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DALLA BAINSIZZA AL PIAVE 127

crando il proprio ufficio, si lasciavano strappare il voto dalla stanchezza e dalla nausea . Le armi tremavano nelle mani del plotone di esecuzione: l'aiutante di campo, a cui toccava l'odioso dovere di comandare il fuoco, era inebetito. Ci furono delle estrazioni a sorte...

Un giorno, venne la volta di un caporale già ferito sul campo e decorato di medaglia d'ar gento. Al tribunale si era difeso così : Sono venuto liberamente dall'America per fare il mio dovere, e qualunque sia il mio de stino, sono contento di esser venuto. L'altra notte sparai anch'io, perchè ero ubbriaco. Se potete ri sparmiarmi, ve ne sarò grato perchè a casa ho moglie e figli: se no... pazienza.

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Il caporale fu tra i condannati. Sul luogo del supplizio, ricusò di farsi bendare gli occhi, e ponendosi una mano a sommo del petto, disse ai soldati che avevano già il fucile spianato : Mirate bene, e non colpite qui dove tengo la mano. Non voglio che una palla italiana passi per la mia ferita.

Non tutti, sventaratamente, davano prova di uguale stoicismo. Vi furono pianti, invocazioni alla madre, proteste d'innocenza, grida di pietà: vi fu chi s'avvinghiava al cappellano, supplican

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