PARTE SECONDA
STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO UFFICIO STORICO
ALBERTO ROVIGHI
LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE (Giugno 1940-Novembre 1941)
VOLUME I
NARRAZIONE PARTE SECONDA
ROMA 1995
,
INDICE GENERALE Presentazione .
Pag. III
ABBREVIAZIONI ED AVVERTENZE
Pag.
V
1. La guerra in A.O.I.: una campagna poco o male conosciuta
>>
VII
2. Una sintesi degli avvenimenti nel quadro del conflitto mondiale (1 O giugno 1940 - 28 novembre 1941)
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X
CAPITOLO XV · LE OPERAZIONI NEL TERRITORIO DELL'HARAR E LA RESA DI ADDIS
ABEBA. I. Il terreno
Pag. 301
.
2. Il concentramento delle forze del Somaliland sul territorio di Harar 3. I combattimenti sulle posizioni di Passo Mar da .
4. Arretramento sulla linea del fiume Auasc e cessione di Harar quale città aperta
5. La resa di Addis Abeba e il ripiegamento nel Galla e Sidama CAPITOLO XVI
Pag. 301
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302
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306
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308
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316
- LE DECISIONI DEL COMANDO SUPERIORE DELLE FORZE ARMATE NELL' A.O.I. DINNANZI AL PROGREDIRE DELLE OFFENSIVE BRITANNICHE; LA COSTITUZIONE DEL RIDOTTO DESSIÈ-ALAGI; LA BATTAGLIA DI COMBOLCIÀ; LA FINE DELLA REPag. 323 SISTENZA SULL'AMBA ALAGI .
LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
1. Le decisioni del Comando Superiore delle Forze Armate nell'
A.O.I. dinnanzi al progredire delle offensive britanniche Pag. 323
2. La costituzione del ridotto Dessiè-Amba Alagi
))
328
3. La battaglia di Combolcià e la resa di Dessiè .
»
333
4. L'attacco avversario contro l'Amba Alagi
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339
PARTE IV LA RESISTENZA NEI «RIDOTII» FINO AL NOVEMBRE 1941 E LE OPERAZIONI OFFENSIVE BRITANNICHE
VOLTE A COMPLETARE L'OCCUPAZIONE DELL' A.O.I. (Maggio-Novembre 1941) CAPITOLO XVII
- UN QUADRO GENERALE DELLE FORZE ITALIANE SUPERSTITI IN A.O.I. E DELLA LORO SITUAZIONE, LA ELIMINAZIONE DEI NUCLEI MINORI IN MIGIURTINIA E IN DANCALIA.
Pag. 349.
Pag. 351
I. Le forze italiane superstiti e la loro situazione dopo la cadu-
ta dell'Amba Alagi .
Pag. 351
2. Gli avvenimenti in Migiurtinia
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3. Gli avvenimenti in Dancalia .
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353
CAPITOLO XVIII - LE OPERAZIONI NEL GALLA E SIDAMA
Pag. 357
I. II terreno
Pag. 357
.
2. Le forze contrapposte
»
359
3. Le operazioni nel Galla e Sidama fino al dicembre ,1940 Pag. 364 4. Le operazioni dal dicembre '40 fino alla fine del marzo 1941,
cioè fino alla caduta della linea del!' Auasc e la resa di Addis Abeba .
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368
5. Le operazioni dall'aprile al luglio 1941: dall'isolamento alla resa
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374
INDICE GENERALE
a. La situazione dello Scacchiere Sud ai primi di aprile 1941
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b. L'aumento della pressione avversaria, particolarmente sulla zona di sinistra Omo .
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376
c. L'attacco avversario alla zona di «sinistra Omo» . (I) L'attacco alla 25a Divisione sul fronte settentrionale
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379
della «sinistra Omo»: la battaglia dei piccoli Laghi
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fronte meridionale della «sinistra Omo»
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(a) La situazione del fronte meridionale della «sinistra Omo» ai primi di aprile .
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(2) Le offensive contro le Divisioni 24a, 21 a e 101 a, sul
(b) Le operazioni sul fronte della 24a Divisione: la
bàttaglia di Uadarà (c) Le operazioni sul fronte della 21 a Divisione: il combattimento di Fincioà . (d) Le operazioni sul fronte della lOP Divisione . (e) La marcia all'Omo Bottego delle Divisioni di «sinistra Omo» . d. Le operazioni nella zona .«centrale» (1) Il «fronte nord-est»
»
{2) La resa di Gimma
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(3) II fro.n te occidentale della zona <<centrale» (22 a Divisione)
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415
e. Le operazioni nella zona «Didessa-Dabus» {l) La situazione ai primi di maggio 1941 (2) Le operazioni sul fronte Orientale della zona «Didessa-Dabus» (26a Divisione) . (3) Le operazioni sui fronti occidentale e meridionale della zona «Didessa-Dabus» e la fine delle operazioni CAPITOLO XIX - LE OPERAZIONI NELL'AMARA
Pag. 425
l. Contrazione delle forze e operazioni periferiche di colonne
.,
e presidi isolati . Oro::ini77::17ionP.
òP.I sistema difensivo dell'Amara .
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572
LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
3. Provvedimenti attuati in campo logistico per potenziare la resistenza del ridotto
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4. Le forze avversarie .
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5. L'attacco avversario al sistema difensivo dell'Amara .
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444
a. L'attacco al caposaldo di Celgà .
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b. La caduta del ridotto di Debra Tabor . c. La prolungata resistenza di Uolchefit-Debarech.
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d. L'investimento del ridotto centrale e dei suoi caposaldi
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451
e. La battaglia di Gondar . (I) Terreno e forze contrapposte . (2) Azioni preliminari (3) L'attacco alla Piazza di Gondar (4) La resa dei presidi esterni il 28 novembre 1941 .
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460 460
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463 463 467
CAPITOLO XX - CONSIDERAZIONI E CONCLUSIONE
Pag. 469
BIBLIOGRAFIA
Pag. 505
INDICE DEI NOMI DI PERSONA
Pag. 515
INDICE DEI REPARTI ITALIANI
Pag. 521
INDICE DEI REPARTI BRITANNICI
Pag. 531
INDICE DELLE LOCALITÀ
Pag. 535
··-- - - .
INDICE DELLE CARTE E DEGLI SCHIZZI
INDICE DEGLI SCHIZZI NEL TESTO
»
303
n. 39 - Zona di Passo Marda e di Passo Babile
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307
n. 40 - I ripiegamenti su Dessiè e sull'Amba Alagi
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334
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335
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340
43 - Gli avvenimenti in Dancalia (aprile-luglio 1941) e in Migiurtinia (maggio 1941)
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354
n. 44 - Le operazioni contro il Galla e Sidama: puntate offensive britanniche nel febbraio-marzo 1941
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366
n. 45 - Le operazioni contro il Galla e Sidama: situazione ai primi di maggio 1941
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378
46 - Le operazioni nel Galla e Sidama: le operazioni della zona 'sinistra F. Omo' .
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380
n. 47 - Le operazioni nel Galla e Sidama: zona centrale (fronte nord-est)
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396
48 - Le operazioni nel Galla e Sidama: zona centrale (fronte occidentale)
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403
n. 49 - Le operazioni nel Galla-Sidama: zona Didessa- Dabus (fronte orientale)
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436
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453
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464
Il.
Il.
38 - Le operazioni nel territorio dell'Harar: lineamenti generali
41 - La battaglia di Combolcià
n. 42 - L'attacco all'Amba Alagi Il.
Il.
Il.
n. 50 - Le operazioni nel Galla-Sidama: zona Didessa-Dabus (fronte occidentale) . n. 51 - Le operazioni nell'Amara: ripartizione militare del territorio al 5 aprile 1941 . n. 52 - Organizzazione del sistema difensivo del!' Amara . Il.
53 - I combattimenti di Culquaber e di Fercaber .
n. 54 - La battaglia di Gondar (24-27 novembre)
PROPRIETĂ&#x20AC; R!St:RVATA Tulli i dirirri riservati Vierata la riproduzione anche parziale senza autorizzazione
Š Ufficio Srorico SME - Roma 1988
Ja Edizione - Roma 1988 2a Edizione - Rmna 1995
Tipografia Fusa Editrice S.r. l. - Rom;,1 Via di Malagr'otta, 293 - 00050 Pome G aleria Finito di Swmpare - 011obrc 1995
PRESENTAZIONE Con questa pubblicazione «Le Operazioni in Africa Orientale 1940-41» l'Ufficio Storico prosegue nel suo programma di rielaborazione ed approfondimento delle attività che hanno visto impegnato l'Esercito Italiano nel corso della seconda Guerra Mondiale. La descrizione dei fatti d'arme nei vari Scacchieri del grande Teatro Operativo del «corno d'Africa» fu, a suo tempo, curata molto validamente dal Col. Ugo Leone nella monografia dal titolo «La guerra in Africa Orientale 1940-41» edita nel 1951. Cosicché, per quanto concerne la pura narrazione delle vicende belliche sono state apportate soltanto alcune varianti minori, suygerite da altri documenti emersi o dalla disponibilità odierna delle Relazioni Ufficiali degli Eserciti che furono allora nostri avversari. È stato, invece, approfondito l'esame delle condizioni poste dall'avversario, da/l'ambiente e dalle specifiche situazioni temporali, nell'intento di acclarare le circostanze e le difficoltà di fronte alle quali comandanti e truppe ebbero a confrontarsi. È stata, soprattutto, portata particolare attenzione sulla genesi
delle decisioni strategiche, e condotto un esame critico, ma sereno delle operazioni al precipuo scopo di rispondere ai molti interrogativi che sono emersi dall'andamento di questa campagna. A suo tempo, un partecipante in vista agli avvenimenti in quel Teatro ebbe a dire - leggendone la bozza della prima edizione - che dall'esame delle vicende non risultava nè come, nè quando, nè perché il conflitto in Africa Orientale si fosse concluso con i nostri insuccessi nè se vi f assero stati errori o colpevolezze, nè a chi essi potessero farsi risalire, nè - infine - se sarebbe stato possibile conseguire qualche diverso risultato. D'altra parte, non meno critici sulla condotta impressa alle operazioni dai nostri comandi sono stati, durante il conflitto, autorevoli commentatori stranieri, i quali - peraltro hanno più recentemente·rivisto i loro giudizi esprimendosi in modi meno sfavorevoli.
IV
1, E OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
Il generale Alberto Rovighi, per molti anni valente insegnante di Storia Militare alla nostra Scuola di Guerra, risponde senza infingimenti e debolezze a questi interrogativi: in modo credibile, obiettivo, convincente. A lui l'apprezzamento e la gratitudine dell'Ufficio Storico.
IL CAPO UFFICIO STORICO
ABBREVAZIONI ED AVVERTENZE PRINCIPALI ABBREVIAZIONI USATE NEL TESTO O NEI DOCUMENTI:
artiglieria artiglieria someggiata
a. a. som. Aba A.O.I.
= = Addis Abeba
Africa Orientale Italiana brigata
brg. btg. btr. C.A. cav. CC.NN. col. Comando Superiore
=
cp. Div.
= = = = fanteria
E.A.(Brg.) f.
FF. AA. g. G.C.(Brg.) gen. gr. leg.
= = =
battaglione batteria Corpo d'Armata cavalleria Camicie Nere coloniale; se dinanzi a nome = colonnello Comando Superiore Forze Armate dell' A.O.I. compagnia Divisione Est Africa (Brigata Est Africana) Forze Armate genio Gold Coast (Brigata Costa d'Oro)
= = = generale = gruppo
KAR
= · legione = Kings's African Rifles = fucilieri africani
Min. A.I.
del re. = Ministero Africa Italiana
VI
LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
Nig. (Brg.)
=
rgpt.
= raggruppamento
rgt. S.A. (Brg. o Div.)
= =
SMG (o Stamage)
Niger (Brigata Nigeriana) reggimento South Africa (Brigata o Divisione Sud Africana)
Stato Maggiore Generale
SMRE = Stato Maggiore Regio Esercito Supercomando A.O.I.;;;: Comando Superiore Forze Armate dell' A.O.I.
T.I.O.
= Terre Italiane d'Oltremare
1ND1CAZ10NE DEI REPARTI
Brigate e battaglioni italiani sono indicati con numeri romani; i reparti britannici sono indicati sempre con numeri arabi, eccetto che le compagnie indicate con lettera alfabetica maiuscola (es.: squadrone B del Royal Tank Regiment).
SIMBOLI DELLE UNITÀ Negli schizzi sono impiegati ì simboli allora vigenti, il cui significato è riprodotto in "legenda".
TOPONOMASTICA
Per la topomastica nel testo ci si è attenuti, dì norma, alla grafia adottata dal servizio cartografico del Ministero dell'Africa Italiana nella carta l :2.000.000, aggiornata al'31 dicembre 1939, e dall'Istituto Geografico Militare nella carta l :1.000.000 ediz. 1935; per i documenti è conservata la grafia degli originali.
CAPITOLO XV
LE OPERAZIONI NEL TERRITORIO DELL'HARAR E LA RESA DI ADDIS ABEBA l. IL TERRENO
Il territorio dell'Harar (scacchiere est) è geograficamente costituito da un esteso piano inclinato che dal suo margine più elevato, corrispondende alla linea del fiume Auasc, digrada, ad est ed a nord, verso il mare, ed a sud, verso il bacino dell'Uebi Scebeli, con altitudine media tra i 1.600 metri (Giggica) ed i 1.300 (Hargeisa). L'ossatura montagnosa della regione si eleva però in alcuni tratti oltre i 3.000 metri ed è orientata in linea generale da ovest a est. Schematicamente questa parte elevata può essere rappresentata da una croce orizzontale di cui l'asse più lungo ha origine dai monti Gugù e per i monti del Cercer, raggiunge il passo Marda, ove si deprime ripidamente nella piana di Giggica, per risollevarsi poi, dopo Hargeisa, verso Sheikh. L'asse più corto della croce, a sua volta, corrisponde all'insieme delle pieghe collinose che corrono parallele al vecchio confine col Somaliland, fino circa all'altezza di Bagiagia per ripiegare poi, in direzione sud-est, verso Hargeisa e Darboruk. Fra questa fascia orientale e le propaggini dei monti del Cercer, che come è sopra detto precipitano al passo Marda allargandosi considerevolmente, si apre una vasta pianura che dalla zona di Dagabur (limite settentrionale della Somalia), per Giggica e la valle Harraua, raggiunge la base meridionale della pianura dancala, su cui corrono le comunicazioni ferroviaria e rotabile fra la Costa Francese dei Somali ed Addis Abeba. A ovest del solco dell' Auasc, proseguito verso sud dalla depressione dei laghi, il terreno sale rapidamente verso l'Altopiano Etiopico e la regione dello Scioà, il cui accesso più agevole è quello seguito
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302
LE OPE RAZIONI IN AFRICA ORIENT AL.E
dalla rotabile e dalla ferrovia dirette ad Addis Abeba. Da questa località si dipartono a raggera le migliori comunicazioni dirette all'interno dell'Altopiano: a nord, verso Dessiè ed Asmara; a nord-ovest verso il Goggiam e la città di Gondar; ad ovest, verso Lechenti, Ghimbi e Gambela; a sud-ovest verso Gimma. Il territorio dell'Harar costituisce, quinqi, la via più diretta al cuore dell'Etiopia; peraltro esso presenta difficoltà di accesso in corrispondenza del Passo Marda e dei passi a questi prossimi, nonché del solco dell'Auasc, che offrono buone possibilità di sfruttamento ai fini difensivi. L'occupazione di Addis Abeba da parte inglese costituiva un obiettivo importante, a parte le ripercussioni politiche e propagandistiche, in quanto avrebbe permesso di separare le forze italiane superstiti ed offerto molteplici possibilità ulteriori d'azione.
2. IL CONCENTRAMENTO DELLE FORZE DEL SOMALILAND SUL TERRITORIO Dl HARAR
Alla data del 10 marzo, le truppe dislocate nell'Hararino raggiungevano la cifra di 26.000 coloniali e 5.000 nazionali. Questi ultimi (fatta eccezione delle uniià di artiglieria non appartenenti alle brigate coloniali, del II battaglione M. V.S.N ., già esistenti anteriormente alla mobilitazione, e del DIV battaglione cc. nn. costituito con richiamati) erano per la maggior parte autisti, nuclei di specialisti del genio, carabinieri, guardie di finanza, e militi della P. A. I. distribuiti fra i vari presidì del territorio nonché avieri rimasti senza impiego dopo la perdita di gran parte degli apparecchi. Lo schieramento delle nostre forze, schematicamente, comprendeva (schizzo n. 38): -
una linea avanzata, costituita da un sottile cordone che partendo dalla costa dancala, fasciava la colonia francese dei Somali fino al mare, per proseguire poi lungo la costa della Somalia Britannica, fino alla Migiurtinia. Questo cordone era alquanto più consistente in corrispondenza dei due porti di Zeila e Berbera, sia a motivo della forza dei rispettivi presidi, sia pei rincalzi dislocati a tergo, lungo le due principali vie di comunicazione che allacciano dette località all'Hararino;
HARAR E RESA ADDIS ABEBA
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304
LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
-
una ristretta linea arretrata, limitata allo sbarramento materiale della sola strada Giggica-Harar, mediante due nuclei dislocati, l'uno dietro l'altro, in corrispondenza del passo Marda e della stretta di Babile;
-
un grosso nucleo, raccolto nella zona di Dire Daua, costituito: in parte, da una riserva mobile, orientata verso la predetta direttrice, ed, in parte, da un agglomerato di truppe varie addensate nell' interno della città. Solo l'accesso orientale di Dire Daua era sorvegliato da piccoli reparti posti a guardia delle interruzioni che si stavano approntando sulla pista per Aiscia.
Presidi vari, distribuiti su tutto il resto del territorio , avevano essenzialmente lo scopo di fronteggiare la situazione interna. Era stata inoltre assegnata al territorio dell'Harar la XIV brigata coloniale che, da Addis Abeba, doveva giungere in ferrovia a Dire Daua. Col giungere dei Britannici nella piana di Giggica, lo sparpagliamento di una parte notevole delle nostre forze dello scacchiere nel Somaliland, territorio facilmente isolabile, appariva al nuovo comandante (gen. de Simone) non più rispondente alle esigenze operative del momento. Era necessario provvedere innanzi tutto a sbarrare gli accessi alla ferrovia di Gibuti che l'avversario avrebbe potuto raggiungere rapidamente attraverso la piana di Giggica e la valle dell' Harraua (con o senza il concorso di forze sbarcate a Berbera) assicurandosi una più diretta e comoda linea di rifornimento dal mare per le ulteriori operazioni sulla capitale. Pertanto il Comando scacchiere chiedeva ed otteneva l'autorizzazione di arretrare e raccogliere, per destinarle al compito di cui sopra, le truppe di occupazione del Somaliland che agli ordini del gen. Bertello, comprendevano la LXX brigata coloniale, 2 gruppi dubat e artiglierie varie. Nella zona a sud-ovest di Zeila era inoltre dislocata la XVII brigata che veniva pure arretrata. Le successive disposizioni furono intese a organizzare un'ampia fronte difensiva avanzata ad arco con la convessità rivolta ad est e a sud-est. Tale fronte: -
dal lago Abbé, doveva seguire dapprima il confine della colonia francese dei Somali e poi, per lungo tratto, il nostro vecchio confine con il Somaliland fino a Bagiagia; qui ripiegava ad angolo
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305
retto con direzione ovest, traverso alla piana di Harraua, fino a raggiungere Sciavelli, pilastro avanzato verso est dalla regione elevata di Goggiar, in modo da fronteggiare le minacce da est (Somaliland) e da sud (Giggica); -
da Goggiar doveva proseguire pel passo Marda fino al passo Dandi, da dove doveva ripiegare nuovamente verso ovest, tagliando tutti gli accessi all'abitato di Hamu, sia dalla piana di Giggiga che dai bacini dei torrenti Fafan, Dacata e Errer.
Dovevano essere materialmente presidiati soltanto quei tratti delle estese posizioni di prima linea che costituivano punto di obbligato passaggio per le principali vie di comunicazione. La piazza di Dire Daua, nella eventualità che il nemico fosse riuscito ad aprirsi la strada attraverso uno o entrambi gli antistanti settori Harraua (gen. Bisson) ed Harar (gen. Santini), doveva mettersi in condizione di resistere a oltranza agli attacchi contro uno o più dei suoi quattro fronti; avrebbe potuto contare sul rinforzo di una parte almeno delle truppe in ripiegamento. Mentre questo piano di organizzazione e preparazione si andava febbrilmente attuando, il nemico addensava le sue unità motorizzate e meccanizzate della 11 a divisione africana nell'ampia boscaglia a sud di Giggica e non lungi dall'abitato stesso e costringeva un nostro distaccamento autocarrato di retroguardia ad arretrare. Il giorno 14 marzo, la XVII brigata (col. Agosti) e la LXX (gen. Graziosi) iniziavano il movimento prestabilito rispettivamente su Bio Gurguré e su Gogti. Per la XVII il movimento, breve e sicuro, si compì ordinatamente senza defezioni e nel tempo previsto. La LXX invece (raccolta nella zona di passo Godayere) incontrò difficoltà non lievi, sia perché la colonna fu costretta a deviare dall'itinerario in cerca di acqua e di copertura, sia perché venne molestata dall'aviazione e da ribelli ai quali si erano uniti nostri disertori carichi di bottino. Per proteggere la colonna da sorprese dalla parte del mare furono lasciati il I battaglione arabo-somalo, I batteria da 120/25, e I batteria da 20 mm. a Berbera, ed I reparto dubat (meharisti) a Bulhar, con il compito di ostacolare eventuali sbarchi nemici. Nella notte sul 15 marzo, mezzi speciali britannici sbarcavano truppe e carri armati leggeri alle due estremità dell'abitato di Berbera.
306
LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
Lo sbarco era stato preparato e protetto dal fuoco di artiglieria di alcune navi da guerra apparse improvvisamente, prima dell'alba, davanti al porto. I difensori superstiti vennero in parte fatti prigionieri e condotti a bordo delle navi, in parte si gettarono attraverso la boscaglia e riuscirono a sfuggire alla cattura.
3. I COMBATTIMENTI SULLE POSIZIONI DI PASSO MARDA (schizzo n. 39)
Divenuto ormai padrone assoluto della piana di Giggica, il nemico intensificava l'azione aerea sulle nostre posizioni, sul campo d' aviazione di Dire Daua e sull'abitato di Harar, agevolato dalla possibilità di utilizzare i campi avanzati di Hergeisa e di Giggica. Contemporaneamente, suoi elementi blindati si spingevano verso Bagiagia e verso il passo Marda. Il giorno 17, il passo Marda veniva attaccato con notevoli forze, parte delle quali tentavano l'aggiramento della difesa risalendo le pendici laterali del passo. Contrattaccate dai rincalzi del XXXVIII battaglione e dal I gruppo dubat, ripiegavano con perdite. Lo stesso giorno, la pressione di reparti corazzati britannici veniva a gravare sul presidio di Goggiar. L'indomani, formazioni motomeccanizzate, adunate nella piana, erano efficacemente battute dai nostri cannoni da 105, mentre ripetuti tentativi di reparti del!' 11 a divisione sud-africana di aggirare le ali della nostra difesa venivano nuovamente frustrati. Nella notte sul 19, però, il XXXVIII battaglione, uno dei nostri migliori reparti coloniali, di vecchia formazione, ben inquadrato e valorosamente comportatosi nella conquista del Somaliland, abbandonava improvvisamente le posizioni avviandosi in massa verso il nemico. Sul passo Marda: ove erano rimasti solo pochi graduati di razza eritrea e le armi pesanti che gli ufficiali erano riusciti a salvare, veniva trasferito, in autocarro da Babile, il XX battaglione di razza eritreo-amara; ma il fatto, venuto in breve a conoscenza degli altri reparti di colore, prevalentemente somali, aveva gravi ripercussioni: nel IV, nel VI e piÚ particolarmente nel CI gruppo dubat le diserzioni assunsero un ritmo preoccupante.
HARARE R
12. Le O~')Cra.iioni in Af11ca , Orientale . Voi. J
A ADDIS ABEBA
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
Nei giorni 19 e 20, la resistenza delle nostre truppe veniva nuovamente provata al passo Marda ed a Giggiar, ma il nemico era, ancora una volta, respinto e subiva perdite in uomini e materiali, specialmente notevoli al passo Marda, ove reparti del XX battaglio..: ne, sostenuti da vigorosa azione di artiglieria, passavano al contrattacco. Attorno a Giggica, intanto, continuavano ad affluire lunghe colonne di carri armati, autoblindo, camionette e artiglierie autoportate; mentre la nostra aviazione non era in grado di intervenire, quella avversaria impunemente portava la sua offesa sulle nostre posizioni e sulle nostre strade spezzonando e mitragliando a bassa quota anche singoli automezzi ed individui. Al mattino del 21, preceduti ed accompagnati da violenta azione di artiglieria e appoggiati dall'aviazione, i Britannici attaccavano l'intero fronte da Goggiar a passo Dandi. La nostra artiglieria reagiva efficacemente ed il XX battaglione passava più volte al contrattacco, riuscendo a mantenere intatte le sue posizioni; ma, verso mezzogiorno, le rilevanti diserzioni avvenute nel CI gruppo dubat, schierato sulla sinistra, consentivano all'avversario di raggiungere, da quella parte, la cresta. Nella notte, la situazione peggiorava perché i Britannici si accingevano, dall11 posizione conquistata, a discendere verso il piano per cadere sul rovescio del XX battaglione e tentavano di completare l'accerchiamento del reparto muovendo anche dal passo Dandi che avevano, nel frattempo, occupato in seguito all'improvvisa diserzio· ne dei dubat che lo presidiavano. Il comando scacchiere, al quale era stato assegnato fin dal giorno 18 il compito di organizzare la resistenza ad oltranza sul solco dell' Auasc avvalendosi delle posizioni intermedie per condurre una manovra ritardatrice, ordinava di ripiegare, nella notte stessa, sulle posizioni di Babile. L'operazione poteva svolgersi senza serie molestie da parte del nemico.
4. ARRETRAMENTO SULLA LINEA DEL FIUME AUASC E CESSIONE DI HARAR QUALE CITTÀ APERTA
La situazione generale delle forze nostre e nemiche in tutta l'A.O.I. ed il propagarsi delle defezioni fra i reparti di colore avevano già, come si è detto, indotto il Comando Superiore a ordinare al
HARAR E RESA ADDIS ABEBA
309
comandante dello scacchiere est, in Dire Daua, di raccogliere tutte le fo rze del territorio dell'Harar sulla linea del fiume Auasc, fra il M. Dofan e le alture di Mecciara, nel Cercer, col compito di arrestarvi il nemico indubbiamente tendente alla capitale. Dallo Scioa venivano intanto avviati sull'Auasc il comando della divisione «Granatieri di Savoia» (gen. Liberati) con una compagnia del battaglione mitraglier,i della divisione stessa <1); il 210° reggimento fanteria «d'Africa>> <2); un gruppo bande scioane e artiglierie varie <3). Il gruppo bande, in seguito a bombardamento aereo del convoglio ferroviario che, a scaglioni, lo avvicinava all' Auasc (31 marzo), giungerà nella zona quando i nostri avranno abbandonata la linea del fiume. In conseguenza dell'ordine ricevuto, il gen. de Simone disponeva, il 19 marzo, per l'occupazione e l'organizzazione della nuova fronte che venne divisa in due settori: settore Auasc (gen. Liberati) e settore Cercer (gen. Santini); linea di resistenza: M. Dofan-fiume Auasc-M. Cumbi - Mecciara. Per raggil,!ngere la nuova linea nelle migliori condizioni per affrontare il nemico, venivano indicate successive linee di sbalzo e stabiliti i seguenti itinerari: a) Bio Gurguré-Dire Daua-Miesso-Auasc: assegnato alle truppe del
settore Harraua e della piazza di Dire Daua e, a partire da Dire Daua, alla sola parte autocarrata delle truppe del settore Harar; b) passo Marda-Harar-lago Faramaia-Carsà- Asba Littorio-Mec-
ciara: assegnato alle truppe a piedi ed eccezionalmente a qualche elemento autocarrato del settore Harar. In armonia alle disposizioni date, mentre le truppe del settore Harar trattenevano il nemico davanti alle posizioni di passo Marda, Babile e del Bisidimo, un ansioso, febbrile e ininterrotto movimento di truppe a piedi, di autocolonne e di convogli ferroviari si svolgeva fra la fronte del settore Harraua e le località arretrate che le truppe dovevano raggiungere. (I) I reggimenti della divisione erano stati impiegati a Cheren {I 1°) ed a Ad Teclesan (10°). (2) I reggimenti 210° e 211 ° erano stati costituiti con richiamati all'atto della mobilitazione; disponevano ciascuno di due soli battaglioni. (3).. I batteria da 37 mm. (6 pezzi anticarro); 1 gruppo da 105/28 (12 pezzi); I gruppo da 77128 (8 pezzi); I gruppo da 65/ 17 som. (8 pezzi); 1 batteria da 75/ A da pos. (4 pezzi).
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LE OPERAZ IONI IN AFRI CA ORIENT ALE
La manovra di ripiegamento ebbe regolare attuazione fino al raggiungimento della linea Dire Daua-Babile. Essa non sfuggì però al nemico che cercò di ostacolarla con azioni aeree, ma si astenne da ogni azione terrestre, preferendo addensare i propri mezzi contro il settore Harar per sviluppar_e su questa unica direzione tutto il suo sforzo. A Dire Daua, però, un pericolo, più insidioso dello stesso nemico, era in agguato: la diserzione, malanno contagioso, già da tempo in incubazione fra le truppe somale, che rapidamente si diffuse non risparmiando alcun reparto, fomentato dall'incubo che il territorio abbandonato sarebbe stato presto occupato dall'invasore. Neppure la XVII brigata, la più omogenea fra quelle dell'intero scacchiere e la sola che aveva conservato quasi integralmente la sua costituzione e forza organica (circa 3.500 uomini), rimase immune al contagio, e la sera stessa del suo arrivo in Dire Daua, essa cominciò ad avere le prime diserzioni che limitate dapprincipio, come nelle altre unità, a qualche centinaio di casi, andarono rapidamente crescendo, sino a ridurre la forza in un paio di giorni a meno di 1000 uomini. Come già accennato, nella notte dal 21 al 22 marzo, le truppe del settore passo Marda avevano ripiegato sulle posizioni di Babile (generale Sirigatti). La giornata del 22, venne impiegata dall'avversario a ristabilire il transito sulla strada interrotta e portare avanti le proprie forze, mentre l'aviazione effettuava sulle nostre posizioni bombardamenti. Durante la notte sul 23, profonde colonne nemiche, a fari accesi, si avvicinarono alle nostre posizioni. Verso l'alba, una nostra pattuglia di CR 133 si portò sulla zona e lasciò cadere alcune bombe ben centrate, ma, data la vastità del bersaglio, i risultati furono modesti ed il nemico continuò a serrar sotto (I). Nelle prime ore del mattino, quando carri e autoblindo furono più vicini e più numerosi, le compagnie di un battaglione presidiario coloniale, prese dal panico, abbandonarono la linea e si dispersero nella boscaglia. Le truppe britanniche, che seguivano le unità meccanizzate, poterono così agevolmente occupare la nostra posizione avanzata che sbarrava la pista di Babile. (i) Dopo la distruzione a terra di numerosi apparecchi avvenuta sui campi di Dire Daua, e la perdita di due caccia che partiti in cattive condizioni atmosferiche dal campo di fortuna di Bisidimo non avevano fatto ritorno, al settore aeronautico erano rimasti solo uno o due caccia 42 e qualche CR 133 non idonei ad operazioni diurne.
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Circa le 14 il nemico, che era riuscito a ristabilire il transito sulle interruzioni, attaccò, con unità appiedate e motorizzate appoggiate da artiglieria e da aviazione, le nostre posizioni davanti alla stretta di Babile e a tergo dal T. Dacata. Il fuoco violento e preciso delle nostre batterie lo dissuase, pel momento, dal portare a fondo l'attacco. Continuò, nondimeno fino a sera, vivace fra le due parti il duello delle artiglierie e, da parte nemica, l'ammassamento di automezzi di ogni specie, fuori del tiro delle nostre armi. L'azione dei reparti appiedati britannici, appoggiati da artiglieria, carri armati e aviazione, riprese l'indomani alle 7 ,20 e si protrasse, con alterne vicende, per tutto il giorno; ma le diserzioni andavano estendendosi ai vari nostri reparti raggiungendo in alcuni forti proporzioni; contemporaneamente si accentuava la minaccia avversaria sul rovescio della stretta di Babile. In tali condizioni, il comando dello scacchiere decideva che tutti i reparti della zona di Babile ripiegassero, nella notte, sulla linea di sbalzo Dire Daua-Carsà, già indicata nell'ordine di operazione del 19. Il ripiegamento si compì regolarmente. Solo un plotone della M.V.S.N. non fece a tempo a disimpegnarsi e rimase nelle mani del nemico. Ma il CXL battaglione coloniale, che lasciò per ultimo la posizione, si sbandò sparando in ~ria, e solo un centinaio e mezzo di uomini con gli ufficiali raggiunsero il torrente Bisidimo (affluente del fiume Errer) a sud-est di Harar. Per dar tempo: alle truppe, di raggiungere il Cercer fuori della diretta pressione nemica, ed al comando della piazza di Dire Daua (gen. Tosti), di ultimare lo sbarramento delle provenienze da Harar, occorreva, però, che l'avversario fosse trattenuto ancora un paio di giorni ad est dell'abitato di Harar. Le alture della sponda destra del torrente Bisidimo rappresentavano la sola posizione che potesse rispondere a questo scopo. Esse distano in linea d'aria 7 chilometri dall'abitato di Harar, il quale veniva così a trovarsi al_Iimite di gittata dello schieramento dell'artiglieria nemica. Dietro l'abitato, una vasta pianura si stende piatta , priva di ogni appiglio tattico e facilmente percorribile, fuori della strada, da mezzi motorizzati fino all'imbocco della pista per il Cercer. Per ordine del Governo Generale, Harar doveva essere considerata città aperta e lasciata, perciò, estranea ad ogni azione di combattimento.
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIEITTALE
Il mattino del 25, dopo l'avvenuto sgombro della stretta di Babile, la posizione del Bisidimo (gen. Alberghetti) era pronta ad assolvere il compito affidatole. Nel pomeriggio, le prime pattuglie meccanizzate britanniche si avvicinarono alle nostre posizioni del piano. Accolte prontamente dal fuoco delle nostre artiglierie ripiegarono abbandonando sul posto qualche carro danneggiato. Ebbe inizio allora il tiro d'inquadramento dell'artiglieria nemica cui, fino all'imbrunire, risposero le nostre batterie. All'alba del 26, preceduto da nuove puntate di elementi esploranti meccanizzati e dal fuoco di batterie di calibro vario, il nemico iniziò l'attacco su vasto fronte con forze meccanizzate al centro e reparti appiedati alle ali che tentavano di aggirare le estremità del nostro schieramento. Al centro, la reazione delle armi anticarro e automatiche e il ben aggiustato tiro di artiglieria riusGirono ad arrestare l'attacco. Sulla destra, nuclei appiedati che risalivano le pendici di M. Akim vennero anch'essi arrestati; più minaccioso si delineò il movimento aggirante sulla nostra sinistra, ma, anche là, le nostre truppe tennero e i movimenti nemici si fecero incerti. Avevano avuto intanto luogo i previsti movimenti verso il Cercer. E la piazza di Dire Daua, ove già stavano affluendo per ferrovia ed in autocarro da Addagalla e da Gogti le retroguardie del settore Harraua, era ormai pronta ad entrare in azione anche sui fronti est e nord, sia pur con forze ridotte dopo le diserzioni che avevano quasi completamente dissolta la XVII brigata coloniale. Ma ecco che un avvenimento imprevisto giungeva a turbare l'andamento delle operazioni in corso. Un aereo nemico, abbassatosi sulla città, lanciava il seguente messaggio: «Al Podestà di Harar: Harar non può considerarsi come città aperta a meno che tutte le forze militari non ripieghino immediatamente ad ovest della città». Il messaggio di risposta fu così redatto: «Truppe Harar nell'interesse della popolazione civile aderiscono spostarsi ad ovest della città: movimento avrà inizio un'ora dopo cessazione fuoco da parte truppe inglesi sulla linea. Alle ore 7 di domani 27 corr. i rappresentanti del governo e della città avanzeranno oltre le nostre linee portando i distintivi prescritti per trattare le modalità relative alla consegna della città». Intanto il ripiegamento veniva ordinato.
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Senonché dopo una inconclusiva presa di contatto fra i parlamentari delle due parti il Comando britannico faceva comunicare che le truppe avrebbero ripreso l'avanzata alle 16,30. Un'ora dopo, già alcune autoblindo nemiche raggiungevano gli sbocchi dell'abitato : la popolazione indigena era tranquilla; quella nazionale rassegnata. Tutte le truppe (meno due batterie da 105/28, raggiunte in marcia e catturate all'altra estremità del paese) riuscivano a sorpassare il cerchio di ferro che stava stringendosi attorno alla città. Delle truppe a piedi che, per mulattiera, da Fiambiro e da Bisidimo dovevano raggiungere direttamente Carsà, senza passare per Harar, solo una parte arrivava a destinazione, perché durante il percorso in tutti i reparti molti uomini si sbandavano. Il mattino del 27, nuclei meccanizzati nemici si avvicinavano alle nostre posizioni di Carsà e Langhei per accertarne la consistenza. La pressione aumentava nel pomeriggio, mentre forti ondate di apparecchi da bombardamento e da caccia agivano dappertutto, a Dire Daua, a Gotà, a Miesso e lungo la ferrovia, provocando continui danni e perdite. I coloniali, senza distinzione di razza, si andavano, intanto, allontanando a gruppi sempre più folti asportando armi automatiche, salmerie, munizioni, viveri; i battaglioni si erano, per la più parte, ridotti così a una forza media di 200 uomini, prevalentemente cariche speciali; qualcuno a solì 100 o anche meno, come il CXL battaglione e qualche gruppo dubat. A Miesso, il XV gruppo artiglieria da 65/17 non disponeva più di alcun uomo ed aveva dovuto caricare i pezzi su autocarri; le batterie del XIII gruppo someggiato avevano sostituito serventi e conducenti con ufficiali e camicie nere. In tali condizioni di forze non era più possibile pensare di opporre al nemico successive resistenze su prestabilite linee di sbalzo: non restava che raccogliere, e al più presto, sulla linea MecciaraAuasc le truppe non ancora sbandate e le unità nazionali, specie di artiglieria, prima che potessero esser travolte alla spicciolata. Per far questo, occorreva, però, che forti re~roguardie continuassero a trattenere il nemico lungo i due itinerari, per il tempo necessario in relazione alla celerità di movimento delle singole colonne. Sull'itinerario basso (Dire Daua-Auasc), che si svolge per intero in piatta pianura, questo compito veniva assegnato, in primo tempo, al presidio di Dire Daua e, in secondo tempo, al raggruppamento motorizzato (col. Buonamico). Sull'itinerario alto (Collubi-Mecciara),
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il comandante della colonna doveva trarre profitto, nell'impiego della retroguardia, dalle numerose strozzature del terreno, impercorribile ad automezzi fuori dell'unica pista, e dalle interruzioni stradali già approntate. Il giorno 29, lo sgombero di Dire Daua, benché frequentemente turbato da incursioni aeree e da continue crisi nei mezzi di trasporto, avveniva regolarmente. Il nemico non si faceva vivo sui fronti est e nord della piazza, ma tentava ripetutamente di sfondare gli sbarramenti del fronte a sud; l'intervento del I gruppo artiglieria da 77 /28 motorizzato e del raggruppamento motorizzato riusciva, però, ogni volta a contenerlo e, all'imbrunire, l'ultimo treno e gli ultimi automezzi carichi di truppe e materiali lasciavano la città, abbandonata anche da quasi tutta la popolazione indigena. La XVII brigata, però, partiva con soli 6-700 uomini; i battaglioni coloniali di formazione, ai quali per misura prudenziale, all'ultimo momento, erano state tolte le armi, si erano dileguati del tutto . Più tardi, a Gota e Miesso, due scaglioni, non più in grado di opporsi al nemico per le numerose defezioni, venivano fatti proseguire direttamente su Adama senza sostare sull'Auasc. A Miesso sostava, invece, il raggruppamento motorizzato per bloccare la strada che conduce nel Cercer. A tarda sera, ad Auasc, fra la stazione ferroviaria, il ponte e le case del paese, erano ammassate alla rinfusa le varie colonne giunte nella giornata da Dire Daua e le truppe e i materiali scaricati dai treni; altri treni ed autocolonne arrivavano di continuo da Dire Daua, Gota e Miesso. L'anticipato arretramento di due scaglioni e l'intensificato movimento ferro viario della giornata, avevano creato una congestione di uomini, macchine e cose, in Auasc. Parte delle unità in arrivo, grandi e piccole, in conseguenza delle diserzioni avevano assunto fisonomie e formazioni diverse da quelle note. A buio ogni movimento diveniva sempre più difficile, né poteva essere accesa alcuna luce per la minaccia dell'aviazione nemica che fino alle ultime ore del giorno sorvolava colonne e convogli in marcia. Nella notte si adottavano provvedimenti urgenti per disintasare la zona di Auasc prima che il sopraggiungere della luce rendesse possibile le incursioni aeree nemiche. Sul fronte di Collubi - itinerario alto - nella stessa giornata del 29, autoblindo e camionette spintesi, nelle prime ore del mattino,
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fin sotto il costone di Uerabilli venivano arrestate dal nostro fuoco costrette ad arretrare. Reparti appiedati, sostenuti dall'artiglieria, iniziavano più tardi l'attacco del costone; riuscivano ad impadronirsene e allargavano il loro fronte di attacco. Il combattimento, particolarmente accanito verso le 9, induceva il nemico a desistere per la giornata da ulteriori tentativi; ne approfittava il comandante di settore (gen. Santini), che aveva ricevuto l'ordine di affrettare il ripiegamento sulle posizioni di Mecciara, per avviare le truppe, parte a piedi e parte in autocarro, direttamente su Ghelemsò. ~
La giornata del 30 veniva impiegata nel settore Auasc per dare assetto organico alla difesa, sgomberare le truppe destinate alle retrovie e provvedere ai primi rifornimenti. Anche i reparti ripiegati per ultimi da Gota e Miesso avevano raggiunto l' Auasc, ed a Miesso restava solo il raggruppamento motorizzato a contatto con elementi motorizzati britannici in esplorazione. Nel settore Cercer continuava, intanto, senza disturbo da parte nemica, l'arretramento dei vari scaglioni su Ghelemsò; ad opera del . genio veniva interrotta la pista Asba Littorio-Miesso. Nel pomeriggio, un aereo inglese lasciava cadere presso Auasc un messaggio indirizzato a S. A. R. il Viceré. In detto messaggio venivano indicati il giorno e l'ora in cui un nostro apparecchio provvisto di determinati segni di riconoscimento avrebbe potuto trasportare sul campo di Dire Daua nostri parlamentari incaricati di precisare le modalità per la consegna di Addis Abeba alle truppe britanniche. Considerato che un prevedibile ordine improvviso di ripiegare dalle posizioni occupate sull' Auasc avrebbe reso impossibile il ricupero delle truppe nazionali e delle artiglierie autocarrate che si trovavano nel Cercer, perché la sola strada che scende nella piana dello Auasc, quella che sbocca ad Arbà, era prossima ormai ad essere raggiunta dal nemico, il comando scacchiere, nello stesso giorno 30, ordinava, a mezzo radio, lo sgombero su detta località, impiegando tutti gli automezzi disponibili, degli elementi nazionali e delle artiglierie non sommeggiate della colonna che seguiva l'itinerario alto. Allo sbocco della strada Ghelemsò sarebbe rimasto, in posizione ad est di Arbà e fino a sgombero ultimato, il raggruppamento motorizzato. Il grosso della colonna, che rimaneva così costituita solo da reparti coloniali a piedi e someggiati, accelerando la marcia, doveva invece portarsi, come previsto, sulla piana di Mecciara.
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5. LA RESA DI ADDIS ABEBA E IL RIPIEGAMENTO NEL GALLA
E SIDAMA
Il 31 alle ore 20, il Comando Superiore FF.AA. dell'A.O.I. convocava a Moggio il comandante lo scacchiere, e lo informava che, non essendo in grado di inviare rinforzi sulla linea dell' Auasc, né potendo garantire a lungo la incolumità dei numerosi nazionali raccolti nella capitale contro le prevedibili reazioni della popolazione indigena, aveva deciso di trasferirsi nel ridotto Dessiè-Alagi e di trattare con gli Inglesi la resa di Addis Abeba, sgombrando le truppe del presidio non indispensabili al servizio di polizia, parte su Dessiè e parte sul Galla e Sidama. La difesa di Addis Abeba non era possibile. La linea perimetrale della città, che è largamente disseminata in un bosco di eucalipti, aveva un estensione di circa 40 chilometri ed era costituita da una serie di fortini in muro a secco ampiamente intervallati fra di loro. Costruita per la difesa contro incursioni di ribelli, non era in grado di opporsi ad un esercito regolare abbondantemente dotato di mezzi motorizzati facilmente impiegabili contro qualunque tratto del fronte. In città vivevano circa 30-35 mila Italiani (in prevalenza donne e bambini, molti degli uomini essendo stati mobilitati) e quasi 100.000 Scioani non dimentichi della sanguinosa reazione seguita all'attentato contro Graziani. Per la sicurezza dei nostri connazionali, occorreva lasciare il più breve intervallo possibile fra l'esodo delle nostre truppe e l'entrata in città di quelle britanniche. Non dovevano quindi essere opposti ulteriori ostacoli all'avanzata nemica.su Addis Abeba, dopo che i nostri parlamentari, inviati in volo a Dire Daua, ed il Comando avversario avessero convenuto il giorno nel quale la città poteva essere occupata. Le truppe dello scacchiere d~vevano quindi trattenere il nemico sull' Auasc solo fino al momento opportuno e ripiegare poi nel Galla e Sidama ad eccezione di quelle che, per la dislocazione attuale, sarebbe stato più conveniente avviare su Dessiè. I
Si prevedeva che lo sgombero delle truppe dalla capitale avreb1 be potuto essere ultimato entro due o tre giorni, urgendo trasferire al più presto nel Galla e Sidama i reparti destinati a presidiare la fronte
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di quel territorio che sarebbe venuta a trovarsi esposto alle minacce da Addis Abeba, appena questa fosse stata occupata dai Britannici <1). Il comando scacchiere est veniva perciò autorizzato ad iniziare subito l'arretramento del grosso delle sue truppe, lasciando sulla linea dell' Auasc poche forze pronte anch'esse a sgombrare rapidamente la via per la capitale. In relazione alle predette dir~ttive, detto comando, il giorno 1° aprile, emanava gli ordini per l'arretramento delle truppe della linea M. Dofan-F. Auasc-Mecciara sulle zone di Sciasciamanna e Dessiè. -
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In sintesi: le truppe del settore Cercer, raggiunto Ghelemsò, dovevano dividersi in due colonne: l'una, formata dalle truppe nazionali e dalle artiglierie autoportate, come già ordinato, doveva raggiungere, sotto la protezione del raggruppamento motorizzato, Arbà e il F. Auasc per riunirsi alle truppe in posto; l'altra, costituita dalle sole truppe coloniali a piedi, in difetto di automezzi, da Ghelemsò doveva proseguire a marce forzate, per Mecciara ed Enghedà, su Siré e Sella di Herà, ove sotto la protezione di apposito distaccamento, già in posto, doveva riunirsi alla colonna diretta su Sciasciamanna; le truppe del settore Auasc dovevano, pur mantenendo occupato il tratto di fronte dell' Auasc corrispondente al sottosettore centrale (col. Di Marco), con un gruppo di artiglieria e le unità nazionali che vi erano schierate, iniziare subito il ripiegamento, per Adama ed Aselle, su Sciasciamanna formando una sola colonna ripartita in cinque scaglioni (I, gen. Bertello; II, gen. Tosti; III, Col. Agosti; IV, gen. Liberati; V, col. Buonamico); le truppe schierate fra Malca Sadi e M. Dofan, non potendo sgombrare tempestivamente a piedi la strada per Addis Abeba, dovevano ripiegare direttamente su Dessiè, la sera del 4.
Durante la giornata del 1° e nella notte sul 2, ebbero inizio i movimenti e con essi l'estenuante tormento delle nostre truppe per la insufficienza dei mezzi di .trasporto, il loro crescente logorìo e l' esaurimento di carburanti. (1) Vive insistenze in tal senso erano state fatte dal comando dello scacchiere sud.
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Quasi tutti gli automezzi, infatti, già da lungo tempo in servizio e per la maggior parte provenienti dalla requisizione, impiegati senza un giorno di riposo nella raccolta delle truppe dal mare all' Auasc, avevano le gomme logore, i freni inefficienti e mancavano di parti di ricambio. Il l O aprile, la 1a brigata S. A. occupava Miesso e la 22 a brigata E. A. la scavalcava avanzando verso l' Auasc. Il giorno 2 verso le 9,30, reparti di fanteria ed artiglieria autoportati, rinforzati da carri ed autoblindo, attaccavano il nostro raggruppamento motorizzato ad Arbà. Esso sosteneva validamente l'urto per più ore, consentendo all'autocolonna del settore Cercer (col. De Cieco) di sfilare per intero e al sicuro e raggiungere Auasc. Alle ore 14,30 effettuata dal genio l'interruzione della strada Arbà-Ghelemsò, anche il raggruppamento, rotto abilmente il contatto, ripiegava dietro l' Auasc; alle ore 17,30 i due ponti, della ferrovia e della rotabile, venivano fatti saltare. L'intenso movimento dietro l' Auasc non sfuggiva all'aviazione nemica che ripetutamente, ad ondate successive, bersagliava la zona. In Adama, ove la rotabile si biforca per proseguire verso Addis Abeba e verso il Galla e Sidama, la situazione era divenuta, da qualche giorno inquietante. Disertori delle bande residenziali di Moggio e Uolenciti, fatta lega con elementi locali, vi alimentavano la ribellione. Presso Moggio la proditoria asportazione di un tratto di binario faceva deragliare un treno di carburante partito da Addis Abeba alla volta di Adama. Il tempestivo intervento di un reparto autocarrato di ascari, al quale veniva aggregata sul posto una compagnia camicie nere, e la successiva azione di altre forze fatte accorrere con autocarri blindati il giorno successivo, consentivano il recupero dei fusti. Durante la marcia di ritorno, però, l'autocolonna veniva attaccata da aerei a bassa quota e gran parte del prezioso carico andava incendiato. · Il 3, il grosso delle forze del settore Auasc era dislocato fra passo Garib0ldi e Gondi. Gli elementi lasciati sul fiume per svolgere azione ritardatrice venivano raggiunti dai due reparti autoportati del Cercer. Nella mattinata, elementi esploranti avversari, preceduti ed accompagnati da violento bombardamento aereo e di artiglieria su tutto
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il settore centrale, riuscivano ad attraversare, non visti, l' Auasc a monte ed a valle dei ponti. Nel pomeriggio, reparti forniti di armi automatiche raggiungevano con azione di sorpresa una posizione tenuta da un battaglione cc. nn . ed occupavano un tratto della linea mettendo fuori combattimento e catturando parte di una compagnia mitraglieri della divisione granatieri e una batteria da 37 mm .. Nel corso dell'azione, 8 pezzi di un gruppo 77 /28 erano perduti e poi recuperati; le truppe rimaste sull'Auasc venivano infine arretrate. Nella piana di Matahara e sulle alture ad ovest del passo Gariboldi sostavano il raggruppamento motorizzato e lo scaglione Di Marco col compito "d i impedire al nemico di avanzare su Adama durante la giornata del 4. Nel pomeriggio, il nostro raggruppamento motorizzato veniva a contatto con elementi motorizzati nemici e li costringeva a retrocedere. All'alba del 5, gli ultimi reparti, molestati solo da nuclei di ribelli fra Uolenciti ed Adama, oltrepassavano la sella di Herà e proseguivano per Gondi. Un ufficiale era stato intanto, il 4, incaricato dal gen. Mambrini, della Polizia Africa Italiana comandante la piazza di Addis Abeba, di recarsi incontro al nemico oltre l' Auasc per invitarlo ad affrettare la sua entrata in città. Da 24 ore il gruppo nazionale cavalleggeri di Neghelli era duramente impegnato contro forze preponderanti ribelli nella zona di Addis Alem ove si erano ammassati i coloni dell'Opera nazionale combattenti. Quel presidio (a circa 30 chilometri da Addis Abeba) sarà disimpegnato, il 5, dalla decisa cruenta azione di un battaglione autocarrato che il comando truppe Scioa era riuscito a formare prima di lasciare la città con i soldati nazionali dei vari uffici e depositi. Lo stesso giorno forze aeree britanniche si alternavano sull'aeroporto di Addis Abeba in attacchi combinati di bombardieri e cacciatori recando notevoli danni. Il 6, alle ore 10,30, la 1a brigata sud-africana della 11 a divisione S.A. faceva il suo ingresso nella capitale. La posizione di Sella Herà restava presidiata dal I scaglione (generale Bertello) per consentire alla colonna del settore Auasc di prendere maggior distanza ed ai superstiti del settore Cercer di raggiungere la sella stessa; senonché il comandante le truppe in ripiegamento
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dal settore Cercer faceva presente al comandante dello scacchiere la impossibilità di proseguire lungo l'unica mulattiera che conduce alla sella di Herà passando per Enghedà, data la scarsezza di viveri, l'insufficienza delle salmerie, le continue defezioni e l'ostilità della popolazione di Enghedà che aveva catturato il residente e sopraffatta l'avanguardia della sua colonna inviata in soccorso. Nella considerazione che il distaccamento a presidio della sella di Herà, già attaccato nel pomeriggio del 5, avrebbe potuto essere travolto il mattino del 6 ponendo in crisi anche gli altri scaglioni della colonna del settore Auasc, senza apportare alcun beneficio ai reparti che seguivano l'itinerario alto, il comandante lo scacchiere disponeva che esso si portasse, durante la notte sul 7, a sud di Aselle, vi rimanesse in posizione per l'intera giornata del 7 a protezione del resto della colonna e proseguisse poi, a sbalzi, su Scia!ì_ciamanna. Al comandante del settore Cercer ordinava di deviare su Robi per riunirsi al presidÌo di Ticciò e ripiegare direttamente su Cofolé e Sciasciamanna, evitando la strada di Aselle. Intanto a Ligaba (tra Adama e Aselle) la banda residenziale assaliva la sede della residenza; grosse bande di paesani armati scorazzavano lungo la strada di Aselle assaltando nuclei ed automezzi isolati. Poi anche l'abitato di Aselle diventava teatro di altre scene di sangue. I presidì di Ticciò e delle residenze circostanti raggiungevano in condizioni disperate la strada di Sciasciamanna. Il giorno 9, gli ultimi automezzi assieme alla retroguardia giungevano in salvo nel territorio del Galla e Sidama. Diverso fu l'epilogo del movimento compiuto attraverso il Cercer. La marcia della colonna, ripartita su due scaglioni, fu quanto mai difficile, contrastata e inasprita dall'ostilità degli elementi locali e dalla diserzione delle truppe di colore. Il giorno 8, i superstiti del secondo scaglione (XIII brigata, gen. Sirigatti) venivano attaccati e decimati. Il 10, il comandante del settore (gen. Santini) comunicava al comando scacchiere di non poter proseguire nella direzione indicatagli (Robi), dato lo stato di esaurimento dei pochi uomini e quadrupedi rimastigli. Lasciato arbitro di giudicare la reale situazione del momento e di dirigersi eventualmente verso le posizioni occupate dai Britannici se non aveva altra via di scampo; venivano catturati, unitamente al comandante la XIII brigata, 38 ufficiali, 120 nazionali e 160 coloniali, presso la stazione ferroviaria di Arbà, il giorno 12.
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L'altro comando di scaglione (XIV brigata, gen. Alborghetti), raggiunta Cuna con pochi elementi, vi era attaccato il giorno 9; ripiegava su Minni ove, recuperati i superstiti del battaglione Cercer e del XIV gruppo artiglieria someggiato con tre pezzi, si organizzava a difesa nei fabbricati della S.I.A.. Il 14 e 15, veniva attaccato dagli armati del cagnasmac di GololciĂ . Invitato, il giorno successivo, ad arrendersi, respingeva l'intimazione e chiedeva al comando scacchiere sud qualche soccorso in viveri e munizioni. Ma detto comando, non disponendo di aerei, non aveva modo di rifornire i superstiti dello scaglione passato inaspettatamente alle sue dipendenze. Il gen. Alborghetti, rimasto isolato, si arrendeva, il 29, all'ufficiale comandante il distaccamento britannico giunto a GololciĂ che gli aveva inviato il Padre Michelangelo della Missione di Cuna esortandolo alla resa. In base alle direttive del comandante lo scacchiere sud, le trupp_e superstiti del territorio dell'Harar e della Somalia, si dislocarono, il giorno 10, tra Sciasciamanna, Soddu e il lago Margherita. Erano: 2 battaglioni di fanteria; 1 battaglione carabinieri; 1 battaglione aeronautica; 1 battaglione cc. nn.; 4 battaglioni coloniali; 1 raggruppamento motorizzato; 1 plotone a.e.; 1 plotone motociclisti (80 motocicli e due autocarri corazzati) <1), 29 batterie di vario calibro con relative munizioni (115 pezzi); 48 stazioni radio di vario tipo; due autogruppi (oltre 500 automezzi); 1 ospedale da campo; 1 sezione sussistenza con squadre forni Weiss, nonchĂŠ 1 comando di scacchiere ed 1 comando di divisione. In totale oltre 6.000 nazionali delle varie armi e servizi e 3.000 coloniali <2) raggiunsero la destinazione loro assegnata e, nonostante gli sforzi eccezionali compiuti, i rischi e leprivazioni affrontati, la raggiunsero in condizioni tali da poter essere in breve nuovamente impiegati con buon rendimento.
{l) Reparto costituito con motocicli requisiti nella Somalia e nell'Harar. (2) Alcuni reparti provenivano dal fronte del Kenia (Somalia).
CAPITOLO XVI
LE DECISIONI DEL COMANDO SUPERIORE DELLE FORZE ARMATE ITALIANE NELL'A.O.I. DINANZI AL PROGREDIRE DELLE OFFENSIVE BRITANNICHE; LA COSTITUZIONE DEL RIDOTTO DESSIÈ-ALAGI; LA BATTAGLIA DI COMBOLCIÀ; LA FINE DELLA RESISTENZA SULL'AMBA ALAGI 1. LE DECISIONI DEL COMANDO SUPERIORE DELLE FORZE
ARMATE NELL'A.O.I. DINNANZI AL PROGREDIRE DELLE OFFENSIVE BRITANNICHE
Nel breve spazio di poco più di un mese, dalla fine di gennaio alla fine di febbraio, Addis Abeba aveva visto precipitare la situazione, sia sul fronte eritreo sia su quello somalo, senza poter esercitare alcuna seria manovra strategica né influenzare in qualche modo l'esito dei combattimenti . Le direttive del dicembre 1940, per battaglie alle frontiere seguite da ripiegamenti su «ridotti» difensivi di scacchiere ed un «ridotto» centrale, avevano trasferito la responsabilità della condotta operativa ai vari Comandanti di scacchiere; ciascuno di questi aveva teso a veder rafforzate le propensioni a considerare preminenti i propri problemi, del resto non indifferenti, dati la vastità delle regioni loro affidate e l'aggravarsi delle condizioni di sicurezza. A ciò si doveva aggiungere che il Comando Superiore vedeva rapidamente esaurirsi quelle possibilità di manovra delle forze aeree, con le quali aveva ritenuto di poter intervenire. Indubbiamente, la celerità con cui le unità britanniche realizzavano la loro avanzata travolgendo le resistenze; le difficoltà di trasferire tempestivamente le proprie forze per l'insufficienza dei trasporti; le crescenti preoccupazioni per la sicurezza interna e per la
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sopravvivenza delle rilevanti masse di civili nazionali nei centri maggiori costituivano tutti elementi che rendevano più difficile qualsiasi serio tentativo di trovare risposte adeguate alle circostanze. Tuttavia, non vi è dubbio che, durante tutto il periodo, mancarono anche decisioni o manovre che non fossero quelle di cercare semplicemente di ritardare od arrestare le penetrazioni avversarie; né, pur essendo ormai - più o meno - conosciute le forze e le possibilità avversarie, vi fu alcun tentativo di contrapporsi ad esse con provvedimenti decisi di: abbandono di territori; concentrazione delle forze; scelte di posizioni per una decisa battaglia difensiva o di manovre controffensive. Di fatto: nello scacchiere nord, la riluttanza ad abbandonare le posizioni periferiche aveva provocato ritardi nei ripiegamenti da Cassala, da Om Ager e dall'Uolcait con gravi ripercussioni successive; anche le pressioni esercitate dal Comando Superiore per resistenze sull'allineamento avanzato Cherù-Aicotà erano state piuttosto eluse dal Comando scacchiere nord, orientato ad una battaglia difensiva sulla linea arretrata Agordat - Barentù. I messaggi e gli interventi personali del Viceré, intesi a rincuorare gli spiriti ed animare la resistenza costituivano indubbiamente fattori positivi; ma, in effetti, dalla minaccia portata al cuore dello scacchiere eritreo dopo la caduta di Agordat, il Comando Superiore non era indotto ad alcuna variazione nella strategia complessiva, nonostante l'arresto quasi inopinato dell'avversario, conseguito dinanzi a Cheren a metà febbraio. Anzi, la sosta successivamente intervenuta sul fronte eritreo finiva per far ritenere definitivo questo arresto senza che fosse necessario l'invio di altre forze, e induceva addirittura a ritenere possibile di sottrargliene, per inviarle nell'Hararino a tamponare le falle aperte dal cedimento sul fronte somalo. Le direttive del dicembre avevano indicato una esigenza di priorità da dare allo scacchiere nord; ma, in effetti, l'invio di rinforzi a Cheren non era stato adeguato alla pressione avversaria; il solo gen. Nasi, riconoscendo quanto vitale fosse l'alimentazione logistica delle sue forze dal' Asmara inviava aliquota delle sue unità; dal Gimma inattivo non un uomo né un battaglione affluiva al nord od al fronte somalo in crisi; e l'invio in tempi successivi delle unità della «Granatieri di Savoia» dallo Scioa risulterà in parte tardivo.
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Anche nei riguardi dello scacchiere somalo non vi erano state scelte precise; indubbiamente si erano date per scontate le difficoltà di avanzate profonde di ingenti forze britanniche, sicché la difesa sarà sorpresa dalla loro potenza e mobilità; mentre non mancarono incertezze e ripensamenti, che incisero sulla possibilità di esercitare resistenze più coordinate e protratte. Il Comando Superiore, infatti, prima prescriveva la costituzione di un «ridotto» a Mogadiscio, per il quale venivano iniziati lavori; successivamente questi venivano abbandonati dichiarando l'abitato «città aperta», il che non impediva gli attacchi britannici; in un primo tempo la difesa era imperniata su Chisimaio e si prevedeva 1a costituzione di masse di manovra; successivamente Chisimaio veniva sgombrata senza combattere per rafforzare una difesa a cordone sul Giuba pur apprezzandone l'intrinseca debolezza in quella stagione dell'anno. Riconosciute, dopo El Uach, la superiore mobilità delle unità britanniche e la difficoltà di sganciamenti e ripiegamenti sotto la pressione aerea e terrestre avversaria nelle pianure somale, sarebbe stato più conveniente: o concentrare la difesa attorno a Chisimaio protraendola per almeno qualche tempo; oppure predisporre uno sgombero più ordinato ai passi dell'Hararino. Fino alla metà di marzo, tuttavia, le sorti delle nostre armi in Etiopia non potevano dirsi del tutto compromesse: le difese della Piazza di Cheren apparivano ancora solide; la perdita dell'intera regione somala e della fascia marginale del Galla e Sidama nonché di alcune unità potevano anche non apparire un grave disastro ove si fosse potuto organizzare una salda difesa ai passi montani dell'Hararino. In effetti le maggiori difficoltà logistiche per i Britannici allontanatisi dalle loro basi e la chiara indicazione della gravitazione e dell'entità dei loro sforzi avrebbero potuto essere elementi a favore di una difesa che avesse stabilito di esercitare unitariamente tutti i propri sforzi sulle due direttrici dell'avanzata avversaria ed avesse potuto ricevere quei rinforzi aerei che il Viceré andava così disperatamente sollecitando con i suoi messaggi. Il significato di un tempestivo rafforzamento di questo Teatro di operazioni può meglio apprezzarsi oggi pensando alle prospettive che si dovevano verificare nell'aprile' 41 con le offensive delle armate italo-tedesche in Cirenaica, Jugoslavia e Grecia, e successivamente con la guerra all'Est.
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Ma ciò non veniva conseguito e, nella seconda-quindicina di marzo, la situazione era di nuovo precipitata rapidamente: prima con il crollo delle difese nell'Harar; poi con la fine della resistenza a Cheren. A fine mese, l'occupazione dell'Eritrea e di Massaua permetteva agli Inglesi di privarci di ogni possibilità di minaccia strategica alle rotte del Mar Rosso, mentre il raggiungimento di Addis Abeba spezzava le nostre forze fra nord e sud dell'Etiopia ed apriva alle forze britanniche l'accesso a tutte le regioni dell'Altopiano Etiopico. Questi avvenimenti segnavano anche un crollo nella capacità dei Comandi di controllare una situazione assai complessa e difficile nonché nel morale e nell'efficienza operativa di molte unità. Lo testimoniano disservizi, mancanza di comunicazioni tempestive, omissione di brillamenti di interruzioni predisposte che avrebbero potuto ritardare le avanzate britanniche verso Massaua o verso Gondar e l' Amba Alagi, perdite di reparti ancora relativamente efficienti per assenza di coordinamento nelle loro attività. Eppure, soprattutto in relazione al temuto aggravamento della situazione interna, il Comando Superiore di Addis Abeba aveva espresso già un forte pessimismo nelle sue previsioni comunicate al Capo del Governo del 14 febbraio (I) e quindi avrebbe potuto in qualche modo prepararsi ad affrontarle. Esso annotava di essere nella situazione contraddittoria di dover tenere forze rilevanti nell'area della Capitale per tutelare i numerosi civili e di averne bisogno per contrastare le spinte avversarie dal Sudan e dal Kenia, nonché altre temute da Berbera e da Gibuti; e prevedeva che, qualora non avesse ricevuto aiuti in campo aereo, avrebbe dovuto sgombrare la popolazione bianca su Harar e Gimma e abbandonare Addis Abeba portandosi nella regione degli Arussi. Rispondendo, il 20 febbraio <2), Mussolini esprimeva il suo accordo sulla valutazione di Addis Abeba ma invitava a mantenere il possesso della città: «la perdita della capitale equivarrebbe politicamente alla perdita dell'Impero». È interessante, in questa risposta, il riconoscimento di Roma della interdipendenza della lotta in atto nei vari scacchieri, balcanico e dell'Africa Settentrionale ed Orientale, in nome della quale si chiedeva al Comando in A.O.I. di guadagnare tempo. (!) F. 60/S del 14.2.1941, documento n. 127.
(2) F. 6595 del 20.2.1941, documento n. 128.
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Ma, mentre la situazione nel nord veniva consolidata, almeno per un periodo abbastanza rilevante, attraverso la resistenza organizzata a Cheren, essa precipitava in Somalia secondo lineamenti che andavano ben oltre il preventivato. In una sua comunicazione del 25 febbraio (I), infatti, il Viceré, mentre esprimeva l'avviso che «lassù (a Cheren) si possa tenere», rendeva conto del precipitare degli eventi in Somalia ove le forze inglesi ormai minacciavano Mogadiscio: E circa le prospettive avvenire, il Comando Superiore di Addis Abeba assicurava di voler resistere accanitamente su Amba Alagi, Gondar, Nilo Azzurro e montagne dell'Hararino ma esprimeva il dubbio che tale resistenza potesse avere successo. Circa la difesa di Addis Abeba, pur rendendosi conto delle motivazioni contrarie ad un abbandono della capitale, egli ribadiva il suo parere contrario con ragioni tutte plausibili, che peraltro avrebbero dovuto essere già considerate quando erano state definite le direttive del 24 dicembre 1940 che avevano stabilito la costituzione nello Scioa di un «ridotto centrale» nel quale era stata a lungo mantenuta la maggioranza delle forze nazionali. Venivano così negate le fondamenta della strategia difensiva sino ad allora seguita e riconosciuta la fondatezza delle proposte del O azzera del gennaio '41 per un ripiegamento sui ridotti eritreo e somalo. E poiché il ridotto somalo era ormai crollato, tutto avrebbe dovuto farsi a fine febbraio per rafforzare il ridotto eritreo e per decidere ove arrestare la penetrazione dal Sud organizzando una difesa ai passi montani dell'Hararino o all'Auasc. Ma è indubbio che, insieme alle difficoltà dei trasporti ed alla inferiorità aerea, l'evolversi della situazione operativa aveva ripercussioni assai negative sul morale delle unità, specie di quelle coloniali, le cui diserzioni non mancavano di avere riflessi negativi, spesso imprevedibili, sulle possibilità operative ulteriori. La situazione, con i suoi chiaroscuri ed i suoi limiti ormai così vincolativi, era efficacemente rappresentata dal Viceré a Mussolini con una relazione del 15 marzo <2) all'oggetto: «Riflessi morali degli ultimi avvenimenti nell'Impero». (!) F. 66/S del 25.2.1941, documento n. 129.
(2) F. 69/S del 16.3.1941, documento n. 130.
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LE OPER AZIONI IN AFRICA ORIENTALE
Essa è indicativa non solo nei riguardi del morale insoddisfacente di certe unità specie coloniali, ma anche della scarsa fiducia che ormai il Comando di Addis Abeba nutriva nella solidità del dispositivo difensivo, che doveva infatti alcuni giorni dopo crollare sia nell'Hararino sia a Cheren. È ovvio che, successivamente, gli insuccessi operativi al nord ed al sud e la perdita, nel giro di pochi giorni di tutti i maggiori centri dell' A.O.I. (Asmara, Massaua, Harare Addis Abeba) nonché la cessazione anche degli invii di aerei e altri materiali dall'Italia (1), per la perdita delle basi di partenza e di arrivo (Bengasi e Asmara) avevano ulteriori ripercussioni facendo precipitare una situazione già così compromessa ed alla quale, soprattutto ai livelli inferiori, non si era stati convenientemente preparati.
In una sua comunicazione del 26 aprile <2> il Viceré, infatti, esprimeva il dubbio che Dessiè potesse tenere. Tuttavia, in questo momento, il Viceré, come altri nelle forze residue in A.O.I., era galvanizzato dai successi ottenuti dalle forze italo-tedesche in Grecia ed in Africa Settentrionale. Egli, quindi, nel dare notizia della diminuzione in corso delle forze britanniche in A.O. e delle loro possibilità operative, si spingeva addirittura a prospettare la possibilità o la speranza di poter esercitare sforzi controffensivi verso l'Asmara e verso Addis Abeba, di cui però annotava le difficoltà non solo di forze e di mezzi ma anche di comando su personalità dipendenti. Quale fosse in realtà la situazione è bene messo in rilievo da una lettera di un Ufficiale del Comando superiore di Addis Abeba (Magg. Fallaci) al Col. Ferrara, Capo Ufficio Militare del Ministero dell' Africa italiana (documento n. 133). Gli aerei efficienti erano ridotti a 12 (documento n. 12). 2. LA COSTITUZIONE DEL RIDOTTO DESSIÈ-AMBA ALAGI
Con la perdita dell'Eritrea, della Somalia, dell'Harar e dello Scioa erano anche venute a mancare tutte le più importanti basi logistiche; le installazioni e le scorte ivi accantonate, spesso costituite a fatica e distribuite con estrema parsimonia, finivano distrutte o, in qualche (1) F. 2062/Sv del 4.4.1941 del Comando Supremo, documento n. 131. (2) F . 84/S del 26.4.1941, documento n. 132.
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caso, per il precipitare degli eventi, cadevano intatte nelle mani dell' -avversario che vedeva alleggerirsi l'onere della propria alimentazione. Le nostre forze residue, ora in sempre più precarie condizioni di supporto logistico ed aereo, si andavano intanto raccogliendo in ridotti nella zona Dessiè-Amba Alagi e nel Gondarino, mentre altre, lasciata la fascia di frontiera, si organizzavano a difesa sul ciglio boscoso dell'altopiano dei Galla e Sidama. Quanto all'aviazione, essa, dopo l'impari lotta sostenuta, non contava ormai più di una diecina di apparecchi efficienti. ·Deciso l'abbandono di Addis Abeba si era affacciato il problema: dove portare il Comando? Furono prospettate al Duca d'Aosta quattro soluzioni: 1° Trasferirsi nella regione degli Arussi dove la popolazione sembrava fedele ai nostri. Questa zona aveva il vantaggio di essere confinante con l'Hararino, con la Dancalia a noi devota, con il Galla e Sidama e non era lontana da Addis Abeba. 2° Ripiegare nel Galla e Sidama dove la popolazione, almeno in quell' epoca, appariva abbastanza sicura, dove il terreno si prestava ad una resistenza mobile e che non era ancora stata duramente attaccata. 3 ° Ripiegare a Gondar col gen. Nasi. Era lecito prevedere che questo scacchiere, per la sua posizione eccentrica, sarebbe stato attaccato solo in un secondo tempo; per intanto doveva difendersi soltanto contro le formazioni irregolari di indigeni agli ordini di ufficiali inglesi. 4 ° Creare un ampio ridotto chiuso, a nord, dall'alta catena montuosa di cui l'Amba Alagi è una delle cime e, a oriente, dal deserto dancalo assolutamente impraticabile; limitato, a sud, da una linea che includesse la rotabile Assab-Dessiè -Gondar e, a occidente, dalla regione del Tigré e Uollo intransitabile a qualunque veicolo. Fu preferita quest'ultima soluzione, successivamente assai discussa, perché portò ad una resa del Comando e ad una cattura del Viceré a breve scadenza, nel maggio '41. Ciò mentre altri gruppi di forze, di entità maggiore, potevano protrarre la resistenza: fino al luglio, nel Galla e Sidama; ed al novembre, nel Gondarino.
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LE OPERAZIONI IN AFRJCA ORIENTALE
Dalla documentazione ufficiale non risultano chiaramente le motivazioni di tale scelta che da varie testimonianze sembrano essere attribuibili a fattori molteplici di vario ordine. Apparve a prima vista la convenienza di ripiegare sulle maggiori .,oncentrazioni di forze rappresentate da quelle nel Galla e Sidama, comandate dal gen . Gazzera, o da quelle del Gondarino alle dircndenze del gen. Nasi. Peraltro le forze del Galla e Sidama, erano tutte nell'ovest e nel sud della regione, aperta alle molteplici provenienze da Addis Abeba a sbarrare le quali erano ormai solo le deboli e provate forze in ripiegamento che non potevano godere di posizioni particolarmente vantaggiose; scarse le possibilità di supporto logistico autonomo; maggiori le distanze per il mantenimento di contatti aerei con l'Italia; non si deve escludere anche la scarsa propensione del gen. Trezzani ad una convivenza con il gen. Gazzera, più elevato in grado e con il quale non correvano buoni rapporti. Maggiore la _propensione a trasferirsi nel Gondarino, regione che, dopo l'allontanamento delle unità della 29a brigata della 5a divisione anglo-indiana già schierate di fronte a Gallabat ed Om Ager, appariva ora quella meno minacciata; e dove "l'abile direzione politica e militare del gen: Nasi aveva ristabilito rnigli~ri condizioni di sicurezza interna e di organizzazione difensiva. Ma, a parte il fatto che la zona non avrebbe potuto essere raggiunta direttamente dalle forze ripieganti dall' Auasc o da Addis Abeba, che avrebbero dovuto aprirsi il passo attraverso il Goggiam meridionale in preda alla ribellione, venne ritenuto non conveniente che il Viceré si trasferisse in una ~egione ove le operazioni venivano condotte quasi esclusivamente da unità di ribelli etiopici, seppure armati e guidati da «missioni» britanniche. Non esistendo le condizioni che avrebbero potuto consentire una resistenza prolungata quale potè condurre il gen. Von Lettow nel Tanganika tedesco durante la I guerra mondiale, e rivelandosi ormai non imminente una conclusione del conflitto in Europa, si profilava la prospettiva amara, a più o meno breve scadenza, di una resa di tutto il vertice politico e militare italiano nell'Impero, con gravi ripercussioni di ordine politico. Ed a tale riguardo si pensava che non fossero opportune trattative o rese alle forze etiopiche, che avrebbero
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comportato un implicito riconoscimento della sovranità del Negus; ma. che, eventualmente, si doves~e arrivare a trattare con le Autorità . britanniche: escludendo, infatti, trattative con gli indigeni, si sarebbe lasciato all'esito finale del conflitto in Europa ed alle trattative di pace ogni decisione sulla nostra sovranità su quei territori. ('
Infine, si pensava di dare il maggiore concorso alla ripresa offensiva nel Nord Africa, allora appena pronunciatasi, mantenendo impegnate maggiori forze avversarie in Etiopia; e ciò poteva essere meglio conseguito non rifugiandosi in aree eccentriche e rimanendo invece a cavallo dell'asse Asmara-Addis Abeba, precludendo l'uso alle forze britanniche, o addirittura prospettando l'eventualità di azioni controffensive verso queste due località. Con la' costituzione del nuovo ridotto, il Duca d'Aosta, infatti, si proponeva di impedire il congiungimento delle forze provenienti dal nord (Eritrea) con quelle del sud (Somalia) e di assicurare così il perdurare della grave crisi logistica incombente sui rifornimenti delle truppe britanniche del sud che si trovavano fuori della zona di rifornimento di Massaua. Queste truppe, non potendo avvalersi di Gibuti, dove erano i Francesi, e non trovando un correttivo efficace nelle possibilità di rifornimento del piccolo porto in rada aperta di Berbera, collegato con l'interno da una difficile pista, dovevano far capo a Mogadiscio. Questa città era distante ormai 1.800 chilometri dal teatro d'operazione e ad esso collegata con una strada che, già in condizioni non buone, sarebbe stata con le prossime piogge pressoché totalmente preclusa al transito. Il sistema Dessiè-Alagi doveva inoltre impedire ai Britannici di assicurarsi la disponibilità della rotabile Dessiè-Debra Tabor per attaccare il ridotto di Gondar da sud oltre che da nord, direzione, quest'ultima, che il forte sbarramento dell'Uolchefit rendeva assai malagevole, e consentiva ai nostri l'accesso al mare (Assab) e il contatto con Gondar, con Io Scioa e con l'Eritrea. Per tutte queste motivazioni, che presumibilmente non si vollero tutte pubblicizzare, fu dunque stabilita una difesa che doveva essere imperniata sulla resistenza ad oltranza in corrispondenza degli sbocchi sud (Dessiè) e nord (Alagi) del corridoio che, percorso dalla strada imperiale, si snoda, per 250 chilometri circa, lungo l'orlo orientale dell'acrocoro abissino nel tratto compreso fra le due dette località.
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L'utilizzazione delle forti posizioni dell'Amba Alagi era stata già da tempo considerata e qualche lavoro vi era stato predisposto, ma in vista di una difesa fronte a sud nel quadro di una resistenza da condursi in un ridotto «settentrionale» costituito dal quadrilatero Cheren-Massaua-Gondar-Amba Alagi; ora si tornava a pensare a tale località per una difesa ma fronte a nord. Verso sud la difesa al bivio di Combolcià avrebbe goduto di buone possibilità difensive e garantito le comunicazioni verso Assab e verso Debra Tabor . Il Comando Superiore avrebbe dovuto trovare sede in una località intermedia fra l'Amba Alagi e Dessiè, orientativamente nella zona di Quoram o Mai Ceu, presso il lago Ascianghi. Il 28 marzo il Comando Superiore aveva disposto la costituzione del «ridotto» (poi «settore») di Dessiè, affidandolo al gen. Varda già comandante il presidio di Addis Abeba. Alcuni giorni prima, lo stesso Comando aveva ordinato di effettuare, nel più breve tempo possibile, il trasferimento di tutte le forze della piazza di Assab sull'altopiano, al nodo stradale di Combolcià, per arginare l'avanzata del nemico dalla zona dell' Auasc verso Dessiè; lo sgombero, iniziato il 27 marzo, veniva compiuto in circa 15 giorni; il col. Raugei, comandante del settore Dancalo, fu posto a disposizione del comando settore Dessiè. Diversa fu la sorte dei reparti che, dall' Auasc, dal settore di Debra Berhan e da Debra Marcos, dovevano pur essi affluire sull'altopiano; lo sconvolgimento politico e l'insurrezione seguìti agli avvenimenti sul fronte sud e all'abbandono di Addis Abeba impedirono, alla grande maggioranza di essi, di raggiungere la zona di Dessiè. Intanto sull'Amba Alagi si raccoglievano le truppe ripiegate da Asmara, Arresa e Adi Ugri. Il sistema Dessiè-Amba Alagi fu costituito in scacchiere il 7 aprile. Il fronte sud venne affidato al gen. Frusci, il fronte nord al gen. Valletti -Borgnini. Il Duca d'Aosta ne assunse il comando. Fra le varie possibilità operative che si offrivano ai Britannici dopo i successi conseguiti, prevalse quella avente per obiettivo l'eliminazione del ridotto Dessiè-Alagi. Il gen. Cunningham, dopo l'occupazione di Addis Abeba, avrebbe voluto impiegare tutte le forze ai suoi ordini verso ovest e sud-ovest allo scopo di eliminare il centro
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di Gimma e rendere sicura la propria linea di comunicazione con la regione dei Laghi, ma il comandante in capo del Medio Oriente lo informava che riteneva imperativa la necessità di avanzare in direzione nord. L'operazione voluta dal gen. Wavell si riprometteva l'apertura della strada tra Addis Abeba e Asmara in modo da permettere a truppe e mezzi di trasporto dislocati in A.O. di raggiungere l'Egitto imbarcando a Massaua e a Porto Sudan, o muovendo lungo la vallata del Nilo.
3. LA BATTAGLIA DI COMBOLCIÀ E LA RESA DI DESSIÈ (schizzi
n. 40 e n. 41) Il settore Dessiè, a movimenti avvenuti, potè disporre in definitiva, dei seguenti reparti: 3 battaglioni cc. nn. (III, XI e XII); battaglione nazionale presidiario «Assab»; battaglione marina; XVIII battaglione genio; 3 battaglioni coloniali (XXXII, XLVI e LXX, i due ultimi inviati da Gondar); XI gruppo squadroni cavalleria; I banda; 5 gruppi di artiglieria; 2 batterie marina. Non giunsero invece: -
dal settore Auasc: il I battaglione del 210° fanteria che, attaccato da formazioni ribelli e costretto a ripiegare sul fiume, si arrese ai Britannici; il gruppo bande dello Scioa i cui componenti, dopo aver chiesto a mezzo dei graduati di tornare nell'Uolisò ove avevano lasciato il campo famiglie, si allontanarono dal reparto tra il 2 e 1'8 aprile;
-
dal settore Debra Berhan: !'LXXXVII battaglione coloniale che disertò durante lo spostamento verso Debra Sina; il XCIII che, bloccato, verrà catturato in maggio, in zona Molalè; il DCXXXI cc. nn., costretto alla resa a Debra Berhan; le bande del presidio del Derrà che, sciolte e ricostituite in parte, si unirono all'avanguardia della colonna proveniente dal Goggiam meridionale;
-
da Debra Marcos: le truppe del Goggiam meridionale che, dopo una tormentosa marcia, saranno costrette alla resa a Uoggidi, il 23 maggio.
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LE OPERAZIONI JN AFRICA ORIENTALE
SCHIZZO N. 40
L'ATTACCO CONTRO DESSIÈ (20-26 APRILE 1941)
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DECISIONI COMANDO SUPERIORE DESSIÈ -AMBA ALAGl
SCHIZZO N. 41
LA ZONA DELLA BATTAGLIA DI COMBOLCIÀ (17- 25 APRILE 1941)
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LE OPERA:llONl lN AFRICA ORI ENT ALE
I Britannici provenienti dalla capitale, occupata Debra Sina col concorso di notevoli formazioni di ribelli il 14 aprile, respinti i nostri elementi avanzati dislocati verso il Termaber, procedettero verso nord e presero contatto con la nostra sistemazione spinta, per coprire il bivio di Combolcià ed evitare alla popolazione di Dessiè di esser coinvolta nei rischi della difesa, a circa 40 chilometri dall'abitato in direzione sud-est. Le nostre forze risultavano così schierate: -
fronte sud: 2 battaglioni nazionali Cl); 2 battaglioni e 2 compagnie coloniali ed I banda; 5 gruppi di artiglieria; fronte est: 1 battaglione nazionale (marina); I battaglione e I compagnia coloniali; 2 batterie; riserva parziale della linea: 2 compagnie artieri del XVIII bat· taglione; riserva generale (Dessiè): 2 battaglioni nazionali; I gruppo squadroni coloniale;
Le truppe del sottosettore ovest di Dessiè, che si estendeva ad occidente della strada imperiale fino all'allineamento Tacazzè-BascilòNilo Azzurro (1 battaglione cc. nn. d'Africa (XIII) e circa 16.000 paesani armati), provvederanno alla protezione del fianco destro della difesa, sosterranno scontri con armati locali, cederanno il battaglione cc. nn. al fronte sud di Dessiè ma non avranno peso sulle operazioni nella zona di Combolcià. Le forze avversarie erano costituite dalla 1a brigata sud-africana su quattro battaglioni, con artiglierie di piccolo e medio calibro, e da forze ausiliarie, ingrossate da disertori inquadrati, in parte, da elementi bianchi.
te operazioni contro Dessiè furono precedute da un vano tentativo di intimidazione. Il 17 aprile il gen. Cunningham inviò al Duca d'Aosta il seguente messaggio: «A fine umanitario ed in considerazione della pericolosa situazione militare in cui si trovano ora gli Italiani in Etiopia, sono auto(I) Reparti di cc. nn. costituiti con nazionali residenti a Dessiè, richiamati alle armi all' · inizio dell'ostilità.
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rizzato dal Comandante in capo del Medio Oriente ad inviare il seguente messaggio: Fino a che le truppe italiane in A.O.I. non avranno deposto le armi, nessuna responsabilità per la protezione ed il soccorso dei nazionali italiani può essere accettata, fatta eccezione per le località già occupate da forze sotto il comando militare britannico. «E' dovere dei comandanti militari britannici, con tutte le forze a loro disposizione, continuare la guerra contro gli italiani con la massima energia e non può consentirsi che alcunché interferisca con tale scopo ·fino a che i combattimenti continuano. «Una risposta può essere inviata su 9700 K/cs nominativo inglese YNC, nominativo italiano YNI , fra le ore 0,515 e 0,815 TMG e le 12,15 e 15,15 TMG fino al 21 aprile compreso». Il 20 aprile il generale britannico ricevette la seguente risposta: «Con riferimento alla vostra lettera, non posso prendere in considerazione le vostre proposte di carattere militare stop La responsabilità relativa alla popolazione bianca ricade su voi quando le vostre truppe o indigeni armati agli ordini dei vostri ufficiali o chicchesia ai vostri ordini occupano località in cui si trovi popolazione bianca - A. di Savoia». La battaglia (17 -26 aprile) che prese nome da Combolcià si svolse in tre distinte fasi. La prima fase (17-19 aprile) fu caratterizzata da prevalente azione dell'artiglieria e deWaviazione nemica, da attacchi locali e da sondaggi lungo tutto il fronte. La nostra artiglieria controbattè efficacemente l'avversario; i fanti lo ricacciarono da qualche posizione sulla quale era riuscito a porre piede. Di questo periodo va ricordato, come particolarmente aspro, il combattimento del pomeriggio del 19 in cui nazionali e coloniali riuscirono a ributtare dalle posizioni, temporaneamente occupate alla nostra ala sinistra, il 3° battaglione fucilieri «Duca di Edimburgo». Questa fase vedeva però il rapido declino morale e il dissolversi di gran parte dei reparti coloniali. A rafforzare la.difesa, che per effetto di tali defezioni aveva perduto di consistenza, entravano in linea una compagnia mista della guardia di finanza appena costituita e il III battaglione cc. nn .. Ad immediato rincalzo venivano dislocate tre compagnie del battaglione marina tolte dal fronte est.
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La seconda fase aveva inizio, il mattino del 20, con un'azione di sorpresa contro la nostra sinistra. L'avversario riusciva a porre piede sulle posizioni che potevano essere riconquistate solo in parte. L'indomani, dopo averne annientato il presidio, si assicurava anche il possesso· di un elemento di difesa avanzata al centro del nostro schieramento. Il mattino del 22, la lotta riprendeva sullo stesso tratto di fronte, dopo breve ma violenta azione di artiglieria, mentre forti nuclei abissini tentavano di cadere alle spalle dei nostri. Il fuoco si estendeva quindi a tutta la linea e nuove forze avversarie entravano in lizza. A destra, gli attacchi venivano contenuti dal fermo contegno del XXXII battaglione coloniale e dai fucilieri di marina efficacemente sostenuti dall'artiglieria; alla sinistra, invece, muovendo da est (dalle posizioni conquistate il 20) e da sud, il nemico riusciva prima ad isolare e poscia, dopo alterne vicende, a sopraffare la difesa del caposaldo chiave della posizione: torme di abissini dilagavano a tergo dei nostri. La pronta reazione degli altri reparti in linea (col. Raugei) arginava l'avanzata dei Britannici sul fronte e smorzava l'impeto dei combattenti abissini a tergo, consentendo di trarre in salvo le artiglierie mobili ancora efficienti e di imbastire, sulla seconda linea, una nuova difesa. Alle ore 16, il ripiegamento _poteva dirsi compiuto (I). Il nemico iniziava intanto l'investimento del fronte nord dell'Amba, spingendo nuclei motorizzati a prender contatto con gli elementi avanzati della difesa. Il 24, aveva inizio la terza fase: Persistendo nella sua azione contro il sistema difensivo di Dessiè, l'avversario ne investiva la seconda posizione. Contenuto p_er tutta la giornata, riprendeva l'attacco, all'alba del 25, concentrando i maggiori sforzi contro l'ala destra della difesa, presidiata da alcuni reparti coloniali di scarsa efficienza che defezionavano scoprendone il fianco e obbligando i nostri ad un ulteriore arretramento. Con questo ripiegamento andò perduto il collegamento con le truppe della Dancalià. Il nuovo schieramento venne travolto il pomeriggio del 26. L'ayversario iniziò quindi un'azione di artiglierie di medio calibro contro l'abitato che contemporaneamente veniva attaccato dai ribelli. In considerazione del pericolo (I) Nel combattimento di Dessiè il giorno 22 si ebbero le seguenti perdite: ufficiali morti accertati 3, feriti 8, dispersi 11; nazionali morti accertati 42, feriti 94, dispersi 579; coloniali morti accertati 2, feriti 6, dispersi I.
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al quale sarebbe stata inutilmente esp()sta la inerme popolazione civile nazionale, il comandante del presidio (col. Vannetti) decise la resa della città. Alle 18,30, gli Inglesi entravano in Dessiè. Sfondato il fronte sud, a Dessiè, il Viceré ripiegò a Mai Ceu nella speranza che si potesse ancora difendere la stretta di Ualdià. Caduta anche questa, ripiegò, il 1° maggio, sull'Amba Alagi col proposito di resistervi ad oltranza. Quasi contemporaneamente veniva attaccato ed eliminato, da forze ribelli soverchianti, il presidio di Socotà che, insieme alle bande del commissariato, si era raccolto per l'estrema difesa nel fortino di Adegà (60 chilometri a sud-ovest di Amba Alagi). I paesani armati del settore ovest di Dessiè di fronte al dilagare delle bande scioane defezionarono. Alcuni presidì opposero resistenza ma furono soverchiati. Il comandante (col. Anderson), con una sessantina di nazionali e pochi zaptiè, esaurite le munizioni, sarà costretto alla resa in Tantà (Magdala) il 20 maggio (I).
4. L'ATTACCO AVVERSARIO CONTRO L'AMBA ALAGI (schizza
n. 42) L'organizzazione difensiva dell'Amba Alagi, data l'esiguità clelle forze e dei mezzi disponibili, era stata limitata alla parte più elevata del massiccio in sistema col Cerarsi ed ai passi di Falagà, ad oriente, e Togorà, ad occidente. Il massiccio dell'Amba Alagi è di difficile ascensione, salvo attraverso i passi, ed è caratterizzato in alto da pareti a picco continue. Il passo Falagà ha la profondità di un chilometro circa: la parte settentrionale è denominata passo Togò, quella meridionale costituisce il passo Falagà propriamente detto. I due passi~ delimitati, ad ovest, da una parete pressoché inaccessibile e, ad est, da un precipizio intransitabile, costituiscono una inaggirabile stretta. A settentrione del passo Togò due speroni tabulari si protendono per circa due chilometri verso nord, dominando la sottostante vallata; sullo sperone orientale si inerpica una strada in cattive condizioni, ma transitabile (i) Vds. anche a pag. 434.
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SCHIZZO N. 42
L'ATTACCO DELL'AMBA ALAGI (1 -17 MAGGIO 1941)
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per automezzi speciali, che termina al passo Togò (e~sa si diparte dalla strada Mai Mescic-Debus a circa 5 chilometri dal passo). Ad ovest del sistema passo Falagà-passo Togò si erge imponente il M. Kumsà, costituito da un'amba tabulare con altitudine media di 3 .400 metri, sulla quale si elevano alture di poche decine di metri a dolci pendii erhosi. Esso domina, verso occidente, con l'Abba Kumsà (3.534), il M. Corarsi (3.326) e la stessa Amba Alagi (3.442) e si protende, per una decina di chilometri, in direzione nord-ovest con una serie di alture che si susseguono fino a Mai Mescic chiudendo, da nordest, la valle del Mai Corar e del Mai Mascic e cioè la conca di Enda Medani. Dall' Alagi si diparte, in direzione nord-ovest e con altitudine media sui 3200 metri, una non ampia dorsale che si eleva di nuovo sui 3400 metri col M. Astembiel prima di digradare sul passo Togorà, il quale ha, come pilastro occidentale, l' Ambamelaccè. Detto passo dista circa 4 chilometri in linea d'aria dall'Amba Alagi. Il ridotto Alagi (gen. Valletti-Borgnini) fu organizzato su tre settori: Falagà, Toselli e Togorà. La difesa del settore Falagà (ten. col. Postiglione), affidata alla XLIII brigata coloniale <1>, giunta da Arresa ai primi di aprile, fu organizzata sul passo Falagà, sul passo Togò e sui due speroni antistanti. La difesa del settore Toselli, affidata a tre battaglioni nazionali, quattro battaglioni coloniali ed elementi vari <2>, fu organizzata sul M. Corarsi, sul passo Toselli e sull'Amba Alagi. Il settore si estendeva: a nord (col. Delitala), sino alla stretta di Mai Mescic, a sud (ten. (1) La XLIII brigata coloniale era costituita dal XLI e dal LIII battaglione coloniale; da I nucleo mitraglieri nazionali; da I compagnia genio dell'Eritrea; dal comando XLIII gruppo artiglieria someggiata; dalla 32• batteria someggiata coloniale e dalla 9• batteria del 60° reggimento artiglieria; con una forza complessiva di 43 ufficiali, 243 sottufficiali e nazionali, 827 coloniali; 35 mitragliatrici; 11 cannoni; 102 quadrupedi; 4 autoca,ri. A fine aprile verrà assegnato alla brigata I plotone mortai da 81 e ai primi di maggio 2 compagnie CC. RR. ed I compagnia genio artieri dell'Eritrea. (2) 211 ° reggimento fanteria d'Africa su due battaglioni; XXVI battaglione coloniale; battaglione CC. RR.; battaglione azzurro (costituito da personale disponibile dell'aviazione); nucleo marinai (provenienti da Assab); II e IIl gruppo 60° artiglieria; gruppo 75/46 contraerei; elementi di gruppi di artiglieria coloniale 65/17; battaglione mitraglieri dei «Granatieri di Savoia» (meno 1 compagnia); 3 plotoni fucilieri anticarro; reparti di formazione del 2° autoraggruppamento dell' A.O.I..
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col. Tramonti) sino al M. Uoghelem. La difesa della stretta di Mai Mescic, ostruita a circa 6 chilometri dal!' Alagi, era affidata solo a elementi di vigilanza e di rallentamento spinti nel fondo valle non essendosi potuta presidiare, ad oriente, la catena del Kumsà. La difesa del settore Togorà (col. Largajolli), affidata al gruppo bande Polizia Africa Italiana rinforzato da una compagnia mitraglieri del reggimento «Granatieri di Savoia», fu imbastita sulle posizioni del passo. Nella seconda quindicina di aprile, l'attività dell'artiglieria britannica sul fronte nord del ridotto dell'Amba Alagi fu ininterrotta. I tiri dell'artiglieria ed i bombardamenti aerei furono gradualmente intensificati per fiaccare il morale dei difensori forse più che per smantellare i nostri pochi pezzi che avevano scarse munizioni e limitata gittata. Dopo le prime prese di contatto con le nostre difese avanzate, i Britannici della 5 a Divisione anglo-indiana serrarono, col grosso delle loro forze, verso il massiccio dell'Amba Alagi fermandosi a circa 10 chilometri dalle nostre posizioni. Elementi avanzati inoltratisi oltre la stretta di Meida Merra, eliminato un campo minato ed una interruzione strad<ile, occuparono, il 27, l'altura del paese di Adi Musnò prospiciente lo sperone occidentale antistante al passo Togò. Caduta Dessiè (il 26), i Britannici cercarono di investire subito anche da sud il ridotto e, servendosi fra l'altro di nostri autocarri trovati nell'abitato, lanciarono, la sera stessa dell'occupazione della città, una colonna motorizzata della I brigata sudafricana in direzione nord. Essa fu però temporaneamente arrestata dalle interruzioni stradali operate dai nostri a Ualdià. Negli ultimi giorni di aprile, i bombardamenti aerei' e i tiri dell'artiglieria avversaria, intensificati sulle posizioni avanzate di passo Falagà e non controbattuti dalle nostre artiglierie per deficienza di gittata, provocarono notevoli perdite nei reparti e determinarono la diserzione di numerosi ascari. La notte sul 1° maggio, i Britannici iniziarono una violenta preparazione con mortai e cannoni di piccolo e medio calibro sullo sperone occidentale di passo Togò e al margine settentrionale dello sperone orientale del passo stesso. Ad occidente, la difesa venne sommersa e lo sperone fu occupato. Un contrattacco riuscì però a contenere
DH 'ISION I <.:()MANDO SU PERIO RE D ESSI È -AMBA ALA G!
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l'avanzata avversaria a nord del passo ove, dopo la diserzione della maggior parte degli ascari che lo presidiavano, erano rimasti ad azionare le armi automatiche solamente gli ufficiali coi loro attendenti. Snllo sperone orientale, sopraffatti alcuni centri avanzati, l'avversario non proseguì l'attacco e sostò al margine dello sperone stesso protetto da alcuni salti di roccia <1). Il giorno successivo, senza rinnovare gli attacchi -:on la fanteria, i Britannici sottoposero le posizioni a continuo fuoco di artiglieria e bombardamento aereo. A sera, giunsero in rinforzo ai nostri nel settore di passo Falagà due compagnie carabinieri e una compagnia del genio artieri dell'Eritrea, ma i zaptiè, in numero di 110, disertarono anch'essi quasi tutti nelle successive 48 ore. Il 3, all'imbrunire, l'artiglieria britannica intensificò il tiro sulle posizioni di passo Togò e sul caposaldo dello sperone orientale. Alle 21 ,30, ebbe inizio una nuova azione della fanteria: arrestata quasi ovunque sulle posizioni di partenza a nord-ovest di passo Togò, si ridusse a piccoli assalti e contrassalti sullo persone orientale. Alle 23, circa, i Britannici rientravano sulle proprie posizioni iniziali lasciando sul terreno morti, armi e munizioni. Un tentativo effettuato più tardi dai nostri per la rioccupazione dello sperone occidentale perduto il I O maggio fu, a sua volta, frustrato da un subitaneo contrassalto avversario. La notte stessa, i Britannici lanciarono la 29a brigata di fanteria indiana, appoggiata da tutta l'artiglieria disponibile, contro le difese di passo Togorà. Respinti, persistetterb, per tutta la mattinata, nel tiro di artiglieria che integrarono con il bombardamento e il mitragliamento aereo, finché, soverchiato il reparto coloniale posto a difesa della posizione, riuscirono ad occupare il passo e a procedere, per la linea di cresta, sino a portarsi a contatto del ridotto dell' Alagi. In primo tempo il comando del settore Falagà riceveva ordine di ripiegare per M. Kumsà e M. Corarsi, sull'Amba, abbandonando i cannoni e trasportando le sole munizioni di artiglieria; successivamente, veniva lasciato arbitro della situazione e la contrazione non fu effettuata. (I) L'attacco fu condotto dal 51° «Pafestine Commando» (reparto d'assalto) e dal 3/12° «Frontier Force» sullo sperone occidentale; dagli «Skinner's Horse» (cavalleria appiedata) sullo sperone orientale.
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
Il mattino del 5, dalle posizioni raggiunte nel settore occidentale oltre il passo Togorà, il nemico mosse alla conquista dell' Alagi preceduto ed appoggiato da violenta azione di artiglieria, ma le ondate impetuose degli attacchi andarono ad infrangersi contro l'Amba. Nei giorni 6 e? l'artiglieria martellava l'Alagi con pezzi di tutti i calibri. Il mattino dell'8, approfittando della nebbia, altre unità avversarie riuscivano a porre piede con grosse pattuglie sulla posizione avanzata di M. Uoghelem (settore Toselli fronte sud) presidiato da carabinieri e zaptiè, ma un immediato contrattacco ristabiliva la si tuazione. Nella stessa giornata, nel settore Falagà, reparti della 9a brigata indiana attaccavano da ovest le nostre posizioni a immediata difesa di passo Togò, e da est lo sperone orientale mettendo a dura prova i nostri che, in primo tempo, contrassaltavano e li contenevano. Verso· le ore 16, però, i difensori del passo, battuti dall'aviazione e dall'artiglieria nemica, defezionavano. Il comando del settore disponeva che il retrostante passo Falagà fosse tenuto da pochi elementi fino a sera onde consentire una ulteriore resistenza sull'altura orientale di M. Kumsà. L'indomani, il movimento avversario fu contrastato fino ad esaurimento delle munizioni. Quindi i superstiti, tolti gli otturatori e precipitati i pezzi non someggiabili, ripiegarono a scaglioni sul M. Cerarsi entro il limite del ridotto dell' Alagi <1>. La sera dell'8, il Duca d'Aosta in un dispaccio allo Stato Maggiore Generale così riassumeva la situazione: « ... Il ridotto dell' Amba Alagi est ormai stretto da ogni lato: attaccati da nord e da ovest, investiti da est, chiusi a sud, ove risulta che formazioni regolari inglesi e quelle di Ras Sejum siano giunte at Mai Ceu. Disertato altri militari coloniali, compresi zaptiè, artiglieri e perfino attendenti (in tutto 891) rimangono ali' Alagi circa quattro battaglioni nazionali (di cui due formati da autieri, avieri, carabinieri, genieri) con poche batterie di piccolo calibro con limitato munizionamento et impotenti controbattere medi calibri nemici sempre più tormentosi. Dal 29 aprile al 7 maggio sono caduti nel ridotto oltre 12.000 colpi di artiglieria; (I) Le perdite di passo Falagà (esclusi i morti e feriti non raccolti) assommarono a ufficiali 5 morti e 10 feriti; sottufficiali e truppa nazionali 39 morti e 84 feriti; coloniali 77 morti e 118 feriti.
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le perdite (60 morti, 158 feriti) sono relativamente limitate solo per i ripari che in tutti i modi si stanno costruendo. L'aviazione nemica indisturbata et in 9 giorni ha compiuto nel nostro cielo più di 100 ore di volo in azione di bombardamento, mitragliamento, spezzonamento. Danni materiali già notevoli, viveri razionati possono durare circa tre mesi. Scarsità et difficoltà per acqua et legna. Gravissimo problema quello sanitario per materiale impossibilità di ricoverare feriti che avremo quando saremo attaccati a fondo. Questa est forse nostra maggiore debolezza anche per azione depressiva sui superstiti» <1). Con la perdita del passo di Falagà il ridotto Alagi fu direttamente investito oltre che dal lato nord anche dal lato est; il giorno stesso, la pressione avversaria si estese al fronte sud ove l' 11 maggio arrivava la I brigata sud-africana da Dessiè. Nei giorni successivi, quindi, nuove forze nemiche entrarono in linea. Truppe regolari ed irregolari si addensarono sulle intricate pendici cercando di sfruttare i canaloni coperti che adducono all'Amba e di infiltrarsi tra i nostri centri di resistenza, ma vennero contenute e respinte. Il 13, il nemico rinnovò gli attacchi sul fronte sud del ridotto, appoggiato questa volta dal fuoco di nuove artiglierie, la cui entrata in azione completava il cerchio di fuoco attorno all'Amba. Al presidio non rimase più alcuna possibilità di sfuggire al tormentoso e accanito tiro che infuriava da circa 10 giorni senza posa: il ricovero dei numerosi feriti diventò impossibile. Il 14, i Britannici attaccarono in forze e riuscirono a metter piede sulle posizioni di M. Corarsi; un nostro contrattacco per ristabilire la situazione non ebbe successo per la sproporzione delle forze; il presidio, ridotto a 150 uomini, ripiegò salvando artiglierie e armi automatiche. La situazione, con la perdita di M. Corarsi, divenne ancor più grave: il nemico era ora in grado di battere, da brevissima distanza, tutte le pendici dell'Amba Alagi rendendo ogni movimento e ogni attività diurna nell'interno del ridotto pressoché impossibile. Per tre giorni sotto azione implacabile di tutte le artiglierie nemiche e dei bombardamenti aerei si protrasse ancora la resistenza sulla breve sommità del mon.te. Il 17, alle ore 15, il Duca d'Aosta telegrafava (1) Tele 85/S dell'8.5 . I941, documento n. 134 e Tele 86/S del 10.5.1941 , documento n. 135, Tele 88/ S dell'JJ.5.1941, documento n. 136, e la risposta del Capo del Governo, documento n. 137.
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
a Roma la decisione di trattare la resa, che veniva accettata dal Capo del Governo: «Situazione Amba è seguente: Amba completamente circondata a tiro efficace di fucile da formazioni ribelli inquadrate da Inglesi et nostri graduati indigeni disertori, et bombardata violentemente giorno et notte da molte artiglierie in prevalenza medio calibro <1>. Generale convinzione in tutti quadri et truppa della inutilità della protrazione della lotta. Impossibilità ricovero feriti aggrava depressione morale. Trattative fatte per sgombrarli hanno aperto speranza prossima cessazione lotta affievolendo ancora più volontà lottare. In qualunque caso Inglesi intendono continuare bombardamento et spingere attacco ribelli spalleggiandoli da lontano con reparti regolari. Credo che a un attacco concentrico dei ribelli preceduto da un violento bombardamento, non si potrebbe reggere e che invasione nostre posizioni da parte indigeni avrebbe peggiori conseguenze sia per impossibilità sfuggire alla cattura sia per ulteriore prigionia. Convinto che ulteriore resistenza potrebbe a gran prezzo di sangue protrarsi solo per qualche giorno se non per qualche ora, ho deciso sotto la mia responsabilità stipulare condizioni resa. Rifiutatami facoltà di restare sull'Amba sia pure con impegno di cessare ogni ostilità contro Inglesi. Ho ottenuto onore delle armi. Agli ufficiali sarà conservata permanentemente la pistola <2>, le truppe nazionali et indigene rimaste fedeli sfileranno in armi dinanzi reparti inglesi che renderanno onori. Uso radio resterà concesso fino ore 12 giorno 19 per affari privati ufficio, poi fino ore 24 del giorno 20 per comunicazioni private controllate. Sono giunto a questa decisione dopo ponderato esame situazione et con cuore angosciato devo concludere che nella situazione in atto essa est l'unica possibile, avendo raggiunto il limite della resistenza .umana delle truppe. Gondar et Galla e Sidama continueranno resistere fino a che potranno. Io seguo mio destino confortato di aver fatto tutto il mio dovere. - Amedeo di Savoia». (I) A loua finita il gen. TREZZANI chiese al gen . P LAIT quanti colpi i Britannici avessero sparato contro la posizione dell'Amba Alagi investita da nord e da s ud; il gen. PLAIT rispose che avevano in balleria 70 pezzi ognuno con una dotazione di 1000 colpi e che ne avevano sparati la metà.
(2) Le pistole furonu invece seq uestrate dagli Inglesi il giorno dopo la resa.
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Il giorno stesso, il gen. Volpini, inviato al Comando britannico per trattare la resa, cadeva, insieme al magg. Bruno ed a due carabinieri di scorta, ucciso da predoni. Il Duca d'Aosta nell'esprimere il suo risentimento agli Inglesi per l'eccidio compiuto dalie loro bande e quindi per loro colpa, aggiungeva che se volevano trattare dovevano mandare il loro rappresentante sull'Amba. Al colonnello Russe!, presentatosi a tale fine egli disse: «Le trattative non saranno iniziate se prima voi non avrete recuperato le quattro salme e ce le avrete portate quassù perché siano sepolte in mezzo ai nostri morti». Così fu fatto. Le quattro salme, ritrovate dal Comando inglese e composte nelle bare, salirono portate a spalla da ufficiali, sino alla vetta più alta dell' Alagi per essere inumate nel fortino Toselli. Concluse le trattative, il 19 maggio, reparti inglesi e scozzesi resero gli onori militari ai valorosi superstiti dell'Amba. Lo stesso giorno il gen. Gazzera, comandante lo scacchiere sud, veniva nomimato dal Governo di Roma Comandante Superiore e Reggente il Governo Generale delJ'A.O.I. Il Duca d' Aosta, bella figura di soldato, che sulla pietraia del ridotto aveva vissuto come il più umile dei suoi fanti, chiuderà la sua ancor giovane esistenza, dedita alla Patria, in prigionia a Nairobi, 10 mesi più tardi (3 marzo 1942). La sua salma riposa nel cimitero dei prigionieri di guerra italiani, nella boscaglia del Kenia.
PARTE QUARTA
LA RESISTENZA NEI «RIDOTTI» FINO AL NOVEMBRE 1941 E LE OPERAZIONI OFFENSIVE BRITANNICHE VOLTE A COMPLETARE L'OCCUPAZIONE DELL'A.0. 1.
(Maggio-Novembre 1941)
CAPITOLO XVII
UN QUADRO GENERALE DELLE FORZE ITALIANE SUPERSTITI IN A.O.I. E DELLA LORO SITUAZIONE; L'ELIMINAZIONE DEI NUCLEI MINORI IN DANCALIA E IN MIGIURTINIA 1. LE FORZE SUPERSTITI IN A.O.I. E LA LORO SITUAZIONE DOPO LA CADUTA DELL'AMBA ALAGI.
Con la fine della resistenza sull'Amba Alagi l'offensiva britannica aveva conseguito ormai gran parte dei suoi obiettivi, eliminando ogni possibile minaccia italiana alle vie di accesso al Medio Oriente attraverso il Mar Rosso o lungo il Nilo. La presenza di nostre forze nel Goggiam e nel Galla e Sidama, nonché di nuclei minori, non rappresentava più alcun problema di ordine strategico data l'assenza di ogni loro possibilità offensiva pur continuando esse ad impegnare aliquote di forze per la loro completa liquidazione, necessaria soprattutto per esigenze di ordine politico (1). Già dopo l'occupazione di Massaua il Comando del Medio Oriente aveva rinviato la 4 a divisione anglo-indiana nel Nord Africa; la stessa destinazione dovevano avere, dopo la conquista dell'Amba Alagi, anche la 5a divisione, aliquota delle unità sud-africane e buona parte delle forze aeree già dislocate nel Sudan e nel Kenia. Questi trasferimenti di forze venivano affrettati, particolarmente dopo l'inizio delle offensive italo-tedesche in Grecia e nel Nord Africa. L'indebolimento delle forze britanniche in A.O.I., però, era più che compensato dall'ingrossare delle forze etiopioche, divenute ormai progressivamente più forti ed audaci. L'Imperatore Hailè Sellassiè era entrato in Addis Abeba ed andava progressivamente riaffermando la sua autorità; in tutte le regioni i capi (I) Vds. documento n. 136.
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORJENTALE
locali e le loro forze trovavano ormai conveniente o necessario schierarsi a fianco degli Inglesi e porsi all'ordine dell'Imperatore, partecipando alle operazioni contro gli Italiani ormai in condizioni sempre più precarie, e impadronendosi delle loro armi e dei loro rifornimenti. La ribellione, che era stata attiva in regioni ben definite ed aveva anzi avuto fasi di dormiente recessione, si era diffusa anche a regioni di antica fedeltà; ad essa si univano, ora, anche unità di disertori ed orde di briganti cui si offrivano ampie occasioni di razzia. Le nostre unità superstiti vedevano le loro possibilità operative contrarsi, sia per i rapporti di forza sempre più sfavorevoli, sia per la mancanza di informazioni e di sicurezza, sia per l'esaurirsi delle risorse logistiche. Anche dopo la caduta dell'Amba Alagi, da Roma giungevano appelli del Capo del Governo alla prosecuzione della resistenza nel tempo; ne è un esempio il messaggio inviato il 13 giugno al Gen. Gazzera in relazione alle comunicazioni ricevute circa le intimazioni di resa rivolte dagli Inglesi al presidio di Gimma (I). La ulteriore resistenza era in qualche caso sostenuta dalla speranza di altri successi delle nostre forze in Africa Settentrionale, dopo l'avvenuta rioccupazione della Cirenaica, la conquista di Creta ed il fallimento della offensiva inglese del giugno in Marmarica. Anche a Roma, in questo momento, ci si lasciava andare a ipotesi di grandi offensive da parte di una costituenda Annata d'Africa di 15 Divisioni che, mentre l'Armata d'Egitto avrebbe dovuto puntare verso il porto di Haifa dopo la conquista del Canale di Suez, avrebbe dovuto realizzare la riconquista dell'Impero con operazioni via terra e via mare. E, mentre vi era chi ne vedeva la possibilità nel 1942, dopo un adeguato rafforzamento delle forze in Africa Settentrionale, l'Ufficio Militare del Ministero dell'Africa Italiana ne sollecitava l'effettuazione entro la fine del 1941 ritenendo che esse avrebbero potuto essere molto agevolate ove ci si fosse potuti avvalere di resistenze ancora attive in Etiopia; ciò, anche in relazione a notizie di crescenti contrasti politici in atto fra il Governo etiopico e le autorità britanniche di occupazione. Tuttavia, ben poco poteva essere fatto in concreto da Roma per sostenere quella resistenza; si potè realizzare solo l'invio di un limitatissimo quantitativo di materiali (1) Vds. Tele 30066 Op. del 13.6.1941 del Comando Supremo, documento n. 138.
QUADRO GENERALE RIDOTTI DANCALIA E MIGIURTINIA
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per via aerea con 1O voli di aerei S. 75, che da Bengasi raggiungevano l'aeroporto di Gondar-Azozò e quindi quello di Gibuti ove potevano 'fare rifornimento carburante per il ritorno. Prima di passare a parlare della resistenza protrattasi a lungo nel Galla e Sidama e nell'Amara, converrà ricordare brevemente gli avvenimenti in Migiurtinia ed in Dancalia, che portarono all'estensione dell'occupazione britannica a questi territori.
2. GLI AVVENIMENTI IN MIGIURTINIA (schizzo n. 43)
Nella seconda quindicina di aprile, il comando del settore Alta Migiurtinia (col. De Maria), stabilitosi a Tohen (Crispi), disponeva che in tale località affluissero sia il presidio di Bender Cassim che quello di Dante, cui era stato ordinato di distruggere tutti gl'impianti di Hafun utilizzabili dal nemico, e di ripiegare poscia con la massima quantità possibile di armi, munizioni, viveri e fondi. Ai primi di maggio, le forze a disposizione del settore Migiurtinia risultavano costituite da 300 nazionali e 200 ascari, oltre quelle affluenti da Dante, con scorte viveri sufficienti fino al 15 giugno. Erano in funzione le stazioni R. T. di Eil, Dante Alula e Crispi. Il 24 e il 28 aprile, autocolonne provenienti dal Somaliland raggiunsero le località di Garoe e Gardò; il 6 maggio, dopo una ricognizione compiuta da elementi trasportati per via aerea, i Britannici occuparono Bender Cassim, già evacuata dal nostro presidio; la stazione r. t. venne distrutta ad opera del personale lasciato in posto per .il suo funzionamento. Da Bender Cassim la colonna mosse l' 11, verso Dante che cadeva il 16 in possesso del nemico; il 18, forze sbarcate al capo Guardafui costringevano alla resa il nostro presidio che trovavasi nell'Uadi Tohen; il 21, un reparto inviato anch'esso via mare prendeva possesso di Alula.
3. GLI AVVENIMENTI IN DANCALIA (schizzo n. 43)
Dopo la caduta di Dessiè rimasero in Dancalia: un nucleo centrale (col. Raugei), dislocato tra il torrente Mille e la valle Dobbi, con sede del comando in Tandehò, forte di 2.800 coloniali e 70 nazionali, ordinato su quattro bande cammellate e due compagnie coloniali;
GLI A VVENIME
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SCHIZZO N . 43
NTI IN DANCALIA (APRILE-LUGLIO 1941.)
l MIGIURTINIA (MAGGIO 1941)
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
QUADRO GENERALE RIDOTTI DANCALIA E MIGIURTINIA
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il comando Marina Assab, che aveva assunto, dopo la caduta di Massaua, anche le funzioni di Comando Superiore ·di Marina A. O . ed aveva compito di difesa della zona costiera tra Bailul e Raheita, con due compagnie marinai (200 uomini), 2 compagnie raccogliticce di autieri appiedati armati di fucili Wetterly e due pezzi da 76; e il IV battaglione azzurro (gen. Piacentini), le cui forze, inclusa una banda, assommavano a 45 ufficiali, 43 sottufficiali, 169 nazionali (in gran parte piloti e specializzati) e 120 coloniali, dislocato in zona Manda. La piazza di Assab rimase, dunque, praticamente priva di qualsiasi mezzo di offesa e di difesa e coi pochi militari necessari all'ordine pubblico; i mezzi marittimi (piroscafi Piave, India e Sannio e tutti i rimorchiatori tranne uno) erano stati affondati il giorno 10 aprile, subito dopo l'occupazione di Màssaua, per ingombrare il porto. Le forze britanniche, che da Massaua scendevano verso sud, si fermarono a Zula e solo un piccolo distaccamento fece una puntata su Thiò. Il 22 aprile, affluiva in Assab una colonna con 154 donne e 114 bambini provenienti da Addis Abeba, Asmara e Dessiè, recante la notizia che bande di ribelli scendevano numerose verso la città dalla zona di Ghiriffo e dal piano del Sale. Il 1° maggio l'incrociatore ausiliario inglese Parvati di 4500 t., mentre si dirigeva per entrare nella base di Assab, saltava sulle mine. Anche se da terra non era stata fatta alcuna reazione per la nota mancanza di mezzi, i Britannici rinviavano le operazioni di occupazione della città. L'8 maggio, giungeva ad Assab anche il personale che presidiava le opere dell'arcipelago di Dahalach (il cui sgombro era stato ordinato, previa san zione del Viceré, il 16 aprile) ad eccezione del presidio dell'isola di Nocra ove circa 900 fra Italiani e Tedeschi, erano stati catturati verso la fine del mese . Caduta Dessiè, il col. Raugei assumeva il comando della Dancalia. Assab veniva dichiarata città aperta. La mattina del!' 11 giugno, numerosi apparecchi giunti da Aden e da Perim bombardarono la città. Contemporaneamente si presentarono davanti alla rada quattro navi che aprirono il fuoco sull'abitato con cannoni da 152 e da 120. Un aereo gettò nel frattempo la intimazione di resa. Mentre sbarcavano truppe indiane, il commissario, come da ordini impartiti in precedenza dal comando piazza, si recava dall'ammiraglio inglese a consegnare la città. Il piccolo presidio
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
fuori dell'abitato continuò la resistenza finché non fu circondato; gli ufficiali, recuperati dalle isole Dahalach, furono fatti ripiegare con due autocarri su E lidar. Caduta Assab, anche i minori presid1 costieri cessarono la resistenza. La resa di Assab e le notizie provenienti dall'altopiano circa maltrattamenti inflitti ai congiunti dei coloniali influirono ulteriormente sul morale dei reparti in Dancalia provocando un aumento delle defezioni. Forze motorizzate britanniche, provenienti da Batié, accentuarono la pressione contro le difese del nucleo centrale. Il sultano dell' Aussa si sottomise ai Britannici ed assunse nei nostri riguardi un atteggiamento ostile troncando anche i rifornimenti di carne e di cereali sui quali le nostre truppe dovevano fare assegnamento per vivere. Ai primi di luglio, le nostre forze coloniali in Dancalia erano ridotte a circa 1300 uomini dislocati, in parte nel Gamarri e, in parte, nella zona M. Ghifo. Contro di esse iniziarono le ostilità anche gli armati del sultano dell' Aussa che occupato l'altopiano di Gamarri, depredarono il magazzino e interruppero il nostro collegamento con gli altri reparti. Il 5 luglio, il comandante del nucleo centrale era costretto a chiedere ai Britannici la resa, che otteneva il 6 con l'onore delle armi. Il battaglione azzurro, posto a difesa dell'interruzione di Manda si trasferiva, nella notte sul 6, in valle Beda allo scopo di evitare un accerchiamento da parte dei ribelli. Al mattino, un suo distaccamento, che si recava al confine france~e per la riscossione di fondi inviati da Gibuti, veniva attaccato da ribelli dancali; dopo aspri combattimenti, era costretto a ripiegare sul battaglione. Questo, il giorno 10, nell'impossibilità di resistere ulteriormente alla pressione nemica, per la mancanza di acqua, viveri e carburante, chiedeva ed otteneva la resa con l'onore delle armi.
CAPITOLO
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LE OPERAZIONI NEL GALLA E SIDAMA
1. IL TERRENO
Il territorio dei Galla e Sidama, che prende il nome dalle principali genti che lo popolano, è una zona d'altopiano elevantesi non di. rado oltre i 3.000 metri, della estensione di oltre 310.000 Kmq .. Il corso dell'Omo col suo andamento tortuoso divide la regione in due parti: -
ad oriente, tra la valle dell'Omo e le conche dei laghi Galla, corre una serie di rilievi allineati in direzione N.N.E. -S.S.0.: sono i M. del Guraghè, il M. Muggo, i M. dei Soddo, superanti i 3.000 metri, e il massiccio del M. Gughè che, a ovest del lago Regina Margherita, raggiunge i 4.200 metri. La serie di depressioni nel cui fondo si annidano i laghi Galla, unisce più che non divida l'altopiano abissino al tavolato somalo. Questo si estende obbliquamente a sud-est dell'altopiano Galla ed abissino e lo delimita in parte con la sua scarpata più ripida. Le maggiori elevazioni, che oscillano intorno ai 3.500 metri ed oltre, si trovano sul margine di questa scarpata da cui il tavolato declina, nel suo complesso dolcemente, verso est-sud-est. Nel tratto che qui si considera si notano: M. Cilalò (m. 3.655), M. Caccà (m. 3.820), M. Guramba (nei M. Sidamo) (m. 3.367), M. Giam Giam (3.151). Ai piedi dei monti Sidamo nascono il Ganale Doria e il Daua Parma che insieme all'Ueb Gestro danno, nei pressi di Dolo, origine al Giuba;
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ad occidente dell'Omo Bottego il terreno si presenta come un grande nodo montagnoso dal quale defluiscono radialmente le acque: verso nord il Didessa~ tributario del Nilo Azzurro, e il Ghibiè di Ennarea; verso est il Ghibiè di Gimma, il Gogeb ed altri tributari dell'Omo; verso ovest il Baro e il Ghilo affluenti del Sobat e quindi
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LE OPERAZION! IN AFRIC/\ ORIENT ALE
del Nilo Bianco. Questa zona montagnosa, che prende a nord il nome di Gimma, di Guma, di Ghera, di Ghescia, a sud quello di Caffa e Ghimirà, e che si prolunga con una propaggine sudoccidentale nel Magi, costituisce lo spartiacque fra il bacino del L. Rodolfo e il bacino del Nilo. Dalle zone culminanti dei M. Botor, dei Mai Gudo _e dei M. Aggio, il terreno perde bruscamente quota di un paio di migliaia di metri verso est sulla valle de!' , Omo; mentre digrada molto più lentamente verso ovest formando tavolati e altopiani più o meno rotti, sui margini, dall'incisioni di un fitto reticolo di valli torrentizie, profonde, rivestite di bosco e interrotte da cascate e da rapide. Anche sul bassopiano sudanese il tavolato etiopico si affaccia bruscamente. La zona di frontiera è costituita da una fascia profonda alcune centinaia di chilometri, giungente, in territorio etiopico, fino ai margini dell'altopiano (Uadarà-Javello-Gardulla- Baco-·Magi-GurafardaDembidollo-fiume Dabus) e, verso i territori britannici, fino alle propaggini del M. Kenia, alle alture a sud del lago Rodolfo ed al corso del Nilo Bianco. Zona generalmente arida, malarica, con boscaglia tipo somalo o di sconfinate piane desertiche, talora vulcaniche (Kenia), e verso nord, a tratti, acquitrinosa ed eminentemente malsana (Acobo-Ghelo-Baro-Sobat). Elevata è in essa la temperatura; assente ogni risorsa ed abitato. La rete stradale rappresentata, nel 1940, dalle strade automobilistiche a fondo artificiale Addis Abeba-Gimma e Addis AbebaLechenti e dalle piste camionabili che univano fra loro gli altri centri abitati, consentiva, nei periodi asciutti (da novembre a febbraio), di percorrere con automezzi e senza particolari difficoltà (salvo quelle inerenti alle grandi distanze) tutto il territorio, all'infuori delle zone di recente occupazione, a sud del Baro, delle valli del Ghilo e dell' Acobo, dell'asperrima regione montana del Dauro-Conta, e del malsano, ampio disabitato fondo valle dell'Omo. Nei periodi delle piogge, più intense tra maggio e luglio, i movimenti di automezzi, specie se·in autocolonne, divenivano estremamente lenti, spesso difficili, talora impossibili in taluni tratti per parecchi giorni: se ne avrà la triste riprova dal marzo 1941 fino al termine delle operazioni nel Galla e Sidama (6 luglio).
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Tre erano le possibili vie di invasiune dell' A.O.I. dal Kenia: la più lunga (svolgentesi in terreno facile, con strade camionabili atte a far superare facilmente la grande distanza), quella della Somalia, seguita dalle truppe del gen. Cunningham, si svolgeva completamente al di fuori del territorio del Galla e Sidama; la più diretrn, assai meno agevole per natura di terreno e condizioni di strade, ma più pericolosa anche perché la grande rotabile da Dolo a Neghelli era assai vicina al confine, puntava direttamente da Moiale, per i laghi, su Addis Abeba; la terza, asperrima, difficilissima sia dal punto di vista operativo che logistico portava anch'essa dal lago Rodolfo, per il Caffa e Gimma, alla capitale. Le offese del Sudan contro l'Impero attraverso il Galla e Sidama, movendo da Karthum, potevano incanalarsi lungo la sponda sud del Nilo azzurro e raggiungere Addis Abeba per Asosa e Ghimbi; ma questa via, eccentrica, non appariva favorevole ad azioni in forze, sia per il terreno paludoso e malarico fra Karthum ed Asosa, sia perché Karthum ed il Sudan meridionale erano, a loro volta, esposti a una nostra possibile avanzata dall'Eritrea e dal!' Amara. La zona intermedia tra Sudan e Kenia, lungo il Baro, benché avess.e una specie di posto avanzato nella concessione britannica d1 Gambela, appariva così difficile e così eccentrica da indurre ed escludere la possibilità di minacce esterne molto serie o, quanto meno, molto rapide, da quella parte, pur potendo divenire teatro di azioni secondarie, concomitanti.
2. LE FORZE CONTRAPPOSTE
All'inizio del conflitto le forze dello scacchiere sud comprendevano: 1 battaglione cc. nn. permanente; 2 battaglioni cc. nn. di marcia; 1 compagnia cannonieri nazionale motorizzata su due batterie da 77128 e 1 da 105/28; 1 compagnia cannonieri da posizione su due batterie da 77128, mista di nazionali e coloniali; 1 sezione autoblindo Lancia; 5 comandi di brigata coloniale; 18 battaglioni col0niali (15 organicamente completi); 4 gruppi bande regolari di frontiera; 1 gruppo squadroni di cavalleria coloniale; 5 gruppi artiglieria someggiata; elementi coloniali del genio.
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
Per mobilitazione vennero completati i sopraddetti reparti e costituiti ex novo: 4 comandi di divisione coloniale (21 a, 22a, 23a e 24a); 2 comandi di brigata coloniale; 3 battaglioni cc. nn.; 2 gruppi artiglieria da posizione misti di nazionali e coloniali (oltre la trasformazione in gruppi delle compagnie cannonieri); 1 compagnia autonoma mitraglieri (per servizio contraereo); 1 compagnia mitraglieri motociclisti; 7 battaglioni coloniali; 1 gruppo bande di frontiera; 3 gruppi artiglieria someggiata; 1 compagnia mortai da 81; 1 battaglione genio coloniale. Tutti i complementi furono tratti dalla popolazione galla del Galla e Sidama. L'inquadramento venne effettuato con graduati eritrei. Con queste forze il Comando di scacchiere (gen. Gazzera) doveva operare, con larga autonomia, in un territorio più grande della madrepatria, non completamente assoggettato e doveva assolvere compiti militari e civili su di una popolazione composta da pochi nazionali, spesso con famiglia, e molti indigeni, non sempre sicuri. Il territorio del Galla e Sidama, occupato da troppo poco tempo, non poteva avere ancora attrezzatura, sia pure primordiale, che consentisse di sostenere una eventuale guerra contro una potenza modernamente armata. Il raggruppamento delle forze terrestri in brigate coloniali e «gruppi bande» autonomi, che pareva adeguato in tempo di pace alle necessità delle normali operazioni di polizia per garantire la sicurezza interna, non fu ritenuto, dal comando di scacchiere, rispondente alle esigenze di una guerra contro nemico esterno armato ed addestrato all'europea. «A parte l'insufficienza dell'armamento, due elementi essenziali mancavano completamente - scrive il gen. Gazzera: -
la possibilità di comando e di impiego coordinato delle forze quale soio si può.ottenere con la costituzione delle grandi unità dalla divisione in su (notando però che la forza numerica non è di per sé sufficiente a determinare in paesi coloniali il tipo di grande unità, né il numero delle grandi unità in sottordine da raggruppare);
-
l'esistenza e l'organizzazione di servizi che consentissero rapidi movimenti e rifornimenti sicuri durante gli spostamenti e le soste delle unità stesse e durante la battaglia; organizzazione questa che
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nella madrepatria va dai grandi parchi automobilistici ai depositi di riserva, agli organi dei servizi presso le piccole unità, e che, in un territorio separato dalla madrepatria quale era il Galla e Sidama con pochi e lontani depositi del Comando Superiore ed esteso fronte, avrebbe richiesto dovizia di personale, di stabilimenti, di dotazioni e di mezzi di trasporto, laddove si disponeva soltanto di qualche elemento di deficiente qualità». Tre comandi di divisione (21 a, 22a e 23a) vennero pertanto costituiti sin dal primo momento. Ne fu affidato il comando a tre generaJi giunti, il 6 giugno, dall'Jtalia (gen. Tissi, gen. Caffaratti, generale Van de Heuvel); , anche tre ufficiali di S. M. giungeranno successivamente dall'Italia. Il rimanente personale ed il minimo delle dotazioni occorrenti al funzionamento dei comandi furono tratti dalle scarse disponibilità dello scacchiere. Alla riunione dei reparti in divisioni coloniali il comando scacchiere farà ricorso anche più tardi, quando si tratterà di riordinare gli elementi che affluiranno nel Galla e Sidama dopo l'invasione dello Harar e dello Scioa. Per le medesime ragioni di comandabilità, in relazione all'ampiezza del territorio ed alle operazioni, verrà successivamente costituito anche un comando «Gruppo divisioni» per la zona di sinistra Omo e, più tardi, un comando «Gruppo divisioni» per la zona Didessa-Dabus. Alle esigenze operative non potè adeguarsi, in alcun modo, il servizio informazioni, già insufficiente ed in crisi alla vigilia della guerra, non disponendo il comando di scacchiere di un suo organo per tale servizio. Il funzionamento dei «servizi» propriamente detti era basato su una organizzazione statica di magazzini aventi considerevole autonomia. Il Comando scacchiere disponeva di magazzini principali a Gimma, di centri servizi a .Ghimbi e Neghelli, di un certo numero di depositi e di stabilimenti presidiari periferici per il vettovagliamento e per l'assistenza sanitaria. Questi consentivano la vita nei presidi, che nel periodo più acuto delle piogge venivano a trovarsi isolati, e
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i.E OPERAZIONI IN AFR ICA ORIENTALE
l'allontanamento fino a distanze da due a tre giornate di marcia dalle rispettive basi dei reparti operanti. Occorreva però provvedere, durante la buona stagione, al regolare afflusso di ingenti quantitativi di viveri e materiali vari ai magazzini più importanti, ed al tempestivo rifornimento dei magazzini presidiari lontani dalle strade. Per far fronte alla cattiva stagione occorreva che le dotazioni di questi ultimi consentissero una autonomia di circa un anno. La mobilitazione dei servizi presentò molte difficoltà per la grande estensione del territorio. per l'insufficienza di personale e di mezzi idonei e per la scarsità delle riserve. Non si trattava di provvedere soltanto a distribuzioni, ma si doveva produrre direttamente, incettare ed accumulare provviste per completare gli scarsi provvedimenti dell'intendenza. «Questa insufficienza ed inidoneità dell'organizzazione dei servizi doveva influire ed influì grandemente nello svolgimento delle operazioni, come è naturale in qualsiasi teatro di guerra, ma ancor più nei vasti ed impreparati territori coloniali». Per la loro scarsa efficienza ed aleatoria esistenza meritano particolare cenno le comunicazioni elettriche e radio: nessun.telegrafo o telefono in sede fissa era in atto. Tutte le comunicazioni del comando scacchiere, sia verso il Governo Generale, sia con i comandi militari e gli organi civili dipendenti dislocati nel vasto territorio, gravavano: su una linea telefonica semivolante distesa fra Addis Abeba e Gimma funzionante solo per tratti stacccati; su una rete telefonica volante in Gimma; su una insufficiente rete radio-telegrafica militare che si limitava a collegare i punti principali del territorio (neppure tutte le sedi di residenza). Il servizio dei trasporti, poi, costituì nel Galla e Sidama un vero incubo: la insufficienza di mezzi e di carburanti, che nonostante il più parsimonioso impiego rendeva penosi o carenti taluni rifornimenti, impedirà, nel corso delle operazioni, di attuare con l'urgenza del caso i necessari spostamenti di truppe da un fronte all'altro dello scacchiere: «Con maggiori mezzi e con una maggiore idoneità loro alle esigenze locali - scrive il gen. Gazzerra - sarebbe stato possibile conferire alle operazioni un ben diverso ritmo». Uno dei principali fattori di debolezza era, poi, la scarsa possibilità di ricorso al supporto aereo.
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All'inizio delle ostilità l'aviazione dello scacchiere sud era costituita da quattro squadriglie di vecchi e logori CA 133, che disponevano di basi a Gimma, Neghelli, lavello e di campi attrezzati a Sciasciamanna, Lechenti ed Asosa. Nel territorio, a Sciasciamanna, venne successivamente dislocato un gruppo di S 81 alle dipendenze del Comando Superiore Aereo di Addis Abeba, mentre vi fu un concorso saltuario di qualche squadriglia di S 79 da altri settori. La caccia fu costituita in tutto da: 2 aerei CR 32 a lavello; 2 aerei (1 CR 32 e 1 CR 42) a Gimma; 2 aerei CR 42 a Sciasciamanna. Le ripercussioni morali della quasi totale assenza della nostra aviazione costituirono un fattore negativo, particolarmente sulle truppe coloniali e sulla popolazione, influenzandone gli atteggiamenti divenuti ostili soprattutto dopo la caduta di Addis Abeba. Le forze britanniche sul fronte del Galla e Sidama erano piuttosto esigue all'inizio delle ostilità. Alla frontiera con il Sudan, erano rappresentate da deboli unità della Sudan Defense Force e dell'Equatorial Corps. Alla frontiera con il Kenia vi erano unità dei "King's African Rifles" già nel Kenia, successivamente rafforzate da unità del!' Africa Occidentale britannica. Nel corso del 1940, mentre le forze sulla frontiera sudanese venivano moderatamente rafforzate anche con l'afflusso di unità dal Congo belga, alla frontiera Keniota affluivano rilevanti forze sudafricane, che facevano apparire probabili grossi tentativi britannici di aprirsi il passo verso Addis Abeba per le direttrici a cavallo della "Fossa dei grandi Laghi". In allegato sono riportate le forze britanniche sul fronte del Galla e Sidama così come risultavano al Comando Superiore FF. AA. dell' AOI alla data del 22 febbraio 1941 <1). Su di esse si tornerà con maggiore esattezza trattando delle operazioni nei vari settori. (!) Vds. documenta n. 139.
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In questo momento ci si limita a sottolineare come esse risultassero particolarmente ingenti e giustificassero le preoccupazioni del Comando scacchiere, rivolte a rafforzare particolarmente il settore fra il Lago Rodolfo e Moiale. Da rilevare anche la segnalazione di numerose unità australiane in realtà non esistenti, la cui falsa individuazione va attribuita a manovre di ''intossicazione'' dei servizi britannici, assai agevoli data l'insufficienza dei nostri servizi informativi, che si basavano essenzialmente su notizie date da indigeni e su una ricognizione aerea molto saltuaria. Lo scacchiere sarà attaccato nel settore tra Lago Stefania e Moiale, nel gennaio-marzo 1941, dalla I a Divisione Sud-Africana; e, poi, sempre sul suo versante meridionale, dalla 12 3 Divisione africana. Dall'aprile 1941 sarà investito, sul versante nord, dalle provenienze di Addis Abeba, anche dalla 11 a Divisione africana; mentre, sul versante nord ovest, premevano le forze sudanesi e congolesi. A partire dall'aprile 1941, inoltre, le forze attaccanti i nostri presidi e le nostre colonne venivano ingrossate da masse ingenti di "patrioti" e da orde di briganti, che, per la loro schiacciante superiorità, provocavano situazioni operative e logistiche di estrema difficoltà. Mentre le nostre unità effettuavano ripiegamenti e resistenze in condizioni disperate subendo gravissime perdite, nelle fasi conclusive delle operazioni in questo scacchiere le unità britanniche potevano limitarsi ad accettare la resa deUe nostre colonne e dei nostri presidi, che - in tal modo, e non sempre - ottenevano di sottrarsi al massacro da parte di indigeni in cerca di vendetta e di bottino.
3. LE OPERAZIONI NEL GALLA E SIDAMA FINO AL DICEM-
BRE 1940
In base al presupposto fondamentale delle già ricordate Direttive per la difesa: "mantenere l'integrità del territorio anche nella situazione di completo isolamento dalla madrepatria", considerate le possibilità di offesa dall'esterno e l'esistenza di focolai di dissidenza all'interno, la dislocazione delle truppe nel Galla e Sidama si informò inizialmente ai seguenti concetti:
-
tenere per quanto possibile al confine i gruppi bande di frontiera i quali, per la loro costituzione (somali e genti di bassopiano), erano
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reparti più adatti a vivere in quelle zone basse, calde, povere di risorse, generalmente malsane per gli uomini dell'altopiano; tenere le brigate quanto più possibile organicamente riunite o coi battaglioni riunibili in tempo non troppo lungo. Le forze disponibili vennero raggruppate in quattro raggruppamenti principali (vds. schizzo n. 44): -
la 21 a divisione sulla sinistra Omo, cui si aggiungerà successivamente la 24a divisione;
-
la 22a divisione nella zona centrale fra Lago Rodolfo e fiume Baro; la 23 a divisione nel settore nord occidentale fra Baro e Didessa Nilo Bianco;
-
una riserva.
Esse erano indubbiamente superiori a quelle che ci potevano contrapporre i nostri avversari, che peraltro mantenevano il loro dispositivo articolato in profondità, al di là delle difficili zone confinarie, il cui superamento presentava essenzialmente grosse difficoltà di ordine logistico. Delle principali operazioni avvenute in questa fase si è già accennato a suo tempo. Dopo un debole tentativo inglese di attacco contro Moiale italiana, effettuato l' 11 giugno 1940 e immediatamente respinto dalle forze del presidio, le forze del I gruppo bande e della IX brigata coloniale il 16 luglio occupavano Moyale britannica e successivamente si spingevano sino a Debel ed eliminavano il saliente di Mandera. Essendosi avvicendata nella zona la XXV brigata coloniale, il . LIV battaglione di questa veniva attaccato il 30 luglio a Debel, ma respingeva l'attacco provocando ingenti perdite all'avversario nonostante gli interventi aerei britannici. La nostra occupazione nel settore si estendeva fino a Buna dove il I gruppo bande sorprendeva e disperdeva, il 28 agosto, una autocolonna nemica. Successivamente ci si era astenuti da ulteriori sforzi offensivi nel settore, che era rimasto inattivo fino all'ottobre e novembre del 1940, quando piccoli tentativi britannici di rioccupare Buna venivano respinti.
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SCHIZZO N. 44
LE OPEP.AZIONI CONTRO lL CìALLA -SIDAMA PUNTATE OFFENS IVE DEI BRITANNICI NEL FEBBRAIO - MARZO 1941
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In questo periodo avevano luogo anche altre manifestazioni di intensificata attività aerea e di pattuglie anche riel settore di Dukana (ad ovest di Mega), ove il 19 ottobre un posto avanzato era stato attaccato in forze e costretto a ripiegare. Nella zona centrale il nostro presidio di Calam, tenuto dal II gruppo bande respingeva il 15 luglio un attacco a Namaraputh (lago Rodolfo), reiterato ancora il 2 agosto senza successo; anzi, il 19 agosto, nostre unità occupavano il fortino di Todignac e, il 19 ottobre, respingevano un attacco di forze motorizzate avversarie provocando loro sensibili perdite. Analogo successo veniva conseguito il 27 novembre contro unità inglesi che rinnovavano le loro puntate su Calam e forte Todignac. Anche nel settore nord occidentale, in questa fase, ci si limitava ad operazioni minori di frontiera. Il giorno 8 luglio, elementi del IV gruppo bande di frontiera e del.LV battaglione coloniale della X brigata attaccavano il presidio britannico di Kurmuk; il 14 luglio anche 1i posto britannico di Ghezan veniva occupato per integrare il controllo delle vie di comunicazione fra Roseires (alto Sudan) ed i nostri , -~rritori. Nei mesi successivi le attività si limitarono a ricognizioni · pattugliamenti delle zone di confine. Fu solo nell'ottobre che, su disposizioni del Comando Superiore di Addis Abeba, venivano fatti affluire nella zona di Asosa la XI brigata coloniale (col. Priµa) della riserva generale e il gruppo bande Rolle, forte di 1300 uomini circa. Quest'ultimo, come già accennato a suo tempo, varcava il confine il 15 ottobre a nord-est di Kurmuk, con sole 4 giornate di viveri, tentando una puntata di sorpresa verso Roseires. Ma, individuato dalla ricognizione avversaria, veniva ripetutamente attaccato da aerei e non trovava nell'arida regione né risorse di viveri né acqua. Perdute le salmerie rientrava nel nostro territorio dopo 10 giorni di marce estenuanti e la perdita di 52 uomini e di tutti i quadrupedi con i relativi carichi. La disavventura del gruppo sottolineava la difficoltà di operazioni in profondità in simili territori senza adeguata ed accurata organizzazione preventiva di carattere informativo e logistico. Con il rientro del gruppo veniva rinunciato ad ulteriori azioni nel settore, dal quale era ritirata anche la XI brigata che ritornava uello Scioa e sarà poi fatta affluire a Cheren. Verso la fine del 1940,
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Le OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
il fenomeno della ribellione, pur non avendo ancora assunto l'estensione che già aveva nell'Amara e nello Scioa, andava gradualmente
sviluppandosi anche nello scacchiere sud: -
sulla sinistra dell'Omo, lungo la pista Javello-Gradulla, il 10 novembre, veniva tesa un'imboscata ad una nostra autocolonna: il pronto intervento della scorta ne evitava la distruzione;
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nella zona centrale un reparto del II gruppo bande, dislocato a Giaba, poteva riunirsi al gruppo Magi soltanto a metà dicembre dopo aver perduto in combattimento 133 dubat (48 morti e 85 feriti) ;
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nel Ghimira, in due cicli di operazioni di polizia su terreno impervio e boscoso, i nostri perdevano, tra il 10 ottobre e 1'11 novembre, 150 coloniali tra morti e feriti (2 ufficiali feriti);
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nella zona nord-orientale, capi infedeli attaccavano, il 3 ottobre, la residenza e il fortino di Dirrè, mentre ribelli provenienti da oltre Nilo si avvicinavano alla stessa località. Un battaglione coloniale costringeva i ribelli a ripassare il fiume, mentre le bande irregolari del commissariato del Lieka, affluite da Lechenti, provvedevano a ridurre alla ragione i capi defezionati ed i loro armati.
4. LE OPERAZIONI DAL DICEMBRE 1940 ALLA FINE DI MARZO 1941, CIOE' FINO ALLA CADUTA DELLA LINEA DELL' AUASC
Alla fine di dicembre del 1940 appariva sempre più evidente l'approssimarsi di grosse offensive britanniche dato l'incremento delle forze ammassate ai confini etiopici; uno dei settori di più probabile attacco rimaneva quello di Moiale. Ricorderemo come il Comando Superiore diramasse il 24 dicembre le note direttive per la costituzione di ridotti in ciascuna delle più importanti regioni dell'impero, cui il generale Gazzera rispondeva, il 6 gennaio 1941 (1)_ Dopo aver espresso il proprio pensiero e formulato proposte circa una condotta della guerra orientata a criteri diversi da quelli contenuti nelle direttive stesse, il comandante lo scacchiere sud proponeva, (I) Vds.
documento n. 98.
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in particolare: di concentrare tutta la popolazione nazionale in Eritrea e Somalia, di sganciare il Comando Superiore da Addis Abeba e di «articolare tutte le forze e tutti i mezzi disponibili del!' A.O.I. in due grandi frazioni di esercito, una settentrionale ed una meridionale, ambedue col compito di combattere ad oltranza il nemico esterno soprattutto col movimento e con la manovra sfruttando al massimo il terreno e gli ostacoli naturali, senza abbandonare (senza cioè far passare dalla parte del nemico esterno ed interno) le popolazioni a noi fedeli». A conclusione faceva presente che salvo nuove direttive (che non giunsero) si proponeva di attuare nello scacchiere sud quanto segue: «a) predisposizione a Uondo, Gimma, Ghimbi e forse anche a Soddu
- compatibilmente con i mezzi, col personale e col tempo disponibile - di qualche sistemazione difensiva che dia qualche sicurezza contro colpi di mano alle principali scorte di derrate, carburanti, munizioni, mezzi di ogni genere: tali lavori hanno già avuto inizio; b) graduale concentramento di donne e bambini se non venissero inviati in Somalia: anche questo provvedimento ha avuto un qual-
che inizio e attuazione con lo sgombero di Neghelli; e) combattere il nemico il più a lungo possibile in campo aperto, cedendo volontariamente il meno possibile di territorio; d) resistenza manovrata fino all'ultimo, con l'appoggio delle popolazioni fedeli, dei maggiori fiumi, delle foreste, della guerriglia; e) ad ogni modo, se la sorte delle armi dovesse esserci avversa, piuttosto pieno sbaraglio in campo aperto che non mortificante ricovero ed inevitabile capitolazione in un ridotto, senza alcuna speranza di ripresa e di soccorso». Ricorderemo anche quanto si era verificato, nel dicembre 1940, nel vicino scacchiere somalo, ove l'episodio di El Uach aveva reso manifeste le assai aumentate possibilità offensive, conferite ai Britannici dalla larga disponibilità di mezzi corazzati e da una decisa superiorità di fuoco aereo e terrestre. Tali fattori di superiorità dell'avversario erano resi più sensibili dalle caratteristiche dei territori di frontiera, piani e scoperti; sicché il Comando di scacchiere si orientava ad arretrare le proprie unità al ciglio boscoso dell'Altopiano, su posizioni naturalmente più forti.
370
LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
In relazione a tali concetti venivano attuate predisposizioni difensive in profondità, che prevedevano, fra l'altro: -
lavori di rafforzamento, fra i quali principali quelli di Uadarà e a M. Giabassirè, a sud; sul torrente Coca, tra Soddu e l'Omo; sulle colline antistanti al Didessa, in corrispondenza di Bedelle; nella zona di Gimma, interessanti direttamente la piazza; a Ghimbi;
-
lavori di mina e interruzioni al basso fiume Billate, tra Dalle e Soddu; davanti al nostro schieramento sul torrente Dadaba (Sciasciamanna) e tra questo ed i tre laghi; a Osciot e Dacano in corrispondenza dei due versanti dell'Omo; in corrispondenza di Abaltì; in due tratti del fiume Gabà (affluente del Didessa), tra Bedelle e Ghimbi;al margine dell'altopiano di Magi, tra questa piazza e Uesca Ueca;
-
la scelta di posizioni avanzate esterne a Uadarà, al M. Giabassirè, a Giarso, Gardulla, sull'altopiano di Magi, al torrente Burta (Dembidollo) e al F. Dabus.
-
il ripiegamento dalle posizioni occupate oltre confine a sud di Moiale.
Contrariamente alle previsioni, durante le operazioni contro l'Eritrea e la Somalia, gl'lnglesi tennero verso il Galla e Sidama un atteggiamento di attesa pur vigilando quella frontiera con notevoli forze bene attrezzate. Verso la fine del mese di gennaio, in seguito allo sviluppo sfavorevole preso dalle operazioni in Eritrea, il comandante del Galla e Sidama decideva lo sgombero della fascia di bassopiano che, come si è detto, risultava per noi troppo onerosa logisticamente e troppo facile campo di manovra per i mezzi terrestri ed aerei del nemico, e di ritirarsi, combattendo nei punti e nei momenti più favorevoli, sul ciglio boscoso dell'altopiano etiopico. Il grosso delle sue truppe (cir~a 50.000 uomini) doveva dislocarsi lungo un fronte complessivo di circa 1.100 chilometri con presidi nelle zone di obbligato passaggio e deboli forze lungo la linea di contatto con gl'Inglesi: la 23 a divisione si portò, nella seconda quindicina di febbraio, su posizioni scelte sulla destra del Dabus e a sud di Dembidollo mantenendo posizioni intermedie ad Afodù e a Gambela per consentire lo sgombero di Asosa e della stessa Gambela; la 21 a
GALLA E SfDAMA
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lasciò lavello il 27 febbraio, e si schierò nella zona Alghe-BurgiFincioa; la 24 a sgombrò Neghelli il 19 marzo, per trasferirsi sulla posizione di Uadarà che doveva essere difesa a oltranza; la 22a dispose, il 25 marzo, l'arretramento delle sue truppe dalla fascia di confine sull'altopiano di Magi. Tutti i mezzi di trasporto vennero oculatamente impiegati in queste operazioni e ogni cosa utile ai bisogni di guerra (materiali e unità sanitarie, derrate, magazzini) fu ripiegata, a sbalzi successivi, in depositi arretrati dietro le nuove linee. L' attività di pattuglie e le azioni di reparti esploranti delle opposte coperture furono, in febbraio e marzo, ravvivate dai Britannici con puntate offensive di notevole consistenza lanciate su tre importanti direttrici di penetrazione: Mega, sul fronte del Kenia (21 a divisione), in febbraio; Afodù e Gambela, sul fronte del Sudan (23 3 divisione), in marzo (schizzo n. 45). Sul fronte del Kenia, alla fine di gennaio, i tentativi avversari di aprirsi la via su Moiale, iniziati il 25 e condotti con largo spiegamento di forie nelle giornate del 28 e del 29, non ebbero successo. Più a ovest invece, le brigate 2a e 5a della la divisione sudafricana, precedute da autoblindo, attaccarono ed occuparono, il 1° e il 2 febbraio Gorai, Madda el Curno ed El Oboe, località tutte, a nord-ovest di Mega, tenacemente difese dal I gruppo bande di frontiera. Il 9, raggiunsero Banno. I nostri ripiegarono sulle propaggini occidentali e meridionali del Gundile. Nella notte sul 14, colonne motorizzate della 5a brigata S. A., lanciate in direzione di Mega attestarono a 13 chilometri dall'abitato, mentre la 2a manovrava in modo da tagliare l'eventuale ritirata del nostro presidio su Javello. Un distaccamento autocarrato, inviato dal comando 21 a divisione (generale Zauli) da Javello, si scontrò con forze nemiche in sosta a Dubuluk ma non riuscì a forzare lo sbarramento.L'attacco di Mega ebbe inizio il 16 e durò .tre giorni durante i quali l'aviazione avversaria indisturbata fu sempre presente nel cielo della lotta mitragliando e spezzonando; il 18, il nemico, riuscito a dilagare nella conca, costrinse i difensori alla resa O). (1) li presidio di Mega era costituito da: CCCXXXIII btg. cc. nn., 1 cp. del LX btg. col.; 2 btr. 77/28; 1 btr. da 120/25; Osp. Campo 703.
l4. Le Qpcraifoni io Africa Orientale· Voi. I
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
In conseguenza degli avvenimenti di Mega, venne sgombrato Moiale e la 21 a divisione si schierò sul fronte Gundile-J avello. Le truppe di Maiale (LIV battaglione) ripiegarono sul fiume Daua Parma e quindi su Neghelli. La marcia di oltre 450 chilometri, iniziata la notte sul 18, fu compiuta a tappe forzate fra popolazione ostile (Borana) con pochi viveri è scarse munizioni. Si ebbero malati e feriti, ma non si ebbero disertori. A Maiale i Britannici entrarono il 22. Durante questo periodo la 25a brigata britannica (anch'essa della I a divisione) svolse contrastate azioni locali nella zona di frontiera ad ovest del lago Rodolfo: il 9 febbraio, attaccò Todignac e, 1'8 marzo, occupò Calam. Nel settore Didessa, le operazioni sul fronte della 23 a divisione furono precedute da una rivolta nella zona di Lechenti. Il villaggio, ove aveva inizio la camionabile per Addis Abeba a pochi chilometri dal campo di aviazione di Bonaia, era sede di servizi militari e civili vari e costituiva un centro militare importante; ma, per essere a contatto coi territori Amara di oltre Nilo, a nord, e con quelli dello Scioa, ad est, subiva più di ogni altro l'influenza della propaganda britannica. All'alba del 4 febbraio, una massa di indigeni, istigata dal capo locale che si era fino allora mantenuto fedele, informata della partenza, avvenuta nella notte, dell'VIII battaglione coloniale, assaliva i depositi di carburanti difesi fino al sacrificio dai militi della forestale e due cantieri stradali siti a poca distanza dall'abitato, trucidandovi 16 nazionali. Il comandante del presidio prendeva coi propri mezzi (DVI battaglione cc.nn., elementi vari presidiari) i primi provvedimenti per domare la ribellione e richiamava !'VIII battaglione coloniale. Questi, nei giorni 4, 5 e 6, riusciva a sbloccare il campo d'aviazione e dare respiro all'abitato mentre il capo di S. M. dello scacchiere (col. D'Amico), inviato ad Addis Abeba per richiedere l'intervento diretto di forze da est, ottenuti dal Comando Superiore una sezione autoblindo ed il XL V battaglione coloniale già dislocati nella zona Ambò-Ghedò, raggiungeva con tali forze la zona dei cantieri stradali e proseguiva su Lechenti. I ribelli, premuti da ogni parte, si rifugiavano sui monti a nord della camionabile rendendo necessario un ciclo di operazioni di polizia
GALLA E SIDAMA
373
nel quale furono impiegati anche altri reparti fatti affluire nella zona. Non si riuscì però ad eliminare del tutto ribelli. La loro azione si farà sentire ancora nei mesi successivi in concomitanza con le operazioni che saranno svolte in quel settore dalle truppe britanniche. Sul fronte esterno della 23 a divisione, in regione Beni Sciangul, verso la metà di febbraio, il nemico, contrastato solo da elementi ritardatori, attaccò da Sciogali, Ghezan e Kurmuk (già sgombrate dai nostri) in direzione di Afodù e Asosa. Una colonna, proveniente da Ghezan, oltrepassata Boma, puntò su Afodù mentre, altri reparti, da Kurmuk premevano su Gohà ove i nostri avevano ripiegato di sorpresa dopo aver contrastato il movi. mento avversario da M. Dul. Il 9 marzo, dopo rapido combattimento preceduto da una efficace azione d'artiglieria, il Corpo Orientale Arabo ed il 11/6° K.A.R. conquistarono il ciglione di Afodù presidiato dal LV battaglione coloniale. Lo stesso giorno, un distaccamento belga raggiungeva una posizione fronteggiante Asosa dal sud. Il ripiegamento sulla destra del Dabus, ritardato da queste azioni locali e dalla necessità di completare lo sgombero dei materiali, si svolse regolarmente. Le bande di Gohà e di Sora, riunitesi dopo l'evacuazione di Asosa avvenuta il mattino del 10, riuscirono anche esse, marciando di notte attraverso terreno cespuglioso a raggiungere, l' 11, il fiume. Anche nel settore del Baro le operazioni di sgombero del bassopiano erano tuttora in corso quando il nemico, il mattino del 22 marzo, avanzò con tre colonne su Gambela; la colonna centrale, costituita da due battaglioni di truppe di colore del Congo Belga, puntò direttamente sull'abitato lungo la pista di riva destra del Baro, ma venne tenuta in scacco dalla nostra reazione di fuoco e da contrattacchi locali; la colonna di destra limitò il suo concorso alla sola azione di fuoco, mentre quella di sinistra, raggiunta la rotabile Gambela-Dembidollo, dilagò in direzione del campo d'aviazione gravemente minacciando le nostre forze che difendevano Gambela (700 uomini). L'azione non ebbe però ulteriore sviluppo. A sera, il fuoco nemico diminuì d'intensità e l'avversario sgomberò il campo d'aviazione per raccogliersi ad occidente del paese che i nostri sgomberarono nella notte ripiegando sul Saco. Sensibili furono le perdite da ambo le parti <1>. (I) Nostre perdite: morti 81 (I ufficiale), feriti 64 (2 ufficiali), dispersi 77.
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
5. LE OPERAZIONI DALL'APRILE AL LUGLIO 1941: DALL'ISOLAMENTO ALLA RESA
a. LA SITUAZIONE
DELLO SCACCHIERE SUD Al PRIMI DI APRILE 1941,
DOPO IL RIPIEGAMENTO DELLE NOSTRE FORZE DALL' AUASC EL' ABBANDONO DI ADDIS ABEBA.
La sera del 24 marzo un telegramma del Viceré richiamava l'attenzione del comando scacchiere sud sulla situazione in cui, col nemico ormai alle porte dello Scioa, venivano a trovarsi le sue truppe. Il 25 mattino, il gen. Gazzera si recava ad Addis Abeba per ricevere istruzioni. Ivi giunto veniva informato che, dato l'andamento delle operazioni nello Hararino, non era più intenzione del Viceré resistere all' Auasc; che Addis Abeba, considerata città aperta, sarebbe stata resa al nemico senza resistenza, lasciandovi però alcuni reparti, per sicurezza, nell'interregno; che il Comando Superiore si sarebbe trasferito nella zona dell'Amba Alagi, continuando a tenere la direzione delle operazioni; che le truppe a sud del NUo Azzurro sarebbero passate, in quanto e quando possibile, allo scacchiere sud. Le istruzioni si concretavano nel compito di «durare» il più a lungo possibile per impegnare molte forze del nemico. Entrati i Britannici in Addis Abeba (6 aprile 1941), le truppe italiane, dislocate nello Scioa occidentale e nel settore Auasc, ripiegavano sul Galla e Sidama, lasciando questa regione scoperta alle minacce nemiche provenienti dalla capitale. Erano circa 30.000 uomini, già molto scossi, provenienti in parte dalla Somalia e da Barar, appesantiti da forti aliquote di quadri di reparti rimasti senza truppe, di enti territoriali e amministrativi, di <<basi» di battaglioni coloniali, coi loro «campi famiglie» indigene e bagagli ingombranti. Il Comando scacchiere sud imbastiva, con essi e con truppe tratte dai vari settori, una prima difesa lungo il fiume Ghibiè Grande, in zona Abaltì, e nella regione dei piccoli laghi, mentre ripartiva il territorio in tre grandi zone. Costituiva altres1 una riserva di uomini da impiegare o come elementi destinati a
G ALLA E S IDAMA
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formare nuove unità combattenti o come complementi (ufficiali e truppe) (nella foresta di Belletà e a Sacà di Gimma per i provenienti dai servizi, e nella coperta regione di Agarò per i provenienti dai comandi) (schizzo n. 46). Nella zona "Didessa-Dabus", la 23 a divisione si raccoglieva verso occidente trasferendo la sua sede di comando da Ghimbi a Neggio. La 26a divisione, costituita con la VII brigata coloniale proveniente dallo scacchiere ovest, con unità di artiglieria provenienti da Harar e con altri reparti ed elementi dei servizi già in posto, assumeva la difesa del settore Lechenti. Il gruppo divisioni era affidato al generale de Simone. Nella zona "centrale" (alla diretta dipendenza del Comando scacchiere) oltre la 22 a divisione, in regione Magi-Bonga, erano dislocate le truppe del nuovo fronte: «fronte nord-est» (settori Limmù Ennaria e Abaltì) (gen. Ettore Scala), che si snodava lungo il corso del Ghibiè Grande. (Il fronte nord-est comprendeva inizialmente anche il settore Lechenti, passato, il 21 aprile, alla 26a divisione). Il gruppo divisioni della zona "sinistra Omo" (gen. Tissi) ebbe alle sue dipendenze: la 21 a divisione coloniale in zona AlgheFincioa; la 24a in zona Uadarà; la 25a (formata con le truppe in ripiegamento dal territorio di Harar su Sciasciamanna) nel settore Laghi; e la 101 a ricostituita in zona Gardulla-Baco-Soddu. Sfruttando gli ostacoli naturali e creandone di artificiali il comandante dello scacchiere aveva cercato di dare a ciascuna zona autonomia di vita e di lotta in modo che, cadendone una, le altre potessero ancora difendersi. Sarebbe stato utile poter disporre del tempo necessario per attuare le più urgenti provvidenze perché, tanto per citarne alcune, il piano delle interruzioni stradali era venuto a trovarsi a fronte rovesciata rispetto alle provenienze da est; gli organi dei servizi non erano più in grado di adeguatamente soddisfare le esigenze della nuova situazione; e insufficienti ai maggiori bisogni erano anche i mezzi di collegamento. Ma, prima ancora che la nuova fronte potesse in qualche modo consolidarsi, il nemico cominciò apremere con forze motorizzate lungo le direttici più importanti dello scacchiere.
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTAI,.É
b.
L'AUMENTO DELLA PRESSIONE AVVERSARIA NEL CORSO DELL'APRILE 1941 PARTICOLARMENTE SULLA ZONA DI «SINISTRA 0M0)>.
Come già ricordato, caduta Addis Abeba, il gen. Cunningham venne invitato dal comandante il Medio Oriente ad agire in direzione nord per aprire al traffico la strada Addis AbebaAsmara. Il compito di attaccare Dessiè fu affidato, dal comandante l' 11 a divisione, alla 1a brigata S. A .. Con riferimento a questa diversione, nella relazione del generale Cunningham si legge: «Mi sembrò evidente che non avevo truppe sufficienti per mettere in atto la mia prima intenzione di avanzare su Gimma e, al tempo stesso, mediante pressione delle due divisioni avanzanti a nord e a sud, di far sgombrare il nemico dalla zona dei Grandi Laghi a sud di Addis Abeba. «Considerai che dei due obiettivi, se solamente uno doveva essere perseguito, l'ultimo era il più importante. Le truppe a Sciasciamanna rappresentavano una costante minaccia per la mia linea di comunicazione a Moggio e ad Adama e sarebbe stato un gran vantaggio per me avere anche l'intera strada dal Kenia via Neghelli. «Ordinai perciò alla 2 a (A) divisione africana di concentrarsi per attaccare Sciasciamanna, alla 12 a (A) di avanzare su Dalle e Hula». Una forte colonna motorizzata proveniente da Addis Abeba venne segn~ata infatti, il 9 aprile, tra Uolisò e Uolchittè, mentre importanti aliquote meccanizzate furono avvistate sulla direttrice di Sciasciamanna: in conseguenza di questa minaccia, il ' mattino del 10, venne fatto saltare il ponte di Abaltì sull'Omo. Sul fronte sud, il nemico proveniente da Neghelli prese contatto, il 24 aprile, con la nostra linea di resistenza nella zona di Uadarà. Sul fronte ovest, nel settore Baro, attaccò a più riprese le nostre posizioni di Dembidollo, agendo prevalentemente con formazioni ribelli e fuorusciti ma anche con forze provenienti dal Congo Belga e dalla Nigeria appoggiate da reparti mitraglieri e bombardieri. Su tale fronte, nei combattimenti del 15 e del 24 aprile, i nostri, che avevano avuto notizia dell'azione predisposta dall'avversario, prevennero l'attaccante
GALLA E SIDAMA
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e lo respinsero. La lotta si svolse, aspra e in profondità, nella zona del torrente Burta spezzettandosi in singoli episodi e riaccendendosi violenta con l'entrata in azione di nuove forze; nell'una e nell'altra giornata, l'avversario, dopo aver subìto notevoli perdite in uomini e materiali, rompeva il contatto tra le 15 e le 16 sottraendosi all'inseguimento con mezzi celeri <O. In complesso, la situazione, alla fine di aprile, era caratterizzata dal graduale e progressivo addensarsi di forze nemiche regolari ed irregolari contro la nostra linea di schieramento. Le direzioPJ principali di attacco, già ai primi di maggio, potevano essere individuate nelle seguenti (schizzo n. 45): da Neghelli e lavello verso Dalle; dallo Scioa verso Sciasciainanna e Abaltì; dal Sudan verso Scioa Ghimira. Più minacciose, per la loro _q ualità e quantità, erano le forze gravitanti sulla zona di sinistra Omo. L'attacco verrà sferrato in questa zona ai primi di maggio e coinvolgerà successivamente la zona centrale e la zona Didessa-Dabus. Il nemico, mentre serrava sotto coi grossi e completava i preparativi per le imminenti operazioni, sviluppava la sua attività aerea rivolta principalmente contro i campi d'aviazione per distruggere i pochi nostri apparecchi superstiti; alimentava con la propaganda il fenomeno della diserzione, specie nei reparti coloniali provenienti dagli altri scacchieri; potenziava i nuclei ribelli (particolarmente attivi nelle grosse colonie Amara del Galla e Sidama) rifornendoli di denaro ed armi e avvalendosi di altri nuclei guidati da ufficiali inglesi. Favoriti dalla -discontinuità della nostra linea di occupazione, nuclei di ribelli riuscivano ad infiltrarsi, attraverso regioni non controllate, a tergo del nostro schieramento, e insidiavano le linee di comunicazione rendendo difficili i rifornimenti. (I) Nel combattimento del 15 aprile (al quale parteciparono il CLXXXI battaglione coloniale, il III gruppo bande, elementi della guardia dì finanza e nuclei volontari irregolari) le nostre perdite furono di 91 morti e 145 feriti. Nel combattimento del 24 aprile (al quale parteciparono il II gruppo bande, i battaglioni coloniali CLXXXI e CLXXXVlll e il C gruppo da 77/28) le nostre perdite furono di 53 morti (I ufficiale) e 84 feriti (2 ufficiali).
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
SCHIZZO N. 45
LE OPERAZIONI CONTRO IL GALLA-SIDAMA SITUAZIONE Al PRIMI DI MAGGIO 1941
o Gondor
- - - - Umili d,· scacch,~re prit11t:• delloffens,va -~··-~ Limil,.dt! rtdotto de/Galla e.Sidamo fld'IÀprile 1941
-
-
L,m,'t/d,ronQ
GAL LA E $ 11)AMA
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A fronteggiare tale situazione, ulteriormente peggiorata con l'insediamento dell'ex Negus in Addis Abeba, che provocava, a volte, l'isolamento logistico di unità schierate sul fronte, furono necessarie dure operazioni di rastrellamento che incisero sulla disponibilità di forze da opporre al nemico esterno. C.
L'ATTACCO AVVERSARIO Al.LA ZONA DI «SINISTRA OMO».
(1) L'attacco alla 25 a divisione sul fronte settentrionale della
«sinistra Omo»: la battaglia dei piccoli laghi. Sul fronte settentrionale, le nostre forze alla dipendenza della 25a divisione (gen. Liberati) tenevano le posizioni della sella di Cofolè, del Dadaba, di M. Fichè, del Gidù e di M. Muggo e presidiavano Sciasciamanna e Sole (I) (schiz-
zo n.
46).
Mentre si andava perfezionando lo schieramento, all'alba del 26 aprile, la 30a batteria da 65/17, che da M. Fichè si trasferiva a Sciasciamanna, veniva sorpresa e distrutta da ribelli arussi nei pressi di Neghelle <2) ove era stata costretta a sostare per essersi gli automezzi impantanati durante la notte. Il fronte settentrionale della zona sinistra Omo, ripartito inizialmente in due settori (Laghi e M. Muggo), venne, il 7 maggio, diviso in tre: settore di destra (Laghi) (col. Agosti); (I) Situazione della 25 • divisione alla data del 20 aprile: Settore. Laghi: - sella di Cofolé: 5 compagnie del 210° fanteria e 2 batterie da 70/15; - Dababa: DLXXXV cc. nn., Xli battaglione coloniale, IV battaglione genio, CXXI gruppo artiglieria da 77 /28; - M. Fiché e Gidù: CLXXXIV battaglione coloniale, 2 batterie da 65/17 e I da 20 mm.
Completavano la difesa del settore Laghi: il raggruppamento meccanizzato (9 carri medi, 5 autoblindo ed I sezione artiglieria da 65/17), I squadrone di cavalleria autocarrat.o, 2 batterie da 75/27 C. K. e I banda indigena. Settore M. Muggo: - Acciamò: resti LXXXIX battaglione coloniale, I batteria da 65/17 e I compagnia genio; - M. Muggo: CLXXXII battaglione coloniale, Il battaglione cc. nn., XXXI gruppo artiglieria da 105/28, I batteria da 77/28 e I compagnia del genio;
-
presidio di Osanna: resti del XC battaglione coloniale. Quasi tutti i reparti avevano forza molto ridotta. (2) Da non confondersi con N EGHELLI.
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
SCH IZZO N. 46
LE OPERAZIONI NEL GALLA-SIDAMA ZONA SINISTRA F. OMO LA BATTAGLIA DEI P ICCOLI LAGHI E LE OPERAZIONI SUL FRONTE SUD
2s· 8,. E.,1,
o
20
40
60
80
100~
]avallo
21' r.E.A.
GALLA E SIDAMA
381
settore centrale (Bubissa-Gidù) (col. De Cieco <1>); settore di sinistra (M. Muggo) (col. Buselli). Il 25 aprile, allo scopo di alleggerire la forte pressione che il nemico stava esercitando contro il fronte di Dessiè, il Comando Superiore FF.AA. dell'A.O.I. ordinò al comando dello scacchiere Galla e Sidama di eseguire una puntata offensiva da Sciasciamanna in direzione di Moggio. (Tra Adama e Addis Abeba era dislocata l' 11 a divisione britannica: XXII e XXIII brigata). In mancanza di riserve venne destinata all'operazione una parte delle forze che tenevano la linea, non ancora consolidata, del settore Sciasciamanna. Con esse, nella notte sul 29, venne approntata una colonna di formazione (gen. Bertello) <2>. La necessità di riattare le numerose interruzioni, effettuate dai nostri reparti all'.atto dell'abbandono del territorio dello Scioa, incise, sin dall'inizio, sulla celerità dell'operazione e sulla sorpresa; l'attraversamento del guado sul Dadaba fu poi particolarmente laborioso: l'autocolonna, mitragliata a bassa quota, vi perdette l'intera notte. Il nemico reagì, in primo tempo, serrando da presso i difensori di M. Fichè che attaccò il 1° maggio, con fanteria e carri armati e col concorso dell'aviazione, dopo una violenta preparazione di artiglieria. L'impari, sanguinosa lotta si concluse all'arma bianca. Il nemico non trovò sul monte che morti, feriti, e pochi superstiti senza munizioni. Qualche coloniale riuscì a sfuggire alla cattura e raggiunse Colito <3>. Nella situazione così determinatasi, il comandante la colonna che, alla sera del giorno 3, aveva compiuto appena 50 chilometri, considerato che spingendosi oltre sarebbe (I) Il col. DE Cieco assunse, il 12 maggio, il comando del settore centrale che era stato temporaneamente affidato al col. d'art. AMERIO. (2) La colonna tutta motorizzata ma molto eterogenea comprendeva: I plotone motociclisti, I battaglione coloniale (500 u.), I battaglione cc. nn. (300 u.), 8 pezzi da 77/28 e 3 da 20 mm., I squadrone carri veloci (12 carri), I compagnia carri M. 11 (IO carri), l sezione auto· blindo, I compagnia genio artieri, elementi dei servizi. (3) Il presidio di M. FICHÈ ebbe 73 morti (tra i quali 8 ufficiali e 14 nazionali); 48 feriti (4 ufficiali e 9 nazionali); 31 dispersi e 109 catturati.
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORieNTALE
andato a cadere fra le branche di una tenaglia pronta a chiudersi alle sue spalle mettendo in serio pericolo tutto il sistema difensivo di Sciasciamanna, non si lasciò impegnare dall'azione britannica e rientrò al Dadaba (I). Il 5 e il 6 maggio, elementi nemici presero contatto coi nostri ai guadi del fiume Gidù. Il 7, l'avversario, affluito ad Adamitullo in forze, si spinse ad est del lago Sciala sino . all'altezza di Neghelle e ad ovest dello stesso lago, fino a Bubissa. Nei giorni 7 e 8, tentò di aprirsi la strada per Bubissa su Colite, ma venne fermato e ricacciato. Da questo lato il nemico, dopo un ultimo tentativo effettuato il mattino dell' 11, desistette dall'operare, anche perché le forti piogge avevano reso la zona estremamente pantanosa. Dal lato orientale, invece, sistemate ampie reti metalliche sull'autopista a sud di Neghelle, attaccò il 10, preceduto da carri armati e autoblindo e appoggiato dal fuoco di artiglieria e da un forte spezzonamento e mitragliamento aereo. L'attacco, particolarmente violento sulla sinistra, venne fermato dalla nostra reazione; gli ascari passarono il piccolo Dadaba e contrattaccarono infliggendo sensibili perdite ad un battaglione sudafricano. Il giorno 11, un altro attacco, condotto però con formazioni di ribelli, venne anch'esso stroncato. Durante tutto il giorno 12 ·e la notte sul 13, il nemico concentrò il fuoco dei suoi pezzi da 106 sul caposaldo del Dadaba. Alle 4 del 13, l'azione dell'artiglieria venne intensificata. I danni da noi subiti furono gravi: tutti i pezzi da 37/40 e da 20 mm. ed alcuni da 77/28 fuori combattimento, la stazione radio distrutta, il comando del caposaldo colpito. L'attacco nemico, che si sviluppò con successo sulla sinistra, venne contenuto, per qualche tempo, da un nostro contrattacco preceduto da un'azione di carri L, ma in fine la difesa fu travolta. Pochi furono i difensori del caposaldo che sfuggirono alla cattura; pochissimi i catturati illesi. (I) In una sua relazione il gen. BERTELLO dichiara di aver ricevuto il mattino del 3 un telegramma in tal senso del gen. GAZZERA precedentemente messo al corrente della situazione.
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Alle ore 17,30, il comando gruppo divisioni autorizzò il comando del settore Laghi a ripiegare sulla posizione dei M. Cassì, località così denominata sulla carta, cui però face va riscontro sul terreno una pianura appena ondulata. Le truppe distaccate alla sella di Cofolè si raccolsero lungo la pista Sciasciamanna- Soddu. Il presidio di Adela, sul quale erano ripiegate le truppe della difesa di Sole, venne, invece, rinforzato onde permettere alle divisioni 21 a e 24a, schierate in zona Afrarà e Gibassirè e premute frontalmente dal nemico proveniente da sud, di transitare per Uondo. Sciasciamanna, sul cui cielo già dal giorno 5 si succedevano ininterrottamente apparecchi Hurricane venne occupata, il 14 maggio. Il ripiegamento dei nostri fu reso penoso dai ribelli che impegnarono i reparti sui fianchi in numerosi scontri. Mentre la 25 a divisione si schierava e cercava di rafforzarsi sulle posizioni M. Ambericciò-Bubissa-M. Cassì, respingendo, il 17, un attacco a M. Cassì, i Britannici raggiungevano Dalle (il 17) e anche da questa località cercavano di avanzare verso Soddu, nodo stradale di capitale importanza sul quale convergevano tutte le direttrici di ritirata delle nostre forze dislocate sulla sinistra del fiume. Veniva pertanto dato l'ordine di ripiegamento dietro il fiume Billate, sia alle truppe di Bubissa, sia a quelle di M. Cassi. Ripiegavano prima le truppe da Bubissa che, il 18, assumevano lo schieramento previsto con circa 400 uomini, 2 pezzi di artiglieria e alcuni carri M 11. Il col. Agosti riprendeva il movimento la sera stessa e, nella notte, scavalcava le truppe schierate lungo il fiume. Il mattino del 19, il nemico attaccava frontalmente ma veniva fermato. Accertata la poca consistenza della difesa, effettuava un movimento a largo raggio giungendo sul tergo dello schieramento che dopo breve lotta veniva annientato. Il col. De Cieco, portatosi innanzi su un carro armato per controllare personalmente la situazione, era mortalmente colpito, insieme a tutto l'equipaggio del carro.
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Il 20 maggio, la colonna Agosti ripiegava ancora verso Soddu e si arrestava al bivio per Dalle. Ivi s'univa ad alcuni reparti della 1O1a divisione che affluiti da Gardulla (VII gruppo squadroni coloniali e reparti del I gruppo bande) erano riusciti a contenere in tempo orde di indigeni ribelli dilagate a cavaliere della pista Soddu-Dalle. Altre bande abissine, provenienti dallo Scioa, impegnavano, intanto fortemente, più a nord, il nostro presidio di Hosanna e lo costringevano, dopo due giorni di resistenza, a ripiegare su Godiciò. Il progressivo aggravarsi della situazione militare e politica nel Galla e Sidama fece sorgere il problema della sicurezza dei nazionali civili raccolti a Gimma. Al comandante di scacchiere, che aveva rappresentata la situazione, il Viceré così rispose per radio in data 12 maggio: «A 176643. Data distanza ed isolamento non ho elementi precisi che mi consentano darvi consiglio. Ad ogni modo tenere presente che quando situazione complessiva vi imponga abbandono Gimma potrete prendere contatto con uno dei comandi inglesi che vi circondano e trattare con esso per consegna della città in cui lascerete fino al loro arrivo forze per protezione contro ribelli. - Amedeo di Savoia». A questa comunicazione altra ne seguì, in data imprecisata, che non risulta giunta al comando scacchiere. Di essa è cenno nel seguente radiocifra pervenuto al Comando Supremo, il mattino del 17: «0502/M S.M. Oper. Progressivo aggravarsi situazione Gimma pone in primo piano problema sicurezza nazionali del Galla e Sidama raccolti a Gimma. Ho invitato Gazzera restringere notevolmente la sua fronte, oltre che per dare maggiore compattezza alla difesa generale, anche per ricuperare forze nazionali a difesa posizione Gimma ove nazionali sono raccolti. Queste truppe dovranno difendere la popolazione dai ribelli fino all'arrivo delle forze regolari inglesi cui affideranno la popolazione stessa, come fu fatto per Addis Abeba. - Amedeo di Savoia». Quanto precaria fosse la situazione è bene sintetizzato da alcuni messaggi che il Gen. Gazzera mandava al Comando
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Supremo nel momento in cui veniva a cessare la dipendenza dal Comando Superiore all'Amba Alagi e lo scacchiere sud rimaneva isolato <1>. Per fronteggiare la minaccia contro il capoluogo del Galla e Sidarna, il comando scacchiere provvide a far occupare la linea Coca-Guarirnita (zona di M. Tarnbaro, sulla sinistra dell'Orno) a cavallo della pista che da Soddu porta al guado del fiume e a Gimma, mentre ~viava sulla destra a prendere posizioni sulle pendici del Dac.ano le poche truppe ancora disponibili. Il 22 maggio, alle ore 17 ,30, carri armati nemici, superate le nostre ultime difese al bivio di km. 7 della pista di Soddu-Sciasciamanna, si impossessarono del centro di Soddu e da qui lanciarono una colonna autocarrata verso Godiciò con l'eviderite scopo di tagliar fuori i resti della nostra 25a divisione. Lo stesso giorno, l'azione generale del nemico si appalesava come convergente contro Gimma. L'improvvisa e violenta piena dell'Omo, che distrusse i pas- · saggi predisposti per facilitare il deflusso degli automezzi in ripiegamento sulla destra del fiume, e le piogge continue, che impantanavano le piste rendendo lento il movimento dei rinforzi avviati verso il settore Dacano, concorsero a peggiorare la nostra situazione sulla direttrice Soddu -Girnrna. In queste condizioni e nonostante la depressione morale derivante dalla caduta dell'Amba Alagi, dall'aumentato ritmo delle defezioni, dagli attacchi ribelli e dalle offese aeree nemiche, la resistenza offerta dal nostro leggero schieramento attuato sul Coca, affluente di sinistra dell'Omo, impedì tuttavia al nemico di affacciarsi subito sul grande fiume e consentì al nostro Comando di imbastire, con le poche truppe di riserva della zona centrale e con i reparti riusciti a superare l'Omo Bottego (2 battaglioni e 3 batterie), una difesa sulla destra del fiume stesso. Il settore Dacano venne affidato, il 23, al gen. Majnardi. Nel pomeriggio (I) Vds. Tele 177225 del 19.5.1941, documento n. 140, e Tele 177317 del 20.5.1941, documento n. 141.
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del 25, una autocolonna nemica, composta di truppe motorizzate, autoblindo, artiglierie cingolate e materiali da ponte, si attestava contro la linea del Coca; il 28 maggio, le nostre forze che la presidiavano, assolto ormai il loro compito, venivano fatte ripiegare sulla destra dell'Omo. (2) Le azioni offensive contro le divisioni 24°, 21 a e 101 °, sul
fronte meridionale della «sinistra Omo». (a) La situazione del fronte meridionale della "sinistra Omo" ai primi di aprile. Come già ricordato, sul fronte meridionale dello scacchiere sud erano dislocate le divisioni 24a, 21 a e 101 a a difesa delle linee di comunicazione che collegano il Kenia al Galla e Sidama. La 24 a divisione difendeva quella che da Neghelli, per Uadarà e Hula, adduce a Uondo; la 21 a quella che da lavello, per Alghe e Dilla, porta alla stessa località; la 101 a sbarrava le rotabili che da Giarso e da Baco confluiscono su Soddu. La 24 a divisione, il 19 marzo (in seguito ad ordine del comando gruppo divisioni , gen. Tissi), assicurato lo sgombero dei magazzini e dell'ospedale, aveva lasciato Neghelli per trasferirsi sulla posizione di Uadarà. Già prima (27 febbraio) la 21 a aveva sgomberato lavello per ripiegare al margine dell'altopiano sul fronte AlgheBurgi. Invariata era rimasta la dislocazione della 101 a nella zona Giarso-Soddu-Baco. (b) Le operazioni sul fronte della 24a divisione: la battaglia di Uadarà <1>. La posizione di resistenza che, fronte a sud, la 24a divisione (gen. di Pralormo) aveva presidiata in zona (-1) La 24 • divisione alla data del 20 marzo era così costituita: -
XXV brigata coloniale (battaglioni Vll, XII, LIV e CLXXXV; XXV gruppo da 65/ 17
-
LXXXV brigata coloniale (CLXXXIJl battaglione meno due compagnie; LXXXV gruppo artiglieria su due batterie da 65/ l 7 ed una di mortai da 81 );
-
DV battaglione cc. nn.; LXXXVI gruppo artiglieria coloniale su due batterie da 65/ 17; I sezione auwblindo; elementi del genio; 1 squadra di milizia forestale.
su due batterie);
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Uadarà comprendeva un costone di moderata elevazione orientato da sud-ovest a nord-est valicato obliquamente, nella sua parte mediana, dalla strada Neghelli-Uondo che quivi supera i primi contrafforti dell'altopiano etiopico. Ad ovest della rotabile, il terreno, a spalto e poco coperto da vegetazione, offriva buone possibilità di difesa: un monticello, denominato dai nostri M. Calamita, si prestava per l'osservazione e consentiva di battere d'infilata buona parte del fronte; ad est, invece, la parte più elevata e più forte del costone aveva davanti a sé e ad immediato contatto, una fascia di fitta foresta profonda circa 2 chilometri che rendeva difficile una buona difesa: La posizione di resistenza ebbe un totale sviluppo di circa 12 chilometri e venne ripartita in due settori: il settore est (strada inclusa) affidato alla LXXXV brigata, quello ovest alla XXV. L'antistante «zona di sicurezza» era caratterizzata da due elevazioni tondeggianti, ampiamente intervallate, denominate «Alberone di Ras Destà» l'una (ad oriente della strada) e «Rocce bianche» l'altra (ad occidente). Mentre i nostri si sistemavano a difesa, il comando della 12 a divisione africana concentrava la sua 24 a brigata «Costa d'Oro» sulla strada di Neghelli e la 21 a (EA) sulla strada di lavello 0). In zona Uadarà la prima presa di contatto col nemico si ebbe, nel settore ovest, il 3 aprile a seguito di un tentativo di nuclei britannici di impossessarsi delle «Rocce bianche». Attacchi, più consistenti, ma parimenti infruttuosi, furono tentati dal 20 al 22; l'azione, rinnovata con carri armati la mattina del 23, portò alla perdita della posizione. Di poi, per tre giorni, l'avversario si accanì contro l'altro elemento ritardatore della zona di sicurezza, l'«Alberone di Ras Destà», che infine riuscì (I) La 24• brigata «Costa d'Oro» comprendeva: la 24• sezione telecomunicazioni di brigata; il I°, il 2° e il 3° reggimento «Costa d'Oro)>; la 51' batteria leggera; la 52" compagnia campale; la 24' compagnia di gruppo di brigata; la 4" ambulanza campale.
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a sommergere col concorso di centinaia di fuorusciti e di ribelli, condotti al fuoco da Britannici, dopo una preventiva e larga distribuzione di bevande alcooliche. Gravi notizie giungevano intanto dal nord: grosse bande di ribelli, presi i due fortini di Hula, massacrati i nazionali che facevano parte del presidio, discendevano verso l' Afrara (sede di un deposito di fucili e cartucce) sbarrando così l'unica via di comunicazione della 24 a divisione con Uondo e minacciandone le spalle. Il comando gruppo divisioni, nel dare notizia dell'invio di forze da Uondo, segnalava l'opportunità di un'azione concomitante dal sud per liberare Hula. Una colonna autocarrata si aprì la strada fra i ribelli, rioccupò i fortini di Hula, svolse azione di repressione e rientrò a Uadarà. Dal 24 aprile al 3 maggio, i Britannici lanciarono ben undici vani attacchi contro la posizione di resistenza . Furono dure logoranti giornate ed il successo dei nostri fu tanto più meritorio in quanto la lotta si svolse in condizioni particolarmente critiche create dai ribelli, che operando sulle nostre retrovie avevano lasciato le truppe di Uadanì (ove non esistevano depositi) senza rifornimenti di viveri e di munizioni per artiglieria e mortai per la durata di sette giorni. Più degli altri, violento fu il bombardamento del 26 aprile che investì il centro (l tutta la nostra ala destra. Tre colonne attaccarono quella mattina dopo breve ma intensa preparazione d'artiglieria e violento bombardamento aereo. Il combattimento durò alcune ore, poi la tenace resistenza dei nostri e i numerosi contrattacchi locali indussero il némico, che aveva subìto sensibili perdite, a desistere dalla lotta (I). Al mattino del 4 maggio, la situazione si aggravò. L'avversario sferrò un violento attacco su tutto il fronte della (I) Cfr. NEIL O RPEN "East African and Abyssinian campaigns", e MAC D ONALO J. F.
"Abyssinian adventure".
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divisione incessantemente martellato da numerosi aerei. Costretti ad allentare la pressione verso mezzogiorno per la pronta reazione dei nostri, rinnovò, nel pomeriggio, l'attacco con nuovo impeto; sopraffatte le truppe al margine anteriore del bosco, penetrò nella fascia boscosa procedendo verso il suo margine settentrionale. L'indomani non riuscì a conquistare M. Calamita ma, a sera, gli avvenimenti delle due aspre giornate non lasciavano sperare di poter ristabilire la situazione: il nemico si era aperta la via anche al centro dello schieramento e non avrebbe trovato eccessive difficoltà se avesse tentato di avvolgere le ali poichè i nostri avevano ormai impiegate tutte le scarse riserve. Verso le 20 del 5 maggio, il comandante del gruppo divisioni sinistra Omo, in una comunicazione radio, lasciava il comandante della 24a divisione arbitro di decidere se rimanere in posto o ripiegare sulle posizioni dell' Afrara, 50 chilometri più a nord . Sentito anche il parere dei comandanti di brigata, il gen. di Pralormo decise il ripiegamento su Afrara. Il movimento fu iniziato, a scaglioni, nella notte stessa; alla difesa di Uadarà la divisione aveva ormai legato il suo nome. Il battaglione di retroguardia (LIV), ancora il 10 maggio con un combattimento protrattosi fino a tarda sera, fermava, nei pressi di Socorà l'incalzante avanguardia nemica. Nella relazione ufficiale del gen. Cunningham è detto: «L'attacco fu iniziato il 3 maggio, giorno in cui il 2° reggimento «Costa d'Oro» effettuò un'ampia marcia di fianco, aprendosi la strada con i propri «Pangas» attraverso la fitta foresta. Il 4 maggio, il 1° reggimento «Costa d'oro», appoggiato da artiglieria, attaccò due grosse alture, fortemente difese dal nemico. Veicoli corazzati da combattimento furono mandati su una vecchia pista abissina per appoggiare l'attacco di fianco del 2° reggimento «Costa d'Oro», ma poterono avanzare di poco. Più tardi, nel pomeriggio, il 2° reggimento «Costa d'Oro» cadde sulle posizioni arretrate di sinistra
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del nemico e, il 5 maggio, aveva tagliata la strada dietro la posizione. Il nemico però mantenne ancora la sua posizione principale e non fu che il 16 maggio che esso fu scacciato da quelle sue alture». (c) Le operazioni sul fronte della 21a divisione: il combattimento di Fincioà <1). In zona Alghe Burgi la 21 a divisione (IX e XVIII.brigata coloniale), sgombrata Javello, aveva occupato la foresta di Fincioà ed, a sostegno di questa posizione, il M. Cuia con le sue ramificazioni; aveva inoltre mantenuto l'occupazione delle alture di Soroppa, 20 chilometri a nord di Javello, mentre, a tergo di Alghe, intensificava i lavori difensivi in corso sulla forte posizione di M. Giabassirè (a 18 chilometri da Alghe, a 100 da Javello). Contro la fronte della 21 a divisione (gen. Zauli) <2> le ostilità furono aperte dai ribelli; forti bande vennero respinte a Burgi, il 28 febbraio, il 19 e il 20 marzo (cadevano il residente e numerosi irregolari). I Britannici attaccarono invece l'altura di Soroppa all'alba del 31 con una brigata rinforzata da carri armati e costrinsero il nostro presidio a ripiegare, con gravi perdite, su Alghe (un battaglione e una batteria da 65/17 andarono perduti). Dopo puntate offensive effettuate in aprile (2, 17), il 2 maggio , reparti della stessa brigata (2a E. A.) C3) sotto
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(I) La 21 • divisione alla data del 4 maggio era così costituita: IX brigata coloniale (battaglioni LIX, LX e li ed una batteria da 65/17); XVIII brigata coloniale (CLXXXVI battaglione e LXXXVI gruppo da 65/ 17 su due batterie); IV gruppo anig)ieria motorizzata (nazionali) con una batteria da 105 ed una da 77/28; I batteria contraerei da 20 mm.;
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IV battaglione genio artieri (fino al 12 maggio). In totale 133 ufficiali, 916 nazionali, 4.304 coloniali, 1.100 quadrupedi e una cinquantina di automezzi. (2) Il gen. ZAULI, destinato ad altro settore, sarà sostituito, il 5 maggio, dal gen. CAF·
FARATTI.
(3) L'ordine di battaglia della 21 • brigata di fanteria (E. A.) alla data del 5 aprile era il seguente: 21 • (E. A .) sezione telecomunicazioni di brigata; 2°/2° King's African Rifles, I O / 4° King 's African Rifles, I O reggimento Nord Rhodesia (meno I compagnia); 1° plotone della I (S.A. compagnia autoblindo; 53• (E. A.) batteria leggera; 53• (Costa d'Oro) compagnia campale; 2• (Zn.) ambulanza campale; 21 • (E. A.) compagnia di gruppo di brigata.
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una pioggia battente, tentarono d'impossessarsi di sorpresa di un elemento della difesa nel bosco di Fincioà; respinti, eseguirono puntate di assaggio in varie direzioni riuscendo infine ad occupare l'obiettivo, il 6 maggio. L'indomani, un contrattacco del LIX battaglione valse a contenere la pressione dell'avversario e ad impedirgli di sorprendere in crisi la divisione, che, all'alba del 6, aveva ricevuto l'ordine di ripiegare sulle posizioni di M. Giabassirè. Il movimento della 2] a coloniale, disturbato dai ribelli, fu compiuto nelle due notti successive. (d) Le operazioni sul fronte della 101 a divisione. Nello stesso perio~o di tempo, la 101 a divisione coloniale che, ricostituita il 21 marzo, aveva conservato della vecchia divisione somala il solo comando (gen. Baccari), presidiava la zona Soddu-Gardulla-Baco con un presidio avanzato a Giarso. Detto presidio respinse, il 6 ed il 9 aprile, gli attacchi di una colonna motorizzata; partecipò, il 29, in concorso con le truppe di Gardulla, ad un combattimento contro masse ribelli tra Macile e Carme e fu fatto ripiegare su Gardulla ai primi di maggio CO. (e) La marcia all'Omo Bottego delle divisioni di «sinistra Omo». Con l'aggravarsi della situazione nel settore dei piccoli Laghi, mentre forze terrestri nemiche facevano la loro apparizione al margine della posizione dell' Afrara (14 maggio), il comando gruppo divisioni sinistra Omo, disponeva che la 24 a divisione lasciasse la posizione di Afrara e si trasferisse a Uondo, che la 21 a muovesse subito da Giabassirè per raggiungere Dilla, ove avrebbe trovato ulteriori ordini, che la 101 a arretrasse la propria difesa da Gardulla a Cengia e trasferisse gran parte delle forze nella zona Billate-Soddu. (I) La 101 • divisione ricostituita comprendeva alla data del 21 marzo i seguenti reparti: brigata mista Laghi (XVII battaglione coloniale a Giarso, XVI e I gruppo bande a Gardulla, IX gruppo artiglieria someggiata a Gardulla -Giarso); VII gruppo squadroni a Cengia; V gruppo bande a Baco.
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Il movimento delle divisioni 21 a e 24 3 si effettuò fin dall'inizio in condizioni particolarmente dure, sotto una pioggia torrenziale, su strade divenute fanghiglia, con soste interminabili imposte dalla necessità di rimettere in moto gli autocarri continuamente impantanati. A tarda sera del terzo giorno di marcia, giunse dal comando gruppo divisioni alla 21 a divisione che si trovava a circa 80 chilometri dal Giabassirè, il seguente ordine: «Dalle caduta, 21 a e 24a divisione attaccate. Obiettivo della 21 a posto di blocco ovest. 24a attacchi da est». Senonché a Dilla, ove la divisione giunse la sera del 18, un radio del comando scacchiere le ordinò di dirigersi a Soddu anziché a Dalle: la situazione precipitava sul fronte nord della sinistra Omo epperò il gen. Gazzera affrettava il movimento delle divisioni 21 a e 24 3 verso la conca di Soddu per evitare che fossero tagliate fuori e per far massa con esse contro il nemico. (Anche la 101 a divisione ebbe ordine di raccogliere nella zona di Soddu le sue truppe di Gardulla, Baco e Cengià). L'indomani, quando la radio annunciò la resa dell'Amba Alagi, la 21 a divisione, che contava 145 ufficiali, 1.000 nazionali e 4.000 coloniali circa, si accingeva ad affrontare, con estrema penuria di viveri e attraverso un'infid·a boscaglia, un nuovo percorso di 150 chilometri. L'ordine del comando gruppo divisioni di attaccare le forze britanniche dislocate a cavaliere della strada Uondo-Sciasciamanna all'altezza del bivio per Dalle, giunse invece alla 24a divisione in Uondo il mattino del 21 maggio, ma anch'esso fu annullato il giorno stesso dal gen. Gazzera, che, a mezzo della stazione radio locale, ordinò al comandante la divisione di buttarsi al più presto attraverso la campagna, con tutti gli elementi che si trovavano in Uondo, in direzione Gedano-UmboSoddu, seguendo la colonna Caffaratti (21 a divisione), che già aveva avuto ordine di avviarsi in tale direzione. Quando, la sera del 22, i Britannici, impossessatisi di Soddu, lanciarono una colonna autocarrata verso Godiciò la situazione delle divisioni provenienti da sud era
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la seguente: i reparti della 21 a, superato il Ghidabò, erano in cammino verso Umbo; la 24a, già a contatto coi Britannici provenienti da nord, sventati tentativi avversari di penetrare nella conca di Uondo, marciava incolonnata lungo un sentiero che dipartendosi dalla strada Uondo-Dilla tre chilometri a sud di Uondo si snodava attraverso la boscaglia; i reparti della IO 1a, affluiti a Soddu e inviati poscia al Billate in rinforzo ai superstiti della 25a e gli elementi vari che il comandante della 101 a divisione aveva impiegato per mettere in stato di difesa l'abitato (sede dei servizi dell'intero gruppo divisioni sinistra Omo), avevano subìto la sorte di Soddu, ove erano stati catturati anche i comandi della 25 a e della 101 a divisione. Il 23, l'avanguardia della 21 a divisione raggiunse il Billate e proseguì, il giorno successivo, il movimento attraverso una vasta zona boschiva allagata dalle incessanti pioggie e dallo straripamento del fiume. Per oltre tre ore gli uomini procedettero lentamente con l'acqua fino all'inguine appoggiandosi al bastone col quale erano costretti a tastare il terreno per trovare dove fosse possibile poggiare il piede. Fra le 12 e le 13 , il comando scacchiere comunicò: «Anche Godiciò caduta 21 a e 24a accorrete all'Omo ... precisate vostra posizione»; il movimento verso ovest continuò. Il 27 dopo 14 giorni di faticose marce e di penosi bivacchi, la divisione, insidiata dai ribelli, esausta per la fame, si appresta ad attraversare la piana di Umbo, ove l'attendono occultati nella rada boscaglia le truppe e i mezzi corazzati della 22a brigata K.A.R .. Sono circa le 9,30: carri armati si svelano sul fianco destro dei reparti in marcia; altri risalgono la colonna sulla sinistra, mentre nuclei di ribelli aprono il fuoco da tutte le parti. Ogni reazione si appalesa ben presto inefficace, e il comandante la divisione ordina la resa. Lo stesso giorno venivano catturati a Esciò, i pochi elementi rimasti della 10!3 divisione. I superstiti della 25a, privi di viveri e munizioni, venivano anch'essi costretti ad arrendersi in regione Godiciò.
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Delle nostre forze operanti nella zona sinistra Omo restava ancora la 24 2 divisione ridotta ormai a 1.800 nazionali e 1.500 coloniali. Dopo aver sostenuto un sanguinoso scontro con forze irregolari nel quale fu particolarmente prov.ato il IV gruppo carabinieri (combattimenti di Dolo 24-25 maggio), la divisione aveva guadato, il 26, il Billate. L'indomani, rifornita di pane, zucchero e tè a mezzo aereo, veniva dal comando scacchiere incoraggiata a perseverare nello sforzo per raggiungere le nostre linee. Il movimento di detta unità si rivelava però sempre più difficile: le truppe erano stanche per le estenuanti marce rese particolarmente dure dalla continua pioggia; molti soldati impossibilitati a proseguire dovevano, per mancanza di mezzi, essere lasciati indietro, i feriti appesantivano il movimento e le diserzioni nei reparti coloniali assumevano proporzioni sempre piu allarmanti. Mancavano notizie della XXV brigata di retroguardia (era stata catturata, di sorpresa, nei pressi di Hula). Il 31, in vista di Umbo, già occupata, come Soddu, dal nemico con carri e artiglierie, il comandante della divisione decise di tentare nella notte il passaggio della grande piana del campo d'aviazione tra Umbo e Soddu. Il movimento fu attardato da un torrente in piena che potè essere attrav~rsato solo all'alba, ma lo sbarramento nemico fu ugualmente superato di sorpresa. Il 5, la divisione con una marcia di 9 ore, scese all'Omo Bottega, mentre l'avversario, più a nord, attraversava in forze il grande corso d'acqua. Otto giorni la 24 a coloniale trascorse sulla sponda sinistra del fiume, a sudovest di Soddu, mentre alle prese con formazioni ribelli tentava di passare a nuoto e a mezzo natanti. Qualche galleggiante improvvisato con intelaiatura di legno e sostenuto da bidoni, fasci di borracce o otri, riuscì a valicare il fiume, ma con scarso carico. Gli aerei britannici avevano fatto intanto la loro apparizione nella valle dell'Omo.
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In questa situazione, considerato che i reparti della divisione avevano superato i limiti di ogni umana resistenza e tenuto conto che nessun aiuto era più possibile porgere loro, il Comando Superiore delle FF. AA. dell'A.O.I. il 9 giugno, autorizzò il generale comandante dell'unità ad arrendersi. La sera del 10, il comando della piazza di Gimma lo informò che stava trattando anche la sua resa. Il 13, .dopo altri infruttuosi tentativi di superare l'Omo Bottego e dopo aver sostenuto vari combattimenti contro i ribelli, la divisione si diresse verso Soddu. Durante la marcia, come convenuto nelle trattative, un reparto britannico le venne incontro per darle assistenza. Il 17, all'entrata in Soddu, l'avversario rese gli onori militari ai valorosi superstiti. d. LE
OPERAZIONI NELLA ZONA «CENTRALE».
(I)// «fronte Nord-Est» (schizzo n. 47).
Il "fronte nord-est" era costituito, come è noto, su due settori: Limmù Ennaria (gen. Zauli) e Abaltì (col. Fratta). Mentre si combatteva sulla sinistra dell'Omo, alla fine di aprile, forti formazioni di ribelli scioani, guidati da ufficiali britannici, guadavano il fiume all'altezza della confluenza col piccolo Ghibiè. Il mattino del 3 maggio, assalivano di sorpresa le posizioni occupate dal battaglione scuola graduati coloniali che era stato dislocato a una mezza giornata di marcia per la protezione del fianco sinistro dello schieramento di Abaltì (I). L'attacco riusciva ad isolare i (1) Le forze schierate sul fronte nord-est subirono notevoli mutamenti dall'inizio della costi tuzione di tale fronte fino alla caduca. Inizialmente mentre ancora si effettuava il ripiegamento da Addis Abeba, il nuovo fronte venne così imbastito: - nel settore di Abaltì: XV battaglione coloniale, battaglione scuola graduati coloniali di Gimma, I batteria da 47, I batteria da 65/17, I squadrone carri veloci; - nel Limrnù Ennaria: le bande irregolari di polizia delle residenze di Saco, Coma, Alga, Cassa. Lu
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prosegue alla pagh1a .397
LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
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SCHIZZO N. 47
LE OPERAZIONI NEL GALLA-SIDAMA ZONA CENTRALE (Fronte nord-est)
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fortini presidiati dalle due compagnie che costituivano il battaglione; il combattimento si protraeva fino ad esaurimento delle munizioni (circa le 15); tutti gli ufficiali e i nazionali del comando cadevano, pochi coloniali soltanto riuscivano a ripiegare, ma la sorpresa contro lo schieramento di Abaltì non riuscì e un efficace contrattacco del LXVI battaglione ricaéciò gli armati etiopici oltre il Bottego in direzione di Uolchittè. Altre formazioni operavano però più a nord, al margine orientale dell'altopiano dei Botor. Se fossero riuscite a scavalcare quei monti avrebbero potuto dilagare su Gimma. A fronteggiare la pericolosa situazione, venne costituita in Gimma una colonna operativa, agli ordini del col. di S. M. Grandi, coi battaglioni XV e CIXC, il C gruppo artiglieria someggiata coloniale da 75/13 ed un battaglione nazionale del reggimento autieri fucilieri di nuova costituzione. I reparti si raccolsero nelle adiacenze di Tirò. La colonna mosse il giorno 7 lasciando in posto il battaglione autieri per eliminare i ribelli che scorazzavano nella zona. Il XV battaglione, inviato innanzi, incontrò, 1'8, il nemico a M. Abù e combattè durante tutta la giornata senza arrivare a una risoluzione. Il 9, col giungere del grosso, la lotta si riaccese e si protrasse vivace, con alterne vicende, finché i ribelli furono costretti a ripiegare sotto la spinta dei nostri, inseguiti, oltre il fiume, dall'artiglieria (1). Anche nel settore Limmù Ennaria (nord di Abaltì) una grossa formazione di ribelli infiltratasi, nella seconda decade di maggio, sulla destra del fiume veniva incalzata e dispersa dalle nostre truppe presso Alga e presso Coma. Completato il ripiegamento, e riordinate le truppe afnuite, i due settori vennero rinforzati destinando ad Aballì: il III gruppo carabinieri dello Scioa, !'LXXXVIII battaglione coloniale, !'VIII gruppo squadroni cavalleria coloniale, la compagnia deposito coloniale di Addis Abeba, I gruppo misto di artiglieria (costituito con le unità preesistenti, I batteria da 77 / 28 cd I da I05/28) e il I battaglione genio coloniale artieri. (I) Nostre perdite: I ufficiale morto e 2 feriti; 7 nazionali morti e alcuni feriti; un centinaio di coloniali tra morti e feriti.
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
Alla fine del mese, ad avvenuta occupazione della zona sinistra Omo, il Negus convocava ad Uolchittè i capi battuti per indurli a ritentare l'azione con maggiori mezzi in concorso all'operazione che truppe britanniche avrebbero svolta su Abaltì con la 23 a brigata Nigeria e su Dacano (sud di Abaltì) con la 22.a E. A. Il settore Dacano (gen. Majnardi) era stato costituito, nella seconda decade di maggio, come già ricordato, in conseguenza degli avvenimenti sulla sinistra Omo. La posizione sulla quale la difesa era stata appena imbastita per impedire al nemico il passaggio del fiume, era limitata, a sinistra, dalla confluenza del Gogeb con l'Omo stesso ed era suddiviso in due sottosettori: Odonitta e Aro. Sul fronte, che aveva uno sviluppo complessivo di 38 chilometri, erano schierate tutte le truppe disponibili in posto, che assommavano complessivamente a 3.800 uomini compresi i servizi: 68 mitragliatrici, 10 pezzi da 105/28 e 7 pezzi da 75/13 (I). L'azione sul fronte di Dacano ebbe l'inizio il 1° giugno col tiro di bombarde e artiglieria contro le truppe di una piccola testa di ponte lasciata, il 28 maggio, sulla sinistra dell'Omo Bottego per consentire il recupero di materiali. Essa venne ripiegata sulla riva destra verso mezzogiorno. Nella notte sul 3 giugno, i Britannici, superata una nostra interruzione tra roccioni strapiombanti, occupavano, con elementi vari, le alture sulla sinistra dell'Omo fino alla confluenza con l'Odonitta e facevano affluire sulla sponda del fiume mezzi corazzati e camionette, mentre, con tiri di mitragliatrici, paralizzavano ogni movimento nella piana ove erano schierati i nostri reparti. Un primo tentativo di passaggio sulla sponda destra non aveva successo, ma permetteva
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(I) Situazione alla sei:a del 31 maggio: sottosettore Odonitta: Il battaglione cc. nn., VIII gruppo squadroni, XXXI gruppo artiglieria 105/28, C gruppo artiglieria 75/13, batteria mitragliatrici e.a. 12,7, XIV battaglione genio, 46• compagnia genio; sottosettore Aro: CLXXXII btg. coloniale; III gruppo CC. RR. mob.; riserva: battaglione nazionale di formazione, CLXXXIX battaglione coloniale.
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al nemico di constatare che la difesa era completamente im-
mobilizzata dall'incessante martellamento aereo e terrestre e dal tiro delle armi automatiche piazzate sulle alture della sponda sinistra dominanti la zona tenuta dai nostri reparti. Il 4, il nemico riusciva a passare il fiume a valle del traghetto rotabile. L'indomani, attaccava il II battaglione cc. nn. e lo travolgeva. Un aggirament<? proveniente dalla confluenza del Gogeb nell'Omo determinava poi il completo accerchiamento del settore; le batterie stesse venivano assaltate di rovescio . Un tentativo di contrattacco, effettuato dal III gruppo carabinieri, riusciva infruttuoso per l'esiguità delle nostre forze. Il comando dello scacchiere ordinava allora di raccogliere tutti i disponibili ed effettuare con essi resistenze successive per ritardare l'avanzata del nemico in direzione del Ghibiè di Gimma e cercare di fermarsi sulle colline di Nadda collegandosi a sinistra con. le truppe provenienti da Abaltì. Alle tre, dopo che la località era stata superata dalle truppe superstiti, veniva effettuato il brillamento di una predisposta interruzione ad ovest di Dacano. Sotto violento temporale le truppe, giunte stanchissime a Nadda, si schieravano sulle nuove posizioni; non trovavano però collegamento a sinistra non avendo potuto le truppe di Abaltì ripiegare al piccolo Ghibiè. I nazionali vennero allora concentrati nell'abitato, mentre i resti delle truppe coloniali (350 uomini circa) furono schierati a difesa del piccolo Ghibiè. Nel settore Abaltì il nemico, all'alba del 6, aveva di sorpre-
sa passato il fiume e, superata col concorso di forze irregolari, l'interruzione stradale, aveva con rapida manovra circondato tutto lo schieramento costringendolo alla resa. Contemporaneamente, grosse formazioni ribelli erano spinte nel settore Limmù Ennaria e, dopo violenti scontri su M. Molè, erano riuscite ad affermarsi tra Coma e Sacà (nord di Gimma) annientando, in un duro combattimento, il 3 giugno, il fedele battaglione scuola graduati coloniali,
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIE NTALE
ricostituito su due compagnie dopo il combattimento del 3 maggio <1>. Si era venuta così a creare una situazione di serio pericolo per la stessa città di Gimma. La mancanza di riserve che consentissero di poter in qualche modo parare alla tragica situazione (rinforzi partiti da 6 giorni dalla regione Caffa verso Gimma erano rimasti impantanati a sud del Gogeb) decise il comando dello scacchiere: ad ordinare l'arretramento dell'intero fronte Dacano-Abaltì-Saca-GhibièEnnaria, a predisporre misure di difesa vicina che assicurassero la protezione immediata della popolazione nazionale civile di Gimma e ad affidare i pieni poteri ad un ufficiale generale perché trattasse la resa della città (quale città aperta) a condizioni onorevoli. La drammaticità della situazione, per le condizioni di insicurezza interna ed esterna del presidio militare e dei civili raccolti a Gimma, appare chiaramente dalle comunicazioni del Generale Gazzera (un esemplare nel documento n. 142) e dal testo del bando diramato dal Generale Gazzera il 6 giugno (2). Lo stesso giorno il comando di scacchiere si trasferiva nella zona Didessa-Dabus, per condurre l'azione delle rimanenti truppe al fine di prolungare la resistenza nel resto del territorio, e per esercitare azione di comando superiore sullo Scacchiere Amara (gen. Nasi) e sulle forze della Dancalia Aussa (col. Raugei) che ancora combattevano. (2) La resa di Gimma.
Mentre il nucleo ma'ggiore di resistenza del Galla e Sidama si spostava nella zona Didessa-Dabus, nella zona centrale dello scacchiere la lotta si restringeva attorno a Gimma. Le forze del settore Limmù Ennaria ripiegando lentamente dovevano cercare, .con azioni di retroguardia, di tener lontano da Gimma le masse ribelli provenienti da nord, mentre, per parare alla minaccia di orde irresponsabili che da ogni direzione premevano con azione concentrica sulla (I) Caddero 7 ufficiali, l nazionale e circa 200 coloniali. (2) Testo del bando, documento
11.
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città, venivano organizzate a difesa, con truppe nazionali, le regioni contermini di Agarò e Sombo. Inoltre, per eli,minare le infiltrazioni che si andavano manifestando un pò ovunque, venivano costituite colonne mobili che, partendo dal centro di Gimma, dovevano operare contro le punte più minacciose. Non poterono però essere evitati alcuni eccidi di truppe dislocate in presidi esterni: il 21 giugno, venivano sopraffatti e'massacrati gli autieri dell'autoraggruppamento di Saca di Gimma; l'indomani, veniva aggredita a Garrima una colonna che aveva rilevato il personale del commissariato del Daura Conta. Il 10 giugno, si ebbero i primi contatti al piccolo Ghibiè tra i nostri parlamentari e quelli britannici, ma le trattative ·si presentarono difficili perché il Comando inglese intendeva ottenere la resa totale di tutte le forze del Galla e Sidama. Le condizioni di resa furono concordate il 20; oggetto della resa: le forze di Gimma e quelle che si trovavan~ nel raggio di 10 chilometri dall'abitato. In base a tale accordo, il 21, le truppe inglesi prendevano possesso della città. Lo stesso giorno, per deficienza di viveri e di acqua, deponeva le armi anche il presidio di Agarò. Intanto, lasciata Gimma il 6 giugno, il Comando Superiore (e Comando scacchiere sud) raggiungeva, il 7, la foresta del Dabana (ovest di Bedelle) ove sostava per emanare gli ordini imposti dalla situazione, in sintesi: «raccogliere le truppe per prolungare la resistenza». La 22 a divisione, tuttora nel Caffa, veniva fatta affluire, per il ponte di Cericcò, verso Dembi, ove il gen. Nam aveva costituito, con resti di reparti inviati da Gimma da alcuni giorni (battaglione carabinieri, battaglione autieri, VIII battaglione coloniale) il settore Alto Didessa, dipendente dalla 26 3 divisione. Questa dal Lieca si stava trasferendo: parte, a Bedelle (col comando) nel settore Medio Didessa; parte, a Ponte del Greco nel settore Basso Didessa (sulla strada tra Lechènti e Ghimbi). Invariata la dislocazione della 23 3 divisione sul Dabus, nel settore Baro-Sonca, e nel settore di Gore (Salei-Bure).
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORI ENTALE
(3) //fronte occidentale della zona «centrale» (22° divisione)
(schizzo n. 48). Già, il 25 marzo, il gen. Caffaratti comandante della 22a divisione (in ottemperanza agli ordini già ricordati del comando scacchiere), aveva disposto l'arretramento sull'altopiano di Ma,gi di tutte le truppe dislocate verso la fascia di confine, allo scopo di concentrare le forze per garantire il possesso di quel caposaldo; una colonna motorizzata britannica puntava intanto su Uesca Ueca ove era un nostro piccolo presidio. Il l O aprile, in conseguenza della situazione generale venutasi a creare nel territorio dell' A.O. I., veniva ordinato anche alle truppe di Magi di sgomberare il materiale e di ripiegare poi su una nuova linea più arretrata nella zona di Golda senza lasciarsi impegnare da una eventuale azione britannica. Si aveva, infatti , notizia in quei ·giorni che oltre le truppe di Uesca Ueca un'altra colonna motorizzata si trovava in valle Acobo e che una consistente formazione ribelle di circa 2.000 fucili intendeva da Gheiscia attaccare sul tergo le truppe di Magi. La sera del 6 aprile venne iniziato lo sgombero della zona. Esso fu disturbato solo da azioni locali, che non impedirono il regolare afflusso dei reparti ai punti di incolonnamento e il successivo movimento su Golda ove essi giunsero la sera del 9. La notte sull' 11 aprile ebbe luogo anche il ripiegamento del presidio di Gurafarda. In attesa dell'arrivo della colonna ripiegante da Magi, le truppe che ne avevano preceduto il movimento si erano opportunamente dislocate per imbastire la linea di difesa di Golda e per provvedere alla sicurezza del villaggio trasformato in caposaldo. In zona avanzata veniva lasciato un gruppo bande a presidio di Giamo e un reparto nazionale a Sciascia. Attaccati da fuorusciti e ribelli questi presidì reagirono con azione di repressione. I nazionali ripiegarono, poi, il 23 su Golda. Tra la fine di aprile e i primi di maggio, le truppe britanniche che avevano occupato la zona di Magi (25a brigata E . A.), si spinsero verso il fiume Burberaca occupando anche il villaggio di Sciascia subito dopo la nostra evacuazione
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SCHIZZO N. 48
LE OPERAZIONI NEL GALLA-SIDAMA ZONA CENTRALE (Fronte occidentale)
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ed il fortino di Giamo che il gruppo bande, minacciato di accerchiamento, aveva, per ordine del comando divisione, abbandonato il 4 per ripiegare a sua volta su Golda. Nel territorio del Ghimira, fra Golda e il Baco, ove si concentrò la 22 a divisione la zona di Tamangiagi costituiva, per la sua par:ticolare posizione, il punto nevralgico della situazione interna del settore. I ribelli effettuarono varie azioni contro quel presidio nella seconda e terza decade di aprile ed ai primi di maggio. Il 6, il comando di divisione (col. Pialorsi) decise di arretrarne le truppe a Cianna ritirando anche il presidio di Dizu <1>. Il movimento, iniziato la sera del 7, interrotto il mattino successivo da un combattimento impegnato dai nostri contro ribelli che avevano attaccato la colonna, si compiva il 9. L'abbandono della zona di Gurafarda e di Tarnangiagi provocò l'afflusso dei ribelli nel territorio del Moccia e Masango, ove furono gettati i primi semi della ribellione e della defezione dei capi locali. Nei giorni 7, 8 e 9 maggio, eliminati i nostri posti di guardia sul fiume Baco, venne isolato e attaccato il piccolo presidio di Iechi che dovette essere rifornito a mezzo aerei. Al presidio di Gheccia veniva intanto ordinato di ripiegare verso nord su Attelé, posizione dominante e più idonea a sostenere un attacco di ribelli; ma la quasi totalità dei coloniali defezionarono e i pochi nazionali, abbandonata Attelé, si diressero al F. Baro nel settore della 23a divisione (zona Didessa-Dabus) ove si unirono ad un reparto di regolari inviato loro incontro da Gore. Non riuscirono, invece, a raggiungere il Baro i nazionali e i pochi graduati eritrei rimasti fedeli del presidio di Iechi. Fino al 19 maggio continuò, con ritmo accelerato, il potenziamento della piazza di Golda e la intensa attività di scorta alle autocolonne e carovane di rifornimento. In detto giorno, il comando della 22 8 divisione riceveva l'ordine di arretrare la sua linea sulla posizione di Cianna e Aberà abbandonando tutto il Ghirnira. A sua disposizione, (I) Il col. PIALORSI, comandante in posto della I brigata coloniale, subentrò il I O maggio, nel comando della 22• divisione al gen. C AFFARATII nominato comandante della 21 •.
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per lo sgombro dei materiali e dei viveri, veniva messo il III autotrasporto dislocato a Bonga. Il ripiegamento, disturbato solo la notte del 1° giugno da una formazione di ribelli, veniva ultimato l'indomani. I Britannici, provenienti da Tamangiagi, occupavano intanto Uota (Ghimira), ma fino al giorno in cui venne ordinato il concentramento di tutte le truppe dello scacchiere nella zona Didessa-Dabus, sulle nuove posizioni occupate dalla divisione si verificarono solo piccoli scontri (a Gaigo e a Gaccia). Quando, il 6 giugno, la 22 3 divisione ricevette dal comando scacchiere l'ordine di trasferirsi, via Dembirà-ponte Cericco, a Dembi e di inviare subito un'aliquota delle sue forze a Belletà, essa disponeva di circa 100 ufficiali, 400 nazionali, 3.500 coloniali e ~00 tra cavalli e muli (I). Accertato, sulla base delle informazioni avute dal nucleo esplorante divisionale e delle ricognizioni eseguite da ufficiali, che il transito per le varie scorciatoie adducenti al F. Gogeb era impossibile, il comando della 22 3 divisione, nelle prime ore del 12 giugno, decideva di raggiungere ponte Cericco seguendo la più lunga via di Bonga, Beda. L'inevitabile passaggio di tutti i reparti della divisione da Bonga, già sede del campo famiglie (disciolto in seguito all'ordine di trasferimento a Dembi), rese di ancora più seria e difficile soluzione il problema dei familiari dei coloniali. Solo una parte delle famiglie si era infatti trasferita ai paesi di origine o aveva raggiunto Sciabe per l'ulteriore smistamento; la maggioranza di esse invece si era stabilita a Bonga o nella speranza che una migliorata situazione consentisse loro di ricongiungersi ai rispettivi capi famiglia, o perché impossibilitata a raggiungere i lontani paesi di origine già evacuati dalle nostre truppe. I coloniali che incontrarono così a Bonga le rispettive famiglie, dichiararono di non po terle abbandonare in tale località sia per le difficoltà che (I) Dette forze erano inquadrate nei seguenti comandi e reparti: comando divisione ecomando I brigata con relativi reparti e servizi; 2• compagnia autonoma cc. nn. d'Africa; 3' compagnia genieri artieri; I, XVIII e CXC battaglioni coloniali; II gruppo bande di front iera «AkobO)>; I• batteria someggiata coloniale.
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LB OPERAZIONI IN AFRICA OR.IÉNTAU!
esse avrebbero incontrato per il sostentamento, sia perché, subito dopo la nostra ,partenza, sarebbero rimaste in balla dei ribelli e chiesero quindi di farsi seguire da esse. La fo~data preoccupazione dei coloniali e la delicatezza dell'argomento, che nella contingente difficile sistuazione potevano avere funeste ripercussioni sui reparti, consigliarono il comando di divisione di non opporre un netto rifiuto alle richieste dei coloniali, .limitandosi a svolgere attiva opera di persuasione perché il maggior numero di famiglie si concentrasse oltre il Gogeb, nel settore di Sciabe, incaricato del loro ulteriore smistamento. Tale opera, svolta nell'interno dei reparti dai rispettivi ufficiali, non sorti che effetto parziale, per cui oltre 2.000 persone fra donne, bambini e servi con relativo bestiame, si uni alla divisione nella sua marcia. Cosi appesantita, la 22a divisione superava grandi difficoltà specie nel transito sulle pist~ nella zona di Bonga e, modificato ancora l'itinerario, raggiungeva, il 13, Belletà e, il 14, Abgacciò. La sera del 19, disturbata durante la marcia di attacchi di piccole formazioni di ribelli, attestata ed accampava a Cericcò. Il 20 giugno, il comando scacchiere le comunicava che in conseguenza della nuova situazione generale, essa doveva raggiungere Gore, tuttora presidiata dalle nostre truppe, anziché Dembi.
e.
LE OPERAZIONI NELLA ZONA «DIDESSA-DABUS»
(schizzo n. 50
e 51). (l) La situazione ai primi di maggio 1940. Il territorio del gruppo divisioni Didessa-Dabus, attorno al quale, durante il mese di maggio, si andava stringendo il cerchio delle truppe nemiche regolari ed irregolari, è caratterizzato, all'ingrosso, da un complesso di rilievi fra i 1.800 e i 2.200 metri separati e compartimentati in blocchi, di forma e dimensioni differenti, da ampie e piatte pianure che numerosi corsi d'acqua, con andamento tortuoso, attraversano iri tutte le direzioni. Una ben sviluppata rete di piste camionabili, a fondo naturale, da Ghimbi, centro di figura del territorio, s'irradia
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verso tutte le località periferiche. A causa delle forti pendenze e della natura argillosa del terreno, tali piste però diventano facilmente intransitabili dopo le piogge. Nei riguardi della difesa esterna avevano particolare importanza il fronte occidentale e il fronte orientale. Il fronte occidentale, il quale sbarrava le arterie stradali che da Roseires e dal Nilo Bianco fanno capo ai centri di Asosa e Gambela, divenuto operativo fin dall'apertura delle ostilità, era stato arretrato, come già ricordato, dalle posizioni di confine al gradino collinoso immediatamente retrostante. La 23a divisione (gen. Van den Heuvel}, che già da tempo lo presidiava con una forza di circa 9.000 uomini, era, a malgrado della estensione del fronte (circa 700 chilometri) e della comp~eta mancanza di armi contraeree ed anticarro, in discrete condizioni materiali ed in ottime condizioni spirituali. Priva, però, di riserva, era prevedibile che le sue difficoltà sarebbero cresciute non appena l'avversario avesse preso l'iniziativa su uno qualunque dei suoi settori. Sul fronte occidentale i Britannici avevano forze regolari raggruppate in due nuclei: uno nella zona di Gambela ed uno nella zona Asosa-Afodù. Nelle località intermedie, erano invece, dislocate bande di ribelli che si appoggiavano a reparti regolari fissi o saltuariamente inviati con autocarri. Dopo i tentativi effettuati in aprile per impadronirsi di Dembidollo, le truppe britanniche si erano ritirate definitivamente dietro il fiume Saco; sul fronte.occidentale, si erano avuti poi solo frequenti scontri di pattuglie. Importanza d'ordine ben superiore andò invece assumendo il fronte orientale in conseguenza dell'occupazione di Addis Abeba da parte dei Britannici e del rientro del Negus. Le truppe della 26a divisione (gen. Umberto Berardi), che vi erano dislocate, erano state per la maggior parte addensate, sotto la pressione degli avvenimenti, sui tratti di fronte più minacciati, cprrispondenti alla ottima camionabile proveniente da Addis Abeba ed alla pista Ghedò-Billò-Sirè; mentre la rimanente parte era stata assorbita dalle profonde e malsicure retrovie fra il Ghibié e Lechenti (80 chilometri). In tutto il resto del territorio erano solo piccoli
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distaccamenti destinati essenzialmente a fronteggiare la situazione interna locale. La divisione (forte di 4.500 uomini) risentiva anche della sua improvvisata formazione, specie nei servizi e nei collegamenti, intonati alle diverse precedenti dipendenze e situazioni. La zona di Lechenti, per la sua posizione e in conseguenza della situazione contingente, aveva la funzione di sbarrare la strada su Gimma e su Ghimbi e di costituire base di appoggio per eventuali contrattacchi e centro di raccolta per truppe che ripiegassero dalla prima linea. Essa non aveva però alcun valore tattico essendo caratterizzata da una serie di piccoli dorsi, ampi e largamente intervallati fra i quali si distende il lungo abitato di Lechenti, né avevano aggiunto granché al suo scarso valore naturale i pochi embrionali lavori di rafforzamento effettuati su qualcuno di detti dorsi. Dal punto di vista interno poi, la regione era particolarmente turbolenta, sia per la presenza di centri di ribellione (zona Lechenti-M. Tuca; zona DiHé; zona Argio) , sia per la vicinanza della zona di Ghedò dove, dopo l'occupazione di Addis Abeba, la ribellione spadroneggiava liberamente con forti bande armate favorite dai Britannici. (2) Le operazioni sul fronte orientale della zana «Didessa-
Dabus» (26° divisione) (schizzo n. 49) (I) Su questo fronte ai primi di maggio, venne effettuata un' azione nel).a zona ad oriente di Lechenti tendente a circondare la regione del M. Tuca, ove risultavano annidati un migliaio di ribelli. (1) Le truppe dipendenti dalla 26' divisione alla data del 2 1 aprile erano così dislocate: comando VII brigata coloniale: strada Bacò - Lechenti, 2 chilometri ad ovest del Ohibié; CLII e XLV battaglione coloniale; 2 compagnie del XV battaglione; Ili gruppo artiglieria da posizione; comando I gruppo someggiato con una batteria da 65/ 17; 1 compagnia artieri del V battaglione genio: sul Ohibié fronte a Bacò; '- VI battaglione coloniale: a Billò; - V battaglione cc. nn. (riserva divisionale): a Siré; - DVI battaglione cc. nn.: a Lechenti; - comando XV battaglione coloniale con due compagnie e una banda: a Dirré; - presidio aeronautico e mezza compagnia DVI battaglione cc. nn.: a Bonaia; - mezza compagnia DVI battaglione cc. nn.: ad Argio. -
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LE OPERAZIONI NEL GALLA-SIDAMA ZONA DIDESSA-DABUS (Fronte orientale)
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Ma queste forze, pur subendo perdite in uomini e più ancora in bestiame, riuscivano a ritirarsi, non viste, nella boscaglia di Galatà. Si aveva in animo di riprendere, appena conveniente, l' azione contro di essi, ma l'incalzare degli avvenimenti sui vari fronti e l'avvenuta riduzione delle più esigue forze disponibili (due battaglioni da Gore e dal Dabus erano stati inviati d'urgenza in autocarro a Gimma) non consentirono che l'azione fosse ripresa come fine a se stessa. Restavano, infatti, a Ghimbi, come riserva generale, soltanto un battaglione della M.V.S.N. e una banda. Verso la fine del mese di maggio, la situazione si faceva particolarmente grave sul Ghibié, ove tutte le strade a sud e ad ovest delle nostre posizioni, spesso intransitabili per le piogge o interdette dall'aviazione, erano ormai infestate dai ribelli che rendevano lenti ed incerti i rifornimenti ai presidi avanzati. Di queste bande, provenienti in gran parte da Aratù e da Bacò, alcune si erano infiltrate fra il Ghibi~ e l'esiguo presidio di Siré, ed insidiavano alle spalle le truppe schierate sul Ghibié, minacciando da vicino la stessa sede tattica del comando della 26a divisione rimasto a Siré. Ciò mentre era incombente la minaccia di un attacco in forze da parte dei Britannici e mentre formazioni di ribelli, non prive ormai di coesione e baldanza, si addensavano presso il fiume. In questa situazione, venne fatto affluire nella zona, da Ghimbi, l'unico reparto a disposizione del comando gruppo divisioni per immediato impiego e venne disposto altresì che due battaglioni si trasferissero a Siré dal Dabus e da Dembidollo. Intanto, all'alba del giorno 24, una grossa formazione di ribelli si riversava su Anno (sede del comando della VII brigata coloniale, col. Rean), si univa alla banda residenziale di un degiac ritenuto fino allora il capo più fedele della regione, e attaccava, di sorpresa, la compagnia che vi era dislocata in rincalzo della prima linea. Dopo aver
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massacrato tale reparto quasi per intero con tutti gli ufficiali (I) si dirigeva su Billò e sul rovescio delle nostre forze schierate sul Ghibié che venivano, in pari tempo, attaccate anche frontalmente da altre formazioni. Il combattimento si protrasse per l'intera giornata con alterne vicende, finché, a sera, sul Ghibié il nemico era costretto a ripiegare; non così invece a Bill<) ove i nostri riuscivano appena a contenerlo. All'indomani ed il giorno seguente, il combattimento si riaccese con maggiore accanimento su tutto il fronte, con frequente intervento dell'aviazione britannica. Estintosi alla fine sul Ghibié davanti a Bacò, esso riprendeva ancora, il giorno 27, con maggiore decisione a Billò, ove il presidio, ormai sfinito e privo di munizioni e viveri, stava per essere isolato da grossi nuclei di predoni armati che aggredivano anche le nostre colonne di rifornimento lungo la pista di Siré. Il comandante del gruppo divisioni ritenne che il restare in ~na simile situazione equivalesse a rassegnarsi passivamente a veder fra non molto completamente travolte le forze della 26a divisione ripartita fra il Ghibié, Billò, Sirè e Lechenti. Poiché le ricognizioni effettuate avevano concordemente accertato che il Didessa, per la notevole larghezza in tutto il suo sviluppo, per l'altezza d'acqua di circa due metri e per le sponde inaccessibili fuori dei ponti, costituiva un ostacolo considerevole al passaggio di un avversario in forze, rappresentò al comando scacchiere la convenienza di arretrare il fronte della 26a divisione su quel fiume non appena col concorso dei reparti nuovi giunti si fosse stabilito un temporaneo equilibrio nella zona. Il comando scacchiere autorizzò l'arretramento proposto con l'obbligo di estendere il fronte della 26a sulla nuova linea a sudest di Bedelle fino a prendere collegamento col presidio di Saca. Il 3 giugno, ebbe inizio, nella zona Didessa nord, il ripiegamento su Diré e quindi su Lechenti, ostacolato oltre che (1) Dei 158 uomini della compagnia scamparono all'eccidio solo 29 ascari. Un ufficiale, ferito, fu raccolto da un ufficiale inglese che aveva s;guito l'azione in un carro armato.
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dal fuoco dei ribelli, da ripetute incursioni aeree. II presidio di Billò avrebbe dovuto, per Ursa, trasferirsi nei pressi di Giara, ma la peggiorata situazione nella zona di Saca indusse il comando scacchiere a rinunciare a quell'itinerario e ordinare che anch'esso convergesse su Siré. .
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Prima che avesse inizio il movimento però, interi plotoni abbandonarono il presidio portando seco le armi. Le diserzioni continuarono nella notte. I superstiti nazionali, con qualche ascaro fedele al fianco, aggrediti durante la marcia nella boscaglia, furono, il 5, dopo un sanguinoso scontro, costretti alla resa. All'alba del 7, nessun reparto trovavasi più ad oriente di Lechenti: un battaglione cc. nn. e un battaglione coloniale erano in marcia verso sud su Argiò per raggiungere i guadi sul Didessa ad oriente di Bedelle, guadi che correvano il rischio di cadere nelle mani dei ribelli già saldamente afferma tisi nelle attigue zone di Coma e di Saca. La stessa Lechenti doveva al più presto essere sgombrata per portare tutte le truppe dietro il fiume. Il IV battaglione della M.V.S.N., rinforzato da una batteria da 65/ 17 someggiata, che fra i reparti nazionali era il solo finora risparmiato, veniva inviato da Ghimbi ad Orde Mulé per proteggere l'intenso movimento di uomini, quadrupedi e automezzi che da Lechenti si trasferivano al ponte del Greco, e per dar tempo alle truppe che a mano a mano raggiungevano il Didessa di sistemarsi a difesa. Il presidio di Orde Mulé occupava l'estremità più orientale del lungo, sottile ed elevato sperone che si estende, con direzione ovest-est, fra i due profondi avvallamenti del torrente Ciocorsà, a nord, e del torrente Macà, a sud, ed è percorso dall'unica pista automobilistica che allacci Lechenti al ponte del Greco. Forma la testa di questa specie di molo, un dosso rotondo, alquanto elevato e completamente nudo, che tutto intorno, meno che sul tergo, è circondato da un vallo abbastanza profondo, attraversato, sul davanti della posizione, da una sottilissima lingua di terra sulla quale passa la strada, di cui era stata predisposta l'interruzione . Dal dosso la vista spazia lontano per 360°.
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Il distaccamento doveva ostacolare al nemico il riattamento della interruzione finché possibile, sganciarsi poi rapidamente e ripiegare dietro il ponte del Greco. Alla sera dell'8, tutte le truppe, che avevano lasciato Lechenti al mattino, ed il cencioso corteo delle famiglie indigene sostavano sul rovescio della posizione di Orde Mulé. L'indomani, raggiungevano ponte del Greco. Il 14, grossi nuclei ribelli armati di mitragliatrici attaccarono tre volte Orde Mulé da più parti. Respinti dal tiro dell' artiglieria e dal contrattacco di gruppi di ascari e camicie nere desistettero, verso le 17, dall'attacco. Giudicando ormai esaurito il compito affidato al presidio di Orde Mulé, il comandante del gruppo divisioni ordinava che non appena la situazione lo avesse consentito, esso fosse fatto ripiegare. Ma l'ordine non giunse al distaccamento. Il mattino del 15, venne ripetutamente e violentemente attaccato da truppe regolari britanniche rinforzate da artiglierie e da formazioni di ribelli. Un primo attacco, iniziato alle 7,30, da bande di ribelli contro il fianco sinistro ed il rovescio della posizione fu contenuto. Alle 10,30, con l'entrata in azione di mortai da 81 e di reparti di colore, l'attacco si fece più violento; raggiunse il suo culmine quando, un paio d'ore più tardi, il nemico concentrò sui difensori anche il fuoco delle sue artiglierie. I nostri risposero fino ad esaurimento delle munizioni poi l'orda dei ribelli si rovesciò sui difensori tagliando loro ogni possibilità di scampo <1>. Perduta ogni speranza di recuperare i superstiti del distaccamento di Orde Mulé e di altri reparti ad oriente del Didessa, il 18, il ponte del Greco veniva fatto saltare. L'indomani, le nostre posizioni sul Didessa venivano sottoposte per più ore al tiro violento di mortai da 81 e di batterie di piccolo e medio calibro inglesi, mentre reparti di pontieri britannici tentavano di mettere in acqua materiali regolamen.tari per il gettamento di un ponte: la pronta reazione delle nostre batterie e delle armi automatiche d·istribuite lungo il fiume, frustavano il tentativo. (I) Perdite del presidio di Orde Mulé (forte di 367 nazionali e 83 ascari): 113 nazionali (8 ufficiali) e 51 coloniali, morti; 76 feriti e dispersi. Fra i morti il col. del genio Francesco BAZZAN!.
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Più grave si era fatta, intanto, la situazione nel settore Didessa sud a causa del cedimento del settore di Saca che aveva lasciato incontrastata al- nemico la via su Bedelle. Il comandante della 26a divisione aveva schierato sulla riva sinistra del Didessa, dietro il ponte militare (già distrutto): il DVI battaglione cc. nn. (che ad Argio aveva raccolto _il distaccamento avieri di Bonaia), 1 batteria da 77/28 ed 1 compagnia del XV battaglione genio. A Bedelle, a difesa del nodo stradale che aveva importanza vitale per l' ev.entuale ripiegamento del presidio di Dembi, era rimasto solo il CLXXXVIII battaglione coloniale (ridottosi, dopo le ultime diserzioni, ad un paio di compagnie) e la banda residenziale. Non vi erano mezzi per controllare la zona a nord del ponte e le provenienze da Saca e tanto meno per costituire una riserva. Il 19 giugno, contemporaneamente al tentativo di passaggio di truppe britanniche nel settore Didessa nord, formazioni abissine guidate da capi locali infedeli, riuscivano.non viste a guadare il fiume e cercavano di staccare i nostri reparti, schierati sulla riva sinistra, da Bedelle su cui già si . stavano dirigendo altre colonne provenienti dalle zone di Coma e di Saca. Il battaglione cc. nn. ripiegava sopra un'altura a 5 chilometri d~l fiume, lasciando in posto una forte retroguardia. Temendo che le truppe così frazionate nel settore potessero correre il rischio di essere sopraffatte separatamente in minor tempo il comando del gruppo divisioni ordinava di far ripiegare tutti i reparti del Didessa su Bedelle per assicurare, assieme al locale presidio, il possesso di quel nodo stradale almeno fino all'avvenuto ricupero delle truppe tuttora più a sud. Successivamente, le forze così riunite dovevano arretrare dietro il fiume Dabana le cui sponde, alte e ripide e la predisposta interruzione del ponte, avrebbero consentito di attardare la dilagante avanzata nemica e dar tempo all'autocolonna del quartier generale del comando scacchiere, rimasta impantanata presso il Dabana, di proseguire per Bube.
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Il mattino del 20, il comandante la 26a divisione si recava incontro ai propri reparti sul Didessa. Il giorno stesso, orde di ribelli si rovesciavano sul presidio di Bedelle (col. Giaccardi). Difendeva gli accessi del paese un battaglione coloniale appostato sulle alture circostanti l'abitato. Ma il contegno degli ascari, fin dall'avvicinarsi dei primi gruppi di ribelli, lasciava prevedere che poco affidamento poteva farsi sulla loro volontà di combattere, e infatti, rimasti dapprima spettatori passivi si sbandavano poi dandosi alla campagna. I pochi nazionali, assaliti nei locali della residenza, erano costretti alla resa. Non diversa sorte toccava, l'indomani, ad alcune centinaia di superstiti del Medio Didessa che al comando del comandante la divisione marciarono su Bedelle per tentare di sbloccarla e aprirsi poi il varco verso il Dabana O>. Tre giorni dopo, veniva assalita e distrutta a Ciorà (30 chilometri a nord-ovest di Bedelle) un'autocolonna di rifornimenti che il il comando scacchiere aveva avviato verso nord dai magazzini di Gimma. Restava isolato, 50 chilometri a sud di Bedelle, il settore Alto Didessa (presidio di Dembi) che avrebbe dovuto, dopo l'arrivo delle 22a divisione, raccogliersi con questa a Bedelle e raggiungere, con le truppe di quel settore, il fiume Gabà per assumere una nuova dislocazione più raccolta. Ma la la 22a divisione trovavasi ancora al ponte di Cericcò e, caduta Bedelle, venne avviata, come già ricordato, su Gore. (3) Le operazioni sui fronti occidentale e meridionale della zona «Didessa-Dabus» e la fine delle operazioni.
In contrapposto all'intensa attività del settore della 26a divisione, sul fronte della 23 a si ebbero, nello stesso periodo soltanto incursioni aeree nemiche ed azioni di reparti esploranti, effettuate prevalentemente dai nostri per mascherare la reale consistenza delle nostre forze e mantenere vivo (1) Nel periodo 21 aprile-21 giugno 1941 la 26" divisione ebbe complessivamente 1.045 perdite, cosi ripartite: ufficiali: morti 17, feriti 5; nazionali: morti 208, feriti 124; ascari: morti 280, feriti 411.
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in esse lo spirito combattivo. La situazione era però divenuta preoccupante a sud di Dembidollo, in zona Selei-Bure, ove le formazioni abissine, inquadrate da ufficiali inglesi, si erano fatte più aggressive, mentre le nostre bande irregolari diventavano, a mano mano, più infide (schizzo n. 50). Il mattino del 20 giugno, il comandante dello scacchiere, appena giunto a Bube, convocava il comandante del gruppo divisioni. Nel colloquio che ne seguiva, considerato che, sotto la crescente pressione nemica, le poche forze distese lungo l'ampia fronte del gruppo divisioni, correvano il rischio di essere da un momento all'altro frazionate in piccoli noccioli difensivi impossibilitati ad appoggiarsi l'un l'altro veniva deciso di raccogliere tutte le forze ancora disponibili, compresa la 22a divisione al suo arrivo, nella zona Jubdo-Dembidollo che, nella situazione contingente, meglio si prestava a una resistenza fino al limite del possibile (I). Le conseguenti disposizioni esecutive iniziali furono impartite tenendo presente che fulcro dell'intera operazione doveva essere l'arresto del nemico sul fiume Didessa, o su altra posizione intermedia fra Didessa e Ghimbi, da protrarsi fino a quando le truppe provenienti dal Dabus non avessero raggiunto Jubdo o imboccata la mulattiera che da Neggio (I)
Alla data del 20 giugno le truppe della 23 • divisione erano così raggruppate:
- settore Selei-Bure: reparto mitraglieri milizia 'forestale: forza approssimativa, 150 u., due bande del II gruppo bande: forza approssimativa, 350 u., bande locali: forza approssimativa, 400 u.,
- settore Baro -Sonca: squadriglia motociclisti: forza approssimativa, 70 u., CLXXXI battaglione coloniale: forza approssimativa, 700 u., resti III gruppo bande di confine: forza approssimativa, 600 u., una sezione mortai da 81. A nord del settore Baro -Sonca, nella regione del Gara Arba era dislocato in parte il IV gruppo bande;
- settore Dabus-Nilo: XXVIII battaglione coloniale: forza approssimativa, 650 u., due sottogruppi del IV gruppo bande: forza approssimativa, 400 u., una batteria da 65/17. Il LV battaglione coloniale era stato inviato nella zona di Lechenti.
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SCHIZZO N. 50
LE OP.ERAZIONI FINALI NEL GALLA-SIDAMA ZONA DIDESSA-DABUS (Fronte occidentale)
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
porta direttamente a questa località. Ma poiché le condizioni della VII brigata coloniale e del V battaglione M.V.S.N. sul Didessa erano molto precarie, l'arretramento delle truppe dal Dabus doveva avvenire sollecitamente in modo da disimpegnare i reparti impegnati sul Didessa prima che essi potessero esser sopraffatti e prima che le formazioni ribelli, in marcia da Macò, tagliassero la strada Ghimbi-Jubdo. · Importanza fondamentale, nello sviluppo dei vari movimenti, veniva ad acquistare quindi la posizione di Ghimbi della quale bisognava perciò conservare il posse.sso fino a quando non fossero sfilate tutte le truppe provenienti e dal Dabus e dal Didessa. La situazione complessiva nel Galla e Sidama il mattino del 24 giugno veniva rappresentata a Roma dal Comandante Superiore le FF. AA. dell' A.O.I.. In sintesi: «forze ridotte complessivamente a 2.500 nazionali e 5.000 coloniali; Belletà, presidiata da elementi nazionali e coloniali raccogliticci provenienti da altri settori, non ancora seriamente attaccata; a Dembi 500 nazionali e 100 coloniali a contatto con ribelli che si vanno addensando nella zona; reparti e servizi della 231a divisione e residui della 26a in marcia, con ·aut.omezzi e a piedi, lungo le strade che convergono su Jubdo da nord e da est; ribelli, .Penetrati a Bedelle, minacciano il movimento da Bube, dal fiume Gabà e da Mattù; poche truppe di settore, sopraffatte alle sorgenti del Baro, tengono ancora fra Baro e Bure e cercano di concentrarsi a Gore per unirsi alla 22a divisione in marcia da ponte Cericco. Tutte le truppe dovrebbero tendere, per Jubdo, a Dembidollo per alimentarvi la nostra ultima resistenza. Dembidollo, pur reggendo alla pressione da Gambela, è minacciata sul fianco destro da provenienze Mogi, Lagamera e Cobaca. Azzardata appare la speranza che le truppe della zona a nord di Jubdo arrivino in tempo: forti piogge rendono i movimenti lenti e faticosi; aerei nemici seguono le colonne bombardandole e mitragliandole e aggravando le difficoltà del loro vettovagliamento che deve spesso affidarsi a risorse locali».
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Lo stesso giorno 24, una formazione di ribelli occupava Umbi.spingçndosi poi su un costone a circa 6 chilometri ad ovest di Dembidollo. Altri attacchi si manifestarono, il 25 e 26, attorno alla sede del comando truppe del Galla e Sidama sulle direzioni di Lagamera e Gambela. Furono tutti respinti da nostri contrattacchi e la situazione venne ristabilita, ma le infiltrazioni nella zona di Lagamera in direzione est e di Dembidollo minacciavano anche alle spalle i difensori del Bir Bir. · Jubdo era inoltre minacciato anche dalle provenienze da Bube e da Supè sorvegliate da pochi ascari. Queste minacce, unitamente all'imprevisto assottigliarsi delle forze disponibili determinato dall'invio di rinforzi a Dembidollo e a Lagamera, dall'incerto arrivo della 22 a divisione e dalle nuove diserzioni verificatesi fra i coloniali, indussero il comandante del gruppo divisioni a proporre di restringere ulteriormente lo sviluppo complessivo del fronte nord portando la difesa dal Bir Bir su una linea più arretrata (torrente Indina). La proposta venne accettata, il 28 giugno. Nel complesso, le operazioni per raggiungere Jubdo dal Dabus e dal settore Didessa nord si svolsero regolarmente. Le popolazioni si mantennero tranquille. Nessun inconveniente si verificò nella regione attraversata dove i capi locali e masse di indigeni rinnovarono espressioni di fedeltà e dettero ai reparti generi di produzione locale e bestiame. La maggiore difficoltà al movimento derivò invece dalle condizioni delle piste che le piogge avevano reso impraticabili. Nella giornata del 28, quasi tutte le truppe erano affluite a Jubdo e nella zona del Bir Bir che l'aviazione britannica mitragliava ripetutamente. Intanto, il presidio di Dembi, circondato da tre lati e battuto dall'artiglieria e dagli aerei, all'ordine ricevuto, il 22, di sottrarsi all'assedio e di gettarsi su Bedelle, già occupata dal nemico, aveva fatto presente che la mancanza di ogni mezzo di someggio, la poca attitudine dei superstiti alla marcia a piedi e la scarsezza dei viveri, toglievano ogni possibilità di successo ad una eventuale sortita. Esso continuò perciò a difendersi sul posto contro gli attacchi nemici divenuti più
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insistenti dopo l'occupazione di Gimrna fino a che, il giorno 28, ridotto agli estremi per le perdite e la mancanza di rifornimenti, era costretto alla resa. L'indomani, capitolarono gli ufficiali, sottufficiali, e i nazionali che, provenienti dai depositi territoriali della Somalia, di Harar e di Addis Abeba si erano, a mano a mano, raccolti a Belletà. Il 30, il piccolo presidio di Gore, che aveva continuato a resistere nella speranza di essere liberato dalla 22 a divisione, era anche esso costretto a deporre le armi: sul Baro, le bande del II gruppo Uomberà, incaricate di assicurare il possesso dei guadi indispensabile per il recupero della 22 a divisione, si erano battute con bravura in condizioni impari, finché, il 23, abbandonate dagli ultimi elementi delle bande residenziali, non erano state sopraffatte. Alla 22a divisione veniva, nella notte stessa, ordinato di portarsi a Dembidollo. Essa raggiungeva, nelle prime ore del mattino, il torrente Gambar, ma il ponte, le cui travi di sostegno erano state precedentemente segate dagli Abissini e lasciate in equilibrio instabile, cadeva sotto il peso del primo reparto che vi transitava e la corrente travolgeva alcuni dubat, mentre, dall'opposta sponda, si scatenava improvviso il fuoco di fucileria e di armi atomiche. Nella notte, elementi isolati, parte a nuoto e parte sulle traballanti assicelle del ponte interrotto, passavano il torrente e stabilivano, sulla riva destra, un efficiente testa di ponte strenuamente difesa poi, mentre la compagnia genieri artieri dava corso ai lavori di riattamento. Su ponte riattato, la divisione transitava il mattino del 2 e, respinti gli attacchi delle formazioni ribelli, procedeva, il 3, vers<:> il torrente Maghellà (sud-est di Gore) sempre disturbata dai ribelli che tentavano di frazionare la colonna. Ma anche il ponte su questo torrente paludoso era stato interrotto·; la divisione veniva costretta, ancora una volta, a sostare avendo di fronte le ingenti forze ribelli di Gore cui si erano unite formazioni provenienti da altre zone. Esaminata la situazione nostra ed avversaria dopo la caduta di Dembi e di Gore, il comando scacchiere aveva deciso di raccogliere tutte le truppe nella zona circostante
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l'abitato di Dembidollo per organizzarvi una resistenza estrema. Oltre a una difesa di qualche consistenza sul Burta, non era stato possibile, con le forze disponibili (910 nazionali e 870 coloniali, quasi tutti già addetti a comandi e servizi) costituire che una linea di vigilanza attorno al centro abitato. Sul fronte esterno, avente uno sviluppo di circa 100 chilometri, erano a contatto col nemico 155 nazionali e 1980 coloniali. Ma il 2 luglio, mentre lenti e faticosi procedevano i movimenti delle truppe provenienti dal Didessa e dal Dabus, quando i primi reparti della 23 3 divisione, stremati di forze e ridotti di numero, cominciavano ad arrivare, il nemico, riusciva a circondare a Jubdo un forte gruppo di reparti nazionali e coloniali su cui il nostro comando faceva affidamento per organizzare la difesa. I Congolesi attaccavano, lo stesso giorno 2, sul Burta con forte appoggio di artiglieria costringendo i nostri elementi più avanzati a retrocedere; il mattino del 3, riprendevano l'attacco ma venivano contrattaccati e respinti. Verso le 11, il fronte ritornava calmo. Sembrò quello il momento propizio per accettare la proposta di cessazione delle ostilità che il nemico aveva fatto per radio e con manifestini. Il generale Gazzera così tratteggiava, in un radiocifra diretto a Roma, la situazione: «La marcia che ci ha condotto da Gimma al Caffa e dal Dabus a Dembidollo, sta giungendo al suo fatale epilogo precipitato dalla sorpresa di ieri a Jubdo ... Resistenza che da giorni anzi da settimane dava adito a ragionevoli speranze è giunta limite umano estremo ... ». Nel pomeriggio, venivano inviati, quali parlamentari nei pressi del torrente Burta verso Gambela, per trattare col generale belga Gillieart, il capo di gabinetto del Governo Generale (gen. Guasco), il capo di S.M. del Comando Superiore (col. d'Amico) e il commissario di Dembidollo (dott. Lepore). Gli accordi, (I) conclusi la notte sul 4, si estendevano a tutte le truppe dello scacchiere, compresa; (I) Testo delle condizioni di resa, documento n. 144.
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIBNTALE
quindi, la 22 a divisione per la quale si nutrivano le maggiori preoccupazioni. Il 6, alle 8,15, il Comandante Superiore trasmetteva al Comando Supreemo il seguente telegramma: «At momento onori bandiera forze armate Dembidollo sono: ufficiali 276, truppa nazionale 2.360 di cui 950 combattenti, coloniali un migliaio, 18 pezzi con 100 colpi pezzo; 94 armi automatiche con mezza unità di fuoco. Ancora zona Gore resti 22a divisione con 450 nazionali e un migliaio coloniali». Le condizioni per la cessazione delle ostilità vennero comunicate al comandante della 22a divisione (col. Pialorsi) dal comando scacchiere, il mattino del 4 luglio. Il mattino stesso i ribelli attaccavano in forze e sommergevano il reparto che presidiava la testa di ponte costituita sul T. Maghellà. Nel pomeriggio, formazioni regolari delle truppe negussite in divisa investivano tutte le posizioni della divisione. La lotta si protraeva sanguinosa fino alle 18,30 ora in cui l'avversario, fortemente provato, era costretto a ripiegare oltre il torrente. L'attacco veniva rinnovato il 5 ~ il 6, ma non aveva miglior successo. Verso le ore 10 del 6, mentre il nemico rinunciava a persistere nell'azione e gradatamente si andava ritirando, si presentavano alle nostre linee, con bandiera bianca, due nativi recanti una lettera del Comando britannico con la quale veniva data comunicazione dell'intervenuto accordo tra il Comando Superiore delle FF. AA. e il Comando dell'Armata britannica per la immediata cessazione delle ostilità e per la successiva consegna delle armi ai soldati dell'esercito abissino che accerchiavano la divisione. A mezzo degli stessi messi il comandante della 22 a rispondeva che non avrebbe fatto consegnare le armi ad indigeni da noi considerati fuori legge e con i quali non intendeva trattare anche in ottemperanza agli ordini ricevuti dal Co.mando Superiore delle FF. AA .. Il 7, dopo lunghe trattative, si concordava che l'inizio delle operazioni per il ritiro delle armi avrebbe avuto luogo
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presso il comando di divisione, alle ore 11 del giorno 8 alla presenza del delegato britannico e del fitaurari comandante dei reparti abissini materialmente incaricati della raccolta delle armi stesse. Le operazioni di ritiro delle armi venivano iniziate dietro assicurazione dell'imminente arrivo del delegato inglese. Alle ore 13, quando le operazioni stavano per essere ultim~te (il delegato inglese si era fermato sulla vicina altura oltre il torrente) gli Abissini si abbandonavano al più sfrenato saccheggio senza distinzione fra nazionali e coloniali passando per le armi chi tentava di opporsi alla spoliazione. Contro il gruppo bande dubat ormai disarmato un violento fuoco di fucileria e di armi automatiche rivelava, con gli accorgimenti adottati per il massacro, una premeditata volontà di vendetta. Sorpresi dal proditorio attacco, alcuni dubat si rifugiavano nella boscaglia mentre altri accorrevano a riprendere le armi accatastate. Il combattimento fra dubat e abissini si protra~va fino a notte inoltrata, e riprendeva nelle prime ore del 9. Accerchiati e frazionati in numerosi gruppi i dubat continuavano a resistere finché, verso le 10,30, sopraggiungeva un capo indigeno che, fatto cessare il fuoco dagli Abissini, affer-· mando di essere comandante di regolari etiopici, offriva la resa secondo le condizioni già stipulate. I superstiti della divisione, che avevano raggiunto Gore, la sera dell'8, in condizioni di estrema spossatezza fisica, venivano, per scaglioni autotrasportati a Bure e consegnati all'ufficiale belga comandante del reparto congolese di guarnigione O). Le perdite avute nel corso delle operazioni nel Galla e Sidama furono dal Comando scacchiere sud valutate in 286 ufficiali (166 morti, 118 feriti, 2 dispersi), 2 .035 nazionali (l.123 morti, 585 feriti, 327 dispersi) e 19.317 coloniali (7.486 morti, 9.362 feriti e 2.469 dispersi). (I) Perdite subite dalla 22• divisione: ufficiali: 9 morti, 15 feriti, 6 dispersi; nazionali: 9 morti, 5 feriti, 8 dispersi; coloniali: 1. 118 morti più 215 irregolari, 1.132 feriti più 436 irregolari.
CAPITOLO XIX
LE OPERAZIONI NELL'AMARA l. CONTRAZIONE DELLE FORZE E OPERAZIONI PERIFERICHE
DI COLONNE E PRESIDI ISOLATI (schizzo n. 51)
Lo stato di irrequietezza della popolazione dell'Amara nei primi mesi di guerra e l'offensiva de_lle forze regolari inglesi contro l'Eritrea avevano suggerito nell'ottobre 1940 e nel febbraio 1941 (come già ricordato), alcune varianti alle circoscrizioni dei grandi comandi militari <1>. La regione del Goggiam, in particolare, era per la maggior parte in rivolta. I nostri presidi, eccettuato Danghila, Burié e Debra Marcos, che avevano forze sufficienti per affrontare e sostenere qualsiasi scontro coi ribelli, erano praticamente assediati. Le autocolonne rifornimenti anche se scortate venivano di sovente attaccate da formazioni irregolari che, inflitte di sorpresa perdite a volte notevoli, si sottraevano poi al combattimento. Una missione britannica (brig. Sandford) penetrata dopo dure peripezie nel Goggiam attraverso il Sudan, alla fine di settembre vi svolgeva incessante attività, ne sobillava le genti, costituiva «centri operativi» per l'arniolamento di «patrioti» e per l'indirizzo delle loro attività e riforniva i ribelli, che avevano come primo esponente il degiac Mangascià, di armi, munizioni, talleri e telerìe. Il Negus, trasferito dagli Inglesi da Londra a Karthum in attesa di rientrare in territorio etiopico, riceveva capi e notabili abissini, effettuava arruolamenti di fuorusciti, emanava editti e istigava le popolazioni del1' Amara e le truppe al nostro soldo a ribellarsi al Governo italiano. Anche truppe regolari sudanesi, al comando del cotonnello Wingate, agiranno nella regione a partire dal mese di febbraio. Al momento dell'entrata del Negus in Etiopia (Hailè Selassiè attraversò la frontiera il 20 gennaio e giunse sul M. Belaiya il 6 febbraio) (1) Vds. pagg. 155 e 217.
f 426
LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
LE OPERAZIONI NELL'AMARA RIPARTIZIONE MILITARE DEL TERRITORIO AL 5 APRILE 1941 (i)
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AMARA
427 SCHIZZO N . 51
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
il «Foreign Office» formulò la seguente dichiarazione: «Il Governo di S. M. dà il benvenuto al risorgere di uno Stato etiopico indipendente e riconoscerà le rivendicazioni deWimperatore Hailé Selassié al trono. «L'Imperatore ha rappresentato al Governo di S. M. che egli avrà bisogno di assistenza e di guida esteriori. Il Governo di S. M. concorda su questo punto di vista e ritiene che tale assistenza e guida in materia economica e politica potrànno formare oggetto di un accordo internazionale alla conclusione della pace. «Esso riafferma di non avere ambizioni territoriali in Etiopia. Nel frattempo la condotta di operazioni militari da parte delle forze imperiali in alcune località dell'Etiopia richiederà misure temporanee di guida e di controllo». Fino al mese di febbraio da parte nostra erano state effettuate nel Goggiam soltanto azioni a raggio limitato, tendenti a battere il terreno fra un presidio e l'altro, a distruggere piccole formazioni avversarie ed a corroborare soprattutto l'opera di pacificazione che il comandante lo scacchiere andava svolgendo fra la popolazione mediante contatti coi capi. Si ricordano: la parziale distruzione e il totale sbandamento, ad opera del 1° gruppo bande, di una carovana di ribelli ché si recava per rifornimenti nel Sudan (5 agosto 1940); il combattimento sostenuto, durantè la marcia di trasferimento da Gondar a Metemrna, da una colonna della IV brigata coloniale (XXV e LXXVII battaglione) inviata in rinforzo nel settore occidentale del1' Amara (20 settembre); i tentativi di intercettamento della missione Sandford ·effettuati dalla XXII brigata alla fine di agosto e verso la ' metà di ottobre. In relazione alle direttive di f.ine dicembre 1940 del Comando Superiore, chè prescrivevano ai comandi di scacchiere di predisporre, in ciascuna regione, la costituzione di ridotti, il Comando scacchiere nord suggeriva, per il territorio dell'Amara, la organizzazione di un sistema di difesa (già fatto studiare fin dal novembre dal comando truppe Amara) la cui linea esterna, appoggiando l'estrema sinistra ai ciglioni di Blagir-Celgà, volgesse ad oriente per opporsi (al colle Chercher ed a Tucul Dinghià) alle provenienze da Om Ager;
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tagliasse poi la rotabile Gondar-Tacazzé-Asmara, includendo le alture di Amba Ghiorghis, onde controllare le comunicazioni dell'Ermacdò e del Belesa; corresse poi sulla displuviale Dancaz -Ambaciara ripiegando infine ad arco con direzione nord-est sud-ovest, per appoggiarsi alla riva del lago Tana. Questo progetto, di massima e puramente orientativo, prevedeva inoltre una serie di presidì scaglionati lungo la rotabile fino al Tacazzé. Essi dovevano costituire, unitamente a quelli dislocati a nord del fiume sul tronco stradale adducente ad Asmara, un sistema di sicurezza al traffico ed un collegamento tattico fra il ridotto Amara e quello Eritreo. Il progetto dovette però subire sostanziali modificazioni per effetto degli eventi bellici. Nella seconda quindicina di febbraio (la contrazione delle truppe del settore di Gallabat era stata effettuata ai primi del mese), di fronte all'aggravarsi della situazione in Eritrea e in Somalia, il comandante lo scacchiere ovest (Amara), gen. Guglielmo Nasi, disponeva il ripiegamento dei presidì di tutto il Goggiam settentrionale e l'occupazione di determinate località prescelte per far fronte alla minaccia che si profilava, sia dall'esterno su tutto il perimetro dello scacchiere, sia all'interno, a· causa del passaggio alla ribellione, o per quanto meno ad un atteggiamento di diffidente attesa, della quasi totalità dei capi rimasti fino allora a noi favorevoli (1). Ordinava, in particolare, il ripiegamento: del presidio di Uomberà (sul quale, il 1° gennaio, era stato fatto sgombrare il distaccamento di Gubba) nel territorio del Galla e Sidama; dei presidi di (I) Alla data del 22 febbraio 194 1 le forze britanniche sul fronte dell'Amara risultavano al Comando Superiore così dislocate e raggruppate: Zona Metemma-Celgà: I• divisione anglo-sudanese composta da: 11 • brigata indiana (autoportata); 12 • brigata sudanese; I battaglione inglese di riserva; aliquote di artiglieria; mezzi coraz2.ati. Zona di Ghedaref: 3 battaglioni sudanesi; 1 battaglione inglese; 1 gruppo cavalleria «Kordofam>; I banda «Kadugli» sudanese; I banda «Redif» sudanese; 2 compagnie di coloniali francesi; Ili battaglione regolare etiopico. Zona Roseires-Kurmuk: 2 battaglioni indiani; 2 compagnie coloniali francesi; elementi di artiglieria; 2 compagnie di polizia; meai corazzati.
Al riguardo, va notato che la 11 • brigata indiana, della 4' divisione, era già stata trasferita al Settore di Cheren.
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
Danghila, Piccolo Abai e Mescenti su Bahar-Dar e delle truppe di Engiabara su Burié. Le truppe di Uomberà (Il gruppo bande di confine) giungeranno a Neggio (nel Galla e Sidama) il 17 marzo, compiendo lunghe tappe talora in regioni prive ·d'acqua e portando al seguito feriti, viveri e munizioni. Nel Goggiam, a movimenti effettuati, venivano a costituirsi due raggruppamenti di forze mobili coloniali di cui: uno, in regione BaharDar (col. Adriano Torelli), a minaccia dell'avversario che mirasse o a puntare su Gondar, risalendo la sponda occidentale del Tana, o a congiungersi coi dissidenti del Beghemeder, per gettarsi su Debra Tabor; l'altro, in regione Burié (col. Leopoldo Natale), col compito di resistere, appoggiandosi al F. Bir o al Tamcia, ad una avanzata delle forze ribelli su Debra Marcos e lo Scioa. A loro volta, gli armati del Damot si raccoglievano per opporsi ad ulteriori movimenti delle nostre forze da Burié su Debra Marcos, mentre elementi britannici organizzavano la distruzione dei ponti e praticavano interruzioni stradali nella zona. Alla fine di febbraio, con l'aggravarsi della situazione generale e allo scopo di riunire le forze sottraendole al pericolo di essere soverchiate singolarmente, veniva ordinato il ripiegamento delle truppe di Burié su Debra Marcos, previa una sosta a Dembeccià per consentire anche il ripiegamento di quel presidio premuto da forze ribelli e da elementi sudanesi che si erano impossessati del costone immediatamente a nord dell'abitato. Lè truppe di Burié iniziavano, il 4 marzo, la marcia verso Dembeccià, sbloccavano, il 5, i presidi di Mancusà e Giga e giungevano, il 6, à Dembeccià dopo aver sostenuto violenti combattimenti con ingenti forze sudanesi, fuorusciti amara eribelli che lasciavano nelle nostre mani numerosi cammelli c~n rilevante· bottino (1). L'8, la colonna riprendeva il movimento e, l'indomani raggiungeva Dess dove occupava posizioni dominanti a cavallo della strada Baremmà-Debra Marcos a 16 km da quest'ultima località. Il 12, tutte le truppe del settore Goggiam meridionale (Baremmà-Debra Marcos) passavano per l'impiego alle dirette dipendenze del Comando Scioa. (l) Nostre perdite: ufficiali 3 morti e 10 feriti; na7jonali, 2 morti e 6 feriti colonoiali, 121 morti e 201 feriti.
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A partire dal 27 dello stesso mese, le truppe del Goggiam settentrionale (Bahar-Dar, Mescenti) che avevano sostenuto aspri combattimenti ed effettuate ardite ricognizioni.offensive (3, 5, 19, 23 marzo ed altre ne effettueranno il 2 aprile), venivano fatte ripiegare su Gondar per la pista di lfag lungo la riva orientale del Tana perché destinate a prendere là dislocazione per esse prestabilita nel ridotto Amara <1). A nord-ovest dell'abitato, allo scopo di dar prova del nostro appoggio ai paesani della zona a noi sottomessi, era stata, intànto, ·eseguita con successo una puntata offensiva su Mahin Abò sede di emissari inglesi. Tre giorni dopo (30 marzo) perveniva al gen. Nasi il seguente marconigramma del Comandante Superiore FF.AA. dell' A.O.I.: «Situazione scacchiere nord va rapidamente precipitando. Fra due o tre giorni tutta Eritrea sarà in mano nemica. Occorre stabilire un fronte nord che abbia pilastri fondamentali: Ponte di Mai Tim.chet et Amba Alagi. At costituire quest'ultimo provvedo io. Voi, con la forza in posto, con quella che stavate per mandare a Frusci, con quella del settore Tigrai occidentale che Frusci mette at vostra disp_osizione create un pilastro di sinistra. Provvedo at presidiare meglio che posso Dessiè per lasciarvi aperta una via di comunicazione. Da est nemico insegue residui di De Simone che sull'Auasc-non potrà che opporre resistenza di poche ore per cui devesi prevedere imminente occupazione di Addis Abeba. Dopo ciò impero si ridurrà a seguenti punti: Ridotto Amba Alagi, Ridotto Gondar, Galla e Sidama. Presidio Dessiè quando premuto da vicino ripiegherà su di voi per strada Debra Tabor». Lo stesso giorno, il Comando Superiore FF.AA. preavvisava il comando truppe del settore Goggiam meridionale del probabile im-· mediato sgombero del Goggiam la cui occupazione, nel quadro operativo generale, non aveva più ragione di essere. Il gen. Nasi, rispondendo al marconigramma di cui sopra, faceva presente che la posizione dell'Uolchefit, su cùi era g~à stata imbastita la difesa, poteva costituire un formidabile pilastro per sbarrare ai Britannici la strada dal Tacazzè sull'altopiano Amara. (I) Nel periodo febbraio-aprile-1941 queste truppe (XXII brigata coloruale) avevano subito le seguenti perdite: morti 201; feriti 60S.
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Durante il mese di aprile, il traffico coi presidi periferici venne assicurato a costo di duri scontri, sfidando anche le insidie delle mine stradali collocate lungo gli itinerari percorsi dalle nostre colonne. I distaccamenti fra l'Uolchefit e il Tacazzè vennero fatti ripiegare sull'Uolchefit; le truppe di Bahar-Dar affluirono a Gondar; i presidi del Beghemeder a Debra Tabor. Le varie marce furono compiute d.µ.le colonne fra grandi difficoltà, attraverso terreno impervio e privo di risorse. Le insidie dei ribelli, i combattimenti contro reparti regolari britannici, la fame, la sete, le fatiche, la stanchezza, la mancanza di medicinali e di quadrupedi misero a ben dura prova la capacità dei comandanti, la disciplina e lo spirito di sacrificio dei reparti. Col ripiegamento dei presidi avanzati, lo stato di fermento delle popolazioni andò sempre più accentuandosi ed i ribelli, aizzati dalla propaganda inglese, si fecero sempre più audaci. Alcuni dei presidi più lontani, rimasti isolati dopo strenua resistenza, furono, per mancanza di viveri o per esaurimento di munizioni, costretti ad arrendersi. · 1117 aprile, il presidio di Derasghè (Semien) assediato da 13 giorni da un migliaio di ribelli era costretto a cessare la residenza per mancanza di acqua; il 24 dello stesso mese', il presidio di Mota (Goggiam) attaccato da forze regolari inglesi e da ribelli, appoggiati da mortai, era anch'esso costretto alla resa. Più a lungo si protrassero le tormentose vicende delle truppe del Goggiam meridionale (Debra Marcos, Dess) che, in base agli ordini ricevuti dal Comando Superiore, ~vrebbero dovuto raggiungere Dessiè passando: o per Ficcè e Debra Berhan: oppure per Ficcè e Uorra Ilù, nel caso Debra Berhan fosse già in mano nemica. Nel complesso, fra reparti mobili e reparti per la difesa in posto, tali truppe, agli ordini del coL Saverio Maraventano, assommavano a: 2.163 nazionali, 7 .153 coloniali, 5.000 irregolari armati goggiamiti. La marcia ebbe inizio il 4 aprile. Il 7, gli ultimi elementi di retroguardia passarono il Nilo. Il passaggio del fiume non venne disturbato; potè, anzi, essere distrutto il ponte, interrotta la strada e frustrati, l'indomani, i tentativi di passaggio fatti dall'avversario.
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La stessa sera, però, giunse ai nostri notizia che truppe britanniche autotasportate avevano occupato Ficcè catturandone il presidio. A Cuiu, ove la colonna liberò, il 10, un fortino assediato da una settimana, pervennero nuove direttive del Comando Superiore che suggerivano di tentare di raggiungere Dessiè per il Derrà ancora presi-· diato da nostre truppe. Per fronteggiare ogni minaccia da Ficcè venne occupata, tra il 15 e il J6, I,' Amba Sciungurti che, a nord-ovest di tale località, costituiva, per l'asprezza delle sue pareti e il dominio sul terreno circostante, eccellente caposaldo per la protezione del movimento e forte pilastro per una temporanea sistemazione difensiva, sulle alture di Sirè. Contro queste posizioni venne sferrato, il 23, un violento attacco da reparti nigeriani e sudanesi e da contingenti di irregolari. Gli uni e gli altri vennero respinti e ripiegarono in direzione di Ficcè. All'alba del 24, i nostri mossero da Sirè e, nel tardo pomeriggio dopo una marcia di 45 chilometri, raggiunsero Adanacciò, ove furono nuovamente attaccati da formazioni ribelli che, contrattaccate, si sbandarono. Dal 26 al 28, la colonna percorse l'unico aspro sentiero adducente al Derrà. Era intanto caduta Dessiè (26) e con essa era venuta meno la speranza di un rifornimento aereo di munizioni. Il 9 maggio, le truppe, in sosta nel Derrà, vennero messe dal Comando Superiore alle dipendenze del comandante il settore ovest di Dessiè che, con bande di paesani armati, tentava di organizzare una difesa nella zona di Magdala. Il comando settore ovest di Dessiè che, già il 6, aveva richiesto alla colonna l'invio di due battaglioni alleggeriti a Tanta per liberarne il presidio assediato da tempo e renderne possibile il ripiegamento su Agibar, nel comunicare che l'estrema difesa delle truppe alle sue dipendenze sarebbe stata fatta nell'Uorroi Manot, aggiungeva ritenere urgente il trasferimento di tutta la colonna nel Borana e Amara Saint. Due battaglioni coloniali alleg~eriti si portarono la notte sul 10 a Debrè Sina di Borenà, ma ivi giunti, gli ascari dichiararono che senza le loro famiglie, rimaste nel Derrà, non avrebbero proseguito.
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Il 12 e 13 maggio, nel settore ovest di Dessiè caddero i presidi di Lalibelà e Muggia; il 14, fu sopraffatto il presidio di Uorro Ilù; l'indomani i componenti il presidio di Daont furono uccisi o catturati in un tentativo di sortita effettuato di notte. Il 16, gli attacchi contro Tantà ripresero più violenti. Il 17, dopo due giorni di combattimenti, Agibar cedeva a soverchianti forze ribelli. Lo stesso giorno il presidio alle sorgenti dell'acqua di Tantà veniva annientato. Il 19, il col. A.O. Anderson dava notizia della propria situazione ormai disperata. Il 20, esaurite le munizioni, era costretto ad arrendersi in Tantà (Magdala). La colonna Maraventano intanto aveva raggiunto, nella notte sul 18, il pianoro di Ciacatà; all'alba del giorno successivo, veniva attaccata da ingenti forze sudanesi e patriote, agli ordini del colonnello O. C. Wingate, che falciate dalle nostre armi automatiche, non insistevano però nell'attacco. Il 20, la colorina proseguiva verso il Borenà per congiungersi coi battaglioni già in posto. Dopo favorevoli combattimenti di avanguardia attaccava, a sua volta, e con successo, ribelli e reparti sudanesi costringendoli ad abbandonare la regione e il fortino di Uoggidi e inseguendoli all'arma bianca mentre i battaglioni distaccati nel Borenà li premevano da nord. Il successo aveva però causato un pauroso consumo di munizioni di tutte le armi sicché, a sera, il comandante la colonna sintetizzava la propria situazione al comandante lo scacchiere Amara («quasi esauriti viveri e munizioni... circa 500 ammalati e feriti barellati; ... uomini debilitati anche per denutrizione ... ») e ne otteneva autorizzazione a decidere secondo coscienza e tradizione. Il 23, la colonna si arrendeva, in Uoggidi, al Comando ìnglese con l'onore delle armi. Erano 1.000 nazionali (32 borghesi); 5.000 coloniali; 3.500 donne e bambini, mogli e figli, di ascari. Le perdite sofferte dalla colonna nel ciclo di operazioni, iniziato il 4 aprile a Debra Marcos, assommarono a oltre 1.200 O>. Il Negus entrò in Debra Marcos il 6 aprile e vi rimase, protetto dalla «Gideon Force» fino al 28. Venne quindi accompagnato ad Ad. dis Abeba ove fece la sua apparizione il 5 maggio. (1) 2 ufficiali morti e 8 feriti, 8 nazionali morti e 27 feriti, 302 coloniali morti e 864 feriti.
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2. ORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA DIFENSIVO DELL'AMARA (schizzo n. 52)
Mentre si s·volgevano tali avvenimenti, venivano attuate le disposizioni emanate dal gen. Nasi per la riorganizzazione delle forze in base alla nuova situazione con lo scopo di «durare» il più a lungo possibile. Con le truppe in posto e co,n quelle dei presidì periferici, che erano riuscite a ripiegare, il sistema difensivo dell'Amara, nell'aprile 1941, poteva disporre di circa 17.000 nazionali e 23.000 coloniali (1). L'organizzazione militare del territorio poggiava sui seguenti ridotti: due ridotti staccati con funzione ritardatrice e precisamente: • ridotto di Uolchefit-Debarech (ten. col. Mario Gonella) (a 110 chilometri a nord-est di Gondar), sbarrava le provenienze dal Tacazzè ed era presidiato da circa 5.000 uomini, servizi compresi <2). Il ridotto non aveva cintura reticolata, ma le alture dell' Uolchefit (impervio complesso montano a fianchi scoscesi strapiombanti nel sottostante pianoro di Debivar) costituivano un serio ostacolo per chi, da nord, puntasse su Gondar. Nel ridotto erano state fatte affluire le truppe dei soppressi presidì di Amba Madre, Adi Areai, Zerima, Arco di Trionfo e Debivar. Una interruzione, di oltre 70 metri di ampiezza, controllata e battuta dal fuoco delle armi automatiche della difesa, era stata praticata sui tornanti della rotabile lungo i costoni dirupati dell'altura; • ridotto di Debra Tabor (col. Ignazio Angelini) (a 160 chilometri a sud-est di (fondar); sbarrava la strada Dessiè-Gondar ed era presidiato da circa 6.000 uomini O). Il ridotto aveva una cinta reticolata di circa 7 chilometri di sviluppo. La posizione non era però naturalmente forte; era stata scelta, a suo tempo con criterio più politico che militare. Un primo progetto che prevedeva (1) Costituiti in 12 battaglioni nazionali, 15 battaglioni coloniali o gruppi bande, 3 squadroni, 4 batterie someggiate coloniali, 3 sezioru contraeree (6 mitragliere da 20 mm.), 16 batterie da posizione. Due soli aerei (I CR42 ed I CR32). (2) 2 battaglioni cc. nn., 2 gruppi bande, 7 cannoni, I sezione di due mitragliere da 20 mm., 4 mortai da 81 mm., 12 mitragliatrici oltre quelle in organico ai reparti. (3) 3 battaglioni cc. nn. , I battaglione coloniale, I gruppo bande, 6 cannoni, 2 mortai da 81 mm ..
L6. Le Operazioni in Africa Orientale - Voi. I
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SCHIZZO N. 52
ORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA DIFENSIVO DELL'AMARA
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l'occupazione del ciglione di Debra Zebit e della stretta di Ne Fas Macha-Ciò-Ciò-Ciò (50 chilometri ad oriente di Debra Tabor) era stato scartato per l'impossibilità di eseguire, per mancanza di tempo e deficienza di mano d'opera, i necessari lavori difensivi; -
la piazza di Gondar-Azozò, che costituiva il ridotto centrale, disponeva di due capisaldi interni cinti da reticolato (Gondar e Azozò) (col. Fortunato Martinelli) e dei seguenti capisaldi esterni (in un raggio variabile da 20 a 60 chilometri da Gondar) destinati a sbarrare le rotabili: • Blagir-Celgà (ten. col. Domenico Miranda), a sbarramento delle provenienze dall'ErIIl:acciò e dal Tenchiel; appoggiato ai dirupi del ciglione dell'altopiano; saldo, nel suo complesso, per natura del terreno e dosamento di forze e di mezzi; • Tucul-Dinghià (ten. col. Riccardo Casalone), a sbarramento delle provenìenze dall'Uolcait e da Om Ager; costituito da un complesso di opere rafforzate da interruzioni, fossi anticarro e campi minati; • Ualag (col. Alberto Polverini), a sbarramento delle provenienze dal Tacazzè (caduto che fosse l'Uolchefit). Il caposaldo includeva i monti Gianahoi e Sainà e, in un secondo tempo, le posizioni di M. Ambessò e M. Darhò; • Culquaber-Fercaber (ten. col. Augusto Ugolini), a sbarramento delle provenienze da Debra Tabor. Gli apprestamenti difensivi si appoggiavano alle alture sviluppantisi ad arco dal massiccio del Denghel alla riva nord-orientale del lago Tana. La forza del ridotto centrale era di 30.000 uomini circa O).
Una celere avanzata del nemico lungo le vie di penetrazione nell' Amara era stata resa materialmente difficile. La massa inglese che, subito dopo la conquista di Asmara, aveva puntato al Tacazzè con obiettivo Gondar era stata, infatti, fermata per molto tempo ai piedi dell'Uolchefit; la strada di Debra Tabor era ancora sbarrata dalla resistenza delle truppe di Dessiè; sulla direttrice di Gallabat facevano buona guardia i battaglioni di Celgà. (I) 7 battaglioni nazionali, 6 battaglioni coloniali, 13 batterie, 2 sezioni contraeree (4 mitragliere da 20 mm.); nei pressi di Gondar era inoltre dislocata la riserva generale di 5 battaglioni coloniali e gruppi bande.
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LE OPERAZJONI IN Af RfCA ORIENTALE
Mentre si organizzavano febbrilmente le posizioni difensive stabilite e si provvedeva, nei limiti consentiti dai mezzi e dal tempo disponibili, ad attrezzare logisticamente i capisaldi staccati dal centro, anche il nemico accelerava ed intensificava i suoi preparativi di attacco in modo da poter travolgere le nostre forze prima ancora ch'esse potessero consolidarsi sulle nuove posizioni. Erano in favore del nemico: il prestigio acquisito sulle popolazioni indigene in seguito ai successi già riportati, ed il collasso morale che minacciava molti dei nostri reparti coloniali e specialmente quelli di recente costituzione. Mentre un successo nemico, su un qualsiasi punto della fronte del ridotto, avrebbe presumibilmente provocato il tracollo della nostra residenza visto che i coloniali rappresentavano i due terzi delle nostre forze nell'Amara; un insuccesso, inflitto ai Britannici, avrebbe invece galvanizzati gli animi e rese le truppe capaci di ulteriori sforzi. Su quest'ultima possibilità faceva affidamento il gen. Nasi. E quando, il 24 aprile, in vista della «situazione generale e delle possibilità avvenire».., conseguenti alla capitolazione greca e alla rioccupazione della Cirenaica, il Comando Superiore gli richiese di far conoscere se potesse concorrere, con parte delle truppe gondarine, alla riconquista di Asmara e di Addis Abeba (svolgendo azione decisiva nella prima operazione e preponderante nella seconda) e di precisare, nell'affermativa, le direzioni, le forze e i tempi, egli rispose che era pronto ad operare in qualsiasi direzione, con 10 battaglioni coloniali, 2 o 3 battaglioni cc. nn. autocarrati, artiglieria, genio e autocolonna logistica, con preavviso di 7-8 giorni indispensabili per ripiegare i ridotti esterni di Celgà e Tucul Dinghià e costituire la colonna operante. · Ma il 26, Dessiè, attraverso la quale avrebbero dovµto transitare le truppe per agire su Addis Abeba, era costretta alla resa e la progettata operazione cadeva con essa.
3. PROVVEDIMENTI ATTUATI IN CAMPO LOGISTICO PER POTENZIARE LA RESISTENZA DEL RIDOTTO
La resistenza del sistema difensivo Amara, nel periodo luglionovembre 1941, non sarebbe stata possibile senza le tempestive misure adottate per protrarne le autonomie in campo logistico al di là
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del limite massimo previsto (prima quindicina di giugno); per questo motivo, prima di narrare le vicende della lotta attorno all'ultimo ridotto italiano in Africa Orientale, si ritiene opportuno fare un breve cenno delle varie previdenze attuate. Ai fini della difesa fu, anche, di gran vantaggio il tempestivo sgombero su Asmara dei civili (donne, bambini e invalidi). In campo logistico, svolse particolare attività il gen. Agostino Martini addetto al comando delle truppe. Con la perdita dell'Eritrea e di Addis Abeba venne a mancare in Gondar il periodico afflusso di viveri e materiali, via Dessiè o via Asmara. Il ridotto dell'Amara dovette fare assegnamento sulle proprie scorte e sulle eventuali possibilità di sfruttamento delle risorse locali. Proibite le incette forzate e le razzie, anche perché avrebbero provocato l'imboscamento delle derrate e dei materiali e l'esodo del bestiame e delle popolazioni, e prescritto il sistema degli acquisti ai prezzi correnti, il problema monetario si appalesò in tutta la sua gravità. La valuta dell' A.O.I., già da tempo deprezzata dai nativi, era ormai rifiutata dai più in commercio. Fu richiesta altra moneta che giunse dall'Italia, ma commisurata alle possibilità di carico di un apparecchio che, con intervalli di venti giorni tra un viaggio e l'altro, trasportò valuta cartacea, aliquote di talleri e materiali vari (medicinali in specie). Solo nei mesi di settembre e ottobre però, la carta moneta, a corso normale, potè sostituire in parte quella <<A.O.I.» ed essere esitata in luogo del tallero O). Dal Governo Generale (Gimma) pervennero, nel giugno, alcune migliaia di talleri e 67 chilogrammi di oro in blocchetti, ma questi ultimi risultarono difficilmente permutabili. Per superare la crisi derivante dalla non accettazione della valuta locale fu giocoforza procedere alla vendita di merci ed oggetti già dichiarati fuori uso o esuberanti alle esigenze normali: furono messi in vendita letti, lamiere, indumenti e financo fucili. Per provvedere, utilizzando rottami e materiale fuori uso, alla fabbricazione di parti di ricambio per artiglierie ed armi portatili, (I) Il tallero in taluni periodi aveva raggiunto il prezzo unitario di 320 lire.
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furono impiantati nuovi laboratori e ampliati e perfezionati quelli già esistenti; si ripristinarono le armi di preda bellica e si fabbricarono elementi per colpi di mortaio da 81; alcuni legnami furono impieg::iti alla costruzione di calci per fucili mitragliatori e di casse per fucili; per supplire alla deficienza di carburante si impiegarono, nei servizi di carattere interno (rifornimenti idrici, trasporto derrate, munizioni e materiali vari), veicoli a trazione animale in luogo di automezzi: assali e gomme d'auto fuori uso agevolarono l'allestimento del carreggio occorrente; con tessuto d'agave si crearono finimenti e taschette per biada, mentre la tela di agave a trama fitta fu impit:gata per la fabbricazione di secchielli e di ghirbe e ghirbette someggiabili. Sei «Caterpillars», non altrimenti utilizzabili, divennero altrettanti carri armati, con corazzatura di foglie di balestra, resistenti ai colpi di fucileria e mitragliatrici; un 634 fu trasformato in autoblindo gigante, armato di 13 mitragliatrici fra leggere e pesanti. Il servizio genio attese a numerosi lavori stradali e di manutenzione; a interruzioni ed ostruzioni sulle linee di comunicazioni; a costruzioni varie; ad apprestamenti difensivi (fortini, trincee, fossi anticarro, postazioni, campi minati, lavori protettivi per l'aeronautica, ricoveri antiaerei, sistemazione di comandi, scavi in caverne per decentramento munizioni e vettovaglie). Regolò le erogazioni idriche ed il servizio lacuale sul Tana; fabbricò e riparò attrezzi pesanti e leggeri; creò gassogeni a mano per stazioni ottiche; costruì, con rottami, corazze protettive; allestì bagni per truppa; utilizzò i fusti vuoti trasformandoli in forni occasionali o li spianò in lamiere per coperture; fabbricò mine a strappo, lanciafiamme, triboli ; rigenerò pile; organizzò un accurato servizio trasmissioni col concorso, anche, del reparto radio della Marina. In campo sanitario una apposita sezione ricuperi, provvista di vasche di lavaggio e di apparecchi di sterilizzazione, consentì il ripetuto reimpiego di materiale di medicazione che, in tempi normali, sarebbe stato eliminato dopo l'uso; le limitate capacità di ricovero vennero moltiplicate mediante allestimento di nuovi padiglioni e baracche; fu ripristinato e costruito materiale lettereccio, attrezzature per formazioni sanitarie campali e convalescenziari; furono create unità ospedaliere suppletive, specie per militari indigeni (i posti letto furono
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elevati a 1.200 per nazionali e 3.000 per coloniali); furono costituiti nuclei someggiati e uno speciale nucleo chirurgico autocarrato per le esigenze di pronto intervento in prossimitĂ delle linee avanzate; si impiantarono lavanderie e sezioni per il ripristino e la riparazione del materiale deteriorato (letti, barelle, ecc.); furono create squadre di disinfezione e disinfestazione; alla scarsezza di alcool disinfettante si provvide con benzina depurata, mediante speciale processo chimico. I margini di tempo previsti per la massima durata delle scorte alimentari furono protratti di circa sei mesi adottando il piĂš parsimonioso e diligente impiego di ogni derrata utilizzabile: la razione viveri giornaliera fu ridotta del 20-30%; la macinazione dei cereali fu effettuata nei ridotti esterni, ricorrendo a mezzi di ripiego; all'abburattamento delle farine si provvide con vagli di circostanza costruiti in sito; la farina di grano, semp.re piĂš scarsa per la panificazione, fu gradualmente sostituita con quella di ceci e cereali vari (l'aliquota della farina di frumento, negli ultimi tempi, era inferiore al 10% del peso globale della razione di pane); quando possibile, con .miscele di vari tipi di farina, si fabbricarono paste alimentari; per condimento si impiegarono olii di semi e grassi vari; furono costituite adeguate scorte di bestiame, che vennero periodicamente smistate sui vari capisaldi anche per sottrarle ai pericoli degli intensi bombardamenti aerei; si impiantarono orti ed allevamenti di suini; si organizzarono squadre di specialisti che costruirono reti ed attrezzi per la pesca nel lago Tana; alla deficienza di carne bovina si provvide, in determinati periodi, con la macellazione di cavalli e muletti gravemente fiaccati. Per fronteggiare le gravi deficienze in fatto di vestiario ed equipaggiamento si escogitarono ogni sorta di adattamenti, ripieghi, trasformazioni ed utilizzazioni: furono confezionati circa 50.000 capi di corredo fra guibbe e pantaloni (4.000 federe di tela di canapa furono trasformate in 6.000 giubbe); 10.000 coperte furono ricavate da quelle fuori uso; 12.000 pagliericci impermeabilizzati con sali di alluminio (ottenuti da rottami di gavette, tazze e bidoni) sostituirono altrettanti teli da tenda mancanti; con cravatte bianche cucite fra loro si confezionarono mutande; dalle cravatte kaki si trassero berretti a busta e fettucce per le fasce gambiere ricavate da mantelline fuori uso; copertoni impermeabili, tende Roma, tendoni vari deteriorati
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furono impiegati per la costruzione di tende tipo Moretti; bournus inutilizzabili vennero trasformati in mantelline; con le coperture di gomma, non più impiegabili dagli automezzi, si ripararono 5.000 paia di scarpe e si fabbricarono 2.000 paia di sandali di vario tipo per militari coloniali; dai gambali per ciclisti si ricavarono tomaie per calzature; con mezzi di circostanza fu creata una conceria per trattare le pelli provenienti dalla macellazione; la cenere lisciviata della panificazione ed i grassi animali misti ad olio di ricino bruciato si utilizzarono per fabbricare il sapone; la milizia forestale, impiegando squadre specializzate, fornì il quantitativo di legna e di carbone necessario al fabbisogno mensile. La forte penuria di quadrupedi, falcidiati dallo infierire della peste equina e dalle morìe dovute agli sforzi ed allo sfinimento per denutrizione, richiese opportune provvidenze ed assidue cure. Rigorose misure di immunizzazione dovettero essere praticate prima dell'assegnazione ai reparti in linea dei quadrupedi provenienti da zone infette. Con l'acquisto dal commercio locale di 2.000 soggetti, fra muletti abissini ed asinelli, si supplì, in parte, alle deficienze quantitative; presso le infermerie si recuperarono 2.500 quadrupedi: 1.500 vennero distribuiti ai reparti, gli altri 1.000, inguaribili, furono destinati alla macellazione. Le riparazioni ed i ripristini degli automezzi dovettero essere necessariamente limitati per la mancanza dei materiali occorrenti. L'unica officina esistente in Gondar trasformò alcune auto speciali in tipi di normale impiego da adibirsi al trasporto di derrate e materiali; costruì motori a scoppio per automezzi a nafta, cassoni e gassogeni per autocarri ed autovetture, attrezzature pçr trasporti quadrupedi, e veicoli a trazione animale; utilizzò balestre e telai, traendoli dai rottami e dai pezzi fuori uso; con elementi in bronzo ed alluminio fabbricò boccole, anelli, bronzine e giunti. In materia di carburanti, le autonomie poterono essere prolungate di circa 8 mesi coi più svariati ripieghi: 4.000 quintali di essenze furono ricavati da miscele di benzina, gasolio, petrolio, olii lubrificanti, liquidi lanciafiamme, carbolineum e grassi in proporzioni varie. Un certo quantitativo di benzina per disinfezione e di olio speciale fluido minerale fu anche preparato per la lubrificazione delle
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armi automatiche. In complesso, i risultati ottenuti superarono in questo campo ç>gni ottimistica previsione. 4. LE FORZE AVVERSARIE
Dopo la caduta dell'Amba Alagi, anche la 5a divisione angloindiana era stata avviata al Nord Africa, seguendo la 4a divisione e la 1a divisione sudafricana. Rimanevano in Etiopia solo la 11 a e la 12a divisione af~icane, oltry ad unità sudanesi e ad altre numerose di vario genere; anche le forze aeree nel Teatro venivano notevolmente ridotte. Ma, come si è detto, la diminuzione delle forze britanniche era compensata da una larga espansione delle forze regolari ed irregolari etiopiche, e dalla partecipazione di locali all'assalto dei nostri presidf, in vista di qualche bottino. I tentativi di penetrare le nostre difese nel!' Amara nei mesi di maggio e di giugno furono condotti, pertanto, con forze prevalentemente costituite da indigeni; ai primi di luglio si verificava la resa di Debra Tabor dopo due mesi di blocco; successivamente le operazioni britanniche venivano ostacolate dalla stagione delle piogge. Le operazioni contro il ridotto di Gondar saranno riprese, nel settembre, da parte della 12a divisione africana (gen. Fowkes), che portava la 25 a brigata est africana ad attaccare il nostro presidio di Uolchefit e poi a partecipare da nord all'attacco del .ridotto di Gondar, mentre la 26a brigata est africana avrebbe attaccato da sud provenendo da Dessiè e Debra Tabor. La 25 a brigata veniva rinforzata con unità di artiglierie e di carri, provenienti da nord sulla rotabile Asmara-Gondar e portate anche a sud della Piazza aggirandone le difese con l'utilizzazione di viabilità minore. L'entità e la composizione delle forze britanniche ebbero a variare notevolmente nel tempo; altrettanto dovevano farlo anche, ed in ancora maggior misura, quelle delle formazioni etiopiche; furono respinte fino a che non fu loro possibile disporre di una larga superiorità di artiglierie e di mezzi corazzati, oltre che di un supporto aereo senza opposizione.
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
5. L'ATTACCO AVVERSARIO AL SISTEMA DIFENSIVO DELL' AMARA
a.
L'AITACCO AL CAPOSALDO DI CELGA.
Sul fronte Celgà-Blagir, nostre ricognizioni offensive avevano ricacciato, in febbraio e in aprile, nel basso Tenchiel, formazioni ribelli che tentavano di penetrare nel territorio del Dembea sotto il nostro controllo <1>. L'alba del 17 maggio, forze britanniche occupavano con azione di sorpresa la posizione avanzata di Anguavà, presidiata dal XXVII battaglione coloniale e dalla 7a batteria someggiata; caduti i Comandanti, parte del presidio veniva fatta prigioniera. L'indomani il nemico riprendeva l'azione e tentava di aggirare la destra del nostro schieramento, mentre teneva sotto il tiro di artiglieria l'ala sinistra (Blagir). Il LXVIII battaglione, quivi schierato, fu costretto ad arretrare, con gravi perdite, verso il fortino di Celgà presidiato dall'LXXXVI battaglione della IV brigata coloniale. Ma il successo nemico fu di breve durata; nella giornata stessa il I gruppo bande di confine, (Cap. Braca), sopraggiunto autocarrato nella notte da Amba Ghiorghis a 50 km. di distanza, contrattaccava e di slancio respingeva le forze avversarie sulle posizioni di Anguavà. Il successivo giorno 19 il I gruppo bande attaccava nuovamente e riconquistava le posizioni di Anguavà perdute il 17, subendo peraltro perdite sensibili. Alla sua azione concorrevano anche, sulla destra, unità della XXII brg.col. (col. Torelli) della riserva generale, accorsa anch'essa nel pomeriggio del 18. Ad oltre 900 assommarono le perdite dei nostri nelle tre giornate di combattimento <2>. Dopo questa azione il nemico non tenterà più di forzare il nostro schieramento in corrispondenza del caposaldo di Celgà fino al termine delle operazioni in A.O .. (I) Le ricognizioni ebbero luogo nei giorni 17 febbraio, 9-11 aprile e 21-23 aprile. Le perdite complessive sommarono a 23 coloniali morti e 87 feriti.
(2) Morti: ufficiali 12, sottufficiali 2, coloniali 268; feriti : ufficiali 7, coloniali 327; di spersi: ufficiali 6, sottufficiali 2, coloniali 284.
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La situazione dell'Amara in questi giorni, al momento della resa dell'Amba Alagi, veniva sintetizzata dal Gen. Nasi al Gen. Gazzera, quale nuovo Comandante Superiore in A.O.I., con un foglio del 22 maggio <1>, che indicava una autonomia in viveri e carburanti fino a metà luglio. Le prospettive di resistenza erano dipendenti essenzialmente dalla possibilità di garantire ancora a lungo, in quelle condizioni, la fedeltà delle tmità coloniali. b. LA CADUTA DEL RIDOTTO DI DEBRA TABOR.
La caduta di Dessiè (26 aprile) aprì al nemico la rotabile per Debra Tabor. La pre~sione si accentuò, quindi anche contro questo ridotto. Essa fu esercitata, in primo tempo, esclusivamente da formazioni ribélli inquadrate da Inglesi. Verso la seconda decade di aprile, il presidio poteva ormai considerarsi isolato senza possibilità di aiuti esterni. Cominciò, così, un assedio a largo raggio che, con l'affluire di nuove forze nemiche, andò sempre più restringendosi. Il 15 maggio formazioni di ribelli guidate da ufficiali britannici attuarono un primo attacco contro le posizioni avanzate del ridotto; furono respinte, ma la resistenza del presidio ne risultò minata per lo scarseggiare delle munizioni, per la difficile situazione alimentare e soprattutto perché i graduati indigeni segnalarono che gli ascari, convinti che la nostra resistenza non avrebbe potuto durare a lungo, desideravano tornare alle loro case per non esporsi alle vendette dei ribelli che, in numero di circa 8.000, erano dislocati a cavaliere della rotabile ad est e ad ovest del paese. Il progetto di far ripiegare le unità del presidio di Debra Tabor sulle retrostanti posizioni di Culquaber-Fercaber (sconsigliato dallo stesso comandante) fu scartato dopo accurato esame delle conseguenze ch'esso avrebbe determinato. Il 27 giugno, l'avversario rinnovava l'attacco col concorso dell'aviazione; veniva respinto e contrattaccato; né migliore successo avevano altri tentativi effettuati nei giorni seguenti. (I) F. 1605530/0p. del 22.5.1941, documento n. 145.
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LE OPERAZIONI IN !\FRIC!\ ORIENTALE
Ma il 1° luglio, mentre mezzi meccanizzati britannici e formazioni scioane serravano più dappresso la difesa del ridotto , la crisi morale sì accentuò per l'atteggiamento quasi generale delle truppe coloniali orientate verso la resa o la diserzione. Per misura precauzionale, i più infidi dovettero essere disarmati, l'esperienza avendo dimostrato che i disertori e i congedati, se armati, venivano obbligati dai ribelli ad aumentare le loro file e a combattere contro di noi. Di fronte a tale situazione, l'indomani, il comandante del caposaldo decise di accetta.re la resa proposta dal Comando britannico. Con la caduta di Debra Tabor (6 luglio), la via verso il ridotto centrale era aperta da sud-est e da .est. Il caposaldo di Culquaber assumeva le funzioni ritardatrici già affidate a Debra Tabor. C.
LA
P RO LUNGATA RESISTENZA DEL RIDOTTO DI UOLCHEFIT-DE-
BARECH .
Il 2 aprile, fu deciso il già ricordato ripiegamento sull'Uolchefit dei presidi dell'A mara a nord di tale posizione. Le operazioni rel.ative ebbero termine il 7 col ritiro del presidio di Debivar. Furono quindi fatte saltare le interruzioni stradali predisposte in corrispondenza dei ripidi tornanti sulla pa,rete settentrionale di quel massiccio. Nei giorni 10-12 aprile, a causa della defezione di ras Haialeu Burrù che aveva giurisdizione sulla regione e che, trasferitosi da Gondar a Dabat, divenne subito dopo il principale esponente della ribellione in tutto il territorio non più direttamente controllato da noi, il collegamento fra Gondar e Uolchefit si fece assai difficile. In zona Dabat, nelle giornàte del 12 e 13, ebbero luogo vivaci scontri per ricacciare le formazioni ribelli che avevano messo piede sull'altopiano (1). Il gen. Nasi, dopo aver provveduto a rafforzare la difesa del ridotto di Uolchefit e a fornirlo quanto più possibile di viveri, ordinò il ripiegamento su Gondar delle forze dislocate fra Uolchefit e l'antica capitale dell'Abissinia. Con quelle forze ripiegò (l) Nostre perdite: 2 ufficiali, 5 nazionali e 14 coloniali morti: 6 ufficiali, 6 nazionali e 65 coloniali feriti.
A~'li\R A
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anche l'ente agricolo «Romagna d'Etiopia», che tanto proficuamente doveva poi contribuire a prolungare l'autonomia logistica del Gondarino. Il 18 aprile, l'organizzazione del ridotto poteva considerarsi compiuta, ma già il baluardo dell'Uolchefit aveva arrestato gli elementi meccanizzati che i Britannici, presa Asmara, avevano lanciato sulla rotabile adducente a Gondar non appena ripristinate le interruzioni a nord e a sud del Tacazzè. Il nemico, nell'impossibilità di superare il baluardo, si sistemò nell'antistante zona di Debivar, da dove con le artiglierie iniziò un quotidiano bombardamento delle nostre posizioni. Reagirono i nostri col fuoco, ma con oculata parsimonia per non esaurire le scorte di munizioni, e, più efficacemente, con ardite puntate ché dettero al presidio largo respiro e gli consentirono di procacciarsi viveri. Fra i numerosi combattimenti, sostenuti in questo primo periodo della resistenza, sono da ricordare quelli svolti nella zona di passo Ciank, il 28 e il 29 maggio, nel corso dei quali i ribelli, riusciti a conquistare il villaggio di Debarech, ne furono ricacciati con notevoli perdite. Il distaccamento di passo Ciank veniva poi ripiegato sulle linee di resistenza dell'Uolchefit. Ma se l'offesa nemica, i disagi, i sacrifici e le fatiche non riuscirono ad incrinare la compagine materiale e morale dei difensori dell'Uolchefit, cominciò a farsi sentire su alcuni reparti di colore l'influenza deleteria della propaganda avversaria che, favorita dall'isolamento del ridotto ed avvalorata dai successi riportati dal nemico in altri settori dell'Impero, minò gradualmente la coesione dei coloniali. Si cominciarono, così, a verificare diserzioni, mentre forti blocchi di ascari delle bande richiesero di esser lasciati liberi di tornare alle loro case. Questo stato di animo avrebbe potuto avere assai gravi conseguenze per la difesa, se non fosse stato arginato dall'efficace opera di persuasione svolta dal comandante del ridotto e dai quadri. Una prova dell'ottenuta rigenerazione degli spiriti si ebbe, dopo una fallita irruzione avversaria (17 giugno), nell' azione svolta, il 22, da due compagnie cc. nn. e da due gruppi bande, in uno dei quali si era maggiormente manifestata la crisi morale.
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
L'azione fu sferrata dai nostri contro una posizione difesa da circa 1.500 armati agli ordini del ras Haialeu Burrù. Le formazioni ribelli furono sbaragliate e volte in fuga. Il Ras, ferito, fu catturato, e fu fatto largo bottino di armi. Il nemico lasciò sul terreno numerosi morti tra i quali anche il figlio del Ras (I). Il brillante successo ebbe immediate favorevoli ripercussioni nell'atteggiamento delle popolazioni indigene del territorio circostante e determinò una battuta d'arresto nelle operazioni offensive dell'avversario. Gli Inglesi fecero affluire nella regione, lungo la rotabile Asmara-Adua-Gondar, percorribile in qualsiasi stagione, altre artiglierie e reparti regolari che si schierarono nella zona di passo Ciank. Le formazioni ribelli, passate al comando di un degiac, limitarono per qualche tempo la loro attività al solo blocco dei rifornimenti, facendo allontanare dalla zona il bestiame ed attuando rappresaglie ai danni dei paesani che tentavano di fornire derrate al nostro ridotto. Contro i ribelli il comandante dell'Uolchefit effettuò una puntata offensiva il 13 luglio che valse ad infliggere loro gravi perdite e a catturare bestiame e cereali. Il giorno successivo, con azione di sorpresa, il gruppo bande altopiano decimò il reparto britannico che presidiava passo Ciank. Il morale però delle truppe coloniali aveva bisogno di essere continuamente sorvegliato e stimolato. Occoreva reagire alle molte cause di abbattimento e la reazione più efficace non poteva che ricercarsi nella decisa aggressività dei reparti nazionali. Perciò il 1° agosto, una colonna di 700 cc. nn., con aliquote delle altre armi e solo una piccola rappresentanza di coloniali al comando dello stesso comandante del ridotto, attaccava le posizioni nemiche di Giramba Zuriè. Constatata, nel corso del combattimento, la superiorità delle forze avversarie e respinto un contrattacco sul fianco, i nostri tornarono sulle posizioni di partenza: l'esempio e il successo valsero ancora una volta a tonificare la saldezza dei reparti coloniali <2>. (1) Nostre perdite: 2 ufficiali e 1 sottufficiale feriti; 14 morti e 102 feriti coloniali. Il nemico lasciò 336 morti sul terreno. (2) Nostre perdite: ufficiali: 2 morti, I ferito; nazionali: 20 morti, 38 feriti, 13 dispersi; coloniali: I morto, 3 feriti.
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Ma se la compagine morale poteva in qualche modo essere sostenuta col sano governo, con l'esempio e la fermezza, assai più difficile era reagire al logoramento fisico. Sotto l'azione delle piogge torrenziali la maggior parte dei ricoveri era crollata; la totale mancanza di materiali vietava qualsiasi lavoro di ripristino; nazionali e coloniali confinati ad oltre 3.000 metri di altitudine, erano esposti ai rigori stagionali; sofferenze, sforzi fisici, sbalzi termici, privazioni, denutrizione, si ripercuotevano dannosamente sullo stato sanitario; la scarsità dei viveri costringeva a graduale riduzione della razione giornaliera per prolungare al massimo le limitate autonomie; in sostituzione della carne bovina, si macellavano i muletti abissini; coi più rigidi criteri di economia si sfruttavano tutte le risorse in sito, ricorrendo ad ogni possibile ripiego; frequenti erano i casi di sfinimento e di deliquio; Io scorbuto minacciava di aggravare le condizioni fisiche generali già tanto depresse. Tuttavia queste truppe, senza ripari, col vestito ridotto a brandelli, scalze, deperite, tennero testa per quasi sei mesi agli attaccanti, li batterono, resistettero all'influenza di una propaganda che invitava alla diserzione promettendo, specie agli elementi di colore, lauti compensi pecuniari, abbondante alimentazione, cessazione della lotta e dei sacrifici e rientro alle proprie case. L'episodio di un nostro posto avanzato (una compagnia cc. nn.) che, il 26 agosto, venne sopraffatto e catturato in breve tempo ed altri vari sintomi confermavano, però, che il ridotto dell'Uolchefit, per quanto sorretto da eccezionali forze spirituali, era in realtà fisicamente logoro. Il 18 settembre, una formazione mista di reparti coloniali e nazionali attaccherà ancora una volta e disperderà il nemico a passo Ciank, ma la capitolazione si profilava ormai inevitabile. La fame, quando ogni scorta è esaurita, piega inevitabilmente qualsiasi proposito di ulteriore resistenza. Lo stesso giorno, il comandante le truppe Amara comunicava al caposaldo le direttive che avrebbero dovuto regolare la resa e informava il Comando Supremo che confidava di poter prolungare ancora di qualche giorno, rispetto alla data del 25, già
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precedentemente indicata, l'autonomia in viveri di Uolchefit, sempre che un vecchio Caproni, che teneva ancora duro all'aeroporto di Azozò, fosse riuscito a sfuggire alle insidie nemiche. Egli aveva pensato spesso all'eventualità di un ripiegamento su Gondar del valoroso presidio che sbarrava le provenienze dal Tacazzè, ma aveva dovuto scartarla. Il 20 settembre, ne sintetizza~a le ragioni in una lettera al colonnello comandante: «a) Anche ammesso e l'ammetto, la possibilità di venirvi in-
contro con 4 o 5 battaglioni fino ad Amba Ghiorghis, anzi magari fino a Tellecchiè, voi dovreste pur sempre, e da solo, fare una quarantina di chilometri. b) Come potrebbero i nazionali, con le scarpe a brandelli,
senza allenamento, senza quadrupedi che portino viveri e munizioni compiere le due o tre marce necessarie aprendosi il varco fra i ribelli accorrenti e sotto il probabile martellamento degli aerei? Temo che il ripiegamento finirebbe per divenire un si salvi chi può più vergognoso e più deleterio, per il buon nome del presidio di Uolchefit, di qualsiasi resa. Se vedete in questa soluzione una possibilità di riuscita, comunicatemelo e mi riservo di esaminarla ancora». La richiesta di armistizio per trattare la resa sarà fatta il 25 sera, dopo un'ultima sortita con la quale una colonna mista di 1.100 coloniali e 250 nazionali andava a cercare ed attaccava ancora, fu.ori del ridotto, nel villaggio di Uochen, l'avversario che preferiva sottrarsi al combattimento (l). Il 27, le nostre condizioni di resa erano accettate. Il 28, i Britannici rendevano gli onori alla nostra Bandiera. Il presidio di Uolchefit aveva sostenuto 30 scontri e combattimenti offensivi e controffensivi; aveva inflitte perdite valutate ad un migliaio di morti ed oltre 3.000 feriti; aveva catturati col ras: un cannone, 18 mitragliatrici, 600 fucili, ingente bottino di munizioni e materiali; aveva subite 93 incursioni aeree con azioni di spezzonamento e di mitragliamento e con lancio (I) Nostre perdite: 3 morti e 16 feriti.
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di 5.500 bombe, incassati circa 14.000 colpi di artiglieria. Perdite: ufficiali caduti 8, feriti 9, nazionali caduti 86, feriti 117; coloniali caduti 280, feriti 450; totale 950 pari al 28% delle forze. Questo, in sintesi, il glorioso bilancio della difesa. In questo periodo, specie nel bimestre luglio-agosto, l'azione aerea inglese si accanì su Gondar e su tutti i capisaldi esterni. Sulla capitale dell'Amara si avvicendarono giornalmente dai 40 ai 50 aerei, sganciando tonnellate di bombe, molte delle quali di grosso calibro e ad effetto ritardato. Nulla fu risparmiato dal nemico: edifici pubblici, comando truppe, ospedali, vennero sottoposti agli effetti distruttori del bombardamento, compiuto con assoluto dominio del cielo, giacché i due caccia disponibili (un CR42 ed un CR32) furono risparmiati per poterli impiegare in casi estremi ed in missioni delicate e per protegger.e, nell'aeroporto di Azozò, l'apparecchio che effettuava alcuni rifornimenti della madrepatria Cl). d.
L'INVESTIMENTO DEL RIDOTTO CENTRALE E DEI SUOI CAPISALDI.
Intorno al ridotto centrale, già prima della caduta dell'Uolchefit, erano avvenuti combattimenti e scontri con formazioni ribelli infiltratesi oltre la linea dei capisaldi avanzati: imboscate, colpi di mano, brillamento di mine stradali lungo le piste, aggressioni e rapine per disturbare i mercati locali, avevano richiesto onerose misure di sicurezza da parte delle nostre truppe. Il 22 luglio, (Debra Tabor era caduta il 6), l'avversario, munito di artiglierie, iniziò l'investimento del caposaldo di Culquaber. (I) Negli ultimi giorni di vita del ridotto Amara il CR42 sarà inviato in ricognizione allo scopo di avere conferma circa l'esattezza o meno di un concentramento di unità corazzate lungo le regioni a cavallo dell'asse Uolchefit-Gondar. Durante il volo di rientro, assalito da vari caccia levatisi dal campo di Dabat, impegnerà ardita lotta. Investito da varie raffiche precipiterà al suolo incendiandosi. Il mattino successivo gli stessi avversari lanceranno su Gondar un messaggio così concepito: «Un tributo di ammirazione al pilota dell'apparecchio Fiat CR42. Era un valoroso». Alla vigilia della caduta di Gondar (26 novembre) il superstite CR32 si porterà riperutarnente a volo radente sulle autocolonne in marcia lungo il tronco stradale Culqualber-Azozò, mitragliando uomini ed automezzi ed infliggendo all'avversario sensibili perdite. Al rientro l'apparecchio verrà dai nostri distrutto ad evitare che cadesse in mani avversarie.
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
Questo faceva sistema con le posizioni di Fercaber sul lago Tana e rappresentava, ai fini della difesa del ridotto centrale, una posizione di capitale importanza perché, dopo di essa, il nemico avrebbe potuto dilagare lungo le ampie vallate pianeggianti di facile accesso che portano direttamente sino ad Azozò e Gondar. Ma oltre all'importanza tattica, Culquaber aveva anche una vitale importanza logistica in quanto il suo possesso assicurava il controllo delle regioni a nord del lago Tana, ricche di cereali e di bestiame, dalle quali il comando dell' Amara traeva la maggior parte delle vettovaglie per le truppe. Il presidio di Culquaber, composto di coloniali e nazionali, disponeva di circa 2.000 uomini ai quali erano da aggiungersi circa 800 uomini del presidio di Fercaber (schizzo n. 53). L'azione nemica contro Culquaber si manifestò, inizialmente, con operazioni svolte da formazioni ribelli inquadrate da Inglesi, le quali cercarono di disturbare il nostro dispositivo di difesa mediante colpi di mano, attività di pattuglie, infiltrazioni, favorite dalla natura del terreno, sui rovesci delle posizioni e lungo la strada Culquaber-Azozò e su quella per Fercaber, in modo da rendere, ai nostri, difficili le comunicazioni ed i rifornimenti. In complesso tale attività aggressiva nemica più che ad eliminare il caposaldo tendeva a renderne difficile la vita ed a fiaccare lo spirito dei difensori che erano, nella maggioranza, coloniali. Ma il nostro presidio non solo rintuzzò le offese, ma andò esso stesso alla ricerca dell'avversario e lo attaccò sulle sue stesse posizioni. Si ebbero, così le puntate offensive dell'8 e del 14 agosto. Il 24 dello stesso mese, una colonna di rifornimento proveniente da Gondar veniva attaccata da ingenti forze ribelli sulla rotabile di Culquaber. Nei combattimenti sostenuti dai reparti di scorta, e particolarmente in una furiosa carica di cavalleria, gravi furono le perdite inflitte, ma sensibili anche quelle sofferte dai nostri <1). In una successiva incursione (I) Perdite subite dalla XXII brigata (battaglioni LXXVII e LXXXI), dal I gruppo bande di confine, e dal XIV gruppo squadroni di cavalleria: ufficiali: morti 4, feriti 4; coloniali: morti 4, feriti 4,; coloniali: morti 65, feriti 106.
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LE OPERAZIONI IN AFR ICA ORIENT ALE
nel dispositivo avversario ad oriente del caposaldo (5-6 settembre) venivano distrutti apprestamenti offensivi e ingenti riserve di viveri non potute trasportare. Ma si accentuava intanto la pressione di formazioni ribelli a tergo della nostra posizione, nel territorio interposto tra Culquaber ed il ridotto centrale. Per effetto di tale minaccia e nell'impossibilità di fruire senza combattere della linea di rifornimento più breve, ma più esposta, Culquaber-Azozò, il comando nelle truppe venne nella determinazione di utilizzare, per rifornire Culquaber, la linea di comunicazione terrestre e lacustre più lunga, ma più sicura, Azozò-Gorgorà-lago Tana-Fercaber. Ma anche questa via divenne, ben presto, poco sicura a causa di infiltrazioni ribelli. Fu, perciò, necessaria una energica azione di polizia. Il 13 settembre, una nostra colonna composta da tre battaglioni coloniali e da un gruppo squadroni di cavalleria, iniziava l'operazione nella zona del basso Magach, dove le nostre truppe vennero fortemente impegnate dall'avversario che disponeva di numerose armi automatiche; il combattimento assurse ad estrema violenza; il nemico, snidato dai suoi appostamenti, fu travolto e inseguito dalla brillante azione della nostra cavalleria; due squadroni forzarono il passaggio del Magach; contrattaccati da nuove forze di armati che tentavano di accerchiarli, lottarono strenuamente per aprirsi un varco e rientrare nelle nostre linee (t). Altra puntata offensiva fu compiuta, il 23, da una colonna mista di nazionali e coloniali su Amba Mariam, caposaldo del dispositivo avversario a sud-est delle nostre linee <2). La stessa attività, contrassegnata dal medesimo ~rdimento, svolgevano intanto le truppe di Celgà: nelle operazioni del 1° e 18 settembre venivano attaccate e disperse, dopo aspri combattimenti, consistenti formazioni avversarie. Particolarmente brillante l'azione di sorpresa del 18, nella quale i ribelli lasciavano sul terreno numerosi morti <3) . (i) Nostre perdite: 2 ufficiali morti e 5 feriti; coloniali: 41 morti e 78 feriti.
(2) Nostre perdite: 6 coloniali morti e 6 feriti. (3) Nostre perdite: 1° settembre: 8 coloniali morti e 23 feriti; 18 settembre: 3 ufficiali feriti, 45 coloniali morti e 41 feriti.
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Con la caduta di Uolchefit la pressione nemica si estese, alla fine di settembre, anche al caposaldo di Ualag serrato da presso già il 27 <1). L'investimento del ridotto centrale divenne cosÏ completo su tutto il fronte.Dal caposaldo di Ualag, mosse 1'8 ottobre, una nostra colonna di 500 nazionali e 2.000 coloniali rinforzati da artiglieria per effettuare una puntata contro Amba Ghiorghis (15 chilometri dalle nostre posizioni), dove si era insediato un comando inglese, per distruggervi gli impianti radio. Comandata dal ten. col. Li uzzo e costituita dal I gruppo bande di confine e dai battaglioni coloniali XXV e LXXVII, la colonna alle prime ore.della notte sull'8 conseguiva una sorpresa completa, occupando all'alba le posizioni avversarie ed eseguendovi le distruzioni ordinate. La colonna rientrava nelle nostre posizioni, invano contrattaccata da forze avversarie, cui, an¡zi, la nostra retroguardia, costituita dal I gruppo bande, infliggeva sensibili perdite. Il rientro della colonna era anche sostenuto da un battaglione CC. NN. e da nostre artiglierie, portati' 3 km. avanti alle nostre posizioni. L'intera operazione, bene impostata e condotta, aveva conseguito un esito brillante con perdite minime. Si aveva, cosÏ, il primo contatto tra le forze del ridotto e gli Inglesi provenienti dall' Uolchefit. Nelle rimanenti settimane di ottobre, non si verificarono operazioni di particolare importanza. I difensori di Culquaber persistettero però nelle loro azioni di molestia. Nel combattimento del 18 ottobre, infatti, sull'altura di Lamba Mariam, ove i Britannici avevano iniziato lavori per costituire un elemento fortificato d'osservazione o d'approccio in vista di eventuali azioni da parte delle truppe affluite nella zona, i nostri si impossessarono di ingente materiale di ogni genere e molto ne distrussero in posto. Gravi furono le perdite inflitte dalle nostre artiglierie nell'inseguimento che si protrasse per circa 20 chilometri. (I) Nostre perdite il 27 settembre: 12 coloniali morti e 30 feriti.
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Cessate le piogge, i preparativi, che il nemico era stato costretto a condurre con ritmo lento a causa delle avverse condizioni stagionali, avevano intanto, in ottobre, maggiore impulso. Tra questi preparativi sono da ricordare: 1) la mobilitazione di tutti gli armati ribelli dell'Amara. Questa nuova massa di circa 20.000-30.000 uomini, di scarso valore bellico e discordi, che, presa a sé, non poteva seriamente preoccupare la difesa di Gondar, avrebbe potuto invece diventare minacciosa se appoggiata a formazioni regolari inglesi. Era comunque sempre fastidiosa per l'azione disgregatrice e deprimente che esercitava, a mezzo di intimidazioni e minacce di rappresaglie, sulle popolazioni e sui nostri ascari coloniali reclutati sul posto; 2) l'alacre preparazione logistica e lo spostamento in avanti di mezzi e di truppe regolari lungo le direttrici provenienti da Uolchefit e da Debra Tabor. Il nostro Comando, per contro, di fronte alla minaccia che si andava delineando, provvedeva a riorganizzare truppe e servizi per adattarli alla nuova situazione ai fini di una maggiore resistenza: rinunziava al controllo della regione granaria del lago Tana e al mantenimento delle comunicazioni con Gorgorà e Celgà e riuniva presso Gondar una massa di manovra di 5-6 battaglioni coloniali per parare ogni imprevisto. La situazione logistica in conseguenza peggiorava. Il morale delle truppe si manteneva, ciò nonostante, ancora buono. Dal complesso dei preparativi nemici, il comando del ridotto Amara era indotto a ritenere che l'attacco sarebbe,stato effettuato contemporaneamente su tutti i fronti da forze ribelli debolmente inquadrate da reparti regolari, mentre il grosso delle forze regolari avrebbe attaccato il caposaldo di Culquaber. Ripristinato il traffico lungo la pista Dessiè-Debra Tabor, i Britannici potevano ormai usufruire, per investire simultaneamente il caposaldo su due fronti, anche delle truppe e dei mezzi avviati da Asmara a Dessiè. Al fine poi di sottrarre al tiro delle nostre artiglierie la zona d'affluenza degli automezzi, essi avevano congiunto, mediante un raccordo, la rotabile principale,
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a nord dell'Ualag, alla «vecchia pista portoghese» che, attraverso la montuosa regione del Dancaz, .raggiunge la strada Gondar-Debra Tabor. Ciò aveva reso possibile la raccolta di truppe e mezzi in zone defilate sul rovescio delle difese di Culquaber. Il 10 novembre, risultavano attestati, a nord e a sud del caposaldo, elementi di due brigate motorizzate con i grossi ancora in movimento. Erano inoltre già in sito aliquote di carri armati, autoblindo e forti masse abissine dislocate in corrispondenza dei settori nord-est ed est della difesa. Sei batterie cli vario calibro, di cui una pesante, e numerose sezioni di bombarde completavano il dispositivo avversario. Durante la prima decade di novembre si notò un'affluenza di truppe e mezzi anche sugli altri fronti: formazioni ribelli, condotte da ufficiali inglesi, presero contatto con la nostra linea del Magach; sul fronte di Celgà venne segnalato l'arrivo di truppe sudanesi; sul fronte di Tucul-Dinghià giunsero formazioni ribelli provenienti dall'Uolchefit. La notte sul 12 novembre, l'avversario tentò di penetrare nella nostra difesa in corrispondenza dei settori orientale e sudorientale del caposaldo di Culquaber. Respinto, iniziò, all'alba, un'intensa azione di bombardamento aereo e terrestre che sconvolse le nostre posizioni. L'azione dell'artiglieria si protrasse, poi, per tutta la notte. Verso le ore 4 del 13, un attacco generale investì tutti i fronti del caposaldo. Vi parteciparono anche reparti coloniali di provato valore combattivo già al nostro soldo. Dopo alterne vicende, nel corso delle quali l'avversario riusciva a penetrare in più punti del nostro sistema difensivo mettendo a dura prova la saldezza dei carabinieri e zaptié e delle cc. nn. del CCXL battaglione, un contrattacco del LXVII battaglione coloniale ristabilì la situazione. Il nemico fu costretto a ripiegare all'imbrunire, lasciando sul terreno i suoi morti e numerose armi. L'indomani riprese l'attacco ma le nostre truppe, insonni, mal vettovagliate, battute dall'artiglieria e dall'aviazione non cedettero e la pressione nemica dovè allentarsi.
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Il 17. nostri pattuglioni ristabilirono il collegamento fra Fercaber e Culquaber. L'offensiva contro Culquaber-Fercaber potè, momentaneamente, considerarsi arrestata; la situazione rimase però, sempre difficile: il nemico si era mantenuto vicinissimo alle nostre posizioni e con insistente azione di fuoco paralizzava ogni movimento nell'interno del caposaldo. La sera del 18, il comandante segnalava che, mentre lo spirito dei nazionali era altissimo, il morale dei coloniali doveva ritenersi alquanto scosso specialmente in relazione alla potenza dei mezzi impiegati dall'avversario. Anche negli altri capisaldi la situazione si era fatta, nel frattempo, delicata: il caposaldo di Ualag era a stretto contatto col nemico; azioni aeree e di artiglieria arrecavano lievi, ma continue perdite; non sembrava che l'avversario intendesse, per il momento, attaccare in forze il presidio, ma altre truppe erano segnalate in afflusso. Formazioni indigene, inquadrate da Inglesi, avevano invaso la regione circostante il caposaldo di Tucul-Dinghià; parte della popolazione locale era stata costretta a passare ai ribelli; il comando truppe dell'Amara aveva disposto il ripiegamento di quel presidio sul ciglione dell'altopiano al passo di Chercher, collegandolo, a destra, col caposaldo di _Ualag ed, a sinistra, direttamente con le difese della piazza di Gondar. Il caposaldo di passo Chercher avrebbe dovuto collegarsi ad occidente col reparto dislocato a difesa del passo Dirma, ma questo era stato attaccato e cinto d'assedio il 17. Vano riuscirà il tentativo di sbloccarlo che sarà fatto, il 21, da una colonna di formazione di cc. nn. e coloniali: il presidio era stato costretto alla resa per sete. Il ripiegamento avvenne in condizioni di estrema difficoltà e con largo tributo di sangue. Il caposaldo di Celgà, dopo una puntata offensiva effettuata il I O settembre, aveva mantenuto l'iniziativa dei movimenti, ma era ormai tagliato da Gondar e la popolazione dislocata a cavallo della rotabile era passata ai ribelli: tra il 16 e il 20 novembre, truppe di scorta ad una colonna viveri diretta appunto a Celgà in uno scontro con i Britannici e ribelli
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inflìggevano e subivano perdite sensibili; lo stesso giorno 20, attacchi sferrati contro le posizioni di Blagir venivano respinti con cattura di prigionieri, di armi e materiali; nei giorni 23 e 25 nuovi attacchi erano ugualmente frustrati. Nel settore Tana la situazione aveva consigliato di riun.ire in unica massa i piccoli presidì dislocati a protezione della strada Azozò-Gorgorà. Anche le condizioni interne della piazza di Gondar erano peggiorate in seguito al passaggio ai ribelli delle popolazioni dimoranti ad ovest di Azozò; il nemico aveva intensificato le sue offese aeree contro l'abitato e la cinta fortificata. In complesso, le formazioni avversarie avevano ormai investito tutti i capisaldi del ridotto, mentre, per la rivolta delle popolazioni a nord e ad ovest della città, anche le cinte di Gondar ed Azozò venivano a trovarsi a diretto contatto col nemico. FalUto il primo tentativo, era prevedibile che l'avversario avrebbe rinnovato l'attacco contro Culquaber con maggiori forze e mezzi. Infatti, nella giornata del 20, circa 60 apparecchi alternantisi a gruppi di squadriglie bombardavano senza posa il ridotto sconvolgendo quanto poteva essere sfuggito alle precedenti distruzioni, mentre le artiglierie battevano osservatori, comandi e centri di fuoco oramai tutti individuati. Il mattino del 2 I, nuove truppe con larga partecipazione di aerei, artiglierie e bombarde, ritornarono all'attacco. L' azione si iniziò con particolare accanimento contro il fronte nord presidiato da un reparto di carabinieri, il quale, esaurite le munizioni, si gettò all'arma bianca riuscendo, con ripetuti e violenti corpo a corpo, ad alleggerire la pressione avversaria, pur subendo gravi, ma gloriose perdite. Alle 10, l'attacco veniva ripreso, con maggior vigore in seguito all'afflusso di nuove riserve, sul fronte nord stesso e, contemporaneamente, sui fronti sud e sud orientale. Sul fronte nord, la situazione ritornò ad essere precaria, ma lo slancio degli ascari del LXVII battaglione coloniale (riserva) fiaccò in ripetuti contrassalti la combattività dell'avversario. Nelle prime ore del pomeriggio, tutti i fronti erano di nuovo violentemente impegnati: il
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battaglione carabinieri, perduti quasi tutti i suoi effettivi, venne sommerso dalla schiacciante superiorità delle forze nemiche che dilagarono in ogni direzione; le camicie nere del CCXL battaglione e gli ascari del LXVII (sul fronte orientale), altro reparto di carabinieri (sul fronte meridionale) contennero la pressione avversaria finché (verso le 15) presi alle spalle furono costretti a cedere. Anche nel settore di Fercaber (XIV battaglione cc. nn.) la lotta sostenuta contro masse in gran parte di ribelli integrate da qualche formazione regolare ed appoggiate da elementi corazzati, si protrasse, con alterne vicende fino alla caduta di Culquaber. Si chiuse, così, il 21 novembre, la gloriosa resistenza dei due eroici presidì. La difesa vi perdette oltre 1.000 uomini e cioé circa il 40% della forza combattente <1>. Nella giornata del 23, il nemico fece avanzare, lungo la direttrice Culquaber-Gondar, colonne motorizzate che, nel pomeriggio, presero contatto con la cinta di Azozò, mentre distaccamenti di fanteria, nella notte sul 24, tentarono qualche azione di assaggio contro le nostre posizioni della linea del Magach. Si iniziava in questo modo l'investimento diretto della città di Gondar da tutti i lati, fuorché da nord, ove rimanevano ancora attivi i capisaldi di Ualag e di Chercher.
e. LA
BATTAGLIA DI 00NDAR.
(1) Terreno e forze contrapposte
L'abitato di Gondar sorge su un pianoro delimitato dalla vallata del torrente Angareb, ad est, e da quella del suo affluente Kaà, ad ovest. Tali valli lo separano dalle propaggini di due catene montane che convergono leggennente verso sud attenuandosi in groppe collinose ed in piccole ambe isolate prima di cedere all'ampia distesa pianeggiante del lago Tana. (i) Ufficiali: morti 3, feriti 6, dispersi I; nazionali: morti 156, feriti 154, dispersi IO, coloniali: morti 354, feriti 252, dispersi 69.
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La catena orientale si snoda lungo i monti Devà, Tumbulù, Chidané Meret, Defeccià, Meldibà, gruppi collinosi del Giaguì, Gaveseg e Meleldibà. Quella occidentale, più elevata, lungo i monti Maurà Tararà, Amba Tararà, Comità, Encé Duba, Abbà Samuel, Lozà, Tellach Bademà, Deldali, Abbaraghei. A nord dell'abitato si eleva il Dunquam Amba. La natura del terreno, più che l'entità delle truppe e dei mezzi della difesa, contenuti ormai in ristrettissima cerchia ed inadeguati comunque ad una ulteriore prolungata resistenza, orienta l'attacco di Gondar, ne detta il concetto operativo e ne regola le modalità. A nord, gli apprestamenti difensivi di passo Ualag, che ne hanno messo in valore gli appigli tattici naturali, sono difficili da superare, mentre risulta impossibile lo spiegamento di unità corazzate e autotrasportate sulle alture çhe si elevano a settentrione e ad occidente del sistema difensivo. La difesa si attende, perciò, dalle due colonne che hanno serrato su Culquaber, dall'Uolchefit e da Debra Tabor, un attacco sul fronte meridionale del ridotto e una azione secondaria in corrispondenza del suo lato orientale. Le cinte fortificate di Gondar e Azozò furono ripartite in settori affidati ciascuno ad un ufficiale superiore. Sulle alture di maggior rilievo della catena ad oriente e ad occidente della piazza furono sistemati ridottini staccati presidiati da compagnie e da plotoni, con elementi di artiglieria e mortai. La dislocazione e l'entità delle nostre forze e di quelle britanniche, alla data del 24 novembre, sono qui riportate. Nostre forze: Cinta fortificata di Gondar: - settore Amba Genio (N. E.): I gruppo bande di confine; 1 sezione mortai da 81; 1 batteria da 65/17; 1 compagnia battaglione genio (1.179 uomini fra nazionali e coloniali);
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-
settore Gondar (E): II battaglione coloniale Amara; 1 compagnia mortai da 81; 1 batteria da 120/25; I compagnia coloniale; 2 compagnie nazionali; 1 batteria da 104/32 (858 uomini);
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settore Gomità (W): CLXVI battaglione cc. nn.; I batteria da 75/13; 1 sezione 77/28; 2 sezioni mortai da 81 (540 uomini).
Cinta fortificata di Azozò: -
settore Azozò: 3 compagnie fucilieri coloniali; XIV gruppo squadroni cavalleria appiedata; 1 centuria lavoratori; 1 batteria da 100/17; 1 batteria da 77/28; 1 sezione da 20 mm. (1.440 uomini);
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settore Magach: 1 battaglione e 1 compagnia nazionali; 2 batterie da 65/17; 1 sezione mortai da 81 (640 uomini).
Riserva comando piazza: 1 battaglione (530 uomini). Riserva comando truppe: XXII brigata coloniale (650 uomini). Servizi vari dei reparti: 615 uomini. Forze britanniche della 12 a divisione Africana (gen. Fowkes): -
in corrispondenza del caposaldo di Ualag: 26a brigata E. A.; 1 reggimento scozzese su due battaglioni; aliquote artiglieria e carri armati leggeri;
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in corrispondenza delle opere difensive di Chercher: gruppo armati Ermacciò e gruppo armati Chemantì; aliquote artiglieria;
-
in corrispondenza del caposaldo di Celgà: 1 brigata sudanese; formazioni di armati paesani; aliquote artiglieria;
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lungo il tronco rotabile Celgà-Azozò: 1 battaglione etiopico (ex ascari) e formazioni di armati paesani;
-
addossati alle difese del fronte meridionale: 25 a brigata E. A.; 60 carri armati; aliquote artiglieria autotrasportata; reparti carri leggeri; formazioni di armati
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abissini alle dipendenze del ministro della guerra etiopico; paesani armati; lungo la mulattiera Dancaz- Ambaciara: I brigata sudafricana; I battaglione di liberi francesi; paesani armati. Appare superfluo indugiare in un raffronto delle forze contrapposte in queste ultime giornate della guerra in Africa Orientale: solo si ossérva che a sostegno delle forze britanniche (inglesi, sud-africani e regolari di colore) si tenevano pronti ad intervenire 10.000 abissini, al comando di ufficiali britannici e circa 20.000 paesani armati, alle dipendenze di capi dissidenti. (2) Azioni preliminari
L'azione decisiva per la conquista di Gondar, iniziata e conclusa il 27 novembre, fu preceduta, tra il 24 e il 26, da esplorazioni e ricognizioni intese a saggiare il grado di reazione della difesa (schizzo n. 54). Reparti, appoggiati da aliquote di carri armati ed artiglierie, lanciati, all'alba del 24, alla conquista del ponte della rotabile sul Magach, dovettero, nel tardo pomeriggio, rinunciare al loro obiettivo, non avendo potuto espugnare l'altura di Abbaraghei che domina il ponte da occidente. Durante l'intera giornata del 25, l'attacco fu rinnovato ed esteso anzi alle posizioni del Meleldibà ma l'esito fu ancora negativo; né ebbe miglior successo, l'indomani, un ritorno offensivo operato da formazioni irregolari appoggiate da carri armati britannici. (3) L'attacco alla piazza di Gondar
L'andamento convergente delle due rotabili che, provenienti da Culquaber e Gorgorà, si fondono nell'unico tronco adducente da sud ad Azozò costituì il naturale incanalamento dell'attacco in forze sferrato sul fronte meridionale, la notte sul 27. Subito dopo il tramonto lunare (ore 4,00), unità della 25a brigata coloniale britannica investivano, con forze
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I.E OPE RAZIONI IN AFRICA ORIENTAI.I:.
SCHIZZO N. 54
LA BATTAGLIA DI GONDAR (24-27 NOVEMBRE 1941)
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preponderanti, il fronte sud tra Meleldibà e Abbaraghei. I difensori del Meleldibà, dopo breve sanguinosa lotta, venivano soverchiati e l'avversario, guadato il Magach e oltrepassate le zone minate, serrava sotto le posizioni del Gaveseg e di q. 2043. Anche il presidio di Guara veniva travolto. Gli Ascari del Kenia (25a brigata E. A.) serravano intanto sull' Abbaraghei, ove la lotta si protraeva sanguinosa fino ad esaurimento delle munizioni da parte della difesa mentre, fattosi giorno, masse armate abissine tentavano di investire le alture del Chemandibé e del Tellach Bademà. Impadronitosi dell' Abbaraghei, l'attaccante puntava, con elementi corazzati, verso l'aeroporto di Azozò e si impegnava in dura lotta coi reparti posti a difesa del campo che venivano decimati e soverchiati (1 reparto avieri, 1 compagnia coloniale, I sezione da 20). Circa le 9, i combattimenti si riaccendevano ovunque: sulla destra, i difensori del Gaveseg e dell'altura 2043 contra~ stavano sanguinosamente l'occupazione del passo sulla Carrareccia Ifag -Gondar; al centro, tra valle Angareb e valle Demasà, le unità regolari del K.A.R. superavano la resistenza dei nostri sull' Ambetà Miedà; a sinistra, forze irregolari abissine, rinforzate da truppe regolari britanniche della 25 a brigata e da mezzi corazzati, riuscivano a spezzare la resistenza dei nostri attorno al Tellach Bademà. Alle 11 del 27 novembre, il fronte meridionale della difesa era travolto; regolari ed irregolari, eliminati gli ultimi focolai di resistenza, entravano in Azozò e proseguivano su Gondar. Sul fronte orientale del ridotto, tra Devà e Giaguì, ove il terreno era caratterizzato da scoscendimenti, anfratti e burroni che rendevano difficili i movimenti durante la notte, l'attacco ebbe inizio nelle prime ore del mattino e fu diretto particolarmente contro le nostre posizioni del Chidanè Meret e del Defeccià. Ripetuti contrattacchi del I gruppo bande riuscivano a contenere per oltre 6 ore i reparti
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di una brigata sud-africana, mentre le truppe del battaglione «Liberi Francesi» tentavano, per tre volte invano, la scalata dei fianchi scoscesi del Devà. A mezzogiorno, le unità, che avevano superato la nostra resistenza nel tratto Dembutù-Giaguì, si trovavano di fronte alle difese ravvicinate della cinta di Gondar fra Matmac, Addis Alem e le pendici orientali del Maraghi; le truppe provenienti da Azozò, precedute da carri armati e autoblindo, serravano contro le posizioni del Conhicuc, Amba Badoglio, Sabunaber, Encè Dubà. La reazione dei valorosi ascari della XXI I brigata coloniale schieratasi sull'Amba Badoglio e i tiri delle nostre superstiti batterie non potevano che rallentare l'irruzione dei mezzi corazzati, ed infatti, nelle prime ore del pomeriggio (14,30), mentre volgeva ormai al suo ineluttabile epilogo anche la lotta fra Matmac e Addis Alem (erano sopraggiunti mezzi corazzati dalla pista di Ifag), carri armati ed autoblindo seguiti da reparti regolari entravano in Gondar. Il gen. Nasi, vista l'inutilità di una ulteriore resistenza, essendo state sopraffatte le difese meridionali di Gondar e le riserve, alle ore 14,30, inviava due parlamentari verso Azozò per chiedere al Comando inglese una tregua d'armi. Ma intanto gli avvenimenti precipitavano. La stazione radio era assalita e distrutta; truppe meccanizzate inglesi, proseguendo la loro avanzata, travolgevano le ultime difese nostre e raggiungevano alle ore 16,30 la Banca d'Italia, sede del comando scacchiere. La missione dei parlamentari, che non erano ancora rientrati, era così superata dagli avvenimenti e la bandiera inglese veniva alzata sull'edificio della Banca d'Italia. La lotta, spentasi gradualmente nei centri di resistenza della cinta fortificata, si protrasse per tutta la notte e parte del mattino successivo nell'interno della città. Masse abissine dilagarono da ogni parte, saccheggiarono, devastarono, spararono all'impazzata in preda ad una
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sanguinosa esaltazione che determinò più volte l'energico in!ervento delle stesse truppe regolari britanniche. Carabinieri, P .A.I., guardie di finanza, militari e civili posti a guardia dei vari fabbricati, reagirono pagando spesso con la vita il loro ardimento. Suddivisi in pattuglioni nei vari quartieri della città essi si prodigarono per salvaguardare l'incolumità delle persone e sottrarre alla distruzione la proprietà privata nei momenti più tristi, quando cioé l'attività devastatrice dei predoni sembrava non voler nulla risparmiare. (4) La .resa dei presidf esterni, il 28 novembre 1941
Cessate in Gondar le ostilità, l'ordine della resa non poté essere comunicato subito ai vari comandi esterni essendo stata, dai ribelli, distrutta la radio. Lo fu all'indomani, a mezzo di ufficiali scortati da camionette britanniche. I capisaldi di Ualag, Chercher, Celgà e Gorgorà, contrastarono pérciò, durante tutta la giornata del 27, l'avanzata avversaria. L'azione nemica più decisa fu condotta contro il caposaldo di passo Chercher e precisamente contro le posizioni fra Chercher e Ualag. Essa si esaurì senza successo dopo due ore di combattimento che costarono all' attaccante sanguinose perdite. Il tentativo di forzare il nostro schieramento fu vano anche in corrispondenza del caposaldo di Celgà. I quattro presidi deposero le armi il mattino del 28 in obbedienza agli ordini ricevuti <1). La battaglia per il possesso di Gondar si chiuse col seguente bilancio di sangue: ufficiali 22, nazionali 495, coloniali 1.248. Perdite subìte per la maggior parte nei combattimenti del 27 <2>. (I) Perdite dal 21 al 27 novembre 1941: -
Ualag: nazionali: feriti 3; coloniali: morti 39, feriti 98;
-
Colle Chercher: nazionali: morti 15, feriti 38; coloniali: morti 110, feriti 138, dispersi 4; Celgà: nazionali: morri 10, feriti 27; coloniali: morti 43, feriti 43, dispersi 38;
-
Gorgorà: coloniali: morti 46, feriti 52, dispersi 8.
(2) Ufficiali: morti IO, feriti 9, dispersi 3; nazionali: morti 138. feriti 214, dispersi 143; coloniali: morti 451 , feriti 721, dispersi 76.
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Nell'ultima giornata di guerra, duramente combattuta attorno al tricolore non ancora ammainato del ridotto dell' Amara, i superstiti, nazionali ed indigeni, tributarono all' onore militare un sacrificio di sangue pari circa ad un terzo della loro forza globale. Costituiscono testimonianza sobria ed efficace delle difficoltĂ superate e del magnifico comportamento dei Comandi e delle Truppe nazionali e coloniali, le relazioni che il Comando Truppe Amara inviava periodicamente al Comando Supremo (1).
(I) Relazioni del 19.6, 5.7, 24.7, 23.8, 8.9, 18.9, 5.10.1941 nei documenri 146,147, 148, 149, 150, 151, 152.
CAPITOLO XX
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE Nel corso della narrazione sono risultati evidenti le caratteristiche antitetiche dei due avversari nel corso del 1941: differenze di armamento e di equipaggiamento, squilibrio nella disponibilità di mezzi e di risorse. L'uno: non era assillato dalla preoccupazione dei viveri e dei rifornimenti; si muoveva su strade libere; in regioni rese sicure dall'appoggio delle popolazioni locali che fornivano informazioni e rifornimenti e che concorrevano al successo delle operazioni talora in misura rilevante; possedeva armamenti e mezzi di collegamento e di trasporto abbondanti ed idonei all'ambiente; aveva, nel 1941, il dominio incontrastato del cielo. L'altro: lottava con la povertà per resistere fino all'ultima cartuccia e all'ultimo tozzo di pane; viveva delle magre scorte e degli acquisti in sito; era nell'impossibilità di manovrare per mancanza di automezzi; si trovava esposto alle continue offese aeree che non gli concedevano tregua; disponeva di armamento ed equipaggiamento scarsi e antiquati; vedeva crescere attorno a sé la ribellione ed esaurirsi progressivamente tutte le possibilità di dominare gli eventi. Ma poiché, all'inizio del conflitto, noi superavamo per numero di effettivi i nostri avversari, questi, a campagna vittoriosamente ultimata, esaltarono oltre misura tale circostanza per valorizzare, a fini propagandistici, il proprio successo. Vennero allora espresse valutazioni critiche spesso infondate, che hanno finito per consolidarsi ed essere ripetute come incontrovertibili testimonianze, anche in opere recenti, quali i volumi di Angelo Del Boca «Gli Italiani in Africa Orientale». L'opera di questo studioso è pregevole per gli apporti di parte abissina e costituisce un valido contributo ad un migliore apprezzamento dell'ambiente e delle ragioni degli abitanti di quelle terre, cui
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del resto siamo legati da tanta storia e da tanti sacrifici e che il nostro soldato ha sempre considerato con simpatia. Essa, però, è animata da un giudizio perennemente critico di tutte le nostre attività: amministrative, economiche, civili e militari; e, per queste ultime, raccoglie esclusivamente testimonianze del tempo di guerra che, anche in pubblicazioni ufficiali, risentivano assai delle esigenze propagandistiche dell'ora, in una Gran Bretagna che, dopo la tragedia del 1940, riportava in Africa i primi successi. Successive testimonianze, da parte sia britannica sia sudafricana ed indiana, di singoli o in pubblicazioni ufficiali, hanno espresso giudizi più equilibrati sull'operato delle nostre forze e sulle difficoltà da loro affrontate. Non vi sono dubbi che i Britannici seppero ovviare alle gravi deficienze iniziali con un complesso di provvedimenti che risultarono pari alla bisogna, consentendo loro di conseguire i primi importanti successi nel conflitto. La sensibilità dimostrata da Londra, nei riguardi della soluzione del problema delle comunicazioni con il Medio Oriente e dell'appoggio alle rivendicazioni del Negus Hailè Sellassiè, orientò efficacemente tutta la strategia politico-militare, mentre l'azione coordinatrice esercitata al Cairo dal gen. Wavell e dal Maresciallo dell' Aria Longmore consentì una distribuzione delle forze ed un coordinamento delle azioni sui vari fronti, che permise di superare i momenti più difficili e di sfruttare ·ai meglio le possibilità. Ciò fu ottenuto talora anche resistendo alle pressioni del Primo Ministro Churchill per un trasferimento di forze aeree e terrestri dal Kenia all'Egitto, oppure prose$uendo operazioni al di là di quanto preventivato. Ai Comandanti sul posto, generali Wavell, Platt e Cunningham, va dato atto, quindi, di aver perseguito con intelligenza e con carattere i propri obiettivi, unendo tenacia alla prudenza, e di aver saputo sfruttare appieno situazioni di vantaggio correttamente valutate, adattando con flessibilità la propria strategia operativa al succedersi delle situazioni. La organizzazione militare dei Britannici fruiva indubbiamente di possibilità potenziali infinitamente maggiori di quelle italiane; è
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stalo comunque loro merito quello di averle saputo mobilitare ed organizzare in modo adeguato. Le soluzioni ordinative adottate, con la costituzione di unità miste di truppe nazionali e coloniali, si dimostrarono felici; esse permisero sforzi operativi considerevoli anche a seguito di una attività addestrativa sempre molto curata, anche durante le medesime operazioni. Gli Inglesi poi sfruttarono sempre con molta intelligenza le attività informative, a cui erano da.lunga pezza preparati nel particolare teatro, e le attività ricognitive di unità motoblindate ben collegate; le loro unità poterono quindi agire sempre a ragion veduta. Altra loro caratteristica fu poi la persistenza nell'azione, consentita da una organizzazione logistica ricca di mezzi e di risorse. Ma, ciò detto, non va nemmeno sottaciuto che, ad una visione distaccata degli avvenimenti nel 1941, le condizioni generali in cui si vennero a trovare le unità loro avversarie e la superiorità schiacciante dei mezzi terrestri ed aerei erano tali da non lasciar molti dubbi sull'esito degli scontri. Le valutazioni di Winston Churchill sulla possibilità di finire le operazioni in'Africa Orientale entro l'aprile erano ben fondate, sulla base di una conoscenza approfondita delle forze in contrasto e della loro situazione. La resistenza, proseguita a lungo a Cheren, sull'Amba Alagi e nell'interno dell'Etiopia, costituì anzi una sorpresa ed una fonte di deprecati impegni ulteriori, in un momento in cui sarebbe stato necessario, per i Britannici, rivolgere tutta l'attenzione alla Grecia ed all'Africa Settentrionale dinnanzi alle offensive italo-tedesche. In questa sede sembra opportuno considerare alcune delfe critiche mosse e cercare qualche risposta ad alcuni quesiti abbastanza diffusi sull'andamento di questa campagna. Uno degli aspetti di interesse è la valutazione complessiva dello sforzo compiuto dalla amministrazione civile e militare italiana nella difesa dell'Impero. L'esame approfondito della nostra situazione anteriore alla guerra ha diffusamente trattato delle condizioni generali di impreparazione a sostenere un lungo conflitto esterno, che dovevano aggravarsi per lo stato successivo di completo isolamento.
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENT ALE
Per quanto si riferisce alla organizzazione militare si sono indicate le numerose deficienze di personale e di mezzi moderni, che rendevano le nostre Unità idonee piuttosto a compiti di grande polizia che a sostenere combattimenti contro unità moderne; a tali deficienze si accompagnavano anche orientamenti dottrinali ed addestrativi non adeguati alle esigenze che sarebbero emerse. Generali e soldati non potevano essere orientati a combattere con o contro carri armati ed altri mezzi che non avevano mai visto o conosciuto approfonditamente, né a combattere guerre lontane dai nostri interessi, rivolti a guerre sulle Alpi o contro indigeni nelle colonie. Il complesso delle deficienze era così vasto e diffuso in tutti i settori da far considerare prioritario, come fattore d'insuccesso, il mancato orientamento politico e militare preventivo a sostenere attivamente un qualsiasi conflitto. In verità, l'Italia in quegli anni andava sostenendo grossi sacrifici per un potenziamento delle attività civili nell'Impero e per sforzi militari altrove (Spagna, potenziamento aeronavale nel Mediterraneo ed in Libia) sicché può ben comprendersi come risultassero sacrificate tutte le esigenze di potenziamento della preparazione militare del1'Impero nei riguardi di un conflitto esterno le cui esigenze erano già state individuate dalle Autorità militari nel 1937. E quindi appare che l'unica politica idonea e possibile per la vita dell'Impero, avrebbe dovuto essere quella che aveva condotto al «Gentlemen's Agreement» del 1937 ed all'accordo italo-inglese dell'aprile 1938. Le successive svolte politiche italiane posero l'Impero in situazioni difficili senza che vi fosse alcuno sforzo, e forse alcuna possibilità, di assicurare una strategia militare adeguata, particolarmente in uno scontro contro i due grandi Imperi Coloniali: francese ed inglese. Né, per varie circostanze, venne a mutare sensibilmente la situazione anche dopo l'armistizio con la Francia, se non poteva essere conseguito dall'Italia il dominio aeronavale del Mediterraneo Centrale ed Orientale. Scriveva, nel giugno 1940, nel suo «Diario di guerra» il Gen. Armellini: «anche nell'Impero, sebbene in minor misura, la situazione migliorerà. In minor misura perché l'Inghilterra, anche solo con la
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
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propaganda per fomentare la ribellione, potrà darci seri grattacapi" O>, e poi ancora: «Nell'A.O.I. - tolto Gibuti - la situazione è pure migliorata per quanto in misura minore dato il completo isolamento dell'Impero» <2>, ed infine, nell'agosto, «AI massimo alla fine dell'anno l'Impero sarà a terra, guai se non interviene prima la pace» <3). Dunque, l'intervento contro Francia ed Inghilterra poneva in gravissima situazione tutte le forze nelle nostre colonie; anche dopo la caduta della Francia, non vi era nel nostro Comando Supremo alcuna prospettiva di aprire, con una azione militare, le comunicazioni con l'Impero puntando al canale di Suez. Va detto, perciò, che l'impreparazione militare dell'A.O. a sostenere un conflitto era abbastanza naturale, date le incertezze e le oscillazioni della politica estera italiana tra il 1936 ed il 1939; essa, d'altra parte, trovava giustificazione nelle condizioni finanziarie italiane e nelle esigenze generali e locali, e scarse possibilità di correzione: essa postulava una politica di raccoglimento e non di avventure militari. Dunque, il nostro ingresso nel conflitto , nel giugno 1940, seppure con una strategia strettamente difensiva, poneva l'Impero di fronte a difficili alternative che potevano essere in qualche modo soddisfatte solo nel caso di una guerra sufficientemente breve: comunque, di durata non superiore ad un anno. Alcuni autori non hanno mancato di deplorare vistose deficienze della organizzazione militare o minori impegni di alcuni individui dinnanzi agli oneri del conflitto. Ma, si deve ritenere che spesso non siano state valuta~e appieno le cause di molte di tali deficienze, né gli sforzi fatti per appianarle con molta buona volontà durante il periodo della nostra prevalenza nel corso del 1940. È indubbio che non mancarono manchevolezze, errori ed episodi di minore impegno in un ambiente coloniale ancora in assestamento e che aveva visto il nostro ingresso nel conflitto con sorpresa, preoccupazione, spesso con disappunto. Ma quando, nel 1941, l'offensiva britannica investì le nostre più vecchie colonie, e (I)
ARMELLINI
Q. "Diario di guerra" - Milano 1946, pag. 24.
(2) Ibidem, pag. 45. (3) Ibidem, pag. 55.
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LE OPERAZION.1 IN AFRJCA ORIENTALE
l'intero mondo coloniale italiano in A.O.I., civile e militare, si rese conto della minaccia alla sopravvivenza della nostra Bandiera in quelle terre, che erano divenute anche fonte di vita, Quadri, gregari e gli stessi civili si sentirono tutti coinvolti e sostennero molto bravamente i sacrifici e le perdite di una guerra che diveniva via via più disperata e spietata(!). Nel corso della trattazione sono state indicate, sempre che possibile, le perdite subite dai nostri reparti nei singoli fatti d'arme. Ma mentre per alcuni cicli operativi difetta ogni dato relativo a varie unità, per altre non si hanno che indicazioni globali, mancando le segnalazioni giornaliere che solo i diarì avrebbero potuto fornire. Come già ricordato, l'Ufficio Storico è in possesso soltanto dei diari del comando scacchiere nord, fino al 28 febbraio 1941, e del comando truppe Amara, fino al settembre dello stesso anno. Le relazioni dei comandi delle varie unità operanti sono state compilate, in gran parte, al ritorno dei comandanti dalla prigionia sulla scorta di appunti e ricordi personali. Superfluo soffermarsi sulla difficoltà, per alcuni comandanti, di valutare le perdite dei coloniali. Anche nei riguardi dei nazionali, però, le particolari circostanze di guerra hanno consentito soltanto l'accertamento di dati parziali. Già in data 16 aprile 1941 il Comando Superiore FF.AA. del1' A.O.I. in un messaggio all'Ufficio Operazioni dello Stato Maggiore si esprimeva infatti nei seguenti termini: «I O difficoltà comunicazioni, scomparsa quasi totalità comandanti reparti , distruzione archivi, rendono incerte comunicazioni anche approssimative circa perdite nazionali; 2 ° su 50.000 nazionali alle armi!caduti ufficiali 170; truppa 3 .100; feriti ufficiali 340, truppa 4. 700; dispersi ufficiali 300; truppa 15.000 più 6.000 lasciati Addis Abeba per protezione popolazione bianca; (I) Sono ripomlli: -
nell'annesso n. 139, le Unità ed i Comandanti citati nei bollettini di guerra del Comando Supremo;
-
nell'annesso n. 140, le medaglie al Valor militare e gli altri riconosci rnenci concessi per fatti d'arrne avve nuti nel corso della guerra in A frica Orientale negli anni I 940 e 1941.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
475
3° in particolare: a) scacchiere nord: ufficiali morti 120, feriti 260, nazionali morti
3.000, feriti 4.500, su un complesso di 13.000 combattenti. I rimanenti 5.500 vanno considerati dispersi: in parte morti in parte prigionieri; b) scacchiere ovest: ufficiali morti 16, feriti 22; nazionali morti
50, feriti 80; e) scacchiere est: ufficiali morti 12, feriti 18, nazionali morti
30, feriti 70; d) scacchiere sud: nazionali morti 15, feriti 25; dispersi 454;
e) scacchiere Giuba: ufficiali morti IO, feriti 25; nazionali morti
18, feriti 20 - Amedeo di Savoia». Nello specchio sono riportati i dati approssimativi che si posseggono raggruppati per scacchiere. Essi hanno comunque un apprezzabile valore indicativo. Le perdite subite in molti combattimenti dicono di un comportamento delle unità nel complesso molto onorevole; le testimonianze avversarie circa i combattimenti ad Agordat-Barentù, Cheren, Gobuen, Uadarà, Gondar, ecc. attestano di resistenze accanite, là dove terreno e altre condizioni consentivano un confronto appena appena accettabile. La esiguità delle perdite spesso sostenute dalle unità britanniche testimonia come l'esito degli scontri sia stato spesso provocato dagli interventi di aerei ed artiglierie, nonché dalle manovre di elementi blindati e motorizzati sui fianchi di unità irrimediabilmente e strutturalmente poco mobili. Dopo il profilarsi dell'inevitabile sconfitta, poi, si dovevano verificare episodi determinanti di improvvise defezioni di interi reparti indigeni, che sconvolgevano le predisposizioni difensive e creavano situazioni insostenibili. Come si è indicato nella prima parte di quest'opera, le truppe coloniali costituivano, nel 1940-41, il grosso delle nostre forze in A.O.I. (circa il 75%).
PROSPETTO APPROSSIMA' SCACCHIERE
PERIODO
UJ Morti
Somaliland (1)
. . .
•
. Scacchiere Giuba (2) . Scacchiere Nord (2)
Scacchiere Est (2)
.
.
Dessiè .
Scacchiere DessièA. A/agi
120
idem
12
16-26/IV/41
3
A.A. Settore Toselli (4)
16
10
5
Settore Falagà . 16/IV17/V /1941
Settore Togorà (4)
Scacchiere sud (S) Scacchiere Ovest <6)
3-19/VIII/1940 11/VI/ 194015 /IV /1941 idem
1
•
Amara . .
Goggiam. merid.
11/VI/ 19406/V ll/ l 941
166
l l/VI/19406/VII/1941
92
14/111-23/V/1941
2 426
(1) Perdite subite nella conquista del Somaliland non incluse daJ Comando Superio re del 16 aprile, Vds. Pag 474. - (3) Radiocifra relativo alla giornata del 22 aprile; dispaccio allo S.M. dell'8 maggio indicò le perdite del ridotto dal 29 aprile al 7 magg (5) Valutazioni alle quali è addivenuto il gen. GAZZERA interrogando ufficiali e milita inclusi i prigionieri alla data del 16 aprile 1941, compresi i pochi dispersi, o prigionier aprile. - '*" Inclusi i prigionieri.
TIVO DELLE PERDITE NAZIONALI
fficiali
COLONIALI
Truppa
Feriti
Dispersi
46
-
260
Morti
Feriti
23
75
3000
Dispersi
1
Morti
Feriti
426
1409
Dispersi
33
4500 5500 ..
8
11
42
Dagli elementi in 20 9000•• possesso dell'Ufficio non si rilevano dati 70 neppure largamente approssimativi. 94 579•••
10
-
39
84
25
300•
18
18 30
-
77
118
118
2
1123
585
327
7486
9362
2469
210
2
502
789
465
3462
6399
574
8
27
-
302
864
-
4785
6244
8
703
-
re FF. AA. nel radiocifra del 16 aprile. - (2) Radiocifra del Comando SuperioDessiè cadde il 26; - (4) L'ufficio non possiede dati, il Duca d'Aosta in un ;io in 60 morti e 158 feriti. La resistenza dell'A. Alagi cessò il 17 maggio. ri di truppa dei singoli reparti. - (6) Dati tratti da relazioni varie. - • Sono i, del Galla e Sidama e dell'Amara. - •• Inclusi i prigionieri alla data del 16
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
477
In alcuni scacchieri esse furono chiamate ad operare lontano dalle proprie famiglie o costrette ad abbandonarle nel corso delle operazioni; in altri, mossero invece e combatterono coi familiari al seguito. Esse operarono bene inizialmente; ma quando apparve chiara la nostra debolezza, difficilmente evitabili furono le diserzioni in massa, nel primo caso; grave impedimento, nel secondo, derivò invece alla libertà d'azione dei comandi che, pur se videro il fenomeno della diserzione alquanto limitato, ebbero tuttavia frenata ed ostacolata ogni possibilità di movimento dalla presenza di una folla di donne, di vecchi e di bimbi che si tramutava non di rado in una vera accozzaglia di cenci e di piaghe. Tragica situazione per comandanti grandi e piccoli, costretti ad impiegare uno strumento fragilissimo e di estrema delicatezza di cui non potevano prevedere le mutevoli reazioni nelle varie, spesso tragiche, circostanze che essi dovettero fronteggiare. Il contrasto fra la ricchezza .dei mezzi nemici e la povertà dei nostri, prima, e il terrore di rappresaglie da parte del restaurato potere del Negus, poi, andarono gradualmente determinando la sfiducia nell'efficacia dei nostri prolungati tentativi di resistenza. I nostri ascari, laceri e non protetti dalle piogge, furono, durante l'offensiva britannica, mal nutriti (i viveri scarseggiavano ed arrivavano con la irregolarità imposta dalle pessime condizioni della viabilità), depressi e esasperati dalla persistente e non controbattuta azione aerea nemica e dallo stillicidio continuo di perdite lungo le insidiate retrovie; e, infine, anche malcontenti per le paghe corrisposte in una moneta cartacea che, a poco a poco, perdeva ogni suo valore. Su individui inclini per natura allo scoraggiamento ed alla suggestione come gli ascari, trovavano facile presa gli incitamenti alla defezione che il nemico rivolgeva loro con ogni mezzo, contrapponendo, in particolare, al trattamento che essi ricevevano da noi quello di cui fruivano i disertori. I disertori stessi, rivestiti a nuovo, venivano spinti fin presso ai nostri reparti ed esaltavano a gran voce coi megafoni, i privilegi della conseguita abbondanza. Oltre alle notizie relative ai molti mezzi mecqmizzati ed agli aerei nemici pronti a muovere dai territori già occupati, alle condizionate promesse di perdono diffuse dal Negus a mezzo di emissari e di manifestini lanciati dagli aerei ed alla abile propaganda britannica, che attribuiva alla nostra inutile resistenza i danni che le popolazioni
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
subivano in conseguenza della guerra e le privazioni cui erano costrette dall'incapacità di acquisto della nostra moneta, concorrevano, ad accrescere la generale sfiducia, le frequenti azioni aeree nemiche su tutte le località ove risiedevano nostre truppe o comandi; incursioni che, per mancanza di mezzi contraerei, rimanevano senza alcuna reazione da parte nostra. Gli ufficiali, nonostante la inesperienza di molti e le privazioni cui furono assoggettati, si sforzarono fino all'ultimo di arginare la dissoluzione dei rispettivi reparti, ma essi stessi fatalmente finirono con l'operare più per una meccanica, per quanto nobile, concezione del dovere, che per la ragionata convinzione che nel loro sacrificio vi potesse essere qualche speranza di utilità o di successo. Fra le truppe coloniali, l'orientamento alla defezione, che si manifestò dapprima in individui isolati, coinvolse, poi, interi drappelli di forza progressivamente sempre maggiore. La truppa indigena abbandonò i reparti spesso insieme ai propri graduati, asportando le armi automatiche, i viveri e le munizioni; talvolta, rientrata nei rispettivi territori, si unì, più o meno spontaneamente, alle bande dei capi ribelli più autorevoli. Quanto ~opra non deve essere inteso come accusa rivolta contro le nostre truppe di colore che, nel complesso, resistettero e combatterono più a, lungo di quanto la grave situazione potesse far sperare, ma bensì come necessaria messa a punto per chi voglia, più o meno ingenuamente, indugiare in raffronti aritmetici tra dati di forza in realtà non comparabili. Reparti di formazione e complementi tratti da popolazioni locali, dopo appena tre anni e mezzo di sudditanza italiana, servirono con fedeltà, nonostante le gravi privazioni e pagarono largo tributo di sangue, adattandosi alla lunga durata delle operazioni, aUe ripercussioni logistiche e familiari di esse e ai vari aspetti di una guerra cui l'intervento di masse di artiglieria, carri e aviazione conferiva un aspetto che essi non avevano mai prima di allora conosciuto. Ci abbandonarono, in parte e molti a malincuore, a mano a mano che i loro paesi natali vennero invasi e ci abbandonarono sovrattutto per sfuggire al temuto eccidio da parte dei ribelli, che desiderosi di acquistar benemerenze agli occhi del dominatore di domani, terrorizzavano gli indigeni con la loro ferocia. Pur considerando le nostre
C'ONS I OERAZION I CONCI.USI VE
479
forze destinate a soccombere, perché senza aerei, senza carri armati, senza mezzi anticarro e contraerei, gran parte dei soldati coloniali combatterono fino all'ultimo con disperata ed eroica fermezza contro il nemico esterno e contro i loro fratelli ribelli; ben pochi furono i disertori che spontaneamente rivolsero le armi contro di noi. Nobilmente descriveva la tragica situazione il comandante truppe Amara, nella sua relazione, accomunando nazionali e indigeni: «con truppe mal nutrite, male equipaggiate e quasi scalze; con reparti indigeni non sempre regolarmente pagati; con poche armi automatiche in gran parte guaste, con pseudo carri armati di ... brevetto locale, con artiglierie vetuste e logore e munizioni vecchie e scarse (dei proiettili ne scoppia uno su tre), senza armi anticarro, con pochi mezzi di trasporto, con carburanti alchimiati, senza aerei, con pane nero grumoso e fermentato, con màgazzini semivuoti, senza tabacco, senza notizie dei familiari, isolati e circondati dal nemico e dall'incessante insidia ribelle, la difesa attorno all'ultimo Tricolore italiano è pervasa ancora da profonda dedizione al dovere». Il comportamento dei reparti coloniali inoltre fu piuttosto difforme: eccellente· nei reparti di più vecchia costituzione, di grandi tradizioni, bene inquadrati e guidati da uomini capaci; scadente nei reparti costituiti affrettatamente per mobilitazione, con personale di inquadramento e con reclutamenti meno idonei. Tutti erano poi armati piuttosto debolmente; mancò l'orientamento alla costituzione di Grandi Unità miste di nazionali e coloniali che realizzassero un coordinamento permanente interarma ed una sana emulazione fra le diverse unità, così come avveniva nelle Divisioni britanniche. Anche per quanto si riferiva alle unità nazionali, è stato accennato come i risultati della mobilitazione fossero piuttosto deludenti, sia sul piano quantitativo sia su quello qualitativo; vi furono accuse di un eccessivo numero di esoneri e di scarsa solidità di reparti camicie nere, di operai e civili richiamati. Tuttavia, senza escludere che vi possano essere stati casi isolati di violazione delle norme, si deve ritenere che le generalizzazioni conseguenti siano del tutto ingiustificate. In realtà, la continuazione delle attività civili essenziali rivestiva in A.O.I. carattere di assoluta necessità anche per la prosecuzione di uno sforzo militare; in secondo luogo le risorse umane disponibili,
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LE OPERAZIONI IN AFRJCA ORIENTALE
particolarmente nei nazionali, erano assai circoscritte e non suscettibili di scelte; infine, va riconosciuto che furono mobilitate cifre ingenti di uomini, superandosi di gran lunga i limiti di 300.000 uomini della «Armata Nera» stabiliti da Mussolini. Si raschiò, insomma, il «fondo del barile»; ma non si potè in tal modo rimediare ad una situazione di scarsa efficienza operativa determinata da una indisponibilità di mezzi idonei a sostenere una guerra moderna contro un nemico che ne disponeva con larghezza. Quale fosse effettivamente la situazione nell'aprile del 1941 e quale apparisse ai nostri Quadri in quel momento appare in modo sintetico ed espressivo nella già citata lettera personale di un ufficiale del Comando Superiore in AOI all'amico in servizio a Roma (1>. In pratica, le unità nazionali di buona efficienza furono solo alcune unità permanenti della Milizia e le due Divisioni binarie: «Granatieri di Savoia» e «d'Africa», nonché le unità di artiglieria e del genio e di altre specialità. Le unità della Divisione «Granatieri di Savoia» furono l'anima della resistenza a Cheren e Ad Teclesan, assai onorevole e lodata dagli stessi avversari; le deboli unità della DivisioQ.e «d'Africa» furono impiegate a spizzico a Combolcià, Amba Alagi, Sciasciamanna. Anche se i risultati furono negativi non si possono elevare appunti sul comportamento di unità che ebbero pesanti perdite in tanto difficili circostanze. In una pregevole «miniatura» della seconda guerra mondiale, edita sotto l'egida della Oxford University Press, si dà, in tema di squilibrio dei mezzi e delle risorse, efficace risalto ad alcuni concetti, che nessuno può contestare, se non per esigenze di contingente propaganda; concetti che si riportano qui di seguito, in stralcio, coi loro riferimenti a cicli operativi che ebbero rapido corso e grande risonanza in occidente e in oriente: «Il disastro polacco fu male inteso a suo tempo e le vittime bia. simate immeritatamente. Esso avrebbe dovuto insegnare due cose: primo che contro carri armati ed aeroplani, truppe prive di appro(1) Lettera s.d. del Magg. re, documento n. 133.
FALLACI
al Col.
F ERRARA
del Ministero A.I. - Ufficio Milita-
CONSfDERAZION I CONCLUSIVE
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priate armi di difesa, per quanto valorose e numerose, sono soltanto delle pecore da macello ... » . . . . «I tentativi di tener le fortezze e di condurre campagne senza aviazione fallirono in modo disastroso: Hong-Kong, Malaya e Singapore furono successivamente per·dute in tal modo e i Giapponesi conquistarono le Indie Orientali_Olandesi, il resto di' Borneo, le Filippine, le Andamane e la Birmania» ... <1>. Il ricordo di questi avvenimenti «male intesi a suo tempo» induca il lettore a meditare sulle nostre vicende in Africa. Il suo raccoglimento sarà anche onore reso ai nostri caduti e combattenti, nazionali ed indigeni in A.O.I.. Contestate, quindi, alcune critiche di carattere generale in merito a quanto avvenuto in A.O.I., sembra di interesse cercare risposta ad alcuni quesiti relativi alla sua condotta strategica ed operativa, quali: poteva l' A.O.I., nel 1940, costituire un trampolin_o offensivo per successi significativi, particolarmente nel Sudan; ed a quali Comandi può farsi risalire la responsabilità della strategia di attesa allora seguita? poteva, nel 1941, la nostra difesa essere condotta diversamente ed essere protratta più a lungo, e fino a quarido? quali i fattori ed i momenti che più incisero sull'andamento delle nostre operazioni? Ebbero, e quale, incidenz.a determinante manchevolezze ed errori, o ~ddirittura quelli che furono chiamati «i tradimenti» di incerti, deboli, od oppositori del regime? In merito al primo quesito, è stato affermato, specie da autori britannici, che i nostri Comandanti in Africa Orientale siano stati gravemente colpevoli di non aver-perseguito, nel 1940, una strategia offensiva verso il Sudan ed il Kenia; altri, in Italia, li hanno accusati di aver sperperato risorse nella offensiva del Somaliland. Al riguardo va detto, prima di tutto, che nel corso del 1940, il Comando Supremo italiano, nelle persone di Mussolini e di Badoglio, esercitò uno stretto ed esclusivo controllo sulle decisioni di ordine strategico. (I) A Miniature History o/ the War by R. C. K. E NZOR, Oxford University Press, London Humphrey Milford, 1945.
482
f LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTAI.E
Sicché non si possono attribuire ai Comandanti in A.O.I. responsabilità per una strategia strettamente difensiva e limitata ad operazioni di esclusivo valore politico e propagandistico, che fu scelta esclusiva del Governo e dell'Alto Comando di Roma. Nella situazione politica e militare dell'estate 1940 il Comando Superiore delle Forze Armate nell' A.O.I. non poteva che adeguarsi a tali direttive che, del resto, rispondevano ad una situazione effettiva di scarsa preparazione a sostenere un conflitto. Sicché, nella situazione di attesa di una fine imminente della guerra in Europa e di isolamento del!' Impero, tutte le operazioni decise rispondevano essenzialmente alla esigenza politica di conseguire qualche esito positivo nella «guerra parallela», ma evitando di esporsi ad insuccessi e di affrontare onerosi consumi che potessero incidere sulla autonomia difensiva. Indubbiamente anche il Comando Superiore di Addis Abeba era soprattutto dominato dalla preoccupazione del controllo dell'immenso Paese e riteneva necessario mantenere una strategia che evitasse ogni eccessivo impegno; la decisione del conflitto doveva essere conseguita·in Europa; in A.O.I. occorreva tener duro il più a lungo possibile evitando ogni avventura ed ogni sforzo. È vero che, sebbene si sia teso sempre a sopravvalutare la consistenza delle forze avversarie, nel corso dell'estate 1940 sia il Comando Superiore di Addis Abeba sia i Comandi Scacchiere ebbero conoscenza dello stato di inferiorità britannica nel Sudan e nel Kenia ed ebbero a considerare la possibilità di esercitare sforzi offensivi.
Tuttavia questi finirono per essere esclusi non tanto per le possibilità difensive nemiche, quanto per le difficoltà di ordi~e logistico nel superamento di grandi distanze in ambienti difficili con forze numerose e potenti, e soprattutto per le difficoltà che sarebbero insorte successivamente quando l'avversario avrebbe potuto far affluire forze da varie parti del suo Impero, mentre le nostre non avrebbero potuto essere alimentate che a grande fatica. Né a Roma fu mai concretamente vista, prima ed a conflitto iniziato, la possibilità di una combinazione di spinte verso il Sudan con altre dalla Cirenaica verso il Canale di Suez.
CONSIDERAZ ION I CONCLUSIVE
483
Tanto meno si ritenne conveniente operare offensivamente nel Kenia, verso il porto di Mombasa, il cui possesso non avrebbe conferito maggiori possibilità di azioni marittime nell'Oceano Indiano, data la indisponibilità di forze navali. Sicché, oltre a quello di conseguire qualche successo di prestigio con favorevoli ripercussioni internazionali e soprattutto locali - ai fini del consolidamento del controllo interno - l'unico obiettivo concreto delle nostre operazioni a breve raggio fu quello di privare l'avversario di possibili basi di partenza per sue ·spinte offensive, immancabili dopo la mobilitazione délle sue forze imperiali. A tale obiettivo rispose l'occupazione del Somaliland, che integrava la neutralizzazione di Gibuti a seguito dell'armistizio con la Francia. Nei riguardi del Sudan ci si accontentò di portarsi nel Bassopiano, a Cassala, quando veramente efficace sarebbe stata la _occupazione di Atbara e del nodo ferroviario di Jahia Junction, come caldeggiato dal Comando scacchiere nord. Ma, l'inattività imposta da Roma per tutto il mese di giugno e gli orientamenti generali per una priorità al settore Gibuti dovevano far trascorrere il tempo utile per una offensiva nel Sudan prima delle grandi piogge. D'altra parte una tale operazione non avrebbe potuto essere improvvisata ed avrebbe richiesto almeno una preparazione di 30 giorni; essa avrebbe quindi dovuto essere disposta ancora prima dell'inizio del conflitto, per essere condotta con le forze previste e contro un avversario della entità supposta. Essa avrebbe forse potuto essere affrontata immediatamente solo se le informazioni sulle forze britanniche fossero state più aderenti alla situazione e soprattutto se fossero state a piè d'opera le forze motorizzate e relativamente moderne, che erano invece nell'Hararino e ad Addis Abeba. Sul fronte Keniota la vasta distesa di aree difficili nell'Oltregiuba venne ritenuta sufficiente a salvaguardare da offese avversarie, allora poco probabili. In conclusione, oltre a non vedere l'utilità di impegni offensivi, fu trascurata la possibilità di impedire all'avversario di poter aumentare a volontà le sue forze nel Sudan e nel Kenia, attraverso Porto Sudan e Mombasa.
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LE OPERAZIONI fN AFRICA ORIENTALE
Peraltro, l'interdizione dell'uso dei due porti con investimenti via terra o con operazioni aeronavali avrebbe dovuto essere concepita e preparata convenientemente, in anticipo e fin dal tempo di pace. Nell'estate 1940 tali operazioni non vennero nemmeno considerate nella strategia strettamente difensiva dell'Alto Comando di Roma; né, dati la situazione generale ed il tempo disponibile prima delle grandi piogge, può farsi appunto al Comando Superiore di Addis Abeba se esso si è limitato alle operazioni effettivamente eseguite. Sembrano anche ingiustificate le critiche rivolte per aver compiuto le operazioni nel Somaliland. Premesso.che nel luglio e agosto 1940 le condizioni climatiche non avrebbero consentito di svolgere le operazioni nel Sudan, l'impiego delle forze nel Somaliland rispondeva all'obiettivo di garantirsi sulla direttrice che si sapeva preferita dall'avversario (Gibuti-Addis Abeba); essa ebbe a conseguire tutti gli scopi che si riprometteva. Il fatto che diede luogo a combattimenti ed a consumi piuttosto onerosi non infirma la validità della decisione; ma piuttosto fu indicativo nei riguardi delle particolari debolezze delle strutture operative e logistiche delle nostre forze militari in A .O. I. e dei provvedimenti che sarebbero stati necessari per ovviarvi. Va detto però che, se questi furono avvertiti, mancò la possibilità di provvedere in qualche modo. Il momento in cui si sarebbe potuto assumere una iniziativa offensiva, dinnanzi ad un dispositivo avversario ancora piuttosto asfittico, avrebbe potuto essere quello immediatamente successivo altermine delle piogge, nel settembre-ottobre 1940; ma allora si facevano già sentire quelle deficienze in aerei, carburante e pneumatici, che mineranno in maniera crescente ogni possibilità operativa; né Roma sentiva o poteva fare di più nel momento in cui ci si avventurava nell' impresa contro la Grecia. Dunque, una strategia decisamente offensiva non è mai stata contemplata né poteva essere perseguita dai Comandanti sul posto; nella si.tuazione del 1940 non era considerata a Roma nemmeno necessaria e conveniente, anche se temuta dai Britannici, inizialmente altrettanto impreparati ad un conflitto quanto i loro avversari. Lo sviluppo dato ad operazioni eccentriche se pur di modesta portata costituì indubbiamente un dispendio di mezzi e di materiali;
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ma soprattutto, condusse ad una dispersione di forze e ad una strategia di difesa "periferica" che risulterà negativa successivamente perché il conflitto non si concluse in breve tempo come ci si aspettava. Non si può, peraltro, considerare del tutto negativa l'azione verso il Somaliland che aveva lati positivi: sia per la utilizzazione delle for ze ivi dislocate in un momento non idoneo ad altre imprese, sia per la negazione di possibilità offensive avversarie su una linea di operazioni particolarmente pericolosa, sia per le favorevoli ripercussioni sulla stabilità interna. Consideriamo ora il secondo quesito: nel 1941 poteva la difesa dell' A.O.I. essere maggiormente protratta seguendo una diversa strategia difensiva? Ed in caso positivo, fino a quando? A chi la responsabilità della condotta strategica seguita in quell'anno? A fine 1940 la guerra italiana volgeva decisamente al peggio in Albania, in Africa Settentrionale e nel Mediterraneo, né si era realizzata l'attesa vittoria tedesca in Europa; gli avvenimenti in Africa Orientale subivano anch'essi le ripercussioni di tale situazione. Tuttavia, poiché in quel momento non erano prevedibili né l'attacco tedesco alla Russia né quello giapponese agli Stati Uniti, si poteva ancora pensare ad una sicura vittoria tedesca in Europa. Ma, per le nostre forze in A.O.I., dato il loro isolamento, si poneva il problema di prolungare la difesa fino a che tale successo non fosse stato conseguito. Non vi è dubbio che, come si è già accennato, non esistevano in A.O.I. le condizioni che consentirono al generale von LettowVorbek di condurre una resistenza pluriennale nell'Africa Orientale tedesca nel corso della I Guerra Mondiale; ostavano: le condizioni di insicurezza interna in una terra recentemente conquistata; i caratteri della nostra presenza consistente di militari e civili; le possibilità di azione strategica a noi conferita dalla nostra presenza nel Corno d'Africa. Poiché la Gran Bretagna avrebbe sicuramente mobilitato le sue forze imperiali per eliminare la nostra minaccia alle sue comunicazioni nel Mar Rosso, il problema era di poter arrivare a mantenere il controllo delle aree vitali e strategicamente importanti almeno fino al periodo delle grandi piogge dell'estate 1941, che avrebbero rinviato ogni possibilità di offensiva avversaria alla fine di quell'anno.
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D'altra parte non sarebbe stato possibile, in ogni caso, prolungare oltre una resistenza che trovava i suoi limiti nella autonomia logistica di un anno, che era stata sempre l'obiettivo di Roma e di Addis Abeba e che, del resto, non era mai stata conseguita. Poiché il conflitto non ebbe a concludersi nel corso del 194 J si deve quindi ritenere che la nostra resistenza non avrebbe potuto protrarsi oltre e che, in ogni modo, l' A.O.I. sarebbe andata perduta. E' vero , peraltro, che nel corso di quell'anno l'ingresso di Russia, Giappone e Stati Uniti nel conflitto ebbe a mutare sensibilmente il quadro della guerra; una resistenza ancora in atto nell' A.O.I. avrebbe potuto indurre a sforzi maggiori dei Paesi del Tripartito verso il Medio Oriente e l'Oceano Indiano per sostenerne e sfruttarne l'ulteriore difesa. Vale, a tale riguardo, ricordare come la persistente difesa nel Galla e Sidama e nell'Amara sia stata galvanizzata dalle speranze diffuse in quei territori a seguito dei successi delle Armate italotedesche in Grecia ed in Africa Settentrionale. Si tratta, comunque, di ipotesi che non potrebbero trovare conferma; ciò che invece rimane fermo è il fatto che vi fu qualche possibilità di protrarre la difesa fino all'autunno 1941 e che invece l'offensiva britannica conseguì il suo successo strategico a fine aprile 1941, e lo completò entro il maggio con l'eliminazione del presidio dell'Amba Alagi e la realizzazione della continuità delle comunicazioni sul grande asse Mogadiscio-AddisAbeba-Massaua. In verità le resistenze condotte ancora nel Galla e nell'Amara, pur così eroiche e gravide di sacrifici onerosi, non dovevano avere sensibili ripercussioni di ordine strategico eccetto che impegnare, per qualche tempo, due divisioni avversarie. Non si può negare, quindi, il successo britannico nel conseguire una conclusione in Africa Orientale prima dell'inizio delle piogge dell'estate 1941 e, quindi, il fallimento parziale della nostra strategia difensiva. Circa l'attribuzione delle responsabilità per questa strategia, va notato come, verso la fine del 1940, le relazioni fra Roma e Addis Abeba mutassero notevolmente. Roma era impegnata altrove e non poteva fare nulla per sostenere la resistenza in A.O.; il Comando Su. periore delle nostre forze in questo teatro, in pratica, era lasciato libero di agire come ritenuto militarmente più opportuno e conveniente.
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Per la prima volta, nel dicembre 1940, esso emanava direttive senza una preventiva approvazione. Ma a questa maggiore libertà di manovra non corrispose ad Ad dis Abeba una volontà decisa di assumere decisioni; in rcaltù, nessuno sentì l'animo di fare scelte che significassero l' abbandono di vasti rerritori e la impostazione di battaglie difensive su posizioni arretrate. ben definite e con un impegno totale delle forze; si preferì. così, una strategia di «attesa». In primo luogo tutti erano prioritariamcnlc preoccupati dei problemi interni; ed in secondo luogo, pur avvertendo il rafforzarsi delle forze avversarle al confini, non ci si rese conto. forse, delle pos~ibilitù operative di Gntncll Unità mobili e potenti, bene sostenute dal fuoco terrestre ed aereo e da un sistema logistico efficiente. In realtà la penetrazione sugli assi principali della avanzata britannica sarù assicurata da poco più di 2 Divisioni su quello crit reo cd altrettanto avverrà su quello somalo. Come d'altronde avvenne in Africa Settentrionale, dove strutture più ricche di uomini n~a povere di mezzi e di risorse dovevano crollare di fronte ad uno strumento bellico più dotato non solo in quanto a mezzi ma anche per organizzazione cd ackkstra111e1110. In pratica, di fronte all'offensiva imminente, nota nelle sue dimensioni e attesa, di massima, nei momenti e nelle direzioni , non venne definita una precisa strategia di fcnsivn. Nella convinzione di realizzare cosl il massimo risparmio di forze e di mezzi si pensò di condurre resistenze difensive alla estrema periferia, reiterarle lungo le difficili e lunghe vie di accesso, ed infine, eventualmente, irrigidirsi nei «ridotti» da costituire presso ciascun scacchiere. La condotta difensiva subirà sempre, poi, le conseguenze di decisioni tardive e della volontà di resistere il più avanti possibile, anziché là dove il terreno ed una più equilibrata valutazione delle possibilità operative, riostre ed avversarie, avrebbero consentito di condurre le operazioni con maggiori possibilità di successo. Avvenne così che i ripiegamenti e l'abbandono di popolazioni e di territori dovettero farsi ugualmente in difficili condizioni, mentre le resistenze vennero condotte sempre in condizioni di inferiorità e con margini insufficienti di tempi di movimento e di organizzazione.
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Nello scacchiere nord il solo ripiegamento da Gallabat avvenne con pieno successo; quello da Cassala anticipò l'attacco avversario di due giorni, ma ciò costituì un ben magro vantaggio se al terzo giorno di ripiegamento parte delle nostre forze era già superata. Si voleva in un primo tempo affrontare la battaglia difensiva nel Bassopiano; poi, dopo molte tergiversazioni, si decideva di ripiegare sulla linea Cherù-Aicotà, ed «eventualmente» su quella AgordatBarentù. Ma l'occupazione della prima lasciava a desiderare poiché il presidio delle posizioni troppo arretrate in zona di Aicotà, sulla direttrice meridionale, consentiva ai Britannici di manovrare lungo la trasversale Aicotà- Biscia e di cadere alle spalle delle forze in ripiegamento da Cherù sull'itinerario settentrionale. Mancava un controllo efficace dell'avversario e qualsiasi manovra reattiva da parte delle forze disponibili a Biscia; anzi l'arretramento di queste forze su Agordat significherà l'isolamento delle unità dislocate a Barentù. In effetti la ritirata delle Divisioni 2a e 4a su Agordat e Barentù è stata condotta senza un efficace coordinamento e con reciproco danno. Le perdite erano state, peraltro, ancor_a limitate e le unità avevano alfine ripiegato sulle posizioni, che tutti avevano dichiarato doversi difendere «ad oltranza». Ma, in verità, non si vede quale corretta strategia potesse prevedere una divisione di forze quasi eguale fra le due località, quando Barentù, senza comunicazioni a tergo eccetto quella per Agordat, costituiva solo un avamposto rispetto a quest'ultima località. Agordat era la sola posizione chiave e la sua difesa avrebbe dovuto essere accuratamente predisposta, organizzata, e sostenuta con forze prevalenti. Ciò invece non· avvenne, ed in effetti la battaglia difensiva prevista .dal Comando scacchiere nord era già compromessa a fine gennaio con la perdita di Agordat e di Barentù e di una aliquota assai elevata di uomini (oltre 16.000) e mezzi, quali: 96 pezzi, 15 carri L e 9 carri M, 44 aerei. In realtà la posizione di Cheren, era stata già considerata come facente parte del «ridotto», ma soprattutto come idonea e conveniente per l'arresto di provenienze dal Nord, mentre la difesa da Ovest era stata vista sempre ad Agordat ed a Barentù come collegamento
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verso il Setit-Tacazzè; la organizzazione della difesa di Cheren, ai primi di febbraio 1940, fu, quindi, quasi completamente improvvisata ed assunta da forze sopraggiunte appena in tempo. La battaglia di Cheren testimonia della tenacia, della fede e del valore dei Comandanti locali e delle truppe; ma, se non mancava nel Comando Superiore la visione della sua importanza essenziale, non fu pari l'impegno a garantire tutti gli sforzi idonei a sostenerla. Essa testimonia la volontà caparbia di mantenersi sulle posizioni e di riconquistarle quando perdute; ma mancherà qualsiasi disegno di manovra controffensiva che potesse risolvere favorevolmente il confronto. Proprio gli insuccessi su altri fronti (somalo, hararino) avrebbero dovuto indurre il Comando Superiore a ripiegare da tutte le altre aree per tenere a Cheren, dove invece rimarrà a contrastare le due Divisioni britanniche un solo reggimento nazionale rinforzato. Il 10° Reggimento «Granatieri di Savoia» giungerà troppo tardi e sarà sacrificato ad Ad Teclesan; la Divisione «d'Africa» sarà impiegata sull'Auasc ed a Combolcià (Dessiè) con scarso costrutto. In ultima analisi, le forze dello scacchiere nord furono battute frazionatamente, in successivi combattimenti: a Cherù, ad Agordat e Barentù, a Cheren, a Ad Teclesan, a Massaua. Cherù fu un episodio minore che metteva in rilievo tutte le nostre deficienze in materia di collegamenti, di servizi informativi e di sicurezza; ad Agordat-Barentù si unirono ai fattori di carente organizzazione della difesa quelli della inferiore potenza e mobilità dei mezzi e delle unità; a Cheren, grazie ad un terreno più favorevole, le nostre unità furono ad un passo dal respingere definitivamente l'avversario, almeno per quella stagione; nelle altre due località, ci battemmo in condizioni ormai del tutto compromesse. Un fattore rilevante dei successi avversari fu la crescente superiorità aerea; ma sembra si possa dire che una maggiore consapevolezza della nostra inferiorità a sostenere un confronto nei terreni del Bassopiano avrebbe certamente potuto suggerire fin dal primo momento di impostare una seria battaglia difensiva su posizioni forti dell'Altopiano. Analoghe incertezze nella strategia difensiva avvennero nello scacchiere Giuba attenuando le nostre già deboli possibilità difensive;
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infatti: si rafforzarono prima le difese di Chisimaio, poi le si abbandonò senza combattere; si decise e si lavorò alla costruzione del «ridotto» di Mogadiscio e poi si preferì dichiararla «città aperta»; si affrontò una battaglia difensiva sul Giuba sapendo di non poterla sostenere con qualche successo nella stagione secca; si trascurarono le possibilità di lunghi tempi di arresto e di forte logoramento che avrebbe potuto avere una prolungata difesa di una piazza alle spalle di un nemico avanzante (si pensi alla difesa di Gaeta nel 1861, od a quella di Tobruk da parte degli Inglesi nel 1941). All'errore di una strategia di «attesa periferica», cui il Governo di Addis Abeba fu indotto dalla esigenza di evitare una espansione della ribellione ed il crollo del morale delle nostre unità coloniali, si unì poi una insufficiente azione di Comando nel corso degli avvenimenti. In pratica, ogni scacchiere condusse la sua battaglia ed il Comando Superiore non seppe o non fu in grado di esercitare alcuna manovra delle forze né di intervenire mai, in qualche modo, in una battaglia che non seguiva affatto i lineamenti previsti. In effetti, l'unica decisione di rilievo del Comando Superiore fu quella di abbandonare l'idea del «ridotto centrale» di Addis Abeba per consentirvi la resa protetta dei civili nazionali, trasferendo il Comando nell'area Amba Alagi-Dessiè la cui difesa avrebbe dovuto integrarsi con quella dell'Amara, mentre un'altra aliquota delle forze andava a raccogliersi nello scacchiere sud: decisione tardiva non destinata a mutare il corso degli eventi ma, semmai, a sottolineare solo quanto la situazione fosse ormai disperata ed al di fuori di ogni nostro possibile intervento. Anche la condotta della difesa nello scacchiere sud, per quanto ispirata a pur lodevoli intenti di manovra, vedeva il tentativo di resistere su posizioni «periferiche» e ritardi nelle decisioni di raccogliere le forze su posizioni meno estese e più forti per natura. Sicché una difesa intelligentemente pianificata e organizzata è riscontrabile solo nella regione Amara, dove fu condotta con successo dal gen. Nasi fino al tardo autunno del 1941, indubbiamente anche per l'eccentricità della regione e per le più favorevoli condizioni offerte dal terreno.
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Nonostante le affermazioni britanniche, nella realtà, fino al marzo 1941 la ribellione interna non costituì mai una minaccia paralizzante per le nostre forze, se non in via indiretta in quanto ne mantenevano impegnata una larga proporzione; essa si sviluppò decisamente solo quando i successi esterni britannici rivelarono alla popolazione ed alle stesse nostre forze coloniali come il nostro potere andasse esaurendosi. Sembra quindi di poter dire che Addis Abeba avrebbe potuto risolvere meglio i suoi problemi dando effettiva priorità all'arresto dell'offensiva dal Sudan con un impegno tempestivo e coordinato delle unità più solide ed attrezzate nelle battaglie di Agordat, prima, e poi di Cheren; e limitandosi a contenere quella del Kenia facendo il vuoto dinnanzi ad essa e predisponendo il ripiegamento sull'Altopiano etiopico. Comunque, una volta delineatesi le proporzioni dell'offesa avversaria e le difficoltà di una difesa nei termini prima previsti, il Comando Superiore avrebbe dovuto affrontare con più decisione gli eventi, cercando di anticipare ripiegamenti che dovettero essere eseguiti sempre sotto la pressione avversaria. Non sono mancate critiche ai Comandanti degli scacchieri, che tesero ciascuno a vedere esclusivamente le proprie esigenze; ma va detto che ciò non può essere loro troppo rimproverato quando acl ognuno continuava ad essere attribuito il compito di salvaguardare ad oltranza la nostra presenza su tutti i territori e la salvaguardia dei propri «ridotti» e delle proprie popolazioni ed attività civili. Rivelatisi i limiti delle possibilità operative delle nostre forze coloniali negli scontri del dicembre '40 e del gennaio '41, il Comando Superiore di Addis Abeba avrebbe dovuto ripensare tutta la nostra strategia ed assumersi il peso di drastiche decisioni, anche se difficili, specie sul piano politico, ed impopolari. Va detto però che, se è vero che una strategia più lungimirante e decisa nonché una condotta più energica avrebbe forse potuto protrarre fino all'autunno del 1941 la nostra resistenza su posizioni vitali dell'A.0.1. creando qualche maggiore preoccupazione per i Britannici, questa resistenza non avrebbe potuto essere protratta assolutamente oltre tale limite senza una contemporanea azione offensiva nel
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Mediterraneo Orientale ed un deciso rafforzamento della forza aerea disponibile nel Teatro, che avessero permesso di por termine all'isolamento delle nostre forze nel Corno d'Africa. Nel quadro complessivo del conflitto, la resistenza condotta dalle nostre unità in Africa Orientale non ebbe mai alcun concorso da parte esterna; anzi, gli avvenimenti della fine anno 1940 in Europa e nel Mediterraneo, ne fecero precipitare le prospettive. Essa invece fornì un concorso sensibile, anche se non decisivo, a favore della guerra nel Mediterraneo impegnando un certo numero di buone Divisioni anglo-indiane e sudafricane, che Winston Churchill avrebbe voluto portare nel Nord Africa ed in Grecia. Oltre che per le complicanze di ordine politico e per le difficoltà di ordine materiale e logistico, i nostri Comandi ebbero a vedere le loro decisioni influenzate negativamente da un funzionamento poco soddisfacente dei Servizi Informativi. Di volta in volta: stime eccessivamente ottimistiche o pessimistiche; conoscenza insufficiente o nulla delle dislocazioni e dei movimenti avversari; apprezzamenti errati degli intendimenti e delle concrete possibilità. Ai livelli inferiori di Comando concorrevano molteplici fattori, quali: la crescente inferiorità aerea; la scarsa cura rivolta al funzionamento dei Servizi Informativi Operativi; la deficienza organica di mezzi di collegamento efficienti. Per quanto si riferisce ai maggiori livelli di Comando, pur disponendosi di notizie abbastanza accurate sugli ammassamenti delle forze avversarie, vennero a mancare spesso accorte valutazioni delle loro effettive possibilità. È indubbio che gli avvenimenti in A.O.I., seppure indirizzati in larga misura dalle condizioni generali, furono anche influenzati - soprattutto nel dettaglio - dalle decisioni e dalla personalità degli uomini al vertice del Governo Generale e degli Scacchieri. Un fattore che ebbe largamente ad influenzare le decisioni locali fu il fatto che tutti erano consapevoli che la loro fortuna personale dipendeva più dal beneplacito del Capo del Governo e dei suoi fiduciari politici che dai meriti professionali, e si preoccupavano delle ripercussioni dei loro atti sul piano politico e personale.
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I Governatori, e successivamente i Comandanti di Scacchiere , erano dipendenti, per gli affari ordinari, dal Ministero dell'Africa Italiana, cioé dal Ministro Teruzzi; dati gli ampi spazi e le diversità regionali , tutti tendevano ad accentuare la lo ro autonomia ed a vedere esclusivamente i propri problemi, che la commistione di aspetti civili e militari, politici ed economici, rendeva generalmente piuttosto complessi. Per quanto si riferisce in particolare ai Comandanti di Scacchiere, istituiti affrettatamente solo allo scoppio del conflitto, è da sottolineare che si ebbero uomini molto elevati in grado ed anzianità, che teP.devano a considerarsi più preparati e capaci di quelli al Governo Generale. Il più anziano era il gen. designato d'Armata Pietro Gazzera, Comandante de_llo scacchiere sud; già Sottosegretario e poi Ministro alla Guerra dal 1929 al 1933, era uomo intelligente e militare ben preparato per quanto non grande conoscitore dell'ambiente coloniale; molto ambizioso, era di carattere piuttosto scontroso e difficile; i suoi rapporti con il Capo di SM del Governo Generale, il gen. di C.A. Claudio Trezzani, erano tempestosi e non dovevano facilitare una collaborazione felice. Nella condotta delle operazioni nel Galla e Sidama ebbero a segnalarsi alcune belle figure di Comandanti, quali i generali De Simone, Pialorsi, Beraudo di Pralormo e numerosi Comandanti di unità coloniali. Il Comandante dello scacchiere nord, gen. di C.A. Luigi Frusci, godeva di ottima fama quale Comandante di Grandi Unità coloniali ed era un buon conoscitore dell'ambiente; la sua fortuna era molto legata ai suoi rapporti con il Ministro Teruzzi del quale si professava uomo fidato. La sua esperienza di Comandante ad alto livello non era però rilevante, e ciò si rivelerà nella condotta delle operazioni in Eritrea, nelle quali indubbiamente non troverà grande apporto anche da parte dei Comandanti subordinati quali il gen. Tessitore, già Comandante delle Truppe-del Governo eritreo, ed i generali Bergonzi e Baccari appena giunti dall'Italia ed infelici comandanti delle neo costituite divisioni 2 a e 4 a ripieganti dal fronte di Cassala- Tessenei.
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Più valido si dimostrò il gen. Nicola Carnlmeo, Comandante della piazza di Cheren, che pure non godeva molto delle grazie del Frusci, il quale aveva assunto direttamente nelle sue mani la direzione delle operazioni. Uanlma della resistenza a Cheren fu costituita cJa brillanti figure di soldati quali furono molti Comandanti di Corpo; citiamo solo alcuni nomi: il gen. cJi brigata Lorenzini, leggendario Comandante di unità coloniali; il col. Corsi, Comandante dcli' I I O Reggimento «Granatieri di Savoia», il col. Lamborghini, Comandante dell'artiglieria. Il Comandante del settore (e poi scacchiere) Giuba, il gen. di C. d' A. Gustavo Pesenti, era un vecchio coloniale, ottimo conoscitore dell'ambiente somalo; studioso di storia e di problemi coloniali e con buona conoscenza dell'Impero Inglese, egli sarà influenzato da giudizi pessimistici sulla situazione fino a proporre al Viceré iniziative armistiziali nel dicembre 1940 e sarà allontanato; lo sostituirà 1(6~1. div. De Simone, più fermo e risoluto ma che poco potè fare per mutare una situazione così compromessa. La migliore collaborazione in ogni suo incarico fu offerta al Viceré dal generale di C.A. Guglielmo Nasi, di volta in volta Vice Governatore Generale, Comandante dello scacchiere est e poi di quello ovest, disinteressato cd avveduto collaboratore, energico ma sereno ed equilibrato Comandante. Egli seppe ricercare le vie anche politiche per migliorare la situazione dell'ordine interno, mentre con felice opera di preveggenza incrementava tenacemente le possibilità operative e logistiche nelle aree e delle forze a lui affidate. In ogni momento egli seppe inquadrare la sua azione in quella complessiva ed, unico, ebbe ad inviare forze a Chcrcn, nel riconoscime11to di una esigenza prioritaria di successo nell'area nord occiùcntalc eritrea. Nella prolungata resistenza delle forze alle sue dipendenze sono riconoscibili la preveggente attività cJi carattere organizzativo e logisl lco e l'esistenza di un disegno strategico nelle predisposizioni difensi\'c relativt al ridotto gondarino, attività nelle quali egli ebbe lu collaborazione di uomini di grande capacità, quali il gen. Martini, i colonnelH Gonella, Maraventano, Ugolini ed altri. Si deve ritenere che la sua designazione agli incarichi di Comandante dello scacchiere est, destinato ad operare contro Gibuti ed il
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Somaliland, e poi dello scacchiere ovest, il più tormentato dalla ribellione e ritenuta la porta aperta al Negus nella sua marcia su Addis Abeba, sia stata considerata dal Viceré come un segno di particolare stima e fiducia; tuttavia si può considerare non positivo il fatto che sia stato così allontanato dal Viceré il suo migliore collaboratore. Il Duca d'Aosta era uomo di grandi virtù morali, gran signore nei modi e nei sentimenti, dotato di molto buon senso ed anche di buona preparazione professionale ed esperienza, avendo partecipato ad operazioni terrestri ed aeree, e di una larga pratica di ambiente coloniale. Ma nel 1940 aveva 42 anni e si veniva a trovare in un am-biente difficile, dinnanzi a grosse difficoltà di ogni ordine, e, per di più, nella consapevolezza, propria e di molti dei suoi collaboratori, di operare con scarse prospettive di successo qualora il conflitto si fosse prolungato. Sorretto da un vivissimo sentimento del dovere e dell'onore, egli, anche per i suoi compiti complessi di carattere politico-amministrativo, tendeva a «regnare» piuttosto che a «governare>>; d'altra parte, per quanto si riferiva alle operazioni militari, aveva i suoi giudizi ed i suoi poteri limitati dalle assai estese attribuzioni di autorità e responsabilità conferite al suo Capo di SM, gen. di C.A. Claudio Trezzani - uomo di fiducia del Capo di SM Generale Badoglio - cui erano devolute.le decisioni strategiche e che intendeva esercitare fermamente tali decisioni. Il gen. Trezzani, già stimato insegnante di tattica alla Scuola di Guerra, era un uomo assai ferrato professionalmente, comandante fermo nelle idee e nei propositi, piuttosto sicuro della propria superiorìtà intellettuale; m.a non aveva alcuna esperienza coloniale e veniva a trovarsi, all'inizio del conflitto, ad esercitare un'azione di comando su uomini più anziani di lui e più pratici dell'ambiente, con una dipendenza piuttosto incerta dati i loro compiti anche politici ed amministrativi. Né egli potè o volle fare molto per aumentare la sua conoscenza dell'ambiente con viaggi o voli nei vari scacchieri e con contatti coi Comandanti locali, preferendo esercitare la sua azione secondo un esame sempre molto ragionato e freddo della situazione. D'altra parte,
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egli si preoccupava essenzialmente, nel corso del 1940, di essere il fedele esecutore di visioni e direttive strategiche che Roma, nelle persone del Capo del Governo e del Capo di SM Generale, gli indirizzavano: ad esse si attenne e, in una situazione di relativa superiorità, egli ne garantì il successo; senza peraltro avvertire pienamente come la situazione avrebbe potuto rapidamente mutare e senza definire una strategia alternativa soddisfacente. La situazione, invece, veniva a precipitare rapidamente al termine del 1940. Allora, non solo le forze inglesi erano portate ad alti livelli, sì da consentire una loro iniziativa offensiva mentre le nostre via via vedevano accentuarsi la loro inferiorità di mezzi aerei e terrestri, ma anche la situazione di Comando e le relazioni fra Roma ed Addis Abeba stavano per mutare completamente. L'allontanamento dal Comando Supremo di Badoglio e di Armellini e soprattutto l'incalzare degli avvenimenti in Grecia., in Libia e sul mare (Taranto) avevano fatto sì che tutte le preoccupazioni di Roma fossero volte ad altri settori. Con il messaggio del 12 gennaio 1941 Mussolini lasciava liberi il Governo Generale, e cioé il Viceré ed il suo Capo di SM, di agire come meglio potevano per prolungare la resistenza; essi ora dovevano decidere in proprio. Ma, forse ed in parte, ad Addis Abeba non si avvertiva subito ed a sufficienza la mutata situazione; ed ancora per tutto il mese di gennaio ci si affannava a prospettare esigenze e proposte di ripiegamenti ed a ricercare approvazioni da Roma, che costituivano solo fattori di ritardo, mentre problemi e avvenimenti incalzavano. È indubbio che si trattava di difficili scelte per una strategia di abbandono di territori faticosamente conquistati; scelte difficili anzitutto in quanto da Roma si continuava: a richiedere che non avvenissero sgomberi - né da Chisimaio, né da Addis Abeba -; ad approvare una strategia «periferica» e di attesa; a chiedere, soprattutto ed in ogni occasione, una resistenza protratta nel tempo. Ma sfuggiva, sia a Roma sia ad Addis Abeba, che l'unica maniera in cui tale resistenza protratta avrebbe, forse, potuto essere conseguita era quella di ripiegare tempestivamente sull'altopiano per irrigidirsi su terreni più idonei.
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Era il disegno strategico che il Cavallero aveva proposto nel 1938 e che non si volle seguire, essenzialmente per ~otivi politici e nella speranza che non vi fosse la necessità di così drastici provvedimenti per una rapida conclusione del conflitto in Europa. Anche il Gen. Nasi ebbe a dire, nell'agosto del 1944: «tutto il concetto della difesa dell' A.O.I. fu, credo, infirmato dal non avere tempestivamente e spregiudicatamente ripiegato ovunque sull'altopiano per raccorciare il fronte, evitando così di dare facile presa in bassopiano alle forze motorizzate britanniche». Su tale giudizio hanno convenuto anche i generali Pizzorno, Carnimeo ed altri. Nella convinzione che il conflitto potesse essere concluso favorevolmente in Europa mentre localmente poco poteva essere fatto per mutare le sorti dei combattimenti impegnati, si tenderà soprattutto a durare con una difesa «periferica» e «territoriale», badando ciascuno a «non sfigurare» ed a poter dimostrare di non aver fatto errori e di aver potuto «durare» un pò più degli altri. È in questo momento che il Viceré ed il suo Capo di SM avrebbero dovuto assumere con maggiore energia la direzione di una lotta che avrebbe forse potuto essere protratta un pò più a lungo e con minori sacrifici di quanto lo sia stata, ove, in uno sforzo maggiore di previsione e di energica decisione, si fosse tempestivamente provveduto ad evacuazioni eseguite poi sotto l'incalzare degli eventi in regioni insicure ed in condizioni d'inferiorità in tutti gli scacchieri.
L'abbandono di ogni iniziativa, lasciata sempre all'avversario, ed una strategia di pura attesa, anziché prolungare la resistenza la compromisero ovunque e portarono a rapide crisi dell'intera struttura civile e militare, investita non solo dalle forze britanniche ma dal dilagare di una disordinata, ma ormai travolgente, ribellione della popolazione indigena che doveva fatalmente avere le sue ripercussioni sulla massa delle nostre truppe, prevalentemente coloniali, indotte a disertare . È anzi da apprezzare come - contrariamente a quanto affermato da malevoli fonti del tempo, accolte con favore anche da nostri autori, eccetto che in casi relativamente sporadici - non si siano verificati in Africa Orientale né una vera e propria ribellione delle nostre truppe indigene, che nella maggior parte dei casi si limitarono a disertare, né quei massacri dei civili che erano fortemente temuti.
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Successivi avvenimenti nel Vietnam, in Algeria, nel Kenia ed altrove hanno messo in evidenza situazioni di ribellione verso il «bianco» e di assalto allo «sconfitto» di assai maggiore gravità. La relativa facilità con cui i civili e militari italiani poterono permanere anche successivamente nell'ambiente etiopico da così poco tempo conquistato e·per brevi anni occupato, ed a maggior ragione in quello eritreo e somalo, costituisce una risposta inequivocabile ad un giudizio indiscriminatamente critico sulla presenza italiana in Africa che ebbe spesso motivazioni generose, e che si estrinsecò generalmente con vantaggio di quelle popolazioni e attraverso sacrifici non ricompensati della nostra gente. Si può concludere circa i nostri maggiori Capi militari, cioé il Gen. Trezzani e i Comandanti di Scacchiere. Il primo risultò impari ad un compito che avrebbe richiesto conoscenza approfondita dell'ambiente e risoluta capacità di assumere tempestivamente gravi decisioni di ordine politico-militare; i secondi videro invece le proprie possibilità operative rapidamente dissolversi dinnanzi ai problemi interni ed alla superiorità esterna avversaria. Tutti furono piuttosto sorpresi dalle capacità operative britanniche di condurre azioni potenti e manovrate; è da dire, peraltro, che lo strumento di cui disponevano era scarsamente effi~iente e moderno, anche se numeroso, e che non vi erano possibilità né di alimentarlo né di trasformarlo convenientemente. La crescente consapevolezza di una situazione senza possibilità di concreta correzione finì probabilmente per influenzarne negativamente le decisioni, indirizzandole ,verso forme di attesa e di stretta difesa su tutti gli scacchieri, che non potevano che concludersi con la caduta successiva dei vari raggruppamenti di forze. * *
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Si è voluto ricercare con animo fermo e senza infingimenti tutte quelle manchevolezze che indubbiamente in qualche modo incisero sulla possibilità di prolungare la nostra resistenza; ma si è anche del!'avviso che non si possa attribuire ad esse quel carattere determinante della nostra sconfitta di cui alcuni hanno parlato, accusando personalità del tempo dì insipienza o, peggio, di tradimento.
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Molte decisioni e qualche incertezza trovano ampia spiegazione nelle condizioni del momento; né, come sempre accade in guerra, uomini, comandi ed unità in A.O.I. poterono andare del tutto esenti da errori o deficienze, spesso ampiamente giustificati o, almeno, comprensibili. La volontà di non allarmare prematuramente i nazionali e di non provocare defezioni fra i nativi finirono anche per incidere sulle predisposizioni di manovre in ritirata e di posizioni difensive arretrate, mentre i ripiegamenti disposti con ritardo finirono per trasformarsi in rotte; spesso interruzioni predisposte non furono attivate né efficacemente battute col fuoco; posizioni frettolosamente organizzate a difesa su fronti ristrette furono esposte a manovre avvolgenti avversarie cui non si potè opporfe una contromanovra di riserve, inesistenti o poco mobili. I Britannici, naturalmente, sfruttarono le nostre debolezze. Né può negarsi che, di fronte al valoroso comportamento di molte unità, vi siano state alcune occasioni in cui Comandi e reparti, spesso raffazzonati, poco preparati e male orientati, siano venuti a mancare, soprattutto dopo il cedimento delle difese sui fronti eritreo e somalo, nel marzo 1941. La rapidità con cui la situazione venne precipitando ed il diffondersi della convinzione che non vi fosse più alcuna maniera di opporsi alla superiorità aerea e terrestre avversaria, nonché le crescenti preoccupazioni per gli atteggiamenti degli indigeni e per la sorte dei civili ebbero a provocare indubbiamente vaste ripercussioni sul morale, specie delle unità più mediocremente inquadrate. L'incremento delle diserzioni, individuali e di interi reparti, finì per incidere gravemente anche sul morale e sulle decisioni dei Comandanti; il Gen. Nasi ebbe a dichiarare: «non auguro a nessun Corriandante di avere truppe su cui non può sicuramente contare. È un incubo che smorza ogni slancio ed ogni iniziativa». Il rapido calo dell'efficienza operativa di alcune unità coloniali ebbe larga influenza nel crollo delle difese ai passi montani dell 'Harar, nella resa di Debra Tabor, ed in altre occasioni. Né la guerra in A.O._potè contare su un concorso efficace delle forze marittime e di quelle aeree. Nei riguardi delle prime gli inconvenienti verificatisi nei nostri sommergibili e le insufficienze delle forze
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LE OPERAZIONI IN AF RICA ORIENTALE
di superficie sono indicative di uno stato generale di impreparazione a sostenere un confronto serio, essendosi sempre considerato che le forze mantenute al di là del Canale di Suez sarebbero state sacrificate. Impreparate a sostenere un conflitto esterno erano anche le forze aeree, le cui deficienze di aerei moderni e di armamento (siluri e bombe di medio e grosso calibro) impedirono di effettuare quelle azioni di carattere strategico su Aden e sul traffico marittimo nel Mar Rosso che sarebbero state desiderabili. A queste deficienze si accompagnò anche una certa dispersione degli sforzi; maggiori risultati avrebbero forse potuto essere conseguiti con interventi sulle basi e sulle vie di afflusso ai fronti sudanese e keniota. Soprattutto carente risultò la difesa contraerea delle basi e delle installazioni sicché le perdite di aerei a terra divennero rapidamente assai elevate e non riparabili, specie dopo la distruzione delle officine di Gura, per lo scarso afflusso di parti di ricambio e di aerei moderni dall'Italia. E tuttavia, riconosciute tutte le possibili manchevolezze nella organizzazione e nella condotta delle operazioni, si deve alfine concludere che - nella situazione generale prevalente - il confronto fu sostenuto con coraggio ed abnegazione anche se con esito così spesso negativo, soprattutto per un alto concetto dell'onore militare e dell'attaccamento alla Bandiera ed al reparto. Del resto, le nostre forze in A.O.I. conseguirono successi, anche oltre ogni attesa, finché le condizioni generali lo consentirono; furono battute quando queste mutarono in modo deciso a favore di un avversario che si era voluto malauguratamente sfidare senza rendersi conto delle sue grandi possibilità di mobilitazione umana e materiale, consentite dalle risorse del suo Impero. Il fatto è che la crisi degli animi, che doveva verificarsi in Italia nel 1943 e portare al 25 luglio, all'8 settembre ed agli avvenimenti successivi, investiva gli uomini che avevano operato in A.O.I. già nel 1941. Mentre la guerra continuava sugli altri fronti, fra gli uomini che avevano combattuto in A.O. , nei campi di prigionia e fra i reduci civili e militari iniziava allora un tormentoso e spesso impietoso ed ingeneroso riesame di ciò che si era fatto, si sarebbe potuto o dovuto fare, sarebbe stato o avrebbe potuto essere.
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CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
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Noi possiamo oggi considerare con rammarico i sacrifici che l'intero nostro Paese ed il suo Popolo hanno compiuto invano; ma siamo orgogliosi ·di ciò che è stato fatto in nome dell'Italia e sotto le nostre Bandiere ed intendiamo onorare la memoria di coloro, nazionali ed indigeni, che le hanno servite con abnegazione. La caduta dell'Africa Orientale e gli avvenimenti successivi nel Nord Africa dovevano concludere così il periodo storico di una nostra attiva presenza nel continente, il cui significato non può essere trascurato in queste conclusioni. L'Italia, giunta tardi al compimento della indipendenza e dell'unità nazionale, sul finire del secolo scorso si era avviata - sulla scia di altri Paesi europei - ad una faticosa espansione coloniale, per la quale sarebbe venuta piuttosto a sostenere oneri che a ricavare benefici. Insieme a speranze o presunzioni di benefici economici, avevano costituito motivo di stimolo verso tale espansione anche il desiderio di evitare il monopolio del controllo da parte di altri Paesi sulle coste del Mediterraneo, del Mar Rosso e dell'Oceano Indiano assicurando anche una nostra presenza militare oltre che commerciale. L'espansione coloniale italiana aveva tro~ vato generalmente appoggio e comprensione nella politica britannica, tesa a contenere le ambizioni francesi o degli Imperi Centrali, in contraccambio del tradizionale riconoscimento di Roma della superiorità degli interessi e della potenza marittima di Londra nel Mediterraneo. In questo quadro, l' Italia aveva posto piede in Eritrea ed in Somalia, e, poco prima della guerra 1914-18, aveva potuto occupare la Libia. Lo sviluppo di una politica di affermazione imperiale in contrapposizione alla politica di Londra, conseguente al conflitto italo-etiopico del 1935-36, poneva invece le premesse di uno scontro fra Italia e Gran Bretagna destinato ad avere grosse ripercussioni. La volontà espansiva italiana era destinata a minacciare gravemente l'unità politico militare dell'Impero Britannico attraverso la costituzione, a cavallo della «via imperiale», di un complesso di colonie le cui prospettive di sviluppo demografico ed economico potevano rappresentare una grossa minaccia. Ciò anche in relazione alle possibilità conferite alle operazioni per terra, per mare e per cielo dallo sviluppo della motorizzazione e delle forze aeromarittime.
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
Le possibilità connesse con il massiccio intervento dell'automezzo e dell'aereo nelle operazioni terrestri erano state, del resto, messe in rilievo proprio dall'andamento e dall'esito del conflitto italo-etiopico., nel quale forze italiane, comparativamente più moderne e potenti, avevano conquistato in solo 7 mesi un paese grande quasi 6 volte l'Italia. La interconnessione fra le posizioni italiane e quelle britanniche doveva necessariamente portare od a una vivace ripresa delle condizioni di reciproca collaborazione fra Italia e Gran Bretagna, quale intravista negli accordi del 1937 (Gentlemen's Agreement) e del 1938, oppure ad una contrapposizione senza quartiere. La situazione delle nostre colonie era quindi aperta a favorevoli possibilità, ma anche a grandi pericoli. Da parte britannica vi fu sempre la percezione dell'importanza della posta in gioco costituita dal controllo dell'Africa, del Mediterraneo e del Mar Rosso, nonché delle interconnessioni esistenti fra gli sforzi in vari Teatri di Operazioni, che avevano nell'Egitto il loro perno e la loro base di propulsione, ma nel libero uso del Mar Rosso una condizione pregiudiziale. Seppure non fossero mancati apprezzamenti singoli di tale situazione, delle possibilità e dei pericoli conseguenti, in realtà non vi furono da parte italiana né una preparazione adeguata né la volontà di una strategia unitaria ed imperiale che si potesse contrapporre con successo a quella britannica. Se una concezione strettamente difensiva poteva essere giustificata fino all'armistizio con la Francia, essa avrebbe potuto essere abbandonata successivamente, anche con l'aiuto tedesco. Ma il prevalere, sia a Roma sia a Berlino, delle concezioni che attribuivano ogni valore decisivo al successo terrestre in Europa doveva condannare le nostre operazioni in Africa a compiti secondari di semplice diversione, e le nostre forze ir.. Etiopia ad un progressivo esaurimento. Anche se la guerra in Africa Orientale veniva così ad essere considerata marginale nel quadro del secondo conflitto mondiale, il suo risultato nel 1941 assumeva un notevole valore morale e politico.
CONSI DERAZIONI CONCLUSIVE
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La Gran Bretagna presentava i suoi successi colà come dimostrazione di rinnovato vigore ed efficace contrappeso ai successi tedeschi in Europa; non mancava anche un tentativo di sfruttare l'appoggio politico e militare dato al Negus Ailè Sellassiè ai fini di una affermazione politica ed economica anglosassone definitiva in Etiopia; il successo in Africa delle forze anglo-indiane aveva avuto favorevoli ripercussioni in India e - almeno così si sperava - avrebbe dovuto averne anche in Giappone inducendo questo Paese a più miti consigli. La perdita dell'Africa Orientale Italiana aveva gravi ripercussioni sul morale del popolo italiano, già così sfavorevolmente colpito dalle disavventure delle sue Armate sui fronti libico e greco-albanese, e dagli episodi di Taranto e di Capo Matapan. Soli pochi anni prima esso era stato chiamato a grossi sforzi economici e militari per la conquista di un Impero che avrebbe dovuto garantire buone possibilità di vita e di lavoro; li aveva sostenuti con entusiasmo e èon convinzione. La perdita dell'Impero in breve volger di mesi nel 1941 veniva a colpire duramente l'opinione pubblica italiana diffondendo la convinzione che, qualunque sarebbe stato l'esito della lotta in Europa - a favore di Londra o di Berlino -, essa si sarebbe conclusa con una perdita de] peso politico e militare dell'Italia, le cui aspirazioni ad una guerra «parallela» ed autonoma nel Mediterraneo ed in Africa avevano portato a così disastrosi risultati. D'altra parte le Forze Armate italiane, che pure non avevano mancato di assolvere il meglio possibile ai loro compiti sopportando perdite sensibili, iniziavano a subire le sfavorevoli ripercussioni, a tutti i livelli - nei Comandi, fra i Quadri e nelle Truppe - della crescente percezione di essere poste sempre in condizioni di inferiorità, quantitativa e soprattutto qualitativa, rispetto ad un avversario che diveniva sempre più forte e dotato di mezzi più moderni. Aveva così inizio quel processo di erosione del morale che avrebbe trovato sbocco nella crisi politica e militare del 1943.
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INDICI
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INDICE DEI NOMI DI PERSONA AGOSTI Tito, 305, 317, 379, 383, 384 ALBORGHETTI Federico, 321 Amedeo di Savoia, XIII, XV, 20, 32, 33, 67, 72, 73, 77, 80, 81, 82, 129, 131, 136, 171, 174,179,278,285,327,329,332,336,337, 344, 346, 347, 384, 475, 495, 496 AMERIO Francesco, 381 ANDERSON Americo Giacomo, 339, 434 ANGELINI Ignazio, 435 ARMELLINI Quirino, 34, 80, 472, 473, 496 AZZOLINI Giuseppe, 296 BACCARI Alfredo, 148, 194, 292, 391, 493 BADOGLIO Pietro, 25, 31, 34, 68, 75, 79, 80, 81, 82, 84, 90, 103, 123, 124, 127, 128, 129, 139, 141, 158, 495, 496 BAISTROCCHI Ettore, 28 BALSAMO Carlo, 35 BAZZANI Francesco, 413 BERARDI Umberto, 407 BERESFORD-PIERSE, 197 BERGONZI Angelo, 194, 215, 493 BERNARDI Tullio, 287 BERTELLO Arturo, 108, 304, 317, 319, 381, 382 BERTOLDI Sisto, 35, 108 BIVONA Pietro, 287 BONELLI Livio, 253, 265 BONETTI Mario, 219, 265 BORGHESI Alberto, 40, 260 BRACA Giovanni, 150, 444 BRIGGS H.R., 241 BROWN J.A., 281
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
BRUTTINI Alessandro, 220 BUONAMICO, 313, 317 BUSELLI Giuseppe, 381 CAFFARATTI Ettore, 361, 390, 392, 402 CARGNELUTTI Federico, 220 CARNEVALI Italo, 280 CARNIMEO Nicola, 194, 225, 228, 494, 497 CASALONE Riccardo, 437 CASTAGNOLA Alessandro, 148 CAVALLERO Ugo, 30, 66, 497 CHURCHILL Winston, 122, 470, 471 CORSI Corso, 41, 224, 235, 253, 494 CUNNINGHAM Alan, 155, 256, 280, 291, 332, 336, 376, 470 D'AMICO Augusto, 373, 421 DAODIACE Giuseppe, 34, 177, 179 DE CICCO Adriano, 318, 381, 383 DE GAULLE Charles, 90 DEL BOCA Angelo, 469 DELITALA Oreste, 208, 215, 341 DE MARIA Giuseppe, 353 DE SIMONE Carlo, 35, 108, 124, 184, 278, 299, 304, 309, 375, 493, 494 DICKINSON D.P., 58 BERAUDO DI PRALORMO Emanuele, 386, 493 ENZOR R.C.K., 481 FALLACI, 328, 480 FERRARA, 328, 480 FONGOLI Ugo, 199 FRATTA Mario, 395 FRUSCI Luigi, 35, 84, 180, 332, 493 GASPARINI Jacopo, 177, 179 GAZZERA Pietro, 33, 35, 61, 173, 327, 330, 352, 360, 374, 382, 384, 392, 400, 421, 445, 493
INDICE DEI NOMI Dl PERSONA
GIACCARDI, Alberto, 415 GILLIAERT, 61, 421 GIORDANO Girlando, GODWIN-AUSTEN A.R., 58, 117 GONELLA Mario, 435, 494 GRANDI Piero, GRAZIANI Rodolfo, 29, 30, 68, 127, 128, 129, 141, 154 GRAZIOSI Antonio, 114, 305 GRESELE Ugo, 41 GUASCO Francesco, 421 HAIALEU BURRU, 446 HAILÈ SELLASSIÈ, 61, 139, 206, 398, 425, 434, 470, 495 HEATH L.M., 197 LAMBORGHINI Renato, 41, 494 LARGAJOLLI Livio, 342 LEJNTILHOMME Paul, 53, 90 LE POR Cesare, 421 LESSONA Alessandro, 17 LETTOW (von) VORBER, 330, 485 LIBERATI Amadeo, 309, 317, 379 LIUZZO Carmelo, 159, 455 LONGMORE Arthur, 57, 470 LORENZINI Orlando, 108, 197, 208, 219, 235, 494 LUPINACCI P.F., 44 LUZIANI Gino, 197, 206 MAC DONALO J.F., 388 MAJNARDI Odoardo, 385, 398 MAMBRINI, 319 MARAVENT ANO Saverio, 432, 494 MARTINELLI Fortunato, 437 MARTINI Agostino, 35, 197, 201, 494
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORJENTALE
MAZZI Alberto, 287 MICHELANGELO (Padre), 321 MIRANDA Domenico, 437 MONTEZEMOLA Alberto, 177 MUSSOLINI Benito, 17, 28, 76, 78, 123, 164, 181, 326, 496 NAM Cesare, 116, 401 NASI Guglielmo, 35, 108, 124, 139, 206, 329,330,400,431,438,445,446, 466, 490, 494, 497, 499 NATALE Leopoldo, OLIVETI Ferdinando, 236, 253, 265 ORPEN Nei!, 388 OSSOLI Vincenzo, 253 PARIANI Alberto, 25 PASSERONE Giovanni, 108 PESENTI Gustavo, 35, 84, 184, 278, 494 PIACENTINI Pietro, 355 PIALORSI Guido, 404, 422, 493 PINNA Pietro, 35, 177 PIZZORNO Giuseppe, 177, 217, 497 PLATT William, 58, 155, 241, 246, 257, 470 PALYFAIR S.O., 54, 55, 102, 143, 154 POSTIGLIONE Carlo, 197, 341 PRINA Francesco, 197, 212, 253, 367 PUGLISI Giuseppe, 220 RAUGEI Uberto, 332, 338, 353, 355, 400 RIZZO Antonio, 197, 216 ROCCO Federico, 194, 253 ROLLE Ottavio, 36, 367 ROOSEVELT Delano, 269 SANDFORD, 140 SANTINI Gino, 280, 309, 315
INDICE DEI NOMI DI. PERSONA
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SANTORO G., 44 SCALA Ettore, 35, 375 SIRIGATTI Fernando, 320 SLIM W.G., 149 TERUZZI Attilio, 17, 25, 31, 67, 68, 75, 77, 90, 493 TESSITORE Vincenzo, 35, 92, 493 TISSI Antonio, 361, 375, 386 TOGNI, 198 TORELLI Adriano, 430, 444 TOSTI Carlo, 114, 311, 317 TRAMONTI, 342 TREZZANI Claudio, 34, 76, 78, 84, 85, 124, 174, 177, 493, 495, 498 UGO LINI Augusto, 437, 494 VALLETTI BORGNINI Marino, 216, 332, 341 VAN DE HEUVEL Giulio, 361, 407 VARDA Giovanni, 332 VOLPINI Giovan Battista, 347 ZAULI Adolfo, 371, 390, 395 WAVELL Archibald, 55, 57, 102, 106, 117, 122, 154,155,470 WEYGAND, 55 WILSON H.M., 118 WINGATE
o.e., 425, 434
INDICE DEI REPARTI ITALIANI GRUPPI DI DIVISIONI
Gruppo Divisioni "Sinistra Omo", 361, 389 Gruppo Divisioni "Didessa-Dabus", 361 DIVISIONI Divisione "Granatieri di Savoia", 40, 148, 165 Divisione "Cacciatori d'Africa", 41, 165, 489 Divisione Speciale Arar, 108, 118 1a Divisione, 194, 225 2a Divisione, 194, 198, 214, 215, 216, 262, 488 3a Divisione, 215 4a Divisione, 147, 148, 194, 200, 208, 215, 225, 488 2P Divisione, 360, 361, 365, 370, 371, 372, 375, 383, 386, 390, 391, 392, 393, 404 22a Divisione, 360, 361, 365,371,375,402,404,405,415,418,419,420, 422, 423 23a Divisione, 360, 361, 365, 370, 371, 375, 401, 404, 407, 415, 418, 421 24a Divisione, 360, 365, 371, 375, 383, 386, 388, 389, 391, 392, 393, 394 25a Divisione, 375, 379, 393 26a Divisione, 375, 401, 407, 408, 410, 411, 414, 415, 418 101 a Divisione, 277,280,286,289,294,295,296,375,384,385,391,392, 393 102 a Divisione, 277, 280, 284, 285, 286, 287, 289, 290, 292, 295 REGGIMENTI (o livello equivalente) 10° granatieri di Savoia, 40, 235, 258, 489 11° granatieri di Savoia, 41, 224, 241, 247, 253, 267, 494 210° fanteria "d'Africa", 41, 309, 353, 379 211 ° fanteria "d'Africa", 41,341 60° artiglieria, 41, 341
522
LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
l ia Legione CC.NN. su due btg., 41, 245, 253 Raggruppamento Dubat, 276, 280, 287, 289 Raggruppamento PAI, 194, 206, 208, 215, 262 BATTAGLIONI DI FANTERIA (nazionale) I btg. del 10° rgt. "Granatieri di Savoia", 238 II btg. del 10° rgt. "Granatieri di Savoia", 260 III btg. del 10° rgt. "Granatieri di Savoia" (UORK AMBA - alpini), 41, 235, 236, 238, 243, 245, 253, 265 0
I btg. dell'll rgt. "Granatieri di Savoia", 225,226,235,239,243 Il btg. dell'll 0 rgt. "Granatieri di Savoia", 225,235,243,247,250 III btg. (bersaglieri) dell' 11 ° rgt. "Granatieri di Savoia", 41, 225, 226, 230, 235, 237, 243, 245 btg. mitraglieri della D. "Granatieri di Savoia", 341 XI btg. "Granatieri di Savoia" (di formazione), 265 I btg. del 210° rgt.f., 353 III gr. CC.RR. (dello Scioa), 397, 398, 399 IV gr. CC.RR.; 394
Gruppo mob. misto Guardia di Finanza (Massaua), 265, 267 2 battaglioni Marina (Massaua), 265 btg. di formazione misto della Marina, 287 btg. Marina "Assab", 353 btg. "azzurro" (Amba Alagi), 341 btg. "azzurro" (Dantalia), 356 btg. presidiario "Assab", 353 BATTAGLIONI CC.NN. O DELLA M.V.S.N. II btg. CC.NN., 379, 398, 399 III btg. CC.NN., 333, 337 IV btg. MVSN, 412 V btg. MVSN, 418 XI btg. CC.NN., 333
INDICE DEI REPARTI !TAL,IANI
XII btg. CC.NN., 333 XIII btg. CC.NN. "d'Africa", 336 XLIV btg. CC.NN., 243 CXXXVI btg. CC.NN. (Massaua), 265 CL btg. CC.NN., 145 CLXVI btg. CC.NN., 462 CLXX btg. CC.NN., 145, 255 CCXL btg. CC.NN., 457, 460 CCCXXXIII btg. CC.NN., 371 DV btg. CC.NN., 386 DVI btg. CC.NN., 372, 408, 414 DCXXXI btg. CC.NN.; 333 DCCXXXI btg. CC.NN., 150 battaglione "M", 294 GRUPPI SQUADRONI DI CAVALLERIA (o equivalenti) Gr.sqd. NEGHELLI, 41 II gr .sqd.cav .col., 234, 236 III gr.sqd.cav.col., 225, 234, 236 IV gr.sqd.cav.col., 225 VII gr.sqd.col., 384, 391 VIII gr.sqd.col., 397,398 XI gr.sqd.cav., 333 XIV gr.sqd .cav., 452, 462 XV gr.cav.col., 236, 242, 245, 248, 249, 253
Gruppo bande a cavallo Amara, 194, 206, 209, 260 Raggruppamento squadroni autocarrato (Barentù), 208 GRUPPI DI ARTIGLIERIA I gr. del 60° rgt.a. da 65/ l 7, 243 Il gr.a. da 65/17, 226, 236, 243 I gr.a.mot. da 77/28, 314
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
III gr.a., 226 III gr.a. da posiz. (G. e S.), 408 IV gr.a. mot. (naz.), 390 V gr.a. da 65/17, 225, 243, 253 VI gr.a. da 65/17, 243
IX gr.a.som., 391 XI gr.a. da 65/17, 243
XII gr.a. da 65/17, 243, 253 XIII gr.a. da 65/17, 118, 313 XV gr.a., 226, 313
XXXI gr.a. da 105/28, 379, 398 XLIII gr.a.som. da 65/17, 341 XLIV gr.a. da 65/17 cam., 243
LXXXV gr.a., 386 LXXXVI gr.a. da 65/17, 386, 390 C gr.a. da 75/13, 398 C gr.a. da 77/28, 377, 397 CIV gr.a. da 77/28, 225, 235 CVI gr .a. autoportato da 77 /28, 226, 253 CXXII gr. misto a., 287 BATTAGLIONI DEL GENIO IV btg.g., 390 VII btg.g., 287 XIV btg.g., 398 XIV btg.g., 414 XVIII btg.g., 333, 336 ALTRI REPARTI A LIVELLO MINORE 2 3 cp.aut. CC.NN. d'Africa (G. e S.), 405 Batteria e/a da 20 mm., 243 Batteria e/e da 47 /32,. 243
INDICE DEI REPARTI ITALIANI
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Batteria e/e da 75/27, 243 P btr.som. (Galla e Sidama), 405 2• btr. da 77/28, 296 3a btr. da 77/28, 296 7a btr.som., 444 10 3 btr. da 65/17, 235 11 a btr. da 77128, 296 39 3 btr. da 65/17, 296 3a cp.g., 405 46 3 cp.g., 398 3a cp. CC.RR. (di formazione), 241, 245, 253 2° autoraggruppamento dell'A.0.1., 341 III Reparto autotrasporto, 405 Sezione autoblindo FIAT, 287 Ospedale da campo, 703, 371 Compagnia volontari tedeschi, 208 BRIGATE COLONIALI I brg.col., 404 Ilbrg.col., 108,115,116,117,119,120,121,165,197,206,208,209,219, 231, 233, 243, 247 IV brg.col., 150, 197, 201, 428, 444 V brg.col., 194, 225, 243 VI brg.col., 165, 194, 201, 202, 215, 236, 241, 243, 247, 253 VII brg.col., 408, 410, 418 VIII brg.col., 194, 198, 208, 214, 215 IX brg.col., 365, 390 X brg.col., 367 XI brg.col., 165, 197, 212, 225, 243, 248, 249, 250, 367 XII brg.col., 145, 206, 208, 213, 215, 241, 243
XIII brg.col., 108, 114, 116, 120, 121, 209, 320 XIV brg.col., 108, 114, 115, 116, 120, 321
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
·XV brg.col., 108, 115, 116, I 17, 120, 121, 278, 280, 289
XVI brg.col., 165, 194, 199, 201, 208, 215, 255 XVII brg.col., 108, 304, 305, 310, 312, 314 XVIII brg.col., 390 XX brg.col., 276, 287, 296, 297 XXII brg.col., 444, 452, 462, 466 XXV brg.col., 365, 386, 387, 394 XLI brg.col., 148, 165, 194, 198, 199, 200, 204, 206, 224, 249, 252 XLII brg.col., 148, 197, 206, 261, 265 XLIII brg.col., 197, 201, 213, 214, 215, 262, 341 · XLIV brg.col., 194, 225, 235, 236, 238, 241, 245 LXI brg.col., 165, 197, 201 LXX brg.col., 108, 118, 120, 304, 305 LXXXV brg.col., 386, 387 XCI brg.col., 276, 287 XCII brg.col., 276, 287 Brigata mista Laghi, 391 Colonna Maraventano, 432, 433, 434 Colonna "Bertello", 381 BATTAGLIONI COLONIALI I btg. arabo-somalo (Harar), 305 I btg.col., 405 II btg.col., 390, 462 IV btg.col. "Toselli", 234, 235, 239, 243, 252 V btg.col., 243, 253 VI btg.col., 408 VII btg.col., 386 VIII btg.col., 372, 401 IX btg.col., 209, 234, 235, 239, 243 X btg.col., 209, 235, 239, 243 XII btg.col., 386
INDICE DEI REPARTI ITALIANI
XIV btg.col., 150 XV btg.col., 395, 397, 408 XV btg.col., 395, 397, 408 XVI btg.col., 391 XVII btg.col., 391
XVIJI btg.col., 405 XIX btg.col., 241, 243 XX btg.col., -306, 308 XXII btg-.col., 255, 262, 428
XXIV btg.col., 241, 243 XXV btg.col., 148, 428, 455
XXVI btg.col., 341 XXVII btg.col., 96, 149, 444 XXVUI btg.col:, 416
XXIX btg.col., 150 XXXI btg.col., 241, 243 XXXII btg.col., 333, 338 XXXIII btg.col., 255 XXXIV btg.col., 241, 243 XXXV btg.col., 147, 148, 255
XXXVI btg.col., 209, 241, 243, 253 XXXVIII btg.col., 306 XL btg.col., 294 XLI btg.col., 241, 243, 253, 341 XLIII btg.col., 209 XLIV btg.col., 262 XL V btg.col., 372, 408 XLVI btg.col., 333 XLVII btg.col., 258 IL btg.col., 292 L btg.col., 249, 250, 252, 253
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
LI btg.col., 226, 230, 243, 253 LII btg.col., 226, 239, 243, 253 LIII btg.col., 341 LIV btg.col., 365, 372, 386, 389 LV btg.col., 367, 373, 416 LVI btg.col., 225, 230, 231, 233, 236, 242, 253 LVII btg.col., 202, 249, 250 LVIII btg.col., 236, 253 LIX btg.col., 390, 391 LX btg.col., 371, 390 LXIII btg.col., 226, 233, 243, 253 LXVI btg.col., 397 LXVII btg.col., 457, 460 LXVIII btg.col., 444 LXX btg.col., 253, 333 LXXIII btg.col., 296 LXXIV btg.col., 296 LXXV btg.col., 287, 293 LXXVI btg.col,, 294, 296, 297 LXXVII btg.col. , 148, 150, 428, 452, 455 LXXXI btg.col., 452 LXXXV btg.col., 252 LXXXVI btg.col., 444 LXXXVII btg.col., 333 LXXXVIII btg.col., 261, 397
XC btg.col., 379 XCIII btg.col., 333 XCIV btg.col., 287, 289, 293, 294 XCVII btg.col., 231, 236, 237, 243, 245 IC btg.col., 252, 253, CI btg.col., 145
INDICE DEI REPARTI ITALIANI
CIII btg.col., 241, 243 CIV btg.col., 262 CV btg.col., 235, 238, 243, 249, 250, 251, 253 CVI btg.col., 233, 236, 243, 247, 253 CVII btg.col., 235, 238, 239, 245, 248 CVIII btg.col., 260 CXI btg.col., 261 CXII btg.col., 235, 249, 251 CXIV btg.col., 258, 260, 262 CXXXI btg.col., 252 CXXXII btg.col., 252, 253
CXL btg.col., 311, 313 CLI btg.col., 235, 239, 242, 243 CLII btg.col., 408 CLXXXI btg.col., 377, 416 CLXXXII btg.éol., 379, 398 CLXXXIII btg.col., 386 CLXXXV btg.col., 386 CLXXXVI btg.col., 390 CLXXXVIII btg.col., 377, 414 CLXXXIX btg.col., 398
CXC btg.col., 405 CIXC btg.col., 397 CXCI btg.col., 153 CXCII btg.col., 296 CXCIII btg.col., 287, 289, 290 CXCIV btg.col., 287, 293 CXCV btg.col., 287, 288 CXCVI btg.col., 287, 293 CXCVII btg.col., 296, 297
Btg. "TIPO" (eritreo), 235 , 243
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
Btg. Scuola graduati col. (Gimma), 395 IV btg. costiero (Somalia), 297 V btg. costiero (Somalia), 287, 289 I gruppo Dubat, 306 III gruppo Dubat, 287, 289, 294 IV gruppo Dubat, 306 VI gruppo Dubat, 306 VIII gruppo Dubat, 287, 289, 290, 293 CI gruppo Dubat, 306, 308 CIII gruppo Dubat, 153, 296 I Reparto Dubat (meharisti), 305 I gruppo bande di confine (Amara), 96, 148, 150, 203, 428, 444, 452, 455, 461
II gruppo bande di confine (Amara), 430 III gruppo bande di confine (Galla e Sidama), 416 IV gruppo bande di confine (Galla e Sidama), 367 I gruppo bande (Galla e Sidama), 365, 384, 391 II gruppo bande (Galla e Sidama), 367, 368, 377, 405, 416, 420 III gruppo bande (Galla e Sidama), 377 V gruppo bande (Galla e Sidama), 391 Gruppo bande PAI, 120, 147, 213, 225 Gruppo bande "Rolle", 140, 367 Gruppo bande "Scioa", 353 Gruppo bande "Uollo Ambassel", 165
INDICE DEI REPARTI BRITANNICI DIVISIONI
1a D. Anglo-Sudanese, 429 I3 D. Sud Africana, 59, 144, 156, 280, 364, 372 2 3 D. Africana, 376 4a D. Anglo-Indiana, 59, 61, 155, 226, 227, 228, 233, 237, 240, 242, 253, 269, 351 5a D. Anglo-Indiana, 59, 155, 226, 227, 228, 245, 247, 248, 249, 253, 255, 256, 266, 270, 342, 351, 443 113 D. Africana (già !3), 59, 156, 280, 281, 305, 306, 319, 364, 376, 443 12 3 D. Africana (già 2 3 ), 59, 156, 280, 281, 291, 364, 376, 387, 443, 462 BRIGATE
5a B. Anglo-Indiana, 226, 227, 230, 233, 237, 240 7a B. Anglo-Indiana, 61, 154, 155, 226, 241, 245, 266 9a B. Anglo-Iilidiana, 143, 155, 226, 240, 246, 248, 250, 253, 255, 344 I
10a B. Anglo-Indiana, 143, 149, 154, 155, 226, 227, 240, 248, 253, 255, 2661 113 B. Anglo-Indiana, 155, 227, 228, 230, 237, 240
29a B. Anglo-Indiana (già 21 3 ) , 143, 155, 237, 240, 246, 250, 253, 255 343 BRIGGS' FORCE, 241, 242, 251, 255 GAZELLE FORCE, 143, 155, 227, 228, 237
1• B. Sud Africana, 59, 153, 281, 318 , 319, 342, 345, 376 2• B. Sud Africana, 59, 371 5a B. Sud Africana, 371 12 3 B. Sudanese, 429, 462 22• B. dell'East Africa (K.A.R .), 281, 291, 318, 393, 398
\ \, 19. Le O perazioni in ,\Irica O ri('rtta k . Vol I
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LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
23 8 B. della Nigeria, 281, 398 24 3 B. Gold Coast, 153, 281, 292, 387 25 a B. East Africa, 372, 402, 443, 462, 463 26 3 B. East Africa, 443, 462 Brigata antiaerea Sud Africa, 144 REGGIMENTI 10 Rgt. Niger, 99 10 North Rohodesia KAR aliland, 106; 390 10 rgt. "Gold Coast", 387, 389 20 rgt. "Gold Coast", 387, 389 30 rgt. "Gold Coast", 387 BATTAGLIONI ED ALTRI REPARTI 3° "Duca di Edimburgo" Rifles, 337 4°/10° Baluchi (10 8 B.), 149 2° "BLACK WATCH" (Somaliland rgt.), 59, 106 2° Cameron Highlanders, 227, 228 1° Essex rgt., .56, 149, 235 3° /12° Frontier Force, 343 3° /10° GARHWAL (10a B.), 149 2° Highland Light Hefantry, 246 2° K.A.R. (Somaliland King's African Rifles Regiment), 54, 99, 106, 390 6° K.A.R. (Somaliland), 99 1° /4° K.A .R., 390 2° /6° K.A.R. , 373 2° Maharatta, 238, 247, 248 3° /15° rgt. Punjab Somaliland, 59, 106 battaglione Rhodesia Sett .le, 54 1° Worcestershire rgt. Somaliland, 106 3°/ 1° Punjab, 227, 239 , 250 1° /3° rgt. Punjab Somaliland, 59, 108
INDICE DEI REPARTI BRITA!'INICI
3°/14° Punjab, 227 , 230, 233, 250 1°/6° Rajputana, 227,230,231,234,247,248 Siklis, 239, 247, 248 2° West Yorkshire rgt., 56 Squadrone B del Royal Tank rgt., 149 WEST YORKS, 247 WORCESTER, 250 3° btg. del rgt. del TCHAD (francese), 61 , 241, 266 14° btg. della Legione Straniera (francese), 61, 241 , 242, 266 Belghe (forze), 61 , 373, 376, 421 Corpo camellato Somalo, 106 CORPO ORIENTALE ARABO, 373 EQUATORIAL CORPS, 144 51 ° Palestrine Commando, 61, 343 SKINNER HORSE (c. app.ta), 343 SUDAN DEFENCE FORCE, 56, 94, 144 SUDAN POLICE, 144 1° Sqd. cacciabomb. S.A., 102 2° Sqd. cacciabomb. S.A., 102 11 ° Sqd. cacciabomb. S.A .• 102 40° Sqd. coop. aeroterr. S.A., 102 45° Sqd. bomb. (brit.), 102
533
I
INDICE DELLE LOCALITÀ ABALTÌ, 370, 374, 375, 376, 377, 395, 397, 398, 399, 400 ABBA KUMSÀ (monte), 341. ABBARAGHEI (monte), 461, 463, 465 ABBÀ SAMUEL (monte), 461 ABBÈ (lago), 304 ABERÀ, 404 ABERMANNÀ (monte), 208 ABGACCIÒ, 406 ABISSINIA, 224, 266, 446 ABÙ (monte), 397 ABUCHINEIRA (fosso), 149 ACOBO, 358, 402 ACQUA (colle), 226, 228, 233, 234, 238, 242 ADADLEH, 103, 104, 110, 111, 112, 124 ADAL (monte), 194, 198, 200 ADAMA, 314, 317, 318, 319, 376, 381 ADAMITULLO, 382 ADANACCIÒ, 433 ADDAGALLA, 312 ADDIGARES, 258, 260, 261 ADDIS ABEBA, XIV, 4, 8, 9, 10, 11, 12, 14, 15, 17, 18, 22, 25, 31, 33, 40, 47, 63, 67, 75, 83, 85, 90, 91, 92, 101, 102, 123, 127, 136, 138, 140, 154, 158, 162, 163, 165, 171, 172, 173, 177, 180, 183, 185,206,212,218,224,242,257,258,261,281,289,290,299, 301,302,304,315,316,317,318,319,323,326,327,329,330, 331,332,333,351,355,359,362,363,364,367,369,372,374, 376,379,381,384,407,408,420,431,434,438,439,474,482, 483, 484, 486, 487, 490, 491, 495, 496 ADDIS ALEM, 319, 4é6
I 536
LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
ADEGÀ, 339 ADELA, . 383 ADEN (porto e golfo), 4, 14, 53, 54, 55, 56, 58, 63, 102, 103, 104, 108, 144, 166, 355, 500 ADI ARCAI, 435 ADI CAIEH, 261, 262, 263 ADIGRAT, XIII , 10, 262, 263 ADI MUSNÒ, 342 ADI NAAMEN, 261 ADI QUALÀ, 263 ADI UGRI, 11 , 89, 191, 212, 213, 215, 261, 262, 332 AD TECLESAN, XIII, 40, 219, 228, 256, 257 (combattimento di: 258 + 261), 262, 265, 480, 489 ADUA, XIII, 9, 11, 201, 212, 215, 216, 261, 263, 448 AF GAGÀ, 216, 263 AFGOI, 295, 297, 298 AFMADÙ, 275, 277, 281, 282, 284, 285, 289 AFODÙ, XVI, 370, 371 , 373, 407 AFRARA, 383, 388, 389, 391 AFUL (colle), 223, 225, 226, 234, 236, 241, 247, 252 AGARÒ, 401 AGAT, 236 AGAUMEDER, 159, 166 AGGIO (monti), 358 AGHER BACAC (monte), 223, 235, 236, 239 AGHER SUGÀ (monte), 222, 226 AGIBAR, 433, 434 AGIN, 108 AGORDAT, XIII, 9, 89, 177, 179, 180, 181, 182, 183, 187, 189, 190, 191, 194, 197, 199, 200, 201, 206 (battaglia di: 206 + 210), 212, 213, 214, 216, 217, 218, 219, 222, 224, 225, 226, 227, 257, 324, 475, 488, 489, 491
INDICE DELLE LOCALITÀ
537
AICÒ, 198, 200 AICOTÀ, 182, 183, 187, 191, 194, 197, 198, 200, 208, 216, 217, 324, 488 AISCIA, 53, 304 AJAU, 99 AKIM, 312
ALBANIA, 29, 67, 158, 485 ALESSANDRA, 273, 294 ALESSANDRIA (d'Egitto), 54, 141 ALGA, 397 ALGERIA, 498 ALGHE, 371, 375, 386, 390 ALGHEDEN, 182, 183, 189, 199 ALGHENA, 225, 231 ALISCIÀ (collina di), 212 ALPI, 472 ALTOPIANO ERITREO, 4, 163, 174, 183, 191 ALTOPIANO ETIOPICO, 4, 301, 326 ALULA, 353 AMARA, XVI, 18, 20, 22, 35, 62, 72, 80, 96, 134, 136, 140, 149, 161,
162, 170, 179, 201, 204, 206, 236, 353, 359, 368, 372, 400, 425, 428, 429, 431, 434, 435, 437, 438, 439, 445, 451, 452, 456, 458, 486, 490 AMARA SAINT, 433 AMBA (monte in zona di Cheren), 223, 225, 230, 231, 233, 236, 238, 239, 241, 243, 245, 246, 247, 253 AMBA (monte Ain Amba, in zona di Dessiè), 338 AMBA ALAGI, XIII, XIV, XV, 155, 261, 262, 263, 316, 323, 326, 327, 328, 329, 331, 332, 339, 341, 342, 343, 344, 345, 346, 347, 351, 352, 374, 385, 392,431,443, 445, .471, 480,486, 490 AMBA BADOGLIO, 466 AMBACIARA, 429, 463 AMBA GHIORGHIS (alture di), 429, 444, 450, 455 AMBA MADRE, 435
I 538
LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
AMBA MARIAM, 454 AMBA QUARÀ, 202, 203 AMBA SCIUNGURTI, 433 AMBA TARARA (monte), 461 AMBA ZAUL, 180, 182 AMBERICCIÒ (monte), 383 AMBESSÀ (valle), 191 AMBESSÒ (monte), 437 AMBETÀ MIEDÀ, 465 AMBÒ, 21, 171, 372 AMMANIT, 179, 180, 182, 203 ANDAMANE, 481 ANDER (valle e stretta), 223, 242, 245, 248 ANGAREB (torrente e valle), 460, 465 ANGUA VA, 444, ANNO, 410 ANSEBA (fiume), 8, 220, 222, 223, 224, 225, 230, 236, 247, 248, 261 ARATÙ, 410 ARBÀ, 315, 317, 318, 320, ARCO DI TRIONFO, 435 ARGAN (torrente), 103, 112, 114 ARGIO o ARGIÒ, 408, 412, 414 ARO, 398 AROMA, 145, 147, 226 ARRESA, XIII, 191,201,213,214,215,224,226,227,233,261,262,332 ARUSSI, 271, 326, 329 ASA, 103 ASBA LITTORIO, 309, 315 ASCIANGHI (lago), 332 ASCIDIRÀ (valle), 239, 240, 241, 245, 246 ASELLE, 317, 320
INDICE DELLE LOCALITÀ
539
ASMARA, XIII, 9, 10, 11, 12, 15, 63, 67, 83, 89, 182, 190, 191, 197, 206, 212, 213, 215, 219, 222, 224, 225, 228, 234, 236, 239, 246, 251, 258, 261, 262, 263, 265, 266, 324, 331, 332, 333, 355, 376, 429, 437, 438, 439, 443, 447, 448, 456
ASOSA, 140, 359, 363, 367, 370, 373, 407 ASSAB, VIII, XV, 10, 15, 63, 165, 329, 331, 332, 355, 356 ASTEMBIEL (monte), 341 ATBARA (centro), 13, 68, 72, 128, 133, 134, 138, 140, 483 ATBARA (fiume), 8, 84, 163, 189 ATTELÈ, 404 AUASC (fiume), XIV, 8, 301, 308, 309, 313, 314, 315, 316, 317, 318, 319, 320, 327, 330, 332, 333, 368, 374, 431, 489 AUSSA (regione), 8, 356, 400 AUBARRE, 111 AUDEGLE, 298 AVAI, 291 AXUM, Il AZ DARÒ, 201, 212, 214, 216, 263 AZOZÒ, XVI, 353,' 437, 450, 451, 452, 454, 459, 460, 461, 462, 463, 465, 466 BAB el MANDEB (stretto), 3, 12 BAB HARMAS (monte), 223 BABILE (stretta di), 304, 306, 308, 309, 310, 311, 312 BACO o BACÒ, 358, 375, 386, 391, 392, 404, 410, 411 BADANA (lago), 281 BADDADA, 284 BAGIAGIA, 301, 304, 306 BAHAR-DAR, 430, 431, 432 BAILUL, 355 BALAD, 295, 297, 298 BALE (monti), 4 BANNO, 371
I 542
LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
BUNA, 280, 365 BURA, 281 BURALÈ, 53 BURAO, 103, 106, 110, 112 BURBERACA (fiume), 402 BURE, 401, 416, 418, 423 BURGI , 371, 386, 390 BURIÈ, 425, 430 BURTA (fiume), XVI, 370, 377, 421 CACCÀ (monte), 357 CAFFA, 358, 359, 400, 401, 421 CAFTA, 190 CAIANEIC (monte), 189 CAIRO, VIII, IO, 13, 58, 154, 158, 470 CALAM, 44, 139, 367, 372 CALAMITA. (monte), 387, 389 CALLAFO, 271, 295, 296, 297 CAM CEU, 235, 241 CANSUMA, 287, 293 CANTAMA, 275 CAPO (città del), VIII, 13 CAPO MATAPAN, 503 CARME, 391 C;\ROBEL (torrente), 210 CARSÀ, 309, 311, 313 CASSALA, XI, XIII, 13, 14, i5, 67, 68, 75, 81, 92, 94, 96, 128, 130, 132, 133, 134, 139, 141, 143, 145, 154, 155, 159, 174, 179, 180, 181, 182, 183, 187, 190, 191, 194, 197, 201, 203, 216, 222, 240, 324, 483, 488, 493 CASSÌ (monte), 383 CATMIA, 94
INDICE DELLE LOCALITÀ
543
CELGÀ, XVI, 179, 180, 184, 201, 428, 429, 437, 438, 444, 454, 456, 457, 458, 462, 467 CENGIA o CENGIÀ, 391, 392 CERCER (monti), 4,301,309,311, 315,317,318,319,320 CERICCÒ , 401, 405, 406, 415, 418 CHEDFUL, 294, 296 CHELAMET, 194, 198, 225, 236, 238, 242 CHEMANDIBÈ, 465 CHERCHER, 428, 458, 460, 462, 467 CHEREN, XIII, 9, 52, 61, 166, 177, 179, 181, 182, 183, 190, 191 , 197, 210, 212, 213, 215, 219, 220 (battaglia·di: 220 ~ 257), 258, 262, 265 , 266, 269, 324, 325, 326, 327, 332, 367, 429, 471, 475, 480, 488, 489, 491, 494 CHERÙ, 179, 180, 181, 182, 183, 187, 189, 191, 194, 197, 198, 199, 200, 216, 217, 224, 324, 488, 489 CHIDANÈ MERET (monte), 461, 465 CHISIMAIO, XIII, 10, 11, 12, 137, 145, 154, 156, 168, 184, 185, 273, 274, 277, 279, 280, 281, 282, 284, 285, 286, 287, 288, 325, 490, 496 CIACATÀ (pianoro di), 434 C IAFFENDENZA, 171 CIANK (passo), 447, 448, 449 CIANNA, 404 C ILALÒ (monte), 357 CIOCORSÀ (torrente), 412 CIORÀ, 415 CIPRO, 54 CIRENAICA, VIII , 325, 438, 482 COATIT , 263 COBACA, 418 COCA (torrente), 370, 385, 386 COCAIA, 98 COCHEN (monte), 208, 209, 210, 219
544
LE OPERAZIONI IN AFRICA OR IENTALE
COFOLÈ (sella di), 320, 379, 383 COLBIO, 274 COLITO, 381, 382 COLLUBI, 313, 314 COMA, 397, 399, 412, 414 COMAR, 202, 203 COMBOLClÀ, 323, 332, 333, 336, 337, 480, 489 COMITÀ (monte), 416 CONGO, 61, 363, 373, 376 COR ADAR, 202 CORARSI (monte), XV, 339, 341, 343, 344, 345 CORSICA, 30 COSTA dei SOMALI (francese), 3, 14, 22, 31, 35, 53, 90, 91, 301 COSTA d'ORO, 59 CRISPI, 353 CUB CUB, 177, 198, 225, 226, 228, 234, 235, 241, 242 CUBUB (monte), 222, 223, 225 CUFRA, 10 CUGNI BARRÒ, 292 CUIU, 433 CULQUABER, XVI, 437, 445, 446, 451, 452, 454, 455, 456, 457, 458,459,460,461,463 CUMBI, 309 CUNA, 321 CUNAMA, 214 CURATI, 103, 108 CURCUGGI, 187, 190 DABANA (fiume), 414, 415 DABANA (foresta), 401 DABAT, 446
INDICE DELLE LOCALIT A
545
DABUS (fiume), XVI, 358,361,370,373,375,400,401,404,405,406,408, 410, 415, 416, 418, 419, 421 DACANO, 370, 385, 398, 399, 400 DACATA (torrente), 305, 311 DADABA (torrente), 370, 379, 381, 382 DAGABUR, 298, 299, 301 DAGA MEDÒ, 297 DAHALACH (isole), 12, 355, 356 DALAAD, 120, 121 DALLE, 296, 370, 376, 377, 383, 384, 392 DAMEIR (monte), 114, 115, 116 DAMTAI (monte), 208, 209, 210 DANCALIA, XV, 35, 206, 329, 338, 353 , 356, 400 DANCAZ, 429, 457, 463 DANDI (passo), 305 , 308 DANGHILA, 21, 425, 430 DANISA, 98 DANTE, 353 DAONT, 434 DARBORUK, 104, 112, 114, 115, 116, 120, 301 DARHÒ (monte), 437 DAUA PARMA (fiume), 271, 357, 372 DAURO-CONTA, 358, 401 DEBARECH, 435, 446, 447 DEBEL, 99, 365 DEBIV AR (pianoro di), 435, 446, 447 DEBRA BERHAN, 171, 332, 333, 432 DEBRA HARMAZ, 258, 260, 261 DEBRA MARCOS, 11, 206, 332, 333, 425 , 430, 432, 434 DEBRA SINA, 333, 336 DEBRA TABOR, XVI, 10, 11, 331, 332, 430, 431, 432, 435, 437, 443, 445,446,451,456,457,461,499
, 546
LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
DEBRA ZEBIT, 437 DEBRÈ SINA, 433 DEBUS, 341 DECA GABRÙ (zona di Ad Teclesan), 258 DEFECCIÀ (monte), 461, 465 DELDALI (monte), 461 DEMASÀ (valle), 465 DEMBEA (territorio), 444 DEMBECCIÀ, 430 DEMBI, XVI, 401, 405, 406, 414, 415, 418, 419, 420 DEMBIDOLLO, XVI, 61, 358, 370, 373, 376, 407, 410, 416, 418, 419, 420, 421, 422 DEMBIRÀ, 405 DEMBUTÙ, 466 DENDERÀ, 217 DENGHEL (massiccio del), 437 DERASGHÈ, 432 DERRÀ, 333, 433 DESS, 430, 432 DESSIÈ, XIII, XIV, XV, 10, 11 , 22, 35, 170, 171, 261, 316, 317, 323, 328, 329, 331, 332, 333, 336, 338, 339, 342, 345, 353, 355, 376, 381, 431, 432, 433, 434, 435, 437, 438, 439, 443, 445, 456, 489, 490 DEVÀ (monte), 461, 465, 466 DIC-DIC (zona di Ad Teclesan), 258 DIDESSA (fiume), XVI, 8, 357, 361, 365, 370, 372, 375, 400, 404, 405, 406, 408, 411, 412, 413, 414, 415, 416, 418, 419, 421 DIEGO SUAREZ (Madagascar), 268, 286 DIFF, 274, 277, 282 DIGH MERER, 282 DILLA, 386, 391, 392, 393 DINSOR, 287, 289
INDICE DELLE LOCA(ITA
547
DIRÈ, 411 DIRE DAUA, 10, 11, 40, 74, 304, 305, 306, 309, 310, 311, 312, 313, 314, 316 DIRMA (passo), 458 DIRRÈ, 368, 408 DIZU, 404 DOBAC (monte e passo), 223, 225, 226, 234, 236, 243, 247 DOBAR (monte), 223 DOBBI (valle), 353 DOBO, 104, 106, 110 DOFAN (monte), 309, 317 DOLO, XIV, 10, 35, 271, 273, 279, 287, 296, 357, 359, 394 DOLOGORODOC (monte), XIII, 222, 225, 228, 233, 234, 235, 241, 243, 246, 247, 248, 249, 250, 251, 252, 253, 255 DONGOLAAS (gola di), 222, 223, 225, 226, 227, 228, 230, 231, 243, 245, 246, 247, 249, 251, 252 DUBULUK, 371 DUGIUMA, 275, 277, 287, 292 DUKANA, 367 DUL (monte), 373 DUNQUAM AMBA, 461 EGITTO, VIII, 14, 54, 57, 63, 66, 71, 76, 102, 128, 132, 133, 333, 470 EL ANOD, 119, 124 EL ARAR, 297 EL CALLAFO, 292 ELGHENA, 198 ELIDAR, 356 ELIT (monte), 194, 199, 217 EL MERGHIS, 282 EL MOGHE, 290 EL OBOC, 371 EL SOLE, 297
20. Le O perazioni i i, Afrka Orienlalc , Voi. I
I 548
LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
EL UACH, Xl, 145, 151, 153, 157, 184, 274, 275, 278, 282, 325, 369 EMBEREMI, 265, 267 ENCÈ DUBA (monte), 461, 466 ENDA MEDANI, 341 ENDA SELASSIÈ, 213, 216, 261, 263 ENGHEDÀ, 317, 320 ENGIABARA, 21, 430 ENGIAHAT (monte), 223, 242, 247, 248, 251, 255 ENTRAIEB (stretta), 208 BRIGAVO, 104 ERITREA, XIII, XV, 3, 17, 30, 35, 72, 80, 81, 92, 133, 145, 154, 155, 158, 160, 162, 166, 170, 174, 179, 182, 187, 189, 198, 204, 219, 224, 236, 257, 265, 266, 270, 326, 328, 331, 359, 369, 370, 425, 429, 431, 439, 493, 501 ERMACCIÒ, 159, 429, 437 ERRER (torrente), 305, 311 ESCIÒ, 393 ETILLE, 292, 293, 294, 298 ETIOPIA, 4, 14, 29, 61, 66, 83,-121, 144, 164, 189, 257, 270, 325, 326, 331, 352, 425, 428, 443, 471, 502, 503 EUROPA, 482, 485, 492, 497, 502, 503 FAFADUN, 275, 282, 284 FAFAN (torrente), 305 FALAGÀ (passo e settore), XV, 339, 342, 343, 344, 345 -F ALESTOH (monte), 222, 223, 225, 233, 234, 235, 237, 238, 239, 243-, 248, 249, 250, 251, 252, 253 FANSCIBOCÀ (monte), 258, 260, 261 FARAMAIA (lago), 309 FERCABER, 437, 445, 452, 454, 458, 460 FERFER (valle in Eritrea), 212, 215 FER FER (villaggio in Somalia), 273 FIAMBIRO, 313
549
INDICE DELLE LOCALITÀ
FICCE o FICCÈ, 171, 432, 433 FICHÈ (monte), 379, 381 FILIPPINE, 481 FINCIOA, 371, 375, 390, 391 FRANCIA, 21, 66, 67, 71, 81, 83, 89, 91, 472, 473, 483, 502 FRUSCI, 431 GAAN LIBAH, 103 GABÀ (fiume), 370, 415, 418 GABREDARRE, XIII, 298 GABRÙ (monte), 223 GACCIA, 405 GAETA, 490 GAIGO, 405 GALATÀ, 410 GALLABAT, Xl, 13, 92, 96, 98, 128, 134, 139, 141, 143, 144, 145, 148, 149, ·150, 154, 155, 157, 159, 162, 163, 165, 166, 179, 180, 181, 182, 183, 187, 197, 201, 202, 203, 206, 213, 240, 330, 429, 437, 488 GALLA e SIDAMA, XIV, XV, 18, 33, 35, 44, 46, 61, 80, 98, 271, 273, 280, 281, 296, 298, 316, 318, 320, 325, 346, 351, 353, 357, 358, 359, 360, 361, 362, 363, 374, 377, 381, 384, 385, 386, 400, 401, 418, 419, 430, 431, 486, 493
170, 329, 364, 423,
261, 330, 370, 429,
GAMARRI, 356 GAMBAR (torrente), 420 GAMBELA, XVI, 11, 22, 44, 359, 370, 371, 373, 407, 418, 419, 421 GANALE-DORIA (fiume), 271, 357 GANDUA, 150 GARDÒ, 353 GARDULLA, 358, 370, 375, 384, 391, 392 !
GARIBOLDI (passo), 318, 319 GARISSA, 22, 274, 281, 284
550
LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
GAROE, 353 GARRIMA, 401
GASC (fiume), 94, 143, 155, 187, 189, 190, 194 GASCIORCHI (passo), 263 GAVESEG, 461, 465 GEDANO, 392 GEDDA (HEDJAZ), 269 GELIB, XIII, IO, 274, 279, 280, 281, 282, 284, 285, 287, 288, 289, 290, 291, 292, 293, 294 GENALE, 291 GHECCIA, 404 GHEDAREF, 13, 22, 75, 128, 130, 132, 134, 139, 140, 141, 143, 429 GHEDÒ, 372, 407, 408 GHELEMSÒ, 315, 317, 318 GHELO, 358 GHERA, 358 GHERGHER (valle), 212, 236 GHERILLI, 274, 275, 282 GHERLOLUBI, 271 GHESCIA, 358, 402 GHEZAN, Xl, 92, 98, 128, 140, 367, 373 GHIBIÈ di GIMMA (fiume), 357, 395, 399; 401 GHIBIÈ ENNARIA, 400 GHIBIÈ GRANDE (fiume), 374, 375, 407, 410, 411 GHIDABÒ, 393 GHIFO, 356 GHILO (fiume e valle), 357, 358 GHIMBI, 359, 361, 369, 370, 375, 401, 406, 408, 410, 412, 416, 418 GHIMIRA o GHIMJRÀ, 358, 368, 404, 405 GHINDA, 261 , 266 GHIRGHJR (torrente), 147
INDICE DELLE LOCALITÀ
551
GHIRIFFO, 355 GIABA, 368 GIABASSIRÈ (monte), 370, 383, 390, 391, 392 GIAGUÌ, 461, 465, 466 GIAM GIAM (monte), 357 GIAMO, 402, 404 GIANAHOI (monte), 437 GIAPPONE, 137, 172, 184, 268, 486 GIARA, 412 GIARSO, 370, 386, 391 GIBUTI, XI, 4, 9, 10, 14, 15, 22, 30, 39, 40, 53, 56, 67, 71, 72, 73, 80, 84, 89, 90, 91, 101, 102, 159, 168, 304, 326, 331, 353, 356, 473, 483, 484, 494 GIDÙ (fiume), 379, 381, 382
GIGA, 430 GIGGICA, XIV, 10, 11, 103, 108, 273, 297, 298, 299, 301, 304, 305, 306, 308 GILDÙ, 21 GIMMA, XVI, 10, 22, 44, 62, 72, 281, 324, 326, 333, 352, 358, 359, 362, 363, 369, 370, 376, 384, 385, 395, 397, 400, 401, 408, 410, 415, 420, 421, 439
GIUBA, XIII, 8, 35 , 98, 124, 134, 151, 153, 184, 185, 271, 273, 274, 275, 276, 277, 279, 281, 284, 285, 286, 287, 288, 290, 291 , 292, 295, 296, 297, 298, 299, 325, 357 , 489, 490, 494 GIUMBO, 281, 284, 287, 288, 290 GOBUEN, 277, 281, 287, 288, 475 GODAYERE (passo), 112, 114, 115, 305 GODICIÒ, 384, 385, 392, 393 GOGEB (fiume), 357, 398, 399, 400, 405, 406 GOGGIAM, 21, 98, 128, 132, 133, 139, 140, 144, 148, 159, 160, 170, 330, 333, 351, 425 , 428, 429, 430, 431, 432 GOGGIAR, 305, 306, 308 GOGNJ, 194, 199, 201, 208
f 552
LE OPERAZIONI IN AFRICf, ORIENTALE
GOGTI, 305, 312 GOHA, 373 GOLBIO, 275, 282, 284 GOLDA, 402, 404 GOLOLCIA, 321 GOMITA, 462 GONDAR, XIV, XVI, 9, 10, 62, 139, 140, 159, 182, 203, 216, 249, 261, 326, 327, 329, 353, 428, 429, 430, 431, 432, 435, 437, 447, 448, 450, 451, 452, 456, 457, 458, 463, 465, 466, 467, 475
161, 330, 439, 459,
162, 331, 442, 460,
166, 332, 443, 461,
181, 346, 446, 462,
GONDI, 318, 319 GORAI, 371 GORE, XVI, 401, 404, 406, 410, 415, 418, 420, 422, 423 GORGORA, 454, 456, 459, 463, 467 GOTA, 313, 314, 315 GOZ-REGEB, 226 GRADULLA, 368
.
GRAN BRETAGNA (Inghilterra), 21, 66, 71, 81, 89, 101, 157, 470, 472, 473, 485, 501, 502, 503 GRECIA, 157, 325, 351, 471, 484, 486, 492, 496 GUARA, 465 GUARDAFUI (capo), 3, 353 GUARIMITA, 385 GUBBA, 166,429 . GUGHÈ (monte), 357 GUGÙ monti), 301 GULLA (valle), 236 GULLUI, 189 GUMA, 358 GUNDILE, 371, 372 GURA, 89, 500
INDICE DELLE LOCALITÀ
553
GURAFARDA, 358,402, 404 GURAGHÈ, 21, 357 GURAMBA (monte), 357 HABI MENTEL, 225, 231, 239, 249 HAFUN, 353 RAGAS (fiume), 223, 228, 237 HAIFA, 352 HARA, 311 HARAR, XIII, 134, 297, 328,
XIV, 11, 159, 165, 299, 301, 361, 374,
12, 18, 22, 35, 72, 80, 83, 91, 101, 102, 111, 168, 170, 256, 257, 273, 278, 279, 291, 296, 304, 305, 306, 309, 311, 313, 321, 325, 326, 375, 420, 499
HARARINO, 374, 483 HARGEISA, XI, 103, 104, 106, 110, 111, 112, 114, 301 HARRAUA (valle), 301, 304, 305, 309, 312 HERÀ (sella di), 317, 319, 320 HERGEISA, 306 HONG-KONG, 481 HOSANNA, 384 HULA, 376, 386, 388, 394 IECHI, 404 lFAG, 431, 465, 466 ILLANE, 293 INDIA, 57, 102, 503 lNDINA (torrente), 419 !ONTE, 292 lRAK, 54 ISCIA BAIDOA, 273, 296 ITABERRÈ (monte), 208 ITALIA, 330, 361, 439, 472, 493, 500, 501 , 502, 503
554
LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
JAHIA JUNCTION, 84, 483 JA VELLO o IA VELLO, 358, 363, 368, 371, 372, 377, 386, 387, 390 JERATO (passo), 106, 116, 121 JUBDO, XVI, 416, 418, 419, 421 JUGOSLAVIA, 325 KAÀ (torrente), 460 KARIM (passo), 106 KARORA, 134, 166, 181, 194, 197, 198, 225, 245, 266 KARTHUM, 10, 13, 14, 22, 56, 68, 98, 128, 130, 132, 133, 138, 144,
149, 359, 425 KENIA, VIII, 8, 13, 15, 22, 30, 35, 40, 53, 55, 56, 58, 59, 61, 63, 72, 98, 99, 102, 128, 130, 132, 139, 144, 155, 157, 168, 274, 275, 280, 281, 326, 347, 351, 358, 359, 363, 371, 376, 386, 470, 481,482,483,491,498 KENIA (monte), 358 KHASM el-GIRBA, 94, 134, 180, 182 KUMSÀ (monte), 341, 342, 343, 344 KURMUK, Xl, 22, 92, 98, 128, 133, 134, 140, 159, 367, 373, 429 LAAL AMBA (monte), 220, 223 LACH BADA, 284 LAETO, 294 LAFERUG, 104, 112, 115, 120 LAGAMERA, 418, 419 LAGHI (regione dei), 333 LALIBELÀ, 434 . LAMBA MARIAM, 455 LANGHEI, 313 LAQUATAT (monte), 208, 209, 210 LASTA, 21 LEBCA (torrente), 190 LECHENTI, 10, 363, 368, 372, 375, 401, 407, 408, 411, 412, 413
INDI CE DELLE LOCALITA
LIBAN (monte), 189 LIBIA, VIII, 13, 17, 34, 66, 71, 102, 472, 496, 501 LIBO!, 275, 282 LIGABA, 320 LIMMÙ ENNARIA, 375, 395, 397, 399, 400 LON DRA, 28, 57, 122, 204, 425, 470, 501, 503 LOZÀ (monte), 461 LUCARAVA, 246 LUG H FERRANDI, 10, 153, 168, 279, 287 , 295, 296, 297 MABUNGO, 291, 292 MACÀ (torrente), 412 MACA LLÈ, 11 MACILE, 391 MACÒ, 418 MADDA e! CUMO, 371 MADOCA, 289, 291, 293, 294, 298 MAGACH, 454, 457 , 460, 462, 463, 465 MAGDALA, 339, 433, 434 MAGH ELLÀ (torrente), 420, 422 MAGI, 44, 358, 370, 371, 375, 402 MAHIN ABÒ, 431 M AI CEU, XV, 332, 339, 344 MAI CORAR, 341 MA I GUIDO, 358 MAI H AINÌ, 263 MAI MASCIC (valle), 341 MAI MESCIC, 341 , 342 MAIO, 234 MALAWIKA, 96, 139 MALAYA, 481
555
556
LE OPERAZIONI IN >.FRlCA ORIENTALE
MALCA MARRA, 275,280 MALCA-RIE, 280 MALCA SADI, 317 MALTA, 54 MAMAN (monte), 166, 179 MANCUSÀ, 430 MANDA, 356 MANDERA (nel Kenia), XI, 98, 103, 120, 168 MANDERA (nel Somaliland), 106, 115, 120, 121, 365 MANSUR, 275, 288, 289, 294 MARAGHI, 466 MARDA (passo), 301, 304, 305, 306, 308, 309, 310 MAREB (fiume), 189, 215 MARGHERITA, XIII, 273, 280, 287, 288, 289, 290, 293, 294, 321 MARMARICA, 138, 164 MAR ROSSO, 3, 326, 351, 485, 500, 501, 502 MARSABIT, 22 MARSA MATRUH, 164 MASANGO, 404 MASSAUA, VIII, XIII, 9, 11, 12, 15, 61, 63, 83, 154, 170, 191, 219, (difesa e caduta di Massaua: 263 + 269), 326, 331, 332, 333, 351, 355, 486, 489 MATAHARA, 319 MATAUARSISA, 282, 284 MATMAC, 466 MATTO, 418 MAURÀ T ARARÀ (monte), 461 MECCIARA, 309, 313, 315, 317 MEDITERRANEO (mare), 472, 485, 492, 501, 502, 503 MEGA, XVI, 367, 371, 372 MEIDA MERRA (stretta), 342 MELDIBÀ (monte), 461
INDICE DELLE LOCALITA
551
MELELDILBÀ, 461, 463, 465 MENSA (regione dei), 220 MERCA, 10, 11, 291 MERSA TACLAI, 225, 235 MESCELIT (passo), 228, 242 MESCENTI, 430, 431 MESFINTÒ, 180, 182 METEMMÀ, 96,98, 133,139,140,148, 149,150,151,159,179,180,181 , 182, 197, 202, 203, 428, 429 MIESSO, 309, 313, 314, 315, 318 MIGIURTINIA, 35, 168, 271, 302, 353 MILLE (torrente), 353 MINNI, 321 MIRGO, 117 MISSIONE (nei pressi di Cheren), 233, 234, 238 MOCCIA, 404 MOCRAM, 94 MODUN, XIII, 289, 292, 295, 297, 298 MOGADISCIO, XIII, 9, 10, 11, 154, 156, 168, 170, 174, 184, 273, 277, 278, 279, 280, 284, 285, 286, 291 , 292, 295, 297, 298, 325, 327, 331, 486, 490 MOGAREB (torrente), 191, 199 MOGAREH (piana di), 226, 230, 245 MOGGIO, 171 , 316, 318, 376, 381 MOGI, 418 MOIALE o MOYALE, XI, 89, 92, 98, 99, 159, 281, 359, 364, 365, 368, 370, 371, 372 MOLALÈ, 333 MOLÈ (monte), 399 MOMBASA, 13, 14, 15, 22, 56, 63, 144, 156, 166, 483 MONCULLO, 265, 266 MOTA, 432
558
LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
MUDUGH, 35 MUGGIA, 434 MUGGO (monte), 357, 379, 381 NACFA, 181, 235 NADDA (colline), 399 NAIROBI, 14, 56, 144, 156, 347 NAMARAPUTH, 367 NAPOLI, 40 NEGGIO, 375, 416, 430 NEGHELLE, 379, 382 NEGHELLI, IO, 44, 168, 273, 279, 296, 359, 361, 363, 369, 371, 372, 376, 377, 386, 387 NIGERIA, 59, 376 NILO (fiume), 4, 13, 132, 133, 154, 166, 169, 333, 351, 358, 368, 372, 432 NILO AZZURRO (fiume), 8, 13, 98, 140, 327, 336, 357, 374 NILO BIANCO (fiume), 358, 365, 407 NOCRA (isola), .355 NOGAL, 35 NORD AFRICA (Africa Settentrionale), 331, 351, 352, 486, 492 OADUEINA, 103, 108, 110, 111, 112 OBEL (valle), 215 ODONITTA, 398 ODDUR, 295 OGADEN, 35, 103, 271 OLETTÃ&#x20AC;, 171 . OLTRE GIUBA, XIII, 22, 184, 185, 282, 483 OM AGER, 98, 166, 179, 180, 181, 182, 187, 190, 197, 201, 203, 214, 218,262,324,330,428,437 OMBOI, 292 OMO (fiume), XVI, 4, 357, 358, 361, 365, 368, 370, 375, 376, 377, 385,386,393,395,398,399
INDICE DELLE LOCALITÀ
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OMO BOTTEGO, XVI, 8, 357, 385, 391, 394, 395, 397, 398 ORDE MULÈ, 412, 413 OSCIOT, 370 OTUMLO, 267 OURRA ILÙ, 35 PALESTINA, 57 PAN di ZUCCHERO (quota in zona di Cheren), 255 PARIGI, 30 PERIM, 268, 355 PICCOLO ABAI, 430 PONTE del GRECO, 401, 412, 413 PONTE di MAI TIMCHET, 431 PONTE el BUTANA, 96, 143 PORTO SUDAN, 14, 15, 40, 56, 59, 61, 63, 68, 72, 84, 89, 130, 132, 134, 141, 143, 154, 155, 166, 197, 213, 226, 268, 269, 333, 483 QUORAM, 332 QUOTA 1407 (pozzo - zona di Cheren), 249, 252, 255, 256 QUOTA 1425 (in zona di Cheren), 255 QUOTA 1501 (zona di Cheren), 248 QUOTA 1552 (zona di Cheren), 251 QUOTA 1616 (di M. Sanchil), 222, 233, 238, 241, 246, 255 QUOTA 1677 (zona di Cheren), 248 QUOTE 1701 e 1710 (zona di Cheren), 245 RAMEITA (penisola), 12, 355 REGINA MARGHERITA (lago), 357 RE GIOVANNI (collina di), 98, 150, 202 RHODESIA, 54 ROBI, 320 ROCCIONE FORCUTO, 223, 228, 230, 231, 236, 237, 238, 243, 245, 246, 248, 251
560
LE OPERAZ!O~I IN AFRICA ORIENTALE
RODOLFO (lago), XI, 4, 8, 13, 139, 145, 150, 156, 166, 168, 281, 358, 359, 364, 365, 367, 372 ROMA, 18, 20, 25, 28, 30, 33, 39, 67, 73, 79, 83, 84, 85, 89, 91, 101, 102, 111, 123, 124, 127, 137, 138, 158, 165, 174, 180, 183, 215, 219, 250, 266, 347, 352, 418, 421, 480, 482, 483, 484, 486, 496, 50 l, 502 ROMIÙ (valle), 239 ROSEIRES, 128, 130, 132, 134, 140, 367, 407, 429 ROTONDO (monte), 243, 245 RUSSIA, 172, 485, 486 SABATÀ, 171 SABDERAT, 134, 145, 179, 180, 181, 182, 191, 194, 197 SABUNABER, 466 SACÀ di GIMMA, 375, 399, 400, 401, 411, 412, 414 SACO {fiume), 373, 407 SADEI, 275 SADUN (torrente), 189 SAINÀ (monte), 437 SALE (piana del), 355 SALEI o SELÈ, 401, 416 SAMANNA (monte), 223, 228, 245, 246, 247, 248, 251, 252
SANCHIL {monte), 222, 223, 225, 228, 230, 231, 233, 235, 237, 238, 243, 245, 246, 247, 248, 249, 251, 252, 253, 255 SANDALOL {fortino), 114, 116, 117, 118 SASSABANEH, XIII SATO, 288 SCESCILEMBI (rio), 233 SCHERDEBBÀ, 260 SCIABE, 405, 406 . SCIALA (lago), 382 SCIASCIA, 402
INDICE DELLE LOCALITÀ
561
SCIASCIAMANNA, 10, 317, 320, 321, 363, 370, 375, 376, 377, 379, 381, 382, 383, 385, 392, 480 SCIAVELLI, 305 SCILLAVE, 295 SCINDOA (monte), 258 SCINNARA (regione), 225, 234, 253 SCIOA, XIV, XVI, 18, 20, 22, 35, 62, 91, 134, 136, 159, 160, 161, 165, 170, 206, 301, 309, 324, 327, 328, 331 , 361, 367, 368, 372, 374, 377, 381, 384 SCIOGALI, 373 SCIUSCEIB (monte), 145, 147, 148, 156, 162 SEGNALE (monte), 263, 267 SELACLACÀ, 213 SEMIEN, 432 SENAIT, 220, 222 SENDEFÀ, 171 SENNAR, 128 SERAÈ, 215 SEROBATIB, 147, 148, 182 SETIT (fiume), 187, 189, 201, 489 SHEICK (passo), 110, 11 2, 121 SHEIKH, 301 SIDI el BARRANI, XI, XII, 59, 154, 157, 164 SINGA, 128, 132 SINGAPORE, 481 SIRÈ, 317,407,410,411,412,433 SITTONA, 190 SOBAT (fiume), 357, 358 SOCORÀ, 389 SODDU, XVI, 321, 357, 369, 370, 375, 383, 384, 385, 386, 391, 392, 393, 394, 395 SOLE, 379, 383
t 562
LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
SOMALIA, XIII, XV, 3, 4, 14, 17, 35, 72, 80, 155, 242, 271, 274, 275, 279, 280, 297, 301, 321, 327, 328, 331, 359, 369, 370, 374, 420, 429, 501 SOMALILAND o SOMALIA BRITANNICA, Xl, XIV, XV, 3, 22, 35, 40, 53, 54, 56, 57, 58, 59, 72, 84, 90, 101, 102, 110, 123, 135, 159, 168, 302, 304, 305, 481, 483, 484, 495 SOMBO, 401 SONCA, 401 SORA, 373 SOROPPA (altura di), 390 SPAGNA, 29, 472 STATI UNITI, 172, 485, 486 STEFANIA (lago), 364 SUD AFRICA, 57, 144 SUDAN, VIII, 3, 14, 22, 30, 35, 44, 55, 56, 57, 58, 61, 63, 74, 80, 84, 90, 91, 92, 96, 101, 102, 127, 129, 130, 131, 132, 133, 137, 139, 140, 141, 143, 144, 154, 155, 156, 157, 242, 253, 326, 351, 359, 363, 367, 371, 377, 425, 428, 481, 482, 483, 484, 491 SUEZ (canale), VIII, 44, 54, 55, 76, 130, 138, 268, 269, 352, 473, 482, 500 SULULTÀ, 171 SUPÈ, 419 SUZENA (piana di), 212 TABDA, 282 TACAZZÈ (fiume), 8, 182, 201, 263, 336, 429, 431, 432, 43v, 447, 450, 489 TAGABA, 98 TAGIURA, 53 TAMANGIAGI, 404, 405 T AMBARO (monte), 385 TAMCIÀ, 430 TAMIAM, 145, 147, 148 TANA (fiume nel Kenia), 274, 430, 431
INDICE DELLE LOCALITÀ
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TANA (lago), 429, 437, 440, 441, 452, 454, 456, 459, 460 TANDEHÒ, 353 TANDELLAI (monte), 147 TANINAI (monte), 208 TANTÀ, 339, 433, 434 TARANTO, Xll, 157, 496, 503 TEGALHUS, 96, 139 TELLACH BADEMÀ (monte), 461, 465 TELLECCHIÈ, 450 TENCHIEL, 437, 444 TERKALI, 98 TERMABER, 336 TESSENEI, Xlll, 9, 134, 145, 155, 166, 179, 180, 181, 182, 183, 187, 190, 191, 194, 197, 198, 203, 240, 493 TETRI (monte), 225, 241, 248, 253 THIÒ, 355 TICCIÒ, 320 TIGLEGLÒ, 273 TIGRAI (occidentale), 201, 214, 215 TIGRÈ, 329 TIRÒ, 397 TOBRUCH (TOBRUK), Xll, XV, 40, 157, 490 TODIGNAC (fortino), XI, 139, 153, 367, 372 TOGÒ (passo), 339, 341 , 342, 343, 344 TOGORÀ (passo e settore), XV, 339, 341, 342, 343, 344 TOHEN (uadi), 353 TOKAR, 134 TOLÈ, 201, 212, 213, 214, 215 TORDA, 287, 290, 292, 293 TOSELLI (fortino, passo e settore), 341, 344, 347 TRONGÒ (monte), 223
564
LE OPERAZIONI IN AFRICA ORIENTALE
TUCA (monte), 408 TUCUL DINGHIÀ, 428, 437, 438, 457, 458 TUG ARGAN, 106, llO, 114, 115 TUMBULÙ (monte), 461 TUNISI, 30 UACCAI, 182, 194, 198 UADARÀ, 358, 370, 371, 375, 376, 386, 387, 388, 389, 475 UADI (monte in zona di Massaua), 263, 267 UALAG, 437, 455, 457, 458, 460, 461, 462, 467 UALDIÀ, XV, 339, 342 UARÀ, 258, 260 UEB (fiume), 288, 289, 293 UEBI GESTRO (fiume), 271, 357 UEBI IERÒ, 275, 288, 290, 292 UEBI SCEBELI (fiume), 4, 8, 279, 291, 297, 301 UERABILLI, 315 UESCA UECA, 370,402 UGANDA, · 13, 144 UMBERTO I (forte), 263 UMBI, 419 UMBO, 392, 393, 394 UOGGIDÌ, 333, 434 UOGHELEM, 342, 344 UOLCAIT, 21, 180, 182, 197,201,206,213,214,216, 218, 263,324,437 UOLCHEFIT, XVI, 331, 431, 432, 435, 437, 443, 446, 447, 449, 450, 451, 455, 456, 457, 461 UOLCHITTÈ, 376, 395, 398 UOLENCITI, 318, 319 UOLISÒ, 171, 333, 376 UOLLO, 159, 160, 329 UOMBERÀ, 429, 430
INDICE DELLE LOCALITÀ
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UONDO, 369, 383, 386, 387, 388 UORRA ILÙ, 432, 434 UORROI MANOT, 433 VOTA, 405 ORSA, 412 UWEINAT (oasi), 10 VIETNAM, 498 VILLAGGIO DUCA degli ABRUZZI, 9 VITTORIO d'AFRICA, 295,297,298 VITTORIO EMANUELE (forte a Massaua), 263 WAJUR, 89, 274, 281, 284 ZAHALÒ (monte), 258, 260 ZEBAN (monte), 234, 248, 249, 250, 252, 253 ZEILA, 53, 103, 104, 106, 108, 110, 112, 115, 302, 304 ZELALÈ (monte e sella), 222, 226, 228, 234, 235, 237, 238, 243, 248, 253, 256 ZERIMA, 435 ZUAI (lago), 4 ZOLA, 355
FOTOGRAFIE
li viceré di Etiopia AMEDEO DI SAVOIA - Duca di Aosta
Generale. Claudio TREZZANI
' Luigi FRUSCI
Generale NASI
Gustavo PESENTI
Generale Nico/angelo CARMINEO
Maggiore DE SIMONE
I
/ \ Generale Orlando LORENZINI
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Harrar - Guado del torrente Fafan - Truppe nazionali e indigene
Codaierre - Colonna di truppe indigene
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AviotrasJJOrt<> di truppe nazio11ali
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Carro armato costruito con materiali di fortuna a Gondar
Carro L 3
Mortaio d'assalto «8rixia»
â&#x20AC;˘L_..__ Fucile mirragliarore ÂŤBreda .10"
Pattuglie in perlustrazione nella zona di Cassala
Veduta di Cassala
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Fra i roccioni di Godaierre
Pianura dĂŹ Agordat e fiume Barca
li massiccio dell'Amba A/agi, baluardo ({ella strenua difesa italiana nell'Africa Orientale (l-17 maggio 1941) G/1 inglesi concessero ai 170 supersti1i l'onore delle armi
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na di Cheren
CittĂ di Cheren
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Il campo di battaglia di Cheren
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Amba A/agi - Oli italiani ricevono gli onori delle armi dai britannici
Bombardamento di Oondar - Agosto 1941