DALMAZIA UNA CRONACA PER LA STORIA 1941 PARTE 1

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STATO

MA G G I OR E UFFICIO

DEL L' ES E R C I T O

STOR I CO

ODDONE TALPO

DALMAZIA UNA CRONACA PER LA STORIA (1941)

Parte 1

ROMA1995

l . Dalmai:ia


PROPRIETÀ LETTERARIA Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione anche parziale senza autorizzazione © Copyright: by Stato Maggiore Esercito Ufficio Storico l'edizione • Roma 1985 Ristampa · Roma 1995

Nuovo STUDIO TECNA • Via Monte Pollino, 2 - Te!. 06/87 l 8 25 54 · ROMA 1995


"L'audacia diindirizzarvi il mio appello, la dà il con1egno cavalleresco e wrianitario dell'.Ese!cito italiano, che dopo la vittoria militare, ne ha conseguiio una maggiore, tratiando con cavalleresca umanità i.I nemi.c o vinto, salvando dal massacro centinaia di -migliaia di vite innocenti e rispettando la dignità umana. dei vina ti, ed ha con ciò guadagnato la stima più profonda e la riconoscenza di questi. Noi ·restiamo fedeli alla no.stra terra sventurata, ma siamo certi. che, per generazfoni dopo la guerra, tutto il popolo ricorderà la magn;nimi(à italiana". · · · · Da una let tera dell 'e.>.<:dcputato alla Skups1i11a Dobroslav J evdiv ié, ad una 'Eccelkn.za' , probabilmeme il. generale Renio Dalmazzo· Spalato, 26 sellembre 1941.



INDI C E



Presentazione

Pag.

V

Prefazione

»

VII

Premessa.

»

XI

Avvertenze

»

XIII

CAPITOLO I

L'ASSEDIO DI ZARA E LA CONQUISTA DI TENÌN -

Precedenti politico-militari .

Pag.

3

-

Gli apprestamenti difensivi di Zara e quelli jugoslavi

»

4

-

I giorni dell'attesa e lo sfollamento dei cittadini italiani dalla Dalmazia

))

10

»

19

.

-

Le giornate dell'assedio

-

Le operazioni offensive delle Truppe 'Zara'

»

31

-

La conquista di Tenìn.

»

42

-

Note

»

63

Pag.

103

n. 2 - Bando n. 1 del gen. Emilio Giglioli con cui annuncia che il territorio di Zara è zona di operazioni - Zara, 6 aprile 1941 .

»

104

n. 3 - Bando n. 2 del gen. Emilio Giglioli con cui annuncia di aver assunto, a Zara, i poteri civili e militari - Zara, 6 aprile 1941

»

105

n. 4 - Proclama alla popolazione di Zara del prefetto Giovanni Zattera - Zara, 6 aprile 1941

»

106

n. 5 - Bando n. 3 del gen. Emilio Giglioii per la tutela dell'ordine pubblico - Zara, 6 aprile 1941 .

»

107

DOCUMENTI Il.

l - Ordine del giorno del gen. Emilio Giglioli alle truppe del presidio di Zara - Zara 6 aprile 1941


I 160

n.

Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

6 - Proclama alla popolazione di Zara del Direttorio della Federazione fascista - Zara, 6 aprile ·1941 .

Pag.

108

7 - Proclama alla popolazione di Zara del podestà Giovanni Salghetti Orioli - Zara, 6 aprile 1941.

»

108

8 - Invito del commissario prefettizio all'U.N.P.A., Eugenio Dario Rustia-Traine, per l'arruolamento volontario nelle squadre di protezione - Zara, 6 aprile 1941

»

109

9 - Ordine del giorno del col. Eugenio Morra alle truppe del 'Fronte a terra' di Zara

»

llO

n. 10 - Preavviso del gen. Emilio Giglioli per la costituzione di una colonna d'attacco con obiettivo Bencovazzo (Benkovac). - Zara, 11 aprile 1941

»

lll

n. 11 - Ordine di operazione n. l - Ore 15.30- Zara, 11 aprile 1941

»

112

n. 12 - Ordine di operazione n. 2 - Ore 20.00 - Zara, 11 aprile 1941

»

114

n. 13 - Ordine di operazione n. 3 - Ore 22.45 - Zara, 12 aprile 1941

»

ll6

n. 14 - Ordine di operazione n. 4- Ore 10.15-Zara, 14 aprile 1941

»

118

n. 15 - Ordine di operazione n. 5 - Ore 18.10 - Zara, 14 aprile 1941

»

120

n. 16 - Ordine di operazione del maggiore Andrea Badini, comandante del 'Fronte a mare' di Zara, per l'occupazione dell'isola di Melàda- Zara, 13 aprile 1941.

»

121

n. 17 - Ordine di operazione del ten. col. Giovanni Nurra, comandante interinale, per l 'occupazione della costa a sud di Zara - Zara, 14 aprile 1941

»

122

n. 18 - Ordine del giorno n. 2 del gen. Emilio Giglioli alle truppe del presidio di Zara.

»

124

n .. 19 - Richiesta di chiarimenti del Sottocapo di S.M., gen. Rossi, a Supermarina circa il parziale sgombero della popolazione civile di Zara :. Zara, 6 aprile 1941.

»

125

n. n.

n.


1161

Indice

n. 20 - Risposta del Capo di S.M. della M_arina in merito al parziale sgombero della popolazione civile a Zara e Làgosta

Pag.

126

n. 21 - Fonogramma circa i movimenti e gli obiettivi delle unità tedesche in Jugoslavia - Ore 23,45 - Senza località, 12 aprile I 941

))

128

n. 22 - Relazioné del gen. Emilio Giglioli sullo svolgimento delle operazioni dal 27 marzo al 14 aprile 1941 - Zara, 18 aprile 1941 .

))

129

n. 23 - Relazione del Comando truppe 'Zara' sulla occupazione delle isole - Zara, senza data

))

135

n. 24 - Relazione del Coma ndante fed erale della G .I.L. di Zara, Athos Bartolucci, al Comando Generale a Roma, sull' impiego degli organizzati durante l'assedio di Zara - Zara, senza data .

))

1,38

n. 25 - T esto del discorso pronunciato dal Segretario federaie di Zara, Athos Bartolucci, alla popolazione di Zara - Zara, 15 aprile 1941

))

140

))

141

n. 26 -. Messaggio inviato a Mussolini dalle a utorità di Zara - Zara, 15 aprile 1941 CAPITOLO Il

L'OCCUPAZIONE DELLA DALMAZIA ED IL COMMISSARIATO CIV ILE

La nomina del Commissario civile e la situazione in Dalmazia.

Pag.

145

Le direttive per il Commissario civile

))

149

Reazioni ed avvenimenti a Spalato , Ragusa, Cattaro

))

155

Gli interventi del Commissario civile .

»

164

Il ritorno degli italiani in Dalmazia - Il problema alimen-. ta re e la disoccupazione

))

172

L'orientamento verso l'Ital ia dei serbo-ortodossi.

»

180

li problema ustascia e l'atteggiamento dei croati .

»

188


Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

1162

Le ripercussioni in Dalmazia degli Accordi di Roma - La fine del Commissariato civile -

Pag.

198

»

205

1 - 'Appunto' per il Duce sull'organizzazione amministrativa della Dalmazia - Roma, 20 aprile 1941

Pag.

235

2 - Istruzioni del gen. Vittorio Ambrosio, comandante della 2• Armata, al Commissario civile per l'espletamento degli incarichi - P.M. °10, 17 aprile 1941.

»

237

3 - Ulteriori istruzioni del gen. Ambrosio al Commissario civile - P .M. 10, 26 aprile 1941

»

239

4 - Istruzioni del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, sulla dipendenza dei commissari civili per le zone slovene e dalmate - Roma, 29 aprile 1941

»

243

5 - Rela-zione a Mussolini del Commissario civile, Athos Bartolucci, al compimento del suo incarico - Zara, 26 aprile 1941

»

244

6 - Relazione del contr.amm. Vittorio E. Tognelli sulla · occupazione della base navale di Sebenico - Senza località, 12 giugno 1965

»

253

7 - Relazione del cap. di vasc. Gastone Minotti sulla occupazione della base navale jugoslava di Cattaro .

»

255

8 - Relazione dell'am111-. Oscar Di Giamberardino sulla occupazione delle isole dalmate - Spalato, 28 aprile 1941

»

258

»

265

»

272

»

275

Note

DOCUMENTI n. n.

n. n.

n.

n.

n. n.

n.

9 - Relazione del console generale Luigi Arduini sulla

situazione a Spalato - Spalato, 8 maggio 1941 n. 10 - Relazione del console Giorgio Tiberi sulla situazione a Ragusa - Ragusa, 26 aprile 1941 .

n. 11. - Relazione dell'ispettore nazionale del P .N.F., Giorgio Suppiej, sulla situazione in Dalmazia ~Spalato, 1 maggio 1941


Indice

1163

n. 12 - Telegrammi a Mussolini del ministro per le comunicazioni, Giovanni Host Venturi sui problemi di Spalato - Spalato, 4 maggio 1941

Pag.

277

n. 13 - 'Appunto' per Mussolini del sen. Alessandro Dudàn che trasmette una lettera del sen. Antonio Tacconi, commissario straordinario al comune di Spalato, sulla situazione in Croazia - Roma, 12 aprile 1941

»

279

n. 14 - 'Appunto' per Mussolini del sen. Alessandro Dudàn sulla petizione di 100 000 serbi per essere annessi all'Italia - Roma, 9 maggio 1941

»

281

n. 15 - Messaggio a Mussolini del consigliere nazionale Nicolò Luxardo e del podestà di Zara Giovanni Saighetti Drioli, con cui chiedono che alla città sia ridato il ruolo di capitale amministrativa della Dalmazia - Zara, 5 maggio I 941

»

2-8-3-

»

286

»

288

n. 16 - Messaggio a Mussolini degli italiani di Ragusa che, pur disillusi per la mancata annessione della città all'Italia, confermano la loro fede nella Patria - Ragusa, senza data n. 17 - Segnalazione del ministero dell'interno circa la situazione nella Dalmazia settentrionale - Roma, 13 giugno 1941

.

CAPITOLO Ili

NEGOZIATI DIPLOMATICI E QUESTIONI LEGISLATIVE PER L'ANNESSIONE DELLA DALMAZ~A

Il disaccordo fra Roma e Berlino sulla creazione dello Stato indipendente di C roazia .

Pag.

293

La posizione di Mussolini ed il riconoscimento dello Stato croato

»

302

La spartizione della Jugoslavia

))

309

I negoziati di Lubiana e l'incontro di Monfalcone

»

316

L'unione doganale-monetaria con la Croazia e gli Accordi di Roma

))

324


1164

Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

Il decreto-legge per l'annessione della Dalmazia Note

Pag.

329

»

339

Pag.

365

DOCUMENTI n. n.

- Schema per la delimitazione dei nuovi confini orientali dell'Italia - Senza località, 17 aprile 1941 2 - Pro memoria per Mussolini del ministro per le co-

municazioni, Giovanni Host Venturi, sulla organizzazione politica ed amministrativa del nuovo Stato di Croazia - Roma, 18 aprile 1941 .

»

366

3 - Lettera di Ante Pavelié a Mussolini - Zagabria, 18 aprile l941 .

»

369

circa le lagnànze di Pavelié per il comportamento delle truppe italiane in Dalmazia - Zagabria, 21 aprile 1941

»

370

5 - Telegramma dell'incaricato d'affari a Zagabria, Raffaele Casertano, circa le reazioni del Governo croato dopo le richieste territoriali poste da Ciano durante l'incontro di Lubiana - Zagabria, 27 aprile 1941

»

372

»

373

7 - Telegramma di Ciano al ministero della guerra circa i rapporti con lo Stato croato - Roma, 4 maggio 1941

»

374

8 - Telegramma di Ante Pavelié a Mussolini per il regime particolare da dare a Spalato - Zagabria, 5 maggio 1941

»

375

Zagabria, Raffaele Casertano, sulla questione di Spalato - Roma, 5 maggio. 1941 .

»

377

n. IO - Telegramma di Casertano, circa un miglioramento nella situazione interna dello Stato di Croazia - Zagabrià, 15 maggio 1941

»

378

n. n.

n.

n.

4 - Relazione del console Giovanni Gobbi, da Zagabria,

6 - 'Appunto' per Ciano del sottosegretario di Stato alla

Marina, ammiraglio Riccardi, sulle cessioni del litorale dalmata allo Stato croato - Roma, 30 .aprile 1941

n. n.

n.

9 - Telegramma d'istruzioni per l'incaricato d'affari a


1165

Indice

n. 11 - Testo del protocollo segreto in materia economica, firmato fra il Governo germanico e quello croato - Zagabria, 16 maggio 1941 .

Pag.

380

n. 12 - Relazione a Mussolini di Donato Menichella dopo la fallita missione presso Pavelié per la realizzazione d'una unione doganale e monetaria fra l'Italia e Croazia - Roma, 17 maggio 1941

»

382

n. 13 - Ordine del gen. Renzo Dalmazzo, comandante del VI Corpo d'armata, per la costituzione di una "linea di vigilanza" ai confini della Dalmazia - Spalato, 24 giugno 1941

»

386

.. ~gravarsi della n. 14 - Telegra~ma di Casertano, situazione in Croazia - Zagabria, 24 maggio 1941

»

388

n. 15 - Telegramma di Casertano, sull'invadenza tedesca in Croazia - Zagabria; 27 maggio 1941

»

389



PRESENTAZIONE

L'impegno della r Armata in Croazia, durante il corso de/l'ultima guerra, è un argomento ancora non molto approfondito e merita di essere studiato poiché, in quel settore, le unità italiane vennero a trovarsi nelle più complesse situazioni militari e politiche che non ebbero riscontro su alcuna delle altre fronti. Militarmente, conclusa la rapida campagna contro la Jugoslavia, le unità italiane ritenevano di dover presidiare una larga parte del nuovo Regno di Croazia per consentire ad Ante Pavelié di rafforzare il proprio Governo. Invece - dapprima - dovettero assistere impotenti, per precisi ordini di Roma, alle persecuzioni degli "ustascia" (croato-cattolici) contro i serboortodossi; quindi intervenire fra le parti in contesa per frenare gli aggressori e tutelare i perseguitati, e subito dopo per contenere le reazioni di questi ultimi che, eostituitisi in bande per la difesa della. propria sopravvivenza, passarono alle ritorsioni e alle vendette. Mentre i soldati della 2 a Armata - poi trasformata nel Comando Superiore delle F.A. Slovenia-Dalmazia - si prodigavano nella loro opera pacificatrice, nacque il movimento partigiano di Tito che stravolse, con la sua determinata durezza, ogni situazione. Efu la guerra. Guerra contro gli "ustascia", guerra contro i "cetnici" (serbo-ortodossi), ma soprattutto guerra indiscriminata contro il soldato italiano. Guerra senza un fronte, guerra d'attentati nelle città, di agguati nei paesi, d'imboscate lungo le strade, che logorarono sanguinosamente i reparti italiani con migliaia di caduti; e per prevenire, per normalizzare, per sedare, per difendersi, il soldato dovette far uso del diritto di guerra. Su questo sfondo, nel volume, sono stati portati in primo piano gli aspetti politici tutt'altro che cordiali fra Roma e Zagabria, inquinati sin dai primi momenti dalla duplicità dell'azione diplomatica dei tedeschi, sempre più aggressiva ed invadente. Ma, trattando di questi argomenti, non poteva mancare uno studio forse per la prima volta intrapreso con una certa sistematica - su quella particolare struttura che venne data ai territori della Dalmazia annessi a/l'Italia, cioè il Governatorato. Una istituzione che viene i/lustrata nella sua genesi,


VI

Dalmazia • Una cronaca per la storia (aprile-dicembre· 1941)

nelle sue attività amministrative, sociali, politiche, nelle sue realizzazioni, nelle manchevolezze. L'opera completa arriverà sino alla fine del 1944. L'esposizione in questo volume sijerma agli inizi del 1942 proponendo, a base della narrazione, una copiosissima serie di note ed un elevato numero di documenti allegati ad ogni capitolo che, precisando la fonte dei fatti, delle notizie, dei dati, consentono al lettore di trarre le proprie conclusioni su argomenti ed avvenimenti che - in gran parte sconosciuti o poco noti - pur tuttavia costituiscono un capitolo della storia d'Italia sul quale ci sembra doveroso meditare. Per queste ragioni l'Ufficio Storico ha ritenuto di pubblicare l'opera, sia per l'interesse storico, sia quale riscontro di molti luoghi comuni che circondano ancora la meritoria opera dell'Esercito italiano in quello scacchiere. L'autore- l'avvocato Oddone Talpo - è un profondo conoscitore degli avvenimenti ed un attento ed obiettivo studioso dell'area in cui si svolsero. Egli è infatti nato a Zara. Laureato in giurisprudenza a Roma ed in scienze politiche a Padova, è stato funzionario della Camera dei deputati, segretario delle Commissioni Difesa, Interni e Giustizia, vice direttore infine dello Ufficio Studi e Legislazione della Camera. Durante la seconda guerra mondiale ha combattuto quale ufficiale dell'8° reggimento bersaglieri in Africa settentrionale, meritando una M.B. V.M. sul campo. IL CAPO UFFICIO STORICO


PREFAZIONE

Nel quadro delle opere edite dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito, questa di Oddone Talpo occupa indubbiamente un posto par• ticolare. Il lettore non si trova di fronte né ad uno dei consueti studi-relazione sulle operazioni militari su un dato fronte né ad uno studio storico-tecnico su una deteqninata unità e neppure ad un'opera a carattere divulgativocommemorativo; né, infine, nonostante la ricchezza della documentazione riprodotta alla fine di ogni capitolo, ad una di quelle edizioni di fonti che l'Ufficio Storico ha molto opportunamente iniziato recentemente con la pubblicazione dei verbali delle riunioni tenute negli anni della seconda guerra mondiale dal Capo di Stato Maggiore Generale e che proseguiranno con queJla del Diario storico del Comando Supremo e con l'edizione integrale (allegati compresi) del diario del maresciallo Cavallero. L'opera di Oddone Talpo, come avverte in un certo senso il sottotitolo: "Una cr9naca per la storia", e come risulta evidente già ad una sommaria scorsa dell'indice, è qualcosa di diverso. È sì una ricostruzione delle operazioni militari in Dalmazia dal 1941 al 1944, ma lo è in una prospettiva, con un taglio diversi, assai meno tecnici di quelli adottati nelle altre opere edite dall'Ufficio Storico dell'Esercito. Tra le quali, del resto, già ne esiste una, quella di Salvatore Loì dedicata alle operazioni militari in Jugoslavia nel 1941-43, edita nel 1978, nella quale le operazioni in Dalmazia hanno già avuto una prima adeguata trattazione. E, per di più, le operazioni militari sono solo uno degli aspetti della ricostruzione del Talpo e, tutto sommato, neppure il più rilevante a ben vedere. Parallelamente ad esso infatti il Talpo affronta tutta una serie di altri aspetti connessi all'occupazione italiana della Dalmazia durante la seconda guerra mondiale, da quelli economico-sociali a quelli amministrativi, da quelli giudiziari a quelli scolastici, ecc., a quelli - ai quali tutti i singoli aspetti affrontati in maggiore o minore misura si ricollegano - più propriamente ed immediatamente politici e "politico-diplomatici", da lui visti - come scrive nella premessa a questo primo volume - avendo come sfondo "l'ambiguità e l'instabilità dei rapporti fra Roma e il Governo di Zagabria, i contrasti nelle valutazioni fra i Comandi militari italiani ed i nostri rappresentanti diplomatici a Zagabria, l'equivoco di un alleato-nemico (i croati) e di un avversario-amico (i serbi), le . stragi commesse dagli ustascia, la reazione armata degli ortodossi, gli obiettivi


VIII

Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre /941)

dei cetnici, il movimento partigiano". E, dulcis in fundo, i sempre più difficili rapporti tra Roma e Berlino. Una prospettiva, un taglio che, pur cercando l'autore di tenersi il più possibile ben saldo al suo tema, la Dalmazia negli anni 1941-44, non gli permettono ovviamente di circoscrivere sempre il suo discorso né alla sola Dalmazia né al solo periodo in questione e lo inducono ad allargarlo per singoli aspetti all'intera realtà jugoslava degli anni della seconda guerra mondiale e talvolta anche all'indietro, sia in relazione sempre alla realtà ,politica jugoslava sia per quanto concerne le relazioni italo-jugoslave. Padroneggiare una materia così vasta, complessa e spinosa e sulla quale manca quasi completamente una letteratura storica degna di questo nome alla quale rifarsi in qualche misura, almeno per singole questioni, non è certo impresa facile. Non lo sarebbe per nessuno ed ovviamente non lo è per il Talpo che storico "di mestiere" non è, e che a questo lavoro è giunto sotto lo stimolo di un complesso di interessi e di motivazioni tra i quali un posto certo non secondario ha la "pietas" per la sua terra di origine. Un fatto questo assai importante per comprendere la genesi di quest'opera e con essa certi suoi limiti, ma anche i suoi pregi. Pregi che, a nostro avviso, sono assai superiori dei suoi limiti e che ne fanno un contributo storico importante, per taluni aspetti prezioso, e che bene, dunque, l'Ufficio Storico dell'Esercito ha fatto ad inserire tra le sue pubblicazioni. A quarant'anni dalla fine della seconda guerra mondiale, scomparsa &ran parte dei suoi protagonisti maggiori e buona parte anche di quelli minori, senza volto diremmo, placatesi quasi completamente le contrapposte passioni d'allora (almeno tra coloro che le hanno vissute), si sente ormai sempre più viva la necessità di un'effettiva storicizzazione delle sue vicende, senza reticenze, emotività, preocctwazioni d'indole politica, così come avviene per ogni fase storica ormai conclusa. Questo è indubbiamente l'obiettivo che la storiografia, spesso in ritardo rispetto all'evoluzione delle coscienze e al desiderio di verità delle nuove generazioni, deve porsi e, nella sua par'te migliore, concretamente si po~e. Dire questo non vuol per altro dire che si debba rinunciare a quei contributi che, data la loro origine particolare, possono aiutare a capire meglio quelle vicende e ciò soprattutto sotto il profilo degli stat[ d'animo e culturali (in senso proprio e in senso antropologico) che di quelle vicende furono parte integrante e talvolta importante, persino decisiva, anche se spesso oggi noi non li sentiamo più nostri, e ci è difficile persino capirli, e li rifiutiamo. E a maggior ragione se questi contributi (Qggi ancora possibili, fra pochi anni non più) ci sono proposti senza protervia e consapevole volontà


IX

Prefazione

di presentare le cose secondo il proprio punto di vista, ma, al contrario, con animo onesto e sincero, come è il caso, appunto, di quest'opera di Oddone Talpo. Di un uomo indubbiamente legato all'idea di u·na Dalmazia italiana, ma, tutto sommato, desideroso ormai non di combattere una nuova battaglia irredentista, ma di non lasciar disperdere e di raccogliere le ultime testimonianze delle vicende della "sua" (erra e dell'ultimo momento durante il quale la sua idea gli era sembrata potersi realizzare. Il tutto, per di più, Io abbiamo già detto, senza pretesa di ergersi a storico, ma limitandosi al ruolo di una sorta di cronista, di raccoglitore di documenti (ufficiali e privati) per una futura storia. Un cronista, nei limiti del possibile, non solo documentato al massimo, ma che della documentazione che considera più importante e significativa tiene a dare in appendice ai vari capitoli il testo integrale, in modo che ognuno possa ace.edere ad essa senza la mediazione della utilizzazione da lui fattane nel corso della sua· esposizione. Come è facile capire, un'opera così concepita difficilmente avrebbe trovato, per la sua mole, là minuzia della ricostruzione e la particolarità del tema, possibilità di venire alla luce presso un editore di tipo commerciale. Dopo quanto abbiamo detto, è anche facile capire che, a nostro avviso, ciò, sul piano degli studi, avrebbe costit4ito un fatto negativo. Sicché, in conclusione, non possiamo che ribadire il nostro compiacimento per la capacità di concreta valutazione del suo interesse e per l'apertura dimostrate dall'U fficio Storico dell'Esercito facendosene editore. RENZO DE FELICE



PREMESSA

In questo primo volume ho cercato di ricostruire con una documentata narrazione quanto è avvenuto in Dalmazia dall'aprile al dicembre 1941. Il lavoro, nel complesso, arriverà sino alla fine del 1944, proponendo all'attenzione del lettore i fatti e gli avvenimenti che si sono accavallati in quella terra. durante il periodo della sua annessione all'Italia. Sullo sfondo, l'ambiguità e l'instabilità dei rapporti fra Roma ed il Governo di Zagabria, i contrasti nelle valutazioni fra i Comandi militari italiani ed i nostri rappresentanti diplom~tici a Zagabria, l'equivoco di un alleatonemico (i croati) e di un avversario-amtco (i serbi), le stragi commesse dagli ustascia, la reazione armata degli ortodossi, gf1 obiettivi dei cetnici, il movimento partigiano. Si tratta di avvenimenti jn genere poco noti o, se non anche, sconosciuti ma ricostruibili attraverso documenti d'archivio che, durante anni di ricerche ho trovato, analizzato, confrontato, e che mi sono apparsi di un così vivo interesse per tante ignorate pagine della nostra storia, da indurmi, grazie alla sensibile, signorile disponibilità dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito, alla loro pubblicazione in un'organica esposizione.

.•

.

Mi sono avvalso, principalmente, di documenti inediti conservati presso l'Archivio Centrale dello Stato, gli Uffici storici degli Stati Maggiori dell'Aeronautica, dell'Esercito, della Marina, l'Archivio storico-diplomatico del Ministero degli affari esteri, la Biblioteca della Camera dei Deputati, aiutato dalla cortesia e dalla collaborazione dei direttori e dei funzionari ai quali sono particolarmente riconoscente per l'aiuto che mi hanno dato e la competenza con la quale mi hanno guidato. Ho esaminato i non molti lavori di autori italiani su quel periodo - fondamentali i volumi del prof. Salvatore Loi, "Le Operazioni delle Unità italiane in Jugoslavia (1941-1943)" e del prof. Gian Nicola Amoretti, '·'La vicenda italo-croata nei documenti di Aimone di Savoia (1941-1943)" - ed i principali giornali italiani dell'epoca, soprattutto quelli pubblicati in Dalmazia, come il San Marco! di Zara che mutò la testata in Giornale di Dalmazia, il San Marco!-Edizione di Spalato al quale subentrò li Popolo di Spalato ed il giornale edito a Cattaro, Le Bocche di Cattaro.


XII

Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile~icembre 1941)

Ho dato al testo un carattere strettamente espositivo, quasi una cronaca, riportando con una certa larghezza passi ed incisi di documenti in modo da conservare, il piÚ possibile, integro il clima di quei momenti che, sotto molti aspetti, oggi si sentono lontani e possono apparire superati. Trattandosi di 'fatti' che si riferiscono ad un 'allora', volutamente ho limitato commenti e considerazioni per non influire sul giudizio del lettore. Nell'elaborazione, specie del primo capitolo, mi sono avvalso anche dei ricordi di alcune persone che nelraprile 1941, rimasero a Zara o presero parte alle operazioni militari. Ad essi il mio sincero grazie¡ per Ja loro collaborazione. Ma un grazie tutto particolare va a] prof. TuJlio Chiarioni che, con non indifferente impegno, ha sottoposto il testo ad un'attenta e puntuale revisione critica e formale , oltre a controllare l'esattezza dei toponimi e dei termini slavi. Un cordiale ringraziamento all'ing. Renzo Lodoli che ha inteso leggere il lavoro dandomi opportuni suggerimenti, ed alle soreJle Nora e Nedda ed a mia moglie Maria Teresa per aver affrontato con grande pazienza il non semplice lavoro di dattilografia, ed a Mrs. Maureen Turnbull per il suo prezioso lavoro di ricerca presso gli archivi di Londra. ODDONE TALPO Roma, 1977- 1984.


AVVERTENZE

I. Nel contesto del lavoro sono state usate le seguenti abbreviazioni : A. C. S.

- Archivio Centrale dello Stato

D.F.G.P.

- Documents on German Foreign Policy

M. A. E. - A. S. D.

- Ministero degli {lffari esteri - Archivio Storico diplomatico

n.d.a.

- Nota dell'autore

V. S. - S. M. A.

- Ufficio Storico Stato Maggior€' Aeronautica

V. S. - S. M. E.

- Ufficio Storico Stato Maggiore Esercito

U.S. - S.M.M.

- Ufficio Storico Stato Maggiore Marina.

2. Nel testo i nomi ed i toponimi slavi sono scritti con i relativi segni diacritici seguendo l'ortografia oggi usuale nelle regioni delJa Jugoslavia ove s'adopera l'alfabeto latino. Per le lettere che assumono valore diverso da quello consueto in ital iano, e per le lettere provviste di segni diacritici, diamo alcune indicazioni della loro pronuncia: c

come la 'z' sorda (cosidetta aspra) nella parola 'speranza';

é

come la 'c' palatale toscana nella parola 'pace';

C come suono palatale più tenue come nella parola 'vicino' pronunciata da non toscani; è-

come la 'g' nella parola 'gente';

dj facendo sentire separati i due elementi 'd' e 'j'; dz facendo sentire uniti i due elementi 'd' e 'z', con un suono simile

a quello della 'g' nella pronuncia toscana delJa parola 'dugento'; g

come il suono 'g' nella parola 'gabbia';

k

come il suono 'c' nella parola 'caro';

lj

come il suono 'gl' n,s:Ua parola 'gli';

nj come il suono 'gn' nella parola 'pegno'; s

come la 's' sorda, cosidetta aspra, nella parola 'suono' ma spesso più intensa e paragonabile alla doppia 'ss' italiana nelJa parola 'basso';


XIV

Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

S

come la 'se' nella parola 'scena';

z

come la 's' sonora, cosidetta dolce, nella parola 'rosa';

Z

come la 'j' nella parola francese 'jour'.

Si avverte, tuttavia, che nei testi in lingua serbo-croata meno recenti, ad esempio nelle fonti del periodo austro-ungarico, non di rado si trovano grafie alternative, specialmente 'dj' od anche 'gj' in luogo di·~,. Vedi: Gjevrske - Djevrske - Bevrske. 3. Nei documenti e nelle loro parti riprodotte, i termini slavi sono stati trascritti aggiungendo i segni diacritici dove mancavano, e correggendo i nomi ed i toponimi scritti in modo errato. 4. Per indicare i seguaci del partito di Pavelié si è usata la forma italiana corrente di 'ustascia', invariata anche al plurale. Nei documenti, tale termine ricorre anche nelle forme improprie di 'ustase', 'ustasa', 'ustasi', 'ustagi', 'ustage'. 5. Per i toponimi si sono usate di preferenza le forme italiane che, in Dalmazia, costituiscono le denominazioni tradizionali e storicamente consolidate delle-varie località, mentre il corrispondente termine slavo è stato posto di seguito, tra parentesi, quando la diversità tra forma italiana e quella slava risulta sensibile: Accorgimento ch e è stato applicato specialmente per le località minori, mentre per i centri più noti, come Sebenico, Spalato, Ragusa, ecc. si è evitato di appesantire il test© con altri riferimenti.


CAPITOLO I

L'ASSEDIO DI ZARA E LA CONQUISTA DI TENÃŒN



PRECEDENTI POLITICO-MILITARI

Allo scoppio della prima guer ra mondiale, la città di Zara si trovava sotto la dominazione austro-ungarica, ed era l'ultimo comune della Dalmazia ancora retto da un podestà italiano o>. La snazionalizzazione perseguita da Vienna sin dal 1866, privilegiando in quei cinquant'anni la componente slava dell'impero a danno delle popolazioni italiane, aveva consenti to ai croati di conquistare progressivamente gli ottanta e più comuni della Dalmazia con amministrazione italiana <2l. Quello di Zara venne sciolto il 3 I maggio del 19 I6 per ragioni di sicurezza di Stato, ed affidato all'imperialregio commissario, Matteo Skarié. L'Italia, il 24 maggio del 1915, entrò in guerra dopo aver sottoscritto il 26 aprile con la Francia, l'Inghilterra e la Russia, un complesso di reciproche garanzie segrete, note come il "Patto di Londra". L'Italia si assunse l'impegno d'iniziare le ostilità entro un mese dalla firma del Patto e di non sottoscrivere alcuna pace separa ta durante il conflitto . In corrispettivo, a guerra vinta, le altre potenze firmatarie le garantivano, nel settore adriatico, il possesso dell'Istria, della Dalmazia centrale con le citlà di Zara e Sebenico, le isole antistanti ed il gruppo più meridionale delle Curzolane <3>. Con la battaglia di Vittorio Veneto, che militarmente determinò il crollo degli imperi centrali, l'Italia - prima fra le potenze dell' Intesa nel concludere vittoriosamente la guerra <4> - aveva pienamente adempiuto agli obblighi del Patto di Londra. Francia ed Inghilterra, invece - scomparsa la Russia durante il conflillo - non ten nero fede agli impegni assunti ed a'i le garanzie prestate. Nel complesso gioco degli interessi che si scontrarono durante la Conferenza della pace a Pa rigi <5>, non ritennero di opporsi alla politica di Wilson, tenace paladino del nuovo Stato dei serbi-croati-sloveni (S.H .S.), sorto con caotica improvvisazione dal disfacimento dell'Austria <6>. Conseguentemente, fra italiani e slavi si pose la questione adriatica che, irrisolta a Versailles nel 1919, venne negoziata l'anno successivo direttamente fra Roma e Belgrado e conclusa il 12 novem bre 1920 con il Trattato di Rapallo (7), frettolosamente approvato dal Parlamento italia no il 17 dicembre dello stesso anno <8>. La stretta successione di queste due date indica quale fosse l'orientamento del Governo italiano , che intese chiudere - come possibile e quanto prima - la vertenza adriatica. Nel corso delle trattative con gli slavi, manca ndo una volontà politica non sollqnto nell'affermare ma


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Dalmazia · Unu cronaca per la s/oria (aprile-dicembre 1941)

anche nel difendere fondamentali e ben legittimi diritti, all'Italia rimasero, di tutta la Dalmazia del Patto di Londra, il solo comune di Zara - cinquantadue chilometri quadrati di territorio, chiusi da ogni lato dal confine con il Regno S.H.S. - e l'isola di Làgosta <9>. Da un punto di vista politico, specie negli anni trenta Zara ebbe una progressiva rilevanza; con la eccentricità del suo isolamento sottolineava la proiezione dei diritti dell'Italia sulla Dalmazia e, nel contempo, costituiva un valido punto di riferimento per le migliaia di italiani irredenti rimasti nelle altre città dalmate <10>. Militarmente, invece, in caso di conflitto con lo Stato S.H.S. - che nel 1929 avrebbe assunto la denominazione di Regno di Jugoslavia <11 > - la posizione della città era considerata insostenibile, tanto che lo Stato Maggiore italiano, nei suoi piani, ne aveva previsto l'abbandono. Verso il 1930 le alte sfere militari mutarono orientamento e, particolarmente per iniziativa del colonnello Giovanni Messe, poi Maresciallo d'Italia, comandante dal I 927 al 1935 del 9° reggimento bersaglieri di stanza a Zara, valutarono l'opportunità di trasformare il territorio in una testa di ponte ma a carattere prevalentemente difensivo.

GLI APPRESTAMENTI DIFENSIVI DI ZARA E QUELLI JUGOSLAVI Cominciò così a sorgere la cinta fortificata, con postazioni per mitragliatrici in torrette blindate ed in caverne, creando una fascia protettiva all'esterno di una nuova strada militare di arroccamento, con doppio ordine di reticolati. Le opere erano notevoli, ma forse non sufficienti per assicurare il tempo necessario allo sbarco d'una divisione di fanteria, che doveva giungere dalle Marche, ed alla conquista delle isole antistanti da parte del battaglione da sbarco "San Marco" <12>, per portare lontano dalla città la linea di contatto con l'avversario e tenere aperti i collegamenti con l'Adriatico. Nell'autunno del 1939 il generale di brigata Carlo Rivolta, assunto il comando delle 'Truppe Zara', riesaminò la capacità della linea di resistenza in relazione al còmpito che avrebbe dovuto assolvere. Iniziò un periodo di studi, di nuovi lavori, di preparazione dei piani di dettaglio, organicamente inseriti in una nuova e più completa planimetria generale del campo trincerato <13 >. Nel 1940 vennero intensificati i lavori. La linea difensiva fu integrata con postazioni a forma di cupola - le 7 000 - più funzionali, seminterrate, difendibili anche a tergo, capaci di reggere al bombardamento di grossi calibri. La linea, in alcuni punti, ormai correva a ridosso del rnnfine.


L'Assedio di Zara e lo conquisro di Tenìn

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Vennero posti in opera chilometri e chilometri di reticolati, «un immenso merletto a sagoma di bavero» <14>; costruite postazioni a cielo aperto per la difesa ravvicinata delle opere; capisaldi; riservette; ostacoli a nticarro ed antiuomo; cortine; sbarramenti; alloggiamenti in caverna per intere compagnie con riserve di viveri e munizioni. Per mesi e mesi le truppe e specializzate imprese civili ci 51 furo no impegnate in un duro e defatigante lavoro. II I 8 agosto del 1940, in sostituzione del generale Rivolta, arrivò a Zara il generale di brigata Emilio Giglioli <161 • All'inizio del 1941 il complesso delle opere aveva trasformato il primitivo sistema difensivo in un robusto ed articolato campo trincerato, ritenuto capace di resistere sino all'arrivo dei rinforzi dalla Penisola, ed eventualmente di tras formarsi in base di partenza per proiezioni offensive. Dall'analisi del terr eno antistante, dalla valutazione della probabile gravitazione delle truppe jugoslave, dalia stessa configurazione del campo trincerato, il comando 'Truppe Zara' stimava che, in caso di attacco, il nemico avrebbe prevalentemente impegnato la parte meridionale dello schieramento, anche perché un' azione lungo quella direttrice poteva essere sostenuta dal mare con l'impiego di naviglio sottile, di base a Sebenico. In questa previsione, la linea di resi stenza del settore di sud-est (capisaldi 'Le Piastre' - 'Cimitero' - 'Val San Clemente') apparve troppo arretrata e, pochi mesi prima del conflitto, ne venne costruita una più avanzata con i nuovi capisaldi di 'Mal paga' , ' Barbarici' e 'Molo dei Calli ani' <17 > che, posti direttamente a ridosso del confine, rinforzavano quella probal;>ile zona di meno difficile penetrazione <18>. La nuova linea fu attrezzata con estrema ~apidità, ma allo scop pio delle ostilità era ancora incompleta , specialmente nel caposaldo 'Molo dei Calliani' , dove fu possibile stendere un solo ordine di reticolati, senza alcun collegamento protettivo fra le opere <19>. Schematicamente, il campo trincerato poteva essere rappresentato da tre archi di cerchio a raggi ineguali, concentrici su Zara <20 >. Sui valichi di frontiera, dieci casermette <21 > in cemento armato, affidal e ai carabinieri, forma lment e per il controllo del traffico ma, militarmente, per l'osservazione e l'allarme. Quindi l'arco esterno che, identificandosi in alcuni tratti con il confine di Stato, costituiva la linea di sicurezza. Più a rretrata, secondo l'andamento delle rugosità del terreno cui era ancorata, quella di resistenza. ln fine la linea d'arresto, che nella parte meridionale distava circa millecinquecento metri da quella antistante di resistenza, ma verso oriente e verso nord-est progressivamente le si avvicinava, tanto da accomunarsi nel tratto settentrionale. Per questo motivo, e per il fatto che le linee - più che altro teoriche, data la limitatezza dello spazio - érano raccordate fra loro, il complesso veni, a cumulativamente indicato come zona o posizione di resistenza.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre /941)

Nell'aprile del 1941, il campo trincerato si articolava nel 'fronte a terra' e nel 'fronte a mare'. Il primo era diviso in tre settori (da nord a nordest il 'Diaz', ad est il 'Cacio ma', a sud-est il 'Rismonçlo'), ciascuno affidato alla difesa di un omonimo battaglione su tre compagnie mitraglieri ed una fucilieri, oltre ad un battaglione mitraglieri da posizione <22>, ripartito per compagnie nei tre settori. Il 'Cadorna', inoltre, era rinforzato dalla compagnia mitraglieri della coorte autonoma di Zara della 107a legione della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (M. V .S.N.) ed il 'Rismondo' dalla quarta compagnia mitraglieri di posizione. La massa di manovra era costituita dal battaglione bersaglieri ciclisti 'Zara', da una compagnia meccanizzata di carri L/3 e dalle compagnie fucilieri, una per ciascuna dei tre battaglioni, 'Diaz', 'Cadorna' e 'Rismondo'. Adeguati i servizi, da quello del genio al sanitario, ai depositi, ai magazzini, al centro reclutamento, alla cosidetta 'base secondaria Z'. Arretrato, al centro dello schieramento, quasi a ridosso dei rioni orientali della dttà, un reggimento d'artiglieria su quattro gruppi: il 'Chiarle' , il 'Fadini', l"Ederle' ed il 'CIII'. Avanzata sul lato orientale della linea di resistenza, una batteria da 65/17, ed altre due nel settore di sud-est. Pezzi anticarro guardavano le provenienze del fascio di strade che dall'entroterra confluivano su Zara. La difesa antiaerea era affidata al III gruppo della Milizia d'artiglieria contraerea (M.A.C.) su tre batterie, di cui unà rn postazione quasi al centro del senore 'Cadorna' (località Belvedere), con compiti esclusivamente antiaerei, mentre le altre due, che si trovavano in riva al mare - a Puntamica ed alle Colovare - avevano prevalentem~nte còmpito antinave ed antisbarco, e sussidiariamente antiaereo. Pertanto, queste ultime venivano a far parte del 'fronte a mare' che, in linea d'aria, dal confine di Diclo a nord a quello di Sant'Elena a sud~est , aveva circa nove chilomet.ri di sv iluppo, ma con un andamento della costa piuttosto frastagliato, ed era affidato alla difesa di un battaglione su due compagnie mitraglieri. Prima dello scoppio delle ostilità con la Jugoslavia, il Comando Marina, riunendo gli uomini non indispensabili agli altri servizi ed aggregandovi il personale della Capitaneria di Porto e militi della portuale, costituì una compagnia di formazione l 23 >, assegnata come rinforzo al 'fronte a mare', e mise in postazione una batteria da sbarco a Puntamica <24 >. Tuttavia questo settore, a con front o del 'fronte a terra', rappresentava il Iato meno robust0 del campo trincerato, anche se appoggiato dalle due batterie della M.A.C. e da un pontone armato della Marina, il G.M. 240 <25 l . Dopo l'inizio delle ostilità, a Borgo Erizzo (rione a sud-est di Zara) vennero messi in postazione due pezzi da 105/17, ed in città uno di eguale calibro all'angolo fra la Riva Nuova e la Riva Derna. Ma, tenendo conto che la tecnica degli sbarchi non era ancora sviluppata, e che lungo il mare


L'Assedio di Zara e la conquista di Tenin

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esisteva una quasi ininterrotta fila di "case, - potenziali fort-itizi non appena sgomberate dagli abitanti - anche il 'fronte a mare', con il concorso dell' artiglieria dei 'fronte a terra', poteva ritenersi protetto. Al 31 marzo, la forza delle 'Truppe Zara' ammontava a 8 043 uomini, di cui presenti 7 121 C26) ma, a seguito del telegramma dello Stato Maggiore, con cui veniva comunicato che «Ministero guerra autorizza richiamo [d'J autorità militari in congedo classe di richiamo previsto» <27>, dal 1° aprile vennero mobilitati non meno di settecento fra ufficiali , sottufficiali e soldati di Zara. Quelli che non furono assegnati organicamente ai reparti, formarono la 'compagnia dei richiamati', da impiegarsi solo in caso di ultima resistenza dentro l'abitato della città <28>. Nel loro complesso, le truppe non erano delle più omogenee. Gli zaratini richiamati, privi di addestramento, fecero il possibile per inserirsi a pieno titolo nei compiti dei reparti; furono affidati agli 'anziani' , in massima parte emiliani, marchigiani e veneti , capaci, istruiti, conoscitori di ogni dettaglio, più volte richiamati ed amalgamati con l'ambiente, avendo da tempo superato la preoccupazione di sapere che fra loro e le fami glie c'era l'Adriatico. La pesantezza ed il logoramento di mesi di lavoro fra le petraie delle fortificazio ni, la ripetizione dell'istruzio ni sino all'automatismo, la monotonia d'un ritmo forzatamente eguale nell'addestramento, la consapevol~zza della capacità difensiva delle opere dalle quali erano protetti, pur determinando nei periodi normali un condizionamento che a seconda dei tem peramenti poteva andare da una forma d'adattamento fiducioso a quella d'una'.· rassegnata indifferenza <29> passava, ora, in secondo piano per l'eccitazione propria di chi si sentiva diventare pr otagonista d'un evento per .il quale era stato preparato. C'era, inoltre, lo scaglione delle reclute. Erano giunte a gennaio e stavano ancora smaltendo quel senso di destabilizzante sorpresa, quasi inevitabile in chi, per la prima volta, arrivando a Zara, si rendeva improvvisamente conto dell'esigua estensione del territorio, con alle spalle un mare che non offriva appigli. A fine marzo, p ur non avendo completato l'addestramento <30>, erano state inviate sulla cinta fortificata, assimilando lo spirito degli anziani . Situazioni analoghe, anche. se su piani diversi, fra gli ufficiali . Il precipitare degli eventi, lo sfollamento della popolazione, il non aver ancora supera to le difficoltà psicologiche di un servizio a Zara, influirono su qualche ufficiale arrivato al reparto da poche settimane, e immediatamente richiamato dal generale Giglioli alle responsabilità del compito <31 >. Negli altri ufficiali un senso di obiettiva valutazione e di determinata sicurezza, particolarmente fra quelli di Zara e fra coloro che erano più direttamente inseriti nel clima politico di quegli anni.


(J ~ ipkm Il territorio italiano di Zara nell'aprile 1941


l'Assedio di Zara e la conquista di Tenìn

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Circa la tenuta del campo trincerato, la truppa era generalmente fiduciosa. Per alcuni ufficiali, sussisteva qualche riserva, poiché la difesa si basava rigidamente sull'incrocio fisso dei fuochi delle mitragliatrici sistemate in postazioni coperte. Il tiro batteva tutta la fronte, senza soluzioni di continuità e senza apprezzabili angoli morti; ma essi ritenevano. che la neutralizzazione o l'accecamento con ostacoli (carri armati) anche di una sola postazione avrebbe favorito la creazione di varchi dove il nemico, incuneandosi fra le opere, sarebbe stato contrastato solo da armi leggere allo scoperto <32>. Altri ufficiali, invece, ritenevano che un avversario tanto improvvido da buttarsi nell'intrico del campo trincerato, anche se avesse conseguito dei successi eliminando qualche centro di fuoco, sarebbe rimasto bloccato m>. La sorte volle che la cinta fortificata non venisse sottoposta ad alcuna prova, per cui il problema della sua effettiva capacità d'arresto rimase teorico; d'altra parte, per una valutazione obiettiva della sua difendibilità, si sarebbe dovuto tener conto del livello di conoscenza che l'avversario aveva degli apprestamenti poiché, addosso ad ufficiali jugoslavi, pof fatt{ prigionieri, furono trovate carte topografiche con un tracciato abbastanza preciso della sistemazione difensiva di Zara. Topograficamente, la posizione della città era delle meno favorevoli. Dal lato a mare, ad una distanza di cinque chilometri, il triplice cordone d'isole appartenenti alla Jugoslavia, con rilievi collinosi intorno ai duecento metri, che sbarravano l 'accesso ali' Adriatico; dietro le isole e nei canali interni, potevano concentrarsi e muoversi naviglio sottile, uomini e mezzi, senza essere avvistati dalla città. Agevole, invece, per .gli jugoslavi, il controllo dell'intero territorio di Zara dall'osservatorio sul monte San Michele (Sv. Mihovil, quota 265) nell'isola di Ugliano (Ugljan); dal castello veneziano, in cima al colle, si vede ancor oggi ogni movimento lungo le rive di Zara e sulle strade che leggermente in salita portano nell'entroterra. Sulla terra 0 ferma, a nord-est, il confine distava dal centro della 'città circa otto chilometri e mezzo; ad est cinque chilometri ed a sud-est intorno ai nove; da questo lato, poco oltre il confine, esisteva un altro osservatorio jllgoslavo - Monte Croce (Kriz, quota 156) - dal quale si domina, come da un balcone, sin nei minimi particolari, il porto di Zara. Questa estrema limitatezza del territorio escludeva qualsiasi, difesa di Zara in caso di attacco aereo per la materiale impossibilità di dare tempestivamente l'allarme. Il più vicino campo d 'aviazione jugoslavo in terraferma, quello di Mostar, a duecentoventi chilometri di distanza, era sede del 7° reggimento da bombardamento, con ventiquattro aerei di cui venti S.79 di produzione italiana, e del 52° gruppo autonomo da caccia con diciotto veivoli <34>. A cento chilometri, cioè a venticinque minuti di volo, vi era


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

l'idroscalo· di Divuglie (Divulje) prèsso Traù, sede del Comando aviazione della Marina jugoslava, con due squadriglie idrovolanti da bombardamento, una da caccia e due da ricognizione <35)_ Ancor più vicini a Zara gl'idroscali di Vodizze (Vodice), Trebocconi (Tribunj) e di Slosella (Zlosela, oggi Pirovac), quest'ultimo a soli cinquanta chilometri. Per la difesa del cielo di Zara, all'aviazione jugoslava si contrapponevano gli apparecchi dell' aeroporto di Jesi, nelle Marche, a centosettantacinque chilometri di distanza. Intorno a Zara, da parte jugoslava era stata apprestata una sistemazione difensiva, anche se nel piano di guerra 'N. 40', elaborato nel I 940, era previsto «un rapido e forte attacco contro la base italiana di Zara. [... ] in modo da eliminare la minaccia da questa zona verso l'interno» <36l. Terminato il conflitto, a circa venti chilometri dal confine, venne identificata una prima linea di resistenza <37l, con uno sviluppo d'una trentina di chilometri. Più nell'interno, una seconda linea partiva dalla zona di Tenìn (Knin) <38l, seguiva il corso del fiume Cherca (Krka) sino a sud di Chistagne (Kistanje), per arrivare al mare vicino a Slosella. Le due linee erano munite - ma senza continuità - di opere in calcestruzzo, integrate con postazioni campali, in genere collegate da camminamenti o trincee. Più frequenti sui rilievi, con particolare sviluppo lungo le pendici di Monte Grosso (Debelo Brdo) e su due alture a cavallo della strada che dai Ponti di Brebério (Bribir) porta a Scardona (Skardin). Nell'insieme, questa sistemazione difensiva poteva apparire non molto consistente, data la discontinuità, ma integrandosi con gli ostacoli naturali del terre!1o, specialmente con le 'masiere' <39l - ottime per l'arresto ed utili pP.r il defilamento nell'attacco - il coraplesso veniva ad assumere una certa validità. I GIORNI DELL'ATTESA E LO SFOLLAMENTO DEI CITTADINI ITALIANI DALLA DALMAZIA Nella notte del 27 marzo 1941, il generale Dusan Simovié c4oJ, a Belgrado, portava a compimento il colpo di Stato, defenestrando il Governo Cvetkovié <41 l che, due giorni prima a Vienna, firmando l'adesione al Patto Tripartito <42> aveva allineato la Jugoslavia alla politica del!' Asse. L'iniziativa, perfettamente pianificata ed attuata, nello spazio di poche ore de-. terminò la caduta del Governo, travolse la Reggenza del principe Paolo, fece ascendere al trono !'ancor minorennt Pietro II, e ventiquattro ore dopo, la nuova situazione si ripercosse sul confine di Zara. Il comandante delle 'Truppe Zara', nelle primissime ore del 28 marzo ricevette dallo Stato Maggiore dell'esercito l'ordine di far rioccupare la cinta fortificata della città <43 >; dall'entrata in guerra dell'Italia (10 giugno 1940), era la seconda volta che i soldati, a Zara, assumevano lo schieramento


L'Assedio di Zara e la conquista di Tenìn

li

difensivo già tenuto dal 6 giugno al I O dicembre del I940 <44>. Da parte loro, gli jugoslavi, alle 11 .30 chiusero i confini c45 >_ Nessuno poteva entrare a Zara ma, non avendo le a utorità italiane àdottato un'analogo provvedimento, era ancora possibile uscire, sempre che i 'graniciari' (cr. granicari, guardie confinarie jugoslave) lo avessero consentito. Nel pomeriggio, inoltre, il generale Giglioli diramò l'ordine di sospendere la libera uscita <46>. D al rientro in caserma dei soldati, sollecitati da apposite ronde, la popolazione, che aveva appreso dalla radio quanto stavà accadendo a Belgrado, cominciò ad avvertire, se pur ancora vagamente, che qualche cosa stava maturando. Gli zaratini, abituati alla vita di fron'tiera , mantenevano la calma. Unica preoccupazione la continuità dei collegamenti con la Penisola. Se gli avvenimenti avessero seguìto la ineluttabilità della loro logica, c'era ben poco da sperare nella regolarità delle comunicazioni marittime: per Fiume e p er Trieste, si navigava per quara ntaquattro miglia - da Zara .fino a Lussino - in mezzo ad isole jugoslave; per Ancona, le comunicazioni erano da tempo saltuarie; con i porti delle Puglie, sospese; finché fosse durato , restava il collegamento aereo. Il generale Giglioli, a seguito della chiusura della frontiera da parte jugoslava, aveva fatto presente al VI Corpo d'Armata (con sede a Bologna), da cui dipendevano le 'Truppe Zara ', l'opportunità di «chiuderla a nche da parte nostra» <47 ) e - in base ai primi dati raccolti dal servizio informazioni - riferiva che erano stati individuati «movimenti di truppe (jugoslave - n.d.a.] di una certa entità da Monte Croce verso Malpaga e Bibinje, ad est di Monte Secco, a Murvizza ed a Briscevo <48>», nonché la partenza per i centri di mobilitazione di Bencovazzo (Benk ovac) e di Tenìn di millecinquecento uomini dell'isola di Ugliano. I reparti, abbandonate le caserme, raggiunsero le dislocazioni sulla cinta. II comandante delle 'Truppe Zara', il colonnello Eugenio Morra comandante del ' fron te a terra', quello dell 'artiglieria colonnello Giovanni Nurra, il capita no Vincenzo Luberto al quale era affidato il genio, trasferirono i rispettivi comandi tattid nell'opera 'Toti' C49>, ma il generale Giglioli, insofferent e del chiuso, poco dopo optò per una villa vicina <50>. Nel corso della notte, si ebbero ulteriori notizie sulle t ruppe jugos lave, ed allo Stato Mag- ·· giore fu comunicato che reparti «provenienti da Benkovac con artiglierie ed in assetto di guerra» si erano schierati «lungo tutta la linea fortificata Pridraga-Nadin-Torrette» c51 >, distaccando elementi a Zemonico (Zemunik), Scabergne (Skabrnje), San Cassiano (Sukosan) e Stani. Qualche pezzo d'artiglieria era stato messo in postazione a Smocovich (~mokovié) ed a Gràdina (quota 266). Dal vaglio dei dati appariva che gli jugoslavi stavano procedendo all'attestamento dei reparti prevalentemente lungo la linea di resistenza


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più vicina a Zara, con gravitazione in corrispondenza dei settori 'Cadorna' e 'Rismondo'. A notte, le vedette impegnate a scrutare oltre confine, registrarono «attività notevole [... ] di automezzi e fotoelettriche e di mezzi ottici» <52>. Con sabato 29 marzo, la città non vide la caratteristica affluenza dei contadini d'oltre frontiera, ed il merca·to rimase quasi vuoto. Anche il Canale di Zara apparve deserto, senza l'usuale traffico delle barche a remi ed a vela - le gaete - che giornalmente portavano a Zara gli abitanti delle isole <53>. · Il generale Giglioli, in attesa di ricevere disposizioni circa la chiusura del confine, ordinò al battaglione del genio di sbarrare le rotabili che portavano oltre frontiera, pur consentendo il traffico pedonale e, al varco di Madonna della Rovere (Babindub), anc~e quello automobilistico <54l. Il prefetto Giovanni Zattera convocò le autqrità di Zara (il consigliere nazionale Nicolò Luxardo, il vice federale poiché il federale era a Roma, il preside della pro~incia, il podestà, il provveditore agli studi, il questore, il comandante dei carabinieri) per un esame della situazione e per i provvedimenti da prendere nel caso d'una concreta emergenza. Dal punto di vista alimentare, con sei mesi di scorte nei magazzini, non vi erano preoccupazioni <55>. Ma una protratta chiusura dei confini, qualora fossero venuti a manca.re i già ridotti collegamenti con la Penisola, avrebbe determinato intuibili carenze. Il rifornimento idrico dava meno a pensare, anche se la centrale dell'acquedotto si trovava fuori dalla cinta fortificata, quasi a ridosso del confine, perché - a cura dell'Ufficio fortificazioni del genio militare di Zara, sotto la direzione del capitano del genio Giacinto Gallo ~ era stato costruito un dissalatore marino l56l, verosimilm.ente uno dei primi in Europa. In porto, carica d'acqua potabile, la nave cisterna Lina Campanella. Mancava invece un'adeguata scorta di carburante, indispensabile per la centrale elettrica, per le pompe dell'acquedotto, per il dissalatore, per i frigoriferi dove erano conservati gli alimenti per le truppe e per la popolazione, benché il generale Giglioli da tempo stesse 'tempestando' con Roma <57l. Attivo il servizio informazioni: venne individuato a Bencovazzo il comando dell' 11 ° reggimento fanteria jugoslavo con due battaglioni, una batteria contraerea, una compagnia mitraglieri; a Nadino ed a Bigliane (Biljane), altri battaglioni dell' l l O fanteria, rispettivamente con il 52° ed il 45° battaglione lavoratori-, impegnati a rafforzare la parte centrale della prima linea di resistenza jugoslava. Fra Scabergne, Gràdina ·e Zaravecchia (Biograd na moru), due compagnie e due batterie di medio calibro . Sulla linea di sicurezza una compagnia ed una batteria antiaerea a Zemonico, una compagnia fra Murvizza (Murvica) e Polìsseno (Polesnik o Policnik), altri elementi a Nona (Nin), Stani e Draga <5~>.


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li 30 marzo la città si svegliò nel torpore della domenica. Le radio furono accese per tempo, in modo da non perdere il notiziario del mattino con quanto stava accadendo in Jugoslavia. Le dichiarazioni del generale Simovié, dopo la prima riunione del consiglio dei ministri, non tranquillizzavano. Davano a pensare le parole con cui aveva esortato·gli jugoslavi a desistere da manifestazioni che potevano rendere «più difficili i nostri rapporti [della Jugoslavia - n.d.a.) con gli Stati vicini», nonché l'invito «a non abbandonarsi ad azioni inconsulte e a non lasciarsi influenzare da nessuno» <59l. Questi appelli, posti in relazione alla nota d'una agenzia tedesca secondo cui a Belgrado avevano avuto luogo «dimostrazioni antitedesche, le quali non confermano per nulla l'impressione che motivi esclusiva. mente interni abbiano condotto alla caduta del Governo costituzionale» cr,O), erano argomento delle più svariate supposizioni. Sulla cinta difensiva i reparti rafforzavano le postazioni, ricontrollavano i piani di tiro, provavano i collegamenti, rivedevano il funzionamento delle armi, e questo complesso di attività faceva sentire ai soldati «l'avvicinarsi di importanti avvenimenti. Tutti ne sono entusiasti» <61 >. li giorno successivo (3 l marzo), si ebbe concretamente la sensazione della irreversibilità degli eventi. A firma del generale Roatta, capo di Stato Maggiore dell'esercito, era pervenuto l'ordine di porre in atto «sbarra~ento stradale e chiusura frontiera[ ... ] . In caso di ostilità da parte truppe jugoslave reagire immediatamente» <621 . IL generale Giglioli, avvertito il prefetto, impartì disposizioni al battaglione del genio per la «immediata chiusura con blocchi di cemento e putrelle di tutte le strade di accesso a Zara» .e per la «messa in opera degli sbarramenti con mine a pressione» <63 >. Il generale Roatta, inoltre, aveva inviato al comandante della 2• Armata, generale Vittorio Ambrosia, le 'Direttive per le operazioni contro la Jugoslavia', stabilendo fra l'altro che «le forze del presidio di Zara, per le quali non è previsto invio di rinforzi, passano - coine da disposizioni a parte alle dirette dipendenze di questo S.M. [Stato Maggiore - n.d.a.]. Ad esse è affidato compito esclusivamente difensivo» <641 . Si trattava, a parte fa diversa dipendenza operativa, di una profonda modificazione dei piani poiché in caso di conflitto, le 'Truppe Zara' avrebbero dovuto ricevere consistenti rinforzi l 651 . Non potendo più contare su alcun rincalzo, i compiti difensivi, anche per la stessa situazione topografica di Zara, si trasforma-vano in una difesa ad oltranza, coinvolgendo i ventimila abitanti della èittà .

Il generale Giglioli rappresentò allo Stato Maggiore le difficoltà in cui si sarebbe venuto a trovare se, durante un conflitto la popolazione fosse rimasta in città. In attesa delle istruzioni, pur non sapendo ancora su quali


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mezzi.di trasporto avrebbe potuto contare, d'accordo con il prefetto, predispose i piani per uno sfollamento volontario <66J. Trasferire ventimila persone, già per il numero, non era un'operazione molto semplice, e sarebbe stata attuabile soltanto fino al momento in cui le navi avessero potuto attraversare Io stretto di Punte Bianche, tra il Canale di Zara e l'Adriatico, passaggio obbligato completamente in mezzo ad isole in mano jugoslava <6 7>. Quindi, se si doveva provvedere ad uno sgombero, era indispensabile compierlo prima dell'inizio delle ostilità ma, ignorandone il momento, l'unica soluzione era quella d'intraprenderlo con la massima urgenza ! 68 >. Vennero affissi gli avvisi, con l'invito alla popolazione di trasferirsi in Penisola; il provveditore agli studi dispose la chiusura delle scuole; la federazione fa. scista attivò le organizzazioni maschi li e femminili ponendole a disposizione della prefettura, che coordinava le operazioni avvalendosi della questura, dei carabinieri, dei militi della protezione antiaerea (U.N.P.A.), dei vigili del fuoco, della Croce Rossa <69 >. Da quel momento, a Zara, ogni attività fu assorbita dalle operazioni di sfollaménto. Competeva alla prefettura programmare le partenze e sta_bilire le precedenze, soprattutto delle collettività, come quelle dei collegi, della colonia per gli orfani di guerra, delle orfanelle e, in primo luogo, i cronici dell'ospedale di 'San Matteo', i malati dell'Ospedale provinciale, i vecchi della casa di riposo 'San Francesco'. Mentre erano in corso questi preparativi, il I O aprile, lo Stato Maggiore dell'esercito confermò al generale Giglioli non soltanto l'ordine di chiudere il confine <10>, ma anche di «difendersi ad oltranza su posizioni previste con truppe in posto e senza fare assegnamento sui rinforzi» <71l_ Dal punto di vista militare la situazione era inequivocabilmente chiara: le 'Truppe Zara' erano sole e con le proprie fòrze. li reggimento d'artiglieria iniziò lo spolettamento di due unità di fuoco per tutti i calibri ; agli artiglieri venne distribuito il munizionamento individuale <72 >; la I • compagnia mista del genio perfezionò la posa in opera delle mine a pressione e dette inizio all'innescamento di quelle a strappo <7 3 >; sulle opere più avanzare della cinta furono collocati fari da trincea 174 l. I reparti progressivamente stavano entrando nel clima del confronto. Gli zaratini delle classi in congedo e quanti si sentivano ancora in grado di portare le armi, .urgevano per essere richiamati. Di fronte al silenzio ed alle risposte evasive delle autorità insistevano per formare reparti divolontari tanto che il generale Giglioli chiese istruzioni a Roma. La risposta pervenne, a firma Roatta: « Non si autorizza accettazione volon tari, perché coloro che appartengono classi previsto richiamo sono richiamati di autorità» P 5>_ Di conseguenza i mobilitati si presentarono alle caserme, ma anche


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i più anziani, gli esonerati, trovarono una soluzione: si recarono al comando della coorte aulonoma della 107 3 legione della milizia volontaria, e riuscirono ad indossare il grigio verde. Fra le centinaia di volontari, anche le autorità civili, dal prefetto al podestà; dal preside della provincia al direttore del locale giornale San Marco! <761: indossata la divisa di mili le, per ordine di Roma, rimasero ai loro posti di responsabilità. I più giovani quelli che non appartenevano ancora alle classi di leva, vennero mobilitati attraverso il comando della Gioventù italiana del Littorio (G.l.L.). Furono armati i giovani fascisti, i premilitari ed i preavieri.· Le giovani italiane e le donne fasciste vennero impiegate nelle strutture dì supporto l77 >; quelli che avevano scelto di restare furono inseriti nelle molteplici attività .connesse con la difesa di Zara: dal servizio in prima linea, ai compiti di retrovia, a quelli sanitari, di assistenza, dì pronto intervento P 8>. In città , nel clima di quei momenti, le notizie politiche alimentavano le discussioni, ed in tutti si rafforzava la convinzione che la guerra con la Jugoslavia fosse ormai questione di ore anche se quel l O aprile il console jugoslavo dottor Vladimiro Sokolovié, in seguito a richiesta del suo Governo ed autorizzazione del prefetto, era rientrato a Zara. Invece, da Roma un comunicato, nell'annunciare la partenza del ministro italiano da Belgrado, considerava il fatto «come un segno di peggioramento della situazione» (79 >. A sera, da Zara, partiva la motonave Lorenzo Marcello con i primi sfollati <80>. La chiusura dei confini aveva bloccato in città un centinaio di jugoslavi determinando il problema del loro controllo, specialmente in relazione alle norme di sicurezza in atto. Il genera le Giglioli, il 2 aprile, interessò Roma ed ebbe istruzioni di lasciare al confine, «sino a nuovo ordine, un varco aperto per consentire esodo di jugoslavi ed ingresso cittadini italiani e tedeschi» (81 >. In quello stesso giorno, l'Ufficio protezione antiaerea e difesa costiera del ministero della guerra, da Roma, diramava alle prefetture del Regno le direttive sulla 'Predisposizione per lo sgombero de lla frontiera orientale'. Gli abitanti d i Zara dovevano essere smistati d'aulorità nelle province di Ancona, Macerata, Ascoli Piceno e Teramo. Quelli di Làgosta, circa millecinquecento persone, con porto di sbarco Barletta, sarebbero stat i avviati in provincia di Foggia (821. Al ministero dell'interno competeva l'organizzazione del (<ricevimento degli sgomberati alle 'stazioni ed ai port i di marcia' e per il loro avviamento alle località di assorbimento designate, nonché· in tali località · per la sorveglianza morale e sanitaria. l'alloggio, l'igie,, ne, il vettovagliamento e la polizia» <83 l. Mentre era in corso lo sfollamento, ormai obbligatorio, a Zara si ebbe un altro movimento: quello dei contadini delle frazioni e dei casali compresi


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nel campo trincerato che, per evidenti ragioni d i sicurezza, non potevano restarvi inglobati . Circa tremila persone, con bestiame, carriaggi e masserizie, furono concentrate nelle scuole e nei rifugi antiaerei scavati dentro i bastioni veneti che chiudono la città dalla parte del porto <84>. Ogni contadino venne schedato con i nominativi della famiglia, la distinta delle bestie e d~i carri portati al seguito, di quanto lasciato sul posto <85>. Dal punto di vista militare, con gli zaratini richiamati venne costituita una compagnia di formazione, ed assegnata al settore 'Cadorna' <86>'. Il maggiore Andrea Badil}i, comandante del 'fronte a mare' informò il comando truppe che, a seguito ·d'una riunione indetta dal capitano di vascello Pier Filippo Lupinacci, comandante di Marina Zara, e con l'intervento del comandante di porto, del comandante del distaccamento della milizia portuale, il dispositivo del 'fronte a mare', in caso di allarme, sarebbe stato rinforzato da una compagnia di formazione su due plotoni di marinai e venti militi portuali, con il compito d'intervenire lungo le rive ed il porto della città. Altri diciassette marinai, con due sottufficiali, rilevati dal contingente di guardia ad una polveriera, sarebbero stati aggregati alla I a compagnia del 'fronte a mare' assieme ad una ventina di guardie di finanza C87 >. Mentre i comandi stavano grattando il fondo del barile, per ordine di Supermarina, venivano fatti partire da Zara la cannoniera Giovannini ed il piropeschereccio armato Morrhua con destinazione Pola <88>_ Lungo la cinta fortificata, il battaglione del genio procedeva alla messa in opera delle mine a strappo, operazione delicata per l'estrema pericolosità degli ordigni <89>. Il 5 aprile il console Sokolovié ed il vice-console j:µgoslavo Dragisa Glisié partirono da Zara. In città fu arrestata una spia j~goslava che, per timore ciel plotone d'esecuzione o per motivi politici, si trasformò in confidente, fornendo notizie sulle forze jugoslave intorno al confine <90l: da Bencovazzo a Smilcich (Smilcié), a San Cassiano vi sarebbero stati circa diciottomila uomini su tre colonne con artiglieria di medio e piccolo calibro; a Zaravecchia diciassette carri armati leggeri ed attesi altri cinque; le truppe, salvo un battaglione di bosniac·i ed un gruppo serbo di cetnici, erano costituite da croati; morale non elevato ; ufficiali non disposti ad attaccare ma soltanto a difendersi !91 >. Con l'obbligatorietà dello sgombero, il movimento delle navi, iniziato il I O aprile , era stato intensificato. Di sera, dalle rive oscurate, anche per sfuggire al controllo dell'osservatorio jugoslavo di Monte Croce, si susseguivano gli imbarchi. Marinai, carabinieri, soldat i, organizzati della federazione, assistevano i partenti; su ogni nave prestava servizio un medico <92>. Il tempo di scirocco tendeva al brutto. I piroscafi a luci spente, salpavano durante la notte; tornavano il giorno dopo, completamente vuoti, perché era vietato qualsiasi imbarco per Zara. Tuttavia, alcuni zaratini superarono


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il divieto <93 l. Il 5 a sera, da Fiume arrivò la motonave Abbazia con a bordo il segretario federale, ed un notevole carico di carburante l94l.

L'Abbazia, ultima ad arrivare, fu anche l'ultima a partire, concludendo quella stessa notte le operazioni di sfollamento. Con l'oscurità, in successione, erano salpate prima di mezzanotte la Stamira, I' Eridania e la Lauretta; poco dopo, nelle primissime ore del 6 aprile, dovevano partire il Lido e l'Abbazia <95 l. L'autorizzazione alle partenze veniva data dal comando Marina Zara, che teneva informato Supermarina; ma il radio, spedito alle 23.50, «Abbazia non partirà causa tempo pessimo [,] se migliorerà ore 4 dirigendo Pola» <96l, allarmò Roma, dato il ritmo con cui gli eventi stavano precipitando. Infatti, mentre Marina Zara spediva questo radio, il generale Giglioli - proprio alle 23.50 - riceveva dall'Ufficio operazioni dello Stato Maggiore dell'esercito, con precedenza assoluta su tutte le precedenze assolute, il telegramma numero 4711: «Decifri personalmente alt Inizio ostilità domattina sei ore sei alt Ricevuta telegrafica citando numero presente alt» 197>. Il fatto che l'Abbazia, con sfollati a bordo, proprio allo scoppio delle ostilità, potesse trovarsi in acque jugoslave, esposta ad ogni insidia di guerra, dall'affondamento alla cattura, costituiva un'eventualità che avrebbe fr! to sorgere pesanti dubbi sulla ponderatezza e tempestività delle decisioni 1 • un'operazione tanto delicata; senza contare le ripercussioni che una notizid del genere, sfuggendo al controllo della censura di guerra, avrebbe potute avere nella pubblica opinione. Perciò Supermarina ordinò a Marina Venezia d'accertare con urgenz« la posizione dell'Abbazia <98 >, nel timore che l'annunciata partenza per le 4 del mattino del 6 aprile, a sole due ore dall'apertura delle ostilità, stesse · a significare che Zara non era stata informata dell'imminenza delle operazioni contro la Jugoslavia. Marina Venezia, alle .4 .20, precisava che la motonave era partita da un'ora, ed assicurava che l'avviso circa l'inizio delle ostilità era stato tempest_ivamente trasmesso anche da Marina Pola a Marina Zara !99 l. li precipitare degli eventi aveva bruscamente interrotto le operazioni di sfollamento: erano state trasportate in Penisola circa dodicimila persone. Ma il sottocapo di Stato Maggiore dell'esercito, generale Rossi, quello stesso 6 aprile inviava a Supermarina una nota, mettendo in evidenza che da Làgosta, il piroscafo Galilea aveva sgomberato solamente centottanta persone, lasciandone a terra quasi un migliaio; che a Zara diecimila non erano state imbarcate e chiedeva, «tenuto conto[ ... ] della situazione contingente» - ostilità in atto - di «compiacersi comunicare se e quando si ritenga possibile completare lo sgombero della popolazione di Zara e di Làgosta, ed in caso


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affermativo quali disposizioni verrebbero date per gli ulteriori incombenti di competenza di questo Stato Maggiore» 0 00>. La domanda, più che un quesito, poneva una preoccupata constatazione di fatto e, qualora la sorte delle migliaia di civili rimasti oltre Adriatico fosse volta al peggio, avrebbe costituito un'attribuzione di responsabilità.

li capo di Stato Maggiore della marina rispose indicando analitìcamente il nominativo dei mezzi impiegati per lo sgombero di Zara, il numero dei viaggi effettuati, le date dei singqli movimenti . Per Làgosta, chiariva che il Galilea era arrivato in quel porto alle 9 del mattino del 5 aprile, ma «Marina Làgosta informava di abbandonare l'isola onde evitare eventuale rappres·aglia» e , conseguentemente, al piroscafo era stato dato l'ordine di partire alle alle 21 dello stesso giorno. «Per il momento, - concludeva Supermarina - date le caratteristiche di minabilità delle zone, non è possibile riprendere le operazioni di sgombero, a parte il fatto che esse darebbero luogo ad una operazione militare troppo complessa. Sarà tenuta presente tale esigenza quando lo sviluppo delle operazioni faccia apparire possibile l'attuazione» <1011 . Così, per quelli rimasti, non vi era più alcuna possibilità di partire; per quelli che avevano attrave rsato l'Adriatico (tormentato, l'ultima notte, da forte maltempo), superata la tensione del passaggio attraverso lò stretto di Punte Bianche, com inciava la vita del profugo. Ma, sin dallo sbarco, questa avventura fu confortata dall'efficienza organizzativa della popolazione di Ancona, guidata dal prefetto Tamburini ( J0 2 >. «Quando i profughi giungevano in Ancona ve ni vano accolti da un nugolo di dattilografe - vere 'hos tess' anre liueram - e quindi avviati ai treni già pronti[ ... ]. Alle varie stazioni di fermata[ ... ] il p'rofugo conosceva la sua destinazione[ ... }. Scendevano accolti da componenti ct·elle varie organizzazioni mobilitate [... ] . L 'accoglienza fu pari allo spirito patriottico di quel tempo» <1031_ Al comando 'Truppe Zara', dopo il telegramma che annunciava l'inizio delle osi ili1à, pervenne una nuova comunicazione: <<Sèguito precedente telegramma 4711 prime ore giorno sei aprile avranno inizio nostre azioni aeree su territorio jugoslavo alt Accusare ricevuta con parola 'Tevere'» <1<\.lJ. Le stazioni radiotelegrafiche della Marina, ad intervalli cominciarono a trasmettere come 'Avviso ai naviganti' che <de acque del mare Adriatico a nord del parallelo 41.50 (a1cezza della Testa del Gargano· n.d.a.J sono pericolose alla navigazione» (I O~i. Aveva inizio l' assedio di Zara. Unico collegamento con la Penisola il cavo celegrafico per Lussino-Trieste, che gli jugoslavi non furono in grado di interrompere, ed il ponte-radio con Monte Mario a Roma.


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LE GIORNATE DELL'ASSEDIO Con il 6 aprile, la città presentò un nuovo volto: i negozi per la massima parte chiusi, con i vetri delle mostre protette da tavoloni o strisce di carta antischegge; la facciata del Duomo di Sant' Anastasia coperta con sacchetti di sabbia; l'altar maggiore ingabbiato da una robusta protezione; i dipinti più preziosi - Carpaccio, Palma il Giovane, Vivarini - le raccolte dei vetri romani, gli oggetti più pregevoli del Museo archeologico, l'Arca argentea che nella chiesa di San Simeone ancor'oggi custodisce il Corpo del Santo, i manoscritti, le' pergamene, i codici della biblioteca 'Para via', trasferiti in luoghi sicuri e protetti (I 06l. Per le calli, sino al giorno prima vietate al transito dei veicoli, motociclisti porta-ordini. Sulla cinta fortificata, da anni interdetta ai cacciatori, la selvaggina che vi abbondava, improvvisamente scomparve. I soldati registrarono con curiosità non scevra da interpretazioni premonitive, l'inusitato fenomeno <10 1>. · Le stazioni dell'E.I.A.R. (Ente italiano audizioni radiofoniche) diramavano il comunicato del ministero degli affari esteri sugli avvenimenti che avevano portato all'apertura delle ostilità contro la Jugoslavia (I08>. Complesso ed articolato il proclama del Fùhrer alle Forze armate tedesche, che inquadrava il conflitto nella più vasta ottica politico-strategica dello scacchiere balcanico <109>. Queste notizie, con l'apertura delle ostilità, suscitarono entusiasmo tra le truppe, fiduciose nella capacità dei lor,R mezzi. Analogo entusiasmo nella cittadinanza perché alla coscienza del pericolo si sovrapponeva l'emozione di veder finalmente realizzata una speranza coltivata per olt re venti anni. Quella mattina, un gruppo di zaratini tolse la targa dalla sede del consolato jugoslavo <11 oi. Diffusa fra i soldati la convinzione d'una immediata azione jugoslava. Ma, al di là del confine nulla si muoveva. JI generale Giglioli, forse anche per rompere la tensione quasi ipnotica del telefono che lo collegava con lo Stato Maggiore a Roma, e dell'at tesa d'un primo atto di osti lità, si reèò ad ispezionare i reparti. Arrampicatosi sull'altana dell'osservatorio di Malpaga, vide a meno di cinquanta metri di distanza dall'altra parte del confine, un soldato jugoslavo che lo stava guardando «da sotto in su» <111 l. La sorte volle che nessun 'graniciaro' cogliesse la più che favo revole occasione per mettere fuori COll]battimento il comandante delle 'Truppe Zara' <112>. In base alla delega, firmata il 3 aprile da Mussolini quale comandante delle truppe operanti su tutte le fronti, il generale Giglioli, al momento dell'apertura delle ostilità, aveva assunto sul territorio di Zara i poteri militari e civili ! 113 >. Dopo le intese con il prefetto per risolvere il problema delle


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reciproche competenze (che si era no sovrapposte a seguito d'una disposizione di Mussolini per cui i prefetti, come tutte le altre autorità delle province comprese nelle zone dichiarate di operazio ne , dovevano restare ai loro posti), emanava un bando per annunciare l'entrata in vigore deHa legge marziale e la costituzione del tribunale militare di g uerra 11141 . Con un secondo bando rendeva noto d'aver assunto i poteri civili - praticamente, solo nominali - ed assicurava la popolazione «che questo glorioso lembo di italianità in Dalmazia sarà difeso ad oltranza» ( 1151 . Il terzo bando vietava gli assembramenti, imponeva il coprifuoco, regoiava l'orario d'apertura dei pubblici-esercizi, dava disposizioni per i casi di al larme aereo, di bombardamento, e riconfermava le norme sull'oscuramento <1161 • Agli ufficiali, ai sottufficiali , ai soldati, il generale, diramò l'ordine del giorno n. I, ricordando che «Zara sarà difesa da noi ad oltranza e, se sarà necessario, fino all'estremo sacrificio» <1171 • Nel suo Taccuino registrava I' «immenso entusiasmo» della truppa e degli ufficiali. Anche il colonnello Morra fece pervenire ai reparti del 'fronte a te rra' il proprio saluto: «Nostro compito è quello di sbarrare al nemico la strada d i Zara l---1- Giovani dei battaglioni 'Diaz', 'Cadorna', 'Rismondo', 'Zara ' , s·e rrate i ranghi e preparatevi a scrivere con l' azione la vostra sto ria» (JJRl . !manto, il ten. colonnello medico, Cesare Salvini, attivava i posri cli raccolta per i feriti di ramando le istruzioni per l'identi ficaz ione dei ·caduti 1119>; l' Educandato femminile di San Dernet rio, sotto la guida del tcn. colonnello medico Vincenzo Bella, che ne fu il direttore, venne attrezzato dal personale militare e dalle sorelle dc ll4 Croce Rossa in: ospeda le militare (120 >. Ritrasmesso dal comando della 2• Arma ta, cui era diretto, pervenne l'ordine di Mussolini : «Chiunque ripieghi senza ordini da una posizione che doveva essere difesa ad oltranza sarà passato immediatamente per le armi» (1 2 1, . Mentre il battaglione del genio completava !a posa in opera d elle mine a strappo 1122 >, su istruzioni del min istero dell'interno, i ciuadini j ugoslavi ancora a Zara, ven nero concentrati nel col legio ' Nicolò Tommaseo' so110 la sorveglianza d'un fun zionario della prefet1ura ( 123 1. Su i muri delle calli, dopo l'affissione dei bandi apparvero i proclami del prefet to «fie ro di rimanNe a capo di questa nobi lissima provincia anche nel solenne a uuale momento storico», del direttorio della federaz ione fa . scista, del podestà (1~41_ Il commissario prefettizio al comando provinciale della protezione ant iaerea (U.N.P.A.), invita\"3 quanti non richiamati o civilmente mobilitati ad arruola rsi «nelle squad re d i lavoro e di pronto intervento>> 112 ~1. I vigili del fuoco furo no impegnati a contro llare che i portoni e gl i ingress i delle abi tazioni cli quanti erano sfo llati, nella confusione


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della partenza, non fossero rimasti aperti. Prima di chiuderli, venivano ispezionate le stanze. Molti animali do.mestici, specialmente uccellini dimenticati nelle gabbie, guadagnarono la libertà <12_6>. Complesso il problema dell'assistenza ai contadini delle frazioni accampati in città. Si trattava di circa tremila persone cui provvedere, non facen do mancare ai piccoli il latte ormai di difficile reperimento, controllando l'igiene e la salute dei singoli. Infaticabile l'u fficiale sanitario del comune, dottor Fausto Nicolich, con la sua organizzazione. Per i pasti funzionavano le cucine dell'Ente comunale di assistenza (E.C.A.). Le suore ed il personale, mobilitati civilmente, venivano coadiuvate nella loro fatica da signore e signorine volontarie; i giovani fascisti provvedevano al trasporto delle casse di cottura <127 l_ Alla scuola 'Antonio Cippico', dove era raccolto un migliaio di contadini, la vice-comandante federale della G .I.L. , signora Fiorenza Giometti, con l'aiuto di giovani italiane e di donne fasciste dirette dalla signora Em ilia Calestani, si prodigava per provvedere alle necessità dei rurali, ed anche del bestiame raccolto nel piazzale. Nel corso di quella prima.giornata di guerra l'aviazione italiana aveva portato l'offesa lungo la costa dalmata, e l'ufficio intercettazione dello Stato Maggiore della marina, attraverso la decrittazione delle comunicazioni di servizio fra i comandi jugoslavi, di cui possedeva i codici, poteva accertare i risultati. A Spalato, danni limitati e poche vittime. Danneggiato il posamine Kristofor, mentre la nave salvataggio Spasilac, più volle colpita, risultava inutilizzabile. Gravi le tre incursioni su Cattaro, una alle 8 clfl mattino e due intorno alle 15. Pesanti danni alla centrale elettrica, reit~ratamente colpita, per cui era venuta a mancare la luce; colpito il bacino galleggiante; danni insignificanti all'arsenale; danneggiati due edifici della Scuola meccanici della marina jugoslava, di cui uno gravemente; notevoli distruzioni al parco macchine ed attrezzi dei vigili del fuoco; altre bombe sullo scivolo dell'idroscalo. Pesante il bilancio delle vitti me: cinquantadue morti e sessantatré feriti 1128>. · A Zara, la gente, ritirate le maschere antigas <129l, cominciò a prendere fa miliarità con i rifugi; «ci si consolava tutti insieme. Si dormiva poco, vestiti, seduti o distesi , così quà e là. Durante il giorno si usciva per ~ndare a casa, fare qualche cosa se possibile» <13oi_ Quanti avevano attrezzato la cantina a rifugio rimasero nelle proprie case. Altri, sottovalutando la realtà del pericolo, non si mossero, limitandosi ad incollare sui vetri delle finestre le strisce antischegge. Cominciò un periodo di vita irreale. Chi s'incontrava nelle calli deserte si salutava con particolare calore , quasi una tacita intesa, anche se non si erano mai conosciu ti . Ci s'informava di chi era partito, di chi era rimasto, dove prestava servizio. Il coprifuoco e l'oscuramento


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inducevano le persone a riunirsi in gruppi anche di famiglie diverse, per un istinto di solidarietà, per un conforto alla propria solitudine (13 1>. Con la prima notte di guerra, le sentinelle intensificarono Ja sorveglianza. Si vigilava specialmente lungo le rive, nel timore di colpi di mano; nelle calli il passo delle ronde. La mattina del 7, Padre Carvin, come di consueto, celebrò nella chiesa di San Francesco la prima messa della giornata. Trovò più fedeli del solito. Era l'istintiva ricerca di un conforto nella fede; molti, violando l'ultima ora del coprifuoco, avevano abbandonato i rifugi <132>. li San Marco!, quotidiano locale, ormai unico giornale in vendita a Zara, andava a ruba. Veniva letto e discusso il messaggio del dottor Ante Pavelié al popolo croato. Al di là del significato letterale, le parole «il popolo croato [... ] oggi riafferma solennemente la sua decisa volontà di staccarsi dalla Serbia, e di ricostruire l'antico Stato indipendente di Croazia» <133 ) suscitavano notevole diffidenza. Coloro che avevano vissuto i momenti della redenzione nel 1918, durante la prima occupazione della Dalmazia secondo gli impegni del Patto di Londra, ben ricordavano la disillusione della rinuncia perfezionata con il Trattato di Rapallo, dopo che dalla disintegrazione dell'Austria-Ungheria era sorto improvvisamente lo Stato dei ~erbicroati-sloveni, vanificando i diritti dell'Italia in Dalmazia. Legittimo, quindi, ogni sospetto sull'effettiva portata delle parole del quasi sconosciuto dottor Pavelié <134l. II turbamento trovò conforto nelle ultime parole d'un comunicato dell'Agenzia Stefani sulle operazioni militari al confine grecoalbanese e sulle azioni dell'aviazione italiana in Jugoslavia: «all'ordine dell'attacco, lo scatto evidente dei combattenti dell'aria, portava alta l'insegna, non mai offuscata, dell'irredentismo adriatico» <135>. Il bollettino di guerra, annunciava incursioni aeree su Spalato e Cattaro, con la perdita di due aerei. Dall'intercettazione dei messaggi jugoslavi risultò che un bombardiere italiano era stato abbattuto nel cielo di Spalato <136).

Sulla cinta fortificata permaneva la calma. Diverso il clima al Comando Truppe che, nel pomeriggio, cominciò a surriscaldarsi. L'ufficio intercettazione dello Stato Maggiore della marina a~eva captato un'ordine, impartito alle ore 15.05 dal Comando in Capo della marina jugoslava al comando costiero di Spalato ed a quello dell'aviazione di Divuglie: «Effettuate con i mezzi a disposizione attacco su Zara entrando subito in collegamento con il Comando idroscalo di Vulje [recte: Divulje]» !13 7). L'apprezzamento di questo ordine 'effettuate ... entrando subito' faceva ritenere che un attacco su Zara fosse imminente; che l'azione si sarebbe sviluppata, data la provenienza e la destinazione dell'ordine, con l'intervento di forze navali ed aeree.


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Lo Stato Maggiore dell'esercito, alle 17, ne dette notizia al Comando 'Truppe Zara' 0 38> che, dai nuovi dati, vedeva integrarsi nella logica di un'articolata operazione offensiva anche gli ammassamenti di truppe rinforzate da a liquo te di carri armati, già localizzate a Bencovazzo, Smilcich, San Cassiano. Tenendo conto che l'idroscalo di Divuglie, come la base d i Sebenico ed i concentramenti di truppe a San Cassia no, si trovavano a sudest di Zara, il generale Giglioli fece rinforzare questo settore del campo trincerato con «la messa in posizione di un pezzo da 47 a Molo Galliani [recte: Calliani], un pezzo da 20 ed uno da 75 all'argine del cimitero ed un pezzo da 75 a Boviborici [recte: Barbarici] tutti con compiti anticarro» <139>. Anche sul lato meridionale del fronte a mare vennero collocati due pezzi da 100/17 ed uno di eguale calibro in città, tra le tamerici del Monumento ai Caduti <140>. Al Comando Truppe le ore trascorrevano lente, scandite dal telefono della linea gialla <141 >, che collegava direttamente il generale Giglio li con lo Stato Maggiore a Roma, che lo teneva al corrente degli avvenimenti e dei provvedimenti adottati . A notte, in base ai dati più recenti sui movimenti delle truppe jugoslave, Superesercito comunicò che il mattino successivo avrebbe impiegato ·l'aviazione e chiese al generale di «precisare zone dove risultano agglomerati truppe» <142>. Poco dopo avvertiva che all' alba sarebbe stata effettuata un'esplorazione aerea «su zona Zara scopo avere maggiori elementi per agire conformemente necessità et obiett ivo», e che contemporaneamente sarebbero giunti «bombardieri et forte scorta caccia» <143>_ Mentre la caccia avrebbe effettuato il mitragliamento delle truppe, gli a ltri apparecchi sarebbero stati impiegati sulla base di Sebenico e sulPidroscalo di Trebocconi (T ribunj) . Durante la notte il Comando Truppe, ed i reparti della cinta furono posti in allarme. Senza che le sentinelle rilevassero alcun movimento, nel campo trincerato si registrò un susseguirsi di esplosioni. I soldati mantennero i nervi a posto e non vi fu alcuna sparatoria anche se i boati, ad intermittenza, proseguirono fino all 'alba. Con la luce del giorno (8 aprile),. carcasse di cani dilaniati sul terreno fecero comprendere che le deflagrazioni erano state determinate da animali randagi incappati nelle mine a strappo, alcune esplose per contatto, altre per simpatia. Ne erano scoppiate quarantotto; troppe, perché fra i soldati non sorgesse il dubbio che quei cani, inesistenti dalla scomparsa della selvaggina; fossero stati sospinti d'oltre frontiera <144>_ Data una spiegazione, anche se non molto convincente a quanto avvenuto, il Comando Truppe si mise in attesa del preannunciato arrivo cieli' aviazione. Ma il cielo restava inesplicabilmente vuoto. Alle 8.25 il generale Giglioli avvertì l'Ufficio operazioni dello Stato Maggiore che, sino a quel momento, non si era visto alcun aereo <1451 ; lo Stato Maggiore interessò lo


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Stato Maggiore Generale ponendo in evidenza che, da Zara, si «riteneva urgente [... ] intervento su obiettivi segnalati perché da osservazioni et indizi risultano evidenti preparativi di attacco» <146>, e subito dopo avrebbe precisato che «Comando Truppe segnala la necessità che nostra aviazione sia particolarmente imponente sopra Benkovac. Segnala inoltre che mitragliamento est poco efficace mentre est preferibile spezzonamento. Infine per ragioni di ordine morale riterrebbe molto opportuno visite per quanto possibile frequenti della aviazione su cielo Zara» <147>. Mentre queste informazioni rimbalzavano fra gli Alti Comandi, le preoccupazioni del Comando Truppe furono confermate da una comunicazione del S .l. M . (Servizio informazioni militari), che alle I I del mattino dava al generale Giglioli il seguente quadro della situazione immediatamente oltre confine: «Circa 18 000 uomini in movimento verso Zara su tre colonne. Una lungo la strada Benkovac-Zara proveniente da Biljane [. .. ] la p iù forte lungo)a litoranea da Sukosan (San Cassiano)-Zara [. .. ] una intermedia proveniente dalla zona di Nadin>} 11481. Queste notizie trovavano riscontro nei dati forniti da un maggiore jugoslavo che, disertando, si era consegnato ai soldati italiani . Sembrava che l'investimento del campo trincerato fosse ormai imminente <149 >. Ma, verso mezzogiorno , otro bombardieri e nove caccia italiani solcarono il cielo di Zara puntando su Brisevo (Brisevo) e Murvizza (Murvièa), seguiti da altri sei caccia e da un bombardiere, qll!indi ancora sei apparecchi verso Cosino (Kozin), Diclo (Diklo) e sul monte San Michele nell'isola· di Ugliano (ISO>. Al Comando Truppe 1a' tensione si allentò, ed i soldati, vedendo gli aerei, si sentirono rinfrancati <151 >. Il passaggio degli apparecchi continuò ad ondate sino a met à pomeriggio con << mitragli.amento spezzonamento delle truppe nemiche nella immediata vicinanza della linea di confine» 1152 >, condizionando lo sviluppo dell'azione jugoslava. Unica offesa nemica, un'incursione aerea, d i limitato effetto sul porto di Zara. La .Jugoslavia disponeva d ' una linea di volo costituita in gran parte da aerei di produzione italiana e tedesca. Diveniva quindi estremamente problematico, se non impossibile, individuare la nazionalità dalle sagome tanto che, sin dal 5 aprile, lo Stato Maggiore aveva comunicato che «velivoli italiani tutte specia)ità escluso scafo saranno contraddist\nti colorazione gialla at cofani motore [..·.] . Velivo li germanici contraddistinti da stesso colore 'avvolgente anche p iani di coda alt Provvedimento adottato perché Jugoslavia impiega veli,·oli italiani e germanici precedentemente acquistati» <153 l. A questo GOncreto inconveniente, per Zara si aggiungeva l'impossibilità di dare tempestivamente l'allarme. Per di più gli jugoslavi, se l' Italia conosceva il loro cifrario, non ignoravano i segnali di riconoscimento dell'aviazione italiana.


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Così, verso le 14.15, in mezzo al frequente passaggio di aerei italiani sulla verticale di Zara, due apparecchi nemici con la stessa rotta d'avvicinamento, e che «secondo la comunicazione della M.A.C. avevano fallo la fumata di riconoscimento» <154>, spuntarono improvvisamente da Monte Croce sorvolando il porto in tutta la lunghezza. Virarono, e di ritorno mitragl iarono lungo l'asse maggiore, tentando di colpire con proiettili incendiari (probabilmente ritenendola carica di carburante) l'unica nave ormeggiata nel porto, la Lina Campanella. Una mitragliera della M.A.C. ed una sezione da 20 m/rn riuscirono a sventagliare qualche raffica in caccia 1155>. L'aviazione italiana , per quanro impegnata a contenere le truppe jugoslave che gravitavano su Zara, bombardò anche l'idroscalo di VÒdizze, attacdì apparecchi ormeggiati a Zaton presso Sebenico, una fabbrica di cemento alle Castella di Spalato, la base di Sebenico. Dalle ormai puntuali intercettazioni del traffico radiotelegrafico dei comandi jugoslavi, si apprese che a Sebenico i danni alla stazione ferroviaria erano di lieve entità; quelli al Comando marina ed al reparto armi subacquee, in corso di accertamento. Nessu n danno alle torpediniere né alla motocisterna Perun, attaccata con bomh~· incendiarie, sulla quale, invece, per cause accidentali era esplosa la canna di una mitragliera; il Comando mari na di Sebenico, essendo la motocisterna carica di carburante, chiese l'autorizzazione di scaricare in mare aperto <da maggìor parte della nafta» per «evitare una peri~olosa esplosione ed un incendio nel porto>> <156>. A Zara, le preoccupazioni del Comando Truppe per le possibili .iniziative jugoslave non ebbero riperctissioni fra la popolazione. !. 'incursione aerea, avvertita solo da poche persone, non impressionò. Prevalevano le discussioni sul sig nificato d'un trafiletto apparso sul San Marco!, con il titolo 'Ardente messag?io al Duce del capo dei nazìonalis1i croati', dove - fra l'altro - Pavelìé diceva che «tutta la Croazia attende .con giubilo i Vostri gloriosi soldat i e tutte le nostre forze nazionalistiche combattenti, o rganizzate ed inquadrate comba tteranno insieme con loro per la libertà del nostro popolo e per l' indipenden te Stato di C roazia» <157 >. C'he la Croazia atten desse 'con giubilo' i soldati italiani lasciava gli zaratini parecchio scc11ici; inquietava, invece, il riferimento ad uno Stato indipendente cli Croazia, per il quale - ed appariva incomprensibile - i soldati italiani avrebbero combat tuto. Tenendo conto che il comunicato <:fel ministero degli affari esteri italiano sulle ragioni e sui motivi dell'apertura delle ostilità contro la Jugoslavia, non ne aveva fa cto cenno, si affacciava il dubbio che i croati stessero preparando una sorpresa, come nel I 918 a Pola, quando avevano alzato le -loro bandiere sulle navi austriache, nel tentativo non riuscito, grazie all'energia dell'ammiraglio Umberto Cagni, di sottrarle all'Italia. Il timore


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che i diritti italiani sulla Dalmazia potessero ancora una volta venir manomessi, dal sorgere d'uno Stato sino a quel momento inesistente, si andava rafforza ndo. Anche se altre mine scoppiarono nel campo trincerato, la notte sul 9 aprile trascorse tranquilla. Alle prime luci dell'alba il generale Giglioli poteva comunicare allo Stato Maggiore dell 'esercito: «Nessuna novità da segnalare» <158 >. Però, no n avendo precisi eleme nti per valutare sino a qual punto le forze jugoslave avessero risentito dell'intervento dell'aviazione italiana durante il giorno precedente, restava in attesa di comunicazioni del S.I .M. per orientarsi su quanto poteva maturare al di là del confine. I I comando 'Truppe Zara', chiuso nella cinta forti ficat a, seguiva i movimenti dell'avversario principal mente attraverso queste informazioni ed in quei giorni, ricorda il tenente Giuseppe Calussi, ufficiale addetto al comando, «noi fummo tenuti informati di quanto succedeva sotto il naso magari a nostra insaputa, a mezzo di una linea telefonica militare segreta che ci collegava direttamente collo Stato Maggiore di Roma» <159>. Secondo le notizie dell'Ufficio informazio ni di Supermarina sulla dislocazione della fl otta jugoslava, risultava che quel mattino nel porto di Sebenico, agli ormeggi, si trovavano una squadriglia di torpediniere, diversi mas, quattro posamine ed alcune navi cisterna, per cui era da escludere che questi mezzi, anche se avessero preso subito il mare, potessero essere impiegati prima di un tre o re contro Zara. A Spalato vi erano in porto tre posamine ed in navigazione una torpediniera, due m as e due posamine; m} da Spalato a Zara ci volevano sempre diverse o re di navigazione. li grosso della flotta si trovava alla · fonda nelle Bocche di Cattaro l 160l . Il S. I.M. dal canto suo segnalava nuovi spostamenti di truppe jugoslave verso il pianoro di Bencovazzo <161 >, e poco dopo l'aviazione italiana era presente nel cielo di Zara con quattro squadriglie da bombardamento sco rtate da caccia che, sorvolata la città, puntarono verso l'ent roterra l 162 l. L'azione di contenimento delle tru ppe jugoslave si sarebbe svilu ppata du rante tutta la giornata. In città la gente, trascorsa la notte nei rifugi , era nuovaménte per le strade, chi per gli acqufsti nei pochi negozi ancora aperti, chi, come gl'impiegati, per recarsi al lavoro - gli uffici avevano l'o rdine di rispettare il normale orario e nessufl impiegato abbandonò 11 proprio posto · chi per farsi registrare al comune, dove era in corso il èensimento delle persone rimaste a Zara (163 >. Mentre le prime due squadrig~ie, completata la missione, ripassavano su Zara, nessuno fece caso a tre aerei apparsi subito dopo <164 >: erano-apparecchi jugoslavi, dello stesso tipo di quelli italiani, e poiché volavano con il sole alle spalle, non fu possibile riconoscere i segni distintivi.


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L'inatteso bombardamento iniziò dal quadrivio di San Giovanni, proseguendo sulla caserma ·• cadorna', sul comando truppe nell'opera 'Toti', sul pontone armato della Marina, quindi a Puntamica sulle postazioni della M .A .C. e del 'fronte a mare' <165>, cioè su obiettivi militari. L'allarme suonò in ritardo; solo dopo lo schianto delle prime bombe, la gente cercò un riparo ormai inutile nei rifugi. L'incursione si esaurì in quell'unico passaggio con lo sgancio d'una ventina di bombe che causarono «lievi danni ad· alcune case private. Sei feriti leggeri nella popolazione e fra i militari» <166>. Mentre era in corso il trasporto dei feriti e l'accertamento dei danni, poco dopo le 11, vi fu una nuova incursione - accolta dal tiro della contraerea - di altri «tre aerei biplani nemici» che «hanno lanciato bombe un pò dovunque, seguendo la rotta sud-est nord-ovest che poi è stata invertita» 0 67 >. L'attacco era diretto sulla zona delle caserme, quindi sul comando truppe, ed una bomba esplose vicinissima alla villa dov'era il comando del generale Gigli°oli, sconquassando la <168>. Tre bo1Ùbe nel cortile dell'ospe_d ale di 'San Matteo', già sgomberato dai malati con lo sfollamento. Ne scoppiò una sola, danneggiando le pareti e scardinando gli infissi 0 69>. Altre bombe caddero nel Bosco dei Pini, dove negli ultimi mesi era stato allestito un deposito di munizioni all'aperto, e <<in seguito a fiammata della balistite» si produsse un incendio che fino a tarda sera fece «brillare gran parte delle. munizioni ivi esistenti» <110>. Deflagrarono in successione di tempo circa ventimila colpi di mitragliera da 20 m/m e trentamila colpi per i vari calibri dai 65/17 ai 149/35 <171>. Proseguendo nell'incursione, gli aerei, mancato ancora una volt{f il pontone della mçtrina, mitragliarono con danni limitatissimi le postazioni dell'artiglieria del 'fronte a mare' a Puntamica (l72J. Nei ricoveri la gente, ascoltando il reiterato sgranarsi..delle esplosioni del deposito di munizioni, riteneva che si stesse sviluppando un attacco jugoslavo lungo .il perimetro del campo trincerato <mJ. Dal canto loro, i soldati sulla cinta, dal diverso rumore delle deflagrazioni, a seconda del tipo dei proiettili, non ricevendo alcuna notizia dai comandi, pensarono ad una preparazione di artiglieria jugoslava sulla città <174>. Fu lo spettacolo pirotecnico levatosi dal Bosco dei Pini con serrata continuità a dissolvere la loro naturale apprensione; né il comando Truppe, né il comando del 'fronte a terra' o quello d'artiglieria erano in grado di comunicare con i reparti sulla cinta poiché le bombe avevano danneggiato il fascio delle linee telefoniche in uscita dal centralino dell'opera 'Toti', interrompendo i collegamene i 0 75>. La sirena, posta fuori uso dal bombardamento, non suonò il cessato allarme <116>. Terminata l'incursione, il generale Giglioli fece spostare il suo comando dalla villa, ormai impraticabile, in Campo Vincenzo Dandolo, sfruttando una galleria sotto un vecchio bastione costruito dai veneziani che da più di


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un secolo era stato trasformato nel giardino pubblico della città (1771 • Ripristinati con mezzi di fortuna i collegamenti ed analizzato il complesso della situazione, il generale segnalò a Superesercito che la difesa controaerea non era in grado di assolvere il proprio compito quando nel cielo di Zara venivano a trovarsi contemporaneamente aerei italiani e jugoslavi, «come è avvenuto ieri e stamani», e chiese che gli appareçchi nazionali si tenessero ad «almeno 10 chilometri da territorio zaratino» <p8>. Comunicò quindi che le squadriglie italiane «avevano bombardato sembra efficacemente località Nadin-Gràdina-Benkovac-San Cassiano», ed i danni arrecati alla città dalle incursioni jugoslave apparivano «gravissimi» <179) . Questi telegrammi erano appena partiti quando, alle 14.30, si ebbe una terza e ben violenta incursione. Più che gli obiet t.ivi militari, ne fu bersaglio l'intera città .' L'allarme, non funzionando la sirena, venne dato con un colpo di cannone, che si confuse nel fuoco della contraerea. Vi fu un solo passaggio di tre aerei, con la solita rotta di avvicinamento. Q~esta volta i danni furono notevoli: demolita una casa popolare ed un'altra colpita nel rione 'Costanzo Ciano'; demolita una casa in calle del Teatro Vecchio; messa fuori uso per alcune ore la stazione radio del Comando Marina; danneggiato per spostamento d'aria e schegge l'Ospedale provinciale; analogamente la casa della Gioventù italiana del Littorio; danni all'ambulatorio comunale, al palazzo del Comune, alla biblioteca 'Paravia', alla 'Manifattura tabacchi orientali'; rimasero indenni la centrale elettrica ed il ponte girevole Zara-Ceraria perché le bombe caddero in acqua <180>. Fortunatamente si ebbero soltanto alcurìi morti fra la popolazione poiché la gente, ritenendo, dal deflagrare delle munizioni che esplodevano al Bosco dei Pini, che si trattasse di un'azione jugoslava, non aveva abbandonato i ricoveri.

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. Alle 14.50, il ·generale Giglioli, informando lo Stato Maggiore dell'esercito che «bomb?rdamenti aerei nemici si susseguono di ora in ora producendo danni et demoralizzando la città>> , richiedeva una «violenta repressione su noti obiettivi» ed usando una frase inconsueta, sottolineava la necessità di una «presentissima presenzà di aerei da caccia» "su Zara l 181>. Un'ora dopo, apparecchi italian\ erano nuovamente sul cielo della città; impegnandosi in azioni di mitragliamento immediatamente al di là del confine, con prevalenza sulla zona di Zemonico <182l, proseguirono nei loro interventi sino all'imbrunire (183>. Da un primo consuntivo delle tre incursioni apparve che, della setlantina di bombe sganciate, circa trenta erano finite in mare ed almeno quarama (l84l erano andate a segno, causando «fra la popolazione due morti e tredici feriti e parecchi militari leggermente feriti» <185 >. Sul Taccuino il generale Giglioli annotava: «Magnifico contegno della truppa e della popolazione».


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Uscendo dai ricoveri la gente, per la prima volta, ebbe la sensazione della realtà della guerra. L'unica ambulanza rimasta efficiente trasportava i feriti; le calli coperte da un tappeto di vetri infranti, d'infissi divelti ; qua e là cumuli di macerieCl 86l. I vigili del fuoco e le squadre dell'U.N.P.A. al lavoro, per abbattere quanto di pericolante, per transennare; per seppellire alcune decine di pecore (di quelle portate in città dai contadini) prese in pieno da una bomba. Il genio, circondata la zona del Bosco dei Pini, attendeva l'esaurirsi delle deflagrazioni per iniziare la bonifica <181>. Coloro che avevano i familiari sfollati in Penisola si preoccuparono di rassicurarli nella previsione che il bollettino d i guerra del giorno dopo - come avvenne - parlasse del bombardamento di Zara . L'ufficio telegrafico non fu in grado di soddisfare centinaia se non migliaia di richieste, ed allora venne dato ordine - non si seppe mai da chi - d'accettare solo telegrammi urgenti ed urgentissimi; ma il problema. non fu risolto perché tutti trasformarono i telegrammi in urgentissimi< 188). · Durante la giornata, l'azione dell'aviazione italiana, oltre che nella zona intorno al confine, si era concentrata su Spalato e Sebenico. Dall'intercettazione del traffico radio jugoslavo, risultò che l'idroscaio di Divuglie aveva riportato danni non ancora precisabili. A Spalato, aHe Castella (Kastela), ad Almissa (Omis), niente di apprezzabile. A Sebenico, risultavano danneggiati il comando marina, quello della gendarmeria, il reparto torpediniere, postazioni di artiglieria·, piroscafi alla fonda, l'officina e la zona se.maforica <1891. L 'efficacia e l'insistenza dell' azione italiana dovette preoccupare il comando dell'aviazione jugoslava di Divuglie - a Slosella erano stati sorpresi dieci idrovolanti alla fonda d i cui quattro messi fuori uso <190> - tanto che, «in relazione alla scarsa difesa di Sebenico», fece presente al Comando in capo della Marina a Belgrado l'opportunità «di trasferire una parte degli idrovolanti dall'idroscalo di Vodi<;e a Kumbor [recte: Kumbur , it. Co111our, nelle Bocche di Cattaro]» 0 91 >. La risposta di Belgrado, intercettata nel pomeriggio, diceva: «D' accordo con la vostra proposta purché resti necessario numero di idrovolanti per l'azione contro Zara e per la difesa di Sebenico» <192). · Quindi, un attacco su Zara rientrava ancor a nei piani jugoslavi. Restava però indefinito il momento, anche se un cer to orientamento, procedendo per esclusione, si potè avere dall'intercettazione d' un radio in partenza da Cattaro alle ore 23 .3 O. Il Comandante della squadra navale j ugoslava, che alzava le insegne sull'incrociatore Dalmacija, riferendo a l Comandante in Capo della marina a Belgrado che i sommergibili Smelj e Nebojsa erano partiti per appostarsi sulle rotte Bari-Brindisi-Durazzo, faceva presente che «gli altri sommergibili attendono di prender parte alla prevista operazione


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contro Zara» <193 l. Si poteva, quindi, dedurre che l'attacco su Zara sarebbe stato portato da forze della marina, dell'aviazione ed evidentemente da terra. In secondo luogo, le parole dell'ultima intercettazione 'attendono di prender parte' davano a vedere che i sommergibili, nella notte fra il 9 ed il IO aprile, erano ancora in attesa di ordini, e se dovevano partecipare ali' azione su Zara, l'attacco non si sarebbe potuto manifestare prima di una ventina di ore, cioè il tempo necessario per coprire il percorso Cattaro-Zara. Era da supporre che l'ora x potesse scoccare dalle prime ore dell' 11 in poi. Il comando 'Truppe Zara' per non essere colto alla sprovvista, chiese a Superesercito un'accurata ricognizione aerea intorno al confine. Supermarina fece sapere che al mattino del 10 aprile un ricognitore «con osservatore R.E. (Regio Esercito~ n.d.a.J eseguirà ricognizione richiesta», ma subito dopo aggiungeva che, «sprovvisto di pubblicazione et codice relativo (,) apparecchio dopo ricognizione rientrerà et osservazioni relative saranno inoltrate tramite questo comando con massima urgenza» <194l. La notte non portò complicazioni, anche se permaneva la preoccupazione di possibili incursioni jugoslave con il favore delle tenebre. I rifugi furono particolarmente affollati e, da quella sera, quanti vi trascorrevano la notte dovettero dare ai carabinieri di servizio agli ingressi, le proprie generalità e l'indirizzo d'una persona cui far pervenire eventuali notizie <19SJ. Intorno alle 9 del mattino (IO aprile) arrivò il ricognitore italiano, seguìto da «parecchie formazioni di bombardieri» che, «ad ondate successive» 0 96>, si diressero verso gli obiettivi d'oltre frontie1,;a , tenendosi lontani dalla verticale della città per eia re spazio alla contra~fèa. II comando artiglieria, nel 'Diario storico' annotava: «Alle ore 10.27 aerei nazionali hanno effettuato violenti bombardamenti in local,ità Murvìzza, Paravinca (nome errato - n.d.a.], Zemonico Inferiore» <197l. L'aviazione continuò nella sua azione sino a metà pomeriggio l 198l ed il generale Giglioli informava Superesercito che «nostri aerei hanno bombardato replicatamente con visibili effetti Murvrzza-Smokovìé-Nadin-Gràdina-Benkovac» <199>. Il bollettino del Quartier Generale del giorno dopo avrebbe precisato che gli attacchi dell'aviazione erano stati effettuati a volo radente contro truppe, automezzi e postazioni nemiche mentre «formazioni dì bombardieri» avevano colpito «opere portuali e depositi della base navale dì Sebenico». Gli idroscali di Divuglie e di Slosella furono nuovamente bombardati e mitragliati, provocando incendi e danneggiando altri quattro idrovolanti <200l. Di ritorno da una di queste azioni, i caccia mitragliarono anche un gruppo di soldati italiani dentro il campo trincerato, avendoli scambiati per militari jugoslavi, segnalati presso Monte Croce, cioè immediatamente al di là del confine <201 l. Fortunatamente non vi furono vittime, ed il generale


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Giglioli, facendo presente allo Stato Maggiore l'opportunità di effettuare anche il giorno dopo «violenti bombardamenti su San Michele nell'isola di Ugliano et rinnovarli sugli obiettivi già segnalati», aggiungeva «evitando battere nostre postazioni» l 202 >. Quasi nello stesso mom·ento in cui questo telegramma partiva da Zara, attraverso la linea 'gialla' giungeva la notizia che, a Zagabria, il maresciallo Kvaternik aveva proclamato l' indipendenza dello Stato croato c203 >. Il generale Giglioli, anche se in quel momento poteva ritenere che l'avventura bellica d i Zara si stesse risolvendo in una globale esercitazione di allarme resa più realistica dalle incursioni dell'aviazione jugoslava, per evitare premature euforie e sempre possibili sorprese, mantenne la notizia strettamente riservata tra i pochi ufficiali del comando, ordinando ai centralinisti il più assoluto silenzio c2o4 ).

LE OPERAZIONI OFFENSIVE DELLE 'TRUPPE ZARA' Nel settore settentrionale della Jugoslavia, le forze del generale Maximilian Weichs, mossesi il giorno IO dalle basi della Carinzia e della Stiria, con un imprevisto anticipo di quarantotto ore sui piani comunicati ai comandi italiani, l' 11 aprile proseguirono nell'avanzata verso sud e sud-est c2o5>. Sorpreso da1l'iniz.iativa tedesca, il generale Vittorio Ambrosia, comandante della 2" Armata, fu costretto a modificare gli ordini già impartiti. Verso la mezzanotte del IO aprile diramò nuove disposizioni, sot,tolineando che «la situazione che si è determinata [ ... ] obbliga a iniziare domani 11 aprile l'azione offensiva sulla fron tiera giulia>> <206 >, e fissò alle ore 12 l'inizio del movimento di penetrazione delle unità italiane <201i. L'XI Corpo d'armata puntò su Lubiana, prevenendo l'occupazione della città da parte tedesca <208>; il V Corpo d'armata, dal settore di Fiume mosse in direzione di Karlovac e verso sud lungo il litorale <209>. Qui, il giorno successivo (12 apri le), sarebbe transitato il Corpo d'armata autotrasportabile del generale Francesco Zingales che, attraversata in lunghezza la Dalmazia, in cinque giorni avrebbe superato circa settecentocinquanta chilometri, realizzando la p iù spettacolare avanzata d ella seconda guerra mondiale. Nei piani del comandante della 2" Armata non era previsto alcun impiego delle 'Truppe Zara' che, ai fini operativi, dipendevano direttamente daUo Stato Maggiore. Ma, nelle prime ore del mattino dell' 11 aprile, il generale Rossi, sottocapo di Stato Maggiore dell'esercito, attraverso la linea 'gialla' chiamò personalmente al telefono il generale Giglioli <210> e, lasciandogli «piena libertà di decisione» <21 n, gli rappresentò «l'intendimento


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dell'Eèèellenza Guzzoni di attaccare Benkovac o altro obiettivo con le truppe Zara» <212> anche nel corso della stessa giornata <213 ), dato il progredire della 2 • Armata <214>. Era una telefonata, per molti aspetti, fuori dell'ordinario. A parte iÌ fatto di modificare ancora una volta, improvvisamente e radicalmente, i compiti delle 'Truppe Zara', era certamente inusitato che un sottocapo di Stato Maggiore parlasse non a nome del proprio diretto superiore, il generale Roatta (che aveva impartito gli ordini per la difesa ad oltranza), bensì d'ungenerale come Guzzoni che ricopriva l'incarico di sottosegretario di Stato al ministero della guerra <215 ). Non era quindi difficile intuire, proprio in relazione alla posizione di Guzzoni, da chi effettivamente provenisse la richiesta, e nello stesso tempo che, a livello di Governo, valutazioni di carattere politico (non tanto in relazione agli avvenimenti interni jugoslavi, quanto all'anticipato movimento delle forze tedesche) stessero prevalendo, mentre al di là del confine di Zara la situazione «non era modific.ita affatto, né influenzata dai recenti avvenimenti» <21 6). A Roma, le esigenze politiche dovevano apparire estremamente urgenti, per chiedere alle 'Truppe Zara' di passare, in poche ore, da uno schieramento rigidamente difensivo ad uno offensivo, proiettando in terreno aperto reparti che, dopo una condizionante preparazionè anche psicologica nelle tattiche d'arresto, avrebbero dovuto improvvisamente esprimere le risorse, la capacità e le iniziat.ive dell'attaccante. li generale Giglioli conosceva il livello d'addestramento dei suoi soldati, ma sapeva pure «che poteva contare sicuramente sull'entusiasmo con cui le truppe avrebbero accettato questo ardito tentativo» <21 ;>. La prospettiva di passare all'attacco, per rep~rti che da mesi se non da anni erano incastonati alla front iera, non poteva _non avere il suo fascino, specialmente per quei settecento zaratini alle armi, e per quella popolazione che dal I 9 I 8 attendeva di veder cancellato il breve confine. Prima di prendere una decisione, il generale convocò i più diretti collaboratori. Nessuno nascose la «meraviglia di fronte a quest'ordine del tutto inatteso», ma lo accolsero con entusiasmo e rapidamente concretarono «le modalità più opportune per eseguire l'ordine nel miglior modo senza d'altra parte menomare grari che la efficienza della posizione difensiva» <218 >. Alle 10.15 il generale_Giglioli, comunicava telefonicamente al sottocapo di St<l,to Maggiore che era in grado di costituire una colonna d'attacco. Ne precisava la consistenza e la composizione, ma per l'inizio dell'azione chiedeva tempo sino alle ore 6 del mattino successivo <219>. Alle l l il generale Rossi lo richiamava, comunicando che «l'Eccellenza Guzzoni aveva approvato la costituzione della colonna» <220>.


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Immediatamente, il comandante delle 'Truppe Zara' diramava un preavviso, informando i comandi dipendenti che per le ore 17 .30 sarebbe stata costituita 'una colonna d'attacco' C221 >, formata da 60 ufficiali e I 188 fra sottufficiali e soldati c222>, al comando del colonnello Eugenio Morra. Oltre ad un gruppo d'artiglieria, al genio ed ai servizi, la colonna era costituita dalla massa di manovra del campo trincerato poiché, con il battaglione bersaglieri 'Zara', avrebbe operato uno di formazione, composto dalle compagnie fucilieri - 53, 9a e 16a - rispettivamente dei battaglioni 'Diaz', 'Cadorna' e 'Rismondo', e dalla centuria mitraglieri della 107 3 legione camicie nere, con il supporto di tre plotoni carri L/3 C223 >. In tal modo, pur assolvendo alla richiesta del generale Guzzo ni, l'efficienza difensiva del campo trincerato non veniva intaccata. La notizia dilagò fra le opere ed i capisaldi, sollevando «entusiasmo fra le truppe» C224>, anche se ancora ignoravano quanto stava succedendo in Jugoslavia con la nascita del nuovo Stato croato <225 >. Ma si sentivano liberate dalla tensione di cinque giorni d'Ùna logorante attesa. Alle 15.30, il generale Giglioli diramò l'ordine' di operazione n. 1: «L'azione della colonna, che è isolata, deve aver carattere di sorpresa e deve essere improntata alla massima decisione per raggiungere rapidamente gli obiettivi assegnati)) C226>, cioè Zemonico Inferiore a sette chi lometri dal confine, Nadino a tredici ed eventualmente Bencovazzo a venti sette,. da percorrersi a piedi. La frontiera sarebbe stata superata alle ore 6 del mattino successivo e, da quel momento, l'artiglieria avrebbe aperto il fuoco «su tutti gli obiettivi già noti e sugli abitati di Cosino, Poljica, Murvizza, Smokovié, Moi:tte Croce, Bibigne, e sull'osservatorio di Monte San Michele», proteggendo anche «l'avanzata della colonna, specialmen~ dalle offese sui fianchi» mentre l'aviazione sarebbe intervenuta con «violenta azione di bombardamento su tutta la zona di attacco» (227>. Per qua~to riguardava la situazione del nemico, l'ordine d'operazione si richiamava 'a quella nota', poiché lo schieramento jugoslavo intorno a Zara risultava ancora integro . In particolare, segnalava lungo la direttrice d'attacco, verso Zemonico e Bigliane (Biljane), l'esistenza di trinceramenti nonché, ad ovest di Nadino, di postazioni per armi automatiche ed ostacoli anticarro C228>. L'ordine di operazione venne trasmesso a·nche allo Stato Maggiore dell'esercito che ne dette notizia a quello· dell'aeronautica per rendere noti agli aerei, che avrebbero appoggiato l'azione, gl'indicativi di riconoscimento del comando colonna e dei due battaglioni, nonché gli obiettivi da battere intorno a Zara e l'ora d'inizio dell ' attacco c229>. Quel Venerdì Santo, in città non vi fu la tradizionale processione, come la sera prima non vi era stata la vi.s ita ai Sepolcri; l'arcivescovo Doimo


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Munzani aveva celebrato la ricorrenza nella sua Cappella privata <230>. Fra la popolazione si stava diffondendo, più che un nervosismo, un senso di accentuata attesa. L'ascolto della radio era diventato quasi morboso, ma per gli zaratini, in quei momenti , più delle notizie era importante sentire la voce dell'annunciatore che, venendo d'oltre Adriatico, dava la sensazione di annullare la realtà dell'isolamento ed il peso della lontananza. Per le calli e nei pochi caffè ancora aperti, la gente si accalorava leggendo sul giornale la notizia presentata con un titolo a piena pagina: 'La proclamazione dell'indipendenza croata' <231 >. Pur essendo un fatto già noto attraverso la radio, vederlo stampato a chiare lettere, produceva un effetto sconcertante. Inoltre il bollettino di guerra, che annunciava il proseguimento dell'avanzata delle unità italiane oltre il confine giulio, alimentava la convinzione che anche sul fronte di Zara qualcosa si stesse preparando. Questa sensazione si rafforzò nel pomeriggio quando si venne a sapere che le autorità di Zara, per evitare uno scontro, che dopo la proclamazione dell'indipendenza dello Stato croato appariva inutile, avevano inviato ad Oltre (Preko), sull'isola di Ugliano, una barca a remi condotta da marinai, con a prua la bandiera bianca, per chiedere la resa del presidio. L'imbarcazione, attraversò il Canale e tornò dopo un'ora: il comandante jugoslavo rifiutava di arrendersi <232 >. L'aviazione italiana durante il giorno aveva proseguito la sua attività, colpendo «efficacemente [... ] un pò dovunque nel retroterra e sulle isole di-Ugliano e Pasman» <233 >. li bollettino di guerra del giorno dopo avr'e bbe parlato di attacchi e di mitragliamenti a truppe jugoslave, di sei iiirovolanti incendiati ed altri due affondati a Divuglie <234 >. Al Comando Truppe la giornata era trascorsa «in un baleno tra riunioni, studi di progetti di differenti piani adatti alle varie necessità~> cm>, mentre i reparti assegnati alla colonna si stavano preparando. «Fu una ~iornata assai faticosa per tutti dovendo risolvere molt i piccoli problemi imprevedibili che pur avrebbero avuto grande importanza sul buon esito della operazione» <236>. li battaglione del genio, nel pomeriggio, cominciò a rimuovere le ostruzioni fra il caposaldo di 'Copragno' ed il, vicino confine <237>; l'artiglieria completò la sistemazione degli impianti telefonici, integrando la rete dei collegamenti con stazioni radio <238 >; le batterie ricevettero le indicazioni degli obiett1vi e della durata del fu oco C239>; presso i comandi di battaglione, gli ufficiali furono convocati a rapporto; in ogni opera, in ogni caposaldo, la vigiÌanza si stava facendo più attenta. Dovunque eccitazione ed entusiasmo , probabilmente anche incoscienza, ma tutti sentivano, come annotato nel ' Diario storico' del reggimento d'artiglieria, che quel pomeriggio cessava «la cronaca per dar luogo alla storia delle Truppe Zara» <240>.


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I giovani fascisti, dopo aver provveduto alla assistenza dei rurali sgomberati su Zara portando nei ricoveri il pasto della sera, accompagnati dai padri Ugo e Piero dei francescani, instancabili nella loro missione, furono armati <24 n e, al comando del capitano Vincenzo Marussi <242l, accasermati in un corridoio a piano terra del palazzo del tribunale. Alle 20 il generale Gigli oli, con l'ordine di operazione n. 2, emanò una serie di disposizioni integrative, fra cui l'isolamento del campo trincerato dalla città con pattuglie di sorveglianza sulle strade di accesso; la predisposizione da parte della questura di quanto necessario per il concentramento di prigionieri, per il mantenimento dell'ordine pubblico, per l'afflusso nei ricoveri della popolazione <243l. Agenti e carabinieri sarebbero passati di casa in casa ordinando: «Domattina all'alba tutti nei rifugi)} <244l. Era la prima volta che l'avvertimento di mettersi al riparo veniva dato singolarmente alle persone, ed un fatto così inusitato alimentò nuove supposizioni, ma non andavano oltre la previsione d'un attacco jugoslavo o di qualche altra incursione aerea. Nessuno pensava alla possibilità di un'azione delle 'Truppe Zara' oltre frontiera. I carabinieri di guardia ai valichi della frontiera, ricevettero l'ordine di dare inizio, allo scoccare delle ore 6 del nuovo giorno, ad una «azione intensa ed aggressiva contro le vicine casermette dei graniciari», mentre i settori dovevano tenersi pronti a «rintuzzare qualsiasi attacco, contando su sole compagnie mitraglìeri» <245>. Frattanto, secondo gli ordini impartiti dal colonnello Morra, i reparti che costituivano la colonna cominciarono ad affluire nella zona di schieramento. All'una del mattino del 12 aprile l'attestamento era completato. Alle 2, il colonnello Morra convocò a rapporto gli ufficiali. L'avanzata si sarebbe sviluppata a cavallo della rotabile che da Zara, passando per Zemonico Inferiore e Nadino, porta a Bencovazzo; sulla sinistra della strada, il battaglione di formazione; sulla destra, arretrato per contenere even° tuali offese sul fianco (poiché sembrava che nella zona di San Cassiano vi fossero reparti jugoslavi appoggiati da carri armati), il battaglione bersaglieri appiedato e senza biciclette. Il comando colonna, seguìto dai tre plotoni carri e dalla compagnia mista del genio, si sarebbe mantenuto sulla strada subito dopo i due battaglioni. Distaccato il gruppo d'artiglieria; infine le autoambulanze <246>. Il terreno sino a Zemonico si presentava pianeggiante, generalmente scoperto, salvo un bosco di pini $ubito dopo la frontiera, alla destra della strada. Non vi erano notizie recenti sul nemico. 'Quel le note' dell'ordine di operazione, sufficienti per la difesa del campo trincerato, erano di limitato valore per un'operazione offensiva; in ogni modo si sapeva dell'esistenza


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«di un reparto imprecisato a Zemonico, un comando reggimento a Benkovac ed uno di divisione a Knin», ed il colonnello Morra non nascose agli ufficiali che si poteva incontrare «una notevole resistenza» (24 ìl. Alle 3, il comando dell'artiglieria confermò ai gruppi le azioni di fuoco da svolgere (248 l. Alle 4.30, la compagnia del genio procedette all'apertura degli ultimi varchi t 249l, mentre dagli osservatori e dai carabinieri ai valichi di frontiera giungeva notizia di continui ma non definibili rumori provenienti da oltre confine (250>. Per qualche momento sembrò che fosse in at~ to un movimento di r~p.arti nemici e «la tensione aumentava» <251l. Per aver più precisi ragguagli, per saggiare la consistenza dei nuclei di 'graniciari' , venne inviata una pattuglia lungo il mare sulla strada di Sant'Elena <2521. Poco dopo i carabinieri segnalavano che le guardie d i frontiera jugoslave avevano abbandonato le caserme l 253 l. Poteva essere un sintomo favorevole, ma anche un espediente per attirare i reparti italiani allo scoperto. Alle 5 il generale G iglioli, e gli ufficiali del comando, raggiunsero l'osservatorio de 'Le Piastre' <254l, collegato direttamente con l'opera 'Toti' dove confluivano le comunicazioni. Alle 5.30 la compagnia mista del genio, completata la rimozione delle ultime ostruzioni, as·s umeva la dislocazione assegnatale nella colonna !255l. Alle 6 precise i reparti d'avanguardia, pur trovando «qualche difficoltà nel superare il con fine dato il terreno impervio» l 256l. passavano la frontiera, e l'artiglieria della cinta apriva il fuo- - · co (2571 . ~paravano simultaneamente circa cento pezzi, dai 47 /32 ai 149/47 del pontone armato <258 >. Di fronte all'osservatorio de 'Le Piastre' si ergeva quello jugoslavo di Monte Croce; venne demolito con alcuni colpi di cannone. Un'altra altana, poco distante sulla destra, seguì la stessa sorte (2591. Da parte del nemico nessuna reazio ~e . Protetti dal fuoco dell'artiglieria, gli esploratori avanzavano, tenendo il collegamento a vista con i reparti che, aperti ed intervallati, procedevano in linea di fila. Il battaglione di formazione aveva in avanguardia la 5a compagnia rinforzata da un plotone mitraglicri della 107a legio ne camicie nere, alla sinistra la 9a compagnia che costituiva il fianco esterno della colonna, ed alla destra la 16". Si procedeva «in aperta campagna fra sterpaglia e grebani» <260 >. Dall'altra parte della mada, avanzava il battaglione bersaglieri, anch'esso aperto e intervallato con la 10" e la 12 3 compagnia quasi in linea. Passato il confine ed entrati nel vicino bosco, i bersaglieri incapparono in un campo minato; per non perdere tempo tentarono di superarlo saltando i fili tesi fra paletto e paletto <26 1l, ma rimasero feriti il capitano Francesco lori, il tenente Paolo Aquilino ed alcuni soldati 12621 • La colonna si fermò. I bersaglieri, in attesa dei genieri, mandarono sul campo minato un gregge


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che pascolav!i poco distante. Completata la bonifica da parte del genio <263) la colonna riprese l'avanzata. In città, quasi tutti avevano trascorso la notte nei rifugi. «C'erano tante persone sedute sulle panche o per terra[ ... ]. Anche senza vetri l'aria era pesante e come unta[... ]; iniziò il cannoneggiamento e noi col fiato sospeso attendevamo la risposta ed il 'peggio'» <264>. Ma parecchie persone non resistettero alla tensione; preferirono abbandonare i ricoveri per avere notizie, per sapere cosa stesse succedendo. Quelli che si recarono alla Riva Nuova, nella trasparenza del mattino, videro di là dal Canale le case di Oltre in pieno sole, e sui costoni dell'isola, verso il San Michele, gli scoppi dei proiettili dell'artiglieria del 'fronte a mare'. Cominciò a circolare la voce che i reparti avevano superato il confine <265>, ma l'emozione impediva ancora all'entusiasmo di erompere. Sull'isola nulla si muoveva. Sembrava disabitata; però verso le 7, qua e là apparvero dei drappi bianchi ed una barca a remi si staccò da Oltre; sull' albero una bandiera bianca. L'imbarcazione alle 7 .30 approdò a Zara <266>. A bordo c'erano dei civili «venuti ad offrire la resa incondizionata ed a chiedere la cessazione del fuoco e la immediata occupazione dell'isola» <267>, «recando, come ai tempi di San Marco e degli antichi costumi, una damigiana di vino ed un prosciutto, doni augurali e segno di sottomissione» <268>. Il generale Giglioli impartì al comando del 'fronte a mare' l'ordine di costituire una compagnia di formazione (marinai, fanti, militi, carabinieri), di requisire due motopescherecci e, sotto la protezione del pontone armato, «sbarcare ad Oltre previa constatazione di non resistenza [... ]. Nel caso che da Oltre venga fatto fuoco sulla spedizione, questa si ritiri ed il pontone e le batterie aprano il fuoco sugli abitati» <269>, cautele necessarie perché, con i parlamentari, non s'era presentato alcun militare. D'altra parte, questa offerta di resa, la mancata reazione del nemico, rafforzarono nel generale l'impressione che gli jugoslavi avessero abbandonato la zona intorno a Zara rinunciando, almeno per il momento, ad ogni iniziativa. Pertanto, sfruttando la protezione dell'artiglieria, ordinò «che tutti gli elementi disponibili dei settori si portino avanti per allargare la occupazione» <210>. Era un'improvvisazione dettata dall'opportunità di consolidare il successo di quei primi momenti. I comandanti dei battaglioni 'Diaz', 'Cadorna' e ··R.ismondo', lasciando nei settori della cinta gli uomini strettamente indispensabili per il funzionamento delle opere e dei capisaldi, costituirono colonne leggere che, a piedi, procedettero verso i più vicini villaggi oltre frontiera <271 >. Alle 8.30 il generale Giglioli, in base alle concordi segnalazioni dei reparti che stavano penetrando in territorio jugoslavo,


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avuta la certezza dell'assenza del ne[!1ico, ordinò all'artiglieria di cessare il fuoco; in quelle due ore e mezzo, ogni singolo pezzo aveva sparato circa mezza ùnità di fuoco <272>. Alle 9, la colonna Morra raggiungeva Zemonico Inferiore - obiettivo intermedio - e sulla sinistra, dal dosso d i Zemonico Superiore, il battaglione di formazione venne fatto segno a raffiche di mitragliatrice e colpi di fucile <273>. Non riuscendo ad individuare la consistenza del nemico, e per evitare che un impiego dei reparti ritardasse.la marcia, il colonnello Morra, fermata la colonna, chiese l'intervento dell'artiglieria della cinta <274 >. I primi colpi caddero nel triangolo fra la 9a, la 16" compagnia e la centuria mitraglieri della 107" legione camicie nere. Fortunatamente il terreno arato ne limitò l'effetto, e solamente alcuni militi rimasero leggermente feriti <27S>. Furono, invece, centrati i due unici muli del battaglione. Aggiustato il tiro, dalle alture di Zemonico Superiore cessò il fuoco e l'avanzata riprese senza ulteriori difficoltà. Alle 10.45, la compagnia mista per l'occupazione di Oltre <27 6>, imbarcatasi su due motopescherecci scortati dal dragamine R .D.44, iniziò la traversata del Canale di Zara. Il pontone armato aprì nuovamente il fuoco per dissuadere il presidio jugoslavo cli Oltre da eventuali reazioni. Alle 11.42 il convoglio approdava sull'isola di Ugliano <2m, sbarcando la compagnia senza opposizione. Il maggiore comandante le forze jugoslave offerse la resa incondizionata. Alle 12.06 il pontone della marina cessava il fuoco <278>. Quasi contemporaneamente allo ~.barco, la colonna Morra, lasciata alla sinistra Zemonico Su pedore, dove erano apparsi alcuni drappi bianchi, si fermava al bivio di Santa Maria. Dalle 6 del mattino i soldati avevano percorso undici chilometri . La sosta era necessaria per riordinare i reparti, per far riposare gli uomini notevolmente affaticati dal caldo di una giornata limpida e precocemente estiva, ma nello stesso tempo per farsi, se possibile, un'idea sul nemico <279>. Mentre i soldati consumavano i viveri a secco, il colonnello Morra, dall'interrogatorio d'alcun i contadini, venne a sapere che, prima dell'alba, le truppe jugoslave attestate a Zemonico avevano abbandonato le posizioni ripiegando verso l'interno <280>. Valutate le circostanze, il colonnello decise «di avanzare il più rapidamente possibile approfittando del vuotò che si era formato davanti alla coionna» <281 >. Ma i soldati, per il peso delle armi, dei fardelli , delle cassette dì munizioni, tutto a spalla, non potevano, attraverso il terreno rotto dei campi ed in ordine di combattimento, muoversi con maggiore rapidità. Per coprire undici chilometri avevano impiegato poco meno di sei ore; appariva impossibile superare a piedi, prima di notte, gli altri sedici che mancavano per Bencovazzo, tenendo presente il.caldo della


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gio rnata e la progressiva incidenza della stanchezza su uomini che non avevano dormito dal giorno precedente_ Il colonnello convocò gli ufficiali a rapporto. Le disposizioni per l'ulteriore avanzata non furono ortodosse, ma erano le uniche possibili con i mezzi a disposizione. Ordinò che in avanguardia passassero i tre plotoni carri assieme alle due batterie autotrainate, caricando sugli_autocarri dell'artiglieria il maggior numero possibile di fanti. Questa formazione dopo un paio di chilometri doveva sostare, mettendo in postazione una batteria sotto la protezione dei carri e dei fucilieri. Gli automezzi avrebbero rifatto la strada per caricare e portare avanti gli altri soldati. Quindi, un nuovo balzo dei carri e dell'artiglieria, ed una nuova spola degli autocarri. li battaglione bersaglieri, invece avrebbe continuato la sua marcia lungo la strada a passo sostenuto <282>. Il colonnello, sfruttando il più agevole percorso della rotabile con una progressione a tratti successivi , rinunciava alle misure di sicurezza sui fianchi, ma sul lato destro, che riteneva il più esposto, i reparti avrebbero avuto una protezione indiretta dallo stagno di Nadino . Se si voleva raggiungere Bencovazzo prima di notte, no n v'era altra soluzione_ Alle ore 12 il generale Giglioli informava Superesercito che, sino a quel momento, oltre a Zcmonico Inferio re, erano state occupate le località d i Diclo, Cosino (Kozin), Poglizza (Polijca), Murvizza, Opacich (Opacié), Monte Croce e Bibigne (Bibinje), nonché Oltre s ull'isola di Ugliano. Aggiungeva, in base a quanto riferito da alcuni prigionieri, che probabilmente « resistenza verrà opposta sulla linea fortifi cata di Smiric [recte: Smifc ichJ Nadin-Korlat», per cui chiedeva un r innovato bombardamento aereo su queste zone <283 >. Dovunque l'occupazione si stava svolgendo senza incontrare resistenza, salvo alcuni colpi di fucile sparati a Diclo dai gendarmi <284>. Alle finestre, drappi bianchi. I capivilla si presentavano spontaneamente e ricevevano disposizioni per il disarmo della popolazione e la consegna delle armi. Qua e là, soldati jugoslavi sbandati venivano fatti prigionieri. Da Zara partivano altre imbarcazioni, puntando su Oltre: erano i giovani fascisti, i premarinari, i prea vieri che, al comando dei rispettivi ufficiali, si affiancavano a i soldati nell'occupazione dell'isola <285 >. ln città su tutte le finestre il tricolore, ed il prefetto, informando il ministero dell' interno, segnalava: «Grande entusiasmo fra la popolazione» <286>. Alle I 2_15 la colonna Morra, riprese l'avanzata con notevole celerità. Superata Nadino - obiettivo d'attacco - senza subire azioni di disturbo, neppure dal «fosso anticarro in cemento che correva t rasversalmente a lla rotabile con sbarramenti anticarro in cemento sulla strada», rapidamente esplorato, poco dopo le 14 giunse in vista di Bencovazzo l 287 >. Si sentiva sparare


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nel paese, e qualche pallottola sibilava sopra i reparti italiani. Considerando possibile una reazione nemica, il colonnello stava dando disposizioni per invesiirc l'abitato quando, lungo il rettifilo, che aveva davanti a sé, vide avanzare un gruppo di persone con bandiera bianca. Erano il sindaco (nacelnik), i parroci (cattolico e greco ortodosso = pravoslavan), e due maggiorenti del paese. Offrivano la resa. Il sindaco informò che verso l'alba comandi e reparti jugoslavi si erano ritirati, mentre i colpi d'arma da fuoco erano dovuti ai gendarmi che tentavano di disperdere i contadini e salvare dal saccheggio i magazzini militari <288).

I reparti, entrati nel paese ed occupata la caserma, si schierarono a difesa per controllare le provenienze da Tenìn, da Sebenico, e per proteggere l'acquedotto <289>. Con un plotone di soldati e con i parlamentari, trattenuti come ostaggi, il colonnello Morra si recò nella sede del capitanato distrettuale, dove pose il comando. A mezzo del sindaco emanò un bando, intimando a quanti avevano fatto parte dell'esercito jugoslavo di presentarsi, ed a tutti, civili e militari, di consegnare le armi. Dapprima sembrò che l'ordine non avesse alcun effetto, perché si fecero vivi solo un paio di soldati; ma, in quel momento, il colonnello si rese conto di non avere la materiale possibilità di far custodire eventuali prigionieri e di provvedere al loro vitto. Fece quindi annunciare che quanti si fossero presentati ed avessero consegnato le armi sarebbero stati lasciati liberi sotto la personale responsabilità del sindaco, previa registrazione delle loro generalità e del domicilio. In breve, al comune si ebbe un notevole afflusso. Venne anche il maggiore com~ndante la gendarmeria dél distretto. Versata la pistola d'ordinanza, chiese di render omaggio al comaÌldante della colonna. Presentatosi, offrì al colonnello Morra «in un elegante astuccio una pistola brownig [recte: Browning] nuova fiammante)), mettendogli anche a disposizione la propria vettura, una Auto Union <290). Alle 17, il generale Giglio li informa va Superesercito che erano state occupate Bencovazzo, Polìsseno (Poles~ik), San Cassiano, Nona, Smilcich, ed erroneamente aggiunse Obrovazzo. Concludeva il telegramma segnalando che «le truppe sono state ammirevoli per entusiasmo e resistenza» <291 l. L'aviazione , di primo mattino, appoggiando le operazioni delle 'Truppe Zara', aveva bombardato «efficacemente Benkovac ed altre località» <292>, nonché opere portuali e navi alla fonda a Sebenico e l'idroscalo di Divuglie <293 l. Altri apparecchi avevano seguìto lungo la strada i movimenti della colonna. Quelli da ricognizione «con un piccolo paracadute ci hanno inviato un messaggio di augurio» l 294 l. Alcuni caccia «a volo radente [... ] ci sorvolarono mitragliando oltre le nostre posizioni» <295 ).- Ma una squadriglia non ebbe la buona sorte dalla sua. Un aereo si perdette in mare


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presso l'isola Zuri, un altro fu costretto ad un atterr;iggio di fortuna a Zara in Piazza d'Armi, distruggendo l'apparecchio ma senza danni per l'equipaggio, il terzo raggiunse l'aeroporto di Jesi <296>. Dalla decrittazione del traffico radio fra i comandi jugoslavi si venne a conoscenza dell'ordine che, alle 17, il comando dell'aviazione di Vodizze aveva impartito a quello dell'idroscalo di Divuglie: «Tutti idrovolanti siano trasferiti Bocche Cattaro» <297 >. La minaccia di altre incursioni su Zara si stava dissolvendo. Nel tardo pomeriggio, in città, cominciarono ad affluire i primi gruppi di prigionieri: settanta ufficiali e cinquecento so ldati che, in seguito, s,arebbero divenuti più di duemila. Gli ufficiali furono alloggiati ali' Albergo 'Roma' ed i militari vennero concentrati nel campo di calcio della locale società sporti va <298 J.

LA CONQUISTA DI TENÌN Alle prime luci del 12, mentre il Comando del Dipartimento marittimo cieli' Alto Adriatico, su richiesta dello Stato Maggiore Generale, impartiva disposizioni per «l'effettuazione delle operazioni inerenti alla occupazione dellç isole di Veglia, Arbe e Pago» (299 >, il generale Roatta segnalava al generale Ambrosia, comandante della 2• Armata, l'urgenza che «una divisione autocarrata [... ] punti su Sebenico e Spalato col compito di occupare le suddette città et prendere contatto corJ presidio Zara alt Occorre compiere qualsiasi sforzo affinché movimento si faccia in due giorni» <300>. La direttiva s'integrava con gli ordini già emanati dal generale Am brosio nella notte cieli' 11, secondo i quali l'avanzata, durante la giornata del 12 aprile, doveva essere «celermente continuata( ... ) su tutta la fronte dell'Armata convergendo verso sud-est», ed il comandante della 2 • Armata, in esecuzione alla richiesta del generale Roatta ordinò che la divisione 'Torino' del Corpo d'armata autotrasportabile, si lanciasse verso la Dalmazia avendo come primo obiettivo il porto di Segna sul Canale della Morlacca <301 1, a sessantanove chilometri a sud di Fiume. Alle 6 del mattino, mentre le 'Truppe Zara' superavano il confine, la divisione 'Torino ', ancora raccolta fra Sappiane ed il bivio di Rupa, sulla strada Trieste-Fiume <302i, iniziava l'avanzata. Alle 10.30 l'avanguardia (I battaglione dell'82° reggimento) superava il vecchio confine di Fiume <303l.' «Man mano che la colonna si addentra in territorio jugoslavo aumenta l'entusiasmo. della popolazione nei riguardi delle truppe italiane. Alle finestre bandiere croate» <304 >. Lungo la strada gruppi di soldati jugoslavi che si


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arrendevano ma, «per non ritardare la marcia, gli elementi della divisione non si sono fermati a rastrellarli come prigionieri di guerra» <305>. Segna venne occupata alle 12.30. La divisione prese posizione intorno alla città mentre l'avanguardia, piegando a sinistra, proseguiva sulla rotabile per Otocac, trovando «ponti e strade .quasi tutti minati; reparti armati in ripiegamento verso nord-est e verso la Bosnia: retroguardia appostata sulle alture nord della città [Segna - n.d.a.] che fanno (sic) fuoco: militari sbandati ma armati ovunque» <306>. Al calar della sera, l'avanguardia aveva progredito per soli otto chilometri. A notte si attestò in sosta protetta nella zona di Valle di Segna (Senjska Draga), «respingendo con azioni di fuoco elementi sbandati della retroguardia serba» <307 >, ed il resto dell'82° reggimento, intorno a Segna, si trovò impegnato in uno scontro con «circa 300/400 serbi», che dalla sovrastante località di Viatorta (Krivi Put) sul Monte Nero (Cmi Vrh) si stavano organizzando per «tentare un colpo di mano sulla città durante la n-otte» <30&>. Quella sera, mentre il generale Roatta segnalava alla 2" Armata, «perché ne sia informata la divisione che punta su Spalato, che le nostre truppe· Zara [... ] hanno occupato la città di Benkovac» <309>, il generale Rossi, sottocapo di Stato Maggiore dell'esercito, alle 20, per telefono, comunicava al generale Giglioli che «in seguito alla situazione determinatasi in Jugoslavia ed al crollo morale e materiale dell'esercito, era necessario occupare, senza perdere tempo, l'importante centro ferroviario cli Knim> <3 10>. Per la colonna Morra si trattava di un ulteriore balzo di sessantacinque chilometri. Lo 'stato Maggiore, quasi certamente, fu indotto a chiedere questo nuovo ed impegnativo sforzo alle 'Truppe Zara' a seguito di un fonogramma con cui la 2 3 Armata germanica segnalava che la XIV divisione corazzata tedesca stava raggiungendo Karlovac «et ha lanciato elementi su Knin, Kljué e Banjaluka», poiché appariva probabile che «nemico tenti raccogliersi nella zona a sud-est di Knin-Banjaluka». Inoltre, sembrava che le unità jugoslave dislocate lui1go la costa, stimate in quattro brigate, intendessero «spostarsi a sud linea suddetta oppone!_'ldO successive resistenze» . Infine il comando tedesco esprimeva il parere che «una pronta occupazione da parte italiana dei principali centri costieri (Sebenico, Spalato, Ragusa ecc.) avrebbe per risultato di allontanare il nemico dal mare ed impedire che esso possa eventualmente tentare di imbarcarsi con l'aiuto inglese» l 311 >. Pertanto l'operazione su Tenìn che, in sé, poteva essere intesa come un'azione di prestigio a carattere loc~le con fini prevalentemente (se non esclusivamente) politici in rapporto al sorgere del nuovo Stato c roato, diventava elemento cardine di un'operazione a portala strategica. Si traùava d'agire sul tempo, sia per prevenire l'occupazione cli Tenìn eia parte


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tedesca, sia perché la conquista di quel nodo ferroviario e viario, dove confluivano le principali comunicazioni della Croazia e della Bosnia con la Dalmazia <3121 , significava impedire alle quattro brigate individuate suHa costa di spostarsi a nord ed attestarsi con le altre unità jugoslave sulla linea Banja Luka-Tenìn . Nello stesso tempo, si chiudeva la porta d'accesso in Dalmazia per quelle divisioni jugoslave che dalla Croazia o dalla Bosnia aves~ao cercato di ripiegare sui porti adriatici sperando in un imbarco. Infine, si trattava di far saltare l'appoggio d'ala del nuovo probabile schieramento delle unità jugoslave. Il generale Giglioli, alle 22.45, diramava l'ordine di operazione n. 3: affidava al battaglione bersaglieri 'Zara', alla 9" compagnia del battaglione di formazione, a due batterie autotrainate e ad un.plotone del genio, comandati dal colonnello Morra, che avrebbe avuto a disposizione anche due plotoni carri <3 13>, il compito di occupare Tenìn. La forza di questa colonna si aggirava sui settecentocinquanta uomini, e la formazione era resa 'celere' in quanto la 9 3 compagnia fu autocarrata, mentre al battaglione bersaglieri vennero date le biciclette, portate nella notte da Zara con autocarri <314>. A Bencovazzo sarebbe rimasto il comando del battaglione di formazione, la 5a compagnia, la centuria mitraglieri della 107 3 legione camicie nere, un plotone carri e la batteria da 65/17 someggiata. La 16 3 compagnia, requisendo sul posto gli autocarri <315> e con l'appoggio del plotone carri avrebbe proceduto all'occupazione del porto di Zaravecchia (Biograd na moru), venti chilometri a sud-ovest. L'ordine di operazione fissava alle ore 9 del 13 aprile il movimento della colon~a Morra lungo l'itinerario da Benco\lazzo ai Ponti di Breberio, salita di Djevrske, Chistagne, quadri vio di Stara Strafa e Tenìn. L'ordine suscitò nel colonnello Morra un'istintiva reazione d'incredulità. Gli sembrava che quelle disposizioni «~ndassero oltre ogni previsione e capacità offensiva della colonna)) P 16>, anche perché nessuno, mai, aveva pensato fino allora, e meno ancora previsto, che le 'Truppe Zara', da sole, potessero procedere alla conquista di Tenìn. Per di più, l'ordine non conteneva alcuna indicazione circa la situazione del nemico , anche se il colonnello, da quanto aveva appreso dal sindaco e dal comandante della gendarmeria di Dencovazzo, era propenso a ritenere che, nella zona, l'esercito jugoslavo fosse in dis facimento. Ma, intorno a Tenìn, sede del comando della divisione 'Jadranska' ·('Adriatica'), la situazione p oteva essere diversa. Si trattava, inoltre, di percorrer!! sessantacinque chilometri, in costante anche se leggera contropendenza, ma con una salita di sei chilometri prima del villaggio di Djevrske (dove in un tratto di due chilometri si passava da quota 123 a quota 274), per proseguire verso Chistagne (Kistanje) ed il


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quadrivio di Stara Straza, sempre in leggera ascesa. La strada era a fondo naturale, sui cinque/sei metri di larghezza, in molti tratti con solchi paralleli prodotti dai cerchioni di ferro dei carri agricoli, ed in parte colmali con grosso brecciame. Al colonnello Morra preoccupava.la salita di Djevrske che, con tornanti a mezza costa, coperti a monte da vegetazione cespugliosa, era facilmente difendibile anche con pochi uomini; ma rinunciò all'idea di una preventiva ricognizione perché Tenh1 doveva essere raggiunta «senza perdere tempo>> <317 >. Alle 7 .30 convocò gli -ufficiali a rapporto <318 >. Nessuno nascose la sorpresa, se non anche la preoccupazione, sia per l'ordine 'inaspettato' 13191 , sia per la distanza dell'obiettivo, quanto per la scarsa consistenza della colonna. La nuova formazione mosse da Bencovazzo, alle ore 9 1320>. In testa il colonnello e gli ufficiali del comando, sull'Auto Union del maggiore della gendarmeria, ed una vettura di scorta. Quindi i nove carri L/3 ed una batteria autotrainata, con i fucilieri sugli autocarri. Staccato il battaglione bersaglieri in bicicletta, seguito dal plotone del genio e dall'altra batteria con la 9a compagnia fucilieri l 321 >. A questa compagnia era aggregato il plotone mitraglieri della 11 • compagnia bersaglieri che, non avendo ricevuto le biciclette con gli appositi supporti per le armi ed i treppiedi si era 'arrangiato' requisendo sul posto alcune autocorriere m21 . Raggiunti rapidamente i Ponti di Breberio, la colonna affrontò la salita di Djevrske. Superato il gomito d'un to,,rnante, la macchina del colonnello si trovò di fronte un cannone con i serventi che stavano corre!lùo a l pezzo. Avevano scorto l'autovettura all'.inizio della salita ma, rassicurati dal fatto che era l'Auto Union del comandante la gendarmeria del distretto, si erano allarmati solo all' ultimo momento. Furono bloccati e disarmati. Il cannone, scaricato, venne spostato,dalla strada e la colonna riprese a salire <323 >; Per un guasto al, motore si fermò il traino d'un pezzo della batteria da 75/27 <324>, mentre il battaglione bersaglieri, pur pigiando sui pedali, era duramente impegnato dalla salita, tanto che per alcuni lratt i dovette procedere appiedato, con le biciclette alla mano. Dal paese cli Djcvrske sino a Chistagne, nessuno in vista ; né militari né civili. Anche a Chistagne il paese apparve deserto con le finestre ed i negozi chiusi. li colonnello attraversò rapidamente l'abitato, ma all'uscita del paese scorse un gruppo cli soldati jugoslavi che bivaccavano davanti ad un edificio: era la caserma di polizia. Fermata la macchina, si vide venire ri~pcttosamente incontro il comandante dei gendarmi locali, anch'egli tralto in inganno dall'Auto Union. Nessuno oppose resistenza; di~armati, furono lasciati liberi, e le armi vennero requisite o rese inutilizzab ili 02 51_


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Alle I 2.15 in località Rudele, circa cinque chilometri dop.o Chistagne, il colonnello decise di fermarsi per «una lunga sosta durante la quale tutti avrebbero potuto riposare, consumare il pasto ed orientarsi sul terreno» <3261• Ordinò al maggiore Arcozzi, comandante dell'artiglieria di metlere in postazione una batteria e tenne i carri prònti ad intervenire, in attesa di essere raggiunto dal resto della colonna <327>. Mentre i soldati stavano consumando la scatoletta, arrivò il generale Giglio li, soddisfatto di trovare la colonna a Rudele ed in sosta perché « il btg. bersaglieri 'Zara' data la giornata calda ed il dislivello che aveva dovuto superare era ancora in marcia» <32&>. Dopo i ventisette chilometri del giorno prima, cui si aggiungevano gli otto da lla caserma sino a lla zona d'attestamento (tutti percorsi a piedi) i bersaglieri risentivano nelle gambe la stanchezza della marcia. L'aereo da ricognizione, che sin dal mattino con ampi giri precedeva la colonna, ogni tanto rinnovava il messaggio: «Tutto sgombro. Buona Pasqua» <3291. Il colonnello riunì gli ufficiali per 'fare il punto' della situazione. Quel vuoto, nel quale stava avanzando, non gli appariva del tutto rassicurante, anche se confermato dalla ricognizione aerea. Rientrava nella logica d'una prudente previsione che quanto più diminuiva la distanza da Tenìn, tanto più a umentasse la probabilità d 'incontrare qualche improvvisa resistenza che, quasi certa mente, si sarebbe manifestata con la sorpresa dell'agguato. Decise quindi di riprendere la marcia <<non più nei modi poco o rtqdossi e garibaldini usati sinora, ma in formazione tale da potersi rapidamente schierare». Intendeva portare in avanguardia la 9~ compagnia fucilieri autoqrrata; quindi , nell'ordine, i carri, il battaglio ne bersaglieri, seguito dal gn!Ppo d'artiglieria e dal plotone del genio. Ma il generale Giglioli «dava ordine al colonnello Morra di avviare a piedi ia compagnia fucilieri e di farla seguire dalla compagnia meccanizzata», mentre «il gruppo [d 'artiglieria n.d.a. ] doveva sostare per dare appoggio a lla colonna» <330>. L'ordine del generale Giglioli aveva lo scopo evidente di mettere la colonna nelle condizioni ottimali , in caso d'un improvviso contatto con il nemico, poiché evitava che la 9• compagnia, venendo a cader-e sotto il fuoco, si trovasse in crisi sugli automezzi. Nello stesso tempo, appiedando i fucili eri, dava protezione ravvicinata ai carri, e con il gruppo d'artiglieria sul posto garantiva alla colonna un'immediata copertura di fuoco m• 1• Ma questo dispositivo sarebbe stato razionale soltanto se a Tenìn fossero mancati pochi chilo metri. E tale doveva essere il convincimento del genera le poiché, non appena la formazion~ mosse da Rudele, comunicò a Superescrcito: «Colonna celere autoportata Truppe Zara giu nta ore 12 a cinque chilo metri da Knin alt Prosegue su Knin ove risulterebbe concentramento truppe serbe con inte nzioni cli resistenza>> (Jl2l . Quei 'cinque c hilometri'


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non furono un errore di trasmissione del messaggio; anche sul 'Diario storico' del comando 'Truppe Zara' venne annotato: «Alle ore 9 la colonna Morra muove da Benkovaz giungendo alle ore 12.15 a Rudele, a 5 km. da Knin, dove risulterebbe un concentramento di truppe avversarie» o 33>. Ma in realtà per Tenìn (Knin) mancavano ancora ventitré chilometri. Non è facile spiegare l'origine di questo errore, perché il generale aveva a disposizione le carte topografiche della zona, e nell'ordine di operaziÒne aveva fatto esplicito riferimento a quella ali' I :75 000. Anche una mal compresa od imprecisa informazione da parte di contadini interrogati lungo la strada non giustificherebbe l'equivoco: qualsiasi ufficiale, di norma, controlla sulla carta le informazioni assunte a voce. Dal canto suo Superesercito non aveva alcun motivo di dubitare dell'esattezza del messaggio (che, non menzionando la località di Rudele, escludeva la possibilità di rilevare l'errore con un riscontro topografico), e ritrasmise negli stessi termini la notizia al comando della 2 a Armata, perché ne fosse informato il Corpo d'armata autotrasportabile <334> che avanzava, parallelamente alla costa. Sulla base di questo errato messaggio, e di quello altrettanto errato del giorno prima (occupazione di Obrovazzo), lo Stato Maggiore dell'esercito pensò di sfruttare una situazione che, secondo quanto gli veniva rappresentato, appariva estremamente favorevole: considerò di avviare qualche re-, parto della divisione 'Torino' dal bivio di San Rocco (Sveti ROk) - strada Gospié-Gracac - per la rotabile che attraverso il passo di Mali Halam supera le Alpi Bebie (Yelebit) e, scendendo ad Obrovazzo, prosegue su Tenìn. In tal modo, forse già nella notte o al mattino successivo si sarebbe att,uato il congiungimento con le 'Truppe Zara', sempre che il ponte su lla Zermagna presso Obrovazzo e quello di Carino (Karin) fossero transitabili . Su richiesta dello Stato Maggiore il comando 'Truppe Zara' accertò che i ponti erano inutilizzabili, ed il progetto venne abbandonato <335l. Dopo Rudele, la colonna Morra, con i fucil ie ri appiedati in avangua1 dia, stava avanzando lentamente e «durante la: marcia la compagnia meccanizzata oltrepassò i fucilieri» 0 36>. Essendo Tenìn ben più distante di quanto si supponesse , inevitabilmente i carri e gli altri automezzi, seguendo per troppo tempo il passo forzatamente lento del reparto di testa, s'erano trovati in difficoltà, correndo il rischio di fondere i motori in quella giornata di «caldo atroce}> <337 >. In tal modo, dopo le due automobili ciel comando coionna vennero a trovarsi i carri frammischiati alle autocorriere ciel plotone mitraglieri del!' 11 • compagnia bersaglieri <3381 . Seguiva, distaccato, il battaglione bersaglieri in bicicletta, mentre la 9a compagnia sparpagliata ed ormai in coda «veniva caricata sugli automezzi con i fucilieri stroncati dalla fatica•> m 9 >_ L'artiglieria, uscita la colonna dalla gittata dei pezzi, su iniziativa del maggiore Arcozzi si mosse da Rudele seguendo la formazione.


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Del nemico nessuna traccia. L'aereo da ricognizione <<aveva lanciato poco prima il solito messaggio: tutto sgombro avanti pure>> (340>. Ma il colonnello, avvicinandosi al ponte che scavalca la trincea in cui corre la ferrovia per Tenìn, non più di un migliaio di metri prima del quadrivio di Stara Strafa, ritenne prudente far «schierare in formazione di combattimento la colonna» c341 >. Però la strada, sulla destra, aveva la ripida scarpata della profonda gola dove, sul fondo, scorre il fiume Cherca. Nella ricerca d'una posizione.più favorevole, il colonnello si portò avanti e, fermata la macchina, stava esaminando una zona sufficientemente estesa, con un leggero avvallamento ed una successiva contropendenza, che sulla destra terminav;t al margine d'un bosco . Qua e là, muretti a secco, masiere, cespugli, macchia bassa. Improvvisamente da quei cespugli, dal bosco, dalla trincea della ferrovia, il nemico aperse il fuoco «con numerose mitragliatrici» (342>. Era un battaglione del 54° reggimento della divisione di fanteria 'Jadranska' , al comando del capitano Ante Obradovié, lasciato di retroguardia, mentre il resto della divisione, sia pure a ranghi ridotti per le defezioni in atto, stava ripiegando verso nord su Bosansko Grahovo e Dervar, dove sarebbe stato disarmato dai tedeschi <343>. Le autovetture del comandante la colonna e della scorta furono subito colpite ed immobilizzate. Rimasero feriti il colonnello Morra, leggermente alla gamba destra, il capitano Luigi Perrotta·ect il tenente Renato Seveglievich (344>, oltre ad alcuni soldati. Il plotone mitraglieri dell' 11 a compagpia bersaglieri, sulle autocorriere, ed i nove carri, sente~do il rumore delfearmi automatiche, serrarono sotto . l carri, apersero il f~oco dalla strada, mentre i bersaglieri si buttavan o sulla sinistra con l'unica arma pesante .di cui disponevano, una Breda '37, indirizzando le raffiche «nella direzione dalla quale provenivano gli spari avversari, senza però individuare esattamente il bersaglio» <345>. Il colonnello Morra, defilatosi al fuoco dietro l'autovettura, valutò la situazione. Quindi a balzi, benché ferito, raggiunse i carri, ordinando ad uno di essi di tornare indietro per sollecitare il. battaglione bersaglieri, che si trovava ad alcuni chilometri lungo la strada <346 >. Gli altri otto carri si spinsero avanti sviluppando un consistente volume di fuoco, ma nop poterono aprirsi in ordine di combattimento essendo «il terreno a i Iati della strada assolutamente if!!praticabile da mezzi cingolati» 0 47 l_ II carro di testa, che aveva superato il ponte della ferrovia, colpito dal fuoco nemico rimase immobilizato. Al su o fianco si portò quello del comandan1c di plotone che, attirando su di sé la reazione avversaria, consentì all'equipaggio del mezzo bloccato di mettersi in salvo (348 >.


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Anche il generale Giglioli, che aveva seguito la colonna, si trovò esposto al tiro delle armi automatiche e di «un violento fuoco di artiglieria» <349>, aperto da una batteria jugoslava che tentava di interdire il passaggio sulla rotabile. La batteria da 75/27 della colonna, con tre pezzi (il quarto era ancora fermo per il guasto al traino), protettà dal plotone del genio schierato in ordine di combattimento sulla sinistra della rotabile a ridosso d'una postazione nemica abbandonata dove aveva rinvenuto una mitragliatrice, prese posizione a cavallo della strada e, su iniziativa del comandante, aperse il fuoco «con alzo 4 000 sulla direzione cli marcia [ ... ) . Sparammo qualche decina di colpi fin quando seguitò a sparare l'artiglieria nemica>} 0 5oJ. Dal carro portaordini che transitava sulla rotabile, il generale Giglio!, apprese che il colonnello Morra sebbene ferito, er.a ancora in condizioni di dirigere lo svolgimen to dell'azione, tanto da impart ire di persona gli ordini per il battaglione bersaglieri. Ma, nel frattempo, il colonnello Morra, raggiunto da un'altra raffica di mitragliatrice, era stato ferito in modo grave alla gamba sinistra. Cadde immobilizzato nel.la terra di nessuno in una cunetta a lato della strada <351 >. Non perse conoscenza, e fu in grado di dar istruzioni al proprio autista sugli ordini da trasmettere ai bersaglieri che stavano sopraggiungendo 1.~m. I carri, appoggiati dalla Breda '37, sostenevano l'uno. Restava immobilizzato il carro del comandante il primo plotone, ma l' equipaggio, sebbene ferito, continuò ad impegnare il nemico <353>. Dopo una decina di minuti arrivò il primo gruppo di bersaglieri del tenente Carlo Steinbaèh. Il battaglione non aveva più una formazione organicameme articolata; accelerando l'andatura, in testa erano venuti a concentrarsi glÌ uomini maggiormente validi o meno provati dalla fatica. Passa ndo davanti a l generale fermo sulla strada, ne sentivano l' incitamento: ((Avanti bersaglieri! li colonnello Morra ha bisogno cl i voi!» 0 5aJ . Rassicurato dall'entrala in linea ciel battaglione (ed ignorando the il colonnello Morra era stato ferito una seconda volta, e gravemente), il generale tornando a Zara informò Superesercito che: «Colonna celere et autotrasportata ha raggiunto oggi ore 18 pressi immediati Knin dove ha incontrato vivissima resistenza da parte di numerosi t.'lementi serbi a lt Tra feri ti est leggermente fe rito col. Morra Eugenio» 13 ~'> . Superesercito ritrasmise la notizia al comando della 2• Armata, ma precorse i tempi segnalando che «la colonna celere autoportata ha occupato centro ferroviario di Knin» mc,l. Nella notte', a reuifica di quanto 'precedentemente comunicato' <-' 57 l, avrebbe precisato la situazione.


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Il primo plotone della 10• compagnia bersaglieri, raggiunta la zona battuta da l fuoco d el nemico, si buttò sulla destra della strada, dove appariva più consistente ed impegnativa l'azione avversaria <358>. In quel momento il plotone aveva un solo fucile mitragliatore, e dei quarantacinque uomini dell'organico erano in linea si e no di una quindicina <>59l. La mitragliatrice Breda '37 sull'altro lato della rota bile, esaurite le ~unizioni, cessava il fuoco <360>. Intanto il maresciallo Ripandelli, addetto al comando colonna, uno dei pochi illesi della seconda vettura, visti cadere il colonnello Morra e due ufficiali del seguito, d'iniziativa aveva provveduto ad un minimo «funzionamento del comando facendo avanzare i reparti sopraggiunti» <361 >, ed orientando i bersaglieri come arrivavano. Con la ritrovata organicità dei plo toni e delle compagnie, il battaglione assunse la formazione di combattimento; presa confidenza con il terreno, individuati i centri di fuoco avversari, i bersaglieri iniziarono ad avanzare con movimento aggirante sulla sinistra <362>. Mentre la linea si stava formando, un carro a ndò in soccorso del colonnello Morra. Pilota e capo carro, anch'essi già feriti, sotto il fuoco caricarono il comandante della colonna ed un a ltro ufficiale , portandoli nelle retrovie <363> mentre veniva organizzato lo sgombero dei feriti <364>, che superavano la ventina. Del plotone d'avanguardia della 10• compagnia cadde il capo a rma Attil io Longo. Avendo visto «che il porta arma sfinito non riusciva a proseguire, impugnava.egli stesso il fucile mitragliatore» <365> buttandosi avanti. Una pallottola perforante gli trapassò l'elmetto. Immediatamente un capora l maggiore <366l si impossessò del l'arma continuando nell'azione. L'aumentato e persistente volume di fuoco dei bersaglieri, con largo uso di bombe a mano 0 67 l, aveva progressivamente costretto il nemico, che pur manteneva l'attestamento nel bosco <3681, ad abbandon a re le pos izioni avanzate quando, verso le I 9, i reparti italiani furono sottoposti a spezzonamento da un aereo improvvisamente apparso <369>. Rimase colpito a morte il sergente maggiore di artiglieria Carmi ne Gianfreda l 370>. Con la p rima oscurità il fuoco diminuì sino a cessare tranne, ad intermittenza, qualche sparato· ria e lancio di bombe a mano. Trasportalo il colonnello Morra nelle retrovie , il comando della colo nna passò interinalmente al comandante del battaglione bersaglieri, maggiore Piero Testa che, p~r la notte, fece rompere il contatto con il nemico, attestando i reparti ad, alcune centinaia di metri su posizioni più favo revoli 0 71 >. Organizzò i bersaglieri in reciproco appoggio con i carri, mentre la 12• compagnia, che durante il combattimento - quale estrema ala sinistra del movimento aggirante - era avanzata sino all'altezza del quadrivio di Stara Strafa, rimase sul posto chiudendosi a caposaldo !3721 •


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Il generale Giglioli, rientrato a Zara, si accorse che le radio d!;lla colonna Morra non riuscivano a collegarsi con il comando truppe <373>. Inoltre, dalle notizie portate dagli autisti dei mezzi che trasportavano i feriti al1' ospedale di San Demetrio e dal racconto dei feriti non ritraeva elementi per un'adeguata valutazione della situazione. Per potersi orientare, verso le 20, ordinò al tenente Bruno Porta <374> di raggiungere la località di Ocestovo, dove supponeva che il colonnello Morra si fosse attestato. Mentre l'ufficiale, in macchina con il solo autista, partiva da Zara, senza trovare né a Zemonico né~ Bencovazzo alcuna pattuglia o posto di blocco <375>, il generale Giglioli - probabilmente dall'arrivo in ospedale del comandante la colonna - ebbe «notizia del ferimento del colonnello Morra e del perdurare del fuoco nemico» <376>. Intorno a mezzanotte comunicava a Superesercito che «resistenza intorno a Knin continua violentissima alt Colonnello Eugenio Morra gravemente ferito alt Necèssita violento bombardamento su cit" tà (Tenìn - n.d.a.)»<3n>. Frattanto, nella sua corsa verso Ocestovo, il tenente Porta, senza saperlo, stava superando lo schieramento della colonna. Fu fermato da un bersagliere che, per prima cosa, lo invitò a spegnere i fari della macchina, e lo informò che il colonnello Morra era stato trasportato a Zara. Attraverso i campi raggiunsero il posto di comando del maggiore Testa, mentre l'artiglieria nemica, forse messa in allarme dai fari della vettura, apriva il fuoco sulla zona; «le vampe delle bocche di fuoco si vedono benissimo [... ] gli scoppi sono secchi e vicini, volano sassi ovunque» <378>. Avuto il quadro della situazione e degli intendimenti del comandante per la ripresa dell'l zione contro Tenìn, l'ufficiale di collegamento tornò a Zara. All'alba si presentava al generale Giglioli, dopo aver percorso nei due sensi circa cent~t_tanta chilometri. · Durante la giornata, mentre il generale Giglio li era sotto. Tenìn, gli ufficiali del çomando rimasti a Zara <379> avevano ricevuto una segnalazione di non ben precisati reparti jugoslavi che 'in ordine sparso' si stavano muovendo da Obrovazzo verso Vissochiane (Visocani) e Polissena (Polesnik). Per evitare sorprese misero in allarme il campo trincerato <380>. Successive informazioni davano «una colonna di ribelli» <381 > in movimento, sempre da Obrovazzo, ma questa volta su Zemonico. Per prevenire che la strada di collegamento con la colonna venisse tagliata, ordinarono ad un reparto del genio, che stava disattivando i campi minati, di portarsi a Zemonico, mettendosi a disposizione del ten. colonnello Roiatti che si trovava sul posto <382>. A metà pomeriggio le notizie furono più precise e meno allarmanti. Si era trattato di un gruppo di «elementi serbi sbandati» <383>che aveva razziato Obrovazzo, ed il reparto del genio ricevette l'ordine di raggiungere


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questa località, oltre che per accertare la situazione, anche per controllare lo stato di transitabilità del ponte sulla Zermagna e di quello di Carino <384>. Il comando del 'fronte a mare'. dal canto suo , aveva completata l'occupazione dell'isola di Ugliano. Una squadra di marinai rilevò il manipolo di avanguardisti che il giorno prima al comando di un ufficiale <385> e di due sottufficiali dell'esercito aveva occupato l'osservatorio sul monte San Michele, raggiunto dopo un paio d'ore di marcia e trovato abbandona to. I ragazzi, sul posto, avevano trascorso la notte all'addiaccio. Rientrati ad Oltre furono inviati, via mare, a presidiare il villaggio di Cuclizza (Kukljica), verso l'estremità meridionale dell'isola <3861. Frattanto altri reparti erano sbarcati ad Oltre ed i marinai avevano occupato le isole di Eso (lz) , Sestrugno (Sestrunj) e Raviane (Riva nj) nel Canale di Me zzo <387 l. A nord di Zara - ' fronte a terra' - veniva raggiunto lo stretto di Brevilacqua (Privlaka), e da qui l'isola di Puntadura (Vir) <388l, ment re a sud il reparto che il giorno prima era entrato a San Cassiano, catturando un centina io di prigionieri,,aveva proseguito il movimento su Càrcina (Krmcine) dove sostò per la notte <389>. Un paio di chilometri più a sud, a Zaravecchia, era arrivata la 16 3 compagnia del battaglione di formazione, partita da Bencovazzo con l'appoggio di un plotone carri. «L'occupazione di detta località avvenne nella maniera più pacifica possibile [... ] si presentarono alcuni elementi ustascia che avevano provveduto a disarmare i repa rti ivi esistenti» <3901_

Era il primo contatto, in Dalmazia, con i seguaci di Pavelié, ma erano anche le prime avvisaglie d'un pericoloso equivoco che stava rapidamente prendendo corpo, e sul quale il generale Giglioli, quello stesso giorno, avrebbe richiamato l'attenzione di Superesercito, segnalando che «a Sebenico si è costituito un consiglio croato che ha dichiarato cessato lo stato di guerra . Riterrei urgente invio nave guerra con truppe sbarco per occuparla a nome Italia» <391 >. Il generale Roaua ritramise l'informazione al comando della 2° Armata <3921, poiché Sebenico era uno degli obiettivi del Corpo d'armata autotrasportabile, e contempo raneamente segnalò la questione, allo Stato Maggiore Generale, ed al Comando Supremo <393 >. Il problema del 'consiglio croato di Sebenico' venne aila luce anche per altra via, e stava assumendo aspetti rilevanti. La stazione Radio Coltano, alle 16.30, aveva riçevuto da Sebenico questo messaggio per il ministero della guerra: «In riguardo a che la città et le fortificazioni di Sebenico come pure lo Stato di Croazia non sono più in stato di guerra con le Potenze dell'Asse si prega cessare inutili bombarda menti» <394>. A p arte la richiesta di far sospendere l'attività aerea, il testo lasciava intendere un'adesione della città al nuovo Stato di Croazia, pur no n ancora riconosciut o né da Roma né da


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Berlino, come se la Jugoslavia - di cui Sebenico faceva parte - fosse già scomparsa, e le truppe italiane non stessero combattendo contro quelle jugoslave. Alle 17 .30 il 'Consiglio Croato di Sebenico', sollecitò una risposta, che Roma si astenne dall'inviare <395>. Alle 20.30, terzo messaggio, questa volta diretto al ministero degli affari esteri, per il dottor Oberto Fabiani che, sino allo scoppio delle ostilità era stato vice-console italiano a Sebenico, «vi prego intervenire che le truppe a Sebenico siano· il quanto più benevoli verso la popolazione la mia amicizia verso di voi vi garantisco la nostra corretta tenuta - Niksié» <396). L'assunzione, a Sebenico, dei poteri civili da parte degli ustascia probabilmente rientrava in un piano prestabilito poiché quello stesso giorno, da Berlino, l'ambasciatore Alfieri avvertiva il ministero degli affari esteri che, sul Vo/kischer Beobachter, era apparsa la notizia.secondo la quale «nuovo governo croato ha nominato Commissario Governativo Spalato e Ragusa» <397>. Zagabria non perdeva tempo nel precostituire situazioni di fatto in Dalmazia, e verso mattina del giorno successivo sarebbero giunti a Zara due ufficiali superiori jugoslavi, inviati dal 'Comitato croato' di Sebenico, i quali, qualificandosi 'plenipotenziari del Governo Croato Ustascia' chiesero al generale Giglioli la sospensione delle azioni. terrestri ed aeree contro Sebenico, «da loro definita croata ed alleata» <398l. La notizia venne immediatamente comunicata a Superesercito che informò lo Stato Maggiore Generale <399>. Il 13 aprile, per Zara, fu una Pasqua particolare. Gli .uffici della pry,• fettura, del comune, della federazione fascista, della provincia, delle vari'·,~ organizzazioni, erano in piena attività; tutti i cittadini si erano messi a disposizione delle autorità per coHaborare nella.soluzione dei nuovi e sempre diversi problemi che di momento in momento si affacciavano, specialmente per le pressanti richieste di viveri che provenivano dai villaggi occupati. Nel pomeriggio, a cura della federazione fascista, con una motobarca, quattro giovani italiane si recarono ad Oltre per distribuire generi alimentari alla popolazione <400>.

li battaglione d'avanguardia dell'82° reggimento di fanteria della divisione 'Torino', la mattina del 13 aprile, poco dopo le 6, aveva ripreso il movimento da Valle di Segna, ed alle 8 entrava ad Otocac, seguìto dal comando tattico della divisione. << La popolazione accoglie gli italiani con manifestazioni di alto entusiasmo». Il generale Luigi Manzi, comandante della 'Torino', fu invitato a «passare in rassegna una compagnia d'onore di ustasci schierata davanti alla casa del municipio. Il segretario politico del partito croato si prodiga in gentilezze» <401 1.


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Alle 12.30 l'avanguardia ricevette l'ordine di proseguire l'avanzata su Gracac e Tenìn «per realizzare il congiungimento delle forze della divisione 'Torino' con le truppe italiane che partite da Zara hanno occupato Benkovac e marciano su detta località di Knin» <402>. Completato il rifornimento degli automezzi, la marcia riprese poco dopo le 15. A Gospié, raggiunta alle 17 .35, informatori locali avvertirono che «i serbi stanno organizzando una linea di resistenza» prima di Gracac, per cui l'avanguardia, superato alle 19.30 il paese di Ricice, ebbe l'ordine di sostare, prendendo «le dovute misure di sicurezza, e di costituire una linea d'avamposti nella zona del ponte di Strikad (recte: Stikada)», circa un quattro chilometri prima di Gracac <403 >. A rinforzo del battaglione vennero fatti avanza~.e due gruppi di artiglieria, e dalle 20 sino a mezzanotte si sviluppò uno scontro a fuoco con elementi nemici appostati sulle alture circostanti ed oltre il ponte. Cadde il caporal maggiore Edoardo Panella della compagnia cannoni divisionale <404 >. · Un soldato jugoslavo si .consegnò ad un posto avanzato italiano e riferì di far parte di un gruppo di guastatori che, con un'auto, era stato inviato nella zona per far brillare le cariche con cui era stato minato il ponte. Una pattuglia italiana, portatasi al di là del ponte, trovò il veicolo che venne requisito, ma nello stesso tempo notò dei movimenti sul fondo del tO!'{.ente e, «un marinaio serbo, incaricato anch'esso di far saltare il ponte, viene ucciso prima che egli riesca nel tentativo» <405 >. Qualche soldato jugoslavo sapeva ancora sacrificarsi. Nelle prime ore della notte sul 14 aprile, Superesercito segnalò al Comando Supremo, allo Stato Maggiore Generale <406> ed al comando della 2 3 Armata <407 >, che il generale Giglioli, data la resistenza incontrata, chiedeva il bombardamento aereo di Tenìn <408 l. Dopo alcune ore, lo Stato Maggiore Generale comunicava al comando 'Truppe Zara' che nella mattinata l'aviazione sarebbe intervenuta sul «centro levante» (4o91 dell'abitato, dove si trova la stazione ferroviaria. Dal canto suo, il battaglione bersaglieri, sul fronte di Ocestovo, ave,. va trascorso la notte nell'attesa di un attacco nemico (4101 : la cattura d'un capitano di cavalleria jugoslavo che, al comando d'una pattuglia, dopo aver seguito il letto del fiume Cherca aveva risalito la scarpata cadendo in mezzo ad una postazione di bersaglieri (411 l; il tentativo d'assaggio dello schieramento da parte di elementi nemici, dispersi a colpi di bombe a mano l 412l; le raffiche d'armi automatiche contro le postazioni italiane <4131, per individuare i centri di fuoco provocandone la reazione, lasciavano capire le intenzioni aggressive del nemico.


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Da un punto di vista tattico, la situazione della colonna era tutt'altro che favorevole. Penetrata profondamente in territorio nemico, si trovava isolata ad oltre ottanta chilometri dalla base, avendo di fronte reparti che, senza svelare la propria forza, si.dimostravano decisi a contrastarne l'avanzata. Se il capitano di cavalleria jugoslavo con la pattuglia fosse risalito lungo la scarpata un centinaio di metripiù a valle e, in concomitanza ad un attacco frontale, avesse aperto il fuoco alle spalle del battaglione, molto probabilmente lo schieramento italiano sarebbe entrato in crisi. Il maggiore Testa ritenne indispensabile contenere le iniziative del nemico, ma senza farsi coinvolgere in azioni notturne di contropattuglia, da- . ta la perfetta conoscenza che l'avversario aveva del terreno, appositamente scelto per l'azione d'arresto. Sapendo di dover contare unicamente sulle proprie forze, al comandante italiano restava soltanto una possibilità: tentar di conseguire una prevalenza psicologica sul nemico. Concertatosi con il maggiore Arcozzi, comandante del gruppo di artiglieria, circa il modo più effi-. cace per far credere al nemico che la colonna stesse ricevendo rinforzi, ricorse agli autocarri <4 141. Isolati ed a fari spenti furono inviati verso Rudele. Dopo alcuni chilometri, in colonna ed a fari accesi, tornarono indietro. li giorno dopo, dall'interrogatorio d'un ufficiale catturato a Tenìn, si sarebbe appreso che gli jugoslavi avevano desistito dall'attacco notturno «impressionati da una colonna di autocarri che con fari accesi da Kistagne o da qualche altra località si avvicinava» l 415 >. Tuttavia, verso l'alba; il nemico per due volte impegnò singoli punti dello schieramento ; ed il battaglidpe bersaglieri <416 > ebbe a lcuni. feriti. Con il nuovo giorno (14 aprile) il maggiore Testa non dette corso all'attacco su Tenìn come aveva preannunciato all'ufficiale inviatogli dal generale Giglioli, e l'aviazione non intervenne sulla città. Molto probabilmente la decisione era stata presa da Superesercito, in relazione al favorevole sviluppo dell'avanzata della divisione 'Torino', apparendo ormai inutile arrischiare vite di soldati e ·creare vittime fra la popolazione civile.

li battaglione bersaglieri si sistemò sulle sue posizioni l4 171 e la 12• compagnia, che aveva trascorso la notte nei pressi di Stara Strafa, rientrò nelle linee <4181. Furono sgomberati su Zara i feriti della notte, e con essi i comandanti dei due plotoni della compagnia carri, sottotenenti Giuseppe Piola ed Antonio Mazzitelli, feriti nel combattimento del giorno precedente l419 >. La mattinata trascorse co n intermittenti scambi di fuciieria e raffiche di mitra, gliatrice fra contrapposti schieramenti <420>, mentre elementi della 10• compagnia bersaglieri recuperavano il carro immobilizzato dalla sera precedente nella terra di nessuno, catturando anche alcuni soldati jugoslavi c421 >.


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A Zara, verso le 8 del mattino, il generale Giglioli, in base alle informazioni del tenente Porta, stava predisponendo l'ordine di operazione con cui avrebbe affidato al tenente colonnello Giuseppe Roiatti il comando della colonna sotto Tenìn, ed ordinò la costituzione d'una compagnia mitraglieri di formazione al comando del tenente Lelio Borsari, che avrebbe autocarrato gli uomini, portandoli a Ocestovo per rinforzare il dispositivo d'attacco <422>. Il generale con l'ordine di operazione n. 4, emanato alle 10. 15, orientò il nuovo comandante della colonna tracciando il quadro della situazione: «avversaria: numerosi nemici con raffiche di fucileria e di mitragliatrici ostacolano il prosieguo della nostra avanzata sulla città [Tenìn - n.d.a.]; nostra: una divisione autoportata (la 'Torino') è in marcia da Gospié su Knin. La 14a divisione tedesca è in marcia da Karlovac su Knin». Precisava, quindi, che il «battaglione bersaglieri 'Zara' occupa la quota 356 a cavallo della strada per Knin. Con il btg. vi è la 9a compagnia, due batterie da 75/27 e da 100/17 al comando del maggiore Arcozzi (complessivamente sei pezzi), la compagnia meccanizzata con 8 carri in efficienza, un plotone del genio» <423 >. Nel contempo disponeva l'invio, 'in rinforzò', della compagnia mitraglieri di formazione. Era una decisione opportuna, anche per compensare le perdite ed il minor volume di fuoco della colonna che, a quel momento, aveva fuori combattimento due pezzi d'artiglieria, un carro, due morti e circa trenta feriti. Il generale Giglioli concludeva l.'ordine impartendd:al ten. colonnello Roiatti le seguenti disposizioni: «È necessario che giunto sul posto: 1) esaminate la situazione, riordinate rapidamente i reparti; 2) effettuate un migliore e più opportuno schieramento delle forze ora ammassate sulla strada; 3) tenete opportunamente indietro i servizi e la stazione radio che deve collegarsi con me; 4) agite con energia ma con ponderatezza in modo da raggiungere il centro ferroviario di Knin prima dei tedeschi; 5) sgomberate con i mezzi vuoti di ritorno feriti e prigionieri» <424 >. Appena emanato l'ordine di operazione, pervenne al generale la disposizione di Superesercito per cui le 'Truppe Zara' operanti sotto Tenìn, dal momento del loro congiungimento con la 'Torino', sarebbero passate alle dipendenze della divisione <425 >, ed il ten. colonnello Roiatti ne fu informato. L'alba del 14 aprile aveva trovato l'avanguardia dell'82° reggimento della divisione 'Torino' ferma al ponte di Stikada sul fiume Ricica, circa quattro chilometri prima di Gracac. Secondo quanto riferito da alcuni civili,


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sembrava che i reparti serbi, dopo essersi abbandonati ad atti di tefrorismo, si fossero ritirati da Gracac rifugiandosi sulle montagne circostanti <426>. Altre informazioni, ma molto imprecise, segnalavano la presenza in città di armati, facendoli ascendere anche a millecinquecento uomini <427 >. Il generale Manzi, comandante della 'Torino', per evitare perdite di uomini e di tempo con un investimento in forze dell'abitato, inviò a Gracac un ultimatum, avvertendo che se non fosse stato accolto avrebbe fatto ricorso all' artiglieria ed all'aviazione <428>. La città si arrese, e verso mezzogiorno 1'82° reggimento attraversava il paese. Nel frattempo, anche al generale Manzi era pervenuta la disposizione per cui al congiungimento con le truppe 'Zara' ne avrebbe assunto il comando <429>. Dopo Gracac, ed in previsione d'un eventuale impiego, tutto 1'82° reggimento - meno un battaglione, passato alla riserva divisionale - fu portato in avanguardia assieme al III gruppo d'artiglieria. La velocità di marcia ne risentì, perché i reparti autocarrati dovettero adattarsi ai più lenti trattori dell'artiglieria <430>. Per Stara Straza mancavano cinquantun chilometri, per Tenìn cinquantotto. Alle 11 del mattino, il ten. colonnello Roiatti, con la compagnia mitra-. glieri di formazione del tenente Borsari, partì da Zara. Oltre il vecchio confine la strada apparve deserta. Nei paesi la popolazione, chiusa nelle case, aveva esposto drappi bianchi alle finestre. Dopo una breve sosta a Bencovazzo ed una seconda a Breberio, dove un reparto del comando 'Truppe Zara' era stato inviato «a difesa degli importanti ponti rimasti intatti che assicuravano il collegamento per Knin e Sebenico» <431 >, la compagnia procedette per Chistagne, raggiungendo Ocestovo mentre sul posto i bersaglieri stavano consumando un improvvisato rancio caldo. Il ten. colonnello Roiatti, orientatosi sulla situazione, alle 16 spedì al generale Giglio li un marconigramma il cui contenuto - non essendosi trovato il testo - può essere soltanto dedotto dalla risposta che il generale gl'inviò come ordine di operazione n. 5. «Ho ricevuto vostro ore 16. Va bene» <432>. Quindi, come se non fosse probabile il collegamento in giornata con la 'Torino', gli ordinava di attaccare «con massima risolutezza», ma soltanto all'alba del giorno successivo (15 aprile), dato che «risulterebbe anche da osservazione aerea che Knin non è difesa fortemente ma solo da qualche piccolo nucleo facilmente superabile con forze a disposizione» <433>. Gli raccomandava d'occupare la stazione ferroviaria, di «assicurare collegamento r.t. con comando 'Zara'» e , non appena possibile, anche con il comando della 'Torino' <434>.


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Ma l'ordine rimase senza seguito. Ancor prima dell'inoltro dell'ordine di operazione (ore 18.10), la situazione fra Ocestovo, Stara Strafa e Tenìn era completamente mutata, ed il ten. colonnello Roiat_ti, alle 18 aveva spedito un marconigramma con cui informava Zara che «colonna ha raggiunto quadrivio sud Strga [recte: Stara Stra.fa] et preso contatto con avanguardia divisione 'Torino' alt Passo dipendenze gen. Manzi per attaccare Knin» (435). Quel pomeriggio, 1'82° reggimento, superata Gr~cac, aveva impiegato quasi sei ore per coprire i quarantaquattro chilometri sino al bivio di Pàgene, sette prima di Stara Strafa <436l. Sulla Hmitata velocità dei trattori dell'artiglieria avevano ulteriormente inciso le difficoltà naturali del percorso, con il valiço di Knesevié (quota 904) <437l, e gli stretti tornanti in discesa da Santa Trinità (Sveta T rojka, quota 808) a Prodanovié (quota 409), oltre al cattivo stato della rotabile. Al bivio di Pàgene, l'avanguardia della 'Torino,. avev-a dovuto fermarsi per eliminare alcuni centri di fuoco nemici <438>. L'82° reggimento, mentre sostava «seguendo l'azione degli avamposti», vide sopraggiungere «sulla rotabile, provenienti da Zara, alcuni carri seguiti da circa una compagnia della colonna celere bersaglieri» <439>. Infatti, il ten. colonnello Roiatti, al primo avvistamento d 'un lontano nuvolo di polvere sulla sinistra, aveva inviato in esplorazione due carri con un plotone bersaglieri in bicicletta, e quello autocarrato del genio, che lungo la strada rimosse una treptina di mine <440)_ I bersaglieri, soltanto dal polverone intrae con manifestaziovisto presso Pàgene seppero dell'arrivo. della 'Torino', 1 ni di giubilo uscirono dalle loro postazioni. Bicicle.tté alla mano, ricomposero i reparti lungo la rotabile <441 >. La còmpagnia ~1itraglieri del tenente Borsari, appena giunta e non ancora assestata sul terreno, spalleggiò nuovamente armi e treppiedi <442 l . L'82° reggimento, frattanto, contrastato da sporadiche azioni avversarie; era giunto al quadrivio di Stara Strafa, dove catturò «due nemici ·armati di bombe a mano» <443)_ Il capitano Umberto Arcolacci, dell'82°, avuta notizia (probabilmente dagli stessi prigionieri) che il ponte ad un chilometro prima di Tenìn era saltato, montò su uno dei carri assieme al comandante del reggimento, colonnello Evaristo Fioravanti, ed andò a controllarne la transitabilità <444>_ Portava con sé un ultimatum, analogo a quello usato a Gracac. Ragg_iunto il ponte ed accertati i danni, mentre dalle alture circostanti partivano ancora colpi di fucile, «per mezzo di uno dei croati accorsi a curiosar~, invia l'ultimatum suddetto. Dopo una ventina di minuti giunge un ufficiale superiore che si dichiara pronto alla resa della città» i+-1 51_ li generale Francesco Zingales, comandante del Corpo d ' armata autotrasportabile, che frattanto era arrivato al quadrivio di Stara Strafa, venne


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informato dello stato in cui si trovava il ponte; per ripararlo sarebbero state necessarie almeno dodici ore di lavoro. Di fronte all'impossibilità di raggiungere Sebenico per la strada Tenìn-Dernis (Drnis), ordinò alla 'Torino' di «proseguire la marcia sulla via laterale Kistagne-Scardona» <446>e «di lasciar passare verso Knin, ormai libera, i bersaglieri ciclisti» <447>. Mentre 1'82° re&gimento, alle 21, riprendeva l'avanzata <448>, i bersaglieri, biciclette alla mano, appoggiandosi ai manubri per la stanchezza e per il sonno, stavano percorrendo gli ultimi chilometri verso Tenìn. Giunti al ponte, che aveva la rampa di accesso in acqua e quella d'uscita in alto, messe le biciclette in spalla lo superarono su improvvisati passaggi di fortuna, utilizzando pali di legno buttati tra i pilastri <449>. In testa il primo plotone della 1oa compagnia, ed il tenente Carlo Steinbach si vide venire incontro alcuni messi jugoslavi; ritenendolo il comandante della colonna gli offrivano la resa della città (450). Finestre chiuse. Strade deserte e fiocamente illuminate. Davanti all'ingresso d'un albergo, già sede della divisione 'Jadranska', due soldati jugoslavi montavano ancora la guardia <451 >. Tre compagnie di bersaglieri si acquartierarono nella caserma-sud di Tenìn e l' 11 a nella caserma-nord <452>, dove prima d'entrare dovette abbattere alcuni alani inferociti e catturò qualche prigioniero. La 12 a fornì gli uomini per un pattuglione notturno di vigilanza <453>, mentre il maggiore Testa dettava i termini della resa. Da Zara, il generale Giglioli, con telegramma MPA~MP A (massirqa pre- , cedenza assol\lta su tutte le massime precedenze assolutè) comunicavi Superesercito: «Presidio Knin ha cessato ogni resistenza e si è arreso» <454l.

a

Il 14 aprile, anche se sotto Tenìn non vi erano stati scontri di rilievo, si ebbero alcune perdite. A Poglizza, un paese a nord di Zara, nel corso del rastrellamento di alcuni soldàti jugoslavi, probabilmente parte degli sbandati segnalati il giorno prima in movimento da Obrovazzo, cadde il fante Geo Bartoletti. Sulla cinta fortificata, ripiegando i campi delle mine a strappo, restaropo uccisi i genieri-minatori Benedetto Baroni, Matteo Berardi e Vittorio Manducchi <455). Durante la giornata, secondo l'ordine di operazione emanato dal maggiore Andrea Badini <456>, comandante del 'fronte a mare', una compagnia mista di marinai e soldati aveva proceduto all'occupazione dell'isola di Melàda (Molat). Il reparto, su due motopescherecci requisisti e scortati dal dragamine RD. 44, era sbarcato senza incontrare opposizione. I sei gendarmi del posto consegnarono le armi e venne fatto prigioniero un ufficiale serbo.


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Nel fortino di punta Banastra (Rt. Bonaster), abbandonato dalla guarnigione, soltanto materiale distrutto. Nel pomeriggio fu occupata Bosava (Bozava), nella parte settentrionale dell'isola Lunga (o isola Grossa, cr. Dugi Otok), quindi le non lontane località di Saline (Soline) e di Punte Bianche (Veli Rat), ponendo sotto controllo lo stretto che unisce il Canale di Zara ali' Adriatico, mentre un'altro sbarco veniva effettuato più a sud, a Sale (Sali), capoluogo dell'Isola Lunga <457 >. A Roma, quello stesso giorno, i dalmati redenti ed irredenti inviarono al Capo del Governo un telegramma esprimendo la «certezza che sia ridata agli italiani tutta la Dalmazia da Veglia del Carnaro ali' Albania» . Le prime firme erano dei senatori Alessandro Dudàn da Spalato, Francesco Salata da Ossero, Antonio Tacconi da Spalato, seguite da altre centocinquantatré di dalmati in quel momento a Roma C458J. Da Zara, il federale Bartolucci con altro telegramma si rivolgeva a Mussolini, «in nome di ventimila dalmati provincia Zara [,] minoranze italiane Dalmazia [,] centomila dalmati profughi nel mondo», chiedendo che «nella generale liquidazione stato mosaico jugoslavo non sia dimenticata redenzione Dalmazia da due millenni terra culturalmente italiana» <459 >. li 15 aprile, a Tenìn, davanti all'edificio già sede del comando del ìa divisione 'Jadranska', si procedette all'alza bandiera; i bersaglieri in armi resero gli onori <460>. Il ten. colonnello Roiatti provvide alla sistemazione dei reparti, al ripristino della transitabilità sui ponti d'accesso alla città ·<461 >. Il plotone del genio, che all'alba era partito dalla zona di Oèestovo, dove aveva pernottato, stava riattando i ponti, uno in ferro ed un altro, immediatamente successivo, in legno. Vennero puntellati e contenuti con materiale di circostanza; dopo nove ore di lavoro furono riaperti al traffico c4 62>. In tal modo, nel pomeriggio, poterono entrare a Tenìn i carri, gli automezzi e l'artiglieria, che durante la notte si era accampata a circa tre chilometri dalla città, non lontano dalla postazione della batteria jugoslava; «c'erano bos~ soli di artiglieria tutto intorno» l463 l, ma non i pezzi . Il 'fronte a mare', intanto, completava l'occupazione dell'Isola Lunga, e reparti della marina sbarcavano a Pasman ed all'lncùronata (Kornat), coadiuvati nell'occupazione della prima da una squadra di soldati trasportati via mare da Zarayecchia <464>. Lungo la costa, una colonna autocarrata di duecento uomini, partita da Zara, raggiungeva gl'idroscali' di T rebocconi e di Vodizze C465> e, nell'interno, veniva occupato il paese di Dernis (Drnis). Nella mattinata il generale Giglioli diramò alle 'Truppe Zara; l'ordine del giorno n. 2 C466>: «In queste giornate storiche, non solo avete completamente assicurata la difesa di Zara, fiaccola di italianità in Dalmazia, ma


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con impeto travolgente avete portato il tricolore a Nona, ad Obrovazzo, a Bencovazzo, a Zaravecchia, a Scardona, a Knin e in tutte le isole zaratine. lo, vostro comandante, vi dico che sono fiero di voi e che vi ringrazio per tutto quello che avete fatto». Poco dopo ricevette un telegramma con il personale apprezzamento del capo di Stato Maggiore dell'esercito, che gli rivolse «un sentito elogio per i brillanti risultati ottenuti dalle vostre truppe» <467 >, e la relazione dell'Ufficio storico dello Stato Maggiore sui fatti di Zara, avrebbe posto in rilievo che «le operazioni svolte in questo settore stanno a dimostrare com e anche un presidio che disponga di truppe e mezzi !imitati può assolvere, nel qu'a dro generale, un compito importante se le une e gli altri vengono impiegati con tempestività ed ardimento» <468>. Il San Marco!, nel titolo a tutta paginà, «L'esercito serbo in dissoluzione - Le nostre truppe hanno occupato Sebenico - L'avanzata continua» <469>, sintetizzava il bollettino di guerra emanato quel giorno dal Quartier Generale. «In Jugoslavia colonne della 2 3 Armata, preso contatto con le truppe di Zara, hanno occupato il centro di Knin, costringendo alla resa il presidio. Una colonna a'Utocarrata ha raggiunto Sebenico. Forze da sbarco della Marina e reparti dell'Esercito hanno completato l'occupazione delle isole zara tine» (470). Infatti, l'avanguardia della 'Torino', mossasi da Stara Strafa alle 21 del 14 aprile, era giunta a Sebenico alle 2.20 della notte, precedendo di quattro ore il grosso della divisione. La popolazione - malgrado o grazie, non lo sappiamo, al locale 'Comitato croato' ustascia - si dimostrò tranquilla, e le autorità civili collaborarono alla soluzione di alcuni problemi relativi ai servizi. Completato il rifornimento degli automezzi, a mezzogiorno l'avanzata riprese <471 >. Cinque ore dopo, l'avanguardia, preceduta dai generali Zingales comandante del Corpo d'armata autotrasportabile, e Manzi comandante della 'Torino', nonché dal colonnello Fioravanti comandante dell'82° reggimento, con gli ufficiali dei rispettivi Stati Maggiori, entrava in Spalato, in mezzo «alla fredda benevolenza della popolazione». Fatto il giro ~~lla città, «secondo il desiderio delle Autorità locali», la colonnR sostò stìla strada di circonvallazione di Monte Marian, dove i reparti si aZ'. camparono per la notte· <472>. Mentre la divisione 'Torino' occupava Spalato, gli zaratini, convocati dal segretario federale, co~vennero nella loro storica Piazza dei Signori <473>, in una comprensibile atmosfera d'entusiasmo e di commozione. ~Il podestà Salghetti Drioli disse poche parole «per annunciare al popolo raccolto l'evento più grande della nostra storia, l'unione definitiva e totale della


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Dalmazia all'Italia» <474 >_ Quindi il federale Athos Bartolucci si rivolse agli zaratini , dicendo di averli riuniti «per gioire f... ] del destino che si compie [... ]. A Sebenico , a Spalato, nelle isole e nelle altre città della costa il tricolore d'Italia già sventola o sventolerà [... ]. Zara è stata degna della sua ora» <475 >_ Dette lettura di un telegramma diretto a Mussolini in cui, dopo aver ricordato l'animo e la determinazione con cui la città aveva affrontato i giorni dell'assedio, ed il balzo vittorioso oltre frontiera, poneva nelle mani del Capo del Governo l'avvenire della Dalmazia C476 l.


NOTE AL CAPITOLO I



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(I) Durante la dominazione austriaca, ultimo podestà di Zara fu l'avv. Luigi ZILIOTTO che, nel novembre del 1918, divenne il primo sindaco di Zara ital ia na. Nel 1920, per le sue benemerenze, venne nominato senatore del Regno. Per più a mpi ragguagli vedi lo studi o " Luigi Z 1L1o n o e i suoi tempi'', scritto dal figlio avv. Giuseppe Z1uono, in la Rivista Dalmatica . (Roma) - Fascicoli 1111. 3 e 4 del 1964 e nn. I e 2 del 1965. (2) li Governo austriaco, dopo la perdita del Venero ( 1866), sia per reazione, sia per ra gioni di po litica interna, essendo stato aiuta to dai rappresenta nti croati della Dalmazia nel sostenere il principio del cent ralismo contro le tendenze federative delle popolazioni latino-slave dell'I mpero, favorì in Dalmazia l'azione snazionalizzatrice dei croati cont ro gl' italiani. Nel 1866, la maggioranza dei deputati alla Dieta d almata (amministrazione regionale) era italiana; analogamente a l Parlamento d i Vienna vi erano cinque deputati ita liani - Luigi LAPENNA, Marino BONDA, Antonio BAJAMONTI, Cosimo Rl:GNA , Edoardo KELLER . e quattro croati. Con decreto dell'8 novembre 1866 comi nciò, in Dal mazia, la croatizzazione delle scuole italiane e, con il I O dicembre dello stesso anno, venne imposto agli impiegati statali la conoscenza della lingua croata. Il primo comune italiano , dove si im pose la maggioranza croata fu quello d i Sebenico nel 1873; dieci anni dopo gli italian i perdellero il comune di Spa lato. Allo scoppio della I a guerra mondiale, a ll a Dieta dalmata, vi erano ancora sei deputat i italiani - Ercolano SALVI, Roberto GHIGLJ... NOVICH, Luigi ZILIOTTO (lutti e tre, nel 1920, nomi nati senatori del Regno d'Ital ia), N atale KREK1c11, poi deputato del Regno indi senatore, Giorgio P 1N1 e Stefano SMERCHINICH. (3) Il Pau o d i Londra , ufficialmente ebbe origine d a un memorandum presentat o dal ministro italiano per gli affari esteri, Sidney SONNINO, il 4 ma rzo 1915 alle potenze dell'Intesa, nel quale si precisavano le condizioni alle quali l'Italia sarebbe entrata in guerra . Le richieste furono favorevol mente conside rale dalla Francia e dall 'Inghilterra in quanto, questi due Stat i, accettand ole, non facevano a ltro che disporre di terre a ncora austriac he su Ile quali , in q uel tem po, non avevano alcun interesse. Diversa la posizione della Russia che, coltivando nei su oi piani la creazione di una "Grande Serbia", vi si oppose. Dopo complesse 1ra11a1ive, il 26 aprile 1915, si arrivò alla firma del Pauo di Londra. All'It alia venivano riconosciute le province austriache occidentali sino a l confine alpin o, la Dalmazia seuentriona lc con le isole ani istan ti e Valona. Il Palto, firmat o da Edward GR cY per l' Inghilterra, Gugli elmo IMPERIALI per l' Ita lia, Aleksandar BcNKENDORFF per la Ru ssia e Ju les CAMBON per la Francia, era segreto. Alla fine del 1917 a seguito della rivoluzione sovietica, sulle lsvestija, venne reso pubblico un tesw non esa110 del quale ne delle Jeuura alla Camera italiana l'on. BEVIONE nella seduta del 13 gennaio 1918. (Vedi An1onino D'ALIA, Lo Dalmazia nello sroria e nella politica, nella guerra e nella pace. - Casa Ed. Optimo - Roma, 1928 - pag. 180 e seg.). Per la conoscenza del Pauo di Londra da parte del Governo degli U.S.A. già durante il connillo, vedi A.A. BERNARDY e V. FALORSI, La questione Adriatica vista d'olrre Atlantico - Edi tore Zanichelli - Bologna, 1923 . (4) La battaglia, che prese il no me di Vi ttorio Veneto, ini zia1a il 24 on o brc 19 18, si co ncluse il 3 novembre con l 'armistizio di Villa Giusti, che entrò in vigore alle ore 15 del giorno successivo. Il 7 novembre 1918, il Generale Erich Von LUDENDORFF, che con HINDENBURG con d ivideva le responsabilità de llo Sta to Maggiore tedesco, scrisse: «senza la bai/aglio distruggi-

trice di Vi/Iorio Venero, noi (tedeschi - n .d.a.) avremmo poruto, in unioni d'armi con la monarchia austro-ungarica, continuare lo resistenza disperata per tulio l'in verno». L'8 novembre venne annunciata l'abdicazione del Kaiser. 0110 giorni dopo l'armistizio di Villa Giusti, I' 11 novembre , a Comp iègne, an che la Germania fi rmava l'armist izio .


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(5) La Conferenza della Pace si aprì, a Parigi, il 18 gennaio 1919. Il 28 giugno, nella Galleria degli Specc.hi di Versailles, fu firmala la pace con la Germania; il 10 novem_brc a Neuilly, con la Bulgaria; il 4 giugno 1920, al Trianon, con l'Ungheria; il IO agosto 1920 a Sèvres, con la Turchia. L'Ilalia, nel tratlalo con l'Austria, definiva le nuove frontiere terrestri, ma rimase aperta la questione di Zara e dei territori della Dalmazia che le erano stati attribuiti con il Pano di Londra. La soluzione di questi problemi venne demandata ad accordi diretti fra l'Italia e il nuovo Stato dei serbi-croati-sloveni (S.H.S.). Gli accordi furono conclusi a Rapallo, il 12 novembre 1920. (6) Il 26 ottobre 1918 la Dieta croata di Zagabria proclamò lo svincolo dei croati dall'Austria-Ungheria . Era il primo atto che doveva portare alla costituzione del Regno dei serbi-croati-sloveni (S.H.S.). Per la genesi di questo nuovo Stato, vedi il Capitolo IV del presente volume. (7) Le trattative di rette fra l'Italia e lo Stato S.H.S., iniziate a Pallanza, (11 maggio 1920), furono interrotte per la caduta del ministero N1rr1. Vennero riprese a Spa (5-16 luglio) dal ministro italiano per gli affari esteri, Carlo SFORZA, e da quello jugoslavo Ante TRUMB!é. Nella successiva tornata, a Rapallo (7- 12 novembre 1920) il trattato fu concluso e venne sottoscri uo, per l'Italia, da Giovannì G1ourr1, Carlo SFORZA, Ivanoe BONOMI; per la Jugoslavia, da Milenko VCSNlé , Ante TRUMBlé e Kosta STOJANOVIé. (8) li disegno di legge per la ratifica del Trattato di Rapallo, presentato alla Camera dei deputati (stampato n. 950), venne esaminato dalla Comrnìssione permanente "Rapporti politici con l'estero -colonie" (relatore on. Giuseppe DE NAvA). La discussione in Assemblea ebbe inizio il 24 novembre 1920, sotto la presidenza dell'on. E nrico DE NICOLA, ed il tesla venne approvato il 27 novembre, con 253 voti favorevoli, 14 contrari, SO astenuti. Il Senato, su relazione della Commissione per la politica estera (relatore sen. Fabrizio COLONNA), sotto la presidenza del sen. Tommaso T rrroNI, lo discusse (stampato n. 252) nelle sedute dal 15 al 17 dicembre, e lo approvò con 215 voti favorevoli, 29 contrari. Divenne la legge 19 dicembre 1920, n. 1778, pubblicata sulla Gazzella Ufficiale del R egno d'Italia del 21 dicembre 1920, n. 300. Al trattato di Rapallo venne data esecuzione con gli Accordi noti con il nome di Santa Margherita Ligure, anche se firmati a Roma il 23 settembre 1922, per l'Italia da Carlo SCHANZER, ministro per gli affari es1eri, e per lo Stato S.H.S. da Vojslav ANTON1JEv1é, ministro plenipotenziario. Furono approvati dalla Camera dei deputati (sta mpato n. 1907) il IO febbraio 1923; dal Senato (stampato n. 553) il 16 febbraio 1923. Divennero la legge 21 febbraio 1923, n. 43, pubblicata nella Gazzella Ufficiale del Regno d'ltalia del 21 febbraio 1923, n. 28.

(9) li comune di Làgosta, che comprendeva l'isola omonima, gli adiacenti isoloui di Caz.za, Caz.ziòl e gli Scogli Lagostini, aveva una superficie di 55 km2 con 1558 abitanti. L'isola si trova nella parte meridionale dcli' Adriatico a circa 73 miglia marine (135 km) a sud di Zara ed a 57 miglia marine (105 km) dalla Testa del Gargano. È separata dalla vicina isola di Cùrzola dal Canale di Làgosta, largo circa 6 1h rnìglia marine (12 km). (10) Dopo la prima ·guerra mondiale, ai cittadini italiani della Dalmazia (punto 2 dell'articolo 7 del T rauato di Rapallo), venne riconosciuto il diritto di optare per la cittadinanza italiana, restando nei comuni di residenza. Non di meno, oltre un 10 000 italia!1i si trasferirono in Italia. Si può considerare (i dati non furono mai resi noli) che in Dalmazia rimanessero ci rca 22 000 italia1ù che avevano i lo ro nuclei più consistenti a Spalalo, Sebenico, Cùrzola, Lèsina, Traù, Cittavecchia.


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(11) li 29 giugno 1928, a Belgrado, durante una seduta della Skup;rina (Parlamento), il deputato montenegrino Punica RACIC, a colpi di pistola uccise i deputati croati Paolo RA01c e Giorgio BASARICEK, ferendo gravemente Stefan6 RAOIC, cap0 del partito croato dei contadini, che decedette 1'8 agosto. Vedi Capitolo IV del presente volume. (12) Lettera all'autore (23 giugno 1978) di Giuseppe CALUSSI, nell'aprile del 1~41 ten. di artiglieria, addetto all'Ufficio storico del Comando Truppe del presidio di Zara. • «I piani segreti 'operativi' prevedevano in caso di emergenza il trasferimento a Zara di un battaglione 'San Marco· • isole • e di una intera divisione di fanteria».

Diario inedito di Bruno PORTA, nell'aprile del 1941 ten. del genio, addetto al Comando delle truppe del presidio di Zara con l'incarico della situazione lavori alle fortificazioni. - Stralcio in possesso dell'autore. (13) Relazione parziale sui reparli dijanteria delle Truppe 'Zara' di Lelio BoRSARl, nell' aprile del 1941 ten. di fanteria, comandante della 14' compagnia del battaglione mitraglieri "Rismondo" - Copia in possesso dell'autore. (14) Vedi n. 12 - Bruno PORTA - «Sono chilometri e chilometri di siepi a sezione triangolare, lrapezoidale o gabbioni». (15) Fra le imprese civili, in panicolare " La Ravennate", cooperativa di muratori con sede a Ravenna. (16) li generale di brigat a Emilio G10L1ou, nato a Bologna l' Il maggio 1888, già vice comandante della divisione "Firenze", giunse a Zara il 18 agosto 1940. Con dispaccio dcli' Il maggio 1941, venne trasferito in Africa Settentrionale, dove assunse il comando della Intendenza Generale. Quindi, Sottocapo di Stato Maggiore del Comando Forze armate del!' Africa Settentrionale, Capo di Stato Maggiore del Comando Superlibia, Capo di Stato Maggiore del Gruppo Armate dell'Est (Tirana). (17) Il molo si chiamava "dei Calliani", perché era l'usuale approdo delle barche di alcuni contadini del paese di Calle (Kali), sull'isola di Ugliano, che avevano dei terreni nel contado di Zara. Nei documenti militari lo si trova citato anche sotto la forma di "Galliani" o "Galiani". (18) Lettera all'autore (22 novembre 1978) di Giuseppe DRIZZI, nell'aprile del 1941 ten. di fante.ria all'8 • compagnia del battaglione mitraglieri "Rismondo". (19) Vedi n. 13 - Lelio BORSARI scrive: «La minaccia di uno sbarco dal mare si faceva sempre piu consistente ed il caposaldo del "Cimitero" della seconda linea difensiva con il fianco destro al mare sul Vallone di San Clemente era completamente sguarnito». (20) Vedi n. 12 - Bruno PORTA. (21) Le casermette dei carabinieri si trovavano ai seguenti valichi di frontiera: Diclo, Cosino, Blaski Gaj, Boccagnai.zo, strada per Bri;evo, strada per Murvizza, Monte Secco, Madonna della Rovere, Malpaga, Sant'Elena. (22) Lettera all'autore (24 aprile 1979) di Francesco CASTOLDI, nell'aprile del ·1941 ten. al battaglione mitraglieri di posizione.

Vedi inoltre n. 13 - Lelio BORSARI precisa che il battaglione giunse a Zara nel settembre 1940, provenendo dal fronte francese. (23) U.S. -S.M.E. - Busta 588 - Comando del " Fronte a mare" - (Foglio n. 100- Oggetto: "Accordi presi col Comando Marina per la difesa del settore costiero" - P.M . 141, 21 aprile 1941).


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(24) U.S. - S .M. E. - Busta 588 - Comando artigli eria Zara - (Diario storico - P.M. 14 1, 4 aprile l 941). Vedi inoltre:

Lettera all 'autore (3 marzo 1941} di Ulisse DONATI, nell'aprile del 1941, s.ten. di artiglie, ria, osservatore a Puntamica, che assunse il comando della batteria da sbarco. I serventi erano marinai di Zara richiamati. (25) Il pontone armato G.M. 240, comandato dal s.ten.vasc. Raffaele ANASTASIO, era o rmeggiato in località 'Case Rotte'. Aveva sostituito '. il G.M. 239 che, al comando del capitano Giuseppe GuL I, il 31 gennaio 1941 era stato coi11volto in un'azione bellica. Tra inato dal

rimorchiatore Ursus era partito da Zara, via Làgosta, per Brindisi. Alle ore 13.20, all'altezza dell'isola di Cazza (Su~ac), il convoglio venne attaccato da un sommergibile presumibilmen1e inglese. L'attacco fu portato di poppa con il cannone. Il primo colpo distrusse la plancia del!' Ursus. Da parte italiana si impegnò combattimento. L' Ursus, incendiato, affondò . Il pomo ne, alla deriva, si arenò a Vallelunga sull'isola di Cùrzola. Perdite italiane 14 morti, 6 dispersi, 44 superst iti. Fra i deceduti, il guardiamarina Franco Pou, di Capodistria, residente a Zara, decorato di medaglia d' argento al v.m., ed il cannoniere Domenico MONDINI originario di Lèsina. Solenni le onoranze funebri a Lèsina, dove i cad uti furono sepolti.

·11 Novo Doba, quotidiano di Spalato, nei numeri dcli'! e del 3 febbraio 1941, dedicò allo scontro due ampie corrispondenze. ln quella del 3 si legge: «Secondo il parere dei marinai i1a-

liani non è escluso che duranle ques1a bauaglia sia staio colpito e probabilmente affonda10 anche il sommergibile avversario». Il pont o ne venne recuperato da un mezzo della Marina militare ita liana . (M.A.E -A.$.D. • Jugoslavia 1941 - Busta 104 - Fascicolo 3). (26) U. S. - S.M .E. - Busta 588 - Comando Truppe Zara - (Siwazione della forza del Pre-

sidio di Zara al I aprile 1941). Vedi, inoltre, Taccuino del gen. Emilio G1cuou - (Agenda dell'anno 194 1, con sinteti che annotazioni, custodita dalla figlia, signo ra Giulia Grouou T 1n oN1).. li confronto dei dati fra "situazione giornaliera" della forza ed alcuni riporti su l Taccuino non collimano. Souo la data del 5 aprile, il generale annota: presenti ufficiali 313, sott uffi-

ciali 415 , truppa 7 570. La "situazione giornaliera" dà, invece: ufficiali 335, sottufficiali 330. truppa 7 316. In una successiva nota (IO aprile) il generale scrive: ufficiali 349, sottufficiali 501, truppa 8 93 I, mentre nella "situazione" i dati sono: ufficiali 352, sott ufficiali 345, tfllP · pa 7 738 L'a umento registrato al I O aprile, tenendo conto che, per I'isolament0 della ciuà, dal 5 aprile non vi furono arrivi a Za ra, va ascritto al numero degli zaratin i richiamati alle armi . Secondo la "situazione giorna liera", fra i dati del 2 e quell i dei giorni che portano il numero massimo delle presenze, si deve dedurre che i richiamati di Zara furono: ufficiali 36, sottuffi. ciali 22, truppa 602 , per un totale di 660 uomini. Dal confronto con i dati contenuti nel Taccuino (giorni 5- 1O aprile) si ha in vece: ufficiali 36., sottufficiali 86, t ruppa I 361, per un totale di I 383 uo mini. 11 dato più reale sembra essere quello della "situazione giornaliera". Le maggiori forze, indicate dal gen. Giglioli potrebbero essere date dal conteggio dei reparti , non a111 minis1rati dal Coma ndo presidio di Zara, come M . V.S.N., Giovani fascist i, U .N .P .A .. Vigili del fuoco , finanza, milizia portuale, della strada ecc .. Tenu10 co nt o che alla data del I aprile, nelle varie a rm i e corpi, prestavano servizio 74 ufficiali di Zara, con il richiamo degli altri 36, il loro totale ammonta a 110, cioè a c irca un terzo di tutti gli ufficia li del Presidio.


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(27) U.S. -S.M. E. - Busta 588 - Comando Truppe Zara - (Stato Maggiore Esercito e Ufficio Operazioni - Telegramma a. 46798 - P.M. 9, I aprile 1941). (28) Vincenzo BIANCHIN I - (Ufficiale medico a Zara nell'aprile 1941) - Dal suo volume Da Ugliano al Velebit - Unione Editoriale Roma - 1942 - pag. 64. (29) Vedi n. 18. (30) Vedi n. 13. (31) U.S.-S.M.E. - Busta 588 -Comando Truppe Zara- (foglio senza numero- Da gen. Emilio GIGLIOLI a i Comandi dipendenti - Oggetto: "Difesa ad oltranza" - P .M. 141, 7 aprile 1941).

«Ho l'impressione che qualche ufficiale non abbia compreso bene che la difesa di qualsiasi posizione della Piazza di Zara debba esser difesa ad oltranza. Qualcuno parla ancora di ripiegamento e citi l tanto più strano, quando questo ragionamento sia fatto da giovani ufficiali, in cui la fede e l'entusiasmo dovrebbero essere al cento per cento [...} ognuno dovrebbe essere convinto che a Zara non esistono, e non possono esistere, linee di ripiegamento. Per chi non lo capisse, applicherò interamente l'ordine del Duce, ossia lo farò passare immediatamente per le armi». (32) Vedi n. 18. (33) Lettera all'autore (20 settembre 1941) di Biagio RosaowsKY, nell'aprile 1941 ten. di fanteria, comandante della 2' compagnia del battaglione mitraglieri 'Diaz'. (34) U.S.-S.M.A. - Jugoslavia 1941 - Busta 81 - Eleme nto 7531 - Inf. 5/16 .- (Informazioni sul nemico - Senza data - Probabilmente fine marzo 1941). (35) Ibidem - Complessivamente la Jugoslavia disponeva di 164 apparecchi da caccia, 171 da bombardamento, 400 da ricognizione. (36) Jozo TOMASEVIC - The Cetniks - Standford University Press - California 1975 - A pag. 56, scrive: «Durante i primi mesi del 1940 venne preparato un nuovo piano di guerra n. 40 [.. .}. Le nuove direllive comprendevano un rapido e forte attacco contro la base itoliana

di Zara, sulla costa della Dalmazia, in modo da eliminare la minaccia da quest'area verso l'interno del paese». (37) U.S. -S.M.E. - Busta 588 - Comando Truppe Zara - (Relazione sulla sistemazione difensiva ex jugoslava nella zona Zara-Sebenico - Senza intesi azione, né data, né firma). La prima linea jugoslava, verso Zara, andava da Pridraga (a nord) presso il Mare di Ca rino (Karin), lungo la dorsale del Monte Grosso (Debelo Brdo), quindi sino a Nadino (Nadin), per arrivare al mare a sud di Zara, nei pressi di Pacostane (Pakostane) . (38) Knin è la denominazione slava del nome Tenìn, l'ancica Ticinum, città sorta su l posto della preesistente Artuba, distruua da Germanico - Vedi Dalmazia, guida della CONSOCIA· ZIONE TURISTICA ITALIANA, pag. 79 - Milano, 1942. (39) Masièra (dal latino maceria .. muro a secco, specialmente il muricciolo che circonda un orto), voce documentata nell'Italia senentrionale sin dal XIII secolo, e diffusa in tutta l'area italiana, dal ladi no dolomi1ico alla Calabria (Vedi C. BATTISTI, Dizio11ario Etimologico Italiano, voi. JII, pag. 2300 e 2382 - Barbera, Firenze 1952). Nei dintorni di Zara, le masière sono più che semplici muretti a secco, quasi sempre argini o terrapieni (prevalenza dei sassi sulla terra).


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Spesso raggiungono dimensioni notevoli, perché i contadini vi ammucchiano le pietre che tolgono agli appezzamenti agricoli, così delimitandoli. La sommità delle maggiori masiére è percorribile come sentiero pedonale, più di rado come carrareccia. (Nota di T. CHIARONI). (40) Dusan SIMOVIC, comandante dell'aviazione jugoslava, capo di Stato Maggiore. Con il colpo di Stato (27 marzo) assunse la carica di Presidente del Consiglio. Dopo l'attacco alla Jugoslavia lasciò Belgrado con altri membri del Governo. Si rifugiò a Londra. Cessò dalla carica di P residente del Consiglio del. Governo jugoslavo io esilio il 16 gennaio 1942.

Dragira CvETKOVlé, primo ministro di Jugoslavia dal 4 febbraio 1939, dopo la caduta di Milan STOJADINOv1é . Sul piano interno, con l'accordo (sporazum) del 23 agosto 1939, .firmato per i croati da Vladko MACEK, tentò di porre fine alla contesa fra Belgrado e Zagabria, concedendo ai croati ampie autonomie. (42) Il Patto Tripartito venne concluso a Berlino il 27 settembre 1940 fra Germania, Italia e Giappone. Fondato sulla premessa del riconoscimento del piano italo-tedesco di stabilire un ordine nuovo in Europa, e di quello giapponese nell 'Asia orientale, il Patto prevedeva l'obbligo della reciproca assistenza nel caso in cui uno dei contraenti fosse attaccato da una potenza non ancora coinvolta nella guerra europea o in quella nippo-cinese. Al Patto, in successione di tempo, aderirono: ,Ungheria, Romania, Slovacchia (20, 23 e 24 novembre I 940), Bulgaria (I marzo 1941), Jugoslavia (25 marzo 1941), Croazia (15 giugno 1941). (43) Salvatore Lo1 - Le operazioni delle Unità italiane in Jugoslavia 1941-1943 - Stato Maggiore Esercito - Ufficio Storico - Roma 1978- Per il testo integrale dell'ordine, vedi pag. 334.

(44) U.S.-S.M .E. - Busta 588 - Comando artiglieria Zara - (Diario storico - P.M . ·:,., 141, 28 marzo 1941). Vedi, inoltre, n. 13. (45) U.S. - S.M.E. - Busta 588 - Comando T ruppe Zara - (Foglio n. 28 I - Diretto al Comando del VI Corpo d'armata · P.M. 141, 28 marzo 1941). (46) U.S. - S.M.E. - Busta 588 - XXX battaglione genio Zara . (Diario storico . Fonogramma n. 569 - P.M. 141, 28 marzo 1941). (47) Vedi n. 45.

(48) ibidem. (49) U.S. -S.M.E. - Busta 588 - Comando Fronte a terra Zara - (Foglio n. 325 . Oggetto: "Sede tattica Comando Fronte a Terra" · P.M. 141, 28 mari.o 194!).

L'opera 'Toti', complessa costruzione sotterranea in cemento armato, costituiva il centro nev ralgico della difesa del campo trincerato. Era la sede operativa dei vari comandi ed il centro comunicazioni con le postazioni della cinta. L'opera e;a stata scavata in local_i,à 'Fortini', circa ad un centinaio di metri dal bordo orientale della parte più interna del porto di Zara, dove esistevano due forti in pietra e terrapieno costruiti, non si sa bene se dall ' Austria, come appare più probabile (I.834), oppure già dai francesi intorno al 1806, per la difesa di Zara. (Vedi Angelo dc BENVENUTI - Zara nella cin1a delle sue forlificazioni - Editore Fratelli Bocca · Milano, 1940 - pag. 141). (50) Vedi n. 12 - Bruno PORTA · Si trattava di Villa Merlini. (51) U.S. - S.M.E. - Busta 588 - Comando Truppe Zara - (Foglio n. 849 - Oggelto: "Informazioni" · P.M. 141, 28 marzo 1941).


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(52) U.S. -S.M.E. - Busta 588 - Comando T ruppe Zara - (Foglio n. 865 - Ogget10: "Informazioni" - P.M . 141, 29 marzo 1941). (53) Silvio BRUNULJ - L'assedio di Zara - 27 marzo! 12 aprile /941 - XIX - in La Rivista Dalmatica (Zara) - Fascicoli nn. 2 e 3 - 1941. Silvio C HIARIONI - Leuere da Zara (Primavera 1941) - In La Rivista Dalmatica (Roma) - Fascicolo n. I - I 983. ' (54) U.S. -S.M. E. - Busta 588 - Comando Truppe Zara - (Foglio n. 866-0ggetto: "Ostruzioni con blocchi di cement o " - P.M. 141, 29 marzo 194 1). (55) Vedi n. 12 - Giuseppe CALUSSL (56) Ibidem - Bru no PORTA - Il dissa latore era stato costruito in località Colovare. Emilia CALESTANt - Memorie - Zara 1937-/944 - Edizione fuori commercio - Editrice S.T.E.M.-MUCCHI - Modena, 1979. L'autrice, all'epoca fiduciaria del fascio femminile di Zara ricorda: « Feci fare a11che un censimento dei pozzi esistenti nelle cose private per sapere qual( avevano acqua potabile». Pag. 33-34. (57) Vedi n. 26 - Taccuino. (58) Vedi n. 52. (59) Comunicato (28 marzo 1941) della Age nzia Ava/a da Belgrado -Testo integrale della dichiarazione del gen. S1Mov1t in Relazioni Internazionali - I.S. P·.1 .. Milano, 194 1 - pag. 437. (60) Comunicalo (28 marzo 1941 ) della Deutsche diplomatische-politische Korrespondenz - Testo integrale in Relazioni Internazionali· l.S.P .I. - Milano, 1941 - pag. 436. (61) U.S.- S.M.E. - Busta 588 - Comand o artiglieria Za ra - (Diario sto rico - P.M. 141, 30 marzo 1941). (62) U.S. -S.M.E. · Busta 2074 - Stato Maggiore Esercito - (Telegramma n. 4193 . PAPA - Precedenza assoluta sulle precedenze assolute · Oie 0.25 - P. M.9, 31 marzo 1941). (63) U.S. - S.M .E. - Busta 588 - Comando Truppe Zara - (Foglio n. 912 - Ore 05.00 - P .M. 141, 31 marzo 1941). (64) Vedi n. 43 - Testo inccgrale delle diretti ve - (Foglio n. 4262/segrcto - 3 1 marzo 1941) · pag. 285 . (65) Vedi n. 12 - Giuseppe CAI.USSI. (66) Vedi n. 53. (67) Le navi in partenza da Zara per Ancona, d opo un ·ora di navigazione, circa 15 miglia, nel Canale di Zara, per entrare in Adriatico, attraver. ano lo stretto di Punte Bianche. Esso è formalo dalle proiezioni settentrionali delle isole di Sestrugno, T un Grande, Sferina2. (Zverinac) ed isola I.unga e da quelle meridionali delle isole di Melàda e Tun Piccola. In questo stretto, lungo sulle 3 miglia, vi sono parecchi scogli (Trota, Golac, Brscak, Lagnici, ecc). li punto più strelto, fra Tun Grande e Tun Piccola, si aggi ra sui 150 metri. (68) Contemporaneamente allo sfollamento della popolazione di Zara, si ebbe anche quello dei cittadin i italiani delle altre ci uà della Dalmazia. li console generale d'Italia a Spalato. comm. Luigi AROU INI ed il console ita li ano a Ragusa, Giorgio T 1tir-R 1, già il 30 marzo aveva no ricevuto, dalla legazione d'Italia a Belgrado, l'avviso di trasferire in llalia i connazionali, ma senza alcuna indicazione di carn1terc organ izzativo. Il console T1HER 1 trovò a G ravosa (porto di


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Ragusa) dei natanti italiani in procinto di partire. Trattenne d'autorità i piroscafi Dea Manze/la e Anna Zipitelli oltre al motoveliero Cagliostro. Su richiesta del console generale ARDUINI inviò a Cùrzola il motoveliero Due Rosine e con telegramma al ministero degli affari esteri chiese di «disporre scorta aereo navale sulla rotta Ragusa-Bari». Il I aprile i due piroscafi, giunti a Bari scortati dall'incrociatore ausiliario R.N. Capitano Cecchi, sbarcarono oltre quattrocento connazionali. Non arrivò il Cagliostro avendo le autorità jugoslave impedito l'imbarco dell'equipaggio.

A Spalato, il 31 marzo attraccarono le motonavi Foscari e Grimani, provenienti da Valona e da Brindisi, scortate sino al limite delle acque territoriali jugoslave da l cacciatorpediniere Casteljidardo, ed imbarcarono circa duemila connazionali. Il 2 aprile giunsero in Ancona. (M. A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 105 - Fascicolo 3 - Telegramma n. 21 da console T!BERJ a ministero esteri - Ragusa, 30 marzo 1941). Vedi, inoltre; U.S. -S.M .M . - Scacchiere Jugoslavia-Dalmazia-Albania - 1941 - Busta 4 - Fascicolo Z/8 · (Comunicazione telefonica fra Comando Marina Trasporti Albania e Supe rmarina - I aprile 1941); U.S. - S.M.M. - Scacchiere Jugoslavia-Dalmazia-Albania - 1941 • Busta 4 - Fascicolo Z/8 - (Comunicazione telefonica fra Gabinetto Ministero Marina e Supcrmarina - O re 12.50 - 2 aprile .1941); U.S.-S.M.M. -Scacchiere Jugoslavia-D~Imazia-Albania - 1941 - Busta 4 • Fascicolo Z/8 - (Foglio senza prot. da Supermarina a Marina Brindisi e Marina Valona - 31 marzo 1941). (69) Vedi n. 53. (70) U.S. -S.M.E. - Busta 2075 - Stato Maggiore Esercito - (Telegramma PA-PA n. 4273 - A firma gen. Mario ROATTA - P .M. 9, 1 aprile 1941). (71) Ibidem. (72) U.S.-S. M.E. - Bu'sta 588 - Comando artiglieria Zara - (Diario storico - P .M .. 141, I aprile 1941). (73) U.S. -S.M.E. - Busta 588 • XXX battaglione genio Z.ara - (Diario storico - P .M. 141, I aprile 1941). (74) U.S. -S.M.E. - Busta 588 - Comando Fronte a terra Zara - (Foglio n. 418 • Oggetto; "Fari da trincea" - P.M .. 141, I aprile 1941). (75) U.S.-S.M.E. - Busta 588 - Comando Truppe Zara - (Da Stato Maggiore Esercito - Telegramma n. 46798. P. M. 9, I aprile 1941). · (76) Leuere all'autore (9 marzo e 27 luglio 1977) di Athos BARTOLUCCI, nell'aprile 1941 Segretario federale del Partito nazional e fascista a Zara. (77) Ordine del Giorno Federale del Comando federale di Zara - Fascicolo senza data né numero - Riporta il seguente elogio • «// Comandante Generale mi incarica di esprimerti il suo elogio per il comportamento dei gio vani organir.r.ati zaratini durante-i recenti avvenimenti - dr. Orfeo SELLANI>> - Roma, 25 aprile 1941. (78) Lettera all'autore (19 giugno 1977) di Athos BARTOLUCCI - Vedi inoltre, n. 76. (79) Relazioni Internazionali - Settimanale - Istituto per gli Studi di Politica internazio11ale (1.S.P.l.) - Milano, 1941 - pag. 4'68. (80) U.S. -S. M.M .• Scacchiere Jugoslavia-Dalmazia-Albania - 1941 - Busta 4 • Fascicolo 7./8 - (Lettera n. 006760 del Capo di Stato Maggiore Marina a Stato Maggiore Esercito· Og-

gcno; "Sgombero popolazioni civili Zara e Làgosta" - Roma, 10 aprile 1941).


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In complesso, da Zara furono effettua, i quattordici trasporti con i piroscafi: Lore11zo A1orcello, I apri le; Lazzaro Mocenigo, Stamira, Abbazia, 2 aprile; Loren zo Marcello, Rossandm, Loredan, 3 aprile; Sromira, Eridania, 4 aprile; Stamiro, Eridanio, Lauretta, 5 aprile; Lido. Abbazia, 6 aprile. Le due navi più grandi erano la Rossandra da 8 000 tonn . e la Eridanio (cx Innsbruck) da 7 000. La più piccola , l'Abbazia da 300 tonn. Vedi anche n. 56 - Emilia C ALESTANI. «Quando la nave si staccò dalla ba11chi11a senw il consueto gioioso suono della sirena, parve allontanarsi in punta di piedi per 11011 farsi se111ire» - Pag. 29. (81) U.S . - S.M .E. - Busta 2075 - Stato Maggiore Esercito - (Telegram ma n . 4382 a firm a gen. Mario ROATTA - P.M. 9, 2 aprile 1941).

(82) U.S. - S.M.M. - Scacchiere Jugoslavia-Dalmazia-Albania - 1941 - Busia 2- Fascicolo L . (foglio n. 5160 - Ministero della guerra - S tato Maggiore per la difesa del territorio - Uf ficio pro tezio ne e difesa costiera · Roma, 2 aprile 1941). (83) Ibidem.

(84) U.S. -S.M.E. - Busta 588 • Comando Truppe Zara - (Foglio n. 1039 - Oggeuo: "Sgombero popolazione rurale" - P .M .. 141, 4 aprile 1941). li movimento interessò gli abitanti di Cas ali di Marchich, Cerno, Puzzar, Malpaga, Le Piastre, Boccagnazzo, Casa Rossa, Casali Maggiori. Ved i anche n . 56 • E milia CALESTANI. (85) Vedi n. 53. (86) U. S.-S.M .E. - Busta 588 - Comando Truppe Zara - (Diario storico - P.M. 14.1, 30 apr ile 194 I). (87) U.S. -S.M.E. • Busta 588 • Comando Fronte a mare Zara - (Foglio n. 100 - Oggeuo: "Accordi presi col Comando Marina per la difesa costiera" - P.M. 141, 4 aprile 1941).

li .c omandamc di pono a Zara era il ma ggiore Mario REtNER DE ROllENSTF tN. cd i due plotoni di marinai erano comandati da s.ten .vasc. Romualdo S1ssA. (88) U.S . -S.M.E. - Scacchiere Jugoslavia-Dalmazia-Albania - 1041 - Busta 4 - Fascicolo Z/8 - (Comu nica zione da Supermarina a Marina Zara · ore 21.30 • 5 aprile 1941).

li piropeschereccio Morrl111a era comanda 10 dal tcn. vasc. Giorgio MoNTEn,,Rocc t. (89) U.S. - S.M.C:. - Busta 588 - XXX ba11aglionc genio Zara - (Diario storico - P.M. 141, 4 e 5 aprile 1941).

Per uno scoppio accidenta le restò ferit o il geniere A11 ilio RovERSt. Fu il primo ferit o di guerra sul fronte di Zara. (90) U.S .• S.M .E . • Ousta 2075 - StalO Maggiore Esercito - (Telegramma n. 1088 dd Comando Trup pe Zara · Ore 00 .30 - P.M. 9, 6 aprile 1941). (9 1) Ibidem.

(92) Vedi n . 28 - Pag. 48. (93) All'ulti mo momento giunsero a Zara Piero SERRENTI NO ed Elio MARS.,,.NO, ufficia li di complemento dei bersaglieri (le11era all'autore - I marzo 1978 - di Elio MARSANO); Lu po DONATI abbandonò il proprio reparto a Bolog na per recarsi a Zara . Fermato dai carabinieri in Ancona, il motivo dell'abbandono di posto lo salvò da una condanna mi litare (lcnera 3 marzo 1979 di Ulisse DONATI).


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Da F iu me giunsero il 5 aprile 1941 il capitano Gino TRELEANJ con la moglie Rosy ed altri zaratini fra cui un gi ova ne, poi volontari o nella milizia contraerea (lettera 19 giugno 1977 di Athos BARTOLUCCJ). La moglie del potestà di Zar a, signora Margherita dc Lro-rr1s, quando le ostilità erano già in corso, da Anco na attraversò l'Adriatico s u un motopeschereccio noleggiato appositamente, per potere essere vicina al marito. Vedi la Difesa Adriarica (Roma) - nn . 29 e 30 del 21 e del 28 luglio 195 1 - Articolo di Athos BARTOI.UCCI - La popolazione di Zara sotlo l'assedio del 1941. (94) Vedi n. 77 • BARTOLUCCI scrive: «Da Roma mi recai a Fiume per adempiere alla urgente necessità di prelevare e rrasportare su di una nave, messami a disposizione, quanto più combustibile fo sse possibile per assicurare il funzionamento dell'Azienda elettrica e dell'acquedouo che erano rimasti pressocché sprovvisti». (95) U .S . - S.M. M. - Scacchiere Jugoslav ia -Dalmazia-Al bania - 1941 . Busta 4 - Fasc ico lo Z/8 - (Foglio-n. 006760 · Oggetto: "Sgombero popolazioni c ivili Zara e Làgosta:· - 10 aprile 1941). Vedi allegato n. 20 al presente capitolo. (96) U .S. -S.M.M . -Scacchiere Jugoslavi a -Dalmazia-Albania - 1941 - Busta 4 - Fascicolo Z/8 - (Telegramma senza prot. - Da Marina Zara a Superma rin a - Partito ore 23.50 - Arrivato ore 01.30 del 6 aprile 194 I). (97) U.S.-S.M.E. · Busia 2075 - Stato Maggiore EscrcitO - (Documemo allegato al Diario sr.orico - P. M . 9, 5 aprile 194 1). (98) U .S. - S.M.M . - Scacchiere Jugoslavia -Dal mazia-Alb ania - 1941 - Busta 4 - Fascicolo Z/8 - (Comunicazione telefonica da Supermarina, com.te D' ALOJA, a Marina Venezia, com.te RANucc, - Ore 04.00 . 6 aprile 194 1). (99) U.S. -S.M.M. - Scacchiere Jugoslavia-Dalmazia-Albania - 1941. Busta 4 - Fascicolo Z/8 - (Comunicazione telefonica da Marina Venezia a Supcrmarina - Ore 04.20 - 6 aprile 1941). ( 100) U.S. -S.M .M. - Scacch iere Jugos lav ia -Dalmazia-A lba nia - 1941 - Busta 4 - Fasc icolo 2/8 - (Stato \laggiore Esercito - (Foglio n. 20348/ M - Oggeno: "Sgombero popolazione civile da Zarft " - 6 aprile 1941). Ved i a llegato n. 19 a l presen te capitolo. (10 1) Vedi n. 95. Ved i, inoltre, n . 26 - Taccuino - Una a1111otazionc indica in 11 750 le persone sfollate da Zara. (102) Vedi n. 53. (103) Zara - Periodico dell"Associazione Nostalgica degli Amici Zaratini (A.N.D.A.Z.l - Ed ito in Ancona - N . .l - 1977. Sotw il tito lo La Pasqua d, guara: /941 sono compresi vari ,1nicoli di ,a ratini che narra no gli anenimemi di quei giorni - Ricordo di Hono1é P11 ,~1111.. ( 104) U.S. - S.M .E. · 8usw 2075 - Sta to Magg io re Escr, ito - (T~lcg ramm.i n . 4716 . PA-PA - P .'.\1. 9. S aprile 1941).

( 105) U .$. - S.M.., 1. - S,acdiicre Jugo sla ,·ia -Oalmazia-A lba nia - 1941 - l3u ~1a 2 - ('.\1cs saggio a tiHHlO. n. 1192 . Da S uH o Maggiore M~rina a Ma ri,0111, Mari ,ot ,n r. :\1aricoper - P .'.\'1. 9. 6 aprile 1941 ).


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(106) Vedi n. 53 - Silvio BRUNELLI. (107) Vedi n. 18. (108) Relazioni !nlernazionali - l.S.P.l. - Milano, 1941 - li testo integrale è riportato a pag. 476. (109) San Marco! - Quotidiano di Zara - Riporta il testo integrale - .7 aprile 1941.

(I 10) Vedi n. 76. (111) Vedi n . 26 - Taccuino. (112) Colloqui o dell'autore con Giuseppe CALVSST - Vedi, inoltre, n. 12. (113) U.S. - S.M.E. - Busta 2075 - Stato Maggiore Eserci to - (Telegramma n. 4488 - P.M. 9, 3 aprile 1941).

( I 14) Vedi allegato n. 2 al presente capitolo - Vedi, inoltre: U.S. -S .M .E. - Busta 588 • Comando Truppe Zara - (Foglio n . 1096 - P .M. 141, 6 aprile 1941). Il tribunale era costituito dal col. di ftr. Roberto BARBOLINI, presidente - magg. ftr. Vin cenzo D'AMBROSIO e ten. col. Arcangelo FELICI, giudici . ten . ftr. Umberto BONMASSAR, giu dice istruttore - cap. ftr. Vincenzo D1 SANDRO, segretario. (115) Vedi n. 53. Silvio BRUNELLI - Vedi, inoltre, allegato n. 3 al presente capitolo. (116) Ibidem. - Vedi, inoltre, Giuseppe PRAGA - Diario de/l'assedio di Zara 6-22 aprile 1941 - In La Rivisla Da/malica - Fascicolo n. 1, gennaio-marzo - Roma , 1984.

«Sono uscilo s1ama11ina che at1accavano i manifesti del generale: stato di guerra [... ). Ma qui la situazione è unica nella storia della guerra e dell'arle militare». - Ved i allegato n. 5 al presente capitolo. (I 17) Ibidem - Vedi, inoltre, allegato n. I al presente capi1olo. (118) U.S. -S.M .E. - Busta 588 - Comando Fronte a terra Zara - (Foglio senza num ero - P . M. 141, 6 aprile 194 1) - Vedi allegato n. 9 al presente capitolo.

{119) U .S. - S.M .E. - Bus ta 588 - Comando Truppe Zara - (Ufficio sani1a rio - foglio n. 2 - Ogge110: "Nonne esecu1ive per l'applicazione del piano di difesa" -. P .M . 14 1, 6 aprik I941). (120) Vedi n . 12 - G iuseppe CALUSS I. (121 ) U.S. - S.M.E. - Busrn 2075 - Staio Maggiore Esercito - (Telegramma n. 47 13 - A Comando Truppe Za ra - P.M . 9. 5 aprile 1941}.

(1 22) U .S. - S.l'vl.E. - Bus ta 588 - XXX bauaglionc genio Zara - (D iario s1orico · P.M . 14 1. 6 apr ile 194 1). ( 123) M .A . E. - A .S. D. - Jugoslavia I 94 1 - Busta 105 - Fascicolo 5 - (Ministero dell'interno - Tdegrarnma n. 21201/443 - Oggmo: "Fer mo suddi1 i j ugoslavi" - Roma , 6 aprile 1941. Il funzionario incaricato del comrollo era il don. M iro ANTISSIN. ( 124) Il Da/mutino - Almanacco per l'anno 1942 - Casa editrice Spiridione Anale· Zara - Nell'anicolo Diario di Guerra, a firma R.D., è riportato il tesw dei var i manifesti.

- Vedi a llegat i

1111.

4, 6 e 7 al presen te capito lo .


Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

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(125) Ibidem. - Vedi allegato n. 8 al presente capitolo. (126) Interv ista dell'autore (Roma, 4 febbraio 1978) ad Arturo BATTARA, nel 1941 vicecomandante dei Vigili de l fuoco a Zara. (127) Vedi n. 56 e n . 124. (128) U.S. - S. M.A. - Jugoslavia 1941 - Busta 81 . Elcmen to 7531 - Jnf. 5/16- (Intercettazione del traffico radio jugoslavo - 6 aprile 1941). (129) Vedi n. 53 e n. 124. (130) Vedi n. 103 - Rico rdo di A.C. - Non identificato. (131) Ibidem - Ricordo di Maria MESTROVICH MONTEMAGG I. Le famiglie M1;sTROVtCH ed INCHIOSTRI, visse ro in comune e, non sapendo quale sarebbe stato il prossimo a vvenire, incisero un disco dove ciascuno consegnò a futura memoria il proprio nome e poche parole di augurio e di sp eranza. (132) Interv ista dell'autore a Mari a PERJS.SJ, mobilitata a Zara, durante le giornate dell'assedio. Padre Giuse ppe CARVJN, celebrava ogni giorno, la prima messa alle 6 del mattino. (I 33) Vedi n. 109.

(134) li nome di PAVELIC, per chi lo ricordava, era collegato all'uccisione a Marsiglia di Alessandro KARADJ0RDJ1;v1è e del ministro degli a ffari esteri Louis 8ARTHOU avvenuta il 9 ollobre 1934, s ul Boulevard de la Canneb ière. (135) Relazioni lntem azionali-1.S.P.I. - Milano, 1941 - Riporta il testo integrale del comunicato dell'Agenzia Stefan i - pag. 484. (136) U.S. -S. M.A. - Jugoslavia ·1941 - Elemento 753 1 - lnf. 5/16 - (Intercettazione del traffico radio jugoslavo - 7 aprile I 94 I). (137) U.S. -S.M.A . - Jugoslavia 1941 - Elemento 7629 - Inf. 1-8-0/5 - (In formazioni sul nemico - 7 aprile 1941). (138) U. S. - S.M .E. - Busta 588 - Comando Truppe Zara - (Diario storico - P .M. 141, 7 aprile I 941 ).

(139) Ibidem. (140) Ibidem. (141) Veniva così, convenzionalmen te, chiamato il telefono che co llegava direttamente il Comando Truppe Zara con lo Stato Maggiore Esercito - Vedi n. 103 - Giuseppe CALUSS1. (142) U.S. -S.M.E. · Bus ta 2075 - Stat o Maggiore Esercito - (Telegramma n. 4927 - Ore 2 1. 15 - P .M . 9, 7 apri le 1941). Il Comando Truppe Zara (radio n. 1139 dell'8 aprile 1941) indicò gli obiettivi di Benco vazzo, Smilcich, San Cassiano, Zemonico Inferio re, Nadin, Murvizza, Smokovié, Monte Croce, Bibigne, Cosino, San Michele 5ull'isola di Ugliano e l'idrosca lo di Trcbocconi (Tribunj).


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(143) U.S. -S.M.E. · Busta 2075 · Stato Maggiore Esercito (Telegramma n. 4932 - Ore 23.20 - P.M. 9, - 7 aprile 1941). (144) U.S. - S.M.E. - Busta 588 · XXX battaglione genio Zara. (Diario storico. P.M. 141, I, 6, 8, 10 aprile 1941). Furono poste in opera 3 634 mine a pressione e 3 200 a strappo. Nella notte de11'8 aprile scoppiarono 48 mine; nella notte del 9 le mine che deflagrarono furono 37 e nella successiva 21. (145) U.S. -S. M.E. · Busta 2075 - Stato Maggiore Esercito. (Telegramma n. 4935 - Da Stato Maggiore Esercito a Stato Maggiore Generale. P.M. 9, 8 aprile 1941). (146) Ibidem. (147) U.S. -S.M.E. • Busta 2075 · Stato Maggiore Esercito · (Telegramma per telescrivente n. 977 - Da Superesercito a Stato Maggio re Generale - P ..M. 9, 8 aprile 1941). (148) U.S. -S.M.E. • Busta 2075 · Stato Maggiore Esercito - (Telegramma n. 2/38203 · Da Servizio In formazioni Mi litari [S.I.M.J a Gabineno Ministero Guerra e Stato Maggiore Generale - 8 aprile 1941 ). (149) Vedi n. 26 - Taccuino · Annotazione dell'8 aprile 1941. (150) U.S. · S.M.E. • Busta 588 • Comando Truppe Zara · (Diario storico • P.M. 141, 8 aprile 1941). (151) U.S. · S.M.E. · Busta 588 - Comando artiglieria Zara · (Diario storico· Ahra annotazione - P.M. 141, 8 aprile 1941). ( 152) Ibidem. (153) U.S. -S.M. E. · Busta 588 · Stato Maggiore Esercito - (Telegram ma n. 4709 · A fi rma gen. ROATTA · P. M. 9, 5 apri le 1941 ). (154) Vedi n. 150. ( 155) Ibidem · Vedi, inolt re, n. 15 1. (156) U.S. -S.M.A . . Jugoslavia 1941 - Busta 81 - Elemento 7531 - lnf. 5/ l l - (lnterceuazione del tra ffico radio jugoslavo. 8 aprile 1941). Vedi, inoltre: U.S. -S .M.A. - Jugoslavia 1941 · Elemento 7529. lnf. l-B-0/5 · (Informazione sul nemi co - 9 aprile 1941). (157) San Marco! - Quotidia no di Zara · 8 aprile 1941. (158) U.S . - S.M .E. . Busta 2075 - Stato Maggiore Esercito . (Comunicazione n. 1157 Da Comando Truppe Zara a Superesercito - P.M. 141, 9 aprile 1941 ). (159) Vedi n. 12 · Giuseppe CALUSSl. (160) U.S. - S.M.A .. Jugoslavia 1941 - Elemento 7529 · lnf. 1-8-0/ 5 · (Informazioni sul nemico • Situazione flou a jugoslava alle ore 08.00 del 9 ap ri le 194 1). In porto a Sebenico le torpediniere: TI, T2, T6, T7; i mas: Triglav, Dinaro, Lu vobor, Rud11ik, éetnik, Mrak; i posamine Labud, Malinska, Morian, Koboé; le na vi cisa1erna Perun , lovcen. In porto a Spalato i posamine: Mosor, Orao, So/id. In navigazione: la torpediniera T3; i mas Kajmarkolon, Durmiror ed i posamine Galeb e Jastreb.


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In porto a Cattaro l'incrociatore Dalmocjio; i cacciatorpediniere: Dubrovnik, Zagreb; Beograd ai lavori; torpediniera: T8; navi appoggio: Zmoj, H var, Sitnica; mas: Orjen, Velebit; sommergibili: Hrabri, Osvetnik, Smelj, Neboiia; posamine : Malijué, Mljet; dragamine D2; nave scuola Jadran; panfilo Villa; nave ausiliaria Beli Orao. (161) Vedi n. 12- Giuseppe CALuss1 : «Per quanto mi consta il S.I.M. è stato molto eff iciente», ed il Coma ndo Truppe Zara veniva continuativamen te informato. «Così avvenne per un secondo spostamento di troppe verso il pianoro di Bencova:ao, mercoledì mauina 9 aprile» . (162) U.S. -S. M.E .. Busta 588 - Comando art iglieria Zara· (Diario stori co - P .M. 141, 19 aprile 1941). Vedi, inoltre:

U.S.-S.M. E . - Busta 588 - Comando Truppe Za ra - (Diar io storico - P.M . 141 , 9 aprile 1941 ). (I 63) Vedi n. 53 - In base a questo censimen to , quanti rim asero a Zara, f'urono autorizza ti a portare un' appos ito dist intivo, con la dicitura "Assedio di Zara" 6 - 12 aprile I 94 1 - XIX". (164) U.S.-S .M.E. - Busta 588 - Comando Truppe Zara - (Diario swri co - P .M. 141 , 9 aprile 1941). (165) U .S. -S. M.E. - Busta 588 - Comando artiglieria Zara - (Comando Fronte a terra e Comando Truppe Zara. Rispettivi diari storici - P .M. 141 , 9 aprile 1941 ). (166) Vedi n. 164.

(167) U.S. -S. M.E. - 13usta 588 - Coman do artiglieria Zara - (Diario storico - P .M. 141, 9 aprile 1941). (168) Vedi n. 12 - Bruno PORTA. (169) Vedi n. 53. ( 170) Vedi n. 158. (171) U.S. -S.M .E. - Busta 2075 - Stato '.vlaggiore Esercito - (T elegramma senza numero - Da Comando Truppe Zara a Stato Maggiore Eserci to - Ore 13 .57 • P .M. 141, 9 aprile 194 1). (172) U.S. -S. M.E. - Busta 588 - Comando fronte a mare Zara - (Diario storico - P.M. 141, 9 aprile 1941).

(173) Vedi n. 53. (174) Vedi n . 18.

(175) U.S.-S.M.E. - Busta 588 - XXX battaglione genio Zara - (Diario storico - P.M. 141, 9 apri le 1941). (176) Vedi n. 53. ( 177) Vedi n. 12 - Oruno P ORTA.

(178) U.S. -S. M.E .• Busta 2075 - Stato Maggiore Esercito - (Fonogramma n. 1051 . Da Comando Truppe Zara a Superescrci LO - Ore 13.48 • P .M. 14 l , 9 apr ile I 941 ). (179) U.S. -S. M.E. - Busta 2075 - Stato Maggiore Esercito · (Telegramma senza numero - Da Comando Tru ppe Zara a Stato Maggiore Eserci to - 13.57 - P.M . 141, 9 aprile 1941 ).


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(180) U .S . - S.M.E. - Busta 588 - Comando Truppe Zara - Comando artiglieria Zara (Rispettivi diari storici - P .M. 141, 9 aprile 1941). Vedi, inoltre n. 53 e n. 124. Silvio BRUNEI. CJ (vedi n .. 53) dice: «Ma questa volta due dei Ire apparecchi venivano danneggiati dal fuoco de{{'artigfieria contraerea, tanto che uno rientrava a{/a base con molto ritardo ed un ferito a bordo» - Particolare non accennato da altre fonti. (181) U.S. -S.M .E. - Busta 2075 - Stato Maggiore Esercito - (Fonogramma n. 1052 - Da Comando Truppe Zara a Stato Maggiore Esercito - Ore 14:50 - P .M. 141, 9 ap rile 194 1). (182) Vedi n. 167. (183) Vedi n. 53 . (I 84) // Popolo di Spalato - Quotidiano · 15 aprile 1942 - Articolo di Antonio Jusr VERDUS: L'assedio di Zara. - Vedi, inoltre, n. 53; il BRUNELLI precisa che le bombe sganciate su Zara furono in complesso una settantina. Il CHIARION I, nella lettera del 17 aprile parla di 40 bombe; in quella del 24 dke: «92 sonò- fe bombe scaricate ed esplose, e 8 non esplose».

(185) U .S . • S.M.E. - Busta 2075 - Stato Maggiore Esercito - (Telegramma n. 1159 - Da Comando Truppe Zara a Superesercito - Ore 15.25 · P .M. 141, 10 aprile 1941). (186) Vedi n. 76. (187) U.S. -S.M.E. · Busca 588 - XXX battaglione genio Zara - (Diario storico · P.M. 141, IO aprile 1941). (188) Intervista dell'autore (6 novembre 1978) a Nerino RrsMONDO, nell'aprile del 1941, medico a Zara. (189) U.S. -S.M.A. - Jugoslavia 1941 - Busta 81 - Elemento 753 1 - lnf. 5/16- (Intercettazioni del traffico radio jugoslavo - 9 aprile 1941). (I 90) Vedi n. 43 - pag. 382 - Bollettino del Quartier Generale n. 308 · IO aprile 194 1.

(191) U.S. - S.M .A - Jugoslavia 1941 - Elemento 7529 - lnf. I - B-0/5 · (Informazioni sul nemico. Telegramma urge n tissimo n. 11 - O re 11.15 - 9 aprile 1941). (192) U .S. - S.M.A. - Jugoslavia 1941 - Elemento 7529 - Jnf. I - B-0/5 - (Informazioni sul nemico - Comunicazione da Belgrado del Comandante in Capo della Marina jugoslava · A Comando aviazione marictima d i Divulje - Ore 14 .35 · 9 aprile 194 1). (193)

u:s. - S.M .A . · Jugoslavia

1941 - Elemento 7529 - lnf. I - 8 -0/5 - (Informazioni

sul nemico - Telegramma n. 0/46 - «Urgentissimo - Particolarmente segreto - Decifrale con chiave speciale N.X» - 9 aprile 1941). (194) U.S . - S.M .E. - Busta 588 - (Comunicazione senza numero · Da Supermarina a Comando Truppe Zara - 9 apri le 1941). (195) Vedi n. 53. (196) U.S. - S .M.E . - Busca 588 - Comando Truppe Zara· (Diario s1orico - P.M. 141 , IO aprile 1941).


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L'arrivo del ricognitore venne segnalato dal ten. Vincenzo STOJAN del Comando Fronte a mare al s. tenente Matteo UNtCH, con il seguente biglietto: «Al S. Ten. Matteo UNtCH. 10/4/41 • Ore 6.30 • Dalle ore 7 I 12 alle 8 passerà sopra Zara un apparecchio da ricognizione nostro. Non sparare anche se volerà a bassa quota. Ten. STOJAM>. Copia fotostatica in possesso dell'autore . (197) U.S.-S.M.E. · Busta 588- Comando artiglieria Zara . (Diario storico - P.M. 141, IO aprile 1941). (198) Vedi n. 196. (199) U.S. -S.M.E. - Busta 2075 - Stato Maggiore Esercito - (Documenti allegati al Diario storico . Telegramma n. 1117 • Da Comando Truppe Zara a Superesercito . Ore 18.45 P.M. 141 , 10 aprile 1941). (200) Stato Maggiore Esercito · Ufficio storico - Bollellini di guerra del Comando Supremo 1940-1943 - Tipografia Regionale - Roma, 1970 • pag. 184. · (201) Vedi n. 18 e n. 199. (202) Vedi n . 199. (203) Vedi n. 12 · Giuseppe CALUSSJ dice: «La telefonata la riceve/li io, quale ufficia/e. in servizio, da un ten. col. di servizio allo Stato Maggiore[.. ./. i l testo mi venne insolitamente de/lato. L'ufficia/e di Roma, dopo avermi chiesto le mie generalità, chiese che gli fosse ri~ello il lesto [...]. E fu la lettura ad alta voce da parte mia che provocò la minaccia del generale Giglio/i ai telefonisti f. .. ]. Il generale temeva che se la notizia. fosse trapelata si verificasse un rilassamento nelle truppe». (204) Ibidem .

(205) Vedi n. 43 - Pag. 57. (206) Ibidem. - Pag. 320. (207) ibidem. • Pag. 58. (208) ibidem. - Pag. 59. (209) Ibidem. - Pag. 61. (210) U.S. -S.M.E. - Busta 588 - Comandò Truppe Zara - (Foglio n. 1268. - A firma gen. Emilio GtGLIOLI · Relazione sullo s volgimento delle operazioni delle Truppe di Zara dal 27 marzo al /4aprile 1941 · P.M. 141, 18aprile 1941)-Vedi allegato n. 22 al presentecapirolo. U.S. -S.M .E. · Busta 588 - Comando Truppe Zara • (Diario storico . P .M. 141, I I aprile 1941). (21 l) _Difesa Adriatica - Settimanale · Roma - Articolo de l gen. Emilio Gt GLIOLt: L 'assedio di Za~a e il crollo della Jugoslavia - 2 giugno 1951. (212) Ibidem · Vedi, inoltre, n, 210.


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L'Assedio di Zara e la conquista di Tenìn

(213) Vedi n. 12 - Giuseppe CALUSSI e Brµno PORTA. (214) Vedi n. 211. (215) Vedi nn. 210 e 21 I. - Il generale Alfredo GuZZONI fu Souosegretario di Stato al

Ministero della Guerra dal 30 novemb re I 940 al 24 maggio I 941. (216) Vedi n. 21 J. (217) Ibidem. (218) Leltera-relazionc (6 aprile 1968) del generale Eugenio MORRA, nell'aprile 1941 co-

lonnello a Zara, comandante del Fronte a terra e della omonima colonna cui venne affidaco il compito di conquistare prima Bencovaz, quindi Tenìn. La lettera-relai.ione - fotocopia in possesso dell'autore - è diretta

a Umberto GuGL.IEL-

MOTTI, ·per una serie di precisazioni sullo scritto "Azione fulminea della colonna G1cuou" ." (219) Vedi n. 210.

Vedi n. 12 - Giuseppe CALUSSI, dice: «Ma il generale G1cuou ebbe la possibilità di far presente che al nostro confine la situazione era ancora immurata. L'uscita della colonna venne

quindi rimandata di 24 ore». Ibidem - Bruno PORTA, dice: «// generale Gtcuou prospe11a la situazione allo Stato Maggiore, chiede di ritardare l'azione di 24 ore. La proroga viene concessa. Decisione che risulterà opportuna>>. (220) Ibidem. (221) U.S. -S.M.E. - Busta 588 - Coma ndo Truppe Zara - (Foglio n. 1180 · Oggetto: "Co-

stilllzione di una colonna d'attacco. Preavvis o" · P.M. 141, I I apf.ile 1941). Vedi allegato n. 10 a l presente capi1olo. (222) Vedi n. 26 - Taccuino · Annotazione dell' I I apri le 194 l. (223) Vedi n. 221. (224) Vedi n. 222. (225) Vedi n. 12 - Bruno PORTA. (226} U.S.-S.M.E. · Busta 588 • Comando Truppe Zara - (Foglio

cl.

1181 - Ordine di

operazioni n. I· Ore 15.30 • Za ra , I I aprile 1941). Vedi allegalo n. I I al presente capitolo. (227) Ibidem . (228) lhidem. (229} U.S . -S.M.E . . Bus1a 2075 . Staio Maggiore Ese rcito - (Foglio n . 5249 - Oggetto:

"Azione offensiva Truppe Za ra " - P.lvl. 9, Il aprile 1941). (230) Vedi n. 184 - Il Popolo di Spalato.

(231) San Marco! - Quo1idiano di Za ra. Il aprile 1941.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941) (232) Vedi n. 53 - Silvio i~RUNELLI .

L' uscita dell'imbarcazione ven ne segnalata dal ten. Vincenzo STOJAN del Comando Fronte a mare al s.ten. Ma tteo UNtn1, con il seguente biglietto: «Caro Teo, avvisa subito i tuoi che fra poco o verso sera uscirà dalla Fossa una nostra barca e andrà verso Oltre. Non sparare. V1u;» - Copia fotostatica in possesso dell 'autore. (233) U.S. - S.M .E. - Busta 588 - Comando artiglier ia Zara - (Diario storico - P .M. 141, 11 apri le 1941). (234) Vedi n. 200 - Bollettino di guerra n. 309 · pag. 184 . (235) Vedi n . 103 - Ricordo di Giuseppe CALUSSI. (236) Vedi n. 2 l 8. (237) U.S.-S.M .E. - Busca 588 - XXX battaglione genio Zara - (Diario storico - P ,M. 141, 11 aprile 1941). (238) Vedi n . 233. (239) U .S. - S.M .E. - Busta 588 · Comando artiglieria Zara - (Foglio n. 454 - Oggelto: ·'Azione di fuoco da svolgere domani 12 corr." - P .M. 141, I l aprile 1941). (240) U.S . -S.M .E. - Busta 588 - Comando artiglie ria Zara - (Diario storico - P . M . 141 , 11 aprile 1941). (241) Vedi n. 53 . (242) Lettera all'auwre (16 settem bre 1977) di Athos BARTOLucc, - Vedi, inoltre, n. 77. (243) U.S. -S.M.E. • Busta 588 - Comando Truppe Zara - (Foglio n. 1182 - Ordine di operazione n . 2 - Oggetto "Attacco Nad in" - P.M. 141, 11 apri le 1941). Vedi allegato n . 12 al p resente capitolo. (244) Ved i n. 53 - Silvio BRUNEl,I. I. (245) Vedi n . 243. (246) Vedi n. 218. (247) /bide111 . (248) U .S. - S.M .E. - Busta 588 - Comando anig lier ia Zara - (Diario storico - P .M. 14 I, 12 aprile 1941). (249) U.S. -S.M.E. -· Busta 588 - XXX battagli one genio Zara - (Diario sto rico . P.M. 141, 12 ap rile 1941). (250) Vedi n . 12 - Giuseppe CAL\JSSI .e Bruno PORTA. (251) Ibidem - Bruno PORT,\. (252) Lett ~ra all'autore ( 15 ouobre 1978) di Giuseppe BAfllCH, nell' aprile I 941, s.tenentc di fanteria presso la 15' con1pagnia del battaglione 'Rismondo'. La pattuglia e ra comanda ta da l s.cenencc di famcria Diego BA TTESTIN de l1' 8" compagnia 1 del ballaglione 'Rismondo'.


L'Assedio di Zara e la conquista di Tenìn

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(253) Vedi n. 12 - Giuseppe CALUSSI. (254) Vedi n. 218. (255) Vedi n. 249. (256) Lettera all'autore (27 aprile 1979) di Giovanni CAMAJONJ, nell'aprì le I 941, tenente . di fanteria presso la

s• compagnia del battaglione 'Rìsmondo'.

(257) Vedi n. 210. (258) L'artiglieria di Zara -comprendeva, sul "FRONTE A TERRA": Gruppo "Chìarle": tre batterie da 75/27, pezzi n. 12; Gruppo "Ederle": tre batterie da 100/17, pezzi n. 12; Gruppo "Fadini": due bauerie da 105/28, pezzi n. 8 ed una batteria da 149/35, pezzi n. 4. Inoltre tre batterie da 65/17, pezzi n. 12; Gruppo "Clll" : tre batterie da 75/27, pezzi n. 12; Difesa cctntraerea (M.A.C.) una bauerìa da 76/40, pezzi n. 4; Controcarro: cinque pezzi da 47/32. Sul "FRONTE A MARE": due bauerìe della M.A.C. da 76/40, pezzi n . 8; una batteria da 76/40, pezzi

n.

4; una batteria da sbarco della Marina con 4 pezzi; un pezzo da 100/17; sul

pontone armato G.M. 240;due pezzi da 149/ 47, un pezzo da 76/40. Il 3 aprile, inoltre, furono messi in postazione: un pezzo da 47/32; due pezzi da 75/27; tre pezzi da 1.0 5/28. Complessivamente il campo trincerato disponeva di 95 pezzi oltre a due batterie da 20 m/m, con complessive 12 armi. (259) Vedi n. 12 - Bruno PORTA. (260) Lettera all'autore (3 aprite l 978) dì Remo LE JNWEBER, nell'aprile 1941, tenente di fanteria comandante la 5' compagnia del baltagt ione 'Rismondo'. La compagnia fece pane della colonna MORRA. - Vedi, inoltre: Leuera all'autore (7 luglio 1979) di Nicola DE t-l1GR1S nell'aprile 1941 1enente dì fanteria, comandante della 16" compagnia del battagtione,· 'Rìsmondo' - Fece parte della colonna MORRA.

Grèbano nella parlata za ratina significa sasso, ·pietra, roccia affiorante dal terreno, ed il plurale grèbani vale collettivamente; petraia. li termine deriva da una voce di substrato preromano , i cui esiti sono largamente diffusi nell'area italiana (o neo-latina in senso lato): dal toscano greppo· (usato anche da Dante, nel significato di dirupo, p. es.: Inferno XXX, 95), al ladino engadinese crappa (sasso, masso, macigno) al veneto grava (sassaia, ghiaieto) etc. (vedi E . De Felice in: C. Battisti & G . Alessio , Dizionario E1imologico Italiano, voi. III, pag. 1867 - Barbera, Firenze 1952). (Nota di T . CM JARIONt). (261) Le1tere all'autore (9 e 18 luglio 1979) di Carlo STEJNll,KH, nell'aprile 1941 tenente presso la I o• compagnia del battaglio ne bersaglieri 'Zara'. (262} Lettera-relazione (marzo 1978) all'autore di Giuseppe CANZ IA e Piero SERRENTINO, nell'aprile 1941 sot1otenentì, ambedue presso la 11 • compagnia del bat1aglione ber5aglieri 'Zara'. (263) Vedi n . 249. (264) Vedi n. 131. (265) Vedi n. 53.


Dalmazia - Una cronaca p er la storia (aprile-dicembre 1941)

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(266) u.s. : s.M.M . - Scacchiere J.ugoslavia-Dalmazia-Albania - 1941 - Busta 45 - fasci-

colo 4 - (Comando. Truppe Zara - Relazione sulla occupazione delle isole dalmate da parte

delle truppe Zara - aprile 1941). - Vedi , inoltre n. 210, e allegato n , 23 al presente capitolo. Lo sbarco avvenne a "La Fossa", un piccolo po rticciolo o mandraccio che si apre¡al limite meridionale della Riva Nuova , sotto il bastione di San Demetrio, guardato, all'ingresso, da una costruzione detta "La doganella", cioè la piccola dogana. (267) Vedi n. 53. (268) Vedi n. 112 - Giuseppe PRAGA. (269) Vedi n. 266. (270) U.S. -S.M.E. - Busta 588 - Comando Truppe Zara (Diario swrico - P .M. 141, 12

aprile 1941). Lettera all'autore (26 aprile 1979) di I..:uigi AINI, nell'aprite 1941 s.tenente di fanteria presso la H' compagnia del bauaglione 'Rismondo'. Ebbe l'incarico di occupare il paese di Zawn. Fu l'unico gruppo autocarrato. (27 1) Vedi n. 210. (272) Vedi n. 270. (273) Vedi n. 260 - Remo LEINWEBER . (274) Vedi n. 218. (275) Ibidem. t(276). Vedi n. 266. (2Tl) Ibidem.

(278) Ibidem. (279) Ibidem. (280) Vedi n. 218. (281) Ibidem . (282) Ibidem. (283) U.S. -S.M.E. - Busta 588 - Comando Truppe Zara - (Telegramma n. I 190 - A Su-

peresercito - Ore 12.00 - P .M . 141, 12 aprile 1941). (284) Leltera all'autore (I aprile 1979) di Elio FREGNAN, nell'aprile 1941 tenente di fan -

teria presso la I ' compagnia del banaglione 'Diaz'. Ebbe l'incarico di occupare i paesi di Diclo e di Nona. (285) Vedi n. 53 - Silvio BRUNELLI - Vedi, inoltre, la relazione del Comando federale,

allegalo n. 24 al presente capitolo.


l'Assedio di Zara e la conquista di Tenìn

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Nell'Ordine del giorno del Comando federale della G.l.L. della-<Dalmazia, dopo la relazione del Comandante federai-e, Athos BARTOLUCCI, al Comandante Generale della G.I.L., · segue l'elenco nominativo dei giovarii che parteciparono all'occupa?,ione delle isole: 72 premarinari, 15 avanguardisti marinari, 54 preavieri, 107_preterrestri. Comples_sivamente 248 giovani. (286) A.C.S. - Presidenza del Consiglio dei ministri - Anni 1941-1943 - Posizione G/7 - Fascicolo 27433 - (Prefettura di Zara -Telegramma n. 560- A ministero dell'interno - Gabinetto - Ore 13 . IO - Zara, 12 aprile 1941). (287) Vedi nn. 210, 218. (288) Vedi n. 218. (289) Vedi nn. 218, 249, 256. (290) Vedi n. 218. (291) U.S. -S.M.E. - Busta 588 - Comando Truppe Zara - (Telegramma n. 1192 - A Superesercito - Ore 17 - P.M. 141, 12 aprile 1941).

Con questo telegramma venne annunciata l'occupazione di Nona e di Obrovazzo. Il riferimento a questa seconda località era errato . Giuseppe CALUSSI - vedi n. 12 - nella sua lettera, agosto 1978, conferma tratta rsi di un errore. La località si trova a 51 km da Zara per cui non era raggiungibile nella giornata del 12 aprile da reparti appiedati. (292) Vedi n. 283 . (293) Vedi n. 200 - B01let1ino di guerra n. 310 - Pag. 185 . (294) Vedi n. 261. (295) Vedi n. 262. (296) Vedi n . 283. (297) U.S. -S.M.A. - .Iugoslavia 1941 - Elemento 7329 - lnL 8-0/ 5 - (Informazioni sul nemico - Il aprile 1941). (298) Vedi nn. 210 e 12 - Bruno PORTA. (299) U.S. -S.M .E. - Busta 2074 - Stato Maggiore Esercito - (Foglio n. 5390 - Oggetto: "Occupazione di Veglia-Pago ed Arbe" -Al Comando della 2' Armata - P.M. 9, 12 aprile 1941). (300) U .S. -S .M .E. - Busta 2074 - Stato Maggiore Esercito - (Foglio n. 5283 - Comunicazione a Stato Maggiore Generale - P.M. 9, 12 aprile 1941). (301) Vedi n. 43 - Pagg. 61 e 321. - Comando 2• Armata - Foglio 2760, segreto - Oggetto: ·'Proseguimento delle operazioni offensive" - P.M. IO, 11 aprile 1941). (302) U.S. -S.M.E. - Busta 239 - Divisione autotrasporiabile 'Torino' - (Diario storico . Ore 06.00 - 12 aprile 1941 ).

(303) U.S. -S.M.E. - Busta 239 - 82° reggimento fanteria - Divisione 'Torino' - (Diario stori<:o - 12 aprile 1941 ). (304) Ibidem .


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Dalmazia · Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941) (305) Vedi n. 302 · Ore 12.30. (306) Vedi n. 303. (307) Vedi n. 302. (308) Ibidem.

(309) U.S. -S.M.E. e Busta 724 • Comando 2• Armata • (Diario storico . Fonogramma n. 21 • Ore 20.00 · P.M. IO, 12 aprile 1941). (310) Vedi n. 210. (3ll) U.S. -S.M.E. • Busta 2074 · Stato Maggiore Esercito. (Documenti allegati al Diario storico . Foglio n. 5438 • Da Superesercito a Stamage · O re 23.45 · Ritrasmette fonogramma pervenuto da 2• Armata germanica· Ore 10.00 • P.M. 9, 12 aprile 1941). Vedi allegato n. 21 al presente capitolo.

(312) Tenìn è il più importante nodo ferroviario nel territorio retrostante la zona marittima della Dalmazia. Vi connuiscono: la linea Sebenico-Spalato; quella Fiume-Ogulin-GospiéGra~ac;. una terza da Bihaé-Bosanski Novi. Inoltre è la stazione di testa d'una linea a scartamento ridotto per Dervar-Ostrelj.

Dal punto di vista·viario, da Tenìn partono le strade: per Obrovazzo e da qui con pr,;>secuzione lungo la litoranea sino a Fiume, oppure da Obrovazzo attraverso il valico del Mali Halam per le località della Lika e dell'interno della Croazia; per Bosanski Petrovac verso la Bosnia; verso sud per Signo (Sinj), dove si dirama per Spalato e Metcovich (Metkovié) cor.rendo quest'ultima parallela alla costa ma dietro la catena dei Monti Albi (Biokovo); per D~.rnis e Sebenico; per i Ponti di Breberio con diramazione da un lato per Bencovaz-Zara e dall'altro per Scardona-Sebenico con proseguimento verso Spalato. (313) U .S. -S.M.E . . Busta 588 · Comandò Truppe Zara . (Foglio p·. t 19 . Oggetto: "Occupazione di Knin: carta I :75000" · Ore 22.45 . P.M. 141 , 12 aprile 1941). Vedi Allegato n. t 3 al presente capitolo.

Dall'ordine di operazione· punto I . non è chiaro se qualche plotone carri abbia fatto pane della colonna sin dal momento della partenza da Bencovaz. Il gen. GIGLIOLI (Taccuino) dice: «Con me ho portato la comp. meccanizzata dalle ore 12 del 12 aprile». Da questo inciso potrebbe apparire che il gen. G1GLJOL1 abbia preso con se la compagnia meccanizzata per qualche impiego particolare, ma non risulta da alcuna altra foffte. In ogni modo è certo che la colonna Morra mosse da Bencovaz su Tenin con due plotoni carri e con il carro comando. (314) Ibidem· Punto 5 · Le biciclette dei bersaglieri furono portate a Tenìn di noue con autocarri. Il trasporto venne effettuato dal tenente dei bersagljeri Bruno BATTISTONJ. Il plotone mitraglicri dcli' 11 • compagnia non ricevette te biciclette perché prive dei supporti per l'aggancio dell'arma e del treppiede al telaio. (315) Ibidem • Punto 4. (316) Vedi n. 218. (317) Vedi n. 313. (3 18) U.S.-S.M.E. · Busta 588 · XXX battaglione genio Zara. (Diario storico . P.M. 141, 13 aprile 1941).


L'Assedio di Zara e la conquista di Tenìn

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(319) Relazione senza data.di Virgilio FILOMENA, nell'aprile 1941 s. tenente di artiglieria, sottocomandante della 3• batteria da 75/27 del Gruppo "Chiarle" - Fece parte della colonna MORRA. (320) U.S.-S.M.E. - Busta 588 - Comando Truppe Zara· (Diario storico - P.M. 141, 13 aprile 1941). (321) Vedi n. 218. (322) Ibidem. (323) Ibidem. (324) Vedi n. 319 - Il trattore e gli artiglieri del pezzo, con il s. tenente Libero LOSSANTI, furono costretti a restare sul posto. Solo a notte poterono riprendere la marcia e rientrare in batteria. (325) Vedi n. 218. (326) Ibidem. (327) Ibidem. (328) Vedi n. 210.

(329) Vedi n. 218. (330) Ibidem. Vedi, inoltre, n. 210 - Il gen. G1cuou, inv ece, nella sua Relazione (Vedi allegato 11. 22 al presente capitolo) dice di aver dato ordine al col. MORRA di <<spingere avanti la c.p. meccanizzata, seguita dalla c.p. autoportata», ma dal Diario ·storico appare che questa c.p. venne avviata a piedi. (Comando Truppe Zara - Diario storico - P .M. 141, 13 aprile 1941). (331) Vedi nn. 320 e 218. Il colonnello MORRA, nella sua Iettera-relaz.ione scrive: «li generale Giglio/i f. . . } venne sulla strada dove io stavo per dare le ultime istruzioni ai reparti e si mise a fare df!lle osservazioni a questo e a quello delle quali non ricordo il tenore ma che giudicai inopportune, anche se giuste, dato il momento e la tensione nervosa di tutti». (332) U.S. -S.M.E. - Busta 2075 - Stato Maggiore Esercito - (Telegramma n. 1201 del Comandante delle Truppe Zara - Ore 15.30. P.M. 141, 13 aprile 1941). (333) Vedi

11.

320.

(334) U.S. -S.M.E. - Busta 724 - Comando 2• Armata - (Diario storico - P.M. IO , 13 aprile 1941). (335) U.S. -S.M.E. - Busta 2075 - Stato Maggiore Esercito - (Telegramma n. 1203 del Comandante delle Truppe Zara - Ore 23.40 - P.M. 141, 13 aprile 1941).

Vedi n. 12 - Giuseppe CALUSSI. Vedi inoltre sua lettera 10 settembre 1978 in cui ricorda una « inaspettata e poco piacevole gitarella [... }per accertare se gli jugoslavi avevano fatto saltare il ponte in ferro che attraversa la Zermagna [Obrova22? - n.d.a.]». Vedi, inoltre: U.S.-S.M.E. -.Busta 724 . Comando 2• Armata - (Diario storico - P.M. IO, I3 aprile 1941 ).


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Dalmazia· Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941) (336) Vedi n. 320. (337) Vedi n. 26. Taccuino· Annotazione del 13 aprile 1941.

(338) Lettera all'autore (I marzo I 979) di Elio MARSANO, nell'aprile I 941 s. tenente d ei bersaglieri nella I3 • compagnia del ba11aglione bersaglieri 'Zara' .. (339) Lettera all'autòre (12 aprile 1979) di Giuseppe P10LA, nell'aprile 1941 s. tenente carrista, comandante del 2°· plotone della compagnia meccanizzata. (340) Vedi n. 218. (341) Ibidem . (342) Ibidem. (343) Sibe KvESlé - Dalmacija u Narodnoos/oboditahoj borbi (La Dalmazia nella guerra di liberazione nazionale) - Collana 'Biblioteca della Rivoluzione Nazionale'. Zagabria, 1960 · pag. 59. La divisione 'Jadranska' fu disarmata il 21 aprile 1941. (344) Vedi nn. 218, 262, 320. L'unico ufficiale rimasto illeso sull'automobile del comando fu il tenente Nello CARVJN. (345) Vedi n . 262 • «SERRENTINO che si Lrovava nella prima corriera si rèse conto della si1uazione. fece scendere i bersaglieri» . (346) Vedi n. 218. (347) Vedi n. 339. (348) Ibidem. Dalla motivazione della medaglia di bronzo al v.m. conferita al s. tenen1e Giuseppe PJOLA: «In Jerreho forlemente baiiut.o da armi aUJomaJiche ed anJicarro f .../ guidava il plotone all'allacco f. .. /. Ferito non de.sisteva f ... /. Colpito uno dei carri, gli si poneva a fianco e tenendo sollo il fuoco delle armi l'avversario, rendeva possibile trarre;,; salvo l'equipaggio». (349) Vedi n. 210. - Vedi, ind ltre: n. 338 - Elio MARSANO ricorda: «La nostra colonna è fermata da pezzi di artiglieria e da

alcune mitragliatrici jugoslave». n . 339 - Giuseppe PJOLA, invece, afferma: «Escluderei che vi fosse /'artiglieria, certo numerosi anticarro, mitragliatrici pesanti, fucileria, il tulio inlensissimo». L'esclusione dell'artiglieria jugoslava sul posto dello scontro, sostenuta anche dal 1en. Carlo STEINBACH (Vedi n . 263), comandante del plotone di avanguardia, è comprensibile in quanto l'art iglieria sparava ol.tre la testa della.colonna. Per questo motivo viene ricordata da Elio MAR· SANO che era ufficiale di coda del banaglione bersaglieri, e dal gen. GIGUOLI che si trovava arretrato rispetto alla linea del fuoco.

(350) Vedi n . 319 · La batteria era comandata dal capitano Vincenzo CELL ITI ed aveva come subalterni i s. tenenti Virgilio F1t.OMENA, Libero LOSSANTI (in quel momento fermo lungo la Strada) e Pier Luigi BALDI CONTU. Dell'altra batteria, la 5', da 100/17 del Gruppo "Ederle··• non è sta!O possibile rin tracciare alcuno degli ufficiali che la componevano - ten. Ernesto CUNEO, s. ten. Aldo TuRRIANI, Roberto SAVARESE, Nicola BA:RATUCCI. È ragionevolmente da supporre che abbia concorso


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all'azione in quanto il maggiore Giovanni ARcozzr venne decorato di croce di guerra al v. m. quale comandante di gruppo «di una colonna penetrato profondamente neito schieramento nemico», e rimasto «privo di ordini in un momento particolarmente delicato della lotta, davo prova di iniziativa, coraggio e capacità tattica)> • In Gozzetto Ufficiale del Regno d'Italia n·. 15 · 20 gennaio 1943). (351) Vedi nn. 210, 218, 320. (352) Dalla motivazione della croce di guerra al v.m. concessa al soldato Marco MERLINJ· « Visto cadere ferito il proprio comandante mantenevo eccezionale colmo. Sotto l'infuriare del fuoco di mitragliatrici avversarie, in terreno scoperto, si recavo verso i reparti sopraggiungenti

per trasmettere ordini ricevuti dal suo capo» • In Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n. 15 • 20 gennaio 1943. (353) Dalla motivazione della medaglia di bronzo al v.m . concessa al s. ten. Antonio MAZ· comandante del I O plotone carri· «In terreno fortemente battuto do armi automatiche ed anticarro, ferito davanti alle linee nemiche e con il carro immobilizzato non tralasciavo di battere con la sua armo l'avversario»· In Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia 15 • 20 gennaio 1943. ZlTELLI,

n.

L'equipaggio, molto probabilmente, fu salvato dal caporal maggiore, Luigi PACJNr, in quanto la motivazione della medaglia di bronzo al v.m. concessagli, dice: «Capo corro, benché ferito, rimaneva o proteggere altro corro immobilizzato nelle linee nemiche. Ritornavo a notte inoltrata dopo aver solvato l'equipaggio ed aver esaurito lo scorta di carburante» · In Gazzella Ufficiale del Regno d 'Italia n. 15 · 20 gennaio 1943. (354) Vedi n. 261. Nell'avanzata su Tenìn, il ten. Carlo STEJNBACH, comandante del I 0 plotone della 10• compagnia ed avanguardia del battaglione bersaglieri, venne decorato di croce di guerra al v .m .. Vedi, inoltre: . Elio MARSANO, ricorda: <<Avanti bersaglieri! Ma in quali condizioni fisiche puoi immaginarlo. Giovani di vent'anni con il treppiede della Breda oppure la Breda sulle biciclette, avanti per decine di chilometri[.. .]. Knif' era distante da Bencovaz secondo te 58 km [recte: 64], ma per me [. . .} migliaia di chilometrh>. (355) U.S. - S.M.E. - Busta 588 - Comando Truppe Zara· (Telegramma MPA-MPA: massima precedenza assoluta su tutte le massime precedenze assolute, n. 1202 del Comandante delle Truppe Zara - Senza indicazione oraria · P.M. 141, 13 aprile 1941). (356) '.J .S. -S.M.E. . Busta 724. Comando 2• Armata - (Telegramma n. 5473 - Senza indicazione oraria - Da Superesercito • P .M. 141, 13 aprile 1941 ). (357) U.S .. S.M.E. - Busta 2075 - Stato Maggiore Esercito· (Telegramma 5477 a Stamage e Malaga [Comando Supremo] - Ore 02.50 · P.M. 9, 14 aprile 1941). (358) Vedi n. 261. (359) Ibidem . (360) Vedi n. 262. (361) Dalla motivazione della croce di guerra al v.m. concessa al maresciallo ordinario Michele RIPA .~DELLL - «Esempio di calma e cosciente dovere» - In Gazzella Ufficiale del Regno d'Italia n. I 5 - 20 gennaio 1943. (362) Vedi n. 261.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-.dicembre 1941) (363) L'equipaggio del carro era composto dal sergente maggiore Gaetano BIANCHINI e

dal caporale Gianni F1LONZI, pilota. Gli elementi del fatto sono tratli dalle motivazioni delle · croci di guerra al v.m. concesse ad entrambi - In Gazze/fa Ufficiale del Regno d'Italia n. 15. · 20 gennaio 1943. (364) Vedi n. 264 : «SERRENTINO f ... ] vide il ten. Nello CARVIN che dava disposizioni per lo sgombero dei feriti, in mezzo alle pallottole, incurante del pericolo, e ne fu ammirato». (365) Dalla motivazione della medaglia di bronzo al v .m. che gli fu conèessa alla 'memoria' - In Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n. 15 - 20 gennaio 1943. (366) Giuseppe R1F1c1, caporalmaggiore del I O plotone della 10• compagnia.bersaglieri. Elementi del fatto sono tratti dalla motiv·a zione della croce di guerra a l v .m. eh_~ gli fu concessa per questo episodio - In Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n. 15 - 20 gennaio 1943. (367) Dalle motivazioni delle croci di guerra al v.m. concesse: al bersagliere Enea Busi: «Si lancia~a avanti e a colpi di bombe a mano penetrava ~elio

schieramento nemico»; al' caporal maggiore dei bersaglieri Uderico FRANCHINI: <<Esaurile le munizioni si lanciava in testa ai fucilieri ed a colpi di bombe a mano catturava armi e prigioneri» - Ambedue in Gazzetla Ufficiale del Regno d'Italia n. 15.- 20 gennaio 1943. (368) Vedi n. 261. (369) Il bombardamen10 è ricordato dal gen. G1GL IOL1 (Vedi n. 210), dal col. Eugenio MORRA (Vedi n. 218), da Elio MARSANO (Vedi n. 338). Tu1ti questi testimoni ritennero che l'aereo fosse jugoslavo. Infatti il generale parla di «violento borpbardamentç, aereo avversario». Il col. Morra scrive «un aereo nemico[. .. / gettò varie bombe sul vicino gruppo d'artiglieria». Invece, Virgilio FÌLOMENA (Vedi n. 319)-dice: «Ci meravigliò il fallo c11e l'aereo ci spezzonasse secondo la· nostra direzione di marcia venendo cioè dal(e nostre spalle(.'.'.]. li s. Jen. LOSSANTJ [che era rimas10 lungo la strada - n.d .a.J ci raccontò che quando vide l'aereo, portante i colori italiani, che proseguiva nella nosrra direzione di marcia, per far capire che erano . italiani spiegò la bandiera a 1erra»: Va tenuto presente che, dal giorno prima, gli idrovolanti della base di DivulJe erano stati fati i partire per ·1e Bocche di Cattaro. Per quelli dell'aeroporto di Mostar, si ha la seguente notizia: ((D'ordine del generale SANTORO si corhunica che da accertamenti eseguiti sul posto, durante l'attacco aereo esguito il 13 corrente sull'aeroporto di Mostar sono s1ati distrutti al suolo 65 velivoli anziché 62 come precedentemente segnalato» (U .S. -5.M .A. - Jugoslav.i a 1941 · Elemento 7529 - Inf. I - B-0/5). (370) Vedi n. 24. (371) Vedi 339. Giuseppe PIOLA dice: «Ci attestammo a circa un chilomerro dal luogo dello scon1ro, dopo un ripiegamento sotto violen10 fuoco» . Vedi, inoltre : n. 261 · Carlo STEINBACH, scrive: «La mia compagnia / ... / che era a((es1arn lungo una masiéra al margine del bosco ricevette l'ordine di.ripiegare prudenzialme111e su una posizione più arretra/a». n. 262 - CA~ZIA e SERRENTINO, dicono: «Per la noùe i reparli si disposero a quadralo

con cemro sulla strada».


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(372) . Vedi n. 261 - Il comando della 12• compagnia bersaglieri, dopo il ferimento del capitano Francesco !ORI sul campo' minato di Madonna della Rovere (Babindub), il 12 aprile, venne assunto dal s. tenente Bruno DE GAVARDO · Decoratò con croce di guerra al v.m. (373) Vedi n. 12 • Bruno PORTA · «La giornata· al Comando non è finita, preoccupa la mancanza di notizie della colonna[...}. I collegamenti non hanno fun7,ionato». (374) Ibidem. (375) Ibidem . (376) Vedi n. 320.

(377) U.S. -S.M. E . • Busta 588 . Comando Truppe Zara· (Telegramma n. 1205 del Comandante delle Truppe Zara· Senza indicazione oraria, ma prima delle 02.50 ora in cui Superesercito ritrasmette il testo allo Stato Maggiore Generale ed al Comando Supremo· 14 aprile 1941). (378) Vedi n. 12 · Bruno PORTA. (379) Vedi n. 12. Giuseppe CAtuSSI · Degli ufficiali del Comando Truppe erano .rimasti a Zara solo il ten. Giuseppe CALUSSJ ed il ten. Bruno PORTA. (380) Ibidem. (381) Vedi n. 318. (382) Ibidem. (383) U.S. -S.M.E. . Busta 588 · Comando artiglieria Zara · (Diario storico· P.M. 141, 13 aprile 1941). (384) Vedi n. 318. (385) Lettera all;autore (22 maggio 1979) di Guido STECHER, nell'aprile 1941 organizzato della Federazione fascista quale."preaviere". Prese parte all'o~cupazione dell'isola di Ugliano. Il $.tenente di fanteria era Mario PEROVICH di Zara. (386) Lettera all'autore (I marzo 1979) di Vanni TACCONI, nell'aprile 1941 o rganizzato della Federazione fascista quale ''preterrestre". Prese parte all'occupazione dell'isola di Ugliano con gli "avanguardisti". (3&7) U.S. -S.M.M .. Scacchiere Jugoslavi a-Dalmazia-Albania. 1941 • Busta 45 · Fascicolo 4 . (Relazione sulla occupazione delle isole dalmate da parte delle. Truppe Zara · Del Comando Truppe Zara· Probabilmente del 18 aprile 1941) · Vedi allegato n. 23 al presente capitolo · Vedi, inoltre:

U.S. -S.M.E .. Busta 588 · Comando Truppe Zara· (Telegramma n. 1202 · Senza indicazione oraria· A Superesercito · P.M. 141, 13 aprile 1941). Vedi n. 200 · Bollettino di guerra n. 31 I • Pag. 186. Il giorno dell'occupazione di Ugliano, ad iniziativa dei ten. Mario DE V1oov1cH di ftr., Giuseppe ANDRETTA dei CC. e del s. ten. Matteo UNICH, vennero soprastampati i francobolli jugoslavi esistenti nell'ufficio postale di Oltre con la dicitura: Occupazione Italiana· 12 aprile 194/-XIX. Le autorità di Zara ne disposero subito la distruzione. Viaggiarono solo pochi esemplari.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941) (388) Vedi n. 355.

(389) Lettera· all'autore (6 aprile 1979) di Stefano MARI, nell'aprile 1941 tenente di fanteria nell'8• compagnia mitraglieri del battaglione 'Rismondo! - Comandava il reparto di occupazione. (390) Vedi n. 260 - Nicola DE NJGRIS. (391) Vedi n . 355. (392) U.S.-S.M.E. - Busta 724 - Comando 2• Armata - (Telegramma n. 5473 - Senza indicazione oraria - Da Superesercito - P.M. 9, 13 aprile I 941). (393) U.S. -S.M.E. - Busta 2075 - Stato Maggiore Esercito. (Telegramma n. 5477 - Ore 02.50 - A Stamage e Malaga [Comando Supremo) - P.M. 9, 14 aprile 1941). (394) U.S. -S.M.M. - Scacchiere Jugoslavia-Dalmazia-Albania - 1941 - Bust;i 2 - Fascicolo informazioni varie - (Telegramma senza numero - Ore 16.30 - Da Supermari~·a a Stamage - Ritrasmette la comunicazione n. 583 di Radio Coltano - 13 aprile 1941). Analogo telegramma venne inviato da Sebenico all'Oberkommad tedesco in Italia. (395) U.S. -S.M.M. - Scacchiere Jugoslavia-Dalmazia-Al.bania- 1941 - Busta 2- Fascicolo informazioni varie - (Telegramma n. 2284 - Ore·J 7.05 - Da.Supermarina a Stamage - Ritrasmette la comunicazione n. 587 di Radio Coltano - 13 aprile 1941). (396) U .S. - S.M.M. - Scacchiere Jugoslavi a-Dalrpazia-Al bania - 1941 - Busta 2 • Fascicolo informazioni varie - (Telegramma n. 131735/249 - Ore 20.03 - Da Ministero Marina a Supermarina - Ritrasmette la comunicazione n. 590 di Radio Coltano). Marian N1KS1é era il capo della polizia di Sebenico. (397) M.A.E.-A.S.D. · Jugoslavia 1941 - Busta 106 - Fa:scicolo 1/C - Cartella 6 - (Telegrammà n. 3110/R-S.enza·indicazione oraria - Da ambasciata d'Italia a ministero affari esteri - Berlino, 13 aprile 1941 ). (398) U.S. -S.M ..E. - Busta 2075 - Stato Maggiore Esercito - (Telegramma senza numero · Da Comando Truppe Zara a Superesercito · P.M. 141, 14 aprile 194 1). (399) U.S. -S :M.E . • Busta 2075 - Stato Maggiore Esercito, . (Telegramma n. 5479 - ·Da Superesercito a Stamage e Comando 2• Armata - Per conoscenza a 'Malaga' [Comando _S upremo) - Ore 05.30 • P.M. 9, 14 aprile 1941). (400) Difesa Adriatica · Settimanale· Articolo di Athos BARTOLUCCJ - La popolazione di Zara souo l'assedio del 1941 - N. 29 e n. 30 • Roma, 21 -27 luglio 1951.

Vedi, inoltre, la lettera all'autore (20 ottobre 1978) di Marco BuSSANI; le quattro 'giovani italiane' erano Etta HAGENOORFER, Elena DOIMI D1 DELU~JS, Nora GRANCICH ed lgea RUBINI. Erà'no accompagnate dal sig. Vincenzo USMIANI per la Federazione fascista: (401) U.S. -S.M.E. - Busta 239 - Divisione autotrasportabile 'Torino' - (Diario storico - Ore 09.30 - 13 aprile 194 1). (402) Ibidem - Ore 12.30 . (403) Ibidem - Ore 17.30. (404) Ibidem • Ore 24.00.


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(405) Ibidem· Ore 21.00. (406) U.S.-S.M .E. • Busta 2075 - Stato Maggiore Esercito· (Telegramma n. 5477 - A Stamage ed a Malaga [Comando Supremo) - Ore 02.50 - P.M. 9, 14 aprile 1941). (407) Ibidem. (408) U.S.-S.M.E. - Busta 588 - Comando Truppe Zara - (Telegramma n. 1205. A Superesercito - Senza indicazione oraria· P.M. 141, 14 aprile 1941). (409) U.S. -S.M.E. - Busta 2075 - Stato Maggiore Esercito - (Telegramma n. 5478 - Da Superesercito a Comando Truppe Zara - Firmato ROATT11 - Annuncia: «per stamane bombardamento aereo sullo cillà d i Knin» - Ore 04.25 - P.M. 9, 14 aprile 1941). Vedi inoltre:

U.S . - S. M.E. - Busta 588 - Comando Truppe Zara . (Il testo in arrivo del telegramma 5478, dice, invece: «per stamane bombardam enlo del centro levante città Knin» • Ore 05.30 - P.M. 141, 14 aprile 1941). (410) Vedi n. 261. (411) Vedi n. 262.

(412) Dalla motivazione della croce di guerra al v.m. concessa al caporalmaggiore dei bersaglieri Alberw BENDANDI - «D11ronte 1ino sosto no1111ma, accortosi che elementi nemici si stavano 01•vicinando per a/laccare il fianco di 1111 reparto, si gel/ava risolutamente in avanti e a colpi di bombe o mano disperdev!' il nudeo avversario» - In Gau.e11a Ufficiale de( Regno d'Italia n. 15 - 20 gennaio 1943 - Vedi , inoltre: n . 338 - Elio MARSANO ricorda: «Uscite con bombe a mano. si distingue CANZtA». (413) Vedi n. 339. (414) Vedi n. 264 • CANZ IA e SER RENTINO attribuiscono f'.i niziativa al maggiore di artiglieria Giovanni ARcozz1. comandante del gruppo. (415) Vedi n. 261. (416) Vedi n. 210 - Il banaglione bersagl ieri «veniva /0110 segno alfe ore 4.00 e 5.00 del 111a11ino di 11n a/lacco a1•1•ersario». (417) Vedi n. 261. (418) lhidem .

(419) Vedi n. 339. (420) Vtdi n. J38 . (42))

Vedi 11. 261.

(4.'.!~)

Vedi 11. 13 .

H~J) U.S. -S.:-.t.E. - Busta 588 - Comando Truppe Zara - (Ordine di orcra lionc n . -I Ore 10.15 - P.:-.1. 1-11, 14 aprile 194'1). Yt<li all egato n: 1-1 al presente capiwlo. In q11,·,1't11·tlinc di opera zione,. t'ra i repani

,0110

O.:esw,·o. il gen. Gt<a 101 ,.elenca anche la

\I' ,on11'ag11ia ru,·ilieri. Nl.'i <loL·umrnti ..:om11ha1i. <loro l'a(lri.:damcnto a Rudele. la comragnia


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Dalmazia - Una cronaca per la sroria (aprile-dicembre 1941/

non viene più menz ionaca, né all'aucore è stato possibile encrare in contacto con gli ufficiali (ten. Giuseppe BARRfcEC.1.1, comandance, 1en. Vincenzo 811.Z.-\RR I, s.cen . An conio CAt.DERoNI, Raffaele V11.LA RC , Carmelo BERTONc, Alfredo SANTORo). Con un altro ufficiale della compagnia, Leone CcuRcov1cH, l' auwre ha avuco uno scambio di leuerc,. ma risultò che l'inceressaco, qualche giorno prima dell'azione su Tenin, era scato trasferito ad altro reparco. Non si ha, quindi , alcun dato'. circa lo schieramento assunco da decta compagnia socto V . Oceswvo. Unico riferimento potrebbe esser quello che appare dalla mocivazione della croce di guerra al v.m. concessa al sergente del genio, Anconio EolDr, per una azione del giorno 13 aprile. «Acconosi che una mitragliarrice avversaria aveva preso so{(o il suo efficace fuoco 1111 nosrro reparro di Janierià, con pochi uomini si slancia1•a comro l'arma che ca{(urava dopo aver messo fuori comba{(i111en10 i serventi con lancio di bombe a llltmo».· Poe rebbe, quindi, dedursi che la 9' compagnia fosse schierata sulla siniscra della strada dove il plotone del genio aveva preso posizione a proiezione della bacteria da 75/27. (424) Ibidem. - Per il resto integrale dell 'ordine di operazione, vedi allegato n. 14 al presente capitolo. (425) U.S. -S.M .E. - Busta 588 - Comando Truppe Zara - (Telegramma n. 5486 - Da Superesercito - Ore 10.35 - P.M. 9 , 14 april e 194 1). (426) U.S. -S.M.E. - Busta 239 - Comando 82° reggimento fameria - Di\'isione 'Torino' - (Diario storico - 14 aprile 1941). (427) U.S. - S.M.E. - Busta 239 - Divisione autocrasportabile 'Torino' - (Diario storico 14 aprile 1941). (428) Ibidem. - Il tesw de11'11/ti111arum era il segueme: «Mi ris11/ta che elememi serbi non ancora a conoscenza della situazione militare, si sono ri1111i1i con le armi nel paese di Gra(ac. Per evirare alla èittà i grandi danni del bo111barda111e1110 aereo e rerresr-re e numerose vitrime nella popolazione civile, si2t!O disposi o a concedere c{e _fu fii gli eleme111i serbi abbiano sal,•a la vira se depongono immedia1a111enre le armi e le rad11nano all'ingresso della ciflà di Crafac dove le nostre truppe le ririreranno. Parlamentari serbi, 111uni1i di bandiera bianca, saranno come 1a/i accolli sino alle ore I I di oggi 14 aprile 1941 -·JI_Comandante delle Truppe Italiane» . (429) Ved i n. 427 - Ore J:?,00. (430) Vedi n. 4 26. (431) Vedi n. 13. (432) U.S.-S .tvt.E . · Busta 588 - Comando Truppe Zara - (Ordine di operazione n. 5 O re 18. 10 - p.M. 141, 14 aprile 194!) - Vedi allegato n. 5 al presente capicolo.

Nel dia rio storico del Comando Truppe Za ra, sotlO la data del 14 a prile si legge: «Alle ore /8. IO il .co111a1.1da111e delle Truppe di Zara, dopo a,·er preso personalmente visione della situazione, emana da Poi/li di Brìbir l 'ordine di operazione 11. 5» . Da questa anno1azione potrebbe apparire che il ge n. G1c;1.1ou si sia reca co ad O~es1ovo a controllare i reparti del la co-. lonna, ma nessun altro documenco, neppure il Tarrnino. (ved i n. 26) lo conferma, né la sua Relazione (vedi 11 . 207). Nel Diario inedi,o di Bruno PoR:rA (vedi n. 12) è serino: ·«// generale rien1ra a sera» . È probabile che q uesl 'i1Kiso s1ia a significare che il generale, durante la giornaca, si sia asscn1aw dal comando a Za ra. ~d abbia ispezionato i reparti nelle Jocalilà occupale.


L'Assedio di Zara e la conquisla di Tenìn

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{433) Ibidem. (434) Ibidem. (435) U .S. -S.M .E. - Busta 588 - Comando' Truppe Zara - (Marconigramma n. 5 - Da ten . col. Giuseppe Ro1An1 a Comando Truppe Zara - Spedilo ad o re 18.00 - Ricevuto ad ·ore 21.15 - P.M. 141, 14 aprile 1941). (436) Vedi n. 427. (437) Ibidem. (438) Vedi nn. 426, 427. (439) Ibidem . - I carri erano comandati dal sergente maggiore Gaspare MORSIANI che, quantunque ferito dal giorno prima alla mano sinistra, aveva rifiutato il ricovero. (Vedi n. 339). (440) U.S. -S.M.E . - Busta 588 - XXX battaglione genio Zara - (Diario storico - P.M. 141, 14 aprile 1941). (441) Vedi n. 262. (442) Vedi n. 13, e successiva nota n. 453, Lelio BORSARI. (443) Vedi n. 427 - Ore 20.00. Dalle motivazioni delle croci di guerra al v .'m., la cattura potrebbe essere dovuta a due gruppi di soldati dell'82° reggimento. Il primo, di Ernesto CAMSERAU («si lanciava fra i pri-

mi all'allacco di nemici che do un abilato avevano aperto vivace fuoco concorrendo a catturare prigionieri») e del sergente Silvio Lilibetti {«si lanciava/....] all'offocco e guidando i suoi uomini f. . .] concorreva a ca/furore prigionieri»). Il secondo gruppo, del fante Onorato PAS, SERI {«si lancia va/.. .] contro un nucleo di nemici che appostati dietro una scarpata avevano aperto vivace fuoco conrribuendo o caf/urare prigionieri») assieme al fante Mario RLTECCHL, che fu decorato di croce d i guerra con analoga motivazione. - In Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n. 15 - 20 gennaio 1943 .' (444) Ibidem. Vedi, inoltre, n. 426. Il carro che andò verso Tcnìn per controllare la transitabilità dei ponli era comandato dal sergente maggiore Gaspare MORSIAN I. - (Vedi n . 339). (445) Vedi n. 427 - O re 20.00. {446) Ibidem. - Ore 21.00. {447) Vedi n. 427 . (448) Ibidem. (449) Vedi nn. 261 , 262, 338 e successiva nota n. 453 , Lelio Bo~s,,RI. (450) Vedi n. 261. In una le uera (Traù 5 giugno 1941), del maggiore Piero TESTA, direua a l fratello Antonio (folOCOpia in possesso dell'autore) si legge: «Carlo [STEINBACH - n .d.a.] comandavo il pio -

ione di avanguardia duro111e il ('Omba11imento e nell'ingresso a Knin; anche quando siamo en 1ra1i a Knin, i messi che erano venuri per consegnare la ci/là voleva110 parlare sempre con lui perché lo credevano mio superiore e coma11danre la colonna».


Dal111a:ia - U11a cronarn per

{{I

s1oria (aprile-dicembre 194/J

PSI) Vedi n . 262. (452) Vedi n . 261.

(453) lhide111 - Il pa(t_uglione, formato da mezza compagnia, era comandato dal s. tcnen ce )calo SHfANrc.11, che rimase in servizio sino alk ore 6 del 1T1a1tino, quando venne rile,·aco dall'altra mezza compagnia a l comando del s. ten . ~runo DE GA,·.·\RD<> . Lelio BoRs.,RJ (vedi n . 13) dà una versione divers~ della occupazione di Tcnin . La riportiamo per larga pane: Quando la divisione 'Torino ' si avvicinava a l quadrivio di Siara Stra~a. «1rami1e un porla ordini il com.le della comp. di forma zione [Lelio BORSARI - n .d .a .J riceveva l'ordine dal T. Col. Rol.HTI di rilirare il repar10, proseg11ire l'avanzala ed occ11pare Knin. L'ordine venne i111111edia1a111en1e eseg11i10, e con le oppor/une misure di sicurezza la comp. di formazione 111arciavo s11 Knin. Con la visibililà an..coro buona a~1raversova il pon/e ancoro in1a110 sopra il viado/lo incassato a 1rincea nello roccia della ferro1 1io e a buio raggi11nge1•a il pon1e sal!a10 sul Krka [Cherca · n .d.a.] senza mai inco,11rore resistenza direi/a, 111afa11a seg no ad in1ervolli da raffiche di 111i1roglio1rici e fucileria dalle quo/e circostanti.

«Il po111e sospeso era s1010 sbo/za10 dai due piloni di sos1egno sulle rive oppos1e con l'accesso immerso nell'acqua e la parie opposio sollevala verso l'alro: ma con la s1rulfuro in ferro in'I0//0. «Nel buio, senza l'ausilio di due civili (probabilmente us1ascia) che con torce ele11rid1e illuminavano i due punii cri1ici del p on1e per poler a/fraversare il Krka, anche la comp. ,di formazione, pesonle per le mi1raglia1rici Fio/ 35 avrebbe dovuto allendere l'alba. Nonos1an'ie il fuoco alternato di fucileria indirizzalo sul pon1e e con molte_difficoltà le pun1e di sicurezza riuscirono o superarlo e cos1i1uirono una piccola 1es10. di pon1e ol1re il fiume a proiezione del reparlo che, uomo dopo uomo, armo dopo arma , con l'aiu10 recipròco fra i mi/ilari, riusciva a superare /'imprevis10 os1acolo ed occupava per prima e sola sulla mezzano11e de/. 14 aprile il cenrro di Knin [ . .. ]. «Il com.le della comp. di formazione raggiun10 dalla re1roguardia, venivo a conoscen~a che nessun al!ro repar10 lo seguivo, perciò era indispensabile premunirsi da evenwali cofllra11occhi di sorpresa non cessando dalle quo1e circos1an1i lo stillicidio del fuoco inlermillellfe di fucileria. Su richies1a veniva informalo, dai due civili lrovati sul ponte che avevano seguìio il report9, dell'ubicazione di una caserma; venivo indicala quella a nord de/l'abitalo. Veniva raggiu111a ed occupala, eliminando alcuni mi/ilari jugoslavi che por1icolarmen1e sul retro, fra piccoli edifici odibili o scuderie, continuavano a sparare. «L'edificio maggiore, pos10 su un 1errapieno, si presi ava alla difeso che venne subilo organizza1a. «All'alba si iniziava il ras1rellamen10 di sbandali, armi e munizioni, nei pressi della caserma, allargando la difesa sull'aliura dove sorgeva un'infermeria; si ponevano pos1i di blocco sulla rotabile dove ogni 101110 confluivano mi/ilari jugoslavi che si arrendevano meni re la.fuci-. leria dalle quo/e circostanti era completamen1e cessala. « Verso

mezzogiorno del 15 aprile lo comp. di formazione aveva la visi la del 1e11. col. com . le dello colonna d'allocco dal quale si apprendeva che ii B1g. bersaglieri 'Zara', solo nella 111011inata, avevo raggiun10 Knin dislocandosi nella casemo sud del cen1ro abùo10. men/re il comando presidio veniva sis1ema10 nel c-efllrO della ciflà>>. ROIA TTI,


L'Assedio di Zara e la conquista di Tenìn

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(454) U .S.-S.M.E. • Busta 588 - Comando Truppe Za ra - (Telegramma n. 1216 - MPA~PA - Da Comando Truppe Zara a Superescrcito - P.M . 141 - 14 aprile 1941). Vedi anche: Sibe KvESlé, (n. 343) riferendo sulle operazioni di Tenin, scrive: « Venendo a conoscenza del ritiro e dello sfacelo delle unità della divisione 'Jadranska ', le forze italiane, dislocate a Zara, varcarono il 12 la linea di confine nei pressi di Zemonico e mossero in direzione di Bencovac. Procedendo ulteriormente verso Knin una compagnia ciclisti italiani incappò il 13 aprile in un agguato, nei pressi del villaggio di ofestovo, promosso da un gruppo di soldati al comando del capitano 0BRADOVtC [Ante · n.d.a.J. I soldati appostati aprirono volontariamente il fuoco con armi automatiche, fucili, mitragliatori e mitragliatrici, contro gli italiani. Durante tale scontro furono uccisi e fe riti oltre un centinaio di soldati ira/ioni. Fu codesto l'unica resisten za opposta olle truppe italiane sul front e zaratino».

U.S. -S.M.E. - Bus1a 240 - Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero - P. M. 86, 12 maggio 194 1) • Prospcua, sollo altra angolazione. la resis1enza jugoslava sollo Tcnin: . «Il podestà [di Te nin - n.d.a.J doti. Niko NOVA KOvté [... ] partecipe morale dello resistenza che i cetnici, guidati dal di lui fratello V/oda, opposero la sera di Pasqua olla colonna di occupazione». Altualmentc, ne l 'Musco po polare della Rivo luzione', a Zara , sono espos te va rie fo1ografie dell' epoca, rela tive al comba1timento di Tenìn, nelle qua li si vedono sia i bersag lieri che i car ri in marcia verso l'obieuivo. Una didascalia dice: «Alcune unità italiane hanno continuato ad avanzare il 13 aprile. Verso le /3 hanno oltrepassato Chistagne. Verso le ore 16 nei pressi di oles/Qvo un gruppo di soldati jugoslavi del 45° reggimento di fanteria al comando del capitano Ante 0BRAD0Vté e contingenti a cavallo della medesima divisione, di propria ini1,iativa, in 1111 agguato, hanno a/toccato il ba/taglione italiano in bicicleua 'Dioz' ed in un'ora di combattimento sono caduti morti o feriti circa 180 italia,ii». Secondo la Relazione del gen . G1ouoL1 (vedi n. 210), nelle operazioni dal 27 mano al 14 aprile, le perdite delle 'Truppe Zara' furono: morti, 5 soldati; feriti, 27 di cui 8 ufficiali. In effeu i i caduti fu rono 6 in quanto, successiva mente al 14 apr ile dccedenc un ferit o. Le pe rdite defini tive sono state: 6 caduti , 26 feriti, Sollo Tenin, il 13 aprile caddero il sergente maggiore d'anighcna, -Carmine G 1ANFRCDA, ed il caporalmagg iore dei bersagli eri, Allilio LONGO. li 14 cadder9, ripiegando i campi mina ci dentro la cinta fonificata di Zara i genieri : Benede110 l3ARONI,, Ma11eo BERARD I, Vict orio MANDUCCHI, ed a Pogli zza - nord di Zara • il fante Geo BARTOI ETTI. (455) Da lle mo1ivazio ni delle rico mpense a l v.m. 'a lla mem oria' : al fame Geo BARTO I r,r . n. m .d.a.; ai genieri Bcnedeuo BARONI, caduto in località Osteria del Caccia1orc; Ma11eo B1::. RAR01, caduto in locali1à Smirich; Vittorio MANDUCCHI, caduto in località Fonti di Clicor In Gazzella Ufficiale del Regno d'Italia, n. 15 - 20 gennaio 1943 . (456) U.S. - S.M.E.. Busta 588 - Coma ndo Fronte a terra Zara - (Ordine di bauagl ione n. 2 · Oggetto: "Occupazione Isola di Melàda" • P.M. 141, 13 aprile 1941). Vedi, inohre, n. 387. Per l'ordin e d i ba11 ngl io111e e per la relazione sulla occ upazione delle isole, vedi a llegat i nn. 16 e 23 al presente capi tolo. (457) Vedi n. 387. Le operazioni delle 'Trup pe Zara' trovarono riscontro nella scampa it ali ana . Fra gli a ltri: li Giornale d'Italia - 18 aprile 1941 - Gino TOMAJUOLI - L'avanzata delle nostre Truppe di Zara - Le 2 gio rnate di baflaglio per la conquista di Knin .

Lo Tribuna - 19 aprile 1941 - Gia n Paolo CALLEGA RI - La bouoglia che ho spezzato il cerchio di ferro che soffocavo Zara.


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Dalmazia . Una cronaca per la storia (aprì/e-dicembre 1941)

Corriere Padano. 19 aprile 1941 · Luigi GRECI· La conquista di Knin e delle isole zaratine. Il Lavoro Fascista . 24 aprile 1941 · Carlo TIGOLI • Come furono occupate le isole del/G Dalmazia. Il Giornale d'Italia . 22 aprile 1941 . Gino TOMAJUOLI • La lunga marcia del presidio di Zara. (458) Vedi n. 124 . Vedi, inoltre, Relazioni Internazionali ( I.S.P .l. - Milano - 1941 - Pag. 530) e La Rivista Dalmatica - Fascicolo I • 2, 1980 (Roma) - Documenti inediti o poco noti

dell'aprile-maggio 1941 relativi alla Dalmazia· Di Oddone T ALPO. - Le centoquarantatrè firme, per città di origine, erano: da Arbe: C11RDONA Giuseppe; da A/missa: DuoAN Remigio; da Castelnuovo di Cattaro: COSTA Giovanni; da Cattaro: SIMORINII Isidoro, MANDEL Maurizio, M ENEGHELLI Elio; da Cittavecchia: SòGLIAN Giovanni, SELEM Stefano, F118IANI Luigi. da Cùrzola: V ERBANO Vittorio, TROIIINIS Vincenzo, SMERCHINICH Pietro, M11RINCOVICH Giuseppe, MARINCOVICH Tina, BENUSSI Alma, BENUSSI Guido, DAMIANI Giacomo, DE VECCHI Pietro, MAVER Giovanni, SMERCHINICH Leo, MARINCOVICH Pietro; da Dernis: TRAMONTANA Nicolò, URODII Mario; da Làgosta: R11ICEVICH Giovanni, CHERTIZZA Marco, STRÀZICICH Biagio; da Lèsina: BUCCH ICH Antonio, MARTINIS Doimo; da Ragusa: DI L EO Mauro, POVIA Gaetano, PERONE Antonio, DETONI Nino, DETONI Nunzio, DETONI Dante, SERRIIGLI Luigi, SERRAGLI Camillo, SERRAGLI Giovanni, we,ss Edmondo, ERLICH Antonio, DELL"0LIO Angelo, DELL"OLIO Mauro, D EtL·Ouo Pasquale, DELL'ÙLIO Andrea, ZAMOLA Alfredo, CAPPURSO Angelo, CAPPURSO Carlo, SIVILOTTI Alfredo, A LBR1z10 Almj, CAPPURSO Ernesto, Pov1A Francesco, PERONE Michele, SER· RAGLI Enrico, STORELLI Sergio, STORELLI Luca, SARACCA Orsato, SAGRESTANO Giovanni, SQUICIMARRO Giuseppe, TRIPALO Franco, ZACCAGNA Antonio; da Ragòsnizza: V LADOVICH Alessandro; da San Pietro della Brau.a: TOMMASEO PONZETTA Gianni, TOMMASEO PONZETTA Ruggero; da Spalato: TACCONI Mario, TACCONI Elena, TACfoN1 Maria, SAvoRiccardo: R1BOLI Enrico, MEOIN Gastone, CARAMAN Decimo, BLASOTTI Pietro, B9NAVIA Edoardo, BoNAVIA Elsa, BRAINOVICH Osvaldo, BUDRIO Mario, DALMAS Franco, D EGLI ALBERTI Gastone, DRAGAGNA Roberto, DI PEPE Alcide, FASOLO Vincenzo, FASOLO Guido, CARAMAN Maria, LANZETTA Dora, MARTINIS Decimo, MARTIN($ Ottavio, MEOIN Antonio, Po. DUJE Luca, POLLI Renzo, RIBOLI Bruno, SELEM Antonio, TOCILJ Erminio~ SAVO Giovanni, NOVACH L uigi, TOCILJ Germano; da Tenìn: ZANELLI Antonio; da Traù: CANZIA Osvaldo, NANI Umberto, NOVACH Giovacchino, DuoAN Giacomo, CARRARA Marino; da Zara: T OLIA Giuseppe, RANDI Oscar, de MEDICI Ugo, CALBIANI Edoardo, ZERAUSCHEK Antonio, CALUSSI Gianni, STORICH Emanuele, GRAZIO Ferdinando, de GRAFENSTEIN Roberto, dE GRAFENSTEIN Michele, VERBANO Sardo, VERBANO Vitto.r io Emanuele, MANDEL Vittorio, BRUNELLI Giovanni, MEDIN Bruno, BUSSI Ernesto, CRISTO Lia, KRAINER Roberto, LANA tino, MATTIA$ Antonio, MONASS Aldo, M ONASS Innocente, No. VACOVICH Leo, ÒGRISEK Michele, ORLICH Elio, SALGHETTI Giuseppe, V1DAS Piero, ZA. MOLA Narciso, ZAMOLA Leonardo, ZINK Antonio;

o,

da Zaravecchia: VUKASSINA Antonio, VUKASSINA Simeone.


L'Assedio di Zara e la conquista di Tenìn

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(459) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 125 - Fascicolo I - (Telegramma n. 3150/R - Firmato "Federale Athos 8ARTOLucc1" - Zara, Ì4 apri le 194 1). (460) Vedi n. 262. (461) U.S. - S.M.E. - Busta 588 - Comando Truppe Zara - (fonogra mma - A firma Ro1Ar n - ore 06 .50 - "Dalla zona di operazioni di Bencovazzo" - 15 aprile 1941). (462) U.S.-S.M.E. - Busta 588 - XXX Battaglione genio Zara - (Diario storico - P.M. 141, 15 aprile) .

Il ponte in ferro aveva una luce di 20 meiri e quello in legno di 16 metri. (463) Vedi n. 319. (464) Vedi n. 387 - Relazione occupazione isole dalmate.

L'isola Incoronata venne occupaia da un reparto di 30 marinai a l comando del s .ten .vasc. R,omualdo S1SSA . .L'isola di Pasman da una formaiionc di marinai e soldat i, comandata dal s.ten.vasc. Bruno BAROARANO. (465) '{.ed i n. 210.

La colonna era comandata dal_ten.col. di artiglieria Umberto FRANCESCONJ, comandante del gruppo 'Ederle'. Vedi, inoltre: U.S . - S.M.E. - Busta 588 - Comando Truppe Zara - (Telegramma n. 1221 - A Superesercito - Senza indicazione oraria - 15 aprile 1941). Vedi allegato n. 17 al presente capitolo. (466) U.S.-S.M.E. - Busca 588 - Comando Truppe Zara - (Diario storico - P.M. 141, 15 aprile 1941). Vedi a llegato n . 18 al presente capitolo. (467) U .S. -S.M.E. - Busta 588 - Comando Truppe Za r a - (Diario storico - Documento allega10 - Telegramma n. 5562 - Firmato g~n . RoArrA - Senza indicazione oraiii"a - P . M. 9. 15 aprile 1941). (468) Vedi n . 43 - Relazione agli atti dell'Ufficio Storico dello Stato Maggi_ore Esercito

- Pag. 73. (469) San Marco! - Quotidiano di Zara - 15 aprile 1941. (470) Vedi n. 200 - Bollettino di guerra n. 312 - Pag. 187. (471) U.S . -S.M .E. - Busca 239- Comando divisione auco trasponabile 'Torino' - (Dia rio

storico - 15 aprile 1941). (472) Ibidem - Vedi anche n. 343 - Sibe Kv1:;s1è - Pag. 67 e seg.:

«Cli italiani en1rarono in Traù il mattino del 15 aprile (. . .f. Lo stesso giorno, a/Ira verso le Castel/a e Salono, la colonna mo1orizzala enlrò a Spalalo. Al momenlo del suo ingresso il fiduciario uslascia, Anle LuETJè, emise un proclama in cui è del/o: 'Ciuadini di Spalato, attend iam o l' arrivo dell'amico esercito al leato. Nell'occas ione i c ittadini devono dimostrare calma esemplare, disciplina e dignità, e devono accogliere l'esercito al lca10 quale amico. Chi unque, anche con un sempl ice incidente , vìo li la calma e l'ord ine verrà processato sul posto dalle autorità competenti.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941) 'Si avvisano i cittadini di non interferire con malevoli spiegazioni e di avere in ogni caso fiducia nel nostro Capo Ante PAVEL!è e nei suoi fiduciari ustascia. 'Gli ustascia, la difesa e gli altri elemer.ti d'ordine rimangono ai loro posti e continuano ad assolvere il loro normale dovere _ Il fiduciario ustascia • Ante Lu1mè.

Le autorità ustascia eressero persino 11n arco di trionfo con tanto di 'Benvenuti' Stilla strada di Salono, presso il quale l'invasore venne accolto da un gruppo di ustascia con a capo Y. BER· KOVtC e dai rappresentanti del clero,. A. LUETtè ed il commissario di polizia S1MUN1é andarono incontro agli italiani fino al Castel San Giorgio. li partito [comunista - n.d.a.] aveva invitato il popolo a boicottare l'arrivo dell'esercito occupatore italiano. Il popolo aveva corrisposto all'invito. Mai le vie di Spalato apparvero fante deserle, come quel pomeriggio di aprile. Spalato attese l'ingresso dell'occupatore in maniera sorda, con le imposte delle finestre chiuse. A capo della coloima motorizzata, che verso le 5 del pomeriggio entrava in ciUà, a bordo di un'automobile contrassegnata con la croce uncinata si trovava il ministro ustascia per la Dalmazia, Edo BULAT, in compagnia di due ufficiali tedeschi.

li suo ingresso, al seguilo di µfficiali tedeschi, si riprometteva di calmare gli. animi degli ustascia, dato che in città si diceva apertamente che, con l'arrivo degli italiani, gli ustascia avrebbero dovuto abbandonare Spalato».

(473) San Marco! - Quotidiano di Za ra - In cronaca: La vibrante adunala del popolo zaratino - 16 aprile I 941. La Piazza dei Signori è stata il cuore di Zara. Racchiusa dal Palazzo del Comune, dalla Gran Guardia ( 1562) (sotto Venezia sede del 'Governatore alle armi'), dalla facciata della Biblioteca "Paravia" - attribuita a Gian Girolamo SAMMICHELI • nella storia della citlà era stata il centro delle manifestazioni irreden tistiche e delle adunate polit.iche. (474) Ibidem. (475) Ibidem - \ledi allegato n. 25 al presente capiwlo. (476) Ibidem - Vedi allegato n. 26 al presente capitolo.


DOCUMENTI ALLEGATI AL CAPITOLO I



L'Assedio di Zara e fu conq11is10 di Tenìn

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A LI

CGATO

N. I

COMAN DO DELLE TRU PPE DEL PRESIDIO DI ZARA

Ordine del Giorno N: 1

Ufficiali, sottufficiali, truppe delle F orze Armate del Presidio di Zara. La Pat ria affida al n ostro o nore la difesa di questo lembo di alta italianità in terra di Dalmazia. Le nostre armi ed i n ostri mezzi sono potenti, ma i nostri spiriti deb bono essere ancora più forti, più vibranti, più decisi . Zara sarà di fesa da n oi ad o ltranza, e; se sarà necessario, fino all'estremo sacrificio; sia q ues to bene impresso nel cuore e negli animi di tutti . Ricordia mo che la Patria guarda a noi, ha fid ucia in noi ; rendia mocene d egni. Ufficiali, souuficiali e truppe: Saluto al Re Imperato re : Viva il Re! Saluto al D uce

A Noi!

Zara, 6 aprile 1941 -XIX IL GENER ALE DI BR IGATA COMANDAt)J;TE

Emilio G IGUOLI ·


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Dalmazia - Una cronaca per fa storia (aprile-dicembre 194/J

ALL.EG,\TO

N. 2

COMANDO DELLE TRUPPE DEL PRESIDIO DI ZARA

Bando N: I Per delega del Duce, primo Maresciallo dell'Impero, Comandante delle truppe operanti su tutte le fronti, assumo da oggi i pie ni poteri civili e militari. Pertanto, per le facoltà concessemi dall'art. 15 del R.D. n. 1415 dell'8 luglio 1938-XVI , approvato con R.D. n. 566 del IO giugno 1940-XV II I, determino che il territorio di Zara e dintorni è zona di operazioni. In detto territorio, quindi, viene applicata la legge di guerra. Zara, dal Palazzo del Comando, 6 aprile I 941 -XIX . IL GENERALE DI BRIGATA C OMANOANTE

Emili o GIGLIOI.I


L'Assedio di Zuru e Ili conquista di Tenin

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Au t:t,,,10 N. 3 COMANDO DELLE TRUPPE DEL PRESIDIO DI ZARA

Bando N. 2 P er o rdine del Duce, ho assunto da oggi i pieni poteri militari e civili , della città di Zara e dintorni. Assicuro la popolazione che q uesto glorioso lembo di italianità in Dalmazia, sarà di feso ad o lt ranza. Esigo però, da part e di tutt i, massima disciplina, calma, spirito di sacrificio, assoluta osservanza delle disposizioni dare. Sono certo che tutt i gli Zaratini saranno a ll 'altezza delle loro gra ndi tradizioni. Ci aspettano giorni duri, ma sapremo superarli, se avremo fede nella Vittoria. Saluto al Re Imperatore: Viva il Re! Sal uto al Duce

A Noi!

Zara, li 6 aprile 1941-XIX IL GEN ERALE DI BRIGA TA CO~lANDJ\N I F

Emilio GIG LI OLI


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 194 l)

ALL EGATO,.

N. 4

IL PREFETTO DELLA PROVINCIA DI ZARA N. 499 Cab .

6 aprile 1941-XIX

Il Duce, Capo del Governo, Ministro dell'Interno, ha disposto che i ·"~ Prefetti delle Provincie dichiarate zone d'i operazioni rimangono in sede con il pieno esercizio dei loro poteri civili. Fiero di rimanere a capo di questa nobilissima Provincia anche nel solenne attuale momento storico, nel quale si stanno maturando i più grandi destini della Patria esprimo la certezza che tutte le Autorità continueranno a faci litare il mio compito con la loro valida ed efficace collaborazione . Viva l' Italia! Viva il Re Imperatore! Viva il Duce!

Il PREFETTO

ZATTERA


L'Assedio di Zara e la conquista di Tenìn

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ALLEGATO

N. 5

COMANDO DELLE T RUPPE DEL PRESIDIO Dl ZARA

Bando N. 3 In dipendenza. dello stato di guerra ed in virtù dei pieni poteri civili e militari conferitimi dal Duce: Ordino I. Sono vietate le riu nioni e gli assembramenti; le persone non possono circolare in numero maggiore di tre.

2. li coprifuoco va dalle ore 20 alle ore 7. Durante tali ore è vietato alla popolazione civile di circolare nel Territorio del Comune di Zara.

3. Gli esercizi di vendita al pubblico osserveranno l'orario dalle ore 8 alle 12 e dalle 16 alle 18. I locali di pubblico ritrovo, invece resteran no chiusi durante il coprifuoco. 4. In caso di allarme aereo e di bombardame nto debbono esser osservate tutte le norme a suo tempo emanate dall'aut o rità civile circa l' abbandono delle case ed il ricovero nei rifugi . Le persone che si trovano nelle strade dovra nno affluire nel ricovero più vicino. Si ricorda l'uso della maschera ant igas che po trà esser ritirata presso l'U .N.P.A. 5. Le norme re lative all'oscuramento debbono essere rigorosamente osservate: è fatto assoluto di vieto di far trapelare qualsiasi luce all'esterno. 1 trasgressori saranno punii.i a norma di legge; quelli di cui al n. 5 sono passibili di immediato arresto. La R. Questura, l'A rma dei Carabi nieri Reali e gli agenti della forza ·· pubblica sono tenut i a far osservare g li ordini suddeui. Zara, li 6 ap rile 194 1-XI X Il. GENERALE DI BRIGATA COMANDANTE

Emilio G IGLIOLI


108

Dalmazia - Una cronaca per la s1oria (aprile-dicembre /94/J

ALLEGATO

N. 6

FEDERAZIONE DEI FASCI DI COMBATTIMENTO DELLA DALMAZIA

Camicie Nere! La nostra ora è venuta! Tutto e lutti per la Vittoria! Viva il Duce! Zara, 6 aprile 1941-XIX IL DIRETTORIO FEDERALE

ALLEGATO

N. 7

COMUNE DI ZARA

Cittadini! L 'ora della nostra riscossa, da tanto tempo attesa, sta per scoccare. Agli ordini del Re Imperatore, sotto la guida del Duce, combatteremo e vinceremo . Zara sarà all'altezza del suo grande passato. Dal Palazzo di Città, il 6 aprile 1941-XIX IL PODESTÀ

SALGHETTI


L 'Assedio di Zara e lo conquisto di Tenin

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A LLEGATO

N. 8

U.N.P.A. - COMANDO PROVINCIALE DI ZARA

Tutti i cittadini di sesso maschile validi, non richiamati e non mobilitati civilmente, sono invitati a presentarsi presso questo Comando per arruolarsi volontari nelle squadre di lavoro è di primo intervento che sara nno mobilitate . La mobilitazione è già in atto; i mobilitati vengono retribuiti . Gli arruolamenti si effettuano presso la Società Ginnastica. Zara, 6 aprile 1941 -XI X IL COMMISSAR IO PREFETTIZIO

RUSTIA


l 10

Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

ALLEGA rn

N. 9

COMANDO DEL 'FRONTE A TERRA' Zara, lì 6 aprile 1941-XIX

Agli Ufficiali, Ai Sottufficiali, Ai fanti del Fronte a Terra. Da stamani siamo in guerra con la Jugoslavia. Guerra impostaci dalla necessità di stroncare gli intrighi di una nazione sabotatrice della marcia dell'Asse verso la Vittoria. Nostro compito è quello di sbarrare al nemico la via di Zara. La posizione difensiva, da Voi costruita in un anno di intenso lavoro, raddoppierà le nostre forze. Da essa nessuno darà un passo indietro. La fanteria sa che ad essa spettano i maggiori sacrifici ma anche sa che solo se essa avanza e resiste si conquista la Vittoria. A noi fanti il resistere dunque ad ogni costo, attaccati alle nostre belle e potenti armi, con cuore saldo, con rabbiosa tenacia, e nessuno passerà. Fanti, che vi accingete a sentire per la prima volta il sibilo della mitraglia e lo schianto delle granate, Vi saluto e Vi dico che solo dopo il battesimo di fuoco avrete il diritto di chiamarvi fanti della nuova Italia Imperiale Fascista. lo sarò con Voi, vj guarderò negli occhi e sono certo che mi confermerete la gioia che in questo momento provo di poter entrare in guerra con i miei bei quattro battaglioni, con Voi, Ufficiali, Sottufficiali, caporali e fanti che da più di un anno mi seguite con tanto amore e slancio. Giovani dei battaglioni "Diaz", "Cadorna", "Rismondo" e "Zara", serrate i ranghi e preparatevi a scrivere con l'azione la vostra storia. E sarà storia gloriosa perché resisteremo e vinceremo. Viva l'Italia! I L COLON NELLO COMANDANTE DEL FRONTE A TERR,\

Eugenio MORRA


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L'Assedio di Zara e la conquista di Tenln

ALLEGATO N. 10 COMANDO TRUPPt PRESIDIO ZARA UFFICI O STATO MAGGIORE N. 118,0 di prot.

P. M. 141/Z - li aprile 1941-XIX

Al Sig. Colonnello MORRA Eugenio Comandante del fronte a terra Al Sig. Ten. Colonnello NURRA Giovanni Comandante dell'Artiglieria Al Sig. Capitano LUBERTO Vincenzo Comandan ~e del XX X· Btg. genio Al Sig. Ten. Colonnello CARELLI Giuseppe Comandante Base Secondaria "Z" ·

Dovrà essere costituita per le ore I 7 .30 di oggi una colonna di attacco, così composta: Comandante: col. Morra Eugenio - Btg. Bersaglieri "Zara" , maggiore Pietro Testa - Btg. Fanteria di form azione (5 3

9 3 - 16 3 comp. fanteria - 107 3 cp. Camicie Nere), cap. Nardecchia Ernesto -

- cp. meccanizzata - I cp. artieri su due plotoni - 4 radio R U3 - J radio someggiabile per il Comando di colonna - I gruppo di aniglieria, al comando del maggiore Giovanni Arcozzi, costituito da: . I 1 I 3

btr. da 65/ 17 someggiata btr. da 75/27 autotrainata btr. da 100/ 17 autotrainata con al seguito una unafoc ambulanze. IL GENERALE DI BRIGAT A COMANDA NTE

Emilio GIGLIOLI


112

Dalmazia - Una cronaca per la s/oria (aprile-dicembre 194/)

ALLEGATO

N. 11

COMANDO TRUPPE PRESIDIO ZARA UFFICIO STATO MAGGIORE

Zara, I I aprile 1941-XIX • Ore 15.30

Al Sig. Al Sig. Al Sig. Al Sig. e, 'p.c.

Comandante Comandante Comandante Comandante

del Fronte a Terra dell'Artiglieria del XXX Btg. genio della Base "Z"

Al Sig. Comandame del Fronte a Mare

(I copia)

(I copia) (I copia) (I copia) (I copia}

RECAPITO A MANO

ORDINE DI OPERAZIONE N. 1 OGGETTO: Attacco di Nadin (Carta 1:50.000 - Serie JUZ).

1) Situazione del nemico, immediatamente intorno a Zara, quella nota. A cavallo della strada di: Zemonico Inferiore - Obrovazzo e Zemonico Inferiore - Benkovac esistono: a) trinceramenti a destra di Zemonìco Superiore e ad ovest di Biljane Inferiore; b) a ovest di Nadin, postazioni per armi automatiche e ostacoli anticarro. 2) Domattina, 12 corrente, alle ore 6, la colonna costituita, come da preavviso n.. 1180 odierno, al comando del colonnello Eugenio Morra, attaccherà le posizioni avversarie nella direzione: Zemonico Inferiore - Nadin - Benkovac. 3) L'azione della colonna, che è isolata, deve aver carattere di sorpresa e deve essere improntata alla massima decisione per raggiungere rapidamente gli obiettivi assegnati. 4) Obiettivo di attacco intermedio eventuale

Nadin Zemonico Inferiore Benkovac

5) L'artiglieria della difesa, alle ore 6, aprirà il fuoco : a) con i tre gruppi a difesa dei settori, su tutti gli obiettivi noti e sugli abitati di Kosino, Poljica, Murvizza, Smokovié, M. Croce, Bibbigne e sull'osservatorio del S. Michele (Ugliano); b) proteggerà l'avanzata della colonna, specialmente dalle offese sui fianchi.


L'A ssedio di Zara e lo conquisla di Tenìn

113

6) Posto di comando: sarò all'osservatorio di Piastre. 7) Mezzi di collegamento: quelli assegnati alla colonna. 8) Aeronautica: l'aviazio ne, dalle ore 6, svolgerà violenta azione di bombardamento su tutta la zona d i attacco. Indicativi per il collegamento con gli aerei: Comando colonna C.C.M. Comando Btg. Bers. C.B.Z . Comando Btg. Ftr. C.B.N. 9) Ora ufficiale : quella della radio. IO) Servizi: il ten.col. Giuseppe Carelli provveda per assicurare i rifornimenti e gli sgombr i della colo nna con il criterio:

a) Vettovagliamento: appena possibile farà a rrivare il rancio caldo nelle casse di cottura; provvedere per il rancio del giorno successivo; ,b) Idrico

far seguire la colonna da due autobptti piene e · con i mezzi per il travaso d'acqua;

c) Sanitario

sgombro feriti su Zara, a mezzo a utoambulanze e mezzi vuoti di ritorno;

d) Artiglieria

una unafoc autoportata per faoteria e artiglieria;

e) Genio

tenersi pronto per l'invio di materiale di rafforzamento e strumenti di .lavoro ;

f) CC.RR .

servizio di polizia a seguito della colonna e sgombro prigionieri su Zara.

Accusare ricevuta. I L GENERALE DI BRIGA T A COMANDANTE

Emilio G IGLIOLI


114

Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

ALLEGATO

N. 12

COMANDO TRUPPE PRESIDIO ZARA UFFICIO STATO MAGGIORE

N. I 182 di prot.-Segreto

P.M. 141/Z - li aprile 1941-XIX - Orè 20

Al Al Al Al Al AI Al Al Al e; p .c.

Comandante del Fronte a Terra Comandante del settore "Diaz" Comandante del settor·e "Cadorna'' Comandante del settore "Rismondo" Comandante dell'Artiglieria Comandante del XXX Btg. genio Comandante Gruppo CC.RR . Comandante della R.Marina Comandante III Gruppo M.A.C.

Al Comandante del Fronte a Mare

{I copia) (I copia) (I copia) (l copia) (I copia) (l copia) (I copia) (I copia) (1 copia) (I copia)

RECAPITATO A MANO A MEZZO MOTOCICLISTA

ORDINE DI OPERAZIONE N. 2 OGGETTO: Attacco di Nadin . Carta 1:50.000.

Domani, 12, alle ore 6, una colonna al comando del Colonnello ·Eugenio Morra attaccherà: Nadin. Direzione: Zemoni co-Nadin-Bencovaz. I) 1 seuori siano pronti a rintuzzare qualsiasi attacco, comando su sole cp. mitraglieri.

Non un metro cli terreno. deve essere perduto. 2) Il comando del settore ··Cadorna" provvederà a disimpegnare, per l'ora e con le modalità stabi lite dal comandante del fronce a terra, la 107" cp. mitraglieri M.V .S.N., ed a sos1i1uirla con elemen1i tratti dai depositi di seuore. 3) Per l'ora predeua , l'art iglieria della difesa aprirà il runco s u llHti gli obie1 1i, i noli cd inohre sugli obienivi di: Kosino, Poljica. Murvizza, Smoko,ié, !'v1. Croce, Bibbigne e s ugli obie11ivi che si ri velassero. 4) Il comando della R i\l arina. con il pontone èhe si ormeggerà a Molo Ba lbo e le bat1erie della M. ;\. C. apriranno il fuoc o s ugli abi t ati cli O l1 rcf..:ale. e s pecia lmcntc ' s ull'n ~scrva10rio cli S. Mid1c lc (Ug liano) e sugli obie11i,·i che vi si ri,-classcro · nell'isola.


L'Assedio di Zara e la conquista cji Tenìn

115

5) Il Comando gruppo CC. RR. disporrà per .l'ora predetta: a) che i posti di controllo dei CC.RR. svolgano, dal posto, azione intensa ed aggressiva contro· le vicine casermette dei gra nìciari; b) a collocare pattuglie, rinforzate da militari del reparto servizi del deposito, per sbar rare le strade provenienti dalla cinta; c) a prende re acè?rdi con la R . Questura per il mantenimento dell'ordine in città, e perché la popolazione, per le ore 5, sia già nei ricoveri antiaerei, avvertendo che si è in attesa di un probabile attacco aereo; d) a provvedere per l'eventuale concentramento di prigionieri e disertori . 6) I settori saranno alla mia diretta dipendenza. Egualmente la compagnia di formazione dei richiamati, che rimarrà nei pressi della Caserma Cadorna in attesa d'ordini. 7) Le segnalazioni mi saranno fatte al mio posto di comando, tramite centralino opera "Toti". 8) Ora ufficiale: quella della radio. 9) Dalle ore 5 in poi sarò all'osservatorio di Piastre. 10) Dalle ore 6, la nostra aviazione, svolgerà violenta azione di bombardamento su tutta la zona di attacco. Accusare ricevuta. IL GENERALE DI BRIGATA COMANDANTE

Emilio GIGLJOLI


116

Dalmazia· Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

ALLEGATO

N. 13

COMANDO TRUPPE PRESIDIO ZARA UFFICIO STATO MAGGIORE

N. JJ93 di prot.-Segreto

Zara, l 2 aprile 1941-XIX • Ore 22.45

Al Colonnello Eugenio MORRA

BENCOVAC

e, p.c. Al Comandante Artiglieria Al Comandante del XXX Btg. Genio Al Comandante della base "Z"

SEDE.

ORDINE DI OPERAZIONE N. 3 OGGETTO: Occupazione di Knin: Carta 1:75.000.

L'Eccellenza il ·capo di S.M. dell'Esercito mi comunica che, in seguito alla situazione determinatasi in Jugoslavia ed al crollo morale e materiale di quell'esercito, necessita che sia occupato, senza perder tempo, l'importante centro ferroviario di Knin. Dispongo pertanto: 1°) La colonna comandata dal colonnello Morra comm. Eugenio sarà composta: - dal btg. bersaglieri ciclisti "Zara" - da una compagnia autoportata - dal gruppo autotrainato del maggiore Arcozzi (batterie da 75/27 e 100/17 con una unafoc a seguito) - da un plotone autoportato del genio - con me ho portato la cp. meccanizzata dalle ore 12 del 12/4. 2°) Direzione: Bencovac - P.ti di Bribir - Djeverske - Kistanje - V.H. Stara Straza - Knin. 3°) Partenza alle ore 9 di domani 13 corrente. 4 °) A Bencovac resterà: il btg. di formazione comandato dal capitano dei bersaglieri Nardecchia Ernesto e la batteria 65/ I 7. La 16 2 cp. di questo battaglione (ten. De Nigris), dovrà occupare domattina 13 corrente, Zaravecchia. Requisirà automezzi sul posto.


L'Assedio di Zara e la conquista di Tenìn

117

5°) Le biciclette e motociclette dei bersaglieri saranno fatte affluire nella notte, a cura di questo comando. 6°) li comando della base "Z" provvederà per l'invio a seguito della colonna, di.una razione di c.a rne in conserva per una persona (1.200) rancio caldo-vino. Provvederà per l'invio del rancio a Bencovac e Zara vecchia. Accusare ricevuta. IL GENER A L E DI BRIGATA COMANDANTE

Emilio GIGLIOU


118

Dalmazia - Una ffOtwca per la storia (aprile-dicembre /94/)

ALLEGATO

N. 14 .

COMANDO TRUPPE PRESIDIO ZARA UFFIC IO STATO MAGGIORE

Carro I :75.000

P.M. 141/Z - 14 aprile 1941-XIX - Ore 10./5

Al Ten.col. Al Ten.col.

ROIATTI CARELLI

cav. Giuseppe cav. Giuseppe (lntend.)

ORDINE DI OPERAZIONE N. 4 Ferito gravem~nte colonnello Morra Eugenio, vi affido il comando d;ella colonna che deve occupare Knin. La situazione è l·a seguente: - avversaria: nuclei nemici con raffiche di fucileria e di mitragliatrici ostacolano il prosieguo della nostra avanzata sulla città; - nostra

una divisione autoportata (la '.Torino') è in marcia da Gospié ·su Knin; la 14a divisione tedesca è in marcia da Karlo vac su Knin.

La situazione della colonna è la seguente : - btg. bersaglieri "Zara" Of CUpa la quo ~a 356 a cavallo della strada per Knin. . ~ . . Con il btg. vi è la 9a cp., 2 batterie'.da 75/27 e da 100/ 17 al comando .

del maggiore Arcozzi (cornplcssivarnen.t e sei pezzi), la cp. meccanizza ta . con 8 carri in efficienza, I plotone gen io. Mando in rinforzo la cp . fucilieri di fo rmazione del tenente Borsari, che verrà autoportata, partendo dalla Beata V ergi ne.

È necessario che giunto sul posto: 1°) esaminate la sicuazione, riordinate rapida men te i repani; 2°) effettuate un migliore e più opportuno schieramento delle forze, ora arnmassace sulla strada; 3°) tenete opportunamente indietro i servi zi e la stazione radio, che deve collegarsi con me; 4°) agite, con energia, ma con ponderatezza, in modo da raggiungere il centro ferro viario di Knin, che necessita occupare prima dell'arrivo dei tedeschi;


L'Assedio di Zara e la conquista di Tenì11

5°) sgombrate con i mezzi vuoti di ritorno, feriti e prigionieri. Sono sicuro della vostra energia e della vostra capacità. Accusare ricevuta. IL GENERALE DI BRIGATA COMAN DANTE

Emilio GIGLIOLI

I 19


120

Dalmazia - Una cronaca per la s1oria {aprile-dicembre 1941)

ALLEGATO

N. 15

COMANDO TRUPPE PRESIDIO ZARA UFFICIO STATO MAGG IORE

Da Ponti di Bribir, 14 aprile 1941, ore 18. 10

Al ten.col. Giuseppe ROIATTJ Comandante di distaccamento q. 356.

ORDINE DI OPERAZIONE N. 5

Ho ricevuto vostro ore 16. Va bene . Domattina all'alba (15 corrente) attaccate con massima risolutezza. Risulterebbe anche da ricognizione aerea che Knin non è difesa fortemente, ma solo qualche piccolo nucleo facilmente superabile con forze a disposizione . .· · È necessario che assicuriate collegamento con r.t. con comando Zara. Appena possibile cercate di prendere collegamento r.t. con comando divisione 'Torino'. Sarei lieto che truppe di Zara, che tallto hanno fatto in questi giorni, entrassero per prime· e sole nell'abitato di' Knin. Occupate immediatamente stazione ferroviaria e disarmate militari e cittadini. I L GENERALE DI BRIGATA COMANDANTE

Emilio GIG LIOLI


121

L'Assedio di Zara e la conquista di Tenìn ALLEGATO

N. 16

COMANDO FRONTE A MARE N. 117 di prot.-Segreto

P.M. 141/Z - 13 aprile 1941-XIX

Alla I Compagnia Alla II .Compagnia SEDE

OGGETTO: Occupazione Isola Melàda.

1) Domani 14 corr. te truppe c\i Zara occuperanno l'isola di Melàda. 2) Alla spedizione prenderanno parte 60 uomini del fronte a mare con 4 mitragliatrici, al comando di due subalterni. n. 30 uomini, 2 mitragliatrici al comando del s . ten. Candela Costanzo saranno forniti dalla I Compagnia; n. 30 uomini e due mitragliatrici al comando del ten._ Camiltucci Camillo della II Compagnia. 3) La dotazione del munizìonamento sia per fucili che per tè mitragliatrici sarà una giornata di fuoco. Gli uomini saranno armati di bombe a mano (I unafoc). 4) Tutti gli uomini armati ed equipaggiati dovranno trovarsi nelia mattinata di domani alle 4 alla banchina del porto per l'imbarco. 5) L'aiutante maggiore in 2a è comandato cli passare in rivista gli uomini prima dell'imbarco per accertarne l'efficenza. JL MACìCi lO RE COMANDANTE

Andrea BADINI


122

Da/11w~ia - Una cro1111c// per la sioria (aprile-dicembre 1941 J

ALU(i'IIO

N. 17

COMANDO ARTIGLIERIA DI ZARA P. M. /4112, 14 aprile 1941-XIX

N. 456 di pro1.-.~egre10

Al Comando del Gruppo . CHIAR LE :!,

Al Comando del Gruppo

EDERL E

Al Comando del Gruppo

FADINI

SEDE OGGETTO: Occupazione della costa dalmata da Pacostane a Sebenico. Si costituisce una colonna della forza di 200 µomini così composta: - ufficiale comandante: Ten.Col. FRANCESCONI Umberto - ufficiali a disposizione: Tenente DE FRANCESCHI Vincenzo

S.Tenente VOLPOTTI Lamberto

S.Tenente CAVARGINI Bruno

S. Tenente CARIANI Paolino

S.Tenente PIAZZA Luigi

S.Tenente med. NAVA Oddone

- truppa: 2 a batteria

- 20 uomini;

- 30 uomini; 6" batteria 2• btr. da 65/1 7 - 30 uomini;

8" batteria

- 20 uomini;

4a batteria

- 30 uomini;

1 a bt;r. ' ,.. 65/17 - 30 uomini;

7a batteria 9" batteria

- 20 uomini; - 20 uomini.

Il suddetto personale dovrà trovarsi domattina in caserma alle ore 7 .30 armato, con tascapane, pastrano, una coperta arrotolata, una razione di pane ed una scatoletta per la giornata più una razione di viveri di riserva per una seconda giornata . . La colonna partirà alle ore 8 precise dalla caserma, autoportata su macchine fornite nella seguente misura: - base secondaria "Z" n. 3 - Gruppo "Ederle" n. I - autoreparto n. 7. Compito: occupare T ribunj, Vodice e presentarsi davanti a Sebenico. Ritirare le armi nel maggior numero possibile~ presidiare, se necessario, l'aeroporto di Tribunj. Traghettare una rappresentanza di ufficiali per porgere il saluto delle truppe di Zara alla divisione corazzata . Itinerario: S. Cassiano - Zaravecchia - Pacostane - Varos - Tribunj Voclìce - Scalo.


L'Assedio di Zara e la co11quis1a di Tenìn

]23

Domattina alle ore 7 l'Autoreparto dell'Artiglieria si portera presso la za batteria da 65/17 con gli automezzi su fficienti per trasportare in caserma .N. 60 uomini. J a e la

Gli altri reparti invieranno i componenti la colonna a piedi, in modo che giungano in caserma per le ore 7. 30. Velocità di marcia: 20 km. orari. Armamento : individuale, più 6 mitragliatrici dotate ciascuna di 600 colpi. Esse saranno fornite col relativo munizionamento dalla batteria del gruppo ''Ederle''. La colonna sarà appoggiata da un'unità della R.Marina. Il comandante della colonria ha a sua disposizione n. 8 piccioni viaggiatori da lanciare al suo arrivo nelle seguenti località: Varos - Tribunj - Scalo - di fronte a Sebenico. La colonna adempiuta la sua missione, rienrra a Zara anche nella stessa giornata. IL CO\IA NDANTE I N TER IN ALE

Ten.Co l. Giovanni NURRA


124

D0l11w~i(1 - U11 a cronaca per lo sioria {aprile-dicembre /94 I/

AL LE(;;\T()

N. 18

COMANDO DELLE TRUPPE DEL PRESIDIO DI ZARA

ORDINE DEL GIORNO N . 2 Ufficiali, sollufficiali, truppe, delle Forze Armate del Presidio di Zara. In queste giornate storiche, non solo avete completamente assicurata la difesa di Zara, fiaccola di italianità in Dalmazia, ma con impeto travolgente avete portato il tricolore a Nona, ad Obrovazzo, a Bencovazzo, a Zara vecchia, a Scardona, Knin e in tutte le isole zaratine. Io, vostro comandante, vi dico che sono fiero di voi e che vi ringrazio per tutto quello che avete · fatto . Presentiamo le armi ai nostri Caduti, inviamo un fervido augurio ai nostri feriti, tra cui, primo di tutti, l'eroico colonnello Eugenio Morra, e avanti, sempre avanti, per quelle mete che verranno indicate. Viva l'Italia! Saluto al Re Imperatore: Viva il Re! Salutò al Duce: A Noi ! Zara, 15 aprile 1941-XIX IL GEN ER ALE DI BRIGATA COMANDANTE

Emilio GIGLIOLI


125

L'Assedio di Zara e. /a conquista di Tenin

ALLEGATO

N. 19

STATO MAGGIORE REGIO ESERCITO DIREZIONE SUPERIORE TRASPORTI

iv. 20348/M

P.M. 9, 6 aprile 1941-XIX A

Supermarina

OGGETTO: Sgombero popolazione civile di Zara.

I. Lo Stato Maggiore della Difesa Territoriale ha informato, via breve, che il piroscafo Galilea, inviato a Làgosta per lo sgombero della popolazione civile, è rientrato in Madrepatria con a bordo circa ·l80 individui. Sono rimasti quindi in dètta località circa 1800 abitanti da sgomberare. 2. Lo stesso Stato Maggiore, ha pure comunicato che alla data di ieri sarebbero rimasti a Zara ancora 10.000 sfollandi circa. 3. Tenuto conto delle dis.pcisizioni in atto circa il traffico marittimo in Adriatico e della situazione contingente, si prega compiacersi comunicare se e quando si ritenga possibile completare Lo sgombero della popolazione di Zara e di Làgosta ed in caso affe rmativo quali disposizioni verrebbero date per gli ulteriori incombenti di competenz~ di questo Stato Magg iore. IL SOT J'OCAPO D I ST ATO MAGCìlORE

ROSSI


Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

126

A L LEGA rn

N. 20

SUPERMARINA IO aprile 1941-XIX

Pro/. 006760

Allo S.M. R. Esercito - Trasporti Allo .....

O GGEITO: Sgombero popolazioni civili Zara e Làgosta.

Riferimento Vostro Foglio n. 20348/M del 6 aprile. I. Dal momento in cui furono emanate le disposizioni per lo sgombero della popolazione civile da Zara (31 marzo) sono stati effettuati con i seguenti piroscafi e motonavi i seguenti viaggi:

Marcello

e il giorno 3

partito da Zara il giorno

aprile

Mocenigo

))

»

»

»

»

2 » »

Rosandra

»

»

))

))

»

3

Stamira

))

»

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»

»

2 e

Loredan

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»

»

3

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Eridania Lauretta

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»

))

4 e il giorno 5

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5

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Abbazia

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))

))

2 e il giorno 6

))

Lido

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))

))

))

6

»

3

» »1 .

giorni 4 e 5

))

·»

Questi due u ltimi piroscafi s.ono par titi tre ore prima dell'apertura delle ostilità. 2. Da Làgosta, non appena il giorno 4 il Corpo d ' Armata di Bari ha comunicato di avere avuto l'ordine di sgomberare la popolazione civile clalt'isola, (u inf<;>rmato subito quel Comando che l'indomani all'alba sarebbe giunto apposito piroscafo, i I Galilea. Il Galilea giunse a Làgosta alle ore 09.00 del 5. Marina Làgosta informava di abbandonare l'isola onde evitare even tuale rappresaglia . In v·ista della imminente ostilità (u dato l'ordine d i far partire, <.:omunque 'i l Galilea improrogabilmente la sera del 5 alle 21.00; <.:ome in effe11i avvenne .


L'Assedio di Zara e la conquista di Tenìn

127

3. Per il momento, date le caratteristiche di minabilità delle zone, non è possibile riprendere le operazioni di sgombero, a pane il fatto che esse darebbero luogo ad una operazione militare troppo complessa. Sarà tenuta presente tale esigenza quando lo sviluppo delle operazioni faccia apparire possibile l'attuazione. I L CAPO DI STATO MAGGIORE


128

Dalmazia - Una cronaca per lo storia (aprile-dicembre /94/) ALLEGATO

N. 21

STATO MAGGIORE REGIO ESERCITO UFFICIO OPERAZIONI - SEZ. 3'

Data: 12 aprile 1941-XIX · Ore 23.45

Da SUPERESERCITO allo STAMAGE

Si trasmette il seguente fonogramma pervenuto da 2• Armata germanica, ore 10 del 12 aprile 1941-XIX: "Primo gruppo corazzato est 45 Km. a sud di Belgrado .alt 46° C.A. corazzato est Mitrovica deve procedere con parte delle forze su forze sud Belgrado con parte su Valjevo con parte su Zvomik alt Forze della sedicesima divisione da Osjiek puntano su Brod et Doboj alt Quattordicesima divisione corazzata sta raggiungendo col grosso Karlovac et ha lanciato elementi su Knin, Kljuc, Banjaluka alt Grosso Armata avanza su Prozor, Sa- . rajevo, Zvornik alt Sembra che il nemico tenti raccogliersi nella zona a sudest di Knin-Banjaluka alt Lungo zona costiera forze nemiche sono valutate in quattro brigate e sembra vogliano spostarsi a sud linea suddetta opponendo successive resistenze alt Una stazione radio inglese funziona a Cattaro alt Comando questa Armata est del parere che una pronta occupazione da parte italiana dei principali centri costieri (Sebenico-Spalato-Ragusa .ecc.) avrebbe per risultato di allontanare il nemico dal mare e di impedire che esso possa eventualmente tentare di imbarcarsi con l'aiuto inglese alt Nessuna attività aviazione et nessuna reazione controaerea alt." Ten.Col. MAGLIARI


l'Assedio di Zara e lo conquista di Tenìn

129

ALLEGATO

N. 22

COMANDO TRUPPE PRESIDIO ZARA UFFICIO STATO MAGGIORE

N. 1268 di prot.

Zara, 18 aprile 1941-XIX

Allo Stato Maggiore - Regio Esercito Ufficio Operazioni POSTA MILITARE 9

OGGEn·o: Relazione sullo svolgimento delle operazioni delle tru ppe di Zara d al 27 marzo al 14 ap rile 1941-XIX. Lo Stato Maggiore Regio Esercito, con telegramma 11. 4000 in data 27 marzo e.a. ordinava la occupazione della cinta difensiva a scopo preventivo . Tale operazione è stata agevolata dal fatto che quasi tutte le truppe di fanteria e buona parte dell'artiglieria si trovavano dislocate nella zona di schieramento. Non si è d ovuto, qùindi, fare altro che perfezionare lo schie.ramento del le truppe facendovi affluire quei repa rti e quelle batterie che erano ancora in città. Si è dato subito mano alla posa in opera di tutto il complesso della guerra di arresto ed agli sbarramenti stradali . Lavoro che è statò compiuto con molta alacrità e alto spirito di sacrificio da parte dei reparti del genio , tanto che, rapidamente, la cinta difensiva era in piena efficienza e tutto pronto per rintuzzare qualsiasi attacco nemico. I giorni intercorsi fra il 27 marzo ed il 5 aprile sono stati dedicati alla definizione di tutti quei problemi che potevano , comunque, interessare la perfetta e fficien za della cinta difensiva (sgombro della popolazione rurale . organizzazione dei servizi. chiamata alle armi dei militari appartenenti alle classi di pronto impiego, ecc.). Nella notte sul 6 aprile, lo S.M .R.E., con s uo telegramma n . 71 1 [recte: 4711 J, avvertiva che le ostilità avevano inizio alle ore 6 del giorno 6 aprile. Durante la noue sono state date a voce, a i comandanti di corpo e di reparto, le disposizioni d i dettaglio e venne loro comunicato, che era intendimento dello S.M.R.E .. che tulle le truppe di Zara fossero pront e a resi stere ad o ltranza, senza contare su a lc un rinforzo.


130

Dalmazia - Una cronaca per fa storia (apri/e-dicembre /94/)

Ufficiali e truppe, moralmente preparati , accolsero coµ entusiasmo e con fierezza questo compito di fiducia, affidato dalla Patria al Presidio di Zara. Per disposizione dello S.M.R.E. (foglio n. 4509 in data 3 apri le e.a.), ho assunto, poi, i pieni poteri civili e militari. '

Alle ore 6, inizio delle ostilità, nessuna manifestazione bellica è stata effettuata dalle truppe jugoslave, che fronteggiavano la cinta difensiva. Da parte delle truppe di Zara, veniva esercitata la massima vigilanza e tutti erano pronti ai loro posti. La giornata del 6 aprile è passata senza alcun incidente; lo stesso dicasi p~r il mattino del 7 aprile. Alle ore 17 del 7 aprile, lo S.M ..R.E., avvertiva che, da informazioni avute, risultava che le truppe jugoslave, forti di 18.000 uomini, risultavano così dislocate: - una colonna a Smilcié - una colonna a Benkovac - una colonna (la più forte) a S. Cassiano, appoggiata da carri armati. Tale notizia veniva confermata da un disertore. Nello stesso pomeriggio erano segnalati spostamenti in avanti, cioè verso Zara, di artiglierie di medio e piccolo calibro. Tutto ciò faceva prevedere un atta~:c o nemico. Le truppe di Zara, alle quali erano state fornite tali informazioni, attendevano tranquillamente e fiduciose nelle proprie forze, l'attacco imminente. · Quale reazione immediata, è stato éhiesto allo S.M.R.E. l'intervento di aerei da bombardamento per battere dette colonne. Il mattino dell'8 aprile, nostri aerei hanno, difatti, bombardato vari obiettivi militari . Qualche reazione locale di artiglieria da parte dell'avversario. Alle 14.45 due caccia nemici hanno mitragliato a bassa quota il porto di Zara. Il giorno 9, i nostri bombardieri hanno ancora una volta effettuato azioni su vari obietti.vi. Da parte avversaria, nella stessa giornata vi sono state tre reazioni con lancio di oltre 40 bombe, qu·asi tutte su obiettivi militari (difatti, furono presi di mira: il comando d ifesa, le caserme, i depositi). Una bomba è andata a cadere sul deposito munizioni in Val di Bora, incendiandolo e causando la distruzione di tutti i proiettili ivi accantonati (il deposito però era stato in gran parte sgomberato per decentramento delle munizioni alle batterie ed ai gruppi).


L'Assedio di Zara e la conquista di Tenin

13 1

Il bombardamento non ha causato alcuna vittima fra i militari, ad eccezione di qualche ferito lieve.

Il giorno lO ha continuato l'azione di bombardamento dei nostri aerei .s ugli obiettivi in precedenza segnalati, ma non vi è stata alcuna reazione aerea da parte dell'avversario, e ciò si deve probabilmente attribuire al bombardamento effettuato dai nostri aerei sugli idroscali di Tribunj (Trebocconi) e Vodice. Il giorno 11 aprile, verso le 9, il Sottocapo di S.M. dell'Esercito mi telefonava che era intendimento dell'Eccellenza il Sotto Segretario di Stato, che le truppe di Zara attaccassero Benkovac. Esaminato il problema, e tenuto presente che la situazione nostra ed avversaria non era modificata affatto, nÊ influenzata dai recenti avvenimenti, prendevo le seguenti decisioni che, alle ore I0.15, comunicavo al Sottocapo di S.M . Costituzione di una colonna d'attacco, al comando del Colonnello Eugenio Morra, comandante del fronte a terra di Zar a e composta da: - bgt. bersaglieri "Zara" - bgt. di formazione 3 cp. fucilieri . I cp . mtr. CC.NN. - cp. meccanizzata - l cp. su 2 plotoni artieri - collegame!'lti radio - un gruppo di artiglieria compost o da: - 1 btr. da 65/17 someggiata - 1 btr. da 75/27 autotrainata 1 btr. da 100/1 7 autotrainata con una unafoc a seguito; una unafoc per alimentazione - 2 razioni viveri di riserva - 3 ambulanze. Alle ore 11 , il Sottocapo di S.M. mi comunicava che l'Eccellenza Guzzoni aveva approvato la costituzione della colonna. L'attacco era fissatto per il mattino del 12 corrente alle ore 6.00. Chiedevo che nel pom.eriggio del giorno 11 , la nostra aviazione lanciasse manifestini cli propaganda sulle posizioni nem iche e che la mattina del 12 battesse intensamente la zona di attacco (specialmente M. Croce - S. Cassiano - Bibb igne - Nad in - SmilciÊ - Benkovac). Alle ore 13 veniva trasmesso al colonnello Morra e ai co rpi e repa rti int eressa ti , il preavviso della costituzione della colonna d'attacco.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicenibre /941)

Alle ore 15.30 dello stesso giorno. 9 [recte: I I}, diramavo l'ordine di operazioni N. I, col quale ordinavo che l'azione della colonna dovesse avere carattere di sorpresa e che dovesse essere improntata alla massima decisione per raggiungere rapidamente gli obiettiyi assegnati: obiettivo d'attac'co Nadin - obiettivo intermedio : Zemonico Inferiore Benkovac. obiettivo eventuale All'artiglieria avevo dato ordine che alle ore 6 aprisse il fuoco, prima su tutti gli obiettivi noti, e dopo proteggesse l'avanzata della colonna specialmente dalle offese sui fianchi. Alle ore 17.30 la colonna era attestata nei dintorni del caposaldo di Copragno, pronta per muovere all'ora prescritta. Alle ore 22.00, sempre dell' 11 aprile, emariavo l'ordine di operazione N. 2, col quale perfezionavo quanto aveva formato oggetto dell'ordine di operazione N. I, e davo disposizioni di dettaglio. Alle ore 6.00 del giorno 12 aprile, giusta gli ordini dati, l'artiglieria, con violento fuoco, colpiva gli obiettivi noti. Alla stessa ora, la colonna muoveva all'attacco di Zerrionico Inferiore - Nadin. Un campo minato, nelle immediate vicinanze di Zemonico Infedore, produceva le prime perdite (due ufficiali e vari uomini di truppa feriti). La colonna devìavà e alle ore 9.00 occupava Zemonico Inferiore e procedeva oltre·. Intanto, ordinavo che, sfruttando i tiri dell 'ar~iglieri~, tutti gli elementi di manovra dei tre settori difensivi: "Diaz" - "Càdorna" - "Rismondo" , si portassero avanti, per allargare la occupazione. Alle ore 12.00 del detto giorno 12, risultavano già occupati, dopo superate resistenze: Diclo - Cosino - Polica - Murvizza - Opacié - Smokovié - Zemonico - M . Croce -. Bibbigne. Formavo poi una colonna mista che procedeva all'occupazione dell 'isola di Ugliano,. su cui .er_ano state issate bandiere bianche. Intanto, la colonna Morra procedeva decisamente verso Benkovac, che veniva raggiunta alle ore 14.00. La colonna si era così portata a 36 Km. oltre Zara. La colonna, occupata Benkovac, sostava con le misure di sicurezza e, subito procedeva al rastrellamento di numerosi ufficiali e soldati jugoslavi, i quali avevano tentato di o pporre una prima resistenza, che veniva stron. cata (numero dei prigionieri: 70 ufficiali e oltre 500 uomini di· truppa).


L'Assedio di Zura e la co11q11is1u di Te11ĂŹ11

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Nel pomeriggio dello stesso giorno venivano pure occupate: San Cassiano - Polesnik - Nona. Alle ore 20.00 il Sottocapo di S.M. dello S.M.R .E. mi comunicava che, in seguito alla situazione determinatasi in Jugoslavia ed al crollo morale e materiale di quell'esercito, era necessario occupare, senza perdere tempo, l'importante centro ferroviario di Knin. In conseguenza, emanavo l'ordine di operazione N. 3 e disponevo che la colonna, meno il battaglione di formazione ed una batteria che restava di presidio a Benkovac, al comando del colonnello Eu~enio Morra dovesse, alle ore 9.00 del giorno 13, muovere da Benkovac per ĂŒ<nin. Ordinavo, inoltre, che una compagnia del battaglione di formazione, la stessa mattina d~I 13 aprile, occupasse Zaravecchia. Alle ore 9 del giorno 13 aprile la colonna muoveva da Benkovac per l'itinerario prescritto. Alle ore 12.15 dello stesso giorno, il colonnello Morra, con la cp. meccanizzata, una compagnia fucilieri autotrasportata e il gruppo di artiglieria autotrainata, sosta a Rudele (4 km oltre Kistanje - carta 1:50.000), ove veniva da me raggiunto. Il btg. bersaglieri "Zara", data la giornata calda ed il dislivello che doveva superare, era ancora in marcia peJ raggiungere la predetta localitĂ di Rudele. In conseguenza di tale ritardo, e considerato che occorreva giungere al piĂš presto e prima di notte sull'obiettivo assegnato (Knin), davo ordine al colonnello Morra di spingere avanti la cp. meccanizzata, seguita dalla cp. autoportata. li gruppo sostava in posto, per eventuale appoggio. Alle ore 18, giungevo, con mio comando, a quota 356 di Ocestovo (carta 1:50.000), dove si trovava la testa della colonna. Subito dopo eravamo fatti segno ad un violento fuoco di artiglieria e di mitragliatrici proveniente da una collina vicina. . Davo ordine immediato al colonnello Morra di spingersi avanti con i carri armati, per superare le resistenze e raggiungere il nodo ferroviario di Knin (stazione di Stara Strafa). Intanto sopraggiungeva il battaglione bersaglieri. In quel frattempo, il colonnello Morra restava gravemente ferito. Alle ore I 9.00 la colonna era sottoposta a violento bombardamento aereo avversario.


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Dalmazia - Una cronaca per la scoria (aprile-dicembre 1941)

Sopraggiunta la notte, e continuando la ..resistenza avversaria, la co- . lonna, al comando del comandante del btg. bersaglieri, sostava nelle immedia_te vicinanze dell'abitato di Knin, ove veniva fatta segno, alle. ore. 4.00 e 5.00 del mattino del 14, ad un attacco avversario, che veniva respinto, prendendo numerosi prigionieri. Il matti!'lo del 14 rafforzavo la colonna con pochi elementi disponibili relativamente freschi, e disponevo che mantenendosi a stretto contatto con l'avversario, cercasse di vincere l'ulteriore resistenza. Alle ore 18, la colonna univasi all'avanguardia della divisione "Torino" ed entrava nell'abitato di Knin. Sùbito la divisione "Torino" proseguiva su Sebenico·ed il presidio di Knin veniva assunto dalla colonna delle truppe di Zara. Intanto, durante le giornate del 13 e del 14 continuavano le operazioni di occupazione e di rastrellamento; venivano occupate Zaravecchia e Pacostane - Obrovazzo - Novegradi e le isole di Puntadura - Eso - Raviane - Sestrugno - Pasman - Melàda - Isola Lunga o Grossa e gli aeroporti di Tribunj e Vodice (Sebenico). Durante le giornate, sia di difesa, sia specialmente in quelle di attacco, lo slancio, l'entusiasmo, la resistenza fisica degli ufficiali, sottufficiali e \ruppe del presidio, è stata assolutamente ammirevole. Stretti da mesi nel limitatissimo territorio di Zara, l~ guarnigione non anelava altro che di allargare gli iniqui confini; si può comprendere quindi, con quale entusiasmo è stato accolto l'ordine di avanzare. Tutti avrebbero desiderato di far parte della colonna di occupazione ed è certo che, se avessi avuto maggior numero di automezzi disponibili, invece che il limitatissimo della guarnigione, avrei potuto procedere ancora ad altre occupazioni. P_e rdite avute: - morti: ufficiali n. truppa n. 5

feriti: ufficiali n. 8 truppa n. 19

Prigionieri presi: n. 70 ufficiaÌi e 2 l 59 sottufficiali e lruppa. Il materiale da guerra sinora raccolto, o fermato nei depositi, è ingentissimo, e si sta riunendo e classificando. IL GENERALE DI BRIGATA COMANDANTE

Emilio G IG LIOLI


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L'Assedio di Zara e la conquista di Tenìn

ALLEGATO

N. 23

COMANDO TRUPPE PRESIDIO ZARA

Relazione sulla occupazione delle isole dalmate da parte delle Truppe di Zara. Difesa del fronte a mare In occasione delle ostilità con la Jugoslavia, il Comando Marina, pur non avendo ingerenza diretta nella difesa del fronte a mare; affidata a due compagnie mitraglieri al comando del maggiore di fanteria di complemento BADINI Andrea, ha stabilito con quest'ultimo rapporti improntati a cameratesco spirito di collaborazione, onde il Comando del fronte a mare po-· tesse contare, in caso di attacco dal mare, sul pronto rinforzo di tutti i mezzi della R. Marina e di t1.Hi.o il personale fino all'ultimo marinaio. Poiché la difesa del fronte a mare aveva una zona debole, nella Riva Vittorio Emauele III, il comando Marina, riunendo tutti i mai;inai non indispensabili negli altri servizi, ed aggregandovi i disponibili della Capitaneria di porto e l'intero distaccamento della Milizia Portuale, formò .una compagnia di circa 100 uomini al comando di un ufficiale; compagnia che fu tenuta pronta in qualunque momento ad 'intervenire per opporsi ad eventuali tentativi di sbarco, e che provvide anche al servizio continuo di pattuglia lungo la riva suddetta e le banchine del porto. Inoltre, mentre la R. Marina provvedeva al suo servizio degli avv'istamenti in mare con i posti semaforici di Puntamica e di Borgo Erizzo , il Comando fronte a mare ~veva la sua sede in un posto intermedio; si manifestò subito la convenienza di stabilire un collegamento più stretto ed immediato agli effetti degli avvistamenti e riconoscimenti in mare in modo che questi fos:sero eseguiti da perso,nale competente anche dal posto di comando fronte a mare. Il Comando Marina provvide per ciò ad inviare a detto posto un sottufficiale con tre marinai, della cui assistenza il comandante della fronte a mare ebbe a dichiararsi soddi.sfattq.

Occupazione delle isole · Alle 7 .35 del 12 aprile, avutà da Zara comunicazione che da Oltre era giunta una barca per chiedere la cessazione del bombardamento e l'invio di nostri reparti sull'isola, il Comando truppe dispose· la sospensione del fuoco (ché aveva avuto inizio alle 6 dello stesso giorno 12) da parte delle


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

batterie e del pontone G.M. 240, e la formazione di una compagnia mista (carabinieri - marinai- fanti - M. V .S.N.) al comando del tenente di vascello Rispoli Pompeo con l'ordine di imbarcare su due motopescherecci requisiti dalla Regia Marina e sbarcare ad Oltre previa constatazione di non resistenza. Allo scopo il predetto Comando dispone. che all'atto in cui la spedizione esce dal porto il pontone .G.M. 240 riapre il fuoco sul San Michele, e nel caso che da Oltre venga fatto fuoco sulla spedizione, questa si ritiri ed il pontone e batterie aprano il fuoco sugli abitati. Alle 10.45 la compagnia, di cui fanno parte 30 marinai, imbarcata sui motopescherecci e scortata dal dragamine R.D. 44 esce dal porto e si reca ad Oltre dove sbarca senza incontrare resistenza; pertanto alle 12.06 il pontone G.M. 240 cessa il fuoco. Nel pomeriggio il Comando Truppe dà incarico al Coinando Marina di disporre l'occupazione delle isole, autorizzando a richiedere quei contingenti di truppa eventualmente necessari ove il numero di marinai disponibili non sia sufficiente. II pomeriggio del 13 un distaccamento di 25 marinai al comando del sottotenente di vascello Sissa [Romualdo] occupa l'isola di Sestrugno, sbarca alle l.8.50 e giunge alle 20 al paese che. si trova sulla sommità dell'isola. La popolazione "Si mantiene calma senza manifestazioni - la bandiera nazionale viene issata presso una delle case con gli onori di rito. Il s.ten. di vascello Sissa prosegue nella giornata del 14, con una parte del distaccamento, per l'isola di Eso, ove giunge alle 11.13 e dove le autorità cilladine si mettono senz'altro a sua disposizione - viene alzata la bandiera nazionale con gli onori di rito ed invitata la popolazione a consegnare le armi ed attenersi agli ordini delle autorità italiane. Lasciata sul posto una squadra di 15 marinai il s.ten. di vascello Sissa ritorna sull'°isola di Sestrugno disponendo anche per la sorveglianza della vicina isola di. Rivani [recte: Raviane] dove non vi sono che una cinquantina di contadini sparsi e che dipende amministrativamente da Sestrugno. Per l'occupazione delle isole di Me'Iàda e Grossa il Comando Marina forma una mezza compagnia con 55 marinai e 60 fanti della I compagnia mitraglieri del fronte a mare, al comando del s.ten. di v~scello Vincenzo Galvani con due ufficiali del fronte a mare. La mezza compagnia si reca a Melàda il mattino del 14 aprile con due motopescherecci requisiti scortati ·dal R .D. 44 giungendovi alle ore 9.45. Lo sbarco avviene senza riscontrare resistenze: 6 gendarmi consegnano le armi, e un tenente serbo viene fatto prigioniero.


L'Assedio di Zara e la conquista di Tenìn

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L'isola viene rastrellata nella giornata. Il fortino di Monte Bonastra [recte: Punta BanastraJ viene trovato vuoto, con parecchio materiale distrutto. Viene alzata la bandiera sul fortino. Nel pomeriggio il s. ten. di vascello Galvani sbarca a Bosavia (recte: Bofava] sull'isola Grossa, dove le guardie di finanza consegnano le armi; una squadra viene inviata a Saline e a Punte Bianche, lasciandovi piccoli gruppi a presidio. Alle 16h viene occupata Sale con analoghe formalità. Il mattino del 15 viene completata l'occupazione dell'isola Grossa giungendo sul posto di vedetta di Grpastak [recte:GrpaséakJ (Monte Groppa) che viene trovato senza gente, ma con armi e munizioni, e materiale danneggiato. Per l'occupazione dell'isola Incoronata il Comando Marina invia il . s.ten. di vascello Sissa con 50 marinai il mattino del 15 aprile. L'isola è priva di abitanti veri e propri, e non vi sono che contadini e pescatori sparsi, l'occupazione avviene senza nessuna resistenza. L'isola di Pasman è occupata lo stesso giorno dal s.Ten. Barbara~o, coadiuvato da una squadra delle truppe di occupazione di Zaravecchia. Inoltre la Regia Marina ha provveduto nella prima settimana di occupazione a mantenere il collegamento tra Oltre e Zara a mezzo di un motopeschereccio requisito munito di r.tf. e dislocato ad Oltre; ha provveduto col suo personale a riattivare il collegamento telegrafico fra gli abitati di Oltre-Ugliano-Kuklizza. ed il Castello di S. Michele e con l'isola di Melàda. Con la data del 16 aprile ha avuto inizio il presidiamento delle isole con le due compagnie del fronte a terra, sostituendo i marinai distaccati che potevano far ritorno in sede.


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Dalmazia · Una cronaca per la storia (apri/e-dicembre 1941)

ALLEGATO

N. 24

COMANDO FEDERALE DELLA . DALMAZIA Al Comando Generale della G.J.L. ROMA

Eccellenza! È con il sentimento del più schietto orgoglio che questo Comando Federale della G.l.L. si compiace di portare a Vostra conoscenza qualche breve cenno sul travaglio vissuto dalla nostra città e sull'energia [recte: energi. ca) e coraggiosa attività svolta dai nostri organizzati durante l'epica lotta, che ha portato alla redenzione di questa nostra Terra tanto martoriata.

Con la dichiarazione di guerra alla Jugoslavia questo Comando Federale è venuto a trovarsi, per forza maggiore, nella situazione di dover sospendere quasi tutte le sue attività locali a carattere continuativo come pure quelle riguardanti l'addestramento degli organizzati per la partecipazione ai vari concorsi nazionali, indetti in Roma per i mesi di aprile e maggi°o. Ad onta delle condizioni che per Zara si prospettavano gravissime, molti

furono gli Avanguardisti ed i Giovani Fascisti, che vollero ad ogni costo rimanere a Zara, per mettere la loro opera a disposizione del Comando, sebbene le loro famiglie fossero state colpite dall'ordine di sfollamento. Il loro comportamento è stato degno di encomio sotto tutti i punti di vista. Dopo aver prestato la più "'.alida delle assistenze alle misliaia di cittadini che affollavano le partenze dei piroscafi, aiutandoli nell'imbarco dei loro averi, provvedevano con amorevole cura al trasporto dei bambini, por!ando a volte sulle spalle o a braccia gli invalidi ed i vecchi; la loro opera ammirevole ed indefessa continuò, poi, nei riguardi di quegli infermi che, per non aver fatto in tempo a partire, dovettero venir ricoverati nei vari rifugi della città, dove ricevettero le cure più sollecite e più amorose. Gioverà ricordare ancora, onde avere una visione più giusta della prodigiosa attività e abnegazione dei nostri organizzati che, perfino sotto l'imperversare delle bombe, essi hanno saputo assolvere al nobile incarico di provvedere al trasporto del mangiare, destinato alla pop_olazione rifugiatasi nei ricoveri. Tanto animo ha raggiunto il suo apice con l'incarico loro affidato di presidiare l'Isola di Ugliano, appena arresasi alle nostre truppe, ove anzi vi fu un battesimo di sangue nella persona dell'Avanguardista Masè Duca Giuseppe, ferito proditoriamente.


L 'Assedio di Zara e la conquisto di Te11ì11

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Ad onta, però, della situazione difficilissima in cui è venuto a trovarsi questo Comando Federale della G.l.L. per i motivi summentovati, si osa sperare, già sin d'ora, di poter mettere, appena le circostanze lo permetteranno, in perfetta carreggiata tutte quelle attività che per l'attuale stato di guerra son d ovute venire assolutamente interrotte nella nostra zona. Qli organizzati di questo Comando Federale della G .I.L. continuano per Wmomento a svolgere quelle attività, che vengono loro assegnate di volta in volta, come sono per chiederlo le varie evenienze. IL COMANDANTE FEDERA L E

Athos BARTOLUCCI

Alla "Relazione" fa séguito l'elenco nominativo degli organizzati della Federazione che presero p arte all'occupazione dell'isola di Ugliano e di quanti rimasero a Zara a disposizione del Comando federale. Alla occupazione di Ugiiano parteciparono: - pre-marinari - avanguardisti - pre-avieri - pre-terrestri

n. 72 n. 15 n. 54 n. 1~7 n. 248

Rimasero a Zara - pre-marinari

n. 42 11.

Totale organizzati mobilitati

42

n. 290


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre /94/)

ALLEGATO

N. 25

Indirizzo del Segretario federale ATHOS BARTOLUCCI rivolto agli zaralini il 15 aprile 1941, dal poggiolo del Municipio in Piazza dei Signori. Camerati, cittadini! Esattamente un mese fa su questa stessa piazza, con una manifestazione travolgente, Zara inviava al Duce un messaggio ideale che rinchiudeva tutta la fremente speranza del popolo dalmato nell'avvenire della Dalmazia. Quel r,apporto federale e le successive manifestazioni furono un atto di coraggio. E soprattutto furono 1'estrinsecazione di una fede e di una certezza. Furono l'estrinsecazione di quelle forze misteriose dello spirito che fanno presentire i fatti quando gli uomini e le cose sembrano soverchiare il destino che incalza. Camerati, cittadini! Oggi dopo un mese circa, vi ho chiamati a raccolta per gioire con voi del destino che si compie e per gridare con voi in questa storica piaz~a il grido che abbiam.o tenuto soffocato per veliti anni: Viva la Dalmazia italiana! Camerati, cittadini! A Sebenico, a Spalato , nelle isole e nelle altre città della costa il tricolore d'Italia già sventola sventolerà per sempre. Il martirio di Zara, la guerra, i bombardamenti, i sacrifici morali e materiali non sono stati vani: Zara è stata degna della sua ora ed io porto alla città assediata ed eroica, serena in ogni frangente e decisa in ogni emergenza, l'elogio del Segretario del Partit? che ha seguito con particolare attenzione il comportamento dei nostri Giovani Fascisti, dei cittadini, delle donne, degli anziani, tutti egualmente mobilitati.

e

Camerati, cittadini! Ormai l'ora della redenzione è scolpita a caratteri eterni nelle pagine della nostra storia: l'ora auspicata dai padri, dai martiri, dagli eroi è già sorpassata: stringiamoci perciò sempre più attorno alle insegne e ai gagliardetti del fascio per cooperare con la forza della nostra volontà, della nostra disciplina, della nostra decisione al migliore avvenire della Dalmazia italiana.


L'Assedio di Zara e la ,onquista di Teni11

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ALLEGATO

N. 26

Messaggio inviato il 15 aprile 1941 a MUSSOLINI dalle Autorità di Zara . Duce - Roma. Camice nere e tutto popolo Zara dopo aver fra due e sei aprile mandato via dalla città bambini, invalidi e parte donne per affrontare duro assedio iniziatosi giorno sei e concretatosi in martorianti bombardamenti contro popolazione civile, abitazioni, monumenti, biblioteche e opere dello spirito, e aver resistito fieramente per cinque giorni a ogni più dura privazione, passò a l contratlacco impegnando tutti suoi uomini e donne, giovani e anziani. Unitamente a gloriose forze armate sesto giorno varcò impetuosamen te iniquo confine segnato a Rapallo e occupò oltre monte e oltre mare isole , borghi e città per costituire sua storica provincia e restituirla Madre Patria Italia. Popolo e Camice nere di Zara ~ettono mani vostre avvenire loro terra per cui hanno sofferto loro padri e loro avi n~i secoli.

Prefetto

• ZATTERA

Federale Cons. Naz. Preside Provincia Podestà

B A RTOLUCCI LUXARDO AR NERI SALGHETTI



CAPITOLO II

L'OCCUPAZIONE DELLA DALMAZIA ED IL COMMISSARIATO CIVILE



LA NOMINA DEL C0Mt-.:1ISSARIO CIVILE E LA SITUAZIONE IN DALMAZIA

Il 13 aprile 1941, a Palazzo Venezia, il prefetto Sergio Dompieri veniva ricevuto da Mussolini con un perentorio: «Lascierete la Prefettura d'Imperia [ ... ] per recarvi a Gorizia dal generale Ambrosia, salvo poi assumere il governo civile del territorio che sarà occupato dal nostro esercito>>O>. Dompieri fu colto alla sprovvista perché si era presentato a rapporto ritenendo di dover riferire o dì ricevere isttuzioni su questioqi di servizio. Ma un'altra sorpresa lo attendeva: nel corso del colloquio si rese conto che il Capo del Governo era orientato a comprendere i territori da Lubiana sino a Cattaro · in un'unica amministrazione. «Mi ·àssalsero e manifestai i miei dubbi>>, narra Dompieri; da triestino, conoscitqre dei problemi jugoslavi, ben sapeva che non esistevano «né strade acconce, né èomuri.icazioni adeguate>> e, oltre tutto, si trattava di «tre popoli diversi e fra di loro fieramente avversi, Serbi, Croati, Sloveni». Inoltre aveva presente che, alla fine della prima guerra montjiale, nella . Venezia Giulia, l'amministrazione civile - pur non essendo più in· corso alcun conflitto - era stata introdotta soltanto dopo mesi di occupazione militare (2l. In base alle istruzioni ricevute, Dompieri si mise in viaggio per Gorizia ma, lungo la strada, venne raggiunto dall'ordine di rientrare ad Imperia. Le ragioni di questo improvviso cambiament0 non sono chiare, specie se si considera che il sottosegretario alla guerra, generale Umberto Guzzoni, sin dal giorno precedente al colloquio di Palazzo Venezia, aveva comunicato allo Stato Maggiore dell 'esercito che per i terriLOri occupati «quale commissario generale è stato destinato Ecc. prefetto Dompieri» <3l. Non è quindi da escludere che la revoca sia stata determinata da un ripensamento di Mussolini dopo le riserve di Dompieri oppure dal fatto che qualcuno possa aver ricordato al Capo del Governo che l'anno prima, sul confine occidentale, il prefetto d'Imperia aveva avuto ' spiacevoli contrasti' con il generale Gastone Gambara. Però Mussolini doveva essere a conoscenza di questi fatti poiché - forse di proposito ma s~nza particolari sottolineature - durante il colloquio, aveva detto a Dompieri: « fl generale Ambrosie è persona assai ragionevole, v'intenderete» <4l. È molto più probabile che il cambiament.0 sia stato determinato da una valutazione di carattere politico: sullo scacchiere europeo, la campagna


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

di Jugoslavia rappresentava il primo successo delle armi italiahe ed a Mussolini dovette sembrare opportuno farlo apparire, specie nei confronti del nuovo Stato di Croazia, un'affermazione di regime. Affidò, quindi, l'amministrazione dei territori occupati non a dei militari, secondo quanto previsto dalla legge di guerra (5), non a funzionari di carriera come sarebbe stato opportuno, ma ad uomini di pàrtito. In tal modo il 16 aprile, con il notiziario del mattino, l'E.I.A.R. annunciava che: «Con provvedimento in corso di registrazione è stato nominato Commissario civile nei territori sloveni occupati dalle nostre truppe il Segretario Federale di Trieste Emilio Graziali. A Commissario civile per le zone dalmatiche è stato nominato Athos Bartolucci, Federale di Zara» (6). In quel momento la legge di guerra non prevedeva l'istituto del 'commissario civile'. Solo al Comandante Supremo - con facoltà di delega ai comandanti delle grandi unità - spettava l'assunzione dei poteri civili sia sul territorio nazionale dichiaré!,tO 'zona di operazioni' sia su quelli occupati che, per il fatto stesso dell'occupaziqne, erano considerati 'zona di operazione'. Però, sin dalla campagna del giugno 1940 sul fronte occidentale, il Comandante Supremo avev~ attribuit.o l'esercizio ·dei poteri civili sui territori francesi a persone estranee alla gerarchia miljtare (7).

Ora, in Jugoslavia, con la vastità dei territori occupati ~ la diversit~ dei problemi che si ponevano da zona a zona, una determinazione dell'isdtuto del commissario civile era indispensabile. Tuttavia si dovette attendere sino al lìmaggio quando, con il bando 'Sull'ordinamento amministrativo e giudiziario nel territorio dell'ex-Regno di Jugoslavia occupato{(falle i~rze armate italiane' <8>, venne formalmente stabilito che «i poteri civili[ ... ] sono esercitati da Commissari civili», nominati e revocati. con ordinanza del Comando Supremo <9>. Il bando, indispensabile sul piano giuridico, legittimava anche quello che i commissari civili avevano già attuato in base a due (istruzioni' del generale Ambrosia ed a sei bandi di Mussolini 0°>. · Bartolucci, non appena a conoscenza dei comunicato dell'E.I.A.R. prese contatto con il. prefetto, non tanto per una prima anche se generica valutazione dei compiti e dei poteri che ancora attendevano una definizione, quanto per capire se nelle 'zone dalmatiche' sottoposte alla sua autorità fosse o meno compresa la provincia di Zara. Problema delicato, già per la commistione di competenze tra il generale Giglioli ed il prefetto Zattera, ma l'accordo venne presto raggiunto <11>: il commissario civile avrebbe esercitato le proprie funzioni soltanto .sui territori occupati ricevendo dalle autorità cittadine e dalla prefettura ogni possibile appoggio. Come prima cosa, Bartolucci decise di recarsi ·a Sebenico, dove la situazione sembrava tutt'altro che ·chiara, ma prima di partire organizzò una


L'occupazione della Dalmazia ed ìl Commissariato Civile

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provvisoria e forzatamente embrionale intelaiatura, più ~he di uffici, d'incarichi per potenziare i soccorsi alle popolazioni di oltre confine. Nei giorni precedenti, da federale, aveva visitato diverse località occupate «per rendersi conto personalmente dello stato e degli umori delle popolazioni, delle necessità urgenti, dello stato dei servizi pubblici ed eventualmente delle opportunità che si sarebbero potute offrire per iniziare un discorso positivo che rompesse il ghiaccio che separava i vinti dai vincitori>> <12>. Ad Oltre ed a Zemonico aveva nominato i fiduciari del Partito 0 3l; con la popolazione alla fame, quasi dovunque si manifestava la necessità di avere sul posto persone capaci d'organizzare i rifornimenti. Anche nei paesi lungo la costa la situazione alimentare doveva essere difficile se quel pomeriggio eia Sebenico, d'ordine del generale Zingales, venivano inviati a Zara tre autocarri pesanti «per essere con la massima sollecitudi~e caricati o meglio sovraccaricati cli pane>> <14>. Il generale Giglioli, di fronte all'urgenza, dispòse la requisizione di tre panifici <15>. · · Altro problema per il commissario civile era quello d'individ'uare i limiti delle 'zone dalmatiche' a lui affidate dato che, con l'avanzata 9,elle divisioni italiane, variavano di momento in momento. La mattina del 16 aprile, il Comando superiore delle Forze Armate dell'Albania av·e va ordinato al XVII Corpo d'armata - generale Giuseppe Pafundi - di superare il confine albanese penetrando decisamente in territorio jÙgoslavo 0 6l . Furono costituite due colonne: là prima formata dalla divisione 'Centauro' che, con direttrice Podgorica (Titograd) - Danilovgracl - Niksié, e da questa località, piegando a sinistra per Vilusi eTrebigne (Trebinje), doveva raggiungere Ragusa; la seconda colonna - divisione 'Messina' - avanzando lungo la costa aveva il compito di puntare, in successione , su ,Antivari (Bar), Budua (Buclva) e Cattaro .(Kotor). A sera tarda le avanguardie della 'Centauro' raggiungevano Danilovgrad, _e la 'Messina' Antivari (17>. Dal canto suo la divisione 'Torino', dopo aver sostato durante la notte del 15 a Spalato, si era mossa seguendo non l'itinerario costiero, ma quello più interno per Gata-Blato-Sestanovac, con obiettivo il fiume Narenta ed ev.entiialmenle la città di Metcovich (Metkovié) <18>. Percorso duro e elisa-· giato per la natura del terreno, lo stato delle strade, la pioggia battente. Verso mezzanotte l'avanguardia aveva raggiunto Vergoraz (Vrgorac) dove, preso contatto con elementi esploranti della .divisione corazzata 'Littorio' provenienti eia Mostar (19), si attestò mancando d'una trentina di chilometri l'obiettivo della giornata. Ma, anche così, aveva ulteriormente ampliato le 'zone dalmatiche' d'una .settantina di chilometri. La rapidità dell'avanzata, ormai in fase di sfruttamento ·ciel successo, non consentiva alla 'Torino' di presidiare le loca lità che superava per cu i quasi tutto il territorio, anche se ufficialmente occupato, non era controllato .


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Situazione delicata ed aperta ad ogni complicazione COil.le dovettero constatare il capitano di fregata Primo Longobardo ed il capitano di cor. vetta Vittorio Emanuele Tognelli che avevano ricevuto dal Comando del dipartimento del!' Alto Adriatico l'ordine di recuperare i piani jugoslavi delle zone minate e delle rotte di sicurezza fra le isole della Dalmazia. I due ufficiali, partiti in idrovolante da Venezia, verso le 9 del mattino del 16 aprile erano amm.arati nel porto di Sebenico, apparentemente deserto. Ma, messo piede sulla banchina, si trovarono «circondati da alcune decine di civili armati, sbucati dalle case circostanti» e per di più vennero a conoscenza «che le truppe italiane, le quali secondo i piani avrebbero già dovuto trovarsi in città, non vi erano ancora giunte» <20l. Fronteggiata con autorevolezza la imprevista situazione, furono sottratti all'attenzione degli armati da un signore in borghese. Era il comandante di porto ex-j ugoslavo che, postosi a disposizione, c'on una macchina requisita Ii condusse al Comando marin~ in località La Maddalena (Martdalina). Qui, pur in mezzo alla devastazione ed ai saccheggi in corso dei depositi e dei magazzini, riuscirono a recuperare i piani degli sbarramenti <21 >. Mentre gli ufficiali erano intenti nella loro ricerca,. via terra giunse a Sebenico Bartolucci. «Trovai la città completamente sguarnita d i tru ppe italiane, varie migliaia di croati armati; 'i cosidetli Uscasi' avevano in mano la città e si ritenevano i padroni assoluti del campo in nome di un'ipotetica alleanza con l'Italia e con la Germania. La città era completamente pavesata con tricolori croati e il popolo affamato si preoccupava esclusivamente cli procurarsi pane» (22l . Il commissario civile, nella Società del Casino - circolo degli italianj di Sebenico - riuscì a prendere contatto con qualche connazionale che, all'inizio del confli tto, non aveva inteso rifugiarsi in penisola 123) . I ragguagli che ebbe in merito a quanto .stava accadendo in città furon o tutt'altro che incoraggianti tanto che il ·giorno dopo ,·con un motoscafo. si sarebb~ recato a Suss<dSusak) dal generale Ambrosio <<per sottoporgli .il quadro della situazione e le difficoltà di funz ionare in tale condizione» 1241. Mentre il commissario civile ripartiva da Sebenico, i comandanti Longobardo e Tognelli completavano la .s ommaria ispezione alìa base navale . «Dopodiché rientrammo in città in tempo per assis tere a·J l'arrivo del prim o contingente di truppe italiane» <25 >. Erano centotren ta soldati al comandc del tenente colonnello del genio Ugo Merendi <~ 6). I due ufficiali di mari.na decollarono per Venezia. Recatisi a rapporto dal Duca di Genova, Comandante in capo del ·d ipanimento marittimo cieli' Alt o Adria tic o, segnalarono la necessità di presidiare nel più breve tempo possi bile la base di Sebenico. Ricevuta l'auwrizzazionc eia Supennarina , il capitano d i corvetta Tognelli in serata raggiunse Trieste e , imbarcate s.ulla moronavC' Laurana due compagn ie


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del battaglione 'Grado', salpò immediatamente <27>. Dopo una breve sosta a Pola, verso mezzanotle dirigeva per Sebenico (28) . Nel pomeriggio, a Zara, mentre i reparti del Comando Truppe si stavano consolidando nelle località occupate e procedevano al rastrellamento delle armi e degli sbandati, attraccò un mezzo della Marina miHtare con a bordo due compagnie del 311 ° battaglione territoriale mobile <29l : dieci giorni dopo le fo rtunosa partenza della motonave A bbazia, ultima a lasciare la città, si ristabiliva il collegamento marittimo con Zara lungo la rotta per Trieste. Infatti la Marina militare, con un convoglio partilo da Ossero (isola di Lussino) alle prime ore del 13 mattina, aveva sbarcato alcuni reparti sulle isole di Ulbo, Selve ed Isto. Il 14 estendeva l'occupazione a quelle di P remuda e Scarda, e tre giorni dopo a conclusione dell'occupazione delle isole a nord di Zara avrebbe preso possesso di Arbe e dr Pago o0>.

LE DIRETTIVE P ER IL COMMISSARIO CIVILE Il 17 apri le, il generale Ambrosio, a Sussa, consegnava le prime ' istruzioni' al commissario civile. Si trattava d'una puntualizzazione che andava dal rastrellamento delle armi all'occupazione delle cemrali telefoniche, dal ripristino delle comunicazioni al con trollo della circolazione dei civili, da-Ila repressione di atti ostili all 'assunzione di ostaggi, al divieto per i militari exjugoslavi di portare la divisa. In particolare, disponeva l'invio nei campi diconcentramento degli ufficiali e dei soldati di nazionalità croata e slovena ancora in divisa, mentre quelli <<in borghese e disa_rmati ; debbono essere solamente censiti con l' obbligo di rimanere nella località di domicilio abituale» <31 l. ìvla la disposizione rimase inoperante perché nessuna autorità italiana era in grado di i1idividuare coloro che sino al giorno prima avevano portato la divisa , a meno che gli stessi non si fossero spontaneamente presentati o non fossero stati denunciati. La 'istruzione', invece, non conteneva alcuna disposizione circa il tra1tamenro àa riservare ai soldati di nazionalità serba o degli altri gruppi etnici, per cui vennero trattali come prigionieri di guerra. Analogamente man_çava qualsiasi indicazione sulla posizione del commi~sario civile nei confronli delle autorità militari, pur essendo evideme che solo i soldati sarebbero stati in grado di dare esecuzione ai vari pumi della 'istruzione' . Al1ra carenza - fo rse in quel · momento necessaria non essendo a ncora chiariti i raproni con il nuovo Stato croa to - la mancanza di dire11i,·c per la esposizione della bandiera nazionale. In Dalmazia - meno che a Zara e Làgos1a \'i erano esclusivamente band iere crome: era ~w10 sufficiente l'ar ruotare sul


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suo asse maggiore il tradizionale drappo jugoslavo a striscie longitudinali blu-bianco-rosso per ottenere il nuovo vessillo croato rosso-bianco-blu. Inoltre, circa i limiti territoriali del commissariato, vi era ancora assoluta incertezza anche se la 'istruzione' annunciava la costituzione dei presidi di Vrbovsko, (circa a metà strada fra Fiume e Karlovac), Tenìn, Sebenico e Spalato; ma gli ul.timi due erano «zona da determinare», mentre quello di Vrbovsko, unico delimitato, andando da Sussa a Bihaé, a Bosanski Petrovac non comprendeva 'zone dalmatiche'. Dei vari punti dell'istruzione uno solo, anche se estremamente generi~ co, impegnava direttamente il commissario civile: il «sollecito ripristino della normalità della vita}). Ma, a parte i molti ed indeterminati problemi che quelle poche parok·coinvolgevano, una simile disposizione anche per il solo avvio della sua attuazione presupponeva la stabilizzazione delle operazioni militari. Invece, durante il mattino del 17 la divisione 'Torino' si era mossa da Vergovaz e, lasciata sul posto l'artiglieria, con una colonna leggera dell'82° reggirnento di fanteria, alle 17:30, era giunta a Ragusa trovandola occupata da elementi provenienti dati' Albania <32l. Ali 'estremo meridione della Dalmazia, i reparti'della 'Messina', partiti da Antivari, aveYano raggiunto vetso mezzogiorno la città di Cattaro, ed alla colonna si presentò «l'imponente spettacolo della flotta jugoslava ammassata nella rada con gli equipaggi affacciati alle murate e bandiere issate}) <33l . Le navi da. guerra jugoslave erano uno degli obiettivi primari connessi alla occupazione della base di Cattaro ma, per essere considerate preda bellica, e quindi assoluta proprietà italiana, era necessario impadronirsene prima della cessazione delle ostilità. Inoltre, per la Marina italiana era urgente entrare in possesso dei piani degli sbarramenti jugoslavi e d'elle rotte di sicurezza nel Basso Adriatico. In questa previsione, durante il pomeriggio del 16 aprile, a Durazzo, erano stati autocarrati due gruppi dì marinai con gli obiettivi, rispettivamente, cli Ragusa e di Cattaro <34>. Quello destinato a Cattaro (una Fiat 1100, quattro autocarri con tre ufficiali, quarantaquattro marinai e due mitragliatrici) partì verso mezzanotte al comando del capitano cli vascello Gastone Minotti. Lungo la strada, intasata dai mezzi e dai reparti della 'Messina', per i marinai risultò impossibile avanzare rapidamente ed in colonna . Data l'urgenza della missione, il comandante Minotti decise di precedere gli autocarri, e con il tenente di vascello Augusto Curti Gialdino ed il centurione della milizia stradale Nino Cercato che faceva parte del gruppo , affidandosi alla manegevolezza della 1100 ed all'abilità dell'autista Nicola Fiore, incuneandosi fra uomini ed automezzi, dopo a ver anche disarmato soldati jugosla~i sbandati; che tentavano di ostacolare ( niovimenti lungo la serada sparando <35l, raggiunse·


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Cattaro alle 13.30, un'ora dopo l'arrivo del generale Francesco Zani, comandante della 'Messina'. Coo1:dinando le proprie iniziative con quelle del generale, il comandante Minotti convocò l'ammiraglio jugoslavo ordinandogli di far ammainare al tramonto le bandiere dalle navi e dagli edifici della Marina exjugoslava; di rendere personalmente responsabili gli ufficiali in comando sulle singole unità della conservazione delle navi; di sbarcare gli equipaggi; di consegnare i piani degli sbarramenti. Gli ordini furono eseguiti ed il naviglio da guerra, disatti_v ati i congegni ·esplosivi - «le navi erano tutte minate ed i termina li delle miccie facevano capo agli alloggi dei comandanti» ·c36> venne posto sotto il controllo di sentinelle italiane. Si sottrasse alla cattura il cacciatorpediniere Zagreb. Il comandante in seconda, tenente di vascello M ilan Spasié, fatto sbarcaré l'equipaggio , aveva azionato le cariche. «Dopo pochi secondi infatti, il C.T. esplodeva, si affondava, ed il tenente di vascello - unica figura apparsa eroica tra gli ufficiali dell'ex-marina jugoslava - si immolava con il cacciatorpediniere sul quale era imbarcato» <37>. li comandante Minotti, coadiuvato dal tenente di vascello Curti Gialdino, con i soldati che il. generale Zani gli aveva messo a disposizione - i marinai con gli autocarri sarebbero giunti a Cattaro solo a notte inoltrata - si recò a Lippa (Lipci), ad un quattro chilometri da Risano, dove mise una squadra a presidio dei de positi di carburante per evitare sabotaggi. Durante il tragitto aveva posto sentinelle anche al deposito siluri di Risano. Rientrato a Cattaro, tramite il comandante di porto ex-jugoslavo, ordi nò alle navi mercantili di spegnere le caldaie. L'ordine praticamente valse per i piroscafi, Alexander I di circa 2 500 tonnellate e Kimonovo da 1400, usualmente adibiti al servizio misto passeggeri- e merci sulla linea Cattaro-SpalatoVenezia. Il resto era costiluito da alcune decine d i vap ore(ti per il traffico entro le Bocche e da motovelieri in parle in disarino (38>. · Sotto alcuni aspetti, meno movimentato ma più impegnativo fu il controllo della base nava le di Sebenico da parte· del comandante Tognelli che , lasciata Pola, al traguardo d i Zara era stato raggiunto dal dragamine R .D. 44. Proseguì con dragaggio lungo le rotte di sicurezza e, nel pomeriggio, ormeggiò alla banchina de La Maddalena. Lo sba rco dei duecento uomini del battaglione 'Grado' fu provvidenziale in quanto i soldati, giunti a Sebenico il giorno prima, non erano «affatto sufficienti a mantenere l'ordine ed a preservare le prop~·ietà statali dall 'assalto dei numerosissimi predoni scesi da tu tti i villaggi vicini» (3 9 >. Gran parte della popolazìone era armat a e si u d ivano «rumori di fucileria particolarmente in prossim ità d ei depositi viveri e casermaggio si tuati a metà strada della Base navale e della città>> (4 0l .


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Dura nte la notte, un plotone di marinai, al comando del tenente Castracane, ebbe un violento conflitto a fuoco con una banda di armati sorpresi a saccheggiare i depositi di farina. I predoni lasciarono sul terreno una decina di morti e circa altrettanti feriti senza perdite tra i marinai; «dopo questo energico provvedimento il saccheggio è praticamente cessato in tutta la zona>> (41) . A Zara, durante la giornata erano arrivati in idrovolante i corrispondenti di guerra, e costituirono il primo collegamento diretto con la Penis.o la dopò undici giorni d'isolamento. Nei quotidiani sarebbero apparsi a mpi e dettagliati servizi sull'assedio della città, sull 'avanzata o ltre confine, sulla co11quista di Tenìn e delle isole <42l. Al commissario civile, rientrato da Sussa dopo il colloquio con il gene-· raie Ambrosio, apparve evidente che per riportare la normalità nelle zone . occupate era soprattutto necessario entrare in contatto con gli abitanti dei singoli cer.1tri, arroccati dietro la barriera della lingua ed apparentemente apa tici ma che, istintivamente, all'arrivo dei soccorsi abbandonavano ogni prevenzione. P erò la distribuzione dei viveri, anche se potenziata.e capillare, non appariva un sistema affidabile per realizzare un costante rapporto essendo impossibile acconten~are tutti, subito, nello stesso modo , ed oltre tutto poteva essere un provvedimento soltanto transitorio . Questa delicata azione politica doveva muoversi su pia ni diversi valorizzando, dopo il generale d isinteresse dell'amministrazione jugoslava, la presenza dello Stato italiano che si prendeva cura anche dei problemi del singolo, oltre a quelli collettivi. Seguendo questo criterio, il commissario civile confidava di determinare tra i croati un certo d isgelo, pur avendo presente che l' ambiente «si pi:estava ad ogni propaganda e.ad ogni azione ... subdola, data la criticissima situazione a limentare - mancanza assoluta di generi di prima necessità - mancanza quasi assoluta di mezzi cli comunicazione - generale disoccupazione operaia -· funzionari senza stipendio» <43>. Bartolucci ritenne che i migliori interpreti delJa sua poli tica potessero essere i cittadini di Zara, specialmente quelli che, oltre a conoscere lo slavo , · avendo beni, interessi, se non anche relazioni di parentela nelle località cli oltre confine, davano affidamento d i essere meglio accetti dalle popolazioni. Inoltre gli zaratini ben conoscevano quale fosse il modo d i pensare dei croati, i loro sentimen ti e risentimenti, q ua n to radicato nella gente di cam-· pagna il valore della parola data, il rispetto delle autorità, il particolare senso cli giustizia per cui il torto andava sempre punito mentre il perdono rappresentava una ammissione di de bolezza. Più complessa e possibilistica la memalità degli abitan ti delle ci1tà, per istinto politicanti, quindi duttili, imprevedibili, radicalmente anliLaliani con complesse riserve mentali.


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Gli zaratini risposero all'invito assumendo con entusiasmo l'onere dei nuovi incarichi e, abbandonate le normali attività, prestarono volontariamente la loro opera. In ta l modo il commissario civile, almeno nelle località più importanti, fu in grado di nominare «un Commissario Distrettuale o un Commissario Comunale di provata rettitudine e probità e di indiscutibili sentimenti nazionali , dando la preferenza a camerati nati nelle città stesse · che dovevano amministrare. Questa scelta incontrò il massimo favore delle stesse popolazioni in quanto temevano di cadere nelle mani di un esercito invasore, avido di preda e di vendetta» <44>, perché così la propaganda jugoslava, da anni, aveva descritto l'esercito italiano e, particolarmente, i reparti della M.V.S.N. Per quanto concerneva l'organizzazione tecnica degli uffici, Banolucci, non avendo ancora ricevuto da Roma alcuna disposizione, seguì la linea gerarchica del Partito, ed il segretario naziona le, Adelchi Serena, interessò il sottosegretario di Stato alla P residenza del Consiglio dei ministri, Luigi Russo, facendo presente che «i commissari civili per la Slovenia e la Dalmazia occupata avemi sede rispettivamente in Lubiana e Zàra chiedono l' invio di un funzionario di ciascun Ministero fatta eccezione per i Ministeri Militari e per i Ministeri degli Esteri e dell' Africa Italiana allo scopò di utilizzarli come esperti per il funzionam ento e il coordinamento dei vari servizi di competenza . Pregoti invitare Ministeri imeressati disporre designazione detti fu nzionari che dovranno prese ntarsi ai Commissari Civili con ogni possibile urgenza)> <4~l. La direzione del Partito seguiva da vicino i problemi connessi alla situazione delle terre occupale, ed in Dalmazia aveva inviato l'ispenore nazionale Giorgio Suppiej, venezian o, il quale già il 19 aprile facev a presente a Roma che: << I) - I territori sono stati occupati soltamo formal mente perché i reparti della Seconda Armat a hanno in gran pa i·tc proseguito verso il Sud . A Buccari, Seben ico, Spalato, Traù , Ragusa, svemola ancora la bandiera croata e non sono ancora istituiti i presidi italiani. Nelle stesse località circolano a migliaia gli armati ex-soldati jugoslavi che si dichiarano appartenenti a Comitati croati o al partito croato degli Ustagi [... ). Questi arma ti fa nno capo a comandi croat i e in qualche località sono alloggiati in caserme.

« 2) - La popolazione esclusivamente croata o morlacca (perché i pochi italiani si sono rifugiaci nella Penisola all'inizio delle ostilità e non sono ancora rientra ti) è fe rmamente convinta che la nostra occupazione sia provvisoria e ci conside,ano come degli alleati pili o meno graditi [... ]. « 3) - L'azione del Commissario civile deve in queste condizioni limitarsi per ora a delle prese di contatto .


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« 4) - Sia l'occupazione militare effettiva che l'azione del Commissario civile è ostacolata dalle difficoltà gravissime delle comunicazioni» (46 >. · Conseguentemente Suppiej indicava i principali provvedimenti da adottare con criteri di urgenza: « a) - dare la immediata sensazione della stabilità della nostra occupazione con la costituzione di forti presidi, col disarmo immediato degli Ustagi, con l'innalzare ovunque la bandiera italiana e con l'abo lizione di quella croata; b) - far rientrare al più presto i profughi italiani; c) - stabilire subito le comunicazioni.marittime, le sole possibili per ora in Dalmazia; d) - costituire subito i Fasci Italiani di Combattimento con funzioni politiche, assistenziali ed economiche; e) - approvvigionare per via mare le popolazioni che la situazione ha in gran parte ridotte alla fame; f) - mettere a disposizione del Commissario civile funzionari delle varie amministrazioni scegliendoli fra i migliori onde non ripetere l'errore commesso in Alto Adigé.

«Ho preso su qu~sti argomenti accordi con i.I Comando d'Armata , ma pane dei provvedimenti come il rientro dei profughi che si sono rifugiati nella Penisola via mare, le comunicazioni marittime, l'approvvigionamen to, l' invio dei funzionari devono essere disposti dal centro. «La situazione deve essere risolta con assoluta urgenza onde togliere ai croati dalmati ogni illusione di autonomia. Qualora tale illusione perdurasse si determinerebbero delle conseguenze forse fa tali per l'italianità della Dalmazia specie ove venisse ad aggiungersi il grave pericolo di una Croazia indipendente sotto la protezione della Germania centro di una futura politica irredentista croata» <47 ) . Suppiej aveva visto chiaramente non solo la realtà della situazione·ma anche le difficoltà che avrebbero ,:eso ben. impegnativa l'opera del commissario, pur se sostenuto dalla federazione fascista di Zara che «è stata ed è sotto ogni punto di vista magnifica» <48>. Mentre Suppiej prendeva contatto con la realtà della Dalmazia , le iniziative per una tregua d'armi con la Jugoslavia, avviate sin dal I 5 aprile per iniziativa del Comando della 5 • Armata jugoslava, che aveva inviato presso il Comando germanico a Belgrado «un ufficiale superio re jugoslavo accompagnato da un subalterno lat0re di una proposta dì cessazione delle ostilità>> <49), si erano concretate la sera del 17 aprile con la firma della resa inco ndizionata delle forze ·jugoslave. Erano siat i necessari due giorni per arrivare all'armistizio in quanio il Comando germanico aveva rifiutato di


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trattare con i rappresentanti delle varie Armate jugoslave, anche se singolarmente autorizzate dal loro ministro per la guerra, chiedendo la presenza d'un unico interlocutore munito di pieni poteri. Al mattino del 17 si era presentato al «Comando germanico il generale di divisione Mihajlo Bodi [... ] con un tenente colonnello di Stato Maggiore. Egli era il delegato del Comando Supremo jugoslavo per ricevere le condizioni di armistizio. Non aveva pieni poteri, ma poteva soltanto riferire [... ]. Egli disse di aver ricevuto il giorno 16 dal generale Kalafatovié, nuovo capo del governo, l'incarico di ricevere le condizioni di armistizio per tutte le forze arma te» (50). La riunione conclusi.va ebbe inizio la sera stessa alle I 9 .42, e - per i tentativi dei delegati jugoslavi di mitigare il peso delle condizioni - durò sino alle 21. «Rappresentavano le forze armate germaniche il generale d'armata barone .von Weichs , quelle italiane il R. Addetto Militare colonnello Luigi Bonfatti [.. .]. Il Comando Supremo jugoslavo era rappresentato dal ministro Cincar-Markovié e dal generale di divisione Radovoje Jankovié [ ... ]. Le forze armate ungheresi, rappresentate da due ufficiali (I' Addetto militare era assente) non muniti di pieni poteri non partecip~rono alla firma» <51 >. Fu concluso «un armistizio su base resa a discrezione» che entrò in vigore quindici ore dopo, cioè alle ore dodici del 18 aprile <52) .

REAZIONI ED AVVENIMENTI A SPALATO, RAGUSA, CATTARO

I serbi ed i croati della Dalmazia, sotto l'incalzare degli avvenimenti, nuovamente sentivano acutizzarsi il loro antagonismo. A suo tempo, la creazione della Banovina di Croazia, sorta dall'accordo del 26 agosto 1939 fra Macek e Cvetkovié, pur attenuando i radicati rancori, non aveva risolto le cause ciel malcontento. Dopo alcuni mesi molti degli stessi seguaci di Macek, pur fautori dell'accordo, sentirono frustrate le loro più vaste speranze d'indipendenza poiché con la nuova Banovina «venivano a scomparire anche le ultime vestigia di quel 'autonomismo dalmata' insito nella personalità stessa della Dalmazia come entità geografica e storica per cui avevano combattuto già sotto la cessata Monarchia austro-ungarica e slavi e italiani» <53l . Conseguentemente, sin d'allora, con centro a Spalato, si erano manifestate tendenze estremistiche: da un lato i paveliciani che intendevano conseguire un completo distacco dalla Serbia e, dall'altro, i comunisti che auspicavano l'instaurazione di un regime di tipo sovietico in nome di · un vago sentimento di solidarietà slava.


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Successivamente, l'adesione di Belgrado al Patto Tripartito <<era stata accolta ìn tutti gli ambienti, ad eccezione di quelli pavelicianì, con scarso entusiasmo, se non proprio con malumore; viceversa la notizia del colpo di Stato è stata appresa con giubilo dagli elementi nazionalisti serbi ed ha invece suscitato diffidenza e malcontento fra tutti i croati» <54>. Ravvisando in quell'improvviso rovesciamento di fronte «una ripresa del sopravvento serbo nella direzione degli affari del Paese e presentito il pericolo della guerra», i croati della Dalmazia si erano «quasi inavvertitamente avvicinati all'elemento italiano, dimenticando per il momento gli antichi rancori e aggrappandosi alla fallace speranza che l'Italia almeno non avrebbe seguito la Germania in caso di un ormai inevitabile conflitto armat_o» (55). E questo stato d'animò si manifestò al momento dell 'esodo delle collettività italiane da Spalato e dalle altre città della Dalmazia, s'eguìto dai croati con preoccupazione poiché, con quelle partenze «si dileguava anche l'ultima speranza di evitare il deprecato conflitto. Né il più piccolo incidente, né la benché minima manifestazione ostile si ebbero da parte dell'immensa folla che lungo la Riva dì Spalato assisteva silenziosa e sbigottita ali 'imbarco dei nostri connazionali» <56l. Scoppiato il conflitto, si aggiunse il senso dì frustrazione e di sordo rancore per l'inaspettato crollo dell'esercito proprio quando alcuni giornali jugoslavi, riprendendo una notizia di radio Tolosa ed altre di fon te inglese, annunciavano la conquista di Zara <57 l, ed a Cattaro gli stessi ufficiali «fino al 15 e al 16 aprile credevano ancora che le loro truppe fossero entrate a Durazzo» <58> . Quindi più amara la realtà con l'ingresso nelle città dei soidati italiani ma, per il tortuoso gioco dei contrasti , accolti da tutti con fa. vore: dai paveliciani perché li consideravano alleati; dai serbi perché si sentivano protetti; dai macekiani perché vedevano cessare gli eccessi degii ustascìa_che sin dalla proclamazione dello Stato indipendente di Croazia, {i erano imposti dando sfogo a vendette ed a persecuzioni. «Ma il motivo fondamentale della buona accoglienza riservata ai nostri soldati [... ] varicercato principalmente nella illusione che tutti più o meno, dal personaggio più in vista all'ultimo uomo della strada, hanno avuto e coltiyato nel segreto del loro cuore che la nostra [italiana - n.d.a.] non fosse altro che un'occupazione militare provvisoria, che le sorti della Dalmazia non fossero ancora compromesse e che in ogni caso Spalato sarebbe rimasta croata» (59>, come riferiva il console generale Luigi Arduini, che il 23 aprile aveva ria~ perto i suoi uffici a Spalato. Destabilizzante quindi l'impressione determinata dall'arrivo a Spalato del commissario civile. Vi giunse il 21 aprile - Natale di Roma - accompagnato dalle autorità di Zara e dall'ispettore del partito Suppiej (60l, rulli in


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divisa fascista. Agli occhi degli spalatini rappresentavano non tanto lo Stato italiano quanto il Partito, il regime. Per di più al loro arrivo, davanti la sede del comando del Corpo d'armata, la banda, per la prima vqlta in una cerimonia non strettamente militare, aveva suonato pubblicamente la 'Marcia Reale' e 'Giovinezza' mentre una compagnia in armi rendeva gli onori C6 1l. Il commissario civile e le autorità del seguito, alla presenza del generale Zingales, nella sede del comando di CorpQ d'armata, ricevettero il dottor Edo Bulat rappresentante a Spalato del Banato della Croazia, ed in quei giorni nominato da Pavelié fiduciario per la Dalmazia. Il generale comunicò a Bulat che «per ordine del Duce i poteri civili della città vengono assunti dal commissario designato e ha ordinato al reggente del Banato, la consegna completa dell'amministrazione civile» C62l. Subito dopo, si recarono nella sede dell'ex-Espositura, roccaforte dei paveliciani, dove ebbe luogo il passaggio dei poteri, mentre sul balcone veniva alzata fa bandier-a italiana. «Il rappresentante del dottor Pavelié, dottor Edo Bulat, ha assistito alla redazione del relativo proéesso verbale ma ha rifiutato di firmarlo, dichiarando [di] protestare per la forma con cui occupazione veniva effettuata» <63>, «e alle sue proteste l'ex-depu tato nazionale croato, dott. Giuseppe Berkovié [già sindaco di Spalato - n.d.a.], [... ) univa l'espressione sdegnosa della cittadinanza di Spalato per la 'forma violenta' in cui tale presa di possesso erasi verificata» <64>. Ii generale Zingales tagliò corto ed investì Bartolucci dei poteri civili. Questi nominò, subito, il professore Ildebrando Tacconi, spalatino residente a Zara, docente di lingua e letteratura francese al ginnasio-liceo, commissario straordinario per il distretto di Spalato <65> ed assicurò gli esponenti croati che, oltre ai soccorsi già disposti dalle autorità militari - «farina per trecentomila persone delle zone occupate da parte della Intendenza della 2" Armata» (66) - avrebbe immediatamente provveduto per far fronte ai bisogni della cittadinanza. Anche se in piazza era stata innalzata la bandiera italiana con gli onori militari e la sera, mentre il commissario civile tornava a Zara, la banda dell'80° reggimento di fanteria 'Roma' avrebbe eseguito senza incidenti «un vario programma musicale preceduto e concluso con l'esecuzione degli inni della Patria» <67 l, la situazione in città era tesa, anche se il console Arduini segnalava che «la popolazione, secondo quanto sinora si può desumere, ha preso il provvedimento con un certo senso di rassegnazione, [ ... ) perché in fondo non riponeva eccessiva fiducia nei rappresentanti di Pavelié e nella stabilità della fittizia organizzazione sorta all'ultimo momento sulle rovine del regime preesistente» (68 ). A Ragusa più che tensione vi era confusione. Il comando italiano, mancando precise istruzioni, dopo aver ricevuto l'omaggio delle autorità


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locali, le aveva confermate nei rispettivi incarichi. Però, pur avendo posto a fianco del sindaco e del capo della gendarmeria alcuni ufficiali italiani, trattava direttamente con le autorità croate l69l. Frattanto, quale rappresentante del Governo di Zagabria, era giunto in città il dottor Slovinié ed il comando italiano anche non lo aveva ufficialmente riconosciuto non lo aveva nemmeno esautorato. «Non ha perciò tardato ad installare un proprio ufficio nel Palazzo dei Re'ttori (... ] ed ha cominciato a far fu nzionare un comitato di paveliciani, ìri noine dello Stato croato» <70l. Inoltre, in quegli stessi giorni era arrivato un reparto tedesco a l comando di un ufficiale che, insediatosi nel municipio aveva posto all'ingresso una guardia armata esponendo la bandiera germanica. L'ufficiale, convocato dal comandd italiano per chiarire in base a quali ordini stesse procedendo, rispose «di esser stato chiamato dai croati, i quali volevano salvare Ragusa dall'annessione italiana», ma «ha acconsentito a ritirare la sentinella ed a ripartire da Ragusa» <71 >.

se

In' mezzo a q uesto intrecciarsi d'iniziative, in u na città insistentemente pavesata con bandiere croate, la popolazione viveva ancora .in uno stato di disorientamento, sia per i due bombardamenti aerei subiti, sia per l'umiliazione della disfatta, sia per il ricordo della tensione vissuta <m, quando il . comandante jugoslavo della piazza, un serbo, aveva preso «come ostaggi il vice-podestà, il deputato alla Scupcina [recte: Skupstina] ed il presidente del locale partito croato» l 73 J, effettuando arresti e proclamando lo stato d'assedio per reprimere un tentativo di rivolta manifestatosi nel villaggio cli Stagno (Ston) l74l. Anche se i timori cli quelle giornate eran o sta ti dissipati dall'arrivo delle truppe italiane, tuttavia, «quasi la totalità delle persone» clesìclerava «l'annessione alla Croazia. Una piccola minoranza , i serbi, per dispetto contro i croati, dichiara di preferire, come male minore, l'annessione all'Ita)ja_ Ma qùesta eventualità è in sostanza temuta e deprecata da tutti. Si spera che i tedeschi si oppongano all'annessione e viene invocato l'arrivo delle truppe tedesche in sostituzione di q uelle italiane» li 5J. li console italiano , Giorgio Tiberi, che aveva riaperto la sua sede di Ragusa , se~nalava l'urgenza d' «istituire l'organizzazione civile che clOvrà gover~are questa provincia[ ... ]. Occorre pertanto provvedere alla nomina di un Commissario civile, preferibilmente scegliendo un elemento non raguseo: il criterio che [ ... ] dovrebbe gu idare alla nomina , sarebbe quello di scegliere persona libera dalle influenze locali , e senza un diretto rapporto cli subordinazione da Zara, sia per la distanza, sia per le diverse caratteristiche di questa zona» <76>. Ma I.a soluzione proposta contrastava con le direttive cli Mussolini e con gli orientamenti et( Bartolucci che, per il distretto di Ragusa, nominò commissario civile il signor Sergio Jelich ed il do ttor Felice de Maineri per il comune l77 l.


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A Cattaro, altra situazione dall'equilibrio tutt'altro che stabile, soprattutto per la presenza di un elevato numero di marinai e di ufficiali exjugoslavi. Il Comando marina italiano, per poterli controllare, in base agli ordini impartiti dal generale Zani, «il giorno 19 prescriveva di mantenere in servizio chi voleva restarci e di segnalare, per riunire in campi di concentramento, chi si rifiutava di dare la sua collaborazione» <78l. Rimase in servizio «un numeroso gruppo di ex-ufficiali jugoslavi, adesione che trova la sua ragione nella preoccupazione che la folla affamata assalti i magazzini e le case private in cui essi vivono con le .loro famiglie e, in misura maggiore, nell'incertezza sulla conclusione dello sviluppo politico della questione serbo croata montenegrina» <79>. Situazione, quindi, suscettibìle di ogni sorpresa, ma le autorità italiane furono poste in difficoltà non tanto dai serbi o dai paveliciani quanto da un som1!1ergibile inglese. L'ambasciatore britannico a Belgrado, Ronald Ian Campbell, con il personale dell'ambasciata, lasciata la capitale jugoslava, aveva cercato di raggiungere Cattaro nella supposizione che in quella base navale avrebbe avuto maggiori possibilità d'imbarcarsi su qualche mezzo della marina inglese o jugoslava. Ma il 18 aprile, dal reparto italiano inviato ad occupare il paese di Castelnuovo nelle Bocche d i Cattaro, «alloggiato in albergo viene trovato il personale cieli' Ambasciata inglese a Belgrado con a capo f'ambasciatore» l 80>. Mentre i di plomatici , via terra e sotto scorta, venivano trasferiti a Valona per essere provvisoriamente internati in Italia (8 1>, l'Ammiragliato di Londra, ritenendo che le Bocche di Cattaro fo ssero ancora in mano jugoslava, aveva ordinato al sommergibile Regent di recuperare l'ambasciatore ecl il seguito <82). La mattina del 22, alle ore 7, il Regent, al comando ciel capitano di corvetta Hugh Cristofer Browne, navigando in emersione, bandiera inglese al vento, entrava nelle Bocche ed alle ·1 I clava fondo presso Zelenika C83 >, nella pane interna ciel secondo dei quattro specchi d'acqua intercomunicanti che formano il sistema delle Bocche. A Zelenika, quella stessa mattina, era giunta la 11 a compagnia del 94 ° reggimento di fanteria della divisione 'Messina' (8·1l e, se l'ufficiale italiano, più che stupefatto, era rimasto sconcertato nel vedere attraccare un sommergibile nemico e scendere a terra un ufficiale inglese, questi, a sua volta, più che sorpreso, dovette restare allibito accorgendosi di avere di fronte un ufficiale che non era jugoslavo. Generale ed immed ia to l'allarme per tutti i reparti cli terra e di ma re lungo le insenature delle Bocche ed affannosa richiesta d 'istruzioni a Superesercito perché, pur essendo l'Inghilterra uno Stato nemico, i locali comandi italiani ritenevano ~he, in un caso del genere, l'immunità diplomatic;a potesse estendersi ancl~e al sommergihile:e, prima di pÌ:èiièlere qualsiasi a~;t on0rna decisione, cl1iesero istruzioni da Rorna. 0


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Il capitano di corvetta, Giuseppe Lauricella, ufficiale più elevato in grado presente a Cattaro, ignorando i motivi della missione del Regent e, probabilmente, ricordando l'affondamento delle corazzate francesi a Mers el Kebir da parte di una squadra navale inglese, pensò bene di attivare le difese passive nel non ingiustificato timore che il sommergibile potesse avere come obiettivo il siluramento delle unità da guerra jugoslave alla fonda nel più interno dei quattro specchi d'acqua. Non disponendo di equipaggi italiani sollecitò la collaborazione degli ufficiali e dei marinai ex-jugoslavi. «Questa collaborazione viene data largamente e senza indugio. Il Comandante [jugoslavo - n.d.a.] della difesa dispone, a richiesta, l'immediata chiusura della porta di sbarramento dando la sua opera personale per facilitare il nostro tenente di vascello recatosi sul posto; un tenente di vascello jugoslavo dei sommergibili, con l'aiuto di un silurista jugoslavo appronta al lancio due siluri del suo sommergibile [Osvetnik - n.d.a.] angolandoli secondo le indicazioni che gli sono fornite: un ufficiale [jugoslavo - n.d.a. ] dei servizi tecnici appronta la stazione di lancio Kobila» <85), sita a guardia del passaggio tra il primo ed il secondo specchio d'acqua a circa cinque chilometri di distanza in linea d'aria dal p·unto d'attracco del sommergibile. Sullo stretto di Combur (Kumbur), che porta al terzo bacino, il comandante del 2° reggimento d'artiglieria della dìvisione 'Messina' fece schierare i pezzi dalla I a batteria autoportata <86>. Frattanto a Zelenika l'ufficiale italiano più elevato in grado, in attesa d'istruzioni, si era accordato con il comandante del sommergibile, ed agaranzia dei reciproci impegni un sottotenente di vascello inglese venne trattenuto a terra come ostaggio mentre il sottotenente di fanteria Armando Bonetti saliva a bordo del Regent l 87>. Supermarina, informato dal Comando Supremo della anomala situazione insorta a Catta ro, dava ordine all'aviazione di affondare il sommergibile (88) . «Verso le 15 due nostri apparecchi da bombardamento, giunti nel cielo di Cattaro lanciano alcune bombe sul sommergibile che pro babil mente colpito si immerge e si allontana» (89), dopo esser stato anche mitragliato, con dei feriti fra cui il comandante <90>. Il sommergibile, con a bordo il sottotenente Bonetti, in immersione, sfuggì alla stazione di lancio di Kobila ed in mano ital iana rimase il sottotenente di vascello inglese. A Spalato, q uelia stessa mattina, mentre il dottor Edo Bulat «partiva improvvisamente alla volta di Zagabria per rendere edotto della situazione il dott. Ante Pa.velié» (91 l, cioè della presa di possesso da parte del commissario civile dell' ex-Espositura, ]'«Amministrazione municipale, con alla testa il dott. Bruno.Na rde lli . dava ostenlata men.te le sue dimissioni in massa


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per atto di solidarietà nei confronti del Bulat. E l'atteggiamento dei paveliciani locali da più o me no favorevole diveniva da allora ambiguo se non proprio ostile» C92l. li commissario civile, tornato in mattinata a Spa lato, convocava i capi servizio croati dell'amministrazione dell 'ex-Banato, ed in un clima di comprension e e di disponibilità esaminava i più urgenti p roblemi per la riorganizzazione della vita cittadina (93) . Successivamente riuniva gli oltre quattrocento impiegati, assicurandoli che il Governo italiano intendeva avvalersi con continuità della loro opera, sempre che avessero leal mente adempiuto al proprio dovere <94>. La buona volontà d el personale , anche se rassegnata, confortava un ceno ottimismo, ma gli u stascia fecero «circola re le voci p iù infondate fra i funzio nari : soprattutto si valsero dello spauracchio che l'occupazione italiana sarebbe stata passeggera e perciò si sarebbero poi vendicati su Lutti coloro che avessero validamente collaborato con l'Itali a)> <95>. La possibile fo ndatezza di queste intimidazioni venne - forse anche n on casualmente confermala il giorno successivo, 23 aprile, dal lancio di volantini su SRalato e sulle altre città della costa da parte d'un aereo croato. Vi si inneggiava alla rinascita dello Stato indipendente di Croazia che, nei suoi confini, comprendeva « la nostra cara Dalmazia» <96l.' «Sulla base d'indicazioni confidenziali, gran quantità di fucili, rivoltelle, fucili mitragliarori , canucce e munizioni venivano scoperti in diversi pun ti della città e in cliff.erenti località della perife ria. Ciò provocava, come misura di reazione, l'ordine di deportazione a Fiume dei militari croati che fino allora erano stati rimandati liberamente alle loro case e gettava in tutte le famiglie un'ondata di costernazio ne e di timore» <97l. Corre\'ano voci di complorti, di tentativi di ri volca. «Come misura precauziona le [il] Generale Zingales aveva tuttavia provvedu10 rinforzare i vari prcsìdi militari sparsi nella città e aumentare i ~ervizi di controllo e perlustrazione notturna. Alcuni ustasci di sentime111 i non troppo ben definiti erano s1ati trattenuti presso Comando Carab inieri per toglierli dalla circolazione e nello stesso tempo averli come os1ag!!i» (98!. li fermento si a.:ui nella giornata del 24 aprile quando, ad opera di « mestatori e sobillatori , con a capo molti di quegli stessi ustasci che in un primo momento avevano affiancato le nostre truppe nel non facile compito della protezio ne dell'ordine pubblico» <99>, venne inscenala una dimostrazio ne dopo aver fatto circola re la notizia <<dell 'imminerite arrivo a Spalato di repa rti dell'eserci to 1edesco che av rebbero assumo il con 1rollo della cit1à , mettendo a posto gli ita liani. Giovanotti e ragazze, ostentando su l petto l'emblema della svas1ica, si abbandonavano sulla Riva ad una insincera ed arti ficiosa ma nifestazione d i simpatia a ll ' indiri zzo cli alcuni 1edeschi appar-


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tenenti alla Hitle,jugend qui di passaggio e acclamavano in forma inusitata e scomposta il Fuhrer» oooi. Dalle finestre venivano esposte bandiere croate con la croce gammata. L'intervento di alcuni reparti italiani fece cessare la manifestazione. Frattanto, in base agli ordini del comando della 2a Armata - divieto di costituire in Slovenia ed in Dalmazia organizzazioni militari, ad imitazione di quanto avveniva in Croazia, dove le 'aspirazioni nazionalistiche' si andavano concretizzando «nella formazione di reparti armati che dovrebbero rappresentare i nuclei delle forze armate» (J O!J - il generale Zingales orientava i comandi dipendenti nel senso che «i reparti Ustascia dovranno essere disarmati» OD2l e che «i loro ufficiali e capi dirigenti devono essere tenuti responsabili di eventuali disordini nelle località occupate» <103 l. Il disarmo di quesLe formazioni era necessario anche per capire da quale parte venissero ancora usate le armi. Un plotone del genio, presso Scardona (vicino Sebenico), mentre stava bonificando un ponte sul Cherca, «minato alle spalle con quattro cariche già innescate ed intasate» (t04), era stato co.involto in una sparatoria conclusasi fortunatamente senza vittime e con la cattura di cinque armati. La situazione evidentemente non era tranquilla ed anche il comando 'Truppe Zara' aveva ordinato al presidio di Tenìn di inviare ad Ervenico , dove «si trovavano bande armate et deposito arini a utomatiche et munizioni» ciosJ, la compagnia carri ed una compagnia cli bersaglieri del battaglione ' Zara' in modo da proteggere, sia pure indirettamente, i reparti del genio impegnati nella riattivazione delle comunicazioni telefoniche e telegrafiche oltre che nella riparazione di ponti danneggiat i o distrutti <106>. Il 21 aprile a Spalato, l'ammiraglio di divisione Oscar Di Giamberardino, assunto il 'Comando mili tare marittimo della D al mazia occupata ', ordinava la presa di possesso dell 'ex-comando marina jugoslavo , della stazione di vedetta e dell'Istituto idrografico <107l . Sulla R. Nave Jlliria , Di Giamberardino ricevette l'ammiraglio croato - già jugoslavo - T .T . T ijanié, .comandantè della marina jugoslava in Dalmazia, il quale alJ 'inizio delle ostie lità aveva trasferito il proprio comando da Spalato a Sebenico. D i fro nte a ll' avanzata della ' Torino ' aveva ripiegato su Spalato dove «gli ufficiali e gli equipaggi delle unità navali qui riunite avevano disertato>>. C'era stato anche un inizio di saccheggio con qualche tentativo di sabot.aggio al naviglio è l'ammiraglio, per prevenire maggiori danni, aveva riunito un gruppo di ufficiali e di marinai a lu i a ncora devoti , affidando loro la custodia delle navi e «alzando su ogni unità la ba ndiera croata>> ( JOSJ. Questo fatto poneva l'ammiraglio Di Giamberardino di fronte ad un problema notevolmente delicato, in quanto l'armistizio era ormai in vigore da Lre giorni e le navi, già jugoslave, ora alzava no la bandiera di uno StatO diverso che si professava a lleato ·e amico. Era una situazione che poteva essere risolta solo in


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due modi: o con la forrn o con l'accordo. L'ammiraglio trovò la soluzione nella disponibilità del comandante croato, e «per evitare possibili azioni di sabotaggio o addirillura l'affondamento delle unità da parte di detto personale jugoslavo all'al Io della nostra presa di possesso, ho convinto - riferiva a Roma Di Giarnbcrardino - l'Ammiraglio T.T. Tijanié di far risultare l'occupazione italiana ctia un verbale, sottoscritto da due rispettivi rappresentanti. Ciò è avvenuto regolarmente» (109>. Contemporanean1ente, tanto a Sebenico quanto a Cattaro erano stati costituiti i Comandi lllarina, il primo affidato al contrammiraglio Attilio Secchi e l'altro al co111rammiraglio Giulio De Angelis <110>. Sino a quel momento, però, le isole dafmate a sud cli Zara non erano state ancora occupale e, mentre l'ammiraglio Di Giamberardino si stava accorciando con il generale Zingales per i11 viare con naviglio jugoslavo requisito un dist:accamento dell'esercito a Cùrzola, da Supermarina giunse l'ordine di procedere all'occupazione di tutte le isole< 111J. Per il settore di Sebenico venne allestita una spedizione al comando del capitano di corvetta Emanuele Tognelli che, il 22 aprile, con elementi della 3a compagnia del battaglione 'Grado' sbarcava sulle isole cli Slarino (Zlarin) e Provicchio (Prvié); il giorno successivo su quella di Zuri (Zirje), Capri (Kaprije) e Cacan (Kakan). Il 24 concludeva l'operazione con l'occupazione di Smolan (Zmajan), Diat (Tijat) e Lucorano (Logorun). Dovunque «la popolazione mantenne un contegno indifferente e passivo con ostentata freddezza nei giovani [... ] vennero ricuperate alcune centina\a di fucili, una trentina cli mitragliere, qualche tonnellata di munizioni, telefoni da campo, ma-schere antigas, buffetterie e materiali diversi di dotazione dell'eserciLo» (1121 • La notevole q uantità di arrni era dovuta al fatto che sulle isole, integrate nel sistema difensivo della vicina base navale, esistevano apprestamenti militari con posLazioni d'artiglieria a protezione del canale e dell'imboccatura ciel porto di Sebenico. Da Spalato, l'ammiraglio Di Giamberardino fece partire la torpediniera San Martino con una compagnia del battaglione 'Grado' e l'ordine di sbarcare, in successione, sulle isole di Solta, Brazza, Lèsina, Lissa e Cùrzola, ed i singoli distaccamenti «dovevano occupare soltanto la locali tà cli sbarco ed eventualmenle asserragliarvisi in caso cli resistenza, in attesa dei ri nforzi che sarebbero giunti l'indomani» <113), con piroscafi ex-jugoslavi requisiti. La San Martino salpò eia Spalato nel pomeriggio del 22 ecl a sera i primi nuclei avevano preso terra a Stornora (isola di Solta), Milnà (isola della Brazza) e Lèsina, dove furono festosamente accolti dalla comunità italiana <114i che, prima dell'inizio del conflitto, per mancanza di mezzi navali, non era stata sgomberata.


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Mentre era in corso questa operazione, giunse a Spalato un telecifrato da Supermarina per ribadire l'urgenza della occupazione delle i.sole Curzolane, annunciando !'«invio Squadriglia Granatiere per occupazione LissaCùrzola-Lèsina-Mèleda» 0 15>. Le navi, partite da Brindisi, giunsero a Spalato nella notte. Da qui, - meno il Granatiere che rimase agli ormeggi per avaria - ripresero il mare i cacciatorpediniere Alpino, Fuciliere e Bersagliere. Alle prime luci del 23 aprile a Lissa approdò la torpediniera San Martino, dopo un'ora il caccia Bersagliere, alle 13.30 il piroscafo jugoslavo requisito Vis, ciascuno sbarcando un proprio contingente (1 l .fi). Il Fuciliere raggiungeva Cùrzola. L 'Alpino sbarcava sull'isola di Mèleda anche un contingente della M.V.S. N .. « I repa rti della Milizia si internano nell'isola e dopo circa un'ora di marcia procedono, sempre pacificamente, a ll'occupazione dell' abitato di Babinopolje. All'arrivo in questo paese, tutto pavesato con bandiere jugoslave, sono salutati da una parte della popolazione e da un avvoca to inviato dal Governo di Zagabria» <117l. Era un altro rap presentante di Pavelié, come l'avvocato Slovinié a Ragusa, per cui la segnalazione del Servizio informazioni militari (S.I.M .) che «nel territorio dalmata la popolazione ostenta quasi ovunque la propria certezza nell'annessione allo Stato croato» <11 8l , fotografava la tempestività dell'azione dei nuovi dirigenti croati. Il completamento delle operazioni di presidio sulla terraferma e nel le isole era indispensabile premessa per l'avvio delle attività del commissario civile che , frattanto, aveva ottenuto l'autorizzazio ne di porre la propria sede non a Sebenico, come indicato d a Roma, ma a Spalato . Barto lucci aveva insisti to per questa scelta ritenendo «indispensabile cli avere da vici no una conoscenza perfet ta dell'ambiente, che si prospettava assolutamenLe nuovo e con problemi d el tutto di versi da quelli d ella p ro vincia d i Za ra>>t 11 9l, ma soprattu tto per dimostrare «la volontà di insediarsi nel cuore ciel paese liberato» c120 >. Inoltre, sul piano pratico, l'ed ificio clell'ex.éspositura offriva sufficiente capienza «in vista della costi tuzione del le rappresentanze degli Uffici dei vari Ministeri italiani» (121>, ed in città vi era d isponibilità di alloggi per le famiglie dei nuovi fu nzionari ed impiegat i.

GLI INTERVENTI DEL COMMISSARIO C IVILE li 24 apri le, sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia veniva pubblica ta l'ordinanza con la nomina di Bartolucci a commissario civile, retrodatandone la decorrenza a l 12 dello stesso mese (cioè al momento in cu i i repani del comando ' Truppe Zara' a vevano superato il con fine) ; d ue giorn i dopo ,


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il comando della 2a Armata glì faceva pervenire una seconda 'istruzione' 0 22>. Mentre quella del I 7 aprile aveva prevalentemente considerato la salvaguardia degl'interessi di un esercito ancora in campo, questa era molto più aderente ai problemi amministrativi della Dalmazia. Quale premessa ai 'compiti speciali e principali' 0 23> che il commissario civile avrebbe dovuto assolvere veniva chiarita la questione delle sue dipendenze. «Per tutto quanto concerne la situazione politica, l'ordine pubblico ed, in genere, le questioni interessanti la sicurezza, l'attività ed i compiti delle truppe di occupazione» Cl 24l, Bartolucci era sottoposto alle direttive del comando del Corpo d'armata con giurisdizione sulla Dalmazia. Invece «per la trattazione degli affari di propria spettanza», cioè per <<il funzionamento dei servizi civili di Stato» e l'esercizio delle «funzioni di controllo già di pertinenza dell'Autorità Politica Regionale Jugoslava» faceva capo direttamente a Roma, ai vari ministeri, adempiendo in ogni caso a «le proprie attribuzioni con bene inteso spirito di autonomia e con larga responsabilità» <125>. Tuttavia questo sistema, indubbiamente elastico e flessibile, se non bene inteso, avrebbe potuto dar luogo ad attriti poiché attribuiva al comando dèi Corpo d'armata il controllo della situazione politica che, in quei momenti, era determinata dal risentimento delle popolazioni nei confronti dell'Italia, dall'antagonismo fra croati e serbi, dall'incertezza dell'annessione, nonché dalle prime attività del Partito fascista che, a stretto rigore, l' autorità militare avrebbe dovuto controllare. Ma il commissario civile, pur restando sempre un gerarca del Partito, «dal quale mi sentivo effettivamente ed esclusivamente di dipendere» (126), nei rapporti con il generale Zingales e, successivamente, cowil generale Dalmazzo, non trovò incomprensioni anche perché. posta la sede del commissariato a Spalato, «lavicinanza con il comando della VI Armata [recte: Corpo d'armata] evitava carteggi e soprattutto malintesi» 0 27l . I compiti 'speciali e principali' della nuova istruzione riguardavano i settori più diversi: dall'organizzativo-amministrativo al sociale, dall'economico al finanziario, dalla sicurezza pubblica a quello politico. In quest' ultimo campo il commissario civile doveva far sentire la presenza dello Stato italiano diffondendo la bandiera nazionale «fra tutte le popolazioni onde essere esposta»; far togliere dagli uffici pubblici «le effigi di ex-reali e di ex-personalità jugoslave»; esporre quelle «del Re Imperatore e del Duce»; far adottare dai funzionari e dai dipendenti delle varie amministrazioni il saluto romano; propagandarlo tra le popolazioni; far scrivere lungo le strade e le facciate delle case frasi e motti del Duce <1 2si. Sul piano organizzativo-amministrarivo, qualora il commissario civile avesse ritenuto più funzionale suddividere in zone i territori affidatigli, aveva


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facoltà di nominare dei 'sottocommissari civili' mentre in queJlo amministrativo-burocratico doveva urgentemente provvedere all' «immediato censimento e al computo del fabbisogno per gli emolumenti» 0 29> spettanti ai dipendenti croati in servizio ed in quiescenza, sia statali che degli enti locali, in modo da accertare l'onere che veniva assunto daJlo Stato italiano. Nello stesso tempo doveva bloccare i fondi presso le tesorerie dei vari uffici, i depositi nelle banche e negli istituti di'pegno, vietare i pagamenti ad enti o cittadini stranieri facendo versare i relativi importi in appositi conti presso banche italiane <130>, non consentire esportazione di denaro, titoli di credito, oro, argento, preziosi ed oggetti di pregio artistico; stampigliare i valori bollati jugoslavi, fiscali e postali, «con applicazione scrupolosa delle norme che sono state e che saranno emanate» in materia valutaria soprattutto in rapporto al nuovo cambio della lira ~on il dinaro <131 >. Nel settore alimentare era di primaria importanza accertare la consistenza delle scorte nei depositi, nei magazzini, presso grossisti e dettaglianti, valutando, per i singoli comuni, il fabbisogno giornaliero di farina e di grassi, segnalando le deficienze al comando della 2a. Armata. Nel contempo i prezzi andavano calmierati con la pubblicazione di listini in base al nuovo cambio dinaro-lira vigilando perché non avvenissero «speculazioni da parte di borghesi nel ·cambio della valuta», impedeudo «qualsiasi vendita all'ingrosso di generi alimentari» ai consumatori ed il «diffondersi di rappresentanti di ditte straniere [tedesche - n.d.a.], favorendo invece al massimo le ditte italiane» <132) . Primo impegno sociale, il ripristino dei servizi pubblici - acqua, gas, luce, tramvie - e «la costituzione di centri di assistenza da parte del Partito fascista attraverso la organizzazione del dopolavoro, i fasci femminili, le organizzazioni giovanili». Nei settore della stampa, quella croata doveva essere sottoposta a controllo; censite le testate; accertati gli orientamenti politici dei singoli direttori e redattori ; favori ta lai diffusione dei giornali italiani, specialmente de // Popolo d'Italia; promosse edizioni bilingui di giornali locali (133). Delicato il problema della scuola perché, all'inizio delle ostilità, le lezioni. erano state sospese. Fu decisa la chiusura anticipata dell'anno scolastico, e venne ordinato di procedere «agli scrutini di fine d'anno, basando il punteggio sulla media del primo semestre», con la raccomandazione di «dare la massima benevolenza nei giudizi di esame» <134) . In tal modo si perseguirono più scopi: si tranquillizzarono gli studenti e le famiglie, si lasciò all'esercito la disponibilità delle scuole occupate per l'accantonamento dei reparti, si evitò l'organizzato ritrovarsi di masse giovanili quando ancora non era possibile un qualsiasi controllo degli studenti e dei docenti.


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L'attuazione di questi compiti presupponeva un'attenta vigilanza nel campo della sicurezza, dell'ordine pubblico e, per evitare sorprese, il commissario civile rese noto «ovunque e a tutti che qualsiasi attentato alla vita dei militari e dei borghesi italiani è punito con la fucilazione» C135J. Contemporaneamente era necessario impedire, 'con ogni mezzo' qualsiasi manifestazione d'ispirazione naziona)jstica da parte di organizzazioni locali procedendo, nel caso, all'occupazione delle loro sedi ed alla sospensione delle attività. Per gli stranieri appartenenti a paesi nemici, era previsto l'internamento; per i consolati la chiusura (l36J, salvo quelli degli Stati neutrali che andavano attentamente controllati. Al fine di un migliore coordinamento dei vari compiti e per far partecipare gli stessi croati alla responsabilità della gestione e dei problemi locali, il commissario civile aveva facoltà di promuovere riunioni «di esperti o di rappresentanti di varie categorie professionali per lo studio di tutti i problemi economici onde risolvere al più presto le varie difficoltà del momento» (137 l . Nel campo valutario, un bando di Mussolini del 16 aprile, aveva disposto che i «pagamenti di qualsiasi natura da parte di comandi, enti e servizi delle forze di occupazione nonché delle persone appartenenti a dette Forze al seguito di esse potranno essere effettuati in lire italiane», fissando il rapporto del cambio in tre dinari per una lira <138>. Un successivo bando del 24 aprile sottoponeva ad autorizzazione del commissario civile «l'esportazione di merci e di qualsiasi altro oggetto verso territori che non siano quelli dello Stato italiano e del Regno di Albania», cioè verso la Croazia. Era·vietato il trasferimento da e verso la Dalmazia dei biglietti di banca italiani, albanesi e jugoslavi, mentre per gli assegni, i vaglia cambiari e gli altri titoli di credito si doveva ottenere un'apposita a utorizzazione (139l. Tn tal modo sul commissario civile veniva a gravare la piena responsabilità del delicatissimo settore valutario in un territorio ancora senza confini e privo di linea doganale. Dal canto suo il comando del Corpo d 'armata, il 24 aprile, con un bando del generale Zingales prorogava l'inizio del coprifuoco alle ore 21, confermava il divieto d'assembramento per più di quattro persone, istituiva per gli autoveicoli uno speciale permesso di circolazione ci 4oi . Dalla 2a Armata giungeva l'ordine di vietare il transito attraverso le frontiere nazionali, da e verso i territori occupati, ai civili sprovvisti di salvacondotto 0 41 >, determinando nei primi momenti un notevole disagio fra gli zaratini impegnati oltre confine nelle attività di commissariato. Un altro ba ndo prorogava al 29 aprile la· consegna delle armi e delle munizioni comminando il deferimento al tribunale di guerra di quanti non avessero ottemperalO nei termini (142l.


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Il 26 aprile il prefetto Zattera telegrafava al ministero dell'interno: <<Stamane Commissario Civile Dalmazia occupata è partito unitamente tutti i funzionari messi a sua disposizione per Spalato dove sarà fissata sede Commissariato» <143>. A Spalato, dopo la manifestazione filo-tedesca del 24, che era «abortita cosi miseramente.grazie soprattutto ammirevole contegno tenuto nell'occasione dalle nostre truppe» 0 44), non si vedeva più alcuna bandiera croata, ma fra la popolazione era «subentrato senso cupa rassegnazione di cui sono indice diminuzione traffico nelle strade, atteggiamento accigliato dei passanti, le molte case con le imposte chiuse, negozi presso che vuoti, focali pubblici quasi unicamente requisiti dai nostri militari. Quella baldanza che· specialmente da parte dei pavelìciani si notava un poco dovunque anche dopo avvenuto ingresso nostre truppe è sparita completamente» (1 45).

In questo ambiente Bartolucci iniziò la propria attività procedendo alla nomina dei commissari straordinari nei vari distretti, da Zaravecchia a Metcovich, da Sebenico a Ragusa, da Macarsca a Cùrzola e, nell'interno, a Signo e !moschi oltre che nella più lontana isola di Lissa 046). Contemporaneamente provvedeva alla nomina dei commissari per il controllo e la gestione delle attività economiche come la tenuta di Vrana, unico centro di produzione agricola, già presidiato da militari italiani per iniziativa del generale Giglioli <147l; le centrali elettriche di Manojlovac e di Kraljevac; i depositi della She/1 a Ragusa e Spalato; la Camera di commercio di Spalato <148l. Per il più opportuno coordinamento nominò un unico commissario agli ospedali di Zaravecchia, Zemonico, Tenìn, Sebenico e Bencovazzo nella persona dell'avvocato Antonio Arneri, presidente dell'amministrazione dell'ospedale provinciale Principe ·di Piemonte di Zara. \

II 28 aprite, il commissario civile convocò a rapporto i funzionari italiani - fino a quel momento quindici persone (149) - giunti a Spalato dai vari· ministeri. Era una necessaria presa di contatto, sia per uno scambio di idee in merito al lavoro da affrontare, sia per coordinare i rapporti da intrattenere con il personale ex-jugoslavo che volontariamente poteva restare ai rispettivi posti, quanto per una valutazione circa l'urgenza dei singoli problemi ma, in particolare, per evitare che l'entusiasmo con cui questi funzionari avevano chiesto ed accettata la nuova destinazione venisse incrinato dall' impatto con la realtà della situazione in Dalmazia. «Le mie nuove impressioni sulla riorganizzazione dell'amministrazione civile mi fanno acquistare un quadro differente da quello che mi ero formato da lontano sulla scorta , dei giornali: questa riorganizzazione è ancora in embrione, per mancanza di gente e per deficienza di mezzi di comunicazione» <15oi, annotava nel suçi diario il dottor Oscar Randi, inviato a Spalato dal ministero della cultura


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popolare. Nel pomeriggio il commissario civile presentò al generale Zingales <<i funzionari capi dei servizi civili giunti a Spalato dai singoli Ministeri per organizzare l'annessione della Dalmazia» 0 51 l. «L'Eccellenza ha diretto ai funzionari parole di incitamento per la loro opera che, in questa terra ed in questo momento, ha un'alta importanza, ed alla quale è legato il prestigio civile della Nazione oggi vittoriosa in armi», informandosi circa «le prime indicazioni sommarie sui contatti presi con le autorità locali e sui primi provvedimenti presi per il riordinamento della vita civile ed economica» (152>. In quelle stesse ore, a Spalato, cessava la pubblicazione del quotidiano Novo Doba (Era Nuova) «portavoce dell'ambiente jugoslavo spalatino , con tendenze notoriamente antitaliane e con velleità di postume polemiche» <153l. Il consigliere nazionale Carlo Scorza, presidente dell'Ente Stampa, _giunto appositamente da Roma 0 54l, sistemale le questioni amministrative con la vecchia proprietà, aveva dato il via nella stessa tipografia del Novo Doba al primo numero del San Marco!-Edizione di Spalato in un testo bilingue, data la estrema importanza di realizzare un diretto contatto con le popolazioni. Questo rapporto con l'elemento croato sarebbe stato potenziato con l'installazione di un centro radiofonico e, sin dal 21 aprile il_ sottosegretario alla cultura popolare, Gaetano Polverelli, aveva comunicato che «il Duce ha disposto che una stazione radio trasmittente della potenza di 800 W disponibile presso EIAR Milano venga mandata in Dalmazia. · A sede dell'impianto è stata prescelta la città di Spalato» <155). Come direttore del nuovo giornale, che riprendeva il nome del quotidiano di Zara San Marco!, venne nominato Antonio Just Verdus, (direttore del fogli o di Zara) il quale, in mancanza di qualsiasi altra soluzione, utilizzò il preesistente personale ex-jugoslavo di redazione e di tipografia. Garantita la conservazione del posto, lasciò che ciascuno prendesse liberamente le proprie decisioni. Tutti, meno una persona, rimasero al lavoro. Ma anche così, per il d irettore, intuitivamente, la situazione era tutt'altro che agevole, aggravata sul piano redazionale dalla mancanza dei comunicati Stefani perché le linee telegrafiche con Zara e con la Penisola erano requisite dalle autorità militari. Verdus, per sopperirvi, ricorse ai notiziari della radio facendoli riprendere dall'unico stenografo a disposizione: uno slavo mussulmano che non conosceva la lingua italiana. Venivano, quindi trascritti i soli notiziari diffusi da Roma e da Berlino in lingua slava che il direttore del giornale traduceva personalmente in italiano <156>. In ogni modo, nella mattinata del 29 aprile, il San Marco!-Edizione di Spalato - quattro pagine in italiano con un inserto di quattro pagine in croato - era neUe,edicole, incontrando il favore della popolazione da più giorni priva di qualsiasi giornale Cl 57l. Fra le notizie di carattere locale veniva dato rilievo alla nomina del senatore del Regno, Antonio Tacconi, a commissario del comune di Spalato.


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Le riserve tenacemente opposte da Tacconi, che sul piano politico locale non riteneva opportuno assumere l'incarico, erano state vinte dalla insistenza del commissario civile. Alcuni giorni dopo Tacconi;in una lettera al senatore Alessandro Dudàn, avrebbe scritto: «Non occorre ti spieghi i motivi del mio troppo lungo silenzio, ché avrai immaginato il vortice di avvenimenti ed occupazioni, dai quali sono travolto. Tra l'altro, secondo me devi essere informato, ho dovuto assumermi dopo lunga resistenza il locale Comune in veste di commissario, incarico il più ingrato ed assorbente[ ... ] l'effettiva presa di possesso di questi paesi costituisce ormai una quistione di buona amministrazione, per cui in questo campo va dedicato il massimo interessamento» (158). Il senatore Tacconi, che era sempre rimasto a Spalato anche negli anni della dominazione jugoslava, appariva la figura preminente fra gli italiani della Dalmazia: uomo tenace, anche testardo, ma infaticabile nella difesa e nella tutela di quanto d'italiano vi era nella sua terra e, naturalmente, altrettanto avversato dai croati per la sua azione politica, quanto stimato per onestà ed equilibrio. Ma, in quei momenti, l'ambiente croato - come il senatore aveva intuito - non poteva non vedere nella nomina di Tacconi la vittoria, soprattutto locale, di un tradizionale avversario, pur rendendosi conto delle garanzie che una simile scelta rappresentava per tutti. L'incarico affidato a Tacconi rischiò di sollevare attriti a livello di Governo e l'incaricato d'affari, Casertano, da Zagabria segnalava a Roma che «noniina Senatore Tacconi Commissario Civile Spalato ha prodotto in questi ambienti Governo sfavorevole impressione. Si cc,nsidera provvedimento contrastante con assicurazioni date a questo Governo nel corso trattative sulle nostre intenzioni comporre ogni disaccordo tra maggioranza etnica croata e minoranza italiana città per addivenire ordinamento amministrativo previsto da accordo confinario . Esprimesi timore che molti croati spalatini oggetto rappresaglie e persecuzioni verranno ad ingrossare file fuorusciti dalmati in questa capitale contribuendo con loro presenza accrescere preoccupazioni interne governo Pavelié e turbando serenità relazioni italo-croate 0 59>)> . Invece il comando del VI Corpo d ' annata, riferendo sulle gravi situazioni economico-sociali di Spalato rilevava che «con la nomina del senatore Tacconi a Commissario per il Comune la popolazione spera di ottenere da noi - a suo mezzo - quei provvedimenti che ritengono indispensabili per risolvere la grave crisi» (160). La soppressione del Novo Doba, l'uscita del nuovo giornale con la testata San Marco !-Edizione di Spalato, la nomina del senatore Tacconi, non potevano non avere ripercussioni tra i croati di Spalato, ed il console · generale Arduini, informando il ministero degli affari esteri circa le reazioni dell'opinione pubblica , piuttosto preoccupato, telegrafava: «Si è ormai compreso [da parte croata - n.d.a.] che, qualunque possa essere domani


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assetto definitivo politico Dalmazia, sorte Spalato è già segnata[ ... ]. Ecco perché in questo momento delicatissimo ed in vista di quell'azione di lento graduale accaparramento popolazione che dovremo pur far valere, sembra al sottoscritto che converrebbe non spargere nuovo aceto sulle piaghe, affermare la nostra forza sì, ma non gettare aria in faccia ai vinti con ostentazione spavalda; eliminare per quanto possibile da ogni nostro gesto il carattere di vendetta o aspetto di sopruso e dare invece la sensazione di una mano ferma e sicura che assuma le redini della pubblica amministrazione, animata migliori intenzioni e da un largo spirito comprensione. Se di consentimento è, per Io meno oggi, prematuro parlare, ciò non toglie che si possano smussare gli angoli e accorciare le distanze per raggiungere quella normalizzazione della situazione che con tanto tatto e saggezza persegue il Comando Militare» (16 1). Pur riconoscendo che, per i croati, i fatti di quei giorni dovevano avere un peso particolare, l'angolazione con cui il console generale ne dava notizia risentiva d'una critica di fondo, quasi strisciante, che traspariva specie nei confronti della soluzione adottata da Roma con la nomina del commissario civile e nei cui confronti Arduini prendeva posizione, concludendo il telegramma con le seguenti parole: «mentre perfetto è stato sin dai primi momenti ed è tutt'ora l'accordo fra il sottoscritto ed il Comando stesso, altrettanto non posso dire, con mio rincrescimento, dei rapporti che intercedono fra questo R. Ufficio ... [mancano delle parole] ... nella sua nuova veste di Commissario Civile. Quest'ultimo ostenta ignorare la presenza del sottoscritto mettendolo praticamente nella impossibilità compiere la sua funzione di 'osservatore' . Piu o meno la stessa cosa si verifica a Sebenico, secondo quanto mi viene dal Cav. Fabiani» <162l. Non siamo in grado di precisare i motivi di questa segnalazione che il console generale intese rendere ancora più specifica in un successivo telegramma dove, riferendo sulla convocazione presso il commissario civile dei funzionari capi servizio giunti da Roma si lamentava che «a tale riunione non sono stato invitato; il che conferma atteggiamento assunto nei miei riguardi dal Commendator Bartolucci» 063). Più che di suscettibilità, probabilmente, dovette trattarsi d'uno dei tanti inevitabili attriti di assestamento, in una città dalla situazione ancora indefinita sul piano internazionale, che il rappresentante del ministero degli affari esteri, avendo riaperto.il consolato, considerava ancora territorio estero, - ed a stretto rigore non a torto ritenendo quindi preminente la propria posizione. Il commissario civile, invece, sulla base della investitura avuta da Mussolini, sentiva che la Dalma- . zia era già acquisita all'Italia tanto da curarne l'assetto dei vari servizi con i criteri propri dell'ordinamento del Regno, dove la competenza del ministero degli affari esteri e dei suoi organi, per le loro stesse finali tà, non avevano giurisdizione.


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Nella serata del 29 aprile giunse inaspettataménte a Spalato il generale Ambrosia, accompagnato dagli ufficiali addetti al comando della 2 3 Armata fra cui l'Altezza Reale Eugenio di Savoia, Duca di Ancona, il tenente colonnello Giacomo Acerbo, il capitano degli alpini Dino Grandi; presidente della Camera dei Fasci e delle Corporazioni <164>. A mezzanotte il generale Dalmazzo, comandante del VI Corpo d'armata, assumeva in Dalmazia i poteri militari Cl 65 l e per alcuni giorni vi sarebbe stato l'avvicendamento dei reparti del Corpo d'armata autotrasportabile destinato ad altro impiego.

IL RITORNO DEGLI ITALIANI IN DALMAZIA - IL PROBLEMA ALIMENTARE E LA DISOCCUPAZIONE

If giorno successivo arrivò a Spalato il piroscafo Eridania con gli oltre ottocento connazionali che avevano abbandonato la città prima dello scoppio del conflitto <16?l. A Sebenico erano stati sbarcati gli italiani del posto e, a Spalato, scesero anche quelli di Cùrzola e di Traù <167>. All'arrivo erano presenti le autorità civili e militari con il commissariò civile e l'ispettore del partito Giorgio Suppiej il quale, così, vedeva realizzato il ~uggerimento di far rientrare gli italiani della Dalmazia, oltre tutto per rompere il fronte croato che, con la occasionale compattezza, poteva aver falsato le prime impressioni delle truppe italiane nel loro contatto con la popolazione. ' Sul molo era schierata la banda dell'80° reggimento fanteria . «Dal piroscafo i profughi agitavano le grandi bandiere tricolori[ .. . ] i fazzoletti azzurri coi leopardi d'oro della natia Dalmazia[ ... ]. Si iniziava lo sbarco che dava origine a nuove manifestazioni dì entusiasmo[ ... ]. Sul molo si andavano inquadrando gli organizzati della G.l.L man mano che scendevano dal piroscafo, per cui si formò in breve un grande corteo che, con in testa la banda e le gerarchie sì mise in moto verso la Riva Diocleziano>>0 68>. Il giorno dopo Suppìej riferiva a Roma che <<gli italiani sono rientrati ieri a Spalato , Sebenico, Traù, Ragusa e Cùrzota, pieni di fede e di gioia. Hanno fatto una dimostrazione che rimarrà memorabile in queste terre e che ha commosso gli stessi croati» 0 69l. Il San Marco I-Ediz ione di Spalato nel riportare la cronaca dell'arrivo segnalava fra 1~ autorità presenti il «console generale d 'Italia a Spalato Comm . Arduini col viceconsole Roberto de .Cardona ed il personale del Consolat o Generale che fu in Spaliato fino al 3 aprile». Alcuni giorni dopo il console generale riferendo sulla crisi alimentare di Spalato faceva presente che «il generale Dalmazzo si è reso subito conto della situazione e lotta con straordinaria energia per rinnediarvi , validamente assecondato dagli organi del Commissario Civile)) l 170 >. Si era stabilita l'intesa .


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Mentre i connazionali rientravano nelle loro case, sulfa corriera SpalatoSigno vennero arrestate due persone «in possesso di circa 300 manifestini di propaganda comunista» <171 l firmati da 'Il Comitato Centrale del P .C.J.' e da 'Il Comitato regionale per il P .C. Croato per la Dalmazia' 0 72). Definivano illusoria l'indipendenza dello Stato croato; attribuivano a1 capitalismo le sciagure abbattutesi sulla Jugoslavia; venivano chiamati a raccolta i contadini e gli operai «deprecando la mancata unione all'U.R.S.S. unico Stato dove il popolo non viene oppresso» <173l. Era la prima documentata dimostrazione dell'esistenza di un'attività comunista clandestina che cercava di propagandare fra la popolazione sentimenti irredentistici <174>, e di «sfruttare ai suoi fini il malcontento dell'elemento croato intransigente, per la nostra occupazione, nel tentativo di far proseliti alla propria causa» c1 7s). Ma alle autorità italiane risultava che «elementi provenienti da Zagabria continuavano a sobillare con propaganda occulta la popolazione croata di Spalato ed invitando ad opporre tenace resistenza, intesa soprattutto a boicottare ogni forma di penetrazione politica italiana. A chi dimostra di assecondare l'attività delle nostre autorità si fanno minacce, che si ha ragione di ritenere provenienti da elementi 'ustasi'» <176>. In tal modo su quello stato d'animo in cui si trovava la popolazione avvilita per la sconfitta, preoccupata per il blocco dei traffici, per la rarefazione dei generi alimentari, cominciava a pesare la propaganda tanto dei comunisti che dei paveliciani. Si trattava d'una inquietante confluenza di due movimenti che, pur ideologicamente antitetici, in più momenti finirono con l'allinearsi, se non anche ad intendersi. Dalla fase della propaganda e del proselitismo, trovate le armi, il movimento comunista dopo l'inizio della campagna di Russia- 22 giugno 1941 - attraverso una fase di attentati ed imboscate, sarebbe passato all'azione armata. Il reperimento dei fucili, di munizioni, di pistole non fu difficile né per i comunisti né 12cr il resto della popolazione, in quanto «nel presidio [recte: periodo] immediaLamente precedente alle ostilità con I' Asse, il Comando supremo jugoslavo» aveva ordinato «la ripartizione di tutto il materiale di equipaggiamento e di armamento, esistei1te nei magazzini della zona prossima alla frontiera, in numerosi piccoli depositi, costituiti in case e abitazioni private delle di verse località e villaggi siti in delta zona confinaria» (177>. A Spalato, durante il periodo del commissariato, i comunisti non dettero luogo a specifiche preoccupazioni. La loro atlività si manifestò più che altro attraverso la propaganda murale applicando «su pone, pali e muri numerosi piccoli dischetti di carta gommata, recanti a timbro l'emblema della falce e martello)> <178l. Non di meno le autorità italiane , sin dai primissimi giorni, ne seguirono attentamente le iniziative, non tanto per il movente ideologico, quanto per prevenirne la trasformazione in un detonatore del


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malcontento determinato dalla situazione alimentare e dalla disoccupazione. Fenomeni inevitabili dopo il conflitto, cui si aggiungeva l'afflusso dalla Croazia di serbi e di altri gruppi a causa degli «aspri provvedimenti restrittivi che hanno colpito ebrei e stessi cattolici ritenuti avversari del Regime» 0 79>. Situazione delicata che il commissario civile affrontò partendo dal settore alimentare, premessa obbligata per il miglior esito di qualsiasi altra iniziativa. In quest'opera sollecitò la collaborazione di tutti ma, in particolare, delle autorità del Partito e del Governo che in quei giorni giungevano in Dalmazia. Solo con gli aiuti ed i mezzi inviati dalla Penisola sarebbe stato possibile far fronte alle più immediate esigenze. L'ispettore Suppiej, il I O maggio, riferiva alla direzione del Partito che «si presentano gr avi incertezze per quanto riguarda l'approvvigionamento. È venuto ieri sul posto [a Spalato - n.d.a.] il Direttore Generale dell'Alimentazione, Prof. Ronchi, che ha accertato la possibilità (sic) delle scorte locali: per quanto riguarda la farina queste saranno sufficienti ancora per sei o sette giorni. Il Prof. Ronchi ha promesso l'invio dalla Penisola di 6.000 quintali di farina, ciò che potrà risolvere il problema per altri cinque-sei giorni al massimo, prevedendosi un consumo mese in Dalmazia di 50.000 quintali [... ] è urgentissimo provvedere ad abbondanti invii di farina dalla Penisola, facendo ogni sforzo per impedire l'affamamento, che avrebbe ripercussioni di carattere politico incalcolabili» oso)_ Qualche giorno dopo il ministro per le comunicazioni, Giovanni Host Venturi, recatosi a Spalato per lo studio dei p roblemi connessi alla ripresa dei collegamenti con la Penisola e con la Croazia, telegrafava a Mussolini: <<Il Commissario civile ed il Generale Dalmazzo mi riferiscono che il problema dell'alimentazione comincia ad assumere aspetto preoccupante specie per deficienza di far ina» <181 >. Dal canto suo il comando del VI Corpo . d'armata segnalava che «nelle isole si fa veramente la fame e le minime scorte della zona costiera non concedono di distrarre alcuna derrata [... J. In zona Makarska gli operai addetti al lavoro stradale chiedono come pagamento, in luogo di denaro di cui non sanno che fare, poca farina. Il problema è importante, serio ed urgentissimo per le ripercussioni di carattere politico e perché l'argomento offre facile materia alla propaganda a noi contraria» <182>. Analoga situazione nelle località interne della Dalmazia. Ad !moschi mancava il pane, e «tale deficienza provoca nel popolo sensibile malcontento che viene particolarmen te sfruttato dalle cellule comuniste e dai croati paveliciani ai nostri danni» (183) _ La incidenza della questione alimentare venne rappresentata con un apposito telegramma anche dal console generale Arduini. «Il problema più grave direi quasi primordiale per la città di Spalato, suo distretto ed isole, è quello del vettovagliamento. Spalato era rifornita dall'interno è specialmente dalla Croazia e dalle ricche provincie della Voivodina e del Banato


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dei generi di primissima necessità, e in misura minore dalla Bosnia. Dai nostri principali centri di esportazione e dall'Adriatico gli veni vano per via mare altri rifornimenti». Poneva quindi in evidenza la funzione economica di Spalato, centro di rifornimento di tutte le isole e della costa, favorita dal suo porto moderno e bene attrezzato, dalla posizione geografica, dalla confluenza delle varie strade del retroterra e dalla linea ferroviaria per Zagabria, per cui costituiva il «vero centro collettore e distributore della regione» 0 84>. Arduini completava il telegramma con un attento quadro delle condizioni della città; «oggi con il saccheggio dei magazzini militari largamente provvisti verificatosi il 17-18 aprile scorso dopo la nostra occupazione, con la rarefazione prodot.tasi in seguito all'incetta ed all'accaparramento dei viveri cominciato prima ancora che scoppiasse il conflitto armato, con la paralisi dei servizi pubblici che appena oggi si stanno riorganizzando, con l'eccessivo sforzo cui è sottoposta l'unica linea ferroviaria a solo binario ingombra di convogli militari e di per sé inadatta al traffico di grande mole e che causa la mancanza quasi totale cli rifornimenti dall'interno ed infine con il cessato movimento marittimo limitato per ora al servizio costiero, la situazione alimentare è diventata diffici lissima» (185>. Infine, con chiara intuizione, concludeva: «Occorre tener presente che, mentre vivissimo è il disagio della popolazione e nelle masse serpeggia un certo malumore, non è escluso che di tutto ciò possano approfittare i nostri avversari per cercare di batterci su questo terreno e promuovere atti di ribellione o sommosse accusandoci di facil oneria, impreparazione, incuria o altro. Occorre essere vigilanti e pronti a prevenire ogni sorpresa ricorclanclo che specie i comunist i stanno in agguato>> C186>. li problema era delicato, complesso e difficile per l'intersecarsi di molti fattori ed il commissario civile agì contemporaneamente su più direttrici: provvedere alle prime necessità <187>, accertare le giacenze, combattere gli accaparramenti, controllare i prezzi. A pane i soccorsi durante i primi giorni dell'occupazione, ed i successivi più regolari rifornimenti prelevati dalla Sezione alimentare di Zara per le necessità dei distretti vic ini a lla città - Tenìn, Bencovazzo, Z aravecchia, Oltre <188J -, nelle altre z.one della Dalmazia, dal 28 aprile al 12 maggio, furono distribuiti tra farina, segala, granoturco, orzo, zucchero, oltre I 800 quintali di derrate che al 21 maggio sarebbero complessivamente am montate a 4 400 quintali (iS 9>. Si trattò d i uno sforzo organizzativo notevole, prima per il reperimento, quindi per la distribuzione, data la quasi totaìe mancanza dei mezzi o rdina ri cl i traspo rto, trovando la soluzione negli autocarri e nelle colonne milita ri . In quest'opera s 'impegnarono civili e militari anche con iniziative collaterali . Il generale Zingales aveva impartito dispos izioni «affiuché a partire eia domani 25 aprile i poveri di Metkovié ricevano un rancio caldo al


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giorno» 090l; il comando del VI Corpo d'armata ordinava ai comandi dipendenti che «sia svolta opera di persuasione presso i militari di truppa perché si astengano dal fare acquisti di pane» (19 1l; a Spalat,p, un comitato di connazionali attivò le cucine economiche distribuendo progressivamente sino a cinquecento pasti al giorno 092l. L'iniziativa, per il favore con cui venne accolta dalla popolazione croata, si trasformò in un'istituzione sempre più perfezionata. Al commissario civile apparve evidente che, oltre alle soluzioni, pur sempre di ripiego, cui doveva ricorrere, era indispensabile ottenere la riattivazione delle normali vie di rifornimento della Dalmazia e, attraverso il consolato d'Italia a Zagabria, d'intesa con il ministero per l'agricoltura e foreste, nella prima metà di maggio riuscì ad accordarsi con il ministero dell'economia croata per «un rifornimento graduale di generi alimentari 30/40 vagoni per settimana - alla popolazione della Dalmazia» <193l. L'arrivo di otto vagoni di patate, uno di semolino ed uno e mezzo di pasta, fece notizia anche sul San Marco! di Spalato <194>. Ma, subito dopo, l'accordo rimase totalmente sulla carta . Bartolucci, intanto, aveva applicato un piano di razionamento (195>; accertato il fabbisogno dei singoli distretti; istituito presso il comune di Spalato l'ufficio approvvigionamenti; insediato il comitato per i prezzi; introdotto il calmiere; sottoposta a controllo la panificazione ottenendo sensibili miglioramenti nella cottura e nella qualità <196). Fece revisionare le carte annonarie distribuite dalla cessata amministrazione jugoslava stroncando l'abuso dei duplicati (19 7>; impose ai commercianti, grossisti e dettaglianti, l'adozione di un registro di carico e scarico per le principali derrate ( l9S) . Dal can to suo il comando della 2a A rmata vietava l'esportazione dai territori occupati di qualsiasi prodotto , «in particolare bestiame e prodotti alin1entari senza il preventivo benestare dei comandi di Corpo d'armata» 099>.

li problema alimentare era strettamente collegato al fenomeno della disoccupazione determinata in particolare «dal ritorno a casa degli ex-militari jugoslavi e dalla chiusura di alcune industrie)> c2ooi come aveva segnalato Suppiej che, nella ricerca di una soluzione, suggeriva a Roma d'assorbire la mano d'opera, «iniziando subito la costruzione della progettata strada costiera Zara-Ragusa, già in parte tracciata daJl ' ex Stato jugoslavo)> <201 l . Questi lavori avrebbero certamente impiegato molta mano d'opera ma, un' iÌnpresa tanto impegnativa, comportava l'esame dei progetti, la revisione dei prezzi , nuovi appalti, l'impianto dei cantieri, ed avrebbe potuto esser presa in considerazione più che altro in sede di programmi a medio o lungo Lermine, mentre urgeva una soluzione immediata. Jmervenne il comando del VI Corpo d'armata. Rendendosi conto del( .: necessità sociali e poli tiche che impegnavano il comm issario civile quanto del reale stato di degrado


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della viabilità in Dalmazia , che _influiva sulla rapidità e sulla sicurezza dei movimenti dei reparti, dette inizio ad estesi lavori di riattamento. Al I 0 maggio, sulle strade, lavoravano ottocento operai che, quattro giorni dopo, fra Spalato e Tenìn , salivano a d u emilacento; il 15 maggio risultavano occupati complessivamente circa tremilaquattrocento unità <202l. Veniva così assorbita buona parte della manovalanza, però nel settore dell'industria la disoccupazione persisteva - circa duemilacinquecento persone fra operai ed impiegati - anche se alla data del 15 maggio , fra fabbriche, manifatture ed industrie erano stati riassorbiti quasi settemilacinquecento operai <203l, specie con la riapertura di tre fabbriche di cemento a Spalato, una ad Almissa, una a Livno, e sei cave dì marna dì cui q uattro a Salona <204l . I cementifici costituivano una delle attività traenti di Spalato ma, per la loro riattivazione, era «urgente sgombero notevole quantità cemento [.. . ]. Disoccupazione operai est grave et ripresa lavori non est possibile senza preventivo ritiro a lmeno duecentomila quintali)) <205 l, date le enormi giacenze. Anche se in un primo momento si sarebbe potuto seguire la politica del produrre per il p rodurre a l solo fine della massima occupazione, era indispensabile svuotare i depositi. Il ministero degli scambi e valute - in quei momenti la Dalmazia agli effetti valutari era ancora territorio estero - come primo provvedimento autorizzò il ritiro d i settantamila quintali rendendo progressivamente possib ile la piena ripresa delle attività <206i . Nei cantieri navali, altro settore fondamentale dell'economia di Spalato, ai primi di maggio lavoravano circa settecento operai in due turni dì tre ore giornaliere <207 l pur essendo in stato d i avanzato a llestimento l'esploratore Spii! <208l. li ministro Host Venturi, durante la visita a Spalato, risolse

il problema ed informò Mussolini che, in seguito <<intese avute con Ministero l\'1arina, sarà assicurato lavoro 36 ore settimanali)) <209l portando sugli scali le unità della marina da guerra ex-jugoslava <210l che avevano bisogno dì revisione e di riparazioni. Nella riunione con il commissario civile, presenti i funzionari dei diversi rami amministrativi e tecnici , il ministro aveva esaminato anche i problemi inerenti ai trasporti ferroviari, alle comunicazioni postali e telegrafiche (il telefono funzionava sino a Zara e Zagabria, il telegrafo solo con Zagabria e sulle linee aveva la precedenza il traffico militare <211l), ai collegamenti. In qtt'esto settore una delle prime preoccupazioni era stara la riattiva zione delle comunicazioni via mare e, con l' inizio di maggio , tredici linee à i navigazione costiera avevano ripreso il loro esercizio <21 ~>, alcune sino a Sebenico e Zara e, verso sud, con Ragusa ed i porti intermed i. Le isole , sotto ogni aspetto, costituivano un problema nel p iù vasto problema della Dalmazia poiché chi le abitava poteva sopravvivere solo se funzionavano i servizi


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marittimi. Questione complessa: si trattava cli reperire il carburante, carbone o nafta, garantendo la continuità ciel rifornimento, ed ottenere da Roma il contributo che aveva fatto carico al Governo jugoslavo quale copertura degli oneri di gestione per le società Jugoslavenski Lloyd, Nikola Matkovié ed altre minori. La marineria rappresentava uno degli aspetti non secondari della economia dalmata soprattutto per l'elevato numero di personale sia di bordo che a terra, ma i marinai oltre a non essere assicurati contro i rischi di guerra, percepivano, come tutte le altre categorie, salari bassissimi. Host Venturi , in relazione anche ai riflessi politici d'un simile trattamento, mentre informava Mussolini che per l'assicurazione contro i rischi di guerra si riservava di presentare concrete proposte al suo rientro a Roma, sulla questione dei salari telegrafava: «Si afferma che la classe operaia sarebbe trascinata al comunismo dallo iniquo trattamento economico insufficiente ad assicurare un minimo indispensabile di vita. Ritengo che si debba rapidamente provvedere ad un adeguato miglioramento salari» <213 >. Il commissario civile dopo una decina di giorni poteva riferire: <<È stata concretata la nuova tariffa dei salari operai» (2 14). Per far fronte alla disoccupazione furono censite le industrie sia per conoscerne la potenzialità e la capacità di assorbimento della mano d'opera, quanto per accertare il tipo ed il quantitativo di combustibile che impiegavano: carbone, forza idraulica, olii o derivati dal petrolio, in modo d'assicurare i rifornimenti. Per il settore dei carburanti venne nominato com missario straordinario il dottor Oscar Volta ed a Ragusa, dove c'erano i più importanti depositi, il dottor Giulio Bilucaglia, presidente della raffineria R.O.M.S.A . (Raffinerie Olii Minerali S.A.) di Fiume <215 >. Il problema delle industrie comportava anche quello della tutela dei lavoratori. Per la Camera ciel lavoro, la Borsa del lavoro, la Cassa distrettuale malattia, la Compagnia scaricatori del porto, il commissario civile segnalava a Roma di averli trovati con «una notevole attrezzatura economica, assistenziale e sindacale, che ritengo dovrebbe essere nostra cura potenziare dati gli indubbi notevoli benefici che porta alle categorie operaie e commerciali specialmente a Spalato. A questo propositO ho in'teressato la Confederazione Fascista dei Lavoratori dell'Industria e l'Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale perché si interessino subito alla cosa in modo da formulare al più presto precise proposte per l' inquadramento delle masse operaie dalmate» (216) . In attesa delle istruzioni affidò la gestione di questi enti ad un unico commissario, lo spalatino Antonio Bonavia e, parallelamente, alla Camera dell'industria e commercio nominò quale commissario un altro spalatino, il dottor Giovann i Savo <2 17l. Ma, sui problemi della disoccupazione e dell 'alimenlazione, incidevano anche quelli propri del commercio. Con i bandi d el 24 e del 29 aprile (218 J, le

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zone occupate dall'esercito italiano, iigli eff~tti doganali, erano state considerate territorio nazionale, per cui le merci potevano venire importate ed esportate fra la Penisola e la Dalmazia sem:a alcun aggravio di confine. Invece il traffico dalla costa verso l'interno, sino allora libero, venne sottoposto ai dazi d'uscita ed egli aggravi doganali, già previsti dalla legislazione ex-jugoslava per il commercio con l'estero, oltre all'autorizzazione del commissario civile per ogni singola operazione. La disposizione si dimostrò tutt'altro chè opportuna, perché qualsiasi limitazione nel campo del commercio si amplificava attraverso la cassa di risonanza dei mercati cittadini, sempre sensibili alla deficienza dei rifornimenti, all'imboscamento delle merci, al cambio della moneta. Per un più approfondito esame della situazione giunsero a Spalato il presidente della Federazione nazionale dei commercianti Giorgi'o Molfino ed il dottor Pasquale Palladino e da qui, accom· pagnati dal commissario civile, si recarono a Ragusa (219).

li buon esito delle varie iniziative poggiava sullo stato d'animo della popolazione ma, mentre l'ordine pubblico non determinava complicazioni, la ge11te era inquieta nell'attesa di conoscere quale sarebbe stata la sorte della Dalmazia e, con il trascorrere dei giorni, si riproposero le contrastanti aspirazioni dei singoli gruppi etnici . I croati , sostenuti da un'attiva propaganda di Zagabria, ritenevano di conservare Spalato alla Croazia; gli italiani erano convinti che la città non poteva non essere annessa all ' Italia; i serbi, più per istintiva salvaguardia che per autonoma convinzione, di fronte al pericolo di vendette da parte degli ustascia, finivano con l'appoggiarsi agli italiani, preferendo «la nostra dominazione a .quella croata che li farebbe diventare a loro dire 'servi dei servi')) <220>. Situazione delicata tanto che, a Roma, la direzione nazionale del Partito ritenne opportuno rinviare la costituzione dei fasci di combattimento a Spalato, Traù e Sebenico, fissata per il JO maggio c221 >, probabilmente per evitare reazioni fra i lavoratori già colpiti dal fatto che, per la prima volta, non avrebbero celebrato la festa del lavoro c222). Inoltre la propaganda antitaliana, ispirata da Zagabria, diventava più organizzata ed incidente, sia facendo circolare nella stessa capitale croata voci anche assurde, ma che in quell'ambiente 1:iotevano trovare credito , «circa pretese atrocità, violenze, rapine, aggressioni che sarebbero state compiute da nostre truppe ai danni della popolazione croata)) <223 l, sia attraverso. un comita~o che aveva «come capo propagandista e nella sua qualità di organizzatore degli 'ustasci' il dott. Silié da Susak, già dimostratosi [... ] attivissimo ed irriducibile fautore della integrale annessione della Dalmazia alla Croazia» <224 >. Questi, per rendere più penet;·ante la sua azione, aveva affidato la propaganda lungo la costa agli «ufficiali in congedo, residenti

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in Dalmazia che hanno prestato giuramento di fedeltà al nuovo regime» <225>. Per di più la propaganda era ufficializzata dallo stesso Governo croato che, dopo aver costituito un 'Ufficio speciale per i territori della Dalmazia occupata', lo trasformò in ministero con a capo il dottor Edo Bulat, spalatino. Tuttavia a Spalato l'ambiente croato non aveva un orientamento univoco ed una parte dell'elemento colto auspicava «la più sollecita definizione politica del problema dalmato» <226) in modo da consentire, a quanti erano favorevoli all'Italia, di prendere chiaramente le proprie posizioni, «il che oggi non osano fare per tema di rappresaglie o peggio da parte dell'elemento croato intransigente» <227l nel timore che, poi, la città fos se assegnata alla Croazia. Più esplicito l'orientamento dei serbi i quali, per la loro sicurezza personale, per il timore di persecuzioni d a parte degli ustascia, vedevano «con terrore il ritorno del Governo di Pavelié in Dalmazia, del quale hanno provato i metodi nei pochi giorni anteriori all 'arrivo delle truppe italiane» <228>. Timori e riserve dei serbi, che dopo pochi giorni si sarebbero manifestati in modo clamoroso.

L'ORIENTAMENTO VERSO L'ITALIA DEI SERBO-ORTODOSSI In Dalmazia la comunità serbo-ortodossa era particolarmente compatta nella zona da Obrovazzo a Dernis con, al centro, il comune di Tenìn nel quale vivevano circa 20000 serbo-ortodossi, e 3 000 croato-cattolici . Bartolucci aveva inviato a T enìn, in veste di commissario distrettuale, il dottor Carlo de Hoeberth, di Zara, il quale prima della riforma agraria jugoslava del I 930 in quelle zone aveva avuto estesi possedimenti, e conservava ancora una vasta rete di conoscenze e di amicizie. Irredentista di vecchio stampo, affinatosi nella lotta politica contro l'Austria, pur essendo tutt'altro che favorevole al fascismo, sin dal primo giorno dell 'occupazione si era messo a disposizione del commissario civile . A Tenìn aveva confermato come sindaco il serbo dottor Niko Novakovié, già suo condiscepolo nel ginnasio italiano di Zara quando la città si trovava ancora sotto l'Austria <229 >. Il Novakovié era la personalità preminente della zona, ministro senza portafoglio nel gabinetto Stojadinovié, ex-deputato alla Skupstina. Ma, pur essendo stato educato a Zara, ed avendo vissuto come universitario a Vienna nell' ambiente degli studenti italiani della Dalmazia, sincero am miratore dell' Italia e della sua cultura, era sempre rimasto un serbo. Quando la divisione 'Sassari' pose la sede del comando a Tenìn, il Novakovié, quale sindaco, si era recato ad ossequiare il generale Furio Monticelli,

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ma la visita, che poteva essere di formale cortesia, si trasformò in un colloquio politico tanto che il generale lo condensò in un'informativa per il comando del VI Corpo d'armata. Noval<ovié come prima cosa aveva affrontato il tema della sicurezza pubblica segnalando che. «la popolazione di Knin, Gospié e Graè':ac è nella maggioranza serba e vede malvolentieri i tentativi che i croati fanno nel momento attuale per approfittare della situazione contingente e per sfogare rancori personali» <230). Quindi passò alla parte politica sottolineando che «la grande maggioranza della popolazione serba del retroterra dalmato desidera vivamente appoggiarsi al Governo · Italiano e considererebbe come àncora di salvezza l'annessione di questi territori all'Italia» <231 >. Infine, concluse facendo presente i vantaggi che l'Italia avrebbe ritratto dall'annessione di Tenìn e dei territori più interni, essendo «indispensabiJe ai fini politici ed economici l'assegnazione all'Italia di quella parte del retroterra dalmato che dà vita alla costa e che apporterebbe un sicuro contributo di ricchezza alla nazione e, precisamente, quella zona a nord-est di Knin ricca di ferro, di carbone, di legname, che si estende verso Petrovac e Sanski Most. Soltanto l'assegnazione all'Italia di questa zona potrebbe portare un vero benessere alla popolazione del luogo grazie a quella organizzazione razionale del lavoro di cui ha già dato sicura prova l'Italia» <232>. Questo convinto atteggiamento del Novakovié, che aveva l'appoggio incondizionato dell'avvocato Bosko Desnica di Obrovazzo, altro allievo del ginnasio di Zara, anch'egli compagno di studi del dottor Carlo de Hoeberth, si trasformò in un preciso fatto politico. I due esponenti serbi raccolsero le firme di oltre centomila ortodossi. Accompagnati dal dottor Hoeberth e dal consigliere nazionale Nicolò Luxardo, lontano parente del Novakovié, il 7 maggio si recarono a Spalato (233 >. Ricevuti dal commissario civile gli consegnarono una petizione - «una grossa cartella di cuoio contenente centinaia di fogli ricoperti da firme» <234) - con cui i serbi chiedevano l'annessione all'Italia. Due giorni dopo, il senatore Alessandro Dudàn predisponeva un 'Appunto per il Duce' nel quale scriveva: «Felicissima e saggia mossa politica - la direi il 'colpo di grazia' per le pretese croate in Dalmazia - fu quella.del Commissario Civile di Tenìn (Knin), dott. Carlo·de Hoeberth, che accompagnò i due esponenti rappresentanti dei 100000 e più serbi ortodossi (in massima parte ex:Morlacchi) della Bucovizza, regione montana fra Sebenico e Zara, ex-ministro Novakovié (detto per la sua statura 'Nicolongo') e avvocato Desnizza [ = Desnica Bosko] a fare atto di sottomissione e devozione all'Italia[ ... ]. Movimento ed aHo identico si possono ottenere sùbito anche dall'altro gruppo di serbo-ortodossi, esistente in Dalmazia, fra Ragusa


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e le Bocche di Cattaro. Sono circa altri 60 000 ortodossi su un totale di circa 120 000 abitanti. Questi serbi furono sotto l'Austria alleati degli italiani contro i croati austriacanti [... ]. ·Non sono tempi di plebisciti. Ma con un pò di intelligente lavorio anche fra i Morlacchi cattolici, contadini oggi sedicenti croati, intorno alle città centrali di Spalato e di Sebenico, in poco tempo (questione di giorni, non di mesi) potremmo senza alcuna preoccupazione affrontare persino il plebiscito» C235l. Dudàn non era lontano dal vero, e la petizione ebbe notevoli ripercussioni anche fra i serbo-ortodossi della Bosnia; pochi giorni dopo, al comando della divisione 'Sassari' si presentò «una deputazione composta da rappresentanti delle seguenti località: Bos. Grahovo-Drvar-S'anski Most-Bos. Petrovac:Bihac-Bos. Krupa-Kljuc-Donj Lapac. Scongiurano l'annessione all'Italia dei loro paesi avendo timore dei croati da cui prevedono rappresaglie nel caso di annessione al Governo croato» <236l. Anche «i mussulmani, in numero non rilevante, ma sempre notevole specialmente nella zona di Ragusa, chiesero ugualmente di potersi unire all'Italia: i croati del Partito macekiano conoscendo i soprusi fatti in pochi giorni dai 'paveliciani' invocarono che l'Italia non si allontanasse più dalle zone occupate: i rappresentanti del 60% delle intere po.polazioni della Bosnia ed Erzegovina si dichiararono pronti a scendere a Spalato per chiedere l'annessione all'Italia» (237) . Ma le opportunità, che un così diffuso orientameoto faceva intendere, non vennero colte da Roma, e la ricerca d'una inresa con lo Stato croato, coinvolse anche le sorti di Ragusa. Dopo l'occupazione della Dalmazia, se non l'annessione, almeno la conservazione all'Italia di Ragusa, che .nei secoli accanto a Venezia, Genova, Pisa ed Amalfi era_ stata la 'quinta repubblica marinara', veniva considerata - a tutti i livelli - oltre che un ritorno storico, un indispensabile elemento di sicurezza nell'Adriatico. Il sottosegretario di Stato per la marina, ammiraglio Arturo Riccardi, aveva fatto presente che <<la necessità del nostro possesso di Ragusa risulta dal fatto che Ragusa e ç:altaro formano un insieme indissolubile[ ... ]. Lo Stato Maggiore deUa Marina ha sempre avuto coscienza di questo stato di cose e difalti nelle sue monografie ha ben messo in chiaro che soltanto il sistema Ragusa-Gravosa offre quelle ampie possibilità per rendere spediti, rapidi ed efficienti i grandi movimenti logistici [... ] . Pertanto Ragusa rappresenta il completamento indispensabile per il potenziamento completo della base navale di Cattaro» <238l. Dal canto suo, da Ragusa, il console Tiberi, per far decantare la complessa situazione locale, rappresentava al ministero degli affari esteri la possibilità e l'opportunità d'auuarc una soluzione che «risolverebbe il problema, disorientando i nazionalisti croati e che in pochi giorni potrebbe


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raccogliere l'adesione dell'800Jo della popolazione, [... ) la ricostituzione della Repubblica di Ragusa, sotto il protettorato italiano» <23 9). Analogamente si esprimeva il comando della 2 3 Armata affermando che Ragusa «deve far parte dell'Italia, riservandola però nel quadro della sua millenaria autonomia comunale» <240). Anche Dudàn, nel suo 'Appunto per il Duce' dopo aver auspicato la integrale annessione della Dalmazia, invitava il Capo del Governo a considerare che, se qualche rinuncia in Dalmazia fosse stata inevitabile, «ai Comuni sacrificati (mi si fanno i nomi di Ragusa, l'antica italianissima Repubblica di S. Biagio, e dell'isola dì Pago, la fedelissima di Zara) siano concessi Statuti speciali di autonomia amministrativa e culturale, con speciali garanzie per i cittadini italiani di poter partecipare alla vita sociale, culturale, politica ed amministrativa dei Comuni. perché non siano più stranieri in casa propria» (241 l. [Sottolineature nell'originale]. Mal' 'appunto' sulla petizione dei serbi giunse a conoscenza di Mussolini solo dopo i colloqui con Pavelié, a Monfalcone, del 7 maggio quando i confini della Dalmazia erano già stati definiti. Analogamente la lettera che il senatore Tacconi aveva inviato a Dudàn pervenne al Capo del Governo, con un altro 'appunto', il 12 maggio e le dure considerazioni dello stesso Dudàn sia sulla politica italiana sia sul destino di Ragusa erano state già superate dai fatti. Dudàn, dopo una serie di considerazioni sulla situazione del governo croato, aveva puntualizzato che: « 1) non sarà il regalo fatto da noi a Pavelié con il sacrificio di Ragusa, che renderà beneviso ai croati lo sgovernq Pavelié; 2) anzi tale sacrificio sarà dolorosamente sentito non solo da tutti gli italiani (dalmati e non dalmati), ma anche da tutti gli slavi della Dalmazia, cattolici ed ortodossi; 3) con tale regalo avremo compiuto un gesto inutile, e ben più dannoso al prestigio ed agli interessi d'Italia; 4) Pavelié non ha bisogno di nostri regali territoriali, bensì del nostro effettivo aiuto militare per mantenersi al potere; senza di questo - e non per i mancati regali territoriali - sarà spazzato; e noi avremo la Croazia in dominio assoluto dei germanici (con tutti i porti adriatici eventualmente regalati ai croati); 5) infine quest'Italia, che dopo Lissa ci ha abbandonati, noi di Dalmazia, una prima volta soli a combattere contro una strapotente Austria e contro i suoi alleati croati per difendere l'italianità delle nostre città; che ci ha abbandonati una seconda volta con Rapallo alla Jugoslavia, deve una buona volta cessare di far mercato della nostra pelle: a Spalato, come a Ragusa, a Pago come nella più piccola borgata di Dalmazia» <242l. Non meno significativo il telegramma dfgli italiani di Ragusa inviato al Re d'Italia anche se le frasi quasi auliche lasciavano trasparire una mancanza di calore e di convinzione, come se quei connazionali avessero già realizzato la rassegnata certezza dell'inutilità del loro messaggio che term inava


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con queste parole: «Invochiamo devotamente la Maestà del Re e Imperatore affinché la nostra Ragusa risplenda nella gloria del tricolore d'Italia e del bianco vessillo di San Biagio di nuova eterna luce affinché l'opera più che millenaria di tante·generazioni non vada dispersa e tutti i suoi figli fruiscano della giusta pace che potrà loro donare unicamente l'Italia Imperiale» <243>. Le indiscrezioni che inevitabilmente trapelavano, le voci che le alimentavano, il comunicato dell'atteso Consiglio dei Ministri, che ebbe luogo 1'8 maggio, dopo l'incontro Mussolini-Pavelié, e svoltosi «con un programma di ordinaria amministrazione» facevano scrivere a Randi nel suo diario: «che delusione!» <244>. Stato d'animo comun·e a tutta la collettività italiana di Spalato, specie dopo la notizia dell'annessione all'Italia di Lubiana - 3 maggio - per cui sembrava certo che quella della Dalmazia sarebbe stata annunciata· nella ricorrenza della fondazione dell'Impero, il 9 maggio <245J. Ma anche questa giornata trascorse inutilmente, e gli italiani a Spalato e in Dalm·azia cercavano di superare l'ansia dell'attesa facendosi obbligo di esser presenti mattina e sera alla cerimonia dell'alza e dell'ammaina bandiera che aveva luogo con gli onori militari. Per quei connazionali il tricolore rappresentava la conferma della speranza e, nell'attesa di conoscere la sorte che li attendeva, si prodigavano in ogni genere di attività pur di far risaltare con la loro presenza, quasi moltiplicandosi, che le città erano italiane. Dovunque il loro apporto era determinante, nella propaganda come nell' assistenza ai più bisognosi, prima attraverso comitati improvvisati, quindi con le iniziative organizzate dalla federazione ·fascista. Collaboravano alla gestione dei posti di ristoro per i militari, all'attività del Dopolavoro <246> che stava aprendo le sedi in ogni villaggio, aiutavano il commissario civile il quale, in quei giorni, doveva affrontare nuovi problemi sorti dalla contemporanea circolazione della lira e del dinaro. Sin dal 16 aprile Mussolini, quale Comandante Supremo, aveva emanato il bando che fissava il cambio del dinaro con la lira <247>: cento dinari per trenta lire, e su questo punto la disposizione era chiara. Non chiara l'altra norma per cui «i pagamenti[ ... ) potranno essere effettuati in lire italiane». Quel 'potranno' al futuro e il fatto che il bando non prescrivesse l'obbligo d'accettare la moneta italiana, fecero sorgere dubbi circa la sua immediata applicazione. Per di più, il bando entrava in vigore con l'affissione negli albi dei comuni occupati; ma nei paesi, ancor prima, erano giunti i reparti italiani e gli acquisti effettuati, sul momento, dai soldati avevano creato di fatto un rapporto di cambio quasi sempre diverso e meno favorevole di quanto stabilito. In tal modo, in un territorio tanto vasto, a popolazione accentrata, in paesi distanti l'uno dall'altro, dalle comunicazioni difficoltose, praticamente ogni località aveva finito con l'applicare un proprio


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rapporto di cambio anche nel tentativo di trarre il maggior utile possibile, ma determinando inevitabili effetti indotti; quando i negozianti non riuscivano a spuntare il tasso voluto rifiutavano la lira, oppure la merce scompariva o, infine, chiudevano i negozi, aggravando, in ogni caso, la situazione generale. Dopo otto giorni, il 24 aprile, il bando venne integrato da uno molto più articolato e completo <248l. Per prima cosa disponeva l'obbligo di accettare in pagamento, oltre la valuta locale, la moneta italiana e quella albanese; vietava «qualsiasi negoziazione che importi, fra le valute sopraindicate, un ragguaglio diverso da quello stabilito»; dettava specifiche norme per il controllo della circolazione monetaria e dei titoli di credito. Tuttavia il comando della divisione 'Sassari', il IO maggio, segnalava che «le disposizioni circa il cambio della valuta non sono praticate con uniformità. A Gracac l'ufficio postale, gli istituti di credito e alcuni commercianti anziché attenersi al cambio fissato dal Bando, corrispondono dinari 2.50 per lira italiana [... ]. Nella zona di Knin vi è invece una marcata tendenza a preferire la valuta italiana» <249); in altre località «sempre più generale la tendenza a rifiutare la moneta italiana; sempre più ridotta la circolazione del dinaro» <25o). La confusione era notevole, e se la coesistenza di due monete a corso legale poteva giovare sia all'Italia sia alla Croazia, dato che Roma beneficiava di un tasso di cambio piuttosto favorevole e Zagabria volentieri incamerava0moneta italiana di fronte ad un dinaro ogni giorno più svalutato, a livello lo.cale la situazione era ben diversa. La obbligatorietà dell'accettazione della moneta italiana venne ad incidere sulla capacità d'acquisto del singolo perché se con mille dinari poteva ancora far fronte alle esigenze giornaliere, con trecento lire doveva andare estremamente cauto in quanto, «malgrado tutti i provvedimenti contrari delle nostre autorità, una forza elementare spinse la popolazione, al di quà e al di là del nuovo confine, a parificare, negli scambi di merci di approvvigionamento, la lira al dinaro» (251 >.

In tal modo fra la popolazione , particolarmente nelle categorie a redditq fisso, si manifestò un nuovo motivo di malcontento con accentuata sfiducia nella lira. Situazione aggravata dal fatto che ancora non si sapeva quali zone della Dalmazia sarebbero state assegnate all'Italia o alla Croazia e nessuno intendeva trovarsi in possesso di una moneta che di lì a poco non avrebbe più avuto corso legale. Dal canto suo lo Stato. italiano non era interessato a sostenere il cambio acquistando dinari proprio nel momento in cui provvedeva con larghe clorazioni di fondi alle amministrazioni exjugoslave che con i propri mezzi non erano in grado di far fronte alle stesse spese correnti ed il generale Dalmazzo telegrafava alla 2" Armata: «Est massima urgenza invio somme necessarie per pagamento stipendi funzionari


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et impiegati. Per mese passato [aprile - n.d.a.) l'importo totale ammonta a 50 milioni di dinari» (252). In quel periodo, inoltre, proveniente dal fronte greco, transitò a Spalato la 2a divisione tedesca <253> ed i soldati pagavano gli acquisti con 'marchi di occupazione'. Era una moneta appositamente stampata dal Governò di Berlino ma a corso limitato nei soli territori occupati dalle forze armate germaniche. I negozianti rifiutarono questi marchi e, dopo i primi inevitabili incidenti, preferirono chiudere i negozi <254>. Lo stesso fenomeno si verificò a Tenìn <255>. Intervenne il generale Dalmazzo invitando il commissario · civile «a dare disposizione affinché su tutto il territorio di sua giurisdizio'ne, tutti indistintamente, i negozi siano aperti, pena la perdita della licenza» <256). Provvedimento indispensabile in quanto a risentire della chiusura erano soprattutto le categorie più bisognose. Il primo maggio, a Spalato, il fu nzionario anziano Callisto Culié ed il capo della ragioneria, Leo Lemesié, avevano consegnato la cassa del comune al senatore Tacconi <257>, ma solo alcuni giorni dopo, con l'arrivo del dottor Giuseppe Spotorno, per i servizi del tesoro, e del vice-intendente di finan.za dottor Ruggero Gosetti, nativo di Zara, il commissario civile potè far eseguire le verifiche di"cassa nei vari uffici statali e nelle amministrazioni loèali. Il dissesto apparve generale. Dal canto loro, gli ispettori Gaetano Raffone dei servizi dell'intendenza, Ezio Bruscolini per le tasse ed imposte indirette sugli affari, Aldo Carretti per la ragioneria generale, avevano accertato presso i trentanove uffici imposte del territorio del commissariato la esistenza di oltre 98 milioni di dinari per tributi arretrati con poco più di 5 milioni di facile e pronta riscossione, circa 16 di difficile riscossione e ben 77 milioni di presunta inesigibilità <258) . Per un giusto principio di politica monetaria - mantenere stabile il numerario circolante, prevenendo afflussi o fughe di monete allettate o timorose del tasso di cambio - con il bando del 24 aprile erano state drasticamente limitate l'esportazione e l'importazione tanto dei dinari quanto delle lire fra la Dalmazia e la Croazia consentendo, a persona, il trasferimento di 2 000 dinari o 250 lire <25 9> . Mancando ancora quasi completamente i posti di dogana, una disposizione del genere, per avere una reale efficacia, avrebbe richiesto la stampigliatura delle bancono te ex-jugoslave <260> circolanti in Dalmazia, specie per evitare aggravi all'erario italiano nel momento in cui, annesse all 'Italia q uelle zone, si sarebbe proceduto al cambio della moneta jugoslava. La mancanza di questa cautela favorì il contrabbando di valuta che - unico elemento positivo - consentì un sia pur limitalo commercio, essendo ancora possibile la importazione di merci dalla Croazia in Dalmazia, sempre che per il pagamento l'acquirente fosse in grado di esportare


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valuta. Ma, con il bando del 29 aprile <261 >, a tutte le mere\ provenienti dalle zone della Croazia erano state applicate le tariffe doganali ed i diritti di entrata già previsti dalla legislazione ex-jugoslava per il commercio con l'Italia. Il pregiudizio che questa disposizione stava arrecando al rifornimento della Dalmazia fu parzialmente sanato dal bando del 17 maggio, attribuendo al commissario civile la facoltà di «ammettere all'importazione dai territori dell'ex Regno di Jugoslavia non occupati dalle forze italiane e dalle zone franche del Carnaro e di Zara in esenzione di dazio e degli altri diritti doganali, i generi di consumo necessari per la vita delle popolazioni civili e per i bisogni delle truppe di occupazione» <262l. Ogni operazione, però, doveva essere sottoposta a preventiva autorizzazione di Bartolucci, che affidò l'esame delle relative domande ad una commissione composta dai funzionari dei ministeri degli scambi e valute, delle finanze, delle dogane, dell' agricoltura e foreste che avevano preso servizio a Spalato <263>. Era un alleggerimento che s'integrava con quello previsto dal bando del 24 aprile, per cui il commissario civile poteva regolare con propria ordinanza il piccolo traffico di frontiera - anche se in quel momento i nuovi confini non erano tracciati - in deroga sia alle norme restrittive per la valuta sia ai diritti ed oneri di confine per le merci. Fortunatamente «in questo delicato periodo di assestamento nessun incidente clamoroso, nessun fatto grave, nessuna violenza» <264) era venuto a turbare l'opera di normalizzazione che il commissario civile stava perseguendo . La tutela dell'ordine pubblico era stata assunta dall'Arma dei carabinieri che, prese in consegna le stazioni di gendarmeria, effettuava il servizio con a fianco gendarmi ex-jugoslavi opportunamente selezionati <265 l. Si trattò .di una riuscita simbiosi . Ma anche nel campo politico .si stavano m·anifestando, sia pure molto lentamente e per motivi diversi, delle confluenze di tendenza che il console generale Arduini, riferendo a Roma, poneva in evidenza. In primo luogo faceva presente che, a parte «i paveliciani più esaltati» che «ci sono apertamente ostili ( ... ], ci sono anche paveliciani assennati, ragionevoli, coi piedi sul terreno della realtà, che si rendono conto delle nostre 'rivendicazioni', che comprendono che in fondo in fondo lo Stato indipendente croato è un 'dono' di Mussolini e di Hitler al dott. Ante Pavelié» <266>. Posizione interessante anche se i paveliciani a Spalato erano una minoranza - secondo Host Venturi, in base a confidenze avute da una personalità croata locale, vi sarebbero stati «cento seguaci su 50.000 abitanti» (267> - poiché si trattava del partito al Governo. Venivano, quindi, ben più numerosi ma molto meno influenti, anche perché disorganizzati ed incerti, i fedeli di Macek. Neppure tra questi mancavano gli avversari dichiarati dell ' Italia che parlavano «di una 'situazione provvisoria' , di una 'triste parentesi' che la definitiva vittoria britannica cancéllerà al massimo


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fra u n anno» . Ma la maggior parte di questo gruppo si mostrava «più che altro preoccupata della situazione materiale, della posizione che ognuno aveva e che cerca di conservare con ogni mezzo [... ]; nel fondo questa gente - concludeva Arduini - ha una sola grande paura: quella che tornino a comandare i paveliciani e che si ripetano le gesta degli ustasci» <268>. Intanto si stava formando una nuova convergenza politica poiché, in questo diffuso stato d'animo, dettato dalla paura, si andavano affratellando «i peggiori nemici di ieri, i macekiani da una parte e serbofili e jugoslavofili dall'altra nelle loro varie sfuma ture: stojadinoviciani, democratici, nazionalisti ecc. ecc.» <269). II fenomeno era interessante in quanto coinvolgeva una larga parte dell 'ambiente di Spalato, anche per riesumati ricordi asburgici, e per il console generale appariva «curioso notare come molti di questi individui oggi si richiamino ad una lontana ideologia, a un vecchio programma di lotta comune contro la Duplice Monarchia_quando il partito degli 'autonomisti' (italiani), di cui l'ultimo campione fu il 'mirabile Podestà' dote. Antonio Bajamonti <210>, faceva lega c on i serbi e serbofili per combattere la nefanda opera snazionalizzatrice dell'Austria e la 'calata' dei Morlacchi verso queste terre dell'Adriatico» C27 1) . Però, d i fronte alle tendenze di questo gruppo, politicamente informe, che cominciava a considerare gli italiani come il minor male ma che, d'altro lato, raccoglieva in massima parte gli avversari politici del regime che si era imposto a Zagabria, il console generale avanzava delle riserve in quanto «in certi nostri ambienti [italiani - n.d.a.]. per ragioni di opportunismo tattico, per costituire, forse , nella nostra reale deficienza numerica un fronte unico da contrapporre alla massa dei croati, questa serbofilia sembra affiorare di nuovo», tanto che riteneva suo dovere segnalarne i pericoli affinché «da parte delle supreme auwrità preposte al governo della Dalmazia non si cada in errori di valutazione più che facili e comprensibili in u na zona di struttura così complessa come è questa_» <272).

IL PROBLEMA UST ASCIA

E L'ATTEGGIAMENTO DEI CROATI A dire il vero il processo di ria\/vicinamento era uno degli obiettivi fon damenta li della politica del commissario civile ma, per molta parte, fu determinato dalla reazione degli stessi croati benpensanti di ,fronte a quella intransigente visione politica che i paveliciani avevano nei confronti dei serbo-ortodossi, d egli ebrei, e che gli ustascia, proprio in quei giorni , stavano

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materialmente a pplicando con pesanti e cruente manifestazioni. Alle autorità militari italiane era giunta notizia che ai margini del territorio occupato - Gospié ed Otocac - si stavano costituendo «centri di mobilitazione di formazioni irregolari di ustasci» <273> e, subito dopo, dovettero constatarne i metodi. A Muscovici, nella zona di Obrovazzo, un gruppo d'una decina di ustascia si era «abbandonato a violenze e a rapine [... ] devastando il posto di gendarmeria e incendiando due case[ ... ]. Il movente a detta degli ·' ustasi' sarebbe costituito da protezione accordata da alcuni abitanti a 'cetnici' serbi rifugiatisi nella zona» <274>. Il pericolo che gli ustascia costituivano per l'ordine pubblico doveva essere ben evidente se il generale Dalmazzo dispose l'immediato allontanamento da Spalato di alcuni di essi, anche se erano giunti in città con la normale licenza del loro comando di Zagabria, e li fece accompagnare oltre la linea di demarcazione <275). Rigorismo, molto probabilmente, dovuto al fatto che a Spalato erano pervenute notizie d'un eccidio avvenuto a Sanski Most, ed attrib:uito dai serbi agli ustascia ma - come successivamente accertato - commesso da un reparto tedesco, chiamato in aiuto da un gruppo di militi paveliciani per sedare una zuffa fra serbi e mussuhpani. I tedeschi ebbero tre feriti e, per rappresaglia, rastrellata la popolazione, fucilarono trenta persone fra serbi ed ebrei, poi impiccate e lasciate esposte nei giardini pubblici <276>. La notizia suscitò profonda impressione coincidendo con un nuovo fatto accaduto a nord di Obrovazzo, sul Canale della Morlacca. «Nella località di Tribanj, situata a piè del Velebit vennero[ ... ] catturati e condotti via dal paese 11 individui i quali secondo le affermazioni dei loro famigliari sarebbero stati sottoposti alle più dure inquisizioni e alcuni anche fucilati. Il gesto degli ustasi e la loro presenza nel territorio della Dalmazia settentrionale, ha prodotto viva impressione sugli ortodossi di detta località, recatisi in numero rilevante in questa città (Zara - n.d.a.] a chiedere la protezione delle nostre autorità» <277l . Ma i comandi militari ed il commissario civile più che per le modalità della scorreria furono preoccupati dalle possibilità d'una impensata conseguenza, poiché «i civili riparati in cerca di protezione a Zara hanno riferito che la banda armata di ustasi [.. .] diffonde la voce che gli uomini che vengono asportati dai. villaggi e poi verosimilmente uccisi sono richiesti dalle autorità italiane per essere inviati a lavori in Africa o cesncentramenti in Sardegna» (278). Malgrado questi fatti e, forse, perché ancora riservati alle autorità militari <279l, Arduini aveva concluso la relazione sugli orientamenti dei vari gruppi di Spalato esprimendo il parere che per una efficace opera di 'normalizzazione' si doveva dimostrare «maggior senso di fiducia negli esponenti più equilibrati e saggi dell'attuale Governo di Zagabria, una certa diffid enza,


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non scevra da spirito di comprensione, per alcuni casi particolari, nei riguardi dei serbi e degli jugoslavo fili, correttezza di rapporti, rigidità di amministrazione, ben intesa sollecitudine,· specialmente nei confronti delle classi meno agiate, verso la popolazione locale in genere» C280>. Salvo la fiducia nei paveliciani, che le autorità italiane a Spalato ben poco concessero anche a quanti si dimostravano moderati, gli altri suggerimenti di Arduini erano già stati posti in essere dal commissario civile, nei li. miti dei mezzi che disponeva . L'appoggio che poteva venire dai serbi era valutato con prudenza, ma con altrettanta prudenza erano considerate le suscettibilità dei croati, tanto che a Spalato si ritenne opportuno celebra re la ricorrenza della fondazione dell'Impero nella Casa degli Italiani c2s 1> mentre a Sebenico la data venne ricordata con una parata militare e lo sco~rimento d'una lapide sulle mura del Castello, a ricordo dell'entrata in città delle truppe italiane <282>. Inoltre a Spalato, più che la fondazione dell'Impero venne celebrata - annotava Randi nel suo diario - «la Giornata dell'Esercito (essendo intempestivo solennizzare la fondazione dell'Impero). Assisto alla commovente cerimonia svoltasi nella Casa degli Italiani [... ] . Quello che ha 'commosso tutti fino alle lagrime non sono stati i discorsi , né la messa in scena, tutta d'impronta fascista, ma un fluido misterioso che emanava dai cuori dei presenti, dalle pareti della sala» <283> dove, come poneva in evidenza il San Marco! di Spalato nella cronaca della riunione, «per tanti anni arse la fiamma indistruttibile della speranza oggi fatta luminosa realtà» C284>. La passione dell'attesa doveva avere una particolare forza diffusiva anche fra i soldati se il generale Dalmazzo ordinava che <<nel territorio occupato non si deve fare politica - quindi nè azione per i serbi, né azione per i croati - pugno di ferro - sentire il polso - riferire» <285>.

li fatto che Spalato, sia per i contingenti motivi politici sia per l ' impulso organizzativo del commissario civile, stesse diventando il centro amministrativo della Dalmazia, fece rinascere a Zara vecchi antagonismi di campanile. Le autorità cittadine erano preoccupate che, nella definitiva sistemazione della regione, Zara non dovesse riassumere quel ruolo di capitale già svolto sotto l'Austria sino alla redenzione del 1918. Per rivendicarne prerogative e diritti, a nome degli zaratini, il consigliere nazionale Nicolò Luxardo ed il podestà di Zara, Giovanni Salghetti Drioli, inviarono a Mussolini un memoriale dove, dopo ampia premessa storica dicevano: «Consentite Duce che nel momento in cui maturano gli studi per dare alla Dalmazia il suo assetto amministrativo nel Regno d'Italia, essi Vi espongano i titoli che la loro città in tempi vicini e lontani ha accumulato per assumere nella nuova storia dalmata il posto e le fun zioni che, quale sola città tutta italiana sulle .rive orientali dell'Adriatico, essa ha sempre esercitalo [... ] .


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Zara [... ] non ha né ricchezze, né risorse, né prospettive economiche. La storia l'à destinata a funzioni ideali e di esse è quasi sempre vissuta. Privarla di queste funzioni significherebbe ucciderne la vita e collocarla tra le città morte e storicamente inefficienti. Per questi suoi sacrifici, per questa sua preparazione, per questa sua struttura, Zara, Duce, Vi chiede che le siano restituiti i limiti del suo antico comune, strozzati a Rapallo, e soprattutto che le siano restituite le funzioni di capitale della Dalmazia, di tutta la Dalmazia» (286). Quasi certamente il memoriale determinò la scelta della città a sede del Governatorato della Dalmazia che, alcune settimane dopo, avrebbe sostituito il commissariato civile. In quei giorni, i croati dimostravano un atteggiamento meno freddo e riservato nei confronti degli italiani e l'Ufficio informazioni del VI Corpo d'armata, attento alle minime variazioni di umore della popolazione, segnalava che «i funzionari dell'amministrazione civile vanno ostentando, in maniera pàlese, una cordialità di giorno in giorno crescente» <287>. Poiché il fenomeno era generale ed improvviso, poteva trattarsi d'un ordine di Zagabria <288>; ma poteva, e forse più v·erosimilmente, riflettere l'effetto d'una frase attribuita al segretario del console tedesco a Spalato: «Se l'Italia vorrà annettersi la Dalmazia dovrà pagarla a C?-ro prezzo» <289). Parole piuttosto oscure, ma dilagarono in città, e la prevalente interpretazione fu quella di ritenere «prossimo l'arrivo in città di truppe tedesche che verrebbero a sostituire gli italiani» <290l. Da Dernis, località dell'interno non molto lontana da Spalato, veniva inoltre segnalato che emissari di Zagabria stavano diffondendo la notizia secondo la quale il ministro Branko Benzon, rappresentante del Governo di Zagabria a Berlino, avrebbe affermato che «il confine dell'Italia con la Croazia sarebbe stato definito e includerebbe Zaravecchia e Sebenico nel territorio del Regno d'Italia. I rimanenti territori della Dalmazia verrebbero ceduti alla Croazia e sgomberati prossimamente dalle truppe di occupazione» (291). A Spalato la dichiarazione del ministro Benzon ebbe risonanza ed in città si viveva in mezzo ad un alternarsi di notizie. «Si persiste a dare come cosa certa che Spalato resterà alla Croazia e ogni giorno corrono le voci più strane[ ... ]. Si dice inoltre che siano già in marcia alla volta di questa città per liberarla numerosi 'ustasi' alla testa dei reparti dell'esercito croato>> <292>. Ma la confusione non doveva mancare neppure a Roma se, il 13 maggio, il sottosegretario di Stato alla guerra, generale Umberto Guzzoni, chiedeva direttamente al comando del VI Corpo d'armata di «telegrafare d'urgenza se risponde a verità che a Spalato sia stato dichiarato coprifuoco, che uf.ficiali sono stati aggrediti e che si spari dalle case sulle c~se» (293). Quasi certamente la notizia era pervenuta da Zagabria, tenuto conto che solo due giorni


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prima l'incaricato d'affari Casertano, con il suo telegramma circa la nomina di Tacconi a commissario del comune, aveva posto in evidenza la possibilità di rappresaglie e persecuzioni contro i croati di Spalato, evidentemep.te attingendo a fonti interessate. Dopo solo quarantotto ore quelle voci a Zagabria dovevano aver assunto il volto d'una realtà, mettendo in allarme Roma. La situazione, pur non assolutamente drammatica, andava attentamente seguita, e la 2a Armata richiamava l'attenzione dei comandi circa la possibilità «che elementi non controllati, facciano manifestazioni ostili all'Italia all'atto in cui saranno ufficialmente resi noti i confini del nuovo Stato croato e le inerenti cessioni territoriali a noi» (294). Conseguentemente le disposizioni, già impartite dal generale Dalmazzo in previsione dell'annessione, «I) grande parata militare; 2) viene issata su alto pennone, appositamente predisposto, la bag,diera italiana; 3) brevissime parole che esaltino l'avvenimento; 4) sfilamento delle truppe» <295), non ebbero seguito. Nella giornata del 14 il San Marco! di Spalato dava notizia dell' accordo fra Zagabria e Berlino per la delimitazione dei confini croatotedeschi <296>. Ormai era comune la sensazione che le decisioni per la Dalmazia non potessero tardare. Gli italiani di Spalato ne ebbero conferma la sera quando, convocati alla Casa degli Italiani, l'ispettore del yartito Suppiej annunciò in mezzo al delirio dei presenti «che il Tricolore inalberato a Spalato non sarà più ammainato» (297). Randi nel suo diario annotava: «La notizia appare poco confortevole, perché logicamente andrebbe interpretata nel senso che sarà ammainata altrove» (298). Il sacrificio di Ragusa stava prendendo consistenza. Il giorno successivo la popolazione si fece più attenta. L'E.I.A.R., con i suoi notiziari, lasciava comprendere che la questione della Dalmazia era giunta a soluzione, ed il 17 gli spalatini, a seconda delle tendenze e degli orientamenti, rimasero increduli, colpiti, esultanti, ma tutti sorpresi dal titolo di apertura del San Marco!: 'Un Principe Sabaudo sul Trono di Croazia'. Era un avvenimento assolutamente non previsto. La ricostituzione della Corona di Zvonimiro, il fatto che il giorno dopo Pavelié si sarebbe recato a Roma per la firma di <<importanti accordi dì carattere politico, economico e territoriale» (299> passavano in seconda linea. Nessuno era in grado di afferrare la portata e le implicazioni di un simile evento che superava radicati convincimenti e tradizionali ostilità. «L'edizione del giornale locale San Marco! di ieri 17 è andata letteralmente a ruba ed è stata esaurita in breve tempo. Nonostante il suo effetto fosse in parte scontato, essendo la notizia trapelata in precedenza, pure


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ha causato un certo senso di sorpresa, disorientando quella parte del pubblico che considera Italia e Croazia due poli d'un inconciliabile antagonismo. Si è determinato di conseguenza nella massa della popolazione un atteggiamento di prudente attesa e ci si astiene da prematuri commenti» <300>. Il giorno dopo, 18 maggio, domenica, il dottor Randi, in cas~ del senatore Tacconi ascoltava la radiocronaca dell'arrivò a Roma del Poglavnik. Non lo interessava tanto la descrizione della ceri.m onia ai Quirinale, l'indirizzo rivolto al Sovrano d'Italia da Pavelié, la risposta di Vittorio Emanuele, la designazione del Duca di Spoleto a Re di Croazia ed i dettagli della successiva cerimonia a Palazzo Venezia, quanto le clausole che definivano i confini fra Italia e Croazia. «Malgrado la massima attenzione, a trasmissione finita - annotò il Randi - non riesco, per la commozione e la delusione, a ripetere tutto il contenuto. La prima impressione, affrettata senza dubbio, è che si tratti, nella questione dei confini che piu mi interessa, di una soluzione di compromesso, d'una edizione un po' riveduta e non molto corretta del Patto di Londra del 1915»<301 >. Era da poco terminata la trasmissione radiofonica, quando giunse a Spalato il ministro per i lavori pubblici, Giuseppe Gorla, ritraendo «l'impressione di giungere in una casa dove si è appena svolto il funerale del padrone; tutti gli uomini politici che rivestono un incarico non nascondono la loro disapprovazione e molte autorità non si presentano neppure, in segno di protesta» <302). Dal canto suo il comando del VI Corpo d'armata informava che «le prime notizie sulla definizione dei confini italo-croati hanno determinato un senso di delusione generale[...]; i dalmati dicono che il problema irredentistico dalmata non è stato risolto integralmente secondo le nutrite speranze e che il sacrificio delle isole ed i confini segnati ricordano le incomprensioni di coloro che in passato già resero infelice la situazione, dimostrando d'ignorare la storia della Dalmazia e sua romanità; - i croati accusano Pavelié di tradimento e di essersi asservito ali' Asse e dichiarano che l'offerta della corona ad un Principe Sabaudo sarebbe stata accettabile se· avesse 'salvato da annessioni'; - i serbi infine sono delusi anch'essi, perché speravano - per salvaguardia dei loro interessi - in un'annessione italiana di più vasto territorio» (303). Sulla stessa linea le osservazioni del console generale Arduini: «Non mancano certo gli scontenti. Primi fra questi i nostri c~nnazionali i quali auspicavano un'annessione pura e semplice dell'intera Dalmazia compresa Ragusa[ ... ]. Anche fra gli aderenti a·Pavelié dell'ultima ora, profughi del partito H.S.S. [di Macek - n.d.a.J (304), la delusione è stata fortissima( ... ]. I Serbi sono invece soddisfatti e altrettanto gli Jugoslavi, non tanto per amore verso gli italiani, quanto per il timore di tornare sotto il giogo degli Ustasci


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e dei Macekiani [ .. .]. I comunisti e gli estremisti in genere sperano sempre che dal malcontento e dalle inevitabili difficoltà dell'attuale situazione, sorga quello che essi chiamano 'il loro turno'» <305>. Ma quello che colpì il console generale furono le reazioni degli italiani e, in una nota di alcuni giorni dopo, scriveva: «Debbo altresì segnalare, per quanto con rincrescimento, l'attitudine poco simpatica assunta in occasione degli Accordi di Roma da numerosi connazionali tan to qui che a Sebenico, i quali si sono abbanqonati a commenti fuori posto e, accennando alla esclusione di Ragusa dalla zona annessa ali' Italia, hanno perfino detto che 'occorrerebbe un nuovo d'Annunzio'» c306>. Gli italiani di Ragusa, conosciuto il sacrifico della loro città, il 18 maggio, inviarono un messaggio a Mussolini per «manifestare tutta la loro amarezza e il loro cordoglio per il duro, immeritato sacrificio cui l' italica città di San Biagio è stata condannata» ma, con estrema consapevolezza, affermavano che «nell'ora del nostro dolore, abbiamo compreso come non mai che i destini dell'Italia son sugli oceani . Ed è proprio con la fierezza e la disciplina del soldato che ci siamo inchinati e ci inchiniamo per una più grande Italia su questi più distesi oceani, convinti, che, anche sen za la nostra Città, l'Adriatico è ormai ' Lago d'Italia' . Soldati tuttavia rimaniamo fra le nostre mura vecchie, più grigie per il nuovo martirio» <307 l. Arduini, pur avendo soggiornato alungo a Spalato, affrontando ed interpretando i compositi problemi locali,"o non riuscì a penétrare la realtà dell' antagonismo fra italiani e croati o, più probabilmente, in aderenza alla linea del ministero per gli a ffari esteri , deve aver ritenuto che gli Accordi di Roma, potessero essere un solvente tale da decantare sia dall'una che dal!' altra parte, subito e senza sedimentazioni, una situazione ben a ncorata a profonde radici. Infatti, valutando le critiche tanto degli italiani che dei croati in merito al tracciato del confine che tagliava Spalato dal suo entroterra, scriveva nei seguenti termini: «Secondo me [... ] il principale errore [.. .] deve ricercarsi nel vecchio concetto di due frontiere ostili, dì due mercati chiusi, mentre è evidente che nella men te degli a lli Negozia tori degli Accordi dì Roma sia prevalso quello della perfetta armonia dei due Stati in ogni campo sì da costituire l'uno il complemento d ell'altro e permettere a Spalato di continuare ad assolvere rispetto alla Croazia la sua naturale funzione di polmone sul mare» <308 >. Queste valutazioni furono riprese in una successi va relazione dove, soffermandosi ancora sull'atteggiamento degli italiani diceva di non d iscu tere «della buona fede della maggior parte di essi e mi rendo con to, dopo quattro an ni di residenza qui, dell 'esaltazione del momento , della delusione su bita dopo tanto rnnclarnarc e gridare che 'la Dalmazia sarà lui ta e per scmrn: 11o s1 ra ', mi spiego pure la prcoccupa1.ionc


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che per ~olti italiani della Dalmazia significa il dover ritornare sotto il dominio dei croati anche nelle mutate favorevoli condizioni di oggi, ma rimane pur sempre il fatto che la nostra gente resta ancorata senza remissione alla vecchia mentalità di avversione e di lotta, mentalità dalla quale c'è purtroppo ben poco da aspettarsi per quella chiarificazione, distensione e normalizzazione dei rapporti, basati su un reciproco senso di fiducia, che dovrebbe ormai affratellare italiani e croati su questa sponda» <309>. La convinzione di Arduini doveva essere ben profonda, se in un altro passaggio della relazione scriveva che «devono a poco per volta sparire nei rapporti fra italiani e croati della Dalmazia quel risentimento, quell'antipatia, quel bisogno di sopraffarsi l'un l'altro che erano triste retaggio del periodo della dominazione asburgica e di quella più recente e non meno ,deleteria dei governanti di Belgrado. Un orizzonte nuovo deve aprirsi ai due popoli che si affacciano sull'Adriatico, non più divisi ma uniti da questo mare, congiunti dalla stessa fede religiosa e dalla stessa redentrice ideologia politica, attratti l'un verso l'altro, oltre che da legami di sangue stabilitisi tra famiglia e famiglia fin dall'epoca di Venezia, da una corrente mai interrotta di interessi che ha fatto e fa tutt'ora respirare la Dalmazia entro lo 'spazio vitale' dell'Italia. Così intendiamo noi il profondo significato degli Accordi» <310>. Però, in questa visione, Arduini andava ancora più lontano, e «così a vero dire, lo intendono anche i paveliciani più illuminati, i più stretti collaboratori del Poglavnik, glì uomini che guardano al futuro e non si preoccupano minimamente del passato. Ma accanto ad essi (e qui [a Spalato - n.d.a.] ancora purtroppo prevalgono) ci sono glì estremisti, i malcontenti per natura, glì 'ambiziosi insoddisfatti che fanno lega con i transfughi di tutti gli altri partiti e sabotano e intralciano e arrestano l'opera di persuasione-e dì attrazione delle masse perseguita dai più puri elementi della rivoluzione ustaci» <311>. Però proprio gli estremisti, di cuì Arduìnì sembrava non valutare molto il peso, ben presto sarebbero stati causa determinante di quel pesante problema serbo-ortodosso che, con il suo carico dì rottura, forse più che fra Roma e Zagabria, si sarebbe posto tra la diplomazia di Palazzo Chigì e l'esercito italiano: la prima, sottovalutò la stessa realtà che i fatti avrebbero posto in evidenza, mentre il secondo, che giornalmente si confrontava con essi, per un ampio periodo di tempo, non sacebbe stato creduto malgrado il suo diretto impegno a contenere e possibilmente prevenire i fatti stessi. Intanto coloro che cercavano di raffigurarsi l'andamento dei confini della Dalmazia si orientavaho male, perché ufficialmente non venne mai pubblicata la carta geografica cui facevano esplicito riferimento le clausole del trattato. A nord, oltre alcuni ingrandimenti sulla terraferma intorno a


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Fiume, erano state annesse all'Italia le isole di Arbe e Veglia. Per la parte centrale della Dalmazia il trattato diceva: «sono riconosciuti come facenti parte del Regno d'Italia[ ... ] tutte le isole dell'arcipelago di Zara; il territorio compreso da una linea che, partendo dalla pu!}ta di Prevlaca [recte: Privlaka = it. Brevilacqua] raggiunge il Canale della Morlacca, segue il tracciato interno di esso al mare di Novogradska [Novegradi- n.d.a.], continua lungo la sponda superiore di detto mare, comprende la Bukovizza, e, raggiunto il corso del Cherca (Krka), sotto il paese di Podjene [Pàgene] scende lungo il fiume e se ne diparte in modo da comprendere tutto il territorio di Sebenico, di Traù, la città di Spalato, compresi i sobborghi ed escluse le isole di Brazza e Lèsina» <312>, mentre erano annesse all'Italia quelle di Bua, Zirona, Cùrzola, Mèleda, Solta, Lissa, Busi ed altre minori. All'estremo sud il distretto di Cattaro con il territorio circostante <313>. Se la ripartizione delle isole non sollevava incertezze, era impossibile comprendere l'andamento dei confini sulla terraferma, data la genericità delle indicazioni. Si attendeva un chiarimento nel successivo decreto di annessione perché le cartine pubblicate dai giornali - oltre a non essere ufficiali - quasi mai erano concordanti. Ma il decreto di annessione, pur riferendosi ad una carta geografica che dov·eva essere allegata - anch'essa mai pubblicata - appariva ancor più generico dicendo soltanto che·«le circoscrizioni delle province dalmate saranno stabilite con decreto Reale» <314>, e che Spalato e Cattaro venivano elevate a province per costituir~, assieme con quella di Zara, il Governatorato della Dalmazia. Inoltre stabiliva che «ai comuni di Spalato e di Cùrzola sarà dato un ordinamento amministrativo speciale» <315>. Una simile genericità sollevò dubbi, ipotesi, speranze a seconda dell'angolazione con cui veniva considerata. Dal punto di vista organizzativo, dopo l'annuncio della costituzione del Governatorato della Dalmazia, appariva chiaro che il commissariato aveva esaurito il proprio compito ma, Bartolucci., non avendo ancora ricevuto specifiche disposizioni, proseguì nel lavoro fronteggia!ldo nuovi problemi collegati all'evolversi di alcune attività stagionali. I viticultori avevano urgente bisogno di solfato di rame e di zolfo, e già ai primi di maggio i capi delle frazioni rurali di Spalato s~ erano recati dal .senatore Tacconi <316> perché i due prodotti erano introvabili sul mercato, e quasi inesistenti le scorte présso il Consorzio agrario <317 >. Contestuale alla richiesta del solfato, vi era quella dello zolfo ma, mentre per quest'ultimo il problema venne, anche se non integralmente, risolto <318> con assegnazioni disposte da Roma, quella del solfato si dimostrò quasi insolubile C3 19>. Il quantitativo necessario per la Dalmazia si aggirava annualmente sui 100/130 vagoni ed il commissario civile, come prima cosa, autorizzò due rappresentanti del


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Consorzio agrario, i signori Giunio e Braksié, a recarsi a Zagabria per acquistare il solfato, come negli anni precedenti, presso le fabbriche di Sabac e Subotica. Ma i delegati si scontrarono con due difficoltà: la fabbrica di Subotica era passata sotto controllo tedesco e l'altra non era in grado di fornire il prodotto. Per di più, anche se si fossero trovati altri centri di rifornimento, era impossibile ottenere dalle ferrovie i necessari . vagoni , riservati alle necessità dell'esercito <320>. Pur impegnandosi a fondo, il commissario civile riuscì a far arrivare soltanto un carico di diciassette vagoni che, praticamente, ricoprirono un quarto dél fabbisogno <321 >. Anche il comando del VI Corpo d'armata segnalava che «la mancanza di solfato di rame desta grave preoccupazione agli agricoltori per il pregiudizio che arreca al raccolto ed alla produzione enologica)) <322>, e Bartolucci stesso, nella relazione riepilogativa della sua attività commissariale, consegnata personalmente a Mussolini, avrebbe scritto: «È gravissimo il problema .del solfato di rame che interessa indistintamente tutti gli agricoltori della Dalmazia» (323). Si pose, poi, quello del sale, strettamente collegato all'altro della pesca. Centfrnormali di rifornim~nto per la Dalmazia erano le saliqe dell'isola di Pago (a nord di Zara) e quelle di Stagno, vicino a Ragusa ma, con gli Accordi di .Roma, erano rimaste in territorio croato. Oltre al dazio istituito da Zagabria, venne meno l'agevolazione del prezzo politico praticato sotto la cessata amministrazione jugoslava ed il costo balzò da mezzo dinaro, a due dinari e venti al chilogrammo. Si trattava di un prezzo proibitivo per le fabbriche che lavoravano il pesce ma, soprattutto, per gli abitanti delle isole dove era diffusissima la salagione stagionale' delle sardine con attività a carattere famili'are <324>. Attraverso il ricorso alla produzione della Penisola, tramite la direzione generale dei Monopoli di Stato, si ottenne agli inizi di maggio un primo invio di trenta vagoni di sale <325>. Per la pesca, che rappresentava uno dei rari settori positivi dell'economia e dell'alimentazione in Dalmazia, venne istituito un commissariato ò26> e le motobarche di alcune cooperative di pescatori furono autorizzate a rifornirsi del carburante a prezzo agevolato direttamente presso i depositi che, agli effetti doganali, erano considerati fuori della cinta daziaria <327l. Il Comando marina, in deroga alle disposizioni sull'oscuramento, concesse l'autorizzazione per la pesca notturna, e così potè svolgersi regolarmente .quella stagionale del pesce migratorio con le 'lampare' <328>. Venne perseguita la pesca di frodo con esplosivi, affidando l'incarico della sorveglianza alle Capitanerie di porto, ai carabinieri, alla guardia di finanza, ed il com. missarìo civile con una ordinanza sollopose i trasgressori alle norme della legge di guerra sulla illecita detenzione dì materie esplodenti <329>.


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LE RIPERCUSSIONI IN DALMAZIA DEGLI ACCORDI DI ROMA - LA FINE DEL COMMISSARIATO CIVILE Con gli Accordi di Roma improvvisamente si determinò un nuovo problema: l'esodo dei serbi e degli ebrei dalle zone della Croazia ed il loro rifugio in Dalmazia. Già il 19 maggio il comando della divisione 'Sassari' da Tenìn avvertiva che «i serbi temono rappresaglie da parte dei croati. Alcuni elementi più in vista hanno già lasciato la zona» <330>; ed il 22, «comincia l'eso'1o di elementi serbi verso zone italiane» <331 >. Dal canto suo il comando del VI Corpo d'armata riferiva: <<Viene segnalato che moltissimi ebrei stanno abbandonando la Croazia per i territori della Dalmazia» <332>, ed il 24 il problema era già oggetto di una specifica relazione. «Si sta accentuando da qualche giorno il movimento di immigrazione nelle città della Dalmazia dei fuggiaschi di razza ebraica e dei serbo-ortodossi che, per timore. di rappresaglie e vendette da parte dei croati, cercano asilo nelle località costiere e nelle isole assegnate all'Italia, nella speranza di benevola tolleranza da parte delle autorità italiane» <333>. Il fenomeno determinava molteplici preoccupazioni. Il commissario civile emanò una ordinanza con cui faceva obbligo «a tutte le persone che non abbiano stabile residenza in uno dei comuni del territorio della Dalmazia annessa al Regno d'Italia e che siano arrivate a Spalato o a Sebenico dopo il 15 aprile u.s. di notificare, entro le ore 18 del giorno 26 maggio e.a. all'Ufficio di Polizia la loro presenza nel Comune» (33 4l; il generale Dalmazzo, in un ordine per il più rigoroso accertamento delle persone ai posti di blocco poneva in evidenza che «il nostro controllo è indispensabile, non solo per vedere chi viene in casa nostra, ma anche per togliere qualunque falsa idea che la Dalmazia sia un fac ile rifugioper i nemici della Croazia» <335). Contemporaneamente, si ebbe anche uno sposta.mento di croati dalle zone annesse all'Italia verso la Croazia. In larga parte si trattava di personale impiegatizio che, trasferito in Dalmazia in tempi recenti , preferiva tornare ai paesi di origine. Ma vi erano anche croati del posto che, non accettando l'annessione all'Italia, preferivano lasciare le loro case, la loro città, emigrando in prevalenza a Zagabria. Questo esodo fu essenzialmente volontario, senza alcun intervento o pressione da parte delle autorità italiane. Per conto l'afflusso dei serbi e degli ebrei era dovuto a ben diverse motivazioni: di fronte ai croati che, con il crollo della Jugoslavia, si erano trovati - quasi senza alcun merito - affrancati dal ventennale predominio serbo , di fronte all'indiscriminata determinazione degli ustascia, all'oltranzismo di chi intendeva_far pesare la soddisfazione di ritenersi padrone in casa pro' furono costretti a meditare sulla propria sopravvivenza. pria, serbi ed ebrei


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Per quelli delle zone passate sotto la sovranità croata, che avevano conoscìuto ed apprezzato il soldato italìano, la vicìnanza dei nuovì confini esercitò un'inarrestabile attrattiva. Sentìvano che oltre i cippì ed i posti dì bloc- · co esisteva un mondo diverso. A Tenìn, già il giorno successivo ai Patti di Roma, l'elemento croato cominciò a manifestare propositi di vendetta ed il comandante dei carabinieri, allo scopo di prevenire disordini, convocò «gli esponenti croati per esortarli alla calma e per avvertìrli che nessuna rappresaglia potrebbe esser tollerata finché le truppe italiane si troveranno nel territorio» <336) . Anche nelle altre località i croati assunsero «neì rìguardi dei serbì un atteggìamento tracotante ed aggressivo, sapendo che i serbi hanno invocato concordi l'annessione all'Jlalìa di tutta la Dalmazia e di una fascia dì retroterra la più profonda e vasta possibile. È facile prevedere quanto sarà infelice la situazione dei serbì ìl gìorno in cui saranno ritìrati ì nostri presìdi militari dalle zone rimaste al di là del confine» <337l. Ma nessuno prevedeva che i reparti italiani sarebbero rìmasti sul posto <338) e, oltre tutto, avrebbero dovuto com'portarsi da passivi testimoni d'una non immaginabile persecuzìone. Con il 20 maggio i commìssarì dei centri ora croatì ricevettero l'ordine di cedere i poteri civili alle nuove autorità <339l. A Tenìn si presentarono al comando della 'Sassari' «i signori di nazionalità croata: Ivan Vukovié, impiegato alla cancelleria del tribunale dì Knìn; Milovan Pavlicevié capo degli ustascia locali; padre Luigi Simié, francescano, parroco di una delle due parrocchìe cattoliche di Tenìn i quali hanno esibito un documento dei Governo cli Zagabria che nomina il Vukovié commissario civile per il distretto di Tenìn» <340l. Il giorno dopo sul castello della città veniva alzata la bandiera· croata <341 l. Il dottor Niko Novakovié, con i familiarì, e l'avvocato Bosko Desnica, •«minacciati da esponenti autorità croate per aver proposto in nome loro connazìonali annessione della Dalmazia a Italia» <342>, si rifugiarono a Zara, seguiti da un prìmo gruppo d'una trentina di famiglìe serbe <343). Queste, <<a conoscenza di quanto era accaduto a Gospié ed in altre località della Lika e della Bosnia dove centinaia di ortodossi sarebbero stati ìncarcerati, maltrattati, derubatì, in parte deportati ed in altre uccisi, appena partito il ·Commissario Civile [da Tenìn - n.d.a.] abbandonarono le loro case onde sottrarsi alla esecuzione delle gravi minacce già espresse contro di loro nei giorni precedenti e s.i rifugiarono nel territorio assegnato dal trattato di Roma ali' Italia» (344 >. Al concessionario della linea auto-postale Tenìn-Zara vennero sequestrate due corriere 0 45 >. Diversi commercianti serbi furono estromessi dai rispettivi negozi, dove si installò «u·n commissario incaricato di smerciarne la roba e confiscare il denaro ricavato dalla vendita» <34 ti) _ Al Consorzio agrario, costituito da soci serbi, le medi furono sequestrate e


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«sul muro di detta filiale è stata posta una targa con la scritta 'È proibito l'ingresso ai serbo- ortodossi'_ Ta li fatti lasciano prevedere quello che potrà accadere non appena le truppe italiane avranno lascialo il territorio occupato e spiegano la fuga in massa di quella popolazione» <34 7}. Frattanto anche negli altri centri rimasti al di là della linea di con fine -aveva luogo il trapasso dei poteri ed il 21 maggio, a Spalato, si presentarono al comandante del presidio, generale Carlo Viale, ed al console generale Arduini, il dottor Antonio Franceschi quale fidu ciario di Pavelié con il gran zupano (prefetto) di Almissa, Ante Luetié. Fecero presente «di aver ricevuto ordini dal Governo di Zagabria di adoperarsi in tutti i modi per eliminare e smussare ogni eventuale attrito tra italiani e croati, consigliandosi con le autorità italiane, e di esser pronti a collaborare con noi)) C348l. Iniziativa lodevole, ma quello stesso giorno il Luetié colse l'occasione per convocare gli esponenti paveliciani della città. «In detta riunione [ ... ] avrebbe affermato che in Croazia tutti sono rimasti sorpresi per la delimitazione dei nuovi confini della Dalmazia, che sono stati imposti da necessità interne del!' Itali a che ha bisogno di dare soddisfazione ali' opinione pubblica, depressa per la perdita dell'Etiopia . Ha soggiunto che Hitler, consigliando [ai croati - n.d.a.] l'accettazione dei trattati, avrebbe assicurato che, a guerra finita , i confini verranno riveduti a favore della Croazia, con pieno appoggio della Germania». li Luetié avrebbe concluso «dicendo che, se quanto sopra non avverrà, lutti i croati dovranno iniziare la lotta per la riconquista della Dalmazia» <349>. Pur con simili riserve e propositi, il passaggio dei poteri proseguiva regolarmente: il 22 maggio, alla Brazza ed a Signa C350>; il 23, a Ragusa, arrivò una delegazione «composta dai signori P etkovié, rappresentante del governo, generale Prpié rappresentante dell'esercito, Vidas capo della gendarmeria e Francetié commissario degli ustascia» <351 > e, accordatisi con il comandante della divisione 'Marche', generale Riccardo Pentimalli, sulle modalità per l'assunzione dei poteri, «nella piazza di Ragusa, di fronte alla chiesa di San Biagio alla presenza di tutte le autorità e di notevole folla, si è proceduto all'alza bandiera dei vessilli italiani e croati» <352>. In quello stesso giorno a Lèsina, Macarsca e Metcovich si insediavano le autorità croate ed il 24 a Dernis. Invece per i comuni di Clissa, Lecevica, Muc, Sestanovac risultava che, al 29 maggio, <<gli amministratori nominati dal commissario civile per la Dalmazia sono tutt'ora in funzione, non avendo ancora il Governo croato provveduto alla loro sostituzione» <353>. Il 26 maggio Bartolucci, accompagnato dal segretario del Partito, Adelchi Serena, si recò a rapporto da Mussolini a Palazzo Venezia; emanato


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il decreto d'annessione della Dalmazia con la costituzione del Governatorato, il commissario civile era stato convocato per riferire. Portava .con sé un' ampia, anche se schematica, relazione che lesse a Mussolini: questi sull'originale, ne seguì la lettura. «Spesso segnava con grandi righe azzurre i punti che più lo colpivano nel mio dattiloscritto - ricorda Bartolucci - . Ogni tanto mi interrompeva per chiedere qualche precisazione» <354>. La relazione era divisa in tre parti: la prima, riassumeva gli avvenimenti dal momento dell ' occupazione, i criteri seguiti per procedere alla normalizzazione nonché le realizzazioni e le previdenze attuate (3 55>. La seconda parte elencava, con brevi annotazioni, le attività più strettamente connesse all'organizzazione amministrativa, a quella sanitaria; ricordava la campagna per la vaccinazione antivaiolosa primaverile dei bambini; l'invio, negli istituti della Penisola, sia di connazionali aff1::tti da t.b.c. sia di croati particolarmente bisognosi e meritevoli d'assistenza. Trattava delle finanze, delle dogane, degli scambi e valute, dell'amministrazione della giustizia. Si soffermava più ampiamente sul settore della cultura popolare, con riferimento alla stampa croata ormai esclusa dalle edicole, e della propaganda. Considerava, quindi, i problemi della scuola, dell'alimentazione - «in questo settore, indubbiamente più difficile, si è provveduto con ogni possibilità per assicurare almeno il minimo di generi alimentari alla popolazione» -; riferiva sulla riattivazione della navigazione costiera; sui pochi giacimenti di bauxite e di lignite rimasti in territorio italiano. Segnalava che «le marne per la fabbricazione del cemento potranno esser sfruttate soltanto se si gara_ntirà il rifornimento del carburante (rimasto nella zona croata) ed il rifornimento della energia elettrica le ·cui fonti (fiume Cetina) sono egualmente nella zona croata», e Mussolini mise in evidenza la notizia con due tratti di matita a margine (3 56>. Nell'ultima parte della relazione, squisitamente politica, le sottolineature del Capo del Governo furono più frequenti: con una freccia ed un doppio tralto a margine, la richiesta d'annessione dei serbi e degli altri gruppi etnici; con sottolineatura alternata riga per riga e lungo tratto a margine, i seguenti passi: «Il trattato con lo Stato croato ha di colpo spezzato questo lavoro . [di avvicinamento delle popolazioni all 'Italia - n.d.a.] gettando nella costernazione tutti quanti. Gli italiani, perché hanno visto svanire la loro speranza di una totale annessione della Dalmazia all'Italia; è particolarmente dolorosa la situazione degli italiani di Ragusa e delle isole rimaste ai croati, i quali, essendosi molto compromessi in questi giorni , temono esser fatti oggetto di azioni violente da parte degli 'ustasi'. Gli ortodossi, i serbi e i mussulmani sono terrorizzati di cadere in mano ai croati e chiedono di optare per l'Italia. I croati sono furibondi contro P avelit per aver ceduto all'Italia territori della Dalmazia».


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Un altro tratto a margine, là dove veniva posto in evidenza che oltre confine erano rimaste «le centrali idriche che alimentano le industrie di Spalato, il carbone di Mostar, le belle pianure di Livno e di Dernis ecc. ecc .. Probabilmente negli accordi per la delimitazione dei confini si potrà ancora salvare qualche cosa e sarebbe pertanto raccomandabile che fra i componenti le varie commissioni venissero scelti elementi dalmati di sicura competenza e conoscenza dei luoghi e delle risorse del Paese». Altri tratti di matita, sul paragrafo relativo alla organizzazione degli uffici. «Anche in questo campo sarebbe opportuno che la scelta dei futuri funzionari da inviarsi in Dalmazia venisse fatta con ogni oculatezza per non menomare il prestigio acquistato e per conservare Un sistema fermo e rigido che anche gli slavi preferiscono che sia appli_catQ con serietà e continuità» <357>. Ricorda Bartolucci: «Mussolini rimase sorpreso dal mio rapporto che evidentemente gli diceva qualcosa che nessuno gli aveva accennato. Rivolto a Serena[ ... ] disse: 'Perché abbiamo cambiato Bartolucci in Dalmazia?'» (358>. Nel corso del colloquio, avendo il commissario civile fatto presente che la popolazione della Dalmazia era molto amareggiata per il compromesso con la Croazia, Mussolini commentò: «Si è tagliato in due un corpo che doveva rimanere unito e non potrà sopravvivere che unito e le di cui popolazioni, dalle quali emergevano tanti ricordi del passato veneziano e romano - a esclusione dei soliti nazionalisti in buona parte oriundi di altre località della Jugoslavia - già si stavano orientando verso un lento avvicinamento all'Italia, forte, bene organizzata, generosa come l'hanno fatta apparire i nostri magnifici soldati» (359) . Quindi il commissario civile consegnò al Duce la grossa cartella rilegata in pelle che conteneva le firme dei serbi e non serbi con la petizione per l'annessione all'Italia. «Mussolir:ii abbassò lo sguardo e disse quasi sottovoce: 'I serbi hanno ora il terrore di dover pagare qualche conto aperto durante il loro dominio. Ma i dalmat.i'debbono capire che sono necessari dei sacrifici per tenere a bada i nemici e per aiutare gli amici'» . Ed alla osservazione sfuggita dì bocca a Bartolucci, «diventeranno tutti nemici>>., il Capo del Governo «ebbe un sorriso che mi parve pieno di signiffcato che non di.menticherò mai e aggiunse sempre a bassa voce '[ problemi saranno risolti · al tavolo della pace'» (360) . Intorno ai primi di giugno vennero nominati i prefetti delle nuove province, Paolo Zerbino a Spalato, Francesco Scassellati Sforzolini a Cattaro. A Zara il prefetto Giovanni Zattera, raggiunti i limiti d'età, fu sostituito dal dottor Manlio Binna. In campo militare, il generale Emilio Giglioli cedette il comando delle 'Truppe Zara' al generale Luigi Zo. Vennero nominati i segretari federali, Ferruccio Cappi a Spalato, Celso Morvisi a Cattaro.


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Domenica, primo giugno, si celebrò la festa dello Statuto. Era la prima manifestazione ufficiale dopo l'annessione. A Spalato le autorità civili e militari intesero darle particolare solennità. Dalle finestre, dai balconi, sui festoni tesi attraverso le vie, bandiere tricolori e dalmate <361>. Al comando del generale Pietro Belletti, lungo la riva, sino alla stazione ferroviaria, erano schierati i reparti della divisione 'Bergamo', il battaglione bersaglieri 'Zara', quello mitraglieri di Corpo d'armata, una legione della milizia, i carri armati, le artiglierie someggiate, ippotrainate e motorizzate, i reparti del genio trasmissioni e chimico, { servizi. II generale Dalmazzo, ricevuti gli onori, con lo Stato Maggiore a cavallo, passò in rassegna Io schieramento. La sfilata si aprì con le rappresentanze dei carabinieri, del reggimento da sbarco 'San Marco', dei granatieri di Sardegna, della gua;dia di finanza (3 62>. «La dimostrazione di forza, di disciplina e di ordine ha lasciato nella popolazione civile una impressione di orgoglio e di entusiasmo fra i cittadini italiani; di rispetto e di stima tra i cittadini croati che hanno affermato di non aver mai visto a Spalato così imponenti e numerose forze armate» <363>. Nella Casa degli Italiani alla presenza del vice-segretario del partito, Rino Parenti, ebbe luogo la cerimonia per la costituzione della federazione fascista e l'insediamento del federale Ferruccio Cappi. Il senatore Tacconi tenne il discorso ufficiale rievocando la tenacia, nell'attesa, degli italiani di Spalato e della Dalmazia durante la dominazione austriaca e la loro perseveranza sotto la Jugoslavia. Inviò un saluto a Zara, «l'eroica delle giornate di aprile», ed agli italiani «di Ragusa che serberanno anche neWavvenire ferma ed inflessibile la loro certezza nelle fortune della Patria>> <364>. Nel pomeriggio, accompagnati dal commissario civile, Rino Parenti con il federale Celso Morvisi si recarono in idrovolante a Cattaro per la cerimonia della costituzione della federazione in quella nuova provincia <365>. A Sebenico, durante la celebrazione della festa dello Statuto, «la popolazione ha ostentato freddezza ed indifferenza alla rivista passata alle truppe del Presidio>> <366> dal generale Magaldi. Ambiente chiuso, quasi ostile, anche per alcuni recenti incidenti provocati da paveliciani e da seguaci di Macek decisi ad ottenere il ritorno di quel distretto alla Croazia, sino al punto da progettare «qualche grosso attentato a Zagabria» <367) per richiamare l'attenzione della Germania. Al porto, il 23 maggio, erano state inscenate «dimostrazioni per far sospendere l'imbarco per l'Italia delle armi ivi raccolte dal presidio italiano» <368>. Dovette intervenire un reparto dell'esercito, ed il comando italiano, per evitare disordini, rinviò l'operazione d'imbarco. A Zara, le manifestazioni celebrative assunsero particolare rilievo e la cittadinanza sì strinse attorno ai soldati acclamandoli. «Le T ruppe I... ]


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sfilano superbamente di fronte al mare Nostro che più non rappresenta un anello della catena che soffocava la città!» <369>. Da Obrovazzo,' dove i confini erano ancora incerti, il commissario prefettizio Rodolfo Cettineo, telegrafava a Mussolini: «Nella ricorrenza dello Statuto cittadini Obrovazzo dalmati che già nel 1921 videro delusa ogni loro aspirazione invocano annessione grande Patria fasci~ta alt. Viva la Dalmazia italiana» <370>. Il 6 giugno, a Spalato, il commissario civile si congedò dal generale Dalmazzo rientrando a Zara <371 > dove, il giorno successivo, sarebbe arrivato Giuseppe Bastianini, Governatore della Dalmazia. Bartolucci éessava dalle sue funzioni e, restando federale di Zara, assumeva l'incarico di ispettore del Partito per le province dalmate, conferitogli personalmente da Mussolini durante il rapporto del 26 maggio (3 72>. Terminava così il commissariato civile, dopo cinquantun giorni d'impegnativo lavoro, in un ambiente dove tutto si era dovuto improvvisare, ma positivamente avviato, sia per l'impegno e l'entusiasmo di quanti vi si prodigarono, sia per la confluenza di alcuni fattori: - in primo luogo, la situazione psicologica dell'elemento croato che nel suo connaturato sciovinismo e nel discredito di cui gratificava l'Italia era rimasto colpito dalla rapida soluzione del conflitto; - la sorpresa di non sentirsi perseguitato né oggetto di vendetta o di ritorsione da parte degli italiani residenti nelle singole località della Dalmazia ma, anzi, di vedersi materialmente aiutato e soccorso dalle autorità militari, civili e politiche e trattato con comprensione anche dalle tanto paventate organizzazioni fasciste; - il raffronto della situazione, specie alimentare e dell'ordine pubblico, fra i territori del commissariato, con quella delle zone sottoposte alla sovranità dello Stato croato; - il vedere a capo delle amministrazioni locali cittadini del posto che, se pur italiani, erano conosciuti da tempo e con i quali il discorso anche in lingua croata non aveva ostacoli; - l'ineccepibile comportamento dei soldati italiani sia dell'esercito che della milizia. Fra questi fattori la utilizzazione dei dalmati italiani ai posti di responsabilità e la ricerca di un colloquio il più diretto possibile con la popolazione - giornale bilingue, trasmissioni radiofoniche in lingua croata - furono i più validi strumenti organizzativi del commissario civile.


NOTE AL CAPITOLO II



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(1) Sergio DoMPIERl - L 'flalia in Dalmazia 1941-45 - (In la Rivista Dalmatica - (Venezia) - Fascicolo n. 2 - Aprile-giugno 1961). Sergio DoMPll;RJ, triestino, di famiglia irredentista, nato nel I 884. Il p~dre fu podestà di Trieste dal 1897 al 1900. Studente ad Innsbruck. Allo scoppio della prima guerra mondiale fuggì in Italia e si arruolò nell'esercito italiano. Redenta Trieste fu assessore alle finanze nel ricostituito comune retto dal podestà Giorgio PJTACCO. Entrò nell'amministrazione civile dello Stato. Prefeuo a Gorizia, commissario al comune di Bolzano, prefetto a Trapani e ad Imperia. Nella seconda guerra mondiale, tenente colonnello d'artiglieria in Dalmazia nella divisione 'Zara'. Segretario generale de 1Governo della Dalmazia con il Governatore Francesco G1uN'fA. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 si ritirò a vita privata. Muore a Trieste il 4 marzo 1970. (Dal necrologio scritto da Bruno CocEANI in La Rivista Da/malica - Roma - Fascicolo n. I - Gennaio-marzo 1970). (2) Ibidem .

L'occupazione militare della Venezia Giulia durò dal novembre 1918 al luglio 1919 con a capo il generale di Corpo d'armata Carlo PETITTI di RoR·ETo. Con decreto luogotenenzialc 4 luglio 1919, n. 1081, per i servizi civili, governativi e locali venne nominato un commissario straordinario che dopo pochi giorni assunse la denominazione di 'commissario generale civile' (regio decreto 24 luglio 1919, n. 1251). All'inizio venne nominato il deputato Augusto CtuFFELLI, presidente di sezione del Consiglio di Stato. In dicembre, per dimissioni, sostituito dal consigliere di Stato Antonio MoRONI, poi senatore del Regno. Con regio decreto 17 ottobre 1922, n. 1353, venne soppresso il commissariato generale. Con il 1° novembre 1922 il doti. Francesco MONCADA, già vice commissario generale civile, fu il primo prefetto della nuova provincia di Trieste. (Da Mario M1ssORl - Governi, alte cariche dello Stato e prefelli del Regno d'Italia - Ministero dell'interno - Pubblicai.ione degli Archivi di Stato - Fonti e sussidi - Poli· grafico dello Stato - Roma, 1973). (3) U.S.-S.M.E. - Busta 2075 - Stato Maggiore R. Esercito - (Telegramma n. 8155/0p. - Da Stato Maggiore Generale a Superesercito - Ore.16.30 - 12 aprile 1941). (4) Vedi

11.

1.

(5) Regio decreto, 8 luglio 1938, n. 1415 - Approvazione dei testi della legge di guerra e della legge di neu1ralità - (In s upplemento alla Gazzella Ufficiale del Regno d'Italia, 11. 211 15 settembre 1938) - L'articolo 16 reca: «li comandante supremo, nella zona di operazioni, assume anche i poteri civili» - Per i funzionari civili vedi allegato n. 1 al presente capitolo. (6) San Marco! - Quotidiano di Zara - n. 149 - A1hos BARTOlUCCJ Commissario Civile per la Dalmazia - 16 aprile 1941. (7) COMANDO SUPREMO - (Commissione consultiva per il di riti.o di guerra) - Raccolta dei bandi, delle ordinanze e dei decreli emanati dal Comandante delle truppe operanti su tu(le le fronti e dal Comandanrì superiori delle l'orze Arma1e • Quattro fascicoli - Istituto Poligrafico dello Stato - Roma, 1940-43. Ordinanza del DucE del IO luglio I 940-XVlll che nomina i commissari c ivi li nei territ ori francesi occupati e determina la circoscrizione nella quale essi esercitano le loro funzioni · Fas~icolo 1, pag. 113. (8) lhidem.

Bando del Duci; del 17 maggio 1941-XIX concernente l'ordinamento amministrativo e giudiziario nel territorio dell'ex-Regno di Jugoslavia occupato dalle Forze italiane - Fasci ;olo II, pag. 71 - (In Gazzella Ufficiale del Regno !10/ia , 17 maggio 1941, n. l 16).


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(9) Ibidem - Articolo l. (IO) Vedi n. 7. Bando del DuCE del 16 aprile 1941-XIX eh~ detta nonne relative ai pagamenti da eseguirsi nel territorio jugoslavo occupato - Fascicolo II, pag. 39 - (In Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, 17 aprile 1941, n. 92). . Bando del DUCE del 24 aprile 1941-XIX contenente disposizioni concernenti l'amministrazione della giustizia nei territori già facenti parte dello Stato jugoslavo e occupati dalle Forze armate italiane - Fascicolo II, pag. 47 - (In Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, 26 aprile 1941, n. 99). Bando del DUCE del 24 aprile 1941-XIX contenente disposizioni in materia di scambi e di valute nei territori dell'ex Regno di Jugoslavia occupati dalle Forze armate italiane - Fascicolo II, pag. 49 - (In Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, 25 aprile 1941, n. 98). Bando del DucE del 29 aprile 1941-XIX concernente disposizioni in materia doganale nei territori del Regno di Jugoslavia occupati dalle Forze armate italiane - Fascicolo II, pag. 57 (In Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, 3 maggio 1941, n. 105). Bando del DucE del 4 maggio 1941-XIX contenente disposizioni riguardanti i servizi dei monopoli nei territori occupati dalle Forze annate italiane - Fascicolo Il, pag. 62 - (In Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, 8 maggio 1941, n. 109). Bando del DUCE del 6 maggio 1941-XIX concernente la facoltà di nominare Commissari straordinari per le Società di navigazione nei territori dell'ex-Regno di Jugoslavia occupati dalle Forze armate italiane - Fascicolo Il, pag. 63 - (In Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, 12maggio 1941, n. 111). (I 1) Lettera dell'autore (27 luglio 1978) di Athos BARTOLUCCI - «La nomina a Commissario mi pose tanti imprevisti problemi e il Prefetto Zattera offrendomi la sua pronta collaborazione mi agevolò molto». Athos BARTOLUCCI, nato a Ferrara il 28 ottobre 1902 - Laureato in scienze diplomatico consolari - Segretario Federale del P.N.F. a Zara dalla metà del 1934 al giugno 1942 -Consigliere nazionale alla Camera dei fasci e delle corporazioni dal 23 marzo 1939 - Commissario civile per le regioni dalmate dal 12 aprile al 6 giugno 1941 - Ispettore del P .N .F. per la Dalmazia dal giugno all'agosto 1941. (12) Lettera all'autore (10 gennaio 1979) di Athos BARTOLUcc1. In una lettera del 25 gennaio 1978 scrive: «Le opere assistenziali ebbero un compito molto importante a/l'inizio dell'occupazione delle varie località sulla terraferma e sulle isole. Il cav. Piero TASSOVAZ con la collaborazione di tutte le Signore e le Signorine offertesi volontariamente alle Opere Assistenziali e di numerosi volontari quali il cav. DEVETAK (Antonio -n.d.a.), il Prof. SASSETTt (Gino - n.d.a.),Riccardo DE DENARO, il prof. FRANCl/f (Giuseppe. n.d.a.), approntava viveri che proseguivano per le isole e per l'interno della Dalmazia». (13) San Marco! - Quotidiano di Zara - 14 aprile 1941 - Riporta la nomina del signor Casimiro SALOMON ad Oltre.

Ibidem - 18 aprile 1941 - Riporta la nomina del signor Giuseppe MARCUZZI a Zemonico. (14) U.S.-S.M.E. - Busta 588 - Comando Truppe Zara - (Foglio n. 426 prot. - Urgente Da Sebenico, ore 13 - A Comando Presidio Zara da ten. Girampini d'ordine generale Francesco ZINGALES - 16 aprile 1941).


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(1 5) U.S.-S.M.E. - Busta 588 - Comando Truppe 'Zara' - (Diario storico - P.M. 141, 16 aprile 1941). (l 6) Salvatore Lo1 - Le operazioni delle Unità italiane in Jugoslavia 1941-1943 - (Ministero Difesa - Stato Maggiore Esercito - Ufficio Storico • Roma 1978) - pag. 85.

(17) Ibidem - pag. 86 e seguenti. - La d ivisione corazzata 'Centauro' era comandata dal generale Gavino P1ZZOLATO; la 'Messina' dal generale Francesco ZANl. (18) U.S.-S.M.E. - Busta 2 39 - Comando di visjone autotrasportabile 'Torino' - (Diario storico - 16 apri le 1941). • (19) Vedi n. 16 - La divisione corazzata 'Littorio ' era comandata dal generale Gervasio

BITOSSJ. (20) U.S.-S.M.M. - Scacchiere Jugoslavia-Dalmazia-Albania 1941 - Busta 45 - Fascicolo 5 - (Relazione sulla occupazione della Base Navale di Sebenico del contrammiraglio Vittorio Emanuele TOGNELLI - Roma, 12 giugno 1965) - Vedi allegato n. 6 al presente capitolo. (21) Ibidem. (22) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941- Busta 125 - Fascicolo D - ("Relazione" dì Athos

BARTOLUCCI). Identica relazione è stata inviata a ll ' autore da Athos BARTOLUCCI con lettera 3 novembre 1979: «Ho trovato la relazione che feci al Duce net/a udienza che mi concesse prima della nomina del Governatore della Dalmazia». L'udienza ebbe luogo il 26 maggio 1941 - (Vedi San Marco! Edizione di Spalato - 27 maggio 1941). - La Relazione non è datata ma va collocata al giorno dell'udienza - Vedi allega10 n. S al presente capitolo. (23) Lettera all'autore ( IO ottobre 1978) di Athos BARTOLUCCI. A Sebenico la ' Società del Casino' co n la 'Società di Beneficienza' erano due istituzion i italiane sorte ancora ai tempi dell'A ustria. Durante ìl regno di Jugoslavia avevano sede nella 'Casa degli italiani ' . A Spalato, alla 'Casa degli Italian i' facevano capo i sodalizi italiani, 'Gabinetto di lellura', 'Società Operaia e di Mutuo Socco rso' , 'Società di Beneficienza', 'Bibli oteca Popolare', 'So cietà Corale' , 'Unione Cooperativa'. A Ragusa c'era la 'Unione ita li ana' .

A Veglia esisteva il ' Circo lo culturale' . Queste società erano sta te promosse, e sos tenute con i propri mezzi, dai ciuatlini italiani delle rispetti ve cillà . Inoltre la ' Lega Nazionale' tramite la 'Lega culturale ita liana' gestiva in Dalmazia selle scuole elementari: a Spalato, Ragusa; Sebenico, Vegl ia , Traù, Lèsina, Cùrzola. Vi promuoveva anche dei corsi di lingua ita liana per cittatli·ni jugos lavi. (M. A.E.-A.S.D. - .Jugoslavia 1941 - Busta 125 - Fascicolo l/D - Appunto per la Direzione generale degli affari polirici - A firma console generale Luigi ARDUINI - Spalato, 16 aprile 1941). (24) Vedi n. 22. (25) Vedi n. 20.

(26) U.S.-S.M.M. - Scacd1iere Jugos lavia-Dalmazia-Alban ia 1941 - Busta 45 - Fascicolo 5 . (Rapporro missione di Sebenico - A firma capi1a·no di corvetta Yiuorio Emanuele TOGNELLI - Probabilmente del I 8 o 19 aprile J 94 1).


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

Un allegato al Rapporto precisa che nella base di Sebenico vennero trovati: 3 navi alloggio già ex austro-ungariche: Neretva, Krka, Krivosija; 2 posamine: Kobac, arenato ed ingavonato ma recuperabile; Marijan pronto a muovere; 6 rimorchiatori, due a combustione interna, quattro a vapore di cui due non immediatamente utilizzabili; 1 mas: Uskok da 20 tonn. efficiente; 4 bettoline con 1800 tonn. di carburante complessivamente; 8 piroscafi da 56 a 420 tonn.; una decina di natanti minori. (27) Vedi n. 20. (28) U .S.-S.M.M. · Scacchiere Jugoslavia-Dalmazia-Albania 1941 - Busta 45 - Fascicolo 5 - (Relazione avvenimenti bellici di Marina Sebenico • A firma capitano vascello Pietro TACCHINJ - 4 luglio 1942). (29) U.S.-S.M.E. · Busta 588 - Comando Truppe 'Zara' - (Diario storico - La forza era di 5 ufficiali e 192 uomini di truppa che furono assegnati a l 'Fronte a mare' - P.M. 141, 16 aprile 1941). (30) U.S.-S.M.M. - Scacchiere Jugoslavia-Dalmazia-Albania 1941 - Busta 2- Fascicolo 5 · (Comando militare marillimo Lussino-Cherso - Foglio n. 5018/S - Oggetto: "Occupazione isole Selve-Ulbo-Premuda-lslo-Scarda-Arbe-Pago-Plaunig" • A firma capitano fregata Vittorino NrcoLOT'fl - 25 aprile 1941). L'occupazione delle isole di Selve, Ulbo ed !sto fu effeuuata con i piroscafi Lussino e San Marco scortati dalla torpediniera Aldebaran, dal MAS 426, da una squadriglia della 24 3 flottiglia dragaggio. L'occupazione delle isole di Premuda e Scarda ebbe luogo con il piroscafo Fiero. L'qccupazione delle isole di Pago ed Arbe fu effettuata dal piroscafo Morrhua, dai moto pescherecci armati Torneador, Ciuà di Bari, San Pie1ro, dal MAS 426, da una squadriglia della 24° flottiglia dragaggio. (31) U.S. -S.M.E. • Busta 580 • Comando 2• Armata - (Foglio n. 865/R prot. - Oggetco: "Commissariato Civile per le regioni dalmate" - A firma generale Vittorio AMBROS10 - P.M. IO, - I 7 aprile 1941) • Vedi allegato n. 2 al presente capitolo. (32) U.S.-S.M.E. • Busta 239 - Divisione autotrasportabile 'Torino' - (Diario storico - 17 aprile 1941). (33) U.S.-S.M.E. - Busta 223 - Divisione fanteria 'Messina' - (Diario scorico - 17 aprile 1941). (34) U.S. -S.M. M. - Scacchiere Jugoslavia- Dalmazia-Albania 1941 - Busta 42 . Archivio LII - (Opera svolta dalla R. Marina nella occupazione di Ca/taro -17 aprile-21 aprile 1941-X!X A firma ammiraglio Ettore SPORTIELLO - Probabilmente del 23/24 aprile 1941) - Per notizie biografiche sull'ammiraglio SPORT!l;LW vedi La Rivis,a Dalmatica - (Roma), - Fascicolo n. I Gennaio-marzo I 982. U .S.-S.M.M. - Scacchiere Jugoslavia-Dalmazia -Albania 194 1 - Busta 2 - (Relazione della occupazione di Cauaro - A ·firma capitano di vascello Gastone M1NOTT1 - Allegata a lenera prot. 3504 da ammiraglio Ettore SPORTJELLO a Superma rina - 29 aprile 1941) · Vedi a!!ega10 n. 7 al presen te capitolo.


L'occupazione della Dalmazia ed il Commissariato Civile

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(3S) La motivazione della croce di guerra concessa all'autista Nicola FIORE dice: «Conducente di autovettura isolata sulla quale erano degli ufficiali, li coadiuvava nel disarmare dei militari jugoslavi, con fermo coraggio e con pericolo della vita, nelle vicinanze di Cattaro, sulla strada battuta dalla fucileria nemica». - (In Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, S ottobre 1942, n. 234). (36) U .S.-S.M.M.. - Scacchiere Jugoslavia-Dalmazia-Albania .1941 - Busta 42 - Archivio

LII - (Relazione sull'opera svolta dalla R . Marina nell'occupazione di Ca/taro - Allegata a lettera prot. 3476, da ammiraglio Ettore SPORTI.ELLO a Supermarina - Cattaro, 26 aprile 1941). (37) Da Pomorska Enciclopedija (Enciclopedia Marittima) - Zagabria J9S8. Oltre a Milan SPASJt (pag. 254) ricorda Sergej MASERA (pag. 16S) quali autori dell'affondamento dello Zagreb, ambedue deceduti. · Le navi catturate furono: incrociatore Dafmacija - 3 cacciatorpediniere: Dubrovnik, Beograd, Ljub/jana - 3 sommergibili: Osvetnik, Smefi, Hrabri - 6 mas: Vefebit, Dinaro, Triglav, Suvohor, Orien, Rudnik - 9 rimorchiatori - 2 panfili; Beli Orao, Vita - 2 dragamine: Mfjet, Me/jine - motocisterna Perun aa 5 000 tonn. - posamine Jastreb - motoveliero scuola Jadran 7 natanti trasporto combustibile - 8 maone - tre motoscafi ~ Altro naviglio minore.

Furono inoltre catturati: 2 bacini galleggianti da 7 000 e da I 700 tonn. - 10 idrovolanti 6 400 tonn. di nafta - 99 tonn. di benzina - 23 tonn. di petrolio - 2S9 tonn. olii vario tipo - 9SO tonn. viveri. (Da relazione ammiraglio Ettore SPORTIELLO • Vedi n. 34 e n. 36). (38) Vedi nn. 34, 36.

Il cap. di vasc. Gastone MJNOTTI, il ten. di vasc. Augusto CURTI G1ALDIN0 ed il centurione Nino CERCATO furono decorati con medaglia d'argento al v.m. per l'azione di Cattaro con motivazioni, salvo alcuni aspetti di forma, sostanzialmente identiche. Quella concessa a MINOTTI diceva: «Entrava in Cattaro immediatamente a contatto con i primissimi reparti di occupazione essendo la strada di accesso ancora batJuta dal tiro nemico e disarmando gruppi di armati nemici. Con opera pronta ed energica assicurava l'incolumità di ingente materiale da guerra marittimo, dava la sua energica opera per la presa di possesso di tutto il naviglio da guerra nemico già minato e pronto a saltare in aria, stroncando il sabotaggio ed il rapinaggio in corso particolarmente pericoloso per le unità navali, i depositi di munizioni e fa nqfta. Esempio di coraggio e di energia ammirevoli». - (In Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, 27 marzo 1942, n. 71). La motivazione della ricompensa al valore concessa ad Augusto CuRTI G IALOINO è riportata nella Gazzetta Uffic~ale del Regno d'Italia, 27 febbraio 1942, n. 48. (39) Vedi n. 26. (40) Ibidem.

(41) Ibidem. U.S.-S.M.E - Busta 724 - Comando 2• Armata - (Diario storico - «Il Comando del Corpo. d'armata autotrasportabile alle ore 19,30 segnala che il giorno 17 in Sebenico ha avuto luogo un conflitto armato fra contadini scesi dalle montagne a scopo di saccheggio. Nostri reparti intervenuti hanno ristabilito rordine» - P.M. 10, 18 aprile 1941). M.A.E. -A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 12S - Fascicolo 1/ D - (Relazione senza intestazione dell'Ispettore del P.N.F. Giorgio SuPPJEJ: «A Sebenico a/l'ingresso in città del Battaglione San Marco sì sono verificati conflitti con gli ustagi e si sono avuti dei morti» • Lubiana 19 aprile 1941). Vedi anche li Giornaled'llalia del 24 aprile 1941 che riporta il fatto nell'articolo di Bruno MoR1N1: li primo sbarco a Sebenico.


Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre /941)

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(42) U.S.-S.M.E. - Busta 588- Comando Truppe 'Zara' - (Diario sterico - P .M. 141, - 17 aprile 1941). Il Corriere della Sera del 18 aprile pubblicò: Giornate di Zara, di Orio VERGANJ; Da Sussak a Spalato - Divisioni celeri in Dalmazia, di Paolo MONELLI - Il 19 aprile, Torna la Dalmazia, di Aldo VALORI - Il 20 aprile, !I Tommaseo e la suo Dalmazia, di PANFILO.

!I Piccolo di Trieste pubblicò l'articolo Come è stato spezzato il cerchio che stringeva Zara, non firmato, ed iniziava la terza pagina con un titolo a sette colonne, Bandiere di tulfa la Dalmm;ia al vento. Il Giornale d'Italia del 18 aprile portava: Le 2 giornate di battaglia per la conquisto di Knin , di Gino TOMAJUOLI - Il 19, A vanzota a tempo di primato sul litorale dalmata, di Ferdinando CH IARELLI e L 'italianità della Dalmazia nel pensiero di Nicolò Tommaseo, di Ruggero TOMMASEO - li 22, La lunga marcia del presidio di Zara, di Gino TOMAJUOLI · Il 23, Quel che la Dalmat.ia romana e italiana ha dato alla comune civiltà latina, di Luigi BOl"fAZZI -1124, le isole della Dalmazia occupate in tre giorni di Gino TOMAJUOLI. Il Resto de! Carlino del 18 aprile pubblicava: Giornate di guerra a Zara, di Ezio BuCIN0 11 20, Approdo in Dalmazia, di Francesco MuTI. li 22, D'Annunzio e i Dalmati, di Giannino Omero GAI.LO.

La Stampa del 18 aprile portava Come le forze italiane si irradiarono da Zara, di Giulio DE MARZIO. li 20, Tutta la Dalmazia tranquilla e felice, di Antonio ANTONUCC1. Il 23, Dalmazia 'arcipelago' italiano, di Italo ZINGARELLI. Il 24, Sulla 'litoranea' dalmata, di Antonio ANTONUCC1. Il 28, L'occupazione di Veglia e di Selve, Ulbo e !sto, di Vero RoBERTI. Il Matlino di Napoli pubblicò una serie di articoli senza. firma: il 18, la Vit1oriosa azione del presidio di Zara; il 24 , Dalmazia fedelissima e romana negli spiriti, nelle opere, nel secolare eroismo; il 27, Gente dalmata: Seismit Dada, e l'altro, Un giorno di Pasqua che i serbi non dimenticheranno, di Enrico EMANUELLI. (43) Vedi n . 22. (44) Vedi n. 22.

J primi commissari furono nominati nelle località intorno a Zara. Per i distre1ti: di Bencovazzo il dou. Casimiro SoRICH, per quello di Tenìn il dott. Carlo de HO EllERTH . Pe, i comuni: di Chistagne, rag. Ugo DELICH; di Novegradi, rag . Ugo TEBALDI; d i Obrovazzo, Rodolfo CETTINEO; di Dernis, prof. Plinio RADOVANJ; di Nona, Edoa rdo MAYER; di Oltre, rag . Bruno DE DENARO. (45) A.C.S. - Presidenza del Consiglio dei ministri - Anni 1941-1943 - Posizione U. 7/8 Fascicolo 12860 - (Telegramma da Adelchi SERENA, segretario del Partito fascista, a Luigi Russo, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei m inisiri). (46) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 194 1 - Busta 125 - Fascicolo 1/D - (Relazione senza in1cstazione dell'Ispettore del P.N.F., Giorgio SUPPIEJ - Lubiana, 18 aprile 1941). (47) Ibidem. (48) Ibidem.

(49) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 194 1 - Busia !06 • Fascicolo 1/C- (Relazione del col. Luigi BoNFATTI, addetto militare - Belgrado, 17 aprile 1941 ). (50) Ibidem. (51) M.A.E. -A.S.D. - Jugoslavia l 941 · Busta 106 - Fascicolo I / C - (Foglio n. 5 di prot. - O ggetto "Armistizio di Belgrado con la .Jugoslavia" - Del col. Lu igi BoNFATII - Belgrado, I 8 aprile 194 l ).


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(52) U.S.-S.M .A. - Elemento 7518-S.D . - B/0 73 - (Telescritto n . 8382/op. - Ore 15.4-0 Da Stamage a Superesercito-Supermarina-Superaereo-Supercomando Alba - P .M. 9, - 18 aprile 1941). (53) M.A.E .-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 125 - Fascicolo 1/D - (Appunto per la Di· rezione generale degli affari politici - Console generale Luigi ARDUINI - Roma, 16 aprile 1941). (54) Ibidem . (55) Ibidem. (56) Ibidem. (57) Oscar RANIJI . Diario delle ansie dalmatiche - Sotto la data del 7 aprile, annota: «Gli inglesi già hanno annunciato la presa di Scutari, Zara e Fiume» - In La Rivista Dalmatica (Roma) - Fascicolo n. 1/2 - Gennaio-giugno 1980. Giuseppe PRAGA - Diario dell'assedio di Zara - Sotto la data dell'8 aprile, annota: «Un pò di comincità. Ho inteso ora da radio Tolosa che gli jugoslavi hanno occupai o Fiume, Zara e Scutari!» - In La Rivista Dalmatica - (Roma) - Fascicolo n . l - Gennaio-marzo 1984. (58) Vedi n. 36. (59) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 125 - Fascicolo 1/D - (Lettera relazione N. 001 P .R./Pos. A . I - Da console generale Luigi ARDUINI a Ministero affari esteri - Spalato, 8 maggio 1941) - Vedi allegato n. 9 al presente capitolo. (60) O. NARDI (pseudonimo di Oscar RAND!) - / sessanta giorni di vita del 'Commissariato civile' per la Dalmazia - In La Rivista Dalmatica - (Zara) - Settembre-novembre 1941. Le autorità di Zara al seguito di BARTOL.UCCI erano: senatore Antonio TACCONI, co nsigliere nazionale Nicolò LUXARDO, preside della provincia Antonio ARNERI, podestà Giovanni SALGHETTI DR IOl.!, dottor Paolo G1ANFELJCE capo del personale della Direzione nazionale del Pàrtito fascista con fu nzioni di capo di gabinetto del Commissario civile, capitano Enzo URSCHOTZ componente il direttorio della federaz ione di Zara. (61) San Marco! - Quotidiano di Zara - Il Commissario Civile assume i po1eri a Spalato - Zara, 22 aprile 1941. (62) Ibidem . (63) M .A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 106 - Fascicolo 6 - (Da Regio Consolato Spalato - Telegramma n . 2 - Segreto da non diramare . A firma console generale Luigi ARDUINL - Ore 0.05 - Spalato, 22 apri le 1941). (64) Vedi n. 59. l.et1era all'autore (!O gennaio 1979) di Athos BARTOLVCCI - «Furono dette poche parole. I signori an;:ideui (i croati) fecero /'impossibile per e1•i1are lo scambio delle consegne ma il generale Zingales 10gliò corto e mi trasferì i po/eri». (65) Vedi n . 63. (66) Vedi

n. 61.

(67) Ibidem . (68) Ved i n. 63.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

(69) M.A.E.-A.S.D.- Jugoslavia 1941- Busta 125 - Fascicolo 1/D- (Telespresso n. 799/109 - Riservato urgente - Oggetto: "Situazione politica" - Da console Giorgio TJBERI a Ministero affari esteri - Ragusa, 26 aprile 1941) - Vedi allegato n. 10 al presente capitolo. (70) Ibidem. (71) Ibidem. (72) Ibidem. (73) San Marco! - Edizione di Spalato - Articolo, Lapidi alle porte di.Ragusa imbrattate La grave situazione prima dell'arrivo delle truppe italiane - Spalato, 29 aprile 1941. (74) Ibidem. (75) Vedi n. 69. (76) Ibidem.

(77) San Marco! - Edizione di Spalato - In, / Commissari distrettuali, la nomina del signor Sergio JEUCH - Spalato, 30 aprile 1941. Lettera all'autore (7 febbraio 1979) di Athos BARTOLUCCI per la nomina a commissario del comune del barone Felice de MAINERI - Ucciso dagli slavi a Cùrzola dopo 1'8 settembre. (In Luigi PAPo: I caduti e i martiri della Dalmazia - Centro Studi Adriatici - Roma - 1977 - pag. 69). (78) Vedi n. 34. (79) Ibidem. (80) U.S.-S.M.E. - Busta 223 - Divisione fanteria 'Messina' - (Diario storico - 22 aprile 1941).

(81) Winston CBURCILL - La seconda guerra mondiale - Parte terza, volume primo - La Germania punta ad oriente - Arnoldo Mondadori Editore - Milano 1950. Nota a pag. 258: «li signor Ronald CAMPBELL era riuscito ad arrivare sino alla costa adriatica, ma il 18 aprile cadde nelle mani degli italiani coi suoi dipendenti. Si fece un tentativo per salvare lui ed i suoi uomini; una settimana dopo il sommergibile britannico 'Regent' fu inviato nella baia di Cattaro, ma trovò che gli italiani se ne era no già impadroniti. Venne preso a bordo come ostaggio un ufficiale italiano, mentre un ufficiale del sommergibile parlamentava con gli italiani per otlenere il rilascio del corpo diplomatico britannico. In quel momento arrivarono tre Stuka, i quali bombardarono e mitragliarono il 'Regent' ferendo il comanda111e e alcuni membri dell'equipaggio. Il sommergibile dovette riprendere il mare souo il fuoco delle batterie costiere e fuggire attraverso i campi di mine. li diplomatico e i suoi dipendenti vennero trasferiti in Jtalia ed ivi internati. In giugno essi furono rimparriati in Inghilterra, in conformità agli usi internazionali, in seguito a trattative con il Governo italiano».

Dai documenti militari italiani non risulta che da terra sia stato aperto il fuoco contro il sommergibile. (82) Vedi nn. 80, 81. (83) U.S. -S.M.M. - Scacchiere Jugoslavia-Dalmazia-Albania 1941 - Busta 2 - Fascicolo D - (Da Comando Marina Cattaro a Comando Militare Marittimo della Dalmazia - Foglio 023 prol. - Oggetto: "Relazione" -A firma contrammiraglio Giulio DE ANGEus - 25 aprile 1941).

U.S.-S.M. E. - Busta 223 - Divisione fanteria 'Messina' - (Diario s1orico - 22 apr ile 1941). Public Record office - A.D.M. i 73/16927-X/P0894 - (Giornale di bordo - Sommergibile Regent - 22 aprile 1941).


L'occupazione della Dalmazia .ed il Commissariato Civile

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(84) U.S.-S.M.E. - Busta 223 - Comando 94° reggimento fanteria divisionale 'Messina' (Diario storico - 22 aprile 1941). (85) Vedi n . 36. Il comandante della difesa era il capitano di vascello Anton A. KLIMAR; l'ufficiale addetto alle armi subacquee del sommergibile 'Osvetnik' , il tenente di vascello Marco A. BoJAN!C; il silurista, Anton NovAK; l'ufficiale ai servizi tecnici il capitano della riserva navale, Dragomir DEZULOVJC. (86) U.S.-S.M.E. - Busta 223 - Comando 2° reggimento artiglieria divisione 'Messina' (Diario storico - 22 aprile l 941).

(87) U.S.-S.M.E. - Busta 223 - Comando 94° reggimento fanteria divisione 'Messina' (Diario Storico - 22 aprile 1941). (88) Marcantonio BRAGADIN - Che ha fatto la Marina? - pag. 187 - Edizione Garzanti Milano - 1949.

Ugo CAVALLERO. Comando Supremo - (Diario) - Cappelli Editore Milano 1948 - Annotazione del 22 aprile 1941 - <<Mi si comunica da Cattaro che si è presentato un sommergibile inglese per ritirare l'ambasciatore accreditato a Belgrado. Dò ordine di catturare il sommergibile e se fa resistenza affondarlo. L'ambasciatore sia trattato con la massima deferenza». (89) U.S.-S.M.E. - Busta 223 - Divisione fanteria 'Messina' - (Diario storico - 22 aprile 1941). (90) Vedi n . 81 .

(91) Vedi n. 59. (92) Ibidem. (93) San Marco!. Quotidiano di Zara - Articolo, Il Commissario civile per la Dalmazia inizia il lavoro di riorganizzazione - Za ra, 23 aprile 1941. (94) Ibidem. (95) Vedi n. 22. (96) U.S.-S.M.E. - Busta .580 · Comando VI Corpo d'armata - (Traduzione di un volantino lanciato in Dalmazia da un aereo croato· 23 aprile 1941). «Popolo Croato! I Dopo 828 anni creammo da soli con l'aiuto dei grandi alleati nuovamente-la nostra grande I Croazia libera ed indipendente I nei suoi confini storici: lungo il nostro azzurro croato mare Adriatico, l'eroica Bosnia-Erzegovina, la fruttifera Slovenia, l'infiorata Srjimia, il bel Med)umurie, la superba Croazia con la L ika e la Krbava, la nostra cara Dalmazia!. li confine ne è: la Sava, la Drava, il Danubio/. Salvaguardiano col sangue dei migliori figli guidati dal Capo I dott. Ante Pavelié I l'acquistata libertà e non permettiamo che mai più il traditore calpesti la n ,ostra e meravigliosa Patria Croata! I Che ognuno risponda ali' appello delle Autorità Militari Croate/. Viva lo Stato Indipendente Croato! I Viva i nostri grandi alleati: il Reich germanico e l'Impero italiano! I Viva il capo dott. Ante Pavelié!».

(97) Vedi n. 59. (98) M.f\.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 106 - Fascicolo 6 · (Telegramma n. 3 Segreto da non diramare - Da Regio console generale ARDUJNJ a Ministero affari esteri, Roma - Ore 0.30 - Spalato, 24 aprile 1941). (99) Vedi n. 59.


Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

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(I 00) Ibidem. (101) U.S.-S._M.E. - Busta 580- Comando 2' Armata - (Foglio senza prot. - Da generale Vittorio AMBROSJO ai comandi dipendenti - P.M. 10, 22 aprile 1941). (102) u:s.-S.M.E. - Busta 239- Comando divisione autotrasportabile 'Torino' - (Diario storico - 24 aprile 1941).

( 103) Ibidem. (104) U.S.-S.M.E. - Busta 588 - Comando XXX battaglione genio - (Diario storico - P.M. 141, 24 aprile 1941). (105) U.S.-S.M.E. - Busta 588 - Comando Truppe 'Za:ra' -(Fonogramma n . 945 - Da generale Emilio Gtcuou a comando presidio Tenìn - P.M. 141, 24 aprile 1941). (106) U.S.-S.M.E. - Busta 588 - Comando XXX battaglione genio - (Diario storico: 21 aprile - Riallivazione linea telegrafica Nona-Zemonico-Bencovaz. 24 aprile - Riapertura ponte a Carino (Karin). _29 aprile - Riparazione interruzioni stradali a Roski Slap, riattamento. ponte sul Cherca

(Krka) sotto Dernis e riattamento acquedotto di Obrovazzo. (107) U.S.-S. M.M. - Scacchiere Jugoslavia-Dalmazia-Albania 1941 - Busta 42- Comando Militare Marittimo della Dalmazia occupata - Spalato - (Argomento: Succinta relazione sulle occupazioni della R. Marina nel territorio ex-jugoslavo - n. 178 prot. - Segreto - Da ammiraglio Oscar Di G1AMBERARDINO a Supermarina - 28 aprile 1941) - Vedi allegato n. 8 al presente capitolo. (I 08) Ibidem . ( 109)

Ibidem.

(I 10) Ibidem .

U.S.-S.M .M. - Scacchiere - Jugoslavia-Dalmazia-Albania - 1941 - Busta 2 - Fascicolo O (Stato Maggiore R . Marina - Foglio n. 20686 prot. - Oggetto: "Istituzione Comandi Regia Marina" - 21 aprile 1941). · Furono istitui te anche le Capitanerie di P o no a : Spalato

- Ten . col. GtURA Alfredo, comandante; cap. BRAZZODURO Ernesto; s.ren . R1. DONOELLI Enrico; s.ten. T1sctONE Nestore.

Sebenico - Ten. col. DE RENZI Enore, comandan te; s.ten. StROTTI Berto; s.tcn. G,1.1on1 Angelo; s.ten. GuASTELLA Santo. Cattaro

- Magg. L1CARD1 Francesco, comandante; s. ten. FERRANDO Guglielmo; s.ten. CORJJINO Carmelo a Ragusa .

Al personale della Capitaneria di Por10 di Zara vennero destinar i: cap. DELUNO Nicola (a Obrovazzo); s.ten. GurDA Giuseppe; s. ten. PARMEGGIANI Alfredo. (I 11) Vedi

11

107.

(I 12) Vedi n. 28. La 3· compagn ia del battagli one 'G rado' era comandata dal capitano Aldo Cu1.1n:H1 . (113) Vedi n. 107 .


L'occupazione della Dalmazia ed il Commissariato Civile

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(114) Ibidem.

(I 15) Ibidem. l cacciatorpediniere erano comandati: Granatiere cap. vascello ViLtorino DE PACE; Fuciliere cap. fregata Alfredo V1GL1ERI; Bersagliere cap. fregata Giuseppe AN01ov; Alpino cap. fregata Agostino CALOSJ. (116) U.S.-S.M.M. - Scacchiere Jugoslavia-Dalmazia-Albania - 1941 - Busta 4 . Fascicolo Z/8 • (Foglio senza prot. • Occupazione isola di Lissa - 23 aprile 1941). (I 17) U.S.-S.M.M. - Scacchiere Jugoslavia-Dalmazia-Albania •. J941 - Busta 2 - Fascicolo 5 - (Foglio senza pro!. - Dal C.T. Alpino a Marina Spalato - A firma cap. fregata Agostino CALOSI - 24 aprile I941).

(118) U.S.-S.M.A. - Elemento 7530 - lnf. 3 - B/3 - (Informazioni militari jugoslave · Messaggio n. Z/39970/60 - Da S.l.M. (Servizio informazion i militari] a S .l.A. [Servizio informazioni aeronautica] - 25 aprile 1941). (I I 9) Vedi n. 60.

(120) Lettera all'autore {IO gennaio 1941) di Athos BARTOLucc1. (121) Ibidem. (122) U.S.-S.M.E. • Busta 580 - Comando 2• Armata - (Ufficio affari civili - Allegaw al foglio n. 11 prot. A.C. - Segrew - Oggetto: "Mansioni e compiti. dei Commissari Civili'' - A firma generale ViLtorio AMBROSIO - P .M. IO, 26 aprile 194 l) - Vedi allegati nn . 3 e 4 a l presente capitolo. (123) Ibidem. (124) Ibidem. ( 125) Ibidem. (126) Lettera all'autore (27 luglio 1978) di A1hos BARTOLUCCJ. (127) Vedi n . 120. (128) Vedi

11.

122.

(129) Ibidem. (130) Ibidem. U.S.-S.M. E. - Busta 580 - Comando VI Corpo d'armata - (Foglio n. 298 prot. A.C. - Oggetto: "Attività svolta dal Commissario c ivile per la Dalmazia" - P.M. 39, 14 maggio 1941 ). Sin dai primi giorni - 12 aprile 1941 - a Spalato venne aperta una fi liale della Banca d'il alia; il Banco di Napol i aprì degli sportelli a Spalato, Sebenico e Cùrzola. Alla filiale di Spala10 della Narodna Banka furono nominati, in successione, commissari straordinari il dr . Piero MARINCOV ICH ed il rag. Pietro V10. Per la Jpotekarna Banka il do tt. Gaddo DEL LAGO. (131) Ibidem. ( 132) Ibidem . (J 33) Ibidem.


Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

218

(134) Ibidem. (135) Ibidem. (136) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 125 - Fascicolo 5 - (R. Consolato Spalato - Telegramma n. 12 - Da console generale Luigi ARDUINI a Ministero affari esteri · Segnala la partenza da Spalato del console francese signor GAUTHENIN - 2 maggio 1941). U.S.-S.M.E. - Busta 580 • Comando VI Corpo d'armata· (Notiziario n. 1 • «Ho disposto la chiusura del consolato di Francia ed internamento del console» - P.M . 39, I maggio 1941). (137) Vedi n. 122. (138) Vedi n. 7. Bando del DucE, del 16 aprile 1941-XIX, che detta norme relative ai pagamenti da eseguirsi nel territorio jugoslavo occupato -.In Raccolta bandi ... - Fascicolo Il · pag. 39 - In Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, 17 aprile 1941, n. 92. (139) Vedi n. 7. Bando del DUCE, del 24 aprile 1941-XIX, contenente disposizioni in materia di scambi e di valute nei territori dell'ex-Regno di Jugoslavia occupati dalle Forze armate italiane - In Raccolta bandi ... - Fascicolo II - pag. 49- In Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, 25 aprile 1941, n. 98. (140) San Marco! Edizione di Spalato -.Quotidiano - 29 aprile 1941. (141) U.S.-S.M.E. - Busta 588 - Comando reggimento artiglieria 'Zara' - (Diario storico - P.M. 141, 24 aprile 1941). (142) San Marco! - Edizione di Spalato - Quotidiano - Bando del generale Francesco Z1N: 29 aprile I 941.

GALES -

Questo bando manda esenti da sanzioni o pene quanth entro il 29 aprile 1941 avranno consegnato armi o munizioni. Le sanzioni nei primi tempi, per la consegna delle armi, erano molto miti. Vedi n. 7 - Bando del DucE, del 14 aprile 1941-XIX, concernente l'obbligo del versamento delle armi - In Raccolta bandi ... - Fascicolo II - pag. 37 - Per l'articolo I: «I trasgressori dell'obbligo preveduto al comma precedente sono puniti con l'ammenda sino a lire 2000 e con l'arresto fino ad un anno. Se trattasi di omessa consegna di fucili mitragliatori, mitragliatrici, cannoni, ovvero traUasi di raccolta di armi non versate si applica la reclusione da uno a dieci anni». (143) A.C.S .. Presidenza del Consiglio dei ministri - Anni 1941-1943 - Posizione G. 7/8 - Fascicolo 13441 . (Telegramma n. 728/Gab. - Da prefetto di Zara Giovanni ZATTERA a Ministero dell'interno - 26 aprile 1941). (144) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 125 • Fascicolo 1/D - (R. Consolato Spalato - Telegramma n. 6 • Segreto non diramare - Da console generale Luigi ARDUINI a Ministero affari esteri -Ore 14,10 • 29 aprile 1941). (145) Ibidem. (146) Vedi n. 130 - (Comando VI Corpo d'armata - 14 maggio 1941). In allegato al foglio n. 298 porta l'elenco dei commissari distret tuali e comu nali nominati sino alla data del 14 maggio 1941. Distretto di Bencovaz, dott. Casimiro SORICH; comuni: Chistagne, Ugo DELICH - Novegradi, rag. Ugo T EBALDI - Obrovazzo, rag. Rodolfo CEITINEO.


L'occupazione della Dalmazia ed il Commissariato Civile

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Distretto di Cùrzola, dott. Francesco VJNZI; comune: Cùrzola, dott. Virgilio BENUSS1. Distretto di Brazza, dott. Ruggero TOMMASEO. Distretto di Imoschi, prof. Ludovico VÙCEMILLO. Di· stretto di Lèsina, dott. Fortunato MAR.CHI; comufJi: Cittavecchia, dott. Antonio GLIUBICH Lèsina, dott. Francesco BooUCH PÉRASTI - Lissa, dott. Pietro DoIMI DI DE LUPIS. Distretto di Macarsca, Nicolò BASSI. Distretto di Metcovich, dott, Bruno BRAINOVICH. Distretto di Oltre, rag. Bruno DE DENARO. Distretto di Sebenico, avv. Tullio N1coLEm. Distretto di Spalato, prof. Ildebrando TACCONI; comuni: Castelnuovo di Traù, dott. Feliciano de MICHIELI VITTURI - Castel San Giorgio, dott. Cosimo 0LIUB1CH - Castel Vitturi, Silvio de MICHIELI YITTIJRI - Clissa, Alessandro CEsCHINA - le&vica, Giuseppe CIASCA • Muc, Felice CIASCA · novaz, Antonio PENSO - Spalato, senatore Antonio TACCONI - Solta, dott. Antonio GALASSO Traù, dott. Savino FANFOONA. Distretto di Signo, dott. Matteo M1R0SSEv1cH; comune: Signo, doti. Matteo MIROSSEVICH. Distretto di Tenln, dott. Carlo de HOEBERTH; comune: Dernis, prof. Plinio RAoovAN1. Distretto di Zaravecchia, prof. Rodolfo INCHIOSTRI; comune: Nona, Edoardo MAYER.

Sesta-

(147) U.S.-S.M.E. - Busta 588 - Comando Truppe 'Zara' - (Fonogramma n. 872- Da generale Emilio G1ouOLI a Comando battaglione 'Rismondo' - «Codesto Comando provvederà subito a presidiare con un plotone la tenuta di Vrana allo scopo di proteggere il ricco patrimonio zootecnico e agricolo». Il plotone era comandato dal ten. Leonardo D1 MASE • P .M. 141, 21 aprile 1941). (148) Vedi n. 130 • Comando VI Corpo d'armata - P.M. 39, 14 maggio 1941. In allegato al foglio n. 298 porta l'elenco dei commissari straordinari nominati sino alla data del 14 maggio 1941. 'Società Shelr per la Dalmazia, ing. Oscar VOLTA - 'Ospedali civili' di Zaravecchia, Zemonico, Tenin, avv. Antonio ARNERI • La Dalmatienne (bauxiti), Manojlovac, Kraljevac, Sebenico, Dugirat (centrali idroelettriche) ing. Antonio SALAROLI - Camera del Lavoro a Spalato, dott. Aurelio BoNAVIA - 'Società Shelr zona Ragusa, ing. Giulio BlLUCAGLIA - 'Ufficio distrettuale Assicurazioni operaie' Spalato, dott. Aurelio BoNAVIA - Cementifi~i Split. S.A. a Majdan, Adriatica Portland a San Caio, 'Dalmazia' a Castel San Giorgio, Fr~rés Lavocat e C. ad Almissa, Fabbrica cement-0 Portland a Livno, Cave di marna S. Martin a Strozanac, Sv. Duje a Salona, Vranjié a Salona, Meter/ce a Salona, Klanac a Salona, Sv. Pelar a Strobeé ' Fabbrica ardesia artificiale' a Spalato, ing. Carlo PESENTI - 'Banca Nazionale' di Spalato, dott. Piero MARINCOVICH - 'Teatro di Stato' di Spalato, dott. ·Luigi PRASSEL - 'Camera di Commercio ed Industria' di Spalato, dott. Giovanni SAvo • 'Banca Ipotecaria' d! Spalato Gaddo DEL LAGO - 'Comitato per i lavori' del Porto, dott. Aurelio BoNAVIA • 'Ospedale Provinciale' di Spalato - dott. Doimo CARAMAN - Società Jugoslavenski Lloyd, Matkovié Nikofin ed altre minori di armatori liberi della Dalmazia, cap. Antonio VAl.LI - 'Cantieri navali Jugoslavi', ing. Francesco Fe:rruccio SMERALDI. (149) Vedi n. 60- Oltre al capo di gabinetto del Commissario civile, inviato dalla Direzione nazionale ·d el partito fascista, dott. Paolo GIANFELICE, gli altri erano:

Ministero dell'interno, dott. Oscar BENUSSI - Ministero dell'agricoltura e foreste, dott. Leo PETRONIO e ten. col. Luigi FALCONIERI - Ministero educazione nazionale, prof. Edoardo GIUBELLI, provveditore agli studi - Ministero cultura popolare, dott. Oscar RANDI - Ministero di grazia e giustizia, dott. Francesco RADNICH -Ministero delle finanze, dott. Gaetano RAFFO. NE, servizi intendenze; dott. Giuseppe PAGANO, dogane; dott. Ezio BRUSCOLINI, tasse ed imposte; dott. Aldo CARETTI, ragioneria generale; ten. col. Gaetano SIMONI, Guardia di finanza; rag. Angelo VITALI, monopoli - Ministero delle comunicazioni, dott. Pietro GuALTIERI -Ministero degli scambi e valute, dott. Giuseppe TRIFOGLI.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941) Alla data del 14 maggio avevano, inoltre, preso servizio in Dalmazia i seguenti funzionari:

Ministero dei lavori pubblici, ing. Alfredo RIBOLLI - ing. Francesco PALLUCCA - Ministero scambi e valute, dott. Antonio GALASSO • Ministero agricoltura e foreste, dott. Giovanni DoRIGUZZI, - Ministero corporazioni, ing. Antonio BERNARDI; dott. Luigi CASPANI; ing. Luigi VITALIANO; ing. Tullio SEGUITI, miniere; Giovanni COGELLI - Ministero finanze, dott. Ruggero OosETTI; dott. Giuseppe SPOTORNO; rag. Carlo PONTE -Azienda telefoni di Stato, isp. Roberto BANDINI; isp. Eraldo SACCO; ing. Antonio DE VECCHI - Vigili del Fuoco, ing. Ugo SPORTELLI - Ministero poste telecomunicazioni, dott . Attilio BoccASINO; Carlo GARRONE; Enrico BESEGNA; Pietro GELICH; doti. Aristide APICELLA;. Michelangelo GAMBERINI; Umberto DEGLI INNOCENTI; rag. Edoardo SASCOR. (150) Vedi n . 57 - Oscar RAND! - Annotazione del 24 aprile 1941. (151) U.S.-S.M.E. - Busta 580 - Comando VI Corpo d ' armata - (Diario storico - P.M. 39, 28 aprile 1941). (152) San Marco! - Edizione di Spalato· Quotidiano - I Capi servizi presentati al Genera· le Comandante - 29 aprile 1941.

(153) Vedi n. 60. (154) Vedi n. 57 - Annotazione del 28 aprile 1941. (155) A.C.S. - Presidenza del Consiglio dei ministri · Anni 1941-1943- Posizione G. 7/8Fascicolo 13054 - (Ministero cultura popolare - Fonogramma n. 385 - Da sottosegretario di Stato Gaetano PoLVERELLI a ministeri interno, guerra, esteri· 21 aprile 1941). Le trasmissioni iniziarono il 5 maggio 1941. (156) Vedi n. 60. Le notizie sono state confermate dallo stesso direttore Antonio JusT VERDVS durante al cuni colloqui con l'autore. (157) U.S.-S.M.E. - Busta 580 - Comando VI Corpo d'armata· (Diario storico - P.M. 39, 29 aprile 1941). (158) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 125 · Fascicolo 1/D - (Lettera del senatore Antonio TACCONI al senatore Alessandro DUDÀN del 5 maggio 1941. Il DUDÀN la fece pervenire nel testo integrale a MussouN1 con un 'Appunto per il Duce' - 12 maggio 1941} · Vedi allegato n. 13 al presente capitolo. (159) M.A.E.-A .S.D . • Jugoslavia 1941 • Busta 108 - Fascicolo 1 · (R. Legazione d'Italia Zagabria - Telegramma n. 54 · Segreto non diramare - Da incaricato d'affari Raffaele CASER· TANO a ministero affari esteri · Ore Ol .00 - 11 maggio 1941 ). (160) U.S.-S.M.E . . Busta 580 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario n. 9 - Punto 7 • P.M. 39, 2 maggio 1941). (161) M.A.E.-A.S.D. · Ju~oslavia 1941 - Busta 125 • Fascicolo·l/D - (R. consolato Spa· lato · Telegramma n. 6 • Segreto non diramare - Da console generale Luigi ARDU!NI a ministero affari esteri - Ore 14.10 - 29 aprile 1941). (162) Ibidem. (163) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 • Busta 125 - Fascicolo 1/D · (R. consolato Spalato - Telegramma n. 8 - Segreto non diramare - Da console generale )..,uigi ARDUINI a ministero affari esteri· Ore 19 - 29 aprile 1941).


L'occupazione della Dalmazia ed il Commissariato Civile

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(164) U.S.-S.M.E .. Busta 580. Comando VI Corpo d'armata - (Diario storico · P .M. 39, 29 aprile 1941). (165) U.S.-S.M.E. · Ibidem. U.S.-S.M.E . . Busta 580 - Comando VI Corpo d'armata - (Diario storico - P.M. 39, 30 aprile 1941). (166) U.S. -S.M.E. - Busta 580 - Comando VI Corpo d'armata - (Diario storico· P.M. 39, 30 aprile 1941). (167) San Marco!. Edizione di Spalato· Quotidiano. EntusiasLiche manifestazioni per il ritorno dei profughi a Spalato· 30 ap!ile 1941). (168) Ibidem . (169) M.A.E.-A.S.D .• Jugoslavia 1941 · Busta 125. Fascicolo 1/D · (Foglio senza numero né intestazione. Situazione della Dalmazia nel giorno I O maggio 1941-XIX • Da Ispettore del P .N.F. Giorgio SuPPIEJ a Segretario del P.N.F .. Probabilmente da Spalato - l O maggio J941). Vedi allegato n. 1.1 al presente capitolo. (170) M.A".E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 · Busta 125 · Fascicolo 1/D - ~Telegramma senza data · Da console generale Luigi ARDUINI a ministero affari esteri - Nella copia trasmessa da ministero affari esteri a Comando Supremo· 12 maggio 1941). (J7 1) U.S.-S.M.E .. Busta 580. Comando VI Corpo d'armata· (Notiziario n. 9- Punto 2. P.M. 39, 2 maggio 1941). (li2) U.S.-S.M.E .. Busta 580 · Comando VI Corpo d'armata. (Notiziario n. 4 - Punto 2. P.M. 39, 4 maggio 1941).

(173) Ibidem. (174) Vedi n. 171 - Punto 4. (175) U.S.-S.M.E.. Busta 580 · Comando VI Corpo d'armata - (No1iziario n. 5- Punt.o 4 - P.M. 39, 5 maggio 1941).

(176) Ibidem - Pun to 5. (177) U.S.-S.M.E. - Busta 588 - Comando Truppe 'Zara' . (Foglio n. 1500 - Oggeuo: "Attività truppe - Rastrellamento armi e munizioni" . Da generale Emilio G tGLIOLI a comandi dipendenti. P.M. 141, 6 maggio 1941).

(178) U.S .-S. M.E.. Busta 580 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario n . 20- Punto 4 - Veniva anche segnalata la «scarsa adesione della massa della popolazione al movimento di P11 VEL!èe a commento degli accordi con l'Italia i croati hanno crea/O il bisticcio: Poglavnik = Bezglavnik. Bezglavnik (il senza testa) vorrebbe esprimere significativamente la scarsa considerazione in qli i croati hanno il doli . A111e PA VEUC» • P .M. 39, 20 maggio 1941). (179) M.A.E.-A.S.D .. Jugoslavia 1941 - Busta 108 - Fascicolo I - (R. Legazione Zagabria. Telegramma n. 76 - Segreto non diramare - Da incaricato d'affari Raffaele CASERTANO a minimro affari esteri - Ore 23.00 · 15 maggio I 94 I). (180) Vedi

11.

169.

(Jf: I) M.A. E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 108 · Fascicolo I· (Da minis1rocomunicazioni Giovanni HosT VENTURI a MUSSOLINI - Spalato, 4 maggio 1941) · Vedi allega10 n. 12 al pr<',e ntc capiwlo.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

(182) Vedi n. 175 - Punto 7. (183) U.S.-S.M.E. - Jugoslavia 1941 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario n. IO - Punto 5 - P.M. 39, IO maggio 194 1). (184) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 125- Fascicolo 1/D-(Telegramma senza numero - 12 maggio 1941 - NeJla copia trasmessa da ministero affari este.i, a firma Luca PIE· TROMARCHI - Oggetto: "Situazione a Spalato" - A Comando Supremo - 15 maggio 1941) . (185) Ibidem. (186) Ibidem. (187) Lettera all'autore (25 gennaio 1978) di Athos BARTOLUCCI - .«I provvedimenti che vennero presi riguardarono innanzi tu/IO il rapido approviggionamento dei generi di prima necessitò scarseggianti dall'inizio del conflillo». (188) U.S.-S.M.E. - Busta 580 - Comando VI Corpo_cl 'armata - (Foglio n. 446/2 prot. A.C. - Oggetto: "Attività svolta dal Commissario Civile per la Dalmazia" - Da generale Renzo DALMAZZO a Comando 2• Armata - P. M. 39, 22 maggio 1941). (189) Ibidem . U.S.-S.M.E. - Busta 580 - Comando VI Corpo d'armata - (Foglio n. 298 prot. A.C. Oggetto: "Attività svolta dal Commissario Civile per la Dalmazia" - Da generale Renzo DALMAZZO a Comando 2• Armata - P. M. 39, 14 maggio 1941). (190) U.S.-S.M.E. - Busta 239 - Comando divisione autotrasportabile 'Torino' - (Diario storico - 24 aprile 1941). (1 91) U.S.-S.M.E. - Busta 580 - Comando VI Corpo d'armata - (Foglio d'ordini e comunicazioni n. 3 - P.M. 39, 7 maggio 1941). (192) Vedi n. 60. - «Furono istituite delle cucine economiche che distribuirono il pranzo a 4001500 persone al giorno. In quest'opera si distinse la vedova del compianto patriota triestino, Riccardo ?ITTERI». (193) Vedi nn. 22, 188 - Paragrafo: 'Alimentazione'. (194) San Marco! - Edizione di Spalato. Quotidiano -L'approvvigionamento della ciuò - 23 maggio 1941. (195) U.S.-S.M.E. - Busta 580 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario n. 7. Punto 6 - <<Dal giorno 6 corrente si è provveduto al razionamento ed al tesseramento del pane nel territorio di Spalaro. La razione giornaliera è srara fissata in 300 grammi a persona" - A Sebenico "nella misura di 250grammi a persona» - P.M. 39, 7 maggio 1941). (_196) Vedi n. 189- Paragrafo: 'Alimentazione' - In relazione 14 maggio 1941. (I 97) San Marco! - Edizione di Spalato - Quotidiano - A ttivitò dell'ufficio appro ,•vigionàmenti · 3 giugno 1941.

(I 98) San Marcai-Edizione di Spalato - Quotidiano - Conrrollo sui geneti alimenrari - 5 maggio 1941.

(199) U.S.-S.M.E. - Busta 580- Comando VI Co rpo d'armata - (Foglio comunicazioni e disposizioni n. I - P.M_. 39, 6 maggio 194 1).


L'occupazione della Dalmazia ed il Commissariato Civile

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(200) Vedi n. 180. (201) Ibidem. (202) U.S. -S.M.E. - Busta 580- Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario n. 17 -Punto 7 - P.M. 39, 17 maggio 194!~. (203) Ibidem. (204) U.S.-S.M.E. - Busta 580 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario n. 4 - Punto 4 - P .M. 39, 4 maggio 1941). Le fabbriche che riprendevano il lavoro erano: S.A. Majdan a Salona; Adriatica Portland a San Caio; Dalmazia a Castel San Giorgio; Salonit a Vragniu:a. (205) A.C.S. - P residenza del Consiglio dei ministri - Anni 194!- Ì943 - Posizione I. 1.13 Fascicolo H71 3 - (Foglio n. 132886 - Ministero Guerra - Da capo gabinetto generale Antonio SoR1CE a ministeri corporazioni e scambi valute· Roma, 17 maggio 1941). {206) A. C.S. - Presidenza del Consiglio dei ministri - Anni 1941-1943 - Posizione 1.1. 13 Fascicolo 15713 - (Foglio n . 2120- Ministero scambi e valute - Da ministro Raffaele R1CCARD1 a ministero guerra - Roma, 2 1 maggio 1941). (207) Vedi n. 181. (208) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 124 - (C~municazione da ministero affari esteri a ministro Raffaele CAS"ERTA"'.0 - Roma , 25 settembre 1941). {209) Vedi n. 181. {210) Vedi n. 107 - Punto 7. {211) Vedi n. 180. (212) San Marco!-Edizione di Spalato· Quotidiano - Le nuove linee marittime - I mag-

gio 1941. (21 3) Vedi n. 181. (214) Vedi n. 189 - Foglio n. 298 ° Comando VI Corpo d'armata. {215) Ibidem. (216) yedi n. 22. {217) San Marco!-Edizione di Spalato - Quotidiano · 7 maggio 1941. (218) Vedi n. 10. (219) San Marco! -Edizione di Spalato - Quotidiano - 12 maggio 1941.

(220) U.S. -S.M.E. - Busta 240 - Comando divisione fanteria 'Sassari' • (Notiziario giornaliero - P .M . 86, 12 maggio 1941). (221) Vedi n. 169. {222) Vedi n. 22 - «Il i O maggio disposi venisse considerato giornata lavorativa a tutri gli

effetri e mi risulta siano state insignificanti le diserzioni nei cantieri operai; nessuna nel setrore impiegatizio».


Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

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(223) U.S.-S.M.E .• Busta 580 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario n. 3 - Punto I • P.M. 39, 3 maggio 1941). (224) U .S.-S.M.A. - Elemento 7530 - Inf. 3 • Cartella 27 - (Informazioni milit,i.ri jugoslave - Da S.I.M. a Stamage ed altri - 3 maggio 1941). (225) Ibidem. (226) Vedi n. 204 - Punto 3. (227) Ibidem. (228) Vedi n. 158. (229) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 125 - Fascicolo 1/D • (Appunto per il Duce -A firma senatore Alessandro DuoAN · Roma, 9 maggio 1941)- Vedi allegato n. 14 al presente capitolo. (230) U.S.-S.M.E - Busta 240 - Comando divisione fanJeria 'Sassari' - (Foglio n. 2164/prot.S. - Oggetto: "Informazioni" · Da generale Furio MONTICELLI a comando VI Cor· po d'armata - P.M. 86, 4 maggio 1941). (231) Ibidem. (232) Ibidem. (233) San Marco!-Edizione di Spaiato - Quotidiano - «L'ex ministro Nicolò NovAKOV!é e l'avv. Bosko DESNICA si sono presentati al Commissario Civile dott. BARTOLUCC! ed hanno chiesto a nome dei 100.000 ortodossi della Dalmazia settentrionale l'annessione all'Italia» - 8 maggio 1941. (234) Lettera all'autore (7 febbraio 1979) di Athos BARTOLUCCJ. (235) Vedi n. 229. (236) U.S.-S.M .E. - Busta 523 - Comando divisione fanteria 'Sassari' - (Diario storico - P .M. 86, 16 maggio 1941). (237) Vedi n. 22 - Paragrafo: 'Cqnctusione'. (238) M.A.E.-A.S.D. - Jugosiavia 1941 - Busta 110- Fascicolo I - (Appunto per l'Eccellenza il Ministro - Non firmato - Roma, 30 aprile 1941). (239) Vedi n. 69. (240) U.S.-S.M.E . - Busta 724 - Comando 2' Armata - (Diario storico · P.M. IO, 4 maggio 1941). (24 1). Vedi n. 229. (242) Vedi n. 158. (243) M .A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 125 - Fascicolo 1/D - (Telegramma - A "Primo Aiutante Campo Maestà Re Imperatore" - Roma , 6 maggio 1941). Il telegramma era firmato da: doli. Luigi de SERRAGLI, Orsato de SARACA, avv. Melchiorre ing. Savino de ZAMAGNA, doti . Enrico de SERRAGLI , Franco TRIPALO, Natale dc SARACA, Enrico de SARACA, Piecro dc SARAC,\ , Silvio de SARACA, G ioacchino de SARACA, Gozz.E- KtUSICH,


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Rosetta de SARACA, Maria de SARACA CALBIANI, Tilde de SARACA SEIFERT, Maria MAROTII, Clara LANZA, Giorgio MAROTTI, Maria DAMIANI, dott. Antonio LALLICH, Giuseppe RADMILLI, Antonio RADMILLI, Salvatore DETONI, Itala MAFF!A, Luigi G1uRGEV!CH, Marco NASSO, Anna SECCO, Stefano SECCO, Tina SECCO MAJENZA, Luigi MISSONI, dott. Attilio MISSONI, Natale TROJANIS, Giovanni VICARIO, Domenico PETTEIN, Antonio ZACCAGNA, Guglielmo Gu1NA, Dolores ZAMOLA, Leonardo STORELLI, Luca STORELLI, Sergio JEUCH, Carmen JEUCH, Anna DETONI e figli, Marco TEBALDI, Anna GIURGEVICH nata Boscovich, Anna Bianca GHJRGEVICH, Nicolò G1URGEV!CH, Maria GtURGEVICH IN SAMBINELLI, Almi ALBRlZIO, Amalia DE GIORGI, Arturo CARLI, Giovanni c... RLI, Giovanni SAGRESTANO, Giuseppe SQUIC!MARRO, Ernesto CAPURSO, Francesco POVIA, Michele PERONE, Andrea DELL'OLIO, Giovanni BETTI, «Tutti ragu-

sei per se e loro concittadini dimoranti nel Regno e residenti a Ragusa». (244) Vedi n. 150 - Annotazione dell'8 maggio 1941. (245) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 110- Fascicolo 2 • (R. Consolato Spalato • Telegramma n. 17 • Segreto non diramare - Da console generale Luigi ARDU!NI a ministero affari esteri - Ore 01.30 · Spalato, 7 maggio 1941). (246) San Marco!-Edizione di Spalato· Quotidiano - O.N.D. - li Dopolavoro a Spalato · 9 maggio 1941. L'organizzazione dell'O.N.D. venne affidata all'ispettore Nello NAGI.IATI · La prima sede dell'O.N.D. a Spalato venne aperta nella 'Casa degli Italiani'. (247) Vedi n. IO - Bando 16 aprile 1941. (248) Vedi n. 10 - Bando 24 aprile 1941. (249) U.S.-S.M.E. · Bus.ta 240 - Comando divisione fanteria 'Sassari' - (Notiziario giornaliero - Punto 4 - P .M. 86, 10 maggio 1941). (250) U.S.-S.M.E. - Busta 580 • Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario n. 15 - Punto 1 • P.M. 39, 15 maggio 1941). (251) Vedi n. 60. (252) Vedi n. 136 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario n. 1 • Punto 3). (253) U.S.-S.M.E. - Busta 338 - Comando divisione fanteria 'Bergamo' - (Diario storico - P.M. 73, IO maggio 1941). (254) U .S.-S.M .E. • Busta 580 - Comando VI Corpo d'armata· (Notiziario n. 16 - Punto 6 - P.M. 39, 16 maggio 1941). (255) U.S.-S.M .E . • Busta 523 - Comando d ivi sione fanteria 'Sassari' - (Diario storico· P .M. 86, 16 maggio 1941). (256) U.S.-S.M.E. - Busta 580 - Comando VI Corpo d'armata· (Diario s!Orico · P.M. 39, 16 maggio 1941). (257) San Marco I-Edizione di Spalato· Quotidiano - La consegna della cassa comunale 1° maggio 1941. (258) Vedi n. 188 · Paragrafo: 'Finanza' . (259) Vedi n . 10 · Bando 24 aprile 1941.


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(260) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 106 - Fascicolo 6 - (Appunto - Non firmato - Sintesi di un telegramma da Ragusa del console Giorgio T IBERI: fa presente le seguenti necessità: nomina commissario civile, stampigliatura banconote jugoslave, ritorno connazionali - Ragusa, 30 aprile 1941). (261) Vedi n. IO - Bando 29 aprile 1941. (262) Vedi n . IO - Bando 17 maggio 1941. (263) Vedi n. 188 - Paragrafo: 'Scambi e valute'. (264) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 · Busta 126 - Fascicolo I - (Telegramma - 20 maggio I941 - Da ministero affari esteri a legazione d'Italia a Zagabria - Ritrasmette telegramma da console generale Luigi ARou1N1 a ministero affari esteri - Spalato, 17 maggio 1941).

(265) U.S.-S.M.E. - Busta 724 - Comando 2• Armata - (Diario storico - P .M. IO, 2 maggio 1941). (266) Vedi n. 59.

(267) Vedi n. 181.

(268) Vedi n. 59. (269) Ibidem. (270) Antonio l3AJAMONTI (Spalato 1822-1891), laureatosi a Pado~a in medicina e chirurgia ( I849). Podestà di Spalato dal 9 gennaio I 860 sino al 1882, salvo una interruzione nel 1864-1865, quando HConsiglio comunale venne sciolto d'autorità. Fu il capo del partito degli 'autonomisti' (italiani, dalmati autonomisti) avversari del partito degli 'annessionisti' (croati e slavi) fautori dell'annessione della Dalmazia al cessato triregno di Croazia-Slovenia-Dalmazia. Nel 1867, deputato alla Dieta Dalmata ed al Parlamento (Reichsraht) di Vienna. Durante gli anni del suo mandato quale podestà trasformò la città di Spalato: la dotò di illuminazione a gas, di un ospedale, di una piazza circondata da gallerie, di una diga nel porto, di scuole tecniche, della Banca Dalmata, d i una fontana monumentale, grandi opere pubbliche, un teatro (distrutto da un incendio nel 1881). Accolse a Spalato l'imperatore FRANCESCO G1uSEPPE parlando in italiano. Sempre in italiano un suo intervento (9 dicembre 1876) alla Camera di Vienna contro il Governatore militare della Dalmazia, barone Roo1é. L'Austria decise di sbarazzarsi di BAJAMONTI prima offrendogli una rappresentanza consolare in-Italia, a sua scelta, poi . con la violenza e traendo pretesto da un tumulto organizzato, sciolse il comune. Due anni dopo furono indette le nuove elezioni mentre nel porto stazionava una nave da guerra. BAJAMONTI non fu più rieletto. Nel 1885, costituitasi a Trento la società 'Pro Patria', volle ed ottenne che la Dalmazia vi fosse compresa come la quinta provincia italiana dcli' Austria; nel I 886 fondò la 'Società Politica Dalmata', nel 1888 la 'Società Economica' di Spalato. Nella sua ~ione politica impegnò tutto il proprio patrimonio e quello della moglie. Mori in miseria lasciando come eredità una massima: "A noi, italiani della Dalmazia non rimane altro dirillo che quello di soffrire" (Dalla Enciclopedia italiana - TRECCANt). (271) Vedi n. 59.

(272) Ibidem.

(273) U.S.-S.M.E . . Busta 580 · Comando VI Corpo d'a,inata • (Notiziario n. IO - P.unto 2 • P.M. 39, IO maggio 1941). (274) Vedi n. 175 - Punto 2.


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(275) Vedi n. 273 - Punto I. (276) U.S.-S.M.E. - Busta 580- Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario n. 12- Punto I - P .M. 39, 12 maggio 1941). (277) Jbide/1] - Punto

4.

Vedi n. 273 - Punto 2 . M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 125 - Fascicolo 1/D - (Foglio n. 443/7419 - Oggetto: "Situazione politica ed economica nella Dalmazia settentrionale" - Da ministero interno - P .S. affari generali e riservati - A ministero affari esteri - D'ordine del ministro, f.to PENNETIA - 13 giugno 1941) - Vedi allegato n. 17 al presente capitolo. U.S.-S.M.E. - Busta 724 - Comando 2• Armata - (Diario storico - P.M. IO - 9, 11 e 12 maggio 1941). (278) Vedi n. 276 - Punto 4. (279) Vedi n. 277 - Nella relazione, a firma PENNETIA, viene posto in rilievo l'atteggiamento del clero, dei ceti intellettuali, dei poveri e degli ortodossi. (280) Vedi n. 59. (281) San Marco!-Edizione di Spalato - Quotidiano -· La celebrazione del V Annuale de{{'Jmpero - 9 maggio 1941.

U.S.-S.M.E - Busta 588 - Comando XXX battaglione genio 'Zara' - (Diario storico «Nelle ore antimeridiane viene celebrata fa giornata del soldato» - 9 maggio 1941). (282) San Marco!-Edizione di Spalato - Quotidiano - La celebrazione del 9 maggio a Sebenico - IO maggio 1941.

A Sebenico ebbe luogo una rivista militare al comando del generale Vittorio G10VANELLI, comandante della divisione 'Pasubio'. Alla sfilata, oltre i fanti della 'Pasubio' parteciparono rappresentanze della R. Marina e della divisione di fanteria 'Sassari' . La lapide ripròduceva una Lupa Capitolina con il distintivo della divisione 'Pasubio'. La scritta diceva «Nepotum armis per vetero itinera Roma redit» (Roma con le armi dei nipoti ritorna sulle antiche strade). (283) Vedi n ..150 - Annotazione del 9 maggio 1941. (284) Vedi n. 281 - «È stato celebrato a Spalato, nella sala de{{e adunate de{{a Casa degli Italiani il V annuale della Fondazione dell'Impero, presenti l'Ecc. gen. Renzo DALMAZZO, il Commissario Civile per fa Dalmazia dr. BARTOLUCCI, il Commissario straordinario al Comune di Spalato, sen. Antonio TACCONI [...]; il Commissario del fascio ha rievocato fa giornata odierna esprimendo la riconoscenza del popolo di Spalato per l'esercito e per il fascismo che hanno realizzato il grande sogno degli italiani di Spalato. Ha preso poi fa parola il Commissario civico il quale visibilmente commosso, ha detto di aver atleso per funghi anni il giorno in cui gli sarebbe stato concesso di tenere il primo rapporto in Spalato italiana». (285) U.S.-S.M.E - Busta 588 - Comando Truppe 'Zara' - (Foglio 1500 - Oggetto: "Disposizioni dell'Eccellenza il Comandante del Corpo d'armata nel rapporto dell' 8 corrente in Spalato" - Da generale Emilio G1ouou a comandi dipendenti - P .M. 141, 9 maggio 1941). (286) M.A.E.-A.S.D. - fogoslavia 1941 - Busta 125 - Fascicolo 1/D - (Foglio senza intestazione e protocollo - Firmato: li Consigliere nazionale Nicolò LUXARDO - li Podestà Giovanni SALGfiETTI ORIOLI - Zara, 5 maggio 1941) - Vedi allegato n. 15 al presente capitolo.


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(287) U.S.-S .M.E . . Busta 580 . Comando VI Corpo d'arma ta . (Notiziario n. 6 . Punto 3. P.M . 39, 6 maggio 1941). (288) Ibidem. (289) U.S.-S.M.E. · Busta 580 · Comando VI Corpo d'armata· (Notiziario n. 9 - Punto 3 - P.M. 39, 9 maggio 1941). (290) Vedi n. 276. Punto 2. (291) U.S.-S.M.E. - Busta 580 • Comando Vl Corpo d'armata - (Notiziario n. 13 • Punto 3 - P.M. 39, 13 maggio 1941). (292) M.A.E.-A.S.D .• Jugoslavia 1941 - Busta 126 - Fascicolo l - (Telespresso n . 8/01758 del 20 maggio 1941 - Ogget to: "Situazione in Dalmazia" - Da ministero affari esteri a legazione di Zagabria - Ritrasmissione di una nota del console generale Luigi ARDUJNJ a ministero affari esteri· Spalato, 17 maggio 1941). (:?93) U .S.-S.M.E. - Busta 580 - Comando VI Corpo d'armata - (Telegramma senza protocollo. A firma sottosegretario Stato generale Alfredo GuzzoNJ - Ore 14.50 - Roma, 13 maggio 1941). (294) U.S.-S.M.E. - Busta 724 - Comando 2• Armata • (Diario storico· P.M. 39, 14 maggio 1941). (295) U.S.-S.M.E .. Busta 580 . Comando Vl Corpo d ' armata - (Foglio n. 1330 prot/op. - Oggetto: "Predisposizione per la giornata dell'annessione' '· Da generale Renzo DALMAZZO a comandi divisioni dipendenti - P.M. 39, 13 maggio 1941). (296) San Marco!-Edizione di Spalalo - Quotidiano - La delimira;;ione dei confini ledescO· croati - 14 maggio 1941. (297) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 • Busta 125 • Fascicolo 1/D - (Teletpresso n. 8/1760 - 20 maggio 1941 - Oggetto: "Situazione a Spalato " - Da ministero affari esteri a legazionè d i Zagabria - Ritrasmissione d i una nota del console generale Luigi ARDUINI a ministero affari esteri. Spalato, 17 maggio 1941) . (298) Vedi n. 150 - Annotazione del 16 maggio 1941: C299) San Marco!-Edizione di Spalato - Quotidiano - li Regno di Croazia - 18 maggio 1941. (300) U .'S.-S.M.E. - Busta 580 - Comando VI Corpo d'armata · (Notiziario 11. 18 - Punto I - P.M. 39, 18 maggio 1941). (301) Vedi n. 150 - Annotazione del 18 maggio 1941. (302) Giuseppe GORLA . L'Italia nella seconda guerra mondiale - Diario di un milanese minisrro del Re nel Governo Mussolini · Ed. Baldini e Casto Idi · Milano · 1959 . Annotazione 18 maggio 1941. La reazione degli italiani della Dalmazia è ben comprensibile, ma non tanto perché vedevano, anco ra una volta, vanificarsi la tradizionale aspirazione, quanto perché l'annessione d i Lubiana (3 maggio 1941), che mai era rientrata nelle rivendicazioni italiane, aveva fatto ri tenere che il problema di una Dalmazia tutta italiana fosse stato ormai già integralmente risolto.


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Questo convincimento era condiviso anche da uomini politici dell'epoca tanto che, quella mattina del 18 maggio 1941, a Zara, il consigliere nazionale Angelo Alfredo FERRAR!, aveva parlato alla cittadinanza inneggiando alla redenzione di ' tutta' la Dalmazia, suscitando ondate di entusiasmo, decisamente smentite dopo poco dalla radio. Ma anche i.n Penisola l'accordo confinario con lo Stato croato determinò situazioni per lo meno imbarazzanti. Tullio CH!AR!ONI nelle sue Cose di Dalmazia e dintorni (In La Rivista Dalmatica - Roma - N. 4 - ottobre-dicembre 1983), ricorda sotto la data del 18 maggio 1941: «Strana combinazione, proprio oggi a Padova si chiudeva la Mostra della Dalmazia, organizzata dal 'Gruppo provinciale Azzurri di Dalmazia', al pianoterra dell'Università; e c'erano ancora fino ad oggi, esposte le vedute di Ragusa, di A/missa, d'Imoschi, della Bra:a,a, di Lèsina ... Fu inaugurata un mese fa, e la chiusura era già da tempo stabilita per domenica 18 maggio; ma la coincidenza, pur casuale, pareva assumere il significato di una liquidazione fallimentare. Alla Mostra, si raccoglievano firme su un albo che accompagnerà la bandiera offerta dai padovani alla ciUà di Spalato». Ma gli organizzatori, dopo l'annuncio della radio «erano sgomenti perché dalla rapida /et/lira» del comunicato «credevano di aver capito che anche Spalato era perduta». Analogamente gli universitari di Bari rimasero delusi: avevano offerto il gonfalone a Ragusa. (303) U.S.-S.M.E. - Busta 580 - Comando VI Corpo d'armata - (Nç,tiziario n . 18 - Punto 2 - P.M. 39, 18 maggio 1941) .

(304) Significa 'Partito croato dei contadini' = Hrvatska sel)acka stranka. Era il partito prima di Stefano RADJé, quindi di Vladko MACEK. (305) M.A.E.-A.S .D. - Jugoslavia 1941 - Busta 125 - Fascicolo 1/D - (Telespresso n. 8/ 01794 - 23 maggio 1941 - "Situazione in Dalmazia" - Da ministero affari esteri a legazione di Zagabria - Ritrasmissione di una nota del console generale Luigi ARDUINl a ministero affari esteri - Spalato, 21 maggio l 941). (306) M .A.E.-A.S.D . - Jugoslavia 1941 - Busta 126 - Fascico lo 1 - (Lettera-relazione - prot. n. 009 P .R. Pos. A. I - Riserva to - Da console generale Luigi ARDUINI a ministero affari esteri - Spalato, 21 maggio 1941).

(307) M.A.E.-A.S.D. - J ugoslavia 1941 - Busta 110 - Fascicolo 2 - (Telespresso n. 939/ 132 - Pos. A-1/4 - R. Consolato Ragusa - Oggetto: "Messaggio al Duce degli italiani di Ragusa " Da consok Giorgio TlBERl a ministero affa ri esteri - Ragusa, 27 maggio 1941) - Vedi allegat o n. l 6 al preseme capitolo. (308) M.A.E.-A.S.D. - Jugosla via 1941 - Busca 125 - Fascicolo 1/D - (T elespresso n. 8/01794 - 23 maggio 1941 - Oggetto: "Situazione in Dalmazia" - Da ministero affari esteri a legazione di Zagabria - Ritrasmissione di una nota òel console generale Luigi ARDUINJ a ministero affari esteri - Spalato, 21 maggio I 941 ). (309) Vedi n. 306.

(3 I O) Ibidem . (3 11) Ibidem. (312) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - (Tra/iati e Convenzioni - Accordi Ira il Regno d 'Italia ed il Regno di Croazia - Roma, 18 maggio 1941-XIX - Art. I - Roma - Tipografia riservala del min i:;1ero degli affari esteri).


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(313) M.A.E.-A.S.D. -Jugoslavia 1941 - Busta 130-Fascicolo 1 - (Specchietti senza data nĂŠ firma - Successivo al 31 luglio 1941, in riferimento ad un censimento italiano di tale data.

- Ripartizione dei territori già jugoslavi - Superficie e popolazione delle tre zone di occupazione italiana). ¡ Le terre annesse all'Italia avevano una estensione di 7 491 chilometri quadrati ed una popolazione di 474 700 persone. Alla provincia del Carnaro (Fiume) erano stati aggregati l 382 chilometri quadrati di territorio con 81 700 abitanti; la Dalmazia, province di Zara e Spalato, con le isole aveva una estensione di 5 241 chilometri quadrati con 353 000 abitanti; la provincia di Cattaro con 868 chilometri quadrati di territorio aveva 40000 abitanti. (314) Regio decreto-legge 18 maggio 1941-XIX n. 452 - Sistemazione dei territori che sono venuti a far parte integrante del Regno d'Ttalia - Art. 3 - In Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, 7 giugno 1941, n. 133. (315) Ibidem - Articolo 4. (316) San Marco!-Edizione di Spalato - Quotidiano - I Capi villaggio dal Commissario comunale - 2 maggio 1941. (317) Vedi n. 188 - Paragrafo: 'Agricoltura'. (318) Ibidem. (319) San Marco!-Edizione di Spalato - Quotidiano -Distribuzione del solfato - 6 mag: gio 1941. Vennero provvisoriamente distribuiti 350 grammi di solfato per ogni 750 cespi di vite e limitatamente al territorio di Spalato. (320) San Marco!-Edizione di Spalato - Quotidiano - li problema del solfato di rame e dello zolfo per i viticultori Dalmati - 30 aprile I941. (321) San Marco!-Edizione di Spalato - Quotidiano - L'arrivo del solfato - 4 giugno 1941. (322) Vedi n. 300 - Punto 3. (323) Vedi n. 22. (324) Vedi n. 60. (325) Vedi n. 188 - Paragrafo: "Generi di monopolio".

San Marco!-Edizio11e di Spalato - Quotidiano - Il problema del sale ad uso dell'industria 27 maggio 1941. (326) San Marco!-Edizione di Spalato - Quotidiano - li Commissariato per la pesca in Dalmazia - 24 maggio 1941. (327) San Marco!-Edizione di Spalato - Quotidiano - Petrolio per la pesca - 6 giugno 1941. (328) Vedi n. 60. (329) So11 Marco!-Edizione di Spalato - Quotidiano - Sorveglianza sulla pesca - 3 giugno 1941. (330) U.S.-S.M.E. - Busta 523 - Comando divisione fanteria 'Sassari' - (Diario storico P .M. 86, 19 maggio 1941).


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(331) U.S.-S.M.E. - Busta 523 - Comando divisione fanteria 'Sassari' - (Diario storico P .M. 86, 22 maggio 1941). (332) U.S.-S.M.E. - Busta 580- Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario n. 24- Punto 4 - P.M. 39, 22 maggio 1941). (333) U.S.-S.M.E. - Busta 580 - Comando VI Corpo d'armata - (Foglio n. 527/2 prot. A.C. - Oggetto: "Immigrazione in Dalmazia di serbo-ortodossi ed ebrei" - Da generale Renzo DALt..lAZZO a Giuseppe BASTIANINI, Governatore della Dalmazia - P.M. 39, 24 maggio 1941). (334) San Marco!-Edizione di Spalato - Quotidiano - Notifica di residenza e di razza ebraica - 26 maggio 1941. (335) U.S.-S.M.E. - Busta 580-Comando VI Corpo d'armata - (Foglio n. 539/5 prot. A.C. - Oggetto: "Controllo movimenti da e per la Dalmazia italiana" - P.M. 39, 25 maggio 1941). (336) U.S.-S.M.E. - Busta 523 - Comando divisione fanteria 'Sassari' - (Diario storico P.M. 86, 20 maggio 1941). · (337) U.S.-S.M.E. - Busta 580 - Comando Vl Corpo d'armata.- (Notiziario n. 20- Punto 5 - P.M. 39, 20 maggio 1941). (338) U.S.-S.M.E. - Busta 580 - Comando VI Corpo d'armata - (Telescritto n. 4550 - Da Comando 2• Armata - P.M. 10, 21 maggio 1941). (339) Ibidem. (340) U.S.-S.M.E. - Busta 240 - Comando divisione fanteria 'Sassari' - (Notiziario giornaliero - P.M. 86, 21 maggio 1941). (341) Vedi n. 331. (342) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 125 - Fascicolo 1/D - (Foglio n. 443/73355 - Da ministero interno - Direzione generale di P.S. - A ministero affari esteri - 9 giugno 1941 Ritrasmette testo telegramma n. 3100 del prefetto di Zara - Zara, 24 maggio 1941). (343) M.A.E.-A.S.D. - Ju.goslavia 1941 - Busta 125 - Fascicolo 1/D - (Foglio n. 443/74685 - Oggetto: "Situazione politica nella Dalmazia settentrionale" - Da ministero interno - Direzione generale di P .S. - A ministero affari esteri - 10 giugno 1941). (344) Ibidem. (345) Ibidem. (346) Ibidem. (347) Ibidem. (348) Vedi n. 332 - Punto 2. (349) U.S.-S.M.E. - Busta 580 · Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario n . 23 - Punto d) - P.M. 39, 23 maggio 1941). (350) U.S.-S.M.E. - Busta 580- Comando VI Corpo d'armata - (Foglio n. 588 prot. A.C. - A firma Capo Stato Maggiore colonnello Alberto AuBERTI · P.M. 39, 29 maggio 1941). (351) U.S. -S.M .E. - Busta 580- Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario n. 28- Punto 3 - P .M. 39, 29 maggio 1941 ).


Dalmazia - Una cronaca per la storia {aprile-dicembre 1941)

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(352) Ibidem . (353) Vedi n. 350. (354) Vedi n. 12. (355) Vedi n. 22. (356) Ibidem. Le soltolineature di MussOLJNl appaiono nella copia della "Relazione" esistente presso l'Archivio storico diplomatico del ministero degli affari esteri. (357) Ibidem. (358) Vedi n. 12. La sostituzione di BARTOLUCCJ rnolw probabilmente è da ascriversi a l rappo rto dell'ispettore del P.N.F. Giorgio SuPPJEJ - Vedi allegato n. 11 al presente capitolo. (359) Ibidem. (360) Ibidem . (361) Vedi n. 60. (362) San Marco!-Edizione di Spalato - Quotidiano - La grande rivista militare per lo Statuto - 3 giugno 1941. (363) U.S. -S.M.E. - Busta 338 - Comando divisione fanteria ' Bergamo' - (Diario.storico · P.M. 73, 1 gi ugno 1941). (364) Ved i n. 362 - Si costituisce la Federazione Fascista di Spalato - Il discorso del sena-

tore

TACCONI.

(365) Ibidem . - La partenza per Cauaro . (366) U.S.-S.M.E. - Busta 580 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario n. 32- P.M . 39, 2 giugno 1941 ). (367} U.S.-S.M.E. - Busta 580 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario n . 23 - Pun to G) - P . M. 39, 23 maggio 1941).

(368) U.S. -S .M. A. - Elemento 7529- lnf. I-B.0/5 - (Servizio informazioni mili tari - Foglio Z/3/2120/J I - Informazioni sul nemico - Roma, 2 giugno 194 1). (369) U.S. -S.M.E- Busta 588 - Comando reggimento artiglieria ' Zara' - (Diario storico · P.M. 14 1, 1° giugno 194 1). (370) U.S .-S.M. E.· Busta 580 . Comando VI Corpo d'armarn - (No tiziario n. 33 - Punl <) 6 . P .M. 39, 3 giugno 1941). (371) Vedi n . 23. (372) Vedi n. 12.


DOCUMENTI ALLEGATI AL CAPITOLO II



L'occupazione della Dalmazia ed il Commissariato Civile ALLEGATO

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N. 1

Roma, 20 aprile 1941-XIX

APPUNTO PER IL DUCE La legge di guerra dispone (art. 55) che: "l'autorità militare occupante adotta tutti i provvedimenti necessari per stabilire ed assicurare l'ordine e la vita pubblica, mettendo in vigore - salvo impedimento assoluto - le leggi del paese occupato". Tale compito è stato affidato - per le terre oltre il confine occidentale alla Commissione di armistizio italo-francese alle cui dipendenze funziona uno speciale ufficio al quale presiede un Prefetto del Regno, mentre per le terre della Dalmazia e della Slovenia risulta siano stati incaricati due Commissari. Nella guerra 1915-18 l'esercizio dei poteri di Governo venne affidatoalle dirette dipendenze del Presidente del Consiglio - a due Commissari Generali, ai quali furono demandate le facoltà ed i poteri già conferiti ai Governatori con ordinanza 19 novembre 1918 del Capo di Stato Maggiore del R. Esercito, nonché quelle che, per la legislazione del cessato regime, spettavano ai Luogotenenti. Compito specifico dei Commissari Generali era quello di provvedere al buon andamento di tutti i servizi civili, governativi e locali, dei quali avevano la sorveglianza e l'alta direzione nonché al mantenimento dell'ordine pubblico. Ai Commissari Generali era consentito di intervenire alle riunioni del Consiglio dei Ministri per la trattazione degli affari riguardanti le provincie da essi amministrate. Con lo stesso provvedimento (luglio 19 J9) fu istituì to - inoltre - presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri uno speciale ufficio, con il compito: a) di agevolare i rapporti dei Commissari Generali con i singoli Ministeri e coordinare l' opera sia in materia di estensione - da autorizzarsi dal Presidente del Consiglio dei Ministri - di leggi e regolamenti vigenti nel Regno, sia nei riguardi della sistemazione politica, amministrativa ed economica delle nuove provincie, in relazione particolarmente al passaggio dallo stato di armistizio a quello di annessione; b) di predisporre - sentiti i Commissari Generali e di intesa con i Ministri competenti - i provvedimenti attribuiti al Governo da disposizioni vigenti


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Dalmazia - Una cronaca per la s1oria {aprile-dicembre 1941)

n~i rispettivi territori e quelli concernenti impegni finanziari eccedenti le assegnazioni dei bilanci dei due Commissariati; c) di concretare - dopo le annessioni - il graduale passaggio dei servizi civili ai singoli Ministeri, secondo la rispettiva competenza. L'Ufficio Centrale per le nuove provincie - le cui attribuzioni formarono oggetto dì successivi perfezionamenti - corrispose pienamente alle pecessità che ne avevano suggerito l'istituzione e permise di estendere in pochissimi anni ai territori attribuiti all'Italia con il Trattato di San Germano i nostri ordinamenti e la nostra legislazione. Tale considerazione suggerirebbe di prendere in esame l'opportunità di adottare norme analoghe per l'amministrazione civile nei centri oggi occupati. Avuto riguardo che l'annessione dei rispettivi territori potrebbe seguire anche indipendentemente dai trattati di pace, si prega il Duce di compiacersi far conoscere se l'emanazione delle norme in parola - da concretarsi con provvedimento di carattere legislativo - possa essere messa allo studio.

Successivamente., con una nota del 23 aprile 1941 veniva proposto: ... omissis ... ''di istituire un organo di collegamento tra le varie amministrazioni interessate a lla estensione in parola [delle leggi - n.d.a. ] nonché tra dette Amministrazioni e le Autorità preposte alle terre annesse per assicurare l'ordine e la gradualità dei relativi provvedimenti e la redazione delle norme di coordinamento' '.

La nota conclude proponendo la costituzione di un apposito comitato oppure di affidare i compiti sopra indicati alfa Commissione Consufliva per il diriuo di guerra.


L'occupazione della Dalmazia ed il Commissariaro Civile ALLEGATO

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N. 2

COMANDO DELLA 2• ARMATA UFFICIO PERSONALE E SEGR ETERIA

P.M. 10, 17 aprile 1941-XIX

N. 865/R di prot.

Al fascista Athos BARTOLUcc1 Commissario Civile per le regioni dalmate ZARA

OGGETTO: Commissariato Civile per le regioni dalmate. Per Vostra norma comunico le direttive alle quali dovete informare la Vostra azione di Commissario Civile per le regioni dalmate: esecuzione di quanto contenuto nel mio bando in data 13 aprile 1941-

XIX; sollecito ripristino della normalità di vita; gli ex militari dell'ex esercito jugoslavo di nazionalità slovena e croata, in borghese e disarmati, debbono esser solamente censiti con l'obbligo di rimanere nelle località di domicilio abituale; gli individui croat.i e sloveni dell'ex esercito jugoslavo, tutt'ora in uniforme, debbono essere rastrellati, considerali prigionieri di guerra ed avviati ai campi di concentramento; ogni atto ostile compiuto da parte di militari sbandati [e] civili sia represso con il massimo rigore. Al pr imo manifestarsi di casi del genere, sarà opportuno prendere ostaggi chiamati notoriamente a rispondere degli atti ostili comniuti; impedire l'uso di uniformi dell'ex esercito jugoslavo, che devono essere immediatamente ritirate unitamente alle armi; occupazione delle centrali telegrafoniche, curando il ripristino delle rispettive linee, impiegando nella gestione personale italiano; blocco. della benzina esistente nella zona, lasciando il minimo indispensabile a disposizione della popolazione; impedire, nella zona occupata, l' entrata e la conseguente circolazione di civili se non muniti di apposito salvacondotto rilasciato dall'autorità militare e con l'esplicita autor izzazione a circolare nella zona anzidetta; controllo della siam pa.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

Per Vostra conoscenza segnalo che sono stati costituiti i seguenti presìdi militari: Vrbosko: Comandante generale [Arturo] TORRIANO. Zona di competenza delimitata dalle località comprese: rotabile Lodovica da Sussak fino a Rasanici-Slunj-Bihac-Petrovac-Naros-mare; Knin

Comandante colonnello [Pietro] FIORETTI alle dipendenze del generale Torriano il quale determinerà la zona di competenza;

Sebenico: Comandante generale P ICCONE, zona da determinare; Spalato : Comandante generale [Carlo] VIALE, zona da determinare. IL GENERALE COMANDANTE DESIGNATO D'ARMATA Vittorio AMBROSIO


L'occupazione della Dalmazia ed il Commissariato Civile ALLEGATO

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N. 3

COMANDO DELLA 2• ARMATA UFFICIO AFFARI CIVILI

P.M. 10, 26 aprile 1941-X/X

N. I I prot. A.C. Segr.

-

Indirizzi omessi -

OGGETTO: Mansioni e compiti dei Commissari Civili per zone occupate.

Nell'allegato foglio espongo in forma schematica i compiti e le attribuzioni dei Commissari Civili, ricordando che per parecchie questioni particolari ho già dato mie direttive con provvedimento a parte. Allo scopo di tenere al corrente questo Comando d'Armata settimanalmente e non più tardi del giovedì dovrà essere trasmessa da par~e dei Comandi di Corpo d'Armata una schematica relazione sull'attività svolta dai Commissari Civili. IL GENERALE COMANDANTE DESIGNATO D'ARMATA

Vittorio AMBROSIO

COMANDO DELLA 2• ARMATA UFFICIO AFFARI CIVILI

P .M., 26 aprile 1941-X/X

OGGETTO: Mansioni e compiti dei Commissari Civili.

I Commissari Civili dovranno adempiere le proprie attribuzioni con bene inteso spirito di autonomia e con larga responsabilità, facendo capo direttamente ai vari Ministeri per la trattazione degli affari di propria spettanza, ma dipendendo direttamente dai Comandi di Corpo d'Armata per tutto quanto concerne la situazione politica, l'ordine pubblico e, in genere, le questioni interessanti la sicurezza, l'attività ed i compiti delle truppe di occupazione. I Commissari Civili provvedono al funzionamento dei servizi civili di Stato nei territori della rispettiva competenza ed esercitano le funzioni già di pertinenza dell'Autorità Politica Regionale Jugoslava secondo le norme vigenti nei rispettivi territori fino a quando esse non vengano specificatamente modificate o abolite.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

I Commissari Civili perciò, vigileranno su tutte le pubbliche amministrazioni locali acciocché esse non oltrerassino la loro sfera di azione e non procedano in senso contrario alle vigenti leggi nonché alle direttive politiche dell'Autorità Militare Italiana. Ciò premesso si elencano alcuni compiti speciali e principali che dovranno esser assolti: 1) - Previa autorizzazione di questo Comando istituire immediatamente zona per zona e ove se ne ritiene l'opportunità sottocommissariati civili affidandoli a persone di provata esperienza e capacità. 2) - Impedire con ogni mezzo qualsiasi attività ai nostri danni da parte di organizzazioni e procedere alla occupazione delle rispettive sedi; sospendere qualsiasi attività delle associazioni nazionaliste occupandone sedi e procedendo a minuziose perquisizioni. 3) - Perquisire ed evitare il funzionamento (qualora non fosse già stato fatto) dei Consolati stranieri dei Paesi nemici, controllare tutti i consolati specie di Paesi neutrali ed in maniera particolare quelli Americani, Portoghesi, Danesi, Olandesi. 4) - Favorire il rastrellamento e l'arresto di tutti gli elementi indesiderabili specie di cittadini inglesi, francesi, greci e di altri Stati nemici. 5)

La bandiera italiana deve essere diffusa tra tutte le popolazioni onde essere esposta .

6) - Eliminare immediatamente- rntte le effigi di ex reali e di ex personalità jugoslave e diffondere effigi del RE Imperatore e del D UCE negli uffici ed esercizi pubblici. Obbligo ai funzionari di detti uffici pubblici di adottare in servizio il salut o romano e propagandarlo nel l'uso a lle popolazioni civili. Diffondere nelle facciate e lungo le strade frasi e motti del Duce del Fascismo. 7) - Favorire al massimo la costituzione di centri di assistenza del Partito Nazionale Fascista con gli opportuni coordinamenti con l' O.N.D., con i Fasci Femminili, e le Organizzazioni Giovanili. 8) - Far conoscere ovunque ed a tutli che qualsiasi attentato alla vita dei militari o dei borghesi è punito con la fucilazione. 9) - P rocedere alla censura dei giorna li periodici settimanali e mensili non italian i. Procedere all'immediato censimento della stampa e ad accertarnenLi di carattere politico su tutti i redattori. Favorire la diffusione di giornali italiani, specialmente dc li Popolo d 'Ira/io, organo della Rivoluzione Fascista. Far pubblicare edizioni bili ngu i dei giornali locali.


L'occupazione della Dalmazia ed il Commissariaio Civile

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10) - Indire immediatamente riunioni di esperti o di rappresentanti le varie categorie professionali per lo studio di tutti i problemi economici onde risolvere al più presto le varie difficoltà del momento. 11) - In materia finanziaria si dovrà procedere: a. - all'accertamento di tutti i fondi esistenti presso gli uffici pubblici, banche, istituti, ecc.; b. - al blocco di tutti i fondi; · c. . al divieto di pagamento a enti e privati stranieri residenti nei territori da noi occupati con versamento eventuale delle somme presso banche italiane che si andranno costituendo o che sono già istituite; d. - al divieto di esportazione di somme, di titoli di credito, di oro, di argento, oggetti preziosi e di pregio artistico; e. - alla stampigliatura di tutti i valori bollati di carattere fiscale e postale, applicazione scrupolosa delle norme c he sono state e che saranno emanate in materia valutaria soprattutto in rapporto alla lira ed al dinaro. Si dovrà particolarmente vigilare a che non avvengano speculazioni da parte cli borghesi nel cambio della valuta. 12) - Per quanto riguarda l'alimentazione e prezzi , procedere al perfezionamento del censimento dei generi alimentari esistenti e l'accertamento dei consumi normali dei generi di prima necessità onde arrivare all'applicazione graduale delle norme esistenti nel Regno . Si dovrà segnalare immediatamente a questo Cornando tutte le eventuali deficienze di generi soprattutto alimentari q uali farina di frumento, grano turco, grassi. Si compileranno listini dei prezzi delle merci allineati al nuovo cambio dei dinari; e si dovrà impedire qualsiasi vendita all'ingrosso di generi alimentari ai consumatori. 13) - Segnalare a questo Comando eventuali inframettenze di ditte straniere per la vendita dei prodotti e impedire con ogni mezzo il diffondersi cli rappresen tanti di diue straniere, favorendo invece al massimo le ditte italiane. 14) - Accertare immediatamente il funzio namento di tutti i servizi pubblici (acqua, elettricità, gas e tram vie, ferrovie, telefoni e trasporti vari) e curare con ogni mezzo il migliore funzionamento di essi .


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

15) - Per le scuole, data la loro chiusura, non è possibile riaprirle in quanto molte sono occupate dai nostri reparti. Mantenere quindi la chiusura di dette scuole, e far procedere agli scrutini di fine d'anno, basando il punteggio sulle medie del primo semestre; per i corsi normali e glì esami di maturità valgono le medie suddette nonché quelle riportate nel periodo scolastico successivo. Si raccomanda di far dare la massima benevolenza nei giudizi di esame. 16) - Per la Magistratura ~aranno prossimamente emanate disposizioni speciali. 1'7) - Funziona~i statali e del Banato: provvedere al loro immediato censi-

mento e al computo del fabbisogno per gli emolumenti ad essi spettanti ritenendosi che dal 1° maggio saranno pagati dal Governo italiano.


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ALLEGATO

N. 4

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI Roma, 29 aprile /941-XIX

A tutti i Ministeri Al Sottosegretario dì Stato per le Fabbricazioni di guerra ROMA

e, p.c.

Al Commissario civile per la Slovenia LUBIANA

Al Commissario civile per la Dalmazia ZARA

OGGETIO: Dipendenza dei Commissari civili per le zone slovena e dalmata.

Per conoscenza e norma dei Ministri e degli Enti interessati, si comunica la seguente determinazione del Duce con la quale viene stabilita la dipendenza dei Commissari civili per le zone occupate della Dalmazia dall'autorità militare: "La discontinuità dei territori occupati non consiglia la dipendenza diretta dei Commissari civili di Slovenia e Dalmazia da un organo centrale. Pertanto dispongo: l) Nei territori occupati la più alta autorità è rappresentata dall'autorità militare; 2) Presso il Comando della 2a Armata deve essere costituito un ufficio consultivo e di informazione per la raccolta delle notizie e l'emanazione delle direttive di competenza del Comandante le truppe di occupazione;

3) I Commissari civili di Slovenia e Dalmazia devono considerarsi rispettivamente alle dipendenze dei Comandanti dei Corpi d'Armata di Lubiana e Sebenico; 4) I Commissari civili dovranno adempiere le proprie attribuzioni con bene inteso spirito di autonomia e con larga responsabilità, facendo capo direttamente ai vari Ministeri per la trattazione degli affari di propria spettanza, ma mantenendosi a stretto contatto coi Comandanti di Corpo d'Armata dai quali dipendono per tutto quanto concerne la situazione politica, l'ordine pubblico e, in genere, le questioni interessanti la sicurezza, l'attività ed i compiti delle truppe di occupazione". Si prega di segnare ricevuta della presente dandone assicurazione dell'adempimento delle disposizioni sopra descritte. IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO

RUSSO


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ALLEGATO

N. 5

COMMISSARIATO CIVILE PER LA DALMAZIA

RELAZIONE Il 12 aprile u.s., mentre seguivo le Truppe avanzanti sul fronte di Zara e nelle Isole, partecipando con i Giovani Fascisti di Zara ad operazioni di sbarco che affrettarono l'occupazione dell'arcipelago zaratino, feci parallelamente coincidere l'azione di assistenza e di propaganda del Partito nelle nuove terre redente. Mentre procedeva questa opera, il giorno 15 (recte: •16) venni nominato Commissario Civile della Dalmazia e immediatamente mi recai a Sebenico per iniziare l'esercizio della mia funzione. Trovai la città completamente sguarnita di truppe italiane, varie migliaia di croati armati [;) "i cosidetti Ustasi" avevano in mano la città e si ritenevano i padroni assoluti del campo in nome di un'ipotetica alleanza con l'Italia e con la Germania. La città era completamente pavesata con tricolori croati e il popolo affamato si preoccupava esclusivamente di procurarsi pane. Date queste condizioni mi recai immediatamente dal Generale Comandante Eccellenza AMBROSIO per sottoporgli il quadro della situazione e la difficoltà di funzionare in tale condizione. II 21 aprile, benché la situazione non fosse del tutto chiarita e benché lungo le vie di comunicazione continuassero sparatorie più o meno prolungate, mi recai con l'Ispettore del Partito SUPPIEJ a Spalato per assumere definitivamente i poteri, sostituendo il Sottobano dell' Espositura o Sottobanovìna dì Spalato, abbassando definitivamente le bandiere croata e tedesca per lasciar garrire esclusivamente il tricolore italiano. Oscure minacce furono fatte in vari settori, tuttavia il giorno successivo (22 aprile) riunivo a rapporto tutti i capi ufficio del cessato governo dai quali ebbi ampie ed esaurienti relazioni sulle varie situazioni di fatto e sui più pressanti problemi. Riunii ancora i circa 500 impiegati della Banovina, ai quali rivolsi poche parole intese ad illustrare loro che l'Italia Fascista di MUSSOLINI sarebbe stata apportatrice di giustizia, di disciplina e di lavoro , se avesse trovato la collaborazione indispensabile, oppure avrebbe applicalo le più dure leggi di guerra, se si fosse verificalo il minimo sabotaggio negli


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uffici. Anche in questo settore ebbi l'impressione dell'immediata comprensione e della maggiore buona volontà nella stragrande maggioranza dei funzionari. Il giorno 22 stess.o potei impartire tutte le disposizioni per la riattivazione di tutti i servizi pubblici e dare la sensazione di un immediato ritorno alla normalità nella vita economica e ad iniziare quell'opera di disciplinamento della vita socìale turbata dalla guerra e dalle lotte intestine, che dilaniano la Dalmazia da secoli. I servizi pubblici li riattivai immediatamente valendomi del Commissario Civile, che disponeva di ottimi funzionari inviati dal Partito prima e dai vari Ministri dopo. Essi si prodigarono con ogni mezzo e mi furono di validissimo aiuto. L'accordo più stretto venne pure curato verso l'Autorità Militare, che fu di valido aiuto specialmente nelle zone periferiche, dove il Commissariato non aveva ancora i mezzi per stabilirsi. In questo modo vennero garantiti tutti i servizi, l'ordine e la disciplina, nel solo nome e nel solo interesse del!' Italia. I croati tentarono in tutti i modi di intralciare tale azione, facendo circolare le voci più infondate fra i funzionari: soprattutto si valsero dello spauracchio che l'occupazione italiana sarebbe stata passeggera e perciò si sarebbero poi vendicati su tutti coloro che avessero validamente collaborato con l'Italia. L'azione del Commissariato Civile e dei suoi organi capillari infranse ogni tentativo con ferme.zza, pur senza abbandonarsi ad eccessi, che avrebbero creato vittime o un ambiente ancor più difficile in un momento particolarmente delicato. È da tener presente, infatti, che l'ambiente si prestava ad ogni propaganda e ad ogni azione subdola, data la criticissima situazione alimentare - mancanza assoluta di generi di prima necessità - mancanza quasi assoluta di mezzi di comunicazione - generale disoccupazione operaia - funzionari privi di stipendio - incertezza sulla delimitazione dei confini e sulla sorte delle popolazioni dalmate - incertezza tenuta viva direttamente da Zagabria.

Il Commissariato civile si è valso nella sua opera iniziale essenzialmente di ottimi elementi itali ani della Dalmazia, conoscitori non solo della lingua, delle abitudini, dei sistemi di vita del popolo croato, ma anche dei suoi metodi di propaganda e di intromissione. Così, in ogni località principale venne nominato un Commissario Distrettuale o un Commissario Comunale di provata rettitudine e probità e di indìsculibili sentimenti nazionali, dando la preferenza a camerati nati nelle città stesse che dovevano amministrare. Questa scelta incontrò il massimo


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favore delle stesse popolazioni in quanto temevano di cadere nelle mani di un esercito invasore, avido di preda e di vendetta. Vennero nominati inoltre Commissari per le più importanti attività industriali, che vennero concentrate secondo il ramo di produzione nelle mani di pochi Commissari, assolutamente competenti, scelti in Penisola e appartenenti alle nostre maggiori attività industriali affini. L'attività finanziaria ed economica, con opportuna ordinanza, venne orientata e ricondotta per quanto possibile alla sua intensità prebellica. Il Banco di Napoli e la Banca Dalmata di Sconto il 22 aprile venivano da me inaugurati e iniziavano la loro attività in sostituzione dei vecchi istituti jugosiavi. Le banche croate limitarono le operazioni in quanto la loro azione veniva consentita dal Commissariato sotto il suo controllo. Le aziende commerciali vennero tutte riattivate e il Commissariato riuscì a concludere una intesa economica con il Governo di Zagabria, tramite il Consolato generale di quella città, stipulando un accordo che fu certamente il primo realizzato fra lo Stato italiano e il Governo di Zagabria: è stato così garantito un rifornimento graduale di generi alimentari - 30/40 vagoni per settimana alla popolazione civile della Dalmazia. Nel settore politico-sociale si è pure proceduto rapidamente. Un Commissario unico venne nominato per riunire la Camera del Lavoro, la Borsa del Lavoro, la Cassa Distrettuale di Malattia e la Compagnia Scaricatori del Porto, accentrando tutte le forze del lavoro della Dalmazia occupata. J predetti istituti non hanno a che vedere con gli analoghi che vi erano in Italia nell'epoca socialista. Venne pure nominato un Commissario per la Camera di Commercio. I detti enti si sono riscontrati dotati di una notevole attrezzatura economica, assistenziale e sindacale, che ritengo dovrebbe essere nostra cura potenziare dati gli indubbi notevoli benefici che porta alle categorie operaie commerciali, specialmente di Spalato. A questo proposito ho interessato la Confederazione Fascista dei Lavoratori dell'Industria e l'Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale perché si interessino subito alla cosa, in modo da formulare al più presto precise proposte per l'inquadramento delle masse operaie dalmate ancora inquinate dalla demagogia e dalla propaganda comunista del passato. II I O maggio disposi venisse considerato giornata lavorativa a tutti gli effetti e mi risulta siano state insignificanti le diserzioni nei cantieri operai; nessuna nel settore impiegatizio. A fianco all'opera di imbrigliamento e di inquadramento delle masse operaie, si è proceduto all'opera di propaganda impiegando il cinema del


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Dopolavoro, facendo la maggiore possibile assistenza - naturalmente compatibilmente con le scarse scorte di viveri - attraverso i Fasci Femminili e portando il più diretto e fraterno aiuto alle comunità italiane, composte tutte di fascisti, che versano nella maggioranza in disagiate condizioni economiche, date le angherie subite negli anni passati. Vennero costituiti i fasci di combattimento in tutte le città occupate e dovunque esistono comunità italiane, e organizzati posti di ristoro per i militari fino a Cattaro. Vennero celebrati con ogni solennità il 21 aprile e il 9 maggio e vennero tenuti vari rapporti ai fascisti. Il ritorno nelle città dalmate dei profughi, rientrati dall'Italia dopo il breve ciclo di operazioni, diede luogo a grandiose manifestazioni alle quali si associarono anche elementi simpatizzanti per l'Italia. Di importanza notevole è l'immediata soppressione di tutti i giornali jugoslavi e la creazione di un giornale locale ("San Marco!", edizione di Spalato), bilingue, che ha già toccato la tiratura di 20 000 copie e che incontra ogni favore, essendo l'unico notiziario che sia prontamente diffuso a Spalato e negli altri paesi della Dalmazia.

ATTIVITÀ AMMINISTRATIVA COMMISSARIATI CIVILI - Sono stati nominati i Commissari Distrettuali per i 13 Capitanati Distrettuali dipendenti e 25 Commissari Comunali per i comuni più importanti della Regione. I Commissari Civili hanno l'obbligo dell'applicazione dei provvedimenti adottati nel campo della pubblica amministrazione, del controllo sul funzionamento degli enti locali e di riferire periodicamente sull'andamento dei pubblici servizi ed uffici. ASSISTENZA - L'assistenza si dirige particolarmente ai profughi rimpatriati e alle persone che versano in particolari condizioni di bisogno. ·

SANITÀ - È stata ripristinata l'assistenza sanitaria in sei Ospedali, vigilati da co·mmissari Civili, e predisposta la vaccinazione antivaiolosa primaverile dei bambini; sono stati richiesti alla Direzione Generale della Sanità Pubblica e distribuiti i sieri ed i medicinali occorrenti per la popolazione civile e per il bestiame. LOTTA ANTITUBERCOLARE - Sono stati presi accordi col Consorzio Provinciale Antitubercolare di Zara per l'invio negli istituti di cura ciel Regno dei connazionali affetti da tubercolosi residenti in Dalmazia ed, eccezionalmente, per elementi dalmati, particolarmente bisognosi e meritevoli di assistenza.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

Si è predisposto il lavoro di pagamento stipendi e pensioni per il mese di maggio, anche per quanto riguarda il finanziamento. Si sono somministrati acconti per il funzionamento degli ospedali di Spalato e di Sebenico, che erano sovvenzionati dal Governo Centrale di Zagabria . Si sono accertati i fondi esistenti presso gli uffici delle imposte e accertata l'esistenza di dinari 98 000 000 per tributi arretrati, dei quali circa 20 000 000 di non difficile riscossione. FINANZA -

Sono stati conclusi gli accertamenti pressò gli uffici direttivi di finanza presso gli uffici esecutivi delle imposte e tasse per stabilire le più urgenti necessità relative alla sistemazione dei servjzi tributari. Si è riferito al Ministero delle Finanze in particolar modo sulla necessità della sostituzione dei valori boilati, dell'applicazione della tassa sui pubblici spettacoli, sulle radio audizioni e sull'estensione della legge sulle tasse di bollo e·sulle concessioni governative. DOGANE - Conosciuta l'organizzazione dei servizi, finora dipendenti dalla delegazione dell'ispettorato statale delle finanze ex-jugoslave, è stato. riattivato il funzionamento delle dogane lungo il litorale e n.elle isole, soprassedendo all'organizzazione del servizio sulla linea di occupazione interna. Si è iniziato il lavoro di raccolta e di aggiornamento dei testi di legge e della tariffa doganale ex-jugoslava, richiesti dal Ministero delle Finanze. SCAMBI E VALUTE -

Sono state emanate disposizioni per il blocco dei fondi presso le banche e si .è fatto obbligo di versare le somme dovute a stranieri presso le banche italiane. Si è proceduto all'esame delle situazioni contabili di ciascun istituto bancario.

Col concorso dei funzionari delle Finanze, deftla Agricoltura e Foreste e Scambi e Valute, si è costituita una Commissione speciale per l'esame delle domande di importazione e di esportazione di merci. È stato applicato il Bando del DUCE del 24 aprile u.s. concernente l'amministrazione della giustizia nei territori occupati. È stato preso contatto con le autorità giudiziarie, con la camera degli avvocati e dei notai, circa il ripristino e l'esatto adempimento di quanto concerne l'amministrazione della giustizia e il funzionamento degli uffici giudiziari.

GIUSTIZIA -

CULTURA POPOLARE - Stampa Italiana: Superati gli ostacoli che inceppavano l'arrivo e la distribuzione dei quotidiani italiani, si è riusciti a garantire la loro circolazione con una netta prevalenza nei primi giorni sui giornali stranieri che ancora giungevano.


L 'occupazìone della Dalmazia ed il Commissariato Civile

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Il primo giornale diffuso a Spalato è stato Il Popolo d'Italia che venne messo in vendita il 25 aprile. Localmente si stampa ora soltanto un quotidiano italiano con un'edizione in lingua croata. Stampa Estera: Completamente tolta dalla circolazione. Cinematografia: I cinematografi delle zone occupate sono già stati forniti di films italiani e dei documentari LUCE, così che non possono proiettare che films italiani, esaurite le scarse scorte di cui disponevano. Teatro: È stato nominato un Commissario straordinario per il teatro di Spalato allo scopo di curare l'attività teatrale e di predisporre la trasformazione del teatro stesso in teatro italiano. Turismo: È stata inviata al Ministero della Cultura Popolare una relazione particolareggiata sull'efficienza del turismo, che rappresentava una delle principali fonti di reddito delle popolazioni dalmate, e sono state avanzate proposte per facilitare l'afflusso in Dalmazia delle famiglie degli ufficiali e dei funzionari italiani. Radio: È stata impiantata a Spalato una nuova stazione radiofonica. AGRICOL'f.URA - È stata ripresa in pieno l'amministrazione delle aziende agrarie demaniali e riattivati i contatti con le istituzioni agrarie private. È gravissimo il problema del solfato di rame che interessa indistintamente tutti gli agricoltori della Dalmazia. I raccolti si presentano ottimi e si cerca con i mezzi disponibili di favorire la produzione; comunque la produzione dalmata è fortemente deficitaria.

In questo settore, indubbiamente il più difficile, si è provveduto con ogni possibilità per assicurare almeno il minimo di generi alimentari alla popolazione. È stato provveduto al razionamento del pane, è stata disciplinata la distribuzione dello zucchero ed è stata pure disciplinata l'esportazione dei prodotti alimentari. ALIMENTAZIONE -

FORESTE - Si è iniziata la raccolta dei dati sul rimboschimento e sui vivai forestali, sulla sistemazione dei torrenti, sulla consistenza dei depositi di legname. NAVIGAZIONE COSTIERA -

Sono state riattivate tutte le linee di naviga-

zione costiera. MINIERE - Nei territori occupati, dopo la delimitazione dei confini il patrimoni o minerario si riduce a proporzioni pressoché insignificanti e riguardanti esclusivamente bauxite e piccoli quantitativi di lignite.


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Dalmazia - U11a cro11aca per la storia (aprile-dicembre 1941)

Le marne per la fabbricazione del cemento potranno essere sfruttate soltanto se si garantirà il rifornimento del carbone (rimasto nella zona croata) e il rifornimento dell'energia idrica, le di cui fonti (fiume Cetina) sono ugualmente nella zona croata. Sono stati presi provvedimenti per l'immediata chiusura delle scuole in analogia a quanto venne fatto a Zara e venne deciso che la votazione del secondo trimestre fosse definitiva agli effetti dello scrutinio.

EDUCAZIONE NAZIONALE -

Vennero date disposizioni perché lo scrutinio finale avvenisse con ben intesa comprensione delle difficili condizioni in cui si è svolto l'anno scolastico. La chiusura immediata delle scuole aveva due fini: togliere di mezzo le masse studentesche, affette da nazionalismo eccessivo, e sgomberare gli edifici che erano indispensabili alle truppe di occupazione. Al momento, le operazioni di scrutinio sono ultimate. Si stanno preparando gli attestati che dovranno sostituire quelli finora in uso e si è ampiamente riferito al Ministero dell'Educazione Nazionale sull'ordinamento scolastico preesistente.

CONCLUSIONE Nel giro di un mese il Commissariato Civile della Dalmazia ha preso in mano tutte le più importanti situazioni che si presentavano in Dalmazia, le fonti economiche, i servizi pubblici, le scuole, ed ha dominato tutti i settori in stretta collaborazione con il Comando delle Truppe occupanti. Malgrado che la fame serpeggiasse ovunque, che la disoccupazione fosse pressoché generale, che i funzionari non avessero percepito alcuna retribuzione, l'ordine pubblico è stato sotto ogni punto di vista perfetto e le popolazioni hanno guardato all'Italia con serena fiducia, sperando nell'inizio di una era più felice. Gli ortodossi della Dalmazia, storica e geografica, in numero di oltre 100 000, guidati dalle loro maggiori personalità politiche e religiose, indirizzarono suppliche perché l'Halìa non li abbandonasse; i mussulmani, in numero non rilevante, ma sempre notevole specialmente nella zona di Ragusa, chiesero ugualmente di potersi unire all'Italia; i croati del Partito "macekiano", conoscendo i soprusi fatti in pochi giorni dai "paveliciani", invocarono che l'Italia non si allontanasse più dalle zone occupate; i rappresentanti del 600'/o delle intere popolazioni della Bosnia ed Erzegovina si dichiararono pronti a scendere a Spalato per chiedere l'annessione all'Italia.


L'occupazione della Dalmazia ed il Commissariato Civile

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Questa è l'azione politica condotta dal Commissariato Civile, azione che avrebbe portato nel campo politico ed economico i frutti più insperati nel giro di pochi mesi. Il trattato con lo Stato Croato ha di colpo spezzato questo lavoro, gettando nella costernazione tutti quanti. Gli italiani, perché hanno visto svanire la loro speranza di una totale annessione della Dalmazia all'Italia; è particolarmente dolorosa la situazione degli italiani di Ragusa e delle isole rimaste ai croati, i quali, essendosi molto compromessi in questi giorni; temono esser fatti oggetto di azioni violente da part~ degli "ustasi" . Gli ortodossi, i serbi e i mussulmani sono terrorizzati di cadere in mano ai croati e chiedono di poter optare per l'Italia. I croati sono furibondi contro Pavelié per aver ceduto all'Italia territori della Dalmazia. I croati, simpatizzanti per l'Italia, sono pure addolorati perché vedono distaccate dal corpo della Dalmazia le fonti vitali per la sua economia: ad esempio le centrali idriche che alimentano le industrie di Spalato, il carbone di Mostar, le belle pianure di Livno e di Dernis, ecc. ecc .. Probabilmente negli accordi per la delimitazione dei confini si potrà ancora salvare qualche cosa e sarebbe pertanto raccomandabile che fra i componenti le varie commissioni venissero scelti elementi dalmati di sicura competenza e conoscenza dei luoghi e delle risorse del Paese. Si impone la creazione delle Provincie contigue di Zara e Spalato con un criterio politico inteso innanzitutto a spezzare l'unità slava, che potrebbe crearsi nell'ambito dei due territori. A questo proposito è indispensabile che Sebenico venga annessa alla Provincia di Zara, essendo la città più ostica alla penetrazione italiana. Economicamente bisognerà subito preoccuparsi di intensificare il lavoro delle industrie; a questo scopo saranno necessari accordi economici con la Croazia, in quanto_l'energia elettrica che provvede a tenere in attività le industrie e molte delle materie prime indispensabili sono situate nel territorio croato. I lavori pubblici più urgenti consistono nella costruzione delle strade, nella riattivazione integrale delle linee di comunicazione marittime e terrestri. Urgente è la riattivazione integrale della pesca, che potrebbe apportare un importantissimo contributo al problema alimentare italiano e un notevole beneficio a queste popolazioni costiere.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

Urgente è la bonificazione di alcuni terreni agricoli, che potrebbe contribuire all'autarchia alimentare della Dalmazia. Si impone la immediata decisione circa l'ammissione al P.N.F. di tutti quegli elementi nati o vissuti in Dalmazia che lo richiedessero, .poiché in Dalmazia è sempre esistito un forte movimento social-comunista, sarebbe utile la costituzione di un movimento fascista allo scopo di arginare con gli stessi dalmati le tendenze comuniste e per creare attraverso questo movimento fascista le condizioni per un avvicinamento ideologico con l'Italia e quindi preparare l'inevitabile passaggio a noi di tutti coloro che attendono l'occasione migliore per farlo. Per accelerare il ritmo di affratellamento dei dalmati con il resto della Penisola, si potrebbe ancora studiare la possibilità di un arruolamento volontario nelle Forze Armate; vi sono già varie richieste se opportunamente incoraggiate. La cosa è importantissima dal punto di vista morale e politico e si 'riallaccerebbe all'antica tradizione che la Dalmazia ha sempre fornito dei valorosissimi soldati all'Impero di Roma, alla Repubblica di Venezia e all'Italia Fascista. È in fine doveroso un omaggio alle valorose truppe occupanti, che hanno saputo guadagnarsi la simpatia dell'intera popolazione con il loro contegno encomiabile sotto ogni punto di vista, e tanto più nei confronti delle truppe germaniche, le quali con frequenti atti di assoluto imperio o peggio hanno contribuito a consolidare l'ammirazione del soldato d'Italia.

Perfetta, affettuosa, concorde è stata la collaborazione con l'Autorità militare occupante, collaborazione intesa a tener vivo nel nome del DUCE il prestigio dell'Italia. È pure notevole il contegno dei funzionari italiani, che per primi imbrigliarono la vita della burocrazia slava. Essi con il senso di disciplina, di laboriosità, di puntualità e di instancabilità nel lavoro impressionarono fortemente l'elemento del cessato governo, che ignorava le possibilità, le capacità e l'intensità fattiva dei rappresentanti dell'Italia Fascista.

Anche in questo campo sarebbe opportuno che la scelta dei futuri funzionari da inviarsi in Dalmazia venisse fatta con ogni oculatezza per non menomare il prestigio acquistato e per conservare un sistema fermo e rigido che anche gli slavi preferiscono sia applicato con serietà e continuità. IL COMMISSARIO CIVILE

dr. Athos BARTOLUCCI


L'occupazione della Dalmazia ed il Commissariato Civile

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ALLEGATO N. 6

RELAZIONE SULLA OCCUPAZIONE DELLA BASE NAVALE DI SEBENICO La mattina del giorno 16.4.1941 un Cant Z 501 ammarò nel porto di Pola con l'ordine di prelevare il Comandante Primo LONGOBARDO, Comandante della Scuola Sommergibili rimasto in loco dopo che tutto il personale della Scuola era stato trasportato in altra Sede, per condurlo a Sebenico con il compito di reperire i piani delle zone minate e le relative rotte dì sicurezza indispensabili per l'atterraggio sulle cos!e dalmate. Il C.te LONGOBARDO aderì alla richiesta del sottoscritto (che allora rivestiva il grado di Capitano di Corvetta) di condurlo seco in questa particolare missione. Giunti in Sebenico e ammarati entro il porto, furono incontrate. alcune difficoltà in quanto lo specchio d'acqua era completamente deserto, nessuno trovavasi sulla banchina per aiutare all'ormeggio che pertanto il pilota fu obbligato ad attuare con il morore di bordo. Sbarcati sulla banchina fummo circondati da akune decine di civili armati, sbucati dalle case circostanti e contemporaneamente venimmo a sapere che le truppe italiane, le quali ~econdo i piani avrebbero dovuto già trovarsi in città, non vi erano ancora giunte. Il Comandante LONGOBARDO in maniera fiera ed autoritaria ne preannunciò l'arrivo, esortò i presenti a non opporre resistenza, ad essere disciplinati e corretti con le truppe italiane, assicurando in tal caso l'integrità assoluta della città e l'incolumità degli abitanti. Mentre aveva luogo questa discussione, si presentò un signore elegantemente vestito, il quale, qualificandosi Capitano del Porto, si mise a nostra disposizione per quanto ci necessitava. Conosciuto lo scopo della missione fu requisita una macchina con la quale ci recammo al Comando Marina in zona periferica sulla penisola che a sud delimita la rada di Sebenico. Durante il tragitto constatammo enormi devastazioni e depredamenti in tutte le zone ed edifici di carattere pubblico, in particolare nell'ambito della Base Navale, con tutti i magazzini aperti, con turbe di scalmanati che portavano via viveri, vestiario e quanto altro vi si trovava. Condotti presso la. base del Comando predetto, ubicato in caverna, fronte a mare, in mezzo a devastazioni, a mucchi di carte sparse, a casseforti sventrate, ecc., riuscimmo a reperire alcune copie del piano degli sbarramenti. Dopodiché rientrammo in città in tempo per assistere all'arrivo del pritno contingente di truppe italiane.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (apri/e-dicembre 1941)

Quindi ripreso l'imbarco sull'aereo, decollammo per Venezia. Ivi giunti fummo immediatamente ricevuti da S.A.R. il Duca di Genova, Comandante in Capo del Dipartimento, al quale il C.te LONGOBARDO riferì su quanto da noi constatato durante la permanenza a Sebenico, comunicando altresì la notevole quantità di materiali preziosi esistenti in quella Base ed il timore che venissero trafugati o dispersi e la necessità quindi di provvedere nel più breve tempo possibile a prendere possesso della Base Navale e presidiare immobili, magazzini e i mezzi navali che erano stati individuati. S.A.R. il Duca di Genova resosi conto di quanto giusti fossero gli apprezzamenti del C.te LONGOBARDO, telefonò immediatamente a Roma all' Ammiraglio RICCARDI, riferì a sua volta su quanto gli era stato comunicato ed ottenne immediatamente l'autorizzazione a procedere con i mezzi che aveva a sua disposizione. Cercandosi un Ufficiale al quale conferire l'incarico della missione, su proposta del C.te LONGOBARDO tale incarico fu conferito al sottoscritto che immediatamente si trasferì a Trieste con automezzo ove trovò gia pronte per l'imbarco sulla piccola motonave Laurana due compagnie del battaglione "San Marco" agli ordini del Capit. CULICCHI. La sera si partì e il giorno successivo si arrivò a Sebenico prendendo ormeggio direttamente alle banchine della Base Navale. Da quell'istante fu iniziata un'opera minuziosa di reperimento e raccolta di tutto il materiale di pertinenza della Marina Jugoslava ritenuto utile alla Marina Italiana. Furono occupate tutte le navi e i natanti, furono effettuate ricognizioni lungo il corso di Cherca, ricuperando ulteriori betoline, cariche fino all'orlo di benzina Avio, furono occupate e presidiate tutte le batterie, fu ripristinata la Stazione Radio e nei giorni successivi si procedette alla sistematica occupazione delle isole antistanti l'imboccatura del porto di Sebenico. Durante tale periodo, dato che nella città era rimasto solo un piccolo Presidio agli ordini di un Ten. Colonn. del R. Esercito, si ebbero anche scontri a fuoco con bande di predoni scese dai monti circostanti e che tentarQno, nonostante la nostra presenza, di continuare quei saccheggi e distruzioni iniziate nel periodo del trapasso dei poteri. Tutte le azioni sopradette furono eseguite per ordine del Comando in Capo del Dipartimento di Venezia e a questi si riferiva sino a che non fu creato il Comando Militare Marittimo della Dalmazia con sede a Spalato, comando assunto dall'Ammiraglio Oscar DI GIAMBERARDINO. Roma, 12 giugno 1965 IL CONTRAMMIRAGLIO

Vittorio E. TOGNELLI


L'occupazione della Dalmazia ed il Commissarialo Civile ALLEGATO

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N. 7

RELAZIONE SULL'OCCUPAZIONE DELLA BASE NAVALE DI CATTARO All'Eccellenza il Generale d'Armata Ugo CAVALLERO Capo di Stato Maggiore Generale ROMA

l. - In seguito agli ordini impartitimi dall'Ecc. Vostra sono partito per Cattaro alle ore 1 del giorno 17 corrente. La spedizione era costituita da una 1100 coloniale sulla quale ho preso posto assieme al centurione della Milizia Stradale sig. CERCATO Nino che mi è stato di valido aiuto durante la missione, da 3 autobus nei quali ho imbarcato n. 3 ufficiali e 44 marinai con due mitragliatrici di Marina Durazzo e da autocarro trasporto materiali. 2. - Dopo Scutari, in seguito alle difficoltà di far sorpassare dagli autocarri le varie colonne della divisione 'Messina' che ingombravano completamente la strada, ho deciso di andare avanti con la sola 1100 in modo da poter giungere a Cattaro insieme alle prime truppe di occupazione. Gli autobus sono poi giunti a destinazione solamente a sera inoltrata. 3. - Sull'ultimo tratto della strada che porta a Cattaro ho incontrato dei gruppi armati nemici che sono stati disarmati da me e dal cent. sig. CER· CATO. Sorpassando infine una zona battuta dalla fucileria nemica e una nostra colonna ferma per fronteggiare la situazione, ho raggiunto circa alle ore 12.30 il sig. generale di Divisione ZANl a Cattaro dove era giunto poco prima con circa 300 nostri soldati e con il suo Stato Maggiore. 4. - Presi gli ordini del Generale ho provveduto: a) - a prendere gli opportuni contatti con i Comandi marittimi nemici facendo rendere atto di omaggio dal più anziano presente al nostro Generale; b) - ad occupare al più presto le navi da guerra nemiche ormeggiate a Cattaro riservandomi di occupare appena possibile quelle ormeggiate negli altr i settori delle Bocche; c) - a far presidiare i depositi di nafta che mi risultavano di ingente mole onde evitare atti di sabotaggio.


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Dalmazia - Una cronaca per la sroria (aprile-dicembre 1941)

5. - Prendo contatti con il Cap. di Vasc. Comandante della Nave Appoggio sommergibili Horvar (recte: Hrvar = Lèsina - n.d.a.) e con I' Ammiraglio Comandante della Flotta che conduco dal generale ZANI. Prescrivo ali' Ammiraglio: far ammainare al tramonto tutte le bandiere jugoslave (l'ammainata contemporanea ed immediata di tutte le bandiere era impossibile data la dislocazione delle diverse unità nei numerosi sorgitoi delle Bocche di Cattaro); far sbarcare prima del tramonto tutti gli equipaggi, rimanendo però i Comandanti direttamente responsabili della sicurezza e della intangibilità delle navi; consegnare immediatamente i piani degli sbarramenti subacquei della Piazza. Era desiderio, infatti, del generale ZANI di sgomberare al più presto la Piazza dai militari jugoslavi, data la esiguità del presidio italiano ed anche ad evitare che delle navi potessero partire. 6. - Per il compito di cui alla lettera b) era estremamente importante occupare le navi prima che fosse firmata la capitolazione (è stata firmata la sera alle 21 e resa esecutiva alle I 2 del giorno I 8) onde queste fossero considerate preda bellica e quindi di assoluta proprietà italiana. Mi reco sui 3 sommergibili Smeli, Osvetnik, e Hrabri avendo gli equipaggi a bordo e intimo ai Comandanti la cessione e lo sbarco degli equipaggi stessi. Due ufficiali per ciascun tipo di sommergibile, uno di vascello e uno di macchina si impegnano a restare a mia disposizione . per garantire l'efficienza dei battelli. Pongo delle sentinelle armate sui sommergibili stessi. Analogamente faccio per la nave appoggio sommergibili Horvar (recte: Hrvar) e per il panfilo Aquila Bianca che ho trovati senza equipaggio. 7. - Per il compito di cui alla lettera c) mi reco subito a Lipci con un autocarro carico di soldati che lascio a presidiare dei depositi di nafta. Durante il viaggio lascio delle sentinelle anche ai depositi di siluri di Risano. 8. - Prendo infine contatto anche con la Capitaneria di Porto e ç\ò ordine che tutte le navi e rimorchiatori della Marina Mercantile presenti nei vari sorgitoi delle Bocche debbano esser subito spenti. Il Capitano di Porto mi garantisce che l'ordine verrà senz'altro eseguito .


L'occupazione della Dalmazio ed il Commissarialo Civile

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9. - Nel pomeriggio si sente un forle scoppio. Dopo si è saputo che è staIO causato dal C. T . Zagreb l'atto saltare volutamente da un ufficiale croato. 10. - In serata giunge l'Ammiraglio di Divisione SPORTIELLO Ettore al quale dò le consegne e del quale passo agli ordini. IL CAPITANO DI VASCELLO

Gastone MINOTTI


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N. 8

COMANDO MILITARE MARITTIMO DELLA DALMAZIA OCCUPATA IJFFICIO OPERAZIONI

N. 178 di protocollo/Segreto

Spalato, addì 28 aprile !941-XIX

A Supermarina

ROMA

ARGOMENTO: Succinta relazione sulle occupazioni della R. Marina nel territorio ex Jugoslavo. l. - Mi riservo di inviare particolari relazioni sulla occupazione delle isole del gruppo Nord della Dalmazia quando mi perverranno dal Coman·do M.M. di Pola che è incaricato di raccoglierle. In attesa espongo succintamente come si sono svolti gli avvenimenti. In conseguenza dell'avanzata delle nostre truppe ho proposto di provvedere con i mezzi a disposizione a Pola e nei Comandi dipendenti all'occupazione delle isole Dalmate. Avuta l'autorizzazione di codesto Supermarina mi sono recato a Gorizia dal Comandante della II Armata Generale AMBROSIO, il quale mi ha detto che gli oc<:orreva l'occupazione di Veglia per favorire il rifornimento via mare delle truppe operanti lungo il Canale della Morlacca, ma che non poteva darmi alcun aiuto di truppe per l'operazione. Mi avvertiva che le informazioni facevano salire ad oltre 2 mila i soldati nemici nell'isola con vari cannoni. Le truppe pronte di cui potevo valermi, oltre a nuclei di marinai prelevati dai vari servizi, erano: il Reggimento 'San Marco' con circa 2 200 uomini; quattro battaglioni territoriali mobili di cui uno addetto alla sorveglianza della Piazza di Pola, uno per la vigilanza delle coste orientali di detta Piazza, uno a Cherso e l'altro a Lussino. Gli effettivi di ciascuno di detti battaglioni si aggiravano sui 600 uomini. Supermarina mi ha ordinato di lasciar lìbe:o uno dei due battaglioni del Reggimento 'San Marco' in previsione di altro impiego. D'altra parte dovevo lasciare un presidio a Pola e alle isole di Cherso-L'Jssino in considerazione della presenza colà di numerosi allogeni. I mezzi di trasporto in mare erano anche limitati.


L'occupazione della Dalmazia ed il Commissariato Civile

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Ho organizzato in un primo momento la spedizione col battaglione 'Bafile' (1100 uomini) e due battaglioni T.M. (1200 uomini complessivi). Scorta ed appoggio le Torpediniere Audace, Cantore, S. Martino, Aldebaran, A/ciane, VI Squadriglia M.A.S.. Poiché le informazioni da·vano l'esistenza di quattro batterie costiere, avrebbe preso parte all'azione anche il Pontone semovente dislocato a Fiume G.M.216. 2. - Appena si è rilevato il collasso delle forze armate iugoslave, ho ritenuto inutile concentrare tutte le forze per l'occupazione di un'isola, tanto più che alla R. Marina importava maggiormente il possesso delle isole davanti Zara che avrebbe favorito il ripristino delle comunicazioni marittime con detta Città. In conseguenza, sin dal 12 Aprile ho autorizzato Marina Zara ad occupare le isole antistanti con i pochi mezzi nautici a disposizione, sbarcando marinai e truppe dell'Esercito ottenute .da quel Comando di Divisione. Detto Comando Marina ha provveduto con encomiabile rapidità all'occupazione successiva in pochi giorni de,lle isole di Ugliano, Rivani (recte: Raviane), Sestrugno, Melàda, Grossa, Pasman, Incoronata. Da Marina Lussino, con mezzi nautici a disposizione e altri requisiti sul luogo, appoggiati dalla Torpediniera Aldebaran e da una Sezione M.A.S., ho fatto occupare con distaccamenti di marinai e dì soldati dei battaglioni T.M . le seguenti isole: Selve, Ulbo, Isto, Premuda, e in seguito Arbe e Pago. Le operazioni sono state condotte da quel Comando Marina con lodevole rapidità. La spedizione per l'occupazione di Veglia, con partenza da Pola, è stata compiuta in conseguenza con forze più modeste, e precisamente col battaglione 'Bafile' e un battaglione T.M. (1 700 uomini complessivi) coll'appoggio navale e con le modalità risultanti dall'ordine di operazioni inviato a suo tempo per conoscenza a Supermarina. Gli effettivi sono stati mantenuti ancora alti perché l'isola piuttosto vasta possiede una popolazione dì circa 25 000 abitanti e perché le informazioni facevano salire un certo momento a 3 000 uomini le forze jugoslave, mentre l 'esplorazìone aerea aveva rilevato il concentramento di piccoli piroscafi a Dobrigno, nel nord dell'isola, il che faceva supporre che altre truppe potessero esservi passate dal continente. In realtà ìl collasso si era esteso ànche a detta isola e l'occupazione è avvenuta, come nelle altre, senza contrasti. Il Prefetto di Fiume ha domandato all'ultimo momento di far prendere parte all'occupazione 64 Camicie Nere dì quella Federazione. Pur riconoscendo l'importanza simbolica di tale partecipazione, ho disposto


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che le Camicie Nere giungessero nell'isola dopo il primo sbarco dei marinai a Veglia. Segnalo che il passaggio del ponte sull'Eneo a Fiume, che si supponeva minato, è stato compiuto da truppe del R. Esercito aventi alla testa un drappello di marinai di Marina Fiume guidato dal Cap. di Vascello della Ris. Djalma VIOTTI. 3. - Ricevuto l'incarico di costituire il Comando M .M. della Dalmazia e di assumerne il comando, secondo disposizioni ricevute da Marina Venezia ho inviato in volo a Sebenico, occupata dalle nostre truppe, il Cap . Fregata Primo LONGOBARDO col Cap. Corvetta Vittorio Emanuele TOGNELLI, per rendersi conto della situazione in quel porto e ottenere dal locale Comando Marina Jugoslavo i piani degli sbarramenti di tutta la costa e relativi canali . . Il Comandante LONGOBARDO ha lodevolmente compiuta la sua missione, ha avuto i piani ed ha riferito che le sistemazioni della Marina e le navi erano state abbandonate dai militari jugoslavi e saccheggiate e devastate da elémenti torbidi locali. In conseguenza il 17 aprile è stato inviato nuovamente a Sebenico il Cap. Corvetta TOGNELLI con un reparto del battaglione 'Grado' (il battaglione 'Ba"file' non era ancora rientrato da Veglia) trasportato dalla motonave requisita Laurana, scortata dal M.A.S. 558 e preceduta dal R.D. 44. Il rapporto sulla occupazione delle navi e organizzazioni marittime jugoslave a Sebenico è stato inviato col mio foglio n. 2 del 21 aprile. 4. - Gli effettivi per la costituzione del Comando M .M . della Dalmazia occupata e dei dipendenti Comandi Marina di Sebenico e di Cattaro sono stati concentrati a Pola. Poiché aliquote del personale erano dislocate nelle isole occupate e molti Ufficiali dovevano venire da altra sede, la prima spedizione ha potuto partire il pomeriggio del 18 aprile sul piroscafo requisito Marcello scortato dal Cantore. Presi accordi con Marina Zara per.il dragaggio delle rotte di sicurezza, il Marcello è giunto a Sebenico il 19 aprile. Il Contrammiraglio SECCHI ha trovato la.situazione descritta dal Cap. Corvetta TOGNELLI nel suo rapporto inviato col mio foglio n. 2 suddetto. Il personale della Marina Jugoslava, davanti l' incalzare delle nostre truppe di occupazione, si è sbandato, parte per ragioni cli dissensi politici interni ma più ancora perché preso dal panico a causa della rapidissima


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avanzata del nostro Esercito. Tutto è stato abbandonato e successivamente saccheggiato e devastato dalla popolazione circostante. Gli Ufficiali hanno lasciato indumenti e documenti personali. Il saccheggio è finito quando un reparto del 'San Marco', di guardia ad edifici della Marina, ha fatto di notte fuoco contro predoni uccidendone una decina. L'organizzazione di Marina Sebenico è difficoltosa appunto perché sono state asportate e distrutte le installazioni per gli alloggi e gli uffici, nonché le comunicazioni telegrafiche e telefoniche, sono state rotte le condutture d'acqua, asportati pezzi di meccanismi ecc. ecc .. Si sta procedendo al riassetto, ma occorrerà inviare al più presto il personale (specialmente Ufficiali) e il materiale a parte richiesti per ripristinare · l'efficienza dei vari servizi. 5. - Con la motonave Mocenigo scortata dal San Martino sono partito da Pola la notte fra il 19 e il 20 aprile con una aliquota del personale per il Comando M.M. della Dalmazia occupata e per Mariser Spalato. Dopo una sosta a Sebenico per rendermi conto della situ,azione e per disporre il servizio d i dragaggio preventivo sulle rotte per Spalato, il mattino del 21 sono giunto in questa Sede.

È venuto a farmi visita subito in abito civile l'Ammiraglio jugoslavo (croato) T .T. TIJANié il quale mi ha riferito che egli era il Com.te Marina del. Litorale con sede a Spalato e giurisdizione su tutta la costiera jugoslava. Per ragioni belliche si era trasferito a Sebenico allo scoppio della guerra, trasportandovi archivi e mobilio del suo Comando di Spalato. Allo sbandarsi del personale di Sebenico, davanti alla nostra avanzata, egli aveva trovato che anche gli ufficiali e gli equipaggi delle unità navali qui riunite avevano disertato ugualmente il loro posto. Poiché sulle navi abbandonate c'era stato un inizio di saccheggio e sabotaggio, egli era riuscito a radunare un po' di personale fedele per presidiarle e prevenire altri atti vandalici, alzando su ogni unità la bandiera croata. Per evitare possibili azioni di sabotaggio o addirittura l'affondamento delle unità da parte di detto personale jugoslavo all'atto della nostra presa di possesso, bo convinto l'Ammiraglio T .T. TIJANié di far risultare l'occupazione italiana da un verbale, sottoscritto da due rispettivi rappresentanti. Ciò è avvenuto regolarmente, e ho rilasciato in seguito, d'accordo con le Autorità dell'Esercito, il lasciapassare a detto personale jugoslavo (croato) per tornare alle proprie case. Intanto ho fatto sistemare il nostro personale a terra e ho messo provvisoriamente la sede del Comando M.M. sulla R. Nave Illiria, fatta giungere a Spalato con i dragamine del dragaggio preventivo.


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Ho fatto occupare la Sede del Comando Marina jugoslavo dove m etterò in seguito gli uffici quando l'avrò provveduta di mobili e telefoni, il che è in corso di attuazione. Ho fatto occupare l' Istituto Idrografico e la stazione di vedetta. H o destinato il Tenente Colonnello di Porto Alfredo GI URA a capo della Direzione Marittima di Spalato, ente complesso che dirigeva l'intera marina mercantile jugoslava, provvedeva alla costruzione e riparazione dei porti e all'illuminazione e segnalamento marittimo. H o fatto insediare l'lng. SMERALDI quale Commissario Governativo Italiano del Cantiere Navale di Spalato. 6. - P rendevo accordi per l'occupazione delle Curzolane col Generale ZINGALES Comandante del Corpo d'Armata autotrasportabile con sede a Spalato, quando il giorno 22 aprile mi è giunto il telecifrato n. 2145 5 di Supermarina, e, mentre ho date disposizioni a Marina Sebenico per la presa di possesso delle isole antistanti detto porto, data l'urgenza ho provveduto all'occupazione rapida delle isole Curzolane con la compagnia del Battaglione "Grado'., che avevo condotta a Spalato. Ho fatto imbarcare detta compagnia sulla torpediniera San M artino, con l'ordine di lasciare i seguenti reparti nelle località a fianco segnate: mezzo plotone a Stomora (Isola di Solta) un plotone a Milnà (Isola di Brazza) un plotone a Lésina (Isola di Lésina) un plotone a Porto San Giorgio (Isola di Lissa) un plotone a Cùrzola (Isola di Cùrzola). I piccoli distaccamenti dovevano occupare soltanto la località di sbarco cd eventualmente asserragliarvisi in caso di resistenza, in attesa di rinforzi che sarebbero giunti l'indomani . Poiché la torpediniera è partita alle ore 15.20, ha avuto consegna di fermarsi a notte nel porto dove si sarebbe trovata al tram onto, per riprendere il giro la mattina dopo l'alba. _Tutto si è svolto regolarmente senza inconvenienti o resistenze. La stessa sera sono sta te presidiate Solta, Braz.za e Lésina. A Lésina l'accoglienza è stata cordiale, esistendovi elementi italiani. J:?'accordo con un rappresentante del Ministero della Cultura P opolare presente a Spalato ho autorizzato l'imbarco di vari giornalisti sul San Martino. Intanto è giunto il telecifrato n. 87078 di Supcrmarina: " Necessita occupare immediatamente isole Curzolane alt. P rovvedete in giornata invio nucleo militare a Brazza et Solta ali. Invio Squadriglia Granatiere per occupazione Lissa - Cùrzola - Lésina - Mèleda alt. Probabile a rrivo al tramonto alt. Destinazione Marina Spalato".


L'occupazione della Dalmazio ed il Commissariato Civile

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Ho ritenuto che detti CC.TT. fossero inviati a mia disposizione 'per occupazione' e poiché avevo ottenuto un battaglione,di Fanteria per far giungere rinforzi nelle isole nel giorno seguente, 23 aprile, trasportati da piccoli piroscafi jugoslavi occupati in tutta fretta, ho deciso di fare imbarcare una compagnia per C.T. e sistemare così più rapidamente dei presidi stabili nelle isole già occupate, e anche a Mèleda dove non avevo inviato alcun reparto al primo momento, data la distanza e la poca disponibilità di effettivi della R. Marina. Non sapendo se la Squadriglia Granatiere era al corrente degli sbarramenti jugoslavi e delle relative rotte di sicurezza, ho inviato il dragamine AJbona alle P orte di Spalato e ho spedito il mio telecifrato n. 71090 al Granatiere. Quando più tardi ho ricevuto il telecifrato n . 130022 da Marina Brindisi con la previsione della destinazione dei CC.TI. direttamente alle quattro isole, ho pensato che il mio telecifrato n. 71090, se contrastava con ordini precedentemente ricevuti da Squadriglia Granatiere, non avrebbe prodotto alcun inconveniente, tanto più detto mio telecifrato n. 71090 era stato inviato anche per conoscenza a Supermarina. Al contrario la Squadriglia è giunta a Spalato nella notte. Ho fattoripartire tre CC.TT. all'alba per la loro missione, indicando di sbarcare la truppa che avevano a bordo alle tre isole più meridionali: Mèlcda, Cùrzola e Lissa, dato che le altre erano state già occupate dai reparti 'San Marco' imbarcati sul San Martino. Le Camicie Nere del Granatiere, rimasto a Spalato a causa della sua avaria, sono state inviate a Lésina con le truppe del R. Esercito. All'alba del 23 è regolarmente partito il battaglione del R. Esercito imbarcato su quattro piroscafi jugoslavi occupali sui quali ho falto naturalmente alzare la bandiera italiana. Ho disposto, d'accordo col Corpo d' Armata, che una compagnia presidiasse Brazza e Solta, una Lésina e Lissa, un'altra Cùrzola, e la quarta Mèleda, Giuppana, Mezzo e Calamotta. li servizio del rifornimento delle truppe nelle isole è stato assunto dall' Esercito, al quale ho messo a disposizione un'unità mercantile locale.

È in corso il rien tro a Spalato delle Camicie Nere e dei repart i 'San Marco' dislocati nelle Curzolane. Ho fatto rientrare anche i reparti della 'San Marco' che erano nelle isole occupate davanti Sebenico, lasciandovi presidi del R. Eserci to. Le batterie costiere saranno presidiate da reparti R. Marina. 7. - Le unità della ex Marina jugoslava presenti a Spalato hanno bisogno di riparazioni che possono in massima esser compiute da questo Cantiere. Ho dato ordine perché alcuni lavori siano senz'altro cominciati.


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Prima dell'invio di forti nuclei di marinai a bordo, provvedo alla radicale disinfestazione delle unità. Ho fatto ormeggiare la nave appoggio aerei Zmaj, che era con le altre unità nella baia dei Castelli a Divuglie, al molo foraneo in vicinanza del faro, servendo così temporaneamente per alloggio di parte del personale e per difesa ravvicinata di questo porto che non ha ostruzione. 8. - II giorno 23 aprile sono giunti a Spalato la motonave Marcello e il posamine requisito San Giorgio con a bordo il Contrammiraglio DE ANGELIS, Ufficiali e personale destinato a Cattaro. Ho fatto precedere le due unità, scortate dal Cantore, da un dragaggio preventivo compiuto dal R.D. 7 e R.D. 17, che dovevano attendere i due trasporti a Punta d'Ostro. Le rotte prescelte per ii! trasferimento sono state poi quelle più interne passando per il Canale di Brazza, fra Lésiaa e la terra-ferma, Canale di Cùrzola, Canale di Sabbioncello e Canale di Mèleda. Per maggiore sicurezza ho fatto imbarcare sul Marcello un Comandante di piroscafo jugoslavo che vi era passato pochi giorni prima in senso inverso e che si offriva per il pil9taggio. Attendo una relazione dell'Ammiraglio DE ANGELIS su dette rotte .

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9. - Con riferimento al telecifrato n. 91356 di Supermarina e alla mia risposta con telecifrato n. 69452 del 21 aprile, ritengo che la sede di questo Comando M.M., almeno nella fase di assestamento, debba essere Spalato, a causa della sua posizione centrale e della presenza qui di Autorità Italiane militari e civili con le quali trattare le importanti questioni cli carattere generale che nascono dalla nostra occupazione e dallo stato di completo collasso di tutte le istituzioni del cessato regno jugoslavo. Quand~ giungerà il mio Capo di S. M. e lo avrò istradato nelle urgenti pratiche in corso, appena possibile mi recherò in ispezione a Cattaro, per rendermi conto personalmente dei problemi di quel porto, e dare ulteriori direttive ali' Ammiraglio DE ANGELIS .. Dopo essermi recato in seguito nuovamente a Sebenico, potrò fare proposte concrete a Supermarina per una armonica sistemazione degli interessi e degli organismi della R. ·Marina su questa costiera e nelle isole. L'AMMIRAGLIO DI DIV ISIONE

Comandante M.M. della Dalmazia Occupala Oscar DI GIAMBERARDINO


L'occupazione della Dalmazia ed il Commissariato Civile

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AL LEGATO

N. 9

R. CONSOLATO GENERALE D'ITALIA N. 001 P.R.

Spalato, 8 maggio 194/-XIX

Pos. A.I. RISERVATO

Al R. Ministero degli Affa ri Esteri - Gabinetto ROMA

Signor Ministro, dopo o ltre quindici giorni di mia permanenza a Spalato, con le nuove attribuzioni conferitemi, ritengo giunto il momento di "fare il punto" sulla situazione quale ho trovata al mio arrivo e qua le è venuta a poco per volta sviluppandosi, come in forma sommaria per quanto possibile aderente alla realtà ho avuto l'onore di prospettare a Vostra Eccellenza nei miei vari telegrammi inviati a codesto Superiore R. Ministero. Comincerò coll'accennare allo stato d'animo che ho constatato qui nei confronti delle nostre truppe d'occupazione. Esse per la maggior parte della popolazione, quella più sana, più amante dell'ordine e della tranquillità, più estranea alla politica, hanno rappresentato veramente una liberazione da un incubo, giacché b en scarsa era ed è tullora la fidu cia negli esponenti paveliciani che senza alcuna preparazione, con ben scarso credito e con una vasta dose di facilo neria hanno assunto il potere nelle dra mmatiche giornate che hanno seguito lo sfacelo dell'esercito serbo e segnato il crollo della Jugoslavia. È bensì vero che, come facevo notare in uno dei miei prim i telegrammi , alcuni degli elementi migli ori dei paveliciani stessi che si possono contare sulle dita e qualche nota personalità del partito macekiano hanno cercato d'infrenare gli eccessi specie da parte degli ustascia, d'impedire lo sfogo di brutali vendette, d'incamminare la nuova amministrazio ne sorta alla meglio sulla falsariga di quella del passato regime, ma il caos dei primi giorni, sotto la m inaccia di nuovi bombardamenti, con la truppa di occupazione alle porte di casa, con le di fficoltà dei ri fo rnimenti e la paralisi quasi generale dei servizi pubblici, è stato enorme cd è perciò sopratt utto che il nostro esercito è stato a ccolto se non con entusiasmo, almeno con un senso quasi gener.ale di sollievo. Aggi ungasi a ciò il mirabile comportamento delle nostre tru ppe che oggi, a venticinque giorni dall'ingresso in Spalato del Corpo Autotrasporta to del Generale Zingales, è rimasto tale da imporsi a l rispetto e alla intima seppur non confessata ammirazione d i tutti i cittadi ni onesti cui l'odio e la passione politica non facciano benda.


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Ma il motivo fondamentale della buona accoglienza riservata ai nostri soldati non soltanto da parte dei paveliciani in nome delle loro simpatie nei confronti delle Potenze dell'Asse e del loro programma ideologico che li pone a fianco dèi fascisti e dei nazisti, fra gli antesignani cioè di quell' 'ordine nuovo' che Mussolini e Hitler stanno forgiando in Europa e nel mondo, ma anche da parte dei macekiani e degli stessi nazionalisti jugoslavi e serbofili va ricercato principalmente nella illusione che tutti più o meno, dal personaggio più in vista all'ultimo uomo della strada, hanno avuta e coltivata nel segreto del loro cuore che la nostra non fosse altro che un'occupazione militare provvisoria, che le sorti della Dalmazia non fossero ancora compromesse e che in ogni modo Spalato sarebbe rimasta croata. È così che si spiega l'imbandieramento generale di tutta questa zona coi colori croati, dalle città della costa all'ultimo villaggio sparso nei monti, allorché si presentarono i nostri soldati, quasi a ricordare loro che qui non erano che degli ospiti, mentre alle loro orecchie risuonavano le strofe dell'inno nazionale Nasa Ljepa e venivano particolarmente scandite le frasi: Ova njie talijanska zem/ja, ali hrvatska (questa non è terra italiana, bensì croata). Nei colloqui che fin dal primo giorno del mio arrivo qui, il 20 aprile u.s., io ebbi con l'avv. Rodolfo Pederin, l'Ammiraglio Tijanié e il dott. Franceschi, fiduciari del dott. Edo Bulat nominato dal dott. Ante Pavelié quale suo plenipotenziario per la Dalmazia, ritrassi la persuasione che tale fosse il pensiero dominante in tutti gli ambienti ufficiali locali e tale la convinzione della massima parte della popolazione, indipendentemente dall' appartenenza a questo o a quel partito. È comprensibile pertanto il profondo accorato senso di delusione verificatosi in tutti gli strati sociali di fronte ai fatti nuovi che a partire dal 21 aprile hanno chiaramente dimostrato anche a chi non voleva vedoce che la realtà era ben diversa . Li citerò per ordine di successione. Nella fausta ricorrenza del Natale di Roma. alle ore 18 del giorno 21, avveniva la presa di poss~sso da parte del dott. Athos Bartolucci, Federale di Zara, nominato R. Commissario Civile per la Dalmazia, della sede dell'ex Espositura del Banato di Croazia, roccaforte dei paveliciani. Il dott. Edo Bulat rifiutavasi di firmare il verbale di consegna e alle sue prot'este l'ex deputato nazionale croato dott. Giuseppe Berkovié, uno degli elementi macekiani accostatisi ai paveliciani dopo il noto proclama in articulo mortis del dott. Vladko Macek, univa la espressione sdegnosa della cittadinanza di Spalato per la "forma violenta" in cui tale presa di possesso erasi verificata. Il giorno dopo l'Amministrazione municipale, con alla testa il dott. Bruno Nardelli, dava ostentatamente le sue dimissioni in massa per atto di solidarietà nei confronti del Bulat. E l'atteggiamento dei pavelicianì locali da più


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o meno favorevole diveniva da allora ambiguo se non proprio apertamente ostile. Il Bulat partiva improvvisamente alla volta di Zagabria per rendere edotto della situazione il dott. Ante Pavelié. La sua casa ed il suo ufficio venivano perquisiti in seguito ad una denuncia che egli avesse sottratto fondi dell'Amministrazione pubblica e ricettasse armi che, a vero dire, non furono trovate. La questione della consegna delle armi e dei militari serbi di religione ortodossa si era venuta intanto sempre più acuendo. Nonostante le promesse fatte in precedenza al sottoscritto dai summenzionati fiduciari di Pavelié ed all'Eccellenza generale Zingales, ben scarso era il numero dei militari consegnati o costituitisi ai nostri corpi e assai scarso pure il numero delle armi spontaneamente consegnate. Sulla base d'indicazioni confidenziali, gran quantità di fucili, rivoltelle, fucili mitragliatori, cartucce e munizioni venivano scoperte in diversi punti della città e in differenti località della periferia. Ciò provocava, come misura di reazione, l'ordine di deportazione a Fiume dei militari croati che fino allora erano stati rimandati liberamente alle loro case e gettava in tutte le famiglie un'ondata di costernazione e di timore. Ma non per questo si affievoliva l'opera nefanda dei mestatori e sobillatori, con a capo molti di quegli stessi ustasci che in un primo momento avevano affiancate le nostre truppe nel non facile compito della protezione dell'ordine pubblico. Veniva così inscenata il 24 aprile la buffonesca manifestazione filogermanica , oggetto del mio telegramma n. 5, e venivano ad arte diffuse, specialmente fra il popolino, voci dell'imminente arrivo a Spalato di reparti dell'esercito tedesco che avrebb.ero assunto il controllo della città, mettendo a posto gli italiani. Giovanotti e ragazze, ostentando sul petto l'emblema della "svastica", si abbandonavano sulla Riva ad una insincera ed artificiosa manifestazione di simpatia all'indirizzo di alcuni tedeschi appartenenti alla Hitlerjugend qui di passaggio e acclamavano in forma inusitata e scomposta il Fiihrer. è'è chi ha voluto in seguito scagionare i paveliciani dall'accusa di aver organizzata tale inconsulta e ridicola manifestazione, il cui senso non era sfuggito a nessuno, attribuendone l'iniziativa ad elementifrankiani, notoriamente favorevoli alla Germania, e a qualche macekiano desideroso di creare imbarazzi ai nuovi inesperti e maldestri reggitori della cosa pubblica. Ma a smentire tale asserzione.basti ricordare che pochi giorni prima, il 20 aprile, in occasione del genetliaco di Hitler, una solenne cerimonia in suo onore aveva avuto luogo nella cattedrale di San Doimo, con intervento cli tutte le Autorità, del Clero, delle organizzazioni giovanili e di partito, larga rappresentanza di quelli che avrelfuero dovuto essere i quadri del "nuovo esercito croato", scolaresche ed enorme massa di pubblico, mentre la città era tutta una bandiera croata con qualche


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bandiera germanica esposta qua e là e pochissime, giusto per convenienza, bandiere italiane. Poiché frattanto nella zona circostante Zara, d'ordine delle Autorità militari, le bandiere croate erano state progressivamente tolte, lo stesso provvedimento venne qui adottato dal Generale Zingales: e questo fu il terzo colpo più duro inferto alla protervia avversaria e il primo tangibile segno della nostra decisa volontà di dominazione. Ctmtemporaneamente avveniva lo scioglimento del corpo degli ustasci. Era infatti durato anche troppo l' equivoco dì questa organizzazione armata, invisa al massimo grado alla popolazione, rea ai suoi occhi degli eccessi compiuti nel breve periodo intercorso fra il crollo dello Stato jugoslavo e l'ingresso delle nostre truppe dì occupazione, duplicato inutile e pericoloso di una polizia che veniva per forza di cose assorbita ormai dai nostri organi dì controllo. Non mancarono naturalmente le lagnanze più vive e le protes.te di quello sparuto gruppo di paveliciani che ancora si illudevano di detenere il potere e attendevano dì giorno in giorno qualche messianico cambiamento di situazione. I più turbolenti venivano arrestati, mentre altri collaboratori più in vista del Bulat partivano alla chetichella per Zagabria senza più farsi rivedere. Ormai con tali misure noi avevamo preso stabilmente posizione col consenso, non dichiarato esplicitamente, ma pur chiaro, della parte miglìore e più sana della cittadinanza, desiderosa di tranquillità e dì pace e ormai rassegnata al nuovo ordine di cose. Veniva intanto spiegata prima dal Generale Francesco Zingales, poi dall'Eccellenza Generale Renzo Dalmazzo, insediatosi il 1° maggio nelle sue alte funzioni di Comandante della zona di occupazione della Dalmazia, una intensa e proficua azione di accaparramento degli elementi più in vista locali non soltanto allo scopo di pacificare glì animi, di creare un sempre maggior-senso di distensione generale, di estendere e migliorare sempre più i rapporti fra le Autorità occupanti e la popolazione, ma allo scopo altresì di gettare le basi di una futura e u.tile e quanto mai necessaria collaborazione in vista di quell'evento che ogni cuore di italiano auspica e che per molti segni appare essere ognor più vicino: e cioè l'annessione della Dalmazia al Regno d'Italia dopo il già avvenuto incorporamento della provincia dì Lubiana e che tanta impressione ha suscitato in questi ambienti, come facevo rilevare in uno dei miei ultimi telegrammi. Con quali occhi sarà visto qui tale evento che sembra già quasi di respirare nell'aria? Direi cosa non conforme al vero se affermassi che sarà accolto con soddisfazione. La maggioranza della popolazione (è doveroso riconoscerlo) non ci ama. È ancora sbalordita da quanto è avvenuto, tanto sbalordita quanto lo sono gli stessi nostri connazionali di ieri che banno


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visto di colpo, come per effetto di una bacchetta magica, tradotto in realtà, quando ormai avevano perso definitivamente ogni speranza, il loro sogno di tanti anni nutrito silenziosamente e dolorosamente nell'intimo del loro animo. Ormai però tutti qui si sono convinti che l'ineluttabile sta per realizzarsi e con quella muta e apatica rassegnazione che ha caratterizzato già il rapido adattamento al regime di occupazione straniero di altri popoli tanto superiori per cultura, livello di vita, tradizioni nazionali, facoltà di recupero ecc. ecc. al popolo jugoslavo, anche qui la maggioranza si va bon gré mal gré assuefando a quello che da molti indici si desume potrà essere domani il destino di questa terra. L'interessante è uscir presto da questa situazione transitoria, piena d'incertezza, che alimenta ogni genere di voci anche le più strampalate, che fomenta tante illusioni e che tiene gli animi depressi in un'attesa che col trascorrere di ogni giorno si fa sempre più ossessionante e spasmodica. Di questo si sono resi portavoce presso di me personalità locali appartenenti ai partiti più diversi e rappresentanti larghi strati sociali della popolazione. Ho potuto così "classificare" (mi sia concesso l'uso di questo termine) le varie tendenze nei nostri riguardi nel delicato momento che attraversiamo. I paveliciani più esaltati (come facevo presente nel mio telegramma n. 17) ci sono apertamente ostili : ci accusano di ''tradimento'', perché secondo loro noi, dopo avere beneficiato della strada apertaci dai paveliciani stessi, li avremo oggi abbandonati in asso. Essi ci buttano sul volto il loro passato di assoluta dedizione alla causa delle Potenze dell'Asse, il carattere ideologico della loro rivoluzione che tanto si accosta a quello delle Rivoluzioni fascista e nazista; ci ricordano gli insulti, le condanne, le sofferenze e i sacrifici di ogni genere affrontati e sopportati sotto i passati regimi pur di affermare le loro idee; insistono soprattutto su l contributo che il movimento ustasci ha apportato alla rapida avanzata delle nostre truppe promuovendo sedizioni e ammutinamenti nell'esercito jugoslavo, impedendo la distruzione dei ponti, dei viadotti ferroviari, delle gallerie, delle fabbriche ecc., consegnando insomma al nostro esercito le città intatte ed epurate nell'amministrazione di tutti gli elementi noti per i loro sentimenti ai1glofili, antiitaliani e bellicisti. Essi dicono che mai si sarebbero attesa tanta "nera ingratitudine" da parte dell'Italia e nella loro esasperazione si rivolgono con occhi teneri, con una segreta nebulosa speranza, alla Germania. È fra questi che debbono esser ricercati gli istigatori principali, se non proprio coloro eh.e hanno promosso, la manifestazione filogermanica del 24 aprile e che hanno sparso ad arte fra il popolino la notizia del prossimo arrivo qui di reparti tedeschi. Ma, a vero dire, ci sono anche paveliciani assennati, ragionevoli, coi piedi sul terreno della realtà, che si rendono conto delle nostre ''rivendicazioni'',


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che comprendono che in fondo in fondo lo Stato indipendente croato è un "dono" di Mussolini e di Hitler al dott. Ante Pavelié, e che in questo Stato non potrà vivere se non a prezzo della migliore armonia coi suoi due grandi vicini, il cui accordo in ogni questiçme, compresa quella spinosa della Dalmazia, è stato, e sarà sempre pienamente fiducioso e completo. Ed è su queste persone che il sottoscritto, il quale in passato ha mantenuto un contegno ispirato alla maggiore riserva nei confronti dei paveliciani in genere per ovvie ragioni di correttezza professionale, oggi cerca di far leva per accaparrare in quanto possibile la fiducia e il consentimento delle masse e soprattutto della gioventù più idealista e propensa ai facili entusiasmi, fra cui le nuove idee hanno trovato il maggior numero di proseliti. Una consimile azione, con molto tatto e avvalendosi di preesistenti più nutriti rapporti, svolge a Sebenico il cav. Fabiani che mi ha fra l'altro rimesso ieri il significativo documento qui accluso in copia, consegnatogli personalmente dal sig . .Davide Sincié, uno dei principali organizzatori del movimento degli ustasci in quel distretto. Quanto ai rriacekiani che, com'è noto, costituiscono ancor oggi - nonostante tutte le delusioni subite dal giorno dell'avvento al potere del dott. Vladko Macek in virtù del famoso accordo (sporazum) del 26 agosto 1939 alle ultime vicende in cui la Croazia è stata trascinata e travolta dai compari di Belgrado - la stragrande maggioranza delle popolazioni di questa regione, il loro atteggiamento appare essere nel complesso di attesa rassegnata. Ci sono naturalmente quelli che parlano di una "situazione provvisoria", di una "triste parentesi" che la definitiva vittoria britannica cancellerà al massimo fra un anno, e sono quelli che in ogni epoca sono stati i più inguaribili e accaniti nostri avversari e che dallo scoppio delle ostilità costituivano il nucleo principale degli anglofili e dei bellicisti locali. Ma il resto dei macekiani si mostra più che altro preoccupato della situazione materiale, della posizione che ognuno aveva e che cerca di conservare con ogni mezzo. Affiorano tutti gli egoismi, si manifestano tutti gli istinti di conservazione; i più scaltri si fanno avanti; e una ressa di gente che si è scoperta improvvisamente un'anima, una mentalità, una tradizione, un passato italianissimi. Qualche volta viene da ridere, se non si fosse presi da un certo senso di disgusto. Nel fondo questa gente ha una sola grande paura: quella che tornino a comandare i paveliciani e che si ripetano le gesta degli ustasci. E in questo timore, che fa sopportare con rassegnazione la presenza delle truppe italiane - unica garanzia di vero ordine interno e di progresso sicuro del paese - sono affratellati i peggiori nemici di ieri, i macekiani da una parte e i serbo fili e jugoslavofili dall'altra parte nelle loro varie sfumature: stojadinoviciani, democratici, nazionalisti ecc. ecc .. È curioso notare


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come molti di questi individui, fino a ieri così baldanzosi e sicuri della compattezza e dell'avvenire della Jugoslavia (artificiosa ed effimera costruzione di Versaglia creata in odio alla Germania e soprattutto all'Italia e miseramente caduta sotto il peso delle s.ue colpe e dei suoi compromessi), oggi si richiamano ad una lontana ideologia, a un vecchio programma di lotta comune contro la Duplice Monarchia quando il partito degli "autonomisti" (italiani), di cui l'ultimo campione fu il "mirabile Podestà" dott. Antonio Bajamonti, faceva lega con i serbi e serbofilì per combattere la nefanda opera snazionalizzatrice dell'Austria e la ""alata" dei morlacchi verso quelle sponde del!' Adriatico su cui Roma prima, Venezia poi avevano impresso l'incacellabile segno della nostra superiore civiltà. I tempi sono troppo mutati perché oggi, dopo le amare esperienze fatte durante oltre vent'anni, sia più possibile una stretta solidarietà fra italiani e slavi propriamente detti come ali 'epoca di Bajamonti. E poiché in certi nostri ambienti, per ragioni di opportunismo tattico, per costituire, forse, nella nostra reale deficienza numerica un fronte unico da contrapporre alla massa dei croati, questa serbofilia sembra affiorare di nuovo, è mio dovere segnalarne i pericoli affinché da parte delle supreme Autorità preposte al governo della Dalmazia non si cada in errori di valutazione più che facili e comprensibili in una zona di struttura così complessa, com'è questa, e ci si incammini invece con risoluzione e fermezza su quella via di una graduale completa "normalizzazione", i cui capisaldi, a remissivo giudizio del sottoscritto, dovrebbero essere i seguenti: maggior senso di fiducia negli esponenti più equilibrati e saggi dell'attuale Governo di Zagabria, una certa diffidenza, non scevra da spirito di comprensione per alcuni casi particolari, nei riguardi dei serbi e degli jugoslavofili, correttezza di rapporti, rigidità di amministrazione, ben intesa sollecitudine, specialmente nei confronti delle classi meno agiate, verso la popolazione locale in genere. Vogliate gradire, Signor Ministro, l'espressione del mio profondo ossequio. ARDUINI


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ALLEGATO

N. 10

R. CONSOLATO D'ITALIA Ragusa, 26 aprile 41-XIX

RISERVATO - URGENTE

TELESPRESSO N. 799/ 109

R . Ministero degli Affari Esteri ROMA

OGGETTO: Situazione politica .

H o l'onore di riferire che, in ottemperanza agli ordini ricevuti, sono partito da Roma in aereo la mattina del 21 aprile e sono giunto a T irana con due impiegati di questo R. Consolato. Dalla Luogotenenza Generale ho ottenuto un automezzo per proseguire, e dopo avere fatto tappa a Scutari, sono giunto a Ragusa, nel pomeriggio del giorno 22. D opo avere riaperto il Consolato, mi sono presentato al Comandante del XVII Corpo d'Armata, Eccellenza Pafundi , metlendomi a sua completa disposizione come consigliere per tutte le questioni di carattere civile relative all'amministrazione della zona. Ho subito iniziato la più intensa collaborazione, sia col Comando che con gli uffici del Corpo d'Armata. Il Comando Italiano all'atto dell'occupazione, ha confermato in car ica tutte le autorità civili , dalle q uali ha ricevuto atto di omaggio . H a destinato degli ufficiali a fianco del Podestà e del Questore, ed ha trattato direttamente con le medesime auto rità i principali problemi del m omento. Le autorità hanno mantenuto un contegno corretto. Il controllo dell'autorità militare, la quale no n era in possesso di istruzioni precise, è stato tuttavia, a parere mio, piuttosto debole ed incerto . La popolazione non ha mancato di profittarne. Alcuni giorni prima del mio arrivo, si è presentato al Comàndo un rappresentante del Governo di Zagabria, certo dr. Slovinié; egli non ha ottenuto un riconoscimento forma le, ma non è stato neppure esautorato. Non ha perciò tardato ad installare un proprio ufficio nel Palazzo dei Rettori (palazzo reale), ed ha cominciato a far fu nzionare un comitato di paveliciani, in nome dello Stato Croato. Ho inoltre osservato, al mio arrivo, tutte le città che ho a ttraversato pavesate di bandiere croate, elementi della gendarmeria ed anche d~ll'esercito, e della marina jugoslava, in uni forme, e spesso armai i . Neppure una bandiera italiana. Mi sono affrettato a distribuire una cinquantina di bandiere, fornitem i dalla Segreteria dei Fasci di Tirana, e con una certa pressione esercitata sul P odestà , il tricolore ha cominciato a rare la sua comparsa.


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Nella giornata di mercoledì 23 si è verificato un increscioso incidente. Un piccolo reparto tedesco, guidato da un ufficiale, si è insediato in Municipio, dove ha posto una guardia armata ed ha issato la svastica. Chiamato dal Comandante del Corpo d'Armata si è grustificato dicendo di esser stato chiamato dai croati, i quali volevano salvare Ragusa dall' annessione italiana. Ha dichiarato di aver agito impulsivamente, ed ha acconsentito a ritirare la sentinella ed a ripartire da Ragusa. Sia l'Eccellenza Pafundi che il sottoscritto, tuttavia, sono d'opinione che non si tratti di una iniziativa personale dell'ufficiale tedesco, ma di uno dei vari dispetti a serie compiuti dagli alleati, per ingenerare nei croati l'impressione che nella Germania risiede la salvaguardia della loro indipendenza, contro le pretese annessionistiche dell'Italia. Lo stato d'animo della popolazione è molto depresso, sia per il terrore ancora diffuso in seguito ai due bombardamenti aerei subiti da Ragusa, sia per l'umiliazione della disfatta e le giornate di terrore che hanno preceduto l'arrivo delle nostre truppe. Ma l'angustia maggiore.è causata dall'incertezza sulla sorte di questo territorio. Quasi la totalità della popolazione desidera l'annessione alla Croazia. Una piccola minoranza, i serbi, per dispetto contro i croati, dichiara di preferire, come male minore, l'annessione ali' Italia. Ma questa eventualità è in sostanza temuta e deprecata da tutti. Si spera che i tedeschi si oppongano all'annessione e viene invocato l'arrivo delle truppe tedesche, in sostituzione di quelle italiane . Una soluzione, che risolverebbe il problema, disorientando i nazionalisti croati e che in pochi giorni potrebbe raccogliere l'adesione dell'.800/o della popolazione, sarebbe quella da me già suggerita col mio rapporto n. 1 del 12 corrente: la ricostituzione della Repubblica di Ragusa, sotto il protettorato italiano. Naturalmente, mi sono astenuto dal parlarne con chicchessia; ma qualora venissi autorizzato da codesto Superiore Ministero, ritengo che in pochi giorni potrei orientare l'opinione pubblica in tale senso. In data 26 corrente i l Comando del XVII Corpo d'Armata si è trasferito a Cettigne, e si è installato a Ragusa il Comando della Divisione "Marche" (Gen. Pentimalli). Mi sono presentato subito alla nuova autorità militare. Senonché il Gen. Pentimalli non ha mostrato di gradire la mia collaborazione con lo stesso spirito di comprensione dell' Eccellenza Pafundi . Egli ha dichiarato che non ammetteva l'esistenza di una qualsiasi autorità civile, se questa non fosse interamente ai suoi ordini. Avendo replicato che


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io ero a sua disposizione nel modo più completo, e che mi sarei limitato a contribuir~ col mio consiglio soltanto quando e qualora egli lo avesse ritenuto necessario, ha trovato da obiettare al fatto che io mi riservavo il diritto, come mio dovere, di riferire direttamente al mio Ministero sulla situazione locale. Egli ha affermato che mi avrebbe consentito di comunicare col mio Ministero, soltanto a condizione che gli sottoponessi preventivamente e gli inviassi per conosc.enza tutta la mia corrispondenza, sia telegrafica che di corriere. Ha inoltre aggiunto, che perché p.1i venisse riconosciuta una veste qualsiasi per esercitare le mie funzioni, sarebbe necessario che egli ricevesse dal suo Comando (Truppe Albania) una comunicazione d'ufficio in merito. Quanto sopra ho riferito rende alquanto malagevole la mia missione. Ho cercato di venire ad un compromesso, ed infatti il Gen. Pentimalli ha tenuto nel massimo conto una serie di comunicazioni da me presentategli sotto forma di appunti (ali. n. 7) . · Prescindendo da tale questione di principio, debbo riconoscere che l'azione del Gen. Pentimalli mi è sembrata assai più abjle ed opportuna di" quella dell'autorità militare prima esistente, e gli effetti non tarderanno ad apparire, in senso benefico. · Mi riservo di riferire con maggiore dettaglio sui successivi sviluppi della situazione locale. Prima di concludere questo mio rapporto, ho l'onore di far presente che appare urgentemente necessario istituire l'organizzazione civile che dovrà gòvernare questa provincia, in questo periodo di transizione. Occorre pertanto provvedere alla nomina di un Commissario Civile, preferibilmente scegliendo un elemento non raguseo: il criterio che a subordinato avviso dello scrivente dovrebbe guidare nella nomina, sarebbe quello di scegliere una persona libera dalle influenze locali, e senza un diretto rapporto di subordinazione da Zara, sia per la distanza, sia per le diverse caratteristiche di questa zona. Detto Commissario Civile dovrebbe inoltre giungere assistito da personale da assegnare alle varie funzioni (Comune, Polizia ecc.) scelto preferibilmente fra oriundi dalmati . Nel frattempo, gradirei che si provvedesse cortesemente a definire la posizione del sottoscritto, nei riguardi dell'Autorità Militare, specificando inoltre quali saranno le funzioni del sottoscritto nei riguardi sia del futuro Commissario Civile di Ragusa che di quello di Cettigne, rientrando anche il Montenegro nei limiti della circoscrizione di questo Consolato. IL R. CONSOLE

TIBERI


L'occupazione della Dafma~ia ed il Commissariato Civile ALLEGATO

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N. 11

SITUAZIONE IN DALMAZIA NEL GIORNO 1° MAGGIO 1941-XIX Al Segretario del P.N.F . . ROMA

I servizi centrali del Commissariat o Civile possono ritenersi ormai organizzati. Sono giunti quasi tutti i funzionari delle varie Amministrazioni statali italiane che hanno preso possesso dei loro uffici. I funzionari e gli impiegati della ex Espositura di Spalato hanno fatto atto di sottomissione e lavorano con disciplina. Sono stati insediati tutti i Commissari distrettuali. Il Senatore Tacconi ha assunto il Commissariato del comune di Spalato. Sono stati ripresi i servizi di navigazione marittima e costiera SpalatoZara-Ragusa e con le isole, e i servizi ferroviari. È ~n esperimento il servizio aereo Spalato-Zara-Ancona. Il telefono funziona praticamente fino a Zara e a Zagabria. Il telegrafo soltanto con Zagabria. Ciò rende difficile e malsicuro .il collegamento con Roma. Si presentano gravi incertezze pèr quanto riguarda l'approvvigionamento. È venuto ieri sul posto Ìl Direttore Generale cieli' Alimentazione, prof. Ronchi, che ha accertato le possibilità delle scorte locali: per quanto riguarda la farina, queste saranno sufficienti ancora per sei o.sette giorni . Il Prof. Ronchi ha promesso l'invio dalla Penisola di 6000 quintali di farina, ciò che potrà risolvere il problema per altri cinque-sei giorni al massimo, prevedendosi un consumo mese in Dalmazia di 50000 quintali al mese. Pare esistano dei notevoli depositi dell'ex esercito jugoslavo in Mostar, c iò che farò subito accertare con sopraluogo. Ma è urgentissimo provvedere ad abbondanti invii di farina dalla Penisola, facendo ogni sforzo per impedire l'affamamento, che avrebbe ripercussioni cli carattere politico incaicolabili. Altro problema grave è quello della disoccupazione, determinato dal ritorno a casa degli ex militari jugoslavi e dalla chiusura di alcune industrie. Bisogna provvedervi con un vasto piano di lavori stradali, utilissimo anche agli effetti delle comunicazioni. li Comando di Corpo d'Armata ha ordinato alcune riparazioni stradali occupai1do 200 operai di Spalato, ma sono inezie. Deve invece provvedervi l'Azienda della Strada, iniziando subito la


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costruzione della progettata strada costiera Zara-Ragusa, già in parte tracciata dall'ex Stato jugoslavo. Non so comprender·e come mai l'Azienda della Strada, che aveva mandato qui un suo funzionario per lo studio della questione, l'abbia poi fatto rientrare in Roma. Avevo fissato per oggi la costituzione del Fascio di Spalato nella sede della Casa degli Italiani e p~r sabato quella dei Fasci di Sebenico e Traù. Ho sospeso tutto in seguito al Tuo ordine di ieri sera. I Fasci dovrebbero soprattutto occupparsi dell'assistenza. Si può intanto provvedere lo stesso all'assistenza attraverso un Comitato di fascisti e fasciste che ho già costituito. È però necessario che il Partito mandi subito dei fondi a disposizione di questo Comitato (per ora lire 300 000). Gli italiani sono rientrati ieri a Spalato, Sebenico, Traù, Ragusa e Cùrzola, pieni di fede e di gioia. Hanno fatto una dimostrazione che rimarrà memorabile in queste terre e che ha commosso gli stessi croati. Ma la mancata decisione da parte dell'Italia circa le future sorti della Dalmazia ha prodotto già oggi uno stato d'animo d'incertezza e di delusione da parte degli italiani e di spavalderia da parte dei croati, che non so a qua li conseguenze possa portare. Si diffonde la persuasione che questa sia terra croata e che l'Italia sarà costretta dalla Germania a rinunciare alla Dalmazia al pari di quanto è accaduto nel 1918, per imposizione degli Alleati. È necessaria l'ammissione [recte: annessione] pura e semplice dell'intera Dalmazia e subito per non complicare ulteriormente le cose. A Ragusa e a Cattaro, dove l'occupazione militare è mantenuta dalle truppe d'Albania, non si estende a tutt'oggi la giurisdizione del Commissariato Civile della Dalmazia. l poteri civili sono quindi rimasti in mano praticamente degli ex funzionari jugoslavi e dei paveliciani. Non essendo ancora stati definiti nettamente i confini dell'occupazione italiana sono rimasti in atto i rapporti della Dalmazia con Zagabria, né vi è modo per impedirli. Le organizzazioni paveliciane continuano ad impartire ordini da Zagabria e ad essere ascoltate. Il Commissario Civile Bartolucci sembra ora maggiormente orientato in quelli, che sono i suoi compiti. Ti riconfermo però la mia impressione che egli sia uomo, che si lascia travolgere dalle piccole cose senza occuparsi a sufficienza dell'insieme, esercitando scarsa azione di coordinamento. Nel complesso non ha statura sufficiente per un posto di tanta responsabilità. L' ISPETTORE DEL P.N.F.

Giorgio SUPPIEJ


l'occupazione della Dalmazia ed il Commissariato Civile ALLEGATO

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N. 12

IL MINISTRO PER LE COMUNICAZIONI Spalato, 4 maggio 1941-XIX

Comunicazione a mezzo telegrafo per il DUCE Tenuta oggi riunione presso Commissario civile presenti funzionari dei diversi rami amministrativi et tecnici. Esaminate questioni inerenti ai trasporti ferroviari et marittimi ed alle comunicazioni postali et telegrafiche ho dato le direttive da seguire in materia secondo quanto esposto nei precedenti miei rapporti. Diversamente da quello che constatato Lubiana manca qui una chiara visione dei compiti da svolgere, manca, cioè, un orientamento preciso. Mi è stato inoltre riferito che la massa operaia professa idee comuniste più per ragioni economiche che politiche essendo le paghe alquanto basse. Penso che sarebbe opportuno che persona idonea venisse incaricata di seguire questo particolare settore. Il Commissario Civile ed il Generale Dalmazzo mi riferiscono che il problema della alimentazione comincia ad assumere aspetto preoccupante specie per deficienza di farina. Ho visitato il locale Cantiere navale dove lavorano circa 700 operai in due turni di 350 ciascuno e per sole tre ore giornaliere. Intese avute con Ministero Marina sarà assicurato lavoro 36 ore settimanali. Proseguo per Ragusa et Callaro. F. to H OST VENTU Rl

Comunicazione informa telegrafica per il DUCE I molti et grossi problemi economici amministrativi che quotidianamente si affacciano non vengono dalle autorità locali affrontati con sicura cognizione della loro importanza. Mi si riferisce che la popolazione appare disorientata. È difficile e incerta sullo atteggiamento da tenere r~ei nostri riguardi perché nulla si è ancora fatto per mostrare nostri intendimenti in ordine nuova situazione. Parte dei cittadini di Spalato dubita perché invece è sicura che Italia non rimarrà. Personalità croata locale quotidianamente domanda se è proprio vero che Italia intende appoggiarsi a Pavelié il quale non gode in Dalmazia nessun credito e non ha alcun prestigio. Egli afferma che a Spalato l' attuale Capo dello Stato Croato avrà cento seguaci su 50000 cittadini. Chiesta quale sia la tendenza degli abitanti la stessa personalità rispose che i tre quarti sono apertamente comunisti i quali vanno vantando


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di avere influito per la disgregazione dello esercito jugoslavo rifiutandosi di combattere ed aggiungendo che non si preoccupano di quanto è avvenuto perché .entro un anno la Dalmazia sarà occupata dalla Russia. Mi è statoriferito che nell'ultimo anno le decadute autorità si mostrarono impotenti a fronteggiare la baldanzosa attività sovversiva. La grande massa della popolazione segue Macek perché specie nelle zone rurali essere suoi partigiani significa essere comunista. Si afferma che la classe operaia sarebbe stata trascinata al comunismo dallo iniquo trattamento economico insufficiente ad assicurare il minimo indispensabile alla vita. Ritengo che si debba rapida.. mente provvedere ad un adeguato miglioramento salari. Per quanto riguarda il personale navigante che non è neppure assicurato al rischio di guerra presenterò al mio ritorno proposte concrete. Penso che con gli accennati provvedimenti integrati con altri a favore della classe lavoratrice indurremo maggioranza croati a riconoscere essere proprio interesse far parte dell' Italia fascista . Decreto pubblicato circa sistemazione slavonia (recte: Slovenia) ha prodotto qui ottima impressione. HOST VENTURI


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N. 13

APPUNTO PER IL DUCE Il Senatore Tacconi, che è uno dei nostri uomini politici più seri, più oggettivi e più posati, mi scrive da Spalato in data 5 corr. [maggio]. ''Non occorre ti spieghi i motivi del mio troppo lungo silenzio, chè ~vrai immaginato il vortice di avvenimenti ed occupazioni, dai quali sono travolto. Tra l'altro, secondo me devi essere informato, ho dovuto assumermi dopo lunga resistenza il locale Comune in veste di commissario, incarico il più ingrato ed assorbente. Ad ogni modo, malgrado l'assoluta impreparazione e le mancanze ed insufficienze di uomini la progressiva sistemazione locale ed amministrativa va facendo, senza soverchie scosse, con.tinui progressi. Ciò non toglie che va tenuto presente che l'effettiva presa di possesso di questi paesi costituisce ormai una quistione di buona amministrazione, per cui in questo campo va dedicato il massimo interessamento. "In quanto alla situazione politica si stanno avverando le favorevoli previsioni della vigilia. "Le manchevolezze del governo di Pavelié instaurato a Zagabria, disordine amministrativo, legislazione caotica, poca sicurezza personale, persecuzioni degli avversari, poca serietà e rettitudine rendono la maggioranza di queste popolazioni ostile alla prospettiva di essere comprese nell'orbita d'azione del predetto governo. Questo sentimentò si manifesta poi in modo e misura ben maggiore nei centri abitati da serbi e nella parte di popolazioni già favorevoli all'idea jugoslf1va, che vedrebbero con terrore il ritorno del Governo di Pavelié in Dalmazia, del quale hanno provato i metodi nei pochi giorni anteriori alI' arrivo delle truppe italiane. Tutti questi fattori prenderanno poi ancor maggior sviluppo ad annessione avvenuta, quando cioè verrà superata ogni incertezza sulla sorte finale di questa regione; incertezza che viene coltivata con una insistente propaganda da Zagabria, che diffonde notizie tendenziose sulle trattative in corso a tale riguardo". Ho sott'occhi un lungo rapporto da Zagabria dell'ex-console d'Italia a Sarajevo, Marcello Zuccolin, che in una postilla informa che la 'Gazzetta Ufficiale' del Governo di Pavelié reca: - la nomina di un Governatore per la Dalmazia; 2 - l'istituzione di un Ministero per la Dalmazia;


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3 - la legge che stabilisce quale debba essere la bandiera della Marina da Guerra Croata. Mi sia permesso di trarre da tutto ciò le seguenti deduzioni: I) non sarà il regalo fatto da noi a Pavelié con il sacrificio della nostra Ragusa, che renderà beneviso ai croati lo sgoverno di Pavelié; 2) anzi tale sacrificio sarà dolorosamente sentito non solo da tutti gli italiani (dalmati e non dalmati), ma anche da tutti gli slavi di Dalmazia, cattolici e ortodossi; 3) con tale regalo avremmo compiuto un gesto inutile, e - in più - dannoso al prestigio ed agli interessi d 'Italia; 4) Pavelié non ha bisogno di nostri regali territoriali, bensì del nostro effettivo aiuto militare per mantenersi al potere; senza di questo - e non per mancati regali territoriali - sarà spazzato; e noi avremo la Croazia in dominio assoluto dei germanici (con tutti i porti adriatici eventualmente regalati ai croati); 5) infine quest'Italia, che dopo Lissa ci ha abbandonati, noi italiani di Dalmazia, una prima volta soli a combattere contro una strapotente Austria e contro i suoi alleati croati per difendere l'italianità delle nostre città; che ci ha abbandonati una seconda volta con Rapallo alla Jugoslavia, deve una buona volta cessare di far mercato della nostra pelle: a Spalato come a Ragusa, a Pago come nella più piccola borgata di Dalmazia. Con il saluto fascista Alessandro DUDÀN

Roma, 12 maggio XIX


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N. 14

APPUNTO PER IL DUCE Felicissima e saggia mossa politica - la direi "il colpo di grazia" per le pretese croate in Dalmazia - fu quella del Commissario Civile di Tenin (Knin), Dott. Carlo de Hoeberth, che accompagnò i due esponenti rappresentanti dei 100000 e più serbi ortodossi (in massima parte ex-Morlacchi) della Bucovizza, regione montana fra Sebenico e Zara, èx ministro Novakovié (detto per la sua statura "Nicolongo") e avv. Desnizza [Desnica] a fare atto di sottomissione e devozione all'Italia. I due capi serbi, che hanno avuto un'educazione italiana nelle scuole medie di Zara, ove furono amici e condiscepoli del de Hoeberth, come poi miei a Vienna sono sempre stati sinceramente ammiratori fedeli della civiltà italiana, e sono profondamente anticroati; indubbiamente quest'ultimo sentimento è stato decisivo in loro, come lo è in tutti i serbi ortodossi in Dalmazia. Movimento e atto identico si possono ottenere subito anche dall'altro gruppo di serbi ortodossi, esistente in Dalmazia, fra Ragusa e le Bocche di Cattaro. Sono circa altri 60000 ortodossi su un totale di circa 120000 abitanti. Questi serbi furono sotto l'Austria alleati degli italiani contro i croati austriacanti; e fu così che Cattaro, con l'ultimo Podestà Dr. Pezzi fino al 1897, e Ragusa con l'ultimo Podestà Conte Gondola fino al 1900 mantennero le loro amministrazioni comunali italiane. Non sono tempi di plebisciti. Ma con un pò di intelligente lavorio anche tra i Morlacchi cattolici, contadini oggi sedicenti croati, intorno alle città centrali di Spalato e di Sebenico, in poco tempo (quistione di giorni, non di mesi) potremmo senza alcuna preoccupazione affrontare persino il plebiscito. Di fronte a questa nostra sempre migliorante situazione in Dalmazia, va considerata quella poco rosea del Governo di Croazia in Slavonia, Sirmio, Bosnia-Erzegovina, ove vi sono circa di due milioni di serbi irriducibilmente anticroati, circa 600000 maomettani, parecchie decine di migliaia di tedeschi, contro i due e mezzo milioni di croati. Prego ancora una volta di considerare se sia opportuno sacrificare anche un solo lembo della Dalmazia (isole e terraferma) ad uno Stato, che si trova in tali condizioni. Se il DUCE - poiché, specialmente finché dura la guerra, nulla è definitivo né irreparabile - ritenesse opportuno qualche sacrificio del genere, è


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mio dovere d'invocare che ai Comuni sacrificati (mi si fanno i nomi d.i Ragusa, l'antica italianissima Repubblica di S. Biagio, e dell'isola di Pago, la fedelissima di Zara) siano concessi Statuti speciali di autonomia amministrativa e culturale, con speciali garanzie per i cittadini italiani di poter partecipare alla vita sociale, culturale, politica ed amministrativa dei Comuni, perchĂŠ non siano piĂš stranieri in casa propria. Mi sia permesso anche di allegare copia di due lettere pervenutemi il 6 e 1'8 maggio corr. dal decano dei Senatori del Regno, l'ammirevole vegliardo Gen. Gaetano Zoppi, a provare quanto profondamente e spontaneamente sia sentito il problema dalmatico nel Paese. Alessandro DUDĂ€N

Roma, 9 maggio XIX


L'occupazione della Dalmazia ed il Commissariato Civile

ALLEGATO

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N. 15

IL PODESTÀ DI ZARA DUCE,

Consentite che nell'ora storica in cui per opera Vostra la Dalmazia si ricongiunge all'Italia, e le ombre dei patrioti dalmati si placano, i cittadini di Zara, Vostri gregari della vigilia, Vi riaffermino ancora una volta la loro fedeltà e Vi ringrazino, pieni di commozione. Consentite ad un tempo che nel momento in cui maturano gli studi per dare alla Dalmazia 11 suo assetto amministrativo nel Regno d'Italia, essi Vi espongano i titoli che la loro città in tempi vicini e lontani ha accumulato per assumere riella nuova storia dalmata il posto e le funzioni che, quale sola città italiana sulle rive orientali dell'Adriatico ha sempre esercitato. Il suo carattere latino si perde nella più lontana storia. Giulio Cesare in guerra contro gli altri dalmati la predilesse e la lodò per la sua singolare fedeltà a Roma. Augusto, parens coloniae, la dotò di mura e di torri. Gli imperatori della gente Flavia vi costruirono templi, fori e pretorio. Essa fu la sede dalmatica del collegio dei sacerdoti della dea Roma e del divo Augusto. Nell'800, quando Carlo Magno estese il suo dominio alla Dalmazia, fu il duca di Zara, Paolo, che governò e rappresentò alla corte imperiale le genti dalmate. Nell'Impero romano d'Oriente Zara fu il centro di tutta la provincia e vi risiedette il governatore imperiale di tutta la Dalmazia, che con il titolo di proconsole governava tutto il territorio da Antivari a Pola. Quando nell'anno 1000 il doge Orseolo con la sua memoranda spedizione stabilì il dominio della repubblica di Venezia sul!' Adriatico, fu a Zara che sostò la flotta veneziana ed a Zara il doge ricevette la sottomissione e l'omaggio di tutte le genti dalmate. Nel 1107 il re d'Ungheria Colomano si impadronì della Dalmazia. Fu a Zara che egli convocò una dieta e giurò ai dalmati di mantenerli nelle loro libertà e fu a Zara che risiedettero per circa un secolo e mezzo i vicari e i luogotenenti dei re ungheresi. Ripristinato nel 1409 il dominio di Venezia fu a Zara che la Serenissima inviò i quattro provveditori incaricati di prendere possesso e di riorganizzare la Dalmazia ed è a Zara, da allora sempre sino alla caduta della repubblica, che risiedettero i provveditori generali della Dalmazia e delle Bocche di Cattaro.


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Caduta Venezia, la Dalmazia fu occupata dall'Austria. Anche sotto l'Austria Zara mantenne la sua dignità e le sue funzioni di capitale. Nel 1806, passata la Dalmazia sotto Napoleone, Zara non fu privata del suo titolo e delle sue funzioni, ma il grande Corso vi inviò con l'antico titolo veneto di provveditore generale il celebre Vincenzo Dandolo perché governasse e riorganizzasse tutta la regione. Nel 1813 tornò l'Austria per rimanervi sino al 1918. Anche in questi 105 anni Zara fu la sede di tutte le autorità provinciali, del parlamento regionale, della corte d'Appello, di tutta la vita spirituale della regione. V'è dunque una ineluttabile legge storica che fa di Zara il centro ed il cervellQ della Dalmazia. Giulio Cesare, Augusto, Carlo Magno, tutti gli imperatori d'Oriente da Giustiniano a Costantino Porfirogenito, tutti i dogi di Venezia da Pietro Orseolo a Ludovico Manin, tutti i re d'Ungheria da Colomano a Ludovico il Grande, Napoleone, gli imperatori d'Austria del secolo XIX, tutti sentirono l'immanenza di questa legge storica. Furono soltanto gli iniqui trattati di Versaglia e di Rapallo che la mutilarono, la avulsero dalla sua terra e la ridussero a un monco troncone senza · respiro né vita. Ma lo spirito di Zara dopo tale trattato non si spense. Essa non cedette e, pur nella sventura, si preparò per esercitare, non appena la Dalmazia tornasse all'Italia, le sue funzioni. Voi sapete, Duce, di quale purissimo metallo sia la tempra di Zara, e quali siano le conquiste ideali da essa realizzate nel clima della Rivoluzione Fascista. Ci sia consentito di ricordarne sollant o tre: nel 1928 alle elezioni fasciste essa conseguì il primato della fede fascista; nel 1935 ali 'epoca delle Sanzioni essa conseguì con l'offerta dell'oro il primato della fede nella Vittoria; da due decenni essa detiene il primato della natalità, della fede nella vita della stirpe. Duce, se in questo aprile di gloria, Voi aveste potuto assistere allo spettacolo che il popolo di Zara diede di sé ne sareste fiero . Quando il giorno 5 le donne e i bambini ebbero abbandonata la città, e Zara fu stretta in un cerchio di ferro e di fuoco, tutli, giovani e vecchi, validi e deboli, andarono in caserma per indossare il grigio verde. Si formò quasi un esercito zaratino per riconquistare, assieme ai fanti gloriosi, la terra di Dalmazia. Per cinque giorni gli zaratini assistettero impavidi alla distruzione che il tradizionale nemico fece per odio alla città, delle loro case, delle loro piazze, delle loro stra~ei monumenti più sacri e più cari: il Comune, palladio


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delle loro tradizioni, la Biblioteca, sacrario della loro storia. Il sesto giorno marciarono in armi per ridare all'Italia la loro terra. Poche volte la storia vide tale compattezza ed eroismo di popolo. Il merito, dunque, se le aquile di Roma poterono riapparire su queste sponde, spetta pure al coraggio indomito dei figli di Zara, che seppero, in mezzo alle più aspre lotte, durate due millenni, mantenere accesa la fiamma della romanità, della venezianità, della italianità. Il dominio asburgico fece sì che tra il 1866 e il 1914 tutte le città dalma-. te ammainassero la bandiera dell'italianità; il dominio jugoslavo fra il 1921 e il 1941 cercò di cancellare ogni segno e senso di italianità. Poiché sarebbe ingiusto che altre città, ascese in regime jugoslavo, permeate di balcanesimo, sopraffacessero il, purissimo spirito italiano di Zara, il compito di ricondurre la Dalmazia alle sue origini italiche non può essere attribuito ad altri che a Zara, dove è necessario che tutti i dalmati convengano e facciano capo, per abbeverarsi alla più pura italianità. Zara, Duce, non ha né ricchezze, né risorse, né prospettive economiche. La storia l'ha destinata a funzioni ideali e di esse è quasi sempre vissuta. Privarla di queste funzioni significherebbe ucciderne la vita e collocarla tra le città morte e storicamente inefficienti. Per questi suoi sacrifici, per questa sua preparazione, per questa sua struttura, Zara, Duce, Vi chiede che le siano restituiti i limiti del suo antico comune, strozzati a Rapallo, e sopratutto che le siano restitui!e le funzioni di capitale della Dalmazia, di tutta la Dalmazia. Questo, Duce, Zara Vi domanda, non per sé ma per la Patria. Zara, 5 maggio XIX IL CONSIGLIERE NAZIONALE

IL PODESTÀ

Nicolò LUXAROO

SALGHETII ORIOLI


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N. 16

R. CONSOLATO D'ITALIA TELESPRESSO CIRCOLARE N. 939/132

R. Ministero Affari Esteri ROMA

e, p.c.

R. Legazione d'Italia

ZAGABRIA

Posiz. A-1/4

OGGETTO: Messaggio al Duce degli italiani di Ragusa.

Ho l'onore di far seguito al mio rapporto n . 938/131 odierno, per informare che dagli italiani di Ragusa verrà trasmesso al Duce un ''Messaggio" di cui invio qui unita copia. Tale messaggio è stato preparato a mia insaputa: il testo è stato stilato dall'Ufficio Propaganda della Divisione 'Marche', d'intesa con i dirigenti del Fascio locale. A cose fatte, il Fiduciario del Fascio, sig. Jelich, si è recato da me per darmene notizia. Ho fatto anzitutto osservare che sarebbe stato necessario sottopormi il testo del messaggio prima di scriverlo, e non quando esso era stato già trascritto su pergamena. Ho fatto poi rilevare al Fiduciario del Fascio che la forma del messaggio non mi pareva abbastanza rispettosa, e che suonava come una velata critica all'opera del Duce.

. .. omissis ... IL R. CONSOLE

TIBERI

DUCE,

i mille italiani di Ragusa, oggi, 18 maggio dell'anno XIX adunati nella Casa del Fascio, dopo aver preso atto degli storici avvenimenti maturati fra le mura solenni di Palazzo Venezia, muti sgomenti, con il più acceso dolore, eredi dì una secolare storia di pura e diamantina latinità della loro città, che


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con i Baglivi, i Gondola, i Cerva, i Saraca e i Bonda per dieci secoli, fino all'iniquo trattato di Versaglia, fece argine invalicabile alla marea slava, temprando e addolcendo al calore del suo umanesimo la rozza barbarie stringente d'assedi~, vogliono a Voi, DuèE, proprio in questa imperiale e sabauda giornata, manifestare tutta la loro amarezza ed il loro cordoglio per il duro, immeritato sacrificio cui l'italica città di S. Biagio è stata condannata. II primo impeto della compatta falange italiana che mai ha piegato né dinanzi a lusinghe né dinanzi a minacce per oltre vent'anni sarebbe stato di unirsi ai vittoriosi soldati d'Italia e, in un sol gesto di fiammante rivolta insorgere in una seconda Fiume, nel nome sacro del diritto dei vivi e delle glorie passate. Questo, DUCE, era nel nostro animo di compiere. Ma un senso di dignitosa consapevolezza imperiale ha fermato cuori e braccia di fronte alla Vostra decisione, coscienti che a Voi pure essa è costata gran pena e soprattutto coscienti che, con il nostro sacrificio, Voi intendevate romanamente costruire sulla roccia e non sulla rena; ed abbiamo allora soffocato il nostro grido di irredentismo sull'altare della più preziosa "Pace Adriatica" da cui più gagliarde si partiranno le strade imperiali italiane. DUCE, nell'ora del nostro dolore, abbiamo compreso come non mai che i destini dell'Italia son sugli oceani. Ed è proprio con la fierezza e la disciplina del soldato che ci siamo inchinati e ci inchiniamo per ':lna più grande Italia su questi più distesi Oceani, convinti, che, anche senza la nostra Città, l'Adriatico è ormai "Lago d'Italia". Soldati tuttavia rimaniamo tra le nostre vecchie mura, più grigie per il nuovo martirio. Il nostro voto, la nostra pura ardente preghiera al Dio degli Italiani è ora questa sola: possa il nostro sacrificio creare il vero durevole assetto adriatico e la suprema giustizia dei popoli che son tornati a guardare fidenti verso Roma e in Roma. Ma qualora, DUCE, questo grande disegno, per ingratitudine di popoli o avversità degli eventi non dovesse diventare un fatto compiuto e perciò il nostro sacrificio dovesse ancora una volta ridiventare sterile, DUCE, ricordate Vi di Ragusa e det suo popolo, dei mille Italiani che mai cedettero e dei settemila Ragusei, parlanti l'antico dialetto Ragu~eo di chiaro accento Veneziano e Romano tristi pur loro della nostra tristezza. Quel giorno, maturo di un lungo dolore che purifica, Ragusa sarà più degna dell'Italia e della Rivoluzione. Questa è la nostra muta speranza, affondata ma non seppellita, nei nostri indomiti cuori latini . Viva la più grande Italia!


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N. 17

ALLEGATO

MINISTERO INTERNO - P.S.-A.G.R. N. 443/74719

Roma, li 13 giugno 1941-X!X

R. Ministero Affari Esteri - A.G. IV ROMA

OGGETTO:

Situazione politica ed economica nella Dalmazia settentrionale.

t'er opportuna conoscenza si comunicano le seguenti notizie sulla situazione politica ed economica dominante nel territorio della Dalmazia settentrionale, compreso quello assegnato all'Italia col recente trattato di Roma. L'occupazione della Dalmazia da parte delle nostre truppe è stata interpretata dal ceto intellettuale croato, dai benpensanti e piccoli proprietari - specialmente quelli appartenenti al movimento paveliciano od orientati verso lo stesso - come occupazione temporanea. Non sono neppure mancati quelli che, nella vicina isola di Ugliano, cercavano di far credere alla massa che Oltre e tutto il territorio dalmata sarebbe stato assegnato allo Stato indipendente croato, compresa la città di Zara. Il ceto croato povero che, come è noto , abbonda nella Dalmazia settentrionale, ha accolt o con rassegnazione la nostra occupazione, vedendo in essa sopratutto un sollievo alla grave situazione economica in cui da anni versa. Accoglienza favorevole , per quanto dettata da ragioni di opportunità, ha invece dimostrato l' elemento ortodosso, consapevole dei pericoli ai quali andava incontro venendo a cadere sotto il dominio croato . Uguali vedute sono state manifestate pure da alcuni elementi cattolici già appartenenti agli ex partiti jugoslavi, maggiormente compromessi per la loro attività sotto i passati regimi di Belgrado. Il timore nutrito dagli ortodossi di essere esposti a vendette da parte dei croati, quale ritorsione cli persecuzioni di questi ultimi subite durante la dominazione serba, è ben presto divenuto realtà. Infatti, fin dai primi giorni susseguenti al crollo del Regno di Jugoslavia, gruppi armati di ustasi discesi dal Velebit, sottoposero gli abitanti ortodossi di alcuni villaggi ad inchieste ed interrogatori e giunsero persino a compiere veri e propri sequestri di


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persone che condussero seco sulla montagna. Nella località di Tribanj, situata a piè del Velebit, vennero così catturati e condotti via dal paese 11 individui, i quali secondo le affermazioni dei loro famigliari sarebbero stati sottoposti alle più dure inquisizioni e alcuni anche fucilati. Il gesto degli ustasi e la loro presenza nel territorio della Dalmazia settentrionale ha prodotto, viva impressione sugli ortodossi di detta località, recatisi in numero rilevante in questa città [la presente relazione venne scritta da Zara - n.d.a.] a chiedere la protezione delle nostre autorità. Ma la preoccupazione degli ortodossi si è accentuata dopo il trattato di Roma, in forza del quale vengono assegnati alla Croazia alcune località, quali Knin,.Chistagne, Verlicca, Dernis, Sinj, Obbrovazzo~ Tribanj, abitate in prevalenza da ortodossi. In conseguenza, diversi ortodossi, e specialmente quelli in vista, hanno abbandonato i paesi nativi rifugiandosi nel territorio assegnato dal Trattato di Roma all'Italia.

Fra questi si segnalano, come più noti anche per la posizione sociale: dr. NOVAKOVIé Nicolò di Teodoro e di Michich Elena, nato a Knin il 22.9.1876, medico, già deputato alla Camera di Belgrado e Ministro senza portafoglio; dr. DESNICA Bosko di Vladimiro e di Dede Olga, nato a Obbrovazzo il 4 gennaio 1886, avvocato; dr. NOVAKOVIé Teodoro fu Giovanni e fu Djivovié Milica, nato a Knin il 18.3.1886, avvocato; dr. NOYAKOVIé Cedomil di Vladimiro e di Fabbris Giovanna, nato a Zara il 6.11.1905, avvocato, residente a Knin; NOVAKOVIé Ljubo fu Pietro e di Skrtalj Ivanica, nato a Spalato il 21.1. I 883, rappresentante di commercio, pure residente a Knin. Tutti i predetti si trovano da tre giorni in questa città [Zara - n.d.a.]. Si fa presente che i primi due sono firmatari di un memoriale .presentato al Commissario Civile per la Dalmazia in Spalato, a nome di centomila serbi ortodossi dalmati, col quale si invoca l'annessione della Dalmazia ali' Italia. Si fa altresì presente che, analogamente a quanto è stato praticato nel resto della Croazia, dove l'amministrazione è già passata nelle mani degli organi paveliciani, anche nel territorio testè assegnato a detto Stato, verrebbero indistintamente licenziati dai servizi statali tutti gli ortodossi. Si allega la traduzione di un formulario redatto in lingua croata emanato dal Quartiere Generale degli Ustasi, da servire di base per la concessione di occupazione agli ex perseguitati politici croati. Tale formulario è stato diffuso recentemente nelle località dalmate.


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Secondo notizie pervenute or ora sarebbero accaduti a Knin ed altrove dei tafferugli tra croati e serbi. A tali..disordini viene attribuito.il mancato arrivo a Zara nella giornata di ieri ed oggi dell'autocorriera di linea. Si dice anche che, due figli del proprietario della stessa, no, di religione ortodossa, sarebbero stati arrestati.

CUPAC

Stefa-

È da rilevare in fine che mentre il Trattato di Roma non ha soddisfatto le aspirazioni dell'elemento paveliciano, ha prodotto nella cittadinanza di Zara e nei connazionali residenti in D.almazia un vivo senso di dolore e di malumore per non aver vista appagata l'aspfrazione di una totale redenzione della Dalmazia.

La situazione economica nella Dalmazia settentrionale viene segnalata come assai grave. La mancanza assoluta dei generi di prima necessità, induce la popolazione di molte località anche assai lontane ad affluire a Zara per l'acquisto dei generi stessi. D'ORDINE DEL MINISTRO

F.to PENNETIA ·


CAPITOLO III

NEGOZIATI DIPLOMATIC_I E QUESTIONI LEGISLATIVE PER L'ANNESSIONE DELLA DALMAZIA



IL DISACCORDO FRA ROMA E BERLINO SULLA CREAZIONE DELLO STATO INDIPENDENTE DI CROAZIA

I territori jugoslavi furono annessi all'Italia in tempi diversi: il 3 maggio del 1941 Lubiana divenne ta novantaquattresima provincia italiana, con ordinamento autonomo; il 18 maggio la Dalmazia, costituita in Governatorato, con le nuove province di Spalato e Cattaro oltre a quella ampliata di Zara; il Montenegro, dichiarato indipendente, il 3 ottobre fu costituho in Governatorato ed i suoi confini con la Croazia vennero delimitati il 27 ottobre dello stesso anno. L'annessione della Dalmazia fu notevolmente complessa ed impegnò a fondo la diplomazia italiana. Si può dire che le trattative abbiano avuto inizio ancora prima dello scoppio del conflitto italo-jugoslavo, quando, il 28 marzo, a Villa Torlonia si incontrarono Mussolini e Pavelié (Il. Gli altri momenti determinanti del tormentato negoziato furono: la missione presso Pavelié a Karlovac il 14 aprile di Filippo Anfuso, capo di gabinetto del ministro Ciano; i colloqui Ciano-Ribbentrop del 21 e 22 aprile a Vienna; quello di Ciano con Pavelié il 25 dello stesso mese a Lubiana. Seguì l'incontro del 7 maggio a Monfalcone fra Mussolini e Pavelié. Infine, il 18 maggio, la visita a Roma del Capo dello Stato croato per la firma degli accordi. · A mezzanotte del 27 marzo - giorno del colpo di Stato a Belgrado l'ambasciatore tedesco a Roma, Hans Georg von Mackensen, riceveva il testo di una lettera di Hitler per Mussolini <2l, e due ore dopo la consegnava al Capo del Governo italiano. Nel messaggio, il Filhrer esponeva il proprio punto di vista e le decisioni prese in relazione alla situazione jugoslava. Pur giudicandola «non come catastrofica» tuttavia la riteneva «così grave che . da parte nostra [di Mussolini e di Hitler - n.d.a.] dovrà esser evitato ogni errore se non vogliamo trovarci in definitiva a veder posta in pericolo la nostra posizione generale» <3>. Convinto di dover «operare con quella celerità che eventualmente potrà esser necessaria a causa degli avvenimenti» <4>, faceva sapere di aver chiesto la collaborazione militare dell'Ungheria e della Bulgaria. Invitava Mussolini a sospendere l'offensiva sul fronte greco, a rinforzare il confine albanese-jugoslavo, a far confluire altre unità sulla frontiera giulia. Però non accennava ad alcuna utilizzazione dei movimenti autonomistici croati.


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Mussolini lesse la lettera nel testo tedesco e, ad alta voce, lo tradusse in italiano in modo d'assicurare von Mackensen di averne esattamente compreso il significato. Quindi lo commentò punto per punto e dettò la risposta allo stesso ambasciatore. Ma, dopo essersi dichiarato pienamente d'accordo con i provvedimenti presi o suggeriti da Hitler, fece notare che «accanto alla cooperazione bulgara e soprattutto ungherese bisogna tenere conto anche delle tendenze separatiste croate rappresentate dal dottor Pavelié, che si trova a breve distanza da Roma» <5>. Non si hanno elementi per giudicare se questa iniziativa di Mussolini fosse sta.ta dettata dal suo istinto politico oppure dal fatto che era già a conoscenza di altri orientamenti di Hitler non espressi nella lettera. Il Fuhrer, infatti, solo dodici ore prima aveva intrattenuto il ministro ungherese a Berlino, Dome Sztòjay, sugli avvenimenti di Belgrado, incaricandolo di. far presente al reggente Horthy la necessità che da parte ungherese·venissero assunte misure militari; che «la Germania in caso di conflitto non avrebbe posto alcun limite ai desideri revisionistici dell'Ungheria» <6>; che «il Ftihrer considera giusto dare l'autonomia ai croati» (7); che «la Croazia doveva essere indipendente, possibilmente allineata allo Stato ungherese» <8) in quanto la Germania, salvo per la Carinzia e la Stiria meridionale (Slovenia settentrionale) non aveva alcun interesse territoriale in Jugoslavia né cercava accessi al mare. Invece «i desideri ungheresi per uno sbocco in Adriatico - che presumibilmente stava vicino al cuore del reggente erano in certo qual modo un problema ticklish [così nel testo inglese e può significare: difficile, delicato, scabroso - n.d.a.J in relazione agli italiani» ma la Germania <<avrebbe appoggiato le ambizioni ungheresi)> C9l. Hitler, subito dopo, ebbe un colloquio con il ministro di Bulgaria, Parvan Draganov, intrattenendolo sul concorso militare che attendeva da Sofia e sulle rivendicazioni bulgare nella Macedonia jugoslava ooi. Quindi presiedette una conferenza dei massimi esponenti militari. Descritta la situazione parlò del concorso militare chiesto all'Ungheria ed alla Bulgaria. Per quanto concerneva l'Italia, fece sapere che «nel corso della giornata sarebbe stato inviato un messaggio al Duce» <11J. Accennò, quindi, al problema croato prevedendo che «quando attaccheremo, i croati siano dalla nostra parte. In conformità, essi saranno assicurati del trattamento politico (sino all'autonomia)» 0 2i. Espresse inoltre il parere che la guerra contro la Jugoslavia sarebbe stata molto popolare, sia in Italia sia in Ungheria e Bulgaria, «in quanto a questi Stati sta.vano per essere promessi acquisti territoriali: la costa adriatica per l'Italia, il Banato per l'Ungheria, la Macedonia per la Bulgaria» <13l. Dopo la riunione, Hitler emanò la ·'Direttiva 11. 25' per coordinare le operazioni contro la Jugoslavia con quelle sul fronte greco e, fra i


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provvedimenti da prendere, dispose che «le tensioni politiche interne della Jugoslavia devono esser inasprite con assicurazioni politiche ai croati» <14). Il Fiìhrer, dunque, prima ancora di scrivere la lettera a Mussolini , non soltanto aveva presente la questione croata ma intendeva anche utilizzarla come arma di sovvertimento nei confronti di Belgrado. Il non averne fatto parola .al Capo del Governo italiano lascia aperta ogni supposizione anche perché sul problema della Croazia - che secondo le dichiarazioni fatte dal Governo tedesco nei mesi precedenti <15l doveva essere di esclusiva competenza italiana - si aprì, se non un conflitto, certo una contrapposizione tra Roma e Berlino . Mussolinj, dopo il colloquio notturno con von Mackensen, a mezzogiorno del 28 marzo, nel tinello dì Villa Torlonia, ricevelte Pavelié accompagnato da Filippo Anfuso . Il colloquio fu cordiale, ma per quanto concerneva la Dalmazia, çla parte croata, non molto chiaro né impegnativo. Mentre Mussolini sentiva maturare il momento in cui avrebbe potuto risolvere una questione profondamente radicata nelle aspirazioni italiane, la posizione assunta da Pavelié lasciò spazio a molte incertezze. Egli sì dimostrò propenso ad «entrare a Zagabria, proclamare l'indipendenza croata, e intendersi con l'Italia per mezzo di un sistema federativo o di una unione personale che, stabilendo una stretta intesa fra i due poteri centrali, evitasse alle popolazioni slave della Dalmazia di essere puramente trasferite ad una dominazione italiana» (l6). In altre parole, anche se non eludeva il problema, Pavelié non sembrava intenzionato a considerare la questione dalmata un argomento a se stante e, soprattutto, con possibilità di immediate soluzioni. Infatti, come prima cosa, intendeva «persuadere i croati della Dalmazia dei vantaggi di una federazione con l'Italia, e così persuadendoli, adattarli alle rivendicazioni [ ... ] dell'Italia», quindi «convincere Mussolini ad entrare a Spalato ed a Sebenico per la porta grande di Zagabria» <17)_ Pavelié, da ultimo, espresse il convincimento che quando «i croati si persuaderanno che non esistono più differenze politiche ed amministrative con gli italiani, la questione dalmata non avrà più significato» <18l . Il discorso, nei suoi termini generali, poteva anche essere interessante, ma appariva sfumato, notevolmente tortuoso, con prospettive a troppo lunga scadenza per le aspettative di Mussolini, tanto che il Capo del Governo, al momento del congedo, ritenne necessario fare il punto di quanto era stato detto: Pavelié, per non trovarsi soppiantato nella posizione di leader del movimento ustascia doveva raggiungere Zagabria il prima possibile e, non appena costituito il nuovo Stato croato, «il governo italiano avrebbe provveduto a negoziare un accordo ispirato alla conversazione» 0 9>. In attesa dell'evolversi degli avvenimenti, Pavelié rimase in Italia. Il I 0 aprile da Firenze cominciò a funzionare una radio 'Ustasci Velebit' e, come


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prima cosa, Pavelié fece trasmettere un messaggio per annunciare la prossima liberazione della Croazia <20>. 116 aprile - inizio delle operazioni militari contro la Jugoslavia - il futuro Poglavnik lanciò un appello, in cui fra l'altro diceva: «Oltre mille anni or sono il popolo croato ha occupato quel sacro suolo che costituisce oggi la sua patria» ed ora «riafferma solennemente la sua decisa volontà di staccarsi dalla Serbia e di ricostituire l'antico Stato indipendente di Croazia» <21 >. Il giorno successivo inviò un telegramma a Mussolini, assicurando che la Croazia at~endeva i soldati italiani <22>. I riferimenti di Pavelié ad uno 'Stato indipendente di Croazia', alla sua storicità, rappresentavano lo scopo fondamentale del movimento ustascia. Ma quello Stato, scomparso da secoli, aveva, anche se temporaneamente, compreso nei propri confini la Dalmazia, ed alcuni re erano stati incoronati a Nona (Nin), a Zaravecchia (Biograd na moru), a Tenìn (Knin), cioè nel cuore di un territorio che dopo alterne vicende, per quattro secoli ininterrottamente sino al 1796, era stato di Venezia. Annesso al Regno d'Italia durante la parentesi napoleonica, nei cento anni successivi era passato sotto la dominazione austro-ungarica. Nel 1915, la Dalmazia veniva assegnata all'Italia con quel Patto di Londra che, disatteso dopo Vittorio Veneto, aveva sollevato ondate di irredentismo nel paese. L'insidia contenuta nella formula , 'Stato indipendente di Croazia' non sfuggì al ministero degli affari esteri che, in una nota, pose in evidenza come «il problema delle frontiere dello Stato di Croazia» non fosse stato mai «contemplato in modo specifico nelle conversazioni avute sinora con il dottor Pavelié [;] sta di fatto che le carte geografiche da lui rimesse in varie occasioni e le dichiarazioni programmatiche enunciate anche recentemente affermano apertamente il diritto della Croazia sull'intero litorale dalmata, dalle Bocche di Cattaro a Fiume, incluse le isole dell'arcipelago dalmata» <23>. Rilievo tempestivo perché in quei giorni Pavelié faceva diffondere, sotto forma di volantino, la carta geografica del nuovo Stato di Croazia: esclusa Zara, comprendeva l'intera Dalmazia e, nella didascalia, si leggeva: «Popolo croato! Nella nuova Europa deve entrare lo Stato libero ed indipendente di Croazia, con tutto il territorio nazionale storico croato soprandicato» <24>. Pavelié, indubbiamente, si trovava di fronte ad un dilemma: da un lato, quale capo d'un movimento a carattere nazionalista, facendo leva sull 'indipendenza dello Stato croato non poteva, nel momento della sua realizzazione, proporre alle popolazioni, di cui cercava l'appoggio, l'amputazione della Dalmazia, e per di più a favore dell'Italia, tradizionalmente considerata un nemico. D'altro lato, doveva riconoscere che il Governo italiano, anche se per propri fini, da anni aveva aiutato il movimento ustascia raccogliendone gli uomini, mantenendoli, addestrandoli. Personalmente, poi, Mussolini lo aveva salvato dall'estradizione in Francia dopo la condanna a


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morte per l'assassinio di Re Alessandro di Jugoslavia a Marsiglia <25>. Quindi, se da un lato cercava di apparire il capo carismatico e integralista, rifondatore di uno Stato storico, e con questo programma superare in poche settimane la scarsa diffusione che il suo movimento aveva tra le masse in Croazia, per conquistare la necessaria popolarità alla propria funzione di capo, dall'altro non poteva nascondere a se stesso ed ai suoi seguaci che l'Italia gli avrebbe chiesto di pagare il debìto, del quale certamente conosceva il prezzo. In questa non facile situazione, fu quasi naturale la ricerca d'una mediazione attraverso l'intervento tedesco, essendo - come ricorda Anfuso «da tempo in contatto con Berlino», e «sentendosi già riscaldato dalla protezione del Grande Reich» (26). I tedeschi, però, alla fine di marzo, non riservavano alcun ruolo a Pavelié. Per Berlino l'uomo della situazione sembrava essere Vladko Macek che con l'organizzazione del suo partito, con le unioni culturali, con la milizia - la Zastita Hrvatska - aveva ampio ascendente sulle masse, specie fra i contadini <27>. Inoltre il 29 marzo, quarantott'ore dopo il colpo di Stato del generale Simovié, Macek, «per potersi orientare nel prendere posizione nei confronti degli avvenimenti di Belgrado, dato che non lo avevo fatto ancora in modo definitivo» <28>, tramite l'ingegnere Dorfler <29>, aveva preso contatto con Berlino. Ribbentrop gli fece rispondere di non cooperare in alcun modo con l'attuale governo di Belgrado <30>. In altre parole, i tedeschi attraverso la defezione degli esponenti croati, cercavano di determinare un pronunciamento nei confronti del governo Simovié, forse confidando in un distacco della Croazia dalla Serbia. Ma Macek, contemporaneamente, stava trattando il proprio ingresso nel governo Simovié sulla base del «riconoscimento del Patto Tripartito e adempimento nello spirito del Trattato; istituzione per il re di due co-reggenti di cui uno deve essere croato; dimissioni del ministro per la guerra e ritiro dei militari da ogni incarico politico» <31 >; cioè, non appariva in alcun modo disposto a determinare, in quel momento, con un distacco della Croazia, lo smembramento della Jugoslavia. Ma, agli inizi di aprile, per Berlino, la carta Macek aveva ancora il suo pieno valore tanto che Ribbentrop persistett.e nel proprio gioco, muovendo contemporaneamente le pedine su due scacchiere. II 3 aprile inviò a Zagabria il dottor Walter Malletke ed il colonnello delle S.S . Edmund Veesenmayer <32>. Malletke doveva insistere su Macek; Veesenmayer agganciare gli esponenti dei gruppi ustascia, dei radicali croati, dei nazionalisti, e di quanti nel colpo di Stato del generale Simovié vedevano l'occasione per sottrarre la Croazia alla preminenza di Belgrado. Malletke prese contatto con Macek consegnandogli un messaggio di Ribbentrop in cui il ministro tedesco gli ribadiva «che era venuto il momento di distaccare la Croazia dalla Serbia» <33>. «Ho risposto - scrive Macek, - che questo distacco sarebbe stato possibile


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solo attraverso una guerra e, perciò, non avrei fatto una cosa simile; al contrario, ero determinato a usare tutte le mie risorse per prevenire la guerra» <34l. Mentre il console generale a Zagabria, Alfred Freundt, informava Ribbentrop della risposta di Macek <35l, questi assumeva l' incarico di viceprimo ministro del governo Simovié, Veesenmayer, invece, ebbe successo con i gruppi estremisti e con quelle frange del partito croato dei contadini che, ormai, rinnegavano Macek per aver dato il suo appoggio al Governo di Belgrado. A Zagabria, l'emissario tedesco, aveva preso contatto con Slavko Kvaternik <36l, un ex-colonnello asburgico, esponente del movimento ustascia <37l, ma che in quei giorni, lo~ calmente, poteva contare su non molti seguaci: parecchi erano rifugiati all' estero, alcuni in prigione ed altri, per la mobilitazione indetta da Belgrado, alle armi <38>. Tuttavia, già il 31 marzo, i capi dei vari gruppi secessionisti, d'iniziativa, avevano predisposto un manifesto per proclamare la decadenza della sovranità jugoslava e la creazione di uno Stato di Croazia <39l. Però, pur rendendosi conto che solo con l'ingresso delle truppe tedesche avrebbero potuto realizzare il loro piano, non erano disposti a chiedere un· intervento della Germania <40>. Sotto la pressione di Veesenmayer, invece, per coordinare più strettamente la loro azione, sottoscrissero un patto d'intesa <41 l e Veesenmayer inviò a Berlino il testo dell'accordo con quello della proclamazione d'indipendenza chiedendo però, nel caso in cui Ribbentrop avesse inteso renderli pubblici, «almeno sei ore di preavviso [... ] in modo che i firmatari potessero nascondersi» <42>. In Ungheria, frattanto, a causa delle decisioni prese dal Governo di Budapest a seguito del colloquio Hitler-Sztòjay, il primo ministro conte Pàl Teleki <43) si era ucciso. Il reggente Horthy, dandone comunicazione al Fiihrer gli riferiva che Te}eki aveva lasciato una lettera in cui spiegava le ragioni del tragico gesto: era rimasto profondamente turbato perché durante il Consiglio dei ministri «non aveva sufficientemente protestato contro il fatto che quantunque vincolati alla Jugoslavia da un patto di amicizia recentemente concluso, stavamo [noi ungheresi - n.d.a.] tuttavia per profittare delle presenti opportunità e diventare spogliatori di cadaveri» <44). Il reggente, inoltre, aggiungeva: «A questa riunione io stesso ero del parere che in considerazione del patto di amicizia recentemente concluso [con la Jugoslavia - n.d.a.] dovevamo cercare di salvare la faccia[ ...] ed il conte Teleki è caduto vittima di un conflitto di coscienza che ha coinvolto anche l'intera nazione» (45)_ Horthy, non di meno, assicurava il Filhrer di aver già preso le misure militari richieste, «ma il conflitto di coscienza che ci sta confrontando con tale magnitudine che nulla attesta meglio del suicidio del primo ministro, ci costringe a chiedere che l'Alto Comando tedesco assegni alle nostre truppe solo quei compiti che sono conciliabili con la nostra coscienza» <46l.


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Per l'Ungheria, il problema della Croazia era divenuto una questione morale e, mentre il ministro per la difesa Vitcz Bartha appariva «particolarmente impressionato [... ] dalle generose promesse territoriali da parte del Filhrer comprese quelle che riguardano la Croazia e l'accesso ali' Adriatico» <41>, Làszlò Bardossy, ministro per gli affari esteri, dichiarava che «l'Ungheria non avrebbe presentato alcuna richiesta alla Croazia[ ...]. Una unione della Croazia anche non vincola~te con l'Ungheria avrebbe potuto esser presa in considerazione soltanto se i croati lo avessero desiderato» <48>. Le esitazioni di Budapest probabilmente si rifletterono, a Berlino, sulla elaborazione del 'Piano generale per la futura organizzazione dell'amministrazione nelle zone della Jugoslavia', redatto intorno al 6 aprile secondo le direttive del Filhrer: non si prevedeva più la 'indipendenza' ma unicamente la 'autonomia' della Croazia e solo 'probabilmente' sotto influenza ungherese, mentre la «zona costiera del nord-ovest della Jugoslavia, la Dalmazia ed il Montenegro sarebbero passati all'Italia» <49>. Le riserve ungheresi non influirono sull'azione di Veesenmayer che, invece, per un momento risentì dell'appello lanciato da Macek 1'8 aprile attraverso radio Zagabria. Si trattava di un pressante invito ai croati perché osservassero «una stretta disciplina» e compiessero «coscienziosamente il proprio dovere sia nell'esercito che altrove» <50>. Però, le operazioni militari tedesche si stavano sviluppando più rapidamente del previsto. A nord, la 2 3 Armata germanica, che aveva superato il confine jugoslavo, accelerò i movimenti <51 > inducendo Veesenrnayer a stringere i tempi. Privo di specifiche istruzioni, agì d'iniziativa, specie per prevenire un altro appello di Macek, nel timore che potesse determinare «conflitti interni molto seri e spargimento di sangue» <52>. H mattino del 10 concertò con il colonnello Kvaternik «un preciso piano per l'assunzione dei poteri» <53>e nel primo pomeriggio, . avuta conferma della rapidità con cui l'avanzata tedesca si stava sviluppando, ruppe gli indugi. Alle 15 avvertì Kvaternik che era giunto il momento di passare all'azione e, come prima cosa, costringere Macek - il quale durante la mattinata era tornato a Zagabria - a rinunciare alla guida del popolo croato <54>. Verso le 15.30 - ricorda Macek - «improvvisamente due tedeschi apparvero al)à porta» <55 >. Uno era l'ingegner Dorflcr, l'altro Veesenmayer i quali gli comunicarono che non solo il comando militare tedesco aveva affidato i pieni poteri a Kvaternik, ma che questi stava per proclamare l'indipendenza dello Stato croato . Era quindi necessario «cedergli la leadership del partito croato dei contadini e del popolo croato» <56>. Macek avrebbe opposto che i tedeschi potevano conferire i poteri a chi mai desideravano ma, personalmente, non era in grado di consegnare né il partito né il popolo croato ad alcuno, poiché non costituivano una sua proprietà . «Dopo lunga discussione - scrive Macek - convenimmo che avrei


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diretto un messaggio al popolo dichiarando che i tedeschi avevano occupato Zagabria e gran parte della Croazia, che cedevo i poteri al colonnello Kvaternik il quale a sua volta avrebbe proclamato l'indipendenza dello Stato croato. Inoltre mi sarei appellato al popolo perché accettasse pacificamente questi nuovi fatti in quanto non vi era altra scelta» {57). Veesenmayer, avuta da Macek l'assicurazione che avrebbe mantenuto gli impegni, abbandonò la riunione per informare i capi ustascia e radicali dell'accordo raggiunto. Tornò con Kvaternik da Macek e questi consegnò al colonnello il testo del messaggio C58l che, alle 17.30, venne diffuso da radio Zagabria. Subito dopo, attraverso gli . stessi microfoni, Kvaternik proclamò che «la Provvidenza di Dio e la volontà dei nostri Grandi Alleati come la secolare lotta del popolo croato ed il grande spirito di sacrificio del nostro condottiero Ante Pavelié ed · il movimento 'ustascia' in Patria ed all'estero, ci hanno concesso che, oggi, prima della Resurrezione del Figlio di bio, rinasca il nostro Stato indfpendente croato» <59l. In serata le punte motorizzate tedesche entravano a Zagabria. La partita giocata da Veesenmayer, si era risolta con pieno successo. Nella creazione del nuovo Stato gli ustascia ed i secessionisti di Zagabria avevano nettamente sopravanzato il grul?po italiano. Anche se Kvaternik nel suo proclama aveva riconosciuto in Pavelié il condottiero del movimento, sembrava che il colonnello avesse tutte le possibilità di diventare il capo dello Stato croato. Ma l'accavallarsi di svariati fattori portarono ad una soluzione diversa da quella che, il I O aprile a sera, si poteva ritenere consolidata. Infatti, sin dal mattino dell' 11, Ribbentrop dovette rendersi conto che la dichiarazione d'indipendenza non aveva risolto il vero problema croato, perché le notizie che gli giungevano da Roma e da Zagabria si contrapponevano le une alle altre. Dapprima era stato informato da von Mackensen - ore 13.05 - che «il Duce si è espresso molto positivamente circa la proclamazione dell'indipendenza croata sotto la guida di Pavelié» <60l, e se il ministro per gli affari esteri tedesco non poteva sottovalutare il parere di Mussolini, non poteva neppure trascurare il fatto che Pavelié si era posto in viaggio verso Zagabria con una scorta di trecento ustascia armati . Ma subito dopo - ore 13.50 - da Zagabria, gli perveniva un messaggio di Kvaternik che, rivolgendosi al Fi.ihrer, comunicava di aver assunto «in maniera legale dalle mani del dr. Vladko Macek, già Vice-P rimo Ministro del governo jugoslavo, tutti i poteri della leadership»; annunziava d'aver proclamato l'indipendenza dello Stato croato; ringraziava il capo dello Stato tedesco «per la protezione che l'esercito tedesco stava dando al riconoscimento croato» ma, soprattutto, chiedeva «il riconoscimento del nostro Stato indipendente di Croazia da parte del Reich della più Grande Germania» (61 l. Era un messaggio sostanzialmente e formalmente da capo di Stato a capo cli Stato, diretto a Hitler e non a Mussolini e, per di più, Pavelié non vi era nominato. Sembrava,


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quindi, che gli ustascia di Zagabria intendessero affermare il loro potere con il solo appoggio della Germania, estromettendo l'Italia e Pavelié. Questi, proprio quel mattino, prima di partire da Roma si era recato a Palazzo Venezia. Mussolini gli aveva parlato come se ~sse già il capo del nuovo Stato assicurandolo «che il suo governo [di Pavelié - n.d.a.] sarebbe stato riconosciuto dall' ltalia appena fosse giunto in Croazia» <62>. Dopo l'udienza, scortato da ustascia in divisa coloniale italìana, con al bavero le mostrine dai colori croati e sulla bustina un fregio con la 'U' - ustascia - era salito sul treno per Trieste. Ma prima di lasciare Roma aveva inviato al Ftihrer un telegramma con cui «si prendeva la libertà» di esprimere gratitudine e devozione, assicurando che il nuovo Stato ·indipendente di Croazia avrebbe legato i propri destini «al nuovo ordine in Europa che Voi, Ftihrer, ed il Duce avete creato» <63>. Era ur. messaggio ben diverso da quello di Kvaternik, apparendo più che altro un'espressione di doverosa cortesia. Il telegramma giunse a destinazione il giorno dopo, 12 aprile, ma, apparendo più che altro una protocollare espressione di ossequio, non dovette preoccupare molto Ribbentrop; invece non poteva sottovalutare il fatto che, mentre Pavelié si trovava a T rieste in attesa di entrare in Croazia, Kvaternik stava dando la sensazione di voler bruciare i tempi. In primo luogo il colonnello, con gli esponenti dei vari gruppi estremisti cli Zagabria, aveva costituito un-Consiglio, «quale base per un futuro governo del popolo croato» <64>, però non vi figurava né Pavelié né alcun altro del gruppo rifugiato in Italia. Sotto la presidenza di Kvaternik, il Consiglio, come segnalava il console generale Freundt, «sul momento garantisce una completa cooperazione senza ostacoli tra i croati e le autorità militari tedesche come anche una ordinata amministrazione» <65l. In secondo luogo Kvaternik aveva rinnovato larichiesta di riconoscimento dello Stato croato - sempre e soltanto al Governo tedesco - ma questa volta attraverso i canali della Wehrmacht chiedèndo anche l'autorizzazione di costituire una forza armata, e domandando che da parte tedesca si desistesse dal rastrellamento del materiale bellico jugoslavo, per lasciarlo a disposizione del nuovo esercito croato <66>. Nello stesso momento in cui P avelié - ore 20.30 del 12 aprile - partiva da Trieste per entrare in Croazia <61 >, l'Alto Comando della Wehrmacht segnalava a Berlino che la 2• Armata tedesca aveva posto, «con preghiera di immediato chiarimento», due quesiti: « I. - Chi stava per diventare leader croato, Pavelié o Kvaternik? 2. - Può essere form ata· una legione croata?» <68 >. Il segretario di Stato Ernst von Weizs~cher, che ricevette il messaggio, consigliò di interpellare il sottosegretario di Stato Ernst Woermann , ma questi non fu rintracciato. Weizsacher suggerì, allora, di prendere contatto con l'ambasciatore Karl Ritter, della segreteria di Ribbentrop, che oppose «di non essere informato e perciò di non poter esprimere una opinione» C69l . Si


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tornò a cercare Woermann, finalmente raggiunto per telefono. <<Venti minuti più tardi (all'incirca alle 10 p.m.) ma primà che si fosse potuto combinare una conversazione telefonica tra l'ambasciatore Ritter ed il sottosegretario di Stato Woermann» <70>, questi venne informato che il Fuhrer, avuta conoscenza dei quesiti attraverso i comandi militari, si era già espresso nel senso che «circa il punto I: nessuna interferenza negli affari politici della Croazia. I croati dov·rebbero scegliere il capo che vogliono. Circa il punto 2: una legione croata dovrebbe essere costituita secondo le esistenti possibilità>} <71>. Praticamente Hitler non aveva preso posizione. Preferiva, evidentemente, che fossero gli avvenimenti stessi a chiarire la situazione. Mentre restava aperto il dilemma di chi dovesse essere il capo dello Stato, tramontava l'idea di una Croazia sotto l'influenza ungherese e cominciava a sorgere la stella di Pavelié poiché, improvvisamente, Ribbentrop, nella notte sul 13 aprile, comunicò a Veesenmayer che «nella ulteriore trattazione della questione croata, noi ora intendiamo che gli italiani abbiano completamente la precedenza» <72l, anche se non fece alcun cenno a Pavelié. Non si hanno elementi per valutare le ragioni di questo cambiamento da parte di Berlino: potrebbe esser stato determinato dalla lettera di Mussolini a Hitler del 28 marzo, ma erano passati quindici giorni; forse aveva influito la comunicazione di von Mackensen che il Capo del Governo italiano vedeva positivamente uno Stato croato sotto la guida di Pavelié <73l; può esser stato l'atteggiamento ungherese nei confronti della Croazia dopo il suicidio del conte Teleki. Certo la decisione sorprende perché venne presa nello stesso giorno in cui il console generale Freundt avvertiva Berlino che «le misure italiane e ungheresi sul territorio croato stanno incontrando ima crescente sfiducia e stanno determinando grande agitazione» <74>.

LA POSIZIONE DI MUSSOLINI ED IL RICONOSCIMENTO DELLO STATO CROATO Il 13 aprile, domenica di Pasqua, ed il lunedì 14 furono le giornate cruciali per la soluzione della questione croata: si trattava di determinare chi fosse il capo dello Stato; riconoscere ufficialmente la Croazia; definire la questione dei confini. Pavelié, nella notte sul 13, aveva passato il confine jugoslavo e le manifestazioni popolari ne resero lentissimo il viaggio verso Zagabria, via Karlovac <75l. Non aveva tanta importanza il momento in cui sarebbe arrivato quanto il fatto che, avendo messo piede sulla sua terra dopo dodici anni di fuoruscitismo, veniva acclamato come capo del nuovo Stato. Era un fatto di concreta rilevanza politica che non poteva sfuggire all'attenzione di Ribbentrop. Ma il ministro tedesco non poteva neppure trascurare


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che gli ustascia di Zagabria erano stati i protagonisti nella creazione della nuova Croazia e che, probabilmente, non avrebbero tanto facilmente accettato di vedersi privati dei meri ti acquisiti. Kvaternik stesso aveva agito con rischio personale e le responsabilità assunte, anche se su ispirazione di Veesenmayer, ne avevano consolidata la preminenza. Infine, Berlino non poteva non tener conto che, proprio il colonnello croato, aveva assunto i poteri, proclamato la nascita della Croazia, chiesto il riconoscimento dello Stato. Situazioni tutte che imponevan9 una scelta, e Ribbentrop decise. Con un telegramma a Veesenmayer, dopo averlo avvertito che «P avelié ha inviato un telegramma al Fiihrern (quello spedito al momento della partenza da Roma) Ribbentrop gli precisava: «Intendiamo nel corso della giornata riconoscere uno Stato indipendente di Croazia sotto la guida di Pavelié [... ]. Chiedo risposta con la parola in codice 'Pavelié' nel caso questi sia d'accordo» <76>. In tal modo a Kvaternik veniva anteposto Pavelié, che sarebbe entrato a Zagabria non solo come il capo degli ustascia, ma anche di uno Stato croato ufficialmente riconosciuto. D'altro lato, l'annuncio di questo riconoscimento avrebbe avuto il suo peso - e da qui probabilmente le ragioni dell'urgenza - anche in relazione alle operazioni militari ancora in corso, influendo decisamente sul morale dei reparti e delle unità jugoslave. Il telegramma inviato a Veesenmayer appariva stringato, inequivoco, e non concedeva alternative alla nuova ma tutt'altro che semplice manovra ora affidata all'emissario tedesco. L'unico dubbio che affiorava dalle istruzioni trasmesse riguardava l'accordo di Pavelié ma, obiettivamente, poteva ritenersi scontato. Invece il ministro tedesco per gli affari esteri non dovette esser troppo sicuro della adesione di Kvaternik a questo cambiamento di rotta poiché, nella minuta del telegramma per Veesenmayer, vi sono due frasi, cancellate, che lasciano trasparire l'incertezza di Ribbentrop'. La prima diceva: «Riteniamo che Kvaternik si consideri semplicemente un luogotenente di Pavelié, per cui il riconoscimento della Croazia sotto la guida di Pavelié risolve anche la richiesta di Kvaternik dell' 11 aprile per il riconoscimento» <77> (a ben leggere quel 'riteniamo' più che una constatazione sembrava esprimere una speranza). Ma i dubbi di Ribbentrop, risultavano ancor più manifesti dalla seconda frase: «se [ed] in quanto questa supposizione sia corretta, dato che il riconoscimento deve essere concesso oggi» P 8>. Impartite le istruzioni a Veesenmayer, Ribbentrop alle 13.50, tramite von Rintelen, fece avvertire l'ambasciatore a Roma di rendersi reperibile durante il pomeriggio perché «il Fiihrer ed il ministro degli esteri considerano che sia arrivato il momento di concedere il riconoscimento ufficiale ali' indipendenza dello Stato croato. Tale passo dovrebbe, come sempre, esser


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fatto soltanto nel più stretto accordo con il Duce» <79>. Von Rintelen non accennò né a Pavelié né a Kvaternik in quanto ulteriori istruzioni «non potevano essere impartite sul momento, fino a che non fossero stati accertati alcuni fatti in relazione agli attuali capi croati a Zagabria» <80>. L'attesa di von Mackensen si protrasse sin dopo la mezzanotte quando Ribbentrop fu in grado di conoscere il risultato dell'incarico affidato a Veesenmayer. Pavelié verso le 20.30 era arrivato a Karlovac accolto da Kvaternik e da Veesenmayer. L'incontro fra i due capi ustascia fu cordialissimo tanto che l'emissario tedesco potè telegrafare a Ribbentrop che «tutto è interamente chiaro» <81> perché, coine avrebbe riferito in una successiva relazione, «Kvaternik gode della piena fiducia di Pavelié e vi è accordo su tutti i punti. La subordinazione di Kvaternik alla leadership di Pavelié è naturalmente assoluta» <82>. Nel corso dell'incontro, ch e praticamente segnò la consacrazione di Pavelié a capo dello Stato croato, fu chiesto al Poglavnik se avesse assunto eventuali impegni con Mussolini, e Pavelié affermò «che con rispetto al Duce, egli era interamente libero di creare una libera ed indipendente Croazia; non vi era nessun condizionamento di alcun genere. Egli sapeva che la liberazione della Croazia era dovuta esclusivamente alla forza del Ftihrer, del Reich, dell'Europa» <83>. Le dichiarazioni erano troppo importanti, e Veesenmayer le trasmise subito a Ribbentrop. In quel momento poteva sembrare che Pavelié si fosse completamente dimenticato delle intese con Mussolini. Ribbentrop, assicurato sul pieno accordo fra i due croati, all'una di notte del 14 aprile chiamò al telefono von Mackensen annunciandogli che gli sarebbe pervenuto un messaggio con cui il Ftibrer ufficialmente «notificava a Pavelié, il croato capo dello Stato , il riconoscimento dello Stato croato» <84>. Lo invitava a sottoporre il testo a Mussolini, rassicurando il Capo del Go:'.erno italiano che per la Germania Ja questione croata aveva· solo una importanza secondaria; Berlino «non avrebbe naturalmente fatto nulla che potesse contrastare con i suoi [di Mussolini - n.d.a.] desideri» <85>. Nei fatti, si ebbero trentasei ore di acceso confronto fra l'Italia e la Germania. Alle ore 9 del 14 aprile, von Mackensen in presenza di Anfuso sottoponeva a Mussolini il testo per il i;iconoscimento dello Stato croato. li capo del Governo italiano analizzò il documento. Hitler ringraziava Pavelié per il telegramma che gli aveva inviato e per l' altro con cui Kvaternik aveva chiesto il riconoscimento del nuovo Stato. Il Fi.ihrer, quindi, dichiarava a Pavelié di esser lieto di «fargli pervenire il riconoscimento dell'indipendente Stato di Croazia da parte del Governo del Grande Reich» <86) . · Mussolini, dopo aver meditato, fece notare all'ambasciatore che il messaggio «lasciava aperto il problema dei futuri confini» <37> con la Croazia,


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questione fondamentale sia perché l' Italia ha «indubbi diritti storici, etnografici, strategici e marittimi sulla Dalmazia)), sia perché «i croati d'altra parte considerano che quest'ultima appartenga a toro» C88). Mussolini aggiunse che egli doveva proteggere i diritti italiani «anche se, naturalmente, era pronto ad assecondare i giusti desideri della Croazia per uno sbocco in Adriatico» <89>. In ogni modo rassicurò l'ambasciatore che non avrebbe insistito per l'inclusione di una specifica clausola per i confini nella dichiarazione di riconoscimento in quanto si riservava di sentire Pavelié «privatamente attraver:so altri canali)) c9o,. Benché von Mackensen premesse per ottenere un immediato consenso alla formula predisposta dal Fi.ihrer, Mussolini non recedette dalla posizione assunta <91). Anfuso intervenne nella discussione facendo notare all'ambasciatore che i croati «erano già pienamente attivi, per quanto concerneva la Dalmazia e persino avevano inviato dei commissari governativi in alcune città» <92) della costa, e che anche alla stessa Germania poteva convenire tener distinto il riconoscimento dello Stato croato dalla fissazione dei confini. li colloquio, come affioravano nuovi problemi, rischiava di diventare più complesso, e Mussolini improvvisamente chiuse la discussione con un argomento a sorpresa: dichiarò che era pronto ad inviare una dichiarazione analoga a quella di Hitler, ma prima intendeva ricevere da Pavelié o da Kvaternik un telegramma simile a quelli che erano stati inviati al Fi.ihrer <93 ) . Si trattava di un nuovo aspetto della questione, sostanzialmente ineccepibile, tanto che von Mackensen non potè far altro che prenderne atto. Congedato l'ambasciatore - narra Anfuso - Mussolini sbottò: «Non ci vedo chiaro! Il croato s.arà già stato lavorato dai tedeschi, se non lui, Io sono certamente i suoi emissari, Kvaternik, gli altri o che so io! Se aspettiamo ancora, Berlino ci proporrà il riconoscimento parallelo del Governo croato e noi non possediamo alcun affidamemo, a parte quanto Pavelié mi ha detto, cioè che i diritti italiani in Dalmazia verranno rispettati[ ... ]. È una questione che bisogna risolvere subito e riportare sul tappeto prima che i tedeschi creino l'irreparabile» c94). Per non lasciarsi sfuggire di mano l'unica pedina che confidava ancora di avere, Mussolini, sul momento, dispose che Anfuso prendesse contatto con Pavelié dove mai fosse. Anfuso, da Palazzo Venezia, raggiunse l'aeroporto e, con l'apparecchio privato dì Mussolini, partì per Zagabria. Ribbentrop, ricevuta la relazione di von Mackensen sull'esito interlocutorio del colloquio con Mussolini, si rese conto che, obiettivamente, il Capo del Governo italiano non poteva concedere il riconoscimento di uno Stato croato, non avendo ricevuto alcuna richiesta . Via radio, quindi, dette istruzioni a Veesenrnayer di far predisporre un apposito telegramma da parte cli Pavelié, inviandone copia sia a Roma che a Berlino «con la velocità


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del fulmine» (95>. Poco dopo, su successiva segnalazione di van Mackensen, il ministro per gli esteri tedesco avvertiva il proprio emissario che Anfuso stava arrivando in volo a Zagabria, e contemporaneamente gli dette istruzioni di far consegnare da Pavelié al diplomatico italiano l'originale della richiesta di riconoscimento (96). Veesenmayer eseguì alla lettera le istruzioni e come prima cosa inviò a Berlino la copia del documento a firma di Pavelié. Ma la formula açlottata, forse perché vi era incluso qualche accenno .alla Dalmazia oppure ai confini in genere, con ciò contrastando la linea che i tedeschi intendevano seguire, non incontrò l'approvazione di Ribbentrop (97>, che tramite Veesenmayer chiese subito a Pavelié un nuovo testo. Di fronte all'interesse dimostrato da Berlino di pervenire il più rapidamente possibile al riconoscimento dello Stato croato, appaiono strani i tentativi di Ribbentrop di escludere dalla dichiarazione ufficiale qualsiasi riferimento ai confini, ben sapendo - o forse perché lo sapeva - che per l'Italia un'assicurazione circa le frontiere rappresentava la salvaguardia degli interessi in Dalmazia. D'altro lato sembra quasi che il ministro tedesco ignorasse che nel piano germanico del 6 aprile per l'organizzazione amministrativa dei territori ex-jugoslavi, tutto il litorale adriatico era stato attribuito all'Italia. Non era improbabile quindi che Ribbentrop intendesse indurre Roma ad una annessione, senza alcun preventivo accordo o anche in contrasto con Zagabria, in modo da porre l'Italia di fronte alle reazioni croate, e così, invischiahdola in uno specifico problema che toccava il sentimento nazionale sia degli italiani sia dei croati, stornarne l'attenzione dagli interessi politico-economici che la Germania aveva in Croazia. D'altro lato si può anche supporre che Berlino avesse in animo di concedere la Dalmazia all'Italia esclusivamente attraverso l'opera del Governo tedesco per far sentire ancora una volta la supremazia della Germania.

Nel corso del pomeriggio, von Mackensen ricevette il testo della richiesta di Pavelié che, nella nuova formulazione voluta da Berlino, diceva: «Zagabria 14 aprile 1941 - Quale Capo dello Stato croato, desiderato e prescelto dal popolo croato, mi prendo la libertà di informare Vostra Eccellenza, Duce dell'Impero Italiano, molto rispettosamente, che io oggi ho proclamato la Croazia Stato indipendente del Popolo Croato. In accordo con il desiderio del Popolo Croato, chiedo che il nuovo Stato Croato sia riconosciuto dal Governo di Sua Maestà il Re Imperatore d'Italia - Dr. Ante Pavelié» (98>. A parte la rigorosa esclusione di qualsiasi accenno ai confini, il testo, ancor oggi, suscita notevoli perplessit.à: era datato da Zagabria, mentre Pavelié si trovava a Karlovac; l'indipendenza dello Stato croato non era stata proclamata da Pavelié ma da Kvaternik; la proclamazione non aveva avuto luogo il 14 - giorno del telegramma - ma il 10; il testo era compilato in tedesco mentre Pavelié parlava e scriveva correntemente la lingua italiana.


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Alle 18.20 del 14 aprile, l'ambasciatore tedesco sottoponeva la richiesta di Pavelié a Mussolini <99>. Non era certo quella attesa; e Mussolini, forse, più che contrariato dovette rimanere perplesso. Dopo aver letto il testo tedesco, fece osservare a von Mackensen che sino a quel momento non era riuscito a mettersi in contatto con Anfuso, e probabilmente per far notare, senza dirlo, la stranezza della richiesta spedita da Zagabria, rimarcò «che tutto era difficile al massimo in quanto Pavelié, come.sembrava, era ancora a Karlovac e non a Zagabria» <100>. Mise al corrente l'ambasciatore di aver consegnato ad Anfuso la bozza d'una dichiarazione di riconoscimento, da concordare con Pavelié ma diversa da quella inviatagli da Hitler, in quanto l'ultimo periodo era stato formulato nei seguenti termini: «L'Italia è liéta di riconoscere lo Stato indipendente di Croazia con il quale in seguito liberamente[ ... ) sarà concluso un accordo circa il tracciato delle linee di confine» <101) . Tuttavia Mussolini, ancora una volta, assicurò von Mackensen che era pronto a rinunciare a questa clausola purché Pavelié «avesse confermato in una nota ad Anfuso che la questione dei confini sarebbe stata sistemata successivamente» c102>. L'ambasciatore tedesco tornò ad insistere sull'urgenza del riconoscimento e Mussolini osservò che, personalmente, non aveva alcuna obiezione per un annuncio anche immediato da parte di Berlino, ma non avrebbe voluto che una sfalsatura nei tempi tra la diramazione del comunicato tedesco e quello italiano potesse offrire argomenti alla propaganda nemica. Inoltre «avrebbe con riconoscenza apprezzato che il Fiihrer volesse confermare l'idea di una pubblicazione simultanea e dargli tempo sino a domani» <103>. Mentre a Roma erano in corso queste schermaglie fra Mussolini e von Mackensen, Anfuso aveva preso terra_a Zagabria; non trovandovi Pavelié, si era diretto in automobile verso Karlovac dove, a causa degli intasamenti dei mezzi militari, giunse solo a sera. Rintracciò Pavelié nell'abitazione del giudice Ante Niksié. «Dovetti parlargli - narra Anfuso - con tale passione ed urgenza [... ] che egli mi squadrò meravigliato e mi giurò che niente vi era di alterato nei suoi propositi: intento ad effettuare i primi contatti con la popolazione croata (... ] non aveva avuto ancora il tempo materiale di concretare le intese con Mussolini ma contava di eseguirlo al più presto» c104>. Il capo di gabinetto insistette per ottenere subito «una dichiarazione, il più possibile impegnativa e solenne, che facesse dileguare nell'animo del Duce ogni dubbio sul futuro statuto della Dalmazia» <105>. Il colloquio, piuttosto concitato, si svolse in una stanza piena di gente animata, chiassosa, indaffarata, e fu interrotto più volte. Non dì meno Anfuso riuscì a convincere Pavelié, che «emise un grosso sospiro e scostandosi ancora dai suoi seguaci e tiratomi definitivamente da parte - narra Anfuso - mi disse in buon senese: 'io so che Mussolini è un amico del popolo croato' e che gli accordi che


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prenderemo saranno stipulati nell'interesse reciproco. La questione [ ... ] 'e si fece grave' sono i tedeschi( ... ] un messaggio del genere va fatto d'accordo con loro [... ]. E se dopo non sono contenti [... ] Lei capisce [... ]». In ogni modo, il testo venne concordato però, prima di consegnarlo, Pavelié intese sottoporlo ai tedeschi dicendo di avere «un fiduciario germanico sottomano» <106>, quasi certamente Veesenmayer. Mentre Anfuso si stava confrontando con Pavelié, von Mackensen verso le 21.30 riceveva il marchese Carlo Ferrariis de Salzano, del ministero degli affari esteri, il quale gli comunicò che Roma era riuscita ad entrare in contatto con Anfuso. Conseguentemente, per incarico di Mussolini, lo pregava di far presente a Berlino l'opportunità che nella dichiarazione tedesca di riconoscimento della Croazia fosse compresa· la clausola per i confini <107> poiché un'analoga era stata inserita nella richiesta di riconoscimento dello Stato croato, che Pavelié aveva consegnato ad Anfuso. L'ambasciatore chiamò Berlino al telefono e parlando con von Rintelen lo mise al corrente della formula concordata a Karlovac avvertendo che Mussolini, nel comunicato con cui l'Italia avrebbe annunciato il riconoscimento dello Stato croato, riteneva opportuno premettere il testo della richiesta di Pavelié, ed anche proponeva che da parte tedesc_a venissero pubblicati i telegrammi di Pavelié e di Kvaternik al Filhrer; inoltre von Mackensen trasmise la formula del riconoscimento predisposta da Roma sia con le modifiche apportate da Mussolini al testo che gli era stato inviato dal Filhrer sia con l'aggiunta di una clausola per i confini <108>. · In tal modo durante la mattinata del giorno successivo - 15 aprile - si risolse il problema del riconoscimento della Croazia. Anfuso, tornato iri volo a Roma, consegnò a Mussolini il testo della richiesta ottenuta da Pavelié. Ribbentrop convenne che nel comunicato tedesco fosse inclusa una clausola per i confini, limitatamente a quelli fra il Reich e la Croazia, sottolineando che <<questo non deve implicare alcun coinvolgimento della Germania nella questione della Dalmazia» <109>. Dopo ulteriori consultazioni fra Roma e Berlino circa il fatto se fosse opportuno premettere o meno alle rispettive dichiarazioni ufficiali i telegrammi di Pavelié e di Kvaternik al Flihrer e la richiesta di Pavelié a Mussolini - idea poi abbandonata - simultaneamente, a mezzogiorno del 15 aprile, le stazioni radio dell'Italia e della Germania diffusero i comunicati . Quello italiano era preceduto da una nota che, sostanzialmente, riassumeva la missione di Anfuso: «II dott. Ante Pavelié, Capo del Governo nazionale dello Stato croato ha telegrafato al Duce per chiedere il riconoscimento dello Stato croato da parte del.Governo fascista. In tale telegrammc:1 il dottor Pavelié dichiara che i confini dello Stato croato verranno stabiliti dal Governo croato d'accorcio con i Governi


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delle Potenze dell'Asse». Conseguentemente, nella dichiarazione del Governo italiano l'ultimo periodo era così formulato: «Mi è gradito esprimervi il. riconoscimento dello Stato indipendente della Croazia da parte del Governo fascista, che sarà lieto di intendersi liberamente col Governo nazionale croato per la determinazione dei confini del nuovo Stato» (I lO). La schermaglia italo-tedesca si chiudeva con un punto a favore dell'Italia. Ma era un successo sul quale Roma non avrebbe avuto il tempo di riposare.

LA SPARTIZIONE DELLA JUGOSLAVIA In quei giorni, intanto, a palazzo Chigi erano state esaminate le soluzioni da dare al problema adriatico. Un primo studio preYedeval'aggregazione dell'intera costa da Segna a Cattaro, e la Dalmazia che, storicamente, aveva sempre costituito «una unità a sé stante»·, avrebbe avuto «uno speciale regime politico-amministrativo anche per garantirne· la coabitazione italo-croata» Oli), Da questa premessa si sviluppò l'idea di ricostituire 'un regno di Dalmazia' o · 'd'Illiria' oppure con altra denominazione. Nello stesso tempo era stata presa in considerazione la questione della BosniaErzegovina e quella della regione di Novi Pazar, abitate prevalentemente da popolazioni mussulmane e serbo-ortodosse che, tradizionalmente, aspiravano ad una forma di autonomia. «Il loro distacco sia dai serbi che dai croati soddisferebbe le loro aspirazioni, completerebbe la polverizzazione della Jugoslavia, ci assicurerebbe l'amicizia di uno Stato destinato a gravitare verso di noi, e dal territorio ricco di risorse che l' iniziativa italiana potrebbe contribuire a sfruttare» <112i . Prese così consistenza il disegno di creare con la Bosnia-Erzegovina «un 'unità statale indipendente» che a·vrebbe avuto «uno sbocco al mare con l'assegnazione della costa dalmata tra Stagno ed Almissa, compresa la penisola di Sabbioncello col porto commerciale di Metkovic» 0 13>. Una soluzione del genere avrebbe indirettamente garantito all'Italia il possesso di tutta la costa adriatica offrendo un ragionato motivo per opporsi al prevedibile «desiderio croato di formare di detta zona lo sbocco al mare della Croazia» 0 14l. Ma l'idea di uno Stato bosniaco non venne ulteriormente coltivata. L'attenzione si accentrò sulla Dalmazia, nell'alternativa di una sua diretta aggregazione all'Italia mediante annessione, oppure attraverso la creazione di uno Stato autonomo di Dalmazia compreso nella sfera di influenza italiana e, per un momento, sembrò prevalere quest'ultima ipotesi. Apparendo «evidente che il Governo croato cercherà di far assegnare alla Croazia in base alle affinità etniche almeno la maggior parte della Dalmazia>> 0 15l,


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una ricostituzione della sua storica autonomia poteva offrire maggiori possibilità di manovra. «Sul terreno delle annessioni non è infatti possibile evitare una discussione sui limiti delle annessioni stesse. Riconoscendosi invece un'entità politica, che è già esistita, è più agevole pretendere che essa non venga mutilata» 0 16>. Questo concetto venne prospettato al ministero degli affari esteri anche dai senatori Alessandro Dudàn ed Antonio Tacconi, ambedue dalmati, con un 'Appunto sulla estensione della occupazione in Dalmazia', e sostenendo che «la Dalmazia, nella sua entità territoriale, coincidente con la provincia del Regno di Dalmazia già facente parte del nesso del cessato Impero Austriaco, rappresenta una unità storica[ ... ]; una limitazione della occupazione [italiana - n.d.a.] ad una parte soltanto della Dalmazia, oltre a provocare gravi inconvenienti di indole economica ed amministrativa, offenderebbe il sentimento dei dalmati slavi, dai quali anzi va tratto il massimo profitto possibile» O 17>. · Da questi studi nacque il 'Progetto nuove delimitazioni confinarie dell'Italia ad Est' 0 18>, approvato il 17 aprile da Mussolini. Veniva abbandonata l'idea di ricostituire uno Stato di Dalmazia e si optò per la «annessione di tutto il territorio da Segna a Cattaro, dal Litorale alle Dinariche, e ciò anche nell'eventualità di una 'unione personale' fra l'Italia e la Croazia» 0 19>. Prevalse, quindi, la tesi d'una Dalmazia parte integrante del Regno d'Italia ma, tenendo conto che quella regione «era stata politicamente una regione a sé stante», si considerò opportuno prevederne <<uno speciale regime politico-amministrativo>> 0 20>. Fu una soluzione che, nelle dirette discussioni con la Croazia, non si seppe sostenere; i territori della Dalmazia vennero annessi solo parzialmente e, per di più, senza continuità territoriale, ancl)e se lo Stato Maggiore della marina aveva posto in rilievo che l'Adriatico doveva «appartenere con tutte le sue spiagge e le sue isole a quel paese cui sia indispensabile valersi del mare. È facile provare[ ... ] come tale paese sia l'Italia» C121 i. Dal canto suo Pavelié, ben conoscendo l'importanza che la Dalmazia aveva per i croati, non appena giunto a Zagabria, cominciò a contrastare le aspirazioni italiane, avanzando caute affermazioni per sedimentare l'idea della preminenza croata·su quelle terre, facendo leva anche su argomenti a discredito dell'Italia. In questo campo le istintive reazioni dei croati ad un'occupazione italiana della Dalmazia, fornivano numerosi pretesti e Veesenmayer, già il 16 aprile, segnalava l'arrivo a Zagabria di «rapporti che [... ] dimostrano uniformemente che la occupazione della Dalmazia da parte delle truppe italiane si scontra con la forte riprovazione da parte delle popolazioni locali» <122l. Ma il Poglavnik non si limitò a raccogliere le proteste ed inviò propri <<rappresentanti in Dalmazia con chiare direttive circa il comportamento della popolazione dalmata nei confronti dell'Italia» <123l.


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Per di più, sin dal primo telegramma che da Capo di Stato spedì a Mussolini avviò, a livello di Governo, un'azione in difesa degli interessi croati. Dopo aver informato il Duce di aver assunto «in perfetto ordine» i poteri, di essersi posto al lavoro, di aver nominato i ministri, proseguiva dicendo: «Vi comunico inoltre che ho dato personalmente e direttamente, istruzioni ai miei esponenti in Dalmazia e Litorale di accogliere le truppe italiane come amiche e liberatrici con la massima cordialità e fiducia, ed ho sottolineato particolarmente che siamo sicuri che la delimitazione dei nostri confini sarà effettuata secondo la già tanto conosciuta magnanimità Vostra verso di noi» <124>. Formula abile sia perché non diceva che gli 'esponenti' erano stati da lui appositamente inviati sul posto, sia perché faceva apparire - e proprio a Mussolini - di sentirsi il padrone di casa che dava disposizione per .accogliere l'esercito italiano in Dalmazia con la cordialità dovuta ad ogni ospite, sia perché, sulla delicata questione dei confini cercava di coinvolgere la 'magnanimità' di Mussolini, ben sapendo quale peso avesse un simile argomento sull'animo del Capo del Governo italiano. In quei giorni, inoltre, Pavelié aveva convocato il console italiano a Zagabria, Giovanni Gobbi, e lo intrattenne sulle lamentele che gli pervenivano dalla Dalmazia, anche se «da parte sua e dei suoi immediati collaboratori dell'Amministrazione centrale si intendeva evitare ogni impressione esagerata» <125>. Il console, dai rapporti che Pavelié gli sottopose, compilò una sintesi delle proteste, in massima parte pretestuose, perché si riferivano alla chiusura dei tribunali, al disarmo dei gendarmi e degli ustascia, all'invito rivolto ai rappresentanti di Pavelié ed ai sacerdoti di non ingerirsi nelle questioni politiche, cioè provvedimenti ineliminabili in un territorio militarmente occupato. Altre lamentele riguardavano l'ordine di togliere le bandiere croate, e qui veniva segnalato l' incidente più increscioso , senza però specificarne gli autori: «A Veglia, con bandiere croate, si trasportava letame» C126l. Si reclamava per la presa di possesso delle navi; si denunciava il trasporto a Fiume di un bacino galleggiante prelevato a Porto Re. Non ci si rassegnava di veder nominati dei serbi quali fiduciari nei distretti dove gli ortodossi erano in maggioranza. Ma quello che sembrava aver colpito la suscettibilità dei croati era il fatto che «quando i nostri [paveliciani -n.d.a.] hanno fatto presente agli italiani di poter far calcolo sugli ustase, ufficiali italiani hanno risposto di non aver mai sentito parlare di ustase)) 0 27). Le lamentele, oltre che per il comportamento dei carabinieri, giudicato arbitrario, o per il cambio del dinaro, mettevano «specialmente in rilievo il peggioramento della situazione politica dell'idea paveliciana}> U28 >. E videntemente simili proteste, a parte quelle completamente infondate come il presunto arruolamento da parte italiana di soldati croati o l'imposizione agli impiegati del giuramento al Re d'Italia, non potevano esser dettate che da


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una sola illusione, o forse anche pretesa: quella che l'Italia avesse preso le armi contro la Jugoslavia unicamente nell'interesse dei paveliciani, se non anche per loro diretta commissione. Convincimento che, in quei momenti, sembrava essere condiviso dallo stesso Pavelié tanto_da congedare il console italiano con una garbata paternale. «Agendo così i Vostri militari minano la mia posizione e con me la Vostra. Non si tratta di una recriminazione ma di un sincero consiglio e suggerimento che Vi vengono dati un Vostro grande amico» 0 29>_ Mentre a Belgrado veniva trattata la resa a discrezione della Jugoslavia, il 17 aprile, von Ribbentrop telegrafava all'ambasciatore tedesco a Roma di rappresentare al Governo italiano l'urgenza «di uno scambio di punti di vista» nel corso di un «incontro non ufficiale» <130>con Ciano per -esaminare le questioni connesse alla ripartizione dei territori jugoslavi. Posto in questi termini - urgenza a parte .- poteva sembrare che l'incontro non dovesse essere impegnativo. Pur tuttavia, nel prosiegò del telegramma, il ministro tedesco, faceva presente che intendeva discutere «minutamente» e di venir informato «precisamente dei desideri e delle intenzioni ~el Duce con una mappa» <131). Von Mackensen doveva anche comunicare a Mussolini che Hitler aveva deciso di estendere l'annessione tedesca della Slovenia sino ad una linea che correva a ridosso di Lubiana. Pur non essendo ancora definita l'estensione dei territori che sarebbero passati alla Germania, l'ambasciatore aveva l'incarico di precisare «che noi [tedeschi - n.d.a.] sin da ora chiedevamo che le zone a nord di tale linea fossero considerate appartenenti al Reich» <132l. Forse per ammorbidire l'impressione di questa decisione unilaterale, Ribbentrop raccomandava all'ambasciatore di confermare ancora una volta che Berlino, nella sistemazione degli interessi italiani sia nella Slovenia meridionale che nelle zone adriatiche, lasciava mano libera a Roma ma che «noi- aggiungeva Ribbentrop - non di meno eravamo ansiosi di essere informati delle intenzioni dell'Italia in proposito, al fine di essere in grado di intraprendere la riorganizzazione di tutti i vecchi territori jugoslavi in maniera che ciò sia in accordo con i nostri comuni interessi» <133>. Il giorno successivo, incaricando von Mackensen di ringraziare il Capo del Governo italiano per la pronta accettazione dell'invito rivoltogli, Ribbentrop precisava all'ambasciatore che durante l'incontro con Ciano gli sarebbe stato sufficiente conoscere «a grandi linee» il pensiero di Mussolini sui vari punti del problema per cui avrebbe gradito che il ministro degli esteri italiano non si presentasse «con un programma dettagliato». La linea assunta era alquanto inusitata e, forse per timore di venir frainteso, Ribbentrop confidenzialmente corifermava a von Mackensen che non era


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suo desiderio «che il conte Ciano venisse qui abbondantemente vincolato a specifiche istruzioni. Lo scopo delle vostre comunicazioni, come già sottolineato, è semplicemente di rendere edotto il Governo italiano dei nostri intendimenti, ma non indurlo in alcun modo. all'adozione di una posizione italiana esattamente definita, almeno sino alla partenza da Roma» <134>. E gli 'intendimenti' erano: per la Slovenia meridionale adesione al desiderio di Mussolini di lasciare ali' Italia quei territori; circa la Dalmazia «stiamo naturalmente pensando ad una soluzione in accordo con gli interessi italiani»; per il futuro del Montenegro ed in merito all'allargamento delle frontiere albanesi, discuterne con Ciano. Ribbentrop inoltre gli avrebbe esposto il proprio punto di vista sul modo per definire i confini dello Stato croato, e per quelle parti del territorio jugoslavo che sarebbero state assegnate ali' Ungheria ed alla Bulgaria, con particolare riguardo, per quest'ultima, alla questione della zona di Ochrida. Infine Ribbentrop, per quanto si riferiva alla Grecia intendeva conosc~re le intenzioni dell'Italia 0 35>. Von Mackensen dovette assolvere il non semplice incarico con consumata abilità diplomatica poiché il 21 aprile, a Vienna, dove ebbe luogo l'incontro, Ciano giunse tutt'altro che preparato; «aveva visto Mussolini poco prima di attraversare il confine» ed il Capo del Governo gli «aveva fissato le sue idee in una nota» che «considerava soltanto i territori jugoslavi» <136). Ribbentrop ne fu contrariato perché intendeva trattare anche la sistemazione della Grecia. Ciano sulla base della nota, che probabilmente ricalcava il 'Progetto nuove delimitazioni confinarie dell'Italia ad Est', e con l'ausilio di una carta geografica, affrontò quello ~he avrebbe dovuto essere uno 'scambio di punti di vista', ma che durò due giorni, durante i quali venne decisa la spartizione deHa Jugoslavia - oltre un impegno sulla futura sistemazione della Grecia ed all'immediata occupazione da parte italiana delle isole Jonie - secondo quella che sarebbe stata chiamata la 'linea di Vienna'. In base a questa 'linea' l'Italia acquisiva: la Slovenia meridionale; tutta la Dalmazia che amministrativamente avrebbe formato un Governatorato italiano; il Montenegro che diventava uno Stato indipendente collegato all'Italia da una 'unione personale'; l'Albania veniva ampliata con i territori greci della Ciamuria, con quello serbo del Kossovo e con alcune zone della Macedonia. Infine, ma politicamente di ben maggiore importanza, l'inserimento della Croazia nella sfera degli interessi italiani attraverso la vincolante forma di una 'unione personale' 0 37>. Ribbentrop sulle rivendicazioni territoriali dell'Italia non aveva mosso obiezioni anche se, in base a richieste non ufficiali di Zagabria, aveva fatto predisporre una mappa dove il nuovo Stato di Croazia comprendeva «larghissimi tratti di costa dalmata». Il ministro degli esteri tedesco, invece, rimase sorpreso dall'intenzione dell'Italia di costituire una 'unione personale'


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con la Croazia, proprio quando Roma e Berlino avevano già riconosciuto l'indipendenza del nuovo Stato e da parte tedesca era stata aperta una legazione a Zagabria, tanto che Ribbentrop chiese se i croati «effettivamente avessero fatto all'Italia una qualsiasi proposta in merito» (138>. Ciano ammise di non aver trattato questo argomento negli ultimi tempi con Pavelié, ma assicurò che ne avevano discusso più volte. Però il ministro degli esteri italiano, nel corso dei colloqui, registrò una «sia pur larvata opposizione» 0 39>da parte del collega tedesco, e quella stessa sera comunicò a Mussolini che la Croazia «nella mente di Ribbentrop è considerata uno Stato molto vicino se non addirittura facente parte del sistema politico-economico del Reich» (I40J . L'intuizione era esatta ma, stranamente, il ministro degli esteri italiano non ne trasse le immediate conseguenze né si rese più attento. ·1n ogni modo Ribbentrop, non ritenendo di potersi impegnare sulla unione personale, che probabiEmente non condivideva e forse non era prevista nei pianlj tedeschi, sottopose il problema a Hitler. Il giorno dopo tornò con la risposta. «La Germania in linea di principio era politicamente disinteressata ai problemi della Croazia. Il Fi.ihrer perciò non vedeva ragioni di prendere una posizione in merito a tali questioni ma, invece, vorrebbe lasciare interamente al Duce di prendere quali mai decisioni desiderasse in queste materie e di trattarle direttamente con i croati» C141 l. Ribbentrop, di fronte alla decisione di Hitkr, probabilmente pensò di prendersi una rivincita su Ciano poiché, improvvisamente, riaprì la discussione circa la Dalmazia. Ad una domanda di carattere soprattutto procedurale posta dal ministro degli esteri italiano, per conoscere se anche l'Italia avesse convenienza a definire con legge i nuovi confini della Dalmazia <142>, Ribbentrop - pur certamente conoscendo la realtà della situazione - sottilmente gli chiese se in quei territori vi fosse un compatto gruppo etnico italiano. Ciano «rispose che la Dalmazia apparteneva all'Italia in virtù della sua storia, della cultura, della lingua . Le città erano italiane, di certo, ma le campagne interamente croate>> 043 ). (Nel verbale del colloquio esteso dai tedeschi venne registrato: «Perciò l'annessione della Dalmazia non potrebbe esser giustificata su basi etnografiche. L'Italia, pertanto, in appoggio aJJa sua richiesta di uno spazio vitale, portava ragioni di necessità politiche e militari» 0 44l). Ribbentrop di rimando fece notare che la Germania aveva annesso con legge soltanto territori prevalentemente o densamente abitati da tedeschi, come nei Sudeti, a Memel (oggi Klaipeda - n.d.a.], a Danzica, in Alsazia-Lorena. La discussione, anche per una precisazione di Ciano sulla effettiva composizione tecnica di quest'ultima regione, non condivisa da Ribbentrop, stava diventando insidiosa, ed il ministro degli esteri italiano chiuse l'argomento dicendo che di tali questioni ne avrebbe parlato con Pavelié.


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Ma l'incontro di Vienna ebbe anche un altro aspetto, probabilmente più importante d~lle stesse sistemazioni territoriali, al quale Ciano non dette importanza, benché avesse intuito che Ribbentrop considerava la Croazia territorio di interesse tedesco. Infatti, nei 'riassunti telegrafici' C145) con cui tenne informato Mussolini sull'andamento dei colloqui, non vi è alcun cenno a richieste economiche da parte della Germania. Solo incidentalmente, in relazione alla sistemazione delle frontiere albanesi, riferendo che «il Fiihrer ha desiderato venire incontro alle nostre richieste per quanto concerne il Kossovo», Ciano sfiorò la questione economica ma limitatamente al fatto che Hitler <<intenderebbe però mantenere il saliente di Ljitoten [recte: Ljuboten] in favore della Bulgaria e quello di Mitrovizza (Mitrovica) [recte: Mitrovica Kosovska] in favore della Serbia poiché in tali territori sono comprese miniere di proprietà germanica» 0 46> [una _di cromo ed una di rame - n.d.a.]. Invece, specialmente nel corso della seconda giornata, il tema economico, con riguardo agli interessi tedeschi, era stato ampiamente trattato. Dapprima Ribbentrop aveva posto in evidenza i danni - anche se transitori risentiti dalla produzione tedesca a causa delle operazioni militari in Jugoslavia, particolarmente nel campo dei rifornimenti di materie prime C147l. Quindi, dopo le richieste di garanzia per le due miniere di cromo e di rame a Mitrovica Kosovska, aveva dichiarato che quelle esistenti nei territori da assegnarsi alla Bulgaria o che si trovavano entro i confini della Serbia, «sarebbero state a disposizione del Reich» <148>. In successione non solo affrontò il problema dei rifornimenti di bauxite che l'industria tedesca riceveva dalla Dalmazia, ma anche «consegnò al conte Ciano un memorandum che conteneva una formula per la salvaguardia degli interessi economici tedeschi nei nuovi territori che venivano attribuiti all'Italia» 0 49l. Però il documento, più che un memorandum, aveva la sostanza d'un prèciso accordo in quanto era formulato nei seguenti termini: <<ln vista degli speciali interessi economici della Germania nell'ex-Stato di Jugoslavia, si è convenuto [evidentemente con Ciano - n.d.a.] che gli interessi economici tedeschi avranno una speciale considerazione nelle zone che sarebbero passate all'Italia. La Germania principalmente era interessata nello sviluppo della produzione di bauxite della Dalmazia. La produzione di queste miniere sarà sviluppata al massimo possibile; ed il soddisfacimento delle richieste tedesche riceverà una considerazione preferenziale in relazione alle esportazioni)} 0 50>. Di tutto questo, almeno in via telegrafica, non risulta che Ciano abbia fatto parola a Mussolini. A Vienna, sotto il profilo degli acquisti territoriali e sotto quello politico - unione personale - l'Italia conseguì un successo che andava al di là di quanto previsto, sia nella mappa del nuovo Stato di Croazia sia nell'originario


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piano di spartizione della Jugoslavia predisposti dai tedeschi 0 51 >. Ma Roma, su questi punti, aveva ottenuto soltanto il consenso di Berlino, mentre la definizione dei confini e la soluzione delle questioni connesse dovevano essere discusse e concluse direttamente con Zagabria.

I NEGOZIATI DI LUBIANA E L'INCONT RO DI MONFALCONE Cominciò così la fase più impegnativa del negoziato, mentre l'opinione pubblica itahana era concorde nel chiedere l'annessione dell'intera Dalmazia. In Parlamento, deputati e senatori dalmati e dalmatofili, nelle piazze gli studenti e le organizzazioni patriottiche -o di partito manifestavano apertamente il loro pensiero e la loro attesa. Era la naturale conclusione di anni d'irredentismo, radicato sin dalla fine della prima guerra mondiale, pur se Ciano annotava, «anche in ltalia,è cominciata un'accanita propaganda dalmata, ad opera dei soliti agitatori», aggiungendo subito dopo, «essere dalmata, per molti, è una professione» <152>. Analogamente, in Croazia, si manifestò una decisa corrente irredentistica per la Dalmazia, sostenuta dagli ustascia, sentita dai macekiani e comune a tutti i croati, specie della costa, contrari a q~alsiasi cessione all'Italia. A livello di Governo dovettero influire le parole pronunciate dal ministro Siegfried Kasche al momento della presentazione delle credenziali che lo accreditavano a Zagabria, quando assicurò che il Governo croato «potrà disporre dell'amichevole collaborazione del Rei.eh tedesco» quantunque, ricevendo le istruzioni dal segretario di Stato Weizsacher, fosse stato avvertito che «era nella natura delle cose che Croati ed Italiani non sarebbero andati a lungo d'accordo fra di loro. Che per tanto era certo che i Croati si sarebbero rivolti a Kasche, in quanto ministro tedesco, ed avrebbero tentato di farne un arbitro della loro disputa fra italiani e croati [ ...]. Perciò Kasche avrebbe dovuto tenere lontano le mani da tali questioni e lasciare che prevalga l'egemonia italiana in Croazia sino a quando questa sia in armonia con i nostri interessi» <153>. Conseguentemente Pavelié, fidando sull'appoggio di Berlino, e prestando fede alle informazioni che gli pervenivano dai propri emissari, ritenne che la questione della Dalmazia non fosse d'immediata.soluzione, al punto che - come informavano Veesenmayer e Kasche a Berlino: «in tutta serietà stava passando parola a tutti i suoi rappresentanti in Dalmazia che essi avrebbero dovuto attendere anche per almeno 2 anni prima che questa questione potesse essere sistemata favorevolmente[ ... ]. D'altro lato egli sapeva che il tempo stava dalla parte della Croazia, dal momento che specialmente


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il morale e la disciplina delle truppe italiane d'occupazione erano molto cattivi ed il loro spontaneo cambiamento stava rapidamente continuando, in parte con accentuazioni comuniste» <154>. Simili notizie, anche se deformate dall'ottica politica degli 'esponenti' o emissari, rafforzavano in Pavelié il convincimento di poter «evitare di dar via tutta o parte della Dalmazia sia ora che domani» <155>. Per di più altri rapporti (a parte il fatto che sul comportamento delle truppe italiane di occupazione erano contrastanti; «alcuni parlano di brutalità, altri di condotta corretta; in un posto di promesse e di adescamento, in un altro di più O meno velate minaccie», (lS6)) ponevano in evidenza che «manifestamente vi è completa mancanza di una qualsiasi chiara direttiva da Roma. Il solo fatto consistente·è la uniforme ostilità dell'intera popolazione e la sensazione che presto il popolo diverrà abbastanza forte per cacciare in breve tempo le truppe italiane dalla Dalmazia» 0 57>. Ciano, tornato da Vienna e preparandosi ad incontrare Pavelié il 25 aprile a Lubiana, sembrava tutt'altro che persuaso del successo ottenuto. Lo preoccupava l'inaspettata arrendevolezza.di Ribbentrop al punto da annotare nel Diario: «A Vienna hanno dato a noi la mano libera. Ma fino a quanto sono sinceri?» 0 58>. Di fronte a questi dubbi, fece riesaminare dagli uffici del ministero le implicazioni della 'unione personale'. Palazzo Chigi predispose un 'appunto', osservando che «circa i rapporti da stabilirsi fra l'Italia e la Croazia, si può pensare ad una 'Unione Personale' sia ad un 'accordo' che, senza la comunanza personale del Capo dello Stato, assicuri ugualmente all'Italia una speciale posizione nei riguardi della Croazia. L'assunzione da parte di Pavelié della qualità di Capo dello Stato sembra rendere difficile parlare cli una Unione Personale» <159>. Da questo momento, attraverso una progressiva gradualità, cominciò il riflusso del più ampio disegno territoriale-politico italiano sulla Croazia. Ciano, d'intesa con Mussolini, pur non accantonando l'idea della 'unione personale', predispose un'altra soluzione con due alternative: proporre a Zagabria un patto di alleanza, garanzia e collaborazione dalla durata di venticinque anni, e «qualora Pavelié lo avesse accettato l'Italia avrebbe preso in considerazione il desiderio della Croazia di avere uno sbocco in Adriatico» <160>, in caso contrario si sarebbe annessa tutta la costa. Non di meno, Ciano, dovette sentirsi tutt'altro che sicuro della possibilità di realizzare queste soluzioni, tanto da ,i.asciarlo trasparire a von Mackensen, il quale immediatamente riferì a Ribbentrop di aver tratto «l'impressione che gli italiani abbiano più o meno rinunciato all'idea di una unione personale, e che anche non siano sicuri se Pavelié voglia o possa convenire sul trattato proposto, specialmente se essi, com è da supporre, non desiderano esercitare pressionb> 0 61>.


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Su questo punto von Mackensen, invece, non era esattamente informato poiché Ciano, tramite l'ambasciatore italiano a Berlino, Dino Alfieri 0 62>, aveva cercato di far pressioni su Pavelié attraverso von Ribbentrop, accampando un presunto impegno da questi assunto, durante l'incontro di Vienna. II ministro tedesco , evidentemente seccato, con un memorandum sottopose la questione ad Hitler e, richiamandosi ai verbali dei colloqui, pose in rilievo che «il conte Ciano stà ora tentando con tricks [così nel testo inglese, che può esser tradotto in italiano come 'artifici' ma anche come 'frode' o 'inganno' - n.d.a.] dialettici di agganciarci al carro italiano perché altrimenti teme di non essere capace di far si che Pavelié acconsenta alle aspirazioni italiane» <163>. In ogni modo, Ribbentrop sottopose ad Hitler il testo di un messaggio per Paveìié in cui, dopo i voti per la migliore riuscita del negoziato e della sistemazione dei vari problemi con l'Italia, era detto che «la Germania, invero, considera tali questioni come una esclusiva materia croato-italiana, ma sarebbe stata lieta se le due parti fossero pervenute ad una amichevole intesa con reciproca soddisfazione» 0 64l . Formula abile nella sua ambiguità perché, non essendo stata sollecitata dai croati - che in quei momenti dovevano nutrire preoccupazioni per lo meno analoghe a quelle che tormentavano Ciano - ed interpretata dal punto di vista di Zagabria, poteva anche confortare una più decisa opposizione di Pavelié e dei suoi seguaci. Non si sa se Ciano abbia avuto tempestiva notizia dell'esatto testo di questo messaggio poiché, solo al momento di varcare la frontiera, a Postumia, venne informato dal prefetto di Trieste che Alfieri aveva telefonato a Roma assicurando che da parte di Ribbentrop era stata inviata una comunicazione a Pavelié. Ma, il semplice riassunto del contenuto, non consentiva di cogliere la sottile insidia delle calibrate parole usate dal ministro tedesco <165>. Ciano giunse a Lubiana il 25 aprile, e la stessa inclemenza del tempo «Giornata d'inferno. Piove e soffia un vento gelido» <166> - fu tutt' altro che propizia all'andamento dei colloqui . Più che un incontro si ebbe uno scontro, al limite della rottura. Pavelié , conosciute le richieste italiane, dichiarò che si vole\la farlo cacciare dal Governo 0 67>. Il problema fondamentale, quello della Dalmazia, impegnò le due delegazioni soprattutto perché alcuni componenti di quella croata si dimostrarono decisamente contrari a qualsiasi cessione territoriale invocando anche «le statistiche per provare che in Dalmazia d'italiano non vi erano che le pietre» <168>. Ciano cercò di reagire alla ostilità dell'ambiente ponendo la questione «in modo dittatoriale» <169) mentre Pavelié, più realisticamente, colse le prospettive dell'accordo politico, che almeno gli avrebbe consentito di discutere sull'ampiezza dell'accesso croato al!' Adriatico, non escludendo «l'eventualità dì una unione personale o di una monarchia con un Principe sabaudo» <170>. Arrivò


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ad ammettere che la Dalmazia del Patto di Londra, con in più Traù, poteva essere annessa all'Italia, «mentre Spalato e Ragusa, nonché alcune isole dovrebbero restare alla Croazia» <171 l. Su questa impostazione del problema, sia pure fra contrasti e discussioni, fu possibile definire una serie di proposte nel senso che la Croazia si sarebbe riservata la costa da Porto Re (Kraljevica) ad Obrovazzo e da Traù, esclusa, sino a Ragusa compresa; l'Italia avrebbe incorporato, intorno a Fiume, la zona di Sussa fino a Porto Re con una limitata fascia di territorio; la Dalmazia sino ad una profondità massima di una quarantina di chilometri dalla costa, con Sebenico e Traù; all'estremo meridione la zona di Cattaro. Circa le grandi isole passavano all'Italia Arbe, Veglia, Lissa, Cùrzola e Mèleda; le altre, con quella di Pago, alla Croazia <172l. Per l'annessione della Slovenia meridionale non vi furono obiezioni. Invece per Spalato l'asprezza dello scontro non consentì di avviare alcuna intesa. Pavelié, tornato da Lubiana a Zagabria, fu impegnato in continue e difficili riunioni con i diretti collaboratori. Persisteva l'opposizione di alcuni ministri a qualsiasi rinuncia territoriale in Dalmazia, mentre sull'accordo politico si andava manifestando un orientamento più possibilista. Anche il disegno di un Regno di Croazia con un principe di Casa Savoia guadagnava terreno nonostante qualche difficoltà di ordine costituzionale: si doveva ricreare l'istituto della corona e, pertanto, costituir~ l'assemblea dei rappresentanti del popolo - il Sabor - cui spettava per tradizione l'investitura del sovrano. Ma questi ostacoli non apparivano insormontabili anche perché nella mente di Pavelié, pur se in modo ancora indefinito, si stava facendo strada l'idea di poter conservare Spalato attraverso l'espediente dinastico <173>. Ciano, rientrato da Lubiana, riferì SI.Ji risultati dei colloqui e Mussolini, «salvo per Spalato», si dimostrò disposto al negoziato, poiché gli appariva «più utile attrarre la Croazia nella nostra orbita politica che prendere un pò più di terra popolata da Croati ostili» <174l . Per l'unico punto risolto a Lubiana, l'annessione della Slovenia meridionale, venne posto allo studio il relativo decreto-legge. Frattanto a Zagabria le trattative venivano proseguite da Raffaele Casertano <175>, capo della legazione italiana, aperta da alcuni giorni nella capitale croata . Il 28 aprile l'incaricato d'affari comunicava a Roma che si erano fatti «molti passi avanti con i Croati. Sia per quanto concerne le frontiere della Dalmazia, sia per la possibilità di una instaurazione monarchica con un Principe di Casa Savoia» <116>. Convocato a Roma, venne ricevuto da Mussolini e, quasi certamente, fu latore della lettera con cui Pavelié «a nome del Governo croato offriva la corona di Croazia ad un principe


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di Casa Savoia, che sarebbe stato designato dal Re d'Italia>> <177>. Il Capo dello Stato croato si dichiarava disposto a venire a Roma per la conclusione degli accordi ma escludeva qualsiasi concessione per Spalato perché «se dovesse mollare Spalato, dovrebbe dimettersi e con lui crollerebbe tutto il sistema filoitaliano» 0 78>. Mentre Mussolini su questo punto si dimostrò «molto restio a cedere» <179>, Ciano cominciò ad essere possibilista tanto da domandarsi: «Vale proprio la pena per salvare una città della quale di italiano vi sono i soli monumenti, perdere il controllo su un grande e ricco regno? I diritti delle pietre sono innegabili ma anc,ora più forti sono i diritti dei vivi» 0 80>. In questo suo orientamento non era solo. Infatti, Vittorio Emanuele III, informato dello sviluppo dei negoziati, mentre si era dimostrato «molto contento per la Corona ad un Principe della sua Casa» 0 81 >, non soltanto non aveva sollevato alcuna obiezione circa un'eventuale rinuncia a Spalato ma, anzi, aveva espresso il parere che «quanto meno Dalmazia si prende e tanto meno noie avremo. 'Se non fosse per certi sia pur spiegabili sentimentalismi' ha detto - annotava Ciano - 'io sarei favorevole a cedere persino Zara'>> 0 82>. Alla lettera di Pavelié, Mussolini rispose comunicando il gradimento del Sovrano che avrebbe designato il Duca di Spoleto a nuovo Re di Croazia. Per Spalato tenne fermo e, in tal senso, dette istruzioni a Casertano «ma non al punto di farne una questione di rottura» 0 83>. II compito dell'incaricato di affari si dimostrò ben ostico dovendo superare tenaci resistenze e tergiversazioni tanto che ad un dato momento invitò perentoriamente Pavelié a decidersi ponendolo di fronte alle responsabilità che si assumeva. Informato di questa presa di posizione, il ministro croato a Berlino, Branko Benzon, cercò di ricorrere a Ribbentrop ma, non riuscì ad entrare in contatto. Parlò per telefono con il segretario di Stato Weizsacker e, «asserendo di aver ricevuto notizie da Pavelié», gli comunicò che «la Croazia doveva rispondere ad un ultimatum italiano entro le 12 di domani, domenica 4 maggio» 0 84>. A detta di Benzon, i punti in contestazione sarebbero stati l'unione doganale e l'offerta della corona di Croazia ad un principe Sabaudo. Da ciò si desume che il ministro croato fosse ben poco aggiornato sullo sviluppo dei negoziati o che Pavelié - se veramente gli aveva parlato - non lo avesse esattamente orientato, poiché almeno sul secondo punto, designazione del nuovo re di Croazia, vi era ormai piena intesa. Inoltre l'unione doganale, anche se oggetto di discussioni, sino a quel momento, non era stata motivo di particolari contrasti . Invece Benzon non accennò alla questione di Spalato, evidentemente ignorando che proprio su di essa s'era rischiata la rottura del negoziato, ma colse l'occasione per dire a Weizsacker che «l'occupazione italiana era un grave peso per il paese[ ... ]. Tuttavia le speranze dei croati erano poste nel Ftihrer. Essi attendevano che egli determinasse i confini croati, ma soltanto dopo la guerra» Cl 85 >.


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11 segretario di Stato, nel memorandum del colloquio, annotò: «Non ho detto completamente al Ministro croato che il menzionato ultimatum era per noi interamente sconosciuto e personalmente mi sorprendeva moltissimo» <186>. Solo il giorno dopo Veesenmayer, da Zagabria, avrebbe confermato a Ribbentrop che «l'incaricato d'affari italiano aveva ancora una volta presentato a Pavelié le ben note ri~hieste in forma di un ultimatum» <181>. Comunque, l'iniziativa di Casertano sembrò aver successo, ed il 4 maggio egli era in grado di comunicare a Roma che «anche Spalato può venire a noi con alcune riserve sull'amministrazione» <188>. Il giorno seguente, tramite la legazione d'Italia a Zagabria, arrivò a Roma un telegramma di P avelié e si potè, così , prender conoscenza delle 'riserve' su Spalato . Si trattava d'un complesso di pericolose limitazioni alla sovranità dell ' Italia, proposte da Casertano pur di trovare una soluzione: la città con i più immediati sobborghi sarebbe stata annessa all'Italia ma, Roma, riconoscendo la prevalente nazionalità croata degli abitanti, avrebbe affidato ai croati le amministrazioni del comune, del porto, della polizia e della gestione finanziaria; la giustizia, per gli italiani, sarebbe stata amministrata da un tribunale misto croato-italiano; la bandiera italiana, innalzata assieme a quella croata; un'apposita convenzione avrebbe regolato l'insegnamento della lingua, della storia, della letteratura italiana sia a Spalato come nel resto della Dalmazia attribuita alla Croazia <189>. Ma Pavelié, pur dimostrandosi disposto ad acèettare questa transazione, con lo stesso telegramma fece ancora un tentativo - contorto c forse anche ingenuo - per conservare integralmente Spalato alla Croazia . Giocando la carta del principe sabaudo sul trono di Croazia propose «alla comprensione del magnanimo condottiero che tanto avete fatto per indipendenza mia Patria» <190> una nuova soluzione. Partendo da lontano, cercò di far leva sul sentimentalismo di Mussolini: dopo aver ricordato come in quei giorni fosse stata portata in Dalmazia la «bandiera italiana che raccolse il corpo di un Vostro purissimo eroe, Giovanni Randacciò», custodita «dal Poeta d'Annunzio( ... ] per donarla a Spalato il giorno in cui fosse divenuta italiana» <191 l, proponeva, «[ ... ] dal momento che l' offerta della corona di Zvonimiro è stata accettata da S. M . il Re d'Italia che ha designato come fondatore della nuova Dinastia croata, S.A.R. il Duca di Spoleto, [... ]che la bandiera di Randaccio potrebbe con gesto grandemente simbolico essere offerta al Principe Sabaudo nostro Re col dono della città di Spalato che Voi gli fareste e che egli riceverebbe da Voi come un bene, inalienabile feudo della Corona» <192>. Casertano nel trasmettere il telegramma faceva intendere che lo stesso Pavelié non doveva esser molto convinto di una simile soluzione; aggiungeva, infatti , che il Capo dello Stato croato sarebbe


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stato «lusingato se della sua simbolica proposta qualche cosa almeno rimanesse nella decisione che prenderà il Duce» <193>. Mussolini, alla proposta di Spalato feudo della corona croata, semplicemente non rispose e dette istruzioni all'incaricato d'affari di comunicare al Poglavnik che «formula da voi [Casertano - n.d.a.J suggerita per Spalato rappresenta una soluzione assolutamente minima che non ci consente nessuna ulteriore concessione» <194>. La risposta era chiara, come chiara dovette esser la sorpresa di Mussolini di fronte al pacchetto delle 'riserve' suggerite da Casertano per le insidie che contenevano e per il germe di conflitti che racchiudevano, tanto da telegrafare al ministro a Zagabria: «Est superfluo ricordarvi motivi storici, politici et militari che stanno a fondamento del possesso italiano di Spalato e che non trovano certo riscontro nei titoli croati su questa città» (195>. Nel testo degli accordi definitivi le analitiche 'riserve' sarebbero state sostituite da una formula più generica, ma estesa anche a Cùrzola. Su richiesta di' Pavelié, il 7 maggio, a Monfalcone ebbe luogo un incontro con Mussolini. I colloqui si svolsero senza particolari difficoltà. Più che altro fu una verifica delle intese raggiunte. Su alcuni punti Pavelié invocò la generosità di Mussolini, «e questi, naturalmente, cede. Si tratta dell'unione doganale [per la quale il Poglavnik chiese una formula meno vincolante - n.d.a.], di alcuni tratti di territorio [distretti di Delnice, Cerquenizza e Novi intorno a Fiume - n.d.a.J. Per parte mia - annotava Ciano - tengo duro su Cùrzola e Buccari» <196). Tuttavia l'incontro di Monfalcone rischiò di avere pesanti ripercussioni sui rapporti italo-tedeschi. Infatti, pochi giorni dopo, il ministro croato a Berlino, Benzon, riferendosi a confidenze che gli sarebbero state fatte da Pavelié, raccontò ad un funzionario del ministero degli esteri germanico, Stahlecker, che a Monfalcone vi sarebbe stato anche un colloquio privato fra il Duce ed il Capo dello Stato Croato <197>. Mussolini «molto depresso durante la conversazione», fra l'altro «avrebbe detto che non credeva in una vittoria finale della Germania[ ... ]. Infatti per tale motivo Pavelié avrebbe accettato il Principe di Casa Savoia dato che questi era sposato con una principessa greca e quindi imparentato con la Corte inglese» <198>. Stahlecker rimase stupito, e nel memorandum del colloquio annotò: «Domandai anche a Benzon se era a conoscenza che Mussolirii avesse fatto queste dichiarazioni a Pavelié o se Pavelié quando parlava con Benzon, forse per qualche ragione o altro, avesse inventato una simile dichiarazione di Mussolini [... ] . Ho detto a Benzon che consideravo impossibile che Mussolini avesse fatto tali dichiarazioni e che vi dovesse essere un qualcosa dì falso » 0 99). In realtà, durante il viaggio in treno verso Monfalcone, Mussolini era apparso piuttosto preoccupato circa le prospettive della guerra, e Ciano


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aveva colto l'occasione per esporgli alcune considerazio ni su «una pace di compromesso» che «dovrebbe esser da noi valutata quale un favorevole evento soprattutto adesso che abbiamo fatto il nostro bottino» <200) . Mussolini - scrive Ciano - «sembrò essere d'accordo tanto più che alcune recenti vicende e soprattutto gli attriti che in Grecia si erano manifesta ti con le truppe tedesche, gli hanno aperto gli occhi su tante cose» <201>. Ma, all'infuori di queste notazioni sullo stato d'animo di Mussolini - che potrebbero in un certo qual modo avvalorare il racconto di Benzon - nessuna fonte conferma un colloquio privato del Duce con Pavelié. Si sa, tuttavia, che il memorandum di Stahlecker venne conservato da Ribbentrop io un'apposita cartella da sottoporre ad Hitler <202>. A Monfalco ne furono siglati due trattati, uno per i confini e l'altro politico, di garanzia e collaborazione, nonché un accordo su questioni militari. La cerimonia della firma venne fissata per il 18 maggio a Roma, in occasione della designazione del principe sabaudo a re di Croazia. Il lungo negoziato stava arrivando alla conclusione senza che lo Stato Maggiore italiano fosse stato interpellato sui requisiti di sicurezza dei nuovi confini. Solo dopo Monfalcone il ministero degli affari esteri avrebbe dato comunicazione della linea di frontiera «ali' Alto Comando italiano, sotto forma di una carta al 500 mila che portava un confine segnato a lapis, in maniera non molto chiara, e un foglietto di carta staccata da un notes che conteneva poche righe pure a lapis>> <203>. Supermarina, in relazione all'andamento del confine lungo la mediana del Canale della Morlacca, fece subito osservare l'opportunità di spostare «sulla dorsale della vicinissima catena dei Mo nti Planina [recte: Alpi Bebie, in croato Velebit P lanina] [... ] in modo da conferire a Zara un retroterra capace di un certo respiro e più facilmente difendibile» <204>. Inoltre, per il tratto fra Spalato e Cattaro, pose in evidenza che il tracciato del confine italiano «dovrebbe scendere a sud fino ad includere nei nostri co nfini Almissa e le centrali idroelettriche del Cetina [.. .] l'opportunità di tale soluzione è manifesta» c205 >. Ma, ormai, i cambiamenti che vi sarebbero stati apportati, solo di lieve entità, furo no tutti a favore della Croazia. Mussolini, tornato da Monfalcone, espose al Consiglio dei ministr i i risultati dell' incontro. Evidentemente, riferendosi alle pressioni che provenivano - in special modo dal Senato - per un'integrale annessione della Dalmazia, fra l'altro disse: «Avrei potuto ottenere di più ma mi sono astenuto di proposito avendomi P avelié dichiarato che si metteva nelle mie mani e mi pregava solo di permettergli di costituire uno Stato vitale. I dalmati sono scontenti e pretendevano di farmi portare il confine fino al crinale delle Alpi Dinariche ma mi sono rifiutato di includere nel territorio naziona le nuclei compatti di razza slava, prima di tutto perché cerco una intesa intima


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con la Croazia, intesa soprattutto di carattere economico e culturale che faccia diventare il nuovo Stato un nostro naturale cliente e quasi una nuova appendice e poi perché non intendo assolutamente far sorgere un irredentismo alla rovescia» <206>. A Zagabria, le indiscrezioni sull'andamento dei negoziati, le contrastanti supposizioni sul tracciato dei confini, la sorte di Spalato, alimentando dubbi, incertezze e risentimenti, influivano sull'opinione pubblica, nettamente ostile all'Italia, specie per «la pressione proveniente dai croati Dalmazia aperti sostenitori opportunità che prevalgano interessi tedeschi» <207>. Casertano, di fronte alla possibilità di altre ripercussioni negative sulle ultime intese prima della firma degli accordi, chiese che Roma intervenisse presso le autorità italiane in Dalmazia per impedire la partenza verso Zagabria di «politici, ecclesiastici e postulanti dalmati» <208l che alimentavano il malanimo antitaliano dei paveliciani, dei macekiani e dei croati in genere. Ma anche i serbi erano in agitazione. Gli ustascia, imboccando la strada della persecuzione e della rivincita contro i trad izionali avversari, avevano imposto ai circa trentamila ortodossi, residenti nel centro di Zagabria, di trasferirsi in periferia nel termine di otto giorni <209>. Contemporaneamente, .agli ebrei era stato imposto un bracciale di riconoscimento. Le reazioni erano inevitabili e le autorità croate temendo che la situazione potesse sfuggir loro di mano specie nel momento in cui Pavelié si sarebbe recato a Roma, adottarono la maniera forte. Il 14 maggio Casertano avvertiva che a Zagabria «arresti ultima ora superano 2000; anche elementi milizia ustascia considerati iscritti ultima ora, sono stati disarmati e fermati» <210>. Per gli ebrei ed i serbi fu imposto il coprifuoco e gli accessi alla città vennero controllati da ustascia <211 >.

L'UNIONE DOGANALE-MONETARIA CON LA CROAZIA E GLI ACCORDI DI ROMA In questa situazione ambientale giunse a Zagabria Donato Menichella C212l, per meglio definire nello spirito dell'accordo di garanzia e di collaborazione siglato a Monfalcone il generico impegno per un'unione monetaria e doganale con la Croazia. Pavelié si oppose tenacemente anche perché, all' insaputa dell'Italia, il Governo croato stava contemporaneamente avviando intese economiche con la Germania. La missione si concluse con un completo insuccesso ed il 17 maggio Menichella inviava a Mussolini una relazione stringata, schietta, quasi rude, ma con chiara visione dell'invadenza germanica, dell'ambiente di Zagabria, dell'impopolarità di Pavelié, e con


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poche parole fotografava la situazione in cui si trovava il Poglavnik: «il popolo non ama né conosce Pavelié» <213 >. Dopo questo primo piano, metteva a fuoco lo sfondo: «la borghesia, che ha sempre trafficato e rubato al popolo, teme Pavelié innovatore, lo spia e gli impedirà sempre qualunque concessione ali' Italia)> <214>. Ma Menichella sperava ancora di portar a termine il compito affidatogli perché nella relazione precisava: «la unione doganale e monetaria o si firmerà domani o non si firmerà mai più)) <215>. Sosteneva questa lapidaria affermazione con argom enti ineccepibili ponendo in evidenza che l'Italia, con la sola forza della su a economia, non sarebbe mai stata in grado di penetrare in Croazia perché «non abbiamo né valuta, né prodotti che possano competere con quelli tedeschi ( ... ] ed al nostro posto si instaurerà la Germania che ha larghissim o seguito fra tutti gli uomini di affari di Zagabria vicini ai Ministri di Pavelié» <21 6>. Affermava, inoltre, che l'unione era indispensabile per rimediare alle conseguenze,di un tracciato dei confini con il quale «si è spezzata in d ue l'unità economica della_Dalmazia che regge da secoli» <217> lasciando, ad esempio, le miniere di bauxite e gran parte delle cave di marna cementifera al di là della fronti era. «Io ho detto a Pavelié - riferiva Menichella - in tre colloqui duri, di mantenere almeno questa piccola unità economica della Dalmazia; egli me l'ha negata sotto il pretesto che non vuole apparire venduto all' Italia)) <21 s>. Però, anche se Menichella avesse ottenuto l'assenso del Capo dello Stato croato - indipendentemente dalle trattative croato-tedesche in atto avrebbe tratto a riva una rete quasi vuota poiché Ciano, a Vienna aveva già riconosciuto la preminenza degli interessi tedeschi nello sfruttamento delle miniere in Dalmazia. Delle discussioni economiche fra Ciano e Ribbentrop e delle intese concordate, sembra che Menichella non fosse stato minimamente informato, altrimenti non avrebbe scritto nella sua relazione a Mussolini che «l' Italia non può avere uno spazio vitale che in Croazia e in Dalmazia; o ha questo o dovrà andare a cercarselo soltanto nelle colonie. I cittadini di Spalato e di Sebenico non potranno benedire l'Italia se questa li mette nella condizione n ella quale ha vissuto .sin oggi Zara)), e subito dopo aggiungeva: «se non abbiamo la Croazia e la Dalmazia, avremo perduto l'unico polmone che ci permette di respirare» <219>. Nell'interesse, a suo avviso preminente, di arrivare all'unione monetaria e doganale, Mcnichella propose a Mussolini una transazione con Zagabria: concedere come contropartita una marina da guerra alla Croazia - viva aspirazione di Pavelié e di tutti i croati, ma esclusa dall'accorJo militare - e, se necessario , «diamo Cùrzola, fac ciamo ogni altra concessione territoriale se risponde ad esigenze etniche della C roazia, ma aboliamo


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subito le barriere economiche» <220i . Come ultima possibilità suggeriva un intervento di Berlino, dichiarandosi convinto «che la lealtà di Hitler e la sua amicizia per il Duce daranno il consenso alla richiesta dell'Italia [dell'unione monetaria e doganalè - n.d.a.] se questa la fa nella giornata di oggi e la notifica domani a Pavelié come un accordo preciso avvenuto fra la Germania e l'Italia». Menichella concludeva la relazione precisando che «le ragioni formali per imporre domani, domenica, a Pavelié l'unione monetario-doganale sono: a) il suo rifiuto opposto in questi giorni alla piccola unione economica per la Dalmazia, che ci ha aperto gli occhi; b) il suo rifiuto di darci soddisfazione per La Da/matienne <221>che ci costringe[ ... ] a passare attraverso la Francia per tutelare un interesse che l'Italia ha piantato in Dalmazia fin dal 1903 [... ]; e) la circostanza che il Duca di Spoleto può aver messo come condizione per l'accettazione della corona che la Croazia sia indissolubilmente legata all'Italia sul terreno economico; cf) l'accordo che su questo punto può essere intervenuto oggi tra l'Italia e la Germania, in conformità ad una richiesta da farsi a Hitler di cui al telegramma unito» <222l. Oltre alla bozza del telegramma allegava anche il testo dell'accordo - tre brevi ma chiari articoli <223>- da imporre a Pavelié. Ma tutto questo impegno restò senza seguito. La Croazia non divenne «il nostro cliente e quasi una nuova appendice» dell'Italia, come auspicato da Mussolini al Consiglio dei ministri, perché già il 16 maggio il Governo croato aveva sottoscritto con la Germania un accordo economico segreto. Da parte di Casertano non era mancata la segnalazione dell'arrivo a Zagabria di Karl Clodius, il negoziatore tedesco, ma solo genericamente ed in relazione ad una «sospensione temporanea lavorio agenti segreti (tedeschi - n.d.a.] [ ... ] nella speranza favorevol e conclusione trattative economiche» <224l. Evidentemente, pur accennando a 'trattative economiche' , non ne fu allarmato e non sembra aver avuto alcuna ulteriore informazione o indiscrezione circa quanto si stava concretando. Invece Siegfried Kasche, ministro tedesco a Zagabria, con Karl Clodius per la Germania, Lovro Susié ministro dell'economia e Mladen Lorkovié vice-ministro degli esteri per il Governo croato, il 16 maggio firmarono un accordo 'segreto' per cui: «In vista degli speciali interessi econoh1ici della Germania nei vecchi territori della Jugoslavia, si è convenuto che gli interessi economici tedeschi in Croazia avranno particolare considerazione>> <225l. Erano quasi le identiche parole con cui cominciava il memorandum consegnato da Ribbentrop a Ciano durante i colloqui di Vienna. Quindi, fra le altre clausole, si stabiliva che «la Germania può continuare senza restrizione lo sfruttamento delle materie prime industriali, in particolare minerali, che essa ha già effettuato. Nell' accordare nuove addizionali concessioni lo Stato croato dovrà tenere


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in speciale considerazione gli interessi tedeschi . La stessa [clausola· n.d.a.J si applica alia espçmazione in Germania di materie prime, e in particolare di minerali» <226>. In tal modo, quando due giorni dopo l'Italia avrebbe firmato il trattato di garanzia e collaborazione con l'obiettivo di comprendere il nuovo Stato croato nella sfera dei propri interessi, ben poco o nulla le sarebbe concretamente rimasto. II 18 maggio, Pavelié ed il suo seguito furono accolti alla stazione Ostiense da Mussolini e dalle alte cariche dello Stato <221>. Dopo la cerimonia al Quirinale per la designazione del Duca di Spoleto a Re di Croazia, nel salone del Mappamondo a Palazzo Venezia vennero firmati gli accordi italo-croati che comprendevano un 'Trattato per la delimitazione dei confini', un 'Accordo su questioni di car~ttere militare concernenti la zona litoranea della Dalmazia' ed un 'Trattato di garanzia e collaborazione' <228>. Il trattato confinario determinava a grandi linee l'andamento delle nuove frontiere, rimettendone la delimitazione sul terreno ad una apposita commissione italo-croata che avrebbe dovuto svolgere l'incarico «con spirito di equità, tenendo conto delle situazioni geografiche, delle necessità di ordine economico e delle vie di comunicazione» <229>. I soli confini certi erano quelli delle isole definiti dalla loro aggregazione ali' uno o a Il 'altro Stato. Inoltre, era previsto che «una Convenzione speciale sarà conclusa per quanto concerne l'ordinamento amministrativo della città di Spalato coi sobborghi ed i castelli, nonché dell'isola di Cùrzola» <210>. Evidentemente si cercava di rendere meno pesante il pacchetto di 'riserve' per Spalato, elaborato da Casertano. Per l'accordo militare, la Croazia doveva smilitarizzare la costa adriatica e le isole, con il divieto di attrezzare qualsiasi opera o apprestamento militare. La smilitarizzazione interessava una zona profonda da quaranta ad ottanta chilometri dalla costa. Inoltre il Governo di Zagabria dichiarava <<che non è sua intenzione di avere una marina da guerra, salvo a disporre di unità specializzate necessarie ad assicurare i ~ervizi di polizia e di finanza» C231l. Un ulteriore accordo avrebbe determinato le modalità per l' utilizzazione, da parte delle Forze armate italiane, della rotabile Fiume-Cattaro e della linea ferroviaria Fiume-Ogulin-Spalato. Ma, ben più impor tante, era il trattato di garanzia e collaborazione con cui l'Italia si assumeva l'obbligo di garantire l'indipendenza politica e l'integrità territoriale del Regno di Croazia; Zaga bria, a sua volta, si impegnava a non assumere «impegni internazionali incompatibili con la garanzia stabilita» <232>, avvalendosi anche della collaborazione dell'Italia per la riòrganizzazione e l'istruzione tecnica del suo esercito. Nel campo econo~1ico i due Governi, non avendo realizzato l'unione monetaria e doganale, sì impegnavano «non a ppena consolidata l'economia dello Stato croato, ad


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entrare nelle più strette relazioni cli carattere doganale e valutario» <233>. Era una formula sfumata che, rinviando ogni ulteriore decisione ad eventi ipotetici ed indefiniti, come previsto da Menichella, sarebbe stata, con difficoltà, realizzata solo parzialmente per la Dalmazia. Ci si riservava, infine, di concludere specifici accordi per il traffico ferroviario e marittimo, per il trattamento dei rispettivi cittadini, per le relazioni culturali e giuridiche. Con questo trattato, almeno formalmente, la Croazia diveniva una specie di protettorato dell'Italia; ma in pratica le enunciazioni rimasero solo teoriche. La Germania, pur avendo reiteratamente assicurato che Roma aveva mano libera in Croazia, sin dal primo momento vi penetrò decisamente, con ogni mezzo, anche poliziesco, e l'Italia, ignorando i sottostanti termini dell'accordo economico segreto si trovò di fronte a situazioni inspiegabili, della cui gravità tuttavia non poteva non rendersene conto. Casertano, neanche dieci giorni dopo la firma degli accordi di Roma, avvertiva «che polizia militare e civile tedesca controlla tutti servizi pubblici croati e i gangli principali delle attività politiche ed economiche della Croazia; essa intralcia opera ric<?struzione questo Governo [croato - n.d.a.] ed ostacola ogni penetrazione italiana giungendo sino a promuovere da parte ministeri croati disposizioni che sono rivolte contro nostre iniziative» <234) . Analogamente si espresse a metà giugno il tenente colonnello Eugenio Coselschi, in un'articolata relazione sulla situazione in Croazia, sottoposta a Mussolini <235>. II capitolo, significativamente intitolato "L'opposizione tedesca" , cominciava con una inequivoca affermazione: << La più urgente e la più grave delle difficoltà che si oppongono alla nostra [italiana· n.d.a.] piena e rapida affermazione in Croazia è la sistematica ostilità dei tedeschi>> <236>. Quindi, con intuizione, precisava che «tali ostilità sono continue, persistenti, sicché danno ragione di credere che non siano opera di mentalità isolate, ma di una direttiva generale che non si può dire sino a quali gradi e a quali particolari ambienti politici o militari possa risalire» <237l. Faceva presente che, fra Dalmazia e Croazia, erano all'opera oltre duemila agenti fra S.A., S.S., Gestapo <238l di cui circa novecento a Zagabria. <<Essi svolgono una propaganda abilissima, rivolta ad esaltare la potenza della Germania deprimendo, nel contempo, e nel confronto, il nostro prestigio, ed a rappresentarci impotenti e comunque destinati a s.ubir'e la volontà dei tedeschi vittoriosi» C239>. Ma, oltre a questa azione sul piano politico, Coselschi segnalava «la penetrazione risoluta ed implacabile di carattere commerciale ed industriale, a colpi di gomito, sempre in antagonismo con la nostra» <240l. Per di più i tedeschi si servivano dell'argomento Dalmazia «per far credere [ai croati - n.d.a.] che la Germania interverrà, per ottenere, dopo la vittoria, che i territori dalmati occupati dall'Italia siano restituiti alla Croazia» <241) .


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Era questo un tema estremamente vivo nel risentimento creato, anche se Pavelié, di ritorno da Roma, il 21 maggio in Piazza San Marco a Zagabria <242>, nel suo unico discorso pubblico, aveva cercato di minimizzare la questione dei confini in Dalmazia magnificando, invece, che mai la Croazia nella sua storia era stata territorialmente così estesa <243>. Ma «il popolo croato, naturalmente, attaccato al sentimento nazionale - scriveva Coselschi - ha finito per sentire la questione dalmata rappresentatagli dall'accesa parola di quei politicanti [dalmati croati - n.d.a.] come punto d'onore e di prestigio per tutto il paese, e per vedere negli italiani, considerati i nemici della Dalmazia croata, gli avversari dell'unità nazionale della Croazia» <244>. Suggeriva, quindi, di procedere con molta cautela in quanto «quello della Dalmazia è un terreno scottante dove un passo falso può produrre irreparabili effetti» <245>. E, stranamente, sembrava ritenere probabile una diversa soluzione per il problema di Spalato perché, considerando la questione della pace in Adriatico, argomentava che «è possibile quanto meno avvicinarsi ad essa con molto tatto e comprensione, ed è possibile affrontarla con taluni provvedimenti che dovrebbero essere nella valigia del Re, e senza i quali il Re non avrebbe quell'accoglienza che tutti desideriamo. L'attesa in questo senso è generale>> <246 >.

IL DECRETO-LEGGE PER L'ANNESSIONE DELLA DALMAZIA Firmati gli 'Accordi di Roma', il testo del decreto-legge per l'annessione della Dalmazia venne subito riportato dai giornali con ampio risalto. Sulla Gazzetta Ufficiale del Regno però, il decreto apparve solamente il 7 giugno <247>. II motivo dei venti giorni di ritardo non è comprensibile. Fra le varie ipotesi, la prima cui si potrebbe pensare è forse un motivo tecnico: Pavelié, a Roma, al momento della firma degli Accordi aveva chiesto «alcune cose di secondaria importanza che a noi - annotava Ciano - conviene fare per consolidare la sua posizione» <248>. Con ogni probabilità si trattò di rettifiche alla linea di confine oppure a quella di smilitarizzazione <249> che, ovviamente, dovevano esser riportate sia sulla carta geografica aJJegata al trattato che su quella che avrebbe dovuto accompagnare il decreto di annessione. Non è escluso che la d~finizione delle correzioni abbia comportato altre defatiganti trattative con Zagabria, tanto che il Governo italiano, soltanto dopo tre settimane, fece pubblicare il decreto ma senza la mappa, e con una nota in calce: «La carta di cui all'art. I sarà pubblicata nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti» c25 o). li ritardo, però, potrebbe esser stato determinato anche da motivi di politica interna dell'Italia, dato che nella Gazzella Ufficiale del Regno del


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7 giugno, in successione al decreto-legge di annessione, venne stampato il decreto per la delimitazione delle circoscrizioni territoriali delle province di Zara, Spalato e Cattaro (251>. Questa contestuale pubblicazione coincise anche con il comunicato del Consiglio dei ministri sull'approvazione dello schema di disegno di legge che assegnava 500 milioni di lire per l'esecuzione di opere pubbliche straordinarie nei territori già jugoslavi aggregati all'Italia. In tal modo, nello stesso giorno, si ebbero tre documenti che, nel loro insieme e con la loro contemporaneità, offrivano un quadro concatenato . del modo con cui il Governo italiano affrontava i nuovi problemi. Questa simultaneità, inoltre, nei confronti delle popolaziorii annesse, conferiva particolare prestigio al Governatore della Dalmazia poiché, proprio il 7 giugno, Giuseppe Bastianini-arrivava a Zara per assumere l'incarico. Ma non è neppure da escludere che la ritardata pubblicazione del decreto d'annessione sia stata voluta per rendere meno evidente, con l'abbinamento a quello per la delimitazione delle circoscrizioni delle province dalmate, l'anomalia dei richiami in calce, probaoilmente unici nella .storia della legiferazione italiana. Infatti, anche la conoscenza dei limiti delle nuove province era rinviata ad una mappa allegata al decreto ma mai pubblicata (252>.. Però, sul terreno, il problema non poteva restare senza una soluzione e, in Dalmazia, vi provvidero le autorità militari. Il comando del VI Corpo d'armata, il 24 giugno del 1941 , emanò l'ordine di costituire una serie di posti di blocco lungo una linea chiamata di 'vigilanza'. La linea, però, non doveva avere «alcun presente o futuro riferimento o vincolo all'andamento della linea di confine - che sarà tracciata da apposita commissione secondo i vigenti trattati - [... ] i posti di blocco saranno collocati là dove i comandi di divisione interessati ed il Comando Truppe 'Zara' lo riterranno opportuno( .. .] spostando quelli degli attuali posti di blocco che non risulteranno dislocati sulla linea sopraindicata» <253 ). Il ricorso ad una' soluzione di fatto e la mancata pubblicazione delle carte lasciano aperta la strada alle più svariate supposizioni; ma forse si è nel vero pensando che non siano state casuali. Se si considera il modo con cui, nel complesso, venne affrontato e condotto il negoziato per la Dalmazia, si rimane colpiti dalle molte incongruenze. Nella prima fase si ha la sensazione che Mussolini abbia inteso salvaguardarsi da invadenze tedesche, impegnandosi personalmente sino ad ottenere da Hitler l'inclusione della riserva per i confini nella dichiarazione di riconoscimento del nuovo Stato croato. In successione di tempo, quando le trattative si svilupparono direttameme con Zagabria, si ha l'impressione più che di una incertezza, di una notevole condiscendenza da parte del Capo del Governo italiano che - pur avendo ottenuto a Vienna via libera - si


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astenne dal gravare la mano su P avelié. Annettendo d' autorità l'intera costa adriatica si sarebbero potuti determinare pericolosi contraccolpi nella fragile compagine dello Stato croato, non esclusa un'estromissione dello stesso Poglavnik e la sua sostituzione con un pupillo della Germania.. Di fronte a tale prospettiva, Mussolini deve aver considerato più utile concludere al meglio gli Accordi con la Croazia, fra ·cui quel trattato di garanzia e collaborazione che, se anche poteva apparire velleitario, aveva la funzione di sbarrare la strada alla penetrazione tedesca. Conseguentemente, pur di realizzare questo obiettivo, il Capo del Governo italiano, per non pregiudicare la posizione di Pavelié - unica pedina del giuoco italiano in Croazia - rinunciò, in quel momento, all'integfale soluzione del problema adriatico. Ma Mussolini ben sapeva che uomini e situazioni non sono immodificabili specialmente durante una guerra, e soprattutto in uno Stato come quello di Croazia che, appena nato, nel solco dei principi esasperatamente nazionalistici del movimento ustascia, appariva deciso a prendersi una rivincita sui due milioni e mezzo di serbi che costituivano un terzo della popolazione <254>. In quell'aprile del 1941, la creazione della Croazia poteva apparire anche un fatto politico tutt'altro che definitivo specie perché a guerra vinta - come si credeva allora non essendo ancora incominciata la campagna di Russia né l'America era entrata in guerra C255> - sembrava indubbio che, nel nuovo ordine europeo , l'assetto della penisola balcanica avrebbe avuto un_ ordinamento diverso da quello deciso a Vienna. Da qui il disegno - dettato anche dall'obiettiva constatazione della mancanza d'ogni preparazione da parte dell'Italia per assumere la gestione economica e sociale della Croazia - di porre, con gli Accordi di Roma e con la designazione di un principe sabaudo a re del nuovo Stato, un 'ipoteca sulla Croazia, ma nel contempo, di manovrare in modo da evitare una definitiva delimitazione, anche sotto l'aspetto giuridico, dei confini nei confronti di Zagabria. In altre parole si direbbe che Mussolini abbia inteso riservarsi il maggior spazio possibile qualunque mai fosse in fu turo l'interlocutore al momento della globale sistemazione della Balcan ia. In tale contesto, il nori aver pubblicato la carta confinaria può assumere una sua logica: si sarebbe potuto sempre sostenere che l' Italia anche annettendo la Dalmazia , non aveva approvato un traccialo della frontiera, mancando il riscontro cartografico ufficiale. Analogamente può venir interpretato anche un altro fatto altrimenti poco chiaro: la mancata ratifica degli Accordi di Roma che non furono mai presentati alle Camere. Ciascuno dei tre documenti portava la clausola dell'entrata 'in vigore' al momento della firma. Ma per i principi del di ritto


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italiano ciò significava soltanto che quei trattati 'esistevano' senza però ancora produrre i loro 'effetti'. Per diventare vincolanti per l'Italia dovevano ottenere l'approvazione delle due Camere, con il voto favorevole all'apposita legge di ratifica. Ma nessuno mai presentò al Parlamento tale disegno legge e l'omissione doveva entrare in un meditato disegno essendo inverosimile supporre che il Governo ignorasse il disposto dello Statuto per cui: «I Trattati che importassero un onere alle finanze o variazioni di territorio dello Stato, non avranno effetto, se non dopo ottenuto l'assenso delle Camere» <256l. Inoltre, non è pensabile che proprio un Governo fascista non ricordasse di dover sottoporre gli 'Accordi' al parere del Gran Consiglio del Fascismo che, secondo la legislazione dell' epoca, doveva esprimersi «su tutte le questioni aventi carattere costituzionale» compresi «i trattati internazionali che importino variazione al territorio dello Stato e delle .colonie» <257l. La·questione, per di più, venne sollevata dal se11:atore Vittorio Zuppelli, nella seduta del 29 agosto 1941. Parlando sul disegno di legge che assegnava i 500 milioni di lire per le opere straordinarie da eseguirsi nei territori exjugoslavi, fece rilevare che «il trattato con la Croazia, del 18 maggio 1941, non è ancora perfetto, non essendo stato sottoposto al Gran Consiglio del Fascismo, né all'esame delle Assemblee legislative>>, ma assicurò che per evidenti motivi politici non avrebbe chiesto «la sospensione del disegno di legge in esame co~e privo di basi giuridiche» <258 l. Quali fossero le ragioni . che consigliavano di non procedere alla ratifica, lo adombrò lo stesso Zuppelli nel prosieguo dell'intervento, dando - in relazione alla preoccupante instabilità dello Stato croato, scosso dalla insurrezione dei serbi - «piena lode al Governo di non aver perfezionato tale trattato, perché considero questo come un atto di realistica prudenza» (259l. Riferendosi, poi, all'occupazione della zona croata smilitarizzata effettuata in quei giorni dalla 2 3 Armata per dare un minimo di sicurezza alle popolazioni, disse: «Ciò può far sorgere[ ... ] le più rosee speranze circa compensi che potrebbero effettuarsi o altri fatti che potrebbero consigliare diverse soluzioni» <260>. Si delineava quindi, abbastanza chiaramente, l'intenzione di Mussolini che, pur concludendo formalmente gli Accordi, non li perfezionava sul piano interno, instaurando in tal modo con Zagabria soltanto un modus vivendi. Ammettendo questa ipotesi ci si rende ragione della incoerenza con cui venne realizzata l'annessione della Dalmazia: la soluzione suicida per Spalato; la discontinuità territoriale del Governatorato; l'abbandono in territorio croato dell'unica linea ferroviaria fra Fiume e Spalato salvo qualche chilometro in vicinanza delle due città; le centrali idroelettriche, necessarie per la vita e l'economia delle città italiane della costa, rimaste oltre


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confine; la rottura dell'unità economica della Dalmazia. TJn co mplesso di situazioni che, non potend osi ascrivere ad ignoranza, proprio per la loro elementare illogicità, sembrano essere motivi deliberatamente precostituiti, sui quali far leva nel corso di un futuro negoziato per una migliore e definitiva sistemazione della Dalmazia. Il 30 giugno, Mussolini riceveva in udienza il ministro Luca Pietromarchi, capo dell'Ufficio 'Croazia' del ministero degli affari esteri, che aveva chiesto precise direttive sulla questione di Spalato. Nel corso del colloquio, riferisce Pietromarchi, affrontando il problema della Dalmazia, «le testuali parole di risposta del Duce sono state le seguenti 'non è possibile una sovranità in mezzadria', ed ha-continuato dicendo che se le trattative non si avviano verso q uella collaborazione tra Croati e Italiani nell'am bito della quale è solo concepibile una convivenza negli attuali confini dalmati, tutta la questione va considerata ex novo. In altri termini, gli attuali co nfini della Dalmazia devono essere considerati, secondo le stesse parole del Duce, ' paradossali', a meno che non siano, come devono essere, puramente 'morali' e cioè sulla carta» (~61>. Se a queste considerazioni si aggiunge che la 2a Armata, a metà agosto, aveva rioccupato la zona demilitarizzata <262>; che poche settimane dopo avrebbe esteso i propri presìdi sino a lla linea di demarcazione co_n i tedeschi (263>; che alla fine del 1941 per un momento sarebbe sembrato che l'Italia dovesse assumersi la tutela militare dell'intero Stato croato <264>; che Mussolini a dicembre avrebbe detto al generale Vittorio Ambrosie che gli attuali confini dalmati erano provvisori <265>, si hanno altri e non secondari elementi a sostegno dell'ipotesi che il Capo del Governo italiano sin dai primi ~omenti abbia voluto evitare impegni definitivi nel settore adriatico. Sullo stesso piano si può porre la mancata risposta di Mussolini ad una osservazione del Governatore della Dalmazia, Francesco Giunta, che in una relazione del 16 aprile 1943 a vrebbe detto: «nel pomeriggio ho visitato la città [di Spalato - n.d.a.J, il porto, la città vecchia, la città nuova e Monte Mariano dal quale ho a mmirato il superbo panorama e la strepitosa bestialità del confine con la Croazia» <266>. Mussolini non se ne adontò e, in riferimento al complesso della relazione gl'inviò un telegramma di compiacimento <267>. A questo intendimento di non definire le varie situazioni, forse può essere ascritto anche il ritardo, sino ai limiti della decadenza, con cui i due decreti-legge per l'annessione di Lubiana e della Dalmazia - quest'ultimo sempre senza la carta dei confini - furono convertiti in legge. Infatti, solo quasi do po due anni, il 15 aprile del 1943, conclusero l'iter al Senato, menrre davanti l'Assemblea della Camera, nella solenne seduta del 10 giugno 1941


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- primo anniversario dell'entrata in guerra dell'Italia - alla presenza di Mussolini erano stati approvati per acclamazione. Quel giorno, i consiglieri nazionali. erano stati convocati per il pomeriggio. La seduta aveva avuto inizio alle 17. Presiedeva Dino Grandi. Al banco del Governo, Mussolini che fu accolto da «una impetuosa ardente entusiastica prolungata acclamazione», come registra il resoconto della seduta <268>. Venne aperta la discussione ma nessuno chiese di parlare. Lo stesso relatore, Salvatore De Cieco, rinunciò a svolgere la relazione sui due decreti. Grandi, allora, interpellò l'Assemblea: «Camerati, vi invìto ad approvare per acclamazione questi due disegni di legge che, nel primo annuale della dichiarazione di guerra, consacrano il valore delle nostre armi vittoriose e l'ingrandimento del territorio della Patria» (26 9). Mussolini prese la parola. Per la prima volta, dopo dodici mesi dal!' entrata in guerra dell'Italia, poteva presentare delle partite in attivo: riconquista della Cirenaica; conclusione della campagna di Grecia; crollo della Jugoslavia;. annessione della Dalmazia e di Lubiana; aggregazione del Montenegro; ampliamento dei confini in Albania., fatti questi che, nel loro complesso, compensavano almeno in parte la perdita dell'Etiopia, dell'Eritrea, della Somalia. Ma nella panoramica del discorso, Mussolini, lasciò in certo qual modo, trasparire anche le linee del suo disegno adriatico, pur se parlò di 'definitività' della soluzione raggiunta, forse passaggio d'obbligo per i riflessi internazionali del discorso. Espose le vicende della campagna di Grecia, di quella jugoslava, del ripiegamento delle ultime unità inglesi dall'Europa e, valutando le conseguenze politiche e militari di questi fatti, li considerò «di una portata strategica e politica eccezionale: hanno cioè provocato un profondo mutamento della carta geografica di quella regione; un mutamento in meglio, specie se tutti avranno il senso della misura, cioè verso una più logica, razionale sistemazione secondo giustizia, [sottolineature dell'autore anche in seguito] tenuto conto di tutti gli elementi che compongono e spesso aggrovigliano i problemi» <27o). Quindi, rispondendo implicitamente alle critiche di larga parte dell'opinione pubblica insoddisfatta per l'annessione solo parziale della Dalmazia, non disse di averne risolto il problema ma pose in rilievo che <<con l'annessione di quasi tutte le isole dell'arcipelago dalmata, con la creazione delle due nuove provincie di Spalato e Cattaro e l'allargamento della vecchia di Zara, fedelissima (vivissimi, prolungati applausi), il problema dalmata può considerarsi risolto, specie tenendo conto che esso deve essere inquadrato nella soluzione del problema della sicurezza adriatica che considero definitiva e in quello dei rapporti stabiliti tra il Regno d'Italia e quello di Croazia, la cui corona è stata offerta a un Savoia-Aosta» <271l.


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Quindi, nell'ultima parte del discorso, parlando degli avvenimenti dell'Europa, osservò che «già si delinea quella riorganizzazione del continente che è lo scopo della guerra dell'Asse, riorganizzazione ispirata dai postulati ideali e dalle esperienze vissute dalle due rivoluzioni» <272>. Il giorno dopo i decreti furono trasmessi al Senato e, mentre si poteva presumere una sollecita approvazione, vi rimasero giacenti per ben ventidue mesi <273>. Questo ritardo, oltre alle accennate ragioni che suggerivano di non vincolare prematuramente l'annessione della Dalmazia con la definitiva approvazione del P arlamento, può essere anche attribuito all' opportunità di evitare su questo tema un'immediata discussione al Senato, dove la corrente dalmatofila era attiva e sentita. Infatti, sin da aprile, era attiva la fronda da parte di alcuni senatori, ed Anfuso ricorda di aver trovato «a Palazzo Chigi [ ... ] dalmati in effervescenza e, primo fra tutti il senatore Salata, che non era dalmata, ma soltanto adriatico, ma che si faceva eco delle rivendicazioni dei dalmati stabiliti in Italia» <274>. Dal canto suo, Ciano, già il primo maggio, annotava: «Tutti coloro che sono stati più brontoloni per l'affare greco, adesso fanno gli estremisti in fatto di Dalmazia. Ciò avviene particolarmente al Senato [... ] il senatore Felici mi parla di una specie di petizione al Duce per chiedere che nemmeno un centimetro di costa vada alla Croazia» <275>. Qualtro giorni dopo registrava: «II Duce ha fatto cessare l'agitazione dalmatica fatta dai soliti zela_tori molti dei quali in malafede ed allo scopo di creare un' aspettativa che gli eventi potrebbero deludere» <276 >. Tultavia la pubblica opinione ed i senatori, non s'erano rassegnati. Il Maresciallo d'Italia Enrico Caviglia, ancora nel Diario del 12 maggio scriveva: «I dalmati passano ore di angoscia ( ... ] desolazione dalmata, specialmente per gli spalatini [.. . ). In Senato vari senatori stanno tutto iI giorno a 'bagolare' intorno al tavolo centrale della sala-caffè. I più facondi sono l'avvocato Felici ed il generale Sani» <277>. Il Senato, pur se incidentalmente, nella ricordata seduta del 29 agosto 1941, manifestò quale sarebbe stato il suo giudizio se avesse dovuto discutere il decreto di annessione della Dalmazia. Infatti, il senatore Zuppelli, dopo ampia esposizione sull'italianità di quelle terre, partì in polemica contro 'un generale' il quale «avrebbe affermato che non conveniva avere tutta la Dalmazia perché avremmo dovulo mantenervi forti contingenti di truppa» <278>. Quindi, verso la conclusione del suo analitico discorso, dichiarò esplicitamente: «Perché la nostra sicurezza sia veramente solida occorre che la Dalmazia geografica sia data integralmente ali' Italia, nei suoi con fini naturali. Qualunque altra soluzione non è concepibile» <279>. Il senatore Felici, a sua volta, esordi chiamando in causa il Governo perché «l'eventuale diffondersi di un concel to di insoddisfazione per gli accordi intervenuti


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porrebbe far sorgere il dubbio che il Governo non sia il tutore solerte e forte degli interessi della Patria» (280>, ma subito dopo attenuò l'effetto di queste parole, dichiarandosi d'accordo con le soluzioni raggiunte. Passò il 1941, trascorse il 1942, ed i decreti continuarono a restare nei cassetti. Ai primi d'aprile del 1943 il presidente del Senato, Giacomo Suardo, avvertì la Presidenza del Consiglio dei ministri che se non si fosse provveduto alla loro definitiva approvazione, con la ormai prossima scadenza dei due anni di validità, i decreti avrebbero perduto ogni efficacia. Vennero subito assegnati alla commissione interni e giustizia, che nella seduta del 15 aprile li approvò per acclamazione, ma non apparve un rigo sui giornali. Dopo la relazione del senatore Alberto Albertini, prese la parola il senatore Dudàn per «esprimere a nome dei senatori dalmati e di tutti i dalmati, italiani di razza e di civiltà, la loro perenne gratitudine alla Maestà del Re Imperatore, al Duce, alla Nazione ed alle valorose Forze armate, che avevano voluto e compiuto la liberazione di tutta la Dalmazia, annessa e non annessa, e che oggi ancora - con gravissimi .sacrifici - tutta la difendono contro la barbarie orientale variamente ammantata» <281>. Concludendo disse di sentire «il dovere di esprimere la certezza di tutti i dalmati che la presente legge non faccia che precorrere[ ... ] il più completo e definitivo riconoscimento e rispetto dell'indistruttibile, inalienabile, irrinunciabile diritto dell'Italia su tutta la Dalmazia» (282). Per il Governo era presente alla seduta il sottosegretario di Stato agli affari esteri, Bastianini, sino al mese precedente Governatore della Dalmazia. Dopo aver sottolineato l'importanza della conversione in legge dei due decreti ed essersi soffermato sulle prospettive della collaborazione italocroata, come riporta il resoconto della seduta, «ringrazia e si associa alle parole del senatore Dudàn, lieto e fiero che finalmente la Dalmazia sia tornata veneta, romana, italiana» <283l. In tal modo, la Dalmazia con la legge n. 386 e la provincia di Lubiana con quella n. 385, ambedue del 27 aprile 1943, vedevano perfezionata la loro annessione al Regno d'Italia con decorrenza rispettivamente dal 18 e dal 3 maggio 1941 (284l. Ma si trattava di due leggi che, mancando la preventiva ratifica degfti Accordi di Roma, non avevano una sicura base giuridica, e persisteva per i confini il rinvio ad una carta topografica, neppure questa volta pubblicata. In tal modo, nell'arco di poco più di vent'anni, per due volte l'Italia si era confrontata con il problema della Dalmazia. Per due volte il problema le si era presentato con analoghe caratteristiche: nel I 918, crollata l'AustriaUngheria a seguito della vittoriosa battaglia di Vittorio Veneto, pur avendo occupato il territorio si era visto negare il riconoscimento di ogni aspettativa legittimamente garantita dal Patto di Londra, a causa dell'improvvisa


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nascita dello Stato dei serbi-croati-sloveni; vemitrè anni dopo, pur avendo nuovamente occupato con le sue Forze armate tutta la regione, dopo aver completamente debellato lo Stato jugoslavo, dovette recedere per larghi tratti, dinanzi al subitaneo sorgere del nuovo Stato di Croazia. Due lezioni della storia che vanno meditatamente considerate.



NOTE AL CAPITOLO III

12 · Oalma, in



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(1) Filippo ANFUSO - Roma-Ber/in<>-Salò (1936-1945) - Ed. Garzanti - Milano 19S~pag. 184 e seg.. Unica testimonianza dell'incontro MussouN1-PAVEL1t. Racconto non documentato. ANf1.JSO si era incontrato con PAVEUt già il 23 gennaio 1940 quando questi aveva avuto un colloquio con il ministro degli affari esteri italiano, Galeazzo CIANO.

Documents on German Foreign Policy 1918-1945 - Series D - Voi. Xli (I febbraio-22 giugno 1941) - Editore Her Maiesty's Stationery Office - London 1964 - (In seguito indicato come: ' D.G .F.P. '). D.G.F.P. - Serie D - Voi. Xli - Documento n. 226 (Fl /04SS-S7) pag. 399 - (Telescritto n. 698 - Da Hans Oeorg von MACKENSEN ambasciatore tedesco a Roma a Joachim von RIBBENTROP ministro degli affari esteri del Reich. Fra l'altro preannuncia il colloquio che MUSSOLINI avrebbe avuto nel corso della mauinata con PAVELlt - Roma, ore 04,00 - 28 marlO 1941). (2) D .O.F.P . - Serie D - Voi. Xll - Documento n. 224 (Fl/0458-61) pag. 397 - (Telescritto n. 678 - Segreto su circuito chiuso - Dal ministro Walter HEWEL, della segreteria personale di R1BBENTROP, all'ambasciatore von MAcKENSEN - Berlino, ore 24,00 - 27 marzo 1941) - Contiene il testo della lettera di HITLER a MUSSOLINI.

li testo è riportato anche nel voi. 30° deU' "Opera Omnia" di Benito Mussolini a cura di Edoardo e Duilio SusMEL - Edizioni "La Fenice" - Firenze 1%0. (3) Ibidem. (4) Ibidem.

(5) Vedi n. 1 - D .O.F.P. - Documento n . 226. Ante (Antonio) PAVELIC nacque a Bradina (lvanplanina) in Erzegovina il 14 agosto 1889, (secondo le biografie pubblicate nei giornali italiani del 16/ 17 aprile 1941, il 17 agosto). li padre, oriundo dalla Lika, era un piccolo imprenditore o funzionario per i lavori d i manutenzione alle ferrovie. Seguendo gli ,spostamenti del padre, PAVELIC compi gli s tudi eleinentari in una scuola mussulmana. Freqùentò i ginnasi di Travnik, Segna e Karlovac. Consegui il diploma di maturità a Zagabria (1910). Si laureò in giurisprudenza (1915) a Zagabria. Studente, fece parte dell'organizzazione 'La O iovanc:.Croazia'. Tra gli altri adepti, Mile BUDAX, in seguito suo ministro. 'La Giovane Croazia' postulava i principi autonomistici, s ia di Aqtc STARcev1C (1823-1896), ' padre della Croazia' sia quelli di· Giuseppe FRANK, capo della Stranka Prava (partito del 'diritto croato') sino all'indipendenza del paese. Erano concetti ancora romantici che sognavano la ricostituzione d i un antico Stato croato esistito intorno all'anno 1000 sotto la guida di re Tomislavo. Nel 1912 PAVELIC e Mite BuDAK furono arrestati dalla polizia. Durante la prima guerra mondiale, PAVELIC prestò servizio nell'esercito austriaco in Istria ed in Da lmazia. Dopo il 1918 aprì a Zagabria uno studio di avvocato e militò nel 'partito del diritto', ponendosi però ali' opposizione. Sino al 1924 mantenne stretti contatti con il ' partito dei contadini croati' di Stefano RA01C. PAVELIC venne eletto nel consiglio comunale di Zagabria. Quando RA01é d ecise di collaborare con il Governo di Belgrado, il 'partito del diritto' rimase isolato. PAVELlé nel 1927 fu eletto deputato ma firmò la accettazione del mandato non come riconoscimento dello Stato S.H.S. ma «per la restaurazione dell'indipendem.a croata» . Con l'eccidio della Skup!tina (20 giugno 1928) sembrò giunto il momento per un pronunciamento in Croazia. PAVEI..IC formò un gruppo di agitatori detti " Hrvatski Domobran" (Difesa croata). Per l' ulteriore attività di PAVELtC, vedi nota 37 al presente capitolo, e nota 27 al capitolo IV del presente volume.


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Caduto il 4 febbraio 1939 il Governo STOJADJNOVJC, per l'Italia la carta PAVELJé torna di attualità. MUSSOLINI consente che CIANO incontri P AVELlé . Il ministro degli esteri itaUano lo · riceve a casa il 23 gennaio 1940 alla presenza di Filippo ANFIJSO, capo di gabinetto: «È un uo-

mo deciso e sereno, che sa dove vuole arrivare e che non teme le responsabilità pur. di realizzare i suoi scopi». L'intesa è raggiuntà: insurrezione in Croazia; occupazione di Zagabria; arrivo di P.>:kué; invito all'Italia di intervenire; offerta della Corona di Croazia al re d'Italia (Galeazzo CIANo - Diario 1937-1943-Acuradi Renzo DE FELICE - Editore Rizzou - Milano 1980 - Annotazioni - 23 e 21 gennaio 1940). Con il colpo di Stato (27 marzo 1941) del generale Dusan SJMOVJé, che defenestra il governo di Aleksandar C1NCAR-MARKov1é, due giorni dopo la firma dell'ad~ione della Jugoslavia al Patto Tripartito, e la successiva campagna militare italo-tedesca, PAVELié diventa il Capo dello Statq indipendente di Croazia. Rimane al potere sino al 6 maggio 1945 quando abbandona Zagabria, investita dalle unità sovietiche e da quelle partigiane di Tito, e si consegna agli anglo-americani. Soggiorna in Argentina. Muore a Madrid il 28 dicembre 1959. In italiano ha pubblicato il volume Errori e Orrori - Comunismo e Bolscevismo in Russia e nel mondo, edito dall'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (I.S.P .I.), Milano, 15 settembre 1941. (6) D.G.F.P. • Serie D - Voi. Xli- Documento n. 215 (F4/0288-83) pag. 369 - (Memorandum segretissimo del ministro Walter HEWEL sul colloquio fra HITLER ed il ministro ungherese SzI'OJAY, presente RIBBENTROP - Berlino, dalle ore 13.10 alle ore 13.25 - 27 marzo 1941). (7) Ibidem. (8) Ibidem .

(9) Ibidem, (10) D.G.F.P. - Serie D - Voi. XII - Documento n. 216 (F4/028i-82) pag. 371 - (Memorandum segretissimo del ministro Walter HEWEL sul colloquio fra HITLER ed il ministro bulgar6 DRAOANOV presente RJBBENTROP - Berlino, dalle ore 14.15 alle 14.20- 28 marzo I941). (11) D.G.F.P. - Serie D , - Voi. XII - Documento n. 217 (Doc. processo Norimberga n. 1746 PS) pag. 372 - (Minuta del maggiore Eckard Julius CHRISTIAN, aiutante del generale Alfred JooL, della 'Conferenza' sulla situazione militare in Jugoslavia - Berlino, 27 marzo 1941). Secondo il Diario del generale Franz HALDER la conferenza avrebbe avuto luogo fra le 13 e le 14.30 nella Cancelleria del Reich. Ragionevolmente l'inizio va collocato dopo le ·14.20, in successione al colloquio di HITLER con il ministro bulgaro DRAoANov (vedi n. 10). HITLER iniziò la 'conferenza' alla presenza del maresciallo del Reich, Hermann GoERING; del capo del Comando Supremo della Wehrmacht, Wilhelm KEITEL; del capo del W.F.St. (sigla non interpretata); del luogotenente generale d'aviazione Karl 8oDENSCHATZ; del colonnello ScH•JMNDT, del comandante PIJTTKAMBR; del tenente colonnello ScHERFF; del maggiore von BELOW e del maggiore Eckard Julius CHRISTIAN. Nel corso della 'conferenza' furono ammessi il comandante in capo dell'esercito Walter von BRAIJCHITSCH; il capo di S.M. dell'esercito generale Franz HALDER; il colonnello HEIJSINGER; il tenente colonnello SJEVERTH; il miriistro per gli affari esteri Joachim von RraBENTROP; il ministro Walter HEWEL; il maggior generale von WALDAIJ; il colonnello ScHMIDT; il maggior generale Enno von RINTELEN, addetto militare a Roma. · Von RJNTELEN, alle 4 del mattino del 28 marzo ricevette dal Comando Operazioni le istruzioni, redatte secondo le d irettive di HITLER, sotto forma di 'Proposta per armonizzare le


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operazioni tedesche ed italiane contro la Jugoslavia'. In aereo, nella mattina del 28 marzo 1941, le portò a Roma (Vedi Enno von RINTELEN - Mussolini l'alleato - Ricordi dell'addetto militare tedesco a Roma - Ed. Corso - Roma 1952 - pag. 128). (12) Ibidem. (13) Ibidem.

(14) D.G. F.P. - Seriè D - Voi. XII - Documento n. 223 (Doc. processo Norimberga n .. 1746 PS) pag. 395 - (Contiene il testo integrale della "Direttiva n. 25"). (15) In relazione alla crisi cecoslova~ca (occupazione della Boemia da parte tedesca - 15 marzo 1939) l'Italia temeva una più accentuata penetrazione della Gemiania nei Balcani. CIANO (Diario - 17 marzo 1939): «Chiamo MACKENSEN e gli parlo[ ... ]. Ricordo che il Fuhrer disse al Duce e a me che il Mediterraneo non interessa i tedeschi: è su questa premessa che abbiamo realizzato la politica dell'Asse. Se una tale premessa venisse a mancare, l'Asse si spezza, e un intervento tedesco nelle questioni croate farebbe automaticamente fallire questa premessa». (CIANO - 'Diario' - 20 marzo 1939): « Von MACKENSEN porta la risposta al mio passo di venerdì scorso: la Germania si disinteressa della sorte della Croazia, riconoscendo la preminenza d'interessi italiani. Ripete che il Mediterraneo non è né deve divenire mare germanico. Ne riferisco al Duce, che trova la comunicazione molto interessante 'purché si possa credere'».

RJBBENTROP il 25 marzo 1939 diramò a tutti gli enti statali e privati della Germania una istruzione in cui, fra l'altro, diceva: «La nostra posizione in tutte le questioni etniche e di minoranze nell'area mediterranea, deve esser stabilita secondo i voleri del Governo italiano. Rapporti con organizzazioni croate in futuro non devono esser più curate, ciò nell'interesse delle nostre relazioni con l'Italia». Il 15 aprile 1939, GoERING, a Roma, confermò a MUSSOLINI che «da parte tedesca si è assolutamente convinti che la Jugoslavia appartenga al cento per cento all'ambito degli interessi italiani>>. <lLa Germania è interessata alla Jugoslavia solo dal punto di vista commerciale».(Ladislaus HORY - Martin BROSZAT Der Kroatische UstaschaStaat 1941-1945 Ed. Deutsche Verlags-Anstalt GmbH - Stoccarda 1964 - pag. 52 e 53). (16) Vedi n. I - ANFUSO. (17) Ibidem. (18) Ibidem. (19) Ibidem.

(20) Salvatore Lo1 - Le operazioni delle Unità italiane in Jugoslavia (1941-1943) - Stato Maggiore dell'Esercitb - UffiC'io Storico - Roma, 1978 - pag. 120. «il l O aprile la stazione di Fir_enze dell'E.l.AJ?.. (Ente italiano audizioni radiofoniche) iniziò, per ordine di Roma, le trasmissioni in lingua croata sorto la sigla di' Ustasci Velebit'» .

(21) Relazioni Internazionali - Settimanale - Istituto Studi Politica Internazionale (I.S.P.I.) - Milano - Appello di PAvt:uC ai croati - Anno 1941 - 6 aprile - pag. 484.

L'appello venne riportato dalla stampa italiana del 6 aprile 1941. (22) Relazioni /mernazionali - Settimanale - Istituto Studi Politica Internazionale (I.S.P.I.) - Milano · Telegramma a MUSSOLINI • Anno 1941 - 6 aprile - pag. 485. (23) M.A.E. -A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 106 - Fascicolo 1/c - (Nota del Gabinetto del ministro degli affari esteri italiano non firmata · Roma, 11 aprile 1941).


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(24) M .A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 106 - Fascicolo 1/c - (Volantino senza data scritto in croato con traduzione allegata. A sinistra la foto di PAVELIC, con bustina militare in capo. Il foglietto riproduce una schematica carta geografica della Jugoslavia con in evidenza i confini del nuovo Stato di Croazia. Una didascalia dice: «Popolo Croato! I Nella nuova Europa deve entrare lo Stato libero ed indipendente di Croazia con tutto il territorio nazionale storico croato sopra indicato. Ili Dr. Ante PAVEL!C capo degli insorti rappresenterà la creazione dello Stato croato indipendente alle trattative di pace: egli, già da una decade ha indirizzato la politica nazionale verso le Potenze oggi vittoriose, l'Italia e la Germania, ed è l'unico in grado di assicurare il felice avvenire del popolo croato. I Diamo tutta la nostra fiducia al Capo, Dr. Ante PAVEL!ò>.

(25) Vedi nota n. 27 al" capitolo IV del presente volume. I mandanti del complotto, Ante PAvEuC, Eugenio KVATERNIK e PERCEVIé furono condannati a morte in contumacia dal tribunale francese. PA VELIC venne arrestato a Torino, ove rimase in carcere sino al marzo del 1936. MussoLINI negò l'estradizione di PAVELlé in Francia. (Cfr. Milan STOJADINOVlé Jugoslavia fra le due guerre - Cappelli, Bologna 1970). (26) Vedi n. I - ANflJSO. (27) Vla~ko (Vladimiro) MACEK, nato il 20 luglio 1879 nel villaggio di Jastrebarsko, vicino a Zagabria. Laureato in giurisprudenza a Zagabria. Pubblicista, avvocato. Deputato alla Skup!tina nel partito dei contadini croati (H.S.S.). Oppositore del centralismo di Belgrado. Dopo la morte di Stefano RAmé (8 agosto 1928) - ferito nella sparatoria del 20 giugno 1928 alla Skupttina ad opera del deputato montenegrino Punica RAc1é - assume la presidenza del partito. Avvia la politica della 'unione personale' per dare 1'a_u tonomia alla Croazia, ma mantenendola unita al resto della Jugoslavia attraverso la persona del sovrano. Durante la dittatura di re ALESSANDRO, continua nella opposizione.

Arrestato nel 1934. In prigione fissa il programma del partito in dieci 'punti'. Alla scomparsa di re ALESSANDRO (9 ottobre 1934) fa dichiarazione di lea.lismo al Governo e viene scarcerato. Trionfa nelle elezioni del 1935 ma si astiene dal recarsi alla Skupttina. Sotto la pressione della situazione internazionale il Governo CvETKOVIé, dopo lunghe trattative, il 26 agosto 1939 stipula con MAcEK un compromesso (sporazum): la Croazia riceve ampia autonomia amministrativa molto simile a quella che aveva già avuto sotto l'Austria; il Banato della Croazia si estende e comprende, oltre alla Croazia, la Slavonia e la Dalmazia. MACEK entra nel Governo di Belgrado quale vice-presidente del Consiglio dei ministri. Cessa l'opposizione croata. MACEK concorda sull'adesione della Jugoslavia al Patto Tripartito (25 marzo 1941). Sorpreso dal colpo di Stato del generale Dusan S1Mov1é, respinge le proposte tedesche di staccare la Croazia dalla Jugoslavia. Accetta, invece, l'incarico di vice-presidente del Consiglio dei ministri nel Gabinetto S1Mov1é. Fuggito da Belgrado il re PIETRO II, MACEK non seguì nell'esilio il Governo S1Mov1é. Tornò a Zagabria. Internato da PAVELIC. Si ritirò a vita privata. Il 6 maggio 1945, al seguito degli ustascia e delle truppe tedesche in ripiegamento dalla Balcania passò in Austria. Si consegnò agli americani a Salisburgo. Il 15 maggio è in Francia. Alla fine del 1946 passa negli 1J .S.A. ed in Canadà. Aderisce alla 'Unione internazionale dei contadini'. Oppositore del Governo di TITO, lavora d'intesa anche con serbi e sloveni riprendendo il vecchio programma di una Croazia autonoma. Muore nel 1962. • Sua opera principale autobiografica in the Struggle for Freedom. (Vedi nota 33).


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(28) D.G.P.F. - Se(ie D - Voi. XII - Nota n. 2 a documento n. 238 (230/152728-28/i) pag. 424 - (Memorandum di HEJNBURG (203/152671-73) del 29 ma(ZO 1941 circa una telefonata di DORFLER a RJBBENTROP da parte di MACEK). (29) D0RFLER (di cui non si è trovato il nome di battesimo), cittadino austriaco, di Vienna. Ingegnere che aveva fatto delle ricerche di carattere idroelettrico nelle montagne della Croazia per una ditta tedesca. Molto probabilmente agente di qualche servizio germanico. (30) D.G.F.P . . Serie D - Voi. XII - Documento n. 238 (230/15728-28/1) pag. 424-(Telegramma radio n. 72 - Molto urgente - Priorità - Da RJBBENTROP per console generale tedesco a Zagabria, Alfred FREUNDT - Berlino, 31 marzo 1941). (31) D.G.F.P. - Serie D - Voi. XII - Documento n. 241 (230/152733) pag. 425 - (Telegramma n. 23 - Dal console generale tedesco a Zagabria Alfred FREUNDT per RJBBENTROP Zagabria, 1 aprile 1941). In altro documento n. 246 (230/152777) pag. 430 - (Telegramma n. 26 di FREUNDT per . RJBBENTROP - Zagabria 2 aprile 1941). Il console tedesco fa sapere che MACEK tramite August KosuT1è, suo vice nella direzione del partito, stava trattando con Belgrado sulla base delle condizioni già comunicate «alle quali aveva aggiunto la richiesta di dare soddisfazione alla Germania [...]. Dopo l'accettazione delle condizioni egli [Ma~ek) sarebbe andato a Belgrado». Nel suo libro autobiografico, In the Strugglefor Freedom, MACEK non accenna ai suoi tentativi di contatto con i tedeschi. Dice soltanto che mentre KosuT1é stava trattando con Belgrado sulla base di una più ampia autonomia per la Croazia, aveva ricevuto dal corrispondente del DNB (Deutsches Nachrichten Buro) l'avvertimento del ministro degli esteri tedesco «di tenersi lontano da Belgrado». - Pag. 219-220. (32) D.G .F.P. - Serie D - Voi. XII - Documento n. 25 1 (230/152833) pag. 436 - (Telegramma n. 31 del console generale tedesco a Zagabria Albert FREUNDT per RIBBENTROP • Zagabria 3 aprile). Segnalava anche la necessità di lanciare volantini sulle città e sulle truppe jugoslave facendo presente che le esagerazioni propagandistiche della stazione Radio Donau circa il maltrattamento di cittadi.ni tedeschi in Jugoslavia erano controproducenti perché «facilmente controllabili». Edmund VEE;SENMAYER - Nato a Monaco di Baviera. Laureato in economia politica. Nel I932 fa parte del!' entourage di Wilhelm KEPPLER, consigliere economico di HITLER. RIBBENTROP lo dest ina al ministero' degli affari esteri con la funzione di segretario di Stato. Nel febbraio del 1939 viene inviato in missione speciale in Slovacchia e prepara la dichiarazione di indipendenza del paese, che prelude l'ingresso delle truppe tedesche a Praga. Molto stimato da RJBBENTROP che gli affida anche l'affare 'Croazia'. Nel colloquio del 22 aprile 1941 a Vienna fra CIANO e R1BBENTROP, questi loda VEESENMAYER per l'opera svolta a Zagabria «e fra l'altro di aver salvato due ponti sul fiume Sava che.stavano per esser fatti saltare, e per la proclamazione tramite la radio [dell'indipendenza della Croazia - n.d.a.) prima dell'entrata [a Zagabria - n.d.a.) delle tmppe tedesche,, (D.G.F.P. - Serie D - Voi. Xli - Documento 385/F. 15/056-45/ pag. 606). Walter MALLETKE. Laureato. Lavorava nel servizio informazioni del partito nazionalsocialista per il settore dell'Eu ropa sud-orientale· Aussenpolitisches Amt (A.P.A.). (33) Vladko MACEK - In the Strugglefor Freedom (Nella lotta per la libertà) - Tradotto dallo slavo in inglese da Elisabeth e Stjepan GAZI - Ed. The Pennsylvania State University Press - 1957 - pag. 220. (34) Ibidem - Pag. 220-221.


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(35) D.G.F.P. - Serie D. Voi. Xli - Documento n. 262 (230/152844-45) pag. 448 - (Telegramma n. 33 • Da console generale tedesco a Zagabria, Alfred FREUNDT per RIBBENTROP Zagabria, 4 aprile 1941). Conferma il rifiuto di MAcEK circa una Croazia indipendente e il di. stacco o la ripartizione della Slovenia; per di più propone la validità dell'adesione della Jugoslavia al Patto .Tripartito, la nomina di due co-reggenti per il Sovrano, concessione di soddisfazioni alla Germania, e si offre personalmente di trattare con Berlino. (36) Slavko KVATERNIK, nato a Vu~inié il 25 agosto 1878. Giustiziato a Zagabria 1'8 giugno 1947. Militare e politico croato. Ufficiale di carriera nell'esercito austro-~ngarico. Braccio destro di PAVELlé. Lo sostituì come esponente del movimento ustascia in Croazia, dopo la sua partenza per l'esilio. Padre di Eugenio KVATERNIK detto Dido, che divenne capo della polizia del Governo di PAVEL!é. (37) Ustasa dal verbo ustati (insorgere) quindi 'insorto', 'ribelle'. Ufficialmente il movimento, Ustaska Hrvatska Revolucionarna Organizacija (U.H.R.O.) venne fondato a Zagabria da Ante PÀvEué il 7 gennaio 1929 come trasformazione di un preesistente gruppo organizzato sempre da PAVELlé nell'estate del 1928 e che si riunì.v a intorno ad un foglio intitolato Hrvatski Domobran (Difesa croata). Il movimento nacque sulla base di un documento che comprendeva quindici 'enunciazioni'. Vedi allegato n. I al capitolo IV del presente volume. Quando PAVELlé il 7 gennaio del 1929 ripara all'estero, il movimento in Croazia diventa clandestino. Ustascia esuli sono raccolti in Ungheria (Janka Fusta) sotto la guida di Gustav PERCEé. In Italia da PAVEué stesso (Borgotaro, Lipari). Altri gruppi in A.ustria ed a Berlino dove agisce il dott. Ivan PERCEV!é. In Italia si stampa il foglio Ustascia; a Vienna il Gric; a Berlino sotto la guida del dott. Branimir JELté si sviluppa un centro di propaganda ed informazione intorno al settimanale Nezavisna Drzava Hrvatska (Lo Stato indipendente croato). Anche in Croazia escono sporadicamente dei fogli che cambiano continuamente la testata, in quanto clandestini: Hrvatska Gruda (Zolla croata), Hrvatska Zem/ja (Terra croata), Njiva (Campo), Orac (Aratore), Sijak (Seminatore), rivolti specialmente ai contadini. Con il tentativo insurrezionale della Lika (estate 1932) può dirsi che abbia origine accanto al 'movimento' la 'milizia' ustasa che in Cr~azia, sino all'aprile 1941, opererà in bande terroristiche. Con la creazione dello Stato croato viene costituita organicamente (decreto 24 giugno 1941). Al vertice il Poglavnik (Capo) che ha a sua disposizione una bojnica (coorte) scelta, come guardia del corpo, e che dipende direttamente dal ' Gran Quartier Generale' (ordinanza del Poglavnik 10 maggio 1941). La milizia era articolata in: pukovnija (legione); bojnica (coorte); satnija (centuria); vod (manipolo); roj (squadra) e si suddivideva in 'battaglioni regolari d'azione' (almeno due anni di servizio. età dai 18 ai 25 anni); 'battaglioni di preparazione' divisi in due categorie cioè dai 18 ai 30 anni e dai 30 ai 45 anni; 'battaglioni di riserva' con speciali sezioni femminili. Il Gran Quartier Generale, inoltre, era un organo politico, «suprema istanza per tutte le branche del partito e interprete ideologico e promotore del movimento». Era composto da dodici Doglavnik (vice-capi) che formavano il 'Consiglio' e da sette Glavni Pobocnik (aiutanti principali), tutti nominati dal Poglavnik. L'organizzazione periferica era suddivisa in: stozer (provincia) con a capo uno stozernik; logor (distretto) con un logornik; labor (comune) con un tabornik; roj (villaggio) con un rojnik. Essi avevano compiti politici, di propaganda e di educazione spirituale. Complessivamente i 'gerarchi' erano chiamati ustaski duznosnici e godevano di precedenza negli impieghi statali. Dal movimento dipendevano: 'La gioventù ustasa' (ordinanza 19 luglio 1941) che si .suddivideva in: 'Piccoli ustasa' (7-ll anni) scuole elementari; 'Eroi ustasa' (l 1-15 anni) scuole


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medie inferiori; 'Gioventù starceviciana' (IS-18 anni) scuole medie superiori e primo anno dell' università. La suddivisione territoriale era quella del movimento (stozer, logor, tabor). Seguiva, poi 'Il Servizio onorifico del lavoro statale' (decreto-legge 31 luglio 1941), obbligatorio per tutti i cittadini dai IS ai 2S anni, con lo scopo di educare soprattutto al lavoro manuale e specie rurale. Infine 'li Servizio di controllo degli IJstasa' (dec~eto-legge 16 agosto 1941), al fine di «impedire ogni attività che dovesse minacciare la libertà e la indipendenza dello Stato». Era cioè la polizia segreta del movimento, con ampi poteri.

Il movimento, come partito di governo, cessa il 6 maggio 1945 quando incalzati dalle truppe russe e dai partigiani di TITO gli ustascia con croati e cetnici riparano in Austria consegnandosi agli anglo-americani. Gli inglesi li riconsegnarono a TITO. Oltre I 00 mila furono trucidati fra Bleiberg e Maribor. li movimento sopravvive ancor oggi specie in Argentina, negli lJ .S.A. ed in Canadà. (38) La mobilitazione dell'esercito jugoslavo ebbe inizio il 28 marzo del 1941. (39) D.G.F.P. - Serie D - Voi. XII - Nota n. 2 a documento n. 270 (116/66702) pag. 461 - (Telegramma n. 41 • Da console generale tedesco a Zagabria, Alfred FR.E1JNDT per RI8DENTROP - S aprile 1941). (40) Ibidem.

(41) Ibidem . (42) Ibidem. - Secondo VE.ESENMAYER i componenti erano: KAss, LoRKov1C (incerto se Mladen o Bill±), DUJMANIC, TORTIC, KosAJ< Vladimir, DEDELASIC, LAMEN1C. Non appare Mile BJJDAI< che in quei giorni era malato ma del quale si era certi che avrebbe aderito. (43) TELEKI conte Pàl - Nato a Budapest ìl I O novembre 1879. Uomo di Stato e geografo. Deputato nel 1904. Creato lo Stato ungherese, ministro degli affari esteri nel 1920. Si ritira dalla vita politica dal 1921 al J927 quando entra nella 'Carnera Alta' (Senato). Nel 1938 ministro della pubblica istruzione. Primo ministro dal febbraio 1939 al 3 aprile 1941. (44) D.O.F.P. - Serie D - Voi. XII - Documento n. 261 (F5/0273-72) pag. 447 - (Da Reggente dell'Ungheria, Mikl6s H ORTHY ad HITI..ER - Budapest, 3 aprile 1941). Miklòs (Nicola) HoRTHY DE NAGYBANIA, nato il 18 giugno 1868 a Kenderes. Studia ali' Accademia navale di Fiume. Ufficiale di marina nel 1886. Aiutante di campo di FRANCESCO 011JSEPPE. Comandante in mare di varie unità della flotta austriaca. Contrammiraglio nel 1918. Ministro della guerra nel Governo del conte Gyula KAROLY!. Il 16 novembre 1919 occupa Budapest cacciando i bolscevichi del governo provvisorio di Béla KuN. Eletto reggente d'Ungheria il 30 marzo 1920: Conserva la carica sino al 15 ottobre 1944 quando l'Ungheria viene invesùta dalle armate sovietiche. Internato dai tedeschi in Baviera dopo esser stato accusato di alto tradimento per un tentativo non riuscito di concludere un armistizio con i sovietici. Ripara, alla fine della guerra, in Portogallo-. Muore a L'Estoril il 28 dicembre 1959. Ha lasciato il volume autobiografico, Una vita per l'Ungheria ( 1953). (4S) Ibidem . (46) Ibidem .

(47) D.G.F.P. - Serie D • Voi. XII· Documento n. 282 (230/I S2936) pag..478- (Telegramma n. 352 - Urgente - Da Otto von ERDMANNSDORFF ministro di Germania a Budapest per Rls. BENTROP - Budapest, 6 aprile 1941).


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(48) D.G.F.P. - Serie D - Voi. XII - Documento n. 287 (73/53189-90) pag. 483 - (Telegramma n. 355 - Urgente - Da Otto von ERDMANNSDORFF ministro di Germania a Budapest per RIBBENTROP - Budapest, 6 aprile 1941). (49) D.G.F .P. - Serie D - Voi. XII - Documento n. 291 (83,3 /280709) pag. 487 - (Memorandum non firmato e senza data - Siglato dal ministro Karl RtTIER e dal sottosegretario di Stato Ernst WoERMANN - Probabilmente 6 aprile 1941). (50) Vedi n. 33 - Pag. 227. (51) Vedi n. 20 - Pag. 57.

(52) D.G.F.P. - Serie D - Voi. XII - Documento n. 313 (116/66712-14) pag. 515 - (Telegramma n. 50 - Da Edmund VEESENMA YER per RIBBENTROP - Ampia relazione sugli avvenimenti dergiorno IO aprile - Zagabria, li aprile 1941). (53) Ibidem. (54) Ibidem. (55) Vedi n. 33 - Pag. 228. (56) Ibidem - Pag. 229. (57) Ibidem - Pag. 229. (58) Vedi n. 52. (59) Da Narodne Novine (Gazzetta ufficiale dello Stato indipendente di Croazia) n. 1 Zagabria, 10 aprile 1941. Dopo il primo periodo riportato nel testo, il proclama continuava: «Io inviro rurti i croari, specialmente gli ufficiali, i sottufficiali ed i soldati delle Forze armate e degli organi di pubblica sicurezza a mantenere la calma e l'ordine. le Forze armate debbono notificare la loro dislocazione ed immediatamente prestare giuramento allo S1ato indipendente di Croazia ed al suo Poglavnik. I Oggi, io per mandato del Poglavnik assumo il comando di 11a1e le Forze armate. I Dio sia con i Croati! I Pronti per la Patria. I li Rappresentante del Poglavnik e Comandante in Capo delle Forze armate - Slavko Kvatemik». Relazioni Internazionali - Seuimanale - Istituto Studi Politica Internazionale (I.S.P.I.) - Milano - A pag. 507 dell'anno 1941, sono il titolo Proclamazione dello Stato cromo non riporta il cesto del messaggio di KvATERNIK ma un comunicato da Budapest della Agenzia Uniled Press dove ·erroneamente dice che la proclamazione è stata dichiarata da Ante PAVEL.lè.

(60) D.G.F.P. - Serie D - Voi. XII - Documento n. 310 (245/161727) pag. 513 - (Telegramma n. 806 - Segretissimo - Da ambasciatore von MACKENSEN per RmnENTROP - Avverte anche che PAvEuè nella mattinata era partito da Roma per Trieste e che i croati reclamavano per loro la Dalmazia - Roma, ore 15.00 dell'JI aprile 1941). (61) D.G.F.P. - Serie D - Voi. XII - Documento n. 311(116/66710-11) pag. 513 - (Telegramma senza numero. Da Edmund VEESl;NMAYER per RIBBENTROP - Zagabria, ore I 6.30 dell'll aprile 1941). (62) Vedi n. I • ANFUSO - Pag. 189. (63) D.G.F.P. - Serie D - Voi. Xli - Documento n. 317 (I 16/66709) pag. 520 - (Memorandum del capo ·del protocollo Alexander D0RNBERG che riporta il telegramma di PA vEuè inviato da Roma al FOHRER, trasmesso per telefono dal minist ro H 1NR tCHS - Roma, 11 aprile I 941).


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(64) D.G.F.P .• Serie D - Voi. XII- Nota n. I a documento n. 324 (245/1617.41-42) pag. 528 • (Richiama per la costituzione del Consiglio il telegramma n. 9 (245/161732) e per la ,lista dei componenti il telegramma n. 53 (! 16/66724) - Senza indicazione del mittente e del destinatario - Ambedue da Zagabria, 12 aprile 1941).

~V.·

Documento n. 324 (245/161741-42) pag. 528 - (Tele(65) D.G. F.P. - Serie D - Voi. gramma n. 56 - Da console generale tedesco a Zagabria, Alfred FREUNDT e controfirmato da Karl Dietrich WOLFF per RrBBENTROP - Zagabria, 12 aprile 1941). (66) Ibidem. (67) Per la giornata di Ante PAVELJC a Trieste vedi Il Piccolo di Trieste articolo di Lino CAMPANINI Incontro con Pavelié - 13 aprile 1941; Il Giornale d'Italia - Milano - Articolo di Bruno MoR1N1 Incontro con Pavelié mentre dal confine sta per rientrare in Patria - 15 aprile 1941. (68) D.G.F.P. - Serie D - Voi. XII - Documento n. 319 (245/161734-36) pag. 523 - (Memorandum del Capo della divisione politica I.M. Hans KRAMARZ - Berlino, 12 aprile 1941). {69) Ibidem. {70) Ibidem. (7 1) Ibidem. (72) D.G.F.P . • Serie D . Voi. XII. Documento n. 328 (I 16/66722) pag. 533 - (Radiotelegramma n. 243 - Da RtBBENTROP a consolato generale di Zagabria per Edmund VEESENMA YER • Dal treno, 12 aprile 1941). '(73) Vedi n. 60. (74) Vedi n. 65. (75) D.G.F.P. - Serie D - Voi. XII - Documento n. 341 (116/66738-39) pag. 549. (Telegramma n. 62 • Da Edmund YEESENMAYER per R10BENTROP - È la relazione dell'incontro con Ante PAVELtC - Zagabria, 14 aprile 1941). Vedi n. 1 • ANFUSO · pag. 193 e seg. (76) D.G.F.P. - Serie D- Vo i. XII - Documento n. 331 (I 16/66727) pag. 535 - (Telegramma n. 208 · Via radio • U;gen tissimo • Da RtBBENTROP per Edmund VeESENMAYER • ·vienna, ore 12.25 del 13 aprile 1941). (77) Ibidem. (78) Ibidem. (79) D.G. F.P. • Serie D- Voi. XII - Documento n. 336 (2281 /482230-33) pag. 541 - (Memorandum dell'ambasciatore tedesco a Roma, von MACK.ENSEN - Roma, 14 aprile 1941). (80) Ibidem. (81) Vedi n. 75 ·• Documento n. 341. (82) Ibidem. (83) Ibidem . (84) Vedi n. 79.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941) (85) ibidem.

Von MACKENSEN, alle ore 13.25 del 13 aprile 1941, domenica di Pasqua, si trova alla.stazione Termini di Roma dove presenzia ad un rancio per soldati. Viene avvertito che RIBBENTROP lo cercava al telefono. Alle 13.50 parlava con il maggior generale Enno von RINTELEN a Berlino e riceveva la prima notizia della.decisione del Fiihrer di riconoscere il nuovo Stato di Croazia. Von MACKENSEN avverte Fi~ppo ANFUSO. Alle-17.05 è richiamato da von R1NTELEN il quale gli comunica che la situazione a Zagabria non era ancora chiarita. Alle 01.00 del 14 aprile

è chiamato da RIBBENTROP: PAVELiè è il capo dello Stato croato e l'ambasciatore è invitato a sottoporre immediatamente a MussoLINi il testo del riconoscimento della indipendenza della Croazia non appena lo avesse ricevuto. Von MACKENSEN ottiene di rinviare al mattino, «ad un'ora possibile», la visita al Capo del Governo italiano. Alle 02.00 von RINTELEN informa l'ambasciatore che al testo del riconoscimento manca ancora la firma di HITLER. Alle 03.15 il testo arriva a Roma sotto forma di telegramma che von MACKENSEN sottopone a MussouNI alle ore 09.00 del mattino del 14 aprile 1941. (86) D.G.F.P. - Serie D - Voi. XII - Documento n. 3.38 (2281/482235-37) pag. 545 (Telescritto n. 8.16 - Urgentissimo - Segretissimo - Dall'ambasciatore tedesco a Roma von MAcKENSEN per RIBBENTROP personalmente - Riporta analiticamente le varie fasi del colloquio con MussoLJNI - Roma, ore 10.30 del 14 aprile 1941). (87) Ibidem. (88) Ibidem. (89) Ibidem. (90) Ibidem. (91) Ibidem. (92) Ibidem. (93) Ibidem. (94) Vedi n. I - ANFùSO - pag. 190 - (ANFUSO non accen na alla visita di von MACKENSEN , ma lo sfogo di Mussolini, nella cronologia degli avvenimenti della mattinata del 14 aprile 1941, si colloca esattamente dopo la fine del colloquio con l'ambasciatore tedesco, perché il Capo del Governo italiano subito dopo ordina ad ANFUSO di partire per Zagabria). (95) · D.G.F.P. - Serie D - Voi. Xll - Nota n. J a documento n. 342 (116/66733) pag. 550(Telegramma radio (166/66747) da RIBBENTROP per Edrnund VEESENMAYER - Località di spedizione non indicata. Quasi certamente da Vienna - Ore 10.45 del 14 aprile 1941). (96) D.G.F.P. - Serie D- Voi. Xli - Documento n.342(116/66733) pag. 550-(Telegramrna n. 102- Via radio - Precedenza - Da RIBBENTROP per Edmund VEESENMAYER - Vienna, ore 13 . 15 del 14 aprile 1941). (97) D.G.F.P. - Serie D - Voi. XII - Documento n. 343 (116/66741) pag. 550 - (Memorandum non firmato - Riporca il testo della richiesta di riconoscimentçi dello Stato croato inviata da PAVELJè a MussouNJ . Al testo è premessa la segueme nota: «Testo come trasmesso da Zagabria alle 15.00 del 14 aprile 1941 (dopo che noi avevamo rifiutato il primo testo) ecome spedito a Roma e come spedito nella traduzione in ilaliano a Zagabria (per Anfuso)» - Si rileva, quindi, la esistenza di una prima richiesta di PAVELJ C, di cui non è noto il testo) .


Negoziati diplomatici e questioni legislative per l'annessione della Dalmazia

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(98) Ibidem. (99) D.G.F.P. - Serie D - Voi. Xli - Documento n. 345 (2281 / 482240-42) pag. 552 - (Telegramma n. 823 - Per telescrivente - Urgentissimo - Segretissimo - Dall'ambasciatore tedesco a Roma von MACKENSEN per RIBBENTROP - Contiene la relazione d el colloquio di von MACKENSEN con MussOLINI - Roma, ore 17 .35 del 14 aprile 1941 ). (100) Ibidem. (101) Ibidem. (102) Ibidem. (103) Ibidem.

(104) Vedi n. I - ANFUSO • Pag. 193 e seg. (105) Ibidem . . (106) Ibidem. (107) D.G.F.P .. - Serie D • Voi. XII - Documento n. 348 (2281/482245-47) pag. 555 • (Memorandum dell'ambascia tore tedesco a Roma, von MAcKENSEN - Roma, 15 aprile 1941).

D.G.F. P. - Serie D - Voi. XII - Documento n. 346 (I 16/66750-52) pag. 553 - (Memorandum non firmato - Riporta in forma estesa il colloquio telefonico di von MACKENSEN con un interlocutore non precisato a Berlino [era il maggior generale Enno von RtNTELEN. Vedi sopra documento n. 348) e le decisioni di RtBBENTROP - Roma, o re 21.30 d el 14 aprile 1941). (108) Ibidem - Documenlo n. 346. (109) Ibidem.

(110) Relazioni lntemazionali - SeÙimanale - Istit uto Studi Politica Internazionale (l .S.P .I.) · Milano · A pag. 534 dell' anno 1941 riporta: Telegrammi del Duce e del Filhrer ad Ante Pavelié - I telegrammi fu rono riponaii da 1uua la stampa iialiana. (11 1) M.A.E.-A.S.D. - Jugos lavia 1941 - Busta 106 - Fascicolo I /C- (Appunto non firmato - Segre10 - Smembramento della Jugoslavia - Senza data - Verosirnilmcme in1orno alla rne1à di aprile 1941).

(112) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 106 - Fascicolo 1/C - (Nota non firmata

- 'Bosnia-Erzegovina e regione Novibazar (rectc: Novi Pazar]' - Senza data - Verosimilmen te intorno alla metà di aprile I 941). (I 13) Ibidem.

( 114) Ibidem. (I 15) M.A.E.-A.S. D. - Jugoslavia 1941 • Busta 106 • Fascicolo 1/D · (Documento non firma to - 17 aprile 1941).

(116) Ibidem.

(117) M.A.E-A.S.D. - J ugoslavia 1941 - Bus1a 125 • Fascicolo 1/ D- (D0cumen1o allegato ad una leuera del senatore Francesco SALATA per Filippo ANFUSO, capo gabinetto del ministero cjegli affari esteri - Roma, 15 aprile 1941).


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

(I 18) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 110 - Fascicolo 1 - (Foglio non firmato -In testa a matita porta l'annotazione "Appunto in data 17 aprile 1941 -XIX-Approvato dal Duce" - Roma, 1_7 aprile 1941). - Vedi allegato n. 1 al presente capitolo. Vedi anche allegato n. 2. (119) Ib}dem. (120) Ibidem. (121) TJ.S.-S.M.M. - Scacchiere Jugoslavia-Dalmazia-Albania- Busta 4- Fascicolo Z/18 (Supermarina - "Pro-memoria n. 76 - Dalmazia' - Non firmato - Roma, 18 aprile 1941). (122) D.G.F.P. - Serie D- Voi. XII - Documento n. 356 (116/66762-63) pag. 565 - (Telegramma n. 71 - Da Edmund VEESENMA YER ad Alfred FREIJNDT per RlBBENTROP - Zagabria, 16 aprile 1941). (123) Ibidem. (124) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 194,1 - Busta I IO - Fascicolo 2- (Lettera di Ante PAvELIC a MUSSOLINI - Zagabria, 18 aprile 1941). - Vedi allegato n. 3 al presente capitolo. (125) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta llO- Fascicolo 2-(Relazione-R. Consolato Generale d'Italia - Zagabria - n. 1835/301 - Riservato - Oggetto: "Notizie dalla Dalmazia" - A firma console Giovanni GOBBI - Zagabria, 21 aprile 1941). - Vedi allegato n. 4 al presente capitolo. (126) Ibidem. (127) Ibidem. (128) Ibidem. (129) Ibidem. (130) D.G.F.P .• Serie D - Voi. Xli - Documento n. 363 (230/153086-87) pag. 571 - (Telegramma n. 238 del 16 aprile 1941 - Dal treno speciale per Berlino - Da Berlino n. 851 . Molto urgente - Da RIBBENTROP per l'ambasciatore tedesco a Roma, von MACKENSEN, personalmente - Berlino, 17 aprile 1941). (131) Ibidem. (132) Ibidem. (133) Ibidem. (134) D.G.F.P. - Serie D- Voi. XII - Docµmento n. 368 (230/153ll9-20) pag. 578 - (Telegramma n. 252 del 17 aprile 1941 - Dal treno speciale - Ore 02.25 a Berlino- Da Berlino n. 862 - Molto urgente - Segreto per il funzionario di servizio - Da RIBBENTROP per ambasciatore tedesco a Roma, von MACKENSEN personalmente - Berlino, ore·06.24 del 18 aprile 1941). (135) Ibidem. (136) D .G.F.P. - Serie D - Voi. XII - Documento n. 378 (Ff 5/067-57) pag. 594 - (Memorandum a firma Paul Otto ScHMIDT, interprete - Contiene il verbale del colloquio fra RIBBENTROP e CIANO all'Hotel Imperiale di Vienna - Vienna, 21 aprile 1941). (137) D.G.F.P. - Serie D - Voi. XII - Documento 11. 398 (116/66800-04) pag. 630 - (Memorandum a firma Paul Otto SCHMIDT, interprete - Contiene la sintesi delle decisioni italotedesche prese nei colloqui di Vienna da CIANO e da RIBBENTROP - Vienna, 21 e 22 aprile 1941).


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M.A.E. -A.S. D. - Jugoslavia 1942 • Busla 130 - Fascicolo I - Uno specchietlo su foglio non intestalo, senza da1a né firma, sollo il 1i1olo Ripar1h;ionedei terrilOri già jugoslavi dà i seguenti dati circa la spartizione della Jugoslavia: kmq.

All'Italia: Lubiana Carnaro Dalmazia Montenegro

)) ))

))

4 .545 1.382 6. 109 15.219 14.924

ab.

))

336.279 81. 711 393.000 411.000 754.000

)) ))

))

Al 'Albania

))

All'Italia compresa Albania

))

42.179

))

1.975.990

))

9.734 12.073 27.537 97.697 48.925 9.127

))

727.000 1.208.500 1.299.000 6. 193.000 3.823.000 569.500

Alla Germania (Slovenia sett.) All'Ungheria (Batka ecc. ) Alla Bulgaria (Macedonia occ.) Alla Croazia Serbia occupazione 1edesca Banato

))

)) )) ))

))

In totale kmq.

247.542

)) )) )) )) ))

ab.

15 .822.990

li parere sui risultali dei colloqui di Vienna, in Italia, fu negativo. - <<Le notizie degli incontri di Vienna sono, come si poteva ospeltare, sconfortanti. Non si è discusso; si sono tracciate semplicemente delle cervellotiche linee con una matita rossa e turchina su una carta a grande scala. Si chiamerà la 'linea Vienna'» · Annotazione del 23 aprile 1941 nel diario di Leonardo SIMONI - Berlino, ambasciata d'Italia · 1939-/943 - Ed. Migliaresi - 1946 - Roma. Analogamente negativo il parere di Mario DoNOSTI in Mussolini e l'Europa - La politica estera fascista - <e.La leggerezza di CIANO ebbe poi la conseguenza di far sì che il compromesso costituisse un cumulo di assurdità storiche, geografiche ed economiche» - pag. 270 · Ed. Leonardo - Roma 1945. (138) Vedi n. 136.. CIANO ne aveva parlalo con PAVELIC durante il primo dei suoi incon-

tri (23 gennaio 1940). Un secondo incon1ro ebbe luogo il IO maggio 1940. - (Vedi Galeazzo CIANO Diario a lle date indica te). (139) Galeazzo CIANO - L'Europa verso la catastrofe. Arnaldo Mondadori Ediwre - Milano 1948 - (Riassun10 telegra fico del Colloquio con il Ministro degli esteri del Reich von Ribbentrop, pag. 625 - Vienna, 21 aprile 1941). (140) Ibidem. (141) D.G.F.P. · Serie D · Voi.X li· Documento n. 385 (F15/056-45) pag. 606 - (Memorandum a firma Paul 0110 SCHMIDT, interpre1e · Con1ienc il verbale del colloquio fra RmeEN· TROP e CIANO all'Hotel Imperiale . Vienna, 22 aprile 1941). (142) Ibidem. (143) Ibidem . (144) Ibidem. Vedi anche n. 139. (145) Vedi n. 139.

( I46) Ibidem . (147) Vedi n . 141.


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(148) Ibidem. (149) Ibidem. (150) Vpili n. 137. (151) Vedi n. 49, per il primo progetto di ripartizione della Jugoslavia. - Vedi n. 136, per il piano di ripartizione predisposto da RJBBENTROP per i colloqui di Vienna. (152) Galeazzo CIANO - Diario 1937-1943 - Annotazione del 24 aprile 1941. (153) D.G.F.P. - Serie D - Voi. XII - Documento n. 384 (116/66782-83) pag. 605 - (Telescritto - Contiene ampie spiegazioni fornite dal segretario di Stato Ernst WEIZSACKER a R1sBENTROP - Berlino 22 aprile I 941).

Per le frasi dette da KAscHE al momento della presentazione delle credenziali, vedi "Rapporto telefonico del reparto stampa P. XII" - Zagabria 21 aprile 1941. - (Copia fornita all'autore dal Library and Record Departement del Foreign and Commonwealth Office - Londra). Siegfried KAscHE, volontario nel Baltico nel 1919; comandante delle S.A. in Pomerania e Brandenburgo orientale; deputato al Parlamento (1930); vice Gauleiter della 'Marca Orientale' (1928-1932). Obergruppenfuhrer (generale) delle S.A. (reparti d'assalto) nel 1934. Responsabile dei 'ludi nazionalsocialisti'. Immesso in diplomazia da RIBBENTROP nel 1940. Destinato a Zagabria il 21 aprile 1941 in quanto 'energico uomo di partito'. (154) D.G.F.P. - Serie D- Voi. XII - Documento n. 389 (I ! 6/66784-85) pag. 619- (Telegramma n. 105 - Dalla Legazione di Croazia per RJBBENTROP - Zagabria, 23 aprile 1941). (155) Ibidem. (156) Ibidem. (157) Ibidem . (158) Vedi n. 152. (159) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 110- Fascicolo 2 - (Appunto non.firmato Roma, 24 aprile 1941). (160) Vedi n .' 152. (161) D.G.F.P. - Serie D - Voi. XII - Documento n. 396 (116/66795-96) pag. 628 -(Telegramma n. 894 - Urgentissimo - Segretissimo - Da Ambasciatore tedesco a Roma, von MACKENSEN per RIBBENTROP personalmente - Ore 20.35 - Roma 24 aprile 1941). (162) D.G.F.P. - Serie D - Voi. XII - Documento n .•394 (I 16/66786-93) pag. 624 - (Memorandum non firmato - Quasi certamente di RIBBENTROP - Per Je decisioni del Fuhrer - Dino ALFIERI, ambasciatore d'Italia a Berlino avrebbe anche erroneamente comunicato «che Pavelié sarà a Roma da domani mattina a venerdì a mezzogiorno» - Vienna, 14 aprile 1_941). (163) Ibidem. (164) Ibidem . (165) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 110 - Fascicolo 2 - (Fonogramma - Da Ambasciata d'Italia a Berlino per CIANO - Una nota a mano porta 'Visto dal Duce' - Berlino, ore 22:30 del 24 aprile 1941).


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M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 110- Fascicolo I - (Ministero affari esteri Roma Gabinetto - Appunto non firmato - Riporta integralmente il fonogramma (vedi sopra) dell' ambasciatore d'Italia a Berlino, Dino ALFIERI, per_CIANO: «Ieri sera alfe ore 22.30, l'ambasciatore Alfieri mi ha telefonato da Berlino pregandomi di far pervenire a Postumia all'Eccellenza il Ministro il seguente suo fonogramma: •'Urgente per il Ministro Ciano. - In questo momento (ore 22) il Ministro RIBBENTROP mi fa sapere di avere oggi stesso trasmesso a PAVELIC una comunicazione nella quale, dicendosi afcorrente del prossimo incontro CtANO-PAVELIC e pur precisando che la Germania intende rimanere al di fuori delle trattative inerenti ai problemi che interessano direttamente Italia e Croazia, aggiunge che il Governo del Reich sarebbe lieto del raggiungimento di un tale accordo: F.to Al.FIERI". Ho comunicato i/fonogramma alfe ore 22.50, al Prefetto di Trieste, il quale mi ha assicurato che l'avrebbe recapitato di persona questa mattina all'Eccellenza il Ministro a Postumia» - Roma, 25 aprile 1941). (166) Vedi n. 152 - Annotazione del 25 aprile 1941. (167) Ibidem. (168) Ibidem . (169) D.G.F.P. - Serie D - Voi. XII- Nota n. I a documento n. 428 (245/161829-31) pag. 681 - (Ri<:hiama il telegramma n. 126 (245/161814) del ministro tedesco a Zagabria, Siegfried ~CHE a destinatario non precisato, cui riferisce sull'incontro C1ANO-PAVELiè- Zagabria, 26 aprile 1941). (1 70) Vedi n. 166. (171) Ibidem. (172) D.G.F.P. - Serie D - Voi. XII - Documento n. 428 (245/161829-31) pag. 681 (Telegramma n. 964 - Urgentissimo - Segretissimo - Da ambasciatore tedesco a Roma, von MACKENSEN , per RIBBENTROP personalmente - Riferisce estesamente sulla sostanza dell'incontro C1ANO-PAVEL1C a Lubiana - Roma, ore 03.00 del I O maggio 1941). (I 73) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta I IO - Fascicolo 1 - (Telegramma n. 3 - Segreto non diramare - Da legazione d'Italia a Zagabria - Firmato incaricato d'affari Raffaele CASERTANO per ministero affari esteri Roma - Zagabria, 24 aprile 1941). - Vedi allegato n. 5 al presente capitolo.

Per la istituzione della corona di Zvonimiro, PAVELIC emanò, il 15 maggio 1941, il seguente decrelO: «Art. 1 - La sovranità dello Stato Croaw Indipendente è rappresentata dalla corona di Re Zvonimiro. Art. 2 - La corona di Re Zvonimiro reca sul cerchio dorato otto dentellature a forma di trifoglio, cinque delle quali sporgono in fuori. Da questo cerchio partono due rami dorati in forma di arco alla cui cima stà un pomo con fa croce. Il cerchio della corona è adornato di-gioielli di vario valore. La corona è internamente foderata in cremisi. Art. 3 Questa legge entra in vigore il giorno successivo alfa sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale». (174) Vedi n. 152 - Annotazione del 26 aprile 1941. (175) Raffaele CASERTANO, diplomatico, il 23 aprile 1941 venne nominato incaricato d'affari presso i.I Governo di Zagabria. Il 18 aprile, CIANO, in una lettera a PAVELlè (M.A.E.A.S.D. - Jugoslavia 1941 - BusLa 108- Fascicolo i) diceva:«[ .. .] esprimeste il desiderio di avere a Zagabria un nostro rappresentante che fosse persona a Voi già nota.e nella quale Voi poteste riporre fa più assoluta fiducia. Desiderando come Voi di mantenere con il Governo croato


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i più amichevoli e fiduciosi rapporti, abbiamo destinato costà il comm. Paolo CORTESE, attualmente Consigliere d'Ambasciata a Tokio. li comm. CORTESE non potrà tuttavia giungere in sede prima della seconda metà di maggio e nel frattempo è nostro desiderio stabilire subito tra noi [i) regolari rapporti che abbiamo (... mancano alcune parole...] tramite all'unico attualmente esistente che è quello del R. Consolato. È stato perciò deciso l'invio presso di Voi del comm. Raffaele CASERTANO, J O segretario di legazione di I• classe che è ottimo funzionario». (176) Vedi n. 152 - Annotazione del 28 aprile 1941. (177) Vedi n. 172.

Vedi n. 152 - Annotazione del 29 apri le 1941. (178) Vedi n. 152 - Annotazione del 29 aprile 1941. (179) Ibidem. (180) Ibidem. (181) Vedi n. 152 - Annotazione del 30 aprile 1941. (182) Ibidem. (183) Ibidem. (184) D.G.F.P. - Serie D- Voi. Xli - Documento n. 440 (I 16/66823-25) pag. 693 - (Memorandum - Del segretario di Stato Ernst WE!ZSACKER - Berlino, 3 maggio 1941). (185) Ibidem. (186) Ibidem. (187) D.G.F.P. - Serie D - Voi. XII - Nota n. 3 a documento n. 440(116/66823-25) pag. 693 - (Si richiama ad una 'comunicazione' (i 16/668229) di VEESENMAYER per RIBBENTROP. PAVELiè avrebbe respinto l'ultimatum e chiesto con urgenza a Berlino se da parte tedesca si approvava il suo atleggiamento. Una nota a margine porta «Si. R. [ibbentrop). Fate sapere che noi non ne sappiamo nulla di questo» . - Zagabria, 4 maggio 1941). (188) Vedi n. 152 . Annotazione del 4 maggio 1941. (189) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 110. Fascicolo I - (Telegramma n. 26 Segreto non diramare - Da legazione d'Italia a Zagabria - Firmato, incaricato d'affari Raffaele CASERTANO - Zagabria, ore 00.30 del 5 maggio 1941) - Vedi allegato n. 8 al presente capitolo. (190) Ibidem.

(191) Giovanni R,.NOACCIO, pluridecorato , medaglia d'oro, cadde il 28 maggio 1917 sulla quota 28 a sud del Timavo. Suo guanciale in quegli ultimi istanti una grande bandiera italiana che Gabriele d' ANNUNZIO intendeva alzare sul Castello di Duino perché fosse vista da Trieste. Quando il 6 maggio 1919 il Poeta Soldato pronunciò la sua orazione dalla ringhiera del Campidoglio (vedi G . d' ANNUNZIO, Prose di ricerca, di loffa, di comando pag. 878 - Mondadori Editore - Milano 1947), in presenza del popolo di Roma, la bandiera di Giovanni RANOAC. c10 - e così tutte le bandiere dalmate - venne abbrunata «fin che Fiume non sia nostra, fin che fa Dalmazia non sia nostra>). La bandiera ufficiale del Comune di Spalato fu dono del Comune di Trieste tram ite l' Ass. Volontari di Guerra della Venezia Giulia. Il lutto alle bandiere dalmate venne simbolicamente tolto la sera del 16 aprii~ 1941 con una particolare cerimonia nella sede dei Volontari di Guerra a Roma. (Vedi La Tribuna · Quotidiano di Roma - 17 aprile 1941).


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(192) Vedi n. 189. (193) Ibidem. (194) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 110 - Fascicolo I - (Telegramma senza numero - Non firmato - Da ministero affari esteri Roma per Raffaele CASERTANO personalmente - Roma, 5 maggio· 1941) - Vedi allegato n. 9 al presente capitolo. (195) /bi<fem . (196) Vedi n . 152 - Annotazione del 7 maggio 1941. ClANO insis.tette per Cùrzola, sia per la tradizione latino-veneta dell'isola, sia per la posizione geografica che interessa va la Marina italiana; per Buccari, oltre che per dare respiro alla città di Fiume, anche per un motivo sentimentale: durante la prima guerra mondiale, nella notte fra il 10 e I' 11 febbraio 1918, suo padre, Costanzo CIANO, ufficiale della R. Marina italiana, al comando di tre motoscafi, forzati gli sbarramenti austriaci, era penetrato nel Vallone di Buccari. L'impresa, militarmente, non ebbe risultati apprezzabili, ma estrema rilevanza ed effetti psicologici nell'Impero asburgico ed in Italia. Costanzo CIANO venne decorato di medaglia d'oro. Gabriele d' ANNUNZIO che aveva preso parte all'impresa, la celebrò con i versi della Canzone del Quarnaro. (197) D.G.F.P. - Serie D - Voi. Xll - Documento n. 579 (i 16/66865-66) pag. .934 - (Memorandum senza numero di STAHLECKER, funzionario della segreteria del ministro degli affari esteri del Reich - Berlino, 31 maggio 1941). (198) Ibidem . ( I 99) Ibidem. (200) Vedi n. 152 - Annotazione del 6 maggio 1941. (201) Ibidem . (202) D.G.F.P. - Serie D - Voi. Xli - Nota n. 2 a documento n. 579 (I 16/66865-66) pag. 934. (203) Mario RoAT:rA - Otto milioni di baionette - Arnaldo Mondadori Editore - Milano, 1946 - Capitolo VIII, La campagna dei Balcani ed i suoi effetti - pag. 166. Mario RoATIA, nel maggio 1941, ricopriva la carica di Capo di Stato Maggiore dell'Esercito. (204) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 110 - Fascicolo I - (Supermarina - Promemoria n. 96 - Note sui confini italo-croati - Non firmato - Roma, 8 maggio 1941). (205) Ibidem. (206) Giuseppe GORLA - L'Italia nella seconda guerra mondiale - Diario di un milanese, ministro del Re nel Governo di Mussolini - Bald ini e Castoldi Editori- 1959. (Riporta integralmente fra virgolette l'esposizione di MussOLINJ al Consiglio dei ministri - Annotazione dell'8 maggio 1941). Giuseppe BoTIAI - Diario 1935-1944 - Editore Rizzoli - Milano, 1982 - Annotazione del 14 maggio 1941. (207) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 108 - Fascicolo I - (Telegramma n. 76 Segreto non diramare- Da legazione d'Italia a Zagabria - Firmato, incaricato d'affari Raffaele CASERTANO - Per ministero affari esteri Roma - Punto 4 - Zagabria, ore 23.00 - 15 maggio 1941). - Vedi allegato n. IO al presente capitolo.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941) (208) Ibidem.

(209) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 108 - Fascicolo I - (Telegramma n. 69 Segreto - Da legazione d'Italia a Zagabria - Firmato, incaricato d'affari Raffaele CASERTANO - Per ministero affari esteri Roma - Zagabria, 14 maggio 1941). (210) Ibidem. (21 I) Ibidem. (212) Donato MENICHELLA, in quel periodo era direttore generale dell'Istituto per la Ri costruzione Industriale (l.R.I.); dal 1948 al 1960 Governatore della Banca d ' Italia.

Giuseppe BOTTAI, nel suo Diario 1935-1944 (Vedi n. 206), sotto la data del 19 maggio 1941, riporla alcune parole deuegli da CIANO: «È stato lui /Mussolini/ che à mollato l'unione doganale; e ceduto su alcune isole». Di questo atteggiamento di MUSSOLINI, CIANO stesso, nel suo Diario (annotazione del 7 maggio 1941) scrive: «E questi [Mussolini/ naturalmente cede. Si tratta dell'u11io11e doganale e di alcuni pezzi di territorio» . Conseguentemente l'incarico affidato a Donato MENICHELLA può esser interpretato come un ripensamento di MUSSOLINI per annullare o superare gli impegni che egli stesso aveva assunto con PAVELJC. (213) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 108 - Fascicolo I - (Relazione per il Duce, con due allegati - Firmata Donato MENICHELLA - Senza indicazione di località, probabilmenle Roma, 17 maggio 1941). - Vedi allegato n. 12 al presente capitolo.

(2 14) ibidem. (215) Ibidem. (216) Ibidem .

(217) Ibidem.

(2 I8) Ibidem. (219) Ibidem .

(220) Ibidem. (221) Ibidem . La Dalmatienne era una società francese controllata dalla 'Terni' che operava a Sebenico. Verso il 1902 la "Società Veneziana di elettrochimica" aveva ini,.iato un limitato sfruttamento delle cascate del fiume Cherca per la produzlone del carburo di calcio. Lo stabilimento venne quindi venduto alla 'Società italiana del carburo di calcio' che sviluppò gli impianti sfruttando idricamente le cascate del Cherca sino a trarne 31 mila HP, che servivano per l'alimentazione dei trcmadue forni e.l eurici installati a Sebenico coii una produzione annua di 20 mi la tonnellate. Per iniziativa dell'ing. CAtRO e con il concorso dell a Banca Commerciale Italiana venne costituita la 'Società anonima per l' litilizzazione delle forze idrauliche della Dalmazia' (S.U.F.LD.) che, olt re a subentrare nella gestione dello stabilimento d i Sebenico, iniziò lo sfruttamento del fiume Cctina, e vicino ad Almissa (D ugi Rat) sorse una seconda fabbrica . Agli inizi della prima guerra mondiale questi due stabilimen ti producevano un sesto della produzione mondiale di carburo d i calcio (300 mila tonnell ate). Fra le due guerre, la SUFID cedette, per 180 milioni di franchi francesi, i suoi diritri alla società francese 'Fosfat i tunisini'. Venne cosi costituita La Dalmatienne. La soc ietà produceva ferro-manganese . ferro -cromo e silicio-manganese con cinque forni elettrici in locali tà 'Cernizza' (Sebenico). La produzione media giornaliera era di 4.000 kg. di ferro-manganese di tipo medio.


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Nello stabilimento di Dugi Rat (Al missa) produceva calcio-cianamide e carburo d i calcio. Era proprietaria delle centrali elettriche di Manojlovac (Sebenico) e di Kraljeva c (Almissa). Al momento dell'annessione ali' Italia aveva in corso di cos truzione, impiegando 200 operai, un nuovo stabilimento per la produzione di elettrodi di carbone e graffite. (222) Ibidem. (223) Ibidem. (224) Vedi n. 207 - Punto 1. (225) D.G.P.F. - Serie D - Voi. Xli - Documento n. 526 (2120/461885-86) pag. 831 - (Protocollo segreto - F irmato a Zagabria, per la Germania da Siegfried KAscHE ministro del Rcich a Zagabria e da Cari CLODIUS; per il Go1•erno croato da Lovro Sus1è, ministro dell'economia, e da Mladen LoRKOVlè, sottosegretario dì Stato per gli affari esteri - Zagabria, 16 maggio 1941). - Vedi allegato n. 11 al presente capitolo. (226) Ibidem. (227) PAVELlè giunse in automobile a Trieste alle ore 20 di sabato 17 maggio 1941. Riparti per Roma alle 21.30 con un treno speciale. Arrivò a Roma, stazione Ostiense, alle 9.30. Proseguì in macchina per Villa Madama. Ane ore 10.15, da Villa Madama con il seguito (33 persone) si recò al Quirinale. Il corteo era composto da sei berline di corte ed automobili. Alle 11.30 nella Sala del T rono il R e d 'Italia solennemente designò il Duca di Spoleto a Re di Croazia. Alle 12 a Palazzo Venezia furono firmati gli 'Accordi' di Roma. Alle 13 colazione a Palazzo Venezia. Nel pomeriggio visita privata al Pontefice. Alle 20, pranzo ufficiale al Quirinale. Alle 22.20, partenza dalla stazione Ostiense. Per la cronaca della giornata, vedi i quotidiani dell'epoca e Oddone TAtPOAimone di Savoia, Re di Croazia. Una figura da rivalurare - In La Rivista Dalrnarica - Roma - n. 2/3-lugliodicembre 1980. Gli edifici pubblici a Roma erano imbandierati so lo con bandiere it aliane. li Ministero degli affari esteri fece preparare 692 bandiere grandi; 48 000 piccole d i stoffa e 200 mila d i carta. Il personale dei ministe ri venne posto a d isposizione della federazione del P .N .F. dell'Urbe (A.C.S . . Presidenza Consiglio dei minist ri - anni 1941- 1943 - Posizione 4.12-14552 - Sottofascicolo 2). (228) Ministero degli affari ester i - Tral tati e conveniioni - Accordi fra il Regno d'Italia ed il Regno di Croazia (Roma, 18 maggio 1941-XIX - Tipografia riservata del Ministero degli affari esteri - 1941). (249) Trattaro per la de/imitazione dei confini fra il Regno d'/ralia ed il Regno di Croazia

- Artico lo 2 - secondo comma. (230) Ibidem - Articolo 1 - Ult imo comma - La imprecisione del termine 'castelli' è macroscopica. Non si trattava di 'castelli' ma della zona chiamata 'Baia delle Castella', a no rd di Spalato, dove vi sono sette piccoli centri che portano i nomi di Castel S . Giorgio, Castell' Abbadessa, Castel Cambio, Castel Yit1uri , Castelnuovo, Castel Stafileo, Castelvecchio. (23 I) Accordo su questioni di cara/lere militare concernenti la zona litoranea adriarica - Articolo 2. (232) Tra/lato di garanz ia e di collaborazione rra il Regno.d'Italia ed il Regno di Croazia - Art icolo 2.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941) (233) Ibidem • Articolo 4.

(234) M.A.E.-A.S.D .• Jugoslavia 1941 - Busta 108. Fascicolo J. (Telegramma n.192/112 - Segreto non diramare - Da legazione d'Italia a Zagabria· Firmato dal ministro Raffaele CASERTANO [promosso al rango di ministro dopo gli Accordi di Roma · n.d.a.J • Per ministero affari esteri Roma - Roma, 27 maggio 1941) - Vedi allegato n. 15 al presente capitolo. (235) M.A.E.-A.S.D .• Jugoslavia 1941 • Busta lii - Fascicolo I - (Lettera non firmata su carta intestata "Comando Supremo. Il Capo di Stato Maggiore Generale'' -Appunto per il Duce - In allegato, riassunto di un memoriale del ten. colonnello in servizio di S.M. presso il Comando della 2• Armata, consigliere nazionale, Eugenio C0SELSCH1) Roma, 19 giugno 1941.

Il riassunto del memoriale è intitolato Osservazioni su/l'attuale situazione in Croazia ed è diviso in 9 capitoli: La posizione del Poglavnik - Le minoranze serbe - Condizioni favorevoli e sfavorevoli per la nostra penetrazione in Croazia - La questione dalmata - L'opposizione tedesca· Considerazioni di carattere economico· L'organizzazione dello Stato - Il Re. (236) Ibidem. (237) Ibidem. (238) Ibidem. (239) Ibidem . (240) Ibidem.

(241) Ibidem. (242) Relazioni Internazionali - Settimanale • Istituto Studi Politica Internazionale (l.S.P.I.) · Discorso di Pavelié · pag. 695 · Anno 1941. Il discorso venne riportato da tutta la stampa italiana e più estesamente da Il Ma/lino di Napo li - PA VELié parla al popolo croato in una vibrante adunata a Zagabria · 22 maggio 1941 ·Per la situazione a Zagabria vedi allegato 14 al presente capitolo.

(243) PAVELIC nel suo discorso si richiamò anche alla lettera di MussouNJ, compresa come allegato agli Accordi, circa la convenzione da stipularsi per l'ordinamento amministrativo speciale per il Comune di Spalato e per l'isola di Cùrzola - Vedi n. 242. (244) Vedi n. 235. (245) Ibidem. (246) Ibidem. (247) Gazzeua Ufficiale del Regno d'Italia, 7 giugno, n. 133 • (Regio decreto-legge 18 maggio 1941 - XIX, n. 452 . Sistemazione dei territori che sono venu1i a fa,: parte in1egrante

del Regno d'Italia). (248) Vedi n. 152 . Annotazione del 18 maggio 19.41. (249) Vedi n. 231 - Articolo I. (250) Vedi n. 247 · L'articolo I del R. decreto-legge diceva: «/ terri1ori i cui confini sono delimitati nella carta, firmata, d'ordine Nostro, dal Duce del Fascismo, Capo del Governo, fanno pane integrante del Regno d'Italia» . (25 1) Regio decreto 7 giugno J941-XIX n. 453 . Circoscrizioni 1erritoriali delle provincie di Zara, Spalato e Cauaro e auribuzioni del Governatore della Dalmazia.


Negoziati diplomatici e ques1ioni legisla1ive per l'annessione def/a Dalmazia

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(252) Ibidem. - L'articolo I diceva: «le circoscrizioni terriloriafi di Zara, Spalato e Ca11aro risultano dagli af/egati al presente decreto, vidimati, d'ordine Nostro, dal Duce del Fascismo, Capo del Go verno". La no ta in calce a l d ecreto po rta va: "N.B. Gli aflegati di cui all'art. 1 saranno pubblicati nefla raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti» . (253) U.S.-S. M.E . - Busta 580 - Comando VI Corpo d'armata - (Foglio n. 251 5 di prot. Op. - Oggetto: "Linea d i vig ilanza mi litare provvisoria" - P.M. 39, 24 giugno 1941 )- Vedi allegato n. 13 al p resente capi tolo. (254) La popolazione de l nuovo Regno di Croazia, secondo le stime più accreditate era composta da circa 3 250000 croati cattolici; 2000 000 di serbi-ortodossi; 750000 mussu lman i e 500000 di altre minoranze (ebrei, zingari ecc.). La popolazione dello Stato di Croazia si fa ascendere d ai 6 milio ni a i 6600000 abitan ti. (255) La campagna di Russ ia ebbe inizio il 22 giugno 1941 - Le Pote nze dcli' Asse dichiararono guerra agli U .S.A. I' ! I dicembre 1941. (2 56) Sta1uto fondamen tale del Regno d'l talia - Articolo 5. (257) Legge 9 dicembre 1928 n. 2693 - Ordinamento e at1ribuzioni del Gran Consiglio del Fascismo - Articolo 12- In Gazzella Ufficiale del Regno d'llalia, Il dicembre 1928, n. 287. (258) XXX Legisla tura - I della C amera dei Fasci e delle Corporazioni - Senato del Regno - Commissioni riu nite - Intervento del senatore Vittorio ZUPPELLI - pag. I 107 e seg. - Sed uta del 29 agos to I 941 . (259) l bidem. (260) Ibidem.

(261 ) M.A.E.-A.S.D. - Jugos lavia 194 I - Busta 108 - Fascicolo 2 - (Lette ra prot. 4.8/2457 • Diretta a Giuseppe BASTIANJ NI, Govermil ore della Dalmazia - Non firma ta, ma quasi certamente dell' ambasciato re Luca P JETROMARCli J, sia perché si rivolge con il 'tu' a BASTIANIN J, sia perché gli argomenti trattati erano di competenza dell"Ufficio Croa·zia' diretto da P1ETROMARCH1 - Roma, 2 luglio 1941).

(262) U. S.-S. M.E. - Busta 724- Coma ndo 2" Arma ta - (D iario stor ico - P .M. IO, 21 agosto 1941). (263) U.S.-S.M.E. - Busta 724 - Comando 2• Armata - (Diario storico - P .M. IO, 5 e 9 ouobrc I 941). La occupazio ne del te rrito rio croato sino a lla linea d i demarcazio ne con i tedeschi ebbe inizio , da parte del V e del VI Corpo d'arma ta , il 9 ouobre 1941. (264) U.S.-S.M.E. - Busla 630 - Comando 2• Armata - (Riservatissimo - Verbale della riunione tenuta a Roma da MUSSOLINI presenti: Galeazzo CIANO ministro degli esteri, generale Mar io RoATTA Capo di S.M. dell'Esercito; generale Vi ttorio AM11ROS10, comandante dell a 2• A rma ta , Raffaele CASERTANO mini stro d'Ital ia a Zagabria, generale MAGLI, del Comando Supremo. «Il Duce informa che l'addeuo militare germanico a Roma, generale RtNTELEN, gli ha

presentata una domanda del Comando Supremo germanico intesa a conoscere se, ritirando la Germania le sue trupp e dalla Croazia, f'ltnfìa sarebbe stata disposta ad assumersi l'incarico di ripristinare e mantenere l'ordine, occupando con le sue !rupp e l'intera Croazia»· P .M . IO, 18 dicembre 1941 ). Vedi capitolo VIII del presente volume. U.S.-S.M.E. - Busca 630 - Comando 2• Armata· ('Riunione giorno 30 dicembre 1941 XIX' - Rapporto del generale Vittorio AMDROS10 ai comandanti d ipendenti dopo l'udienza del 29 d icembre 194 1 con MUSSOL INI).



DOCUMENTI ALLEGATI AL CAPITOLO III ·



Negoziari diplomatici e questioni legislative per l'annessione della Dalmazia

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ALLEGATO

N. 1

PROGETIO NUOVE DELIMITAZIONI CONFINARIE DELL'ITALIA AD EST 1° - Slovenia

- Incorporazione nel Regno d'Italia con un particolare regime autonomo.

2° - Fiume

- Rettifica dei confini terrestri e insulari.

3° - Dalmazia

- Annessione di tutto il territorio da Segna a Cattaro, dal litorale alle Dinariche e ciò anche nella eventualità di un"unione personale' fra Italia e Croazia. La Dalmazia che fu sempre storicamente un'entità a sé stante avrà uno speciale regime politico-amministrativo che permetterà la pacifica convivenza delle due principali razze che la abitano.

4° - Montenegro

- Aggregato ali' Albania con regime autonomo.

5° - Kossovo

- Le regioni della Jugoslavia popolate da albanesi (da 700 mila a un milione) saranno annesse al Regno di Albania.

6° - Sbocchi al mare - Per la Croazia, Fiume-Sussak. Per la Serbia, Ragusa.

In testa al foglio una nota a matita: "Appunto in data 17 aprile 1941 - Approvato dal Duce".


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

A LLEGATO

N. 2

IL MINISTRO DELLE COMUNICAZIONI Roma, 18 aprile 1941-Anno XIX

N. 533 Gab.

OGGETTO: Organizzazione politica ed amministrativa del nuovo Stato di

Croazia.

Duce, Ritengo doveroso di sottoporre alla Vostra attenzione l'unito promemoria contenente alcune osservazioni e proposte concernenti la sistemazione politica ed amministrativa del nuovo Stato di Croazia, accennando che, per ragioni di competenza, ne ho presentato altro analogo al Ministero degli Affari Esteri. G. HOST VENTURI

PRO - MEMORIA

Prima ancora di determinare i confini tra l'Italia ed il nuovo Stato indipendente Croato, appare indispensabile delineare i fondamenti di diritto pubblico, specialmente internazionale, sui quali può poggiare il nuovo Stato e precisarne, in pari tempo, i rapporti con l'Italia fascista . II Il Regno di Croazia è stato retto dal 1867 al 1918 - collaudo di mezzo secolo - su una formula conseguente all'accordo austro-ungarico del 1867. La indipendenza croata ebbe le seguenti pratiche espressioni: - autonomia negli affari interni con propria gendarmeria e polizia; - autonomia negli affari di giustizia con magistratura e leggi proprie regolatrici dei rapporti di diritto civile e commerciale; - autonomia nella pubblica istruzione con proprie scuole elementari, medie e università e professori croati. Il tutto sotto un blando controllo del Bano nominato dal Governo di Budapest.


Negoziati diplomatici e questioni legislative per l'annessione della Dalmazia

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Una Dieta (Parlamento croato) legiferava sui tre temi suddetti. La Croazia non godeva invece di autonomia nelle seguenti materie che erano trattate dal Governo ungherese: Politica estera; Disciplina doganale (la Croazia formava un territorio unico con le altre parti dell'Impero); Disciplina valutaria; Difesa militare (esercito comune - salva la facoltà per la Croazia di mantenere una limitata Milizia Nazionale propria).

III È intuitivo che le autonomie più sopra indicate possono avere estensione e contenuto più ampi. La formula germanica del Protettorato sulla Moravia e Boemia può essere superata a favore del nuovo Stato croato.

La mera Unione personale della Croazia col Kegno d'Italia, attraverso la persona della Maestà del Re, sarebbe insufficiente a determinare una unione praticamente efficiente, ove a questa manifestazione di sovranità non fossero conferiti taluni attributi essenziali, come la presenza dell;Esercito italiano, politica estera unica, politica commerciale estera unica, ìl tutto, però, senza vulnerare lo sviluppo etnico nazionale del nuovo Stato. Quanto maggiore sarà l'influenza politica italiana, tanto più estesi potranno essere i confini della Croazia. IV

L'influenza politica, opportunamente presidiata, è il presupposto inderogabile dell'attuazione del nuovo spazio vitale economico italiano. La economia della Croazia è complementare a quella italiana. Gran parte della produzione del legname e bestiame gravitò sempre verso l'Italia. Né sono trascurabili le possibilità di sfruttamenti minerari per il benessere della Croazia stessa e nell'interesse dell'Italia. Comunicazioni ferroviarie, stradali, automobilistiche sono tutti compiti ai quali, da solo, il piccolo Stato non può attendere. Attraverso la Croazia si costituisce il collegamento con l'Ungheria e quindi con il bacino danubiano dove l'Italia ha antichi e vitali interessi da


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

tutelare. Per il solo Danubio transitano da.e per l'Italia mezzo milione di tonnellate di merce all'anno. li volume degli scambi con l'Ungheria è noto. L'Ungheria è per l'Asse, con l'Asse. Di conseguenza essa aspira ad un reale collegamento anche con l'Italia. Gli uomini di governo ungheresi ripetono ogni giorno la loro aspirazione di una estensione degli interessi commerciali e industriali italiani in Ungheria quale opportuno contrappeso alla crescente influenza economica germanica. Su questo punto e attraverso l'attività moderatrice del Governo di Budapest, potranno esser stabilite proficue intese con i nostri amici germanici. Ma intanto sarebbe gravemente pregiudizievole non agire come fanno i tedeschi per conto proprio. È solo con questi criteri che potrà essere realizzata la concezione dei nuovi spazi economi.ci nell'interesse del nostro Paese e della Croazia indipendente.

Il territorio doganale unico, progressivamente attuato, costituisce il presupposto di un grande spazio economico, entro il quale avranno sviluppo la produzione di maggiori quantità di beni, gli scambi e trasporti interni, lo stabilimento di industrie, lo sfruttamento delle grandi quantità di energie idriche croate. E non è chi non veda quali reali immediate e vicine possibilità siano offerte alle iniziative economiche italiane. Per quanto riguarda lo sbocco al mare della Croazia, è evidente che questo non può essere costituito che dai nostri porti ed essenzialme!)-te da quello di Fiume. Per garantire ai croati la tutela dei loro interessi economici legati ai · traffici marittimi, si potrebbe dar loro una rappresentanza nel Consiglio di Amministrazione dell'Azienda preposta alla Gesti?ne commerciale del Porto di Fiume. Sarebbe anzi opportuno che analoga rappresentanza fosse, per gli stessi motivi, concessa anche agli ungheresi. Naturalmente, le merci dei due Paesi affluenti al Porto di Fiume godrebbero dei benefici inerenti alla extraterritorialità doganale accordata al Porto di Fiume e si avvantaggerebbero di tutte le comunicazioni marittime che a tale Porto faranno capo. Nel complesso dei provvedimenti sopra prospettati, sembra che la vera autarchia, ragionevolmente intesa, potrebbe trovare un più vasto campo di azione.


Negoziati diplomatici e questioni legislative per l'annessione della Dalmazia

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ALLEGATO

N. 3

LEITERA DI PAVELié A MUSSOLINI Zagreb, 18 aprile 1941

Duce! Mi onoro comunicarvi che, come previsto, l'assunzione del potere nelle nostre mani si è svolta in perfetto ordine. I primi giorni sono stati fitti di particolarità minute, condizionate, naturalmente, da una situazione rivoluzionaria. Ieri l'altro ho nominato di già il primo Governo croato, che è composto in forma e in sostanza completamente secondo lo spirito ustasa-fascista. Il Governo è stato accolto molto favorevolmente da tutto il popolo. Vi comunico inoltre che ho dato, personalmente e direttamente, istruzioni ai miei esponenti in Dalmazia e Litorale di accogliere le truppe italiane come amiche e liberatrici con la massima cordialità e fiducia, ed ho sottolineato particolarmente che siamo sicuri che la delimitazione dei nostri confini sarà effettuata secondo la già tanto conosciuta magnanimità Vostra verso di noi. Vi assicuro, Duce, che tutti hanno manifestato la loro comprensiorie e completa adesione ai concetti sopra espressi e, compresi di gratitudine verso Voi personalmente e verso la Nazione Fascista, accetteranno con la massima disciplina ed amichevole fraterna disposizione la decisione circa i confini. lo, da parte mia, farò tutto il necessario e possibile, che anche da parte nostra sia volontariamente dato contributo, affinché le nobili e patriottiche vedute del popolo italiano e della politica mussoliniana siano coronate dalla giusta soddisfazione. Attendo, desideroso, l'avviamento di normali relazioni diplomatiche e culturali, per poter dare quanto prima inizio e sviluppo al lavoro. Sempre con la massima gratitudine e devozione . Dr. ANTE PA VELié


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

ALLEGATO

N. 4

R. CONSOLATO GENERALE D'ITALIA ZAGABRIA N. 1835/301 A. 1.16

Zagabria, 21 aprile 1941-XIX

RISERVATO

OGGETTO: Notizie dalla Dalmazia.

Il dottor Pavelié mi ha oggi intrattenuto a riguardo di notizie che gli pervengono da varie parti della Dalmazia relativamente ad atteggiamenti di nostro personale militare. Sul tavolo del dottor Pavelié si trovano raccolti numerosi telegrammi e petizioni diretti a questo Governo da parte di fiduciari e ·di elementi della popolazione. Accennando in via generale alle cose riportategli il dottor Pavelié che era evidentemente alquanto turbato, mi disse che da parte sua e dei suoi immediati collaboratori dell'amministrazione centrale s'intendeva evitare ogni impressione esagerata, ma che tuttavia riteneva di dover segnalare le lamentele. Dai fogli che il dottor Pavelié mi presentava ho riassunto, secondo l'unito allegato, alcune segnalazioni. Il dottor Pavelié ha, fra l'altro, soggiunto: ·~voi sapete da quali parti siano le nostre simpatie. Agendo così i vostri militari minano la mia posizione e. con me la vostra. Non si tratta di .una recriminazione ma di un sincero consiglio e suggerimento che vi vengono dati da un Vostro grande amico. Raccomando caldamente specialmente per quel che riguarda la Bosnia di rispettare le usanze di quella popolazione mussulmana. Evitate che succeda ciò che è successo a Bizac [forse 'Bihaé' - n.d.a.] che vostri militari penetrino nelle case mussulmane''. Anche per quel che riguarda la Dalmazia il dottor Pavelié ha riconfermato le sue raccomandazioni. Flto GOBBI

1) - Gli italiani hanno chiesto in primo luogo che siano chiusi i tribunali; 2) - Ai nostri fiduciari è stato fatto presente che se si ingeriranno in questioni politiche verranno arrestati; così ai sacerdoti; 3) - Sono state fatte togliere tutte le bandiere croate. In certi punti sono state stracciate. A Veglia, con bandiere croate, si trasportava letame;


Negoziati diplomatici e questioni legislative per l'annessione della Dalmazia

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4) - Come fiduciari comunali sono stati nominati i serbi e i croatofobi. A Knin è stato nominato come fiduciario Niko Longo [Novakovié - n.d.a.), fratello del capo dei cetnici. Cetnici jugoslavi protetti dalle autorità militari italiane bersagliano i croati, amici dell'Italia; 5) - Le autorità militari italiane hanno ordinato il disarmo degli ustase. Gli italiani si comportano con alterigia nei riguardi delle nostre persone; 6) - Vengono sottratti generi alimentari alla popolazione. Per le strade si prendono bovini, ovini, suini e pollame; 7) - Quando i nostri hanno fatto presente agli italiani di poter far calcolo sugli ustase, ufficiali italiani hanno risposto di non aver mai sentito . parlare di ustase; 8) - Gli italiani hanno disarmato tutti i nostri gendarmi e finanzieri; esigono che i nostri impiegati prestino giuramento al Re d'Italia; 9) - La popolazione è esasperata, i paveliciani cominciano a dichiararsi seguaci di Macek. Comincia ad essere rimpianta la Jugoslavia; 10) - Il comportamento dei"'carabinieri è arbitrario; si arresta e si perquisisce il migliore elemento e caso strano proprio quelli che in precedenza diffondevano le idee di amicizia con l'Italia; 11) - Dalle navi vengono cacciati i marinai croati e sostituiti da italiani. ·Le navi stesse vengono dichiarate proprietà italiana; 12) - Specialmente esasperata è la popolazione per il fatto che gli italiani chiamano sotto le armi i croati; 13) - Nei distretti della Dalmazia dove i serbi hanno la maggioranza gli italiani affidano il comando all'elemento serbo; 14) - A Porto Re il bacino galleggiante del valore di 3 milioni di dinari è stato trasportato a Fiume. Nelle relazioni dei fiduciari vi sono lamentele contro il cambio del dinaro applicato dalle autorità italiane e specialmente si mette in rilievo il peggioramento della situazione politica dell'idea paveliciana.

13 . Dalm~-tzia


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Dalmazia - Una cronaca per la sioria (aprile-dicembre 1941) ALLEGATO

DEC IFRATO DA

Carnevali Marziali

N. 5

TELEGRAMMA IN ARRIVO

IL CAPO

Cifra 2 N. 3673 R.

DELL'UFFICIO CIFRA

Zagabria, 2714/1941 XIX - Ore 14.00 Roma, » - Ore 17:30

Mittente:

R. LEGAZIONE ZAGABRIA

A ssegnazione: A.E.M. SEGRETO NON DIRAMARE

3 = Rientrati da L ubiana dr. P avelié e suoi collaboratori siedono quasi ininterrottamente fino tarda notte in Consiglio dei Ministri. Risultami argomenti d iscussi essere seguenti: I 0 ) questione dinastica che non potrebbe essere definita subito perché, in omaggio tradizione croata, assunzione al Trono è prerogativa popolare; pertanto essa dovrebbesi subordinare formazione Camera Corporazioni e Mestieri e voto assemblea; 2°) aspirazione nazionale cr oata in D almazia che trova intransigenti soslenitori tra alcuni membri Gabinetto; 3°) possibilità altre soluzioni per cui Gabinetlo sembra orientarsi verso rinvio delimitazio ne confi ni tutta zona dalmatica dopo definita questione Dinastia cui soluzione verrebbe q uanlo possi bile accelerata. Tra una riunione e l'altra Pavelié ha volulo vedermi pregandomi informare V .E. che egli "si è messo subito a l lavoro e che attende fiducioso approvazione minimum richieste da lui presenta te Lubiana secondo t raccialo riportato su carta in possesso V.E.". Gli ho r icordato che a Lubiana V.E. non gli aveva dato affidamenti circa accettazione linea di confine da lui pro posta. Pavelié mi ha inoltre comunicato che G abinetto approva in linea di massitna noto schema trattato, salvo alcune mod ifiche che egli si riserva so ttoporre Governo Italiano. A questo proposito mi ha detto aver ieri tardo pomeriggio data notizia contenuto detto schema a Comandante truppe germaniche occupazione per mezzo suo Ministro Forze Armate. Stamane Pavelié mi ha telefonato per d irmi che riunio ni Gabi nello continueranno quest'oggi e che spera poter in serata ragguagliarmi circa eventuali risultati raggiunti. CASERTANO


Negoziati diplomatici e questioni legislative per l'annessione della Dalmazia

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ALLEGATO

N. 6

APPUNTO PER L'ECCELLENZA IL MINISTRO L'Eccellenza Ammìraglio Riccardi è stato subito messo al corrente circa le soluzioni del problema dalmata come esposte dall'Incaricato d' Affari a Zagabria, Comm. Casertano. Il Sottosegretario di Stato per la Marina ha confermato che le concessioni massime che essa ritiene possano farsi ai Croati sono le seguenti: I O - A sud di Fiume il tratto di coste che costituivano il litorale croato tra Cerkeneniza [recte: 'Cirquenizza', cr. Crikvenica] e Lisarika [recte: Lissarizza, cr. Lisarica]. 2° - II tratto di coste che comprende la foce della Narenta e che è compreso tra Makarska a nord e Siano a sud, esclusa però la penisola di Sabbioncello. Tutte le isole, il tratto costiero tra Lisarika e Makarska e il tratto costiero fra Slano e il confine col Montenegro dovrebbero essere assegnati all'Italia. La necessità del nostro possesso di Ragusa risulta dal fatto che Ragusa e Cattaro_formano un insieme indissolubile. Caltaro ha spiccate caratteristiche militari ma è sprovvisto totalmente di mezzi per risolvere i problemi logistici e non ha alcuna attrezzatura capace di facilitare i movimenti di tru ppe e di materiali. Lo Stato Maggiore della Marina ha sempre avuto coscienza di questo stato di cose e difatti nelle sue monografie ha ben messo in chiaro che soltanto il sistema Ragusa-Gravosa offre quelle ampie possibilità·per rendere spediti, rapidi cd efficienti i grandi movimenti logistici. Proprio in questi gìorni la veridicità di queste affermazioni viene dimostrata dal fatto che il porto di Gravosa è stato ritenuto come l'unico della parte sud del!' Adriatico per l'imbarco di divisioni tedesche che lasciano il territorio balcanico. Pertanto Ragusa rappresenta il completamento indispensabile per il potenziamento completo della base navale di Cattaro come già noi esperimentammo in Tirreno nei riguardi di Spezia e di Genova. Roma, li 30 aprile 1941-XIX


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

A LLEGATO SPEDITO DA

Cocoz.za

N. 7

TELEGRAMM A IN PARTENZA

IL CAPO

Amano

DELL'UFFICIO CIFRA

N . 14907/ A

Roma, li 4 Maggio 1941-XIX - Ore 7.00

Destinatario: R. MINISTERO GUERRA (in duplice copia) Mittente:

A.E.M .2

URGENTE - SEGRETO

OGGETTO:

Rapporti con lo Stato Croato.

Il R . Incaricato d'A ffari a Zagabria ha comunicato, in data 2 corr. , quanto segue: "Nel corso di una interessante conversazione che ho avuto col Ministro delle Forze A rmate Generale Kwaternik, [recte: Kvaternik] mi è parso che egli cominci ad orientarsi verso una collaborazione con noi nel campo militare. P er ora non sono in grado di precisare la forma che tale collaborazione potrebbe assumere, permanendo difficoltà non lievi determinate soprattutto dalla suscettibilità dell'orgoglio militare e dell'ambizione degli esponenti del nuovo esercito e dei dirigenti in genere. Penso che sarebbe il caso di destinare presso questa Legazione un Addetto Milita re con ogni possibile urgenza il quale dovrebbe esser scelto prescindendo da ufficiali precedentemente accreditati presso il Governo di Belgrado e avere spiccate qualità di tatto e di organizzazione e una profonda conoscenza dei nostri interessi in que_sto settore. Non (dico non) è necessario che egli conosca il croato, ma occorre che conosca il tedesco. Dovrebbe fiancheggiare il mio lavoro per quanto riguarda la negoziazione della parte militare del trattato e con abilità preparare il terreno per l'invio in futur o di una regolare Missione militare". Prego voler provvedere subi to in conseguenza, assicura ndo . CIANO


Nego:t.iati diplomatici e questioni legislative per l'annessione della Dalmazia

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ALLEGATO

N. 8

DECIFRATO DA

Pacchelli Toro

TELEGRAMMA IN ARRIVO

IL CAPO

Cifra 2 N. 12905 P.R.

DELL'UFFICIO CIFRA

Zagabria, 5.5.41-XIX - Ore o:30 Roma,

Mittente:

»

- Ore 4.40

R.· LEGAZIONE ZAGABRIA

Assegnazione: Gab. SEGRETO NON DIRAMARE

26 - Dr. Pavelié prega V.E. voler sottoporre al Duce seguente telegramma: "Vostro Incaricato d' Affari dott. Casertano mi ha detto che istruzioni da Voi ric~vute escludono possibilità rinuncia Spalato e mi ha illustrato motivi nazionali ideologici e fascisti che impediscono farlo. Abbiamo raggiunto accordo confini salvo riserve da parte croata per Arbe e distretti Delnice, Cinquenizza [recte: Cirquenizza] e Novi Ovest Fiume. Per Spalato dr. Casertano propone seguente soluzione che però deve essere sottoposta Vostro accoglimento, la città limitatamente al centro e sobborghi all'Italia che riconoscendo prevalenza etnica croata çoncede allo Stato indipendente di Croazia amministrazione comunale, portuale, polizia e gestione finanziaria croate; giustizia verrebbe amministrata per minoranza italiana, da Tribunale misto croato e italiano. Apposita Commissione regolerà quanto sopra. Bandiera italiana avrà accanto bandiera croata. Altra convenzione regolerà insegnamento lingua, storia, letteratura italiana a Spalato come in tutta la Dalmazia croata. Permettomi farvi presente che pur non respingendo tale proposta nella quale riconosco sforzo buona volontà Vostro Incaricato, mi rivolgo alla comprensione di magnanimo Condottiero che tanto avete fatto per l'indipendenza mia Patria e molto siete disposto ancora a fare per chiedervi considerare situazione giovanissimo Stato ed esaminare un'altra proposta che io sottometto a Voi e cui accoglimento susciterebbe massimo consenso ammirazione per Voi e maggior gratitudine tutto il popolo croato. lo so, Duce, che Bandiera italiana che raccolse il corpo di un Vostro purissimo eroe, Giovanni Randaccio, fu dal Poeta d'Annunzio custodita per donarla a Spalato il giorno in cui fosse divenuta italiana e che alla Bandiera fu tolto ora è poco il lutto in occasione


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

della occupazione della città da parte delle truppe italiane. So che quella bandiera sventol.a ora sul castello di Spalato ed è questa una gioia che per lunghi anni avete attesa ed avete meritata. Ma dal momento che l'offerta della Corona di Zvonimiro è stata accettata da S.M. il Re d'Italia che ha designato come fondatore della nuova Dinastia croata, S. A.R. il Duca di Spoleto , io credo che la bandiera di Randaccio potrebbe con gesto grandemente simbolico essere offerta al Principe Sabaudo nostro Re col dono della città di Spalato che Voi gli fareste e che egli riceverebbe da Voi come un bene inalienabile feudo della Corona. Se mi sarà consentito vedervi, per esporvi la situazione generale che mi sta tanto a cuore, Vi illustrerò a nche proposta che ho sopra accennata lasciando a Voi decidere e assicurandovi che Vostra risposta concluderà negoziazione relativa confini. F.to Pavelié". Nel trasmettere comunicazione Pavelié testualmente informo che il documento corretto suo pugno e firmato trovasi mie mani. Credo che egli sarebbe lusingato se della sua simbolica proposta qualcosa almeno r imanesse nella decisione che vorrà prendere Duce. Per quanto riguarda riserve fatte da lui per Arbe e distretti Ovest Fiume faccio presente che ho chiesto anche questi ultimi, che non erano compresi nella linea rossa tracciata nella carta consegnatami da V.E. per avere possibilità ottenere soltan to Arbe. Perciò nella risposta che verrà data pregherei far cenno Arbe italiana e cessione distretti . Permane irresolutezza per termine 'unione doganale' al quale Pavelié vorrebbe sostituire altra parola meno impegnativa, mentre ritiene accettabile clausola garanzie militari. CASERTANO


Negoziati diploma1ici e questioni legislative per l'annessione della Dalmazia

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ALLEGATO N . 9

MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI Uff. Gab.

Roma, 5.5. 1941-XIX

Indirizzato a IT ALDIPL ZAGABRIA

PERSONALE PER CASERTANO

Vostro telegramma N. 26 (.) Comunicazione del dr. Pavelié è stata letta col maggior interesse dal Duce, il quale è lieto di incontrarsi col Poglavnik. Quanto al contenuto della proposta di Pavelié vorrete comunicargli che formula da voi suggerita per Spalato rappresenta una soluzione assolutamente minima che non ci consente nessuna ulteriore concessione. Est superfluo ricordarvi motivi storici, politici et militari che stanno a fondamento del possesso italiano di Spalato e che non trovano certo riscontro nei titoli croati su questa città. D'altra parte, spirito di amicizia et liberalità col quale intendiamo impostare sin d'ora i nostri rapporti con la Croazia est ancora provato dalla decisione - che potete comunicare a Pavelié - di rinunziare a i distretti dì Delnice, Cirquenìzza et Novì, ferma restando ben inteso l'assegnazione dell'isola di Arbe a ll'Italia. Ci attendiamo ora da Pavelìé adeguata comprensione nell'approvazione del Trattato italo-croato che dovrà assicurare ai rapporti tra i due Paesi quella ba~e di effettiva concreta collaborazione che è nei desideri e negli interessi comuni.


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Dalmazia - Una cronaca per fa storia (aprile-dicembre 1941)

ALLEGATO DECIFRATO DA

N. 10

TELEGRAMMA IN ARRIVO

IL CAPO

Cifra 2 N. 4483 R.

DELL'UFFICIO C IFRA

Bargcllini Carnevali Baroni

Zagabria, 15.5.1941-XJX - Ore 23.00 Roma,

Mittente:

16.5.1941-X!X - Ore 08.00

R. LEGAZIONE ZAGABRIA

Assegnazione: Gabap (U.C.) SEGRETO NON DIRAMARE

76 - Fatti nuovi intervenuti nella situazione interna sono di ordine negativo e positivo: 1°) positiva può considerarsi sospensione temporanea lavorio agenti stranieri seguito arrivo Clodius, per cui ogni azione pare venga almeno per il momento rinviata, nella speranza favorevole conclusione trattative economiche; 2°) positivo è anche immediato effetto rigore polizia che, se pure ha prodotto un certo ristagno nella vita di questa capitale, ha avuto efficace ripercussione ed è servito di monito; 3°) negativo è, da informazioni di cattolici, atteggiamento riservato clero e specialmente parroci campagna che si è accentuato con talora manifesta riprovazione per gli aspri provvedimenti restrittivi che hanno colpito ebrei e stessi cattolici ritenuti avversari Regime; 4°) influisce in senso negativo pressione proveniente dai croati Dalmazia aperti sostenitori opportunità che prevalgano interessi tedeschi. Per quanto riguarda la situazione è da evitare autorità militare e civile quella Regione lascino liberamente partire per questa capitale, o comunque per interno Croazia, persone croate che non ci risulta siano favorevoli a n.oi . Arrivi sono stati pressoché ininterrotti sino ieri; una Delegazione dalmati durante tutta la giornata insistito per essere ricevuta da Pavelié, che ha alla fine incaricato Ministro Interno ascoltare loro desiderata. Tanto più è opportuno evitare arrivi politici , ecclesiastici e postulanti dalmati, in quanto Governo sembra deciso non lasciarsi ormai più influen-


Negoziati diplomatici e questioni legislative per l'annessione della Dalmazia

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zare, ed anche perchĂŠ qualche esponente dalmata dotato di equilibrio va dimostrando ragionevole e rassegnata comprensione. Ieri sera in sedute Consiglio di Stato e Consiglio dei Ministri ha avuto luogo proclamazione restaurata Corona Zvonimiro. Oggi ne verrĂ dato annunzio al popolo a mezzo radio e stampa. CASERTANO


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 194/)

ALLEGATO N. Il

PROTOCOLLO SEGRETO FIRMATO A ZAGABRIA FRA I GOVERNI TEDESCO E CROATO IL 16 MAGGIO 1941 I Governi Germanico e Croato, nel desiderio di porre le relazioni economiche fra i due Paesi per quanto possibile su una base soddisfacente per ciascuna nazione, hanno convenuto quanto segue: I due Governi costituiscono éiascuno un comitato governativo per la regolazione delle relazioni economiche tedesco-croate, il presidente di ciascun comitato sarà nominato dal Governo interessato. Il compito di questi comitati sarà di comporre tutte le questioni che concernono le relazioni economiche fra i due Stati. Il lavoro di questi comitati sarà svolto secondo i seguenti principi: I. - Al fin e degli speciali interessi economici della Germania nel cessato Stato di Jugoslavia si è convenuto che gli interessi economici della Germania in Croazia saranno tenuti in speciale considerazione. I due Governi cercheranno che il commercio fra i due paesi rimanga almeno allo stesso livello come nel passato. 2. - La Germania può continuare nello sfruttamento senza restrizioni delle materie prime industriali, in particolare minerali, che essa ha avviato. Nel concedere nuove aggiuntive concessioni Io Stato Croato terrà in speciale considerazione gli interessi della German ia . Le stesse [clausole - n.d.a.J si applicano all'esportazione delle materie prime, e in particolare di minerali, verso la Germania. Le concessioni per il petrolio appartenenti a compagnie Germaniche possono esser sfru ttate alle stesse condizioni come in passato. Nei casi in cui siano stati assumi impegni vincolanti relativamente alle concessioni, ma dove i contratti per le concessioni non sono stati ancora stipulati, ciò sarà fatto alle stesse condizioni come si è inteso per questo [protocollo - n.d. a.] ed in accordo alle condizioni da applicarsi alle altre concessioni. Per la esportazione del petrolio estratto da queste zone di conces's ione le esigenze Germaniche godranno trattamento preferenziale. 3. - Si conviene che le questioni finanziarie determinate dalla presenza di t ruppe Germaniche in Croazia saranno rapidamente risolte; in relazione a questo in ogni caso si deve assicurare che le truppe in C,roazia possano disporre di moneta corrente per le loro necessità .


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Le spese per le installazioni militari tedesche, nei limiti in cui queste spese abbiano luogo nel paese stesso, saranno sopportate per la durata della guerra dalla Croazia. 4. - Si conviene che gli Stati che hanno aggregato territori del cessato Stato Jugoslavo, saranno proporzionalmente obbligati con la Germania ed i suoi cittadini per tutte le obbligazioni del cessato Stato di Jugoslavia e della cessata Banca Nazionale Jugoslava. Speciali accordi saranno fatti per quanto concerne ia sistemazione in dettaglio di tale questione. Firmato a Zagabria, in duplice copia, nelle lingue tedesca e croata, il 16 maggio 1941 . SIEGFRIED KASCHE CARL CLODIUS

SUSiĂŠ (LOVRO - n.d.a.) LORKOVIĂŠ (MLADEN - n.d.a.)


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

ALLEGATO

N. 12

RELAZIONE PER IL DUCE Cinque giorni a Zagabria e tre colloqui con Pavelié, mi hanno convinto di quanto segue: 1° - Il popolo non ama né conosce Pavelié. Per ingraziarselo egli dovrà fargl i infinite concessioni sul terreno economico. 2° - La borghesia, che ha sempre trafficato e rubato al popolo, teme Pavelié innovatore, lo spia e gli impedirà sempre qualunque concessione all'Italia. 3° - Se Pavelié dovrà reg~ersi, non potrà mai darci nulla e la presenza di un nostro Re sarà presa a pretesto per negarci qualunque concessione. 4° - Per forza nostra economica, non potremo mai penetrare in Croazia perché non abbiamo né valuta, né prodotti che possano competere con quelli tedeschi. Pertanto o vi penetriamo per la via chiara ed aperta dell'unione doganale monetaria, o non vi penetreremo mai e al nostro posto vi si instaurerà la Germania che ha larghissimo seguito fra tutti gli uomini di affari di Zagabria vicini ai Ministri di Pavelié. 5° - L'Unione doganale e monetaria o si firmerà domani o non si firmerà mai più. Le commissioni economiche si 'baloccheranno con delle frasi che rimarranno vuote e non applicabili perché ci mancano gli strumenti per gli scambi internazionali.

6. 0 - Col confine come è tracciato, è spezzata in due l'unità economica della Dalmazia che regge da secoli . . Le bauxiti e il carbone per le fabbriche di Sebenico verranno da fuori confine; si teme che anche la marna per i tradizionali cementi di Spalato dovrà venire da fuori confine. La carne e la verdura che consuma la città di Spalato verranno da fuo ri confine. · · .Io·· ho chiesto a Pavelié, in tre colloqui duri, di mantenere almeno questa piccola Unità economica della Dalmazia; egli me l'ha negata sotto il pretesto


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che non vuole apparire venduto all'Italia ed ha promesso di rinviare tutto alle Commissioni Economiche. Conosco i suoi uomini economici. Ci ricatteranno per ogni piccola concessione.' 7° - L'Italia non può avere uno spazio vitale che in Croazia e in Dalmazia; o ha questo o dovrà andare a cercarselo soltanto nelle colonie. La Germania, per non parlare del Nord e dell'Ovest europeo, ha l'Ungheria, la Rumenia, la Bulgaria, e prenderà ora anche la Serbia. Se noi non abbiamo la Croazia e la Dalmazia, avremo perduto l'unico polmone che ci permette di respirare. I cittadini di Spalato e Sebenico non potranno benedire l'Italia se questa li mette nella condizione nella quale ha vissuto sin oggi Zara. 8° - Sono convinto che la lealtà di Hitler e la sua amicizia per il Duce daranno il consenso alla richiesta dell'Italia se questa la fa nella giornata di oggi e la notifica domani a Pavelié come un accord<;> preciso avvenuto fra la Germania e l'Italia. Pavelié ci ringrazierà di questo, non oggi, ma fra qualche tempo, perché sulla base di una carta fondamentale chiara, egli non sarà turbato mai da altre richieste italiane. 9° - Duce, comprimete oggi le richieste dei militari, che non hanno giustificazione. Durante 20 anni, la Jugoslavia amica e finanziata dalla Francia, non è riuscita a farsi una flotta; è possibile immaginare che in futuro possa farsene una che competa con quella italiana? Diamo Cùrzola, facciamo ogni altra concessione territoriale se risponde ad esigenze etniche della Croazia, ma aboliamo subito le barriere economiche fra l'Italia e la Croazia; ne guadagnerà l'Italia, ma ne guadagnerà anche la Croizia (basta per convincersene, girare l'Italia e la Croazia). Sul terreno economico vi è una distanza di almeno 50 anni; l'unione economica monetaria la colmerà in un decennio. L'Italia cresce, l'Italia ha bisogno di mangiare; la agricoltura croata, se industrializzata, sarà un notevole apporto per l' Italia. Non ascoltate Duce, le idee meschine di chi teme che i polli o i bovini della Balcania faranno concorrenza ai prodotti della nostra agricoltura. Con l'Unione monetaria, i costi saranno uguali e i consumi dei due popoli, in via di accrescimento, purtroppo non saranno mai integralmente soddisfatti.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

Noi importavamo m olta carne congelata per l'esercito. Basta sostituire questa congelando quella importata dalla Croazia, che non sarà così nemmeno immessa sul mercato perché assorbita direttamente dalle esigenze dell'esercito. E non sarà certo la lira in più che pagherà il Ministero della Guerra sul costo di questa carne in confronto ad esempio a quella argentina che possa ritardare di un secondo un problema così vitale per l'avvenire economico del nostro Paese. 10° - Le ragioni formali per imporre domani domenica a Pavelié l'unione monetaria doganale sono: a) il suo rifiuto opposto in questi giorni alla piccola unione economica per la Dalmazia, che ci ha aperto gli occhi; b) il suo rifiuto a darci soddisfazione per la Dalmatienne che ci costringe, come io gli ho espressamente detto, a passare attraverso alla Francia per tutelarne un interesse che l'Italia ha piantato in Dalmazia fin dal 1903 e che se non risolto oggi, priva l'agricoltura italiana dell'apporto di calciocianamide che può essere prodotta con oltre un milione di chilovattore dai fiumi dalmati, che diversamente vedranno scorrere inutilmente le loro acque; c) la circostanza che il Duca di Spoleto può aver messo come condizione per l'accettazione della corona che la Croazia sia indissolubilmente legata all'Italia sul terreno economico; d) l'accordo che su questo punto può essere intervenuto oggi fra l'Italia e la Germania, in conformità ad una richiesta da farsi ad Hitler di cui al telegramma unito. DONATO MENICHELLA

17-5-41-XIX

(In allegato alla "Relazione" vi è un foglio scritto a mano con tre articoli ed uno schema di telegramma p er Hitler). Art. 1. - È stabilita la piena unione doganale e monetaria fra l'Italia e l' lndipendentè Stato di Croazia. Art. 2. - Il dinaro è liberamente cambiato in lire italiane sulla base di 50 lire per ogni 100 dinari. Art. 3. - I. cittadini ed enti italiani sono parificati ai cittadini croati nel possesso e godimento dei beni economici in Croazia .


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SCHEMA DI TELEGRAMMA A HITLER Negoziazioni condotte scorsi giorni con Governo croato mi hanno dato assolut.a convinzione essere impossibile istituire solidi rapporti economici fra llalia et Croazia senza aperta et piena unione doganale et monetaria stop A Zagabria è già cominciata speculazione tendente creare in ogni campo ri- . valità fra Germania et Italia stop Poiché Italia non intende prestarsi né oggi né mai a questo giuoco e deve pure avere uno spazio vitale conforme Vostre recenti dichiarazioni , domando comprensione per questo popolo 45 milioni [et] considerare Croazia legata economicamente Italia mediante piena unione doganale monetaria stop Domani comunicherei Pavelié questo comune desiderio Germania e Italia stop Per il caso elementi dissidenti Zagabria approfittassero assenza Pavelié per tentare movimento appoggiante Macek, domando Vostre truppe mantengano ordine Zagabria pronto sostituirle con truppe Italiane se così preferite. MUSSOLINI


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Dalmazia - Una cronaca per fa storia (aprite-dicembre 1941)

ALLEGATO

N. 13

COMANDO DEL VI CORPO D'ARMATA STATO MAGGIORE - UFFICIO OPERAZIONI

N. 2515 di prot. Op.

P.M. 39, 24 giugno 1941-XIX

SEGRETO-URGENTISSIMO

Al Comando .... . (omissis) OGGETTO: Linea di vigilanza militare provvisoria.

Allo scopo di: a) - impedire esodo di cittadini che cerchino di sfuggire alle autorità croate, b) - impedire incursioni di elementi armati, non appartenenti alle forze armate croate, che tentino violenze o cerchino di fomentare disordini, c) - assicurare, entro linea ben definita e facilmente controllabile, I' ordine e lo svolgimento dell'attuale intenso periodo addestrativo dei nostri reparti con il minor impiego di mezzi, e senza alcun presente o futuro riferimento o vincolo all'andamento della linea di confine (che sarà tracciata da apposita commissione secondo i trattati vigenti) dovranno entrare in funzione - entro le ore 20 del giorno 25 corr. - posti di blocco costituiti da CC.RR. e reparti di truppa, lungo la linea tracciata nel lucido allegato (scala 1:500000). Andamento della linea: foce F. Zermagna - Obrovazzo - Zegar - Ervenik (trivio a S. Gup) - ponte di Mokropolje (escluso) - strada Trivic = Babic = Raducic = Marassovine = Citluk = Mratovo D. = Karalici = P odvomice - linea P odvomice = Pokrovnik - strada Pokrovnik = Mirilovìc = Sudar = Lagator = Cere = bivio E. Dujmovic = Prgomet = Radosic = Borovic = Clissa - linea Clissa = ponte di Stobrezio. Su tale linea i posti di blocco saranno collocati là dove i Comandi di Divisione interessati ed il Comando Truppe Zara lo riterranno opportuno, in relazione ad accordi presi con le autorità civili italiane competenti per territorio, spostando quelli degli an uali posti di blocco che non risultassero dislocati sulla linea sopra indicata.


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Detti Comandi concorderanno altresì con le autorità civili a quali dei predetti posti di blocco dovranno essere affiancati ai CC.RR. ed ai reparti di truppa elementi della R.G. di Finanza, disponendo in conseguenza. Di quanto sopra i Comandi stessi daranno conoscenza alle Autorità militari ed alla gendarmeria Croata, mettendo opportunamente in evidenza gli scopi ed il carattere provvisorio e contingente del provvedimento e pregandole di voler cooperare alla sistemazione cercata, facendo ritirare pattuglie o nuclei delle FF.AA. o della gendarmeria croata, già eventualmente dislocati entro la linea stessa. Significo infine che: - l'accesso di elementi Croati civili entro la linea suddetta sarà regolato secondo le norme che a riguardo saranno concordate con le competenti autorità civili, - nessun appartenente alle FF.AA. Croate - se non munito di regolare autorizzazione delle nostre FF.AA. - potrà penetrare nel territorio delimitato dalla linea in questione, - qualunque armato trovato nel territorio delimitato dalla linea in oggetto dovrà essere consegnato e denunziato alle nostre Autorità Civili, - qualunque atto di violenza o di attacco contro le nostre FF.AA. dovrà essere considerato come effettuato da franchi tiratori contro i quali sarà proceduto in conformità a quanto ha prescritto il Comando della 2a Armata con foglio n. 2960 in data 15 aprile u .s. (allegato). IL GENERALE COMANDANTE DEL CORPO D'ARMATA

F.to R. DALMAZZO p.c.c. IL COLONNELLO CAPO DI S.M. a.p.s.

R. CASTAGNOLI


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (aprile-dicembre 1941)

ALLEGATO

N. 14

R. LEGAZIONE D'ITALIA ZAGABRIA Zagabria, 24 maggio 1941-XIX - Ore 21.00

A Ministero degli Affari Esteri ROMA

125. - URGENTE Situazione interna non è tutt'ora migliorata. Polizia locale non nasconde sue preoccupazioni per il malcontento diffuso ovunque. Riparlasi trasferimento Capitale Banja Luka come soluzione migliore per evitare sorprese movimenti sediziosi Zagabria. Questa notte si sono avute sparatorie dalla .parte della città sul ponte Sava. Elementi 'Zastita' disarmati giorni or sono considerati autori questi incidenti. Recente provvedimento che fa obbligo agli ebrei di portare sul braccio un contrassegno razziale ha suscitato penosa impressione anche trà benpensanti che possono considerarsi paveliciani. Serbi ortodossi per sfuggire persecuzioni abbandonano Zagabria e si rifugiano litorale Dalmazia occupata. CASERTANO


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ALLEGATO

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N. 15

R. LEGAZIONE ZAGABRIA Zagabria, 27 maggio 1941-X/X Roma,

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SEGRETO NON DIRAMARE

N. 196/112 - Ispettore Generale Ministero Interno Comm. Verdiani ha riferito in questi giorni al suo Ministero circa organizzazione polizia tedesca in questo Paese, e soprattutto nella Capitale. Risulta infatti dai dati da lui forniti, che concordano con gli elementi raccolti da questa Legazione da fonte ufficiale e ufficiosa, che polizia militare e civile tedesca controlla tutti i servizi :i:tubblici croati e i gangli principali delle attività politiche ed economiche della Cròaz~a; essa intralcia opera ricostruzione questo Governo, ed ostacola ogni penetrazione italiana, giungendo sino a promuovere da·parte ministeri croati disposizioni che sono rivolte contro nostre injziative. Cito ad esempio: diffusione stampa italiana, accordi per inclusione giornali LUCE nei programmi cinematografici croati, trattative col Ministero economia nazionale, richiesta sorvolo e atterraggio per linea civile italiana collegata con Bucarest e linea civile collegata con Budapest ecc ..

Le nuove disposizioni per il controllo delle persone provenienti dall'Italia (mio telegramma odierno n. 139) sono state emanate a.li 'insaputa del Poglavnik e stabiliscono restrizioni che, finché intervento questa Legazione non avrà sortito risultato positivo, ostacoleranno venuta a Zagabria di esponenti di enti e di ditte intenzionate a stabilire o a riprendere rapporti economici con questo Paese. IL R. INCARICATO D'AFFARI

CASERTANO



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