LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE VOL I SIDI EL BARRANI - PARTE PRIMA

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PARTE PRIMA



STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO UFFICIO STORICO

MARIO MONTANARI

LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE VOL. I - SIDI EL BARRANI (Giugno 1940 - Febbraio 1941)

PARTE PRIMA 2a Edizione

ROMA 1990

•


PROPRIETÀ RISERVATA Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione anche parziale senza autorizzazione © By Ufficio Storico SME - Roma - 1a Edizione, Roma 1984 - 2 a Edizione, Roma 1990 -

FUSA Editrice s.r.l. . Via Anastasio II, 95 Roma


PRESENTAZIONE 2 11 Edizione

La prima edizione de "Le operazioni in Africa Settentrionale Sidi el Barrani", volume I, pubblicata nel 1985, è andata velocemente esaurita nell'arco di pochi mesi. Lfi continua e larga richiesta del libro pervenuta in seguito, ha indotto lo Stato Maggiore dell'Esercito a dare corso a questa seconda edizione. Per rendere l'opera più agile e di più facile consultazione, le carte topografiche della prima edizione sono state sostituite da schizzi ideografici, più dettagliati ed uniformi, inseriti opportunamente nel testo.

IL CAPO DELL'UFFICIO STORICO



INDICE DEGLI SCHIZZI NEL TESTO n. n.

n. n. n. n.

n. n. n. n. n. n. n. n. n.

n. n. n.

1 Il teatro di operazioni libico ................. .... ........................... 2 Lo scacchiere libico-egiziano. Direttrici operative desertiche ........... ................................................................................. 3 Dislocazione delle forze sullo scacchiere libico-tunisino . 4 Dislocazione delle forze sullo scacchiere libico-egiziano . 5 I progetti per l'avanzata su Sidi el-Barrani ....................... 6 L'avanzava su Sidi el-Barrani (13 settembre) .................... . 7 L'avanzata su Sidi e l-Barrani (15-16 settembre) ....... ..... .. .. 8 L'avanzata su Sidi ·el-Barrani (13-16 settembre 1940) ...... . 9 AÌione di colonne italiane in ottobre-novembre 1940 ...... . 10 Situazione italiana al 5 dicembre ............................. .... ...... . 11 Attività operativa del 9 dicembre 1940 .............................. . 12 La battaglia di Sidi el-Barrani (10-1 2 dicembre) ............. .. 13 Attività operativa del 14 dicembre ..................................... . 14 La battaglia di Bardia (3-5 gennaio 1941) ...... ...... .............. . 15 Situazione delle forze britanniche stimate dal S.I.R. a fine dicembre 1940 ................... .......... ..... ..... ..... ... ...... ................... . 16 La battaglia di Tobruk (21-22 gennaio 1941) .................... .. 17 Situazione delle forze britanniche stimate dal S.I.M. attorno a Tobruk il 20 gennaio 1941 ........................................... 18 Visione d'assieme della prima offensiva britannica ...... ...

p.

16

p. p. p. p. p. p. p. p. p. p. p. p. p.

17 24 36 99 107 111 116 155 208 212 224 234 263

269 p. 295

p.

p. 305 p. 3 12



INDICE GENERALE Presen taz ione 2" Edi zione ........... ........................... .. ... .. .... ... .. .............. p. Presentazione I" Fcliz.ione ...... ........................................... ........................ p. Sc.:gni convenzionali ....................... ... ... ..... ...... .. ........ ...... ..... ........ ..... ..... p. Cap. I -

La situa zione 111ili1are al IO giugno

1. La d ichiarazione d i g u<::rra ....... ...... ,.... ......... ...... ,.... ........... .. p. 2. TI f ro n te i. uni s ino ... .. .. ..... .......... ....... ..... ......................... ..... p. 3. 11 fronte egiziano ....... ........... .............. .. ..... ...................... ........ p.

Cap. Il -

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7

22 35

Le p rime operazioni (giugno-novembre !940j

I. Gl i avven ime nti sul frontt: t unisino .... ............... .... .............. 2. Gl i avven ime nti sul frontt~ egiziano ......... .. ... .. ..... .. ... ..... ...... 3. L'avarmua italiana su S idi c l Barrani .... ......... .. .. ... .. ........... 4. La sos ta a S id i e l-Barrani .... ... .............. .. ............................. Cap. 111 -

p.

55

p. 64 p . 94 p. 122

ra prima o/fensil'a briiw1.nica

l. La s itua zio ne poli 1ico-m ili1.are ................................... ........ ... 2. La Battagl ia d i Sidi d-Barran i (9-11 dicembre) ... ... .... .. ...... 3. Lo bauagl ia cli Bardia (3-5 gennaio 1941 .............. ............ .. 4. La ba ttagl ia cli Tob ruk (21-23 gen naio I 94 I j ......... .. ... ........

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PRESENTAZIONE 1a Edizione

Questa monografia sulle operazioni dell'Esercto Italiano in Africa Settentrionale durante la seconda guerra mondiale è nata dall'esigenza di armonizzare la serie di opere già pubblicate dall'Ufficio Storico sull'argomento negli anni di poco succes.ivi alla fine del conflit to, ma ancora piuttosto a "botta calda", quindi in condizioni di precarietà documentaria interna per esigenze di riordinamento archivistico e in carenza di fonti, soprattutto di quelle straniere. La serie precedente, elaborata non tanto se,c ondo una progressione temporale aderente allo sviluppo operativo delle campagne quanto in funzione della disponibilità di autori affidabili e sperimentati, fornisce indubbiamente un'informazione tempestiva - la prima del genere comparsa in italia -, tuttavia non priva di inesattezze e di scollamenti, d'altronde ampiamente giustificati dallo scopo di "comunque documentare il più presto possibile" le vicende sfortunate ma non prive di valore delle nostre unità nel teatro africano. Ora, il generale Mario Montanari - storico militare affermato, conosciuto ed apprezzato per equilibrio, spririto critico e incisività - è stato incaricato dall'ufficio Storico di presentare in forma omogenea le campagne dell'Africa Settentrionale, quale ormai matura esigenza di superamento dell'intento monografico precedente che ripeto - doveva ed era da considerarsi soltanto di "primo approccio". L'opera completa, negli intendimenti dello Stato Maggiore dell'Esercito, si articolerà in quattro volumi, dei quali tre concernenti le operazioni negli scacchieri libico ed egiziano ed uno riferito a quello tuniosino. Il presente studio - il primo della nuova serie -, identificato con il titolo più significativo ed immediato del ciclo operativo iniziale - "Sidi el Barrani" per l'appunto-, comprende ed integra quindi le prime due monografie della serie precedente: "In Africa Settentrionale, la preparazione al conflitto e l'avanzata su Sidi el Barrani" e la "La prima offensiva britannica in Africa Settentrionale (ottobre 1940-febbraio 1941)", editi rispettivamente nel 1955 e nel 1964.


Lo studio inoltre - al fine di approfondire la genesi delle decisioni strategiche maggiormente determinanti - non si limita soltanto alla stretta e consueta analisi tecnica ed operativa, ma allarga il campo di indagine agli aspetti politico-militari d'ambo le parti in lotta, secondo un criterio metodologico più aderente alle esigenze dei tempi e dell'opinione. Eventi e personaggi, infine, sorio considerati con distacco obiettivo, senza indulgere alla facile critica né all'esaltazione retorica. Si cerca invece di ben illuminare le cause originanti le decisioni e le circostanze in cui comandanti e truppe dovettere operare. Nessuna condanna affrettata, dunque, bensì sereno riscontro di errori umani in momenti difficili.

IL CAPO DELL'UFFICIO STORICO


SEGNI CONVENZIONALI

I

usati negli schizzi Sono stati impiegati i segni convenzionali in uso attualmente nell'esercito italiano, e precisamente: 1. Simboli base:

unità Comando installazione logistica Comando logistico

D

Pa p

2. Simboli d'arma:

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fanteria bersaglieri

~

carristi

~

cavalleria

(Z)

artiglieria genio

IIJ

truppe motorizzate

000

3. Simboli di rango: reggimento lii armata XXXX battaglione-gruppo Il corpo d'armata XXX I compagnia-batteria divisione XX brigata X Per indicare un complesso tattico si usa il simbolo I l sopra il simbolo di rango. 4. Indicativo delle unità: Alla sinistra del simbolo base si pone l'indic.a tivo numerico corrispondente al simbolo di rango rappre~entato ed alla destra l'indicativo dell'unità nella quale è inquadrato il reparto in questione.

Es. 2 ~ 5 indica il II btg. del 5° rgt.f. 5. Indicativo di nazionalità: Ove necessario, a destra del simbolo base sono usate le sigle IT: Italia; QE: Germania; UK: Gran Bretagna; AU: Australia; NZ: Nuova Zelanda; FR: Francia; PO: Polonia.


Capitolo primo LA SITUAZIONE MILITARE AL 10 GIUGNO 1940

1. LA DICHIARAZIONE DI GUERRA.

Nel pomeriggio del 10 giugno il_ ministro degli Esteri Ciano consegnò la dichiarazione di guerra agli ambasciatori di Francia e di Gran Bretagna: alle 16,30 ad André François-Poncet ed alle 16,45 a Percy Loraine, con inizio delle ostilità a partire dalle ore zero del giprno seguente. Hitler era al cor,rente della decisione di Mussolini e la breve dilazione di data rispetto a quella originaria del 5 giugno, fatta anche su sua richiesta, lo aveva indotto a ritenere che l'alleato avesse in programma un'azione contro la Corsica, la Tunisia o Malta, noh ulteriormente procr~stinabile per motivi di segretezza, perciò rimase sorpreso che l'l l giugno nessuna operazione spettacolare o quanto meno significativa segnasse l'intervento italiano 1. Un semplice bombardamento aereo di Malta ed unaricognizione, anch'esla aerea, effettuata in Africa settentrionale oltre frontiera fu tutto quello che venne annunciato dal primo bollettino. In effetti, gli ordini dello Stato Maggiore Generale diramati alla vigilia confermavano quel contegno assolutamente difensivo per terra e per aria che il mar. Badoglio aveva illustrato come direttive di Mussolini nella riunione dei capi di Stato Maggiore del 5 giugno 2. Prima di prendere in considerazione la lotta in Africa settentrionale, sembra opportuno un cenno sull'organizzazione al più alto livello e sulle singole forze armate, allo scopo di meglio inquadrare le possibilità italiane nella guerra che stava per iniziare nel Mediterraneo e nel teatro d'operazioni nordafricano (organlgramma pagina seguente). Al vertice stava il Comando Supremo (Stamage) annunciato da Mussolini nella riunione del 29 maggio a Palazzo Venezia. Si trattava di un organismo di dimensioni estremamente ridotte, con il quale il capo di Stato Maggiore Generale provvedeva ad emanare le direttive strategiche per lo svolgimento delle operazioni e ad assicurare il coordinamento fra le singole forze armate (dipendenti dai rispettivi capi di Stato Maggiore) ed i vari teatri d'operazione oltremare (dipendenti dai rispettivi comandanti superiori) 3• • esercitata d'ordine di Mussolini, non La condotta della guerra,


STRUTTURA DEL COMANDO SUPREMO NEL 1940 Com.te Supremo Mussolini

Capo del Governo Mussolini

Capo di $.M.C. mar. Badoglio

Min. Guerra Mussolini

Min. Marina Mussolini

Min. Aeronautica Mussolini

Sollocapo S.M.G. gen. Soddu

Souosegretario gen.Soddu

Sollosegretario amm. Cavagnari

Sollosegrelario gen . Pricolo

Min. A.I. gen . Teruzzi

Capo di S.M.M. amm. Cavagnari

C.le Sup. A.O.I. Duca d'Aosta

Forze armate in territorio metropolitano, in Albania ed in mare

Forze armate nei territori d'oltremare

Capo di S.M.E. mar. Graziani


LA SITUAZIONE MILITAREAL IO GIUGNO 1940

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avrebbe presentato particolari difficoltà se lo strumento per dirigerla fosse stato strutturalmente idoneo anziché ridotto ad una semplice segreteria; il coordinamento dell'azione invece rivestiva una assai maggiore complessità, in parte perché, come si é detto, il Comando · Supremo non possedeva un'impostazione organica rispondente ed in parte perché fino allora la R. Marina e la R. Aeronautica avevano goduto di una più o meno accentuata autonomia per effetto del duplice incarico, sottosegretario di Stato e capo di Stato Maggiore, rivestito dai loro più elevati esponenti. Per il R. Esercito le cose stavano in modo differente a causa della mancanza di abbinamento di funzioni, quindi mentre le questioni di carattere navale ed aeronautico venivano di solito discusse e risolte direttamente fra Mussolini ed il sottosegretario-capo di Stato Maggiore interessato, quelle concernenti le forze terrestri erano quasi sempre curate da Mussolini per il tramite del capo di Stato Maggiore Generale o del sottosegretario per la guerra. La costituzione del Comando Supremo fu tardiva rispetto alla necessità di conseguire la sensibilità strategica "terra-mare-aria" indispensabile nel conflitto moderno. Ne derivarono una concezione bellica tendenzialmente terrestre e, quasi per naturale conseguenza, l'insoddisfacente impostazione del problema aeronavale del Mediterraneo centrale e le troppo scarse e generiche cure concrete dedicate alla cooperazione interforze. S altresi da rilevare che alla predetta collaborazione nocque fin dall'inizio, e non poco, l'esistenza in ogni forza armata di serie lacune di c~rattere ordinati~o, organizzativo, addestrativo e logistico. . Lo Stato Maggiore del R. Esercito (Superes_ercito) esercitava azione di comando su tutte le unità mobilitate in Italia (1.076.940 uomini) ed in Albania (70.290 uomini), vale a dire su tre gruppi di armate ed una riserva strategica. In particolare, il gruppo di armate ovest, in Piemonte, fronteggiava la Francia con la 1 8 e la 4a armata, per complessive 22 divisioni; il gruppo di armate est era rivolto verso la Jugoslavia con uno schieramento che dal Veneto giungeva alla Lombardia ed all'Emilia e comprendeva la 2 8 , la 6 8 e (dal 12 giugno) 1'8 8 armata per un totale di 20 divisioni; 'il gruppo di armate sud doveva provvedere alla protezione dell'Italia meridionale, delle isole e dell'Albania con 12 divisioni. La riserva dello Stato Maggiore, dislocata nell'Italia centrale, si limitava alla 7 8 armata costituita da appena 4 divisioni 4 . Oltremare la responsabilità operativa era affidata ai Comandi Superiori Forze Armate (C.S.F.A.) locali, che disponevano delle grandi unità ophanti fuori del territorio metropolitano


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

e che ricevevano direttive solo dal Comando Supremo: in Libia si trovavano la sa e la 10a armata per complessive 14 divisioni (207.630 uomini), in Africa orientale c'erano due divisioni nazionali e 28 brigate coloniali (255.950 uomini) e nell'Egeo una divisione rinforzata (24.140 uomini). Infine, i reparti non mobilitati in Italia rientravano sotto la giurisdizione del ministero della guerra, che sovrintendeva all'amministrazione di tutto l'esercito. Alla testa delle forze navali con base nel territorio metropolitano era lo Stato Maggiore della R. Marina (Supermarina), cui spettava impartire le direttive generali, emanare gli ordini generali di operazione, diramare le informazioni circa i movimenti delle unità amiche e nemiche e designare il comandante superiore in mare. Da Supermarina dipendevano i comandi di squadra o forza navale ed i comandi costieri (comandi in capo di dipartimento e comandi militari marittimi). In sostanza tutte le funzioni di comando per la guerra nel Mediterraneo erano fortemente accentrate, salvo la condotta dell'azione tattica, affidata al comandante superiore in mare, cioé a.I più elevato in grado o più anziano fra i comandanti delle unità partecipanti alla stessa operazione, indipendentemente dalla loro appartenenza organica. Questi in teoria disponeva di una certa autonomia: sulla base delle informazioni fornitegli da Roma poteva, in caso di palese ed urgente necessità, agire d'iniziativa e chiedere rinforzi a Supermarina o direttamente ai comandi c.ostieri o delle squadre navali. Senonché, all'atto pratico, egli risultava vincolato dalla minuziosità degli orientamenti e delle disposizioni operative che gli pervenivano. In definitiva, il comandante superiore in mare, anche se ~omandante di squadra, era escluso dallo studio delle operazioni che gli ver;iivano affidate, assumeva il ruolo di semplice esecutore con scarsissimi poteri decisionali e si trovava in condizioni di incertezza di fronte a.d ogni imprevisto cambiamento della situazione in mare se non riceveva nuove e tempestive istruzioni da Supermarina 5. Le forze navali erano essenzialmente costituite da due formazioni principali 6. La 1a squadra navale, raccolta a Taranto, comprendeva la sa e la 9a divisione navi da battaglia, la 1 a divisione incrociatori pesanti, la 4a e 1'8 3 divisione incrociatori leggeri e sei squadriglie di cacciatorpediniere, per un totale di 13 navi maggiori\ e 24 cacciatorpediniere. La 2 a squadra, dislocata a Napoli, Messina e Palermo, era formata dalla 3a divisione incrociatori pesanti, dalla 2 a e 7 a divisione incrociatori leggeri e da quattro squadriglie. di cac<::iatorpediniere, per complessivi I O incrociatori e 16 cacciatorpediniere.


LA SIT UAZIONE MILITARE AL IOGIUGNO 1940

11

La direttiva navale zero (DI.NA.zero), emanata il 29 maggio, partiva dalla ipotesi che gli avversari assumessero l'iniziativa, grazie alla loro preponderanza numerìca e qualitativa, svolgendo azioni contro il nostro dispositivo nel canale di Sicilia e nel Dodecaneso ed in genere contro le linee di comunicazione italiane. Ne conseguiva la decisione di assumere un atteggiamento difensivo nei bacini occidentale ed orientale del Mediterraneo ed offensivo-controffensivo nel settore centrale per impedire la riunione delle flotte nemiche. Mentre al naviglio leggero ed ai sommergibili era affidato il logoramento dei franco-inglesi mediante incursioni ed azioni di agguato, alle navi di linea era stato suggerito un indirizzo operativo improntato a criteri di cautela. Il documento 7 poneva in evidenza due concetti. Il primo, a base dell'ipotesi di guerra, affermava che l'entrata in campo dell'Italia a·conflitto iniziato le precludeva ogni possibilità di sorprese e, per converso, faceva ritenere possibili immediati atti ostili da parte alleata. Ad implicito sostegno di questa tesi, molto discutibile, stava la indisponibilità di idonei mezzi di offesa: portaerei, mezzi d'assalto della marina, mezzi anfibi, aerosiluranti, paracadutisti; ma in realtà il discorso era ca- . povolto. 'Se fin dal 1938, dopo la crisi di Monaco, la pianificazione avesse preso in considerazione ed accettato il principio di aprire le ostilità con un subitaneo intervento contro Malta od Alessandria, una risoluta volontà avrebbe potuto imporre una tempestiva organizzazione interforze ad hoc - portaerei a parte, giacché l'impostazione di un loro programma era ormai troppo tardiva - ed è lecito ritenere attuabile una mossa iniziale atta a migliorare sensibilmente il rapporto di forze o a danneggiare il flusso dei rifornimenti britannici. ''Non so perché - commentò l'amm. Cunningham- gli italiani n.on abbiano mai tentato di ostruire il canale di Suez né di rovinare il porto di Alessandria col far saltare in aria una nave" 8 ed in effetti sarebbe stato ben difficile per gli inglesi impedire che una o due navi cariche di munizioni o di cemento si facessero saltare in aria bloccando il canale e dando concretezza all'inizio delle ostilità 9. Il secondo concetto si traduceva nell'orientamento ad impegnare il grosso delle forze navali appena possibile e prima che il nemico venisse rinforzato, in altre parole esprimeva la convinzione che il tempo lavorasse per gli alleati. Però tale orientamento era frenato dalla prescrizione di evitare, sia pure in linea di massima, di affrontare formazioni navali decisamente prevalenti. Dall'esame delle forze contrapposte in Mediterraneo alla data del 10 giugno si vede subito che l'Italia si ttovava in forte svantaggio per le navi


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

maggiori ed in altrettanto forte vantaggio per il naviglio sottile:

Navi

ltalia 10

navi da battaglia portaerei incrociatori pesanti incrociatori leggeri cacciatorpediniere torpediniere e avvisi sommergibili totali

Gran Bretagna11

4

4 1

7 12

Francia 12

5

-

-

7 7 40

10

67 71 115

-

35 12

16 42

266

62

117

Ma un confronto fra le disponibilità singole e complessive forse è meno eloquente di un quadro che tenga conto delle dislocazioni:

Navi

navi da battaglia portaerei incrociatori cacciatorpediniere

bacino occidentale

settore centrale

4 francesi 13 4 italiane 1 inglese 14

10 francesi 1 inglese 37 francesi

bacino orientale

4 inglesi 16 1 francese 17 1 inglese 18 19 italiani 9 inglesi 1 francese 57 italiane 26 inglesi 19 3 francesi 15

Questa situazione sembra mostrare con maggior chiarezza le possibilitĂ offerte da una manovra per linee interne appoggiata al dispositivo del canale di Sicilia e da una immediatamente aggressiva guerra d'attrito. Giova anche porre in risalto un particolare elemento di paragone. Alla sostanziale prudenza nell'affrontare uno scontro navale da parte italiana si contrapponeva un atteggiamento assai piĂš risoluto da parte britannica. "Non ci demmo mai pensiero della forza della flotta italiana - scrisse l'amm. Cunningham -. Il numero delle corazzate italiane variava, secondo i rapporti, da tre a cinque, arrivando talvolta a sette. Avevamo la massima fiducia che la flotta di Aiessandria sarebbe stata in grado di affrontarle se gli ita-


LA SITUAZIONE MILITARE AL IO GIUGNO 194-0

13

liani avessero deliberato di dar battaglia" 20 . L'affermazione probabilmente risente della conoscenza degli avvenimenti, ma, trovando riscontro nelle mosse del comandante in capo della Mediterranean Fleet, può essere accettata ad indicazione di un reale spirito offensivo sostenuto dall'assenza di dubbi sull'approvazione dell'Ammiragliato. Il che non si può dire esistesse in ambito italiano. Le forze aeree operanti dipendevano dallo Stato Maggiore della R. Aeronautica (Superaereo), eccezion fatta per quelle oltremare, impiegate dai Comandi Superiori dell'Africa settentrionale, dell'Egeo e dell'Africa orientale. Dei quattro teatri d'operazioni nei quali esse potevano esser chiamate ad agire, tre erano controllati direttamente da Roma: il teatro continentale ovest rappresentato dalla Francia meridionale, quello continentale est comprendente Jugoslavia e Grecia ed il teatro del Mediterraneo avente per zona d'azione il Mediterraneo stesso e tutti i territori che per possedimento, mandato od alleanza facevano parte del sistema franco'inglese, compresa la Turchia. L'Africa orientale era nettamente a sè stante per evidenti motivi di distanza, di difficoltà di comunicazioni e di peculiarità di situazione strategica. L'assegnazione dei compiti alle grandi unità d'aviazione era fissata sulla base della predetta ripartizione territoriale. Al teatro d'operazioni continentale ovest erano interessate la 1' squadra aerea (valle Padana), con la 4a divisione da bombardamento e la 2a divisione da caccia, e la 3a squadra (Lazio-Toscana), costituita dalla 3a divisione da bombardamento e dall'8a brigata da caccia. Al teatro d'operazioni continentale est erano orientate la 6 3 divisione da bombardamento (Veneto), l'aeronautica della 4a zona aerea (Puglie) e quella d 'Albania. Il teatro del Mediterraneo era affidato alla 2• squadra (Sicilia), formata dalla 3a divisione e 11 a brigata da bombardamento e dalla 1 a divisione da caccia, all'aeronautica della Sardegna nonché a quelle della Libia e dell'Egeo. L'aviazione per l'esercito era rappresentata da 37 squadriglie da osservazione aerea, quella per la marina da 19 squadriglie e 4 sezioni costiere da ricognizione marittima. Complessivamente, il 10 giugno erano in linea 1.332 apparecchi da bombardamento, 1.160 da caccia, 497 da osservazione aerea e 307 da ricognizione marittima, compresi gli aerei non pronti o in riparazione 21 . Limitandoci a considerare gli aerei da combattimento vero e proprio, secondo le informazioni del tempo gli avversari avrebbero potuto impiegare contro l'Italia 1.018 bombardieri (900 francesi e 118 inglesi) e 1.359 caccia (l.160 francesi e 189 inglesi), ma si trattava di stime di vétlore incerto. Del resto nemmeno dopo il


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

conflitto è stato possibile pervenire a cifre sicure 22 . Per certo, comunque, se i francesi erano ormai del tutto assorbiti dal tentativo di arginare l'invasione tedesca e nella Francia meridionale evidentemente ben poco era utilizzabile, in Nordafrica sembra fossero rimasti soltanto una cinquantina di apparecchi efficienti ed in Siria 36 aerei moderni. Dal canto loro gli inglesi disponevano complessivamente di 208 bombardieri e caccia di base a Gibilterra, Malta, Egitto e Medio Oriente 23, oltre ai 20 imbarcati sulla portaerei Eagle. Per concludere la breve rassegna delle possibilità italiane in generale, occorre prendere in esame ançhe gli impegni operativi. Lasciando da parte gli scacchieri europei, il R. Esercito impiegava un quinto delle proprie forze in Libia ma con un compito decisamente difensivo; la R. Marina poteva dedicarsi in toto al Mediterraneo, ma limitandosi in sostanza a garantire il controilo del canale di Sicilia; la R. Aeronautica, la cui dottrina pur non identificandosi con le teorie del Douhet tendeva ad una guerra propria, si trovava con metà degli apparecchi da bombardamento e da caccia vincolati agli scacchieri europei, circa un quarto decentrato ai Comandi Superiori dell'Africa settentrionale (cinque stormi e tre gruppi autonomi) e dell'Egeo (poco più di uno stormo), e solo il rimanente effettivamente alla mano per la lotta nel cielo del Mediterraneo: i nove stormi più quattro gruppi della Sicilia e della Sardegna. Con queste disponibilità essa doveva garantire il dominio dell'aria, concorrere alle operazioni della flotta, sommarsi all'occorrenza agli stormi della Libia a favore delle operazioni terrestri in quel teatro d'operazioni. Non si vuole qui valutare l'adeguatezza o meno dell'impiego strategico o del concorso tattico, bensì semplicemente rimarcare l'assenza delle premesse indispensabili ai fini di un impiego coordinato delle forze armate e, per contro, sottolineare la gravità dei fattori negativi: concezione embrionale di un comando interforze; mancanza di un'idea precisa dell'apporto che l'aviazione era in grado di fornire allà guerra navale ed anche a quella terrestre; inesistenza di norme disciplinanti la collaborazione delle forze armate in campo tattico; deficienti collegamenti radio, in pratica ridotti alla sola telegrafia e per di più con pesanti limitazioni tecniche. A conti fatti, non sembra esagerato affermare che ogni forza armata entrò in guerra per proprio conto e con grossi problemi di fondo. D!altronde, proprio non siamo stati i soli ad avere questo handicap. Il teatro d'operazioni sul quale l'Italia giocò le sue carte, senza averne afferrato l'importanza decisiva, fu quello dell'Africa settentrionale 24 • Esso appariva suddiviso in due scacchieri: l'occi-


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dentale, comprendente la Tripolitania e le regioni nordafricane francesi, e l'orientale, comprendente la Cirenaica e l'Egitto (schizzo n. 1). Il primo, ai fini delle operazioni terrestri, poteva considerarsi limitato alla regione tunisina, di cui Algeria e Marocco rappresentavano una specie di retroterra logistico. Le limitazioni imposte dal clima e dall'ambiente restringevano poi ancor di più il campo operativo ridotto, infatti, alla fascia costiera, rinserrata fra il gebel tunisino ed il mare. Questa zona, fuori della quale potevano condursi soltanto azioni sporadiche ed a raggio limitato, appariva nettamente favorevole alla difesa francese che, oltre ai saldi appoggi d'ala (monti e mare), aveva il vantaggio di opporre all'attaccante fronti semprè più ristretti. La possibilità di sbarchi di sorpresa sulle coste nord-occidentali e settentrionali della Tunisia era poi contrastata dalla prossimità dell'ottima base aeronavale di Biserta, la quale, facendo sistema con quelle della Corsica e della costa provenzale, contribuiva ad assicurare alla Francia un buon dominio del bacino occidentale del Mediterraneo. Lo scacchiere orientale (schizzo n. 2) era costituito, nella parte nemica, dall'intero territorio egiziano, i cui elementi caratteristici erano il deserto occidentale, ossia la zona di frontiera; la regione del Delta, centro economico del paese; la valle del Nilo, collettore longitudinale di tutte le risorse e comunicazioni del medio ed alto Egitto; il deserto orientale, ossia l'arteria vitale del capale di Suez ed il retroterra della penisola del Sinai. Anche in quesfo scacchiere ,le caratteristiche climatiche ed ambientali erano fortemente condizionanti.' Nel deserto occidentale tre sole località abitate avevano valore economico ed importanza militare: Sollum, Siwa e Marsa Matruh. Esse erano collegate in vario modo. Oltre alla camionabile costier.a Sollum-Alessandria, asfaltata a partire da Sidi el Barrani e sussidiata per buona parte della sua lunghezza dalla linea ferroviaria Marsa Matruh-Alessandria, esisteva un'altra comunicazione importante, parallela alla prima, congiungente Siwa al Cairo. Soggetta a normale manutenzione essa consentiva il transito degli automezzi in qualunque stagione. Le due camionabili, la costiera e l'interna, disponevano di numerosi arroccamenti trasversali, tra cui principali quelli di Sollum-Siwa, Sidi el Barrani-Siwa, Marsa Matruh-Siwa e Marsa Matruh-Qattara-Qara. La fascia costiera all'altezza del golfo degli Arabi (zona di el Alamein) si restringe fino a soli 55 chilometri e si affaccia sulla depressione di el Qattara con impervi ciglioni. Ad oriente della depressione e per una profondità di un'ottantina di chilometri~le piste camionabili ed i tratti di stra-


Schizzo n. t' IL TEATRO D'OPERAZIONI LIBICO

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Schizzo n. 2 LO SCACCHIERE LIBICO-EGIZIANO

ARABIA SAUDJ T .A

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da a fondo artificiale divenivano più frequenti, sì da costituire nel loro insieme una rete relativamente sempre più fitta e consistente a mano a mano che si avvicinava al Delta. Nell'interno, estremamente ridotte sembravano le possibilità di muovere da Giarabub in direzione sud-ovest, attraverso un mare di sabbia paralizzante e micidiale, verso il Nilo e la vasta oasi di Kharga, distante 1150 chilometri e collegata mediante ferrovia alla linea della valle del Nilo. A meno di circostanze eccezionalmente favorevoli c'era da dubitare di poter raggiungere il porto fluviale di Haifa e non minori apparivano le difficoltà di arrivare al grande fiume partendo dall'oasi di Cufra o da Auenat . . In sostanza, ai fini delle operazioni terrestri, tutto il vasto teatro nordafricano si poteva reputare limitato alle fasce costiere, dove infatti si svolsero i principali avvenimenti delle campagne in Africa settentrionale. Nel suo complesso, questo territorio era caratterizzato da pochi punti di ancoraggio lungo la costa; da terreno prevalentemente desertico (tranne l'altopiano cirenaico) e particolarmente arido in Sirtica, in Marmarica e nel deserto occidentale egiziano; da distanze considerevoli e limitate comunicazioni; da scarso regime di piogge e scadente vegetazione; da povertà di risorse d'ogni genere, principalmente idriche; da clima soggetto a forti escursioni, in genere temperato sulla costa e caldo nell'interno. Chiara la decisa subordinazione delle operazioni al fattore logistico. Di conseguenza risultava più facile e redditizio l'impiego di truppe poco numerose ma bene armate e motorizzate piuttosto che l'utilizzazione di forti masse appiedate e vincolate ad una scarsa autonomia. Su questo teatro l'Italia si accingeva a battersi. Il mattino del 10 giugno Badoglio telegrafò al mar. Balbo, governatore della Libia e comandante superiore delle forze àrmate dell'Africa settentrionale, preavvisandolo che alle 18 pomeridiane sarebbe stata data notizia della dichiarazione di guerra. Al messaggio seguirono tre episodi che sarebbe azzardato definire in linea con una buona organizzazione, ben s'intende posto che il momento dell'entrata in campo era scelto da Roma. Il primo riguardava l'assetto territoriale che la Libia avrebbe assunto dall'inizio delle ostilità. Il Comando Superiore Forze Armate Africa Settentrionale (C.S.F.A.A.S.) dispose subito, con proprio ordine, che tutta la regione fosse considerata zona di operazioni e ripartita in zona di frontiera, costituita dalle due provincie a ridosso del confine (Tripoli e Derna) e dal Sahara libico, ed in zona delle retrovie, rappresentata dalle due provincie centrali (Misurata e Bengasi). Si trattava di una


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suddivisione piuttosto anomala, giacché l'espressione zona di frontiera costituiva novità senza riflessi pratici, non potendo modificare l'ordinamento.amministrativo della Libia. Però era anche una lodevole iniziativa che intendeva in qualche modo colmare una omissione del governo, cui spettava determinare con apposita legge i territori soggetti a particolari vincoli militari, per le evidenti ripercussioni giuridiche, amministrative ed operative. Non appena copia del provvedimento giunse a Roma, Soddu infatti si affrettò a proporre che in analogia a quanto disposto per il territorio metropolitano, tutta la Libia venisse dichiarata zona di guerra e che le aree chiamate zona di frontiera assumessero la denominazione di zona deÙe operazioni. Quest'ultima, conseguentemente, venne posta sotto la giurisdizione della 5 8 armata per la parte più settentrionale della provincia di Tripoli (capoluogo escluso), della 10 8 armata per l'intera provincia di Derna e del Comando Fronte Sud per la fascia sahariana meridionale. Le retrovie passarono alle dipendenze della piazzaforte di Tripoli e della base di Bengasi. Il secondo episodio appare profondamente significativo della forza d'inerzia della burocrazia. Il 9 giugno arrivarono al Comando della 10 8 armata due dispacci, con i quali il Comando Superiore comunicava che dal giorno 10 il comandante dell'armata (gen. Francesco Guidi) ed il comandante del XXII corpo d'armata (gen. Umberto Somma) cessavano dall'incarico ricoperto per raggiunti limiti d'età e rientravano in Italia a disposizione del ministero della guerra. La situazione in Cirenaica fu così sintetizzata nel diario storico della 10 8 armata: "- il comandante dell'armata sostituito da un generale [Mario Berti] ottimo, ma che non è mai stato in Africa settentrionale; - il comandante di un corpo d'armata, per giunta in corso di trasformazione, sostituito da altro generale [Ennio Pitassi Mannella] ancora in Albania. Inoltre: - il comandante di una delle divisioni di questo corpo d'armata, dichiarato "non prescelto", ha chiesto l'immediato esonero e rimpatrio; - il comandante della divisione Marmarica [gen. Ruggero Tracchia] è giunto da pochi giorni, non ha ancora assunto il comando ed il vicecomandante dovrà rimpatriare; - il comandante della 1a divisione iibica, ottimo, vecchio coloniale, è stato da poco sostituito~on un altro generale [gen. Luigi Sibil-


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# LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

le], ottimo soldato, ma che non ha alcuna conoscenza di truppe libiche".

Per completare il qml'dro aggiungasi che neanche la 5a armata ri~ultò immune da cambiamenti in extremis: il 7 giugno il gen. Roberto Lerici fu nominato comandante della D.f. Bologna ed il gen. Vincenzo Della Mura venne incaricato delle funzioni di comandante della D.f. Sirte. Non si può evitare un commento poco benevolo nei confronti di trasferimenti di tal livello, disposti ed attuati nell'imminenza di una guerra, tanto più che nella riunione del 30 maggio Badoglio aveva confermato ai capi di Stato Maggiore'l'ordine di Mussolini di tenersi pronti a ricevere in qualsiasi giorno, a partire dal 5 giugno, la comunicazione dell'inizio delle ostilità. E indubbio che, considerato lo stato di eccezionale tensione politica, i movimenti in questione potessero e dovessero essere bloccati oppure anticipati convenientemente. In nessuno modo sembra possa giustificarsi una crisi di comando del genere alla vigilia dell'apertura del fuoco. Ma colpiscono anche, e forse maggiormente, altri aspetti della vicenda: che l'ordine relativo ai comandanti della 10 8 armata e del XXI corpo sia arrivato al Comando Superiore il giorno 5 mentre la comunicazione appare pervenuta agli interessati dopo ben quattro giorni, nell'imminenza del cambio e che la situazione non abbia provocato alcuna obiezione da parte del Comando Superiore nei riguardi del provvedimento né prima né dopo. Terzo episodio: appena ricevuto il preavviso, Balbo si affrettò a scrivere a Badoglio che "( ...) In sintesi, dei materiali promessimi dal Duce et che come ben sai rappresentano il minimo indispensabile, non est giunta che una piccola aliquota(... )". L'elenco dei materiali in difetto era nutrito: 900.mitragliatrici Fiat 35 su 1800, 120 cannoni da 47/32, due gruppi contraerei e 20 sezioni da 20 mm, dotazioni munizioni per le 900 mitragliatrici, 500.000 bombe per mortaio da 45 e 125.000 per mortaio da 81, 230.000 colpi per pezzi da 47/32, 11.700 da 105/28ed11.000 da 149/12, ben 8.000 posti letto, materiali di collegamento ecc. In sostanza, fin dal primo colpo di cannone si sollecitava il completamento delle dotazioni e delle scorte e si ricordava che il flusso dei rifornimenti ordinari era un punto interrogativo, poiché la Marina aveva sostenuto a chiare note di non poter assicurare il traffico fra madrematria e "quarta sponda". Il 10 giugno si trovavano in Africa settentrionale 236.000 uomini, di cui 128.000 in Tripolitania ed 88.000 in Cirenaica 25 con 1.477


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bocche da fuoco di vario tipo 26 . Un dispositivo dunque gravitante verso ovest, a difesa della frontiera con la Tunisia, ed articolato in due armate, su cinque corpi d'armata e quattordici divisioni, di cui nove di fanteria, tre di camicie nere e due libiche, oltre alla guardia alla frontiera ed alle truppe sahariane. Poiché la minaccia dei corazzati nemici era stata sottolineata, merita porre in evidenza quanto da noi posseduto in questo campo: ogni divisione aveva in organico una compagnia cannoni controcarri da 47/32 su otto pezzi e (ec~ cezion fatta per le divisioni libiche) un battaglione carri leggeri su 46 carri. In effetti, esistevano soltanto sette battaglioni. carri ed il 60% dei pezzi da 47/32. Però, a prescindere dalla pochezza del carro leggero, é da chiedersi se non sarebbe convenuto costituire una divisione corazzata con i battaglioni carri disponibili - come del resto era stato adombrato in uno studio compilato da Soddu nel 1939 su richiesta di Pariani - anziché suddividerli fra le divisioni. Questa massa di uomini era alimentata da un'Intendenza A.S., dotata di sette magazzini speciali (sanità e veterinaria, viveri e avena, fieno e paglia, vestiario ed equipaggiamento, artiglieria, genio e materiale chimico), due sezioni panettieri, un parco automobilistico, due autogruppi di manovra, tre autosezioni, una sezione ambulanze, due uffici postali ed un reggimento territoriale mobile. Le dotazioni e le scorte dovevano, complessivamente, tendere ad un'autonomia di dodici mesi, ma raggiungevano i tre mesi per pasta-riso, i quattro mesi per carne-pesce scatolato, i sei mesi per il fieno ed oscillavano da un minimo di un mese ad un massimo di circa. tre mesi per gli altri generi. Il Comando Aeronautica della Libia (gen. f . Porro), che dal 15 luglio assumerà il nome di Comando 5 a squadra aerea, disponeva di quattro stormi da bombardamento per complessivi 125 apparecchi efficienti, uno stormo e un gruppo da caccia con 88 aerei, uno stormo d'assalto con 34 aerei ed una sessantina di aerei da ricognizione e sahariani 27 . È opportuno soffermarsi brevemente sull'argomento. Nella citata riunione del 30 maggio, Badoglio si era rivolto al gen. Pricolo per "tener pronta un 'aliquota di aviazione [dislocata in Italia] che possa, su mio avviso, trasferirsi in Libia per dare aiuto" contro incursioni di mezzi corazzati, dato che la carenza di armamento controcarri non consentiva alle grandi unità terrestri di fare molto. D'altro canto, poiché il terreno, specie in Marmarica, era assolutamente scoperto, gli aerei si trovavano nelle migliori condizioni per stroncare qualsiasi puntata. Per la precision~, Badoglio disse: "Un 'aviazione che •si rispetti li deve maciullare" ed ag-


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTf..NTRIONALE

giunse: " È l'unica maniera che abbiamo di frenare un'azione del genere". Nessuno interloquì, nemmeno il più diretto interessato, vale a dire il gen. Pricolo. Eppure l'affidare tranquillamente all'aviazione il compito di arrestare offensive condotte con carri armati non era soluzione tattica che potesse accontentare. E per di più gli apparecchi in dotazione non si potevano ritenere l'ideale sotto alcun aspetto. I bombardieri erano S.81 notoriamente sorpassatissimi per velocità (massimo 330 km/h) ed autonomia (1800 km); era perciò in corso la loro sostituzione con gli S.79 (velocità massima 425 km/h, autonomia 2500 km), apparecchi che pur avendo fornito ottima prova in Spagna risentivano della loro derivazione da aereo ci-vile e che, comunque, non reggevano il confronto con i tipi stranieri in linea; quali i Bristol Blenheim e i Vickers Wellington. Per la caccia esistevano in Libia i C.R. 32, la cui velocità massima era inferiore a quella dei più modesti bombardieri avversari, ed i C.R. 42, ottimi come maneggevolezza ma con una velocità massima di 420 km/h, i quali potevano competere vantaggiosamente con i Gloster Gladiator (però meglio armati), ma non con gli Hurricane, che toccavano i 530 km/h, gli Spitfire ed i Messerschmitt 109, che arrivavano ai 570 km/h. Il 50° stormo d'assalto, poi, disponeva di Ba.65, apparecchi che avevano dato luogo ad una tal serie di incidenti gravissimi da esser considerati con la più assoluta sfiducia, specialmente quelli con motore A.80. Quindi era stata decisa la loro sostituzione con i Ca.310, in attesa dei futuri Ba.88, senonché nel clima e nelle sabbie africane i Ca.310 palesarono tanti inconvenienti da indurre a passarli alle squadriglie di osservazione aerea e da ritornare, per l'assalto, ai Ba.65 con motore K.14. Il Comando Marina della Libia (amm. Brivonesi) non aveva che poche navi per una difesa costiera: l'incrociatore San Giorgio utilizzato come batteria galleggiante, quattro torpediniere, sei cannoniere ed alcuni sommergibili. Tali le forze con le quali si iniziò in Africa settentrionale quella che Mussolini chiamò "la guerra parallela".

2.

IL FRONTE TUNISINO

Molto è stato scritto sulla scarsa consistenza francese e sugli abbagli presi dal nostro servizio informazioni, in base anche alla testimonianza del gen. Bertrand, capo di gabinetto del gen. Charles Auguste Noguès, comandante in capo del teatro d'operazioni nor-


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dafricano, fatta in sede di inchiesta parlamentare dopo la guerra: "Tranne tre o quattro divisioni rimaste sul fronte della Tripolitania e di una divisione dislocata nei pressi di Tunisi(... ) tutto ciò che era disponibile, compreso il solo battaglione carri ·efficiente in tutto il Nordafrica francese, era partito per la Metropoli" 28. Vale dunque la pena di soffermarsi sull'argomento (schizzo n. 3). Al confine libico-tunisino francesi ed italiani stavano entrambi sulla difensiva. Secondo le notizie fornite dal S.I.M., l'avversario aveva alla frontiera uno schieramento diradato di reparti leggeri, goums e bande irregolari, che si spingevano sino al Sahara. A tergo, nella zona di Ben Gardane-Medenine, cioé nello stretto corridoio determinato dall'andamento parallelo alla costa dei monti Ksour, modesti ma di scarsissima percorribilità, due divisioni di fanteria, la 64 8 e la 66 8 , ed una di cavalleria. Verso Gabès 1'85 8 D.f. con un battaglione carri. Ad un centinaio di chilometri più a nord si trovava la linea degli chotts, un'ottima posizione difensiva, in corrispondenza della quale si riteneva fossero tre divisioni - la 65 a D.f. verso Sfax, la 6 8 D.f. e 1'84 8 D.f. nella zona di Gafsa - ed aliquota di una quarta, la 54a D.f., preposta alla difesa costiera da Tunisi a Gabès e pertanto diluita su 400 chilometri. Ancor più a tergo altre cinque divisioni: la 74• D.f., con due battaglioni carri, a Tunisi, e quattro, due delle quali in corso di costituzione, nella zona di BonaCostantina. In definitiva: in Tunisia erano individuate otto divisioni di fanteria ed una di cavalleria; in Algeria tre divisioni di fanteria di cui una in via di costituzione ed una di cavalleria in costituzione. In Marocco erano segnalate altre tre divisioni di fanteria. Nonostante le preoccupazioni espresse da molti capi italiani, il quadro, a ben guardarlo, sembra indicativo di intendimenti tutt'altro che aggressivi. Più probabile una linea di condotta opposta, fondata su una azione di ritardo e di logoramento a partire dalla frontiera, seguita da un sicuro irrigidimento difensivo prima in corrispondenza della posizione di Mareth (circa 200 chilometri da Ras Agadir, punto di confine sul mare) e poi degli chotts a sbarramento della direttrice Medenine-Gabès-Sfax. ' Tale situazione del 31 maggio, modificata nei giorni seguenti dalla notizia dell'imbarco per la Francia della divisione di fanteria di Tunisi e della divisione di cavalleria algerina e di altri reparti minori 29, non era esatta, ma assolutamente non nella misura criticata da tante parti. Il gen. Noguès aveva a sua disposizione le truppe della Tunisia (gen. Blanc), quelle del Marocco (gen. François), della 19• regione militare in Algeria (gen. Goudard) e del fronte sa-


/ SCACCHIERE LIBICO TUNISINO SITUAZIONE AL 10 GIUGNO 1940

Schizzo n. 3


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hariano orientale, nonché le grandi unità e le formazioni varie in riserva generale. Anche le altre forze armate erano poste sotto il suo comando: l'amm. Estéva, comandante in capo della flotta, ed il gen .. Pénès, comandante della 5 a squadra aerea. Il grosso delle forze era concentrato in Tunisia ed articolato su due fronti 30 . Il fronte sudtunisino (gen. Poupinel) si scaglionava su una copertura affidata alla 4a brigata di cavalleria (gen. Burnol) r inforzata da due battaglioni, dai gruppi da ricognizione delle divisioni 81 a e 180a e da unità di goums; su una posizione difensiva organizzata all'al!ezza di Mareth da una région fortifiée (vale a dire una divisione da fortezza o d'arresto); infine, su una riserva composta dalla 81 a D.f. (gen. Chevalier) e dalla 180a D.f. (gen. Rochas) nella zona di Gabès e da reparti vari, fra cui un battaglione di carri, a ridosso della posizione difensiva. Fin qui, dunque, la ricostruzione del S.I.M. collimava sostanzialmente. Il fronte nord-tunisino comprendeva l'88 a D.f: per la difesa delle coste da Biserta a Sfax (quella che era stata individuata come 54 a D.f.), l'83 a D.f. (gen. Vergès) per il controllo del territorio (mantien de l'ordre) a Sfax con l 'equivalente di un battaglione carri; infine una riserva del teatro d'operazioni formata dalla 6a divisione leggera di cavalleria (gen. Clouet des Perruches) a Gafsa e da un gruppo tattico corazzato a livello di battaglione ad ovest di Tunisi. Anche a questo riguardo il S.I.M . aveva visto giusto. È bensì da notare l'as, soluta mancanza di riscontro negli ordinativi divisionali 31 , ma soprattutto da mettere in evidenza che nella ricostruzione italiana le ·grandi unità avversarie erano date ad un buon livello di efficienza, mentre sussistevano sensibili manchevolezze di vario genere che indebolivano le truppe francesi. Nella vicina Algeria si trovavano la sa brigata di cavalleria ed il raggruppamento Nord (pari ad una divisione binaria italiana) a sud di Bona, la 183a D.f. a Costantina, la 181 • D.f. ad Algeri, la 182a D.f. ad Orano 32 ed il raggruppamento CIMO, equivalente ad una divisione binaria, a Tlemcen (sud-ovest di Orano), oltre a numerosi reparti non indivisionati. In Marocco c'erano la 3a D. marocchina e l'equivalente di almeno dUe divisioni di fanteria, senza evidentemente la compattezza organica. Tirando le somme, il 10 giugno il Nordafrica francese disponeva di otto divisioni di fanteria, una da fortezza, una leggera di cavalleria, due brigate di cavalleria, due raggruppamenti tattici della consistenza della binaria italiana e moltissime altre unità, alcune delle quali ottime, come i reggimenti della Legione straniera ed i goums. Quanto alla forza compl!ssiva dell'esercito africano, occorre


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

sfatare la leggenda che esso sia stato progressivamente anemizzato sino a diventare un guscio pressoché vuoto. Nell'agosto 1939 gli effettivi ammontavano a 200.000 uomini: 83.000 per il 19° corpo d'Algeria, 38.000 per la divisione autonoma della Tunisia e 79.000 per le truppe (regolari e suppletive) del Marocco. 111 ° giugno 1940, secondo le situazioni inviate ad Algeri, il teatro d'operazioni contava su 410.000 uomini, di cui 189.000 per la difesa del territorio, e precisamente: 134.000 in Algeria, 139.000 in Tunisia e 137.000 in Marocco. Il 25 giugno il totale dei presenti superava i 410.000 uomini 33 , senza calcolare i 10.000 uomini trasferiti in Africa negli ultimissimi giorni e quelli affluiti entro 118 luglio. In altri termini, per quanto dal 1° settembre 1939 al 25 giugno 1940 abbiano lasciato il Nordafrica 169.837 uomini - 20.315 dei quali per il Levante, la costa dei Somali e l'Indocina - il livello medio raggiunto dopo la mobilitazione restò quantitativamente pressoché inalterato 34 per l'arrivo di unità venute dalla Francia o dall'Africa occidentale, di quadri e di drappelli del pari giunti dalla madrepatria e di reclutamenti locali, che avrebbero dato un gettito maggiore se le disponibilità di armamento e di equipaggiamento lo avessero consentito. Degli effettivi presenti in tutta l'Africa del nord il 1O giugno considerazioni di situazione 35 e di distanza potevano far reputare intoccabili le unità del Marocco ed i tre quarti di quelle dell'Algeria, perciò, secondo la valutazione del S.I.M., il nemico era teoricamente in grado di impiegare in Tunisia una diecina di divisioni al massimo. Ora, si è visto che in effetti aveva tre divisioni fra Ben Gardane e Gabès, altre tre tra Sfax e Tunisi, una a Costantina ed un solido raggruppamento a sud di Bona, inoltre i numerosissimi reparti non indivisionati e la brigata di cavalleria potevano essere assimilati a due divisioni: il conto, dunque, tornerebbe. Ma se le critiche rivolte alla ricostruzione numerica delle forze appaiono, come si è visto, infondate, su altro piano è lecito dissentire dalle valutazioni dell'epoca. Prima di tutto è estremamente discutibile assimilare i supporti ad intere grandi unità: una divisione è tale quando è formata, addestrata ed impiegata sotto un comando organico come un insieme unitario. I supporti vengono assegnati per adeguare, rinforzare una divisione, non per sostituirsi ad essa con pari efficienza. In secondo luogo la stessa denominazione di talune grandi unità (région fortifiée, de mantien de l'ordre, de protection) e la ·dislocazione (schieramento costiero oppure molto arretrato) o la situazione organica (unità in ricostituzione o in formazione) denotano vincoli sicuri nei confronti di un impiego campale, cioé dinami-


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SITUAZIONE DELLE GRANDI UNITA FRANCESI MOBILITATE IN NORDAFRICA

all'atto dell'armistizio Grande unità

dislocazione

1• D. marocchina 2' D. mar.

Francia Marocco

J• D. mar. 81 • D.f. 82° D.f. 83° D.f.

Marocco Tunisia Francia Tunisia

84° D.f.

Francia

85° D.f.

Francia

86° D.f. 87· o.r. 88° D.f. 180• D.f. 181 • o.r. 182° D.f. 183• o.r. Réaion for1ifiée 6° D.legg.cav.

Siria Francia Tunisia Tunisia Algeria Algeria Algeria Tunis ia Tunisia

2• B. cav. 4° B. cav.

Francia Tunisia Algeria Algeria Algeria

5• B. cav. Raggr. Nord Raggr. CIMO

note

imbarcata nell'otlobre 1939 sciolla il IO seltembre 1939. I suol reparti tra cui due btg. carri. rimasero in Marocco come truppe territoria li

imbarcata nel settembre '39 un suo reggimento, il 344°, imbarcato per la Francia nel giugno 1940 im_barcata tra la fine di maggio cd i primi di giugno 1940 imbarcala fra la fine dì maggio cd i primi di aiuano 1940 imbarcata nel sellembre 1939 imbarcala nell'ollobre 1939

costiluila nel 1940 allingendo a 1• e 3• brlsata cavaileria

costi tu ito nel 1940 costituito nel 1940

Nota: l'ordinamento delle division~ di fanteria era ternario, con un gruppo d a ricognizione di cavalleria ed un reggimento di artiglieria c on due-tre gruppi.


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LE OPERAZIONI JN AFRICA SETTENTRIONALE

co. In sostanza, pur ipotizzando il caso peggiore, ben difficilmente era da temersi un'offensiva condotta con più di tre-quattro divisioni, di fanteria per giunta, anche se appoggiate da reparti carri. Infatti 1'8 giugno Balbo decise lo spostamento della 2 a divisione libica (gen. Pescatori) da Tripoli a Bengasi ed appena pochi giorni dopo non si parlò più di pericoli ad occidente, senza che alcun fatto 'nuovo avesse modificato la situazione in Tunisia. D'altronde qual era il disegno operativo francese? All'inizio degli anni Trenta la Francia aveva deciso di cautelarsi contro un eventuale attacco italiano utilizzando l'istmo esistente fra il mare e gli chotts nelle immediate vicinanze di Gabès, sull'allineamento dell'uadi Akarit. I primi lavori vennero realizzati nel 1935, ma negli anni successivi presero uno sviluppo assai più vasto, e fu approntata, una cinquantina di chilometri più a sud, la cosidetta linea Mareth, fra la costa ed i monti Matmata o Ksour. La posizione, che nel 1939 si poteva dire ultimata, comprendeva due allineamenti di capisaldi molto intervallati fra loro: 28 su quello avanzato, il principale, e 18 su quello arretrato, a circa 1500 metri dal precedente. Ogni caposaldo era formato da postazioni di vario tipo e ricoveri in calcestruzzo a prova dei piccoli calibri; quelli di secondo ordine avevano carattere essenzialmente campale. Sul davanti, un ostacolo continuo di mezze rotaie e filo spinato e la possibilità di elevare, all'occorrenza, le acque dell'uadi Zigzaou, le cui sponde erano state tagliate a picco. Più a tergo, la citata linea di uadi Akarit poteva servire da posizione di contenimento: profondo sino a 12 metri, l'Akarit riduceva a soli 11 chilometri la fronte d'attacco fra il golfo di Gabès e l'estremità orientale dello hott edl-Djerid. In definitiva, un complesso fortificatorio modesto ma ritenuto serio per il nemico italiano, dotato solo di carri molto leggeri e di pochi pezzi da 149. Però con il completamento del sistema emerse la possibilità di avvalersene come di base per una controffensiva, utilizzando in particolare l'aspra dorsale dei monti di Matmata: un attaccante che si fosse dispost_o a superare frontalmente la linea di Mareth avrebbe offerto il fianco sinistro ad offese partenti da quel diaframma montano. Il gen. Noguès, nel 1939, costituì un raggruppamento ad hoc di alcune migliaia di uomini e si preoccupò di prolungare la posizione verso ovest, in modo da evitarne l'aggiramento, tuttavia all'inizio della guerra era stato approntato solamente il caposaldo di Bir Sultan. D'altra parte Nalut ed el-Assa, i punti italiani più avanzati, distavano circa 250 chilometri in terreno desertico, quasi privo di acqua, e, . . .


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per giudizio concorde dei capi francesi, la sa armata italiana non era assolutamente in grado né di attuare il forzamento della posizione difensiva né, meno ancora, di aggirarla attraverso la zona desertica interna per mancanza di mezzi idonei. Noguès aveva preparato anche un piano di offensiva su Tripoli, con uno sforzo esercitato lungo due direttrici: la costiera, alimentata da una base avanzata predisposta a Ben Gardane, e l'interna, alimentata da Tatahouine. Le due località, situate ad un'ottantina di chilometri avanti alla linea di Mareth, erano state convenientemente approntate in funzione anticarro e con un sistema di comunicazioni da tergo che avrebbero consentito l'agevole rifornimento delle basi. Tutto sommato è comunque lecito nutrire qualche dubbio sulle concrete possibilità che quell'offensiva aveva di giungere a Tripoli, soprattutto nel giugno 1940 quando il supporto aereo si era ri'dotto a poca cosa. Alla fi. ne di maggio erano partiti per la Francia quattro dei mediocri gruppi da·bombardamento esistenti, perciò fra il 1° ed il 15 giugno rimasero alcune centinaia di apparecchi detti di transizione, dei quali gli efficienti erano in pratica utilizzabili essenzialmente ai fini addestrativi. Per il combattimento sembra fossero disponibili 40-45 aerei da caccia, 6 da bombardamento e cinque o sei squadriglie di Potez da osservazione. Occorre parlare anche dei materiali, almeno dei pz:incipali. Nella primavera del 1940 i francesi avevano 36 : in Marocco il 62° e il 66° battaglione carri con 90 carri R.35 e H.35 da 12 tonn.; in Algeria il 64° battaglione con 50 carri H.35; in Tunisia il 61 ° e 67° battaglione con 150 carri D.l da 16 tonn. All'inizio di giugno il 67° battaglione (45 carri) si imbarcò per la Francia e fu rimpiazzato da una nuova unità con 48 vecchi F.T. da 6 tonn. arrivati dalla madrepatria. Perciò si trattava, complessivamente, di 240 carri moderni, ai quali erano da aggiungere 244 carri F.T., compresi i 48 citati 37, e 174 autoblindo e 50 cingolette. Molto del materiale d'armamento fu nascosto alla commissiqne di controllo italiana. Le artiglierie accertate ammontavano a più di 1.400 sino al calibro 47, 536 campali, 717 per difesa costiera, 173 coqtraerei. Nel campo automobilistico furono segnalati 9.000 autocarri, 600 rimorchi, 500 trattori e 4.000 autovetture. Secondo il gen. Nogués il materiale "sparito come per incanto" rappresentava più di un terzo delle dotazioni autorizzate ed era qualitativamente molto superiore a quello consentito. I dati sono perciò incerti. Limitandoci a qualche voce, un raffronto è elo• quente:


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LE OPERAZIONI IN AFRJCA SETTENTRIONALE

materiali

fucili fucili mitragl. mi traglia trici pezzi da 75 pezzi da 47 carri e blindo autocarri cartucciame colpi da 75

l

secondo Noguès

secondo Weygand

secondo Peyrouton 38

20.000

55.000

200.000

4.000

-

600 400

82 43 25

80

30

30 500 21 milioni

6.000 26 milioni

170.000

205.000

so so -

Ad ogni modo, volendo dare un'indicazione sulle reali possibilità· operative delle truppe francesi all'atto dell'armistizio, sembra potersi affermare che la penuria di materiali d'armamento, di munizioni, di vestiario e d'equipaggiamento era effettiva, specialmente in Algeria ed in Marocco, ma non, secondo le stesse ammissioni di Noguès, drammatica. In generale le scorte erano valutabili a tre mesi di a utonomia, mentre le deficienze risultavano gravissime nel campo delle trasmissioni e sentite in qualche settore del vestiario. Da parte italiana la prossimità di Tripoli alla frontiera e l'importanza delle due direttrici operative, la costiera e la gebelica, avevano determinato l'impianto generale dell'organizzazione difensiva. Le piazzaforti - in realtà grossi capisaldi - di Zuara, sul mare, e di Nalut avevano il compito di arrestare il nemico avanzante lungo le due direttrici oppure, se fosse penetrato nella interposta Gefara, di obbligarlo ad impegnarsi in loco facilitando il felice esito, per noi, di ·uno scontro decisivo nella Gefara. A metà distanza fra Zuara e Tripoli la "linea di appoggio", creata immediatamente ad ovest della rotabile Sorman-Bir el Gnem-Jefren, modestissimo allineamento campale in senso meridiano, aveva la funzione di protezione della radunata della massa di manovra e di fornire appoggio all'intervento di questa. Più a tergo c'era il campo trincerato di Tripoli, in sistema con le posizioni di Garian, con funzioni di ultimo baluardo e di difesa diretta della base di Tripoli nonché di controllo della


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Tripolitania orientale. I lavori, iniziati nel gennaio 1938 con un primo stanziamento di 50 milioni, avevano ricevuto maggiore impulso nel 1939-'40 con ulteriori stanziamenti per complessivi 420 milioni e con l'invio di trenta compagnie lavoratori (7 .500 uomini circa), ma il 10 giugno erano ancora ben lungi dall'approntamento, anche perché recentemente era stato studiato il raffittimento del sistema. Il solo programma del 1938 prevedeva per Tripoli 40 centri 39; 160 appostamenti protetti 40 , di cui 100 per mitragliatrici, 54 per pezzi controcarri da 47/32 e 6 miste per mitragliatrici e pezzi; postazioni in barbetta per 40 batterie della guardia alla frontiera. Per Zuara e Nalut i lavori erano naturalmente assai inferiori. Nella prima riguardavano 8 centri; 113 appostamenti protetti, di cui 83 per mitragliatrici, 24 pezzi controcarri da 47/32 e 6 misti; postazioni in barbetta per 12 batterie della guardia alla frontiera. Per Nalut si trattava di 7 centri; 41 appostamenti protetti, di cui 28 per mitragliatrici, 1Oper pezzi da 47 /32 e 3 miste; postazioni in barbetta per 6 batterie. Al 1° giugno erano stati ultimati i lavori in muratura delle opere (55 centri e 316 appostamenti) però si riscontravano deficienze relative agli impianti interni ed in particolare alle riservette munizioni (13 pronte su 63). Quanto all'armamento della guardia alla frontiera esistevano 395 mitragliatrici su 544; 438 fucili mitragliatori contro 170 occorrenti e l'esuberanza era utilizzata provvisoriamente in sostituzione delle mitragliatrici mancanti; 18 cannoni da 47/32 su 140 ma la deficienza era momentaneamente attenuata utilizzando 40 cannoni da 77/28; 55 batterie 41 su 58 ma con carenze nei materiali di caricamento; 12 casermette su 27. Le interruzioni erano praticamente a punto, 21 su 23, tuttavia per l'ostacolo anticarro si era assai in ritardo: circa due chilometri ultimati e dodici in corso contro i 47 previsti. Nessun campo minato. A siffatto complesso di posizioni erano preposti circa 7 .000 uomini della guardia alla frontiera. Il 10 maggio Balbo, recatosi a Roma, era stato ricevuto da Mussolini euforico per il messaggio, recatogli da von Mackensen, col quale Hitler lo mett~va al corrente dell'inizio dell'offensiva sul fronte occidentale. Preso dalla smania di intervenire, ritenne che "bisogna stringere i tempi" come scrisse Ciano nel suo diario, ed annunciò a Balbo che ormai il periodo della non belligeranza stava per finire. Rientrato a Tripoli, questi spedì a Soddu l'elenco dei materiali ritenuti indispensabili, però volle che Mussolini non soltanto conoscesse lo stato di fatto, xp.a "seguisse" le spedizioni:


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

"(...) Il gen. Soddu mi ha pregato di fargli ave1·e subito l'elenco dei materiali che ritengo necessari nel modo più assoluto: ed io gli spedisco copia della presente lettera, nella quale preciso a Voi, perché ne siate informato, che cosa occorra alla Libia per sostenere, con probabilità di contenerlo, l'attacco avversario su due fronti. Nel recente promemoria del Capo di S.M. Generale è detto che, con l'aumento di 80 mila uomini, la.proporzione fra le truppe ai miei ordini e le avversarie, sarà di uno a due, ma la cosa ha poca importanza: non è il numero dei nemici che mi preoccupa, ma il nostro armamento. Oggi la più bella legione di Cesare soccomberebbe innanzi ad una sezione di mitragliatrici. Lasciatemi dire quindi che con grandi unità formate di limitate e vecchissime artiglierie, prive o quasi di armi anticarro e contraerei, ho assoluto bisogno di poter contare sugli sbarramenti delle due vie di accesso alla Tripolitania, sulla cinta di Tripoli e su quelle di Tobruch e Bardia. Avere delle opere fortificate e sguarnite di armi è un assurdo. La mia richiesta verte quindi anzitutto sulla necessità di mettere in efficienza queste fortificazioni, che rappresentano il primo modesto progetto non ancora completato. Altra necessità alla quale occorre provvedere adeguatamente e al più presto è rappresentata dalla difesa controaerei. I mezzi che abbiamo sono assolutamente insufficienti e per numero e per qualità. Non mancano i progetti, ma non vi sono le batterie e le relative organizzazioni (reti di avvistamento, collegamenti, ecc.). Gli obiettivi da difendere sono pochi, ma appunto per questo la loro importanza è grande. Quanto chiedo rappresenta, perciò, il minimo indispensabile per dare una certa efficienza alla difesa dei punti più sensibili della nostra organizzazione militare (...). Duce, permettetemi infine di pregarVi di voler vigilare perché il programma che Voi stesso avete tracciato e che non è passibile di decurtazioni, sia integralmente applicato per mettere la Libia in grado di assolvere alla sua funzione nel grande quadro della nuova guerra europea" 42.

Al punto in cui stavano le cose, se la lettera di Balbo tendeva ad allontanare la guerra dove~a essere impostata diversamente e prendere di petto la questione, se invece - come più probabile - mirava semplicemente a ricordare le promesse e a sollecitarne l'attuazione era più opportuno graduare le necessità. Balbo conosceva bene le limitazioni di cui soffriva l'Italia e, di conseguenza, non poteva ritenere concretabile in poche settimane il programma non ancora ultimato. La replica di Soddu, che a sua volta si premurò di coinvolgere Mussolini nella responsabilità della preparazione libica, sotto


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alcuni aspetti era centrata: "Le richieste del Comando Superiore forze armate Africa settentrionale sembra prescindano dalla situazione generale e tengano conto solo di quella della Libia", ma sotto altri assai meno: "È da considerare che queste spinte improvvise ad agire a favore di vari settori (A.O.I., Egeo, Libia), come se fossero teatri di operazioni a sè stanti(...) possono finire coll'interferire dannosamente(... )" 43 . Che ognuno dei territori oltremare avesse i propri problemi era indubbio, così come il fatto che le "spinte improvvise" erano diretta conseguenza degli impulsi di Mussolini. Salivano le preoccupazioni che la Libia, a torto od a ragione, destava in tutti, Badoglio compreso. Infatti il 21 maggio Balbo volò a Roma per la terza volta in un mese:Era stato convocato da Badoglio, ma nei tre giorni di permanenza nella capitale conferì nuovamente con Mussolini, Graziani e Soddu. Fu in quella occasione che chiese ed ottenne la D.cor. Centauro, dislocata in Albania. Per ·quanto la divisione fosse ancora dotata interamente di carri leggeri, avrebbe costituito un grosso regalo, ma il movimento fu annullato quasi subito a causa della indisponibilità di tempo e di navi. Probabilmente si trattava di difetto di volontà. Balbo allora chiese formalmente a Badoglio di effettuare una nuova ispezione in Libia, ma era il 6 giugno e la proposta venne lasciata cadere. La sa armata (gen. Italo Garibaldi) era schierata a tergo dei tre settori di copertura tenuti dalla guardia alla frontiera. A nord, a sbarramento della airettrice Medenine-Zuara-Tripoii, stava· il XX corpo d'armata (gen. Ferdinando Cona) con le divisioni di fanteria Pavia (gen. Pietro Zaglio) in prima schiera e Brescia (gen. Giuseppe Cremascoli) e Sirte (gen. Vincenzo Della Mura) in seconda schiera, fra Ez Zauia e Giordani. Più a sud, a sbarramento delle direttrici Nalut-Giado-Bir el Gnem-el Azizia-Tripoli e Nalut-Giado-JefrenGarian, era disposto il X corpo d'armata (gen. Alberto Barbieri) con le divisioni Bologna (gen. Roberto Lerici) e Sabratha (gen. Guido Della Bona) in prima schiera e la Savona (gen. Pietro Maggiani) e la 2.a divisione camicie nere (luog. gen. Francesco Argentino), che apparteneva al XXIII corpo, in seconda. Tripoli era affidata ad unità del XXIII corpo (gen. Annibale Bergonzoli) con la 1a D. cc.nn. (cons. gen. Francesco Antonelli) alla mano nella zona di Tagiura. Lo scacchiere sahariano copriva quelli principali, ai cui schieramenti doveva dare sicurezza. Si trattava di un territorio in massima parte desertico ed inospitale, in cui però potevano trovare.qualche sviluppo mosse interferenti con le operazioni in atto ·più a nord oppure tendenti a sollecitare emotivamente il mondo arabo.- I fran-


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LE OPERAZIONI IN AFR ICA SETTENTRIONALE

cesi sembravano poter impiegare le sole forze esistenti nelle regioni ad ovest ed a sud del Sahara libico, vale a dire un complesso di sei compagnie ed una batteria del Sahara algerino, il III battaglione tirailleurs senegalesi del Niger ed il reggimento tirailleurs senegalese del Ciad per complessivi circa, 9000 uomini. Poiché era temibile un aggiramento delle truppe italiane agenti sul gebel Nefusa, occorreva proteggere il fianco sinistro della sa armata. Ma c'era anche da attendersi un colpo di mano sulle oasi di Cufra e di Auenat, ove fra l'altro esistevano basi aeree per il collegamento con l' A.O.I .. Infatti i francesi sin dal settembre 1939 avevano messo a punto un piano circa l'occupazione di Cufra mediante l'impiego di una colonna motorizzata partente da Faya (un migliaio di chilometri di distanza) costituito da uno scaglione di combattimento a livello di battaglione e da uno scaglione logistico, per complessivi 1.000 uomini, 190 automezzi, viveri ed acqua per dieci giorni, carburante per 1.000 chilometri. Il Comando fronte sud (gen. Sebastiano Gallina) disponeva di un raggruppamento libico (su due battaglioni, una compagnia mitraglieri da posizione, una batteria cammellata da 65/17 e due sezioni mitragliere da 20 mm) e delle Truppe Sahara libico (un battaglione sahariano, una compagnia automitraglieri, quattro compagnie meharisti e dieci compagnie mitraglieri da posizione). Le forze aeree dislocate in Tripolitaniia dipendevano dal Comando settore ovest ed erano rappresentate da: 15° stormo da bombardamento su S.79 e S.81 a Castel Benito; 33° stormo da bombardamento su S.79 a Bir el Bhera; 50° stormo d'assalto (meno una squadr iglia) su Ca.31 Oe Ba.65 a Sorman; 13° gruppo caccia su CR.42 e CR.32 a Castel Benito; 64 ° gruppo osservazione aerea su Ghibli a Mellaha; 1° gruppo A.P.C. su Ghibli a Mellaha; 99° squadriglia sahariana su Ghibli a Hon. In totale i velivoli efficienti ammontavano a 74 bombardieri, 28 aerei d'assalto, 36 caccia, 8 da osservazione e 18 Ghibli. Da aggiungere una squadriglia trasporti su S.75 ed una di soccorso su Cant.Z.506. C'era anche un battaglione indigeno paracadutisti, presto affia~cato da un secondo battaglione nazionale, a Castel Benito, ma, pur avendo raggiunto un buon livello tecnico, ne fu trascurato l'impiego specifico.


LA SITUAZIONE MILITARE AL IO GIUGNO 1940

3.

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IL FRONTE EGIZIANO

Ad oriente la situazione iniziale era ancor più ricca di interrogativi e di timori (schizzo n. 4). Secondo il S.I.M., lungo la frontiera da Sollum all'oasi di Siwa si trovavano circa 20.000 uomini di truppe in massima parte egiziane: la brigata di frontiera, il Carnei Corps, l'Arab Corps ed unità varie. A ridosso della fascia confinaria, nella vasta area triangolare Sollum-Sidi el Barran i-Bir Scegga (una ottantina di chilometri a sud di Sollum), appoggiata al mare, era dislocata una divisione corazzata britannica con 114 carri pesanti 44 , 134 carri leggeri e 38 autoblindo. A tergo di essa, sempre lungo la costa era segnalata la presenza del grosso nemico, diluito lungo una striscia di duecento chilometri da el-Maktila ad ed-Daba: una divisione indiana, una divisione neozelandese con organici ridotti, una divisione corazzata egiziana, per complessivi 28-29.000 uomini. Poi, dopo un largo vuoto desertico, nel triangolo Alessandria-e! Mansur-Cairo, ancora una divisione britannica ed una brigata egiziana: altri 30.000 uomini. Ad oriente, tra Porto Said e Suez, il presidio del canale comprendeva due battaglioni britannici ed unità varie per 2-3.000 uomini. Il fronte meridionale risultava affidato ad una brigata egiziana (10.000 uomini) nelle oasi del deserto ed ai presidi del Mar Rosso (5-6.000 uomini, per lo più indiani) all'altezza del golfo di Suez. In tutto le forze presenti in Egitto ai primi di giugno 1940 erano valutate attorno ai 100-105.000 uomini: 40.000 britannici, 15.000 indiani, 7. 000 neozelandesi, 1.500 rhodesiani e 40.000 egiziani. L'apprezzamento italiano delle possibilità avversarie si basava molto su una serie di considerazioni. Le alternative evidentemente erano due: un'offensiva, specie se alimentata da rinforzi provenienti dalla Palestina, ove erano state individuate la 6a D.f. australiana e la 1a D. cavalleria inglese (circa 28.000 uomini), se possibile in concomitanza con analoga mossa francese dalla Tunisia, oppure la difensiva. Nel primo caso si pensava che l'attacco non potesse esser che a braccio corto a causa delle caratteristiche ambientali. Prima di raggiungere un obiettivo di qualche rilievo, Tobruk, il nemico avrebbe dovuto superare quasi 150 chilometri di terreno semidesertico ed assolutamente privo di risorse idriche, a parte la zona di Bardia, procedendo con la massa delle forze lungo la direttrice costiera e con un'aliquota assai minore lungo la direttrice interna, da Siwa per Giarabub. Tuttavia giocavano a suo favore un ottimo addestramento del personale, la larga idoneità degli automezzi a ma-


Schizzo n. 4 SCACCHIERE LIBICO EGIZIANO SITUAZIONE AL 10 GIUGNO 1940

T' B. cor. briL fl,'B./ .btil. W B. . ind.

BJ.neozel.


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novrare fuori strada a notevole velocità, la perfetta organizzazione dei collegamenti terrestri e con gli aerei, la disponibilità di autoblindo e carri particolarmente atti alla guerra nel deserto, la superiorità intrinseca dei carri armati in armamento, velocità e manovrabilità e l'efficienza di un'artiglieria moderna, motorizzata e superiore per calibro e gittata. A questi fattori positivi si sommavano quelli negativi italiani: lo scarso addestramento dei quadri e delle truppe, la disponibilità di automezzi limitata al punto da imporre scelta fra trasporti di unità o rifornimenti, i molteplici tipi di autoveicoli per lo più inadatti a muovere fuori strada, i carri leggeri da 3 tonnellate con più carenze che pregi, le artiglierie ampiamente superate, la difesa anticarri embrionale e quella antiaerea inesistente o quasi. In sostanza, un attacco britannico aveva molte probabilità di causarci seri guai. Diciamo subito che siffatto quadro sembra dipinto con maggior pèssimismo del necessario, comunque in campo italiano fu visto così e generò subito timidezza se non proprio sfiducia. Se poi l'avversario avesse optato per la difensiva, in attesa di tempi migliori, si sapeva che poteva contare su una zona di sicurezza con opere campali di scarso rilievo, largamente intervallate lungo la fascia di confine sino all'oasi di Siwa; una posizione di resistenza tra il campo trincerato di Marsa Matruh e la depressione di el-Qattara, anch'essa molto discontinua, con centri di fuoco e postazioni varie assai rade; una posizione arretrata a diretta protezione del delta del Nilo,,da Alessandria ad el-Fayum, con opere per lo più campali; una specie di fascia di sicurezza contro provenienze dal Sudan, rappresentata dalle oasi di Bahariya, Farafra, Mut ed elKharga e dal centro di Manqabad sul Nilo. Bisogna dire che anche per l'avversario non erano tutte rose. Il gen. Archibald Wavell, comandante in capo del Medio Oriente, disponeva di 36.000 uomini in Egitto e 28.000 in Palestina. Più precisamente, in Egitto si trovavano la 7 8 D. cor., la 4a D.f. indiana ed una D.f. neozelandese, oltre a 14 battaglioni di fanteria. Come è agevole vedere nello specchio alla pagina seguente, la ricostruzione del S.I.M. era ampiamente rispondente, sia pur ravvisando inquadrata nella 6 8 D.f. 45 la maggior parte dei reparti non indivisionati. I conti non tornavano sull'entità delle forze, stimata, in relazione alle tabelle organiche ed alle informazioni, pari a circa 63.000 uomini contro i 36.000 dichiarati da Wavell, il quale però trascurava i servizi logistici, o i 50.000 indicati da altre fonti autorevoli 46. Un altro punto di discordanza riguardava l'esercito egiziano. Per noi si trattava di un nemico potenziai~ che, se isolatamente appariva poco temibile, in unione ad un solido strumento operativo era certo in gra-


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTE NTRIONA LE

do di fornire un apprezzabile contributo. La sua consistenza era valutata ad una brigata di frontiera su due battaglioni, tre brigate di fanteria su tre battaglioni ed una divisione corazzata su un reggimento carri 'leggeri, un reggimento autoblindo" ed un reggimento di ar~iglieria leggera, oltre a supporti vari. In effetti i dati corrispondevano e, a detta di Wavell, le unità egiziane erano, sotto molti aspetti, assai meglio equipaggiate di quelle britanniche. Senonché l'Egitto non aveva dichiarato guerra all'Asse, perciò le sue forze fu. rono lasciate da parte per compiti interni. E bisognava considerare anche la Palestina. Secondo il S.I.M. si trovavano in quella regione la 6a D.f. australiana e la 1 a D.cav. britannica. In effetti c'era qualcosa di più: la 16a brigata di fanteria, un reggimento di cavalleria (i Greys), due battaglioni non inquadrati ed unità minori, ma, essendo le due divisioni incomplete, la forza complessiva non raggiungeva egualmente i 30.000 uomini. Mentre da parte italiana si reputava possibile un rapido trasferimento di queste truppe in Egitto, da parte inglese si stimava che non potessero essere equipaggiate ed addestrate convenientemente prima della fine dell'anno. Inoltre era previsto l'impiego della brigata di fanteria in Iraq. La prima preoccupazione di Wavell e del gabinetto di guer ra britannico riguardò l'afflusso di riforniment i e di rinforzi. La via del Mediterraneo era diventata troppo pericolosa e la lunga rotta per il capo di Buona Speranza proprio nella fase terminale, nel mar Rosso, passava sotto il controllo della marina e dell'aviazione italiane. Poiché d'altronde non esisteva altra alternativa fu giocoforza affidarsi essenzialmente alla circumnavigazione dell'Africa. Quanto al~'impiego delle forze, evidentemente nessun vantaggio poteva essere ottenuto dalla superiorità in mezzi corazzati se prima non fosse stata realizzata un'organizzazione logistica appena adeguata. Fin dal 1939 era in concreta fase di attuazione una pianificazione che come dati di base prevedeva sei divisioni in Egitto e tre in Palestina, assumendo per ogni divisione il valore medio di 25.000 uomini, comprensivo d'una proporzionale aliquota di elementi di supporto d'ordine superiore 49 . Il quadrilatero el Mansura-Ismailia-SuezCairo divenne la grande area logistica per l'alimentazione dello sforzo che con ogni probabilità sarebbe stato necessario sostenere nel deserto occiden,t ale egiziano, nel quale il più importante punto di riferimento era Marsa Matruh, a 320 chilometri da Alessandria e 250 da Sollum. Per giungere a quella base avanzata esistevano tre vie: la ferrovia ad un binario costruita sin dall'epoca della guerra


LA SITUAZIONE MILITARE AL 10 GIUGNO 1940

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LE FORZE BRITANNICHE IN EGITTO NEL GIUGNO 1940

secondo il S.I.M.

in realtà 47

7° D.cor. su: una brg. carri leg~eri su 7°, 8° e 11 ° usseri; un.a-, brg. carri pesanti su due btg.; un gruppo di sostegno su due btg. mot.; 3 ° rgt.art. a cavallo; un rgt.art. controcarri.

7• D.cor. 48 su: 4• brg. cor. su 7° usseri e 6° car-

4 3 D.f. indiana su: s• e 11• brg.f.; due rgt.a1·t.camp. D.f. neozelandese su organici ridotti (circa 7.000 u.)

6 8 D.f. britannica su·: · 22• e 23° brg.f. (sei btg.) 4° rgt.ar t.camp.; 1 31 ° ·rgt.art.camp.; 7° rgt.art.pes.camp.; Truppe non indivisionate: 28• brg.f. (due btg.); presidio canale (due btg.) presidio Alessandria (due btg.); 14 ° r gt.art. pesante; 9° rgt.art. contraerei. Contingenti non precisati, ma considerevoli, appena giunti dalla Palest ina.

ri;

7° brg.cor. su 8° usseri e I O car ri; 7° gruppo di sostegno su due btg. mot. 11 ° usseri; 3° rgt.art. a cavallo controcarri; 4° rgt.art. a cavallo da campagna. 4• D. indiana su: s• e 11 • brg.f.; 31 ° rgl.art.camp.; 7° rgt.art.pes.camp. D. neozelandese su: tre btg.f.; un btg. mt r.; un rgt. cav.; un rgt.art.camp. Comando 6 8 D.f. britannica. 22° brg.f. (quattro btg.) a Marsa Matruh 23° brg.f. (quattro btg.) sul canak; . Truppe non indivisionate: un btg. al Cairo; due btg. ad Alessandria; batterie di vario tipo; 19° rgt.art. pesante; 9° rgt.art. contraerei; 14• brg.f. (tre btg.) nel Delta.

italo-etìopica, una strada costiera di buona capacità ed il mare. Il 15 gennaio 1940 il gabinetto di guerra approvò le linee fondamentali dell'assetto logistico da taggiungere al più presto: autonomia di 90 giornate per nove divisioni, con l'intesa éhe ogni grande unità in arrivo sul teatro d'operazioni doveva essere accompagnata dalle relative scorte. La situazione !utomezzi non era brillante nemmeno per gli inglesi, giacché gli organici dei reparti - peraltro assai più ricchi di quelli italiani - erano incompleti . Inizialmente fu tentato,


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LE OPERAZIONI IN AFRICA S ETTENTRIONALE

comunque, di dotare la 7a D.cor. di una seconda linea di mezzi di trasporto e la capacità di riparazione delle officine fu considerevolmente aumentata, ma il provvedimento si palesò presto troppo ambizioso, talché, considerando insoddisfacente la possibilità di spola fra le unità corazzate ed il capolinea ferroviario, Wavell si indusse a non giudicare pratico tenere Sollum in caso di un'offensiva italiana. Sugli italiani le informazioni risultavano sufficientemente valide. Era conosciuta la consistenza della 10a armata e nota l'esistenza di talune deficienze: "Le armi più pesanti, per esempio, carri armati e artiglierie, erano in generale al di sotto dei moderni livelli di efficienza (...) si sapeva che gli italiani mancavano di mezzi di trasporto per rendere le loro unità completamente mobili(.. .)" 50 . Alla fine di maggio le forze britanniche in Egitto erano praticamente pronte, sia pure con le incompletezze organiche accennate in precedenza. Il confine e ra sorvegliato dalla brigata di frontier a egiziana. A tergo di essa la 7a D.cor. (gen. O'Moore Creagh), sul cui ordinamento è bene soffermarsi un momento. La grande unità si costituì in Egitto nel 1939 come divisione mob:ile, su due brigate: una leggera, con reggimenti di cavalleria, ed una pesante con reggimenti carri 51 . Nel febbraio 1940 assunse la denominazione di 7 a divisione corazzata e le brigate, riordinate, furono composte ciascuna con un reggimento leggero ed uno pesante, anche se, provvisoriamente, ogni reggimento carri aveva una sensibile percentuale di Mark VI ed ogni reggimento di cavalleria uno squadrone A9 o AlO. Il 14 aprile ì'ordinamento divisionale era il seguente: un reparto esplorante (1'11 ° usseri, su autoblindo Rolls Royce 40 e Morris 38, che fino allora aveva fatto parte della brigata leggera); la 4a brigata corazzata (gen. J.S.L. Caunter) con il 7° usseri dotato di carri legger i Mark VI ed il 6° carri su cruisers Mark I (A9 Mark I) e Mark II (Al O Mark I); la 7a brigata corazzata (gen. H.E. Russel) con 1'8° usseri ed il 1° carri analogamente equipaggiati; un gruppo di sostegno (gen. W.H.E. Gott) con il I battaglione del King's Royal Rifle Corps (K.R.R.C.) ed il II battaglione della Royal Brigade motorizzati; il 3° artiglieria a cavallo controcarri ed il 4 ° a r tiglieria a cavallo da campagna. Ogni reggimento avrebbe dovuto possedere 52 carri, ma nessuno raggiungeva tale livello. L'organico di guerra stabilito nel 1940 per la divisione corazzata britannica prevedeva circa 11.000 uomini, 342 carri armati, 125 mezzi blindati esploranti, 88 cingolette, 16 pezzi da campagna e 2.400 automezzi contro i 7.500 uomini, 184 carri, 24 pezzi da campagna e 630 automezzi della divisione italiana. La disparità dei due organici risulta ancor più evidente dal seguente confronto:


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LA SITUAZIONE MILITARE AL IO GIU GNO 1940

mezzi

D. cor. italiana

D. cor. britannica

184

342 125 88 19 162 1403 55 57 66 649 1

carri armati autoblindo cingolette automezzi corazzati autovetture autocarr i autocarri speciali trattori rimorchi motociclette biciclette

-

58 1

48

1170 39

Quanto ai materiali, i carri armati britannici erano di tre tipi: leggeri per la ricognizione, veloci e a r mati con mitragliatrici; medi o cruisers con discreta velocità, armati con un cannone e due mitragliatrici; pesanti o per fanteria, con bassa velocità, corazzatura maggiore, armati con un cannone e due mitragliatrici. All'inizio delle ostilità quest'ultimo tipo non era ancora giunto in Medio Oriente. Un qualunque paragone con l'italiano L35 fa sorridere, comunque il seguente specchio fornisce un'idea abbastanza precisa delle prestazioni tecniche dei mezzi corazzati impiegati dai combattenti nelle prime operazioni e spiega in parte la disinvoltura tattica e di combattimento della 7a D. cor. inglese.

Principali caratteristiche tecniche

peso (tonn.) equipaggio armamento: principale secondario (mtr.) corazza anteriore corazza laterale motore velocità su strada autonomia

carri britannici

carro italiano L 35

Mark VI B

A9

A IO

3,5 2 u.

5,4 3 u.

12,7 6 u.

14,5 5 u.

2 mtr. da 8

mtr. 12,7 1 da 7,7 14mm. 8mm. 88 cv 55 km/h 210 km

cann. 40/53 3 da 7,7 14mm. 8mm. 150 cv 37 km/h 240 km

cann. 40/53 2 da 7,92 30mm. 8mm. 150 cv 25 km/h 160 km

-

15 mm. 9mm. 43 cv 42 km/h 150 klWI


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LE OPERAZIONI IN AFRJCA SETTENTRIONALE

La 7a D. cor. (meno la sua 7a brigata corazzata) era schierata alla frontiera, articolata in due aliquote. Il grosso occupava il triangolo Sollum-Sidi el Barrani-Bir Scegga; la riserva, limitata al 6° carri, era presso el-Maktila. Fra queste località ed ed-Daba si trovava la 5a brigata della 4a D.f. indiana (gen. Noel M. Beresford Peirse). Nella regione del Delta erano la 7a brigata corazzata, la 4a divisione indiana con la sua 11 a brigata, la 14a brigata di fanteria britannica, la brigata neozelandese appena giunta come primo nucleo della rispettiva divisione e numerosi reparti non indivisionati. Occorre soffermarsi anche sull'organizzazione al vertice. L' Alto Comando del Medio Oriente era venuto completandosi in compiti ed attribuzioni durante l'anno di non belligeranza italiana. In giugno era costituito da un triumvirato in cui nessuno eraprimus inter pares: il gen. Wavell, comandante in capo per. il Medio Oriente, con il controllo operativo delle truppe dislocate in Egitto, Palestina, Iraq, Cipro, Sudan, Kenia, Aden e Somalia britannica; il gen. Arthur Longmore, comandante in capo della Royal Air Force per il Medio Oriente, con responsabilità su tutte le regioni predette; l'amm. Andrew Cunningham, comandante in capo della Mediterranean Fleet. Ciascuno era singolarmente responsabile nei confronti del rispettivo ministro dell'impiego delle proprie forze; congiuntamente essi rispondevano ai capi di Stato Maggiore. Non si può dire che la formula fosse semplice, infatti per rendere più agevole il lavoro dei comandanti furono creati un centro combinato di informazioni ed un ufficio combinato per la pianificazione. Le unità dell'esercito in Egitto (British Troops Egypt) erano agli ordini del gen. Henry Maitland Wilson, il quale, appunto per ottenere un'azione di comando esclusivamente rivolta alle operazioni, decise di tenere alle dirette dipendenze le forze del Delta e del canale e di affidare al gen. O'Connor l'aliquota avanzata di combattimento, quella che dal 17 giugno assumerà la .denominazione di Western Desert Force, il primo nucleo della futura ga armata. Le unità egiziane furono impiegate secondo gli accordi presi nell'agosto 1939 fra i governi di Gran Bretagna e d'Egitto: pattugliamento della fascia confinaria, contributo alla guarnigione di Marsa Matruh (tre battaglioni e reparti di artiglieria contraerei e controcarri), sorveglianza del deserto dell'alto Egitto con una brigata mobile, protezione della ferrovia Alessandria-Marsa Matruh, vigilanza antisabotaggi (nove battaglioni). Ogni forza armata britannica aveva le sue gravi preoccupazioni. L'esercito era alle prese soprattutto con la carenza di acqua e le complessità della motorizzazione; la marina temeva per la sicurez-


LA SITUAZIONE MILITARE AL 10 GIUGNO 1940

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za dei bacini di carenaggio galleggianti dai quali dipendevano le· possibilità operative della flotta: se essi fossero stati distrutti le conseguenze sulla posizione inglese in Medio Oriente erano giudicate incalcolabili; l'aviazione stentava a mettere in piedi un'organizzazione di manutenzione e riparazioni in grado di affrontare le difficoltà ambientali. In sostanza, il problema principale era uno solo, quello di fondo per qualunque piano operativo: il problema logistico. Però l'atteggiamento psicologico era differente da quello dei capi italiani. A conti fatti, Wavell reputava che il vantaggio n~merico italiano fosse sensibilmente ridimensionato da un morale scarsamente aggressivo e da alcune notevoli limitazioni nel campo dei màteriali; Cunningham fidava molto sulla maggiore esperienza e sulla superiorità tecnica della flotta-del Mediterraneo, tanto da affermare che "nulla era più lontano dai nostri intendimenti che lo stare sulla difensiva" 52 ; Longmore contava sul migliore addestramento del proprio personale e pensava che l'aviazione italiana della Libia si sarebbe rapidamente logorata per difetto di organizzazione delle riparazioni e carenze nei materiali. Addestramento e materiali: i pilastri della guerra. Stando a Churchill, a Londra l'apprezzamento delle possibilità italiane tendeva, invece, alla sopravvaluta· zione. Egli infatti scrisse: "A un 'estremità della litoranea, presso il confine egiziano, un esercito di 70-80.000 uomini, modernamente equipaggiato, era stato pazientemente raccolto ed istruito" 53 , ma la realtà era sensibilmente differente, purtroppo. Il 23 aprile i governi di Londra e di Parigi decisero di mantenere il principio di non provocare l'Italia, ma d~ esser pronti ad agire se essa avesse aggredito un altro Stato (Jugoslavia o Grecia). Il 29 aprile il gabinetto di guerra inglese approvò un certo numero di misure precauzionali concernenti il Mediterraneo ed il mar Rosso. A metà maggio i comandanti in capo in Medio Oriente ricevettero una direttiva strategica, convenuta di comune accordo fra gli alleati. Premesso che di rinforzi per quel teatro di operazioni non era il caso di parlare e che i francesi non avevano più né intenzione né possibilità di sferrare un'offensiva dalla Tunisia, la difensiva diventava una necessità per conferire sicurezza all'Egitto, alla Palestina ed alla Siria; controllare lo stretto di Gibilterra, il canale di Suez e le comunicazioni marittime con il Nordafrica francese e mantenere la rotta del mar Rosso. Una linea di condotta che, per quanto cauta, avrebbe automaticamente isolato l'Africa orientale italiana ed imposto all'Italia una forte pressione economica. Nel Mediterraneo c'erano, inoltre, due problelfli particolari: Creta ed il Dodecanneso. L'importanza di Creta era tale da rendere necessario lo studio di


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

misure .atte ad impedire che l'isola cadesse in mani nemiche. Per non compromettere la neutralità greca fu stabilito di approntare una piccola forza francese da trasferire dalla Siria su navi da guerra francesi. scortate da unità britanniche, non appena l'Italia avesse in qualche modo violato il territorio ellenico o fq sse sul punto di farlo. Il Dodecaneso doveva essere occupato, su questo esisteva una concordanza di massima, tuttavia mentre i fran cesi consideravano questa mossa come essenziale e preliminare a qualsiasi altra operazione nel Mediterraneo orientale, gli inglesi stimavano che un'impresa del genere avrebbe comportato un tale impegno dei pochi mezzi disponibili da compromettere la sicurezza del Medio Oriente, tenuto conto dell'andamento delle operazion i in Francia. Per concludere, Wavell ordinò a Wilson di sferrare attacchi locali imme- · diati lungo la frontiera libica per "saggiare" l'avversario e restare quanto più a lungo possibile padrone dei pochi passaggi per automezzi esistenti nella scarpata che dall'altopiano desertico adducono alla rotabile Sollum-Sidi el Barrani-Marsa Matruh, lungo la striscia costiera. Longmore concentrò tutti i bombardieri, meno un gruppo tenuto in riserva, nel deserto occidentale, agli ordini del commodoro dell'aria R. Collishaw, autorizzandolo ad attaccare aeroporti ed aerei italiani non appena fosse convinto dell'esistenza dello stato di guerra, senza attendere ulteriori disposizioni. Il 4 giugno i capi di Stato Maggiore britannici inviarono un messaggio ad ogni comandante in capo, ricordando che per quanto fosse stato decisa la difensiva strategica era importante l'esecuzione di offensive locali, ogni qual volta possibile, in considerazione della grave situazione in Europa. È opportuno, inoltre, un cenno sulle forze francesi del Levante, ossia sull'armata Weygand. Il suo intervento in Egitto era temuto perchè la sua consistenza era stata assai gonfiata: ben 200.000 uomini. In realtà il 10 giugno si trovavano in Siria agli ordini del gen. Mittelhauser, che aveva sostituito Weygand allorché questi era stato chiamato in Francia come nuovo generalissimo, 1'86a D.f. (gen. Cazaban), la 191 a D.f. (gen. Sarrade) e la 192a D.f. (gen. Richard), ciascuna su tre reggimenti di fanteria e due-tre gruppi d'artiglieria. Oltre ad esse c'erano il Raggruppamento forze mobili del Levante (gen. Massiet), non mÒlto consistente ma con un battagliqne carri F.T. ed uno di carri D.l e, poco dopo, una brigata polacca. Comprendendo la riserva d'artiglieria e le unità locali (gen. Caillot) non inquadrate nel predetto raggruppamento, si raggiungeva la cifra di


LASITUAZJONEM!LlTARtlAL IO GIUGNO 1940

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80.000 uomini con 150 carri e 43 cingolette. L'aviazione era costituita dai quattro gruppi organici che in primavera erano stati rinforzati da un gruppo di caccia dotato di Curtiss e da uno da bombardamento con i Glenn Martin. Da parte italiana la difesa della Cirenaica era fondata su un concetto molto semplice: garantirsi il possesso della base aeronavale di Tobruk e del centro idrico avanzato di Bardia; predisporre la zona di manovra di el-Adem (una ventina di chilometri a sud di Tobruk) per consentire la vita ed il movimento delle grandi unità che vi sarebbero state radunate; sistemare alcune ridotte di confine (Capuzzo, Maddalena, ecc.). A Tobruk l'organizzazione difensiva della piazza consisteva in un fronte a mare, un fronte a terra ed una difesa contraerei. Il primo era affidato alla marina, che disponeva di sette batterie costiere e della nave San Giorgio. Il secondo era stato studiato fin dal 1935 in modo da proteggere la rada e gli impianti dall'azione delle artiglierie di medio calibro e comprendeva una difesa perimetrale o cinta difensiva ed una zona di schieramento delle artiglierie. La cinta aveva la forma di una fascia semicircolare attorno alla base navale, dall'uadi Zeitun ad oriente all'uadi es Sahel ad occidente, con una profondità media di 400 metri. Si estendeva per circa 50 chilometri ed all'infuori delle due estremità, che si appoggiavano per 2-3 chilometri ai predetti uadi, si sviluppava completamente in terreno pianeggiante e scoperto senza appigli di alcun genere. Era fornita di un duplice ordine di elementi assai impropriamente chiamati opere, disposti a scacchiera ad intervalli di 500-600 metri in modo da consentire l'incrocio dei fuochi. Complessivamente si trattava di 124 opere, di cui 74 sull'allineamento esterno, di due tipi: uno per le zone piatte ed uniformi e l'altro per quelle che si affacciavano sugli uadi, ma entrambi erano dotati di una-due postazioni per m itragliatrici, un ricovero per il personale ed uno per le munizioni per ciascuna postazione. Nell'ambito delle opere esisteva un ricovero centrale protetto contro tiri di medio calibro; ricovero e postazioni erano uniti da un camminamento in parte coperto da una leggera soletta di calcestruzzo. Accesso alle opere: in pozzo. Esternamente un reticolato a siepe trapezoidale od a gabbia ancorata. Metà delle oper e di prima linea avevano anche una postazione per pezzo controcarri. Le postazioni allo scoperto per mitragliatrici erano in pozzo, a livello del terreno, quelle per arma controcarri interrate solo per trenta-quaranta centimetri. Davanti ad ognuna cor-


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LF. OPERAZIONI IN AFRICA SF.TTENTRlONALE

reva un fossato anticarro ad ellisse, largo circa tre metri e profondo un metro e mezzo, con pareti e fondo in cemento, a distanza di 25-30 metri dalle postazioni: in sostanza un ostacolo diretto principalmente contro l'azione di schiacciamento dei carri armati. Le opere erano poi raggruppate in 16 capisaldi, ma più per esigenze o convenienza organico-tattica che per individualità topografica o fortificatoria. L'intero fronte a terra si suddivideva in due settori, di cui l'orientale comprendeva le principali comunicazioni da est e da ~ud, cioé da Bardia e da Bir el-Gobi. La zona di schieramento delle artiglierie risultava da una serie di postazioni in barbetta e si avvaleva di una rete di osservatori del tipo a coffa, situati lungo il perimetro. Completavano l'organizzazione difensiva una rete permanente di collegamenti telefonici tutta palificata ed un complesso di strade e piste, una delle quali percorreva l'intera cinta fra i due ordini di opere. La difesa contraerei rientrava nella competenza della R. Marina ed aveva il compito di proteggere anzitutto lo specchio d'acqua della base navale e gli impianti portuali, in via subordinata gli obiettivi dell'esercito e dell'aviazione adiacenti allo specchio d'acqua.

Qualche osservazione. Il fronte a mare si poteva dire di efficienza adeguata. Difatti, un'azione navale effettuata dal nemico nei primissimi giorni delle ostilità venne rintuzzata e respinta senza che la piazzaforte subisse perdite né danni. Altra azione navale, ef. fettuata dagli inglesi nella notte che precederà l'attacco terrestre, verrà svolta da navi che si terranno molto al largo (circa 18 chilometri), riuscendo assolutamente inefficace. Il fronte a terra - considerato in valore assoluto - aveva maglie troppo larghe, sì che distruggendo due o tre opere contigue si apriva una breccia di un paio cli chilometri, inoltre mancava un allineamento difensivo arretrato perciò la sicurezza delle artiglierie era legata alla resistenza della fascia perimetrale. Contro l'azione dei corazzati mancava un ostacolo anticarro continuo, benché progettato e tracciato in gran parte e, soprattutto, il campo minato era il grande assente. Sul piano della protezione, c'erano, è vero, ricoveri protetti, ma le armi ed i serventi çlelle postazioni erano esposti al tiro diretto ed alle scheggie dei proietti d'artiglieria, e nulla esisteva per le sedi dei Comandi e dei_centri delle trasmissioni, al cui riguardo è da sottolineare l'estrema vulnerabilità delle linee telefoniche. Il presidio di Tobruk


. LA SITUAZIONE MILITARE AL 10 GIUGNO 1940

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annoverava 5-6.000 marinai delle batterie costiere e contraerei, della San Giorgio e delle unità navali minori in rada per il fronte a mare. Il fronte a terra era affidato alla guardia alla frontiera: il XXXI e XXXII settore su 1.800 uomini ognuno, il 31 ° artiglieria su 40 pezzi di medio calibro, il 32° artiglieria su 48 pezzi da 77/28 ed il XXXI reparto misto del geni,o. Ma la guardia alla frontiera presentava tre grossi inconvenienti: tutte le sue unità erano formate pressoché per intero da personale richiamato dal congedo ed affluito negli ultimi giorni di maggio; detto personale allo scarso addestramento univa una specifica ignoranza dei materiali di preda bellica che doveva impiegare. Per di più le forze di fanteria erano appena sufficienti a guarnire le opere e non esisteva, perciò, la possibilità non solo di costituire riserve, ma nemmeno semplici rincalzi. Ne conseguì che in fase di radunata il Comando della 10 8 armata si trovò costretto a rinforzare Tobruk con un battaglione mitraglieri e con due battaglioni di camicie nere sottratte.a due divisioni. Per Bardia le difese del fronte a terra tendevano a proteggere la rada e gli impianti, specialmente quelli idrici, dai piccoli calibri. La cinta fortificata aveva le stesse caratteristiche di quella di Tobruk, ma era completata da due tratti lungo il fronte a mare, a guisa di cerniera. Comprendeva 113 opere, di cui 43 sui 33 chilometri del perimetro esterno. I fronti nord e sud erano naturalmente più forti; più deboli, invece, ed esposti anche ad agevoli incursioni di reparti meccanizzati i tratti volti ad ovest ed a sud-ovest. La fronte meridionale, inoltre, presentava un raddoppio da porsi in relazione con uno schieramento avanzato delle artiglierie verso il ciglio di Sollum. Complessivamente l'armamento della guardia alla frontiera in Cirenaica ammontava a 611 mitragliatrici Schwarzlose (preda bellica della prima guerra mondiale), da sostituire quando possibile con Fiat 35,.su 637 occorrenti, 23 cannoni da 47/32 controcarri su 235, 31 batterie su 36 54 . Mentre la sistemazione difensiva di carattere effettivamente permanente della Tripolitania rappresentava un'entità di buon 'affidamento, la fortificazione della Cirenaica, di livello di poco superiore al campale, incompletamente armata e presidiata, male attrezzata, dava scarsa fiducia, soprattutto per la mancanza di un ostacolo anticarro continuo e di un consistente complesso di pezzi controcarri. Nel dicembre del 1939 erano stati disposti nuovi lavori riflettenti l'ostacolo, i posti comando, il raffittimento ed il miglioramento del sistema difensivo, la blindatura di molte opere e lo sviluppo degli impianti idrici, il tutto comportante


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

una spesa di 280 milioni, IT\a l'attuazione del progetto era appena agli inizi. Lo schieramento italiano comprendeva una copertura articolata in due settori: costiero, o di Amseat, tenuto dalla piazza di Bardia, dalla ridotta Capuzzo, dal presidio di Sidi Omar (due compagnie mitraglieri da posizione) e da una compagnia mitraglieri motorizzata; interno, di Giarabub, con la ridotta Maddalena, il presidio di Giarabub (tre compagnie mitraglieri da posizione ed una sezione da 65/17) ed una compagnia mitraglieri motorizzata. A tergo c'era la 10a armata (gen. Mario Berti), concentrata nella fascia costiera ed ordinata su due corpi. Il XXI corpo d'armata (gen. Lorenzo Dalmazzo), con la D.f. Marmarica (gen. Ruggero Tracchia) e 1a D. libica (gen. Sibille), a ridosso della frontiera per sbarrare le direttrici Sollum-Tobruk e Bir esc Sceferzen-Bir el Gobi, e con la D.f. Cìrene (gen. Carlo Spatocco) in seconda schiera nella zona df el-Adem. Il XXII corpo d'armata (gen. Enrico Pitassi Mannella) era concentrato all'altezza di Acroma, a cavaliere del Trig Capuzzo e del Trig elAbd, con la 4a D.cc.nn. (gen. Fabio Merzari), che aveva elementi a Bir Hacheim e Bir el-Gobi, e la D.f. Catanzaro (gen. Spinelli), i cui reggimenti di fanteria erano arrivati dall'Italia alla vigilia delle ostilità e stavano iniziando il completamento. La 2 a D. libica, infine, era in corso di sbarco a Bengasi. In sostanza si trattava di un'armata di ben scarsa consistenza. Su cinque divisioni, due raggiungevano i livelli organici (Marmarica e Cirene); una era libica, sui 7.00Q uomini e 24 pezzi da 77/28, quindi valeva meno della tanto deprecata binaria; una era di camicie nere ed oltre alla forza ridotta presentava gli inconvenienti dell'insoddisfacente inquadramento e dello scarso addestramento; una, infine, la Catanzaro, come detto stava completandosi e con tanta fatica che due mesi dopo era ancora inefficiente. Ad ogrii modo, a titolo di utile confronto, si riportano nella pagina seguente i principali dati organici relativi alle forze e mezzi delle divisioni di fanteric;t italiana e britannica. Inoltre il disegno operativo non poteva proprio dirsi incisivo. A parte il previsto colpo di mano su Sollum, che il primo ordine di guerra del C.S.F.A.A.S. vietò di attuare, di fronte all'ipotesi di un'offensiva britannica condotta con mezzi corazzati diventava inevitabile il ripiegamento sulla piazzaforte più vicina o l'isolamento in terreno desertico con le conseguenze facili ad immaginare. Quanto alla zona di manovra di el-Adem, i lavori per migliorarne la percorribilità non potevano attribuire mobilità a chi ad essa possedeva scarsa attitudine. Ben soppesando le citate manchevolezze, si è indubbiamente portati ad un giudizio non certo


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LA SITUAZIONE MILITARE AL IO GIUGNO 1940

FORZE E MEZZI DELLE DIVISIONI DI FANTERIA ITALIANA E BRITANNICA NEL 1940 IN AFRICA SETTENTRIONALE

D.f. italiana tipo A.S.

D.f. britannica organico 1939 (00 )

Personale

10.978

13.863

Fucili mitragliatori Mitragliatrici Mortai da 45 mm e da 2" Mortai da 81 mm e da 3" Fucili controcarro

262 232 (0 ) 111 12 -

644 56 108 18 361

Pezzi contraerei da 20 mm Pezzi controcarri da 47/32

16 8

27

Pezzi da campagna

56

72

Forze e mezzi

'

-

Carri leggeri Mezzi b lindati esploranti Cin golette Autovetture Autocarri Autocarri speciali Trattori Rimorchi Motociclette

( (

0

)

00

28

-

so

-

249

90 117 1528 24 156 221 670

180

330

398

36

-

Biciclette

-

Dovute' essenzialmente alla presenza teorica di un bauaglione mitraglieri. Nel 1941 l'organico venne riveduto e sensibilmente potenziato .

)

•


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LE OPERAZ!ONI IN AFRICA SE1TENT:RJONALE

favorevole sulla concezione della guerra in Africa settentrionale da parte italiana. Molto semplicemente: per difetto di immaginazione o per scarsa importanza attribuita al teatro d'operazioni, la guerra nel deserto non era stata "vista", e ciò pesò in modo grave nell'addestramento delle truppe e nel campo della motorizzazione. Le unità aeree della Cirenaica, cioé del settore est della Libia, erano composte da: 10° stormo da bombardamento su S.81 a el-Adem; 14° stormo da bombar damento su S.79 a Benina; 8° gruppo caccia su CR.32 ad Acr oma.(località T.2); 10° gruppo caccia su CR.32 a Benina; 159a squadriglia d'assalto su Ca.310 ad Acroma; 73° gruppo osservazione aerea su Ro.37 a el-Adem; 143a squadriglia ricognizione marittima su Cant.Z.501 a Menelao; 2° gruppo aviazione presidio coloniale su Ghibli a el-Adem. In tutto i velivoli bellicamente efficienti ammontavano a 51 bombardieri, 52 caccia, 6 aerei d'assalto, 12 da osservazione o r icognizione marittima, 21 Ghibli.


LA SITUAZIONE MILITAREAL. 10 GIUGNO 1940

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NOTE CAPITOLO I 1 ENNO VON RINTELEN, Mussolini l'alleato, Corso, Roma 1952, pag. 85. Hitler, fra l'altro, manifestò molta perplessità sul fatto che la dichiarazione di guerra venisse formulata con un anticipo di parecchie ore, ma si tratta di affermazione poco convincente in quanto Mussolini gli aveva comunicato esplicitamente tale sua intenzione nel messaggio del 2 giugno (Hitler e Mussolini, Rizzoli, Milano 1946, p. 49). 2 MARIO MONTANARI, L'esercito italiano aÌla vigilia della seconda guerra mondiale, Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito (USE), Roma 1982, pp. 166-171). 3 F.5569 datato 4.6.1940 del capo di Stato Maggiore Generale e f.1/D datato 8.6.1940 di Mussolini, quale comandante supremo delle forze armate operanti. Vds. in proposito M. MONTANARI, op. citata, p. 344 e seg. Le più alte cariche militari erano le seguenti. Capo di Stato Maggiore Generale il mar. Piet; o Badoglio; sottocapo (nominato subito dopo la dichiarazione di guerra) il gen. Ubaldo Soddu; capo di Stato Maggiore del R . Esercito il mar. Rodolfo Graziani, sottocapo il gen. Mario Roatta; capo di Stato Maggiore della R. Marina l'amm. Domenico Cavagnari, sottocapo l'amm. Edoardo Somigli; capo di Stato Maggiore della R. Aeronautica il gen. Francesco Pricolo, sottocapo il gen. Giuseppe Santoro. Gli incarichi di sottosegretario di Stato erano ricoperti rispettivamente dal gen. Soddu, dall'amm. Cavagnari e dal gen. Pricolo. 4 Ordine di battaglia alla data del IO giugno 1940, allegato 1, e riepilogo delle grandi unità mobilitate a tale data, allegato 2. 5 ANGELO JACHINO, Tramonto di una grande marina, Mondadori, Milano 1960, p . 131. 6 Le forze navali oltremare dipendevano dai Comandi Superiori Forze Armate locali e, di conseguenza, nei lo:ro confronti Supermarina doveva seguire il tramite gerarchico di questi ultimi. 7 GIUSEPPE FIORAVANZO, La guerra nel Mediterraneo. Dati statistici, Ufficio Storico dello Stato Maggiore della Marina (USM), Roma 1950. 8 ANDREW B. CuNNINGHAM, L'odissea di un marinaio, Garzanti, Milano 1958, p . 49. 9 Nell'agosto 1940 il Comando Supremo trasmise allo Stato Maggiore della R. Aeronautica, per l'esame ed l.l parere, un progetto di azioni intese a realizzare la temporanea inutilizzazione del canale di Suez a mezzo di autoaffondamento di piroscafi o bombardamento aereo. Superaereo rispose che il primo tipo di azione sfuggiva, evidenterriente, alla propria competenza e comunque appariva tardivo e che il secondo presentava notevoli difficoltà tecniche di realizzazione. In ogni modo, poiché al canale facevano capo soltanto i rifornimenti per l'Egitto provenienti regolarmente dall'Oceano Indiano e saltuariamente dal Mediterraneo, anche se il canale veniva ostruito più o meno a lungo, il traffico avrebbe egualmente fatto capo a Suez ed a Porto Said, con successivo cambio di mezzo di trasporto. IO GIUSEPPE F'IORAVANZO, La guerra nel Mediterraneo. le azioni navali, tomo I, USM, Roma 1959, p. 72. Il A. CUNNINGHAM. op. citata, p. so. I.S.O. PLAYFAIR, The Mediterranean and Middle East, voi. I, London 1954, p . 91, conferma le navi da battaglia, ma indica solo 9 incrociatori e 29 cacciatorpediniere. 12 RAYMOND DE BELOT. la Marine française pendant la campagne 1939-1940, Plon, Paris 1954. 13 Bretagne e Provence con 10 clV1noni da 340, Dunquerque e Strasbourg con 8 cannoni da 330.


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Si tratta della Resolution con 8 cannoni da 381, che però giunse a Gibilterra il 13 giugno. 15 Vittorio Veneto e Littorio con 9 cannoni da 381 (9" divisione), Cavour e Cesare con 10 cannoni da 320 (5" divisione). Oltre ad esse occorre tener presente, anche se non ancora in squadra, la rimodernata Duilio con 10 cannoni da 320, che, consegnata al servizio attivo il 1° giugno, si trovava a Pola per tal une prove e raggiungerà Taranto il 15 luglio. La gemella Doria entrerà in squadra il 26 ottobre. Il computare la Duilio nel numero delle navi da battaglia disponibili allo scoppio delle ostilità non cambia il fatto che essa non era ancora in linea. Invece induce a criticare la lentezza dei lavori, dato l'incalzare degli eventi: Duilio e Doria erano in cantiere dall'aprile 1937. 16 Malaya, Warspite, Ramillies e Royal Sovereign con 8 cannoni da 381. 17 lorraine. 18 Eagle. 19 Senza contare quattro cacciatorpediniere inviati nel Mar Rosso. 20 A. CUNNINGHAM. op. citata, p. 46. 21 GIUSEPPE SANTORO. L'Aeronautica italiana nella .seconda guerra mondiale, Esse, Roma 1957, voi. I, p. 88. 22 La contradditorietà dei dati forniti dalle fonti francesi, comprese quelle ufficiali, lascia molte incertezze. Secondo La Chambre, ministro dell'aviazione nel 193840, all'inizio di maggio l'aeronautica francese contava complessivamente 2122 caccia e 461 bombardieri moderni. Di essi, però, solo meno della metà si trovava al fronte nord-est: 800-1000 caccia e circa 200 bombardieri. Il gen. Vuillemin, capo dell'aviazione, dichiarò di disporre, alla data del 1° maggio, d ii 580 caccia francesi e 160 inglesi. Della innegabile differenza fra disponibilità globale e presenza al fronte nessuno ha saputo dare spiegazioni plausibili. Comunque, fra il 1Omaggio ed il 12 giugno l'industria fornì altri 668 caccia e 355 bombardieri (WJLLIAM L. SHIRER, La caduta della Francia, Einaudi, Torino 1971, p. 726 e seg.). 23 I.S.0. PLAYFAIR, op. citata, e Air Historical Branch inglese (da FRANCO BANDINI, Tecnica della sconfitta, Sugar, Milano 1963, p. 530). 24 Per un quadro geografico della Libia si rimanda all'allegato 3. I nomi di località sono riportati nel testo, negli schizzi e nelle carte secondo la grafia già usata nelle precedenti pubblicazioni dell'Ufficio Storico sulle operazioni in Africa settentrionale, corrispondente alla cartografia italiana dell'epoca. 25 Specchi situazione al 1° ·giugno, alÌegato 4, ed al 10 giugno, allegato 5. 26 Specchio situazione, allegato 6. 27 Specchio situazione, allegato 7. 28 Commission d'enquete parlementai re, Témoignages, t. VI, p. 1790, P.U.F., Paris 1952. Cfr. l'ottimo e documentatissimo ANDRI:. TRUCHET, l'armistice de 1940 et l'Afrique du nord, P.U.F., Paris 1955, p. 331 e seg. 29 Nel periodo 21 maggio-7 giugno si imbarcarono 1'84 8 D.f. (gen. Ardant du Picq) e 85• D.f. (gen. Wemaere), dislocate rispettivamente nella zona di Tunisi e di Souk Ahras, nonché il 344° fanteria ed il 67° battaglione carri, per complessivi 3LOOO uomini, 45 carri e 1500 automezzi. 30 Situazione alla data del 12 giugno fornita nel 1940 alla commissione italiana di controllo e confermata nel 1981 dal Servizio storico dell'esercito francese. n Stranamente, mentre nel diario storico del C.S.F.A.A.S. alle divisioni france~i è attribuito un numero, nei documenti del S.I.M. figurano le denominazioni provvisorie: divisione Tunisi bis, Costantina ter, ecc. 32 Le divisioni 181 •, 182 8 e 183• erano di protection, cioé di 3• categoria e destinate a restare in Africa. ·


Li\ S!TUi\ZIONE MILITARE i\L 10 GIUGNO 1940

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33 La situazione consegnata a lla comm1ss1one italiana (f. 348 DDSA/2 data 6.9.1940) riporta 373.045 uomini, ma un confronto con i dati precedenti consente di affermare che di proposito erano stati omessi almeno 40.000 uomini di truppe suppletive marocchine. A. TRUCHET, op. citata, pp. 373-375. 34 Da rilevare che al momento dell'entrata in guerra dell'Italia un certo numero di navi trasportanti truppe in Francia tornò indietro. 35 Il pericolo proveniente dal Marocco spagnolo era stato fortemente esagerato da parte francese. Secondo il comandante delle truppe del Marocco, gen. François, incaricato da Noguès di fare uno studio per l'eliminazione rapida e di sorpresa della testa di ponte rappresentata appunto dal Marocco spagnolo, non c'era niente da fare, sia per l'insufficienza dei mezzi disponibili sia per la presenza di cinque divisioni spagnole che potevano essere in brevissimo tempo rinforzate da divisioni germaniche. In base, infatti, alle notizie ricevute dall'addetto militare a Madrid, una decina di divisioni tedesche, di cui cinque o sei corazzate o motorizzate, erano segnalate alla frontiera franco-spagnola, perciò queste ultime potevano attraversare la penisola iberica e da Algesiras e Cadice passare lo stretto, una al giorno. In dieci o quindici giorni al massimo le cinque divisioni spagnole del Marocco sarebbero state rinforzate da altrettante tedesche, sostenute da una potente aviazione. 36 A. TRUCHET, op. citata, p. 258. MAURICE GAM ELIN, Al servizio della Patria, Rizzoli, Milano, 1947, cita solo tre battaglioni carri O.I ed un battaglione di H.35, per un totale di 200 carri. 37 Mezzi vecchi ma pur sempre veri carri in confronto ai Fiat L.33 e L.35 italiani. 38 Residente generale di Francia a Tunisi. 39 Opere complesse resistenti ai medi calibri, munite di due-quattro postazioni per mitragliatrici in torrette metalliche. 40 Opere semplici in calcestruzzo per raffittire e dare profondità al sistema. 41 Esistevano le seguenti batterie: 9 da 75/27, di cui 4 su tre pezzi; 27 da 77/28, di cui 24 su tre pezzi; 2 da 105/28 su quattro pezzi; 4 da 120/25, di cui 2 su tre pezzi; 7 da 149/12 su quattro pezzi; 5 da 149/36 su quattro pezzi ed una da 210/8 su due pezzi. 42 Diario storico del Comando Superiore Forze Armate in A.S. (DSCSAS), f. 01/200.741 data 11.5.1940 del comandante superiore, allegato 8. 43 Promemoria per il Duce data 13.5.1940 del sottosegretario per la guerra, allegato 9. 44 Sino al 1940 la 7• divisione corazzata inglese fu articolata secondo l'ordinamento 1939: una brigata leggera costituita da reggimenti di cavalleria ed una brigata pesante costituita da reggimenti carri, in base al tipo di materiale in dotazione. L'ordinamento 1940 modificò tale situazione, adottando per entrambe le brigate una struttura mista, tuttavia la cosa sfuggi al S.l.M., per cui sino al 1941 dai Comandi italiani venne ritenuta valida la vecchia articolazione. Sotto il profilo dell'impiego, la divisione era dotata di carri leggeri Mk VIB, o modelli anteriori, da ricognizione (anche se utilizzati come veri e propri carri da combattimento), cruisers leggeri (A 9) e pesanti (A 10 e A 13). Inoltre c'erano i close supports o carri da appoggio ravvicinato (un cruiser con un obice da 3,7 pollici al posto del cannone da 40) in dotazione al gruppo di sostegno, terzo elemento fondamentale della divisione. Sotto l'aspetto tecnico le cose cambiavano leggermente. Il materiale inglese era classificato in carro light sino a 10 tonnellate, medium sino a 20 tonnellate e heavy oltre le 20 tonnellate. Perciò tutti ik:ruisers rientravano nella categoria dei carri medi: sia i leggeri Mk I (A 9) da 12,7 tono., sia i pesanti Mk II (A 10) da 14,4 tonn., Mk III (A 12) da 14,2 tono. e Mk IV (A 13) da 15 tono.


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I close supports facevano categoria a sé, pur essendo cruisers. Tenuto conto di quanto procede, si comprenderà agevolmente l'origine delle discrepanze e degli errori di citazione da parte italiana, tanto più che le stesse fonti britanni.c he facevano uso promiscuo delle denominazioni: come vedremo, i generali Wavell ed O'Connor nelle loro relazioni parleranno di "carri pesanti" talvolta alludendo ai cruisers pesanti, talaltra ai carri per fanteria (i Matilda). 45 Della 6 3 D.f. esisteva il solo Comando, appena giunto dalla Palestina e trasformatosi il 17 giugno in Comando della Western Desert Force. 46 ARTHUR BRYANT, Tempo di guerra, Longanesi, Milano 1960, p. 241 e W1NSTON CHURCHILL, La seconda guerra mondiale, parte II, voi. II, Mondadori, Milano 1949, p. 115. 47 Despatch del gen. Archibald P. Wavell sulle Operations in the Middle East /rom august 1939 to november 1940, inviato al War Office il 10 dicembre 1940 e pubblicato come terzo supplemento della London Gazette dell' 11 giugno 1946. 48 H.F. JOSLEN. Orders of Battle of the Second World War 1939-1945, Her Majesty's Stationery Office, London 1960. Da tener presente che la brigata britannica corrispondeva grosso modo al reggimento italiano ed il reggimento carri al battaglione carri italiano. I reggimenti di cavalleria e carristi erano di solito ordinati su un comando di reggimento e tre squadroni, ciascuno su un plotone comando (due cruisers e due dose supports) e quattro plotoni (tre carri ciascuno). Il comando di reggimento aveva quattro carri leggeri o cruisers e 20 scout cars (autoblindo). L' 11 ° ussari aveva un organico differente, in quanto unità di ricognizione divisionale: un comando di reggimento (tre autoblindo) e tre squadroni su un plotone comando e cinque plotoni esploranti. Complessivamente disponeva di 57 autoblindo armate di fucile mitragliatore Bren e di fucilone controcarri Boys. I reggimenti di artiglieria erano ordinati su due o più batteries, equivalenti al gruppo italiano, ciascuna su 12 pezzi a traino meccanico. 49 Successivamente ta le entità venne elevata gradualmente a causa dell'aumento delle unità non indivisionate. 5 o I.S.0. PLAYFAIR, op. citata, cap. V. 51 Come già detto, sia i reggi~enti di cavalleria corazzata o blindata sia quelli carristi avevano la struttura del battaglione. Però, mentre i primi, appartenenti alla Mechanized Cavalry, continuavano a portare il numero ed il nome dei reggimenti montati di cui erano gli eredi, i secondi erano contraddistinti da un vero e proprio indicativo di battaglione. Nell'esercito britannico, infatti, esisteva un solo reggimento" carri, il Royal Tank Regiment (derivato dal Roya[. Tank Corps), di cui il Re era colonnello in capo. Gli indicativi 1° e 6° reggimento carri in realtà stavano a indicare il 1° e 6° battaglione del Royal Tank Regiment. Il reggimento in questione nacque nel 1939 comprendendo i reparti carristi del Royal Armoured Corps, costituito nel 1938. 52 A~ CUNNINGHAM. op. citata, p. 46. 53 w. CHURCHILL, op. citata, p. 116. 54 Esistevano 16 batterie da 77/28, una da 105/28, sette da 120/25, una da 149/12 e quattro da 149/35.


Capitolo secondo LE PRIME OPERAZIONI

1.

GLI AVVENIMENTI SUL FRONTE TUNISINO.

Parlare di eventi belÌici sullo ·scacchiere libico occidentale è sicuramente eccessivo. L'inizio delle ostili(à fu segnato da attività di pattuglie delle opposte coperture e nei giorni successivi seguirono soltanto poche azioni isolate contro fortini di confine. Scarso l'intervento delle aviazioni, a parte un'incursione francese su Tripoli ed una italiana su Biserta, e nullo quello navale. Le informazioni che pervenivano al Comando Superiore di Tripoli tendevano a diminuire rapidamente ogni preoccupazione: il 16 giugno, due giorni dopo l'entrata dei tedeschi in Parigi, il diario storico di detto Comando registrò che tre divisioni organiche e 15.000 uomini sembravano aver lasciato la Tunisia, diretti in Francia. Eppure quello che poteva accadere nel Nordafrica francese stava assumendo un'importanza somma. In parte per questo, in parte perché le forze che presidiavano il sistema difensivo nel sud della Tunisia non risultavano ridotte, il principio della difensiva mantenne piena ed assoluta validità. E, per la verità, l'attenzione di Balbo era tutta rivolta alla Cirenaica, verso la quale stava spostando truppe. In Europa la situazione precipitava. A Bordeaux, nuova sede d.e l governo francese, il gen. Weygand, da poco tempo comandante in capo dell'esercito, era convinto che gli alleati avessero perduto non soltanto la battaglia di Francia, ma altresì l'intera guerra. Perciò premeva affinché il governo si assumesse la responsabilità di chiedere l'armistizio ed Òsteggiava l'idea di Reynaud di continuare a combattere nei possedimenti africani - che in precedenza lo stesso Reynaud aveva voluto sguarnire a profitto della lotta in corso in madrepatria - sotto la protezione della flotta. Sulle concrete possibilità di proseguire la guerra con truppe recuperate dal territorio metropolitano e con quelle dell'impero esistevano opinioni d·iametralmente opposte. Reynaud aveva pensato di chiamare alle armi due classi (250.000 uomini) e di spedirle in Africa ma il gen. Colson, capo di Stato Maggiore dell'esercito, obiettò subito che sarebbero mancati perfino i fucili per armarle e l'amm. Darlan, comandante in capo della marina da guerra, dichiarò che neppure con il concorso britannico sarebbe riuscit<1 a trasferirle oltremare. Reynaud, al-


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lora, si orientò a chiamare una sola classe e ad acquistare armi in Spagna ed in America, ma un lungo messaggio datato 2 giugno del gen. Noguès mise in evidenza che appena 20.000 reclute avrebbero potuto trovare ricetto in Nordafrica, sempre che quadri e materiali fossero forniti dalla madrepatria. Questo dispaccio rappresentò una grossa carta per coloro che ritenevano impossibile il proseguimento della lotta oltremare, ma Reynaud incaricò il gen. de Gaulle, che il 5 giugno era entrato nel governo come sottosegretario per la guerra, di approfondire la questione e 1'8 giugno, nel primo consiglio dei ministri tenuto a Parigi dopo il rimpasto ministeriale, annunciò di essere ancora deciso a continuare a battersi ed a trasferirsi in Algeria. Forse si illudeva, però il concetto politico era valido. Comunque, l'incalzare degli eventi e pressioni varie lo costrinsero il 16 giugno a rassegnare le dimissioni ed a passare la mano al mar. Pétain, il quale, prima ancora che le trattative di armistizio con la Germania fossero iniziate, alle 12,30 del 17 annunciò per radio al popolo francese: "col cuore stretto vi dico oggi che è necessario cessare il combattimento". Ma ad Algeri spirava aria molto diversa. Ascoltato il discorso di Pétain, il gen. Noguès inviò immediatamente una decisa protesta a Weygand: "Tutta l'Africa del nord è costernata. Le truppe di terra, dell'aria e del mare chi.e dono di continuare la lotta per salvare l'onore e conservare alla Francia il Nordafrica. (...). Sono pronto, se il governo è d'accordo, ad assumere indipendentemente da esso la responsabilità di questa condotta(...). Con l'aiuto della flotta e delle forze aeree promesse possiamo resistere", 1,

e il giorno dopo, 18 giugno, si rivolse direttamente a Pétain: "Tutte le truppe, come pure la popolazione francese e musulmana dell'Africa del nord; mi pregano di chiede:re rispettosamente al governo di continuare la lotta e difendere il suolo nordafricano (...). Cedere allo straniero i loro territori senza il loro consenso e senza aver combattuto sarebbe considerato un tradimento (...). Con le nostre flotte in't atte, con le unità aeree che stanno passando il Mediterraneo e con qualche rinforzo in quadri ed in materiali potremo resistere a lungo, ed in ogni caso a sufficienza per contribuire alla sconfitta dei nostri" nemici. È dunque con rispettosa ma con bruciante insistenza che io chiedo al governo (...) di venire a conti~uare o di lasciarci continuare la lotta nel Nordafrica" 2 •


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Come si vede è un atteggiamento ben differente da quello che traspariva dalla lettera del 2 giugno, ma allora Noguès non si era reso ben conto del dramma che stava vivendo la Francia metropolitana perciò le obiezioni sollevate, più o meno accettabili in circostanze normali, ai suoi stessi occhi diventavano superabili per il solo fatto di dover far:e di necessità virtù. In quei giorni Pétain e Weygand si chiedevano quali sarebbero state le condizioni tedesche e davano il consenso alle partenze per l'Africa, mentre Darlan addirittura inviava un ufficiale a Noguès per rappresentargli la eventualità che il governo decidesse la continuazione della guerra nell'impero e per chiedere i locali ad Algeri per gli 80 ufficiali ed i 5-600 uomini del suo Comando in capo. Il 22 giugno Weygand pose un netto quesito a Noguès: escluso l'invio di rinforzi da parte del territorio metropolitano, quali erano le possibilità di resistenza in Nordafrica nell'ipotesi di un attacco dell'Asse dal Riff spagnolo? e quali probabilità aveva un'offensiva aeroterrestre dalla Tunisia su Tripoli? La risposta doveva essere consegnata al gen. Koeltz, che lo stesso giorno partiva per Algeri. Si direbbe che nell'attesa ogni decisione dovesse essere sospesa, invece non fu così. Pétain e Weygand ormai conoscevano le clausole d'armistizio e si erano convinti che firmare fosse l'unica cosa sensata da fare, ritenendo irrisolvibile il problema dei quadi;i e dei materiali da mandare ad Algeri. Di conseguenza, Weygand, nel quale l'atmosfera di capitolazione aveva spento subito ogni velleità, non si peritò di dipingere a tinte catastrofiche la situazione. Secondo Baudouin, ministro degli Esteri, egli affermò al consiglio di guerra éhe il Nordafrica era stato privato delle sole quattro divisioni veramente efficienti, Noguès continuava a protestare per l'insufficienza dei propri mezzi, le disponibilità di munizioni non consentivano neppure un giorno di fuoco, non esistevano carri di modello posteriore al 1918: cosa si poteva sperare? Rimanevano quattro divisioni miste in Nordafrica e poco meno in Siria, per giunta prive di armamento moderno 3 • Senonché nella serata del 22, quando il gen. Koeltz era ancora ad Algeri, Noguès rispose coq un dispaccio di ben altro tono e di un'importanza che poteva essere determinante: "L'Africa del nord, con le sue attuali ris~rse, i rinforzi d'aviazione in corso, il cui valore è inestimabile, ed il concorso della flotta, è in grado di resistere a lungo ad iniziative dell'avversario. La minaccia dal lato spagnolo che, a mio avviso, costituisce il pericolo principale, deve esser ~liminata con un'azione preventiva da


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sferrare non appena forze italiane o tedesche entrino in terr itorio spagnolo. Posso intraprendere quest'operazione, che avrà come principale sostegno una conveniente pressione politica e religiosa sulle masse indigene, con le mie sole forze prelevando qualche elemento dalla Tunisia, ove temporaneamente r esterei sulla difensiva. Le probabilità di successo si accrescerebbero notevolmente se fosse possibile rinforzarm i subito con reparti corazzati, mezzi controcarr1 e contraerei ed eventualmente con grandi unità. (...) Le operazioni terr estri in Tripolitania sono avviate. Non possono rivestire il carattere di un'azione di gran respiro durante la stagione calda. È comunque possibile provocare limitate ribellioni e creare insicurezza nelle r etrovie nemiche per mezzo di unità suppletive guidate da rifugiati tripolini. Per contro, sarà possibile in settembre-ottobre iniziare operazioni offensive in profondità con i mezzi del Nordafrica, rinforzati da nuove unità create con l'aiuto britannico ed americano. Queste operazioni potrebbero essere agevolate da contemporanei attacchi inglesi in Cirena ica ed ogni vacillamento della popolazione italiana in Etiopia contribuirebbe del pari ad aiutarle. Grazie ai 600 aer ei di cui ora dispone, l'Africa del nord è in grado non soltanto di appoggiare fortemente le operazioni terrestri e navali, ma altresì d'intervenire con la massima efficacia contro i pun ti vitali della Libia e dell'Italia. Sarebbe tuttavia indispensabile che il rifornimento munizioni d'aviazione fosse assicurato se non dalla madrepatria almeno dall'Inghilterra. Le scorte di carburante e di munizioni corrispondono a due mesi di operazioni. Bisogna cominciare fin d'ora ai reintegri. Ritengo indispensabile(...) un ultimo sforzo per inviare nei prossimi giorni tutte le truppe, tutto il personale e tutto il materiale possibile (...). Occorre infine che i rifornimenti ed i rinforzi.per il Nordafrica siano assunti in proprio dall'Inghilterra e dall'America" 4 •

Era un panorama, tutto sommato, fiducioso quello che il comandante in capo del teatro d'operazioni nordafricano faceva, eppure non ebbe riscontro: non soltanto non risulta sia stato portato a conoscenza del consiglio dei ministri, ma perfino il suo naturale seguito, cioé la relazione del gen. Koeltz, rientrato a Bordeaux il 23, sembra sia stata alterato. Secondo il ministro delle finanze, Bouthillier, nel rapporto venne posta in estrema evidenza l'intrinseca debolezza delle truppe d'Africa e la nessuna speranza di resistere ad un'offensiva dal Riff spagnolo. Perciò trasferirsi oltremare sa-


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rebbe servito semplicemente ad attirare tedeschi ed italiani e provocare l'entrata in campo della Spagna, prolungando il conflitto inutilmente 5 • Senonché il gen. Koeltz interrogato dopo la fine della guerra dalla commissione parlamentare d'inchiesta, dichiarò sul proprio onore di non aver né parlato davanti al gabinetto di guerra né sostenuto che secondo Noguès il Nordafrica si trovasse nell'impossibilità di resistere. Con ogni probabilità, dunque, fu Weygand che riferì al consiglio dei ministri il rapporto di Koeltz, attribuendo a quest'ultimo considerazioni gratuite e deformando i telegrammi di Noguès. Ad ogni modo, anche se Weygand aveva scientemente alterato la situazione, Noguès continuava a telegrafare. Il 23 protestò ancora che non poteva essere accettabile la smobilitazione delle truppe nordafricane, queste costituendo, con l'aviazione e la flotta, l'ultima garanzia di una pace dignitosa, e concluse che "se il governo non ha la certezza di condizioni onorevoli di pace al fine di salvare i;avvenire del paese, deve venire e continuare la lotta in Africa". Anzi, scrisse a Weygand di trasferirsi lui stesso in Algeria per assumere la difesa dell'impero. Weygand non gradì queste sollecitazioni ' e rispose il 24 molto seccamente: "Gli elementi in vostro possesso non vi permettono di giudicare la situazione che il governo deve affrontare, o valutare le decisioni che la situazione stessa gli impone, nessuna delle quali però é contraria all'onore del paese".

La sera del 25 Noguès tornò alla carica per l'ultima volta: "Ho passato la maggior parte della notte scorsa cercando di calmare le delegazioni che mi chiedevano di prendere il comando delle forze non ancora vinte dell'impero (...). Faccio le più esplicite riserve circa le misure di smobilitazione e le condizioni in cui saranno definite e controllate (...). Il governo, agendo in un'atmosfera di rotta, non è stato in grado di rendersi conto degli elementi morali e della forza che il Nordafrica rappresenta e che, con la Marina e l'Aviazione, avrebbero permesso di resistere fino all'esaurimento dei nostri nemici. Lo rimpiangerà amaramente (...). Per non dividere la Francia in due, io personalmente rimarrò al mio posto finché ci sia pericolo, ad adempiere quella missione di sacrificio che copre il mio volto di vergogna. Ma appena stimerò che la calma sia assicurata, vi chiederò di esonerarmi dal mio incarico" 6•

-

Il telegramma provocò un'indignata reazione da parte del con-


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siglio dei ministri ed il giorno successivo Weygand ordinò lo scioglimento del Comando delle forze dell'Africa del nord ed il ritiro di Noguès in Marocco, come residente generale. Sulla reale attuabilità della continuazione della guerra nell'impero francese, Weygand e Noguès erano evidentemente agli antipodi. Il primo, basandosi sullo stato di assai limitata efficienza delle truppe d'oltremare e della scarsità di risorse ed attribuendo ai tedeschi orientamenti strategici che superavano le loro possibilità, sostenne sempre che il prosieguo della lotta si sarebbe tradotto in un simulacro di resistenza: i tedeschi avrebbero invaso il Marocco e l'Algeria mentre gli italiani sarebbero entrati in Tunisia. Noguès, invece, pensava che disponendo delle flotte francese ed inglese e recuperando il massimo dell'aviazione e buona parte dell'esercito metropolitano, l'impero avrebbe avuto la capacità di affrontare, almeno temporaneamente, una situazione di guerra che poteva anche non essere guerreggiata. Se Weygand appariva troppo pessimista, Noguès forse peccava di ottimismo, però è innegabile che durante le trattative d'armistizio e subito dopo moltissimo affluì in Africa. Più di 2.000 aerei di ogni tipo abbandonarono la Francia: il censimento fatto alla data del 20 luglio dalla commissione italiana di controllo constaterà, infatti, l'esistenza di 2.648 apparecchi moderni, fra cui 710 caccia e 431 bombardieri. Di questi ben 700 arrivarono fra il 17 ed il 25 giugno 7 • Quanto all'esercito, Noguès aveva inviato tre ufficiali in madrepatria per rastrellare uomini e mezzi ed imbarcarli per Algeri e Tunisi, approfittando della confusione esistente 8 • Inizialmente il ministro della guerra li fece arrestare, ma dopo poche ore dispose di spedire urgentemente ai porti africani tutti gli uomini e le armi riuniti presso le basi mediterranee. È pur vero che il giorno successivo, il 24, Weygand complicò nuovamente la situazione ordinando che solo alcune navi potessero salpare, comunque fra il 15 ed il 24 giugno sessanta navi lasciarono Marsiglia e Tolone, due terzi delle quali raggiunsero l'Africa fra il 24 ed il 28, con 15.500 uomini e molte migliaia di tonnellate di materiale. Questi movimenti non erano sfuggiti all'Italia e Badoglio il 22 giugno - il giorno in cui il gen. Georges autorizzò la resa del II gruppo d'armate, circondato sulla Maginot - scrisse a Balbo avvertendolo che il notevole flusso tra la Francia ed i porti ed aeroporti africani avvalorava la possibilità che il governo francese intendesse spostare le ostilità nell'Africa settentrionale e che pertanto diventava opportuno adòttare'misure cautelative. Balbo che, come si è detto, guardava soprattutto verso l'Egitto, si limitò a chiede-


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re il reintegro alla sa armata delle unità appena cedute alla 10a ed

il rinforzo di uno stormo di caccia per la Tripolitania. Ma in quel momento gli occhi di tutti, amici e nemici, erano rivolti alla flotta francese, la cui sorte appariva determinante per gli sviluppi della guerra. A Berlino bastava che le navi da guerra, tranne un certo numero per la difesa delle colonie, fossero smobilitate e disarmate sotto controllo tedesco o italiano ed ancorate in porti nazionali (non in quelli nordafricani). Londra fin dal 16 giugno aveva fatto sapere ai suoi alleati di consentire all'avvio di contatti preliminari d'armistizio "solo purché la flotta francese salpi immediatamente per porti britannici" 9 ed a buon conto il 17, avuta notizia della caduta del governo Reynaud, chiarì all'amm. Cunningham "se la Francia conclude una pace separata occorre fare ogni sforzo affinché la flotta francese passi sotto il nost ro controllo, altrimenti deve essere affondata" •0 . Dall'altra parte dell'Atlantico, Roosevelt era attento alle questioni navali, per di più venne convenientemente sensibilizzato da Churchill, che gli fece balenare la prospettiva di una Gran Bretagna costretta ad assoggettarsi all'impero hitleriano e di una flotta inglese unentesi a quelle giapponese, italiana, tedesca e francese con il sostegno dell'industria germanica e gli tratteggiò le conseguenze inevitabili per gli Stati Uniti. Perciò da Washington partì subito un messaggio durissimo: il governo francese era diffidato dal permettere che la sua flotta si arrendesse ai tedeschi, diversamente "perderà per sempre l'amicizia e la benevolenza degli Stati Uniti". In Francia, l'amm. Darlan era più che deciso a non lasciare le navi al nemico, ma neppure era propenso a regalarle agli inglesi, giacché, come Pétain e Weygand, riteneva di poter usare la flotta come mezzo di pressione per strappare ai tedeschi condizioni d'armistizio migliori, cosa impossibile da ottenere se essa si fosse trovata nei porti britannici. Nella notte sul 18, dunque, ordinò che la Richelieu da Brest e la Jean Bari da St. Nazaire salpassero subito per il Marocco e nei giorni successivi dette disposizioni affinché tutte le navi da guerra nei porti inglesi, specialmente a Plymouth ed a Portsmouth, partissero immediatamente per il Nordafrica. Dal canto suo, l'ammiragliato inglese le bloccò ovunque: era il primo passo verso lo scontro aperto. Il 21 giugno le delegazioni tedesca e francese si riunirono a Rethondes. Per i francesi si trattava di accettare senza discussioni i 24 articoli della convenzione d'armistizio. Dopo convulsi tentativi di emendamenti, piegarono il capo ed alle 18,50 del 22 il gen. Huntzinger firmò il trattato. L'artic<11.o 23 stabiliva che l'armistizio entrava


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in vigore sei ore dopo analogo patto concluso con l'Italia. Il 18 giugno Hitler e Mussolini si erano incontrati a Monaco per concordare le condizioni d'armistizio da imporre alla Francia, che ne aveva appena fatto richiesta tramite la Spagna. .Durante il viaggio in treno, Ciano aveva consultato il gen. Roatta, l'amm. De Courten e il ·gen. Perino, tutti al seguito, per stabilire nelle grandi linee l'orientamento italiano in proposito. L'appunto, presentato al Brennero a Mussolini che l'approvò, prevedeva, fra l'altro, l'occupazione italiana del territorio francese sino al Rodano, della Corsica, della Tunisia e della Costa dei Somali, delle basi navali di Algeri, Orano· (Mers el-Kebir) e Casablanca; nonché la facoltà di occupare in qualunque momento, sino al ristabilimento della pace, i punti strategiçi e gli impianti ritenuti necessari ai fini delle operazioni militari 11 • Nel pomeriggio, nel corso del convegno, i generali Roatta e Keitel furono fatti entrare nel salone dove si trovavano i due capi di governo ed i ministri degli Esteri. Hitler, che già era stato messo al corrente del pensiero italiano, pose subito in evidenza la opportunità di non occupare tutta la Francia, sì da consentire formalmente l'esistenza di un governo francese indipendente in Francia e da evitare la creazione di uno in esilio, in Gran Bretagna o altrove, poi convenne esplicitamente sulle principali condizioni indicate dall'Italia: l'occupazione sino al Rodano e quella della Corsica, della Tunisia e di Gibuti. Escluse di pretendere la consegna della flotta, non parlò dell'aviazione 12 • Nel viaggio di ritorno, Mussolini. chiamò Roatta e lo informò di altri particolari del suo colloquio con Hitler. Questi aveva manifestato l'intenzione di evitare l'intervento americano ed un secondo inverno di guerra, dandogli la netta sensazione di voler concludere in brevissimo tempo la pace con la Gran Bretagna, però "ad un 'azione offensiva contro di essa ha accennato solo vagamente, come cosa del tutto ipotetica". Quanto agli orientamenti sulle richieste da formulare in·sede di trattative di pace, era stato concordato che all'Italia sarebbero andati: il Nizzardo, la Corsica, la Tunisia e l'Algeria, Gibuti ed il Somaliland, un raccordo fra la Libia e l'impero (Sudan). Di Malta nemmeno una parola. L'Egitto avrebbe dovuto sostituire all'alleanza con l'Inghilterra quella con l'Italia. Appena arrivato a Roma, Roatta - d'intesa con gli altri due Stati Maggiori - procedette per ordine di Badoglio alla compilazione della convenzione d'armistizio sulla base delle risultanze di Monaco. Il mattino del 21 consegnò il testo a Badoglio che assentì, quindi entrambi si recarono da Mussolini che a sua volta approvò il


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documento. La riunione venne interrotta in attesa del testo dell'armistizio di Rethondes che il gen. Marras, addetto militare a Berlino, doveva portare a Roma in aereo nel pomeriggio. Alle 19, 15 Badoglio e Roatta vennero convocati a Palazzo Venezia. Mussolini aveva appena ricevuto un riassunto del testo dall'ambasciatore Alfieri e constatato che corrispondeva agli accordi presi a Monaco. A questo punto, con grande stupore dei suoi interlocutori, sostenne che non era ammissibile chiedere la consegna del territorio non occupato con le armi, anche per non creare una situazione che conducesse i francesi a respingere l'armistizio, che invece Hitler intendeva assolutamente concludere. Le obiezioni e le proteste di Roatta furono vane. D'altronde Mussolini aggiunse di aver già inviato un telegramma a Berlino per spiegare il nuovo punto di vista. Così si rinunciò all'occupazione della Tunisia, delle basi nordafricane e di Gibuti. Hitler rispose "piuttosto seccato, che siamo liberi di fare quanto ci piace" 13 • È noto che sul mutamento di pensiero di Mussolini influì probabilmente il timore che i francesi rifiutassero quelle condizioni e che i tedeschi ci abbandonassero, nel senso di indurci di fronte ai francesi a limitare le richieste. Due anni dopo, in occasione di una visita in Italia, Goering gli chiese "perché al tempo dei negoziati d'armistizio con la Francia non era stata richiesta l'occupazione di Tunisi". Secondo Bismarck, consigliere di ambasciata a Roma, Mussolini "si mostrò imbarazzato e non dette risposta appropriata": ammise che era stato un errore 14 • Fu un errore che costò carissimo. È comunque doveroso mettere in evidenza che mentre Roatta e Cavagnari insistettero, sia pure inutilmente, sulla questione delle basi nordafricane, Badoglio si mostrò incline ad una moderazione assai discutibile sul piano strategico e non cercò di ricondurre Mussolini alle decisioni di Monaco. Quanto a Hitler, è evidente il suo disinteresse - dovuto ad una concezione bellica strettamente continentale - per il Mediterraneo. Anche Balbo, da lontano, aveva seguito l'evolvere della situazione politicomilitare, ma con idee molto chiare su quel che avrebbe voluto fare. Il 20 giugno infatti si era rivolto a Badoglio: "(...) ti prego, non appena giungono notizie armistizio con Francia, fare ordinare una prima sommaria occupazione Tunisia, che effettuerei con motociclisti e cavalleria sa armata et che mi permetterebbe di rapinare materiale francese col quale risolverei gran parte del mio problema" 1s.

Badoglio rispose che le condizioni di armistizio non prevedeva-


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no l'occupazione della Tunisia e che, pertanto, occorreva concentrare tutta l'attenzione sulla frontiera orientale 16 • Alle 0,35, ora francese, ed alle 1,35, ora italiana, del 25 giugno la guerra con la Francia era finita. Continuava quella con la Gran Bretagna.

2.

GLI AVVENIMENTI INIZIALI SUL FRONTE EGIZIANO.

A differenza del fronte tunisino, quello egiziano cominciò subito a dare qualche preoccupazione, mostrando come poche forze mobili, bene armate ed animate da spirito offensivo potevano rapidamente riscaldare l'ambiente e soprattutto palesando i primi sintomi di un diverso tipo di guerra rispetto a quello molto convenzionale immaginato. Non si pensi però ad una generale passiva attesa degli eventi. Qualche settimana prima dell'inizio delle ostilità, il Comando della 10a armata fece svolgere nella zona di el Adem una manovra con i quadri, nella quale il comando dei "Rossi", cioé delle truppe avanzate inglesi quali risultavano dalle informazioni, venne affidato al col. D'Avanzo, in quanto carrista. Ebbene, questi creò un notevole scompiglio nel dispositivo "Azzurro", indicando le notevoli possibilità delle formazioni blindate e corazzate in fatto di infiltrazioni in profondità, attacchi di sorpresa ad elementi statici isolati, ecc. Non a caso il 16 giugno Balbo scriverà a Badoglio: "(...) se io fossi il comandante inglese sarei già sotto Tobruk" 17. Ad ogni modo, quell'esperienza teorica se fu preoccupante non provocò cambiamenti di sorta. Wavell aveva ordinato alla 7a divisione corazzata di impegnare risolutamente le posizioni italiane di frontiera sin dall'inizio delle ostilità. Si trattava semplicemente di azioni condotte da grosse pattuglie o da gruppi tattici di maggiore entità, ma al livello massimo di battaglionè, e senza intento di occupazioni territoriali. Visto lo stretto contegno difensivo assunto dalle unità della 10a armata italiana, il nemico mise a profitto l'inizialiva che gli veniva concessa, dando il via ad una serie di puntate contro tutti i posti confinari dal mare a Giarabub, su un fronte di circa 300 chilometri. La notte sui 12 giugno i modesti presidi di Sidi Omar e della ridotta Maddalena (Bir Scegga) erano vivamente impegnati e, il mattino dopo, in parte sopraffatti ed in parte costretti a ripiegare. Il 14 era la volta della ridotta Capuzzo, i cui difensori, circa 200 uomini, venivano sommersi. Contemporaneamente a Sidi Azeiz il 1° raggruppamento libico, rinforzato da due compagnie carri leggeri, dapprima respingeva


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l'urto avversario, ma sottoposto a ripetuti bombardamenti aerei, anche da parte di nostri apparecchi ignari della dislocazione delle truppe, era messo in notevole disordine, sì da essere costretto a ripiegare su Bardia per rimettersi in sesto. Data la necessità di contrastare in qualche modo l'attività avversaria ed impedire che si creasse un clima di demoralizzazione tra le nostre truppe, furono ordinate ed eseguite ricognizioni armate verso le posizioni di confine abbandonate, con reparti dotati di pezzi di piccolo calibro in funzione controcarri, anche se soltanto i cannoni da 47 disponevano di munizionamento perforante. A dire il vero, il gen. Dalmazzo, comandante del XXI corpo d'armata, manifestò la propria contrarietà nei confronti di azioni di forza lontano dalle piazze di Bardia e di Tobruk, giudicando assolutamente inadeguato l'armamento disponibile. Però, obiettivamente, appariva inaccettabile seguire una linea di condotta inerte. Così, all'alba del 15 un raggruppamento della D.f. Marmarica partiva da Bardia raggiungendo nella stessa mattinata la ridotta Capuzzo, che trovava sgombera. La notte sul 16 un altro raggruppamento, della 1 a divisione libica - costituito da un battaglione libico, due compagnie carri leggeri ed una batteria autoportata - partiva da Gabr Saleh verso Sidi Omar-ridotta Capuzzo per ripulire la zona da eventuali infiltrazioni. Purtroppo l'azione non ebbe esito felice: la colonna, sorpresa al mattino verso Sidi Omar da elementi blindati nemici, subì gravi perdite 18 ed i suoi resti rifluirono a Tobruk. Il comandante, col. D'Avanzo, era caduto sul campo 19 • La stessa mattina del 16 si verificava l'incursione di una diecina di autoblindo inglesi ad ovest di Bardia: una nostra autocolonna scarica diretta a Tobruk veniva distrutta ed alcuni ufficiali, fra i quali il comandante del genio della 10a armata, catturati. Benché le puntate britanniche venissero per la maggior parte respinte, il fatto stesso della loro persistenza ovunque, anche·nelle retrovie; l'intervento delle opposte aviazioni in continui scontri od in attacchi al suolo, i primi confronti negativi dei nostri carri leggeri con le semplici autoblindo 20, generarono quello che il 16 giugno il Comando Superiore segnalò al Comando Supremo come "aggravamento della situazione al fronte orientale". In effetti, il XXI corpo d'armata, il più avanzato, stava raccogliendo elementi sfavorevoli sulla propria efficienza: abbassamento di morale nella 1a divisione libica, estrema difficoltà nei collegamenti radio, per lo più non funzionanti, impreparazione addestrativa delle autocolonne a reagire ad attacchi volanti e ~d incursioni ael'ee, vulnerabilità ec-


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cessiva dei carri leggeri, deficienza di armi controcarri. Anche lo schieramento lasciava a desiderare. La Ma rmarica era disposta fra Bardia e la ridotta Capuzzo (Arnseat); a tergo e leggermente spostata verso ovest, la 1 a libica e ra dislocata tra Sidi Azeiz e Gabr Saleh; a 120 chilometri più indietro, nella zona di el-Adem, la Ci rene; la 2 a libica era in viaggio da Bengasi. Ma, a parte il fatto che la radunata fosse ancora in corso, sul dispositivo in sé si può sorvolare: era in difetto perché attuato con quel tipo di unità. Se al posto della Marmarica si fosse trovata la Centauro con carri M 11 , ed a quello della 1a libica e della Cirene le D.mot. Trento e Trieste (il che sarebbe stato possibilissimo, sol che lo si fosse voluto), evidentemente il discorso sarebbe stato differente. Si aggiunga che, nonostante l'ampiamente rispondente ricostruzione della dislocazione - era difficile, infatti, chiamarlo schieramento - britannica, troppo spesso si procedeva a "impressioni", attribuendo all'avversario ogni possibilità, anche se assai poco plausibile. Il 14 sera Balbo telegrafò a Badoglio facendo il resoconto dei combattimenti di frontiera e della perdita della ridotta Capuzzo. In quella sede accennò a "forze [nemiche] all'orizzonte. Tanto più che si crede partecipino azione reparti della famosa armata d'oriente ex Weygand" 21 • Sulla linea di confine i presidi settentrionali risultavano caduti: ridotta Capuzzo, Sidi Omar, Bir Sceferzen, ridotta Maddalena. Che ciò dovesse accadere rientrava nell'ordine naturale delle cose, data la possibilità per gli inglesi di realizzare rapidamente nel momento e nel punto voluti la superiorità di forze o di mezzi necessaria e sufficiente allo scopo e l'impossibilità da parte italiana di un collegamento tattico fra i posti confinari nonché la inesistenza di qualche elemento mobile di riserva in grado di appoggiarsi ora all'uno ora all'altro per mandare a vuoto l'azione avversaria. Era, in altri termini, connesso all'errore di un dispositivo avanzato ed isolato di piccoli capisaldi largamente intervallati con compiti di resistenza in posto. Dopo una settimana di ostilità rimanevano le ridotte del settore di Giarabub, il cui investimento iniziò il 17 giugno. La posizione di Garn el-Grein (una ventina di uomini con due mitragliatrici Schwarz/ose) fu evacuata il 18, al secondo assalto, ed il presidio ripiegò su Giarabub, mentre quello di Uescechet el-Neira (una pattuglia di libici) non ebbe alcuna possibilità di sganciarsi. Così il 19 giugno restava soltanto il grosso caposaldo di Giarabub. Il primo tentativo nemico venne condotto il 19 con una quarantina di mezzi blindati e respinto senza difficoltà, ma sino alla fine del mese i combattimenti si ripeterono ai posti di sbarramento periferici e culmi-


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narono nello sforzo esercitato il 30 giugno da unità blindate e motorizzate e reso vano dai contrassalti della difesa e dall'intervento dell'aviazione italiana. Considerato l'andamento delle cose, Balbo aveva intanto stabilito di portarsi personalmente in Cirenaica. La sera del 16 giugno era giunto a Cirene, stabilendovi il proprio Comando tattico. Prima di partire aveva scritto a Badoglio per comunicargli di aver disposto il trasferimento alla 10a armata del 55° artiglieria Savona e di un battaglione carri leggeri; nel contempo lamentava la deficienza di automezzi, autobotti e carburanti e sottolineava che i nuovi bombardieri S.79 erano privi di presa antisabbia con conseguenti rapide avarie. Il dispaccio si concludeva con una sopravvalutazione dell'entità dello sforzo avversario: "La sola divisione corazzata inglese che è in linea ha ben 360 fra autoblindo e carri armati medi" 22 e con la "comunicazione" - che tradiva una nota polemica - delle decisioni prese: "voglio arrivare al più presto al ciglione di Sollum, come da mio primo progetto per le prime ore di ostilità, progetto rientrato in seguito ad ordine esplicito" 23 • Il mattino seguente il gen. Giuseppe Tellera, suo capo di Stato Maggiore, convocò a Tripoli il gen. Gariboldi affinché inviasse alla 10a armata il XXIII corpo d'armata (meno le due legioni.della 2 a D.cc.nn. 28 ottobre), un raggruppamento di otto batterie da 65/17 tratto dal XX corpo d'armata ed il 55° artiglieria Savona 24 • Balbo era deciso a riordinare rapidamente la situazione. Il 18 chiamò a rapporto il gen. Berti, comandante della 10a armata, ed il gen. Porro, comandante dell'aeronautica. La 10a armata doveva assumere un contegno particolarmente reattivo durante l'organizzazione del colpo di mano su Sollum (1 a D. libica), l'aeronautica doveva spostare in Cirenaica il 13° gruppo da caccia CR.42, il 50° stormo d'assalto, riunendo in una brigata aerea di formazione il 2° stormo da caccia ed il 50° d'assalto, nonché la massa dei mezzi e dell'organizzazione logistica. Inoltre, data la nuova importanza attribuita alla Cirenaica, l'Intendenza A.S. ricevette ordine di trasferirsi anch'essa in Libia orientale, lasciando in Tripolitania una delegazione d'Intendenza. Fu anche stabilita per il 20 un'azione aeronavale contro Bug Bug e Sidi el-Barrani, posto che Supermarina aveva offerto il concorso degli incrociatori Diaz e da Giussano, senonché l'iniziativa venne subito ridimensionata 25• Badoglio e Mussolini si tenevano al corrente del quadro che si stava delineando al confine egiziano, ma con spirito diverso. Il primo era prudente: "Est indispensabile che Tobruk sia organizzata come campo trincerato et cos~tuisca base sicura. Provvedi con prele-


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vamento materiali nel resto della colonia. Ma ripeto Tobruk deve essere assolutamente garantita" 26 , scrisse il 19 mattino. Il secondo appariva, si direbbe, euforico. Non soltanto approvò il dispaccio a proposito di Tobruk ma volle.aggiungere: "Se per battere gli inglesi est necessario invadere il territorio egiziano fallo. Est indifferente che Egitto sia o no neutrale, anzi est meglio che dichiari la guerra" e Badoglio, nel riferire, precisò: "Se hai difficoltà falle presenti mezzo rapporto aereo. Trasporto materiali mancanti oltre aerei est in corso via mare" 27 • Francamente simile sequenza di comunicazioni non sembra in linea con una chiara visione oper ativa. A parte la forma del pensiero di Mussolini .l'interrogativo sulle eventuali difficoltà suona quasi ironico, ove si pensi che neanche un paio di settimane prima la Centauro era stata concessa e subito negata per motivi poco plausibili e che proprio il giorno della dichiarazione di guerra il Comando Superiore aveva ricordato le sue gravi deficienze (non importa, sotto questo profilo, se valutate per eccesso o meno) che non potevano essere colmate di colpo. Balbo infatti rispose a tono: "Caro Badoglio, tu sei perfettamente al corrente della nostra situazione in Libia orientale e non ho bisogno di spendere parole per illustrartela" e citò l'inferiorità dei carri leggeri di fronte alle mitragliatrici cal. 12,7 delle autoblindo inglesi, suggerendo di chiedere ai tedeschi una cinquantina di Panzer ed altrettante autoblindo. Ma non era affatto sfiduciato, anzi puntando sui Panzer tornò alla sua vecchia idea dell'offensiva verso il canale: poteva svilupparla contemporaneamente allo sforzo tedesco contro l'Inghilterra.e quel centinaio di mezzi corazzati avrebbe sicuramente consentito di raggiungere un obiettivo di primissimo piano sul solo fronte ove gli inglesi potevano essere attaccati direttamente. "Mostra questa mia lettera al Duce - disse infine - sono sicuro che otterrà questo piccolo aiuto di materiali e non di uomini dall'alleato" 28, e poi, sentito il parere del gen. Berti, fece un seguito chiedendo un migliaio di automezzi, un centinaio di autobotti, batterie controcarri e contraerei, stazioni radio e carri armati medi ed esprimendo il desiderio, visto che non c'era da illudersi che tale materiale potesse affluire rapidamente, di procedere, non appena firmato l'armistizio con la Francia, ad una prima sommaria occupazione della Tunisia, che avrebbe consentito di "rapinare" il materiale francese occorrente per affrontare gli inglesi 29 . Badoglio rispose che era imminente l'invio di 70 carri Ml 1 dall'Italia, ma riguardo alla Tunisia si limitò a commentare, come sappiamo, che il trattato non ne prevedeva. l'occupazione. Nel frat-


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tempo aveva diramato una direttiva a Superaereo: mentre il C.S.F.A.A.S. stava organizzando un'offensiva terrestre, Superaereo doveva studiare le possibilità e le modalità di un intervento massiccio sulla base di Alessandria partendo dalla Sicilia e quindi senza interferire sull'aviazione della Libia 30• Nel primissimo periodo di operazioni il Comando Aeronautica Libia si era proposto, con priorità uno, di attaccare le basi aeree nemiche per ridurne l'efficienza e facilitare la successiva azione italiana contro Alessandria ed altri obiettivi importanti. Senonché il grosso dell'organizzazione a terra britannica era raggruppato nella valle e nel delta del Nilo, cioé in pratiç:a oltre il limite utile dell'autonomia degli S.79. Verso il confine gli inglesi avevano attrezzato solo campi di fortuna da utilizzare semplicemente come base di partenza da raggiungere nell'imminenza della missione. In sostanza, gli obiettivi sui quali si concentrarono le incursioni dei bombardieri furono essenzialmente Halfaya, Sollum, Bug Bug, Sidi el-Barrani, Marsa Matruh e le forze corazzate o meccanizzate britanniche. Ma l'intervento contro unità ebbe dannose conseguenze. Dato l'espandersi della loro attività di agguati e colpi di mano (e dei loro successi, che, anche se isolatamente limitati, sommandosi cominciavano a pesare) l'aviazione fu chiamata sempre più spesso ad operare. Badoglio e Balbo erano convinti di poter conseguire apprezzabili risultati e realmente furono ottenuti effetti positivi, giacché dopo una decina di giorni subentrò un sensibile nflllentamento nelle puntate nemiche, tuttavia l'impiego così anomalo dei reparti aerei acquistò una dimensione ed -un'intensità impreviste, di cui presto apparve il risvolto negativo: forte logorio dei velivoli e del personale, impossibilità di un minimo di regolare manutenzione, continui interventi d'urgenza, impiego a vuoto o in eccesso rispetto all'obiettivo da battere. Il tutto si tradusse, nelle prime due settimane di guerra, in perdite pari al 20% della linea, sen:za contare le avarie dovute alle elevate temperature ed alla sabbia, e conseguentemente nell'inizio di pressanti richieste di reintegro di apparecchi e di rifornimento di parti di ricambio. Ciò indusse Balbo a rivolgere un secco rimarco al Comando della 10a armata ed al Comando Aeronautica: "L'impiego dell'aviazione in questi ultimi giorni è completamente sbagliato. Non si mandano gli aerei ad attaccare le autoblindo, se non in gruppi superiori ai 20. Le autoblindo isolate debbono essere cacciate dalle autocolonne del~Esercito. Muovere un rimarco al Comando Settore Est, per avere aderito


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con troppa facilità alle richieste del!' Armata. Ognuno faccia il suo mestiere, se si vuole che l'Aviazione, al momento del bisogno, sia efficiente" 31 •

Era in corso l'assunzione del dispositivo per l'avanzata del XXI corpo: la Marmarica si trovava schierata a sud di Bardia; la 2 3 libica, ancora a Tobruk, doveva concentrarsi a Sidi Azeiz; la 1 a libica raccogliersi a Gabr Saleh; la Cirene era in riserva nella zona di elAdem. I movimenti dovevano essere ultimati entro il 24 o 25 giugno, ma si prolungarono oltre tale periodo. Intanto le trattative di armistizio con la Francia stavano concludendosi. Il 25 giugno, appena firmata la convenzione a Villa Incisa, Badoglio ne dette notizia a Balbo, assicurandogli l'invio di materiali con sbarco a Bengasi. Anticipò anche un indirizzo operativo: "Quando avrai i settanta carri medi dominerai la situazione. Intanto è da tener presente che il nemico non può agire con forze molto grandi. Da Marsa Matruh al nostro confine vi sono 220 Km. di deserto. Se la tua preoccupazione più grave è quella dell'acqua, altrettanto questa, e forse in maggior misura, è la preoccupazione del nemico. E poi il comando inglese si è dimostrato privo di slancio. Nei primi giorni poteva far e assai più danni di quanto non abbia fatto. Tua principalissima preoccupazione ora deve essere quella di organizzarti sul terreno in modo da essere sicuro che qualsiasi colpo nemico possa essere rintuzzato con successo completo. Raggiunta questa situazione allora potrai pensare ad azioni in avanti. Ma sempre procedere per gradi: prima aver sicura la porta di casa - poi pensare ad agire(...)" 32 .

Poi si recò da Mussolini e gli prospettò la situazione determinatasi dopo il crollo francese: poiché l'unico teatro di operazioni diventava quello africano, occorreva alleggerire la pianura padana e rinforzare le isole ed 'il meridione. Inoltre: lo S.M.R.E. doveva studiare un'offensiva dalla Cirenaica verso Alessandria e lo S.M.R.A. provvedere a "sterilizzare" Malta e ad agire su Gibilterra ed Alessandria, potenziando l'aviazione dell'Egeo. Per la prima volta Badoglio accettò, anzi fece proprio il disegno di un'offensiva contro l'Egitto, ma, secondo il suo carattere, intendeva procedere ad un'organizzazione graduale, molto graduale. Non pensò che Mussolini avrebbe preso la palla al balzo premendo sull'acceleratore. Nel pomeriggio convocò a rapporto i capi ed i sottocapi di Stato Mag-


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giore. Gli argomenti erano tre: Gibilterra, Malta e l'offensiva in Egitto 33 • I primi due, affidati alla competenza dell'aeronautica, furono sviluppati in modo a dir poco superficiale: a Gibilterra, con l'aiuto spagnolo in carburante e bombe, era possibile "dare una buona lezione agli inglesi" (ma per realizzare una Pearl Harbour occorrevano premesse, mezzi e piani inesistenti); a Malta occorreva fare "un 'azione molto nutrita, affinché gli inglesi capiscano che, anche come ponte, non può servire". Tutto qui. Si direbbe mancasse anche la semplice percezione del reale significato e della capacità di "incassare" dell'una e dell'altra base, ma ancor più grave è che né Pricolo né Cavagnari, e neppure Roatta che sostituiva Graziani, sollevarono il problema di fondo di Malta. Forse la guerra era ritenuta nella sua parabola finale, forse la non più nemica Tunisia faceva vedere la questione sotto altra visuale. Era comunque opinabile la convinzione che Malta potesse essere resa innocua con poche o tante incursioni, quando l'episodio di Dunquerque doveva aver mostrato i limiti di una pur forte ed addestrata aviazione, limiti non creduti da Goering. Da rilevare che quando Pricolo chiese se poteva "aggiungere" Alessandria agli obiettivi predetti, Badoglio, che appena qualche giorno prima aveva ordinato allo S.M.R.A. di studiare quell'azione, tagliò corto: "Alessandria viene in un secondo tempo". L'argomento principale della riunione era la Libia, il cui aspetto più importante si traduceva nell'intenzione di passarla dalle dipendenze del Comando Supremo a quelle degli Stati Maggiori di forza armata, il che avverrà in data 4 luglio. Ciò posto: Balbo doveva ancora - "chiudere le porte di casa" e Roatta affrontare il tema dell'offensiva verso il canale. E a questo punto Badoglio fece un'osservazione significativa: "Potrebbe darsi il caso che la situazione divenisse seria per la Gran Bretagna in Egitto ed a noi convenisse fare una puntata decisiva, che servirebbe a dare al Duce quell'elemento di consistenza per le pretese verso l'Egitto".

Era il motivo ricorrente di tutta la concezione strategica: difensiva assoluta, salvo una crisi nemica. Ma è difficile, molto difficile pensare di vincere una guerra solo fidando nel collasso avversario, per giunta dovuto a cause del tutto estranee alla nostra pressione. Ad ogni modo, per Badoglio si trattava ancora di una eventualità. Il mattino seguente cambiò tutto: Mussolini intendeva "passare al più presto all'azione contro l'Inlhilterra" 34 e Badoglio riscrisse a Balbo


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"perché i tempi sembrano serrare con velocità e potremmo essere obbligati a scattare quanto prima verso est, se non vogliamo restare alla conclusione della pace a mani vuote". Secondo le informazioni di Marras da Berlino, i preparativi per l'invasione della Gran Bretagna sembravano avanzatissimi, tanto da parlare di inizio dell'ope!"azione nella settimana successiva. Perciò erano in partenza quattro cacciatorpediniere di rinforzo per Tobruk e molti piroscafi con materiali vari. Per il 5 o 6 luglio era previsto l'arrivo a Bengasi dei sospirati 70 carri M 11 "che sono magnifici". Anche un cenno sulla logistica, piuttosto originale: era allo studio il rifornimento dalla Cirenaica durante l'avanzata verso est con aerei civili, che sarebbero atterrati al seguito delle colonne in movimento. La conclusione della lettera assumeva tono incitante: "Io sto qui alle costole di tutti per affrettare quanto più posso l'invio di materiali alla Libia. Metti le ali ai piedi di tutti(...). Le truppe che hai di fronte non sono abituate ai caldi del deserto. Ne avrai certamente ragione". Seguiva la vera spiegazione dell'urgenza: "Ti ho scritto quanto sopra, perché il Duce sta fremendo e penso che non tarderà a dare il via" 35 • Il 28, poi, precisò che la messa a punto dell'offensiva-doveva essere completata entro il 15 luglio. Quello stesso giorno, alle 17,40, l'apparecchio di Balbo, colpito dalla nostra contraerea, precipitava in fiamme mentre rientrava a Tobruk poco dopo un'incursione aerea nemica 36 • Non è detto che le cose sarebbero cambiate molto se non si fosse verificato il mortale incidente, tuttavia si può presumere che la personalità ai Balbo avrebbe pesato maggiormente sulle decisioni e sui provvedimenti da prendere in Africa settentrionale. Giunta la notizia a Roma, Badoglio suggerì a Mussolini il nome del mar. Graziani, capo di Stato Maggiore del R. Esercito. Strana la designazione dato l'incarico da questi ricoperto 37 , strana l'approvazione di Mussolini, più strano ancora che il nuovo comandante superiore delia Libia conservasse la responsabilità dello Stato Maggiore dell'Esercito invece di rinunciarvi. Ed è innegabile il senso di sgradevole stupore col quale si viene a conoscenza del viatico ricevuto da Graziani. Avvisato telefonicamente, verso le 10 del 29 giugno, da Badoglio, chiese un colloquio per le direttive, ma il capo di Stato Maggiore Generale, sempre telefonicamente, si limitò a rispondere che avrebbe trovato presso il nuovo Comando gli orientamenti inviati a Balbo, e Mussolini, anch'egli telefonicamente, gli comunicò di "non aver altro da aggiungere a quanto personalmente mi aveva detto Badoglio" 38 • Eppure a Roma si aveva un quadro recente e, era


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da sperare, chiaro sulle intenzioni tedesche, che parevano risolutive; si pensava di stabilire una connessione nel tempo fra di esse e l'offensiva verso Alessandria e il canale e si intendeva passare la responsabilità del teatro d'operazioni dell'Africa settentrionale a Superesercito, le principali decisioni del quale - prese su ordini di Badoglio o di Mussolini - dovevano essere inviate a Cirene per la firma del capo di Stato Maggiore titolare! Sempre in tema di direttive di partenza, infine, si può aggiungere che neppure persuade la rinunzia da parte di un capo nella posizione di Graziani ad un colloquio chiarificatore. Egli, dunque, arrivò all'aeroporto di Castel Benito nel primo pomeriggio del 30, si recò sÙbito a Tripoli, alla sede del Comando Superiore, ed in serata proseguì per Bengasi, raggiungendo Cirene il giorno dopo. Il 2 luglio, con il primo contatto tra il nuovo comandante\ uperiore ed il suo capo di Stato Maggiore, si iniziò la fase operativa che doveva concludersi il 16 settembre a Sidi el-Barrani. Non è facile scomporre questo periodo in atti distinti, essendo esso caratterizzato da un susseguirsi di decisioni e di ripensamenti, di vincoli e di concessioni. Basta una breve sequenza per fornire un'idea della "disciplina delle intelligenze" esistente ad alto livello. Il 3 luglio Mussolini stabiliva l'inizio di una non meglio precisata offensiva a partire dal 15 dello stesso mese; il 12 Graziani si dichiarava pronto a muovere ma sino a Sollum; il 14 Mussolini gli lasciava carta bianca per l'inizio dell'offensiva purché oltre Sollum; il 15 Graziani comunicava di aver sospeso l'azione, ma caldeggiava l'obiettivo Sollum; il 15 Mussolini consentiva il passo sino.a Sollum a data da stabilire dallo stesso comandante superiore; il 19 Graziani affermava che ormai non conveniva più arrestarsi a Sollum ma che, per procedere in profondità, gli occorreva tempo e libertà d'azione; il 20 Badoglio approvava; il 29 Graziani dichiarava che un'offensiva sino a Marsa Matruh era da considerarsi "proibitiva", almeno in quel periodo; il 5 agosto Graziani, convocato a Roma da Mussolini, presente Badoglio, ripeteva la inattuabilità di un'offensiva in Egitto e, in conclusione, accettava uno sbalzo su Sollum, con obiettivo eventuale Sidi el-Barrani; il 19 Mussolini orientava Graziani a muovere non appena iniziata l'invasion~ della Gran Bretagna: nessun obiettivo territoriale, bastava attaccare; contemporaneamente Graziani riferiva a Mussolini l'esito di un rapporto ad alto livello: parere unanimemente contrario a qualsiasi atto offensivo, anche se a braccio limitato; però, appena ricevuto H dispaccio di Mussolini, si affrettava ad assicurare che avrebbe :aggiunto Sollurn; il 29 Badoglio comuni-


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cava, per ordine di Mussolini, che l'inizio dell'operazione doveva essere previsto tra 1'8 ed il 10 settembre; il 2 settembre Graziani obiettava di essere costretto a limitarsi all'occupazione degli sbocchi di Sollum e di Halfaya; il 5 settembre Graziani sosteneva di poter muovere soltanto ai primi di ottobre; lo stesso giorno Mussolini ordinava l'inizio dell'azione su Sidi el-Barrani per il 9 settembre. Pr ima di esprimere un giudizio, converrà percorrere passo a passo gli sviluppi della vicenda per conoscere le ragioni addotte da ambo le parti a sostegno delle rispettive convinzioni, tuttavia fin d'ora sembra lecito affermare che mancò nel principale responsabile delle operazioni in Africa settentrionale la fermezza di presentare subito la propria valutazione del problema operativo locale e di sostenere la soluzione conseguente con coerenza e continuità, pronto a chiedere l'esonero qualora in completo disaccordo con il Comando Supremo. Il nuovo comandante superiore ebbe subito una sorpresa: il dispaccio del 28 giugno con il quale Badoglio ordinava a Balbo: "Fai di tutto per essere pronto per giorno 15". Non ne sapeva niente. E il giorno dopo, 3 luglio, ricevette la prima direttiva a lui indirizzata: "Duce mi ordina d i comunicarvi che est interesse vitale per Italia che voi siate pronto sferrare offensiva per giorno quindici, per essere s incroni con azione tedesca. Dovete contare essenzialmente su materiali esistenti in colonia. Telegrafate per materiali assolutamente indispensabili che spediremo convoglio assieme carri armati medi. Voi sapete nostre disponibilità et nostre difficoltà. Voi avete superato in Somalia difficoltà grandissime - le supererete ora. Datemi assicurazione" 39 •

Dunque: doveva attaccare il 15 perché quel giorno, grosso modo, avrebbero attaccato i tedeschi; doveva contare su quanto era in Libia, notoriamente insufficiente, a parte i carri medi ed i materiali assolutamente indispensabili; conosceva le difficoltà del Comando Supremo e ad esse nulla doveva obiettare; il Comando Supremo conosceva le sue difficoltà ma sapeva che lui, Graziani, le avrebbe superate. Perciò doveva assicurare che avrebbe superato quelle difficoltà in dieci giorni e che il 15 avrebbe attaccato. Non è il caso di criticare molto perché ordini di questo tipo circolano spesso in guerra, in tutti gli eserciti. Sicuramente, però, il destinatario ne ricava più irritazione che incitamento. Graziani cominciò col rendersi conto della situazione. In Tripolitania la sa armata del gen. Gariboldi disponeva di sette divjsioni, raggruppate nel X e XX corpo


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d'armata. Evidentemente poteva fornire molti reparti per il fronte egiziano, ma essa aveva ceduto tutti gli automezzi perciò risultava paralizzata, intercorrendo ben 1800 chilometri tra Tripoli e Bardia e ritenendosi troppo pericolosa la navigazione costiera sino a Bengasi, anche se l'amm. Brivonesi tenne a precisare che i trasporti da Tripoli a Bengasi o Tobruk erano attuabili e con rischi inferiori a quelli attraverso il Mediterraneo. In Cirenaica la 10a armata del gen. Berti era costituita da altr e sette divisioni: tre di fanteria, due libiche e due di camicie nere, inquadrate in tre piccoli corpi d'armata: XXI, XXII e XXIII. La difesa delle comunic_azioni fra i due blocchi di forze doveva essere assicurata da alcuni battaglioni libici, recuperati dallo schieramento iniziale o di nuova formazione. Per la verità Graziani aveva subito chiesto informazioni su l piano offensivo di Balbo verso l'Egitto, ma il capo di Stato Maggiore, gen. Tellera, aveva asserito che non esisteva alcun vero e proprio piano: "si trattava solo di idee che il maresciallo Balbo nutriva, tuttavia mai precisate esattamente. Ad ogni modo, secondo il Tellera, non attuabili per mancanza di mezzi adeguati" 40 • Di fronte a questa risposta piuttosto vaga, vennero convocati a rapporto i principali comandanti in sottordine. Alla riunione, tenuta il 4 luglio, il gen . Berti affermò che, pur essendo a conoscenza di idee o propositi di carattere offensivo accarezzati da Balbo, non aveva mai ricevuto al riguardo ordini o comunicazioni circa la data di attuazione. Anche questa risposta non poteva considerarsi soddisfacente, però era fondamentalmente esatta. Balbo si era sempre limitato ad esprimere convinzioni personali non condivise dai diretti dipendenti, senza far approntare un progetto, anche perché, per l'appunto su sua insistenza, nell'ottobre 1938 Pariani aveva affidato a Soddu, all'epoca sottocapo di Stato Maggiore dell'Esercito per le operazioni, lo studio delle possibilità di un attacco all'Egitto. Le conclusioni, affermative, non avevano convinto Badoglio che l'aveva restituito al Comando del corpo di Stato Maggiore ordinando il riesame ex novo del problema sotto ogni punto di vista ed il r iesame era caduto proprio nelle mani di Graziani, dal 3 novembre 1939 subentrato a Pariani. Graziani, quindi, era bene al corrente dei termini del problema e si era convinto dell'insuccesso di una simile operazione; inoltre il 24 novembre ne aveva parlato apertamente con Balbo, approfittando della venuta a Roma di quest'ultimo. Sembra che in tale occasione Balbo si fosse riservato di "rivelare al momento opportuno il piano relativo, sul quale intendeva tenere il segreto e che stava studiando da anni" 41 , comunqfte Graziani aveva fin d'allora messo per


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scritto che a meno di eventi eccezionalmente favorevoli, non si poteva pensare ad iniziative offensive, pur lasciando a Balbo la facoltà di studiare un progetto, diverso dal precedente in quanto disapprovato da Badoglio, e di darne conoscenza allo Stato Maggiore. Visto che Mussolini non aveva stabilito né scopo né obiettivo, Graziani decise di fare il possibile in relazione allo stato delle forze e dei mezzi ed alla natura del teatro d'operazioni "senza cioé promettere al di là delle possibilità" 42 • Le forze erano costituite, come sappiamo, dalla 10a armata più una divisione (la Sirte), da traspor- . tare via mare dalla Tripolitania per vigilare il gebel cirenaico e dare sicurezza al fianco destro dell'armata, ed un costituendo raggruppamento di battaglioni libici; i mezzi erano quelli disponibili in loco più tutto ciò che il gen. D' Aponte, intendente superiore, recatosi in volo a Roma, sarebbe riuscito a farsi mandare nell'ambito delle richieste già presentate da Balbo; il terreno offriva un'unica direttrice costiera, a sud della quale esisteva solo il deserto, senza posibilità di manovra, anche perché un'azione da Giarabub per Siwa su una delle direttrici adducenti a Sidi el-Barrani, Marsa Matruh e Gerawla, avrebbe avuto bisogno di un impianto per il quale mancava il tempo. In definitiva, il 15 luglio si poteva avanzare con truppe a piedi su Sollum; successivamente, in relazione all'atteggiamento dell'avversario ed all'ulteriore organizzazione attuata, si sarebbe consolidato il possesso di Sollum e proceduto oltre. Su queste basi gli intervenuti alla riunione del 4 dovevano concretare gli studi. Merita rilievo un cenno fatto da Graziani sulla sua speranza che entro la metà del mese giungessero dall'Italia gli autocarri richiesti, in tutto o in parte, i quali avrebbero reso realizzabile l'azione manovrata dalle unità motorizzate. Berti domandò allora, di quante unità del genere era prevedibile poter disporre, ma Graziani fu piuttosto generico: tutto dipendeva dal gettito della requisizione in madrepatria, perciò occorreva che la 10a armata esaminasse "le singole possibilità d'azione in base alle diverse situazioni logicamente ammissibili". Premesso che, probabilmente, parlando di "azione manovrata" intendeva riferirsi anche allo sfruttamento del successo, sembra che tre argomenti avrebbero meritato ben più attenta considerazione: la composizione dei corpi d'armata, assai gracili, non omogenei; la evenienza più sfavorevole per gli automezzi, cioé la disponibilità del momento, perché determinante ai fini dell'alimentazione logistica dello sforzo, di qualunque entità fosse; infine, la consistenza e gli intendimenti presunti del nemico. Il primo solo in parte poteva


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essere r eputato questione interna dell'armata: c 'era troppo da rivedere; il secondo venne sul tappeto il 6 luglio, quando il capo di Stato Maggiore della 10a armata (geo. Giuliano) si presentò al Comando Superiore dimostrando che con quanto esisteva, e data la potenzialità dei porti di Tobruk e di Bardia, occorrevano ventidue giorni per completare l'ammassamento dei materiali occorrenti; il terzo, stranamente, non risulta abbia formato oggetto di discussione. Secondo il diario storico del Comando Superiore la situazione nemica era la seguente: nella zona di Sollum-Halfaya-Sidi Omar, vale a dire lungo la frontiera, il 7° e 1'11 ° ussari ed il I battaglione del King's Royal Rifle Corps; a tergo il Comando della 4a brigata corazzata con 1'8° ussari; nella zona di Bug Bug, il Comando della 7a brigata corazzata con il I e VI Royal Tanks, il II Rifle Brigade, il I Cheshire Regiment ed il II Scots Guards; nella zona di Sidi el Barrani il Comando della 7a D. cor. ed il gruppo di sostegno con il I Northumberland ed il II Highland Light Infantry; più arretrata la 4a O.indiana. Non era conosciuta l'entità del presidio di Marsa Matruh, una divisione si presumeva fosse tra Marsa Matruh ed El Daba ed altre due o tre divisioni nel delta. Sostanzialmente la ricostruzione era aderente al reale, ma la difficoltà di apprezzamento riguardava la capacità operativa delle unità inglesi: considerando cautelativamente il caso peggiore, queste erano stimate prossime all'organico, mentre in effetti esisteva un divario talvolta sensibile, comunque ben mascherato dal.l 'efficienza e dalla mobilità dei reparti, nonché dal loro avveduto impiego. Quale che fosse il livello operativo avversario, non ne erano state tratte deduzioni: da un lato si temevano incursioni in forze, dall'altro si reputava in atto un assestamento difensivo. Genericamente ·si presumeva che il tempo giocasse a favore degli inglesi ma, soppesando l'efficienza della 10a armata, si chiedeva tempo per conferirle capacità di penetrazione e, soprattutto, di movimento. Nel frattempo a Roma, a seguito dell 'armistizio con la Francia, si era fatto il punto alla situazione politico-militare. Il mattino del 2 luglio, sulla base del rapporto tenuto da Badoglio il 25 giugno, Soddu presentò a Mussolini un promemoria sugli impegni dell'esercito. Posto che l'attività operativa di questo risultava notevolmente ridotta, occorreva adeguarne la struttura, la forza ed i mezzi, al duplice scopo di favorire la ripresa delle attività economico-sociali, prima fra tutte l'agricoltura, e di evitare all'erario oneri non strettamente indispensabili. Perciò propose una serie di provvedimenti: il graduale ritorno alle sedi ~i buona parte delle unità addensate al-


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la frontiera occidentale, con precedenza per quelle dislocate a sud di Roma; la riduzione della forza alle armi ad un milione di uomini, da attuare con invio in licenza illimitata dei più anziani; la soppressione dei Comandi di gruppo di armate e dei Comandi ed enti di necessità secondaria; la riduzione a nuclei di taluni servizi; la smobilitazione immediata di tutti i gerarchi ed infine la concessione di licenze agricole alla forza che sarebbe rimasta alle armi. Beninteso, Libia ed Egeo erano escluse dai provvedimenti. La guardia alla frontiera e le divisioni alpine, l'armata del Po, i corpi d'armata delle frontiere occidentale ed orientale, le truppe delle isole e dell'Albania dovevano ridursi al 75% dell'organico di guerra. Si trattava di misure di carattere amministrativo, tuttavia, riguardando esse anche l'assetto delle grandi unità, bisogna rilevare la mancata proposta di portare al 100% in personale e mezzi il corpo d'armata corazzato (D.cor. Ariete e Littorio e D.mot. Trento e Trieste) e di spedirlo in Africa, sia pure a scaglioni reggimentali. Nel pomeriggio Badoglio riunì i capi di Stato Maggiore. Nel breve rapporto - venticinque minuti - chiese notizie di Malta, Gibilterra ed Alessandria, ma solo sotto l'aspetto dell'offesa aerea. Pricolo riferì dell'assenza o quasi di apparecchi a Malta, del rifiuto spagnolo ad agevolare le incursioni su Gibilterra, delle possibilità d'azione su Alessandria dall'Egeo. Badoglio annuì e passò all'esercito. Nessuna preoccupazione per la frontiera jugoslava e nemmeno per le isole. Occorreva, invece, far di tutto affinché i carri medi destinati alla Libia arrivassero a Bengasi, "perciò la Marina mi scorti il convoglio con tutte le unità della flotta" e Pricolo fu incaricato di cooperare per l'esplorazione aerea e con il bombardamento dalle basi siciliane, pugliesi ed anche libiche 43, N~n una parola su un argomento che il giorno successivo avrebbe costituito oggetto di un messaggio di particolare valore per Graziani, che aveva appena sostituito Balbo nella carica di Comandante superiore delle forze armate dell'Africa settentrionale. Il 3 luglio, dopo un breve colloquio con Mussolini, Badoglio comunicò a Graziani che era "interesse vitale per l'Italia" esset pronti a sferrare un'offensiva per il 15, in concomitanza con il previsto attacco tedesco all'Inghilterra 44 • In realtà solo il giorno prima l'Oberkommando der Wehrmacht (OKW) aveva annunciato che secondo Hitler lo sbarco in Gran Bretagna era possibile purché fosse conseguita la supremazia aerea e realizzata qualche altra condizione, ma la data non era ancora stata fissata ed i preparativi dovevano tener presente che, per il momen-


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to, si trattava solo di un progetto. Quindi l"'interesse vitale" per l'Italia di esser pronti per il 15 era fondato sull'immaginazione. Intanto Roatta aveva convocato a Roma per i giorni 4 e 5 il gen. D'Aponte, intendente superiore A.S., al quale aveva mostrato il dispaccio di Badoglio, per concretare fabbisogno, nuove possibilità e piano invii. In base agli accordi intercorsi 45 la prima spedizione era prevista per il 6 luglio e riguardava il 4° fanteria carrista con 72 carri M 11, il IX battaglione collegamenti d'armata, unità minori e materiale vario; la seconda mandata doveva interessare due autoreparti pesanti ed uno leggero ed altri 200 automezzi; per le successive spedizioni l'intendenza superiore doveva far conoscere di volta in volta ordine di precedenza ed epoca d'invio. Fino allora i limitati trasporti per la Libia erano stati effettuati con navi da guerra, cacciatorpediniere e sommergibili, salvo il 25 giugno allorchè avevano salpato due motonavi. Progetti di massima per la costituzione di convogli erano naturalmente stati compilati in tempo di pace, anche se nessuno aveva previsto l'intensità dei rifornimenti che le vicende belliche resero necessaria, ma l'urgenza dei trasporti e specialmente il timore di offrire al nemico un bersaglio troppo vulnerabile fecero accantonare quella soluzione. La constatazione che Malta era praticamente inoperante come base aerea e di sommergibili - lo fu sino al novembre 1940 - indusse a cambiare sistema, naturalmente con opportune misure di sicurezza. La sera del 6 luglio partì da Napoli il primo vero convoglio, un piroscafo e quattro motonavi, scortato dalla 14 3 squadriglia torpediniere. Il mattino successivo Supermarina ebbe notizia che all'alba aveva preso il mare la Forza H (amm. Somerville) da Gibilterra (la portaerei Ark Royal, l'incrociatore da battaglia Hood, due corazzate, tre incrociatori leggeri e dieci cacciatorpediniere), ed immediatamente ordinò l'uscita della 1 a squadra (amm. Campioni) e della 2 a squadra (amm. Paladini), cioé l'intera flotta: due navi da battaglia, sei incrociatori pesanti, dodici incrociatori leggeri, trentadue cacciatorpediniere e sei torpediniere, e nel contempo dispose il rinforzo dello schieramento dei sommergibili nel Mediterraneo orientale. La questione si fece più complessa allorché, nella notte sull'8, un sommergibile avvistò la Mediterranean Fleet (amm. Cunningham), salpata da Alessandria con la portaerei Eagle, tre corazzate, cinque incrociatori e diciassette torpediniere. La Forza H, il cui compito (un attacco aereo su Cagliari) era diversivo, venne affrontata da aerei della Sardegna con tale violenza e decisione che l'amm. Somerville ritenne che il pericolo di danni per l'Ark Royal


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fosse di gran lunga superiore ai vantaggi che si potevano ricavare dall'operazione su Cagliari, perciò non superò le acque delle Baleari. La seconda formazione - che intendeva scortare due convogli da Malta ad Alessandria - proseguì invece verso il Mediterraneo centrale. Dati i compiti, le rotte ed i tempi, il convoglio italiano raggiunse senza difficoltà Bengasi la sera dell'8. ·Ma ormai Campioni e Cunningham conoscevano la rispettiva presenza ad oriente di Malta. Entr ambi accettarono una prova di forza per il 9: Campioni su ordine di Supetmarina, Cunningham di propria decisione. Ne derivò la battaglia di Punta Stilo. L' l 1 luglio Mussolini diramò le nuove direttive strategiche. A ben guardarle, più che di direttive si trattava di una situazione con relativo breve commento: per il fronte egiìziano, unico rimasto, il governatore generale della Libia aveva r icevuto "direttive precise circa la condotta da seguire" perciò non restava che mandargli il materiale necessario per l'assolvimento del compito; la flotta doveva mantenere e sviluppare ancor più il servizio di scoperta in mare per essere in grado di intervenire "al momento opportuno"; l'aviazione, che ormai aveva il predominio nel Mediterraneo, doveva battere a massa tre obiettivi, vale a dire Malta, Alessandria e la flotta nemica in mare. Chiudeva l'invito alla decisione ed all'audacia 46 • Come si vede non si può affermare che queste direttive fossero particolarmente illuminanti sugli sviluppi che il Duce intendeva dare alla guerra, però, riferendosi al ripiegamento di gran parte dell'esercito nella pianura Padana, contenevano una frase di significato incerto e preoccupante: "ove sarà in misura di essere sollecitamente diretto e concentrato tanto verso nord quanto verso est, secondo che le esigenze potranno richiedere". Già una settimana prima il Comando Supremo aveva segnalato la possibilità che a non lontana scadenza si producessero complicazioni verso la J ugoslavia, al punto di ordinare allo Stato Maggiore dell'Esercito di avvicinare al confine orientale un corpo d'armata ed allo Stato Maggiore dell'Aeronautica di tener pronti i campi del Veneto per ricevere a tempo debito la massa degli apparecchi 47 , e Ciano il 7 a Berlino aveva confermato a Hitler - per espresso incarico di Mussolini - l'offerta di truppe (anche dieci divisioni) e di aerei (anche trenta squadriglie). Ecco, dunque, le direzioni est e nord. Se anche, almeno per il momento, tali orientamenti non ebbero ripercussioni sulle operazioni in Africa, vale la pena di rimarc~re come, pur sapendo che Graziani, come già Balbo, trovava. difficoltà ad organizzare un'offensiva verso l'Egitto, pur sapendo che per accontentare in


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parte le necessità minime della 10a armata Roatta era costretto a saccheggiare le grandi unità in Italia 48, si pensava a nuove iniziative che avrebbero comportato la ricerca disperata dei soliti materiali deficitari per sistemare parzialmente altre grandi unità. Il proclamare, dunque, l'intenzione di inviare in Africa con ogni mezzo tutti i materiali segnalati come indispensabili era certamente un ottimo proposito, ma costituiva altresì una leggerezza pericolosa perché dava fiducia nell'accoglimento delle richieste, dopo che il telegramma 1073/op. del 3 luglio di Badoglio avvisava di contare "essenzialmente su materiale esistente in colonia". Peraltro, le direttive in causa furono ritirate dopo due giorni, senza alcuna spiegazione; forse per l'intempestivo accenno al nord ed all'est. Il 12 luglio, dopo una diecina di giorni di lavoro organizzativo, Graziani comunicò a Badoglio che entro quarantotto .ore avrebbe iniziato il movimento oltre confine per l'occupazione di Sollum. Però fu cauto. Dopo aver spiegato che i mezzi di trasporto disponibili non gli consentivano "ulteriore immediato sbraccio", precisò essere sua intenzione di allontanare la pressione nemica dalla frontiera. Successivamente avrebbe misurato le ulteriori possibilità di avanzata, anche perché i carri M 11 sarebbero giunti a Tobruk l'indomani e pertanto sarebbero entrati in linea solo il 14, cioé all'immediata vigilia dell'operazione 49 • Anzi, proprio tenendo conto di siffatta circostanza, desiderava conferma della data stabilita 50• Avrebbe potuto benissimo decidere, o quanto meno, proporre lo spostamento di un giorno o due, v.isto che in fondo non si manifestavano sintomi di invasione dell'Inghilterra. Sta di fatto che dovette sentirsi sollevato dall'immediata risposta di Badoglio, invero assai poco conciliabile con la retorica perentorietà con la quale aveva indicato la data del 15 luglio: "Data inizio era stata indicata da me in linea di massima. Voi inizierete operazione quando riterrete opportuno. In conclusione voi avete completa libertà d'azione" 51 • Senonché il 14 un nuovo dispaccio illuminò meglio, almeno per un certo verso, la situazione. Badoglio sembrava avere assunto un atteggiamento di indifferenza; chi ventilava iniziative di propria testa era Mussolini: "Duce vi autorizza ritardare nota operazione sino a quando non avrete tutti i mezzi che vi permettano di effettuare una manovra a vasto raggio ed in profondità in modo da conseguire risultati di notevole importanza. Conquistare Sollum et poi fermarsi non est manovra redditizia e perciò da non effettuare. •


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Vi segnalerò con precisione quando potrete ricevere i materiali concordati fra vostro intendente et Superesercito. Segnalatemi ricevuta. Badoglio" 52 •

In definitiva: occorreva conseguire un risultato di "notevole importanza", ma non era detto se territoriale od operativo; per raggiungerlo Superesercito avrebbe mandato i materi.a li concordati e solo allora l'offensiva sarebbe stata lanciata. Graziani poteva dichiararsi soddisfatto perché in pratica riceveva carta bianca. Non lo sapeva, ma il motivo principale risiedeva nell'indecisione tedesca circa lo sbarco in terra inglese 53 . Rispose al Comando Supremo con un telegramma esplicativo dei motivi per i quali si era prefisso l'occupazione di Sollum fino all'uadi Halfaya: togliere al nemico la base dalla quale partivano le sue "giornaliere assillanti offese"; rigettare la pressione britannica su Sidi el-Barrani, cioé ad un centinaio di chilometri ad oriente, ed acquisire in tal modo libertà di movimento lungo la pista ridotta Capuzzo-ridotta MaddalenaGiarabub allo scopo di costituire in quest'ultima località la base per l'occupazione di Siwa ed avere come basi per la prevista futura offensiva Sollum e Siwa, la prima per un'azione frontale su Sidi elBarrani e Marsa Matruh, la seconda per un avvolgimento da sud. C'era anche il motivo psicologico di rialzare il morale della 10a armata, che l'inizio della campagna non aveva certo portato alle stelle. Il telegramma non discuteva né proponeva alcunché. Si limitava a spiegare ed a concludere: "sospendo per ora azione" 54 . A Roma fu interpretato come un'implicita e rispettosa insistenza sull'opportunità di realizzare subito una premessa - non difficile - intesa a migliorare le condizioni di partenza dell'offensiva a fondo. Poiché le osservazioni erano valide, Mussolini accettò l'operazione Sollum, però Badoglio, nell'avvisare che "quasi tutto" il materiale richiesto sarebbe sbarcato a Bengasi il 27, fece il calcolo dei tempi e ritenne che una settimana fosse sufficiente per portare detto materiale a pié d'opera. "Così - continuò - a mio giudizio potreste essere in grado di sferrare l'attacco con obiettivo strategico fra il tre e quattro agosto. Ciò posto(...) resta soltanto da decidere quale intervallo di tempo sia conveniente che interceda fra creazione nuova base Sollum et inizio operazioni a più vasto raggio. Il Duce(...) approva che voi facciate l'operazione preliminare nel giorno che sceglierete(...)" 55 •

Non fu molto chiaro. Se dava per scontato che il 3 o 4 agosto


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fosse il momento per avanzare su un obiettivo strategico, che senso aveva affermare che "restava da decidere" quale tempo dovesse intercorrere fra l'occupazione di Sollum e l'offensiva seguente? Forse quel "ciò posto" stava per "a prescindere dal mio giudizio". Ad ogni modo l'operazione ad ampio respiro rimaneva ancora nel vago. Ora, visto che non si poteva asse~are a divisioni di fanteria a piedi il compito di annientare una divisione corazzata, evidentemente non rimaneva che far coincidere detto compito con un obiettivo territoriale di un certo significato, almeno tattico se non proprio strategico. Perché dunque non determinarlo apertamente? Qualche giorno dopo arrivò a Cirene una sollecitazione: era desiderio di Mussolihi che l'avanzata su Sollum non fosse ritardata oltre il 22, a causa della concomitanza di una violenta offensiva contro il Somaliland che sarebbe stata sferrata dal Viceré in Africa orientale. La replica di Graziani fu talmente secca che dovette lasciare interdetti Comandante e Comando Supremo: "Non mi est possibile, dico non, uniformarmi vostro 1310/op. et 1311/op. Ho ormai impostato taluni piani in relazione a più ampio raggio operativo. Sono qui da due giorni per controllare e raccogliere personalmente organizzazione e mezzi. Mi recherò oggi Tripoli per esaminare altrettanto rompendo tutte superstiti resistenze et inerzie, intendendo con ciò dare vita at qualcosa di consistente et di veramente redditizio. Mi occorre perciò tempo necessario et pure quella relativa libertà d'azione che già mi avete concessa con vostro precedente" 56.

Badoglio rispose in prima persona ed in modo estremamente conciliante: "Non ho mai inteso non dico togliervi ma neppure limitarvi libertà d'azione. Se vi ho espresso opinione del Duce et mia est per la convenienza di armonizzare azioni di settori diversi. Voi siete completamente libero di agire nel modo et nel tempo prescelto. Converrete però con me nella necessità di tenerci informati" 57 .

Si ritiene lecito esprimere qualche riserva sui rapporti fra Comando Supremo e comandante superiore in Libia. Si è visto come Graziani fosse stato inviato d'urgenza in Africa, senza neppure un colloquio che consentisse di mettere a fuoco una semplice ipotesi di lavoro. Dopo più di tre settimane, a Roma le operazioni sull'unico fronte rimasto, per di più pas~to alle dipendenze di Superesercito,


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erano sollecitate, approvate o criticare sulla base degli umori di Mussolini - che intendeva condurre la guerra sul solo piano politico e, più precisamente, sulla base di quanto riusciva a carpire delle intenzioni tedesche nei confronti della Gran Bretagna - e rimanendo in fondo all'oscuro del vero pensiero di Graziani. A Cirene, ove esisteva un'atmosfera di sfiducia circa un atto di forza in Egitto, si pianificava lentamente ma in un silenzio che era quasi un isolamento, in un formale ossequio alle direttive del Comando Supremo, che oscillavano tra l'ordine secco di attaccare e la massima indulgenza. Si s tavano così creando le peggiori condizioni psicologiche per un'armonia di sforzi e di intenti, tanto più necessaria in quanto la lotta nel Mediterraneo, quella in Africa settentrionale e quella in Africa orientale ormai stavano avviandosi verso la più completa indipendenza dei teatri d'operazioni e purtroppo, nel bacino del Mediterraneo, anche tra le varie forze armate. Non si poteva parlare di "convenienza di armonizzare azioni di settori diversi". L'armonizzazione, una necessità e non una convenienza, esiste: va solo come vaga aspirazione. A Punta Stilo si erano vedute le spiacevoli conseguenze della mancanza di un'accurata cooperazione fra Marina ed Aeronautica e di una più completa reciproca comprensione dei problemi comuni. Graziani aveva lavorato ed allorché ricevette il messaggio di Badoglio sentì il bisogno di dare un panorama della situazione. Mandò, perciò, una memoria concernente il nuovo quadro di battaglia, le direttive operative, la difesa contraerei, l'alleggerimento della Tripolitania ed i rifornimenti via mare 58 • La 10 8 armata egli spiegò - era adesso costituita dalle D.f. Cirene, Marmarica e Catanzaro, dalle D.cc.nn. 23 marzo e 3 gennaio e da un battaglione carri M 11. Rimanevano alle dirette dipendenze del Comando Superiore il gruppo divisioni 11biche (gen. Gallina), il raggruppamento oasi meridionali (gen. Maletti) 59, la D.f. Sirte, il 4° reggimento fanteria carrista (meno un battaglione) ed un raggruppamento artiglieria di manovra. Più che di riordinamento, in verità, si sa·rebbe detto un momento di attesa: non poteva definirsi diversamente l'ordinamento di un'armata discesa a cinque divisioni. Da rilevare che il gruppo divisioni libiche era st~to approntato nell'intento di ottenere un omogeneo livello addestrativo fra quelle unità, però, pur essendo a livello di corpo d'armata, non ne possedeva la struttura, mancando di Comando, supporti e servizi, e poteva essere decentrato in tutto od in parte alla 10 8 armata. Anche nel campo logistico si stava provvedendo ad una modifica: l'affiancamento di una delega-


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zio ne d'Intendenza all'armata che, come la 5 a, era sprovvista di propria Intendenza. "La 10a armata - scriveva Graziani - è tutta attestata alla frontiera con le sue cinque divisioni organiche. A portata di essa sono le due divisioni libiche. Le due piazze di Tobruk e Porto Bardia in piena efficienza. Le comunicazioni fra esse controllate da noi. Giarabub presidiata adeguatamente, sia pure sotto il controllo, a largo raggio, di forze mobili nemiche".

A prescindere dall'asserita efficienza di Tobruk e Bardia, sulla quale fra qualche mese Graziani si mostrerà di diverso avviso, e nonostante alcune carenze messe debitamente in rilievo, prime fra tutte la difesa contraerei e quella costiera dell'a principali basi, il quadro appariva genericamente accettabile, tanto più che si chiudeva con la proposta di rimpatriare un'aliquota dei 60.000 uomini della 5a armata, giacché due divisioni apparivano sufficienti in Tripolitania, e del pari buona parte delle migliaia di lavoratori adibiti ai lavori difensivi della Libia occidentale. Su queste due idee, dettate dal presunto "beneficio logistico" che ne sarebbe derivato, è difficile concordare. Per le truppe, premesso che le divisioni in Cirenaica non erano affatto al 100% dell'organico di guerra, non si vede perché non potessero essere impiegate in luogo delle divisioni di camicie nere o utilizzate1 come unità complementi ben addestrati, visto che il rifornimento del personale oltremare non si poteva dire regolato da disposizioni precise e che le perdite complessive ammontavano ad oltre 2.000 uomini, di cui un centinaio di ufficiali. Per i lavoratori civili, sembrava che il loro trasferimento in Cirenaica si traducesse in un "aggravamento della logistica", ma è lecito nutrire dubbi in proposito. La relazione di Graziani ebbe due risposte personali. Una di Mussolini: "Capo di Stato Maggiore Generale mi ha consegnato e ho letto con grande attenzione vostro rapporto su situazione fronte est, situazione che considero soddisfacente. Lavoro preparatorio è bene impostato. Mi auguro e sono certo che dopo essere stati per alcune settimane l'incudine sarà possibile di diventare presto il martello, il quale martello impugnato dalle vostre salde mani darà i colpi risolutivi al nemico" 60 •

L'altra; di Badoglio, annl\nciava la partenza di un convoglio di dodici piroscafi che il 31 mattina sarebbe arrivato a Tripoli, da do-


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ve a scaglioni avrebbe raggiunto Bengasi. E precisava anche: "Circa l'esecuzione delle operazioni, il Duce vi lascia completamente libero di fare quèllo che volete. Il Duce aveva in un secondo tempo aderito all'operazione su Sollum essenzialmente per la vostra considerazione relativa alla necessità di rialzare il morale delle truppe e delle popolazioni. Ma dopo il vostro telegramma mi ha detto di telegrafarvi che vi lasciava assolutamente libero di fare come volevate. Ed io ne sono molto contento (...)" 61 .

A questo punto Graziani ritenne opportuno mettere le carte in tavola. Nella lettera di replica si dichiarò indotto a precisare il proprio pensiero in modo inequivocabile e cioé che "in questa stagione una simile operazione non può non essere considerata proibitiva" dato l'ambiente naturale in cui si sarebbe dovuto agire. I fattori proibitivi erano più d'uno: periodo del massimo caldo, estrema scarsità di risorse idriche, unica direttrice di avanzata fra il mare ed il deserto, impossibilità di manovrare in campo strategico e forti limitazioni in quello tattico, carenza di autobotti e di acqua per l'autotrasporto di un'imponente massa di nazionali. Perciò, a suo avviso, l'operazione poteva essere effettuata - pur presentando sempre gravi difficoltà - al termine della stagione calda, vale a dire verso la fine di ottobre. Non fece cenno delle forze nemiche che avrebbe potuto avere di fronte tre mesi dopo, ma si dichiarò disposto a recarsi a Roma per chiarire di persona la questione 62 • Badoglio riepilogò i "precedenti" in un appunto, che presentò a Mussoli-· ni senza commenti 63, e Mussdlini ordinò di convocare Graziani per il 5 agosto. A Roma il panorama complessivo non appariva, invero, proprio nero. Già il 7 luglio l'ufficio operazioni dello Stato Maggiore dell'Esercito aveva presentato uno studio di massima sulle possibilità di un'offensiva contro l'Egitto. Aggiornando le opposte forze; ripresentò la memoria il 3 agosto. Le grandi unità britanniche date per sicuramente presenti ammontavano ad una divisione corazzata ed a quattro di fanteria per complessivi 65.000 uomini, di cui 7-8.000 a protezione del canale. Era da controllare la notizia che stessero affluendo nella regione del Delta forze equivalenti a circa tre divisioni dalla Palestina. In compenso, le truppe egiziane (40.000 uomini) potevano essere trascurate, date la loro scarsa consistenza e l'improbabilità di trovarsele di fronte. Ciò premesso e considerate le caratteristiche del deserto occidentale egiziano veniva ritenuto


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non possibile per il Comando britannico concentrare la massa delle sua forze in prossimità della frontiera libica o nella zona di Marsa Matruh. Per converso era probabile che, anche durante l'offensiva italiana, lo scaglionamento delle unità si mantenesse con un blocco avanzato (la ·7 3 D.cor., la 6 3 D.f. e la 4a D. indiana) nella zona di Sollum-Sidi el Barrani, con un forte nucleo a Siwa; un secondo blocco, con un massimo di due-tre divisioni nella zona di Marsa Matruh-el Daba; le rimanenti truppe nella zona di Alessandria-il Cairo. In conseguenza di ciò, con l'arrivo della spedizione di materiali in corso, la 10 3 armata e l'impianto logistico della Cirenaica erano reputati all'altezza delle esigenze connesse con l'offensiva in Egitto. Sarebbe rimasta in difetto la difesa contraerei territoriale, ma a questo inconveniente non c'era rimedio. Fra le condizioni da realizzare per il successo dell'operazione era del più grande interesse il concorso della Aeronautica, della Marina e dell'Impero. La R. Aeronautica doveva intervenire con la massa degli apparecchi per logorare preventivamente e seriamente le forze avversarie, specialmente quelle aeree e navali, quindi cooperare con l'azione terrestre con continuità e "tenendosi in grado, fra l'altro, di effettuare sbarchi aerei ed aviotrasporti di uomini e materiali". La R. Marina, possibilmente, doveva contrastare eventuali azioni navali nemiche, proteggere il fianco esposto al mare delle colonne terrestri, cooperare alle eventuali battaglie nelle zone di Marsa Matruh e di Alessandria, pronta ad effettuare trasporti di reparti, acqua, carburanti e materiali vari ed altresì tenendosi in misura di realizzare eventuali sbarchi. Il Comando Superiore delle forze armate dello Impero doveva avviare azioni sulle direttrici di Khartum e Porto Sudan per fissare e possibilmente attrarre in tali regioni forze aeree e terrestri britanniche. Questo quadro venne portato a conoscenza di Mussolini e formò, probabilmente, la base delle sue convinzioni. Pur essendo razionale, trovava rispondenza solo parziale nella realtà della capacità operativa delle divisioni della 10 3 armata, dell'organizzazione d'Intendenza, del concorso delle altre forze armate e della concomitanza di uno sforzo dall'Africa orientale. Qualche perplessità esisteva al Comando Supremo: i risultati dell'attività aeronavale non app~rivano molto consistenti. A fine luglio bisognava constatare che, tutto sommato, erano stati effettuati solt~to quattro bombardamenti della base di Alessandria - il cui porto si era inteso danneggiare con bombe mina - con un lancio di appena venti tonnellate di bombe. Non si poteva proprio dire che

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finora l'azione fosse stata condotta con vigore, infatti i risultati erano molto blandi ed assolutamente inadeguati all'importanza dell'obiettivo. Inoltre il bombardamento in quota effettuato a Punta Stilo non aveva certo impressionato il nemico. Sull'altro punto di enorme importanza, vale a dire il ·canale di Sicilia; occorreva ammettere che la distanza fra le coste siciliane e quelle africane e la lunghezza del percorso che si svolgeva sotto il diretto controllo italiano erano tali che nemmeno un natante doveva sfuggire alla ricognizione marittima e che qualsiasi nave avvistata poteva essere raggiunta dalle nostre unità navali e, in ogni caso, battuta senza tregua du.rante le ore diurne dalla nostra aviazione. Per ottenere qualche risultato, soprattutto in vista dell'offensiva in Egitto, occorreva evidentemente maggiore concentrazione e più efficace coordinamento di sforzi. Quindi: intensificazione dei bombardamenti di Malta, intensificazione dei bombardamenti di Alessandria, aumento del controllo sul canale di Sicilia aumentando l'efficacia del dispositivo di sbarramento. L'ufficio operazioni del Comando Supremo sottopose· la questione all'attenzione di Badoglio, il quale annotò: "Al coordinamento delle operazioni in A.S. io avevo già pensato quando Supermarina mi aveva dato pronte per la metà di agosto le due 35 mila e le tre rimodernate. Si avrebbe così avuto un complesso navale tale da permetterci di impostare una battaglia navale partente dai porti della Cirenaica verso Alessandria. Ciò posto era evidente la necessità di coordinare azioni terrestri ed azioni navali ed in più armonizzare l'azione aerea nei due campi. Ma l'ammiraglio Campioni, mentre mi [ha] assicurato che il Littorio come personale è pronto al 70 per cento, ha escluso per difetti ai cannoni l'impiego del Vittorio Veneto e per deficienza d'istruzione del personale il Duilio. Si rimane perciò pressapoco allo stato attuale - ossia con tre navi da battaglia, di cui, una un po' superiore [e] le altre due inferiori, contro 4 navi da battaglia inglesi. In tali condizioni non è prudente affrontare una battaglia lontano dalle basi navali italiane. Rimane su questo punto da sentire l'opinione dell'ammiraglio Cavagnari per poi prendere una decisione in merito. E questo è il punto essenziale perché se manca l'azione navale bisognerà affidare la direzione di tutto a Graziani, dandogli come compito per quanto riguarda l'aviazione di tener presente la necessità dell'impiego di parte di essa anche contro le navi nemiche. Per Ì'Egeo non c;è eia pensare. Cappa mi ha detto che è saturo di apparecchi e che inoltre per il sud, lavorando essi al limite dell'autonomia, non è da pretendere da essi un grande rendimento.


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Perciò scrivere a Cavagnari esponendogli la soluzione e sentire quali sono le sue idee al riguardo, in modo che sia obbligato a metterle per iscritto" 64 •

Il quesito venne posto in termini molto netti: verso la metà di agosto dovevano avere inizio in Cirenaica operazioni contro le truppe inglesi dislocate fra Sollum, Marsa Matruh e Siwa. Non era da escludere che tali operazioni venissero contrastate da forze navali britanniche uscenti da Alessandria. Ne derivava la necessità di organizzare operazioni aeronavali, in concomitanza con quelle terrestri, contro la flotta nemica. Tale possibilità dipendeva in modo essenziale-dall'efficienza della R. Marina in quell'epoca 65 • Cavagnari rispose subito che contava di disporre (come unità efficienti in linea) di due corazzate tipo Giulio Cesare, sette incrociatori da 10.000 tonnellate, undici incrociatori da 5-8.000 tonnellate, una quarantina di cacciatorpediniere ed una ottantina di sommergibili, dei quali però un'aliquota notevole sarebbe potuta essere in Atlantico. Delle nuove corazzate, il Littorio poteva anche entrare in linea seppure con un addestramento affrettato; il Vittorio Veneto era in ritardo di qualche settimana, occorrendo mettere a punto gli impianti delle grandi artiglierie, rivelatisi non perfetti in qualche organo; sul Duilio, infine, non si poteva contare sino ai primi di settembre, necessi.tando di un addestramento intensivo del personale e di messa a punto del materiale., "(...) non ritengo comunque consigliabile - precisò Cavagnar(- l'impegno del nucleo principale delle nostre Forze Navali per fiancheggiare l'avanzata delle t ruppe non soltanto perché la costituzione di dette forze risulterà, alla data indicata, incompleta; ma anche perché la zona in cui sarebbe prevedibile uno scontro con le Forze principali del nemico risulterebbe strategicamente del tutto vantaggiosa agli inglesi e svantaggiosa per noi (distanza Marsa Matruh-Alessandria miglia 135; Marsa Matruh-Taranto miglia 760)",

e concluse che ciò stante era da prevedersi come contributo immediato da parte della R. Marina, a prescindere da situazioni di emergenza che richiedessero l'uscita in mare .della flotta, l'impiego a massa di sommergibili siluranti per arginare e contrastare il movimento delle unità avversarie; l'impiego preventivo di sommergibili posamine per sbarrare le rotte da e per Alessandria; l'impiego di forze leggere tempestivamente dislocate sulla costa libica per bombardamenti costieri, spedalmente nei primi giorni delle


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operaztoni 66 • Badoglio annotò a matita: "È poca cosa". Fino allora, infatti, lo schieramento offensivo dei nostri sommergibili nel Mediterraneo orientale aveva ottenuto soltanto l'affondamento di un cacciatorpediniere. In definitiva, il problema dell'offensiva veniva circoscritto alle forze aeroterrestri della Libia. Giova aggiungere, al riguardo, che anche il Comando Superiore A.S. aveva messo allo studio l'operazione Alessandria. Senza scendere nei particolari, esso stimava che per battere le sei o sette divisioni nemiche in Egitto fosse necessario e sufficiente un complesso di nove divisioni interamente motorizzate: la 10a armata su tre corpi d'armata per complessive sette divisioni (75.000 uomini, di cui 13.000 libici); il "raggruppamento oasi meridionali" del gen. Maletti (8.500 uomini, di cui 6.000 libici) e la D.f. Sirte (9.400 uomini) in riserva. In totale 92.000 uomini. Quanto ai materiali, presupponendo interamente esaudite tutte le richieste fatte dal gen. D' Aponte a Roma il 4 e 5 luglio 67 , occorrevano ancora, come minimo, cinque gruppi di artiglieria contraerei da 75/46 o da 88 e sette gruppi d'armata da 149/13 tutti con le dotazioni al completo, automezzi compresi; munizionamento adeguato, fra cui 100.000 colpi perforanti; materiale idrico e, dulcis in fundo, 5.200 autocarri pesanti 68 • Riducendo le divisioni si correva l'alea di dover sostenere una battaglia con forze inferiori a quelle avversarie e riducendo le dotazioni al seguito l'operazione rischiava di interrompersi per insufficienza di alimentazione. Se non fosse esistita la certezza di disporre degli autocarri predetti "potremo essere arrestati davanti alle fortificazioni nemiche con 250 chilometri di deserto alle spalle" 69 • Convinto, però, di non poter ricevere tanto presto, nella migliore delle ipotesi, quanto calcolato indispensabile per raggiungere Alessandria, Graziani si era dedicato al primo tempo, a cui, del resto, si stava limitando anche l'esame degli Alti Comandi 70 • Il 5 agosto il colloquio a palazzo Venezia, presenti anche Badoglio e Soddu, iniziò con una certa tensione, tuttavia presto divenne abbastanza cordiale. Graziani lesse una sua memoria nella quale, in sostanza, ribadiva concetti già espressi e difficoltà note. Le argomentazioni furono convincenti, tanto che la riunione si concluse con il proposito di effettuare un attacco da Giarabub verso nord con il raggruppamento Maletti per eliminare le basi inglesi sul confine e di sferrare un'offensiva per raggiungere il ciglione di Sollum, con l'idea, ove le cos·e si fossero volte al meglio, di proseguire lo sforzo sino a Sidi el Barrani 71 • Il giorno successivo Badogliv confermò verbalmente tali decisioni soggiungendo: "se gli inglesi si la-


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sceranno impegnare in battaglia avranno certamente la peggio ed allora anziché a Sidi el Barrani si potrà pensare a raggiungere anche Marsa Matruh" 12 e promettendo il concorso di tutta l'aviazione disponibile e l'invio di sette gruppi di artiglieria, mille autocarri, munizioni ed altro materiale richiesto nel corso della riunione. L'ottimismo di Badoglio era per molti versi fuori luogo ed infondato. Non soltanto in uno scontro nel deserto fra corazzati e fanterie era azzardato puntare su queste, ma diventava piuttosto ingenuo il ritenere.che le truppe britanniche avrebbero accettato una battaglia a Sidi el-Barrani senza necessità - cioé non essendo minacciato un obiett~vo di primaria importanza - anziché lasciare avan zare la grossa e filiforme colonna italiana, in gran parte appiedata, sino al momento in cui essa, sfiancata, demoralizzata ed ormai troppo lontana dalle basi, sarebbe diventata facile preda. Graziani era insoddisfatto. Non sembri contraddizione, m a per lui l'obiettivo di primo tempo non poteva essere che Marsa Matruh, previa conquista a se stante del ciglione di Sollum, e quello di secondo tempo Alessandria. Sidi el-Barrani - a 115 chilometri da Bardia e 450 da Alessandria - era una località non una posizione: priva di significato tattico, poneva problemi logistici (acqua) ed era facile oggetto di avvolgimento. Ne parlò con Ciano, criticando Badoglio perché non calmava gli ardori di Mussolini ed affermando: "i rifornimenti idrici sono del tutto insufficienti. Si va incontro ad un insuccesso che nel deserto si trasformerà inevitabilmente e presto in un disastro totale". Ciano riferì subito a Mussolini, il quale si mostrò "molto addolorato, poiché dall'ultimo colloquio con Graziani aveva tratto l'impressione che l'offensiva avrebbe avuto inizio fra pochi giorni". Un dialogo tra sordi, però Ciano aveva capito benissimo che il comandante superiore della Libia "non vorrebbe attaccare affatto, comunque non prima di due o tre mesi" 73 • Graziani ripartì, dunque, scontento e preoccupato. Riteneva di non essere stato compreso o, peggio, di esser lasciato solo a risolvere un difficilissimo problema nazionale. In questo stato d'animo, appena tornato in Africa si dette molto da fare, ma ben presto avvertì attorno a sé la sfiducia. Risolse allora di chiamare a rapporto i più alti capi militari per un'aperta disamina della decisione presa a Roma di impegnarsi il più presto possibile in un ristretto raggio d'azione, con obiettivo Sidi el-Barrani. Non volle definire la convocazione un consiglio di guerra, consape~ole del grave significato che avrebbe assunto, ma sicuramente fu q'lalcosa di molto simile, tanto che il verbale steso dal gen. Gariboldi, vicecomandante superiore oltre che


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comandante della sa armata, venne controfirmato da tutti i presenti e chiuso in modo significativo: "A conclusione di quanto detto sopra, all'unanimità affermiamo che nelle condizioni attuali non è possibile un'offensiva degna di questo nome, ma solamente svolgere piccole operazioni tendenti a mantenere il prestigio sull'avversario, allo scopo di marcare il predominio su di esso".

Sentir parlare, in quelle cfrcostanze, di prestigio e di predominio sull'avversario suona male, ma è evidente l'imbarazzo di una situazione che si faceva sempre più penosa, in special modo sul piano del morale. E certamente stava avvertendosi la mancanza di una mano s icura al timone. Il verbale proseguiva dando risposta ad uno specifico quesito posto da Graziani: quante grandi unità fosse possibile motorizzare integralmente. Al riguardo fu affermato che, permanendo la dislocazione e gli impegni operativi del momento (co"lonne mobili, distaccamenti, ecc.) - strana ipotesi invero dato il problema da risolvere - non si sarebbe riusciti a mettere su ruote nemmeno una divisione; per contro, modificando dislocazione ed impegni ma salvaguardando il fabbi sogno per il raggruppamento Maletti, si poteva recuperare un numero di autocarri tale da motorizzare un corpo d'armata su due divisioni 74 • Allora Graziani decise di trarre le conseguenze e scrisse a Badoglio offrendo le dimissioni dall'incarico: "(...) il parere unanime di tutti i convenuti, tra i quali figurano uomini di diverso temperamento, ma tutti comandanti di primo ordine, provati e riprovati in pace e in guerra, è stato unanimemente e decisamente contrario ad ogni possibilità di azione offensiva, sia pure ridotta nei limiti indicati {Sidi el Barrani), in dipendenza della dislocazione nemica da Sidi el Barrani a Sollum (assai diversa da quella del 15 luglio), ma soprattutto per la persistente insufficienza dei mezzi di trasporto a nostra disposizione (anche a prescindere dalla inclemenza della stagione e dall'estrema scarsità d'acqua). Di fronte al parere di uomini tutti responsabili e di insospettato spirito patrio e bellico, nonché di elevatissima capacità tecnica sperimentata in guerra, non mi é rimasto che chiedere, dopo minuziosa ed esauriente discussione contradditoria, la messa a verbale degli argomenti trattati come le conclusioni relative. Di esso verbale invio copia dell'originale controfirmata da tutti i presenti.


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Data la situazione che emerge e di fronte alla mia personale impotenza a ripianare la deficienza dei mezzi, mentre tante aspettative si nutrono dalle superiori gerarchie e nella Madrepatria per un'azione risolutiva a breve scadenza su questo fronte, mi si impone il doloroso compito: l O o di ricevere delle direttive di azione adeguate allo stato di fatto descritto, che tolgano me e tutti gli altri comandanti da una incertezza assai penosa per soldati che in tutta la loro vita hanno dato con estrema usura ogni audacia, quando questa poteva apparire foriera di Vittoria; 2° o un sopraluogo superiore che giudichi direttamente nel merito di quanto nel verbale è sancito. È infine ovvio e doveroso per me, in una tale contingenza, mettere la mia persona a completa disposizione delle Superiori Autorità, qualora questo possa e ssere ritenuto utile" 75 .

Poi, in attesa delle decisioni di Roma, Graziani impartì le sue direttive ai comandanti della sa e 10a armata, della s a squadra aerea ed all'intendente superiore 76: contegno difensivo-attivo mobile inteso a controllare cortine e retrovie e respingere o annientare infiltrazioni corazzate inglesi; orientamento al passaggio all'offensiva al "momento buono". Sul primo punto, in effetti, c'era poco da innovare. All'attività nemica di pattuglie meccanizzate si stava contrapponendo una nostra analoga azione come meglio era possibile fare, senonché, mentre l'avversario poteva contare su alcuni punti di riferimento, quali i piccoli presidi confinari e le posizioni più avanzate, o dedicarsi ad un'attività di disturbo nelle nostre retrovie lungo le poche piste e camionabili e sulla strada costiera, le colonne motorizzate della 10a armata spesso incontravano il vuoto e venivano così.a rappresentare un contrasto piuttosto dispendioso a causa dell'usura cui venivano sottoposti automezzi e carri, senza ottenere risultari molto apprezzabili. Comunque, in luglio ed in agosto continuarono le puntate britanniche, in verità meno frequenti di quanto non lo fossero all'inizio, ed il pattugliamento italiano, specialmente nel settore Bardia-ridotta Capuzzo-Sidi Azeiz. Qui, il 5 ago~to, aveva avuto luogo un vivace scontro nel quale per la prima volta erano stati impiegati i carri M 11: }.'avversario aveva abbandonato quattro carri, due dei quali erano stati rimorchiati nelle nostre linee .


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3.

LE OPERAZIONI IN AFRICA SE1TE:NTIUONALE

L'AVANZATA SU SIDI EL-BARRANI.

Mentre in Libia Graziani giungeva alla determinazione di offrire le dimissioni, a Roma era accaduto qualcosa che solo con molta fantasia poteva essere immaginato. Sin dai primi di agosto Mussolini era tornato su un intervento contro la Jugoslavia, cui aveva aggiunto la Grecia. Per la prima pensava alla metà di settembre 77, per la seconda alla fine dello stesso mese 78 , anche' se gli studi - nel quadro del P.R. 12 - riguardavano per il momento la sola Jugoslavia. Infatti il 1° agosto lo Stato Maggiore dell'Esercito, rappresentando le misure da assumere in funzione delle operazioni previste sullo scacchiere alpino (fronte giulia, Carinzia e Stiria) ed in quelli zaratino ed albanese, aveva sollecitato un chiarimento al riguardo e proposto di rinunciare ad iniziative in Albania, dati gli oneri che ne sarebbero derivati 79, Badoglio allora dispose che studi e predisposizioni per l'eventualità jugoslava fossero perfezionati sulle seguenti basi: schieramento al confin~ giulio in quindici giorni dall'ordine e schieramento della 6a armata in Stiria-Carinzia in un mese dall'ordine. Autorizzò altresì ad iniziare contatti con il Comando Supremo tedesco per concretare il progetto del predetto schieramento della 6a armata oltre frontiera ed il possibile concorso germanico di 5.000 autocarri per i servizi d'armata80 . Inoltre, una settimana dopo, scrisse al Viceré d'Etiopia prospettandogli l'opportunità di avviare gli studi per un'offensiva verso il Sudan, da sferrare in concomitanza con quella verso il canale di Suez che Graziani avrebbe cominciato alla fine di settembre-primi di ottobre 81 , e più tardi tornò sull'argomento chiedendo se il Viceré riteneva preferibile, potendolo, puntare su Khartum o Porto Sudan, posto che "i nostri ultimi obiettivi sono il canale di Suez e le comunicazioni del Mar Rosso" 82• In questo quadro, il 14 agosto Mussolini aveva ricevuto il luogotenente generale del Re in Albania, Jacomoni, ed il gen. Visconti Prasca, comandante delle truppe d'Albania, accompagnati a Palazzo Venezia da Ciano, ed aveva fissato "le linee politiche e militari per l'azione contro la Grecia" entro la fine di agosto 83 • Senonché, il 17 agosto l'ambasciatore Alfieri, da Berlino, informò che Ribbentrop gli axeva esplicitamente detto, riferendosi a Jugoslavia e Grecia, che qualsiasi impegno, sia pure a carattere di studio tecnico, verso questioni non strettamente attinenti alla guerra con la Gran Bretagna sarebbe stato unicamente dispersivo. In particolare, poi, un cambiamento dello status quo balcanico poteva rappresentare


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un pericolosissimo pretesto per un intervento dell'U.R.S.S. in quel settore europeo, che invece l'Asse aveva tutto l'interesse a mantenere nella più assoluta tranquillità 84 • Mussolini fece marcia indietro, mordendo il freno, ma pensò di poter rifarsi. Da varie fonti berlinesi venivano indiscrezioni e segnalazioni che lasciavano scorgere come imminente l'attacco all'Inghilterra ("Mussolini le crede esatte - scrisse Ciano - ed é convinto che alla fine del prossimo mese avremo la vittoria e la pace. Per questo vuole accelerare i tempi in Egitto" 85). In siffatto ordine di idee spedì a Cirene un messaggio che, a suo avviso, doveva spazzare via ogni esitazione di Graziani: "Maresciallo Graziani Libia. L'invasione della G.B. è decisa, è in corso di ultimazione ed avverrà. Circa l'epoca può essere fra una settimana aut fra un mese. Ebbene il giorno in cui il primo plotone di soldati germanici toccherà il territorio inglese, voi simultaneamente attaccherete. Ancora una volta vi ripeto che non vi fisso obiettivi territoriali,· non si tratta di puntare su Alessandria e nemmeno su Sollum. Vi chiedo soltanto di attaccare le forze inglesi che avete di fronte. Mi assumo la piena responsabilità personale di questa mia decisione. Voi avevate in animo di attacçare il 15 luglio appena giun ti i carri armati. È stato allora m olto saggio - anche dal punto di vista clima - di rinviare a miglior tempo. Nell'intervallo, compiendo uno sforzo che nessuno meglio di voi è in grado di valutare, vi abbiamo mandato tutto quanto ci è sfato possibile. Voi avete una indubbia superiorità di effettivi e di mezzi e di morale. Cinque navi di linea sono pronte. Possiamo fare un ulteriore concentramento di aex;oplani. Dopo dodici mesi di attesa e di preparazione è tempo di attaccare le forze che difendono l'Egitto. Non ho dubbi sull'esito definitivo della battaglia. Battuto il nemico, l'ampiezza maggiore aut minore della sua disfatta ci darà la norma 'per l'ulteriore azione. Maresciallo Graziani, come già vi dissi nel nostro ultimo colloquio, il tempo lavora contro di noi. La perdita dell'Egitto sarà il colpo di grazia per la G.B., mentre questo ricco paese - necessario per le nostre comunicazioni coll'Etiopia - è il grande premio che l'Italia attende e che - ne sono sicuro - voi le darete. Rispondetemi per telegrafo, confermando aut meno 86".

La prima parte era chiarissima: per motivi puramente politici occorreva attaccare, e per tali motivi era sufficiente attaccare senza preoccuparsi di raggiungere un obiettivo. La mossa poteva sembrare azzardata, comunque e~li, il c·o mandante supremo, assumeva la piena responsabilità dell'ordine. La seconda parte era incentrata


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su una valutazione derivante più da superficialità ed incompetenza che da malafede: la indubbia superiorità di effettivi, di mezzi e di morale. Parlare con soddisfazione del vantaggio numerico in quelle circostanze è palese segno di idee confuse in materia. Parlare di superiorità di mezzi potrebbe apparire un puro falso se, anche a questo proposito, non fosse probabile un autoinganno: certo i 400 carri italiani erano più dei 300 inglesi 87 , ma la realtà tecnica rovesciava il rapporto; lo stesso dicasi per le artiglierie e perfino, a quanto risultava, per gli aerei. Infine, affermare la supremazia in campo morale era semplice illusione: l'incertezza del comando, l'inferiorità dei materiali, l'aggressività nemica avevano provocato molti dubbi. Ed esistevano a ltri motivi di scontento. Una nota informativa della direzione generale della P.S. al Comando Supremo sulle condizioni dello spirito pubblico desunte dalla censura postale in data 30 agosto riprendeva lamentele correnti fra i reparti d'Africa: "I militari in Africa - specie quelli che scrivono dalla Cirenaica - lamentano la difficoltà di cambiare indumenti, l'insufficiente razione d'acqua, la cattiva confezione e la scarsezza del rancio spesso guasto, l'alto costo delle bevande e dello scatolame negli spacci (taluno afferma che il vino costa 20 lire al litro), l'assalto dei parassiti e infine l'impossibilità di procurarsi carta da scrivere. Le doglianze per la m'ancanza di carta da scrivere, che i militari richiedono a casa per rispondere alle famiglie, sono piuttosto diffuse e sembra che su tal genere, in Africa, si eserciti una certa speculazione (un sottufficiale della Cirenaica scrive di aver dovuto pagare 10 lire una busta con pochi fogli, del tipo di quelle che in Italia costano una lira; qualcuno in A.O.I. lamenta di aver dovuto pagare fin S lire un foglietto ed una busta)" 88. ·

Innegabilmente tutto ciò non poteva non suscitare critiche, soprattutto perché l'intera organizzazione postale era scadente e lentissima: la corrispondenza giungeva con enormi ingiustificabili ritardi e si verificavano frequenti disguidi. La terza parte del messaggio suonava in modo marcatamente diverso. Dapprima sembrava sufficiente attaccare le forze che fronteggiavano la 10a armata, adesso bruscamente si passava a dare per scontato }~esito vittorioso di una grossa battaglia campale, in cui appariva incerta solo la dimensione della disfatta britannica e la cui sicura conseguenza - più o meno rapida - era la conquista dell'Egitto. Risultava evidente la sostanziale evoluzione di linguaggio, di. intenzioni e di attesa dei risultati. Se la prima parte si espri-


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meva in modo tale da rendere plausibile un "obbedisco", l'ultima conteneva tutti gli elementi perché Graziani confermasse la posizione assunta. Graziani invece rispose: "gli ordini saranno eseguiti" 89 e Mussolin i, ricevuta quasi contemporaneamente la lettera 04/op. del 18 con le dimissioni ed il telegramma 3031/op. del 20 con l'atto di obbedienza, replicò: "La vostra è la risposta che attendevo" 90, e due giorni dopo, il 22, al rapporto giornaliero disse a Badoglio di fare massa contro l'Egitto con le tre forze armate per realizzare la famosa contemporaneità con l'attacco tedesco. Le ipotesi jugoslava e greca erano abbandonate. O meglio: lo schieramento difensivo alla frontiera giulia doveva essere in atto per il 20 ottobre anziché il 20 settembre e quello verso la Grecia per la fine di settembre. Badoglio si rasserenò, tuttavia Mussolini non aveva affatto rinunciato agli orientamenti verso i Balcani, ma semplicemente spostato le date; il che perciò da un lato faceva sospettare che il fuoco rimanesse acceso sotto la cenere e dall'altro creava due esigenze di completamento, messa a punto e trasporti che non potevano non distrarre dall'Africa settentrionale. Graziani si sentiva sempre più a disagio. Era emerso in pieno il disaccordo con il comandante della 10a armata. Questi, ricevuti gli ordini per l'offensiva, rispondeva con una serie di difficoltà - le solite - che, pur non esprimendo un rifiuto, lasciavano intendere l'impossibilità di muovere senza provvedimenti dall'alto. In altri termini, rimaneva nell'atteggiamento illustrato nella riunione del 18. Graziani non si attendeva tale replica ed invece di chiedere la sostituzione del gen. Berti, compilò l'ordine esecutivo - a partire dal 27 - con obiettivo Sollum, chiese copia dell'ordine d'operazione dell'armata ed informò il Comando Supremo dettagliatamente 91 • Fece di .più: il 25, passando per il posto comando della 10a armata, fece firmare da Berti, per presa visione, il testo originale del messaggio di Mussolini d~l 19. Tutto ciò basta a rendere lo stato dei rapporti fra i due capi · interessati ad entrare in Egitto. A Roma continuava l'evolvere degli intendimenti mussoliniani. Ciano aveva telegrafato da Salisbur,:go che, secondo Hitler, lo sbarco imponeva una serie di predisposizioni, la maggior parte delle quali era già in atto, ma quella determinante - battere la caccia inglese - richiedeva almeno tre settimane di buon tempo. Era peraltro impressione di Ciano che da parte tedesca si fosse attenuata la convinzione, prima aperta, che la guerra potesse risolversi entro l'anno in corso. A questa telefonata del 29 seguì la decisione di Mussolini di marciare in ogni casJ'. Lo stesso giorrlo Badoglio telegrafò:


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LE OPERAZIONI IN APRICA S ETTE NTRIONALE

"Il Duce ha determinato che l'attacco contro gli inglesi in Cirenaica abbia luogo anche se i tedeschi non si decidono ad effettuare lo sbarco. E ciò perché se ha luogo un accordo fra tedeschi ed ilnglesi, noi rimarremmo fuori di ogni discussione se non abbiamo almeno un combattimento contro gli inglesi. Tenetevi perciò pronto fra 1'8 ed il 10 settembre. Vi manderò poi l'avviso ufficiale della data. A quell'epoca avrete ricevuto tutto il materiale richiesto e interesserò Pricolo perché vi sia inviata l'aviazione occorrente" 92 .

Poi Badoglio avvisò Cavagnari e Pricolo, l'uno per semplice notizia, l'altro per definire i rinforzi aerei chiesti dal Comando Superiore Libia, esclusi purtroppo gli aerei da trasporto, i pochi esistenti costituendo l'unico tenue collegamento con l'Impero. Graziani prese atto, dette comunicazione personale a Berti e, con i diretti collaboratori ed il gen. Bergonzoli, comandante del XXIII corpo, esaminò, ancora una volta, i termini del problema. Il ciglione di Sollum, balza aspra ed impervia, era abbordabile da ovest soltanto in tre punti: Sollum, Halfaya e Bir er-Rabia. I primi due erano percorsi da buone rotabili che trovavano prosecuzione nella litoranea; il · terzo invece era attraversato da una discreta pista autom~bilistica che raggiungeva Bug Bug. Il tratto compreso fra Halfaya e Bir erRabia, di oltre cinquanta chilometri, era assolutamente privo di passaggi e quindi non consentiva lo sbocco al mare. Di conseguenza, chi intendeva procedere su Sidi el-Barrani dalla fronte Ramlaridotta Capuzzo-Bir Sceferzen aveva due alternative: incanalarsi sulla litoranea, filando per le strette di Sollum e di Halfaya oppure aggirare il ciglione per la pista Gabr bu Fares-Bir er Rabia-Bir Enba-Sidi el Barrani. Le due direttrici avevano uno sviluppo rispettivamente di 100 e 160 chilometri dal confine e sino all'altezza di Bug Bug rimanevano separate dal ciglione senza alcuna possibilità di concorso tattico. In sostanza, la semplice occupazione del ciglione di Sollum, non potendo sboccare nella pianura sottostante, avrebbe contenuto, un elemento di debolezza perché avrebbe esposto il fianco destro del dispositivo alle offese dei corazzati avversari. Pertanto - sempre secondo questa valutazione - per conferire sviluppo alla manovra, occorreva assolutamente tendere all'occupazione di Sidi el-Barrani (schizzo n. 5). L'operazione sarebbe stata molto redditizia se realizzata con un duplice avvolgimento: a sinistra lungo la litoranea e a destra lungo la pista Bir er Rabia-Bir Enba, effettuato con truppe motorizzate. Le forze nemiche presumibilmente da affrontare si traducevano almeno in tre divisioni, senza


Schizzo n. 5 I PROGETII PER L'AVANZATA SU SIDI EL BARRANI

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contare i probabili afflussi di rinforzi. Da parte italiana, la disponibilità di automezzi aveva indotto a limitare le forze a cinque divisioni, oltre la colonna Maletti. A sinistra, lungo la direttrice costiera, il XXIII corpo d'armata su tre divisioni metropolitane su cinque battaglioni ciascuna; disponeva di un migliaio di autocarri, sufficienti per consentire il movimento di due divisioni in prima schiera (con fanteria a piedi) ed autocarrare la divisione di riserva per lo sfruttamento del successo. A destra, il gruppo di divisioni libiche: disponeva di 650 autocarri con i quali poteva trasportare solo le artiglierie, i carri leggeri e dotazioni per un'autonomia di tre giorni. In riserva il raggruppamento Maletti, completamente motorizzato e con ampia autonomia. Se per il XXIII corpo il problema della celerità poteva ritenersi risolto almeno in parte con l'autotrasporto della riserva, la D.cc.nn. 23 marzo ridotta a quattro battaglioni, a destra esisteva molta differenza di celerità e di autonomia fra il gruppo divisioni libiche e la colonna Maletti . D'altra parte quest'ultima non era sufficientemente forte per sostenere, da sola uno scontro con le forze avversarie che prevedibilmente avrebbe incontrato sul suo cammino, se non sostenuta tempestivamente 93 . Sarebbe perciò occorso autotrasportare anche le divisioni libiche (14.000 uomini) in modo da ottenere con esse e la colonna Maletti una massa che avrebbe garantito il successo. Al momento ciò era impossibile, ma non appena fossero sbarcati i 600 autocarri che si attendevano dall'Italia la questione si poteva reputare risolta. Se, infine, ordini superiori avessero imposto l'inizio delle operazioni in anticipo sull'arrivo degli automezzi, diventava necessario fissare un primo tempo, che ~i sarebbe concluso con l'occupazione degli sbocchi di Sollum e di Halfaya spingendo la destra sul ciglione sino all'altezza di Suani el-Augerin, all'incirca a metà strada tra Sollum e Bir er-Rabia. In base alla reazione avversaria si sarebbe deciso il da farsi. · Qualche osservazione sul disegno di manovra. Mancava una concreta ipotesi delle forze nemiche che presumibilmente ogni colonna avrebbe incontrato. Secondo le informazioni acquisite, gli inglesi avevano la 7 a D.cor. nella fascia di confine da Sollum a Bir es Scegga, perciò tutta ad occidente del ciglione di Sollum, sull'altopiano del deserto libico; la 6a D.f. britannica fra Sidi el-Barrani e Bir el-Chanìsa, dunque in parte nella zona costiera dove moriva il deserto occidentale egiziano ed in parte sull'altopiano a sud di Bir Rabia; la 4a D.f. indiana concentrata nella zona di el Qauasa, a metà strada fra Sidi el-Barrani e Marsa Matruh; il campo trincerato di


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Marsa Matruh con un presidio anglo-egiziano di una o due divisioni; poi la D.f. neozelan.d ese da Fuka ad el-Alamein; infine le truppe nel Delta. In conclusione, occorreva affrontare sicuramente la 7a D.cor., la 6a D.f. britannica e la 4a D.f. indiana, forse anche la O.neozelandese. Il presidio di Marsa Matruh si poteva reputare fuori della lotta. Se questo quadro fosse stato reale, il progetto di Graziani avrebbe posseduto tutti i reqùisiti per fallire in partenza: la 7a D.cor. avrebbe fatto a pezzi le due divisioni libiche ed il raggruppamento Maletti e poi, puntando su Halfaya, imbottigliato il XXIII corpo d'armata bloccato a Sidi el-Barrani dalla 6a britannica e dalla 4a indiana. Ma il quadro non era esatto ed il nemico, forse anche sopravvalutando la consistenza operativa dello sforzo italiano, aveva da tempo deciso di non accettare il combattimento. Come sappiamo, della 6a britannica era giunto il solo Comando, che si era mutato in Comando d.ella Western Desert Force, e delle altre divisioni gli effettivi erano sensibilmente incompleti, pure se in parte adeguati da battaglioni non indivisionati affluiti dal Delta. Ad onor del vero era noto che le grandi unità britanniche erano al di sotto dell'organico, tuttavia non si conosceva sino a che punto fossero deficitarie e nel dubbio si tendeva a prendere in considerazione il caso peggiore. Si aggiunga l'abile uso di falsi carri attuato da parte inglese. Graziani aveva espresso il timore che l'occupazione del ciglione di Sollum sino al passaggio di Bir er-Rabia esponesse la destra del fronte all'avvolgimento da sud. Verissimo, ma il pericolo esisteva ugualmente per l'occupazione limitata- all'altezza di Suani elAugerin. E sempre sarebbe esistito per entrambi i contendenti, costretti per forza di cose ad appoggiare un fianco al mare. Quindi occor,r eva accettare questa inevitabile situazione, impiegando sul lato esposto la massa delle forze corazzate. Il disegno di manovra venne subito comunicato al Comando Supremo, ma sollevò un dubbio: i 600 autocarri di cui si faceva cenno nel progetto quali erano? Il 1° settembre erano arrivati a Tripoli 230 automezzi, il 7 era previsto lo sbarco di altri 100, il 13 (probabilmente) di ulteriori 360, la rimanente quarta spedizione di circa 400 era prevista entro il 20 settembre. In base a questi dati il Comando Supremo voleva sapere se per l'offensiva occorreva attendere anche il quarto scaglione. Graziani cercò di chiarire rapidamente la questione, a mezzo corriere, confermando la necessità della predetta quarta aliquota. Poiché i mezzi potevano "giungere a pié d'opera soltanto alla fine di settembre o • entro la prima decade di ottobre", egli precisò di ritenere "opportu-


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no dal punto di vista strettamente operativo differire l'azione offensiva al termine suddetto". Ed aggiunse che il differimento avrebbe giovato anche all'ammassamento in Tobruk e Bardia delle dotazior:ii "tuttora in gran parte ancora scaglionate molto all'indietro" e che certamente il nemico, davanti ad una nostra offensiva limitata alla linea Sollum-Halfaya-Gabr bu Fares-Bir Chreigat, avrebbe proclamato ché essa si era esaurita per la nostra insufficienza logistica o perché stroncata sul nascere 94 • La puntualizzazione si incrociò con una letterà personale di Badoglio: "(...) A mio parere avreste fatto meglio a far pervenire molto prima quelle considerazioni che ora inviate. Sono più di due mesi che si sta preparando questa azione e si aveva quindi tempo di determinarla in tutti i suoi particolari. Ad ogni modo appena riceverete questa mia fatemi sapere il giorno in cui sarete pronto a sferrare l'offensiva con obiettivo Sidi Barrani. lo cercherò ad ogni modo di convincere il Duce di attendere sino a quel giorno. Cercate però di non ritardare troppo, altrimenti prevedo che vi telegraferà lui stesso di attaccare" 95.

Graziani si sentì ingiustamente sotto accusa e replicò con un telegramma amareggiato 96 • Nel pomeriggio, alle 15,30, ricevette un dispaccio da Roma: "Duce ordina che la nota operazione abbia inizio lunedì 9 corrente" 97 • Era inevitabile. Ma c'è da chiedersi se i due mesi trascorsi erano stati veramente utilizzati nel migliore dei modi. Lo stesso obiettivo era stato determinato dopo un'altalena sconcertante. La conclusione fu ancor più sconcertante: l'improvviso ribaltamento del disegno di manovra. Alle 18,30 del 7 Graziani lasciò Bengasi per rientrare a Cirene. Strada facendo, riconsiderava tutti gli elementi dell'offensiva: le difficoltà della marcia a piedi nel deserto marmarico in quel periodo, la conseguente lentezza di movimento, il sicuro intervento della 7a D.cor. inglese contro le divisioni libiche ed il raggruppamento Maletti. Adesso gli sembrava che le probabilità di successo fossero assai scarse._In queste sconfortanti riflessioni, sorse d'improvviso l'idea di invertire la manovra avanzando con l'intera massa sulla striscia costiera.. A suo parere la nuova soluzione avrebbe avuto i vantaggi della concentrazione dei mezzi su una sola linea di operazioni, della semplicità dei rifornimenti, del migliore apporto


LR PRIMROPERAZIONI

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dell'aviazione. Quando arrivò a Cirene, verso le 21,30, la decisione era presa: sforzo unico con il gruppo divisioni libiche in prima schiera, il XXIII corpo in seconda schiera, la 23 marzo in riserva d'armata, il raggruppamento Maletti alle dirette dipendenze del Comando Superiore. Convocati immediatamente i gen. Berti, Porro, Maletti e Giordano, Graziani spiegò in poche parole i motivi che lo avevano indotto a modificare il disegno operativo e concluse: "Il gruppo divisioni libiche si sposta da Gabr Saleh-Bir e! Gobi verso Capuzzo e si mette in testa alle divisioni metropolitane. Una volta attestato a Capuzzo, si caccia fra il mare ed il ciglione e punta verso Sidi el Barrani. Intanto, coperto dalle divisioni libiche e dall'aviazione, si sviluppa il movimento delle truppe metropolitane del XXIII corpo d'armata. La divisione cc.nn. 23 marzo, autocarrata, costituisce riserva dell'armata. Raggruppamento Maletti deve proteggere il fianco destro dell'armata - specie da minacce provenienti da Sceferzen-Bir el Khreigat. Per Tobruk-Bir el Gobi-Gabr Saleh si porterà inizialmente a Sidi Omar. In sintesi: si deve sviluppare una decisa manovra di tutti i mezzi terrestri ed aerei che ci deve portare a Bug Bug e Sidi Barrani, per la direttrice costiera" 98 • ·

Le direttive verbali vennero subito confermate per scritto ed il giorno successivo il gen. Berti diramò l'ordine di operazioni. Confrontando le direttive del Comando Superiore e l'ordine del Comando 10a armata 99, salta agli occhi un'anomalia: Graziani in realtà non imparti direttive bensì ordini esecutivi ~ Berti li ripeté quasi integralmente H)(), al punto che il primo, quando lesse l'ordine di operazioni dell'armata, si premurò di convocarne il comandante nella stessa notte sul 9, anzi nelle primissime ore del 9, per chiarirgli ancora il proprio pensiero, sembrandogli che le disposizioni date non fossero in piena sintonia con quanto intendeva realizzare. In altri termini, l'offensiva non venne affidata alla 10a annata, come sarebbe stato corretto, né - men che meno - al Comand<;> XXIII corpo, come sarebbe stato possibile, ma fu direttamente regolata dal comandante superiore con pura e semplice invadenza delle attribuzioni del livello inferiore. Ed ancora un'osservazione è da fare. L'Intendenza ricevette il compito di assicurare il funzionamento dei servizi sino a Bardia, "per i tempi successivi riserva di ordini". Ora, la questione era sul tappeto da settimane, o meglio da mesi, ed appariva in gran parte condizionata dall'aspetto logistico: sembra


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dunque piuttosto strano che il Comando Superiore non ritenesse di impartire ordini più precisi alla propria Intendenza, quando in fondo il problema si riduceva a decidere fra due soluzioni: conservare Bardia come base avanzata e provvedere ai rifornimenti a domicilio alle grandi unità avanzanti oppure costituire alla ridotta Ca puzzo un centro logistico in grado di provvedere all'alimentazione sino a Sidi el-Barrani lasciando i rifornimenti a carico del XXIII corpo o adottando un sistema misto. Dopotutto, se per "i tempi successivi" doveva intendersi il secondo tempo era impensabile che nei tre giorni di durata della prima fase si potesse improvvisare alcunché; se invece ci si riferiva al dopo l'occupazione di Sidi el Barrani, evi. dentemente il dispositivo iniziale di Intendenza doveva rendere possibile l'intera operazione. La dislocazione in atto al 7 settembre era la seguente. In un ampio semicerchio appoggiato al mare - Tobruk-Bir el Gobi-Gabr Saleh-Bardia - era raccolto il grosso della 10a armata: il XXIII corpo con la Ci rene, la Marmarica e la 23 marzo attorno a Bardia; il XXII con la Catanzaro e la 3 gennaio attorno a Tobruk; il gruppo libico nell'interno, a Bir el-Gobi e Gabr Saleh. A Derna era il raggruppamento Maletti; nella zona di Cirene (300 chilometri dal confine) il XXI corpo con la Sirte e la 28 ottobre; nella zona di Bengasi (500 chilometri dal confine) il raggruppamento artiglieria tlel Comando Superiore. Come sappiamo, soltanto una parte di queste truppe era interessata all'offensiva e precisamente il XXIII corpo, il gruppo divisioni libiche ed il raggruppamento Maletti. Le artiglierie di supporto, in funzione di massa di manovra, erano inquadrate in due raggruppamenti. Uno costituito da due gruppi da 75/27 del 202° artiglieria, una batteria da 105/28 e due batterie da 149/35; l'altro dal 12° artiglieria e da un gruppo da 105/28. L'operazione era cadenzata in due tempi. Il primo (9-11 settembre) consisteva semplicemente dell'assunzione dello schieramento di partenza: il gruppo libico attestato fra la ridotta Capuzzo e Bir Ghirba; a tergo, a sud della via Balbia, il XXIII corpo con le due divisioni metropolitane; la 23 marzo, autotrasportata, ed il 1° raggruppamento carri in riserva d'armata a Sidi Azeiz; il raggruppamento Maletti a Sidi Omar e, infine, i due raggruppamenti d'artiglieria alla frontìera, tra il mare e la ridotta Capuzzo. Il secondo tempo, il cui inizio era previsto per il 12 settembre, era rappresentato dallo sviluppo dell'offensiva: le divisioni libiche dovevano passare per Sollum ed Halfaya, scendere sulla striscia costiera e proce-


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dere affiancate verso Bug Bug-Sidi el Barrani; il XXIII corpo d'armata aveva il compito di seguire il movimento, scendendo a sua volta dal ciglione non appena la prima schiera avesse creato spazio. La riserva si componeva anche di un'unità carrista di recente costituzione. Il 29 agosto i reparti carri della Libia erano s tati ordinati in un'unica unità di formazione (gen. Babini), su due raggruppamenti, ciascuno su un battaglione carri medi e tre battaglioni carri leggeri. L'accentramento, però, era dovuto a semplici motivi addestrativi e di controllo; per l'impiego gli elementi componenti erano orientati ad agire con diverse grandi unità. Per la circostanza tale complesso di forze dipendenva dalla 10a armata, che ne previde un ampio decentramento: il 1° raggruppamento (col. Aresca), assegnati il LXII e LXIII battaglione carri leggeri rispettivamente alla Marmarica ed alla Cirene, rimase in riserva con il I battaglione carri medi ed il XXI battaglione carri leggeri; il 2° raggruppamento (col. Trivioli), ceduto il IX battaglione carri leggeri alla 2 a divisione libica ed il II battaglione carri medi alla colonna Maletti, si dislocò a Bardia a disposizione dell'armata con i XX e LXV battaglioni carri leggeri, senza parte nell'offensiva. · Graziani contava molto sull'appoggio aereo ed invero lo Stato Maggiore dell'Aeronautica aveva provveduto al soddisfacimento pressocché integrale delle richieste avanzate dal gen. Porro. La 5a squadra aerea, costituita il 15 luglio con la 13a divisione su quattro stormi da bombardamento (10°, 14°, 15° e 33°), la 14a brigata su due stormi (il 2° da caccia ed il 50° da bombardamento) e la 175a squadriglia R.S.T., era stata continuamente potenziata. Dal 1° luglio al 15 agosto erano affluiti in Africa il 9° gruppo caccia, il 33° e 54° gruppo bombardieri, il 7° gruppo da combattimento, il 67° gruppo da osservazione più 12 S.79, 42 C.R. 42, 5 Ca. 310 e 12 B.88 per reintegro e completamento organici. Le ulteriori richieste per l'offensiva furono esaudite con il 151 ° gruppo caccia su 30 C.R. 42, il 9° stormo da bombardamento su 32 S.79, più 12 caccia C.R. 42 per completamento organici ed una squadriglia dei primi aerosiluranti. Inoltre il personale del 10° stormo da bombardamento era rientrato in Italia ed i velivoli erano stati distribuiti fra gli altri reparti. Pertanto la 5a squadra all'inizio dell'avanzata contava su 300 velivoli da combattimento efficienti: 110 bombardieri, 135 caccia, 45 d'assalto e 4 aerosiluranti 101 • Contro di essi si riteneva ve ne fossero altrettanti inglesi. Ma Pricolo avvertì che, se richiesto dalle circostanze e se pronte le strutture a terra - problema di ardua soluzione - poteva inviare :ncora uno o due stormi da bombarda-


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mento ed una piccola aliquota di caccia. L'assunzione dello schieramento sulle posizioni di partenza si svolse senza apprezzabile disturbo da parte avversaria. Purtroppo una serie di inconvenienti rese piuttosto convulsi quei primi quattro giorni. Il comandante dell'armata cominciò con l'ignorare, nella diramazione degli ordini, il raggruppamento Mal etti perché non alle sue dipendenze, cosa che provocò l'intervento del comandante superiore 102 • Il gen. Maletti si portò troppo rapidamente avanti, lasciando a Derna il gruppo di artiglieria contraerei assegnatogli e raggiungendo a Gabr Saleh le divisioni libiche con un conseguente pericoloso addensamento di reparti, quindi proseguì per Sidi Omar deviando dalla direzione di movimento e smarrendosi. Il gen. Bergonzoli, a sua volta, mossosi velocemente, finì per trovarsi con parte delle truppe autoportate sulla stessa linea delle divisioni libiche, provocando incroci di colonne ed intasamenti di strade e piste. All'alba del 12, Graziani, poco soddisfatto di come si svolgevano gli avvenimenti e dell'azione di comando di Berti, decise ventiquattr'ore di sosta per rimettere in sesto il raggruppamento Maletti e far riposare i libici 103 , poi, riflettendo sulle difficoltà incontrate da Maletti, mutò gli ordini iniziali. Infatti l'eccessivo consumo di carburante dovuto alla circolazione dei mezzi nel deserto, la lentezza della progressione causata da avarie ai motori e da affondamento dei veicoli nella sabbia, le necessità di rifornimento idrico e le sensibili ripercussioni dei bombardamenti aerei cui la colonna era stata sottoposta, avevano inciso su capacità ,operativa ed autonomia logistica del raggruppamento. Aggiungasi che l'imprevista giornata di sosta, se necessaria per un verso, per un altro rappresentava un danno: la maggiore conoscenza della situazione che si consentiva al nemico. Tutti questi elementi negativi indussero Graziani a rinunciare all'aggiramento a breve raggio su Bug Bug che Maletti avrebbe dovuto effettuare dopo aver protetto il fianco esposto, ed a passare il raggruppamento alle dipendenze dell'armata affinché fosse utilizzato come unità celere da lanciare, per il passo di Halfaya, sulla litoranea e raggiungere, unitamente alla 23 marzo, Sidi el-Barrani. L'avanzata oltre confine iniziò il mattino del 13 (schizzo n. 6). Fu preceduta da interventi dell'artiglieria e dell'aviazione, ma per la verità l'avversario si limitò ad un'attività di osservazione e di disturbo. Alle 8,30 veniva occupata Spllum Alta. Il nemico, ritirandosi, aveva asportato il motore della teleferica a movimento continuo, distrutto il macchinario per il sollevamento dell'acqua e gli impian-


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ti luce. Si ripeterono frammischiamenti di reparti, comunque nel tardo pomeriggio il possesso del ciglione da Sollum a Halfaya e degli sbocchi in piano era saldamente assicurato ed il quadro complessivo più tranquillizzante perché le intercettazioni radio rivelavano la chiara intenzione del nemico di ritirarsi, la~ciando dietro di sé interruzioni e dfatruzioni. Il gen. O'Connor era determinato ad arretrare sino a Marsa Matruh, attirando gli italiani verso il vigoroso contrattacco che aveva predisposto davanti al campo trincerato. Al gen. Gott era affidato il compito di ritardare la progressione italiana con il gruppo di sostegno della 7a D.cor. Fra Sollum e Gabr bu Fares era dislocato un complesso tattico costituito dal III battaglione delle Coldstream Guards, una sezione carri ed una batteria, ben presto rinforzato da un'aliquota del I battaglione del King's Royal Rifles Corps e da una compagnia francese; mentre nella zona di Der el-Hamra stava il rimanente delle truppe avanzate: 1'11 ° ussari, il 1° Royal Tank Regiment, il II battaglione della Rifle Brigade e due batterie. Dapprima, in campo inglese, vi fu esitazione: non si sapeva se l'offensiva italiana avrebbe gravitato lungo la costa oppure fatto ricorso alla manovra avvolgendo da sud la scarnata. Ma presto i dubbi si sciolsero. Graziani continuava a non essere molto compiaciuto, rilevando eccessiva prudenza e mancanza di slancio nella linea di condotta dell'armata. Secondo il suo avviso, le due divisioni libiche dovevano far massa sulla costa sotto la protezione delle divisioni metropolitane Ci rene e Marmaricil schierate sull'altopiano, e precisamente la prima a garanzia del possesso dei passi e la seconda più a sud, fra Gabr bu Fares ed il ciglione, a protezione del fianco destro della base di partenza. Ora, data l'assenza di serio contrasto da parte britannica, ciò poteva essere realizzato senza eccessive difficoltà spostando in avanti tutto il dispositivo. Invece Berti dispose che la Cirene scavalcasse le divisioni libiche e si attestasse al ciglione prima di dare il via alla 2a libica oltre il passo Halfaya. Ne derivò un ulteriore rallentamento della manovra. Fu così che il 14 l'avanzata riprese nella tarda mattinata, cioé in pieno giorno e nel massimo del calore. Verso sera il gruppo divisioni libiche, disceso sulla costa, si arrestava dopo aver percorso una vent.ina di chilometri: la J a libica aveva raggiunto la zona di Bir Thidan el-Khadim, la 2a libica era sulla destra e più arretrata, il 1° raggruppamento carri leggermente più indietro. Le truppe del XXIII corpo, che adesso comprendeva anche la23 marzo, si trovavano sull'altopiano. Vista la situazione e considerando la sempre più evidente intenzione inglese di ripiega-


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re, Berti decise di operare lo scavalcamento delle due divisioni libiche con le unità autoportate, la 23 marzo ed il raggruppamento Maletti, cui affidò il raggiungimento dell'obiettivo intermedio Bug Bug-Sanyet el Sabil 104 • La scelta di quest'ultima località destava qualche incertezza. Sayet el-Sabil era un incrocio di piste ad una trentina di chilometri a sud di Bug Bug e controllava le provenienze dal pianoro, lungo la pista fra Bir Sofafi e Bir er-Rabia, però si trovava in pieno deserto e per arrivarci occorreva seguire la pista partente da Bug Bug. Tutto sommato non sembr ava proprio il caso di allargare in tal modo il fronte di attacco e procedere con le due unità così intervallate tra di loro. Perciò Graziani cominciò col chiedere delucidazioni. Poi soppesò le informazioni date dalla ricognizione aerea circa la presenza di una massa corazzata inglese verso Der el-Hamra. Non sapeva esattamente di cosa si trattasse - era il 1° Royal Tank Regiment che il gen. Gott cercava di portare verso nord e che per disguidi vari non riuscirà ad inserirsi nella lotta - ma; presumendo fosse la contromossa nemica all'ipotetico avvolgimento italiano da sud, giudicò le circostanze favorevoli per puntare risolutamente su Sidi el-Barrani: in tal modo le unità corazzate britanniche se avessero proseguito sarebbero state arrestate dalle divisioni metropolitane poste a difesa dell'Halfaya, nell'eventualità opposta si sarebbero ritirate verso est. In tutti i casi non avrebbero avuto il tempo di contrastare la conquista di Sidi el-Barrani. " Tenete conto questa situazione favorevole - scrisse Graziani a Berti - per sviluppo vostro 01nsss et agite con massima rapidità su Barrani perché giudico questo momento decisivo(...). Assumo in pieno responsabilità di questo ordine" ios.

Ma nel frattempo Berti aveva modificato il proprio pensiero. Trovandosi le divisionì libiche ormai appena ad una diecina di chilometri da Bug Bug, giudicò non più necessario il loro scavalcamento ed invece preferibile l'impiego della riserva motorizzata per la prosecuzione dell'azione in profondità. Decise, dunque, la ripresa dell'offensiva da parte dei libici: la 1a divisione su Bug Bug e la 2 a su Suani el-Augerin. Quanto al XXIII corpo, egli ordinò che la 23 marzo ed il 1° raggruppamento carri, anch'esso ora alle dipendenze di Bergonzoli, si portassero nella zona di Thidan el-Khadim, sì da poter muovere verso Bug Bug o verso Suani el-Augerin; il raggruppamento Maletti si fermasse sul ciglione dell'Halfaya; la Cirene si spostasse di qualche chi1t>metro verso sud-est e la Marmari-


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ca occupasse il quadrivio a sud di Gabr bu Fares 106 • Come si vede, l'impiego particolareggiato del XXIII corpo era già stato indicato dall'armata. Berti era anche preoccupato per le possibili offese ver- · so nord partenti dall'oasi di Siwa, ma Graziani reiterò le sollecitazioni: "Non c'è un momento da esitare. Impartite ordini in relazione mio 01/541 op. Impartisco ordini diretti ad aviazione. Non preoccupatevi di quanto at secondo capoverso 01/7576 provenienze da Siwa che est fuori realtà del momento. Ho impartito ordini diretti Giordano per afflussi logistici" 107,

e dispose che la sa squadra aerea battesse ad ondate successive e senza tregua el-Barrani ed i concentramenti di unità corazzate sulla pista Bir el Chreigat-Der el Brug-Der el Hamra. I nuovi ordini del Comando 10a armata si intonavano alle idee del comandante superiore. La colonna Bergonzoli 108 doveva accelerare la raccolta delle proprie forze e, superate le divisioni libiche, puntare con massima velocità e decisione su Sidi el-Barrani,. gravitando sulla litoranea; raggiunto l'obiettivo, doveva eseguire puntate in ogni direzione per aumentare il vantaggio psicologico sul nemico. Il gruppo libico doveva proseguire il movimento verso oriente lasciando sgomberate strada e piste per lo scavalcamento dello scaglione motorizzato. Le divisioni Marmarica e Cirene, infine, avevano il compito di rimanere in posto predisponendo unità celeri per contrastare eventuali azioni avversarie (schizzo n. 7). Per tutta la giornata del 15 Graziani tempestò di messaggi Berti, ciò malgrado la manovra, che per la sua rapidità avrebbe dovuto anche godere del fattore sorpresa - invero speranza proprio eccessiva - si svolse con desolante lentezza "frustrando effetti sorpresa inversione piano", come lamentò Graziani 109 • In realtà le cose non erano affatto semplici. Un'avanzaté:l non fortemente ostacolata dal nemico può aver luogo velocemente a condizione che la situazione di partenza sia ordinata. Invece abbiamo visto tentennamenti di intenzioni operative e quindi una successione di ordini contraddittori, passaggi di dipendenze di unità con conseguenti difficoltà che potevano essere evitate con una iniziale maggior chiarezza di idee, organizzazione poco accurata con· ripercussioni sensibili nell'approntamento delle unità di formazione. Si pensi che alle 20 del 14 il gen. Maletti telegrafava al Comando d'armata di disporre soltanto di un battaglione, due gruppi di artiglieria incompleti e qualche re-


Schizzo n. 7 L'AVANZATA SU SIDI EL BARRANI

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parto minore e pregando di "considerare questa anormale situazione" 110• Ed è altresì da rimarcare come l'organizzazione di comando apparisse piuttosto opinabile. Bergonzoli aveva un compito da assolvere con due distinti blocchi .di forze: uno, motocorazzato, doveva correre su Sidi el-Barrani sotto la sua personale guida; l'altro, appiedato, doveva restare sul ciglione a protezione dei passi e, implicitamente, di Bardia. Di conseguenza, mentre quest'ultimo avrebbe finito per trovarsi avulso dalla manovra, il primo sarebbe stato in strettissimo contatto con le divisioni libiche che peraltro dipendevano dall'armata e con le quali, perciò, il coordinamento ·non sarebbe mai stato tempestivo. ·si poteva, forse, preferire il passaggio momentaneo della Marmarica e della Cirene alle dipendenze dell'armata, affidando a Bergonzoli l'intero complesso di forze per l'operazione: 23 marzo, raggruppamento Maletti, raggruppamento carri, 1a e 2 a libica. Ad ogni modo, il gen. Bergonzoli, ricevuti alle 6,30 del 1S gli ordini dell'armata, convocò all'Halfaya i comandanti in sottordine ed impartì subito disposizioni verbali per l'attuazione del movimento. Intendeva procedere a cavallo delle due direttrici, litoranea e pista Bir el-Gib, ma non potendo schierare la 23 marzo ed il raggruppamento Maletti per ala, a causa del ritardo di quest'ultimo (tutt'ora incompleto), adottò un dispositivo per linea, articolando la divisione camicie nere in due colonne. A destra (console generale Olivas) la 233 3 legione cc.nn. ed il 1° raggruppamento carri, il quale doveva seguire l'avanzata della legione spostato verso il fianco esposto 111 • A sinistra (luog. generale Antonelli) la 219a legione cc.nn. e l'artiglieria divisionale. Seguivano il Comando del XXIII corpo e le truppe di corpo d'armata. Il raggruppamento Maletti, al suo arrivo, doveva prendere posto dietro la colonna di sinistra. Incontrando resistenza la colonna arrestata avrebbe impegnato frontalmente il nemico, sviluppando forte azione di fuoco; l'altra colonna avrebbe avvolto il fianco dell'avversario per cadere sul suo tergo. Lo spostamento dalle posizioni di Sollum e di Halfaya fu lento, laborioso e penoso. Da parte britannica così furono descritte le difficoltà: "(...) specialmente durante la discesa dalla scarpata, gli italiani subirono forti perdite. E man mano che essi avanzavano pesantemente, lungo le strade a zig zag che discendevano dalla scarpata, venivano a trovarsi a distanza di tiro dei nostri artiglieri, che potevano vedere i loro autocarri saltare in aria quando i proietti li raggiungevano. La discesa lungo le due piste che scendevano dalla scarpata ha


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dovuto rappresentare per gli Italiani un periodo di orrore, dato che, prima di ritirarci, le avevamo minate, rendendole pure pericolose con altri mezzi, mentre, dal canto loro, la R.A.F. e l'artiglieria le mantenevano sotto costante tiro. Allorché le mine esplodevano, le truppe italiane erano costrette a smontare dagli autocarri immobilizzati e scendere a piedi lungo il tratto pericoloso, il che produceva congestione e confusione. E man mano che gli Italiani faticosamente proseguivano in queste condizioni venivano a tiro della nostra artiglieria" 112 .

Il fondo della pista dell'Halfaya, in particolare, era tutto scalini e salti, la pendenza ripidissima. A ciò si assommava l'intasamento prodotto dai reparti di coda delle antistanti divisioni libiche, anch'esse in movimento, e le difficoltà, per gli automezzi, di uscire fuori pista senza correre il rischio di rimanere insabbiati. Lo scavalcamento delle libiche ebbe luogo, infine, tra le 10,30 e le 11,30 sulla linea Bir Tishdida-Bir el Gib, ma le condizioni stradali persistevano pessime. Non solo gli inglesi avevano proceduto a numerose interruzioni, ma avevano letteralmente devastato la grande arteria costiera e, per aggiungere difficoltà ai lavori di riattamento, disseminato mine nelle macerie risultanti dalle distruzioni. I primi autocarri transitavano senza molte difficoltà, ma i successivi, stracarichi di truppe e di armi; affondavano nel piano stradale. I sopravvenienti, ritenendo il terreno laterale sufficientemente solido, vi si arrischiavano; si trattava però di sebca pantanosa (stagno costiero) o duna sabbiosa a cordoni ciottolosi, ed essi rimanevano uno dopo l'altro impantanati o insabbiati fino agli assali. Inevitabilmente, era un succedersi di imbottigliamenti e di arresti, cui si aggiungevano le soste provocate dal fuoco avversario di batterie molto mobili concentrato specialmente sulla colonna di sinistra. La sera del 15 le due colonne di Bergonzoli si arrestavano ad una diecina·di chilometri oltre Bug Bug. Le truppe di testa avevano percorso una trentina di chilometri; ne rimanevano altrettanti sino a Sidi el-Barrani. La 23 marzo, l'unica grande unità interamente motorizzata (450 automezzi), stava risentendo - come qualunque altro reparto in quelle circostanze - delle carenze addestrative nel campo del movimento e dell'impiego tattico. Essa - scrisse Bergonzoli nella sua relazione - "si è affacciata alla battaglia non come unità autoportata ma come truppa c'aricata alla meglio che al massimo sapeva sali.re e scendere dagli automezzi". Berti ordinò la prosecuzione dell'avanzata per l'alba del giorno seguente: Bergonzoli in testa, senza attendere gli elementi di Maletti anco& indietro, Gallina in seconda schiera


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con le divisioni. libiche. Il mattino del 16 Graziani, che aveva visto svanire lo sperato raggiungimento dell'obiettivo entro la sera precedente, "diffidando ormai bene a ragione dello slàncio dell'Ecc. Berti, prendo decisamente in mano la direzione del movimento" 114 e dette inizio ad un bombardamento di ordini e sollecitazioni all'armata. Bergonzoli si era mòsso alle prime luci dell'alba. Aveva anche costituito un piccolo gruppo celere con motociclisti, pezzi da 47 e da 65 per sfruttare qualsiasi occasione favorevole ma il provvedimento si dimostrerà inutile perché, chiuso dagli ingorghi stradali, il gruppo tattico seguirà semplicemente la colonna di sinistra. Questa fu la prima ad essere impegnata: un tiro di artiglieria preciso, rapido, centrato ne rallentò a più riprese il movimento costringendola a procedere appiedata per alcuni tratti. Bergonzoli, che dalla squadriglia di osservazione aerea, aveva ·notizie abbastanza dettagliate sulle unità inglesi di artiglieria è blindate che gli si opponevano, raggiunse il luog.gen. Antonelli verso le 10,30 e "ammiro i nostri che accostando un po' verso il mare, avanzano ugualmente - scrisse nella relazione - anche l'artiglieria nemica, che appare impiegata in modo superbo" 115 , poi, visti sopraggiungere elementi autocarrati di Maletti, ordinò ad Antonelli di riprendere il movimento forzando il passaggio e si diresse verso la colonna di destra. Poco dopo, verso le 13, sopraggiunse in volo il col. Sorrentino. Era latore di un messaggio di Graziani per Bergonzoli: "Divisione corazzata si ritira da Bir Enba verso est et da Bir el-Dam verso Nezuet el-Matamir. Pertanto non avete dinanzi che pochi elementi retroguardia. Attaccateli decisamente subito e travolgeteli. Sidi el-Barrani deve essere occupata fra pochissime ore" 11 6. Sorrentino mostrò. il dispaccio ad Antonelli inducendolo a ripartire. Nello stesso tempo la colonna di destra, che tendeva ad oriente di Sidi el-Barrani, dopo una marcia relativamente lenta a causa del terreno sabbioso e di una larga deviazione verso sud compiuta per sottrarsi ai tiri avversari, arrivata verso le 13 in prossimità dell'abitato, fece sentire il peso della sua minaccia costringendo gli ultimi reparti britannici e ripiegare in fretta. Alle 13,30 tutto il dispositivo era in movimento verso est ed alle 14,45 la colonna Antonelli entrava in Sidi el-Barrani, indisturbata 117 , mentre la colonna Olivas raggiungeva la litoranea a quattro o cinque chilometri ad oriente dell'abitato. La sera del 16 la dislocazione italiana era la seguente: ad estsudest di Sidi el-Barrani la 23 marzo con tutta l'artiglieria del


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XXIII corpo ed il raggruppamento carri; ad ovest dell'abitato un'aliquota del raggruppamento Maletti; ancor più ad occidente le altre truppe. Durante la notte però la 1 a libica entrava in Sidi elBarrani, la 2 a si portava nella zona di Alam el-Tummar, a sud della 23 marzo, ed i reparti di Maletti rimasti indietro si ricongiungevano con il Comando del raggruppamento. Nei due giorni seguenti Bergonzoli mise in atto una serie di ricognizioni armate per raccogliere notizie sull'avversario, controllare la zona e constatarne le possibilità logistiche. Una colonna con lo stesso Bergonzoli si spinse il 17 sino ad el-Maktila: nessuna resistenza, qualche pattuglia di autoblindo prontamente ripiegatasi, numerosi piccoli depositi di viveri e carburanti più o meno intatti abbandonati, qualche automezzo distrutto: i segni di una ritirata. Il 18 tre colonne si spinsero ad una trentina di chilometri verso est sino all'altezza di Alam el-Samm, verso sudest e verso sud senza trovare traccia dell'avversario. L'avanzata su Sidi el-Barrani era conclusa (schizzo n. 8). Le perdite subite in tutto il per iodo dal 13 al 18 settembre am: montarono a 120 morti e 410 feriti, un terzo dei quali libici 118 • Molti gli automezzi in avaria più per il logorio subito in quell'ambiente naturale che per effetto dell'offesa nemica. La sa squadra aerea perse sei apparecchi, due dei quali per incidenti vari. Le perdite bri· tanniche denunciate da Wavell furono "inferiori ai 50 uomini con un modesto numero di veicoli" 119 • Giova però sottolineare che quelle nostre riguardarono tutte le grandi unità ad oriente di Bardia, quelle inglesi probabilmente interessarono soltanto le truppe che combatterono tra la frontiera e Sidi el-Barrani ..Alcuni giorni dopo Graziani inviò al Comando Supremo una relazione sull'avanzata 120 • In essa si lasciò trasportare dall'euforia del momento: cadde nella retorica e perse il senso della misura. . Qualche osservazione. Sul disegno di manovra c'è poco da dire, giacché di fronte alla decisione inglese di ripiegare su Marsa .Matruh evidentemente esso non venne messo alla prova. Il dispositivo in un certo senso sfugge alla critica: su di esso non pesò la resistenza inglese bensì lo scarso addestramento e le difficoltà ambientali; subì infatti modifiche sin dalla partenza proprio in funzione di tali cause negative. Quanto allo svolgimento dell'azione, esso risentì gravemente del mal risolto problema dell'autotrasporto e di una condotta troppo esitant e ed insicura. I reparti furono autocariati nell'imminenza dell'impiego senza aver fatto in precedenza alcuna esercitazione che consentisse loro di acquisire qualche nozione di tecnica del mo'vimento in auto~olonna e di tattica di unità motoriz-


Schizzo n. 8 L'AVANZATA SU SIDI EL BARRANI VISIONE D'INSIEME DELLE OPERAZIONI (13-16 settembre 1940)


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zate. Gli autieri, racimolati un po' dappertutto, giunti nei giorni immediatamente precedenti l'offensiva, non potevano sentirsi legati al reparto. Non ebbero il benché minimo addestramento al combattimento e tanto meno una conveniente educazione morale. Rimasero quel che erano: autisti più o meno capaci, non soldati; e alla prova del fuoco manifestarono la loro impreparazione. Ne derivarono arresti ingiustificati, errori di direzione, ritardi a riprendere il posto nell'autocolonna ed a rimettersi nella giusta direzione . La ripresa del movimento dopo l'appiedamento conseguente all'offesa nemica era sempre oltremodo laboriosa. Gli automezzi, poi, affluiti anc.h'essi all'ultimo momento, provenienti da enti diversi, dei tipi più svariati, taluni poco adatti a procedere in terreni dunosi, altri già logori pe r precedente lavoro, accusarono rilevanti carenze fin dalle prime battute di un compito duro. Bergonzoli mise tutto ciò in evidenza nella propria r elazione, _c hiedendo per l'avvenire automezzi migliori, autieri appartenenti ai reparti d'impiego o almeno legati ad essi da vita in comune oppure autoreparti organici. In ogni caso - sc risse - era da escludere il sistema adottato per raggiungere Sidi el-Barrani: l'improvvisazione delle autocolonne. Sulla condotta pesarono l'insufficienza dei collegamenti radio, le difficoltà di far recapitare ordini da staffette, specie di notte, ad unità dislocate in zone imprecisate, attraverso territorio di recente occupazione e non completamente sicuro. Ma accanto a questi inconvenienti di natura operativa, bisogna porre le incertezze e le indecisioni di comand anti di fronte alla reazione nemica. Berti aveva tre elementi determinanti ai fini della buona riuscita dell'impresa: il raggruppamento Maletti 12 1, la D.cc.nn. 23 marzo ed il 1° raggruppamento carri. Erano determinanti perché uniche unità in grado di spostarsi rapidamente. Il primo risultò in pratica avulso dall'azione ancor prima di superare la frontiera a cagione di un insieme di incidenti che potevano essere evitati; la seconda procedette stentatamente, priva com'era di mentalità motorizzata e di preparazione specifica; il terzo fu impiegato a protezione della fanteria piuttosto che come elemento di rottura o, almeno, di man ovra. Wavell osservò che solo in una circostanza, il 16 settembre, il Comando italiano cercò di impiegar e i carri per avvolgere la retroguardia britannica "ma anche in questa occasione la loro esitazione fece naufragare il tentativo". L'artiglieria mostrò invece assai più spiccata capacità di adattamento: dotata di trattori all'ultimo momento e di trattoristi improvvisati, trovatasi per la prima volta ad assolvere il compito di


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appoggiare e proteggere unità motorizzate in un terreno assai difficile per l'osservazione del tiro, essa "venne impiegata in modo audace, persino davanti alle truppe di testa" 122 • Si è accennato in precedenza ad un impiego non corretto delle formazioni aeree. Il rilievo deve essere esteso anche all'avanzata su Sidi el-Barrani. Mancava, è giusto ammetterlo, nella maggior parte dei capi la preparazione psicologica alla normalità di un attacco aereo; di conseguenza mancava l'abitudine, l'addestramento al mascheramento, al diradamento, alla reazione contro l'offesa dal cielo. All'assenza di un atteggiamento consapevole, che sarebbe dovuto esser pressoché istintivo, corrispondeva l'ossessione dell'aviazione nemica e contro di essa sembrava ritenersi unica difesa la presenza costante di quella amica. Oiventò inevitabile, dato questo stato d'animo e date le reali difficoltà nel combattimento meccanizzato, una valutazione non sempre equilibrata delle richieste d'intervento alle nostre unità aeree. Ed altrettanto inevitabile fu che l'usura della sa squadra aerea non trovò adeguato compenso nei risultati conseguiti, risultati che sarebbero stati raggiunti con minor dispendio di energie umane e logorio d'apparecchi. Il 13 settembre il gen. Porro scrisse al gen. Pricolo: "(...) Abituati, tutti questi vecchi coloniali, a non avere aviazione sulla testa, non ammettono che possano essere offesi e vogliono la protezione dall'alba al tramonto. Siccome non si possono mandare piccole formazioni (ieri un pattuglione di caccia inglesi, che stavano lontani per impedire al nostro bombardamento di andare sulle retrovie, era composto di 40 apparecchi), così le nostre crociere non possono essere che 3 o 4 al giorno, e negli intervalli sono dolori. Qualunque intercettazione arrivi, si rìchiedono ondate su ondate. Se io aderissi a tutte le richieste ed ordini, non avrei ormai più un apparecchio. L'aviazione è la testa di turco sulla quale si vuole scaricare la responsabilità di qualsiasi avvenimento sfavorevole e che paga gli errori dei Comandi a terra. Questa notte il Maresciallo mi ha fatto carico che la colonna Maletti è stata bombardata e mitragliata. Il Maletti non aveva voluto portare con sé il gruppo di artiglieria e.a.; ha sostato molto addossato e non decentrato. Ma la colpa è tutta dell'aviazione! Oggi giornata di battaglia: a stare a Berti, avrei dovuto con l'assalto mitragliare e spezzonare 16 bersagli e con il bombardamento 8 obiettivi e poi dovrei mandare ondate su ondate a Marsa Matruh, ove ora c'è sempre la caccia in crociera. Le richieste sono assillanti ed asfissianti. Io cerco di resistere e parlo chiaro con tutti, ma senza riuscire a convincere; o, se giungono


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a volte ad ammettere giusti i nostri principi e le mie proteste, al primo allarme dimenticano tutto, chiedono, pretendono, insi stono ( ... )" 123.

L'altra campana, la relazione Bergonzoli, suona naturalmente in senso opposto: "L'azione dell'aviazione, indubbiamente efficace dal punto di vista generale, non è apparsa aderente all'azione del X;Xl/1 corpo d 'armata". Decisamente la cooperazione interforze era ai primi passi. Ammesso tutto ciò - che ovviamente non può ricadere sui reparti - è lecito sottolineare con forza l'inadeguatezza dello strumento operativo a raggiungere un obiettivo di portata risolutiva. La guerra in Africa era guerra di corazzati. Senza di essi e contro di essi il problema diventava irrisolvibile. Il non aver predisposto quanto si poteva realizzare derivò da imprevidenza e limitazione di orizzonte strategico. Per chiudere, occorre parlare ancora dell'azione di comando. L'impegno appassionato di Graziani è innegabile. Dal suo posto comando presso Cirene 124, ben servito da un efficiente sistema delle trasmissioni ed avvalendosi di personale di fiducia - il capo di Stato Maggior e, Tellera; il generale addetto, Miele; il capo ufficio operazioni, col. Sorrentino - egli intervenne, corresse, sollecitò, rimproverò. Non si è sicur i che abbia fatto bene, risultati a parte. Un comandante d'armata, quale era Berti, aveva l'assoluto diritto di ricevere compito, obiettivo e forze da impiegare; il resto era affar suo e naturalmente avrebbe risposto degli errori eventualmente commessi. Il rispetto delle prerogative gerarchiche era saltato. L'esame degli indirizzi c ui furono rivolti gli ordini dal 9 al 16 settembre mostra non soltanto un'eccessiva fluidità delle dipendenze, ma soprattutto come anche Bertf si lasciasse indurre a scavalcare i livelli intermedi, specificando la parte da assegnare alle singole divisioni. Neppure è da tacere il fatto che il Comando del XXI corpo, incaricato dell'avanzata su Sidi el-Barrani, il 28 agosto sia stato pressoché inopinatamente sostituito da quello del XXIII corpo, il quale ne ereditò le divisioni. La preferenza data alla persona di Bergonzoli è evidente quanto poco giustificata dalle circostanze. Il Comando del XXI corpo si trasferi nelle retrovie, a disposizione, e il gen. Dalmazzo venne sostituito nell'incarico dal gen. Spatocco, già comandante della divisione Cirene. Solo a fine novembre il Comando del XXI corpo ·d'armata ritornerà in prima schiera prendendo la vecchia Cirene e la nuova Catanzaro. •


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Da parte britannica si verificò una curiosa divergenza di opinioni che si risolse in un sano spirito d'iniziativa. È il caso di porre a confronto le direttive diramate da Churchill il 16 agosto 125, che appunto riflettevano le preoccupazioni per l'attesa invasione "su vasta scala" dell'Egitto, con la decisione di Wavell sul campo di battaglia. Evidentemente le direttive si basavano su rapporti di forze che si presumeva potessero mutare soltanto nella seconda metà di settembre. Perciò sollecitavano lo spostamento nella regione del delta del maggior numero di truppe dalla Palestina (una brigata inglese, una australiana ed una polacca), il recupero di alcuni battaglioni britannici impiegati sul Nilo e sul canale con compiti di polizia a profitto della guarnigione di Marsa Matruh, l'arrivo di nuove unità dalla Gran Bretagna (una brigata corazzata, un centinaio di pezzi di vario tipo), dall'Africa orientale (parte della Union Brigade) e dall'India (una seconda divisione indiana e tre batterie). Quanto al disegno operativo, Churchill intendeva guadagnare tempo ed attendere gli italiani sulla posizione difensiva organizz"ta all'altezza di Alessandria, ove l'intero esercito del Nilo avrebbe dato battaglia. A maggior ragione, quindi, non pensava di impegnare nel deserto occidentale egiziano le truppe disponibili prima del completo arrivo dei rinforzi. Unica eccezione al ripiegamento delle unità della Western Desert Force era la guarnigione di Marsa Matruh, che doveva restare in posto per consentire azioni contro la lunga linea di comunicazioni italiana. Wavell, convocato a Londra i primi di agosto, aveva manifestato ai capi di Stato Maggiore il suo pensiero sulla situazione in Africa settentrionale. Se l'attacco italiano fosse stato condotto in forze e con truppe tedesche corazzate, la Western Desert Force avrebbe dovuto effettuare un ripiegamento di una certa entità. Al momento non esistevano indizi di arrivo di tedeschi, ma data la carenza di informazioni sulle formazioni nemiche era teoricamente possibile che er,tro certi limiti tale afflusso venisse mascherato. Riteneva che la massa italiana, non più di quattro-cinque divisioni di fanteria, sarebbe avanzata su un fronte di un'ottantina di chilometri, trascurando la direttrice costiera e tendendo ad aggirare da sud il campo trincerato di Marsa Matruh. A suo avviso le difficoltà logistiche potevano essere superate, in buona parte almeno, grazie alla superiorità aerea, il cui contributo era stimato rilevante: si ipotizzavano disponibili 300-400 bombardieri, 300 caccia e 200 aerei da trasporto. Naturalmente il rinforzo di cui Wavell aveva più urgente bisogno riguardava i carri armati. Erano già disponibili 50 Matilda, ma esisteva incertezza se in-


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viarli attraverso il Mediterraneo o se trasportarli lungo la rotta del Capo di Buona Speranza. La prima soluzione, caldeggiata da Churchill, tendeva ad utilizzare l'operazione Ha ts, programmata per la consegna di rifornimenti a Malta e in Egitto, aggiungendo al convoglio quattro navi veloci per il trasporto dei mezzi corazzati, però presentava il r ischio di perdere materiale preziosissimo e di esporre a gravi danni le due formazioni navali, la Forza H e la Mediterranean Fleet, che dovevano consentire l'operazione. La seconda offriva più sicurezza, ma anche il pericolo di arrivare troppo tardi. Wavell, interpellato, si pronunciò per quest'ultima soluzione: nessuna offensiva di rilievo poteva essere effettuata contro il Sudan prima del termine delle grandi piogge di ottobre e se gli italiani avessero attaccato dalla Libia egli avrebbe impiegato la 7a D.cor. con maggior spregiudicatezza ed elasticità, attendendo i sicuri rinforzi. La decisione finale fu differita al 26 agosto, quando tutta la spedizione fosse giunta a Gibilterra. Poiché il 25 tutti i tre comandanti in capo del Medio Oriente riferirono che non esistevano indizi di un'imminente offensiva di Graziani, il convoglio con i carri, che adesso ammontavano ad un'intera brigata su tre battaglioni, fu avviato verso il Capo sotto la scorta degli incrociatori York e Ajax, destinati arimanere in Egitto agli ordini di Cunningham. In tema poi d'aviazione, la Gran Bretagna, considerando le difficoltà di costituire rapidamente nuovi gruppi (carenza di personale addestrato e di apparecchi), aveva deciso di dotare anzitutto di apparecchi moderni i gruppi esistenti in Medio Oriente. Era stato dunque concretato un programma a breve scadenza che avrebbe consentito l'ammodernamento entro settembre di cinque gruppi di bombardieri medi, tre di caccia, uno di bombardieri o da trasporto per un totale di 84 Blenheim IV, 60 Hurricane, 12 Wellington. Inoltre 24 Hurricane erano destinati all'aviazione sudafricana e 150 bombardieri Glenn Martin, tratti da una precedente ordinazione francese agli Stati Uniti, dovevano essere divisi fra Medio Oriente e Sudafrica. Quando le truppe della 10a armata iniziarono l'avanzata su Sidi el-Barrani, Wavell, che intanto si era formato un'idea assai più precisa sulle dimensioni del pericolo incombente, stabilì di limitare la ritirata a Marsa Matruh. Cosicché il gen. O'Connor lasciò ad uno scaglione ritardatore il contrasto mobile delle colonne avversarie, predisponendo davanti al campo trincerato una battaglia difensiva nella quale i suoi carri per quanto ridotti di numero avrebbero avuto buon gioco prima dei pochi carri M 11 italiani (i carri leggeri non meritano neanche di esser pr~i in considerazione) e poi delle fante-


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

rie a piedi. In sostanza O'Connor giocò egregiamente i suoi atouts - pochi ma buoni - tuttavia non sembra si possa sostenere che abbia dovuto assolvere un compito proibitivo: doveva rifiutare lo scontro sino a Marsa Matruh e non lasciarsi agganciare; vi riuscì benissimo, anche perché Graziani non aveva la minima intenzione di arrivare a Marsa Matruh.

4.

LA SOSTA A SIDI EL BARRANI.

Appena raggiunto l'obiettivo, Graziani si affrettò a comunicare al Comando Supremo che l'occupazione di Sidi el-Barrani segnava il limite massimo del primo sbalzo per un complesso di motivi: i mezzi richiesti non erano ancora giunti se non in parte; le truppe, specialmente le divisioni libiche, avevano assoluto bisogno di riordinarsi; il flusso dei rifornimenti doveva essere avviato in modo regolare giacché nulla esisteva in zona, nemme no l'acqua a causa dell'interramento dei pozzi operato dagli inglesi. Questo comportava in primo luogo la sistemazione stradale da Sollum e Sidi elBarrani, essendo la pista preesistente ridotta in condizioni proibitive. Iniziò così un nuovo lungo periodo di sos.ta, punteggiato, nella poca chiarezza di rapporti fra Roma e Cirene, da tentennamenti, ordini ed esitazioni. Certo il problema logistico si era aggravato. Non vi é dubbio che tra i due contendenti, era l'italiano quello nei cui confronti il deserto conservava tuttora le sue pesanti e condizionanti remore. Purtroppo bisogna anche ammettere che i rifornimenti per l'Africa settentrionale non beneficiarono di un'organizzazione di partenza all'altezza del momento e che i risultati non corrisposero alla buona volontà. A parte la questione di Malta, difettò al vertice una conveniente capacità previsionale. Il mancato tempestivo potenziamento dei porti libici, in special modo Tobruk 126, costituì un errore pagato caro, cosi come accadrà per Valona e Durazzo. Anche nelle spedizioni si riscontrarono inconvenienti inaccettabili. Verso la fi. ne di.giugno Balbo chiese l'intervento di Badoglio perchè all'arrivo di 74 cannoni da 47/32, tanto attesi, si era riscontrato che 18 di essi non potevano essere montati per non corrispondenza dei numeri di matricola fra le varie parti dei compl_essi e che, per giunta, mancavano 49 strumenti di puntamento. In definitiva i pezzi utilizzabili si riducevano a 25: un terzo di quelli arrivati. Ancora: alla ricezione di una partita di proiettili perforanti da 20 mm, si era constatato che


LE PRIME OPERAZIONI

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nessuno di essi era perforante e che, in cambio, c'era un'aliquota di perforanti da 65 non richiesti. Si può ancora citare la spedizione di stazioni radio senza pile, colombaie senza colombi, ecc. Naturalmente disguidi del genere sono purtroppo abbastanza normali in guerra, sotto tutte le latitudini, ma in questo caso il rimarco assume rilevanza perché le spedizioni concernevano quantitativi assai limitati di materiali. Infatti lo Stato Maggiore dell'Esercito intervenne subito presso le Direzioni Generali, anche se "forse un tono più vivace non sarebbe stato inopportuno", come commentò il capo di gabinetto del ministero della guerra nell'appunto col quale dette notizia a Soddu della circolare di Roatta. Il primo movimento offensivo aveva immediatamente messo alla prova l'impianto logistico in Africa. Tripoli era il principale porto di sbarco; da esso venivano alimentate via mare le basi di Bengasi, Derna, Tobruk e (con motovelieri) Bardia, costituenti in pratica anelli della catena logistica oltre che sostegno delle .unità viciniori. Da Bengasi era in atto anche un flusso di rifornimenti e sgomberi via terra. Da Tobruk in avanti l'organizzazione era in mano ad un delegato intendente, che dalla fine di agosto cominciò ad incrementare al massimo il centro logistico di Bardia ed a costituire un centro avanzato alla ridotta Capuzzo. Grosso modo, dunque, la parte più pesante dell'apparato d'Intendenza era a Bengasi e a Derna, quella di media consistenza a Tobruk e ad Ain el-Gazala (centro sussidiario per lo sbarco di carburanti ed esplosivi) e quella avanzata a Bardia e Capuzzo. Lo scaglionamento delle scorte non si tradusse in aliquote determinate; ad ogni modo sono indicativi gli sbarchi a mezzo nave nel periodo 21 agosto-20 settembre: a Tripoli e Bengasi, arrivate dall'Italia ..................................... 40.000 t. caricate ed avviate ai porti orientali .......................................... 30.000 t. a Derna, arrivate da Tripoli e Bengasi ....................................... 10.000 t. a Tobruk, arrivate da Bengasi .................................................... 20.000 t. a Bardia, arrivate da Tobruk ........................................................ 5.000 t.

Alle 25.000 tonnellate scaricate a Tobruk e Bardia occorre aggiungere 21.000 tonnellate inviatevi per via ordinaria. In linea di massima, Bardia ricevette i due terzi di quanto fu mandato alla delegazi,_one d'Intendenza per il sostegno dell'offensiva, si~ in fase ammassamento sia durante l'azione 127 • Questa organizzazione doveva, come si è detto, esser riordinata e sviluppata ed il Comando Supremo concordò su tale necessi~ prospettata subito da ·Graziani, anzi


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precisò che non esistevano "impazienze" circa la ripresa dell'avanzata su Marsa Matruh. Mentre il riassetto della 10 3 armata ai fini della lotta in Egitto preoccupava, e molto, il comandante superiore della Libia, a Roma si guardava alla Tunisia con sempre maggior desiderio, pur se l'incerta situazione interna delle colonie francesi suscitava dubbi sul contegno che le autorità locali avrebbero assunto di fronte ad un'annessione o ad un'occupazione da parte italiana. D'altronde era innegabile il vantaggio che il possesso dei porti tunisini avrebbe arrecato ai trasporti mediterranei, poiché le difficoltà costituite dalla maggior lunghezza del percorso terrestre lungo la costa africana apparivano agevolmente superabili - e progetti in merito erano già stati approntati dallo Stato Maggiore dell'Esercito - inviando in loco, con i primi convogli, un congruo numero di automezzi, raccordando le ferrovi e tunisine con la linea Zuara-Tripoli ed organizzando un servizio di cabotaggio. Esistevano peraltro anche ragioni di genere diverso. L'8 agosto il gen. Marras aveva scritto da Berlino che in un colloquio con Keitel, avuto proprio quel giorno, il capo dell'OKW aveva espresso alcuni apprezzamenti che rappresentavano il pensiero ufficioso della Germania. fo m erito alla Francia aveva alluso al suo evidente doppio gioco: era remissiva nel territorio metropolitano, ma manifestava una sorda ostilità nelle colonie nell'intento di tenere una porta aperta verso la Gran Bretagna, per il caso che essa resistesse. Era anche certo che la Francia in Nordafrica nascondesse forti quantitativi di armi e non si sapeva dove finissero i materiali in arrivo dagli Stati Uniti. Poiché gli eventi nell'Africa settentrionale potevano creare gravi sorprese, specie nel corso di operazioni in Egitto, "la Germania confida che l'Italia eserciti un attivo controllo" in quanto "spetta all'Italia definire questa situazione". Per inciso, il governo italiano doveva ancora stabilire l'entità delle forze francesi da autorizzare per il Nordafrica 128 • In questo ordine di idee il 7 settembre Badoglio dispose che lo Stato Maggiore dell'Esercito esaminasse, per un'eventuale futura azione contro la Tunisia, la rimessa in efficienza della 5 a armata. La questione era in mente Dei, è vero, però ne fu data notizia a Graziani proprio contemporaneamente all'ordine di attaccare verso Sidi el Barrani ed in una forma che certo non teneva conto delle difficoltà lamentate, a torto o a ragione, dal comandante superiore: "Per ogni eventualità intendo al più presto rimettere quinta armata in efficienza. Date incarico a Gariboldi di telegrafare quanto gli occorre" 129 • Il 12 settembre Badoglio decise un ulteriore passo avanti nello


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sviluppo degli studi: lo schieramento per l'emergenza E (Est) doveva essere ultimato per la fine di ottobre, anziché per il 20, in modo da essere in grado di approfittare di uno sconvolgimento interno della Jugoslavia, ritenuto da Mussolini probabile a breve scadenza; l'assetto per l'emergenza G (Gtecia), inteso ad occupare la Ciamuria ed eventualmente Corfù, doveva essere raggiunto entro il mese in corso; l'ipotetica occupazione della Tunisia veniva affidata alla sa armata, il cui completamento sarebbe iniziato dopo la fine di settembre "quando cioé saranno completati i movimenti per la Albania" ed il cui rinforzo con una o più divisioni doveva essere considerato ançhe sotto la forma del diretto sbarco di tali grandi unità in Tunisia. I piani dovevano essere redatti sulla base delle previsioni dello Stato Maggiore dell'Esercito, il quale avrebbe altresì curato l'emanazione di direttive al Comando Superiore Forze Armate Africa Settentrionale 130 . Sarebbe inutile tornare sulla questione della dispersione degli sforzi invece di concentrare ogni possibilità sullo scacchiere libico-egiziano, se non mettesse conto di rimarcare come Badoglio si premurasse di indicare l'inizio del completamento della sa armata al termine delle esigenze dell'Albania, anziché assumere come punto di riferimento la sorte dell'offensiva verso Marsa Matruh. Questo sembra indice non di incuria verso l'unico teatro di operazioni attivo - il che sarebbe semplicemente assurdo a pensarsi - bensì di un modo di considerare gli eventi che pare caratteristico del momento storico attraversato dall'Italia: qualcosa fra l'obbedienza passiva a Mussolini e la fatalistica rassegnazione al destino. Lo stesso Graziani, che adesso in Africa si dibatteva in angustie, non può dirsi esente da critica al riguardo. Il 25 settembre Badoglio convocò nuovamente i capi di Stato Maggiore per soffermarsi a lungo sulla situazione nel Mediterraneo e, più precisamente, sull'eventualità che la Gran Bretagna, di fronte alla possibile azione ispano-tedesca contro Gibilterra, cercasse di crearsi qualche altra base nel Mediterraneo occidentale: la Corsica o Biserta. Non che fos se stata valutata la concreta possibilità inglese di un'impresa del genere e ritenuta realistica, ma evidentemente la mancata occupazione delle due basi pesava in molti sensi all'Italia. Era perciò il caso di studiarne i lineamenti per attuarla quando politicamente conveniente o strategicamente necessario. Per la Corsica esistevano già progetti, perciò si trattava semplicemente di calcolare il tempo occorrente per requisire i natanti mercantili ulteriormente abbiso1nevoli. Per Biserta era da scartare l'idea di procedere dalla Tripolitania perché il computo dei mate-


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riali e mezzi richiesti per rimettere a posto la sa armata era allarmante: il ripristino in efficienza della grande unità comportava un lasso di tempo di tre mesi. Restava l'alternativa di uno sbarco con truppe dislocate in Sicilia. Probabilmente non vi sarebbe stata resistenza, sia perché le fortificazioni della città erano in corso di smantellamento, sia perché nella dosatura della forza autorizzata dalla commissione d'armistizio la Tunisia doveva avere la percentuale minore, comunque era bene studiare attentamente l'operazione. Quanto allo scacchiere libico-egiziano, Badoglio vedeva la seguente linea programmatica, previo accordo con la Germania: azione su Gibilterra per togliere quell'appoggio alla flotta inglese; un'ulteriore nostra avanzata nella Marmarica per avvicinarci al porto di Alessandria, verso Marsa Matruh e forse ancor più ad oriente; un intervento delle due aviazioni, italiana e tedesca, dalla Marmarica su Alessandria per rendere intenibile quel porto. Se noi rendiamo impossibile la vita nel porto di Alessandria, diceva Badoglio, probabilmente la flotta britannica non sarebbe più potuta rimanere nel Mediterraneo, per contro avrebbe dovuto attraversare il canale di Suez, e, di conseguenza, l'Egitto sarebbe stato abbandonato. Alla luce di queste considerazioni, Roatta doveva "prendere visione con tutta calma" dell'appena giunto telegramma di Graziani sulle necessità inerenti l'organizzazione della nuova fase operativa 131 e "vedere quello che possiamo fare per mettere Grazia. ni nelle migliori condizioni, come abbiamo sempre fatto [!]". Poi accennò all'aiuto della Germania: "I tedeschi hanno offerto due divisioni corazzate. Roatta, che ha studiato subito la questione, ha visto che per il trasporto di una sola divisione corazzata occorreranno tre mesi. Noi dobbiamo tener presente che abbiamo a dovizia uomini e che questi uomini in Africa sono superiori ai soldati tedeschi. Quindi, se io dovrò trattare la questione 132, tratterò per la cessione prevalentemente di materiali e non di uomini. Invece non posso dire: datemi i vostri apparecchi da affidare ai nostri: non ce li darebbero mai. Per l'aviazione quindi si tratterà probabilmente di reparti organici" 133•

Decisamente mancava una moderna concezione dell'arma corazzata. Prescindendo dall'inopportuno confronto dell'elemento ,soldato, è vero che, disponendo la 10a annata di uomini in abbondanza, appariva razionale, oltre che umanamente comprensibile,


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chiedere solo il materiale, tuttavia in queste circostanze, in cui bisognava lottare non soltanto contro il nemico ma anche contro il tempo, non erano tenute in alcun conto tre gravi deficienze italiane. I carristi ed i bersaglieri non erano singolarmente preparati all'impiego tecnico e tattico di carri medi e semicingolati di produzione straniera - per inciso, era anche molto discutibile l'adeguatezza dell'addestramento ricevuto per gli M 11 e gli M 13 - specialmente se relativamente sofisticati; i comandanti ed i reparti non possedevano l'esperienza bellica specifica dei tedeschi; i comandanti, infine, si basavano su una dottrina d'impiego tiepida e sostanzialmente di appoggio alla fanteria: troppo poco per la guerra nel deserto! Erà la prima volta che Badoglio tratteggiava un piano di guerra offensivo, però il concetto strategico risultava a metà strada fra l'abbozzo ed il dubbio. L'idea di raggiungere Marsa Matruh, o sopravanzarla di poco, per annuflare la base di Alessandria con le aviazioni congiunte dell'Asse farebbe pensare ad una rinuncia all'obiettivo del canale, ma francamente il pensiero di conseguire lo scopo finale nel modo anzidetto appare così privo di solide basi da indurre a ritenere che forse Badoglio sperava non fosse necessario allungare tanto il braccio dell'offensiva e quindi non si rendesse indispensabile il concorso terrestre dei tedeschi. Del resto, in quel periodo anche Hitler - la cui attenzione si stava spostando verso l'U.R.S.S. - sembrava accontentarsi di migliorare semplicemente la posizione italiana in Egitto pur senza puntare al canale. Chi riteneva necessario giungervi era Graziani, comunque più o meno a tutti era ormai chiaro che soltanto arrivando al canale di Suez si sarebbe risolta la lotta in Nordafrica. Neppure adesso però venne concretamente pianificata un'operazione del genere con la determinazione dei mezzi occorrenti, con una programmazione ad ampio respiro, con la definizione di tempi successivi, con la partecipazione delle tre forze armate in armonica esecuzione di sforzi. Forse tutti arretravano di fronte ad un'impresa che appariva fuori della nostra portata, sembrava chiedere troppo tempo nei preparativi ed esigeva materiali non disponibili. Se questa supposizione è esatta, occorre dire che mancarono carattere e foria di volontà. I tre citati deterrenti, infatti, non reggono. In fondo anche da parte del Comando Supremo il canale era stato accettato come punto di arrivo e, per converso, non esisteva alternativa se non la difesa passiva in Cirenaica in attesa ... che gli inglesi decidessero di attaccare. il tempo, poi, stava passando come se scorresse a nostro favore: in pratica solo a Sidi el-Barranf, dopo 150 chilometri di avanzata, il


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Comando Superiore A.S. iniziò lo studio di quanto sarebbe occorso per raggiungere Marsa Matruh. È difficile accettare la tesi che nei due mesi precedenti non fossero possibili la valutazione dei fabbisogni, tanto più che erano riferiti ad un obiettivo territoriale, e l'ammassamento di quanto reperibile in Italia ed in Libia. Basti por mente al fatto che era stata lasciata cadere l'occasione di spedire in Nordafrica forti quantitativi di materiali, approfittando della disponibilità di naviglio mercantile e della assai limitata attività offensiva della Mediterranean Fleet. Quello dei rifornimenti oltremare era un grave e ponderoso problema. La potenzialità dei porti africani riconosciuta negli studi effettuati dall'u fficio piani dello Stato Maggiore della Marina consentiva l'afflusso e lo scarico contemporaneo: a Tripoli di cinque navi da carico e quattro per trasporto truppe, a Bengasi ed a Tobruk di tre navi da carico e due per trasporto truppe, con una capacità di sbarco di 1.000 uomini all'ora e di scarico di 2.000 tonnellate. al giorno a Tripoli, circa la metà a Bengasi e meno ancora a Tobruk. Tali capacità, effettive in tempo di pace, non corrisposero più alle circostanze di fatto in guerra a causa degli inevitabili bombardamenti aerei e navali, tanto che a metà 1941 le possibilità di Tripoli si ridurranno del 50%. A Bengasi, poi, per buona parte del 1940 e quasi tutto il 1941 non fu ritenuto conveniente inviare convogli formati da piroscafi di grossa mole per carenze portuali 134 • Nei mesi di luglio, agosto e settembre 1940 lo scarico nei porti libici superò di poco le 50.000 tonnellate mensili, laddove, anche senza grossi lavori portuali, si sarebbero potute raggiungere le 70-80.000 tonnellate. Anche le incertezze nella .costituzione dei convogli ebbero il lor o peso, pur se relativo poiché la strozzatura nel flusso dei rifornimenti si verificava ai porti di scarico. Comunque, i primi di agosto, ritenendo di aver soddisfatto gran parte delle richieste della Libia(!), il Comando Supremo aveva preso la decisione di rinunciare al sistema dei convogli, comportanti rischi palesi per la R. Mar ina, e di effettuare, di massima, gli invii con coppie di navi sulla rotta Trapani-Capo Bon-rotte costiere della Tunisia-Tripoli-porti della Cirenaica. Ma si trattava anche di organizzazione. Non era solo questione di scaricare rapidamente a vantaggio delle armate. Occorreva soprattutto una regolamentazione del traffico tra madrepa tria e Libia ed evidentemente a questo proposito le responsabilità non erano ben definite. A fine settembre si impose un intervento dall'alto per eliminar e gli inconvenienti ripetutamente segnalati dal Comando


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Superiore A.S. e le dannose ripercussioni che essi avevano sull'afflusso dei rifornimenti. La lentezza nelle operazioni di scarico dei piroscafi, le soste prolungate di navi vuote, la permanenza in porto di unità non strettamente necessarie provocavano un eccessivo congestionamento dei porti africani 135 • Conseguentemente, il Comando Supremo stabilì che fossero di pertinenza dello S.M.R.M. sia la partenza ed il convogliamento dei piroscafi destinati ai rifornimenti in Libia, sia il convogliamento ed il ritorno delle navi in Italia; e che al Comando Superiore A.S. competesse, tramite il Comando Superiore Marina in Libia, il traffico fra i vari porti ed ancoraggi libici 136 • Nel contempo dispose che le navi mercantili in servizio di cabotaggio lungo le coste africane non idonee per tonnellaggio, velocità e consumo venissero sostituite adeguatamente. Senonché, dopo un paio di settimane la situazione fornita dalla Direzione Superiore Trasporti dello--S.M. dell'Esercito stava ad indicare che ancora le cose non andavano come desiderato: nei porti della penisola erano in sosta ben dieci piroscafi carichi, alcuni dei quali sin dal 29 settembre. Badoglio intervenne di nuovo con Graziani, in sostanza per sottolineare una certa mancanza di energia e di cura nell'affrontare e risolvere la questione, Sapendo che l'amm. Turr era stato inviato in Libia proprio per tale problema, concluse piuttosto seccamente: "Credo perciò di dovermi limitare a raccomandare che la risoluzione sia la più rapida possibile(...). Si tratta di definire con tutta urgenza una organizzazione strettamente unitaria che faccia capo al Governatore Generale della Libia, Comandante Superiore delle FF.AA, dell'A,SJ, ed a lui solo" 137,

ed a buon conto il giorno successivo trovò modo di ribadire che il pronto afflusso dei materiali di ogni genere "che qui vi vengono assegnati con la maggiore liberalità possibile e con ogni più amorevole cura" era subordinato all'organizzazione dei trasporti e dei porti. "Problema questo sul quale ho richiamato più volte la vostra attenzi9ne e che vi raccomando ancora una volta di affrontare in pieno e di risolvere adeguatamente" 138• Uno degli inconvenienti maggiori consisteva nello scarico dei piroscafi a Tripoli, con il successivo trasbordo dei materiali su automezzi per il proseguimento del viaggio via ordinaria. Purtroppo sembrava che le difficoltà relative al dirottamento su Bengasi delle navi con carichi destinati alla Cirenaica non fossero facilmentelfiuperabili, Bengasi essendo costante-


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mente tenuta sotto bombardamento aereo e priva di attrezzature portuali superiori alle necessità di tre o quattro navi. In merito ai mezzi occorrenti per un'offensiva decisiva, quelli determinanti erano i carri armati e gli autocarri. Per i primi, il concorso tedesco era in grado di colmare il divario qualitativo esistente fra i carri italiani e quelli britannici ed anzi di rovesciarlo a nostro favore. Per i secondi è noto che si trattava del problema più grosso. Tuttavia è da rimarcare una strana tiepidezza, si direbbe, in Badoglio su questo argomento. Il 25 settembre, proprio il giorno della riunione dei capi di Stato Maggiore, l'ufficio operazioni del Comando Supremo mise in evidenza, in un appunto interno, che per tenere in piedi l'emergenza E la spedizione di autocarri oltremare era stata assai limitata, al punto che lo stesso Graziani - cui la situazione era nota - aveva sempre cercato di ridurre al minimo le proprie richieste. Questo aveva portato al paradosso che dal 10 giugno al 15 settembre erano stati inviati proporzionalmente più autocarri in Albania (945) che in Africa settentrionale (1.031, di cui però 200 bruciati in porto). Adesso sembrava giunto il momento di fornire un immediato e notevole sforzo a favore della Libia. Esistevano in Italia circa 20.000 autocarri 139, di cui almeno 6.000 pesanti regolamentari, del tipo cioé occorrente in Africa. Utilizzando buona parte di essi si poteva fornire a Graziani quanto necessario per arrivare non solo a Marsa Matruh ma anche ad Alessandria e completare la 5a armata in un periodo di tempo inferiore ai tre mesi previsti. Con ciò l'efficienza dell'esercito metropolitano si sarebbe ridotta temporaneamente, ma gli intendimenti generali se~bravano permetterlo. Probabilmente il contemporaneo riordinamento della 10a e della sa armata non si poteva reputare realistico (almeno il 1520% degli autocarri doveva essere considerato inefficiente o in riparazione, ed il raccogliere mezzi e personale in tutta la penisola non era certo cosa semplice) tuttavia il pensiero di Badoglio, quale espresso nella citata riunione di quel mattino e nell'ordine inviato allo Stato Maggiore dell'Esercito lo stesso giorno 140, non sembra proprio riflettere la volontà di imprimere slancio, decisione e celerità alla messa a punto della progettata offensiva in Egitto. Graziani, intanto, era stato convocato a Roma per un orientamento sulla situazione generale e per un esame degli sviluppo da dare alle operazioni. 11.29 mattina si recò da Badoglio, col quale ammise che per metà dicembre sarebbe stato in gradò di riprendere l'offensiva con il sostegno di un apparato logistico sufficiente, ed insieme andarono a palazzo Venezia 141 • Mussolini ascoltò in silen-


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zio l'esposizione di Graziani, poi, con tono piuttosto distaccato, osservò: "Il mese di luglio ci ha dato la Somalia inglese, settembre Sidi elBarrani, ottobre potrà darci Marsa Matruh. Questo ci permetterà di portare avanti la nostra àviazione che sarà allora in grado di spingere il bombardamento su Alessandria. Per se stessa Marsa Matruh non è che un nome, ma quello che interessa è che noi procediamo innanzi. D'altra parte io non mi fisso mai su obiettivi territoriali. Conseguentemente a queste direttive voi potrete riprendere la marcia verso la metà di ottobre" 142.

Badoglio intervenne subito affermando l'impossibilità di organizzarsi in così breve tempo, allora Mussolini chiese il parere del maggiore interessato. "Rispondo - scrisse in seguito Graziani che potrò precisare i termini solo dopo rientrato in sede ed esaminati sul posto tutti i lati del problema. Il Duce non risponde" 143. Poco incoraggiante la freddezza di Mussolini, ma assolutamente incomprensibile l'evasività di Graziani. A quanto traspare dal suo diario, egli si ritenne non sostenuto da Badoglio ed evidentemente preferì non affrontare direttamente Mussolini, ma non si può ammettere la timidezza di un maresciallo d'Italia, capo di Stato Maggiore dell'Esercito, specialmente a proposito di un teatro d'operazioni di cui era personalmente responsabile. In compenso si sfogò con I 144 Ciano • Questi, che era appena tornato da Berlino ove era stata firmata l'alleanza militare tra Germania, Italia e Giappone, aveva conferito con Mussolini dopo il colloquio con i due marescialli e lo aveva trovato proteso a cercare per l'Italia "un successo tale da darle quella gloria che cerca invano da tre secoli" 145, però ne aveva anche raccolto l'intenzione di attaccare a metà ottobre nonché l'irritazione nei confronti di Badoglio, che era intervenuto a "ritardare" la marcia su Marsa Matruh. Ciano perciò colse l'occasione della visita di Graziani per tastare il terreno - in realtà proprio Mussolini gli aveva detto di fargli conoscere il vero pensiero del comandante superiore - e, sentito che nessuna ripresa dell'azione era ritenuta realizzabile prima della metà di dicembre, pose una domanda significativa: "E se il Duce ti desse l'ordine di muovere?". Graziani rispose drasticamente che avrebbe rifiutato, a rischio di incappare nelle maglie del codice penale militare, oppure obbedito ciecamente, arischio di una disfatta della quale non sarebbe stato responsabile; comunque lo pregò di rappr~entare a Mussolini che nulla avrebbe trascurato per accelerare i tempi, aggiungendo che se avesse dovu-


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to inviare al Comando Supremo documenti di grave importanza ne avrebbe trasmesso copia anche a lui per la personale consegna nelle mani del capo del governo 146• Strano colloquio. La conversazione con Ciano ebbe luogo il 1° ottobre . Solamente il 5 ottobre Graziani - trattenuto a Roma dalle condizioni meteorologiche avverse al volo di rientro ed in attesa delle preannunciate disposizioni di Mussolini - riuscì a parlare con Soddu, senza, in verità, ricevere molto conforto. La sola indicazione precisa fu che i materiali di rinforzo gli sarebbero stati mandati nei limiti del possibile, in quanto l'e mergenza E assorbiva 850.000 uomini e 25.000 automezzi. Graziani rimase senza parola, ma francamente tale stupore lascia assai perplessi. Egli conosceva benissimo la pianificazione; proprio il 1° ottobre Roatta aveva comunicato ai Comandi interessati la form ale approvazione del capo di Stato Maggiore dell'Esercito delle direttive per l'emergenza G; da quattro giorni era a Roma: conseguen temen te, era mai possibile che Roatta gli avesse scientemente nascosto qualcosa, che lo avesse messo al corrente delle principali questioni sul tappeto - come periodicamente faceva - e non dell'aggiornamento dei piani? Molto probabilmente Graziani, chiaramente a disagio al vertice dell'Esercito, ricavò l'impressione che fossero state prese grosse decisioni a sua insapu ta, e a danno del teatro d'operazioni africano, ma sappiamo che di deciso non esisteva niente e che a Roma si procedeva secondo gli impulsi provenienti da palazzo Venezia. Un comment o su una s ituazione di simile imbarazzo è addirittura superfluo. È fin troppo evidente il complesso di inferiorità di Graziani negli ambienti degli Alti Comandi e bisogna anche ammettere l'esistenza di una sorta di depressione psicologica del maresciallo per cercare di comprendere la sua penosa accettazion~ di uno stato di cose - che a torto od a ragione riteneva intenzionale - intollerabile per chiunque. Nella serata del 5 giunsero le decisioni di Mussolini. Il giorno precedei;ite si era incontrato al Brennero con Hitler, poi si era recato alla Rocca delle Caminate, presso Forlì, da dove aveva stilato per Badoglio un r esoconto degli argomenti esaminati nel colloquio con l'alleato: dimissioni di Chamberlain, indice di una crisi interna, forse foriera di altri eventi a noi favorevoli; possibilità che la Germania si risolvesse a trattare la pace cQn il governo Pétain, per attirare la Francia nella coalizione antibritannica; sospensione dei preparativi di sbarco in Inghilterra in attesa di epoca più favorevole; maggiore impegno attribuito da Hitler al settore del Mediterraneo e quindi sua offerta di truppe corazzate, offerta per il momento decli-


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nata ma da tener presente per la fase conclusiva della corsa al Nilo. Alla nota era annesso l'ordine di consegnarla subito a Graziani. Le direttive per lo sviluppo ulteriore delle operazioni in Egitto si condensavano in nove punti: "l. · La presa di Sidi el-Barrani è stata un indiscutibile brillante

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successo tattico ed un altrettanto indiscutibile successo politico in quanto ha determinato una crisi nel Governo egiziano e rivelato una divisione nella classe politica di quel paese. Solo con la presa di Marsa Matruh il successo da tattico diventerà strategico e potrà avere conseguenze ancora più importanti dal punto di vista politico. L'operazione su Marsa Matruh deve inizia rsi entro il 10-15 di questo mese poiché è mia convinzione che i mezzi di cui dispone attualmente Graziani sono sufficienti allq scopo e nel tempo fissato. Gli effettivi sono quasi intatti. Superiorità netta - al momento attuale - di artiglieria, carri armati, aeroplani. Superiorità nel morale. Tutto ciò risulta dal molto interessante rapporto orale di Graziani. Resta il problema logistico, che ha un solo aspetto particolarrvente serio: quello dell'acqua. Ma in ottobre . occo rre meno acq~a che in pie.n a estate. I caterpillar e le altre richieste di Graziani possono essere soddisfatte nella m isura del possibile e giungeranno sempre in tempo utile se e per il momento in cui dovremo impegnare la grande batt~glia sul Delta. La temperatura desertica dell'ottobre è tollerabile per truppe italiane ormai allenate, ma può essere sempre dura per gente del nord o gente nuova non ancora allenata. È mia convinzione che gli Inglesi non difenderanno Marsa Matruh se non nella misura strettamente necessaria per ritardare la nostra marcia e disimpegnare le loro formazioni. È vero che rinviando l'attacco al novembre si spedisce aJtro materiale in Cirenaica, ma è altrettanto vero che in eguale e forse maggiore misura si rafforzano gli Inglesi. È o rmai· dimostrato che chi attacca non può perdere tempo. Bisogna rendere ermetico il Canale di Sicilia in modo che giunga più nulla da .ponente, dal momento che l'attività della nostra aviazione in A.O., per le note ragioni, non può che mediocremente disturbare i convogli che passano nel Mar Rosso. Giunti a Marsa Matruh, vedremo quale dei due pilastri della difesa mediterranea inglese debba essere abbattuto: se l'egiziano o il greco" f 47 _


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Di questi punti, tre appaiono particolarmente interessanti. Primo, la convinzione che Marsa Matruh sarebbe stata difesa con combattimenti di retroguardia, idea assolutamente priva di base ragionata, tutto facendo pensare che il campo t rincerato di Marsa Matruh - dove il S.I.M. segnalava la presenza di una o due divisioni sarebbe stato un osso ben duro se non proprio il perno di una battaglia campale condotta dal grosso delle forze britanniche. Sin dall'inizio della guerra, infatti, gli inglesi vi avevano febbrilmente lavorato costruendo postazioni in cemento, fossati anticarro, campi minati e ricoveri; realizzando impianti idrici cospicui ed accumulando forti scorte. "Marsa Matruh divenne, allora, una città di trogloditi, poiché pur avendovi noi praticato un vasto sistema di ricoveri, a mano a mano che le incursioni degli aerei italiani andavano facendosi più frequenti, noi ci sistemavamo sempre più sottoterra, in modo da poter svolgere il nostro lavoro, quasi senza interruzione. Sia i dormitori per la truppa sia i Comandi di compagnia ed altri uffici, come pure gli ospedaletti da campo ed i posti di medicazione, erano tutti situati sotto una spessa coltre di sabbia tanto che, ad un visitatore occasionale, Matruh sarebbe potuta apparire come un villaggio abbandonato, mentre in realtà vi ferveva la vita" 148 • L'entità del suo presidio aveva subito oscillazioni, ma, considerando anche le truppe egiziane ivi dislocate, non era mai scesa al di sotto della forza di una divisione italiana binaria. In secondo luogo l'affermazione di Mussolini, sempre su convinzione personale e contro il parere espresso da Badoglio, che le forze ed i mezzi in Cirenaica consentisser o di riprendere subito l'offensiva 149 • L'asserzione era difficilmente contestabile, non già perché esistessero elementi a suo favore - si è appena sottolineato come fosse cervellotica - bensì in quanto non era semplice smentire apertamente il comandante supremo, tanto investito della propria parte da redigere le direttive da solo ed in contrasto con l'opinione del capo di Stato Maggiore Generale ed evitando, o rifiutando, perfino un approfondimento accurato della questione. La decisione di attaccare entro il 10-15 ottobre poteva, invece, consentire a Graziani di rassegnare immediatamente le dimissioni, data la sua persuasione di non essere in grado di muovere prima di un paio di mesi almeno. Però nel colloquio del 30 settembre Graziani non aveva sostenuto subito, di rincalzo a Badoglio, l'impossibilità di riprendere l'avanzata a tempi così brevi. Avrebbe dovuto farlo. Non osò e prese tempo. Pensò poi di agire attraverso Ciano, sbagliò nuovamente e Mussolini ne approfittò: accettata per buona la evidente-


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mente ottimistica illustrazione verbale della situazione in Africa settentrionale, riteneva le irresolutezze del maresciallo fuori luogo, così come lo erano state per Sidi el-Barrani. L'incauto e troppo enfatico resoconto ufficiale dell'avanzata in terra egiziana si ritorceva adesso contro il suo compilatore. Terzo punto delle direttive, la prosecuzione delle operazioni dopo la conquista di Marsa Matruh: se contro il Delta o contro il "pilastro greco". Al riguardo probabilmente Graziani non _si allarmò molto. Sapeva dell'aggiornamento del piano ad esso relativo perché l'aveva appena approvato; ma sapeva anche che Stato Maggiore Generale, Stato Maggiore dell'Esercito e ministero della guerra e r ano concordi nel ritenere rinviata sine die quella eventualità 150 e conosceva altresì la decisione di congedare 600.000 uomini. C'era tuttavia qualcos'altro che avrebbe dovuto far sobbalzare Graziani. Le direttive del capo del governo erano accompagnate dalla seguente lettera di Badoglio: "Vi rimetto copia di una nota del Duce nei riguardi delle operazioni da svolgere per l'occupazione di. Marsa Matruh. Secondo quanto mi ha comunicato il Duce, il Filhrer sarebbe pronto a darci i mezzi necessari per le nostre operazioni in Egitto. Il Duce, però, ritenendo i nostri mezzi attuali sufficienti allo scopo, ha declinato l'offerta per l'imminente seconda fase . L'aiuto germanico in autocarri, carri armati, stukas potrà essere I r ichiesto quando sarà deciso di attaccare le forze inglesi, che - secondo il pensiero del Duce - ci attenderanno al completo o quasi sul Delta".

Come si vede, stranamente non si parlava di unità bensì di materiali, il che, quanto meno, non era esatto. È molto probabile che Badoglio, quando trasmise le direttive di Mussolini a Graziani, non avesse ancora visto il verbale del colloquio Hitler-Mussolini, il quale, almeno nella versione italiana, riferisce l'argomento in questi termini: "Il Filhrer, facendo presente che gli Italiani partecipavano con forze aeree alla lotta contro le isole britanniche, offre al Duce il contributo di sue forze specializzate per l'attacco contro l'Egitto. Il Duce risponde ringraziando e dicendo che non ha bisogno di alcun aiuto per la seconda fase dell'offensiva, mentre si riserva di far conoscere al Filhrer quanto potrebbe essergli utiTe per 1a terza fase" 151 •


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Comunque era noto che i tedeschi avevano offerto due divisioni corazzate. Per il momento converrà esaminare gli sviluppi del pensiero italiano sull'offensiva in Africa settentrionale, con riserva di r itornare a suo tempo sulla questione del concorso tedesco. Ricevute le direttive, Graziani rifletté a lungo se non fosse opportuno chiedere l'esonero dal comando, poi decise di soprassedere e rispose che nel colloquio avuto a palazzo Venezia aveva prospettato le condizioni generali necessarie per attuare con successo il movimento su Marsa Matruh e che, di conseguenza, non era in grado di garantire la ripresa dell'avanzata per la data fissata. Ad ogni modo, partendo l'indomani sarebbe arrivato a Cirene 1'8 e, dopo aver compiuto un esame in loco delle reali disponibilità, contava di poter fornire un'indicazione sufficientemente approssimata L52. Appena sbarcato a Tripoli però si affrettò ad inviare al Comando Supremo la situazione delle spedizioni dei materiali, sottolineando che solo a fine ottobre sarebbero stati disponibili i gruppi da 149/13 occorrenti per attaccare il campo trincerato di Marsa Matruh, gli automezzi per trasportare parte delle divisioni libiche ed i carrelli rimorchio per i carri M 13 153 • Badoglio consegnò le due lettere a Mussolini, rientrato a Roma il 12 ottobre, e questi fece chiedere qu ando, in definitiva, era da prevedersi l'inizio della nuova sospirata mossa: era seccato con Graziani e non nascondeva di avere in animo di sostituirlo. "Fa i nomi dei generali Messe e Vercellino" scriveva Ciano nel suo diario 154 • Comunque non mostrava preoccupazioni di fondo per la Libia, infatti proprio il 13 ordinò che dal 26 tutto fosse pronto per l'intervento contro la Grecia. Il 15 ottobre ebbe luogo a palazzo Venezia la riunione che determinò la campagna di Grecia. In essa lo scacchiere egiziano venne citato una sola volta a proposito dell'aiuto che le forze aeree britanniche del Medio Oriente avrebbero potuto fornire ai greci. Fu Bàdoglio che ne parlò, osservan'do che il correttivo per tale ipotesi sarebbe consistito nel far coincidere l'offensiva in Ciamuria con quella in Egitto: "Ciò si può fare - affermò perché per il 26 anche Graziani può essere pronto". Non è ben chiaro su quali basi si fondasse questa opinione, vista l'ultima letterasituazione giunta da Tripoli, ma Mussolini continuò tranquillamente: "Io sarei per un anticipo di alcuni giorni per l'azione Graziani. E poi

il fatto della conquista di Marsa Matruh renderà ancora più difficile la possibilità di un simile aiuto, specialmente prevedendo che noi non ci fermeremo. Perduto il cardine dell'Egitto, anche se Londra potesse


LE PRIME OPERAZIONI

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ancora sostenersi, l'impero inglese sarebbe in uno stato di disfatta (...). Aggiungo una considerazione di carattere morale e cioé che questo successo africano sarebbe di spinta ai soldati in Albania. Ecco perché io desidero nelle due azioni un sincronismo con un leggero anticipo per quella africana" 155.

Non soltanto, dunque, si trattava di un "leggero anticipo" che avrebbe spostato l'iniziale 10-15 ottobre al 20 ottobre circa, ma addirittura di non fermarsi a Marsa Matruh 156 • Quel giorno Graziani stava concludendo una memoria operativa con la quale si proponeva di chiarire fuori d'ogni dubbio il proprio pensiero con il conforto di dati inoppugnabili. La spedì il 16 indirizzandola a Badoglio e mandandone copia a Ciano. Cominciò con il rimuovere una delle convinzioni di Mussolini: "(...) Se può ritenersi certo che gli inglesi ci attendono sul Delta per la battaglia definitiva, non può escludersi a priori che essi intendano contrastarci con forze adeguate, appoggiate al campo trincerato, l'occupazione di Marsa Matruh, di evidente importanza per le due parti. Le stesse ragioni che inducono noi a volerla effettuare, spingeranno il nemico a volerla impedire. Ad ogni m odo chi muove all'attacco non può evidentemente basare il suo concetto operativo sulla presupposta fuga del nemico. Anzi deve considerare il contrario, e presentarsi in forze superiori a quelle avversarie, dopo aver predisposta un'organizzazione logistica che gli permetta di dar vita al corpo operante ed alimentarlo, e che, specie nel deserto, assurge ad importanza capitale (e nel nostro caso in modo specialissimo) dato l'impiego di masse, per cui il fattore logistico coloniale-desertico si assomma al tattico di carattere continentale-europeo".

Poi fece il computo delle forze. La situazione settimanale n. 151 in data 3 ottobre del S.I.M. dava presenti 13-14 divisioni angloegiziane, di cui tre nel deserto occidentale fra Marsa Matruh ed Alessandria, ,ben sette nella regione del Delta, due nella zona del canale ed unità varie pari ad una divisione nel medio ed alto Egitto. Gli effettivi erano stimati sui 200.000 uomini, compresi 40.000 egiziani, oltre i quali stavano arrivando 20.000 uomini dalla Gran Bretagna e dall'Estremo Oriente 157• Sempre secondo il S.I.M., l'avversario avrebbe avuto l'intenzione di contromanovrare nella zona di Alessandria-Delta. Al campo trincerato di Marsa Matruh, organizzato per resistere ad oltrarfza anche se superato, spettava di costi-


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tuire una continua minaccia sul fianco e sul tergo delle colonne italiane avanzanti, ma, in caso disperato, il suo presidio poteva essere sgomberato via mare. A dire il vero questa ricostruzione non appare molto persuasiva. Con la disponibilità di una dozzina e più di divisioni non era verosimile che gli inglesi si rassegnassero a lasciarci l'iniziativa ed a vedere le nostre basi aeree avanzate spingersi verso oriente, quando agevolmente erano in grado di spazzare davanti a Marsa Matruh tutto quello che aveva superato la frontiera. Le forze da affrontare subito risultavano invece diminuite: in precedenza erano sempre state indicate la 7 3 D.cor., la 6 3 D.f. inglese, la D.f. indiana e la D.f. neozelandese ed una o due divisioni a Marsa Matruh; adesso la 6 3 D.f. inglese non compariva ed il presidio di Marsa Matruh evidentemente non era valutato a livello divisionale. Graziani considerò per il suo problema la 7a corazzata (con 400 tra carri ed autoblindo), l'indiana e la neozelandese. Ad esse pensava di opporre: due divisioni libiche con la fanteria a piedi, la D.f. Sirte ed il raggruppamento Maletti motorizzati, un raggruppamento artiglieria d'armata (due gruppi da 149/13, due da 105/28 e tre da 100/17), un raggruppamento corazzato (70 carri M 11 e 6 carri M 13) ed una divisione metropolitana autocarrata di riserva. Non è semplice penetrare il pensiero di Graziani. Egli aveva, correttamente, dato per scontato che il campo trincerato di Marsa Matruh avesse una non indifferente consistenza, che il nemico accettasse battaglia appoggiandovisi e che l'attaccante, cioé lui stesso, dovesse presentarsi all'appuntamento con ovvia superiorità numerica. Aveva poi stimato - non importa, sotto l'aspetto del ragionamento, se a torto od a ragione - di dover battersi contro tre divisioni britanniche, di cui una corazzata. Ebbene, il rapporto di forze che intendeva creare o che accettava per lo scontro era il seguente: quattro divisioni binarie di fanteria ed il raggruppamento Maletti contro due divisioni ternarie, cioé, in termini di "brigate", circa nove brigate italiane contro sei indiane e neozelandesi senza contare il presidio di Marsa Matruh; due raggruppamenti carri pari più o meno ad una brigata corazzata contro le tre brigate della 7 3 D.cor. inglese. Anche aprescindere dal problema logistico e dalle sette divisioni britanniche ritenute presenti nella regione del Delta, bisogna dire che non si comprende quale speranza potesse essere alimentata, posta l'impossibilità di realizzare una superiorità operativa neanche in fatto di armamento. Ad ogni modo per il complesso di forze citato, il Comando Superiore aveva calcolato necessario un sostegno logistico basato su


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un minimo di 3.200 autocarri contro un'esistenza di solo 1.900 efficienti. La differenza di 1.400 - che saliva a 1.930 ove si fossero motorizzate anche le fanterie libiche - doveva essere coperta con invii dall'Italia 158 . "Questa disamina degli elementi operativi - concluse Graziani - mi porta a giudicare sulla impossibilità di effettuare ora l'operazione, ed alla necessità di rimandarla fino a che non siano soddisfatte le condizioni che ne annullino le prospettive negative e cioé: a) sistemazione della strada già in alacre attuazione fino a Barrani; b) , la conduttura dell'acqua da Sollum a Barrani anche essa iniziata e che potrà essere compiuta con i mezzi che ho già requisiti in Tripolitania e Cirenaica, senza bisogno di afflusso dalla Madrepatria (...); c) organizzazione in via di effettuazione dei treni katerpillar di cui ho requisito 60 (sessanta) unità tra Tripolitania e Cirenaica, anche essi in via di afflusso, raccolta e sistemazione dei rimorchi, che darebbero un apporto di grande importanza alla soluzione del problema logistico; completare le spedizioni in automezzi nel quantitativo indicato d) nella "Memoria". Questa organizzazione, intensificando al massimo gli sforzi, potrà essere realizzata nel termine di un paio di mesi e ci metterebbe in condizioni di agire con le garanzie imposte dallo specialissimo teatro di operazioni e di cui non è possibile non tener conto nel formulare un concetto operativo, considerando che un insuccesso avrebbe ripercussioni enormi per tutto l'andamento della guerra" 159•

Anche il gen. Porro cercava di stringere i tempi e prevedeva di trasferire nella zona di Amseat (ridotta Capuzzo) il 151 ° gruppo da caccia entro il 20 ottobre ed il 50° stormo d'assalto entro il 25. Inoltre entro la fine del mese dovevano essere approntati i campi in zona Sidi el-Barrani e se i materiali al momento a Tripoli venivano fatti affluire rapidamente e se gli autocarri pronti a Napoli fossero giunti in pochi giorni, pensava di armare anche detti campi avanzati entro i primi di novembre. Dando notizia del riassetto della 5a squadra aerea, Graziani riteneva di aver messo bene in luce l'intero quadro dello scacchiere. È difficile sostenere che fosse un buon psicologo. Francamente, a prescindere dai calcoli di dettaglio sugli au-· toveicoli, non sembra che tJuanto prospettato nella memoria nori


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

potesse essere già detto il 30 settembre a palazzo Venezia, senza alcuna riserva. Avrebbe goduto dell'immediato appoggio di Badoglio, che anzi si era sbilanciato per primo, e non avrebbe radicato nel duce la persuasione che si trattasse della solita irresolutezza. Invece suscitò forte disappunto in Mussolini e risentimento in Badoglio. Il primo, che ormai era lanciato verso l'avventura greca, benché "inferocito" ordinò di rispondere "che faccia quel che crede" 160 e larisposta rifletté lo stato d'animo: "Il Duce ha esaminato il vostro promemoria sull'attuale situazione della frontiera orientale e mi ha incaricato di informarvi che lascia a voi tutto il tempo che riterrete necessario per una conveniente preparazione. Al riguardo delle richieste fatte, è per noi impossibile materialmente mandarvi i 1.300 e tanti autocarri. Ho interessato l'Ecc. Roatt;i. perché siano aumentati i pezzi di ricambio e gli operai per rimettere in efficienza la maggior parte degli 800 autocarri dichiarati non efficienti. L'Ecc. Roatta vi informerà minutamente di quanto vi potrà spedire'' 161.

Inutile dire che l'impossibilità materiale di spedire in Libia gli automezzi suona male e che la questione della rimessa in ordine dei veicoli in avaria suona peggio. Visto che ormai l'inefficienza si aggirava in via normale sul 25-30%, era evidente che riparati quasi tutti gli 800 mezzi citati, altrettanti sarebbero diventati inefficienti, senza contare che dopo quattro mesi di guerra l'organizzazione delle riparazioni avrebbe dovuto dare risultati migliori. Ma è probabile che Badoglio fosse preso dall'apertura del nuovo teatro d'operazioni. Comunque, tanto per puntualizzare, mandò una seconda lettera molto secca; "Ieri, 17 corrente, ho ricevuto il vostro promemoria sulla situazione alla frontiera orientale. Non l'ho potuto pr esentare al Duce in giornata perché era in visita a Terni. L'ho presentata stamattina ed il Duce mi fece osservare che una copia di detto promemoria era già sul suo tavolo. Il Duce ha deplorato questo sistema di rivolgersi a lui direttamente. lo rammento che voi, sia come Capo di S.M. del R. Esercito, sia come Comandande Superiore in Libia, dipendete direttamente da me e che ogni documento che si riferisca ad operazioni militari deve essere da voi inviato esclusivamente a me. Spetta a me di presentarli al


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LE PRIM E. OPERAZJONI

Duce dopo averli esaminati ed avere espresso il mio parere"

162 .

Graziani accusò il colpo, ma si riprese quando ricevette il periodico appunto di Roatta sull'attività dello Stato Maggiore dell'Esercito. In esso, sotto la data del 18 ottobre, era scritto: "Il Capo di S.M. Generale dice all'Ecc. Roatta: "Duce si è arreso alle argomentazioni dell'Ecc. Graziani». Probabilmente non darà più ordine di procedere su Marsa Matruh dove ci troveremmo in condizioni meno liete che a Barrani". Spinto, forse, da questo piuttosto esplicito riconoscimento delle reali difficoltà lamentate e prendendo spunto dalla recentissima visita in Libia del gen. van Thoma, il 24 ottobre Graziani si rivolse nuovamente a Badoglio assicurando che avrebbe cercato di utilizzare gli automezzi esistenti in Cirenaica e quelli di cui era stato preannunciato l'arrivo "sì da raggiungere al più presto possibile un grado di preparazione tale che mi consenta di riprendere le operazioni offensive in Egitto" 163 • Nel frattempo il maggior lasso di tempo concessogli dal Comando Supremo avrebbe facilitato la soluzione delle tre premesse fondamentali della messa a punto dell'apparato: lavori stradali, acquedotto dalla ridotta Capuzzo a Sidi el-Barrani e caterpillars. I primi procedevano con ritmo sempre più intenso, per quanto quotidianamente disturbato dall'aviazione nemica; la raccolta dei caterpillars locali era in corso e con · l'afflusso di quelli provenienti dall'Italia 164 esisteva una qualche speranza di poter autotrasportare una intera divisione. Inoltre la creazione di depositi avanzati, già iniziata, doveva alleggerire sensibilmente il peso logistico delle grandi unità operanti e consentire una certa elasticità anche nella manovra dei mezzi d'intendenza. L'esposizione del comandante superiore si basava sul presupposto che le forze britanniche avrebbero, sì, fatto resistenza a Marsa Matruh, ina solo nel Delta si sarebbero impegnate tutte nella grande battaglia. Limitando dunque il problema al primo obiettivo, diventava inevitabile ammettere che alla 10a armata mancava la punta di diamante. Il gen. von Thoma aveva appunto parlato della divisione corazzata tedesca in predicato per quel teatro d'operazioni 165 • Era ovvio il peso decisivo di tale unità e Graziani ne convenne, però non volle sostenere un argomento che già sapeva rifiu tato da Mussolini: "Non vi ha dubbio - egli scrisse - che l'impiego in Cirenaica della divisione corazzata in parola, cosi ricca di mezzi, costituirà l'elemento più forte di rottura, specie se impiegata per Marsa Matruh. Perché io penso che essa sia soprat~utto necessaria proprio per la marcia su


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LEOPF.RAZIONJ IN AFRICA SETTl,NTRIONA LE

Matruh, per la quale noi manchiamo appunto di un'unità del genere. È facile quindi prevedere fin d'ora che il merito principale del successo dell'operazione sarebbe di questa divisione corazzata. Mi sono allora chiesto se, politicamente, non fosse conveniente evitare tale concorso od almeno limitarlo alla fase ultima della campagna".

Sul piano militare il discorso era infelice e lo stesso Graziani cercò, più tardi, di dare un diverso significato alle proprie parole, sostenendo che "mi era pertanto assai difficile tornare sull'argomento, ma tuttavia riprendendolo, sia pure in forma di riserva e dubitativa(... ) offrivo allo S.M. Generale l'occasione di eventualmente ritornare sull'argomento col Duce(... )" 166 • In realtà presentò la propria soluzione: costituire una grande unità similare con i carri disponibili 167, completati da un reggimento motorizzato su tre battaglioni da togliere all'armata del Po, possibilmente rinforzato con alcuni reparti dotati di fuciloni controcarri Solothurn, e da "qualche centinaio" di autoblindo da ottenere dalla Germania. Certamente questa poteva essere una via d'uscita, però sorge spontanea una domanda: se Mussolini avesse mantenuto il rifiuto del concorso tedesco e se Berlino non avesse fornito le autoblindo - cose, entrambe, più che probabili - come Graziani pensava di portare a buon esito l'operazione su Marsa Matruh? La lettera del comandante superiore, infine, apriva unci spiraglio sulla fase conclusiva della campagna: "Non entro ancora in merito al quantitativo di mezzi indispensabili per la spinta ulteriore, da Matruh in avanti, quando si tratterà di portarsi sul Delta, dove ci attenderà una massa di circa 15 divisioni, su posizioni preparate, con ponti da gettare e con la necessità di farsi seguire dall'acqua. Perché la conduttura idrica che si sta faticosamente costruendo da Capuzzo a Barrani non potrà arrestarsi qui, né a Marsa Matruh, ma dovrà seguirci per tutta la marcia 168• A questo riguardo il comandante superiore del genio sta facendo i relativi calcoli, che diventano iperbolici come impiego di mezii di ogni genere e specie (...). L'ulteriore prosecuzione delle operazioni offensive è problema complesso in tutti i suoi termini, di evidènte eccezionale importanza e la cui soluzione potrà essere ottenuta solo se disporremo di mezzi adeguati per infrangere le resistenze nemiche e per domare le centinaia di chilometri di deserto che ci separano dall'obiettivo".

Anche a tal riguardo sussiste più di una perplessità. Era pro-


LE PRIME OPERAZlONl

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prio il caso di limitarsi ad un accenno così vago al "dopo"? Per sconfiggere le 15 divisioni inglesi ritenute presenti e raggiungere il canale di Suez evidentemente non bastavano le truppe esistenti in Cirenaica, né qualitativamente né quantitativamente. Quando si intendeva porre il problema in tem:iini concreti? Occorreva impostare, prima ancora di risolverli, gli aspetti logistici dei trasporti, dell'ammassamento delle scorte, dei rifornimenti ordinari, delle riparazioni, degli sgomberi sanitari. Per la verità il comandante superiore del genio (gen. Molinari) si era già messo all'opera per quanto di sua competenza. I provvedimenti riguardavano due aspetti distinti del fabbisogno: il completamento delle unità esistenti e l'afffuenzà di nuovi reparti in rinforzo. Sul primo la situazione era edificante, giacché dopo un anno di non belligeranza e cinque mesi di guerra mancavano in toto o quasi i Comandi genio del XXI e del XXII corpo e delle divisioni Cirene, 28 ottobre, 1 a e 2a libica; molte grandi unità - corpi d'armata e divisioni - non avevano neppure i reparti del genio organici; solo pochi dei reparti esistenti possedevano parchi efficienti e nessuno era autocarrato. Quanto al secondo punto, le richieste erano cospicue: reparti e materiali delle varie specialità per il Comando Superiore allo scopo di consentirne l'assegnazione di volta in volta a questa o qualle grande unità (specie trasmissioni ed artieri) e di provvedere alle operazioni tecniche non di pertinenza divisionale (specie ferrovieri, pontieri e idrici); autotrasporto di tutte le dotazioni; parchi speciali per esigenze particolari 169• Data la situazione generale in Libia ed in Italia, l'inerzia burocratica e la nuova iniziativa militare in Grecia, non c'era da farsi illusione alcuna sulla reale possibilità di ricevere quanto ritenuto indispensabile (e questo era solo uno degli aspetti del problema operativo). Nemmeno in sei mesi, ammesso e non concesso che il nemico continuasse a attendere con le sue divisioni nel Delta. Di conseguenza, probabilmente Graziani avrebbe fatto meglio a dichiarare apertis verbis a Roma che, al punto in cui erano le cose e con i mezzi a disposizione, il problema egiziano era per lui irrisolvibile qualunque fosse l'ipotesi da assumere a base del disegno strategico: offensiva fino al Nilo oppure conquista di Marsa Matruh e successiva battaglia difensiva in loco contro gli inglesi, allorché essi decidessero di mutare atteggiamento. A Roma, come si è detto, non spirava buon vento per Graziani. L'idea della sua sostituzione era nell'aria - ma ancora rivestiva la carica, del tutto nominale, di capo di .Stato.Maggiore dell'Esercito! - ed il 26 ottobre, ricevuta la•m.t'ova letter~ da Cirene, il gen. Àrmel-


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

lini accennò a Badoglio la possibilità, ventilata da Soddu, che Mussolini ricorresse a lui per risolvere la questione libica. Il maresciallo rispose "con aria rassegnata: «se mi manda io vado»" 170 . Non ci sono parole per esprimere lo stupore davanti ad una simile acquiescenza, non tanto per la persona che avrebbe eventualmente preso le redini in Africa settentrionale, quanto per la scarsa importanza che gli stessi interessati sembravano attribuire alla carica rivestita ai vertici dell'apparato militare. Badoglio, oltre all'Africa settentrionale ed alla Grecia, pensava all'incontro che tra breve avrebbe avuto con Keitel. Ben sapendo che l'argomento principale dei colloqui sarebbe stato l'Egitto - non immaginava quanto sarebbe stato penoso quello sull'avventura greca - nel mettere in visione a Mussolini il f. 01/1740 del 24 ottobre di Graziani fissò in un promemoria la linea che proponeva seguire in materia. Il confronto fra le forze contrapposte fu naturalmente il primo aspetto della situazione toccato da Badoglio. Il R. Esercito aveva in Libia circa 230.000 uomini di cui 80.000 impegnati alla frontiera tunisina per esser pronti a qualsiasi evento, data l'instabilità esistente nell'impero francese, specialmente dopo l'assunzione del comando da parte del gen. Weygand 171 • Rimanevano dunque 150.000 uomini per le operazioni contro l'Egitto, dai quali però occorreva togliere circa 30.000 uomini per i servizi d'Intendenza, i presidi vari e la difesa delle linee di comunicazione. In definitiva, si poteva contare su 120.000 uomini, compresi i servizi divisionali e di corpo d'armata. Dalla parte opposta, secondo le notizie riepilogate dal S.I.M. recentemente 172 , gli inglesi sembrava avessero radunato 250.000 uomini, ma, non essendo la loro linea di comunicazioni del Mar Rosso suscettibile di interruzione, si poteva calcolare che alla fine dell'anno avrebbero raggiùnto i 300.000 uomini attingendo truppe al Commonwealth e non 'considerando quelle egiziane. Ne derivava che nel Delta si sarebbe raccolta una massa di consistenza doppia rispetto a quella a disposizione di Graziani. Stando così le cose, la divisione corazzata offerta dai tedeschi avrebbe avuto scarso peso. In sostanza, per mutare a nostro favore il rapporto di forze occorreva inviare dall'Italia almeno altri 200.000 uomini. C'era poi la questione del campo trincerato di Marsa Matruh, i cui rilevamenti fotografici indicavano una sistemazione difensiva tutt'altro che speditiva. Ciò comportava, da parte italiana, la necessità di disporre di un'artiglieria pesante che non esisteva, eccezion fatta per qualche gruppo da 149. Studi ac.c urati delle fotografie avrebbero determi-


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nato numero e calibro delle bocche da fuoco occorrenti 173 • Al momento attuale, essendo cioé la 10a armata a Sidi el-Barrani, la situazione appariva più favorevole agli italiani che agli inglesi, ma già a Marsa Matruh sarebbe cambiata e, soprattutto, ogni ulteriore passo verso oriente sarebbe pesato a nostro sfavore per quanto riguardava le linee di rifornimento. D'altronde, per muovere con una massa di almeno 300.000 uomini con artiglierie, carri ed impedimen ta bisognava prima impiantare una grossa base logistica a Marsa Matruh e, successivamente, un'altra ad un centinaio di chilometri più ad est. Ora, per trasferire in Libia le truppe ed i materiali di rinforzo occorrevano navi per il trasporto e non c'erano, naviglio leggero per la scorta e non c'era, attrezzature portuali per lo scarico e non c'erano. Ed anche se tutto ciò fosse stato disponibile, l'alimentazione di una forza così ingente oltremare era impresa superiore alle possibilità italiane. In conclusione, scriveva Badoglio: "1 ° - Il problema di attaccare le forze inglesi nel delta del Nilo, date tutte le considerazioni fatte, non è da noi risolvibile. 2° - L'aiuto che ci possono dare i tedeschi non può risolvere in alcun modo la questione dato che le deficienze più gravi riguardano naviglio, porti, scorte di sicurezza. 3° - Il compito che ci possiamo proporre e risolvere è quello di occupare Marsa Matruh, allo scopo di permettere alla nostra aviazione, adeguatamente scortata dalla caccia, di rendere difficile la sosta della flotta inglese ad Alessandria. 4° - Giunti a Marsa Matruh, prima cura dovrà essere quella di sistemare difensivamente quella base e la .retrostante linea di comunicazioni in modo da essere sicuri contro ritorni offensivi del nemico. 5° - L'aiuto che può essere dato dai tedeschi è da ricercarsi essenzialmente in aviaiione in picchiata con relativa caccia. Se i tedeschi insistono per darci anche la divisione corazzata, occorrerà prima spiegare bene loro i limiti e gli scopi della nostra azione, nei termini che ho sopra prospettati 174•

Sul problema di fondo, vale a dire sulla dichiarazione esplicita che il Comando Supremo non era in grado di risolvere la partita con i propri mezzi, si può anche concordare a causa delle troppe battute a vuoto del nostro strumento militare. Sulle questioni collaterali si è meno disposti ad accettare certe affermazioni categoriche. Anzitutto la sconfitta dell'armata britannica era ricercata mediante una massa di fanteria ~i 300-350.000 uomini ed una avanzata


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metodica in ambiente desertico, concezione suala cui validità era lecito nutrire qualche dubbio. La forza d'urto, la rapidità di progressione e la capacità risolutiva delle grandi unità corazzate non sembravano apprezzate al giusto grado. Che la guerra in Africa settentrionale fosse diversa da una guerra europea in ambiente montano e da una guerra coloniale non appariva ancora chiaro. È certo che noi non eravamo nelle condizioni di poterci permettere di condurre una campagna come quella di Kitchener contro i mahdisti. Ovvia era l'importanza delle basi e delle linee di comunicazioni, ma non si poteva trascurare la circostanza che una base addossata al mare e facilmente isolabile da un nemico altamente manovriero per mezzi e mentalità aveva bisogno almeno di un appoggio diretto o indiretto dal mare. Eppure l'intervento della Marina non era neanche adombrato, quasi essa combattesse per proprio conto. Non solo, ma sempre considerando un avversario corazzato - diventava aleatoria la realizzazione di una sicura linea di operazioni, quella che doveva alimentare la battaglia ed alla quale Napoleone aveva sempre dedicato ogni attenzione. Per motivi di questo genere anche la sosta a Marsa Matruh dava scarso affidamento. In definitiva: non avendo noi creato lo strumento che tutto indicava necessario e decisivo, occorreva accettarlo dai tedeschi, pur sapendo c~e essi avrebbero ben presto recitato le parti del salvatore e del vincitore. Badoglio finì: "Queste sono le considerazioni che ho ritenuto necessario esprimere a Voi, Duce, e resto in attesa delle Vostre decisioni". Su siffatta conclusione si può dissentire apertamente nella sostanza e nella forma. Veniva dato per scontato che Graziani potesse occupare Marsa Matruh superando le resistenze avversarie (benché lo spostamento a breve scadenza di due o tre divisioni delle tante ritenute nel Delta non costituisse certo un problema per Wavell), che la divisione corazzata tedesca non fosse indispensabile, che gli inglesi rimanessero sulla difensiva e nella dislocazione attuale ancora per un paio di mesi. Troppo comodo. Sull'atteggiamento del nemico Badoglio parlava di sicurezza contro "ritorni offensivi" britannici. Però il 25 ottobre, cioé due giorni prima, il S.I.M. aveva comunicato: "Si sono manifestati in questi ultimi tempi, sintomi ed indizi positivi che fanno ritenere avere lo Stato Maggiore imperiale intenzione di assumere iniziative offensive" 175,

ed indicato le nostre forze di Sidi el-Barrani come possibile obiettivo. Questa eventualità non poteva essere relegata a semplice con-


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tromossa di Wavell successiva alla nostra occupazione di Marsa Matruh, né minimizzata come un "ritorno offensivo". E se fosse stata una vera e propria offensiva in grande stile consentita dai 260.000 uomini (e fra poco 300.000) dell'Egitto? E se gli inglesi avessero scelto in senso inverso, essi che potevano, la direttrice d'attacco alla quale Graziani aveva rinunciato per mancanza di unità meccanizzate: Der el Hamra-Bir el Chreigat-Gabr Bu Fares, puntando su Bardia? Berti avrebbe potuto evitare l'accerchiamento sottraendovisi od arrestando l'ala marciante a sud del ciglione? Quanto all'aspetto formale, è da rimarcare che a Mussolini non era posta un'alternativa sulla quale dovesse decidere, né una linea di condotta da accettare sic et simpliciter, buona o cattiva che fosse. Era stata, invece, suggerita una soluzione con la dichiarata disponibilità ad obbedire anche a scelte cervellotiche, come del resto stava accadendo per la Grecia. Mussolini condivise il punto di vista di Badoglio, il quale ne informò subito Graziani: "Ho dato in visione al Duce il Vostro foglio 01/1740/op. in data 24 corrente mese. Il Duce ordina di rispondervi che: 1° - l'obiettivo da conseguire è Marsa Matruh; 2° . non vede la possibilità, salvo casi di rivolgimento della situazione in Egitto, di procedere oltre Marsa Matruh; 3° . ha declinato al 'Fiihrer l'invio della divisione tedesca; 4° . scopo dell'occupazione di Mars~ Matruh è quello di poter battere, con aerei da bombardamento accompagnati dalla caccia, il porto di Alessandria; 5° . sarà interessato lo Stato Maggiore del R. Esercito per l'invio di quanto è richiesto, salvo le autoblindo, che noi non. abbiamo e che i Tedeschi non ci possono dare" 176.

Quindi, né concorso tedesco né il "qualche centinaio" di autoblindo. La 10 8 armata doveva agire senza punta di diamante. Graziani non ebbe nemmeno il tempo di riflettere sulla questione perché un corriere gli consegnò una lettera personale di Mussolini: "Caro Graziani, a distanza di 40 giorni dalla presa di Sidi el-Barrani, io mi pongo il quesito: questa lunga sosta a chi ha giovato? a noi od al nemico? Non esito un minuto solo a rispondere: ha giovato di più, anzi esclusivamente, al nemico. •


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Infatti: sul campo tattico gli ha permesso di ricostituire la sua Divisione corazzata, che del resto non aveva avuto perdite di rilievo. Mi dicono che i prigionieri inglesi fatti da noi salgono al totale di 6 e che il numero dei mezzi corazzati catturati sia ancora inferiore; b) nel campo strategico il nemico ha accumulato tali forze e tali mezzi ad est di Marsa Matruh e soprattutto nel Delta, da rendere infinitamente più oneroso il nostro attacco. Se si tarderà ancora per completare sino all'ultimo chilometro le nostre strade e i nostri acquedotti, l'attacco sarà ancora più difficile e praticamente impossibile. c) durante questo periodo, mentre noi non abbiamo bersagli per la nostra aviazione - se non campi di fortuna vuoti - l'aviazione inglese sta letteralmente fracassandoci le retrovie da Sollum a Bengasi. Ad un certo punto non avremo più basi nelle retrovie e avremo delle retrovie demoralizzate anche dal punto di vista degli uomini. a)

A proposito di retrovie permettetemi di dirvi che la sede del vostro Comando è troppo lontana dal fronte e questo provoca l'assorbimento del fronte da parte dei Comandi arretrati, mentre dovrebbe essere il fronte a forzare in avanti le retrovie. Ora questa sosta, che dura già da 40 giorni, dovrebbe prolungarsi per altri 60 giorni ancora e giunti al 15 dicembre non è sicuro - almeno da quanto mi dite nel vostro rapporto - che vi sentiate in grado di muovervi. In queste condizioni - che hanno, ho il dovere di dirvelo, suscitato un movimento di forte delusipne in Italia e Germania e che incidono, a quanto mi risulta, anche sul morale delle vostre truppe - è tempo di chiedervi se vi sentite di continuare a tenere il comando o se, ritenendovi ingiustamente confinato od accantonato, preferite lasciarlo. Vi ripeto che al tavolo della pace porteremo a casa quello che avremo conquistato militarmente. Non valeva la pena di avere 16 mesi di tempo per prepararsi, ottenere tutto quello che voi avete chiest~, avere 15 divisioni, per portare a casa Sidi el-Barrani.

Vi prego di rispondermi con sollecitudine. Mussolini" 177.

Per Graziani fu "un colpo di folgore", come si espresse nel suo memoriale. A stretto giro di corriere, egli replicò significando amarezza per le critiche alla propria azione di comando e viva sorpresa per il contrasto tra la comunicazione di Badoglio del '18 ottobre (ap-


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pena otto giorni prima!): "Duce ... mi ha incaricato di informarVi che lascia a Voi tutto il tempo che riterrete necessario per una conveniente preparazione" 178 e l'esplicito dilemma che gli veniva posto adesso di muovere al più presto o di chiedere l'esonero dall'incarico. Respinse tutte le accuse, riepilogò gli aspetti principali del problema operativo, sottolineò che la situazione logistica era praticamente immutata e ribadì che "oggi, a mio giudizio, non vi è altro da fare che continuare su questa via [di una preparazione lunga] tenendo conto appunto della importante preparazione avversaria". Poi venne al dunque: se avesse visto una qualunque possibilità di affrettar~ l'offensiva su Marsa Matruh lo avrebbe senz'altro fatto, ma era convinto di non poterselo permettere prima della metà di dicembre; di conseguenza, se questa valutazione fosse stata ritenuta errata "il mio dovere è uno solo, è cioè quello di chiedere di essere richiamato e sostituito" 179 . Mussolini ricevette la lunga lettera a Grottaglie, nelle Puglie, dove intendeva impjantare il proprio Comando tattico per seguire le operazioni in Grecia. Era di buon umore perché il gen. Ranza, comandante dell'aviazione d'Albania, gli aveva recato da Tirana notizie favorevoli sull'inizio dell'offensiva, tanto da scrivere al gen. Visconti Prasca: "sono contento delle operazioni in questa prima fase" 180• Non ebbe perciò difficoltà a rimangiarsi l'aut aut: "Caro Graziani - scrisse - ricevo la vostra lettera e vi rispondo col considerare la questione chiusa e col riconfermarvi la mia piena fiducia. Il fronte principale è - ora - quello greco. Voi allevierete certamente il compito delle truppe operanti in Grecia: a) coll'attaccare le forze inglesi an tistanti tutte le volte che verranno a vostra porta·ta; b) coll'ultimare i preparativi per l'operazione su Marsa Matruh, obiettivo che rimane di importanza eccezionale per i motivi che è inutile ripetervi. All'opera dunque per la vostra nuova vittoria africana" 181 •

Graziani ricevette l'autografo il 5 novembre. Nel frattempo Badoglio aveva riunito i capi di Stato Maggiore per esaminare le questioni dei rinforzi da inviare in Albania e dell'eventuale sbarco a Corfù. Durante la discussione egli si espresse senza ambagi; "Che l'avanzata su Marsa Matruh si faccia in dicembre o in gennaio, oggi come oggi significa poco. Per adesso il problema più urgente e importante è la Grecia" ed invit~ Soddu a prospettare a Mussolini la


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LE OPERAZIONI IN AFRlCA SETTENTR10NALE

convenienza di dirottare su Valona e Durazzo la promessa spedizione di un congruo numero di automezzi in Cirenaica 182 • Dopo qualche giorno gli imprevisti avvenimenti in terra ellenica imposero una ancora più netta sterzata nella priorità da attribuire al teatro di operazioni balcanico. A Roma c'era molta inquietudine: il 4 novembre Mussolini convocava i capi di Stati Maggiore per comunicare la sua intenzione di portare le truppe d'Albania al livello di gruppo d'armate e di affidarne il comando a Soddu; il 7 novembre il gen. Visconti Prasca telegrafava al ministero della guerra che l'offensiva in Ciamuria poteva ritenersi arrestata dalla resistenza greca. Quel giorno Badoglio comunicò a Graziani la nuova linea di condotta strategica della guerra: in Albania offensiva aeroterrestre a fondo per conseguire "l'integrale occupazione della Grecia'; in Libia operazioni aeree e terrestri "limitate alla conquista di Marsa Matruh" da dove poi, sistemati saldamente a difesa, svolgere un'attiva vivace azione aerea sul porto di Alessandria per rendervi impossibile la vita alla flotta inglese; in Egeo difensiva intesa a conservare il possedimento ed azione offensiva aerea e navale contro le flotte inglese e greca; in Africa orientale difensiva per durare il più a lungo possibile; la Marina doveva assicurare la protezione del traffico con l'Albania e la Libia, tenendosi pronta ad opporsi ad eventuali offese britanniche. Poiché l'impresa greca avrebbe assorbito un forte contingente di truppe (da 20 a 25 divisioni) e di materiali, il Comando Superiore A.S. doveva adeguare le richieste alla "nuove più limitate · esigenze" 183 • A parte il fatto che quanto ·domandato da Graziani era strettamente riferito a Marsa Matruh, tradotte in termini poveri le direttive significavano che di Alessandria come obiettivo terrestre non era assolutamente il caso di parlare, almeno per molti mesi, e che a Marsa Matruh bisognava arrivarci con quello che esisteva in Cirenaica, a parte le spedizioni già stabilite dallo Stato Maggiore dell'Esercito. Non fu detta una parola su quanto avrebbe potuto fare Wavell. Durante il mese di novembre due furono gli elementi sui quali si polarizzò l'attenzione di Graziani: la situazione automezzi (problema che assillerà sempre i comandanti d'Africa) e l'attività opera-. tiva mirante ad impegnare le truppe britanniche del deserto occidentale egiziano. La memoria del 15 ottobre aveva rappresentato le esigenze minime di 1.300 autocarri per riprendere l'offensiva .. Nonostante una prima risposta negativa del Comando Supremo, Roatta, intenzionato a trovare una soluzione, calcolò che la richiesta po'tesse essere esaudita, almeno in gran parte, e in breve tempo. Si tro-


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vavano in corso di spedizione, infatti, oitre 850 autocarri e 300 rimorchi ed altri 500 autocarri sarebbero stati allestiti presumibilmente entro febbraio; anche l'avviamento dei 22 rimorchi per i carri M 13 del III battaglione aveva già avuto luogo. Inoltre, d'accordo con Soddu, dispose l'invio in Libia del col. Arnione, direttore generale della motorizzazione, al fine di accelerare la rimessa in efficienza della massa di automezzi segnalati in avaria con l'esame in sito delle effettive necessità e la ricerca dei mezzi più idonei per un immediato potenziamento dell'attuale organizzazione delle riparazioni 184 • Una commissione nominata da Graziani, ed alla quale partecipò anche il col. Arnione, fece, dunque, il punto. Fu un lavoro meticoloso che, studiato poi dallo Stato Maggiore dell'Esercito consentì di giungere alle conclusioni seguenti. La situazione degli autocarri - escluse quindi le autovetture ed i mezzi speciali - doveva ritenersi soddisfacente giacché la disponibilità effettiva ·di mezzi efficienti in Cirenaica al 10 novembre ammontava a 3.887 unità, cui dovevano sommarsi 1.367 mezzi in viaggio od in afflusso a Napoli per un totale di 5.254 autocarri, con un'eccedenza di 1.410 unità sulle 3.844 citate nel verbale 185 e quindi tale da coprire largamente il noto fabbisogno di 1.300 indicato da Graziani. Più tardi questi replicherà dimostrando, cifre alla mano, che invece l'eccedenza si riduceva a 200 autocarri circa, motivo per cui alla colonna operante occorrevano più di 1.100 mezzi. Non si è in grado, ovviamente, di formulare.,commenti sui diversi computi fatti a Roma ed a Cirene, tuttavia sembra lecito ricordare che Graziani aveva presentato un conto assai ristretto escludendo perfino l'autotrasporto delle fanterie libiche, che difettava di caterpillars in luogo dei quali si sarebbero impiegati autocarri, che i furgoncini potevano tranquillaµiente essere esclusi dal calcolo data la loro ridotta portata e che gli organici divisionali erano più irrisori che limitati. In altre parole, sì, sulla carta i conti potevano quadrare, però solo per un esercito nel quale il concetto della motorizzazione - non parliamo di quello della guerra di rapido corso - doveva fare ancora molta strada 186 • Inevitabilmente il pensiero corre ai 2.500 automezzi della divisione corazzata offerta dai tedeschi. Purtroppo fra breve si sarebbe visto a quale destino andavano incontro le fanterie italiane appiedate. Quanto alle riparazioni, non soltanto non si riusciva a tenere il passo con le inefficienze giornaliere, ma men che meno era da pensare ad eliminare l'ingente numero di automezzi in avaria - circa 2.000 - se non adottando pal'ticolari provvedimenti. Prima di tut-


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to, si decise di far rientrare in Italia gli autocarri abbisognevoli di grandi riparazioni e quelli per i quali, data la scarsità di esemplari in Libia, non conveniva accantonare scorte di parti di ricambio, in modo che la direzione generale della motorizzazione provvedesse alla loro riparazione o sostituzione; poi occorreva incrementare il rendimento delle officine di parco inviando dalla madrepatrja quattro autofficine pesanti ed una attrezzatura per officina tipo A rinforzata, nonché cento operai specializzati; infine migliorare la manutenzione degli autoveicoli mediante l'invio di quattro autostazioni èli servizio pesanti e sedici medie. È il caso di porre in risalto che per semplicità la commissione si era astenuta dal fare indagini sullo stato di usura e sulla vetustà in genere degli automezzi della ' Libia 187 • Naturalmente Graziani aveva seguito questi studi ed il 14 novembre chiamò in causa il capo di Stato Maggiore Generale con una lettera alquanto amara. Dopo aver premesso di comprendere benissimo il grave momento, precisò: "Le truppe marceranno a piedi con il minimo di autocarreggi, senza salmerie, senza autocarrette per i rifornimenti dai centri alla periferia degli schieramenti. Tutto sarà ridotto al minimo indispensabile, ma per dar vita alla battaglia occorre avere la certezza di r ealizzare la testa dello schieramento con una massa di fuoco imponente per il primo arroccamento sul Gebel che domina Marsa Matruh ed il suo campo trincerato; insieme ad una brigata corazzata ed almeno una divisione motorizzata da gettare parimenti subito innanzi. Per ottenere questo i mezzi ora disponibili non sono sufficienti ( ... )" 188,

e chiese che entro la fine del mese improrogabilmente affluisse tutto quello che gli era stato promesso. Quindi, messo in significativa evidenza che le requisizioni operate in Libia avevano pressoché paralizzata ogni altra fo:i:ma di attività locale e che le popolazioni seguivano in silenzio gli ordini mentre per la lentezza dei rifornimenti di viveri dall'Italia "la fame batte più che in un luogo alle porte", concluse: "Con questa mia lettera ho detto l'ultima mia parola. Il mio sforzo non può andare oltre i limiti del possibile, dell'umano e della volontà la più decisa. Io non vorrei trovarmi al tragico momento di aver realizzato con sforzo immane strada ed acqua, e dover ancora procrastinare per il


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resto. Allora certamente la responsabilità degli avvenimenti non potrà ricadere solo su di me di fronte alla Patria che sola è immortale" 189 • Badoglio, informatosi sulle spedizioni, tenne a sottolineare che tutto il mater iale, tubazioni per acquedotto comprese, era già stato mandato od era in corso di spedizione, nonostante ritardi, anche notevoli, dovuti alla mancata tempestiva autorizzazione all'invio da parte del Comando Superiore A.S., e che "non posso fare a meno di rilevare che l'unico campo in cui appaiono necessari ulteriori sforzi è essenzialmente quello dei trasporti marittimi per la parte da voi dipendente: scarico nei porti della Libia ed acceleramento nella restituzione alla Madrepatria dei piroscafi vuoti" 190 • Che tutte le colpe fossero di Graziani non poteva essere ed infatti la sua replica in data 3 dicembre mise in luce che dall'autorizzazione del Comando Superiore all'arrivo a Tripoli delle navi da Napoli intercorrevano dai 10 ai 15 giorni; che operai specializzati, officine e macchine operatrici non erano ancora giunti; idem per il materiale d'acquedotto. Quanto agli automezzi, era risultato che parte dei veicoli sbarcati erano di requisizione (quindi poco adatti all'ambiente africano) e per di più parecchi di essi erano... inefficienti. Inoltre il caricamento compiuto a Napoli non brillava per cura, frammischiando i generi destinati a Tripoli con quelli per la Cirenaica 191 • Questa lettera, che contestava punto per punto tutte le osservazioni, era· accompagnata da un dispaccio personale più conciliante e rassicurante sulla messa a punto dell ,.o perazione: "Le truppe sono ormai tutte serrate sotto tra Bardia e Barrani stessa. I depositi in corso di completamento. A vivificare tutta l'organizzazione non mancano che questi automezzi in arrivo" 192• Non ebbe però risposta: il 26 novembre Badoglio aveva rassegnato le dimissioni 193 • Durante la fase di preparazione, Graziani non volle naturalmente limitarsi ad una situazione di immobilismo tattico. Lo spostamento del grosso della 10 8 armata fra Bardia e Sidi el-Barrani a;veva modificato in peggio la vulnerabilità delle retrovie. Tutto il lungo fianco meridionale del dispositivo era scoperto e la rioccupazione dei principali posti di frontiera 194 non aveva recato alcun sensibile miglioramento nel grado dJ sicurezza contro le incursioni di reparti della 7 8 D.cor. britanrftca, cui certo non erano precluse pun-


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tate a largo raggio nel deserto. Di conseguenza, mentre si provvedeva ad un consolidamento 'delle posizioni occupate ed al rafforzamento del terreno, già dal 18 settembre venivano disposte azioni di colonne motorizzate per tener lontano l'avversario e consentire in un ambiente relativamente tranquillo la realizzazione di un minimo di organizzazione difensiva. La ricognizione armata più consistente fu quella svolta il 7-8 ottobre su Gabr Abu Raydan da una colonna della D.f. Cirene, sistematasi nella zona di Alam er-Rabia all'estremità orientale del ciglione che si dirigeva verso Sollum, e da una della 2a divisione libica, disposta a sud di Sidi el-Barrani (schizzo n. 9). Le due colonne, riunitesi il 7 a Bir Enha, nell'ampio intervallo esistente tra le due unità, procedettero il giorno seguente sùll'obiettivo, ove costrinsero mezzi blindati nemici a ripiegare. L'impiego delle colonne volanti acquistò maggior rilievo dopo il 28 ottobre, a seguito della direttiva di Badoglio di impegnare seriamente le forze inglesi antistanti, specialmente quelle corazzate, in concomitanza con l'inizio della campagna di Grecia. Il 5 novembre il gruppo divisioni libiche, dislocato nel suo complesso ad est ed a sud di Sidi elBarrani, operò con due colonne - una per divisione - rinforzaté da carri medi ed accompagnate dalla caccia nella zona di Alam elQatrani: gli scontri furono di breve durata ed il nemico si sganciò rapidamente protetto dalla propria artiglieria. A questa nostra attività, basata anche su largo impiego di aviazione, il Comando britannico contrapponeva una serie di azioni navali, aeree e terrestri: bombardamenti dal mare sui nostri apprestamenti costieri; bombardamenti aerei, specie notturni, sui centri logistici di Sidi elBarrani, Bug Bug, Sollum, Bardia, Bengasi; ricognizioni aeree sul nostro schieramento avanzato; puntate terrestri di sondaggio contro le posizioni della 10 8 armata e di disturbo sulle retrovie. Si è detto dell'ampio intervallo esistente fra il gruppo divisioni libiche, di cui faceva parte il raggruppamento Maletti, e la Cirene. Le truppe di Maletti apparivano le più esposte sia per la loro scarsa consistenza sia perché prive di appoggio d'ala. Il largo varco di Bir Enba - che si paleserà fatale - dette subito preoccupazione a Graziani che ne parlò con Berti. Questi il 18 sera venne avvisato da Maletti dell'infiltrazione di mezzi cingolati inglesi verso nord-est, cioé verso il cuore delle retrovie della 10a armata, e, pensando alla possibilità di un attacco di disturbo, dispose che un battaglione di carri M 11 del 1° raggruppamento raggiungesse immediatamente Maletti; che una colonna celere della 2 a libica ed una del raggruppa. mento Maletti fossero approntate per intervenire al momento op-


Schizzo n. 9 AZIONI DI COLONNE ITALIANE MOT. (OTTOBRE · NOVEMBRE 1940)


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portuno insieme con il resto dei carri medi rimasti presso Sidi el Barrani; che, infine, l'indomani, ove l'attacco non si fos se pronunciato durante l'arco notturno, venisse battuto il terreno a sud delle nostre posizioni, in base ai risultati della ricognizione aerea. Il m attino del 19 il gen. Gallina, comandante delle divisioni libiche, informato che l'aviazione aveva spezzonato autoblindo nemiche a Bir Enba e nella zona di Alam Abu Hileiuat ad una trentina di chilometri a sud di Sidi el-Barrani, e che unità meccanizzate erano in sosta a nord-ovest di Alam el-Heilif, ordinò che le due colonne celeri, muovendo rispettivamente dalle posizioni avanzate di Alam elTummar e di Alam Nibeua, puntassero su Alam Abu Hileiuat, col compito di esplorare la zona in un raggio di tre chilometri. La 2 a libica doveva tenere in riserva un'altra colonna. Alle 12,40 la colonna di Maletti 195 , arrivata per prima ad Alam Abu Hileiuat e fatta segno a tiri di artiglieria ed attaccata da autoblindo e carri, si impegnò in un aspro duello. Verso le 13 sopraggiunse la colonna della 2a libica 196, che subito, intervenne col fuoco, reagendo al tentativo avversario di avvolgere i suoi fianchi. Dopo una dura lotta, i reparti inglesi 197 venivano respinti; tuttavia, durante il r ientro alle basi delle unità italiane, essi tornarono alla carica pr ovocando vivaci combattimenti di retroguardia, r isolti a nostro favore anche per l'intervento di una squadriglia di Ba.65 che effettuò mitragliamenti a bassa quota. Contemporaneamente, un grupp o di CR.42 affrontava una forza aerea nemica, riuscendo ad abbattere sei Gloster senza subire perdite. Era inoltre accorsa anche la colonna di riserva, inviata dalla 2 a libica 198, Lo scontro del 19 novembre fu significativo. Prima di tutto i carri M 11 dimostrarono ancora una volta i loro limiti, specie quelli causati dalla mancanza della torretta. In secondo luogo si pose apertamente il problema•della reale utilità delle colonne volanti. Il gen. Gallina si espresse con molta franchezza. Se queste colonne avevano lo scopo di tenere in rispetto l'avversario sarebbe stata sufficiente la perlustrazione saltuaria nel r aggio di sette-otto chilometri e, quindi, nelle zone fra l'una grande unità e l'altra. Se, invece, il loro scopo era di ricercare e di ingaggiare il combattimento con formazioni meccanizzate britanniche per catturare e distruggere loro elementi, esse non erano affatto idonee, con i mezzi di cui al momento disponevano, a conseguire tale fine. Difatti il nemico contrapponeva a dette colonne - costituite, nella migliore delle ipotesi, da una massa di autocarri trasportanti artiglierie e da una scarsa aliquota di carri - mezzi più veloci, più potenti e meglio protet-


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ti, appoggiati da artiglierie più mobili ed a braccio più lungo. Disponeva inoltre di una bene organizzata rete di osservazione e di collegamenti e, favorito dal terreno scoperto e facilmente percorribile, poteva concentrare rapidamente le forze ritenute necessarie per accettare od imporre un combattimento con esito favorevole. Per giunta, le colonne italiane, a un dato momento, o perché arrivate sull'obiettivo o perché costrette dall'azione nemica, comu nque per esplicare la loro unica caratteristica positiva (la potenza di fuoco), erano costrette a fermarsi: ma quando dovevano far ritorno alle rispettive posizioni, si trovavano ad affrontare la crisi del distacco e del ripiegamento, p roprio allorché l'avversario aveva la massa delle sue forze in potenza o addirittura in azione. E il ripiegamento imponeva, con l'alternarsi degli scaglioni, il dimezzamento delle forze per fronteggiare il nemico, che naturalmente raddoppiava la propria aggressività. "In queste azioni di combattimento - affermò Gallina nella sua relazione al Comando della 10a armata - rifulgerà, come finora ha rifulso, la capacità ed il valore dei nostri comandanti e dei nostri gregari, ma non potremo mai mettere a l nostro attivo un chiaro tangibile successo (...)".

In effetti i risultati di questi scontri non erano certo appariscenti e l'avversario non se ne mostrò vincolato, ma si trattava di un tentativo di con trastare in qualche modo il dominio del deserto che gli inglesi avevano già acquisito.


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NOTE CAPITOLO Il

1 A. 2

TRUCHET, op. citata, p. 91.

Ibidem.

3 PAUL BAUDOUIN, Neuf mais au Gouvernement (avril-décembre 194()), Table Ronde, Paris 1948, p. 207. Nell'esposizione di Weygand o nel resoconto di Baudouin si riscontrano grosse distorsioni della verità: non quattro divisioni di campagna bensì due più un reggimento avevano lasciato l' Africa in maggio-giugno e ne rimanevano non quattro ma sei, senza contare le tre di protezione in Algeria ed i complessi di forze minori. Inoltre c'erano 268 carri moderni H .35, R.35 e O.I e perfino Somua da 20 tonn. (che all'armistizio verranno immediatamente mandati a Dakar). 4 A. TRUCHET, op. citata, pp. 94-95. 5 Yves BouTHILLI ER, Le drame de Vichy. Face à l'ennemi face à l'allié, Plon, Paris 1950, pp. 107-108. w. SHJRER, op. citata, pp. 1055-1056. A. TRUCHET, op. citata, pp. 366368. 6 A. TRUCHET, op. citata, pp. 98-99. 7 Complessivamente, le unità aeree affluite com prendevano 24 gruppi da bombardamento con 431 apparecchi di cui 295 in piena efficienza; 17 gruppi da caccia con 710 apparecchi di cui 523 efficienti; 39 gruppi da ricognizione con 500 velivoli di cui 350 efficienti. Gli altri apparecchi erano da collegamento e per le scuole. Due terzi dei velivoli si erano rifugiati in Marocco. Altre unità atterravano a Dakar, a Gibilterra, in Egitto ed in Siria. Anche la disponibilità di aviatori era nutrita: entro la seconda quindicina di giugno arrivarono in Nordafrica circa 10.000 aviatori, fra cui più di 600 ufficiali, dalla Francia e dalla Gran Bretagna, nonchè alcune centinaia di belgi ed oltre mili~ polacchi, con una buona percentuale di piloti. 8 All'incirca dal 10 giugno Noguès cominciò a rendersi conto del significato che il Nordafrica poteva rivestire nei confronti della guerra e, fra i vari sforzi esercitati per colmare almeno parzialmente le proprie deficienze, ci fu anche un telegramma spedito a Washington il 20 giugno per l'acquisto e la spedizione urgente di una prima partita di 10.000 fucili, 200 cannoni controca rri, 100 carri moderni e munizioni, oltre a 600 automezzi. 9 WINSTON CHURCHILL, La seconda gue rra mondiale, par te li, voi. I, Mondadori, Milano 1949, p. 204. IO A. CUNNINGHAM, op. citata, p. 59. 11 Punto di vista italiano sulle condizioni di armistizio in FRANCESCO Rossi, Mussolini e lo Stato Maggiore, Roma 1951, pp. 174-175. 12 Promemoria sul convegno d i Monaco steso dal gen. Roatta in F. Rossi, op. citata, p. 16, e relazione di Mussolini in Mussolini e Hitler, cit., p. 28. 13 LEONARDO SIMONI, Berlino ambasciata d'Italia, Miglia resi, Roma 1946, p. 133. Sui particolari relativi all'armist izio vds. F. Rossi, op. citata, p. 67 e seg., e EMJUo FALDELU, L'Italia nella seconda guerra mondiale, Capelli, Bologna 1959, p. 179 e seg. 14 FREDERJCK DEAKJN. Storia della repubblica di Salò, Einaudi, Torino 1963, p. 64. 15 DSCSAS, telegramma 01/205602 data 20.6.1940 d el Comando Superiore. i6 Diario storico del Comando Supremo DSCS, tele f.1/854 data 23.6.1940 del~ mando Supremo. 17 Tele 018 data 16.6.1940 del C.S .F.A.A.S. 18 La colonna perse 200 uomini, 4 pezzi, 30 automezzi e 12 carri leggeri.


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19 L'azione della colonna D'Avanzo non fu certamente commendevole sul piano organizzativo. Essa, già approntata come elemento mobile del XXI corpo d'armata, mosse dalla zona in cui si trovava su ordine del Comando d' armata. Il Comando del XXI corpo venne posto al corrente a fatto compiuto, con la precisazione che l'azione era sotto il controllo diretto del Comando d'armata. Dopo poche ore il gen. Dalmazzo ricevette comunicazione che la colonna _:_ la quale, bloccata da forze meccanizzate britanniche, si trovava ormai in una situazione tragica - era restituita alle dipendenze del XXI corpo, che pertanto doveva provvedere urgentemente al suo sostegno. Naturalmente qualsiasi intervento tempestivo era impossibile, anche perché il solo elemento in grado di r isolvere la questione - l'aviazione - era in mano al Comando Superiore (testimonianza del gen. Rinaldini, già maggiore s.S.M. all'ufficio operazioni del XXI corpo). 20 I carri leggeri si videro perforati da parte a parte dai fuciloni con trocarri Boys, di cui erano dotate le autoblindo e le unità motorizzate inglesi. La cosa, presto divulgata nell'ambiente carrista, ebbe grosse remore psicologiche e materiali nell'impiego. La situazione migliorò con l'utilizzazione dei fuciloni Solothurn, installati anche sui carri L. 21 Comando Supremo, Relazione campagna dell'A.S. 1940-43, 1 • parte (d'ora in poi citata come Rei. CS), tele 08/marcia data 14.6.1940 del C.S.F.A.A.S. In merito a tale relazione è utile precisare che si tratta di una sintesi degli avvenim enti militari di rilievo, compilata dal Comando Supremo guerra durante, il cui pregio maggiore risiede nell'aver raccolto ordinatamente copia di tutte - o quasi - le comunicazioni d' ufficio tra Comando Superiore A.S. e Comando Supremo (lettere, dispacci, telegrammi). Nulla di particolarmente significativo, dunque, rispetto al carteggio custodito negli atti d'archivio, ma comodità di consultazione di materiale non sempre fa. cilmente reperibile in originale o, talvolta, per duto. 22 Veramente, secondo il S.I.M. la 7° D. cor. disponeva di 286 fra carri ed autoblindo. Nell'azione del 14 contro la ridotta Capuzzo erano stati stimati presenti 200 fra carri ed autoblindo. 1 23 Rei. CS, citato tele 018 data 16.6.1940 del C.S.F.A.A.S., allegato 10. 24 Nel giro di una diecina di giorni furono spostati dalla 5 8 alla 10• armata: la 2• D. libica, il XXIII corpo meno la fanteria della 2• D.cc.nn., due battaglioni carri leggeri, il 55° artiglieria Savona, otto batterie da 65/17, tre batterie da 20, una compagnia da 47/32, due compagnie telegrafisti, 1100 automezzi (compresi quelli delle predette unità), 24 autoambulanze e tutto lo scarso munizionamento perforante da 20, da 47 e da 65. 25 Nel pomeriggio dello stesso giorno 18 il Comando Supremo comunicò che, per sopravvenuta indisponibilità degli incrociatori, l'azione navale doveva essere effettuata con i cacciatorpediniere di Tobruk, al ch'e Balbo replicò che rinunciava a tale impiego in quanto sproporzionato ai rischi e che avrebbe affidato il compito alla sola aviazione. Infatti il mattino del 19 una formazione di una ventina di apparecchi mitragliò e spezzonò una colonna corazzata fra Bug Bug e Sollum. Nel conseguente combattimento aereo contro squadriglie britanniche accorse fecero per la prima volta la loro apparizione gli Spitfire. 26 Rei. CS, tele 1/551 data 19.6.1940 del Comando Supremo. Da rilevare che la Libia dal 9 gennaio 1939 era territorio metropolitano. 27 Rei. CS tele 1/581 data 19.6.1940 del Comando Supremo. 28 Rei. CS, f. 01/205594 data 20.6.1940 del C.S.F.A.A.S. 29 Rei. CS, f. 01/205602 data 21.6.'1940 del C.S.F.À.A.S.


160 3o Rei.

LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

CS, f. 01/685 data 21.6.1940 del Comando Supremo. Rei. CS, f. 01/205917 data 28.6.1940 del C.S.F.A.A.S. 32 Rei. CS, f. 1/932 data 25.6.1940 del Comando Supremo. 33 Verbale riunione allegato 11. 34 DSCS, data 26.6.1940. 35 Rei. C.S., f. 1/955 data 26.6.1940 del Comando Supremo. 36 Il giorno dei funerali solenni di Balbo a Tripoli, un caccia inglese sorvolò lazona e lasciò cadere un bossolo metallico legato con un nastro tricolore. Conteneva un messaggio del mar. Longmore: "La Royal Air Force esprime il proprio sincero rimpianto per la morte del maresciallo Italo Balbo, un grande condottiero ed un valoroso aviatore. L'avevo conosciuto personalmente. Il destino ha voluto che fossimo nemici". Un gesto da soldato. 37 Al termine della guerra Badoglio commentò: "lo non ero affatto convinto che il Maresciallo Graziani fosse al suo posto come Capo di Stato Maggiore dell'Esercito. Mancava di adeguata preparazione e non aveva alcuna dimestichezza con i complessi problemi di uno Stato Maggiore cosi importante" (PIETRO BADOGLIO, L'Italia nella seconda guerra mondiale, Mondadori, Milano 1946, p. 48). Tutto vero, però non spiegò né perché, a tempo debito, non si fosse opposto alla nomina, né perché non abbia poi approfittato della partenza di Graziani per la Libia come comandante superiore per farlo sostituire. 38 RODOLFO GRAZIANI, Africa settentrionale (1940-1941 ), Danesi, Roma 1948, p. 44. Si fa riferimento a quest'opera, anziché al Memoriale compilato dal maresciallo a seguito dell'inchiesta Thaon di Revel, per comodità di consultazione da parte dei lettori. 39 Rei. CS, tele 1073/op. data 3.7.1940 del Comando Supremo citato. 4 o R. GRAZIANI, op. citata, p. 47. Però esisteva il vecchio provvisorio piano di radunata D (P.R.D.), abbozzato nel 1938 - prima della diramazione del P.R. 12 - con il quale Balbo prevedeva uno sforzo con sette divisioni su Marsa Matruh e Alessandria ed un'azione concomitante con le divisioni libiche autoportate da Giarabub su Marsa Matruh. 41 R. GRAZIANI. op. citata, p. 42. La cosa pare assai poco attendibile perché un progetto del genere comporta una serie di studi di natura logistica, che non possono evitare la partecipazione di ufficiali di diverse branche. Molto probabilmente si trattava semplicemente della vecchia concezione che Balbo andava accarezzando entro di sé. 42 Verbale della riunione, allegato 12. 43 Verbale ·della rii.tnione data 2.7.1940 allegato 13. 44 Rei. CS, tele 1073/op. data 3.7.1940 del Comando Supremo. 45 Sintesi compilata dal Ministero della guerra, gabinetto, allegato 14. 46 DSCS, 1239/op. data 11.7.1940 del Comando Supremo - allegato 15. 47 DSCS, f. 1089/op. data 4.7.1940 del Comando Supremo. 48 Dal promemoria dell'ufficio ordinamento e mobilitazione dello Stato Maggiore Esercito sugli accordi presi col gen. D'Aponte, si traggono queste poche eloquenti cifre. Per dare 28 ospedali da campo sui 35 richiesti occorreva sottrarli a 14 divisioni; era possibile assegnare appena 20 autoambulanze invece delle 200 necessarie ed una delle sole due navi ospedali esistenti in Italia; i reparti del servizio automobilistico in madrepatria raggiungevano a stento il 40% dell'organico di guerra e, provenendo in massima parte dalla requisizione, presentavano il grosso problema delle riparazioni e delle parti di ricambio. 31


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49 Il 4° rgt.f.carrista, su un comando e due bat taglioni carri medi (circa 600 uomini. 72 carri M 11, 56 automezzi, 37 moto e 76 carrelli rimorchio) si trasferì da Bengasi a Tobruk (600 km) per via ordinaria. Era stato dotato di carr elli di vario tipo, di portata inferiore al tonnellaggio dei carri, motivo per cui moltissimi carrelli, appena caricati, si "imbarcarono". 50 DSCSAS, tele 01/206436/op. data 12.7.1940 del Comando Superior e. 51 Rei. CS, tele 1274/op. data 13.7.1940 del Comando Supremo. 52 Rei. CS, tele 1299/op. data 14.7.1940 del Comando Supremo. 53 Il 7 luglio, a Berlino, Keitel aveva detto a Ciano che per il momento "non vi è nulla di deciso da parte dello Stato Maggiore" e proprio il 14 mattina era giunta a Mussolini una lettera, datata 13, con la quale Hitler gli comunicava che i preparat ivi per l'attacco all'Inghilterra rivestivano molta complessità e richiedevano "un certo tempo", lo ringraziava per l'offerta di forze terrestri ed aeree presentatagli da Ciano e gli suggeriva di conce~trare ogni sforzo per un'offensiva in Egitto sino al canale di Suez. 54 Rei. CS, tele 01/206500/op. data 15.7.1940 del C.S.F.A.A.S., allegato 16. 55 Rei. CS, tele 1311/op. data 15.7.1940 del Comando Supremo, allegato 17. 56 Rei. CS, tele C.84/201 il data 19.7.1940 del C.S.F.A.A.S . 57 Rei. CS, tele 1404/op. data 20.7.1940 del Comando Supremo. 58 DSCSAS, f. 2023/op. data 23.7.1 940 del Comando Superiore, allegato 18. 59 Il raggruppamento era stato costituito 1'8 luglio allo scopo di disporre di una grande unità speciale, con larga autonomia logistica e tattica, particolarmente atta ad operare isolata in regioni desert iche, scarse di acqua e di altre risorse. Venne ordinato su tre comandi di gruppo, sette battaglioni libici, un battaglione sahariano, due gruppi d'artiglieria, un battaglione misto carri su una compagnia carri M 11 ed una compagnia carri leggeri, due compagnie cannoni da 47/32, una compagnia mortai da 81, due batterie da 20, una compagnia t rasmissioni, una compagnia idrici ed organici dei servizi. La quasi totalità dei reparti libici proveniva dalla Tripolitania e dai territori dell'interno ed era estr emamente eterogenea. Eccettuati i quattro battaglioni di vecchia costituzione, gli altri non avevano neppure compiuto l'addest ramento da recluta e, insieme con la stragrande maggioranza dei richiamati dal congedo, "costituivano una massa amorfa e sem. 'anima, più rassegnata che lieta della propria sorte" . Questo "gelo morale", come lo definì il gen. Maletti, t raeva principalmente origine dal servizio militare obbligatorio introdotto forse prematuramente in un ambiente tradizionalmente ad esso ostile, dall'improvviso allontanamento dei battaglioni dalla terra d'origine, da notizie esagerate sulla potenza dei mezzi corazzati nemici. L'assegnazione dei carri armati e dei pezzi cont rocarri, nonché l'indubbio ascendente esercitato da Graziani, valsero tuttavia a migliorare sensibilmente il clima predetto. 60 Rei. CS, tele 1507/op. data 26.7.1940 del Comando Supremo, op. citata, pp. 215216. 61 Rei. CS, f. 1510/op. dat a 26.7.1940 del Comando Supremo. 62 . DSCSAS, f. 03/op. data 29.7.1940 del Comando Superiore, allegato 19. 63 Appunto di Badoglio per Mussolini data 30.7.1940 - allegato 20. 64 Appunto autografo del mar. Badoglio in data 30.7.1940. 65 DSCS, f. 1593/op. data 31.7.1940 del Comando Supremo. 66 DSCS, f. 2388 S.R.P./Sup. data 1.8.1940 del Capo di S.M. della R. Marina. 67 Cfr. citato allegato 14. 68 Gli autocarri pesanti Lancia Rt portavano un carico utile di 5 tonnellate.


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Studio Operazione Alessandria · allegato 21. A prescindere dall'attendibilità delle richieste, la sola questione dei 5.200 autocarri pesanti sembra sia stata su fficiente a "congelare" il progetto, che non risulta, infatti, abbia ricevuto a Roma seda attenzione. 71 DSCSAS, memoria presentata da Graziani il 5.8.1940. allegato 22. 72 DSCS. nota personale di Badoglio in data 6.8.1940. 73 GALEAZZO CIANO. Diario 1937-1943, Rizzoli, Milano 1980, p. 456. 74 Verbale della riunione e lettera di trasmissione di Graziani a Badoglio, allegato 23. 75 DSCSAS, f. 04/op. data 18.8.1940 del comandante superiore. La lettera è datata Cirene 18 agosto, ma in realtà fu scritla nelle prime ore del 19, quasi contemporaneamente ad altra lettera per Ciano, datata Bengasi 19 agosto, con la quale veniva trasmessa "copia di un documento al Capo di S.M. Generale". La lettera giunse a destinazione il 20 a mezzo corriere aereo. 76 Dal 5 agosto la carica era stata assunta dal gen. Giordano in sostituzione del gen. D'Aponte. 77 G. CIANO, op. citata, p. 456. 78 Ibidem, p. 457. 79 DSCS, f. 180 data 1.8.1940 dello S.M.R.E. 80 DSCS, f. 1772 data 8.8.1940 del Comando Supremo. Lo stesso giorno Roatta, tramite il gen. von Rintelen, chiese un abboccamento con rappresentanti dell'OKW, richiesta che ebbe esito negativo: le conversazioni italo-tedesche nel senso desiderato - fu risposto - erano superflue perché il Fi.ìhrer des iderava calma al confine meridionale e non voleva offrire all'Inghilterra lo spunto per stabilire basi aeree in Jugoslavia; ispezioni alle fortificazioni jugoslave dal confine tedesco non sarebbero state consentite (E. VON RINTELEN, op. ci1a1a, p. 100). 81 DSCS, f. 1882 data 13.8.1940 del Comando Supremo. 82 OSCS, f. 2105 data 26.8. 1940 del Comando Supremo. 83 MARIO MONTANARI, La campagna di Grecia, USE Roma 1980, pp. 41-42. 84 Qualche giorno dopo, il 21, il gen. von Rintelen si recò da Badoglio a nome di Keitel per evitare mosse contro la Jugoslavia e la Grecia (QUIRINO ARM ELLINI. Diario di guerra, Garzanti, Milano 1946, p. 63). 85 Il 26 agosto Badoglio scrisse al Viceré: "Determinare a priori la durata della guerra è cosa praticamente impossibile. Vi posso dire che i Tedeschi ritengono di poter condurre felicemente a compimento lo sbarco in Inghilterra e quindi concludere la guerra entro il mese di ottobre prossimo venturo. Co n ciò non si nascondono le difficoltà dell'impresa, che dopo aver accuratamente studiala e preparata, perfezionano continuamente in lutti i particolari(...). Credo che si possa concludere così: speriamo che la gue rra termini realmente entro ouobre, ma prepariamoci all'idea che duri più a lungo(...)" (DSCS, f. 2105 data 26.8.1940 del Comando Supremo). 86 Rei. CS, tele 1990-1991-1992/op. data 19.8.1940 ore 12,30 del Comando Supremo. 87 Cifra indicata da Wavell a fine luglio nel citato Despatch p. 3001. 88 F. 500.24028 data 30.8. 1940 del~a Dir. Gen. P.S. Le spedizioni di cartoline postali in franchigia dopo lo scoppio della guerra furono le seguenti: 1.000.000 il 27 luglio con i piroscafo Ci/là di Palermo, 1.200.000 il 17 agosto con il piroscafo Foscarini. A fine agosto 800.000 cartoline erano giacenti a Napoli in attesa di inoltro a Tripoli. 89 Rei. CS, tele 3031/op. data 20.8.1940 del C.S.F.A.A.S. "Se a Roma, poi, avesse ro voluto tener conto di quanto nel verbale era esposto - commentò Graziani - questo (>

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mi sarebbe certamente stato reso noto" (R. GRAZIANI, op. citata, p. 68). 90 DSCS, tele 2036/op. data 21.8.1940 del Comando Supremo. 91 Rei. CS, f. 07/op. data 23.8.1940 del C.S.F.A.A.S. e relativi allegati. I documenti in questione sono riportati in allegato 24. R. GRAZIANI, op. citata, pp. 68-69. 92 Rei. CS, f. 2180/op. data 29.8.1940 del Comando Supremo. 93 Era costituita con lllna sola aliquota del raggruppamento oasi meridionali, e precisamente: due battaglioni libici, il battaglione sahariano, il battaglione misto carri, tutti i reparti d'accompagnamento e i due gruppi d'artiglieria. In totale 3.800 uomini, 160 quadrupedi, 500 automezzi poi ridotti a 320 (di cui 250 autocarri). 94 DSCSAS, f. 01/207914 data 5.9.1940 del Comando Superiore, allegato 25. Bisogna ritenere che ogni accorgimento fosse messo in opera in campo logistico. Tuttavia qualche esitazione sorge inevitabile. Ad esempio, il 21 giugno Balbo aveva chiesto 1000 auJocarri; l'intendente superiore confermò la richiesta a Roma il 4-5 luglio e si accontentò di 760 mezzi; Graziani la rinnovò il 5 agosto a Mussolini e la mantenne, anche se non esplicitamente, nel verbale del rapporto tenuto il 18 agosto a Cirene. Però in detto verbale, non soltanto non si fece cenno dei 400 autocarri già arrivati (oltre ad un numero imprecisato affluito indipendentemente dall'esigenza in argomento), ma addirittura si mise in dubbio che i I 000 autocarri sollecitati fossero sufficienti. Infatti il documento precisò non essere stato ten uto conto delle avarie e perdite per cause belliche. All'inizio di agosto la situazione autoveicoli in Libia era la seguente: 6.500 autocarri di cui la metà pesanti, 510 rimorchi, 100 autofficine e carri officina, 110 autobus ed autofurgoni, 230 me zzi speciali e vari, 750 trattori e trattrici, 250 mototricicli e 1.900 motociclette. Le inefficienze per avarie di diverso tipo si aggiravano sul 20%. Nel rapporto del 18 agosto la disponibilità in Cirenaica risul tava di 3.787 autocarri efficienti, interamente assorbiti dalle necessità di vita dei repart i, cioé a prescindere dall'offensiva (2.700 per le grandi unità più 1.000 per l'Intendenza Superiore). Il computo era stato fatto tenendo presente l'eventualità che, per esigenza di azioni d i manovra, si potesse rendere necessario autocarrare contemporaneamente tutte le grandi unità della Libia orientale. Ciò non essendo, furono recuperati i mezzi per l'autotrasporto di talune grandi unità interessate all'offensiva. Anche ritenendo possibile il reperimento di un maggior numero di automezzi, la situazione forse non sarebbe migliorata di molto. Il nodo della questione sembra invece l'eccessivo ritardo nell'ammassamento a Tobruk e Bardia dei materiali occorrenti ad alimentare l'azione. Occorre pensare che in due mesi ciò fosse attuabile; allora lo sforzo logistico per sostenere un'offensiva di 100-150 chilometri di braccio sarebbe stato ordinaria amministrazione. Ed anche per il carburante c'è qualche rilievo da fare. l'intendente superiore affermò a Roma che non esisteva alcuna necessità in proposito: nella sola Cirenaica si aveva un'autonomia di due mesi e mezzo, malgrado vi fosse concentrata la maggior parte dei veicoli della Libia. Ma questa autonomia non teneva conto né dei mille autocarri richiesti né dell'offensiva. Infatti, il verbale del 18 agosto sottolineava che "in caso di operazioni, impiegando i soli mezzi esistenti, la sufficienza si riduce ad un terzo di quella indicata, prescindendo [per giunta) da perdite per eventi bellici". 95 Rei. CS, f. 2319/op. data 5.9.1940 del Capo di S.M.G. 96 DSCSAS, tele 3/op. data 7.9.1940 del comandante superiore, allegato 26. 97 Rei. CS, tele 2350/op. data 7.9.1940 del Comando Supremo. A questo fece seguito un secondo dispaccio, person.te, sempre di Badoglio: "Ricevuto vostro telegramma. State tranquillo che nessuno esalta più di me opera vostra e ovunque parlo


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di voi con assoluta sicurez.z.a" (ReJ:cs, tele 2371/op. data 7.9.1940 del Capo di S.M.G.). Ricevuto il tele 2350, Graziani rinunciò a spedire a Mussolini la lunga lettera esplicativa riportata in allegato 27. 98 DSCSAS, riassunto degli ordini verbali impartiti dal comandante super iore il 7.9.1940, ore 22,30. 99 DSCSAS, f. 0/29 op. data 7.9.1940 del Comando Superiore e f. 01/7351 data 8.9. I 940 del Comando 10• armata, allegato 28. 100 Con una piccola e ... grande omissione: il gruppo divisioni libiche non ricevette obiettivo d'attacco. Forse lo si dette per scontato(!). 101 Non si considera il 7° gruppo da combattimento perché i Ba. ~ di cui era dotato si palesarono assolutamente insufficienti a qualsiasi impiego, tanto che smontatene le parti utilizzabili - vennero impiegati come sagome a terra per ingannare l'osservazione avversaria. 102 Il mattino del IO Graziani si accorse dell'omissione ed invitò il capo di S.M. dell'armata a po1·vi riparo, ma l'inconveniente si ripeté il giorno dopo, motivo per cui richiamò Berti sulla necessità di tenere Maletti sempre orientato. Meglio sarebbe stato, però, mettere quest'ultimo agli ordini dell'armata. 103 Nel suo diario Graziani scrisse: "Alle tre [del 12) dopo sei ore di ansie e di tormento per riparare le altrui de ficienz.e ed errori vado a dormire. Alle cinque sono nuovameme in piedi( ... )" e consultati i generali Tellera e Miele sull'eventuale convenienza di attaccare ugualmente a nord, senza preoccuparsi di Maletti. "Dopo matura riflessione si conclude unanimemente che è meglio fare questa giornata di sosta". R. GRAZIANI, op. citata, pp. 79-80. 104 DSCSAS, f. 01/7555 data 14.9. 1940 del Comando 10• armata. 105 DSCSAS, f. 01/541 op. data 14.9.1940, ore 19,25. 106 DSCSAS, f. 01/7572 data 14.9.1940 del Comando 10• armata. 107 DSCSAS, tele 01/550 op. data 15.9. 1940, ore 1,30, del Comando Superiore. 108 Tutte le truppe mobili - D.cc.nn. 23 marz.o, r aggruppamento Maletti, I O raggruppamento carri cui si era aggiunto il battaglione carri leggeri di Maletti, ed alcuni supporti di corpo d'armata - erano state poste ai diretti ordini di Bergonzoli per la conquista di Sidj e l-Barrani. 109 DSCSAS, tele 01/574 op. del Comando Superiore al Comando Supremo. 110 La situazione comunicata da Maletti era la seguente: "Comando raggruppamento et una btr. da 20, una cp. da 47 at Ghot el-Sidra. Stop. Btg. sahariano fermo al Nez.uet Ghirba perché automezzi impiegati dal corpo d'armata per trasporto battaglione da Es Zeitun at Sidi Omar. Stop. Un battaglione, una sezione 65117 et una da 20 at Sidi Omar in attesa arrivo battaglione Marmarica che li sostituisca stop Btg. carri passato at divisione Marmarica, 5 pezzi 75 C.K. et 6 da 6511 7 in marcia da Nez.uet Ghirba at Ghot el-Sidra et Neqb el Uadi Halfaya stop Attualmente non dispongo quindi che di I btg. e 2 gruppi di art. incompleti et piccoli elementi anticarro. Stop. Prego considerare questa anormale situaz.ione". 111 Con la colonna di destra muoveva il Comando carri (gen. Babini), ma senza una responsabilità ben definita. 112 Da La distruzione di un esercito. La prima campagna libica (settembre 194(). febbraio 1941), pubblicato dal ministero delle informazioni britannico per conto del ministero della ·guerra. 114 R . GRAZIANI, op. çitala, p.-86. 115 A sua volta l'avversario cosi si espresse circa la nostra artiglieria: "Il nemico non fece uso della sua superiorità numerica e della sua mobilità, per superare di fian-


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cole nostre forze. La sua artiglieria venne però impiegata con audacia e, in realtà, su tutte le azioni italiane in questo settore il buon uso dell'artiglieria fu la caratteristica più saliente. Una delle peculiarità di questa artiglieria era costituita dalla mobilità del suo tiro. Talvolta i cannoni sparavano dagli stessi autocarri; altri, scaricati, venivano posti in azione con notevole rapidità sebbene si notasse che la precisione del tiro fosse sacrificata all'intensità del fuoco". (Da La distruzione di un esercito). 116 DSCSAS, tele 01/590 data 16.9.1940, ore 11,30. 117 La situazione inglese era· così prospettata daIJa nostra osservazione aerea: "Ore 13,55 divisione corazzata inglese (150 mezzi meccanizzati sparsi in gruppi) concentrata e in sosta intorno a Bir Enda e tra Bir er Rabia e Bir Enda; una diecina di mezzi meccanici a Bir Habata; movimenti distanti su piste a sud-est di Sidi el-Barrani; vasto incendio a una diecina di chilometri a sud di Sidi el-Barrani". Evidentemente non si trattava della 7 a D.cor., ma del grosso della sua aliquota avanzata, che non era riuscito ·ad intervenire nel combattimento. 118 In particolare, il XXIII corpo ebbe le seguenti perdite:

Morti giorno »

» » »

» Totale

13 14 15 16 17 18

-

-

Ufficiali Feriti Disoersi 3 I

2

-

I

8 6 1 19

4

7

-

-

Morti 7 14 14 12 37

84

Truppa Feriti Dispersi 20 2 18 36 40 1 118 3 18 1 250 7

Le perdite su riportate (in totale 367) furono subite dalle diverse unità nella seguente misura: Comando XXIII C.A., truppe di C.A. o direttamente dipendenti, 140; D.cc.nn. 23 marzo, 187; raggr. «Maletti», 12; D.f. Cirene, 16; D.f. Marmarica, 12. Il raggruppamento «Maletti» aveva avuto per effetto dei bombardamenti dei giorni 11 e 12 le seguenti perdite: 14 morti (10 nazionali e 4 libici), 55 feriti (3 ufficiali, 42 nazionali, IO libici). 119 Despatch cit., p. 3001. 120 DSCA, tele 01/660 data 18.9.1940 del C.S.F.A.A.S. - allegato 29. 121 Il raggruppamento e;a stato molto curato. Su dodici Spa 38 fu applicato un piano girevole per la sistemazione dei pezzi da 47/32 e su cinque furgoncini furono installate mitragliatrici. 122 Despatch, citato, p. 3001. 123 G. SANTORO, op. citata, p. 326. 124 Circostanza che gli verrà durissimamente contestata, oltre il giusto. Nessuno infatti ha fatto carico a Wavell ed a Wilson d i stare al Cairo e non in linea, dove si trovava - e bastava - O'Connor. L'aver in parte esautorato il comandante della 10• armata costituì, fra l'altro, un errore psicologico perché contribui a rendere Graziani responsabile di avvenimenti che alla fin fine ricadevano sotto la piena giurisdizione del livello inferiore. 125 Documento allegato..-30. 126 Tobruk, di solito, non superava le 500 tonnellate giornaliere, ma raggiunse punte di circa 700 tonnellate. Bardia era sotto le 200 tonnellate/giorno. 127 Le truppe avevano ricevuto i.!i'autonomia di cinque giorni (quattro al seguito


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dei reparti, comprese le dotazioni di prima linea, ed una a livello divis ionale). 128 li livello au torizzalo venne definito i primi di dicembre in 100.000 uomini {13.000 in Tunisia, 47.000 in Algeria e 40.000 in Marocco) per compless ivi 26 reggimenti di fanteria, 12 di cavalle ria e 6 di artiglieria, con divieto di disporre di pezzi d i calibro superiore ai 75 mm o controcarri. Del pari era vietato formare unità carristi. Tuttavia, in considerazione della possibilità di un tentativo britannico o degaullista in Marocco, venne ro concessi 5 battaglioni carri ed altri I 0.000 uomini. Quanto alle forze ae ree, erano stati autorizzati 435 apparecchi. 129 Rei. CS, tele 2406/op. data 9.9.1940 del Comando Supremo. 130 DSCS, f. 2458/op. data 12.9. 1940 del Comando Supremo (riportato in M. MoN. TANARI, op. citata , doc. 28). 131 DSCSAS, tele 01 /841 del Comando Superiore, data 24.9.1940. Con esso Graziani poneva in evidenza i problemi della rapida trasformazione della pista SollumSidi el-Barrani in strada a fondo artificiale, del prolungamento dell'acquedotto da Bardia a Sidi el-Ba rrani - questione facilitata dal rinvenimento di acqua di dune a Bug Bug (c irca 120 mc/giorno) e poco più ad oriente (30 mc/giorno) -, dei caterpillars per la costituzione di m agazzini mobili (ne occorrevano dall'Italia almeno 200 con rimorchio) e dei trasporti. 132 Erano in programma colloqui militari ad altissimo li vello fra Italia e Germania. 133 Verbale della riunione allegato 31. 134 G. FIORAVANZO, op. citata, pp. 7-8. 135 Le petroliere Caucaso e Persiano, ad esempio, rimasero in sosta a Tripoli per un mese (agosto-settembre 1940) per impossibilità di scarico. 136 DSCS, f. 2493/A data 23.9.1940 del Comando Supremo. La procedura stabilita era la seguente. Il Comando Superiore A.S., tenuto al corrente dallo S.M.R.E. del caricamento dei piroscafi, segnalava allo S.M.R.M. quando e quali navi dovévano partire in relazione alle possibilità libiche. Lo stesso Comando Superiore provvedeva all'organizzazione della discarica dei piroscafi nei porti africani ed impartiva ordini al Comando Superiore Marina A.S. circa i movimenti costieri. Quest'ultimo comunicava poi allo S.M.R.M. la situazione dei piroscafi scarich i e ne chiedeva il convogliamento in patria. 137 DSCS, f. 138/S data 8. 10.1940 del Comando Supremo. 138 DSCS, f. 2989 data 9.10.1940 del Comando Supremo. 139 Per l'esattezza 10.500 autocarri leggeri, 9.200 pesanti e 2.050 rimorchi. Il 30% di tali autocarri ed il 70% dei rimorch i erano di requisizione (situazione al 15 settembre). 140 DSCS, f. 2743 op. data 25.9.1940 del Comando Supremo: "Le richieste del Mar. Graziani per la 10• armata debbono essere soddisfatte con precedenza su ogni altra esigenza e, occorrendo, anche a scapito dell'efficienza de/e G. U. dislocate in Italia (...)". 141 lJ dia rio storico del Comando Supremo reca in data 29 settembre un'annotazione personale di Badoglio, il quale, tra l'altro, dice: " Ho ricevuto il Maresciallo Graziani che illustra la situazione. Alle ore 11, durante un colloquio col DUCE, è stata discussa l'epoca in cui potrebbe avere inizio la nuova fase che il DUCE desidererebbe avvenisse nel mese di ottobre. Ho espresso il parere che non possa avvenire che in novembre" ed aggiunge di aver convocato Roatta, ordinandogli di fare ogni sforzo per potenziare la Cirenaica ed inviare entro ottob re 25 carri armati da 16 tonnellate (intendeva gli M 13), 200 caterpillars e 500 autocarri. Invece secondo Graziani, che si ba-


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sa sul proprio diario (op. cit. p. 100). egli sarebbe giunlo a Roma il 29 alle 11.45 ed il 30 si sarebbe recato da Ba doglio e poi da Mussolini. 142 R . GRAZIANI, op. citata, p. 100. 143 R. GRAZIANI, op. citata, p. 101. 144 Secondo Graziani la conversazione. ebbe luogo il 1° ouobre, secondo Ciano (op. citata, p. 468) il giorno seguente. È più atlendibile la data de'i 2, perché il 1° ottobre giunse a Roma il minislro degli esteri spagnolo, Serrano Suner, e Ciano fu certo impegnatissimo per tutta .la giornata. 145 G. CIANO, op. citata, p. 467. 146 R. GRAZIANI, op. citata, p. 101. 147 DSCS, nota di Mussolini data 5.10.1940. 148 Da La distruzione di un esercito citata. 149 La situazione numerica concernente le truppe italiane in Africa seuentrionale alla fine d i setlembre era la seguente: l. Truppe: Comando Superiore e Intendenza Superiore ......................... ........................... 13.235 u. 10• armata................... ..................... .................................................................. 127.990 u. 5• armata.............................................................................................................. 80.901 u. Unità del Sahara .................................................................................................... 3.486 u. Totale esercito..... ....................................................................................... 225.612 u. altre forze armate.................... ............................................................................ 18.888 u. Totale generale........................................................................................... 244.500 u.

2. Materiali: pezzi controcarri .............., ............................................................................................ 278 pezzi contraerei. ........................................................................................................... 552 altri tipi d i artiglierie ................................................................................................. 1.489 carri armati. ................................................................................................................... 417 automezzi di ogni tipo.'. .......:.. :................................................................................... 7.693 aerei efficienti.. ........................................:.................................................................... 437 aerei inefficienti............................................................................................................ 304 Le cifre complessive relative ai materiali non debbono far dimenticare le note carenze qualitative. Quanto all'avversario, il 13 settembre il S.I.M. aveva segnalato al Comando Supremo che le forze anglo-egiziane, valutate in luglio a 120.000 uomini, erano quasi r addoppiate. I nuovi arrivi erano costituiti da due divisioni australiane certamente giunte dalla Palestina, non.ché da truppe ancora non bene identificate: 20.000 u. provenienti dall'Estremo Oriente e dall'Australia, 25.000 indian i da Bombay e 10.000 inglesi arrivat i dalla Gran Bretagna via Capo di Buona Speranza. Complessivamente Wavell ~oveva disporre in Egitto di circa 200.000 uomini, ai quali potevano eventualmente sommarsi altre due divisioni tuttora in Palestina e 40.000 indiani sbarcati od in corso di sbarco a Bassora. ISO M . MONTANARI, op. citata, p. 60. 151 G. C IANO, L'Europa verso la catastrofe, p. 594. 152 DSCSAS, f. 40/op. data 6.10.1940 del Comando Superiore. 153 I primi di ottobre e.ra sbarcato in Libia un battaglione di 37 carri M 13 da 14 tonnellate con un pezzo da 47/32 in torretta, mentre il carro M 11, da 11 tonnellate, aveva un pezzo da 37/40 in casamat,a. 154 G. CIANO, op. citata, p. 470.


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155 M. MONTANARI, op. citata, p. 70 e seg. e doc. 52. Questo intervento di Mussolini, come altri, è stato omesso in "Storia di un anno" di Mussolini, Mondadori, Milano 1944. 156 Sintassi a parte, la frase del verbale " ... specialmente prevedendo che noi non ci fermeremo" potrebbe anche essere interpretata nel senso di "specialmente se gli inglesi pensassero che noi potessimo non fermarci", ma si ritiene più probabile l'orientamento di Mussolini ad una prosecuzione dello sforzo in profondità dopo breve sosta a Marsa Matruh. 157 In realtà alla data dell'8 ottobre Wavell, a sua detta, disponeva di circa 50.000 uomini, forze egiziane escluse e non te.nendo conto degli afflussi in corso. L'armamento di cui disponeva constava di 156 pezzi da campagna, 18 di medio calibro, 90 pezzi controcarri e 1.000 fuciloni controcarri, 52 pezzi contraerei e 239 Bren-carriers. Egli invece calcolava necessari, sempre per i suoi 50.000 uomini, 380 pezzi da campagna, SO di medio calibro, 320 controcarri, 2.100 fuciloni controcarri e 730 carriers, senza comprendere le scorte. (J OHN CoNNELL, Wavell, Scholar and Soldier, Collins, London 1964, p. 255-256). 158 Il computo degli autocarri fatto dal Comando Superiore era molto accurato: 83 autocarri per il Comando XXIII corpo, 600 per la Sirte, altrettanti per la divisione di riserva, 600 per il gruppo divisioni libiche, 440 per il raggruppamento Maletti, 186 per il raggruppamento artiglieria, 416 per le dotazioni al seguito (2 giornate di viveri e d'acqua, una unfoc e ·quattro unità carburanti), 290 in riserva (il 10%). Nell'ambito dell'armata c'erano 865 automezzi inefficienti, pari a circa il 30% del totale della 10 3 armata. L'Intendenza Superiore inoltre disponeva di 970 autocarri militari e 200 civili. 159 DSCS, f. 01/1500 data 15.10.1940 del C.S.F.A.A.A., allegato 32. 160 Q. ARMEWNI, op. citata, p. 119. 161 DSCS, f. 3198/op. data 18.10.1 940 del Comando Supremo. Bisogna però aggiungere che secondo un appunto in data 12 ottobre preparato dal ministero della guerra per Mussolini la questione stava in altri termini. In breve: prima dell'inizio dell'offensiva il Comando Superiore aveva chiesto complessivamente 5.200 autocarri; ne erano stati inviati 2. 173 con 353 rimorchi e ne er a prevista la spedizione di altri 1.720 con 300 rimorchi. Tale programma di invio copriva le richieste fatte personalmente da Graziani i primi di ottobre a Roma, quindi dopo la presa di Sidi el-Ba.rrani: due autoreparti pe· santi ciascuno di 150 autocarri con rimorchio (già pronti per la partenza); un autoreparto di 100 dovunque (pronto per il 15 ottobre); 200 autocarri Fiat 626, 150 leggeri, 120 camioncini Fiat 508 ed una sezione di autobus (in partenza entro il mese); 500 autocarri specialmente idonei per i territori coloniali (d a allestire entro tre mesi). A titolo di utile completamento del panorama si riporta la situazione automezzi del R. Esercito al 28 ottobre 1940: esistenti in commessa autocarri leggeri......................................................... 20.663 7.759 autocarri pesanti. ....................................................... . 15.099 6.699 autocarri dovunque ................................................... . 971 568 autocarrette................................................................ . 2.751 rimorchi ....................................................................... 7.621 1.678 trattori ......................................................................... 4.546 2.084 trattori pesanti. .......................................................... . 1.536 167 ·a mbulanze ........................................................"........... 1.230 754 autofficine .................................................................. . 369 149


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R. GRAZIANI, op. citata, p. 108. DSCS, f. 01/1740 op. data 24.10.1940 del C.S.F.A.A.S.. allegato 33. 164 Il ministero della guerra aveva dichiarato di poterne spedire una cinquantina di requisizione contro i duecento chiesti da Graziani. 165 Amaramente Graziani commentò: "Esaminando la costitu zione della divisio163

ne corazzata in parola, una cifra salta subito agli occhi, quella degli automezzi: 2.550 per soli 13.000 uomini - press'a poco quanti ne abbiamo in cotale, tra 10° armata e intendenza!". 166 R. GRAZIANI, op. citata, p. I 13. 167 Esistevano in Cirenaica due battaglioni carri M 11 ed uno di M 13. Un secondo battaglione di M 13 era io arrivo dall'Italia. 168 Secondo Graziani la costruzione di un acquedotto dalla ridotta Capuzzo a Marsa Matruh ed oltre era l' unica soluzione possibile al problema idrico. Al riguardo aveva perciò fatto approntare un progetto per il quale era stato chiesto il finanziamento da parte del ministero della guerra ed un intervento del Comando Supremo presso il sottosegretario alle fabbricazioni di guerra per l'assegnazione urgente dell'acciaio occorrente per le tubazioni ed i pezzi speciali nonché della gomma per le guarnizioni nelle quantità previste dal progetto (DSCSAS, f. 1837/V data 22.10.1940 del Comando Superiore). 169 Merita un cenno esplicito Io studio effettuato per l'utilizzazione della lin'ea ferroviaria Marsa Matruh-Alessandria, uno degli elementi del complesso "strada" (da ripristinare sicuramente e migliorare in quasi tutta la sua estensione), più "pista" (da attuare celermente in parallelo alla "strada"), più "acquedotto", più "ferrovia". Premessa una esigenza di trasporto di almeno un migliaio di tonnellate al giorno, si trattava di determinare tutto un materiale ferroviario speciale e di tener presenti le possibilità effettive della produzione italiana del momento nonché la situazione dei trasporti marittimi e terrestri. Il problema tecnico fu affidato all'ing. Lino Castellazzi dell'O.M., il quale lo risolse e ne definl gli aspetti tecnici e d'impiego in maniera veramente encomiabile. L'avviamento della produzione del materiale - 48 treni d'esercizio più 12 di riserva e manovra, composti da un locomotore a nafta (una specie di pianale a sponde basse, con cabina anteriore di guida) e due carri pianali corti, con un carico utile complessivo di 28 tonnellate ed una velocità economica di 40 km orari - poteva essere immediata perché l'O.M. avrebbe utilizzato chassis automobilistici già in corso di costruzione. Con il cambio di alcune Rarti degli assali e delle ruote i treni avtebbero assunto l'apparenza e le possibilità dei normali autocarri e nessuno, ai patti d'imbarco e di sbarco e durante il viaggio, avrebbe potuto sospettare trattarsi di materiale ferroviario, anche perché i carri rimorchio venivano caricati sul locomotore per il trasporto per via ordinaria. Raggiunto il capolinea ferroviario con i propri mezzi, in poche ore il mezzo si sarebbe trasformato in treno. La trasformazione inversa era rapida cosicché diventava possibile immettere materiale ferroviario anche al di là di interruzioni, sia pure estese, della linea ferroviaria con evidente vantaggio. Entro tre mesi l'O.M. poteva fornire i 70 locomotori (compresi 10 per il servizio di stazione) e 120 carri con una spesa complessiva di 26 milioni. 170 o. ARMELLINI, op. citata, pp. 124-125. 171 Il S.I.M. aveva informato del notevole entusiasmo suscitato dall'arrivo di Weygand ad Algeri nella popolazione francese del Nordafrica, mettendo in risalto la possibilità che. specie dopo il potei ziamento militare di quelle regioni, attorno a lui


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potesse polarizzarsi la corrente politica che faceva capo a De Gaulle - il quale a Londra si era proclamato capo delle Forze libere francesi ed aveva istituito il Consiglio difesa dell'impero - nonché altre per il momento ancora fedeli al governo di Vichy. 172 Promemoria del S.I.M. data 23.10.1940 allegato 34. 173 Non risulta che l'argomento fosse stato ancora sfiorato da Graziani. 174 Promemoria per il Duce data 27.10.1940 - allegato 35. 175 Promemoria del S.I.M. data 25.10.1940 - allegato 36. 176 DSCS, f. 3461 op. data 29.10.1940. 177 DSCS, lettera in data 26.10.1940. 178 DSCS, citato f. 3198/op. data 18.10.1940. 179 DSCSAS, f. 50 R.P. data 29.10.1940 del comandante superiore - allegato 37. 180 M. MONTANARI, op. citata, p. 212. 181 DSCSAS, lettera in data 1.11.1940. 182. Verbale riunione data 1.11.1940 - allegato 38. 183 DSCS, f. 7.11.1940 - allegato 39. 184 DSCS, f. 09600/341 data 1.1 1.1940 dello S.M.R.E., ufficio ordinamento e mobilitazione. l85 Il verbale della commissione aveva indicato 3.844 autocarri: 3.180 esistenti e 664 in arrivo, non tenendo conto dei mezzi giunti con repa.rti non automobilistici e dei trattori leggeri d'artiglieria, che avevano consentito il disimpegno di altrettanti autocarri pesanti utilizzati per l'autotrasporto dei pezzi. In particolare, il verbale riportava i seguenti dati: automezzi esistenti in Cirenaica al 10.6.40.......................................................... 1.880 giunti dall'Italia dal 10.6 all'8. l l.40........................................................................ 956 ceduti dalla sa armata ................. .......................................................................... 2.437 totale disponibili.................................................................................................... 5.273 distrutti per eventi bellici ............................................. ,....................................... :... 133 inefficienti all'8.l 1.40............................................................ ................................ 1.960 efficienti disponibili. ............................................................................................. 3.180 · 186 Una divisione di fanteria odierna conta circa 3.400 automezzi, esclusi i mezzi di combattimento. 187 DSCSAS, f. 2500/V data 12.11.1940 del Comando Superiore e DSCS, f. 011659/341 data 23.11.1940 dello S.M.R.E., ufficio ordinamento e mobilitazione. 188 Non è ben chiaro il pensiero di Graziani. Egli aveva chiesto un reggimento motorizzato per costituire con i carri in Cirenaica una divisione corazzata. Era in corso l'approntamento del 10° bersaglieri autoportato senza fuciloni Solothurn ma con una compagnia cannoni da 47/32. La divisione motorizzata di cui ora si fa cenno sarebbe, dunque, una novità. 189 DSCSAS, f. 69 R.P. data 14.11.1940 del comandante superiore - allegato 40. 190 DSCS, f. 4156/op. data 24.11.1940 del capo di S.M. Generale - allegato 41. 191 DSCSAS, f. 3300/V data 3.12.1940 del Comando Superiore - allegato 42. 192 DSCSAS, f.s.n. data 4.12.1940 del comandante superiore· allegato 43. 193 M. MONTANARI, op. citata, pp. 335-337. . 194 A sud della D.f. Marmarica, che andava da Sidi Omar al ciglione di Sollum, erano stati ricostituiti i presidi di Bir esc Sceferzen, ridotta Maddalena e Gam um Grein, ciascuno su una compagnia della guardia alla frontiera fortemente rinforzata con armi di accompagnamento. · 195 Costituzione: 27 ufficiali, 420 truppe, 27 carri M, 6 cannoni da 47/32, 4 da


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65/17, 6 mitragliere da 20 e 37 automezzi. 196 Costituzione: 17 ufficiali, 256 truppa, 4 cannoni da 47/32, 4 pezzi da 65/17 e 4 da 75/27, 4 mitragliere da 20 e 29 automezzi. 197 Secondo l'ufficio informazioni della 10• armata si trattava di due squadroni autoblindo, uno squadrone carri, un gruppo di artiglieria e, di rincalzo, uno o due squadroni del 7° ussari, per complessivi 60-70 mezzi blindati e corazzati. 198 Le perdite italiane ammontarono a 12 morti (3 ufficiali), 52 feriti (4 ufficiali) e 16 dispersi; distrutti cinque carri e due pezzi da 75. Quelle inglesi accertate risultarono di almeno 10 autoblindo distrutte .

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Capitolo terzo LA PRIMA OFFENSIVA BRITANNICA

l. LA SITUAZIONE POLITICO-MILITARE. La tarda estate e soprattutto l'autunno 1940 videro nei due campi un sensibile mutamento di- indirizzo. Da parte italiana, la campagna di Grecia, iniziata sulla base di garanzie politiche rivelatesi poi inesistenti, spostò verso i Balcàni attenzione e preoccupazione; ie operazioni nel Mediterraneo spensero ogni illusione sulla validità della teoria della Fleet in being (flotta in potenza), senza peraltro provocare un'alternativa efficace, e le vicende di dicembre in Africa settentrionale aprirono finalmente gli occhi su quello che significava la guerra meccanizzata nel deserto. La Germania, dopo la rinuncia allo sbarco in Gran Bretagna, pr~se a considerare realisticamente e con sempre maggiore insistenza una partecipazione all'offensiva verso il canale di Suez. L'Inghilterra, allorché apparve chiara la vittoria nei cieli della Manica e dell'isola, passò con energia al potenziamento del teat-ro d'operazioni del Medio Oriente. Che entrambi i contendenti in Africa -settentrionale si dessero da fare per migliorare la rispettiva posizione era naturale; mentre però gli inglesi non manifestavano al momento mire risolutive, al)che perché sopravvalutavano la consistenza dell'armata di Berti, gli italiani avevano o meglio avrebbero avuto velleità offensive di rilievo. Purtroppo rinunciarono, come si è visto, alla punta di diamante offerta da Hitler. Date le conseguenze immediate di tale rinuncia iniziale, è opportuno riepilogare i contatti e le intenzioni, esplicite o mascherate, dei due alleati dell'Asse. L'8 agosto il gen. Marras aveva comunicato al Comando Supremo la risposta dell'OKW circa le forniture di materiale di armamento. In particolare, la Germania dichiarava di non poter inviare carri armati ed automezzi propri, essendo la disponibilità interamente assorbita dal riordinamento delle grandi unità corazzate e motorizzate e dal reintegro delle dotazioni delle grandi unità di campagna 1• Quanto ai materiali di preda bellica, potevano essere ceduti quelli francesi, tuttavia si presentavano due grossi inconve.nienti: il censimento e la messa in efficienza di detti mezzi, cosa che già di per sé avrebbe richiesto un tempo non breve, ed il loro trasporto in Italia, visto che le Tinee ferroviarie erano ancora in gran


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parte interrotte e fortemente impegnate dagli spostamenti di unità e di prigionieri. Per accontentare anche la Romania, il governo tedesco si riservava di cederle solo materiale polacco, intendendo con quello francese provvedere anzitutto alle proprie necessità, poi a quelle italiane e, in terza istanza, a quelle romene. Molto chiaro, dunque. Keitel, a guisa di spiegazione, aveva osservato che in fondo l'Italia non doveva temere alcuna grande offensiva nemica, laddove la Germania era costretta a conservare in piena efficienza un grande esercito, rilevando però che "il reparto eoonomia di guerra del Comando Supremo germanico aveva fatto presente che le necessità italiane di materiale automobilistico non dovevano essere impellenti, dato che era in corso un 'importante fornitura di automezzi alle forze armate tedesche da parte dell'industria italiana", fornitura probabilmente richiesta in compenso del carbone 2 • A questo atteggiamento piuttosto evasivo, cui si aggiunse poco dopo la risposta negativa alle proposte di Roatta circa il concorso per un eventuale intervento in Jugoslavia ed il brusco alt politico formulato da Ribbentrop, subentrò nella seconda metà di agosto un diverso contegno. Vedendo sfumata la possibilità di uno sbarco a breve scadenza in Gran Bretagna, l'OKH, di propria iniziativa, suggerì a Hitler di inviare un corpo corazzato in Libia. Calcolando i provvedimenti necessari per-approntare le truppe e trasportarle oltremare nonché per l'organizzazione logistica, l'impiego della grande unità poteva prevedersi per il dicembre. Hitler accolse l'idea, ma limitò l'entità delle forze ad appena una brigata corazzata 3• Dato questo orientamento, le richieste che Badoglio presentò nuovamente il 31 agosto, tramite Marras, trovarono un'accoglienza assai differente dalle precedenti. In assenza di Keitel, l'addetto militare parlò con il gen. Jodl, capo dello Stato Maggiore Òperativo dell'OKW, il quale si mostrò come è ovvio - persuaso delle esigenze italiane e, pur riservandosi di fornire una risposta entro qualche giorno, volle esporre il proprio pensiero personale sul teatro d'operazioni del Mediterraneo, nell'ipotesi che le operazioni tedesche contro l'Inghilterra "potessero non venir portate a termine entro il prossimo autunno". In tal caso sarebbe convenuto utilizzare l'inverno, stagione di limitato rendimento per iniziative belliche nei confronti delle isole britanniche, per "liquidare la situazione nel Mediterraneo, ossia occupare Egitto e Palestina, distruggere o cacciar via le forze navali inglesi dal Mediterraneo, occupare Gibilterra". L'eliminazione della Mediterranean 'Fleet avrebbe avuto conseguenze politiche e militari di prima gran-


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dezza, fra le quali il pieno controllo delle comunicazioni nel Mediterraneo e gli evidenti riflessi nei confronti del Nordafrica francese e della Spagna. Liberato il Mediterraneo (la flotta inglese probabilmente sarebbe sfuggita attraverso il Mar Rosso) le forze navali italiane si sarebbero unite nell'Atlantico a quelle tedesche per impedire i rifornimenti della Gran Bretagna ed anche per affrontare le forze navali britanniche, posto che le flotte dell'Asse sommate si sarebbero trovate in vantaggio rispetto a quelle avversarie. Per le operazioni in Egitto, Jodl ellisse che la Germania poteva concorrere non soltanto con materiali, bensì anche con un corpo di truppe corazzate: una o due divisioni potevano essere pronte ai porti d'imbarco entro sei· settimane dalla decisione. "Naturalmente - aggiunse - è questione che va pesata aa chi ha la decisione delle operazioni, anche in rapporto ai trasporti ed ai rifornimenti". Ed accennò alla possibilità di invio di unità tedesche non subito, ma dopo un primo sbalzo in avanti in Egitto da parte della 10a armata. Marras si limitò ad insistere affinché l'aiuto venisse fornito indipendentemente dall'argomento in discussione e, nell'informare Badoglio, osservò che le proposte di Jodl, considerazioni politiche a parte, si riferivano all'eventualità che non fosse imminente un successo decisivo italiano in Egitto e che se il contributo tedesco, che poteva essere esteso ad unità aeree, veniva accettato, occorreva considerarne attentamente i riflessi logistici. In ogni caso, suggerì, sembrava opportuno che le due questio,ni, della cessione dei materiali e dell'invio di grandi unità, venissero tenute distinte, sottolineando l'urgenza della prima. Tutto sommato, perciò, Marras era piuttosto tiepido nei confronti dell'idea manifestata da Jodl 4• Badoglio trasmise la lettera allo Stato Maggiore dell'Esercito e Roatta, a sua volta, chiese il parere di Graziani, puntualizzando bene i termini della scelta da fare ed avvisando che la produzione italiana avrebbe consentito di disporre di un battaglione carri M 13 ogni due mesi. Le alternative poste da Roatta erano tre: concorso di più divisioni coraz~te tedesche con relativo peso logistico; concorso di una grande unità ridotta; fornitura da parte germanica di 150-200 carri pesanti, con i quali formare a cura italiana tre o quattro battaglioni, ed un certo numero di autoblindo pesanti 5 • Graziani si pronunciò dopo l'occupazione di Sidi el-Barrani: "Risposta est implicita in mio n. 01/841 del 24 diretto Stamage 6 • Impiego unità indicate con orgallicoalquanto riveduto e corretto est in-


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dubbiamente utile. Ma esso può coesistere solo in funzione di una organizzazione logistica adeguata che con mezzi attuali non est possibile realizzare. Mi riservo precisazioni in merito varianti per adatta, mento particolare ambiente questo teatro operazioni. Prego copia presente at Stamage" 7 •

In sostanza: l'arrivo di unità tedesche era utile ma non indispensabile, comunque al momento l'assetto logistico non ne consentiva l'impiego. Ma a Berlino la questione era presa in insistente considerazione e presentata addirittura come unica soluzione. Marras scrisse il 25 settembre al ministero della guerra riferendo un nuovo colloquio avuto il giorno precedente con Keitel, il quale aveva apertamente dichiarato che la Germania.non era in grado di fornire né armi né automezzi, trovandosi essa stessa in condizioni di "estremo bisogno". Avrebbe potuto cedere alcuni materiali di preda bellica, peraltro ancora da definire, però sarebbe occorso un tempo notevole per riordinarli e rimetterli in efficienza. Stando così le cose, l'OKW riteneva conveniente inviare in Africa settentrionale interi reparti corazzati, anziché i soli carri, per compiere uno sforzo risolutivo e, congiuntamente, cacciare l'Inghilterra dal Mediterraneo. Per Gibilterra, poi, reputava l'impresa fattibile agendo di sorpresa con forze limitate ma preparate ad hoc, previo un accordo con Franco 8 • Mussolini e Badoglio erano tutt'altro che propensi ad accogliere questo punto di vista e quando (5 ottobre) il gen. von Rintelen rappresentò il desiderio dell'OKW di inviare in Libia per tre o quattro settimane una commissione militare guidata dal gen. Kircheim per lo studio dell'organizzazione generale delle truppe coloniali, cercarono di lasciare cadere la cosa. Tra le tante circostanze in cui fece difetto la chiarezza nei rapporti fra Roma e Berlino, questa indubbiamente non è la minore. Da parte germanica il colloquio del Brennero tra Mussolini ed Hitler sembra aver suscitato la convinzione che la partecipazione di truppe tedesche alle operazioni in Egitto fosse cosa ormai scontata 9 • Infatti qualche giorno dopo un nuovo dispaccio di Marras riportò sul tavolo la questione: Keitel aveva dichiarato di attribuire la massima importanza all'occupazione del canale di Suez entro il prossimo inverno ed alla presenza di forze del Reich in tale impresa. Per converso, l'obiettivo di Gibilterra poteva passare in seconda linea sia perché realmente meno impellente sia per le ambizioni manifestate dalla Spagna su tutto il Marocco e sul dipartimento di Orano. La composizione del contingente doveva essere preci-


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sata dopo un sopraluogo in Cirenaica e diretti accordi con un rappresentante dell'OKW, il gen. von Thoma. Si sarebbe trattato, orientativamente, di una divisione corazzata su 120 carri (quindi alquanto ridotta), munita di cannoni d'assalto e di un forte apparato logistico 10• Evidentemente non era possibile opporre un rifiuto alla presa di contatto ed il 15 ottobre von Thoma giunse a Roma. Apparve chiaro agli esponenti militari italiani che al Brennero Mussolini doveva avere accettato, sia pure con riserve mentali, la tesi di Hitler. Il gen. Armellini annotò, infatti, sul suo diario: "È giunta la missione tedesca von Thoma, generale delle truppe cele-

ri, p~r trattare del concorso tedesco in Libia. Mentre le direttive del duce lo escluderebbero, pare che al Brennero, su richiesta tedesca, sia stato stabilito non già l'invio di semplici mezzi, ma di organici reparti motorizzati e corazzati" 11 •

Comunque furono s tudiati congiuntamente gli aspetti logistici della spedizione 12 • Il 20 il capo missione si recò in Africa settentrionale per una rapidissima visita di un paio di giorni, quindi rientrò a Berlino. Su quanto da lui riferito esistono i ricordi dell'interessato. Egli mise in evidenza che il problema determinante in un'impresa del genere era quello dei rifornimenti, non soltanto per le difficoltà opposte dall'ambiente deserùco, ma anche perché la flotta britannica aveva il dominio del Mediterraneo. Non sarebbe stato possibile mantenere in Africa settentrionale un forte contingente tedesco e la 10a armata italiana. In conclusione: la carta vincente era rappresentata dalle truppe corazzate, più di quattro divisioni corazzate non era possibile rifornire con sicurezza per tutta la durata di un'offensiva spinta fino al Nilo e queste quattro divisioni dovevano essere tedesche. Allora il successo poteva essere conseguito. La fanteria era assolutamente inutile e serviva solo a complicare il gravoso compito dell'alimentazione logistica. Sempre secondo von Thoma, Hitler osservò di poter privarsi tutt'al più di una divisione corazzata, al che il generale avrebbe replicato che in tal caso appariva cosa più saggia rinunciare all'idea di mandare reparti in Libia. "La mia osservazione - ricordò von Thoma-' lo fece andare in collera. La.sua intenzione di proporre l'invio di truppe tedesche in Africa era politica. Egli temeva che Mussolini potesse passare dall'altra parte se la Germania non lo aiutava ad irrigidire la resistenza. Ma voleva inviare un contingente quanto più ·possibile limitato. Hitler riteneva che gli i1bliani potessero fare da soli in Africa,


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con un po' d'aiuto da parte dei tedeschi. Si aspettava troppo da loro (••• )" 13.

In sostanza, per von Thoma l'intervento tedesco era indispensabile per risolvere la questione, ma se doveva es.s er ridotto ad una sola divisione, tanto valeva rinunciarvi data la scarsa stima che egli aveva degli italiani come soldati. A parte ciò, l'accenno al possibile voltafaccia di Mussolini è troppo manifestamente basato sulla conoscenza degli avvenimenti posteriori per meritare credibilità. Ed è anche strana la sua affermazione che von Brauchitsch e Halder fossero decisamente contrari ad impegnarsi nel Mediterraneo: può esser vero, ma dipende dal momento in cui fu espressa tale idea. È infatti assodato che il primo suggerimento di inviare un corpo corazzato in Africa fu proprio dell'OKH nell'agosto del 1940 14• Ad ogni modo a Roma von Rintelen tornò alla carica presso lo Stato Maggiore dell'Esercito affinché personale tedesco potesse affluire nella penisola per preparare la spedizione oltremare, ma il 29 ottobre Mussolini si decise a declinare formalmente a Hitler ogni aiuto per il raggiungimento di Marsa Matruh. Nel frattempo, Keitel che nonostante le sollecitazioni di von Rintelen aveva sempre rifiutato di accogliere il desiderio di Badoglio di un esame della situazione strategica fra militari 15 - si indusse all'incontro. Badoglio, una volta definite sede e data, scrisse a Marras per orientarlo bene in anticipo. Gli partecipò le proprie convinzioni: considerata la sproporzione di forze in Africa settentrionale l'aiuto della divisione corazzata tedesca eta "pressòcché nullo"; gli inglesi non avrebbero inteso dare la grande battaglia difensiva a Marsa Matruh, bensì ai margini del Delta; l'obiettivo massimo per Graziani era Marsa Matruh, raggiunta la quale ed ivi sistemati si sarebbe resa impossibile la vita ad Alessandria aùa Mediterranean Fleet con il concorso tedesco "in tanta aviazione Stuka e caccia almeno eguale a quello da noi inviato nel nord". Questo era il programma italiano: "Ecco perché ho sollecitato questo incontro: per mettere bene i punti sugli i. Della divisione corazzata non si sa proprio cosa farsene. Mi occorre aviazione, con bombe grossissime per il porto di Alessandria - e non altro. Che se poi i tedeschi non vedono altra soluzione della guerra che l'azione in Mediterraneo, io la vedo invece non con il martellamento aviatorio dell'Inghilterra ma con lo sbarco nell'isola. Circa la Grecia era forse meglio evitarla, date le scarsissime disponibilità nostre e dato il nessun aiuto èhe finora ci hanno dato gli


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alleati - ma nella situazione che si è determinata l'operazione è apparsa inderogabile" 16 •

Talune argomentazioni appaiono largamente opinabili, altre sono spiacevoli a udirsi. Ma ad Innsbruck non vi fu contrasto. I colloqui si svolsero in due giorni consecutivi. Il 14 novembre esordì Keitel premettendo che "a giudizio tedesco la guerra è vinta"(!) e fa. cendo un giro di orizzonte piuttosto ampio sulla situazione politicomilitare. Poi passò alla Grecia ed al Mediterraneo. Su quest'ultimo argomento 17 espose la tesi che l'OKW aveva abbracciato più tenendo conto del pensiero di Hitler che di quanto riferito da von Thoma. La prosecuzione dell'offensiva su Marsa Matruh ai primi di dicembre era vista possibile. "con sicurezza di successo", anche senza l'aiuto di carri tedeschi, visto che gli inglesi non "accetteranno mai una grande battaglia nel deserto"; raggiunta Marsa Matruh, l'offesa sarebbe stata portata su Alessandria non soltanto con Stuka ma altresì con aerei posamine; interessava, infine, sapere se il Comando Supremo italiano intendeva continuare le operazioni sino ad Alessandria. Domanda, questa, probabilmente tendenziosa. Badoglio parlò a lungo il giorno seguente. Nel ringraziare il suo interlocutore confermò che: "(...) Secondo le ultime notizie, le forze inglesi in Egitto assommano a 250.000 uomini che diventeranno probabilmente 300.000 prima della fine dell'anno (...). Così stando le cose, possiamo andare solo fino a Marsa Matruh. (...) per questa operazione non ho bisogno della divisione corazzata tedesca. A Marsa Matruh è stato costruito un campo trincerato inglese. Noi lo attaccheremo e lo conquisteremo. Allora avremo tanto deserto alle spalle quanto ne h.anno gli inglesi. Arrivato a Marsa Matruh intendo sistemarmici bene, perché non si può fare un passo indietro. Da Marsa Matruh ad Alessandria vi sono 250 km. Con la aviazione da bombardamento, scortata dalla caccia, posso bombardare di giorno il porto di Alessandria".

Quanto al prosieguo dell'offensiva verso il Delta, accennò all'inutilità di dimostrare che con 150.000 uomini non poteva attaccarne 300.000, avendo questi ultimi alle spalle i rifornimenti mentre egli aveva il deserto. D'altra parte, anche se avesse voluto incrementare le forze in Africa settentrionale, non sarebbe stato in grado di alimentarle. Keitel annuì. Tenendo presenti le sue affermazioni precedenti all'incontro, il svo consenso, anzi la piena identità di


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vedute ha dello stupefacente. A Norimberga dichiarerà: "Gli italiani erano così pretenziosi che non ci chiesero altre truppe e Badoglio rifiutò due 4ivisioni corazzate. Durante un colloquio che ebbi con lui ad Innsbruck, pretendeva che i carri armati non potessero essere impiegati in Libia (...)", ma non una sola parola dei lunghi verbali può offrire spunto per dubitare del suo totale assenso. Può darsi benissimo che le sue idee fossero agli antipodi rispetto a quelle di Badoglio, visto che aveva attribuito "massima importanza all'occupazione canale di Suez entro prossimo inverno et partecipazione forze germaniche" - come aveva riferito Marras - tuttavia non aprì bocca in proposito. Anche se il 17 novembre., cioé subito dopo i colloqui, Marras scrisse al ministero della guerra: "L'OKW riconosce la non necessità di inviare proprie truppe in Egitto fino all'occupazione di Marsa Matruh. Desidera conoscere se, essendo fortemente impegnata anche in Grecia, l'Italia intenda, dopo l'occupazione di Marsa Matruh, spingere a fondo l'offensiva fino ad Alessandria ed al canale di Suez" 18 , quesito superato dagli eventi. L'incontro non può essere considerato soddisfacente. Fu perduta non soltanto l'occasione di mandare a vuoto l'offensiva britannica di dicembre, ma anche quella di porre una forte ipoteca sulla corsa verso il canale e contro il tempo. Entrambi i capi avevano motivo di tracciare un piano strategico per il Mediterraneo, l'uno perché ormai lo sbarco in Gran Bretagna era rimandato e l'altro perché lo scacchiere egiziano era decisivo per il controllo del Medi~erraneo, dove l'll novembre - appena tre giorni prima dell'incontro - l'incursione aerea britannica su Taranto aveva decisamente modificato il rapporto delle forze navali, eppure nessuno si sforzò di impostare la guerra di coalizione. In verità uno spettatore dell'incontro sentì il bisogno di formulare esplicitamente la propria opinione: von Rintelen. Rientrato a Roma, egli spedì all'OKW un rapporto in cui, con estrema chiarezza, sosteneva che gli inglesi dalle loro basi di Alessandria, Malta e Gibilterra dominavano l'intero bacino· del Mediterraneo; che l'Africa Orientale Italiana era tagliata fuori e c'era solo da domandarsi quando sarebbe caduta; che Graziani con le sue otto divisioni appiedate era sempre a Sidi el Barrani ed aveva dato tempo a Wavell di preparare una controffensiva da considerarsi imminente e concludeva affermando che l'Italia non era in grado di condurre da sola la guerra nel teatro d'operazioni del Mediterraneo e che un disastro italiano avrebbe potuto influire sfavorevolmente sulla condotta tedesca della guerra 19 • Convocato immediatamente a Berlino, von Rintelen ricevette un secco rimpro-


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vero per quanto, evidentemente sotto l'impressione del "pessimismo" romano, aveva scrittò. Ma era stato facile profeta.

*

* * Non è agevole rendersi appieno conto dell'evolvere dell'atteggiamento strategico italiano nel teatro d 'operazioni dell'Africa settentrionale senza un cenno agli avvenimenti navali. La battaglia di Punta Stilo (9 luglio) aveva provocato un cambiamento di indirizzo nella condotta delle operazioni in Mediterraneo. L'esito indeciso 20 e la riscontrata scarsa efficienza della cooperazione aeronavale, al cui riguardo fervevano le polemiche, ispirò a Supermarina una.condotta molto cauta che non si modificò nemmeno allorché entrarono in squadra la Littorio e la Vittorio Veneto. La conferma di tale eccessiva prudenza si ebbe in occasione della citata operazione Hats. In seguito alle richieste di rinforzi avanzate da Cunningham, anch'egli non molto soddisfatto dell'esperienza di Punta Stilo, l'Ammiragliato dispose il trasferimento ad Alessandria dell'incrociatore Kent dall'Oceano Indiano e della corazzata Valiant, della portaerei Illustrious e degli incrociatori Calcutta e Coventry, muniti di radar per la scoperta degli aerei, dalla Gran Bretagna. L'operazione impegnò tutte le forze navali britanniche in Mediterraneo. Le quattro unità di rinforzo (Forza F) provenienti dal Regno Unito si avviarono verso Malta scortate sino al canale di Sicilia da un'aliquota 21 della Forza H dell'amm. Somerville, mentre da Alessandria muoveva loro incontro Cunningham con il grosso della Mediterranean Fleet: le corazzate Warspite e Malaya, la portaerei Eagle, 5 incrociatori e 13 cacciatorpediniere, che approfittarono della circostanza per scortate un convoglio di tre piroscafi con rifornimenti per Malta. I due gruppi di navi da guerra in movimento verso il Mediterraneo centrale vennero subito avvistati dalla ricognizione italiana, ma non il convoglio; di conseguenza, Supermarina ritenne imminente un attacco alle coste siciliane o joniche da parte delle forze nemiche riunite ed ordinò l'uscita della 1a squadra (amm. Campioni) e della 2 a squadra (amm. Jachino) nonché l'attuazione di due schieramenti offensivi di sommergibili nei due bacini del Mediterraneo. Il 31 mattina l'intera flotta italiana salpò incontro all'avversario: 4 corazzate 22, 12 incrociatori e 34 cacciatorpediniere, un complesso perciò superiore a quelli britannici singolarmente considerati. Ma i vincoli posti da Su~rmarina (ora di partenza, rotta, velo-


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cità 20 nodi, accettazione del contatto tattico solo se entro le ore 19) furono tali da far dubitare seriamente dell'intenzione di affrontare gli inglesi e piuttosto da indurre a ritenere che si volesse lo scontro esclusivamente in prossimità delle coste italiane. Infatti, con i predetti limiti la flotta poteva giungere al massimo all'altezza di capo Matapan, cioé a nord della congiungente Alessandria-Malta. Anche l'individuazione del convoglio da parte di aerei di Rodi non modificò l'intenzione di Supermarina, che verso le 14 ordinava a Campioni di invertire la rotta alle 16 qualora non avvenuto l'impossibile contatto. È pur vero che in serata Cavagnari ordinò alla flotta di riprendere il mare il mattino successivo, però- col compito di "impegnare le forze nemiche a nord della congiungente Malta-Zante". Quindi anche la seconda uscita, interrotta, per giunta, a causa delle condizioni meteorologiche che non permisero una estesa ricognizione aerea, fu a vuoto. Il mattino del 2 settembre la Mediterranean Fleet col convoglio arrivò a Malta sana e salva e nella notte sul 3 riparti per Alessandria. Per una settimana le forze inglesi erano state in mare scortando convogli a bassa velocità, per la prima volta unità navali erano passate dal bacino occidentale a quello orientale del Mediterraneo. Forse l'Italia perse la migliore occasione per intervenire. Lo stato d'animo di amarezza e di scontento che si diffuse sulle navi fu avvertito da Cavagnari, che chiese al Comando Supremo lumi circa la linea di condotta da seguire in avvenire. Badoglio rispose con una lunga lettera nella quale, dopo un piuttosto discutibile confronto numerico tra le opposte forze navali, elencava i compiti della R. Marina - compiti ridotti alla semplice difesa passiva delle coste e del traffico con la Libia e l'Albania - e li dichiarava fino allora bene assolti. Poi giungeva a conch.isioni francamente dubbie: "Le due flotte contrapposte hanno in conseguenza, pur essendo quel-

la inglese doppia della nostra, svolto finora la stessa serie di azioni. Esaminando i risultati si deve concludere che la bilancia è più favorevole per noi. Le perdite subite e i danni ricevuti dalle flotte press'a poco si equivalgono. Chi avrebbe interesse a modificare tale stato di cose? Evidentemente la marina più potente, cioé l'inglese. Noi invece dovremmo augurarci che la ·situazione attuale, nella quale, pur essendo più deboli, possiamo corrispondere in pieno alle missioni affidate alla marina, si mantenga sempre in questa forma. Non vedo quindi alcun motivo per cambiare la linea di condotta


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sinora seguita. La battaglia navale può essere originata da due cause: I) incontro fra squadre nemiche di cui una cerca di impedire all'altra l'esecuzione di una missione; 2) ricerca decisa di una squadra della forza navale avversaria per distruggerla. Il primo caso può succedere da un momento all'altro come avvenne nel breve scontro a Punta Stilo. In questo caso la nostra marina affronterà, se vi è probabilità di riuscita, la lotta con estrema decisione. Il secondo caso non è nelle nostre possibilità perché siamo i più deboli. Se lo effettuerà la marina inglese saremo pronti ad affrontare la sorte. Il concepire una battaglia navale come fine a se stessa è un assurdo. Non vale la pena di discuterci sopra. Conclusione: seguire la via finora percorsa" 23 •

Alla fine di quello stesso mese di settembre la necessità di rinforzi e rifornimenti urgenti a Malta spinse nuovamente Cunningham a prendere il mare con due incrociatori, sui quali aveva imbarcato personale e materiali, scortati dalle corazzate Warspite e Valiant e dalla portaerei Illustrious. La forza navale fu avvistata all'altezza di Sidi el-Barrani il mattino del 29. Cavagnari ne parlò subito a Badoglio, proponendo di fare uscire la flotta da Taranto. Badoglio annuì 24, ma, ancora, gli ordini inviati a Campioni non consentirono l'intercettazione del nemico 25 e nella notte sul 30 le squadre italiane rientrarono alla base, dopo aver consumato forti quantità di nafta ed essersi esposte a possibile offesa di sommergibìli mentre Cunningham raggiungeva indisturbato Malta e due giorni dopo riprendeva il mare per Alessandria senza difficoltà. Questa volta il senso di malcontento circa le cautele poste nei movimenti navali fu così evidente che i primi di ottobre Cavagnari si recò a Taranto per esporre personalmente ai comandanti di rango più elevato i criteri adottati per l'impiego della flotta. Nel rapporto tenuto a bordo della Littorio, egli illustrò la situazione generale, le direttive del Comando Supremo, l'insufficienza della ricognizione aerea e concluse che: "(...) una protezione indiretta permanente delle comunicazioni con la Libia è possibile soltanto per l'esistenza stessa delle nostre forze navali principali, il cui solo atteggiamento potenziale costituisce già un freno all'iniziativa avversari!" 26.


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Però a questo criterio era pervenuto partendo da una premessa piuttosto opinabile: sostenendo, cioé, l'inferiorità della flotta italiana rispetto alla Mediterranean Fleet, il che in quel momento non era esatto, e n~gando la probabilità di affrontare solo aliquote della squadra inglese, il che invece era già' accaduto due volte. L'amm. Jachino, poco convinto dell'esposizione del capo di S.M. della Marina, preparò· un promemoria che gli consegnò all'atto della sua partenza da Taranto, il 9 ottobre 27 • L'appunto, assai esplicito, metteva in discussione la validità delle direttive sulla condotta della guerra mar ittima - che sembrava vietassero tassativamente di impegnarsi oltre certi limiti restrittivi, qualunque fosse la consistenza delle forze nem iche in mare - e sosteneva essere le condizioni italiane migliori di quelle britanniche. Qualche giorno dopo Cavagnari replicò per scritto molto seccamente. In conclusione, la prudenza continuò ad ispirare le uscite della nostra flotta e la risolutezza, non disgiunta da quella dose di fortuna che volentieri si accompagna alla decisione, l'impiego delle forze britanniche. Il 28 ottobre ebbe inizio la campagna di Grecia. La prima immediata risposta inglese fu l'occupazione della baia di Suda a Creta (1 ° novembre), una mossa che rese Londra molto più sicura per Malta ed ebbe un forte significato per la situazione nel Mediterraneo or ientale. Tenuto conto anche di essa, il 4 novembre il nemico iniziò la cosiddetta operazione M.B. 8: un complesso di movimenti di convogli e di operazioni sussidiarie, compresa l'operazione Coat concernente il trasporto di truppe a Malta dalla Gran Bretagna con navi da guerra che successivamente dovevano passare alla Mediterranean Fleet 28 • All'alba dell' ll Cunningham salpò da Malta. Doveva far due cose prima di rientrare ad Alessandria: un'incursione aerea su Taranto ed una di incrociatori nel canale d'Otranto. Gli riuscirono entrambe. Il fianco a mare di Graziani era decisamente sotto controllo britannico. E, di conseguenza, da parte italiana un'atmosfera di sfiducia gravò sulle possibilità sia di appoggio navale ad operazioni in Egitto-Cirenaica 29 sia di rifornimenti oltremare. *

* * In Africa settent rionale si stava delineando il terreno sul quale le due parti si sarebbero presto affrontate per incontrare l'una un successo superiore ad ogni più rosea speranza e l'altra un insuccesso inatteso perfino dai più pessimisti. Le dimensioni dell'area interessata erano notevoli: il deserto occidentale egiziano


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e la regione cirenica. Da Marsa Matruh ad el-Agheila corrono circa 900 chilometri; da Apo llonia a Gialo, nell'interno, circa 450. Il deserto occidentale egizia no si estende dalla valle del Nilo al confine libico fondendosi con il retroterra marmarico. Si affaccia sul mare ad est di Sollum con una costa rocciosa, importuosa, poco frastagliata, lagunosa. Presenta una fascia pianeggiante, dal fondo sodo ed arido, con un'altitudine variabile fra i 50 ed i 150 metri ed una profondità che dai 5-10 chilometri tra Marsa Matruh e Sidi elBarrani si estende, gradualm ente, sino a raggiungere un massimo di una trentina di chilometri ad ovest di Sidi el-Barrani per poi lentament<'; diminuire fino ad annullarsi, quasi, a Sollum. Il limite di tale striscia costiera è dato da una immensa scarpata, a picco sulla piana, che all'incirca da Bardia prosegu e verso sud-est per un'ottantina di chilometri fino oltre la località di Bir Sofafi e quindi digrada verso il mare e verso oriente a piano inclinato. A sud del ciglione esiste un vasto tavolato calcareo della quota massima di 220 metri, sassoso, aspro e ricoperto da dune sabbiose disposte in lunghissime catene in genere orientate verso nord-nordovest. La piattaforma pietrosa prosegue con la Marmarica. Unico elemento indicatore del passaggio dall'uno all'altro ambiente era lo sbarramento confinario largo circa sei metri, che da Bardia correva per oltre duecento chilometri verso sud: quattro file di pali di ferro, alti un metro e mezzo, piantati su una b ase di cemento armato, ai quali era fissata una siepe spinata. La Cirenaica presenta aspetti variati. Spicca, anzitutto, l'altopiano di Barca, una tozza penisola di natura calcarea compresa fra Bengasi e Bomba, di quota modesta (circa 250 metri), ove si alzano i due rilievi del gebel el-A·chdar sui 450-650 metri, sul margine settentrionale dei quali è nata Cirene ed al cui centro sorge la zona più elevata, con il Marabutto di Sidi Mohamed el-Homasi. L'altopiano di Barca cade a nord sul mare lasciando spazio solo per una sottile striscia costiera fra Tolemaide e Derna, ma ad occidente questa striscia si allarga rapidamente, raggiungendo una ventina di chilometri all'altezza di Bengasi ed aprendosi in un'ampia pianura nella zona di Agedabia, ove si salda con il bassopiano della Sirtica, stepposo, in parte desertico, talora paludoso - specie in vicinanza della costa - e inciso, con andamento parallelo, dallo uadi el-Faregh. A sud dell'altopiano si st ende la regione delle Balte, una zona solcata da numerosi uidian, che nella stagione delle piogge si trasformano in stagni temporanei, ed ancor più a meridione c'è il Serir, un gran• media di 150 metri, t~gliato, nel de deserto sassoso, ad una quota


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senso dei paralleli, da un solco depresso, talvolta al di sotto del livello del mare, detto solco delle oasi: l'allineamento delle oasi di Marada, Gialo, Giarabub e, in Egitto, di Siwa. Il Serir confina senza soluzione di continuità verso nord-est con la Marmarica, collocata fra il meridiano di Bomba e quello di Bardia. La Marmarica ha una fascia costiera arida, profonda al massimo pochi chilometri, incisa in senso meridiano da molti uidian asciutti e marcati e con un litorale movimentato. A ridosso di questa fascia lungo il mare c'è un altopiano desertico e stepposo, che diventa presto sassoso e va a raggiungere il Sahara. In siffatto ambiente naturale la strada litoranea libica, la via Balbia, spiccava sia perché si trattava dell'unica rotabile asfaltata esistente, sia perché tutti i principali centri si trovavano su di essa (Bengasi, Derna, Tobruk, Bardia), sia infine perché detti abitati erano anche porti. La litoranea continuava in territorio egiziano: da Bardia alla ridotta Capuzzo e Sollum, poi altri 80 chilometri sino a Sidi el-Barrani di strada asfaltata da noi costruita dopo l'avanzata iniziale, quindi 140 chilometri sino a Marsa Matruh di strada in parte asfaltata ma seriamente danneggiata dagli i~glesi durante la loro ritirata. Inutile dire che questa grande arteria era considerata asse principale di qualsiasi sforzo verso l'Egitto o verso la Tripolitania. Però il deserto occidentale egiziano, la Marmarica e l'altopiano cirenaico erano ampiamente percorribili non soltanto a mezzi cingolati e semicingolati sibbene anche a mezzi ruotati, pur esigendo tale percorribilità, tardi e male intuita dai Comandi italiani, particolari provvedimenti per il tipo di gommatura degli automezzi, per l'istallazione di bussole sui mezzi corazzati e blindati, per il movimento in colonna. Il mare di sabbia finissima, alto sino ad una cinquantina di centimetri, smosso avvolgeva il veicolo. Ogni mezzo sollevava una scia di-polvere sabbiosa, perciò ognuno cercava una propria pista. Si creava così nel deserto una striscia di movimento larga anche un chilometro in cui i veicoli navigavano ad una velocità media di 10-15 chilometri all'ora. Se poi soffiava il Khamsin, il che accade per giorni interi e più o meno tutto l'anno, la tempesta di sabbia fa. ceva turbinare nubi di impalpabile cipria riducendo la visibilità a cinque o sei metri e rendendo difficile il respiro dell'uomo. Unica interruzione era il brusco ed inaspettato impatto con spunzoni di roccia affiorante. Per muoversi occorreva dunque la bussola e l'allenamento ad agire con larga autonomia. Per combattere bisognava . abituarsi a non aver punti di appoggio se non temporanei e costituiti ad hoc, a considerare i capisaldi solo come perni di manovra e


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non come posizioni da difendere ad oltranza. Tenendo conto di tutto ciò - e gli inglesi lo comprensero assai prima di noi - l'asse costiero vide ridimensionata la sua importanza, giacché le piste principali acquistavano somma rilevanza per aggirare resistenze frontali a"ppoggiate al mare e per raggiungere obiettivi su percorrenze più brevi che non quelle consentite dalla litoranea. Fra di esse la Sollum-el Adem-el Mechili-Bengasi e la Tmimi (sud-est di Bomba)-el Mechili-Agedabia, oltre alle direttrici interne Siwa-Marsa Matruh e Siwa-Giarabub-el Adem-Tobruk. In tale ottica gli incroci di el-Adem e di el-Mechili assumevano particolare importanza tattica. Ciò premesso, si può passare a considerare gli opposti dispositivi. In campo italiano era venuto accentuandosi il disaccordo fra Graziani e Berti. Il primo impartiva suggerimenti talvolta generici od entrava in questioni minute; il secondo, pur non replicando specificatamente, dava l'impressione di lasciar cadere le osservazioni. Così il 20 ottobre Graziani sollecitava mhìure intese a rendere lo schieramento avanzato "un tutto organico manovrabile (... )difronte all'evenienza che il nemico potesse compiere colpi di mano su uno o l'altro dei tronconi che lo costituiscono" 30, mentre Berti, diramando le direttive conseguenti, minimizzava il pericolo basandosi sul fatto che "sempre quando prendiamo l'iniziativa dell'azione esso [nemico] rompe immediatamente il contattq e si sottrae al combattimento" 31• E così il 2 novembre Graziani invitava a sostituire a. Sidi el-Barrani la 23 marzo, consider ato il basso morale e la stanchezza che questa dimostrava, con altra divisione, mentre Berti rispondeva di non riconoscere tale necessità. Ma, in sostanza, verso la metà di novembre era accettata da tutti l'idea che il nemico potesse precedere il nuovo balzo in avanti dell'armata e che, perciò accanto alle misure in corso per l'offensiva fosse opportuno curare sia l'assetto difensivo at~orno a Sidi el-Barrani sia prevedere una controffensiva. È obiettivamente difficile armonizzare predisposizioni così contrastanti e l'accusa mossa a posteriori a Graziani - e da questi respinta - fu di aver adottato uno schieramento che non era né offensivo né difensivo. Il discorso è in realtà assai più ampio ed investe la cadenza impressa all'offensiva in territorio egiziano. Dal punto di vista puramente difensivo non vi è dubbio che rimanere al ciglione di Sollum sarebbe stato meglio, anche se da sud l'avvolgimento sarebbe stato ugualmente possibile. A Sidi el-Barrani, infatti, ed a Marsa Matruh se raggiunta, una difesa statica di fanterif.'


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nel deserto e con il mare nemico aveva speranze ben poco rosee, specialmente considerata l'alea dei rifornimenti. Per giunta, lo ;chieramento assunto a Sidi el-Barrani non persuadeva neppure Graziani, il quale, sempre preoccupato di qualche incursione britannica, il 17 novembre richiamò l'attenzione di Berti sul fatto che "un tentativo avversario potrebbe esser fatto proprio nel vuoto esistente fra la Cirene ed il raggruppamento Maletti, per la direttrice di Bir Enba" 32 • Si arrivò così al combattimento del 19 novembre. Le pattuglie inglesi avevano già segnalato l'esistenza di una vasta area di silenzio fra Nibeua e le propaggini orientali del ciglione di Sollum e ciò aveva indotto O'Connor ad approfondire le ricognizioni per individuare sino a quale punto fosse ampio il varco nel dispositivo italiano. Lo scontro, dunque, fu essenzialmente di assaggio da parte britannica e di pulizia da parte italiana. Di fronte al commento mosso da taluno che il combattimento fosse talmente premonitore da dover indurre a ritirarsi sul ciglione sino all'Halfaya, Graziani poté, più tardi, obiettare a ragione che a .quel punto l'episodio non bastava a giustificare una ritirata. Però doveva imporre misure cautelative, che probabilmente sarebbero servite a poco ma in ogni caso avrebbero reso più difficile il successo nemico. Al riguardo si verificò una situazione strana. Stando a Graziani, dunque, il 17 egli scrisse a Berti del varco incontrollato; il 27, visto che il Comando d'armata nulla aveva ancora fatto, tornò alla carica e "ordino che sia costituito un nuovo caposaldo tra la divisione Cirene ed il raggruppamento Maletti, dopo averne personalmente parlato al comandante del 21 ° corpo d'armata, generale Spatocco, il giorno 26 ed avergliene dato esplicito incarico" 33 .

In realtà non sembra che le cose stessero esattamente in questi termini imperativi. Infatti la lettera inviata dal capo di Stato Maggiore del Comando Superiore, gen. Tellera, ha un suono assai differente: "(...) l'Eccellenza il Maresciallo, comandante superiore, prega esaminare la convenienza di ridurre il vuoto esistente fra il Raggruppamento "Maletti" e la Divisione "Cirene" (circa 30 km) allo scopo di evitare possibili infiltrazioni di mezzi meccanizzati nemici. Sembra si possa raggiungere lo scopo occupando la zona di q. 192 (ovest di Bir Enba - carta 1:100.000) con un distaccamento (fornito magari dalla Divisione "Catanzaro"). Su questo argomento l'Eccellenza il Maresciallo ha intrattenuto


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ieri l'Eccellenza il Gen. Spatocco, nuovo comandante del settore Bug Bug" 34. .

Probabilmente l'insieme dei movimenti in corso per l'imminente 'o ffensiva, quali il nuovo raggruppamento delle forze e la costituzione di un autoraggruppamento d'armata, nonché una ricognizione armata effettuata da colonne· della Cirene e di Maletti senza incontrare elementi avversari indussero il gen. Gariboldi - che sostituiva interinalmente Berti, assente per licenza 35 - ad attribuire importanza ed urgenza relative al varco incontrollato. Comunque vi furono discussioni ed il 5 dicembre Gariboldi inoltrò al Comando Superiore uno studio del gen. Spatocco con alcune osservazioni che si concludevano con un quesito di fondo: ":È a mio avviso specialmente questione di tempo. Se si deve rimane-

re molto nella situazione generale, durante l'occupazione [delle attuali posizioni], la costituzione del caposaldo di q. 192 può essere utile perché salda il nostro schieramento. Se deve essere situazione transitoria, potrebbe convenire rinunciarvi, per ora, per agire a fondo a momento opportuno" 36.

In definitiva, chiedeva Gariboldi, si deve attaccare o rimanere sulla difensiva? e quanto a,ncora durerà questa attesa? Da tener presente che il 25 Graziani aveva emanato un ordine per il nuovo raggruppamento d~lle forze "allo scopo di meglio assicurare l'azione di comando nell'attuale situazione in vista di future operazioni" 37 • Il dispositivo della 10 3 armata veniva ad essere il seguente: a. I settore (Sidi el-Barrani), affidato al Comando gruppo divisioni libiche, fronte ad est; b. II settore (Bug Bug) a sud-ovest del precedente, appoggiato con la destra alle propaggini orientali del costone di Sollum, assegnato al XXI corpo d'armata; c. III settore (Sollum) a guardia della "base" dell'armata: Bardia-ridotta Capuzzo, affidato al XXIII corpo d'armata. Come si vede, la formula di articola;zione in settori suggeriva un'intenzione difensiva, mentre tutti erano al corrente dei preparativi per l'offensiva su Marsa Matruh. Quanto alle mire britanniche, il 30 novembre il S.I.M. fornì un'ampia sintesi della situazione politico-militare, sottolineaifdO' la particolare delicatezza del mo-


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mento (in Albania le cose andavano decisamente male e la cns1 Mussolini-Badoglio era ormai nota). Nei riguardi delle forze nemiche in Egitto venivano rilevati il notevole aumento degli effettivi, considerati sui 300.000 uomini, egiziani compresi; la grande disponibilità di mezzi meccanizzati e la recente costituzione di nuove unità corazzate, dotate di materiali giudicati specificatamente idonei ad agire nel deserto. Da ciò era desunta la possibilità dell'inizio di un'offensiva inglese a breve scadenza. Anche il Comando della 10 8 armata aveva notizie dirette che integravano il quadro delineato dal S.I.M., però formulava varie ipotesi sulle intenzioni di Wavell: il nemico rmene imminente una nosrra offens iva e si prepara ad ostacolarla violentemente; il nemico si attesta in forze sulla fronte per mascherare un periodo di crisi dovuto alla partenza di forze per la Grecia; il nemico effettua un normale cambio di reparti rinforzando lo schieramento per alleggerire il servizio di osservazione dei reparti in linea; · il nemico vuol tentare un'azione a raggio limitato contro qualche nostro presidio".

Nella sua valutazione del grado di attendibilità delle citate ipotesi, il Comando d'armata, pur non escludendo la possibilità di un'offensiva che si fosse ripromessa lo scopo limitato di un successo locale da sfruttare ai fini propagandistici, era più propenso a r itenere maggiormente probabile una delle altre tre supposizioni. Tutto sommato, bisogna ammettere una qualche incertezza non tanto di previsione quanto di comportamento. Da un lato tutti i Comandi di grande unità 'restavano orientati sulle linee generali dell'offensiva in preparazione: il XXI corpo d'armata doveva avanzare lungo la direttrice Sidi el Barrani-Marsa Matruh, scavalcando le divisioni libiche, mentre il raggruppamento Maletti, alle dipendenze del Comando Superiore(?), avrebbe operato quale ala destra a nord della depressione di el Qattara, per aggirare le difese di Marsa Matruh. D'altra parte a nessun.o sfuggivano taluni sintomi minacciosi, avvalorati il 7 dicembre da informazioni raccolte in sede di interrogatorio di prigionieri, secondo le quali il nemico si apprestava ad attaccare .e ntro una diecina di. giorni. Conviene adesso dare ·uno sguardo alle forze italiane dislocate nello scacchiere orientale per individuare quelle realmente impegnate nella prima fase dell'offensiva della Western Desert Force. La


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10a armata era dislocata nella zona Bardia-Sidi Omar-Bir Habata (sud-ovest di Bir Sofafi) - el Maktila (est di Sidi el-Barrani). Il gruppo divisioni libiche aveva la 1 a libica (gen. Giovanni Cerio) all'uadi el-Maktila; la 2a libica (gen. Armando Pescatori) sistemata nei tre capisadi di Alam el-Tummar; la 4a divisione cc.nn. 3 gennaio (gen. Fabio Merzari) schierata a protezione della base logistica di Sidi elBarrani, ove erano stati costituiti depositi di munizioni, carburanti, viveri ed acqua, sparsi su vasta area, in previsione dell'imminente progressione verso Marsa Matruh. Il XXI corpo d'armata aveva il raggruppamento Maletti ad Alam Nibeua ed Alam el-Iktufa, a sudovest della 2 a libica; la Cìrene (gen. Alessandro De Guidi) sistemata sul rilièvo roccioso e collinoso di Bir Sofafi ed articolata nei quattro capisaldi di Alam er-Rabia, quadrivio di q. 236, quadrivio di Qabr el-Mahdi e q. 226 di Bir Sofafi; la Catanzaro (gen. Giuseppe Amico) schierata in otto capisaldi a sud-est di Bug Bug. Il XXIII corpo d'armata presidiava Bardia con la 1 a divisione cc.nn. 23 marzo (luog.gen. Francesco Antonelli), occupava i passi di Sollum e dell'Halfaya con la 2a divisione cc .nn. 28 ottobre (luog.gen. Francesco Argentino) e sbarrava le provenienze da sud con la divisione Marmarica (gen. Ruggero Tracchia), schierata fra Sidi Omar ed il ciglione di Sollum. A tergo, alle dirette dipendenze del Comando Superiore, c'erano il Comando del XXII corpo d'armata (gen. Enrico Pitassi Mannella), la divisione Sirte (gen. Vincenzo Della Mura), la brigata corazzata speciale (gen. Valentino Babini) ed il Comando artiglieria di manovra con il 10° ed il 20° raggruppamento artiglieria di corpo d'armata. Oltre a tali forze, per così dire, mobili, esistevano i presidi delle piazze di Tobruk e di Bardia e quelli minori del deserto cirenaico, nonché le truppe del Sahara libico 38 • In definitiva, al primo scontro erano interessati soltanto il gruppo divisioni libiche ed il XXI corpo, cioé le grandi unità destinate a muovere su Marsa Matruh. Esse ammontavano a 12 battaglioni di fanteria, 20 battaglioni libici e 6 di camicie nere; 3 battaglioni mitraglieri, 6 compagnie mortai da 81 e 10 controcarri da 47/32; 1 battaglione carri M 11 e 3 battaglioni carri leggeri; 22 gruppi di artiglieria da campagna e 12 batterie d'accompagnamento da 65/17. In totale, circa 50.000 uomini.

In previsione della ripresa offensiva il Comando della 5a squadra aerea aveva allestito camfi più avan.z ati. Alcuni, compresi fra Tobruk e Sollum, vennero progressivamente occupati, mentre quelli tra Sollum e Sidi el-Barrani, sui quali furono predisposti gli accantonamenti ed i servizi, rimasero sgomberi per impedirne il pre-


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

ventivo riconoscimento da parte avversaria e riservati per il trasferimento di unità aeree al momento dell'offensiva. Secondo il gen. Porro la situazione si presentava in modo soddisfacente: "(...) Avendo il Ministero dell'Aeronautica provveduto gradualmente a soddisfare le richieste particolarmente intese a potenziare maggiormente le possibilità dei mezzi logistici (autoreparti, squadre riparazioni, squadre recuperi, depositi, magazzini, ecc.), alla vigilia dell'offensiva, salvo la necessità di una maggiorazione di operai per la riparazione apparecchi, per i recuperi e per le officine autoveicoli e salvo il mancato trasporto da Napoli di circa 150 automezzi giacenti sulle banchine, l'organizzazione si poteva ritenere quasi completa numericamente nei suoi mezzi (materiale e personale) e nel suo razionale ordinamento e funzionamento" 39•

In realtà lo stato delle cose era meno tranquillizzante proprio nell'aspetto logistico più delicato: il servizio riparazioni aeromobili e motori (S.R.A.M.). Le unità più propriamente da combattimento della 5a squadra, vale a dire la 13a divisione e la 9a e la 14a brigata aerea, avevano 238 apparecchi efficienti su 336 in carico 40: bombardieri (S.79, S.81 e S.82): 96 efficienti su 131 in carico; assalto (CR.32, Ba.65 e Ro.41): 28 efficienti su 56 in carico; caccia (CR.42): 110 efficienti su 145 in carico; siluranti (S. 79): 4 efficienti su 4 in carico; I velivoli inefficienti ammontavano dunque a circa il 30%, di cui oltre la metà riparabili in squadriglia, il che li rendeva suscettibili di rapida rimessa in efficienza. Tuttavfa, sia per le condizioni meteo che rendevano difficile il lavoro all'aperto, sia per il notevole decentramento degli apparecchi sui campi, il tempo effettivamente occorrente per le piccole e medie riparazioni era decisamente superiore al normale. Nella pagina seguente si riporta il quadro di battaglia della 5 a squadra aerea. In merito alle disponibilità britanniche occorre fare un passo indietro per spiegare, almeno in parte, la discordanza fra l'apprezzamento fatto dai Comandi italiani e la reale situazione. Alla fine di settembre il S.I.M. aveva stimato presenti in Egitto circa 160.000 inglesi. Molti. E che nell'intero Medio Oriente vi fossero truppe eccessive in rapporto alla situazione locale ed agli intendimenti strategici del momento si potrebbe desumere dal fatto che "lo Stato Maggiore Generale Imperiale continua a far pressioni perché si tolgano )


SITUAZIONE s• SQUADRA AEREA AI PRJMI DI DICEMBRE 1940 Appmcchi SE T TORI

Dislocaziont

COMANDI E REPARTI

Tipo

Cari«>

Volo

Eff.

--

s. 79

I

1

Apollonia.

1

1

Ohibli

2

2

Apollonia .

3

3

175' Squadriglia R. S.. T.

S. 79

~

2

Tobruch N. 5

4

2

278' Squadriglia Aerosiloranli .

s. 79 s. 75 s. 74

4

4

El Adem .

5

5

13

8

Bengasi (Berka)

2

1

Bengasi (Berka)

8

8

--

4

2

Bengasi (Idroscalo)

4

13

9

Casld Benito

--

9

4

10

1

Oambut.

11

4

l

Reparto Volo 5' Squadra

s• Squadra

l

Oruppo Importi 614' Squadriglia socc~rso .

9" Stormo B. T.

14' Stormo B. T. 1311 Divisione , Pegaso • T, 4

l l

26' Gruppo. 29' Oruppo.

«• Oruppo. 45' Oruppo.

33' Oruppo B. T. 54° Oruppo B. T. . Reparto Bombardame,ito !)«ante .

15' Stormo B. T. 9' Bri&ata cltoQC>

Cast•! Benito

Volo

diurno notturno

--

Comando

Equipaggi addestrati

41' Stormo B. T.

l l

46' Oruppo. 47' Oruppo. 59" Oruppo . 60' Oruppo.

Cant. Z. 506

s. 79 s. 79 s. 79 s. 79

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194

LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

forze dal Medio Oriente" 41 • Churchill, invece, era di diversa opinione. Per di più era assai scontento della distribuzione delle / unità nel teatro d'operazioni e non soltanto per l'ingiustificata, per lui, dislocazione di reparti in Palestina e nel Kenia:

"Questa distribuzione (o dispersione) geografica delle nostre forze - egli osservò - mette in evidenza le idee prevalenti, che sono peraltro erronee in senso .s trategico. Comunque, mi è stato spiegato che sebbene queste forze fossero destinate già a speciali teatri d'operazioni, potrebbero tutte andare nel Medio Oriente se ce ne fosse bisogno. Perciò acconsentii a far inserire parole che lo mettessero in chiaro. Cionondimeno, il paragrafo contemplante la dispersione di queste divisioni senza tener conto delle esigenze qella guerra mi fece una sfavorevole impressione. Poi dobbiamo rivolgere la nostra attenzione al crescente spreco di truppe nel Kenia e al continuo spreco che se ne fa in Palestina(...). Infine - scrisse al ministro della guerra il 24 settembre - c'è l'impressionante spreco che si fa di truppe regolari britanniche nella zona del Canale, al Cairo e ad Alessandria per il servizio di polizia, e la generale rilassatezza del Comando del Medio Oriente nel concentrare la maggior forza possibile per la battaglia e nel ridurre l'inadeguatezza delle razioni alla forza effettiva delle unità. Non ho ancora avuto risposta alla mia richiesta di cifre su questo punto. La mia idea, come la vostra, è di raccogliere nel Medio Oriente il più forte esercito possibile entro i prossimi mesi, e in altri documenti io ho indicato il numero di divisioni che spero vi si possa concentrare. Ma io credo che per il Ministero della Guerra e il Comando egiziano ·1a prima cosa da farsi sarebbe di impiegare nella miglior maniera l'elevato contingente di truppe di cui già dispongono, e che già ci costa molto" 42 •

Ed invitò il ministro della guerra, Eden, ad ispezionare personalmente quel teatro d'operazioni. Eden arrivò il 15 ottobre al Cairo e volle subito un colloquio con Wavell, Longmore e Wilson. L'offensiva italiana verso Marsa Matruh era considerata possibile al massimo con tre divisioni (ternarie naturalmente, pari quindi a quattro o cinque divisioni binarie) a causa dei vincoli posti dalla scarsità d'acqua e dalla precarietà delle linee di comunicazione. Nessuna preoccupazione per l'eventuale presenza di una divisione corazzata fra le tre supposte: i carri italiani erano impiegati a sostegno della fanteria e non raccolti in grandi unità. Probabilmente il dispositivo di Graziani si sarebbe basato su due colonne, una lungo


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la striscia costiera, l'altra molto più a sud; di conseguenza, mentre la prima sarebbe stata contenuta da azioni di retroguardia condotte dalla 4a divisione indiana, la seconda sarebbe stata investita sul fianco meridionale dall'intera 7a divisione corazzata, dotata di 150 nuovi carri, per la quale erano stati costituiti nel deserto numerosi depositi di benzina ed acqua, debitamente intervallati. Marsa Matruh, poi, era saldamente organizzata a difesa ed il suo presidio ammontava a cinque battaglioni di fanteria ed uno mitraglieri con otto o nove batterie 43 • Erano inoltre disponibili la 6 3 divisione australiana su due brigate, la 16 3 brigata inglese, una brigata neozelandese ed una polacca. Situazione, in sostanza, tranquillizzante purché l'appoggio aereo fosse stato adeguato. Secondo Wavell c'era margine di sicurezza: "È il materiale, specialmente artiglieria ed armi controcarri, che occorre più degli uomini. Il nemico non raggiungerà il Delta con sia pur grande massa di fanteria, ma solo se potrà essere superiore in forze corazzate" 44 • Secondo Longmore un attacco aereo italiano condotto con decisione e sostenuto da unità tedesche avrebbe travolto immediatamente le sue squadriglie di caccia di prima linea. "E se invece gli italiani non attaccano?" chiese Eden. In estrema segretezza - al punto che Churchill ne fu informato da Eden soltanto al rientro di questi a Londra 1'8 novembre - gli furono illustrati i termini dell'operazione Compass, prevista per la fine di novembre. Le forze di Wa\Tell stavano fruendo di un grosso incremento. A dire il vero, però, non tutto quello che arrivava era immediatamente impiegabile, giacché il trasporto di un'intera divisione per la rotta del Capo durava un paio di mesi ed anche più e vigeva l'orientamento di non utilizzare grandi unità se non complete. Di conseguenza esisteva una notevole sporporzione fra entità complessiva di uomini presenti in Egitto e grandi unità impiegate o impiegabili. Per questo Churchill insisté affinché Eden controllasse meticolosamente le situazioni della forza combattente e della forza vettovagliata, eccessivo apparendogli il divario tra di esse e non intendendo che solo una parte delle truppe in posto venisse adoperata in battaglia. E proprio tale stato di fatto ebbe riflessi notevoli anche sulla ricostruzione delle forze nemiche da parte del S.I.M. Dalla fine di agosto alla fine dél 1940 giunsero in Egitto via mare 126.000 uomini, e precisamente 76.000 dalla Grarl Bretagna e 50.000 da India, Australia e Nuova Zelanda. In termini di grandi . unità e reparti, ciò significò l'afflusso rlepilogato nella pagina se• guente.


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

dal Regno Unito

dall'India e oltre

2a divisione corazzata su: 1a brigata cor. 3a brigata cor. 2° gruppo di sostegno unità minori 2° reggimento carri 7° reggimento carri 3° reggimento ussari !re rgt.a.camp. tre rgt.a.pes.camp. un rgt. specialisti artiglieria un gruppo a.costa 19 gruppi a.contraerei due compagnie pionieri unità trasmissioni complementi vari

due brigate della 7 3 .D.f. australiana una brigata della 6 3 D.f. australiana una brigata della D.f. ·neozelandese un rgt. cavalleria indiano quattro battaglioni indiani

A questi occorre aggiungere la sa divisione indiana e due reggimenti artiglieria da campagna sbarcati a Por to Sudan 45; la 1a divisione sudafricana e la 1a brigata contraerei sudafricana giunte a Mombasa. In definitiva, la presenza britannica in Egitto a fine anno poteva essere valutata pari a .circa 200.000 uomini, inserendo nel computo la sa divisione indiana - che era ammissibile ritenere arrivata dal Sudan - ed i reparti affluiti dalla Palestina; cifra senza dubbio inferiore a quella accettata dal S.I.M. (250.000 uomini a fine ottobre e 300.000 uomini a fine anno). Ma l'errore di apprezzamento più vistoso riguardava la ricostruzione dell'ordine di battaglia inglese: una quindicina di divisioni, più o meno il doppio del reale 4 6. Fin dall'll settembre, cioé dall'avanzata di Berti su Sidi elBarrani, Wavell aveva preso in considerazione una offensiva in Ci'renaica e dato il via ad uno studio sul complesso problema logistico che essa avrebbe comportato. Tale essendo la sua idea, seppure ancora piuttosto vaga, per il momento aveva ordinato ad O'Connor di non farsi agganciare ma di limitarsi ad un violento contrattacco se l'offensiva italiana fosse arrivata a Marsa Matruh. Perciò l' 11 ° ussari, rinforzato da una compagnia autoblindo della R.A.F., ed il gruppo di sostegno della 7a divisione corazzata mantennero il contatto con le colonne italiane, mentre il grosso della Western Desert


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Force si schierava ndla zona del campo trincerato. La disposizione assunta attorno a Sidi el-Barrani dalla 10 3 armata fece ritenere possibile un'azione limitata nel tempo contro una o più unità italiane, superando le inevitabili difficoltà logistiche. "Il dispositivo difensi\!O nemico - scrisse più tardi Wavell - mi sembrava molto difettoso e lacunoso. Si estendeva su un'ampia fronte con una serie di accampainenti fortificati, che non erano in grado di darsi assistenza reciproca e separati da ampi intervalli. La sua difesa mancava, inoltre, di profondità" 47 •

Il 20 ottobre, dunque egli chiese a Wilson proposte circa un rapido attacco contemporaneo su Sidi el-Barrani e su Sofafi: le ali dello schieramento italiano. In particolare pensava ad un'azione della 4a divisione indiana, possibilmente rinforzata da una brigata, lungo la fascia costiera e della 7a divisione corazzata, rinforzata da alcuni battaglioni motorizzati contro il fianco destro di Berti sulla scarpata, in prossimità di Sofafi. Se tutto fosse andato bene, la 7a corazzata avrebbe sfruttato il successo puntando verso nord, cioé scendendo dalla scarpata e dirigendosi verso Bug Bug. Date le difficoltà di rifornimento probabilmente r:ion sarebbe stato possibile proseguire nell'azione oltre quattro-cinque giorni, tanto più che occorreva coprire inizialmente, in due.notti successive, la distanza fra i due dispositivi ed attaccare il mattino seguente la seconda notte di trasferimento. Truppe a disposizione: la 7a corazzata e la 4a indiana completate nell'organico, il nuovo 7° reggimento carri dotato dei recentissimi Matilda 48 ed un'aliquota della guarnigione di Marsa Matruh. Al termine dell'operazione la Western Desert Force doveva raccogliersi al capolinea ferroviario. I soli autorizzati a conoscere il pr~getto erano i comandanti della Western Desert Force e delle due divisioni, nonché il capo di Stato Maggiore di Wilson. O'Connor rifletté a lungo sulla questione e ritenne che un attacco contemporaneo avrebbe comportato una dispersione di sforzi nociva ai rapporti di forza necessari per un'impresa del genere. Propose allora di penetrare nell'ampio spazio vuoto riscontrato esistere fra Nibeua e Bir er Rabia e di attaccare prima le posizioni centrali, poi le altre in successione di te111pi; Bug Bug, importante centro logistico, poteva essere oggetto di un'incursione; Sofafi sarebbe stato l'ultimo obiettivo, ad impianto difensivo disgregatio. Wavell approvò il disegno di manovra: era convinto della possibilità di un successo pieno. Sapeva che


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le forze italiane erano piu numerose, ma si trattava essenzialmente di fanterie appiedate e non potevano competere né in fatto di carri (i Matilda erano pressocché invulnerabili), né di artiglieria (erano giunti i nuovi ottimi pezzi da 25 libbre), né di addestramento. L'ope· razione doveva iniziare di sorpresa con la luna piena di novembre, vale a dire l'ultima luna del mese. L'unico dubbio riguardav~ le forze aeree, il cui potenziamento costituiva per Wavell conditio sine qua non. La situazione della Royal Air Force in Medio Oriente ai primi di ottobre era qualitativamente migliorata rispetto a quella del giugno: un gruppo da bombardamento pesante era stato armato con Wellington, uno di bombardieri medi con Blenheim IV, ed uno da caccia con Hurricane ma Longmore colse l'occasione della nomina del mar. Portai a capo di Stato Maggiore della Roya1 Air Force per invitarlo ad un rafforzamento delle unità aeree locali al più presto possibile. Del resto anche Eden premeva in questo senso. Il successo nella battaglia d'Inghilterra e l'approssimarsi dell'inverno indussero i capi di Stato Maggiore a convenire che era giunto il momento di provvedere. Le soluzioni idonee erano due: accelerare la sostituzione degli apparecchi meno moderni oppure aumentare la forza dei gruppi, riducendo così la perdita di tempo connessa con l'invio di reparti completi. Per il momento venne deciso di attivare in ottobre un flusso continuo di aerei e di equipaggi. Per i bombardieri medi fu stabilita una quota mensile di 48 Blenheim IV, per i pesanti 23 Wellington, per i caccia 24 Hurricane. Inoltre furono assegnati 149 caccia Glenn Martin e 227 caccia Mohawk, dei quali però i primi cominciarono ad affluire in numero apprezzabile soltanto all'inizio del 1941 ed i secondi mostrarono tali limitazioni da essere smistati in India e nel Sudafrica per l'addestramento dei piloti. Longmore, comunque, insisté per la costituzione di altri due gruppi da caccia. Il programma doveva essere svolto essenzialmente lungo la via Takoradi-SudanEgitto, il che significava un avvio piuttosto lento. Inoltre l'esigenza Grecia provocò l'invio di cinque gruppi in quello scacchiere. In sostanza, per l'operazione Compass furono messi a disposizione del commodoro dell'aria Collishaw, comandante dello stormo n. 202, tre gruppi di caccia (due di Hurricane ed uno di Gladiator) e sette da bombardamento (tre di Blenheim, tre di Wellington ed uno di Bombay) per un complesso di 48 caccia e 116 bombardieri. Inoltre l'aviazione per l'esercito dipendente dal Comando della Western Desert Force contava su due gruppi ed una squadriglia mista di caccia ericognitori.


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Nell'attesa della messa a punto dello strumento operativo, Wavell e Wilson si recarono più volte nel deserto occidentale discutendo del progetto, verificandone premesse e sviluppi presumibili e calcolando i rinforzi. In questo quadro, il 25 ed il 26 novembre fecero svolgere un'esercitazione nei pressi di Marsa Matruh. Ai reparti - 4a divis ione indiana e 7° reggimento carri - venne presentata come addestramento all 'attacco di accampamenti ne mici, con l'avviso che una seconda esercitazione era in programma per i primi di dicembre. Solo poch e persone sapevano che invece si trattava di una prova - con i campi di Nibeua e di Alam el-Tummar riprodotti quanto meglio possibile sul terreno - dell'offensiva, la cui data venne nel frattempo posticipata di una diecina di giorni. Molta attenzione fu portata alla tattica da impiegare contro gli accampamenti fortificati. Se i reparti meccanizzati avevano acquisito una notevole esperienza di combattimenti nel deserto, quelli di fanteria s i trovavano di fronte ad un'incognita ed anche i Matilda erano una novità sotto molti aspetti. Vennero definite le parti degli aerei e dell'artiglie ria per l'appoggio ravvicinato; fu ideata e sperimentata una tecnica per il superamento dei campi minati e dei fossati anticarro; furono stabilite le modalità per l'azione congiunta di carri e fanteria (questa al seguito di quelli, dopo l'apertura degli eventuali varchi) e studiato un accurato coordinamento tra fuoco e mo.vimento nell'ambito delle unità di fanteria, cadenzando l'entrata in azione a tempo debito delle basi di fuoco di battaglione e di compagnia; venne anche adombrata l'eventualità, di fronte ad un successo di grosse proporzioni, di proseguire l'offensiva sino al confine egiziano; in definitiva, fu lasciata all'imponderabile solo l'alea del combattimento: "Io non ho eccessive speranze sull'esito di questa operazione - scrisse Wavell a Wilson il 28 novembre - ma voglio esser certo che qualora si presenti una buona occasione noi siamo preparati moralmente, psicologicamente e logisticamente a sfruttarla appieno 49 •

Secondo la valutazione dell' lntelligence Service gli itaHani disponevano oltre frontiera di sei o sette divisioni (due metropolita- . ne, due di camicie nere e due o 'tre libiche) e di un gruppo corazzato per complessivi 80.000 uomini, 250 bocche da fuoco e 120 carri. La ricostruzione era ampiamente accettabile, però esige qualche precisazione. La forza di Berti dislocata oltre Sollum non superava i 50.000 uomini, con circa 3()f) pezzi di artiglieria da campagna e pe-


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LE OPERAZIONI JN AFRICA SETTENTRIONALE

sante campale. Quanto ai carri armati, gli unici veri carri erano i 22 M 11 da 11 tonnellate so efficienti di Maletti, che dovevano vedersela con i Matilda da 26 tonnellate si ed i cruisers MK I, MK II ed MK III da 13-15 tonnellate. Wavell, infatti, intendeva impegnare 35.000 uomini con 120 pezzi, 60 autoblindo e 275 carri, suddivisi in circa 145 carri leggeri da 5 tonnellate, 80 cruisers, e 50 carri da fanteria Matilda 52 • Il piano di O'Connor contemplava tre fasi. Nella prima, la 4a indiana ed il 7° Tanks dovevano entrare nel sistema difensivo italiano tra la scarpata e Nibeua, vale a dire tra la Cirene ed il raggruppamento Maletti, poi puntare verso nord ed attaccare i rovesci delle posizioni di Nibeuà e di Alam el-Tummar (2a divisior;ie libica). La 7a divisione corazzata avrebbe assicurato protezione nei confronti di eventuali contrattacchi italiani provenienti da Bug Bug o da Sofafi e la brigata di formazione Selby, uscita da Marsa Matruh, aveva il compito di impegnare frontalmente le posizioni di el-Maktila (1 a divisione libica), mentre dal mare unità della Mediterranean Fleet avrebbero bombardato el-Maktila e Sidi el-Barrani. La seconda fase, prevista in caso di esito positivo dell'attacco a Nibeua ed a Alam el-Tummar, concerneva, l'investimento di Sidi el-Barrani da parte della 4a indiana, sempre con il rinforzo del 7° Tanks, mentre la 7a divisione corazzata doveva interrompere ogni comunicazione ed imperversare nell'area compresa fra il tratto rotabile Bug Bug-Bir el Azzaziya e la scarpata. La terza fase riguardava il possibile sfruttamento del successo ad opera della 7 a corazzata sia verso Sollum, con il concorso del bombardamento navale, sia verso Sofafi. Dal canto suo la Royal Air Force prevedeva un sistematico bombardamento degli aeroporti libici da Malta e dall'Egitto nell'imminenza della offensiva ed un pattugliamento aereo a protezione della marcia di avvicinamento e delle basi di partenza per l'attacco. Il problema logistico dell'intera operazione presentava due aspetti salienti: il superamento della notevole distanza fra la base di Marsa Matruh ed il dispositivo italiano e l'alimentazione dello sforzo per cinque giorni. L'uno venne risolto effettuando il movimento in due tappe notturne e rassegnandosi a sostare un intero giorno in pieno deserto. L'altro era anch'esso legato alle capacità di trasporto, che già avevano condizionato l'entità della forza partecipante all'operazione, vincolandola alle possibilità di integrale motorizzazione. Fu perciò deciso il preventivo approntamento di due . depositi campali avànzati: il n. 3, presso la rotabile Marsa MatruhSidi el-Barrani, a poco più di trenta chilometri da Marsa Matruh, ed


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il n. 4, all'altezza del precedente ma a ridosso della scarpata di Sollum. Dovevano essere dotati di cinque giornate di viveri, munizioni e carburante e due d i acqua. L'ammassamento ebbe inizio l'l l novembre e risultò completato il 4 dicembre; dopo di che le tre compagnie trasporti utilizzate allo scopo vennero assegnate alla 4a divisione indiana. Il rifornimento idrico, con autocisterne, terminò il 7 dicembre, giorno in cui doveva iniziare il movimento delle truppe. Con tutto ciò Wavell era, sì, çonvinto che la grossa incursione in programma avrebbe:·dato un- risultato favorevole, ma localmente, senza vistosi sviìuppi. Tanto era cauto che il 6 dicembre telegrafò a Sir John Dill, capo di Stato Maggiore Generale Imperiale: Se tempo permette, movimento preliminare avrà luogo notte 7/8 dicembre, marcia di avvicinamento notte 8/9 dicembr e, attacco mattino 9 dicembre. 2. Sento non fondate speranze debbano esser formulate in questa operazione che est stata programmata solo come incursione. Noi siamo di gran lunga inferiori per terra ed aria, dobbiamo superare più di 75 miglia di deserto ed attaccare un nemico che si è fortificato per tre mesi. Prego non incoraggiare ottimismo. 3. Creagh è in ospedale e potrebbe essere indisponibile, ciò che sarebbe increscioso perché tutto dipende dall'impiego della divisione corazzata 53.

" l.

Inutile dire che la moderazione di Wavell era intesa a frenare Churchill - il quale commentò: "Naturalmente, sono sbalordito per il paragrafo 2... " - ma il comandante in capo del Medio Oriente aveva anche altre idee per la testa. Egli riteneva di dover attribuire. preminenza alla riduzione dell'influenza italiana in Africa orientale. Perciò aveva stabilito, senza avvisare O'Connor, di inviare la 4a indiana nel Sudan al termine dei cinque giorni concessi all'operazione. Sarebbe stata sostituita da una brigata della 6 8 divisione australiana subito e dal resto della divisione alla fine di dicembre. Il 5 dicembre Wilson inviò la prima ed ultima direttiva scritta ad O'Connor, il 6 questi diramò l'ordine di operazione per Compass. Lo stesso giorno la 4 a indiana si portò dalla zona di Gerawla, a metà strada tra Maaten Baggush e Marsa Matruh, a Bir Kenayis, una cinquantina di chilometri a sudovest di Marsa Matruh, sulla pista per Si~a. Il 7 dicembre le truppe vennero informate che non si trattava di una seconda esercitazione bensì di un'autentica azione di guerra, il cui inizio era stabilito per le prime ore del 9. La stessa sera Grazianrfu messo al corrente dall'ufficio infor-


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

I

mazioni del Comando Superiore che un soldato inglese, catturato sul fronte della 2a libica due notti prima, aveva affermato di non nutrire "alcun dubbio sulla prossima offensiva britannica che si sarebbe scatenata entro una diecina di .giorni". 2.

LA BATTAGLIA DI SIDI EL BARRANI

(9-11 DICEMBRE)

Sabato 7 dicembre la Royal Air Force iniziò l'offensiva aerea contro gli aeroporti avanzati e quelli di Castel Benito e di Benina. Nel pomeriggio le forze di O'Connor iasciarono la' zona di Bir Kenayis - dove la 4a indiana era appena arrivata e la 7a corazzata sostava da alcune settimane - e si accinsero alla lunga marcia di avvicinamento. Circa diecimila veicoli procedevano nel deserto, verso occidente, ad una velocità di una dozzina di chilometri all'ora, in due lunghe colonne: la 4a indiana a nord e la 7a corazzata a sud. La punta di lancia, il 7° reggimento carri, si era mossa con un anticipo di un paio di giorni e adesso, raggiunto lo schermo di protezione che da tempo stazionava a qualche distanza dalle posizioni italiane, attendeva il grosso. Per tutta la domenica le truppe britanniche rimasero esposte all'esplorazione aerea italiana, ma un solo apparecchio sorvolò l'area .interessata e per l'esistenza di una certa foschia o per un non accurato esame non individuò il pericolo incombente. All'imbrunire dell'8 tutte le forze impegnate nell'operazione Compass erano concentrate a Piccadilly Circus, la zona di riunione ad una ventina di chilometri a sud-est di Nibeua. L'l 1° ussari e reparti leggeri coprivano il fronte. Tra le 21 e le 24 la cannoniera Terror ed il monitore Aphis bombardarono pesantemente Maktila, mentre il monitore Ladybird cannoneggiava Sidi el-Barrani. Nel contempo formazioni aeree sorvolavano costantemente il settore in modo da soffocare il rumore dei carri armati in movimento. Da parte italiana c'era una sostanziale tran quillità. La situazione descrittiva, diramata dal Comando d'armata il 7 dicembre, delineava le quattro ipotesi di azione britannica ma in fondo ammetteva solo un eventuale attacco limitato a qualche caposaldo, escludendo cioé un'offensiva a fondo. Tale profilo veniva suffragato almeno agli occhi del comandante del gruppo divisioni libiche 54 dalla decisione dell'armata di sottrarre a ciascuna delle divisioni libiche un gruppo da 75/27 e dal ritiro ad ovest di Bardia del raggruppamento carri che aveva partecipato all'avanzata su Sidi el-


LA PRJMA OFFENSIVA J3RJTANNICA

LE FORZE BRITANNICHE IMPEGNATE NELL'OPERAZIONE COMPASS

Comando Western Desert Force (ten. gen. R.N. O'Connor) -; ·' divisione corazzata (magg.gen. M . O'Moore Creagh), su: .p brigata corazzata (brig. J.S.L. Caunter): 7° ussari 2° Royaf Tanks 6° Royaf Tanks 7" brigata corazzata (brig. H.E. Russe!): 3° ussari ~·o ussari I O Royaf Tanks (;ruppo di sostegno (brig. W.H.E. Gott): I btg. King's Royal Riffe Corps Il b tg. Riffe Brigade I O e 4 ° artiglieria a cavallo Rc' parti divisionali: 11 ° ussari 3° e 106° artiglieria a cavallo 2 • compagnia genio 141° parco campale del genio due compagnie autoblindo della R.A.F. -I ·' di,·isione indiana (magg.gen. N.M. de la P. Beresford-Peirse), su: ;i·' brigata fanteria indiana (brig. W.L. Lloyd): 1 btg. Royaf Fusiliers III/I O Punjab Rfgiment IV/6° Rajputana Riffes una compagnia cannoni controcarri I I • brigata fanteria indiana (br ig. R.A. Savory): li btg. Queen's Own Cameron Highfanders I/6° Rajputana R iffes IV/7° Rajput Regiment una compagnia cannoni controcarri 16· brigata fanteria inglese (brig. C.E.N. Lomax): I btg. Queen's Regiment II btg. Leicestershire Regiment 1 btg. Argyll and Sutherland Highlanders Reparti divisionali: Centrai India Horse I btg. Northumberland Fusiliers (mitraglieri) I O , 25 ° e 31 ° artiglieria da campagna 3° artiglieria a cavallo 4 3 , 12•, 1s• e 21 • c<>mpagnia genio 11 • compagnia parco campale.

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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

Gruppo Selby (b rig. A.R. Selby): III btg. Coldstream Guards una compagnia Northumberland Fusi/iers una compagnia 1° South Sta/fordshire Regiment una compagnia 1° Cheshire Regiment distaccamento 1° Durham Light Infantry un reparto del 7° ussari unità del 107° artiglieria a cavallo e dell'8° da campagna 6 ° divisione australiana (magg. gen. I. Mackay), su: 16• brigata fanteria australiana (brig. A.S. Allen): 2/1° fanteria 2/2° fanteria 213 ° fanteria 17 • brigata fanteria australiana (brig. S.G. Savige): 2/5° fanteria 2/6° fanteria 2/7° fanteria I 9• brigata fanteria australiana (brig. H.C.H. Robertson): 2/4° fanteria 2/8° fanteria 2/11 ° fanteria Reparti divisionali: 6° reggimento cavalleria 1°, 2° e 3° artiglieria da campagna tre compagnie genio. Reparti di corpo d'armata: 7• brigata fanteria indiana (meno due battaglioni) I btg . .8.oyal Sussex IV/I I O Sikh Regiment 7° Royal Tanks 104° artiglieria a cavallo 7° artiglieria pesante campale 2° artiglieria contraerei pesante sei batterie contraerei leggera


LA PRIMA OFFENSIVA BRITANNICA

LE FORZE ITALIANE IMPEGNATE DALL'OPERAZIONE COMPASS

Comando 10• armata (gen. I. Gariboldi) Comando gruppo divisioni libiche (gen. S. Gallina) su: t • divisione libica (gen. G. Cerio):

1° raggruppamento fanteria libica 2° raggruppamento fanteria libica due compagnie cannoni da 47/32 di cui una della g.a.f. I O raggruppamento artiglieria libica da 77/28 un gruppo da 75/27 della 28 ottobre due batterie da 65/ l 7 di cui una de lla g.a.f. una batteria da 105/28 II battaglione misto genio 2• divisione libica (gen. A. Pescatori): 3° raggruppamento fanteria libica 4° raggruppamento fanteria libica due compagnie cannoni da 47/32 IX battaglione carri leggeri 2° raggruppamento artiglieria libica da 77/28 un gruppo da 105/28 un gruppo da 75/27 della 28 ottobre due batterie da 65/ 17 di cui una della g.a.f. I battaglione misto genio. 4 1 divisione camicie nere 3 gennaio (gen. F. Merzari): 250° legione cc.nn. 270" legione cc.nn. CCIV battaglione m itraglieri una compagnia cannoni da 47/32 204° reggimento artiglieria un gruppo da 105/28 un gruppo da 75 CK e.a. CCIV battaglione misto genio Comando XXI corpo d'armata (gen. C. Spatocco) su: 63• divisione fanteria Cirene (gen. A. De Guidi): 157° reggimento fanteria 158° reggimento fanteria LXIII battaglione mitraglieri 63• compagnia cannoni da 47/32 202• compagnia cannoni da 47/32 della 28 ottobre 63° compagnia motociclisti 45° reggimento artiglieria 1/21° artiglieria da 105/28 Ill/21 ° artiglieria da 75/27 •

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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

III/12° artiglieria da 100/17 due batterie da 65/17 della D.f. Sirte LXIII battaglione genio

64° divisione fanteria Catanzaro (gen. G. Amico): 141° reggimento fanteria 142° reggimento fanteria LIV battaglione mitraglieri 64 8 compagnia cannoni da 47/32 203° reggimento artiglieria LXIV battaglione genio Raggruppamento libico Maletti (geo. P. Maletti): I, V, XVII e XIX battaglione libico battaglione sahariano li battaglione carri M 11 una compagnia mortai da 81 un gruppo artiglieria da 65/17 un gruppo artiglieria da 75/27 una batteria da 105/28 due compagnie da 47/32 Reparti di corpo d'armata: XVIII battaglione carri leggeri XX battaglione carri leggeri X gruppo squadroni mitraglieri Vittorio Emanuele Il una compagnia motociclisti


LA PRIMA OFFENSIVA ORITANNICA

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Barrani. Accanto a tale convinzione esistevano alcuni elementi negativi destinati ad incidere sulla capacità difensiva. Nei giorni 2-4 dicembre il Comando d'armata aveva stabilito di trasferire la divisione cc.nn. 23 marzo, che presidiava le linee di Sidi el-Barrani, a Bardia per rimetterla in sesto date le condizioni di stanchezza in cui v~rsava. Fu inviata a sostituirla la divisione cc.nn. 3 gennaio, il cui comandante, gen. Merzari, appena giunto rappresentò di avere alcuni reparti ancora in distaccamento lungo il reticolato di frontiera. Dopo un iniziale rifiuto, ebbe il consenso a trattenere le eorrispondenti unità della 23 marzo, eccetto una batteria da 65 che sar ebbe arrivata tra qualche giorno. Il provvedimento, già suggerito da Graziani ma disposto ed attuato così tardi, provocò inevitabilmente una crisi di ambientamento e di orientamento e, soprattutto, ebbe un'altra dannosa conseguenza: l'impegno di gran parte degli automezzi delle divisioni libiche, le quali in tal modo durante l'offensiva inglese si trovarono pressoché immobilizzate. E sul dispositivo si può formulare ancora qualche osservazione (schizzo n. 10). Gli ultimi di novembre il gen. Gariboldi aveva ritenuto opportuno passare il raggruppamento Maletti agli ordini del XXI corpo, tuttavia il trasferimento di dipendenza venne rimandato di alcuni giorni per consentire al gen. Spatocco di ultimare le ricognizioni del proprio settore. Il corpo d'armata si presentava in una formazione a triangolo, con il lato più lungo costituito-dal già individuato pericoloso passaggio di Bir Enba e con i vertici rappresentati da Alam Nibeua-Alam el Iktufa (raggruppamento Maletti), da Sofafi-Alam el Rabia (divisione Ci rene) e, più indietro, dalle posizioni a sud-est di Bug Bug (divisione Catanzaro). Distanze: da Alam Nibeua ad Alam el-Rabia 30 chilometri in linea d'aria; da Alam Nibeua a Suani el-Khur (elemento più orientale della Catanzaro) 20 chilometri; da el-Qatar (elemento più occidentale della Catanzaro) a Sofafi 25 chilometri. Tra i vertici del triangolo il vuoto. In sostanza, l'assegnazione del raggruppamento Maletti al XXI corpo intendeva conferire al settore denominato "Bug Bug" una fisionomia unitaria che il terreno e la dislocazione delle unità non consentivano e l'isolamento delle divisioni tra poco le costringerà a sostenere }'.urto avversario ciascuna per proprio conto. Per di più, il corpo d'armata non disponeva nemmeno di una consistente riserva mobile cui affidare compiti di manovra. D'altra parte è doveroso riconoscere che aµche se fosse esistita le cose non sarebbero cambiate: essa infatti avrebbe dovutQ affrontare l'intera 1• divisione corazzata. L'ultimo rilievo riguarda il corrente ~ontrollo dell'ampia cortina di Bir En-


Schizzo n. 1O SITUAZIONE ITALIANA AL S DICEMBRE


LA PRIMA OFFENSIVA BRITANNICA

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ba. Il più interessato alla questione era Maletti, il quale ben capiva che se l'offensiva inglese fosse partita da quella direttrice certamente il primo obiettivo sarebbe stato Alam el-Nibeua - cioé proprio lui - per allargare ancor più la fall a. Ne scrisse a fine dicembre al Comando gruppo divisioni libiche, chiudendo la lettera con una frase significativa: "In conclusione, la mia situazione è campata in aria". La lettera fu inoltrata al Comando d'armata, ma qui la cosa era vista differentemente. In una sua visita al raggruppamento il comandante dell'armata ebbe a minimizzare il pericolo perché, dopo tutto, il varco poteva costituire una trappola per un avversario che vi si fosse incanalato e pertanto addirittura non conveniva chiuderlo o limitarlo con l'occupazione di un caposaldo intermedio, provvedimento che tra l'altro avrebbe aumentato la dispersione delle forze 56 • Bisogna ammettere che con le truppe ed i mezzi dell'epoca il discorso - pur valido in teoria - non appariva molto convincente. Ad ogni modo è difficile - soprattutto conoscendo le apprensioni manifestate da Graziani in proposito - comprendere la mancata messa in atto di un velo di truppe mobili in corrispondenza del varco. La sorveglianza esercitata dalle pattuglie distaccate dalle singole grandi unità non poteva che essere a corto raggio. Con elementi motorizzati in loco almeno l'allarme sarebbe stato assai più tempestivo. La sera dell'S il gen. Maletti segnalò al gen. Pescatori, comandante della 2 a libica, con cui il contatto era agevole grazie alla prossimità delle rispettive posizioni, un rumore di autoveicoli in direzione di Bir Enba ed un bombardamento aereo su Alam Nibeua. Alle 1,30 del 9 Pescatori mandò un messaggio radio al Comando gruppo divisioni libiche: "Una insolita prolungata attività aerea nemica sul cielo di Alam Nibeua-Ras el Dai-Alam el Tummar sembra tenda a mascherare ·movimenti mezzi meccanizzati e induce formulare ipotesi che nemico progetti azione settore Alam Nibeua-Ras el Dai".

Poco dopo anche Graziani ebbe la sensazione dell'imminenza di qualcosa di grosso. Alle 3 raccomandò al Comando 10a armata la massima vigilanza e ordinò al Comando della 5 a squadra aerea di predisporre, per le prime luci dell'alba, l'intervento a massa dell'aviazione lungo la direttrice Bir Enba-Ganawayat, giungendo a prescrivere di trasmettere le relative disposizioni in chiaro per gua• <lagnare tempo. ·


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

Però evidentemente l'entità del pericolo non era stata valutata nella sua pienezza. Fino all'alba pattuglie nemiche agirono aggressivamente sul fronte sud orientale del raggruppamento, poi, verso le 6 del mattino, subentrò una pausa. Alle 7 la 4a divisione indiana mosse all'attacco del suo primo obiettivo: Alam el-Nibeua, naturalmente. Maletti era assolutamente insoddisfatto dell'insieme delle cose. Appena giunto a Nibeua aveva osservato che la località, pur corrispondendo ad un nodo di piste, non si prestava ad una valida difesa statica in quanto le ondulazioni del terreno presentavano molti limiti all'osservazione ed al tiro. Comunque, di fronte alla precisazione che la dislocazione difensiva era transitoria, si limitò a chiedere rinforzi, anche per disporre di una riserva mobile. Gli vennero inviati due battaglioni libici e reparti di artiglieria, ma con il vincolo di occupare anche la posizione di Alam el Iktufa. Perciò furono costituiti due capisaldi. Il primo, ad Alam el-Nibeua, dal perimetro di 4.500 metri, era presidiato con il I, il V ed il XIX battaglione libico, il battaglione sahariano, una compagnia mortai qa 81, una compagnia cannoni controcarri da 47/32, due batterie contraerei da 20 mm, un gruppo da 65/17 su due batterie, un gruppo da 75/27, una batteria da 105/28. Il secondo, dal perimetro di circa 2.500 metri, era tenuto dal XVII battaglione libico rinforzato con una compagnia del XIX e quattro fuciloni Solothurn, una compagnia da 47/32, una batteria da 65/17 ed una sezione da 20. Esternamente, a nord-ovest di Alam el-Nibeua, si trovava il II battaglione carri medi, ridotto a 22 carri M 11. I lavori difensivi realizzati si riducevano a poca cosa: un complesso di postazioni per mitragliatrici ed artiglierie, quasi tutte sopraelevate e cintate, più che protette, da un muretto a secco; una serie di piccole postazioni in trincea; un campo minato limitato, per carenza di mine, ai soV lati orientale e meridionale e di assai scarsa entità. Era anche in corso la messa in opera di un fossato anticarro, o per meglio dire antiblindo, peraltro i lavori procedevano estremamente a rilento per deficienza di attrezzi e per la presenza di strati rocciosi sotto la piccola coltre superficiale di terreno soffice. Inoltre il personale era spesso impegnato in ricognizioni armate e per la scorta delle periodiche autocolonne di rifornimento che dovevano spingersi sino a Bug Bug e talora sino a Bardia. In conclusione, il caposaldo di Alam el-Nibeua era a buon punto, l'altro semplicemente in fase allestimento. È comunque da precisare - e l'osservazione vale anche per i capisaldi delle altre divisioni - che il fronte di goia era inevitabilmente guarnito da una semplice rada serie di postazioni, la cintura di fuoco perimetrale era lungi dall'assicurare


LA PRIMA OFFENSIVA BRITANNICA

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la "impenetrabilità" necessaria e non esisteva compartimentazione interna. Di conseguenza, rotto il tenue guscio, la difesa diventava assai ardua. Se è vero che molti comandanti non pensavano alla probabilità di un'offensiva britannica, taluno era di parere diametralmente opposto. Fra questi il gen. Maletti. Egli non dava credito all'ipotesi che il nemico si preparasse ad una stasi invernale o ad una sistemazione difensiva nella regione del Delta. Verso la fine di novembre la convinzione dell'imminenza di un grosso attacco "era diventata in lui pensiero fisso. Ebbe diverse volte a dirmi: «Il nemico certamente ci attaccherà e noi non siamo pronti in fatto di organizzazione»" 57 , riferì pii! tardi il suo capo di Stato Maggiore. Perciò si dava da fare per ottenere migliori possibilità di difesa. Ma proprio qualche giorno prima dell'offensiva commentò amaramente: "Noi non potremo, nelle condizioni attuali, resistere più di sette o otto ore" 58 • Pur sottolineando le deficienze di carattere strutturale non bisogna tuttavia dimenticare che la lunga sosta dopo la conquista di Sidi el-Barrani non era stata caratterizzata da una volontà di resistenza ad oltranza sulle posizioni raggiunte, bensì dalla necessità di arrestarsi per il tempo ritenuto occorrente a comprimere la molla che doveva scattare verso oriente. "In complesso - scrisse il gen. Gallina - data la concezione che il Comando d'armata si era formata e ci aveva comunicato sulla situazione, e tenuto conto delle nostre intenzioni di passare al più presto all'offensiva verso Marsa Matruh, lo schieramento delle mie truppe corrispondeva al concetto di posizione in attesa per lo sbalzo in avanti e contemporaneamente di sicurezza e di copertura per i preparativi della prevista offensiva 59•

Verso le 6,30 Maletti comunicò l'inizio di una vivace attività di pattuglie avversarie, un intenso rumore di automezzi in marcia e tiri di artiglieria di medio calibro su Nibeua. Poco dopo il gen. Pescatori telefonò da Alam el-Tummar a Sidi el-Barrani, avvisando il gen. Gallina di aver preso contatto col capo di Stato Maggiore .d i Maletti, che gli aveva assicurato "di non aver bisogno del concorso dell'artiglieria già precedentemente concordato, né della colonna celere divisionale tenuta pronta". Però i concentramenti di fuoco su Nibeua sembravano intensificarsi (schizzo n. 11) .


ATTIVITÀ OPERATIV~

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Schizzo n. 11 F.J ..9 DICEMBRE 1940

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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

FORZE CONTRAPPOSTE NELLA BATTAGLIA DI SIDI EL BARRANI unità e mezzi

aliquota della to• armata

Western Desert Force (esclusa la 6 3 D.f. austral.) ( 1)

Battaglioni fanteria di vario tipo ....... Autoblindo .............. ............................. Carri leggeri: - inferiori a 5 Conn ............................. - fra 5 e 10 tonn .................................. Carri medi: - fra 10 e 15 tonn ................................ - oltre 15 .tonn .................................... Carri pesanti ........................................ Pezzi artiglieria da camp. e pes. camp................................................. Cannoni controcarri ........................... Uomini .................................................

38

-

14 (2) 60

circa 60

-

Bren carriers 145

22

80

-

-

-

so

300 82 60.000

120 (3) ? (4) 31.000 (5)

Note: (1) Sono r~portate le cifre di Wavell. S.e condo altri autori, che però non indicano fonti l!fficiali, la disponibilità di autoblindo, cruisers e pezzi di artiglieria sarebbe stata alquanto maggiore. (2) Ad essi occorre aggiungere il I Royal Sussex ed il IV/I 1° Sikh Regiment a protezione delle retrovie, nonché un battaglione della 7a brigata indiana tenuto in riserva. (3) Calcolando tutti i reggimenti citati nel quadro di b attaglia su due batteries, si giunge ad u.n totale di 200 pezzi da campagna e 16 pesanti campali. (4) Sulla base di dati ufficiali ma incompleti, si g iunge ad a lmeno 90 cannoni. (5) Secondo il Playfair ed altri, 36.000 uom ini.


LA PR.IMA OFFE NSIVA BRIT ANNICA

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La 4a divisione indiana aveva affidato il compito di eliminare Alam el-Nibeua alla 11 a brigata di fanteria (gen. Savory) 60, rinforzata dal 7° Royal Tanks. Alle 7 l'artiglieria divisionale entrò in azione e, nonostante l'esistenza di una certa foschia, cominciò a registrare gli obiettivi. Alle 7,15 settantadue cannoni aprirono un fuoco concentrato e violento. Mentre il IV/7° Rajput Regiment impegnava da sud e da est il caposaldo, il 7° Tanks , seguito dal II Cameron Highlanders e dal 1/6° Rajputana Rifles si mosse verso l'angolo nord-ovest del campo. Quando si trovò a breve distanza, scorse la ventina di carri M 11 non ancora pronti al combattimento e puntò direttamente su di essi. Fu questione di una diecina di minuti. La mancanza di ordini, la sorpresa e la quasi immobilità, tutto concorse al rapido annientamento del reparto 61 • Poi il 7° Royal Tanks si volse al fronte di gola di Alam el-Nibeua. Verso le 7,30 il Comando della ia libica ritrasmise a Sidi elBarrani un fonogramma di Maletti indirizzato al Comando del XXI corpo: era urgente l'intervento dell'aviazione e di tutta l'artiglieria disponibile contro il massiccio attacco condotto da rilevanti forze meccanizzate britanniche'. La situazione cominciava ad apparire di preoccupante gravità. Ai Comandi italiani le notizie giungevano scarse e frammentarie, tuttavia era chiaro che l'avversario stava sfruttando al massimo il vantaggio della porta spalancata nel tratto di Bir Enba. Il Comando del XXI corpo, che aveva tentato invano di collegarsi con Maletti, verso le 8 fu informato dalla Catanzaro che pattuglie corazzate erano comparse davanti al caposaldo di Alam er-Rimth e dalla Cirene che autoblindo erano giunte a breve distanza da Alam er-Rabia. Il gen. Spatocco decise allora di mettere il LVIII battaglione di carri leggeri dislocato a Bug Bug a disposizione della Catanzaro per interdire il transito verso Sidi el-Barrani. Incaricò inoltre il gen. Amico, comandante della divisione, di inviare elementi verso sud incontro alla colonna di rifornimento della Cirene che, come di consueto, all'alba era partita alla volta di Bug Bug, nonché di cercare in qualche modo di ristabilire il contatto con Maletti, che appariva abbandonato a se stesso. Ma al riguardo si stava interessando attivamente il gen. Pescatori il quale, sempre verso le 8, proponeva al Comando gruppo divisioni libiche di mandare una colonna celere a Nibeua. Il gen. Gallina autorizzò immediatamente ed informò il Comando d'armata, ricevendone la notizia che carri leggeri inglesi avevano raggiunto la strada litoranea tra Sidi elBarrani e Bug Bug. La colonna - due battaglioni autocarrati con alcuni pezzi controcarro al cemando del col. Gloria - era già stata


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRI ONALE

approntata e poté partire immediatamente. Raggiunse indisturbata la posizione di Alam el-Iktufa e qui si fermò: sbandati provenienti da Alam el-Nibeua riferivano che il caposaldo era stato sommerso dal nemico. Verso le 7,45 i Matilda da 26 tonnellate erano emersi all'improvviso dalla foschia e dalla nuvolaglia di sabbia davanti ai difensori di Nibeua. Tutto quello che poteva sparare fu diretto contro i pesanti carri, che in mezzo ad una grandine di proiettili e di granate avanzavano facendo fuoco a bruciapelo e schiacciando, invulnerabili. I serventi dei cannoni da 47/32, non pro tetti perché l'arma era priva di scudo, caddero in gran numero accanto ai pezzi, riuscendo appena a procurare qualche danno ai cingoli di cinque Matilda e solo in un ~aso a perforare la corazza laterale 62 • I 65/17 ed i 75 praticamente risultarono inefficaci; la batteria da 105, impegnata in una disperata controbatteria, ben presto fu ridotta al silenzio. "Gli artiglieri nemici con tinuarono a sparare finché non vennero sterminati" 63, il piccolo battaglione sahariano cadde pressoché al completo, ma alla fine parte della fanteria libica, disorientata escoraggiata dal vedere che i carri, grossi come mai ne aveva visti, non erano arrestati neanche dal fuoco a distanza ravvicinata e saputo che Maletti era caduto da coraggioso 64 si perse d'animo. Nel frattempo i due battaglioni autoportati dell ' 11 a brigata indiana, messo piede a terra a 700-800 metri dal caposaldo, erano entrati nella cinta perimetrale con i Camerons in testa. Alle 8,30 la r esistenza organizzata si poteva considerare praticamente cessata 65• Restava quella, ostinata, di isolati centri di fuoco, eliminati nel corso del rastrellamento dai carri e da una batteria del 31 ° artiglieria da campagna che sp~rava a zero. Verso le 11 il combattimento era terminato. Le perdite italiane ammtmtarono a circa 800 morti, di cui 19 ufficiali, e 1300 feriti, di cui 38 ufficiali. I prigionieri segnalati dagli inglesi ammontarono a circa 2000, compresi i feriti 66 • Gli attaccanti persero 8 ufficiali e 48 uomini di truppa. Le notizie inviate da Pescatori a Sidi el-Barrani erano più che eloquenti sulle dimensioni dell'offensiva: secondo alcuni prigionieri, la 4a indiana operava con tre brigate, ciascuna su cinque battaglioni di 800 uomini; lo schieramento d'artiglieria comprendeva oltre 120 bocche da fuoco, buona parte delle quali di medio calibro, e complessivamente i mezzi corazzati e blindati superavano i 600. Stando cosi le cose - le informazioni vennero prese sostanzialmente per buone - Pescatori propose di sgomberare il presidio di Alam el-Iktufa su Alam el-Tummar, sotto la protezione della colonna Glo-


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ria, prima ancora che si prònunciasse il nuovo attacco. Gallina chiese l'autorizzazione al Comando d'armata, m a non ottenendo risposta si assunse la responsabilità del ripiegamento. Alle 11 esso era in atto, previo abbandono ,d i tutti i materiali data la mancanza di automezzi, mentre ingenti forze corazzate nemiche già si riunivano a sei chilometri ovest di Iktufa. C'era da temere che i reparti in ritirata venissero travolti durante il percorso. Invece, per quanto alle 11 ,30 i primi colpi di artiglieria cadessero su Alam el-Tummar ed aerei sorvolassero la zona bombardando e mitragliando, verso le 13 la colonna Gloria giungeva a destinazione stranamente indisturbata. Era.adesso il turno della 2a libica. Essa aveva costituito tre capisaldi. Il primo ad Alam el-Tummar ovest (5.000 metri di perimetro): VI, VII e XIV battaglione libico, cinque plotoni da 47/32, tre sezioni da 20, il I/2° artiglieria libica da 77/28, due batterie da 75/27, una da 65/17 ed una contraerei da 75 CK. Il secondo ad el-Tummar est (3.500 metri di perimetro): XV battaglione libico con un plotone cannoni da 47/32, il IX battaglione carri leggeri, il II gruppo libico da 77/28, una batteria da 105/28, una da 75/27 e due sezioni da 20. Il terzo era a Ras el-Dai 67 • Era il più orientale e poco più grande del precedente: Il e XVI battaglione libico con tre plotoni da 47/32, una batteria da 65/17, due da 75/28 ed una da 105/28, e tre sezioni da 20. I Alle 11,30 circa cominciò l'aggiustamento da parte dell'artiglieria britannica, poi subentrarono gli aerei della Royal Air Force. Il tutto fu sufficiente a sconvolgere le postazioni ed a provocare incendi e scoppi di riservette munizioni. Verso le 13,30 Pescatori avvisò Sidi el-Barrani che "cessata azione aerea et allungato il tiro dell'artiglieria, notevoli forze corazzate nemiche, seguite da fanteria, hanno attaccato i fronti sud-ovest et nord-ovest del caposaldo n. 1 68 • L'attacco era stato respinto ma era urgente ed assoluto il bisogno dell'intervento della nostra aviazione. Fu l'ultima comunicazione che giunse al Comando divisioni libiche. "Poi più nulla - ebbe a riferire il gen. Gallina - solo il lontano rombo dell 'intenso cannoneggiamento di Alam el-Tummar". Al Comando della 10a annata la situazione si presentava confusa, anche e soprattutto per l'impossibilità di una tempestiva trasmissione di messaggi ed ordini. Poco dopo la segnalazione dell'investimento di Tummar ovest, veniva data l'autorizzazione al ripiegamento del caposaldo di lktufa, con l'ordine però che la stessa Iktufa e Nibeua venissero riconquistate appena possibile e con la precisazione che il raggruppamento Maletti era stato posto alle dipendenze di Gallina. Là replica ~ che Maletti era stato sommerso; Pe-


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scatori non dava più notizie e con ogni probabilità a sua volta era stato schiacciato; un'azione di riconquista si palesava irrealizzabile per mancanza di automezzi ed inadeguatezza di truppa, e, al punto in cui stavano le cose, si trattava ormai di mantenere e difendere Sidi el-Barrani. Per gli stessi motivi Gallina dichiarò inattuabile anche il successivo ordine di Gariboldi, di fare uscire una colonna da Sidi el-Barrani per attaccare alle spalle le unità corazzate inglesi già apparse ad oriente di Bug Bug. Intanto l'Orazio britannico si era rivolto contro il secondo dei Curiazi italiani. Allorché il rastrellamento di Nibeua risultò chiaramente avviato a compimento, la sa brigata indiana (gen. W.L. Lloyd) ed il 25° artiglieria da campagna si mossero per investire da occidente Tummar ovest ed il resto dell'artiglieria divisionale prese posizione ad oriente di Nibeua. Verso le 11 il 7° Tanks si unì alla brigata 69 • La visibilità era sempre assai ridotta e per di più stava per avere inizio una tempesta di sabbia in direzione sud-nord. L'attacco seguì le linee di quello precedente. A mezzogiorno l'ar tiglieria inglese cominciò a registrare gli obiettivi. Alle 13 i Matilda irrompevano senza trovare ostacolo nel caposaldo e venti minuti dopo il / Royal Fusiliers ed il III/1° Punjab Regiment - por tati dalla 4 a compagnia trasporti neozelandese sino a 1500 metri dal limite del campo - entravano a loro volta in combattimento. La resistenza fu accanita ma segnata. Alle 15,30 il comandante del caposaldo di Tummar est ricevette un messaggio da Pescatori: "Con XV battaglione et massimo numero possibile artiglierie et IX battaglione carri raggiungete caposaldo n. 1 per contrattaccare forti reparti nemici entrati nel caposaldo. Partite immediatamente". Era evidentemente una mossa disperata. Prima ancora che la colonna potesse mettersi in moto il campo di Tummar ovest era quasi completamente sopraffatto. Alle 16,20 reggeva soltanto l'angolo nordorientale del caposaldo e, mentre la massa dell'artiglieria inglese cominciava la preparazione sul nuovo obiettivo, uno squadrone di Matilda seguito dal IV/6° Rajputana Rifles si accingeva a dirigersi su Tummar est. Fu allora che ebbe luogo il contrattacco. . A Tummar est erano stati immediatamente impartiti gli ordini per l'intervento, ma non _si trattava ovviam_e nte di cosa agevoie né rapida. Nella consapevolezza del significato dell'azione, verso le 16,20 poté a\'.ere inizio il movimento, proprio quando le batterie britanniche concentravano il tiro sul caposaldo. Sulla destra della carovaniera adducente a Tummar ovest avanzava il XV battaglione libico, seguito dai reparti di artiglieria (meno ~a batteria da 77/28


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rimasta ad appoggiare il movimento del complesso tattico); sulla sinistra sfilava il IX battaglione carri. Dato il continuo fuoco nemico, non rimase che accelerare al massimo l'andatura, incuranti delle perdite. Da un lato i Rajputana vennero a trovarsi sotto il tiro degli ultimi centri di resistenza di Tummar ovest; dall'altro, il XV battaglione libico, lanciato in una corsa affannosa, penosa, verso l'avversario, incappò presto nel fuoco concentrato delle mitragliatrici del I Northumberlands Fusiliers, già consolidatosi sulle posizioni occupate. I Rajputana, presi di petto dalla veemenza del contrattacco, scesero dagli automezzi e ripiegarono sul 111/1 ° Punjab, ma la lotta in quel piatto terreno desertico era impari. Per di più il piccolo battaglione carri leggeri (22 mezzi) si trovò di fronte i Matilda:il carro da 3,5 tonn. contro quello da 26 tonn.! Le due formazioni si incrociarono "a pettine", poi i Matilda tornarono indietro imperversando. Il comandante del XV libico, magg. Zaniboni, che guidava il contrattacco, vide rapidamente il combattimento diventare lotta di piccoli gruppi. Verso le 18 tutto era finito. Le perdite subite dai reparti italiani ammontarono a 400 tra morti e feriti e circa 700 prigionieri 70 • Alcuni carri leggeri riuscirono ad aprirsi un varco e riparare a Sidi el-Barrani. Per quanto Beresford-Peirse decidesse di soprassedere all'attacco di Tummar est a causa dell'oscurità incipiente, il 7° Tanks era già penetrato anche in quel campo, rimasto pressoché sguarnito di difensori. Restava Ras el-Dai, che nel tardo pomeriggio riuscì a comunicare al Comando divisioni libiche di essere circondato e di non udire più nulla dai due campi di Alam el-Tummar. L'azione della 4a indiana era stata protetta sulla sinistra dalla 7a divisione corazzata: il gruppo di sostegno si era incaricato di controllare da nord, est e sud le posizioni tenute dalla Cirene attorno a Sofafi; la 4a brigata corazzata, passando ad occidente di Nibeua, aveva proceduto su Bir el-Azzaziya e tagliato la strada Sidi elBarrani-Bug Bug; l' 11 ° ussari, inquadrato per l'occasione nella divisione, si era diretto verso nord-ovest scorazzando nel graQde vuoto tra il ciglione di Sollum e le posizioni della Catanzaro; la 7 a brigata corazzata, infine, era rimasta in riserva. Alle 17 il gen. O'Connor raggiunse a Tummar ovest il gen. Beresford Peirse. Non aveva notizie del gruppo Selby, ma, visto l'andamento dei combattimenti della giornata, ritenne di avere elementi sufficienti su quello che poteva esser fatto l'indomani: investire Sidi el-Barrani. In campo italiano, invel!e, le cose non apparivano né chiare né


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tranquillizzanti. Il più aggiornato, evidentemente, era il gen. Gallina, il quale fin da mezzogiorno aveva manifestato a Gariboldi l'intenzione, salvo ordini contrari, di far ripiegare la 1a libica dall'uadi Maktila a Suani el-Dirin sia per proteggere in posto i pozzi ivi esistenti, unica risorsa d'acqua della zona, sia per rinforzare la guarnigione di Sidi el-Barrani. Alle 15, 15 il gen. Giuliano, capo di Stato Maggiore dell'armata, telefonò al Comando Superiore: "Gen. Gallina ha comunicato che Maletti ripiega regolarmente su 2a libica protetto da artiglieria. 2 8 libica trattiene pressione nemica. 1a libica continua controbattere azione artiglieria nemica e poche autoblindo. Lavoratori strada ripiegano in parte su Sidi el Barrani. Aviazione nemica bombarda Sidi el-Barrani. Salvo ordini in contrario questa notte farà retrocedere 1 a libica a Suani el Dirin e nucleo Gerbeira su Ras el Dai. Eccellenza Gariboldi niente in contrario".

Come si vede, la situazione era abbondantemente superata, ma su di essa dovette basarsi Graziani, che rispose: "Confermo ordine prima divisione libica rimanga et resista sul posto. Raggruppamento Maletti si raccolga dietro 2 8 libica facendo fronte sud-ovest et collegandosi con divisione 3 gennaio. In tal modo si crea robusto triangolo fra Barrani, Alam el Tummar et Maktila con forze adeguate. Rifornimenti non mancano. Resistendo validamente si permette sviluppo manovra per ristabilire situazione contenendo infiltrazione nemica. Intanto mandate subito automezzi at divisione Ci rene per metterla in condizione di realizzare manovra su fianco nemico" 1,.

Che il triangolo cita,to potesse essere "robusto" è puro ottimismo. Che, poi, la Cirene potesse manovrare si da "ristabilire" la situazione era semplice poesia. Non sembra pensabile che essa fosse in grado di scendere in campo aperto contro centinaia di carri (le notizie sul nemico - accettate senza dubbi d i sorta - davano una supremazia britannica non soltanto schiacciante, come vero, ma addirittura esagerata numericamente) con speranza di successo, quando nessun precedente giustificava la benché minima fiducia in un'impresa del genere. Tanto valeva dire alle divisioni che si trovavano nel calderone di fare del loro meglio e recuperare le unità non ancora coinvolte. Ed infatti, dopo ulteriore maturo esame dello stato delle cose, questa fu la conclusione. L'annata che aveva già impe_gnato molti autocarri per inviare rinforzi alla Catanzaro, riusci a stento a racimolarne una cinquantina per la Cirene, impari quindi


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alla bisogna. Un semplice sguardo alla carta era sufficiente a capire che anche per il XXI corpo le cose si mettevano male. Esso aveva assunto la responsabilità del settore Bug Bug il mattino del 6 dicembre istallandosi presso q. 226 ad est di Sofafi. Si è"già detto dei precari collegamenti con la Catanzaro ed il raggruppamento Maletti. Viste le caratteristiche del dispositivo, il gen. Spatocco 72 cercò subito di costituire un elemento tattico di manovra, ma la penuria e la tremenda usura degli ·automezzi nonché la necessità di attingere all'armamento dei capisaldi per creare una riserva non consentivano di fare soverchio affidamento sulla potenza di tale reparto di formazione, così come i fatti dimostreranno. Perciò, apparve preferibile tenere a Sofafi i due battaglioni carri leggeri (XX e LXIII) assegnati ma non ancora giunti. Peraltro gli avvenimenti del 9 dicembre indussero Spatocco ad arrestare a Bug Bug i predetti battaglioni carri ponendoli a disposizione della Catanzaro, la quale doveva inglobare il nuovo caposaldo creato a protezione del centro logistico di Bug Bug, ed a rivedere le posizioni della Cirene, che comunque appariva ben sistemata. Per quanto le due divisioni fossero ancora in ordine era chiaro che ognuna di esse doveva affrontare da sola la tempesta, che ciascuna era inchiodata al terreno e che il Comando del corpo d'armata non poteva neppure pensare ad un'azione coordinata. In definitiva, alle 18 il gen. Gallina venne lasciato arbitro di regolarsi come meglio credeva. Naturalmente egli riprese subito la decisione di ritirare la 1a libica e fe. ce bene perché questa stava per esser tagliata fuori. Ad oriente, lungo la costa, era pronta la Selbyforce. Il gen. Selby era partito da Marsa Matruh con non più di 1.800 uomini e 380 veicoli 7 3 - il massimo compatibile con i mezzi di trasporto disponibili - col compito di impegnare frontalmente la 1 a libica ma soprattutto di irrlpedirle di portare aiuto alla 2 3 libica. Dopo aver disposto una sessantina di fals i carri armati in una zona desertica ad occidente di Marsa Matruh, prima dell'alba del 9 occupò la base di partenza. Per tutta la mattinata il combattimento non ebbe sviluppi. Verso le 15,30 Selby, pur ignorando l'esito della lotta ad Alam elTummar, si risolse ad inviare all'imbrunire un distaccamento a sud-ovest dell'uadi Maktila per tentare di precludere la litoranea. Non vi riuscì a causa delle difficoltà della marcia notturna in quel terreno, però le pattuglie pervennero sino a Bir Qasim, tanto che l'ufficiale inviato da Gallina per recare al gen. Cerio l'ordine di ripiegamento da el-Maktila lungo la pista costiera, riuscì a stento a sfuggire loro, proseguendo a piedi lungo la costa e raggiungendo la


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1 a libica alle 21. Nel corso della notte l'intera divisione ripiegò e alle 8 la testa della colonna arrivava a Suani el-Dirin. La sera precedente i due avversari avevano preso le rispettive decisioni. L'uno per prepararsi al peggio, l'altro per continuare il raid, pur senza immaginarne gli sviluppi. Graziani, avvertita la gravità degli avvenimenti, si recò a Bardia, al Comando dell'armata. L'esame della situazione confermò le tristi previsioni: il gruppo divisioni libiche era in parte distrutto e in parte bloccato; il XXI corpo non era un corpo d'armata bensì due divisioni indipendenti, una delle quali (la Cirene) isolata e l'altra (la Catanzaro) senza più contatto con Sidi el-Barrani; l'armata si dichiarava priva di qualsiasi possibilità di manovra, né il Comando Superiore poteva fornirle alcun aiuto. Alle 6 del mattino Graziani diramò le direttive: resistenza sulle posizioni occupate da parte della 1 a libica e del XXI corpo con l'aiuto della 5 a squadra aerea; organizzazione a difesa del ciglione di Sollum, dall'Halfayà alla ridotta Capuzzo, e a Sidi Omar a cura del XXIII corpo con la 28 ottobr:e e la Marmarica; afflusso della brigata corazzata e del XVIII battaglione libico a Bardia quale riserva a disposizione del Comando d'armata; afflusso a Tobruk, a disposizione del XXII corpo, della Sirte e dei quattro gruppi da 149/13 del 25° raggruppamento artiglieria; trasferimento di una divisione dalla Tripolitania alla Cirenaica. Di questi provvedimenti, alcuni quelli relativi alle divisioni libiche, al XXI ed al XXIII corpo - erano in pratica già in atto; altri appaiono in ritardo; è inspiegabile il permanere della brigata corazzata a Marsa Lucch e del 25° raggruppamento artiglieria fra Cirene e Derna, per non parlare del 20° raggruppamento tuttora a Bengasi. Da parte britannica, O'Connor volle intanto spingere quanto più possibile verso nord prima del tramonto la 16a brigata inglese, in modo da guadagnare tempo. Durante la notte la brigata doveva essere raggiunta da due reggimenti di artiglieria e dal 7° Tanks. La 7a divisione corazzata aveva la 4a brigata corazzata nella zona di Azzaziya, in grado quindi di impedire qualsiasi rapporto tra la Catanzaro e la 3 gennaio nonché di concorrere all'investimento del nuovo obiettivo. Il gruppo di sostegno si trovava ancora a sud e controllava agevolmente le provenienze da Rabia e Sofafi, e la 7 a brigata corazzata, sempre in riserva, si era portata in zona centrale. Sidi el-Barrani era cresciuta come base logistica della 10a armata. Il concentramento in quella località - oltre che a Bug Bug di depositi viveri, munizioni, acqua, carburanti e materiale vario,


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aveva comportato la necessità di una difesa perimetrale che, a causa della dispersione degli organi dei servizi suggerita da motivi di sicurezza e della opportunità di inglobare il locale campo di aviazione, aveva assunto uno sviluppo di oltre venti chilometri. È chiaro che in tali condizioni tutto diventava oneroso, tanto più che a tergo della prima linea ne era stata approntata una seconda a più stretto raggio. Parlare di capisaldi era semplice modo di dire, ad ogni modo la cintura perimetrale comprendeva cinque capisaldi di battaglione piuttosto speditivi e quella arretrata tre. Le possibilità di reazione dinamica erano inesistenti. Le artiglierie si traducevano nel reggimento della 3 gennaio (due gruppi da 75/27 ed uno da 100/17),' un gruppo da 105/28, due gruppi da 77/28 della 1a libica in corso di affluenza, un paio di compagnie da 47/32 controcarri ed un gruppo contraerei da 75 CK. Verso le 5,30 il gen. Lomax, comandante della 16a brigata inglese, decise di non attendere né il 7° Tanks, né i due reggimenti di artiglieria, che apparivano in ritardo (schizzo n. 12). Le difese campali italiane erano in gravissimo stato di inferiorità di fronte ai Matilda ed ai pezzi da 25 libbre, ma non contro le fanterie, i carri leggeri e le bocche da fuoco di piccolo calibro, talché il primo tentativo britannico, sferrato con l'aiuto di una violenta tempesta di sabbia che riduceva la visibilità ai minimi termini, venne respinto con sensibili perdite. Senonché alle 8,30 entrarono in azione il 31 ° artiglieria da campagna ed il 7° pesante campale inglesi, che immediatamente ridussero al silenzio o quasi molte batterie, il cui fuoco a distanza ravvicinata tanto aveva contribuito alla prima resistenza. Poi, sopraggiunto un9 squadrone di Matilda, iniziò l'attacco. L'intervento della R.A.F. conferì impulso alla progressione nemica. La 16a brigata premeva con i tre battaglioni in linea, cui si era aggiunto il IV/6° Rajputana Rifles della sa brigata indiana, e verso le 13 le camicie nere dei settori occidentale e meridionale repentinamente cedettero. Superato anche lo schieramento avanzato dell'artiglieria, gli attaccanti bloccarono definitivamente da ovest e da sud le vie d'accesso a Sidi el-Barrani. Intanto sulla sinistra della 16a brigata stava prendendo posto la 11 a brigata indiana. Beresford-Peirse decise di non lasciar la presa, poiché, grazie alle eccellenti predisposizioni di O'Connor, poté contare anche sulla collaborazione della 4a brigata corazzata. Sicuro che ormai non era da temere alcuna iniziativa italiana da Sidi el-Barrani, egli stabilì che il 2° Royal Tanks si muovesse in rinforzo al 7°, che aveva molti mezzi del quale erano fermi per avarie, ed il 6° Royal Tanks sfflasse a tergo dei battaglioni della 16a


ATTIVITÀ OPERATIVA DEI GIOR~ .

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brigata, lungo tutto il fronte, per dare una mano al gruppo Selby ad oriente di Sidi el-Barrani. Il nuovo sforzo ebbe inizio attorno alle 16 con l'appoggio di tutta l'artiglieria divisionale e parte di quella di corpo d'armata. A questo punto è superfluo fare il calcolo dei rapporti di forza. Alle 17,30 il Comando gruppo divisioni libiche ed il Comando della 3 gennaio erano catturati e la resistenza organizzata poteva dirsi debellata. Alle 18 restavano in piedi il settore orientale del campo trincerato tenuto da reparti della 1 a libica e della 3 gennaio e, ancora, il caposaldo di Ras el-Dai della 2 a libica. Prima di mezzanotte il 6° Tanks, congiuntosi con le truppe di Selby mosse contro le ultime resistenze, ma la reazione delle poche batterie rimaste fu tale che il reggimento restò con sette cruisers e sei carri leggeri 74• Fu l'ultimo atto. Il mattino successivo, allorché i cannoni inglesi riaprirono il fuoco, la resistenza cessò. Nella tarda mattinata si arrese anche Ras el-Dai. A Roma l'atmosfera era plumbea. Il 4 d icembre il gen. Soddu,

che il 9 novembre aveva assunto il comando superiore delle forze armate in Albania, aveva fatto una telefonata molto depressa al gen. Guzzoni, nuovo sottocapo di Stato Maggiore Generale e sottosegretario per la guerra, sulla situazione che era venuta a crearsi. Il gen. Cavallero, nominato Capo di Stato Maggiore Generale in sostituzione del mar. Badoglio, era stato inviato d'urgenza in posto da Mussolini, il quale aveva totalmente smarrito la calma. La gravità , delle notizie provenienti da Tirana gli appariva tale da fargli considerare con distacco gli eventi del fronte nordafricano. Il 10 dicembre Ciano scrisse sul suo diario:

"Le notizie dell'attacco su Sidi el Barrani arrivano come un colpo di fulmine. Dapprima la cosa non sembra grave, ma i successivi telegrammi di Graziani confermano trattarsi di una grossa legnata. Mussolini, che vedo due volte, è molto calmo. Commenta gli avvenimenti con una obiettività impersonale. Sembra che la cosa non lo riguardi e si preoccupa del prestigio di Graziani. Non vuole ancora realizzare la gravità dell'accaduto. Che invece è seria. Fuori e dentro. Fuori perché dall'intonazione dei telegrammi di Graziani non sembra che egli si sia ripreso dal colpo e si prepari a reagire. Dentro perché piove sul bagnato: l'opinione pubblica era già anche troppo scossa e divisa per ricevere adesso un colpo tanto,duro" 75·


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Invero le comunicazioni che durante la giornata del 10 affluirono al Comando Superiore superavano le peggiori previsioni. Alle 18,30 Graziani ordinò per telefono a Gariboldi di far ripiegare la Cirene e la Catanzaro sulle posizioni Sollum-Halfaya. La prima aveva fino allora respinto qualche puntata nemica senza alcuna difficoltà. Giunto verso la mezzanotte l'ordine di ritirarsi, essa iniziò il movimento alle 4 del mattino, non appena scomparve il chiarore lunare, riservando i pochi automezzi rimastile al trasporto delle armi più pesanti e delle munizioni. Il 157° fanteria, che occupava le posizioni di Alam er-Rabia e di q. 236, ebbe il compito di fungere da retroguardia. Il movimento ebbe luogo fuori dal contatto col nemico, perché l'll O ussari, incaricato di impedire o segnalare immediatamente qualsiasi passo indietro, in seguito a malinteso ritornò nella notte a Bir Enba. In compenso la marcia fu lenta e penosa a causa del terreno, ora sabbioso ora ciottoloso, e del sovraccarico dei soldati, costretti a portare a spalla molte armi pesanti ed a trainare a braccia i pezzi da 47/32 e da 65/17 76 • Benché disturbati da attacchi aerei, verso le 14 dell' 11 dicembre i primi elementi della Cirene raggiunsero il caposaldo avanzato della Marmarica a Neqb Mad'an, ove trovarono gli autocarri della colonna rifornimenti di ritorno da Bug Bug, via Halfaya, che vennero immediatamente scaricati e spediti incontro alla colonna. Una nuova incursione in prossimità di Neqb Mad'an causò alle truppe in marcia sensibili perdite. Alle 24, secondo un nuovo ordine, la divisione ed il presidio del caposaldo ripresero il ripiegamento verso l'Halfaya. Anche questo tratto fu compiuto regolarmente, benché sotto un vento freddo ed impetuoso. La Cirene respinse con azione di fuoco una puntata di elementi meccanizzati nei pressi di Alam Battuma (ad una diecina di chilometri dall'Halfaya) e giunse in posto dopo aver percorso 60 chilometri in 36 ore (i reparti di Bir er Rabia circa 75). La Catanzaro, invece, ebbe sorte assai più travagliata. La sera del 10 aveva ricevuto l'ordine dal Comando d'armata di retrocedere nottetempo su Sollum "con sosta domani a Bir Tishdida", grosso modo a metà strada. Era dislocata a sud-est di Bug Bug su un terreno pianeggiante e senza appigli tattici, in una scacchiera irregolare di capisaldi più o meno cooperanti: quattro del 141 ° fanteria nella zona Bir Nasid-Alam el Rimth; tre del 142° fanteria, più intervallati, a Iluet el Qatar, Bir Oasi 77 ed Alam Samalus; uno, più a tergo, del Comando di divisione. Inoltre aveva inglobato anche il centro logistico di Bug Bug ed assorbito le truppe a difesa dei depositi e ricevuto rinforzi. Agli iniziali squadroni mitraglieri e gruppo da 77, si


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era aggiunto il mattino del 9 il LXIII battaglione carri leggeri, poi, nella notte sul 1O, due battaglioni camicie nere della 28 ottobre, una compagnia mitraglieri, il 1/201 ° artiglieria da 100/17, il 11/202° artiglieria da 75/27 ed il XX battaglione carri leggeri. La rottura del contatto fu conseguita senza inconvenienti. Vennero abbandonati quattro pezzi da 77 e molte munizioni. Fra le 8,30 e mezzogiorno la divisione si concentrò a Tishdida preparandosi a riprendere la marcia all'imbrunire. Senonché, Graziani, il quale la sera prima aveva disapprovato la sosta disposta dal Comando dell'armata a causa del pericolo incombente, allorché seppe dalla ricognizione aerea che la Catanzaro risultava ferma ed in corso di sistemazione temporanea con misure di sicurezza tra la nuova strada ultimata in novembre e la pista esistente tre chilometri a nord di detta strada, intervenne direttamente con un messaggio inviato per aereo: " Comando a rmata vi ha comunicato questa notte di fermarvi ove siete solo per concedervi riposo nella marcia. Nessuno scopo tattico ha dunque vostra sosta. Ricognizione aerea dice che numerosi mezzi meccanizzati procedono da Sidi el-Barrani verso ovest. Necessita perciò che voi riprendiate subito marcia inserendovi nella schie ramento mare-Halfaya (...)armatavi invierà stesso ordine. Non perdete tempo prezioso".

Erano le 14,30. Il gen. Amico non ebbe nemmeno in tempo di riflettere perché si vide arrivare addosso le autoblindo dell' 11 ° ussari e, a ruota, la 7a brigata corazzata del gen. Russel 78 • L'impari lotta affrontata dalla Catanzar°. fu essenzialmente condotta dalle artiglierie che si misero a sparare a puntamento diretto, infliggendo all'avversario "perdite piuttosto dure in carri armati" 79 , ma dopo due ore Amico si vide costretto ad ordinare ai reparti non ancora travolti di portarsi verso la strada per aprirsi un varco in direzione di Sollum. Giunta la notte, meno di un terzo degli uomini con poco materiale riusci a guadagnare le linee del XXIII corpo. La divisione, come tale, non era più in grado di inserirsi nella difesa del ciglione e l'arrivo dei suoi resti ebbe ripercussioni psicologiche "che pesarono gravemente, in seguito, anche sull'efficienza del presidio di Bardia" 80 • Al mattino del 12 la situazione era la seguente. La 2 8 divisione cc.nn. 28 ottobre, che fin dal giorno 5 aveva raccolto a Sollum quasi tu~ti i propri reparti, disseminati per lavori stradali da Sidi elBarrani a Berta.81 , aveva organizzato uno s.barramento dal passo Halfaya al mare, subendo rassegnatamente il cannoneggiamento


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delle solite tre navi britanniche. Queste seguivano con molta efficienza lo svolgersi delle operazioni, assolutamente indisturbate dalla reazione di una batteria da 120/35 e di una da 149/35 da Sollum, reazione del tutto platonica dati i limiti di gittata e la scarsa visibilità. Né d'altronde era possibile il ricorso ad aerosiluranti perché gli unici sei esistenti in Libia risultavano posti fuori uso sul campo di el-Adem da un violento bombardamento aereo. La divisione Marmarica si trovava dall'Halfaya a Gabr bu Fares. A tergo, in seconda schiera, in modo da fronteggiare penetrazioni attraverso l'una o l'altra grande unità, si era disposta la appena recuperata Cirene. Ancor più indietro, la 1a divisione cc.nn. 23 marzo, già all'uadi el-Mrega a sud di Bardia, aveva preso posizione a nord-ovest di Sollum, dalla ridotta Capuzzo al mare, con un distaccamento a Sidi Omar 82 • La brigata corazzata era adesso a sud di Bardia, ma su disposizione del Comando Superiore il III battaglione carri, l'unico dotato di M 13, fu spinto avanti, in corrispondenza degli sl;>occhi delle strade di Sollum e di Halfaya. Nel contempo si provvedeva al febbrile riassetto delle retrovie. Tutti i pezzi da 47/32 disponibili come scorte d'intendenza furono inviati a Bardia (20 cannoni) ed a Tobruk (18 cannoni). Il presidio di questa piazza venne ulteriormente potenziato con un battaglione metropolitano, uno di complementi libici, un gruppo da 75/46 da Cirene, due gruppi da 105/28 da Barce, uno da 75/27 in parte da Barce ed in parte da Bengasi. Lo sfruttamento del successo era stato affidato da O'Connor alla 7a divisione corazzata. Non aveva potuto impedire l'ordinato ripiegamento della Cirene, ma si era rifatto con la Catanzaro. Ora, 12 dicembre, la 7 a briga,ta corazzata si era momentaneamente arrestata per avviare lo sgombero dei prigionieri, però la 4 8 brigata corazzata, seguita dal gruppo di sostegno e preceduta dall'onnipresente 11 ° ussari, aveva preso contatto con la Marmarica e, con alcuni elementi, raggiunto il reticolato di frontiera girando al largo di Gabr bu Fares. Davanti alla prospettiva di un avvolgimento ad ampio raggio di tutto il XXIII corpo, Graziani ordinò al Comando genio di approntare varie interruzioni sulla via Balbia, da Tobruk a Bengasi, ed alla 5 8 annata di rµettere nella massima efficienza il campo trincerato di Tripoli e ritirarvi tutte le truppe mobili, lasciando però inalterato il sistema di copertura alla frontiera tunisina ed invariate le disposizioni già impartite per l'invio della D.f. Sabratha a Der• Supremo: na. Poi si rivolse al Comando


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"Est confermata rottura divisione Catanzaro che in parte habet ripiegato su linea Halfaya, in parte resiste ancora serrata da tutte le parti at Bir Tishdida. Divisione Cirene habet continuato suo ripiegamento dall'alto su divisione Marmarica in ordine fino at questa mattina. Intercettazioni danno: 1° che 7a corazzata bis habet avuto ordine da Comando inglese occupare Sollum; 2° che at ore 8,45 est cominciato movimento direzione nord-ovest at cavaliere pista Sofafi-Halfaya et cioé attergo Cirene. Ricognizione aerea dà nello stesso momento che massa valutata circa 200 mezzi corazzati seguita da altra habet in effetti iniziatocelere movimento verso Halfaya allo evidente scopo investire_ divisione Cirene. Si deve presumere in conseguenza che nemico voglia superare resistenza dall'alto per proseguire poi verso Sollum urtando contro schieramento divisioni 23 marzo e 28 ottobre. Nella giornata di ieri ho fatto affluire at detto schieramento rinforzi artiglieria et ultima riserva corazzata at mia disposizione cioé battaglione carri armati M 13. Se anche questa manovra nemica riesce est da presumere successivo investimento piazza Bardia che est scarsamente munita. Dopo di che non rimarrebbe che estrema resistenza piazza Tobruk ove tutti mezzi che est stato possibile riunire sono stati schierati come già detto ieri. Flotta inglese scorrazza liberamente sul mare. Stamane trovasi davanti Ras Azeiz. Aviazione continua at essere quasi impossibilitata agire da avverso tempo. Minaccia t; avolgimento intero fronte cirenaico est palese. Ho dato disposizioni at 5a armata Tripoli mettere massima efficienza quel campo trincerato ritirandovi tutte truppe mobili et lasciando sistema copertura frontiera occidentale inalterato. Genio prepara interruzioni su strada per Bengasi. Dopo questi ultimi avvenimenti che possono prevedersi imminenti riterrei mio dovere anziché sacrificare mia inutile persona sul posto, portarmi a Tripoli, se mi riuscirà, per mantenere almeno alta su quel Castello la bandiera d'Italia, attendendo che Madrepatria mi metta in condizioni di continuare ad operare. Da me fino all'ultimo soldato abbia.m o coscienza profonda aver fauo tutti sforzi per resistere dopo quelli compiuti da me per far comprendere at Roma quali fossero le reali condizioni di questo teatro d'operazioni ed i mezzi necessari per poterle ampiamente fronteggiare senza mettere l'uomo col fucile et con scarsis~imi mezzi anticarro in condizioni di sostenere la lotta della pulce contro l'elefante. Sia detto questo at mia memoria testame~taria et perché ognuno assuma di fronte alla storia la responsabilità in proprio di quello che oggi qui accade" 83•

A Roma lo stupore e l'allarme ormai dilagavano. Il giorno 11 Ciano aveva annotato:


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"In Libia le cose vanno veramente male. Quattro divisioni si possono considerare messe fuori combattimento, e Graziani, che denuncia l'impeto e la decisione del nemico, non dice niente su quanto fare per parare il colpo. Mussolini è sempre più calmo. Egli ritiene che le molto penose giornate che stiamo vivendo siano inevitabili nell'alterno corso di tutte le guerre. Spera ancora che Graziani possa e sappia fermare l'avanzata inglese: se resteranno al vecchio confine, non giudica la situazione grave: se dovessero raggiungere Tobruk, allora considererebbe "la situazione drammatica". In serata giunge notizia che la Divisione Catanzaro non ha retto l'urto inglese e si è sfasciata(...)" 84•

In effetti erano sparite due divisioni libiche, una di camicie nere, una metropolitana, un raggruppamento e numerosi supporti di vario tipo. Sotto un certo aspetto non si trattava di perdita eccessiva: la struttura dalle tre grandi unità speciali era perfino inferiore a quella della "binaria", tanto che la forza media presente non raggiungeva i 6.000 uomini ed ancor minore era quella di Mal-etti. Ma per altro verso il significato della sconfitta era grave. L'armata aveva perduto di colpo metà delle truppe mobili, buona parte dei materiali ammassati per l'avanzata su Marsa Matruh, tre gruppi da 105 (i pezzi migliori), una ventina di carri medi e molte centinaia di automezzi. Alla domanda con la quale Ciano chiudeva la pagina di diario dell' 11 dicembre: "Ma cosa c'é dunque che non va in quest'esercito se cinque divisioni riescono a farsi polverizzare in due giorni?" c'era una semplice e triste risposta: lo strumento operativo preparato per combattef e in Africa settentrionale non era assolutamente in grado di reggere il confronto con un avversario assai inferiore di forze ma, comparativamente, assai meglio dotato di mezzi bellici. Tutti i più alti capi si può dire ne avessero consapevolezza, ma tutti, · nessuno escluso, avevano ritenuto che operazioni difensive potessero esser sostenute senza eccessive preo~cupazioni ed in qualche momento avevano persino manifestato segni di balqanza e di piena fiducia. Adesso Mussolini cominciava a sentire il peso degli avvenimenti: "In Libia abbiamo subito una disfatta in piena regola" commentò. E, subito dopo: "Questa volta non si dirà che è colpa della politica. Ho lasciato ai militari la più ampia libertà d'azione" 85 • Mentiva, puramente e semplicemente. Basti rileggere i messaggi di sollecitazione inviati a Graziani. Però del non aver compreso quale sarebbe stata la guerra nel deserto sarebbe ingiusto farne colpa a lui. Ad ogni modo, il "catastrofico telegramma di Graziani, misto di esaltazione, di letteratura e di preoccupazion,e" 86 lasciò il segno. Ciano, chiamato a palazzo ~nezia; trovò il duce "assai colpito" 87 pur se la sua risposta fu pacata:


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LE O PERAZlONllN AFRICA S ETTENTR(O NA LE

"Come sempre e più di sempre conto su di Voi. Fra Bardia e Tobruk vi sono cannoni ed uomini sufficienti per infrangere l'attacco nem ico. Anche il nemico è sottoposto ad usura. Tempo migliore permetterà impiego aviazione su larga scala. Infondete a tutti, dai generali a i soldati, incrollabile decisione delle ore supreme" 88 .

Graziani aveva commesso un altro grosso errore psicologico: l'accenno a trasferirsi a Tripoli. Gli verrà rinfacciato più tardi. Nel corso del 12 egli continuò a diramare ordini. Alle 11: la 28 ottobre doveva arretrare a Bardia ed assumerne la difesa (ordine poi revocato), la brigata corazzata spostar si da Bardia a Sidi Azeiz a protezione del fianco esposto dell'ar mata ed a Bengasi occorreva predisporre una prima difesa sull'uadi Derna per impedire, o quanto meno ritardare eventuali infiltrazioni di elementi meccanizzati avversari. Alle 16: riordinamento dei Comandi. Il XXIII corpo prendeva le due divisioni camicie nere 23 marzo e 28 ottobre, il XXI corpo le due divisioni metropolitane Cirene e Marmarica, il Comando della Catanzaro assumeva la responsabilità di Bardia. Alle 19: in seguito alla notizia della presenza di elementi inglesi sulla strada tra Halfaya e Musaid, nuovo assetto delle grandi unità. Il XXIII corpo prendeva alle proprie dipendenze anche la Cirene e la Marmarica. L'ordine, inviato direttamente al gen. Bergonzoli e per conoscenza al gen. Gariboldi, precisava la convenienza di realizzare una difesa unitaria in tutto il quadrilatero ridotta CapuzzoSollum-bivio Halfaya-Halfaya e la necessità di stroncare ogni tentativo nemico ,di sfondare verso Bardia. Alla brigata corazzata, poi, era affidata la reazione dinamica da Sidi Azeiz sia a diretto favore di Bardia sia contro eventuali infiltrazioni tra i varchi di Sidi Omar e di Bir esc Sceferzen. Innegabilmente si tratta di un susseguirsi di provvedimenti che, non rispettando le responsabilità gerarchiche, arrivando alle divisioni spesso in ritardo, modificando le dipendenze, tenendo i reparti in movimento e sempre a seguito dell'iniziativa avversaria, non poteva non provocare un senso di incertezza, per non dire di sfiducia. Si ha la sensazione che fin dal momento in cui venne deciso il ripiegamento del XXI corpo fosse possibile comprendere in un solo armonico - e risolutivo - ordine la sequenza di cui si è fatto cenno. Ciò si é indotti a pensare anche perché fin dall' 11 dicembre


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Graziani non si faceva illusioni su quello che stava per accadere e non credeva più sostenibile una lotta in campo aperto. Il gen. Gariboldi, per sua parte, ebbe direttive di difesa ad oltranza delle due "piazze": "Nell'attuale situazione, a Voi ben nota, il compito affidato all'Armata è di resistere sulle posizioni che occupa e di assicurare il possesso delle piazzeforti di Tobruk e Bardia. Sono specialmente da temersi tentativi di mezzi corazzati nemici operanti sull'ala destra dell'Armata per avvolgerla e staccarla dalla piazza di Bardia. Predisponete, pertanto, qualche elemento mobile in acconcia posizione per manovrare. ' L'intervento dei mezzi aerei sarà, da oggi, richiesto direttamente da codesto Comando a quello della squadra aerea che vi dovrà aderire nei limiti delle sue massime possibilità" 89 .

Il 13 continuò la pressione della 7 a divisione corazzata. Nel corso delle giornata contrattacchi locali effettuati con carri M 13 ed il concorso dell'aviazione, dettero un certo respiro alle posizioni avanzate. Mentre i combattimenti erano in corso Graziani, a Tobruk, esaminava con Gariboldi, Porro, Tellera e Pi tassi Mannella, la possibilità che unità corazzate, passando da Sidi Omar e Bir esc Sceferzen, superassero con aggiramento a largo raggio Tobruk. Perciò decideva di spostare la brigata corazzata dalla zona di Azeiz a quella di Ain el-Gazala, alle dipendenze del gen. Pitassi Mannella. Quindi raggiunse con il proprio Comando tattico Cirene, ove trovò un nuovo dispaccio di Mussolini: "Non preoccupatevi del fronte verso la Tunisia. Lasciate soltanto presidi della G.a.F. Portàte tutto quanto vi è di efficiente della sa armata verso la Cirenaica. Nel caso di rottura della linea attuale difendete fino all'estremo il campo trincerato di Tobruk rimettendo in piena efficienza i fossi anticarro. Nel caso che anche questo cedésse, organizzate con quanto vi verrà da ponente, una difesa campale di Bengasi. Passata la sorpresa ed esauritosi col progressivo allontanarsi dalle basi impulso nemico, vi sono possibilità che Vi permetteranno, Maresciallo, di documentare ancora una volta le vostre grandi qualità di soldato e di stratega" 90•

Il 14 il Comando Superiore ebbe la sensazione che le previsioni della vigilia dovessero realizzarsi con ritmo travolgente (schizzo n. 13). La prima ricognizione aerea avvistò alle 8,45 una colonna di un


, Schizzo n. 13 ATTIVITÀ OPERATIVA DEL 14 DICEMBRE

~ -- ·-·


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centinaio di mezzi meccanizzati in movimento da Sidi Azeiz verso la litoranea, raggiunta alle 10 al bivio di Marsa Lucch. Alle 13,30 pattuglie inglesi superavano il ciglione costiero all'altezza di Gambut, a metà strada fra Bardia e Tobruk. All'imbrunire nuclei meccanizzati giungevano nei pressi di Sidi Bu Amud, 25 chilometri ad est di Tobruk. Intercettazioni varie, poi, facevano presumere che la nuova offensiva si sarebbe sviluppata quasi sicuramente seguendo l'andamento del Trigh Ca puzzo. In base a queste informazioni, Graziani ritenne che il nemico non intendesse insistere nell'attacco dello schieramento avanzato italiano alla ridotta Capuzzo-Halfaya, né investire la piazza di Bardia, bensì penetrare in profondità verso Tobruk e'd ancor più ad occidente. perciò decise una serie di misure intese ad impedire l'avvolgimento di Tobruk, proteggere l'arretramento del dispositivo logistico d'intendenza e dei campi d'aviazione, evitare che elementi provenienti dall'interno sahariano (Gailo e Marada) potessero interrompere la litoranea all'altezza della Gran Sirte 91 • Di conseguenza, bisognava procedere all'occupazione della stretta di Ain el-Gazala con la brigata corazzata e due battaglioni della Sirte per sbarrare la litoranea ed il Trigh Capuzzo, la lunghissima pista che dalla frontiera raggiungeva Bengasi attraverso la Marmarica e l'altopiano di Barce; alla difesa del ciglione di Derna sì da coprire lo sgombero dei magazzini da Derna a Bengasi e dei campi d'aviazione dalla Marmarica ad ovest di Derna; all'occupazione dei bivi di el-Agheila e di Marada con i primi elementi della Sabratha provenienti dalla Tripolitania. Inoltre Graziani pensò utile suggerire a Garibaldi il da farsi: "Manovra nemica presta fianco a nostri contrattacchi partenti sia da Halfaya sia dalle piazze. Penso perciò che si potrebbero fare estremi tentativi per ritardare marcia colonne nemiche con contrattacchi mezzi autoportati partenti specialmente da Halfaya et da Bardia, avendo specialmente per obiettivi colonne rifornimenti nemici. Lasciate ai comandanti decisione circa momento et direzione cui lanciarli in rapporto situazione. Naturalmente aviazione deve dare sempre suo concorso. Rammentate a tutti che consegna Duce est dì r esistere ad oltranza et che egli ha assoluta fiducia che comandi et truppe faranno ogni sforzo affinché nemico non prevalga" 92•

Garibaldi non fece piega e risposte seccamente: "Ho trasmesso vostro fonogramma 01/3363 Op. ai comandi interessati. Faccio però presente esiguità mezzi idonei" 93 • Graziani era palesemente scorato ed esasperato. Le parole di 1risinga di Mussolini, lungi dall'incorag-


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LE OPERAZIONI I N AFRICA SETTENTRIONALE

giarlo, suonavano di circostanza. Si sentiva abbandonato dopo essere stato incompreso. La poco velata accusa, "Passata la sorpresa... ", lo urtò maggiormente. D'impulso, scrisse da uomo a uomo al duce: "Affermazioni di estrema fiducia in me se possono commuovermi non possono farmi dimenticare che essa doveva essermi concessa in pieno prima quando con tutti i mezzi ho cercato di farvi comprendere la verità. Non mi avete ascoltato. Non mi avete più concesso di parlarvi direttamente. Quando l'ho fatto attraverso il conte Ciano, che si diceva delegato da Voi per permettermelo direttamente, mi avete fcl;tto richiamare dal Capo di S.M. Generale. Mi avete poi indirizzata Vostra del 26 ottobre che mi offriva via di scampo che non ho voluto avere la vigliaccheria morale di seguire continuando a rimanere al mio posto di estrema responsabilità. Avete continuato ad ascoltare chi aut vi ingannava deliberatamente aut vi illudeva. Sono stato dipinto come divenuto incapace, inetto, preoccupato solo di salvare il mio punto di arrivo. Tutto conosco, fatti e nomi. Al momento della suprema responsabilità di fronte alla storia ed alla Patria mi est ora di estrema ma miserevole, ma necessaria legittimità parlarvi da uomo a uomo. Voì m i avete misconosciuto dopo il mio ritorno dall'Impero. Mi avete chiamato poi ad una funzione di Capo di S.M. dell'Esercito senza darmi la possibilità di compierla liberamente, insidiato da tutti presso di Voi. Io che da solo ho allora avuto il coraggio di non illudervi mai. Poi mi avete inviato qui senza darmi nemmeno il respiro per parlarvi. Avete dimenticato che per tanti anni Vi ho servito con devozione et fede senza limiti. Avete dimenticato che se la vittoria etiopica fu possibile questo fu dovuto al fatto di.avermi permesso dì parlarvi liberamente, saltando tutte le canaglie che me lo avrebbero voluto vietare. Ora, Duce, non c'è che un arbitro, il destino, alle cui forze superiori io non posso più opporre quelle mie umane, che fino all'ultimo momento farò vibrare in me et in tutti gli altri. Sconto un passivo creato non da mia cecità aut volontà, ma da quella di tutti coloro che Vi hanno tradito miserevolmente et con Voi l'Italia" 94 •

Secondo il resoconto di Ciano, Mussolini rimase "calmo e indignato". Per la sostituzione di Graziani, la cui permanenza in un ruolo di comando dopo questa lettera non era più ammissibile, volle attendere che passasse il momento critico e, probabilmente, non osò eliminare un secondo maresciallo d'Italia in un paio di settimane. Ancora una volta sorvolò. Prese spunto dai recenti ordini cautelativi impartiti dal Comando Superiore per rispondere:


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"Le disposizioni che avete preso mi convincono che la partita può avere un epilogo diverso da quanto sperano gli Inglesi e soprattutto lasciatemi ammirare la vostra serenità e quella delle truppe la cui azione è seguita con estrema emozione et speranza da tutto il popolo italiano. Soprattutto vi confermo ordine difesa ad oltranza "piazze" Bardia et Tobruk. Nemico deve essere costretto al rallentamento et alla sosta. 300 uomini del presidio di Narwik resistettero per oltre un mese agli assedi di diecimila nemici. Maresciallo Graziani il passato est passato, quel che conta est l'avvenire et la salvezza della Cirenaica" 95_

Poche ore dopo, per spiegare un suo telegramma del 14 diretto al gen.' Cona, comandante interinale della sa armata, affinché ponesse immediatamente in allarme la piazza di Tripoli e le opere di confine, Mussolini inviò un altro dispaccio con un'importante direttiva. Prima chiarì che l'allarme era stato provocato dalla crisi governativa scoppiata improvvisamente a Vichy e risoltasi poi con l'entrata di Flandin nel governo; quindi aggiunse che, se necessario, si poteva attingere liberamente alla sa armata "per fare, nella peggiore delle ipotesi, del ciglione di Derna, a mio avviso et per conoscenza personale insuperabile, la zona di arresto definitivo dell'avanzata nemica" 96 • Graziani replicò polemicamente che se avesse avuto i mezzi di trasporto occorrenti avrebbe portato l'intera sa armata sul fronte cirenaico, superando i 1.500 chilometri di distanza. Disponeva, invece, soltanto di poche centinaia di autocarri con i quali stava trasferendo, a scaglioni, la D.f. Sabratha per controllare la zona Agedabia-el Agheila-Marsa Brega 97 • E, con altro messaggio in esplicito riferimento a quello di Mussolini, sottolineò che, come già detto in precedenza, la messa a difesa del ciglione di Derna era in corso. Però volle precisare che tale ostacolo naturale, di per sé fortissimo fino alla testata del fosso formato dall'uadi Derna, era aggirabile almeno da tre strade, una delle quali, Mechili-ez Zeiat-ZauiaBenina, adduceva direttamente a Bengasi. In questo telegramma c'era una frase con la quale probabilmente egli intendeva mettere . le mani avanti ad evitare illusioni. Invece si rivelò sgradevolmente profetica: "con i mezzi corazzati et motorizzati inglesi vi est oramai da aspettarsi ripeto lo inverosimile". Il passivo era già notevole. Secondo la relazione ufficiale britannica la Western Desert Force nei tre giorni dal 9 all'l 1 dicembre perse 624 uomini complessivamente e catturò non meno di 38.000 prigionieri-, 237 bocche da fJoco, 73 carri leggeri o medi e più di un


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migliaio di automezzi 99 . Mancano dati precisi di fonte italiana, ma quelli inglesi appaiono attendibili, con l'avvertenza che nel computo dei cannoni sono comprese anche le mitragliere contraerei da 20 mm e che, per la quasi totalità, i carri erano leggeri. A conclusione del resoconto sulla battaglia di Sidi el-Barrani Wavell scrisse: "Questo brillante successo può essere attribuito a buona cooperazione tra le forze armate, effetto sorpresa, eccellente azione di comando e qualità combattive dimostrate da tutto il personale. Il nostro equipaggiamento, in particolare i carri per fanteria, i carri cruisers ed i pezzi da 25 libbre si rivelarono eccellenti" 100•

Vale la pena di considerare quale livello sia stato raggiunto sotto tali aspetti da parte italiana. a. La cooperazione fra le forze armate, in pratica riferibile solo ad esercito ed aviazione, non risultò esente da lacune e, conseguentemente, ne derivarono recriminazioni e polemiche, anche se non forti come durante la campagna di Grecia. L'inizio dell'operazione Compass fu costituito da una ben studiata offensiva aerea, che assicurò immediatamente alle formazioni del commodoro dell'aria Collishaw un prezioso predominio. A ciò si aggiunsero la qualità degli apparecchi - "la superiorità degli Hurricane sui caccia italiani CR 42 fu spiccata" 101 - e l'avversità delle condizioni meterologiche che si intensificò nei momenti salienti della lotta, elemento, peraltro, di peso relativo in quanto a fattor comune per i due avversari. Certo si è che all'inizio dell'azione fu manifesto il mancato contrasto della Western Desert Air Force nonostante le affannose richieste di intervento da parte delle divisioni libiche e del XXI corpo d'armata. "Successivamente le forze aeree italiane divennero più attive - osservò il nemico - facendo del loro meglio per dare qualche respiro di sollievo alle disorganizzate unità dell'esercito, e verso il 15 esse disturbarono notevolmente le truppe [inglesi] per quanto infliggessero danni limitati" 102 • Il primo telegramma di Mussolini, allorché si rese conto dell'ampiezza e della violenza dell'attacco di O'Connor, chiamò in causa l'aviazione: "Sono sicuro che farete agire aviazione in massa, specie se (empo ·sarà propizio e per tutta la giornata" 103, ma la risposta di Graziani fu un'invocazione di soccorso: l'efficienza· della 5 a squadra aerea si era sensibilmente ridotta e per logorio bellico e per l'offesa subitanea sui campi di aviazione, talché il 10 dicembre risultavano disponibili solo 45 bombardieri, 6 siluranti,


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12 aerei d'assalto e 68 caccia, compresi gli apparecchi in afflusso dalla Tripolitania (quasi tutti quelli colà dislocati). Perciò, assumendo gli avvenimenti ritmo sempre più grave ed intenso, occorrevano immediati rinforzi dall'Italia per ''consentire resistenza truppa et rallentare impeto nemico" 104 • In realtà i dati riferiti dal Comando Superiore erano stati ricavati da affrettate ed imprecise segnalazioni del Comando 5 ll squadra aerea; infatti, gli aerei efficienti a tale data ammontavano a 71 bombardieri, 4 siluranti, 24 aerei d'assalto e 107 caccia 105 • Comunque il gen. Pricolo, interessato immediatamente, telegrafò al gen. Porro rassicurandolo sull'invio dei rinforzi e consigliandogli di intensificare soprattutto l'offesa sulle basi aetee britanniche, cosa più facile a dirsi che a farsi per parecchi motivi: la situazione terrestre si era già fatta oltremodo preoccupante, gli Hurricane erano avversari troppo forti ed i campi avanzati d'oltre frontiera erano in corso di abbandono. Anche trascurando, però, le possibilità reali, sembra di poter affermare che proprio nelle premesse per una valida cooperazione a~roterrestre esistevano lacune. In altre parole, dalla richiesta di parte di una divisione all'intervento nel cielo dell'azione - ammesso che condizioni meteo od aviazione nemica non lo ostacolassero - passava troppo tempo. Lunghezza dell'iter burocratico, cifratura e decifratura dei messaggi, scarsa affidabilità del sistema delle trasmissioni, tutto influiva negativamente sulla tempestività del concorso aereo.~. al riguardo, significativa una decisione presa da Graziani il 12 dicembre: che il Comando della 10• armata chiedesse direttamente alla 5 a squadra gli interventi, senza più passare attraverso il Comando Superiore. b. La sorpresa. L'atmosfera generale era di preparazione alla ripresa dell'avanzata su Marsa Matruh, con limitate preoccupazioni di una "uscita in tempo" da parte di O'Connor. Taluno espresse, è vero, dubbi e previsioni pessimistici, però innegabilmente nessuno immaginò fino a che punto il varco di Bir Enba sarebbe stato fatale e con quanta violenza il nemico avrebbe saputo e potuto concentrare lo sforzo su obiettivi affrontati in successione di tempo. Nessun Comando, infatti, da quello Superiore a quelli divisionali, prese provvedimenti adeguati per l'immediata percezione dei preliminari di un attacco e la rapida trasmissione delle notizie. Per quanto l'aviazione avesse riferito durante tutto il mese di novembre circa concentramenti di veicoli'nel deserto occidentale, non si può affermare che la ricognizione aerea sia stata ben indirizzata per ,J


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raccogliere elementi a sicuro sostegno dell'una o dell'altra ipotesi. La probabilità di un'offensiva massiccia era stata scartata senza esitazione. Il che, dopo tutto, non era una conclusione completamente sballata. O'Connor attaccò con solo due divisioni più una in potenza. Il guaio fu che le due-tre divisioni non erario del peso delle divisioni libiche o di camicie nere, e neanche della "binarie" metropolitane italiane. È da lamentare però che né il Comando Superiore né il Comando della 1oa armata si siano posti, a quanto sembra, l'interrogativo: "E se gli inglesi attaccano con due o tre delle loro divisioni così forti, appena due o tre della quindicina di cui pare disp<mgano, come reagire?". Poteva essere reputata l'ipotesi meno probabile, ma certo era la più pericolosa. Di solito in guerra pervengono ai Comandi segnalazioni atte a sostenere le tesi più disparate: il difficile risiede nella loro valutazione. Ed anche su una sola ipotesi spesso giungono molte notizie contrastanti: .tutte possono essere indizi probanti, ma non tutte lo sono. Il difficile sta nell'intuire - talvolta è proprio il termine esatto - qual è il sintomo giusto. Non si può mettere in dubbio che Graziani abbia percepito il pericolo: ne aveva parlato con Berti e Gariboldi, tuttavia i consigli ed i pareri sono una cosa, gli ordini un'altra, e, a prescindere dalla considerazione che gli ordini sono preferibili ai consigli, Graziani dimostrò ad abundantiam che quando veramente voleva qualcosa non esitava a saltare anche due livelli gerarchici. L'ultimo iattore della sorpresa: i Matilda, fattore, si badi bene, determinante anche a giudizio inglese 106 • Per questo non può farsi colpa ai Comandi. È peraltro deludente che un carro dalle dimensioni così insolite a quell'epoca sia sfuggito agli informatori del S.I.M. in Egitto. c. L'azione di comando. Probabilmente non presentò uno spiccato carattere di fermezza per un insieme di motivi: le pressioni di Mussolini basate su garanzie politiche o politico-militari illusorie; l'acquiescenza non convinta e le convinzioni non sostenute saldamente da Graziani; la mancanza di sintonia fra comandante superiore e comandante della 10 3 armata; una visione operativa incerta; una specie di complesso di inferiorità nei confronti dell'avversario interrotta di tanto in tanto da strani sprazzi di sottovalutazione. Diciamo subito che le responsabilità di Graziani-capo di Stato Maggiore dell'Esercito sono di gran lunga maggiori di quelle di Graziani-comandante superiore, anche se le attribuzioni operative oltremare erano interamente devolute ai comandanti superiori che ricevevano direttive solo dal Comando Supremo. Il fatto si è che


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l'andamento delle iniziative belliche, almeno in un primo tempo, è strettamente connesso con l'accuratezza di approntamento dello strumento operativo. Nel nostro caso l'approntamento era sostituito dal presupposto politico che la guerra fosse già vinta dalla Germania. Le conseguenze assumeranno perciò carattere di ineluttabilità. Tutti gli esperti di guerra di corazzati ed i critici militari sono stati concordi nel giudicare impossibile un successo di Graziani senza un valido supporto di truppe corazzate·e motorizzate 107 • I minuscoli carri leggeri, gli insoddisfacenti carri M 11, le deficienze qualitative delle artiglierie, l'autotrasporto di fortuna di reparti più che di grandi unità: la somma di tutti questi elementi non poteva dar vita a complessi di forze degni di essere definiti meccanizzati. L'attenta analisi delle "colonne celeri" rivela trattarsi di un espediente, non di una soluzione tattica. Potevano riuscire utili contro unità motorizzate a causa dell'erogazione di fuoco che erano in grado di sviluppare, ma non di più. In terreno aperto, ampiamente percorribile, ad esse mancava qualunque reale attitudine alla manovra ed alla resistenza statica, perciò sarebbero state facile preda di una purchessia formazione di carri. Tuttavia non pare potersi evitare qualche rimarco. Si è visto con quanta accuratezza Wavell abbia fatto le prove dell'operazione Compass, abbia studiato una tattica specifica per i carri da fante"ria e come abbia sempre proceduto lentamente nell'impiegare i reparti di nuovo arrivo per concedere loro un conveniente periodo di amalgama, salvo casi di particolare necessità. Ebbene, per certo da parte italiana l'addestramento non fu posto su un piano così preminente. L'ambiente naturale era atipico, il ricorso alle autocolonne inevitabile, la difesa locale su distese desertiche più che probabile, il combattimento contro forze corazzate sicuro, la dottrina d'impiego insufficiente o non applicabile, eppure al momento del dunque il dispositivo italiano, quale che fosse il suo livello, conteneva già in sé i presupposti per l'insuccesso. N<;m che la questione fosse stata trascurata o ignorata. Il gen. Berti diramò molte direttive addestrative e considerò anche le necessità difensive, però mancò la risposta tattica e addestrativa a due problemi concreti: 1° quale il modo migliore per resistere in campo aperto ad un attacco di cruisers (i Matilda erano inimmaginabili probabilmente)? 2° come sfondare le linee avversarie rendendo vano il certo intervento delle riserve corazzate? Comunque apparisse la ~ituazione è indubbio che prima o poi,


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volenti o nolenti, avremmo dovuto affrontare questi problemi. Ed è indubbio che ci trovammo ad affrontarli senza averli risolti. Qualche esempio significativo. La possibilità e, quindi, il pericolo di un avvolgimento erano automaticamente offerti dal terreno; per contrapporsi ad essi bisognava dunque ricorrere ad una concezione tipo "area difesa" oppure ad una struttura lineare con un fianco appoggiato al mare o ad una piazza e con l'altro garantito, per così dire, da una riserva corazzata disposta a tergo. Il primo caso potrebbe configurarsi nello schieramento di Sidi el-Barrani, ma si trattava solo di un embrione di "area difesa", assolutamente privo di consistenza. Mancava il calcolo degli spazi da concedere al nemico, la visione unitaria dell'impiego del fuoco, dell'ostacolo, della reazione di movimento, delle trasmissioni. Il secondo caso nella appena abbozzata difesa del ciglione di Sollum, tuttavia, superata da sud la Marmarica, cosa prevedibile ma al cui riguardo nulla era stato predisposto di realmente efficace, il pensiero corse alla difesa nelle piazze di Bardia e di Tobruk. A questo punto è il caso di parlare della brigata corazzata. Trascurando i carri leggeri, alla fine del 1940 erano disponibili in Africa settentrionale tre battaglioni carri medi: il I ed il II con M 11 ed il III con M 13. Di quest i, il II faceva parte del raggruppamento Maletti, gli altri due della brigata, dislocata a Marsa Lucch, ad ovest di Bardia, quindi assolutamente fuori dalla lotta. Per quanto il concetto di impiegare i carri in appoggio alla fanteria fosse dominante, la stessa decisione di costituire la brigata corazzata induce a pensare all'intenzione di un'azione a massa. Cionondimeno questa fu assente a Sidi el-Barrani e lo sarà sempre in ogni scontro sino alla battaglia di Beda Fomm, nel febbraio 1941. Sono noti i continui spostamenti ordinati da Graziani ad ogni ipotesi di avvolgimento da parte nemica, per cui sino all'ultimo la brigata rimarrà "in potenza", ma non quale deterrente: "Di fronte alla schiacciante superiorità dei mezzi corazzati nemici, addensatisi verso Sidi Omar, che avrebbero sicuramente sommerso la nostra striminzita brigata corazzata (unico elemento mobile a mia disposizione) decido di ritirarla da Sidi Azeiz, prima che sia agganciata dal nemico e sopraffatta(... )" 108 • Effettivamente se essa avesse affrontato il nemico sin dal 9 dicembre con tutti i tre battaglioni carri medi (una settantina di mezzi efficienti) si sarebbe scontrata prima con la 4a brigata corazzata (una quarantina di cruisers medi) ed il 7° Royal Tanks (cinquanta Matilda), subito raggiunti dalla 7a brigata corazzata (altri quaranta, almeno, cruisers medi) e sostenuti dai close supports del gruppo di so-


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stegno, scomparendo rapidamente dalla scena della battaglia. L'idea di costituire schieramenti controcarri o perni di manovra per rendere più agevole il successivo impegno dei carri era ancora di là da venire. _Invece, anche dopo la prima triste esperienza, resisteva il concetto dei piccoli presidi: ad esempio, il battaglione camicie nere rinforzato fatto mandare dalla 23 marzo a Sidi Omar il 10 dicembre, dove, a meno di una rapida ritirata, non poteva che avere i giorni contati - come fu - e senza pratica utilità. d . Le qualità combattive dei reparti ed i materiali. Secondo Wavell la sorpresa e la demoralizzazione pesarono sulla resistenza della 10<1 armata. È innegabile che se talune unità reagirono tenacemente, altre si lasciarono prendere dallo scoramento allorché la disparità di potenza si rese evidente. Tuttavia è da rimarcare anche un'altra osservazione fatta dal nemico: in questi primi combattimenti, in linea di massima, l'artiglieria italiana si batté meglio della fanteria. Su tale rilievo, che si ripeterà anche in seguito, torneremo in sede di conclusioni del ciclo operativo. Sui materiali c'è poco da dire. Nessuno di essi consentiva alla 10a armata la superiorità; il numero, quando esisteva; veniva reso inutile dalla eterogeneità e dalla qualità come nel caso delle artiglierie campali. In qualche circostanza però, a difetti del materiale si univano carenze d'impiego o di organizzazione. Per esempio, i cannoni controcarri da 47/32 erano privi di scudo 1- il che si rivelò oltremodo dannoso per i serventi - e la capacità di penetrazione delle granate perforanti era naturalmente variabile in relazione al tipo di carro avversario. Ora, se in pratica tale bocca da fuoco era insufficiente contro i Matilda, non altrettanto può dirsi nei confronti dei cruisers e degli Mk VI, però sarebbe occorso un addestramento assai più intenso e specifico per far fuoco a distanza ravvicinata. Inoltre, pur senza disporre di cifre attendibili, è doveroso accennare alle rimostranze di alcuni comandanti circa la scarsa disponibilità di munizionamento perforante. Un'ultima nota sulla questione automezzi: probabilmente qualcosa difettò nell'impianto logistico. Tutte le grandi unità del XXI corpo d'armata e del gruppo divisioni libiche s_i trovarono in enormi difficoltà di movimento. Nelle relazioni compilate sulla battaglia è ricorrente la messa in evidenza della gravosità degli impegni per i rifornimenti (automezzi e scorte) a Bug Bug ed a Bardia e per le colonne mobili in riserva. Per mancanza di dati non si è in grado di condurre un'indagine a fondo, però sembra lecito il dubbio che l'organizzazione dei trasporti non abbia ricevuto la soluzio-


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LF. OPERAZIONI IN AFRICA S ETTENTRIONA LE

ne migliore. A parte questo, salta agli occhi il fatto che il 9 dicembr e le autocolonne erano normalmente in viaggio per i rifornimenti evidente prova della sorpresa- e, di conseguen za, quasi tutte furono distrutte o catturate dal nemico. Inoltre, sicuramente nocquero l'elevata percentuale di avarie e la scarsa potenzialità delle officine automobilistiche e, forse, la dislocazione di queste ultime.

3.

LA BATTAGLIA DI

BARDIA.

(3-5 G ENNAIO 1941)

Si è visto come il 12 sera Graziani ave sse deciso di mettere le forze alla frontiera egiziana agli ordini del gen. Bergonzoli, recuperando il Comando del XXI corpo. Il XXIII corpo d'armata era schierato sulle posizioni iniziali: la 28 ottobre teneva Sollum Bassa e Sollum Alta a difesa della strada costiera e del passo Halfaya, la 23 marzo era suddivisa fra Musaid, la ridotta Capuzzo, Sidi Omar ed altri piccoli presidi confinari, ia Marmarica teneva il ciglione dell'Halfaya. Però una forte colonna della 28 ottobre con il XLII battaglione carri leggeri inviata l' 11 dicembre a Bug Bug in aiuto alla Catanzaro era stata travolta anch'essa, i residui della Catanzaro affluivano demoralizzati, la Ci rene era in arrivo a scaglioni in stato di sensibile spossamento fisico, le prime pattuglie britanniche si stavano infiltrando qua e là ed il quadro degli avvenimenti che era possibile ricostruire sulla base delle frammentarie comunicazioni si presentava a tinte cupe. Per giunta i collegamenti con il Comando d'armata erano precari e saltuari. Di fronte alla notizia, del tutto incidentale, del trasferimento della brigata corazzata verso Ain el-Gazala, che lasciava scoperto il fianco destro del XXIII corpo, il 14 Bergonzoli decise l'arretramento sulla v'icina Bardia. Diramato il preavviso alle divisioni dipendenti, chiese l'autorizzazione dell'armata: "(...) Data interruzione delle comunicazioni Bardia-Tobruk et scarsità vivericarburanti progettato questa sera ripiegamento miei elementi entro Piazzaforte Bardia. Ho dato tutte disposizioni salvo conferma dopo conosciute vostre istruzioni". Alle 19, un'ora prima dell'inizio del movimento, giunse un lungo cifrato del Comando d'armata. Un errore di sopracifratura rese difficoltosa la lettura del messaggio, comunque questo suggeriva, fra l'altro, di "tener presente che le posizioni dell'Halfaya si prestano a nostre azioni controffensive a tergo et sul fianco del nemico". Bergonzoli non ebbe esitazioni e dette il via al primo tempo dell'operazione, mentre un'aliquota delle arti-


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glierie apriva il fuoco contro le posizioni avanzate inglesi per mascherare lo sganciamento. Il movimento fu iniziato dalla Cirene e dalla Marmarica. La prima andò direttamente a Bardia a rafforzare le opere della guardia alla frontiera nel settore orientale (tratto Capuzzo-Bardia-mare); la seconda si fermò in corrispondenza della ridotta Ca puzzo. La 23 marzo, si schierò nella zona di Bir Tafaui, ad ovest della strada per Bardia. Ultima a muovere fu la 28 ottobre, incaricata di ripiegare sul ciglione di Sollum alta e di far saltare la strada asfaltata. Il ripiegamento si svolse con ordine ma bisognò abbandonare molto materiale, fra cui munizioni ed alcuni pezzi di artiglieria resi inefficienti. Contrariamente alle aspettative la mattina del 15 dicembre trascorse abbastanza calma; in compenso nel pomeriggio si manifestò una forte pressione a Bir Tafaui e nuovi reparti vennero segnalati risalenti la strada dell'Halfaya od affluenti verso Sidi Omar. Di conseguenza Bergonzoli chiese di proseguire il ripiegamento entro la cinta di Bardia, approfittando di una certa pausa che si intuiva da parte britannica. Nel dispositivo nemico era infatti in corso un assestamento non indifferente. Il mattino dell'll dicembre, mentre, in piena euforia per il brillante svolgimento dell'operazione Compass, stava per recarsi al posto comando del gen. Beresford-Peirse, O'Connor ricevette da Wilson un messaggio di Wavell con il quale gli veniva comunicato che la 4 a divisione indiana con le sue due brigate, i tre reggimenti di artiglieria ed i reparti trasporti, doveva essere disimpegnata dalla battaglia il più presto possibile per trasferirsi ad Alessandria e quindi partire per il Sudan. "Fu un colpo terribile - ebbe poi a commentare O'Connor -. Io non ero stato preavvisato e la notizia mi giunse come un fulmine a ciel sereno, as a bolt from the blue" . Alla divisione indiana sarebbe subentrata la 6a divisione australiana (gen. Iven Mackay), di cui la 6 3 brigata era a Naganish Naala, relativamente a portata di mano, ma il grosso si trovava ancora nella zona di Alessandria. Inoltre gli australiani avevano solo due reggimenti di artiglieria da campagna con cannoni da 18 libbre e obici da 4,5 pollici ed erano incompleti in fatto di mezzi d{ trasporto. Oltre la 16a brigata britannica, che veniva posta alle dipendenze di Mackay, sarebbe invero stata disponibile la divisione neozelandese, in zona avanzata già da qualche tempo, però una sua brigata era ancora in Gran Bretagna e Wavell conosceva il desiderio del Governo neozelandese che l'unità fosse impiegata al completo. · Comunque gli inconvenienti maggiori si sarebbero manifestati nel settore logistico: occorreva nitirare dall'area della battaglia la 4 8


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indiana, portare avanti la 6 8 australiana, ,sgomberare i prigionieri che si presumevano in gran numero e continuare ad alimentare la lotta. Per il momento O'Connor si preoccupò di tallonare vigorosamente le truppe italiane in ritirata, sfruttando acqua, viveri, carburanti ed automezzi di preda bellica. La 7 8 brigata corazzata doveva procedere lungo la costa e risalire verso Sollum Alta ed il passo Halfaya; la 4a brigata corazzata e l'll O ussari invece avevano il compito di muovere sull'altopian.o a sud del ciglione. Queste ultime unità, in particolare, dovevano e potevano penetrare quanto più possibile in profondità. Infatti già il 14 dicembre l'l l O ussari aveva interrotto la rotabile Bardia-Tobruk mentre il grosso della 4 8 brigata corazzata aveva raggiunto Sidi Azeiz, a sud-ovest di Bardia, passando tra la ridotta Ca puzzo e Sidi Omar, ormai isolata, nonostante il continuo intervento dell'aviazione italiana. Era intanto rientrato dall'Italia il gen. Berti. Presentatosi nella tarda serata del 14 a Cirene, venne informato da Graziani sulla situazione ed il mattino seguente raggiunse Tobruk riprendendo il comando della 10 8 armata. Vista la richiesta del Comando XXIII corpo, esitò e fece comunicare al Comando Superiore di aver chiesto precisazioni perché la questione non gli appariva sufficientemente chiara. Graziani, dal canto suo, intervenne seccamente rispondendo che in quelle circostanze i chiarimenti erano del tutto inutili e che invece egli voleva conoscere l'esplicita opinione del comandante dell'ai;mata. Berti si mostrò incline ad aderire al proposito di Bergonzoli "perché chi è sul posto può avere tutti elementi per decidere. Date però le conseguenze che questo ripiegamento può avere, nella risposta metterei che lo faccia soltanto per necessità veramente improrogabile.". Graziani, che temeva di vedere da un momento all'altro tagliate fuori da Bardia tutte le truppe di Bergonzoli, replicò immediatamente: "Il generale Bergonzoli ha già dimostrato le ragioni di necessità inderogabili che inducono ad una tale decisione senza bisogno che le ripeta. Rimarco perciò che non bisogna perdere un minuto di tempo ad approvare quello che proponeva perché ogni ora est preziosa per lui. Date perciò immediata approvazione con due parole che gli siano trasmesse subito et cioé: «approvo vostra decisione ritiratevi subito»" 109•

Poi ragguagliò il Comando Supremo: "Schieramento avanzato Halfaya-mare et linea Sollum-Capuzzo mi-


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nacciati da accerchiamento per parte mezzi corazzati nemici fin da ieri ammassatisi in zona Azeiz et da altre unità risalenti per Sollurn bassa et Sollum alta est in ripiegamento totalitario su piazza Bardia, la quale est a sua volta isolata da Tobruk et continuamente bersagliata dal cielo et dal mare. Est da ritenersi perciò comunque perduta tutta la linea dello schieramento avanzato rimanendo nella assoluta impotenza di contrattaccare le masse corazzate nemiche per mancanza di mezzi idonei a farlo, all'infuori dell'aviazione che da sola non può risolvere il problema" 110•

Nelle prime ore del 16 le unità del XXIII corpo ultimavano il ripiegamento su Bardia senza essere eccessivamente ostacolate dal nemico. ' Naturalmente il ritiro dello schieramento Capuzzo-Sollum lasciava senza sostegno i presidi confinari. Pertanto quelli di Bir esc Sceferzen, Maddalena e Garn el-Grein ricevettero l'ordine di ripiegare su Giarabub, cosa che fecero tra il 16 ed il 19 dicembre. Il presidio di Sidi Omar, invece, accerchiato s in dal 13, veniva ~ommerso il 16 dal 7° ussar i e dal 2° Royal Tanks, dopo un nutrito bombardamento con i pezzi da 25 libbre. Cosl O'Connor migliorava sensibilmente il problema del sostegno logistico della 7a divisione corazzata. Nel corso della giornata Graziani volle dare una soluzione di massima a tre problemi: giurisdizione operativa della 10a armata, rifornimenti a Bardia e or ganizzazione difensiva della posizione di Derna-Berta-Mechili. All'arm'a ta lasciò la responsabilità di Tobruk e di Bardia e della fascia costiera tra le due località. In parte era convinto della necessità di concentrare ogni attenzione sulle due piazze, in parte era sollecitato da Mussolini che gli aveva sbandierato davanti la resistenza dei 300 tedeschi di Narvik. Per sottolineare dunqueJ'importanza·del compito di difesa ad oltranza non trovò di meglio di inviare a Berti il seguente dispaccio: "Duce in sue direttive ordina difesa at oltranza piazze Bardia e Tobruk. Confermo tale ordine. Tutte le volontà dei comandanti debbono essere tese a questa finalità. Dico at Voi, Eccellenza Berti, che ho saputo Duce, in udienza concessavi, vi habet confermata sua piena fiducia. Bisogna dimostrargliela coi fatti in ques to supremo cimento cui sono legate le sorti della Patria. Et url' altra fiducia nutrire assoluta et cioé nel Comando Superiore che non deflette dalla volontà di lottare fin~ all'estremo. Trasmetto integralmente questo telegramma al Duce" 111.

Ritenere questo fonograduna atto a suscitare entusiastico fer-


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vore nel comandante della 10 3 armata è p robabilmente esagerato; in ogni modo Graziani - che nuovamente si premurò di informare Mussolini della propria volontà di non deflettere e del fonogramma spedito a Berti 112 - poche ore più tardi, forse pensando che bis repetita juvant, ribadì al Comandò d'armata l'ordine di tenere ad oltranza Bardia e Tobruk, dandone ancora, come è facile immaginare, notizia a Mussolini. Il secondo punto era l'alimentazione di Bardia. Considerando ormai saltate le comunicazioni con Tobruk e non ritenendo di avere i mezzi per rompere il cerchio che si stava stringendo attorno a Barçlia, non rimaneva che incaricare il Comando Superiore R. Marina e l'Intendenza di fare l'impossibile per approvvigionare la piazza via mare. Peraltro, dopo qualche giorno, tale soluzione si paleserà pressoché impossibile e Bardia dovrà contare solo sulle scorte.in essa esistenti. 'Terzo punto: l'impianto dei capisaldi di Dema, Berta e Mechili. Al riguardo fu disposto l'avviamento a Dema del 10° bersaglieri, del V battaglione carri M 13 (appena arrivat i dall'Italia) e di tre batterie della R. Marina; a Berta del primo scaglione della D.f. Sabratha, giunto ai bivi per Marada. La vecchia ridotta di Mechili, poi, doveva essere occupata da reparti cannoni da 47/32 e mitragliere da 20, mentre la brigata corazzata si sarebbe dislocata nei suoi pressi, dopo aver lasciato ad Ain el-Gazala qualche carro M 11 per difender e il campo di aviazione da incursioni di autoblindo. La ricognizione aerea segnalava intanto una forte massa di vei- · coli corazzati nella zona di Bir Enba, forti nuclei meccanizzati attorno a Gabr bu Fares, Bir Chreigat e Bir Zigdin ed infine pattuglie di autoblindo spiegate a ventaglio verso Bardia e verso Sidi Omar e Bir esc Sceferzen. Non si•trattava di affrontare una nuova battaglia dall'esito incerto od addirittura già compromesso. C'era di peggio in gioco: non si scorgeva una via d'uscita sull 'intero teatro d'operazioni nordafricano. Senza divisioni corazzate e motorizzate non appariva possibile opporsi all'avversario, questo ormai era inequivocabile; l'unica unità disponibile era la striminzita b r igata Babini che, a parte il suo impiego a spizzico, era valida soltanto per gli M 13; dall'Italia c'era poco da sperare; il dominio dell'aria e del mare era britannico. In sostanza, solo la Germania, il cui concorso tanto sconsideratamente era stato minimizzato, poteva intervenire per raddrizzare lo stato delle cose. Però, ammesso che lo volesse e che fosse possibile attraversare il Mediterraneo rapidamente, occorreva "durare". Ma dove la resistenza avrebbe consentito il guadagno


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di tempo necessario? Graziani sentì il bisogno di sfogarsi con Mussolini e gli inviò un lungo rapporto. Messo in evidenza che la sosta del nemico era sicuramente preludio al proseguimento dell'offensiva per eliminare Bardia e Tobruk e quindi procedere alla conquista integrale della Cirenaica, si soffermò a tratteggiare le condizioni delle due piazze. Bardia era occupata da forze numerose: D.f. Marmarica, quasi intatta; D.f. Cirene, molto provata e priva di parecchi pezzi controcarri; D.cc.nn. 23 marzo, ridotta di circa un quarto; D.cc.nn. 28 ottobre, poco più della metà; D.f. Catanzaro, in condizioni ancor più precarie; oltre alla guardia alla frontiera. Però la cintura perimetrale, il cui sviluppo si aggirava sulla trentina di chilometri, era assai poco robusta, specialmente in fatto di difesa anticarro. Per giunta era bloccata da terra, per quanto non completamente, e dal mare, ove navi inglesi facevano tranquillamente il tiro al bersaglio su postazioni, casematte e magazzini. Tobruk si presentava ancora peggio: una cinta fortificata scarsamente efficiente, con uno sviluppo di oltre 50 chilometri ed un presidio limitato alla D.f. Sirte, alla guardia alla frontiera ed a pochi gruppi di artiglieria. Ciò premesso e tenuto conto dell'estrema difficoltà di rifornire Bardia, c'era da chiedersi se non convenisse tentare di sgomberare questa piazza, raccogliendo tutto il possibile a Tobruk. Non che ciò potesse costituire soluzione definitiva: "Con questo però non mi illudo di arrestare l'offensiva nemica davanti alla piazza di Tobruk; riusciremo solo a prendere tempo, elemento preziosissimo, che potrebbe consentire di far affluire i mezzi idonei a bloccare ulteriori progressi. Caduta Bardia è infatti da prevedere che l'avversario, ripetendo lo stesso procedimento - blocco del porto, intercettazione delle comunicazioni ed attacco combinato da terra, dal mare e dalJ'aria - possa infrangere qualche trattò della lunga cinta fortificata e penetrare nella piazza. Né, allo stato attuale è da prevedere che le nostre sparute forze mobili residue, possano contrastare l'azione nemica in maniera tale da stroncarla. La dura esperienza di queste giornate amarissime ci porta infatti a concludere che, in questo scacchiere, una divisione corazzata è più potente di un'intera armata. Di fronte al mezzo corazzato le truppe più salde ed agguerrite non reggono: l'armamento anticarro non è sufficiente ad arrestarne l'attacco, specialmente se preparato dall'azione massacrante del bombardamento aereo(...)".

Di conseguenza, proseguì Graziani, si stava predisponendo l'or-


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ganizzazione a difesa del ciglione di Derna, dove già aveva spedito la brigata corazzata - due battaglioni carri leggeri, due compagnie carri M 13 e due gruppi di artiglieria - che stava per ricevere il nuovo battaglione di carri M 13. A prescindere però dalla robustezza della posizione Derna-Berta-Mechili, c'era da temere che gli inglesi puntassero direttamente su Bengasi-Soluch-Agedabia. Per questa evenienza era stata conferita una certa imbastitura al settore Agedabia-Gialo-Augila. In sostanza, un ulteriore afflusso di personale dalla Tripolitania era inutile. Quel che occorreva era l'invio di mezzi idonei ad affrontare la Western Desert Force: autoblindo, carri armati e pezzi controcarri. Se, come sembrava, in Italia esistevano carri M 13 già pronti presso la casa costrut,trice, diventava quanto mai urgente la loro spedizione in Libia, anche senza personale: sarebbero stati assegnati ai battaglioni carri leggeri, che in tal modo avrebbero impiegato carri degni di questo nome. "Comunque, ·1a posta in gioco - la salvezza della Libia - è tale da imporci ogni sforzo per qui concentrare quello che occorre. Il momento è grave e, per quanto possa riuscirci amaro, penso che si debba passare sopra a giuste fierezze di altri momenti, ricorrendo all'aiuto della Germania. Se poi potessimo avere una o due divisioni corazzate faremmo sicuramente ripassare al nemico il ciglione di Sollum. Ove, però, si entrasse in quest'ordine di idee una cosa soprattutto è necessaria: la tempestività" 113 •

Il giorno successivo Graziani scrisse anche al gen. Guzzoni, che il 29 novembre era stato nominato sottosegretario di Stato per la guerra e sottocapo di Stato Maggiore Generale, ripetendo più o meno quanto aveva esposto a Mussolini: non c'era da farsi molte illusioni, giacché Bardia era circondata, Tobruk ne avrebbe seguito la sorte a breve scadenza, la posizione di Dema-Mechili costituiva extrema ratio per modo di dire in quanto poteva essere completamente aggirata da sud. E concluse: "Ho fatto presente costà nostre necessità. Stiamo facendo et faremo qui tutto quanto è possibile fare per opporci al nemico che da tutte le notizie che ci pervengono est decisamente orientato at raggiungere l'occupazione della Libia. In questo momento si impone sempre più avere at disposizione un'aviazione potentissima. lo non drammatizzo ma non mi faccio illusioni dannose. Solo l'invio di potenti mezzi terrestri et aerei preventivo al serrare sotto del nemico può ancora sai-


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vare la situazione"

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114 •

Quanto Graziani affermava rispondeva obiettivamente alla realtà. Un'unica osservazione sembra lecito fare: egli riteneva la posizione Derna-Mechili tale, qualora il nemico l'avesse affrontata, da consentire di giocarvi "l'ultima carta" con qualche speranza di successo, mentre francamente sembra lecito qualche dubbio sul buon esito di uno scontro campale. A Roma c'era tensione. Il 5 dicembre il gen. Ugo Cavallero aveva sostituito il mar. Badoglio nella carica di capo di Stato Maggiore Generale ed immediatamente si era precipitato in Albania, dove il gen. So'ddu, dal 9 novembre nuovo comandante superiore in posto, aveva segnalato una situazione delicatissima. Contemporaneamente l'amm. Riccardi ed il gen. Pricolo erano stati nominati sottosegretari di Stato e capi di Stato Maggiore rispettivamente della R. Marina e della R. Aeronautica in sostituzione dell'amm. Cavagnari e del gen. Valle. Pochi giorni dopo la nomina di Cavallero, il gen . Guzzoni chiese allo Stato Maggiore dell'Esercito un giudizio sulla situazione e sui possibili sviluppi. Roatta compilò un promemoria personale in cui mise in evidenza l'impossibilità da parte italiana di rompere la cerniera mediterranea dell'impero britannico, unico modo a suo avviso, di infliggere un gravissimo colpo all'avversario. "Ne deriva - scriveva Roatta - la necessità non di un aiuto germanico (che nessuno ha mai chiesto, e nessuno intende chiedere), ma di un 'azione comune ed in blocco contro detta cerniera. Si tratta - in altre parole - di sostituire alle attuali azioni parallele, ma distinte e distanti, dell'Italia e Germania, una azione collettiva nel teatro d'operazioni più redditizio agli effetti dello scopo comune".

L'esame dei tre principali scacchieri interessati portava a conclusioni che non lasciavano spazio a dubbi sulla anzidetta necessità. Nei Balcani l'Italia rischiava di non essere in grado di risolvere da sola la partita ove le forze greche fossero state incrementate da rinforzi inglesi o turchi o jugoslavi, ciò che consigliava di studiare un'azione congiunta italo-tedesca. Il Levante si mostrava, per il momento, tranquillo, però nulla induceva a pensare che in un domani esso non facesse causa comune con la Gran Bretagna; in ogni caso si prestava ad un intervento per puntare da oriente verso il canale di Suez. Evidentemente un'i~iziativa del genere avrebbe comportato non facili premesse politiche, quali l'acquiescenza turca e l'as-


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senso sovietico, e presentava imponenti difficoltà logistiche, tuttavia appariva meritevole di attenzione sulla base del buon esito della lotta in Balcania. In Egeo, le forze italiane non rappresentavano un elemento determinante nel conflitto: potevano semplicemente disturbare il nemico per mare e per aria, e resistere per un certo tempo se attaccate. Quanto, poi, all'Africa settentrionale, i recentissimi avvenimenti, qualunque potesse essere il loro prossimo epilogo, allontanavano se non dirimevano nostre possibilità offensive risolutive. Alle grandi unità corazzate inglesi occorreva contrapporre unità altrettanto potenti, che noi non possedevamo. Si imponeva perciò, anche in quello scacchiere, un'azione collegiale, la quale però non avrebbe offerto la certezza di condurre alla conquista di Alessandria e del Delta. Inoltre la nostra situazione si sarebbe complicata singolarmente se le forze francesi nordafricane si fossero unite al movimento di De Gaulle. Sul mare, infine, non sembrava possibile inizialmente un'azione congiunta per indisponibilità di unità tedesch~ di superficie; per contro la cosa appariva possibile e éonsigliabile per le forze subacquee e soprattutto per quelle aeree contro la Mediterranean Fleet e le sue basi ed in cooperazione massiccia con le operazioni terrestri. In conclusione, secondo Roatta: "A. Non si giudica probabile di poter stroncare il nemico n. 1, la Gran Bretagna, colpendolo nella Madre Patria. Si giudica invece possibile di stroncarlo infrangendo la cerniera mediterranea del suo impero. B. Dato che l'avversario concentra in corrispondenza di essa gran parte delle sue forze, l'Italia non è in condizioni di assolvere da sola - t~le compito. C. Di conseguenza è necessario di assolverlo in comune, sostituendo alle attuali azioni parallele, ma distinte e distanti, una potente azione collettiva mirante allo scopo suddetto. D. Detta azione dovrebbe attuarsi nel Balcani al Levante. Dovrebbe essere affiancata da misure collettive, da realizzare solo in caso di necessità, nella Francia metropolitana. E. Pregiudiziali a detta azione dovrebbero essere: intesa intima, chiara e costante dal punto di vista politicomilitare; direzione virtualmente unica, nel senso di predisporre e condurre in perfetto accordo le operazioni delle singole forze, rientranti nel quadro dell'azione collettiva; messa in comune dei materiali, non essendo ammissibile che gli uni combattano con mezzi inadeguati, mentre gli al-


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tri forniscono àrmi moderne a terzi, non tutti fidati. F. Non si tratta, in tutto questo, di aiuti, ma semplicemente di concentramento di sforzi nel teatro di operazioni naturalmente più vulnerabile per l'Asse, nel quale l'avversario può essere più efficacemente colpito, e dove - rendendosi conto di ciò - concentra le sue forze" 115 •

L'assunto da cui muoveva tutto il ragionamento, e cioé che l'impero britannico sarebbe stato colpito a morte in Egitto, è chiaramente opinabile. Del pari discutibili sono le concrete possibilità dell'Asse in Levante. Comunque meritano rilievo sia la sottintesa critica alla concezione strategica iniziale sia la trasparente bocciatura della "guerra parallela". Veramente Roatta aveva parlato di direzione "virtualmente" unica della guerra più che di "direzione unica" sulla base di chiari accordi politico-militari, ma si trattava di "forma" per non urtare suscettibilità nel Comando Supremo e, soprattutto, nel comandante supremo. Né l'accenno di Roatta alle difficoltà complessive italiane appariva mal collocato. La situazione organica a metà dicembre era infatti la seguente: a. In Italia: 42 divisioni, di cui: complete: 3 D.cel. ed 1 mot.; quasi al completo: 3 D.f. autotrasportabili (prive degli autogruppi) ed 1 D.alp. (qualche deficienza nei quadrupedi); di efficienza varia: 1 D.cor. (con i carri leggeri) e 22 D.f.; incomplete: 1 D.cor. e 10 D.f.; b. In Egeo: 1 D.f. completa; c. In Albania: 10 D.f., 4 D.alp., 1 D.mot. (solo un'aliquota) e 1 D.cor.; d. In Libia: 9 D.f. e 3 D.cc.nn. In totale, dunque, 71 divisioni di cui soltanto cinque complete. Di quelle in Africa settentrionale conoscia,!Ilo la consistenza, per le

grandi unità in Albania la situazione era ancora peggiore. A parte ciò occorre tener presente lo sconvolgimento dell'esercito provocato dall'avventato congedamento di 600.000 uomini voluto da Mussolini in ottobre 116 e l'organico già di per sé penosamente striminzito della divisione binaria. Aggiungasi che le dotazioni d'armata e le scorte erano molto al di sotto del fabbisogno,•comunque fosse stato calcolato. Quanto alla Germania, cenviene lasciare la parola al generale


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Marras: "L'impressione prodotta in questi ambienti militari come in quelli politici dalla perdita di Sidi Barrani è stata profonda, anche perché essa viene a verificarsi subito dopo il nostro ripiegamento in Albania, che ora soltanto viene qui giudicato in fase di stabilizzazione(...). Negli ambienti ufficiali si afferma apertamente che "gli Italiani si sono lasciati sorprendere", che "la strada di Sidi Barranì servirà ora agli Inglesi '. ' e si domanda se verrà prontamente eseguita una controffensiva. Nel pubblico vengc,m o espressi apprezzamenti poco benevoli, anche nei riguardi della combattività delle truppe(...)" 117

Il gen. von Rintelen - rientrato a Roma il 10 dicembre, dopo essere stato convocato a Berlino da von Brauchitsch e rimproverato per le sue affermazioni pessimistiche circa la situazione italiana in Africa settentrionale e nel Mediterraneo 118 - si era affrettato ad informare l'OKW dell'offensiva di O'Connor, soggiungendo che le quattro divisioni di Bardia avevano le settimane contate; che poi sarebbe caduta Tobruk e poi anche Bengasi; che, infine, le altre quattro divisioni della Tripolitania non avrebbero potuto opporre seria resistenza senza unità corazzate. Per tutta risposta Keitel replicò duramente che "c'erano ancora molte possibilità di difesa" 119, però il pensiero ufficiale tedesco stava modificandosi perché il 18 Marras comunicò: "L'Alto Comando tedesco per sua parte aveva ritenuto che il ripiegamento in Albania e la perdita di Sidi Barraniì dovessero considerarsi come avvenimenti sgradevoli nei riguardi del prestigio militare italiano, ma non modificanti sostanzialmente la situazione militare dell'Asse (...). Successivamente i progressi inglesi nel Nord Afrk:a hanno destato qualche preoccupazione e messo in evidenza la necessità di dare all'Italia qualche concorso militare. Questo concorso si manifesta per ora mediante l'invio già avvenuto di un gruppo aereo da trasporto e col prossimo invio di un corpo aereo su sei gruppi di tre squadriglie" 120.

Cavallero era stato preso dagli avvenimenti in Albania. Il 18 era tornato a Roma per riferire a Mussolini e concretare con i capi di S.M. delle forze armate i rinforzi da spedire al fronte greco. Messo al corrente delle lettere di Graziani, gli mandò un messaggio piuttosto sbrigativo, ma con il quale gli dava carta bianca: "Duce (...) dopo aver esaminato situazione, mentre conferma sua pie-


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na fiducia opera vostra, Vi lascia giudice modalità vostra azione, avendo presente necessità ritardare quanto più possibile avanzata nemico et logorarlo. A questo fine potrà giovare prolungamento resistenza anche Bardia (...)" 121 ,

e lo assicurava dell'urgente partenza per Tripoli di tutti i carri M 13 disponibili "per ordine Duce" 122• Il giorno successivo, 19 dicembre, ricevette von Rintelen, al quale illustrò apertamente la serietà delle vicende libiche. Non soltanto si imponeva la messa in efficienza di Tripoli come campo trincerato per ostacolare un'eventuale mossa francese dalla Tunisia, ma altresì urgeva la disponibilità di una divisionè corazzata quale elemento di manovra e di contrattacco contro gli inglesi. La Germania poteva dare questo concorso, già del resto offerto in precedenza? Inoltre, tenuto conto delle grandi unità che si erano disorganizzate in Albania ·ed in Africa settentrionale, poteva la Germania assumersi la fornitura di materiale bellico per dieci divisioni? Van Rintelen promise l'immediato inoltro della richiesta a Berlino. Anche Guzzoni volle parlare con l'addetto militare tedesco e nel colloquio che ebbe alla presenza di Roatta (20 dicembre) rinnovò le argomentazioni di Cavallero, sottolineando la opportunità di una forte minaccia tedesca dalla Romania verso la Macedonia orientale, in modo da dissuadere i Greci dallo· spostare truppe da quella frontiera verso il settore della Vojussa e verso il litorale albanese; dell'invio di due, piuttosto che una, divisioni corazzate in Libia; della fornitura di materiale bellico, completo di munizionamento e di istruttori, per dieci divisioni e cinque corpi d'armata. Graziani venne messo al corrente di tutto ciò da Cavallero, che gli telegrafò nuovamente, facendo riferimento al dispaccio personale indirizzato a Guzzoni, e, nel contempo precisandogli che entro il mese sarebbero stati inviati altri due battaglioni carri M 13 (oltre quello già sbarcato a Tripoli col 10° bersaglieri) per complessivi 80 carri ed un reggimento di artiglieria motorizzato tolto all'Ariete o alla Littorio. Mentre, dunque, si profilava qualche speranza venivano sul tappeto altre due questioni delicate. Mussolini sentiva il bisogno di presentare al pubblico una versione accettabile degli avvenimenti svoltisi, perciò si decise a chiederla: "Vi domando se non ritenere utile mandarmi un rapporto pubblicabile et naturalmente veridico sulla prima fase della battaglia dal 9 al 19 andante, da Sidi Barrani a Bardia. lo lo ritengo necessario" 123 • La forma ed i sottinte~ si ferirono Graziani, che orn'lai era ipersensibile. Per giunta, pro-


256

LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

prio quel giorno in un discorso alla Camera dei Comuni Churchill aveva accennato alla superiorità di forze della 10 3 armata ed alla scarsa combattività delle unità italiane durante la battaglia. A strettissimo seguito del dispaccio citato, dunque, ne giunse un altro fremente con la richiesta di una aperta smentita alle.dichiarazioni del Premier inglese 124• Graziani mandò una lunga relazione piuttosto enfatica 125 • Probabilmente sarebbe stata preferibile una pacata e distaccata narrazione dei fatti. Gli apprezzamenti potevano essere omessi, anche perché il discorso avrebbe condotto assai lontano. Il secondo argomento venne comunicato al Comando Supremo in termini molto concisi: "Comunico che oggi ho esonerato dal comando della 10 3 armata Eccellenza Berti che rientra in Italia. Comando viene assunto da Eccellenza Tellera et pertanto non chiedo né desidero sostituzione con altri dell'Eccellenza Berti. Funzioni Capo S.M. Forze Armate A.S. vengono assunte da Generale di Brigata Miele Alighiero. Segue rapporto" 126 •

La cosa era nell'aria da tempo. Al disaccordo già esistente si erano aggiunti la licenza in Italia (per malattia e motivi familiari) di Berti alla vigilia dell'offensiva inglese, il suo lento rientro e l'altrettanto lenta riassunzione del Comando della 10 3 armata ed infine le questioni di Tobruk e di Derna, recentissime. Ripresa la responsabilità dell'armata, date le circostanze, e cioé il concentramento attorno a Bardia del XXIII corpo al completo, Berti aveva rivolto ogni attenzione a Tobruk, dove la sera del 12 si era trasferito il Comando d'armata, e ritenuto opportuno fare il punto circa la consistenza difensiva della base. Elencò tutti gli aspetti negativi: mam:anza del fosso anticarro per lunghi tratti, nessuna profondità della difesa, indisponibilità di artiglierie settoriali e di manovra, inesistenza di una riserva degna di questo nome (un solo battaglione con una batteria da 20), ecc. Mise anche in risalto che, a causa della morfologia del terreno e delle ampie lacune della difesa anticarri, la cintura perimetrale doveva fruire di una densità pressoché uniforme su tutto il fronte e che, considerate l'assenza di un ridotto retrostante e l'ampiezza della piazza, le riserve settoriali .e centrale dovevano esser:e motorizzate. Di conseguenza avanzò la richiesta di circa 130 pezzi controcarri, sei gruppi di artiglieria, un reggimento di fanteria motorizzato rinforzato da pezzi controcarri e contraerei ed un centinaio di automezzi. Aggiunse l'ovvia necessi-


LA PRIMA OFFENSJVA BRITANNICA

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tà di una forte partecipazione dell'aviazione significando che "quanto maggiore sarà il numero degli aerei che l'autorità centrale potrà mettere a disposizione, tanto maggiore sarà la probabilità di resistenza" e, come se non bastasse, suggerì l'opportunità di poter disporre di "almeno due divisioni completamente autoportate e ricche di armi anticarro" al fine di costituire una massa di manovra per operare dinamicamente all'esterno della piazzaforte. Il tutto "se si vuole che la piazza adempia alla consegna del Duce (...) altrimenti la resistenza - a malgrado della volontà e del valore degli uomini - non potrà essere di lunga durata". È vero che Berti tenne a chiudere l'elenco dei rinforzi occorrenti "compenetrandosi, naturalmen te, delle difficoltà che si oppongono alla realizzazione integrale delle necessità suesposte" 127 , ma la lettera sembra difficilmente giustificabile sotto tutti i profili. Le condizioni in cui si trovava Tobruk erano notissime, così come si conosceva l'entità delle forze esistenti in Libia; inoltre la difesa della piazza rientrava in certo modo nella competenza di Berti sin dalla sua assunzione di comando, cioé dallo scoppio delle ostilità. Colpisce, per inciso, sfavorevolmente il duro semplicismo del cenno a Bardia, la cui responsabilità diretta era del comandante del XXIII corpo: "Faccio astrazione della piazzaforte di Bardia che ormai, rafforzata dalle truppe mobili del gen. Bergonzoli, è nelle migliori condizioni per resistere", quando sicuramente non ignorava come a strutture difensive Bardia non stesse molto meglio di Tobruk e come le "truppe mobili" del XXIII corpo fossero piuttosto scosse e per nulla mobili. Chiedere, dunque, quei rinforzi e per di più tirare in ballo due divisioni motorizzate era, in quelle circostanze, proprio l'ultima cosa da scrivere a Graziani. Nessuna meraviglia se questi rispose a tono: "Quanto Voi, Eccellenza, mettete così bene in evidenza nel vostro 01/105999 del 16 corrente dei riguardi delle necessità per la difesa della piazza di Tobruk est quanto esattamente amò di esempio poteva essere già calcolato dal giorno in cui detta piazza fu costituita e cioé credo quattro o cinque anni fa. Ma nell'attuale momento il recriminare per le deficienze est questione che può solo servire at mettere at posto le vostre personali responsabilità del momento. Ora che questo lo avete fatto non vi rimane che tener presenti queste conclusioni: (...)" 128•


258

LE OPERAZIONI IN AFRJCA SETTENTRIONALE

SITUAZIONE DELLE ARTIGLIERIE AL 12 DICEMBRE ALLA FRONTIERA EGIZIANA pezzi (I)

Tobruk piazza

a disp.

piazza

xxxm C. A.

149/35 149/13 120/25 (2) 105/28 100/17 77/28 75/46 75/27 75/27 c. K. 65/17 47/32 20 mm

totali

Massa Riserva manovra Com.Sup. a disp. a decenXXIII 10• arm. Tobruk e trata corpo Bardia alle div.

Bardia

16

-

12

-

-

-

-

-

-

-

48

16

-

-

-

-

-

48 60

12 48

16 12

-

-

-

4 132 16

-

56 74 96

8 16 32

450

80

4

-

-

-

12

-

36

-

24

-

-

-

-

28

-

4

-

24

-

-

16

-

-

24

-

-

-

8 32

-

-

16 16

72

52

80

28

212

-

-

-

Note (1) Escluse le bocche da fuoco della difesa costiera e della difesa contraerei territoriale. (2) Della R. Marina.


LA PRIMA OFFENSIVA BRlTANNICA

259

Le conclusioni, in sostanza, erano che Tobruk doveva essere tenuta a qualsiasi costo e che perciò occorreva darsi da fare. Tutto giusto, tranne un rimarco. Graziani evidentemente non ricordava che a fine luglio, in una memoria sull'organizzazione della Libia inviata a Badoglio, egli aveva dichiarato "le due piazze di Tobruk e Porto Bardia in piena efficienza" 129• Berti si affrettò a dolersi di essere stato male interpretato e ad assicurare la propria assoluta fi. ducia nel comandante superiore (!) e nel successo finale. Prospettò anche un suggerimento che, obiettivamente, avrebbe se non altro meritato seria attenzione: " È perciò che mi sono prospettato il problema se, data la modesta efficienza de lla piazza di Tobruk - visto che Bardia ha una soddisfacente sistemazione - non convenga concentrarvi tutte le forze e tutti i mezzi disponibili, invece che scaglionare le forze in profondità per cercare di arrestare il nemico su linee di difesa successive, che in · questo terr itorio sono in genere poco idonee e facilmente aggirabili. lo sono decisamente per la prima soluzione ed è perciò che ho prospettato il quadro completo delle necess ità più urgenti della piazza di Tobruk (.. .) 130•

Senonché Graziani aveva altre idee sul come condurre la imminente lotta e stava rivolgendo tutta l'attenzione alla realizzazione di un'organizzazione difensiva arretrata, che arrestasse od almeno.ritardasse la penetrazione inglese in profondità. Essa si basava su tre sistemi essenzialmente statici. Anzitutto il noto sbarramento Derna-Berta con un'ala mobile a Mechili, affidato inizialmente al gen. Della Bona, comandante della D.f. Sabratha, e successivamente al gen. Cona, comandante del XX corpo, chiamato dalla Tripolitania. Poi un complesso di nuclei fissi e mobili nella zona di Barce per arrestare infiltrazioni n~I gebel, affidato al col. Piatti. In ultimo la copertura di Bengasi. Graziani affermò di conoscere la debolezza naturale della posizione Derna-Berta-Mechili e di non farsi soverchie illusioni sulle reali possibilità di resistenza dei minuscoli presidi della zona di Barcee del settore di Bengasi 131 : ne ordinò l'organizzazione perché "sperava". Non si ha motivo di dubitare della sua asserzione, ma proprio per questo c'è da chie~ersi se non sarebbe stato preferibile concentrare su Tobruk il massimo dello sforzo anziché compiere una manovra che non era né di ripiegamento né ritardatrice (del resto difficile da condurre senza truppe motorizzate). Sta di fatto che nel quadro di tale concezione, Graziani im-


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LE OPERAZ IONI IN AFRICA Sl'.TTENTRIONA U !

partì nuove direttive. In esse confermava l'ordine di resistenza ad oltranza di Tobruk e Bardia, fi ssava i criteri sui quali impostare la difesa su l ciglione di Derna ed accennava alla copertura di Bengasi nonché all'occupazione dei bivi per Marada. Nel contempo, al fine di meglio attendere all'insieme dei provvedimenti, ordinava lo spostamento del Comando d'armata al villaggio Luigi di Savoia (est di Cirene), lasciando Tobruk al gèn. Pitassi Mannella, comandante del XXII corpo d'armata. Le ulteriori obiezioni sollevate da Berti ne decisero l'esonero e la 10a armata venne affidata al gen. Tellera, capo di Stato Maggiore del Comando Superiore, e quindi bene al corrente della situazione. "Nel momento in cui la vittoria di Sidi Barrani fu sicura, cioé il 12 dicembre, il gen. Wavell di sua iniziativa prese una decisione saggia e ardita" 132, cosi Churchill commentò a posteriori l'invio della 4a divisione indiana nel Sudan. In re~ltà le cose non stavano proprio in questi termini. Wavell aveva stabilito di mandare la divisione in rinforzo al gen. WilJiam Platt prima ancora dell 'inizio dell'operazione Compass e Churchill il 13 dicembre, non appena conosciuta la vittoria di Sidi el-Barrani, sollecitò un immediato e vigoroso sfruttamento del successo. Naturalmente - egli scrisse l'inseguimento avrebbe tenuto il primo posto nei pensieri del comandante in capo, giacché nulla avrebbe scosso maggiormente Mussolini di un disastro in Libia. E senza dubbio sarebbe stato ben presto raggiunto qualche porto in territorio italiano per farvi affl uire via mare i rifornimenti e continuare l'inseguimento fino a quando non si fos se incontrata "una vera resistenza" 133 . Ed il 16 insistette: "Sono convinto che solo quando sarete certo di non poter più proseguire voi rinuncerete alla speranza principale per volgervi ad azioni secondarie nel Sudan o nel Dodecaneso" 134 • Ma Wavell era sicuro che senza la disponibilità del porto di Tobruk non più di due divisioni avrebbero potuto operare in Libia e che il miglior rinforzo alla sa divisione indiana nel Sudan - importante per la lotta del Mar Rosso - sarebbe stata un'altra divisione indiana bene addestrata. Tutto sommato gli avvenimenti successivi possono considerarsi a favore del pensiero di Wavell. Con il senno di poi s i potrebbe osservare che la permanenza della 4a indiana in Africa settentrionale forse avrebbe impresso una tale forza alla spinta verso occidente da consentire il raggiungimento di Tripoli prima dell'arrivo dell'Africa Korps. Tuttavia si è nel campo delle congetture e d'altronde era ben difficile immaginare lo sfacelo in cui stava per piom-


LA PRIMA OFFENSIVA BRITANNICA

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bare la 10 3 armata italiana. Intanto, vista l'ovvia convenienza di non dare tregua alle truppe di Berti, venne deciso il martellamento dal mare e dal cielo a titolo di ammorbidimento e di pressione psicologica. Dal 14 al 19 i bombardieri della Western Desert Air Force concentrarono i loro attacchi su Bardia, dal 18 al 22 quelli di base a Malta batterono i campi cirenaici _di Castel Benito, Benina e Berka. Il risultato fu l'acquisizione di un sensibile e concreto vantaggio aereo 135, mentre sul mare le due cannoniere Terrore Aphis si avvicinavano alla costa cannoneggiando le difese e le infrastrutture portuali ed i magazzini pressoché indisturbate. La sera del 18 O'Connor si persuase che i presidi di Bardia e di Tobruk intendevano resistere in posto: si trattava, dunque, di cominciare ad eliminare il primo di essi. Ma anzitutto occorreva sviluppare la soluzione già adottata per il problema logistico iniziale. Il concetto era semplice: le due grandi unità impegnate dovevano appoggiarsi a due depositi campali avanzati costituiti ed alimentati a cura del Comando della Western Desert Force. Quando la distanza tra le truppe attaccanti e le basi logistiche diventava eccessiva a causa delle vicende del combattimento due nuovi depositi campali venivano realizzati a portata delle divisioni, mentre i precedenti, ormai superati, erano utilizzati ad esaurimento da reparti vari in transito. Naturalmente più l'attacco progrediva maggiore diventava l'onere dei trasporti di ordine superiore. Comunque si avevano sempre due depositi campali in funzione e, di volta in volta, due ad esaurimento. Così, la marcia al nemico e l'avvicinamento erano stati consentiti dai depositi n. 1, ad una quindicina di chilometri a sudest di Maatan Baggush, e n. 2 a Marsa Matruh; la battàglia di Sidi el-Barrani dai depositi n. 3, grosso modo a metà strada tra Marsa Matruh e Maktila, e n. 4, ad una ventina di chilometri a nord-ovest di Bir Kenays. Mentre la 4a divisione indiana si concentrava a Sidi el-Barrani era stato costituito il deposito campale n. 5 ad est di Bir er-Rabia ma, risultato ben presto troppo arretrato, si era reso necessario un nuovo deposito, il n. 6, a metà strada fra Sofafi e la frontiera e contemporaneamente veniva preparato il n. 7 a Sidi elBarrani. Adesso erano in corso di allestimento i depositi n. 8 a Sollum per la 6 3 divisione australiana e n. 9 alla ridotta Capuzzo per la 7a divisione corazzata. Come si è detto, le compagnie trasporti ave:vano un compito gravoso. Erano stati catturati ottanta autocarri pesanti italiani in buone condizioni, altri cinquanta, di maggior tonnellaggio, arrivarono il.15 dicembre dalla Palestina, ma l'usura dei mezzi era forte e la difficoltà delle riparazioni fortissima perciò,


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

analogamente a quanto accadeva in campo italiano, gli automezzi inefficienti raggiungevano ormai quasi il 40% dell'organico. L'occupazione del piccolo porto di Sollum (16 dicembre) consentì di alleviare l'onere dei rifornimenti per via rotabile. Quanto all'acqua, verso la fine del mese le sorgenti di Sidi el-Barrani e di Bug Bug erano rimesse in efficienza ed i serbatoi della ridotta Capuzzo venivano mantenuti pieni attingendo acqua da Sollum. Il 21 dicembre il gen. Mackay assunse il comando del settore Sollum-Bardia. A quell'epoca le fotografie aeree consentivano già un quadro abbastanza preciso delle difese esistenti, ma un intenso lavoro esplorativo di pattuglie completò le informazioni. Una settimana dopo Mackay ritenne di poter concludere il piano d'attacco e ne fissò l'inizio per le 5,30 del 2 gennaio, poi posticipato di 24 ore per completare l'ammassamento delle munizioni. Pur sapendo che a Bardia c'erano elementi di cinque divisioni, stranamente valutò il totale di tali forze a non più di 10.000 uomini e 100 cannoni 136: Contro di essi intendeva muovere con la 6a divisione australiana, il gruppo di sostegno della 7a divisione corazzata, il 7° reggimento carri ed altre unità di supporto. La 16a brigata inglese non doveva venire impegnata (schizzo n. 14). Si è già parlato dell'assetto difensivo di Bardia. All'inizio delle ostilità l'organizzazione aveva raggiunto uno stadio che le conferiva carattere poco più che campale e risultava armata soltanto in parte: mancava, in particolare, l'ostacolo anticarro ed era pressoché inesistente l'armamento controcarri. Sei settimane più tardi, in sintonia con l'andamento favorevole assunto dal conflitto, vennero addirittura sospesi i lavori di fortificazione, lasciando in atto solo quelli relativi all'attrezzatura logistica, consistenti essenzialmente nella costruzione e ne} riattamento di strade, piste ed opere idriche. Alla data del 1° .dicembre la piazza era presidiata da circa 2.500 uomini della guardia alla frontiera. Numerose artiglierie campali e controcarri erano state però tolte dalle postazioni ed inviate in rinforzo alle grandi unità della 10a armata operanti in territorio egiziano. A quell'epoca la difesa costiera disponeva di una batteria da 120 della R. Marina e la difesa contraerei di due batterie da 75/27. All'inizio dell'offensiva britannica la "piazza" era in sostanza un semplice campo trincerato, il cui perimetro presentava un reticolato discontinuo, un fosso anticarro incompleto, pochi e intervallati campi minati. I tratti a nord e a sud di Bardia, adiacenti alla costa erano solcati d_a. numerosi uidian perciò risultavano naturalmente più-forti.


Schizzo n . 14

,

-----,~ ........

'-.,.:

•


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LE OPERAZIONI IN AFRICA sEnENTRIONALE

Quando Bergonzoli si raccolse in Bardia il quadro non appariva, dunque, molto brillante, ma non soltanto sul piano degli apprestamenti difensivi. "Nella piazza troviamo grande disordine: automezzi di ogni tipo abbandonati un po' dovunque; teorie di sbandati, per la maggior parte appartenenti alle travolte divisioni libiche ed aliquote della divisione "Catanzaro" distrutta a Samalus, oltre a qualche elemento della "3 gennaio" che non ha fatto a tempo a rientrare al proprio reparto. Tu tti si aggirano senza punto di riferimento, con impressi nei volti i segni dei patimenti di lunghi giorni di disagi, di fatiche e di digiuno, ancora storditi e scossi dalla furia devastatrice della battaglia, che ha divorato i loro reparti" scrisse un ufficiale del Comando XXIII corpo d'armata 137 . Anche la situazione logistica lasciava a desiderare. benché nei documenti ufficiali essa fosse sempre stata descritta come ampiamente adeguata, sta di fatto che già a metà dicembre risultava scadente: mancava il lubrificante per le armi automatiche, la disponibilità di carburante era limitata al punto di ridurre all'indispensabile i vari servizi e di ricorrere al trasporto a braccia, il munizionamento controcarri si riduceva a ben poco, le dotazioni di materiale sanitario e di medicinali erano pressoché inconsistenti. Quanto al vettovagliamento ed al vestiario-equipaggiamento, i bombardamenti inglesi avevano inciso pesantemente sulla loro consistenza distruggendo diecine di migliaia di scatolette di carne, grandi quantitativi di farina e di-generi vari, nonché molte serie di corredo. L'arrivo di due motovelieri unico rifornimento giunto a Bardia dal suo investimento alla sua caduta - con un certo carico di farina e scatolette servì a ben poco, tanto che Bergonzoli dimezzò le razioni viveri. Il campo trincerato di Bardia aveva la forma di un fagiolo appoggiato al mare per circa 18 chilometri. Il fronte.a terra - una trentina di chilometri - guardava il deserto con undici capisaldi ed il mare con altri tre (uno all'estremo nord e due all'estremo sud), tutti della guardia alla frontiera. In secondo ordine esisteva un solo caposaldo nel tratto meridionale del fronte. A tergo della guardia alla frontiera erano dislocati i battaglioni delle divisioni, naturalmente a piedi. In riserva, teorica, la divisione cc.nn. 28 ottob.re. Il dispositivo era articolato in tre settori. Quello meridionale, chiamato Mrega, interdiceva le provenienze ad oriente della rotabile SollumBardia. Tutto sommato era il più forte, giacché, a parte i due caposaldi a mare (Maatred e Tut u-Faham), difendeva la convessità del campo trincerato con tre capisaldi (Souta e Sidi Hasa, più uno arretrato di raddoppio) ed i reggimenti 157° e 158° della divisione Cire-


LA PRJMA OFFENSIVA BRITANNICA

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ne. Il settore centrale, Ponticelli, raggiungeva un'ampiezza di una diecina di chilometri e sbarrava direttamente la strada SollumBardia, ma tale indicazione tattica era piuttosto relativa stante il piatto terreno desertico che si stendeva davanti ai quattro capisaldi (Garidia, Shemmas, Bir Regima ·e Zauia), rinforzati da tutti i pezzi da 65.e da 47 dei reggimenti 115° e 116° della divisione Marmarica. A nord il settore Garfan sbarrava la rotabile Tobruk-Bardia e le provenienze da nord-ovest con tre capisaldi (Shegeila, Sidi Ibrahim e Atiga) e si addossava al mare con un quarto caposaldo (Raheb) peraltro non presidiato. A tergo c'erano le legioni 219° e 233° della divisione cc.on. 23 marzo.

LE FORZE ITALIANE IMPEGNATE NELLA DIFESA DI BARDIA Comando XXIII corpo d'armata 62" D.f. Marmarica 115° fanteria 116° fanteria 44° artiglieria LXIII battaglione mtr. LXIII battaglione carri L LXIII battaglione genio unità servizi 63" D.f. Cirene I 157° fanteria 158° fanteria 45 ° artiglieria LXIII battaglione mtr. unità servizi 64 8 D.f. Catanzaro (Nominale. Gli elementi recuperati furono ripartiti fra i capisaldi della guardia alla frontiera)

1 a D.cc.nn. 23 marzo 219" legione cc.nn. 233 8 legione cc.nn. 201 ° artiglieria (meno un gr.) LXI battaglione carri 'L (resti) unità servizi 2• D.cc.nn. 28 ottobre 231 a legione cc.nn. 238• legione cc.nn. 202° artiglieria (pochi elementi) XX battaglione carri L (resti) unità servizi Guardia alla frontiera unità di fanteria e artiglieria Truppe di corpo d'armata 21 ° raggruppamento artiglieria I/10° artiglieria di corpo d'armata una compagnia carri M13 unità minori unità servizi

Subito si dette mano ai lavori necessari per aumentare l'efficienza della linea perimetrale, per costituire almeno una serie di postazioni di secondo ordine, per mettere in opera un certo quantitativo di mine giacenti nei depositi, per sgomberare il modesto fosso anticarro, completamente pieno di sabbia, per rimettere in ordine il reticolato in molti tra!ti sconvolto. Si procedette anche all'or-


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LE OPERAZIONI. IN AFRICA S ETTENTRIONALE

ganizzazione dei collegamenti e dell'osservaziont:, alla costituzione di alcune riserve mobili ed al riordinamento dei se:·vizi. Peraltro, a causa della scarsezza dei mezzi e del tempo limitato .., disposizione, i risultati non potevano essere che modesti: venivano raccolti in zone lontane e trasportati a spalla i sassi occorrenti per la costruzione dei muretti nelle postazioni di secondo ordine; la fascia di mine completata davanti al reticolato aveva tale scar sa densità da poter essere rimossa con facilità e non dava garanzie contro un attacco di mezzi corazzati; i lavori di svuotamento del fossato anticarro, effettuati con i pochi attrezzi disponibili, erano quasi annullati dal vento che riportava nel fosso la poca sabbia sgomberata; il reticolato, riattato alla meglio e deficiente di paletti, premuniva contro sopprese notturne da parte di elementi di fanteria, ma non poteva costituire r emora per i carri armati; l'approntamento di bombe incendiarie (bombe a mano facenti sistema con bottiglie di benzina) fu rallentato dalla scarsa fiducia che il rudimentale ordigno ispirava è che, in effetti, diede un assai limitato contributo alla lotta controcarri. Un campo di atterraggio di fortuna fu però allestito entro la cinta in sostituzione di quelli esterni preesistenti, ormai troppo soggetti all'offesa avversaria. Per le difese costiera e contraerei l'incremento fu modesto: un complesso binato da 120 per la prima e due pezzi da 40 della R. Marina ed alcune mitragliatrici Schwarzlose per la seconda. A questo punto giova vedere come la situazione fosse considerata a Roma, a Cirene ed al Cairo. Secondo un promemoria interno compilato dall'ufficio operazioni II (oltremare) dello Stato Maggiore del R. Esercito in data 26 dicembre, il blocco di Bardia presentava tre alternative. La prima ovviamente consisteva nella resistenza passiva all'assedio. In tal caso gli inglesi avrebbero atteso l'esaurimento dei difensori oppure, quando avessero raccolto a pié d'opera truppe sicuramente soverchianti, tentato l'azione di forza. Prima o dopo, in ogni modo, la caduta della piazza era inevitabile. Seconda soluz.ione: sortita del presidio via terra o suo sgombero via mare. Nel primo caso si sarebbe trattato di affrontare gli stessi rischi ai quali si era inteso sfuggire riparando nella piazza, cioé movimento di unità sostanzialmente appiedate, insidiato dall'azione di corazzati col pericolo di fare la fine della Catanzaro. Nel secondo caso sarebbe occorso il dominio assoluto del mare e ingenti disponibilità di mezzi di trasporto navali: quindi, neanche da parlarne. La terza soluzione si traduceva in una controffensiva mirante a


LA PRIMA OFFENSIVA BRITANNICA

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sbloccare Bardia. Era questa l'alternativa che si intendeva esaminare a fondo. L'analisi delle forze contrapposte si basava sulle informazioni del S.I.M. da un lato e sulla situazione ai primi di dicembre modificata dalle notizie pervenute dal Comando Superiore della Libia. In campo aereo gli inglesi sembrava disponessero di 500 apparecchi contro 300 italiani. Considerando pr esenti nel teatro d'operazioni (alla stessa stregua del complesso delle forze d'Egitto) le unità italiane dislocate in Sicilia e quelle tedesche (250 aerei) che stavano affluendovi, era da ritenere di poter in breve raggiungere la parità nell'intero teatro e la superiorità locale "quando e dove si voglia". · In campo terrestre era accertata la presenza o l'arrivo in corso in Marmarica di otto divisioni di fanteria e due corazzate nemiche. Le grandi unità dislocate nella regione del Delta non avrebbero potuto raggiungere il confine se non dopo diversi mesi a causa delle difficoltà logistiche, quindi per il momento non davano preoccupazione. Alle truppe già a ridosso o prossime a Bardia si potevano opporre sette divisioni di fanteria (di cui cinque a Bardia, compresa la Catanzaro e la guardia alla frontiera), sette battaglioni carri leggeri e due battaglioni carri medi. Aggiungendo a questi il V battaglione carri M13, già a Tripoli, l'imminente partenza dall'Italia di due battaglioni carri leggeri approntati per la 5a armata, ed il previsto invio del VI battaglione carri M13 e di trentasei carri senza equipaggio, si potevano reputare disponibili in Cirenaica per i primi di gennaio 350 carri leggeri e 170-180 carri medi. Stando così le cose, o meglio le cifre a tavolino, conseguiva che a breve scadenza, senza alcun provvedimento di eccezione, si poteva raggiungere sul campo di battaglia la parità numerica se non qualitativa dei mezzi corazzati, cioé l'elemento principale. "In definitiva - diceva il documento - tenendo conto: 1. della superiorità aerea che potremmo realizzare al momento opportuno; 2. del miglior numero delle nostre artiglierie, che difficilmente potrebbe essere raggiunto dagli inglesi; 3. della nostra organizzazione bellica ambientale, in preparazione da anni e già in atto da parecchi mesi; 4. della nostra migliore situazione logistica, in conseguenza della minore distanza dalle basi; 5. della superiorità morati e tecnica delle nostre unità di fanteria


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LE OPERAZION I IN Af RJCA SETTENT RIO NA LE

omogenee e in parte avvezze al combattimenio, di fronte a quelle avversarie di varia provenienza e per Io più nuove alla lotta, si può ritenere che l'urto verrebbe affrontato, nel complesso, in con' dizioni di parità".

A conti fatti, inviando in Africa settentrionale anche il battaglione carri medi "attualmente inoperoso in Albania", la divisione corazzata Ariete con 200 carri leggeri ed eventualmente, in secondo tempo, la divisione motorizzata Trento, nonché tutte le armi controcarri esistenti in madrepatria, si pensava di dare a Graziani "entro la prima quindicina di gennaio o poco oltre" la possibilità di sbloccare Bardia, se essa teneva, con una brillante operazione rifornendo la piazza di viveri via aerea. Se Bardia fosse stata nel frattempo sopraffatta, comunque dopo aver logorato almeno un equivalente numero di grandi unità inglesi, Graziani avrebbe potuto contromanovrare con il risultato minimo di mantenere il possesso dell.a maggior part~ della Cirenaica e quello massimo di battere il corpo d'esercito britannico e riguadagnare il perduto non soltanto come territorio ma come prestigio. Infine, nella peggiore delle ipotesi, qualora cioé i tempi fossero precipitati, si sarebbe assicurato almeno il possesso della Tripolitania, pur tenendo presente l'incognita del Nordafrica francese, tanto più grave quanto maggiori fos~ero state le nostre sfortune. Non si può concordare su stmile documento, alla cui origine, peraltro, stavano informazioni errate od incomplete. Il S.l.M. indicava a cavallo della frontiera ed in Marmarica almeno tre divisioni di fanteria e due corazzate e ad oriente del passo Halfaya, in arrivo, altre quattro divisioni (schizzo n . 15): decisamente troppe rispetto alle forze realmente e~istenti (7 8 divisione corazzata, 6 8 australiana e 4a indiana, di cui era plausibile si ignorasse la partenza, e Selby Force) oltre alla guarnigione di Marsa Matruh ed alla incompleta divisione neozelandese, ancor più lontana. Ad ogni modo, anche ammettendo una tale ricostruzione, anche ammettendo il fittizio rapporto di parità in fatto di grandi unità di fanteria stupisce l'ottimismo ingiustificato circa l'attuabilità ed il successo di un grande disegno operativo manovrato. Ma dove più si ha motivo di rifiutare il promemoria è nell'apprezzamento tecnico del problema. Vantare il maggior numero di artiglieria conoscendorte la vetustà, la inadeguatezza e la scarsa gittata; vantare la miglior organizzazione bellica ambientale in atto da mesi conoscendo la insufficienza degli impianti portuali cirenaici, la deficitaria situazione delle riparazioni


SITUAZIONE DELLE FORZE BRITANNICHE STIMATA DAL S.I.M. A FINE DICEMBRE 1940

Schizzo n . 15

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automobilistiche, la bruciante questione dei trasporti su strada; vantare la "superiorità morale e tecnica" delle nostre unità di fanteria conoscendo i recentissimi avvenimenti di Sidi el-Barrani ed il livello di efficienza delle divisioni di Bardia; vantare la superiorità aer ea conoscendo i rapporti di Graziani dai quali risultava invece a chiare note l'insoddisfazione dei Comandi terrestri; ritenere sufficiente raggiungere la parità numerica di carri armati pur conoscendo ormai a memoria il pesante divario qualitativo e dopo aver toccato con mano il peso operativo dei Matilda; ebbene, tutto ciò è francamente inaccettabile. Comunque lo studio pervenne a Guzzoni 1'8 gennaio ed egli annotò: "Mi pare che non ci sia più niente da fare" . Ormai si tr attava di puntare sul tentativo di dare ossigeno a Graziani in attesa dei tedeschi. A Cirene Graziani era deciso a limitarsi ad intensificare i provvedimenti difensivi in corso fino all'arrivo dall'Italia di rinforzi che gli consentissero di riprendere l'iniziativa delle operazioni. Il 1° gennaio prospettò ancora al Capo di Stato Maggiore Generale la situazione, da lui ritenuta grave nonostante un certo respiro concesso dalla momentanea stasi oper ativa. Ribadì i concetti già esposti del rapporto particolareggiato diretto a Mussolini il 17 dicembre e, in particolare, illustrò le condizioni in cui si trovavano le due "piazze" e lo schieramento Derna-Berta-Mechili. Bardia aveva forze sufficienti per contrastare un attacco ma non mezzi per compiere azioni manovrate all'esterno, perciò era destinata a cadere, se non altro per esaurimento, a scadenza più o meno lunga. Tobruk, assai debolmente presidiata, era riuscita a formare piccole colonne celeri per contrastare l'attività esplorante nemica, ma questi reparti di formazione, tra l'altro di scarsa efficacia e di limitato raggio d'azione, avevano finito col sottrarre mezzi di fuoco alle già ridotte disponibilità della base. Lo schieramento Derna-Berta-Mechili disponeva di forze esigue con limitata mobilità, pertanto c'erano poche speranze di arrestare con la manovra, appoggiata a zona di ostacolo od a perni robusti, l'eventuale penetrazione inglese verso il gebel cirenaico e la piana di Bengasi. Seguivano notizie sui più recenti provvedimenti adottati. La brigata corazzata, dotata di soli 25 carri M13 efficienti era dislocata a Mechili con nuclei avanzati ad Ain elGazala e Tmimi: le sue possibilità non conseniivano granché contro un attacco a massa di unità corazzate. Piccoli presidi, fissi e mobili, erano collocati in punti di obbligato passaggio del gebel ed agli sbocchi della piana bengasina. La difesa di Agedabia e di Marada


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sulla striscia litoranea (el-Agheila e più ad ovest) erano stati potenziati. Infine era stato disposto l'invio ad Ain el-Gazala del 10° bersaglieri e del V battaglione carri M per contrastare una possibile puntata in forze sulle retrovie di Tobruk. Tale decisione, che privava il Comando Superiore dell'unica valida riserva, era reputata necessaria per impedire il taglio delle comunicazioni fra Derna e Tobruk e, soprattutto, un'incursione sui campi d'aviazione più avanzati di Ain el-Gazala e di Tmimi. La mancanza di truppe corazzate affliggeva fortemente Graziani, il quale ritenne opportuno mettere le mani avanti: persistendo tale inferiorità, una volta perdute Bardia e Tobruk - e con esse 70.000 uomini e 700 bocche da fuoco - la salvezza della Libia sarebbe rimasta affidata alle poche unità della linea Derna-Mechili 138 • Occorre adesso considerare più da vicino le forze corazzate e quelle aeree. Sulle cifre relative ai carri - come agli aerei - esistono oscillazioni notevolii., in dipendenza del fatto che talvolta sonoriferite ai mezzi in organico, talaltra a quelli realmente esistenti etalora, infine, a quelli efficienti alla data considerata. Per i carri leggeri, poi, le notizie sono ancor più confuse e contraddittorie, sia perché non molto apprezzati come strumento bellico sia perché spesso la disponibilità di alcuni reparti era così irrisoria da indurre ad impiegare promiscuamente i carri efficienti. Dopo la battaglia di Sidi el-Barrani 139 la situazione era la seguente. A Bardia si trovavano una compagnia del HI/32° carristi c,on 13 carri Ml 3, il LXIII battaglion~ carri leggeri della D.f. Marmarica con 23 carri inefficienti ed una diecina in buone condizioni, i resti del XX battaglione carri leggeri (già assegnato alla D.f. Catanzaro) e del LXI battaglione carri leggeri (già assegnato alla D.cc.nn. 23 marzo). A Tobruk si trovavano il 1/4° carristi con 40 carri M 11, di cui cinque ad Ain el-Gazala e gli altri inefficienti, nonché il XXI e LXIII battaglioni carri leggeri con 32 carri inefficienti 140 • A Mechili la brigata corazzata con il II1/n° carristi (meno una compagnia) con 24 carri M13 141 ed il LX battaglione carri leggeri con 28 carri, di cui una buona metà inefficiente. A Bengasi, infine, il nuovo V/32° carristi con 37 carri MB. La questione delle riparazioni era, come si vede, problema assai grosso. Duole dire che purtroppo era aggravato da inconvenienti che si sarebbero potuti e dovuti evitare. Ad esempio, il 25 dicembre µ delegato intendente a Tripoli telegrafò che le parti di ricambio per i carri Ml 1 ed M13 si trovavano in fondo alla stiva del piroscafo Castelverde -,- che doveva pro.eguire per Bengasi - e di conseguen-


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

zane era impossibile lo sc·arico. Al che il gen. Giordano, intendente, replicò di far scaricare immediatamente tutto il materiale a Tripoli e far proseguire le parti di ricambio sino a Derna. Anche in tema di aviazione c'era molto da osservare. Naturalmente i punti di vista risultavano assai discordanti. I comandanti delle grandi unità dell'esercito lamentarono lo scarso apporto diretto ricevuto dal cielo e per contro la pesante e pressoché costante presenza della Royal Air Force. Inoltre segnalarono i forti quantitativi di materiale bellico abbandonati sui campi avanzati. Il comandante della sa squadra aerea, dal canto suo, deplorava i troppo improvvisi ordini di ripiegamento. Caduta Sidi el-Barrani, la sa squadra aveva mantenuto ancora lo schieramento avanzato ad ovest di Tobruk, senonché la ritirata su Bardia costrinse a ripiegare precipitosamente i campi di Gazebut, Ben Amed e el-Adem ormai troppo esposti. Il grosso delle formazioni fu allora arretrato sui campi della zona fra Ain el-Gazala e Derna, però, in tal modo, la distanza fra basi ed obiettivi da difendere (Bardia e Giarabub) o peggio ancora da battere diventò sensibile. I danni che i reparti aerei stavano subendo erano forti: efficiente difesa contraer ei del nemico, superiorità numerica e qualitativa della caccia inglese, bombardamenti notturni e diurni sui sovraffollati campi della Cirenaica ora più facilmente raggiungibili, furono tutti elementi che incisero notevolmente sul rendimento della squadra. Anche la difficoltà di individuazione delle basi della Western Desert Air Force e specialmente l'inefficacia delle incursioni dei nostri bombardieri, posto che dette basi erano. usate solo come punto di appoggio e quindi per breve tempo, contribuivano a ridurre i risultati dell'azione italiana. Proprio in relazione all'esiguità dei bersagli offerti agli interventi della sa squadra, il gen. Porro ritenne conveniente assumere un atteggiamento difensivO' od eventualmente ritorcente più che offensivo. Di conseguenza, a suo avviso, era il caso di preoccuparsi di tenere in piedi una valida quantità di reparti da caccia, anziché da bombardamento, sia per la difesa di località e la reazione ad incursioni, sia per ricognizioni a breve raggio, non essendo più possibile inviare S.79 e tanto meno Ro.37 o Ca.310 dato il forte numero di Hurricane e di Spitfire apparsi sul fronte ed esistenti sui campi avanzati nemici, i quali stavano dimostrando ad abundantiam la loro superiorità tecnica. In attesa di rinforzi terrestri reputava "pericoloso ed inutile inviare ulteriori aliquote da ricognizione o da bombardamento in Cirenaica, dato che aumenterebbero il numero degli apparecchi impantanati nei campi di battaglia ed il bersaglio per gli apparecchi in-


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glesi" 142 • Il 21 dicembre il gen. Porro, in una lettera personale a Pricolo, confessò: "(...) Ormai però la situazione è purtroppo capovolta. Non ci si può illudere più sulle possibilità della nostra azione. Spitfire e Hurricane numerosissimi, numerosi i reparti da bombardamento inglesi; quindi offese continue sui campi·, attacchi agli aerei nostri quasi ad ogni azione. La vita si fa ogni giorno più difficile ed aspra e le perdite aumentano. Castel Benito è sotto l'offesa di Malta; Bengasi sotto l'offesa degli aerei che con breve viaggio vengono da Candia. Dopo i primi giorni gloriosissimi e brillanti, vivo ora la tragedia dell'impotenza per le difficoltà dei campi, dei collegamenti, dei rifornimenti, delle ripar~zioni, del lavoro a terra ed in volo e per l'allagamento dei campi che ci immobilizza e ci impantana. Puoi esser sicuro che facciamo tutto il possibile per tener duro, ma sino a quando non si riuscirà a ristabilizzare avanti le nostre posizioni in modo da permettere le rioccupazioni di qualche campo abbandonato, tipo El Adem e viciniori, le possibilità di impiego saranno sempre precarie e ridotte(...)" 143 •

Pricolo mandò la lettera a Guzzoni sottolineando che non tanto la questione degli apparecchi era la più pressante, bensì la forte deficienza delle basi ed il parziale allagamento di quelle esistenti. E commentò che purtroppo in pochissimi giorni si erano dovuti abbandonare ben dieci aeroporti di manovra nella zona di Tobruk e ·che "all'attuale precaria situazione ha molto contribuito la precipitazione, sotto ogni 'aspetto eccessiva, con cui il Comando Superiore ne ha ordinato lo sgombero", logica conseguenza del piano iniziale di Graziani che "prevedeva il rapido abbandono della Cirenaica". Questa accusa, in sé, sembra piuttosto discutibile, comunque lo scollamento fra 10a armata e sa squadra dimostra chiaramente l'assenza di una iII}postazione interforze della battaglia. Il comandante del XIII corpo d'armata britannico, come dal 1° gennaio venne chiamata la Western Desert Force 144, non aveva più dubbi. Di tutte le forze disponibili alla frontiera (vds. specchio alla pagina seguente) la parte di protagonista per la rottura della cinta difensiva di Bardia e la penetrazione nella piazza fu riservata alla 6a divisione australiana ed al 7° Royal Tanks, che era rimasto con appena 26 Matilda efficienti. Le altre truppe servivano per consentire e controllare il blocco della base. La 6a divisione australiana era la prima grande unità inviata oltremare dalla lontana Australia. Addestrata in Palestina, ove addirittura si era costituita la 19a brigata, era tuttora priva di aie.uni reparti, ma si trattava di un'unità solidissima come personale, inquadramento e addestramento.


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LE OPERAZIONI I N AFRICA SETrENTRlONA LE

LE FORZE BRITANNICHE IMPEGNATE NELL'ATTACCO A BARDIA supposte dal S.I.M.

in realtà

7 • divisione corazzata

XIII corpo d'armata su: 7a divisione corazzata:

7a divisione cor. bis

11 ° ussari 4• brigata corazzat! 7 8 brigata corazzata Gruppo di sostegno unità divisionali e di rinforzo 6 8 divisione australiana: 16 8 brigata fanteria 17 8 brigata fanteria 19" brigata fanteria 6° cavalleria 1° artiglieria camp. 2° artiglieria camp. 3° artiglieria camp. unità minori divisionali I btg. Royal Northumberland Fusiliers 7° Royal Tanks 104° artiglieria a cavallo 51 ° artiglieria camp. 64° artiglieria pes. camp. 16 8 brigata fanteria britannica supporti di corpo d'armata

6" divisione australiana 4• divisione indiana 2• divis ione neozelandese unità imprecisate 16• brigata britannica

Nota: Wavell ha indicato, riferendosi alle sole truppe d'assalto - e cioé 6 8 divisione australiana rinforzata - una forza complessiva di 20.000 uomini, 122 bocche da fuoco e 26 carri pesanti. Evidentemente non ha considerato i carri leggeri del 6° cavalleria australiano né quelli impiegati dalla 7• divisione corazzata. Quanto all'artiglieria, l'organico delle unità presenti darebbe 152 pezzi da campagna, 34 pesanti campali, un centinaio di pezzi controcarri ed un numero imprecisato di cannoni contraerei (S batterie leggere e 6 pesanti).


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La riuscita del piano si basava sulla definizione del fronte di rottura e sullo sfruttamento dei pesanti Matilda. Per il primo punto era abbastanza evidente la convenienza di applicare lo sforzo nel settore centrale. Poiché si riteneva _c he Bergonzoli attendesse l'urto a cavallo della rotabile per la ridotta Capuzzo, la scelta cadde sul tratto a qualche chilometro a sud della rotabile per Tobruk, proprio all'altezza di Bardia, anche perché vi era stato individuato il limite fra i settori difensivi Gerfan e Ponticelli. In tal modo l'attacco avrebbe avuto, presumibilmente, il vantaggio della sorpresa e della delicatezza del tratto investito. Sulla questione dei carri intervenne O'Connor suggerendo a Mackay di modificare la tattica seguita a Nibeua.· Mentre ivi i carri avevano potuto irrompere senza timore stante l'assenza di adeguata difesa anticarro, a Bardia bene o male qualcosa c'era: un fosso anticarro e dei campi minati. Quindi la fanteria doveva precedere i carri per costituire una testa di ponte al di là degli ostacoli. Era stato provveduto anche ad altre necessità. Dal Cairo erano affluiti 11.500 giubbotti di pelle senza maniche per proteggere gli uomini dall'intenso freddo notturno. Dal campo di battaglia di Sidi el-Barrani erano stati mandati 300 paia di guantoni e 350 pinze tagliafili di preda bellica. Dalle retrovie erano in arrivo 10.000 metri di fettuccia bianca per segnare i varchi ed i corridoi nei campi minati. In definitiva O'Connor poteva presumere di aver pensato a tutto. Fra il 31 dicembre ed il 2 gennaio la Royal Air Force bombardò praticamente l'inte(a zona a nord della strada per Tobruk e la cinta difensiva. Il 2 alcune cannoniere inglesi effettuarono tiri di disturbo. L'ammorbidimento delle posizioni e delle infrastrutture fu violento ed i risultati, sembra, sensibili sia sul piano dei danni sia su quello del morale. Il disegno di Mackay era piuttosto semplice. Le truppe d'urto dell'attacco principale (16 3 brigata con il 7° Tanks e, in seconda schiera, la appena giunta 19 3 brigata) dovevano superare fosso anticarro, reticolato e campo minato e puntare a botta dritta su Bardia, dirigendo nel contempo i battaglioni d'ala a destra ed a sinistra della breccia per prendere sul rovescio i capisaldi viciniori e rendere impossibile la sutura dello squarcio nel sistema difensivo. Subito dopo la 19 8 brigata doveva penetrare a sua volta e dilagare verso sud-est. Il concorso di fuoco era dato da 96 pezzi di artiglieria. Sul fronte meridionale la 17 a brigata, appoggiata da 24 bocch~ da fuoco, doveva svolgere un'azione secondaria intesa essenzialmente a distrarre l'attenzione dei difensori. A nord i 40 pezzi del gruppo di sostegno della 7 a di.-isione corazzata avrebbero impegna-


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to il settore settentrionale, mentre il 6° Royal Tanks avrebbe saggiato la difesa con azioni dimostrative, tenendosi pronto ad intervenire appena possibile. Alle 4,30 del 3 i pionieri ed il 2/1 ° battaglione australiano 145 occuparono la base di partenza. Da lontano sentivano il bombardamento ad opera di formazioni della Royal Air Force e vedevano alzarsi fiamme e fumo da Bardia. Un'ora dopo iniziò la preparazione d'artiglieria sul.fronte di attacco, un'area di 2500 X 500 metri, ed i pionieri si avvicinarono agli ostacoli. Mentre alcuni si affrettavano a smussare le pareti del fosso anticarro., sette gruppi di sminatori si portavano avanti con i tubi bengalore. Non fu difficile aprire i corridoi e poi mutarli in varchi: la reazione di fuoco italiana fu minima. È strano, ma a quanto risulta dalla relazione presentata successivamente dal comandante dell'artiglieria della piazza, "nessuna richiesta di fuoco di sbarramento fu inoltrata dai capisaldi avanzati". L'unica spiegazione plausibile alla facilità con la quale operarono i genieri sembra possa r isiedere nella forse eccessiva distanza esistente fra gli ostacoli ed i capisaldi, distanza che evidentemente impedì o rese difficile la sorveglianza ed il controllo degli ostacoli in questione 146• Questo spiegherebbe anche come, verso le 7, i difensori si siano visti arrivare addosso i Matilda più o meno contemporaneamente alla fanteria australiana, che aveva avuto spazio per costituire una piccola testa di ponte oltre gli ostacoli e per lasciar passare i carri ormai liberi di penetrare nel vivo. · Il primo scaglione australiano, così rinforzato, mosse dietro una cortina mobile d'artiglieria e superò di slancio i capisaldi di Bu Rim (D.cc.nn. 23 marzo) e Garridia (D.f. Marmarica). II 2/1 ° battaglione costituì un fianco difensivo verso nord; il 2/3° , con i carri di uno squadrone di cavalleria divisionale, puntò lentamente verso Bardia; il 2/2° si diresse verso sud-est in direzione della rotabile Bardia-ridotta Capuzzo. Immediatamente la difesa entrò in crisi. Il III gruppo del 21 ° artiglieria di corpo d'armata fu repentinamente avvolto dai carri britannici, talché il suo comandante non esitò a chiedere il tiro di repressione sul proprio reparto, tiro eseguito dalle artiglierie della retrostante 28 ottobre. Presto cadde il caposaldo di Summas. Fu una lunga sequenza di aspri ma piccoli scontri, con resistenze accanite e cedimenti rapidi. Quando Bergonzoli ebbe notizia dello sfondamento e delle sue dimensioni (quasi otto. chilometri!) ordinò al comandante del 116° fanteria di preparare un contrattacco. A tal fine gli mandò il poco che aveva - una compagnia di carri Ml3 ed alcuni pezzi da 47/32 e da 20 mm montati su auto-


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carro - e chiese l'afflusso immediato del CXXXV battaglione camicie nere con due batterie da 75/27 ed i resti del XX battaglione carri leggeri. Gli eventi stavano precipitando. Il Comando del 116° fanteria venne quasi subito investito e circondato dal nemico, sì da non essere più in grado di r egolare l'azione della compagnia carri M13, peraltro ancora lontana. Poté semplicemente indicare la più redditizia direzione di con trattacco per cadere sul fianco dell'avversario incombente. Ma tutto era inutile perché il piccolo reparto corazzato, al comando d el capo ufficio operazioni del XXIII corpo, venne stroncato nel stio avvicinarsi da un violento fuoco di artiglieria. Gli unici sei carri che pervennero allo scontro e che riuscirono a penetrare nelle file australiane per una certa profondità furono annientati uno dopo l'altro da due pezzi controcarro. . Verso le 9 la 16a brigata australiana aveva raggiunto· i suoi obiettivi e Bergonzoli seppe dalla intercettazione radio che il nemico annunciava già la cattura di 8.000 prigionieri. Allora telegrafò al Comando Superiore segnalando come grave la situazione e chiedendo l'urgente intervento dell'aviazione e possibilmente una sortita da Tobruk. Anche se l'azione dimostrativa sul fronte settentrionale non aveva dato noie ed un tentativo su quello meridionale e ra stato respinto dalla Cirene· con decisione, lo stato delle cose si faceva realmente preoccupante. Non solo l'irruzione nel cuore della difensiva appariva non più arginabile, ma dal mare e dal cielo le forze inglesi erano venute a dare una mano alla 6a divisione australiana. E che mano! Alle 8,10 le navi da battaglia Warspite, Valiant e Barham con sette cacciatorpediniere avevano aperto il fuoco contro Bardia e per tre quarti d'ora una pioggia di granate cadde sulla piazza, mentre la portaerei Illustrious forniva pattuglie aeree di protezione. Dopo l'esibizione delle gra ndi navi, la Terrore cinque cannoniere effettuarono un fuoco intervallato di alcune ore. I bombardieri della Royal Air Force si accanirono invece contro gli aeroporti di elGazala, Derna, Martuba e Tmimi lasciando ai caccia il controllo dello spazio fra Bardia e Tobruk. Alle 10 Bergonzoli segnalò gravissima la situazione e chiese ancora u rgentemente l'intervento della R. Aeronautica, purtroppo invano. La seconda fase della lotta di quel primo giorno cominciò alle 11,30 con un attacco d ella 17 a brigata australiana contro il settore Mrega. Fu condotto con tre battaglioni ed un piccolo reparto di cruisers, ma ancora una volta fu respinto e rimase inchiodato al terreno pe r tutto il resto della giornata. In compenso - per Mackay le cose nell'interno della pilzza andavano a gonfie vele. A m ezzo-


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giorno l'intero 116° fanteria era completamente travolto e lo schieramento della Marmarica si riduceva alle forze del 115° fanteria e ad undici superstiti carri leggeri del LXII battaglione. Le unità australiane procedevano verso sud-est infiltrandosi, annientando i centri di resistenza, rastrellando i tratti superati, operando su ampia fronte ed investendo Comandi, centri trasmissioni e schieramenti d'artiglieria. L'impossibilità di reagire efficacemente ed aragion veduta, di tenere in rp.ano le redini del combattimento diveniva sempre più palese insieme con lo scoramento. Le batterie sparavano senza risparmiare munizioni ma la presenza di troppi obiettivi e la fluidità degli scontri portavano inevitabilmente ad una dispersione di fuoco ed a r isultati non proporzionati all'impegno. Nelle prime ore del pomeriggio il caposaldo del I/115 ° fanteria che sbarrava la strada per la ridotta Capuzzo veniva travolto. Subito dopo erano sommersi i capisaldi viciniori. Alle 15 erano ancora in piedi gli ultimi due capisaldi della Marmarica (Il e III battaglione del 115° fanteria) tra l'uadi Scemmas e l'uadi Halgh el-Ahmar. Il Comando della divisione Marmarica si trasferiva presso quello della Ci rene. L'azione australiana proseguì decisa verso sud, nel settore Mrega, contro il grosso caposaldo tenuto dai battaglioni I e II del 157° fanteria e dal II gruppo del 45° artiglieria. Ben presto anche questo cadeva e la divisione era così privata del pilastro fondamentale che insieme dava sicurezza al fianco destro e sbarrava la via dell'uadi ove si trovava il Comando del settore. Alle 18 Bergonzoli comunicò che .n on esisteva altra possibilità di ristabilire la situazione. Ogni grande unità aveva ricevuto da lui ordine di resistere come poteva, anche se isolata. Al calar della sera, dunque; quasi tutto il settore Ponticelli, quello centrale, era in possesso del nemico; resistevano soltanto i due capisaldi def II e III/115° fanteria. La divisione Cirene aveva i due capisaldi avanzati ~i Souta e Sidi Hasan impegnati e il fronte di gola, o meglio le retrovie già in parte sconvolte. A nord la divisione 23 marzo, perduti i capisaldi avanzati di Bu Rime di Shegheila, cercava di formare un fronte difensivo contro le provenienzè da tergo e la divisione 28 ottobre si stava raggruppando con gli elementi rimastile verso i capisaldi di Atica e Raheb. I combattimenti del 3 avevano, tra l'altro, portato a forti consumi di munizionamento d'artiglieria, inoltre i reparti ancora in lotta soffrivano di scarsità di acqua e di viveri. I tentativi di rifornimento notturno andarono a vuoto. Il mattino del 4 la 16 8 brigata australiana, rinforzata dal 2/8° battaglione della 19 8 brigata, prese di petto


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la residua resistenza del settore Ponticelli: dopo breve lotta anche il II e III battaglione del 115° fanteria erano sopraffatti. Poi fu la volta del settore Mrega. La Ci rene ormai combatteva più a fronte rovesciato che sul perimetro meridionale della piazza: i due capisaldi del III/157° e II/158° non ressero a lungo. Verso le 16 "l'interno dell'uovo" era pressoché vuoto ed il nemico entrava in Bardia. Bergonzoli si era portato sempre più a nord. Raggiunto il caposaldo di Atica, all'estremità settentrionale del perimetro difensivo, chiese notizie sugli avvenimenti in corso nel settore della Cirene e rinnovò l'ordine di resistere con quanto disponibile. Poi gli ultimi collegamenti cessarono definitivamente: le radio erano quasi tutte distrutte, le poche rimaste avevano le pile esaurite, le linee telefoniche.erano interrotte, le staffette partivano e non tornavano perché cadute o prese pFigioniere. Il cerchio attorno alla Cirene si stringeva sempre di più. All'imbrunire il nemico inviò un parlamentare a consigliare la resa per evitare un ulteriore inutile spargimento di sangue. Dopo rapida consultazione fra i generali Tracchia e De Guidi, i comandanti della Marmarica e della Cirene, il parlamentare venne rimandato con un rifiuto: la resistenza sarebbe continuata. Non c'era rimasto molto nel settore Mrega: il II/158° fanteria, i resti del LXIII battaglione mitraglieri, parte del III gruppo del 45° artiglieria ed un gruppo da 149/35, le opere dei capisaldi della guardia alla frontiera molto provate. Il mattino del 51 tutto il fuoco dell'attaccante si concentrò sulle ultime difese. Quando i pochi Matilda ancora efficienti giunsero sugli schieramenti d'artiglieria cominciò il conto alla rovescia. Alle 13 tutto era finito. Bergonzoli, deciso a sottrarsi alla prigionia, riuscì a sfuggire alla cattura con un gruppo di uomini via via assottigliantesi lungo il percorso da Bardia a Tobruk (120 chilometri), trafilando di notte attraverso il d!ispositivo britannico ed occultandosi durante il giorno. Il 9 gennaio Graziani manderà al Comando Supremo un laconico telegramma: "Alle ore 17,30 si sono presentati allo sbarramento di Sidi Daud at Tobruk, generale Bergonzoli, generale Amico, consoli Nicchiarelli et Cirillo, più qualche altro ufficiale et ventuno militari di truppa arrivati a piedi costeggiando il mare" 141 • In tre giorni di combattimento la 6a divisione australiana ebbe 456 perdite. La 10a armata perse altri 45.000 uomini, 430 cannoni, 13 carri medi e 117 leggeri, e alcune centinaia di autocarri, comprendendo · in tali cifre morti, feriti e prigionieri per il personale, mezzi distrutti o catturati per il materiale .


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È il momento di fare qualche considerazione. Anche il secondo passo della via crucis della 10 8 armata era stato compiuto. Ed anche la caduta di Bardia era stata amara, bisogna ammetterlo al di là degli indiscutibili e pur numerosi episodi di valore di singoli e di reparti. Una valutazione critica della difesa nei particolari è naturalmente fuori posto; tuttavia semb~a lecito un esame più da vicino di almeno alcune vicende per cercarvi qualche indicazione atta a spiegare la caduta di Bardia così come ebbe luogo. Prima di tutto il dispositivo. Non era una fortezza, d'accordo, ma da parte nemica non fu spiegata una schiacciante superiorità di forze. Colpisce l'attenzione il fatto che il primo giorno - vale a dire quello già definitivo - la penetrazione nel complesso difensivo e la separazione incolmabile fra i settori settentrionali e meridionale fu opera di quattro battaglioni di fanteria, uno squadrone di carri leggeri e ventisei carri Matilda; truppe che in meno di quattro ore forzarono l'ostacolo, sommersero tre capisaldi della guardia alla frontiera ed altri due o tre divisionali e catturarono ottomila prigionieri. Si è accennato in precedenza alla distanza probabilmente eccessiva esistente tra gli ostacoli e le armi che avevano il compito di attivarli. A Bardia esistevano numerose bocche da fuoco di piccolo calibro in grado di svolgere azione controcarri, anche se il munizionamento perforante era disponibile soltanto per i pezzi da 47/32 e da 65/17. Peraltro non si conoscono i criteri sui quali fu impostato lo schieramento delle artiglierie del XXIII corpo e, in special modo, la possibilità di queste di intervenire contro i carri pur soddisfacendo le necessità della contropreparazione, dello sbarramento e della repressione. Del pari ·n on si conosce lo schieramento degli osservatori. Sembra comunque che, oltre alle artiglierie dei tre settori della divisione cc.nn. 28 ottobre, fosse stato costituito un raggruppamento di controbatteria. Allorché, all'alba del 3 gennaio, la 6 8 divisione australiana intensificò il fuoco con le caratteristiche della preparazione, il comandante dell'artiglieria impartì subito ordini per la contropreparazione che, pe(ò, aveva già avuto principio per iniziativa dei settori e del raggruppamento di controbatteria. A sfondamento avvenuto emerse la difficoltà di armonizzare la manovra del fuoco con l'azione controcarri, disimpegnata ad una distanza di qualche centinaio di metri dai pezzi singoli con tiro a puntamento diretto. La prima divenne ardua da realizzare per le difficoltà di osservazione e la molteplicità degli obiettivi più pressanti, la seconda venne in pratica lasciata all'iniziativa delle batterie, non abituate a tale impiego.


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Fu nel prosieguo della campagna che si cercherà di trovare una soluzione. I tedeschi sosterranno il concetto di subordinare le possibilità della manovra del fuoco a quella dell'azione controcarri. Gli italiani, e per essi il gen. Manca di Mores, rimedieranno alla difficoltà di manovrare il fuoco a massa e cercheranno di evitare il coinvolgimento delle batterie nel combattimento episodico dei capisaldi, sui quali erano costrette a serrare per opporsi ai carri, costituendo, nei limiti del possibile, un allineamento di capisaldi di artiglieria, a tergo di quelli avanzati della fanteria, in grado di eseguire tiro isolato ed a massa secondo gli obiettivi da battere ed i tratti di fronte da coprire. Anche sulla reazione di movimentò sembra vi sia qualcosa da dire. La dottrina tattica del tempo proprio non contemplava l'inca.nalamento della penetrazione nemica verso una prestudiata zona di annientamento ove far convergere un massiccio volume di fuoco ed un violento contrattacco, secondo una o più ipotesi. Dunque quanto disponibile fu dato ai settori che realizzarono una seconda fascia di strutture statiche a tergo della guardia alla frontiera e tennero alla mano ben poco. I carri leggeri erano per la maggior parte inefficienti. Quelli in condizioni di operare vennero tenuti a disposizione pur conoscendone l'irrisorio peso be,llico, gli altri furono ripartiti tra i capisaldi ed interrati quali centri di fuoco di mitragliatrici. Al gen. Bergonzoli rimasero la 28 ottobre, che non pare abbia ricevuto specifiche direttive per un contrattacco, e la compagnia carri Ml3, anch'essi da utilizzare quando e dove ritenuto opportuno. Avvenne così che l'unico intervento ordinato dal comandante del XXIII corpo di fronte ad una situazione decisamente allarmante si traducesse in una piccola formazione di carri avviata senza molti lumi al Comando del 116° fanteria per essere utilizzata localmente. A parte il fatto che purtroppo il tentativo si arenò quasi subito, è difficile accettare il principio che la sola carta da giocare a livello corpo d'armata sia stata passata ad un sottosettore. L'intervento c01;npatto dèlla 28 ottobre rinforzata dai carri medi e fortemente appoggiata dalla artiglieria avrebbe potuto ottenere risultati consistenti? Se si co.nsidera che in fondo sarebbe stata lanciata contro due o tre battaglioni al massimo, data l'apertura a ventaglio della penetrazione australiana, si dovrebbe rispondere affermativamente. Se invece si tiene conto delle reali condizioni in cui si trovavano i reparti di camicie nere sorgono giustificati dubbi. Ad ogni modo l'impiego della divisione alla spicciolata e quando era troppo tardi non è plausibile. In sostanza, non si può sostenere che per certo la condotta della


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, Lf; OPERA7.IONI IN APRICA SETTENTRIONALI'.

difesa sia stata bene impostata e che l'azione di comando si sia manifestata con chiarezza di visione della lotta. Dall'attento studio delle diverse relazioni emerge evidente come, a partire dalle 9 del 3 gennaio, ogni divisione abbia dovuto pensare a se stessa affidandosi alla resistenza statica dei singoli capisaldi che l'avversario eliminava uno ad uno come le foglie di un carciofo. I resoconti sono piuttosto enfatici: è umano. Tutti descrivono grandi masse di carri irrompenti da ogni parte. L'attacco della 17.a brigata australiana venne attribuito ad una intera divisione con almeno cento carri. Sarebbe facile fare dell'ironia su questi apprezzamenti ma, per obiettività, occorre risalire alle origini. Le informazioni fornite dal S.I.M. - lo abbiamo visto - non lesinarono certo sul numero di divisioni britanniche ritenute presenti e più o meno tutti i livelli di comando non poterono non essere contagiati dalla psicosi di una superiorità schiacciante del nemico sotto ogni aspetto, per terr a, per aria e per mare. Conoscendo bene la propria situazione, il solo pensiero che contro Bardia stessero avventandosi due divisioni corazzate e tre o quattro di fanteria, con 700 aerei e l'intera Mediterranean Fleet, difficilmente poteva alzare il morale dei difensori già scossi per gli avvenimenti precedenti (al di fuori delle frasi di circostanza ed un po' retoriche dei documenti dell'epoca e dei ricordi personali). La richiesta di una sortita da Tobruk per rompere l'attacco a Bardia era utopica. Bergonzoli sapeva benissimo di chiedere l'impossibile. Quello che invece aveva il pieno diritto di pretendere era il concorso aereo. Egli lo invocò spesso ed ancor più spesso lamentò "nostri aerei assenti". Anche gli inglesi rilevarono l'insufficiente apporto aereo nella difesa di Bardia. Ma, pur prodigandosi generosamente, l'aviazione italiana era in condizioni precarie. Purtroppo si trattava dell'inevitabile conseguenza del non aver potuto conservare un migliore schieramento della caccia. Essa ormai riusciva a raggiungere Bardia solo con rapide puntate offensive senza alcuna possibilità di proteggere con crociere di una certa durata le truppe assediate. Circa il mancato invio degli apparecchi da bombardamento in picchiata Ju.87, tre cause pesarono sul non accoglimento delle insistenti richieste di Graziani. Prima di tutto, nello stesso momento anche il comandante superiore in · Albania formulava uguale domanda e questi era anche Capo di Stato Maggiore Generale ed il teatro albanese era più importante di quello nordafricano pure agli occhi di Mussolini. In secondo luogo, gli Ju.87 potevano impiegare soltanto munizionamento tedesco, dato il particolare si-


LA PRJ MA OFFENSIVA BRlT AN NICA

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sterna di attacco e di sgancio delle bombe. Per utilizzare gli apparecchi in Libia sarebbe stato, perciò, necessario inviarvi preliminarmente bombe, attrezzature e personale specializzato. In terzo luogo gli Ju.87 soffrivano di spiccata vulnerabilità per le caratteristiche di volo e per la particolare forma dell'impiego. Conseguentemente dovevano essere scortati da numerosa caccia, il che era impossibile materialmente, a parte la già accennata inferiorità di fronte agli Hurricane ed agli Spitfire.

4.

LA

BATTAGLIA DI TOBRUK (21-23 GENNAIO 1941)

Wavell aveva calcolato che, perduta Bardia, Graziani avrebbe potuto contare solamente su una divisione (la Sirte), con truppe di corpo d'armata e residui di divisioni battute, a Tobruk, una seconda divisione (la Sabratha) ancor più ad ovest ed una formazione corazzata attorno a Mechili. Era bene informato. Con questo presupposto aveva deciso di procedere su Tobruk prima ancora di ultimare il rastrellamento di Bardia, in quanto l'operazione, di evidente convenienza sotto il profilo tattico, non presentava eccessive difficoltà sul piano logistico. Perciò il mattino del 5 gennaio la 7a brigata corazzata si mise in movimento ed il giorno successivo bloccò Tobruk da ovest. Il 7 dicembre arrivarono le altre brigate della 7a divisione corazzata e d,e lla 6a australiana. In queste circostanze la lettera con la quale Graziani ragguagliò Mussolini non poteva essere -che di estremo e amaro allarme per le prospettive del momento, di giustificazione delle decisioni prese in precedenza, di richiesta di un aiuto a brevissima scadenza: "Stamani si è iniziato l'investimento della Piazza da parte dei mezzi corazzati nemici. Dopo di che i vari episodi del nuovo dramma sono facilmente prevedibili". Visto infatti l'esito della difesa di Bardia, non era da sperare che Tobruk - 22.000 uomini e 340 cannoni per 54 chilometrt di cinta difensiva - potesse resistere megliÒ e più a lungo. Peggio ancora, non ci si poteva illudere che gli inglesi si fermassero nella loro spinta offensiva. E la linea Derna-Berta-Mechili, sulla quale al massimo potevano essere racimolati 20.000 uomini, 350 cannoni e 60 carri medi, offriva ben poco affidamento. "E allora la Cirenaica sarà perduta". Che cosa si poteva, infatti, opporre al. le 17 divisioni britanniche, ai 700 aerei di prima linea più i 400 di riserva, più altri 500 circa in arrivo, senza contare quelli delle cinque portaerei inglesi dislocate nel Mediterraneo? In definitiva "la sai-


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

vezza della Libia è oggi legata alla volontà del nemico". Bisogna ammettere che prendendo per buone le informazioni sull'avversario, quanto Graziani diceva era sostanzialmente logico. Concluse la lettera chiedendo rinforzi ed accusando polemicamente il Comando Supremo, cioé Badoglio: "Esse [le forze in grado di risolvere la situazione] dunque non possono che provenire dalla Madrepatria e su questo punto il mio giudizio si arresta per devolverlo allo Stato Maggiore Generale che di tutta questa vicenda, dal luglìo in poi, io ho tenuto minutamente e costantemente informato come risulta dagli atti di ufficio, sicché la genesi di causa ed effetto sarà facilmente precisabile e con essa il computo delle responsabilità sulle quali io Vi chiederò di inquirire iniziando dalle mie, a suo tempo" 148•

A Roma Guzzoni si stava dando da fare. Il 4 gennaio aveva presentato un appunto a Mussolini, appigliandosi alla decisione di costituire una grande unità corazzata in Libia: "Dato l'evolversi della situazione in quello scacchiere appare urgente esaminare la possibilità di dare al Maresciallo Graziani grandi unità per sostituire quelle perdute e dargli i mezzi per agire, se possibile, controffensivamente in Cirenaica o quanto meno per difendere la Tripolìtania (...). Indipendentemente dall'invio delle Divisioni corazzate tedesche, • e nell'attesa che si possa iniziarne il trasporto, sembrerebbe dunque oltreché necessario altresì possibile disporre subito l'invio in Libia della Divisione corazzata Ariete 149 e della Divisione motorizzata Trento 150 ( •••). Il loro trasporto potrebbe essere effettuato prima del trasporto delle Divisioni corazzate tedesche, che non potranno giungere ai porti d'imbarco prima di tre-quattro settimane(...)" 151 .

La lettera di Graziani indusse il sottocapo di Stato Maggiore Generale ad intervenire. La capacità difensiva del sistema improvvisato di successive resistenze, inevitabilmente deboli e basate sull'impiego a spizzico delle forze - egli commentò - se poteva ripromettersi lo scopo di rallentare lo slancio nemico, non sembrava concedere soverchie illusioni sulla sua capacità di arresto definitivo per ragioni evidenti. Era allora il caso di porsi il quesito se convenisse continuare a proiettare a spizzico forze verso la Cirenaica oppure se fosse preferibile cercare di costituire attorno alla sa armata una massa di manovra. Le difficoltà di trasporto erano note,


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comunque bisognava fare ogni sforzo per realizzare questo complesso di forze da utilizzare nella sua composizione organica escludendo qualsiasi impiego frammentario di per sé poco redditizio. Nel caso in cui si fosse reso necessario l'abbandono della Cirenaica il quadro non si prospettava poi a tinte tanto fosche. Secondo il parere dei capi di Stato Maggiore della Marina e dell'Aviazione, l'abbandono d i Tobruk avrebbe spostato indubbia mente il problema strategico-navale del Mediterraneo rafforzando la posizione inglese. Però in ambito locale la situazione non sarebbe cambiata troppo in peggio: Tripoli sarebbe diventata una nuova Tobruk più vicina alla Madrepatria e ad essa appoggiantesi. L'aviazione, poi, era in grado di ricostituire nello spazio di un mese la propria efficienza. Nei campi esistenti ed in quelli in via di armamento nella Tripolitania potevano essere sc hierati sufficienti aerei affluent i dall'Italia; inoltre si poteva contare sul concorso dai campi della Sicilia e di Pantelleria 152 • In definitiva, Guzzoni suggerì una dire ttiva basata su quattro punti: arrestare o almeno frenare l'avanzata inglese sulle posizioni predisposte; evitare ulteriori invii di truppe dalla Tripolitania; ridare efficienza con i mezzi e reparti in afflusso alla sa armata, sì da costituire con essa una massa di manovra organica; impiegare tale massa, al raggiungimento di adeguata consistenza, secondo le circostanze e la situazione. Proprio in quel mentre l'OKW chiese, tramite l'ambasciata tedesca a Roma, un giudizio da parte italiana sulla situazione strategica in Mtditerraneo dopo la caduta di Bardia "per poter decidere da parte nostra se l'inv io di forze tedesche a Tripoli è possibile ed ha speranza di successo" 153 • Guzzoni fece compilare immediatamente una memoria tutto sommato ottimistica: nel caso peggiore gli inglesi, arrivati a Bengasi, sarebbero stati costretti ad un lungo tempo di arresto per le enormi difficoltà logistiche da superare. Intanto si stavano trasportando rinforzi in Libia e verso la fine di febb raio era prevista la disponibilità di una "discreta" massa di manovra. Una frase finale, però, era tutto un programma: "In conclusione, come è stato già detto, la situazione è grave; non è disperata ma neppure tale da escludere che la Cirenaica, ed in prosieguo di tempo anche la Tripolitania possono esser e occupate dagli • inglesi 154" .

Non si conoscono le osservazioni di Mussolini in proposito. Si sa soltanto che non firmò la l>ozza di direttiva propostagli e che si


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, LE OPERA_ZJONI IN AFRICA Sf'.rrf-.NTRIONALE

risolse a mandare a Graziani un messaggio francamente superficiale, riprendendo l'ipotesi avanzata dal maresciallo che forse un potente diversivo in altro teatro d'operazioni avrebbe alleggerito la pressione di Wavell: "Questo diversivo est in vista. Si tratta dell'intervento germanico contro la Grecia preventivato per i primi di marzo et per il quale la Germania sta preparando et trasportando in Romania un numero di divisioni imponente et tale da immobilizzare Ea Turchia ed eliminare la Grecia se - come speriamo - questo non sarà già avvenuto per opera nostra(...)".

Ne derivava che la Gran Bretagna avrebbe dovuto accorrere in aiuto di Grecia e Turchia e che le forze occorrenti allo scopo non potevano essere prelevate che dall'Egitto. Ergo non doveva essere considerata assurda la notizia raccolta dal S.I.M., secondo la quale, dopo la conquista di Tobruk, Wavell si sarebbe fermato ed avrebbe trasferito il proprio Comando ad Atene. "Per sempre più convincerlo della necessità di questo trasferimento bisogna attorno a Tobruk imporre il massimo logoramento possibile alle forze corazzate inglesi ed è quello che farete. Si tratta di guadagnare il tempo necessario perché la minaccia tedesca alle basi inglesi del Mediterraneo orientale appaia agli Inglesi in tutta la sua imponenza e immediatezza"

La conclusione era tipica: "La discesa dei Germanici con obiettivo Salonicco turba già i sonni dei Greci et non tarderà molto a turbarè quelli degli Inglesi" 155 • La mente di Mussolini non venne nemmeno sfiorata dall'idea che probabilmente il pensiero di dover "durare" fino a marzo avrebbe molto di più turbato i sonni di Graziani. Il Comando Supremo non poté impedire ovviamente il messaggio, ma lo sapeva insostenibile. Perciò l' 11 gennaio mandò un breve biglietto al S.I.M.: "La notizia "da fonte attendibile" che il generale Wavell presa Tobruk rivolgerebbe altrove i suoi sforzi ha avuto notevoli ripercussioni sui nostri orientamenti. Sembrerebbe quindi opportuno - se possibile - cercare di controllarla e precisarla. Non sembra infatti logico che l'offensiva inglesf si arresti alla piazza di Tobruk. Se mai si arresterà al deserto sirtico, dopo occupa-


LA PRIMA OFFENSIVA 13RlTANNICA

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ta tutta la Cirenaica, ripristinando la situazione che avevamo quando tra le nostre basi al confine cirenaico e quelle inglesi era il deserto"

Ed il S.I.M. non soltanto non confermò le previsioni di spostamento di truppe in Balcania ma fornì notizie di nuovi arrivi nel teatro d'operazioni nordafricano: 12 gennaio: "Risultano sbarcati Egitto, primi corrente mese, circa 4000 australiani, oltre 200 carri armati et 200 aerei di produzione americana... "; 14 gennaio: "Risulta che 8 corr. est transitata per Cairo una divisione corazzata riserva di cui at nostro S. 1109 del 3 corrente"; 16,gennaio: "Altri 100 aerei da bombardamento produzione americana tipo Glen Martin dovrebbero affluire prossimamente in Egitto ... Secondo notizie da accertare giorno 17 dovrebbe partire da Gibilterra convoglio con armi e munizioni diretto probabilmente Egitto"; 18 gennaio: "Convoglio in partenza Gibilterra probabilmente giorno 17 ... trasporterebbe anche truppe e secondo altra notizia sinora non controllata sarebbe diretto Cirenaica per azioni di sbarco"; 21 gennaio: "Si precisa che truppe inglesi trasportate convoglio 20 piroscafi giqnto Suez 2 corrente ammontavano 10.000 uomini circa. Oltre quanto segnalato, detto convoglio avrebbe trasportato: 60 carri armati pesanti, 180 autoblindo, 200 carri leggeri Ironside, 200 cannoni picc~lo calibro e medio calibro, 19 .000 casse di munizioni. Ritiensi piroscafi abbiano proseguito in parte per Grecia". Si può criticare il S.I.M. per la ricostruzione dell'ordine di battaglia avversario; lo si può criticare per le notizie non sempre attendibili (ad esempio il numero di divisioni in procinto di gettarsi su Bardia); però ha molte attenuanti ed il suo valido difensore può essere proprio Churchill, il quale non si stancava di protestare perché i conti delle forze non tornavano. Il 10 novembre, prima ancora dell'inizio dell'offensiva di O'Connor, egli scriveva al capo di Stato Maggiore della Royal Air Force: · "Circa 1.000 apparecchi e 17.000 uomini dell'aviazione nel Medio Oriente contribuiscono a formare 30 squadriglie e mezza, e.o n una dotazione iniziale complessiva di 395 aerei da guerra, di cui si presume che 300 siano pronti ad entrare in servizio in qualsiasi momento (...). Nella çlifferenza tra la graqpe massa di uomini e di aerei e la somma degli apparecchi in sei:vizio di guerra sta lo sciupio delle risorse


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della nostra Aviazione. A che cosa servono i 600 apparecchi che non sono nemmeno inclusi nella dotazione iniziale delle 30 squadriglie? Alcuni, certo, sono stati assorbiti dai campi di addestramento, dalle comunicazioni e dai trasporti. Ma come s i spiega che di 732 apparecchi militari soltanto 395 partecipano al combattimento?(...)" 156.

Il 9 dicembre si rivolgeva al ministro della guerra, che proponeva una prossima chiamata alle armi di circa un milione di uomini, esprimendo forti dubbi sull 'impiego del personale: erano giustificati 540.000 uomini di soli supporti d'armata e di corpo d'armata e servizi per le 27 divisioni britanniche esistenti ? erano giustificati ben 70.000 uomini per le truppe di sicurezza nel Medio Oriente? erano giustificati 350.000 uomini per i Comandi e servizi territoriali nel Regno Unito? e i 500.000 per la difesa an tiaerea della Gran Bretagna? "Prima ch'io possa chiedere a Gabinetto il consenso a ogni ulteriore chiamata alle armi - ammoniva Churchill - occorre che l'intera questione venga minutamente vagliata e almeno un milione di uomini venga cardato e spulezzato dall'intrico alle spalle dei reparti combattenti e portato a servire effettivi scopi militari" 157 .

Il 6 gennaio, in una lettera al gen. Ismay, segretario del comitato di difesa imperiale, calcolava che: "Se valutiamo la forza complessiva attuale degli eserciti nel Medio Oriente in circa 370.000 uomini (compresi i convogli W.S. 5 e 6), ci si potrebbe ragionevolmente aspettare che dopo aver provveduto alle guarnigioni necessarie ai presidi dell'Etiopia, della Cirenaica, dell'Egitto e della Palestina, si troverà riunito nella valle del Nilo l'equivalente di dieci divisioni(...)" 158•

In sostanza, non era certo facile ricavare e tenere aggiornato lo strumento bellico nemico sulla base della sua potenzialità . Graziani doveva prendere una decisione ed il 9 gennaio diramò le direttive per la battaglia d'arresto sulla linea Derna-BertaMechili, implicitamente dando per perduta anche Tobruk, cui rimaneva solo il compito di guadagnare qualche tempo. Il predetto sistema "Deve essere considerato il Grappa della Libia e vi si deve ripetere il


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miracolo del Grappa, e cioé vi si deve arrestare il nemico, con la decisione incrollabile nei comandanti e gregari di morire sul posto piuttosto che di cedere. Questa decisione deve essere radicata in tutti, dal comandante all'ultimo gregario; tutti devono tener presente che la caduta del sistema Derna-Berta-Mechili significa l'invasione della Libia, ciò che non deve verificarsi a qualunque costo(.. .)".

Forse minori drasticità d'intenti e retorica sarebbero state preferibili, perché a tutti appariva chiaro come Mechili fosse semplicemente un punto isolato nel deserto, del tutto slegato dal vero siste~a Derna-Berta. Di conseguenza, non si trovava in condizioni di reggere ad un attacco di corazzati e, sempre di conseguenza, anche la Cirenaica occidentale sarebbe stata invasa senza che le posizioni di Derna-Berta potessero esercitare un reale peso nella lotta. Al preambolo programmatico seguivano disposizioni sull'organizzazione dei capisaldi, sullo schieramento delle artiglierie e delle riserve. A quest'ultimo proposito spiccava l'ordine di dare il V battaglione carri M 13 alla brigata corazzata e raccogliere il 10° bersaglieri con una compagnia da 47/32 ed una batteria da 20 mm verso Berta, quale unità di manovra alla mano del Comando d'armata. Il quale Comando avrebbe avuto tutto il diritto di costituire la propria riserva secondo propri intendimenti. Ma mette conto rilevare soprattutto la separazione dei bersaglieri (sia pure semplicemente motorizzati) dai carri: evidentemente in tema di impiego di truppe corazzate esistevano ancora molte incertezze. In conclusione: "La resistenza che si prepara ad opporre la "piazza" di Tobruk con la serenità e la fermezza che il suo comandante dimostra(...) ci dà la garanzia che avremo a disposizione il tempo per migliorare la nostra situazione attuale. Pertanto, la battaglia di arresto, senza contare quanti siamo o quanti non siamo, deve essere data sull'asse BertaMechili, con appoggio d'ala a sinistra, Derna, che ha buone possibilità di resistenza anche se isolata, una volta saltate le interruzioni. Tutti debbono imprimersi profondamente nel cuore che: - sulla Derna-Mechili o si vince o si muore; - su di essa si gioca il nostro onore e la salvezza della Libia ( ...)" 159,

Mussolini approvò con un enfatico telegramma che lasciò le cose come stavano. Invero stavano male. Anche l'aspetto del concorso aereo era preoccupante. Il logerio degli apparecchi risultava verti-


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ginoso e l'afflusso dei rimpiazzi dall'Italia seguiva le ondulazioni delle vicende con le quali giungevano i reparti dell'esercito . .È innegabile l'effetto deprimente che deriva dallo scorrere le comunicazioni tra Roma e Cirene, dal momento in cui dal Comando Supremo partiva il "Ho ordinato" o "Ho disposto" di Mussolini circa l'invio di un'unità o di determinati mezzi. Quel che sembrava stesse per arrivare da un giorno all'altro trovava intoppi di vario genere e le settimane passavano. Non aveva torto Graziani quando il 10 gennaio lamentò di aver ricevuto - dopo un mese dall'inizio dell'offensiva britannica - solo reparti (fra cui il 10° bersaglieri ed il V battaglione carri) e materiali già programmati in precedenza. E il giorno seguente, allorché il col. Granata, proveniente da Roma, lo informò che erano "in afflusso" l'Ariete e la Trento, telegrafò subito a Guzzoni, dicendogli che per quanto la notizia non fosse suffragata da comunicazione ufficiale l'aveva divulgata "per tenere alto il morale". Dopo aver ancora posto in evidenza l'urgenza di rinforzi, posto che ormai aveva dato fondo ad ogni risorsa, chiese con evidenti speranze e dubbi: "Dimmi almeno, ti prego, chiaramente se quanto dice il col. Granata est esatto ed in via di attuazione" 160 • Guzzoni rispose che "inizio trasferimento divisione Ariete est prossimo". Dovevano passare ancora tre settimane abbondanti. Dunque, il 5 gennaio il gen. Porro avvisò di non essere più in grado di svolgere operazioni offensive: tutt'al più poteva racimolare un'ottantina di apparecchi di vario tipo. Il 9 Mussolini comunicò a Graziani che, con l'arrivo del X corpo aereo tedesco in Sicilia 161 , "fra una diecina di giorni" sarebbero giunti a Bengasi un nostro gruppo di bombardieri in picchiata, due gruppi da caccia ed uno stormo da bombardamento. I due gruppi da caccia (il 18° rimpatriato dal Belgio ed il 155° di nuova costituzione) arriveranno in Africa il 29 gennaio, il 96° gruppo da bombardamento con Ju. 87 (sui quali si èra riusciti ad installare bombe italiane) il 1° febbraio 162 • Bisogna anche dire che von Rintelen aveva chiesto, a nome dell'OKW, se fosse gradito il trasferimento in Libia di due gruppi di Stuka e di un gruppo di Zerstorer. "È stato risposto che non si ritiene conveniente il provvedimento - si legge sul diario storico del Comando Supremo - perché un trasferimento in Africa settentrionale metterebbe nuovamente in crisi il C.A. T. già arrivato. Inoltre le forze aeree tedesche, nella dislocazione attuale, possono agire anche in Libia servendosi di basi di appoggio nella Tripolitania" 163. Mentre Graziani diramava gli ordini per la battaglia di arresto,


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Pricolo inviò a Porro una lunga lettera riflettente i principi di impiego dei reparti della sa squadra aerea. Le direttive derivavano strettamente da una sconsolante affermazione: "In dipendenza dei dolorosi eventi verificatisi ed in conseguenza della vera ecatombe di apparecchi, non è assolutamente possibile ripristinare, non dico la superiorità aerea, ma neppure una inferiorità sopportabile; è pertanto indispensabile cht i reparti aerei della sa squadra siano impiegati essenzialmente e direi quasi esclusivamente nella lotta contro l'aviazione(.. .)".

Perciò le azioni di bombardamento, solo notturne, dovevano essere rivolte contro obiettivi importanti (quali navi, basi e campi di aviazione), la caccia doveva limitarsi a voli di crociera nel territorio di Bengasi ed i siluranti solo contro bersagli adeguati, all'insegna della più rigida economia. La conclusione era ancor più deprimente. Porro doveva ottenere dal Comando Superiore che le unità aeree fossero impiegate strettamente secondo i criteri in questione perché, mentre si confermava l'arrivo dei reparti già annunciati, "non sarà possibile in avvenire provvedere ad una eventuale nuova ricostituzione delle unità aeree dislocate in A.S.I." 164 • Il 10 gennaio il gen. Pitassi Mannella, considerata l'impossibilità di ricevere qualsiasi aiuto da terra, fece saltare i ponti di Sidi Daud (sulla strada per Bardia) e sull'uadi es Sahel (sulla strada per Derna). Tobruk era passata attraverso varie mani dall'inizio delle ostilità. Dapprima dipendente dal Cbmando XXI corpo, il 18 giugno era stata assegnata al XXII corpo. Questo affrontò subito alcuni dei più impellenti problemi: l'ostacolo perimetrale costituito dal fosso anticarri e dal reticolato, il primo pressoché inesistente ed il secondo in atto al 50%; l'organizzazione ex novo dei fuochi, specie delle batterie di recentissima formazione, il cui personale, nella quasi totalità, non aveva ancora acquisito un minimo di conoscenza del materiale; la difesa controcarri; la difesa contro le incursioni dei mezzi corazzati e blindati inglesi e la necessità di mantenere aperte le comunicazioni con Bardia e Bir el-Gobi. I lavori di fortificazione facevano capo a due distinti enti. Il Comando genio territoriale di Bengasi curava, a mezzo imprese private o reparti lavoratori del genio, i lavori di carattere permanente già iniziati, tra i quali il fosst> anticarro, i depositi munizioni e car-


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buranti in caverna, l'impianto distillazione acqua marina, le tettoie per le sezioni di magazzino artiglieria e geni.o, l'officina automobilistica, lavori tutti per i quali i m ateriali erano g ià accantonati. Il Comando Piazza non ebbe mai ingerenza in merito né facoltà di ut ilizzare altr imenti i materiali raccolti per le speci fiche esigenze. Fu solo interpellato, verso la fine di agosto, sull'opportunità o meno di continuare i lavori del fosso anticarro. Contro il parere del Comando Supremo, che considerava la situazione politico-militare creatasi, espresse l'opinione che sospendere l'ostacolo sarebbe stato un grosso errore. Comunque nella seconda metà di settembre quasi tutte le imprese civili ed i reparti lavoratori vennero trasferiti nella zona ridotta Capuzzo-Sollum-Sidi el-Barrani per essere impiegati in lavori stradali ed impianti idrici in previsione dell'avanzata su Marsa Matruh. Pertanto a Tobruk si continuò ad attendere soltanto ai depositi munizioni e carburante. Il tratto di fosso anticarro, in detta epoca, si aggirava sui dodici chilometri ed aveva una profondità di m 1,50 ed una larghezza di m 3. Il Comando Piazza doveva provvedere invece a tutti gli altri tipi di lavori con la compagnia artieri della D.f. Catanzaro (dal 18 giugno facente parte della guarnigione) ed un reparto misto genio della guardia alla frontiera, u tilizzando come mano d'opera personale dei reparti in posto, compatibilmente con le esigenze preminenti della difesa e dell'addestramento. Peraltro le possibilità di lavoro vennero a scemare rapidamente: a fine luglio la Catanzaro si trasferì nella zona Gambut-Marsa Lucch, agli ordini del XXIII corpo, e dopo il 15 settembre ebbe inizio il graduale spostamento di inolte unità della guardia alla frontiera per ricostituir e i presidi della linea di confine e nella zona dell'Halfaya e di Sidi el-Barrani. Perciò quando il 30 settembre il gen. Pitassi Mannella, comandante del XXII corpo, cedette il comando della piazza al gen. Umberto Barberis, comandante della guardia alla frontiera, ogni attività lavorativa era praticamente cessata per deficienza sia di materiali sia di manovalanza. I primi di òttobre una fascia di reticolato assai poco saldo ma profondo sette-otto metri correva lungo l'intera cinta, dallo uadi Zeitun a sud all'uadi es Sahel a nord. Gli avvenimenti di dicembre dettero un brusco scossone alla stasi. Il mattino del 10 dicembre Graziani chiamò Pitassi Mannella, che aveva portato il proprio Comando a sud-est di Tobruk, e gli affidò nuovamente la responsabilità della piazza. La D.f. Sirte (gen. Dalla Mura) sarebbe affluita subito ma doveva essere lasciata disponibile per eventuale impiego all'esterno. Il giorno dopo Pitassi Man-


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nella ricevette un ordine ancor più netto: doveva assumere di persona il comando di Tobruk con il compito di resistervi ad oltranza e con la piena disponibilità di tutte le forze terrestri esistenti in loco. Il 12 venne diramato il primo ordine scritto per il nuovo assetto della piazza (schizzo n. 16). Il concetto di difesa puntò necessariamente sulla resistenza esercitata principalmente sulla cinta fortificata e prolungata quanto più possibile in profondità con l'organizzazione a difesa di tutti gli elementi attivi disponibili. In caso di iniziale successo avversario era prevista la resistenza in posto di tutti i mezzi di fuoco residui nell'intento di frazionare l'attacco, di rallentarne la velocità di progressione, di logorarlo quanto più possibile a premessa' del contrattacco esercitato dalla riserva centrale. In caso di assedio occorreva disturbare i preparativi avversari, sì da ritardare l'inizio dell'attacco e da obbligare gli inglesi ad un forte impegno di truppe. Di conseguenza, il massimo della reazione di fuoco fu organizzato davanti ed oltre il perimetro fortificato, ma indipendentemente da ciò fu consentita la più ampia libertà d'intervento stimolando lo spirito d'iniziativa dei comandanti di reparto. Fu prescritto che tutte le armi dovessero avere un settore di tiro di 360° e che nessuna limitazione, salvo quella della gittata efficace, dovesse frapporsi al tiro ~in qualsiasi direzione, dovunque e comunque si presentasse il. nemico, senza economia di colpi e senza timore di colpire nostri reparti oppure nostri elementi già fatti prigionieri. Fu del pari prescritto che ogni elemento combattente - Comandi compresi - dovesse organizzarsi per la difesa vicina ed a tal fine tutte le mitragliatrici ed i fucili mitragliatori reperiti nel magazzino d'artiglieria vennero distribuiti in aggiunta alle dotazioni 165 • A tergo della zona di schieramento delle artiglierie venne organizzato una specie di seconda posizione lungo l'allineamento uadi Bejadbivio per el Adem-Pilastrino-Gabr el Abd. Più che di capisaldi in verità si trattava di posizioni isolate destinate a rappresentare l'imbastitura di sacche di contenimento delle penetrazioni. Il fronte terrestre era ripartito in due settori. Quello orientale, al comando del gen. Barberis, era articolato su quattro capisaldi (sottosettore A, con circa 12 chilometri di fronte) dal mare a Bir Junes, a sbarramento delle provenienza da Bardia, e due capisaldi (sottosettore B, ampio circa 8 chilometri) a sbarramento della strada di el-Adem. I capisaldi erano presidiati dal XXXI settore di copertura della guardia di frontiera rinforzato, i rincalzi da quattro compagnie del 69° fanteria. A tergo, ad una distanza di quattro-sei • posizione, imperniata sul grosso chilometri, si trovava la seconda


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LE FORZE ITALIANE IMPEGNATE NELLA DIFESA DI TOBRUK Comando XXII corpo d'armata 61 a D.f. Sirte: 69° fanteria 70° fanteria 5 I a cp. bers. motoc. 61° cp. mortai 81 61 a cp. cannoni 47/32

LXI battaglione mitraglieri LXI battaglione complementi 43° artiglieria LXI battaglione genio unità dei servizi Guardia alla frontiera: XXXI settore copertura XXXII settore copertura (aliq.) unità minori Delegazione d'intendenza: unità ed organi dei servizi d'intendenza.

Supporti di corpo d'armata: I 0° raggr. art. 22° raggr. a r t. 25° raggr. art. 55° artiglier:ia div. battaglione cc.nn. "Volontari della Libia" CXL battaglione cc.nn. I/4° fanteria carrista LXlll btg. carri leggeri (*) 141 • cp. mortai 81 142 a cp. mortai 81 25• cp. cannoni 47/32 22• cp. bers. motociclisti 55• cp. trasmissioni unità servizi

(*) Dei due battaglioni carri leggeri presenti in Tobruk, LXIII e XXI, il primo aveva assorbito i resti del secondo, il cui personale, unitamente con quello recuperabile dal I battaglione carri M 11, fu traspor.l ato a Bengasi per costituire il XXI battaglione carri M 13, con i materiali provenienti dall'Italia.


Schizzo n. 16 LA BATTAGLIA DI TOBRUK 21 - 22 GENNAIO 1941

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caposaldo realizzato in corrispondenza dell'importante nodo stradale. Il tratto a sud-est (verso Bardia) era affidato al III/69° fanteria rinforzato; quello a sud-ovest (verso el-Adem) al Comando 4° fanteria, carrista con due battaglioni carri interrati e rinforzati da armi di accompagnamento a tiro teso ed a tiro curvo. Si trattava di un impiego poco ortodosso ma senza alternative migliori. Il 14 dicembre, come già si è detto, la brigata corazzata, diretta da Ain elGazala, lasciò a Tobruk il 1/4° carristi ed il LXIII battaglione carri leggeri, non in grado di proseguire a causa del disastroso stato del materiale. Nell'impossibilità di rimettere in ordine i mezzi per mancanza di parti di ricambio e nell'intento di utilizzarli almeno come centri di fuoco, i 39 carri M 11 ed i 32 carri L inefficienti furono dislocati nel caposaldo del bivio per el-Adem su più linee ad arco. Naturalmente i pezzi e le mitragliatrici in casamatta non avevano che un esiguo settore di tiro . In seguito sette carri M 11 rimessi in efficienza passarono a far parte della piccola riserva della piazza ed altri tre, posti ancor più tardi in condizioni di compiere brevi percorsi, costituirono elementi di rincalzo dello stesso caposaldo. Il settore occidentale, al comando del gen. Dalla Mura, era suddiviso in tre settosettori. Il primo, su quattro capisaldi per otto chilometri di fronte, guardava il tratto ad ovest della rotabile di elAdem; il secondo, su tre capisaldi per una dozzina di chilometri di ampiezza, aveva il principale sostegno nel rilievo di Ras elMedauuar e sbarrava le pr ovenienze da Acroma; il terzo, su tre capisaldi e poco più di otto chilometri di fronte , controllava le provenienze da Derna. I sottosettori A e B erano difesi ciascuno da un battaglione del 70° fanteria rinforzato da elementi della guardia alla frontiera. Il sottosettore C, presidiato dal battaglione cc.nn. "Volontari della Libia" rinforzato, si trovava all'estremo nord e si appoggiava al mare. I rincalzi erano fomiti dal III/70° fanteria. Sulla seconda posizione si trovavano cinque capisaldi disposti ad arco, di cui quello centrale imperniato sull'ex fortino del Pilastrino rappresentava la cerniera e si opponeva direttamente ad un tentativo di sfondamento dalla zona di Ras el-Medauuar. La riserva centrale raggruppava tutto quello che poteva muoversi: una compagnia carri medi su solo sette carri M 11 e due colonne celeri, ciascuna su una compagnia bersaglieri, una compagnia fucilieri, un plotone mitraglieri, un plotone pezzi da 47/32 ed una sezione da 20. Posta agli ordini del comandante del 69° fanteria, era dislocata a ridosso del caposaldo del bivio di el-Adem. Le ' ipotesi di intervento, studiate e provate, consideravano penetrazioni da sud verso il bivio e da occidente verso il Pilastrino.


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Sull'artiglieria di manovra conviene soffermarsi "t,revemente. Era ordinata in tre raggruppamenti pluricalibri, di cui due a disposizione del settore orientale (123 bocche da fuoco) ed uno del settore orientale (97 bocche da fuoco) e l'organizzazione del fuoco aveva goduto di molta attenzione. Allo sbarramento furono destinate, oltre ai gruppi divisionali, le artiglierie dal calibro 105/28 al 149/13 escludendo soltanto i 105/25 ed i 149/35 della guardia alla frontiera, trattandosi di materiali ad affusto rigido. Complessivamente 172 pezzi avevano 41 chilometri circa da sbarrare, con una densità di un pezzo ogni 250 metri, vale a dire un tratto pari a quello normalmente assegnato ad una batteria. Ovviamente i tratti più importanti furono assegnati come compito normale ad almeno uno o due gruppi e come compito eventuale ad altri gruppi, cosicché, ad esempio, sui circa due chilometri di fronte in cui il nemico operò la breccia agivano 52 pezzi: il II/43° da 75/27 ed il CV/25° da 149/13 con compito normale; il III/55° da 75/27, il CXXX/25° da 149/13 e la 2a batteria del XV gruppo da 75/46 con compito eventuale o di concorso. All'azione di interdizione partecipavano tutte le artiglierie della piazza, lasciando l'interdizione lontana alla sezione "Buffolotti" (due pezzi da 149/35 della guardia alla frontiera) presso lo sbarramento stradale di Bir Um Haleiga; alla batteria "Nembo" (due complessi binati da 120/40 della R. Marina) presso il bivio di el-Adem; alla nave S. Giorgio (quattro pezzi da 190 e quattro da 254). L'intera azione di interdizione e specialmente quella lontana non poteva essere basata che sull'osservazione aerea anzitutto e su quella terrestre in via sussidiaria. Ora, la prima aveva finito di esistere prima ancora che iniziasse l'attacco; la seconda risentiva del modesto raggio d'azione degli osservatori di fortuna e del polverone sollevato dai mezzi nemici in movimento. Alla controbatteria vennero destinate una batteria per ogni gruppo divisionale e di corpo d'armata, tutte le batterie della guardia alla frontiera da 120/25 e da 149/35 escluse dallo sbarramento, nonché le batterie "Nembo" e "Bellotti" della Marina. Di più non fu possibile fare. Alla scarsità di bocche da fuoco in rapporto all'estensione della fronte si aggiunse l'inconyeniente che molte batterie inglesi ed australiane, grazie alla superiorità di gittata, poterono assumere schieramenti al limite od oltre le possibilità di tiro italiane, perciò in molti casi la controbatteria era.scarsamente efficace o addirittura non effettuabile. Tra l'altro la maggior parte delle numerose postazioni inàividuate nel periodo precedente l'attac-


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co era sicuramente provvisoria per rilevare e controllare i dati di tiro. Date le evidenti difficoltà di individuare e determinare gli obiettivi della contropreparazione, questa era stata organizzata con il criterio di rivolgere anzitutto il tiro su obiettivi accertati (batterie nemiche) salvo poi a sfumare gradatamente l'azione, possibilmente a ragion veduta, su obiettivi di interdizione e successivamente di sbarramento. Nonostante i provvedimenti attuati ed i ripieghi escogitati, Pitassi Mannella si faceva ben poche illusioni, sapendo che talune deficienze non potevano essere colmate. La posizione di resistenza era a maglie troppo larghe e senza adeguata profondità più per un complesso di condizioni particolari che in termini di valore assoluto. Le opere, incomplete e senza copertura, fruivano di un collegamento di fuoco aleatorio a causa del fitto e persistente polverone che il vento, lo scoppio dei proietti avversari nelle adiacenze ed infine il fuoco delle stesse armi della difesa producevano davanti ed intorno ai capisaldi. Tale polvere poteva, come in realtà avvenne, agire a guisa di nebbia artificiale a favore dell'attacco, e la sua densità ed altezza sul terreno diventare tali da rendere quasi impossibile non soltanto l'osservazione a pochi metri di distanza ma anche la visibilità, da tergo, ai razzi lanciati dalle opere a richiesta del tiro di sbarramento. Di notte, poi, qualsiasi illuminazione era resa vana dal predetto polverone, comunque le fotoelettriche scarseggiavano (ce n'erano solo quattro) e non esistevano racchette illuminanti. Per converso la ricognizione aerea consentiva al nemico fotografie e precisazioni eccellenti e, di conseguenza, uno studio accurato quanto meno dei capisaldi e degli schieramenti d'artiglieria. Si aggiunga la conoscenza della struttura delle opere acquisita dalla 6 8 divisione australiana a Bardia. Pesava anche la difficoltà dell'azione di comando ai minori livelli. I capisaldi, agli ordini di un-capitano o di un tenente, avevano fronti che andavano dai due ai quattro chilometri; i sottosettori raggiungevano i sette-otto chilometri. Il tutto con una rete telefonica interamente allo scoperto e perciò vulnerabilissima, ed una povertà di apparecchi radio accentuata dall'insufficiente portata in fonia e dagli inconvenienti delle comunicazioni in telegrafia. La difesa anticarro risentiva di forti limitazioni di altro genere. Per quanto si fosse cercato di realizzare fossi anticarro perfino nell'ambito della seconda posizione e degli schieramenti d'artiglieria, i risultati erano stati assai scadenti per i pochi e rudimentali


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mezzi di lavoro e perché il terreno, sotto uno strato di appena 30-40 centimetri, presentava quasi ovunque un banco di roccia calcarea compatta. Fu giocoforza far ricorso a muretti a secco che all'atto pratico si mostrarono ben modesto ostacolo per i carri armati. D'altronde la disponibilità di 7.000 mine a strappo e di 16.000 mine a pressione consentiva poco. I campi minati in corrispondenza dei tratti perimetrali privi di fosso anticarro (circa 18 chilometri) avevano valore pressocché simbolico: una prima linea di mine a strappo, a tre-quattro metri l'una dell'altra con funzioni essenzialmente d'allarme e, a breve distanza, una seconda linea di mine a pressione, intervallate di un metro. Gli altri tratti avevano maggiori densità ma pur sempre inferiori al minimo necessario. Davanti al caposaldo del bivio di el-Adem furono interrate numerose bombe (2.200 spezzoni da 12 chili e 800 da 15 chili) previa trasformazione del funzionamento a pressione della spoletta, lasciate dai reparti dell'aeronautica all'atto della loro partenza per deficienza di mezzi di trasporto. Quanto alle bocche da fuoco controcarri, la disponibilità complessiva ammontava a 11 O pezzi: da 37 (dei carri M 11 interrati) ...... ............................................................. 32 da 47/32 (compresi 22 pezzi tratti dal magazzino d'artiglieria) .............. 43 da 65/17 ..... ............................................ ........................................................ 13 da75/27 .............................................................. ........................................... 11 da 75/40 (della R. Marina) .......................................................................... :... 1 da 77/28 ................... :.................. :.................................................................. 10

Disponevano di munizionamento perforante, però, soltanto i pezzi da 37 e da 47, nonché da 65/17 166 • Un altro fattore che nocque molto fu l'assenza della ricognizione aerea. Il Comando della piazza non disponeva che di un paio di aerei, i ·q uali non soltanto non potevano oltrepassare il perimetro di Tobruk ma neppure alzarsi sullo stesso aeroporto interno a causa della continua presenza della caccia inglese. Cosicché il Comando della piazza non poté seguire in profondità i preparativi di attacco dell'avversario che attraverso scarse e monche intercettazioni radio, limitata osservazione terrestre e limitatissima osservazione aerea. Soprattutto non poté determinare come avrebbe voluto i reali obiettivi di contropreparazione, giacché alla deficienza di informai zione si assommavano l'uniformità.del terreno, e quindi l'impossibilità di localizzare a priori le probabili basi di partenza dell'attacco, e la mobilità delle truppe australiane e britanniche che consentiva loro di assumere lo schieramento per l'attacco solo all'ultimo momento e pressoché di sorpresa.


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A proposito dell 'avversario, fu sentita la carenza di notizie particolareggiate. Pochi, infatti, erano stati gli scampati da Sidi elBarrani e da Bardia. Per di più tali scampati erano di grado troppo modesto per poter fornire dati attendibili oppure si erano trovati, durante il combattimento, a contatto troppo poco stretto con l'attaccante per potersi formare una idea chiara dei mezzi e procedimenti tattici nemici. O'Connor fu perciò in condizioni di realizzare contro Tobruk (come prima contro Bardia e Sidi el-Barrani) una vera e propria sorpresa tecnica, specialmente riguardo all'impiego dei Matilda. Ultima nota dolente, la riserva. Si trattava della carenza più pesante perché la disponibilità di un forte complesso corazzato era alla base dell'unica linea di condotta in grado di assicurare la resistenza della piazza. Come già detto, la difesa di Tobruk era sostanzialmente fondata sul fuoco e soltanto in minima parte sull'urto. Al fuoco si chiedeva di ritardare quanto più possibile l'attacco; al fuoco si chiedeva il maggior contributo per stroncare l'attacco. Si trattava, in sostanza, di "una difesa statica e che trovava probabilità di successo solo nella tempestiva, esatta, efficace reazione di fuoco. Nessun appoggio poteva avere dalla propria aviazione, già completamente assente dal cielo della Marmarica; qualche aiuto, verso mare, poteva avere dalla difesa costiera fissa della base navale" 167 • La sproporzione tra obiettivi da battere e pezzi disponibili era troppo forte. Tutta l'azione dell'artiglieria doveva essere esaltata dalla manovra del fuoco. L'osservazione ed i collegamenti ne erano i cardini. Deficienti e vulnerabili entrambi, il giorno della battaglia saranno i primi a soffrire; la fluidità e la velocità di penetrazione dei mezzi corazzati nemici faranno il resto. La manovra del fuoco rimarrà subito senza occhi e s~nza redini. Perfino nei pochi minuti iniziali, che le sarebbero occorsi per orientarsi ed intervenire, il nemico di primo slancio percorrerà i due chilometri più che sufficienti per avvicinarsi, forare la cinta perimetrale e dilagare verso la zona delle batterie. Il 6 gennaio, prima ancora di conoscere lo svolgimento della battaglia di Bardia, Churchill aveva mandato un appunto al Comitato dei Capi di Stato Maggiore: "1. La rapida distruzione delle forze armate italiane nell'Africa nord-orientale deve essere il nostro primo grande obiettivo oltremare ·per i primi mesi del 1941. Una volta distrutto l'esercito italiano in Cirenaica, l'armata del Nilo diventa disponibile per


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altri compiti. Non possiamo dire ancora quali saranno questi compiti. 2. La caduta di Bard"ia consentirebbe di stabilire una base avanzata per la conquista di Tobruk. Con Bardia e Tobruk nelle nostre mani sarebbe possibile rinunciare quasi completamente alle comunicazioni terrestri con Alessandria e contare sui trasporti marittimi per un'ulteriore avanzata verso occidente. Ogni piano deve ora tendere all'impiego del porto di Tobruk sino alla sua massima capacità. 3. Le forze d'attacco da mantenere ad occidente di Bardia e di Tobruk non occorre che siano ingenti. La 2a e la 7 8 divisione cor.azzata britannica e la 6 8 divisione australiana, il gruppo di brigate neozelandesi, che dovrà presto diventare divisione, con forse una o due brigate britanniche e con non più di 40-45.000 uomini, dovrebbero bastare per avere ragione della superstite resistenza italiana e per prendere Bengasi. La distanza da Tobruk a Bengasi lungo la strada costiera non è di molto superiore ai 400 chilometri, di fronte ai circa 600 da Alessandria a Tobruk. Così, una volta che Tobruk sia stata approntata come base e che le nostre comunicazioni terrestri partano di lì, i nostri mezzi di trasporto non dovrebbero sostenere uno sforzo superiore a quello attuale e si dovrebbe poter riprendere l'avanzata da Tobruk come se Tobruk fosse J\lessandria e rifornire la modesta ma adeguata forza d'attacco necessaria allo scopo. Con la presa di Bengasi questa fase della campagna libica avrebbe termine. 4. Il problema che si pone è il seguente: quanto tempo ci vorrà? Tenendo conto de:lle gravi perdite italiane per quanto riguarda le truppe migliori, gli automezzi e l'equipaggiamento e della nostra supremazia navale, il collasso in Cirenaica potrebbe essere rapidissimo. In verità, tutto potrebbe risolversi in qualsiasi momento con una veloce puntata offensiva. La necessità di far presto è evidente. Tuttavia, per la nostra strategia generale, potrebbe bastare ~he Bengasi, come base sia militare che navale, e tutto ciò che si trova ad oriente di questa località fosse saldamente nelle nostre mani in un qualsiasi giorno del mese di marzo. 13. Tutto fa concludere che un fallimento greco dell'offensiva su Valona avrebbe gravissime conseguenze. Può essere che il generale Wavell, senza altre forze che quelle di cui dispone attualmente nel deserto occidentale e nonostante qualche riduzione nelle sue forze aeree, riesca a conquistare la Cirenaica e ad insediarsi in Bengasi, ma ton sarebbe giusto che per Bengasi si

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rinunciasse alla probabilità che i Greci prendano Valona (...J. Si deve pertanto prospettare l'eventualità che dopo la presa di Tobruk l'ulteriore avanzata verso occidente dell'armata del Nilo possa incontrare seri ostacoli. Per me è chiarissimo che l'aiuto alla Grecia deve avere la precedenza non appena il fianco occidentale dell'Egitto sia stato consolidato (...)" 168 .

Lo stesso giorno giunse a Londra la notizia che Bardia era caduta ed immediatamente Churchill ribadì il proprio convincimento al gen. Ismay: nonostante la ovvia necessità - egli scrisse - di incal?are gli italiani sinché l'inseguimento era facile, bisognava prendere in considerazione là possibilità di mandare in Grecia altre quattro o cinque squadriglie della Royal Air Force e forse una parte della 2 a divisione corazzata. "Sebbene possa darsi, con un po' di fortuna e di audacia, che ci riesca raccogliere con relativa facilità i più ambiti allori sulla costa libica, non dobbiamo perdere di vista neppure per.un'ora l'enorme importanza di prendere Valona e di tenere in piedi il fronte greco" 169 • Il Comitato dei Capi di Stato Maggiore era, tutto sommato, d'accordo ed il 10 gennaio avvertì i comandanti in capo in Medio Oriente che prima della fine del mese poteva avere inizio un intervento tedesco in Balcania. Dovendo offrire ai greci il massimo aiuto possibile, dope> la presa di Tobruk tutte le altre operazioni sullo scacchiere libico dovevano passare in secondo piano 170 • Al Cairo ci fu un po' di perplessità. Wavell aveva convocato O'Connor e gli aveva chiesto quali intenzioni accarezzasse dopo Tobruk. O'Connor pur rendendosi conto di non poter prendere la piazza di slancio, non considerava il problema troppo grosso: sapeva infatti che rispetto a Bardia c'erano metà uomini per un fronte doppio. Perciò era ottimista e rispose che considerava la caduta di Mechili molto importante per il pericolo che avrebbe immediatamente creato sul fianco ed alle spalle delle posizioni italiane nella fascia costiera di Derna. Wavell annuì, ma volle anche discutere sulla possibilità di un'incursione su Bengasi, ipotesi sulla quale c'era già un breve studio'. O'Connor si dichiarò più che favorevole, precisando tuttavia di preferire qualcosa di più consistente di una semplice incursione. Ricevute le direttive da Londra, Wavell dunque rispose - d'accordo con Cunningham e Longmore - di ritenere la presenza tedesca in Romania soltanto una astuzia intesa a fermare l'avanzata in Cirenaica. Sperava, di conseguenza, che i Capi di Stato Maggiore avrebbero "esaminato con la massima urgenza se la mossa nemica


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non fosse un semplice bluff". Churchill replicò con un impeto pari al suo desiderio di aiutare la Grecia. Premesso che le informazioni giunte a Londra contraddicevano nettamente qualsiasi ipotesi di "mossa di guerra dei nervi" o di "bluff", chiarì e ordinò: "(...) 3. Nulla deve impedire la presa di Tobruk, ma non appena ciò sia accaduto tutte le operazioni in Libia sono subordinate all'aiuto alla Grecia; dal momento in cui riceverete questo telegramma si devono fare tutti i preparativi per soccorrere immediatamente la Grecia sino ai limiti prescritti (...). 4. Ci attendiamo ed esigiamo un'obbedienza pronta e attiva alle · nostre decisioni., delle quali portiamo l'intera responsabilità. La visita che per l'occasione farete ad Atene vi metterà in grado di chiarire il metodo migliore per dare esecuzione alle decisioni sopra riferite. Non dovreste ritardarla" 171 •

Wavell e Longmore si recarono subito in volo ad Atene per discutere con Metaxas ed il gen. Papagos. Il 15 gennaio riferirono, probabilmente con soddisfazione, che il governo greco era contrario allo sbarco a Salonicco di unità britanniche alla spicciolata. Rinunciava dunque a qualunque intervento a meno che non si fosse trattato di un corpo di spedizione in grado di prendere subito l'offensiva. Stando così le cose, il 21 i capi di Stato Maggiore comunicarono a Wavell la decisione di proseguire l'offensiva sino a Bengasi. Questa, se trasformata in salda base navale ed aerea avrebbe consentito il collegamento Egitto-Cirenaica via mare, alleggerendo immensamente il pesante costo dei trasporti via terra. In cambio della rinuncia ai rinforzi in Grecia, lo sollecitavano però ad occupare il Dodecaneso, e soprattutto Rodi, il più presto possibile. Nel frattempo O'Connor era alle prese con la logistica. Non si trattava di Tobruk giacché per le due solite divisioni, la 7 a corazzata e la 6 8 australiana - le quali per ragioni di distanza non potevano più appoggiarsi rispettivamente alla ridotta Capuzzo ed a Sollum - aveva già stabilito l'impianto di due nuovi depositi campali (il n. 10 ed il n. 11) ad una settantina di chilometri ad oriente dalla piazza. Il punto da risolvere, con lo sguardo al futuro, stava nell'origine dei rifornimenti. Al fine di alleviargli compito e responsabilità, Wilson aveva costituito a Baggush un Comando avanzato preposto all'alimentazione del XIII corpo ed al funzionamento del porto di Sollum. L'organizzazione aveva palesato alcune manchevolezze ed O'Connor si era convinto che_per.una prossima avanzata fosse opportuno disporre del pieno controllo logistico del porto di scarico


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dei rifornimenti. Ne parlò a Wilson e colse l'occasione per accennare a Bengasi, ma rimase stupito allorché seppe che non solo non esisteva alcun programma in merito, ma un'aliquota dei suoi mezzi di trasporto probabilmente gli sarebbe stata tolta. O'Connor chiese subito chiarimenti al comandante in capo e Wavell, che intanto aveva ricevuto le ultime direttive da Londra, recatosi a Gambut poté risolvere tutti gli aspetti della questione. Anzitutto Bengasi doveva essere considerata obiettivo di un'occupazione permanente. Poiché poi, e contrariamente a quanto pensato da Churchill, il porto di Bardia non aveva rappresentato un gran passo avanti nella soluzione del problema logistico, Sollum sarebbe rimasto punto di sbarco principale (a metà gennaio trattava 350 tonnellate al giorno ed alla fine del mese più di 500) sotto la giurisdizione di Wilson, le cui attribuzioni però si arrestavano alla frontiera egiziana. Una volta occupato, il porto di Tobruk, che si poteva sperare di raggiungere con le infrastrutture intatte ove l'attacco fosse stato condotto con la massima rapidità, sarebbe rimasto alle dipendenze di O'Connor almeno finché non fossero state accantonate scorte tali da consentire un minimo di autonomia al corpo d'armata. Questo, infine, passava ai diretti ordini di Wavell. Delle due divisioni a portata di mano, la 7a non era ritenuta in grado di aprirsi la strada attraverso una difesa probabilmente ad un buon livello di organizzazione, tanto più che la divisione si era sensibilmente indebolita nei combattimenti precedenti. Fu deciso dunque di riordinarla e di affidarle una parte di secondo piano a Tobruk per riservarle l'avanzata su Mechili. Due reggimenti vennero ritirati (1'8° King's Royal Irish Hussars ed il 6° Royal Tank Regiment) ed i loro mezzi distribuiti tra gli altri quattro reggimenti delle brigate corazzate. Ancora una volta il ruolo principale fu dunque affidato alla 6a australiana, robustamente rinforzata con quasi tutto quello di cui disponeva il corpo d'armata. Il fronte di rottura fu scelto a circa sei chilometri ad est della strada per.el-Adem. Attraverso la breccia sarebbe passata prima la 16a brigata con il 7° Royal Tanks ridotto a diciotto Matilda 172, poi la 17 a brigata (un battaglione della quale doveva impegnare a scopo diversivo le posizioni italiane che sbarravano la strada per Bardia), infine la 19a brigata. La pressione su tutto il resto della cinta perimetrale era compito del gruppo di sostegno della 7a corazzata a nord-ovest, dalla strada per Derna a Ras el-Mèdauuar, e della 7a brigata corazzata a sud-ovest, da Ras el-Medauuar alla rotabile per el-Adem (schizzo n. 17).


Schizzo n. 1·, SITUAZIONE FORZE BRITANNICHE STIMATA DAL S.l.M. ATTORNO A TOBRUK IL 20 GENNAIO 1941


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LE OPE RAZ.I ONJ IN AFRICA SETTENTRIONALE

Dalle ore O alle 2 del 21 gennaio il Terror con due cannoniere ed uno spazzamine aprirono il fuoco su Tobruk, mentre alcuni cacciatorpediniere stavano pronti ad intercettare il San Giorgio, ove avesse tentato di uscire in mare aperto. Poi fu la volta della Royal Air Force, la cui azione servì anche a coprite il rumore dei reparti corazzati e delle artiglierie in movimento. Se il tiro navale, non osservato, risultò assolutamente inefficace, il bombardamento aereo fu pesante. Ormai però la guarnigione stava all'erta. Già da una settimana era viva la sensazione dell'imminenza dell'attacco, perciò tutti i giorni alle 4,30 la piazza si poneva in stato di allarme, con il personale ai posti di combattimento. Solo dopo le 7,30 a sole alto, era consentito riposare ancora qualche ora a turno. Le incursioni della Royal Air Force svolte il 19 con lancio di manifestini invitanti alla resa, avevano accentuato l'impressione dell'avvicinarsi del giorno D, tanto che era stato richiesto al Comando Superiore un bombardamento aereo per il mattino del 21. Alle 5,40 si scatenò la preparazione britannica. Il tiro abbracciò subito quasi tutto il fronte meridionale da Sidi Daud a Dahar elAzazi e si estese a quello occidentale, da Sidi Cheiralla a Ras elMedauuar. Ma dove si espresse con le caratteristiche dell'annientamento fu su un'area di circa 2.000 metri di ampiezza per 7-800 di profondità, abbattendosi sulle opere, sugli osservatori, sulle batterie. Il rettangolo fatale comprendeva le parti interne dei capisaldi di Dahar el-Azazi e di Bir Junes e risultava a cav'a llo del limite di giurisdizione dei sottosettori A e B del settore orientale. Le artiglierie locali - due raggruppamenti - compreso di che si trattava, passarono, praticamente senza soluzione di continuità, dagli ultimi concentramenti previsti dal programma dei tiri per la notte alla contropr eparazione. L'attività delle opposte artiglierie continuò violenta per oltre un'ora, mentre un grosso polverone provocato dai colpi in arrivo ed in partenza avvolgeva la posizione di resistenza e le batterie come un immenso banco di nebbia artificiale, che impedì perfino il rilevamento dei razzi lanciati dalle opere attaccate per invocare il tiro di sbarramento. Gli osservatori erano ciechi. La precarietà e visibilità della loro sistemazione - un palo a pioli con in cima una coffa senza protezione oppure un piccolo traliccio di legno, su cui stava l'ufficiale osservatore con un telefono da campo - contribuì a dare il colpo di grazia: in brevissimo tempo furono tutti abbattutL Cosicché l'azione dei gruppi di artiglieria rimase legata agli obiettivi normali senza alcuna possibilità di so~marsi là dove maggiore era il bisogno.


LA PRI MA OFFENSIVA BRITANNICA

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Verso l'alba il fuoco britannico andò diminuendo e disperde1,1dosi, tanto da lasciar udire, dalle opere di prima linea, rumore di mezzi corazzati in movimento. Nel segnalare al Comando Superiore che proprio allora era stato respinto un tentativo contro Ras elMedauuar, Pi tassi Mannella aggiunse: "Situazione ritornata calma. Ripeto assoluta urgenza intervento caccia". Ma si era semplicemente in presenza dell'intervallo di tempo occorrente all'artiglieria avversaria per spostare il tiro dall'area scelta per la rottura alle zone limitrofe e più in profondità. Infatti quasi subito il 2/3° battaglione australiano, che al riparo di quel fuoco si era mosso seguendo i pionieri, si slanciò all'assalto. Il superamento dell'ostacolo non fu difficile. In.quel tratto si riduceva a due filari di mine. Quanto al reticolato, era costituito da una sola fascia sostenuta da paletti di legno male infissi nel suolo roccioso. La velocità di esecuzione, la luce ancora incerta, il permanere dell'enorme polverone su tutto il settore critico, la subitanea crisi prodottasi nella quasi totalità dei collegamenti, furono per il nemico altrettanti fattori di successo. Alle 7 si era prodotto uno squarcio superiore al chilometro e diciotto Matilda si inoltrarono al seguito del 2/1 ° battaglione, in secondo scaglione. Immediatamente cominciò l'allargamento della breccia: tre Matilda girarono a sinistra e raggiunsero il 2/3° battaglione che stava affrontando le opere di Dahar el-Azazi e puntando verso la strada di el Adem. Altri tre carri pesanti seguirono il 2/1 ° battaglione, che piegò a destra per la totale eliminazione del caposaldo di Bir Junes. Dal canto suo il 2/2° battaglione con nove Matilda si spinse decisamente a nord per dare consistenza e respiro alla testa di ponte. Il primo ostacolo che incontrò fu il CV/25° artiglieria da 149/13. Questo, visti apparire all'improvviso i grossi carri, passò di colpo dal tiro di sbarramento a quello diretto, sparando finché i Matilda non irruppero in mezzo ai-pezzi. Prima ancora dell'assalto i Comandi dei capisaldi di Dahar elAzazi, Bir Junes e Suesi non comunicavano più né con le operè né con i Comandi superiori. I gruppi di artiglieria non erano più collegati né con gli osservatori né con i Comandi di raggruppamento. Guardafili e staffette, inviati a porre qualche rimedio alla disarticolazione del sistema delle trasmissioni, sparivano quasi tutti ingoiati dal combattimento. La prima notizia dell'avvenuto sfondamento fu portata al Comando del raggruppamento centrale da un motociclista di ritorno. Cosicché Pitassi Mannella seppe dell'avanzata australiana verso le 8,30,8,45, quando essa si era ormai affermata. Mentre ordinava di ricercare~ precisare i contorni della penetrazione, dispose che tutte le artiglierie in grado di intervenire concen-


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L E OPE RAZIONI I N AFRICA SETTENITRIONA W

trassero il loro fuoco nella zona di irruzione. Ma, come si è visto, la carenza delle informazioni e la difficoltà di trasmettere notizie rendevano la condotta della difesa assai ardua. Ci si può domandare, a questo punto, quale fosse la reale efficacia di alcune norme impartite proprio per l'eventualità di sfondamenti incontrollabili. In effetti, prescriv~re un settore di tiro di 360° per ogni arma non poteva trovare letterale riscontro: tutt'al più si tradusse nell'assegnare più settori d'azione eventuale o piazzole alternative. Sta.d i fatto che davanti ad una situazione del tutto buia ogni arma, fino a quando non venne investita, dovette rimanere legata al proprio settore di tiro normale ed allorché apparve il nemico era troppo tardi: non c'era più tempo di cambiare postazione. Si aggiunga che, analogamente a quanto era accaduto a Bardia, i "capisaldi" erano lontanissimi dall'aver una fisionomia quale quella odierna, né, anche volendo, avevano la possibilità di attuare il benc'h é minimo cenno di cintura di fuoco intransitabile, almeno sul fronte di gola. Verso le 9,10 il 2/2° battaglione australiano con uno squadrone di cavalleria aveva raggiunto la rotabile di Bardia, immediatamente ad oriente di Sidi Mahmud, il 2/1 ° era giunto a Sidi Daud e la 17 8 brigata, con il 2/6° e 2/7° battaglione (il 2//5°, all'esterno, stava impegnando da sud-est il caposaldo di Zeitun), aveva rastrellato tutta l'area compresa tra le due località. Le opere erano prese d~assalto a gruppi di tre o quattro per volta, mantenendo sotto il fuoco d'artiglieria quelle contigue e impedendo così ogni cooperazione tra opera ed opera. I pochi rincalzi di fucilieri erano travolti dalle prime ondate degli assalitori. Ad ovest una colonna con il 2/3 ° battaglione, due compagnie del I Northumberland Fusiliers, una batteria a cavallo ed uno squadrone di cavalleria, era prossima alla strada per el-Adem. La lotta nella zona di schieramento delle artiglierie se.guiva un'inevitabile sequenza: i mezzi corazzati seguiti da pre~so dalle compagnie australiane puntavano ai fianchi o al tergo delle batterie, la cui resistenza - necessariamente basata sulle poche armi della difesa vicina non poteva essere lunga contro un nemico mobile e che per giunta sbucava all'improvviso da una coltre sabbiosa. Verso le 10,30 sul tratto meridionale della posizione di resistenza quattro capisaldi erano eliminati ed alle loro spalle si era fatto silenzio. Il settore orientale poteva dirsi completamente sventrato. C'erano stati episodi di tenace e sventurato coraggio ed altri in cui la celerità di un assalto inopinato o da più direzioni aveva avuto il sopravvento sulla prontezza di reazione della difesa.


LA PRIMA OFFENSIVA BRlTANNICA

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Intanto, fin dalle 8,30 la 19 3 brigata australiana aveva lasciato la base di partenza e adesso stava dirigendosi verso il cuore della piazza con i suoi tre battaglioni ed uno squadrone del 6° cavalleria, al riparo di una cortina mobile effettuata da 78 cannoni che si spostava di duecento metri ogni due minuti. Era con cognizione di causa che puntava sul caposaldo del bivio per el Adem-Bardia, probabilmente l'osso più duro, sir::uramente un punto nevralgico. Il primo tentativo fu compiuto dal 2/2° battaglione della 16 3 brigata all'estrema sinistra de l III/69° fanteria. Superata la compagnia d'ala, grazie anche alla presenza d i un nucleo di carri, gli australiani eliminarono il rincalzo, formato da un plotone di camicie nere, e cercarono di portarsi sui rovesci della posizione. Presi però sotto il fuoco della batteria contraerei "Tordo" della marina, per il momento ·desistettero. Anche perché era sopraggiunta la 19 3 brigata, che poté attaccare rapidamente a cavallo della rotabile di Bardia, assai bene appoggiata dalla propria artiglieria. Il III/69° venne travolto dopo breve lotta e l'intervento di una compagnia bersaglieri e dei tre carri M 11 di rincalzo (subito distrutti) non riuscì ad arrestar e la spinta. Poco dopo venne·catturato il Comando del settore. Pitassi Mannella telegrafò a Graziani: "Settore orientale già sommerso. Resistenze sporadiche in posto. Settore ovest non ancora fortem ente impegnato. Situazione gravissima. Non è possibile rimediare per mancanza riserve. Uniche forze disponibili già impegnate. Situazione si riferisce ore 11,50" 173.

Graziani era impotente 174 • Nel ragguagliare il Comando Supremo degli incessanti bombardamenti aerei su Tobruk, aggiunse: "Continua assenza aviazione. Eccellenza Porro ha comunicato che non può inviare apparecchi bombardamento da ta impossibilità proteggerli adeguatamente con la caccia e quindi esporli at sicura distruzione. Efficienza n umerica della ca ccia at oggi circa 40 apparecchi et altrettanti bombardamento. Tre CR.50 inviati su Tobruk immediatamente sopraffatti"

Era adesso la volta del semicerchio di carri interrati, al cui sostegno stava accorrendo una colonna celere della riserva. Fu uno scontro accanito e penoso e si concluse con la strage del 1/4° fanteria carrista e del LXIII battaglione carri leggeri (caddero il 70% degli ufficiali, compresi i due comandanti di battaglione, ed il 50% dei carristi), troppo facile pfeda dei mezzi corazzati e dei pezzi


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

controcarri avversari. Una aliquota della riserva ancora non era stata impegnata. Essa si era spostata tra il caposaldo "Piave" e quello di q. 144, per sottrarsi in qualche modo all'incessante azione dei Blenheim, ed era pronta a sferrare un contrattacco sul fianco della 19a brigata. Il momento giunse·verso le 13, allorché venne investito il caposaldo "Piave". L'urto iniziale fu positivo perché le compagnie avanzate australiane si arrestarono, ma la reiterazione dell'attacco distrusse senza difficoltà cinque su sette carri M 11 rappresentanti l'elemento di maggior forza della riserva e poco dopo i resti di questa furono costretti a cedere. Verso le 16 il 2/8° battaglione australiano, rinforzato con alcuni Matilda ed altre unità, mosse contro il "Pilastrino" mentre il 2/4°, battaglione, anch'esso sostenuto da un nucleo carri, circondava la sede del Comando della piazza, situata in alcune baracche e ricoveri in caverna ad ovest dell'ex forte Solaro. Il Comando si difese arretrando lentamente dalle postazioni esterne all'interno del ricovero nel quale erano sistemati lo Stato Maggiore ed il centro trasmissioni. Quando il nemico, padrone degli sfiatatoi superiori, cominciò a lanciare bombe nei corridoi l'aria irrespirabile della galleria obbligò i difensori alla resa. Erano le 18,30. Al "Pilastrino" il combattimento era accanito. Benché per due terzi distrutto, il caposaldo o meglio i suoi resti tennero duro ed il sopraggiungere della notte li vide ancora in piedi. · Contemporaneamente, dalla strada di Bardia scendevano verso Tobruk mezzi del 6° cavalleria, i_quali, accolti dal fuoco della San Giorgio e di alcune batterie della difesa ravvicinata della città, si attes_tarono vicino al bivio per Bardia e per Derna. Elementi del 2/4° battaglione australiano discesero allora sulla riva della baia, collocando tra le pieghe del terreno, alcuni mortai da 3 pollici ed inquadrando la San Giorgio. La difesa degli accessi all'abitato di Tobruk era stata attuata a nuclei dietro il muro di cinta, con armi automatiche in corrispondenza delle porte a sud e ad ovest. Perduto il contatto con ogni Comando, l'amm. Vietina, aveva preso le redini dell'organizzazione locale. Egli disponeva di circa 160 uomini tratti dai depositi del 116° fanteria e della guardia alla frontiera e dalle stazioni carabinieri e guardia di finanza. Inoltre aveva una piccola compagnia complementi ed i marinai della base navale. A dire il vero il comandante della San Giorgio avrebbe voluto tentare l'uscita dal porto prima che la piazza cadesse ed il Comando Superiore Marina aveva espresso parere favorevole, ma Graziani si oppose per le ovvie ripercussioni negative che l'uséita dell'incrociatore avrebbe provocato sul morale dei difensori. Fu deciso perciò che la nave sa-


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LA PRIMA OFFENSIVA BRITANNICA

LE FORZE BRITANNICHE IMPEGNATE NELL'ATTACCO A TOBRUK supposte dal S.I.M.

in realtà

XIII corpo d 'a rmata s u: 7• divisione corazzata: 11 ° ussari 4° brigata corazzata 7• brigata corazzata

7° divisione corazzata: 11 ° ussari 4a brigata ~orazzata 7" brigata corazzata

gruppo di sostegno

gruppo di sostegno

unità divisionali unità di rinforzo

unità divisionali e di rinforzo

6" divisione australiana: tre brigate fanteria di quattro battaglioni unità divisionali unità di rinfor zo

6• divisione australiana: 16" brigata fanteria 17" brigata fanteria 19• brigata fanteria 6° reggimento cavalleria 1° artiglieria camp. 2° artiglieria camp. 3° artiglieria camp. unità minori divisionali I btg. Royal Nurthumberland Fusiliers I btg. Cheshire Regiment 7° reggimento carri 104° artiglieria a cavallo 5 I O artiglieria camp. 64° artiglieria pes. camp. 7° artiglieria pes. camp.

Supporti di corpo (\'armata

unità minori di rinforzo Supporti di corpo d'armata (quasi tutti decentrati) Contingente R.A.F. per cooperazione con l'ese rcito (tre squadriglie).

Nota: Secondo il S.I.M. la 7• D.cor. disponeva di circa 400 carri di vario tipo per ogni brigata corazzata, 1'11 ° ussari di 150..180 autoblindo ed ogni battaglione di fanteria di una quindicina di Bren carriers.,er l'esplorazione. In effetti sembra che la 1• D.cor. disponesse complessivamente di 69 carri medi e 126 leggeri.


PRIMA OFFENSIVA BRITANNIC, DELLE OPERAZIONI 9 DICEMRDi;

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LE OPERAZIONI IN AFRICA SHTENTRIONALE

rebbe rimasta per combattere verso terra finché possibile. Poi si sarebbe affondata. Mentre si svolgevano gli avvenimenti descritti, il settore occidentale era stato attaccato dall'esterno tra i capisaldi di Ras Medauuar e di Sidi Cheiralla, ma aveva tenuto. Soltanto nel tardo pomeriggio unità della 7a brigata corazzata realizzavano qualche affermazione a Sidi Cheiralla e reparti del gruppo di sostegno si infiltravano nel caposaldo di Umm Chueil, all'estremità settentrionale della posizione di resistenza. A sera più di metà della piazza era in mano australiana. Durante la notte furono messi a punto i progetti per distruggere tutto quanto non doveva essere sfruttato dal nemico: distillatori, depositi di carburante, di munizioni e di viveri, automezzi e artiglierie. Purtr oppo il disegno non verrà attuato che in parte. Alle 4,15 del 22 la San Giorgio si .autoaffondò. Il gen. Mackay ormai sapeva di avere partita vinta perciò ordinò che all'alba del 22 fosse ripresa l'avanzata della divisione in tutte le direzioni. Non c'era più resistenza organizzata. Ogni elemento residuo della piazza si difendeva da solo. Verso le 8,30 l'amm. Vietina si arrendeva al geo. Robertson. Poco più tardi capitolava il Comando della divisione Sirte in ciò che rimaneva del caposaldo del Pilastrino. Verso le 16 si arrendeva l'ultimo caposaldo, quello di Ras el Medauuar. Il XIII corpo britannico ebbe poco più di 400 perdite, di cui 355 australiani. Quelle italiane, prigionieri compresi si aggirarono sui 24.000 uomini, fra cui 2.000 marinai, con tutto il materiale esistente nella piazza e non distrutto prima della resa. (schizzo n. 18)


NOTE CAPITOLO 111

1 Keitel informò, in via confidenziale, che al termine della prima fase dell'offensiva in occidente le divisioni corazzate avevano riscontrato una perdita di circa il 50% dei carri (distrutti o danneggiati) ed altre sensibili perdite esse avevano subito nel corso delle operazioni sull'Aisne. 2 Documentazione geo. Marras (Doc. Marras), f. 1337/A data 8.8.1940. 3 E. VON RlNTELEN, op. citata, p. 96. 4 Doc. Marras, iettera data 3.9.1940 - allegato 44. 5 DSCSAS, f. 2425 data 10.9.1940 dello S.M.R.E. 6 Con il f. 01/841 del 24.9.1940 Graziani, convocato a Roma per il 29, precisava i termini del problema operativo per l'occupazione di Marsa Matruh, concludendo che la sua realizzazione sarebbe stata possibile solo a tempo debito, con tutte le pericolose incognite che il ritardo avrebbe rappresentato. 7 DSCSAS, f. 32/op. data 25.9.1940 del Comando Superiore. 8 Doc. Marras, f. 1793/A data 25.9.1940. 9 Secondo von Rintelen, Mussolini "si lasciò persuadere da Hitler ad accettare per la Libia un corpo aeronautico ed una divisione corazzata. Dopo ciò cominciarono i preparativi tedeschi" (op. citata, p. 96). lO DSCS, tele 1885/A data 10.10.1940. Lo studio preliminare concernente la spedizione di una divisione corazzata a pieno organico prevedeva tre settimane per l'ap· prontamento, due settimane per i trasporti ferroviari e tre ancora per i trasporti marittimi con 28 piroscafi italiani. Questi tempi naturalmente sarebbero diminuiti per una divisione ridotta. 11 Q. ARMELLINI, op. citata, p. 115. 12 La divisione sarebbe stata ordinata su un gruppo esplorante, un reggimento carri con 120 carri da 20 tonnellate, un reggimento di fanteria su due battaglioni motorizzati, un reggimento artiglieria su due gruppi, un reggimento artiglieria contraerei, un battaglione pioni'eri ed uno trasmissioni, una squadriglia da ricognizione e unità dei servizi. Complessivamente 12.000 uomini. Il trasporto da Napoli a Tripoli era previsto in 45 giorni. A Napoli doveva funzionare un servizio d'imbarco tedesco, a Tripoli una base tedesca. In Libia si sarebbe costituita un'intendenza tedesca, dipendente dal comandante delle truppe tedesche in A.S., ma dislocata presso il Comando Superiore, la quale avrebbe curato l'impianto di una base avanzata a Sidi el Barrani. I viveri dovevano essere forniti dall'Italia, carburante e munizioni dalla Germania. . 13 BASIL LIDDELL HART, Storia di una sconfitta, Rizzoli, Milano, 2a ed. 1971, pp. 270-271. 14 E. VON RINTELEN, op. citata, p. 96. 15 Ibidem. 16 Lettera s.n. data 31.10.1940 - allegato 45. 17 Stralcio verbale colloqui di lnnsbruck - allegato 46. Per il testo completo dei verbali si rimanda a M. MONTANARI, op. citata (ali. 167). 18 Doc. Marras, lettera s.n. data 17.11.1940. 19 E. VON R.iNTELEN, op. citata, pp. 107-108. 20 Probabilmente l'esito non sarebbe rimasto indeciso se le due Littorio si fossero unite alla flotta dell'amm. Campioni, come proposto dall'amm. Bergamini, comandante della 9• divisione navale, cioé delle Littorio. 21 Forza B, costituita dalla cor~ata Renown, dalla portaerei Ark Royal, dall'io-


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRlONALF.

crociatore leggero Shef field e da 12 cacciatorpediniere. 22 Erano presenti la Cavour, la Duilio, la Littorio e la Vittorio Veneto. La Cirene non poté uscire per piccole avarie; la Doria doveva ancora completare l'addestra· mento. 23 DCS, f. 2529 data 16.9.1940. Cfr. USM, op. citata, pp. 34-36 e A. JACHINO, op. citata, pp. 216-218. 24 DSCS, note del Capo di S.M. Generale in data 29.9.1940. 25 A. JACHINO, op. citata, pp. 222-225. 26 Ibidem, pp. 228-229. 27 Ibidem, p. 234 e seg. 28 La corazzata Barham, gli incrociatori Berwick e Glascow e tre cacciatorpediniere. Il passaggio notturno di queste navi per il canale di Sicilia riuscì completamente inosservato al nostro dispositivo di controllo del canale. 29 Forse anche per questo l'ausilio che poteva essere fornito dalla R. Marina ven· ne considerato con scetticismo da entrambe le forze armate. Il 9 dicembre (inizio dell'offensiva inglese) il Comando Superiore della R. Marina in Libia risponderà all'Intendenza A.S. di aver autorizzato lo studio circa le possibilità di rifornimento via mare tra Sidi el-Barrani e Marsa Matruh per le forze incaricate di procedere su questo obiettivo. Farà presente, tuttavia, che "i rifornimenti in esame presentano dif· ficoltà tali da non permettere di fare su di essi sicura assegnazione in ogni caso" a causa delle avverse condizioni del mare in quella stagione, delle caratteristiche della costa e delle cognizioni imperfette del litorale. Tullo ciò "a prescindere dal controllo, costante e saltuario, che sulla zona di traffico e di sbarco potrà effettuare la ricognizione aeromarittima avversaria" (DSCSAS f. 10650 data 9.12.1940 del Comando Su· periore R. Marina). 30 DSCSAS, f. 42/op. data 20.10. I 940 del Comandante Superiore. 31 DSCSAS, f. 01/8934 data 24.10.1940 del Comando 10• armata. 32 DSCSAS, f. f. 71 R.P. data 17.11.1940 del comandante superiore. 33 R. GRAZIANI, op. citata, p. 124. Il g(;!n. Spatocco, già comandante della D.f. Cirene, aveva -da poco sostituito il gen. Dalmazzo nel comando del XXI corpo d'armata. Il comando della Cirene era stato assunto dal gen. De Guidi. 34 DSCSAS, f. O1/2806 op. data 27.11.1940 del Comando Superiore. 35 Il 21 novembre Berti aveva chiesto una licenza di quindici giorni per ragioni di salute e per motivi familiari . Il 25 partì per l'Italia dopo aver da to le consegne al gen. Gariboldi. 36 DSCSAS, f. 01/10266 data 5.12.1940 del Comando 10• armata. ailegato 47. Il foglio sembra sia pervenuto nelle mani d i Graziani il 9 dic-embre (R. GRAZIANI, op. citata, p. 124), cioé dopo ben quattro giorni. Tale lasso di tempo è incomprensibile e mancano elementi per una qualsiasi spiegazione. Ad ogni modo la sostanza delle cose non cambia. 37 DSCSAS, f. 01/2763/p. data 25.11.1940 del Comando Superiore. 38 In allega to 48 l'articolazione delle forze nello. scacchiere cirenaico-egiziano. Si t r attava complessivamente di 4.500 ufficiali, 100.000 sottufficiali e truppa, 1.100 pezzi di artiglieria da campagna, controcarri e contraerei. 39 Relazione sull'attività della 5" squadra in A.S. dal I5 novembre 1940 al 5 feb braio 1941, compilata.dal gen. Porro. 40 La situazione nat uralmente andrà peggiorando. In particola re i velivoli abbi· sognevoli di grandi riparazioni non potendo essere inviati in Italia si accumuleranno presso le S.R.A.M., impossibilitate a provvedere celermente.


LA PRIMA OFFENSIVA BRITANNICA 41

w. CHURCHILL, op. citata, p.

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197. Ibidem, p . 198. 4 3 Si trattava della 22 8 brigata di fanteria (gen. Selby) diventata il 2 settembre "guarnigione di Marsa Matruh" con supporti vari. 44 Lettera al gen. Diii (BARRIE PITT, The Crucible of War, Western Desert 1941, Cape, London 1980, p. 66). 45 Dati tratti da PLAYFAIR, op. citata, voi. I, parte II, cap. XIII. Nel periodo metà agosto-metà ottobre il S.I.M. aveva calcolato giunti in Egitto 132.000 uomini (vds. specchio allegato 49). 46 Si riteneva che nel mese di novembre Wavell avesse inviato una divisione a Creta, due reggimenti australiani o neozelandesi e reparti vari in Grecia e due divisioni (probabilmente una indiana ed una australiana) in Palestina. Perciò le forze in Egitto avrebbero subito un calo di circa 50.000 uomini. A colmare il vuoto sarebbero affluiti c,ontingenti imprecisati ma notevoli, trasportati da otto convogli per complessivi 113 piroscafi. In definitiva, le truppe inglesi ai primi di dicembre sarebbero state riportate al livello di 260.000 uomini, pari a 14-15 divisioni: cinque o sei britanniche, quattro indiane, tre australiane-neozelandesi, una polacca, più reparti vari equivalenti ad una divisione. Ad esse si potevano aggiungere due divisioni egiziane. 47 Secondo Despatch del gen. Wavell sulle Operations in the Western Desert from December 7th, 1940, to February 7th, 1941, inviato al War Office nel maggio 1946 e publicato come supplemento alla London Gazette del 25 giugno 1946. 48 Il carro per fanteria Mk II, denominato Matilda, da 25 tonnellate, era a quel tempo classificato pesante. Era armato con un cannone da 40/53 in torretta ed una mitragliatrice Besa 7,92 coassiale. Possedeva i pregi di una corazza molto robusta (75 mm anteriore e in torretta, 47 mm laterale) non perforabile da parte dei pezzi controcarri dell'epoca e della robusta protezione ai cingoli. Presentava peraltro i difetti di una scarsa manovrabilità, di un'estrema lentezza in terreno vario (circa 10 km/h) e di una scarsa potenza dei due motori (complessivamente 190CV). 49 I.S.0. PLAYFAIR, op'. citata, cap. XIV. so Considerare i carri L non sembra serio, potendo essi venir posti a raffronto solo con i Bren carriers e le autoblindo. 51 Talvolta il Matilda appare erroneamente citato coni.e carro" 1" in luogo di carro "I", ove però "I" non è numero romano bensl l'iniziale di Infantry, cioé "carro per fanteria". 52 Tali i dati forniti da Wavell nella sua relazione (che però indica 31.000 uomini circa). S~condo il resoconto compilato da O'Connor a Sulmona il 24 aprile 1941 pèco dopo la sua cattura presso El Mechili - e indirizzato all'addetto militare statunitense a Roma, col. Fiske, le cifre sono differenti. Esse, per evidenti motivi, non possono fare testo, comunque precisano che dei carri di cui disponeva la 7a D.cor. 75 erano pesanti e che tra le truppe suppletive di corpo d'armata (cioé non inquadrate nelle due divisioni, 7° corazzata e 4° indiana) esistevano il 7° reggimento carri con 48 carri da fanteria, un reggimento carri medi ed uno .di carri pesanti. Infine, la consistenza del 7° Tanks è normalmente indicata 9a parte inglese in 50 Matilda, in cifra tonda. In realtà il reggimento era ordinato su uno sqd. comando (su quattro Matilda e sette Mark VI B) e tre squadroni carri, ciascuno su un plotone comando (un Matilda e due close supports) e cinque plotoni carri su tre Matilda ognuno. In totale, dunque, 65 carri, di cui 52 Matilda. 53 J. CONNELL, op. citata, p. 288. Il gen. Creagh era il comandante della 7• divisione corazzata. 42


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Relazione gen. Gallina. l'altro, le comunicazioni fra il Comando XXI corpo ed il raggruppamento Maletti erano in pratica limitate a quelle radio in r.t. Infatti, il collegamento telefonico doveva passare per i centralini della Ci rene, di Bug Bug, del gruppo divisioni libiche e della 2• libica: cosa assai difficile in periodo di stasi operativa e impossibile azione durante. 56 Relazione del ten. col. Carmine Giuffrida, capo di St~to Maggiore del raggruppamento. · 57 Ibidem. 58 Ibidem. 59 Relazione del gen. Gallina. 60 L'l P brigata indiana era costituita dal II battaglione Queen's Own Cameron Highlanders, dal 116° Rajputana Rifles e dal IV/7° Rajput Regiment. L'artiglieria divisionale era costituita da 1°, 25° e 31 ° artiglieria da campagna e dal 3° artiglieria a cavallo. Prescindendo dalle caratteristiche dai carri e dei pezzi, i rapporti di forza tra difesa ed attacco erano dunque: 1 a 1 per la fanteria, I a 2 per i carri ed I a 3 per l'artiglieria. 61 La pressoché subitanea eliminazione del battaglione carri M 11 è stata presen.tata da fonte britannica, e ripresa da commentatori italian i, come consentita da una sorpresa assoluta subita da un reparto ancora attendente alle prime operazioni mattutine. In realtà le cose andarono diversamente. Fin dalle 5,30 il gen. Maletti aveva ordinato personalmente al magg. Campanile, comandante del battaglione, di tenersi pronto a muovere. Alle 6,45 tutti i reparti venivano informati dalla probabilità che, dopo le avvisaglie dimostrative della notte, il vero attacco si pronunciasse sul fronte meridionale del caposaldo. In particolare, al battaglione carri era precisato che il suo intervento sarebbe dovuto avvenire anche di iniziativa, secondo lo svolgimento degli eventi. Verso le 7,30 il magg. Campanile, visto il concentramento dei Matilda per l'assalto al fronte di gola, decise di contrattaccare con le compagnie in colonna. Senonché, mancando i carri di radio, l'ordine venne dato con le bandierine regolamentari. La la compagnia si accinse ad obbedire ma la 2 • non si avvide della segnalazione. Il comandante del battaglione fermò il movimento e, tornato indietro con il proprio carro comando, scese a terra per parlare con il comandante della 2• compagnia. In quel momento si pronunciò l'attacco inglese. Il magg. Campanile, ancora a terra, come quasi tutto il personale della 2° compagni.a, fu preso in pieno petto da una raffica di mitragliatrice (dalla relazione del capo di Stato Maggiore del raggruppamento). 62 Relazione gen. O'Connor. Invece secondo la relazione ufficiale del Playfair i sei carri furono danneggiati da un campo minato dopo l'occupazione di Nibeua. Liddell Hart porta a sette tali carri (The tanks, II voi., London 1959). 63 B. LJDDELL HART, op. citata, p. 45. 64 Verso le 9 il gen. Maletti si allontanò momentaneamente dal posto comando per recarsi, insieme con due ufficiali, all'autocarro attrezzato, vicino alla propria tenda, che solitamente utilizzava anche come osservatorio. Vi si fermò pochi minuti poi, vista l'impossibilità di tornare al posto comando - benché distante appena una cinquantina di metri - si diresse di corsa con i due ufficiali verso due pezzi da 47/32 del settore nord. Nel momento in cui con la mano alzata indicava ai puntatori il carro inglese più vicino, un altro Matilda, uscito improvvisamente dalla nuvolaglia di fumo e di polvere, gli si parava davanti facendo fuoco su di lui da una ventina di metri. Colpito in pieno da un proietto, Maletti cadde fulminato. Il generale venne sep55 Tra


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pellito sul posto a cura degli inglesi. 65 Alle 9, al Cairo, Wavell convocò i sette o otto corrispondenti di guerra. Quando arrivarono li ricevette nel suo studio e disse loro: "Signori, vi ho chiesto di venire da me stamane perché sappiate che stiamo attaccando nel deserto occidentale. Non è una vera offensiva e non ritengo che dobbiate descriverla come tale, per il momento. Potreste chiamarla un'incursione su vasta scala. Gli attacchi sono iniziati nelle prime ore di stamane e un 'ora fa mi è giunta notizia che il primo dei campi trincerati italiani è caduto. In questo momento non posso dirvi fin dove ci spingeremo: dipende dai viveri e dalle munizioni che riusciremo a catturare e dalla benzina che troveremo. Volevo comunicarvi questa notizia perché possiate regolarvi" (Alan Moorehead, L<.i guerra del deserto, Garzanti, Milano 1968, p. 31). 66 I.S.O. PLA YFAIR, op. citata, p. 268. Wavell e O'Connor non forniscono cifre. Liddell Hart indica circa 4.000 prigionieri (op. citata, p. 45), cifra assolutamente inattendibile perèhé superiore alla forza presente nel cap~saldo. 67 Denominato dagli inglesi "Point 90". 68 Alam el-Tummar ovest. O 69 La 5 • brigata indiana era costituita dal I Royal Fusiliers, dal III/I Punjab Regiment, dal IV/6° Rajputana Rifles. Tenuto conto dell'appoggio d'artiglieria, i rapporti di forza tra difesa e attacco a Tummar ovest erano di 1 a 1 per la fanteria, 1 a 3 per l'artiglieria e O a 45 per i carri. 70 Notizie di fonte indiana. 71 DSCSAS, tele 01/3202 op. data 9.12.1940, ore 16,40. Non è chiaro il "Confermo ordine" circa la resistenza in posto della 1• libica. Se esso reiterava un ordine già impartito dal Comando dell'armata, non si spiega il "niente in contrario" di Garibaldi telefonato da Giuliano. Se invece, ripeteva un precedente proprio ordine, manca traccia di esso. · 72 Dopo l'occupazione di Sidi el-Barrani il comando del XXI corpo d'armata era stato assunto dal gen. Sp:1tocco, in sostituzione del gen. Dalmazzo, rientrato in Italia. 73 Il gruppo Selby era costituito dal III battaglione Coldstream Guards, una compagnia dei Northumberland Fusiliers, una del South Staffordshire Regiment ed una del Cheshire Regiment, un distaccamento del I Durham Light Infantry, un plotorie del 7° ussari ed alcune batterie. 74 B. P1rr, op. citata, p. 115. 75 G. CIANO, op. citata, pp. 486-487. 76 La Cirene dovette abbandonare, per insufficienza di automezzi e mancanza di trattori, i pezzi della batteria da 100 del 12° artiglieria, quelli della batteria da 77 della guardia alla frontiera e di una batteria del III gruppo da 75/27 del 21 ° raggruppamento artiglieria di corpo d'armata, in rinforzo alla divisione. 77 Il II/142° dislocato a Bir Oasi si sarebbe dovuto spostare, per ordine del Comando XXI corpo, ad Iluet Abn Mazhud "per un più stretto collegamento con la Ci rene". Il provvedimento, poi, non ebbe attuazione. Da notare che Iluet Abn Mazhud dista in linea d'aria 10 chilometri da Alam Samalus (caposaldo più a sud della Catanzaro) e 16 chilometri da Sofafi (caposaldo -più vicino della Cirene). 78 La 7• brigata corazzata disponeva del 1 ° Royal Tanks, del 3° e dell'8° ussari. Era inoltre rinforzata da due reggimenti di artiglieria. 79 Dalla relazione del gen. O'Connor. 80 R. GRAZIANI, op. citata, p. 137. Aien inquadrare i fatti è doverosoprecisarech~ la Catanzaro, giunta in Libia alla vigilia della guerra con i due reggimenti di fanteria,


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si era completata lentamente in posto. Al battesimo del fuoco la divisione era al suo quarto comandante in sei mesi: il gen. Nicola Spinelli, col quale era giunta in Africa; il gen. Giuseppe Stefanelli; il gen. Lorenzo Mugnai, subentrato in settembre, ed il gen. Giuseppe Amico, che aveva assunto il comando in novembre. 81 Il mattino del 9 mossero da Sidi el Barrani gli ultimi due battaglioni. L'autocolonna fu sorpresa da mezzi corazzati leggeri inglesi e subì perdite. 82 Al presidio di Sidi Omar venne destinato un battaglione camicie nere variamente rinforzato ed un gruppo obici da 100/17 su due batterie. 83 DSCSAS, tele 0133!8 op. data 12.12.1940, ore 10,30. 84 G. CIANO, op. citata, p. 487. 85 Ibidem. 86 Ibidem. 81 Ibidem p. 488. 88 DSCSAS, tele 200.000 data 12.1 2.1940. 89 DSCSAS, f. 01/3322 op. data 12.12.1940 del Comando Superiore. 90 DSCSAS, tele 200.100-1 data 13.12.1 940, ore 13,25. 91 Il provvedimento, posto in relazione al pericolo citato, può suscitare p erplessità. Lo stesso Graziani sentì il bisogno di spiegarlo al Comando Supremo: "Giorni scorsi infatti una formazione autoblindo si presentò di fronte at Augila-Gialo proveniente dalle oasi egiziane di Dakla aut Siwa il che dimostra che esiste in quel settore un'organiz.z.az.ione idonea at effettuare ciò che potrebbe apparire inverosimile" (tele 01 /3392 op. data 15 dicembre). 92 DSCSAS, tele 01/3363 op. data 14.12.1940 del Comando Superiore. 93 DSCSAS, tele 01/5550 op. data 14.12.1940 del Comando 10 3 armata. 94 F. 1 Ris. Pers. data 14.12.1940, da R. Graziani, op. citata, p. 147. 95 DSCSAS, tele 162924 e 162925 data 15.12.1940, ore 11,35. Il giorno preceden te Mussolini aveva telefonato a Tirana e messo Cavallero al corrente degli avvenimenti alla frontiera egiziana. Con l'occasione gli avev.a indicato la "linea scelta per difesa": presumubilmente la linea di Sidi Omar-ridotta Capuzzo-Halfaya. Cavallero, pur "a occhio" e con la mente alla delicatissima situazione in Albania, si espresse negativamente: "Disapprovo e dico che bisogna fare linea più indietro" (UGO CAVALLERO, Comando Supremo, Cappelli, Bologna 1948, p. 23). 96 DSCS, tele 4688/op. data 15.12.1940, ore 18,30. 97 DSCS, tele 01/3392 op. data 15.12.1940, ore 23,30 del Comando Superiore. 98 DSCS, tele 01/3394 op. data 15.12.1940, ore 23,30 del Comando Superiore. 99 I.S.O_ PlAYFAIR, op. citata, p. 273. Wavell fornì cifre differenti: 133 morti, 387 feriti e 8 dispersi e dichiarò 38.000 prigionieri, 400 cannoni di tutti i tipi ed una cinquantina di carri. lOO A.P. WAVELL, Despatch citato, pp. 3264-3265. 101 I,S.O. PlAYFAJR, op. citata, p. 272. 102 Ibidem. 103 DSCS, tele.4574/op. data 10.12.1940: "Vostri telegrammi mi danno idea ampiezza e violenza attacco nemico, ma la fiducia che io ho in voi è tale da farmi credere che malgrado successo iniziale del nemico, voi ristabilir:ete la situazione. Sono sicuro che farete agire aviazione in massa, specie se tempo sarà propizio e per tutta la giornata_ Sono altresì sicuro che avrete già impartito al Generale Gallina ed alle solide truppe che presidiano Sidi Barrani ordine di resistere ad ogni costo". I04 R. GRAZIANI, op. citata, p. 137. IOS G_ SANTORO, op. citata, p. 303.


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106 O'Connor affermò nella sua relazione:"/ carri armati I si comportarono magnificamente. Tutto il piano dipendeva dal loro successo( .. .)". 10 7 Il gen. Fuller osservò che la 10a armata era "formidabile in effettivi" ma in realtà assai debole "non soltanto perché non era cospicuamente dotata di materiali e mezzi m eccanizzati, ma altresì perché i suoi carri armati erano probabilmente i più insignificanti di Europa". E, ancora: "A giusto titolo il mar. Graziani attribuì la propria disfatta alla schiacciante superiorità dei carri inglesi. Di quanto essi erano superiori!... " (J.F. FULLER, La guerre mécanique, Berger Levrault, Paris 1948, p. 186 e 189). l08 R. GRAZIANI, op. citata, pp. 141 -142. 109 DSCSAS, tele 01/3390 op. data 15.15.1940, ore 21,30. 110 DSCSAS, tele 01/3396 op. data 15.12.1940, ore 23,30. 111 DSCSAS, tele O1/3406 op. data 16.12.1940. 112 DSCSAS, tele 01/3408 op. data 16.12.1940 ore 4. 113 DSCSAS, f. 3 R.P. data 17.12.1940 del comandante superiore - allegato 50. 114 DSCSAS, tele 4 R.P. data 18.12.1940 del comandante superiore - allegalo SI. 115 DSCS, f. 345 Segr. dat a 13.12.1940 del sollocapo di S.M. dell'Esercito. 116 M. MONTANARI, op. citala, cap. Il. 117 Doc. Marras, f. 2455/A data 14.12.1940 diretto al Ministero della Guerra, Gabinetto. 118 Dopo il colloquio con von Brauchitsch, von Rintelen s_ i era presentato da Halder, capo di S.M. dell'esercito, chiedendo di essere sostituito come addetto militare a Roma. Halder rispose che avrebbe provveduto a cercargli on successore, ma il corso degli avvenimenti mise evidentemente in diversa luce i rapporti di von Rintelen. 119 E. VON RJNTELEN, op. citata, p. 109. 120 Doc. Marras, f. 2501/A data 18.12.1940 diretto al Ministero della Guerra, Gabinetto. Nella lettera Marras precisava che fra le cause dello scacco italiano i tedeschi annoveravano l'insufficienza di inquadramento e di addestramento delle truppe. 121 DSCSAS, tele 4768/op. data 18.21.1940. 122 Al riguardo un'os~ervazione marginale: che i carri M 13 disponibili fossero spediti con urgenza "per ordine Duce" suona male. Il capo d i Stato Maggiore Generale non aveva sufficiente autorità per provvedere direttamente? 123 DSCSAS, tele 4816/op. data 20.12.1940 del Comando Supremo. 124 DSCSAS, tele 4819/op. data 20. 12. 1940 del Comando Supremo: "Per l'Eccellenza Graziani. Nel suo odierno discorso il Primo Ministro inglese ha testualmente detto: "Non si può dire che gli italiani abbiano dimostrato di possedere un alto spirito combattivo né alte qualità. In altri periodi della storia italiana vi sono esempi assai più belli di grande coraggio. Comunque sia, noi abbiamo veduto lo spettacolo di intere divisioni italiane deporre le armi, di fronte a forze di gran lunga inferiori et l'attività della nostra aviazione in condizioni di schiacciante inferiorità, spesso il rapporto era di 5 at 1 at nostro svantaggio, è stata sempr e coronata da successo" "Codesto Comando deve mandarmi una dichiarazione che smentisca queste gratuite et calunniose dichiarazioni. È necessario per la verità dei fatti et il nostro prestigio". 125 DSCSAS, tele 01/3686 data 21.12.1940, ore 13 - allegato 52. 126 DSCSAS, tele 16/6042 op. data 22.12.1940, ore 19,45. 127 DSCSAS, f. 01/10599 data 16.12.1940 del Comando 10• armata - allegato 53. 128 DSCSAS, tele 01/3454 op. data 17.12.1940, ore 12 - allegato 54. 129 Citato f. 2023 op. data 23.7.1940 - allegato 18. 130 DSCSAS, f. 01/10623 data 18. lJ. 1940 del Comando 10• armata - allegato 55.


LE. OPE.RAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

322 131

R. GRAZIANI, op. citata, p. 173.

132

w. CHURCHILL, op. citata, p. 315.

133

Ibidem, p. 316-317. Ibidem, p. 317. 135 Nelle incursioni del periodo citato gli inglesi calcolarono distrutti o danneggiati al suolo non meno di 44 aerei; il diario storico della 5° squadra aerea indica 17 apparecchi colpiti a Benina (18 dicembre), 21 a Castel Benito (21 dicembre) ed 8 ancora a Benina (22 dicembre) per complessivi 4 aerei fuori uso, 8 con gravi danni e 32 riparabili in squadriglia. 136 I.S.O. PLAYFAIR, op. citata, p. 283. 137 ENZO MURRONI, Bardia, Castaldi, Milano 1958, pp. 100-101. 138 DSCSAS, f. 1/Ris. Pers. data 1.1.1941 del comandante superiore - allegato 56. 139 Alla data del I O dicembre esistevano in Libia: - il I e II battaglione del 4° reggimento fanteria carrista con 74 carri M 11 in organico; - il 111/32° fanteria carrista con 37 carri M 13 in organico; - sette battaglioni carri leggeri con 309 carri in organico. 140 Il 10 dicembre il 1° raggruppamento corazzato "Aresca", dal nome del comandante, costituito dal 1/4° carristi e dal XXI battaglione carri leggeri, ricevette l'ordine di spostarsi immediatamente da Marsa Lucch, ove si trovava in sosta, a Bardia. Occorsero ben due giorni per effettuare il trasferimento di 25 chilometri e per giunta fu necessario abbandonare tutti i rimorchi ed i materiali non di pronto impiego. Nel tardo pomeriggio del 13 il col. Aresca ricevette il nuovo ordine di andare subito a Tobruk. Al raggruppamento vennero d!:lti tutti i reparti della brigata corazzata dotati di automezzi lenti e inefficienti ma rimorchiabili. La marcia venne compiuta in circa diciotto ore superando, di notte, grosse difficoltà per l'incolonnamento, abbandonando altri materiali, formando strani autotreni con trattori rimorchianti cinque-sei veicoli in avaria e respingendo i soliti attacchi delle solite autoblindo inglesi (due delle quali però furono catturate). Arrivato a Tobruk il raggruppamento letteralmente si sedette. Riuscì a malapena a mandare cinque carri medi ancora in grado di muoversi ad Ain el-Gazala per difendere quel campo di aviazione. Tutto il resto, carri ed automezzi era in avaria. 141 Il battaglione era giunto a Mechili con solo tre carri. Gli altri sopraggiunsero a gruppetti di due o tre entro sette ore. 142 Diario storico 5• squadra, f. 3988/op. data 20.12.1940. 143 F. 48 R.P. data 21.12.1940 del comandante 5• squadra. 144 Nell'esercito italiano, fino al 1976, per indicare i reparti venivano usati, in alternanza, numeri arabi e numeri romani: arabi per i livelli dispari (squadra, compagnia, reggimento, divisione, armata) e romani per quelli pari (plotone, battaglione, brigata, corpo d'armata). Negli eserciti anglosassoni è invece sempre stata impiegata la numerazione araba per le unità di qualsiasi rango (eccetto la compagnia, definita con una lettera dell'alfabeto), anche se nei testi italiani, come nella presente monografia, si preferisce, per abitudine, indicare i battaglioni con il numero romano. L'adozione di XIII per il corpo d'armata di O'Connor era un voluto strappo alla regola. 145 L'indicazione dei battaglioni australiani merita Wl chiarimento. I reparti australiani erano mobilitati per battaglione. 'E ssi, inquadrati in brigate, conser,vavano le tradizioni acquisite nella prima guerra mondiale a Gallipoli e in Francia. Perciò, ad esempio, venivano indicati come 2/1 ° non per designare il II battaglione del I 0 134


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reggimento, bensì il I battaglione mobilitato per la 2• volta; così il 1/12° designava il 12° battaglione mobilitato per la I• volta. 146 Secondo alcune relazioni i pezzi divisionali di piccolo calibro e della guardia alla frontiera distavano dall'ostacolo 1000-1500 metri. 147 DSCSAS, tele 01/344/op. data 9.1.1941, ore 20. 148 DSCSAS, f. 2 Ris. Pers. data 6.1.1941 - allegato 57. 149 La Ariete disponeva di tre battaglioni carri leggeri, ma era efficiente, bene inquadrata e bene addestrata. Sembrava in grado di bene assorbire i carri medi già in Libia o in corso d'invio. !50 La Trento era a pieno organico ed efficiente. 151 DSCS, appunto per Mussolini data 4.1.1941. 152 DSCS, appunto per Mussolini data 7. I. I 941 - allegato 58. 153 Richiesta presentata al Comando Supremo alle 12,30 del 7 gennaio. 154 DSCS, memoria data 8.1.1941 - allegato 59. 155 DSCS, tele 5291 op. data 9.1.1941. 156 w. CHURCHILL, op. citata, p. 394. 157 Ibidem, pp. 406-409. 158 Ibidem, parte III, voi. I, p. 25. 159 DSCSAS, f. 3 R.P. data 9.1.1941 del comandante superiore. 160 DSCSAS, tele 01/440/op. data 11.1.1940, ore 19. 161 Il X C.A.T. era costituito da due gruppi bombardamento con 32 He.111, due gruppi bombardieri a tuffo con 54 J u. 87, due squadriglie caccia con 24 Me. I I Oe una squadriglia da ricognizione strategica con 10 Ju. 88. 162 Contemporaneamente rimpatriava il personale residuo del 50° stormo d'assalto, ormai privo di apparecchi, e si scioglieva il 114° gruppo bombardamento a grande raggio per mancanza di S.82, inviati in Italia per cambio motore. 163 Ad ogni modo, l'esordio della cooperazione tra alleati non fu felice. Nel pomeriggio del 15 gennaio si presentarono a Benina, sembra senza preavviso, due Ju. 88 per compiere una ricognizione nella zona del Delta e del canale. Partiti all'alba del 16, uno si incendiò in partenza e l'altro non fece ritorno. Nel pomeriggio giunsero nove He. 111 (ed il mattino seguente un altro Ju. 88) che a seguito di una nuova ricognizione, decise~o di effettuare un'azione offensiva nella notte sul 18 nonostante le condizioni atmosferiche avverse. Queste evidentemente erano state sottovalutate e, per di più, i piloti tedeschi non ritennero necessaria la pur offerta collaborazione italiana talché, dato il particolarissimo ambiente, un solo He. 111 tornò alla base e gli altri si smarrirono e si ridussero ad atterraggi di fortuna. Furono rintracciati in tre giorni di ricerche di mezzi aerei e terrestri italiani. 164 Diario storico 5 8 squadra aerea, f. 259 R.P. data 10.1.1941 del Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica. 165 Le armi tratte dal magazzino di artiglieria ammontarono ad una trentina di fucili mitragliatori, 254 mitragliatrici Fiat 35, 41 mortai da 45, 12 mortai da 81, 22 pezzi da 47/32 e diciotto bocche dafooco dal 65/17 al 149/35. Inoltre vennero recuperate dagli aerei inefficienti una ventina di mitragliatrici cal. 7,7 ed una trentina ca!. 12,7, che però dettero scarsissimo rendimento inceppandosi con frequenza dopo solo pochi colpi a raffica, essendo a raffreddamento ad aria e costruite per l'impiegq ad alta quota e a grandi velocità. Per giunta queste armi mancavano di treppiede e del congegno per il tiro continuo fuori dalla istallazione di bordo. Si provvide con mezzi di circostanza senza però mol~o successo. 166 ll mattino del 21 gennaio erano disponibili le seguenti munizioni controcarri:


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LE OPERAZIONI IN AFRICA SETTENTRIONALE

1.000 colpi per pezzo da 37 pari a 30 colpi per arma; 17.500 colpi per pezzo da 47 pari a 400 colpi per arma (proietto ancora del tipo originario, q_uindi non molto efficace); 2.000 colpi per pezzo da 65 pari a 150 colpi per arma. 167 Relazione del gen. Carlo Rostagno, già capo di S.M. del XXII corpo d'armata. 168 w. CHURCHILL, op. citata, pp. 24-28. 169 Ibidem, p. 34. 170 I Capi di Stato Maggiore autorizzarono l'invio in Grecia, al massimo, di uno squadrone di Matilda, un reggimento di cruisers, dieci reggimenti artiglieria e cinque squadriglie di aerei. 171 w. CHURCHILL, op. citata, p. 38. 172 I.S.O. PLAYFAIR, op. citata, p. 291. Wavell parla di 16 carri e Liddell Hart prende per buono il rapporto Wavell. 173 L'attendibilità delle situazioni comunicate dal Comando XXII corpo e dai Comandi in sottordine è incerta, in quanto a causa della difficoltà di informazione e di comunicazione spesso i riferimenti orari indicavano solo il momento in cui un Comando acquistava conoscenza di un determinato avvenimento. 174 Se prima dell'attacco il Comando Superiore pensava atto rno a Tobruk le sole 7• corazzata e 6• australiana, le notizie disastrose provenienti dalla piazza fece ritenere presenti anche altre divisioni affluite rapidamente dalla zona di frontiera. Soltanto cosi si può spiegare il telegramma 01/904/op. che a mezzogiorno del 21 Graziani inviò al Comando Supremo: "Forze nemiche che stanno sviluppando attacco contro Piazza sono così valutate: corpo australiano Anzac su tre divisioni rinforzate da almeno due reggimenti artiglieria pesante at lunga gittata. Corpo corazzato comprendente due divisioni corazzate anch'esse rinforzate da artiglieria et elemenli genio provenienti da altre unità. Brigata motorizzata francese. Forze terrestri sono appoggiate da flotta et da tutta aviazione Egitto".




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