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VALENTINO CODA

a dolo vanamente, chi si fecetrascinare a viva forza, urlando e dibattendosi freneticamente sino al l'ultimo; chi fu portato di peso e avvinto alla sedia già esanimato dal terrore... Le detonazioni e gli urli delle vittime rintronavano lugubremente nelle non lontane trincee, e i soldati, muti, istu piditi, si tappavano le orecchie per non sentire.

Finalmente, dopochè erano stati ammazzati venti uomini di cui forse due, tre al massimo avranno meritato la pena, voglio dire che per due o tre le ferree necessità della guerra avreb bero giustificato l'estremo rigore, il Comandante del Corpo d'Armata si sentì pago e fece grazia agli altri.

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La Brigata Ravenna, prima e dopo questo epi sodio, si è sempre comportata valorosamente. Ma non bisogna dirlo troppo forte, perchè le Loro Eccellenze sono convinte che la prodezza dei sol dati sia in ragione della ferocia con cui vengono trattati.

Ore 18. L'alluvione degli sbandati conti nua, quasi come ieri, e Morsan non è meno gre mito né meno tumultuario di Sal tto. Poco fa è apparso, fendendo la calca a gomitate, un alto e membruto tenente degli arditi, bellissimo

Dalla Bainsizza Al Piave 129

da vedere, tirandosi dietro uno smilzo plotone in mezzo al quale facevano bella mostra quattro ufficiali tedeschi prigionieri, veri figli di Arminio, campioni autentici della razza. Uno poi sembra uscito, caricatura vivente, dalle pagine del Sim plicissimus o della Fliegende Blätter: occhiali, naso a tubero, capelli di stoppa, barbetta a punta professorale, flemmatico, tetragono agli spintoni e al pandemonio, procedeva rosicchiando un pezzo di galletta. Il nostro tenente vociava in mezzo alla folla dei soldati: « Guardate qui da che gente vi siete fatti prendere a calci nel sedere! », e un po' per farsi largo, un po' per isfogarsi, menava pugni all'impazzata, dei quali uno cadde non oserei dire per isbaglio sulla testa del teutono dalla barba. E costui, sebbene il cazzotto fosse di buon peso, non si scompose af fatto, e serio e lento come l'« asin bigio » del Carducci, tirò via a masticare la sua galletta.

Giorno 3. Nuovo spostamento, da Morsan a Orcenigo di Sotto: faccio il percorso sull'au toambulanza, col mio amico direttore di Sanità, un toscano filosofo che m'insegna a pigliare il mondo come viene. Lungo il tragitto la solita sporcizia, l'eterno pattume di roba abbondante, V. CODA . · Dalla Bainaizza al Piave. 9

Valentino Coda

ma pochi viandanti, la più parte fantaccini spe dati e ammalati, che vedendo passare l'ambu lanza ci fanno gesti compassionevoli. Ne racco gliamo qualcuno dall'aspetto più smunto, ma i posti son pochi, e la prudenza vuole che li ri serbiamo per i feriti. Tuttigli ospedali da campo, troppo vicini ormai alla linea di fuoco, stanno sgombrando, e i loro mezzi di trasporto sono di gran lunga inadeguati alla bisogita; gli ufficiali medici restano tutto il giorno di fazione in mezzo alla strada, aspettando il passaggio di una prov videnziale ambulanza. Qualche volta le circo stanze sono più forti di ogni buona volontà, e si vedono dei feriti, anche gravi, che vagano da soli, da soli agonizzano e muoiono.

Mi ricordo di uno che, sulla via di Latisana, seminudo, avvolto in una coperta, la testa fa sciata di bende sanguinanti, procedeva barcol lando e implorando dalle innumerevoli vetture che lo sfioravano col mozzo della ruota, la ca rità di un posto. Ma i conducenti facevano il sordo, intenti a scappare il più presto possi bile, poichè se più disgustoso è l'egoismo dei fe lici, l'egoismo dei disgraziati è più spietato. Noi eravamo stracarichi; il capitano M. fermd un'am bulanza , fece scendere dei soldati di sanità in columi, e mise il ferito al loro posto.

E due sciagurati austriaci che sulla mede sima strada si trascinavano penosamente, appog giandosi al bastone? Vestiti con la zimarra tur china dell'ospedale, emaciati, pallidi da far pau ra, gemevano nel loro incompreso idioma una nenia straziante: quei due nemici, perduti in mezzo ad una moltitudine ostile o indifferente, supplicanti inutilmente in nome di una umanità che può aspettarsi dal vincitore ma che nel vinto è sublime eccezione, mi fecero più pena dei miei stessi compagni. Si capiva che i nostri medici, vuotando in fretta e furia l'ospedale, avevano creduto di provvedere per il meglio col lasciarli alle cure dei loro sopravvenienti connazionali: ma i due austriaci, sia che avessero qualche conto da rendere alla giustizia del loro paese, sia che cedessero all'istinto che rende orribile all'uomo la solitudine, si ostinavano a voler rimanere con noi, e con le loro gambe paralitiche tentavano di seguire il frenetico galoppo della ritirata. Forse c'è un contagio della fuga come c'è un contagio della paura.

I paesi che attraversiamo sono già in parte spo polati. Le case con le porte e le finestre sbar

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