualcosa di mano cezza ed umiltà; tutti vogliono avere una . 25 ZARRI, Le sante vive cit., p. 104. 1 , pp. 1 34-1 35 ; EUBEL, Hzerarclua 26 MoRONI, Dizionario cit., X, Venezia 1 84 a dei papi cit., III, ad indicem. catholica cit., II, p. 22; PASTOR, Stori 27 LV, c. 38r. 28 Ibid. 29 Ibid. .


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sua «etiamdio li fili del fuso»30; l'arcivescovo di Cartagena31 ottenne due scapolari bianchi cuciti dalle mani di Colomba per i sovrani di Spagna; di­ stribuiva i «patamostri» e alcuni li compravano affinché lei li toccasse con le sue mani. Ma se Colomba è, da un lato, oggetto e richiamo di devozione popolare, dall'altro minacce e critiche non vengono meno: si voleva attutire il rigore della «apostolica comunità e povertà»32; è criticato il suo stile di vi­ ta, il digiuno, la frequenza dell'eucarestia, il suo parlare. Sebastiano è sem­ pre impegnato a difendere Colomba e tra l'altro dice: «le donne non sonno excluse da le revelatione; a le quale sonno revelate molte cose como a li ho­ mini perché la gratia del Spirito Sancto non fa differentia da masculo o fe­ mena. E noi legemo de molte che per instinto del Spirito Sancto davano con­ segli e emdiano e amaestravano el populo per spirito de prophetia»33. Il testo d�l p. Sebastiano è intessuto di continuo pathos ingenerato pro­ . pno da una dmamica narrativa di opposizioni e difese, di esaltazioni e di denigrazioni; così, ad esempio, il capitolo 37 è tutto incentrato su «alcune philosofice impugnatione contra lei». Colomba è sempre nel mirino e si ?iung� ad indagare sulla sua fenomenologia fisica: «Certi periti medici per mvestlgare la verità de la sua abstinentia dimandavano per ordine de li un­ gni e de li capelgli e scutrinavano del sudore e de qualcha fieto e non man­ cho de la passione de le donne e de lo andare del corpo. Gli sguardavano li dente quando parlava, consideravano li colore de la faccia e lo sguardo de li ochi»34. In questa ricognizione intervenne anche «El medico del reveren­ dissimo legato d'Umbria, Iohanne Borgia, in medicina perito e de Yspania, depuse avante a lo legato probatissimi signi de la sua abstinentia esse acci­ denti de li suoi denti»35. Il cap. 38 è tutto proteso a spiegare i ' rapti' : Del rapto de beata Colomba secondo li sacri theologi36• L'argomento è tale che meriterebbe studLspecifici; qui interessa rendersi conto di questa intensa e tesa dinamica che coinvolge e travolge la figura di Colomba ti·a devozione e denigrazione, tra ricorso alle sue doti e controllo delle stesse nonché so­ spetti sulla loro provenienza, tra forti opposizioni e accanite difese, il tutto in �n contes�o di religiosità popolare necessitante e bisognosa di punti di ri­ fenmento, di contatto fisico con la qualità protettiva del sacro, ancora for­ se più sacro se incarnato da 'sante vive' in grado - come ha ben lumeggia-

30 LV, c. 39r. 3 1 o_ lo stesso Carvajal o il suo successore all'episcopato di Cmtagena, Gio. vanm_ Rmz de Medma (EUBEL, Hierarchia catholica cit. , p. 1 19). 32 LV, c. 39v. 33 LV, c. 40v. 34 LV, c. 41v. Cfr. BELL, La santa anoressia cit., p. 1 83 . 3 5 LV, c. 43r. Per il card. Giovanni Borgia cfr. più avanti nota 40. 36 LV, cc. 43r-45r.

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ativa alle streghe. to la ZarrP7 - di costituire e/o di essere proposte in altern (narrativa e Come si collocano in questo scenario, in questa temperie non solo) lo stesso Aless andro VI e i Borgia? o nel cap. 34 L'incontro ufficiale di Colomba con il pontefice - narrat dall'atten­ mente ha posto subito di fronte ad atteggiamenti che vanno chiara ad una de­ VI andro zione38 - forse non priva di curiosità - mostrata da Aless . cisa volontà di sapere e controllare da parte dello stesso , a� e�em­ Componenti concrete di religiosità popolare si rinvengono plicato molti pane del che pio, anche alla corte pontificia: sono alcune molli al rac­ o stand VI, andro da Colomba a guarire il maestro di casa di Aless , non rafica agiog ione tradiz conto di Sebastiano che, secondo la migliore trascura alcun elemento di tipo miracolistico39. attenzione speQuanto al papa ed ai Borgia in prima persona merita un' cifica il capitolo 43 della legenda: «De alcune prophetie e mii·aculi de beata Colomba. Innocentia e simplicità de la prefata vergine e la comune fa­ ma de santità astringevano a lei in ligamento de carità etiamdio colendissimi cardinali. In quil tempo el reverendissimo monsi­ gnore Iohanne Borgia legato de latere nella natione de Umbria�0 cupido de la ecclesiastica felicità e del suo avunculo e çeo ponti­ fice maximo intrapuse innante a Dio beata Colomba per alcune ar­ due fecende, al quale revelante a lei el Signore de le cose che av­ vennero molte ne li predixe; e recercò e parlò cum lei più fiate nel­ la ciesa nostra e recevé resposta per nostre lectere. E quando una fiata ansio de una urgente causa dubitava de la resposta, retomò a Peroscia a parlarli in Sancto Pietro fuora de li mura per haurire più claramente; la quale per la reverentia de la dignità et autorità obedì, 37 ZARRI , Le sante vive cit. segni, presagi, profezie facev� 38 In questo periodo (e non solo) l'attenzione a livello di cul�ra, . cfr. Z�I, Pr�fe�z parte delle credenze e della mentalità ad ogni a tali suggest10m ed anzt propno e sfugg non di corte cit., p. 236. Alessandro VI andro VI «attento osservatore det caso di Colomba contribuisce a rivelare un Aless cit., p. 147). fenomeni mistici» (VALERIO, L'altra rivelazione . E � cA� Dizionario cit., VI, Venezta 40 Cardinale di S. Maria in Via Lata (MoRONI, p. 23); legato di Perugia nel 14971 840, p. 50; EUBEL, Hierarchia catholica cit., , 140v; ASP, Diplom�tico: C. 17, 97-98 1498 (ASV, Indici 1 14, Spoglio Cantelori, cc. rie istoriche perugme ctt., pp. memo di o Saggi oTII, nn. 577, 578, 583; cfr. MARi cfr. RICCI, Storia della b. Colomba 346-347; PASTOR, Storia dei papi cit., p . 429); cit., p. 246, nota l.


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che mai era oscita de le porte de la cità e rarissime volte altrove che a la ciesa andata. Stava la cosa subspesa nella plebe suspecta che non fosse tolta. E esso monsignore già secretamente cercava de la mandare in Valentia per compiacere a la illustrissima regina. Andavamo a Sancto Pietro fulte de homini e matrone circa l'ora de la sexta. E quando se aproximò e vedde li monte lontane così da la longa començò la vergine a meditare e infervorare de spiritu e prorompere: «Monte Sion, Monte Calvario». Ma el confessore acioché lei non se pausasse nella via sollicitò che intrassero in cie­ sa. E quando pervenne al meço ingionochiata denante a una bella ymagine de crucifixo excessì. E protrahendose la mora e quilli non avessero desinato alcuni primarii de la corte rencresscea e ha­ veriano voluto detrare a la vergene. Siché dixero che era una gab­ batrice comodo Lucia de Nargne e che quisti rapti non erano dal Spirito Sancto ma altramente et per superstitione. Nientedemeno avante al reverendissimo legato per ordine cum veridice ragione e aprobati inditii convicti foro constrecte retractare. E già Ii signore priore e magistrato cum molta frequentia de populo era convenu­ ta e se farsa se seria più presto spergefacta, ma fecero sonare in or­ gani devotamente, unde essa cum li ochi aperti era como de mar­ mora mutato la faccia in diversi colore secondo li affecti del fer­ vore. E ogni astante stupiva de maraveglia etiamdio essi religio­ sissimi patri monaci de la veneranda congregatione de Sancta Iu­ stina e del gram patre sancto Benedicto li quali cum ogni loro mo­ nastica gravità la veddero. Da puoi expergefacta esso legato Ii parlò nel dextra parte de lo altare grande da per sé de lungo parla­ mento che ogni uno vedea. La quale cum ogni humilità e mansue­ tudine pienamente satisfé a le suoi petitione. E da puoi quando l ' avé data la sua benedictione che se retornava esso reverendissi­ mo monsignore, homo de excellente ingenio, in presentia de tucti quilli primati homini Iicterarii e de probità e sentimento circum­ specti laudò molto essa vergine. aprovando havere fede nelle suoi profetie como che dixe bavere experto qui e a Roma, nelle suoi promotione e legatione tanto a Valentia quanto in Italia e nel rea­ me neapolitano. Al quale puoi predisse per più lectere de lo im­ minente suo fine de la vita. Etiamdio circa quillo tempo mesere Wilielmo Centellense yspano, apostolico tesauriere41 , homo eximio e circumspecto e de-

voto a essa vergine in Christo aspectava un dì haurire da lei re­ sposta al sommo potifice. E finiti li offitii cedemmo a la capella de Sancto Pietro Martire e quivi lei sedeva in terra e esso li parlò. La quale ce referì in secreto la visione che havea auta da referirla pru­ dentemente al confessore de esso pontifice episcopo de Calglie in quil tempo42. E quando nauava e interpretava essa revelatione cum tanta autorità començò a reprehendere e cum tanto rigore ex­ probare che tucte doi ce fé dal terrore stupefare. Intanto havea li vecordie nostre contusse che in quillo giorno como esso meser lo tesauriere referì non podde mangiare. Evenne puoi per ordine a es­ so summo pontefice insultu de rebellione secondo la parabola de le cimice e de la letica e horribele infortunio nel dì de Sancto Pie­ tro. Mai avante essa mansuetissima vergene havea talmodo usato, ma è de certo manifesto che fosse inpulsa dal vehemente afflato del Spirito Sancto. Quando da puoi el prefato tesauriere narrava a uno commissario apostolico de la probità e sanctità de la dieta ver­ gine e de la sua suprema abstinentia e quillo tale duramente resi­ steva e non solo persuadeva più presto sequitava li detractore e promectea de la observare più sagacemente. Era etiamdio e lui yspano nobele e avistato de la clarissima stirpe de sancto Do�e­ nico, el quale dissimulando più fiate �edde el rito de essa vergr�e in ciesa. E uno dì chiamate alcuni de h soprastante del monasteno cum seco e la sua consueta comitiva a l'ora consueta venne a la ciesa e stette a la messa e già beata Colomba era in excesso. Quil­ lo s' acostò e diligentemente observava e adiurò la prioressa e astre­ gnea cum censure exponesse la verità del facto; la qual� affirma­ va che havea ogni cosa fidelmente probato e experta. Qmllo se fe­ ce più innante e pigliò la mano de la vergine e tentava de la st�­ . blevare, ma la trovò tucta de un peço cum lo peso del corpo ngi­ da como pietra, e conpuncto se miravegliava grandemente e cre­ dette che fosse vera ancilla de Christo. Quando puoi expergefacta e fo refecta del sacro libamine hu­ melmente lo stié audire. E quando se denuntiò de la stirpe de sanc­ to Domenico essa cum certa maravegliosa alegreça se fece lieta e alora cum ogni mansuetudine li se rendecte familiare e secura grandemente venerava sancto Domenico. E alora exponea a esso commissario del convento de lo nostro ordine che è in Valentia e de la ciesa e de la campana como se essa fosse stata quivi, de la qual cosa fo molto admirato. Finalmente cum grande devotione

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4 1 Guglielmo Raimondo de Centellis, clericus Valentinus, dottore in Decretali, r coprì la carica di tesoriere a Pemgia nel 1497 (ASV, Indici 1 1 3 , Spoglio Cautelo­ n, c. 2 1 ; ASP, Camera Apostolica, 12, c. 4r) .

42 Bartolomeo Torelli,

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domenicano, fu vescovo di Cagli dal 1494 al 1498 (Eu­

BEL, Hierarchia catholica cit., p. 1 1 5 ; Rrccr, Storia della b. Colomba cit., p. 250).


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deferì a essa vergene e cognobbe che veramente se gode la dolceça del cielo a la quale molto se recomandò e le suoi oratione. E re­ tornando a la sua residentia predicava la vergine eximia replican­ do più fiate: Commote foro le visceri mei. Oltra de quisto recevé da don Herasmo de Genua monaco de propria mano, che a quil tempo era priore de Sancto Pietro prefato monasterio de Sancta Iustina, como havendo nello occio una fistu­ la de la quale lamentabelmente infirmava obtenne per obedientia del confessore che beata Colomba cum la sua mano ce segnasse la cro­ ce e che era curato a pieno rendendo gratie. Referiscono e esse mo­ naci che essendo defuncto uno nel monasterio de morbo e tucti ti­ mevano la contagiane commisero le prece e voto a beata Colomba che satisfarieno devotamente e che lei orasse per essi, la quale cum gram carità el fece e tucte - Dio gratia - foro preservati illesi e dixe­ ro havere recente più benefitie mediante li suoi meriti e prece»43.

II biografo non racconta la visione [perché, se la conosceva?] , ma ne sotto­ linea gli effetti terrorizzanti e ne scioglie gli esiti alludendo a due eventi gravi per il pontefice. La visione di Colomba avrebbe poi trovato in effetti riscontro in un insulto di ribellione al pontefice ed in un suo infortunio. L'e­ pisodio di questa visione44 andrebbe meglio indagato, meglio cronologica­ mente collocato; che cos'è la parabola delle cimici e della lettiga45? A qua­ le insulto di ribellione si allude? Alla sconfitta di Soriano (gennaio 1497) da parte degli Orsini46? All'uccisione del Duca di Gandia (giugno 1497)? O si deve invece supporre che Guglielmo Centelles - come forse Giovanni Bor­ gia - si sia rivolto a Colomba - a nome del papa - proprio dopo la tragica scomparsa del Duca47? Al caso del Savonarola (1497- 1498)? Alle minacce di un concilio e della deposizione formulate da parte iberica tra 1498 e 149948? Quanto all'infortunio nel giorno di S . Pietro (29 giugno) si allude probabilmente al violento temporale del 29 giugno 1500 che causò crolli in Vaticano a seguito dei quali rimase ferito lo stesso Alessandro VI49. Quasi per controbilanciare e nel contempo dare più forza all'intervento profetico e di aspro rimpovero di Colomba, il p. Sebastiano prosegue la stesura del capitolo narrando prima di un tal commissario apostolico spagnolo che in­ daga sulla Beata per riconoscerne solo alla fine l'assoluta probità e poi di miracoli operati per i monaci dell' abbazia di S . Pietro: il tutto ovviamente al fine di sancire la santità di Colomba. II capitolo 47 della legenda è segno concreto di quel clima di tensione e di sospetti che - in piena aria savonaroliana - costringe il p. Sebastiano a scrivere una lettera - 21 ottobre 1497 - di autodifesa alle autorità romane, un'autodifesa che imbriglia Colomba nella spirale del suo confessore-bio­ grafo che sembra in verità servirsi di lei per difendere se stesso. Istigati dal maligno vi sono alcuni che hanno cospirato contro Colom­ ba deponendo presso i superiori prelati dell 'Ordine, il cardinale protettore, il legato a latere fino al sommo pontefice:

La narrazione di Sebastiano evidenzia una frequenza di relazione tra il cardinale Giovanni Borgia e Colomba; il cardinale addirittura sembra come incalzato dalla necessità di ottenere risposte da parte della beata: non esita a venire appositamente a Perugia. L'incontro avviene in forma solenne nella chiesa di S. Pietro, sempre sotto controllo, in questo caso motivato da quel timore di perdere Colomba che probabilmente serpeggiava davvero tra il po­ polo e le autorità cittadine. Entrata in chiesa Colomba va in estasi davanti al crocifisso; il tempo passa ed i mormorii aumentano al punto che alcuni non si trattengono dal dire che Colomba è una ' gabbatrice' come Lucia da Nar­ ni, anche se poi sono costretti a ritrattare. Le autorità cittadine mostrano un atteggiamento più delicato e sensibile nei riguardi della Beata facendo «so­ nare in organi devotamente». Come nel caso dell'incontro diretto con Ales­ sandro VI, anche in quest'incontro con il nepote del pontefice l'estasi pro­ lungata precede il dialogo di cui non vengono dati i termini. Il cardinale Gio­ van� rimane soddisfatto e riconosce le qualità profetiche di Colomba. E poi la volta di Guglielmo Cel}telles, tesoriere apostolico, che ha il compito di udire da lei una risposta per il sommo pontefice. Colomba rife­ risce la visione - non è detto quale fosse - in segreto al tesoriere e al p . Se­ bastiano; la visione avrebbe dovuto essere riferita 'prudentemente' al con­ fessore del pontefice. Lo stesso biografo non trascura di notare che questo fu un momento di forte veemenza profetica di Colomba: «començò a re­ prehendere e cum tanto rigore exprobare» ; entrambi gli uditori rimangono stupefatti, e non solo: il tesoriere non riuscì per quel giorno a prender cibo.

43 LV, cc. 5 l v-52v ; Acta Sanctorunz cit. , pp. 366-367.

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«E cum inganno interpretavano che finalmente la simplicità de essa vergene era devota e sancta, ma quillo suo reverendo confes44

Vi acce1ma, ad esempio, anche la ZARRI, Le sante vive cit., p. 1 12. 45 RICCI, Storia della b. Colomba cit., p. 250, nota 2.

46 PASTOR, Storia dei papi cit., III, p. 427; M. CARAVALE-A. CARACCIOLO, Lo Stato pontificio da Martino V a Pio IX, in La storia d'Italia, diretta da G. GALASSO, XIV, Torino 1978, p. 1 47. 47 Cfr. Acta Sanctorum cit., p . 368, nota g ; RICCI, Storia della b. Colomba cit., pp. 246 e ss; PASTOR, Storia dei papi cit., III, p. 587. 48 Ibid. , pp. 5 l l -5 1 2. 49 Acta Sanctorum cit., p. 368, nota m; PASTOR, Storia dei papi cit., pp. 524-525.


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sore essere suspecto come quillo che instructo nelle dotrine phisice e mathamatice glie prenosticava quillo che lei predicea e così con­ taminando l' acusavano. Con quisti se acompagnaro quilli homini de autorità che voleano extorcere beata Colomba da Peroscia»so.

tenta cum grandissima avidità e hinnia e dulcissimamente se refo­ cilla. E cum admiratione ve dico che mai se ne atedia né intipidi­ sce; più presto sempre atengne più ferventemente. Se confessa sa­ cramentalmente de le sue colpe doi fiate o tre per septimana. Non parla cum alcuno sença la presentia de uno de noi, né mai va a al­ tri lochi. Li rapti aparenti o soliloquii suspende nella ciesa non però sença dificultà e pena como essa referisce. Omne persona che cum lei parla move a pietà e infiamma e consola. Parla libera sim­ plicemente sença artifitio etiamdio cum li gram prelati e signore. Molte cose à predicte etiamdio a li homini supremi. Ogni dì per la magiur parte de la nocte medita la passione del nostro signore le­ su Christo e a lungo se flagella cum catene de ferro. Da puoi el corpuscolo gelido involuto nelli cierchie de ferro e catenule e cili­ tio sopra la nuda spaçço o tavole alquanto adormentata se repau­ sa, si ben febricitasse. Da puoi ora. Alcuna fiata da l 'ansietà strac­ ca beve de l ' aqua o succa fructi o alcune foglie nello aceto e circa doi fiate dicono che à sorbita ceta remasuglia immonda de le scu­ delle e finalmente sença pigliare altro cibo e fermo se substenta. A li exercitii oportuni e obsequii anchora nel tempo de la peste do­ mesticamente ministra; assiste a li inferme. Non detra a alcuno e se altri detrahesse obvia e opponendo interompe. Sempre è anda­ ta scalçata a pié nudi etiamdio nella alta neve, a la quale alcuna fiata li citadine givano avante co le pale facendoli la semita oltra per lo matonato perfino a la porta de la ciesa essa vedente e gau� dente. La religione nostra e li frate sommamente ama e venera a li quali se alcuno detrahesse se prorumpe in lacrime e simglucti. Af­ fectuosissima suora de tucti li religiosi, prompta a li servire, libe­ rale e prestabile e de alegra modestia fo sempre mai, a li suoi pri­ ma e a tucte doi le congregatione de Sancto Benedecto de Sancta Iustina e de Monte Oliveto e frate e suore de Sancto Francesco. La cura de le suoi suore e de le fanciulle così providamente, diligen­ temente persequissce e cum tanta carità como servisse a Iesu Cri­ sto. Né parla alcuno a le sore, ma solo el maestro le quale sonno in . numero de quaranta e in quisto tempo de tanta penuria se sob­ stentano e habundano. Essa vergine non reserva alcuna cosa a sé per benché li siano afferite molte cose in secreto. Exorta ma non cum seculare prudentia, ma cum demestica simplicità; se desde­ gna, irasce per zelo e se vindica cum le lacrime de pietà. E, vero, reverendissimi patri, che avenne che el suo consueto sacerdote confessore se infirmasse e io per prece de essa vergine e venera­ bile suora de conseglio e volontà del reverendo priore provinciale per zelo de pietà anchora glie obsequisse nelli sacramenti. La qualcosa fece volentiere e più per trovare occasione de havere cer-

Sebastiano sembra essere in questo caso il maggior indagato e l'accusa principale sembra consistere nel fatto che fosse lui a pronosticare quanto Co­ lomba prediceva. L' Angeli si difende proponendo in primo luogo la corretta vita religiosa di Colomba, il rigore delle sue pratiche penitenziali; in secondo luogo sottolinea di aver assunto il ruolo di confessore a seguito della malat­ tia del confessore consueto per avere così certezza della santità di Colomba, p�r evitare sedizioni istigate da qualche confessore forestiero; inoltre per me­ glio tenere Colomba sotto controllo si sono interpellati i confessori precedenti e la si è fatta raggiungere dalla famiglia. Sebastiano si giudicava indegno di tale ruolo, ma Colomba stessa voleva lui come confessore ed egli temette di contraddirla, t�nto più che l'Ordine intero doveva gratitudine a Colomba per la fama che gh arrecava; e non solo: Sebastiano si era assunto l'onere di con­ fessore anche per rispetto verso Dio stesso nei riguardi del quale avrebbe mancato n�l non curare le sue ancelle e spose. Ed in fine si giustifica esplici­ tamente: «Io non so magone» e si dichiara «integerrimo cristiano». «Reverendissimi patre e signore. Quillo che cum la bocca re­ ferie lo ratifico e confermo in scripto e molto più securamente adesso che ne so più experto. La venerabilis de tanta congregatione matre suora Colomba fa evidente profecto de bene in meglio e tucte le cose ordinate per le reverendissime Paternità Vostre prosequisce a pieno inperoché quanto a la ciesa vengono collegiatamente e così retornano nelle feste comandate. Le hore canonice dicono insieme nello oratorio loro. El vieto mendicano quatro de matura età. Suora Colomba una fiata el dì la matina a l'ora de l' ofitio asotiata da doi matrone e la propria genitrice el più de le volte frequenta la ciesa; e da po' la messa, receuta devotamente la sacra comunione, ora alquanto. Da puoi l 'ofitio satisfà a le persone che ce concurgono e a li nun­ tii mandati e lectere da le cità proxime e da lontano. Molti con­ fessano havere recente gratie da Dio per le suoi oratione e cum le parole e cum le elemosine etiamdio grande. Li giorni feriati cum presentia senpre de le diete matrone leggie alquanto nel breviario e dimanda la expositione de quille ystorie che occurgono; sta in50 LV, c. 57r; Acta Sanctorum cit., p. 37 1 .

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teça e anchora perché sotto spetie del confessorato qualcha fore­ stiere non facesse contra de noi seditione perché essa è de autorità apo el magistrato e a la plebe. La qualcosa quando io cum dili­ gentissimo arfitio e suave astutia intentaie admirato e pre lo gau­ dio non totalmente credendo tanta innocentia fecemmo comoda­ mente convenire li suoi primi confessore e mandammo quivi nun­ tii, dico homini, e trovammo de facto cose mirande cum testimo­ niança de molte persone. Facemmo non sença expese venire la matre sua cum uno çitolo e una fanciulla li quali substentamo uno frate e l'altra intra le sore per essere ancho più securi de la sua fer­ meça. Reverendissirni patre, sette anni continui».

confesso che de culto e veneratione so integerrimo cristiano aven­ ga che sia mancho acustumato e a la comunità de la religione e se sia inutile non so però nocivo e de le vostre signorie alevato vete­ rano e familiare figliolo benché indegno. Ex Perusia adì vintiuno de ottobre Mille quatrocento novanta septe. Quisto depuse esso confessore predicto davante a quilli supremi patri e signore de essa beata Colomba cum veridica e fede­ le protestatione»51 .

[Colomba ha dimorato in una cameretta in pessime condizio­ ni senza lamentarsene; solo una volta chiese al p. Sebastiano di fargli una caverna nella zona dove si facevano i fondamenti del dormitorio] «Fecemmo puoi uno tugurio de tavole in quillo medesimo so­ lario nel quale à la lampade sempre acesa del quale olio se inongo­ no li infirmi e in meço è la figura grande de Iesu Christo che porta la croce in spalla e el progresso de la passione e uno altare e uno sca­ bello de tavole dove alcuna fiata reposa e collisa e gelida, meça morta cum le teste calde la refocillano. Ma exprimere la tolerantia e la patientia sua me seria molto difficile se io non volesse detrahere a alcune. Io ben so, reverendissimi patri, secondo la sententia del nostro signore Iesu Christo che la patria è a li suoi incredula. [ ... ] Certamente io havea spesse fiate persuaso che a la vergine se provedesse de alcuno de matura età e de autorità, de dotrina e de più sancta vita perché io veramente me iudica indegno e havea ex­ posti e laudati alcuni. Ma essa vergine de Christo refiutava e me corregea cum pie lacrime e saporite parole. E perché essa era re­ cerchata e domandata da le co�unità più degne e da molte e etiam­ dio da alcuni signore e anchora da li reverendissirni signore, io ò timuto de la contristare, altra el grandissimo obligo che noi have­ mo a quella, perché in verità più già fa essa a fama de l 'ordine no­ stro che tucti li nostri licterati e essa suplisce quivi per li predica­ tore e confessore. Etiamdio temo de tentare Idio, che devea prima dire, cioè de negligere e non curare le suoie innocente ancille e spose de tanta virtù. Nientedemeno sia facta la volontà de Dio si como a la fine dixe sancto Martino. Non so que adverrà e sempre temo e sto in sollicitudine. Io non so magone, ma nelle exercitii de le bone arte e liberale sem­ premai audentemente intento e già de cinquanta anni maturo, e

Il capitolo seguente - il 48 - è vieppiù in modo esplicito una narrazio­ ne di autodifesa tale da sopraffare la figura di Colomba. «De lo scrutinio del precedente capitolo in Corte Romana e nuovo insultu del demonio. Resta da narr-are la constantia de esso reverendo patre de sacra theologia profexore in quiste cose diete; el quale havendo per certo inteso che el beatissimo patre papa havea finalmente dieta: «Noi sa­ perno omninamente che suora Colomba è de � ancta vit�, ma ce mi: ravegliamo chi à electo per confessore perche havemo mteso che e huomo de buontempo como cului che duce li dì leti e li mmi sere­ ne». Quilli che astavano subito bavero resposto: «Beatissimo patre, quando è de bisogno de experirnentare sonno più sagace quisti tali che li ydiote homini e scienpiece». E un'altra fiata quando avante �a Sua Beatitudine fo facto sermone de la vergene prefata esso pontl­ fice maxirno iterato sermone dixe: «Averno inteso che suora Co­ lomba è sancta donna, ma c'è referito che uno religioso de mala fa­ ma la governa». Per la qualcosa el prefato de sacra pagina profexo­ re nel principio de la quatragesirna trovata la oportunità desces� a Roma e se representò humelmente nel Sacro Palaço apo Sancto Pie­ tro nel conspecto de lo reverendissimo legato de Umbria52 e da par­ te de beata Colomba non mancho exprobò che espuse alcune secre­ tissime cose. Da puoi avante a più reverendissimi cardinali e an­ chora el reverendissimo cardinale episcopo Perusino datario53 rati5 1 LV, cc. 57r-58v; Acta Sanctorum cit., pp. 37 1 -372. 52 Giovanni Borgia, cfr. nota 40. 53 Giovanni Lopez (MORONI, Dizionario cit., XXXIX, Venezia 1 8 · P· 1 82; _ un EuBEL Hierarchia catholica cit., p. 214). Nel 1496 Alessandro VI mdmzzava : suo B1 eve ai priori di Pemgia con cui esprimeva la volontà di chiamare, in onore della città, il Lopez cardinalis Perusinus (cfr. ASP, Diplomatico, C. 16, n. 570).

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ficò constanternente essa relatione de la prefata vergene beata Co­ lomba e a più cortegiani del palaço dette de ciò notitia e palese­ mente depuse. Da puoi fece protesto e dixe: «Puoi ch'io ò exper­ to la verità me ne dolgio bavere facta suspecta curn la mia dege­ nere conversatione tanta innocentia, tanta santirnonia e vertù la quale per alcuno tempo oppungnava curn false cavillatione e re­ darguiva. Ma quisto è chiaro e noi ce ne acorgierno che molte im­ però offendono la pia vergene per inpingere in me, el quale total­ mente non irnrnerito iudicano indigno de la conversatione de tan­ ta santità perché se lo huorno non prernore al peccato non puoi es­ sere nella vera vita spirituale e anchora li domestici concive non bene sustengono la excellentia de li suoi, nientederneno perché la carità non pensa male né permette per varie suspitione e iudicii te­ merarie suspicare male del proxirno, inperò la vergene de Cristo, mota a compassione, quillo che la opinione lacerava hurnelmente promovesse ad pietà e extorcesse de le cose vane usa certa gratia de familiarità. E manifesto anchora et è tra li catholici indubitata e certa la autorità de sancto Martino quando al dyavolo repugna­ va cioè che li antichi peccati passati curn la conversione de rne­ glior vita poderse purgare». Alcuni però li adversavano più rigidi li quali facte li ochi pau­ rosi intrarnectevano per tal modo de frate Hyeronimo Ferrarese clarissirno predicatore del dieta ordine quase ancho esso maestro fosse al surnrno pontifice sirnelmente contumace. El quale iudicò che non era per niente da voltarse onderieto, ma se expuse a re­ spandere a le obiectione curn lo volto denante, da li quale corno innocente se iustificò e prudenternente se asciolse. E consequen­ ternente differì de le dotrine rnathernatice cioè dotrinale. E de­ chiarì e determinò che la astrologia, benché sia scientia regale e nel rneço de le arte liberale, nientederneno per li proprii principii non puoi presagire la vendecta e morte del iusto iudicio de Dio né ancho per qual peccati o demeriti Idio occida o curn li flagelli ca­ stige o veramente per qual penitentia se placasse, inperoché la a­ strologia totalmente ignora le colpe de la mente e la pravità de lo affecto, le quale però de facto beata Colomba a più de voi à pre­ dicto, a li quali etiarndio à impetrate più benefitii de la misericor­ dia de Dio. E per benché la scientia possa attingere li effecti sim­ gulare quasi da la lunga previsi ut in pluribus se però alquanto re­ lucano nelle cause corporale e più universale nelle quale conosce l 'astrologia, ma quilli particulare contingente né quilli che ànno per causa la volontà non puoi; ma quando se sanno, se cognosco­ no per dono de lo Spirito Sancto e secondo el suo nuto e arbitrio el quale certo sa a chi e que conferisca e doni. [. . . ] E imperò a le

hurnele vergine è dato più presto. E certamente corno io havea haurito da essa vergine puramente così a le Vostre Signorie refon­ deva e se alcuna cosa explanava essa vergene me l 'avea interpre­

tato overo essa annuente recogliea da li dicti de li santi, nelle sa­ cre scripture o in sancto Dyonisio dove più cose se contengono de

la mistica interpretatione. Per la qualcosa finalmente esso confes­ sore de più gratie e elemosine donato da esso rnaxirno pontifice se retornò a Peroscia. Dove recognoscere li detratore non volse ma el deferì a Dio, de li quali alcuni rnoriro sença lengua e in breve suffocati e alcuni foro de diversi mali percossi»54.

Sebastiano esalta la propria costanza [quasi eroicizza se stesso] messa - per così dire - a dura prova dai ripetuti dubbi del pontef� ce, il quale, se ri­ conosce la santità di Colomba, non altrettanto apprezza Il suo confessore; così Sebastiano nella quaresima del 1498 si reca personalmente a Roma do­ ve - davanti a cardinali ed al cardinale vescovo di Perugia [Giovanni Lo­ pez] - ratifica la sua relazione circa la conetta vita religiosa di Colorn? a e dove pronuncia un discorso difensivo sottolineando tra l 'altr� che rn�lt1 of­ fendono la pia vergine per colpire lui. Ma non è impresa facile convmcere tutti e subito: alcuni infatti fanno il nome di Girolamo Savonarola55 come ad insinuare nei riguardi di Sebastiano la medesima cont�rnacia verso i� pontefice. Sebastiano prosegue per la sua strada, neJ?pure s� volt� vers� �l . . questi, e con abilità cerca di districarsi dalle obb1ez10m ev1denzran?? 1 h­ miti dell'astrologia che di per sé ignora le colpe della mente e la prav1ta del­ l 'affetto (dei sentimenti), mentre quando si sanno queste cose - come nel caso di Colomba - ciò non può essere che per dono dello Spirito Santo56. Dall' accusa di essere colui che in qualche modo elaborava le profezie di

3. 54 LV cc. 58v-60v· Acta Sanctorum cit., pp. 372-37 ' produzione storiogr�fica vasta così di centro al è la 55 La figura del S vonaro mo Savonarola. Note aggzunte che ci si limita a ricordare R. RIDOLFI, Vita di Girola a� Il pr?feta disarmato, arola. di A. F. Verde, Firenze 1998; P. ANTONETII, Savon cztta Una 1996; e Fn·enz GNINI, GARFA G.G. di no 1998; Studi Savonaroliani, a cura egno intemazionale, irenze e il suo profeta. Firenze di fronte al Savonarola (Conv Savonarola. L'uom o e � lfrat� dicembre 1998), in corso di pubblicazione; Girolamo ia Tudertina-Centro d1 Studi ccadem evo-A (Centro italiano di studi sul Basso Medio Spoleto 1999. a), Perugi di tà niversi dell'U . sulla spiritualità medievale cfr. ZARRI, Le sa�te v�v� gia astrolo sull' ia profez della orità 6 superi la 5 Circa olar� rili�vo .nel m�mento m eu s� cit., p. 1 10; «L'elemento profetico assume pmti� at1co, 1 cm poter� soprannatura 1 cansm del e nizion precisa come capacità di precog stato sapere della scienza astrologi­ vengono posti in contrapposizione con il contra 5). ca» (ZARRI, Profeti di corte cit., pp. 210-2 1 1 e nota


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C:ol�mba, sebastiano cercò di difendersi dicendo che qualunque cosa egli . . rifenva gliela aveva mterpretata Colomba o - e qui il termine alternativo non è di poco conto - lei annuente egli raccoglieva le interpretazioni da li­ bri di santi, dalla Scrittura e da (san) Dionigi57. Tutto sembra finire bene tanto che il confessore tornò a Perugia con grazie ed elemosine elargite daÌ pontefice. E p. Sebastiano non riuscì a nascondere l 'acredine verso i deni­ gratori sottolineando i mali loro sopravvenuti. Nonostante Sebastiano si diffonda nel racconto della sua 'brillante' au­ todifesa avvenuta nella quaresima del 1498, sta di fatto che nel dicembre dello stesso anno il maestro generale Gioacchino Toniani interviene con decisione: «Mandatur fratri Andree de Perusio58 quod recipiat sororem Co­ lumbam in filiam spiritualem et eidem sorori Columbe precipitur quod de cetero non �udeat f�cere confessiones suas nisi cum fratre prefato neque audeat loqm cum aliquo fratre nostri Ordinis seu alterius sine licentia fra­ tris Andree»59. Sebastiano viene così allontanato da Colomba. Nel capitolo 50 - dove Sebastiano si profonde ad esaltare la tolleranza e la pazienza di Colomba nelle avversità - s 'incontra Lucrezia Borgia . «La illustre duchessa de Vigliari [Bisceglie] madonna Lucre­ tia B orgia in quil tempo gubernatrice de Spolete e Fuligne60, a la quale era grandemente propitia la maiestà pontificia perché li era congionta de relatione filiale, essa cerchava e sagacemente feceva observare se per alcuno modo havesse poduto cavare de qui essa pia vergine non so se per devotione o per applaudere a le instantie de altre comunità como fecero de suor Lucia; e havea intentato se­ cretamente per lectere e a parole cum lo tesauriere de la camara a­ postolica e cum alcuni de li nostri primari astingendo cum prece e grande instantia che almancho se fidassero che essa li parlasse cir­ ca li nostri confine e Montefalco. Ma el Sene obviò e fece resi­ stentia e prudentemente per lectere e resposte a bocha satisfé per­ ché el populo non l 'averia permesso»61. Si è già accennato più volte al timore di parte perugina di perdere Co57 Dionigi Areopagita (V-VI secolo). 58 Cfr. La cronaca di S. Domenico di Perugia cit., p. 99 dove è anche ricorda­ to come confessore della Beata. 59 AGOP, IV, 12, c. 48r; cf1: ZARRI, Le sante vive cit., p. 159, nota 264. 60 Tra l 'agosto e l'ottobre 1499. L'8 agosto 1499 Lucrezia va a Spoleto 'pro gu­ bemanda' (ASV, Indici 1 14, Spoglio Cantelori, c. 141 v). 61 LV, c. 63r; Acta Sanctorum cit., p. 375 .

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lomba; anche il cardinale Giovanni Borgia segretamente avrebbe cercato di mandarla in Spagna per compiacere la regina Isabella; Siena - come si è detto - mal digeriva il 'dirottamento' di Colomba e così via; l'intervento di Lucrezia appare tutt'altro che peregrino visto per altro il caso di Lucia da Narni, cui appunto si fa riferimento. Lo stesso Sebastiano dice di essersi op­ posto prudentemente alla richiesta perché il popolo non l'avrebbe consen­ tito. Forse per devozione, forse per strategia politico-diplomatica (magari per accontentare qualcuno) Lucrezia fece le sue avances; a ciò il p. Seba­ stiano oppone soprattutto l 'indisponibilità del popolo: forzare la mano a­ vrebbe potuto ingenerare inutili tensioni. Tra le avversità che Colomba deve soppmtare, Sebastiano non trascu­ ra di segnalare il divieto fatto alla beata di parlare con lui, che per altro era stato rimosso dall'incarico di confessore. Si rimanda per questo alla nota 59. «E in quillo tempo foro sopite molti signi e molte revelatione neglecte o per dire meglio foro suffocate»62; Colomba continua ad avere visioni, ma l'interpretazione è carente e/o mancante tanto che, quando un cardinale le­ gato la intenoga circa il pontefice allora sedente ed il suo immediato suc­ cessore, i significati non sono bene intesi63. In buona fede o meno, Seba­ stiano si reputa in qualche modo indispensabile perché visioni e rivelazio­ ni hanno bisogno di interpretazioni: tutto ciò avviluppa vieppiù Colomba nelle maglie di Sebastiano che in quanto colto e preparato poteva - sulla ba­ se delle visioni di Colomba - elaborare e proporre i pronostici richiesti. L'intreccio Colomba - Sebastiano non è facilmente districabile; si tratta di un rapporto «intricato» dove i ruoli del condizionante e del condizionato si confondono. Nel dicembre del 1499, comunque, il Torriani attenua il dra­ stico intervento dell'anno precedente e «conceditur sorori Columbe quod possit habere coloquium cum patribus nostri Ordinis bene moratis et magi­ ster Valentinus64 et frater Andreas in casibus necessitatum possint eidem de confessore providere quousque aliter per me disponatur»65. Così come emergono dal racconto di Sebastiano Angeli, i Borgia ap­ paiono interessati alla figura di Colomba, tutt'altro che ad essa avversi, an­ che se Alessandro VI sembra voler in qualche modo tenere il fenomeno sot­ to controllo e conoscerlo meglio. Colomba - nella forte mediazione nana­ tiva di Sebastiano - non esce dai ranghi del dovuto rispetto per tutte le au­ torità ecclesiastiche, pontefice in testa. «Perché de li pontifici etiamdio summi e ancho de la co1te ecclesiastica fo sempre indefessa ancilla e per lo62 LV, c. 63v. 63 LV, c. 64r. 64 Magister Valentinus Camers, cfr. La cronaca di S. Domenico di Perugia cit., pp. 100-102. 65 AGOP, IV, 12, c. 54Ar.


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ro humelmente advocava»66: così, ad esempio, scrive il biografo verso il termine della sua narrazione. Cetiamente l 'episodio dell'incontro con Ales­ sandro VI dovette restare impresso nella memoria di Colomba e di Seba­ stiano, tanto che quando si tratta di scegliere il luogo della sepoltura - Co­ lomba è ormai in fin di vita - egli sceglie l 'altare di S. Caterina, la beata è ben lieta di questa scelta e dice: «Così me piace, patre, dove etiamdio el summo pontifice se ingionocchiò»67. Colomba e i Borgia attraverso le altre fonti.

Là dove termina il racconto soggettivo, partecipato, personalizzato dal­ la legenda, inizia l'analisi di quelle che potremmo definire fonti 'oggetti­ ve' , vale a dire quei documenti ufficiali, coevi al singolo accadimento, scritti non per essere letti in platea, ma per sigillare un atto e ratificare un impegno, cui sono da aggiungere altre attestazioni di carattere emotivo personale. Ovviamente balza subito in evidenza la sostanziale diversità dei dati disponibili. Nulla di ufficialmente verbalizzato resta dell'incontro del 1495, anzi, tra le pergamene del convento di S . Domenico non c'è più trac­ cia nemmeno delle indulgenze concesse da Alessandro VI «a essa ciesa». Ancora meno sono testimoniati gli intrecci Sebastiano-Cesare Borgia o Co­ lomba-Lucrezia e troppo scarni sono gli indizi, peraltro seducenti, su rap­ porti o tendenze savonaroliane. Tuttavia, attraverso altre fonti, si raggiungono analoghi risultati sul­ l 'interesse dei Borgia per Colomba e sul rispetto di quest'ultima per l'auto­ rità ecclesiastica, ciò che la pone al di fuori da rischiose implicazioni. Rileggendo con attenzione i documenti, certamente non sfugge come, in più di una occasione, si era intervenuti in Curia a favore delle necessità di Colomba e del suo monastero, e gli stessi registri della cancelleria del comune perugino contengono il testo del Breve alessandrino del l aprile del 149768. A tale data infatti il pontefice, consapevole che l 'edificazione del nuovo monastero voluto dalla beata avrebbe richiesto sforzi ben mag­ giori di quelli già profusi, concedeva un'indulgenza plenaria a quanti si sa­ rebbero recati in preghiera all'altare di S. Caterina in S. Domenico e «pro fabrica dicti monasterii, manus porrexerint adiutrices». Colomba dunque poteva concretamente contare sulla benevolenza romana anzi, proprio que­ st'anno si rivelerà essere uno dei periodi migliori (l' altro, come vedremo, sarà il 1 500) per le relazioni con le alte gerarchie ecclesiastiche, indipen66

LV, c. 82r. LV, c.75v. 68 ASP, Copim·i 4, c. 120r; MoNACCIDA, La beata cit., p. 221 . 67

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dentemente dal fatto che, negli stessi mesi, si portava a compimento l'al­ lontanamento dal suo 'pregiudizievole ' confessore. C'è anzi da chiedersi se l ' attenzione dei Borgia profusa proprio adesso, non potesse essere va­ gamente collegata ai sospetti su Sebastiano: da un lato si critica il confes­ sore e, in qualche modo, lo si punisce togliendogli l 'incarico, dall' altro si vuoi dimostrare concretamente l 'ortodossia di una famiglia religiosa tanto stimata dalla comunità da richiamare, stando alle cronache del tempo, ol­ tre cinquanta vocazioni in poco più di sei anni69. Comunque fossero anda­ te le cose, pochi mesi dopo il documento sopra citato si deve registrare un altro intervento ufficiale in favore della giovane penitente. Il 25 agosto è infatti la volta di Giovanni Borgia, all'epoca legato dell'Umbria che, arri­ vato a Perugia e recatosi in S . Domenico, proprio di fronte all' altare di S . Caterina decideva di promulgare un suo decreto che contemplava l 'indul­ genza di mille giorni per quanti, visitando da penitenti la cappella, avesse­ ro offerto elemosine per il suo mantenimento. Tale favore - dichiara il car­ dinale - veniva riconosciuto in quanto direttamente richiesto dalla «dilet­ ta sorella in Cristo» Colomba, fondatrice (così verrà d'ora in poi indicata) del medesimo altare70. Da questo momento in poi, a tener conto delle fon­ ti civili, si avrebbe l ' errata convinzione che, esautorato il p. Sebastiano dal compito di confessore personale di Colomba, terminata la legazione di Giovanni B orgia e magari, perché no, eliminato anche il pericolo savona­ roliano, l 'interesse romano per la beata stesse lentamente scemando. I suoi ultimi quattro anni di vita infatti, pur scanditi da un non disprezzabile elen­ co di testimonianze, denotano un' attenzione prettamente locale. Si conti­ nuano ad elargire pubbliche elemosine per il sostentamento delle monache e per impetrare le sue preghiere in favore del buono stato di Perugia ; alcu­ ni devoti intestano lasciti a suo nome e sempre numerose sono le fanciul­ le, anche della migliore società, che postulano l 'ingress o in monastero. Ep­ pure non è solo così, anzi, stando a quanto attestano i documenti rinvenu­ ti, si potrebbe dire che fu l ' anno 1 500 a registrare la maggior parte degli interventi. si deve Il merito di aver reso possibile l'acquisizione di nuovi dati lo in buona pmie proprio ai testimoni esibiti e fedelmente trascritti nelle pagi­ ne dell'inchiesta canonica che si tenne in Perugia tra il luglio del 1 629 e il marzo del 1 63071. Tra questi, utili ai nostri fini, si dimostrano essere so­ prattutto gli atti ufficiali emanati dal cardinale legato pro tempore e le let­ tere, circa una decina sulle tredici presentate ai giudici da Gerolamo della Luna, il personaggio che le possedeva, non sappiamo ancora per quali vie, 69

Ibid. ASP, Copiari 4, c . l 22v. 71 VENcm, Il processo cit., pp. 233 e ss.

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e scritte da Roma direttamente a Colomba o a uno dei suoi procuratori, Co­ stantino di Andrea, tra l' aprile e il settembre del medesimo anno72. Dall' escussione degli scritti, ancora una volta emerge il ruolo di Ales­ sandro VI che nel breve volgere di un'estate concede dapprima, come ora vedremo, il privilegio del giubileo e poi una cospicua elemosina; tuttavia è un'altra la figura che si evidenzia, a nostro giudizio, ancor più a tutto ton­ do, vale a dire il nuovo cardinale legato di Perugia, il francese Raimondo Perauld73. Dopo Giovanni B orgia è dunque ancora una volta il legato a tes­ sere rapporti con Colomba e, almeno in questo caso, a manovrare, senza ombra di dubbio, per farle ottenere favori dal papa, troppo distante, del re­ sto, per poter personalmente tenersi in contatto con lei. Che, d' altra parte, l'incontro tra Colomba e il Perauld avesse avuto notevole risonanza è mes­ so in luce anche attraverso alcuni passi della stessa legenda.

dubio de probità e vertù clara e de grande età etiamdio spirituale patre e a Cristo devoto, avendo intesa la sanctità de essa vergine e experta la eximia vertù sua nel Salvatore congionto cum pater­ na carità e certa familiare sincerità, spesse fiate nella ciesa nostra consolava la ancilla de Cristo. E grandemente confidava nelli suoi meriti e prece. E reficievano sé insieme de colloquii spiri­ tuali; el quale etiamdio aprobava le suoi revelatione cum indubi­ tata fede e quando se advedde che essa era de ydoneo interprete destituta e privata de lo refrigerio e subsidio spirituale, reportò a li superiori cum efficace diligentia in tal modo che etiamdio in­ terposita l ' autorità del summo pontifice, li fossi proveduto el bi­ sogno. Etiamdio, consulendo a la quiete sua e a la securità de la contemplatione, li impetrò in esso anno centesimo, nella festa della sancta Pasca Resurexe, a essa vergine e a le suoi suore et ministri, piena indulgentia del iubileo, solamente ingionti nella ciesa propria, certe fiate paternostre e avemarie. E ratificò ancho­ ra alcune annue indulgentie al suo altare e ancho succurse a mol­ te loro comode»76•

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«Cap. 53: - De la provisione del nuovo confessore a beata Colomba. Per la qual cosa el reverendissimo cardinale Gurgense74, do­ mino Raymundo, alora in Peroscia legato de latere7S, homo sença

72 Di queste lettere, già conosciute dal Ricci e menzionate negli stessi Acta Sanctorum cit., pp. 3 83-384, si pubblicano in appendice i testi integrali così come riportati nelle pagine processuali. 73 MORONI, Dizionario cit., LII, Venezia 1 8 5 1 , pp. 8 8-89; EuBEL, Hierarchia catholica cit., p. 22 ; PASTOR, Storia dei papi cit., pp. 250 e ss. Il cardinale Perauld o Peraudi, come anche spesso viene indicato, nato a Surgères nel 1435 e morto a Vi­ terbo nel 1 505, risulta essere un personaggio di tutto rispetto nel panorama religio­ so di fine Quattrocento. La voce a lui dedicata nel Dizionario ecclesiastico così ne sintetizza la figura : «Agostiniano, fu priore del suo Ordine, poi protonotario ponti­ ficio [ . . . ] e cardinale dal 1493. Innocenza VIIIlo mandò suo legato presso l 'impe­ ratore Federico III (1487) per indurlo alla crociata contro i turchi; a tale scopo il P. considerò necessario metter anzitutto p�ce tra i sovrani d'Europa e con saggia me­ diazione riuscì a guadagnare alla causa i re di Francia e d'Ungheria. Non ebbe in­ vece il favore di Alessandro VI, ch' egli giudicava poco zelante per la crociata e per la riforma della Chiesa; tuttavia non esitò a predicar le indulgenze dell'Anno santo 1 500 bandite da Alessandro per ottenere i mezzi per la spedizione, pure senza tra­ scurare l' attività specificamente tiformatrice in senso religioso-morale» (cfr. A. MERCATI-A. PELZER, Dizionario Ecclesiastico, Torino 1 958, ad vocem). 74 L'appellativo di Gurgense derivò al Perauld dalla sua nmnina, tra il 1491 e il 1 50 1 , a vescovo di Gurk. 75 Tra la documentazione del comune pemgino è a tutt'oggi conservato il Bre­ ve pontificio con cui Alessandro VI, in data 25 novembre 1499, notificava ai magi­ strati cittadini la nomina a legato di Raimondo cardinale Gurgense, del titolo di S . Vitale (ASP, Diplomatico, C. l 7 n. 594).

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Per meglio comprendere i diversi passaggi che scandiscono questi mo­ menti, è necessario comunque rileggere con attenzione alcune delle non sempre facili pagine del Processo riunendole e riordinandole cronologicamente. La figura del cardinale di S . Vitale emerge una prima volta il 29 feb­ braio 1500 in occasione della sua personale concessione di una indulgenza quinquennale all'altare di S . Caterina da Siena in S . Domenico, mentre si trova proprio nella stessa chiesa. Il testo ufficiale della concessione, in tut­ to e per tutto simile all' antecedente del 1497, richiama l'attenzione sulla grazia concessa dietro personale supplica di Colomba, fondatrice dell' alta­ re in questione, a cui verranno devolute le elemosine di quanti intenderan­ no lucrare l'indulgenza stessa. Il documento in sé, avvertono le note can­ celleresche anch'esse fedelmente copiate negli atti processuali, viene redat­ to dal segretario del cardinale, tal Giovanni Fayent, anch'egli probabilmen­ te francese, di certo non italiano. Quest'ultima annotazione, si rivelerà par­ ticolarmente preziosa per chiarire un aspetto, come vedremo, di non secon­ daria importanza. Proseguendo ancora nella lettura delle fonti, pochi giorni dopo la con­ cessione dell'indulgenza, ben altra grazia arriva al monastero della beata e al suo personale entourage di procuratori, sindaci e benefattori. Sempre il

76 LV, c. 68r.


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cardinale legato invia una lettera ufficiale, datata 16 marzo, contenente l 'annuncio per lei, per le sue suore, per il priore del convento di S. Dome­ nico e per il sopra menzionato gruppetto di amici, che il pontefice Ales­ sandro VI «relationi nostre benigne annuens ac animarum vesl:rarum salu. . ti pr�vi'de cupien s»77 aveva appena concesso «vive vocis oraculo [ . . . ] ve. rum I�b�leu�» . In altre parole, Colomba e i suoi avrebbero potuto godere del pnvilegio di. lucrare il grande giubileo di quell' anno, visitando e pre­ gando davanti agli altari in S. Domenico, senza l 'obbligo, sancito per tut­ ta �a Cristianità, di recarsi in pellegrinaggio alle quattro basiliche patriar­ cali romane. Anche in questo caso, le notizie recate dalla lettera del cardi­ nale sarebbero state trasmesse tramite secretarium nostrum. Ma la bene­ volenza del pontefice non doveva ancora cessare di manifestarsi e sarà dei primi giorni dell'autunno successivo, sette mesi prima della morte della stessa Colomba, il Breve inviato al tesoriere apostolico in Perugia, Giulio Spannocchi, con l 'ordine di devolvere alla «abbati ssa monasterii S. Cathe­ rin� de Se�s» 60 fiorini di Camera per permetterle di far proseguire i la­ von alla Cisterna dell'acqua che, autorizzati dal Comune, languivano per la povertà delle religiose78. Decreti priorali, lettere legatizie, brevi pontifici sono fonti ufficiali co­ me tali - pe� così dire - ' oggettive' , ma altre testimonianze di caratter � più . . soggettivo si aggmng ono ad esse: si tratta delle lettere personali poc' anzi accennate, utili per la possibilità di comprendere i fatti a monte dell'uff i­ cialità documentaria . L'interesse racchiuso in queste missive romane, che Colomba ? <:ostantino ricevevano, ha una duplice valenza; da una parte, trattandosi di lettere private, non risentono degli stereotipi cancellereschi ma nemmeno della necessità di ' accomodare' gli eventi per i lettori ; dal­ l 'altra sono soggettivamente illuminanti perché scopriamo finahnente esse­ re scritte dal figlio spirituale di Colomba, suo devotissimo servitore Gio­ vanni Fayent, lo stesso Giovanni Fayent conosciuto come segretario del le­ gato �erauld e ora anche come prezioso e scrupoloso interprete in Curia dei volen della sua madre spirituale, o di chi per leF9. L'analisi di questa corrispondenza è quanto mai illuminante circa gli 'aff�ri ' che richiedevano cure romane, anche se, purtrop po, non sempre ne . esplicita la vera natura. Comunque, tra quelli di più chiara interpretazione , 77 Processo di beatific azione, cc. 4 8 l v-482r, 579r-69 lv e in particolare c. 483v. 78 ASP, Camera Apostol ica, 2, c. 36v. 79 La p�over�enza, probabilmente francese, certamente forestiera, del Fayent, . .

cr :rene testrmomata dalla sua asserzione circa il fatto che, scrivendo in volgare i­ t�hano a Colomba, confessa che, essendo la prima volta che usa tale lingua, crede dr commettere molti enori (v. appendice, lettera n. 8).

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non ultimo emerge ancora il giubileo; sia il Fayent che frate Colomano80 scrivono della riuscita intercessione presso Alessandro, per cui satis et mul­ tum laboravi, e del Breve dell'indulgenza inviato dal legato che si era di­ mostrato addirittura più incline alle suppliche di Colomba, che non lo stes­ so padre generale dell'Ordine (lettera 1). E ancora altr� necessità, altri ?i­ . sogni, altre richieste di mediazione passano pe� l� mam del � olle?Ito GIO­ vanni che si rivolge a Colomba come sua devotissima madre m Cnsto, spe­ ranza unica e benefattrice, aggiungendo, siamo già in agosto, che «ho fer­ ma speranza ch'haverimo ogni cosa come m'ha detto monsign�r revere�­ dissimo» [ovvero il cardinale legato] (lettera 8). Con questo mterve�to, chiarito poi in altri passi, si allude alle lettere de� procuratore C? stantmo, tese ad ottenere per tramite del legato, la necessana raccomandaziOne pres­ so Alessandro circa l 'elemosina per la cisterna dell'acqua. Si incarica poi di consegnare personalmente le lettere che la beata in­ via al padre generale per ottenere il trasferimento a Bologna del fratello, an� ch'egli nell'Ordine; la informa circa la possibilità, decisamente concret�, dr avere come confessore - anche per tutte le altre suore del monastero - rl p. Michele da Genova (lettera 10). Dunque ancora una conferma della salda a­ micizia con il cardinale e della necessità dei suoi interventi in Curia, tanto che nelle ultime righe della medesima lettera, datata 8 settembre, il Fayent, oltre a trasmetterle la personale benedizione del legato, supplica la sua re­ verenda madre spirituale di inviargli quanto prima nuove disposizioni circa i 'negozi' da seguire, perché la probabile partenza da Roma di ' monsignore' avrebbe reso molto problematico il da farsi 81 • . D'ora in avanti la penna del figlio spirituale tace: partenza al segmto del cardinale destinato ad· altri incarichi o semplice lacuna documentaria, resta il fatto che le ultime lettere esibite al processo sono ininfluenti per i nostri interessi, scritte ormai dopo la scomparsa di Colomba alla madre Vanna, di pugno del p. Michele da Genova82.

80 Frate domenicano di origine tedesca che aveva curato il conventino di Preggio

e era, per cetti versi, protettore di Colom_ba o comun�ue suo �stimato�·e. In data �2 no­ . . vembre 1499 «acceptat:ur quidam locus m loco Pregn drocesrs Perusme pro Ordme t_tt in eo stent moniales Tertii Habitus ordinis nostri oblat:us a fratre Colomano Theutomco et ipse earum geret curam donec alia provisio fia�> (AGO�, IV, 12, c. �4v). . 81 Effettivamente il 5 di ottobre il Perauld vemva nommato legato m Germama e di li a pochi giorni, il 26 dello stesso mese, ricevuto l'incarico di ra�coglie�·e fo�­ di per la crociata, partiva per la sua nuova missione. Do�� alcune settrmane, rl 5 d�­ cembre successivo, un altro Breve di Alessandro VI notrfrcava al Comune la �omr� na del nuovo legato, il cardinale di S. Vitale, Giacomo Sena (cfr. PASTOR, Stona dez papi cit., p. 539; ASP, Diplomatico, C . l 7, n. 605). 82 Processo di beatificazione, cc. 589v-59lv.


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Colomba tra il p. Sebastiano e il Savonarola: la riforma.

Colomba - ormai negli ultimi giorni di vita «mendicò la venia ancho da certi homini da non dire, li quali l' aveano acusata suspecta de culto e quanto mai haveano poduto havevano la sua innocentia pervertita; homini certamente pressi dal vitio de la carnalità de femine e masci che tanto era l'habito de la mente loro corropto e lo affecto depravato che erano vagi nella fede de Christo e deridevano egualmente la patientia de Iob e la verità de la istoria, che el fuoco cetiamente non haveria vendicato le loro sceleragine sufficientemente, li quali rementiti intanto te­ meraro in cathedra de pestilentia che etiamdio essa pia vergine ex­

probraro e improperaro rea del fuoco como frate Hyeronimo»83.

È questa - se nulla è sfuggito - la seconda esplicita menzione di Girola­ mo Savonarola nella legenda di Colomba. La prima - come si è detto - è ri­ ferita allo stesso p. Sebastiano tutto intento a discolparsi - nella quaresima del 1498 - in sede romana; la seconda è riferita appunto a Colomba. Due spie narrative che suggeriscono un brivido di mmmorii, sussun·i, accuse, insinua­ zioni, diffidenze, dubbi: l' ombra del Savonarola incombe. n p. Sebastiano consciamente o meno - impiega i riferimenti al S avonarola nell'ansia di giu­ stificare se stesso ed esaltare Colomba [che forse era un po' la stessa cosa]. Le menzioni del Savonarola sono utilizzate in chiave negativa in funzione della positività che Sebastiano intende conferire a se stesso ed a Colomba. Nel primo caso il Savonarola - ancora in vita perché si è nella quaresima del 1498 - è indicato come contumace, cioè disobbediente e ribelle; Sebastia­ no vuole invece mostrare se stesso assolutamente non-colpevole. Nel secondo caso Colomba è talmente animata da spirito di umiltà da chiedere perdono ad uomini di mal costume e di cattiva condotta che avevano giudicato la beata rea [colpevole quindi meritevole] della pena del fuoco come S avonarola. Si rico­ nosce così in modo implicito la colp�volezza del Savonarola e quindi la meri­ tata pena per esaltare la completa innocenza di Colomba. n biografo prende così facendo - le dovute distanze dal Savonarola, ciò che del resto era una dif­ fusa linea di condotta84. Ma prendere le distanze dal Savonarola non significa essere lontani da quella tensione di riforma che fetmentava ormai da tempo a cominciare da Raimondo da Capua - all'intemo dell'Ordine85. 83 LV, c. 69v; Acta Sanctorum cit., p. 380. 84 D. DI AGRESTI, Sviluppi della riforma monastica savonaroliana, Firenze 1 980, pp. 28 e ss. 85 W. HlNNEBUSCH, I domenicani. Breve storia dell'Ordine, Cinisello Balsamo

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Colomba respira aria osservante e/o comunque è attratta in orbita rifar­ mistica. Il convento di S. Domenico di Perugia era entrato nel giro dei rifor­ mati dal 143786, ma senza immettersi nel circuito della congregazione sa­ vonaroliana. Sebastiano Angeli è considerato d'ispirazione savonaroliana87; quando divenne priore provinciale romano (1510-15 15) gli fu conferit? an­ che l'incarico di vicario dei conventi riformati88; Giovanni, fratello dt Co­ lomba riuscì ad andare al convento «riformatissimo» di Bologna. Per quan­ to rigt;arda Colomba in patiicolare - a parte lo stretto legame con il p. Se� bastiano e con i frati in genere di S . Domenico - si può ricordare che tra l suoi confessori vi fu, ad esempio, «el vicario de la Observantia de Tuscia89, el quale le instruxe de optimi instituti de la sancta religione et audì la confessione ge­ nerale de beata Colomba e nelli colloquii sancti molto la satisfé. E poiché noi facevamo qualcha strepito de murmuratione �e l � loro frequentia nella ciesa, cioè la mane e po vespero, esso vtcano re­ spose: «In verità, patre mei, quista è quasi uno angelo celestiale nelli colloquii de Dio, vergene de maravegliosa innocentia e de grandissima simplicità e nelle cose de Dio alegra e n:olto devot� e molto affecta el verbo de Dio e mirabelmente çela li sacramenti e prevede molte secrete in visione e io el referisco de provato»90. L'istituzione monastica di cui Colomba è figura- leader rientra pienamente in un clima di riforma91 . In data 27 luglio 1490 il maestro generale Torriani incarica frate Girolamo da Firenze di occuparsi del nascente mona-

1992, pp. 1 12- 157; A. D' AMATO, L' Ordine dei frati Predicatori, Roma 19 3 , pp. 121-154; R. CREYTENS-A. D'AMATo, Les actes capitulaires de la Congrégatwn do­ minicaine de Lombardie (1482-1531), «Archivum Fratrum Praedicatomm», 3 1 (1961), pp. 21 3-306; R . CREYTENS, Les actes capitulaires de la Congrégation to­ scano-romaine O.P. (1496-1530), ibid., 40 (1970), pp. 125 e ss. 86 TIMOTEO BorroNIO, Annali 1401-1591, Pemgia, Biblioteca Comunale Au­ gusta, ms. 1 1 5 1 , cc. 42r-43r; cfr. KAEPPELI, Il registro di Sebastiano Bontempi cit., p. 308; CREYTENS, Les actes capitulaires cit., pp. 125, 1 3 1 . 87 ZARRI, Le sante vive cit., pp. 120-12 1 , 158-1 59, nota 264. L' argomento meriterebbe accurati approfondimenti. 88 KAEPPELI, Il registro di Sebastiano Bontempi cit., pp. 308-309. 89 Cfr. CREYTENS , Les actes capitulaires cit., pp. 125 e ss. 90 LV, c. 3 1r; Acta Sanctorum cit., p. 348. 9 1 Nel novembre del 1490 il depositario tesoriere del comune di Pemgia, al­ l ' atto di elargire 15 fiorini, parla di «le donne del Terzo Or ine de' S . D�menicho reformato nuovamente per suora Cholomba, per fabrechare dttto monasteno» (ASP, Depositario Tesoriere, 7 1 , c. 27v).


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stero: «Commictitur fratri Hieronymo92 conventuum refonnatorum Provin­ cie [Romane?] vicario generali quod precipiat duabus bighinis monasterii Sancte Lucie93 quod se conferant Perusium ad monasterium inibì de nova fiendum et commictitur etiam sibi quod provideat eisdem de monasterio fiendo de uno confessore et patre»94. Frate Girolamo Fiorentino, vicario ge­ nerale, è di fatto attestato anche in Cronache e ricordi del monastero della beata Colomba, attivo negli anni 1490-149 1 , al tempo, appunto, della for­ mazione della nuova comunità terziaria cui, per altro, procurò una suora pro­ veniente da Pistoia95. Si trattò di una comunità di vita apostolica con l'as­ sunzione dei tre voti96, senza il vincolo stretto della clausura, ma con volontà di rigore nella comunione di tutto: povertà individuale, quindi, e lavoro97. Il testo narrativo del p. Sebastiano e la documentazione emersa coinci­ dono perfettamente nel mostrare Colomba non in rotta di collisione con A­ lessandro VI e i Borgia. Calata in pieno clima riformistico-osservante, im­ mersa in un contesto non immune da suggestioni savonaroliane e quindi per­ vaso di dimensione profetica, gravata di sospetti e dubbi - che probabil­ mente non sono solo uno stereotipo agiografico, ma il riflesso reale di un cli­ ma di tensioni inasprite dalla vicenda savonaroliana - tra luci ed ombre; da un lato, venerata come santa ed energia di richiamo di devozione popolare, dall'altro, fondatrice carismatica di una comunità riformata, protetta da al­ meno una parte della città, Baglioni in testa, Colomba esce indenne dalla tempesta che travolse il Savonarola e riceve sostegno dai Borgia stessi, e non solo: si pensi all'attenzione a lei rivolta dal cardinale Perauld. Ciò è dovuto a molteplici fattori. Sebastiano cercò ed in qualche modo riuscì a difendere se stesso e Colomba. Nella legenda non vi è - né poteva esservi - alcuna traccia di ammirazione per il Savonarola; nessun contatto 'diretto' è narrato 92 Si tratta di Girolamo [Mamffi] da Firenze, professo in S . Marco nel 1460 e morto nel 1492, da non confondersi però con lo stesso S avonarola come talvolta è avvenuto, cfr. RmoLFr, Vita di Girolamo Savonarola ci t., p. 408, nota aggiunta n. 35; F.A. VERDE, La Congregazione di Sau Marco dell'ordine dei Frati Predicatori, «Memorie Domenicane», 14 ( 1 983), p. 203; R. CREYTENS, Santi Schiattesi, «Archi­ vum Fratmm Praedicatomm», 27 ( 1957), pp. 217, 218, 298. Si ringrazia il p. Verde per le indicazioni fornite. 93 È il celebre monastero fiorentino di terziarie domenicane, in origine, dive­ nuto nel 1496 di monache claustrali sull'onda della rifmma savonaroliana, cfr. Dr AGRESTI, Sviluppi della riforma monastica cit., pp. 2 1 -22, 1 99-200. 94 AGOP, IV, 9, c. 87v. 95 CASAGRANDE, Terziarie domenicane a Perugia cit., pp. 148-149. 96 Lo stesso Savonarola insisteva sulla rigida prassi dei tre voti con particolare insistenza sulla povertà (cfr. Dr AGRESTI, Sviluppi della riforma monastica cit.). 97 Su Colomba riformatrice cfr. CASAGRANDE, Terziarie domenicane a Perugia cit.

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né risulta, al momento, da altra fonte. Stando, ad esempio, ad una testimo­ nianza del Processo Colomba avrebbe avuto la visione del martirio di Giro­ lamo e compa�ni ed avrebbe visto la loro gloria in paradiso98; ma il p. Se­ bastiano tace. E credibile che l'onda lunga del Savonarola e dei suoi segua­ ci si spandesse99 e, comunque, da parte di chi sospettava e denigrava un cer­ to qual legame Sebastiano - Colomba - Savonarola s 'insinuava. Viste come erano andate le cose, Sebastiano non poteva che prendere certe dovute di­ stanze. Attorno a Colomba inoltre si era creato un entourage di ' fedeli' che le lettere del Fayent, ad esempio, rivelano essere più ampio di un circuito strettamente perugino. Colomba non predica100; le sue visioni-profezie sem­ brano rimanere in una sfera di carattere più interpersonale, cioè in un ambi­ to meno pubblico. In alcun modo appare in contrasto con le autorità eccle­ siastiche. Perugia, da ultimo, non è Firenze: la Perugia dei Baglioni non en­ tra in rotta di collisione con il potere pontificio, a differenza di Firenze che al tempo di Carlo Vill si schierò con la parte francese così come lo stesso Savonarola - nella sua ottica riformatrice - contava su questo sovrano. Questi - e forse molti altri - i motivi per cui Colomba potè morire in fama di santità avendo annullato il proprio corpo - come Caterina da Siena - in una spirale di astinenze (la si voglia chiamare o meno 'santa anores­ sia') e di penitenze.

98 Testimonianza di Dorotea Signorelli, Processo di beatificazione, c. 145v; cfr. Rrccr, Storia della b. Colomba cit., pp. 230-240, nota l . 99 È noto il seguito femminile ottenuto dal Savonarola, cfr. Dr AGRESTI, Svi­ luppi della riforma monastica cit. ; A. VALERIO, Domenica da Paradiso, Spoleto 1 992; L. Pouzzorro, Savonm'Ola, Savonaroliani e la riforma della donna, in Studi Savonaroliani cit., pp. 229-244. Di Savonarola di fronte all'universo femminile si è parlato, ad esempio, al Convegno Una città e il suo profeta cit. 100 Per un caso di predicazione al femminile cfr. VALERIO, Domenica da Para­ diso cit.; Domenica era ammiratrice del S avonarola e pare anche di Colomba; R. LI­ BRANDI-A. VALERIO, I sermoni di Domenica da Paradiso, Firenze 1 999.


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APPENDICE

2. cc. 580r-v

ADP, b. XXIV, Processo di beatificazione di Colomba da Rieti

A tergo: Venerando viro domino Constantino Lurtio devotissimi con­ ventus matris nostre sororis Columbe procuratori et scintico dignissimo pa­ tri nostro protectori et benefactori singularissimo. Perusie. Intus vero. Venerande pater noster protector et benefactor singularissi­ me, post humillimam commendationem non latet vestram paternitatem devo­ tissimam fratrem Colomanum huc applicuisse ut tam eidem scripsimus fluxe­ re xv dies vel circa, qui nobis detulit litteras gratiosissimas eiusdem vestre ll paternitatis et declaravit nobis negotia pro quibus huc venit iuxta tenorem predictarum litterarum vestrarum quem fratrem non ut debuimus sed ut va­ luimus intuitu beatissime matris nostre protectricis et benefactricis sororis Columbe recepimus et tractavimus et quam diu hic erit tractabimus, ac si es­ set persona proptia predicte matris nostre quia quod illi facimus eidem con­ solatrici nostre facere credimus. Scribit enim dictus frater Colomanus vobis ad longum de negotiis sibi a predicta consolatrice nostra impositis que, per Dei gratiam, ad vota pro maiori parte sunt expedita et que sunt expedienda Deo dante expedientur. Breve pro iubileo diete matris nostre expeditum est et speramus in propria sue caritati materne presentare et hoc in brevi, auxilian­ te Altissimo. Que nobis iniunxerat sua materna dilectio, leto animo et bono corde, ad implevimus utinam maiora posuisset et iniunxisset, quia quanto maiora fuisset, tanto leviora, iucundiora nobis fuissent. Nil aliud nisi quod oramus eamdem vestram paternitatem ut nos re­ commissos faciat sanctissimis et devotissimis orationibus diete matris nostre omniumque suarum devotissimarum. . . . . . a ut iterum facie ad faciem eam cernere possimus, quod nobis concedat qui cuncta sua infinita clementia et bonitate regit et gubernat. Valeat felix . Eadem paternitas cui nos facimus re­ commissos. Rome nona aprilis 1500 per vestros devotos et obedientes filios Ioannem Fayent et Zaccariam Fenati etc. ll

l . cc. 579r-580r Transumptum litterarum exhibitarum a domino Hieronimo a Luna, nu­ mero tresdecim. Venerabili viro domino Constantino Lurcio uti maiori honorando Pe­ rusie. Il Venerabilis domine Constantine post multas salutationes etc. sciat ca­ ritas vestra qualiter satis laboravi in tribus commissionibus mihi iniunctis. Primo in iubileo quod obtentum est ut scitis, 2° in confessore, 3° in supplì­ catione in qua satis et multum laboravi licet ad optatum finem nondum sit deducta, tamen spero in brevi gratia Dei et auxilio amicorum illam ad vo­ tum expedire. Dominus enim noster reverendissimus legatus multum condi gerit hanc materiam, si tamen non expediretur (quod non credo) faciatis ad omnem eventum cum domino Rodulpho presentium latore et cum Petro Leonis ut habeamus consensum incolarum oppidi Preggii, quo habito (si necesse fuerit) expediemus dictam materiam ad votum. Venerande domine, licet haberem litteras a caritate sororis Columbe di­ rectas reverendo patri domino generali nostri Ordinis ut me reciperet et re­ cipi faceret in conventu S . Marie Minerve tamen nullam gratiam habere po­ tui a Sua Paternitate quoviso porrexi ad predictum reverendum dominum nostrum legatum, qui benigne me intuitu sororis Columbe recepit. Deinde pergens ad devotissimos filios et obedientissimos servitores predicte soro­ ris Columbe videlicet Ioannem Fayent et Zachariam Ferioti inveni tantam gratiam in oculis eorum ut nil supra dici posset, receperunt enim me et trac­ taverunt et singulis diebus tractari non desinit ac, si essem pater carnalis Il aut si esset persona propria diete sororis Columbe et omnia intuitu predicte sororis Columbe. Non enim cogitassem neque aliquis cogitare posset ve­ rum, sincerum et integenimum amorem quo prosequuntur ipsam sororem Columbam utinam Deus retribuat eis vices. Oro vos ut has presentes com­ municetis et legatis devotioni ipsius sororis Columbe et ipsis sibi declaretis et intimetis bonam mentem predictorum suorum devotorum filiorum erga eam quia non possem scribere minimam partem illius bone mentis, insuper facietis me et ipsos recommissos suis devotis precibus et suarum devotarum sororum. Valete felix. Rome nona aprilis 1 500. Frater Colomanus fecit ma­ nu propria.

3.

c.

581r

A tergo: alla venerabile in Christo sora Columba madre et benefattrice veneranda. Perusie. Intus vero: Venerabilis mater observandissima, humilem commendatio­ nem. Noi per far parte del debito nostro havemo solicitato monsignor reveren­ dissimo per lo vostro iubileo el quale sua signoria reverendissima manda per lo presente. Ve pregamo per amor di Deo siate contenta pregar Dio pro noi et co­ mandarne et operame como figlioli et servitori benché indegni della vostra coa) Così nel testo


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mendatione tamen, per quanto potremo non mancaremo da la nostra fidel ser­ vitù et ali prieghi vostri ne ricomandamo, la quale Dio conserve in bona gratia. Da Roma Xliii aprile 1500, li vostri humili figlioli indegni et obe­ dientissimi servitori Ioanne Fayent et Zacharia Fenati.

scintico dignissimo, patri nostro protectori et benefactori singularissimo, Perusie. Intus vero: Venerande pater noster consolator et benefactor singularis­ sime, humili Il commendatione premissa, fluxere sex dies quibus recepimus unas litteras vestras inter cetera rnentionern facientes de valetudine et inco­ lumitate venerande rnatris protectricis et benefactricis nostre sororis Co­ lumbe quod nobis fuit gratissimurn intelligere Deus conservare dignitur suam devotionem ad prosperos, longevos et felicissimos annos. Insuper scribebatis de quadam licentia obtinenda a reverendo patre domino Gene­ rale S . Dominici pro reverendo patre fratre Vincentio nepote vestro, super promotione sua ad aliquos gradus etc., scli·e dignemini tantam diligentiam fecimus quod infra triduum obtinebimus licentiam ad votum prout mihi Ioanni Fayent pollicitus est dictus reverendus pater Generalis prout etiarn latius dicere potuit presens lator frater Colornanus vester pater et consola­ tar optimus; de singulis aliis negociis videlicet: de confessore, de supplica­ tione etc . ipse frater Colornanus latius dicet guam scribere possumus; de predicatore vero Perusii, predicavit hac quadragesima Fani, scribere feci­ rnus tam sue paternitati reverende, guam suo vicario stat in Marchia ne di­ scedat; venerabilis pater noster post singula hoc unum a vobis petimus ut nos semper loco filiorum habeatis et nos recomrnissos facere dignemini sin­ gulari recomrnissione presenti matri nostre et omnibus illis pro quibus iu­ bileum impetrare procuravimus, quia Perusium repetendo illos et Il illas omnes visitare et cum eis congratulari decrevimus, annuente Altissimo, qui vas ad votum conservet. Rome raptim, xx aprilis 1 500, si placet nos re­ commissos facietis devotis orationibus devotissime subpriorisse, guam eam singulari devotione prosequimur per vestros humiles servitores et bonos fi­ lios Ioannern Fayent et Zacchariam Ferrati.

4. cc . 581r-582r A tergo: alla veneranda in Christo sora Colomba da Perusa quanto ma­ dre in ClU"isto observandissima in Perusa Il Intus vero: Veneranda et metuende reverentie mater in Christo dilectissi­ ma humilem commendationem. Benché miseri servi et degni de mille suppli­ cii per le nostre sceleraggini, ce pare esser sicuri d'ogni colpa et pericolo per haver inanti al cospetto di Dio li ardentissimi prieghi et accette orationi de una tanta madre in Christo, della quale figlioli cognoscemo etiam nomine in­ degnamente esser chiamati, in la quale per l'affettion grande unicamente ne confidamo como de uno inexpugnabile monimento et havendo inteso a que­ sti dì esser inferma, dubitando non perder tanto tesoro, tanto eravamo mal con­ tenti che non trovavamo loco per niente di requie, a talché de dai cose, l'una pregavamo Dio ce concedesse overo monstremo noi prima che la nostra dilet­ tione overo ce levasse ad noi de la sanità nostra propria per ristaurare e sanar voi et Dio gratia intendendo poi la vostra bona valetudine de po' mille voti fat­ ti più siamo stati contenti che della nostra propria salute, esso Dio sia pregato per sua somma clementia tanto vi conserva, quanto desidera el cor nostro et di tutte quelle persone amano la vostra devotione e sanctimonia et secundo el vo­ stro proprio desiderio in bona gratia del nostro salvatore Christo Jesu, la in­ dulgentia del iubileo credemo la vostra dilettione habbia hauta, le altre cose benché frate Columano ve habbia usata grandissima diligentia et fatigato assai Il non se è possuto anca expedire tamen lui referirà el bisogno e quanto è fat­ to et di quanto resta si persuada la dilettione vostra che molto più ce faremo noi et solecitare che se fusse nostra propria, perché siamo più obligati ad voi che ad noi medesimi et così pregamq Dio ce faccia degni esser vostri humili servi et affectionati imitatori de le pedate della vostra santimonia, la qual sup­ plicamo si degni per amor di Dio haverci per r:icomandati in le soe sante ora­ tioni alle quali humilmente ce ricomandamo. Dio la conserve in stato de feli­ ce et bona gratia. Da Roma ad xx d'aprile 1500, li vostri hurnilissimi servito­ ri et obedientissimi figlioli Iohanni Fayent et Zacharia Ferrati. 5. cc. 582r-583r A tergo: Venerabili et circumspecto viro domino Constantino Lurtio devotissimi conventus beate matris vestre sororis Columbe procuratori et

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6. cc. 583r-584r A tergo: Venerabili vero domino Constantino Lurtio, devotissimi con­ ventus beate matris mee sororis Columbe procuratori et scintico dignissimo suo tamquam patri honorabili. Perusii. Intus vero: Venerande pater mi, humili commendatione premissa, quia super omnia iocalia a quocurnque loco venerint et quantumcumque precio­ sa fuerint estimo illa que mater rnea benefactrix et consolatrix unica, soror devotissima Columba tenuerit et manibus propriis contrectaverit, oro vas humiliter ut illos agnos Dei quos devotus frater Dominicus qui sunt tres ut mihi badie scripsit, posuit ad manus vestras presentium latori tradere di­ gnemini, qui illos ll mihi fideliter mittere curabit non dubito et mihi rem gratissimarn efficietis. Insuper vas humilissime oro ut nomine et intuitu meis prefatam matrem rnearn salutare dignemini et presentes exponere et


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declm·are et suas sanctissimas manus osculari agendo suis maternis visceri­ bus gratias infinitas de more materno, quem erga suum filiolum indignum et abiectum ostendere dignata est licet hoc non meruerim testor Deus quod non reputo me dignum tangere iumbrias (?) sui sanctissimi (ut dicere pos­ simus) vestimenti, salutare dignemini suam maternam pietatem (nomine meo) totiens quotiens illam vas alloqui contigerit utinam centies et mille­ sies singulis horis si enim illam in corde haberem nec adhuc satiaret Deus et eius intemerata mater ac sanctissima Catterina de Senis sciunt quantum sue devotiani afficiar, certe hodie equitando ad Assisium et utro aspiciendo non poteram contineri a lacrimis videndum Perusium et Sancti Dominici ecclesiam in qua eam reliqueram, Deus det mihi gratiam illam iterum vi­ dendi et suas sanctissimas manus deosculari prout spero facere in dies bre­ ves (Dea dante) si quid est quod possum pro illa oro atque itemm oro ut mihi scribere dignemini ut ostendere possum affectibus et non verbis neque scriptis Il quod nullum novit sua ( ! ) reverentiam qui plus cupiat et ex corde illi aliquod servitium impendere quod faciat suus humillimus servitor et de­ votissimus filius Ioannes Fayent, si placet facietis me recommissum sue de­ votissime matri, devotissime suppriorisse, ceterisque religiosis monasterii prefati, suavissime matris mee et iam dignissime uxori vestre, domino Gi­ liotto ceterisque bonis amicis vestris et meis. Bene valete, ex Assisio, hac die penultima mensis maii MD. Per unum humilem servitorem et obedien­ tem filium Iohannem Fayent.

se amni modo illi in brevi provisumm; non deero sollicitare negocia pre­ dicta et quecumque alia que honorem matris mee et vestrorum servitorum­ que sue devotionis et vestromm concernere percipiam. Preterea expecto de hora in hora litteras seu licentiam reverendi patris domini Generalis S . Do­ minici pro promovendo devotum patrem, fratrem Vincentium nepotem ve­ strum cui cupio plurimum fieri recommissum Il ad sacre theologie magi­ stratum, quas litteras seu licentiam quam primum recepero illas omni cum diligentia mittere curabo; expecto pariter responsum super facto confesso­ ris prefate devotissime matris mee ab ipso reverendo patre domino Genera­ le, quod responsum gratissimum fare non dubito. Ne aliud pro mmc scribendum venit nisi quod supplex vos oratum fa­ cio ut more vero solito dignemini me recommissum facere predicte matri mee consolatrici et benefactrici uni ce quam Altissimus iterum videndi gra­ tiam mihi concedere dignetur, oro pariter ut si contingat ipsam matrem meam reverendissimo domino nostro pro aliquibus suis negotiis scribere me suum obedientissimum servulum et indignum filium per suas litteras sue reverendissime dominationi recommissum facere dignetur et hoc de gratia speciali sollicitare apud eamdem matrem meam dignabimini quod a­ scribam maximo beneficio hoc dico si vobis videatur sin autem fiat quod placuerit sue devotioni et vobis quia quicquid illi et vobis placuerit, mihi nequaquam displicere poterit. Si placet, me recommissum facietis devote suppriorisse matri matris mee et sorori Herculane et pariter dignissime et honestissime uxori vestre, domino Giliotto et illi bono ll consocio vestro in negotiis matris mee, domino Angelo, sive Bernardino. Valete felicissimus et parcere dignemini ruditati ingenioli mei. Ex Monte Falcano, nonas iunii 1 500, per vestrum humilem servitorem et obedientem filium Iohannem Fayent.

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7. cc. 584r-585v

A tergo: Venerabili viro domino Constantino Lurtio, conventus devo­ tissime matris mee sororis Columbe procuratori et scintico dignissimo, sui uti patri honorando in apposito ecclesie S . Crucis Perusii, loco + sigilli. Intus vero: Iesus, venerande domine uti pater mi colendissime; post hu­ milem commendationem recepi tres agnus Dei quos devotus et bonus ami­ ens Il meus frater Dominicus in mçmibus vestris dimiserat quos mihi per quemdam socium meum misistis de quibus ago gratias immensas vobis cer­ tificando quod plus estimo dictos agnus Dei: primo propter dignitatem deinde ex eo quod devotissima mater mea benefactrix et consolatrix unica, dignata est mei amore ligamina quibus collo penduntur texere quam esti­ marem quevis alia iocalia, etiam preciosa que mihi a quamcumque alia per­ sona huius seculi presentari possent. Ceterum alloqutus sum reverendum dominum nostrum super illis offi­ ciis de quibus mihi scripsistis qui optimum responsum mihi dedit et est mihi spes optima adveniente tempore etc. Alloqutus sum pariter suam dominationem reverendissimam in favo­ rem domini Ugolini quem mater mea fecit mihi recommissum et respondit

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8 . cc. 585v-586v

A tergo: A la venerabile et devotissima madre sua in Christo et speran­ za unica sore Columba da Perosa. Loco + sigilli. Intus vero: Iesus. Venerabile in Christo madre mia benefattrice, protet­ trice et speranza unica, a vostra reverentia de tutto el core mio mi recom­ mando. Questi dì passati me scrisse el vostro bono et sufficiente procurato­ re missere Constantino Lurtio, una lettera nella quale si conteneva che io volessi operare inverso di monsignore nostro reverendissimo, che sua se­ gnoria reverendissima impetrasse da nostro signore una cisterna per il vo­ stro monasterio et ancora alcuna quantità di grano, la qual cosa fidelmente ho sollicitato como vero figliolo de obedientia della vostra reverentia, in tal modo che io Il ho ferma speranza ch'haverimo ogni cosa come m'ha detto monsignor reverendissimo et come io scrivo più prolixamente a lo ditta


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missere Constantino el quale porrà ogni cosa referire alla vostra reverentia. Io ho presentato le lettere vostre le quali scrivevate alla bona memoria del­ lo reverendo padre Generale de Santo Domenico, allo vicario generale, lo quale ancora non m'ha dato risposta, nientedimeno m'ha dato buona spe­ ranza et credo que infra doe overo tre dì havere le lettere necessarie per mandare frate Iohanni vostro fratello a B ologna, le quali io vi mandarò in­ continente. Se altre cose posso per vostra reverentia, li prego per l 'amor di Dio che se degna scrivermi et comandare et io con effetti mi sforzerò mo­ strare che li effetti correspondono alle parole et che non è homo vivente qui desidero più servire alla prefata vostra reverentia che fo' io come io so ' o­ bligato. Questi dì passati so' stato ammalato di febre, come io scrissi a vo­ stra reverentia, niente di meno per la gratia di Dio et mediante le vostre san­ te orationi, le quali havete fatte per me, io so ' liberato, del che ne rendo gra­ tie allo altissimo Dio et alla vostra bontà, la quale nella mia necessità non me ha abbandonato. // Madre mia in Christo Iesù dilettissima, prego hu­ milmente vostra reverentia che se degna perdonare me se io scrivo grossa­ mente, perché non so' usato a scrivere el vostro lingagio, queste sono le pri­ me lettere le quali io scrissi mai in italiano, spero che la vostra reverentia haverà la mia ignoranza per scusata così che li prego eh' habia alla quale me so' donato et dono al presente et alla quale de lo core mio baso le mane et continue me recommando. Rome, XI augusti 1 500, el vostro umilissimo figliolo et obedientissimo servitore Iohanne Fayent. 9. cc. 586v-587v

A tergo: Venerabili viro domino Constantino Lurcio, conventus devo­ tissime matris mee in Christo sororis Columbe, procuratori et scintico di­ gnissimo suo uti patri colendissimo, in apposito ecclesie S . Crucis Perusie. Intus vero: Venerande pater mi, humili commendatione premissa, heri litteras vestras scriptas Perusii die secunda presentis mensis, maxima niei a­ nimi letitia recepì. Inter cetera continentes quod pluries mihi scripsistis et littere date fuerunt in palatio nostro· et quod illis non respondi // ad hoc re­ spondeo pater mi quod unicas litteras vestras novitates perusinas continen­ tes recepì quibus respondere minime potui, obstante infirmitate mea de qua satis piene devotissime matri mee protectrici, consolatrici et spei unice, so­ rari Columbe et vobis pariter scripsi. Litteras meas recepisse vos non am­ bigo scribebatis etiam de cisterna scire dignemini quod pluries etiam du­ rante infirmitate mea alloqutus sum reverendissimum dominum nostrum et adhuc hodie negotium istud sue dominationi reverendissime proposui que mihi respondit quod cisternam ipsam habebimus et quod sanctissimus do­ minus noster ita decrevit, spes est enim mihi firmissima illam habendi sed cum tempore omnia fiunt. Nos enim quod hac in curia res prolixe expe-

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diuntur. Circa frumentum eadem est mihi spes non enim omittam solicita­ re, quantum in me erit testor Deus immortalis, quod negotia prefate geni­ tricis mee spiritualis non minus sunt mihi cordi, quam mea propria, simili­ ter et illa sui conventus vestraque utinam effectibus eo non verbis illud o­ stendere possem febris quibus vexabar evanuere vires pristinas, tamen adhuc minit;ne recuperare potui illas tamen brevi me recuperaturum spero mediantibus devotissimis sanctissimisque precibus prefate matris mee et vestris ceterarumque eius devotarum sororum quibus cupio per vos fieri re­ commissum. De negotio germani matris mee, scribo latius sue reverentie // ut per lit­ teras suas videre poteritis si placet faciatis me recommissum fratri meo di­ lectissimo, fratri Zaccarie, domino Galiotto et domino Bernardino ceterisque amicis nostris et bene valete. Rome XI augusti 1500. Vester humilis filius et servitor Ioannes Fayent. 10. cc. 5 87v-589r A tergo: Alla venerabile et devotissima in Christo madre mia protettri­ ce, benefattrice et speranza unica, suora Colomba da Perosa. Intus vero: Iesus Maria. Venerabile madre mia in Christo benefattrice, protettrice et speranza unica, post manuum oscula et commendationem hu­ millimam. Ho riceuto una vostra lettera melliflua et piena d'ogni consola­ tione spirituale della quale ho hauto tanta allegrezza et so' stato tanto con­ solato che veramente mi saria impossibile scriverlo, della quale io vi rendo infinite gratie et benché cognossesse che la vostra reverentia me amava non per li miei meriti ma per la sua bontà et clementia, nientedimeno adesso m'è manifestata più che mai la sua bona mente inverso di me suo humilli­ mo servulo et obedientissimo figliolo, benché // indegno prego l 'onnipo­ tente Dio et sua santissima madre che me diano gratia di recognoscerlo et si non in tutto almanco in qualche parte. Madre mia, riceuta la ditta vostra lettera, la mostrai a monsignor nostro reverendissimo il quale ne fu molto consolato et alhora me mandò a lo vi­ cario vostro generale al quale io esposi quello che dimandate. Primo dello confessore pregandolo humilmente che fosse contento dare l ' autorità a fra­ te Michele vostro confessore de confessare anche le altre vostre sorelle et figliole come manevate fatto scrivere per missere Constantino, alligandoli alcune bone ragioni per le quali le devia fare, el quale me fece questa ri­ sposta:-sora Colomba m'ha scripto et pregato per le sue lettere che liei hab­ bia sempre un confessore particulare et che quello che la confessarà non confessa l 'altre sorelle, nientedimeno fate che vi scriva ch'è contenta che lo detto frate Michele confesse ancora le altre sorelle et io farò quello che vorrà lei et voi perché li sò molto affettionato et desidero fare cosa che lui


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piacia; però io vi prego humilmente che sopra di questo mi scriviate la vo­ stra voluntà et sottoscriviete le lettere de vostra mano propria s'è possibile. Il Al fatto de lo vostro germano fratre Giovanni, similmente ho parlato col prefato vicario et m'ha detto ch'el vicario generale della congregatione di Lombardia, lo quale ha piena autorità in Bologna et altri conventi di Santo Dominico in Lombardia è nella via di Napoli et sarà che infine a tre overo quattro dì al più tardo et all'bora monsignor nostro reverendissimo collo detto vicario vostro li commetterono questa rnatelia vive vocis oraculo et sctiverono a lo priore di Santo Dominica de Bologna in favore dello detto vostro germano; io desidero sapere quanti anni ha, perché il detto vicario r1_1e l' ?a dimandato. Circa il breve per la cisterna, la minuta è fatta et hoggi s1 scnve et spacha del tutto et poi lo farò presentare overo lo presentarò al­ lo thesauriero novo de Perosa el quale è chi et farò che lui scriverà allo vi­ ce thesauriero misser Alfano el quale è a Perosa et che ve dia li denari per la detta cisterna et farò ancora che rnonsignor reverendissirno nostro li scri­ verà. una bona lettera. Se ve pare che io faccia bene overo si voglete ch'io faccia altramente, dignatevi sclivennelo et sempre farò quello che mi co­ mandarete, come io so' obligatissimo. Io voma presto haver risposta di que­ ste cose perché se monsignore se partisse da Il Roma non havetia più com­ rnodità di sollicitarele. Madre mia non senza lacrime ho 1iceuto la vostra santissima benedì­ tione, la quale m'ha più consolato et confmtato che core humano non pote­ ria pensare, io humillimamente de tutto el core mio ve rengratio, monsi­ gnore vi manda la sua beneditione et alle altre vostre sorelle et figliole; a vostra gratia continuamente me raccomando et a le vostre santissime ora­ tioni. Da Roma, a dì VIIII de settembre 1 500. Madre mia io ve recornmando sempre el mio cordialissimo fratello in CbTisto frate Zaccaria el quale è molto perseguitato da vostri et suoi emuli come ho inteso, li quali emuli reputo li miei, come sclivo a missere Con­ stantino et come io rnostralia se havessarno a fare di me, come altra volta qualchuno di loro hanno bauto da fare. Madre io vi prego humilrnente che presto presto habbia risposta de questa presente. Vostro indigno figliolo et obedientissimo servitore Giovanni Fayent.

È questa l'ultima lettera a Colomba esibita agli atti del processo, le tre successive sono a filma di p. Michele da Genova che le indhizza a Vanna ' madre di Colomba e anch' essa terziaria domenicana a Perugia.

ANNA MORISI GUERRA Il projetismo al tempo di Alessandro VI

Il pontificato di Alessandro VI si trovò al centro delle forti correnti profetiche che caratterizzano il tramonto del Medioevo: accenti diversi, espressioni di un diffuso disagio, nelle quali ricorre l'auspicio di un rinno­ vamento della Chiesa, l'attesa di un papa santo e di un grande sovrano ca­ paci di ricondune il mondo cristiano alla pace. Sono perlopiù terni ricor­ renti, ripetizione obbligata di un'antica tradizione adattata a particolari con­ dizioni, manifestazioni di tensione, sofferenza, attesa passiva degli eventi; ma talvolta prorompono con rinnovata originalità e si impongono con for­ za propositiva. E qui il pensiero va a Savonarola che in quegli anni con­ sumò la sua breve e intensa missione di profeta. Ma non di quest'argomen­ to mi propongo di parlare se non per prendere l' avvio con una considera­ zione: il caso di Savonarola, che fu il più noto e il più drammatico, ha la­ sciato un segno profondo sulla produzione profetica successiva (dopo il ro­ go di Piazza della Signoria nulla poteva più essere come prima). Fra' Gn·o­ lamo si era fatto promotore di un grande progetto: convinto che ogni rifor­ ma della Chiesa dovesse cominciare dal rinnovamento degli uomini e del­ la società, aveva fatto appello al senso di responsabilità di ognuno chia­ mando tutti a collaborare. Il suo messaggio, così inquietante, aveva anche dato origine a una riflessione sul fenomeno stesso della profezia: tra i1 1496 e il 1497 si era acceso un dibattito vivace, e talvolta violento, tra le oppo­ ste fazioni; la predicazione savonaroliana era messa sotto accusa, si conte­ stava la legittimità stessa di ogni profetare, dal momento che era stato det­ to: legge e profeti fino a Giovanni (Mt. 1 1 . 1 3 ; Lc. 16. 1 6). Al di là delle po­ lemiche contingenti, alimentate spesso da rivalità personali e da odi di par­ te, è possibile rintracciare in questo rnagrna incandescente una linea di ri­ cerca intesa a definire, o ridefinire, lo statuto della profezia. Problema non nuovo, questo, nella storia del pensiero religioso; nella stagione d'oro de�­ la scolastica i maggiori teologi vi si erano cimentati e Tommaso, in parti­ colare, aveva elaborato una dottrina che costituì una solida base di discus­ sione nei secoli seguenti 1• Ma i tempi erano mutati e le antiche sistemazio­ ni, forse, non bastavano più. tie au Moyen-age. 1 J.P. ToRRELL Recherches sur la théorie de la prophé Philosophie �nd flir rift Zeitsch rger (Freibu 992 1 rg Xlle-Xllle siècles, Fribou anesimo nella Stona» , Theologie, 13). A questo problema è stato dedicato «Cristi 17/2 (1996). ,


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Nella disputa era intervenuto anche un personaggio ben noto agli stu­ diosi di questo periodo, il celebre teologo francescano, di origine bosniaca, Juraj Dragisié2, meglio conosciuto con il nome che il Bessarione aveva la­ tinizzato, Giorgio Benigno. Firenze era diventata la sua patria di elezione e qui egli aveva trovato la protezione della famiglia Salviati della quale ave­ va assunto il cognome. Con le sue Propheticae solutiones ( 1497) aveva cer­ cato di mettere a fuoco il problema3: è pur vero, sosteneva, che con l ' av­ vento del Salvatore l'antica profezia è terminata, ma è sempre possibile un altro genere di annuncio profetico relativo a eventi futuri, che ha una parti­ colare funzione, quella di ammonire i fedeli e di indirizzarli nel loro agire, oppure di rivelare quanto può servire alla loro edificazione. E da questo punto di vista la predicazione di Savonarola, uomo di vita ineprensibile e di sicura ortodossia, non poteva essere contestata in linea di principio. Ma poi l'autore si era addentrato nel merito del problema, ne aveva esaminato i diversi aspetti e aveva fatto emergere ciò che in quel momento era avver­ tito come un nodo cruciale, un tema che gli stava particolarmente a cuore e del quale aveva già scritto in altre opere, quello della predestinazione e del­ la libertà in rapporto all ' onniscenza e alla volontà divina. Qualche anno più tardi il nostro teologo veniva coinvolto nel ' ritrova­ mento' di un testo che ebbe una straordinaria diffusione, l 'Apocalypsis No­ va; uno scritto, comparso con ogni probabilità nella tarda primavera del 1502, che contiene un giudizio severissimo su Alessandro VI. Non mi sof­ fermerò su quest' opera della quale molto è già stato detto4, se non per ri­ chiamare alcuni dati e alcune date: venne attribuita al beato Amadeo, il fon­ datore degli Amadeiti, discendente da nobile famiglia portoghese da parte di padre e spagnola da parte di madre5, che verso il 1453 era giunto in Ita­ lia per vestire l ' abito francescano. Dalla Lombardia, dove aveva fondato

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numerose case per la sua nuova congregazione che viveva in stretta osser­ vanza, ma alle dirette dipendenze dyl Ministro Generale dell'Ordine, si era poi trasferito a Roma, chiamato da Sisto IV. il papa lo aveva voluto come confessore e gli aveva assegnato un romitorio sul Gianicolo, dove poi sor­ gerà il tempio di San Pietro in Montorio; e qui, appartato in una caverna del monte, Amadeo si ritirava in preghiera. Nel 1482, sentendosi prossimo alla fine, così racconta il suo primo biografo, volle tornare a visitare i suoi con­ venti lombardi, e a Milano morì nell'estate di quell'anno e fu sepolto in Santa Maria della Pace. I documenti e le fonti più vicine a lui dicono che era spesso rapito in estasi e che aveva il dono della profezia, ma nessuna tra le più antiche testimonianze lascia supporre che di tali doni soprannaturali egli si sia servito per lasciare un messaggio ai posteri. Eppure a vent' anni dalla sua morte comparve l 'opera che è rimasta legata al suo nome e che, probabilmente, ha condizionato la vita della sua congregazione6. Fiorì (o fu diffusa ad arte) la leggenda di un libro misterioso che Amadeo avrebbe la­ sciato a Roma dopo il suo ultimo viaggio alla volta di Milano, un libro si­ gillato sulla cui copertina era scritto: «Aperietur in tempore», e di cui nes­ suno ebbe mai l'ardire di violare il segreto. Ma l 'enigmatico testo fu final­ mente ape1to e all'operazione sembra abbiano partecipato diverse persone: semplici comparse alcune, accanto ai veri protagonisti, Giorgio Benigno Salviati e il cardinale di Santa Croce Bernardino Carvajal; e proprio il Car­ vajal, personaggio non insensibile a sollecitazioni profetiche7 e allora pro­ tettore degli amadeiti, avrebbe dato l'ordine di aprire il libro conservando­ lo poi gelosamente nella sua casa e consentendone la lettura al solo frate Giorgio. Le notizie su questo momento della vicenda provengono dalle co6 In un inventario di documenti riguardanti gli Amadeiti, conservato nell' Ar­ chivio di Stato di Milano, viene elencata una «examinatio facta super intentione B . Amadei de libro non aperiendo, quem ipse clausum dimisit custodiendum, e t non aperiendum, 1482», P. M. SEVESI, B. Amedeo Menez de Sylva dei Frati Minori fon­ datore degli Amadeiti (Vita inedita di Fra Mariano da Firenze e documenti inedi­ ti), Firenze 1 9 1 1 , pp. 67-69. Il documento, del quale non è rimasta traccia, è pro­ babilmente lo stesso pubblicato da Mittarelli che, però, non dice la sua fonte JEAN BAPTISTE MITTARELLI, Bibliotheca Codicum Manuscriptorum Monasterii S. Mi­ chaelis Venetiarum prope Murianum, Venetiis 1779, coll. 29-30. 7 N.H. MlNNicH, The Role of Prophecy in the Career of the Enigmatic Ber­ nardino Lopez de Carvajal, in Prophetic Rome cit., pp. 1 1 1 - 1 20. Non ho trovato al­ tre conferme alla notizia che si legge in una copia tarda della Cronaca del conven­ to di Santa Maria in Gradi di Viterbo, secondo la quale Annio, figlio di quel con­ vento e autore della famosa Glosa super Apocalypsim, morì nel 1 502 tra le braccia del Carvajal al quale lasciò la sua biblioteca (Viterbo, Bibl. Com., cod. II C IV 380, p. 66; la Cronaca fu redatta nel 1 6 1 6 da Giacinto Nobile e copiata nel 1 892 da Ce­ sare Pinzi).

2 G. ERNST-P. ZAMBELLI, Dragisié, Juraj, in DBI, 4 1 , Roma 1992, pp. 644-65 1 ; C . VAsou, Giorgio Benigno Salviati (Dragisic), in Prophetic Rome in the High Re­ naissance Period. Essays edited by M. REEVES, Oxford 1 992, pp. 1 2 1 - 1 56. 3 C . VASOLI, Giorgio Benigno Salviati e la tensione projetica difine '400, «Ri­ nascimento», 29 ( 1989), pp. 53-7 8 ; G.C. GARFAGNINI, Giorgio Benigno Salviati e Girolamo Savonarola. Note per una lettura delle "Propheticae solutiones", ibid. , pp. 8 1 -1 23 . 4 A. MoRISI , Apocalypsis Nova. Ricerche sull'origine e l aformazione del testo dello pseudo-Amadeo, Roma 1 970 (Studi Storici, 77) e EAD. , The 'Apocalypsis No­ va ': a Planjor Reform, in Prophetic Rome cit, pp. 27-50. 5 Così si legge nella più antica biografia, scritta da uno dei suoi primi seguaci; ricerche più approfondite sono state condotte da A.D. DE SousA CosTA, Studio cri­ tico e documenti inediti sulla vita del beato Amedeo da Silva nel quinto centenario della morte, in Nascere Sancta. Miscellanea in memoria di Agostino Amore OFM (t 1 982), II, Romae 1 985, pp. 101 -360.

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pie di alcune lettere dello stesso Benigno, della cui autenticità è forse leci­ to dubitare: sono solo impronte digitali che vanno confrontate con altre pro­ ve, e i confronti non sono privi di significato. Frate Giorgio lo lesse e lo co­ piò: era un ponderoso volume - «grande come Angustino de civitate Dei», diceva in una delle sue missive -, con il resoconto di otto raptus, durante i quali, di fronte alla corte celeste, l' angelo Gabriele aveva guidato il povero frate nei labirinti impervi di una dottrina che, se è indubbiamente scotista nelle sue linee fondamentali, si presenta tuttavia aperta ad accogliere e a far proprie istanze e soluzioni di altre scuole. Il testo era destinato al futuro pa­ store, eletto da Dio per guidare il popolo cristiano verso una nuova e più fe­ lice età di pace: il pastor angelicus della tradizione profetica, al quale ve­ niva ora affidato un compito particolare. Nel corso del lungo colloquio, quasi un monologo, dell' angelo con Amadeo, i riferimenti al pastore designato da Dio sono frequenti e insi­ stenti, «cum taedio et nausea legentium» notava il Wadding8; a lui Gabrie­ le rinvia ogni qual volta una questione dottrinale presenta particolari diffi­ coltà, ma non mancano, come in ogni profezia che si rispetti, alcuni preci­ si riferimenti al personaggio stesso e al contesto in cui sarebbe comparso e avrebbe svolto la sua opera, riferimenti tutti raccolti e concentrati in alcuni passi della lunga esposizione. Con il linguaggio allusivo, proprio di certa letteratura profetica, vengono fornite le coordinate che consentono di indi­ viduare tempi e persone; all'inizio della quarta estasi è introdotto un brano esemplato sul modello dei tradizionali vaticini dei sommi pontefici:

niaco, il taurus!bos che ferisce con le corna: allusione evidente a quello che dovrà essere lapidato, come si legge nell'Esodo (21 .28). Ci sono, dunque, tutti gli elementi del mito negativo del papa Borgia, e sono espressi con tan­ ta accorata partecipazione che difficilmente potrebbero riferirsi a eventi passati. In questo tempo, prosegue la profezia, l'Italia soffrirà, oppressa sot­ to il giogo; seguono alcune previsioni che dovrebbero far da cornice al grande mutamento: il re dei gigli passerà con la rapidità di un fulmine ma tornerà senza vittoria e al suo posto verrà un altro sovrano, largo di pro­ messe che non manterrà; cadrà per non risorgere il nuovo casato visconteo; i Genovesi cambieranno padrone ma avranno sempre un padrone; una par­ ticolare, benevola attenzione è riservata a Firenze. Poi la descrizione del pa­ store angelico, contrapposta all'immagine in negativo del papa maledetto:

«Nunc dico tibi apertius, cum parvo velamine, deinde ex toto au­ feretur velamen. Nunc est pastor ille quem scis, cum quo pluries locutus es, multorum bonorum et malorum auctor; sed bona eius et devotiones vincunt malitiam. Veniet post illum quem creabit ipse, neque calidus in bono neque frigidus in malo, neque tamen sic te­ pidus ut evomi mereatur. Homo erit et humana patietur et ut homo conversabitur, non tamen super hominem neque contra hominem aliquid faciet; ideo Dominus eum non derelinquet. Veniet post il­ lum bos cornupeta, et taurus non bos, Symon magus qui constituet in tempio Dei ementes et vendentes et mensas nummulariorum, de quo pauci confidere poterunt»9.

«Pastor iste assirnilabitur David regi, quia sicut ipse renovavit ipsam Jerusalem et in ea fecit arcem et civitatem suam, ita iste reforma­ bit novam Jerusalem, id est Romam et ecclesiam, et sicut David nutritus est in illa antiqua Jerusalem, sic et iste in hac nova Jerusalem, et erit vems filius ecclesiae et pastor omnibus accep­ tus» I I .

Sisto IV, dunque, il papa che protesse Amadeo e del quale vengono ri­ cordate le devotiones; poi Innocenza, infine Alessandro, l 'infido, il simo8 L. WADDING, Annales Minorum, XN, Ad Claras Aquas 1 933, p. 322, XXXVII. 9 Bibl. Ap. Vat., Vat. lat. 3825, ff. 29v-30r, uno dei manoscritti più antichi e dei

più interessanti, dal quale venanno tratte tutte le citazioni.

«Pastor quem Deus amat et elegit, quando venerit intrabit in tem­ plum et eiciet foras ementes et vendentes, et mensas nummula­ riorum evertet, et sanctificabit templum, purgabit et reformabit ecclesiam, et omnes admirabuntur et stupebunt. Benedicetur be­ nedictione Jacob, quia erit primogenitus filius ecclesiae et legiti­ mus verusque vicarius Christi: imitabitur enim eum verbo et exemplo»10. Al termine degli otto raptus un altro brano profetico ne completa l'im­ magine:

L a nuova Gerusalemme, dunque, è Roma, non Firenze come poteva far sperare una tradizione savonaroliana. E, prosegue la profezia, unirà la chie­ sa occidentale con quella orientale, affiderà a dieci cardinali di sua fiducia il governo delle cose temporali, «ipse vacabit divinis». Un ultimo brano profetico, collocato al termine dei Sennones Domini e dei Sermones Johan­ nis Baptistae, che fanno da appendice all'Apocalypsis Nova, riprende bre­ vemente i temi precedenti12• 10

Jbid., f. 30v. Jbid. , f. 142r. IZ Ibid., ff. 142r-v e 217v, per l'edizione e l' analisi dei brani v. calypsis cit., pp. 15-2 1 . 11

MoRISI, Apo­


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IL PROFETISMO A L TEMPo�m ALESSANDRO VI

Il vaticinio venne aggiornato nel corso degli anni e dei secoli, in un pri­ mo tempo all'elenco dei papi si aggiunsero una «avis Innata» che «erit qua­ si non fuerit», l 'indicazione di un nuovo, bellicoso Della Rovere, poi il rug­ gito che annuncerà il nuovo pontefice. Spesso fu letto, meditato, copiato a­ vulso dal resto dell'opera, alla quale tuttavia assicurò una grande fortuna: si diceva che il Carvaj al si fosse illuso di essere il futuro papa e, confortato da questa speranza, aderì al concilio scismatico di Pisa13; Paolo Angelo lo tra­ dusse in volgare14, il 'dotto e folle' Postel ne faceva gran conto15; una co­ pia molto tarda, di epoca napoleonica, è ora conservata nella biblioteca del­ l 'Istituto di Storia del Risorgimento, in una raccolta di varie profezie che prevedevano l'avvento di un pastore angelico atteso a sanare i guai di quel tempo16. Eppure il vaticinio rappresenta la parte minore del testo (occupa non più di 4 cmte delle 217 del manoscritto sul quale ho lavorato). Non mancò, tuttavia, chi seppe leggere l'opera tutta unitariamente: era oggetto di meditazione per i figli spirituali di Arcangela Panigarola, che si riuniva­ no a Milano nel chiostro di Santa Mm-ta, dove Bernardino Luini dipinse le storie della Beata Vergine ispirandosi a questa rivelazione17, Pietro Galati­ no ne fece il suo testo-guida18. Sono tutte letture che consentono, a chi è or­ mai lontano da quella spiritualità, di cogliere particolari stati d'animo; ma i tempi conevano rapidi anche allora e ognuna di queste esperienze dev 'es­ sere diversamente contestualizzata. Se l 'Apocalypsis Nova fu composta al tempo di Alessandro VI (e la stratificazione più antica del vaticinio sembra

confermare quest'ipotesi)19, è necessario ripercorrere a ritroso le tappe del­ la sua fortuna per coglierne il messaggio originale. I tempi erano gravi di ince1tezze, di timori e, perché no, di speranze al­ le quali il pontefice allora regnante non avrebbe saputo dare una risposta; si avvertiva l 'esigenza di un profondo rinnovamento capace di coinvolgere ogni momento della vita cristiana e il nuovo vaticinio affidava al futuro pa­ store un compito di riforma morale e insieme di insegnamento. Così l ' an­ gelo Gabriele lo sintetizza in un passo che si presenta come il sommario di tutta l 'opera:

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13 Cfr. MINNICH, The Role cit., e A. LANDI, Prophecy at the Time of the Coun­ cil ofPisa (1511 -1513), in Prophetic Rome cit., pp. 53-62. 14 F. SECRET, Paulus Angelus descendant des empereurs de Byzance et la Prophétie du Pape Angélique, «Rinascimento», n. ser. , 2 (1962), pp. 2 1 1 -224. 1 5 GUILLAUME POSTEL, Le thresor des prophéties de l'univers. Manuscrit publié avec une introduction et des notes par F. SECRET, La Haye 1969 (Archives Intema­ tionales d'Histoire des Idées, 27), pp. 14-21 , 247-248; C. VASOLI, Poste!, Galatina e l'Apocalypsis Nova, in Guillaume Postel 1581-1981, Paris 1985, pp. 97-108. 1 6 Roma, Museo Centrale del Risorgimento, Documenti relativi a Pio VII e al­ a Francia, ms. 1 6 1 . Una «Predizione del beato Amadeo dell'anno 1 500» si legge m D. CERRI, I futuri destini degli stati e delle nazioni ovvero profezie e predizioni riguardanti i rivolgimenti di tutti i regni dell'universo sino alla fine del mondo To' rino 1 87 17, pp. 1 82-1 85 . 1 7 M. T. BINAGID, L'immagine sacra in Luini e il circolo di Santa Marta, in Sa­ cro e profano nella pittura di Bernardino Luini, Varese 1 975, pp. 49-76. Sulla for­ tuna del testo cfr. C. VAsou, Dall' "Apochalypsis Nova " al "De harmonia mundi". Linee per una ricerca, in lfrati minori tra '400 e '500 (Atti del XII Convegno In­ ternazionale, Assisi 1 8 - 1 9 e 20 ottobre 1 984), Assisi 1986, pp. 259-291 . 1 8 A. MoRISI, Galatina et la Kabbale Chrétienne, in Kabbalistes Chrétiens, Pa­ ris 1979, (Cahiers de l'hermétisme), pp. 2 1 0-23 1 .

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«Purgabit mundum a cunctis enoribus, docebit omnes quae sunt adhuc abscondita: de angelorum e1·eatione et via, quantum fluxit temporis ab eorum creatione usque ad beatitudinem et casum; qua die et qua monticulo vel loco Adam fuerit formatus, qua die in pa­ radisum translatus; quando et ubi et qualiter mulier fuerit creata, qualiter multotiens a serpente temptata ipsum virum temptavit; de verbi incarnatione et vera deitate et humanitate Christi, de gloria paradisi et caeli empyrei amoenissimo situ, de conceptione admi­ rabilis matris Dei Mariae, de assumptione eiusdem virginis, et quod nullus est ibi in corpore praeter ChTistum et matrem eius Ma­ riam; de sermonibus Domini in tempio et synagogis ad pharisaeos et plebem factis, de sermone Johannis Baptistae ad Herodem, de his guae in carcere fecit et docuit; de trinitate illa singularia et de sacramento corporis et sanguinis domini, et alia multa in hoc libro scripta et a me iterum manifestanda»20. Dopo gli studi più recenti credo che rimangano pochi dubbi sul fatto che il Benigno sia stata magna pars, se non maxima pars, nella confezione di questo testo nel quale si incontrano non solo le argomentazioni ma inte­ ri brani già presenti in alcune delle sue opere precedenti; in quelle compo­ ste dopo il volgere del secolo questa pia contemplatio di un uomo santo, al­ la quale si deve prestar fede, diventa fonte di ispirazione. Riletta alla luce di quanto il teologo aveva scritto nelle Propheticae solutiones sui caratteri della vera profezia, l 'Apocalypsis Nova si rivela costruita in modo che ogni elemento trovi qui una conferma e un esempio. Le modalità della rivela19 Finora ho avuto modo di consultare circa sessanta manoscritti che presenta­ no tutti lo stesso testo con variazioni e aggiunte di scarso interesse e con integra­ zioni limitate al vaticinio. Un gmppo di questi contiene la profezia limitata al papa Borgia, altri hanno gli ' aggiornamenti' a margine, altli ancora li includono nel cor­ po del testo, v. MORISI, Apocalypsis cit., pp. 20-23. 20 Bibl. Ap. Vat. , Vat. lat. 3 825, f. 30v.


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zione sono rispettate: la persona alla quale vengono conferite doti profeti­ che ne è meritevole21 , lo scopo è il bene dell'umanità22 . Viene meticolosa­ mente sviscerato il problema di come possa essere elargita al profeta la co­ noscenza di verità ancora ignote, conoscenza analoga a quella concessa al­ le creature angeliche; ampio spazio è dedicato al tema della praescientia di­ vina che non condiziona il libero arbitrio della creatura: così fu per la ri­ bellione degli angeli, per la disobbedienza dei protoparenti, e, nel corso dei tempi, per la rivelazione di eventi futuri dei quali gli uomini sono sempre pienamente responsabili . Nel caso di frate Amadeo, strumento intermedio e spesso passivo della rivelazione, qualche aggiustamento si rende necessa­ rio; aveva detto il Benigno che «in visione opus est intelligentia», e che il vero profeta «opus est ut videat, et visa percipiat»23, ma quando il povero frate non comprende, l' angelo lo rassicura: tutto risulterà chiaro al futuro pastore24. C'è un elemento, poi, che assume un rilievo particolare: nelle Prophe­ ticae solutiones era stato posto anche il quesito se sia lecito al profeta in­ tervenire su argomenti di fede e se questo non si riveli pericoloso quando si introducono nuove dottrine, inutile quando vengano riproposte verità già definite . E il teologo aveva risposto: «quae bona sunt decies repetita pla­ cebunt [ . . . ] neque enim addere intelligendum est si conformia vel non dis­ sidentia addantur, sed si repugnantia illis»25 . L'Apocalypsis Nova non nega il patrimonio dogmatico che si era formato nel corso dei secoli, lo ripropo­ ne, invece, e lo riassume nel tentativo di conciliare interpretazioni contra­ stanti ma, soprattutto, ne fornisce una nuova chiave di lettura. Non è que­ sto il luogo per esaminare il corpus dottrinale proposto: basterà dire che la 2 1 Si potrebbero citare numerosi esempi: l' angelo rassicura il povero frate che Dio lo ha scelto «propter tot labores tuos et desideria tua», e ancora: «te tanquam simplicem et idiotam Deus elegit ut omnes sciant quam magnus est Deus noster et quam potens qui infirma elegit ut fortia confundat et idiotas ut sapientes convertat» Raptus I, f. l v, «Invenisti gratiam Dei �t hi [gli angeli e i santi] te diligunt» Raptus II, f. 5r, «Tu meruisti haec conscribere et conservare ut pastori electo a Deo haec nota sint» Raptus II, f. 8v. 22 «Istam gratiam pro communi hominum utilitate concessit tibi Deus», Rap­ tus III, f. 1 5r. 23 Propheticae solutiones cit., I, 6, p. 102. 24 «Adhuc non percipis quae dicere volui [ . . . ] tu videris mihi asina B alaam. ­ Dixi: loquor sicut piea quaedam et ce1te non percipio. - Et ille: Sic ordinatum est, ut per simplicissimum hominem haec dirigantur illi, cui Dominus aperiet sensum et intellectum, qui ea subito intelliget, transcribet et tempore suo promulgabit, ne fi­ deles in tantis opinionibus versentur sed cognoscant determinate quod in rebus fidei tenendum sit» Raptus III, f. 23 . 25 Propheticae solutiones cit., I, 2, p. 98.

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prima pmte riflette, nell'ordine degli argomenti, lo schema di un commen­ to al secondo libro delle Sentenze, e anche in questo caso si avverte la ma­ no del teologo scotista, cerca di armonizzare posizioni diverse26. Larga par­ te è data all'angelologia, un tema di grande suggestione, che finiva per ri­ solversi in una meditazione sui nomi divini; il quinto raptus è dedicato ai problemi relativi alla Cena del Signore, il sesto a quelli della trinità, argo­ menti sui quali, dice l' angelo, non c'è perfetta concordia tra i teologi e, di conseguenza, regna la confusione tra i fedeli. Il filo conduttore di tutta l'o­ pera, però, è Maria; e qui l'Autore dell'Apocalypsis Nova va oltre quanto proponevano anche i più entusiasti difensori dei privilegi della madre di Dio. La vita della Vergine è raccontata sulla scorta di quanto si legge nei Vangeli Apocrifi, con tutto il contorno di leggende che per secoli avevano alimentato la devozione dei fedeli, e la narrazione è occasione per l 'affer­ mazione di alcuni forti nuclei dottrinali. Maria, la cui funzione mediatrice è stata prevista ab aeterno, introduce a una nuova comprensione di tutta la teologia cristiana: non se ne può prescindere nella riconsiderazione del dogma trinitario, è elemento centrale su cui si innesta il dramma della ca­ duta degli angeli ribelli e della beatitudine di quelli fedeli27; concepita sen­ za peccato e resa corredentrice, al termine della sua vicenda terrena, è sta­ ta assunta in cielo. Al frate, rapito in estasi, l' angelo annuncia che è ormai giunto il tempo della pienezza della rivelazione e gli affida il testo dell'ul­ tima parte del terzo Vangelo, il capitolo sulla donnitio della Beata Vergine, che Luca non ha scritto perché i tempi non erano ancora maturi per acco­ glierlo28 . Così viene valorizzato e introdotto nel discorso teologico un pa­ trimonio antichissimo che la speculazione teologica, nella sua evoluzione, aveva lasciato ai margini ma che sopravviveva nella coscienza del popolo cristiano29. Se la tradizione gioachimita faceva coincidere la pienezza dei tempi con l 'inizio di un'età dello Spirito, per l' autore dell'Apocalypsis No­ va questa è l'età di Maria . Forse, visitando la cappella Sistina, gli sarà par­ so di vedere tradotto in immagini il suo progetto: gli episodi salienti del­ l ' Antico e del Nuovo Testamento raffigurati sulle opposte pareti e, in fon­ do, la Madonna del Perugino, punto di fuga e di raccordo dell'età del Padre e quella del Figlio.

26 Era questo il fine che Giorgio Benigno si era proposto già nel De natura an­ gelica (Florentiae 1499), quando nella dedica a Ubertino Risaliti scriveva: «aspice in Thoma, aspice in Scoto eandem materiam, conferque cum nostra. Et quod illic deficit, hic suppletum invenies, conciliationem dissidentium opinionum». 27 Il tema era già stato anticipato nel De natura angelica cit., VI, 6. 28 Ai ff. 14lv-142r si legge: «Evangelium vero tale est secundum Lucam» . 29 A. MoRISI, Vangeli apocrifi e leggende nella cultura religiosa del tardo Me­ dioevo, «Bullettino dell' Istituto Storico Italiano», 85 (1 974-75), pp. 1 5 1 - 177.


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Il teologo che aveva redatto questo testo aveva bene individuato i temi che allora inquietavano il popolo cristiano, ma il suo sguardo era rivolto al passato, il suo tentativo mirava solo a salvare un immenso patrimonio plu­ risecolare; non intuì, né avrebbe potuto prevedere, che dopo non molto su quei temi si sarebbe consumata la più grande lacerazione del mondo cri­ stiano e che la dolce Madonna del Perugino sarebbe scomparsa, per lasciar posto al drammatico Giudizio di Michelangelo.

FRANCO CARDINI Alessandro VI e la crociata

Tra i grandi problemi di Niccolò V come dei suoi successori Callisto III, Pio II, Paolo II e Sisto IV vi furono senza dubbio la fine dell'impero d'Oriente accompagnata dal perdurare della crisi di quello romano-geima­ nico e l ' avanzata del turco; quindi la necessità d'una crociata che sancisse la ritrovata concordia dei cristiani - con lo scisma si era andata spengendo anche la guerra dei Cent'Anni - e ne inquadrasse il rinnovato equilibrio at­ torno al pontefice che appariva, ormai, come il solo capo della Cristianità ancor provvisto di autorità e di prestigio indiscutibili 1 . Si può anzi dire che, sul piano dei propositi di crociata e dei rappmti tra Cristianità e mondo ottomano, la presa di Costantinopoli abbia inaugu­ rato una fase che si concluse soltanto undici anni più tardi, con la scompar­ sa di Pio II e la fine con lui dei suoi progetti di riconquista di Costantino­ poli e, in prospettiva almeno teorica, della stessa Gerusalemme. Sisto N, in particolare, dette sicmi segni di volersi occupare a fondo dei turchi: trattò - insieme con Venezia e con Milano - col principe turcomanno Uzun Hasan, ma ne venne fuori un nulla di fatto; allo stesso modo accadde per vmi tentativi di mettere insieme una lega di stati italici. I turchi, padroni ormai dei Balcani meridionali dove l'Islam aveva cominciato a radicarsi - in Bosnia, ad esempio, a partire dagli anni Sessanta2 - proseguivano intanto le loro scorribande: nel 1472 e poi ancora fra 1477 e 1479 arrivarono in Friuli3. Il Giubileo del 1475 si tenne quindi in mezzo a queste preoccupazioni, a queste paure. La presa veneziana di Cipro, nel dicembre del 1474, non sembrava aver preoccupato troppo il sultano Maometto II; d'altro canto il duca di Milano Galeazzo Maria - che con Istanbul aveva buoni rapporti di­ plomatici, come risulta dai Diari di Cieco Simonetta - lasciò perdere la questione dei diritti genovesi sull'isola, la rivendicazione dei quali in un

1 Per il ruolo di Niccolò V nella crociata, cfr. : D.GEANAKOPLOS, Byzantium and the crusades, in The Fourteenth and Fifteenth Centuries, ed. by H.W. HAzARD, Madi­ son 1975, pp. 98-102; A. S. ATIYA, The Crusade in the Later Middle Ages, New York 1965, pp. 227; N. HousLEY, The Later Crusades, Oxford 1992, pp. 99- 103. 2 I.V.A. FINE, Le radici medievali-ottomane della società bosniaca moderna, in I musulmani di Bosnia dal medioevo alla dissoluzione della Jugoslavia, a cura di M. PINSON, Roma 1995, pp. 5-18. 3 Cfr. F. SALIMBENl, I turchi in terraferma, in Venezia e i turchi, Milano 1985, pp. 232-239; P. MONTINA, Tarcento. La "villa ", i castelli, il comune, Udine 1985, p. 28.


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ALESSANDRO V I E L A CROCIATA

primo tempo sembrava indirizzata a voler appoggiare. Ma in pieno Giubi­ leo, il 6 giugno 1475, anche Caffa - la prestigiosa colonia genovese sul Mar Nero - cadeva in mano turca: un nuovo inatteso colpo per Genova, per Mi­ lano e per h1tto l' Occidente. Se san Marco piangeva, san Giorgio non ride­ va. Ma Genova si consolava puntando dritta a recuperare nell'Africa set­ tentrionale, in termini commerciali, quello spazio che aveva inimediabil­ mente perduto in Oriente: e i rapporti con l ' emirato di Tunisi, garantiti dal­ l'appoggio diplomatico e politico di Ludovico il Moro, proseguirono fio­ renti nonostante i numerosi e inevitabili episodi di violenza. La pace del 1479 tra il sultano e Venezia non modificò quasi nulla nel­ l'economia generale dei rappmti fra cristiani occidentali e musulmani . La Repubblica del Leone inviò sul Bosforo il pittore ufficiale dei dogi, Gentile Bellini, affinché ritraesse il gran signore, la fede religiosa del quale, in linea concettuale, proibiva la riproduzione dell'effigie umana: e il sultano ricom­ pensò con gratitudine l'artista. Il famoso ritratto, datato 25 novembre 1485 - il gran signore, all'epoca, era già defunto da quattro anni e mezzo - è og­ gi alla National Gallery di Londra4. La morte di Maometto II nel maggio del 148 1 e le contese per la suc­ cessione tra i figli Djem e Bajazet avevano comunque allentato per un istatl­ te la pressione. Otranto poté esser liberata e Venezia, con la pace del 7 a­ gosto del 1484, restituì a re Ferdinando di Napoli i centri pugliesi nel frat­ tempo occupatP. La pace non impedì che la propaganda veneziana, che pre­ sentava costantemente la Repubblica come la paladina della crociata, ve­ nisse dalla cultura itala-meridionale quasi rovesciata: per gli scrittori e gli sh1diosi del Regno, Venezia era - soprattutto dopo i fatti di Otranto - la sub­ dola complice del turco in una prospettiva nella quale avrebbe potuto rien­ trare perfino l'occupazione ottomana della penisola italica. Che i turchi fos­ sero un vero incubo, dopo Otranto, per gli italomeridionali e specie per quelli dell'est, si vede bene ad esempio dagli scritti del medico salentino Antonio De Ferrariis, detto il Galateo, che sentiva molto profondo il senso dell' appartenenza a una terra ormai di confine: eppure, nel De situ Iapy­ giae, egli non esitava a elogiare i _turchi per la solita questione del valore bellico, ma anche per molti esempi di giustizia offe1ti dalla loro storia. Que­ sti elogi tornano più sicuri nel trattato Dell'educazione, dove però si rico­ nosce anche il ruolo di Venezia nella difesa dell'Adriatico. Per l'anno 1484 si aspettavano grandi rivolgimenti astrologici. Tutta­ via, in quel momento, non parve che i temuti movimenti del turco portas-

sero a effettive novità. Il problema di Bajazet si concentrava sulla lotta per la successione al padre: egli si affrettò a prender contatti diplomatici con i Cavalieri di Rodi per assicurarsi che essi tenessero ben custodito il fratello Djvm, rifugiatosi presso di loro dopo essere stato sconfitto in battaglia. Lo sventurato principe ottomano passò attraverso una serie di peregrinazioni per la Francia e l'Italia, dalle mani dei Cavalieri a quelle di papa Innocen­ za VIII e infine a quelle di Carlo VIII di Francia, che nel 1494 attraversava l 'Italia preceduto e accompagnato da una nube di profezie dopo aver spie­ gato di nuovo lo stendardo crociato: naturalmente tutti gli illustri custodi esigevano dal sultano il prezzo dell'ospitalità del fratello, che morì comun­ que a Napoli in circostanze misteriose. Djem eccitò molto la fantasia dei contemporanei, insieme con la memoria o le notizie relative ai rapporti di­ plomatici o mercantili. La curiosità per i costumi turchi cominciava ad aprir la porta a quel che più tardi sarebbe stata l'estetica dell'esotismo6. Vale forse la pena d'insistere sul carattere cauto e moderato di molte o­ pinioni del Savonarola, ben lungi dal cliché del profeta intransigente, duro e puro, o del fanatico, che il tempo gli ha adattato indosso. Si pensi ad esempio alla sua visione molto serena del problema dell' approssimarsi dell'Anticristo, che egli non vedeva troppo vicino nel tempo7, o alla prudenza con la quale egli guardava ai turchi, rispettandone la cultura e auspicandone una prossima conversione: anche in ciò tm1to diverso dal suo rivale Angelo da Vallombro­ sa, instancabile predicatore di crociate; e va da sé che questa posizione savo­ naroliana mal parrebbe accordarsi con il quanto meno conclamato program­ ma crociato di Carlo VIII, mentre l'intesa fra Alessandro VI e il sultano a pro­ posito di Djem avrebbe potuto offrirgli strali polemici ch'egli non usò8.

4 Cfr. M. VILLA, Gentile e la politica del "sembiante " a Stambul, in Venezia e i turchi cit., pp. 160-185. 5 Cfr. F. TATEO, La presa di Gallipoli e il mito di Venezia, in La presa di Gal­ lipoli del l484 ed i rapporti tra Venezia e terra d'Otranto, B ari 1984, pp. 21-36.

6 Cfr. p. es. IACOPO SANNAZZARO, La ambasciaria del soldano esplicata per lo interpetre, in ID., Opere volgari, a cura di A. MAURo, Bari 196 1 , pp. 270-275. 7 Cfr. R. DE MAlo, Savonarola, Alessandro VI e il mito dell'Anticristo, «Rivi­ sta storica italiana», 82 (1970), pp. 533-559. 8 Alle cc. 60r-v del Breviarium di fra Girolamo S avonarola (Firenze, Bibl. Naz. Centr. Banco rari 3 10) una postilla marginale Mahomectus si rifà compendiosa­ mente al Contra leges saracenorum di Ricoldo da Montecroce (cfr. la memoria di A VERDE, in «Memorie domenicane», 17 (1986), pp. 63-68); altri cenni sui turchi nelle opere savonaroliane si riscontrano in: Predica III sopra Aggeo; Predica XVIII sopra Aggeo, p. 320; Predica VIII sopra Ezechiele, p. 124; Solatium itineris mei, p. 12 (su Maometto) e p. 1 2 1 ; Prediche sopra i salmi, p. 109 (i nn. di pagina si riferi­ scono all'Edizione Nazionale delle Opere del Savonarola). Si veda ancora il Triwnphus crucis, che polemizza con le fedi differenti dalla cristiana. Sull'atteggia­ mento generale del S avonarola nei confronti dei turchi, cfr. DE MAIO, Savonarola cit., part. pp. 538, 540-541 e ss. Importante, ancora, A. VERDE, La conversione de­ gli infedeli e dei giudei in ordine all'unione della Chiesa tra san Vincenzo e Savo­ narola: una traccia di studio da seguire, in Firenze e il Concilio del 1439, a cura di P. VITI, I, Firenze 1994, pp. 243-286.


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Nel 1480 i re Cattolici introdussero in Spagna un tribunale dell'Inqui­ sizione per il quale il papa li autorizzava a scegliere i giudici, che identifi­ carono prevalentemente in teologi. Il fine della nuova società iberica appa­ riva la 'purificazione' dai non-cristiani e la nobilitazione di chi fosse cri­ stiano da più vecchia data e perciò stesso meritevole di sentirsi libero da qualunque occupazione materiale. Il possesso della terra, l'impegno nella Chiesa e nell'amministrazione regia, la professione delle armi divennero da allora le uniche funzioni degne per chi avesse sangue puro e ferma fede. La cruzada, al tempo stesso idea-forza e forma di pressione fiscale, fu per il Cinquecento la colonna vertebrale etica della società spagnola. Nel 1 502, tutti i mudéjares di Spagna scelsero in massa la conversio­ ne: ma gli orgogliosi cristiani iberici non si fidavano di quei moriscos, ac­ cusati di esser rimasti nel loro intimo dei musulmani, come i marranos era­ no rimasti ebrei9. I musulmani e gli ebrei che intendevano rimanere tali non attesero l 'espulsione per imbarcarsi alla volta dell'Africa settentrionale o delle regioni dell'impero ottomano. Molti ebrei - detti appunto 'sefarditi' ­ lasciarono la loro amatissima Sefarad (la Spagna). Dovunque essi approda­ rono, recarono ai paesi che li accolsero i tesori incomparabili della loro cul­ tura, della loro intelligenza, del loro spirito intraprendente: e la Spagna, cacciandoli, perse un patrimonio che la lasciò irreversibilmente impoverita. La decadenza economica della penisola iberica, prima ancora degli esiti per essa devastanti dell' arrivo dell'argento dal Nuovo Mondo e della ' rivolu­ zione dei prezzi' , comincia già da qui10• Si era intanto consumata la cancellazione di al-Andalus. Dopo la splen­ dida signoria dell'emiro Maometto I, fondatore della dinastia nazride di Gra­ nada e del palazzo dell' Alhambra, la dinastia fu una lunga sequenza di som­ mosse, di colpi di stato, d'iniziative sediziose. Ad Almeria e a Malaga, emi­ rati separatisti appoggiati dai castigliani e dal Marocco minavano la sicurez­ za dell'emirato granadino, dove la dinastia nazride era stata rovesciata nel 1453 dall'avventuriero Mulay Saad, nel 1460 spodestato dal figlio Mulay Abu ' l Hasan che nel 148 1 , alla fine d'una ennesima tregua con gli m·agone­ si-castigliani, aveva avviato una nuo:ra fase di ostilità. I mori conquistarono Zahara, i cristiani Alhama: cominciò così quella che ormai è nota come ' guerra di Granada' . Ma i nazridi erano divisi: da una parte l'emiro Abu' l Hasan e suo fratello Zaghal, dall'altra il ribelle Abu Abdallah Muhammad (il

9 Sul deteriorarsi dei rapporti fra cristiani, ebrei e musulmani nella penisola iberica cfr. W.T. WALSH, 1sabel y la cruzada, Madrid 1 963; B. LEWIS, Culture in conflitto. Cristiani, ebrei e musulmani alle origini del mondo moderno, Roma 1 997. 10 Cfr. Les juifs d'Espagne. Histoire d'une diaspora, 1492-1992, éd. H. MÉ­ CHOULAN, Paris 1 992.

ALESSANDRO VI E LA CROCIATA

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'Boabdil' delle cronache cristiane), figlio maggiore di Abu' l Hasan ribelle al padre. Sconfitto e catturato da Ferdinando, Boabdil fu da questi liberato e ri­ prese la guerra dinastica contro lo zio, che nel frattempo aveva sostituito Abu ' l Hasan. Si aprì una fase del conflitto tanto feroce quanto ingarbuglia­ ta: i mori si combattevano fra loro, disputandosi la loro splendida capitale, mentre Zaghal teneva con valore a bada anche i cristiani. Ferdinando, comunque, era deciso a farla finita. Un nuovo splendido comandante militare si andava facendo strada: Consalvo de Cordoba, el Gran Capitan. Sisto IV aveva inviato al re d'Aragona, in pegno di vittoria, una splendida croce argentea che i crociati usarono come insegna. Dopo la caduta delle ultime piazzeforti, fra cui Malaga, Zaghal depose le m·mi e ai primi del 1490 licenziò le sue truppe. Boabdil aveva promesso di rendere Granada quando anche lo zio si fosse arreso: ma a quel punto rifiutò di pie­ garsi e assunse su di sé l 'onere di guidare l 'estrema resistenza musulmana. Sotto Granada, catalani e aragonesi avevano raccolto un'armata che qualcuno ha voluto ascendesse a 80.000 uomini: Isabella, Ferdinando e Consalvo guidavano l 'assedio. Lo sterminato campo cristiano era una città di tende: fu battezzato Santa Fé. Più che dalla forza delle armi, i mori furo­ no piegati dalla fame nel duro inverno della città cinta dalla Sierra bianca di neve. La resa - negoziata dal Gran Capitan direttamente in arabo, lingua che egli conosceva - avvenne il 2 gennaio del 1492, ma i re Cattolici atte­ sero l 'epifania per entrare entro la cinta della città. Feste, cerimonie di gioia, spettacoli e processioni si tennero per l 'occasione in tutta Europa11. E fiorirono anche le leggende: tra esse, una commuove particolarmente. Nel consegnar le chiavi della città, l 'emiro Boabdil sussurra a Ferdinando l 'antico motto della dinastia nazride: «La ghalib ilà Allah», (non c'è altro conquistatore se non Dio). «Amen», risponde piangendo il re Cattolico. Ed entrambi, così, rendono omaggio all'Altissimo e alla sua volontà12. Alla fine del secolo, la scomparsa di Djem aveva liberato il sultano dal­ la necessità di tener un contegno prudente: i suoi rapporti con i veneziani si guastarono subito anche perché la Repubblica era riuscita nel 1489 a su­ bentrare all'ultima regina di Cipro, Caterina Cornaro, che amministrava an­ che N asso. L'occupazione di Cipro era stata da parte veneziana, d'altro can­ to, una sorta di mossa obbligata che risolveva almeno per il momento una 11 Cfr. il dramma in latino Historia Baetica, composto in quell' anno a Roma dal cu�iale Carlo Verardi per esser rappresentato in occasione delle feste per la fon­ dazione dell'Urbe CARLO VERARDI, Historia Baetica La caduta di Granata nel 1492, a cura di M. CHIABò-P. FARENGA-M. MIGLIO, con nota musicologica di A. MoRELLI, Roma 1993 (RRinedita. anastatica, 6). 12 Per la situazione della penisola iberica in questo cruciale anno, cfr. J. EDWARDS, Religion and society in Spain, c. 1492, Aldershot 1 996; ID., Un afio en la historia de Arag6n, Zaragoza 1 99 1 .


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specie di rischioso gioco dei quattro cantoni. Caterina Cornaro, vedova di Giacomo II di Lusignano, era stata sull'orlo di andare sposa a uno dei figli del re di Napoli, il che avrebbe significato il trasferimento dell' isola nell' a­ rea dell' 'impero mediterraneo ' catalano-aragonese13, e l 'ampliarsi di quel­ l ' area dal Mediterraneo occidentale al Mar di Levante con un forte pregitl­ dizio per i possessi marittimi veneziani. D'altro canto, a Cipro guardava an­ che la Sublime Porta di Istanbul: e il sultano d'Egitto, che aveva bisogno del commercio delle ' galere di Levante' veneziane a Damietta e ad Ales­ sandria, poteva anche far la faccia feroce dinanzi al vessillo di San Marco svettante sull'isola tanto vicina alle sue coste, ma preferiva di gran lunga aver come vicina l'infedele Repubblica piuttosto che il collega e correli­ gionario ottomano. L'ambasceria al Cairo del sessantenne, esperto Pietro Diedo e la conferma del tributo annuo di 8 .000 ducati che già i Lusignano pagavano al sultano per Cipro appianarono le cose14. Con una rapida campagna qualche anno più tardi, nel 1499, Venezia fu sloggiata dalla Morea, mentre i razziatori turchi facevano le loro scorriban­ de fra Trieste e Lubiana e in settembre atTivavano sin a Vicenza. I turchi non colpivano in effetti mai a caso. La loro stessa ferocia non era affatto sfogo belluino, bensì precisa e calcolata tattica intimidatoria. Come ben a­ veva compreso il senatore Domenico Malipiero nei suoi Annali veneti, i lo­ ro attacchi non avevano mai come fine reale il saccheggio o la strage, ben­ sì la verifica d'ipotesi politiche o di disegni tattico-strategici. Si trattava d'intimidire e di sfiancare la Serenissima e al tempo stesso di sfruttare le ri­ valità fra i cristiani. Difatti, un nuovo timido appello alla crociata cadde nel nulla: del resto il sultano stava trattando con la Polonia, eh' era sul punto di entrar in guerra contro la Serenissima. Per le loro scorrerie, i turchi segui­ vano un secolare percorso, più o meno fedelmente utilizzato secoli prima da goti, longobardi e ungari. Attraverso le gole montane di Gorizia e del Carso e il Cividalese, era facile dilagare per la piana del Friuli. Alla fine, i turchi ottennero quel che volevano. Una pace tra 1502 e 1 503 consentiva a Venezia di mantenere le isole ioniche di Zante e di Cefalonia, a patto di ri­ nunziare alle sue pretese su Durazzo e sui porti della Morea. Del resto, a quel tempo Venezia aveva ormai ben altri problemi: il de­ centramento delle vie commerciali da essa controllate, causato dalla sco­ perta del Nuovo Mondo e dall'apertura della via portoghese alle Indie, due fatti che avrebbero ben presto cominciato progressivamente a impoverirla.

1 3 Per il quale è fondamentale M. DEL TREPPO, I mercanti catalani e l'espan­ sione della Corona d'Aragona nel secolo XV, Napoli 1 972. 1 4 Cfr. Ambasciata straordinaria al sultano d'Egitto (1489-1490), a cura di F. Rossi, Venezia 1988.

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In ciò, essa aveva un compagno di sventura: il sultano d'Egitto, dal mo­ mento che le spezie che invadevano i mercati europei provenienti dai mer­ cati portoghesi costavano molto meno di quelle che giungevano ad Ales­ sandria e a Damietta. L'asse dei traffici mondiali si andava spostando: il mondo cambiava, e dall'Europa cristiana medievale stava nascendo l'Occidente moderno, che avrebbe per cinque secoli dominato il globo controllando le rotte oceaniche: anche se - come Fernand Braudel ci ha insegnato - il Mediterraneo non en­ trò mai in crisi totale e definitiva, non cessò mai di essere centro di cultura e di civiltà. Intanto, per una di quelle simmetrie della longitudine che nella storia mediterranea non sono rare, la crociata che veniva sconfitta in Levan­ te trionfava a Ponente, tra la presa portoghese di Tangeri del l47 1 e la con­ quista di Granada da parte dei re Cattolici nel 1492. Battuta a Costantinopo­ li, nei Balcani e nell'Egeo, la crociata veleggiava sugli oceani con Cristofo­ ro Colombo e con Vasco de Gama. Il trattato di Tordesillas e la raya propo­ sta dal pontefice a limitare nel senso della longitudine le rispettive aree d'in­ fluenza spagnola e portoghese affidava definitivamente - nelle intenzioni alla Spagna il ruolo di procurare l'intesa della cristianità con i regni dell'A­ sia estrema, al Portogallo quello di provvedere all'intesa col Prete Gianni, identificato a quel punto senza residue riserve col Negus d'Etiopia. Con le navi spagnole e portoghesi il mito e il sogno della crociata avrebbero varca­ to i limiti del Vecchio Mondo e sarebbero sbarcati nel Nuovo, per assumer­ vi altro e diverso significato e conseguirvi nuove metamorfosi 15. E con la metamorfosi oceanica e imperiale della crociata si sarebbe fondato il mo­ derno nomos della terra16.

1 5 Cfr. F. CARDINI, Gli orizzonti mitici dei conquistadores, in CARDINI, L'in­ venzione dell'Occidente, Chieti 1995, pp. 253-270. 16 Cfr. il fondamentale studio di C. ScHMITI, Il Nomos della terra, Milano 199 1 , part. le parti ll (La conquista territoriale di un nuovo mondo, pp. 79-1 60) e III (Lo Jus publicum europaeum, pp. 1 6 1 -266).


INDICI

Gli indici sono stati elaborati da Maria Chiabò e Anna Maria Oliva con la collabo­ razione di Marzia Azzolini e Mariassunta Presutti sulla base dei dati forniti dagli Autmi.


INDICI

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ABBREVIAZIONI = Subiaco, Biblioteca Statale di S. Scolastica, Archivio Colonna = Sevilla, Archivo Generai de Indias = Roma, Archivio della Curia Generale dell' Ordine dei Predicatori = Valladolid, Archivo Generai de Simancas = Valencia, Archivo Municipal AMV APPV = Valencia, Archivo de Registros Notariales del Real Colegio Seminario del Corpus Christi (Colegio del Patriarca) = Valencia, Archivo del Reino ARV = Roma, Archivio Storico Capitolino ASC = Archivio di Stato di Firenze ASF - MAP = Mediceo avanti il Principato = Archivio di Stato di Latina ASLt = Archivio di Stato di Milano ASM ASMn = Archivio di Stato di Mantova - AG = Archivio Gonzaga ASMo = Archivio di Stato di Modena = Archivio di Stato di Perugia ASP = Archivio di Stato di Roma ASR = Archivio di Stato di Siena ASSi = Archivio Segreto Vaticano ASV = Archivio di Stato di Venezia ASVe = Archivio di Stato di Viterbo ASVt = Catalogue of books printed in the XVth century, now in the British BMC Museum = Gesamtkatalog der Wiegendrucke GW IAN/TT = Lisboa, Instituto Arquivos Nacionais/Torre do Tombo = Indice delle edizioni romane a stampa IERS = Indice generale degli incunaboli delle biblioteche d'Italia IGI = Illustrated Incunable Short-Title Catalogne ISTC ACol AGI AGOP AGS

Avvertenza

N_ell'indi�e dei nomi e delle fonti non è stata acquisita l'Appendice della relazione

dr A. Ilan (Il Liber notarum di Giovanni Burcardo) che costituis ce di per sé un re­ pertorio della famiglia Borgia.


INDICI

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INDICE DEI NOMI Abdallah Muhammad, detto Boabdil: 974-975 Abele: 741 Abramo: 741 Abramo di Emanuele Danielis: 680 Abramo di Mosè: 67 1 , 680, 689, 691 Abruzzo: 362 Abu'l Hasan: 975 Abundantius Marinellus: 702 Accademia Romana: 368, 602, 786 Accia: 706 Accolti Francesco: 482 Acidini C.: 847 Acquapendente: 372 Adam de Rottweil: 417 Adamo: 741 , 967 Adtiano, imperatore: 806 Adriano VI, papa: 327 Adriano Fiorentino: 562-563 Adriatico, mare: 972 Africa: 24, 236-237, 240-242, 247, 972, 974 Agnello, protonotario: 60 1 Agostino, s.: 480, 485, 762 Agostino d'Ancona, frate: 485 Agostino di Duccio: 8 8 1 Agostino d i Milano de villa Cassinamal: 668-669 Agostino lombardus: 669, 702 Agria: v. Eger Agro Romano: 124, 126 Ailly Pierre d' : 160, 1 87 Ait I.: 383 Aix-en-Provence: 901 Alamanni Pietro: 179 Alatri: 680 Alba: 1 1 8, 123, 338, 348, 360-361 , 364 Alba Fucense: v. Alba Alba Julia: v. Erdely

Albani, monti: 713 Albano: 109- 1 12, 670, 684, 702-703 Albergati, famiglia: 500 Alberti Leon B attista: 368, 439, 506, 529, 536, 560, 564, 577, 8 1 1 Albertini Francesco: 498 Alberto, brillario: 624 Albertoni Antonio di Angelo di Paluzzo di Pietro Matteo: 477 Albertoni Antonio di B attista di Pietro Matteo: 477 Albertoni Marcantonio: 880 Albertoni Marco: 477 Albino: 594 Albissola: 262 Albornoz Egidio, card.: 335 Albret Arnanieu d', card. : 196, 256 Albret Charlotte d' , sorella del re di Navarra: 7 1 Alcaçovas: 220, 229 Alcobaça: 246 Aldonza: v. Lozana Andalusa Além-Mar: 238 Aleni Tommaso, detto il Faldino: 748 Alessandtia: 976-977 Alessandro Biordi: 673 Alessandro de la Casa: 359 Alexander Butii: 702 Alexandro Paiano: 363 Alexius Iohannis Piccinini: 702 Alfani Alfano: 796, 960 Alfarano Tiberio: 573 Alfonso II d'Aragona, duca di Calabria e re di Napoli: 60, 64, 9 1 , 148, 1 5 1 , 154, 1 56, 166, 342, 359-360, 372, 3 8 1 , 423, 435, 465 Alfonso V, detto il Magnanimo, re d'Ara­ gona: 27-36, 40-41 , 43-44, 46, 58, 60, 64, 249, 393, 562


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INDICI

Alfonso V, re del Portogallo: 1 37, 245246 Alfonso Ispano: 623 Alhaique Pettinelli R.: 400 Alhama: 974 Alicante: 237 Alighieri Dante: 477-478, 485 Allegrezza F. : 345, 366 Almedina: 241 Almenara: 36 Almeria: 428, 974 Aloisio di Vigevano: 554 Alopa Lorenzo de: 402 Alpi: 62, 342 Altarriba Antoni: 43 Alterius Corraducii: 493 Altieri Marco Antonio: 323 , 326, 329, 330, 339, 343, 375, 384, 425, 474, 477, 48 1, 484, 493, 543 Altoviti Antonio: 505, 612, 614 Altoviti Bindo: 505 Alvares Cabrai Pedro: 243-244 Amati Girolamo: 503 Amboise: 901 Amboise Georges d' , card.: 72-73, 196, 715 Amelia: 129, 665, 670, 673, 689 America: 9, 24, 228, 392, 436 Americi, famiglia: 690 Americi Alessandro: 687, 690 Americi Clarice, figlia di Alessandro: 690 Americi Pietro, figlio di Alessandro: 67 1 , 673, 685, 687, 689-69 1 , 701 Americi Vincenzo, figlio di Alessandra: 689 Amerina, via: 706 Ammannati Giacomo: 1 1 6- 1 17, 144, 422 Amsterdam: 24 Anagni: 55, 385, 680, 693, 695 An. Baucston, cantar: 613 Ancona: 22, 54, 682 Andalò L.: 1 2 Andrea, s . : 1 15, 741 Andrea da Brescia: 555

Andrea da Perugia, frate: 940-941 Andrea da Trebisonda: v. Trapezunzio Andrea Andrea de ' Carusiis: 838 Andrea de Escobar: 436, 472 Andrea de Monte Caballo: 823 Andrea di Francesco di Ciane: v. Ver­ rocchio Andrea Frasche: 69 1 Andreozza, moglie di Cherubino Frangipane: 491 Andria: 706 Angela Gervasii Cole Nardi: 6 8 1 Angelo d a Cortona: 477 Angelo da Vallombrosa: 973 Angelo de Leoninis de Tybure: 508 Angelo de Prodia: 555 Angelo di David magistri Angeli: 680 Angelo di Michele: 402, 405 Angelus, dominus: 957 Angelus de Cessis: 453 Angelus Ugoletus: 449 Angiò Giovanni d' , duca di Calabria: 688 Anguillara: 340-343, 357, 5 1 0 Anguillara, famiglia: 372 Anguillara Giacomo: 358, 372 Aniene, valle dell', 341 Anna di Beaujeu, figlia di Luigi XI re di Francia: 1 37, 1 4 1 Anna di Bretagna, regina di Francia: 65, 7 1 -72 Annibaldi, famiglia: 333, 666 Annibaldi Riccardo, card.: 349 Annio da Viterbo: 400, 415, 432, 767769, 963 Annucciola Vitalis: 680 Anonimo Romano: 493, 7 17 Antalya: 808 Antella: 907 Anticoli: 1 1 5, 173 Antigono, re di Macedonia: 8 1 1 Antiquario Giacomo: 4 1 5 Antonello d i Rocca Priora: 383 Antoniacio de Roma: v. Antoniazzo Romano

INDICI

Antoniazzo Romano: 495, 598-599, 606, 615, 744, 748, 792, 864, 869 Antonino, arcivesc.: 485 Antonio, frate: 747 Antonio Cencio di Marcello: 532 Antonio, cocus: 668 Antonio da Amiterno: 484 Antonio da Besana: 4 1 5 Antonio d a Magliano: 485 Antonio da Padova, s.: 738, 742-743, 765 Antonio de Felectino: 363 Antonio de Monte Rotundo: 5 1 2 Antonio Petri Francisci da Varese, magister: 668 Antonio Pisano: v. Pisanello Antonio Priami: 53 1 Antonio Setie (o de Setia): 6 8 1 , 685, 687, 689-690 Antonius Bladius: 378 Antonius de Fulgineo: 477 Antonius Iacobus Sicilianus: 667 Anu, divinità babilonese: 760 Anversa: 805 Apelle: 83 8 Apis, divinità egiziana: 760, 766-768, 770 Appia, via: 685 Appiano: 43 1 Apuleio Lucio: 769 Aquili Antonio: v. Antoniazzo Romano Aquili Benedetto: 599 Aragona: 82, 1 17, 356, 641 , 646-647, 652-653, 840 Aragona Alfonso d', duca di Bisceglie, secondo marito di Lucrezia Borgia: 365, 683, 709-7 12 Aragona Eleonora d' , duchessa di Ferra­ ra: 1 13, 146, 166, 170 Aragona Ferdinando I d' : v. Penante I d'Aragona Aragona Ferdinando II d' : v. Ferrantino d'Aragona Aragona Giovanni d', card. figlio di re Ferrante: 103, 105-106, 1 36, 139, 140- 1 4 1 , 147-148, 1 5 1 , 155-157, 163, 165- 1 67

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Aragona Giovanni d' , viceré del Regno di Napoli: 654 Aragona Isabella d' , sorella di Alfonso duca di Bisceglie: 683 Aragona Jaume d' : 43 Aragona Luis d' , card.: 1 96 Aragona Rodrigo d ' : v. Borgia d' Aragona Rodrigo Aranda Pedro de, vesc. : 502, 862, 868 Ar. Blasii, cantar: 613 Arcamone Aniello: 148, 1 5 1 , 154- 155 Arcimboldi Giovanni, card.: 1 10, 1 16, 1 32, 1 36, 1 39, 1 4 1 , 147, 1 54- 1 57, 1 62- 1 63 , 170, 254 Arcioni B attista: 133 Ardea: 383, 684 Aregnano Dominicus de: 259 Aretino Pietro: 387, 389, 391 Argiropulo Giovanni: 4 1 9 Arguello Alfonso de: 3 0 Ariani Marcello d i Virgilio: 402 Ariano Bernardino: 425 Arinyo Francese d' : 29 Ariosto Francesco: 497 Alistotele: 419, 421 , 438, 808 Arles: 901 Arlotti Bonfrancesco: 99-100, 103- 104, 106, 126-129, 131, 133-134, 145-148, 152-157, 166, 170 Al·magnac Jean d' , vesc.: 1 34 Arnara: 684 Arquata Antonio: 435 Arrivabene Giovanni Pietro: 1 16, 132-133, 141 Arriverius Bartolomeo di Ferrara: 684 Arta: 413 Artés Joan d' : 56-57 Asburgo, famiglia: 78, 8 1 , 641, 652 Ascagne Rodolphe, conte d' : 63 Asia: 24, 72, 222, 977 Assisi: 737, 956 Astorga: 862 Atina: 670 Atlantico, oceano: 220, 23 1 Attavanti Aloisio: 904 Aubigny Eberardo d' : 354, 365


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Augsburg: 78-79, 413 Augusta: 574 Augustinus Adurnus: 455 Augusto, imperatore: 5 3 1 , 562 Augustoni Giovanni B asilio: 436 Austria: 77, 80, 139 Austlia: v. Asburgo Auton Jean d' : 72-73 Averlino Antonio: v. Filarete Averroé: 808, 809 Aversa: 166 Avignone: 170-171, 256, 551, 558, 901 Aviz Jayme de: v. Giacomo del Pmtogallo Avogadro Niccolò: 459 Azamor: 241 Azzon·e, isole: 227, 230 B aal, divinità: 762 B abilonia: 7 1 B accano, bosco: 3 9 1 B accio d ' Agnolo: 906-907, 909 Baccio Saxo, banderario: 621 Bacco: 876 B adajoz: 862 B adoer Sebastiano: 443-444, 446 B aeza: 648 B agarotto Zanardo, vesc. : 709 B aglioni, famiglia: 926, 950-95 1 B aglioni Giampaolo: 923 B aglioni Grifone: 925 B aglioni Ippolita, moglie di Giovanni Gatti: 923 B agliotti Giovanni: 42 B agnolo: 126-127, 150- 1 5 1 , 1 54 B ainblidge Christopher, card . : 21 1 Bajazet ll, sultano: 63-64, 787, 8 1 1 , 972-973 B ak6cz Thomas, card. : 196 B alaguer: 35 B alcani: 33, 971 , 977 Baltasar, magister recamator: 615, 632 B altrusaitis J.: 767, 769 B alue Jean, card.: 136-137, 141, 213, 428-429 Baptista, vedova di Domenico di Evan­ gelista Maddaleni Capodiferro: 480 B arbara, s . : 765

Barbaro Ermolao: 419-420 B m·bazza Andrea: 1 86, 192, 457 Barberini, famiglia: 259, 346 B arberini Maffeo: v. Urbano VIII B arbieri E . : 401 B arbo Marco, card. : 100, 1 14, 132, 1 36, 139, 141, 149-15 1 , 154, 156, 162-166, 168-169, 253 , 439 B arbo Paolo: 446 B arbo Pietro: v. Paolo II B arcellona: 24, 1 10-1 12, 429, 646 - cattedrale: 35 B archiel, arcangelo: 741 B ati: 7, 12, 683 B arletta: 366 B aroncello Stefano: 723 B aronia Cesare: 250 Bartholomeus, sellario: 626 Bartholomeus, setaiolo: 62 1 , 624 Bartholomeus de Armeriis, laicus ferrariensis: 714 Bartholomeus de Thomasiis, zallerio: 631-632 Bartholomeus de Venetiis: 630 Bartholomeus Marroccus: 703 Bartholomeus segobricensis: v. Mattini B artolomeo B artolini Lionm·do: 501 B artolomeo de Textoribus: 373 B arzellona, famiglia: 478 B arzellona Lucrezia: 478 B aschi Perron de: 60 B asilea: 504 Bassa: 428 B assiano: 658, 663-665, 671-673, 678, 684-685, 687-690, 692-693 , 699 B asso Della Rovere Girolamo, cm·d. : 136, 139, 141, 146, 907 B astm·delli Frangipane Faustina: 727, 73 1 B atinia, ninfa: 877 B atllori M.: 16, 34, 40, 46, 5 1-53 B attista Mantovano: v. Spagnoli B attista B attisti E. : 769 B aumgartner F. : 75 Becchi Gentile: 450-45 1

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Bertano Gio. Antonio: 328 Beheim Lorenzo: 786 Bertelli C.: 842, 844-845 Belém: 239-240 Berthier J. J.: 845 Belgio: 77 Ber. Vacqueras, cantar: 6 1 3 Bellagamba V.: 682 Besicken Johann: 429, 435, 437-438, 445, Bellini Gentile: 972, 804, 809-8 1 1 Belprato M. Simonetto: 379 454, 458, 463, 465, 472 Bembo Pietro: 877 Bessarione Giovanni, card . : 145, 744, Bendedei B attista: 103, 106, 148, 1 5 1 , 805, 808, 866, 962 156, 1 6 1 , 166 Biagio da Cesena: 603 Benedetto XI, papa (Nicolò Boccasini): Bianca C . : 4 12, 642, 648 121 Biffi Giovanni Vincenzo: 414-415, 4 17, Benedetto XIII, antipapa (Fedro de Lu­ 430 na): 249 Biffi Lucio: 415 Benedetto XIII, papa (Pietro Francesco Bini Francesco: 501 Orsini): 28, 30 Biondo Flavio: 49 1, 523, 602, 706, 830 Benedetto Canonico: 594 B iondo Gaspare: 602 Benedetto da Maj ano: 838 Biordus Sanctis: 665 Benedetto da Norcia: 433 Bisacci Ugone: 709 Benedetto Donati de Baptista da Viter- Blasio M. G.: 436, 457 bo: 669 Blasius Florentinus: 63 1 Benedictus Castellanus de Fara: 5 1 0 Bobadilla Francesco de: 2 1 8 Beneimbene Camillo: 327, 5 3 1 Bobadilla Garcia de: 429, 454 Benevento: 178, 198 Boccabella Alessandro: 356, 363, 482 - abbazia di S . Sofia: 170 Boccaccio Giovanni: 387, 768 Benigno Salviati Giorgio: 865, 866, 962Boccaccio Giovanni Andrea, vesc.: 1 12 964, 967-969 Boccarini Maurizio di Amelia: 673 Benivieni Girolamo: 403 Boccasini Nicolò: v. Benedetto XI Bentivoglio, famiglia: 450 Bocciacci Giovanni Andrea: 822, 826 Bentivoglio Anton Galeazzo: 450 Boemia: 8 1 Bentivoglio E . : 879-880 Boezio Anicio Manlio: 485 Bentivoglio Giovanni II: 450 B olla Antonio di S ermoneta: 704 Benzi Nicolò: 634 B ologna: 7, 12, 49, 5 1 , 56, 1 19, 170, Berm·dino de Bernardo: 359 256, 404, 438, 457, 7 12, 909, 947, Berardino dell'Anguillara: 363 949, 958, 960 Berardino di Como: 668 chiese: Berardinus Pinti: 701 - - S. Michele in Bosco: 577 Berengario Santii de Barope: 456 - - S. Petronio: 882 Berenson: 843 convento di S . Domenico: 960 Bernardino da Feltre: 182 Studium: 87, 180 Bernardino da Siena, s.: 738, 743-745 Bombe W. : 794, 796 Bernm·dino di Betto: v. Pinturicchio Bonaccorsi Francesco: 401 Bernardinus, dominus: 957, 959 Bonaccorsi Luca di Giovanni: 494 Bernardo, forre rio: 63 1 Bernardo Tadei de Pinu da Caronno Va­ Bonafede Nicola di S. Giusto: 370 Bonaventura, s.: 413, 743 resino, maestro muratore: 668 Bonaventura da B arcellona, b.: 743 Beroaldo Filippo: 415


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Bonaventura di David magistri Angeli: 680 Boncompagni Ugo: v. Gregorio XIII B onifacio VITI, papa (Benedetto Caeta­ ni): 85, 95, 122, 334, 356, 378 Bonifacio IX, papa (Pietro Tomacelli): 15, 335, 487 Bonifatius de Turrio: 5 1 0 B onnecombe (Bonacumba) : 350 Bonsi Antonio: 822, 826, 828, 830-83 1 Bonsi Michele: 822, 826, 828, 830-83 1 B ontempi, famiglia: 9 1 8 B ontempi Sebastiano: v . Sebastiano Angeli Borbone, famiglia: 137 Borbone Carlo di, card. : 136- 1 37, 140 B orbone Carlo, m duca di: 488 B orbone Giovanni, II duca di: 1 37 B orghese Camillo: v. Paolo V Borghese Scipione, card.: 258 Borgia, famiglia: 9, 44, 46-48, 53, 71-72, 197-198, 203, 256, 260, 342, 356357, 365, 375, 3 8 1 , 383, 389-390, 393, 396, 425, 499, 50 1 , 503, 527, 541 , 544, 599, 606, 6 1 1 , 634, 648, 657, 662, 666, 672, 677, 679, 683, 687-688, 69 1 , 705-706, 708-7 1 1 , 7 13-714, 746, 759, 763, 768, 77 1, 7 8 1 , 785, 794-796, 900, 903, 918, 920, 927, 929, 941 , 942-943, 950 B orgia Alfonso: v. Callisto m B orgia Caterina (o Catilina): 34, 40 Borgia Cesare, duca Valentino: 20, 15, 50-51, 54, 57, 69-72, 74, 90-92, 9697, 1 27, 1 97-198, 202-204, 217, 257-259, 263, 343, 363-364, 382, 384, 3 86, 394-395, 416, 426, 435, 499, 501, 526, 539-540, 547, 558, 645, 661, 67 1 , 684, 708-709, 7 1 17 12, 7 15, 787, 789-790, 796, 903, 922, 925-926, 942 Borgia Francese, card.: 52, 56, 429, 672, 683-687, 690, 69 1 , 709, 712-715 B orgia Francesco, s . : 58

Borgia Giovanni, card. (t 1500): 48, 5 1 , 353, 928-929, 932, 937, 941 , 943944 Borgia Giovanni, card. (t 1503): 5 1 -52, 54, 56, 499, 501, 5 10, 5 12-5 13 Borgia Giovanni, II duca di Gandfa: 48, 50, 53, 56-57, 74, 90, 92, 178, 1 89, 1 98, 202, 343, 499, 679, 880 Borgia Giovanni, duca di Nepi: 683, 712, 7 14-7 15 Borgia Girolama: 425 Borgia Guglielmo Ramundo: 67 1 Borgia Joan: 40 Borgia Jofré, padre di Alessandro VI: 40, 5 1 , 53, 56 B orgia Jofré, principe di Squillace: 46, 50, 56, 74, 90, 365, 375-377 Borgia Lucrezia: 15, 49-50, 57, 89-90, 26 1 , 341, 365, 375, 539, 540, 54 1, 546, 658-659, 661, 670-673, 677679, 68 1 , 69 1 , 707-7 12, 7 15, 940942 B orgia Miguel: 40 Borgia Pedro Luis, fratello di Alessan­ dro VI: 44, 202, 342 Borgia Pedro Luis, I duca di Gandfa, fi­ glio di Alessandro VI: 45, 50, 53, 172- 173, 880 B orgia Roderic-Gil: 52 Borgia Rodrigo, chierico: 715 Borgia d' Aragona Rodrigo, figlio di Lu­ crezia Borgia: 365, 383, 658, 672, 673, 683 B orgia Escrivà Galceran: 44 Borgia-Llançol Joan: v. Borgia Giovan­ ni card. (t 1500) B orgia-Llançol Jofré: v. Borgia Jofré, padre di Alessandro VI B orgia-Llançol Pere Llufs : 5 1 B orgia-Moncada Bernardona: 52 B orgia-Moncada Galceran: 40, 44-45, 5 1 , 54 B orgia-Moncada Isabel: 40, 52, 54 B orgia-Moncada Joan: v . Borgia Gio­ vanni, card. (t 1503) B orgia-Moncada Ot: 44-45

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Borgogna: 62, 67 Borgo Pinti: 907 Bon·omini Francesco: 577 Basca Pietro: 428 Bosch Bernat: 33 Boselli Pieh·o: 6 1 Bosforo: 972 Bosnia: 97 1 Bossi Giovanni Paolo: 1 57 Bosworth: 140 Botta Giacomo: 1 1 8 Bottinger Georg: 447 Bouchet Jean: 65, 67, 75 Bourbon Piene de, conte di Beaujen: 75, 1 37 Bourdeille Hélie de, card. : 1 36, 416 Bourdeille Pierre de, signore di Brant6me: 68 Bourgchier Thomas, card.: 136, 138, 140 Bovio Giacomo: 472 Bovio Girolamo: 442 Bovio Virgilio: 442, 472 Boyl, famiglia: 221 Boyl Bernardo: 2 1 8 Bracci (o Braccesi) Alessandro: 43 1 Bracciano: 342-343 - castello: 495, 792 - lago: 341 Bracciolini Poggio: 564 Bracelli Antonio: 1 1 8 Bramante Donato: 561 , 739, 748, 862, 864, 866, 869-870, 908 Bramantino: 748 Brandeburgo: 77 Brandolini Aurelio, detto Lippo: 458, 528 Brandolini Raffaele: 458, 459 Braschi, famiglia: 60 1 Brasile: 243 Braudel F. : 977 Bregno Andrea: 822, 824, 826-827, 829833, 880-881 Brenta Andrea: 434 Bréquigny: 25 1 Brescia: 403, 438, 738 Briçonnet Guillaume, card.: 65, 68, 196, 788, 790

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B1igitta, s . : 413, 415, 423 Brion M . : 102 B1ion Simone de: v. Martino IV Britannia: 62 Brunelleschi Filippo: 769 Bruni F. : 7 1 8 Bruni Leonardo: 421-422, 439, 457, 485 Bruni Ludovico: 429 Bruno Giordano: 391 Brusati, famiglia: 824 Bruschi A . : 557, 866, 870 Buchell: 393 Budapest: 495 B tihler C. F. : 46 1 Buonarroti Michelangelo: 498, 847, 881882, 970 Buratti Giulio: 783 Burcardo Giovanni: 63, 66, 87-90, 99102, 106-108, 157, 162, 164, 1681 69, 1 85, 254-26 1, 352, 369, 446, 449-452, 455, 459-460, 499, 502, 523-527, 534, 542, 546, 548, 560, 571-572, 574, 603-604, 613, 643646, 649, 66� 683, 7 1� 786, 788789, 839, 841, 899, 903, 920 Burgkmair Hans: 574 Burgos: 1 1 1- 1 12, 174, 388 Burke P. : 347 Burns R.I.: 27 Bussi Giovarmi Andrea: 422-423 Buzzardo: 64 Bzovius Abraham: 749 Cabanyelles Castellana de: 35 Caccialupi B attista da S anseverino: 483 Caetani, famiglia: 345, 361, 365, 379, 382-383, 386, 657, 659, 663-666, 67 1-672, 679, 682, 687-689, 691692, 712 Caetani Antonio: 350 Caetani Benedetto: v. Bonifacio Vill Caetani Bernardino: 696 Caetani Cola: 350 Caetani Cristoforo: 688 Caetani Gelasio: 661 , 665, 670, 672, 674 Caetani Giacobella, sorella di Nicola, Giacomo e Guglielmo Caetani: 688


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Caetani Giacomo: 657, 659-662, 665, Camers Valentinus, magister 94 1 684, 687-688, 690, 696 Campagna: 354, 358, 372, 374, 3 8 1 , Caetani Guglielmo: 363, 657, 659-662, 385, 664 67 1 , 673-679, 682, 684, 687-691 , Campania: 1 15, 124, 379 696 Campano Giannantonio: 400, 415, 417, Caetani Michelangelo, duca di Senno­ 423, 436, 464, 466 neta: 661 Campello Giulio: 460-461 Caetani Nicola: 658-659, 662, 67 1 , 687- Campofregoso Paolo, card.: 1 36, 139, 688, 691 141-142, 221 Caetani Onorato: 365 Campo Maior: 737 Caetani Onorato III, signore di Sermo­ Canals: 12- 1 3 neta: 659, 664, 666-667, 672, 674- - Oratorio de los Bmja: 13 675, 687-688, 690 Canarie: 219, 229 Caetani d' Aragona Onorato II, conte di Canina L.: 549 Fondi: 688 Cannatà R.: 826 Caffa: 972 Cantalicio Giovanni Battista: 400 Caffarelli, famiglia: 347 Caoursin Guglielmo: 4 14, 456 Caffarelli Gregaria di Antonio: 543 Capena: 745 Caffarelli Lorenzo: 327 - chiese: Caffarelli Prospero: 542 - - S. Antonio: 744 Caffaro Stefano: 219, 722 - - S. Michele Arcangelo: 744 Cagliari: 7, 237 Capizucchi, famiglia: 375, 475 Calahona: 17 4 Capizucchi Pietro Ludovico di B attista: - abbazia di S. Milian de la Cogolla: 475 111 Capo Bianco Vincenzo: 681 Calandrini Filippo: 109 Capo di Buona Speranza: 23 1 , 242-244 Calatambio: I I I Capo Verde: 227, 230 Calco Bartolomeo: 156, 1 66 Capoccia Tommaso: 329 Calderini Domizio: 421 , 485 Capocciuti Aglante: 701 Caligola C. Giulio Cesare Germanico, Capodtteno, famiglia: 480 detto: 73-74 Capodtteno Evangelista: 3 8 1 , 687 Calis: 222 Capodifeno Marcello: 419, 529 Callisto III, papa (Alfonso Borgia): 1 1 , Capodifeno Paolo di Gocio: 492 28-3 1 , 33-35, 37-44, 47, 5 1 -54, 87, Capogalli, famiglia: 475 108, 1 1 0- 1 1 1 , 1 2 1 - 1 22, 1 36-138, Capogalli Giovanni: 475 158, 1 86, 197, 202, 204, 207, 2 1 1 , Capogalli Marco: 476 220, 249, 330-33 1 , 342, 446-447, Cappel!(a) Antolinus: 701 45 1 -452, 457, 593, 705-707, 748, Cappell(a) Placentinus: 701 903, 97 1 Cappello Andrea: 382, 446 Callosa: 49 Capponi Luigi: 824 Calvesi M.: 367-368, 767, 769 Capranica: 126, 128, 1 7 1 , 7 1 3-714 Calvo Andrea: 450 Capranica Angelo: 136, 142-143, 145, Cambini Bemardo di Nicolò: 494 825 Cambitelli Zagarello: 423 Capranica Domenico: 825 Cambrai: 1 10 Capranica Pietro: 555 Camerino: 72, 386, 539 Carafa, famiglia: 148, 1 89, 840

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Carafa Francesco, duca di Andria: 844 Carafa Gian Pietro: v. Paolo IV Carafa Oliviero, card. : 86, 90, 136, 139, 141, 147-148, 1 54, 156-157, 161163, 169, 189-193, 209, 434, 607, 609, 807, 826-827, 837-838, 840842, 844-846, 869-870, 923 , 925-926 Carafa Troilo: 841 Caramelli, ambasciatore di Milano: 1 1 8 Caravale M.: 123, 378, 382 Carbone Giovanni: 685 Carbone Paolo di Giovanni: 723, 729 Cm·della L.: 5 1 -52, 55 Carignola: 43, 679 Carlo IV, imperatore: 78 Carlo V, imperatore: 58, 8 1 -83, 487, 641 , 652, 655 Carlo VITI, re di Francia: 52, 59-7 1 , 73, 75, 82, 91-93, 1 85, 1 88- 1 89, 192, 221, 262, 340, 342, 345, 352-354, 360-361, 364, 3 8 1 , 385, 402, 436, 465, 497, 784-785, 787-79 1 , 793, 840-841, 900-901, 920, 923, 95 1 , 973 Carlo da Fano: 877 Cm·lo il Temerm·io: 1 37 Carlo Magno, imperatore: 790 Carocci S.: 337 Camne de Visconte: v. Caronno Varesino Caronno Varesino: 667-668 Cm-paneto M. G.: 845 Cm-pentras: 256 Carso: 976 Cartagena: 1 10- 1 1 1 , 173-174, 862, 928 Cartagine: 488 Carvajal Bemardino L6pez de, cm·d. : 52, 5 5 , 70, 192, 196, 220, 373, 394 4 13-414, 429, 432, 436, 447-448, 443-454, 460, 648-650, 654, 737, 747, 861-870, 927-928, 963, 966 Carvajal Juan de, cm·d. : 196, 2 1 1 , 861 Casali Luca: 327 Casanova Jaume: 54, 157 Casciano P. : 434 Cascina Amata (fraz. di Cantù, Como): 668-669 Casilina, via: 357

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Caspe: 27, 29 Cassia, via: 341, 342, 706 Cassina Amata (fraz. di Pademo Dugna­ no, Milano): 668-669 Cassinamat, villa: v. Cascina Castagnola, abbazia di S. Maria di Chiaravalle: 170 Castelchiodato: 743 Castel Gandolfo: 683-684 Castel Goffredo: 668 Castellar Galceran de: 52 Castellar Joan de: 5 1-52 Castellesi Adriano da Cometo, card.: 55, 93, 503, 506, 549 Castelletti Cristoforo: 719 Castellini Giovanni: 41 Castellon Jorge de: 865, 867 Castelnuovo di Porto: 370, 373-374, 376377, 382, 3 86 Castelnuovo di Terra di Lavoro: 352 Castel S. Pietro: 377 Castelvecchio: 687 Castiglia: 29-30, 36-37, 82, 1 17, 140, 217, 227-23 1 , 235, 242, 244, 641 , 650, 652-653, 868 Castiglione Baldassane: 648, 651 Castigliani Branda: 103, 1 1 8, 125, 132, 145, 148, 1 5 1 - 153, 161-162, 166 Castigliani Goffredo: v. Celestino IV Castro: 7 1 3 Castro Pin6s Joan-Galceran de: 52, 903 castrum Foliani: 490 Catadioci, famiglia: 490 Catalogna: 140 Catanei Vannozza: 258, 261 , 823, 874, 880 Caterina d'Alessandria, s.: 8 10 Caterina da Siena, s.: 765, 919, 922-923, 9-926, 95 1 , 956 Caterina di Svezia: 4 1 3 Cattanei Giovanni Lucido: 449 Catullo Gaio Valeria: 485 Cavallaro A.: 746, 764, 826 Cavallini Giovanni: 475 Cave: 126, 128 Ceccano: 684


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Ceccarelli Alfonso: 259 Cecoslovacchia: 77 Cefalonia: 976 Celani E.: 25 1 , 264, 450 Celestina, cortigiana: 389 Celestino IV, papa (Goffredo Castiglia­ ni): 121 Celestino V, papa (Pietro del Monone): 121 Celsi Giacomo: 709-7 1 0 Cena de Spinis Francesco: 475 Cenci, famiglia: 541 Cencio Camerario: 594, 596 Centelles, famiglia: 38 Centelles Guglielmo Raimondo, clericus Valentinus: 56, 930, 932-933 Centelles Querubì: 46 Centurione, famiglia: 221 Ceprano, castello: 170 Cerrini Giacomo: 424 Cerroti F. : 264 Cervantes Miguel de: 391 Cervello Joan: 58 Cervete1i: 171, 340-343, 357, 380 Cesare Caio Giulio: 485, 521, 547, 562, 601 Cesare de Beccarellis: 508 Cesarini, famiglia: 425 Cesmini Caterina di Gab1iele: 477 Cesmini Gabriele: 329, 425, 606, 63 1 Cesmini Giovangiorgio: 425 Cesm·ini Giovanni Andrea: 425 Cesarini Giuliano, card.: 197, 262, 354355, 425, 462 Cesena, rocca: 159 Cesi: 258 Cethia: 222 Chacon Alphonse: v. Ciacconio Checco di Monicone: 363 Cherubini P.: 123 Chiabò M.: 8 Chiara, s . : 743 Chiari: 139 Chiarina, cortigiana: 388 Chieregati Leonello: 436, 443-446, 448, 461-463

Chierigati Niccolò: 462 Chigi, famiglia: 505 Chigi Agostino: 501, 505, 5 12-5 13 Chio: 217, 576 Chiusi: 794-795, 926 Christophorus Duodus: 446 Ciacconio Alfonso: 101, 258, 739 Ciardi M. G.: 404 Cibele: 761 Cicerone Mm·co Tullio: 418-422, 427, 434, 439, 458, 464, 466, 485, 488 Cicinelli Scipione: 451 Cifra Antonio: 672, 684, 685 Cifra Francesco, figlio di Giacomo e nipote di Antonio Cifra: 692 Cifra Giovanni: 665, 67 1 , 688, 691-692 Cimber L.: 62 Ciocchi del Monte Gianmaria: v. Giulio III Cipanga: 222 Cipolla Bartolomeo: 41 1, 4 1 8 Cipriano d i Antiochia, s.: 433 Cipro: 874, 877, 97 1 , 976 Cirera Joan: 50 Cirera Mateu: 50 Ciscar, famiglia: 38 Ciscar Francese: 37-38 Ciscar Guillem: 38 Ciscar Pere: 37-38 Cisneros Francisco Jiménez de, card.: 218 Cisterna di Latina: 658, 667, 678, 684685, 687 Città del Vaticano: 1 2- 1 3 - Archivio Segreto Vaticano: 8-9, 86, 258, 263, 346, 603, 705, 794 - Biblioteca Apostolica Vaticana: 8-9, 1 0 1 , 259, 264, 346, 399, 44 1 , 464 Città Ducale: 1 1 1 - abbazia: 1 12 Civita Castellana: 1 15, 173, 120, 490, 705, 764, 906 - cortile d'onore: 561 - rocca: 575, 904-906 Civita di Chieti: 366 Civita Lavinia: 684

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Civitavecchia: 44, 254 - rocca: 159 Clairvaux: 1 12 Clarina, cortigiana: 392 Claudiano Claudio: 430 Clemente I s., papa: 1 84 Clemente IV, papa (Guido Fulcoli): 121 Clemente V, papa (Bertrand de Got): 121 Clemente VII, papa (Giulio de' Medici): 3 9 1 , 488, 575, 577, 7 1 8, 724 Clemente VIII, antipapa (Egidio Muiioz): 28-29, 3 1 , 249, 257 Cleofilo Ottavio: 423, 430 Cloulas L : 102 Cluny: 380 Caccino Giovan Battista: 259 Cocleghein Theodor van: 1 57 Coetivy Alain de, card.: 145 Coimbra: 1 1 1 , 246 Cola da Sem10neta: 129 Cola di Aquino: 669 Cola di Rienzo: 333 Collison-Morley L.: 102 Colocci Angelo: 427, 433 Colomano, frate: 947, 952-955 Colomba da Rieti: 9 17-960 Colombo Cristoforo: 2 17-222, 228-23 1, 244, 246, 415, 43 1, 470, 977 Colon Hernando: 470 Colonia: 254 Colonna, famiglia: 1 1 8, 122-127, 1 3 1 , 133, 135, 143, 333-335, 337-339, 342, 343, 345-349, 353-354, 356-362, 364366, 368, 374-376, 378-380, 382-386, 657, 683, 705, 7 12, 841 Colonna (ramo di Gennazzano): 346348, 367, 371-372, 374-375, 377, 3 8 1 , 386 Colonna (ramo di Palestrina) : 346-347, 369, 37 1, 374, 377, 384 Colonna (ramo di Riofreddo): 347 Colonna (ramo di Zagarolo): 347, 37 1 Colonna Alessandro: 371 Colonna Antonio: 349 Colonna Caterina, sorella di Francesco: 372

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Colonna Fabrizio: 128, 347-348, 353354, 356-360, 362, 364-366, 368, 372, 375, 3 8 1 Colonna Francesco, signore di Palestrina: 347, 362-363, 367-377, 382, 386 Colonna Francesco, veneziano: 368, 769 Colonna Giovanni da Tivoli: 575-576 Colonna Giovanni di Antonio, card.: 86, 95, 105, 1 1 8, 124, 128, 1 3 1 , 136, 139141, 144- 145, 155, 157, 170, 33 1 , 339, 347, 349, 350-352, 354-356, 360-361, 363, 367, 370, 377, 379-381, 385 Colonna Girolamo: 353 Colonna Giulio: 355, 368 Colonna Gulina: 425 Colonna Jacopo, card. : 351 Colonna Lorenzo Oddone: 126, 338339, 830 Colonna Mm·cantonio: 380 Colonna Muzio: 362 Colonna Oddone: v. Martino V Colonna Pierfrancesco di Zagarolo: 363 Colonna Pietro di Palestrina: 363, 373375, 377 Colonna Pietro, card.: 3 5 1 -352 Colonna Pompeo, card.: 340, 488 Colonna Prospero: 126, 128, 143, 145, 170, 337, 347-349, 351-354, 356359, 361-362, 364-367, 372-373, 375, 380-38 1 Colonna Stefano, figlio di Francesco di Palestrina: 370, 377 Commodo, imperatore: 489 Commynes Philippe de: 60, 64-65, 69 Como: 864 Compoys Jean, arcivesc.: 1 3 1 , 133 Concilii: - Basilea: 188 - Costanza: 138, 1 85, 209, 449 - Fenara: 446 - Fù�nze: 446, 463 - Trento: 828 Condivisi Ascanio: 908 Condulmer Francesco, card.: 108, 496498


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Condulmer Gabriele: v. Eugenio IV Congregazioni: - di Lombardia: 960 - di Monte Oliveto: 935 - di S. B enedetto: 930, 935 - di S. Francesco: 935 - di S. Giustina: 930, 932, 935 - di S. Marco: 404-405 Conill Joan: 28 Conill Nicolau: 28 Consalvo de Cordova: 352 Constant M.G. : 25 1 , 263 Contelori Felice: 258 Conti, famiglia: 124, 333, 345, 352, 361, 363-364, 379, 385 Conti Francesca, moglie di Guglielmo Caetani: 659, 662, 691 Conti Giacomo: 129, 1 3 1, 1 33- 134, 363, 841 Conti Giovanni, card. : 124, 136, 139, 141, 145, 147, 153, 1 69, 3 3 1 , 339, 344 Conti Giovanni Battista, armorum due­ tar: 660, 693 Conti Girolamo: 129 Conti Ippolita, moglie di Giampaolo Baglioni: 923 Conti Niccolò Grato: 542, 841 Conti Pietro Paolo: 4 1 9, 426 Conti Sigismondo: 6 1 , 86, 99, 125, 1 32, 259 Conti Tommaso: 864 Conti Ugolino di Segni: v. Gregorio IX Contugi Geremia da Volterra, vesc. : 664, 666, 669, 671 , 682, 685, 689, 697 Contugi Zaccatia, vesc.: 67 1 Conzié François de: 25 1 Copons Joan de: 39 Corato: 683 Corbell a di San Severino, moglie di Prospero Colonna: 380 Carella Michele: 54, 58 Cori: 659, 668, 683, 693 Corio Bernardino: 523, 598-60 1 , 604, 608-609, 765 Cornaro Caterina, regina di Cipro: 874, 975-976

Cornaro Marco, card.: 1 96 Corneille Pierre: 25 Cornelio G., ambasciatore veneziano: 73 Corneto: 55 Corossati, avvocato: 875, 884 Cortesi Alessandro: 428 Cortesi Paolo: 1 13 , 1 8 1 , 463, 792, 806 Corts Pasqual: 33 Corvino Mattia: 1 39, 1 40 Cosmico Niccolò Lelio: 368 Costa Jorge da, card.: 86, 90, 1 36-1 37, 141, 146, 151, 1 54, 169, 189-191, 209, 221 , 822, 826, 828, 832, 840, 882 Costabili Antonio: 1 65 Costantino I, imperatore: 462, 49 1 , 522, 790, 804-805, 8 1 3-814 Costantino II, imperatore: 813 Costantino XI, imperatore d' Oriente: 803 Costantino di Andrea: 944, 946-947, 952959 Costantino Lurcio: v. Costantino di An­ drea Costantinopoli: 24-25, 256, 49 1 , 803, 805, 8 10-8 1 1 , 8 14, 971 , 977 Costantius de Rome: 5 14 Costanzi Antonio: 423-424 Coste J.: 85 Coutances: 256 Cremona: 1 55- 156, 670, 738, 748 Crescentini C . : 832 Crescenzi, famiglia: 1 34 Crescenzi Pierpaolo: 543 Creta: 760-761 Cretone: 743 Cri. Ronsseon, cantar: 6 1 3 Crisolora Manuele: 487 Cronaca: v . Pollaiolo Simone Cuccini Mariano: 457 Cullera: 49, 1 1 1 Cunha Maria Ctistina: 228 Cupido: 505 Curcio G.: 504 Cusano Niccolò: 1 60, 804 Cybo, famiglia: 864 Cybo Franceschetto: 340-341 , 357, 495, 497, 601

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Della Rovere, famiglia: 1 3 1 , 139, 255Cybo Francesco: 555, 840 257, 503 Cybo Ginevrina: 862, 864 Cybo Giovan Battista: v. Innocenza VIII Della Rovere Bianca: 249, 262 Cybo Lorenzo, card.: 86, 221 , 822, 826, Della Rovere Clemente, vesc. : 350 Della Rovere Cristoforo: 136, 221 , 826, 828, 924 832 D' Achille Marco: 363 Della Rovere Domenico: 1 3 1- 132, 136, D'Achille P. : 720, 728 139, 141, 145, 221 , 826, 832, 848 D'Anjou F. : 62 Della Rovere Francesco: v . Sisto N Damiani Pier s.: 1 8 1 Della Rovere Galeotto Franciotto: 498, Damietta: 976-977 503 Dandolo Marco: 72 Della Rovere Giovanni: 170 Daniele di Emanuele Danielis: 680 Della Rovere Giuliano: v. Giulio II Dardanus, poeta: 73 Della Torre Pietro: 4 1 6, 435, 437 Dati Agostino: 424 Della Valle, famiglia: 123, 134, 369 Dati Giuliano: 415, 43 1 Della Valle Ambrosina di Lelio: 49 1 -492 David magistri Angeli: 680 Della Valle Andrea: 356 David, re: 741 , 965 Della Valle Filippo: 822, 826, 83 1 De Angelis d' Ossat G. : 866 Della Valle Niccolò: 369 De Cosco Leandro: 4 1 5 Dello Mastro Paolo: 99 D e Dominicis C.: 725 De Ferrariis Antonio, detto il Galateo: Delumeau J.: 725 Demostene: 448, 458 972 De Lignamine Giovanni Filippo: 415, Denia: 33, 49 Deoguardus Salvatoris Averse: 691 43 1 , 489 Demta: 796 De Lorris François, card. : 4 1 3 Despont Pons: 29 De Mauro T. : 7 1 8, 724 Desprats Francese: 53, 55 De Roo P. : 102, 107- 1 10 Desprats Jaume: 54 De Roover R.: 495 Despuig Ausiàs, vesc. : 33-35 De Rossi P. L.: 660 Despuig Bernat: 34 De Sousa Costa A.D . : 737 Despuig Lluis: 34 Decembrio Pier Candido: 400, 433 Desrey Pierre de Troyes: 62 Dedalo: 417 Deusdedit: 95 Del Bene Pietro: 501 Deventer: 441-442 Del Bufalo Marcello: 543 Devoto G.: 7 1 8 Del Corno D.: 765-766 Diedo Francesco: 434, 445 Del Tuppo Francesco: 437 Diedo Pietro: 976 Delfini Egidio: 737, 865 Diego, s.: 743 Delfini Pietro: v. Dolfin Pietro Dien: 256 Delgado Ruiz M.: 763 Diociaiut(e): 680, 70 1 Delicado Francisco: 387-393, 395-396 Diocleziano, imperatore: 809 Della Casa Alessandro: 501 Diodoro Siculo: 485, 765, 768 Della Casa Pandolfo: 501 Dionigi Areopagita: 939-940 Della Cornia Giulio Cesare: 795 Dionisio della Badia fiorentina: 403 Della Cornia Pietro Paolo: 795 Dioniso: 761 Della Luna Gerolamo: 943, 952 Della Porta Ardicino: 86, 554, 609, 822 Dionisotti C.: 4 1 8


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Di Tocco Carlo: 4 1 3 D i Tocco Leonardo: 4 1 3 Djem, figlio di Maometto II : 69, 787, 789790, 8 10-8 1 1 , 972-973, 975 Dolfin Pietro: 404, 52 1 , 593 , 604 Domenica da Paradiso: 95 1 Domenichi M. Ludovico: 655 Domenico, abate generale di Monteoliveto: 380 Domenico da Caserta: 807 Domenico di Giovanni, fiorentino: 35 Dominicus, frate: 955-956 Dominicus Candianus: 472 Dominicus de Grandis: 5 1 5 Dommarco F.: 345 Donato Elio: 483 Donato Girolamo: 48, 5 1 Donizetti G.: 13 Doria Agostino, card. : 221 Doria Valerio: 472 Doring Ioachim: 442 Dragisié Juraj : v. Salviati Giorgio Beni­ gno Draguignan: 901 Durante Guglielmo: 478 Durazzo: 976 Dtirer Albrecht: 786, 806 Eckart: 250 Edo Pietro: 463 Edoardo IV, re d' Inghiltena: 138 Egeo, mare: 977 Eger: 140, 174 Egidio, frate amadeita: 747 Egidio da Viterbo: 249 Egitto: 762, 765-766, 768-769, 8 1 1 Eleonora, moglie dell'imperatore Federico m: 8 1 , 487 Eleonora, regina di Navarra: 137 Eliano Claudio: 436 Eliogabalo, imperatore: 73-74 Elisabetta, s.: 765 Elisabetta s., regina del Portogallo: 743 Elisabetta s., regina d' Ungheria: 743 Eliseo da Treviso: 368 Elna: 1 1 1

Emanuele I, re del Portogallo: 235-247, 641 Emanuele Danielis: 680-68 1 Embriaco Guglielmo: 219 Encina Juan del: 394 Enlil, divinità: 760, 762 Enrico VI, re d'Inghilterra: 138 Emico VII, re d'Inghilterra: 140, 234 Emico del Portogallo, Infante: 239 Enrfquez Maria, duchessa di Gandfa: 42, 53 Epinay Andreas de, card. : 462 Erasmo da Genova: 932 Erasmo da Rotterdam: 394 Eras. Nicolai, clericus cappelle: 614 Ercole: 76 1 Erdely: 140 Erlau: v. Eger Ermete Trismegisto: 768 Ernst G.: 7 1 8 Erode: 967 Erodiano: 472, 489 Erodoto: 766 Eruben, rabbino: 680 Esch A. : 15, 1 1 3-1 1 4 Esopo: 4 1 8 Espejo Lope d' : 43 Este Alfonso d', duca di Ferrara: 57, 539, 712 Este Ercole I d': 100, 153- 1 55, 540 Este Ercole n d' : 460-461 Este Ippolito d', card.: 196, 684 Este Isabella d ' : 880, 882 Este Niccolò Maria d ' , vesc. : 460-461 Estouteville Guillame d', card.: 109, 1 14, 1 19, 145, 172, 361, 473 Estremadura: 861 Etampes Francesco II d', duca di Bretagna: 1 37 Eubel C.: 55 Euchudiel, arcangelo: 741 Eugenio IV, papa (Gabriele Condul­ mer): 15, 107, 1 10, 121-122, 133, 138, 142, 180, 191, 200, 249, 337, 3 7 1 , 462-463, 496-497, 504, 553, 707-708, 7 1 1 , 791

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Eugippo: 762 Europa: 9, 19-25, 64, 77-82, 1 1 8, 215, 22 1 , 3 8 8 , 400, 47 1 , 502, 547, 804, 8 1 0, 944, 975 Europa, dea: 6 1 Euse Giacomo di Cahors d' : v . Giovanni XXII Eusebio da Cremona: 476 Eusebio di Cesarea: 487-489, 49 1 Evangelista de Bistuciis: 477 Evangelista di Rienzo Martino: 133 Évora: 245-246 Eximeno Jaume: 35 Ezechiele: 761 Facio Bartolomeo: 426-427, 488 Faenza: 92, 357, 501 Falvaterra: 684 Fano: 255, 955 - rocca: 159 Farenga P. : 444, 453, 489 Farfa, abbazia: 740, 746, 748 Farnese, famiglia: 500 Famese Alessandro: v. Paolo III Farnese Antonio: 354 Farnese Giulia: 58, 88-89 Farnese Ranuccio: 264 Fasanella Antonio: 662, 683 Faustina di Andrea Trapezunzio: 485 Fayent Giovanni: 945-947, 960 F. Carrega: 613 Federico m, imperatore: 78, 81, 487, 944 Federico Casimiro di Polonia: 196 Federico d'Aragona, re di Napoli, principe d'Altamura: 7 1 -72, 74, 348, 351, 354, 360, 362, 364, 524 Felice V, antipapa (Amedeo vm di Savoia): 188 Feliciano Felice: 484 Felini Michael: 466-467 Fenollet, famiglia: 52-53 Fenollet Francesca: 52 Fenoti Zaccaria: v. Ferotti Zaccaria Ferdinando I de Antequera, re d' Aragona: 30, 35, 53 Ferdinando n, detto il Cattolico, re d'Ara­ gona: 27, 45, 48, 53-55, 58, 71, 137,

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163-164, 173, 192, 196, 220-221, 229, 23 1 , 246, 428, 430, 436, 447, 453 , 460, 641-642, 644, 647, 653-655, 805, 862, 865, 867, 975 Ferdinandus de Salazar: 450 Ferentino: 68 1 Ferioti Zaccaria: v. Ferotti Zaccaria Fernandes de Almeida Dio go: 237 Fermindez Gonzalo de Cm·doba, detto il Gran Capitano: 366, 654-655, 975 Femo Michele: 415, 436, 463-467, 527, 556-557, 561 Ferotti Zaccmia: 952-955, 959-960 Ferrandus de Castiglia: 672, 685 Penante I d'Aragona, re di Napoli: 44, 59-60, 86, 9 1 , 1 15, 123, 132, 144, 146, 148, 1 5 1 , 155, 165- 166, 249, 341 , 348, 352, 357-359, 379, 452, 524, 528, 896 Fenantino d'Aragona, re di Napoli: 352353, 362, 385, 452, 972 Fe1Tara: 90, 93, 1 1 8, 123, 129, 146, 1491 5 1 , 249, 339, 34 1 , 375, 404, 539, 670, 712, 873 Ferrara 0.: 93, 102 Fenari Giovanni Battista: 42, 55, 57, 197198, 200, 457-458 Ferrati Ludovico: 419-422, 434, 457-458 Fener Antoni Pere: 33 Ferrer Miguel: 4 1 Fe1Tiz, famiglia: 500 Ferron Arnauld de: 66 Fichard Johann: 784-786, 794 Fichet Guillaume: 454 Ficino Marsilio: 768 Fidia: 4 17-4 1 8 Fiera Battista: 434 Fieschi Nicola, card. : 196, 221 Fieschi Sibaldo: v. Innocenza IV Fiesole: 403 Figliazzi Gherm·do Giovanni: 36 Filarete Antonio Averlino, detto il: 496 Filetico Martino: 417-41 8 Filippi E . : 785 Filippo, frate: 441 Filippo n, re di Spagna: 652


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Filippo del Lussemburgo: 7 1 , 1 96, 788, 790 Filippo di Lavagna: 488 Filippo di Pietro: 4 1 8 Filippo il Bello, marito d i Giovanna la Pazza: 82, 641 Filippo il Bello, re di Francia: 95 Filippo Lombardus: 668 Fillach Nicolau: 43 Fira Genis: 56 Frrenze: 24, 43, 90, 1 0 1 , 1 17, 129, 146, 1 5 1 , 1 53, 15� 254, 256, 335, 341, 357, 380, 396, 399, 401-405, 449, 452, 470, 495-497, 499-502, 504505, 721, 724, 838-840, 844-845, 847, 896-897, 902, 904, 908-909, 95 1 , 962, 965 - biblioteche: - - Marucelliana: 839 - - Nazionale Centrale: 399, 402 - chiese: - - S. Croce: 405 - - S. Marco: 403 - - S. Maria Novella: 496, 839 - - - cappella Strozzi: 843 - - - cappella Tornabuoni: 497 - - s . Sprrito: 849 - compagnia di S. Cate1ina e di S. Zenobi: 402 - conventi e monasteri: - - delle Murate: 403 - - S. Lucia: 950 - - S. Marco: 402, 950 - Galleria degli Uffizi: 803, 842, 846, M9 - palazzi: - - dei Signori: 907 - - Vecchio: 905 - - - Sala del Gran Consiglio: 905 - piazza della Signoria: 961 Firpo M.: 347 Fiaschetta Giovanni Sanctis: 356 Flores Bartolomé: 56, 204, 437 Flmido Bartolomeo: v. Flores Bartolomé Floro Lucio Anneo: 472 Fogliano: 685

Foix, famiglia: 137 Foix Francesco Febo de, re di Navana: 137 Foix Gastone IV de, conte: 137 Foix Piene de, card. : 29, 1 36-137, 141, 429, 496 Foligno: 7 10, 940 Foncemagne: 25 1 Fondi: 352, 361-362, 668, 670, 679, 688 Forfi: 249, 526, 547 Formello: 425 Fomovo: 92 Fortuna Primigenia: 769 Foscari Francesco: 139 Foscari Ludovico: 442 Foscari Pietro, card. : 132, 136, 139, 141142, 149-150, 160, 163 Fossanova, abbazia dei SS. Stefano e Martino: 1 1 1 Foxe Robert: 439 Fraiapane: v. Frangipane Francesca, moglie di Paolo di Gocio Ca­ podiferro: 492 Francesca Romana, s . : 723 Francesco, procuratore generqle dei Francescani: 412, 414 Francesco I, re di Francia: 68, 188 Francesco d'Assisi, s.: 738, 741-742 Francesco de Albis: 374 Francesco de Travaglino: 669-670, 702703 Francesco Giovanni magistri: 7 1 4 Franci Alessandro: 501 Francia: 23 , 59-61, 64-65, 69-70, 73-74, 77, 82-83, 92-93, 95, 1 37, 141, 143, 188-189, 212-21 3 , 215, 235, 341342, 352, 360, 362, 364-365, 445, 462, 7 1 1-7 12, 900-902, 906-907 ' 973 Franciacorta: 1 39 Francischinus de Mediolano: 665, 670 Franciscus, magisterfornimentarius: 619 Franciscus Gasparis de Montemdonio: 704 Franciscus Girardengus: 445

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Franciscus maceratensis, magister: 420421 Franciscus Nicovillus: 704 Franciscus Niger: 488 Franciscus venetus: v. Condulmer Francesco Franco Veronica, cortigiana: 388 Francoforte: 79 Frangipane, famiglia: 490, 597 Frangipane Battista: 490-49 1 , 727-730 Frangipane Cherubino: 490-491 Frangipane Gregorio: 490 Frangipane Iacovo: 727, 731 Frangipane Leone: 490 Frangipane Marcello: 490-49 1 Frangipane Prospero: 490-491 Frangipane Silvio, figlio naturale di Marcello: 491 Frangipane Valeriano: 727 Frangipane Vale1io: 133 Fratarcangeli P. : 659 Freitag Andrea: 399, 437-438, 443 , 449, 45 1 , 456, 460-46 1 Frenz T: 52 Frisia: 877 Friuli : 97 1 , 976 Frommel Ch. L.: 503, 557, 838, 848 Frontino Sesto Giulio: 417, 419, 436, 438439 Fucino, bacino del: 341 Fuensalida Juan de: 822, 826 Fugger, famiglia: 876 Fugger Hans Jakob: 264 Fulcoli Guido: v. Clemente IV Fulvio Andrea: 785 Fumario Oliviero: 822, 83 1 Fusero C.: 102 Gabriele, arcangelo: 739, 741 Gabuzzi, famiglia: 682 Gabuzzi Grrolamo di Macerata: 682 Gabuzzi Malatesta di Montalboddo: 672-673, 681-682, 684, 699-700 Gabuzzi Marco Antonio di Montalbod­ do, figlio di Malatesta: 682 Gacet Francese: 49, 57 Gaeta: 679

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Gaetani Alfonso: 478 Gaetani Carlo: 478 Gaetano de Sermoneta: 363 Gaguin Robert: 59, 62, 64-65, 67, 69-70, 73-75 Galatina Pietro: 966 Galiotto: v. Giliotto dominus Galletti Pierluigi: 369 Galli Jacopo: 498 Gallia: 607 Gallicano: 370, 377 Gama Vasco de: 242-244, 977 Gandfa: 12, 42, 45, 50, 58 - Hospital de Sant Mare: 12 - Palau Ducal: 12 - - Capilla Daurada: 1 3 Gaona Girolamo: 429 Garati Martino: 1 80- 1 8 1 Garcia Pedro: 43 1 -432, 464 Gargano M.: 504, 529 Garigliano: 502 Garrrnberto Girolamo: 1 0 1 Garin E.: 347 Garza Montesina, cortigiana: 3 88 Gaspare da Procida: 49 Gaspare da Sansevetino, detto il Fracassa: 537 Gaspare da Verona: 1 14, 424, 679 Gaspare di Pietro: 475 Gatti Giovanni: 923 Gayangos P. de: 387 Gaza Teodoro: 422 Geber, arabo: 432 Geiger G. L.: 838-839 Gellio Aula: 485 Gemma, ebrea di Sermoneta: 680 Gennarelli A.: 25 1 Gennaro, s.: 841 Gennaro C.: 334, 336 Gennazzano: 356, 363, 383 Genova: 43, 77, 90, 142, 221 , 455, 605, 670, 864, 900-90 1 , 972 - B anco di San Giorgio: 2 1 8 Genserico, r e dei Vandali: 488 Genzano: 374, 683-684 Georg. de Dumo, cantar: 613


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Geraldini Antonio: 416, 430 Geremia: 763 Germania: 55, 77, 80, 83, 212, 435, 441 , 445, 462, 598, 759, 769, 947 Gerona: 53, 1 1 1 , 653 Geronimo, s.: 742 Gerson Le Charlier Jean: 1 87 Gerusalemme: 25, 1 83, 219, 572-573, 607, 652, 806, 809, 965, 97 1 Ghedi: 495 Gherardi Giacomo, detto il Volterrano: 99, 1 08- 109, 1 12, 1 14, 413, 432 Gherardi Maffeo, card.: 86 Gherardo di Borgogna: v. Niccolò II Gherusino Lorenzo: 822, 8 3 1 Ghinucci Stefano: 505 Ghirlandaio Domenico: 8 3 1 Ghirlandi Andrea: 402 Ghivizzano Angelo: 874 Giacinto, b. : 258 Giacobbe: 741 Giacomini Niccolò: 1 57 Giacomo, duca di Braganza: 245 Giacomo, Infante del Portogallo, card.: 108, 593 Giacomo, s.: 741 Giacomo Bordonius: 673 Giacomo da Fivizzano: 4 1 8 Giacomo de Ragazonibus: 488 Giacomo della Marca, b. : 743 Giacomo di Arona: 668 Giacomo Stephani de Civita di Velletri: 691 Giacopo, musico: 903 Giamberti, famiglia: 849 Giancristofaro Romano: 880, 882 Giasone: 761 Giliotto dominus: 956-957, 959 Gille Nicole: 65, 67, 75 Giobbe: 948 Giordano, monte: 129 Giordano S.: 260 Giorgio, frate: 963-964 Giorgio da Castelfranco: v. Giorgione Giorgio da Trebisonda: v. Trapezunzio Giorgio

Giorgio de Rusconibus: 488 Giorgione: 77 1 Giovanardi C.: 728 Giovanna I la Pazza, regina di Castiglia: 82, 641 , 653 Giovanni, detto il Monaco: 1 83 Giovanni, fratello di Colomba da Rieti: 949, 958, 960 Giovanni, Infante del Portogallo: 108 Giovanni, s.: 741 Giovanni II, detto il Senzafede, re d'Ara­ gona: 27, 37, 43, 137 Giovanni II, re del Portogallo: 229-23 1 , 245-246 Giovanni II, re di Castiglia: 652 Giovanni VII, papa: 574 Giovanni XXII, papa (Giacomo d'Euse di Cahors): 121 Giovanni Antonio Boptarius: 668 Giovanni Antonio da Padova: 742-743 Giovanni Antonio di Regesa: 832 Giovanni Antonio di Sangiorgio, card.: 840 Giovanni Apulee: 669 Giovanni B attista, s . : 741-742, 765, 925, 967 Giovanni Battista de Ferraria: 458 Giovanni Cichi di Arsoli: 383 Giovanni Cole Vaci: 669 Giovanni da Camerino: 425 Giovanni da Capistrano: 139, 743 Giovanni Dalmata: 806 Giovanni da Reggio: 412, 420 Giovanni da Sala: 450 Giovanni da Tolentino: 129 Giovanni di Bartolomeo Ritii: 672 Giovanni di Castiglia e Aragona, figlio dei Re Cattolici: 82, 436, 453-454, 641-645, 647-649, 65 1 , 653, 868 Giovanni di Ceri: 375 Giovanni di Tagliacozzo: 143 Giovanni Evangelista, s.: 742-743, 761, 961 Giovanni Maria de Podio: 157, 603, 613 Giovanni Mercurio da Coneggio: 433

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Giovanni Tadei de Pinu di Carone de Visconte: 668 Giovanni Turredinus: 359 Giove: 765 Giovenale Decimo Giunio: 485 Giovio Paolo: 61, 70, 340, 343, 484, 607, 791 Girolamo, s.: 469, 476-477, 488, 95 1 Girolamo da Firenze: v. Maruffi Girolamo Girolamo de Blanchis: 478 Giuda Taddeo: 741 Giuliano A.: 825 Giuliano da Majano: 838, 843 Giuliano [di Roma] : 684 Giulio II, papa (Giuliano Della Rovere): 51-55, 58-59, 75-76, 86, 91, 102-103, 105-106, 109, 1 13-1 14, 124-125, 1 3 1 , 134- 136, 1 39, 1 4 1 , 144-145, 147, 152-154, 157-158, 163-167, 170-172, 1 87-189, 192-195, 200, 203-202, 207, 214-2 15, 221 , 250, 255-256, 260, 262-263, 33 1 , 340, 344-345, 351, 354, 36� 377, 383, 386, 43 8, 503 , 529, 533, 535, 550, 559-560, 564, 576, 609, 649-650, 653-654, 7 15, 747-748, 785, 795, 861, 866-867, 874, 840, 883, 895, 897-898, 900, 902, 904, 906-909, 966 Giulio III, papa (Gianmaria Ciocchi del Monte): 575 Giunone: 765 Giuseppe, s.: 741 Giuseppe Flavio: 602 Giustina, s.: 741 Giustiniano, imperatore: 262 Giustino Marco Giuniano: 472 Gnoli D.: 505, 503 Golfo del Leone: 393 Gonzaga Francesco, card.: 72, 1 19, 172, 213, 449, 506 Gonzaga Francesco II, marchese: 127, 874 Gonzaga Ludovico: 449 Gonzalez Fedro (Petrus Gundisavi Bur­ gensis): 25 1

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Gorio Battista: 427 Gorio Tiberio: 427 Gorizia: 976 Gorricio Gaspar: 2 1 8 Goswin Johan: 253 Got Bertrand de: v. Clemente V Gozzadini Giovanni: 193 Gozzoli Benozzo: 808 Granada: 45, 92, 221, 233, 240, 366, 428, 430, 648, 654, 868, 974-975, 977 - Alhambra: 974 Granollachs Bernardus de: 472 Grasse: 901 Grassi Paride: 87, 252-253, 258-260, 263, 575, 603, 649, 653 Gratia Dei Giovanni Battista: 414, 432 Gratiadeo, muratore: 598, 6 12, 630 Gravina: 371 Graziani Giacomo da Monteroduni: 659, 673 Graziano: 95 Grecia: 237, 396, 761, 766 Gregori M.: 495 Gregorio, s.: 477, 480 Gregorio VII, papa (Ildebrando di Soa­ na): 94, 594 Gregorio IX, papa (Ugolino dei Conti di Segni): 95 Gregorio X, papa (Tebaldo Visconti): 121-122 Gregorio XIII, papa (Ugo Boncompa­ gni): 576 Gregorio XV, papa (Alessandro Ludovisi): 162 Gregorovius F.: 19, 102, 261 , 661 Grendler P. F.: 405 Grenoble: 67 Grignolles : 901 Grimaldi Giacomo: 573-574 Gtimani Marino, card.: 196, 209 Gringore Pierre: 75 Grottafenata: 360 Gualteruzzi Carlo: 877 Guarino da Verona: 424, 873 Guarino Giovanni: 48 1 Guamieri Francesco: 465


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Guastaferri Lorenzo di Donato: 668 Guayaco: 392 Guazzalotti Andrea: 8 1 2 Guerra Navarra Manaldo: 655 Guerrini P. : 803 Guglielmo, adherens dei Colonna: 363 Guglielmo di Moerbeke: 421 Guglielmo di Ockham: 249 Guglielmotti P.A.: 903 Guicciardini Francesco: 17-19, 70, 92, 96, 328, 330, 384, 501 , 540 Guidobaldo da Montefeltro, duca d'Urbino: 72, 343, 362, 651 Guidoni E.: 499, 555 Guidotti Stefano: 127, 147, 150, 152 Guilelmus Perrerius: 459 Guinea: 241 Guldinbeck Bartholomaeus: 410-412, 445, 456 Gunther de Brunaro: 442, 444 Giinther H.: 506, 557, 866 Giirck: 64 Gunea Antoni: 46 Gutteri: 603 Habrabenel Yehudah, detto il Leone Ebreo: 395 Hagen T. : 102 Han Ulrich: 479-480, 483, 490 Hasslach (Alsazia): 250 Haydn Franz Joseph: 769 Haywood E.: 607 Heemskerck Marten van: 556, 785 Heers J.: 120 Hegius Alexander: 442 Henenberg Berthold de, arcivesc.: 80 Herculana: 957 Heredia Gonzalo de, vesc. : 415 Heredia Paolo de: 432 Hermanin F.: 744 Herolt Georg: 434, 448 Hersfeld: 441-442 Heyck Wilhelmus: 380 Hiero, cimatore: 633 Hieronymus de Dea: 5 14-5 1 5 Hinderbach Giovanni: 4 1 2 Hoffmann: 254

Hohenzollern-Brandburg Barbara von, marchesa di Mantova: 1 1 6 Huelsen Ch. : 549 Huesca: 174, 646 Hugonet Guillaume: 137 Hugonet Philibert, card.: 1 16, 136- 1 37, 141, 146, 163, 1 7 1 Iacobazzi Andrea: 7 1 3 Iacobellus Macti: 688 Iacobus Antonius de Rogeriis: 695 Iacobus della Bella: 701 Iacobus de Sieda: 441 Iacobus Iannini de Puteo: 475 Iacovacci Domenico: 490 Ibiza: 237 Ierona Giovanni: 610, 6 12, 614 ll Cairo: 976 Ilari A.: 643 Ildebrando di Soana: v. Gregorio VII Imola: 133, 249, 526 In. Cosee, cantar: 6 1 3 India: 242-243 Indie: 220, 976 Infessura, famiglia: 726 Infessura Maria: 73 1 Infessura Stefano: 88-89, 96, 99-101, 103, 105-106, 127, 129-130, 134-135, 150, 156, 165, 168-169, 171, 259, 323, 326, 328, 393, 498, 522, 526, 528, 532, 539-540, 545, 840 Inghiltena: 83, 93, 140, 213, 252 Inghirami Tommaso, detto Fedra: 429, 453 , 459-460, 873 Innocenza II, papa (Gregmio Papare­ schi) : 790 Innocenza IV, papa (Sinibalda Fieschi): 121, 219, 221 Innocenza VII, papa (Cosimo Migliora­ ti) : 1 5 Innocenza VIII, papa (Giovan Battista Cy­ bo): 5 1 , 55-56, 59, 86, 99-101, 103, 1 10, 1 1 6, 121, 1 3 1 , 134, 136, 139, 1 4 1 , 145, 148, 150-152, 154, 1 6 1 , 163-175, 184, 187, 194, 200-202, 213, 22 1 , 246, 250-25 1 , 255, 257, 259, 326, 340-341, 349-350, 358-359, 373,

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377, 402, 414-415, 432, 434-436, 443, 445-446, 448, 450, 458, 462, 465, 495, 5 13, 522, 529, 538-539, 542, 593, 598-599, 60 1 , 604, 609, 6 1 6, 627, 705-706, 747, 786, 8 12, 822, 828, 837, 840-841 , 861, 863, 874, 88 1 , 924, 944, 973 Innocenza X, papa (Giovanni Battista Pamphili): 259 Innocenza XI, papa (Benedetto Odescalchi): 663 Io, dea: 765 Ioannes Baptista Adurnus: 450, 455 Ioannes Blanchus: 701 Ioannes Blasii albanensis: 703 Ioannes del Monte: 702-703 Ioannes Paladinus: 702 Iohanellus da Milano: v. Tabioli Giovannello Iohannes Anestasius jlorentinus: 665, 670 Iohannes Antonatii: 703 Iohannes Baptista de Iaiis: 475 Iohannes de Velmede de Menschede: 442444 Iohannes Dominicus de Fidelibus: 477 Iohannes episcopus dunelmensis: 45 1 Iohannes Evang<e>lista Baptista Cole Antonelli: 696 Iohannes Francisci: 665 Iohannes Laurentii: 480 Iohannes Maria de Miccinocchis: 478, 484 Iohannes Matthias quondam Petri de Ta­ glientibus: 474, 477 Iohannes Michaelis: 482, 483 Iohannes Paulus domini Gregorii de Sethonicis: 474 Iohannes Valesius: 448 Iohannes Zuffatus: 46 1-462 Ippocrate: 434 Ippolita de Cambiis: 478 Irlanda: 607 Isabella, moglie di Carlo V: 652 Isabella I, detta la Cattolica, regina di Castiglia: 55, 173, 196, 220-221 , 229, 23 1-232, 246, 429, 447, 453, 460,

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641-642, 644, 648-654, 790, 805, 861, 868, 870, 941 , 975 Isabella del Portogallo, moglie di Gio­ vanni II di Castiglia: 652 Isabella di Castiglia e Aragona, figlia dei Re Cattolici: 247, 641 Isacco: 762 Isaia: 7 1 Isaia d a Varese: 737 Iside: 765-771 Isidoro di Siviglia: 485 Isola Farnese: 129, 133, 170 Israele: 762, 765 Istanbul: 97 1 , 976 Italia: 1 1 , 15, 17, 19, 25, 34, 36, 4 1 , 4344, 47, 60, 63-64, 69-70, 74, 76-77, 8 1-82, 91-92, 1 14, 1 1 8, 150, 1 8 1 , 201 , 215, 235, 250, 259, 338, 342, 362, 366, 399, 427, 469, 47 1 , 502, 607, 654, 7 17, 720, 759, 767-768, 790, 805, 838, 874, 881, 901-902, 930, 962, 965, 973 Iulianus Antonii Saxo: 535 Iulius Nicolai Ioannis Colelli de Mesa: 701 Iulius Salvat(us) di Velletri: 697 Ixer Ferran d' : 46 Jacobazzi Domenico, card.: 193 lacobus Antonii de Castro Fare: 5 1 0, 5 1 1-512 Jacopo di Cristoforo da Pietrasanta: 598 Jaén: 1 1 1- 1 12 Jàfer Guillem: 46-47 Jàfer de Llmis Caterina: 5 1 Jàfer de Lloris Pere: 5 1 -52, 54 Jàffer, famiglia: 32 lannoctus Artes: 633 Jativa: v. Xàtiva Jeanne, regina di Francia: 70-7 1 Joan Felip: 57 lo. Baltassar, cantar: 6 1 3 lo. Baptista da Priamo: 900 lo. Barbe, cantar: 613 lo. de Aragonia, cantar: 613 lo. luvenis, cantar: 613 lo. Mereuen, cantar: 613


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lo. Monstruel, cantar: 6 1 3 lo. Radulphi, cantar: 6 1 3 loannes Adulterinus: 597 loannes Andera de Turrita: 5 1 0 loannes de Anagnia: 597 loannes de Martino: 597 loannes de Ruberto: 597 loannes de Tinto: 597 lohannes, abbate di S. Sebastiano: 613 lohannes, banderario: 633 lohannes, lignarius: 625 lohannes Babtista della Roccha de Siniballi: 363 lohannes Baptista, caballario: 632 lohannes de Larigo: 823 lohannes de Silva, greco: 508 lohannes de Stasio, lignarius: 626 lohannes Marie Ferrariensis: 630 lu. de Spres, cantar: 613 luliano Saxo, banderario: 627 Kaulbach H.-M.: 803 Kirchberos Heinrich: 253 Kleve: 759 L'Aquila: 129, 135, 417 La Chesnaye Nicole de: 63, 68, 75 La Malfa C.: 832 La Torre F.: 102, 1 1 9 Lagery Ottone di: v. Urbano II Lancellotti Scipione: 4 1 3 Lanciani R.: 549 Landino Cristoforo: 488 Landsberg Martin: 442, 445 Lanfredini Lorenzo: 1 19, 172 Languschi Iacopo de' : 804 Lanti Lorenzo: 103, 127- 135, 140, 144145, 147, 1 52- 153, 155, 170 Lanzol, famiglia: 794 Las Casas Bartolomeo: 219 Las Cuevas: 218 Latina: 659 Lattanzio Fn·miano: 485 Lauer Georg: 4 1 1-412, 480 Lavinia, figlia del re Latino: 4 1 8 Lazio: 342, 355, 357, 362, 364-365, 374, 378, 382-383, 385, 722, 739 Lazzarelli Ludovico: 433

Le Non· M.: 62 Lei Bernardino de' : 369 Leibnitz Gottfried Wilhelm: 250 Leipzig: 254 Lelio, familiare di Niccolò Lippomanno: 463-464 Lelli Teodoro de: 186 Leni Eugenia di Pietro: 543 Leni Giovanni B attista: 688 Leni Pietro: 688 Leon: 174 Leonardi Francesco: 370, 376 Leonardo da Vinci: 748 Leonardus Domini: 703 Leone I Magno s., papa: 180, 485 Leone III s., papa: 790 Leone X, papa (Giovanni de' Medici): 53, 188, 195, 214, 401 , 486, 495-497, 499, 501-502, 508-510, 544, 546, 609, 7 1 8, 724, 748, 840, 907, 909 Leone XIII, papa (Gioacchino Pecci) : 9, 770 Leonetti A.: 102, 257, 259 Leopoldo d'Austria, s.: 413 Lérida: 53, 55 - università: 31, 34, 36, 249 Le Thiec G.: 68 Leti Gregorio: 101 Leto Pomponio: 368, 415, 417-420, 430, 438, 453, 466-467, 484-485, 489, 537, 556, 602, 769, 786 Leutius Lustri: 680 Levillain Philippe: 16 Lévis de Quelus Philippe, card.: 1 16 Libris Bartolomeo de' : 399, 402, 427 Liechtenstein: 77 Liguria: 900 Lino s., papa: 1 84 Lione: 141, 404, 438, 901-902 - chiesa di Santa Maria del Conforto: 405 Lippi Filippino: 767, 803, 806-807, 837839, 843-846, 848-850 Lippomanno Niccolò: 463 Lippus Aurelius: 458 Lipsia: 442, 445, 447

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Ludovico da Procida: 694 Lisbona: 1 1 1-1 12, 238, 243-244 Ludovico de Penuria: v. Fenari Ludovico Livi L. : 725 Ludovicus Tuccii: 665 Livio Tito: 483, 485, 494, 793 Ludovisi Alessandro: v. Gregorio XV Llopis, famiglia: 46-49 Luigi s., vesc. : 3 1 Llopis Antoni: 37, 46-47, 54 Luigi XI, re di Francia: 67, 70, 1 37, 141 Llopis Francese menor: 50 Luigi XII, re di Francia: 5 1 , 68, 70-76, Llopis Jeroni: 48-50, 54 92, 192, 196, 217, 221, 709, 861 Llopis Joan: v. Lopez Juan Luigi de Aprea: 383 Lloris Damiata de: 54 Luini Bernardino: 748, 966 Lloris Francesc-Galceran de: 52 Lullo Raimondo: 432 Loches, castello: 138 Luna Fedro de: v. Benedetto XIII Lodi: 150 Lupo Marco Antonio: 848 Loira: 138 Lombardia: 75, 129, 339, 737, 960, 962 Lusignano, famiglia: 976 Lusignano Carola di, regina di Cipro: Lombardo, famiglia: 881 555 Lomellini, famiglia: 221 Lusignano Giacomo II di: 976 Lonate Bernardino: 822, 826, 829 Lussemburgo: 77 Londra: 24, 824, 849 Lustro, ebreo di Sermoneta: 680 - British Library: 399 - British Museum: 809, 813, 824, 847 Lustro magistri Angeli: 680 Lutero Martin: 83, 256 - National Gallery: 804, 972 Luzzi Giacomo: 254 Lopes Francisco: 236 Mabillon Jean: 254 Lopez Giovanni, card. : 664, 937, 939 Lopez Ifiigo de Mendoza, conte di Ten- Macerata: 67 1 , 682 Machiavelli Niccolò: 19, 96, 366, 43 1 , dilla: 429 558 Lopez Juan (lohannes Lupus), vesc. : 37, Macrobio Ambrogio Teodosio: 485, 8 3 1 46-50, 55-56, 157, 4 14, 429, 899 Maddaleni Lelio: 492 Lorenzetti Ambrogio: 8 1 3 Lorenzo de Petrasancta, magister: 598, Maddaleni Capodifeno, famiglia: 49 1 493 612 Maddaleni Capodiferro Alessandro: 492 Loreto: 682, 907 Maddaleni Capodifeno Aurelio: v. Mad­ Lotario III, imperatore: 790 daleni Capodiferro Raimondo, detto Lotti Luigi: 103, 157, 1 62, 170- 1 7 1 Aurelio Lozana Andalusa: 388-390, 392-393, Maddaleni Capodiferro Brigida: 492 395 Maddaleni Capodiferro Cesare: 492 Lubiana: 976 Maddaleni Capodiferro Domenico di ELuca s.: 762, 969 vangelista: 480, 481 Lucano Marco Anneo: 485 Maddaleni Capodifeno Evangelista, det­ Lucca: 21, 605, 902 to Fausto: 356, 381, 480, 484-486, Lucia da Narni: 930, 932, 940-941 49 1-493 Lucianus: 5 1 5 Maddaleni Capodiferro Giovanni B atti­ Lucretili, monti: 740 sta, detto Lepido: 492 Lucrezia, sorella di Sansonetto: 477 Maddaleni Capodiferro Nicola: 49 1-492 Lucrezio Caro Tito: 485 Maddaleni Capodifeno Raimondo, det­ Ludovico, s.: 743 to Aurelio: 49 1-492 Ludovico da Modena: 74 1-742


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Maddalo S . : 821, 832 Maderno Carlo: 577 Madonna M. L.: 549, 561 Madrid: 23-24 Maenza: 687-688 Maffei Agostino: 421 , 822, 824-828, 8 3 1 Maffei Antonio: 875, 884 Maffei Benedetto: 822, 825-827, 831 Maffei Camillo: 875, 884-888 Maffei Giacomino: 875, 884-888 Maffei Raffaele (o Raffaello) da Volterra: 4 16, 420, 527, 556-557, 561 Magdalena, cortigiana: 256 Maggi Giovanni: 498, 876 Magliano Sabina: 746 Magnacame Giovanni: 665 Magonza: 1 1 1 , 49 1 Maino Giason del: 450-452 Maiorca: 174, 393 Malaga: 428, 974-975 Malatesta, famiglia: 1 15 Malipiero Domenico: 67, 976 Malizia Gesualdo, vesc. : 841 Mallet M.: 102, 150, 347 Ma}vezzi GaspalTe: 356 Malvezzi Persia: 356 Mancinelli Antonio: 416, 4 19, 424, 426428, 438 Mancini Giacomo: 425 Mancini Giovanni Filippo: 425 Mancini M.: 7 1 8-722, 726-727, 729-73 1 Mancini Pietro: 887-888 Manetti Giannozzo: 15, 536, 558 Manfredi Pier Matteo Lauro de' : 599 Manfredo de Bonellis: 488 Manlio Torquato: 792-793 Mantaco Antonio de: 474 Mantaco Pietro Paolo de: 474 Mantegna Andrea: 601, 848 Mantova: 90, 172, 341, 449, 602, 804 Mantovano Battista: v. Spagnoli Battista Manuel, ebreo di Sennoneta: 680 Manuzio Aldo: 438 Maometto I, emiro: 974 Maometto II, detto il Conquistatore: 413-

414, 803-804, 8 10-8 1 1 , 971-973 Mar. de Orto, cantar: 6 1 3 Marca: v . Marche Marcellini ColTado: 48 1 Marcellini Giovanni: 48 1-482 Marcellini Oddone: 482 Marcellini Pietro: 482 Marcellino s., papa: 487 Marcello Cristoforo: 1 84 Marche: 170- 171, 337, 385, 682, 708, 955 Marchesana Danielis de Mantua: 680 Marchetti Longhi G.: 123 Marchia: v. Marche Marco Antonio, fratello di Lelio: 463464 Marco Aurelio, imperatore: 808 Marco de Achillis di Gennazzano: 35 1 , 363 Marcus de Comitibus, magister: 4 1 8 Marescotti Achille, vesc.: 134 Margani Ludovico: 478 Margani Paolo: 386, 688 Margani Pietro: 687 Margani Stefano: 359 Margarit i Pau Joan, card.: 1 36-1 37, 141, 147, 154, 157, 163-164, 167-1 68 Margherita d'Austria, figlia di Massimiliano I: 82, 642 Mari Domenico de' : 542 Mari Lorenzo de', card. : 542 Maria I, regina di Scozia: 650 Maria del Portogallo, moglie di Filippo II: 652 Maria di Borgogna: 8 1 Maria di Castiglia, moglie di Alfonso il Magnanimo: 43 Maria di Castiglia e Aragona, figlia dei Re Cattolici: 247 Maria Maddalena: 743 Mariani Giovanni: 105 Mariano da Firenze: 739, 866 Marino: 126, 128, 353, 364, 680, 7 1 3 Marinus Leonus: 446 Marittima: 358, 372, 374, 3 8 1 , 657, 663664, 7 1 3

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Marocco: 232-233, 240, 974 MalTades Francese: 56 Marrades Joan: 56 Manomà Joan: 32-34, 37 Marsiglia: 3 1 Marso Paolo: 423, 426 Marso Pietro: 415, 429, 453, 457-458 Marte: 491 , 505 Martelli Carlo: 504 Martelli Roberto: 504 Marti Bartomeu: 53 Marti Mateu: 53 Martial de Witte C.: 242 Martinelli Biagio: 260 Martini Bartolomeo, card. : 87 Martino, s.: 936, 938 Martino V, papa (Oddone Colonna): 2830, 32, 107, 121, 138, 179, 185, 190, 208, 249, 324-325, 334, 347, 349, 449, 487, 528, 553, 664, 705, 707 Martino VI, antipapa (Simone de Brion): 192 Martino da Amsterdam: 435, 437 Martino da Nimira: 420-421 , 457 Martinus Herbipolensis: 442 Martire Pietro d' Anghiera: 17- 1 8 Maruffi Girolamo: 950 Marullo Michele: 423, 430 Marziale Marco Valeria: 485 Masci Girolamo: v. Niccolò IV Masciardi Francesco, vesc.: 127, 132, 134 Massa, abbazia di S. Angelo: 1 1 1 Massenzio Marco Aurelio Vittore, imperatore: 49 1, 8 10, 8 12, 8 1 4 Massimiliano I , imperatore: 7 3 , 77-78, 80-82, 92, 192, 235, 460, 67 1 , 861 , 864, Massimo Domenico: 359 Mattarazzi Tomrnaso: 572 Matteo, magister pidador sive pichapetra: 902 Mattuzzi Pietro: 531 Maturanzio Francesco: 462, 920 Maulde de Clavière R.A.M. de: 72 Maximus de Thebaldis: 482

Mayr (o Mayer) Sigismund: 429, 437438, 454, 472 Mazagao: 241 Mazzabufali Francesco: 486 Mazzarino Giulio Raimondo, card. : 25 Mazzinghi Gabriele: 838 Mazzocchi Giacomo: 4 1 6 McManamon J.: 445 Meckau Melchior von: 196 Meda: 460, 864 Medici, famiglia: 335, 341, 479, 495497, 500-501, 792, 896 Medici Alfonsina: 341 Medici Carlo: 495 Medici Cosimo: 452, 495 Medici Giovanni: v. Leone X Medici Giuliano, duca di Nemours, fi­ glio di Lorenzo il Ma fico: 544 . Medici Giuliano, fratello d1 Lorenzo il Magnifico: 262, 484 Medici Giulio: v. Clemente VII Medici Lorenzo, detto il Magnifico: 103, 106, 1 19-120, 125, 142, 146, 148-157, 162, 164, 1 67, 170-172, 179, 193, 262, 341, 45 1 , 484, 495-497, 506, 547, 838, 840, 866, 895-898, 906, 909 Medici Lorenzo, duca d'Urbino, figlio di Piero: 499, 544, 546 Medici Maddalena: 495 Medici Piero: 341-342, 500, 502, 506, 508, 845 Meditenaneo, mare: 2 19-220, 234, 247, 653, 761 , 976-977 Melendez Valdes Diego, vesc. : 869 Mella Joan de: 42 Mende: 256, 350 Mendoza Diego de: 429 Mendoza Garcilaso de: 429 Mendoza Gonzalez Pedro de, card.: 1 16, 1 36-137, 140, 172, 428, 430, 862, 864 Mendoza Hurtado Pedro de: 137, 172 Menelao: 766 Meneses Joao de: 237 Menfi: 766-767 Menotti M.: 252


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Mercader Joan: 29, 39, 44 Mercader Matfes: 44 Mercader Pere: 3 1 Mercurio: 49 1 , 505-506 Mers-el-Kebir: 237 Mesopotamia: 762 Messina: 1 1 1 , 454, 642-643 Meyer Emico: 480 Mezzocavallo Marco: 329 Miccinelli Giovan Battista: 329, 375 Michele, arcangelo: 741 Michele, figlio di Isabella di Castiglia e di Emanuele del Portogallo: 641 Michele da Genova: 947, 959-960 Michele de Fonterabia: 670 Michelozzo: 496 Michi Giovanni: 847 Michiel Giovanni, card.: 132, 136, 1 39, 141, 149-150, 197, 214, 498, 822, 826, 828 Miglio M.: 323, 442, 454, 493, 721 , 828, 904 Migliorati Cosimo: v. Innocenza VII Miglimini B . : 7 1 8-7 1 9 Milà Adriana del: 4 1 , 5 8 Mil à Joa n del: 4 1 Milà Llufs Joan del, card.: 34, 40-41 , 108, 1 36-137, 140, 249 Milà Pere del: 34, 41 Milà-Borgia, famiglia: 34 Milà Centelles Joan del: 33-34, 40 Milano: 24, 48, 5 1 , 76-77, 82, 86, 90-92, 1 0 1 , 108, 140, 146, 1 5 1 , 155- 156, 179, 192, 205, 212, 215, 335, 341, 342, 364, 428, 436-438, 445, 455", 488, 502, 526, 556, 598, 671 , 708709, 717, 738, 864, 869, 874, 963, 971-972 - abbazia: v. basiliche e chiese - Banco Medici: 496 - basiliche e chiese: - - S. Ambrogio: 170 - - S. Maria della Pace: 963 - - - cappella di S. Giuseppe: 748 - - S. Maria delle Grazie: 869 - conventi:

- - S. Maddalena de' Pazzi: 896 - - S. Marta: 745, 966 Milian Boix M.: 28 Millini, famiglia: 862-864 Millini Giovanni Battista, card.: 369, 862 Millini Mario: 862-864 Mi1lini Pietro: 862-864 Mino da Fiesole: 764, 806 Minorca: 44 Minotauro: 76 1 -762 Minuti Domenico: 424-425 Mira E . : 12 Miraballi Alessandro: 42 Miralles Melcior: 32, 43 Miranda Juan Sanchez de: 429 Mirandola Antonio, conte: 606 Mithra, divinità: 761 Mittarelli Jean Baptiste: 963 Modena: 77, 101, 1 1 8, 705, 7 12 Modesto: 436 Modigliani A.: 425 Molinet Jean: 64, 67 Moncada Guglielmo (Flavio Mitridate): 432 Monfasani J.: 465 Monforte: 245 Monsoriu, famiglia: 32, 36-37, 47 Monsoriu Aldonça: 36 Monsmiu Berenguer: 36 Monsoriu Francese: 36 Monsmiu Galceran: 36 Monsoriu Gaspar: 36 Monsoriu Gilabert: 36 Monsoriu Gracià: 36 Monsoriu Jeroni: 36 Monsoriu Joan: 36 Monsoriu Nicolau: 36 Monsoriu Pere Ramon: 36 Monsoriu Violant: 36 Montalboddo: 672, 673, 68 1 Montalcino: 254 Montano Marco: 422, 456-457 Monte San Giovanni [Campano] : 670, 684 Montecarlo (Lucca): 902 Montecassino: 502

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Montecompatri: 126 Montefalco: 940, 957 Montefeltro, famiglia: 335 Montefeltro Federico: 423, 803, 866 Montefortino: 361 Montellanico: 689 Monterano: 340, 862 Monteroduni: 659, 670, 704 Monterotondo: 743-744 - chiese: - - S. Maria delle Grazie: 744 - - - monumento funebre di Giordano Orsini: 744 - convento S. Maria delle Grazie: 744 Montevergine: 841 Monticelli, castello: 170 Montmio Romano: eremo di S. Michele Arcangelo: 740, 743 Montoro Reginaldo, vesc. : 454 Mora Alfonso de: 429 Mordek H.: 94 Morea: 976 Moretti Giacomo: 414 Morgiani Lorenzo: 402 Moricone: 743 Morimondo: 502 Morolo: 7 1 3 Monone Pietro del: v . Celestino V Morto da Feltre: 781 Morton John: 196 Mosca Cencio: 601 Mosca Ludovico: 598, 6 1 3 Mosè: 741 , 765, 768 Muffel Nicolaus: 573, 574 Mulay Abu' l Hasan: 974-975 Mulay Saad: 974 Mufioz Egidio: v. Clemente VIII Mtintz E.: 598, 603, 794 Muros Diego de: 428-429, 448, 454, 644 Nanna Christofari Tesemne: 667, 700701, 704 Napoli: 32-35, 42-44, 49, 5 1 -52, 55-56, 70-72, 103, 139, 264, 342, 3 9 1 , 437, 452, 647, 655, 669, 679, 686, 7 17, 723, 787, 842, 844, 900, 973 - biblioteche:

-

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- Nazionale: 264 - S. Domenico: 437 Castel dell' Ovo: 343 chiese: - cattedrale: 841 - S. Antonio: 174 - S. Domenico Maggiore: 807 Museo Nazionale di Capodimonte: 844 - Tribunale S. Chiara: 249 Napoli, regno di: 28, 30-3 1 , 36, 39-40, 59-60, 62-63, 69, 7 1 -72, 74-76, 82, 86, 9 1 -92, 132, 139, 146, 1 5 1 , 1 85, 1 89, 215, 335, 341, 357, 365-366, 380, 465-466, 653-654, 666, 670, 688, 708-7 10, 7 12, 789, 840, 842, 930, 960 Narciso di Verdun: 144 Nardini Stefano, card.: 1 16, 136, 138-139, 141, 147, 154-157, 161-163, 170 Narducci E.: 329 Nardus Andree: 701 Nardus Cole Mareni: 70 l Narni: 1 1 1 , 255 Nasso: 975 Navano Joan: 45 Navano Tecla: 45 Negri Arnoldi F.: 882 Nello da B ologna: 504 Nelson J.: 837, 839 Nemi: 684 Nepi: 1 15, 120, 173, 683, 685, 687, 694, 695, 705-7 15, 906 - chiese: - - S. Giorgio: 708 - - S. Maria: 708, 710 - località: Prato Morto: 708 - piazza di S. Eleuterio: 708 - rocca: 1 1 5 Neralic' J.: 5 1 5 Nero, mare: 972 Nerola, rocca Orsini: 743 Nerone Caio Claudio, imperatore: 74, 532 Nerthus, divinità germanica: 769 Nettuno: 684


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- fortezza: 384 Ni. Jacomini, clericus cappelle: 614 Niccolò II, papa (Gherardo di Borgogna): 594 Niccolò IV, papa (Girolamo Masci) : 121 Niccolò V, papa (Tommaso Parentucel­ li): 15, 107, 1 10, 121-122, 1 34, 138, 143, 1 58, 1 8 1 , 188, 191, 324, 334, 337, 448, 452, 487, 504, 528-529, 532, 534-538, 541 , 543, 545, 550551, 553-554, 556, 558-559, 564, 705, 707, 97 1 Niccolò da Parma: 425 Niccolò di Cà Pesaro: 127 Nicodemus, notaio di Sermoneta: 673 Nicolaus, notaio di Sermoneta: 673 Nicolaus Cont(e): 701 Nicolaus Franciosus, pizicarolus: 703 Nicolaus Ioannes de Benevenutis de Anagnia: 693, 695 Nicoletta da Modena: 814 Nicoletti A.: 783 Ninfa: 658, 663, 667, 678-679, 684-687 Nizza: 901 Nobile Giacinto: 963 Nocera: 670 Noè: 741 Nogera: 174 Norimberga: 78-79, 4 1 3 Norma: 658, 663, 667-668, 684-685, 688690 Normanni Mariano: 384 Notari Tommaso: 129-1 3 1 Novara: 42 Nucci Andrea: 420 O' Malley J.: 458-459 Octavianus Suessanus: 453 Odescalchi Benedetto: v. Innocenza XI Offida: 904 Okino Girolamo: 264 Oldoino Antonio, detto Oldoinus: 101 Oldrado da Ponte: 483 Oliva: 32 Oliva A. M.: 8 Oliverius: 597 Olivi Pietro di Giovanni: 94-95

·

Olivino da Bruges: 454 Olmos y Canalda E. : 93 Olzina Antoni: 33 Olzina Jaume: 34 Olzina Joan, segretario reale: 33-34 Olzina Joan di Tarragona: 34 Olzina Martì: 34 Omero: 766 Onosander: 436 Ophaz: 222 Ophir: 222 Orazio Placco Quinto: 482, 485 Oreno, convento S. Francesco: 737 Orihuela: 53 Orsini, famiglia: 6 1 , 44, 1 1 8, 122-126, 128- 1 3 1 , 1 33, 135, 143, 147, 198, 333-335, 337-344-345, 348, 349, 357359, 361-364, 366, 373, 379-382, 384-385, 495-498, 501, 548, 705, 739, 743, 746, 933 Orsini Alfonsina, moglie di Piero de' Medici: 341, 500, 546 Orsini Battista, card. : 198 Orsini Carlo: 5 10 Orsini Caterina, vedova di Onorato IIl Caetani: 659, 687-690 Orsini Clarice, moglie di Lorenzo de' Medici: 125, 495 Orsini Cosimo, card. : 86, 124, 339, 840 Orsini Eleonora, vedova di Nicola Cae­ tani: 659-660, 662 Orsini Francesco: 601, 342 Orsini Gentile Virginio: v. Orsini Virgi­ nio Orsini Giacomo: 705, 707, 744 Orsini Gian Corrado (ramo di Mugna­ no): 376 Orsini Giordano: 744 Orsini Giovanni Battista, card. : 86, 124, 1 32, 1 36, 139, 141, 147, 1 56, 163, 1 65, 167, 170- 1 7 1 , 3 3 1 , 339, 3 5 1 , 354, 363, 486, 609, 6 1 5, 840 Orsini Giovanni Giordano: 364, 500, 508, 5 10-5 13 Orsini Giovanni Paolo: 43 1 Orsini Giulio, fratello del card. Giovan-

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- abbazia di Hermides: 1 1 1 ni Battista Orsini: 129, 364 Orsini Giustiniana, moglie di Raimondo Paleologhi, famiglia: 803 Paleologo Teodoro: 136 Orsini: 740-741 Palermo: 174, 264, 237 Orsini Latino, card.: 143 Pale1mo L.: 358-359 Orsini Laura: 253 Palermo M.: 726 Orsini Napoleone: 125, 349 Orsini Niccolò, conte di Pitigliano: 495, Palestina: 808 Palestrina: 369-37 1, 375-378, 383, 767, 523, 790, 808, 840 769 Orsini Nicola: 605, 659 - palazzo baronale: 370, 375 Orsini Orsina (ramo di Gravina): 37 1 Paliano: 126, 128, 383 Orsini Orsino: 89 - rocca: 126 Orsini Orso: 427 Orsini Paolo di Francesco: 129, 335, 338 Pallavicini Antoniotto: 86, 190, 199, 426, 609, 684, 822, 826, 828, 874 Orsini Pietro Francesco: v. Benedetto Pallavicini Filippo Gentile: 426 XIII, papa Palmieri Matteo da Firenze: 488 Orsini Raimondo: 740, 746 Palmie1i Mattia da Pisa: 49 1 Orsini Scipione: 877 Orsini Virginio, signore di Bracciano: Palombara Sabina: 743 125-126, 128-129, 133, 338, 340-343, - chiesa di S. Francesco: 744 348, 357, 360, 362, 366, 37 1-372, Pamphili, famiglia: 864 Pamphili Giovanni Battista: v. Innocen375, 385, 499, 508, 792 za X Ortega de Gomiel Juan, vesc. : 57, 822, Pamplona: 1 1 1, 259 829, 832, 880 Panigarola Arcangela: 966 Orvieto: 92 Pannartz Amold: 4 1 1 , 421-422, 439, 469 - duomo, cappella di S. B1izio: 401 Pannartz Marcello: 4 1 1, 421-422 Osiride: 765-768, 770 Pantanelli P. : 666 Osmanidi, famiglia: 8 1 1 Ostia: 109, 342, 353-354, 360-361, 897, Panvinio Onofrio: 25 1, 264, 596 Paolo, s.: 485, 765, 809 904 Paolo II, papa (Pietro Barbo): 6 1-62, - rocca: 897-898, 900, 905, 655 1 1 1, 1 16, 122-123, 1 36, 138-139, Ostra: v. Montalboddo 142, 1 6 1 , 173, 1 86-1 87, 189, 253, Otranto: 1 17, 250, 413, 972 324, 462, 487, 522, 528, 538, 551, Ottaviano Caio Giulio Cesare: 523 599, 605, 805, 971 Ovidio Nasone Publio: 418, 423, 485, Paolo IIl, papa (Alessandro Farnese): 765, 767-768 197, 264, 354-355, 426, 487, 500, Oxford, Corpus Christi College: 439 612, 630, 664, 739, 814 Pachel Leonard: 433, 455 Pacientia di David magistri Angeli: 680 Paolo IV, papa (Gian Pietro Carafa): 95, 355, 806, 809, 842 Pacificus de Pacificis: 475, 490 Paolo V, papa (Camillo Borghese): 576Padova: 874 577 Paesi Bassi: 77, 93, 759 Paolo Alessio Sulpitianus: 426 Pafraet Richardus: 441-442 Pagano Antonio di Sezze: 693, 695-696 Paolo Angelo: 966 Paolo di Castro: 1 82, 483 Pagliara P. N.: 557 Papareschi Gregorio: v. Innocenza II Pagnini Sante: 405 Paradinas Alfonso, vesc.: 868-869 Palencia: 1 12


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Paravicini Bagliani A.: 6 1 0 Parigi: 24, 62, 6 5 , 9 5 , 141, 438, 902 - Biblioteca Nazionale: 25 1, 399, 486 - gymnasium: 457 - Musée du Louvre: 769, 808 - Sorbonne: 70 Parlato E.: 8 1 3 Palrna: 42, 365, 449 Pan·asio: 417 Partner P. : 124, 358 Paschini P. : 102, 123 Pasquale, s: 743 Passarano: 370, 377 Pastor L. von: 50, 96, 102, 104, 107, 123, 257, 259, 920 Pastore E.: 57 1 Patrizi Piccolomini Agostino: 1 84, 254, 457, 604 Patrizi Piccolomini Costantino: 254 Pau Franci de: 58 Pau Jeroni: 57, 429 Paulus, magister Sacri Palatii: 632 Paulus de Flischo: 450, 455 Paulus de Iudicibus: 702 Paulus de Montebona: 632 Paulus de Perusio: 702 Paulus de Rubeis: 488 Pavia: 412, 445, 451 - Certosa: 864 Pavini Giovanni Francesco: 412-413 Pazzi, famiglia: 125, 153, 193, 262 Pecci Gioacchino: v. Leone XIII Fedro Fernandez da Murcia, detto Pseudo Bramantino: 740, 748 Pe. Lefranch, cantar: 613 Pelegrf Guillem: 43 Pelegri Jaume: 43 Pelegrf Miquel: 43 Pellechet M.: 410 Pellegrini M.: 349 Fellini Pompeo: 920, 923 Pefiiscola: 28, 30 - chiesa di papa Luna, cripta: 1 3 Penne: 370, 376-377 Pepe G.: 94 Perauld Raimondo, card.: 944-947, 950

Peregrinus Pauli Laurentii: 696 Pérès Guillaume: 190 Peretti Felice: v. Sisto V Pérez de Cm·ella Eximén: 40, 43 Pérez J.: 1 17 Pelicle: 8 1 1 Ferino del Vaga: 876, 878 Perna, serva: 7 19 Pema Signorecti: 680 Perosa A.: 423 Perotti Niccolò: 423, 465, 744 Perrier Guillaume de, card.: 882 Pemgia: 7, 12, 5 1 , 53, 92, 671, 794, 796, 917-918, 920, 922, 925-926, 929, 932933, 937, 939-940, 943, 946, 950-956, 958, 960 - chiese: - - S. Croce: 956, 958 - - S. Domenico: 921, 924-925, 943, 946, 956 - - - altare di S. Caterina da Siena: 923, 925-926, 942-943, 945 - - - cappella di S. Pietro Martire: 924, 93 1 - - S. Pietro: 921 , 930, 932-933 - Collegio del Cambio: 506 - conventi e monasteri: - - S. Caterina da Siena: 946 - - S. Domenico: 942, 946 - - S. Giustina: 932 Pemgino: 599, 606, 969-971 Pemzzi Baldassane: 571, 575, 576, 577, 862, 869 Pesaro: 49, 92 Pescia: 40 1 Peterwardein: 174 Petit Jean: 62 Petrarca Francesco: 485, 523 Petroni Antonio da Siena: 905 Petmccelli della Gattina Ferdinando: 101 Petmcci G. : 555 Petmcci Raffaele, card.: 195 Petrus, recamatore: 629 Petrus de Roma: 446 Petrus de Senis: 617 Petrus Leonis: 952

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Petrus Mariani: 6 17 Petnts Matheus de Amelia: 625 Petrus notarii Antonii: 659, 665, 673, 682, 690 Petrus Stoltz: 456 Phi. de Prunis, cantar: 6 1 3 Philippus Antonatii de Cardinis: 475, 477 Philippus Mantegatiis: 445 Piacentino de Santris: v. Santris (de) Picchi Girolamo: 53 1 Piccolomini Agostino: 421, 434 Piccolomini Alessandro: 603, 613 Piccolomini Antonio, nipote di Pio II : 689 Piccolomini Enea Silvio: v. Pio II Piccolomini Francesco, card.: 459, 874, 896, 922 Pico Giovanni della Mirandola: 416, 43 1-432 Picotti G.B.: 15-16, 87-90, 102, 104, 252253, 257, 259 Piediluco: 7 13-7 14 Piemonte: 670 Pienza: 254, 421 - palazzo vescovile: 1 15 Pieper A.: 263 Pier Matteo da Amelia: 599, 625, 764, 847 Pierleoni Pierleone: 329-330 Piero della Francesca: 769, 805 Pierpaolo de Andreotiis: 384 Pietro, s.: 183-184, 3 3 1 , 487, 523, 741 , 867, 790, 806, 809 Pietro Alexandri: v. Americi Pietro Pietro d' Alcantara, s.: 743 Pietro d' Alvernia: 419 Pietro Dammiani de Venafro: 670 Pietro de Monteimo: 105 Pietro de Segovia: 105 Pietro di Vicenza: 35 1 Pietro Georgii Andree albanensis: 668 Pietro notarii Alexandri: v. An1erici Pietro Pietro Paolo da Todi: 8 8 1 Piglio: 685, 7 1 3-714 Pilato: 806

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Pincelli M. A.: 4 1 8 Pinosa Jaume: 33 Pintor Pietro: 434-435 Pinturicchio Bernardino: 68, 574, 764, 766, 768-769, 781, 790-791, 794-796, 805, 809-8 1 1, 813, 825, 897 Pinura Giovanni: 869 Pinzi Cesare: 963 Pinzoni Sebastiano: 198 Pio II, papa (Enea Silvio Piccolomini): 15, 41-42, 44, 64, 86, 90, 1 1 1 , 1 15-1 16, 121-123, 136, 138-139, 145, 161-163, 173, 1 87, 199, 2 10, 214, 219, 339, 439, 449, 498, 522, 602, 605, 689, 791, 804, 808, 812, 840, 971 Pio III, papa (Francesco Todeschini Picco­ lamini): 57, 75, 1 14, 127, 136, 139, 140-141, 147, 168-169, 197, 203 , 214, 255, 488, 715, 747, 881, 922, 925-926 Pio V s., papa (Michele Ghislieri): 256, 749 Pirckheimer Willibald: 786 Pisa: 47, 52, 55, 57, 72, 192, 861 , 866, 966 - Studio: 465 Pisanello, Antonio Pisano detto il: 562 Pisani Luca: 127 Pistillone Pietro: 67 1 Pistoia: 950 Pitagora: 766 Pizan Christine de: 768 Pizellus Ioannes Franciscus: 696 Planca Coronato: 453 Planca Paolo: 327, 453 Plannck Stephan: 254, 399, 409, 4 17, 427, 43 1, 434, 437-439, 443, 445, 447-452, 455-456, 460-46 1, 476 Plasencia: 174, 861 - abbazia Herundes: 1 1 1- 1 12 Platina Bartolomeo: 16, 439, 485, 487, 533, 805, 863 Platone: 485, 766 Plinio Gaio Cecilia Secondo, detto il Gio­ vane: 415, 419-420 Plinio Gaio Secondo, detto il Vecchio: 486, 767


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Plutarco: 765-766, 768, 8 1 1 Podocataro, famiglia: 874, 876-877, 879 Podocataro Cesare: 876-877, 879 Podocataro Livio: 876-877, 879 Podocataro Ludovico: 190, 826, 828, 873877, 879-880, 884, 886, 888 Pofi: 684 Poggio a Caiano: 849 Poggio Giovanni Francesco: 400, 436 Poggio Imperiale: 898 Polibio: 485 Polidoro de Cremona: 670 Poliziano Angelo: 460, 464, 472 Pollaiolo Antonio: 803, 822, 829-83 1 , 881 Pollaiolo Matteo: 806 Pollaiolo Pietro: 822, 829-83 1 Pollaiolo Simone, detto il Cronaca: 906, 909 Polonia: 77, 976 Pompilio Paolo: 426, 429 Pons Guillem de Fenollet: 33 Pantani Gaspare: 99-100, 127, 129, 135 Pontano Giovanni: 437, 562, 563 Pontano Ludovico: 483 Pontecorvo: 171, 1 98 Pontelli Baccio: 897-898, 903 Ponticelli: - chiesa di S. Maria delle Grazie: 740741 , 744, 746 - convento di S. Maria delle Grazie: 740, 743-744 Pontremoli: 41 Ponza: 35, 37 Popper T. : 832 Porcari, famiglia: 369, 446, 486, 544 Porcari Camillo : 484, 485, 544 Porcari Cola: 4 19, 529 Porcari Comelio di Battista: 542 Porcari Girolamo: 400, 436, 447, 460, 484, 486, 522-523, 5 3 3 , 544, 602, 648, 706 Porcari Sabba di Domenico: 543, 554 Porcari Stefano: 337, 522, 543 Porta G.: 493, 7 17 Porte Ambroise de la: 68

Porto: 109-1 12, 173 Portogallo: 218, 227, 229-232, 235-237, 240, 242, 244-245 , 247, 641 , 652, 737, 977 Postel Guillaume: 966 Pou Gaspar: 57 Prassitele: 4 17, 4 1 8 Prato: chiesa della Madonna delle Carceri: 897 Pré Galliot du: 62 Preggio (Perugia): 947, 952 Prenestina, via: 357 Prete Gianni: 977 Prignano Bartolomeo: v. Urbano VI Prisciano di Cesarea: 480 Priscilla, ninfa: 877 Procopio da Cesarea: 416 Prodi P.: 378 Properzio Sesto: 418, 485 Prosperi A.: 95 Prospero Aquitano: 488 Proteo: 766 Prussia: 80 Pseudo-Falaride: 480 Puecher Vito: 481 Puglia: 366, 467 Puig Auxias des: 1 16 Quagliolini Lorenzo: 424 Quart: 1 1 1 Quatrassi Antonio: 665, 673, 678, 682, 687-688, 690, 692 Quatrassi Ascanio, figlio di Antonio: 690, 692 Quatrassi Francesca, figlia di Ascanio: 692 Quintiliano Marco Fabio: 483 Quinto Sereno Sammonico: 434 Rabano Mauro: 762 Rabot, consigliere reale: 67 Radulphus, magistro setaiolo: 620 Raffaele, arcangelo: 741 Raffaele di Manuele di Aversa: 680 Raffaellino del Garbo (o de' Carli): 8 13, 844-849 Raimondo da Capua: 948 Ramadori Cesare: 672

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Ram6n Pere: 36 Ramoraccia, famiglia: 474 Ramoraccia Angelo: 474 Ramoraccia Girolamo: 474 Rampin: 390, 392, 394-395 Ramundo de Maensa: 363 Rangone Gabriele, card.: 1 36, 1 39- 141, 146, 154, 163 Ranke L. von: 17, 19 Ratisbona: 79 Ravestin Philippe de: 72 Ray. de onderie, cantar: 613 Raynaldi Odorico: 250 Razza Bemardo: 673 Re. de Mastanig, cantar: 613 Rebiol Antonio: 25 1, 603 Refrigerio Giovanni Battista: 442 Regio Ludovico: 4 19-42 1 , 434 Rehberg A.: 332 Reichling D.: 410 Remolino Francesco, card.: 55, 57, 197 Remolino Michele: 57 Renania: 759 Renzus, affittuario del macello di Sermoneta: 686-687 Reynaldus de Novimagio: 410 Rhodius Marcus: 456 Riario, famiglia: 503 Riruio Girolamo: 120, 123, 125-126, 128129, 1 3 1-134, 145, 147, 151-154, 158, 165, 171, 202, 249 Riruio Paolo: 249 Riario Pietro: 144-145, 249, 254-255, 430 Riario Raffaele, card.: 376, 419, 430, 434, 529-530, 560, 562-563, 604, 6 1 3-614, 794-795 Ribera Ioan: 33 Ricasoli, famiglia: 504 Ricasoli Pietro: 359, 503, 5 13-5 1 5 Ricasoli Simone: 501, 504 Riccardo III, re d'Inghilterra: 140 Ricci E.: 920, 944 Richter Georg: 454 Ricoldo da Montecroce: 973 Ridgewood: 254 Ridolfi Roberto: 405

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Riessinger Sixtus: 437 Rieti: 349 Rimini: 92, 357 Riofreddo: 347 Ripa Luca: 460 Ripanda Iacopo: 498 Ripi: 684 Ripoli, Santo Iacopo: 405 Risaliti Ubertino: 747, 969 Rius Serra I.: 33, 35, 4 1 , 53 Roberto (da Sanseverino): 538 Rocca di Cave: 685, 7 13-7 14 Rocca di Papa: 374, 683 Roccagorga: 684 Rocca Pietro: 880 Roccapriora: 7 13-7 14 Rocchae Contatae: 255 Rochefort Guy de: 75 Ro. de Anglia, cantar: 6 1 3 Rodez: 350 Rodocanachi E.: 102, 123 Rodulphus dominus: 952 Rojas Femando de: 388 Rojas Francisco de: 430 Roma - Agone: v. piazza Navona - Amigdala: 597 - archi: - - de Miranda: 597 - - di Graziano, Va1entiniano e Teodosio: 600 - - di Ottaviano: 523 - - di Tito: 600 - archivi: - - di Stato: 346, 549, 603, 728, 794 - - Storico Capitolino: 346, 371 - Aventino: 1 13 - banche: - - Chigi: 506, 503 - - Martelli: 503-504, 5 1 3 - - Medici: 497-498 - - Spannocchi : 501 , 5 1 3 - basilica Emilia: 549 - basiliche: v. chiese - biblioteche:


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- - dell'Accademia Nazionale dei Lincei: 740 - - dell'Istituto di Storia del Risorgi­ mento: 966 - - Hertziana: 832 - Camigliano: v . piazza del Collegio Romano - Campidoglio: 130, 258, 483-484, 526, 539, 544-545, 841 - Canale di Ponte: 524, 532 - carcere di Tor di Nona: 539 - case: - - Adelatiae: 597 - - Ausonijs Fornarij: 597 - - Benedicte de Pagano: 597 - - Berardi: 597 - - Bini: 505, 503 - - Carlo da Fano: 877 - - Cesarii: 597 - - Chigi: 506 - - Cybo Franceschetto: 601 - - Dode: 597 - - Falconcellorum: 596 - - Fraoepanorum de Cartularia: 597 - - Galli: 496 - - Gonzi: 597 - - Gregorii de Benedicta: 597 - - Grisotti: 597 - - Joannis: 596 - - Joannis Bulgarelli: 597 - - Joannis de Gregorio: 597 - - Joannis Pape: 597 - - Joannis Pauli: 596 - - Marie Joannis de Rainuccio: 59? - - Massimi: 596 - - Marmorata: 597 - - Nicolai Ferri: 597 - - Nicolai Gozzi: 597 - - Odonis Eoni: 596 - - Odonis romani: 597 - - Orsini: 496, 500 - - Petri de Mantino: 597 - - Petri de Paulo: 597 - - Petri de Roberto: 597 - - Podocataro Ludovico: 873, 877

- - Rainucij de Franco: 597 - - Robatiani romani de Romanaccio: 597 - - Sansonis de Manchino: 597 - - Sansonis de Olianta: 597 - - Sansonis Macellarij: 597 - - Saxonis Macellarij: 597 - - Soderini: 503 - - Stephani de Girone: 596 - - Stephani Theobaldi: 596 - - Tholomaei: 597 - - Uxi presbyteri: 597 - casali: - - Nicolai de Hugone: 596 - Castello Crescenzi: v. Castel Sant'Angelo - Castel Sant'Angelo: 52, 66, 68, 126128, 1 30, 1 32, 1 34, 144, 202, 256, 259, 349, 354, 500-501 , 503, 526527, 529, 532-536, 546, 555, 559561, 565, 596, 598-599, 615, 6 1 8, 626, 628, 657, 78 1-784, 787-796, 840, 903, 905, 908 - - porta: 560 - - rocca: 159, 559-560 - - torre Borgia: 534, 575 - chiese e basiliche: - - S. Agnese: 863 - - S. Agostino: 477, 533, 598, 880 - - - monumento Fumario: 822, 831 - - - monumento Sclafenati: 822, 826 - - - monumento Verardi: 822, 83 1 - - S. Andrea della Valle: 881 - - S . Angelo dei Corridori: 554 - - S. Angelo in Pescheria: 524 - - SS. Apostoli: 1 3 1 , 744, 880 - - - monumento Colonna Lorenzo Oddone : 830 - - - porticato: 598 - - S. Aurea: 875 - - S. Biagio: 1 1 5 - - S . Celso: 503, 523, 596, 600 - - S. Clemente: 597 - - - monumento Bmsati: 824

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- - S. Cosimato, monumento Cybo: 822 - - SS. Cosma e Damiano, portico: 597 - - S . Croce in Gemsalemme: 862, 864, 869 - - - cappella di S. Elena: 862, 869 - - del Gesù: 264 - - S. Giacomo degli Spagnoli: 448, 503, 533-534, 545, 645, 647648, 650, 652-653, 823, 862863, 867-870, 907 - - S. Giacomo Scossacavalli : 554-555 - - S. Giovanni dei Fiorentini: 877 - - S. Giovanni in Ajno: 875, 884 - - S. Giovanni in Laterano: 158, 170, 355, 369, 373, 523, 533, 572-573, 599, 606-607 - - - cappella di S. Silvestro: 599, 6 12, 614 - - - Porta Aurea: 573, 575 - - - Porta Santa: 573 - - S. Gregorio al Celio: 596 - - - monumento fratelli Bonsi: 822, 826, 828, 8 3 1 - - S. Lorenzo fuori l e mura: 848 - - S. Lorenzo in Damaso: 498-499 - - S. Lorenzo in Lucina: 1 7 1 - - S. Marcello: 482 - - - monumento Michiel: 822, 826, 828 - - S . Marco: 130, 258, 601, 880 - - S . Margherita, monumento Gherusino: 822, 83 1 - - S. Maria de Ferrarijs: 597 - - S. Maria del Popolo: 1 15, 258, 428, 459, 495, 825-826, 874, 879-882 - - - altare De Pereris: 882 - - - altare maggiore: 8 8 1 - - - cappella del Pinturicchio: 825 - - - cappella di Cybo Lorenzo: 826 - - - cappella di Della Rovere Domenico: 848 - - - cappella di S. Caterina della Rota: 88 1

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- - - coro: 795 - - - monumento Costa: 822, 826, 828, 832 - - - monumento Della Rovere Cristoforo: 826, 832 - - - monumento Della Rovere Domenico: 826, 832 - - - monumento Lonate: 822, 826, 829 - - - monumento Ortega Gomiel: 822, 829, 832 - - - monumento Pallavicini: 822, 826, 828 - - - sepolcro Borgia: 258 - - - tomba Podocataro: 826, 828, 881 - - S. Maria dell'Anima: 533 - - S. Maria della Pace: 480 - - - monumento Bocciacci: 822, 826 - - S. Maria in Aracoeli: 542 - - - cappella Bufalini: 790 - - - monumento Della Valle: 822, 826, 83 1 - - - monumento Savelli: 822, 828 - - S. Maria in Campo Cadeo: 841 - - S. Maria in Domnica: 502, 5 1 0 - - S. Maria i n Monserrato, monumento Fuensalida: 822, 826 - - S. Maria in Posterula: 3 87, 389 - - S. Maria in Traspontina: 555 - - S. Maria in Via: 498 - - S. Mmiain Via Lata: 1 1 1 , 482 - - S. Maria Maggiore: 1 15, 158, 249, 499, 525, 533, 764, 847-848, 898899, 906 - - - palco: 906 - - - Porta Aurea: 575 - - S. Minia Rotonda v . Pantheon - - S. Maria sopra Minerva: 133, 432, 446, 459, 492, 497, 538, 542, 840, 843-846, 848, 850 - - - cappella Carafa: 806, 808, 8 10, 8 12-813, 826-827, 829, 837, 839-845, 848-849 - - - monumento Bregno: 822, 826


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- - - monumento Capranica Ange­ lo: 825 - - - monumento Capranica Do­ menico: 825 - - - monumento Maffei Agosti­ no: 822, 824-828, 83 1 - - - monumento Maffei Benedet­ to: 822, 825-827, 8 3 1 - - - monumento Sopranzi: 822, 828 - - - monumento Tornabuoni Francesca: 831 - - S . Martinello: 5 3 1 - - S . Michele Arcangelo: 554 - - S. Niccolò in Carcere Tulliano: 108, 1 10, 1 12, 1 15 - - S . Pancrazio: 864 - - S. Pantaleo: 498 - - S. Paolo fuori le Mura: - - - chiostro: 848 - - - Porta Aurea: 575, 745, 789 - - S. Pietro: 83, 100, 134, 158, 190, 258, 328, 442-443, 446, 455, 487, 495, 505, 513, 523-524, 527, 533534, 536, 539-540, 548, 555, 559560, 564-565, 574-575, 577, 593596, 645, 787, 789, 881, 909 - - - altare S. Andrea: 605 - - - cappella del Sudario: 571-573 - - - cappella Palatina: 644-646, 649-650, 653 - - - cappella Sistina: 969 - - - ciborio di Sisto IV: 806 - - - monumento Della Porta: 822 - - - monumento Innocenza VIII: 822 - - - monumento Sisto IV: 822 - - - porta: 904-905 - - - Porta Aurea: 57 1-572 - - - Porta Santa: 571-572, 574-578 - - - portico: 604 - - - sagrestia: 326 - - S. Pietro in Montorio: 737, 738740, 746-747, 749, 862, 865, 867, 880, 963 - - - cappella S. Anna: 869

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- cappella S. Antonio: 869 - cappella Borgherini: 739 - cappella S. Gerolamo: 869 - tempietto: 865-867, 869 S. Pietro in Vincoli: 145-146 - monumento Pollaiolo Antonio: 822, 826, 8 3 1 - - monumento Pollaiolo Pietro: 822, 829, 8 3 1 - SS. Quattro Coronati, cappella San Silvestro: 790 - S. Rocco: 533 - Santiago y Montserrat, cappella dei B orgia, monumento di Calli­ sto III e Alessandro VI: 1 3 - S . Sebastiano: 6 1 3 - S . Spirito dei Napoletani: 875 Circo Flammineo: 863 Città Leonina: 550, 559, 600 Clivius Argentarius: 601 Collegio Romano: 258 colonna di Marco Aurelio: 390 Colosseo: 523-524, 600, 809 confraternite: - del Gonfalone: 829 - del Salvatore ad Sancta Sanctorum: 479, 490 - dell' Annunziata: 829, 480-481, 537, 723, 727-728 - della Beata Maria dei Teutonici: 606 - di S. Luca: 599 - di S. Maria dell'Anima: 479-480 contrade: - li Armaroli: 528 - Banchi: 390 - Pellicceria: 1 30, 474 - Pietra dei Pesci: 474 - Pozzo Bianco: 390, 394 conventi e monasteri: - S. Ciriaco: l l l - S. Maria della Minerva: 952 - S. Pietro in Montorio: 862, 865 - Tor de' Specchi: 720, 723 curia Sabella: 450 dogane:

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- di Mare: 1 13 - S . Eustachio: 534 Domus Aurea: 769, 825, 848 Esquilino: 434, 899 Fori: 525 Foro Romano: 549 Galleria Nazionale di Arte Antica: 743 - ghetto: 390, 395 - Gianicolo: 963 - granai: - - di S. Maria Nova: 127 - - di S. Teodoro: 127 - Laterano: 561, 594, 596-597, 625, 627, 808 - - oratorio di San Nicola: 790 - - t1iclinio Leoniano: 790 - Macel de' Corvi: 601 - Magliana: 1 7 1 - Meta Romuli: 549, 556, 561, 565, 599 - Mole Adriana: v . Castel S. Angelo - Monte Mario: 864 - Montegiordano: 496 - Mostra dell'Acqua di Trevi: 557 - mura Aureliane: 5 3 1 - Museo di Palazzo Barberini: 740 - Naumachia: 53 1 - obelisco di Romolo e Remo: 390 - ospedali: - - Consolazione: 256, 549 - - S. Giacomo degli Spagnoli: 3 9 1 , 479, 862, 868 - - S. Giovanni dei Genovesi: 128 - - S. Spirito in Sassia: 505, 5 1 3-5 14, 555, 790-791 - Palatino: 864 - palazzi: - - Albergati: v. palazzo Farnese - - Altémps: 171 - - Borgia: v . palazzo della Cancelleria - - Branconio-Dall' Aquila: 557 - - Braschi: 496, 601 - - Caprini: 554, 557 - - Carafa: 601

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Castellesi: 554, 555, 557 Colonna: 346 dei SS. Apostoli: 487, 524 dei Conservatori: 486 dei Convertendi-Penitenzieri: v. palazzo Della Rovere - - dei Tribunali: 564, 909 - - della Cancelleria: 496, 498, 500, 503, 529, 532, 551, 8 14, 879, 907 - - Della Rovere: 554-555, 557 - - Della Valle Capranica: 877 - - di Napoli: v. Carafa - - di S. Marco: 165, 487, 538 - - Doria Pamphilj : 498 - - Farnese: 500 - - Femo-Maffei: 557 - - Feniz: v. palazzo della Cancelleria - - Frangipane: 597 - - Jacopo da Brescia: 557 - - Massimo: 577 - - Millini: 863-864 - - Orsini: 496-498, 503, 601 - - Riario: 127 - - Riario Altemps: 499-500 - - Sansoni Riario: 1 30- 1 3 1 , 134 - - Sciarra: 743 - - Sforza Cesarini: 1 14, 498 - - Sinulfo di Castell'Ottieri: 502 - - Venezia: 498 - Pantheon: 1 30, 134, 390 - Passetto di Borgo: 560 - Patriarchio: 595 - piazze - - Campo de' Fiori: 390, 4 1 1 -412, 428, 439, 474, 495-497, 500-501 , 503, 508-510, 524, 526-527, 529, 533, 538-539, 541, 545-546 - - Cerasa: 599 - - Colonna: 54 1, 543 - - del Collegio Romano: 1 30 - - della Cancelleria: 503 - - della Conca di S . Marco: 601 - - della Minerva: 538 - - della Pigna: 543


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INDICI

-- -- Giudea: 134, 474, 524 -- -- Lancelotti: 8 3 1 -- -- Navona: 390, 503 , 529 , 534, 538539, 544-548, 601 , 645, 650, 863, 868-870 -- -- Pasquino: 496 -- -- Rondanini: 599 -- -- S. Apollinare: 127 -- -- SS. Apostoli: 346 -- -- S. Celso: 532 -- -- S. Eustachio: 543 -- -- S. Lorenzo in Damaso: 1 30- 1 3 1 , 1 37 -- -- S. Maria in Trastevere: 546, 870 -- -- S. Pietro: 536-54 1 , 546, 548 -- -- Scossacavalli: 554, 555 - platea Iudeorum: v. Portico d'Ottavia -- ponti: -- -- Elio: 505, 600 -- -- Molle: 128- 129, 153 -- -- S. Angelo: 524, 532, 54 1 , 547, 555, 559, 600, 783 -- -- Sisto: 128, 390, 528-530, 533, 557 -- porte: -- -- del Popolo: 542 -- -- Portese: 5 3 1 -- -- S. Giovanni: 808 -- -- Viridaria: 262, 446, 450 -- porti: -- -- Ripa: 526, 533 -- -- Ripa Grande: 808 -- -- Ripa Romea: 1 13 - 1 14, 127 -- Portico·d'Ottavia: 1 30 -- Quirinale: 126, 249, 466 -- rioni: -- -- Arenula: 450, 475-476, 5 3 1 , 875, 884, 888 -- -- Banchi: 877 -- -- Borgo: 505, 503, 527, 530, 534537, 541, 555-556, 559, 564-565, 598-599 -- -- Campitelli: 490 -- -- Campo Marzio: 199, 541 -- -- Colonna: 356 -- -- Parione: 4 1 6, 501, 504, 508, 5 1 0, 596, 863

-- -- Pigna: 474-475, 478, 480 -- -- Ponte: 1 14, 155, 477, 501, 503, 505-506, 508 , 5 1 3 , 528 -- -- Regola: v. Arenula -- -- S . Eustachio: 502, 545 -- -- Trastevere: 127-128, 531 -- -- Trevi: 475, 477 -- sepolcro di Lucrezia romana: 390 -- Settizonio: 390 - Studium Urbis: 326, 424, 480-48 1 , 483-484, 522, 534, 544, 546, 559 -- teatro di Pompeo: 496, 498 -- terme di Tito: 577 -- Testaccio: 538, 548 -- torri -- -- Apacata (o Arpacata): 497 -- -- Borgia: 847, 904 -- -- Cencio Mosca: 601 -- -- del Monte Pincio: 498 -- -- Millina: 863 -- -- Savella: 390 -- Tribunale della Segnatura: 199-200, 202 -- Vaticano: -- -- Palazzo Vaticano: 35, 42, 66, 99100, 127-128, 1 3 1 , 133- 135, 156, 158, 1 90, 193, 197, 1 99-202, 258-260, 346, 4 12, 414, 495, 501, 526-527, 533, 538, 540, 555, 559-561 , 565, 593, 599, 63 1-632, 715, 748, 794-795, 805, 863, 874, 879, 883, 899, 903-904, 909, 933, 937-938 -- -- -- Porta Santa: 561 -- -- -- Sala Ducale: l 00 -- -- Appartamento Borgia: 54, 256, 574-575, 763-764, 770, 781-783, 786, 790, 794,. 803, 809-810, 8 12-8 1 3 , 846-847, 849, 897 -- -- -- Sala dei Cento Giomi: 8 14 -- -- -- Sala dei Santi: 809 -- -- -- Sala del Credo: 8 13, 847 -- -- -- Sala delle Sibille: 846, 848 -- -- Belvedere: 785, 848, 908-909 -- -- CapeZZa Maior: v. Cappella Sistina

-- CapeZZa Minor: 100 -- Cappella Sistina: 100, 790, 847 -- giardini: 66-67 -- Logge: 878 -- Sala del Concistoro: 788, 79 1 vicolo del Gallo: 500 vicus curialis: 536 vie: -- Alessandtina: 503, 527, 530, 534536, 549, 554-555, 557, 559-565 -- -- Asinaria: 390 -- -- Borgo S. Spirito: 554 -- -- Borgo Vecchio: v. via Sancta -- -- Calabrache: 390 -- -- Celsa: 600 (v. del Banco di S. Spirito) -- -- corso Vittorio Emanuele: 496 -- -- dei Banchi Nuovi: 503, 601 -- -- dei Banchi Vecchi: 503, 601 -- -- dei Giubbonari: 497 (v. anche via Mercatoria) -- -- del Banco di S. Spirito: 600 (v. anche via Celsa) -- -- del Consolato: 505-506, 503 -- -- de1 Pellegtino: 415, 500, 532, 546 - -- del Teatro Valle: 534, 559 - -- della Lungara: 533, 564 - -- della Sapienza: 502, 868 - -- dell' Orso: 391, 504 - -- di Marforio: 599, 601 - -- di Monserrato: 873, 876 - -- di S. Giovanni: 523 - -- di S. Maria dell'Anima: 863 - -- Galla Placidia: 370 - -- Giulia: 506, 535, 564, 875 - -- Lata: 538 - -- Mercatoria: 1 14, 524-525, 533 (v. anche via dei Giubbonari) -- -- Millina: 863 - -- Nova: v. via Alessandrina - -- Papalis: 524, 595 -- - Portuense: 53 1 -- - Recta: 524 -- - Sancta: 527, 534, 554-555, 560, 599, 601, 605 - - Sistina: 554, 599

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-- -- strata Burgi: 527 - Viminale: 426 -- Zecca: 390, 505, 621 Romagna: 19, 54, 72, 92, 129-130, 1 32, 1 34, 198, 249, 342, 708 Romano de BoneZZa: 597 Romani D.: 726 Romano V.: 403 Romolo: 565 Ronda: 430 Rosa da Viterbo, s.: 743 Rosa Macchiuti: 701 Rosell6n: 82 Rossi Niccolò: 427 Roth A.: 260 Roverella Florio: 824 Rubinstein N.: 1 50 Rucellai Giovanni: 573 Rucellai Paolo: 501 Rufo Sesto: 425, 486 Ruiz de Medina Juan: 861-862, 865, 868, 928 Rustici Agapito de' : 478 Rustici Cencio de' : 478 Sabellico Marco Antonio: 472 Sabina: 109, 124, 341 , 374, 7 1 3 , 741 , 748 Sabino Ludovico: 105 Sabmgada Amau: 43 Sacco, valle del: 357 Sacramoro da Rimini: 144 Saera, famiglia: 37-39 Saera Francese: 37 Saera Guillem: 37-38 Saera Joan: 37-38 Safnn: 241 Sagmiiller B . : 102 Sagundino Niccolò: 436 Saint Gelais Octavien de: 65 Saint-Maximin: 901 Salamanca: 174 Salamonio Marco: 327 Salemo: 670 Saliceto Bartolomeo: 419-42 1 , 434 Sallustio Ctispo Gaio: 415, 418-421, 438, 489


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Salomone di Manuele: 680 Sansoni Riario Raffaele: 125, 130, 132Salon: 901 133, 136, 139, 141, 147, 153, 156, Salses: 58 1 63, 165, 1 67, 262, 609 Saltiel, arcangelo: 741 Sansovino Iacopo: 600, 877, 879 Salvatore, b. : 743 Santa Rufina: 109, 1 1 1 Salvatore da Valencia: 748 Santacroce, famiglia: 123, 1 30 S alvatore Mattei de Menscalcho da Car- Santacroce Iacopo: 499, 508-5 10, 5 1 2 rara: 668, 670, 689 S antangel, famiglia: 221 Salviati, famiglia: 962 Sant' Angelo, sorgenti: 743 Salviati Iacopo: 896 Santarém: 246 Salviati Giorgio Benigno: 745-748, 962 Sant' Eleuterio, casale (Cisterna) : 683 Samiteri Giovanni Paolo: 884 Sant'Oreste sul Soratte: 743 Samiteri Lucarella: 875, 884 Santo Stefano: 684 Samorè A . : 7 Santoro Fazio: 498 San Donato, castrum: 658, 667, 684-685 Santris Iacobus de, di Amelia: 688 San Felice Circeo: 658, 667, 684-685 Santris Iulianus de, di Amelia: 688 San Gimignano, chiesa di S. Fina: 843 Santris Piacentino de, di Amelia: 659, San Lorenzo: 684 665, 67 1 , 673, 68 1 , 687-690 Sànchez, famiglia: 221 Santucci Geronimo: 41 Sànchez Rodrigo de Arevalo: 805 Sanudo Marino: 64, 67, 258, 362, 365, Sanchis Sivera I.: 29, 32-33, 39 393, 874 Sancio de Medina: 627 Sanzio Raffaello: 741 , 748, 878-879 Sanctus Ioannis Verrontii: 686-687, 701 Saragozza: 1 10- 1 1 1 Sandei Felino: 190, 193, 465-467 Sardegna: 35, 654 Sander Michele: 258 Sarella, ebrea di Sermoneta: 680 Sandizeller Wolfgang: 4 1 3 Sarzana: 898 Sangallo Antonio da, i l Giovane: 577, Sasso G.: 16-17 909 Sasso Giuliano: 606 Sangallo Antonio da, il Vecchio: 500, 502, Savelli, famiglia: 124, 128, 130, 345, 361, 561, 575, 838, 848-850, 895, 897, 899, 364-365, 378, 382, 657, 683, 7 12, 743 902-908 S avelli Antonello: 3 6 1 Sangallo Aristotele da: 895 S avelli Antonio: 129 Sangallo Francesco da: 895 Savelli Giovanni Antonio: 1 30 S angallo Giovan Battista da: 895 S avelli Giovanni Battista, card.: 86, 105, Sangallo Giuliano da: 503, 546, 600, 764-, 1 1 8, 124, 128, 1 3 1 - 132, 136, 1 39782-783, 838, 848-850, 895-902, 906142, 144- 146, 1 5 1 , 154-155, 1 57, 909 170, 3 3 1 , 339, 344, 353-354, 360, Sangiorgi Benvenuto: 455-456, 465 363, 380, 3 85, 822, 828 Sangiorgi Giovanni Antonio, card.: 190, Savelli Mariano: 129 193, 200, 45 1 , 455-456, 459, 465, S avelli Silvio: 356 684 S avelli Troiano: 361 Sannazzaro Iacopo: 437 S avelli Troilo: 361, 366 Sanseverino Federico, card.: 74, 179, S avoia Amedeo VIIIdi: v. Felice V 366, 609 S avoia Bona di: 1 1 8 Sansonetto, figlio di Giovanni Paolo: Savona: 257, 900-901 476-477 - palazzo Della Rovere: 906-907

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- via dei Nattoni: 902 Savonarola Girolamo: 55, 70-71 , 92, 1 89, 250, 399-405, 431 , 436, 501 , 746-747, 933, 938-939, 948, 950-9 5 1 , 961962, 973 Saxl F. : 764-765, 770 Scalibastri Marianus: 474 Scapecchi P. : 436 Schedel Hartmann: 785-786 Schelbert G.: 571, 576 Schiaffenati Giangiacomo, card.: 131-132, 136, 139, 141, 145-147, 167, 171, 205, 415, 609, 822, 826 Schiavo Demetrio: 555 Schlimme H.: 571 Schoelderer V.: 481 Schwarz Ù.: 1 12 Sciarpa, famiglia: 743 Sclafenati: v. Schiaffenati Scocciapila Sabba: 555 Scoto Tommaso: 969 Sebastiano, s.: 765, 809-810 Sebastiano Angeli: 9 17-9 19, 922-923, 925-929, 932-934, 936, 939-943, 94895 1 Sebastiano del Piombo: 739 Sebastianus Baduarius: v. Badoer Sebastiano Segovia: 1 1 1 , 174, 414 Serra Bartolomeo: 535 Seneca Lucio Anneo: 485 Serianni L . : 7 1 8, 721, 726 Sermoneta: 657-704, 7 12 - chiese: - - S. Barbara: 666 - - S. Maria Assunta: 658, 663, 666667, 68 1 , 683, 701 - - - cappella di S . Antonio di Pa­ dova: 690 - - - cappella di S. Pietro ad vincula: 666 - - - oratorio dei Battenti: 667, 669 - - S. Michele Arcangelo: 658, 663 - - S. Nicola: 667 - - S. Pietro in curte: 666 - convento di S. Francesco: 669, 681

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decarcie e zone urbane: - Porta del Pozzo: 667 - Porta Sorda: 686, 701 - Portella: 680-681 - Rocca: 666 - Santo Spirito: 680 - Torre Nuova: 666-667 località: - Acquapuzza: 667, 685-686, 690, 699 - - Carrara Cupa: 701 - - Casale Abbatie: 701 - - Cerciletto: 669 - - Cerquitella: 685 - - Colli: 701 - - Fiume Nuovo: 664 - - Piedimonte: 670, 685, 702 - - Ponte della Carrara: 701 - - Ponte della Trova: 685 - - Puzo della Via dell'Urso: 701 - - Sancto Benedicto: 701 - - Sandaccioni: 67 1 - - Schido: 685 - - Turricell(e): 686, 701 - sinagoga: 680 Serra Bartomeu: 53 Serra Iaume, card.: 53, 947 Servio Oliviero: 434 Servo di Manuele: 680 Sessa Aurunca: 670, 688 Settefichette, cantante: 391 Sezze: 657-658, 660-661 , 664-665, 67067 1 , 680, 684, 689-69 1 , 693, 695 - Torre Petrata: 684, 69 1 , 699, 700 Sforza, famiglia: 609, 708 Sforza Ascanio, card.: 66-67, 7 1 , 86, 103, 105-1 06, 1 10, 1 12, 1 14, 1 36, 1 39- 142, 1 47-148, 1 5 1 , 1 5 5 - 1 57, 163, 1 67- 168, 170- 172, 1 8 1 - 1 82, 194, 198, 202, 207, 212, 2 1 5 , 3 3 1 , 3 5 1 , 353-354, 360, 364, 372, 498, 609, 706-7 10, 7 12, 7 1 5 Sforza Bianca Maria: 8 1 Sforza Caterina, moglie di Girolamo Riario: 127-128, 1 32, 1 34-135, 249, 496


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Sforza Ermete Maria: 45 1 Sines: 239 Sforza Galeazzo Maria, duca di Milano: Sinibaldi Agostina: 543 144, 249, 971 Sinibaldi Falcone: 426, 529 Sforza Giangaleazzo, duca di Milano: Sinibaldi Francesco: 426 139, 146, 15 1 , 166, 360, 451 Sisto IV, papa (Francesco Della Rovere): Sforza Giovanni, signore di Pesaro: 72, 9, 87, 99, 107-1 12, 1 15-1 19, 121-124, 341, 540-541 , 707-708 1 32, 1 34- 1 36, 138-141, 143- 145, Sforza Ludovico, detto il Moro: 60, 62, 149 - 150, 153, 1 5 8, 1 60- 1 6 1 , 1 69, 73, 90, 92, 1 14, 139, 148, 1 5 1 , 1541 72- 174, 1 87, 1 90, 1 93- 196, 201 1 56, 16� 1 68, 190, 341, 345, 36� 202, 207, 221 , 246, 249, 250, 25438� 45 1 , 455, 598, 706, 708, 861, 256, 262, 324, 338-339, 349, 369, 864, 869, 896, 972 378, 382, 4 14-4 15, 430, 434, 439, Sforza Maria: 425 479-480, 497, 504, 522, 524, 528Sfrondati Battista: 151 529, 5 3 1 -532, 534, 544-546, 554, Sgurgola: 7 1 3 559, 609, 738-739, 744, 747, 790Shaw C.: 101-102, 124, 345 79 1 , 806, 808, 8 12, 822, 828, 832, Shirwood John, vesc. : 419, 439 862-863, 880-88 1 , 963-964, 971 Sibilla Bartolomeo: 423, 435 Sisto V, papa (Felice Peretti): 550, 564, Sicilia: 3 1 , 34, 36, 74-75, 335, 352, 467, 678 492, 652, 654, 237 Siviglia: 1 1 1 , 173, 220, 256 Siena: 341, 414, 421 , 922, 926, 941 - Biblioteca Colombina: 425, 470 - duomo, Libreria Piccolomini: 79 1 , Slovenia: 77 805 Soardi Lazzaro de' : 404 - Sala del Buon Govemo: 8 1 3 Soderini, famiglia: 503 - Sapienza: 896 Sode1ini Francesco, card.: 196, 209, 45 1, Sigismundo Conte: 363 554, 67 1, 682 Signorelli Dorotea: 95 1 Soderini Pier: 402 Signorelli Luca: 401 Solari, famiglia: 881 Siguenza: 862 Solleciti Giacomo da Sanginesio: 157 Silber Eucharius: 399-401 , 409-439, 472, Sonnino: 684 486, 489, 523, 529 Sopranzi Benedetto: 822, 828 Silber Marcello: 4 1 1 , 443, 445, 447, 450, Soranzo G.: 15, 17, 102, 104, 257 453-454, 456-458, 459, 461, 464 Soriano: 173, 255, 343, 362, 933 Silio Italico: 489 Sousa Joao de: 245 Silva Amadeo da, b. : 737-742, 745, 747- Sousa Rui de: 236 748, 864-867, 962-964, 968 Spagna: 8-9, 45, 47, 49, 55, 74, 82, 1 13, Silvester Invrea: 450, 455 172, 219, 222, 260, 342, 365-366, Silvestri Angelo, arcipresb.: 508 390, 395, 429, 432, 452, 642-643, Silvestro I b., papa: 183, 462, 522, 790 647-649, 65 1 , 708, 7 12, 763, 861, Simeoni L.: 123 874, 928, 941 , 974, 977 Simmern Ruprecht von: 253 Spagnoli Battista: 441-442, 456 Simon mago: 737, 964 Spalato: 256 Simon Antonius quondam Nicolai Pim­ Spannochi, compagnia: 42 ti: 476 Spannochi (o Spannocchi), famiglia: Simone da Trento: 412 359, 505 Simonetta Cieco: 97 1 Spannochi Ambrogio: 42, 6 12, 630

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Spannochi Giacomo: 32 Spannochi Giulio: 946 Spannochi Pietro: 42 Specchio Matteo: 474 Spezzaferro L.: 499, 506 Spigno Saturnia: 668 Spinelli Tommaso: 504 Spinola Agostino, card. : 221 Spinola Giacomo: 450, 455-456 Spoleto: 255, 7 10, 940 - rocca: 124, 159 Spotti A.: 473, 475 Stato della Chiesa: 16, 21-23, 1 15, 121, 124, 150, 158, 165, 249 Stazio Publio Papinio: 421 , 485, 602 Stazzano: 743 Stefano, s.: 926 Stefano di Carlo: 402 Stefano magistri Cicci: 67 1 Steinmann E. : 810 Stephanus de Amannis: 478 Stephanus Guillareti: 327 Stephanus notarii Nicolai, ammatarius: 703 Straballati Francesco: 50 1, 509-5 10 Strangolagalli: 684 Strasburgo: 78, 253-254 - chiesa di S. Florenzio: 255 - - altare di S. Eligio: 253, 254 Strinati C . : 8 8 1 Strozzi Ercole: 759 Strozzi Filippo: 838-839 Suau Manuel: 33 Subiaco: 345-346, 349-355, 360, 378, 3 80, 383 - abbazia di S. Scolastica: 1 10-1 1 1, 1 15, 155, 349, 354, 382, 684 - monastero del Sacro Speco: 350 Suetonio Tranquillo Gaio: 485-486 Sulpizio Giovanni da Veroli: 4 17-420, 424, 426, 434, 438, 529 Summonte Pietro: 437 Supino: 358, 372 - castello: 372 - rocca: 358 Surgères: 944

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Susanna, s.: 765 Sutri: 254, 695 Svizzera: 77 Sweynheym Komad: 4 1 1 , 422, 439, 469 Tabioli Giovannello di Travaglino: 665, 667, 670, 689, 700-701, 703-704 Tacito Publio Cornelio: 769 Tacuino Giovanni : 428, 438 Tafuri M. : 502, 504, 537, 559, 866 Tagliacozzo: 1 1 8, 123, 338, 348, 360362, 364 Talavera: 1 1 1 , 174 Talenti Giovanangelo, duca di Bari: 1 1 8, 148, 1 5 1 , 1 54, 168 Tangeri: 977 Tarascon: 901 Tarazona: 1 10 Tarpea: 792-793 Tarquini S . : 687 Tanagona: 34, l l 1 Tasca Francesco: 475, 479 Tasca Pietro: 5 1 5 Taverna Stefano: 190, 380, 45 1 Teano: 688 Tegliati Stefano: 412, 414 Tejo: 228 Tempesta Antonio: 503, 876 Tendilla: v. Lopez de Mendoza Ifiigo Tenenti A.: 829 Teocrito: 417 Teofrasto: 483 Theophilactus: 597 Terdonensis episcopus: v. Iacobus de Bottis Terenzio Afro Publio: 4 1 8, 483, 486 Terni: 129, 386, 866 Te1racina: 1 1 1, 1 98, 482, 666, 693 Te1tulliano Quinto Settinlo Fiorente: 762 Terzaghi, segretario ducale di Ludovico il Moro: 1 56 Teseo: 761 Testa L.: 782 Tevere: 92, 417, 435, 525, 530, 533, 536, 593, 784 Tharsis: 222 Theoli Francesco: 614


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INDICI

Thomas de Meis: 532 Thomasina, cortigiana: 256 Thomassinus, mandatario del comune di Velletri: 696 Thome Risii, cantar: 6 1} Thuasne L . : 102, 25 1, 264 Tibullo Albio: 485 Tiburtina, via: 341 Tifernate Angelo: 425 Tigerstedt E.N.: 769 Tigrini Nicolò: 45 1 , 461 Timotheus de Totis di Modena: 457-458 Terra Santa: 803 Tirreno, mare: 1 13, 342 Tite: 241 Tito Flavio Vespasiano, imperatore: 547, 573 Tivera, castrum: 658, 667, 684-685, 688 Tivoli: 255, 363-364, 425 - rocca: 159 Tiziano Vecellio: 805 Todeschini Piccolomini Francesco, card.: 198, 2 1 1 , 214, 4 14, 421, 457, 459, 604 Todi: 124 Toledo: 140, 172 Tolfa: 23, 479, 904 Tomacelli Pietro: v. Bonifacio IX Tomacello Marino: 358 Tornar: 239-240 Tornei P. : 873 Tommasini 0.: 486 Tommaso s.: 219, 480, 485, 741 Tommaso d'Aquino, s . : 419-42 1 , 438, 457-459, 807-8 10, 839, 842-843, 961, 969 Tommaso de Vincentiis: 254 Tordesillas: 218, 220, 227-228, 232, 244, 977 - castello: 641 Torelli Bartolomeo: 93 1 Torino: 364, 438 Tornabuoni Francesca: 83 1 Tornabuoni Francesco: 83 1 Tornabuoni Giovanni: 497 Tornabuoni Onofrio (o Nofri): 496-497, 840

Torquemada Juan de: 1 80, 415 Torre A. de la: 45 Torre de Canals: 249 Torre Mattia: 363 Tonell a Gaspare: 416, 435 Torres Giovanni de: 670 Torres Jaume: 32, 43 Torres Naharro Bartolomé de: 391, 394 Torriani Gioacchino: 940-941 , 949, 955, 957-958 Torrigiani Pietro: 849 Tortelli Giovanni: 485 Tortosa: 1 1 1 Toscana: 72, 1 17, 343, 421 , 495, 896897 Toscano Pietro Paolo: 669, 703 Tosti Girolama: 361 Totavilla Girolamo, duca di Sarno: 361 Tozzoli Domenico di Stefanello: 53 1 Traetto: 361-362, 670 Trapezunzio Andrea: 485 Trapezunzio Giorgio: 439, 485 Trastamara, famiglia: 27, 38, 641 , 644 Travaglino (oggi Travaìno, fraz. di Caronno Varesino): 667, 669-670, 700, 704 Tremouille Jean François de la, card.: 62 Trento: 73, 8 1 , 412 Trevi, castello: 350 Treviso: 256, 487 Trezzo d'Adda: 151, 154 Trianos: 174 Tridentone Antonio: 42 T1ieste: 976 Trifone M.: 727-731 Trifone P.: 722, 724-726 Trigo: 395 Trissino Giangiorgio: 782 Trivulzio Giangiacomo: 1 1 8, 125, 790 Trivulzio Giovanni Antonio, card. : 196 Trivulzio Saramuccia: 496 Troche Francisco: 57, 256 Trochia Francesco: v. Troche Francisco Tudeschi Panormitano: 1 87 Tullia d'Aragona, cortigiana: 388 Tunisi, emirato: 972

INDICI

Tmini Pietro: 599 Tuscia: 949 Ubaldi Ubaldo degli: 1 82 Ubaldini Roberto da Gagliano: 403 Ugolini Bartolomeo: 141 Ugolini F. : 718 Ugolinus, dominus: 956 Ullmann W.: 217 Umbria: 124, 170, 343, 385-386, 929, 943 Ungari P. : 707 Ungheria: 8 1 , 139, 174, 706 Urbano II b., papa (Ottone di Lagery): 329 Urbano Vl, papa (Bartolomeo Prigna­ no): 334, 594 Urbano VIII, papa (Maffeo Barberini): 259, 355, 783-784 Urbino: 48, 257, 386 - Galleria Nazionale delle Marche: 806 - Palazzo Ducale: 803 Urbisaglia: 682 Urgel: 1 10 - chiesa di S. Mmia: 174 Uriel, arcangelo: 741 Urrea Pedro de: 33 Uni Filippo da Cipro: 886 Urri Tommaso da Cipro: 886 Ursello Jacopo: 719-720 Uzun Hasan, principe turcomanno: 971 Valbelle Honorat de: 63 Valdena: 1 1 1 Valencia: 7-12, 27, 30-39, 42, 44-45, 47, 49, 54, 56-58, 1 10- 1 1 1, 137, 173174, 220, 457, 646, 930-93 1 - abbazia di S. Benedetto extra muros: 173 - Museo de Bellas Artes: 12 - Teatro Principal: 13 Valentiniano I, imperatore: 813 Valentinus Camers magister: 941 Vale1i N.: 123 Vale1iano Pie1io: 484 Valla Lorenzo: 465, 485 Valladolid: 644, 647 Vallati, famiglia: 426

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Vallati Claudio: 426 Valldigna, monastero, Aula capitolare: 13 Vallecorsa: 670 Vallescar Bartomeu: 56 Vallseguer Bernat: 38-39 Vallseguer'!aume: 39 Vallseguer Pere: 39 Valona: 237 Valori Filippo: 525-526 Valtieri S . : 529, 879-880 Valvisciolo, abbazia: 680 Vanna, madre di Colomba da Rieti: 947, 960 Vannucci Pietro: v. Perugino Vaquero Pifieiro M.: 686 Varese Francesco, figlio di Gabriele: 667, 700-701 , 703-704 Varese Gab1iele: 667-668, 700-702 Varano Pier: 72 Vasari Giorgio: 495, 7 8 1 , 784, 790, 806, 8 14, 83 1 , 837, 842, 844, 846, 870, 876, 878, 895-902, 907-909 Vascho Angelo de: 483 Vascho Antonio de: 99-100, 127, 129-130, 134 Vederhen Pietro da Colonia: 471 Vega Garcilaso de la: 415, 645, 861 Vegezio Flavio: 4 19, 436 Velletri: 69, 353, 660-662, 680, 683, 689, 691, 693-697 Vellida, v. Lozana Andalusa Venafro: 670 Veneraneri, famiglia: 478 Veneraneri Caterina: 477-478 Venere: 49 1 , 505, 769 Veneto: 372, 874 Venezia: 2 1 , 24, 5 1 , 76-78, 8 1-82, 1 0 1 , 149-150, 210, 234, 236, 249, 254, 335, 341-342, 387, 389, 391, 396, 401 , 404, 4 10, 412, 417-41 8 , 423, 427-428, 436-438, 470-471 , 476, 526, 605, 769, 805, 833, 875, 877, 879, 900, 971 -972, 976 - acquartieramenti di S. Zeno: 127 - Biblioteca Nazionale Marciana: 873


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INDICI

- chiese: - - S. Maria Gloriosa dei Frari: 805 - - S. Marco: 139 - - S . Sebastiano: 877, 879 - - San Secondo: 405 Venieri Giacomo Antonio, card. : 1 1 6 Vera Joan de: 54 Verae Cmcis Giovanni Battista: 413 Verardi Carlo: 430, 822, 8 3 1 , 975 Verardi Marcellino: 430 Vercelli: 256 - ospedale S. Andrea: 1 10 Verde A.: 950 Verens Humbert: 73 Venniglioni G.B . : 794 Verona: 264 Veronzus: v. Sanctus Iohannis Venvntii Venocchio: 83 1 Vescovio: 746 Vespasiano Tito Flavio, imperatore: 547, 573 Vespucci Guidantonio: 100, 102-104, 106, 120, 125, 127-134, 140, 142, 145-156, 162-164, 167, 169-171 Vettori Francesco: 535 Viard Piene: 67 Vicenza: 976 Vich: 1 1 1, 174 Vich Jeronimo: 654 Vicovaro: 360, 3 8 1 Victoria Dominici: 702 Vienna: 23 - biblioteche: - - Albertina: 576 - - Imperiale: 387 - Kunsthistorisches Museum: 806 Vigevano: 864 Vigne André de la: 62-63, 65, 69 Vignuzzi U.: 7 19-720 Vila Franca de Xira: 239 Vilamali Bernat de: 5 8 Vilaraguts, famiglia: 38 Vila-rasa Joan: 35

Vila-rasa Llufs: 35 Vila-rasa Pere: 33, 35 Villanova Gratien de: 60 Villenueve Guillaume de: 62 Vincenzo, frate: 955, 957 Vincenzo Alexandri (o notarii Alexandri): v. Americi Alessandro Viniano, sarto: 477 Violi Lorenzo: 403-404, 747 Virgilio Marone Publio: 4 19, 427, 476477, 485 Visconti, famiglia: 609 Visconti Giangaleazzo: 335 Visconti Pietro Ercole: 602 Visconti Tebaldo: v. Gregorio X Viseu: 1 1 1- 1 12 Vitelleschi Giovanni, card.: 371 Vitelli Vincenzo: 258 Viterbo: 62, 134, 255, 353, 522, 526527, 541, 669, 67 1, 705-706, 744, 768, 905, 944 - chiesa di S . Francesco, cappella di S. Bernardino: 744 - convento S. Maria in Gradi: 963 Vitéz Giovanni: 426 Vitéz Michele: 426 Vitmvio Pollione: 4 18-420, 438-439, 529, 556, 577 Vittore Sesto Aurelio: 425 Viviers: 256 Volpio Tommaso: 792 Volsco Antonio: 4 1 8 Voltena: 664, 671 - villa di Spedaletto: 839 Vulcano: 505 Wadding L.: 749, 964 Waetzoldt S . : 790 Washington: 846 Wasner F.: 260 Wegerauft Johannes: 253 Westfalia: 77, 759 Westminster: 140 Windsor: 824

INDICI

Wolfenbiittel, biblioteca: 25 1 Worms: 79 Wiirzburg: 418, 436 Xàtiva: 9, 12, 54, 1 10- 1 1 1 - Almudin: 12 - casa de l ' Ardiaca: 1 1 - chiesa di S . Maria: 1 10 Yeda'yah hap Penful ben Abraham da Beziers: 413 Zabarella Francesco: 160 Zabarella Giacomo: 1 87 Zaccaria: 762 Zaccaria da Lunigiana: 405 Zagarolo: 1 1 8, 347 Zaghal, fratello di Mulay abul'Hasan: 974-975 Zahara: 974 Zambrano P.: 837 Zamometic' Andrea: 193 Zante: 976 Zarri G. : 929 Zazari, heredes: 701 Zen Giovanni Battista, card.: 1 32, 136, 139, 141, 149, 169, 609 Zenobi G. B . : 337 Zenone Rutilio: 452 Zerbo Gabtiele: 416, 434 Zeusi: 417 Zondadari, card.: 264 Zoppino: 391 Zuccari Taddeo: 576

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INDICI

INDICE DELLE FONTI MANOSCRITTE ANCONA

ARCHIVIO DI STATO Archivio Gabuzzi di Montalboddo, lettere [del 24 novembre 1 5 1 1 e del 22 febbraio 1514]: 682 BESANçON BIBLIOTHÈQUE MUNICIPALE ms. 1219: 792 CITTÀ DEL VATICANO

ARCHIVIO SEGRETO VATICANO Archivio Concistoriale 350 Acta Camerarii l : Acta Vicecancellarii I: 555, 560 Archivio della Prefettura DA 1 : 264 Arm. XII t. 1 3 : 25 1 , 259, 264 t. 9: 259 A1m. XXIX t. 24: 705 t. 52: 544 Arm. XXXI t. 52: 100, 1 19, 1 62- 1 63 Arm. XXXIV t. 1 1 : 712 t. 13: 665 Arm. XXXV t. 40: 707 Arm. XXXVI t. 6: 371 , 376 t. 19: 373

Arm. XXXVII 1-27, 40: 259 Arm. XXXIX t. 1 6 : 370 t. 19: 370 Arm. XLIX t. 46: 375, 386 Borghese I 105-106: 254 Camera Apostolica Diversa Cameralia 30: 471 36: 483 50: 346, 355, 359, 603 5 1 : 346,372,47 1 , 53 1 , 535,541 52: 346, 538 53: 346, 376, 477, 537 54: 346, 664 55: 346, 377 Indici 259, 930 1 1 3: 1 14: 259, 929, 940 133 II: 346 Introitus et exitus 523: 373 524: 346, 358, 359, 603, 6 1 2 525: 346, 359 526: 346, 373 527: 346, 359 528: 346, 359, 362 529: 346 530: 346, 384 53 1 : 346, 384 532: 346 533: 346, 377, 384 534: 346 535: 346


1 032 Mise. Arm. VII 90: 741 xv 1 6 1 : 602-603 Registra Lateranensia 786: 262 1 143 : 260 Registra Supplicationum 695: 254 960- 1 1 69: 350

Registra Vaticana 436: 705 657: 255 659: 255 678: 254 682: 705 729: 255 772-884: 350 777: 355 869: 35 1 87 1 : 350, 365, 376, 378, 7 10 873 : 241 879: 227 892: 386 893 : 7 1 5 925-1 126/1 128: 350

BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA Archivio Barberini Colonna di Sciarra t. 122, fase. 1 3 : 373 t. 160, fase. 4: 369 t. 160, fase. 5: 370 t. 1 60, fase. 6: 376 t. 160, fase. 7: 376 Barb. lat. 245 1 : 365 4344: 783 Borg. lat. 409: 252 Capp. lat. 63 : 361 160: 101

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INDICI

INDICI

12267: 649 12272: 649 56732: 265

Chigi (I.V. 1 67): 2344 (L.I. lO): 2345 (L.I. l l): 2346 (L.I. 12): 2347 (L.I. 13): 2348 (L.I. l4): 2349 (L.I. l5): 2854: 323 8 :

258 25 1 25 1 25 1 25 1 25 1 25 1 25 1 25 1

Ottob. lat. 1205: 443, 447 1 853: 376 2548/1: 477 2550ill: 490 St. Pal. IV 145: 441-442 Urb. lat. 360: 423 1062: 258 1098: 783 Vat. Lat. 1342: 263 335 1 : 356, 3 8 1 , 484 3419: 356 3825 : 964-965, 967 4739: 26 1, 263 49 1 1 : 259 5383 : 356 5407: 739 563 1 ; 264 5632: 251, 264 5633 : 25 1 5635: 259, 649-651 5890: 462 5944: 646, 649, 653 5955: 643 6416: 255 7975 : 3 6 1 , 380 8036/lii: 369 8656: 464 9200: 259 10623 : 265 10806: 442 121 82: 101

FARFA ARCHIVIO DELL' ABBAZIA Vita e difesa delle Rivelazioni del B. Amedeo: 740-74 1 FIRENZE

UFFIZI Gabinetto dei Disegni e delle Stampe 203 E: 849 223 F: 846 617 om. : 843 1255 E: 845, 849

GENOVA

BIBLIOTECA UNIVERSITARIA XVIII.E.3: 464

ARcHIVIo DI STATO Dieci di Balia, Responsive 32: 100, 103, 120, 127- 1 34, 140- 1 4 1 , 147- 148, 1 5 1 155, 162, 164, 167, 169171 Carte Strozziane I, serie 233 : 498 Mediceo avanti il Principato 39, c. 306: 103, 1 57, 1 62, 171 3 9 , c . 206: 125 39, c. 285: 142, 148-149, 156 39, c. 288: 151, 155 39, c. 289: 142, 152 39, c. 292: 120, 148, 1 501 5 1 , 154- 156 39, c. 295: 156 39, c. 296: 148, 156 39, c. 302a: 103, 1 46, 1 64, 167, 170 40: 1 19, 172 52: 179

BIBLIOTECA NAZIONALE CENTRALE 403 B .R. 398: 403 C.S.J.I 5 1 : 403 NA 1300: Pal. 25.2.4.90: 402

LATINA

ARCHIVIO DI STATO Notarile di Sermoneta b. 35: 666-669, 67 1 , 68068 1 , 689-690 b. 56: 659 b. 65: 659, 666-667, 670, 672-673fj75, 677, 680, 684-685, 688-689, 692 b. 8 1 : 659, 668, 680, 691 b. 85: 659, 667, 669-670, 673, 680-68 1 , 687, 689, 690-69 1 , 700 b. 106: 690 b. 200: 659 Archivio comunale di Sezze Pergamene 49: 664 172: 660, 693 Brevi 35: 36: 37: 38: 39: 40: 41:

665 665 665 660, 664, 665, 684,

697 698 699 699

Notarile di Cori b. 1 66, prot. 3692: 662, 683


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INDICI

n. 1 1 : n. 28: maço 33: n. 1 5 : n. 9: maço 34: n. 17: maço 35: n. 20: n. 22: n. 29: n. 32: maço 36: n. 17: n. 50: n. 63: n. 68:

LISBOA

INSTITUTO ARQUIVOS NACIONAIS/ TORRE DO TOMBO Collecçiio Especial, Bulas, caixa 8, maço l : n. 5 : 239 n. 6: 239 Bulas, maço 1 3 : n. 1 : 245 n. 12: 238 n. 13: 247 n. 14: 237 maço 14: n. 30: 244 maço 15: n. 16: 247 n. 19: 238 maço 16: n. 1 : 240 n. 2: 241 n. 3: 240 n. 4: 239 n. 6: 243 n. 7: 245 n. 8: 247 n. 9: 240 n. 10: 242 n. 1 1 : 243 n. 1 3 : 240 n. 14: 240 n. 1 5 : 241 n. 16: 245 n. 17: 247 n. 1 8 : 244 n. 19: 247 n. 2 1 : 241 n. 22: 241 n. 23 : 247 n. 24: 241 n. 25: 237 n. 26: 247 n. 27: 247 n. 28: 247 maço 22: n. 6: 240 maço 32:

1 035

INDICI

247 239 244 245 247 239 247 238 245 236 244 236 235

Chance/aria de Filipe II livro 19: 246

BIBLIOTECA NACIONAL c6d. 735: 238-239 c6d. 737: 242

MODENA

ARCHIVIO DI STATO Ambasciatori Napoli, 6: 103, 148, 151, 155156, 1 6 1 , 166 Roma, 1: 1 18 Roma, 4: 100, 103, 126-129, 1 3 1 , 133-134, 146148, 152-154, 156157, 166, 170 Roma, 8: 1 12 Roma, 14: 165

LONDON

BRTTISH MUSEUM 1946-7-1 3-6: 849

MAGLIANO SABINA

ARCHIVIO VESCOVILE

Cancelleria Amministrazione dei principi 1 140: 685-686, 7 12

Visita Corsini de/ 1 780: 740 Visitationes Sabinen. ab anno 1596 usque ad annum 1611: 743

Stati e Città 129 : 101

Colecçiio S. Vicente livro 14: 243 Cmpo Cronologico maço 4, n. 74: 237 l parte, maço 3 : doc. 25 : 236 doc. 69: 236 a

Gaveta 7 maço l, n. 1 2: 239 maço 3, n. 32: 238 maço 7, n. 1 1 : 238 Gaveta 20 maço 6, n. 4: 236-237 maço 6, n. 5: 236 maço 6, n. 6: 236 Ordem de Avis n. 3 1 : 232 Ordem de Cristo c6d. 232, 2• parte: 239 c6d. 234, l a parte: 238 c6d. 235, 3• parte: 242 Convento de Tornar, n. 15: 239, 242

Ordem de Santiago, n. 129: 247

MANTOVA

ARCHIVIO DI STATO Archivio Gonzaga 842: 1 16 847: 127, 132- 133, 141, 147, 1 50, 1 52

MILANO

MUNCHEN

BAYERISCHE STAATSBIBLIOTHEK Clm. 7 16: 785 lat. 135: 264 lat. 136: 264

NAPOLI

BIBLIOTECA NAZIONALE VI.G.23: 260, 265

ARCHIVIO DI STATO Sforzesco 73: 144 86: 1 1 8 93: 1 1 8 94: 125 96: 156, 168, 170 122: 1 9 1 244: 103, 1 32, 145 , 148, 1 5 1 , 1 53, 1 6 1 , 1 62, 166 330: 1 5 1 373: 156

PARIS A CHIVES NATIONALES L24A3 : 504 L5 1D l : 504 L51D2: 504

BIBLIOTHÈQUE NATIONALE Collection Dupuy, ms. 28: 074 lat. 5 1 64: 252, 261


1 036

INDICI

PERUGIA ARCHIVIO DIOCESANO

b. XXIV Processo di beatifica­ zione di Colomba da Rieti: 920, 946-947, 951-952

ARCHIVIO DI STATO Camera Apostolica 2: 946 12: 930 Copiari 4: 942-943 Depositario Tesoriere 7 1 : 949 Diplomatico C 16, n. 570: C 17, n. 577: C 17, n. 578: C 17, n. 583: C 17, n. 594: C 17, n. 605:

937 929 929 929 944 947

BIBLIOTECA COMUNALE AUGUSTA D 62 (LV) : 917, 924-929, 932, 934, 937, 939-942, 945, 948-949

ROMA ARCHIVIO DEL CAPITOLO DI S. GIO­ VANNI IN LATERANO Q.3.H. 1 1 : 373

ARCHIVIO DEL CONVENTO DI S . FRANCESCO A Rl:PA Ludovico da Modena, Cmnaca della Riforma dal 1519 al l 722. Fondazione dei Conventi, III: 741, 743

ARCHIVIO DELLA CURIA GENERALE DELL' ORDINE DEI PREDICATORI IV, 9: 950 12: 940-941 , 947

IV,

1 037

INDICI

ARCHIVIO DI S. MARIA DELL' ANIMA Miscellanea, E, tomo 3 : 480 ARCHIVIO DI STATO Arciconfratemita dell'Annunziata t. 109: 730 Camera 144: 1 63: 1 64: 174: 245 : 246: 247: 248:

Urbis 1 14 374-375 374 373 374 374 374 374

Camerale I 855: 358-359, 612, 633 856: 372 1 1 89: 35 1 Collegio dei Notai Capitolini 60: 478-479 123: 475 124: 477 499: 838 926: 483 927: 475 996: 532 1 138: 478 1 143: 484 1 18 1 : 475, 478-480, 482 1 1 85: 490 1 643: 474 1 673: 474 1726: 477 1728: 474, 491 173 1 : 474 1738: 475, 479 1740: 475 1764: 482 Disegni e mappe 1 : 498 Notai del Tribunale dell'Auditor Camerae 4835: 500, 502, 504, 508, 513

Notarile di Palestrina vol. 4 15bis: 370-374, 377

376-

Ospedale del Salvatore ad Sane­ fa Sanctorum 28: 479 458: 478 Ospedale di S. Spirito 1444: 503, 505, 5 13

309: 498 3 10: 498

FONDAZIONE CAMILLO CAETANI Archivio Caetani Miscellanea 1 1/32: 672-679 12/897: 667, 669, 687-689 44/33 : 673, 675-679

Trenta Notai Capitolini Uff. 4, vol. 7: 476

Pergamene 2302: 685

ARCHIVIO SERLUPI CRESCENZI Famiglia Millini vol. V, perg. n 9. 102: 863

ARCHIVIO STORICO CAPITOLINO Archivio Orsini II A XX, 2 1 : II A XX, 24: II A XX, 25 : Pmte l, Conisp. 102:

BIBLIOTECA NAZIONALE CENTRALE VIT­ TORIO EMANUELE II Vittorio Emanuele

375 376 376 348, 371

Camera Capitolina Cred. I: 323 Cred. XIV, t. 65: 327 Cred. XV, t. 45: 325 Notarile Sez. l, 67/l: 477 Sez. l, 68/2: 48 1 Sez. l, 298: 477

BIBLIOTECA ANGELICA Inc. 7 1 5 : 488

Schedario cronologico: 670

MUSEO CENTRALE DEL RISORGIMENTO ms. 166: 966

SERMONETA

ARCHIVIO DI S . MARIA ASSUNTA Quinte mi di Amministrazione b. 3 : 667 Documenti diversi b. l , fase. 5: 663

SEVILLA ARCHIVO GENERAL DE lNDIAS Patronato leg. l , n. 2: 228 leg. l , ramo l , n. 1 : 227 leg. l , ramo 4: 227 leg. l , reg. n. 3 : 227

BIBLIOTECA CASANATENSE Inc. 25011-2: 472 Inc. 1038: 487

BIBLIOTECA DELL'ACCADEMIA NA­ ZIONALE DEI LINCE! Visita Cm-sini del 1780: 740

SEZZE ARCHIVIO STORICO COMUNALE Pergamene 172: 660, 693


l

l

1038

XXXVI, 44: XXXVI, 52: XXXVI, 54: XXXVI,I 40: XLII, 4: XLII, 5: XLIII, 3011 : XLIII, 3012: XLIII, 30/3 : XLVI, 26: XLVII, 4: XLVII, 12: LIII, 3 1 : LVII, 66: LXIII, 38: LXV, 6: LXV, 1 3 : LXV, 1 7 : LXV, 1 8 : LXXXIX, 30: XCV, 49:

Brevi 3 8 : 660, 698

SIENA

ARCHIVIO DI STATO Balia 5 19: 127-134, 140, 144, 147, 152- 1 53 , 155 520: 103, 1 33-135, 145, 170

SUBIACO

BIBLIOTECA STATAlE DI S. ScoLASTICA Archivio Colonna III BB II, 2: 372 VI, 22: 350 VI, 23: 350 VI, 24: 350 VI, 25: 350 350 VI, 26: VI, 27: 3 5 1 , 380, 385 VI, 30: 380 380 VI, 3 1 : XVI, 40: 358 XVI, 4 1 : 360 XVI, 42: 354 XVI, 43 : 354 381 XVI, 44: XVI, 45: 352, 379 353 XVI, 46: 353, 385 XVI, 48: XVI, 49: 379, 385 353 XVI, 50: XVI, 5 1 : 353, 385 353 XVI , 53: XVI, 54: 353 XVI, 55: 353 XVI, 57: 383 XXV, 1 1 : 356 XXXVI, 2: 359 XXXVI, 19: 348 XXXVI, 37: 379 XXXVI, 39: 360 XXXVI, 40: 361

1 039

INDICI

INDICI

348, 362 364 364 372, 377 352, 356 352 352 35 1 352 361 361 360 350 361 350 350 365 351 350 383 354

Mise. Il A 2, n. 7: 356 Il A 6: 378 II A 30, 1 8A: 364 II A 30 II, 19: 366 II A 33, 4: 352 360 II A 33, 7: Il A 36 II, 17: 361 360 II A 36 II, 30: 353 II A 36 II, 64: II A 65, 2: 378 m AA, 94173: 363 m AA, 94!73B : 361 III AA, 94!73D: 363 III AA, 94!73E: 363 m AA, 94173I: 363 m AA, 94!73L: 363 m AA, 94/75/G: 348, 360 UDINE

BIBLIOTECA VESCOVILE 70: 441

VALENCIA

VALLADOLID

ARCHIVO MUNICIPAL Lletres missives, g3 19: 33 20: 33, 37 21: 39 Nota!es s. l :

33, 35

ARCHIVO GENERAL SIMANCAS leg. 60: 234

VENEZIA

ARCHIVIO DI STATO Podocataro 2: 172 5 : 875

Pmtocolos 6-1 : 36 7- 1 : 3 1

ARCHIVO DE REGISTROS NOTARIALES DEL REAL COLEGIO SEMINARIO DEL CORPUS CHRISTI (COLEGIO DEL PA­ TRIARCA) n. n. n. n. n. n. n. n. n. n. n.

16383: 19269: 19272: 21513: 22172: 22174: 22179: 23682: 25743: 26623: 28642:

39 42 42 49 43 36 35 28 39 49 39

Senato, Deliberazioni 32: 149

BIBLIOTECA NAZIONALE MARCIANA Lat. Class. X, CLXXIV-CLXXVI: 873 Mise. 2 165: 472

VITERBO

ARCHIVIO DI STATO Archivio notarile di Nepi 3 1 : 709-71 0

ARCHIVO DEL REINO

Clem, libro 1777: 33 libro 1 839: 33

Justicia Civil n. 660: 39 Manaments i empares n. l , ultima mano: 39 n. 14, mano 4: 37, 39 Pmtocolos n. 703: n. 1839: n. 1854: n. 1856: n. 2419:

43 33 50 50 39

BIBLIOTECA COMUNALE Cod. II C IV 380: 963 WASHINGTON

NATIONAL GALLERY Woodner Collection 1 99 1 . 190.I.h: 846

WIEN

ALBERTINA Az. Rom 750: 576


INDICI

1 041

INDICE DELLE FIGURE Pag. 265.

-

Xàtiva, Arxiu Històric de la Col·legiata, Fans incorporats, c. F-5, ff. 92v-93r.

Pag. 397. - Wien, Biblioteca Imperiale, La Lozana nel suo laboratorio. Pag. 407. - Roma, Bibl. Angelica, Inc. 4 (7), c. l r: Iohannes Franiscus Poggius, E­ pistola contra Savonarolam [Niirnberg, Ambrosius Huber, dopo il 19 a­ prile 1498], IGI 7945. Pag. 440. - Miinchen, Bayerische Staatsbibliothek, Giovanni Mercurio da Correg­ gio, Oratio ad sanctam crucem, [Eucharius Silber], Romae 1499. Pag. 516. - Roma, veduta di Campo dei Fiori con Palazzo Orsini (da Pianta di Ro­ ma di Antonio Tempesta, 1593). Pag. 517. - Roma, angolo tra Campo dei Fiori e piazza della Cancelleria, stemma di Alessandro VI. Pag. 518. - Roma, casa dei Bini in demolizione in via del Consolato (da Le demo­ lizioni in Roma di D. Gnoli, 1 888).

Pag. 519. - Roma, Banco Chigi, pianta (da !l banco di Agostino Chigi di D. Gnoli, 1 888). Pag. 520. - Roma, Banco Chigi, interni (da Il banco di Agostino Chigi di D. Gno­ li, 1 888). Pag. 566. - Roma, B argo Vaticano con la Meta Romuli prima dell' apertura della via Alessandrina, incisione, particolare (da Liber Cronicarum di Hartmann Schedel, 1493). Pag. 567. - Ricostruzione schematica del Borgo Vaticano con, in evidenza, il per­ corso della via Alessand1ina (disegno di M. Gargano). Pag. 568. - Giovanni Antonio Dosio, disegno della via Alessandrina, ( 1560-1569 ca.). Pag. 569. - Riproduzioni di monete romane con scene del congiarium. Pag. 570. - Adriano Fiorentino (attrib.), medaglia di Raffaele Riario, ante 1488 ca., Liberalitas (da A Corpus of 1talian Medals of the Renaissance before Cellini di G.F. Hill, 1930). Pag. 579. - Roma, S . Pietro, Porta Santa. Pag. 580. - Roma, S. Pietro, Porta Santa, particolare. Pag. 581 . - Roma, S. Pietro, Porta Santa, particolare.


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INDICI

INDICI

Pag. 582. - Roma, pianta del vecchio S. Pietro, particolare (da Basilicae Vaticanae antiquissima et nova structura di Tiberio Alfarano).

Pag. 754. - Roma, Galleria Nazionale di Palazzo Barbedni, Pedro Fernandez da Murcia, detto Pseudo Bramantino, Visione del beato Amedeo Menez da Sylva.

Pag. 583. - Roma, S. Pietro, vestibolo con Porta Santa, particolare (da Descrizione della basilica antica di S. Pietro di Giacomo Grimaldi).

Pag. 755. - Monterotondo, chiesa di S . Maria delle Grazie, interno.

Pag. 584. - Roma, S. Pietro, cappella del Sudario, particolare (da Descrizione del­ la basilica antica di S. Pietro di Giacomo Grimaldi). Pag. 585. - Augusta, Staatsgalerie, Hans Burgkmair, S. Pietro con Porta Santa, particolare. Pag. 586. - Roma, Vaticano, Appartamento Borgia, Sala dei Misteri, nicchia finta. Pag. 587. - Riproduzione della medaglia di Clemente VII per l'Anno Santo 1 525 (da Numismata summorum pontificum di Ph. Bonanni, 1 699).

Pag. 756.

-

Palombara Sabina, chiesa di S. Francesco, interno.

Pag. 757. - Antoniazzo Romano, Madonna della Pace (recto: Madonna con il Bambino), collezione privata. Pag. 758. - Antoniazzo Romano, Madonna della Pace (verso: San Bernardino da Siena), collezione p1ivata. Pag. 772. - Roma, Vaticano, Appartamento Borgia, Sala dei Santi, Pinturicchio, 1side tra Ermete Trismegisto e Mosè. Pag. 773. - Roma, Vaticano, Appartamento Borgia, Sala dei Santi, Pinturicchio, Ri­ trovamento delle membra di Osiride.

Pag. 588. - Città del Vaticano, Bibl. Ap. Vat., Vat. lat. 7721, Giovanni Colonna da Tivoli, schizzo della mensola della Porta Santa di B aldassarre Peruzzi, particolare.

Pag. 774. - Roma, Vaticano, Appartamento B orgia, Sala dei Santi, Pinturicchio, Adorazione di Apis, immagine corporea dell'anima di Osiride.

Pag. 589. - Paris, Musée du Louvre, Taddeo Zuccari, apertura della Porta Santa da parte di Giulio III, 1 550, particolare.

Pag. 775. - London, National Gallery, Filippino Lippi, Adorazione del vitello d'o­ ro.

Pag. 590. - Wien, Biblioteca Albertina, Az. Rom 750r, Anonimo della fine del ' 500, alzato della Porta Santa.

Pag. 776. - Roma, Vaticano, Appartamento Borgia, Sala dei Santi, Pinturicchio, Processione di Apis.

Pag. 591. - Wien, Biblioteca Albertina, Az. Rom 750v, Anonimo della fine del '500, Porta Santa, particolari.

Pag. 777. - Palestrina, Museo Archeologico Nazionale, mosaico del Nilo, partico­ lare.

Pag. 592. - Alzato dello stato attuale della Porta Santa (disegno di G. Diller).

Pag. 778. - Roma, Vaticano, Appartamento Borgia, Sala dei Santi, fregio con bas­ sorilievi, particolare.

Pag. 635. - Città del Vaticano, Bibl. Ap. Vat., Barb. lat. 4424, f. 1 9v, Giuliano da Sangallo, disegno dell' arco di Costantino. Pag. 636.

-

Città del Vaticano, Bibl. Ap. Vat. , Barb. lat. 4424, f. 35r, Giuliano da Sangallo, disegno del quadrilatero adrianeo.

Pag. 637. - London, Soane Museum, codex Coner, f. 75r, n. 96, disegno dell' ordi­ ne gigante d' angolo del quadrilatero adrianeo (Andreas Coner, attrib.). Pag. 638. - Città del Vaticano, Bibl. Ap. Vat., Barb. lat. 4424, f. 9r, Giuliano da Sangallo, disegno del capitello di Castel S . Agnolo al Pilastro. Pag. 639. - Andrea Mantegna, Trionfo di Giulio Cesare in Gallia (tela 1 : Trombet­ tieri, portatori di insegne e vessilli).

Pag. 750. - Città del Vaticano, Bibl. Ap. Vat., Vat. lat. 5407, f. 80 (olim f. 1 52), Ciacconius, Il beato Amedeo. Pag. 751 . - Ponticelli, chiesa di S. Maria delle Grazie, interno.

Pag. 752. - Ponticelli, convento di S. Maria delle Grazie, cappella nell' orto, Ano­ nimo pittore laziale, Il beato Amedeo. Pag. 753. - Montorio Romano, eremo di Sant' Angelo.

Pag. 779. - Roma, Vaticano, Appartamento Borgia, Sala dei Santi, fregio con bas­ sorilievi, particolare. Pag. 797.

-

Antonio Salamanca, Castel Sant'Angelo, veduta frontale, incisione 1545.

Pag. 798. - Bartolomeo Faleti, Castel Sant'Angelo, veduta laterale (Appartamento di Alessandro VI, particolare) incisione, 1 557.

Pag. 799. - Mi.inchen, Bayerische Staatsbibliothek, Clm. 7 1 6, f. 163r, Liber antiquitatum cum epigrammatibus. Pag. 800. - Besançon, Bibliothèque Municipale, ms. 1219, f. 63v. Pag. 801. - Besançon, Bibliothèque Municipale, ms. 1219, f. 64r.

Pag. 815. - Roma, S. Maria sopra Minerva, cappella Carafa, Filippino Lippi, Il mi­ racolo del crocefisso parlante. Pag. 816. - Roma, Vaticano, Apppartamento Borgia, Sala dei Santi, Pintmicchio, Disputa di s. Catarina. Pag. 817. - Roma, Vaticano, Appartamento Borgia, Sala dei Santi, Pinturicchio, Disputa di s. Catarina, (Ritratto del principe Djem, particolare).


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INDICI

INDICI

Pag. 818. - Roma, Vaticano, Appartamento Borgia, Sala del Credo, Bottega del Pinturicchio, Allegoria della Pace.

Pag. 910. - Amsterdam, Rijkmuseum, Giuliano da Sangallo, Ritratto di Piero di Cosimo.

Pag. 819. - London, British Museum, medaglia di Costanzo Il.

Pag. 91 1. - Roma, Vaticano, Appartamento Borgia, Sala dei Santi, Pinturicchio, Disputa di s. Catarina, (Ritratto di Antonio da Sangallo, particolare).

Pag. 834. - Roma, S. Gregorio al Celio, atrio, monumento sepolcrale di Antonio e Michele B onsi (1498- 1500 ca.), particolare. Pag. 835. - Roma, S. Maria sopra Minerva, transetto sinistro, monumento sepolcrale di Andrea Bregno (1504-1506 ca.), particolare della parte superiore. Pag. 836. - Roma, S . Gregmio al Celio, atrio, monumento sepolcrale di Antonio e Michele B onsi (1498-1500 ca.), particolari. Pag. 851 .

-

Ricostruzione della parete sinistra della cappella Carafa.

Pag. 852. - Ricostruzione del sepolcro nel sacello funerario. Pag. 853. - Roma, Vaticano, Appartamento Borgia, Sala delle Sibille, Raffaellino del Garbo, Morte di Virginia e Corteo di figure laureate. Pag. 854. - Roma, S. Maria sopra Minerva, cappella Carafa, sacello funerario, Raf­ faellino del Garbo, Morte di Virginia. Pag. 855. - Roma, Vaticano, Appartamento Borgia, Sala delle Sibille, Raffaellino del Garbo, Rivolta e Scena di sacrificio. Pag. 856. - Roma, S. Maria sopra Minerva, cappella Carafa, sacello funerario, Raf­ faellino del Garbo, Rivolta. Pag. 857. - Roma, S. Maria sopra Minerva, cappella Cm·afa, sacello funerario, Raf­ faellino del Garbo, Corteo di figure laureate. Pag. 858. - Roma, Vaticano, Appartamento Borgia, Sala delle Sibille, Raffaellino del Garbo, Apprestamento del sacrificio del toro e Sacrificio presso un'ara. Pag. 859. - Roma, S . Maria sopra Minerva, cappella Carafa, sacello funerario, Raf­ faellino del Garbo, Apprestamento del sacrificio del toro. Pag. 871 . - Madrid, Biblioteca Nacional, Il cardinale Bernardino Carvajal, inci­ sione del XVI sec. (da Brf!mante en Espaiia di F. Marias) . Pag. 890. - Roma, sito del palazzo Podocataro (da Pianta di Roma di Antonio Tem­ pesta, 1593 e Giovanni Moggi, 1625). Pag. 891 . - Roma, palazzo Podocataro, veduta della loggetta. Pag. 892. - Roma, S. Maria del Popolo, monumento funebre di Ludovico Podoca­ taro, insieme. Pag. 892. - Roma, S. Maria del Popolo, monumento funebre di Ludovico Podoca­ taro, Compianto, particolare. Pag. 893. - Roma, S. Maria del Popolo, sacrestia, Andrea Bregno, altare maggiore. Pag. 894. - Roma, S. Maria del Popolo, Santa Caterina dal dossale De Pereris.

Pag. 912. - Roma, Vaticano, Appartamento Borgia, Sala dei Misteri, Pinturicchio, Papa Alessandro Borgia, particolare. Pag. 913. - Città del Vaticano, Pinacoteca, Melazzo da Forlì, Ritratto di Giuliano Della Rovere, particolare. Pag. 914. - Rocca di Civita Castellana, cortile. Pag. 915. - Savona, palazzo Della Rovere, facciata.


Finito di stampare nel mese di dicembre 2001 dalla Union Printing SpA


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